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DELLA REGIA DEPUTAZIONE

STORIA PATRIA

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DION. D' ALICARN. Ant. Rom. I, 19

PERUGIA
| UNIONE TIPOGRAFICA. COOPERATIVA
» di (GIÀ DITTA BONCOMPAGNI)

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ATTI DELLA R. DEPUTAZIONE

Adunanza del Consiglio tenuta il 21 settembre

in Spoleto nelle sale del Circolo del Clitunno gentilmente
concesse, il giorno 21 settembre 1897 alle ore 10.

Ordine del giorno:

. Proposte per nomina di Soci ordinari;
. Proposte di Soci di altre categorie;
. Conto consuntivo ;

E 02 DD —-

. Bibliografia storica dell’ Umbria.
Presidenza FUMI.

Presenti i soci:

AnsIDRI V..— FaLOCI-PULIGNANI M. — GIANNANTONI L. — TEN-
NERONI A.

Si legge e si approva il verbale della seduta precedente.

Si esaminano e si approvano le proposte, come ai nu-
meri 1 e 2 dell Ordine del giorno, e si mandano all’ Assem-
blea dei Soci perché ne prenda atto, o deliberi su di esse a
senso degli articoli 15 e 16 dello Statuto.

Il Segretario- Economo Ansidei presenta il conto consun-
tivo della già Società. Umbra per l'esercizio 1896, seguito
dal rapporto dei sindacatori. Si discute quindi il dilancio

preventivo della Deputazione per il 1898, e luno e l’altro

vengono approvati. Per il consuntivo dell'esercizio 1897 re-
stano eletti a sindacatori i soci Blasi e Cuturi.
Sul 4° oggetto, Comunicazioni e proposte in ordine alla
VI

bibliografia storica dell'Umbria, il socio Tenneroni propone
uno schema di classificazione delle diverse materie. |

Il socio Faloci-Pulignani ritiene opportuno estendere
maggiormente i confini del lavoro e pensa che, ad aver
quasi la storia della nostra cultura, sia necessario prender
nota di tutto quanto sia stato stampato nell Umbria, qua-
lunque sia l argomento preso a svolgere.

Il Presidente e Tenneroni gli fanno osservare che nelle
sedute precedenti fu designato il cómpito del lavoro e che
l’allargare di troppo il campo delle ricerche renderebbe
difficile il raggiungere lo scopo indicato dalla Deputazione.

Assemblea generale tenuta il detto giorno.

Presidenza FUMI.
Presenti i soci:

ANSELMI ANSELMO — Bin1- Cima GIOVANNI rappresentante il Sin-
«daco di Assisi — BRIGANTI FRANCESCO — BRUNI FRANCESCO rappresen-
tante il Sindaco di Città di Castello — CawPELLO DELLA SPINA PAOLO
— FaBRI-STELLUTI- ScaLa FRANCESCO — FALOCI- PULIGNANI MICHELE
— FricAnELLI FirrPPO Sindaco di Colleseipoli — FiriPPI ALESSANDRO —
FRATELLINI SALVATORE anche in rappresentanza della Deputazione Pro-
vineiale dell’ Umbria — Fumi RANIERI rappresentanza del Municipio di
Porano — GIANNANTONI Luia1 — Gori FaBIO0 — LANZI LUIGI — MENI-
‘CONI - BRACCESCHI MENICONE — MoNaACI EnNESTO — MORINI ADOLFO —
/OygETTI UGO — Ricci RAFFAELLO — Rosa EpiLBERTO — SANSI OLIVIERO
— SorpINnI GIusEPPE — TENNERONI ANNIBALE — TOMMASINI- MATTIUCCI
Pietro — TorpI DoMENICO — VALENTI TOMMASO — ANSIDEI VINCENZO
Segretario - economo.

Hanno dichiarato a mezzo di lettere o telegrammi di
woler essere considerati come-presenti a questa adunanza, alla
quale con loro rincrescimento non possono intervenire, i soci:
VII
ViLLARI PASQUALE Senatose — FainA EuceNIO Senatore — BEL-
Lucci Giuseppe — PaAoLI CESARE — FRANCI CARLO — MORANDI LUIGI

Deputato — Bracci GIusEPPE Deputato — Fani CesaRE Deputato —
Pucci- BoxcamBI RopoLro — Corpucci VrrTORIO — GAMURRINI FRAN-

cESCO — TRABALZA Ciro — MAZZATINTI GIUSEPPE — URBINI GIULIO —

CuruRI Torquato — CaALIisse CARLO — ROMITELLI MARZIO — BENUCCI
DOMENICO — BARBIELLINI- AMIDEI ALESSANDRO — FANGACCI LEONIDA —
MAGHERINI- GRAZIANI GIOVANNI — CILLENI NEPIS CARLO — GRISAR ER-
MANNO — SconoccHIia ErrORE — NovELLI GIOACCHINO — BERTI FLAVIO
rappresentante la Congregazione di Carità di Gubbio — RoTELLI ANA-
STASIO — Cassano RoBERTO — MIKELLI VINCENZO — VERRI ANTONIO
— BanTOLINI Luigi — MERKEL CARLO — FiLippini ENRICO — CIPOLLA

‘CARLO — BELLUCCI ALESSANDRO — EROLI GIOVANNI — NATALINI PAOLO

— Orsini ANTONIO — MorETTI ALCESTE — Sinpaco DI FOLIGNO —
ALESSANDRI Leto — BELLACHIOMA VIRGILIO — LUPATTELLI ANGELO —
— Ceci GEgTULIO — SENSI FiLirPo — FRENFANELLI CIBO SERAFINO —
PpLISSIER LEONE — DEGLI Azzi VITELLESCHI GIUSTINIANO — CALDE-
RONI Giacomo — CERRETTI CESARE — PATRIZI UGO — RANIRRI DI Son-
BELLO RuGGERO — BLASI ANGELO — DONATI GIROLAMO.

Il Presidente si rende interprete di tutti i convenuti
ringraziando la città di Spoleto della cortese ospitalità che
offre agli studiosi delle patrie memorie, e porge un saluto e
un ringraziamento ai soci, i quali, recandosi numerosi a

questi annuali convegni, ne accrescono l'importanza e dimo-

strano di esser convinti della utilità di tali riunioni per
l| incremento degli studi.

Si rivolge quindi all’ illustre prof. Monaci, e dopo avergli
manifestato la più viva gratitudine sua e di tutti i suoi
colleghi per quanto ha fatto a vantaggio della R, Deputazione
Umbra di storia patria, lo prega ad assumere la presidenza
onoraria dell’ adunanza. Le parole del Presidente sono accolte
da un applauso unanime.

Il prof. Monaci ringrazia dell'onorevole ed affettuosa
testimonianza, e cedendo alle nuove insistenze del Fumi e

di tutti i soci si reca al banco della presidenza.

Il conte Campello della Spina porge ai soci le scuse del
‘av. Sinibaldi Sindaco di Spoleto chiamato in Ancona da
VII

urgentissimi affari, e, rendendosi interprete dei sentimenti

del Sindaco stesso e di tutti gli Spoletini, ringrazia il Fumi
delle. cortesi parole che ha loro rivolto.

: Quindi vien data lettura dei regi decreti: 21 febbraio 1896.

per la costituzione della Regia Deputazione di storia patria

per ÜU Umbria; 27 settembre successivo per le nomine all’ uf-

ficio di presidenza:

L. Fuwr Presidente — L. TimEmI Vice-presidente — V. ANSIDEI
Segretario - economo ;

25 marzo 1897 per le nomine dei Soci ordinari:

ANSIDEI VINCENZO — BELLUCCI GiUSEPPE — BLASI ANGELO — Cu-
TURI TORQUATO — DoNaTr: GIROLAMO — FALOCI-PULIGNANI MICHELE —
Fumi Lusi — GrannanTONI LUIGI — GUARDABASSI FRANCESCO — Maz-
ZATINTI GiUSEPPE — SENSI FILIPPO — TENNERONI ANNIBALE — TIBERI
LEOPOLDO.

IL Segretario dà lettura dello Statuto approvato nel-
l'adunanza del 16 maggio 1897 e che fu trasmesso al Mi-
nistero della Pubblica Istruzione per la necessaria approva-
zione: quindi legge il resoconto dello stato economico della
R. Deputazione.

La relazione del Segretario-economo è approvata. Il
Presidente comunica che il Consiglio nella sua odierna se-
duta a norma dell'articolo 15 dello Statuto ha deliberato ad
unanimità di proporre al Ministero della Pubblica Istruzione
la nomina a Soci ordinari dei signori conte cav. PAOLO CAM-
PELLO DELLA SPINA e Cav. GIUSEPPE SORDINI ; in omaggio poi
al disposto dell'articolo 16 dello Statuto medesimo 1’ Assem-
blea acclama soci onorari i signori:

De PaAoLI comm. Enrico Soprintendente degli Archivi di Stato
romani, e socio di varie Deputazioni e Società Storiche — WENZEL mons.,
Pietro Sottoarchivista dell’ Archivio Vaticano e socio di varie Accade-
mie e Società Storiche — LANCIANI eomm. prof. RopoLro della PR. Uni-
versità di Roma, Accademico de’ Lincei; i

Lana — sg—

elegge a soci collaboratori i signori:

Dm CESARE comm. RAFFAELE, Deputato al Parlamento Nazionale,
PARDI dott. prof. GIusEPPE — TOMMASINI- MATTIUCCI cav. prof. PreTRO.

Nomina poi soci aggregati i signori :

AGOSTINI don GIUSEPPE — ANNESANTI dott. CARLO — ARCANGELI
cav. dott. DoMENICO — ARRONI conte CESARE — BEZZI avv. CAMILLO -—
BipoLLI avv. ANGELO — BronpI prof. ULRICO — BonpI dott. GIUSEPPE
— CESARI prof. GiuLio — FepEeRICI dott. Silvio — FORTUNATI dott.
cav. ALFREDO — FRASCHERELLI rag. UGo — GASPERINI can. SILVIO —
GERBONI dott. LuiGr — LALLI conte FERDINANDO — LAPI cav. SCIPIONE.
— LANGELI dott. PAoLo — LAURETI dott. PASQUALE — LEONETTI
LUPARINI cap. BENEDETTO — MANCINELLI dott. ANTONIO — MANSUETI
ERNESTO — MARCHESINI prof. GOFFREDO — MARCcOCCI cav. FRANCESCO —
MARI dott. CESARE — MARTINELLI dott. ULRICO — MESsSsINI dott. PAOLO —
MoNTEVECCHIO FERENTILLO. duca AstoRRE — MoRrETTI prof. Trro —
Moscr dott. Pompeo — PowPEI rag. AxcHISE — RAGNOLI dott. Ax-
‘Tonio — Ricci prof. D. ErronE — Rossi dott. MARIO — SALZA dott.
ABp-EL-KADER — SINIBALDI avv. cav. TITO.

Da ultimo sono nominati soci corrispondenti i signori:

ANTONELLI avv. MERCURIO — MARTINI avv. cav. ANTONIO Biblio-
tecario del Senato del Regno.

Il socio Ugo Ojetti, rammentando un deliberato del Con-
gresso storico di Firenze del 1890 fatto su proposta del
conte Domenico Gnoli, desidera sia data opera efficace a
tener desto il movimento per l'istituzione di cattedre di
Storia dell’arte.

La Società vota unanime le dichiarazioni dovute fare
in proposito da Fumi e da Monaci.

Il socio Lanzi presenta una breve nota, relativa ad un
antico fresco da lui recentemente rimesso in luce al completo
nel convento di S. Francesco presso Stroncone, nella qual
pittura ammirasi un'effigie di S. Francesco d' Assisi, di cui
rileva l'importanza per la storia della iconografia sanfrance-
scana. |
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Il socio Tommasini-Mattiucci, a nome del cav. Magherini-
Graziani, presenta parte del volume e dell’atlante dell’ opera
« L'arte a Città di Castello » e dà notizia della parte di biblio-
grafia affidata allo stesso Magherini - Graziani.

Si leggono le lettere dei soci Fangaeci per la pubblica-
Zione di alcune pergamene di Gubbio, e Benucci sopra un
suo studio intorno al dominio degli Orsini dell' Anguillara a
Calvi, e sopra un altro circa le formule di scongiuri scritti

in rime volgari della fine del secolo XV; il Benucci poi co-
munica anche notizie intorno all'inventario dell’ archivio
notarile di Calvi.

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Il socio Urbini fa sapere d'aver posto mano alla parte
di bibliografia assegnatagli.

Il socio Gamurrini ha pronta tutta la bibliografia del tempo
antico; ma perché il metodo che egli ha tenuto pel suo lavoro é
differente da quello proposto ed annunziato, la Deputazione
si potrà valere delle sue schede volta a volta che procederà
nel suo lavoro bibliografico per le varie località dell’ Umbria.
Comunica poi le seguenti notizie di documenti: 1.? Per

GUALDO: Processus inter Monachos S. Mariae de Oripta et
Monasterium S. Mariae de Gualdo sub Bonifacio VIII (Cod.
Ottob. n. 2516, p. 62). — 2.° Atti criminali di Gualdo dalla
fine del secolo XIII al principio del XIV nelle guardie del
cod. N. 148 della Biblioteca di Rimini; vi si citano gli Sta-
tuti. — 3.° Repertorium privilegiorum, quae nonnullis urbibus
ecclesiasticis status pontificij concessa sunt (Cod. ottob. N. 1818).
— 4^ Per GuBBIO: Cose storiche di Gubbio in Carta del 1331,
n. 885, del Monastero di S. Bernardo di Arezzo (in Arch.
di Stato in Firenze). — 5.° CITTÀ DI CASTELLO: Nota delle pit-
ture ivi esistenti: miscellanee mss. delle rr. Gallerie di Fi-
renze; vol..I, n. 26 e 27, secolo XVII. — 6. Atti civili: di
Città di Castello del 1302 e 1303 nell’arch. capitolare di
Arezzo. Finalmente accenna ad un Regesto della prima metà
del secolo XIII a cominciar dal 1008 da lui veduto nell'arch.

‘apitolare di Città di Castello ed ora scomparso.

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Il Fumi da queste comunicazioni prende occasione di
annunziare che egli ha condotto a fine un vastissimo reper-
torio di documenti umbri nelle raccolte miscellanee dell Ar-
chivio Vaticano e sugli inventarî della Biblioteca. Vaticana
da formare come un ampio Codex Unibriae dal XII fino al
secolo XVI.

Il socio Cilleni Nepis fa sapere di un suo lavoro sulla
Chiesa di S. Felice nel circondario di Spoleto.

Il socio Grisar presenta due suoi opuscoli:

1.° IL tempio del Clitunno e la chiesa spoletina di S. Sal-
vatore.

2." Note archeologiche sulla mostra di arte sacra anlica
in Orvieto. |

Il Presidente propone quindi che la Deputazione a ser-
vizio degli studi storici si faccia iniziatrice di raccolte fo-
tografiche di monumenti dei singoli luoghi del Umbria, come
già è stato fatto in Orvieto presso quel Museo civico.

L'Assemblea prende atto di tutte queste comunicazioni
e proposte e le raccomanda allo studio del Consiglio.

Adunanza del Consiglio tenuta il 22 settembre.

Presenti i soci che intervennero alla prima riunione.

5i riprende la discussione sulla Bibliografia storica Umbra
e si delibera ad unanimità di cominciare a stampare la biblio-
grafia storica di una delle città per le quali il lavoro sia
già bene avviato; per tal modo con un esempio pratico
i casi dubbî saranno dichiarati e alcuni quesiti avranno una
soluzione.

Il socio Tenneroni comunica, in proposito, che è stato
condotto bene innanzi lo spoglio dei grandi corpi storici, e
che si sono di già compilate circa 600 schede.

Il prof. Monaci dimostra come utilmente potrebbe darsi
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XII x

notizia dei documenti diplomatici riguardanti l' Umbria, che
già videro la luce, ed afferma che un elenco di tali documenti
con le indicazioni bibliografiche riuscirebbe. di vantaggio
incontestabile agli studiosi e costituirebbe, per le cose edite,

come un codice diplomatico dell Umbria. Tale pubblicazione

potrebbe precedere anche l'altra della bibliografia generale.
Il Presidente plaude all’ idea espressa dal prof. Monaci,
e manifesta il desiderio che in questa bibliografia sia tenuto
conto delle edizioni nelle quali hanno visto la luce i docu-
menti.
Il socio Tenneroni propone il seguente ordine del giorno:

« La R. Deputazione di storia patria per 1’ Umbria, udita la lettura :

dello schema di classificazione per la Bibliografia storica dell’ Umbria,
apprese le notizie sul lavoro preparatorio compiuto, esaminata la pro-
posta di estendere maggiormente i confini del lavoro fatta dal socio
M. Faloci- Pulignani, approva la compilazione per la stampa di detta

bibliografia secondo le modificazioni allo schema e alla pubblicazione

di essa, consigliate dal presidente Fumi, dal socio onorario prof. E.
Monaei e conforme i chiarimenti forniti all' uopo dal relatore ai diversi
soci interroganti ».

Quest' ordine del giorno è approvato all’ unanimità.

Dovendosi quindi provvedere alla rinnovazione dei mem-
bri della Commissione per le pubblicazioni, si delibera la
conferma della intiera Commissione per un solo anno, tenen-
dosi conto dell'assenza di vari soci che la componevano.

- Il Segretario dà lettura di una lettera del direttore della
Unione tipografica cooperativa, signor Nicola Berardi, con la
quale si chiede un aumento da determinarsi sul prezzo già
convenuto per ogni foglio di stampa del Bollettino ; i signori
congregati affidano all officio di Presidenza l'incarico di
prendere in esame la dimanda del signor Berardi, e decidere
se sia il caso di soddisfarla.

RI AM 2d WE bo "E .- e XIII

Adunanza pubblica dell’ Assemblea generale
tenuta il detto giorno.

Oltre i soci, che intervennero all’ Assemblea :generale
del giorno 21, presero parte a questa adunanza l’ avv. FRAN-
CESCO ANDREANI, rappresentante del Sindaco di Perugia, e i
soci TIBERI, GUARDABASSI, PONTANI, VALLI, MANASSEI, PRE-
SENZINI, LEONELLI e RICCI.

Assistevano all’ adunanza, per invito della Presidenza, le
Autorità civili e militari e alcune distinte Signore di Spoleto.

Il Presidente riferì sui lavori dell'annata decorsa e annun-
ziò gli studi preparati per l'anno venturo. Quindi pronunziò
un discorso ispirato alle memorie antiche di Spoleto, e con fre-
quenti richiami ai fatti dell'epoca romana, longobarda e
italiana del basso medioevo, fece vedere come Spoleto risalti
nella storia, specialmente dell’alto medioevo, per uno spic-
cato carattere di regalità, essendo perfino emancipata dal-
lautorità papale la grande Abbazia Farfense e sotto la
protezione dell' Impero; carattere che al sopraggiungere poi
delle forme repubblicane, figlie delle volontà individuali del
popolo consociato liberamente, si risente nel fiero urto ghi-
bellino tanto celebre.nel secondo periodo medioevale. Ad illu-
strazione di esso offrì il contributo de’ nuovi studi suoi e del
segretario Ansidei dato nel fascicolo 3.° dell'a. III.° del .Bol-
lettino, presentato all’ adunanza, come omaggio della R. De-
putazione a Spoleto. Ricongiungendo le memorie antiche con
gli esempi di fortezza e di patriottismo del popolo spoletino
per la libertà, chiuse il discorso additando il cómpito del-
léra moderna che affratella, senz’ altre gare, tutti i Muni-
cipi fra loro, e richiama qui da ogni parte della regione
tutti gli uomini .cólti a preparare libri, che, come dice il
Garducci, « sono le armi del secolo XIX, sono documenti
della sua civiltà, leggi dell'avvenire ».

Al discorso del Presidente segui quello del socio prof.
Francesco Guardabassi, che lesse un suo importante studio
uni ao.

aen

TITET TESO:

XIV

intorno al grande umanista umbro Giovanni Pontano riscuo-
tendo sovente l'approvazione dei convenuti.

E questo pubblicato, per voto espresso dai soci, in ap-
pendice al presente verbale.

Adunanza pubblica dell’Accademia Spoletina.

Il giorno 23 settembre in una solenne tornata dell’ Acca-
demia Spoletina, presente tutto il fiore della cittadinanza conve-
nuta per invito della benemerita Presidenza, la R. Deputazione
gentilmente chiamata a prendervi parte, rese un tributo di caldo
affetto e di stima reverente alla memoria dell’ illustre storico
spoletino Achille Sansi, deponendo innanzi al ritratto di lui una
corona di bronzo.

Aprì la seduta il Presidente dell’Accademia conte Paolo
Campello della Spina, che salutò gli adunati e ringraziò la
Deputazione di avere visitato Spoleto. Quindi sorse il Fumi a
rispondere alle nobili e gentili parole dette dal Campello e, ri-
cordato come un’ esortazione a costituire la Deputazione Umbra
di storia patria sia venuta dall’ Accademia Spoletina, e come il
barone Sansi, presidente e restauratore di essa, ‘abbia dato un
bell'esempio del modo come oggi si abbiano a comporre le storie
municipali, si disse fortunato di potere, a nome dei colleghi,
rendere un omaggio alla venerata memoria del Sansi.

Segui al Fumi il nepote dell’ illustre estinto, sig. bar. Oli-
viero Sansi, che intimamente grato e commosso, ringraziò la
I. Deputazione e come congiunto dell'uomo che si onorava ed
anche come rappresentante il Sindaco di Spoleto.

rispose il conte Campello elogiando le doti preclare del
bar. Achille Sansi, quale scienziato e cittadino, e si dichiarò
riconoscente dell’omaggio tributato allo storico di Spoleto. Da
ultimo invitò il cav. Giuseppe -Sordini, segretario dell’ Accade-
mia, a leggere la sua conferenza su « Spoleto nella storia ».

TE
XV

L'erudito discorso fu ne’ varî punti concordemente applau-
dito e vedrà la luce negli Atti dell’ Accademia.

Terminata la riunione accademica, il signor avv. Fran-
cesco Bruni Pro-Sindaco di Città di Castello e il prof. cav.
Pietro Tommasini-Mattiucci comunicarono l invito fatto dal
Sindaco di Città di Castello perchè si voglia tenere nel pros-
simo 1898 l'adunanza plenaria annuale dei soci della R. De-
putazione in quella città. Un applauso unanime dimostrò
quanto fosse giunto gradito ai presenti il cortese invito del
Municipio di Città di Castello.

Sciolta l’ adunanza, la Presidenza pregò la Giunta Spo-
letina, che volle preparare alla Deputazione accoglienze de-
gne della fama ospitale della città illustre, di gradire in
omaggio la riproduzione d’una pianta topografica della città
di Spoleto, pubblicata dal Blaev nel « Theatrum Civitatum
et Admirandorum Italiae, a. 1663 ».

Sott'essa fu scritto:

« AL MUNICIPIO DI SPOLETO I SOCI DELLA R. DE-
PUTAZIONE DI STORIA PATRIA PER L’UMBRIA NELLA
LORO ADUNANZA ANNUALE ADDI XXIII SETTEMBRE
MDOCCXOVII, GRATI DELL/ OSPITALITÀ ».
)
It. upto oar soe 1 x ue OE Ls = css ——- prati 7: o:
XVII

GIOVANNI PONTANO
DI SPOLETO

DES CCOhs. 0
DEL PROFESSORE
FRANCESCO GUARDABASSI

Socio ordinario della R. Deputazione Umbra di Storia Patria.

WW LC) ie EE

Signore e Signori,

« Potessi ritrar solo un'imagine dei tempi in cui
visse l'insigne umanista, e svegliar dalle pagine dei
suoi scritti una voce, eco fedele del suo pensiero », trepi-
dando dicevo a me stesso nell’accingermi a questo lavoro ;
ma ora, con tanto più trepida commozione : « Potessi all'au-
dacia, che mi faceva accettare il gentile invito, ottener
venia cortese da quell'amore che avvince la mia alla
vostra patria, da quel nobile sentimento per cui vi siete
qui raccolti ad onorare la memoria di un illustre figlio
della nostra Umbra diletta ».

Cospieua e potente famiglia fu quella a cui appar-
tenne Giovanni Pontano. Se quel Ludovico, celebre giu-
reconsulto, protonotario apostolico alla Corte di Eugenio IV
non gli fu eonsanguineo, furon certo affini a lui quel
Tommaso professore di lettere e quell’ Ottavio giurecon-
sulto che Pio II mandava nunzio a Basilea; e nella
casa che i Pontani ebbero in Perugia era mantenuto con
devoto rispetto, consacrato dall' arte, il ricordo delle glorie
domestiche.
C. v.

Point. de

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TEGERE FRATE:

| ^ XVIII
|
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Egli nacque il sette di maggio del 1426.

Se una maggior copia di documenti ed una più chiara
significazione delle prove addotte dal prof. Adamo Rossi
inducessero nell'animo nostro una certezza più salda,
dovremmo ritener che la patria del Pontano sia stata un
villaggio presso Cerreto di Spoleto anzichè Cerreto stesso.
Il chiaro scrittore, infatti, affermava che Pontano è quanto:
dire De Ponte, e vale nativo del villaggio tuttora appel-

lato così, situato non Rumili monte

Vigia quem gelidis placidus circumfluit undis

Et Nar sulphureis fontibus usque calens.

Non voglio render anche piü grave questo discorso:

. con sottili questioni, con ipotesi stillate a gran pena, né,

sopratutto, voglio intrattenervi con mie congetture. Mi si
permetta peró di aecennare ai seguenti passi che potreb-
bero aver un certo valore nella controversia: un luogo del
« De immanitate », dove si parla dal Pontano di un'e-
migrazione fatta dai suoi maiores in agro ac solo proprio :
quel tratto del Carme alla Quercia saera agli Dei in cui
si parla appunto di un patrium solum, e una lettera
di Tommaso Pontano datata ex. agro Pontano. A me sem-
bra che questi dati tendano a risolver la questione in fa-
vore del Rossi.

Mite, affettuoso, delicato il sentire di Cristiana, la
madre di Giovanni, e assidua, vigile la sua cura per
aprire a sensi di pietà il cuore del fanciullo, per ani-
marlo giovanetto nel sentiero degli studî.

Da un tratto del libro De immanitate ci appare così
viva e. così cara la buona immagine di questa misera
donna che nell’atroci lotte del paese nativo, fra le stragi
nefande che saturavano di sangue le zolle dei campi pa-
terni insegna al suo bimbo la gentile religione dei morti,
le prime preghiere per le vittime della casa infelice, le
prime parole di perdono per gli oppressori crudeli !

« I miei antenati, scrive il Pontano già vecchio, scac-

ciati di patria per -domestiche dissensioni si erano fortifi-

cati nei lor tenimenti, ed avevano costruito una torre dove
XIX

custodivano le mogli, i figli ed ogni loro avere. Di qui,
spesso, movendo con l’aiuto dei clienti e degli amici a pro-
vocare gli avversari, accadde un giorno che per recare soc-
corso ad alcuni loro amici in pericolo lasciassero troppo
scarso presidio a difesa del luogo munito e della torre.
Appena i nemici seppero questo, diedero l' assalto al ca-
stello, se ne impadronirono, trucidarono tutti i difensori
e cinsero d'assedio la torre dove s’ era rifugiata la mia
bisavola Aurenzia con due bambini. Ed ecco sopraggiun-
gere i suoi fratelli.capi della fazione nemica e invitarla ad
arrendersi : ella acconsente purché sia salva la. vita a quei
teneri fanciulli. I fratelli rifiutano, e appiccano il fuoco alla
torre. Così quella donna, più coraggiosa di qualunque prode
ed intrepido uomo, morì abbruciata per mano dei suoi fra-
telli stessi insieme con due innocenti. E mi ricordo che io,
allora ragazzetto, per consiglio di mia madre, raccolsi con
ogni cura le loro ceneri e coi nostri famigliari le recammo
in-luosgo-'SA6ro i n

E quando in una di queste lotte fraticide le spengono
anche il padre dei suoi figli, il suo Jacopo, la misera Cri-
stiana ripara a Perugia e veglia amorosa alla educazione
di Giovanni che già dava prove di prontissimo ingegno
e di intenso affetto agli studî.

« Mia madre, ricorda il figlio nei libri De sermone, era
così sollecita della mia istruzione che per non lodarmi
apertamente, ma per mostrar la sua compiacenza ai miei
trionfi di scuola, soleva parlarmi con socratica festività
dei premi che attendevano i bravi fanciulli studiosi, dei
dolei che mi avrebbe apprestato se, ed ella già lo sapeva,
fossi riuscito il primo nelle gare coi miei compagni, in-
coraggiandomi così senza esaltarmi ».

Noi non vogliamo aila scarsezza di notizie sicure sup-
plire con quell’enfasi e con quella disinvoltura che pa-
reva effetto esclusivo di una certa fatuità retorica dei
tempi trascorsi, ma che anche oggi, con forma un po’ più
scorretta e con maggiore intrepidezza, si usa dai nostri
critici giovanissimi. Perchè voi lo avrete notato più volte:

vi sono alcuni che non potendo o non volendo con l’as-


"Ed

Ea dene

siduità delle pazienti indagini appressarsi alla figura

storiea che desiderano illustrare, non sapendo nemmeno,
per imperizia o per immodestia, limitarsi a esprimere
l impressione che si è in loro suscitata dal loro punto
di osservazione; trascinano presso di sé, per virtü di
quali misteriosi esorcismi non saprei dire, quell' illustre
trapassato, e trattandolo con la piü grande familiarità,
lo fanno parlare come loro talenta, come vuole la moda
o come vuole il giornale in cui scrivono.

Noi non vogliamo imitare costoro; ma non ci sembra
cedere al sentimento anziché giudicar freddamente, non
ci sembra attribuire soverchio peso a fuggevoli tratti
autobiografici del Nostro, quando dai fatti già citati e da
altri crediamo fermar la nostra attenzione sulla influenza
che deve aver operato nel tenero animo del Pontano
fanciullo il carattere della madre, sì che l’autore dei
Dialoghi e delle Nenie avrebbe ben potuto dir, come il

poeta tedesco, di aver ricevuto

Von Mütterchen die Frohnatur

Und Lust zu fabuliren.

E come si commoveva ai racconti della nonna Leo-
narda rarissimi exempli matrona! Egli stesso ci narra
che quando ricordava le crudeltà commesse dai suoi
compaesani nelle loro lotte atroci, la buona vecchia pro-
rompeva in lagrime, e, certo, l'orrore che per ogni sopruso,
per ogni violenza si manifesta sempre. con sì vive espres-
sioni negli scritti del Pontano fu concepito dapprima in
seno alla profuga famigliuola nei mesti racconti delle
patrie sciagure.

Ma se assiduo, diligente il giovanetto attendeva agli
studî non sembra che i suoi primi maestri di Perugia
fossero degni lui. Dei tre grammatici di cui ci tramanda
il nome in un suo epigramma, uno era famoso più che
per dottrina o per sapienza didattica per la sua abilità
nel menar le mani; l'altro si segnalava per l'agilità

nella lotta, e del terzo non gli era rimasto ricordo se non

per la stridula voce come quella d'una gru o di un'ani-
XXI

tra. Solo di Guido Vannucci egli ci ha lasciato parole
che rivelino stima ed affetto, benchè a queste non tra-
lasci di aggiunger ricordi faceti, che, uniti al disprezzo
con cui ne parla il Campano, non ci fanno scorgere nel
grammatico dell’ Isola Maggiore quel luminare di scienza
e quell' esempio di austerità che altri volle ammirare.

Non mi sembra nemmeno provato con ogni evidenza
che a conforto degli studi in Perugia gli sia stato com-
pagno quel Gabriele Altilio, che poi ebbe amicissimo fra
gli accademici napoletani, si che volgendo anche lo sguar-
do alle condizioni della città che lo aveva accolto fug-
giasco, possiamo agevolmente comprender come egli do-
vesse desiderar piü vasto campo di azione, maggior
libertà di vita sociale appena la fiamma giovanile accese
in lui la balda coscienza della sua forza e del suo ingegno.

A Perugia, infatti, dopo la morte di Braccio Forte-
braccio il governo era caduto in mano di una ristretta
oligarchia che, gelosa del dominio, abbagliava collo sfarzo
ed ubbriacava col sangue delle prezzolate vendette il
popolo minuto, vietando con ogni mezzo l’afforzarsi del
ceto medio e rendendo ogni giorno più vano il voto
cittadino; il sentimento di una patria libera delle sue
forze e della sua volontà. I legati pontifici dopo breve
dimora fuggivano: i nuovi eletti rifiutavano come fecero
quei tre cardinali che ricorda un breve di Nicolò V del
1447, e ci muovono le labbra al sorriso le lodi del buon
Maturanzio al vescovo di Siponto per il buon governo
della città, perchè sappiamo che il prudente prelato non
si mosse da Sassoferrato dove cercava conforto nel com-
porre versi.

E frattanto le guerre tra Eugenio IV e il Visconti
desolavano le campagne e dissanguavano l'erario a cuir
attingevano i nobili per allontanare dalla città ora que-
sto, ora quell’altro- nembo di venturieri, e la presa dî
Assisi, contaminata da tante stragi, aggiungeva ai Nobili
un altro signore, il fiero Piccinino, ed altri predoni, i suot
saccomanni, di guisa che il nostro Graziani esclama in-

dignato: « Anco a questi di li citadini e artegiani e con-
Sorge e

mu


tr

XXII

tadini se lamentano in genere, e dicano che la città se
desfa, che nè comuno né gentiluomene né altra persona
non ce remedia et ogni uno lassa currere e aspetta il
compagno et ogni di bisogna pagar denaro . . . . ».

Non era questa città dove l'ingegno immaginoso del
Nostro potesser trovar vital nutrimento: le sue prime
poesie a Perugia dettate e inserite poi nella raccolta degli
Amores, le gentili, appassionate poesie alla sua Faunia,
dovetter rimanere senza eco alcuna fra le aule dello stu-
dio assiepate da quei grammatici che egli tanto aborriva,
e la sua indole mite doveva troppo soffrire alla vista di
tanti eccidî, di tante empietà. A vent'anni, infiammato
dagli aliti ardenti della nuova vita italiana che. pene-
trando anche nei più umili paesi suscitava negli spiriti
eletti ardite speranze ed irrequietudini infrenabili ;
dopo aver tentato invano di riacquistare in patria i beni
e gli offici aviti, pieno la mente dei ricordi della Roma
d’ Augusto a chi doveva volger le sue speranze, a chi
poteva meglio offrire il suo fervido ingegno se non a
quel Magnanimo che a buon diritto nelle medaglie di
Vittor Pisano è detto Triumphator et Pacificus, di quel-
l’ Alfonso che allo stemma della casa d’ Aragona avev:
fatto aggiungere un libro aperto quod, come spiegava il
Panormita, bonarum artium cognitionem marime conve-
nire intelligeret, a quel principe che, giunto alla sommità
di un monte donde scorgeva una città, e domandato qual
fosse, quando seppe ch'era Sulmona, gratias genio loci
egit in quo tantus olim poeta genitus esset ?

Alfonso d'Aragona, scrive il Voigt, era a buon diritto
esaltato dagli umanisti come il tipo ideale del principe
mecenate, e come tale fu proclamato non solo dagli an-
dulatori ma anche dai suoi sinceri e schietti ammiratori.

« La sua figura, anche togliendole ogni effimero splen-
dore, ha qualche cosa di veramente straordinario. Con le
armi alla mano egli aveva tolto il regno di Puglia al
Pretendente francese i cui intrighi uniti alle tendenze
ribelli dei Baroni mantenevano l' inquietudine all’interno.

Non fu per nulla il figlio prediletto della fortuna, ma in
XXIII

Italia si soleva dire che aveva saputo domarla col suo
ferreo volere. Benchè il denaro spesso gli facesse difetto
o i debiti lo stringessero da tutte le parti, non vi fu
principe che tenesse una corte più splendida della sua e
nessuno fu più largo di lui verso gli Ambasciatori stra-
nieri. Nonostante il sangue spagnolo che scorreva nelle
sue vene, egli fu principe italiano in ogni suo atto, par-
lava anche speditamente l’italiano benchè nella conver-
sazione ordinaria si servisse della lingua materna ». Anche
prima di venire in Italia corrispondeva per lettere con
Leonardo Bruni e lo incoraggiava a tradurre gli scritti
di Aristotele. Esagerava certo il Beccadelli quando
affermava che la. lettura di Quinto Curzio, fattagli
regolarmente tre volte al giorno, lo avesse risanato da
una malattia, ma possiam credere al Pontano che nel
Principe ci narra come Alfonso, benchè spesso assediato
da molteplici cure, non trascurava mai di ascoltar la
lettura di qualche insigne scrittore nell'ora stabilita, e
non moveva ad alcuna impresa guerresca senza una
scelta raccolta di libri che venivano custoditi in una
tenda presso la sua. Vespasiano da Bistieci, descrivendo
la visita di Giannozzo Mannetti ad Alfonso, dice che lo
trovò nella libreria con più singolari uomini che dispu-
tavano della Trinitade e di cose difficilissime.

Ad Alfonso fra le armi e il frastuono dell’accampamento
si era già recato il Valla a cercar protezione dalle calunnie
dei giuristi pedanti e dei grammatici invidiosi, e l’ esempio
arrise forse al Pontano. Quando sulla fine dell’ anno 1447
il re si trovava in quel di Volterra, adversus Florentinos
bellum gerens, dopo che la morte di Filippo Maria Vi-
sconti aveva fatto improvvisamente crollar le trattative
intavolate dai Fiorentini quando l'Aragonese stava a Ti-
voli alle vedette, Giovanni si presentò a lui e fu benigna-
mente accolto, e cum il/o, lo ricorda egli stesso nel De
prudentia, haud. multo post Neapolim se contulit.

E a Napoli si dette con tale ardore allo studio delle
lettere che in breve acquistò quella: gloria ambita per

molti anni e vide farsi realtà quel sogno che lo Spirito
Er. Sii dii

iI

XXIV

nuovo della cultura umanistica additava qual méta più
degna, qual premio più splendido e duraturo.

Giunto a Napoli, dice egli stesso, mi dedicai con tale
assiduità allo studio, che all’età di circa ventiquattro
anni giunsi a superar coloro che già nelle lettere avevan
trascorso gran parte della loro vita.

A Napoli, dunque, fra il 47 e il 50 si elaborano nella
fervida opera del giovane umbro tutti gli elementi nel
suo spirito già raccolti e si aggruppano e si afforzano i
nuovi mondi ideali che il diverso ambiente largiva.

A. quel tempo, avevano già compiuto o definitiva-
mente affermato l'opera loro i più ins'gni umanisti che
formano il secondo periodo del Risorgimento, quello in
cui gli scrittori, pur ritenendo ancora molto più di quanto
non si creda generalmente, del carattere primitivo del-
l’umanismo, il carattere petrarchista, procurano di rin-
novare le forme letterarie antiche e lo spirito stesso della
cultura classica in un latino non solo corretto, ma elegante
e al tempo stesso con originalità e novità di idee.

Se il Bracciolini e il Loschi piangono ancora dalla
vetta del Campidoglio contemplando le venerande rovine
dei monumenti di Roma antica, come piangeva il Boc-
caccio discendendo le scale della biblioteca di Monte Cas-
sino, se perdurano ancora quei sacri furori d' affetto per
l'antiehità e quella smania scopritrice, piuttosto quali
atteggiamenti nuovi degli ingegni più colti che non
effetto di profondo sentimento della bellezza e della sa-
pienza antica; già la ricerca ansiosa del monumento
aveva dato luogo alla riflessione, allo studio, già i piü
valenti, a quel fuoco che divampava d'ogni canto d'Italia,
sentivano accendersi una fiamma nel petto, e dalla con-
templazione degli adorati scrittori si rivolgevano alla
diffusione del pensiero antico divenuto il loro pensiero.

Già Leonardo Aretino, il Poggio stesso, il Manetti,
il Biondo, il Piccolomini di cui la. storia contro il suo
desiderio ricorda più volentieri l' Enea che non il Pio, per

nominarne solo alcuni, avevano dato alla Storia, alla

Poesia, alla Novella, al Trattato morale nuovo contenuto
XXV

nella forma più elegante della lingua latina. Il vecchio
Guarino doveva ancora a Ferrara difender gli studî pro-
fani dalle accuse che scagliava contro di essi dal pergamo
fra Giovanni da Prato, ma in breve lo scherno mordace
del Panormita e l’invettiva violenta del Valla spezze-
ranno gli ultimi baluardi della scolastica medioevale.

E a Napoli appunto, dove non s’era spenta la tradi-
zione della prima rinascenza illustrata dal re Roberto,
il re da sermone, da Dionigi de Roberti e da Paolo di
Perugia, che coni suoi studî doveva formar larga messe
di facile erudizione al Boccaccio, il Beccadelli aveva ot-
tenuto nella Corte di Alfonso quella indulgenza ai tra-
scorsi giovanili che invano avrebbe altrove cercato, e
nel Plinianum, e nel portico che prese il nome da lui
aveva raccolto intorno a sè tutti gli ammiratori della sua
facondia e della sua erudizione; e l'autore della Decla-
ratio De falso creditat et ementita donatione Constantini
poteva ricever dal Magnanimo, benché infermo, quella
protezione che niun altro prineipe avrebbe forse osato pre-
stargli.

Il Pontano, giunto a Napoli col re, trovò nel Panormita
un valido aiuto, gli incoraggiamenti più fraterni; lo ac-
compagnó in una sua ambasceria in Toscana, e ottenne
per suo mezzo un impiego presso un ministro di Alfonso.
Il tempo che gli rimaneva libero lo dedicava allo studio
e a pubbliche letture dei migliori storici e poeti in un
circolo di amici, i più nobili della città, ammiratori della
eloquenza e della coltura del giovane umbro.

Bisognerebbe provar che il Valla abbia avuto in Na-
poli una cattedra di retorica per asserire col Gothein
che dopo la partenza del polemista romano il Nostro
occupasse quell’insegnamento. Sembra, però, certo che
il re Alfonso lo nominasse allora maestro del suo nepote
Giovanni di Navarra, ed egli mostrò subito non solo tutta
la sua valentia come istitutore, ma anche la sua pa-
zienza, il suo tatto diplomatico nel destreggiarsi fra le
subdole arti dei cortigiani ostili alla cultura umanistica

che non comprendevano.
..
ESRI

e Le tei

Alla morte di Alfonso, entrò ai servigi del re Ferrante
come segretario dell'onnipotente Petrucci, e, dopo breve

tempo, fu a lui affidata interamente la composizione delle
lettere regie, mentre dapprima non aveva che il compito:
di rivestir di forme eleganti il pensiero del principe.

Consideriamo dapprima nel Pontano l’uomo politico :
il nostro studio potrà trarne profitto, poichè dopo aver
apprezzato la sua attività nelle sue più esterne apparenze,
saremo in grado di valutar meglio l’ umanista scrittore
di trattati morali e scientifici, il poeta, e infine l'uomo
nella famiglia e fra i suoi amici.

Tl Petrucci, su cui la mutevole sorte rinnovò la tragica
fine di Pier delle Vigne, fu amorevole maestro al Pontano
nella difficile arte di governare, in nome di un principe
come Ferrante d’Aragona, un popolo come quello che
formava il Reame di Napoli.

Quanta diversità di tradizioni, di pensieri, di tendenze
fra i disparati elementi che lo costituivano! Da un lato
i signori feudali, i baroni, veri reguli come amavan chia-
marsi, dall'altro i patrizi della città di Napoli, la nobiltà
dei Sedili, e poi i borghesi dei comuni liberi, la popo-
lazione marinara, i contadini benestanti della Campania,.
i pastori, i primi nuclei di quella plebe che prese in
seguito il nome di lazzaroni, e infine i forestieri. E ciascun
gruppo, ogni ceto ha i suoi diritti da mantenere, le sue
pretese da affacciare contro i diritti e le pretese della
classe più vicina, e.tanto più vivi erano gli attriti dacchè
Ferrante aveva eccitato la borghesia contro i baroni con-
cedendole favori senza però darle la forza necessaria a
sormontare durevolmente, nè aveva avuto il coraggio di
liberarsi dalla mala compagnia degli Aragonesi e dei Ca-
talani come il padre gli aveva raccomandato di fare dal
suo letto di morte.

Ma non solo coi prudenti consigli, con l' indefesso la-
voro del diplomatico, il Pontano recava così utile aiuto al
suo signore chè, appena scoppiata la guerra per l'inva-
sione di Giovanni d' Angió, noi lo vediamo al eampo di

Ferdinando e non già come semplice storiografo, come
XXVII

tranquillo cancelliere, ma come risoluto ed andace uomo
di guerra néi momenti più pericolosi e decisivi. Sotto le
mura di Troia, se pur non dobbiamo lasciar trascorrere
il nostro entusiasmo fino al punto di fraintender le pa-
role stesse del Nostro, come succede al Tallarigo, egli ar-
recò certamente il più energico soccorso nel terribile scom-
piglio che avrebbe rinnovato la sconfitta di Sarno. E con
tanto maggior diletto ascoltiamo le sue vive azioni di gra-
zie al santo delle battaglie, al divo Giorgio, che aveva dato
la vittoria al Duca di Calabria contro ai Turchi sotto le
mura di Otranto, perché sappiamo ch’ egli divise i peri-
coli e le ansie di quella guerra sempre al: fianco del suo
principe.

Né doveva attendere riposi troppo lunghi l’ infatica-
bile ministro perchè la congiura dei Baroni desta un nuovo
incendio nel Regno, e Ferrante avrebbe visto crollar l' e-
difizio eretto col suo coraggio, col suo accorgimento e con
la sua crudeltà se Innocenzo VIII, vinto dalla parola e
dalla fama del Pontano, non avesse abbandonato i ri-
belli accettando la pace a condizioni tali che il più abile
neszoziatore politico non avrebbe mai potuto sperare.

Morto sul patibolo il Petrucci, dopo breve .volger di
tempo e nuovi trionfi, il Pontano occupò l’ officio di se-
gretario di stato, e nelle istruzioni intorno al processo dei
baroni ribelli, e nelle corrispondenze con la curia ponti-
ficia e nell’ amministrazione interna non sappiamo quel
che ammirar di più se la operosità instancabile o il senno
ognor vigile. E vigile sopratutto era il vecchio ministro
che all’ appressarsi del nembo addensato dall’ ambizione
del.Duca di Bari, come egli chiamava Ludovico il Moro,
scriveva da Caserta a Ferrante nell’ ottobre del 93:
« Francia vi vien adosso, Spagna vi tiene in mano,
aspettando il tempo e lo Duca di Bari pur tuttavia prat-
tica etiam con li Tedeschi li quali sono poverissimi. Non
vogliate servare li soliti costumi, e tanto state più solerte ve-
dendo lo Papa con tanti nuovi cardinali. Lo buon parlare
con questi oratori è buono: lo scrivere è megliore: ma lo

ottimo è lo fare, e dare ad intendere che v'avvedete e
—— 7
Tace
ES

E

==

SS

==

—_ + —————@=m ===

XXVIII

state a casa. Il fiorentino se ride de alcuni vostri ragio-
namenti e il milanese vi beffa . . . . . In li grandissimi
pericoli buono aiuto è la corazza, ma lo animo fa lo tutto :
mostrate l' animo vostro e non vi noca la vecchiezza,
che raffredda il sangue. Per Italia se dice che la fortuna
v’ have aiutato, ma che voi havete mancato a la ven-
tura vostra. La ventura sole esser fatta come la pelle, che
all’ ultimo, è forte a scorticar la coda.

Sete vecchio e tutta Italia, Francia e Spagna vi sono
congiurate contro e non v’ aiuteranno e lo Turco vi cor-
rerà addosso come fanno le mosche all’ inferno.

Sieché al ben dire aggiungate lo fare, che vol dire
ben provvedere. Non vi fate pecora —. Non fidate tanto
in Dio, perchè non te aiuta senza te, in li casi dove 1’ huo-
mini se ponno aiutare ». !

Ma Ferrante vien meno, e la viltà di Alfonso II la-
scia libera al re francese la via di Napoli invano con-
tesa ‘dal prode Ferdinando II.

All’orgoglioso trionfatore il primo ministro, il fidato
consigliere degli ultimi Aragonesi tenne l’orazione di
lode e di ossequio che il Guicciardini biasimava? Le
più recenti indagini tendono ad accertare quel dubbio,
e noi che non dividiamo quei sacri terrori di alcuni
critici per le debolezze dei grandi uomini, non osiamo
nemmeno coartare i resultati della imparziale ricerca
per disporre entro la cornice di una figura storica. tutte
le virtù che dovrebbero abbellire la natura umana.
Preferiremmo, invero, di veder il Pontano seguir la
cadente fortuna di Ferdinando anzichè dare egli stesso
a Carlo le chiavi di Castel Nuovo; vorremmo piuttosto
vederlo precipitare nel trabocchetto dei tradimenti spa-
gnoli insieme con Federigo invece di leggere la dedica
di un suo libro a Consalvo; ma non dobbiamo dimenti-
care i tempi in cui egli visse, non dobbiamo dimenticare
anzitutto, che gli umanisti del quattrocento sono tutti
un poco condottieri, nè credono venir meno ai sentimenti
dell’ onesto e del bene.

Nella tranquillità circondata dal rispetto dei nuovi
XXIX

signori, dall’ affetto degli amici, dall’ ossequio di tutta
Italia si raccolse negli estremi anni della sua vita quel-
l' illustre spirito: ora nei profumati recessi dell’ Antignano,
nelle sacre ombre del suo tempietto, nelle frescure del
Portico a riordinare, a correggere e ad arricchire di nuovi
scritti la sua prodigiosa opera letteraria. ;

Non ho esagerato: l'uomo che abbiamo visto con
tanta solerzia assorto nelle molteplici cure dello stato, e
dalle missive ai principi d' Europa redatte con finissima
astuzia, passar, per virtü di una mirabile versatilità, alla
amministrazione di una spedizione di guerra o di una guar-
nigione perduta nei monti degli Abruzzi, questo stesso la-
sciò ai posteri, in prosa, sei libri intorno alla Guerra fra Fer-
dinando e Giovanni d'Angió, i trattati De Obedientia,
De Liberalitate, De Magnificentia, De Prudentia, De Ser-
mone, De Fortuna, De Principe, De Beneficentia, De Splen-
dore, De Conviventia, De Immanitate, De Magnanimitate,
De Sermone e De Aspiratione: i dialoghi intitolati Cha-
ron, Antonius, Actius, Aegidius, Asinus: i libri astro-
nomici, De rebus coelestibus, De Luna, e il Commentario
intorno a cento sentenze di Tolomeo : e in poesia, i poemi
didattici De Stellis, Meteororum, De Hortis Hesperidum,
La Lepidina, ‘gli Hendecasillabi, iTumuli, le Neniae, gli
Amores, De Amore Coniugali, gli Epigrammi e De Lau-
dibus divinis.

E una attività così multiforme, così geniale, così libera
non si manifesta solo per circonfondere di un'atmosfera
di venerata, temuta dottrina l’infaticato scrittore, ma si
diffonde come aura ispiratrice di energici impulsi, di no-
bili aspirazioni in tutto l’ambiente letterario della grande
città e avviva nuovi spiriti e suscita nuovi studî, sveglia
affetti imperituri, crea, in una parola, l' Accademia Na-
poletana che passa celebrata nella storia col nome glo-
rioso di Gioviano Pontano, Gioviano chè ben gli conve-
niva tal nome, non quale meschina e irreverente defor-
mazione del cristiano appellativo di Giovanni, ma quale
legittimo onore reso al maestro di così eletta schiera,

figlio prediletto di Giove, pater omnium deorum.
pers

A

Quando il Panormita mori, già un gruppo di begl' in-
gegni illustrava in Napoli la scienza e le lettere.
Giovanni Attaldo insegnava con molto plauso filosofia
Aristotelica nell’ Università; Alessandro d’ Alessandro seri-
veva i Dies Geniales, Tristano Caracciolo seriveva opere
storiche, Giano Anisio satire: Girolamo Tagliavia rinno-
vava l’opinione del pitagorico Filolao sul movimento
della terra intorno al sole: Antonio Ferrari, detto il Ga-
lateo, dimostrava la probabilità di trovare il passaggio

alle Indie Orientali navigando verso Ponente: Antonio

Flaminio saliva in gran fama per gli studî astronomici,

ed era già adolescente il Sannazzaro che fu poi l'Ac-
tius dell’ Accademia, l’ Apollineo Sincero.

S'io sapessi ritrarre dai dialoghi del Pontano un solo
riflesso dell’arte smagliante che li ha dettati, potrei di-
pingervi la vita dell’ Accademia che palpita ancora in
quelle descrizioni, in quelle dispute, in quegli aneddoti
ridonando l’aspetto, il pensiero, la parola a quei liberi
ingegni per cui il regno del misticismo è finito, per cui
il medio evo coi suoi languori, coi suoi terrori dell’oltre
tomba è scomparso, la cui immaginazione è popolata di
giulivi fantasmi e il cuore pieno di gioconde emozioni.
Nei Dialoghi ci appaiono i compagni del Pontano cia-
scuno nel suo carattere: prima di tutti più vicino al
Pontano, il Sannazzaro, Tristano Caracciolo e il Galateo, e
attorno a loro tutti gli altri sodali Marullo il Greco,
Elisio Calenzio, Altilio, i due Poderini, il Compatre, il
Cariteo, 1’ Acquaviva, il Capece.

E i più notevoli aspetti che l’ Accademia presenta allo
studioso si riflettono con ogni fedeltà di contorni e di co-
lorito nei Dialoghi del Nostro: la indipendenza da ogni
autorità, il diletto di scrutare i varî atteggiamenti del
pensiero popolare e l’ affetto delicato che stringeva fra di
loro i compagni non già fra le reti insidiose di un mal-
sano desiderio di lotte infeconde a sfogo di povere ambi-
zioni, ma avvincendoli nel comune sentimento di combat-
tere insieme la nobile battaglia della civiltà contro la bar-

barie e contro la pedanteria dei erammatici.
I 8

»
XXXI

Come liberale profuse i suoi doni al Pontano quando
scriveva i suoi dialoghi la Dea Versuzia ch’ egli celebrava
nel verso immortale !

È mirabile infatti, l' agilità con cui quella mente po-
teva dalle laboriose aridità grammaticali del De Aspira-
tione, dalle sottili disquisizioni astronomiche dei lunghis-
simi 14 libri De rebus coelestibus, cangiar forma, stile, pen-
siero e dettar le pagine dell’ Antonius e dell’Asinus. Quale
vivacità di situazioni comiche, di detti faceti, «di satira
briosa che non ferisce e si compiace di rivolger crudele
il ferro nella piaga, ma punge, sferza, leva un riso so-
noro e trascorre.

Dissero già che quella naturale disposizione del cuore
e della mente a osservare con simpatica indulgenza le
contraddizioni e le assurdità della vita, l' humour, è la
caratteristica delle letterature anglo-germaniche e che se
appare talvolta a deboli sprazzi anche nella nostra let-
teratura moderna, noi la derivammo dallo Sterne, dal
Richter, dal Dickens dall’Hawthorne, dal Thackeray : eb-
bene, io vorrei che alcuno studiasse, per tale riguardo, un
pu’ meglio il pensiero italiano del primo rinascimento, leg-
gesse poi attentamente i dialoghi del Pontano, e son certo
che anche a questo studioso sorgerebbe in animo il dubbio
che anche questa vena dell’ Àwmour sia sgorgata dalla
letteratura umanistica italiana.

Intanto l’Antoniusel’Asinuscirappresentano la Vanity-
Fair della vita napoletana di quel tempo, l' Antonius singo-
larmente.

Siamo nel portico Antoniano dove il Panormita soleva
trattenersi in dotti e arguti colloqui coi suoi amici e coi
molti ammiratori della sua dottrina:

Un siciliano che è venuto a Napoli per veder quel luogo
tanto famoso prega Pietro Compatre, in cui s'imbatte, d’in-
dicarglielo. Il Compatre gli dice che è proprio quello il
portico che cercava, ma Antonio è morto, quel sapiente
che aveva così grande esperienza della vita, quel filo-
sofo che aveva compreso il segreto della felicità umana

perchè ricordando nos latere et bonorum et malorum
XXXII

causas, esortava a referre omnia ad Deum, a rifletter che
se nel mondo non vi fossero le sciagure non vi sarebbero
nemmeno gli uomini virtuosi, che la vita è lotta, e come
son salubri le acque correnti, e nocive quelle che rista-
gnano, così l’uomo deve educarsi nei travagli invece
di avvilirsi nell’ignavia. Indi sopraggiunge un altro
amico del Panormita, Enrico Poderico, e quando è pas-
sato un viandante frettoloso che rivela tutta la sua
ignorante superstizione, ecco all'improvviso uscir sulla
via un pubblico banditore che dichiara espressa volontà
regia che Gioviano Pontano possa uscir di casa senza
esser molestato dai grammatici e dai grecizzanti.

j appunto viene innanzi uno di costoro, che, gonfio
di boria bizantina, canta un verso di Pindaro, e se il
Compatre non trattenesse il forestiero, questi che non
capisce il greco credendosi offeso da quell’ %;1970v uiv 02»
gli si farebbe addosso.

Sedato il tumulto, il Poderico sferza la corruzione
della nobiltà napoletana e all’ arrivo del Contrario e del-
l’ Elisio si accende una viva discussione intorno a Marco
Tullio e a Quintiliano e ai grammatici che offendono il
sommo Virgilio. Composto il dissenso, ecco Suppazio che
ha fatto un giro per le varie città d’Italia e ne ha ripor-
tato ie più fosche impressioni e le costole ammaccate da
un grammatico perchè aveva usato a sproposito un
ablativo, e, terminato il suo racconto, si avvia alla casa
del Pontano che sa infermo. Anche il forestiero vorrebbe
accompagnarlo, e il piecolo Lucio il figlio prediletto del-
l'illustre poeta vien fuori a narrar nei più intimi parti-
colari una scena di gelosia fra il babbo e la mamma
mentre Suppazio si salva a stento dalle furie della signora
che lo prende per un confidente del suo volubile marito.
Ma un frastuono di trombe e di grida rompe la via: un
corteo di maschere accompagna un cantastorie e un
istrione: quello sale in bigoncia per narrar le guerre
di Sertorio e Pompeo, questo per derider tutti e il poeta
stesso.

E così svariati, vibranti di vita e di colore son questi
XXXIII

dialoghi, di cui molto ci sfugge, ma di cui resta pur
tanto per ammirare il fecondo ingegno del loro autore,
per eomprendere che prima, molto prima di noi, lo spi-
rito letterario, liberatosi dalle pastoie della scuola, aveva
applicato senza gretto esclusivismo, con geniale larghezza
la nostra trita formula dell’ Arte per l' Arte.

E a lato dei Dialoghi, giardini lussureggianti di frondi,
aperti al baeio del sole napoletano, dove la voce del sa-
piente si mesce alle grida dei popolani, alle risà argen-
tine dei fanciulli, ai canti dei cerretani, ecco sorger
maestoso il severo edifizio delle opere morali in cui il
disegno e l'ornamentazione si accordano in una fine eu-
ritmia di linee e di svolgimento.

In questi suoi scritti non dobbiamo cercar presenti-
menti nuovi, non possiam trovar accenni di nuove teorie
filosofiche: Pontano é un Aristotelico, avverte il Fiorentino,
ma in una cosa si diparte dal suo prediletto maestro, nel
dire la virtù fine a se stessa, e da ricercare per sé non
per altro fine. Il che lo disgiunge non solo da Aristotele
ma anche dai predecessori: dal Valla, dal Filelfo, i quali
Si erano piü aecostati ad Epicuro.

Egli sente più di ogni contemporaneo la serietà della
vita chè per lui l’umanismo e la virtù hanno la stessa

radice. Ravvicinate quei versi dell’ Urania

Quid vexare deos frustra iuvat ? Ordine certo
Fert natura vices, labuntur et ordine certo

Sydera, tam varios rerum parientia casus

e quel tratto del De Prudentia: In animo mihi credite
felicitas maxima e Y altro più notevole: Scrivendo intorno
alla morale wmana noi scriviamo di Dio stesso a cui nulla
può esser di più gradito e di più caro che à precetti di
una sana educazione, e avrete compreso lo spirito infor-
mativo dell'opera filosofiea del Pontano. Un vigoroso
senso pratico guidava nella speculazione psicologica que-
sto poeta la cui fantasia si spingeva poi fino alle più re-
mote stelle per ritrarne negli esametri l'immacolato splen-

dore.
Nè dico in tal modo per abbellire la mia frase con i

mezzi più vieti della topica laudatoria: nelle opere mo-
‘ali del Pontano la connessione enciclopedica degli ele-
menti, forse mantenuta per la tradizione della scuola, che
serbava tenace la tendenza alla Summa, si rivela in tutta
la sua integrità organica come effetto di un disegno pre-
stabilito.

Dalle premesse del trattato del Principe derivano lo-
gicamente, scolasticamente direi, i principî svolti nella
Fortezza, nella Magnanimità, nella Immanità: corollarii di
questi vengono i cinque trattati della Liberalità, della Ma-
gnificenza, dello Splendore, della Convivenza, e sono tutti
insieme la norma di vita del Principe. Pel suddito poi lo
statista dettava i libri De Obedentia, e per porgere con-
sigli al suddito e al Principe nei loro reciproci rapporti
scriveva della Prudenza.

E sempre chiara, lucida la esposizione, sempre ricca di
esempi tratti dalla storia più recente, dalla vita più intima
degli uomini illustri del suo tempo, dei suoi stessi amici.

Né l’avvicendarsi fortunoso degli eventi, né i sug-
gestivi timori che aleuni gli manifestavano per la salute
dell’ anima sua, né la vecchiaia che affralisee anche le
tempre piü forti valsero mai a far vacillare le sue convin-
zioni intorno alla netta separazione della morale dalla
credenza religiosa.

Dove senti davvero la stanchezza dello serittore é nel
trattato De Sermone composto negli ultimi anni della sua
vita quando le reminiscenze di un' esistenza cosi agitata,
così avventurosa, sovrapponendosi all’ esame dei fatti, si
accumulano, si confondono dileguando talvolta in una
troppo loquace divagazione retorica.

E ormai può posare la stanca mano, ormai può ac-
quetarsi la fantasia fra i casti pensieri della tomba, poi-

ché una voce misteriosa gli sussurra :

Fama ipsa assistens tumulo cum vestibus aureis:
Ore ingens, ac-voce ingens, ingentibus alis

Per populos late, ingenti mea nomina plausu

TTT


XXXV

Vulgabit, titulosque feret per saecula nostros
Plaudentesque meis resonabunt laudibus aurae

Vivet et extento celeber Iovianus in aevo.

La nobile superbia quaesita meritis,la fiera coscienza
di una vita consacrata al vero e all'onesto, il ricordo dei
suoi cari morti formano l'ultima consolazione del suo
romitaggio. La sua diletta Adriana, la sua prima sposa,
è già morta da molti anni: ella ha voluto seguire Lu-
cietta la vezzosa fanciullina, primo pegno di tanto amor
coniugale. Glie l'avea detto fra le lagrime amare la mi-
sera madre quel dì che fra le mani tremanti rivolgeva
i balocchi, i lavorucci, i gingilli della sua poverina, e il
padre colle lagrime agli occhi aveva ascoltato quelle voci
e quei voti di morte.

« Ecco, riprendi, figlia mia, riprendi il tuo ventaglino,
lé tue forbicette, riprendi la tua veste di seta e aspet-
tami amor mio, aspettami fra poco ».

E di li a poco mori lo sposo della sua Aurelia che
avea accasato insieme con l'altra sua figlia Eugenia
presso nobili e onorate famiglie, e il piecolo Lucilio che
era venuto a rallegrar col suo sorriso infantile la casa
del vecchio poeta dopo il suo secondo matrimonio.

Sull' unico maschio, sul figlio della sua Adriana, sopra
Lucio Francesco, erano raccolte le sue speranze quando
a trent'anni anch'esso scese nella tomba; ma lui, e lo
dice in versi stupendi al Sabellico, quanto più la sven-
tura lo vuol prostrato, tanto più si risolleva coraggioso
a sfidarla. Chè anzi, egli vuol confortarsi nelle miserie e
nella solitaria vecchiezza col canto delle Muse e distrarre
il pensiero affaticato contemplando le ninfe che scher-

zano sui margini del Sebeto.

E

$ giusto: le vaghe apparizioni che consolano il vec-
chio poeta, le visioni dei eorr di Naiadi che vengono a
ispirar gli ultimi suoi canti sono le luci ehe avvivarono
sempre la Musa sua e da queste trae il principale carat-
tere tutta la sua opera poetica.

Il Pontano non è poeta epico, nè possiede il vero en-
ie zie ie

XXXVI

tusiasmo lirico. Troppo ingenua è la smania di esaltarlo
in coloro che scorsero nell’ Urania i pregi del poema e par-
larono di una macchina; affermarono, senza poterla addi-
tare: noi non vi sapemmo scorgere che una splendida
serie di episodi l'uno più vivace, più leggiadro del-
l’altro; ma, il disegno dell’opera non è di gran lunga
diverso da quello così rigidamente scolastico che di-
vide, suddivide, fraziona la materia in tutte le possi-
bili categorie del trattato astronomico De rebus coelesti-
bus. E questo difetto, se pur vogliamo chiamarlo cosi,
deriva appunto dalla esuberante fantasia del poeta u-
manista: dinanzi al suo sguardo le immense vie del
cielo non son più percorse da spiriti evanescenti che
trasvolando cantano l’armonioso Osanna; gli sfolgoranti
pianeti non rendono più per virtù de’ mistici motori la
melodia spiritale dell’ universo, ma in ogni stella, in ogni
plaga del cielo s’ accende per il poeta’ una visione ter-
rena in cui fra lo stormir delle frondi nel risveglio di
un’ eterna primavera, lo scrosciar dei torrenti, il canto de-
gli augelli, cantano le Napee, sorridono le Driadi, geme
Anfitrite sul corpo di Adone e le grida festose delle
Nereidi soffocano le voci del bellissimo Ilo.

Erasmo non aveva torto a rimproverare al poeta del-
l'Urania che leggendo i suoi versi non si sa se parla un
pagano ovvero un cristiano, ma aveva anche ragione il
Sabino quando a difesa del suo venerato maestro gli rim-
beccava: Conduntur poemata ut nobis cum deletactione
prosint non ut ex illis Christi praecepta discamus.

E il diletto, il più gradito degli spiriti colti del tempo,
il diletto della risurrezione delle forme dell’arte classica
nei suoi più vaghi aspetti, nelle sue scene, nei suoi drammi
più attraenti è lo scopo della poetica pontaniana.

I fenomeni meteorici formano argomento di un’ altra
composizione didattica in cui il lettore, stanco di quel
barbaglio di quadri dissolventi, si ferma a meditare am-
mirando la magnifica chiusa in cui si predice la cata-
strofe del mondo “abitato per opera di una nuova terra

che deve sorgere dai gorghi dell’ Oceano, dove su nuovi
XXXVII

campi, con nuove leggi s' acqueterà la stirpe umana af-
faticata, esausta da tante sventure.

E cada pure infranto dai cardini il mondo, ma resti al
poeta il tempo di celebrar le ninfe protettrici del Sebeto,
le deità tutte del Golfo di Napoli, e invitar i suoi amici,
la sua Fannia, la sua Focilla ai bagni di Baia dove sulle
tepide acque riddano come protervi amoretti i procaci en-
decasillabi sferzandosi coi rami di mirto strappati ai giar-
dini dell'Antiniano.

Vi fu chi chiamò riposata la voluttà del Pontano:
credo che non pensasse alle Baiane, agli Amores, all’ Eri-
danus: vorrei far giudici voi con la lettura di alcune di
queste poesie; ma per quanto Ze latin brave Ul honnéteté,
non mi par proprio il caso di provocare una tal discus-
sione: dirò come diceva il Panormita quando lo interro-
gavano intorno a qualche difficile controversia letteraria :
Ite ad Iovianum. Andate dal Pontano.

E in questa così ricca concezione di immagini sfol-
goranti, in questa così svariata produzione di figure, di
quadri che dalle azzurre vie dello Zodiaco si diffonde
qual vena prorompente, inesausta di calore e di vita
poetica, sui giardini di Formia a rievocare gli splen-
dori degli orti delle Esperidi e si mesce con l’Acque del-
l| Eridano a celebrar le. bellezze della sua Ferrarese;
in questa duttilità ammiranda di pensiero per cui dopo
aver dati consigli al prudente colono per la coltivazione dei
cedri, il frutto sacro a Venere, il poeta s'appressa alla
cuna del suo Lucietto a blandirlo con le dolcissime Neniae,
e poi all'orecchio di Fannia, i cui occhi lampeggiano,
sussurra il giambo salace; in questa pompa di suoni e colori
il verso di Virgilio e di Catullo si piega ai nuovi sen-
timenti, cede sotto i colpi misurati dell’artefice, si assot-
tiglia a ornamento diafano, leggero, impalpabile, ma
conserva sempre la- sua immacolata purezza.

Nel Pontano non abbiamo più l’ umanista che per la
tradizione petrarchesca coltiva la bucolica avvolta nel
velo dell’ allegoria, come il Salutato, Tommaso di Ser Rigi

da Perugia, Pier Candido Decembrio, per ricordarne
= TER

n2

^

XXXVIII

alcuni; né la sua forma è aucora incerta, malsicura come
nel Loschi e nel Vegio: l'assimilazione è perfetta, né
potremmo trovarla uguale nemmeno nel Filelfo, nel Por-
cello, nel. Poggio: solo il Poliziano gli può stare a paro,
ma cede a lui. per l'impeto e la continuità.

E dove meglio ammirar questi pregi, dove meglio
ammirar l'arte del Pontano che nella sua Lepidina?

Lepidina, la sposa del Pontano, la virtuosa Adriana
stanca per il pondo ascoso e pei doni che reca al Sebeto

e a Partenope di cui sono imminenti le nozze, si riposa

col suo Macrone, il Pontano, sotto l' ombra d' un albero,

di quell'albero stesso presso al quale si giurarono un
giorno eterno amore. Mentre rievocano i grati ricordi,
ecco un corteo di giovani e di donzelle che cantano le
lodi degli sposi, seguiti da un coro di Nereidi, e le Ninfe
di Posilipo, di Mergellina, di Capri, di Vico Equense, di
Amalfi a cui tengou dietro i Tritoni che gridano: Dici-
mus'o Hymeneae, himen ades Hymeneae.

E poi le. ninfe urbane e suburbaue Butina, Ulmia,
Pistasi, Labulla e Formella, e giovanetti e fanciulle che
scherzano attorno al vecchio Capodimonte che va innanzi
a lento passo appoggiandosi al bastone, e lo stesso Vesuvio
dalla vetta del monte scende giu sul suo asinello et spar-
git sua munera plebi.

Plebs plaudit varioque asinum clamore salutant.

Indi alle Driadi e alle Oreadi del golfo segue la musa
Antiniana che augura agli sposi ogni sorta di felicità e
insieme con tutto il corteo muove al palazzo del Sebeto.

La Lepidina è il componimento più notevole dell'arte
poetica di Gioviano, perché a nostro parere ne rappresenta
i suoi più importanti caratteri: la distribuzione episodic:
dell'insieme anche dove il racconto è più semplice, la ge-
niale assimilazione della eleganza latina che dà vita ad
uno stile, la spontaneità delle immagini per cui la perso-
nificazione dell’ inanimato balza improvvisa palpitante
di vita al tuo sguardo, la voluttà temperata, frenata, dal-

l’affetto coniugale.

La Lepidina che celebra le mistiche nozze del Sebeto
XXXIX

e di Partenope segna anche la fine della poesia avvivata
dall’ afflato umanistico; essa manda l'ultimo canto, il
canto del piacere fra gli inni che echeggiano sulle pen-
diei di Mergellina in mezzo all’ esultanza e al tripudio
di tutti i Semidei del Golfo incantato.

Il Gran Pane è morto davvero.

Non esagerato ossequio, non simpatia offuscatrice del
vero, ma convinzione serena dedotta da studio affettuoso
ci permettono di conchiudere additando nel Pontano una
delle più segnalate figure del Rinascimento, quella in
cui si ottemperano in più armonico accordo i caratteri
principali di quel periodo storico.

Statista integerrimo che poteva rispondere fieramente
ad alcune accuse mossegli da Ferdinando d’ Aragona:
La mia povertà basta a difendermi : filosofo che nel campo
della morale s' avvicina per meraviglioso spirito di pra-
tica osservazione ai più moderni concetti dell’ Etica : in-
telligenza libera, nemica di ogni pedanteria, ma non sfre-
natamente audace: animo proclive ai più gentili affetti,
genio poetico capace di ritrarli con squisita leggiadria:
qual gloria più pura? qual voce, qual manifestazione di
lode ad essa condegna ? Non certo la mia: la vostra sol-
tanto che avete voluto recare così splendido omaggio

d’affetto e di stima a Giovanni Pontano.
1
,
= E = = = —— ro = =

n
GLI STATUTI DELLA COLLETTA DEL COMUNE D' ORVIETO

PARTE II.

GODE Eo (IND. d.

Il codicetto che si stampa ora per la prima volta, porta,
nell' archivio comunale antico d'Orvieto, il N. 3 della parte I,
serie II. Gli abbiamo invece assegnato il N. 1, perchè è il più
anlico degli statuti della colletta orvietana, della quale abbiamo
parlato nel fascicolo I del volume 1 di questo medesimo £ul-
lettino. Fu scritto probabilmente nella prima metà del secolo XIV,
se non lo si voglia attribuire precisamente al 1312, come si legge
nell’ inventario manoscritto di quell’ archivio.

Misura 0;34 X 0,23 !/,. Ha larghi i margini superiore ed in-
feriore, in media 0,05 !/, ; molto stretti al contrario i margini de-
stro e sinistro. In quest'ultimo veggonsi rozzamente disegnate
varie figure, le quali rappresentano gli oggetti sottoposti alla
gabella, i pesi e le misure adoperali per quelli; mentre nel mar-
gine destro è indicato il valore dei dazi da pagarsi.

E scritto su pergamena in: carattere tondo, grande e bello.
Le intestazioni dei capitoli sono in rosso. Tutto il manoscritto è
assai ben conservato.

Questo codicetto è uno statuto, come abbiamo accennato, della
colletta o gabella orvietana, imposizione la quale gravava sulle

1
—_ =_=:

2

-—

G. PARDI

merci introdotte in città o trattene fuori, sulla vendita al minuto
degli oggetti, sopra i molini, gli uffici, gl' impieghi, i cottimi, le
pensioni, i livelli, le misure, i pesi, le bestie, le doti, i testamenti,
le arti, ecc. (1). :

Uno degl' introiti pià abbondanti della colletta era fornito dal
dazio sull'introduzione delle merci e delle veltovaglie entro le
mura della città e sull’ esportazione delle medesime.

Quest ultima specie di gabella con l'andare del tempo è stata
abolita, perché avrebbe danneggiato grandemente il commercio,
senza obbedire piü alla necessità di tenere lontane le carestie
allora frequenti e tremende (2). Invece il dazio sull' introduzione
degli oggetti si è mantenuto e costituisce uno dei cespiti. mag-
giori d’entrata per i moderni Comuni.

ll codice N. 1 non contiene se non i dazi d'introduzione e
d'uscita, che si possono quindi paragonare al nostro dazio-consumo.
Dal paragone apparirà, speriamo, la differenza tra la vita antica e
l'odierna, la diversità dei bisogni delle moltitudini, la dissomi-
glianza dei criteri, che hanno guidato i reggitori dei Comuni me-
dioevali e guidano oggi i nostri finanzieri nello stabilire i dazi.

Apparirà ancora come siffatte imposizioni fossero talvolta più
gravose e colpissero maggior numero d’oggetti che non ora. La
qual cosa desterebbe forse maraviglia, se non si considerasse
che molte delle repubbliche medioevali si reggevano per ga-
belle, a cui sopratutto chiedevano gl'introiti necessari per sop-
perire alle spese pubbliche; mentre ai giorni nostri sono sorte
altre specie d' imposte. Inoltre i sistemi di queste sono stati pro-
fondamente modificati dall’ unione di quei minuscoli stati in uno
stato solo, dalle esigenze del commercio e dell’ industria. Infine gli
antichi uomini di finanza rivolgevano di preferenza gli occhi ai
dazi di consumo per la comodità ed il vantaggio pratico dell’esa-
zione, criteri ai quali un tempo si dava un’ importanza maggiore

che non oggi, per le speciali condizioni politiche ed economiche

(1) Citiamo le varie specie di^gabelle nell'ordine nel quale si trovano descritte
nel codice più completo della colletta orvietana.
(2) Infatti gravava specialmente sui commestibili.
i4

e

e

GLI STATUTI DELLA COLLETTA, ECC. 5

delle repubbliche ed i concetti della finanza e della ragioneria di
quell’ epoca.

Per paragonare i dazi di consumo dei Comuni medioevali con
quelli odierni, non sarà inutile avere sott'occhio le leggi che li
regolano ai nostri giorni in Italia. Perciò, per rendere più agevole
il paragone, le poniamo qui in nota (1).

(1) Legge 8 luglio 1864, n. 1827.
ARTICOLO I,

E imposta a pro dello Stato una tassa o dazio sul consumo del vino, dell’ aceto,
dell’acquavite, dell'alcool, dei liquori e delle carni. ....

ARTICOLO II.

|; del pari imposta a pro dello Stato una tassa sulla fabbricazione della birra
e-delle acque gazose..... (Questo articolo non ha per noi alcun interesse. perché
tali generi sottoposti al dazio di consumo non trovano riscontro in generi di con-
sumazione medioevale. Cosi l'articolo III, che non riferiamo nemmeno).

ARTICOLO IV. (Lo diamo nella forma, in cui é stato modificato
dalla. legge del 28 giugno 1866, n. 3018).

Sono Comuni di prima classe quelli di una popolazione agglomerata superiore
ai 50,000 abitanti. Sono Comuni di seconda classe quelli di una popolazione agglo-
merata da 20,001 a 50,000. Sono rispettivamente Comuni di terza o quarta classe quelli
di una popolazione agglomerata da 8,001 a 20,000 ed inferiori ad 8,000.

ARTICOLO V.

I Comuni delle prime tre classi sono dichiarati chiusi. I Comuni di quarta
classe non potranno essere dichiarati chiusi se non quando o sieno capoluogo di
circondario, o ne facciano domanda, od intendano mantenere o stabilire per conto
proprio un dazio d? introduzione.

ARTICOLO VI.

Il dazio sul consumo si riscuote nei Comuni chiusi alla introduzione dei DE 0-
dotti ‘indicati alla tariffa nel recinto daziario del Comune. . . .°.

ARTICOLO VIII.

Pei Comuni aperti o per le porzioni di Comuni chiusi, che sono al di fuori del
recinto daziario, il dazio di consumo si riscuote sulla vendita al minuto, comunque
fatta, del vino, dell'aceto, delP acquavite, dell'alcool e dei liquori: sulla macellazione

^
rs

=

metuens =:

G. PARDI

Con queste leggi odierne noi intendiamo paragonare il dazio
di consumo d'Orvieto sul principio del secolo XIV, prendendo
per base del raffronto il codice N. 1 della colletta.

Osserveremo anzitutto che Orvieto è un Comune, chiuso per
effetto degli articoli 4 e 5 della legge del 1864. Pertanto gli an-
tichi dazi d’ introduzione entro le mura della città corrispondono
precisamente a quelli pagati oggi per introdurre le merci e gli

delle carni è sulla introduzione nei luoghi di vendita delle carni fresche di bestia
bovina macellate in altri Comuui. . . . .

ARTICOLO XIII.

È data facoltà ai Consigli comunali di imporré sulle bevande e sulle carni una
tassa addizionale a quella governativa. I Consigli comunali possono inoltre imporre
un dazio di consumo sugli altri commestibili e bevande, sui foraggi, combustibili,
materiali da costruzione, saponi, materie grasse ed altre di consumo locale di natura
analoga ai generi suindicati. Sono esclusi da questa facoltà i materiali da costru-
zione ed i combustibili destinati agli arsenali di terra e di mare e per quell’uso ef-
fettivamente, consumati. Ai Comuni chiusi è fatta pure facoltà di porre dazi di
consumo sulla vendita al minuto degli oggetti contemplati in questa legge.

Legge 28 giugno 1866, n. 3018.
ARTICOLO I.

L'articolo 8 della legge 3 luglio 1864, n. 1827, è applicabile a tutte le carni an-
noverate nella nuova tariffa. . . .. (La tariffa annessa alla legge del'64 parlava. sol-
tanto di carni bovine. La nuova tariffa del'66 vi aggiunge le ovine e le suine).

ARTICOLO VI.

I Consigli comunali possono imporre una tassa addizionale di consumo sulle
derrate annoverate all'articolo I [vale @ dire vino, aceto, acquavite, alcool, liquori,
carne, farine, riso, olii, burro, sego, strutto bianco e zucchero]; ed un dazio di con-
sumo sugli altri commestibili e sulle altre bevande, sui foraggi, combustibili, mate-
riali da costruzione, mobili, sapone ed altre materie di consumo locale di natura
analoga ai generi suindicati, e ciò sino all importo del 10 per cento sul loro valore.

Legge 11 agosto 1870, n. 5784.

I Consigli comunali possono imporre:
a) Una sopratassa sui generi colpiti da dazio di consumo a pro dello Stato
sino al 50 per cento del medesimo,
b) Un dazio proprio sopra gli altri oggetti nel limite del 20 per cento del
valore. :
DIA 49

-

GLI STATUTI DELLA COLLETTA, ECC. (9)

oggetti entro la cinta daziaria del Comune; mentre le tasse sulla
vendita al minuto, non contemplate nel codice N. 1, ma im-
poste anche in Orvieto nel medioevo, come appare dal codice N. 2
della colletta, corrisponderebbero a quelle pagate per la mede-
sima vendita nei Comuni aperti. Il confronto adunque tra la ta-
riffa daziaria orvietana del principio del secolo XIV e ‘quella at-
tuale si può fare con precisione, non tenendo tuttavia conto del
dazio di consumo stabilito a pro dello Stato sul Mino: l' aceto;
l'aequavite, l' alcool, i liquori e le carni.

11 $ I del codicetto della colletta contiene la gabella d'in-
troduzione dei panni e dei guarnelli (tessuti d' accia e bambagia).
Ora le stoffe non pagano più per effetto della legge fondamentale
del '64. Invece nel secolo XIV erano sottoposti ad un dazio assai
rilevante non solo i panni nuovi ultramontani, milanesi, fioren-
tini, pratesi, senesi, pisani, ecc., ma anche i panni vecchi.

La bambace pure pagava allora. una tassa d’ introduzione,
mentre è esente adesso da gabella come materia prima, come
quella cioè che deve subire una trasformazione (S Il).

Persino i panni fatti in Orvieto eran daziati quando si
estraevan dalla città (S V). Ai nostri giorni invece, come s'é
già detto, è abolita la gabella sull’ uscita delle merci dalla cinta
daziaria, la quale ostacolava e gravava di troppo le industrie

cittadine. I medesimi panni orvietani eran tassati quando si

portavano a. calcare (gualcare) ($ IV); come pure i guar-
nelli mandati a curare, vale a dire ad imbiancare, a purgar
dalla bozzima ($ III).

Pagavano, una volta, le penne per il letto (S VI) e le lane,

per le quali non si riseuote ora gabella: le lane sono, come la

bambace, materia prima.

Quanto alle varie cose che servivano all'arte della lana
(S.VIID) tutte daziate nel 1312, ora non possono essere sottopo-
ste a gabella. se non la resina e la gomma; ma generalmente non
lo sono. La robbia (radici adoperate per tinta e per concia) paga
oggi soltanto alla dogana.

I generi da calzolaio, cuoiami, ecc. (S IX) sono esenti ora
da dazio. Infatti tale imposizione era dannosissima all’ industria
delle cuoia molto importante per la vita comune. « Qual'è la
materia (domanda il Campbell), che abbia tanta e così svariata
G. PARDI

6

atlitudine a soddisfare i ‘nostri bisogni, a fornirci di comodi in ogni
stadio della nostra vita? » (1).

L’imposta sul cuoiame, introdotta dalla regina Anna in In-
ghilterra, venne abrogata nel 1830. Fu stabilita pure in altri
paesi, ma ora non sussiste più. Ne hanno dimostrati i gravi in-
convenienti vari dotti economisti, uno dei quali il Parnell nella
sua Riforma finanziaria (2).

Quanto alle materie comprese sotto il S X del codice N. 1,
l'oro, l'argento e la seta,- da lavorare e lavorati, non pagano
più gabella. Si è stimata più razionale delle altre I? imposta sulla
seta, oggetto di lusso e che non può servire come l’oro e l'ar-
gento a svariate arli ed industrie; tanto che il deputato Alber-
toni propose di introdurre di nuovo il dazio sulle sele e le
stoffe di lusso, togliendolo sugli elementi di prima necessità, quali
il sale e le farine. Ma tale proposta non fu accettata, perchè,

D

sebbene giusta, avrebbe grandemente scemali gl’introiti dell'erario

‘pubblico. Inoltre l'industria della seta va decadendo in Italia,

dove Lucca, la prima città che la coltivasse largamente nella
penisola, adoperava nel secolo XIV qualche migliaio di telai ed
impiegava non poche migliaia di persone.

Riguardo poi alle materie dichiarate nel $ XI (mercanzie),
noi abbiamo ora un piccolo dazio sopra i metalli in genere con-
siderati come materiali da costruzione (articolo 13 della legge del
1864 ed articolo 6 di quella del '66); e per la stessa ragione
(come colori) sulla biacca e sul verzino. Invece nel secolo XIV
ad Orvieto eran variamente tassate tutte le mercanzie, tutti i me-
talli lavorati e da lavorare, i colori, ecc. |

I vetri eran tassati una volta in Francia come mercanzie di
consumo locale — lavorati — in Inghilterra come materiali da
costruzione — non lavorati — (3). Ora non pagano più. Così pure
non pagano più il balsamo, l’ allume, gli oggetti di cuoio lavorato,
il legname lavorato (non in mobili, sottoposti a gabella per l'ar-

(1) MAc.CULLOCA, Trattato sui principii e sui pratici effetti delle imposte e del
Debito pubblico. (Bibl. del Economista, serie 22, tomo X, pag. 183).

'2) ESQUIROU DE PARIEU, Trattato delle imposte considerate sotto U aspetto storico,
economico e politico in Francia ed all Estero. (Bibl. dell? Ec., s. 22, tomo IX, p. 5:6).

(3) Ivi, ivi, p. 5252. :

.
diy A

GLI STATUTI DELLA COLLETTA, ECC. T
ticolo 6 della legge del 1866), il mazzacotto, il solfo — quest’ ul-

timo perché serve all'agricoltura, ecc. Rimane invece ancora
l'imposta sul sapone (articolo 6 citato), gravissima in Inghilterra
al tempo. della regina Anna, dalla quale fu introdotta; quella
sulla carta d’ogni specie (come materia di consumo locale, arti-
colo 6 citato), eccettuata la cartapecora, che non serve più per
‘vero all'uso comune; e quella sulle budella considerate- come :
commestibili (articolo 48 della legge del ’64).

l| $ XII riguarda l'introduzione dei metalli lavorati e non
lavorati. I primi pagavano nel 1312 un dazio più forte dei secondi,
poichè una soma, cioè 400 libbre, di ferro non lavorato era tas-
sata 6 soldi cortonesi, ed una soma di rame lavorato era tas-
sata 16 soldi. Ora invece gli oggetti di metallo lavorato (uten-
sili di commercio o d° arte, purchè non sieno adoperati per mo-
bili, articolo 6 della legge del '66) non sono più sottoposti a
gabella, mentre pagano dazio i metalli non lavorati, considerati
come materiali da costruzione.

Con il medesimo criterio son tassati i chiodi e le bollette,
perchè, sebbene metalli lavorati, tuttavia servono per le costru-
zioni. Al contrario, non son gravati più di dazio di consumo i
vasi di stagno, le brocche, le pale, le vanghe, le zappe, i ferri e
le fibbie per cavalli, gli spiedi, le mannaie, la armi, ecc. (utensili
di commercio o d’arte e non materiali da costruzione).

Il S XIII parla « de rebus pertinentibus ad artem spitiarie ».
Di queste non pagano più la pece (come bitume), il zafferano,
l'incenso, ecc., ma pagano il pepe. come coloniale (commestibile),
l’indaco ed il cinabro come colori (materiali da costruzione), il
miele come commestibile e la cera come combustibile.

Essendo i commestibili le cose di primissima necessità per la
vita umana, sono Stati generalmente tassati, perchè potevano pro-
cacciare un grande reddito ai governi. Tutti i commestibili, fin
dal 1810, erano colpiti in Prussia da una gabella, a vantaggio dello
Stato, che si riscuoteva alle porte delle città. Un’ imposta generale
sui commestibili è stata ideata ed applicata da varî legislatori
finanziari; ma è questa una delle più gravose per il popolo, tant'è
vero che una simigliante proposta generò in Danimarca, nel se-
colo XVII, una rivoluzione.

Le tasse sopra:i combustibili colpiscono pure oggetti di prima
—TTTTT.=Tr=5"w

8 G. PARDI

necessità, e non sono quindi migliori di quelle sopra i comme-
stibili, dei quali è stato in tutti i paesi sottoposto a dazio lo zuc-
chero, sostanza più rara, sebbene di meno generale consumo,

‘dei cereali, della carne e del sale. In Ispagna la tassa sugli zuc-

cheri rappresentava, 25 anni fa, il 10 o 12 per 100 dell’ entrata
totale delle dogane, ed in Russia erano enormi le tasse sullo
zucchero esotico ; ma, come aggiunta ai dazi di consumo, la ga-
bella sugli zuccheri è una delle più proficue conquiste dei finan-
zieri del secolo XIX.

Fra i generi di spezieria, il dragante (modernamente adra-
gante) può in taluni luoghi esser tassato come gomma, ma gene-
ralmente non lo è. Delle cose pertinenti. all’ arte. dei pelliccia
(S XVIII), le pelli non pagano più.

La cacciagione ed i pesci ($$ XV e XVI), il cacio e le uova
($ XVII), il lardo e le carni secche ($ XVIII), le frutta ($ XIX),
gli erbaggi (S XX), le olive e l'olio (S XXI) son tutti sotto-
posti a dazio come commestibili. L'imposta sulle carni è tra
queste, una delle più facili a riscuotersi e grava sopra un ele-
mento meno essenziale che i grani e le farine. Generalmente
però l'imposizione sulle carni è stata esatta piuttosto all'atto della
vendita che non come dazio di consumo all’ ingresso delle ciltà.

Gli olii sono principalmente materie alimentari, ma possono
servire anche per l’ illuminazione. Come alimenti non dovrebbero
forse esser sottoposti a dazio, perchè possono essere sostituiti
da altri generi, più facili a prodursi ed a consumarsi senza
essere tassati.

Una delle imposte sopra i commestibili più dannose agli uo-
mini ed alla pastorizia è quella sul sale: la quale produce tutta-
via un grandissimo reddito agli Stati. E perciò che si trova in
tutti i tempi e nei climi più diversi. La Bibbia ce’ insegna che
esisteva già in Siria al tempo dei Macabei (Mac., X). Ma non sì
è pagata, generalmente, all’ introduzione nelle città, come . nella
repubblica orvietana sul principio del secolo XIV.

Il $ XXII del codice N. 1 contiene il dazio sui marmi e sulle
pietre, tassati ancora come materiali da costruzione ; il S XXIII
quello sul legname, sottoposto a gabella esso pure come mate-
riale da costruzione, non già lavorato, se non in mobili. Perciò
pagano le tavole di noce, d’ abete (materiale grezzo), ecc. Ma non
GLI STATUTI DELLA COLLETTA, ECC. 9

già le botti, i tini, le doghe, i cerchi, le ruote, ecc. Tuttavia le
casse ed oggetti consimili pagano come mobili. Il lino, la canapa
e la stoppa (S XXIII) non son più colpiti da gabella. Delle biade
($ XXIV) ora sono tassate le fave ed i ceci e gli altri legumi
come commestibili; ma non paga il grano grezzo (materia prima).
Il miglio ed il panico non son generalmente tassati, ma lo pos-
sono essere come foraggi, per l'articolo 15 della legge del 1864.

Il S XXVI tratta: del dazio sul vino e sul mosto, generi sotto-
| posti ancora, come bevande, a dazio di consumo e gravati per di
più di un'imposta a pro dello Stato. L'imposizione sulle bevande,
dopo quella sopra i commestibili, è una delle più fruttuose per
l’ erario pubblico, e nello stesso tempo colpisce generi meno
necessari alla esistenza che non i primi. Dei liquidi spiritosi,
naturalmente, il vino è stato il primo ad essere tassato. Questa
tassa può essere stabilita: 1.° sulla produzione (come era in
Prussia, Sassonia ed altri Stati germanici; 2.° sulla vendita ;
3.° da pagarsi alla dogana od all’ ufficio del dazio consumo.
Nelle repubbliche medioevali si pagava una imposta sulla pro-
duzione, ed un’ altra quando si introduceva nella città 1° uva, il
mosto od il vino.

Il 8 XXVII contiene il dazio d’ introduzione delle gioie, ora
tolto; il S XXVIII quello sul bestiame che si conduceva in città.
Questa tassa era in parte un pedaggio (ora abolito) ed in parte
un dazio di consumo (mantenuto anche adesso).

Le legna ed i carboni ($ XXIX) pagano ancora come com-
bustibili; i vasi ($ XXX) posson esser tassati nella categoria degli
oggetti diversi; le tegole ed i canali pure come materiali da. co-
struzione.

Osservando quanto abbiamo esposto innanzi, possiamo a
buon dritto trarne la conclusione che il dazio-consumo ad. Or-
vieto, come in molte altre antiche repubbliche italiche, era esteso
su di un numero molto maggiore di oggetti che ora non sia; e
che il legislatore medioevale gravava indifferentemente la mano
su tutto, senza curare di troppo le esigenze dell’industrie e del
commercio, intendendo solo a trarre dalle gabelle il massimo in-
troito possibile senza disgustare grandemente il popolo, poichè
appunto questo è uno dei criteri, che han sempre guidati gli uomini
di finanza nell’ imporre le tasse.
G. PARDI

Avendo pertanto esaminate le differenze, le ‘quali passano
tra l'antico ed il moderno dazio-consumo per riguardo agli oggetti
colpiti dal medesimo, esaminiamo ora la diversità della tassa che
gravava nel medioevo e grava ai nostri giorni su questi: confron-
tiamo l' antica tariffa daziaria della repubblica orvietana con
quella moderna del Comune d' Orvieto.

CATEGORIA I. — Bevande. e

I vini di lusso pagano ora lire 8.00 l'ettolitro: nel 1312 il
vino greco e napoletano e la guarnaccia di Genova (vini di lusso
in quel tempo) pagavano 12 denari cortonesi ogni soma. La soma
era del peso di 400 libbre ed il danaro cortonese valeva, secondo
un calcolo fatto dal Cibrario, 0.0364. Pertanto abbiamo che, mentre
ora si paga lire 8.00 ogni ettolitro (300 libbre), una volta si pagava
lire 0.44 ogni 400 libbre: il che equivarrebbe a lire 0.33 ogni
300 libbre.

Il vino puro paga ora lire 5.25 all’ ettolitro : una volta pagava
lire 0.14 ogni soma, cioé lire 0.11 ogni 300 libbre. Il vinello ora
lire 2.62 all' ettolitro, nel 1312 lire 0.7 ogni soma. L'uva ora
lire 2.75 l' ettolitro e nel 1312 lire 0.7 la soma. L' aceto ora lire 5.25
.l'ettolitro e nel 1312 lire 1.31 la soma.

CATEGORIA Il. — Carni.

Per le bestie grosse è difficile istituire un confronto tra l'an-
tico ed il moderno dazio-consumo, perché una volla pagavasi una
somma determinata per ciascun capo di bestiame, qualunque ne
fosse il peso, mentre ora pagasi a seconda del peso loro.

I bovi son oggi daziati lire 9.00 al quintale. Ma poiché la
media del peso di un bove è più che 900 libbre, per ognuno di
essi pagasi di dazio-consumo più che lire 27.00. Una volta in-
vece pagavasi lire 4.37, cosi per un bove, come per un vitello
ed una vacca, che son daziati ora egualmente a lire 9.00 al quin-
tale ed hanno l' uno circa 500 e l'altra circa 700 libbre di peso.

Una simigliante proporzione è tra il dazio antico e il mo-
derno delle altre bestie grosse. Ad esempio, per un porco, am-
Lour go

GLI STATUTI DELLA COLLETTA, ECC. 11

mettendo che abbia in media un peso di un quintale, si. paghe-
rebbe ora lire 9.00 mentre nel 1312 pagavasi lire 2.18.

Per gli animali piccoli è più facile istituire un confronto tra
l'antica e l’odierna gabella, essendo basate ambedue non sul
peso, ma sulla specie e sul numero degli animali medesimi.

Il dazio di un cappone e di un' oca è ora lire 0.25, una volta
era di lire 0.11, di un pollo ora lire 0.5 e una volta pure lire 0.5 ;
di una lepre ora lire 0.20 e una volta lire 1.81.

CaTEGORIA III. — Pesce.

Il pesce di lago e d’acqua dolce è daziato ai nostri giorni
lire 0.10 al quintale. Una volta invece una soma di pesce del
lago di Bolsena, come tinche, lucci ed anguille, era daziata
lire 5.19 ; una soma di pesce del lago Trasimeno lo stesso, ecc.

Il pesce di mare paga oggi lire 0.15, un terzo di più di quello
di lago e d'acqua dolce, mentre una volta aleune specie di pesce
marino pagavano circa la metà di questo.

La tonnina è tassata ai di nostri lire 0.10 al quintale, men-
tre nel 1312 lire 8.73 alla soma ; l'anguilla salata ora lire 0.20
e nel 1312 lire 2.88.

CaTrEGORIA IV. — Farina e Riso.

Nel 1812 non pagava dazio la farina quando si introduceva
in città, ma il grano allorchè si portava a macinare: quindi non
sì può istituire alcun giusto raffronto, anche perchè ora la gabella
è basata sul peso ed allora invece sul volume.

Oggi un-quintale di farina di frumento paga lire 0.70 di da-
zio-consumo; nel 1312 di un. raserio (equivalente forse ad uno.
staio) di grano, che portavasi a macinare, si pagava lire 0.58.

‘Del riso non è fatta menzione nel Codice N. 1.

CaTrEGOnIA V. — Materie grasse.

L'olio vegetale ed animale paga oggi lire 6.00 all’ ettolitro,
G. PARDI

una volta era daziato lire 3.00 ogni brocca. Calcolando la brocca
di circa 10 litri, si ha che ogni ettolitro d'olio pagava nel 1312
lire 30.00. |

Un quintale d'olive é tassato oggi lire 0.67, nel 1912 una soma
delle medesime era tassata lire 0.43.

CarEGoRIA Vl. — Formaggi.

La gabella dei formaggi scelti è ora di lire 0.40 al quintale,
nel 1312 era di lire 1.00 al filo, ed il filo era di 50 libbre.
Perciò si pagava ogni quintale di formaggio lire 6.00.

CarEGoniA VII. — Coloniali.

Lo zucchero paga ora lire 6 al quintale, nel 1812 pagava
lire 4.37 ogni 100 libbre, cioè lire 13.12. al quintale; le noci mo-
scate oggi lire 6.00 al quintale, nel. 1912 lire 10.50; il pepe lo
stesso.

CaTEGORIA VIII. — Commestibili diversi.

Le castagne fresche e secche, daziate ora, non lo erano sul
principio del secolo XIV. 1 limoni e gli aranci. pagano oggi li-
re 4.00 al quintale ed allora pagavano lire 1.78 alla soma; le
mandorle rispettivamente lire 6.00.e lire 0.87; il miele lire 6.00:
e lire 3.05. Le fave, i ceci ed altri simiglianti legumi pagano ora
lire 0.22 al quintale e pagavano nel 1312 lire. 0.43 al raserio.
Pertanto, ammettendo che il raserio corrisponda. al nostro staio,
avremmo che le fave ed i ceci pagavano nel 1312 circa lire 1.50
al quintale, poichè uno staio di legumi pesa all’incirca da 90 a
100 libbre. Gli erbaggi pagavano variamente da 1 a 12 denari cor-
tonesi (da lire 0.12 a lire 0.43).

CATEGORIA IX. — Foraggi.

I foraggi non erano sottoposti a dazio nel 1312. GLI STATUTI DELLA COLLETTA, ECC. 13

CarEGORIA X. — Combustibili e saponi.

Carbone: dazio moderno lire 0.50 al quintale, dazio antico
lire 0.22 a soma. i

Legna: dazio moderno lire 0.05 a soma, dazio antico lire 0.4
a soma.

Cera: dazio moderno lire 30.00 ‘al quintale, dazio antico.
lire 5.24 a soma.

Sapone: dazio moderno lire 3.00 al. quintale, dazio antico
lire 3.05 a soma.

CateGoRIA XI. — Materiali da costruzione.

Ferro (al quintale): dazio moderno lire 0.75, dazio antico li-
re 1.75.

Acciaio (al quintale): dazio moderno lire 1.50, dazio antico
lire 9.15.

Stagno (al quintale): dazio moderno lire 2.00, dazio antico
lire 10.45.

Delle tegole non si puó fare che un imperfetto raffronto, per-
ché ora le tegole alla marsigliese. pagano lire 3.50 al cento, mentre
nel 1312 pagavano lire 0.29 a soma.

Marmi grezzi: dazio moderno lire 1.00 al metro cubo, dazio
antico lire 0.14 a soma. :

Tavole di noce: dazio moderno lire 0.75 al quintale, dazio
antico lire 0.22 a soma.

Tavolé di abete: dazio moderno lire 0.35 al quintale, dazio
antico lire 0,43 a soma. |

Tavole di castagno e di pioppo: dazio moderno lire 0.05 al
quintale, dazio antico lire 0.22 a soma.

CaTEGORIA XII. — Oggetti diversi.

I mobili in legno sono oggi divisi in tre classi, delle quali
pagasi di dazio rispettivamente lire 5.00, lire 3.00 e lire 1.50.

Anticamente gli ‘oggetti di legno lavorato pagavano tutti in
generale lire 2.11 alla soma.
G. PARDE,

Dei mobili in metallo, naturalmente, non si ha ricordo nella
colletta orvietana.

La carta è daziata oggi da lire 2.00 a lire 1.00 al quintale,
nel 1312 la carta di bambace era tassata lire 3.05 alla soma.

Delle terraglie, delle cristallerie, delle stufe, dei. caloriferi e
delle: profumerie (inutile il. dirlo). non si ha alcun esempio nel
codicetto delle gabelle.del 1312.

I vetrami di 1» classe pagan ora lire 5.00 e.quelli di 2»
lire 1.00 al quintale; nel 1312 si pagava lire 2.62 per ciascuna
soma di vetro lavorato.

Abbiamo sopra veduto come i reggitori delle repubbliche me-
dioevali — ce ne porgono un esempio quelli d' Orvieto — gra-
vassero la mano su. tutto nell'imporre le gabelle. Si, può dire
che qualunque oggetto dovesse . passare per le porte delle città
(sempre all'entrarvi e spesso all'uscirne), era sottoposto a dazio.
Se qualche genere, tassato oggi, non lo fu allora, è perchè o
sfuggì all’ attenzione degli uomini di finanza di questo o quel
Comune (cosa che succedeva ben raramente), o perchè avrebbe
dato un reddito troppo esiguo e quindi trascurabile, o perchè
semplicemente non esisteva ancora o non era in uso nel Comune
medesimo. Ma, se da un lato erano più estesi i dazi e quasi ge-
nerali, dall'altro lato si deve considerare che furono, in massima,
più tenui, almeno in Orvieto. Sembra dunque che mirassero i
nostri antichi a colpire gli articoli di lusso, risparmiando più che
loro fosse possibile i generi di prima necessità (saggia norma
economica); mentre i moderni finanzieri fanno scaturire il reddito
delle gabelle specialmente dai generi di prima necessità come
quelli che, essendo.di universale consumo, possono meglio degli
‘ altri impinguare |’ erario.

Le repubbliche medioevali italiane applicarono questo criterio
nell’ imposizione delle gabelle, costrettevi in parte dal timore delle
carestie terribili allora e della necessità quindi di non porre, per
evitarle, gravi -dazi sopra i generi di prima necessità, quali le
biade ed'il vino ; spintevi, da un'altra parte, dai bisogni del po-
polo (a cui essi pure apparterievano), per il quale è alimento ne-
cessario e sufficiente il pane ed il vino, mentre gli altri oggetti
di consumo non sono così strettamente necessari a tutti: deve

L]
GLI STATUTI DELLA COLLETTA, ECC. 15

pertanto, chi voglia e possa acquistare una cosa superfiua, pa-
garla bene (1).

Abbiamo infatti veduto che il vino di lusso è ora tassato 24
volte di più che non fosse nel 1312, ed il vino comune quasi 50
volte di più. E mentre si pagava una tenue somma per introdurre
in città una soma di vino (lire 0.14), se ne pagava una molto
maggiore (lire 1.30) per estrarne una stessa quantità.

Come molto minore era il dazio antico sulle bevande che non
quello odierno, così era minore per le carni, le quali. venivan
tassate tanto all’ entrata quanto all’ uscita, e non di rado più in
questo secondo caso che nel primo, per timore, al solito, della
carestia. Nondimeno le carni di uso non comune e squisite, come
le lepri, pagavano assai più allora che non ora.

Gravemente daziato era il pesce, forse perchè costava molto
ed era quindi un commestibile più adatto pei ricchi che per i
poveri.

Delle materie grasse l'olio sembra pagasse più d' adesso, le
olive meno.

Il formaggio, commestibile di lusso, era daziato 30 volte più
d'ora. Ed una grave gabella pagavano i coloniali (zucchero, noci
moscate, pepe), d'uso meno comune e costosissimi allora.

Al contrario i commestibili più usuali, eccettuati forse i le-
gumi, erano tassati molto meno. Così pure tra i combustibili (og-
getti anch’ essi di prima necessità) il carbone e la cera; anche
le legna da ardere avevano un dazio alquanto minore.

Il sapone, non adoperato certo come adesso e quindi oggetto
di lusso, pagava presso a poco, una gabella uguale a quella
odierna.

I materiali da costruzione generalmente eran daziati di più
nel 1312 che non ora. Soltanto le tavole di noce eran tassate

(1) Questo medesimo criterio fu adoperato dai reggitori d' Orvieto nello stabilire
la tariffa del massimo prezzo degli oggetti e delle vettovaglie dopo la peste del 1348.
Infatti, mentre fu imposto che della cucitura degli abiti comuni non si désse se non un
prezzo determinato, circa un quarto.di più di quello che era costume di pagar per
l’ innanzi, della cucitura di abiti non semplici o da, ecclesiastici si doveva pagare
quanto piacesse al sarto. (G. PARDI. A. proposito di un articolo di M. Kovalevschy
sulle conseguenze economiche della peste in Italia. Bollettino della Soc. Umbro di
Storia patria, fasc. T, vol. II, n. 4).
16 G. PARDI

meno d'adesso, perchè ai nostri giorni il noce è considerato come
un legname di lusso, per gli usi maggiori e più fini in cui l' ha
fatto impiegare il progresso dell' industria. e dell’ arte ; mentre nel
secolo XIV era considerato come un legname qualsiasi, alla stre-
gua del castagno e del pioppo.

È da notare, riguardo ai materiali da costruzione, che le
pietre introdotte in città per servire alla costruzione della catte-
drale di santa Maria erano esenti da dazio, perchè il celebre
duomo, cominciato a costruirsi da 20 anni appena, veniva consi-
derato come opera d’ utilità pubblica. Così i Comuni moderni esen-
tano da dazio cose d'interesse generale (ad esempio, il Comune
di Orvieto ha esentati gli oggetti adoperati per l’ impianto della luce
elettrica); cosi i Governi le cose reputate d' utile nazionale, quali
i materiali da costruzione ed i combustibili destinati agli arsenali
di terra. e di mare (art. 13 della legge fondamentale daziaria).

Il.

Il codicetto N. 1 della colletta. orvietana apporta adunque,
s'jo non erro, un lieve ma non dispregevole contributo alla sto- .
ria delle imposizioni dei Comuni medioevali italiani. Esso inoltre
(altra ragione che mi ha spinto a pubblicarlo) puó'in qualche modo
giovare agli studi di dialettologia, essendo scritto nel linguaggio
parlato ad. Orvieto sul principio del secolo XIV. Abbiamo pertanto
in questo piecolo codice uno dei più antichi e meno brevi docu-
menti del dialetto orvietano, e possiamo apprender da esso le ca-
ratteristiche del medesimo in quel tempo.

Desterà in alcuno meraviglia il vedere, che il piccolo statuto
della gabella orvietana è scritto in. volgare anzichè in latino,
come sono infatti gli altri codici della colletta, e come si scri-
vevano. allora quasi tutti i libri pubblici e specialmente poi gli
statuti, i volumi più ragguardevoli degli archivi comunali di
quell’ epoca. Ma senza dubbio il nostro statuto non è se non
una traduzione in volgare di altro, statuto in latino, falta per
la più facile intelligenza delle cose in esso contenute, per uso,
probabilmente, degli stessi ufficiali della colletta. Dimostrano
ció le intestazioni dei paragrafi conservanti ancora la forma
GLI STATUTI DELLA COLLETTA, ECC. 17

primitiva in rozzo latino e corrispondenti precisamente a quelle
«lei codici posteriori della gabella orvietana; e lo provano pure
le storpiature introdottevi da un amanuense ignorante nel trascri-
vere i litoli medesimi: quali apportas per ad portas, a operan-
dum per ad operandum, ecc.

Questa ipotesi giova a spiegare due fatti:

1.9 Perchè nello statuto più antico della colletta non sien
contenuti se non i dazi d'introduzione, mentre nel 1312 il sistema
delle. gabelle, con lo studio sopra gli ordinamenti daziari di Lucca
e di Siena, doveva essere ormai completo, e comprendere le tasse
sulla vendita al minuto, sopra gli uffici, i prestiti, i testamenti, le
doli, i cottimi, 1 molini, le taglie delle arti, ecc. Infatti, essendo
la parte, che riguardava l'introduzione delle merci e delle vetto-
vaglie, più importante per il reddito maggiore procacciato e più
difficile a comprendere per la quantità degli oggetti sottoposti a
gabella, fu compiuta una traduzione di questa sola parte. Della
quale, per di più, si occupavano i dugento buoni uomini eletti
di tra il popolo per raccogliere i dazi alle porte, non tutti pratici
certo del formulario latino. Le altre tasse invece erano riscosse
dagli ufficiali stessi della colletta, più pratici della cosa e della
lettura degli staluti.

2.° Perchè le voci adoperate nel codice sieno tanto latineg-
gianti, molto più forse di quello che realmente fossero le parole
usate sul principio del sec. XIV dal popolo orvietano. Infatti l'a-
manuense del medesimo, dovendo tradurre uno scritto in ‘latino,
è stato tratto forse dalle forme di questo ad usare le forme che
più vi si avvieinassero. Così alcune volte, non sapendo trovare
la corrispondente parola volgare, ha lasciato stare la voce
latina (in genitivo), ora premettendovi il segnacaso de, quasi
sempre. poi non premettendovelo nemmeno: prova questa evi-
dentissima della. traduzione da un testo latino. Così leggiamo:
panni meszelane (4), panno salvatici (6), soma palictorum et
bordorum (11), polvere oriscelli (35), soma vergorum, casel-
larum et vezzaminum (103), paru de pollastri, pizzuni, slarne, ful-
carum, cercelorum (137), soma de tele overe d'assarum (219), ecc.

Malgrado il latineggiare, nelle voci usate nel nostro codice
si scorgono le caratteristiche del dialetto orvietano, come già
nelle forme dei nomi personali e locali del magnifico catasto del

o
desta * .G. PARDI

1292 (1), si rinvengono tali caratteristiche dialettali ancorchè dis-
simulate dalle desinenze latine.

È facile pertanto scorgere la somiglianza del linguaggio ado-
perato ad Orvieto nel 1312 con il romanesco antico, il cui studio,
trascurato sino agli ultimi anni, è stato intrapreso valorosamente
dal Monaci, seguìto da valenti giovani (2). Confrontando le an-
tiche laude della provincia di Roma, gli statuti del castello di
Nemi, le visioni di Santa Francesca, il memoriale di Paolo Dello
Mastro ed il diario dell'Alberini (3) con il nostro breve codice orvie-
tano, se ne veggono agevolmente le rassomiglianze dialettali. Or-
vieto di fatto è congiunta dalla posizione geografica, dalle tradi-
zioni e dalla storia alla provincia di Roma, dalla quale è stata
disgiunta per ragioni politiche quando, per opera del suo illustre
concittadino Filippo Antonio Gualterio, ottenne di non fare più parte
dello Stato della Chiesa (1860). E naturale pertanto che risenta,
nel linguaggio pure, della sua collocazione, quantunque la vici-
nanza della Toscana ne modifichi in qualche modo e ne ingen-
tilisca la tendenza romanesca.

Due ragioni adunque ci hanno spinto a pubblicare il nostro
piccolo codice: l’amore per gli studi di storia economica ed il de-
siderio di giovare agli amanti della dialettologia.

Nella trascrizione del mss. sono state seguìte le norme indi-
cate dal quinto congresso storico italiano in Genova (e dal sesto
di Roma riconfermate), dal quale nell'adunanza del 24 settem-
bre 1892, fu emesso il voto, che nella pubblicazione degli antichi
documenti sia conservato fedelmente ciò che s’attiene alla sostanza,
alla lingua ed alla grammatica. Sono state sciolte pertanto le ab-

(1) G. PARDI, Ii catasto d? Orvieto del’anno 1292 (Bollettino della Soc. Umbra
di Storia patria, anno II, fasc. I1-III. Perugia, 1896, p. 280-0 e 295-9).

(2) E. MoNACI, Antichi statuti volgari del castello di Nemi (Archivio dela R.
Soc. romana di Storia patria, vol. XIV, fasc. I-II, Roma, 1891); E. MONACI, Laude
della provincia di Roma (Rendiconti della R. Accademia dei Lincei, classe di scienze
morali, storiche e filologiche, serie V, vol. I, Roma, 1892); M. PELAEZ, Visioni di
S. Francesca Romana (Arch. della R. Soc. romana di Storia patria, vol. XIV e XV,
Roma, 1891-2); M. PELAEZ, Il Memoriale di Paolo Dello Mastro (ivi, vol. XVI, Roma,
1893); ORANO, Il Diario di Marcello Alberini (ivi, vol. XIX, Roma, 1896).

(3) Citiamo soltanto, per non dilungarci di troppo, queste più recenti pubblica-
zioni, essendo ben note le altre come, ad esempio, la vita di Cola di Rienzo.
E ULI Ta è) " EET
x y È
GLI STATUTI DELLA COLLETTA, ECC. - 19

breviazioni, venendo mantenute soltanto, per comodità, le seguenti
che ricorrono molto frequentemente nel codice:

QC. — centinaio,

d. — denaro (o denari),

|l. — libra (o libre),

s. — soldo (o soldi) (1).

G. PARDI.

(1) Cogliamo l'occasione, che ci si offre propizia, per riparare ad un errore, in
cui siano involontariamente caduti nel precedente articolo intorno agli statuti della
colletta orvietana; dove, a pag. 38, abbiamo detto che innanzi al 1304 ad Orvieto si
pagava soltanto la gabella sulle possessioni od estimo. Invece v'era, anche prima di
quest'anno, sebbene non ordinata come in appresso, una specie di colletta. Troviamo
infatti negli atti del Consiglio delle Riformanze orvietane del 1295 (c. 164 t. che i
frati continenti, i quali stavano alle porte della città ad esigere i denari della ga-
bella per il Comune, dichiararono, sulla fine di quell' anno, di non voler più rima-
nere in detto ufficio.

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DE INTRATA COLLECTE APPORTAS (1)
CIVITATIS URBIVETERIS (2).

Imprimis statuerunt et ordinaverunt dieti correctores (3) quod ad
portas civitatis Urbiveteris debeat colligi intrata et collecta pro Comuni

Urbivetano, prout inferius continentur:

[I]. Decollecta pannorum et guarnellorum ad portas.

1. — Per ciascuno panno ultramontano e milanese, Tri s.
2. — Per ciaseuna soma de pangni fiorentini, pratese, senese et pi-
siano, Vinti s.
3. — E si fusse taglione per 1l. IIII d.
4. — Per ciascuna soma di panni meccalane (4), veronese, altronese,
fiorentino, acquapendente et romangnoli, Dece s.
D. — Per ciascuna soma de carfangnino, V s. VI d.
. 6. — Per ciascuna pecca de panno albasio, salvatici et capecci (5), II s.
(1. — Per ciascuna soma de panni de canape et lino, VIII s.
8. — Per ciascuna soma de boraggi over canavaggi (6), V s.
9. — Per ciascuna pecca de panni di stoppa over tomento, XII d.
10. — Per ciascuna pecca de tacconile, lagco et simili, XVIII d.
11. — Per ciascuna soma palictorum et bordorum ((), Dece s.
12. — Et se no fosse soma, per ciascuna pecca, II s.

(1) Per ad portas.

(2) La forma classica sarebbe Urbisveteris, ma forse in quel tempo si era perduta
la conoscenza della composizione della parola.

3) Saggi uomini eletti a correggere gli statuti orvietani in generale, o più
particolarmente gli statuti della colletta.

(4) Abbiamo innanzi notato come vi sieno nel nostro codice delle forme latine:
le metteremo in evidenza stampandole in carattere corsivo. Una, per esempio, é
meccalane per di mezzalana. Di consimili genitivi ne troveremo parecchi altri.

(5) Genitivi alla latina. i

(6) Nel margine sinistro del nostro codice si veggono riportati i nomi di taluni
oggetti, con carattere diverso da quello solito del mss. e con forme certamente di
un'epoca posteriore. Non abbiamo creduto doverle riferire sopra come se facessero
parte del testo; ma le registreremo in nota. Cosi nel margine sinistro, mella stessa
linea di canavacgci, è scritto canavacci. Terremo pure conto delle rozze figure fatte
a penna nel margine medesimo.

(7) Gen. latino. Di bordo erano per solito i materassi. GLI STATUTI DELLA COLLETTA, ECC. 21

13. — Per ciascuna soma de panni vecchi, Octo s.
14. — Et per ciascuna soma de carpite, de celuni e de cultre, Dece s. (1).
CISlot.

[II]. De bambasiis.

15. — Per ciascuna soma de banbace (2) soda, Dece s.
Per ciascuna soma de banbace filata biancha, XII s.
16. — Per ciascuno C. de banbace filata tenta, V s.

II]. De garnellis.

17. — Per ciascuna soma de guarnelli (3), VIII s.

18. — Detrattine li guarnelli che se mannano a curare, de li quali se
page per ciascuna pecca de li pelusi, VI d.
19. — Et per ciascuna pecca de guarneli duppii, VIII d.

[III]. De pannis Urbevetanis.

20. — Per ciascuno -panno orvetano (4) ehe se porta a valcare, VIII d.

(1) Non senza ragione certo affermava LuciANo BANCHI (Statuti ‘senesi, vol. II,
Bologna, 1871) che molti libri di storia scritti ai nostri giorni inseznano meno di un
semplice statuto delle antiche gabelle. Imfatti, egli osserva: « Aguzzando gli occhi del-
l'intelletto è facile discernere in quello statuto tutta quanta la vita domestica e
civile di que’ nostri arcavoli; vedervi la foggia delle loro case, i cibi della loro
mensa » ecc. Lo stesso potremmo ripetere per il nostro codicetto, il primo paragrafo
del quale enumera i panni introdotti in Orvieto per farne vesti. Esaminandone le
specie, vediamo che i più fini adoperati allora erano i panni forestieri (ultramontani)
e quelli milanesi. Non troviamo ricordati panni di lusso: indizio della vita sem-
plice degli Orvietani di quel tempo, che forse più dei panni forestieri e milanesi,
od anche fiorentini, pratesi, senesi e pisani, usavano quelli di mezzalana, di lino, di
canapa e di stoppa. (Delle specie varie di panni adoperate per le vesti signorili nel
sec. XV parla dottamente C. Mazzi nel fasc. II e III del Bullettino senese. di Storia
patria, anno III, Siena, 1896, pag. 156, descrivendo la casa di Bartalo di Tura).

(2) La bambace serviva per vari usi, tra cui per riempire i materassi e le coltri
dei letti. ;

(3) Il guarnetto era un panno di vari colori, bianco bigio nero, che serviva così
per abiti come per fodere.

(4) Di qui risulta che ad Orvieto pure era una manifattura di panni, i quali non
dovevano avere soltanto uso locale, una volta che erano gravati d'un dazio d'espor-
tazione, oltre ad essere sottoposti ad un pedaggio quando venivan recati a gualcare,
cioé a rassodare con la gualchiera.
_ G. PARDI

[V]. De eodem pannis (sic).

21. — Per ciascuna soma de panni orvetani, che se traguno for de la
cictade de Orvito, XVIII s.

[VI]. De penis (1) lectorum.

.99. — Per ciascuno C. al piso de la penna per lu letto, VI s.
23. — Id. de penna veechia per letto, VIII s.

[VII]: De. lanis (2).

24.'—— Per ciascuna soma de lana nostrale et marcone, VIIII s.
24 (bis). — Id. de lana de Garbo anellina, Dece s.
25. — Id. de lana sardescha et simile, VII s.
25 (bis). — Per ciascuna altra lana non especificata, VIII s.

c. 2T.
26. — Per ciascuna soma de stame filato, Dece s.
21. — Id. de tele, Dece s.
28. — Id. de lana provenzana, Dece s.

[VIII]. De rebus que pertinent
a (3) operandum artem lane (4).

29. — Per ciascuna soma de grana, Venticinque s.

.80. — Per ciascuno raserio de rascina et de gome, Tre s.

(1) Evidentemente per pennis. La penna si adoperava generalmente per riem-
piré i materassi. :

(2) Non é certamente privo d'interesse il conoscere quali’ specie di lana venis-
sero introdotte nelle nostre città per essere lavorate e quali oggetti servissero a
quest'arte della lana, una delle più notevoli delle città italiane in quel tempo. Ad
Orvieto fu portata dalla vicina Siena; ma ben presto si sviluppò e divenne una delle
arti più ricche.

(3) Evidentemente per ad.

(4) Nel margine sinistro di fronte al 8 VIII è disegnato a penna un agnello con

una bandiera e con sotto un panno di lana operato. FO ST — sa ® " Lo

GLI STATUTI DELLA COLLETTA, ECC. 23
31. — Per ciascuna soma de rubia grossa, Quatro s.
3915. Id. de rubia macenata, Octo s.
33. — Id. de guatu appana (1), Tre s.
94. — - Id. de guatu macenato (2), Sey s.
30. — Per ciascuna de polvere oriscelli, Dece s.
36. — Per ciascuna soma d’erbe logge, ginestrelle et simile, Quattro, s.
91. — Id. de cenere (3), Dui s.

[VIII] De rebus pertinentibus ad arte calzolariorum (4).

38. — Per ciascuna soma de cogia pelose, Octo s.

39. — Ma de le diete cogia pelose, quanno se portano ad ammollare a
: lu rigo, per ciascuna soma, Quattro s.

40. — Per ciascuna soma de cogia concie et de sole, Dece s.

41. — Id; 5 de scotanu (5) et simili, Tre s.

42, — Id. de quirico, Septe s.

48. — Id. de vergoli, Dui s.

44. — Id. de galla over de gallucca over pelglie, Qua-

ctro s. (6).

C. 210
45. — Per ciascuna soma de suvara, Dui s.
46. — Id. de pili de cavrioli, de somari et simili, Tre s.
47. — Per ciascuno paru de stivali, Sey d.
48, — Id. de calgarieti, Tri d.
49. — Per ciascuna soma de opera faeta de calcolari page all'essita et

all’ entrata, Dudici s.

(1) Appana forse per a pani od in pani. Leggiamo infatti nel cod. n. 2 degli
statuti della colletta orvietana (8 XXVII): salma guati in panibus, cioè di guato in pani.
Potrebbe anche darsi che appana stesse per a pania (ad pania, ad uso di pania).

(2) In margine : guato macinato.

(3) In margine : cenare (cenere).

(4) Di fronte al 8 VIII è disegnata la forma di una scarpa. L'arte dei calzolai
era una delle più proficue, perché più direttamente utile alla vita comune. Nel catasto
della città del 1292 (G. PARDI, 0p. cit., pag. 23) troviamo 17 calzolai possidenti di terreni.

(5) In margine : schotano. i

(6) A questo punto, nel margine inferiore della pagina, é aggiunto con carat-
tere diverso e posteriore: per ciascuna soma de cogia chonce d’asina paghi VI s.
"SG
Lá a

Ela E

G. PARDI

50. — Et entendase la soma de cece I. et qualunque persona ne tragesse
da XX pagia en giò over mectesse, per ciascuno paru, III d.
51. — Et da cccc l. en giò page pro rato.

[X]. De rebus pertinentibus ad artem mercantium (t).

59. — Per ciascuna l. de sirico tinto overe crudo, Tri s.

53. — Id. de filiscelli, Decedocto s.

54. — Id. d'auru venetianu filato, Quactro s.

55. — Id5 5 d'auru lucese, Quactro s.

06. — Id. d'argento lavorato en eschiegiali overo fregia-
ture, smalti e simili, Tri s.

57. — Per ciascuna onca de perne, Cinque s.

58. — Per ciascuna l. al pisu de sete laborato in borscie, corduni, fiecte,

. gerlande, carneri, guanti et simile, Quactro s.

59. — Per ciascuno C. a numero de follie d' auro et argento, Sey s.
Cz SAT.
60. — Per ciascuna dogina de bende over velieti de seta e de ban-

bace, Dui s.
61. — Per ciascuna docina de cappelle de seta o de banbace o cor
tina, Sey s.

(1) È disegnata nel margine una bilancia, stemma dell'arte dei mercanti orvie-
tani (G. PARDI, Il governo dei Signori Cinque in Orvieto, ivi, 1894; vedi tavole fototi-
piche in fine, dove son riprodotti gli stemmi delle arti orvietane tolte dalla campana
del popolo d' Orvieto, rifusa nel 1316). Si può pertanto supporre che l’ agnello con il
panno operato, che troviamo di fronte al paragrafo concernente l’arte dei lanaioli,
fosse lo stemma loro, che consisteva realmente in un agnello, ma senza la bandiera ed il
panno (ivi, ivi). Nei due paragrafi seguenti è registrato quanto serviva per gli adorna-
menti delle donne e degli uomini: oggetti d'oro e d’argento, perne (L. FUMI, Inventario
dei beni di Giovanni di Magnavia, Roma, 1895, n. 76, 95, 179, 180, 599), borse (C. MER-
KEL, Tre corredi milanesi del Quattrocento, Boll. dell’ Ist. st. it., n. 13, Roma, 1893,
n. 137) e ghirlande di seta, guanti di seta e di camoscio, bende di seta (con cui le
donne maritate si fasciavan le tempie e le guance, C. MERKEL, 07. Cit., n. 113), veletti
di seta e cappelli pure di seta (cioè foderati di seta, ivi, n. 131), pezze di drappo (qui
sembra non adoperato in senso di panno in generale, ma di una stoffa speciale, ivi,
n. 110) vergato, schietto e dorato, pezze di velluto, di seta, di zendado, di saia d’Irlanda
(molto fine), berrette e fiette per il capo e sciugatoi pure per il capo (C. MAZZI, 07.
cit., n. 150), cofani grandi, che potevano essere intarsiati e dipinti ed istoriati, cofa-
nucci, che talvolta erano formati d’avorio con figure rilevate fuori, o con intarsi, 0
di legno coperchiati e dipinti a broccato d'oro, entro i quali le donne riponevano le
cose più preziose dei loro corredi (C. Mazzt, op. cit., pag. 147 e 152). : GLI STATUTI DELLA COLLETTA, ECC. ‘ Zo

62. -- Per ciaseu[na! pecca de drappo» vergato, schitti, deavorati, palii
o velluti de seta.
63. — Per ciascuna pecca de cendato, Quactro s.

64. — Id. de sagie de Gilanda (1), Cinque s.
65. — Id. de bucarame, Dui s.
66. — Per ciascuna doccina de tuvallie da mensa, Cinque s.
Id. de sciuccatugi et bende de lino et simili, Tri s.

[XI]. De pluribus aliis rebus pertinentibus
ad artem merchantium.

61. — Per ciascuna soma de bronci et metallo rocto, Septe s.

68. — Per ciascuno C. de balgamo (2) et argento vivo, Dui s.

68 bis. — Per ciascuno C. de vercino appiso, Octo s.

69. .— Per ciascuna soma d'alume (3), Septe s.

70. — Per ciascuno C. de cerossa over biancha (4), Dece s.

Td. — Id. de suacto (5), camussio, et pelli de camossio et

de pelli tente en russio ovete en bianco o verde et borsie et si-
mile, Sei s.

12. — Per ciascuna doccina de guanti de eamossio et de lana et ber-
recte et calcecte et simili, Octo d.

(3. — Per ciascuna soma de vitro laborato; Sei s.
e. 3 t.
(4. — Per ciascuna soma de correge, tarpite da lecto, tavulagi, fiasche

de cogio, cappelli de filtro (6), besacce, de coltelli, d' arme, de
cogia, paisi et simili, Dudici s.

(1) Sarge d' Irlanda.

' (2) Il mss. ha dalcamo per balcamo (balsamo), avendo dimenticato l'amanuense
di porre la cediglia sotto al c.

(3) Nel margine: alume.

(4) Così il mss. Biancha dev'essere scritto erratamente per diaccha (biacca).

(5) Nel margine : soatto.

(6) Non tgoviamo ricordati nel nostro statuto i cappelli di paglia di uso molto
antico come reputa il GANDINI (Viaggi, cavalli, bardature e stalle degli Estensi nel
Quattrocento, in Atti e memorie della R. Dep. di Storia patria per lé provincie dè
Romagna, anno 1892, f. 1-3, pag. 59). Il BELGRANO (Della vita privata de" Genovesi,
in Atti della Società ligure di Storia patria, vol. IV, f. 1I, pag. 213) notò che in estate
si faceva gran mostra di cappelli, che eran di cuoio, di castoro; di panni d'oro, di
lana, di paglia foderata di seta. Più modesti eran quelli di feltro, usati dalle donne
e più generalmente dagli uomini.
II I

DR AC NES G. PARDI

(5. — Per ciascuna soma de vitro roctu (1), Cinque s.
Id. de legname lavorato, speetante all'arte de li
mercant[i], non pinti, Cinque s.

(6. — Per ciascuna soma de maccacocti, Octo s.
0. — Id. de sulfu, sapone et sep . . . (2), Septe s.
(8. — Id. de stamengne (3) et de funi, Dece s.
19. — Id. de stogie (4) et simili, Dui s.
80. — Id. de selle (5) facte, Dudici s.
81. — Per ciascuno cafano (6) grande, Tre s.
82. — Id. cofanicto picculu, Dudici d.
88. — Per ciascuna soma de corni (1), Cinque s.
85.— ' Id. de palme, XII d. :
86. — Id. de carta de banbace (8), Septe s.
ST. — Id. de pecu et de cavricto (9), Dudici s.
88. — Id. de moccatura (10) de carti, Dui s.
89. — Id. de colla, Octo s.
90. — Id. de einci (11), IIII s.
91. — Per ciascuno C. de budella secche, Septe s.
92. — Per ciascuna soma de selle, Dudici s.
COAT: ;

[XII]. De metallis, ramibus et ferris laboratis
et non laboratis (12).

/:98. — Per ciascuno paru de fiasche et de vasscelli de stangno et si-

mili, XVI d.

(1) In margine: vetro rotto.

(2) Idem : sego.

(3) Che cosa fossero le stamigne hanno spiegato il BELTRAMI (Zl castello di Mi-
lano sotto il dominio dei Visconti e degli Sforza, Milano, 1804, pag. 312, 330) ed il
MERKEL (Il castello di Quart nella valle di Aosta, in Bull. deW Ist. st. it., n. 15, Roma,
1895, pag. 145-47). Erano impannate per le finestre formate con tela e resina.

(4) In margine : stoie.
5) Idem: selle.
) Cosi il mss. Evidentemente ca fano sta per cofano. In margine è scritto chofano.
) In margine : corna.
) Idem: charta, bam[b]asia.

(9) Statuto della colletta del 1335 (codice n. 2) 8 XXII: salma cartarum pecudi-
narum et caprectinarum.

(10). In margine: moczatura.

(11) Idem: cencci vechi.

(12) Nel margine sinistro è disegnato un ferro da cavallo, e sopra é raffigurata
una spada.

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[O]
2

GLI STATUTI DELLA COLLETTA, ECC.

94. — Per ciascuno baccine (1), XVIII d.
95. — Per ciascuno C. a lu piso de lo ferro, octone, ramo et simili, XVI d.

96. — Per ciascuna soma de ramo lavorato, XV s.

9T. — Id. de ferro non lavorato, VI s.

97 (bis). — Id. de pale, vangne, gomee, cappe, forcuni, be-
denti et simili, VIII s. 1

98. — Per ciascuna soma de bolluni (2), de bollecte, de chiovi, moglire
de ferro per cavalli, de fibbie de ferro, quatrelli et simili, VIII s.

99. — Per ciascuno spedo, mannara che recasse en soma, VI d.

100. — Per ciascuna soma d'arme de mallia, XX s

101. — Id. de baccinicti, coracce (3), cossiali, gamma-

roli et altre alme (4), X s. à

102. — Per ciascuna soma de spade, coltelli, sporuni et simili, XII s.

103. — Id. ' de ferro non lavorato, vergorum, casellarum
et vezzaminum (5), VI s. |

104. — Per ciascuna soma de piombo (6), VI s.

105. — Id. de stangno (1) no lavorato, VIII s.

106. — Id. d'aeciagio no lavorato, VII s.

107. — Id. de ramo (8) no lavorato, VIII s.

(1) I bacili servivano a vari usi: per la barba, per dar l'acqua alle mani prima
e dopo il pranzo, per lavarsi in camera. Erano d'argento, di bronzo, d'ottone, di
rame e di stagno (MERKEL, Tre corredi milanesi, pag. 135). Qui si parla di bacili
in generale, volendosi indicare quelli di.stagno, (poiché sono enumerati dopo i vaselli
di stagno): questi infatti erano i più usuali e meno costosi, confacentisi quindi alla
modestia della vita orvietana sul principio del sec. XIV. Invece nel tesoro di re
Giannino (C. Mazzi, Il tesoro di wn re, Roma, 1892, pag. 8-9) eranvi due bacili d'ar-
gento dorato con ismalti, quattro d'argento bianco e venti piccoletti d' ottone.

(2) In margine é scritto : bolloni.

(3) Il mss. ha coracce per coracce (corazze), avendo l'amanuense dimenticato di
porre la cediglia sotto al c, com'è avvenuto pure in altri luoghi.

(4) In margine: arme.
(5) Nello Statuto della colletta del 1334, 8 XXX,leggiamo invece: virgonum, mas-
Sellarum et pezaminis. I vergoni erano grosse verghe, di ferro nel nostro caso: i
masselli piccole masse di ferro già colato e sottoposto al maglio per ricevere una
forma che si vuol dar loro; i peszami pezzi o rottami di ferro per esser colato
e lavorato. L'amanuense del codice, non avendo ben capito le forme latine di queste
parole e non sapendo dar loro una corrispondente forma volgare, le ha trascritte tali
é quali. >

(6) In margine: piomo. (La forma moderna del dialetto orvietano é piommo).

(7) Idem: stangnio.

(83 Idem: rame.
P

e; 4^

G. PARDI

[XIII]. De rebus pertinentibus ad artem spitiarie.

— Per ciascuno C. al piso de pepe, VIII s.

de gengnero, noci moscate et simili.
a piso de caffarame, VIII s.

r ciascuna l. de garoffoli et de rebarbaro, XX s.
e ciascuno C. de zuccharo sodu, XVIII s.

de polvere de zuccharo, X s.
appiso de indichi et cenabrii (1), VII s.

ciascuna l. d’agoro (2), X s.
ciascuna soma de cimino (3) et pece, VIII d.

de mele (4), VI s.
de cera, VII s.

Per ciaseuno C. de o[n]eenso (5), draganti, mistici (6), XII s.

[XIII]. De pellibus et aliarum rerum (sic)
pertinentibus ad artem pilliccariorum.

108.

109. — Id.
110. — Id.
111. — Per

112. — Per

113. — Id.
114. — Id.
115. — Per

116. — Per

111. — Id.
118. — Id.
119. —

120. —

191. — Id.
122. — Id.
193. — Id.
194. — Id.
195. —

126. — Id.
191. — Id.

coloranti.

Per ciascuno C. de vari (7) crudi, VI s.

a numeru de vari laborati, X s.

de pelli a numero de vulpi et de gacti, VI s.
de scoiole (8) erede (9), III s.

de scoiole no lavorate, V s.

Per ciascuna soma de cunelli (10) erudi, III s.

‘ de cunelli lavorati, V s.
de pelli anelline lavorate, XII s.

(1) Anche qui é riportata la forma latina delle parole indaco e cinabro, materie

(2) Acoro, azzurro, altra materia colorante.

(3) Cimino 0 meglio comino (cuminum), pianticella della famiglia delle ombrel-
lifere, adoperata in medicina come tonico diuretico.

(4) In margine: melle.

(5) Incenso, resina aromatica solita a bruciarsi specialmente nei riti religiosi.

(6) Così il mss. probabilmente per mastice, materia resinosa adoperata anche

dagli speziali.

(7) In margine é raffigurato un vaio con sopra scritto: vai.

(8) Scoiole, pelli di scoiattolo adoperate per far pellicce.

(9) Crede per crude. :

(10) Pelli di coniglio adoperate pure. per far pellicee, come anche quelle di

agnello (anelline n. 127).
GLI STATUTI DELLA COLLETTA, ECC. 29
Cio. T:
[XV]. De venatione et piscibus.
128. — Per ciascuno cervo, porco segnale (1), V s.
129. — Per ciascuno lepore, volpe, III s.

150. — Per ciascuno bufalato over capriolo, III s.

151. — Per ciascuno cappone, gallina, anatre, germano, ocha over paparo,
all’ entrata, III d.

152. — Et all’exita, III d..

199. — Per ciascuno fasciano all’entrare, III d.

194. — Per ciascuno paru de pollastri, picguni, starne, fulcarum, cerce-
lorum'(2) et simili, all'entrata, III d.

135. — Et all'exita, III d.

136. — Per ciascuno paru di turture et simili, III d.
157. — Et all'exita, III d. '
1398. — Per ciascuni quactro turdi, merli, qualle (3), mortia et simili,

all' entrata, III d.
159. -— Et all'exita, III d.

140. — Per ciascuno mergone et simili all’ entrata, IIII d.

141. — Et all'exita, IIII d.

142. — Per ciascuna druga all'entrata, VI d.

143. — Et de ciascuno altro cello et cacciagione all'entrata de simile a
simile.

(2,53

144. — Per ciascuna soma de pesce marino /4) over seecho, all'entrata,

XII s.

145. — Et all'exita, XV s.
[XVI]. De. piscibus (5).

146. — Per ciascuna soma de pesce del lacho de Bulsana, ciò ene ten-
che, luechi et anguille, all’ entrata, XII s.

(1) Di contro é scritto: sengniale e lepore, e sotto é disegnata una testa di lepre.
(2) Due forme di genitivi: fulcarwm, di folaghe (uccelli di lago).
(3) Nel margine è disegnato un volatile, forse una quaglia.
(4) In margine: gesscie marino.

(5) Nel paragrafo precedente abbiamo veduto la cacciagione e gli uccelli selva-
tici e domestici che si solevano mangiare ad Orvieto: cervi, cignali, lepri, volpi, pic-
coli bufali (la cui carne è assai tenera) e caprioli; capponi, galline, anatre, germani,
4

PARDI

G.

147. — Et all'exita, XII s. |
148. — Per ciascuna soma de pessce perosino, X s. P
MOTTA Idem d’arruni, de calvi et calcini, all’entrata, VII s

‘150. — Et all'exita, VII s.

151. — Per ciascuna soma de saltarelli, all’ entrata, III 8.

152. — Et all'exita, VI s. | i

153. — Per ciascuna soma de tenche et d’anguille de lu lachu de

Rosia (1), all' entrata, XII s.

154. — Et all'exita, XII s.
155. — Per ciascuna soma de tonnina et sorre, all’ entra[ta], XX s.
156. — Et all'exita, XII s.

151. — Per ciascuna soma d’ anguille CRAGIAIO: all’ entrata, VIII s.
158. — Et all exita, VIII s.

159. — Per ciascuna soma de gammari, all'entrata, V s.
160. — Et all'exita, VII s
eO T.

161. — Per ciascuna cesta, fescina over fessinella de pessce de Pallia
over de Tevere, all' entrata, XII d.

162. — Per ciascuna soma de qualunque altro pesce lo quale non ce
fosse dechyarato, all'entrata et all'exita de simile a simile se
page

[XVII]. De caseo et. ovis.
163. — Per ciascuno filo de casio de piso de L l. a lo più, II s. VI d.
164. — Et all'exita, III s.

165. — Et entendase lu filo de L 1.
166. — Per ciascuna tavula de casio recente overe ensecchiato, all’ en-

trata, XII d.

oche, paperi, fagiani, piccioni, pollastri, starne, folaghe, tortore, tordi, merli, quaglie,
mortiti (?), smerghi, grughe, ecc. Ora vediamo enumerati i pesci, che s' introducevano
entro le mura della città per cibo degli abitanti: tinche, lucci, anguille, arroni, calvi
e calcini del lago di Bolsena, tinche e anguille del lago di Perugia, pesce del Tevere
(che scorre a 7 chilometri da Orvieto) o del fiume Paglia (che passa sotto le mura della
città), pesce di mare fresco e salato, tonnina e sorre (salume fatto della pancia e
schiena del tonno).

(1) De lu lachw de rosia: forse sta per de lu lacu de [Pe]|rosia, ossia di Perugia

(Trasimeno). GLI STATUTI DELLA COLLETTA, ECC. 31

167. — Et all’exita, XVIII d.

168. — Per ciascuna |de]cina de casio (1) recente over siccho lo quale
se portasse altrove che ne tavole overe ne secchie, III d.

169. — Et all’exita, VI d.

170. — Per ciascuno casio de forma lo quale se porta altrove che en
soma, all’entrata, II d.

‘171. — Et all'exita, IIII d.

172. — Per ciascuna decina d'ova, all’ entrata, III d.

113. — Et a la xita (sic), VI d.

[XVIII]. De lardo et carnibus siccis.

174. — Per ciascuna soma de carne seccha et de lardo, all'entrata, VIII s.

c. 6 t.
ilo. — Et all'exita, X s.
[XVIII]. De pomis (2).
176. — Per ciascuna soma de fiche, pera, mela, persichi, ceresce, sorve

et.simili, VI d.

177. — Et se non fosse soma, per ciascuno canestro overe fexscina, al-
l'entrata, IIII d.

118. — Et all'exita, VI d.

179. — Per ciascuna soma de mandule overe nucelle overe occuli, al-
.. l’entrata, II s.

180. — A all'exita, II s.

181. — Per ciascuna soma de nuci, all'entrata, II s.

182. — Et all'exita, IIII s.

183. — Per ciascuna soma de fiche secche, II s.

184. — Et all'exita, IIII s.

185. — Per ciascuna soma de mela, ranche, lomuni, lomie et cedroni,

all' entrata, IIII s.
186. — Et all'exita, IIII s.

l) In margine: chasio.

2) Idem: de pome. Le frutta consumate ad Orvieto nel principio del sec. XIV
erano: fichi, pere, mele, pesche, ciliege, sorbe, mandorle, nocelle, nocchie, noci,
aranci, limoni, lumie (specie di limoni con poco succo, ma di sapore soave), cedri e
fichi secchi.

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N

[XX]. De oleribus, cepe, alliorum, scalongnarum (1). 4

187. — Per ciascuna soma de cipolle, d’ alli (2), scalongne et porri verdi,
XII d. ;
188. — Et per ciascuna soma de sicchi, VIII di ;

189. — Et all'exita, VIII d.

CTRL
190. — Per ciascuna soma de coli, IIII d.
191. — Id. de spinaci, IIII d.
192. — Id. de lactuche, de capitini, IIII d.
193. — Id. de radici et simile, IIII d.
194. — Et se non fosse soma per ciascuno canestro, fexcina over fas-
sio, II d. ;
195. — Per ciascuna soma de poponi, zucche, coccomeroni et cetroni,

all’ entrata, VIII d.
196. — Et all'exita, XII d.

Ed
[XXI]. De olivis, oleo et sale (3).
191. — Per ciascuna soma de olive, XII d.
198. — Per ciascuna broecha d'olio, all' entrata, VII s.
199. — Et ell'exita, VI s.
200. — Per ciaseuna soma de sale, II s.

[XXII]. De lapidibus et aliis rebus pertinentibus E
ad artem muratorum.

201. — Per ciascuna soma de macinigne (4), tivertina (5) et simili, IIII d.

(1) Gli erbaggi consumati ad Orvieto nel 1312 erano: cipolle, scalogni (altra specie
di cipolla detta latinamente caena ascalonia, cioè cipolla d'Ascalonia), agli, porri verdi
e secchi, cavoli, spinaci, lattughe, capitini, radici, zucche e cetrioli. Son enumerati
tra questi anche i poponi ed i cocomeri.

(2) Nel margine : [ci]polle e aglio.

(3. Di contro a questo paragrafo è disegnata una brocca e v

,

é scritto sopra:
brocha.

(4) Nel margine é raffigurata una macina e sotto sta scritto: macena.

(5) Le pietre più adoperate'ad Orvieto per fabbricare erano quelle di travertino
(tivertina petra da tiburtina). ac

GLI STATUTI DELLA COLLETTA, ECC. 33

202. — Detrattene le prete che vengono per l'opera de Santa Maria,
de le quali non se page chevelli.
208. — Per ciascuna soma de rote, II s.

[XXIII]. De lingnaminibus (1).

204. — Per ciascuno soppedanio, cassa (2) grande, archapredula, arca-
messa, bocte et tina, XX d.

CHI

205. — Per ciascuna cassa piggula, boctecillo et tina piccula, X d.

206. — Per ciascuna soma de doge, VI d.

207. — Id. de. circhi (3) da bocte, da tina et da barrili,
all’ entrata.

208. — Per ciascuna soma d'archiuni, schallioni et basti, XII d.

209, — O o E de tenpiari, dentali, tavole de castagne et
de popolo, VI d.

210. — Per ciascuna soma de taule (4) de noce, VI.

211. — Per ciascuno paru de barrili et de biunci, VI d.

212. — Per ciascuna soma de taule de abbete, XII d.

213. — Per ciascuna trave che se tragiria co uno paru de bovi, all’ en-
trata, VI d.

214. — Et se fossero più bovi, per ciascuno paru, VI d.

(1) Vediamo qui registrati tra i legni da lavorare tavole di castagno, di pioppo,
di noce e di abete; e, tra i legnami lavorati, doghe e cerchi da barili e da tine e da
botti, bigonci, barili, tine, botti e botticelle, arcioni, scaglioni e basti per selle, den-
tali per attaccarci i vomeri e tempiali, banchette per appoggiarvi i piedi sopra (sup-
pedanei), casse ed arche. ;

L'arca, come dottamente ha concluso, dopo pazienti studi e raffronti, il MERKEL
(Il castello di Quart, p. 121) « è una specie di madia, ossia una cassa destinata a con-
servare farina o cereali ». In questo senso appunto, ci permettiamo d' osservare; é
usata la parola arcile, che deriva da arca.

Nell' Inventario, dei beni di Giovanni di Magnavia.sopra citato troviamo regi-
strate quattro archemense (due con tovaglie dentro) corrispondenti a quella chiamata
nel nostro codice arcamessa (per arcamensa). Dal medesimo inventario poi conoscia-
mo i vari usi delle arche. Una infatti conteneva della semola (n. 733), un'altra dei libri
(n. 856), una terza tovaglie (n. 896), una quarta ceci (n. 924), una quinta farina (n. 904),
una sesta pannilani (n. 1044), una settima pane (n. 1079).

(2) Nel margine: casa.

(3) Idem; un cerchio ed un mezzo cerchio con iscritto : cerchi.

(4) Idem : tavole.

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B
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3
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G. PARDI
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Lo [XXIIII]. De lino, canape et stoppa et similium. è.
ti 215. — Per ciascuna soma de lino et caneva (1) non encilliata, se fosse H ;
| m a cictadino overe de contado, II s. è :
db : 216. — Et se fosse forestiero, per ciascuna soma, VI d. i
1 i 217. — Per ciascuna soma de lino o de canava encilliata de qualunque 3
4 a loco venesse, VIII s.
| D 218. — Per ciascuna soma de lino scotolato (2), VIII s.
D i I 219. — Per ciascuna soma de tele overe d’agcarum (3), XII s.
18 c. 81
| 220. — Per ciascuna livra de refe, III d.
A | I. 291. — Per ciaseuna soma de borra overe de stoppa, III s.
n :
ii [XXV]. De bladis (4). . : |
i
LI 299. — Per ciascuno rasero de grano et de segala, XVI d.
i 2050s Id. quando se porta a macemare, XVI d.
il M. ) 224. — Et lu mollagio per ciascuna soma, IIII d. ;
(tl 295. — Per ciascuno rasero de ciciri (5), XII d.
*l l | 226. — Id. de favi (6) o d’altro legome, XII d.
: i il nr 227. — i Id. de spelta, all’ entrata, VIII d. È SIA
1l nu. 298. — Et all'exita quando se man[n]a a macenare, VIII d.
N io 229. — Et lu mollagio, III d.
4 | dc 230. — Per ciascuno rasero de millio (7) et de panico alla ’ntrata, VI d.
d M E. 231. — Et all'exita per macena, IIII d. i
H i IL | 232. — Et lu mollagio, II d.
E 3 | È 233. -- Et qualunque persona volesse trare fore de lu contado de Or-
| D | vito, per ciascuno rasero de grano, V s.
» i"
« I iS Le
ül : i (1) In margine: chanape, lino.
j i | (2) Idem: lino schotolato.
| " (3) Accarum: altra forma di genitivo: accia, matassa di refe, detta dalle donne
iS toscane acciata. 2 I
| (4) In margine: del biadu. |
\ i (5) Idem: cieci. A |
[. * (6) Idem: fave. : / j
à A (7) Idem: miglio.
GLI STATUTI DELLA COLLETTA, ECC. 35
234. — Per ciascuno rasero de orgio, III s.
285. — Id. de spelta, II s.
236. — LXCId: d'altro biado, XVIII d.
231. — Id. ,de-legome, XII d.
288 —.Et le predicte cose trasse non pocea senca (1) licentia del iude

de la collecta et ^C€he | neuna altra persona pogga concedere

e
[2
zx

licentia de le predecte cose, et alcuna persona extra (sic) nessuno
biado senza licentia del dicto, cade en pena de X 1. Et qualun-
que offitiale licentia ad alcuno dagesse cada ne la pena de X I.

[XXVI]. De vino seu musto (2).

239. — Per ciascuna soma de musto (3) o de vino puro, IIII d.

240. — Id. de aequaticco, II d.

241. — Id. de greco, napoletana overe guarnagga de
Genua, XII d. !

249. — Per ciascuna soma de vino marchesiano, VIII d.

243. — Id. d' uva, II d.

244. — Et qualunque persona tragesse over trare facesse, per ciascuna

soma, III s.
9245. — Per ciascuna soma d'acito, III s.

[XXVII]. De giolliariis, corbellis et mappis.
246. — Per ciascuna salma iolliage, corvelli et mappe, IIII s.
[XXVIII]. De. bestiis.

247. — Per ciascuna bestia vaecina, vitella over bove (4), all'entrata, X s.

4

(1) Nel mss. sezca per senca, come appresso occa per pocca.

(2) I vini, che si solevan bere ad Orvieto,-oltre quello che si faceva nel territo-
rio del Comune, erano il greco, il napoletano, il marchigiano e la vernaccia (vino
bianco, generoso e dolce) di Genova. Il vino del luogo era distinto in vino puro ed
acquaticcio (ammezzato, come usano fare ad Orvieto).

(3) In margine: mostu.

(4) Idem: e’ è disegnato un bove.

B.
M
I
È

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G. PARDI

\
i 948. — Et all’ exita, X S.

249. — Et de quella che ene da X misi en giò, all’ entrata, V s

950. — Et all'exita, VII s.

">
e. Or.

251. — Per ciascuno cavallo (1) vennericcio con sella over senza sella, VI s.

259. — Per ciascuno mulo over mula, iomenta vendericco, V s.

959. — Per ciascuno aseno overe asena venderegga, V s.

954. — Per ciascuno pollitro asenino (2) da uno anno en giò, II s.

955. — Per ciascuno porcho overe scrofa, V s.

256. — Et all'exita, V.S.

951. — Per ciascuno castrato, II s.

.958. — Per ciascuna vecho (3), II s.

959, — Per ciascuna pecora (4), I s

260. — Per ciascuno angnello (5), VI d.

961. — Per ciascuno capricto (6), a l’entrata VI et all'escita VI d.

262. — Per ciascuno porcello da vinti s., IIII d. Da vinti in su, VI.

[XXVIII]. De lingnis et carbonibus.
263. — Per ciascuna [soma] de lengna (7) et sterpe, II d.
E AP 264. — Per ciascuna soma de carvone (8) VI d.
[XXX]. De vascellibus et vasis.
265, — Per ciascuna soma de vascelli (9) et de vasa et simile cose, VI d.

1) In margine è disegnato un cavallo.
) Idem: idem un asinello.
3) Idem: beccno.

(
à
(
(

' sempre.

(5) In margine: an).

(6) Idem: crapetti, forma tuttora usitata tra il popolo orvietano. Queste dichia-
razioni marginali hanno una forma dialettale diversa alquanto da quella del codicetto
del 1312. Debbono essere state scritte quasi un secolo dopo, verso la fine del Trecento
come fanno credere anche ragioni paleografiche.

(7) Idem: lena (sic).
(8 Idem: carbone.
(9) Idem: vascielli.

1) Tutto quello che é stampato in carattere corsivo è stato scritto di nuovo
sulla pergamena raschiata: ciò si capisce anche dalla forma dei vocaboli differenti da
quelli usuali. Così leggiamo pecora e non pecu come sopra, escita e non esita come

TUMiOGGy m TENUI

pri

PP

RIOT EIORTIE MIAMI 1

VETERE ESITI FIAT ZIA

TERIS

E EPOD RETI ge un

GLI STATUTI DELLA COLLETTA, ECC.

[XXXI]. De tegolis et.canalibus.
266. — Per ciascuna soma de tegole (1), canali, coppi et simili cose, VIII d.
[XXXII]. De quo pondere intelligatur salma.

261. — Et li supradicti capituli et ciascuno d'ixi s'e[n]tenda all'entrata
et all'exita de le porte, etc. (2).

[Quanto segue è stato aggiunto posteriormente].

Porei grassi \

Pecore grasse :
Castrati grassi per ciascuno centonaio, s. vinti.

Capre grasse |

Becchi grassi
Pecore et per ciascun centonaio, s. X.
Capre

Buoi et
Vacche
Cascio

Polli et | per ciaseuna soma,

Porci camporili |

per ciascuna soma, s. uno.

n

Papari |
Caprecti )
Huova )
Pescie, per ciascuna soma, s. V.

per eiascuna soma, s. VI.

Ossongna et per ciascuna soma, S. V.
Anguille

Olio
Mele et pere ed altre poma |
Seme di linò
Seme di canape et
Sale

Lardo
|
|

ua

ner ciascuna soma, S. uno.

ua

per ciascuna soma, s. uno.

d

(1 In margine: tevole.
(2) Nel margine inferiore è aggiunto: Per ciascuna soma di gramengnia paghi II d.

WEFSTE. > geni

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LC TENDRAS

fem
98 6s. à G. PARDI
Cauli ) 1
Foglia ( per ciascuna soma s. uno.
Porre et simile cose ; i
Mele, per ciascuna soma, s. uno.
Sale, pér ciascuna soma, d. octo (1). 1
| i
(1) Queste aggiunte presentano qualche differenza dalla forma volgare della 1
parte originaria del codicetto e si accostano maggiormente al toscano. Per esempio,
la terminazione —ario diventa in romanesco —aro, esito tuttora normale nella pro-
vincia di Roma. Nel nostro mss. troviamo alcune voci le quali presentano tale riflesso.
Ma in queste aggiunte leggiamo centonaio anziché centinaro.
Un altro fatto conferma tale supposizione. L'o lungo rimane generalmente in-
tatto in romanesco, mentre in toscano si dittonga spesso. Ora al s XVII troviamo
scritto ova; ma nelle note marginali huova. j
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39

GLOSSARIO

abbete 212, abete (geminazione).

acciagio 106, acciaio.

acito 245, aceto.

acquaticco 240, « aequatiecio » (vino), quello che modernamente chiamasi
«ammezzato ».

albasio 6, < albagio », specie di panno grossolano, ordinariamente di color
bianco (albus).

alli 187, agli (sostantivo; / che resiste all’ ammollimento).

alme 101, arme (r cangiato iu /).

alume 69, allume.

anellina 24, di agnello, « agnellina ». x

archiuni 208, arcioni, dove sarebbe da precisar bene il valore fonetico
del nesso cAj.

arruni 149, arroni (pesce). Nello Statuto del 1334 son menzionati gli
arroni del lago di Bolsena.

acoro 115, « azzurro » (materia colorante).

aseno 252, asino. Cosi asena 252, asina, ed asenino 253, asinino.

auru 54, oro (dittongo au conservato).

B

baccine 94, bacile, baccinicto 102, piccolo bacile.
barrili 207, barili (geminazione).

bedenti 97, bidenti (strumenti di agricoltura).
biado 238, biade.

biunci 211, bigongi.

bocte 204, botte. Così boctecillo 205, botticello.

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b
i,
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Pi
IM
'"-
4
40 : G. PARDI

bolluni 98, bolloni (grossi chiodi).

boracci 8, « borracci », panni grossolani formati di borra, eimatura o tosa-
tura di pelo di pannilani.

bufalato 130, bufalotto, piccolo bufalo.

Bulsana 146, Bolsena.

C

calcecte (2, calcetti, calzamenti di lana o di lino o di bambace o di ca-

napa, a foggia di scarpa.

calzaricti 48, calzaretti, calzari piccoli che giungono a mezza gamba, bor-
zacchini. i

camussio 78 e camossio (9, camoscio (cfr. il femmin. camozza).

canava 211, canapa.

canavacci 8, canavacci,

capecci 6, capecchi.

carfangnino 5, panno grossolano, di colore scuro, proveniente dalla Gar-
fagnana.

carneri 58, carnieri (borse da donne).

carpite 14, la carpita era un panno con pelo lungo, e propriamente una
‘coperta da letto villosa.

carti 88, carte.

carvone 264, carbone.

capricto 252 e cavricto ST, capretto.

cavrioli 46, caprioli.

casio 163, cacio.

celuni 14, celoni, panno tessuto a vergato, adoperato per coperta da letto.
(anche nella Vita di Cola di Rienzio ricorre questa voce, che è pur
viva oggidi in qualche varietà abruzzese).

cedruni 185,. cedri.

cello, uccello (aferesi).

cenabrii 114, cinabro.

ceresce 176, ciliege.

cerossa (0, cerosia, specie di cera che si ritrae dalla canna da zucchero.

cetruni 195, cetriuoli.

chevelli 201, covelle (da quod velles) cosa minina, niente.

ciciri 125, ceci. |

cinci 30, cenci.

circhi 207, cerchi.

coccomeroni 195, acerescitivo di cocomeri, cocomeroni.

cogia 38, e cogio 74, cuoia e cuoio.

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CAS EUER
TAMUeDISTUARRN

IU RIT PUES

TUTCIXUITE NUM XO PURO Y Inv

DUROKDUMEESRSUI TH GN ERA IER METRI 7 TRATTA

GLOSSARIO : 41

coli 190, cavoli (dittongo av fuso in o dal latino caulis).

correge T4, corregge, forse un legame di metallo, se non eerte cinture
da sposa. (Cfr. MERKEL: Tre Corredi milanesi).

cossiali 101, cosciali.

cultre 17, coltre.

cunelli 126, pelle di :conigli.

chyovi 98, chiodi (latino clavus).

dagesse 238, desse.

deavorati 67, dorati.

dechyarato 162, dichiarato.

decina 172, diecina.

dicte 39, dette.

doge 206, doghe.

draganti 119, da adragante o adraganti (per aferesi): è una gomma
biancastra, adoperata dagli antichi speziali.

druga 142, grue.

duppii 19, doppii.

Hi

ensalate 157, salate.

ensecchiato 166, portato nel secchio, « insecchiato », o meglio forse seccato
(secco).

eschiegiali 56, scheggiali (sorta di cintura di cuoio con fibbia).

essita 49 ed exita 132, uscita. (Per aferesi anche ota 173).

E

favi 226, fave (scambio di genere, dal femminile al maschile).
fasciano 133, fagiano.

fassio 194, fascio.

fessina 161 e fessinella 161, fascina e fascinetta.

fiecte 58, « fiette », adornamento femminile per il capo.
filiscelli 53, filugelli, tela di filaticcio o stoppa di seta.

filtro 74, feltro. :

follie 59, foglie (7 che resiste all’ ammollimento).

for 21, fuori.

forcuni 91, forconi, grosse forche.

fregiature 56, la fregiatura era una guarnizione delle vesti femminili.

i

mM"——— CU
G. PARDI

Cx

gammari 159, gamberi (assimilazione).

gamanaroli 101, gambiére, armature della gamba (assimilazione).

garbo 24, proveniente dalla regione detta Garb dagli Arabi (/a lana di
garbo : è ricordata negli Ordinamenti della gabella di Siena, negli
Statuti pisani e nei Bandi lucchesi editi dal BONGI).

Genua 242, Genova.

gengnero 109, zenzero.

gerlanda 58, ghirlanda, cerchio a modo di corona, formato d'oro o
d’argento o di gemme o di perle, che portavano in capo per ador-
namento le donne.

Gilanda 64, Irlanda. Il g- ha valore di gutturale e serve a togliere
l'iato (de Gil-).

giò 51, giù.

gome 30, gomma.

gomeda. 97, gómene (?).

guarnacca 241, vernaccia.

guatu 33, guato.

indichi 114, indaco.

iomenta 252, giumenta.

iude 248, giudice (figura nominat. jud e x).
imi 267, essi (latino ipsi).

lacho 146 e lachu 153, lago.

lactuche 192, lattughe.

lacco 10, laccio (panno VEORSOIANOA

legome 231, legume. :

lepore 129, lepre (etlissi evitata, latino Zepus leporis).
lomie 185, lumie (specie di limoni).

lomuni 185, limoni.

lucese 59, lucchese.

lucchi 146, lucci (pesce).

pum

n

NOIR POETICI RITA 33 SEPPE”

GLOSSARIO 3 43

IM

macena 231, macina, e macemare 223, e macenare 222, macinare, e m«ce-
nata 32, macinata.

macinigne 201, macinine.

mandule 179, mandorle.

‘manna 18, manda (assimilazione). Così mannano 18, mandano.

marchesiano 242, marchigiano.

magcacocti (6, mazzacotti, sostanza adoperata nel fare il vetro.

mergone 140, smergo.

millio 230, miglio (2 che resiste all'ammollimento).

moglire 98, morsi (?).

mollagio 232, « molatico », prezzo della macinatura (forse per « molaggio »
da mola). Nell'Orvietano moderno « moltura » (molitura).

musto 239, mosto.

IN

nucelle 179, nocelle.
nuci 181, noci.

offitiale 238, ufficiale.

oncenso 119, incenso.

onza 5T, oncia.

orgio 234, orzo.

oriscelli 35, oricello, mescolanza di più materie coloranti.
orvetano 20, orvietano.

Orvito 21, Orvieto.

overe 52, ovvero.

dea

pagia 50, paia (latino paria; cfr. acciagio da aciarium e stogia da Storea).

page 18, paghi.

paisi (4, pavesi.

Pallia 161, Paglia, affluente del Tevere che scorre sotto le mura d’Or-
vieto (7 che resiste all'ammollimento).

— ecc

aos i E
pangni 2, panni.
paru 21, paio.
pecu 81, pecora (pecus).

pelglie 44, pegola, pece.

pelusi 18, pelosi.

persichi 176, pesche (scambio di genere, dal femminile al maschile).
pili 46, peli.
pinti 46, dipinti (latino pincti).
piso 22, peso.

picculu 82, piccolo.

piccuni 134, piccioni.

pollitro 254, polledro.

pozza 238, possa.

prete 202, pietre (metatesi).
provenzana 28, provenzale.

Q

qualle 138, quaglie (7 che resiste all'ammollimento).
quanno 39, quando (assimilazione).

E

ramo 95, rame.

ranche 185, arancie, aranci (aferesi).
rascina 30, resina.

| rasero 287, raserio, misura pei solidi.
rubia, robbia.

sagie 64, saie, o meglio sarge. i
sardescha 6, sarda (aggettivo).

scalongne 187, scalogni, specie di cipolla.

schallioni 208, scaglioni (7 che resiste all’ ammollimento).

sciuccatugi 67, e sciugatoi, adornamenti adoperati dalle donne per il capo.
schitti 62, schietti.

.Scoiole 123, pelli di scoiattolo.

IE AIA AAT

Csi
GLOSSARIO zi 4b

scotanu 49, scotano, albero le cui foglie e i frutti s'adopran per la
concia delle pelli.

siccho 168, secco.

sirico 52, seta (l’oggett. per il sostant.).

‘sole 70, suole.

soppedanio 204, suppedaneo.

sorve 176, sorbe.

stamengne 78, stamigne, impannate per le finestre.

sterpe 263, sterpi.

stogie (9, stuoie.

suacto (1, soatto e sovatto, pelle concia da corregge.

sulfu 77, zolfo.

suvara 45, sughero (nominat. plurale latino).

"E

tarpite T9, tappeti.

tavulagi (4, tavolacci, tavoloni.
tavule 209 e taule 210, tavole.
tenche 146, tinche.

1 tenpiari 209, tempiali.

tenta (6, tinta.

tivertina 201, travertino.
tragesse 50, traesse (epentesi).
trageria 50, traria, trarrebbe (epentesi).
irare 244, trarre.

trasse 230, trarsi.

: turdi 191, tordi.

turture 136, tortore.

xy

valcare, gualcare (tedesco walken).

vangne 91, vanghe.

vari 190, vai, pelli d' animaletti simili allo scoiattolo (latino varius).
vascelli 33, vaselli, vasetti.

vecho 258, becco.

velicti 60, veletti.

venetianu 54, veneziano.
46- G. PARDI

vennerizzio 251, e venderizzo 252, vendereccio (vennerizzio, assimilazione).
vitro 13, vetro. : ; à
vulpi 124, volpi,

ees

caffarame 110, zafferano (forse caffarame è uno sbaglio del copista per
caffaranu).

= ce

sr =
FCR IIZ IE

SULLA DISTRUZIONE DI SPOLETO

E SULLE ANTICHE VIE PERCORSE DALL’ ESERCITO DEL BARBAROSSA
QUANDO NEL 1155

MOSSE DA TIVOLI ALLA VOLTA DI QUELLA CITTÀ

La prima discesa dell’imperatore Federico di Hohenstaufen
in Italia (1154-1155) si chiuse coll'incendio dell’ antichissima città
di Spoleto.

Uno scrittore contemporaneo, Ottone vescovo di Frisinga (1)
e lo stesso Federico (2) in una lettera, diretta a questo suo zio
paterno, ci hanno tramandate le particolarità dell'immane disastro.

Ad ogni calata dell'esercito imperiale in Italia, le città gli
dovevano pagare il gravissimo tributo del fodrum, voce prove-
niente dal Germanico fuiter che vuol dire vettovaglia. Dopo la
ritirata da Roma a Tivoli, il Barbarossa tassó il Comune di Spo-
leto in ottocento lire d’argento. La città usò frode. nel pagare
una parte di tal somma, e pel resto diede una moneta falsa (3);
ritenne inoltre prigionieri gli ambasciatori, fra quali il conte
Guido Guerra di nobilissima famiglia toscana. Per siffatti motivi
Federico la pose al bando dell'Impero, e da Tivoli si mosse con
tutto l’esercito verso il ducato di Spoleto durante il mese di
luglio dell'anno 1155.

In quel tempo le vie Consolari si mantenevano ancora in

(1) OrHo FRISING; De gestis Friderici I imperatoris, lib. IT, cap. 24, in MuRa-
TORI, R. I. S., tom. VI.

(2) FRIDERICI IMP., Zpistola dilecto patruo suo Ottoni Frisigensi Episcopo,
ibid., pag. 630.

(3) Dice Ottone di Frisinga: Dupliciter (Spoletani) peccawerunt, cum .DCCC. Li-
brarum facti essent obnoxii, partim defraudando partim falsam monetam dando.
48 : F. GORI

istato di discreta conservazione; molte ed imponenti erano le ro-
vine de' templi e de' sepoleri; ed é questa la ragione per la quale
in una età in cui gli appaltatori delle nuove strade sterrate hanno
distrutto nella massima parte i lastricati poligonali delle vie antiche,
ed ogni giorno si demoliscono i monumenti per fabbricare o per
cercar tesori, ho creduto cosa utile di pubblicare un breve studio
topografico-antiquario per descrivere le vie che dovettero percor-
rere i Tedeschi per venire ad oste contro Spoleto; ed in ultimo
raccoglieró tutte le nolizie relative alla catastrofe da cui andó sog-
getta la capitale del ducato longobardo.

Scendendo dal C/;co Tiburtino (1) nella Valle dell’. d'ediaria;
dopo il Ponticello, coperto di larghe tavole di travertino, si rav-
visa tuttora un diverticolo antico, adorno di ruderi sepolerali, il
quale, passando sotto Monticelli e Sant Angelo in Capoccia,
congiungeva le Vie Tiburtina e Nomentana. Sulla traccia di que-
sto diverticolo nel 1867 il generale Lamoricière riaprì una strada
militare alla quale tendevano i Garibaldini quando presso Mentana
furono assaliti dall’ esercito franco- pontificio.

Da Mentana alle solfuree Acque Labane (2), a Tor Marozza
ed all’ Osteria di Nerola ancora si mostra il corso della Nomen-
tana la quale presso la detta Osteria raggiunge la Salarta.
Prima peró di questo punto la Nomentana aveva due altri
diverticoli per la Salaria stessa. Il primo passa sotto Monte
Rotondo alla Salaria al miglio XIII dalla Porta Collina di Ro-
ma. Il secondo dalla Torre della Fiora riusciva nella Salaria
verso il miglio XVIII al Ponte di Casacotta. Probabilmente
Federico avrà preso uno di questi diverticoli per fare una
visita alla famosa Badia Farfense che si gloriava del titolo
d'imperiale (3).

9

(1) Ho descritto le Antichità tiburtine nel Viaggio a Tivoli e Subiaco, par. 1,
nonché nei volumi 1II (fasc. 6 pagg. 319-359) e IV (fasc. 0, pagg. 256-282) del mio
Archivio Storico-Archeologico di Roma. ;

(2) Di queste acque ho trattato a pag. 76 del mio opuscolo su Z'idene, Cru-
stwinèrio ed Ereto. Roma, Tip. delle belle arti, 1863.

(3 La via antica-che portava a questo Monastero, differente dalla Corsina,
aperta da Clemente XII, è tracciata nella carta annessa al Gabio del monaco GAL
LETTI. Essa radeva il Colle degli Arci dove si vedono le rovine di Curi, antica me»
tropoli dei Sabini, riconosciuta per la prima volta dallo CmauPy, JDécowverte de la
Maison d’ Horace, III, pagg. 76-77.

TINDEULCUERSS EINE ie garza III

SULLA DISTRUZIONE DI SPOLETO, ECC. 49

Dalla Badia di Farfa il Barbarossa si diresse alla volta di
Rieti per la Via Salaria, della quale ammirò una lunga sostru-

zione di opera quadrata sotto Ponticelli, alta circa 10 metri (1).

Quivi pure lesse in due colonne del miglio XXXI i nomi degl'im-
peratori Cesare Augusto e Giuliano che risarcirono la strada.

Presso la confluenza della Nomentana nella Salaria e la
chiesa di S. Maria Nuova osservò l’imperatore le rovine della
stazione di Vicus Novus dell’Itinerario di Antonino o di ad Novas
della Carta Peutingeriana, confusa poi dai Bollandisti e dai Geo-
grafi con Forum Novum, oggi Vescovio.

Più oltre passò tra i due Mausolei, detti i Massaeci, perchè
sono composti di massi squadrati che misurano fin 20 palmi di
lunghezza !

Nelle vicinanze de' Massacci visitó nel Monte Calvo una Villa
imperiale, e tra le rovine scorse le marmoree teste di Antonino
Pio, di Faustina Seniore e di Lucio Vero, nonchè le statue di
Giunone, di Bacco e di Nettuno, e quelle delle nove Muse che in
epoca più colta doveano adornare il Museo Vaticano.

Lasciate sul monte a destra le rovine di 7redula Mutuesca
(presso Monteleone in Sabina), in vicinanza di Poggio S. Lo-
renzo ammirò il monumento della famiglia Petronia (2).

Dal luogo, dove oggi sorge una colonna milliaria di breccia
presso l’ Osteria dell’ Ornaro, era stata già tolta per uso della Ba-
silica. Realina la colonna milliaria XLII: colla memoria degl’ im-
peratori Valentiniano, Valente e Graziano (anno 374). Ma quello
che a pochi istanti gli suscitò ammirazione fu il Ponte, oggi ap-
pellato del Diavolo, per la grandezza delle pietre che lo compon-
gono, e per la sostruzione di circa 60 metri che l’accompagna.

E questo l’unico ponte che al giorno d’oggi vediamo rimaslo
intatto per tutto il corso della Salaria da Roma ad Ascoli!

Prima di arrivare alla Porta Romana di Rieti, traversò due
altri ponti, uno ch'é stato ricostruito sul fiume Turano da un ar-
chitetto romano nel 1455 (3), l’altro del quale erasi rotta un’arcata
fin dal secolo IX e che ancora conserva tre archi sul Velino.

(1) Il BUNSEN la fece disegnare per gli Annali di Corrisp. Archeol., 1834, tav.
ett. A. i
(2) Cf. Corpus Inscript. Latin. IX.
(3) V. il nostro Bollettino, vol. I, fasc. 3, n. 3.
50

F. GORI

L'antichissima città benchè fosse stata. data alle fiamme dal
re di Sicilia, Ruggero II, nell’anno 1149, doveva. ancora conser-
vare molti resti della passata grandezza, cioè il recinto delle mura
di opera quadrata, il Foro, la statua della madre degli Dei da
cui aveva preso il nome, il teatro e l’anfiteatro.

Uscendo dalla Porta Cintia presso il teatro, e prendendo la
via Spoletina che costeggiava il Lago Velino, nell'attuale terri-
torio di Cantalice, l’esercito del Barbarossa fece la sua prima im-
presa guerresca, distruggendo il castello di Arzano che torreg-
giava sopra un ameno poggio sulle sponde del laghetto appellato
Il Vacone. Questo castello fu saccheggiato ed arso perchè appar-
teneva agli spoletini (1).

Continuando il viaggio l' imperatore vide le sorgenti del fiu-
me di S. Susanna, il quale con altri sei fiumi aveano riformato
il Laco: Velino per essere quasi interamente ostruite le sette
bocche o cuniculi aperti dal console Manio Curio Dentato. Am-
mirò le rovine di opera reticolata, le quali costituivano una magni-
fica villa romana (Grotte di S. Nicola), stimata di Axio, che
ospitò Cicerone.

Dopo di avere osservato alle Marmore l emissario del Ve-
lino, discese nella Valnerina, e quivi diede riposo ai soldati. E
udito che gli Spoletini non cedevano alle sue minaccie, nè rila-
sciavano i ‘prigioni, si diresse a Terni, l'antica Znteramna, cosi
appellata perchè posta tra i fiumi. Nera, Serra e Tessino. In que-
sta cillà visitó i ruderi del teatro e dell'anfiteatro, il recinto di
opera quadrata, vari tempii, gli antichi ponti sul Nera, nonchè
i tre monumenti sepolcrali dell'insigne storico Cornelio Tacito e
degl'imperatori Claudio e Floriano.

La via più diretta per Spoleto era quella che, diramando dal
magnifico ponte di Augusto a Narni, passava per Terni, ascen-
deva al monte Somma, ed entrava in città dall'antica Porta dt
Monterone. Gl Itinerari di Antonino e Peutigieriano dànno il nu-
mero di otto miglia da Narni a Terni e di miglia dieciotto da Terni
a Spoleto.

(1) AFFREDUZIO ANCAIANI, Vita, di Monsignor Battista Valentini, pag. 18; ANDREA
FULIO BRAGONI, Cuntatlice descritto ed illustrato, pagg. 57, 61, 02. apo

* SULLA DISTRUZIONE DI SPOLFTO, FCC. DI

Nella carta Peutingeriana il viaggio da Terni a Spoleto è
diviso nelle Stazioni o Mutationes di Adtine (Ad fines?) Recine
al miglio X, e due miglia più oltre pone un edifizio quadrato con
cinque porte, notandolo col nome di Manum fugitivi. Il geografo
Guido (1) dà alle Mutationes le denominazioni Znteramnium, Cofa-
tina, recina e Fanum fugitivi. L' Itinerario Gerosolimitano segna
nove miglia da Narni a Terni, e venti miglia da Terni a Spoleto
colle Stazioni Zribus Tabernis al miglio Ill e Fanum fugitivi al
miglio X.

L'Olstento (in Cluverit Ital., p. 96) pose le Tre Taverne al-
l'Osteria della Castagnina al principio della gola di Strettura,
ed opinò che il Tempietto del fuggitivo sorgesse sul monte Som-
ma dov’ era la chiesa di S. Leonardo.

Suppose il Aeftenesich (I, pag. 9506) che il Fanum jfugitici
fosse eretto in memoria della ritirata di Annibale dopo la disfatta
sotto le mura di Spoleto, come nello stesso tempo. si edificò il
Fanum dei Rediculi sulla Via Appia dopo che il vincitore di Canne
fu obbligato a ritirarsi dall'assedio di Roma.

Dal monte Somma a Spoleto l’antica strada era più breve
dell’attuale, e per evitare i ponti sui torrenti, tenendosi più in
linea retta alla destra di questa e sulla sponda opposta del Tes-
sino' dove sono stale rinvenule tre iscrizioni sepolcrali, trasferite
poi nella villetta Antonelli a Sùstrico; quivi il nucleo di una tomba
rotonda ed un’altra iscrizione sepolcrale, sono tuttora al loro
posto, minacciate inutilmente dalle furiose ondate del torrente.

Sotto l'antichissima Chiesa di S. Pietro, dove si vedevano:
sparse molte lapidi sepolcrali, delle quali alcune sono state poi
nel secolo XIV impiegate nella facciata di essa, la via si volgeva
a sinistra per traghettare sul ponte il Tessino, e per la salita di
Monterone entrava in città.

L'imperatore, vedendo la fortezza delle mura ciclopiche da
quel lato, non l'assali, come aveva fatto Annibale (2), ma ri-

(1) Edizione di Pinder e di Perchey, pag. 490.

(2) Nella Cronaca del R. Liceo Pontano (anno scolastico 1877-78) con un fram--
mento d’ iscrizione, già murato presso la Porta di Monterone, ho dimostrato che il
duce cartaginese da questo lato, più vicino all’ acropoli, assali la città. La Porta

Fuia, ora detta di Annibale, era una posterula, ingrandita e decorata delle parole
di Tito Livio nel secolo XVI.
52 ; i F. OORI

traendosi verso la Chiesa di S. Paolo schierò le sue milizie, ac-
campandosi nel Colle Risciano (1).

Prima di continuare il racconto, é necessario d'indagare
qual nome avesse la Via Antica che da Narni conduceva a Spo-
leto ed anche a Foligno.

I] Sansi (2) chiama questa strada :/ ramo minore e meno
ornato. della Flaminia. Sembra dunque ch'egli volesse attribuirle
lo stesso nome, quantunque sia noto che anche le diramazioni stra-
dali, per evitare equivoci, assumevano denominazioni differenti,
come p. es. la Sublacense che nasceva dalla Valeria.

Ha dimostrato il marchese Eroli (3) che la vera Via fF'la-
minia dal ponte di Augusto si dirigeva per Sangemini a Càrsu-
lae, Mevania e Forum Flaminit. Ed io ho verificato l'esattezza
di tale dimostrazione, percorrendo a piedi la detta via da Roma
a Rimini.

Fra Narni e Bevagna sono rimasto colpito di meraviglia nel
‘vedere i ponti Calamone e Cardaro costruiti con pietre enormi
sui rivi, ed i nuclei de’ sepoleri tuttora superstiti. Dal fornice
colossale della porta di Càrsule, creduto Arco di Traiano, alto
circa 10 m. e largo m. 5, la via si dirigeva, presso Acquasparta,
ad un altro ponte più massiccio (onnaja). A_S. Maria in pan-
tano, ho ricopiato | iscrizione de” VICANI. VICI-MARTIS. TV-
DERTIVM, e nella contrada San /ago riscontrai il posto in cui
molti anni fa venne trovata l'iscrizione dell’ imperatore Adriano
che nell’anno 224 restituì con una nuova sostruzione la Via. Que-
sta lapide fin dal 1860 fu veduta da Mariano Guardabassi mu-
rata, come al presente, ad una parete della porta di Massa Mar-

tana.

(1) Alcuni chiamano questo colle Risan4a, perciò il MINERVIO, De rebus gestis
+... Spoleti, pag. 30 (Ediz. Sansi), scrisse che Federico I « iz colle, qui deliciarum
dicitur, castramentatus est ». In esso la chiesa parrocchiale fu edificata a ridosso di
un sepolero che aveva le forme del preteso tempio del Clitunno. Nell'architrave e
negli stipiti di travertino dell’ ipogeo é scolpita l’ iscrizione :

L. CODONIVS. SEVERVS. SIBI. ET
SVIS FECIT

(2) Degli edifici di Spoleto, pag. 219.
(3) Miscell. Stor. Narn., vol. II, pag. 199-193,
SULLA DISTRUZIONE DI SPOLETO, ECC. 09

La Via di Spoleto dalla Porta di Monterone (1) penetrava
nel Foro sotto l'areo onorario di Germanico e Druso (2). Questo
arco, eretto dal Senato Romano a commemorare le vittorie contro
i Germani, è un monumento di prim'ordine, ma è. stato detur-
pato ed è molto mal tenuto. Dopo il Foro la Via in vicinanza della
Cattedrale scendeva a Porta Ponzianina, della quale rimangono
ancora gli stipiti di travertino. Volgeva ‘a. sinistra, radendo gli
archi dell’ Anfiteatro (3), e passava il Tessino sulle tre arcate
del Ponte Sanguinario che giace sotterra presso la Porta S. Gre-
gorio (4). d ;

Dal Ponte Sanguinario la Via seguiva la linea della moderna
di S. Sabino. Questa chiesa de’ tempi longobardi fu edificata coi
grossi massi tolti ai sepolcri ornanti la detta strada, come risulta
dai frammenti delle iscrizioni in essi scolpite. Si procedeva così
in linea più breve della odierna provinciale (5) sino al Palazzaccio
del conte Toni, nel cui fogdo si scoprirono tre cippi colle iscri-
zioni sepolcrali edite dal Sansi (oc. eit., pag. 289, nn. 89 e 90).
Al miglio VIII passava in vista de’ Sacraria ojEdicole che si suc-
cedevano fino al tempio antichissimo del Dio-oracolo Clitunno (6).
Dopo altre 4 miglia radeva la stazione di Zrevi, dopo 5 quella
di Foligno, e con altre miglia 9 raggiungeva la Flaminia a 7^o-
rum Flamini (S. Giovanni profiamma). Qui però si deve no-
tare che l'Itinerario Gerosolimitano discorda pel numero delle
miglia da quello di Antonino. Questo da Narni a Forum Flaminit
misura 44 miglia, mentre il primo ne segna 49.

Abbiamo affermato che questa strada la quale cominciava a
Narni dalla Flaminia e ad essa si riuniva dopo 44 o 49 miglia,
doveva avere un nome differente. E che ciò sia vero emerge da

SANSI, Edifici, tav. VIII, I.

Id., ibid., pag. 197, e tav. X, num. 2 e 3.
Id. ibid., pagg. 222-242.

Id., ibid., pag. 217 e tav. IX.

(
(2
(3

(4

(5) Anche questa è antica, e fu costruita per andare al Mitreo (da me scoperto
nel 1879 ed illustrato al Congresso degli Orientalisti a Firenze) ed alle ville di Eggi.
Incontro al casino Marignoli esiste un rudere di sepolcro.

(6) Sul vero sito di questo tempio vedasi la nota II al mio Ragionamento sulla
somma importanza storica e monumentale della provincia dell Umbria. Spoleto,
Tip. Bassoni, 1879, pag. 24.

Xx

IE x

nere sl made
54 : i ^F. GORI

un passo di Tacito (1), il quale narra che Vitellio volendo ucci-
dere Dolabella, per evitare la celebrità della Via Flaminia (troppo
cioè frequentata), lo invitò per lettere a portarsi in Terni. Ció
prova che nemmeno Terni era su quella strada.

Per questi motivi avendo io fatto ricerca del nome della via
medesima, l'ho scoperto nella Carta del ravennate Castorius che
dicesi Peutingeriana (2).

Questa Carta è preziosa per le numerose stazioni e distanze
che non si trovano negli altri Itinerari; ma il monaco che la tra-
scrisse nel XII secolo, fecevi molte interposizioni e corruppe
diversi vocaboli.

Al Segmentum V notò il Desjardins (3) che alle parole Znter
manana va sostituita la città di NARNIA, ma io credo che a
NARNIA si debba invece sostituire la parola INTERAMNANA,
ossia il nome delia Via che da quella città principiava; giacche
è Impossibile di ricavare Narnia da Inter manana, mentre è evi-
. dente la correzione /nteramnana.
| Si può anzi assicurare che la detta strada è stata sempre
chiamata Via Ternana o di Terni.

Dopo questa digressione sulle antiche vie, ritorniamo a par-
are di Federico 1, accampato sul Colle Risciano. Da quell'altezza
egli mirava l'opposta città guernita di mura poligonali e di opere
quadrate munite di circa cento torri. Disperava d'impadronirsene
quando la Fortuna, arbitra delle guerre, glie ne pórse il destro.

Gli Spoletini non dovevano avere molta stima de' soldati Te-
deschi e doveano avere la presunzione di avere eccellenti tiratori
d'arco. Invece adunque di rimanere al sicuro sulle eccelse torri,
osarono di uscire dalla città ed assalire colle frecce. il campo
nemico, credendo di ferire od uccidere l'imperatore. Ma Federico
rivolto ai suoi guerrieri: « Mi sembra questo, esclamó, un giuoco
da fanciulli e non un combattimento virile », e ordinó di respin-

(1 TACITI, Histor. II, 64 (Ed. Halm): Igitur Vitellius metu et odio, quod Petro-
niam, vaorem eius mox Dolabella, in matrimonium accepisset, vocatum per epistulas
VITATA FLAMINIAE VIAE CELEBRITATE DEVERTERE INTERAMNIUM atque. ibi
interfici iussit. i

(2) KoNRAD MILLER, Weltkarte des. Castorius genannt die Pewtinger?sche
tafet. Ravensburg, 1888.

(2) DESJARDINS, La Table de Peutinger. Paris, 1860.
SULLA DISTRUZIONE DI SPOLETO, ECC. 55

gere gli audaci assalitori. La cavalleria armata di ferro ed i fanti

con lance e spade ferirono ed uccisero molti Spoletini; gli altri

si diedero alla fuga verso la Porta Ponzianina; ma i Tedeschi
inseguendoli per la rapidità de’ loro corsieri penetrarono coi fug-
giaschi nel recinto e si sparsere a saccheggiare le case. Soprav-
venne tutto l’esercito coll’ imperatore, il quale tra le angustie delle
strade espose a rischio non poche volte la vita come il più umile
gregario. Ma prima che si potessero asportare tutte le .ricchezze

‘e le vettovaglie, un soldato appiccò il fuoco alla città che rimase

incendiata...

Superato il clivo che mena alla Cattedrale, in cui eransi rifug-

gite donne e fanciulli, mentre una folla di cittadini seminudi
calando nel profondo burrone dove poi nel secolo XIII eresse il
Comune lo stupendo Ponte delle torri, mettevasi in; salvo nella
selva di Monteluco, si presentò agl'invasori un altro ostacolo che
sembrava insuperabile. Dalla parte della Chiesa Maggiore verso
la sede Pontificale ( Vescovado) pel convesso Monte di S. Elia
(antica ara o acropolis) e pel recinto di muraglioni ciclopici la
città sembrava inaccessibile. Quivi il Barbarossa non solo spinse
all'assalto i suoi colla esortazione, ma diede agli altri esempio di
‘coraggio, scalando egli stesso con grandissimo pericolo il monte
ed occupandolo. Terminata la strage, il Principe vincitore passò
la notte in Spoleto. Nel seguente giorno, essendosi corrotta l’aria
per l'insopportabile puzzo dei bruciati cadaveri, trasferì l' esercito
nelle vicinanze, ed ivi rimase due altri giorni per raccogliere le
spoglie de’ miseri cittadini risparmiate dall'incendio.

In una piccola Cronaca di Farfa si narra che la distruzione

di Spoleto avvenne il giovedi 20 luglio (1). Nella Pinacoteca Spo-

letina è affissa ad una parete una lapide che assegna all’ incendio

della città il giorno 27 luglio dell’anno 1155 (2). Ma sia stato il

(1) Cod. Vatic. 6808: « Inde (a Farfa) Spoletum pergens (Fridericus) capit
civitatem, succendit, devastavit ac depredatur cam. Mense julio die X X. feria IILI ».
Cf. PAPENCORDT, Geschicte der Stadt Rom im Mittelalter. Paderborn, 1857, pag. 267.

(2) Scrive il Minervio, pag. 31, che questa iscrizione fu trovata presso il Ponte
Bari. È stata pubblicata da molti scrittori con poca esattezza: perciò noi la ripubbli-
chiamo togliendola da un calco, e conservando le lettere in gran parte gotiche, spet-
tanti cioè al principio del secolo XIII e non al XII come si è creduto.

FEE CAM mo
56 F. GORI

-

20 o il 27 luglio il dì nefasto, il certo si è che nel 1155 un piccolo
esercilo straniero scorrazzava per l’Italia, saccheggiando e deva-
stando città e castella senza incontrare una seria resistenza, fuorchè
in Milano e Roma.

F. GORI.
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98:09 : (04.0. SCALVANTI

tima quella, che oggi diamo alle stampe (1); perchè Pe-
rugia, posta nel centro della penisola, soggetta alla Chiesa,
alleata de'fiorentini, riflette nella sua vita interiore tutti
gli avvenimenti, che riguardano le altre parti d'Italia. E
vanno segnalati i tentativi, che i principati piü potenti, come
eli Aragonesi di Napoli, i Duchi di Milano e Venezia fecero
per trarre in lor favore la temuta Repubblica perugina; i
provvedimenti, che à quando a quando essa adottò per ser-
bare quel resto di libertà, di cui ancora godeva; le narra-
zioni sui fatti d' arme e sul cammino che tennero le. varie
Compagnie assoldate dai Principi; la dimora che fece in
Perugia Pio II, e sopra tutto la dipintura viva, efficace della
oligarchia ormai imperante in questa città. E che diremo di
Jacopo Piccinino, che riempie delle sue imprese questo
tratto di storia; che, secondo molti scrittori, fu. causa prin-
cipale che la pace di Lodi del 1454 non recasse i suoi ef-
fetti; che ora ai servigi della Repubblica veneta, ora a quelli
dell Aragonese, ora a quelli di Giovanni d' Angió corre dal-
lun capo all altro d'Italia con inaudito ardimento e con
varia fortuna? Non è egli interessante a vedere in qual modo
si maneggiasse il Comune nostro per non spiacere al gran
Capitano, suo concittadino, e insieme per mantenersi, al più
possibile, neutrale fra tanti contendenti ?

Questa Cronaca poi ci narra quali provvisioni facesse Pe-
rugia per la sua prosperità economica, e ci offre notizie amplis-
sime sulle costumanze del tempo. Ma per ciò che attiene all'or-
dine interno è sopra tutto da seguire con attenzione il corso
degli avvenimenti, che, senza bisogno di violenze, assicura-

(1) Adempiamo volentieri al debito di ringraziare pubblicamente l'esimio dott.
Carlo Angelini-Paroli, per averci dato il suo gentile assenso alla presente pubblica-
zione. Il manoscritto, proprietà della famiglia di lui, vien così in luce con insigne
vantaggio degli studi storici; e crediamo, che quanti sono cultori di queste disci-
pline si uniranno a noi nel tributare all'egregio uomo quei vivi ringraziamenti,
cui ha diritto per l’efficace concorso dato all’ incremento delle nostre pubblicazioni
di Storia Umbra.

———— —————— ÉÓ——Á— CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 59

rono alla Sedia Apostolica in Perugia un’ autorità maggiore
di quella, che i trattati le assegnavano. Vedremo infatti,
come i perugini, sebbene gelosi custodi delle loro franchigie
municipali, fossero obbligati a ricorrere alla podestà del Go-
vernatore; e vedremo come, a poco a poco, il dimandato in-
tervento di lui, per la conservazione della quiete cittadina,
divenisse quasi assoluto dominio.

Il qual fatto dovette ripetersi principalmente dalle ben
tristi condizioni, in cui era caduta l amministrazione della
giustizia. Il diligente lettore vedrà e nella Cronaca e nelle
Note, che abbiamo creduto di aggiungere, l' ampia dimostra-
zione di questo fatto, al quale diedero occasione le cittadine
discordie, sebbene la cagion vera debba altrove ricercarsi.
Noi pensiamo infatti che in tutto 1° Evo Medio, presso le no-
stre repubbliche, lo stabilirsi di forti nuclei sociali per l'auto-
governo de’ loro interessi, e l'estendersi della loro influ-
enza dal campo economico, artistico, industriale, educativo
e va dicendo, in quello del pubblico governo, procurò, che
il vincolo unitario politico non avesse quella gagliardia atta
a conservargli il Carattere di potere moderatore delle ener-
gie sociali, e il fine precipuamente giuridico, che è proprio
dello Stato. La qual cosa tanto. più era difficile ottenere,
quanto che i governi comunali, uscenti dal disordine del
feudalesimo, non avevano tradizioni di forte potere politico,
ed anzi manifestavano una. tendenza alla soverchia specia-
lizzazione delle funzioni. Quelle Corporazioni di arti e me-
stieri, quel Comune del Popolo contrapposto al Comune del
Podestà, quelle giurisdizioni autonome, quei Banchi delle
arti furon cagione di vita possente e di progresso meravi-
glioso delle nostre Repubbliche, ma al tempo stesso ne af-
frettarono la rovina per mancanza di un centro di unità, che
valesse a conservare a quelle associazioni un vero stato di
diritto. È per questo, che mentre ammiriamo il Medio Evo
pei molti suoi pregi, e ci par degno di studio per le molte

cose che ci puó insegnare, abbiamo sempre stimato cattiva
60 Corr 0. SCALVANTI

retorica il rimpianto di quelle Repubbliche, nelle quali ci
parrebbe soverchio il vivere per pochi di — « La giustizia,
scrisse sapientemente Aristotele CPolib; lib. I, eap. I), é so-
stanziale elemento dell’ aggregazione politica, perchè norma
delle società civili è il diritto, e nel diritto sta la determi
nazione del giusto ». — Perduto questo sommo bene di ogni
società, è naturale che si cercasse per qualunque via di re-
cuperarlo. Onde vediamo spesso i cittadini di Perugia ri-
correre al Governatore pontificio, come a centro di unità
politica per la tutela del diritto; e sono i Papi, che troppo
di sovente debbono rimproverare al Magistrato, che giusti-
zia non sia stata resa, o che le sentenze emanate per la re-

pressione di disordini e di delitti giacciano ineseguite. Ora

è vero, che a questo stato di cose si. pervenne anco per le
discordie tra le cittadine fazioni; ma al sorgere di queste,
a favorire il contrapposto fra nobili e popolani, a rendere
sterile e inefficace l'azione del potere politico, fu prima ca-
gione il soverchio sviluppo de’ nuclei sociali, di guisa che,
mentre questi davano immagine di un processo di rapida
evoluzione, e bastavano a sé stessi, lo Stato non acquistava
quell autorità, che era tanto piü necessaria, quanto piü
progredito e complesso appariva. il sodalizio da governare.
Il progresso esige, senza dubbio, che molte funzioni, già
esercitate dallo Stato, vengano assunte dalla società, e que-
sto, come avverte Spencer, è voluto dalla legge di perfet-
tibilità degli organi sociali; ma lo stesso autore aggiunge,
che tale passaggio di funzioni è richiesto anche dal bisogno,
che lo Stato attenda di proposito a’ suoi uffici essenziali
(La Giustizia, cap. XXVII, $ 5, 124, 125, 127). E quando alla
rapida evoluzione dei nuclei sociali, al progredire del loro auto-
governo non fa riscontro una forte costituzione del potere
politico, il carattere organico della consociazione è annien-
tato, perchè l’organo massimo non riveste più, o non esercita
le funzioni, che gli sono ‘affidate. L’ amministrazione della
giustizia è pertanto il primo, essenziale ufficio dello Stato, e CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 61

quando ad essa non provvedono gli organi stabiliti dalla
costituzione di un dato popolo, questi cerca supplirvi coll'in-
tervento di una forza esteriore, anche a scapito della sua
libertà e della sua indipendenza politica. E cosi fece in gran
parte Perugia.

Voglia perdonarci il lettore questa digressione, ma ci
parve utile ad approfondire le cause di molte vicende espo-
ste nella nostra Cronaca.

Pertanto la maggior parte degli avvenimenti narrati dal
Cronista fu affatto ignota agli storici più accurati e diligenti.
Infatti, mentre sino al 1450 la Cronaca fin. quì detta del
Graziani si diffonde assai sulle vicende di Perugia e del resto
d'Italia, non appena si riscontra nel manoscritto della Co-
munale la lacuna, che incomincia col 26 luglio di quell’anno, le
Cronistorie di Perugia cessano del tutto fino. ad oltre la
metà dell’anno 1453. L' illustre Fabretti cercò supplire colle
altre cronache della città, ma per gli anni dal 1450 al 53 non
una sola notizia potè raccogliere dagli scritti inediti dell’ar-
chivio Comunale e della sua privata biblioteca. Di guisa che
mentre il Supplemento inserito nella stampa della Cronaca
(Arch. Stor. it. vol. XVI, pag. 628 ‘e seg.) contiene la narra-

9)

. . L Uu Ind LI LI . L
zione di un solo fatto nel 1455, il manoscritto da noi ritro-

vato porta per quel solo anno ben quattordici notizie.

Ma anche quando o nelle cronache del Veghi o in quelle
del Villani si fa ricordo.delle cose narrate dal nostro Cro-
nista, ognun vede come egli le esponga con maggior preci-
sione e con un corredo di particolarità, che indarno si cer-
cherebbero o nelle altre cronache o nelle varie storie della
città. Anzi bisogna aggiungere che dal 1450 al 1487 le storie
perugine scarseggiano di notizie, e il Pellini ne dà la ragione.
Siamo, lo noti il lettore, nel 1450, e lo storico scrive: —
« Quello, di che più n° habbiamo a dolere, è che hora co-
minciano a mancarne quei pochi Scrittori, di cui fin qui ne
siamo pure andati in qualche parte servendo, e se per l'av-
venire le cose andranno molto scemandosi, e non si trove-
‘62 O. SCALVANTI '

ranno molto amplamente da noi raccolte le memorie dei
tempi, non a me daranno la colpa, ma. alla negligenza in
parte di coloro, che hanno avuto così poco a cuore gli
affari pubblici, e per poco avvedimento, per cosi dire, hanno
privato i posteri col dilaniare e nascondere quelle poche
scritture, che v' erano delle memorie, degli antichi loro e
nostri » (Parte IL, 13). Giusto lamento e legittimo rimprovero
non solo ai passati, ma anco ad alcuni nostri contemporanei
possessori di manoscritti, che tengono gelosamente nascosti
agli occhi degli siudiosi. i .

Così scriveva il Pellini, narrando gli avvenimenti del
1450, che é appunto l anno, in cui si apre nel manoscritto
della. nostra Cronaca fin qui conosciuto una lacuna di ben
37 anni. Segno certo, che gli storici e il Pellini in specie
avevano tratto dall' opera del Cronista la massima parte
delle notizie, per modo che venendo a mancare quella fonte
storica, le loro narrazioni non sono riuscite cosi ampie, co-
m'erano state per il tratto anteriore. Ora quello, che oggi
vien reso di pubblica ragione, è appunto il manoscritto igno-
‘ato dal Pellini, ossia la continuazione della Cronaca sin
qui detta del Graziani.

Quando nel 1850 il Bonaini, il Polidori e .il Fabretti si ‘.
2 à

accinsero alla pubblicazione delle cronache e storie di Pe.
rugia, rispetto alla Cronaca, che con molte interruzioni va dal
1309 al 1491, opinarono fosse scritta verso la metà del se-
colo XVI, perché, sebbene il racconto si arresti alla fine
del secolo XV, pure in quel tratto di storia si trova presa
nota di avvenimenti seguiti nel secolo di poi. Il fatto, a cui
il Bonaini (Arch. stor. it. prefaz. al tomo XVI) si riferisce
è quello della edificazione della Sapienza Nuova, rispetto alla
quale si dice dal, Cronista, all’ anno 1427, che — <« poi nel
1541 fu al tutto scarcata per edificare la citadela » — annota-
zione che si trova anche nel, manoscritto nostro. Ora le 0s-
servazioni del Bonaini portavano a ritenere: 1.° Che della
Cronaca dal 1309 al 1491 un solo fosse l autore; 2.° Che

n è

CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 63

egli non narrasse fatti contemporanei, perché essendo vis-
suto alla metà del secolo XVI era assai, difficile, che anco
negli ultimi del secolo anteriore si trovasse in età da scri-
vere la cronistoria della sua patria; 3.° Che perciò siasi valso,
come guida, del Diario di Artorio di Andrea di Ser Angelo
Veghi. Vedremo a suo tempo in qual conto possa tenersi in
genere il richiamo di fatti avvenuti in epoca posteriore ; per
ora contentiamoci di affermare, che rispetto alla Cronaca,
detta del Graziani, la menzione di tali fatti non è o»era del
Cronista, ma effetto di interpolazioni volute da più recenti
scrittori. Intanto, non sapendosi da quei compilatori il nome
dell'autore, congetturarono potesse essere di uno di casa,
Graziani, perchè il manoscritto della Comunale fu rinvenuto
dal prof. Vermiglioli a Torgiano nel 1857 nella biblioteca di
casa Graziani. Questo riscontro era di ben poco rilievo, se
non vi si fosse aggiunto l altro, che il nome di Graziani si
legge nell’ esterno del libro. Dunque, per le indagini e con-
getture di quei dotti, la Cronaca fu detta del Graziani e at-
tribuita a uno scrittore della metà almeno del secolo XVI,
che si sarebbe valso di altre cronache de’ vari tempi per
compilare l operg. sua. i
Ora, che veramente si potesse attribuire a un Graziani
la Cronaca, che va sotto il suo nome, non ci parve assai
confortato dai lievi riscontri, cui si affidarono i compilatori ;
anzi ci sembra smentito dallo spirito democratico, che ap-
parisce qua e là nel racconto degli avvenimenti perugini,
anco di quella parte che già vide la luce nell’ Archivio sto-
rico italiano. In specie poi nella parte inedita della Cronaca
si trovano frasi, che escludono’ potesse lo scrittore essere del
ceto nobiliare, come erano i Graziani (1). Ad es., quando si

(1) Nel libro Rosso o catalogo dei nobili perugini ordinato e compiuto nell’anno
1333 (edito da FABRETTI nei Doc. di, Storia perug., vol. I, a. 1887) fra i nobili del
Rione di Porta S. Pietro si leggono i nomi ti: Dominus Bonifatius domini Uffredutii
de Gratianis: Dominus Simon domini Bonifatii de Gratianis: Lippolus Maffei domini
Bonifatii de Gratianis ecc. *
64. - 0540. SCALVANTI

trattò in Perugia nel 1459 di levare ai cittadini la tassa del
fuocatico, i nobili si, opposero, e il Cronista indignato scrive.
— « Li camorlenghe, benchè tutti vorrieno che se levassero
« li ditti fuochi, perché questo é bien comuno, ma lo face-
« vono in servitio de questi principali e gentilomene, li quali
« non pagano foco, e vorrieno che noi altri populari. pagas-
« semo, e peró li popolari sono asini deli altri ». — E non
basta; ché scrive i nomi dei nobili, che si opponevano a
questo provvedimento, dolente di non poterli tutti nominare,
perché qualcuno è dn segreto e non si è scoperto. E aggiunge:
— « Per questa cagione tutti li sopradetti sono stati. odiati
dal popolo ». — Attribuisce poi ai nobili di avere eccitato
il Governatore a fare il Bando, che mai piü si parlasse di
levare i fuochi, e torna a dire — aoi siamo asini de altrui. —
Or questo non poteva essere il linguaggio di uno ascritto
alla classe dei nobili; e d'altronde e il Cronista stesso, che
si qualifica per popolare.

La persuasione dunque, che la Cronaca non dovesse es-
sere del Graziani, ci infervoró a fare delle ricerche sul vero
nome dell'autore di essa; e quando ritrevammo il prezioso
manoscritto, e ci accorgemmo che era stato posseduto dalla
famiglia Barzi, cercammo nei documenti, che l'esimio An-
gelini-Paroli conserva di quella illustre casata, un riscontro
qualsiasi circa la persona cui doveva attribuirsi la stupenda
cronistoria di Perugia. Ma non ci venne fatto di scoprir
nulla né in quei documenti, nè all’ esterno del volume o in
fine di esso, dove non è che la seguente annotazione del

copista: — « Rendei detto quaterno adi 10 de luglio 1572, co-
piato ». — Eppure quello che cercavamo con diligenza nel

frontespizio del libro e nelle carte di famiglia di chi lo
aveva posseduto, doveva scaturire dalla lettura della Cro-
naca, non appena ci fossimo accinti a decifrarla per la pre-
sente pubblicazione. E la scoperta che abbiamo fatto è tale
da rovesciar l' edifizio delle congetture formate dal Bonaini,
CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. — 65

e da darci notizia degli autori di questo documento e del-
l epoca, in cui fu scritto.
Chi ha letto il nostro cenno sul Ritrovamento di un Co-

dice di Cronaca perugina (1) sa, che tra le molte lacune, che

presenta il manoscritto della Comunale ve ne ha una, che
incomincia dal 27 di luglio 1450 e va sino all agosto del
1481. Ora questa lacuna non puó, come le altre, attribuirsi
alla scomparsa di aleune carte. Il testo al 1450 si chiude
con queste parole: — « Ad? 26 di luglio.....» — e questa
interruzione è dovuta alla morte dell autore. Già fin dal
1449 di giugno, aveva cominciato a serpeggiare in Perugia
la pestilenza (2), e in breve tempo parecchie furono le morti
registrate dal Cronista, il quale, mentre continuava 1’ oper:
sua, diveuuta ben triste, fu preso dal male, e mori dopo pochi
giorni. Egli non andò più in là di quelle parole, che abbiamo
riferito, e la Cronaca venne, forse dopo qualche di, conti-
nuata dall'altro scrittore, del quale pure ci é noto il nome.

— « Anco a questi di de Agosto,.scrive il continuatore
« della Cronaca, mori Antonio de Andrea de Ser Agnielo
«de Porta S. Agnielo dei Guarneglie de la Paroffia de
« 5. Donato, el quale ANTONIO (3) è quello che à fatte le pre-
« ditte Irecordanzie. Et cosi per sua mano appare lo originale
« delo quale questa è la copia, la quale copia copió Gostan-
« tino de Ser Guasparre de Nicolò de Lero de Porta Borgnie
« e Paroffia S. Agnielo. Et essendo venuta in mano de
« Vincenzo Tranquilli della ditta Porta 7o (sic) copiata, la quale
« materia seguito poi Pietro Agnielo de Giovagnie ». —

Dal qual passo della nostra Cronaca è facile rilevare
che Antonio di Andrea di Ser Angelo dei Guarneglie è
l'autore del manoscritto fino al luglio del 1450, e che l’opera
sua fu continuata da Pietro Angelo di Giovanni. L’ originale

(1) Bollet. di Storia patria Per ? Umbria, fasc. I, vol. II, n. 4.
(2) Vedi Cronaca a stampa, Arch. stor. it., tomo XVI, pag. 617.
(3) Il copista ha scritto il nome in carattere maiuscolo.

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66 : O. SCALVANTI

fu scritto dallo stesso Antonio, e di esso, com'era uso in
quel tempo, si fecero più copie, una delle quali fu eseguita.
da un Costantino di Ser Gaspare di Nicoló di Lero, che ve-
nuta in mano di Vincenzo Tranquilli fu vista e copiata dal-
l' estensore della Nota, in cui si ricorda la morte di Antonio
dei Guarneglie. Lo che significa che l originale scritto da
quest'ultimo ebbe molte copie, una delle quali è certamente
quella, che si conserva nell’ Archivio Comunale, e che finisce
appunto all’ epoca della morte del suo autore. E. diciamo
essere anche quella una copia, perché l interpolazione rela-
tiva ad avvenimenti seguiti nel secolo XVI, essendo dello
stesso carattere della Cronaca, non poté esser fatta dall' au-
tore, morto nel 1450, ma vi fu introdotta da altri, che
l'opera di lui continuarono, ampliarono e corressero (1).
Ma dal passo sopra riferito risulta pure, che la Cronaca
interrotta all anno 1450 per la morte di Antonio, fu conti-
nuata da Pietro Angelo di Giovanni, e perció é d'uopo con-
cludere: 1.° Che più furono gli autori della Cronaca ; 2.» Che
essi in gran parte narrarono fatti ai loro tempi avvenuti,
e di cui furono testimoni; e quanto ciò aggiunga pregio al
nostro manoscritto lasciamo che giudichi l'erudito lettore.
Quanto poi all’ essersi valso l autore di questa cronaca,
detta del Graziani, del lavoro d' Antonio Veghi (2) più
sono le considerazioni da fare. A tutta prima sembrerebbe
che Antonio de' Veghi fosse lo stesso Antonio de’ Guarneglie,
imperocché entrambi nacquero da un Andrea de Ser Agnelo
«di Porta S. Agnelo, né molto rileverebbe, che ora fosse detto
de’ Veghi e ora de' Guarneglie. E questa opinione parrebbe con-

(1) Abbiamo voluto fare ricerca degli autori della Cronaca nei Reg. degli Off-
ciali, per verificare, se avessero rivestito qualche carica della Repubblica. Ma l'unico
riscontro trovato in quei preziosi documenti (vol. VIII, cart. 36 ter.) riguarda l'autore,
che condusse la Cronaca fino al 1450, e che al 15 giugno 1497 fu eletto Camerario;
« Antonius. Andreae de P. S. Angeli; camerarius Artis Cappellarum feminarum lini ».
Lo stesso ufficio di Camerario ebbe nel 1447 (Vol. IX, c. 37 ter.).

(2) Vedi questa Cronaca nel vol. II delle Cronache della città di Perugia, edite
da A. Fabretti, 1888. CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 67

fortata dal fatto, che lo stesso Fabretti ebbe a notare che la
cronaca del Veghi era stata mutilata, anzi compendiata da
uno sconosciuto amanuense, e che raffrontando alcune parti del
diario del Veghi colla cronaca attribuita al Graziani, questa
non si distingueva da quella che per una maggiore amplia-
zione del racconto. Nulla di strano adunque, che il vero au-
tore della cronaca detta. del. Graziani possa essere Anto-
nio de" Veghi o de’ Guarneglie, e che un oscuro amanuense
l abbia compendiata, per modo che se ne abbiano esem-
plari diversi, quale piü esteso e quale mutilato e ristretto.
E perciò non al Veghi dovrebbe attribuirsi il Diario edito
dal Fabretti, ma ad uno sconosciuto raffazzonatore dell’ o-
pera del Veghi o Guarneglie, che sarebbero una persona
sola. Pur tuttavia, per molti riscontri, potrebbe anco rite-
nersi, che la cronaca del Guarneglie sia stata compendiata
dallo stesso Antonio de’ Veghi, e che puramente acciden-
tale sia la rassomiglianza dei nomi. E ben vero, che il Veghi
all'anno 1440 nota un fatto, ove parla di sé medesimo, circa il
prestito di fiorini 2b che gli venne attribuito dal Bando della
Repubblica e cosi si esprime: — « Adi 16 detto mandarono li
bollettini a chi era posta l’ imprestanza in quantità ; et a me
Antonio d’ Andrea di Ser Angelo di Porta S. Angelo de’ Veghi
mi fu imposto fiorini 25 e li pagai adì 17, ecc. » —. Ma l’aver
egli scritto queste parole nel Diario deve indurci a credere
ch'egli fosse l'autore della Cronaca? Mai più. Infatti il nostro
Codice, non compendiato, così narra il fatto: — « Et adi 16 de
giugnio mandaro le schritarelle a chi era imposta la prestanza,
con la quantità, e pagavase a boline 40 fiorino, li quali se
deponevano al banco de Agnielo de Pavoluccio e Ranaldo de
Mansueto e compagnie, pero che erano depositarie del Comuno,
e questi denari se coglievano per dare al Capitano Nicolò.

La Audientia deli ditti 10 era nel palazzo dei Signori Priori.

nela Camera del Cambio » —. Questo si legge tanto nel mano-
scritto nostro che in quello della Comunale, senza che vi si

trovi menzione della prestanza imposta a Antonio de’ Veghi,

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68 . O. SCALVANTI

che quindi apparisce essere un’ interpolazione del compen-
diatore, posta fra le parole « Adì 16 mandaro le schritarelle
a chi era imposta, la prestanza con la quantità » e le altre « e si
deponevano al banco, ecc. ». Ora se la Cronaca nostra fosse
stata opera del Veghi o Guarneglie, e il compendio opera di
un amanuense, come spiegare, che nell esemplare compen-
diato si trovi la menzione del prestito assegnato al Veghi,
mentre nell’ esemplare zo» compendiato quella notizia non
cè? E come ve l'avrebbe inserita l'amanuense, con quella
forma che abbiamo sopra riferito? Adunque essa può giudi-
carsi un’ annotazione dello stesso Veghi, mentre stava com-
pendiando la Cronaca del Guarneglie.

sembra poi difficile che sia del Veghi tutto il sunto
della Cronaca fino 1491, perchè se al 1440 egli era stato
imposto per la prestanza da darsi al Comune, come mai
circa 60 anni dopo era ancora in grado di compendiare la
cronistoria della sua città? j

Come ben vede il lettore, più sono le ipotesi che si pos-
sono mettere innanzi per il raffronto fra il nome dei due
Cronisti e la qualità delle opere loro; e ci auguriamo di poter
trovare documenti, i quali servano a condurci allo scopri-
mento della verità attraverso le congetture più probabili,
che abbiamo fatto. i

Concludendo, non pare possa ammettersi che il Veghi
e il Guarneglie sieno una persona sola, ma piuttosto che il
Veghi sia stato un compendiatore del Guarneglie.

Per quali motivi poi il manoscritto della Comunale, dopo
la lunga interruzione di 37 anni, abbia il seguito del rac-
conto, quale trovasi nel manoscritto nostro, per ora non sap-
piamo dire, perché, a quanto abbiam visto, non ci sono
presso quel tempo indicazioni atte a farceli comprendere.
Ma chi sa, che più accurate investigazioni non ci guidino
alla scoperta di questo fatto, che è forse dovuto alla, circo-
“stanza, che un nuovo autore succedette a Pietro Angelo
nella compilazione della Cronaca. CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 69

Pertanto noi cercheremmo invano nel principio della
Cronaca di Pietro Angelo quella accuratezza, di che diede
prova Antonio in specie nella narrazione dei fatti svoltisi
a’ tempi suoi. Infatti, mentre nel tratto dal 1309 al 1424 vi
sono interruzioni dovute forse alla mancanza delle Fonti e
alla scarsità di notizie, da quell' epoca al 1442 il racconto
si fa più spedito, e dal 1442 al 1450 si può dire che nes-
sun avvenimento vi sia tralasciato, e la narrazione assume
la forma propria di chi parla di cose vedute e che lo inte-
ressarono ben davvicino. Or, quando Pietro Angelo si accin-
ge a continuare l opera di Antonio, nel principio del suo
lavoro si nota quella incertezza, quell inesperienza di. chi
non è adusato a quel genere di comporre. I fatti più salienti
di Perugia vi sono accennati, ma non vi si fa motto, ad es.
nel 1450, dell’ assedio di Milano, né della Cappella in quel
tempo edificata in onore di 5$. Bernardino da Siena nella
Chiesa di S. Lorenzo, né della pace tra Alfonso e i fiorentini,
né del trattato scoperto in Città di Castello a favore di Sigi-
smondo Malatesta, né dei sospettinati in Assisi circa il pro-
posito di Nicolo V di portar seco a Roma il corpo di S. Fran-
cesco, avvenimenti tutti, che non sarebbero sfuggiti al Cro- -
nista Antonio. Ma a poco a poco e cioè col 1453 la narra
zione comincia a farsi più ordinata, senza interruzioni di
sorta e con un calore di. verità e un’ efficacia dà agguagliare
il pregio del tratto di Cronaca anteriore.

Ed ora, come spiegare l'indicazione dell anno 1454 con-
tenuta nella narrazione di Antonio sotto l'anno 1450, quando in
quest'anno egli venne a morte; e l’ altra indicazione del 1541,
che si trova nel ràcconto del Cronista sotto l anno 1427 (1)?
Anzitutto. osserviamo che non è lecito dubitare della ve-
rità del brano inserito nella Cronaca, e che. ci dà il nome
degli autori colla più scrupolosa precisione. In secondo
luogo, è ben facile ammettere, che queste cronistorie, che

(1) Vedi Cronaca a stampa, pag. 623 e 324.
10 O. SCALVANTI

venivano avidamente cercate e con tanta cura ricopiate
in più esemplari, passassero per le mani di uomini amanti
de’ fasti della loro patria, delle loro glorie cittadine, delle
arti, e va dicendo; ed è da credere, senz’ altro, che nel ri-
leggerle vi aggiungessero la menzione di fatti avvenuti dopo
il tempo, nel quale furono scritte. Del resto il numero stesso
dei richiami ad epoche posteriori è troppo esiguo per potere
essere attribuiti agli autori della Cronaca, i quali, se fossero
vissuti oltre i tempi, di cui ci hanno dato il racconto, avreb-
bero avuto occasione più frequente a tali richiami (1).

Resta che diciamo alcun che del metodo da noi tenuto
nel riprodurre il prezioso ms. Le antiche scritture, secondo
noi, debbono essere fedelmente riprodotte; nessuna licenza,
nessuna correzione può essere menata buona, non solo per-
ché all’ opera di correggere o sostituire o indovinare diffi-
cilmente si possono assegnare dei limiti, ma anco perchè in
queste prose dei secoli XIV e XV è interessante per gli
studiosi della lingua verificare la evoluzioue subita dall’ ita-
lico idioma. E se non andiamo errati, il Codice che ora si
pubblica, pone in luce qualche modo di transizione nell’ uso
della nostra lingua, per ciò che si riferisce alla etimologia,
alla giacitura dei periodi e al conio di frasi di notevole ef-
ficacia. Per queste ragioni ci parve di dovere essere serupolosi
all'estremo, e lasciare il ms. qual’ è, anche là dove l'evidenza
avrebbe consigliato qualche opportuna correzione, che il leg-
gitore potrà fare da sè.

Rispetto alle Note diremo una sola parola. Gli eruditi di
storia perugina troveranno, che spesso abbiamo creduto di ri-
cordare date e fatti assai conosciuti, e che'si potevano passare
sotto silenzio. Ma ci è sembrato, che essendo la stampa della Cro-

(1) Queste aggiunte occorrono spesso nelle Cronache. Ad és. nel ms. nostro,
all’11 luglio del 1470 si trova, che Gentiluomo degli Arcipreti inserisce nella Cronaca
una. notizia che lo riguarda: « Io Gentiluomo de mia propria mano schrisse questo
ricordo ». CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 11

naca destinata anco agli studiosi dell’ istoria generale d' Italia,
fosse per tornare utile qualche raffronto colle opere storiche e
coi documenti del ricchissimo Archivio di Perugia. E del pari
ci sembrò opportuno tener conto delle molte Bolle e Brevi
pontifici relativi al tratto di storia dal 1450 al 1460, ancor-
ché talvolta riferentisi a fatti non accennati dal Cronista.
Per tal modo le Note possono completare il testo dando no-
tizia di avvenimenti, che lo scrittore ignorò o volle tacere.

Le lacune, che il manoscritto può colmare sono mol-
tissime (1), ma la più importante, come abbiamo notato più
sopra, è quella, che va dal 1450 al 1487. Se non che il corso
degli avvenimenti storici prestandosi ad una partizione di
questa materia, ci è parso conveniente intraprendere la
stampa del periodo dal 1450 al 1460, coll’ intento di prose
guire la pubblicazione delle altre parti, facendole precedere
da qualche considerazione utile alla piena intelligenza del testo.

Perugia, gennaio 1898.
Prof. OscAR SCALVANTI.

(1) Vedi il nostro scritto : Sul ritrovamento di un Cod. di Cronaca perug. Boll.
di Storia patria per V Umbria, a. 1896. Dei mss. di questa Cronaca noti al Vermi-
glioli (Bibliografia storico perugina, 1823, 4o, pag. 106) oltre quello della Comunale,
trovato a Torgiano, vi era quello già custodito dai Minori osservanti nell'Abbazia del
Monte, poi divenuto proprietà del prof. Luigi Bartoli, e che ora, secondo l'opinione
nostra, è quello stesso indicato dal Narducci nel Catalogo della Libreria del Principe
Boncompagni (Roma, 1892, n.0 342). Infatti anche questo Codice presenta, fra le altre
le medesime lacune del manoscritto della Comunale, dal 1398 al 1424, e dal 26 luglio
1450 al 5 agosto 1487, e termina col 1491.

Samon.

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O. SCALVANTI

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Cronaca di Pietro Angelo di Giovanni (0

1450 — Adi 26 de luglio (2) mori Cola de Restoro che la mat-
tina stette ala messa a S. Lorenzzo e la sera ale 22 ore fo sepelito-
Anco morse Pier Giovagnie de Bartolomeo de Mateo de Puccio.

A questi di de agosto mori el figliolo de Severe de Fran-
cesco de m. Bartolo fratello de Alfano quale era abate de S. Polo.

Anco a questi di morì Alfano e Severe suo fratello, li quali
erano mercatanti. E anco mori de molla gente che non ne fo
mentione, tutte de peste.

Anco a questi di de agosto morì niodo de Andrea de
Ser Agnielo de P. S. Agnielo dai Guarneglie dela paroffia de
S. Donato. El quale Antonio è quello che à fatto le preditte Re-
cordanzze. Et cosi per sua mano apare lo originale de le quale
questa. è la copia, la quale copia copió Gostantino de Ser Gua-
sparre de Niccolo de Lero di P. Borgnie e paroffia S. Agnielo. Et
essendo venuta in mano de Vincenzo Tranquilli dela ditta Porta
e paroffia lo (3) copiata. La quale materia seguitò poi Pietro
Aernielosde-Giovaehie (b) 45d. rom LORI IA

Adi 19 de xbre in Sabeto a sera fo in R oma al finire del
Giubileo nel Ponte de San Pietro si gran stretta e furia de gente,
le quale erono andate al perdone de ditto giubileo, che cie moriro.
circa 400 persone cioié sene afogaro nel ponte circa 270 e el resto
cascaro nel Tevere, e se non fosse che il Castelano de Castel
S. Agnielo lassò cadere la saracinesca cie sarebbono morte le

(1) L’IIl. sig. Dott. Carlo Angelini-Paroli dichiara di riservarsi la proprietà let-
teraria della presente Cronaca, talché ne resta vietata qualunque riproduzione.

(2) Le parole in corsivo son quelle, che si trovano nel Ms. della Comunale pub-
blicato nell’ Archivio St. ital, tomo XVI, e di cui è parola nella nostra Prefazione.
Fino all'anno 1453 ai 10 agosto tutti i Cronisti di Perugia hanno una lacuna, talché
lo stesso Fabretti non poté in verun modo supplire alla deficienza del Ms.

(3) Lo per ? ho copiata.

(4) Per le notizie sui nomi degli Autori della Cronaca vedi la nostra Prefazione.

(5) La narrazione é interrotta fino al decembre 1450; e il Copista vi ha lasciato
un breve spazio in bianco. CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 73,

migliaia dele persone. Ciè moriro 7 bestie tra muli e cavalli e
dela nostra città cie moriro alchuni e anco» del contado, fra li
quali cie morì Polione de Nicolo de Golino de P. Soli e dona
Vanna sua moglie e donna Isabetta sua figlia e uno suo fante il
quale era da Ripa, la qual donna Vanna era figlia di Agnielo de
Appio (1).

In questi anno el più à valuto el grano scudi 25 in 30 la mina,
e l'orso scudi 22 '/,, la spelta scudi 15 in 18, e l'olio libre 80 el

mezolimo;-elvyvino-Ibre/8715 voto ra II A DUE
1451— . . . X OEC RET Ue UIN i a et

Adi ullimo de marzzo Chucco de m. Pulidoro dei Baglione
delle de le molte bastonate al Riccio de: Giapeco da Coromano li
sul ponte de San Giagne, e feceli una, ferita in sul capo, per la
qual cosa ne fo fallo conseglio, e Mons. cie mandó el Cavaliere
con tutta la fameglia, e anco cie mandò 3 deli Capitani del Con-
tado, uno fo Pietro Pavolo di Ser Francesco ditto. Squartera de
P. Soli, e Alberto del Gentilomo ditto Scotafinochio, Porta Borgnie,

(1) II PELLINI (Hist., II, 13) narra questo fatto luttuoso, del quale ci hanno
lasciato memoria il Rainaldo negli Acnali Ecclesiastici, Cristoforo da Soldo nelle
Istorie bresciane (MURATORI, R. I. S., tomo XXI), l’Infessura nel Diario, parte 2a,
e altri scrittori. Per alcuni dei quali é incerto il giorno di tale infortunio. Ma il no-
stro Cronista ponendolo al 19 dicembre, viene a rafforzare quanto si trova scritto nel-
l'Infessura e nella Cronaca di Rimini (MURATORI, R.I. S., tomo XV). La causa del
disastro fu il terrore e lo scompiglio, da cui venne presa la folla pel fuggire di una
mula. Dopo il primo giubileo del 1300, tenuto da Papa Bonifacio VIII, non si era vista
in Roma tanta moltitudine di fedeli, malgrado che la pestilenza. infierisse in Italia.
In questo anno era pontefice Nicolò V, ossia Tommaso da Sarzana, vescovo di
Bologna, che papa Eugenio IV aveva creato cardinale nel 1416. Fu eletto pontefice
nel 6 marzo 1447, e di lui narrano gli storici, che sebbene di oscuri natali, era —
« virtute, doctrina, comitate, gratia, liberalitate, magnificentia tanto pontificatu di-
gnus, licet ipse adeo modestus erat, ut tanto magistratu se indignum arbitraretur ;
rogaveritque cardinales omnes supplex etiam, ut ecclesiae Dei maturius consulerent.
Verum Tarentino cardinali eum adhorante, ne cursum Sancti Spiritus impediret, col-
lum tanto oneri subiecit » (PLATINA, De vitis pontif. pag. 232).

(2) Lacuna del Ms. Fra i fatti notabili dei primi del 1451, e che vennero omessi
dal nostro Cronista, al pari che dagli altri storici, fu la nomina a Podestà perugino
di Ghino di Manente dei Buondelmonte di Firenze, per opera di Niccolò V, con Breve
31 gennaio (Arch. Com., Cass.a XII, Doc. n. 183).
qi ies ©. 0. SCALVANTI

e andarci una parte deli scudiere de Monsi: e gionte che furo

andaro a dosso al ditto Chucco per pigliarlo, onde che Baldassarre
figliolo del ditto Cucco corse al romore a cavallo e arrestò una
giannetta (1) e gionse al cotozzo (2) a uno de li ditti scudieri e
passó nella faccia, e subito mori, in ultimo fo preso el ditto
Cucco, e fu menato in Perogia in giuppone (8) legato con le
mano derieto come se fosse stato un ladro, e in capo de pochi
di el ditto Chucco fo lassato (4). i

A questi di de luglio fo arpreso (5) Reschie (6) dove cie foro
prese dentro 7 persone, e foro menale in Perogia prigione a pe-
titione de Mons. infra li quali fo preso Mariotto da Montone
Conestavole de fanti del Conte Carlo di Braccio deli Fortebracci
da Montone.

Et de lì a pochi dì fo fatto un conseglio nel quale fo deter-
minalo che se scarcasse e] ditto Reschio e cosi Mons. cie mandó
li nostre (7) e fo scarcata la torre e parechie pasa (8) de muro (9).

A di 24 de luglio fo tratto fuore lo stendardo del Podestà
per volere mozzare el capo al ditto Mariotto da Montone e sonan-
dosi la canpana dela Giustizia cadde el martello dela ditta can-
pana. E poi letta che fo la condanagione fo. determinato che li
fosse tagliata la testa a piede dele scale del palazzo del Podestà (10)

(1) Giannetta crediamo fosse un' arme in forma di lancia.

(3) Cotozzo è vocabolo tuttavia usato nel contado perugino per indicare la parte
posteriore del collo.

; (3) Giuppone abito, che si faceva forse indossare ai condannati.

(4) Nessun cenno di questo fatto nel Pellini e nelle Cronache della città.

(5) Arpreso per ripreso. Noto già il Polidori nella Cronaca detta del Graziani,
che ar ne’ composti, invece di ri, è scambio, non che frequente, caratteristico di molti
fra i vernacoli umbro-piceni.

i (6) Reschie feudo con titolo di marchesato nel confine del territorio ‘perugino.
posseduto poi dal Marchese Bichi Ruspoli di Siena (MARIOTTI, Mem. Stor.). Nel 1202
Reschie si sottomise a Perugia (Vedi PELLINI, vol. I, pagg. 224, 225 e 1312, vol. II,
pag. 5, 12, 21 e 571).

(7) Li nostre per nostri armati.

; (8 Paso si usa anch'oggi, nel contado, per palmo o passo misura della lun-
‘ghezza di 25 centimetri (Vedi FumI, Stat. di Chianc., Orvieto 1874 e DU CANGE).

(9) Nel Pellini é qualehe menzione di questo fatto, più ampiamente narrato dal

"Cronista.

(10) Vedremo a suo luogo, che le esecuzioni capitali d'ordinario venivano fatte

«a S. Manno. In questo, come in altri casi, però avendosi il sospetto di un colpo di

mano tendente alla liberazione dei condannati, si fece l'esecuzione in città. Il Croni- AIA,

CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 15
perché: mentre che fo letta la condenagione la corte se acorse che
il ditto Mariotto facea un gran guardare in là e in qua ale gente
e dice che cie era stato dato ad intendere che esso saria stato
artolto, per questa cagione subito che fo letta la condenagione fo
posto el ceppo, e volendolo fare inginocchiare per fare ponere el

capo nel ceppo, sopragionse li M. Giovagnie de Petrucci de

Monte Sperello decendo, state salde e. non facete. E subito le
gente comenzaro a trare li sassi al Cavaliere e ali birri, e li cie

‘era quasi tutta Perogia a vedere. Infine li cavalieri foro renca-

stelate (1) nel palazzo, e fra gli gli altri cie fo Nello di Pandolfo
al quale glie fo tratta una gran pietra per una fenestra dal Cava-
liere. El quale avea nome Francesco da Fiorenzza, ma non lo
colse che li ditte a piè deli piej, e in questo sopregionsero de
molti gentilomeni e fecero rebassare el romore (2) e alora vene
giù Mons. in sino li dal pozzo‘ de piazza e andava come un cane
arabbiato tanto sbaffava (sic) dalla stizza, e esso con alchuni deli
nostri gentilomeni determinaro che il ditto Mariotto fosse inpic-
cato ala loggia del Sig. Braecio padre del.Conte Carlo, e questo
fo fra le 13 e 14 ore, e cosi fo de nupvo tratto lo stendardo, e
Mariotto fo menato in su la loggia preditta, e Mons. con questi
nostri gentilomeni staveno giù abasso, per far fare in derieto le
brigate. In ultimo a Mariotto li fo messo el capresto ala gola e

alta[ca]rlo a uno de quelli ferri dove se mettono li stendardi - li

scontro ala fonte alato al griffone. El ditto: Mariotto inanzze che
fosse legato volse che li fosse tratta la calza ala divisa, cioiè la

calza manca quale era biancha e cilestra, che era la divisa Brac-

sta lo indica chiaramente, là dove dice, che fu stimato di eseguir la condanna a pié
delle scale del Podestà, perché gli esecutori si accorsero, che il condannato Mariotto
guardava in là e in quà e dice, che cie era stato dato ad intendere che esso saria

-stato artolto, ossia liberato. Il Pellini pure così narra il fatto: « Il Governatore, che

era molto ‘rigoroso e severo, havendo dato ordine al Podestà, che era il conte Fran-

:cesco Soderini da Fiorenza, d'animo anch'egli generoso e virile, che quanto la giu-

stizia comportasse, facesse, et egli havendo il detto Mariotto nel pubblico pergamo
della piazza condannato alla morte, dato segno della giustizia con lo stendardo, volle
perché v'era grandissimo popolo concorso, che non ai twuogo solito gli si tagliasse la
testa, ma a piedi le scale del palazzo suo, ma mentre le cose si preparavano, Mariotto,
che si vedeva già condannato et s'era persuaso, ecc. ».

(1) Rencastetare usato spesso nelle scritture del tempo e anche anteriori per
rinchiudere.

(2) Rebassare el romore, per calmare il tumulto.

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76 O. SCALVANTI

cescha, e poi fo legato e datogli la spenta, e fra le grandi spente
che (e) lo capestro era sotile se stroncò e Mariotto cadde de sotto,
e subito fo levato su e portato a S. Lorenzzo, che ancora avia
buon polso e visse circa 1 ora e mezza. Li gentilomeni che fecero
rebassare el romore e che stetteno con Mons. quando Mariotto
fo buttato da la loggia forno queste, prima M. Giovagnie de Pe-
truccio da Montesperello dottore, Baldassarre de Cherubino deli
Armanni, Guido di Carlo de li Oddi, Pietro de Giovagnie de
m. Chrispolti, Pietro Pavolo de Mansueto. Mons. nostro governa-
tore si era m. Pietro da Venetia Arcivescovo di Brescia e era
uno terribile omo, e stava qua a petitione di Papa Nicola V (1).
Di poi sapendo tal nuova el Conte. Carlo dice che lo ebbe
molto a sdegnio e recosselo per una grande ingiuria.
Adi primo de settembre entraro in Uffitio li Mag. Sig. Priore,
cioié quali (2)
Cinello de Alfano mercatante.
Guasparre dei Ranieri de Giordano, detto el Bagiano —
P. Sogli.
Bonifatio de m. Ibo. mercatante.

^

Giapecho de Christofano ditto de Stornello — Porta S. Agnielo.
Mascio de Nicolo ditto de Scarafone canbiadore. ,
Pietro de mastro Marco — Porta Susane. . . . . . (3).

(1) Questo Pietro Veneziano Vescovo di Brescia, che il Cronista qualifica per
terribile omo, entró Governatore a Perugia nel maggio 1451, e succedette all'arcive-
scovo di Ravenna. Ebbe nome Pietro del Monte, e assai si distinse nel Concilio di
Basilea; fu autore di molte opere, ebbe varie e importanti cariche, e mori in Roma
nel 1457 (Conf. UGHELLI).

(2 Quali: deve leggersi i quali sono.

(3) Il Cronista non ci ha indicato i nomi dei Priori per la porta Eburnea e non ne
ha indicato che uno per la porta S. Pietro. Noi li riferiamo togliendoli dal Regis. Offit.,
vol.IX, del nostro Archivio Comunale. Ivi si legge, che nel 21 agosto 1451 fu. con-
vocato il pubblico egenerale Consiglio nel palazzo del Podestà, che era il conte Fran-
cesco Soderini di Firenze, e si elessero a Priori: Cinellus Alfani mercator,: Guaspar
Ranerij pro arte taberne — P. Soli — Bonifatius Dni Ivonis mercator, Jacobus Stor-
nelli pro arte macelli — P. S. A. — Mascius Nicolai Campsorum, Perus mag. Marci
pro arte capellarum — P. S. Susane — Felice Falonis pro arte spetiarorum, Johan-
nes Francisci pro arte sellariorum — P. Borgnie; Johannes. Bartholomei pro arte
Miniatorum, Johannes Petri pro arte pannorum veterum — e in luogo di lui: (substi-.

tutus) Petrus Paulus filius Johannis "suprascripti. La qual sostituzione fu fatta dai
Camerari nello stesso giorno 21agosto 1451. Segue la nomina di Ser Ilarius Ser Cal-
futii P. Solis notarius, Julianus Thàmassinus dicte portis nuntius e di Johannes
JacoUi dicto U Abbate Portinarius. È
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CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. TI

Giovagnie de Bartolomeo di Ciabacca — Porta S. Pietro.

Ser Lario de Calfuccio de P. Soli notario.

Et entrati che foro in Uffitio li dicti Sig. Priore ordinaro un
Conseglio, dove cie chiamaro tutti li cettadini per ragionare per

‘interesso (1) de arfare (2) el Sacco, e comenzaro a essere in di-

ferenzza infra le Porte. In ultimo se concordaro e asettaro ogni
diferenzza a tale che ogni persona remase contenta.

Adi 9 de settembre for chiamati li Camorlenghe dali Priori
per arfare el ditto Sacco, e venece Mon. nostro governatore. E
li camorlenghi radunandosi tutti nel palazzo dei Priore come è
consueto, e disse la messa Mons. in capella, e li comenzaro a
meltere li partiti per eleggere, e vencieri (3) li buoni omeni ad
arfare el ditto Sacco, li quali boni omeni son questi de sotto (4);

P. Soli — Gostantino de Ruggere de Ranieri, per la Mer-
cantia, Marcho da Coromano per li Calzolari (5), Antonio de To-
masso banbachaio per li fornari, Giapecho de Mateo de Tomasso
de Teo per li cartolari (6).

P. S. Agnielo — Pavolo de Lodovico de Felippo de Pellino
per la Mercantia, Batiste de Menechuccio del fornaio per li pet-
tenari.

(1) Per interesso avverbialmente, nel senso di per cagione, si trova spesso usato
in questa Cronaca. (Vedi anco la Cronaca a stampa. Arch. Stor. ital., tomo XVI,
pag. 333 e nota di Polidori). :

(2) Arfare per rifare (Vedi nota 5, pag. 64).

(3) Vencieri. Cosi nel ms., ma deve leggersi venciere per vincere a partito.

(4) Sul modo di eleggere questi venti cittadini, che dovevano provvedere a rifare
le borse degli uffiziali decretò il Governatore assai saviamente. Egli yolle che i Priori,
chiamati i Camerlenghi di ciascuna porta distintamente, dovessero « eleggere quattro
uomini d'arte, e uno per contrada di quella. porta con voti segreti, e come essi di-
cono, a fave bianche e negre, ciascuno da per sé passato e vinto; e che cinque ne
fossero dell'arte della mercantia e due dell'arte del cambio, intendendo, che de’ cine
que della mercantia ve ne fossero per ciascuna porta; gli altri XIII potevano eleg-
gersi indifferentemente di tutte le altre arti e delle grosse e delle minute, così dette
da loro, che si fossero, purché nessuna di esse più d'uno se ne avesse, e vi fu. ag-
giunto, che se per avventura gli elettori di detti quattro huomini per ciascuna porta,
non fossero stati concordi in eleggerli, fosse loro lecito in quel caso di metterli etian-
dio a partito tutti quattro in una volta, e in un sol partito, e per questo modo fu
messo in,prova, per questo sacco, e fu con molta satisfattione di tutte le parti, che
insino allhora discordato havevano, approvato » (PELLINI, Op. cit. II, 13).

(9) Marco di Filippo di Giacopo de* Caromani.

(6) Il Pellini scrive: Giacomo di Tomaso di Teo per à lanari.
Egna O. SCALVANTI

Baldassarre de Cherubinò deli Armanni per lo canbio.

Viviano de . . . . . (1) per li Tentore o coltrari.

P. Susane — M. Grigorio de m. Rugiere de Anlignolle per
la Mercantia. i

Sinibaldo de Pietro da Ramazzano per li Tavernieri.

Gulino deli Oddi per lo canbio (2).

Marcho de Matarazzo per li banbacari (3).

Porta S. Pietro — Antonio de Apennino (4) per la Mercantia.

Pietro de Pirro de Pavolo de Pietro per li Merciari (5).

Benedetto de Piero de Ser. Cino per li spetiali.

Anlonio de Nofrio per li bastari e fornari (6).

Porta Borgnie — Aberto (7) dela Gentilina ditto Scotafinochio
per la Mercantia.

Pietro de m. Mateo . . .'. (8) matarazzari.

Giapecho de Menecho di Vannuccio detto la Ghogha, bovat-
tiere (9).

Mariotto . . : . . . (10) da Monte Sperelli.

Adi 14 de settembre vene la nuova qui a Perogia, come Sforzza
de Malatesta dei Baglione era morto a Fiorentino sotto Roma de
febre (11) e. —

Adi 16 ditto fo recato il corpo suo .a Perogia, el quale era

giovene di elà circa 25 anni, e vener con il dello corpo a acon-
pagnarlo parecchie omeni d'arme e molte persone dela città li
andaro incontro per fino a Monte di Corno sempre piangendo
e corottando e per la via venivono le centinaia delle persone, in-
contro e fo posto il corpo suo in S. Pietro, e la sera ale 24 ore
fo portato a S. Francesco dove cie andó quasi tutto el popolo di
Perogia per acompagniarlo tutti sempre piangendo e corottando

(1) Viviano de Simone di Lando.

(2) Golino di Filippo di Carlo.

:(3) Il Pellini scrive: per li barbieri.

(4) Antonio d'Appennino de’ Petrozzi.

(5) Pino di Pietro di Paolo.di Pietro.

6) Bastari per fabbricanti di basti, bardature, ecc.

7) Nell'istoria del Pellini è indicato: Alberto di Gwiccione di Contucciolo.
8) Pietro di m. Matteo di m: Antonio.

‘ (9) Pellini ha Giacomo di Menino di Vannutio.

(10) Mariano di Costanzo da Montesperelli per i battilana.
(11) Conf. PELLINI, Op. cit., II, 13.

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TRITATI CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. ii dI,

da S. Pietro fino a S. Francesco, e molte done stavono ale fe-
nestre, pure piangendo e gridando, é molle persone for. cacciate
fore de S. Francesco, le quale non se volevono partire, e non se
podevono satiare de piangere. Dipoi fo fatto uno onorevole esequio,

‘e poi fo sepelito el ditto corpo.

A questi dì de settembre venero qui in Perogia lo Amba-
sciatore del Re de Ragona (1) e lo Ambasciatore dei Venetiani (2),

(1) Ragona per Aragona scrive anche il Machiavelli (Zstorie, lib. VI).

(2) Il Pellini mostra di credere che gli ambasciatori di Venezia e dell’ Aragonese si
fermassero in Perugia unicamente per attendere il salvacondotto dai fiorentini, i quali,
come narra il Cronista, lo concedettero solo ai messi del Re di Aragona. Ma la dimora
per 15 giorni di quegli ambasciatori in Perugia ebbe ben altro motivo. Non bisogna di-
menticare infatti, che in questo stesso anno 1451 di marzo, i veneziani, deliberati a
combattere lo Sforza, avevano fatto lega con Alfonso, coi senesi, col Duca di Savoia,
col Marchese di Monferrato e coi Signori di Correggio. Per stabilire la qual lega, vi
fu scambio di molte ambascerie, fra cui notevole quella di Ser Triadano Gritti per
Venezia presso il Re di Napoli (Conf. SANUTO, Ist. Ven., tomo XXII, R. I. S., CRI-
STOFORO DA SOLDO, Hist. bresc., tomo XXI, cod. MURATORI, ÀZ74li).Ora dal marzo al
maggio questa alleanza fu tenuta segreta, ma poi fu, come scrive il Sanuto, gubbli-
cata con grandi feste. Era naturale che l' Aragonese e i veneziani, principali della
lega contro il Duca di Milano, cercassero di attirare a sé le città piü potenti o di ot-
tenere almeno che fossero neutrali nell'aspra guerra che stava per incominciare; e
tanto più simili premure dovevano esser fatte presso la Repubblica perugina, di cui
si conosceva l'alleanza coi fiorentini, contro i quali stavano per volgersi le armi
della lega veneta. Per comprendere poi il rifiuto del salvacondotto per parte dei
fiorentini e del loro Gonfaloniere Nicolo Soderini, bisogna rammentare, che tra essi
e il Duca di Milano era una lega diretta a difendersi dai veneziani alleati di Re AI-
fonso. Cosimo dei Medici tentò più volte persuadere ai veneziani, che male operavano
schierandosi contro il Duca di Milano. Ma agl'intendimenti pacifici di Cosimo, Ve-
nezia rispose estendendo le sue alleanze, e cacciando i fiorentini dal suo imperio ;
nella qual misura odiosa furono seguiti da Re Alfonso. Narra infatti il Sanuto, che
«a di primo di giugno (1451) fu preso di cacciare da questa città nostra e dalle
altre nostre terre e luoghi tutti i fiorentini sì laici come preti e frati, eccetto que'che
hanno privilegio di starvi. E questo fu fatto, perché i detti fiorentini aiutavano, non
solum come collegati, ma etiam con denari il duca Francesco. E in questo giorno
fu pubblicata la detta deliberazione, la quale etiam medesimamente fece il Re Al-
fonso nel suo regno. E diedero loro termine di giorni 10 a partirsi, aliter fossero
ritenuti nell'avere e nella persona » (MuRATORI, R. I. S., tomo XXII). I fiorentini,
vedendo prossima la guerra, spedirono ambasciatori in tutte le città più importanti,
dove contavano amici; e Alfonso cercò intanto, per l'opinione di alcuni storici, sca-
gionarsi di aver cacciato i fiorentini; offrendosi di voler dare il salvacondotto a chi
glie lo domandasse. E poiché Firenze ostinavasi a ritenere ingiusta la guerra, che
! veneziani volevano fare contro il duca di Milano, la Repubblica veneta e Alfonso
pensarono di inviare ambasciatori a Firenze per dare sul proposito ampie giustifica-
zioni, « Ma, scrive il Machiavelli, l'Ambasciatore dei veneziani non fu voluto in-
tromettere nel dominio fiorentino, e non volendo quello del Re solo far quell’ ufficio,
So 7*0. SCALVANTI

quali stier qui circa 15 dì, e mandaro a Fiorenzza per il salvo
condotto, dove non lo volseno fare, se non per lo Ambasciatore
del Re de Ragona.

A adì 6 de decembre (1) se partiro li ditti Ambasciatori da
Perogia li quali ciaschuno de esse retornò in suo paese.

Adì 11 de decembre fo uciso Agnielo de Melchiorre dei Barse

da Tadeo de Marianello dei Ranieri, e uciselo denanti. ala. porta
dei Priore, che li delte una coltelata nella gola a tradimento; se
disse che fo perchè poco tempo [fa] (2) un nepote del ditto
Agnielo avea amazzato Raniere fratello de ditto Tadeo e fo quello
che fo con Rustecho da Monte Melino ad amazzare Vigie de Appio
come inanle decemmo (3).

restò quella legazione imperfetta, e i veneziani per questo conobbero essere stimati
meno da quelli fiorentini, che non molti mesi innanzi avevano stimato poco » (Isto-
rie, lib. VI). Pertanto l'avere accordato il salvacondotto all'ambasciatore del Re
Alfonso, e lo averlo negato ai veneziani da che deve ripetersi? Tanto il Re napoletano
che la Repubblica avevano esercitato una violenza sui. fiorentini residenti nei loro
Stati, e dovevano quindi essere colpiti dal medesimo sdegno. Ma anzitutto Firenze
riteneva, che della guerra imminente avessero la maggiore responsabilità i veneziani;
in secondo, luogo il Re aveva in qualche maniera fatto ammenda del proprio fallo
offrendo il salvacondotto ai fiorentini, e perciò questi non potevono negarlo all'am-
basciatore di lui; in terzo luogo isogna aver presente che nel 29 giugno 1450 era
stata conclusa la pace tra Alfonso e la repubblica di Firenze, per opera de' due am-
basciatori Francesco Sacchetti e Giannozzo Pandolfini (AMMIRATO, Istorie, lib. XX,
pag. 610. SISMONDI, Storia ecc., cap. LXXIV). Finalmente, è un fatto che tra veneziani e
fiorentini era una grande rivalità, talché l'Ammirato nel libro XXII delle Istorie
scrive: « De’ veneziani si scoperse tuttavia essere acerbo e mortale lodio verso i fio-

‘ rentini ». Notiamo che gli ambasciatori, che dovevano da Perugia recarsi a Firenze
erano, per il Re Alfonso, Cecco Antonio, e per la Repubblica veneta, Zaccaria Tri-
vigiani (AMMIRATO, Zst.. lib. cit.).

(1) Qui parmi intervenuto un errore del Cronista, perché mentre dice che ghi
ambasciatori di Venezia e dell’ Aragonese vennero in Perugia in settembre (e ciò è
confermato anche dal Pellini, Hist., lib. XIII, P. II), e vi si trattennero quindici
giorni, aggiunge che partirono al 6 di dicembre. Ora dove può essere l'errore? Non
nello spazio di tempo, che gli ambasciatori restarono in Perugia, perché non è pos-
sibile vi dimorassero dal settembre al dicembre. È probabile dunque, che l'errore
stia nella data, in cui partirono per ritornare ne’ loro Stati, forse il di 6 ottobre, an-
ziché dicembre.
(2) La parola mal si legge nel ms. e perciò l'abbiamo chiusa tra parentesi.
(3) I fatti, a cui si riferisce il Cronista, son tre e ben distinti. Nel 13 gennaio
1450, Rustico del Saracino di Monte Melino, e Ranieri Marianello dei Ranieri, ucci-
sero Vigie d'Appio « per una fraude de gabella: cioè uno lavoratore de Ranaldo de
Rusteco, zio del ditto Rusteco, avea. tratto contra bando certo grano, al dicto lavo-
ratore; per questo Vige d'Appio e li compagni, che era soprastante della gabella
CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 81

Nel predetto anno el grano al più valse scudi 25 in 80 la
mina, l'orso scudi 20 in 25 la mina, la spelta scudi 15, l'olio
libre 5 el mezolirio, el vino libre 7 la soma.

Adi ultimi di genajo entró in Fiorenzza lo Imp. . . . . . (1)

grossa, feceno pigliare el ditto lavoratore de Ranaldo; per questo vennero in parola
‘el dicto Ranaldo e Rusteco con lo ditto Vigie, dove li ce se imbattette el dicto Ra-
niere, quale era nimico del dicto Vigie; in fine glie dettero parecchie coltellate, e
fo reportato el ditto Vigie a casa sua, dove subito mori ». Questo fatto (Vedi Cronaca
a stampa, Arch. stor. ital., vol. XVI, pagg. 622 e 623) é ricordato dal Cronista solo per
dirci, che quel Ranieri di Taddeo di Marinello, presente all’ uccisione narrata nel
dicembre 1451, era quello stesso, che aveva preso parte alla strage di Vigie d'Appio
nel 1450, ma non parmi abbia questo fatto alcuna colleganza cogli altri. In seguito
uno di casa Barzi, che il Cronista ci dice essere un nipote di Angiolo di Melchiorre,
uccise in Urbino Ranieri di Taddeo di Marinello dei Ranieri (Conf. Cronaca cit.,
pag. 623), ma non é precisata l’ epoca. Per questo fatto Taddeo dei Ranieri volle ven-
dicare il fratello o il figlio (perché il Cronista ci avverte che Ranieri era di Taddeo)
-ueciso ad Urbino, assalendo lo zio dell’ uccisore in Perugia nel di 11 dicembre 1451.

(1 Lacuna del ms. ove deve leggersi il nome dell’ Imperatore Federigo III,
della Casa di Hasburgo o prima Casa d' Austria, succeduto ad Alberto II Re, nel 1440.
Egli venne in Italia nella data indicata dal Cronista per ricevervi la corona imperiale,
conducendo seco Ladislao, suo nipote, eletto Re di Ungheria, col nome (secondo ci
narra lo Specchio d’onore di Casa d' Austria) di Ladislao postumo, e che era a quel
tempo nella età di anni 12. Si recò a Roma anche Eleonora figlia di Odoardo, Re di
Portogallo, e nepote del Re Alfonso, per unirsi in matrimonio con Federico III.
(Vedi, sul viaggio dell’ Imperatore, SANUTO, Ist. ven. — Cronica di Ferrara, R. I. S.,
tomo XXIV, Cronica di Bologna, tomo XVIII, cod. — S. ANTONINO, Hist., P. III Tit. 22,
INFESSURA, Diario, P. II. — ENEA SILVIO PIGCOLOMINI, Hist. Austr., lib. IV. — MURATORI,
Ann. — TRONCI, Cronache pisane, a. 1452. — LANCHMANN DE FALCKENSTEIN. Hist., de-
sponsationis et coronat. Frider, III etc., tomo IT, pag. 567, 602. — PEZEL, Script. Rerum
Austr., tomo II, pag. 561, 589. — NERI DI GINO CAPPONI, Commentari — Spiegel der Ehren
des Erzhauses Oesterreich. Buch V, c. n, pag. 476. — AMMIRATO, Istorie, lib. XXII, etc.).
È notevole, che Papa Nicolò V, per quanto sapesse che Federico III veniva in Italia
per aver la corona imperiale, e incontrarvi la propria moglie, pure si impensierì
grandemente, e il Platina ci narra, che il Papa « quod venturum ad urbem Frede-
ricum imperatorem intellexerat, tum ut coronam imperii acciperet, tum ut Leonoram
regis Lusitaniae filiam, Alphonsi neptem in uxorem duceret, portas urbis ac turres,
Japitolium, arcem sancti Angeli, muris firmissimis munire coepit, veritus credo, ne,
adventante imperatore, novi aliquid, et ab eo et «a. populo romano oriretur; erat
enim natura formidolosus ». In verità non si può passare al grave istorico quella
parola formidolosus, perocchè è bene ricordare che alla morte di Eugenio IV (a. 1447)
Stefano Porcari volle persuadere ai Romani di rivendicare i loro privilegi, e nel 1450
rinnovò i suoi tentativi per una restaurazione del poter popolare in Roma, onde poi
la congiura del 1453. (INFESSURA, Diario. MACHIAVELLI, Istor., lib. VI. BAPT. ALBERT,
De coniurat. Porcaria). Nulla di più facile, che, per l'ingresso di Federigo III in
Roma, potessero aversi delle novità per parte degli Sciarra e del Porcari confinato
a Bologna dallo stesso Nicolò V (Cron. di Bologna, R. I. S., tomo XVIII. MANETTI,
Vita Nicolai V, P. II eod. tomo III).

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- 82 O. SCALVANTI

con circa 8000 persone, al quale fero li fiorentini grande onore,
e stette in Fiorenzza 7 dì sempre a spese deli fiorentini, e andava
per incoronarse a Roma. Pica

Adì primo de febraio gionse nel porto Pisano la Imperatrice
e poi partì de lì e andò verso Siena con molta gente (1).

Adì 6 ditto lo imperatore parti da Fiorenzza, e andò anco esso

verso Siena con molti suoi baroni.

Adi 28 ditto lo Inperatore parti da Siena per andare verso

Roma, se disse che avea seco circa 2000 persone.

A questi di de febraio vene un Breve dal Papa qui al nostro
Comuno come se dovessero mandare a Sua Santità li. Ambascia-
tori, onde che per questa cagione foro eletti li ditti Ambasciatori.
E adì primo de marzzo cavalcaro verso Roma, li quali son questi:

Gostantino de Rugiero dei Raniere P. Soli.

Baldassarre de Cherubino deli Armane. P. S. A.

Pandolfo de Nello dei Baglione. P. S. P.

Et ebbero dal Comuno cavalli 30 cioiè 10 per ciascuno (2).

A questi dì gionse lo imperatore a Viterbo, al quale dalà

Viterbesi fo fatto grandissimo onore, e de l’altro dì cie gionse la
Imperatrice con 1500 cavalli, la quale fo recevuta similmente con
grande onore secondo la qualità dela terra con suoni e balli fa-
cendo gran feste per la sua venuta.

“Adi 6 de marzzo se partì lo Imperatore e la Inperatrice da
Viterbo e cavalcaro inante verso Roma, li quali entraro in Roma
con grande magnificenzza e foro receuti con grandissimo onore e
smontaro a S. Pietro l’uno e l’altra. Così fu gran trionfo, che
non se poderia dire.

| Anco adi 6 de marzzo vene in Perogia el Marchese de Por-
tugallo con 150 cavalli e con molti cavalieri tutti ben guarniti e
la persona sua aloggiò in P. S. Pietro a l’ostaria de Antonio de
Ser Giovagnie arbergadore dal Guanto, e la mattina seguente
andò a S. Lorenzzo ala messa quale fece dire da uno suo capelano.

; (1) V. FUMI e LISINI: L’ incontro di Federigo III imp. con Eleonora. di Porto-
gallo, ecc. in Siena, Siena, tip. Lazzeri, 1878, con la riproduzione dell'affresco del Pin-
turicchio nella libreria del Duomo di Siena e molti documenti inediti.

(3) Premeva al Pontefice, che all’ arrivo di Federigo III e di Eleonora, non
mancassero nella sua Corte gli ambasciatori di Perugia, creati poi cavalieri. Notisi
però, che il Cronista al dl 10 marzo non nomina che tre soli ambasciatori, mentre
dalla stessa Cronaca del di 21 di quel mese, resulta che furono 4,

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CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. . 83

Dipoi la sera li fo fatto questo presente dal nostro Comuno:

8 torchie de cera, 4 torte marzapane, 12 scatole de confetti,
12 fiaschi de vino, e 12 sacca de biada.

Et esso con molti rengratiamente recevette el dilto presente.

E adi 8 del dilto se partì e andò verso Roma (1).

Adì 19 de marzzo fo incoronato lo Inperatore in San Pietro de
Roma el dì che si fa la festa dela Rosa, e foglie data la Rosa (2),
e le fo fatta grandissima festa e gran trionfo a tale che non se
podiria dire nè acontare, e il ditto Imperatore a nome Gismondo (3)
quale fo incoronato da Papa Nicola (4). -

E a questi (5) lo ditto Imperatore sposò la donna sua quale
è figliola del Re de Portugallo per mano del Papa dela qual cosa

ne fo fatta grandissima festa. Et el Papa fece la dispensa che se

(1) Il Marchese di Valenza, nipote del Re di Portogallo, recavasi a Roma per
assistere alle nozze della principessa Eleonora con Federico III.

(2) La festa della rosa d'oro fu istituita da papa Gregorio, primo di tal nome.
Ce lo attesta Onorio III, quando ci dice che l’istitutore di questa cerimonia ebbe
nella Chiesa il titolo di Beato. È però grave la disputa non solo sulla origine ma
anco sul significato di quella festa. Di solito la rosa d’oro, benedetta: dal Papa
nella quarta domenica di Quaresima nella Camera dei Paramenti, si offre in do-
nativo sacro a Chiese, Cattedrali, Sovrani, Sovrane e va dicendo. Dapprima i Papi
la portavano in S. Croce in Gerusalemme per donarla ai soli prefetti di Roma. Ca-
listo III ne donò una a Carlo VII di Francia, spedendogliela con una lettera, nella
quale dice « non muneris aestimanda est quantitas, sed altioris significationis. qua-
litas interpretanda (RAvNALDUS, Ann. Eccl., 1457). Era un pegno dell’affetto del Pon-
tefice « Accipe, dice Calisto, pignum et monumentum nostri amoris -». In Perugia
Bonifacio IX nel 1393 la regalò ad Astorre da Bagnacavallo, e Pio II nel 1459 al Se-
nato di Siena, (Conf. Monowr, Diz. di erudizione ecc., vol. LIX, e CARTARI, Della
rosa d'oro pontificia, Roma, 1681) come più tardi fece anche Alessandro VII.

(3) Il Cronista è caduto nel grossolano errore di attribuire a Federico III di
IIasburgo il nome di Gismondo o Sigismondo di Luxemburgo, mentre questo. impe-
ratore regnò dal 1411 al 1437; ma tale errore si spiega, perché non molto tempo prima,
e cioé nel 1433, l’imperatore Sigismondo venne in Italia, e visitò anche Perugia, che
lo accolse con grandissime onoranze. (Vedi Cronaca a stampa, pag. 370 e segg.).

(4 Quanto alla data dell' incoronazione il Cronista non si accorda cogli storici
più noti. Il Platina, dopo avere, con esattezza, posto l'ingresso di Federico III in
Roma nel 9 marzo 1452, tace la data del matrimonio, dicendo solo che ebbe luogo
sequentibus diebus. Ma da Enea Silvio Piccolomini, segretario di Federico, sappiamo
che nel 15 marzo Nicolò V procedette alla incoronazione del principe tedesco come
Re di Lombardia, e nello stesso giorno fece gli sponsali tra lui ed Eleonora; e non
nel 19, come vuole il Cronista, ma.nel 18 ebbe luogo la consacrazione a Imperatore
(AENEAS SYLVIUS, Hist. Aus'v., lib. IV, RAYNALDUS, Op. cit. PLATINA, De vitis pontif.
SISMONDI, Storia ecc., capo XXIV).

(5) Il Cronista non nota il giorno, che fu il. 15 marzo.

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-84 È O. SCALVANTI

podesseno adunare insieme, benche se disse che se erano adunati:
.prima (1). i

A dì 21 de marzzo for fatti Cavalieri 2 deli nostri Ambascia-
‘tori, cioiè Baldassarre de Cherubino deli Armanni e M. Pandolfo.

de Nello dei Baglione, cavalieri.

Et insieme con essi cie fo fatto Cavaliere m. Galiotto de
Nello dei Baglione, l’altro ambasciatore se disse che non volse
essere e questo fo Gostantino de Rugiere dei Raniere, e poi re-

"tornaro li ditti Ambasciatori a Perogia.

. Adi 22 de marzzo fo venduto el canpione de la carne del
Comuno a Galiotto de Lello de m. Nicolo dei Baglione con patto
che le carne se vendono a questi pregie (2):

El castrone soldi 14 la libbra.

La vitella soldi 12.

El porco soldi 12.

El camerone soldi 9.

L’aino soldi 6 (3).

Adî 2 de maggio venne nuova qui in Perogia come el Sig. Fede-
rigo Conte de-Urbino era uscito in canpo con molta gente contro
il Sig. Gismondo da Rimine. E a questi dì de maggio venne
nuova come el ditto Conte da Vrbino era andato con tutte le sue
gente a Fano perché cie aveva un trattato dentro, e gionte che
furo quella notte subito le furo aperte doi porte, e una parte de
quella gente entraro per una porta, e parte per l’altra, e gionte
che furo in piazza non se conosciendo l’un l’altro, ebbero sospetto,
e così tutte 2 se diero engfugga e tutte usciro fuora de Fano, e
quelli dela terra dettero a l'arme e cosi recuperoro la terra. E

(1) Di ciò scrive il Platina: — « Pontifex in Sancto Petro missam celebravit, bene-
dixitque imperatori et imperatrici, ut in nuptiis fieri consuevit, antequam sponsus
cum nova nupta coeat » — (Op. cit., pag. 2306). È duopo ricordare che Federico sposò
Eleonora per procura, inviando ambasciatori in Portogallo, tra i quali fu quel Nicolò
Lanchmann, che lasciò un diario interessantissimo del viaggio della imperatrice.

(2) Sulla vendita del campione delle carni dovremo parlare in appresso.

(3) Camerone parmi derivi da camarro, voce usata ‘anche oggidì nel contado
per significare bue vecchio. L' aino è corruzione di agno, agnello. È da notare come
fosse assai elevato il prezzo delle carni.

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‘ SERRATO IAN SLITTA

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CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 85

ordine (1).
Adi 13 de maggio el nostro Comuno mandó li Ambasciatori
à Roma per cagione de 4 dottori, quali erano stati cassi del col-

legio, perchè se andaro a conventare a Pisa e a leggere canonica. ‘

Cie andó per Ambasciatore Galiotto de Lello de m. Nicolo de
m. Lello dei Baglione, e li dottori son questi, cioié M. Marco de
Areslano de la Sograna de P. S. P. M., Bartolomeo de Schiatto
de P. Susane, e M. Giapeco de Tancio de Ser Felippo de P. S. A.
e M. Felice Antonio de Ludovico de P. S. Pietro (2).

A quesli di de giugno vene nova come Don Ferrante figlio
del Re de Ragona, se era partito da Napoli con molte migliaja
de persone a cavallo e a piè, e che venia su contro li fiorentini (3).

(1) Il Pellini accenna anch'egli al trattato pel quale doveva la città di Fano
darsi al Duca Federigo di Urbino (Op. cit., II, 13).

(2 Marco dí Ercolano, insegnante di ragion civile, riceveva il soldo dal Ca-
marlingo apostolico. Questo giurista nel 1451, e cioé l'anno prima aveva ricevuto un
notabile incarico, di eui parla il Pellini: « Essendo venute lettere dagli officiali del-
Farte della mercantia di Fiorenza a'Priori nostri, che secondo i loro ordini dovendo
condurre un Giudice sopra quell'arte, che fosse, et di dottrina et di pratica valoroso,
et essendo parimente astretti per legge a dover ricorrere in quei luoghi, che have-
vano fama d'essere abbondanti d' huomini periti nelle leggi, et sapendo quant' abhon-
danza nella città di Perugia ne fosse, erano a loro ricorsi, affinchè da tutti quelli,
che al governo della città concorrevano, s'avesse a fare elettione d' un Dottore, che
all'una et all'altra città rendesse honore, et a? mercante Fiorentini giustitia ed equità.

. Il Magistrato fattovi sopra i debiti consigli, vi elesse M. Marco di Herculano della

famiglia degli. Herculani, che al maggio seguente vi andò » (II, 13. pag. 599). Barto-

lommeo di Giovanni di Schiatto e Jacopo di Tancio leggevano pure giurisprudenza

civile nel 1444, e Felice Antonio di Lodovico de Elemosinis, altro professore, mori

nel 1457, e in una nota marginale alla matricola dei legisti dottori si legge: die

17 Augusti laqueo se suspendit. II Bini crede, che egli fosse della famiglia Vincioli,

nella cui prosapia trovasi il nome di Elemosina. Tutti e quattro i dottori ricordati

dal Cronista nel 1451 erano stzti chiamati, insieme ad altri, dai Priori a prestare,

il giuramento, che non avrebbero divertito alcuna causa civile dal Tribunale, in cui

essa, secondo la forma degli Statuti, doveva agitarsi. Pare infatti, che per ren-

dersi grati e aderire alla volontà degli Auditori dei Governatori, i legisti portassero.
le cause dinanzi a loro, invece di trattarle nei tribunali cittadini. (Conf. PELLINI, II,

pagg. 593 e 594). Ij probabile che quei quattro dottori sdegnati di tale provvedi-

mento, determinassero di allontanarsi da Perugia. Il Magistrato del resto teneva.
moltissimo alla integrità della sua giurisdizione, e ne abbiamo prova nelle lunghe

trattative passate tra la Repubblica e Pio II, come in seguito vedremo.

(3) Era appena ritornato in Austria l Imperatore Federigo III, che la Repub-
blica veneta dichiarava le guerra al Duca Francesco Sforza. L' Ammirato scrive, che
lll giugno il Re Alfonso la intimava ai fioventini. E in ciò concorda pienamente il

le gente del Sig. de Urbino la perdettero per aver dato male:

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dn IS

86 O. SCALVANTI

Adì primo de luglio vene in Perogia al nostro Comuno lo
Ambasciatore deli fiorentini (1) con 12 cavalli per intendere e
sapere si li perugini voglieno uscire dela lega per la venuta de
Don Ferrante, overo non. Per questa cagione for fatti li 10 delo
Arbitrio, aciò essi avesseno a respondere ala proposta del ditto
Ambasciatore de fiorentini, e per provedere a quello bisogniasse
per lo Comuno, venseno li Camorlenge fiorini 1500, acciò li X

‘possano spendere per le occorenze e abisognie dela cità (2).

Adì 3 de luglio fo bandito per la città che ogni persona se
reducesse ale fortezze, con tutta la robba e biada del contado
perché dovea passare Don Ferrante del Re de Ragona co' molte.
gente a cavallo e a piè.

Adi 5 de luglio venne nuova come Don Ferrante era nel
piano de S. Giemere con 8000 persone a cavallo e a piè, che
andava contro li fiorentini. 2

Adi 10 de luglio vene nuova come Don Ferrante era gionto
a Pantalla in quel de Tode, e gionto che fo li mandó el suo can-
celiere qui in Perogia al nostro Comune, -per sapere si esso po-
deva avere vituvaria, peroché. lui volea passare. Al quale fo
resposlo de non (3).

E adi 12 ditto el Campo del ditto Don Ferrante se parti da
Pantalla e vene fra Casalina e Col de Pepo e li a Marsciano
acanto al Tevere e fecero grandissimo danno per tutto el paese.

Cronista, che pone appunto nel luglio 1452.le prime mosse di Don Ferrante, cui Al-
fonso dava il comando delle sue genti sotto l'alta direzione del Duca Federigo di
Urbino.

(1 Fu Matteo di Marco Palmiro.

(2) Gravi momenti eran quelli, e per quanto Perugia volesse tener fede ai fio-
rentini, pure deliberò maturamente sul da farsi. Elesse quindi i X dell’ Arbitrio, che
diedero prova di sinzolare coraggio in tutte le trattative e nei provvedimenti adottati
in questa difficile congiuntura. Ci duole non poter dare i nomi di questi dieci valen-
tuomini, perché non li abbiamo trovati né negli Annali Decem. né nel Registro degli
Officiali, : s
(3) Tutto questo viagzio del Duca di Calabria per le terre dell’ Umbria, prima di
recarsi all'assedio di Foiano, é narrato dal nostro Cronista con una abbondanza di
particolari, che non si trova negli storici italiani e nemmeno nel Pellini. Resulta in-
tanto, che non fu solo il Duca di Rentella inviato da Ferrante a Perugia per aver
vettovaglie; ché alcuni giorni prima vi era stato un cavaliere per consimile oggetto.
‘Tornate vane le sue richieste, il Duca di Calabria inviò il Rentella. con 200 uomini

‘.d’arme, per fare degli acquisti; ma il Magistrato, per consiglio dei X, rinnovò il ri-

fiuto, e fece un bando per proibire a chicchesia di vendere al Duca armi e vettovaglie.
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ORTI

CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 87

Adi 13 detto in giovedì venne.in Perogia el Duca de Ran-
tella con molti Sig. quale venia dal campo con circa 200 cavalli,
e volea comperare molte cose. Alo quale fo ditto che non li se
podea dare nè vendere niente, se non quello che essi volesseno
per mangiare, perochè era stato fatto un bando, che niuna persona
non li dovesse dare, nè vendere nissuna vitovaglia nè arme da
‘offendere nè da difendere sotto la pena de 100 fiorini e X tratti de
corda, sicchè intendendo questo se ne partiro molto . malcontenti.

Adi 14 ditto cavalcaro le ditte gente a Papiano, cioiè circa
4000 persone a cavallo e a piè, e predaro tulli il bestiame e il
biado, che essi trovaro, che non cie remase niente, ma- non fero
pregione.

Adi 15 ditto se levaro le ditte gente da Papiano, e venero al
Pianello, e venero giù per fino al piano de Bettona, e. corseno
con li cavalli per fino ale Palazze de Campagnia, ma non tolsero
senon un cavallo e una cavalla.

A questi di de luglio vene giù el Conte Federigo Sig. de
Urbino, con circa 1400 cavalli, e pusese a Sigillo, dove cie fece
«gran danno.

Adi 16 de luglio in Domenecha gionse in canpo di Don Fer-
rante el Conte Federigo preditto, cioiè fra Casalina e Marsciano (1)
e come fo gionto li Don Ferrante, glie dette el Bastone, e fecelo
Capitan Generale di tutta la gente del Re de Ragona. E fo fatto
un bando nel Campo per parte del ditto Sig. de Vrbino, che ogni
persona se lenisse de pane per 3 dì, e che ciaschuno fosse in
ordine con le sue arme e cavalli.

A questi di de luglio el Comuno nostro de Perogia per so-
spetto dele ditte gente soldaro Capitani e fanti e mandarli ali
Castelli, cioiè a Marsciano, a: Cerqueto, a Panicale, Paciano e a
molti altri luoghi a fiorini 2 el mese per fante.

Adì 17 detti se levò el campo, e posese fra Monticiello e Ca-
‘sliglion Fosco, e li se stetteno per tulto quel paese; e se provaro
de voler pigliare Monte Petriolo, ma ce avvero poco onore (2).

(1) Il Pellini dice — a Marsciano — senz'altro.

(2) Anco di questa fallita impresa di Monte Petriolo nessun cenno è nelle altre
Cronache e Storie della città, Il Cronista poi e il Pellini non ricordano un'ambasceria,
che fu inviata al Comune perugino da Francesco Foscari, Doge di Venezia, forse per-

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88 i ‘0, SCALVANTI

A questi dì se levò da canpo el ditto Don Ferrante con tutte

le sue gente, e passò per lo Chiuscie, e passò apresso a Panicale,
dove cie erano fatti (1) condutti dali nostri, e passò via el ditto.
canpo e andaro a Cortona e a Rezzo (2) e accanparse a Fojano.

A questi dì de agosto se partì da Perogia lo: Ambasciatore:
de li fiorentini e se retornaro verso Fiorenzia con la risposta del
nostro Comuno, decendo che la legha abbia da seguire fra Pe-
rogine e fiorentini, e li detti Ambasciatori aconciaro con li fio-
rentini Carlo de Guido deli Oddi con 100 lancie (3).

Adi 2 de settembre vene la nuova come Don Ferrante avea”

auto Fojano a patto (4).

Adi 9 ditto se parli el campo da Fojano dove lassò la guardia
e andò a un'altra terra deli fiorenlini, e in capo de pochi di cor-
seno li ditti cavalli fino a Fiorenzza dove predaro e fecero gran
danno (5).

Adi 21 de ottobre fo comenzato a murare el fondamento dela

ché la Repubbllca non voleva si pubblicassero i rapporti che aveva o cercava di sta-

bilire colle varie città, in quei difficili momenti. Il diploma inedito é del 20 luglio 1452,.

e in esso il Doge notifica, che manda in questa città Giovanni Gonnella segretario
della Repubblica per trattare alcuni affari, e perciò prega gli si dia ogni fede (Arch.
Com., Cass. XII, n. 184). ;

(1) Cie erano fatti per vi erano stati condotti.

(2) Rezzo per Arezzo.

(3) L'ambasciatore fiorentino riportava in patria l'ambita risposta del Magistrato:
di Perugia, dopo aver visto, coi propri occhi, in qual modo i perugini tenevano ri-
gorosamente ai patti.

(4) Cosi narra il Machiavelli l impresa di Foiano: « Era il castello debole, di mura
piccole, e perciò non pieno di molti uomini, ma secondo quelli tempi erano reputati
feroci e fedeli, Erano in quello dugento soldati mandati dalla Signoria per guardia
di esso. A questo cosi munito castello Fernando si accampò, e fu. tanta o la gran
virtù di quelli di dentro o la poca sua, che non prima che dopo trentasei giorni se ne
insignori » (storie, lib. VI). Intanto l’eroica resistenza di Foiano diede modo alla Re-
. pubblica di raccogliere l'esercito sotto gli ordini di Sigismondo Malatesta. Due ville
poi della famiglia Ricasoli, Broglio e Cacchiano, che erano alcun poco fortificate, fe-
.cero ancor piü stupenda difesa, perché il nemico non poté impadronirsene.'

(5) Il Cronista non dice in quali parti del dominio fiorentino si dirigesse 1° eser-
cito napoletano, ma abbiamo dagli storici, che esso si recò nel Chianti, e pose assedio
a Castellina ove stette 44 giorni senza poter soggiogarla. Le pioggie di autunno lo
astrinsero a levar quell’assedio il 5 novembre (AMM. Storie, lib. XXII, pag. 75. NERI
CAPPONI, Com., PoGGIO BRACCIOLINI, Hist. Flor., lib. VII, pag. 428, SISMONDI, op. cit.,
cap. LXXIV).
CRONACA PERUOINA INEDITA, ECC. 89

casa de l’arte del Cambio per farcie l’audientia, quale sta a lato
al palazzo deli Sig. Priori (1).

In questo anno el grano valse al più scudi 35 e 30 la mina,
l'orso scudi 25, la spelta scudi 16, el vino libre 7 la soma, l'olio
libre 5 el mezolino (2).

1453 — Questi dì passati vene la nuova di Lombardia come el
Signor Alexandro (3) andò per soccorrere Lode dove che cie stava
a canpo el Conte Carlo de’ Braccio, dela qual cosa el Conte -Carlo
ne ebbe aviso e subito se mise in ordine con le sue gente, e
andolli incontro, e così li roppe e guadagnò circa 800 cavalli e tutto.
el carriaggio (4).

(1) Il Siepi si trova in contraddizione col nostro Cronista, perché, mentre questi
pone il principio della edificazione della Sala al 1452, l'altro scrive, che in quest'anno
fu terminata. Ma il Cronista ha perfettamente ragione. Infatti fin-dal 1428 fu mandato
al Papa Martino V Francesco Coppoli (PELLINI, II, 12) per ottenere da lui facoltà di
edificare la Sala del Cambio nella Chiesa parrocchiale di S. Giovanni del Mercato, di-
pendente dalla Badia di Val di Ponte. Il Papa acconsentì, ma, sorta disputa. coll’ a--
bate, dal quale la Chiesa dipendeva, i lavori non poterono essere iniziati che nel
21 ottobre 1452, come narra il Cronista. Questo scrisse il Marchesi (Il Cambio di Pe-
rugia, 1854) e fu con nuovi documenti confermato da Adamo Rossi (Storia artist. del
Cambio di Perugia nel Giornale di erudizione, ecc , vol. III, fasc. 1, 1874), il quale
dimostra, che la volta fu costruita nell’anno appresso, 1453, come si trova inciso a
cifre arabiche nel peduccio sopra il ritratto del Perugino; che i conci da mettersi
in opera alla porta, alla finestra e alla ghirlanda si apparecchiarono nel 1454 da Bar-
tolommeo di Mattiolo e Lodovico di Antonibo, i più abili maestri di pietra che a quei
di fiorissero in Perugia; che nel gennaio 1457 il notaro dell’ Arte del Cambio si tra-
sferì nella nuova sede: che gli abbellimenti della porta si fecero nel febbraio del 1483,.
e il tribunale da alzarsi presso la porta nel 1490 e ne' primi del 1491, per opera del
fiorentino Domenico del Tasso: e che nel 1493 vi si allogò la statua della Giustizia e
il banco attorno alla sala. Quanto ai meravigliosi dipinti, mentre il Siepi narra che-
furono eseguiti dal Perugino tra il 1500 e il 1507, Adamo Rossi dimostra, e con docu-
menti di qualche valore, che furono incominciati nel 1499 e finiti ne’ primi mesi del
1500, conforme T' impegno che si era assunto il grande artefice.

(2) Anche qui il Cronista non parla di una nuova ambasceria della Repubblica
veneta a Perugia, la quale ebbe luogo nel novembre del 1452. Si rileva ciò dalla lettera
inedita di Francesco Foscari, in data 19 di quel mese, e che contiene soltanto il nome
dell'ambaseiatore, Giovanni Mauro, e la indicazione — che egli deve trattare alcuni
affari colla città di Perugia, e deve perciò essergli accordata piena fede (Arch. Com.,
Cass. XII, n. 185) —. È a deplorare, che i Cronisti non abbiano saputo niente di queste
ambascerie, le quali si svolgevano con tale segretezza, che, per lo più, nulla ne re-
sulta nemmeno dagli Annali Decemvirali.

(3) Alessandro Sforza fratello del Duca di Milano.

(4) La nuova di questo fatto giunse in Perugia negli ultimi del 1452, o ne' primi
dell'anno successivo, e ciò reca assai meraviglia, perché tale avvenimento ebbe luogo
90 = - ‘0. SCALVANTI

A dì 17 de aprile vene nova in Perogia come el mag. Gen-
tile. Capitano de la Signoria de Venetia era morto de un verre-
tone quale li dette denanti nela spalla, e questo Gentile era
gienero de Braccio de Baglione, cioiè marito de la Braccescha
figliola del ditto Braccio (1).

A. questi dì de aprile el nostro Comuno mandó ambasciatori
alli fiorentini, ciè andò el nobile omo Mariotto de’ Nicolo de’
Baglione.

A dì 2 de giugno vene la nuova come el Granturco avesse preso
Constantinopoli, se disse che ne era stalo cagione un genovese (2).

A questi di el Generale de S. Francesco cioè M. Agnielo
del Toscano nostro perugino apresentò al nostro Comuno una
onghia del griffone, la quale disse che le l'aveva donata el re
de Francia.

A di 20 de Agosto. mori el detto generale al quale (3) fo

fatto grandissimo onore, dove cie andaro tutti li religiosi de Pe-.

nel 25 o 26 luglio 1452 (Conf. CRISTOFORO DA SOLDO, Ist. bresc. R. I. S., tomo XXI).
Il conte Carlo da Montone era stato inviato dai veneziani con 2000 cavalli per danneg-
giare il Lodigiano. Udito ciò, il duca di Milano vi spedì A lessandro Sforza; signore di
Pesaro, con buon nerbo di armati. Ma Carlo lo mise in rotta. Anche altri storici
parlano delle perdite, che il Duca ebbe in quello scontro, ma si limitano ad accen-
nare quella degli 890 cavalli, mentre il Cronista ci dice, che la nuova giunta in Pe-
rugia recava, avere il Duca perduto tutto il bagaglio. Del resto fu probabilmente per
l’occasione di questo fatto, che la Repubblica veneta, volendo inviare un ambascia-
tore a Siena, lo incaricò anche di trattare alcuni affari in Perugia, come si rileva dal
diploma inedito del Doge Foscari del 22 febbraio 1453, nel quale annunzia la nomina

e la venuta dell'ambasciatore Francesco Contarini dottore veneziano (Arch. Com., <

‘Cass. XII, n. 186).
(1) Narra anche lo storico Pellini la morte di Gentile, ma non ne precisa il

giorno. Egli morì sotto Manerbe il 15 aprile, mentre era condottiero dei veneziani nel-

l'impresa, che la Repubblica volle fare contro alcuni castelli di Lombardia.

(2) Il Cronista si riferisce al fatto del Giustiniani, che ferito all'assedio di Costan-
tinopoli, volse in fuga, di che rampognato dall'Imperatore, gli diede la nota risposta
— che egli sarebbe scampato per quella stessa via, che Dio aveva aperto ai Turchi —
e con ciò accennava alla breccia per la quale salvossi. La maggior parte degli ausi-
liari, seguito l'esempio del genovese, si sbandò indebolendo la difesa nel punto, in cui
più si facevano minacciosi gli assalti. Anche questa circostanza riferita laconicamente
«dal Cronista non é affatto ricordata dal Pellini (Conf. GIBBON, Storia della Decad.,
ecc. tomo IV, cap. 17). : :

(3) La Cronaca del Veghi ha solo questo ricordo — Adi 20 de agosto morì el ditto
generale. e fw sepelito a, S. Francesco. Del resto é questa l'unica notizia, che la Cro-
naca sopra citata rechi per l'anno 1453.
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‘CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. DE

. rogia, e tutti li Camorlenghi con tutti liarfeti, e fo sepelito a S. Fran-

cesco.

A di 23 di agosto vene la nuova como el canpo de’ fiorentini
avia arpreso Fojano e lo miseno a sacco mano (1).

A quesli di passali for fatti cerli confinati quale un altra
volta foro confinati a questi anni passali, e ebbono gratia de
retornare e son Raspanti;

Nicoló e Agnielo de Giovannello de' Buontempi dei Bontempi.

Golino de Cieccolo del Mezza.

Agnielo de’ . + + (2) e Diemante de’ Agnielo de la Chic-
chera merciajo.

A questi di de settembre se disse che Ridolfo de Malatesta
dei Baglione avea tolto donna, quale è figliola de Semonetto
conduttiere dei fiorentini, omo de gran fama; se disse che li dava
in dote 33,000 fiorini d'oro, e dava al ditto Rodolfo 50 lancie,
se disse che avea trattato el ditto parentado Gentile dala Sala da
Orvieto. : :

A questi di passali, come dissi de sopra, li fiorentine repi-
gliaro Fojano per forzza, e for presi tutti quelli soldati che cie
avevan lassati ala guardia Don Ferrante quando esso partì da
Fojano, e cosi fo sachegiato ogni cosa, e presi e robbati tutti e
a caso fo messo fuoco in una casa nela quale cie era monitione
de polvere da bonbarda, de modo, che se arse la magior parle

(1) Il Pellini non tocca di questo fatto, che fu pure uno dei più importanti dell'an-
no 1453. Le armi regie di Alfonso, guidate da Federigo di Urbino, avendo amici i Senesi,
nel 1452, come vedemmo alla nota (pag. 88, n. 4), occuparono Fojano, cacciandone il
presidio di soli dugento soldati. A questa ed altre perdite volle la Repubblica riparare
nel successivo anno, e venuto in soccorso di lei Alessandro Sforza, fratello del Duca
di Milano, con 2000 cavalli, i fiorentini recuperarono Fojano. Il Cronista ci dice, che

‘quella terra fu messa a saccomanno, ed è la verità; solo alcuni storici, fra i quali il

Machiavelli (Zstorie, lib. VI) ci narrano, essere il saccheggio avvenuto per colpa dei
commissari « tanto che dispersi gli abitatori con difficoltà ci tornarono ad abitare ».
E ciò era conforme al vero, perché il Cronista più innanzi ci narra, che Fojano venne
presso che distrutta.

(2) Lacuna del Ms., perché ignoto al Cronista l’intero nome del confinato, che fu
— Angiolo di Magiwolo. — Il Pellini riferisce altro nome, che non s' incontra nella Cro-
naca, quello dei /igliuoli di M. Giovanni di Francesco di Tinolo di Portasole. Ricorda
poi Diamante d'Angelo di Porta S. Angelo, senza darci le altre indicazioni, che si
leggono nel Cronista.

d M re ie asa
92 O. SCALVANTI

dela terra, sì chè non ce remaseno se non certe caselle, e così
for fornite de disfare.

A questi dì morì la Braccescha figlia de Braccio Baglione.

A di 25 de novembre fo uciso Bartolomeo de Giapeco de
Sciro de Porta Susane, li da casa de Gregorio de Ser Nofrio; lo
ucise Ghiberto de Bartolomeo de Andrea de Mascio de P. S. P.
e Tiseo de Severe de Francesco de messer Bartolo, detto de
Alfano, de porta Susane. La cagione e il perché se tace per lo
meglio (1).

Nel preditto anno el grano al più valse soldi 35 in 40 la
mina, l'orso 20 in 30, la spelta soldi 17 in 20, l'olio libre 5, el
vino libre 6. El minor prezzo del grano fo soldi 25, l’orso soldi 17,
la spelta 10, l'olio libre 4 el vino libre 4 soma.

1454 — A di ultimo de genajo in giovedi mori el Nobile
‘Mariotto. de Nicolò de Galiotto dei Baglione de pontura (2) e
lassò per testamento, che ala morte sua lo vestisseno da frate de
San Francesco. Fo sepelito in S. Francesco. Et de la morte sua
ne fo grandissimo dano ala ciltà, peroch'era un sapulo omo e
molto amato da ogni persona (3).

(1) Di questa uccisione di Bartolommeo degli Sciri non parla altro storico pe-
rugino, nemmeno l’accuratissimo Pellini, il quale o l’ignorò o non volle tenerne pa-
rola, imperocché il Cronista stesso ci dice, che la cagione ed il perchè di quella strage
se tace per lo meglio.

(2) Con questa parola si indicava allora, ed è nell'uso volgare anch'oggi, una
violenta malattia di petto (pleurite).

(3) Mariotto di Nicolò Baglioni fu veramente personaggio illustre per sapienza
e per grande zelo nel disimpegno dei pubblici uffici. Già nel 1428 si era acquistato
cosi buona riputazione, che, istituendosi i Capitani del contado si volle affidare a lui
l'incarico di ambasciatore presso il Legato pontificio, che trovavasi- all’ assedio di
Città di Castello, affine di averne il consenso per la nomina di quegli ufficiali. Ma-
riotto andò, e ottenuto quanto il Comune desiderava, tornò in patria e negli Annate

.Decemvirali si legge la relazione che egli fece della sna ambascieria (Ann. Dec. 1428
f.0 29 rect. Vedi anche DEGLI ‘Azzi: I Capitani del contado nel Comune di Perugia,
1897). Procedutosi all'elezione dei Capitani, è ben naturale che egli pure fosse inve-
stito dell'importante ufficio, che tornò ad assumere nel 1441 e nel 1449. Lo troviamo:
poi nel 1432 dei tre incaricati per la riparazione delle mura della città, ma, come av-
vertono gli storici, con facoltà più ampie che il titolo dell’ ufficio comportasse; nel
1435 dei cinque nobili adiutori alle cose pubbliche; nel 1436 dei X per l' incremento
dell’arte della lana; nel 1439 dei X consiglieri per la difesa della Repubblica; nel 1441
e nel 1453 Capo dei Priori; nel 1443 dei V Ricordatori e dei x sopra la guerra; nel
1444 dei X dell’Arbitrio; nel 1445 dei X sopra le paci; ‘nel 1453 ambasciatore al Papa


VLOORIA

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CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 93

A di 19 de genajo (1) menó moglie Carlo de Guido de li
Odde cioiè la Bianciola (2) figlia de Nello de Pandolfo dei Baglione
moglie che fo de Ruberto de Monte Alboddo (3).

A di 1 de febrajo mori el Nobile Ridolfo de Fabritio deli
Signiorelli de Porta. Borgnie, e avea per donna la figliola de
Mariotto de’ Baglione sopraditto, siché dala morte del ditto Ri-
dolfo e del ditto Mariotto non cie fo 18 ore, e dela morte sua ne
fo grande dano ala città similmente, peroch'era omo giustificato
e da bene, e fo sepelito in S. Francesco, e lassò li suoi figli e
la sua robba nele mano de’ Braccio dei Baglione el quale pigliò
la cura de essi (4).

A dì 10 de febrajo foro arbanditi quelli ch'amazzaro li Bur-
ghieri del capitano qui nel Borgo di P. S. P., che foro sette

quelli che se rebandiro, cioiè:

Giesonne de P. dela Cionchina detto del Boccio de P. S. P.
Lario de Pavolo de Nato merciajo.
Pier Francesco e l

E: . de Pietro de Lello de Bino Orfo.
Bino (

per sedare le discordie insorte fra i Priori, ecc. Ebbe poi importanti uffici anche
fuori della sua patria. Quanto alla volontà espressa nel suo testamento, di essere
seppellito cogli abiti dell' Ordine francescano, é d'uopo considerare, che era questa
un'usanza assai diffusa per la grande venerazione, in cui era tenuto il Santo di
Assisi.

(1) Il Cronista pone in margine l'avvertenza, che questo tratto di Cronaca va in-
nanzi all'altro, che comincia colle parole: Ad? ultimo di gennaio.

(2 Bianciola per Bianca.

(3) Roberto di Monte Alboddo fu uomo chiarissimo nell'arte militare (PELLINI,
II, 13, pag. 619).

(1) Anche la famiglia Signorelli fu tra le più cospicue della città. Si trova in-
fatti che Fabrizio, padre di Ridolfo, insieme alla sua famiglia venne beneficato dalla
Repubblica nel 1431 per aver reso importanti servigi alla patria. I piü illustri di que-
Sta casata furono Fabrizio, dato alle armi, e i figli Gentile e Ridolfo. I loro nomi fi-
gurano tra quelli, che meglio servirono al Comune negli anni 1424, 1433, 1435 e 1442.
Gentile ebbe molte ambascerie, fu Capo dei Priori nel 1439, dei X sopra le paci e
dei X sopra la guerra nel 1443. Ridolfo, di cui il Cronista narra la morte, fu Capitano
agli stipendi di Nicolò Piccinino, e con lui entrò in Perugia nel 1440. Era stato però
nel 1436 in patria, dove venne incaricato, insieme ad altri cittadini, del riordinamento
edilizio di Perugia e castelli. Il Piccinino, ambizioso di Signoria, lo elesse tra i 10
Commissari, nei quali fu ristretto il governo della città, ma dell'avere accettato un
tale ufficio non so quanto onore se gli debba dare. D'allora in poi lo troviamo dei
V Ricordatori nel 1442, ambasciatore al Papa nello stesso anno, dei X Ordinatori del
Consiglio ristretto di novella istituzione nel 1444, etc.
0; SCALVANTI

Ridolfo de Pietro detto de la Petra (di P. S. P.).

Gabriello de Francesco barbiere P. Soli.

Giolitto de Bartolomeo de Ciabacca P. S. P.

Li quali fece rebandire Braccio Baglione, e remase in bando
Piero Antonio di Antonio dal Bastone de P. S. P. (1).

Papa Nicola V mandó qui in Perogia un breve de scomuni-
catione, che ciaschuno Abate o Prete de qual grado stato o con-
ditione se sia, che debbino pagare la decima del lor benefitio,
cioè uno per decina o volemo dire fiorini 10 per C. Et anco vole,
che dopo la venuta dela ditta Bolla, e expressamente comanda,
che si debbi retenere il decimo ali priore e camorlenghe e con-
servatore e fancelli e ad ogni ufficiale de Comuno, e debbisi re-
tenere el fancello deli conservatori, e così se colse parechie
migliai de fiorini, e questo dicesi il papa, che lo faceva, per che
voleva comandare uno omo per casa, e tutti li volea soldare e
volea far gente per mandarli contro il Granturco, perochè se dubi-
tava che il Turco non passasse in Italia.

.. A di de aprile vene un messo qui da Fiorenzza al nostro
Comuno, notificandoli qualmente era fatta la pace fra Venetiani
e Duca de Milano e fiorentini, e fo vestito el messo dal nostro
Comuno tulto de nuovo (2).

(1 Nessun cenno fanno gli storici e gli altri cronisti di questo rebandimento.

(2) La pace, di cui fa menzione il Cronista, é quella conclusa il 9 aprile 1454 in
Lodi fra i veneziani e il Duca di Milano per gli uffici di fra Simonetto di Came-
rino dell'ordine agostiniano. Più di alcuni storici fiorentini é esatto il nostro Cro-
nista, che pone nell’Aprile del 1454 l’ adesione di Firenze alla pace di Lodi, men-
tre altrove si legge, che il Papa, i fiorentini e con loro i senesi e altri minori po-
tentati fra il tempo la ratificarono. Ciò scrive fra gli altri il Machiavelli (Zst.,
lib. VI); ma la verità é, che il Duca di Milano, appena avute sollecitazioni per la
pace da fra Simonetto, e persuaso a conchiuderla anco dalle minaccie del Turco
vincitore a Costantinopoli, dalla scarsità dei danari e dall'abbandono di Bartolommeo
Colleoni passato al servigio dei veneziani, subito avvertì i fiorentini de’ suoi propo-
siti di pace, e questi inviarono a Milano Diotisalvi Neroni, perchè insieme al Duca si
occupasse del trattato. È esatto dunque quello che narra il Cronista, e cioè che fosse
allora, nel 9 aprile, conclusa la pace tra i veneziani, Firenze e il Duca; e fu solo fra
il tempo, come scrive Machiavelli, che aderirono il Marchese di Mantova, e più tardi
ancora il Re Alfonso. La venuta poi del messo di Firenze a Perugia non ebbe luogo
solo per ossequio a questa Repubblica stretta in lega coi fiorentini, ma perché nella

pace di Lodi l'inviato di Firenze trattò anco pei perugini, tal che, coll autorità del

Pontefice; furono mandati in quella città "M. Baldassarre della Staffa e M. Pandolfo
Baglioni i quati confermarono ed. approvarono quanto per loro i fiorentini promesso
avevano (PELLINI, II, 13).

DIENTATTZITE
- | CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 95

A dì 26 de aprile morì el nobile e egregio omo meser
Agamennone de Giapeco de messer Francesco deli Arcepreti e
.volse dopo la morte sua essere vestito da frate de S. Francesco
e fo sepelito a San Francesco. Era cavaliere, omo. da bene e
servente e dela morte de esso ne fo grandissimo danno ala città,
e per esso ne fo fatto un gran corotto, e. for vestite de bruno
circa 20 persone, e lassò tre figli maschi, cioiè Cesaro, Gentilomo
e Giapecho (1). f

Adi 29 de aprile mori la nobildonna madonna Teodorina de
Campo Fregoso da Genova, donna de Braccio dei Baglione, e
mori in la Bastia, e fo sepolta a S. Maria deli Angeli da Asese
e dela morte sua ne fo gran danno ala nostra città.

Et adi 7 de maggio fo fatto un bello osequio qui in Perogia per
onorare el corpo suo. Perché Braccio non era retornato in Pero-
gia, veslirsi de bruno li fratelli e la magior parte dela fameglia ;
lassó un suo figlio maschio chiamato Griffone. |

Adi detto vene la nuova qui come se erano adunati insieme
circa 300 sbanditi de Perogia, quali facevono redutta a Monte
Melino, e che volevono retornare a Perogia, e volevono vedere
chi li cacciasse. Per questa cagione ne for fatti molti consegli, e
li principale de questi sbanditi sono questi, cioiè Venciolo. de Be-
rardo da Corgnie, Porta S. Susane.

Lamberto de Berardo de Berardelli da (Corgnie).

Rustecho del Saracino da Monte Melino, porta Borgnie.

Sante de Ranaldo de M. Sante, Porta S. Agnielo (2).

(1) Di questa morte fa. un breve cenno anche la Cronaca del Veghi (Arch. stor.,
tomo XVI, pag. 629). Agamennone di Jacopo degli Arcipreti ebbe moltissimi uffici
nella sua patria; e chi legge le istorie perugine, ad ogni passo si incontra o nel nome
di lui o in quello de' suoi discendenti, cittadini reputati per nobili azioni. Di lui le
cronache narrano, che fu dei X dell'Arbitrio piü volte, dal 1433 in poi; che tenne de-
gnamente l'ufficio di Capo dei Priori nel 1440; che fu eletto a consigliere straordi-
nario nel 1439 e si trovò co’ X gentiluomini scelti nel 1445 per sedare e comporre le
discordie fra i cittadini. Uno de' figli suoi, Cesare, nell'anno in cui il padre moriva,

- era tra i Consiglieri incaricati di riordinare il pubblico reggimento, o, come si disse,
‘di confermare e riformare lo stato ecclesiastico di Perugia, del quale riordinamento,
‘su cui si diffondono gli storici, non sappiamo come il Cronista non ci abbia dato
notizia alcuna. i

(2) Sante de Ranaldo de M. Sante era della famiglia dei Sassorossi (PELLINI,
II, 13).

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él Dc PIL RETI
O. SCALVANTI

Giovagnie de Tolomeo detto Mucharo, Porta Susane. Per
questo quasi ogni celtadino andavono la nolle per la terra ar-
mati per sospetto deli ditti banditi.

Adì 29 ditto Berardo de Francesco de Berardo da Corgnìe
se fece frate de S. Francesco del Monte. Et adì 8 de maggio
Venciolo de Berardo da Corgnie con molte compagne trovò lo
ditto Berardo in S. Girolamo de Gobbio, che era frate e si lo
fece sfratare per forzza (1). È

Adì ditto vene qui in Perogia el governatore nuovo, chia-
mato m. Nicholò da Forlì, Arcevescovo de Racanate e de Mace-
rata, e partisse m. Pietro Venetiano Arcevescovo de Brescia (2).

Adì 27 de agosto foro Rebanditi alchuni de quelli sbanditi,
che volevono retornare in Perogia per forzza, cioè li principali di
essi, perchè così fo determinato nel Conseglio fatto per li cetta-
dini, e li Rebanditi son quest :

— Venciolo de Berardo da
Corgnie. ; A mazzaro

Lamberto de Berardo de golino de Asegna.

Berardello da Corgnie. / |

Rustecho de Saracino da Monte Melino, che amazzó Vigie
de Appio.

Sante de Ranaldo de m. Sante amazzó la moglie.

Giovagnie de Tolomeo ditto Mucharo amazzó el figlio de
m. Gilio.

M. Baldassarre de m. Pulidore dei Baglione amazzó un fa-
meglio de monsignore.

(1) Vedi anche la Cronaca del Veghi (Arch. stor. ital., tomo XVI, pag. 629). Ab-
biamo già notato nella Prefazione, che dal 1450 al 1453 nessun fatto veniva registrato
nelle Cronache perugine, ad eccezione di quella che ora si stampa. Qui noteremo, che
nel 1453 dette Cronache registrano un solo avvenimento, e due ne ricordano nel 1454,
la morte di Agamennone degli Arcipreti, e la professione religiosa di Berardo di Fran-
cesco. i

(2) Questo Nicolò Vescovo di Recanati era nativo di Asti Forlivese, e morì nello
stesso anno 1454. Il Cronista dice, che succedette a Pietro Veneziano, ma sembra che
nel maggio di quell’anno, adi 23, fosse Governatore quel Bartolommeo Vitelleschi, Ve-
scovo di Corneto, che vi tornò poi collo stesso ufficio nel 1456. E questo diciamo, per-
ché sono di lui alcune Costituzioni per la Sapienza Vecchia di quel tempo (Arch. di
Monte Morcino, lib. Z, pag. 61 in MARIOTTI — Mem. stor.). Può darsi però che il Vi-
telleschi in quell’occasione non avesse che la qualità di Commissario Apostolico.

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CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 91

Tadeo de Mannelli dei Ranieri amazzó Agnielo de Merchiorre
dei Barsi.

Giovagnie de Giapecho dela luca amazzó un da Agello..

Mariano de Ser Cortese fu a amazzare Bartoccio di Nicolo
Giovagnie de li Ranieri Bastardo, a stantia de m. Tancredo dei
Ranieri, e adi ditto alchuni de essi comenzaro a usare per la
terra (1).

Adì 29 de agosto mori m. Buoncambio dei Boncambi, cava-
liere, al quale fo fatto grandissimo onore e al corotto cie se
scapegliò la Margherita bella (2).

Adi 5 di settembre vene el messo qui in Perugia al nostro
comuno, come essendo fatta la pace infra venetiani, duca di Mi-
lano e fiorentini come un altra volta avemo ditto ano anche falto
lega per ventinove agni (3).

(i) Anche nel Pellini si trova la narrazione di questo fatto, ma vi é diversità
nel numero dei banditi, che, secondo lo storico, sarebbero stati dugento, mentre, per
il Cronista, furono trecento. Nemmeno vi é accordo sul luogo di riunione, perché il
Pellini scrive, che i banditi s'erano in S. Maria degli Angeli d’ Ascesi ragunati, e non
a Montemelino, come vuole la Cronaca. Mancano poi nel Pellini i nomi di alcuni re-
banditi, ossia di M. Baldassarre di M. Polidoro dei Baglioni, di Giovanni di Jacopo
della Luca e di Mariano di Ser Cortese; e nemmeno vi s'incontra la menzione dei reati
commessi da questi banditi. Nuova e convincente prova che il ms. di questa Cronaca
fu sconosciuto allo storico Pellini.

(2) Di questa Margherita bella vedremo nel seguito della Cronaca. Qui si allude

al costume, che avevano le donne di scarmigliarsi seguendo i cortei funerari. Su di .

che furono emanati in vari tempi provvedimenti statutari e decreti del Magistrato e
dei Legati pontificii.

(3) Il Cronista in parte si riferisce qui alla notizia data in aprile circa la pace
conclusa a Lodi fra Veneziani, Duca di Milano e Firenze, il 9 di quel mese; e ci parla

‘poi della lega, stabilita per 29 anni fra quei potentati. È noto infatti che il Re Alfonso,

indignato contro i veneziani per aver concluso la pace col Duca Sforza, non volle ade-
rirvi; e fu allora che Venezia, Milano e Firenze conchiusero il 30 agosto una lega,
alla quale poi parteciparono Borso d' Este duca di Modena e Reggio, e i .bolognesi.
Fu questa leza assai più dell' ambasceria del Cardinale Domenico Capranica, che in-
dusse il Re napoletano a ratificare il 26 gennaio 1155 la pace di Lodi, e poi ad entrare

anch'egli nella leza suddetta, cui pure accedeva il Pontefice. Regna tuttavia qualche
incertezza sulla durata di questa alleanza.Il Cronista all'anno 1451 ci dice, che fra Vene-
zia, Milano e Firenze fu fatta una lega di 29 anni, e poiché se ne ebbe avviso a Perugia
nel 5 settembre, non si può alludere che alla lega conclusa il 30 agosto (Dv-Mosr,
Corpo diplom., tomo III). Ora si ha da altri storici che questa lega fu di ?5 anni. E
mentre poi quella conclusa nel 1155 con Re Alfonso, secondo il Cronista, fu di 25 anni,
il Machiavelli scrive, che fu di 30. L'Ammirato (Ist., lib. XXIII) narra: « Del mese di
agosto, essendo in Firenze Gonfaloniere di Giustizia Tommaso Soderini, com gran fa-

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Adì 6 de settembre venero in Perogia 200 fanti mandati
dal Papa. Conestavole de essi son questi, Piero da Somma e
Bartolomeo da laquila. | |

Ali 8 de settembre Armanno Francesco de m. Baldassarre
de Cherubino deli Armanni menó moglie, ch'era la figliola de
Guido di Carlo deli Oddi, quale à nome Madalena; cié foro a
menarla tulti questi nostri gentilomeni apiey. Avea indosso un
vestito de chremosi: en testa portava una girlanda de perne (I).

Adì 1° ottobre Nello de Pandolfo dei Baglione fece scarcare
le case, che foro del Tinto, e adoprossi li matoni e legniame
nelo arbergo de S. Marcho, che esso a falto fare, el quale se
sla alaccalo con casa sua.

A questo di de ottobre vene qui in Perogia el cancelliere
del Conte Carlo de Braccio dei Fortebracci Conte de Montone,
conduttiere dei Veneliani. El ditto canceliere domandò al co-
muno nostro un ambasciatore per parte del ditto conte per an-
«dare al Papa, onde che fo eletto per ambasciatore Cesare de
m. Agamennone deli Arciprele, e cosi se mise in ordine de molto
vestimenti de drappo per andare con el ditto canceliere a Roma,
e in queslo se ammalò e non podde andare e cie fo mandato in
suo loco Oddo de Giapeco de Oddo de P. S. A. (2).

Adi questi di de Ottobre passó de qui per Perogia la amba-
sciata del duca de Milano e poi quella dei fiorentini e poi quella
de'Veneliani. Se disse che andavono a Roma, e di poi partivano

cilità gli ambasciatori conclusero una lega, e quella per lo spazio di 25 anni ferma-
rono a difesa degli stati comuni ». La qual lega è quella stipulata nel 1454, perocché
l'altra, cui intervenne il Papa e il Re di Aragona, fu del 1455 di febbraio.

(*) Perne per perle trovasi usato anche oggidi nel contado perugino.

(2) Il Pellini non accenna alla venuta d 1 Cancelliere del Conte Carlo di Braccio.
Dice solo, che si recò a Roma dal Papa Oddo di Jacopo di Oddo per — « escusare il
Conte Carlo di alcune querele date di lui al Papa e a disgannarlo della credenza, che
havea di lui, ch'ei fosse per venir di co.to in queste parti come inimico di S. Chiesa
e suo, il che non era, anzi che l'assicurasse, che il Fortebraccio come devotissimo ser-
vitore et vero suddito di S. Chiesa vi verrebbe, » (P. IT. 13). Più innanzi, sotto la data .
del 6 dicembre, il lettore vedrà qual'esito infelice ebbe questa ambasceria, imperocché
né il Cancelliere del Conte Carlo né il messo del Comune poterono parlare al Papa. Ci»
é indizio del sospetto, che covava nell'animo del Pontefice circa le mire ambiziose
del Conte, CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 1199

da Roma e andaro a Napoli e tutti forono apresentali dal no-
stro comuno (1):

A questi dì do Ottobre tornò da Roma Braccio de Malatesta
dei Baglione.

A questi dì de 9bre il nostro comuno mandò ambasciatori
ali fiorentini per refermare la lega fra il nostro comuno e il
loro. Li ambasciatori son questi, m. Baldassarre de Cherubino
de li Armanni de porta S. Agnielo, m. Pandolfo de Nello dei Ba-
glione de P. S. P. con venti cavalli cioiè 10 per omo (2).

A quesli di de 9bre passó de qui m. Carlo da Conzaga con
1500 persone fra cavalli e a piede e andavono al soldo dei
senesi.

Adi 1 de decembre Braccio dei Baglione fece ordinare una
bella giostra e Braccio mise el premio, e li giostratori son questi.

Ridolfo dei Baglione e Giovagnie dei

M. Baldassarre di m. Pulidoro dei

El Gentilomo de m. Agamennone de li Arceprete.

Rustecho del Saracino da Monte Melino.

Bobio de Galiazzo de m. Bobio.

Francesco de Baldi de Mateo de m. Pietro e

Fabritio de Nicoló de Barsi.

Lodovieo di Antonio de Cencio.

Baglione.

(1) La lega costituita fra Milano, Venezia e Firenze nel 30 agosto 1454 fu signi-
ficata a Papa Nicolo V dai respettivi ambasciatori, i quali passarono in ottobre da
Perugia, come narra il Cronista, per recarsi a Roma. Lo scopo di questa ambasceria
al Papa era di invitarlo ad interporsi presso l]'Aragonese, onde entrasse anch' egli
nella lega. Il Papa, per mostrare il suo animo ben disposto ad appagare i desideri
delle città collegate, unì alle loro ambascerie il Cardinale Capranica, che con esse si
trasferì a Napoli.

(2) Il Pellini ed altri storici non parlano affatto di questa ambasceria inviata a
Firenze nel novembre 1454. Sappiamo solo, che nel gennaio dell'anno successivo fu
fermata la lega di 10 anni fra le due città, e gli atti stipulati in Firenze vennero regi-
strati nei pubblici libri del Comune perugino. Ma in ciò il Cronista ha commesso un
lieve errore, perché la lega fu conclusa non- nel 14 5, ma nell’anno precedente, essendo
gli ambasciatori, nel 6 dicembre, già di ritorno in Per ugia (Vedi la stessa Cronaca sotto
questa data). E in questa opinione ci conferma il Doc. inedito del ?3 novembre 1454
ai rog. di Ser Giovanni q. Puccio di Stia (Arch. Com., Cass. XXXIX, n. 48), dal quale
apparisce, che i Priori delle Arti, il Capitano di Giustizia, i Gonfalonieri delle Com-
pagnie del Popolo, e i XII Boniomini di Firenze costituirono loro procuratori Fran-
cesco Pitti e Giovanni di Cosimo dei Medici a poter trattare e concludere una nuova
lega con Perugia.

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100 O. SCALVANTI

Lolovico di Renzzo dela lita de li Armanni.

Giovan Francesco de Nicoló de Tanolo.

Carletto e Silvio camorieri del sopradetto signor Braccio Ba-
glione.

Lorénzo de Ser Cipriano delto Spirto (1).

(1) È il poeta e capitano Lorenzo di Cipriano Spirito, di cui s' ignora l'anno della
nascita. Vuolsi da taluno, che egli sia stato ai servigi di Nicolo Piccinino e di Brac-
cio da Montone; ma se noi lo troviamo in ancor verde età nel 1454, per modo da
prender parte a pubbliche giostre, e se, come é certo, mori nel 1496, egli non poteva
aver seguitato nel 1426 le armi di Braccio. Nella quale opinione ci conferma il fatto
narratoci da Enea Silvio Piccolomini (In Ora'. de morte Eug..IV et creat. Nic. V,
R. I. S. tomo III, col. 892, c.), che, essendo presente al ricevimento degli ambasciatori
perugini recatisi ad ossequiare il nuovo Pontefice Nicolò V, così scrive: — « Post haec
advenerunt Perusini. Orationem jureconsulto dignam habuerunt. SR Perusinis, uti
manus, ita ingenia promta. Advenerat Romam adolescens quidam ex Perusinis exulibus
annos XVII, natus egregia indole. Laurentium, ni fallor, vocabant. Is etiam oratione
ornata gravique summum Pontificem adorsus est. Memoria illi aeterna fuit. Nihil Ci-
ceronis incipi poterat, quod illi non prosequeretur. Favet ingeniis Nicolaus, adole-
scentique benefacturus creditur » —. Questo avveniva nel 1447, e certo in quel tempo
Lorenzo di Cipriano doveva essere in giovine età. Le quali congetture sono confor-
tate dall'esame delle opere di Lorenzo Spirito. Infatti nel Poema — L'Altro Marte —
cap. 65, l’insigne scrittore, parlando dell'impresa di Nicolò Piccinino contro Assisi
nel 1142, cosi si esprime:

Et io mi vi ricordo giovinecto
Che "n compagnia del mio padre vi andai.

Lo che escluderebbe di per sé, che lo Spirito avesse conosciuto B.accio da Mon-
tone morto nel 1421, Ma al cap. 29 di quel poema, é lo stesso Lorenzo, che ci toglie
da qualunque dubbiezza. Parlando egli delle gesta di Braccio, cosi elegantemente
scrive: 3

Sentendo io la virtù che illuy fioria,
Duolmi c ance gran tempo non fui nato,
Che tarda fu per luy la vita mia,

E ben ch’ io non vedesse quillo ornato, ecc.

A buon diritto adunque l' egregio dott. Salza pensa che la nascita di lui avvenisse
tra il 1425 e il 1432. L’ esimio giovine presto ci intratterrà di questo argomento in un suo
lavoro su Lorenzo Spirito e i suoi poemi storici, ma intanto sia lecito a noi rilevare,
che, ove la nascita di Lorenzo venisse stabilita al 1430, egli avrebbe avuto nel 1447,
epoca della consacrazione di Nicolò V, l'età di 17 anni, come dice il Piccolomini nel
passo sopra allezato. E d'altronde non può dubitarsi, che quel giovine diciasseltenne
avesse rare doti d'ingegno e di eloquenza, quando di esse ci é testimone un Enea
Silvio, ottimo giudice delle buone lettere a segno da avere, nel documento da noi ri-
ferito, ripreso altri oratori per la prova infelice dei loro discorsi. Or bene, se quel
Lorenzo da lui tanto clogiato, non fu lo Spirito, com'è che di cotale ingegno più non
si ebbe nuova? È certo poi che Lorenzo di Cipriano rivesti molte cariche in patria
negli anni 1453, 59, 64 e 72. Più tardi, cioé nel 1473, fu Podestà di Tolentino, e ne' pub-
CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 101

Leonardo del Brunello merciaro.

Ebbe l'onore della ditta giostra el Gentilomo de m. Aga-

^ mennone predetto.

Adi 6 de Decembre tornó da Roma el cancelliere del Conte
Carlo con lo ambasciatore nostro per interesso del Conte Carlo.
Se disse che non avevano mai poduto parlare al Papa.

Adi dello retornaro li Ambasciatori che mandò el nostro co-
muno ali fiorentini per refermare la lega, e così fo refermata
per 10 anni come era da prima. i

A questi dì de decembre fo refalto el sachetto dej fanceMati
cioiè deli fancelli deli conservatori de la camora apostolica e dei

Massari del Comuno de Perogia. Lo arfece Monsig. governatore,
e prima se avevono li ditti uffici per bolla del papa, e il ditto
sacchetto è stato refatto per 5 anni, e con Monsignore cie furo
su lutti quanti questi gentilomeni per servire ogni uno deli suoi

d

amici e partegiani. Se disse che li ditti uffitii eran stati dati a
quelle persone, che non meritavano li capitani, e che quelli che
son messi per li ditti uffitii non son messi per capitani e quelli
che son messi per capitani non son messi ad altri uffici, ma
non é stato vero perché alchuni di quelli che avevono auto il
capitanato anno anco aulo el fancellato dei Massari ancora (1).

blici atti è detto — Virum quidem provvidum, litteratum, idoneum, gravem, eaper=
tum, ecc. (Ann. Decemv. 1485, f. 71, 121 122, 128 e 1495, f. 140). Per altre notizie su que-
sto insigne personaggio, vedi — VERMIGLIOLI, Scrittori perugini, pag. 296. — FABRETTI,
Cap. venturieri, vol. I, ecc.

(1) Iz questi ed in altri passi. della Cronaca é facile verificare lo stato di deca-
denza della Repubblica perugina, Il cumulo degli uffici, che il Comune nei tempi di
libertà ha sempre virilmente combattuto, ormai sembra introdotto a pascere la cupi-
digia e l'ambizione de’ nobili spadroneggianti nel governo della città. I fancelli erano
officiali, che insieme ai Conservatori della moneta ed ai Massari avevano cura dei
danari, dei libri e delle pubbliche scritture. I Conservatori d'ordinario erano tre, e
dovevano essere reputati come — buoni uomini legali —. Duravano in ufficio sei mesi,
e avevano incarico di riscuotere tutte le rendite e proventi del Comune, pagare gli
stipendi e provvedere alle spese di ozni natura. Tenevano alla loro dipendenza due
| ; fancelli per ognuna delle mansioni loro affidate, e un numero sufficiente di notari,
che registravano gl'introiti e le spese, e provvedevano alle altre scritture necessarie
— in expeditione dicti offici. — Né i fancelli nè i notari potevano essere compratori o
» soci dei compratori delle gabelle o comunanze del comune, o debitori dei Conservatori
della moneta, né consanguinei o affini fino al 30 grado, né ascendenti, né discendenti,
né abitanti ad unum panem et unum vinum. dei Conservatori stessi (Stat. perug. ed.
nel sec. XVI, rub. 229, lib. I). I Conservatori avevano poi un buon numero di armi-
*

102 par” 0. SUALVANTI

Adì 22 de Decembre m. Agamennone deli Arceprete fece or-
dinare una bella Giostra e il premio mise esso, cioè 4 bracci de
velluto celeste. Li giostratori son questi.

Giapecho de m. Agamennone deli Arcepreti.

Cherubino de Brunello deli Scotti.

Serpentino de Mateo de Tomasso de Teo.

Pietro de Baldassarre de Francesco de Giapeco.

Berardo de Francesco da Corgnie.

Lanberto de Pietro Pavolo de Tantino.

Lencio de Renzzo dela Lita deli Armanni.

Piriteo de Girolamo de Consolo. :

E tutti questi son giovani de 22 o 20 anni, e ebbe lo onore
dela ditta giostra Giapecho de m. Agamennone preditto.

Nel predetto anno el grano al più valse soldi 25 la mina e
l'orso soldi 14 in 15, la spelta soldi 9 o 10, l'olio libre 5 in 6 el
mezolino, el vino libre 8 soma.

[1455] (1) — Adì 2 de Genaio Piermateo de Agnielo de Pavolucio
de Mal Sachetto avendo una schiava molto bella, la quale più
e più volte li era fuggita, onde che retrovandola una mane la
prese, e m[esseli] li pagni cioè la camorra (2) atorno ala centura e
così la camicia, e cosi la andò frustando con uno staffilo infino in
capo dela piazza deli calderari, cioiè li dal Portone de porta Soli,

geri per il servizio dell’ esazione; e si trova che in alcuni tempi ebbero fino a 100 lance.
I Conservatori dovevano prestare giuramento. — « Cum iuris iurandi religio sit ab omni-
bus observanda, cum si contempta fuerit habere solum deum noscatur ultorem, pre-
sente capitulo duximus statuendum pro observantia omnium statutorum noviter edi-
torum; ut conservatores monete, massarii, officiales abundantie et eorum notarii et
fancelli possint et teneantur coram dominis prioribus prestare cancellario in forma
debita sacramentum et iurare ad sancta Dei Evangelia nomine comunis Perusie reci-
pienti, bene legaliter et fideliter facere etc. » (Stat. eod. rub. 327). Contro questi offi-
ciali si dava poi un diligentissimo sindacato (Ibid. rub. 328). A conoscere poi qualche
particolarità circa la tenuta dei conti tra il Comune e la Curia romana può utilmente
consultarsi il prezioso documento contenuto negli Ann. Decemv. dell'anno 1444, f. 148
a 147, riguardante le spese fatte dal Comune di Perugia per conto della Camera Apo-
stolica, dal 1431 all'anno suddetto (Vedi FABRETTI, Doc. di Storia perugina, vol. I,
pag. 16).

(1) In questo luogo, al pari che all' anno 1453, il Cronista non ha posto il mille-
simo, che trovasi indicato solo nel margine della pag. seguente. Per evitare incer-
tezze nella lettura abbiamo creduto aggiungerlo, e chiediamo venia al lettore se altret-
tanto non facemmo all'anno 1453.

(2) Camorra era chiamato l'abito muliebre. Infatti nelle leggi suntuarie si trova
scritto — vestem aut camorram — (Vedi FABRETTI, Leggi suntuarie).

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emer os

CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 103
si che li fece le chiappe e le cosse ele gambe tutle sanguinose e.
rosse come un polmone, de modo che maj piü fo veduta la piü
brutta cosa a vederla, dipoi quel di medesimo essendo el ditto
Piermateo con Ridolfo dei Baglione; el Cavaliere el volse pigliare,
onde che el ditto Ridolfo vedendo questo, andó adcsso al ditto
cavaliere, e detteli di molti pugni e calcie li in piazza, dove che
lo volse pigliare denante al Capitano (1).

Dipoi el cavaliere incolpava che cie era sulo Vangelista e
Pavoluccio fratello del ditto Piermateo e anco Severe de Giovagnie.
dela Cieccolina, e volseno pigliare el ditto Severe, e anco li
schrissero tutta la robba de la camora over bottega, che la schrisse:
el Cavaliere del Podestà, e era Podestà m. Stefano Conte de
Casalichie da Bologna, quale era mezzo pazzo, onde che Bernardo
de Golino parente del ditto Severe era su da Mons. per simile
facenda e.in aiulorio de dilto Severe cie era Ridolfo deli Baglione
e Bonifatio de m. Ibo e il Gentilomo de m. Agamennone, e
dicendo el ditto Bernardo al ditto Podestà che era una laida cosa e
gran manchamento ali Arfeti (2) de mandaro el cavaliere con li bor-
ghiere ale botteghe, e che esso e Bonifatio li farieno la ricolta (3).
per 500 fiorini, e il Podestà respose al ditto Bernardo che lui non li

(1) Né i cronisti né gli storici fin qui noti raccontano il fatto narrato da Pietro
Angelo, e dal quale scaturisce un indizio certo sulla condizione durissima dei servi
anco alla metà del secolo XV. Dalla narrazione poi degli avvenimenti svoltisi a quei
di, e che é alquanto confusa, sembra risultare, che il Cavaliere del Podestà, forse in-
vaghito della schiava, volle trar vendetta delle sevizie intlittele da Piermateo Pavo-
lucci menandolo prigione, il che non gli venne fatto per l'intervento di Ridolfo Ba-
glioni. Certo egli aveva legittimo motivo di esercitare la sua autorità per le battiture
riportate dalla schiava, ma dall'insieme del fatto traspare piuttosto lo sfogo della
vendetta, che l'adempimento di un dovere. È certo poi che grande si era fatta la po-
tenza dei Baglioni, lo che meglio si vedrà fra poco.

(2) Arfeti voce usata non solo dal popolo, ma altresì in pubblici documenti, per
artefici (Vedi anche la Cronaca a stampa, pag. 500, ove è adoperata in tuono dispre-
giativo la parola arfetuzzo).

(3) Far la ricolta è espressione usata anco negli Statuti nel significato di prestar
garanzia o fidejussione, che era la forma più comune della intercessione cumulativa
sussidiaria. Nel caso narrato dal Cronista, è evidente che Bernardo di Ugolino e Bo-
nifazio di Ibo si offrirono di dar sicurtà per Severo della Ceccolina fino alla somma
di fiorini 500. Ma il Podestà rispose arrogantemente a Bernardo, che da lui non avrebbe
accettato nemmeno la garanzia per 10 fiorini. E Bernardo gli replicò ; che non riteneva
lui capace di guarentire un solo fiorino. Onde la contesa per le armi, e la condanna
di Bernardo.

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104 O. SCALVANTI

toglieria per 10 fiorini non che per 500, e ditto Bernardo respose
a lui, io non te toglieria te per un fiorino. Alora el Podestà prese
Bernardo nel petto, e volendoli menare de sopra, e anco gionse
le berraria e vogliele menare. Infine in fra quelli che l’aiutorno
e fra ch'esso avea il coltello, cie cacciò mano e se fece fare
largo e esso se ne fuggì e entrò in S. Lorenzzo, e scanpò via.
Per questa trama lo condenaro in 2 bandi uno per l'arme e l'altro
ch'aveva asaltato el podestà e lutto questo male facesse per ca-
gione dela ditta schiava.

Adi 13 de genaio fo fatta la sassaiola al palazzo del Podestà
cioiè ala sua fameglia, peroché stavano tutti fora del palazzo
armale e in ordine, peroché dentro cie stavono la magior parte
deli scolari delo studio, quale volevono arfare el rettore nuovo, e
era ghara in fra uno m. Nicolo de Calabria studente e uno
m, Agnielo da Viterbo pure studente, et in questo che stavono li
scolare per dare la voce, come è solito, le rede (1) comenzaro a
trare li sassi a li-detti birri e li birri a loro, e così se comenzzó
a gridare a li sassi a li birri, di modo che in poco de ora se
smantellaro più de 300 persone per trare e rencastelarli (2) dentro,
in fino il romore era grande, al quale cie curse su Braccio deli
Baglione con una frotta de gioveni de Perogia, e fece rebassare
el ditio romore, e colserlo 2 verrettone nel ‘mantello, e se non
fosse stato Braccio cie si facea del molto male, e rebassato che
fo il ditto romore, uscì di fuore el Podestà con un taragone in
braccio ed uno stocco nudo, che menava ruina a modo de un
pazzo, e questo Podeslà se domandava m. Stefano Conte di Ca-
salichie da Bologna (3).

Adi 26 de genaio el Capitano del Popolo del Podestà (4) chia-
mato m. Sante dej Viteglie da Corgneto nepote che fo del Patriarca

(1) Rede è voce tuttora usata in qualche parte del contado per significare fa-
ciullo. Nel caso narrato dal Cronista meglio si tradurrebbe monello. x

(2) Vedi la nota 1, pag. 75.

(3) Per ben due volte il Cronista accusa di pazzia il Podestà Stefano da Casa-
licchi; e per vero le azioni sue sembrano giustificare l'appellativo, che gli vien dato.

(4) Cosi il mus. Parrebbe a prima giunta che l'autore o l'amanuense avessero
per una svista aggiunto le parole del Podestà, ma anche altrove il Capitano del Popolo
è chiamato Capitano del Podestà (Vedi Cronaca al 17 febbraio 1455), segno indubita-
bile, che dal punto di vista politico, il suo ufficio non godeva più dell’antica consi-
derazione.
CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 105

avendo preso un Pavolo de Lello da Ripa coaio per informalione
dicendo ch'esso era ladro, infine li fece dare tanto il martoro che
morì nela fune, e dice che poi li dero la fune, e ataccarli una

panciera de maglia ala verga; cioiè al membro, e così lo lassarono

stare el dì e la notte de modo che li se scarporò el membro dal
corpo, e cadde in terra e oltre questo li cavaro 5 denti de bocca
e anco li dettero parechie volte el dado nele garogniele (1) e
revorlanolo (2) le torcie adosso, in ultimo dice che lo.trovaro
morto nela fune e dice che non se verificò maj che luj fosse ladro,
ma che luj confessava nel martorio, e non trovavono cosa che
luj dicesse esser vera, e li fratelli suoj cie avevono fatto quanto
fosse possibile per araverlo, e non lo podero maj riaviere, onde
che se ne andaro a Roma e otener lettere che se dovesse relassare
non se verificando li furti. E retornando lo trovaro ch'era morto,
e el Capitano lo avea tenulo 4 dì morto e non avea maj detto
niente, in fine li suoi fratelli lo riavero così morto e portarlo a
S. Fiorenzzo, e era un cordoglio e una compassione a vederlo.
Infine venero qui in Perogia circa 50 omeni da Ripa e da Castello
de Arne suoj parenti, e recaro el delto corpo denanti al palazzo
dei Priori facendone gran corotto gridando al traditore chrudele,
de modo che el ditto Capitano ebbe paura e uscì dal canto del
Bordello, perchè luj stava per slanzza nele case de Berardo da
Corgnie e fuggì per sopramuro, e essendo conosciuto, tulto el
popolo li correva drieto, e il romore era grande e ultimamente
cie foro alchuni deli nostri cettadini che lo comenzaro a favorire,
e si lo aiutavono, e così se ne fuggì in casa de Braccio e dei
fratelli e quelli contadini tutti corsero a casa de Braccio con li
manari e volevono gir su. In fine foro cacciati de li, e Braccio
essendo in casa uscì fuore e menò seco alchuni di questi nostri
gentilomeni, e erace m. Galiotto de Nello, e così fo menato in
piazza con tulto el popolo derieto, e andarono a Monsignore e
anco cie andaro li priore. In conchlusione fo remenato giù e re-
messo nel palazzo come stava prima. E se non era Braccio, el

(1) Gar'ognola nel vernacolo significa la caviglia o collo del piede.
(2) Revortanolo, probabilmente per errore del copista, che doveva scriverè =
rivoltarongli le torcie addosso.
106 O. SCALVANTI

ditto Capitano non la scampava mai e dipoi quasi tutti quelli
contadini foro messi in bando (1).

Adì 5 de febrajo vene un messo da Fiorenzza qual portò la
palma dela pace fatta in fra la Venetia, fiorenzza e Re de Ra-
gona e Duca de Milano (2).

Adì 6 ditto el nostro Comuno fece donare al ditto messo
braccia 8 de rosato, lo quale staendo a cavallo li fo amantato
adosso e a ditto pano cie foro atachate 3 targelte con l'arme del
nostro Comuno cioiè el griffone bianco nel campo rosso e con 2
tronbelte del Comuno andó da capo a pié la piazza sempre so-
nando e poi per Perogia.

A quesli di passali vene qui in Perogia frate Jacomo dela
Marcha de l'ordine de S. Francesco del Monle, quale venia per

(1) Solo il nostro Cronista ci narra in tutti i suoi particolari l' atroce supplizio
dato a Pavolo di Lello, poiché ne tacciono affatto gli altri cronisti, e il Pellini non ne
dà che un cenno fuggevole. L' evidente ingiustizia del procedimento, l'efferatezza del
Capitano nell’ ordinare que: martirio, il silenzio da lui serbato circa la morte dell' infe-
lice; sollevarono l’ indignazione del popolo. Né poteva essere altrimenti, quando
da Roma stessa partiva l' ordine di scarcerazione, e i fratelli, tornando coll'assoluto-
ria, trovavano Pavolo ucciso pei tormenti inflittigli. Il Cronista sembra scandalizzato
di ciò, e anche stupito che il Capitano del Popolo, dopo un fatto sì atroce, conti-
nuasse ad esercitare le sue funzioni. E di vero meraviglia che non solo il Capitano
fosse — « remesso nel palazzo come stava prima » —, ma al termine del suo ufficio
non fosse giudicato per questo eccesso di potere, ché anzi, come vedremo tra breve,
nel giugno del 1455, venne regalato di uno stendardo coll'arme del Comune, e con-
fermato per altri 6 mesi nell’ ufficio. Ma la città non godeva pace, e molti erano i
malfattori, che l'angustiavano; e perciò quasi pareva degno di lode chi, anche con
mezzi eccessivi, cercava intimidire i mali inclinati, abusando del proprio potere. In-
fatti, parlando della conferma di quel funzionario, lo stesso Cronista ci dice, che —
« egli fece un bell’ uficio e ha gastigato molti malfattori e ribaldi e à auto grande
onore, ecetto che fo biasimato di quello scandalo quando morì quello de Ripa » —.
Intanto per sostenere alto il prestigio dell'autorità, i compaesani di Pavolo, per ca-
gione così giusta sollevati, ebbero il bando. Come attraverso i secoli si assomi-
gliano i tempi!

(2) Qui il Cronista si riferisce alla ratifica della pace di Lodi fatta dal Re Al-
fonso nel 26 gennaio 1455, e che fu annunziata a Perugia da un messo dei fiorentini
il 5 febbraio. È molto naturale che Perugia esultasse di tale avvenimento, perocché
l’essere Alfonso d' Aragona discorde dalla Repubblica veneta nei patti di Lodi, costi-
tuiva un grave pericolo e una permanente minaccia per la pace tra gli stati italiani.
E cospicuo certo fu, pei tempi d’allora, il dono del Comune perugino al messo di Fi-
renze.

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CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. : 107

predicare quesla quaresima perchè l'ultima volta [che] predicò.

qui fece bon frutto (1).

A questi di pure de Genajo (2) su un di andaro a marito
tutti questi sottoscrilti.

Golino de -Pavolo de Pietro menò moglie la figliola de Pa-
volo de Bartolomeo dela Berarda.

Ser Consolo de Francesco da Catrano menò moglie la figliola
de Pollito: de Franco de Ser Savino.

Alessandro de Antonio dela Mea menò moglie la figliuola de
Guasparre dej Ranieri detto Bagiano.

Valerio de Franciscone de Tanolo menò moglie la figliola de
Tofo de Giovagnie dei Bechuti.

Pietro de Menecho de la Ghogha menó moglie la figlia di
heale de Agnielo lanaio.

Pierantonio de Giapeco menó moglie la ‘Hel de Francesco
di mastro Giapecho.

Adì 17 de febraio fo ordinata una bella giostra, quale fece
fare el rettore dela università delo Studio de Perogia chiamato
M. Nicolo de- Calabria, e mise in premio braccia 8 de velluto chre-
mosi ala piana: el dello premio stelle nel palazzo deli Sig. Priori,
el rettore non volea e foglie tolto el capuccio dali donzelli deli
Sig. Priori. E il notario deli Priori schrivea li colpi, e li giostra-
tori son questi, e li giudeci deli colpi sono:

(1) Jacopo della Marca (Piceno) fu dottissimo uomo, ebbe missioni di grande
importanza in Oriente, in Ungheria, in Austria, ove tenne anche l'ufficio di Inquisi-
tore. Lo ebbero caro Papi e Imperatori. Quanto alla sua predicazione in Perugia, non
se ne trova ricordo negli Annali del Waddingo. Si sa che nel 1445, predicò nell’ Um-
bria e nella valle spoletina, ove — « disseminabat verbum Dei, praesertim in urbe
Fulginei, civium seditionibus pene consumpta » —. Nel 1440 aveva predicato in Padova,
nel 1454 ad Ascoli e a Fabriano nel 56. Il Cronista ci dice che fu a Perugia nel 1455,
perché l'ultima volta che ci predicò fece buon frutto; e con ciò si riferisce al già
detto sotto l’anno 1445, quando narra che — « per le prediche de frate Jacomo de la
Marca se sonno convertite de molte persone; e molti cittadini e scolari e forastieri
se fecero frate dell’ Osservanzia de Santo Francesco » —. (Vedi Cronaca a stampa in

Arch. Stor. ital., tomo XVI, pag. 565 e segg.). Dunque Jacopo fu in Perugia lo stesso .

anno, in cui, secondo il Waddingo, predicò nella valle Spoletana (Conf. Ann. fran-
cesc., tomi X, XI, XII).

(2) Qui é intervenuto un errore di data, oppure il Cronista, avendo dimenticato
di inserire la presente notizia del gennaio al luogo suo, l' ha collocata qui, intercalan-
dola nei giorni del mese di febbraio.

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M. Stefano conte Podestà dela città de Perogia e m. Sante
dei Viteglie Capitano del Podestà.

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Giapecho \

Bartolomeo de m. Baldassarre de Cherubino deli Armanni.

Rustecho de Saracino da Monte Melino.

Carlo de m. Ibo dei Coppoli e Fabrizio de Nicolò de Bonsi.

Averardo de Guido da M. Sperelli.

Lodovico de Renzio de la lita deli Armanni.

Lodovico de Antonio de Cience, Felice de Nanne detto del
Bragha.

Bartolomeo de Sparnacci detto pazzaglia.

Guidantonio di Ranaldo de Mansueto.

Carletto camoriero del Sig. Braccio Baglione.

IE fo fornita la giostra nela qual fo falto torto a Gentilomo
ch'esso meritava il ditto premio, e fo data la sentenza per li ditti
judici, e anco cie puse la mano Braccio, che la mità del ditto
premio l'avesse Ruslecho de Saracino da Monte Melino e l'altra
milà avesse Lodovico de Antonio Cencie.

Adi 11 de marzzo vene in Perogia un tronbetta del Papa
con la palma de l'olivo in mano, quale scavalchó in palazzo de
Monsignore, e poi andò dali Sig. Priori notificandoli per parte de
Papa Nicola, come era falta la pace e legha e unione per 25 anni
secondo el bandimento fra il Papa Nicola V con tutte le sue
terre e il Re de Ragona, Duca de Milano, Venetiani e fiorentine
per andare contro el Turcho inimico de Chripsto, e che forniti
li ditti 25 anni, stia in arbitrio loro de refermarla o no, e così

de m. Agamenone deli Arceprele.

fo fatto el bando in 4 luochi dela piazza con le trombe e pifari e
naccare e ceccoli (1) tulti a cavallo, e fo vestito el trombetta del
Papa cioiè li fo amantato braccie 8 de rosato e giva in mezzo ali
nostri trombelti quando se bandiva, e fornito che fo il bandimento
fo menato per la città sempre sonando. E la sera foro falli li
faloni (2) in piazza sul monte e a le lumiere del palazzo dej

(1) Non abbiamo potuto rintracciare il significato di questa parola — ceccoli —
Chi sa, non sia una corruzione di cembali 2

(2) I perugini usano anc'oggi di declinare in tal modo il nome fatò, che pei to
Bcani è indeclinabile (Vedi Gronaca a stampa, pag. 122, e nota di Polidori).

- CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 109

Priore con li panni de sego, e le campane sempre sonando ala
alegrezza, e for fatte 3 processione una a S. Francesco, e l’altra
a S. Agustino e l'altra a S. Domenico (1).

Li priori che erano in questi tempi son questi:

Oddo de Giapeco de Oddo e Pucciolo de Tomasso P. S. A.

Francesco de Ciantella e Gabriello de Bartolomeo, P. Susane.

Francesco de Pietro dela Berarda e Agnielo de Pietro spa-
daio, P. Borgnie.

Giustiniano de m. Marco dei Baglione, Batista de Marchetti
vasaio, P..S. P:

Pavolo de Antonio e Antonio de Bocca calzolajo, P. Soli.

Ser Andrea de Ser Bartolomeo Notario.

A questi di de Marzzo fo adottorato m. Pietro Pavolo de Tan-
chreduccio de li Raniere de P. Soli in S. Lorenzzo. E adi 17 de
Marzzo fece la publica pure in S. Lorenzo e ebbe assai onore.

Adi 29 de Marzzo vene la nuova qui in Perogia come el papa
era malato gravemente e stava in ponto estremo, e cie schrisse il
collegio deli cardenali al nostro Comuno, che noj stessemo al ser-
vitio dela sede apostolica e che non dubitassemo de cosa alcuna,
per questa cagione le nostre «genlilomeni andaro da Monsignore
e feceno parlamento e consiglio che vacando la sede apostolica
se desse qualche ordine buono per conto dela città.

E perché a questi di passati se decea de certo ch'el papa
era morto, molte terre de la Chiesa per questa cagione fecero
novità; Spolete, Terne, Viterbo e quelli de Gualdo dice ch'anno
preso el Podestà per ribaldarie ch'esso à fatte, quelli de Beva-
gna dice ch'an preso el castelano e anno scarcato el cassero da
fondamenti e Nargnie, Tode e Melia. Et in Orvieto cie volse restare
Gentile de la Sala (2).

(1) É appena da avvertire, che l'essere pervenuta a mezzo del trombetto del
Papa notizia in Perugia della lega tra Venezia, Milano, Firenze, Re Alfonso e Nicolo V
contro il Turco nel di 14 marzo 1455 (e cioè dopo che vi era giunta la nuova della
pace tra quelle città e l'Aragonese) è spiegato dal fatto, che altra cosa è la pace di
Lodi ratificata dal Re nel 26 gennaio 1155, e altro è la lega posteriormente conclusa
fra quelle città e i principi, massime per esortazione di Nicolo, che non poté vedere
i frutti del nobile tentativo, perché mancato ai vivi nel 24 marzo dello stesso anno.

(2) Il Pellini, alla pari del Cronista, accenna alle novità fatte da alcune terre
dell' Umbria e alle lettere pervenute in Perugia dal Collegio dei Cardinali, non ap-

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058 / O. SCALVANTI

Adi 26 de Marzzo in Mercordi vene nova in Perogia come
Papa Nicola V era morto, e morì el lunedi passato che. fo adi.
24 ditto a 6 ore de notte, e visse nel papato anni 8, mese 1, e
di 8 e era stato chreato papa [nel] 1448.

Adi 29 de Marzzo vene in Perogia el Cardinale Greco, ch'era
governatore de Bolognia, e andava a Roma per retrovarse nel Con-
cistoro, per chreare el nuovo papa. Li andò in contro Mons. nostro
governatore con questi nostri gentilomene e cettadini, vene molto
bene in ordine, era de l'ordine de S. Basilio e schavalchò al palazzo de
Monsignore, cui aloggó quella sera, bench'era dato l'ordine che
luj aloggasse a S. Pietro, dove se era fatta gran provisione, e
quella sera predelta fo apresentato dal nostro comuno. E adi 930
detto se partì per andare ala volta de Roma, e fo acompagnato
da Monsig. e da molti nostri cettadini.

Adì 9 de Aprile vene la nuova in Mercordì per lo corriere
nolificando al nostro comuno, come adi 8 de Aprile in Martedì
ale 18 ore fo chreato el nuovo papa, e in un dì venero li corriere
da Roma e qui, e era stato fatto papa el Cardinale de Valenzza quale
era catalano e li è stato posto nome Calisto 3°, e è il più ricco
cardenale de corte de età de circa 90 anni (1), e venuta la nuova
subito for sonate le canpane del comuno e de S. Lorenzzo e la
sera for fatti li faloni e fuochi a le lumiere del palazzo dei priori,

pena il Papa ammalò; ma sul loro contenuto ci dice solo, che vi era l’ assicurazione,
che Nicolò V viveva ancora, mentre il Cronista ci narra assai più, tanto da dimostrarci
con quanta cura la Chiesa coltivava l' amicizia dei perugini. Il Cronista accenna poi
al proposito, subito manifestato dai reggitori di Perugia, di profittare di questa cir-
costanza per ottenere qualche ordine buono per conto della città; e ciò dà prova del
desiderio, che i perugini avevano di migliorare i loro rapporti col papato.

(1) Il Cronista dice che Calisto III aveva circa 9) anni di età; il Muratori ed altri -
scrivono che egli era ottuagenario. Cristoforo da Soldo (Ist. Bresc. R. I. S. tomo XXI)
pone l’età di 85 anni, e di ciò molti scrittori di storia ecclesiastica fanno ampia con-
ferma. Ma il Raynaldo (Az. eccles.) scrive, che egli era — « decrepitus, nam septuage-
simum annum transcenderat » —. Ci sembra il Raynaldo sia nel vero, perché il
Platina nell'elogio di Calisto III, dopo che già era passato di questa vita, scrive —-
« Facilis aditu, quantum ei per aetatem licebat: jam: enim octogesimum attigerat an-
num » —. La sollecitudine poi, con la quale nel di appresso alla elezione di
lui, giunsero qui i corrieri da Roma per recarne Ja notizia, é novella prova dell' in-
teresse che i Papi addimostravano per aver Perugia benignamente soggetta,
CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. e dl

e à per arma un Bove roscio che pascie el falasco nel campo
d’oro (1). |
| A questi di de Aprile le nostre gentilomene an falto molli
consigli per eleggere li ambasciatore per mandarli a papa Calisto
e per altre cose inportante a la città e sono in gran discordia (2).
Anco a questi di de Aprile se scoperse un trattato in Asese
che li Asciesciani volevon dare asese al Conte Federigo de Vrbino.
Adi 13 de Aprile volsero entrare in Asese cavalli e fante de
la Chiesa per sospetto del ditto trattato, ma li Asciesciani non
cie li volsero lassare intrare dove che ciè fo fatta una bella sca-.
ramuccia. Se disse ch’erano aloggati sotto S. M. deli Angeli.
Adì 15 de Aprile el nostro Comuno elesse 5 ambasciatori per
mandarli al papa novamente fatto, per reformare li capitoli fra la
Chiesa e noj, e che li ditti Ambasciatori abbino a donare al Papa
per il nostro Comuno le poste del Chiuscie, el Monte malbe e il
Campione de la carne (3). Li ambasciatori eletti son questi.

M. Pierfelippo de Berardo da Corgnie di P. Susane.
“A Guido de Carlo deli Odde di Porta Susane.
Y Cesaro de M. Agamennone deli Arceprete P. S. A.

Guido de. M. Malatesta dej Baglione P. S. P.
Piero de Filippo de . . . . . (4) Porta Susane.
Lione de Guido deli Odde per scambio de Guido suo. padre,

(1) Non appena eletto, Calisto IIT, con Breve del 28 aprile 1455, diretto al Magi-
strato, notifica di avere confermato nell’ Ufficio di Tesoriere Apostolico di Perugia
Gilforte Chierico di Camera, e perciò esorta il Magistrato stesso a permettere a questo
personaggio di esercitare le sue funzioni (Archivio Com., Cass. XII, n. 194).

(2) Pellini ed altri non accennano a questa discordia tra i gentiluomini circa
le istruzioni da dare agli ambasciatori, che dovevano andare a Roma per prestare

| ossequio al nuovo Pontefice; eppure tali discordie dovettero essere profonde, per modo

che si fecero molti consigli, e non si venne alla elezione degli ambasciatori che al
15 aprile.

(3) Erano queste Poste del Chiugi e di Montemalbe una gabella speciale, che riscuo-

tevasi per le pasture degli animali. Il Campione della carne era relativo alla gabella,

‘ che si pagava da chi estraeva bestiame dal contado ma si sborsava nelle mani del

| compratore del Campione, che aveva diritto di mantenere nel Chiugi perugino, su

E; Montemalbe e in altri territori comunali le bestie da macello. Egli. doveva ‘curure,

j : che di esse non fosse penuria, e venderle a prezzi determinati (Vedi ALFIERI, LAmmin.

econom. dell’antico Com. di Perugia, .1896).

(4) Lacuna del manoscritto, Questo Piero de Filippo riteniamo sia il celebre giu-

vista Della Corgna, di nobile famiglia, che apparteneva al rione di P. Susanna

£pD
I9 O. SCALVANTI

peroché Guido non cie volse andare et focce gara fra li priore, e
andaro adi 5 de Maggio con 50 cavalli, 10 per omo.

Adi 18 ditto mori Brettoldo di Carlo deli Oddi de P. Susane
a Passigniano del laco de gocciola e la della matlina cie andò la
Lodoviea de Raniere sua moglie quale lo trovó vivo e fece testa-
mento e quello che bisogniava (1). E adi dilto fo recato el corpo
suo qui in Perogia e la sera fo sepelito in S. Francesco e de la
morte sua ne renchresse a ogni celtadino peroch'era bono gentilomo.

E adi 20 dello in Domenica vene la nuova qui in Perogia
come el Papa era stato incoronato e dela sua crheatione alchuni
cardinali e quasi generalmente ogni persona ne è malcontenta
del suo papato (2).

E addi 22 ditto fo falto il corolto dela morte de Breltoldo
deli Odde.

Adi 25 de Aprile fo falla una scaramuccia a Brufa con le
gente dela Chiesa peroche stavono aloggate sotto Bettona. Era
capitano de ditte gente Jacomo da S. Giemene, e questo se fece
perch'esso mieteva tutto il grano de quel paese, onde che quelli
da Brufa se adunaro insieme e fecero dilla scaramuccia dove
morse un saecomano.

Adi ditto se parti da Perogia Fioravante de Tanlino nostro
perugino quale era conduttiere del Duca di Milano e era tornato
qui per pacifieare Pietro Pavolo, Agnielo, Giovagnie Christofano
suoi fratelli quali erano in gran discordia insieme e così li fece
pacificare e concordare insieme.

(FABRETTI, Doc. 1837, pag. 116). Egli prese parte ad altre ambascerie, come vedremo
all'anno 1459.

(1) Questo Bertoldo degli Oddi fu personaggio di molta fama; ebbe in patria
onori ed uffici, e servi lungamente Alfonso di Aragona nelle guerre del Regno di
Napoli, dove aveva perduto il fratello Ridolfo. Anzi fu pochi anni prima della sua
morte, e cioé nel 1412, che Bertoldo tornò in Perugia, portandovi le ossa del fratello,
che fece, come narrano gli storici, honoratissimamente in S. Francesco sepelire.

(2) L'elezione di Calisto III non fu salutata con favore dalla città e:dai poten-
tati italiani. Egli ebbe fama di bontà prima di diventare Pontefice; ma, assunta la
tiara, non ebbe misura nell'eccitare i principi alla impresa contro il Turco, tal-
ché pel soverchio zelo e i modi alteri e non concilianti, riusci solo a fomentare
guerre e discordie e a crear maneggi e intrighi per l'esaltazione de’ suoi nepoti. Né
é diverso il giudizio, che di lui hanno dato storici illustri e imparziali, CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 115

A questi dì vene nuova qui come el magnifico e nobile omo
Conte IACOMO Piccinino de Ragona (1) nostro Perugino Capitano
de Ventura era gionto in Ferrara et li mangiò con il Marchese
E- de Ferrara. Se dice che vien contro el sig. Gismondo de li Ma-
latesta sig. de Rimine, se dice che mena seco circa 7000 cavalli
e fanti assai (2).

(1) Questo titolo — di Aragona — derivava a Iacopo Piccinino dal padre Ni-
colo, che nel 1442 con diploma del 26 giugno veniva adottato da Re Alfonso come
faciente parte della famiglia Aragonese (FABRETTI, vol. II Cap. vent. e vol. ult,
Cronaca a stampa, pag. 485 e 486, PELLINI, II, pag. 486, LORENZO SPIRITO, capo LXIV
dell’ Altro Marte). — Il poeta perugino scrive:

Per benefitio che da lui disciese
Enverso el divo Alfonso de ragona
Volse el gran re alluy esser cortese,
E darli un premio della sua corona,
E di la sua casata farlo degnio,
Per honorarlo fra ogne persone.
Perchui quel serenissimo e benignio
è ; Re divo Alfonso di ragona nato,
In ques'o tempo li ne fecie un segnio,
Mandolli un breve aperto e sigillato
En questo tempo a suo magiore honore,
El qual dagli occhi miei lecto e guardato,
Era di questo presente tenore.

Qui segue la traduzione in versi del Diploma, col quale si concede al Piccinino
di prendere l’ appellativo di Aragona, assumerne le insegne per sé e pei discendenti,

Si como nati fussan propriamente
Di nostra stirpe regia.

(2) Il Cronista comincia a darci qui buon ragguaglio delle azioni di Iacopo Pic-
cinino nelle Marche, nell’ Umbria e in Toscana. Evidentemente lo scrittore ama tenere
alto il nome del prode condottiero, e cerca in ogni modo di aggrandire i suoi suc-
cessi. In questo. luogo egli accenna al viaggio che il Piccinino fece a Ferrara, e;
secondo il Cronista, ciò ‘accadde nell'aprile del 1455, quando era morto Nicolò V, e a
lui succeduto Calisto III. E veramente a noi pare debba aggiustarsi fede al Cronista,
di preferenza che a quegli storici, che tal fatto pongono sotto il pontificato di Nicolò V,
talché attribuiscono a questo Papa di avere istigato Francesco Sforza, duca di Milano,
à vigilare i movimenti della Compagnia guidata da Iacopo. Ma poiché angusti sono S
i limiti di tempo, essendo morto Nicolò V nel 24 marzo, può essere che l andata del
Piccinino a Ferrara e il sospetto (di che parla il Bonincontri negli Annali) che mirasse
ad occupare Bologna, già signoreggiata dal padre suo, si verificassero nel marzo, quando
viveva tuttora Papa Nicolò. Questo è not. vole, che il Cronista attribuisce subito al Picci-
nino una potenza maggiore di quella che ebbe, e narra che egli conduceva ben 7002 ca-

8
114 | 0. SCALVANTI

Adi 28 de Aprile passaro de qui cinque Ambasciatori de Bo-
logniesi con 30 cavalli quali vano a Roma al Papa.
Adi 29 de Aprile in Martedì vene in Perogia el Governatore

4.

novo chiamato m. Jacomo Arcivescovo di Benevento e è venuto
a stantia de Papa Calisto 3° e parlissi m. Nicolo Vescovo di Ra-
canate, e fo apresentato dal nostro Comuno la medesima sera
che esso vene e cioè: 2 sacchi de biada, una stangala de polli,

valli e molti fanti, mentre dalle Cronache di Bologna resulta che il suo campo era di 3909
cavalli e 109) fanti. Intanto é interessante leggere in chi registrava le impressioni del
momento, la voce corsa a quei di, che Iacopo movesse ai danni del Malatesta di Rimini.
La qual voce o fu veramente errata, o il Conte Iacopo mutò pensiero pel sopraggiun-
gere delle armi del Duca di Milano. Nondimeno può credersi con fondamento, che
qualche cosa di vero doveva pur esservi in ciò, che narra il Cronista sotto la data del
7 maggio 1455, e cioé che il Duca si fosse rifiutato di dare in moglie a Iacopo la figlia
sua fino a che non fosse divenuto principe di una città E se ciò è vero, nulla doveva
importargli, che il Piccinino occupasse gli stati di Sigismondo dei Malatesta o di
Astorre dei Manfredi, tanto più che, per volere di Re Alfonso, entrambi erano stati
espulsi dalla lega stipulata nel marzo; e se aveva creduto di arrendersi alle preghiere
del Papa, ciò era stato pel sospetto che il Piccinino mirasse a insignorirsi di alcune
tevre della Chiesa. Io credo assai probabile questa ipotesi, che Neri Capponi accenna
nel suo Commentario: — « Il Conte Iacopo si intese con più Signori di Romagna, cre-
dendosi fare voltare lo Stato di Bologna. Il Papa et il Duca s’intesono insieme a non
lasciar passare; il Duca mando 3000 cavalli in Romagna, e quelli Signori voltarono
mantello, e finalmente se ne andò in quel di Siena » —. Anche il Muratori, seguendo
il Commentario del Capponi, ci narra, che uditasi la nuova delle armi del Duca con
dotte da Corrado da Fojano e da Roberto da S. Severino, Iacopo non osò più fare
novità, e i Malatesta é i Manfredi, «i quali dianzi per paura erano in segreto accordo
con lui, si ritirarono da ogni promessa a lui fatta » (Ann. 1455). Poté dunque la
voce di un attacco alle due signorie, sparsa ad arte, velare le mire di Iacopo, il quale
molto probabilmente voleva costituirsi una signoria in qualche città importante, e
forse in Bologna, e mutò pensiero non appena si trovò alle spalle 1’ esercito del Duca.
E che tali fossero gl'intendimenti del Piccinino lo abbiamo da molti storici. E ben
vero, che il cronista bolognese Bartolomeo della Pugliola parla di ciò in modo alquanto
dubitativo, dicendo, che — « adi 1) de maggio le genti d' arme, che erano nel contado
di Bologna, andarono in Romagna e mandaronvi 250 cavalli dei bolognesi; e anda-
rono ad alloggiare appresso il Castello di Solarolo di sotto da Faenza, per contra-
dire al detto Iacopo, s' egli avesse voluto offendere il contado di Bologna » — ma il
Capponi, già citato, il Bonincontri ed altri danno per sicuro il proposito del Piccinino
di recarsi in quella città — « Iacobus Piccininus, così l’ Annalista, a Venetis recedens,
existimabat posse Bononiam intercipere, quem Franciscus Sfortias e Calistus III ab
incepto proposito deturbarunt » — Cenno di questo intendimento del Conte si trova
anche nella Cronaca eugubina- del Bernio. Fabretti invece ritiene, che Iacopo fosse
primo a rompere la guerra, o per volere di Alfonso o per impeto giovanile o meglio
per ingordigia di guadagno ()p. cit., vol. II, pag. 282). Ora non si impugna che Alfonso
di Aragona abbia avuto parte nei moti del Piccinino, salvo a tener cosi nascosti i
suoi maneggi, che nemmeno nel Diario napoletano (MURATORI, R. I. S, tomo XXI) CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 115

una slangala de fiaschi de vino (1), 12 scatole de confetti, 8 torte
de marzza pani, 8 torchie grande, 4 mazzi de candeli.

Adì 2 de Maggio fo amazzato Andriuccio de Porta S. Agnielo
a Spoleto perochè cie erano andati de qui circa 40 perugini. per
fanti pagati a bajocchi 25 [el] di per ciaschuno, quali li mandò
Agnielo dai Veli in aiuto de m. Cesaro Governatore ch’ è stato
del ducato de Spoleto, gienero (2) già de Papa Nicola V, perochè li
Spolelini lo volevono amazzare e esso se era rencaslelato nel
cassero de Spoleto, e questi 40 andaro la notte per canpare el
ditto Governatore e cavarlo de ditto cassero e deli 40 fanti non
cie ne foro se non 13 ala zuffa e che combattero con li ditti Spo-
letini, la quale fu de notte e amazzaro uno Spoletino e li cie fo
ferito a morte Pietro della Vannuccia nostro perugino.

E adì 3 detto vene in Perogia madona caterina moglie del

ditto m. Cesaro sorella che fo de Papa Nicola V, la quale sca-
valeó in casa de Agnielo de Girolamo de Bartolomeo dai Veli lì a
S. Savino con tutti li suoi bagaglie.

Adì 7 de Maggio vene qui in Perogia el nepote de Papa
Calisto 3° lo quale andava a Roma e aloggiò nela osteria de
Ser Marco de Pietro Barbadoro arbergatore fiorentino e la detta
sera fo apresentato dal nostro comuno de confetti e cera, e il dì
seguente andò a mangare con li sig. Priori. E adi ditto vene la
nova qui come el Conte Jacomo nostro Perogino era gionto in
Cesena e non viene contro el sig. Gismondo ne manco contro el
sig. Malatesta da Rimine.

se ne tien parola. Ma é certo che Iacopo non si indusse a quell'impresa, solo a isti-
gazione di Alfonso, o per cupidigia d' oro, ma per ambizione di dominio e di signoria.
Il motivo addotto dal Fabretti val quanto il pretesto, che Iacopo accampò per la
guerra contro i Senesi, sostenendo che voleva esser pagato dei soldi dovuti al padre
suo Nicolò. Questo è evidente, che il Piccinino, come scrisse lo stesso Calisto III nel
Breve ai perugini del 23 giugno 1455, di cui vedremo in appresso, fu la causa prima,
che distrusse i buoni effetti della pace di Lodi. Del resto anche in Perugia la voce,
che il Conte si portasse contro Rimini nor durò che pochi giorni, perocché ai di 7
di maggio il Cronista scrive, che Iacopo non aveva formato il disegno di quella im-
presa, e aggiunge che si prosumeva che il Conte dovesse muovere guerra nela Marca
contro la Chiesa.

(1) Stangata per esprimere quantità quale può essere portata da una stanga
(Conf. Cronaca a stampa, pag. 410).

(2) Il Cronista voleva dir cognato, perché Cesare governatore di Spoleto era ma-
rito di Caterina, sorella di Nicolò V.
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116 O. SCALVANTI
1
Dipoi derieto al Conte Jacomo vengono circa 4000 persone :
quali sono gente del Duca di Milano, e vengono in favore dela |
Chiesa, perochè se prosumeva che il Conte Jacomo dovesse muo- »

n ver guerra nela Marca contro dela Chiesa e per ditta cagione el
ditto duca mandava quelle gente, benchè il ditto Conte Jacomo
sia suo gienero e à per moglie la figliuola del detto Duca, lo

quale duca non lie.la vuole dare e non vuole che la meni ne
essa vada a marito se prima il Conte Jacomo non se acquisti
una cilade che sia sua (1).

Adì 19 de Maggio vene in Perogia la Ambasciata de fioren-
tini, quali Ambasciatori andavono a Roma a visitare el Papa.
Erano 5 ambasciatori fra li quali era l’ Arcivescovo de Fiorenzza
de l’ordine de S. Domenico, e un deli figli de Cosimo de’ Medici;
era una bella ambasceria e menavano 100 cavalli e 14 some de

cariaggi e la ditta sera for apresentati dal nostro comuno de va-
luta de fiorini 50 e la mattina usciro da casa e venero in piazza
e con loro lutti questi ncstri genlilomeni, e andaro a visitare
Monsignore e poi venero ali Sig. Priori e il dì se partirono.

Adi 20 de Maggio la festa de S. Berardino vene a Perogia F
m. Bartolomeo Bovarelli Arcevescovo de Ravenna, quale era
stato qui in Perogia per governatore, e era molto amato e la
mattina andò a visitare monsignore, e quasi tutti li nostri gen-
lilomeni lo acompagniaro e la ditta mane fo apresentato dal no-
stro comuno de torchie candele, 12 scatole de confetti e 4 lorte
de marzapane, se disse che luj andava a Roma a visitare el papa.

Adi 27 de Maggio el martedi de Pasqua rosata relornaro li
nostri Ambasciatori da Roma, e non avevono in tutto otenuto
quello che essi volevono. — Adi detto mori madona Atalanta
moglie de Nello dej Baglione e fo sepolta la sera medesima in

(1) Qui apparentemente il Cronista cade in contraddizione, perché, dopo avere
chiamato Iacopo genero del Duca di Milano, perché è per moglie la figliuola del
ditto Duca, aggiunge, che il Duca non glie la vuol dare, e vuole che non vada a
marito ecc. Ma contraddizi. ne non vi é, in quanto il connubio poteva essere avve-
nuto, senza che il marito avesse condotto seco la moglie. Abbiamo altro esempio di k
cio, proprio anche degli odierni costumi del nostro contado, nel matrimonio contratto
da Fortunato Coppoli, di cui dice il Cronista, che avia tolto moglie, ma non lVavia
men sta (Vedi Cronaca ms, adi 9 di giugno 1455).
Saper
4

5x

CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 117

S. Francesco. — E adi 29 del ditto in giovedì a mattina se fece
el corotto in piazza denanle a S. Sivero (1).

Adi de 30 Maggio in Venerdì Lionello del Miccia (2) trovando
la Braniamonte sua sorella moglie de Carlo de lo Abate dei gra-
liane nel letto con Mariano de lo Imperatore. funaio del: Campo
de S. Giuliana, e questo fo a Castelvieto, onde cl’ il ditto Lionello
prese el ditto Mariano e disse: elegge uno deli due partiti o vole
ch'io le amazza o tu vuole cavare li ochi ala Braniamonte. In-
fine per lo suo meglio disse di voler cavare gli ochi ala Brania-
monte e poi el ditto Lionello dette al ditto Mariano de molte
bastonate e poi li disse che non entrasse maj piü nel nostro
conlado e che trovandocelo li farà tale ufficio a lui.

Adi 9 de giugno messer Fortunato de m. Ibo de’ Coppoli se
fece frate de S. Francesco del Monte e era studenle e avia tolto
moglie ma non l'avia menata. Era figliola che fu de Mariotto
de Nicoló de' Baglione, perlanto che li suoi fratelli cercarono pa-
recchie di per luj, e si lo trovarono ala Verna in quello de' Ca-
slello, e luj respose che se era falto frate per buona cagione e

non volse sfratarse in modo alchuno, e era un leterato giovane e

servenle (3).

(i) Dopo il 1285 (secondo narra il Pellini) il Magistrato fece. oceüpare la Chiesa
di S. Severo di Piazza, situata a capo della Via della Gabbia, ma avendone: chiesta
autorizzazione al Capitolo sorse disputa fra questo e il Magistrato. I Consoli del Co-
mune furono prima obbligati alla restituzione, ma poi ottennero la Chiesa formal-
mente per mezzo di un Breve di Bonifacio VIII del 1297, diretto al Guardiano dei
Frati Minori di Perugia. Anc' oggi dalla Via della Gabbia si possono-vedere le antiche
finestre della Chiesa, i

(2) Della famiglia Oddi. Il fatto è narrato, con minori particolari, anche nella
Cronaca del Veghi (Arch. st. itat., tomo XVI, pag. 629).

(3) È questo il frate Fortunato Coppoli, celebre oratore e personaggio illustre

.dell’ Ordine francescano. Il Waddingo lo chiama — « virum doctissimum, juris Caesa-

rei olim celeberrimum doctorem, qui paulo antea, defuncta wxore, ad Religionem
transierat » (Annali frances., anno 1174). In ciò l'annalista discorda dalla nostra Cro-
naca, che narra, avere il Coppoli sposata la figlia di Mariotto di Nicolò Baglioni,
senz’ averla seco menata, onde i fratelli di lei, indignati per avere egli abbracciato
la professione religiosa, si diedero a ricercarlo, e trovatolo non riuscirono a persua-
derlo di uscire dal chiostro. Or, sebbene della pietà e vocazione religiosa, posterior-
mente manifestata dal Coppoli, non sia dubbio, pure l'improvviso mutamento di
volontà, che dal matrimonio lo condusse. all’ austerità della vita monastica, deve
essere stato determinato da qualche cagione diversa dalla tendenza dell’ animo alla
professione sacerdotale. Ad ogni modo egli resistè alle sollecitazioni dei ‘cognati, e
118 E O. SCALVANTI

Adì 15 de giugno fo venlo el partito fra Priore e Camor-
lenghi [de] corbe 60 de grano per farne pane per apresentarlo al
Conte Jacomo nostro Perugino, Capitano de ventura perochè adi
13 detto gionse in quello de Castello e del Borgo S. Sepolchro e
per fare il ditto pane ne fo dato comissione a ogni camorlengo,
che ne facesse fare la sua rata, perochè ditto Conte Jacomo do-
vea passare per il Chiusci e à mandato a domandare el passo
a quelli de Castello dela Pieve.

Et qui in Perogia la notte se fanno le PUE per sospetto
del ditto Conte Jacomo come se fosse nostro nemico e il padre
suo fo il più fidato omo, che avesse maj el presente stato dei
gentilomeni (1). A questi di de giugno fo vento fra Priori e Ca-
morlenghi lo stendardo con l'arme del nostro Comuno per darlo al
Capitano del Popolo cioè messer Sante deli Viteglie de Corgnieto,
lo quale ha fatto un bell'Ufizio, e à gastigato molti malfaltori e
ribaldi, e à auto grande onore, ecetto che fo biasimato di quello
scandolo quando mori quello da Ripa, e à auto la riferma per
6 altri mesi. (2)

poiché il matrimonio non era stato consumato, profitto de' noti Canoni per tener fermi i
suoi voti (Vedi Const. Alrx. III in Cap. Verwm et Cap. Ex publico. — Innoc. II in Cap.
Ex parte. — Joan. XXII Extravag. unica. De voto, ecc.) — Il Coppoli fu carissimo
à Sisto IV, che piü volte lo mandó a predicare la pace nelle travagliate città d' Italia,
ed è memorabile il successo che ebbe a Pistoja, ove eccitò il popolo ad nitatem
et pacem. Fu tra i più zelanti ispiratori dei Monti di Pietà; ebbe molte cariche nel-
l'ordine francescano, e morì nell' agosto a S. Maria degli Angeli, rivestendo |’ Ufficio
di — Provinciae Sancti Francisci Vicarium — in fama di celeberrimo oratore.

(1) Qui il Cronista non dà saggio di molta penetr azione, perché si meraviglia che
in Perugia si facessero le guardie per sospetto del Conte Jacomo, mentre il padre
suo fo il più fidato omo che avesse mai il presente stato dei gentilomeni. Se era opi-
nione che egli cercasse signoria, come non doveva nascere il sospetto che mirasse
a farsi principe della sua città? Senza contare, che pur non avendosi dubbio di Ia-
copo, si aveva ben motivo di non credersi sicuri dalle sue bande, di cui son note le
oppressioni e i saccheggi. Rispetto poi agli elogi che il Cronista fa al padre di Ia-
copo, é da ricordare, che i perugini nel 1438 entrarono in sospetto anche di lui; che
dovettero esortarlo a contenere gli eccessi delle sue soldatesche; che per di lui ca-
gione la Repubblica ebbe seri contrasti col Papa ; che, venuto Nicolò a Perugia nel 1440
ridusse lo stato nelle proprie mani, e i cittadini dovettero con molte ambascerie sca-
gionarsene colla Curia Romana, fino al punto da rifiutare nel 1441 al Pazzaglia,
capitano del Piccinino, le vettovaglie domandate, onde le minaccie del gran condot-
tiero ai Perugini. Nessuna meraviglia dunque dei sospetti nati in Per ugia nel 1455
allo avvicinarsi dell' armata Braccesca guidata dal Conte Iacopo.

(2) Era costume che si offrisse al Podestà e al Capitano del Popolo, alla cessa-
zione dall'ufficio, una bandiera collo stemma del Comune, in attestato di benemerenza
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CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 119

Adi 18 de giugnio vene qui in Perogia un Cancelliere del
Conte Jacomo e domandò al nostro Comuno per parte del detto
Conte Jacomo in prestanza fiorini 6000 con termine di arendeili
per fino al mese de agosto prossimo adavenire e ch'esso sarà
bon renditore (1). i

.E adi ditto vene la nuova che luj era gionto al Borgetto
del laco con cirea 7000 cavalli e fanti assai, scopiettieri e bale-
strieri e quel di medesimo che vene el Canceliere tutti li nostri
gentilomeni intendendo la proposta sua subetto andaro ali ma-
gnifici signori Priori per ragionare con essi de questo interesso.

E adì 19 de giugno li signori Priore fecero chiamare li Ca-
morlenghi al Conseglio e proposero come el Conte Jacomo do-
manda in prestanzza al nostro Comuno fiorini 6000, per la qual
cosa fo meso el partito, e così fo vento fiorini 6090 a bajocchi
40 per fiorino, che vengano a essere fiorini 6600, perchè prima se
ragionava el fiorino bajocchi 96, li quali li fossero donati e
fallegliene un presente e non cie fo se non una fava nera in
contrario.

Adi 19 de giugnio fo mandato questo infraschritto presente de
la da le Chiane al Conte Jacomo Piccinino per parte del nostro
Comuno, cioiè some 56 de pane, some 40 de vino, some 30 de
confetti e de cera.

Et i signori Priore cie mandaro 4 trombette del palazzo e anco
la magior parte deli donzeli del palazzo, e per ambasciatori fo
determinato che cie andassero li capitani del contado, che son
questi infraschrilti.

Gostantino de Rugiero dei Raniere Porta Soli.

Galiazzo de Felcino de li Armanni Porta S. Angielo.

Biordo de Fioravante deli Oddi P. Susane.

Ranaldo de Rustecho da Monte Melino, Porta borgnie.

pei servigi resi alla città. Sembra che questo dono fosse assai ambito, talché Calisto

‘III col Breve 31- marzo 1457 (Arch. Comun. Cass. XII, n. 221) proibisce, che si faccia

una tale offerta, perché tanto il Podestà che il Capitano procedono lentamente nel-
l'amministrazione della giustizia, per non disgustare i cittadini, e ottenere da essi
più facilmente la consueta bandiera al fine dell’ uffizio.

(1) Tutti questi avvenimenti, e in specie il prestito di 6200 fiorini richiesto da
Tacopo, sono narrati dal Cronista con una copia di dettagli maggiore che nel Pellini
e altri storici,
190 O. SCALVANTI

M. Pandolfo de Nello dei Baglione P. S. P.

Li Priore che erano a questi tempi son questi cioiè.

Bartolomeo di Lorenzzo de Agnielo de Renzzo da Canta Galina
Porta Soli.

Francesco de Baldassarre de Pavolo de Petrino P. S. A.

E li compagnie 2

Lionello de Merchiorre di Massolo de Chrescie P. Susane.

Giapeco de Barnabeo notaro P. Soli.

Adi 20 de giugno vene nova come el Conte Jacomo avea
messo a sacco Cetona di quel de Siena, e misela a sacco quella
sera che passó le Chiane e in manco de 2 ore per forzza de ba-
taglia la preseno ma anco non à auto el cassero (1).

Adi 25 detto el Conte Jacomo andò a Sartiano a campo dove
che esso cie fo ferito da uno scopielto nela gamba e anco cie fo
amazzato un suo omo de arme, onde che per ragione de la ferita
esso non podde venire a le Chiàne a recevere el presente man-

dato dal nostro Comuno, ma cie mandò li più cari e intimi amici

che il ditto conte avesse, e dice che luj l'ebbe molto acetto e
disse che luj non avia allra speranzza al mondo che questa ma-
gnifica città.

E adi ditto foro cavati li priore novi per li 2 mesi davenire
li quali son questi, cioiè:

Tomasso de Pavolo de Rucitello Mercatante.

M. Grigorio de m. Rugiere da Antignolla, P. Susane.

Antonio de Agnielo dei Boncagni, P. borgnie.

Pier Mateo de Pietro dei Graliani e li compagni de porta S.
Pietro.

Li consoli e li auditori che for publicati adi dillo cioié adi
20 de giugnio son questi, cioié: Ranaldo de Rusteco Monte Melino,
P. Borgnie; Piero de Felippo, P. Susane; Bartolomeo de Luca,

(1) Il solo Diario delle cose di Perugia di VILLANO VILLANI reca questo laconíco
cenno del fatto di Cetona: — « Nel mese de giugno venne il Conte Iacomo di Nicolò Pic-
cinino e mise a sacco Cetona » —. Ora il nostro Cronista, con maggior precisione, ci
narra che fu occupata Cetona e messa a sacco, ma che il cassero oppose resistenza
per modo che Iacopo non lo ebbe a patti che dopo qualche giorno (Vedi Cronaca,
adi 26 giugno), Noto pure che Calisto III in un suo Breve, in data 14 agosto 1455,
rimprovera il Magistrato di avere dato aiuto al Piccinino, ribelle alla Chiesa, spe-
cialmente nell'assedio di Cetona.

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CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 191

P. S. Pietro; Francesco di Agnielo de Barso dej Barsi, P. Soli;
Nicolò de Pavolo de Pietro dej Gratiani di P. S. Pietro; Mascio de
Searafone de.P. Susane, Auditori.

Adi 24 de giugno fo vento el parlito fra Priori e Camorlen-
ghi che si dovessero vendere li Registri de l' anno 1444 infino al
1453, cioiè quelli dela cità ma non quelli del contado.

Adì. 26 de giugno vene qui la nova come el conte Jacomo
avea auto a palle el Cassero de Cetona, e poi era andato a campo
a Chiusci ch'era deli Senesi, e dice che non cie son remaste
100 persone terrazani, che tulti son fuggiti con le loro fameglie.
E che dentro cie sta a la guardia Pier Brunoro conestavole
de li fanti de li Senesi con 209 fanti. E poi venne la nuova che
il ditto Pier Brunoro se aconció con il ditto Conte Jacomo (1).

A quesli di passali gionseno le gente del duca de Milano a
Arezzo e son circa 4000 persone fra a cavallo e a piede, quali son
sempre venuli derieto al Campo del Conte Jacomo. Se dice che
vengano in favore dela Chiesa contro el Conte Jacomo.

Adi 27 de giugno li priore mandaro li trombetti del Comuno
la sera che era nolle, per lo contado nostro nolificando a ogni
persona che subito inteso el presente comandamento debbino
sgombrare el grano e ogni altro biado e deducerlo ale fortezze
per sospetto dele gente del Duca de Milano, le quale aloggiaro
la ditta sera in sul faldo, et alla Fratta, e fano grandissimo danno
dov'esse passano, ecetto che non pigliano pregione e vengano
per dunarse con le genle dela Chiesa in la campagna qui verso
Ripa e S. Gilio, le qual gente dela Chiesa vengono in su e son
circa 2000 persone, e cosi se debbino unire e fare un campo per
gire in aiuto e soccorso delli Senesi, e essere contro el Conte Ja-
como. Per quesla cagione in Perogia la notte sempre se fanno le
guardie, e non mente il proverbio, quando è pace in Lombardia,
Guerra aspetto a casa mia.

Adi 27 de giugno ditto vene uno Breve dal Papa al nostro Co-
muno che avendo S. S. inteso, come è stato ordinato e vento 6600
fiorini per prestare over donare al Conte Jacomo Piccinino, per la

pitti ici —

(1) Anche di questo avvenimento, come pure del bando fatto in Perugia per
l'approssimarsi dell'armata del Duca, non é cenno alcuno nelle altre cronache €
storie perugine,
192 i O. SCALVANTI

qual cosa S. S. proibiscie e expressaimente comanda che per modo
alehuno non li si debbino dare nè prestare, e oltre de questo S. S. à
inteso che questo Comuno à mandato a presentare el dilto Conte;
la qual cosa grandemente li à dispiaciuto, e che per lo avenire
per nisun modo non li se manda vituvaglia de nesuna ragione,
e che quello che contrafarà al preditto Breve sarà tenuto per ri-
bello e. nemico de la Sedia Apostolica ecc. Onde che gionto che
fo ditto Breve questi nostri Gentilomeni se adunaro tulli nela
Audienzza de la Mercantia e cosi insieme se ne andaro a Monsi-
gnore per parlare con esso di questo interesso, dicendoli che saria
grande mancamento al nostro Comuno quando mancasse de una
cosa promessa; per la qual cosa Monsignore montò fortemente
in collera, e con gran furia sbuffava, e non ne volse sentir niente.
Di poi li ditti Gentilomeni se. ne partirono e andarci li Signori
Priore, decendo come era stato promesso al ditto Conte Jacomo
la detta quantità de fiorini e che esso non è nemico del Papa nè
dela Chiesa, e che sarebbe gran mancamento al nostro Comuno
mancare de la promessa senza causa alchuna, pregando Sua
Signoria Reverendissima voglia schrivere al Papa, che non
voglia consentire ala vergogna e mancamento del nostro Comuno,

onde che Monsignore sempre era in maggior furia e non volse

udirne niente (1).

(1) Il Pellini narra in qual modo Papa Calisto III si accendesse di sdegno udendo
che il Magistrato perugino aveva deliberato di sovvenire il Piccinino di vettovaglie,
e di dargli in dono, anzi che a mutuo, 609) fiorini, e come per questo fatto dettasse
un Breve, ordinando di non somministrare cosa aleuna o danaro al Conte. Ma lo sto-
rico, oltre tacere dei vari partiti presi in Perugia, in seguito alla venuta del Breve
pontificio, pone, nell’ ordine della sua narrazione, questo fatto innanzi alla presa di
Cetona, mentre avvenne dopo. Il Pellini segue gli storici, che hanno attribuito questo
sdegno del Pontefice al timore che, per l'impresa di Iacopo contro Siena, s'ac-
cendesse qualche gran fuoco, che fosse poi difficoltà ad estinguerlo. E certo è, che
tutti gli storici danno al Piccinino la colpa di aver turbato la pace, che pareva al-
quanto assicurata, Ma, rispetto a Calisto III, la cagion vera del suo mal’ animo verso
i perugini derivava unicamente da questo, che egli aveva, come narra il Cronista,
messo in armi una compagnia di 2000 persone, le quali dovevano congiungersi al-
l esercito del Duca a Ripa, per piombare sulle genti del Piccinino, e non poteva tolle-
rare che Perugia, città a lui soggetta, sovvenisse il nemico suo di vettovaglie e di
danari. E il Papa agiva non per il desiderio di spegnere sul principio quel fuoco di
guerra, ma per rivalità col Re Aragonese, di cui si sospettava che desse soccorso e
incitamento a Iacopo per vendicarsi dei senesi, che lo avevano beffato nella guerra
coi fiorentini. Pertanto dal Breve di Calisto III resulta che i perugini avevano cercato,

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pro ___—__

CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 123

Adi 28 de giugno vene la nuova, come Braccio dei Baglioni
sta in Roma ed è al soldo della Chiesa con 400 cavalli, e do-
manda al Papa o denare o licentia e non poie avere nè l'uno nè
l’altro, e non vuole che esso se parta da Roma. Per la qual cosa
esso sla de malissima voglia e tanto più ch' esso avea intentione,
de essere stato fatto capitano de le gente de la Chiesa (1). — Et

nelle loro lettere al Papa, di addurre a pretesto del mutuo o donazione fatta al Conte
Tacopo la sua qualità di cittadino di Perugia; ma il Papa non tien buono questo
motivo, e aggiunge: — « dilectis filiis senensibus in pace manentibus et quiete et statui
nostro ac Sante Romane ecclesie devotis atque affectis bellum inferre preparantem
damnaque atque calamitatem importantem; sicuri jam videtis eum (manca una pa-
vola per lacerazione della pergamena). .... contra omnem nostre mentis inten-
tionem cum nulla presertim ipsorum demerita precesserint. Metus vero multo minus
vos ad hoc cogere debuit, cum cognitum vobis esset, magnas a nobis provisiones
facta fuisse, et nostras. . . .. et vires tantas esse, ut etiam cum quadruplo majore
exercitu hostili animo et infesto venientem, et reprimere possemus et profligare. Nec
tam parvi consilii eum deberetis putare, ut in tam apertam sui et suorum... ..
ruinam armis contra nostram et S. R. E. quietem sumptis, se vellet precipitare. Ce-
terum quoniam asseruistis tantummodo vos doraturos eidem sex milia florenorum
promisisse; nec adhuc tradidisse; vobis districtissime precipiendo mandamus, ut
quantum nostram gratiam carpenditis, nullo modo ei quicquam pecuniam ullo nomine
aut doni aut mutui vel largiamini vel mutuaretis..... Si vos amat, plus quam
satis, eidem benevolentiam vestram ostendistis, et excusatos vos fecistis quod sub
nostra e S. R. E. positi ditione; vestro arbitrio non potestis, tale aliquid invitis no-

bis salva fide et dignitate. . . . . vestra facere. Sin autem armis conabitur, et damnis
illatis per vim extorquere; satis a nobis provisum est et providebitur; ut sine ve-
stris incommodis ab omni iniuria et vobis et nostris ac S. R. E. subditis. . . . viribus

inferenda contineatur atque repellatur. Unum pro certo credimus, quod cum dictus
comes Jacobus de mente ac nostra fuerit plene certificatus; vos non impellet pre-
cibus aut modis ullis aliis; ut quiequid contra nostram voluntatem sit molliamini.
Datum, ecc. » —. Il Breve è diretto — Dilectis filiis nobilibus viris Prioribus artium Ci-
vitatis nostre Perusii — e porta la data del 23 giugno 1455. Ma questo Breve non ebbe
effetto, perché piü tardi il Papa, avendo appreso che i perugini giovavano al Conte

- Jacopo, si lagna di ciò col Magistrato. A questo Breve fa seguire quello del 22 agosto,

in cui esorta i perugini a ritornare alla scrupolosa osservanza dei doveri verso la
Chiesa (Arch. Com., Cass. XII, n. 197). E anche questa esortazione tornò inutile, perché
nello stesso anno, di ottobre, troviamo i fanti perugini ala guardia de la Rocca de
Cetona aitanti del Conte Jacomo (vedi Cronaca-sotto la data 10 ottobre 1455); e di
più si trova, che i perugini pagarono al Piccinino parte dei 6000 fiorini, tanto che il
Papa con Breve del 6 luglio 1456 insiste, perchè essi non paghino il rimanente di
quella somma.

(1) Anche di questo fatto tacciono le storie e cronache perugine finora cono-
sciute. Sembra quindi che Braccio dei Baglioni, il quale, insieme al Ventimiglia,
aveva assistito, come Capitano delle milizie pontificie, alla incoronazione del Papa,
volesse egli il comando delle genti spedite contro il Piccinino, e che; essendo stato

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124 È O. SCALVANTI

Braccio e "| Conte Janno da Ventimiglia Catalano portaro el Gon-
falone denante quando el Papa fu incoronato.

Adi dilto le gente del Duca de Milano partirono da la Fratta
e da Montone, e vennero in quel de Asese e aloggaro in quello
de Petrignano, e passaro alato a Ripa, dove la sera fero grandis-
simo dano; e son circa 4900 persone, e è una bella compagnia e
bane in ordine e portano 2 stendarde, uno con l'arme del Papa
cioiè un bove roscio che pascie in un canpo d'oro, e l'altro con
le chiave e arme de la Chiesa, e è principale capitano de le ditte
gente Monsignor Jacomo da Racanala arcivescovo de Raussa
mandato dal Papa.

E adi 29 ditto la mattina per tempo le ditte gente levar canpo
e se poseno solto Bellona, sempre facendo gran danno, benché cie
ne for morte 2 a Bettona e 1 a Brufa de li ditti soldati lo quale lo
amazzò messer Baldassarre de messer Pulidoro dej Baglione. Do
pol corseno a la Bastia de Braccio, e cercaro de pigliarla, se no
che cie fo reparato. In ultimo tolseno a Braccio e ali fratelli circa
30 some de grano.

Adi 29 ditto vene nuova come el Conte Jacomo era partito
dal Borghetto e passate le Chiane.

Adi ultimo de giugno el Conte Jacomo levò campo da Sarliano
e andó a S. Chasciano per la maremma de Siena.

Adi 1 de luglio Tiseo de Berardo da Corgnie andó per po-
destà di Castel de la Pieve e prima cie era stato Pavolo de Bar-
tolomeo de la Berarda de Porta Borgnie. E per castellano cie
sta al presente Giovagnie de Giapecho de li Arcepreti.

Adi 8 de luglio vene uno da Castel de la Pieve in Perogia,
e disse come el Conté Jacomo avea preso per forzza Monte Ma-
rano quale è de li Senesi ne la Maremma, e messilo a sacco-
manno.

Adi 8 de luglio vene la nuova come el Conte Jacomo avea
preso Magliano e Marciano pure nella ditta Maremma.

A questi dì passali el nostro Comuno mandò li ambasciatori

scelto in sua vece il Ventimiglia, se ne adontasse per modo da volere far ritorno in
patria. E se il Papa gl'impedi di recarsi a Perugia, cio fu probabilmente per il so-
spetto di qualche novità che avrebbe potuto fare contro la Chiesa, sdegnato com'era
di non avere.avuto il comando dell’ esercito pontificio,

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CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 125

al Papa per lo interesso deli 6000 fiorini, che for venti per donare
al Conte Jacomo come inanzi avem detto e che el Papa non vuole
che li deggano per modo alchuno, per questa cagione cie for man-
dati li ambasciatori, e anco per racomandare el conte Jacomo al
papa pregando Sua Santità, che poi che esso non viene contro dela
Chiesa Sua Santità non lo vogli tenere da nimico. Li ambascia-
tori son questi, cioiè,

M. Pandolfo de Nello dei Baglione e Biordo de Fioravante
deli Oddi.

Adi 9 ditto el Conte Jacomo schrisse una littera al nostro
Comuno, come esso sino al presente avea presi 7 castelli del Con-
lado de Siena, e avisava come el Re de Ragona li avea mandate
7 galee con molte fante e vituvarie e bonbarde e balestre (1).
E di più che spera in Dio che fra pochi di cie farà sentire
cose nuove. Et oltre questo se racomandava al nostro Comuno
pregando quello non vogli mancarli dela promessa de li 6900
fiorini che li son stati promessi (2).

(1) È preziosa assai questa notizia data dal Cronista nel di 9 di luglio, perché
dimostra che veramente Alfonso d'Aragona fin dapprincipio era stato largo di aiuti
al Piccinino, mentre qualche storico inclina a credere, ch’ ei lo sovvenisse solo dopo
la pretesa rotta di Bolsena.

(2) Tutta la narrazione dei vari fatti d'arme tra le genti del Piccinino e quelle
dei collegati, è assai diversa da quella data dal Pellinì e altri storici. Infatti per Neri
Capponi (Comin. dal 1419 al 1455), per il Simonetta (MURATORI, R. T. S., tomo XXI) e
altri, il Piccinino scontratosi presso Bolsena con Giovanni Ventimiglia, Capitano ge-
nerale della Chiesa, con Corrado da Fojano e Roberto da S. Severino, ebbe la peggio,
e l'onore della vittoria fu pei collegati, talehé Iacopo venne astretto a ritirarsi a Ca-
stiglione da Pescaja, ove vinto di bel nuovo e dal nemico e dalla fame, si rifugiò a
Orbetello, d'onde lo trassero le galere del Re Alfonso. Il Pellini non tace della diver-
sità, che è tra la narrazione degli storici da lui consultati e quella di alcuni scrittori
a penna, ma mostra di avere maggior fede nei primi che nei secondi. Io mi contenterò
di osservare, a sostegno della esposizione del nostro Cronista, che veri sono i racconti
di lui sul cammino percorso dai collegati; vere le imprese di Iacopo a Monte Ma-
rano, a Majano e Marsciano narrate sotto i di 3 e S di luglio; che la descrizione
del fatto d'arme di Bolsena contiene molti dettagli, e non apparisce troppo parziale,
dacché non vi si parla del Ventimiglia, caduto prigioniero di Iacopo, come pur narrano
altri storici; che difficilmente può dirsi inventata la descrizione della battaglia più minu-
ta e particolareggiata di quella dataci dal Simonetta; che dopo il fatto d' arme di Bol-
sena, le genti pontificie si ritirarono ; che il Piccinino si mostrò alquanto sfiduciato
quando seppe che l'esercito della lega da 12000 uomini, per nuovi assoldamenti, ascen-
deva ormai a 17070, mentre egli non disponeva che di 8000. armati; che egli chiese
aiuto a Alfonso d' Aragona; che non può reputarsi creato di sana pianta il fatto delle
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126 : O. SCALVANTI

Ali 13 detto in lunedi vene la nuova qui come el Conte Ja-
como avea data una rolta ale gente del Duca de Milano. — Et
anco avia quasi rotte le gente de la Chiesa e dice che se non
era l'ora tarda quando se azzuffò con li nemici ad ogni modo
li ronpea tulti, benchè un lepre quale scovò el Conte Jacomo e
passò li logamenti dele gente dela Chiesa fece che non foro rotte
tutte, perochè a quel lepre li fo fatta una baiata, per la qual cosa
el canpo dela Chiesa tutto se mise in ordine e alarme pensando
che fossero li nemici e così tutti se miseno in bataglia (1). — Et
in questo gionse el Conte Jacomo e ataccò la zuffa alli alogga-
menti e ali padiglioni deli nemici, chredendo de coglierli spro-
viste come sarebbe stato se non fosse stato quel lepre che li

vettovaglie dell’ esercito della Chiesa catturate da Iacopo a. Grosseto, e molto meno
l’altro fatto della sconfitta toccata alle genti pontificie a Massa, dove si indica perfino
il numero dei prigioni. Il Cronista ci dice, che le milizie del Duca si ritirarono in quel
di Pisa e quelle del Papa furono smagrate per modo, che il Piccinino potè aver-
ne piena vittoria. Di fronte a queste considerazioni, vuolsi toccare anche di ciò,
che potrebbe-indurre in una differente opinione, e sono le parole del Cronista, il
quale, narrata la vittoria di Bolsena, aggiunge: — « el Conte Jacomo stanziava a Casti-
glion della Pescaja e prosumevase che non sariano andate bene le cose sue » —. Or come
mai a Perugia si facevan sì tristi presagi pel Piccinino, se egli ‘aveva riportato una
splendida vittoria? Ma il Cronista si affretta a darne ragione narrando che Siena
aveva fatto wn campo, ove era anche Carlo di Gonzaga. Rimane a. spiegarsi il fatto
della pace tosto intervenuta fra Iacopo e i Senesi: ma é noto, che ciò si dovette anzi-
tutto alla interposizione del Re Alfonso desideroso di far credere, che egli non aveva
avuto nessuna parte nell’ impresa del Piccinino: e in secondo luogo alla minaccia che
Iacopo vedeva sempre dinanzi a sé di una lega a’ suoi danni. Non bisogna poi dimen-
ticare che l'accordo non fu fatto, come narra il Muratori, mediante una somma di
29990 fiorini, che i senesi pagarono a Iacopo, mentre questi faceva la restituzione dei
luoghi occupati, ma per la maggior somma di ducati 59099, dei quali 29090 furono
pagati dal Papa, per l'accordo intervenuto nel luglio 1456 (BARTOLOMEO DELLA PU-
GLIOLA, Cronica di Bolognt — AMMIRATO, Storie, lib. XIII. Ad ogni modo, come
notammo altrove, un certo interesse a tenere alta la fama del condottiero perugino,
traspare dalla narrazione del Cronista; e se dovessimo tentare un modo per conciliare
le discordi opinioni, diremmo, che nell’azione di Bolsena grandi furono le perdite da
ambo le parti. A ciò accenna con molta esagerazione il Pugliola scrivendo, che le
armi dei fiorenlini, dei senesi, del Papa, del Duca e di Iacopo rimasero tutte disfatte ;
ma un che di vero nell’osservazione di questo cronista vi è, e ron ebbe forse torto il
Muratori a seguirlo. Così si spiega come, sebbene Iacopo dovesse reputarsi vincitore,
avendo financo fatto prigione il Capitano Generale Ventimiglia, pure qualche storico
abbia potuto attribuire il vantaggio. ai collegati. Le istorie riboccano di esempi con-
simili; pur tuttavia questo punto é certo meritevole di un esame più diligente di
quello che qui si é potuto fare.

(1) JI Bernio (Chron. Eug.) dice che il rumore fu levato p r un cervo, che sco-
varono i soldati del Piccinino,

Pa
CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 127

fece dare alarme e mettere in bataglia. Et con tanta furia asaltaro

li nemiei che ruppero quasi tutte quelle gente, in ultimo amazzaro
‘più de 490 cavalli e circa 200 fante. Et il Conte Jacomo guada-

gnò 6) cavalli e 39 ne ebbe prigione e de quelli del Conte
ne mancò solo uno. Et quello non è morto che l’anno pregione.
Nela qual bataglia cie fo ferito a morte Pietro da Somma conesta-
vole, e mozza una mano a Bartolomeo da l' Aquila conestavole de
fante. Et le gente de la Chiesa con quelle del Duca erano 12000.
Et quelle del Conte Francesco (1) erano 7000, ma le gente che
menó el Conte Jacomo quando asaltó el canpo e che feceno la
ditta zuffa non forono più che 6 squadre, però che non podevono
venire, peroché li bisognava de sciendere una montagnia grandis-
sima e entrare in una valle e non essere veduti, e a tutti quelli
omeni de arme del Conte Jacomo bisognió de smontare apiede
con le lancie basse, e poi quando foro sciese nel piano montaro a
cavallo, e aviaro molti fanti scopiettiere e balestriere e cosi altac-
caro la predetta zuffa e romperono quelle gente. Di poi le gente
de la Chiesa fecero testa e relirarse in dielro circa 5 miglia.

Adi 18 de luglio vene la nuova qui come el Conte Jacomo
stantiava a Castiglion dela Pescaia e prosumavese che non sarieno
andate bene le cose sue, perochè il Comuno de Siena avieno fatto
un canpo contro el ditto Conte e un allro canpo grosso l'à fatto
quello dela Chiesa e nel detto canpo dej Senesi cie è Carlo da Gon-
zagha el signor da Coreggio, li quali canpi se sono uniti insieme
e sono in tutti 17000 persone e il Conte Jacomo ne à circa 8000,
ma à deli denari in quanlità e vilovarie assai e tutte le sue gente
vivono in fiore, e quelli dela Chiesa stentano ogni biene.

Di poi vene nuova che la persona del Conte Jacomo finse
de andare in posta al Re de Ragona in Napoli, e si dice che luj
è andato a visitare sua Maestà e anco vene nova come a l'aquila
se è bandito lo sgonbro perochè viene su Don Ferrante figlio del

(1) Qui per errore l'amanuente ha scritto — Conte Francesco — mentre doveva
Scrivere — Conte Iacomo —. Lo stesso errore ha ripetuto una linea dopo, ma accor-
tosene, l’ha-corretto cancellando la parola Yrancesco e sostituendole il nome Zacomo.
Così almeno crediamo, perocchè il fratello di Jacopo, chiamato Francesco, mori d'i-
dropisia nel 16 ottobre 1419, e non ci consta in modo alcuno che Francesoo, figlio di
Jacopo, di questi tempi, guerreggiasse col padre suo. È noto come, dopo la morte di
Jacopo, Francesco venne da Paolo II chiuso prigione nella rócca di Castel S, Angelo,

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128 O. SCALVANTI

Re di Ragona con molta gente in aiuto del Conte Jacomo di
Nicolò Piccinino.

Adì 19 de luglio revene in Perogia Braccio de Malatesta dei
Baglione, el quale s'è refermato soldato dela Chiesa e à auti de-
nari dal papa. — A ditto di vene nova come el Conte Jacomo avia
auto denari cioè 45000 ducati de Alfonsine, che li manda el Re
de Ragona e 14000 gliene mandò a questi dì passate e conli-
nuamente solda genti ed à denari in quantità et anco li son venute
800 scopieltiere e altri fanti.

Adì 19 ditto ale 20 ore de luglio, morì la Caterina de M.
Sacco moglie che fo de Baglione de fortera dei Baglione.

Adi 5 de agosto morì Agnielo de Pavoluccio de Malsachelto
di P. Soli del quale ne rimaseno 6 figlioli, cioiè Francesco Gostanzzo
Giapeco Vangelista Piermaleo Pavoluccio e si trovò in sua eredità
fiorini 15000.

Adi 8 ditto vene nuova, come el Conte Jacomo avendo notitia
che molte carra de robba e de vituvaglia andava nel canpo dela
Chiesa e ala scorta dela ditta vituvaglia cie erano molti cavalli,
per la qual cosa el ditto Conte Jacomo se mise in ordine con le
sue gente e cavalchó per togliere della vitovaglia, e gionti che
foro a Grosseto in quel de Siena incontraro la ditta vitovaglia e
subito strensero adosso a quelle gente de arme cioiè ala scorta
dela ditta vitovaglia di modo che li messe lutti in rotta, e la ma-
gior parle foro amazzali e in ultimo trovaro abottino circa 100
cavalli e 200 elmetti e quelli che canparono scanparo cosi che
fuggiro neli fossi de grosseto e quelli de dentro li aiularono e
miserli dentro, e il ditto Conte Jacomo guadagnò le dilte carra
de robba e de vituvarie e ritirosse con suo grande onore (1). Et
quelle genti del Duca quale erano con la Chiesa se son partiti e
andati in quel di Pisa.

El Conte Janne da Vinlimiglia volea renunzare el bastone
e non volse essere più Capitano dela Chiesa. Et così a tutta. via
el campo dela Chiesa vien smagrando, e remangono in pochi
onde che il ditto conte intendendo questo se mise in ordine per
azzuffarse con il campo dela Chiesa.

(1) Nessuna, sotizia di questo fatto si legge nel Pellini, nel Veghi e nella cronaca
del Villani.

Artosin
CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 129

Adi 11 de agosto vene nuova qui come el Conte Jacomo
È Piccinino avea data una rotta ale genti dela Chiesa, ala quale li
1 tolseno 650 cavalli e 150 pregione da taglia, e amazzarne quanti
essi volserno e questa rotta fo a Massa. |

Adi 20 de agosto li omeni de fossombrone cioié el Comuno |
mandaro li Ambasciatori qui in Perogia ali magnifici Signori
Priore dicendo, come li omeni de fossombrone sarieno desiderosi



de mettere pagni de lana in Perogia, e che quando il nostro Co- x
muno sene conlenlasse, essi si voglieno obligare de ncn trare de -
Perogia denari contanti, ma che tutti li denari ch’ essi fanno tutti i3

PRESEN
< 7

li voglieno spendere in Perogia e conparare essi vestire e mercan- |
tie, quale ad essi bisognieno (1). Et perchè essi intendano che qui Ci

(1) La ragione per la quale quei di Fossombrone chiesero di metter panni di
lana in Perugia, onde la rivolta degli artefici perugini, fu che sino dal 1436 era stato
fatto divieto a chichessia di vendere o far vendere panni di lana in Perugia, senza
ii consenso dei X istituiti appositamente in quell’anno per dare incremento all’ arte
*Lessa. E siccome, compiuto il loro ufficio, i X non furono più nominati, s'intese che
il consenso dovesse esser dato dai Priori, come suprema autorità cittadina Del resto
la stessa Cronaca all' anno 1136 contiene le seguenti notizie: — « Anco in questi di de
luglio, per magnificzre la cità de Perugia, fuor fatti molti consiglie dali gentilomeni
dela città, et questi fuor fatti per trovare onde e que cosa se potesse fare che in
Peroscia non mancassero mai denare, e che la vita se mantenesse abundante; in
ultimo fo veduto e determinato, che non cie era el migliore remedio che ordinare
l'arte de la lana se facesse in grosso nela cità » —. È d' uopo osservare che quest’ arte
: era già stata introdotta in Perugia fino dal secolo XIII, imperocché nello statuto del
È 1279 (Rub. 193 dal titolo — De fratribus humiliatis havocandis pro drapparia facien-
dia) si legge — « Et dicimus et ordinamus et inviolabiliter volumus, quod. . . . fratres
humilitatis, qui faciunt pannos in lonbardia debeant ad civitatem perusii proflcisci
ecc. ». — Anche nello Statuto del 1395 volgarizzato nel 1322 (Rub. XXXVIII) si fa men-
zione dell'arte della lana tra le prime del Comune. Essa era governata da un Ca-
merlengo e da 17 Rettori. Sembra, che col tempo quest'arte decadesse, onde nel
1430 si pensó a darle incremento mediante le provvisioni, di cui la cronaca del Guar-
neglie ci ha tramandato notizia — « Et cosi fo resoluto, onde che fatta la ditta:
: deliberatione con volontà del Governatore, con suo consentimento fuoro electi X
: citadini, cioè doi per porta; et fuoro Francesco di Mansueto e Nicolo de Ser Cola di
È Porta Borgnie, Messer Francesco dei Coppoli e Mariotto de Nicola dei Baglione per

Porta S. Pietro, M. Tanchredo de' Ranieri e Francesco di Mata. per Porta Soli, Oddo de
Giapeco d'Oddo e Baldassarre de’ Cherubini deli Armanni per Porta S. Agnielo, Piero
de Felippo, Alfano de Francesco per Porta Susane, li quali X omeni avevono autorità
dal Governatore e dai Priore e Camerlenghie e avevono arbitrio con il mandato, che

ORTI s arant

quanto per li ditti X omeni fosse fatto, tanto fosse rato e fermo e quello se mandasse
à esecutione. A di 2 de agosto, in lunedì fo fatto bando a 5 trombe, che nisuno cita-
dino o contadino o forestiere che sia, né qualunque altra persona che sia, de chiunque

stato o grado o conditione non possa mettere né far mettere nisuna sorte de panno

9 130 3 O. SCALVANTI

in Perogia cié una ordinatione che qui non cie possano venire
pagnie forestiere pregano questo comuno e li cittadini che cono-

.sciendo questo essere utile e benefitio de questa città, voglieno

consullarsi insieme e conpiacerli de tale petitione piacendoli. Et
per questa cagione li nostri genlilomeni foro chiamati dali Priore
e ordinaro che sene facesse conseglio. Onde che li lanaioli sen-
tendo tal cosa se adunaro tutti insieme, pertanto che in fra li
Giurali de l’arte dela lana esercitanti tentori e conciatori foro

circa 309 e venero in sopramuro li dala Audienzza loro:.staendo.

in sopramuro questi nostri gentilomeni vedendo questa cosa ne
parlaro con li Priori e anco a Monsignore, e poi li Priori andaro
da Monsignore per questa facenda e finalmente Monsignore mandò
el suo Aulitore a parlare al Camorlengo dela ditta arte et de al-
chuno altro de essi dicendo, che questa è una laida cosa de fare
queste radunate, et che è con lurbatione delo stato, e simil cosa.
Infine el ditto Auditore fu caccialo e non lo volseno udire e ascol-
lare e così se ne lornó a Monsignore, di poi Monsignore cie lo
armandó e il Cavaliere, al quale li delleno de molti pugnie e
buffetti nela faccia e anco de molto sassate ali birri suoi e così
lo manlaro via. Ultimamente fo determinato per minore scandolo

de lana per vendere senza licentia o volontà deli X omeni eletti sopra de ciò, sotto
la pena de perdere li pagni e altre pene in arbitrio loro. Adi 23 de agosto, in giovedi
fo fatto un altro bando con 5 trombe, che qualunque persona forestiere volesse venire
a Perogia a abetare e fare qualche esercitio de arte de lana o de tenta o de qualunque
industria che sapesse fare apertinente ala dita arte de lana possa venire esso con la
sua fameglia in Perogia e essere asente da ognie fattione del Comuno e d'ogni altra
cosa per tempo de 19 agne esso e la sua fameglia » —. Abbiamo riferito intero questo
passo della Cronaca, trascrivendolo dal Ms. nostro (che in tutto non concorda con
quello a stampa) perché si veda: 1.0 Come per la vicina Firenze, che esportava i suoi
tessuti di lana, quest'arte non potesse fiorire in Perugia; 2.0 Qual provvisione si fa-
cesse per attivare un sistema protettore della industria perugina, Jl rimedio intro-
dotto nel 11353 doveva probabilmente avere carattere transitorio, in modo ‘da valere
fino a che le sorti dell'arte della lana in Perugia non fossero migliorate; n.a gl
artefici si ribellarono sempre contro l'abolizione di quel vincolo protezionista. Lo
vediamo nel racconto del Cronista di quest'anno 1155, e torneremo a vederlo nel 1460.
Altri provvedimenti si incontrano nell'anno 1459, in cui, eletti X cittadini per tale
ozgetto, questi compilarono 33 capitoli, approvati con decreto del Governatore e poi
confermati dal Papa, Anche nel 1161 intervennero altre deliberazioni su questo pro-
posito.


- CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 131

e per quiele e pace dela città che li ditti panni non cié abbino
a venire (I). :

A quesli di fu asaltato Giesone de Pielro de la Cionchina de
-P. S. P. da Pietro Pavolo de guastalerra de P. Borgnie e da Gi-
liotto de Bartolomeo de Ciabacca de P. S. P. e così lo feriro nela
mano, e questo fu in porta S. Pietro per inimicitia che avevano
insieme, per la quale cosa Pietro suo padre fratello del Boccio co-
menzó a gridare a alla boce come un pazzo dicendo, viva il po-
polo e muoino questi traditori genlilomeni: e così andò perfino
ala piazza li da S. Maria del mercato, sempre dicendo: traditori
gentilomeni, ch'io cie ó alenuli 7 omeni per lo stato e recevo
queste ingurie: onde che a quel romore cie corse molta gente, e
cie corse el cavaliere del Podestà e per questo fo molto biasi-
mato (2).

Adi ultimi de agosto fo ferito un collaterale del Podestà cioie,
de meser Ghino da Fiorenza, el ditto' collaterale era de Casti-
glione Aretino e lo feri Gostanzzo de Agnielo de Barsi dello Bar-
sello per una senlenzza, disse non avea voluta dare, la quale avia

(1) A quanto sembra il Governatore non era disposto a tollerare queste adunanze
delle arti. Eppure ciò era conforme non solo agli statuti particolari, ma anco a
quelli generali del Comune. Infatti spettava ai Priori di fare il bando per Il assemblea
di tutte le arti o di più arti che volessero adunarsi nel medesimo luogo. E poiché
ciò interessava grandemente la quiete pubblica, il divieto di convocare le arti senza
autorizzazione dei Priori, era accompagnato da una grave sanzione, cioè il pagamento
di una multa di 10200 libbre di danarl. Tale autorizzazione dovevano ricevere anco i
Rettori delle varie arti, che volevano adunarsi non aliter ad tractandum. et ordi-
nandum pacem et tranquillitatem et bonum statum civitatis. Ma ogni arte poi aveva
facoltà dì riunirsi in assemblea pro factis suis et pro statu pacifico dicte civitatis.
L'ordine di convocazione spettava ai Consoli della mercanzia e agli Auditori del Cam-
bio o ai Camerari delle altre arti, ed era proibito, sotto gravi pene, al Podestà o Ca-
pitano di impedire tali adunanze (Conf. Statuto ined. di Perugia del 13)5. Stat, a
stampa, Rub. $9, S8, 89, 90 del lib. I). Aveva dunque ben torto il Governatore di chiamar
laida cosa il fatto della convocazione dell'arte della lana, la quale riunivasi legitti-
mamente, per l'autorità del Camerario, a deliberare pro factis suis.
(2) Il Pellini accenna a questo fatto, ma con minori particolari, e tace il nome
di Giliotto di Bartolommeo. Solo aggiunge questa opportuna considerazione: — « Di
questi accidenti habbiam voluto fare memoria, perché si veda in che termine erano
le cose della città e quanto. fosse in pericolo lo stato suo, perchè era in arbitrio di
. così pochi et alle volte di un solo di mettere a rischio la quiete di tutto il popolo »
(Hist., II, 13).
1327 O. SCALVANTI

el ditto Barsetto con Antonio de Pennino Mercatante e ferillo nela
faccia con una coltella (1).
Adi primo de settembre entrò il Podestà nuovo in Perogia

quale è da Genova e uscì de offitio m. Ghino dei Buondelmonti |

da Fiorenza. Et entraro in uffitio li capitani del Contado:

Lorenzzo de Maleo dela lita deli Armanni P. S. A.

Lionello de Agnielo del Micca de li Oddi P. Susane.

Giulio de Teveruecio dej Signorelli P. Borgnie.

Pietro de Oddo de Giliotto da Mons biano P. S. P.

Pavolo de Roscioli P. Soli.

A quesli di de sellembre li Senesi mandaro per lo Signore de
Coreggio quale era lor soldato e finsero di volerli dar denari. Ma
lo volevano pigliare, perché se decea che li aveva fatte molte truffe,
e finalmente luj andò a Siena e essendo gionto, li Senesi se adu-
naro nel conseglio in palazzo, dove cie menaro il ditto Signor de
Coreggio. Et quando lo ebbero la su for serrate le porle del Pa-
lazzo. E poi li mostraro certi capitoli che esso avia fatti col Conte
Jacomo Piccinino. E poi lo fecero bugliare su de le fenestre del
Palazzo dei Signiori (2).

A questi di passati vene diferenzza e discordia tra li m. dottori
per condutta ch’ avean fatta li savi dello studio (3), cioiè Cesaro de

(1) Questo fatto fu ignorato dal Pellini, e ben gli avrebbe dato cagione a deplo-
rare gli arbitrii, che l' oligarchia trionfante ormai commetteva colla maggiore impu-
nità. Costanzo era figlio di Angelo Barsi, che due mesi dopo troviamo eletto fra i X
dell'Arbitrio. Essi dovevano valersi di tale ufficio per la pace e la salute della città,
e invece se ne valevano per toglierle sicurezza e decoro.

(2) Bugliare per gettare. L'Allegretti nei Diari Senesi cosi scrive: — « Adi 6 de
settembre anno detto (1455) avendo la Signoria di Siena fatto venire di campo e'1 Si-
gnore di Correggio, ed essendo dinanzi alla Balia nella Sala dei Papi, li fur mostrate
certe lettere, e scopertoli certo tradimento e inganno, che lui faceva, e trattava, e non
faceva la guerra realmente, ed avevaci guasti ed arsi molti grani, e tolto molto del
nostro bestiame, e mangiatolo e mandatolo a vendare fuor’ del nostro contado e in
quel di Fiorenza, e ogni cosa andava a contrario; e viddesi apertamente, che lui era
stato compro dai Fiorentini. E per questo fu morto in detta Sala del Papa, e gettato
fuor delle finestre del Palazzo » —.

(3) Quest’ ufficio era stato da lungo tempo introdotto ad conservationem et ma-
nutentionem ..... generalis studii. Spettava ai Savi di condurre a Perugia i dot-
tori insegnanti nell’ Ateneo, stabilendo i patti, le condizioni e i salari; le quali condotte
dovevano farsi nei mesi di maggio o giugno. Potevano i Savi modificare l' organico
dei docenti, e vigilavano all'adempimento di tutti i patti stabiliti. Anche dopo che la
ingerenza dei Papi nello Studio divenne, a dir così, decisiva, l'ufficio dei Savi conti-


TO YNNUF PORRETTA

CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 133

m. Agamennone, Antonio de Giliotto, Pietragnielo de Giovanni (1),
Borgaruccio de Nicolo e il Buono de Lodovico, dove cie for molte
travaglie per una sentenzza che dette Mons. Governatore, de la
quale fo fatta una apellatione in Corte e vene derieto una inibi-
toria a Mons. che lu’ non se inpacciasse più in dilta causa, pero-
chè era remessa nelo Arcevescovo de Brescia (2).

Adì 8 de oltobre Braccio dei Baglione dette la Liandra sua
figliola, quale era piccola, a M. Baldassarre deli Armani che la
tenesse in casa per fino che lei sarà de età de 14 anni, e poi che
la facesse sposare a Guidantonio figlio del ditto Baldassarre pero-
ché li l'avea data per moglie, ma non era de età da consumare
el matrimonio.

Adi 10 de ottobre tornaro in Perogia li fanli quali erano stati
ala guardia de la Rocca de Cetona aitanti del Conte Jacomo, pe-
rochè li Senesi l' avevano represa per patti. Et dice che se are-
seno li ditti fanti perchè non cie avevono più saettume nè polvere
de bonbarda e dentro cie era per castelano un suo consorte chia-
malo m. Piccinino (3). .

Adi 15 de ottobre el Re de Ragona schrisse ali nostri Ma-
gnifici Sig. Priori come esso à falto legha con la Chiesa, col Duca
de Milano e con il Comuno de Fiorenzza e ch'esso vole andare
in contro del Gran Turcho. Et che il suo figliolo Conte . Jacomo
de Nicolò Piccinino nostro perugino lo avea fatto Vece Re de
una provincia del suo reame (4).

nuò (Conf. Stat. per. a stampa, lib. I, Rub. 210, f. 71). Anzi nel 140) furono loro ag-
giunti altri 5 cittadini detti U//iziali dello Studio, muniti di poteri consimili a quelli
dei Savi. Questi uffiziali però durarono ben poco, perchè non li troviamo più ricor-
dati, al tempo di Eugenio IV, nei provvedimenti dati da Giovanni Vescovo di Forlì
vice-legato circa la residenza dei Savi in Perugia (Conf. Ann. Decemv., anno 1404,
f. 118).

(1) Questo Pietro Angelo di Giovanni potrebbe essere lo stesso autore della pre-
sente Cronaca.

(2) Il fatto di un soverchio ingerimento dei Governatori nelle pubbliche faccende
sì trova spesso menzionato; ma, come abbiamo osservato nella Prefazione, ciò era
dovuto in massima parte alle tristi condizioni della città.

(3) I perugini avevano dunque preso parte attiva alla guerra fra il Piccinino e

‘i senesi,

(4) Qui il Cronista assai confusamente deve riferirsi al fatto, che Alfonso pose
il conte Jacopo Piccinino a quartiere in Civita di Chieti nell'Abruzzo colla paga di
1200 cavalli e 600 fanti, ma questo, che pel Cronista sarebbe avvenuto nell ottobre
del 1155, pel Muratori ed altri avrebbe avuto luogo più tardi,
134 — 70. SCALVANTI

A di ditto vene nuova qui come el Conte Jacomo Piccinino
ancora sta per slanlia a Castiglion dela Pescaia e che à mandato
la diffida ali Senesi.

A questi di de ottobre for fatti li X de lo Arbitrio a bene-
placito. de Mons. li quali son questi, cioié (1):

Nello de Pandolfo dej Baglione e Braccio dei Baglione, P. S. P.

Guido de Pavolo de Monte Sperello e Agnielo de Barso dei
Barsi, P. Soli.

M. Baldassarre de li Armanni e Oddo de Giapeco deli Oddi,
P. S. Agnelo (2).

Guido de Carlo de li Oddi e Piero de Felippo de Francesco, :
. P. Susane (3).

|M. Pulidoro de Pellino dej Baglione e Ranaldo de Rustecho
Monte Melino, P. Borgnie. |

Adi 29 de novembre li Priore e camorlenghé ordinaro per
mantenere el ben publico, e perché il grano avea la tratta fora
del nostro contado, che ogni sabalo se mettesse tante corbe de
grano in piazza quale le dovessero mettere speciale persone, e
che solamente se vendesse a li contadini del nostro contado, e
che non se podesse vendere più che la valuta de soldi 37 '/, e
soldi 40 e 42 e soldi 45 la mina el più, e se vendea a più prezzi,
come é dillo, secondo che il grano era bello o brutto, e se porta-
vano le mostre ali priore e essi li davono il prezzo, e il grano
de la abundanzza del Comuno se vendia soldi 32 ‘/, la mina e non
ne davono seno mina una o doj per persona. Et quello che l'avea
un sabeto non le se desse l'altro, tanto quello del Comuno come
quello de special cettadini. Et anco fo ordinato che el merchordi
se mettesse similmente il grano in piazza, come è dello de sopre,

(1) Il Pellini trovò scritto in qualche libro a penna, che i X dell’ Arbitrio furono
creati ad istanza del Governatore; sta invece, per il nostro Cronista, che essi furono
eletti col beneplacito del Governatore, ed é cosa assai diversa. Lo stesso storico scrive :
— « per qual cagione si facessero non è espresso ». — Ora é molto probabile, che i
X venissero eletti per deliberare intorno all'assemblea da tenersi in Assisi, e che
venne approvata da Calisto III con Breve del 21 ottobre 145 (Arch. Com., Cass. XII,
n. 198). Il Governatore, a quei tempi, era Giacomo della Ratta dei Conti di Caserta,
Arcivescovo di Benevento, che fu scomunicato da Pio II nel 1400 come simoniaco
(Conf. UGHELLI).

(2) Questo Baldassarre é della famiglia Armanni Della Staffa.

(?) Il Cronista non aggiunge il casato; Degli Alessandri.
CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 135

e se vendesse solo ali cettadini con el medesimo ordine, onde che
ogni selimana venia el grano in piazza. El sabato se vendia
ali contadini el mercordì ali cettadini, sì del grano de la abun-
dantia del Comuno e si quello de special cettadini a li quali fosse
comandato, e erace così gran furia e stretta de gente quando se
vendea che parea proprio che se donasse (1).

A questi dì de novembre venero lettere al Sig. Braccio Ba-
glione come che Palonbara avea fatto novità dove cie era stato
amazzato el figliolo del sig. Batista Savelli, e il sig. Batista era
scanpato perchè vene in mano de certi suoi amici fidati. Et li detti
da Palombara avean gridalo, viva la Chiesa (2).

Adì primo de Decembre vene in Perogia un canceliere e co-.
missario del sig. Gismondo (3) quale venia per conchludere e for-
nire el parentado in fra detto sig. Gismondo e Braccio dej Ba-
glioni, perchè il sig. Gismondo volea dare una sua figliola per
imoglie al sig. Braccio Baglione, e non fo conchluso.

Adi primo de Decembre entrò per Capitano del Popolo in Pe-
rogia meser Antonio dei Fardelini de Ancona.

Adi 6 de Decembre fo bandita la giostra che se debbia fare
adi primo de Genaio da parte de m. Agnielo de Bucarelli da Vi-
lerbo rettore de lo studio de Perogia, lo quale deve venire che

(1) Nessun cenno in Pellini e negli altri cronisti di questo importante provve-
dimento per.impedire la esportazione delle granaglie, e dare una norma ai loro
prezzi.

(2) Trovo che Calisto III in questi tempi (17 novembre 1455) con Breve diretto al
Magistrato notificava il ritorno dell'ambasciatore a lui spedito dalla città, al quale
aveva concesso quanto richiedeva, ed esortava i perugini ad attendere al buon go
verno del Comune promettendo, in tal caso, tutta la sua assistenza (Arch. Com., Cass.
XII, n. 200). Questa ambasceria deve essere quella di Galeotto Baglioni, circa la du-
rata degli uffici del Podestà e del Capitano, di cui nell' altro Breve Pontificio del 31
marzo 1456. :

(3) E questi Sigismondo Malatesta, signore di Rimini e Fano, il quale proba-
bilmente desiderava un parentado con Braccio Baglioni per afforzarsi nella sua si-
gnoria, in cui non stimava esser sicuro per causa del malumore da lui destato
nell'animo di Alfonso, fin da quando, nella guerra coi fiorentini, lo abbandonò per
passare al servizio dei nemici. Di che si videro gli effetti nel 1457, allorché Alfonso
ordinò a Federigo, duca di Urbino, di attaccare il Malatesta, contro-il quale mando
lo stesso Iacopo Piccinino. Questo fatto é narrato anche dal nostro Cronista sotto il
mese di ottobre di quell’anno,
136 O.. SCALVANTI

pigli lo capuccio adì ditto cioiè adì primo de gennaio 1456, e gio-
strase braccia 12 de velluto.

A questi di decembre fo vento fra Priori e Camorlenghe :
che la fiera, quale se facia de oniensanti in Perogia è stata pre-
mutata che se faccia in Calende de’ Agosto, e duri in sino a
S. Maria, e è fatta libera a l'uscire de ogni mercanti col be-
stiame, se puoi trare e mettere sensa nisuna gabbella, e così fo
promutato che in tal dì se corresse lo anello e il palio, e questa
promutatione è stata concessa da Papa Calisto 8°, e la conmise nel
Teseuriero che facesse quello che fosse minore dano ala Camora
apostolica. Et il bestiame non se possi vendere dentro ala porta (1).

Li Priore quali erano in questi tempi son questi, cioiè;

Nicolò de Ulisse dei Gratiani, Nardo de Antonio deli Sperelli,
P. Borgnie.

Bobio de Galiazzo de m. Bobio, Corradino de Felippo de Co-
rádo; PS. P.

Marco de Felippo da Coromani, Agnelo de Cianbella, P. Soli.

Lodovico de Capo Santo, Giuliano de Meo del Pazzo, P. S. A.

Valerio de Francescone de Tanolo, e Antonio de m. Pietro,
S. Susane (2).

Nel predetto anno el grano al più valse soldi 45 in 50 la mina,
l'orso 30 in 35, la spelta soldi 20 in 25, el vino libre 11 !/, in
12 !/, la soma, l'olio libre 5 in 6 el mezzolino.

(Continua)

(1) Sembra che a quei di Perugia avesse la sola fiera di Ognissanti (oggi chia-
mata dei Morti) che appunto nel dicembre del 1455 venne trasferita al mese di agosto,
ossia al tempo, in cui, ai giorni nostri, si fa la fiera detta di Monte luce. In seguito
i perugini ottennero di ripristinare anche quella di Ognissanti, e così Perugia ebbe
due grandi fiere all’ anno.

(2) Consultato il Reg. degli O/fici abbiamo trovato alcune differenze nell' indica-
zione di qnesti nomi, e ció a cansa delle sostituzioni, che di frequente avvenivano e
delle quali dovremo occuparci in appresso. Ecco pertanto i nomi, che s'incontrano
nel Reg. degli Offici. « Nicolaus Ulixis de gratianis mercator, Nardus Antonii de
monte sperello pro arte bovacteriorum, P. Eburnee; Bobus galeassi düi bobii mer-
cator, Corradinus philippi Corradi pro arte tegulariorum, P. S. Petri; Angelus iacobi
alias Riccio campsor, Angelus iohannis ciambelle pro arte tinctorum, P. Solis; Lu-
dovicus Angelini alias caposancto pro arte fabrorum, Julianus mei pazzi pro arte
bactilanariorum P. S. Angeli ».
137 o

| REGISTRI DEL DUCATO DI SPOLETO

(Archivio Segreto Vaticano — Camera Apostolica).

(Continuazione vedi Vol. VIII fasc. III)

NS al

(Est. Ioan. XXII. Introitus et exitus Patrimonii b. Pe-
indenne Iuscia; et.-N. 21.

[Il Registro comincia con gli atti di Guglielmo Coste dottore
in legge, canonico tulliense, cappellano pontificio, Patrimonii b.
Petri in Tuscia, comitatus Sabine, terre Arnulphorum,
civitatum quoque Reatine, Tudertine, Narniensis et Inte-
ramnensis, earumque distrietuum, castrorumque Utricoli, Strun-
conis, Mirande et Campi Rustici rector, comes et Ca-
pitaneus generalis. £ ricordato che a dì 4 ottobre 1317 eg!i
partì di Avignone diretto in Italia ad assumere l'ufficio della sua pro-
vincia, nella quale entrò il penultimo di detto mese. Registra le entrate
. € le spese del primo anno del suo governo da se medesimo, non essen-
dogli stato deputato un tesoriere.
Il Cod. contiene gli atti del Capitano del Patrimonio a cominciare
da cc. 1-22 (1811-1319) e prosegue con quelli del Ducato].

[c. 25, 1318, marzo 1 — 1332, ottobre 17, c. 1 199. Pergam.].

1. (Int.)[c. 23]. — In nom. d. a. an. d. a. nat. millesimo :OGG. X XTIT]S.
ind. septima, tempore d. Johannis pp. xxij et die secunda mensis
aprilis. — Actum apud plebem S. FortunatiSpoletan.dioc.
in camera infraseripti d. Johannis de Amelio Rectoris S po-
let.duc.,presentibusJacobo de Amelio Marescallo Curie
ducatus et dompno Bartholo Aldrevannini de Fulgin.
et pluribus aliis testibus ad hec vocatis et rogatis. — Cum re.mus

11
138 RD L. FUMI

vir d. Johannis de Amelio archidiac. foroiul. Spolet. duc.
in spiritualibus et temporalibus Rector per S. R. E. generalis
recipisset a SS. p. et d. d. Johanne div. prov. p.p. xxdi. li-
cteras infrascripti tenoris, qui talis est:

2. Johannes epus efc. dil. fil. Johanni de Amelio arch. foroiul.
duce. Spolet. Rectori sal. e£c. Volentes Cameram nostram
de omnibus et singulis per te usque modo in duc. Spolet., cuius
Rector existis et olim nosceris fuisse thesaurarius receptis.
quomodolibet et expensis habere certitudinem pleniorem, discretioni
tue p. a. s...mandamus quatinus dil. filiis Falconi de Sistarico

ord. ffr. predd. ap. Sed. Nuncio et Petro Maynade rectori
E. de Vergerolio xaneton. dioc. eiusdem duc. thesaurario vel
alteri eorum, alio absente vel nolente, premissis intendere rationes

de predictis legitimas clare particulariter et distincte reddere non
postponas, super quibus duo fieri volumus consimilia seripta seu
cartularia, quorum altero penes te retento, reliquum ad eandem
studeas Cameram destinare. Et insuper tibi districte mandamus,

ut super hedifieio et sumptibus palatii Montisfalconis predi-
ctum vocare thesaurarium et ea que deinceps agentur super
hiis eidem comunicare procures, ipsum uti nichilominus lieteris per
nos dudum tibi, ut thesaurario dicti ducat. directis libere
permissurus easque assignaturus eidem. Dat. Avinion. xvj Kal.
martii pontif. n. an. octavo.

Et etiam viderit et legerit quasdam alias papales lieteras, que
diriguntur fr. Falconi de Sistarico e£c. et d. Petro Ma y-
nade etc., tenoris infras. qui talis est:

3. Johannes epus efc. dil. fliis Falconi de Sistarico ord.
ffr. predd. ap Sed. Nuncio et Petro Maynade Rectori E. de

Vergerolio xancten. dioc. duc. Spolet. thesaurario sal. etc.
Volentes etc. ut supra. .. . Quo circa discretioni vestre p. a. s.
mandamus quatinus sollempniter, integraliter et distincte rationes
huiusmodi audire et de illis modo predicto prefatam Cameram

plenarie informare curetis. Ceterum quia palatium nostrum M o n-
tisfalconis in aliqua sui parte ruinosum existere et quedam

ipsius hedificia corruisse dicuntur, volumus quod habitis vobiscum
aliquibus personis fidelibus et peritis in talibus per vos informatione
habita pleniori, nos clare et particulariter reddatis super hiis cer-
tiores; tuque, filii thesaurarie, cum eodem rectore ac etiam
per te ipsum providere, quod hedifieium et sumptus dieti palatii
procedant et fient prudenter et. utiliter non postponas. Dat. Avi-

nion. xvi Kal. martii pontif. n. an. octavo.
-l

I REGISTRI DEL DUCATO DI SPOLETO i 139

Idem d. Johannes rector volens dictis lieteris et mandatis
apostolieis obedire reverentissime, humiliter et devote cum omni
sollieitudine, sicut decet, in presentia mei Jacobi Bartholi
not. infrasez. et aliorum notariorum infrascript. una mecum de hiis
omnibus rogatorum, assignavit, dedit et tradidit in manibus dieti
d. Petri Maynade thesaurarii, secundum dicta mandata
apostolica, librum seu cartularium et scripturas introituum scriptas
in cartis bambicinis infraser. tenoris de omnibus et singulis receptis
per ipsum d. Johannem de Amelio tempore quo thesaurarie
officio fungebatur in dicta ducali provincia, ac de omnibus, que
postmodum receperat factus rector, cuius libri et scripturarum . pre-
dictarum tenor inferius denotatur particulariter et distincte, errore
caleuli semper salvo.

[c. 25] 1318. In nom. etc. Hoc est Registrum sive liber registri
faetus, inceptus et compositus tempore d. Raynaldi de sancta

Artemia canon. petragoricensem ducat. Spoletan. in spiritua-
libus et temporalibus Rectoris per S. R. E. Generalis, per
me Johannem de Amelio canon. lichefeldensem Spolet.
Ducat. Thesaurarium per eandem R. E. constitutum, con-
tinens.in se omnes et singulos introitus et proventus Spolet.
ducat. qui pervenerunt ad manus mei thesaurarii antedicti,
tam ex compositionibus, quam etiam pro focularibus, adiutoriis
festivitatum, passagiis, salariis, scripturis et aliis proventibus et
deveriis dicte camere a comunibus et personis et ex causis,
prout infra latius continetur sub a. d. a nat. millesimo cecc.?
xvirj.? ind. prima, tempore SS. p. et d. d. Johannis div. prov.
clementia pp. xxdi et susequenter sub annis, mensibus et diebus,
sicut inferius per ordinem denotatur. i

[c. 89] 4322, febr. 28. — Habui et recepi a dompno Angelo ca-
nonico saneti Antonii da Gualdo Captaneo dante pro filio
Nicole de dieto loco, ratione compositionis facte cum eo de quo-
dam rumore, quem fecerat et de omnibus aliis suis excessibus.
— 8 lib.

marz. 6. — A Lolo Corraducii de Castrobono pro com-
positione facta cum eo super eo quod dicebatur fecisse et perpre-
tasse quod dietum Castrum Boni perderetur. — 24 ft. a.

[e. 93 t.] apr. 21. — A mag. Bevenuto Thome de Gualdo
Cap. pro compositione facta cum eo quia dicebatur fecisse rumo-
rem in dieta terra. — 9 fl. a.
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8.

10.

Di:

12.

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14.

16.

17

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13.

L. FUMI

A Nello Margariti deGualdoCapt. pro compositione facta
cum eo super eo quod dicebatur fecisse rumorem cum quibusdam
aliis et turbasse statum terre Gualdi. — 7. fl. a.
A Masino Petrutii de Gualdo Capt. pro compositione
facta cum eo super eo quod dicebatur fecisse rumorem et quantum
in eo fuit turbasse statum terre G. C. cum quibusdam suis sociis.
— 7 fl. a.
le. 94 t.] mag. 2. — A Mancino Vannini, Marinucio
Alme Consoiuli dicto Mancino et Cole Pazuli omnibus
de Jano pro compositione faeta cum eis super eo quod dicebatur
fuisse consentientes in proditione Castagnole. — 8 fl. a.
[c. 96 t] giu. 16. — A sindico et camerario Gualdi Capt. dan-
tibus pro dieto Comune pro compositione facta cum dieto Com. pro
eo quod non iverunt ad exercitum factum contra Com. Asisii.
— 81 fl. a.
[c. 100 t.] ag. 8. — Ab Andrea Jucii de Gualdo Capt. pro
compositione facta cum eo pro eo quod dicebatur fecisse rumorem
et impetum ‘in terra Gualdi cum quibusdam alis. — 2 ft. a.
et 40 sol.
ag. 5 — Ab Ofreducio et Blaxio alias dicto Cappella de
castro Litbaldi pro compositione facta cum eis, quia Comune et
homines Castrilitaldi erant exbanniti, quia Comune non iverat
ad exereitum Assisii et ex aliis excessibus. — 5 /ib. cort.
fc. 101 t.] ag. 16. — A Clemente Vagnoli deCastrobono
dante pro Com. Castriboni pro compositione efe. super eo quod
ad mandatum dueis non iverant in exercitum faetum contra
Asisinates. — 25 fl. a.

ag. 20. — It. a Com. Saxiferrati. — 98 fl. a.
[c. 104] ott. 7. — Ab Acceptello deMonticulo dante pro Com.
Monticuli pro compositione facta cum dicto Comune, quia non
iverant sufficienter per Comune ad exercitum factum contra A sis i-
nates hoc anno presenti de mense maii preterito. — 55 lid. cort.
[c. 10 f.] nov. 16. — A Consilio judeo dante pro Com. Jani
pro compositione facta cum dieto Com. super eo quod non iverunt
ad exercitum factum supra civit. Asisii et eius districtum de
mense maii. — 52 fl. a.
fe. 108 t.] dic. 8. — A domp. Abbate S. Eutitii de Nursia pro
compositione facta cum eo super eo quod dicebatur fuisse inquisi-
tus super promotione et électione sua factis per simoniacam pravi-
tatem et de aliis excessibus suis. — 150 fl. a.
[c. 109] dic. 23. — A Munalducio Ofreducii de S. Xpina


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I REGISTRI DEL DUCATO DI SPOLETO 141

pro compositione facta cum eo super eo quod dicebatur fecisse
multa in servitium Asisinatum rebelium S. R. E., non ob-
stante prohybitione quod non daretur eis favor vel subsidium et
de aliis excessibus suis. — 411 fl. a.

[Somma totale dell'anno Fior. 3866, sol. 34. den. 2).

[c. 110] 2322, dic. 25. — [e. 111 t.], gen. 20. — A mag. Berardo
de Castrobono pro compositione facta cum eo, super eo quod
fuerat officialis tempore rebellionis et contra prohibitiones Reetores.
— 2 fl. a.

[c. 113] febr. 22. — Pro Com. Limisiani... super eo quod di-
cebatur fecisse insultum contra Com. et homines Collismancie.
— 95 lib. cort.

[c. 124) sett. 7. -- A Com. Nursie per manum d. Francisci d.
Corradi de Fulg. pro compositione ecc. super eo quod dicebatur
receptasse Fredericum q. comitem de Monteferetro ac
etiam super eo quod non venerunt in exercitum factum contra Spo-
letanos hoc anno de mense maii et de omnibus excessibus suis. —
400 fl. a.

[c. 194 t.] sett. 15. — A Nello Paganelli de Gualdo Capt.
dante pro Abraam judeo habitatore q. dieti castri, ratione cuju-
sdam condempnationis late contra eum in centum fl. a. et pro com-
positione facta cum eo, super eo quod dietus Abraam dixerat ma-
lum ded. n. Papa et conmiserat quosdam alios excessus. — 725 fl. a.

[c. 127] nov. 25. — A Polillo mag. Andree da Gualdo
Capt. pro condempnatione lata contra eum super contemptu man-
dati....: fuerat enim sibi mandatum quod presentaret Abraam

iudeum, quem promixerunt eum quibusdam aliis Gualdensibus
presentare — 30 lib.

A Nigro Taldoni etc. ut supra (n. 23) — 35 lib.

[c. 128] dic. 14. — A Mancia Nicolute ec. ut s. (n. 23) — 35 lib.
[c. 198 t.] dic. 44. — A Juneta Ferri de Gualdo Capt. pro
compositione facta eum eo et heredibus Pellis Paganelli de
dieto loco, super eo quod dicebantur contempsisse mandatum sibi
factum per Curiam, quod deberent representare quemdam nomine
Abraam, promixerunt et non fecerunt nec ipse nec quondam
Nellus Paganelli predietus de dicto loco, et licet eorum college
aliquid plus solverent, prout apparet supra proxime, hoc fuit quia
illi expectaverunt iudieium et fuerunt condempnati ; isti autem ante
sententiam composuerunt. — 60 lib. cort.
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31.

94.

35.

L. FUMI

[Somma totale dell’anno Fior. d' oro 1044, sol. 11, den. 9, a
lire 3 e sol. 19 il fiorinoJ.

[c. 131] 2323, dic. 26. — dic. 31. — A nuncio Com. Saxi-
ferrati dante pro dieto Com. pro compositione facta cum dicto
Com. super eo quod contempserant venire ad mandatum Rectoris
in exercitum factam contra Spoletanos anno pp. — 150 fl. a.
ie. 136] mar. 123. — Ab Andriola Nelli de Gualdo Capt.
pro compositione faeta cum eo super eo quod dicebatur conmisisse
fornicationem seu adulterium cum Abraam judeo habitatore
Gualdi. — 105 lib.

[e, 140] mag. 5. — A Ventura Massuri de Pomonte dante
nomine Com. Pomontis pro compositione faeta cum dicto Com.
super eo quod dicebatur non cepisse quosdam malefaetores, qui in-
terfecerunt Petrum Johannelli de Pomonte et super eo
quod dicebatur sprevisse mandata d. Vicarii. — 79 fl. a.

mag. 10. — A Maetheo Martini de Gualdo Capt. sol-
vente pro compositione facta cum eo et cum domp. Angelo Pacgoli
de Gualdo, super omnibus excessibus dicti domp. Angeli et
super eo quod dicebatur dictam Mactheum posuisse rumorem in
terra Gualdi contra filios Maccochi. — 6 7l. a.

[c. 142 t.] giu. 14. — A Zolo m. Petri de Castrolitaldi
solvente nomine Joli Acti de eodem castro, ratione compositionis
facte cum eo super eo quod dicebatur voluisse perdere Casta-
gnolam de Normandia. — 3 lib. cort.

[c. 143 t.] Zug. 14. — A Berno Johannis de Montefalco
ratione compositionis facete cum eo, super eo quod dicebatur posuisse
ignem in campo exercitus facti contra Castrum Litaldi. —
30 fl. a.

A mag. Mancia et m. Andrea de Gualdo Nucerii sol-
ventibus nomine Com. Gualdinuccii pro compositione facta cum
dicto Com., super eo quod dicebatur non obedivisse, nec ivisse in
exercitum faetum supra Castrum Litaldi. — 350 fl. a.

[c. 147] ag. 80. — A Carlevare de Mevania et Puccarello
Colloli de dieta terra solventibus nomine Com. Mevanie pro
compositione faeta cum dieto Com., super eo quod dicebantur non
permisisse intrare in Mevania Marescallum ducat. Spolet.
— 150 fl. a.

sett. 9. — A d. Johanne Novello et a Ciculo Piechardi
de Asisio solventibus nomine Com. Assisii, ratione compositionis
facte cum dicto Com., super eo quod non iverunt in exercitum
236.

38.

40.

41.

I REGISTRI DEi, DUCATO DI SPOLETO 143

factum per Curiam ducat. super castrum Litaldi de
mense junii p. p. — 22 !/, fl. a. :

91. [c. 148] sett. 10. — It. it. contro Norcia. — 100 lib. — [c. 149]
sett. 29. — It. it. contro il castello di Monticolo. — 100 fior.

[c. 147 t.] sett. 6. — Ab Actaviao et Martino eius filio, Si-
marello, Golo et Nuto Gualterelli de Castagnola
pro compositione facta cum eis, super eo quod dicebatur velle per-
dere Castagnolam. — 70 fl. a.

[c. 149 t.] ott. 3. — A mag. Francisco Massioli de Jano
solvente nomine Com. Jani pro compositione faeta cum dieto Com.,
super eo quod non venerunt sufficienter in exercitum factum de
mense iunii pp. per ducalem Curiam contra Castrum Li
taldi. — 20 ft.

[c. 150] ott. 7. — A Johannutio Angerilli de Monte-
falco solvente nomine Com. Montisfalconi Ss, ratione cuiu-
sdam éondempnationis late contra dictum Com., pro eo quod non
ceperunt quosdam malefactores qui depredati fuerant in territori dieti
castri Andream de Roccha de Urbeveteri. — 200 lib. cort.
[c. 150 t.] ott. 15. — ... Nomine Com. Castagnole... super
eo quod non iverunt in exercitum faetum contra intrinsecos Spo-
letanos, et quia non ceperunt Andream Montis(?) et
quosdam alios malefactores qui interfecerant Berardum de Ca-
stagnola. — 25 fi.

[c. 153 t.] nov. 6. — A Speltono Pacis, Guido eius filio et
Vagnolo Thodini Mancie pro rebus, fodaro et bestiis eis
ablatis quando ibant cum eis Fabrianum R. E. rebellem et
exbannitum contra mandata Reetoris ducat. pro parte contin-
gente R. E. de dietis rebus venditis — 80 Jib.

NELDE

CEst.) Ioan. XXII. Introitus et exitus et processus Ducatus

ile

Spoletani, N. 228.

[c. 3, 4318, marzo 5 — 1329, giugno; c. 1 — 245, parte cart.
e parte pergam, è cart. da 1-153, è pergam. da 154-188].

[Int.] |e. 3]. In nom. efc. Hoc est registrum etc. ut supra.

[c. 12 t.] ag. 10. — Habui et recepi abambaxiatoribus Nor-
mandie, ratione arendationis iurisdictionis ipsius Normandie,
144

L. FUMI

vid. pro Jano, Mazzano, Monticulo, Castagnola,
Collemarchionis et Castrolitaldi. — 99 fi. a.

Per manum Camerarii de Fulg., ratione compositionis facte
cum Com. et singularibus personis super omnibus eorum excessibus.
et super multis singularibus exbandimentis et super rumorem, quem
fecerant. — 120 fl.

Ab ambaxiatoribus Castri Litaldi, ratione compositionis facte
eum Com. Castri Litaldi pro quibusdam rumoribus et sussulti-
bus factis in dicto castro. — 20 fl. a.

(c. 13] sett. 9. — A Marino de Castro Litaldi, ratione
compositionis facte cum eo quia fecit insultum durante rumore su-
perius memorato. — 20 lib. cort.

[c. 15] ott. 37. — A Brigante de Gualdo Capt. ratione com-
positionis facete super quodam rumore, quem posuerat in Gualdo.
— à fl. a.

[Somma totale dell'anno Lire 3284, soldi 8 e den. 1 ; cioè Fior.
d'oro 875, Lire 3, sol. 3, den. 7, essendo il valore del Fior. a Lire
cort. 8, sol. 15. Ridotta la somma totale dell'argento a Fior. d' oro,
importa Fior. 3189, sol 44, den. 10).

[c. 19 t.] 1319, gen. 15. — A Luca Casagnoni de Trevio,
ratione compositionis facete cum eo, quia iverat Fulgin., non
obstante prohybitione faeta per d. Rectorem, cum Fulgina-
tes essent in rebellione Curie ducalis. — 23 sol. cort.

[Seguono simili composizioni con altri quattro di Trevi, e al-
cuni di Montefalco, di Bevagna, distrettuali di Trevi e altri di
Gualdo Cattaneo, Porcaria, ecc.].

[c. 21 t.] febbr. 5. — A Com. Cannarii pro compositione facta
cum dicto C. quia non iverant sufficienter ad exercitum Nuceri-
num. — 50 ff. a.

[Seguono composizioni per lo stesso motivo con i Comuni: di Col-
lemancio e Isola degli Alberici — 10 f.; di Castel Preccio -— 12 f. y
di Limisano — 15 f.; di Pomonte — 15 f.; di Castel Litaldo — 55
f.; del Colle del Marchese — 10 f.; di Castelbono — 80 lib. cort. ; di
Castagnola — 8 f.; di Monticolo — 10 f.; di Casapiattola — 6 f. ; di
Giano — 50 f. meno due soldi e 6 den. cort.; di Norcia — 100 f.].

UN REDEGIT

CUN QeD CST PUN NZ TIPO I REGISTRI DEL DUCATO DI SPOLETO 145

8. [e. 2 f. t.] mar. 28. — A Com. Egubi pro compositione facta cum
dieto Com. quia ad mandatum Rectoris ducat. non fuerunt in
exercitu faeto contra Nuceriam et quia tempore d. Roberti de
Albarupe q. Vicarii Generalis dicti ducat. non iverunt
ad exercitum contra Spellum. — 45 fl. a.

9. [e. 32 t.] mag. 21. — Com. Cerreti et singulares persone fuerant
R. E exbanniti et ipsi fuerunt capti in Trevio per quemdam famulum
d. Jacobi de Spello. — 44 lib., 6 s. i

10. [e. 33 t.] giu. 16. — A Venutolo Johannis pro compositione
facta cum eo super eo quod dicebatur commedisse carnes in dic
veneris. — 3 fl. a.

11. [c. 37 f.] sett. 10. — Ab ambaxiatoribus Eugubii dantibus nomine
Com. Eugubii pro compositione facta cum dicto Comune quia non
iverunt ad exercitum Vissi. — 1780 fl. a.

12. [e. 39] nov. 1. — Pro Com. Collemarchionis ratione medie-
tatis arrendationis capitaneatus Normandie — $!/, fl. a.

13. [e. 39 t.] nov. 8, — A Com. Trevii quia non iverunt in exerci-
tum factum contra castrum Vissi. -— 80 fl. a. minus 8 sol. cort.

14. [c. 40 t.] dic. 10. — Ab Epo Asisii dante pro inquisitori-
bus heretice pravitatis, qui reddiderunt rationem et com-
posuerunt de omnibus. — 400 fl. a.

[Somma totale dell'anno Fior. d'oro 6125, sol. 3, den. 9].

15. [e. 44] 1320, feb. 24. — A Lolo Pascutii de Bictonio pro
compositione facta cum eo quia erat bictonensis, et Bictonenses
erant ribelles Curie nostre. — 272 /ib.

16. [e. 58 t.] 7323, feb. 4. — A Massiolo Juntule de Monte-
falcone pro quadam compositione facta cum eo per d. Johan-
nem de Amelio rectorem super eo quod portavit vel fecit
portare per se vel per alium seu alios Fabrianensibus perfidis
hostibus S. R. E. et d. n. summi Pontificis victualia et alias
res ae etiam mercantias pro muneratione et auxilio ac adiutorio dic-
torum rebellium per districtum et territorium NuceriietGualdi
Nucer., qua de causa erat exbanditus. — 2 fl. a.

17. [e. 64 t.] apr. 8. — A Ceccolo Morbide de Gualdo Capt.
solvente pro quadam compositione facta cum eo pro filio Pauli
Mercatutii de dieto loco super eo quod dicitur tradidisse in
preiudicium S. R. E. Castrum Montis de comitatu Spoletino.
— 75 duc. a.
146

18.

T9.

25.

L2
DI

L. FUMI

[e. 66 t.] apr. 26. — A Perocto Cecchi de Saxoferrato
solvente pro quadam compositione faeta cum d. Johanne d.
Brodarii deSaxoferrato per d. Johannem de Amelio
rectorem duc. pro dieto Com. de Saxoferrato, super eo quia
non venerunt in primo exercitu facto per Rectorem duc.
Spolet. supra Spoletanos rebelles E. — 25 fl. a.

[c. 67] apr. 30. — A Cicchulo Morbide de Gualdo Capt.
solvente pro duodecim hominibus de Gualdo Capt. exbannitis
diete Curie, super eo quod dicitur ipsos dedisse et tradidisse C a -
strum Montis E. R. subiectum... wndecim centinaria lib. den.
cort.

[c. 67 t.] mag. 3. — A d. Antonio Torbide de Bassano
nucer. dioc. pro quadam compositione facta cum eo super eo quod
fuerat in civit. Firman a rebelle S. R. E. et ibi officium judicatus
exercuerat — 2 fl. a.

[c. 68 t.] mag. 14. — A Cecchulo Morbide de Gualdo Capt.
solvente pro compositione facta cum ipso pro mag. Andrea Petroni
et eius patre de Gualdo Capt. super eo quod dedit et tradidit

Castrum Montis rebellibus R. E. — 70 fl. a.
.[e. 69] mag. 15. — A mag. Nicholao de Assisio de pretio

duorum bobum et nij.or asinorum venditorum et aeceptorum certis
malefaetoribus, vid. mag. Andrea de Gualdo Capt. eo quia
tradiderat Castrum Montis — 40 lit. cort.

A Machora de Batasa de Gualdo Capt., quos tenebatur
dare mag. Andree Petroni accusato aut inquisito de proditione
Castri Montis. — 7 lib. cort.

[c. 10] mag. 17. — A d. Johanne Appolloni solvente pro
quadam compositione facta pro quibusdam hominibus de Jano,
qui dicebantur tradidisse Roccham Arronis. — 3540 fl. a.

[c. 70 t.] mag. 19. — A mag. Ricciardo Brunelli solvente
pro quadam compositione faeta pro Vanne Mancie de Fabriano
super eo quod dietum Com. Fabriani fuit et est rebellis S. M. E.

et ipse Vannes erat castellanus Fabriani. — 5 fl. a.
mag. 21. — A mag. Francisco Bonaventure de Asisio

solvente pro quadam compositione generali facta cum ipso Com.
Cassie et specialibus personis clericis et laycis terre Cassie
super eo quod non paruerunt mandatis d. Reetori et Curie
eiusdem, nec clerici servaverunt interdietum, — 90 fl. a.

[c. 72 t.] giu. 5. — A Cecho Raynaldi de Visso syndico dicti
Com. dante et solvente pro compositione generali faeta per C. Vissi,
unm xt emm m n NFETPUI

9
R3)

35.

3b.

37.

I REGISTRI DEL DUCATO DI SPOLETO 147

eo quod non miserunt in exercitum contra intrinsecos spoletanos et
non paruerunt mandatis Curie generalis Ducat. — 70 fl. a.
[e. 14] giu. 17. — A d. Jaeobo de Cremona dante pro Epo
Fulginat. ratione cuiusdam compositionis facte cum eo, super
eo quod non obedivit certas lieteras sibi missas ex parte Rectoris.
— 10 lib. ;

[c. 16] Zug. 4. — Pro Com. Monticuli ratione arrendationis et
venditionis seu emptionis faete de iurisdictione Normandie pro
parte dieto Com. contingente. — 79 fl. a.

[c. 76 t.] lug. 9. — A Juntarello Petrusii et-Vannillo
Naldi de Gualdo Capt. solvente vice et nomine Brunelli
Bartholelli de dicto loco pro compositione facta cum eo super
eo quod dicebatur tradidisse Castrum Montis ad E. R. expec-
tantem — 20 ff. a.

[e. 19] lug. 29. — A Puzolo Petrioli de Pomonte pro com-
positione faeta cum dieto Puzolo... super eo quod dicebantur

misisse rumorem in terra Pomontis — 30 fl. a.
]e. 79 t.] ag. 8. — A Ventura Schiacti dante nomine Petri

Berardi dicti Rubei et pro octo aliis suis sotiis... pro composi-
tione facta cum eis super insultu per eos facto contra Ceccholum
Puzoli Palmeroni et plures alios, et quia miserunt totum
castrum Montisfalconis ad rumorem. — 700 ffl. a.

It. pro Zechulo Puzoli, Vannillo eius filio et Ruzolo
Miglorutii, id. — 25 ft.

[c. 82] ag. 30. — A d. Petro d. Ugolini de Bictonio dante
et solvente pro sex hominibus Curie ducalis et R. E. exbannitis
pro compositione faeta cum eis super eo quia dicebatur hostiliter
accessisse una cum dicto d. Petro ad terram Cannarii volendo
inde asportare bladum et alias res per ducalem Curiam seque-
stratas. — 80 fl. a.

[c. 84] sett. 14. — Pro Com. Mursiche super eo quod non
iverat ad exercitum factum per d. Rectorem Ducatus contra
rebelles E. R. et aliis excessibus. — 20 fl. a.

A ser Baldello nuntio Com. Eugubii dante et solvente vice
et nomine Com. Eugubii pro compositione facta cum dicto Co m.
quia non iverunt ad exercitum factum per d. Reetorem duca-
tus contra oceupantes Monasterium Sancti Quirici —

25 fl. a.

[c. 100 t.] 2324, apr. 4. — A Lillo Appresutii de Gualdo
Capt... pro compositione faeta eum eo occasione quia dicebatur

x
A

e
x |
case:

u- A

ner; 148 L. FUMI 1

tradidisse Castrum Montis supra Spoletum E. R. subiectum

in manibus inimicorum et rebellium R. E. — 30 ft. a.
38. [c. 102] apr. 12. — A dompno Elimosina priore E. Sancti

Angeli Perusine diocesi pro peiorameuto piscium debi-
torum dicte R. E. per abbates

SS. Arcangeli et Crispolti eiusdem diocesis — 38 lib. cur.
[Qui appresso vengono le spese].

39. [e. 117 t] 2324, gen. 8. — Dedi et solvi ac expendi una cum d.
Johanne de Amelio. Rectore Ducatusin Fulgineo
ad parlamentum faciendum ad multa negotia pertractanda et ordi-

nanda super reconciliatione Civ. Spoleti et plura alia ardua in
dicto parlamento ordinanda circa statum provincie ducatus et
R. E.,et ibi stetimus .iiij. diebus cum famulis et equis. — 8 Zid. cort.

40. [c. 119], mar. 8. — Quibusdam nuntiis qui iverunt in servitium
Curie pro certis negotiis cum multis licteris contra intrinsecos
Spoletan. directis tunc rebelles S. R. E. — 24 s.

41. le. 121], giu. 7 — Pro .xij. famulis qui stant ad custodiam castri

Pirochii de mandato Rectoris, quod castrum custodiunt pro
R. E. — 18 fl. a.

49. giu. 28. — M. Nicholao de Asisio notario meo expendendos
pro expensis fiendis Spoletum pro d. Covato judice gen e-
rali diete Curie et pro Marescalco c. ducalis euntibus ad
inquirendum bona clericorum suspensorum et castrorum et villarum
dicte R. E. confiscata, que bona sunt rebellium Spoletan. rebel-
libus, quia ibi steterunt pro quinque diebus cum xj equis et xj equi-

tatoribus et pluribus berroariis. — 22 lib., 14 sol., 4 den. cort.
43: [c. 122 t.] lugl. 31. — M. Johanni de Saneto Gemino ma-

gistro electo super opere plebis S. Fortunati per Ap. Sed.
Nuntium et Thesaurarium, quia reputabatur valde sollem-

pnis, et stetit in Montefalcone pro dieto opere bene prospi-
eiendo et super ipso opere sollempnius consulendo cum equo conti-
nue, et quia dum veniebat fuit à Gebellinis de comitatu T u-

Tem o MICE

derti mortifere percussus et non potuit recedere usque ad .x. dies.

tam pro medicinis, medico et expensis, quam pro remuneratione sui |

laboris. — 9 lib. cont.
44. [e. 193 t.] ag. 15. — Dedi efc. quando una cum Mariscallo, d.

Covato jud. et cum pluribus equitibus, quos dietus Mare- |
scallus et judex duxerunt in eorum sotietate et pluribus ber-
roariis ivimus Fulgin de mandato Rectoris ad videndum
IE TATO IZ

45.

47.

48.

49.

I REGISTRI DEL DUCATO DI SPOLETO | 149

hospitia causa retinendi ibi Curiam, et ad faciendum actari ban-
cham et ad ordinandum eum prioribus de Fulgin. quod pro-
videretur nobis de lectis et aliis necessariis. — 3 lib. et 5 sol. cort.
sett. 1. — M. Nicholao de Asisio quando ivit Spellum
ad vendendum bona mobilia exbannitorum Curie ducalis et
ad sequestrandum dieta bona. — Eid. et M. Petro de Montefalcone
quando iverat Mevanie ad vendendum bona mobilia Ceccholi
homicide. — M. Nicholao quando ivit ad castrum Pirochii ad
inquirendum utrum bona et possessiones dicti castri et existentia
juxta dictum castrum pertinerent ad E. KR. ratione possessionis
ipsius castri aut C. Spoleti.— Quando ivit cavallarium Janum
et Castagnolam ad sequestrandum fruetus, blada et alias res
pertinentes ad monasterium S. Juliani de Monte, prout ego
Thesaurarius habeo a d. n. papa per lieteras apostolicas
in mandatis. — 20 lib., 14 s. c.

Eid. quando ivit ad Gualdum Capt. ad sequestrandum bona
exbannitorum e£c. — 5 lib., 5 s. cort.
[c. 124 t.] sett. 2. — It. quando ivi Fulgin. locutus cum d.
Legato causa examinaudi rationes et vivendi et alia ordinandi
cum d. Legato super rationibus assignatis per d. Rectorem
ducatus. — 2 fl. a.
[c. 125] sett. 2. — Lillo Bartholutii de Fulgin., quem
trasmisi in diversis partibus pro magistris examinaturis et decrevi-
turis opus Plebis S. Fortunati, prout a d. n. Papa d. fr.
Falco de Systarico Ap. Sed. nuncius et ego habellamus
in mandatis, et quia ivit ad diversas partes, et pro melioribus magi-

stris in provincia ipsa repertis et nominatis. — 30 sol. cort.
[c. 126] sett. 6. — Magistris notariis... qui scripserunt et fecerunt

copias licterarum apostolicarum, que continebant et tractabant de
privatione ducis Bavarie et Episcopi aretini et de
crociata bandita contra Mediolanenses, Firmanenses et
Fabrianenses etc. — 12 lib. cort.

Massio Baiulo Curie duc., quem d. Legatus et Re-
ctor Comuni perusino destinavit quod dimicteret terras per
dietum Com. Perusii occupatas E. R. pristine libertati. — 12
sol. cort. ;

[Per] lieteras missas per totam provinciam Spoletanum pro
exercito facto coutra detentores et occupantes Monasterium
S.Quirici. — 27 sol.

Baiulis dicte ducalis Curie quos de mandato dieti d. Re-
ctoris transmisi ad diversas partes ipsius ducatus tam pro tra-
150 L. FUMI

buechis et magistris ipsorum, quam pro aliis rebus necessariis pro
dieto exercitu. — 23 sol. cort.

o
ND

2. [c. 129 t.] 1325, gen. 20. — D. Covato de Narnia quem
d. Rector misit eum Perusium cum sex equitibus et pluribus
famulis ad faciendum ambaxiatam perusinis quod deberent
terras et castra E. R. pristine libertati et quod non deberent pre-
stare adiutorium, consilium vel favorem Nucerinis tunc rebelli-
bus E. R. — 11 lib. cort.

53. [c. 132] mag. 31. Viginti quinque militibus trasmissis in succursum

d. Marchionis Marchie Anconitan., qui secundum
tenorem sui rescripti trasmissi per eum d. Reetori Ducatus
quod erat in periculo persone et pro honore S. R. E. et d. n. Pape
et ad hoc ut provinciales Ducatus citius et evidentins succurerent
ei feci ne dicta R. E. verecundiam inde posset habere vel recipere
non modicam lesionem. — 1700 fl. a.

54. Pro scriptura seu registratura rubricarum registrorum R.R. Pon-
tificum, quod d. Rector et ego habuimus in mandatis, que
rubrice fuerunt et sunt in tribus voluminibus alligate seu compi-

late et pro cartis de papira in quibus seripte sunt rubrice superius i
nominate, et tectoriis sen copertoriis, et pro legatura ipsarum rubri- i
carum. — 10 fl. a. et 9 sol. cort.

It. Ay morono de Durvallo pro expensis factis A sisii dum

et
et

una cum sex equitibus et quinque famulis steti ibidem ad serutan-
dum et serutari faciendum pro dictis registris R.R. Pontificum
et ad alia que in dieta sacristia pro R. E. sunt recondita, et quia
oportuit me omnes copthinos revolvere et serutari, pro quibus execu-
tioni mandandis steti ibidem cum dicta societate xj diebus. Et quia

multi in dietis cophinis propter pluviam perdebantur et macula-

bantur, que omnia feci extrahi de dietis cophinis et ad aerem poni
et in securiori loco reponi. — 8 f. a., 23 sol. cort.

[Somma dell’uscita. — An. 1324 — Fior. 5,640 !|,, s. 35 d. 8.
» 1395 — >» 4,058 È

» 1896 — >» 6,090 :
». 1897.5. 04189 |
»: 1328 —: »..6,961

» 1329 — >» 12,309
» 1880 — » 9,960 :
»- 1881 —. » . 4,614 |
21753055. 3. 120.6007
56.

I REGISTRI DEL DUCATO DI SPOLETO 151

[c. 160 t.] 4320, dic. 22. — A nuntiis Com. Nursie.in pluribus
vicibus pro quadam compositione facta per d. Rectorem et me
de excessibus contumaciis et inobedientiis ipsorum Nursinorum,
computata compositione Argenti et fratrum in dicta compositione,
vid. de summa m. .V.© Lxxv fl. recessi. — vinj.cl. xxxx viij.

[c. 163] 2324. — Johannes episcopus cfc. di C. fil. Johanni
de Amelio etc. ducatus Spolet. Rectori sal. e£c. — Jura
nostra et R. E. nolentes quomolibet deperire, discretioni tue per
ap. scr. conmietimus et mandamus, quatenus bona omnia tam mo-
bilia quam stabilia quorumeumque rebellium, bànnitorum seu condem-
pnatorum Spletanorum ex ipsorum culpis et offensis sive con-
tumaciis nostre Camere confiscata statim ad manus tuas recipiens,
facias illa nomine nostro R. E. eum oportuna diligentia procurari,
percepturus fructus et omnes redditus et proventus ipsorum eosque
ad opus nostrum et eiusdem E. fideliter servaturus, contradictores
per censuram ecclesiasticam, appellatione postposita, compescendo,
non obstante si cis vel eorum aliquibus comuniter vel divisim a
S. Ap. sit indultum quod interdici, subspendi vel excomunicari
non possint per licteras apostolicas non facientes plenam et expres-
sam ae de verbo ad verbum de indulto huiusmodi mentionem. Non
obmietas significare nobis per tuas patentes lieteras vel instrumen-
tum publieum huiusmodi bona que sint ac et in quibus et ubi con-
sistant eorumque fruetus, redditus et proventus ipsorumque valorem
annuum per partes et membra ae quiequid de premissis feceris par-
ticulariter et distincte informaturus nos. Nichilominus per huiusmodi
lieteras tuas quid eiusdem Camere nostre compendiis magis expediat
retinere bona predicta in nostro et E. prelibate demanio aut illa ad
annuum censum concedere vel locare. Data Avinion. Kal. Julii
pontif. n. anno octavo.

Prefatus d. Rector volens contenta in dictis lieteris humili-
ter et devoti debito effecti mancipare per se et suos commissarios
et offieiales, inquisitionem fecit sollempniter et fieri fecit super con-
sensis in dictis lieteris ac super articulis infrascripti tenoris.

Imprimis cum infrascripti pro detestandis per eos comissis ex-
cessibus rebelles S. R. E., SS.'p. prelibati dietique Rectoris et
ducalis Curie reperiantur exbanditi et eornm bona memorate
E. confiscata, quorum nomina inferius annotantur, inquirit et inquire
intendit dietus Rector atque commissarius et veritatem
indagare intendit que et quala sint huiusmodi bona ipsorum ec. et in
quibus et ubi consistant particulariter et per membra.
L. FUMI

Item qui et quales ipsorum bonorum particulariter et per
membra possunt esse fructus, redditus et proventus annui et cuius
valoris annuatim possint esse dicti fructus, redditus et proventus.

Item similem et parilem inquisitionem facit et facere intendit
de bonis fructibus redditibus et proventibus quorumcumque rebellium
bannitorum seu condampnatorum Spoletanorum R. E. et Ca-
mere d. n. $. p ontificis ex ipsorum culpis, offensis sive con-
tumaciis tam per processus dieti d. n. s pontificis,quam etiam
per processus contra eos factos per du calem Curiam confiscatis,
prout patet manu mei Johannis de Tuderto not. et off.
d. d. Reetoris. Per quam quidem inquisitionem et investiga-
tionem reperit res et bona infraseriptorum exbannitorum et rebellium
de Spoleto R. E. confiseata ubi sunt et in quibus consistant
ete. ac extimationem ipsorum bonorum e£c., nec non reperit et ad-
invenit ipsorum bonorum efc., facta diligenti examinatione et assum-
matione ipsorum fore annuos fructus et redditus infrascriptos et
valoris annui infrascripti, e£c. ad hoc ut Pater SS. memoratus
de predictis possit et valeat seriosius informari, et Rector et
Commissarius suprascriptus informet clare patrem S. S.
suprascriptum, secundum tenorem licterarum apostolicarum predi-
etarum, mandans michi Johanni s. s. not. de hoe per me con-
fici publicum instrumentum ut per ipsum prefatus Pater SS.
clarius et sub breviori compendio informetur.

[Segue in tre quinterni (cc. 165-188) /' elenco di condannati, di-
stinti per contrada e a nome, col valore della proprietà in lire e della
rendita a grano misurato a coppe. Lo compendio per contrada, col
nome del principale possidente, col valore del possesso e la rendita.
La somma totale non torna, forse per un duplicato della cifra
sulla contrada prima].

=
du a 9 |$g8

Stima zz Principale Stima ma |anf

CONTRADA zi DRS
20? AD; È = ; un di ao
totale S9 possidente parziale o8|£zas

e fá zu E

|
Guayta S | |Eredi di Jacobillo|

De
Andree L. 44,708 (C. 2,204| diAmdreaJustini|L. 4,558.4 |C. 0,200) 22
» Pretenza » 94,857 » 5,059/Jacomo Reguglioni
e figli » 17,955 » 9,000] 22)
» Frosaneti » 39,482 » 2,102|Cola Vivarelli » 9,595 » 4,080| 30

» Ponzanina »

x

15,154 0,767|Joannetto Trinche | » | .1,394.2 | » 0,120]. 2)
I REGISTRI DEL DUCATO DI SPOLETO

[e
(Sii
dI

O.
E 39288
Stima E Principale Stima $3]|E25
CONTRADA GER : i go S |a
totale © 2 possidente parziale 9 3 las
[e I ERO
^o
De Guayta Pa-
latii L. 95,123.28 C. 4,839| Angeletto e Fosso d.
Petri d. Reatine
filius cuius dicti
Fossi est condan-
natus L. 23,914.4 |C. 1,200| 43
« Domi » 15,120.20! » 0,797 | Eredi di Palitto Jo- :
hannis. » 1,876.18| » 0,095|. 19
» S. Johannis|» 42,055 » 2,145|Cola Petrutii de
| Monteleone » 13,326.2 | » 0,667| 46
|
» S. Benedicti|» 20,332 » 1,034|Massiolo d. Ray-
naldi ». 1,980 » 0,100; 24
» Tirallesca |» 35,946 » 1,785| Massaro Jacobi » 3,096 » 0,155| 39
» Phylacteria|» 24,675 » 1,270 Palitto Jordani » 5,881.9 |» 0,295| 28
» Salamonesha|» 16,830 » 2,942| Eredi d? Abruna-
monte de Clovano| » 15,790.2 | » 0,797] 21
» Grifanesca |» 29,002.18] » 1,9582| Giovanni d. Massei| » — 4,803.16] » 0,240' 30

Summa summarum omnium predietorum trium quaternorum
extimationum dictorum bonorum videtur esse * ve xvijm xv lib.
* Istud vult dicere quingenta miliaria et septem (sic) miliaria.

Summa summarum dictorum fructuum annuorum predicto-
rum bonorum videtur esse ** xxvjm, xmj cupp. grani. — ** Istud
vult dicere viginti sex miliaria.

98. [e. 189] 2326, mag. 10. — In nomine etc. a. M.CCC."XXVJ, ind. nona,
tempore d. Johannis pp. xxiJ. die .x. mensis maii. In domibus
palatii Canonice fulginatis, presentibus d. Santoro de Esculo
canon. maioris E. Esculan., d. Jacobo de Reate judicibus
duc. curie, Jacobo de Amelio dicteduc.CurieMare-
scallo et Guillelmo de Podio Cervi test. efc.

Rev. vir d. Johannes de Amelio etc. duc. Spolet.
in spiritual. et temporal. Rector per S. R. E. generalis ac
super exactione fructuum beneficiorum clericorum suspensorum de
Asisio et Spoleto ac bonorum omnium rebellium S. M. E. de
Spoleto camere R. E. confiscatorum commissarius aSed.
Ap. deputatus diligenter considerans et actendens licteras aposto-
licas dudum eidem d. Rectori ae d. PetroMaynad e etc. eiu-
sdem duc. thesaurario destinatus a SS. p. et d. n. d. J o-
hanne div. prov. pp. xxi; tenoris et continentie infras. cum dicto
d. thesaurario compotum fecit et eidem rationem reddidit de

IERI I NIE eu A t ETATS
154

60.

L. FUMI

omnibus et singulis introitibus et expensis per eum receptis et factis.
a die ultime reddite rationis per eum eidem d. thesaurario as-
signando sibi cartularium sive librum, secundum formam inferius
adnotatam. Quarum lieterarum, de quibus supra fit mentio, talis est.
— Johannes epus efc. dil. filiis Johanni de Amelio efc.
Rectori et Petro Maynadecíc. Thesaurariodue.Spo-
let. eíc. — Jura nostra et E. R. in duc. Spol. et aliis terris
tuo commissis regimini illesa servare ac nostris et ipsius E. Ca-
mere precavere indempnitatibus et obviare fraudibus ac sinistris
suspitionibus cupientes, discretioni vestre in. virtute sancte obedien-
tie ac juramenti prestiti districte precipiendo mandamus, quatenus
de omnibus redditibus, fructibus et proventibus, qui per vos seu
vestrum alterum in eisdem ducatu et terris collecti et recepti fue-
rint seu recipientur vel etiam debebuntur per quoscumque in po-
sterum ex quibuscumque causis, nec non et expensis ac sumptibus
inde factis, annis singulis, semel vid: inter festa omnium SS. et
nativitatis Dominice, ac subseguenter inter sollempnitates Pasce ac
Pentecosten, invicem fideliter, particulariter et distincte conferre et
procurare curetis tres libros in huiusmodi computis et rationibus
facientes, quorum duobus penes vos remanentibus, reliquum vero
clausum sigillis eisdem annis singulis ante festam nativitatis b. Jo-
hannis Baptiste prefate Camere transmictatis. — Dat. Avinion.
quinto Kal. februarii, pontif. n. an. xxi.

In nomine e£c. Infrascripti sunt denarii habiti et recepti per r. v.
d. Johannem de A melio efc. ut supra, ab hominibus et personis
solventibus pro beneficiis et Ecclesiis ae occasionibus infras. efc.
Johannes epus ec. dil. fil. Johanni de Amelia efc. Cum
nonnulli ecclesiastici in Spo letan. et Asisinat. civitatibus
et dioc. ecclesiastica beneficia optinentes pro eo quod interdicto, qui-
bus certis et justis causis, auctoritate apostolica, prediete Civitates
et dioc. subiacent violare temere presumpserunt diu fuerint a suo-
rum beneficiorum ecclesiasticorum administratione suspense, Nos vo-
lentes quod fruetus, redditus et proventus beneficiorum huiusmodi,
cum cura vel sine cura, etiam si dignitates vel personatus existant,
colligantur fidelitater et utiliter dispensentur, discretioni tue per a.
s. commictimus et mandamus, quatinus per te vel per alium dictos
fructus, redditus et proventus pro toto tempore suspensionis huiu-
smodi petere, colligere et accipere nostro et E. R. nomine cum in-
tegritate procures, ecclesiis et locis eiusdem pro divinis obsequiis
peragendis et competenter honeribus supportandis congrua portione
dimissa, contradietores etc. Ea vero que de fructibus, redditibus et

FILIERA

ES

D


63.

E.

I REGISTRI DEL DUCATO DI SPOLETO 155

proventibus antedictis perceperis in expensis, quas pro repressione
nostrorum et E. predicte rebellium in illis partibus facere nos opor-
tet, quantum necessarium et utile fuerit dispensare, nos particula-
riter et distincte quid ét quantum de fructibus, redditibus et pro-
ventibus singulorum beneficiorum ipsorum perceperis et qualiter illa
expenderis redditurus nichilominus certiores. — Dat. Avinion. idus
Augusti pont. n. an. septimo.

[Segue la bolla del primo luglio riportata in questo al N. 57,
e appresso l’entrata del 16 e 17 febbraio detto anno in fior. 215
d'oro, soldi 2 e den. 9, ricavata dai benefici dei preti sospesi. —
A c. 193 l’ intestazione è la seguente: In nom. efc. Hic est liber sive
registrum expensarum factarum in servitium Camere duc.curie
etc., dove è ripetuto quanto trovasi riportato nel Reg. I (N. 90) dal
n. 226 al num. 250, comprendendo le carte del presente dalla 198 alla
197, e rimandiamo perciò al Bollettino V. III, f. 11, pag. 532-536].

[c. 198] 7324-1325. — In nomine efc. Infrascripte sunt expense
facte per n. v. Galhardum de Tribusbonis Capitaneum
in Montanis per r. v. d. Johannem de Amelio efc. In
primis dietus Galardus Capitaneus recessit a civitate Ful-
ginei, ubi cum dieto d. Rectore personaliter morabatur, et
iter assumpsit cum officialibus, familiaribus et equis pro dieto suo
capitaneatus officio assumendo et exercendo die quinto mensis decem-
bris, et apud Nursiam venit ad morandum ibidem, et expendidit
pro dispositione dieti offitii et aliis expensis necessariis sibi, officia-
libus, familiaribus et equis et pro convivio facto per eum Potesta-
tibus, Amasiatoribus et Syndicis terrarum, castrorum capitaneatus
de Montanis et Prioribus, Abbatibus et Prebanis et Prelatis dicti
Capitaneatus, qui die decima sequentis mensis januarii venerunt ad
parlamentum dicti d. Capitanei celebratum ipsius mandato apud
eeclesiam S. Benedieti de Nursia et aliis expensis factis minuta-
tim per eum a dieta die quinta dicti mensis decembris usque ad
diem vigesimam octavam mensis Januarii subsequentis, qui dies
sunt in universo quinquaginta quinque dies. — Viginti fl. a.

[A c. 202 comincia la nota delle spese del. Capitano di Mon-
tagna dal 27 dic. 1396].

[c. 218 t.] 4327. sett. 10. — Expendit dictus Capitaneus Cas-

‘siam, quando de mandato d. Reetoris duc. ivit ad dictam

terram cum stipendiariis, quando Cassiani pro d. Capitaneo
156

64.

66.

ST.

68.

L. FUMI

et pro stipendiariis, quia timebant ne Nursini facerent cavalca-
tam in territorio Cassie, pro octo diebus, quibus stetit ibi. —
8 lib. 14 sol. :

[c. 215] dic. 16. — Quando d. Capitaneus de mandato d. Rectoris

ivit Cassiam propter novitatem, quam Nursini fecerunt contra

Cassienses. — 15 lib. 11 s., 1 d.

[IL detto Capitano morì il 3 dicembre 1828, e subito lo sostituì
Bonifazio de Boron (e. 222 t.). Ac. 223 è notata la nuova moneta
che correva in Cerreto, dove il detto Capitano dimorava, moneta che il
marchese della Marca faceva coniare allora (52 soldi per fiorino). Suc-
cessivamente sono registrate le seguenti spese di Galardo suddetto).

[c. 243] 1328, dic. — Solvit dietus Galhardus Capitaneus
pro uno pari pannorum de dimidiaco coloris viridis ex parte una,
et vergati coloris ex altera factorum per ipsum Capitaneum
Paulode Montemartano domicello ipsius Capitanei, et
pro fodera varnachie et sutura, sirico et aliis necessariis dieti panni.
— 20 lib. raven. parv.

Pro vieturis duorum ronzinornm sex dierum, quando dictus Capi-
taneus ivit Spoletum occasione castri Pirocechii tune
oecupati per certos ghebellinos de Spoleto, et quando fuit rever-
sus Fulgineum ad festandum cum d. in festo nativitatis Domi-
nice anni presentis. — 3 lib. et 8 sol. raven.

[c. 245] 1329, apr. 8. — Dedi et solvi ego Galhardus efc. n.
v.Jacobo de Amelio duc. Curie Mareseallo efc. in
expensis ipsius Marescalli et sue comitive equitum et peditum
et in stipendiis .CLXxxvIj. peditum, quos duxit secum in servitium
Camere duc. Curie in cavalcata per ipsum Marescallum
faeta cum dietis comitiva et peditibus contra villas Fematris, Crucis et
Ornani et homines ipsarum villarum, districtus terre Nursie,
rebelles R. E. — 40 f. a., 3 lib., 8 s. 7 d. cort.

[c. 245 t.]. — Die....
d.Petrus Maynadethesaurariusinducat.provincia
per S. R. E. generalis nomine camere R. E. et pro ipsa
cameraa n. v. Galliardo de TribusbonisCapitaneo
in Montaneis per ipsam R. E. deputato dante et solvente no-
mine Capitaneatus officii et pro se ipso diete Montanee
pro toto illo tempore quo stetit in ipso officio capitan. — 150 f. a.

mensis Junii. — Habuit et recepit rev. v.

———— e» —————

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151

INVENTARI E REGESTI

I CODICI DELLE SOMMISSIONI

AL COMUNE DI PERUGIA

(Continuazione del Codice 10 segnato Ya — Vedi Volume III, pag. 191-209).

XLIV. — 1262, Marzo 27. — Palazzo del C. — Comunis
Perusij consilium pro quadam excomunicatione, c. 67 r.

Nel Consiglio speciale e generale e dei cento eletti per ogni
Porta, presente il sig. Pietro « Parentij » Proconsole dei Romani
Capitano del popolo, il sig. Bernardo « de Castro Novo » Po-
testà del detto C. (1) domanda il parere del Consiglio sui provve-
dimenti da adottare affinchè il Potestà, il Capitano, i Consiglieri
e gli Officiali del C. possano essere assolti dalla scomunica, « que
facta fuit pro filiis q. domini Jacobi domini Andree Jacobi ».

Nel Consiglio fu accolta unanimemente la proposta di Andrea
di Tiberio « silicet quod omnia et singula que apparent et inve-
niuntur fuisse de podere quondam domini Andree Jacobi avi An-
drutij et Jacobelli filiorum quondam domini Jacobi domini An-
dree predicti, que Comune Perusij nune habet et possidet seu de-
tinet restituantur predictis Andrutio et Jacobello (2).

(1! V. MARIOTTI Catalogo dei Potest, etc., pag. 212. — Il M. però ricorda. sotto:
La. 1262 il Parenzi come Capitano e Potestà insieme e fa menzione del Potestà Ber-
nardo « de Castro Novo » per il 1201.

(2) La confisca dei beni, dei quali è parola iw questo atto, ebbe origine dalla
congiura di Raniero di Andrea di Giacomo a favore dell’ Imperatore Federico e con-
tro la libertà del/C. di P. — Per notizie su questa congiura si veggano il PELLINI (par.
I, lib. 4o, pag. 259), il BARTOLI (pag. 395) e il Bonazzi (vol. I, pag. 293). I ricordati
Raniero, Andrea e Giacomo che, seguendo il PELLINI, il MAnroTTI, il BARTOLI e il
BoNazzr, si poteva credere fondatamente appartenessero alla famiglia dei Montemelini
(V. doc. XIV n. 1, e XVIII n. 2), sarebbero invece secondo il CrATTI (Perugia pontifi-
cia, pagg. 334, 348, 349, 363 e 361) di casa Vibj. Senza giurare sull'affermazione del
Ciatti si può tuttavia asserire che Andrea di Giacomo e i suoi discendenti non fos-
sero dei Montemelini. Ciò abbiamo potuto apprendere da un documento degli Anz.
decemv. del 1326 (c. 233 r.), nel quale, rammentata la revoca della confisca dei beni di
Raniero, Andrea e Avultrone figli di Andrea di Giacomo, si accenna alla vendita di
Monte Gualandro fatta da loro o dai loro eredi a Giovanni e Francesco « Ciutij » no-
bili di Monte Melino o ai loro antecessori. — L'atto, che é un parere di alcuni dot-
tori sui diritti spettanti ai Montemelini sul Castello di Monte Gualandro, porta in fine i:
nomi dei dottori medesimi, fra i quali si legge quello di Cino da Pistoia.
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158 ANSIDEI E GIANNANTONI

Inoltre il Capitano del popolo ordini la restituzione di tutti i
beni dal C. di P. concessi a private persone « occasione aliquo-
rum debitorum vel alicuius debiti, de quibus debitis vel de
quo debito ostenderetur solutio facta », purchè rimangano a
vantaggio del C. stesso tutti i frutti percetti dal tempo della
concessione; da ultimo il Capitano medesimo faccia restituire
ai predetti Andreuccio e Jacobello « omnes et singulas pos-
sessiones et res immobiles occupatas vel supprehensas de bonis
ipsius quondam domini Andree Jacobi ab aliquo vel aliquibus »
senza che a questi occupanti fossero concesse dal C. di P., ma
tale restituzione avvenga sempre con la indicata riserva dei frutti
a favore del C. (1).

Test. Andrea « Negozoli », Leonardo « Maineclo » e Maffeuc-
cio « trumbatores Comunis » e Maffeo « Pasquarelli ».

Giovanni « de Mixano » not.

XLV. — 1262, Marzo 27. — Palazzo del C. — Séndicatus
Comunis Perusij ad recipiendum refutationem ab Andrutio
et Jacobello filiis. Domini Jacobi, c. 67 t.

ll sig. Bernardo « de Castronovo » Potestà e il sig. Pietro
« Parentij » Proconsole dei Romani e Capitano del C. di P., con
l'approvazione dell'intiero Consiglio, nominano e costituiscono
Sindaco e generale Procuratore del C. stesso Jacopo « Uguitionis »
presente ed accettante a ricevere dai predetti Andreuccio e Jaco-

(1) Relativamente a questi beni confiscati dal C. di P. si conservano nell'Arch. decem-
virale due Bolle pontificie, l'una di Innocenzo IV data da Lione il 9 febbraio 1251. (Bolle
e Brevi A n. 4) e l'altra di Alessandro IV data da Anagni il 29 aprile 1259 (Bolle e Brevi
X n.24). Nella prima il Papa, dopo aver ricordato le deliberazioni adottate dai Perugini
‘ela preghiera da questi presentata per ottenerne da lui l'approvazione, così prosegue :
« Nos igitur, vestris supplicationibus inclinati, bannum et publicationem huiusmodi pro-
‘ vide facta rata habemus et grata eaque auctoritate apostolica confirmamus et presentis
scripti patrocinio communimus ». Nell'altra Bolla di Alessandro IV si accenna alla do-
manda fatta al Papa dal pupillo Andreuccio, figlio del fu Giacomo di Andrea di
Giacomo, per ottenere la restituzione dei beni confiscati e a lui spettanti. Il Pontefice,
aderendo alla richiesta di Andreuccio (perché né questi, né il padre di lui da lungo
tempo premorto avevano preso alcuna parte alla congiura di Raniero, loro respettivo
zio e fratello) si rivolge al C. di P. esortandolo a compiere quest’ atto di giustizia
« cum iniquum sit ut pena que suos tenere debet actores, insontium innocentiam
persequatur ».
CURAE

AURIS

€—

CODICI DELLE SOMMISSIONI AL COMUNE DI PERUGIA 159

pello quietanza di tutti i beni ricordati nell'atto precedente in con-
formità della sentenza pronunciata « in curia summi Pontificis
domini Alexandri Pape IV » e confermata da Papa Urbano IV.
Lo stesso Giacomo di Uguccione è autorizzato a lransigere con
Andreuccio e Jacopello minorenni « de omnibus et singulis rebus
el bonis supradictis pro fine et refutatione ab eis ipsi sindico pro
Comuni facienda de omni eo quod a dieto Comuni petere possent »
ed è altresì incaricato « ad impetrandum licteras a domino Papa
absolutionis et relaxationis interdieti facti in dominis Potestate,
Capitaneo, Consilio el Offitialibus comunis Perusij nomine et occa-
sione predictorum bonorum el rerum et pro predictis Andreutio

et fratre ».

Test. Andrea « Negozoli », Leonardo « Mainecto » e Maffe-
uccio « trumbatores Comunis » e Maffeo « Pasquarelli ».
Giovanni « de Mixano » not. * Bonagura, not.

XLVI. — 1262, Aprile 6. — « In palatio filiorum olim Ance-
locti domini Bonbaronis » — Zestitutio quam fecit Comune
Perusij nepotibus domini Andree Jacobi, c. 69 t.

L'atto incomincia con il ricordo della lite agitatasi fra Gio-
vanni « de Narnia » curatore di Andreuccio « nobilis viri do-
mini Jacobi filii domini Andree Jacobi de Perusio » da una parte
ed il C. di P. ed il suo Sindaco maestro Bartolomeo dall'altra.

Della questione sorta si trattò « coram venerabili patre do-
mino Stefano miseratione divina Penestrino Episcopo a domino
Alexandro Papa quarto partibus auditore concesso » relativa-
mente alla terza parte di beni e castelli che un tempo apparte-
nevano ad Andrea di Giacomo avo dei ricordati fratelli Andreuccio.
e Jacopello ed in ordine al castello dl Compignano (1). Dal ri-
cordato Vescovo Penestrino eletto giudice il C. di P. era stato con-
dannato a restituire al curatore di Andreuccio e Jacopello mino-
renni la terza parte dei delli beni e il castello di Compignano che
dall'avo era stato donato « in premium emancipalionis » al pa-
dre di Andreuccio e Jacopello. Inoltre il C. era tenuto al paga-

(1) Vedi BELFORTI-ManrOoTTI, Mem. cit., nelle quali è rammentato il dominio
che su questo Castello ebbe Andrea di Giacomo.
160 ANSIDEI E GIANNANTONI

mento di 333 libbre per ogni anno dal tempo dell’ occupazione
delle stesse terre, di 3000 libbre « Senensium parvulorum » in
rifazione dei danni dati e di 300 libbre della stessa moneta a ti-
tolo di spese.

Dopo il rieordo di questa sentenza e delle deliberazioni adot-
tale in proposito dal generale Consiglio di P., delle quali il sunto
leggesi nei due atti che precedono, dal documento risulta che
Giacomo di Uguecione Sindaco del C., alla presenza di Pietro
« Parentij » Capitano del popolo, « nomine transactionis, permu-
tationis et in solutum dalionis », diede a Giovanni « de.Narnia »
in vece delle terre, del castello e delle somme di denaro a cui
il C. di P. era stato condannato « Podium castri Montis Gualan-
dri (1) cum tota eius curia et distrielu, pasadio, jure et juri-
sdictione et dominio ipsius castri »: concesse inoltre tutta la
parte che Andrea di Giacomo aveva posseduto « in Monta Alere (2),
in Montiano (3) et in Valiana » (4) nonchè in genere tutti gli
altri beni che avevano appartenuto a detto Andrea. La pena fis-

(1) Nelle memorie stesse BELFORTI-MARIO''TI sulla fede del PELLINI (parte I, lib. V,
pag. 348) si fa menzione della nomina di alcuni periti per devenire alla stima del
Castello di Monte Gualandro e si pone detta nomina all'anno 1306. La data però é
evidentemente errata, poiché nel vol. degli Ann. decemv. segnato D ac. 208 t. si ha
questo atto di elezione che ebbe luogo il 19 decembre 1326. Per la esattezza di questa
data vedi c. 295 r. dello stesso vol. — I cinque periti furono eletti « ad extimandum...
castrum seu cassarum fortilitia Montis Gualandri dominorum de Montemelino ».

(2) Nel 1289 una parte di questo Castello e dei beni al medesimo connessi fu
venduta al C. di P. che il 14 settembre di detto anno costitui Sindaco per la stipu-
lazione della compra Corrado « domine Caratenute ». (Vedi Contratti AA n. 555 d.). Il
20 settembre successivo il sig. Andrea « quondam domini Guidutij Nigri» vendé al no-
minato Sindaco « totum et integrum palatium et turrim excepta sexta parte turris
que est nepotum vel heredum domini Andree Iacobi, quod palatium et turrim habet
in castro Montis Aleris, etc. » (Vedi Contratti AA, n. 555 c.). L'atto col quale il C. di P.
costituì suo Sindaco Corrado è riportato quasi per intero nelle Memorie sui Castelli
Perugini BELFORTI-MaRIOTTI. È a notare però che nelle Memorie citate l'atto è in-
completo, perché incompleta é anche la copia che se ne ha a c. 50 t. del volume
degli Ann. decemv. segnato D, e dalla quale il documento é stato riportato.

(3) Nello stesso documento a c. 71 t. questa località è con maggior chiarezza
chiamata « Mons Janus ». Vedi a questo proposito il CrATTI, Perugia Etrusca, lib. I,
pag. 23, ove si legge che il monte nel territorio di P. e vicino alla terra di Panicale
era anche ai tempi del Ciatti chiamato Monte Giano.

(4) Su Valiana possono vedersi in questo medesimo Regesto i doc. XVIII e XIX,
dai quali risulta la compra della terza parte di Valiana fatta da Andrea di Giacomo,
nonché i documenti XX e XXI relativi all'acquisto di un podere di Valiana fatto da
Manno di Ugolino.
CODICI DELLE SOMMISSIONI AL COMUNE DI PERUGIA 161

sata, qualora il C. di P. non osservasse i patti, era di 2000 mar-
che di buono e puro argento.

Test. — I sigg. Ermanno « domini Uguitionis », Giovanni
« Archipresbiteri », Oddone « domini Oddonis », Andrea « domini
hanerij Baruntij », Bonconte « domini Bonaventure », Jacopo
« domini Simonis » cavalieri, i sigg. Ranuccio « Tedeschi »,
Uguccione « Jacobi », Raniero « Benveniatis », Bencivenne « Tro-
valveri » giudici, Andrea « domini Acerbi », Jacopo « domini
Ranerij Bonaguide », Oderisio « Peri Rusticelli », Angelo « Peri
Aiutoli », Giovanni « Uguitionis » e Ugolino « Abadengi ».

Bonagura not.

XLVII. — 1262, Aprile 6. — Nel palazzo dei figli « olim
Ancelocti domini Bombaronis » — Mandatum quod labo-
ratores domini Andree Jacobi respondeant Andrutio et Ja-
cobello, c. 69 r.

Pietro « Parentij » Capitano del C. di P. ordina a Benvenuto
« Gergoli » banditore che imponga ai lavoratori delle terre un
tempo spettanti ad Andrea di Giacomo ed ora possedute dal C.
di rispondere dei frutti delle terre medesime ad Andreuccio e
Jacopello a seguito della restituzione che di quei terreni era stata
fatta dal C. ai ricordati Andreuccio e Jacopello.

Test. — I sigg. Ermanno « domini Uguitionis », Giovanni
« Archipresbiteri », Oddone « domini Oddonis », Andrea « domini
hanerij Baruntij », Bonconte « domini Bonaventure », Jacopo
« domini Simonis » cavalieri, i sigg. Ranuccio « Tedeschi »
Uguecione « Jacobi », Raniero « Benveniatis » e Bencivenne
« Trovalveri » giudici, Andrea « domini Acerbi », Jacopo « do-
mini Ranerij », Oderisio « Peri Rusticelli, Angelo « Peri Aiutoli »,
Giovanni « Uguilionis » e Ugolino « Abadengi ».

Jonagura nol.

XLVIII. — 1262, Aprile 13. — Valiana. — Datio tenute a Co-
muni Perusij tertie partis Valiane filiis olim domini An-
dree Jacobi, c. DI r.

Jacopo « Uguitionis » Sindaco del C. di P., aecedendo per-
sonalmente al castello di Valiana, immette Andreuccio « quondam
162 ANSIDEI E GIANNANTONI

domini Jacobi Andree Jacobi » pur presente ed accettante per sé
e pel suo fratello Jacopello nel materiale possesso della terza
parte di Valiana e di tutte le terre e diritti annessi « mictendo
sibi in manus hostia portarum et faciendo eum claudere et aperire
ipsa et equitando et eundo per dictas lerras el possessiones et
intrando navim existentem in portu dicli fluminis Clanarum mic-
tendo sibi catenam ipsius navis in manu et accipiendo elevando ac
porrigendo el dando vice et nomine dieti comunis nominato An-
dreutio pro se et dieto suo fratre recipienti de glebis terrarum et
bladis et erbis et ramis arborum in predictis terris existentium
nomine tenute et possessionis ipsarum rerum et cuiuslibet ipsa-
rum » (1).

Test. — Il sig. Oddone « Oddonis », Raino « Angeli », Gio-
vanni « Uguilionis », Angelo « Peri », Corraduccio « Gibelini »
ed altri.

Segue l'ingiunzione fatta da Benvenuto « Gergoli » banditore
del Potestà Pietro « Parentij » ad alcuni lavoratori, i nomi dei
quali sono nell'atto ricordati, di restituire ai fratelli Andreuccio
e Jacopello tutti i frutti percetti dalle dette terre e da percepirsi
d'ora innanzi per conto e a nome dei medesimi.

Nicola not.

XLIX. — 1262, Maggio 11. — Nel Palazzo del C. — Consen-

sus factus de venditione castri Casacastalde, c. 91 r.

Guido figlio « domini Munaldi Supolini », emancipato dal
padre suo e procuratore del padre medesimo e del fratello Uguc-
cione « ad consentiendum expresse instrumento venditionis facte
comuni perusino seu Tagliabovi Sindico dicti Comunis » (2), ratifica
e conferma i patti contenuti nel detto istrumento di vendita del
castello di Casacastalda, concedendo a Filippo « Bernardini »
giudice e Sindaco del C. di P. tutti i diritti e le azioni che i detti
Monaldo ed Uguccione potessero avere sul Castello medesimo,
sulle terre e sugli uomini suoi.

(1) E importante questo passo, come ognuno facilmente comprende, per la enu-
merazione delle formalità che accompagnavano l'atto d'immissione in possesso.

(2) L'istrumento di vendita qui richiamato porta la data del 10 ottobre 1257. (Vedi
in questo stesso Regesto, doc. n. XXX,
CODICI DELLE SOMMISSIONI AL COMUNE DI PERUGIA 163

Tali dichiarazioni fa lo stesso Guido come mandatario di
Monaldo e Uguccione perchè egli aveva confessato che il prezzo
delle cose vendute (mille e cinquanta libbre di denari) sarebbe
stato impiegato a profitto de’ suoi mandanti. Guido però, mentre
rinuncia a tutte le eccezioni delle quali per legge avrebbe potuto
valersi, intende che non debba a lui personalmente arrecare
danno alcuno la confessione che egli aveva fatta nell'istromento
di vendita del castello di aver ricevuto il prezzo totale della ven-
dita medesima, mentre da altro istromento si rileva che dal C.
di P. gli si debbono ancora settecento libbre di denari.

La penale è stabilita nel doppio del prezzo pattuito.

Test. i sigg. Bonaventura « Alberti », Raniero « Benvegnatis »,
Uguccione « Jacobi », Raniero « Jacomini », Rigone « Taglia-
bovis » giudici, Libriotto « Bonaventure » camerlengo del C. di P.
ed altri.

Broccardo not. (1).

L. — 1262, Dicembre 30. — Nella Canonica Perugina. —
Submissio Castri de Portulis, c. 82 t.

Niecoluecio figlio « quondam domini Andree de Portolis »
sottomette a Pietro « Sinibaldi » Sindaco del C. di P., stipulante
ed accettante per il C. medesimo il castello delle Portule con
l'annessa giurisdizione ed obbliga sé stesso e i suoi eredi e suc-
cessori a far pace e guerra secondo che loro sia ingiunto dal
Potestà, dal Capitano o dai Rettori di P. — Promette altresi di non
esigere « pedagium sive scortam » dagli abitanti della città e
del contado perugino che « cum saumis vel sine saumis » pas-
sassero per il territorio soggetto alla ricordata giurisdizione. Il
Sindaco in correspettivo di tale cessione dà ai creditori che il detto
Niccoluccio aveva in P. settecento libbre di denari perugini mi-
muti, i quali denari provenivano dalla vendita delle terre del C.

(1) Vedi Sommissioni A, c. 102 t. e Contratti AA n. 63. La pergamena originale
‘che trovasi nella citata raccolta dei Contratti, e della quale è ricordo anche nelle Me-
morie sui Castelli perugini BELFORTI- MARIOTTI, non é in alcuni punti perfettamente
‘conforme alla copia esistente in questo Cod. -| ; però le differenze sono pochissime e di
pura forma. — È da notarsi altresì che nel transunto delle pergamene volanti di G.
BELFORT! è attribuita erroneamente a questo atto la data del 1261.
164 ANSIDEI E GIANNANTONI

situate in Colle e vendute « ad tempus » a Fomagio « Bon-
johannis ». ;

Inoltre Niccoluccio rilascia a favore del C. di P. quietanza )
« de toto terreno posito in pertinentiis sive curia castri Portula-
rum », rinuncia ad ogni eccezione che per legge possa com-
petergli, si sottopone, in caso di inosservanza dei patti stabiliti, alla
pena di mille marche di puro e legale argento e in garanzia
obbliga tutti 1 suoi beni.

Test. — I signori Bonaventura « Alberti » e Salvatico giu-
dici, Angelo « Johannis » e Bonagura « Johannis » notari, Lucardo
« Bonoscagni », Fomagio « Bonjohannis » e Giannino « Jacobi ».

Brocardo not. (1).

LI. — 1264, Novembre 11. — Montepulciano. — Procuratio
domine Jacobe domini Manni ad vendendum terrenum quod
habet în Valiana, c. 19 r.

La signora Giacoma figlia « olim domini Manni » costituisce
il proprio marito Monaldo figlio « olim Jacobini Branduli » suo *
procuratore, per vendere, pignorare ed obbligare tutte le sue terre
nel distretto di Valiana a chiunque volesse comperarle, per sti-
pulare il relativo istrumento, ricevere il prezzo e rilasciarne quie-
lanza.

Test. Ristoro « olim Richi », Bencivenne « Martini » e Bran-
dolo figlio « olim Jacobini Branduli ».

Jacopo figlio « domini Beniamin » not.

(1) Il presente atto si legge anche nel cod. Sommissioni A, c. 105 t., e se ne con-
serva l'originale fra i contratti (AA. n. 79). Vedi in questo Regesto i documenti X XXI
e XXXII in data 2 maggio 1258. — L'atto di cui al n. XXXII é ricordato nel contratto: E
AA n. 77 del 30 decembre 1262, per il quale Niccoluccio vende al C. di P. « totum
terrenum et tenimentum quod olim dicto Nicolutio dedit et concessit jure permuta-
tionis et cambij cum terreno de Portulis jure proprio in perpetuum Comune Perusi-:
num ». Nello stesso giorno 30 decembre 1262 Niccoluccio fa quietanza al Sindaco del
C. Pietro « Sinibaldi » della somma di 2000 libbre di buoni denari minuti già pro-
messa in nome del C. a detto Niccoluccio da Bernardo « de Castro Novo » potestà,
e da Alberto « de Paonensibus » capitano del popolo e da cinque arbitri a titolo di
rifacimento di danni (Contratti AA n. 78). Nel MARIOTTI, Catalogo ete., sono ricordati
sotto l'anno 1261 il potestà Bernardo « de Castro Novo » e il capitano Alberto « de:
Puccianensibus alias de Paccanensibus ». .
CODICI DELLE SOMMISSIONI AL COMUNE DI PERUGIA 165

.LIL — 1265, Ottobre 2. — « In via publica burgij extra
portam sancte Marie de Holiveto justa canpum sancti

Laurentij ». — Emptio quorundam bonorum in districtu
Valiane, c. 65 r.

Monaldo figlio « olim domini Jacobini Branduli » di Monte-
puleiano, marito di donna Giacoma figlia del fu Manno « domini
Ugolini Petri » costituito da lei procuratore per vendere ed obbli-
gare tulto il terreno che essa possiede nel distretto e nella giu-
risdizione di Valiana, nonché ogni diritto ed azione che essa ha
in dello tenimento a chiunque voglia comprarlo, per stipulare il
relativo istrumento, riceverne il prezzo e rilasciarne quietanza,
vende ad Andreuccio « olim domini Jacobi domini Andree Jacobi »
stipulante per sè e per suo fratello Jacopo (1) tutte le terre che
a donna Giacoma spettavano, ossia « quod est proprium jure
proprio in perpetuum et per alodium et quod est feudum jure
feudi ». Questi beni i quali confinavano in gran parte con le terre
di Guido Marchese (2), prima che a lei, erano in seguito alla
morle del padre passati al fratello Bernardo ora morto esso
pure: nella determinazione dei confini è ricordata una località
della S. Paolo, nei pressi di Valiana.

Il prezzo di vendita è di settantotto libbre « bonorum dena-
riorum perusinorum ». E poichè questo prezzo è molto inferiore
al valore delle cose vendute, Monaldo del di più intende far dona-
zione ad Andreuccio « se el bona principaliter obligando tamquam
privata persona se facturum et curaturum ita sine conditione
quod dieta domina huic instrumento venditionis et donationis
expresse consentiet ». Il venditore e donante rinuncia poi a favore
dell'aequirente e donatario a tutte le eccezioni di legge, dichia-
rando pure che se la donazione eccedesse « legitime donationis

(1) I nomi degli stessi due fratelli Andreuccio e Jacopo sono ricordati anche nei
documenti XLIV-XLVIII.

(2) Manno « olim domini Ugolini Petri » padre di donna Giacoma, la quale fi-
gura in questo atto, fece il 2 decembre 1244 solenne confessione di aver ricevuto e di
‘ tenere « titulo feudi » da Guido ed Uguccione Marchesi di Valiana alcune terre situate
in Valiana stessa. (Vedi documento XXI)
166 ANSIDEI E GIANNANTONI

vel dimidie modum, quotiens excederet totiens reiteretur et fiat
nova donalio et quot sunt res tot sint donationes ».

La pena stabilita pel caso che l'alienante non osservi i patti
stipulati è di duecento libbre « bonorum denariorum perusinorum
minulorum ».

Test. — Il signore Bonafidanza « Guillelmi » giudice, Foma-
sio « Bonguillelmi », Corraduccio « domini Gibellini », Giovanni
« Uguitionis » e Orlando « domini Crispoliti ».

Bonagura not.

LII. — 1270, Novembre 6 (secundum cursum Pisano-
rum) — Pisa, « in ballatorio ecclesie Sancti Michaelis
de burgo ». Comunis Perusij refutatio pro pretio certe quan-
titatis plumbi, c. 60 t.

« Vanniguffus campsor civis pisanus filius olim Bonacursi
Griffi » interrogato da Cola « Bonoscagni » di P. dichiara anche a
nome di suo fratello Francesco di aver ricevuto da detto Cola e da
altri paganti per il C. di P. e per Frangepane di Vitale cittadino peru-
gino duemila e duecento libbre « denariorum Pisanorum minutorum »
come prezzo di una certa quantità di piombo, che era stata con-
segnata al C. di P. nel passato Agosto « de summa miliariorum
sexcentorum [plumbi] quod dictus Vanni vendidit fratri Benigno
Syndico Comunis Perusii » (1); di detta quantità doveva pagarsi
il prezzo entro tre mesi dalla consegna, come era dichiarato « in
carta vendilionis dicti plumbi »; la qual carta s' intende annullata
per la somma di cui si confessa eseguito il pagamento.

Test. — Fra Benigno, Singo da Siena « quondam Bonfilij »,

(1) Era cosa comune nel medio evo che offici anche di somma importanza
fossero affidati a Religiosi. Se ne potrebbero citare innumerevoli esempi; fra gli
altri, ricorderemo che nel Cod, #4 « Ann. var. ann. » sotto la data dell' 8 agosto 1269
si ha una deliberazione del Consiglio speciale e generale del C. di P., nella quale
si stabilisce di chiamare un frate domenicano » qui presit super laborerio muri et
putei campi prelij » e si decreta che se a ciò si negassero il Priore e i frati di .
S. Domenico « omnes elimosine que fiunt-eis et alie gratie que petentur a comuni
eis de cetero per comune Perusij penitus denegentur ». Che se tuttavia i frati do-
menicani avessero ricusato di accettare l'incarico, il C. avrebbe potuto rivolgersi ad.
altri ordini religiosi con le stesse preghiere e minacce. (Vedi Cod. cit. c. 281 r.).
CODICI DELLE SOMMISSIONI AL COMUNE DI PERUGIA 167

Benvenuto « Guilielmi » da P., e Tommaso « quondam Jacobi de
Augabia »,
Vitale « quondam Bonajuti de Calci » not.* Benvenuto not. (1).

LIV. — 1276, Aprile 27. —— Nel palazzo del C. — Venditio
fructus aque lacus, c. 123 r.

Nel Consiglio speciale e generale, presenti Ubertino « de Ni-
guarda » Potestà e Boezio « de Lavello Lungo » Capitano del
popolo di P. (2), Bencevenne « Sappoli » Sindaco del C. dà e
concede a Stefano « Peri » accettante in nome di Pietruccio « do-
mini Andree » e per gli eredi o cessionarii di lui o per coloro
che lo stesso Pietruccio volesse associarsi, tutti i frutti del lago
e delle pedate.

La concessione dovrà cominciare dal maggio prossimo ven-
turo e dovrà durare un anno. I limiti della pedate erano stati
determinati dal sig. Aldrevando « de Riva » già Potestà di P. (3)
e dal sig. Oderisio « de Coppolis » Priore del popolo perugino (4).

I frutti del Lago sono ceduti per la terza parte e quelli delle
pedate per intero. 1l Sindaco del C. di P. rinuncia ad ogni diritto
al C. stesso spettante « adversus Lacoscianos » e di fronte a

(1) Per la data di questo documento V. GLORIA « Compendio delle lesion
teorico-pratiche di paleografia e diplomatica », Padova, 1870, pag. 212.

(2 V. MARIOTTI, Catalogo etc. pagg. 210-17. È ad osservare però che il M.,
pur citando questo documento, ricorda sotto la data del 1275, anziché sotto quella
del 1276, che realmente si legge. nell'atto, 11 Potestà Ubertino, che egli chiama « de
Hinguardia ».

(3) Vedi documento XXIX, nota 2.

(4) Vedi documento XXXVIII, dal quale si rileva che Oderisio de'Coppoli era.
Priore delle arti anche nel 1259. Cfr. pure il Cod. « Atti del Consiglio Maggiore
1259-1416 »; a c. 76 r. della parte di questo Cod. intitolata « Liber Consiliorum ge-
neralium factorum tempore Domini Thomaxij de Corzano Perusinorum Potestatis »
sotto la data del 17 luglio 1260 si legge quanto segue: « In reformatione cuius
Consiltij facto partito per dictum dominum Girardum [judicem domini Potestatis]
placuit quasi omnibus de consillio quod dominus Odderisius de Coppollis, si placue-
rit ei recipere Capitanantiam Castelli, concedatur et confirmetur per Comune
Perusij sicut petitum est per ambaxiatores populi Castelli sicut in propositione con-
tinetur; si vero noluerit recipere, nullatenus compellatur ad ipsam Capitanantiam
recipiendam ». — In ordine poi alla determinazione dei confini delle pedate si vegga
la rubr. dello Statuto perugino del 1279 « Qualiter diffinitiones comunantiarum facte
per dominum Aldrobandwm de Riva sint firme ».

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168 ANSIDEI E GIANNANTONI

chiechesia a causa dei detti frutti e cede altresì i redditi del pe-
daggio dando facoltà di esigerli da chiunque, anche dai Perugini
che si associassero ai forestieri per la pesca.

Promette inoltre di fare in modo che i pescatori delle vici-
nanze del lago continuino a pescare secondo il solito, obbligan-
doli ad esercitare la pesca « pro dicto Petrutio ». Dal primo giorno
di giugno sino al termine fissato nello Statuto nessuno debba pescare
nel lago senza licenza del compratore « nisi cum listarellis sub
pena et banno x librarum denariorum pro unaquaque vice qui
contra fecerit » (1). Della pena una metà tocchi al C., l'altra al com-
pratore. i

Il Sindaco s'impegna altresì a far lavorare a profitto del com-
pratore le pedate del C. da quegli abitanti delle vicinanze del lago
che eran soliti a lavorarle, autorizzando il compratore medesimo,
quando dette pedate non fossero con la consueta diligenza colti-
vate, ad affittarle a chi volesse per conto del C. — A tutti coloro
che venissero o avessero in animo di venire « ad dictom lacum »
è garantita la sicurezza delle persone e dei beni « in eundo,
redeundo et stando per totam civitatem et districtum Perusij »
nonostante guerra o rappresaglia, e il C. ratificherà tutte le ga-
ranzie ed assicurazioni che il compratore o chi per lui vorrà
concedere a coloro che si recheranno al lago.

Sono riservati a favore dell' Ospedale di Colle (2) i dirilti che
gli spettavano sulla pesca « in dicto lacu et pedalis ». Il Sindaco

(1) Di questo divieto di pesca é fatto ricordo nello Statuto citato alla runr.
« Quando aliquis in laeu piscari non debeat et de pena contrafacientium »; in detta
rubrica, dopo la determinazione del periodo di tempo in cui il d.vieto ha vigore e
della pena minacciata ai contravventori, si legge: «tamen in dicto tempore cum li-
starellis lascariis et albariis in lacu piscatio fieri valeat sine pena ».

(2 Per notizie in ordine all' Ospedale di Colle e alla vigilanza che sulla pia
istituzione esercitava il C. di P. è importante la rubr. del cit. Statuto « Qualiter Po-
testas et Capitaneus teneantur manutenere et defendere res et bona leprosorum de
hospitale de Colle ». Inoltre nella rubrica « Qualiter diffiniantur comunantie concesse
hospitali de Colle a rebus comunis » é fatto ricordo di comunanze concesse a detto
ospedale: delle quali é cenno altresì nel Cod. delle Riformanze L (Gen. 1276 — Dec.
1277) dove a c. 61t. si ha la seguente deliberazione dell’ }1. mag. 1276: « Item
placuit quasi omnibus quod terminatio sive diffinitio que est occasione comunan-
ciarum inter Comune Perusij et hospitale de Colle adhuc debeant revideri et si facte
sunt et bene stant, bene quidem, et si non, terminentur et fiant secundum quod in
Statuto plenius continetur ».

SARETE
CODICI DELLE SOMMISSIONI AL COMUNE DI PERUGIA 169

si obbliga anche a che tutte le scritture e tutti gl’ istrumenti rela-
tivi alle promesse fatte o da farsi al compratore in ordine ai
frutti del lago e delle pedate « habeantur pro confessionibus », e
come tali debbano farsi eseguire dal Potestà e dal Capitano. I de-
bitori saranno tenuti al pagamento nonostante le ferie indette o
da indirsi « per consilium, per capitulum, per jura comunia vel
alio quocumque modo per consilium vel arengum ».

E accordata a Petruccio facoltà « deferendi panem et | vinum,
anonam, carnes et oleum et alia necessaria » per i bisogni suoi
e della sua famiglia; il compratore ha licenza « dimictendi cum
exercitus comunis Perusij iret sotios ad lacum pro custodia fa-
cienda »; che se avesse luogo « cavalcata pro comuni Perusij »
e Petruccio si trovasse nel tempo di questa presso il lago, egli
non sarà mai tenuto a prendervi parte, o a sostenerne alcun
danno. « Et hoc sit in providentia Potestatis et Capitanei ». Se-
guono il patto di evizione e l'obbligo da parte del C. di non
impedir mai ai laghigiani la libera pesca del lago; se questa in
caso di guerra sostenuta dal C. fosse impedita, ogni danno sarà
rifatto al compratore. « Et si erit exercitus generalis post festum
omnium Sanctorum usque ad festum Pascalis venire teneatur per
VIII dies ad voluntatem Potestatis et Capitanei et semper veniant
milites et berregerij quando fieret cavalcata in illis partibus versus
lacum ».

Oltre le consuete rinuncie ad eccezioni che potessero derivare
da legge o da consuetudine, vi è la promessa da parte del Sin-
daco del C. di P. di fare scrivere nella loro integrità i patti con-
chiusi « in Statuto comunis ».

La cessione è fatta dal Sindaco a Stefano stipulante per
Petruccio « pro pretio decem milium quingentarum librarum dena-
riorum perusinorum et cortonensium et pro decem salmis piscium
deferendis ad civitatem perusinam ». Questo pesce (lasche e
tinche) doveva essere consegnato in ogni giorno « tenpore qua-
dragesime majoris (1) ». Il Sindaco s'impegna a concedere a spese

(1) « Illi qui fructus aque lacus in futurum emerint teneantur et debeant omni
die tempore quadragesime facere aportari ad civitatem decem salmas bonorum pi-
scium, scilicet V salmas tincarum et V lascarum quas. vendi faciant circa puteum
de platea minutatim etc.» (Vedi Statuto cit., rub. « Quot saumas piscium debeant
aportare emptores fructuum aque lacus »).

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170 ANSIDEI E GIANNANTONI

del C. all'appaltatore ambasciatori e lettere ogni volta ch'egli
ne faccia richiesta « occasione dictorum fructuum ». La penale
è fissata nel doppio del prezzo pattuito. Che se poi qualche pe-
scatore del lago o alcun’altra persona avesse avuto dei pesci in
qualsivoglia quantità e non ne avesse fatta denuncia « parocianis
qui erunt in posta seu eorum nuntiis », il Sindaco promette. che
il contravventore sarà tenuto a pagare ogni volta a titolo di pena
100 soldi di denari, dei quali la metà andrà al C. e l'altra al
compratore.

Il Potestà e il Capitano faranno determinare e distinguere a
mezzo di confini le pedate del C. da quelle dei particolari (1).

Seguono i nomi di alcuni che prestano a favore di Stefano
la loro fidejussione in solido. Questi fidejussori sono il sig. Blan-
cardo « domini Magistri », « Peronus domini Uderisij », Rigozio
« domini Rigonis », Arlottuccio « Oddonis », Marco « Fini-
guerre », Fomasio « Bonguillelmi », Bernardo « Uguitionis »,
Giacomo « domini Bonajuncle », Andrea « domini Raynutij »,
Giovannello « domini Simplicij », Raino « Angeli », Tancredi
« Benincase » e Giovannello « Beccioli ».

Pietro « Recabene » not.
LV. — 1276, Aprile 29. — P., nel Palazzo del Capitano del

popolo. — Locatio terreni Clusij cum medietate piscationis

fluminis Clanarum, c. 125 r.

Bencivenne « Sappoli » Sindaco del C. di P., presente e con-
senziente il Capitano del C. e del popolo Perugino Boezio de La-
vello Lungo, dà e concede per il termine di un anno dal 1» maggio

(1) Cfr. il ricordato Statuto alle rub. « Qualiter Potestas et Capitaneus teneantur
facere apilastrari lacum circum circa et cum quibus debeant interesse » e « De api-
lastratione lacus facienda et quando ». — Inoltre nel Cod. L delle Riformagioni
(10 mag. 1276 — 29 apr. 1277) leggesi sotto la data del 9 maggio quarto segue: « ltem
cum contineatur in alio Statuto Comunis quod Potestas et Capitaneus teneantur fa-
cere apilastrari de bonis lapidibus et calcina circha lachum cum toto territorio re-
lieto a dicto lachu ad Montem Gualandrum cum tota eius curia et districtu et t -
tum terrenum Comunis ubicumque est et super hoc Potestas et Capitaneus eligere
debeant quinque bonos bomines unum per portam quamlibet et cum eis personali-
ter interesse ad predicta fleri facienda, quomodo et qualiter placeat consilio pro-
videre » (c. 9 r.).
‘ CODICI DELLE SOMMISSIONI AL COMUNE DI PERUGIA 171

Bonifazio di Simone stipulante per sè e suoi eredi, cessionari
e soci i frutti del terreno del Chiugi che il C. stesso possiede
« inter lacum et Clanas », e del quale sono determinati i confini.
Cede altresì la metà della pesca del fiume delle Chiane « quan-
tum tenet dietum terrenum » e tale cessione è fatta « secundum
formam et tenorem capitulorum statuti comunis et populi peru-
sini » (1).

E eccettuato il terzo del Castello di Valiana e del distretto
relativo che toccò in parle ad Andrea di Giacomo al tempo della
divisione fatta fra lui e i Marchesi (2). :

Al compratore oltre la cessione di tutte le azioni reali e per-
sonali, utili e dirette, è data altresì la facoltà di concedere « licen-
liam et securitates et fidanlias » a tutti coloro che si recassero
nel detto terreno « ad laborandum, pasturandum et retinendum
et ad alios fructus dicti terreni el pasturarum recipiendum ».

Che se taluno di questi abbia delle obbligazioni di fronte al
compratore e non le soddisfaccia e si allontani da quei luoghi
senza licenza di lui, al compratore medesimo è accordato il potere
di sequestrare all’insolvente i beni e di tenerlo in custodia.
Inoltre il Sindaco promette che saranno a spese del C. concesse
al compratore lettere ed ambasciatori ogni volta che ne avrà bi-
sogno « occasione dictorum fructuum venditorum et terreni.

Che se per fatto del C., e specialmente in caso di guerra, i
frutti andassero perduti, il compratore sarà indennizzato.

Non manca il consueto patto di evizione e la concessione è
falla « pro pretio quattuor milium sexcentorum corbium boni et
nilli grani sine malitia ad corbem comunis perusii seu eminam
ipsius comunis ».

Il compratore s'impegna a dare e ben misurare la detta
quanlilà di grano a spese proprie nel termine e nel luogo fissati
nello Statuto del C. La penale é stabilita nel doppio del prezzo.

Seguono i nomi dei fidejussori solidali.

Test. — I sigg. Giovanni, Uliviero e Pasino giudici del Ca-
pitano, e i sigg. Giovanni e Venturino notari del Capitano stesso.

Pietro « Recabene » not.

(1) Vedi Statuto cit. rub. « De vendilione fructuum Clusij ».
(2) Per questa divisione, vedi il doc. XVIII,

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172 ANSIDEI E GIANNANTONI

LVI. — 1276, Giugno 8. — Nel Palazzo del C. di P. — Em-
ptio Comunis Perusij de quadam domo existenti în parochia
sancti Johannis de Foro, c. 126 t.

« Venciarellus quondam Uguitionelli Vencioli per se et suos
heredes et pro domina Blancia avia sua, filia quondam nobilis
. viri domini Ranerij marchionis » vende, consenzienti i suoi con-
sanguinei Mariano « quondam domini Andree » e Bellolo « do-
mini Saraceni » e presenti Rolando « de Aldegeriis » Potestà di
P. e Boezio « de Lavello Lungo » Capitano del popolo (1), a
Bencivenne « Sappoli » Sindaco del C. di P. « in perpetuum et per
alodium » una casa « cum casalino posleriori » situata nella par-
rocchia di S. Giovanni del Mercato e della quale sono determinati
i confini in una via pubblica, nel mercato del C. di P. e in uno
stabile del venditore. Il prezzo fissato in 900 libbre « denariorum
perusinorum et cortonensium minutorum » è pagato per intero
dal Sindaco del C. al quale Venciarello ne rilascia definitiva quie-
tanza, promettendo il libero possesso della cosa venduta, dando
tutte le consuete garanzie e rinunziando ad ogni beneficio di legge.

La penale a carico del venditore in caso d’inosservanza dei
patti è determinata nel doppio del prezzo.

Test. — I signori Guidalotto, Annibaldo « Uderisii », Bona-
spene « Ufredutij », Rigone « Tagliabove » giudici, il signore
Elemosina « Benedictoli », Melanzio « Jacobi » e Jacopo « Alta-
feste ».

Pietro « Recabene » not.

LVII. — 1288, Aprile 20. — P., nella loggia del Palazzo
del Capitano del popolo. — Submissio Castri Plebis,
e; 130: r.:
Jacopello « Nidulfi », Vanne « Ansaldini », Neri « Oddonis
Morandi », Angeluccio « Aldrovandutij », Pepo « magistri Pe-

(1) Il MARIOTTI, Catalogo etc., pone sotto la data del 1276 il Potestà Ubiano di Ser
Monaldo e il Capitano Boezio di Lavello Lungo. — Sta in fatto però che nel 10 gen-
naio di quell' anno era Potestà Ubertino de Niguarda, al quale successe il 1o maggio
Rolando: « de Adegeriis »: questi poi rimase in officio sino a tutto l'aprile 1277 e fu
sostituito da Gerardino « de Boschettis ». In ordine al Capitano Boezio de Lavello
Lungo resulta che egli occupò taie officio dal 1o gennaio 1276 fino al termine dello
stesso anno. (Cfr. Codd. delle Riformanze L (1276 77) e L (1276 1o mag. — 1277 29 apr.).

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CODICI DELLE SOMMISSIONI AL COMUNE DI PERUGIA 173

ponis », Puccio « Mattafellonis », Monaldo « Guidonis », Angelo
« domini Bonaventure », Factolo « Angeli Bencevenne », Jacopo
« Donoli », Pietro « Melioris », Puccio « Benencase », tutti di
Castello della Pieve, per sè e loro eredi promettono a Guglielmo
« de Oldoynis » Capitano del popolo di P. (1) di conservare e
mantenere Castello della Pieve « ad subiectionem, obedientiam et.
reverentiam comunis Perusij ».

Promeltono eziandio di prestare obbedienza a qualsiasi co-
mando del Potestà e del Capitano del popolo di P. in qualunque
forma il comando stesso venga loro comunicato; si obbligano
pure a presentarsi ogni volta e in tutti i luoghi che il Potestà e
il Capitano ordineranno, nonché a pagare le pene o multe a cui
per qualche ragione fossero condannati « omni exceptione remota ».

A garanzia dell'osservanza dei patti è fissata la pena di 500:
marche di argento; inoltre i ricordati uomini di Castel della Pieve
obbligano tutti i loro beni e consentono che le proprietà di chiunque
di loro tentasse o facesse alcun che contro le cose stabilite
« ipso facto jure proprietalis et dominij » passino al C. di P.
dichiarando di possedere sin d'ora dette proprietà « precario
nomine ».

Tale sottomissione é fatta perché P. aveva prestato aiuto al C.
e ai privati di detto Castello.

All'atto son presenti i Consoli delle arti.

Test. — Il signor Jacopo « Oratoris » giudice, Maffeo « Oddo-
nis », i signori Tancredo « Giptij » e Bonaparte « Gualfredocti »,
Amatuccio « Angeli », Peruzzolo « Peri », Tribaldo notaro ed
altri molti.

Graziaboni not. (2).

(1) Vedi.ManrorTI, Catalogo etc. L'A. trae la notizia di questo Capitano dal-
l'Ann, D, c. 49 t. e segg. ; infatti é appunto in detto Cod. che da c. 48 t. a c. 56 r. esi-
stono copie del presente documento e dei due che seguono.

(2) Da c. 131 r. a c. 133 t. del Cod. si trovano tre atti eguali in tutto al pre-
sente, salvo che in ciascuno di essi sono diversi i nomi degli abitanti che dichiarano:
di sottomettersi a P., e nel terzo e nel quart» l'atto di sommissione è stipulato « in
palatio Comunis Castri Plebis », porta la data del 28 e non del 20 aprile, il Capitano:
Guglielmo « de Oldoynis » é rappresentato da Magino « de Natalibus » suo giudice e-
vicari*, e i testimoni non sono gli stessi che assisterono ai due primi atti stipulati
in P, — Anche nel Cod. D sopra menzionato esiste copia dei quattro istrumenti con i
quali aleuni privati di Castello della Pieve si obbligarono a fare atto di sommis-
sione.
ANSIDEI E GIANNANTONI

LVII. — 1288, Aprile 30. — Castello della Pieve, nella
Piazza del C. — Castri Plebis sindicatus, c. 134 r.

Nella generale adunanza tenuta dagli uomini di Castello della
Pieve e convocata « de mandato nobilis militis domini Gualfredutij
domini Iohannis domini Balionis Potestatis dicti castri » (1) e a
richiesta di Magino « de Natalibus » giudice e vicario del Capi-
tano del popolo e dei Consoli delle arti di Perugia (2) con il con-
senso anche dei due Priori della Pieve (3) si elegge Benvenuto
« Laxati » Sindaco, procuratore e speciale ambasciatore a con-
fermare e ratificare la riformagione fatta « per arengam dieti
castri pro evitando ne partes Gelforum vel Gibilinorum sint in
dieto castro ».

Lo stesso Sindaco é autorizzato ad approvare la pace che
saranno per fare il Vicario e 1 Consoli o il Potestà o il Capitano
della città di P. e a promettere al ricordato Vicario che gli uomini
e il C. di Castel della Pieve manterranno e conserveranno « ho-
norem et bonum statum comunis et populi perusini toto eorum
posse ».

Il Sindaco ha pure facoltà di promettere che i suoi mandanti
manterranno il Castello della Pieve in buono e pacifico stato e
soggetto al C. e al popolo perugino; non si adopereranno mai a

(1) È a ritenersi fondatamente che questo Gualfreduccio di Giovanni sia lo
stesso ricordato nei due passi seguenti degli Annali. Nel Codice B (1284, ottobre 13 —
1298) a c. 293 t. si legge che un Gualfredüccio di Giovanni fu eletto il 24 sett. 1297 fra
i Sapienti prescelti dai Consoli delle arti « super ordinatione servicij et auxilij con-
ferendi ecclesie romane et summi pontilicis Domini Bonifacij pape VIII ». Lo stesso
Gualfreduecio nell'ottobre 1298 figura fra j Sapierti « electi super custodia civitatis
et comitatus Perusij et super reparatione et aconcimine portarum et murorum bur-
gorum civitatis et castrorum comitatus et districtus Perusij ». (Vedi Ann., Cod. C,
1296-99, c. 174 r ). Inoltre Gualfreduccio di Giovanni di Baglione fu nel 12 genn. 1310
eletto Potestà di Fermo e dai Priori gli fu negata la licenza di accettare l'officio
« considerato per eos quod presentia nobilis militis domini Gualfredutij de Ballioni-
bus est in civitate Perusij nimium fructuosa et absentia eius a civitate predicta hoc
temp. re Comuni et populo perusino posset esse dampnosa ». (Vedi Ann Decem,
1398 -1367. à c. 08 r.).

(2) Niccoluecio « Bonaverture » e Salvuccio « Bovarini ».
(3) Puccio « Ranaldi » e Puccio « Bonjob^nnis ».
CODICI DELLE SOMMISSIONI AL COMUNE DI PERUGIA 175

che cessi tale soggezione e obbediranno agli ordini dei Magi-
strati perugini comunque e in qualsivoglia tempo sieno loro co-
municali.

Test, — I signori Monaco « domini Monachi » e Zano « do-
mini Ranaldi », maestro Jacopo .« domini Peponis », Iacopello
« Rudulfi », Giacomino « Jacobi » di Castel della Pieve, Nicco-
duccio « Bonaventure », Salvuccio « Bovarini » Consoli delle arti
di P., Ranucolo nunzio del popolo di P., Angeluccio « Dome-
stice » di P. notaro e il sig. Benvenuto « Girgualdi » di P. ed
altri molli.

Graziaboni not.

LIX. — 1288, Maggio 4. — Castello della Pieve « in domo
Donatutij Bonajuncte ». — Castri Plebis submissio, c. 135 r.

Il Signor Benvenuto « Lassati » Sindaco di Castel della
Pieve dichiara di sottomettere il castello medesimo alle condizioni
ricordate nelle precedenti sommissioni e nel sindacato, e in caso
di inosservanza si obbliga per il C. stesso alla pena di dieci-
mila marche di argento; dichiara di esser tenuto ai pattuiti ob-
blighi « pro jure et jurisdictione quod et quam comune Perusii
habet in comune et homines dicti castri » e confessa che gli ob-
blighi stessi hanno origine dalla protezione e difesa che il C. di
P. ha sempre accordato e prestato al C. e alle private persone
di delto Castello (1). ;

Test — Nicoluccio « Bonaventure » e Salvuccio « Bovarini »
Consoli delle arti di P., Bencevenne « Sappoli », Ranucolo « Ra-

(1) Per i rapporti di Castel della Pieve con P. si veggano il documento III di
questo medesimo Regesto, nonché gli atti contenuti negli altri Codici delle Sommis-
sioni, e precisamente nel Cod. A, cc. 125 r., 145 t., 148 t., 149 t. e 150 r., e nel Cod..C.,
«cc. 17 r., 18 r. e 66 r. — Specialmente gravosa dovette essere per Castel della Pieve
la sommissione del 13 maggio 1250 ricordata pure dal Bonazzi (Storia di Perugia,
vol. I, pagg. 294-95). L'atto è nel cit. Cod. A, a c. 125 r., ove si legge che il Sindaco
di quel Castello si sottomise al Potestà di P. Raniero di Bulgarello, mentre questi
trovavasi « inter castrum Plagarij et castrum Plebis, in loco qui dicitur Croce, ho-
stiliter cum mangna quantitate militum Civitatis Perusij exspectando ibidem gene-
Talem exercitum tam civitatis quam comitatus prefate civitatis ad depopulationem
faciendam de Castro Plebis ».
176 | ANSIDEI E GIANNANTONI

naldutij », Benvenuto « Balionis », Bernardino « Oddonis » ed
altri molti.
Graziaboni not. (1).

(1) Essendosi dato termine con questo documento al Regesto del Cod. rs, avver-
tiamo che a c. 61 t. del Cod. stesso si ha pure un atto del 1491 relativo alla deter-
minazione dei confini fra il contado di P. e quel di Gubbio, della quale furono in-
caricati (come risulta dalla copia del mandato che precede l'atto medesimo) Francesco-
« Ser Batiste de Benvegnatis » e Pietro Paolo « domini Philippi de Corneo ». Avuto
però riguardo all'epoca, cui il documento si riferisce, non si è stimato opportuno-
darne il sunto.
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COMUNICATI

UN DOCUMENTO INEDITO
SULLA QUESTIONE DELLA DATA DELLO STATUTO VOLGARE

DI PERUGIA

Nel riordinamento del ricco Archivio dell'ex Confraternita dei
Disciplinati di S. Francesco (1), tra le molte e spesso interessan-
tissime pergamene ivi esistenti, una ne lrovammo il cui conte-
nulo ci sembrò potesse arrecar qualche luce sulla controversia
che fra alcuni studiosi oggi si agita circa l'epoca precisa cui
debba riportarsi la compilazione degli Statuti Perugini in lingua
volgare.

Non è nostro intento discutere, almeno per ora, se sieno o no
fondate e serie le obbiezioni che all'autenticità (quanto all'epoca
s'intende) dell' importantissima compilazione, una delle più com-

(1) Le tre antichissime Confraternite de’ Disciplinati di S. Francesco, di S. Ago-
stino e di S. Domenico nel 1890 si fusero nel Sodalizio di Mutuo Soccorso fra i Nobili
Perugini, in proprietà del quale passarono gli Archivi delle tre Confraternite. Di essi,
per lodevole iniziativa dell'avv. conte Ugolino Montesperelli, priore del Sodalizio, e
dell'avv. Fabio Patrizi, il Consiglio d'Amministrazione ordino la sistemazione e il rior-
dinamento, che a me furono affidati. Tengo ora pubblicamente a ringraziare codesti
signori che gentilmente vollero accordarmi l'autorizzazione di stampare questo do-
cumento, prima anche che fosse completato l'intero lavoro della sistemazione del-
l’ Archivio.
178 G. DEGLI AZZI

plete che rimangano in Italia, si pretendono opporre. Intanto colla
pubblicazione del documento che trascriviamo qui appresso, ver-
remo a stabilire che l' unica redazione rimastaci degli Statuti cit-
tadini in lingua italiana, non è il volgarizzamento d'una compi-
lazione, oggi perduta, del 1322, come da molti si è erroneamente
asserito, ma bensì d’un’ altra del 1342, che ora più non abbiamo,
almeno per intero.

Il documento di cui intendiamo parlare, contiene il testo di
parte d'una Rubrica che nello Statuto Volgare è la 152» del Li-
bro IV, e comprende tutto il 5° paragrafo di essa. L'estratto è
opera di notaio, ma dell’autentica non rimane che il sigillo e il
patronimico « Nicole » essendo la pergamena corrosa in fine.

Il preambolo dell’atto è del tenore seguente :

« In novo Statuto Comunis et Populi Perusii condito et publi-
cato sub Millesimo CCCXLII die XV mensis Septembris valituro
et observaturo a halendis Aprilis proxime venturis in antea per-
petuo donec fuerit immutatum reperitur sic in capitulo loquente
et quod est sub Rubrica quod canna pisana et libra lucensis
servetur et quod canne et libre revideantur et adiustentur ».

Notiamo anzitutto che la data qui segnata corrisponde per-
fettamente a quella dello Statuto Volgare nel cui proemio si legge :
« ..... correcte facte composte e piubecate so gl angne de mesere
domenedio Mille trecentoquaranta e doie....... di quindece del
mese de setenbre che valglano e che se osserveno da calende
d aprile prossemo che verra ennante en perpetuo e nfinatanto che
seronno emmutate... » (1).

E dopo ciò traseriviamo il contenuto dell'atto, ponendovi a
fronte il brano corrispondente della Rubrica 152» dello Statuto
volgarizzato :

« Rub. Quod canna pisana et « Rubr. Che la canna pisana e
libra lucensis observetur et quod 1a livera luchese s oserveno. E che
canne et libre revideantur et adiu- le canne e le livere se reveggano

stentur. e aiustense.

(1) A lato di questo brano si trova la seguente postilla marginale, di carattere
«d'epoca non molto posteriore: « 1342 reformatio presentium statutorum ».
UN DOCUMENTO INEDITO, ECC. 179

Cum contra pro tempore prete-
rito in Civitate perusii fuerint et
esse consueverunt Sensarij in arte
mercantie et in arte artis lane quos
Consules mercantie et Camerarius
artis lane deputabant qui Sensarij
omnes et singulas sensarias panno-
rum et lane et aliarum mercium
faciebant et exercebant in Civitate
perusii et non alij et nuper a pauco
tempore citra insurrexerunt quidam
homines se intromictentes et non
per ipsas artes deputati sed contra
ipsarum artium voluntatem dictam
Sensariam exercentes ob quam cau-
sam intricatur offitium sive mini-
sterium sensarie et non discernun-
tur qui Sensarij sint deputati per
ipsas artes ab alijs qui se inge-

runt in sensaria predicta et ob hoc

artes predicte et mercatores et ar-

tifices ipsarum artium deluduntur
et in suis mercantijs non solum
dampnifieantur sed etiam defrau-
dantur ad obviandum igitur pre-
dietis statuimus et ordinamus quod
nulla persona audeat vel presumat
facere aliquam sensariam de pan-
nis lane et aljs mercibus quibu-
scumque artificum dictarum artium
vel quas emerent ipsarum artium
artifices in Civitate et burgis seu
comitatu perusij nisi solum ipsi
Sensarij qui fuerint deputati de
tempore ad tempus per dominos
Consules mercatorum in arte mer-
cantie et per Camerarium artis lane

in arte lane et qui contrafecerit fa-

... S 9. Con cio sia cosa an-
che mo che per lo tempo passato
en la cita de peroscia siano sute e
essere sonno usate sensagle en
] arte dela mercanthia, e en l arte
de larte de la lana, egl quagle,
gle consogle de la mercanthia e
l camorlengo de 1 arte de la lana
deputavano egl quagle sensagle
tutte e ciascune sensarie de pan-
gne e de lana ed altre merce, fa-
ceano e adoperavano en la cita de
peroscia e non altre, e novella-
mente da pocho tempo en qua se
sonno levate aglcune huomene se
entramettente e non per esse arte
deputate, ma contra la volonta d
esse arte, la ditta sensaria adope-
rante, per la quale cagione se em-
paccia l ofitio overo ministero de
la sensaria e non se descernono
quagle sensagle siano deputate per
esse arte, da gl altre che se entra-
mettono en la sensaria preditta. E
per quisto l arte preditte e mer-
catante e artefece de esse arte
sonno schiernite, e en le suoie mer-
canthie, non solamente se dannifi-
cano ma etiandio sonno defraudate,
a oviare donqua a le preditte cose

statuimo e ordenamo, che niuna

persona ardisca overo presuma fare

alcuna sensaria, de pangne, lana e
altre merce quegnunque de gl ar-
tefece de le ditte arte overo le qua-
gle comparassero gl artefece de esse
arte en la cita e borghe overo con-
tado de peroscia, se non solamente
180

ciendo aliquam sensariaim nisi sieut
dietum est sie fuerit deputatus sol-
vat et solvere debeat comuni pe-
rusij pro vice qualibet .C. lib. den.
que pena a contrafaciente exigatur
sine aliqua accusatione et de facto
ad petitionem cuiuscumque petentis
facta primo fide de predictis pote-
stati vel Capitaneo comunis peru-
sij seu Judici malleficiorum alte-
rius eorumdem de plano et simpli-
citer sine figura et strepitu iuditij.
Et potestas.et Capitaneus et dicti
eorum Judices et quilibet eorum
requisitus de predictis teneantur et
debeant vinculo Juramento et sub
pena .V.c lib. den. a quolibet eo-
rum contrafaciente tempore eorum
syndicatus et per eorum syndica-
torem si fuerint negligentes proce-
dere et dictam penam in comuni
devenire facere ad petitionem cu-
iuseumque petentis aliquo spetiali
vel generali in eontrarium loquente
non obstante..... » (1).

'G. DEGLI AZZI

esse sensagle egl quagle sironno
sute deputate da tempo a tempo
per gle segnor consogle de gl mer-
catante en l arte de la mercanthia
e per lo camorlengo de l arte de la.
lana, en l arte de la lana. E chi
contrafara facendo alcuna sensaria .
se non secondo cho ditto e, cosi
sia suto deputato, paghe e pagare
degga al comuno de peroscia per
ciascuna volta cento livere de de-
nare. La quale pena dal contrafa-
cente se scuota senza alcuna acusa
e de fatto a petitione de quegnun-
que adomandante fatta en prima
fede de le preditte cose a la pode-
sta overo capetanio del comuno de
peroscia overo al giudece de gl
malefitia d altro de loro de piano
e simplicemente e senza figura e
strepito de giuditio. E la podesta e
] capetanio e gl ditte loro giudece,
e ciascuno de loro rechiesto de le
preditte cose, siano tenute e deggano:
per legame de giuramento e sotto.
pena de cinquecento livere de dena-
re, da ciascun de loro contrafacente
al tempo del loro scendecato e per lo
loro scendacatore se sironno negli-
gente, de procedere, e la ditta pena
en comuno devenire fare a petitione
de quegnunque adomandante, alcu-
na cosa spetiale overo generale en
contrario parlante non ostante... »..

(1) La perg. qui pubblicata trovasi nel Catalogo al num. A, 190, categ. I, Fondo:

S. Francesco.
UN DOCUMENTO INEDITO, ECC. 181

La perfetta identicità delle due dizioni dei testi or Bibaktatit
che si afferma anche nei più minuti particolari, crediamo possa
di per sè sola bastare a convincere dell’ esattezza di quanto sopra
dicemmo, che, cioè, il volgarizzamento a noi pervenuto sia stato
eseguito sul testo latino del 1342, e non su altri. A conferma di
che potrebbe valere anche il fatto che, nel primo libro special-
menle dello Statuto Volgare, si trovano in margine frequenti
squarci in latino, corrispondenti ad alcuni brani della traduzione:
e la identità assoluta tra loro dimostra quelli far parte della re-
dazione latina, che è spesso assai diversa da quella più antica
del 1279.

Come pure altra convincentissima prova che il volgarizza-
mento che abbiamo dello Statuto debba riportarsi al 1342 sa-
rebbe la seguente che ci è offerta dallo Statuto stesso: ordinan-
dosi dal S ult. della Rubr. 48» del Lib. I un sussidio annuo a
favore del Convento di S. Simone, il cui pagamento dovea essere
annotato in margine dello Statuto, si trova infatti in calce della
c. 99° del Lib. I, la refiudanza della somma stabilita, fatta per
atto pubblico da fra Bartolo Baglioni priore del detto Convento,
sotto la data del 80 decembre 1344. Ma di ciò non intendiamo
tener parola di proposito.

Il fatto poi del trovarsi accanto alla redazione latina una re-
dazione sincrona in volgare, non può indurre meraviglia quando
sì pensi che la lingua italiana, o, a dir meglio, il dialetto proprio
di ciascuna regione veniva guadagnando sempre maggior terreno
sul latino, il cui uso andò sempre scemando nella pratica finchè
non venne l' Umanesimo a ridonargli vita e novello rigoglio.
Quindi è che ad uso della maggior parte de’ pubblici officiali,
spesso popolani di scarsa coltura, si credette bene ordinare delle
compilazioni legislative in volgare, rimanendo intanto come testo
officiale della legge la redazione latina, alla quale senza dubbio,
data la qualità sua, dee essersi attenuto il notaio che compilò
l'alto da noi pubblicato.

- Né disperiamo di poter, con ulteriori ricerche nel nostro ben
poco esplorato Archivio Comunale, rintracciare, almeno parzial-
mente, se non nell’ integrità sua, il testo latino dello Statuto del 1343,
dal momento che già traccie non dubbie ci fu dato rinvenirne
G. DEGLI AZZI

in un codice membranaceo, del quale altra volta terremo più
estesamente parola (1). |

Dott. G. DEGLI Azzi.

(1) Questo cod., rilegato in mezza pelle e grosse assi di legno, é un voluminoso
zibaldone di brani di Statuti di varie epoche confusi insieme senz’ alcun ordine; porta
sul dorso la scritta: « Frammenti de Statuti ». Non vi potemmo però rinvenire traccia
della disposizione contenuta nella Rubrica di cui ci siamo occupati in questo studio.
Alla c. 181 t. del Lib. III d’uno Statuto di cui manca la prima parte e quindi la data
si trova la Rub. « Quod priores faciant observari cannam pisanam et libram lucensem
etc. »;in questa lunga rubr. si parla però soltanto delle misure. Cosi in due altri
Stat. d' incerta data, di cui restan solo le prime carte del IV libro, si legge in prin-
cipio un verso leonino cosi concepito: « Pondera mensuras dat quartus si bene curas »,
ma non c' è poi la rubr. che tratta de’ pesi e misure. Vi si trovano anche frammenti
d'altre riforme del 1285, del 1314, 1315 e 1380, tutte in latino; alcune constano di 7 libri,
anziché di 4, come generalmente si trova.

Nello Statuto del 1279, che ci rimane per intero, alla Rub. 467: (c. 62 t.): « De ca-
pacitate mensurarum etc. », ed alla Rubr. 468 (c. 63 r.): « Qualitater et ad quam men-
suram etc. », non c'é alcun accenno alla materia trattata nella Rub. da noi pubbli-
cata.

Invece nella Rubr. 124.a « Quod canna libra et pondera in usu habita in civitate
perusie observentur et quod canne et libre et pondera revideantur et de sensarijs »,
SS 20 e 30, del Lib. IV dello Statuto a stampa del 1528 sono ripetute ad literam le di-
sposizioni contenute nel brano sopra trascritto.
ANEDDOTI CURIOSI

l. — COSCIENZA NETTA.

Un fra” Matteo da Perugia, de’ predicatori, s' era con-
dotto, o per comando de’ suoi superiori, o per propria elezione, a
far da Cireneo ad un suo compagno laico, condannato, chi sa
per qual colpa, al taglio della testa. Correva parentela fra i due
frati, e si può facilmente pensare con che cuore fra’ Matteo si
facesse ad accompagnare all'ultimo viaggio colui che, come è
scritto, egli tanto amava. Era tutto in ricordargli la passione di
Gesù Cristo, e lo confortava a considerare i meriti di quella per
trarne animo a sostenere la pena. Commosso alla vista del pa-
tibolo, sul quale il ferro doveva mozzare il capo all’infelice,
sentì stringersi il cuore, e osservando quell'istromento ferale,
parvegli non fosse, per avventura, sì bene arrotato da reci-
dere di netto. Non era da accorciare anzi che allungare il mar-
tirio? Quindi si rivolse al carnefice pregandolo gli piacesse, per
amor di Dio, affinare meglio quella lama per spacciarsi al più
presto.

Gli ultimi momenti del condannato, le parole estreme che
egli profferì, il colpo che piombò sul collo del parente, la testa
mozza che rotolò a’ suoi piedi, dovettero lasciare nell’ animo del
buon fraticello una impressione sì forte da tenerlo col: pensiero
lungamente fisso a quella mannaia. E in quel tornare che di con-
tinuo faceva la mente sul fatto, lo pungeva il pensiero di avere
eccitato il carnefice a togliersi d'impaccio: parevagli, forse, di
averla fatta da giudice, dove a lui non ispettava che la parte
del confortatore di spirito. O non poteva anco avere impedito lo
scampo del reo, posto che il colpo non ferisse a morte, come
accadeva talvolta? Così un atto mosso da pietà si convertiva nella

U.

Aie
id £

ACTES
aerea

pe

gu E. - atm -
184 L. FUMI

sua coscienza in grave colpa. Il picciol fallo gli era amaro morso
così, da tenerlo in dubbio d'usare ai ministeri divini.

Ebbene quindi ricorso davanti a papa Giovanni XXII. Il
quale avendo sentito della vita buona che menava il frate, vita
pura e casta, ornata delle più laudabili virtù, volle adoperare
graziosamente con lui, che fu spinto non da cattiveria, ma sol
perchè la morte del compagno amato non fosse tanto crudele; e
tolse via qualunque ombra di irregolarità che potesse offuscargli
la coscienza e durargli lo scrupolo, riammettendolo a celebrare,
dopo adempiuta quella penitenza che gli era per quello dovnta.

La bolla che contiene questo fatto particolarissimo sul conto
di un buon frate del trecento può dare occasione a ricercare la
psiche (come dicono) negli uomini vissuti nel chiostro, e vale la
pena di darla qui nel suo originale.

[1831], febbraio 7. ‘G. p. deo. (gratis pro deo).

[Johannes pp. xxij]

Dilecto filio. . Priori fratrum ordinis Predicatorum in
Provincia Romana salutem. Solet plerumque apostolice sedis
benignitatis se libenter illis presertim cum ex pedit exhibere
propitiam et in oportunitatibus gratiosam, qui Religionis
zelo, vite mundicia et aliis laudabilium virtutum meritis
redimiti eius gratiam humiliter interpellant. Porrecte si-
quidem nobis pro parte dilecti filii Mathei de Perusio
o. fr. predd. in sacerdotio constituti petitionis series conti-
nebat, quod dum olim quidam laicus eidem Matheo linea
consanguinitatis coniunctus, post faetum de dieto laico,
exigentibus eius demeritis, iudieium, ad locum duceretur
supplicii, ut ibidem capite truncaretur, idem Matheus di-
etum laicum, quem in vita dilexerat, ad locum cuiusmodi
sociando, ipsumque ut de meritis passionis d. J. Xpi
Salvatoris nostri confisus patienter penam mortis huju-
smodi sustineret multipliciter exortando, dum pietate
motus adverteret quod instrumentum ferreum quod exe-
cutor justitie ad decollandum dietum laicum deferebat
non erat bene rotatum, ita quod non bene scindere vide-
ape cesa nm cnp

pati oir

ANEDDOTI CURIOSI 185

batur, dietum executorem quod instrumentum pararet ut
de dicto laico ex quo mori oportebat eundem se facilius
expediret, cum instantia requisivit, quod factum extitit,
ne dietus laicus erudelius moreretur. Processu vero tem-
poris prefatas Matheus hec ad memoriam revocando, ti-
mens ex eis se irregularitatis maculam contraxisse, quam-
vis non ad malum dicti laici, sed tantum ut more-
retur minus erudeliter, ut prefertur, dubitavit in suis or-
dinibus ministrare. Quare pro parte sua fuit nobis humili-
ter supplicatum ut sibi et statui suo, ut, sicut prius, in
suis ordinibus ministrare valeat providere super hoc gra-
tiosius dignaremur. Nos igitur huiusmodi supplicationibus
benignius inelinati, discretioni tue per apostolica scripta
mandamus quatenus cum eodem Matheo super irregula-
ritate, quam premissis contraxisse dinoscitur, auctoritate
nostra dispenses, iniuncto sibi pro hiis quod de iure
fuerit iniungendum. Dat. Avinion. vij idus februa-

rii anno quintodecimo.

Arch. Vat. serie avign. Giov. XXII, Communi, an. XV. p. II,
T. XXXVII, n. 38, c. 328 t. n. MDCCCCXXVI.

2. — FRATI INFEDELI.

Gli serupoli che turbavano i sonni di frate Matteo da Perugia
non erano il tormento e la lima che rodesse le anime in tutti i

‘conventi. A pochi è dato sentire delicatamente; e di fronte alle

pie leggende che ci toccano il cuore, si hanno casi ben diversi,
trovandosi spesso al posto della povertà e della virtù prender
luogo 1’ avidità e il vizio. Più che nelle cronache si trova la con-
ferma di questi casi della vita reale nei processi e in tutti quei
libri di amministrazione pubblica dove è come dipinta la condi-

zione de’ tempi e delle persone.

Da un registro dell’ Archivio Vaticano che contiene i conti

delle decime nelle terre della Chiesa dal 1342 al 1351 traggo la
notizia di due frati, ai quali l’ austerità della regola dovette es-

sere un giogo insopportabile, e per i quali la legge del galantuomo

14
186 L. FUMI

dovette essere tenuta per niente, se si lasciarono tentare sì forte
a mal fare, come vedremo.

Alla morte dell'agostiniano Bartolo de’ Bardi, vescovo di Spoleto.
[1349 (1)], il Rettore del ducato, Rinaldo da Montbryon, ordinò a
nome di papa Clemente VI l'inventario dei beni da lui lasciati,
perchè erano beni riservati alla santa Sede. Il vescovo aveva di
molta roba e di molti quattrini. I denari, per tenerli più sicuri, li
aveva depositati a Montefalco sotto la custodia dei frati Agosti-
niani. Ma ce ne aveva un buon gruzzolo anche nei suoi scrigni;.
e quesli furono i primi, tosto come egli si mori, a prendere il
largo.

Uno dei suoi familiari di notte. tempo si portò via tutto il
contante. Gli altri famigliari se ne menarono il resto, e con un
mulo carico e due cavalli ripararono nella Marca a godersi il
riposo ai lunghi e fedeli servigi resi al padrone, che da loro fu
lasciato, senza che alcuno vegliasse al cadavere, solo nel suo
letto di morte. Il vescovo, come si è detto, era ricco. I beni messi
all’ asta fruttarono la bellezza di fiorini d'oro 57,236, più li-
re 10,528, soldi 5 e denari 1. Fra questi non erano compresi i
denari che, per buona fortuna, stavano in mano degli Agostiniani.
Berengario Blasini, tesoriere, e 1 suoi ufficiali del Ducato fu-
rono a Montefalco e trovarono entro due coffani fiorini d' oro 8,000.
Ma i frati non se li lasciarono toccare, benchè Berengario tem-
pestasse per 25 giorni reclamandoli per il papa.

Dopo i quali, prese il partito di ritornarsene, aspettando. il
fine delle questioni sollevate dal Capitolo della chiesa che impu-
gnava in via d’appello le lettere apostoliche concernenti la riserva
dei beni vescovili. Ma non era trascorso un giorno, e gli 8,000
fiorini erano già stati involati. Due fra quei frati messi alla guardia
del tesoro erano chetamente scomparsi con esso. Si chiamavano,
l'uno frate Giovannuccio, e l’altro frate Andreuccio,
ambedue da Montefalco. La corte si mise subito attorno per
ricercarli: ne seguì le tracce a Foligno, ad Assisi e a Perugia,

ma invano; perché i frati avevano gettato al diavolo la tonaca, e

si erano rivestiti di abiti secolari. Finalmente, capitati a Chiusi;

(1) I^ Ughelli lo dice minorita e morto circa il 1346.
ara

ANEDDOTI CURIOSI 187

incapparono nei birri di quel Potestà, al quale erano pervenute
lettere della truffa. I famigli del Ducato spediti a tenerli dietro,
come furono a Chiusi, non trovarono il Podestà disposto a con-
segnarli, onde rimasero colà per otto giorni; e prendendo so-
spetto non gli avesse a rilasciare in libertà, ne avvisarono il
tesoriere che deputò un notaro al comune di Chiusi con lettera
di ser Iacomo de’ Gabrielli capitano del: Patrimonio. Dopo alcuni
giorni mosse egli medesimo a quella volta accompagnato da
quattro cavalli e da quattro fanti. Fu insieme con gli officiali di
Chiusi, conferì co’ frati per cavarne qualche cosa di preciso sul
luogo ove il tesoro avessero nascosto, regalò di grosse mancie il
carceriere e sei buoni uomini messi a sorvegliare la prigione, ca-
valcò a Perugia perchè i priori instassero su quei di Chiusi, ma
tutto a vuoto. Massuccio Salvoli da Perugia, podestà di Chiusi,
non volle cedere, perchè i frati gli avevano promesso una gran
somma, ed egli, a cui di affari siffatti non capitavano troppo spesso,
se l'era intesa con loro, facendosi dare certi contrassegni per due
di Montefalco, fratelli de’ frati che ritenevano il tesoro. Il Potestà
si condusse a Montefalco, si presentò a Matteuccio e a Vanni-
cello, i due fratelli, e li richiese della parte sua. Ma non si
accordarono per niente. Intanto, corso il sentore, messer Gio-
vanni Seaffardi, nuovo Rettor del ducato, fu a Montefalco, fece
carcerare i tre bricconi, gli esaminò punto per punto, senza però
cavarne un costrutto. D' ogni cosa fu dato avviso in corte d'Avi-
gnone, e sembra che il papa approvasse la proposta del Ret-
tore di donare ai due fratelli de’ frati mille fiorini, pur di averne
in mano seimila. Ma quando il commissario pontificio sì recò
avanti al Rettore per rilirarli, questi si ricusò, allegando il
patto che aveva co’ suddetti. Il patto non fu riconosciuto dal papa
che ordinò il processo contro il Rettore, da cui non ci volle poco
prima che la somma venisse consegnata.

Non sappiamo la fine de’ due frati bricconi, ma con mille fio-
rini d'oro in mano v'è da credere si dessero alquanto bel tempo,
ridendosi del podestà di Chiusi da loro mandato a trovare sette-
mila fiorini in fondo alle prigioni di Montefalco.

Del resto, non era nuovo il caso di soltrazioni alla morte di

prelati, nè questo raccontato fu l'ultimo. Quando non erano i fa-

miliari o 1 depositari che si facevano a giuntare i ministri della
188 Hi «Lo FUMI"

Chiesa, erano bene spesso i parenti dell’ estinto. E per non u-
scire dall’ Umbria, era recente un caso consimile avvenuto in Gub-
bio alla morte del vescovo Pietro de’ Gabbrielli (1345). 1 nepoti
non fecero trovar quasi nulla al tesoriere del ducato quando com-
parve a fare l' inventario nell’ episcopio: masserizie e cavalli, vasi
d’argento e quanto il vescovo possedeva, avevasi portato via Ro-
sciolo di messer Filippo Gabbrielli: gli stessi debitori, per timore
della prepotenza di Rosciolo e degli altri nepoti del vescovo, ri-
cusaronsi a consegnare le somme che avevano presso di sè, per
la qual cosa i Gabbrielli furono scomunicati, processati e mandati
al braccio secolare. Ma il comune di Gubbio si rifiutò di prestarlo,
si oppose all’ interdetto e ne impedì l'osservanza. Si agitó una
causa in curia d' Avignone; perchè il vicario vescovile di Gubbio
appelló al papa, e messer Rosciolo oppose i suoi diritti sul pecu-
lio dello zio, dicendo che il Vescovo s'era venduto per circa fio-
rini quattromila un castello nella Marca, San Gervasio, dalla quale
vendita non gli'aveva voluto corrispondere il becco di un quat-
trino. L’ affare si compose (perchè questa è stata sempre la con-
suetudine della curia romana) per mille fiorini, che sembra, per
altro, Rosciolo non si curasse gran fatto di pagare, per modo che
il processo contro di lui restò sempre aperto.

Arch. Vat. « Rationes decimarum in terris S. R. E, 1342-1351, N. 232 », cc. 26
,
196 e segg.

de — IA PELLE DI UN PALAFRENIERE DI CARLO II

RE DI NAPOLI PER LE VIE DI RIETI.

Frequenti erano i rapporti che correvano fra gli abitanti
dell' Umbria e quelli del regno, dove i nostri praticavano sovente
per vendere panni e mercanzie, specialmente gli spoletini, per lo
più, trattati bene e anche onorati. Ci basti notare quello che si
trova nei Registri Angioini dell’ Archivio di Napoli nei primi
quattro o cinque anni del trecento: per esempio, apprendiamo di
Angelo da Rieti capitano di Gaeta (1302), di Petruccio della stessa
cillà familiare regio (1304); di Egidio da Perugia consigliere di
Carlo IL (1302 -1304), di Ruggero da Cantalupo e di Berengario
da Perugia « miles jure Francorum vivens » feudatari (1302-1303),

corper
“la volesse comprare! « Quisquis vult emere corium regii pala-

ANEDDOTI CURIOSI 35-189

di Giovan Ventura da Orvieto stipendiario di Curia (1304) e via
via.

Non si potevano lagnare di maltrattamento certi mercanti spo-
letini che messi dentro le torri del ponte di Capua, subito che e-
sibirono cauzione vennero liberati; nè un altro mercante che fat-
tosi sorprendere con monete fuori corso (de carlenis veteribus),
se le riebbe in grazia della scusa allegata della ignoranza (19r0-
rantie causa), e un altro ancora, pur di Spoleto, che ebbe il com-
penso della sottrazione di una mula carica di olio. È quindi no-
tevole che quelle rappresaglie, tanto comuni da per tutto per ognt
mancata giustizia, non apparissero allora fra” regnicoli e i nostri.
Non si deve nemmeno trascurare la notizia, che è prova migliore
di buona vicinanza, delle tratte concesse per grano e derrate,
altrove per lo più non favorite, ancorchè istantemente richieste.

Nella grande carestia di Perugia i portolani di Puglia permi-
sero ai perugini la tratta di tremila some di grano, « quia propter
siccitatem preteriti temporis terre omnes laboratorie civitatis eiu-
sdem facte sunt sic penitus steriles, quod non dederunt omnino
infra duos annos preteritos fructum suum ».

Ad istanza di messer Giovanni, eletto vescovo spoletino e ca-
merlengo papale, il Giustiziere e gli altri officiali dell’ Abruzzo eb-
bero ordine di fare acquistare nel regno a Pietro Cimini e com-
pagni mercanti di Rieti una certa quantità di animali « pro usu
coquinarum d. n. summi Pontificis » nello spazio di un anno,
e più tardi ancora « ut Cimino et Paulo Coselle de Reate mer-
caloribus ad vendendum animalia pro coquinis d. Pape expedite
a cerlis eorum debitoribus de Regno et extra solvi faciant ac
justitie complementum ».

Ma venne l’anno 1305, e fra abruzzesi e reatini sorsero malu-
mori per i confini. I ministri del re tassavano i reatini per terre
da questi possedute nel confine del regno, e il comune di Rieti
faceva il medesimo sopra persone regnicole. Violenze si succes-
sero a violenze; e corsero bandi, condanne, mutilazioni, che ca-
gionarono incendi e stragi nella valle e nelle parti d' Antrodoco.
Il re Carlo Il lamentandosi di tutte queste cose, aggiungeva che quei
di Rieti, da ultimo, avevano preso un palafreniere regio e lo avevano
scorticato, portandosi la pelle a Rieti e gridando per le vie a chi
ÁN

190 . L. FUMI

fredi! ». Il re ordinò si determinassero gli antichi confini, e'quei
reatini che si trovassero d'avere beni stabili nei confini del re-
gno contribuissero come erano lenuti. Ecco le parole del docu-
mento: « Pro Comune reate.— Scriptum est efc. Defensori, Ca-
pitibus artium, Consilio etc. quod [Comune dictum] per aliqua
tempora in cerlis locis nostris dicti regni finitimis usurpavit ho-
minibusque illorum vassallibus collectas imponit et tallias... ad
suum tribunal iniuriose trabit, bannit, condemnat, mutilat; unde
incendia, cedes exhibentur fidelibus nostris de Valle et partibus
Introduci et nunc quendam regium farniliarem decoriarunt et co-
rium tandem eius transtulerunt Reate vociferantes —: Quisquis
vult emere corium regii palafredi . . . . . . ».

Arch. di Stato in Napoli. Reg. Ang. 137, an. 1304, E, f. 123 r., 135, an. 1304, C.
Ivi, 137, an 1304, E, f. 87, duplicat. 130, f. 154; 138, f. 44, 12I, 111. Nuovi Registri [an-
gioini], vol. II, an 1305, f. 169.

LE.

VTRCA DIET IASTAN MCTANT Vm I eraot n cns moneta sw ny
ANALECTA UMBRA

Il fascicolo V del Diario di Ser Tommaso di Silvestro notaro, pub-
blicato dal Fumi, contiene le memorie dal 1510 al 1514, e con esso fini-
sce il testo (pag. 769-892). Vi si riportano notizie relative a Ferrara
colpita dalla scomunica e poi rilasciata al papa. Si riporta la venuta in
Orvieto di papa Giulio II, ai 18 agosto 1510, diretto alla Madonna degli
Angeli e quindi a quella di Loreto. Dà le nuove de’ Veneziani, e della
rotta avuta dal Citolo di Perugia. Si ha il transunto di altre nuove per
una lettera da Roma relativa al card. d' Alba, al Marchese di Mantova,
al Prefettino, al duca di Savoia, ai cardinali Fieschi e di Pavia, del quale
più oltre è riportata l’ uccisione anche sopra una lettera del vescovo
Gentile Baglioni. Le successive notizie intorno alla dipartita de’ francesi
vengono esposte come uscite dalla bocca del datario del papa che era
venuto in Orvieto ai 27 d’ ottobre, e ivi aveva mostrato il relativo breve
di Giulio II. Questo breve (del 23 ottobre) è di poi riportato per intiero.
Sono pure estratte da altre lettere venute di Napoli dal nepote di ser
"Tommaso, certo prete Jaco di Martino familiare del vescovo Anglovenese,
le notizie turchesche. Nella creazione de’ cinque cardinali fatta il 10 marzo
1511, il Del Monte, come affine alla casata orvietana dei Nebbia, per la
sua promozione, provocò allegrezze pubbliche. Si legge per intiero un
breve da Ravenna del 5 aprile, con il quale Giulio II, fra altro, avvisa
di affrettare la sua andata in Roma. Soldati napoletani e spagnoli al
soldo del papa venuti in Orvieto dopo la rotta di Bologra, poveri e af-
famati, dovettero vendersi le armi per poter far ritorno alle case loro.
Il papa, rimettendosi in Roma, ebbe accoglienze festose, perchè se scor-
dasse della malinconia havuta nella guerra. Del tempo di Leone X sono
le notizie meno importanti : v' é ricordata la caccia fatta a Farnese da
quel cardinale e alla quale prese parte il papa stesso. Si avvicendano
questi ricordi alle solite notizie spicciole, di feste, di nozze, di esecuzioni
capitali, di morti e feriti, di casi strani, di vicende atmosferiche, di saette
e tremnoti, di nuovo avvento de’ Conservatori d' Orvieto, di arrivi di per-

sone notabili, della malattia dell’ influenza, ecc. Quest’ ultimo fascicolo
ANALECTA UMBRA

contiene anche qualche notizia maggiore sulle opere che si andavano
facendo per il compimento della facciata del Duomo. I fascicoli succes-
sivi sono riserbati a contenere la prefazione, le note, il dizionario dia-
lettale e gli indici. Cosi questa pubblicazione potrà collocarsi fra le più.
interessanti del genere. |

Nel T. XVII de’ Mélanges d' Archéologie et d? Histoire, P. Leoscheux.
pubblica La premiére légation de Guillaume Grimoard en Italie (1352).
È notevole cotesta missione allo scopo di riconciliare Giovanni Visconti
con la S. Sede, e dimostra che condizione sine qua non fu quella di ri-
mettere Clemente VI al possesso di Orvieto e di Bettona. A ciò si rife-
risce il doc. IV tolto dal Registro Vaticano 146, f. 52 r. che è una let-
tera di Clemente all'areivescovo di Milano del 16 agosto 1352.

A. Lisini pubblica per nozze dall’archivio Senese 21 Lettere volgari
riguardanti fatti di guerra del secolo XV (Siena, Lazzeri, 1897). La let-
tera del 24 maggio 1408 (?) è scritta da Agnese de’ signori di Corbara,
presso Orvieto, che da Cetona annunzia a Cocco di Cione Salimbeni suo:
fratello i progressi del re Ladislao, secondo una lettera ricevuta da Or-
vieto dal Conte (il conte Corrario ?). Il re aveva avuto Montefalco : Gior-
gio tedesco con 400 cavalli e Francesco di Catalano erano entrati in Todi
e l’aveano corsa per la Chiesa. Del Beccarino che con gente di Paolo
Orsini era dentro Todi non sapendosi più nulla, il re v'aveva mandato
l'Orsini stesso; aveva fatto pigliare il figlio del conte Bertoldo. La let-
tera del 3 gennaio 1424 è di Braccio a suo figlio (?) Benedetto per annun-
ziargli la morte di Sforza Attendolo da Cotignola. L'altra del 23 settem-
bre (?) 1439 è di Gaspare da Todi commissario del papa, in nome del
quale promette a Niccolò da Tolentino capitano delle armi pontificie, il
titolo di conte, purchè rinunzi a certe terre promessegli prima che Bo-
logna ritornasse in soggezione della Chiesa: e con la successiva del
19 novembre Niccolò Piccinino da Verona ne annunzia l’ acquisto. Nella
lettera del 12 luglio 1440 Luigi Quaratesi mercante fiorentino a Niccolò
di Piero da Meleto residente in Bologna, narrando le condizioni in cui
era ridotto l’esercito del Piccinino e altri fatti seguiti in Romagna, dice
come il P. era ridotto « alla fraséhetta. E’ Perugini l'achumiataro de’ loro
terreni, e' Malatesti gli arebbero ristoppiato quel resto gli resta... poichè
Malatesti e li Perugini sono d'achordo con noi, che viene a dire che se
non vola e’ non se ne può ire ». Sotto la data del 6 settembre 1462 è la
lettera di re Ferdinando I ad Angelo de’ Giraldini di Amelia protonota-
rio apostolico, procuratore e consigliere suo: vi si narrano i successi del
suo esercito contro i baroni ribelli.
ANALECTA UMBRA 193

La relazione del viaggio delle galere pontificie in levante l'anno 1657
pubblicata dal Cugnoni nel Bollettino senese di Storia patria (a. IV,
f. II-IIT, pagg. 345-389) da un manoscritto della Chigiana senza nome
di autore, è ormai provato da un documento estratto dall’ Archivio dell’ Or-
dine di Malta essere Marco Antonio Meniconi perugino che ritornato con
le galere pontificie recitò « loculentam Orationem a se conditam SS.
d. n. d. Alexandro septimo ». Il Meniconi era stato ricevuto tra i
i cavalieri ospitalieri della Lingua d'Italia il 20 maggio 1632.
Il prof. Filippini, proseguendo negli ,Stud? storici del prof. A. Cri-
vellucci (vol. VI, fase. III) la sua memoria sull’ Albornoz, dimostra come
l'aecorto legato si trovasse ad eludere l’ astuzia e la mala fede del Pre-
fetto di Vico. Questi simulava trattative di pace, nel Patrimonio, per con-
tinuare la guerra, sperando nell’appoggio di Giovanni Visconti che
avrebbe rafforzato Orvieto e trattando con la Compagnia di fra Monreale.
L’ Albornoz si tenne in disparte, a Montefiascone, finchè non si trovò
rinforzato di aiuti, e non vide il Prefetto estenuato; quindi con la mossa
alla volta di Orvieto, lo chiamò su quella via, dove lo costrinse alla resa.
In seguito trattando con esso un accordo, gli affidava il vicariato di Cor-
neto, ottenendo così di tenerlo lontano da Viterbo. L' atto, non compreso
e dal papa, gli cagionò il malcontento della Curia di Avignone, ma gli
spianó la via alla riconquista dello stato ecclesiastico. — Nello stesso nu-
mero si discorre del lavoro di G. Degli Azzi-Vitelleschi, I capitani del
contado nel Comune di Perugia, e si fa una ipotesi assai ragionevole per

: spiegare la scomparsa della carica del capitano del contado, cio? dagli
inconvenienti cui dette luogo, chiaramente mostrati dalle frequenti ri-
forme che si fecero ai capitoli primitivi.

Il signor Giulio Navone ha pubblicato (Nozze Sterbini-Pizzirani) dal
cod. Vallicelliano A, 26, La parabola di Lazzaro povero, lauda dramma-
tica del secolo XIV (Roma, Forzani, 1897). Premette alcune notizie atte
a dichiarare l'origine e le forme più antiche della sacra rappresentazione
per la prima volta apparsa nell’ Umbria e precisamente in Perugia, per
parlare poi della raccolta del Codice suddetto. « È una raccolta di laudi
e rappresentazioni per tutto l'anno ecclesiastico scritta nel secolo XIV
e che può ritenersi appartenuta alla Compagnia di S. Simone e Fiorenzo
in Perugia per la presenza di quattro laude drammatiche in onore di
questi santi patroni. Ivi, al f. XXXXVIIIJ, e in rispondenza del giovedì

dopo la seconda domenica di quaresima, è contenuta, come rappresenta-

PE VIP carton

zione figurata del vangelo del giorno, la parafrasi della parabola chia-
mata volgarmente del ricco epulone, ovvero di Lazzaro povero e Lazzaro
ANALECTA UMBRA

ricco. Il sacro testo che le serve di traccia può essere diviso in due parti.
La prima, soltanto narrativa, finisce con la morte dei due soggetti, e la
seconda, sceneggiata, riproduce il dialogo tra Lazzaro dannato in inferno
e Abramo che è nel paradiso. L'autore della /auda ha dovuto ridurre a
dialogo anche la prima parte; e la contesa fra i due Lazzari, a risposta
e soggiunta, non manca d'un certo sapore drammatico. La seconda parte
del testo evangelico si trova già esposta a modo di dialogo; così che
per essere rappresentata scenicamente, non aveva bisogno d'aleun cam-
biamento. Soltanto per acerescerne di molto l'effetto, la /auda ha con-
trapposto alla figura d' Abramo e alla vista del paradiso quella dei dia-
voli e dell' inferno ».

Splendido, come i due precedenti, il III volume de Le Gallerie Na-
zionali italiane ; Notizie e documenti (anno III, Roma, per cura del Mi-
nistero della P. I).

In appendice alla relazione della regia Pinacoteca di Torino, è pub-
blieato « l' Inventario de’ quadri di pittura di S. A. Reale descritti col
medesimo ordine nel quale furono ritrovati l'a. 1635 nelle stanze del
Palazzo di Torino, a Mirafiori, et i migliori del Castello di Rivoli ». Tra
questi, due erano del Perugino: il num. 63 (S. Francesco che riceve le
stimate; figura in piedi ; in tavola); eil num. 66 (S. Lorenzo, in piedi ;
tavola oblunga): uno del Pinturiechio, cioè il num. 694 (S. Francesco
che riceve le stimate; in tavola). — Nella relazione della Galleria di Ra-
venna è notata una tavola (num. 202 : Cristo, in atto di sostenere la
croce, fra due angeli) di scuola Umbra. Errò chi volle attribuirla a Ni-
colò da Foligno: e forse ha ragione Corrado Ricci che la ritiene « di
qualche scolaro o imitatore di Fiorenzo di Lorenzo ». A questi fu dal
Crowe e Cavalcaselle attribuito il trittico. (num. 211) del 1485; ma il
Ricci, che qui descrive questa bella pittura, non crede giusta la loro at-
tribuzione: Fiorenzo è « più rigido di contorno e denso di colore ». E
nè, pure a parere del Ricci, quei due storici dell’ arte colsero nel segno
« scorgendovi la mano d'un umbro ». — Della Pinacoteca Civica di Sanse-
verino Marche il conservatore di essa V. E. Aleandri descrive tre pitture
che « provengono dalla scuola che tenne in Sanseveriuo il pittore Ber-
nardino di Mariotto dello Stagno: anzi il primo è sicura opera di lui
eseguita per la cappella del palazzo consolare di Sanseverino nel 1514 ».

Il documento relativo a quest'ultimo dipinto, è riferito dall'Aleandri di :

su i ricordi di spese e d’ introiti del Comune stesso dal 1511 al 1515;
donde appare che « M.? Bernardino Perusino » ebbe per quell' opera un
fiorino e mezzo. Di questo artista l'Aleandri dió notizie e delle opere sue
in Sanseverino nella Nuova Rivista Misena, a. 1891, num. 11: cfr. que-

Up RIE III
ANALECTA UMBRA

Sto Bollettino, II, 199. Egli dimorò in questa città dal 1502 al 1521. —

Nella descrizione del prezioso messale del cardinal Domenico della Ro-
vere (ne son qui riprodotte due pagine, una delle quali è tutta occu-
pata da una grande miniatura) il prof. Adolfo Venturi nega « il carat-
tere umbro » delle miniature, nelle quali non vede «i caratteri e l' in-
flusso di Pietro Perugino », come parve di vedere a chi aveva già de-
scritto il volume. Più circospetto, il Milanesi credette di scorgervi « la
imitazione, benchè non servile, della maniera di Pietro », sebbene il mi-
niatore « in quanto. alle vesti, fosse più sciolto e più libero déllo stesso
Pietro ». Il Venturi, alla sua volta, osserva giustamente che il Milanesi
od altri potè essere indotto a così giudicare dal modo onde tre figure
nella scena della Crocifissione tengono i piedi; « questa forma in gene-
rale non è esclusiva di Pietro Perugino ». — Tra i quadri che hanno di
recente arricchita la Galleria Nazionale di Roma, il prof. A. Venturi ne
ricorda uno di Antoniazzo Romano, di cui qui son descritte alcune
opere, e pel quale «il campo maggiore dell'attività dovette essere la Sa-
bina ». Quel quadro conservavasi a Poggio Nativo. A proposito di An-
toniazzo e di Antonio suo figlio, e del trittico num. 9 della Pinacoteca
di Rieti, potevasi non tacere che la iscrizione di questo trittico era già
stata riprodotta dal prof. F. Gori nel vol. I, pag. 605 di questo Bollet-
tino, e rimandare il lettore a tutto l'articolo dello stesso Gori (ivi, 601
e segg.) Artisti romani in Rieti negli a. 1455, 1464 e 1511. Giustissima
l'oseervazione del Venturi: Antoniazzo segui Melozzo, e « la forza an-
tica » che derivó dal maestro forlivese, distintamente serbó anche dopo
aver subito l’ influsso del Pinturicchio.

Col titolo La Torre di Trevi ebbe vita dal primo del 98, per solle-
‘cita cura del conte Tommaso Valenti e di altri egregi Ternani, un pe-
riodico quindicinale; in cui spesso appaiono utilissimi articoli di storia
locale. Ad esempio: notizie storiche della Torre, della piazza, de « la
festa di S. Emiliano » e di « Una strana consuetudine dei Trevani >,
cioè di dar l’ assalto al monastero de’ Lateranensi « quando veniva la
prima volta la neve et etiam a sealar il muro per far trarre li padri a
darli la manza », come narra un testimone del secolo XVI. Dello studio,
ch’ è.in continuazione, su « La letteratura umbra nel secolo XIII » cre-
diamo opportuno di fare appena il ricordo.

Per L'Archivio musicale del s. Convento di Assisi, a proposito della
Relazione del Cellini (efr. questo Bollettino, III, 603 e segg.) è da ve-
dere un articolo del Valetta in Gazzetta musicale di Milano; a. 52,
num. 27 (8 luglio 1897).
è ristampa della Folignate : così egli afferma per varie 'agioni; tra le quali

196 ANALECTA UMBRA

Di Un commencement d'incendie a la Vaticane en 1605 dà notizia.

Léon Dorez mercé una lettera di Cristoforo Dupuy al De Thou ed aleuni
distici di Claudio Contoli ad Ascanio Della Cornia che leggonsi nella rara
edizione de' suoi Carmina (Perusiae, apud Academicos Augustos, M. D.
CVI, pag. 212). La breve nota del Dorez é pubblicata dalla tip. di F.
Empaytaz a Vendome: qui si segnala pel ricordo del poeta perugino e
per la descrizione (pag. 3, nota 2) del volumetto de' Carmi.

Per l'umanista Gregorio Tifernate veggasi il recente e ottimo libro
di Girolamo Mancini, Cortona nel medioevo (Firenze, Carnesecchi, 1897,
pag. 946 e segg.).

Nell'anno scorso l’ editore Ulrico Hoepli compié col vol. III la stampa
della seconda edizione dell'opera magistrale di P. Villari Nicolò Machia-
velli e i suoi tempi. Segnaliamo, oltre a molti fatti storici della nostra
regione qua e là ricordati su le fonti più sicure, il cap. VIII del lib. I
(su le tristi condizioni dell’ Umbria ne’ primi anni del secolo XVI e su la
legazione del Machiavelli a Perugia), e più particolarmente quanto ri-
guarda questa città, a pp. 165, 184, 421 e 513 del vol. I, e p. 314 del II,
e i Baglioni, pp. 318 e sgg. del vol I, tra i quali primeggia Giovan Paolo.

II Senatore Gaspare Finali ha preso in esame Le prime quattro
edizioni della Divina Commedia (in Nuova Antologia, fasc. del 1° otto-
bre 1897), giovandosi della edizione di lord Vernon (in 4°, di pp. XXVI-
748, in 100 esemplari; London, Wittingham), ed ha confortata con nuovi
raffronti la congettura (ora è fatto accertato) di Antonio ‘Panizzi, che,
cioè, la edizione Napoletana della Commedia, eseguita circa il 1475, è
la materiale ristampa di quella di Foligno del 1479. Il raffronto tra le
due edizioni, qui istituito dal sen. Finali, « è limitato soltanto agli
errori e alle seorrezioni comuni ». L'a. conclude: « Questi pochi (esempi)
bastino ad accertare che delle quattro edizioni del secolo XV raccolte
nel volume Vernoniano, tre sole erano stampe tratte da qualche codice
ms.; mentre la Napoletana era la ristampa di una delle tre, cioè della
Folignate, della quale il Museo Britannico ha due esemplari ». E quasi
che gli esempi addotti non fossero bastanti, l'a. aggiunge un'ultima
prova: nell'edizione di Foligno sono ommesse le terzine 17 e 18 del
canto XX del Paradiso e la 16 del canto XXI; la stessa ommissione
riscontrasi nella Napoletana del 1475. — Ma, secondo Guido Persico Caval-
canti (La prima edizione napoletana della Divina Commedia in Rivista
delle Biblioteche e degli Archivi, anno IX, num. 1) questa edizione non

tr eret se

VITINIA
na

ANALECTA UMBRA 197

$ questa, che tutt’ e due sono del 1472. « Gli errori d' interpretazione e
le sviste » comuni alle due edizioni, sono meramente accidentali. Egli
peró ammette « che l'edizione Napoletana abbia potuto attingere alle
medesime fonti della Folignate; ciò è probabile, ma non è certo ». Per
lui é quasi certo il fatto che gli errori e le ommissioni, che riscontransi
in ambedue, « siano da attribuirsi in gran parte ai codici che quei

primi editori di Dante ebbero fra mani ».

Pochi giorni dopo la morte di G. B. Cavalcaselle, avvenuta l'ultimo
giorno dello scorso ottobre, gli editori Le Monnier pubblicarono l'ottavo
volume della sua Storia della pittura in Italia. L'illustre uomo, a cui
si associò in quest’ opera Giuseppe Archer Crowe, ma soltanto come tra-
duttore in inglese, si spense in una modestissima camera dell' Ospedale
di s. Antonio in Roma: visse lavorando e studiando alacremente, e non
cereó lodi come artista, né &olle mai che taluno indagasse gli atti della
sua vita come cittadino e soldato: esempio di virtù e di modestia im-
pareggiabile! Ma del valor suo e della costanza nelle indagini e delle
conquiste ch'egli fece nel campo della storia artistica nostra, rimane la
Storia della pittura, di cui tutti, ripetiamo, i meriti son suoi. Dell' Um-
bria egli conobbe e amorosamente studió i monumenti, e tra i vecchi
nostri eruditi ebbe molti ammiratori ed amici. Ed anche in questo ultimo
volume della maggiore opera sua l’ Umbria ha gran parte. Il cap. I è
consacrato al Gozzoli ed ai discepoli suoi: quindi v'è detto della dimora
sua in Orvieto, delle pitture in Montefalco (in S. Francesco, pag. 11-21,
e in S. Agostino, pag. 21 e sg.), in S. Fortunato presso questa città
(pag. 8 e sgg.) e del frammento di tavola nella Galleria della Penna
in Perugia, che comunemente s’attribuì ad un artista senese. Di Pier
della Francesca è notato che forse nel 1438 era nella bottega di Dome-
nico Veneziano che in quell’anno operava a Perugia (pag. 189); e che
la Incoronazione della Vergine, esistente a Città di Castello e derivante
dal mon. di S. Cecilia, non è di certo opera sua, ma piuttosto, se: non
di Ridolfo Ghirlandaio, giovanile lavoro del Granacci, eseguito sotto la
direzione di Domenico Ghirlandaio (num. 8 della Pinacoteca). Di Luca
Signorelli è descritta la tavola che pel vescovo Vannucci dipinse nel
1484 (ma per le sue opere in Perugia veggasi il Vasari, Vite, ediz. San-
soni, VI, 187 e sg.; e per questo- lavoro cfr. Crispolti, Perugia aug.,
lib. I, pag. 63, e lib. II, pag. 270); la tavola ch’è nella Pinacoteca di
Città di Castello (num. 17), rappresentatovi il martirio di S. Sebastiano,
commessagli da Tommaso Brozzi; quella presso l'avv. Mancini e l’ altra
che provenne dal convento di S. Cecilia. Con ampiezza è detto delle sue
opere in Orvieto (tre affreschi son qui riprodotti), in Perugia ed a Pac-
198 ANALECTA UMBRA

ciano. De’ suoi discepoli son ricordate le pitture di Luca Signorelli e
del Papacello che operò, come narra il Vasari, in Perugia ed a Cesi.
Del primo conservasi una bella tavola nella Pinacoteca di Gubbio.

. Nel Breve Compendio della storia delle belle arti in Italia di Luigi
Licati (vol. I, Torino, Tip. Salesiana, 1897) un capitolo è dedicato alla
storia della « Scuola umbra » (pag. 93-105), breve e imperfettissimo.
Per l'origine e lo svolgimento suo è dichiarato che « parecchi pittori,
imitando Giotto, si svolsero nell’ Umbria, fondarono altre scuole e conti-

nuarono la maniera dei Giotteschi » ; e che « il primo pittore che vera-

mente meriti d'essere studiato è Nicolò da Foligno ». Ma qui poco o

nulla si studia di lui, ché alla notizia delle date di sua nascita e morte
s'aggiunge il ricordo di sole cinque opere sue e del valor suo nel dipin-
gere « gli stendardi da portarsi in processione ». C° è di buono soltanto,
a pag. 107, la riproduzione fototipica della mirabile ancona ch’ è in s. Ni-
colò di Foligno. Al cenno su Nicolò, seguono quelli su Gentile da Fa-
briano (« il Fabriano » o « del Fabriano » lo chiama l’autore), su Piero
della Francesca (« il Francesco » egli lo dice due volte), su Pietro Pe-
rugino (secondo l'a., fu « con molta probabilità allievo di Nicoló da Fo-
ligno perché nei dipinti [suoi] si riscontrano molte caratteristiche di Ni-
colò ») e finalmente sul Pinturicchio. Su altri pittori notissimi né pure
una parola. Ma, del resto, nessuna meraviglia per ciò : chi crede e scrive
che Gentile da Fabriano e Piero di Borgo Sansepolero siano umbri, e sa
che l’ Urbinate è Raffaello Sanzio, mentre ignora che non fu Giovanni
de Sanctis (pag. 165) il padre suo (Sante, e chi non lo sa?, fu l’avo
di Raffaello, donde il cognome di Sanzio), può non tener conto di Otta-
viano di Martino di Nello, di Fiorenzo di Lorenzo, del Bonfigli e di
tant’ altri, che il compilatore del più modesto manuale scolastico di storia
dell’arte ha obbligo assoluto di conoscere o, almeno, di ricordare.

Tra Les peintures des Musées Impcriaur de Vienne che il Braun
ha riprodotte in fotografie al carbone inalterabili, e delle quali la sua
casa ha di recente pubblicato il Catalogo (Dornach, 1897, in 8), notiamo
due pitture del Perugino che nella Galleria Nazionale di Vienna sono
distinte coi numeri 34071-72, e rappresentano la Vergine col bambino e
santi. Nell' Appendice a questo Catalogo (Dornach, settembre 1897) sono
indicate due altre opere del Vannucci, numero 34069-70.

Nel Repertorium. für Kunstwissenschaft (fasc. 8 del 97) l' Ulmann
discorre di un affresco di Raffaellin del Garbo (la moltiplicazione dei pani
e dei pesci) esistente nel monastero di s. Maria Maddalena de’ Pazzi in

nce
RIDATO

ANALECTA UMBRA 199

Firenze; e studiatone con sottile analisi lo stile, conclude che vi sono
derivazioni dal Lippi e da Pietro Perugino.

Marcello Reymond nello splendido volume, già annunziato in questo
Bollettino, La sculpture florentine au XIV siècle (Florence, Alinari, 1897),
esamina le sculture del Duomo d’Orvieto, nelle quali ravvisa l' impronta
della scuola pisana e fiorentina.

Per la storia della educazione artistica di Raffaello in Perugia sotto
la guida del Vannucci, è da consultarsi il libro magnifico di H. Kna-
ckfusz, illustrato da 128 fototipie, col titolo Aaffael (Vielefeld und Lei-
pzig, Velhagen und Klasing, in 8°, pp. 124). Il volume fa parte delle

Kunstler-Monographien a cura del medesimo. E

Am

Carlo Loeser, dando notizia dei Disegni italiani della Raccolta Mal-
colm del British Museum (in Archivio storico dell’arte, a. III, fase. 5,
settembre-ottobre 1897), afferma, contrariamente a quanto si era creduto
finora, che « dei disegni attribuiti al Perugino nemmeno uno sembra
autentico ». ;

Nel volume che al prof. V. Rossi hanno alcuni amici suoi dedicato
nel di delle sue nozze (Nozze PRossì-Teiss; Bergamo, 1897), il dottor
Vincenzo de Bartholomaeis ha pubblicata una Antica leggenda verseg-
giata di S. Francesco d' Assisi (pag. 209 e sgg.) di sul cod. Barberini
XLIV, 76, ch’ è del secolo XV e provenne da un monastero di France-
scani di Fano. Comincia: « Francesco infiamato facea oratione »; e finisce:
« Et sempre ce diffenda Da subita morte ria. Amen ». Consta di 400
versi. Il componimento appartiene « alla letteratura serafica la quale,
per verità, aspetta ancora chi riprenda e completi il vecchio disegno
dell' Ozanam ».

Nel recentissimo volume di I. C. Broussolle La vie esthétique (Paris,
Perrin) il terzo studio è dedicato a « quelques veilles peintures de Spo-
léte »; cioè allo Spagna, alla Madonna del 1375 in via Salara Vecchia,
alla pittura del Duomo del 1378, all' icone della Cattedrale, al Crocifisso
del 1187 del Sozi, agli affreschi di S. Paolo e della chiesa inferiore di
S. Ansano, e alla pittura murale della cripta nella chiesa de' santi Gio-

vanni e Paolo.

Nel Raffaello, Rivista d’ arte e di storia di Urbino (a. I, num 10:
24 dicembre 1897) Vincenzo Lanciarini, l'autore della storia IZ Tiferno
Metaurense e la Provincia di Massa Trabaria, ha cominciata la stampa

E
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200 ANALECTA UMBRA

di nove atti del 1347 riguardanti la sommissione spontanea di varie terre
a Perugia. Giaeché l’ editore promette di illustrarli, in fine, con qualche
nota storica, ci riserbiamo di darne ampio ragguaglio quando ne sarà
compiuta la pubblicazione.

Per le nozze illustri Altemps-Penna (2 febbraio 1898) Alessandro
Betocchi ha pubblicato in edizione splendida la Narrazione del Torneo
. fatto nella Corte di Belvedere in Vaticano a dì V marzo M.D.LXV in
occasione delle nozze del conte Jacopo Annibale Altemps con Donna Or-
tensia Borromeo (Roma, Unione ‘coop., in 8°, pp. 41): ne deduciamo che
al torneo parteciparono i Capitani Innocenzo da Norcia, Galeotto d’ As-
sisi, Girolamo ed Enea Gabrielli da Gubbio.

Tardi, chè non ne avemmo prima notizia, ricordiamo a proposito
del Sanzio il volume Raphaels seit 1508 verschollene in St. Petersburg
aufgefundene Madonna di Siena (S. Petersburg-Leipzig, 1894) di Fede-
rico Steinchen: oltre alle riproduzioni della Madonna di Foligno, di
quella degli Ansidei e di opere del Perugino, vi si narrano le relazioni
tra la scuola’ umbra, e più particolarmente di Pietro, e la maniera raf-
faellesca. Per la Madonna di Foligno veggasi specialmente a pag. 8 e
seg., e per l'altra degli Ansidei a pag. 31; pel Vannucci a pag. 16 e
seg.; pel Pinturicchio a pag. 17, dov’ è riprodotta la tavola dell’ imp. e
reale Galleria di Berlino.

Nella Mostra internazionale raffaellesca in Urbino, agosto-settembre
1897 (efr. il Catalogo: Urbino, 1897) furono esposte dal Municipio di
Perugia le fotografie del « s. Giovanni che predica alle turbe », copia
del Perugino attribuita a Raffaello, esistente nella Pinacoteca di Perugia
(num. 141 del Catal.); della Trinità, affresco in s. Severo (num. 144) ;
della Madonna del Conestabile (num. 145); dell’ Eterno sovrastante al
quadro della Deposizione (num. 151); della predella dello stesso quadro
(num. 152-4), e del disegno eseguito dal Sanzio per Domenico Alfani,
ora a Lille (num. 155). Figurarono tra le copie ad olio e le miniature
la Madonna di Foligno e il putto in piedi dello stesso quadro (num. 332,
339, 391-8): tra le attribuzioni, l'Adorazione dei Magi, attribuita al San-
zio e al Vannucci, e un disegno (Dio che separa la luce dalle tenebre)
attribuito a Raffaello e proveniente dalla Galleria Ranghiasci di Gubbio
(num. 442, 445): tra le copie, la Madonna degli Ansidei ch’ è in S. Fio-
renzo e quella di Foligno. Tra le opere d'arte relative all’ Urbinate fu
esposto un estratto dalla splendida opera del nostro socio cav. G. Ma-
gherini-Graziani, L'arte a Città di Castello, con le fotografie, ora ese-

n I

ATZORI erc cn PERRIN

PTT BN >

ANALECTA UMBRA 201

guite per la prima volta, dei due stendardi che sono nella Pinacoteca

di questa città. Per la copia della Madonna degli Ansidei veggasi E.

Calzini Le feste e l'esposizione raffaellesca in Arte e Storia, a. XVI,
num. 18, pag. 139.

?

La Pinacoteca Comunale di Gubbio s'é arriechita di un gonfalone

bellissimo, dipinto da Sinibaldo Ibi nel 1503. Da un lato v' è rappresen-

tato S. Ubaldo in abito episcopale, nell'atto di benedire colla destra e
sorreggente colla sinistra un libro aperto in cui si legge: « Sacerdos et
pontifex et virtutum opifex Pastor bone in populo ora pro nobis Domi-
num ». Fiancheggiano la figura del santo due angeli in adorazione colle
mani congiunte. Inquadra la pittura un fregio (di fogliami, frutta, putti
e animali) in nero ed oro su fondo rosso: nei quadrati agli angoli e nei
tondi del centro dei lati leggesi in maiuscole d'oro: « Ora pro nobis
beate pater Ubalde. Sinibaldus Perusinus pinxit MCCCCCIII ». Su l'altro
lato è la Vergine che accoglie sotto il manto molti fedeli genuflessi: la
‘cireondano nove gruppi di angeli, alcuni de’ quali hanno istromenti
musicali. Due dei sette angeli, che formano il gruppo superiore, sosten-
gono una corona d'oro sul capo della Vergine, la quale è rappresentata
su fondo arabescato d’oro e circoscritto dall’arcobaleno. D'oro con ornati
è l'abito suo; azzurro il manto che le scende dal capo sotto a un bianco
velo sottile ed è fermato sul petto con un medaglione (un rubino con
quattro perle). Il fregio che inquadra la pittura è identico a quello del-
l'altro lato: ma agli angoli ed ai centri dei lati leggesi: « Ave regina
coelorum. Ave Domina angelorum ». Nel mezzo del lato inferiore è di-
pinto lo stemma di Gubbio. Singolarmente notevoli aleuni personaggi
genuflessi a' piedi della Vergine. Le due facce della tela sono state bar-
baramente ritoccate, e la tela è in due punti sdrucita. L'oro della veste
della Vergine, là dove non si è annerito, si stacca in piccole squame.
Il Comune di Gubbio, che premurosamente ha ritirata la pregevole opera
dal convento di S. Spirito, abbia cura di farla restaurare e collocarla tra
i dipinti di maggior pregio della sua Pinacoteca.

Robert von Planta ha dato testè alla luce il vol. II della sua opera
Grammatik der Oskich-Umbrischen Dialect (Strasburg, Triibner, 1897;
in 8°, pp. 772): il vol. I era apparso nel 92. In questo è compresa la fo-
nologia dei dialetti osco-umbri; in quello è svolta la teoria delle forme
e la sintassi, son raccolte iscrizioni, ed è inserito un glossario.

Quasi contemporaneamente, a Cambridge R. C. Conwai ha pubblicati

i due volumi Ae Italic Dialects edited with a Grammar und Glossary

15
202 ANALECTA UMBRA

(Tipogr. dell’ Università; vol. I, pp. XVI-456; vol. II, pp. 457-681). Con-
tengono quant'è noto finora intorno ai monumenti delle lingue osca ed.
umbra, e de’ minori dialetti italici. E opera di singolare dottrina.

De Gli Archivi e le Biblioteche di Spagna in rapporto alla Storia
d’Italia in generale e di Sicilia in particolare di mons. Isidoro Carini
non s'é fatto mai cenno in questo Bolleftino, perchè soltanto da poco
ne fu pubblicato il terzo ed ultimo fasc. della Parte II (Palermo, 1884 e
1897). In questa (pag. 434) trovansi indicate due note sull’ indulgenze
della. Porziuncola, 1694 95; tra le bolle di Martino IV (pag. 193 e segg.),
quelle datate da Orvieto 21 marzo, 8 luglio, 29 agosto, 1 settembre 1293,
10 gennaio e 5 maggio 1294; una lettera di Pietro II d'Aragona al Co-
mune di Perugia (Barcellona, 10 febbraio 1284, pag. 55): la bolla (pa-:
gina 183) di Clemente IV, con la quale concedesi la investitura del regno
di Sieilia a Carlo figlio di Ludovico re di Francia, data da Perugia il
4 novembre del 1265: una relazione (pag. 434) dello stato d'Italia « con
avvisi della presa di Perugia, Arezzo ed altre piazze » del 1529: e una
lettera (pag. 440) di Taddea della Penna, figlia naturale di Carlo V e
di donna Orsolina della Penna di Perugia, comunemente mota sotto il
nome di « la bella Pennina ».

Nel vol. I di-Letfere di storia e archeologia a Giovanni Gozzadini
(Bologna, Zanichelli, 1898), edite e illustrate con tanta cura e dottrina
dal conte Nerio Malvezzi, alcune sono di G. C. Conestabile e di Ario-
dante Fabretti (pp. 69, 120, 140, 118, 199, 208, 219, 222).

A proposito di questo vol. di lettere al Gozzadini, il quale, come
serisse il Carducci, fu « divinatore e trovatore della prima civiltà umbra,
etrusca, celtica tra l'Apennino e il Reno », il signor R. P. espone in un
articolo nel Resto del Carlino (a. XIV, num. 350; 16 dicembre 1897)
quale fu questa civiltà che il Gozzadini trovò, e specialmente esamina
la civiltà « degli Umbri che qui [in Bologna] ebbero la loro capitale ».
Notata l’ analogia fra varie città umbre (prime tra queste, Iguvium e
Bologna), è avvertito il perfetto riscontro tra la processione descritta nelle
Tavole Eugubine VI e VII e la rappresentazione di una situla di bronzo,
rinvenuta nella Certosa ed ora custodita, monumento prezioso, nel Mu-
seo-civieo di Bologna. « In essa l'artista, chiunque sia stato, ha rappre-
sentato con tale efficacia e verità, tra i fatti della vita reale che si co-
noscono degli Umbri, anché una processione di soldati, di popolo, di
sacerdoti; la quale in tutti i più minuti particolàri fa perfetto riscontro
con la deserizione contenuta nelle Tavole Eugubine. I soldati, il popolo,
Iter rest

| riprodotti il S. Sebastiano del Perugino nella Galleria di Villa Borghese,

ANALECTA UMBRA 203

i sacerdoti conducenti le vittime o portanti le acque Justrali, le sacer-

-dotesse con le legna per i sacrificii, come sono raffigurati nella situla,

vengono descritti nelle Tavole. I due monumenti s' illustrano a vicenda,
e sono una conferma di quello che saremo per dire: che gli Umbri di
Bologna non solo sono italici nel senso storico della parola, ma affini a
quelli laziali per civiltà e per lingua, e dello stesso ramo nel senso et-
nogenico ».

Gli Umbri, Italici, Arii e loro relazioni formano il soggetto di un
importantissimo studio del prof. G. Sergi, inserito nel vol. XV degli Attè
e Memorie della R. Dep. di Storia patria per le prov. di Romagna,
pp. 217-238. A una più generale domanda « Chi erano gl’ Italici? »
egli rispose nella Nuova Antol. del 1895: ora ne fa due, più particolari :
« Sono gli Umbri italici ? Sono gl’ Italici arii ? ». E conclude : « L'Umbria
con Felsina a capo è la regione dove insieme alla civiltà la lingua aria
produsse la trasformazione della lingua primitiva dei popoli italici. Dal--
l'Umbria la trasformazione si estese al Lazio ed ai popoli sabellici per
lo stesso contatto pel quale furono trasportati gli oggetti di bronzo di
tipo ario. La prova dell’importazione si può avere dall'analisi linguistic:
nella fonologia e nella morfologia...... Così noi veniamo a stabilire che
gli Arii veri e primitivi sono oggi rappresentati da tre popoli princi-
pali, Celti, Slavi, Germani meridionali...; che non vi fu fra gli Arii nes-
sun popolo italico e nessun popolo ellenico, come si ammette da archeo-
logi e linguisti. Italici ed Elleni sono di stirpe assolutamente diversa
dagli Arii, cioè sono della stirpe mediterranea, hanno avuta la civiltà
aria per importazione da invasione parziale, e linguaggi a flessione aria
per trasformazione dei loro linguaggi primitivi. Le due grandi civiltà
classiche, latina e greca, sono un fenomeno posteriore, prodotto per so-
pravvento dell'elemento mediterraneo. GI'Italiei quindi non sono Arii, e
gli Umbri sono soltanto Italici mescolati con Arii e con civiltà anche
mista ».

Nella Vita italiana, fase. II della Nuova Serie, a illustrazione di un
articolo sopra I4 bambino Gesù nell'arte, è ben riprodotto in fototipia il
Presepio di Ottaviano Nelli da Gubbio, affresco nel palazzo Trinci di Fo-
ligno. Dei molti quadri che costituiscono la serie degli affreschi dell’ Eu-.
gubino in quel palazzo magnifico, è questa, se non erriamo, la prima
riproduzione fototipica: ma giovi ricordare che i fratelli Alinari esegui-
rono di tutti belle e nitide fotografie (efr. Catalogo, ece.; Firenze, Bar-
bèra, 1898, num. 5395/5412). Nello stesso periodico, fase. XIV, sono
204 ANALECTA UMBRA

quello della Pinacoteca di Perugia del medesimo, quello di Fiorenzo di
Lorenzo nella stessa Pinacoteca, la tavola di Luca Signorelli (fra i quat-
tro santi, a canto e sotto alla Vergine, è S. Sebastiano) nella Galleria
Mancini di Città di Castello, e la pittura dello Spagna in S. Giacomo
di Spoleto, rappresentatovi quel santo, ai lati, con due figure di santi
e, in alto, la Vergine col bambino tra cherubini ed angeli che l’adorano.
Queste rappresentazioni illustrano un articolo su /S. Sebastiano nell'arte.
— Nel fasc. XIX Emilio del Cerro dice le impressioni di gentilezza e d’arte
provate nel visitar la basilica e la città di Assisi (Nel paese di S. Fran-
cesco, pag. 513 e sgg.). Nello stesso fasc. (pag. 518 e sgg.) belle vedute
in fototipia corredano un articolo su Terni, gli alti forni e l'acciaieria.

Di questa città (Terni. La cascata delle Marmore) ha discorso con
genialità ed amore L. Lanzi in un opuscolo, ch'è primo di una Colle
zione di opuscoli illustrativi della provincia dell’ Umbria (Terni, Alte-
rocca, 1897, in 8°, pp. 28). Ne diamo il sommario: « Cenni geolog'ci —
I Romani aprono la cateratta — Le controversie coi Reatini -- Giovanni
di Vitalone e l' assalto della rocca — Il vino dei frati — Paolo III e il
Sangallo — Clemente VIII e le chiavi di Terni in pericolo — Le forze
dinamiche — L'ozono — Il paesaggio ». Su lo stesso argomento aveva
già seritta una erudita memoria il prof. G. Pennesi nella Rivista geo-
grafica italiana, a. I, fasc. III, pag. 145-163 (marzo 1894).

Del significato dei Ceri e della festa del 15 maggio in Gubbio di-
scorre il Bower in un libro erudito che David Nutt pubblicò l'anno
scorso in Inghilterra (The Elevation and Procession of the Ceri at Gub-
bio by Herbert M. Bower M. A.: London, Nutt, 1897 in 8°, pp. X-146).
Data la fedele descrizione della festa popolare, ed esclusa la vecchia
congettura, che cioè codesta festa sia celebrata in ricordo della supre-
mazia che Gubbio acquistò su le città collegate a suo danno nel 1154,
durante l’ episcopato di Ubaldo Baldassini, ne dichiara il significato e
lorigine. Rappresenta un rito silvano, o meglio, floreale: figure di santi
(S. Ubaldo, S. Giorgio e S. Antonio) si sovrapposero alla rappresenta-
zione pagana; ma di questa rimasero discernibili ancora, molte partico -
larità, testimonianza del fatto che nell’alto medioevo il paganesimo non
era in Gubbio interamente scomparso. La vita del Baldassini, così rice:
di benefici atti pel popolo di Gubbio, e l'amore che il popolo stesso ebbe
per lui, dànno la ragione onde uno dei Ceri é sormontato dalla statua
del vescovo; quella (aggiungiamo noi) della statua di S. Antonio è data
dalla sua protezione sul bestiame (ed è privilegio dei contadini il por-
tare il suo Cero): in S. Giorgio devesi riconoscere il simbolo del ritorno

ge
o Hr mme

‘monaca nel convento di Foligno, nulla di più naturale ch'ella lo pre-

ANALECTA UMBRA 205

della stagione fiorente. Festa, dunque, floreale; e di fiori son dipinte le
tre macchine, e i ceraiuoli portano mazzi di fiori, tutta di fiori è disse-
minata la tavola del banchetto. La cerimonia dell’acqua, versata sul primo
Cero, prima d’innalzarlo, ricorda, come giustamente nota il Bower, una
cerimonia paesana; e il portare in giro per la città le tre macchine, ricorda
una lustrazione. Del bel volume è da vedere una recensione della signorina
Linda Villari nell’ Arch. stor. ital., disp. 4° del 1897, pag. 407 e sg.:
e efr. pure Melusine, vol. VIII, num. 11 (sett.-ott. 1897).

Dal Carteggio di mons. Vincenzo Ercolani che conservasi nella Co-
munale di Perugia il dott. A. Salza trae notizie ignote sulla morte di
Jacopo Nardi e su due punti oscuri della biografia di Bernardo Capello.
Leggonsi nella Rassegna bibliogr. della lett. ital., V, 223 e sgg. Su
questo carteggio che ha singolare importanza dirà presto e distesamente,
come qui promette, lo stesso autore.

Da un cod. della stessa Biblioteca il prof. R. Sabbadini ha pubbli-
cate le varianti del commento di Donato all’ Eunuco di Terenzio (ms.
396, F, 7). La relazione di questo ms. costituisce la prima parte dello
studio sui Biografi e commentatori di Terenzio (negli Studi italiani di
filologia classica; Firenze- Roma, Bencini, 1897, pag. 289 e sgg.).

Da un altro ms. della medesima (F, 27) il prof. Benedetto Croce ha
tratto bella e varia materia per uno studio su Isabella del Balzo regina
di Napoli (Napoli, Pierro, 1897, in 8°, pp. 12 ; Estr. dall' ArcA. stor. nap.,
vol. XXII, fasc. 4°). Il cod. contiene il Ba/zino, poema sincrono di Rug-
gero Pazienza di Nardò, che il Croce compendia e dichiara.

Il colonnello T. Bartalesi nella Nazione del 12 nov. 1897 (a. XXIX,
num. 315-16) sostiene che I Cenacolo di Foligno è certamente opera di
Raffaello e che il suo ritratto è riconoscibile nella figura di S. Giacomo,
a sinistra di chi guarda la pittura. Il Milanesi « ne suppone autore il
pittor fiorentino Raffaello Carli di cui trovasi una tavola nella Galleria
Corsini: questa ipotesi non è nemmeno da porsi in discussione .... Il
Milanesi parla pure del Pinturicchio; ma il Cenacolo è lontano dallo.
stile di Bernardino, quantunque ritragga in parte la scuola umbra ». Il
B. legge la scritta, nella scollatura- della veste di s. Tommaso, cosi:
Rap. Urb. A. N. MDV.; e ricorda che quando Raffaello si recó a Fi-
renze ed a Pier Soderini fu raccomandato per lettera da Giovanna Fel-
tria, fu accolto con gentilezza e magnificenza di mecenate da ‘Taddeo.
Taddei nella propria casa. Ora, siccome il Taddei « aveva una sorella
206 -- ANALECTA UMBRA

gasse di fare illustrare dal Sanzio il refettorio di s..Onofrio ». La qui-
stione è molto vecchia, e non è il caso di tornarci Su: « a tutti — nota
il Milanesi (Le Opere di G. Vasari, IV, 312 dell’ ediz. Sansoni) — son
note le molte quistioni alle quali dette motivo questo affresco; non tanto
per la eccellenza sua; quanto, e più, per il nome di Raffaello, al ‘quale
fin da principio si volle attribuire. E in siffatta questione si esereitarono,
sia in iscritti di giornali, sia in opuscoli, dotti conoscitori nostrali e stra-
nieri ». Il Burckhardt fu proclive a dar l’ affresco al Pinturiechio ; al Mi-
lanesi invece non parve « tanto strano ed impossibile il congetturare
che il pittore della tavola Corsini possa essere quel medesimo che dipinse
il Cenacolo di Foligno » (ivi, pag. 313). Codesto pittore è Raffaello Carli.
Il Milanesi, inoltre, giudica « prova incerta » la scritta che porta il

nome del pittore; e dà savie e solidissime ragioni (tali non paiono al B.)

per non aggiudicare a Raffaello quell' opera. E non si dimentichi” che :

su l'autenticità della lettera di Giovanna Feltria furono espressi dubbi
gravissimi (cfr. E. Müntz, Raphael; Paris, 1881, pag. 128: Cavalcaselle
e Crowe, Raffaello, I, 196: Minghetti, Raffaello, pag. 61): e che i mi-
gliori storici della vita e dell’opera del Sanzio neppure accennano alla
sua permanenza a Foligno ed all'opera che gli si vorrebbe attribuire.
« Per chi abbia senso finissimo di estetica, lo stile [dell' affresco di Fo-
ligno] è del maestro sovrano »: così asserisce il B. Dinnanzi a tanto
recisa asserzione non si discute più, e nulla valgono, naturalmente, la

critica del Milanesi e il silenzio eloquente del Miintz, del Cavalcaselle e

del Minghetti.

Nella Bibliotheca historica italica, 119" catalogo della libreria anti-
quaria di U. Hoepli, 1897, sotto il num. 594 è notato: « Egidi A. F.,
Abbozzo di antichità, rappresentante la illustre città di Assisi. In fol. ».
È un ms. del secolo XVII, di cc. 250; copia fatta per la stampa dal
fratello dell'autore C. Egidi, di cui v'è aggiunta una lettera di dedica
al card. Rondinini. Sotto il num. 4829 è designato un ms. membranaceo
del 1340, di ce. 12: « Pacta pacis inter Comune Tuderti ed Ameliae,
a. 1540. Sindicatus pactorum. Sindicatus ad faciendam pacem. Instru-
mentum pactorum. Instrumentum pacis. Sindicatus ratificationis omnium
praedictorum instrumentorum ». V'é il catalogo dei sei Anziani (distinti
in tre guelfi e tre ghibellini) e dei 135 Consiglieri (distinti in 51 guelfi
e 84 ghibellini). Uno Statuto del danno dato della città di Foligno è re-
gistrato sotto il num. 5687: è ms., in 4, del sec. XVIII, di ee 140.

Nel fase. II del vol. I degli Archivi della Storia d' Italia a cura di
G. Mazzatinti (Rocca S. Casciano, 1897) souo pubblicati gl'Inventari

di. did
hore me

Me eic

ANALECTA UMBRA 207

degli Archivi di Bevagna (Comunale, Notarile, della Pretura, del Gon-
falone), di Perugia (Comunale ant'co, della Sapienza vecchia e nuova

‘e Bartolina, delle Corporazioni soppresse, Notarile, dell’ Università, dei

‘Collegi della Mercanzia, della Sapienza e del Cambio, della Congregazione
di Carità, della Cattedrale, della Curia Vescovile, delle Confraternite
riunite, della Comp. di S. Martino, dell’ ex-conv. di S. Pietro, di vari
privati, della Prefettura, ecc.), di Deruta (Comunale antico, Notarile
e del convento di S. Francesco), di Umbertide (Comunale e NOUS

«e di Montone (Comunale e Notarile).

Un Contributo alla Bibliografia dell’ Umbria fu nel settembre scorso
pubblicato dal prof. G. Bellucci ed offerto al Congresso della Società
geol. ital. (Perugia, Unione coop., 1897; in 8°, pp. 34). Riguarda la Geo-
logia e le scienze affini; cioè la Paleontologia, la Paleoetnologia, 1’ Idro-
logia minerale, la Sismologia e 1’ Alpinismo.

Il Ritratto di Raffaello, di cui fu esposta una fotografia nella Mo-

stra internazionale raffaellesca di Urbino (Urbino, 1897, num. 449), è de-
scritto nel vol. XXXII, num. 88 della I//wstrazione popolare. Fu sco-
perto nel 1874 presso Città della Pieve. II cav. Vinardi, che lo possiede,
reputa « che il piccolo dipinto sia stato donato da Raffaello a titolo di
ricordo alle persone della famiglia del suo Maestro mentre con lui con-
viveva ». Ma, notisi, della dimora dell’ Urbinate a C. della P. non si
hanno sicure notizie.

Nel gennaio scorso fu pubblicato in Perugia il primo num. del-
dl’ Umbria, rivista d'arte e letteratura (25 gennaio: Tip. Umbra). Di Fol-
klore umbro vi tratta il prof. G. Bellucci a proposito del Cardone del
Ceppo di Natale, a cui le menti semplici de’nostri contadini attribui-
scono tante e curiose virtù. Frutto de’suoi studi folkloristici, ch’ egli
segue con singolar dottrina e genialità, sono gli Usi nuziali dell’ Umbria
che due anni or sono pubblicò in occasione di sponsali: qui prese in
esame le conocchie nuziali e le fuseruole di terra cotta smaltate, ripro-
ducendone gli strani disegni e i nomi delle innamorate, alle quali, costu-
manza gentile che risale al secolo XIV, venivano offerte. Osservazioni
etimologiche e topografiche fa /Su// antico nome di Terni L. Lanzi, e
ricorda e spiega la leggenda del rettile della « vasta palude, ora guaz-
zante nella melma, ora appiattato fra la rigogliosa vegetazione », che
appestava l'aria con l'alito: un coraggioso, vestita l' armatura, affrontò
il mostro e lo uccise; ond’è che « la città volle eternare il ricordo di
questo avvenimento, che ridonava la salute ai suoi figli, effigiando la

are

a

e rr
203 ANALECTA UMBRA

riero dei terreni ove il mostro era vissuto, e dove egli aveva cimentata
la propria per salvar la vita dei suoi concittadini ». Spiega bene il

Lanzi: « le acque scorrenti da Nord ad Ovest, impaludando sotto le

mura urbane prima ‘di scaricarsi nella Nera, cagionavano la malaria:

un cittadino bonificò la zona onde emanavano i letali miasmi ». In fondo,.

questa è la leggenda di s. Mercuriale di Forlì, di s. Crescenziano di

Città di Castello (Storia di C. di C. di A. Magherini- Graziani, I, 132)

e di s. Crescentino nella chiesa della Pieve di Saddi (scultura, sembra,
del secolo IX; Guardabassi, Indice- Guida, ecc., pag. 131). Di Um filo-
sofo dell’ arte in Perugia, cioè di Vincenzo Danti, orafo, scultore e ar-
chitetto, dà notizie il prof. O. Scalvanti, e riferisce integralmente l’atto

(il Vermiglioli si limitò a ricordarlo) col quale i Decemviri lo elessero

Architetto del Comune nel 1573. Quanto fu profondo e acuto filosofo del-
l’arte apparisce dai passi del suo Primo libro delle perfette cognizioni

di tutte le cose che imitare e ritrarre si possono coll'arte del disegno, che

il prof. S. riporta. Un bel documento per la storia del costume è compen-
diato in un articolo sul Corredo di dame perugine dal dott. Ab-del-kader
Salza; le dame sono della cospicua famiglia Baldeschi; ma il corredo
più ricco qui sommariamente descritto è quello di Lauda Baldeschi che
fu sposa di Agabito Cavaceppi. A chi studia codesta storia del costume
(e contributi ottimi se ne vengono pubblicando e illustrando) riuscirà
molto accetta la stampa dell'intero documento ch’ è nel ms. D, 27, della
Comunale di Perugia. A. Lupattelli richiama l’attenzione degli studiosi
sopra un affresco, ch' è a Paciano, presso Castel della Pieve, eseguito
nel 1449 da un Francisco de Castro Plebis, e sopra un’ altra pittura mu-
rale del sec. XV, ch’ è in un locale annesso all'ex convento di s. Fran-
cesco della stessa città: e dimanda se l'ignoto autore di questo affresco
e Francesco da Castel della Pieve potrebbero aver accolto nella propria
bottega il Vannucci giovanetto e se potrebbe provarsi che questi non
fosse partito « dalla sua città natale affatto digiuno dell’arte per la quale
dovea aequistar tanta fama ». La risposta a quando saranno istituite al-
tre e più larghe ricerche su quel Francesco e su le opere sue, delle quali
è sperabile non sia unica superstite quella di Paciano. — Degli altri nu-
meri sarà fatto cenno nel fascicolo successivo.

Le signorine Margherita Symonds e Lina Duff Gordon hanno in ele-
gante volumetto dal titolo The story of Perugia (London, I. M. Dent,
1398) raccolto con savio discernimento le più interessanti notizie storiche
e artistiche di Perugia. Nel fasc. prossimo ne sarà detto più a lungo.

chimera verde e adusta sul suo stemma, e fece dono al valoroso guer-

up

TMupe o 17 corn
ANALECTA UMBRA ^ oe 000

Nel Bollettino della Commissione archeologica comunale di Roma
(a XXV, fasc. IV) il cav. Borsari trae dall’ opera del Fumi — IZ Duomo
-d' Orvieto e i suoi restauri (Roma, 1891) — occasione ad un lavoro impor-
tante per l’archeologia romana che intitola: Della distruzione di alcuni
monumenti romani nel secolo XIV. Dai numerosi documenti pubblicati
dal Fumi per la costruzione del grande monumento si ricavano notizie
del tutto nuove sopra edifici romani antichi distrutti per avere marmi per
il duomo, mandati pel Tevere sino ai porti di Foglia, di Gallese, di Orte,
di Otricoli e di Attigliano. Fra le altre cose segnalate dal Borsari, in
grazia dei suddetti documenti, è quella di un porto presso la Basilica
Ostiense, detto di Grapigliano, del tutto sconosciuto fin qui.
NECROLOGIO

MARCO TABARRINI

DAS

Chi ebbe in sorte di conoscere quest uomo insigne e di
averne consigli e incoraggiamenti per gli studi storici non
può ridire di lui, alla distanza di qualche mese dalla morte,

senza sentirsi sopraffare dall’ amarezza ; perché una siffatta.

perdita lascia nel cuore il vuoto di un maestro degno della
più alta venerazione.

Né può essere che altri non provi lo stesso doloroso
sentimento, sol che abbia risaputo del Tabarrini per fama
o per i suoi scritti. Uomo rettissimo, caldo amatore e coo-
peratore non timido della patria libera, magistrato probo
e politico moderatissimo, pensatore e scrittore veramente
italiano. Fu tenuto in alto conto da tutti, dalla scuola all’ ac-

_cademia. dai dicasteri fino alla reggia; e il compianto per la

sua morte, avvenuta di 80 anni per breve malattia, fu ge-
nerale, specialmente in Roma, dove i maggiori onori si re-
sero al suo funere dalla Corte, dallo Stato e dal popolo.
Gli Istituti storici e letterari d'Italia, o nati per lui, o
per lui rivissuti à piü feconda vita, o del suo nome auto-
revole fregiatisi a grande onore, con acconcie parole com-
memorano l uomo egregio, e noi, nati non da ieri sulla

scuola di lui, non possiamo trattenerci dal rendergli un mo-

desto tributo di ammirazione e di affetto. Questi sentimenti
2192 L. FUMI

hZ2

sono tanto piü sinceri quanto men lontana era la partecipa-
zione nostra personale alle idee e ai convincimenti dell il-
lustre pensatore. Il quale cresciuto dietro agli insegnamenti
del Balbo e del Troya, e continuatore del Capponi e
di altri storici minori, si ispiró a quei criteri morali che ci
sembrano i piü veri e i piü giusti, come quelli che erano
maturati da una mente sollevatasi alle più alte idealità e
scevra da preconcetti e passioni. Per lui, formare una gene-
razione alla vera intelligenza della storia, valeva « infonderle
senso di moralità, di dignità, coscienza del vero, amore al
giusto ». Difatti, non si comprenderebbero i nostri sforzi in
questa paziente e minuta indagine sulle memorie del passato,
senza un fine morale e pratico che ci scorgesse nel lavoro,
confortandoci col forte attraimento delle sue idealità. Ed egli
diceva benissimo che « il connubio del reale e dell’ ideale,
della scienza con la pratica, non è altrove meglio visibile
che nella storia », che è quanto dire, con le stesse sue pa-
role, « l' applicazione dei criteri morali ai fatti posti in chiaro
da una critica intelligente ». Chiamavala critica intelligente,
per dar di rovescio a quella critica che non è italiana,
ma venuta di fuori, formatasi sulle teorie eccessive intorno
alla libertà, alla autorità, alla fede ossequente e alla ragione
sbrigliata; teorie da lui dette artificiali e tolte in prestan-
Zà, « le quali, risparmiandoci la fatica di pensare, tanto
più ci allontanano dal vero, quanto più lusingano le nostre
passioni ». Onde voleva gli studi storici coltivati seriamente
e a dovere, perchè « potrebbero renderci le nostre native
attitudini intellettuali ». Nemico, adunque, egli era di ogni
forma esagerata, e rimase fermo e costante ai principî del
Manzoni, non mutando, nemmeno oggi, i criterî sul libero
arbitrio nell'uomo e sui fatti storici. Non era convinto che que-
sti sieno effetto necessario di leggi fatali. Fondato su i suoi
principî, egli aveva vagheggiato, fin da giovane, il disegno
per una storia d'Italia che avrebbe volentieri colorito e
tirato a fine anche dappoi, studiando il passato alla luce

fara on ——

NECROLOGIO 919.

che sopra di esso-riverbera il presente, se distratto per gli
avvenimenti che dal '48 al ‘7
nelle condizioni d'Italia, gli studi non avesse avuti interrotti
e la vita travolta in cure disparatissime. Ne avremmo avuto
un'opera interessantissima, che senza raccogliere certi allori

O produssero tante mutazioni

troppo facili, avrebbe lasciato traccia nella cultura intel-
lettuale del nostro tempo, facendoci vedere come il battesimo
di nostra nazionalità s' abbia a ritrovare nella vittoria del-
l'intelletto latino sulla spada dei barbari per merito di Roma,
intorno alla quale (come nell' impero i Tedeschi hanno tro-
vato il legame alla storia loro) si raggruppa, incentrandosi,
la storia d'Italia, almeno infino a tutto il secolo XVI, « non
essendo altra città, fuori di Roma, a cui facciano capo tutte
le manifestazioni di vita nazionale dei tempi per noi piü
eloriosi ». Per la qual cosa egli assicurava che « chi ten-
tasse una storia d'Italia con questo principio direttivo e
senza pregiudizî, vedrebbe scemarsi di assai le difficoltà e
troverebbe poste le nostre grandi questioni storiche in una
luce affatto nuova ». Queste idee con franchezza accennate
e ripetutamente dette ci fanno deplorare che gli uffici pub-
blici e le cure domestiche non gli facessero sopravanzare
tanto tempo da mettere egli ad effetto quel proposito. Gli
Italiani avrebbero avuto una storia non fatta per servire
à partiti, che vanno soggetti a trasformazioni e rimuta-
menti continui, ma onesta, veritiera e proficua per l'avve-
nire, rispecchiando il passato e rischiarando di luce il cam-
mino alle generazioni nostre; le quali purtroppo oggi hanno
d’ uopo di voci autorevoli e solenni, e tale era-quella del se-
natore Tabarrini, per sentirsi ripetere, con le pagine
della storia alla mano, « come gli ordini liberi abbiano bi-
sogno di temperanza per attecchire; come la libertà abusata
distrugga sempre se stessa; come i nemici più funesti al
viver libero sieno stati i piaggiatori astuti delle plebi e quelli
che vollero fare della libertà una dittatura di parte. « Molti
uomini del pensiero, dell' autorità e del costume di Marco
214 È L. FUMI

Tabarrini ci vorrebbero in Italia, perché quanti sono
istituti pubblici, favorevoli ad ogni vero progresso, miglio-
rando e prosperando, per quanto si può, senza le vane

blandizie, il popolo, conseguano e non fraintendano lo scopo
loro con indirizzare concordemente la patria, libera dalle .
parzialità, e disciplinata dal senso morale e di giustizia, verso
una stabile grandezza!

L. FUMI.
—áà

HR. Istituto Storico Italiano. — Fonti per la Storia d'Italia. — La Histo-

ria o Liber de Regno Sicilie e la epistola ad Petrum Panormitane
Ecclesie thesaurarium di UGO FALCANDO, nuova edizione sui codici
della Biblioteca nazionale di Parigi a cura di G. B. Siracusa.

Archivio Storico Italiano (Dispeuse 3* e 4* del 1891). Indice della Di-

spensa 4*. — Memorie e documenti. -- Tre orazioni di Lapo da Ca-
stiglionchio ambasciatore fiorentino a Papa Urbano V e alla curia
in Avignone, R. DAvIipbsoHN. — Di una nuova ipotesi sulla morte e
sepoltura di Giangaleazzo Visconti, G. Romano. — Il conclave di
Papa Ganganelli e la soppressione de’ Gesuiti (Da documenti inediti

a

del R. Archivio di Stato in Lucca), G. Sforza. — Archivi, Biblio-
teche, Musei. — Aneddoti e Varietà. — Rassegna bibliografica. —
Necrologio. — Notizie.

Archivio Storico Lombardo (Serie III, Fasc. 15° e 16°). — Indice del

fasc. 16° — Memorie. — Facino Cane e le guerre Guelfo Ghibelline
nell' Italia settentrionale (1960-1400), cont. e fine, E. GALLI. — Lodi
e suo territorio nel settecento, secondo le cronache contemporanee,

G. AGNELLI. — Varietà, — Di un preteso attentato contro Ludovico
il Moro e Roberto Sanseverino, G. Romano. — Storia ed arte. —

L’ oratorio di Donato Del Conte presso Abbiategrasso, D. SANT'ÀM-
BROGIO. — Il sarcofago Soria di Giovanni Giacomo della Porta già
nella Chiesa di S. Maria della Pace in Milano, D. SANT' AMBROGIO.

Archivio Storico per le provincie napoletane (Anno XII, Fascicoli 3° e 4°).

— Indice del Fasc. 4°. — CprasoLI F., Innocenzo VI e Giovanna I
di Napoli (Documenti inediti dell’ Archivio Vaticano) cont. — D'AvALA
M., I Liberi Muratori di Napoli nel secolo XVIII, cont. — Croce B.,
Isabella del Balzo regina di Napoli in un inedito poema sinerono. —
BEvERE R., Ordigni ed utensili per l’ esercizio di arti ed industrie,
mezzi di trasporto ed armi in uso nelle provincie napoletane dal XII
al XVI secolo.
216 PERIODICI IN CAMBIO O IN DONO -- OMAGGIO DI PUBBLICAZIONI

Archivio della R. Società Romana di Storia Patria (Vol. XX, Fascicoli

3° e 4°). — I. GioreI, Appunti intorno ad alcuni manoscritti del
« Liber Pontificalis ». — G. TowassETTI, Del sale e focatico del
Comune di Roma nel Medio Evo. — R. LANCIANI, Il patrimonio

della famiglia Colonna al tempo di Martino V (1417 1431). — E. Mo-
NACI, Per la storia della « Schola cantorum » lateranense. — P. SA-
VIGNONI, L'Archivio storico del Comune di Viterbo, cont. e fine. —
Varietà. — N. FgpERiCI, Della casa di Fabio Sassi in Parione. — LA
E. Moxacr, Per il « Tabularium » di S. M. in Via Lata.
Nuovo Archivio Veneto (Anno VII, num. 27 e 28). — Indice del num. 28.

Catalogo delle opere in musica rappresentate nel secolo XVIII in
Venezia (Prefazione), T. WieL. — Di un assassinio commesso a.
Torino nel 1677 da uno staffiere dell’ ambasciatore di Venezia, G.
CLARETTA. — Una Bolla d’oro di Michele Steno, V. LAZZARINI.

R. Istituto Lombardo di Scienze e Lettere. — Memorie. — Classe di let.
tere, scienze storiche e morali (Vol. XX, XI della Serie III, Fasci-
colo 6°). — P. Pavzsr, Il Bordeillo di Pavia dal XIV al XVII secolo:
ed i soccorsi di S. Simone e S. Margherita. — Rendiconti (Serie II,
Vol. XXX, Fascicoli 16° a 20° — Vol. XXX, Fascicoli 1° a 4°,

R. Accademia delle Scienze di Torino. — Memorie. — (Serie II, Tomo: T
XLVII, Anno MDCCCXCVII). — Classe di scienze morali, storiche: $
e filologiche. — Cristoforo Negri, commemorazione di G. MARINELLI. :

— Francesco Sansovino e le sue opere storiche, memoria di G..
SFORZA. — Notizie per servire alla vita del gran cancelliere di
Carlo V, Mercurino di Gattinara, memoria I di G. CLARETTA.

R. Accademia dei Lincei. — Classe di scienze morali, storiche e filolo-
giche. — Rendiconti (Serie V, Vol. VI, Fascicoli 3° a 12° — Vol. VII,
Fascicolo 1°).

lt. Deputazione di Storia Patria per le provincie delle Marche. — Atti
e memorie. — Vol. III. — G. FinaLIi, Le Marche, Ricordanze.

Atti e memorie della Società siciliana per la Storia Patria (Anno XXII,
Fascicoli 1° e 2°). — Racrrr-RowEO V., Aci nella carestia del 1671

MW e 1672 e durante la ribellione di Messina e la guerra tra Francesi

ll il e Spagnuoli nel 1674-1679.

"ll It. Accademia dei Hozzi — Bollettino Senese di Storia Patria (Anno IV,.
Fascicoli 2° e 3°). — Memorie originali. — M. NARpI - Dzr, Precetti
materni al Principe D. Mattias de’ Medici Governatore di Siena
(1629). — L. ZpEKAUEn, Lettere volgari del Rinascimento Senese.

— A. VeRDIANI-BANDI, I-Castelli della Val d'Oreia e la Repubblica

di Montalcino (continuazione). — F. PATETTA, Caorsini Senesi in In- ha

ghilterra nel secolo XIII con documenti inediti. — G. CuaNoxr, Re- |
PERIODICI IN CAMBIO 0 IN DONO -- OMAGGIO DI PUBBLICAZIONI 217

lazione del viaggio delle galere pontificie in Levante l'anno 1657
sotto il comando del loro Generale Balì Giovanni Bichi Priore di
Capua.

Bollettino della. Società di Storia Patria « Anton Ludovico Antinori »

negli Abruzzi (Anno X, puntata 19%). — I. Lupovisi, L' organismo
del Comune Aquilano nei secoli XIII, XIV, XV. — F. FABRIZI, Co-
rografia storica de” Comuni della Valle Subequana. — V. MoscaRDI,
Cenni topografici e storici degli antichi castelli Aquilani, Paganica,
Tempera, Bazzano ed Onna.

Studi e documenti di Storia e Diritto (Anno XVIII, Fascicoli 3° e 4°).

— Del Patriziato Romano dal secolo IV al secolo VIII, G. MAGLIARI.
— L'inseription de Quirinius et le recensement de S. Luc., R. S.
Bour. — Della geografia di Strabone. Nuovi frammenti scoperti in
membrane palinseste della biblioteca Vaticana (cont. e fine), G.
Cozza-Luzi. — Ipnotismo e spiritismo, G. Lapponi. — Eretici in
Piemonte al tempo del gran scisma (1378-1417), G. Borriro.

Ecole Francaise de Rome — Mélanges d'archéologie et d' histoire (XVII*
Année, Fascicule 4-5). — Les premiéres applications du Concordat

de 1516, d'aprés les dersiers du Chátea Saint-Ange, L. MopEriN.
— Le monastére de Tremiti an XI* siècle, d'aprés un cartulaire iné-
dit, J. Gay. — La première légation. de Guillaume Grimoard en
Italie, P. LEcACHEUX. — Iuscriptions et monuments figurés de Lam-
bése et de Tébersa, M. BEswiER. — Les légendes saintes de Pro-
vence et le martyrologe d'Arles-Toulon, G. pe MANTEYER.

Rivista di Storia, Arte, Archeologia della provincia di Alessandria (An-

no VI, Fascicolo 20". — V. ScatI, Studi di Storia Aequese-Aequi
sotto il Governo della Casa di Savoia (1708-1798), Parte 2*. — Cro-
naca Chiabrera. — F. GansorTOo, Asti e il Piemonte al tempo di
Carlo d'Orléans (1407-1422).

HR. Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti. — Appunti Danteschi,

Serie 9^, F. CiPoLLA. — Studi sul dialetto veneto — II, Intorno
alla lingua di Nicola da Verona trovero del secolo XIV, D. Ricco-
BONI. — L'orologio inventato da Jacopo Dondi, nota 3* con docu-
menti, A. GLorra. — Di Nicolò da Verona, V. CngESCINI. — Un
viaggiatore armeno traverso l'Abissinia, L. ALISAHAN. — Il Reggi-
mento di donne nell’ India secondo il Dubois, E. TezAa. — Per la
storia della Università dei Giuristi in Padova — Spigolature da let-
tere di studenti del secolo XVI, B. BruGI. — Dei segni scolpiti sui
pilastri acritani a San Marco. E. TERZA.

Atti e memorie della R. Deputazione di Storia Patria per le provincie

di Romagna (Serie III, Vol. XV, Fascicoli 1°, 3° e 4°, 65. — Som-
dà:

918 : PERIODICI IN CAMBIO O IN. DONO — OMAGGIO DI PUBBLICAZIONI

mario dei Fascicoli 4^ e 6". — G. SerGI, Umbri Italici, Arii' e loro
b 1

relazioni. — P. Accame, Notizie e documenti per servire alla storia
delle relazioni di Genova con Bologna (cout. e fine).
Archivio Storico per le provincie Parmensi (Vol. III, 1894). — L. Car-

LaRI, Un dialogo inedito di Jacopo Caviceo. — E. Casa, Un pro-
getto del cav. Architetto Ennemondo Petitot de Mont Louis per edi-
ficare in Parma un Palazzo ducale (1766 69) — G. ToxoxI, Il pri-

gioniero apostolico Pio VI nei Ducati Parmensi (1-18 aprile 1799).
— E Casa, La cittadella di Parma.

Studî storici, Periodico trimestrale diretto da A. CriveLLUCCI prof. ord.
di Storia moderna nell’ Università di Pisa (Vol. VI, fascicolo 1°).
— F. FiriPPINI, Inventario dei libri e dei beni posseduti dall'Arci-

vescovo di Ravenna Petrocino nel 1369. — F. Mucracora, I Cavalieri
dell'Altopascio (con documenti inediti). — A. CriveLLUCOI, Le Chiese
Cattoliche e i Longobardi Ariani in Italia. — P. CHIstoNI, Dal tempo
in cui P. Bracciolini scrisse le Storie fiorentine. — A. MANCINI,

La Storia ecclesiastica di Eusebio e il De Mortibus Persecutorum.

Rassegna Abruzzese di Storia ed Arte, diretta da G. Pansa e P. Pic-
CIRILLI (Anno I, numeri 2° e 3°).

Bollettino storico bibliografico subalpino, diretto da F. GanorTO (Anno II,
numeri 4°, 5° e 6°).

Analecta Bollandiana (Tomus XVI, Fase. III et IV).

Rivista di Storia antica e scienze affini, diretta dal dott. G. TROPEA (An-
no II, Fascicoli 3° e 4°, e Anno III, Fascicolo 1°).

Miscellanea storica della Valdelsa, periodico della « Società storica della
Valdelsa » (Anno V, Fascicolo 3°).

Accademia Dafnica di Scienze, Lettere ed Arti in Acireale. — Atti e
rendiconti (Vol. V, Anno 1897).

Rivista delle Biblioteche e degli Archivi, periodico diretto dal dott. G-
BraGI (Anno VIII, numeri 6°, 7° e 89).

Società di Storia Valdese. — Bulletin de la Société d’histoire Vaudoise
(num. 14, novembre 1897). — Bollettino del cinquantenario della
emancipazione 1848-1898).

Commentari dell’ Ateneo di Brescia per l’anno 1897.

Rivista d' Artiglieria e Genio (Vol. III, settembre 1897 — Vol. IV, otto-
bre, novembre, decembre 1897 — Annata XV, Vol.
febbraio 1898).

La Civiltà Cattolica (Serie XVI, Vol. X a XII, quaderni 1ì27 a 1137).

I, gennaio e

Napoli nobilissima. — Rivista di topografia e d’arte napoletana (Vol. V,
Fascicoli 1° a 12° — Vol. VI, Fascicoli 1° e 12° — Vol. VII, Fasci-

coli 1° e 2°).

xd

pigro
e

TONO

A

PERIODICI IN CAMBIO 0 IN DONO -- OMAGGIO DI PUBBLICAZIONI 219

Bollettino della Società dantesca italiana (Vol. IV, Fascicoli 6° e 12°, e
Vol. V, Fascicoli 1° e 2°).

Nuova rivista Misena, periodico diretto dal cav. A. AnsELMI (Auno IX,
numeri 9° a 13").

Società storica Comense. — Raccolta storica (Vol. III, dispense 9* a 11?).
Atti della visita Pastorale Diocesana (1589-1593) di F. FELICIANO
NINGUARDA Vescovo di Como.

Erudizione e belle arti, miscellanea diretta dal prof. F. RavaGLI (An-
no III, Fascicoli 9° a 13").

La Favilla, Rivista del Umbria e delle Marche, diretta da L. TIBERI
(Anno XX, Fascicoli 1° a 4°).

Miscellanea storica Senese (Anno V, numeri 1° e 2°).

Bollettino della Società africana d’Italia (Anno XVI, Fascicoli 4° a 6°).

CLARETTA G. — Di un’ accomandita di un patrizio torinese del secolo
XVI (Estratto dagli Atti della reale Accademia delle Scienze di To-
rino). — Torino, Clausen, 1898. — Notizie per servire alla vita del
gran cancelliere di Carlo V, Mercurino di Gattinara. — Memoria I
(Estratto dalle Memorie della stessa Accademia). — Torino, Clau-
sen, 1897.

MARTINI A. — Carmina latina Torquati Taxi, editio altera cum pro-
aemio et notis Antonii Martinii, Romae, ex offieina typographica
Forzani et S., 1895.

Rossi P. — Le origini di Siena. — II. Siena colonia Romana, confe- .
renza tenuta nella R. Accademia dei Rozzi di Siena. — Siena, Laz-
‘zeri, 1891.

ZDEKAUER L. — La vita pubblica dei Senesi nel dugento, conferenza
tenuta nella R. Accademia dei Rozzi di Siena. — Siena, Lazzeri, 1891.

Gonr F. — La politica di Casa Savoia, conferenza tenuta nel R. Liceo
M. T. Varrone in Rieti. — Rieti, Trinchi, 1896.

GAsPAROLO F. — Gli Agostiniani in Alessandria. — Alessandria, Jac-
quemod, 1897. i

GniSAR H. — Il tempio del Clitunno e la Chiesa Spoletina di S. Salva-

tore. — Una scuola classica di Marmorarii medioevoli. — Note ar-

‘cheologiche sulla mostra di arte sacra antica a Orvieto (Estratto dal

nuovo Bollettino di Archeologia Cristiana, Anno I, numeri 1° a (49,

Anno III, numeri 1° e 2°)- — Roma, Tip. della R. Accademia dei
Lincei, 1895 e 1897. Ra
MopiNI A. — Le poesie di P. Paolo Prosperi — Scritto biografico-anali-

tico. — Roma, Tip. Avvocato, 1896.
220. PERIODICI IN CAMBIO O IN DONO -- OMAGGIO DI PUBBLICAZIONI

La MantIA V. — I privilegi di Messina (1129-1816). — Note storiche

con documenti inediti. — I privilegi dei tempi Normanni. — Pa-
lermo, Reber, 1897.
SaALZA A. — La morte di Jacopo Nardi. — Due date nella biografia di

Bernardo Cappello (Estr. dalla Rassegna bibliografica della lettera-
tura italiana, V, 9° e 10°).

Verga E. — Il Municipio di Milano e l' Inquisizione di Spagna, 1563
(Estr. dall’ Archivio storico Lombardo, Anno XXIV, Fascicolo 15°,
1897).

Fumi L. — Diario di ser Tommaso di Silvestro, fasc. V. — Orvieto, 1898.

EaGrpr P. — Intorno all’ esercito del Comune di Roma nella prima metà

del secolo XIV. — Viterbo, Agnesotti e C., 1897.

Poesie e lettere inedite di Silvio Pellico pubblicate per cura della biblio-
teca della Camera dei Deputati. — Roma, 1898 (dono della Presi-
denza della Camera).

E

e CU FERES
erre - P mts ux. wes mee e "AE. :
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291 RS

ERETICI E RIBELLI NELL' UMBRIA

dal 1320 al 133

studiati su documenti inediti: dell’ Archivio segreto Vaticano

(Vedi Vol. III, pag. 429).

III. — Perugia si era rimessa e corretta. Le grazie di
una generale assoluzione discesero su tutti e lavarono le
macchie del sangue fraterno versato (1). Non cancellarono
però gli odî ne’ vinti. Assisi e Spoleto dolevansi del danno
patito e rifuggivano dalla soggezione. Tuttavia la città se-
rafica vide arrestarsi i perugini davanti alla tomba venerata
di San Francesco. Fu dunque una calunnia quella che aveva
loro attribuita l'intenzione di ghermire il corpo di quel
grande, come avevano rapito il corpo del b. Corrado da
Offida dall’ Isola Romanesca (Bastia). Fu un artifizio di Muzio,
messo fuori da lui dopo che ebbe attinto nel tesoro custo-
dito in S. Francesco: potendo ormai dire di che sapore ha

(1) Vedi il mandato per assolvere dalla scomunica che dicevasi contratta da cit-
tadini, distrettuali, complici e fautori della città di Perugia, forse, per gli atti avve-
nuti, a motivo delle costituzioni pontificie contro invasori e perturbatori delle terre
della Chiesa, per le quali costituzioni sarebbero stati privati fino alla terza genera-
zione di tutti i privilegi concessi dalla Chiesa e dall'Impero romano, il cui governo
e la cui amministrazione e cura, vacante T' Impero, si diceva spettare al Papa. Ha la
data « X Kal. Julii, anno IX ». (Arch. Segr. Vatic., Lett. Comuni, t. XXII, P. II, c. 130 t.).
— Vedi pure l'assoluzione, sotto la stessa data, del Podestà e Comune di Perugia e
degli altri della giurisdizione del contado per danni inferti alle chiese e agli eccle-
siastici dall'incominciamento della guerra di Spoleto e di Assisi e di altre città ribelli
‘della chiesa (ivi c. 232 t.). Vedi anche nell’ Archivio di Perugia le bolle di papa Gio-
vanni XXII.

16
999 L. FUMI

l'oro papale, ebbe sete del resto. Perché, se era riuscito,
dapprima, a sorprendere la buona fede del Vescovo, del
provinciale e del guardiano del sacro convento, tirandoli in
casa e non facendoli andare infino a tanto che non avesse
in mano le somme delle decime (1); pure quei denari non erano
che rimasugli, anzi nemmeno tutti, de' depositi pontifici ra-
:pinati a Lucca da Castruccio in San Frediano, dopo che da
Perugia, ove si conservavano, erano passati in quella città.
C'era ben più ancora. C'era il peculio propriamente detto
della Chiesa : € erano i depositi del cardinale Orsini e di
altri prelati: c'erano le robe preziose di sacrestia. E biso-
gnava averli ad ogni costo. Ma come riabboccare agli sceri-
eni che erano gelosamente guardati in quella specie di rocca
munita, quale é la basilica di Assisi? Ecco: in palazzo, ad-
duceva la ragion di Stato, inesorabile, e 1’ obbligo delle paghe
ai soldati della difesa, mentre più duro stringeva intorno
| assedio: in sacrestia poi, metteva innanzi il fantasma dei
perugini, de’ quali sarebbero state note le trame di far bot-
tino di tutto. Invano levava la voce Jacomo Taddei che pro-
testò, in Comune, a nome di tutti i cittadini, presago del
danno che rovescerebbe intiero sulla città (2). La delibera-
Zione era corsa: non mancava che eseguirla. E per ese-
guirla il modo fu questo. Muzio si fece innanzi ai frati e

(1) Erano le decime di sei anni; quella di Nocera, recata nell'aprile 1319, in li-
re 8663, sol. 11, den. 8; quella di Assisi in lire 7,200, un avanzo del tesoro papale di Lucca
messo in salvo in Perugia e da Perugia trasferito in Assisi. Il vescovo di Nocera
mandò in Assisi, come si accennò, per richiedere la decima già da lui depositata: si
disse anche del trattamento che incontrarono i suoi da Muzio. I dettagli dei malca-
pitati sono riferiti dal p. EnRLE di su il documento vaticano della Miscellanea 21 ot-
tobre 1321. Vedi Archiv cit. p. 240-243. Da una memoria dei registri del ducato
(n. I, 296 in Bollett. vol. III, p. 529) appare che, a petizione del marchese della
Marca, m. Pietro da Terni si recò a Nocera a Gualdo e a Sassoferrato a sequestrare
le rendite del vescovo suddetto, « occasione decime serannalis collecte per eum,
sublate de sacristia b. Francisci ». Nelle Comuni (t. XIV, par. II, c. 428 « 7 id. julii
an. V ») è un mandato per informazioni sulla spoliazione della sacrestia per la decima
di Nocera. :

(2) EnRLE, Archiv cit. p. 243-245. Da un atto dell archivio municipale di Assisi.

id

Deme Án
RET Tet

URETICI E RIBELLI NELL’ UMBRIA, ECC. 223

disse loro cosi: « Voi la vedete la pestilenziale e crudel
guerra che ci hanno mossa i perugini. Essi agognano a que-
sto sacro luogo e vogliono per sé la gloria e la fortuna di
possedere il santo corpo di tanto Padre, del beato padre
nostro Francesco. Sapranno bene predare tutte le cose che

"qui ora si trovano. Sapranno bene essi mandare la città a

ruina o farla intieramente loro. E già voi vedete: come or-
mai sono a questo mal principio. L' oste generale, le caval-
cate, tanti soldati e balestrieri e’ ci son sopra; e trabocchi
e manganelli e gatti e peggio le son tante macchine infer-
nali a’ nostri danni. Ci hanno predato, arso e distrutto il
contado ; abbattuto alberi, vigne e olivi; e i frutti se li hanno
caricati e menati seco in Perugia. Siamo stati corsi intorno
alle mura: fino in sulle mura di questo sacro luogo hanno
armeggiato forte: già de’ nostri ne son caduti assai, morti
nel contado. Chi mai hanno risparmiato? Non vecchi, non
garzoni, non donne, non teneri fanciulli...» (1). Or dunque
codesta diceria non fu che una efflorescenza retorica per
attizzar fuoco contro i perugini, i quali come non avevano
pietà della gente di fuori, non risparmiato avrebbero quei
di dentro, e per invidiare ad Assisi la sua massima gloria, .

(1) Muzio col Podestà e con cinque savi delle porte di Assisi parlò ai frati « de
perditione sacri loci beati Francisci et rerum omnium que in eo consistunt, ac de
perditione totius civitatis propter guerram pestiferam et crudelem, quam contra eam
potenter faciunt Perusini volentes sacrum locum capere et privare, ut dicitur, gloria
et gratia sacri corporis tanti patris b. Francisci, et omnibus rebus quas invenirent
ibidem, et civitatem vel ruyne tradere vel eam in totum sibi subiicere...; ad que obti-
nenda tale-Perusini jam fecere principium, quod cum generali exercitu et particu-
laribus cavalcatis, cum multis militibus et balisteriis, cum trabucchis, manganellis
et gaptis et aliis hedifitiis variis venerunt et sederunt hostiliter per commitatum Asisii,
dicti commitatus castra et villas, ecclesias et ecclesiarum loca capientes, derobbantes
ruentes et comburentes, arbores omnes incidentes et vineas, fructus arborum, vinea-
rum et olivarum et arborum Perusium remictentes; et ad muros civitatis circum
circa ad muros loci sacri, ut plurimum insistendo fortissima et gravia bella dantes:
iamque in commitatu dicto multos homines occiserant morte, senibus, iuvenibus et
mulieribus et pueris adolescentibus non parcendo ». (Vedi EnnLE, Archiv cit. I»-
strumenta diversa ab anno 1302 usque ad 1330, nell'Archivio di S. Francesco d'As-
Sisi, pag. 245).
294: L. FUMI

avrebbero rapito il corpo di S. Francesco, adescati dalle
ricchezze all ombra di quelle sacre spoglie raccolte (1).
Pertanto i perugini, mondi anche da cattive intenzioni, e ribe-
nedetti d'ogni scomunica, per avventura, incorsa, poterono, con
buona pace di assisani e spoletini, godere largamente con
tranquilla coscienza i premi accordati al loro valore. Nuove
concessioni allo Studio già privilegiato da Clemente: per-
messo l' insegnamento da conferirsi dal Vescovo con statuti
speciali: esteso alla medicina e alle altre facoltà : libertà di
frequentarlo a’ chierici senza licenza dei propri ordinari;
studenti ecclesiastici, anco sénza soddisfare agli obblighi del
benefizio, ammessi a goderne le prebende ugualmente (2).
Nessun altro luogo ormai stimato piü sicuro, dopo le peri-
pezie corse, a custodire i tesori papali, fuori della forte e
fedele Perugia (3), degna sorella di Firenze, come lei affe-
zionata alla causa guelfa; degna di dare la mano a Napoli,
in triplice alleanza; chiamata figlia di benedizione e sempre
magnificata ed esaltata nelle lettere indirizzatele (4). Peru-

(1) Archiv cit. pag. 245 218. Per ogni altro particolare che si volesse conoscere
sul furto di Assisi, rimandiamo a questo importante e diligente lavoro del p. Ehrle,
di cui un resoconto si ha nella Civiltà Cattolica, ser. XIII, vol. I e II. Vedi anche
GUAZZESI, Opere, II, PAPINI, Notizie sicure della morte, sepoltura, canonizzazione e
traslazione di S. Francesco d^ Assisi, ecc.

(2) Vedi Lettere Comuni di p. Giovanni XXII, anno II, t. VII, c. 417, lett. in data
« Kal. augusti » an. VI, t. XVI, parte II, c. 314 t., « III Kal. septembris », e an. XVI,
t. XXXIX; c. 170, « III id. septembris ». Vedi nell'archivio perugino la citata lettera.
« III Kal. septembris an. VI ».

(3) Una lettera al rettore e all'abate di S. Pietro di Perugia ordino il trasferi-
mento del tesoro pontificio dalla basilica di Assisi a Perugia per trasmetterlo poi alla
Camera: vedi lettera « III id. aug. an. XII » in Secret. vol. VI, c. 136. Il rettore e il
tesoriere erano incaricati di indurre il Comune di Perugia a prendere sovra di sé la
custodia del tesoro (ivi, c. 136 t. b.).

(4) I perugini sono chiamati figli di benedizione nella bolla dell’ Archivio di Pe»
rugia, « Non. apr. an. V ».

La lettera diretta al Rettore e al Tesoriere per informarli del governo di Spo-
leto concesso al Comune di Perugia comincia con queste espressioni: « Nuper grata
devotionis obsequia nobis et E. R. per dilectos filios Consilium et Comune ac populum
Civitatis Perusine exhibita et que continue prestare non desinunt diligenfius atten-
dentes ipsosque propter hoc attolli congruis honoribus et favoribus prosequi spiri-

—OPnÁ
aii nr

ERETICI E RIBELLI NELL’ UMBRIA, ECC. 225

gini, a preferenza, ottenevano benefizi ecclesiastici rima-
sti vacanti in Assisi e Spoleto, privatine coloro che s'im-
mischiarono ne' torbidi della politica. Vasti possedimenti della
Chiesa a perugini dati in enfiteusi, e ricche abbazie in com-
menda, e dignità e titoli d' onore conferiti. Molti, in disgra-
zia della Curia, in considerazione di Perugia, ritornati nelle
buone viste; fra' quali il proprio vescovo, Francesco da Lucca
domenicano, che era ritenuto in Avignone come incolpato di
molti delitti (1). E quando il Comune, per vantaggiarsi, usasse
la violenza, richiamato appena, otteneva per concessione ció
che si aveva preso per forza: la giustizia dava sempre luogo
alla grazia. Così intervenne anche ne’ rapporti fra Perugia
e Spoleto, a cagione, specialmente, del governo di questa
vinta emula, rimasta aggiogata ad un regime fra teocratico
e militare, chiesastico e perugino. Così pure interveniva
nelle cose interne di Perugia, massime quando al Comune
accadeva di urtare co’ privilegi del clero. Costretto a gra-

tualibus cupientes etc. III Non. Iul. an. IX ». (Secret. Joann., XXII, vol. V, c. 8)
t. b.). Vedi anche la lettera ai Perugini, ivi, c. 81 t. b. in data « VI id. maj. an. IX »,
e altra « super receptione nunciorum suorum et concessione earum que petebant
regratiando de 300 militibus quos ad defensionem Marchie Anconitane transmiserunt.
XIII aug. an. IX », ivi, c. 105; l'altra dopo gli aiuti mandati anche contro Narni:
« De predictis serviciis... habunde multum exhibitis vestre benivolentie gratiarum
actiones uberes exsolventes... Id. martii, an. XI » (vol. VI, c. 14 a.). Sempre per la
guerra della Marca il Papa facendo massimo conto dell' opera de' perugini, anche per
la vigilanza dei passi, esprimeva la fiducia, « quod vestro mediante auxilio predicto-
rum hereticorum et rebellium conteratur potentia, pacis quies reddatur fidelibus,
vosque divinam et Apostolice Sedis gratiam vobis et vestris posteris uberius vendi-
cetis » (ivi).

(1) Secret. Ioan. XXII, an. IX e X, t. V, c. 330. — « Reg. Cons. et Com. Peru-
sino. — Litteras pro venerabile fratre nostro Francisco Epo. perusino nuper nobis a
vestra devotione transmissas obtentu mictentium solita benignitate recepimus, parati,
procul dubio, filii, preces vestras admittere, que justiciam sapiant et congruant ho-
nestati. Sane ut facti veritas vos in hac parte non lateat, scire vos cupimus, quod nos
dictum Epw non tenamus in Curia, sed ipse ibi multis criminibus, super quibus
delatus extitit, sieut vos ignorare non credimus, retinetur, hoc nichilominus teneatis
indubie, quod contemplationi vestra jam remisissemus et adhuc remitteremus eundem,
si possemus, divinam. propterea non offendere maiestatem. Dat. Av. IJ Non. Martii,
a. X ». Già cinque anni indietro il vescovo Francesco fu rimproverato per esigere la
quarta parte de’ legati che si facevano a favore dei poveri. Vedi Arch. di Perugia,
bolla di papa Giovanni XXII, « XIV Kal. febr. an, V ».
996 L. FUMI

rare i cittadini per riparare le mura e apprestare le opere
di difesa in quel tempo difficile che dava a temere forte
sulla sorte de’ guelfi, o per i provvedimenti dell’ annona, in-
stando terribile la carestia, o per rifondere l erario divenuto
esausto per le guerre combattute nell’ Umbria non solo, ma
nella Marca e in Toscana, dove sempre accorsero i soldati di
Perugia, non risparmiò luoghi e persone religiose. Ammonito,

minacciato, bastò tuttavia l' effimera punizione di un giorno.

soltanto d’ interdetto, perchè I' indomani sopravvenisse l'ordine
del Papa che accordava d’ imporre le.gravezze anche al
clero (1). Giovanni XXII si teneva sempre pago quando fosse
salvo il principio e non si derogasse alle forme di un atto
di soggezione. E soggezione chiedeva ai suoi buoni fedeli ;
soggezione pretendeva dai ribelli. La pretendeva sopratutto
dal vescovo Guido Tarlati di Arezzo. Chi più di lui ribelle?
Egli rappresentava nell Umbria l autorità e la forza dei
ghibellini. Dov’ era in Italia un altro prelato che, come lui,
non si peritasse di familiarizzare con quegli idolatri della
Marca, i quali avevano tanti punti di contatto co’ necro-
manti di Avignone? Spoleto non avrebbe durato sì a lungo
nemica alla Chiesa; non avrebbe resistito con tanta costanza
all’ assedio, se il vescovo di Arezzo non avesse di continuo
stimolato alla difesa e apprestatine i mezzi. I guelfi avevano
con sè il duca di Calabria, il quale praticando direttamente
nel Ducato e intendendosi con Cante Gabbrielli, teneva testa

(1) Due volte il Papa accordò a Perugia di tassare il clero per riparare le mura,
mel 1323 e nel 1331. Nel 1328 premevagli che il Comune concludesse la lega col re di
Nagoli. Vedi Secret. Joan. XXII, vol. VI, c. 139 t. lettere al Comune, e al Capitolo e
‘clero « V Non. Jul. an. XII », dove é detto della lega e della concessione accordata.
La seconda volta si espresse così: « Episcopo Perusino... ut si Comune Perus. per
procuratorem coram eo jurent quod gabellas Clero numquam inponent et extorta
sibi assignent, eos absolvet et dispenset... et demum extorta eis det et concedat in
"subsidium expensarum .. ratione guerre quam contra Spoletanos et Assisinates re-
belles fecerant, nec non pro constructione seu reparatione murorum et tuitione dicte
civitatis, defensioneque fidelium ac provisione facienda pauperibus propter caristiam
ingruentem in cis partibus nimia egestate oppressis variis existebant oneribus expen-
sarum pergravati... Dat. Avin. IIIJ Non. novemb. an. XVJ ».

ics fondi
ERETICI E BIBELLI NELL’ UMBRIA, ECC. 227

ai ghibellini. Questi poi, avversarî della Chiesa, si lasciavano
condurre da un vescovo, nemico sfidato del Papa. Fin d'al-
gu lora che gli animi fieri degli spoletini cominciarono a ribol-
: lire, egli fu sollecito a mantenere il fuoco. Invió a Spoleto
il proprio fratello, Pietro Tarlati, il Saccone, e gli fece oc-
cupare l' ufficio di Capitano di guerra; a quel modo stesso
che, appena scoppiata la rivolta di Assisi, quivi aveva man-
dato per Podestà Vanne da Poppi ad invito di Muzio. Fu pure
lui che spedi un forte numero di cavalli sotto il conestabile
Lolo di ser Maffeo, intimo suo, e un rinforzo di tedeschi, i
quali condotti dal conestabile Addimanno, compirono lY im-
presa di Campello a danno della Chiesa. Arriguccio di Abru-
namonte che abbiamo veduto de'capi nella rivolta e notato
d'eresia, sali per lui Gonfaloniere del popolo, da lui prov-
visto di denaro e dalle sue promesse tenuto in baldanza.
Quando maggiore incombeva il pericolo sugli assediati,
1$ e il battifolle, la maggiore delle nove bastite, quella T'erra-
nova che già ricordammo, piantato sullo scoglio di S. Nicola,
come un castello formidabile campato sulla città, metteva
il valore ghibellino all’ ultima prova, il Gonfaloniere, « più

che magistrato, signore » (dice il Sansi) scendeva in mezzo
a’ cittadini, rivelando i giuramenti del Vescovo che avrebbe
mandato in aria il terribile arnese al più presto, contento, se
non riuscisse, di non riavere un soldo del denaro prestato.
A nome di lui riferiva che da Todi, da Terni, da Narni e da
San Gemini giungerebbero i soccorsi: che Castruccio, che I' Im-
peratore stesso, di cui aveva lettere, intendevano accorrere in
aiuto della Marca e dell’ Umbria. Perciò il Papa spinto anche
dai perugini, per i quali quel fiero Vescovo era uno stecco
negli occhi (1), non sì tosto riebbe Spoleto, ordinò al Rettore

L| Do: aC A ar aea SERI o

^(1) Credo non si possa riferire che al vescovo di Arezzo il breve del papa nel-
TArchivio di Perugia del seguente tenore: « Johannes etc. Dil. fil. Pot. Cap. Prior.
| Cons. et Com. Perus. salutem etc. Leta manu recepimus devotionis vestre litteras no-
stro apostolatui novissime presentatas, per quas nonnullos ausus temerarios et exces-
sus enormes commissos per quendam Prelatum, sicut asseritur,in magnam lesionem

alias n 2 cric
—-—_--

L.

FUMI

del Ducato di instituire i processi contro di lui. Il quale,
chiamato a render conto delle sue mene, doveva, anzitutto,
rispondere della taccia di fautore d' eretici: avere lui accolto
dentro il suo episcopio Federigo e Speranza di Montefeltro
col recanatese Borgaruccio e con gli altri, tutti « aperti
idolatri e sovversitori della fede »; aiutatili e favoriti contro

la Chiesa; assunta la protezione e la difesa di Spoleto; ec-

citato i ribelli a non cedere ; soccorsili di gente, di denaro
e di vettovaglie (1). Ma riarsero le ire quando il Vescovo,
perdute le speranze sul Ducato, si volse sopra Città di Ca-
stello e Borgo San sepolcro, dove riuscì a vincere e domi-
nare a lungo con Pietro Saccone. Allora scese sul suo capo
la scomunica, privato del pastorale e respinto dal tempio.
Respinti erano pure gli assisani, rei di due ribellioni :
una che precedette quella di Spoleto e che avvenne il 29
settembre 1319; l' altra che si rinnovò, a quanto pare, nel-
l agosto 1321 (2), e fu domata il 29 marzo 1322. Non erano
bastati i moniti comminatorii banditi in Perugia il 23 marzo
e il 5 giugno del 1320. La bolla del 21 ottobre 1321 lanciò
le pene: l’interdetto chiuse a tutti le porte del tempio ; negò
ai fedeli i sacramenti e la sepoltura; fece tacere tanti anni
quelle campane che squillando colla sonora cadenza tutta
speciale dell’ Umbria, dalle mistiche torri solevano diffondere

fidelium exprimentes, nobis quid actum super negocio Spoletan. fuerat nunciastis.
Profecto, filii, dum promptitudinem vestre devotionis et fidei, quibus S. R. E. matri
vestre constanter assitistis hactenus in prosperis, nec defuistis etiam in adversis, ipsius
rebelles et hostes, velut proprios, abhorrentes, intra nostra precordia delectablliter
recensemus, in vobis velut benedictionis et gratie filiis confidenter quiescimus et pro-
inde vobis gratiarum uberes referimus actiones. Ceterum, de lesionibus per dictum
Prelatum illatis fidelibus, quibus proculdubio ledimur, tanto dolemns amarius et acer-
bius anxiamur, quanto per illum, a quo fideles ipsi recepisse medicamina consola-
tionis et defensionis debuerant. desolationis vulnera crudelius patiuutur, circa quo-
rum correctionem excessuum, sicut nobis de illis innotuerit et expedire videbimus,
non differemus, sicut nec differre debemus interponere partes nostras. Dat. Avin. IIIJ
Kal. decembris anno octavo ». a

(1) Vedi Arch. Segr. Vatic. Cast. S. Ang. C. fasc. 49 n. 1, e Secret. Joann. XXII,
tivi, c. 348 t. b.
(2) Vedi Reg. del Ducato, in questo Bollett. vol. III, pag. 598, n. 07.

E IEEE
7 Tot

ERETICI E RIBELLI NELL' UMBRIA, ECC. 229

per la bella valle degli Angeli una nota di ascetismo che anche
oggi colpisce insolitamente chi non é abituato agli incanti del
luogo. Guai a quanti osarono rompere, pur una volta, quei
cupi silenzi che rispondevano all’ atonia degli spiriti cristiani!
Poterono dirlo preti e frati puniti: quattro canonici della
cattedrale di San Rufino; fra essi un nepote di Muzio, Na-

poleuccio di Neri, già da noi rammentato, l' abate e i mo-

naci di S. Pietro, quattro cappellani di S. Rufino, i rettori
delle Chiese di S. Ansovino, di S. Andrea, di S. Potente, di
5. Lorenzo in Barisciano, di S. M. della Chiesa, di -S. Gio-
vanni di Macerina, di Lagnano, di 5. Damiano e del Poggio,
i pievani di S. Venanzo e di S. Biagio di Cerqua Paramata,

di S. M. di Trecuscio e di Lagnano, di S. Martino de' Finili e

di 5. Nicola di Scerpeto ; i beneficiati di S. Rufino, di 3. Ma-
ria, di S. Donato e di S. Stefano della Costa, nonché il pie-
vano di S. Stefano dentro Assisi e molti frati di S. France-
sco, di cui è pervenuta infino a noi una lista con a capo il
loro vicario, frate Francesco, e a coda un tedesco, frate Bar-
tolomeo. Costoro, tutti sospesi, perderono i benefizi, le cui
rendite andarono destinate per le spese necessarie a domare
i ribelli. Così tutti i beni di coloro che si fecero a reggere
il sacco a Muzio vennero confiscati. Nel 1328 se ne trova-
rono alcuni non per anco compresi nella confisca: il Papa
li fece incamerare (1). Intanto l interdetto, segregando non
pure i ribelli, ma gli stessi fedeli dal santuario e interdicendo

le pratiche del culto, faceva sì che in quella città, dove fio-

rirono co’ suoi santi immortali tante opere divine, la. reli-
gione de’ padri isterilisse (2).

(1) Secret. Ioan. XXII, VII, c. 42 t b, lettera al Rettore « XIII Kal. jan. an. XIII ».

(2) Il Papa rispondendo alla petizione del Comune di Assisi a favore dei preti
sospesi per violazione d'interdetto, li assolse aggiungendo al Rettore: « Cum propter
hoc (interdictum) cultus divinus in eisdem Ecclesiis fuerit hactenus multipliciter di-
minutus... Dat. Avin. IIIJ Kal. octubr. an. XV » (Secret. Joan. XXII, vol. VIII, n. 116,
€. 121). Più tardi lodo la resistenza di Assisi contro-i ribelli e prescrisse al Rettore
« Ut hostes exititios Civ. Assisinat, in provincia sibi decreta stare non sinat. — VIII
Id. Jul. an. XV » (Ivi, c. 125 t.).
SEES : L. FUMI

Infelice città rimasta smantellata delle mura, e senza

potere ripararsi! Si provò a rifabbricarle. Perugia la co-

strinse a distruggerle di nuovo, riuscite inutili le preghiere
e le ragioni portate più e più volte davanti ai Priori dagli
stessi Podestà e Capitano di Assisi, che fecero vedere come
la ricostruzione non era già una ripresa in sul punto delle
mura distrutte da’ perugini; che non si trattava che di ri-
pararsi dai - nemici, e che gli Assisani cadrebbero nella
disperazione e nel vituperio, rimanendosi dall opera inco-
minciata (1). Perduta la libertà, non leggi, non statuti ebbe
rispettati; Perugia si fece venire due volumi dello statuto, e
dopo che vi ebbe portato sopra tutte le correzioni necessarie
al governo di una città conquistata, ne ritenne l’ originale
in Comune e l'altro rimise in Assisi (2).

(1) Sotto la data 1326, febr. 7, si legge negli annali decemvirali dell’ Archivio di
Perugia la notizia accennata (c. 22): « Cum Assisinates fecerint a modico tempore ci-
tra certam partem novi muri pro fortificatione et defensa burgorum civ. Assisi, ut
asserunt, quam novitatem faciunt non in sitibus pristinorum murorum scarcatorum
per Com. P., set infra ipsos situs pro defensa et fortificatione ipsorum necessaria, ut
asserunt. Et dd. Priores artium Civ. Perusii mandaverint Potestati et Capitaneo As-
sisii sub magna pena per plures licteras et numptios quod dictam novitatem muri
tolli faciant et removeri, et etiam per duos ex prioribus artium scil. Martinum d. Si-
monis et Lellum Ranaldi qui iverunt Assisium, dicto Potestati et Capitaneo preceptum
fuerit illud idem. Et plures solempnes ambasiate C. Assisii venerint ad Com. P. et dd.
Priores affectuose rogantes quod in dicto precepto novitatis predicte tollende super-
ssedeatur ad presens, dicentes quod ipsa novitas non est in sitibus priorum murorum
discarcatorum per C. Perusii, set intus dictos situs et est modice quantitatis et quod
est adeo eis necessaria dicta fortificatio, quod sine ipsa se tueri et defendere non va-
lerent ab hostibus, et quod maxima desperatio et confuxio nasceretur inter Assisina-
tes si dicta fortificatio tolleretur; et hoc idem rescripserunt dicti Potestas et Capita-
neus Assisii etc.... reform. quod presens Potestas et Capitaneus Civ. Assisii teneantur
et debeant ad penam quingentarum libr. pro quolibet eorum dictam novitatem et for-
tificationem tolli et removeri facere ».

(2) In data 1325, giugno 30, gli Annali di Perugia recano a c. 137 t: « Cum sta-
tuta Civ. Asisii eo quod iniqua et contra honorem et in diminutionem juris et juri-
‘sdictionum C. Perusii fore a pluribus dicebantur, dd. Priores... fecerunt deferri ad
Civit. Perusii sc. duo statuta seu duo volumina statutorum eiusdem continentie et te-
noris, et ad ea revidenda et examinanda, corrigenda ac adiustanda deputaverunt dicti
Priores quosdam sapientes juris de P., qui ea reviderunt et examinaverunt, correxe-

runt, addiderunt ac minuerunt ac mutaverunt, prout eis pro statu pacifico C. Asisii

visum extitit expedire etc. quod... duorum voluminum unum remaneat in C. P. pro
originali et aliud remictatur... C. Asisii ».
ERETICI E RIBELLI NELL’ UMBRIA; ECC. 231

Non minore il danno in Spoleto. Tuttoché, dopo la resa,
la città sentisse mitigare i rigori inflitti ad essa al tempo
della rivolta, poichè tanto plorarono i Priori, vocis lacrimo-
sis, che vide sospendersi per un anno linterdetto e pro-
messa l'assoluzione (1) pure castighi sopravvennero e gra-
vissimi. L'agosto 1325 il Rettore annunziava al Papa che
il Ducato ubbidiva. Il boia non s'era risparmiato. Le ese-
cuzioni di giustizia ordinate dal Rettore dovettero met-
tere i brividi addosso. Nessuno si fidò di chiedere grazia.
È singolarissimo quanto il Rettore scriveva al Papa: nes-
suno volle giovarsi delle concessioni pontificie. Per quanto i
rettori delle chiese si facessero a bandire dall’ altare che
chiunque facesse atto di rendersi in colpa sarebbe gra-
ziato, neppure uno si presentó. Nell ottobre successivo,
Giangaetano da Montepesulano si recava. per il Rettore in
Avignone a trattare delle confische. Pochi mesi dopo, nel feb-
braio, le confieshe erano eseguite. I 700 autori della rivolta
furono condannati all’ esilio e a perdere tutti i beni. I mobili
andarono a ruba, al primo occupante, per concessione aposto-
lica. Un vasto patrimouio di 5340’ poderi e di 200 appezzamenti
con 15 molini accumulò per gli immobili la Chiesa. Era un ca-
pitale di circa 600,000 lire di allora (4,800,000 li. it. circa) e -

(1) « Episcopo et Rectori Spoletan. — Cum nobis interdictum, cui Civitas Spo-
letana propter dampnandam rebellionem et alios detestandos excessus per nonnullos
Cives eiusdem Civitatis commissis noscitur usque ad certit temporis spatium suspen-
dendi ac civibus ipsis ab excomunicationis sententiis, quibus etc. sub certis modis et
conditionibus de absolutionis beneficio iuxta formam E. providendi per alias nostras
certi tenoris litteras concessimus potestatem, ita tamen quod infra tres menses post
absolutionem obtentam immediate sequentes ad nos venire vel sufficientem procura-
torem mittere voluntatem nostram et beneplacitum super eisdem excessibus audituri,
mandatumque nostrum super hoc recepturi et eidem parituri efficaciter non post-
ponant, nos volentes qualiter sic agendum super predictis cum eis ac de cautelis
adhibendis ne ad similia redeant in posterum perpetranda et aliis universis circum-
stantiis informari, discretioni vestre per apostolica scripta mandamus quatenus nos
de predictis et aliis que facienda et adhibenda videritis in hac parte informare solerter
et fideliter per vestras litteras studeatis. — Dat. Avin. IIJ id. Ianuar. an. IX ». (Se
ceret. Ioann., XXI, vol. V, c. 80 t. a). Fu sospeso Pinterdetto per un anno (ivi, È
€. 159 t.).
232 L. FUMI

un reddito di 26,000 (208,000 li. it. circa). Oltre a ciò rimasero in
potere del fisco palazzi, case e botteghe, circa 400. Si istituì
per lamministrazione di tali beni un ufficio retto da un

commissario. In breve si vide che quell’ ufficio non dava

alcun utile. Palleggiavansi fra loro la colpa quando fami-

liari e domestici del cardinal Legato, che era Giovan Gae-

tano Orsini di S. Teodoro (1) quando il gonfaloniere del
2 o
popolo, quando il tesoriere del Ducato. Si ordinò un’ inchiesta.

Il Papa deputò due nunzi apostolici che stavano in As-

sisi occupati in affari pubblici, con Bertrando Cariti arci-
diacono vanurense e il procuratore generale de’ predicatori,
Guglielmo Du/cini, perchè lo informassero a puntino. Essi
recaronsi in Spoleto, chiamarono a sé vari frati domenicani
e francescani, religiosi, preti e laici abitanti nella città che
avevano voce di essere ben chiari delle cose. Da loro, otte-
nuto il giuramento di dire tutta la verità, seppero della
consistenza e del valore dei beni e sentirono che cosa ne
pensavano perchè la Chiesa potesse cavarne un utile. Co-
minciarono dal distinguere due categorie: possidenza di ribelli
fuorusciti, e possidenza di ribelli rientrati. Consisteva in
possessi, in case, molini, mole, giardini, orti, oliveti, vigne,
arboscelli vitati, estensioni di terre colte ed incolte, praterie,
boschi, selve, pascoli, poderi e castagneti. Dai libri di am-
ministrazione di messer Armanno da Foligno, gestore delle
rendite di quel patrimonio, appariva tutto a minuto, e si

(1) « Legato Tuscie. — Accepimus nuper quod dilectus filius Iohannes Rigaldi
clericum caturcensem ducatus Spoletani Thesaurarius in nonnullis poderibus, que
in Civitate et districtu Spoletano propter excessus et rebelliones dampnatas illorum,.
quorum erant antea devenirent R. E. in commissum, nullam. utilitatem exinde pro
Camera nostra potest colligere, que cessantibus impedimentis huiusmodi, magna esset.
Et cum asseratur ab aliquibus quod ab illis, qui sunt vel se fingunt esse familiares
vel domestici tui, maior pars impedimenti prestatur predicti, iuam prudentiam re-
quirimus attentius et hortamur, quatinus super hoc discrete provideas favoremque
tuum taliter prefato thesaurario circa hec studeas exhibere, quod nec per tuos, nec
per alios, quantum obviare poteris, impediatur vel usurpetur predicta utilitas R. E.
in hac parte. — Dat. non. Junii, an. XVIII ». (Secret. Ioann. XXII, n. 117, c. 253).

mie TARE
Te; XF ARSIEONEAG LA RARE.

ERETICI E RIBELLI NELL’ UMBRIA, ECC. 233

aveva il numero e il valore dei possessi, rimasti quasi infrut-
tiferi, sebbene i soli prati, a tempo del pascolo, rappresen-
tassero un grandissimo valore. Consigliavano dare al Comune
; i beni dei 300 e più fuorusciti dietro una corrisposta annua,
E o, se no, dare le terre colte ai coloni a partirne il fruttato;
le case, molte delle quali abitavano gli interni, ma erano
diroccate, poteva prenderle il Comune a fitto. Impossibile
sperar di trovar compratori o enfiteuti col timore che i fuo-
rusciti, una volta o l’altra, jure vel iniuria rientrati, non si

riprendessero i loro fondi. Nessuno voleva aver che fare
| con gente che tenne il governo e andette per la maggiore in
città. Quanto alle cose degli interni, de’ contumaci, più inno-
centi che colpevoli, i quali chiedevano d’ esser perdonati, la
pensavano altrimenti. Non si potevano togliere loro addirit-
tura i beni, tuttoché già confiscati, ma lasciati loro a godere.

Erano trecento, e la città ne sarebbe ridotta una spelonca.
Si poteva al più pretendere che pagassero ogni anno un tanto
di fitto, o, in ragione di loro colpe, qualcosa per una sol
volta, o le togliesse a corrispondere il Comune. Molte erano

le ipoteche e le obbligazioni, onde i beni erano gravati. Fu
detto per ciò che essi, svincolati che fossero, varrebbero ben

poco. L'inchiesta lasciò il tempo che aveva trovato. Le
È: terre restavano senza coltivare. Non v'era chi volesse la-
E vorarle anche perché la legge colpiva chi osasse seminare
‘ampi su cui non si ritraesse dativa. Allora il Papa revocó
gli statuti che contenevano questo divieto (0). Ma non fu

(1) « Comune Spoletano. — Relatum est nobis noviter, quod pretextu cuiusdam
statuti per vos facti, ut asseritur, ne quis excolere audeat terras vel possessiones in-
fra civitatem seu districtum Civitatis Spoleti consistentes, de quibus vobis dativa vel
collecta minime solveretur, nonnulle possessiones et terre, que olim fuerunt nostro-
rum et E. R. rebellium et in manu nostra et eiusdem E. tanquam confiscate tenentur,
quarumque occasione dictu: statutum fecisse dicimini, non absque detrimento nostre

1 Camere inculte remanent, cultoribus qui eas excolant non repertis. Cum autem vobis
E facere talia non sit decens, universitatem vestram rogamus et hortamur attentius,
Lo quatenus dictum statutum, s. illud, ut prefertur quoad terras et possessiones predictas
IR ne Camera nostra propter hoc subiciatur incomodis illico revocetis. — Dat. XVIJ Kal.
b decemb. an. XVI ». (Secret. Joan. XXII, vol. VI, c. 340).
234 \ L. FUMI

sufficiente: segno cotesto che l addurre quella. legge sopra
beni venuti in possesso della Chiesa,non era che una scusa,
Quindi non v'era altro mezzo che venderli. Messi all in-
canto, nessuno li volle, nemmeno ad enfiteusi. Li prenda il
Comune, proponeva il Papa; li prenda chi vuole, rispondeva
il Comune, consigliando di rimetterli un'altra volta sul mer-
cato, e sperando che gli stessi padroni potessero entrare nella
eara per l'acquisto e che costoro venissero preferiti su gli altri.
E il Papa acconsentì, ma inutilmente (1) Le terre sempre
piü divennero sterili. I palazzi cadevano da ogni parte, il
Comune non volendoli nemmeno a fitto. Il Papa rese agli in-
nocenti giustizia (2). Ad alcuni sbanditi si fece grazia di
rientrare; menaronsi loro buone le discolpe. Ma nel 1327
ancora rimanevano fuori quasi tutti. In sullo scorcio del
1328 ottenevano grazia tutti quelli che facessero atto di
obbedienza (3) Ma quegli animi forti non piegavano: non
si chinó neppure un ginocchio, ripetendo lo stesso atto di
fierezza dimostrata nel 1325. Troviamo solamente il nobile
cavaliere Pianciani, noto nelle storie del Sansi, e indicato
col nome di Pietro di Celle, ma non prima del 1533, riam-
messo in patria. Molti furono quelli che si erano obbligati a
forti somme di denaro: fra essi dovette esservene di coloro
colpiti da una legge del 1322 che puniva di cento marche

(1) « Rectori et thesaurario ducatus Spoletani. — Fide digna pridem relatione
percepimus, quod in ducatu Spoletano sunt nonnulla poderia, que olim rebellium
spoletane civitatis extiterunt, que si factis particulariter et distincte compositionibus
cum illis quorum fuerunt justo precio venderentur maiorem, quam nunc fuerant
Camere nostre eiusdem ducatus utilitatem afferrent, et uxores dictorum rebellium
non haberent ulterius de eorum dotibus materiam conquerendi, quodque istud magis
gratum Comuni dicte civitatis existeret, quam si ad ipsos Comune dicta poderia de-
venirent, de premissis itaque plenam notitiam non habentes, vobis... commictimus...
quatenus super premissis informatione prehabita diligenti, si ea reperiretis ita esse
dictisque Comuni hoc magis placere et omnibus consideratis circumstantiis expedire
videritis ad venditionem dictorum poderiorum, ut premittitur, procedere, preferendo
ilos quorum fuerunt, ubi quantum alii pro justo offerent precio, studeatis certificaturi
dare etc. — V id. decembr. an. XVI ». (Secret. Ioann. X XII, vol. VII, c. 341 t.).

(2) Lett. com. di Giov. XXII, « IV Kal. jun. an. XVI », t. XXXIX, c. 524 t.
(3) Secret. Ioan. X XII, VII, c. 42 a, lett. al Rettore « Kal. decemb. an. XIII ».,
———

x

vst

ERETICI E RIBELLI NELL’ UMBRIA, ECC. 235

d'argento i nobili e di dugento fiorini gli altri che si fossero
resi colpevoli d'attizzare gare fra’ cittadini. Cotesti e altri
debitori per sentenze politiche erano tanti, che di molti si
venne a perdere, in seguito, anche la memoria. Contro co-
Storo venne fuori un'ammonizione generale che comminava
la scomunica a chi, conoscendoli, non li rivelasse, e promise
a’ denunziatori, in premio, una parte delle somme dichia-
rate (1). Ai fideiussori fu fatto intravedere il fondo di un car-
cere infino a tanto che il denaro non fosse sborsato tutto.
Debitori e creditori vennero scambiati ne' processi ducali (2).

Per le morti, per gli esilî, per le proscrizioni e le con-
fische la città di Spoleto era ridotta allo stremo. Gli incendi

(1) « Rectori et thesaurario. — Cum, sicut accepimus, tempore quo bona rebel-
lium Civitatis spoletane confiscata fuerunt eisdem rebeilibus, multi essent in magnis
pecuniarum quantitatibus obligati, mandamus quatinus super hoc vos exacta dili-
gentia informantes, debita huiusmodi petere et exigere studeatis. Verum cum, sicut
asseritur, quorumdam ex dictis debitoribus nomina ignorantur ad presens, faciendi,
auctoritate nostra, monitionem generalem contra debitores eosdem ac proferendi ex-
comunicationis sententiam in omnes et singulos debitores ipsos scientes et non reve-
lantes. Et demum dandi eis qui vos de huismodi debitoribus certificaverint certam
partem debiti declarati, de qua vobis videbitur expedire ac quitandi debitores ipsos
de hiis que receperitis ab eisdem, plenam vobis concedimus tenore presentium fa-
cultatem. Volumus autem de dictis debitis et eorum receptione duo faciatis fieri con-
similia publica instrumenta, quorum altero penes eos retento, reliqum ad nostram
curetis Cameram destinare. — V. Id. decembr. an. XVJ ». (Secret. Ioan. X XII, vol. VII,
QU 94LT-0.):

(2) Il rettore e il tesoriere dovevano esigere a nome della, Camera 3202 fiorini

d’oro da Petruccio di Benedetto da Spoleto debitore di tal somma a Cola di Petruccio

da Monteleone, sbandito, i cui beni erano stati confiscati. Il rettore fu rimproverato
di avere agito contro Petruccio a favore di Cola, mentre si trattava contro Cola a
favore della Camera, come dalla lettera seguente: « Johanni de Amelio rectori etc.
Valde miranter audivimus quod, quamvis bona Cole Fetrutii de Monteleone notati -
olim pariter et conscripti inter rebelles alios Spoletanos et ob rebellionem hniusmodi
per ducalem Curiam exbanniti nostre Camere fuerint confiscata et triginta duo cen-
tenaria fioren. auri, in quibus Petrutius Benedicti spoletanus dicto Cole obligatus
extiterat, ex causa confiscationis huiusmodi eidem nostre Camere debebantur, tu tamen
indempnitatem super hoc ipsius Camere non advertens, ad petitionem prefati Cole
procedens contra dictum Petrucium, vastatis bonis ipsius, exbannisti eum pro dicta
quantitate pecunie non predicte Camere cui debetur, sed dicto Cole minus debito,
Sicut predicitur, exsolvenda. Nos igitur oportune consulere dispendiis dicte Camere
cupientes, discretioni tue... mandamus quatenus, previa veritate, nos studeas... red-
dere certiores. — Dat. Avenion. Kal. martii, an. XII » (Secret. Joann. XXII, vol. MIT
€. 137 t a. b. e 138 a. b.).
996 L. FUMI

di case, di palazzi, di monasteri, di chiese avevano lasciato
orme di un passato luttuoso. Antiche e vaste abbazie, gloriose
per tradizioni di cultura, restarono abbandonate; alcune riunite
a chiese vicine, altre incamerate. L'abbazia di S. Pietro di
Andolina, quasi distrutta, riunita a Sassovivo; di S. Pietro in
Montemartano, il cui abate Pietro defezionò (1), di S. Giuliano
con le chiese filiali di S. Andrea di Gualdo Cattaneo, di
S. Quirico di Bettona e di S. Salvadore a Cisterna (2), quella

(1) « Rectori. — Intelleximus nuper quod uniri monasterium $. Petri de Mon-
temartano Spoletane dioc. Camere ducatus Spoletan., cuius rector existis, eiusque
applicari perpetuo usibus dicti ducatus provincie ipsiusque utilitati publice expediret,
quodque Petrus abbas ipsius Monasterii contra eos et R. E. non absque magne infi-
delitatis et ingratitudinis vicio adhesit et adherere presumit et presumpsit hactenus
auribus nostris et E. memorate multis enormibus criminibus, sicut asseritur, nichi-
lominus irretitus; volentes itaque de premissis ommibus et s:ngulis plenius informari,
discretioni tue per apostolica scripta mandamus, quatenus super predictis et eorum
singulis ac omnibus ipsorum circumstantiis summarié... te informans, nobis quic-
quid inde feceris et repereris, ut ulterius super eis, sicut nobis expedire videbitur,
valeamus providere, studeas fideliter intimare. — Dat. IIIJ Kal. decembr. an. XIIJ ».
(Secret. Ioan. XXII, vol. VII, c. 41 t. a.). Vedi anche lett. com. di Giov. XXII, t. XVII,
par. I, c. 70, lett. « III Non. nov. an. VII ».

(2) « Ad perpetuam rei memoriam. Ad notitiam nostram nuper fide digna rela-
tione perducto quod Monasterium $. Juliani situm prope civitatem Spoletanam ord.
S. Benedicti pro juribus R. E. conservandis ac statu pacifico tam in civitate predicta,
quam terris aliis ducatus Spoletani ad nos et E. memoratam spectantibus melius et
utilius confovendis eidem. E. plurimum existere noscitur oportunum, nos eiusdem E.
providere utilitatibus et subditorum quieti et paci prospicere, ut ex debito tenemur
pastoralis officii, cupientes, premissis et aliis que nos in hac parte movere poterant
et debebant tn scrutinio recte considerationis adductis, prefatum monasterium cum
omnibus edificiis, domibus et clausuris ac terris, bonis et possessionibus aliis que
suis juribus et pertinentiis eidem adiacentibus monasterio memorate R. E. annexamus,
incorporamus perpetuo et unimus de apostolice plenitudine potestatis, tenendum et
possidendum per Rectorem predicti ducatus, qui est pro tempore, vice et nomine E.
memorate, volentes... quod abbatialis ipsius Monasterii dignitas in uno membrorum
dicti Monasterii, de quo informatione prius per nos super hoc habita expedire vide-
bimus, trasferatur, cui jura omnia prelíbati Monasterii eodem tantum Monasterio ac
edificiis fortaliciis domibus et clausuris ac terris et possessionibus aliisque juribus
suis sibi adiacentibus per nos R. E. memorate unitis, ut premictitur, dumtaxat exce-
ptis applicentur totaliter et eidem integra perseverent. Nulli ergo ete. — Dat. Avin. XJ
Kal. Jan. an. IX ». (Secret. Ioann. XXII, vol. V, c. 119 t. a.). I membri dell’ Abbazia,
di cui nella bolla superiore, erano 8. Andrea di Gualdo Cattaneo, S. Quirico di Bet-
tona e S. Salvatore di Cisterna, e sono indicati nella lettera al Rettore in data « id.
Jan. an. IX » (ivi, c. 80 a.). In altra della stessa data, ma al Tesoriere, é detto che si
faccia assegnare i frutti dal Monastero e membri per intiero « post ultiman vacatio-

a
ERETICI E RIBELLI NELL’ UMBRIA, ECC. 237

di S. Eutizio (1), di S. Pietro in Ferentillo e di S. Quirico,
‘essendo il suo priore Nino accusato di ribellione, di enormità
e di delitti, e quella di S. Crispolto, tutte riunite alla Camera
ducale (2). Forse la medesima sorte era serbata alla abbazia di
Montesubasio, il cui abate Pietro si era reso infamato, se il Papa
avesse vissuto ancora (3). Le clarisse di S. M. in Valle Gloria
presso Spello abbandonarono il monastero per abitare alcune

case più prossime alla terra (4). Molti conventi di frati minori, .

anche ne’ distretti di Nocera, di Spello e di Città di Ca-
stello, divenuti inabitabili per la guerra, si misero, con li-

nem eiusdem Monasterii...; conventui administratoribus etc. condecenter facias de
dictis fructibus, prout iustum et oportunum cognoveris, provideri ». Con la lettera
Bin data « X Kal. Jan. an. IX » incaricò il Rettore d'informarlo dove potesse trasfe-
rirsi la.dignità abbaziale (ivi c. 119 t. b.).

(1) S. Eutizio, luogo forte, pareva destinato ad abitazione del Rettore; « locus
est fortis pro habitatione Rectoris prefate provincie vel eius officialium ac securitate
fidelium earum partium, ipsorumque vitandis periculis multipliciter hiis presertim
temporibus oportunus cum suis fortaliciis, edificiis etc. — III Kal. dec. an. XII »
(Secret. Joan. XXII, VIT, ec. 77 t a.). Per le questioni insorte per lincorporazione
della badia di S. Eutizio vedi un mandato ad Ugolino eletto di Perugia per informa-
tiva (Lett. Com. di Giov. XXII, t. XXXVI, par. I, c. 640 « Idib. Jan. an. XV »). Il suo
abate, Margarito, fu deposto; poi appellatosi alla Curia romana, fu lasciato fino a
migliore informazione (Ivi, t. XXVIII, par. III, c. 76 t., t. XXXI, c. 48 t.).

(2 Il Papa chiedeva al Rettore informazione. « de statu et valore monasterii
S. Quirici Ord. S. Benedicti Assisinat. diocesis, nec non qualiter eidem Monasterio in
bonis et rebus suis collapso multipliciter... Id. octubr. an. IX ». Accenna in altra
bolla alle colpe del suo priore: « Rectori.... Ninus prior monasterii S. Quirici per
priorem soliti gubernari ord. S. Benedicti Assisinat. dioces. ad illicita indomita vo-
luntate dilapsus, nostris et E. R. rebellibus et hostibus manifestis adherere publice
‘ac eis prestare contra prefatam E. eiusque fideles auxilium... multipliciter non expa
vit, alios excessus varios et enormes et crimina detestanda, que in divine maiestatis
offensam ac nostram et E. memorate contumeliam et contemptum, sueque salutis et
fame dispendium et plurimorum scandalum redundare noscuntur nequiter conmi-
-ctendo. Nos autem... discretioni tue per apostolica scripta committimus et. manda-
mus quatinus super adhesione, consilio, auxilio et favore predictis, nec non et aliis

excessibus, criminibus et delictis, de quibus eundem Priorem repereris publice diffa-

matum summarie etc. veritatem inquirens etc. etc. — Dat. uts. » (Secret. Ioann. X XII,
vol. V, c. 110). Fu dato in commenda a Ugolino Baglioni monaco di Chiaravalle del-
l'ordine Cistercense, in diocesi di Camerino (Ivi, c. 325 t. b.).

(3) Il Papa su gli ultimi del suo pontificato domandò al Rettore informazioni
sul conto dell'ab. Pietro, « qui dilapidationibus bonorum sui monasterii et quibu-

sdam enormibus excessibus ab eodem commissis asseritur infamatus. — Non. Jun. an.

XVIII » (Secret. Joan. XXII, n. 117, c. 285).
(4) Lett. Com. di Giov. XXII, t. XII, c. 124.
238 : L. FUMI

cenza del Papa, in vendita (1) Revocati i privilegi del Du-
cato (2), cosi allora chiamavano le libertà comunali: molte
città distaccate da quella giurisdizione; la sede trasferita a.
Montefalco o a Foligno; la Curia vescovile menomata: di-
gnità e benefizi vacanti riservati alla S. Sede e a suo bene-
placito conferiti (1322) (3): più tardi, le rendite delle chiese sop-
presse. Rettore e Inquisitori accentravano in sé tutti i po-
teri pubblici. Il Rettore presiedeva alle appellazioni a biennio
e a’ giudizi contro il clero, tuttochè di spettanza de’ vescovi,
e a’ giudizi contro i vescovi stessi (4). De’ vescovi, Pietro,
citato dal Papa per indisciplina e per avere involato docu-
menti dalla Curia romana (5), scomunicato : Bartolo, suo suc-
cessore, denunziato per simoniaco. Dovevano i vescovi osser-
vare sentenze di scomunica emanate del Rettore contro ap-
pellanti da’ loro processi (6). Si videro "impediti nelle visite
pastorali (7). Così il Rettore rivestì autorità superiore ai ve-
scovi stessi, e ne abusava. Non aveva misura verso i prelati.
Gli si prescrisse di non procedere contro il clero se non

(1) Lett. Com. di Giov. XXII, t. XI, c. 210 t.

(2) Lett. Com. di Giov. XXII, t. X, c. 505.

(3) Lett. Com. di Giov. XXII, t. XXX, c. 429.

(4) Lett. Com. di Giov. XXII, t. X, c. 505 t. — Vedi anche le proroghe alla fa-
coltà di procedere contro chierici « VII id. decemb. an. IV » e di ricevere gli appelli
dai decreti degli ordinari « VIII id. decemb. II » (Ivi, c. 578 t.

(5) Secret. Ioan. XXII, vol. VI, c. 19 t. a. Contro il vescovo Pietro di Spoleto in
data 29 maggio 1317 il Papa diresse la seguenre ai « venn. fîr.... Assisinat.... et ful-
ginat. ac.... Interampnen. Episcopis etc. Ad laudem sibi videtur ascribere ven. fr.
noster Petrus Epus. Spoletanus quod de contemptu Sed. Ap. notabilis habeatur.... Idem:
Epus. ad inconsulta dilapsus post consecrationis munus apud sedem prefatam de
mandato nostro suscepto ab ipso non absque nostro et S. ejusdem contemptu de

Curia Romana recessit a nobis licentia non obtenta secum nonnullas scripturas Ca-

meram nostram et Collegium ven. cardd. contingentes confectas per eum diversis vete-
ribus temporibus deferendo... (Com. Io. XXII, an. I, p. I, c. 183); fu citato a compa-
rire in Curia entro il termine di due mesi.

(6) Lett. Com. di Giov. XXII, t. X, c. 596 t. « VIII id. decemb. an. III » e c. 508;
t. XII,-c. 802. :

(7) Vedi l'ordine al Rettore di desistere dall' impedimento della. visita al vescovo:
di Spoleto per pretesto dell' unione del monastero di S. Eutizio (Secret. Joan. X XII,

VII, c. 65).

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ERETICI E RIBELLI NELL' UMBRIA, ECC. 239

quando il Vescovo, richiesto, si rifiutasse. Non risparmiava
censure ecclesiastiche a' morosi di censi e di proventi dovuti
alla Camera. Ripreso dal Papa, fu obbligato a restituire somme
dovute al vescovo di Spoleto: una volta venne scomuni-
cato dal vescovo di Perugia. Incorse anche un altra volta
nella scomunica: sottopose alla tortura, per semplice sospetto,
un frate domenicano, della casa de' Manenti di Spoleto, poi-
ché in questi casi di sospetto l'autorità di procedere era
riserbata al cardinale Legato. Citó i domenicani stessi come
trasgressori dell' interdetto. Conferi uffici e potesterie ai suoi
familiari in pregiudizio della Camera. Avido di denaro, vessó
anche i più fidi. V'erano di quelli che, mossi da zelo, volon-
tari, davano l'opera loro contro banditi e ribelli: li aspetta-
vano al mal passo, li sorprendevano, li predavano. Mettevano
a repentaglio la vita propria per dar la caccia ai malandrini: .
le spoglie de’ malcapitati appropriavansele; ma il Rettore le
voleva per sè e le reclamava. Il Papa non glielo permise (1).

Giudicava gli ufficiali non solo durante la loro gestione,
ma anche dopo cessato il loro ufficio. Accadeva che i Pode-
stà, scelti, come il solito, fuori della provincia, sullo scorcio
della loro amministrazione, o non resistendo alle altrui
suggestioni, o per altro fine, facessero atti contrari alla
5. Sede e a favore dei ribelli; contro questi podestà o altri
ufficiali esercitava, anche fuori del Ducato, il suo potere tem-
porale e spirituale (2). Procedeva pure contro religiosi che

(1) « Rectori... Intelleximus quod nonnullos de provincia ducatus Spoletani...
qui non absque personarum suarum periculis ob devotionem E. zeloque accensi fidei
Catholice circa captionem et retentionem illorum rebellium et hostium Dei et eiusdem.
E. sancte sue nuper facientium per provinciam ipsam transitum, se viriliter exponere
curaverunt, ad restituendum tibi spolia per eos ab eisdem rebellibus et hostibus capta
compellere ipsosque multipliciter occasione huiusmodi satagis molestare etc. (mandat
quatenus desistat) Dat. Avinion. Non. Jan. an. XIIIJ — ». Al medesimo di nuovo sotto
la data « VIIJ Id. februar. an. XIIIJ », e a] Tesoriere: « super spoliis restituendis fi-
delibus qui ceperunt eosdem, Rector rescribat velociter » (Secret. Ioan. XXII, vol. VII,
n. 115, c. 67 t e 68).

(2) « Rectori. Auditui nostri apostolatus innotuit quod interdum Potestates: et
offitiales, qui in ducatu Spoletano... de alienis partibus assumuntur eorumque. fa-
940 L. FUMI

ricevevano legati e maltolti (1), e contro predicatori che anda-
vano sottilizzando in questioni dialettiche, in fondo alle quali
fermentava il lievito dell'eresia. Di questi tali ne incontra
spesso nel Ducato: sono chiamati lupi in veste di religiosi
che insidiano al gregge del Signore. Ma quando procedeva
contro eretici o sospetti, comunicava i processi all’ ufficio
dell’ inquisizione, nè senza di lui poteva stringere composizioni
l'inquisitore (2). Spesso fra Rettore e Tesoriere non correva
buon sangue. L'uno voleva immischiarsi nelle cose dell’ al-
tro; il Rettore s'impacciava nelle riscossioni, il Tesoriere nel
governo. Il Papa stabili che quando il Tesoriere dissentisse,
il Rettore potesse far da sè solo; l’altro si limitasse a pagare
e a rivedere i conti degli ufficiali minori (3). Diffidava, però,
e di questo e di quello. Anche contro il Tesoriere il vescovo
di Perugia oppose la scomunica, che fu dal Papa revocata, per-
chè nessuna autorità spettava a’ vescovi sull'ufficio papale (4).

milia, presertim cum sint in fine sui officii, contra honorem E. delinquere nón ve-
rentur, de quibus cum extra fines decrete tibi provincie se subito transferant ne quis
ut expediret iustitiam ministrare, nostre igitur provisionis remedio super hiis postu-
lato, discretioni tue contra tales procedendi spiritualiter et temporaliter etiam extra
ducalem provinciam, sicut videris expedire, plenam tibi concedimus... potestatem.
Kal. Jun. an IX ». (Secret. Ioann. XXII, vol. V, c. 158 t. D.),

(1) « Rectori quod citet perentorie fratres, monasteria et alios qui legata et male
ablata recipiunt ac si essent ad hoc deputati. — Kal. jun. an, IX » (Secret. Ioan. XXII,
V, c. 177 b). i

(2) « Petro de Castaneto rectori. — Ut super negotio fidei, quod ubique cupimus
prosperari contra quascumque personas de ducato nostro Spoletano... de heresi vel

fautoria hereticorom delatas vel suspectas, quavis sinistra suspitione cessante, purius .

procedatur, volumus tueque discretioni tenore presentium concedimus potestatem,
quod una cum dilecto filio inquisitore heretice pravitatis in eis partibus... procedere
valeas, contra tales districtius inhibentes ne prefatus inquisitor cum aliquo vel ali-
quibus compositiones absque tuo consilio in eodem ducatu presumat facere ratione
criminis antedicti... Dat. IIIJ id. nov. an. XVIIJ ». (Secret. Ioan. X XII, n. 117, c. 280).

(3) Secret. Ioan. XXII, VII, c. 43 a « XIII Kal. febr. an. XIII ».

(4) « Episcopo Perusino... quod processus excomunicationis factos contra the-
saurarium Spoletani ducatus... pretextu quarumdam litterarum nostrarum, que tibi
ad instantiam dilecti filii Benedicti de Montemartano super prioratu Ecclesie S. Cy-
priani de pede Campelli Spoletane diocesi, ad nostram Cameram pleno jure, sicut as-
seritur, spectante, directe fuisse dicuntur... revocet, cum nullam habeat potestatem
in officio Pape. Dat. Avin. non. aug. an. XIIIJ » (Secret. Joan. XXII, vol. VII, n. 115,
c. 66 t). -

iiw ERETICI E RIBELLI NELL’ UMBRIA, ECC. . 241

E scomunica il Papa minacció con lo sfratto a Pietro Maynad,
troppo restio a render conto della sua amministrazione, tuttochè
chiamato più e più volte in Avignone (1). Sostituito da Pietro
Castagneto, costui fu peggiore ancora: uomo parziale, odioso»
fece esecutore delle sue intemperanze il Maresciallo della Cu-
ria, per le quali Ugulino Trinci ebbe a sbottonar forte col
Papa; e questi, che già deplorò le disonestà di quest’ uffi-
ciale (2) impensierito per gli scandali che si temevano, am-
moniva severamente e rimuoveva il Maresciallo, nel cui
luogo voleva una persona che temesse Dio, che amasse la
giustizia, non condannasse innocenti e assolvesse rei, nè lu-
crasse ai propri guadagni (3).

L/ ufficio dell’ Inquisizione dipendeva dai francescani. Fu-
rono inquisitori nel 1325 Pietro da Perugia, nel 1326 Francesco
da Montefalco, nel 1351 Bartolino di Giovannello, penitenziere
pontificio, e nel 1355 Simone di Filippo da Spoleto. Altri frati
facevano parte dell’ ufficio. Non potevano essere rimossi dal
provinciale senza licenza espressa del Papa. A fra Simone fu -
accordato rimanere solo, perché non fosse impedito dall’ inqui-
sitore ordinato per il ministro provinciale (4). È rammentato
fra Giovanni Fidanzola levato all’ insaputa del Papa, il quale

(1) Il Legato ebbe ordine di notificare a Pietro Maynad la sollecita partenza alla
volta di Avignone per presentare i conti, pena la scomunica (Secret. Joan. XXII,
n. 117, c. 11 t.). I termini della lettera al detto Rettore sono i seguenti: « Petro etc.
De te miramur admodum quod recepto mandato per quod iniunxisse tibi memini-
mus ut nos certificaturus de statu et negotiis ducatus nostri Spoletani ad nostram ac-
cedere presentiam procurares presumpseris non sine magne temeritatis audacia re-
manere Quocirca tibi sub excomunicationis »c privationis beneficiorum tuorum ec-
clesiasticorum que obtines penis, quas te nisi mandato presenti cum effectu parueris
incurrere volumus ipso facto, districte precipimus et mandamus, quatenus ad nostram
venire studeas absque qualibet cunctatione presentiam, raciones tuas de omnibus per
tein ducatu nostro Spoletano receptis et administratis paratus Camere nostre reddere
reliquaque prestare ac facere et complere que rationis equitas suadebit. — Dat. Avin.
VJ Kal. Januar. an. XVIJ » (ivi, c. 12).

(2) Arch. Segr. Vat. Privil. Rom. Eccl., Ann. XXXV, III, c. 348.

(3) Arch. di Perugia, boll. di Giov. XXII, « VI Kal. aug. an. VI »; Secret. Ioan.
XXII, n. 117, c. 284, « XII Kal. maii, an. XVIII ».

(4) Secret. Ioan. XXII, n. 117, c. 251. « Id. febr. an. XVIII ».
242 L. FUMI

volle saperne il perchè dall’ abate di S. Pietro di Perugia (1).
Vescovo e inquisitore erano due anime in un nocciolo, ma
non sempre li troviamo in amplessi. Una volta che l in-
quisitore volle procedere contro gli eredi di Arriguccio,
il vescovo negò il consenso: l altro ricorse al Papa ed
ebbe tutta per sé la ragione. Ne’ casi sospetti 1’ inquisi-
tore chiamava a consiglio il Rettore; né senza di lui po-
teva venire a composizione. La prudenza li faceva dipen-
dere, in questi casi, dal parere del Legato. Inquisitori, Rettore
e vescovo insieme istruivano i giudizi contro i fraticelli, i
quali erano messi in un fascio co’ beghini di Francia (2). Suda-
vano a redigere le sentenze due notari; uno per minutare
gli atti, un altro per pubblicarli e riporli in quaderni. Una
bolla tolse agli inquisitori la facoltà di scomunicare ufficiali
papalini senza espressa licenza della S. Sede, la quale, nei
casi, nominava espressamente quel tale ufficiale e diceva il
motivo onde lo reputava colpevole. A ciò si venne dopo che
fu scomunicato da fra Matteo domenicano il Rettore di Ma-
rittima e Campagna, Guglielmo da Buleto. Quando accadeva
che eretici di altre provincie venissero a mano de’ nostri,
si spedivano ad esaminarli agli inquisitori o al Rettore re-
spettivi. Ma quando Visso tornò ad bonam frugem e acchiappò
e consegnò un marchigiano fautore di eretici, si voleva piut-
tosto far venire gli inquisitori della Marca nel Ducato, per
maggiore sicurezza. Molti del clero incapparono ne’ lacci del-
l’inquisizione; l'abate benedettino di S. Giuliano al Monte,
che fu destituito, e il monastero incorporato alla mensa epi-
scopale a compenso maggiore della pieve di S. Fortunato,
di già annessa alla Camera apostolica per edificare la fortezza
di Montefalco; l' abate del monastero di S. Stefano in Man-
zan9; labate di S. Eutizio, del cui forte castello doveva il

(1) Secret. Ioan. X XII, VII, c. 436, « Kal. mar. an. XIII ».
(2) Secret. Ioan. X XII, n. 117, c. 249 « V id. febr. an. VIII ».

——
rom

ERETICI E RIBELLI NELL' UMBRIA, ECC. 243

Rettore (come dissi) fare la sua rocca, ma poi fu la difesa

del capitano di Montagna; l' abate di S. Pietro in Montemar-
tano; il priore di S. Pietro di Spoleto, Ruggero d’ Abruna-
monte, de’ più accaniti ribelli, che violò l' interdetto e seguitó
ad ingerirsi nell’ amministrazione de’ benefizi (1); il canonico
della stessa prioria di S. Pietro, Alberico di Simone, anch'esso
de’ capi della rivolta e che si era provato di occupare a
forza il monastero di Montemartano, e i canonici della catte-
drale, Balduccio Gentili e Berardo Alberici. Di altri, del
tempo dello scisma, dirò a parte. Si trovano, fra’ laici, pro-
cessati alcuni mercanti todini, per somme da essi ritenute
come provenienti dai figli di Pietro d’ Ancarano eretico.
‘Questi, condannato già precedentemente alla rivolta, era poi
caduto nelle mani del Rettore e rimase incarcerato e privo
de’ diritti civili ed ecclesiastici. Cola di Pietruecio da Mon-
teleone, tuttoché i ricchi e nobili consaguinei suoi si offrissero
con grandi somme a riscattarlo, ebbe la forca. Contro Be-
rardo, signore d’ Arrone, che passava per un pezzaccio (vi-
rum nephandum), l Inquisitore si recò in persona a Terni per
allestire i processi, accusatolo di fautoria d’ eretici e de mul-
tis articulis. Ricco e potente, non era facile snidarlo dalle
sue rocche. Purché le cedesse, il Papa gli menava buoni
i processi dell'inquisizione e gli offriva una somma in com-
penso de'feudi per i quali Spoleto avrebbe pagato un occhio.
Ma più spesso erano le vittime dell’ inquisizione a snocciolare
denaro per colpe, più o meno provate, di coscienza, spesso
assai opportune per aver pretesto di punire quelle politiche
e accrescere il peculio per via di composizioni. Quando erano
ebrei cólti a dir male del Papa, o donne accagionate di aver
commercio con essi; quando erano preti, frati, abbati e mo-
naci caduti in peccato di adulterio; quando gente golosa
Scoperta a mangiar carne di venerdi, e via via. Per queste

(1) Lett. Comm. di Giov. XXII, t. XXIV, par. IT, c. 640 t. « XIII Kal. jun. an. X »,
e c. 641, 643 t., 040 t. È
244 L. FUMI

ed altre taccherelle l'inquisizione incassava di buoni redditi.
Fin dal primo tempo del pontificato di Giovanni, francescani
e domenicani (come è detto) andavano debitori di grandi
somme. Forse per questo motivo, di somme dovute, cioè,
e non versate intieramente, il Papa aveva ordinato, nel 1319,
di procedere contro gli inquisitori, denunziandoli scomuni-
cati (1). Dalle parole con che il Papa esordiva alla sua costi-
tuzione « Angit nos multipliciter » si vede e la gravità della
rivolta religiosa e politica dell’ Umbria, e il bisogno del de-
naro per reprimerla. Ecco i precisi termini adoperati da lui:
« Ci preme grandemente il cuore la imminente e inevitabile
necessità della Chiesa romana, a cui fanno impeto i suoi
persecutori con intollerabili angustie e con continue vessa-
zioni, straziandola con crudelissima empietà fino alle più
intime viscere. Flagellata dai flutti di tanta tempesta, ha
bisogno di procacciarsi gli aiuti di una opportuna sovven-
zione. A sostenere il pondo di tanto dispendio, quanto è co-
stretta. subire di continuo per le crudeli oppressioni degli
infedeli e dei ribelli, non può, scarsa com'è di mezzi, bastare
per sé medesima, né vuole, daltronde, farsi a. stender le
mani, come i mendicanti ». Quindi il clero del Ducato fu
costretto sovvenire alle strettezze della S. Sede con le ren-
dite dei benefizi vacanti. Il collettore ebbe facoltà di esigere
anche col sequestro, salvando soltanto calici, croci, vasi sacri,
libri o vestimenta e beni mobili di uso giornaliero (2).

(1) Vedi per tutte queste notizie i Registri del Ducato pubblicati da me, e vedi
sette documenti concernenti la facoltà al Rettore Rinaldo di esigere il rendiconto:
dagli inquisitori (Lett. Com. di Giov. XXII. t. IX, par. III, an. IJ, c. 472 t.).

(2) Vedi le lettere di Giovanni XXII, « VIII Kal. febr. an. V », e « Kal. apr.
.an. VII, in Arch. Segr. Vatic., Arm. XXXV, n. 3. Privilegia Rom. Eccl. c. 342 t. e sgg.
La costituzione « Angit nos multipliciter » dicesi tolta dal Registro della Curia ge-
nerale del ducato, il quale Registro aveva questo titolo « Hic est liber sive quaternus.
Registri litterarum ducalis Curie preceptorum, commissionum, relationum et aliarum
diversarum scripturarum dicte Curie factus et compositus tempore Rectorie r. p. et
d. n. Johannis de Ametio arch. for. Spoletan. ducatus Rectoris per S. R. E. generalis,
sub examine nobilium et esapientum virorum. d. Petri d. Anestaxii de Interamne et

TUNIOUUETÜRDECIENECOS

m
rr.

retains ma



EREIICI E RIBELLI NELL’ UMBRIA, ECC. 245

Tali memorie che rispecchiano il trattamento usato ai
ribelli giovano à dare un'idea meno indeterminata della ri-
volta che agitò Assisi e Spoleto; ma non ci danno un quadro
della vita tempestosa, ricordata nelle parole pontificie so-
prannotate, in ogni parte del Ducato. Dicemmo già’ che
la guerra di- Assisi e di Spoleto non fu una mossa par-
ziale, ma collegata al moto della Marca, moto assai più tor-
bido, e delle altre popolazioni dell’ Umbria. Dove le storie ci
fanno difetto, i documenti, riempiendo le lacune, ci provano
che in tutto il periodo del pontificato di Giovanni l' Umbria,
come d'altronde tutta Italia, era in preda a rivoltosi, ad anar-
chici e à miscredenti superstiziosi. Riassumendo le notizie
registrate dal Rettore e quelle contenute nei bollari avigno-
nesi, si ha una cognizione sufficientemente esatta delle cose.
Il fuoco appare or qua or là: non v'ha luogo, peraltro, per
piccolo che sia, dove non penetri, sfavillando, la scintilla.
Gli ufficiali della Chiesa inseguono, battono, reprimono per
impedire che l’ incendio divampi. Sembra che abbiano a far
con gente stanca di ogni freno: non regola al pensiero,

nessuna temperanza negli atti, francandosi da ogni legge

umana e divina. Nè patti, nè convenzioni serbati fra Comune
e Chiesa; non riconoscimento della costituzione del Ducato;
invano il Rettore convoca le comunità al parlamento; invano
chiede il loro contributo ai pesi pubblici: non imposte all’e-
‘ario, non taglie e leve all’ esercito. I Comuni si fanno giu-
stizia da per sè, non volendo limiti a’ loro magistrati, sopra.
ai quali è la Curia generale del Ducato per le cause mag-
giori e per l'appello: nessuna osservanza alla legge eccle-
siastica che interdice e anatemizza; libertà nella vita in-
dividuale che vuole trascorrere senza rispetto alla roba del
vicino o del viandante; libertà di vita che più piace quanto

d. Conati de Narnia judicum et assessorum dicti d. R, et eius Curie predicte, et scri-
ptas per me Johannem m. Bensivenuti de Monticulo not. et officialem dicti d- Rectoris.
et Curie surrascripte, sub a d. Mm. cCc. xxriuj, ete. ».
na eee Us LIBRE LOBO MAL IZ

ritiro.

L. FUMI

più rotta a spirito di vendetta e a licenza di istinti. I co-
rifei dell'idea ghibellina, più fanatici ed esaltati, aizzando le
masse, giudicavano buono ogni spediente che conducesse a
scuotere il principio d’autorità fondato altrove che nei ca-
noni imperiali. Invano il Papa metteva in sull’ avviso, pre-
scrivendo a Comuni e a particolari di non riconoscere altra
autorità che quella degli officiali messi dalla S. Sede o da
questa confermati (1). I guelfi, esagerandosi, inasprivano il
conflitto che volevano represso. Il periodo che noi studiamo è il
momento del maggior contrasto ; contrasto d' idee e di principî,
cui corrisponde contro la violenza rabbiosa de’ signorotti
l'affermarsi di ordini ringiovaniti e fatti gagliardi dal con-
cetto giuridico che si affacciava allora della democrazia. E
appunto il concetto democratico che vien fuori dalla contesa

fra il Bavaro e Giovanni XXII. E il principio della sovranità

popolare come vera teorica; é la vera teorica dei diritti non
più dell'impero, ma dello Stato. La lotta che si avviva al-
l'avvicinarsi di Ludovico in Italia e minaccia di travolgere
le basi dell’ edificio politico e religioso, annunzia l avvenimento
di un’altra éra che farà capo al rinascimento e alla riforma.

Proviamoci, intanto, a ‘tracciare le linee del quadro
che allora offriva il Ducato, seguendo, più che è possibile,
la successione degli anni. Primo a scuotere la soggezione
è Gualdo di Nocera (1318). Fortunatamente, esso dà un
buon esempio: il dissidio con la Curia è dato a comporre
a’ dottori perugini. Lo imita la università di Andolina che
sottopone le sue questioni al famoso Jacomo di Belviso in
Perugia, il maestro di Bartolo. Ma Cerreto che rompe in
discordie civili è posto al bando. Sassoferrato e Visso che
rifiutano i censi sopportano poi impassibili 1 interdetto. Do-
vunque si affacciano sospetti. Foligno comincia a rumoreg-
giare: non vuole pagare i tributi; tenta di tirare dalla

sua Perugia; ma Perugia è prevenuta dal giudice generale

(1) Lett. com. di Giov. XXII, Liber Curiae, t. X, c. 485, « VIII id. dicemb. an. III ».

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ERETICI E RIBELLI NELL’ UMBRIA, ECC. 24T

del Ducato; con lui recansi dai priori il maresciallo, il te-
soriere e il notaro e sventano la pratica. Intanto Foligno,
sotto gli occhi del Rettore, sequestra cinquanta cavalieri
papali mossi alla volta di Cerreto e li volge contro la Chiesa.
Il Rettore è costretto a sloggiare di là; manda agli orvie-
tani; al Marchese, a Camerino e ad altri luoghi per due
volte di seguito; convoca il parlamento, spedisce a portare
l interdetto un suo balio, che sorpreso dal podestà di Foli-
gno è coperto di percosse, spogliato, minacciato di morte. I
ducali si rifanno, dando la caccia al capitano di Foligno,
riescono ad impossessarsene, e Foligno cede. Il Papa tran-
sige (1319) (1). Gubbio, Norcia, Bettona e Bevagna si rivoltano;
interdette, soffrono il guasto. Cannara, Spello e Trevi non
prendono parte alle spedizioni militari. Assisi e Spoleto in-
Sorgono in quel modo che s'é detto. A Gualdo Cattaneo il
figlio di un canonico a capo di grossa compagnia fa impeto
sulla terra e disordina (1322). Castel Litaldo e Rocca S. Giu-
liano per la loro defezione attirano lo sdegno del Papa che
ne vuole la distruzione, poichè quei castellani sono recidivi,
avendo »ochi anni prima sostenuta una guerra, nella quale si
impegnarono le forze di Perugia, di Foligno, di Bevagna, Mon-
tefaleo e Trevi (2). Castel di Monte è tradito: è tradita Rocca
Arrona (1323). Cascia non cura l’ interdetto. Pomonte è messo
a rumore; Montefalco si agita. Monticolo, Giano e Castel-
bono rifiutano di andare alla guerra per la Chiesa. Norcia
ricetta Federico di Montefeltro. Bevagna contrasta il passo
al maresciallo. Perugia si crede in diritto d'invadere terre
e castelli (1324). La Montagna di Spoleto é in continua ri-
volta e richiama contro di sé un nuovo ufficiale, il capitano

(1) Il Papa propose a Foligno, se gli piacesse, il pagamento di 150 fiorini d'oro
all'anno come transazione per la terza parte dovuta sulle condanne, sui bandi, sa-
lari e pedaggi (Secret. Joan. XXII, VI, c. 20 a, « Id. mar. an. XI »). Volle istrumenti
di obbligazione (ivi). V. anche la lettera a Foligno « XVII Kal. apr. an. XI ». (Ivi, c. 22 b.).

(2) Vedi nell’ arch. di Perugia, contratti, BB. n. 8, cap. 33, n. 9, cap. 35. — THEINER,
Op. cit. I, 523.
248 L. FUMI

di montagna, carica militare, amministrativa e giudiziaria
con referenza delle cause maggiori alla Curia ducale. Il Ret-
tore chiede si rimedî a questo universale scompiglio, e si
provvede delle compagnie militari di Guglielmo Aramandi
e di Mignotto della Lana; si munisce di armi e di istru-
menti d'assedio; fortifica Montefalco e vi fonda coll'arte di
Lorenzo Maitani una rocca; innalza il cassero a Spoleto e a
S5. Martino (1), munisce Collesirio e Tarano; acquista le roc-

«che di Arrone e di Collelupino, rafforza le mura di Peru-

gia e ne demolisce altre, fra cui quella di Antignano. Riduce
in concordia Baglioni con Trinci, conti di Marsciano e signori
di Spello, per averli amici e alleati. Si rivolge a Firenze,
in Romagna, nella Marca; ma quivi i travagli sono ancora
maggiori e bene spesso di là vengono a lui richieste per
aiuti: il vescovo di Rimini alle domande non sa rispondere
se non che egli stesso è alle strette, caduto com’è in di-
sgrazia del Papa. Rocca Pece e Rocca Battiferia danno asilo
a’ ribelli. Da capo Nocera, Visso, San Quirico e Bevagna tri-
bolano il Rettore. Gubbio tassa il clero: interdetta, taglieg-
gia i consanguinei de’ preti; Pirocchio è presa da’ ghibellini,
Spoleto non vuole più saperne di ufficiali perugini, respinge
podestà e giudice d'appello, facendo andare su tutte le furie

il Rettore (2): contrasta alla Chiesa Monteleone, Montesanto:

(1) « Thesaurario ducatus. — Insinuatione dilecti filii Iohanni de Amelio etc.
percepimus quod pro magna utilitate E. ac securitate fidelium expediret quod in ca-
pite castri S. Martini quedam rocha nomine R. E. construeretur, parva tamen et fortis,.
que modicis fieri poterit sumptibus, cum magna ibidem copia lapidum et aliorum

necessariorum pro edificio perficiendi huiusmodi habeatur, quodque rocha seu for--

talium Collissiri certis apparatibus utiliter et necessario noscitur indigere, etc. — I1J
Kal. nov. an, XIIIJ ». (Secret. Joan. XXII, VII, c. 05 t. b.).
(2) 1226, msrzo 4, c. 41 t. — « Cum dd. Priores artium et C. P. sit requisitum

per ambaxiatores d. Ducis ducatus Spoletani quod cum C. et homines Civ. Spoleti'

recusaverint recipere Potestatem de Perusio et observare alia que in licteris papalibus
continentur et ipse proposuerit excomunicationem et interdictum in eos, et nichilo-
minus intendat violenta manu procedere contra eos.... delib. quod solemnes amba-
xiatores vadant et ire debeant ad civ. com. et homines de Spoleto ad rogandum et
inducendum eos ad recipiendum Pot. de Perusio et ad hobediendum licteris d. pape,.
et elegerunt ambaxiatores ituros ad dictum Civ. Spoleti et ad d. Ducem predictum...
nob. et sap. vivos d. Berardum d. Guidonis de Corgno militem et d. Iannem d. Sensi iud..
ERETICI E RIBELLI NELL UMBRIA, ECC.

e Sellano. Paterno va in mano degli esuli spoletini. Arrone
non cede che per denaro (1325). La Spina sta co’ rivoltosi.

Argento di Campello solleva la terra. Berardo Arroni torna

al vomito. Monte S. Martino discaccia gli ecclesiastici. Monte
M. Maria resiste (1326). L’abate di S. Croce si insignorisce
di Sassoferrato. Vinto e preso un castello, sfugge l'altro di
mano: punita la disubbidienza di uno, trasgredisce l'altro:
Gli insorti vincono oggi dove soggiacquero jeri; lasciano e
prendono con la stessa facilità. Minacciandosi un'invasione
dalla Marca, il Papa consigliava il Rettore a trasferirsi a
Gualdo di Nocera con tutta la curia per chiudere e guardare
i passi (febbraio 1527), mentre il Vanurense, nunzio a Ge-
nova, doveva, subito spediti quegli affari, recarsi nelle parti
del Ducato.

! Ma se terre e castelli cedevano al primo urto, le città
resistevano a lungo. Norcia, trattata con riguardo dalla
Chiesa, é detta ingrata dal Rettore che, al fine, si vide co-
stretto, per domarla, convocare il parlamento: Gubbio, Fo-
ligno e Spello promisero ingrossare l'esercito con 300 sti-
pendiari contro quella città, che aveva portato la guerra
Sopra Ussigni, devastato e arso il castello, uccisa una parte
degli abitanti, gli altri fatti prigioni, distrutto S. Fortunato
e battuta Cascia. Fatta tregua in sullo scorcio del 1327 e
nell’anno seguente percossa da quel terribile terremoto che
fece (secondo gli storici) migliaia di vittime, aveva nel 1329
ripresa tanta forza, da correre nuovamente alle ostilità, so-
stenendo con le armi i proprî diritti su i feudi dipendenti
dalla ricca abbazia di S. Eutizio. Poichè per il pretesto della
unione di questa alla Camera ducale, il Rettore (dice il pon-
tefice), ingiustamente, impediva in varî modi il Comune e
molestavalo sopra alcuni castelli, rocche, ville e beni appar-
tenutigli fin dal tempo antico (1). Il Papa rimproverava l' uno

(1) « Rectori. — Comune Nursie gravi conquestione monstrarunt, quod tu, pre-
textu unionis'et incorporationis Monasterii S. Eutitii Spoletan. dioc. eiusque iurium
per nos dudum certis causis rationabilibus factarum nostre Camere, predictos Comune
Z 3 L. FUMI

e l’altro; non voleva si guerreggiasse, additava le vie del
diritto e della giustizia davanti alla sua curia. Ma la guer-
riglia era continua, guerriglia di ricatti e di rappresaglie.
Un giorno il Rettore mandó un suo familiare nobile, Ame-
rico da Savignaco, con alcuni cavalieri al castello di Campi
per eseguire certi ordini. Si riseppe a Norcia, e bastò per
convocare il Consiglio, armarsi e muovere contro il castello:
Americo fu fatto prigione e con tutti i suoi menato in
città (1). Poi coll’ aiuto de’ ribelli assediò Collesirio, lo sforzó
e lo prese, adducendo a Norcia nuovi prigioni quasi tutti
vassalli dell abate di S. Eutizio (1330) e conquistò il castello
di Campi (2). Un'altra volta prese il Capitano di montagna,

in quibusdam castris, villis, rochis et bonis suis, que ad ipsos pertinuisse asserunt
ab antiquo, impedis contra iustitiam multipliciter et molestas. Cum autem ipsi a te
super gravaminibus et molestationibus huiusmodi ad Sedem Apostolicam appellasse
dicantur, nosque super hoc apud Sed. eandem certos concessinus auditores... man-
damus, quatenus Comune, pendente causa super dictis gravaminibus in R. E...., nullas
inferas... novitates. « Non. martii an. XV ». (Secret. Ioan. XXII, vol. VII, c. 121 t.).
— Eid. — Com. Nurs. potestariam Pontifici commissa, ydoneo viro committendam
curet. uts.

()« Rectori. — Ad nostri apostolatus auditum pridem relatio fidedigna produxit,
quod cum tu nuper dilectum filium x. v. Aymericum de Savignaco familiarem tuum
cura nonnullis aliis equitibus ad castrum Campli, ad nos et R. E. pertinens, pro exe-
cutione quarumdam licterarum per nos tibi directarum facienda, misisses, Comune

Nurcie, nondum obliti nec verentes eandem E. iniuriis lacescire, comunicato ac de-.

liberato consilio in arenga comunis Nursie, ut eorum verbis utamur, ad dictum ca-
strum hostiliter et proditorie venientes, ipsumque castrum intrantes, Aymericum et
equites prefatos tunc quiescentes ibidem ceperunt, ipsosque captivos duxerunt Nur-
siam, ubi eos adhuc detinent captivatos in divine maiestatis offensam, nostram et E.
prefate iniuriam et scandalum plurimorum etc....,quod moneat eos sub pena priva-
tionis privilegiorum seu libertatum ut Aymericum et equites pristine libertati indi-
late restituant. — IIIJ Id. martii an. XIIIJ ». (Secret. Joan. XXII, VII, c. 66 t.).

() « Rectori. — Fide digna licet infesta relatio perduxit nuper ad nostri apo-
stolatus auditum, quod dilecti filii Com. Nursie Spoletan. dioc. fortalicium roche Col-
lissiri ad nos et R. E. pertinens pleno iure per dictum Comune in nostrum et eiusdem
E. manifestum preiudicium occupatum tibi nondum restiture, quamvis requisiti,
super hoc extiterint, non curarunt..., quod moneat ut dictum fortilieium una cum
vassallis guayte Abbatie tibi nostro et eiusdem E. nomine restituant.... XIIIJ Kal:
aug. an. XIV ». (Secret. Ioan. XXII, VII, c. 66 t.).

« Cum castrum Campli ad nos et R. E. pertinens pleno jure per dilectos filics
Comune Nursie... occupatum... mandat restitui etc. ».

« Com. Nursie. — Cum castrum de Campi... per vos detineatur... occupatum...
hortatur quod predictum castrum rectori Spolet. restituant ».

M cce dex n
ERETICI E RIBELLI NELL’ UMBRIA, ECC.

Bonifacio de Buono, che andava recando, di commissione
del Rettore, certe lettere: le intercettò e obbligò il malarri-
vato ad inghiottirle, maltrattandolo e percuotendolo senza
pietà (1). Con Cascia pareva combinata la pace (9 ottobre
1330): vi si era intromesso direttamente il Pontefice. Norcia,
da lui favorita, s’ offri a lui, in riconoscenza, assoggettandosi,
col contado, per tutta la vita del Papa, e gli conferì l’uf-
ficio di Potestà; ed egli l'accettó e ne rimise la scelta al
Rettore. I casciani ne arrabbiano. Si mettono all’ imboscata,
e al passaggio di una nobile comitiva di norcini che traver-
savano quel territorio, li arrestano, li predano e li mandano
in carcere (2). La guerra si rinfocola: Nocera rivaleggia con
Norcia per Collesirio. Il Papa torna a raccomandare la calma
e addita la via del foro, piuttosto che contendere per forza
d'armi. Vietó ai nobili d’ inimicarsi: raccomandò al Re di

« Hominibus castri de Campi... quod rectori pareant ». (Ivi, c. 68).

« Com. Nursie... ut restituant in libertatem captivos » (c. 68) etc.

« Com. Nurcie... Nuper coadunatis nobis nonnullis nostris... rebellibus ad
fortzlicium Collissiri... more hostili et cum armis publice accessistis, et obsidione
ibidem posita, idem fortalicium sic viriliter... debellastis, quod ipsum cum omnibus
fere vassallis monasterii S. Eutitii O. S. B. tunc existentibus infra fortalicium supra-
dictum cepistis ipsaque retinuistis et retinetis... XJ Kal. maij, an. XIIIJ » (c. 68 t.).

(1) « Rectori... Cum autem intelleximus quod Com... Nursin. suis juribus et
terminis non contenti ad E. offensas et iniurias temerariis ausibus aspirantes pridem
quendam baiulum, quem... Bonifatius de Buonio capitaneus in provincia de Monta-
nis sub tuo regimine consistente apud Nursiam tam ex officio curie sue, quam ad
nonnullorum instantiam destinasset, Nursini predicti eundem ceperunt baiulum vio-
lenter, et ipsum litteras, quas portabat, comedere in Dei et E, contumeliam compu-
lerunt, eum nichilominus sic acriter et crudeliter verberando et male tractando, quod
vix poterit ex hiis evadere casum mortis... nec hiis contenti, ad occupationem ter-
rarum R. E. suas tendere insidias... fidelesque... a sua fidelitate divertere... pro-
cedat contra Nursinis... IIJ id. sept. an. XV ». (Secret. Joan. XXII, VII, c. 120).

(2) « Rectori. — Cum nonnulli homines terre Nurcie per territorium terre Cassie
transitum facerent, Comune et homines dicte terre Cassie hostiliter et proditorie in
eos cum armorum violencia irruentes, tresdecim homines dicte terre Nursie et quam
plures alios simul per dictum territorium transeuntes derobaverunt ac equis, pannis
et aliis pluribus bonis violenter et nequiter spoliarunt, quatuor de melioribus homi-
nibus terre Nurcie tunc captis et ductis ad dictam terram Cassie, ubi detinent capti:
vatis... quod... justitiam exequatur contra cassianos. — Non. martii; an. XV ». (Se
cret. Ioan. XXII, vol. VIl, c, 121 t.) Vedi PATRIZI- FORTI F., Memorie di Norcia —
Norcia, 1809, p. 170.
2959 L. FUMI

Napoli e. al Marchese della Marca la caccia ai norcini che
rifugiavansi in quelle parti: confiscò i beni ai più audaci
nell'una e nell’altra città, Norcia e Nocera; ordinò di procedere
contro il Comune e i cittadini di quest’ ultima che se li appro-
priarono (1): fece demolire la torre di Collesirio e proibi a Nor-
cia di rifabbricarla. Ma avrebbe ritornati quei cittadini nelle
Sue grazie e ribenedettili, purchè, come già resero Poggio-
valle, restituissero Collesirio e promettessero di non offen-
dere il castello di Monte S. Martino, tornati che furono a
danneggiarlo dopo fatta la pace (2).

Tanto ardore di contese a mano armata destato su i
confini del regno dava buon giuoco ai regnicoli di occupare
Guarnello e le rocche di Arrone a danno della Chiesa che

1929

invano ripetevale come sue (1334) (3).

(1) « Rectori. — Relatione fide digna percepimus, quod propter rebellionem du-
dum per nonnullos Cives Civitatis Nucerine adversus R. E. factam bona ipsorum
fuerunt eidem E. confiscata, quodque dilecti filii Comune Civitatis eiusdem et certe
ipsius singulares persone eadem bona indebite occupata detinent, fructus eorum per-
cipientes in preiudicium E. prelibate. Quocirca mandamus quatenus, si est ita, eosdem
Comune et singulares personas ad restituendum bona huiusmodi eidem E. ac satisfa-
ciendum sibi de fructibus inde perceptis, nisi aliud proponant et probent rationabile,
quod restitutionem et satisfactionem predictas impedire debeat, previa ratione com-
pellas » (Secret. Ioan. XXII, vol. VIJ , c. 341 t.).

(2) Del riacquisto di Monte S. Martino ebbe merito un Nicola di Giovanni di quel
luogo, e il breve seguente ci offre un esempio delle rimunerazioni largite dal Papa
a’ suoi fedeli: « Nicolao Joannis de Castro Montis sancti Martini laico spoletane dioc. —..
tua siquidem nobis dudum exhibita petitio continebat, quod propter fidelitatem et de_
votionem quas tu ad eandem gerebas... E. tui et tuorum exilium et alia dampna
gravissima tam in morte tuorum, quam bonis etiam passus eras, quodque castrum
Montis sancti Martini... rectoris ad tua et tuorum operatione fuerat ad dominium
et devotionem nostram et. E.... reductum. Quare nobis humiliter supplicasti, ut,
horum consideratione, molendinum situm in castro Vissi... et quasdam possessiones
et terras sitas in eiusdem comunis Vissi districtu ad predictam E. immediate spectantia
et per obitum q. Scorne laici spoletani, qui ex concessione apostolica sibi ad vitam
suam sub certa pensione annua facta tenebat dum viveret, ad eandem E. legitime de-
voluta, tibi in emphiteosim sub certo censu annuo concedere dignaremur... nos, sub
annuo censu duorum solidorum cort. concedimus etc. — XVIJ Kal. semptemb. an. XV ».
(Secret. Ioan. XXII, vol. vol. VII, c. 122 t. b.).

(3) Il papa invitò il re di Napoli a restituire le rocche con lettera in data. « IIIJ
id. aug. an. XV » (Secret. Joan. XXII, vol. VIII, e. 96). Lo pregò a tenervi lontani j
reatini « IIJ Id. sept. an. XV » (Ivi, c. 88 t.). E nuovamente nella forma seguente an-
che per l'occupazione di Guarnello: « Regi Sicilie. — Serenitatem Regiam alias re-
ERETICI E RIBELLI NELL’ UMBRIA, ECC. 253

Questi erano gli effetti delle confische di castelli e terre.
I signori e gli abati tentavano rioccuparle. I Comuni che
avevano diritti da esercitarvi reclamavano quei diritti; nè
è mancato mai ad ambiziosi un buon pretesto di legalità o
di legittimità per invadere e ritenere per forza il possesso
altrui. Questi erano, sopratutto, i frutti che davano gli esilî
e le proscrizioni. Specialmente i mille e più spoletini tenuti
fuori della patria mantenevano viva l'agitazione intorno alla
loro città. Il Papa turbavasi molto per il ricetto che facevano
di costoro le comunità e le persone particolari della pro-
vincia, e ordinava al Rettore di emanare moniti contro di
esse. Tutti quegli esuli, ribelli alla Chiesa e amici d eretici,
gente scomunicata, diceva il Papa, tenendo conventicole se-
grete, e uscendo dai loro covacci come volpi, insidiavano i
fedeli pontificî, ne invadevano i beni, commettevano delitti
orrendi e mulinavano trattati. Pure nulla è stato a noi traman-
dato che riveli uno scopo determinato, o un’intesa comune. È

‘la parte ghibellina che stimando arrivata I' ora sua si afferma

dove può, aiutandosi dei rancori degli esuli che, raminghi, non
hanno altro scampo che nella loro stessa disperazione: «na
salus victis nullam sperare salutem! Agitandosi potevano spe-
“are solamente il rimpatrio e il ritorno al potere. Ma sono forze
sparpagliate. Manca la compagine. Dov? è un centro, da cui
il moto, organizzandosi, irradî? Non si vede chi guidi un’azione
capace a dare uniformità di mezzi per un fine unico e pre-
ciso. Il conte di Montefeltro prima, poi il vescovo di Arezzo
furono veri capitani di parte. Ma il Conte morì lasciando

quisivisse recolimus et rogasse ut Castrum Guanelli et Rochas Arronis sitas in ducatu
nostro Spoletano, ad nos et E. R. spectantes, que jamdudum per gentes tuas Regias
occupata fuerint restitui faceres rectori ducatus predicti. Sane cum ab hiis, sicut mi-
ranter accepimus, restitutio hujusmodi non sit facta, Regalem excellentiam iterato
requirimus et affectuose rogamus, quatinus restitutionem eandem sic celeriter et prom-
pte fieri Regia providentia faciat cum effectu, quod nos sinceram devotionem tuam
inde commendare merito valeamus, — Dat. IIIJ idus nov. an. XVIII » (Secret. Ioan.
XXII, dol. IX, c. 232). Altra sollecitazione ha la data « XV Kal. sept. an. XVIIJ » (ivi,
n 282. t.).

18
954 APR L. FUMI

in asso l'impresa; il Vescovo dopo la caduta di Spoleto, si
volse altrove. I ribelli, senza un capo autorevole, non furono
buoni che a snervare le forze del Rettore, costringendolo a
correre ora da una parte ora dall'altra a domare solleva-
zioni che si succedono o si sovrappongono. Nei Comuni v'é
chi sfugge ai pesi divenuti intollerabili; v'è chi subisce o
respinge nuove tirannidi; v'é chi segue la febbre delle espan-

‘sioni oltre confine. Ciascuno sembra voler far da sè. Ma ecco

apparire un tentativo per un movimento collettizio. Viene
dalla parte di Spello. Ivi un nobile signore, il cavaliere Ja-
como di Andrea, regge, a nome della Chiesa, la forte e
grossa terra. È insidiato, e l’insidia muove da preti della
peggiore risma e da loro nepoti. Si associano alla congiura
contro di lui profughi assisani e spoletini uniti con uomini
audaci e maneschi. Ma, quel che è peggio, si fa loro capo
un uomo di molto conto. È Offreduccio di Spello. Costui,
canonico burgense, insignivasi di molti benefizi; aveva titolo
di scrittore del Papa e faceva parte dell’ ufficio dell’ inquisi-
zione come primo notaro. Era stato anche priore della cat-
tedrale di Spoleto per favore de’ ghibellini, e dopo la caduta
di questa città, si era goduta la prebenda ottenendo dal
Papa la dispensa dall’ obbligo della residenza. Poi avevala
rinunziata, certamente costrettovi, nelle mani del cardinale
di S. Maria in Via Lata (1). Il suo antecessore, fatto segno
agli odî de’ parenti di Offreduccio, era stato ucciso da loro. Mi-
nistri delle scelleraggini di Offreduccio erano, co’ suoi stessi
fratelli, un Pietro Monalducci, canonico nocerino, e i fratelli
e i nepoti di costui. Che cosa non si disse di questo sciagurato
canonico! Sodomita e corruttore di teneri fanciulli sacrificati

(1) Vedi il privilegio concessogli per i suoi meriti verso la S. Sede in data « No-
nis Maij an. XI » (Lett. com. di Giov. XXII, t. XXVI, par. II, c. 293): per accettare la
sua rinunzia al priorato di Spoleto ebbe facoltà il cardinale Luca di S. M. in V ia Lata,
« IV id. nov, an. XI » (ivi, t. XXVIII, c. 437): suo successore fu Puzzarello Nalli da
Spello, « III Non. decemb. an. XI » (Ivi, c. 519). Ottenne dal Papa la facoltà di testare
nell'ottobre 1329 (Secret. Joan. XXII, VII, c. 65 t. b.).
ERETICI E RIBELLI NELL’ UMBRIA, ECC. 255

al suo vizio in Perugia, a Foligno, a Spello, a Montefalco e in più
altri luoghi: corruttore di monache, contaminate nel mona-
stero di Santa Illuminata di Montefalco, nel borgo di detto luogo,
raggiungendole entro il sacro recinto e nell'orto, o tirandole
alle sue voglie in casa. Travestito alla brigantesca, cor-
reva agli stipendi e prendeva parte alle cavalcate, menando
le mani e bravando peggio di un soldataccio. Un altro
prete, lo stesso priore della cattedrale di Spello, un Maz-
zone, falsario e simoniaco, fabbricava bolle pontificie: in tal
modo si accaparrò il canonicato di S. Lorenzo. Come lui erano
tutti gli altri; tutti falsari e simoniaci. Usurai, infino a sei
e anche infino a otto denari per lira al mese; fornicatori,
barattieri, sediziosi, fraudolenti della peggiore specie. A loro
bastò l animo di falsificare il sigillo della curia, di cor-
rompere scritture, di occultare documenti pubblici in pre-
giudizio della Chiesa romana, della curia ducale, di comu-
nità e di persone particolari. Con siffatte tinte sono rappre-
sentati al Papa gli autori della congiura di Spello. Scoperti,
non furono subito puniti. Giurarono di osservare la pace,
firmata in pubbliche scritture. Non tennero il patto. Solle-
varono il popolo a rivolta; ma non riuscirono alla prima né
alla seconda ad uccidere messer Jacomo con tutta la fami-
glia e gli aderenti, come volevano. La imbrotcarono alla
terza, e alla fine il Rettore di Spello fu spacciato. Il Papa se ne
commosse: scrisse lettere di condoglianza ai figliuoli, Bar-
tolomeo e Oddone, quest'ultimo Podestà del luogo (1), ordinó

(9) « Nobili viro Oddoni de Spello potestati terre Spelli nostro et E. R. fideli. —
Non sine turbatione animi magna percepto, quod quondam Jacobus de Spello pater
tuus E. R. fidelis et devotus per quosdam proditionis filios et iniquitatis alumpnos
extitit horribiliter et proditorie, hiis diebus preteritis, interfectus, de casu dolemus
huiusmodi, et tibi, filii more paterno compatimur super eo. Sane quia casus inopinati
previderi non possunt, et judicia Dei sunt occulta, Nobilitatem tuam attencius exhor-
tamur, quod consideranter attendens, quod idem pater tuus, quamdiu vixit in devo-
tione et fidelitate persistit E. et sussistens in illa constanter, vite sue finivit terminum,
ex quibus sperandum est ipsum locum meruisse quietis, consolationes assumes in eum,
qui totius consolationis est pater, pro certo sciturus, quod, sicut patrem tuum pre-
dictum, sue devotionis et fidelitatis meritis exigentibus, dileximus, ita te, si vestigia
Zt L. FUMI

severa giustizia contro gli uccisori e voleva trasferire la curia
generale del Ducato nella rocca di Spello (1). Ma ivi ardeva il
focolare della lotta dei nemici di Giovanni d’ Amelio, arcidia-
cono provenzale, Rettore del Ducato. Riusciti ad intendersi
con molti, dando prova di abilità e di una costanza che non
temeva ostacoli, occuparono finalmente Spello e ordirono la
tela di una congiura contro il provenzale. Vi attirarono Gub-
bio, Assisi, Foligno, Gualdo, Bevagna, Collemancio, Cannara,
Limisano e tutta la valle del Topino; vi attirarono i signori,
fra i quali i Trinci. Ma ciò che più stupisce è vedere in
mezzo ad essi l’ alter ego del Rettore, consapevole e a parte
de' loro propositi, lo stesso tesoriere del Ducato, un prete della
Linguadoca, Pietro de' Maynad. Offreduccio, l'ingratissimo,
imprigionato, come capo della congiura, penó in fondo alle
carceri del Ducato, finché il Papa non lo richiese in Avi-
gnone per assicurarsi meglio della sua persona (2). Intanto la

ipsius immitari, sicut indubie teuemus, studueris, oportunis favoribus et gratiis pro-
sequemur. Ceterum dilecto filio Jotanni de Amelio archid. forroiul. ducatus Spoletan
rectori per licteras oportunas scribimus ut adversus proditores et homicidas dicti
patris tui exequendo justitie debitum, exacta diligentia, procedere non postponat. —
Dat. X Kal. maij an. XIII ». (Secret. Joan. XXII, vol. VII, c. 45 t. a.). Si ripetono al-
tre lettere ad ambedue i figli, Oddone e Bartolommeo, e al Comune di Spello, e si
raecomandano i figli al rettore (ivi, c. 06 t.).

(1) « Rectori. — Assertione fide digne relationis noviter intellecto, quod ille,
cuis commissum extiterat regimen terre Spelli, fuit, hiis diebus preteritis, rebus hu-
manis exemptus, discretioni tue per apostolica scripta mandamus, quod taliter eiu-
sdem terre regimini studeas providere, quod in devotione nostra et E. R. conservetur,
sublatis periculis, status eius, et tua propter hoc debeat cireumspectio commendari. —
XVJ Kal. maij, an. XIII ». (Secret. Ioan. XXII, c. 45 b.). Con la lettera « X Kal. maij »
gli ingiunse « quod contra interfectores Jacobi de Spello procedat, et acriter faciat » :
e di nuovo « X Kal. octub. » (ivi, c. 46 t.).

Imprudentemente il rettore avrebbe demolita la rocca di Spello, se il papa
non l'avesse in tempo impedito. « Rectori... Intelleximus quod valde utile foret du-
cali provincie si in loco Spelli, ubi esse Rocha fortissima dicitur, de bonis R. E. con-
structa, que in manu tua nostri nominis et E. memorate consistens cum modicis sum-
ptibus aptari posset, pro residencia Generalis Curie ducatus Spoletani predicta Curia
teneretur, — VIIJ id. febr. an. XIIIJ ». (Secret. Joan. XXII, vol. VII, c. 68).

(2) L' ordine di procedere contro Offreduccio é del seguente tenore: « Rectori. —
Perduxit nuper infeste relationis assertio ad nostri apostolatus auditum, quod Offre-
ducius de Spello, clericus Spoletane dioces., contra juramenta fidelitatis, qne in re-
ceptione officiorum tabellionatus et scriptorie liiterarum apostolicarum sibi gratiose

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ERETICI E RIBELLI NELL’ UMBRIA, ECC. 251

congiura aveva prodotto novità in Foligno, dove da qualche
tempo non spirava buon vento peri guelfi (1). Ugolino Trinci
e il suo nepote Corrado, che per lo innanzi erano stati dei.
piü fidi e forti campioni della Chiesa, uniti come erano
con Offreduecio, nell intento di farla finita co’ pontifici,
avevano ribellato Foligno e assaliti gli ufficiali del: Rettore.
Agguantarono un suo familiare, Massiolo Peroni, e lo trat-
tarono duramente. Cosi fecero con quanti loro capitarono
innanzi, ancorchè presentatisi in qualità di ambasciatori:
così volevano fare di tutti. Occuparono la rocca di Serra
Rotondola, facendo strazio di quelli che per la Chiesa la
guardavano; e mossi alla volta di Montefalco, dove il Ret-
tore stavasi racchiuso, la danneggiarono forte. Dierono mano
a spogliare mercanti di transito per il Ducato; attirarono a
sé con blandizie; spaventarono con minaccie; seminarono

odi contro il Rettore. Nemico della giustizia, il Papa chia-

mava Corrado Trinci, quando lamentandosi delle nefandezze
da lui compiute in Bevagna, ad offesa di Dio, a contumelia
della Chiesa e di quei luoghi, per domarne 1’ orgoglio, invo-
cava l'aiuto di Perugia, volendo dargli una lezione che sfi-.
dasse i secoli (2). Intanto, come eco di questo risveglio di

per Sedem Apostolicam concessorum prestitit, ingratitudinis vicium et reatum periurii
non vitando, temere veniens, ac Deum, nos et E. R. in sue periculum anime multo-
rumque pernicem graviter offendere non formidans, per plures et diversas commotio-
nes... quas contra nos... et officiales fideles et subditos... attemptari et fieri proditorie
procuravit et ex quibus vulnera personarum et strages, invasiones, depredationes bo- ©
norum, insultus et alia damna variaque pericula sunt secuta, statum eiusdem ducatus
turbavit, procuravit et fecit pacificum, diversos horrendos excessus nefandaque alia
delicta, scelera et crimina ibidem nichilominus committendo... Dat. Aven. Id. mai ».
(Secret. Ioan. XXII, n. 117, c. 30). V. il Processo in Miscell. Instr. 1324, febr. 10.

(1) « Rectori. Ex tuarum percepimus serie litterarum qualiter pridem ducali
provincia ex casu quo contigerit in florentino exercitu quadam formidinis turbatione
concussa mox obviando periculis imminentibus adhibere salubria remedia curavisti,

quodque fulginates remanserunt, qui jam disposuerant ad dictum exercitum proficisci,

qualiter etiam respondisti ad tuam: nuper presentiam accedentibus perusinis, nec non

et quomodo fraudibus proditoriis, quas Albericus Symonis de Spoleto et quidam emuli

E. circa captienem monasterii S. Petri de Montemartana temptaverant etc. — Id. no-
vemb. an. X » (Secret. Joan. XXII, vol. V, c. 327).
(2) Vedi Arch. di Perugia, Bolla di p. Giov. XXII, « II Id. martii, an. XVIII ».
258 L. FUMI

Foligno, lo. strepito di un tumulto in Spoleto richiamava
anche sull’ oppressa città la giustizia del Papa per punirne

gli autori e rivedere i conti agli eretici. Sappiamo che ivi

Argento di Campello era de’ più intolleranti contro la do-
minazione della Chiesa. Un giorno, mentre Massiolo nella
pubblica piazza difendeva i diritti della Santa Sede, si
levò Argento, e seguito da’ suoi nepoti e consorti, suscitò
il rumore. Massiolo fu morto davanti al palazzo del Pode-
stà (1). Argento co’ suoi, messosi in salvo, ebbe il bando
da tutte le terre della Chiesa; nè il Papa si stancò di rac-
comandare che fosse tenuto lontano da Spoleto (2). Veni-
vano, in appresso, nuovi ordini contro gli eretici, e si riassu-
mevano i processi contro la memoria di Arriguccio Abru-
namonti, per colpirne gli eredi. Quel tentativo, dunque, com-
piuto da Offreduccio, fu un avvenimento d'importanza. Lo
scopo di Offreduccio, priore, canonico, scrittore del Papa non
era diverso da quello di Guido Tarlati, vescovo; lo scopo del
Trinci non era dissimile da quello del conte di Montefeltro.
L'uno in abito talare, l’altro sotto la corazza; l’ uno addentro
nelle cose.di governo, l’altro esercitato in guerra; l' uno e 1 al-
tro esperti nelle arti della politica indirizzata alle vie di fatto.
Gettarono la rete ai Comuni e li tirarono a sè; maneggiarono le
armi; adoperarono le insidie. L’opera loro appare meditata
nel pensiero e messa ad effetto dietro un vero disegno politico
che nell'unione ricerca la forza. I Comuni seguirono quell’ in-
vito, perché avevano qualche cosa anch'essi, per conto loro, da

(1) Lett. Com. di Giov. XXII, t. XXXVIII, part. II, c. 321, « VIT id. martii an. XV ».

(2) « Vicerectori. — Fide digna relatione percepto quod Argentus de Campello
et Massotus Symonis de Spoleto et quidam alii nostri et E. R. ac civitatis nostre Spo-
letane rebelles ad eiudesm civitatem et dilectorum filiorum Comun. Spolet. aspirant
suis iniuriis, iniquis machinationibus, iniuras et offensa [inferendo], discretioni tue
per apostolica scripta mandavimus, quatenus eosdem rebelles a suis excessibus et te-
merariis ausibus spirituali et temporali «districtione, sicut ad tuum noveris officium
pertinere, cohercens, attente provideas, ne Civitatem eandem ingredi, quandium in re-
bellione perdurabunt huiusmodi, valeant, nec eisdem Civitati et Comuni inferre inju-
rias sive dampua. Dat. id. novemb. an. XVII » (Secret. Joan. XXII, n. 117, c. 31 t.).

Maium Ur memi Seve nn

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Ds Hija ime I. POP

ERETICI E RIBELLI NELL’ UMBRIA, ECC. 259

pretendere. I nuovi ministri mandati dal Papa a sostituire
Giovanni d' Amelio, che furono, al solito, altri due preti
francesi, Pietro da Castagneto, arcidiacono belluacense, e un
nunzio, Pietro Talliata, sacrista della diocesi di Castres, vol-
sero l'opera loro a rompere la compagine de’ Comuni. Av-
vinti questi dal sacramento della lega e confederazione giu-
‘ata nel secreto, si videro, loro malgrado, scoperti e costretti
a disciogliersi (1). Per la mediazione di Perugia, primi ad in-
frangere i patti furono Foligno coi Trinci e Gubbio. Gli
altri esitavano. Avevano ragioni da far valere? Erano i Co-
muni minori che aspiravano verso la libertà, non potendo
più reggere sotto il peso delle gravezze imposte dai proven-
zali? Nulla abbiamo di preciso che ci chiarisca la si-
tuazione di quel momento: ma sappiamo che i Comuni mi-
nori resistevano e volevano trattare. Quali erano le loro
proposte? Il Papa li voleva ragionevoli: non li poteva acco-
gliere se non alle condizioni degli altri, cioè agli stessi patti,
a noi ignoti, onde ricevette Foligno e Gubbio, se a/tro non
venisse da loro proposto di rationabile (2). Questa espressione
appunto rivela come il popolo avesse aspirazioni verso ideali
cui il Papa non poteva consentire, rammaricatosi cogli am-

(1) Riferiamo la memoria che fa il Papa della lega dei Comuni dall' esordio della
bolla di assoluzione: « Rectori (Petro de Castaneto) — Ad nostri apostolatus auditum
fidedigna relatione pervenit, quod dilectus filius m. Ioannes de Amelio etc. ducatus
nostri Spoletani rector. asserens quandam ligam per Comunia Eugubin. Assisinat. et
Fulginat. Civitatum, nec non terrarum et universitatum de Spello, de Gualdo, de Me-
vania, de Collemancie, de Cannario et de Limisano et de Valle Tupini castrorum in
dicto ducatu... existentium contra dictum mm. Iohannem factam et in contemptum
jurisdictionis, quam ipse in eodem ducatu tunc temporis exercebat, ac notorium E. R.
preiudicium et vilipendium temere attemptatum, contra prefat. Comun. occasione
ipsius lige et turbationes status pacifici dicti ducatus inde suborte procedens, ipse
ac Curia ipsius ducatus varios et diversos processus contra ipsos fecerunt, banna et
sententias, etc. etc. ... IJ Kal. apr. an. XVIIJ ». È compresa .nell'assoluzione anche
Norcia: avvisava che se con essa avesse composto, non intendeva derogare alla com-
posizione fatta (Secret. Joan. XXII, n. 117;: c. 280).

(2; « Preter formam quam tu (dice il papa al Vicerettore) in recipiendis aliis
observasti, nisi aliud proponeretur rationabile per eosdem » (Secret. Ioann. XXII,
ns5079:0:2901

Die AMNIS Cap aff Usa "

LITT eine
260 L. FUMI

basciatori, Francesco Vagnoli d' Assisi e Pietro cavaliere. di
bpello, oratori anche per tutti gli altri Comuni, di quelle
tali loro idee; li diceva sobillati da sovvertitori. Nel tempo
stesso dava ordini per trattar bene Assisi e risparmiare a
Spello le imposizioni: si badasse ad assumere ufficiali, pro-
curatori o avvocati da cui si temesse danno alle popolazioni;
levassero via quelli che c'erano, per non andare incontro
agli scandali; moderassero gli ufficiali della Curia ‘estorsioni
e gravami. Tutto ciò dice assai. Non si danno tali ordini se
non a chi abbia abusato a lungo del potere fiscale.. Do-
vevano esserne persuasi anche i perugini, se, per Spello,
proponevano al Papa che, come vicino a loro, venisse
affidato al regime popolare del capitano di parte guelfa (1).
Ma il Papa muniva quel forte castello, e vi sollecitava la
costruzione del cassero, come aveva vietato di distruggere la
torre di Collelupino e gli altri fortilizi che furono di Jacomo
suddetto (2).

(1) « Rectori. — Pridem litteras dilectorum filiorum Capitaneorum partis guelfe

Civitatis Perusine nobis directas recepimus, inter cetera continentes, quod tibi ‘effi-

caciter scribere dignaremur, quod castrum Spelli eidem Civitati vicinum ad populare
ipsorum regimen reducens pro viribus et Comune. Quid autem super hiis fieri deceat
probabiliter ignorantes, volumus tibique mandamus, quatinus si quod premittitur
cognoveris expedire, id solerti diligentia exequaris; alioquin quod reipublice potius.
ac dei bonorum et utilitati R. E. expedientius fuerit, solicite studeas procurare. —
X Kal. nov. an. XV ». (Secret. Ioan. XXII, vol. VII, c. 123 b.).

(2) « Rectori. — Per licteras diversas... personarnm pridem percepimus, quod
tu, nescimus quo ductus consilio, turrim de Collelupino et alia fortalicia, que fuerunt
q. Jacobi de Spelllo, que longe magis servari expedit, quam demoliri, R. E. utilitati
diligenter pensata, diruere proponis funditus, non sine multorum fidelium illarum
partium scandalo et periculo status pacifici partium earundem. Quocirca tibi districte
precipiendo mandamus, quatenus sicut nostram indignationem desideras evitare, a

dirutione dictorum et quorumlibet aliorum fortaliciorum, nisi super hoc a nobis li-

centiam obtinuisses expressam, prorsus studeas abstinere. Insuper, adiecentes premis-
sis, quod officiales Curie spoletane, ut ab extorsionibus et gravaminibus inferendis
eisdem fidelibus omnino desistant, efficaciter moneas et inducas attentius, etiam pro-

visurus quod officiales sive sint procuratoris seu advocati sive alii nulli assumantur

ibidem, de quibus possit esse presumptio, quod vellent quovis modo dictos dampni-
ficare fideles, et si qui inibitales forsan existant eos studeas, priusquam alicuius scan-
dali propterea, quod absit, materia oriatur, absque omni mora dispendio revocare.

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NE CIR REOR,

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m ERETICI E RIBELLI NELL’ UMBRIA, ECC. 261

Del resto, al fatto di Spello se ne collegano molti altri,
tutti più o meno dello stesso carattere violento di uomini
del clero o di consanguinei contro la Chiesa romana o suoi
ufficiali o aderenti. Basti citarne uno. La società de’ Bardi,
cambisti fiorentini, teneva i proprî corrispondenti a servigio
della corte di Avignone in Perugia. Questi avevano rimesso
due loro agenti con la somma di 3322 fiorini d'oro destinata
ad altri corrispondenti. Come essi furono a Bettona, ven-
nero svaligiati e battuti così, che uno rimase morto addi-
rittura, l'altro, assai malconcio, si mise in salvo, ma senza
che più se ne risapesse novella (febbraio 1332). De’ furfanti
tre si lasciarono sorprendere a Collemancio ; ma poi fu chiaro
che a quella preda non razzolarono soli. I nepoti del vescovo
Alessandro di Nocera v’ ebbero mano. Poteva essere una
specie di ricatto di quel vescovo, al quale pochi anni prima
(1329) la Santa Sede aveva sequestrato le rendite della mensa,
perchè si era appropriato indebitamente i frutti della mede-
sima del tempo anteriore alla promozione di lui, laddove
erano quei frutti riservati al Papa (1). I nepoti del vescovo
dunque ricettarono, sotto la sua protezione, i ladri nel mo-
nastero di S. Quirico, e con essi partironsi la bella somma (2).

Aveva quindi ragione Giovanni XXII di lamentare l'avi-
dità clericale. Preti e frati, esclamava egli, nel Ducato, in Pe-
rugia e suo distretto, erano accecati dall’ avarizia. E che non
facevano per carpire denari e procacciare alle prebende in

Nec enim possemus questiones, si que in antea nobis fierent de premissis equanimiter
tolerare, quin adhiberemus remedium super hiis oportunum. — IIJ Non. febr. an. XV ».
— In eund. mod. thesaurario — (Secret. Ioan. XXII, vol. VII, c. 123 t.).

(1) Secret. Ioan. XXII, vol. VII, c. 41 t. a, lettera al rettore e a Pietro Maynada
tesoriere « IIlJ Kal. decembr. an. XIII ».

(2) Vedi le notizie del furto nella lettera al rettore « IIIJ Id. aprilis, an. XVI » e
à Pietro de Talliata nunzio « VJ Kal. aprilis an. XVI »: al vescovo Alessandro di No-
cera « V Kal. maii an. XVI », detto che v' erano implicati, nel furto, i nepoti, il papa
lo esorta a cessare di proteggere e difendere costoro e procuri la restituzione delle
somme suddette (Secret. Joan. XXIl, vol. VI, c. 341 t. b., 344 b, 345 a). Vedi anche
nelia Lett. Com. di Giov. XXII (t, XXXXIX, c. 582) la lettera in data « II Kal. Iulii »
e l'altra del t. XLI, c. 259 t.
ie



262”. i L. FUMI

barba alla ragion canonica? Preti delinquenti si annidarono
nella montagna di Spoleto: uno di essi che incappò negli
sbirri, svelò le magagne degli altri. Gli stessi prelati allun-
gavano le mani sulle cose illecite: vescovi sul denaro de’ po-
veri; e abati contro abati, abati contro abbadesse (1). Per
giungere ad un vescovato si spacciò perfino la morte di un
vescovo. Il Papa cadde nell’ inganno, nominando al vescovato
di Foligno, vivente ancora l'ordinario, un altro vescovo,
traslato da altra diocesi e provveduta ancor questa con la
promozione di un abate: dopo appurata la cosa ognuno rimase
al suo posto e l abate si vide, per così dire, collocato è
partibus (2). Preti falsari di lettere apostoliche a scopo di
crear benefizi si scovarono in Cerreto, e un frate, già dai
tempi dell’ antecessore di Giovanni XXII, s' intendeva cosi
bene di quest arte, che riusci a sfratarsi fabbricando bolle
di Clemente V, come é accennato ne' registri del Ducato.
Dalle notizie che noi abbiamo messo insieme del tempo
di Giovanni XXII il profilo storico si disegna a tinte as-
sai fosche. È socialismo? È anarchia? Qualcosa di peggio

(1) « Hugolino abbati monasterii S. Petri perusinl et Iohanni de Amelio rectori
Spoletano... Nonnulli tam religiosi, quam clerici seculares infra provinciam ducatus
nostri spoletani ac civitatis Perusie et districtus eiusdem, avaricie cecitate seducti,
dignitates... et alia beneficia ecclesiastica..., aliquis absque institutione canonica,
«alii vero per impressionis dampnande vicium et nonnulli per symoniacam pravitatem
intrusi... indebite detinent occupata... Dat. Avin. XV Kal.jan. an. IX ». (Secret. Joan.
XXII, voli. V; c..78 t. b).

« Rectori... Cum sicut habet quorundam relatio nonnulli prelati Ecclesiarum
infra ducatum Spoletanum constituti, extendentes quandoque ad illicita manus suas,
aliqua conmictere non vereantur, interdumque pontificali dignitati derogant et ex
quibus scandala oriuntur, nec metropolitanis in partibus illis habeant qui excessus
corrigat eorumdem, nos... specialem tibi quod de huiusmodi excessibus commissis
et committendis, tuo durante officio, te informare ac veritatem inquirere summarie...
nobisque referre... plenam concedimus, tenore presentium, facultatem. Dat. Aven. IIIJ
id. nov. an. XVIII » (Secret. Ioan. XXII, n. 117, c. 280).

(2 Vedi l'atto con cui Giovanni vescovo di Nocera fu reintegrato a quella sede,
non ostante la traslazione fatta di lui alla chiesa di Foligno sotto falsa asserzione che

Bartolomeo Vescovo di Foligno fosse. morto, con la revoca della promozione a Nocera

di Ubaldo eletto di Forlimpopoli, priore benedettino dell'Isola di Gubbio (Lett. Com.
di Giov. XXII, t. XIV, par. II, c. 07 « Kal. Iunii an. V »).

Wort TERT
EEE E rire A cs
> ù i T 7 AEREA

i

TE TL ce

ERETICI E RIBELLI NELL’ UMBRIA, ECC. 265

ancora; perché sugli sfondi della tela rilevano figure di
uomini sagrileghi, lordi di sangue e lividi di vizi, non cu-
ranti se l' edificio simboleggiato dalle mistiche chiavi peri-
coli col vacillare del dominio. L' aureola del privilegio, rap-
presentato nel diritto d'immunità, che godono, li mette al
sicuro dalla legge: la giustizia davanti ad essi è disarmata.
E il male era comune in Roma stessa. Il senatore, fin dal
1520, diceva al Papa, che i preti, alieni da ogni buon co-
stume e dallo studio delle lettere, facendosi forti del loro ca-
rattere, tuttodi commettevano delitti con detestabile insania.
« Sappia (scriveva) che ve ne ha di molti in Roma, i quali,
muniti della semplice tonsura, non vivono da gente dabbene,
ma si fanno lecita ogni infamia più orribile in loro legge:
cinti d'armi, se la passano fra taverne e postriboli; entrano

in risse e fanno gli spadaccini; hanno mano a omicidi, a

furti, a rapine, a tutte le turpitudini. I giudici ecclesiastici
che fanno le veci di V. Santità non se la danno per intesa:
quando vengono accusati davanti alla curia del Campidoglio,
ci vediamo costretti a troncare a mezzo il procedimento,
protestandosi che spetta a loro; e così, con queste lustre, sif-
fatti uomini nefandi e scelleratissimi, a Dio spiacenti e agli
uomini, se la passano liscia, a disdoro della sedia apostolica
e a non piccola jattura del pubblico romano. E poi ci bol-
lano d'incuranti, se a tante enormità non si ponga modo
con la severità dell’ ufficio nostro! I Romani se lo hanno assai
per male, come di cosa orribile e molto abominevole, e ci

vengono a dire in faccia: Ecco questi mariuoli à quali si

millantano cherici e poi laicizzano: e' non vi ha chi torca loro
un capello del capo! Male, signori Senatori! Così non fu a
tempo di Bonifacio VIII quando si portò in Senato siffatta que-
stione! — Quindi (concludeva) se noi poniamo mano alle leggi
e siamo severi, ci si lasci fare, perchè non. si fa per de-
trarre alla libertà ecclesiastica, ma perchè non vorremmo che,
per risparmiare il braccio secolare, non avesse a venire, una
volta o l'altra, che il popolo stomacato di tanti eccessi
264 L. FUMI

- sì precipiti a furia non pure su di loro, ma se la prenda anche

con quegli stessi preti, cui sta a cuore l'ortodossia della fede» (1).
Epperó si deve concludere qui che, a traverso il disordine
di morale quella società, sovrabbondante di elementi di vita, il
male mageiore venisse dagli abusi del clero divenuto ormai
corrottissimo, per una parte, certamente la minore. Le disone-
stà nella vita privata, troppo frequenti, rivelate all’ Inquisi-
zione, e gli eccessi nella pubblica, a vista di tutti, di alcuni
orgogliosi chierici ghibellineggianti urtavano contro i principi
morali della dottrina religiosa, facendo più aspro il conflitto fra
Chiesa e Stato. Le passioni perturbavano gli intelletti, e lo sci-
sma si faceva strada per la licenza de’ costumi, per l’ avidità di

arricchire, per l'ingordigia del potere. Pur troppo la voce.

autorevole del solitario di Avignone rimaneva inascoltata! Lo
stesso sistema di legislazione del tempo, che permetteva com-
mutare le pene, componendole in denaro, non solo era insuffi-
ciente a sanare, ma aggravava il male. Come poteva esercitare
efficacia la giustizia, e come frenare il mal costume e conte-
nere le ambizioni, quando l' adultero o il facinoroso sapeva
bastargli. qualche fiorino d'oro a scontare il suo peccato o
a cancellare il misfatto? Quale prestigio circondava ormai
eli atti severi della sacra Inquisizione, quando sedesse a
quel tribunale un chierico dello stampo di messer Offreduc-
cio? L'interdetto e la scomunica, armi potenti in mano del
Vicario di Cristo, lasciati a farne strapazzo agli ufficiali mi-
nori, erano divenuti istrumenti irrisorî. Fra gli altri, il ve-
scovo di Foligno, colpito dal Rettore, ebbe a farsene beffe.
Il governo, quindi, perdeva tutta la sua forza, riposta unica-
mente sulla autorità morale. I ministri, ripresi e condannati,
quando il Papa li licenziava, era costretto circondarli di
cautele temendosi non li facessero a pezzi.
(continua). L. FUMI.

(1) Cod. D., 8,.17, Angelica FickER, Urkunden zur geschicte des Roemessuges
,K. Ludwig. des Baiern und der Ilalienischen Verhaeltnisse seiner zeit, Innsbruck, 1865.

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IDEs

ERETICI E BIBELLI NELL' UMBRIA, ECC.

DOCUMENTI

APPENDICE III.
I. [1322], luglio 27. Arch. Segr. Vatic. Privil. Rom. Eccl.,
Arm. XXXV, III, c. 348.

Giovanni XXII al Tesoriere per riparare agli abusi
e alle ingiustizie del Maresciallo della Curia.

Johanni de Amelio efc. ducatus Spoletan. Thesaura-
rio. — Intelleximus quorumdam assertionibus displicenter
quod Curie Spoletan. Marescallus ad luerum proprium

aspirans avidius, quam ad justitie debitum exequendum,

Abusi ed in-

giustizie del Ma-
resciallo.

? in ducatu Spoletan., cuius thesaurarius existis, composi-
tiones et finantias interdum recipit super excessibus et
delietis, et extorquere sibique appropriare presumit, ex ta-
libus varias pecunie quantitates innocentes sepius oppri-
mens, et nocentes in damnum reipubblice, quanvis ad

10 suum officium minime pertinere noscantur, dimittens; quod

egre ferimus si est ita. Cum itaque nostre intentionis

Riserva al Te-
soriere o al Ret-

tore le esazioni. ducatu continget per te et dilectum filium m. Raynaldum

existat, quod compositiones et finantie quas fieri in eodem

de Sancta Arthemia thesaurarium E. Novonien. Capel-
> ]anum nostrum, ducatus predieti Rectorem fieri et recipi,
dumtaxat habeant aut per te solum, eodem Rectore no-
lente, seu non valente interesse in illis, Nosque eidem
Rectori demus per alias licteras in mandatis quod dictum
Marescallum, eui nos recipiendi compositiones et finantias
20 aut quosvis delinquentes et facinorosos homines per se
expediendi in ducatu predicto exnune omnem interdici-
mus potestatem, ne talia vel similia decetero attemptare
Chiama il Ma- presumat, prohibent cum effectu; et ad reddendum de
resciallo à ren-

der conto e alla — predictis et aliis omnibus cameram nostram contingen-
restituzione del-

l’indebito. 2 tibus, usurpatis et receptis per eum prefato Rectori et tibi
TUUM

30

35

II. — [1324], ottobre 13.

L. FUMI

certam legitimam rationem, aut tibi solum si dictus
Rector interesse non poss:t seu nolit, illaque restituendum
et assignandum eum compellere non omittas, discretioni
tue presentium tenore mandamus, quatinus si dietus Re-
ctor in predictis aut cirea ea negligentem forsitan se
redderet vel remissum, tu ea exequi et complere, super
quo tibi plenam potestatem auctoritate presentium tri-
buimus, studeas diligenter nos certificare nihilominus
super his non omittas. — Data Avinion. vi Kal. augusti,

pontif. nostri an. sexto (1).

Arch. Segr. Vatic. — Cast. S. Angelo C.
fasc. 49 n. 1.

Informatio Rectoris Ducatus Spoletani contra

]] Vescovo di 5
Arezzo mandó
Potestà di Assisi
Vanne da Poppi.

Si servì del
tesoro pontificio
contro la città.

Fece a Vanne
di ritorno gra-
ziosa accoglien-
za.

20

Guidonem Episcopum aretinum.

— Epus aretinus sub a. d. m. ccc. xvInj de mense (/a-
cuna) quando civitas Asisii fuit occupata et invasa per.
Muccium d. Francisci de dieta civ. et reducta et posita
ad rebellionem contra S. R. E., ad requisitionem et pe-
titionem dicti Mucii misit fratrem Vannem de Poppio fa-
miliarem et sotium suum ad regimen potestarie dicte Civ.,
sub cuius regimine fuit derobbatus et captus thesaurum
E. R., qui erat in sacristia et loco fratrum mm. ord.
S. F. de Asisio, et quam plurimi alii thesauri diversorum
prelatorum et aliarum personarum; quorum thesaurorum
partem sibi retinuit et de alia parte stipendiarios conduxit
et tenuit. Qui thesauri vel saltim pro maiori parte fuerunt
missi Aretium ad conducendum stipendiarios equites qui
venerunt ad dictam civ. Asisii et ibi steterunt facientes

5 et commictentes iniurias, occisiones, concremationes domo-

rum et condempnationes et multa alia enormia contra
fideles E. in obprobrium et dedecus E. pred.; quem ser
Vannem redeuntem ab officio predieto prefatus Epus re-
cepit gratiosius solito.

— It. prefatus Epus Aretinus sub. a. d. m. cec. xx

(1) Pubblicata, sopra altro esemplare, dal THEINER, Op. cit. I, 517.
ERETICI E RIBELLI NELL’ UMBRIA, ECC. - 267

de mense martii, existente Civitate Spoleti in hostinata

rebellione contra S. R. E., ad requisitionem et instantiam

f quorumdam rebellium dicte Civ. Spoleti misit Petrum

SACE Sacconem, fratrem carnalem ipsius Epi., ad regimen ca-

pitano di guerra 25 pitaneatus guerre Spoleti sotiatum multitudine equitum,

quibus idem Epus stipendia ministrabat et dabat, qui Pe-

trus Sacconus toto tempore sui regiminis cum auxilio et

: consilio dicti Epi aretini dietam Civ. Spoleti retinuit in

rebellione prefata efc.

30 — It. de mense junii ad dictam civ. Spoleti efc. misit

Se Dolo Mo Mer multitudinem gentium equitum in subsidium et favorem

bile di cavalli. rebellium de Spoleto, cuius gentes constabilis extitit Lole
ser Maffei familiaris d. Epi aretini.

— It. multis diebus dictorum temporum misit eis mul-

da eU Tonne i ri- 35 tas personas et subventiones plures fecit ut se in rebellione

tenerent, et ambaxiatores suos trasmissit ad confortandum

predictos rebelles de Spoleto ut in rebellione persisterent.

1 ._, Sospirò cogli — It. sub a. m. ecc. xx nj de mensibus septembris
È interni di Spole-
È to per la resi- octobris novembris et decembris ac de anno presenti de men-
3 stenza contro la
Chiesa. 40 sibus januarii, februarii atque martii prefatus aretinus Epus

in reprobum sensum datus fecit conspirationem et. con-
iurationem cum olim intrinsecis spoletanis gebbellinis
notorie manifestis rebelllbus et hostibus S. R. E. et SS.

1 p; d. Johannis etc. contra memoratam E. et d. s. pontif.
4» et contra bellatores, adiutores et valitores adversus spo-
r letanos predietós pro R. E., ad hoe ut dicti spoletani
perseverarent in rebellione predicta, et ad mandata R. E.

et d. s. pontif. non redirent ac fideles supradicte E. de

ducatu dietosque bellatores efc. viriliter et propensius
50 offenderent ac etiam expugnarent.

lh Mandò :dena- — It. ecc. Spoletanis predictis ministravit et ministrari
Pa . TO, munizioni e : à : :
E aiuti. fecit multas et varias pecunie quantitates, multasque
| premunitiones atque auxilia efc. et cum dictis Spoletinis
participavit.

Prese la di- 55 — It.quod verbis, rebus et factis assumpsit probactio-
P fesa de’ ribelli.
[i nem et defensionem dd. Spoletanorum rebellium... ut

civitas prelibata in rebellionis predicte contagio procli-
vius perduraret.
rr—_—— ——__r===

—À ueris

uu

as V

DITTTISEECENGEECEUETEI

MN: Y2: Fd

268 L. FUMI

— It. quod dietis temporibus, opere, mandato, exor-
69 tatione, consilio, auxilio et favore prefati aretini Epi, non

Li fece aiutare nulle civitates atque castra prefatis rebellibus Spoletanis
con vettovaglie,

enar e muni vietualia, pecunias et premunitiones plurimas dederunt,
loni.

prestaverunt, ministraverunt et trasmiserunt, ac eisdem

rebellibus prestiterunt auxilia efc. contra mandata aposto-

[e
o

5 lica et ut in dicta rebellione firmius perdurarent, et ut.
fideles E. supradictos valerent severius offendere ac etiam
impugnare.

— It. quod propter auxilia etc. d. Epi et per dictas
civitates et castra adherentes et adherentia dicto Epo ac
70 dietis rebellibus, prefata Civ. Spoletaua mente hostinata

AE OE di in rebellione predicta induravit dictis temporibus, ac dicti

rebelles plurima homicidia, sacrilegia, robbarias, combu-

stiones et concremationes monasteriorum, domorum et

aliorum locorum de ecclesia ruinas fecerunt ec.

x
ot

— It. sub a. d. m. cec. xxIj misit numptios et licteras

Trattò con Fe- — Frederico de Monteferetro tune moranti in civ. Spoleti pro
derigo di Monte-

TOO ATC ed Capitaneo gen. dicte civ. tunc rebelli E. supradicte he-

retico et ydolatre et de heresi et ydolatria publice et no-

tarie condempnato, et eidem Frederico prestitit auxilium
5 |

e

et favorem.
— It. sub a. d. m. ecc. xx. misit equos et arma in
È Manco cavalli subsidium dictorum rebellium in exercitu supra castrum
pello. Campelli, quod tune detinebatur per fideles E. facto
per dictos rebelles ad expugnandum castrum predictum.
85 — ]t. quod de dictis mensibus seu altero eorum
promisit et convenit dietis rebellibus Spoletanis seu alie
persone recipienti pro eis, et cum eis pacta, conspirationem
Stipulò patti et coniurationem fecit offendere fideles de ducatu et ipsos

e congiurò con-
tro i fedeli del ^ progressibus bellicis prosequi, dictosque bellatores efc. et

Wed 90 bactifolla que erant contra dictos Spoletanos rebelles con-
structa ad.eorum rebellionem domandam agredi, expu-
gnare et invadere ac per dietam provinciam progressus
bellicos facere, propter que predieti rebelles in rebellione
per dieta tempora induraverunt et plurima detestanda

95 mallefitia conmiserunt.

— It. quod.... concitavit, induxit et excitatus fuit

"
|
= Stimolo alla
ribellione città e
castelli.

100

105

Un teste. —
'Giletto , conesta-
bile mandato dal
Vescovo e da Ca-
'struccio.

110

Mandò a Ca-
struccio a Todi
‘e Narni,

115

Presa di Cam-
pello.

120

Denaro dato.

Luoghi in aiuto* .

125

Stipendiari e
vettovaglie.

Cavalleria
batti folle.
130

Cavalcati sul
Trevi, Montefal-
co e distretto
di Foligno: Cam-
pello preso.

ERETICI E RIBELLI NELL' UMBRIA, ECC. 269

plurimas Civitates et plura castra in adiutorium et premo-
nitiones dietorum rebellium contra E. memoratam et in
dietis Civitatibus et castris seditionem ponere et ordinare
studuit, ad nutriendum, confovendum et adiuvandum
predictos Spoletanos rebelles et in offensam enormem et
eonfuxionem dictorum bellatorum ete....

— .... Nardus Secchapopuli de Spoleto testis.... vidit
quemdam conestabilem militum et stipendiarium, vid. no-
mine Gilectum Vasconem seu ultramontanum cum .l. mi-
litibus sotiis venire et stare in civ. Spoleti et dicebatur
quod eos ad dictam Civ. trasmiserat aretinus Epus et Ca-
struccius de Luca. Et erat positum Batthifolle in scoplo
sancti Nicolai supra Spoletum. Et iam erant mortui ca-
ptivi de Spoleto.

— ...q. miserat ad Castruecium de Luca et ad civ.
Tuderti ut iuvarent ipsos Spoletanos gebellinos et quod
eorum defensionem assumerent... et quod Narnienses ipsis
Spoletanis gebellinis intrisecis miserant certam quanti-
tam pecunie in adiutorium.

— ...q.eo tempore quo dictum castrum Campelli fuit
per ipsos Spoletanos intrinsecos gebellinos obsessum et
expugnatum Petrus Sacconus erat Potestas et Capit. Civ.

— ... q. dederat pecuniam gonfalonerio de Spoleto et
Berardo de Arrono et Gentilono de Trevio pro ipsis Spo-
letanis rebellibus ut in rebellione persisterent.

— ... Q. plures terre faciebant adiutorium Spoletanis
intrinsecis.

— .. qd. de pecunia eis data per ipsum Epum et
alios conduxerunt stipendiarios pedites ad custodiam
Civ. et emerunt victualia et foderum.

— ... q. Epus A. mictebat multitudinem equitum in
subsidium ad elevandum ipsa battifolia.... et q. promi-
serat ac etiam juraverat predicta.

— ... q. vidit Petrum Sacconem cum multitudine
equitum equitare ad castra Trevii et Montisfalconis (et
in distrietu civ. Fulgin.) et stare hostiliter supra castrum
Campelli... et ipsum expungnare.

, 19

ara

ENTE MN

ZGCCIDETIELIT AT
270 L. FUMI

Addimannol35 zs qwvidib, d: Addimannum cum .xr. vel.l. equi-
sopra Campello.

tibus venire in dieto exercitu supra castrum Campelli.
— .. q. cum aliquid cum ipsis Spoletanis gebellinis
. Non si tratta — tractabatur de pace fienda, respondebant... quod Civ. et
di pace senza il
Vescovo, nos et nostra posuimus in manibus ipsius.
140 — ... q. Epus d. promisit Herrigutio d. Abruna-
montis Gonfalonerio dietorum Spoletanorum gibellinorum
promesse e iuvare et defendere ipsos Spoletanos... et q. dederat pecu-
denaro dato.
niam Gentiloni de Trevio recipienti pro ipsis Spoletanis.
rebellibus.
145 — ... q. Epus promisit mutuare pecuniam necessa-

Denaro pro-
messo per di-

Bee ilbat- elevandum battifolla supra dictam civ. Spoletanam ; quam
olle.

riam pro conducendis tot equitibus qui sufficerent ad:

volebat, quod ipsi non tenerentur reddere nisi primo:
essent ipsa battifolla elevata, et de hoc Spoletani fecerunt
150 instrumentum syndicatus.
20 — .. q. miserat quemdam suum cappellanum in
S SD PEE ambaxiatorem ad civ. Tuderti ed ad civ. Narnie in subsi-
ni. dium et favorem ipsorum rebellium et ad inducendum
ipsas in auxilium ipsorum Spoletanorum.
155 — ... q. vidit numptium, qui veniebat ab ipso Epo
cum licteris ipsius Epi quas transmictebat Spoleti et nun-
o ond Eon tius dicebat horetenus quod Epus aretinus receperat lieteras
ab imperatore et quod ipse imperator mictebat vicarium
suum et quantitatem equitum in subsidium gebellinorum:
160 de Marchia et in brevi, et ipse Epus aretinus scribebat
Spoletanis alia multum bona.
— .. q. miserat ambaxiatores suos Narniam ad
rogandum Narnienses, quod auxilium preberent Spole-
Denari da Narni. tanis rebellibus et quod sibi mutuarent quandam pecunie
105 quantitatem Spoletanis et quam ipse Epus promictebat eis.
restituere, e& quam ipsi Narnienses rogaminibus et exorta-

tionibus dicti Epi dederunt Spoletanis certam quantita-

tem denar.
170 — Domp. Franciscus... quod Epus aretinus misit
Altro teste. — — Vannem de Poppio ad regimen civ. Asisii et q. sub regi-

Occupazione di ; AREA A ;
Spoleto. mine ipsius thesaurus fuit raptus, et quod ope et operatione-
U

ja

ERETICI E RIBELLI NELL’ UMBRIA, ECC. 271

ipsius Epi aretini multi equites venerunt Asisium ad rebel-
landum et depredandum totam ducalem provinciam, et
175 etiam ipsi equites missi ab ipso Epo aretino intraverunt civ.
Spoleti que tunc pacis amenitate gaudebat et ad servi-
tia et mandata R. E. et officium ipsius persistebat, et ean-
dem civ. invaserunt et homines et mulieres quam plures
interfecerunt, et plures depredationes et domorum con-
130 eremationes fecerunt et conmiserunt et ipsam civ. contra
R. E. in rebellione posuerunt.
meio ORI: — -« Q. civitas Tudertina, Narniensis, Interam-
mim in aiuto. pnensis et castrum S. Gemini dederunt et prestiterunt
auxilium, consilium et favorem.

185 — In palatio canonice maioris E. Fulginatis (1).
III. — [1325], luglio 25. Arch. Segr. Vatic. Secret. Joann. XXII.
è) (=) o

TE Veces 78l. a;

Giovanni XXII al Rettore del Ducato
contro Jacomo « Cini Malagalie » fautore d' eretici.

Rectori efe. Per tuas nobis licteras intimasti, quod
Comune et homines terre Bissi Jacobum Cini Malagalie

oriundum de Florentia, civem et habitatorem Civitatis

Lodasi per il
ritorno di Visso
all'obbedienza e
per la consegna
di Jacomo « Cini
Malagalie » fau-
tore d’ eretici.

Firmane, de fautoria hereticorum Marchie Anconitane

5 dampnatum, tibi duxerant assignandum, quodque pre-
dieti Com. et homines ad nostram et E. R. devotionem
et obedientiam, a quibus deviaverant improvide, saniori
dueti consilio, sunt reversi.

(1) Distacchiamo la particola dell'accusa contro il Vescovo dalla bolla citatoria
del 7 agosto 1324: (fasc. 49, n. 4). ...... « Rursus...... hereticis ac ydolatris de heresy ac
ydolatria condempnatis favore non est veritus ipsos in domo sua recipiendo publice,
ipsisque contra pref. E. et fideles eiusdem auxilia multipliciter ministrando. Idemque -
namque Epus dampnate memorie Fredericum ac Sperantiam de Monteferetro nec
non Borgarescium de Racanato hereticos et de heresi publice condempnatos ac re-
belles S. R. E. publicos et notorios publice in Epali palatio non est veritus receptare
eidem contra pref. E. ministrando auxilium .... super quibus... et per quos.... Deum,
E., fideles et devotos E. multipliciter impugnabat. — Dat Avin. 15 id. apr. an. 8o, —
XVI Kal maij a. 8» » (copia dell'ag. 8 1324).
L. FUMI

Nos autem diligentiam tuam super hiis in dominum

10 plurimum commendantes, discretioni tue per apostolica

scripta mandamus, quatinus predictum Jacobum, quem

carcerali custodia detines, sieut habet tuarum litterarum

series, mancipatum, dilecto filio Amelio, abbati Mona-

sterii S. Saturnini, capellano nostro, Marchie Anconitane

15 Reetori, per eundem Rectorem ac dilectos filios inquisi-

tores heretice pravitatis in eadem Marchia, auetoritate

Si mandi a apostolica, deputatos, prout rationis fuerit, puniendum,

"punire agli in- è : : ; :
quisitori della ^ restituere ac mictere, si tamen periculis quibuscumque ces-

Marca, o non po- ? È x
tendosi farlo con. santibus commode possit fieri, non postponas, alias autem,
sicurezza, si fac- è

ciano essi venire 20 nisi valeret idem Jacobus duci secure in Marchiam,

nel Ducato. : T2
volumus, quod inquisitores predicti accedant ad partes
Ducatus Spoletani, cuius Rector existis, et ibidem de
prefato Jacobo exhibeant justitie complementum.

Dat. Avin. vii Kal. augusti an. IX.

IV. — [1325], agosto 13. Arch. Segr. Vatic.
Castel S. Angelo C. fasc. 1, n. 1e 2.

Atto di accusa e condanna contro
gli autori della prima e seconda rivolta di Spello.

In Dei nomine. Amen. Hec sunt condempnationes efc.
facte efc. per nob. et sap. v. d. Sanctorus canon. maioris
E. Eseulane Spoletan. Ducat. in spiritualibus Vicarium
et in temporalibus judicem generalem per ven. p. et d

5d. Johannem de Amelio efc. Rectorem per S. R. E. gene-
ralem in prov. Spolet. Ducatus et ad procedendum, cor-
rigendum et puniendum ecclesiasticos et personas eccle-
siasticas in defectum prelatorum specialiter a d. n. s. Pon-
tifice deputatum efc. sub anno d. m. ccc.° xxv ind. vir,
10 tempore efc. Johannis... pp. xxIj efc.
Santoro cano- Nos Sanctorus canonicus judex et vicarius supradictus

nicod' Ascoli giu-
dice generale Sedens pro tribunali ad banehum juris more solito sub

della Curia del
Ducato deputato logia domornm canonice fulginatis ubi jus redditur infra-

a punire gli ec-
olesiastici scriptas condempnationes et sententias condempnationum

Le E,
—À e -—
ren v rat) ;

Giudica Pie-
tro Monalductii
canonico Noceri-
no, sodomita,

fornicatore
monache,

ERETICI E RIBELLI NELL' UMBRIA, ECC. 218

15 eontra infrascriptos homines et personas et de infraseri-

ptis criminibus, delietis et excessibus per eos et quemlibet
ipsorum perpetratos damus et proferimus sententialiter
in hiis seriptis in hune modum.

Detestandorum infrascriptorum delictorum et exces-

20 suum enormitas per Petrum Monalductii alias dietum

Macharelli de Spello Canonicum Nucerinum temerarie
commissorum, prout crebra fidedignorum relatio. ae mul-
torum insinuatio querelosa et fama publica ad nostrum
auditum frequenter adduxit, meruit ac rationabiliter nos

25 impulsit, ut contra eum procederemus previa ratione, ut

ipsius elata superbia per impositionem penarum congruam
edometur, et ne predictorum excessuum impunitas pre-
beret aliis incentivum devium delinquendi: ea propter
contra eum de infrascriptis delictis et excessibus ad nos

30 et nostram Curiam delatis per modum inquisitionis pro-

cessimus [ex nostro] et Curie generalis officio in defectum
Epi Spoletani eiusque Vicarii et sue Curie negligentis et
cessantis, de infrascriptis delietis et excessibus inquirere,

procedere et punire, in eo et super eo quod fama publica

39 procedente et clericorum insinuatione referente, ad aures

et notitiam Curie generalis et dicti d. Vicarii provenit
auditu, quod dietus Petrus, tempore in inquisitione con-
tento, tanquam vir in reprobum sensum datus, immemor

salutis eterne, in Civitate Perusii, in Civitate Fulginei,

40 in castro Spelli et Montisfalconis ac pluribus locis et terris

provincie Ducatus commisit cum pluribus et pluribus ac
multis et variis pueris erimen et scelus sodomiticum et
contra naturam.

Item dietus Petrus commisit fornicationem cum plu-

45 ribus et pluribus monialibus de Monasterio S. Illuminate

de Montefalcone in burgo Montisfalconis et domibus ipsius
et intus ipsum Monasterium, in orto Monasterii prelibati
et etiam cum quibusdam aliis, locis et temporibus in
inquisitione contentis... Ideo xpi nomine invocato pro.

50 numptiamus quod omnibus benefitiis ecclesiasticis... pri-

vamus... et in mille marchis de argento dandis et sol-

vendis thesaurario R. E... et ad destructionem et disci-
L. FUMI

È Hn deu ruiscE pationem omnium suorum bonorum immobilium, que

e enellzi ec-

clesiastici: mul- destruantur et deguastentur et ea destructa et deguastata

tato inmille mar-

che d'argento e 55 Camere R. E. confiscamus. Bona autem mobilia et semo-

condannato alla 2

confisca. ventia, iura et actiones predicti Petri nichilominus R. E.
confiscantes. Et quod si quo tempore pervenerit in for-
tiam Curie R. et dictam penam pecuniariam non solverit
infra decem ‘dies a die captionis ipsius computandos,

60 quod sit et esse debeat in perpetuo carcere compeditus

. Insolvible, — ferris in gambis et manicis, cibatus pane doloris et aqua

condannato . ai : : i ; È ;

ferri ein panee — angustie solummodo, ut de suis reatibus agat penitentiam

acqua.
salutarem etc.

65 Item detestandorum infrascriptorum delictorum et
excessuum enormitas per
Mazzonum priorem E. S. M. de Spello
Petrum Canonicum Nocerinum et
. Vangnolum filios q. Monalductii alias dieti Macharelli

70 de Spello ete.

Mazzone, prio- In primis dietus Mazzonus... pro falsitate usus fuit
re di Spello, fal- 3
| sario. quibusdam lieteris, falso modo et tacita veritate impetratis,

ex quibus dictus Mazzonus consecutus est beneficium cano-
nicatus saneti Laurentii de Spello et ipsum tenuit et
75 fructificavit.
Item predicti Mazzonus, Petrus et Vangnolus et qui-
libet ipsorum fecerunt [pacem] cum domino Jacobo de
Ruppero la Spello de omnibus iniuriis factis ab utraque parte et
pace giurata a
Jacomo di Spello... juravérunt corporaliter ad sancta evangelia tactis sacris
80 seripturis dictam pacem perpetuo firmam et ratam habere,
tenere et non ledere vel molestare et predictum d. Jaco-
bum, et nullum malum contra ipsum tractare palam vel
occulte, et deinde nulla nova causa precedente [ex parte?]
dieti d. Jacobi, tempore et loco in acta contentis, spiritu
85 dyabolieo instigati et Deum non habentes pre oculis...,
ipsi et quilibet ipsorum cum Gibellinis de Spello et Asisio
velia di e Eo rebellibus S. R. E., in qua rebellione civitas Asisii tunc
e di Assisi, manebat et cum certis specialibus personis, quorum no-
mina sunt penes nos, quod castrum Spelli (?) ponerent
90 in rebellione S. M. E. et per prodietionem daretur pre-
Condussero
malandrini.

Loro cospira-
zione; mezzi ado-
perati.

Aiutaronoi ghi-
bellini di Spo-
leto.

Uccisero il
priore di Spole-
1o:

Usurai.

Falsari.

Fautori di Fe-
derico.

95

109

105

110

115

120

125

-
x
x
mic
2

ERETICI E RIBELLI NELL' UMBRIA, ECC. 275

dietis rebellibus et quod ibi occideretur predictus d. Ja-
cobus et sua familia et sequaces qui ibi manebant, et ad
hec malandrinos conduxerunt; et per eos non stetit quo-
minus predieta conmicterentur, set fuit propositum et
per premissa nequiter degerantes et contra juramentum
proprium in opbrobrium dei et fidei xpiane subver-
sionem venientes.

Item predieti ete. tractaverunt et conspiraverunt
cum multis malandrinis de contrata et precipue cum re-
bellibus S. M. E. de Spoleto, quod terra Spelli fidelis
S. M. E. per proditionem caperetur et mieteretur in rebel-
lione et occiderentur homines de dicta terra Spelli ut
derobationes et alia proditoria (?) fierent, et ad predicta
multos malandrinos et homines male condictionis equites
et pedites requisiverunt et conduxerunt in civitate Asisii,
castro Bictonii et in civitate Tudertina efc.

Item.... dederunt auxilium, consilium et favorem
Gebellinis de Spoleto rebellibus E. R. ut Guelfos dicte
Civitatis expellerent et dietam Civitatem in rebellione
ponerent: qui Gebellini de Spoleto moniti a predictis pro
consilio et favore ipsorum dictos Guelfos expulerunt [dictam
Civ. in rebellione posuerunt et] multos homines occiderunt,
inter quos occiderunt priorem maioris E. Spoletane, cuius
vice per favorem gebellinorum et rebellium mag. Offre-
dutius frater supradictorum habuit prioratum dicte ma-
ioris E. Spoletan.

It. e£c. exercuerunt per se et alios usurariam pravi-
tatem mutuando libram pro sex denariis et aliquando
pro vrj den. pro quolibet mense.

It. e£c. tanquam falsarii conmiserunt plures et diver-
sas falsitates et aliquas in preiudicium S. M. E. et Curie
ducalis et multas in preiudicium Comunitatum et spe-
cialium de dieta provincia occultando scripturas que ad
nos non spectabant et multis pretio corruptis (?) subtra-
xerunt jura proventus et redditus Camere E. R. et Ca-
mere ducalis et etiam sigillum Curie falsificaverunt.

Item cum hereticus olim Fredericus de Montefeletro
esset pro capitaneo rebellium et infidelium Civ. Spoleti:
L.

FUMI

predieti efe. dederunt illi auxilium efc. et recipiebant et
130 receptabant suos et qnod licteras et omnia secreta fide-
lium S. M. E. revelabant.
It. etc. dederunt auxilium etc. et tractaverunt quod
Tagore. di due Monasterium S. Clerici positum in distrietu Bictonii ca-
nn EUER peretur per malandrinos et homines male conversationis.
: 135 et vite, et eorum consilio et favore multi malandrini de
provincia dietum monasterium ceperunt, occupaverunt et.
tenuerunt pluribus et pluribus mensibus.
DRM TURO adul- It. predietus Mazzonus conmisit adulterium et forni-
cationem eum pluribus mulieribus et precipue cum filia
140 Massuli Portuli in domo dicti Mazzoni posita in Mezoyta
etc. et in domo predicti Massii posita in dicto loco etc.
an. M. CCC. xviij. et xvImj et quolibet mense ipsorum.
It. predictus Petrus in habitu laycali et malandrino
Sp icostumni di ivit ad stipendia et in cavalcatibus ubi fuerunt facte
145 occisiones hominum, robbarie et incendia que ipse per-
petravit, et perpetrantibus dedit auxilium e£c. an. MCCC.

XXIV et Xxv.

Vagnolo ba- It. predictus Vangnolus etc. commisit et fecit multas.
rattiere, simo=
niaco ecc. baraetarias, symonias et inlicitas extorsiones ec.
150 Item quod predicti Mazzonus, Petrus et Vangnolus.

sunt et fuerunt homines seditiosi et symoniaci, et pluribus
et diversis ac variis criminibus, sceleribus et excessibus.
irretiti et qui continue seditiones et multa mala et scandala.
et guerras ordinaverunt in provincia dieti Ducatus, de qui-
155 bus omnibus sunt publice infamati. Super qua aecusatione
etc. testes recipi fecimus etc. (Condannati come sopra) (1).

(1) Fu attore Lillio Massioli come pro.re del nob. cav. Jacomo d? Andrea di Spello:
Offreduccio, Mazzone, Pietro e Vagnolo anpellarono alla Curia romana « super coniura
tione dictorum fratrum castrum Spelli expugnare et occupare nitentium, ibique commit-
tere homicidia et strages hominum, disrobationes etincendia, ac, ipso expugnato et oc-
cupato, rebellare contra R. E. et Rectorem eosdem, et ob hoc guerram suscitare ac facere
contra Ducatum, in turbationem et subversionem status pacifici.... Et congregata mi»
litum et peditum multitudine copiosa, manu armata, dicti loci seu castri territorium
hostiliter intraverunt et loco seu castro approximaverunt eidem, et, quantum in ejs fuit,
dederunt operam etc. castrum expugnare etc. et quod per eos non stéterat quom inus
premissa effectualiter implevissent, nisi eis vis hominum ipsius loci seu castri resistenter
obstitisset » (Lett. Com. Giov. XXII, t. XXXII, « VIII id. Martii an. XIII », C. 403). Ve-
dasi fin dal 21 dic. 1321 (Regis. duc. n. 21, c. 108 t) l accenno alle odiosità fra costoro.
COCN mor V om è y bs uy ^

BM E n p ra E

ERETICI E RIBELLI NELL' UMBRIA, ECC. : QUI

V. — [1326], marzo 1. Arch. Segr. Vatic. Secret. Joan. XXII.

V ec 02D 125D;

Giovanni XXII assolve il Rettore del ducato dalla scomunica
incorsa per avere messo alla tortura frate Manente da Spo-
leto de’ Predicatori.

Francisco de Montefalcone de ordine fratrum minorum inqui-
sitori heretice pravitatis etc.

Pro parte dilecti filii Johannis de Amelio archidia-

coni Foroiuliensis ducatus Spoletani Rectoris fuit nobis.

"humiliter supplicatum, ut cum pro eo quod dudum quem-

dam nomine Manentem de Spoleto de ord. predicatorum

? de subversione fidelium ducatus Spoletani verisimiliter

ei suspeetum exposuit questionibus tormentorum, scien-
Fr. Manente ter sententiam excomunicationis incurrit a canone pro-

accusato di sov-

versione de' fe- mulgatam, providere super hoc ei de absolutionis beneficio
deli e torturato

dal Rettore. dignaremur, nos autem huiusmodi supplicationibus in-

10 clinati, gerentes de tue circumspectionis industria fidu-
ciam in domino specialem, prefatum Rectorem hac vice
iuxta formam E. auctoritate nostra a predicta excomu-
nieationis sententia, iniuncta super hoc sibi penitentia
salutari, plenam et liberam tibi concedimus tenore pre-

1» sentium facultatem.

Dat. Avinion. Kal. martii an. x.

Arch. Segr. Vatic.
VI. — [1326], marzo 1. Secret. Joann. XXII. 'T. V. c. 325 t. a.

Giovanni XXII al Rettore del Ducato contro coloro
che predicavano errori.

Reetori efe. Ad audientiam nostram tua nuper insi-
nuatione pervenit, quod nonnulli pravitatis filii, ovinam
pellem sub religionis habitu pretendentes extrinsecus,
lupi vero rapaces intrinsecus existentes, decretam tibi
278

Proceda in via
sommaria contro
religiosi che pre-
dicandoinsinuas-
sero errori,

Salvo a comu-
micare i processi
all'utficio dell'in-
quisizione nei ca-
si dovuti.

VII. — [1326], settembre 4.

Giovanni

Si dnole che
gli usciti di Spo-
leto per ribeliio-
ne e per colpe
ereticali incorsi
nella scommuni-
ca sieno ricettati
da Comunità e
da persone del
Ducato nelle pro-
prie case.

L. FUMI

5 provinciam, velut ovile dominicum, sub hae fictione, pro

dolor, et simulatione subintrant, ut invenientes ibi sim-
plices fidelium animas quedam eis sub verbo predica-
tionis enuncient et sophisticis atque fallacibus suggerunt
argumentis, ex quibus ipsi fideles inducti, abiurata fide,

10]abantur in perfidie lubricum et a nostrorum ac S. R.

matris E. declinent semitis mandatorum. Cupientes ita-
que super hiis providere salubriter ae gerentes de tue
circumspectionis industria fiduciam in domino specialem,

procedendi contra tales simpliciter et de plano etc. tibi,

[911

auctoritate presentium, licentiam impertimur, contradic-
tores efc. Salvo quod si ad inquisitionis heretice pravitatis
offieium premissorum commissa circa communicationem
processuum super hiis habitorum servare statuta canonice

non omittas.

20 Dat. Avinion. Kal. martii, an. x.

Arch. Segr. Vatic.
Secret. Joan. XXII, Ivi, c. 326 b.

XXII contro le comunità e le persone ricettatrici

di ribelli ed eretici spoletini.

Rectori etc. Nuper ad nostri apostolatus auditum fi-
dedigna insinuatio protulit et insinuate rei materia mul-
tiplieiter nos turbant, quod nonnulle Communitates et
singulares persone partim decrete tibi provincie non

? attendentes quantum in hac parte offendunt deum, nos
et S. R. E., honori nostro et ipsius E. derogent quantum
incurrant infamie maculam, quantisque animarum pericu-
lis se exponant, non nullos exititios Spoletanos nostros

et E. prefate rebelles, qui tum propter ipsorum inobe-

10 dientias varias erga nos et dictam E. ac fautorias aliorum

nostrorum et E. prefate rebellium, dudum per nos seu
auctoritate nostra sententialiter atque legitimo de heresi
dampnatorum, tum propter ipsorum alia demerita scele-
rum detestanda nephandius noscuntur excomunicationis
‘Quivi tengono
‘trattati per. of-
. fenderela Chiesa
-@ i fedeli, inva-
‘derne i beni,
E prenderc e ucci-
3] :dere le persone.

Ammouisca
quindi le dette
comunità ei par-
ticolari.

15

20

2

e

[4]:

3


o

40

ct

ERETICI E RIBHLLI NELL’ UMBRIA, ECC. 279

incurrisse sententias, in domibus et terris suis recipiunt
et receptant. In quibus eum nonnullis aliis nostris et E.
pred. rebellibus et per se ipsos interdum consilia et trac-
tatus diversos se habentes et deum prodeuntes, inde, ve-
lut de latibulis tanquam vulpes insidians nostris et
ipsius E. de provincia memorata fidelibus, eorum loca
invadere ac occupare, si possent, perperam molientes,
prosilientes tamen ad crimina exhorrenda, quam pluri-
mum diripiendo eorum bona, capiendo personas et ple-
rumque ipsos occidendo nequiter, in nostram procul dubio
et ipsius E. dietorumque fidelium gravem iniuriam et
dispendium manifestum. Nos igitur volentes super hiis
tante obviare malicie dictisque fidelibus contra huiusmodi
malignorum macchinationes et fraudes providere salubriter,
ac gerentes de tue circumspectionis industria fiduciam
in domino specialem, discretioni tue per apostolica seripta
commictimus et mandamns quatinus per te vel alium seu
alias memoratas communitates et singulares personas
sub spiritualibus et temporalibus penis, de quibus expe-

dire videris, quas quidem penas facientes contra pre-

? missa vel eorum aliquid, nisi requisitionibus et monitio-

nibus tuis eum effectu paruerint, ipso facto incurrere
volumus, ne in hac parte iustam ignorantie causam
pretendere valeant, requirere ac monere pubblice studeas
in aliquo loco dieto provincie ubi magis expedire puta-
veris, unde presumptio verisimilis possit existere, quod
ad eos pervenire huiusmodi tua requisitio et monitio
valeat, ut ipsi infra octo dies a tempore requisitionis
et monitionis eiusdem in antea numerandos, quod à
talium receptione seu receptatione, favore, auxilio atque
consilio debeant abstinere. Alioquin efc. contra ipsos efc.
sine strepitu et figura judicii procedas efc.

Dat Avin. 17 Nonas septembris an. x.
VIII. — 1327.

L. FUMI

Arch. Segr. Vatic. — Castel S. Ang. C. 2. n. 8.

Informatio super facto spoletanorum que sunt bona

rebellium et quid fieri poterit de eisdem.

Bertando Ca-
riti arcid. Vanu-
rense e fra Gu-
glielmo Dulcini
proc. gen. dei
Predicatori nun-
zi apostolici,

5

In X.po nomine amen. Anno a nat. eiusd. m.cec.
vicesimo septimo. Cum nos Bertrandus Cariti Archidia-
conus Vanuren. et fr. Guillelmus Dulcini ord. predd.
eiusd. ord. procurator generalis S. ap. nuncii dudum re-
cepissemus lieteras apostolicas nobis direetas sub tenore

sequenti,

Johannes epus efc. dilectis filiis ec. us. Intendentes

quod Spoletanorum rebellium bona immobilia, que co-

producono le let- 10 ]onorum deffectu deseri asseruntur inculta, reddantur,

tere di Giovanni

AM

Si recano in
Spoleto.

do
(=)

30

domino auctore, salubriter nostre camere fructuosa, di-
seretioni vestre precipiendo mandamus quatinus ad partes
illas vos personaliter conferentes, nos diligenter informare

euretis de bonis hujusmodi, vid: que fuerint, et utrum

? jn domibus aut molendinis seu edificiis aliis vel jardinis

aut ortis, olivetis, vineis vel arbutis, terris cultis aut in-
cultis, pratis vel remoribus sive silvis seu possessionibus
aliis in quibus consistant. Et quomodo sine gravi camere
prefate dispendio posset ordinari de bonis eisdem. Et
quiequid per informationem ipsam de premissis vos in-
venire contigerit, curetis nobis purticulariter et distincte
per vestras lieteras vel instrumentum pubblicum quan-
tocios intimare.

Dat. Avin. id. Januarii pontificatus nostri an. unde-

? eimo.

Dietis licteris inspectis eorumque continentiam et
tenorem diligencius attendentes, Nos prefati nuncii cu-
pientes mandatum apostolieum supradictum diligenter,
ut tenemur, ac fideliter adimplere, de loco seu civitate Asi-
sii, in qua aliquandiu pro quibusdam aliis dicti dom. nostri
expediendis negociis fueramus, ad civitatem Spoletanam

accedentes et inibi personaliter existentes vocari fecimus.

EN

PE ZE

TIO

[OIM REA SEA

e
‘ ERETICI E RIBELLI NELL’ UMBRIA, ECC. 281

coram nobis fratribus Johanne de Sancta Maria, Juve-

35 nali de Spoleto, Johanne de Calderabus ord. predd.,

fratribus Angelo d. Mathei, Vasquinto Jacobussi ord.

minor., d. Johanne d. Johannis, Vuicio Massaroni secu-

Sonne gioni po: laribus et fratre Phylippo Isidorii (?) d. o. fr. predd. nec
dettero pareri non et quam plures alios tam religiosos, quam presbiteros
40 et clericos ac etiam seculares habitatores et cives civ.

Spoletane predicte, qui dicebantur super contentis in

dietis lieteris et de conditione et statu civ. et habitato-

if rum eiusdem scire certius et melius veritatem nosque
| posse super hoc clarius informare, iniuximus eisdem et
15 cuilibet seorsum in virtute sancte obedientie, recepto ab

ipsis efc. iuramento, ut nobis exponerent veritatem super

articulis qui sequuntur:
lo sulla, consi- Primo, in quibus rebus consistebant bona inmobilia
stenza de' beni,

rebellium Spoletanorum tam intrinsecorum, quam extrin-
È. 50 secorum.
| 20 sul da farsi. Secundo, quid et qualiter sine magno camere dicti

4 d. n. Pape dispendio valeret utilius ordinari.

Qui quidem prefati particulariter et seorsum interro-

55 gati dixerunt et deposuerunt per sua juramenta eorum
E quilibet coneorditer asserendo, quod bona inmobilia efc.
1 consistebant in domibus, molendinis, edifficiis, jardinis,
Beni de' ri- ortis et olivetis, vineis et arbutis, terris cultis et incultis,

belli e loro con-
sistenza. pratis, nemoribus, silvis, pascuis et poderibus ac casta-

Dj 90 nis, que et quot inferius designantur et per relationem
| m. Armanni de Fulgineo notarii executoris ad levandum
3 et pereipiendum fructus et exitus bonorum huiusmodi
| per Rectorem Spoletan. specialiter deputati nobis aparuit,

et idem notarius nobis libris protocollis et seripturis,
6 in quibus dieta bona erant registrata, exhibitis, retulit

mE

quod domus rebellium predictorum et hospitia apothece
seu palacia in universo poterant esse numero quadrigen-
torum, ut sibi videbatur; poderia vero eorumdem rebel-
lium tam intrincecorum quam extrincecorum erant usque

70ad numerum trecentorum quadraginta, que poderia con-
tinent terras, vineas, ortos, prata, pascua et silvas,
75

L. FUMI

secundum magis et minus, prout ipsa poderia sunt ma-
iora ac etiam meliora, et terre predicte, silve et pascua
erant in universo juxta numerum ducentarum petiarum
tam magnarum, quam parvarum et parum plures vel
pauciores. Et erant quindecim molendina seu molinaria
vel circa, et multe alie petie terre vineate. Que predicta
omnia poderia, terre, prout idem magister Armannus

nobis dixit et asseruit, erant ob deffectum et carenciam

Per difetto di 80 colonorum, quia non inveniebantur, inculte et quasi in-

lavoratori le ter-
re incolte e quasi
infruttifere.

fructuose pro isto nune existebant; de quorum bonorum
valore cum predictis per nos examinatis, nec [non] cum
dieto notario seu per nos ipsos, licet re subiecta oculis

quam plura viderimus, non potuimus certionaliter in-

Non bene in- 85 formari, quamvis sint, et precipue tempore pasci, esse

formati del pre-
ciso.

Beni de' ri-
belli esterni.

90

95

o

100

105

possint maximi pretii et valoris.

Super secundo articulo, vid. quid et qualiter de bonis
predietis absque magno ipsius camere d. n. dispendio
posset utilius ordinari, predicti ecc. omnes quasi in ea-
dem oppinione concorditer existentes, dicunt et asserunt,
quod eis melius et utilius videretur, quod omnia bona
extrincecorum rebellium, qui dicuntur esse trecenti vel
plures, traderentur Comuni Spoletano sub certa annua
pensione, si dictum Comune ad hoc se voluerit concor-
dare; quod si dietum Comune facere noluerit, videretur
expediens, ut dicebant, quod terre, vinee et alie heredi-
tates excolende certis traderentur colonis ad certas fasiones
sive partem: domus autem multe dietorum extrincecorum
per cives intrincecos, quorum domus et palatia fuerunt
penitus diruta, detinentur et habitantur; et de dictis
domibus eis etiam utilius videretur, quod Comune eas
reciperet sub certa annua pensione, dicentes quod nullo
modo possent reperire emptores bonorum hujusmodi re-
bellium intrincecorum nec emphitheote, qui vellent ea
in emphitheosim recipere pre timore dictorum rebellium
extrincecorum, qui conantur et disponere satagunt quan-
tum possint reingredi Civitatem et sperant bona sua,
jure vel iniuria, rehabere, quare ad hec non auderet


*,
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ed
LI
&
2
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2$

ERETICI E RIBELLI NELL' UMBRIA, ECC. : 988

"Hi quis se immiscere, cum illi extrinceci fuerint de maio-
110 ribus et potentioribus civitatis.

De bonis autem intrincecorum rebellium, de voluntate

Comunis ad Civitatem jam est diu reductorum, quorum

Seni: or r- bonaob contumassiam tantum, licet fuerint, ut in pluribus,
i sicut asserunt, innocentes, fuerunt Ecclesie confiscata,
115 per eosdem tamen intrincecos detinentur, est aliter,

prout prefati concorditer asserunt, ordinandum et agen-

T

dum nunciis cum eisdem, qui nunc sunt et esse volunt
in et sub obedientia E. et Com. Spoleti, et supplieant
humiliter se absolvi, et non possent dicta bona, prout
120 ipsi deponentes asserunt, eisdem aufferri sine magno di-
scrimine et forssan scandalo, sicut credunt, vmmo si
forcitan hoc fieri contingerit, Civitas esset depopulata
multiplieiter pro eisdem, qui forsan sunt trecenti numero
sive plures; dicunt autem de bonis predictis per eos in-
125 trincecos detentis hoc posse melius, ut credunt, et decen-
IU tius ordinari, vid: quod si iidem intrincessi bona olim
E sua nunc E. confiscata, que ipsi detinent in presenti,
velint sub certa etiam modica pencione ab E. perpetuo
detinere, aut pro bonis eisdem omnibus certam facere

199 financiam condecentem semel solvendam per ipsos, se-

cundum quod magis et minus fuerint culpabiles vel

nocentes, aut forcitan innocentes, ad illam viam, ad quam

melius cum eisdem ordinari poterit, admittantur. Si vero

neutram istarum viarum voluerint acceptare, dicunt

13» quod dieta bona omnino tradantur Com. Spoleti sub certa

Si dieno al annua pencione, prout dictum est supra de bonis extrin-

Comune a fitto.
cecorum rebellium predictorum. Et precipue dicunt, con-

sulunt et asserunt supradicta posse fieri utilius et con-
decentius in hac parte, quia ipsa bona quasi omnia

140 subiacent pro dotibus mulierum ac aliis diversis debitis
et oneribus obligatà, in tantum quod si fieret restitutio
de predietis, parum aut nichil forsitan, prout dicunt,
superesset residuum de bonis eisdem.

Verum, licet nos occulata fide multis modis et viis
L. FUMI

154 huiusmodi negotium tractaverimus, et prelatos et officia-

Non esser facile
"una soluzione.

les E. aliosque religiosos et seculares audiverimus super
istis, secrete eorum consilium intendentes, certa via seu
finalis modus ordinandi de bonis huiusmodi ad presens

comode referri non potest, cum hec in facto consistant,

150 vid: quod fleri poterit cum eisdem.

Concludono
per i pieni po-
teri al Rettore e
al Tesoriere in

Verumtamen actentis omnibus diligenter que nos
potuerunt super hiis quomodolibet informare, videtur
nobis fore utile et expediens, quod si et cum fiat super

predictis comissio Rectori et Thesaurario Spoletan. vel

ordine ai benil55 aliis fidelibus E., pro eisdem concedatur auctoritas et

degli uni e degli
altri

potestas vendendi, infeudandi, locandi, arrendandi omnia
universa et singula bona predietorum rebellium extrin-
cecorum et intrincecorum, et nichilominus, cum intrin-

cecis componendi, finiendi, absolvendi, quitandi et etiam

160 eis plena comissio concedatur, et tune ipsi, quibus co-

e di venire a
composizione de-
gli interni.

municetur, tractando cum predictis Spoletanis et cum
quibus expediens fuerit, viam poterunt eligere meliorem
pro utilitate E. et Camere supradicte.

Supplicaverunt autem vocibus lacrimosis dieti Priores

165 et Comune Spoleti quatenus cum tanto tempore sub

Remozione del-
l’interdetto, as-
soluzione a. cit-
tadini espulsi
senza colpa.

interdicto posito in Civitate predicta ex culpa rebel-
lium sustinuerint et extra divina fuerint non sine gravi
tristitia et dolore, placeat benignitati d. n. predictum

interdictum misericorditer amovere, quodque cum multi

170 fuissent expulsi quando Civitas fuit capta, qui postmo-

dum reperti sunt, ut asserunt, innocentes et quibus
mala, que alii fecerant, displicebant et nune sunt, quan-
tum ad habilitationem dicte civitatis, reconciliati, et sup-

plicant quod de sententia contra cives expulsos lata

175 generaliter ipsi misericorditer absolvantur et a parteci-

patione hacthenus habita cum eisdem.

T Ego Johannes Andree olim montal-
ban. auctoritate ap. notarius publicus vo-
dictos

catus per dd. nuncios presentem
Q

ERETICI E RIBELLI NELL' UMBRIA, ECC. 28

informationem seripsi et signum meum ro-
gatus apposui.

IX. — [1331], marzo 15. Arch. Segr. Vatic.
Joan. XXII, Reg. Com. an. XV,
p: 15 65 XXAVIL 6. : 3215

Giovanni XXII ai Rettorî del Ducato, del Patrimonio e di
Campagna per bandire da tutte le terre della Chiesa Ar-
gento di Campello e suoi complici.

Dilectis filiis.. Ducatus Spoletan. et Patrimonii beati

Petri in Tuscia ac Campanie Rectoribus salutem. Rectus
Judex tune recte virge correctionis contra noxios exercet
offieium cum prudenter in penis infligendis noxarum
5 modos attendit personarum locorum et temporum consi-
derat qualitates, ut tunc animavertat iuribus, cum delin-
quentes presertim de infidelitate notatos in fidelium pü-
ritatem gravius reperit excessisse, sicque infidelibus ipsis
ad confusionis dispendium, et fideles iidem proinde in
1? fide eorum robore forcius perseverent. Ex tenore siqui-
dem petitionis dil. f. Egidii Johannis Canonici Spoletani
nobis oblate percepimus, quod olim Andreictus dictus
Spalla, Argentus et Massiolus Ugolini de Campello laici,
Spolet. dioc. una eum Ciclino Blanconi de Trevio laico,
Uccisori di 15 eiusd, dioc., Cicho Andreicti Raynaldi et Petro Egidii

Massiolo d'Egi-

dio mentre nella eorum nepotibus, civibus Spoletanis, ac nonnullis sequa-
pubblica piazza

di Spoleto difen-
deva i diritti
della Sede,

cibus eorundem, quondam Massiolum germanum Egidii
predieti E. R. fidelem et devotum, pro eo quod Massiolus
defunetus bona et jura ipsius E. defendebat in platea
20 publica Civitatis Spoletane ante domum habitationis Po-
testatis dicte Civ. qui est pro tempore, crudeliter occide-
spande) Fue une runt, propter quod ipsi homicide ae sequaces de toto Du-
Chiesa: catu et eadem Civ., nec non comitatu ipsius Civ. ex-
banniti fuerunt, et tanquam rebelles eiusdem E. condem-
25 nati, sicut in processibus, sententiis et condempnatio-
nibus super hiis factis et prolatis per te, fili Rector dicti
Ducatus, et Curiam dilectorum filiorum Comunis prefate

i : 90
bando e confisca
dei loro beni:
detti Rettori co-
munichino l’ or-
dine anche alle
autorità di Pe-
rugia e di Todi
e de’ loro di-
stretti.

X. — [1331],

L. FUMI

Civ. plenius dicitur contineri. Quam nobis predictus Egi-
dius humiliter supplicavit, ut ne ipsi rebelles taliter con-
30 dempnati receptentur in terris fidelium E. prelibate, et
alias contra eos rigidius procedatur adhibere oportune
provisionis remedium dignaremur.
Cum igitur non deceat dietos rebelles in huiusmodi
terris eorundem fidelium receptari, ne malignitatis fig-
35 mentum fabricent in eisdem, virusque infidelitatis fun-
dent in cordibus fidelium eorumdem, discretioni vestre
per ap. seripta committimus et mandamus, quatenus, si est
ita, singuli vestrum ipsos homicidas et sequaces eorum
rebelles et condempnatos, ut prefertur, de omnibus et
49 singulis terris et locis vestre jurisdictionis exbannire cure-
tis, nec eos receptetis aliquatenus in eisdem eosque tam-
quam rebelles haberi etiam faciatis, ipsorumque bona
mobilia et immobilia, sì qua in provinciis vobis decretis
habeant, Camere ipsius E. confiscetis, ac requiratis, ex
45 parte vestra, presydentes Regiminibus Perusin. et ''uder-
tin. Civitatum ac terrarum et locorum ipsorum comita-
tum eorumque comunia vel universitates, ut in dietis
Perusinis et Tudertinis Civitatibus, terris et locis prefa-
torum comitatuum ipsarum homicidas, condempnatos et
39 rebelles non receptent prefatos, sed ipsos exbanniant po-
tius de eisdem. Nos enim volumus et auctoritate pre-
sentium ordinamus ne homicide, condempnati et rebelles
predieti, vel aliquis seu aliqui eorumdem a quoquam re-
banniri valeant absque Sedis ap. licentia speciali. Dat.

99 Avinion., Idus Martii an. quintodecimo.

settembre 12 — [1332], agosto 13.
Arch. Segr. Vatic.
Secret Joann. XXII, VIII, 329 a.
N. 117. c. 49.

Giovanni XXII ordina di proseguire i processi dell’ Inquisizione

All’inquisitore.

contro il fu Arriguccio da Spoleto.

Bartholino Joannelli ord. ffr. minorum inquisitori here-
tice pravitatis in provincia S. Francisci auctoritate A posto-
Eredi di Ar-
riguccio ritengo-
no i beni di lui
già confiscati per
eresia.

L’ inquisitore
procedette.

Il Vescovo di
Spoleto ritiutò
l’ assenso.

Ordine di con-
tinuare 1 pro-
cessi.

Al Rettore.

Si riassumano
i processi e si
giudichi secondo
i] diritto cano-
nico.

(S

7T
NS
^^

ERETICI E RIBELLI NELL' UMBRIA, ECC. 281

liea deputato. Apostolatus nostri auditui extitit intimatum
quod, licet quondam Henrigutius Cariannis de Spoleto per

5 inquisitorem heretice pravitatis dudum fuerit, exigente

justitia, de heresi sententialiter condempnatus, bonis suis
omnibus HR. E. ratione criminis huiusmodi confiscatis, se
ipsius heredes asserant predicta bona in nostrum et E.

memorate preiudicium detinent occupata. Sane cum tu

10 adversus heredes seu bonorum detentores eosdem super

restitutione dietorum bonorum offleii tibi commissi debi-
tum exequendo processeris, prout poteras et debebas,
ven. frater noster

tamen Zpiscopus Spoletanus suum,

quamvis a te requisitus super hoe, recusavit prestare

15 assensum, propter quod negotii huiusmodi expeditio asse-

ritur multipliciter impediri. Nos autem volentes in hac
parte salubriter providere, discretioni tue per apostolica
scripta mandamus, quatinus super predictis processus

tuos continuans jam ceptos, quod justum fuerit, etiam

20 requisito eodem Episcopo, si dictus Episcopus, prout sibi

ex offieio inquisitionis prediete ae secundum privilegia
eidem officio concessa competit, exequi studeas diligenter,
nobis quid inde feceris nichilominus reseripturus. — Dat.

Avinion. 17 Idus septembris an. xvJ.

Dilecto filio m. Petro de Castaneto efc. Rectori duca-
tus Spoletani eéc. et Francisco de Perusio inquisitori efc.
— Fide digna relatione percepimus, quod dudum con-
tra quondam Herigutium Cariannis de Spoleto, tanquam

vehementer suspectum de crimine heresis, dum viveret, se

30 respersum, per diversos inquisitores pravitatis eiusdem

heresis faeti et habiti fuerunt diversi processus, super
quibus nondum extitit justitia ministrata. Sane quia circa
fidei negotium, quod ubique dirigi prospere cupimus neg-

ligentia est vitanda, discretioni vestre per apostolica seripta

35 ceommietimus et mándamus quatinus, resumptis processi-

bus huiusmodi, eisque per vos, si completi non existerent,
completis celeriter et perfectis, solum Deum habentes pre
oeulis, exibere super eis procedendi, secundum sanxiones

canonieas ac privilegia eidem concessa offieio comple-
288 L. FUMI

40 mentum justitie, sic solerter et fideliter studeatis, quod,
preter divine retributionis mercedem, apud nos et Sedem
Apostolicam commendari merito valeatis, summopere pro-
curantes ne fraus aliqua in hac parte quomodolibet in-

tercedat. — Dat. Avinion. Id. augusti, an. xVII.

XI. — [1331], novembre 22 — [1332], gennaio 1.
Arch. Segr. Vat.
Segr. Joan. XXII, VII, c. 337-344.

Costituzione per à ribelli del Ducato applicata contro i Trinci,
che dettero l’ assalto alla Curia del Rettore, contro Offre-
duccio di Spello scrittore papale e il tesoriere, e contro
Foligno, Assisi e Gubbio collegatisi a danno della Chiesa.

Rectori Spoleli.

Dudum statui provincie nostre ducatus Spoletani,
cuius Rector existis, prospicere pacifico et ut mali penarum
impositionibus gravium perterriti [tra]icerentur ab illicitis,
bonique in sue fidelitatis constantia, servato cultu justitie,

? foverentur, remediis providere salubribus cupientes, per
quamdam constitutionem, quam de ffr. nostrorum consilio
edidimus, duximus statuendum, ut quicumque de pro-
vincia ipsa vel etiam aliunde in cadem provincia moram
trahens, clericus vel laicus, tamquam fame sue prodigus

Pene contro i 10 in ‘hoc sceleris genus prorumperet, quod E. R. calcata
ribelli al Retto- B DE :
re, à vicari egiu-
dici, tesoriere o
luogotenente, uf-
ficiali ecc., non-

ché contro loro
fautori.

reverentia, Rectores qui regimini dicte provincie in spi-
ritualibus et temporalibus, ap. auctoritate, preessent, vel
ipsorum aliquem aut eorum seu alicius ipsorum vicarium
seu vicarios, aut judicem vel judices, vel ipsius pro-
15 vincie thesaurarius aut locum tenens eiusdem occideret,
aut ad offendendum illum vel illos insequeretur, caperet,
captivaret, detineret, percuteret aut etiam violaret vel
ad locum, ubi moram traherent, insultum faceret, aut
ipsum vel ipsos obsideret, sive de suo regimine aut
?0 offieio forsan expelleret vel fugaret, seu esset socius
ERETICI E RIBELLI NELL’ UMRRIA, ECC. 289

facientis, aut illum vel illos bonis aliquibus spoliaret ;

vel provincie supradicte, aut alicuius civitatis, castri vel

loci de provincia ipsa populum, comunitatem vel univer-

sitatem aut aliquos ex eis vel quosvis alios de provincia

?5 ipsa directe vel indirecte contra eos et prefatam E. seu

Rectores, officiales et locumtenenentes predietos vel ipso-

rum aliquem ad seditionem quomolibet excitare, ac re-

bellionem seu conspirationem per se vel alium seu alios

faeere vel procurare presumeret, vel ad ea sive ipsorum

30 aliquod. prestaret auxilium, consilium vel favorem, directe

vel indirecte, publice vel occulte, cuiuscumque conditionis

aut ordinis, dignitatis aut status ecclesiastici vel mun-

dani existeret, etiam si archiepiscopali, episcopali vel su-

. Se particola- — periori dignitate fulgeret, infamis esset perpetuo, ut nec
ri, condannati al-

ca perdita de di- 35 ad testimonium vel alios aetus legitimos admicteretur ;

esset etiam intestabilis, ut nec testamenti liberam factio-

nem haberet, nec ad alicuius bona ex testamento vel ab

intestato quomolibet vocaretur; nullusque sibi super quo-

cumque negotio responderet, sed ipse aliis teneretur,

40 nec quevis cause preferrentur ad eius audientiam, nec

valerent eius sententie vel processus. Nullus ei in qua-

cumque causa vel negotio prestaret patrocinium, nec

ipse admicteretur ad patrocinium aliis exhibendum. In-

strumenta confecta per eum, si forte tabellionis exerceret

45 officium non valerent, sed potius cum actore dampna-

rentur dampnato: dignitatibus vero, personatibus, officiis

et beneficiis ecclesiasticis vel mundanis quibuscumque

et quocumque nomine censerentur, esset eo ipso privatus

ac inhabilis ad ea et quelibet alia in posterum obtinenda :

Con PP E 50 filii quoque ipsius ad nullos honores ecclesiasticos vel

mundanos, ad nullas dignitates vel beneficia ecclesiastica

aut officia publica quomolibet admittentur. Nec non li-

bertatibus et immunitatibus realibus et personalibus,

privilegiis et indulgentiis quibuseumque sub quaecumque

55 forma verborum ab ap. Sede concessis extune careret peni-

tus, vassallis et hominibus a juramento fidelitate et alia

Confisca dei ; E È : È UE 3
ben| immobli, quavis obligatione, quibus tenentur eidem nichilominus

occupazione dei i ; : Y ;
mobili ai fedeli. absolutis, feuda quoque, iura, honores, officia et ali?
Comunità col-
pevoli sieno in-
terdette.

Assoluzione ri-
servata al Papa.

Assalto alla
residenza del
Rettore, occupa-
zione di terre
della Chiesa e
de’ fedeli.

60

e
c

£M
[-

e

S0

oo
Ct

90

L. FUMI

quecumque bona immobilia, que in dieta provincia Du-
catus et alibi ubicumque a predicta R. obtinerent E., essent
eo ipso penitus confiscata. Aliis vero feudis juribus hono-
ribus offieiis et bonis immobilibus, que a quibuscumque
aliis tenet ecclesiis, esset eo ipso jure privatus, que sic

ad easdem ecclesias reverterentur libere, quod de illis

5 earum Rectores pro sua voluntate disponerent, bonis ipsius

mobilibns concessis fidelibus nichilominus occupandis.
Adiecto etiam tune nostre huiusmodi sanctioni, ut sic
delinquens excomunicationis universitas vero seu comu-
nitas que delinquerent in predictis, interdicto subiacerent
ecclesiastico ipso facto, a qua quidem excomunicationis
sententia nullus ab alio quam a Romano Pontifice possit
absolutionis beneficium obtinere, nisi dumtaxat in mortis
articulo constitutus. Nec per hoc potestatibus secu-
laribus ademimus potestatem utendi contra talem legi-
bus, quas adversus sic delinquentes catholici principes

ediderunt.

Sane cum nonnulli de provincia predicta, tam persone
singulares quam comunitates et universitates, Deum ac
nos et R. E. in suarum animarum et status periculum gra-
viter offendere, sicut accepimus, non verentes, te tuosque
offieiales, familiares et nuncios in eadem provincia offen-
dendo, persequendo et aliquos ex eisdem, nee non pro-
ditionem, tumultum et insultum in loco, ubi moram
trahebas et alia in eadem provincia faciendo, concitando
et procurando, terras E. et aliorum fidelium occupando,
damnaque in personis et rebus varia inferendo eisdem
et enormes excessus alios comictendo varios et diversos
contra tenorem et inibitionem dicte constitutionis venisse
graviterque deliquisse, ac propter hoc in penas et sen-
tentias in supradieta constitutione contentas incidisse
dieuntur, nos nolentes, sicut etiam nec debemus, talia
sub dissimulationis preterire neglectu, si eis suffragetur
veritas incorrecta, discrectioni tue per ap. scripta commi-

ctiomus et mandamus, quatinus per te vel alium seu

95» alios generaliter omnes et singulos clericos et laicos, nec
Processi som-
mari.

(=)

10

Al detto Ret-
tore. ,

Ugolino e Cor-
rado Trinci con-
tro il Rettore; 110

‘eccitarono alla
rivolta Foligno,
Gubbio, Assisi, 115
ecc. e varii par-
ticolari;

120

‘si strinsero in
«confederazione;

-
do
rari

130

n

ERETICI E RIBELLI NELL’ UMBRIA, ECC. 291

non comunitates et universitates eiusdem provincie, qui
circa premissa contra prohibitionem et tenorem eiusdem
constitutionis temere veniendo deliquerint seu in posterum
delinquerent, et illos specialiter et nominatim, de qui-
bus tibi summarie simpliciter et de plano ac sine stre-
pitu judicii et figura constiterit, penas et sententias in
prefata constitutione contentas incurrisse, eosque illis su-
biaeere quando et quotiens tibi videbitur, denuncies et

declares. Datum Avenion. x Kal. decembris anno sexto-

5 decimo.

Eidem. — Dudum etc. usque sane. Sicut fama seu
potius infamia publica notoriat et patrator excessuum
evidentie manifestat, Hugolinus Trincie et Corradus Nalli
eius nepos de Fulgineo una cum nonnullis eorum in hac
parte complicibus Deum et E. R. offendere penasque pre-
dietas ineurrere dampnabiliter non verentes, contra nos
et eandem E. ac te tuosque officiales et ministros in
eadem provincia dampnate rebellionis, violato fidelitatis
debito, erexerunt cervicem, et ad rebellionem, conspira-
tionem, proditionem et commotionem similiter contra nos
et eandem E., te, officiales et fideles nostros faciendas
tam Fulginat., Eugubin. et Assisinat. Civitatum et non-
nullorum aliorum locorum et castrorum predicte provincie
offieiales comunitatesque personas alias singulares discur-
rendo per ipsam provinciam propter hoc ac eisdem offi-
cialibus, comunitatibus et personis singularibus nuneios
et litteras destinando, non absque nota perfidia, multipli-
citer exeitarunt, colligationes, conspirationes, confedera-
tiones, pactiones et ligas cum eis, ut circa premissa pa-
tranda fortiores existerent, penis et iuramentis vallatas
illicitis ineundo. Et deinde suum dampnatum conceptum
una cum eisdem officialibus et Comunitatibus Civitatum,
castrorum et locorum predictorum et aliis eis adherenti-
bus in hae parte in partum perniciosum et detestabilem
producere dampnandis et temerariis ausibus molientes,
recollectis nonnullis rebellibus et bannitis supradicte

provincie et ad suum consortium et familiaritatem admis-
assalirono la Cu-
ria, presero al-
cuni ufficiali, lil35
percossero, li
carcerarono e li
privarono delle
cose loro.

Massiolo Pe-140
roni familiare di
Curia maltrat-
tato.

Rocca di Ser-145
ra Rotondola oc-
cupata.

Officiali car-150
cerati,

mossero controloo
Montefalco per
assaltare la Cu.
ria.

160

16

Ul

L. FUMI

sis, contra te tuosque officiales et ministros eiusdem
provincie facientes et fieri procurantes commotiones,
invasiones et insultus in loco ubi morabaris et alias.
in eadem provincia, quosdam. ex officialibus ceperunt
violenter et percusserunt, captivarunt et abstulerunt eis.
nequiter bona sua, fidelibus aliis predicte provincie tam
in personis quam rebus eorum illatis nichilominus dam-
pnis varis et offensis. Nam Fulginates predicti Massiolum
Peroni familiarem sue curie et ipsius exequentem man-
data violenter ceperunt, diris captivarunt carceribus et
immaniter tractaverunt, idem fieri de quibusvis officia-
libus familiaribus et nunciis dicte Curie, qui ad eos.
accederent, non sine magna temeritatis audacia ordi-
nantes: nec hiis contenti, Roecham Serre Rotunduli ad
eandem E. pleno jure spectantem, quamquam nomine
ipsius E. pacifice obtinebas, dictis Hugolino et Corrado
ad hoe prestantibus auxilium, consilium et favorem, per
violentiam prodictionaliter occuparunt, captis quibusdam
tuis officialibus seu familiaribus in eadem Rocha tune

pro ipsius custodia morantibus ac incarceratis crudeliter et

spoliatis omnibus bonis suis, quos adhue in suis detinent.

privatis carceribus captivatos. Rursus ad terram Monti-
sfaleon. ubi cum tuis officialibus et Curia residebas, sieut
adhuc residere dinosceris, ad te ac officiales tuos offen-
dendos terramque occupandam predictam multos armatos.
homines destinarunt, qni ad terram pervenientes eandem,
illatis eiusdem terre fidelibus tam in personis quam rebus
dampnis variis et iniuriis irrogatis, te tuosque curiales.
et ministros offendendi et terram occupandi eandem fece-
runt, licet ad hoc Deo providente nequiverint attingere
posse suum. Quos quidem excessus prenominati Hugolinus
et Corradus, Comunitates et singulares persone et alii
adherentes eisdem, sicut expressum est superius, et alios

varios et diversos, qui recitari nequirent succineti sermonis.

'serie, contra prohibitionem et tenorem constitutionis jam.

170

dicte in nostrum et eiusdem E. offensam et contumeliam
suarumque animarum et status periculum, sicut asseritur,
perpetrarunt. Nos ita premissa, sicut etiam nec debemus.

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| } ERETICI E RIBELLI NELL’ UMBRIA, ECC. 293.

incorrecta pertransire sub dissimulationis neglectu, pre-

Í sertim eum adeo in eis partibus dicantur esse notoria
quod nulla possunt requisitione celare, discretioni tue
per ap. seripta committimus et mandamus, quatenus per
17» te vel alium seu alios omnes et singulos supradictos et alios

tam clericos quam laicos, nec comunitates et universitates

generaliter, ae illos specialiter et nominatim, de quibus.
tibi summarie ecc. excessus commississe predictos, seu in.
eis commictendis prestitisse auxilium ete. constiterit, ad
180 eorum domicilia, si possit commode ae secure fieri, alias
2 vero per edictum publicum in locis publicis proponendum,
de quibus sit verisimilis presumptio, quod ad eorum no-

titiam valeat pervenire, prout expedire videris, moneas

Ammoniti di efficaciter et inducas eisque mandes districtius et iniun-
tornare all'obbe-

MEDIA à darel85 gas, ut infra unius mensis spacium a die monitionis
ammenda,

huiusmodi computandum, a predietis rebellionibus. com-

motionibus, proditionibus, conspirationibus, ligis, confe-

derationibus, pactionibus et excessibus omnino desistant,

dietamque Rocham tibi libere restituant, captosque pre-
190 dictos liberent, ac ad nostram et eiusdem E. devotionem
et obedientiam redeant, ut tenentur, debitam de ae pro
premissis satisfactionem et emendam nichilominus impen-

suri, nec talia vel similia de cetero perpetrare presumant,

renale lA nec a modo utantur dietis confederationibus, pactionibns
b 195 et ligis, que nulle sunt et fuerunt, quasque nos cassas,
irritas et nullas nunciamus ct quatenus de facto proces-
serunt, cassamus, annullamus et irritamus, penas adiectas.

et iuramenta super eis prestita relaxantes; alioquin eos,

qui monitioni et mandato predictis contempserint effica-
Contravve-200 eiter obedire, penas et sententias supradictas, prout con-
nendo, si proce- :

di calle penesta- — dictionem .et statum concernunt cuiuslibet incurrisse
Mite.

ipsosque illis subiacere nominatim et specialiter, sieut,
quando et prout expedire cognoveris, denuncies et declares
ad earumdem penarum et sententiarum executionem et

205 aegravationem, prout excessus et contumacie cuiuslibet

exegerint nichilominus processurus. Per hee autem tuis

processibus, si quas super predictis rite feceris, non inten-

dimus in aliquo derogare. Dat. ws.
Al Rettore
stesso.

L.

FUMI

Eidem Rectori. — Perduxit nuper infeste relationis

210 assereio ad nostri apostolatus auditum, quod magister Of-

Eccessi com-
messi da Offre-
«uccio suo scrit-
tore e da Va-

gnolo in Spello. 215

do
o
S

do
vw

Tengono Spel-
1o contro la Chie-
‘SA. z

vw

Applica la co-
'stituzione contro
di essi.

Revoca di de-
«creto.

24

Ot

[2v]
zz

Ct

)

ct

freducius de Spello seriptor noster, per cuius ordinatio-
nes et factiones detestabiles in provineia ducatus nostri
Spoletan. euius Rector existis, varia facinorosa scelera
hactenus perpetrata fuisse dicuntur, et Vanholus germa-
nus suus, qui eiusdem Offreducii fultus dampnato con-
silio et auxilio, pacificum statum dicte provincie, non sine
magnis perieulis et scandalis tuumque officium turbando
et impedendo multipliciter, nonnulla de dietis sceleribus
dieitur conmisisse. Demum nos attendentes quod per
quandam constitutionem nostram, dudum, matura delibe-
ratione, de consilio fratrum nostrorum editam, fuit sta-
tutum quod (u£'s., efc. usque ediderunt [7-75]) contra te
et alios officiales nostros dicte provincie conspirationes,
commotiones, proditiones, concitationes et tumultus fieri,
tuumque a dictorum offieialium turbari officium et sta-
tum ipsius Dueatus pacificum in nostram et E. R. contu-
meliam et contemptum, maximeque suarum «salutis et status
Et

Spelli ad nos et ipsam E. pleno iure spectante per eorum

periculum multiplieiter procurarunt. tandem terra
procurationem fraudolentam in rebellione contra nos et
eandem E. posita, ipsi terram occuparunt eandem ipsam-
que tenent per suam scevam tyrannidem in nostrum et
E. R. preiudicium occupatam, alios excessus enormes va-
rios et diversos nichilominus conmietendo. Cum autem
premissa etc. (ut s. mutatis mutandis additum — privatio-
nis omnium beneficiorum ecclesiasticorum etc.... proces-
surus). Constitutionem qua prohibitur ut nullus ordinarius
aut inquisitor heretice pravitatis sive delegatus contra
nostros et ap. Sedis officiales et nuncios presumat procedere
absque speciali licentia diete S., etiam si de illa totoque
tenore ipsius esset in presentibus de verbo ad verbum
specialis et expressa mentio facienda et alia quacunque
contraria non obstante circa recuperationem diete terre
solerter et viriliter, prout oportunum extiterit, nichilomi-
nus processurus. Dat. xvi Kal. decembris, an. sextode-

cimo.
Al Nunzio.

Richiamate le2

‘tre lettere prece-
«denti,

ERETICI E RIBELLI NELL’ UMBRIA, ECC. 295

Petro de Talliata sacriste E. de Burlatio Castren.
dioc. juris civ. professori Ap. S. nuncio. — Pridem ad
nostri apostolatus perducto notitiam, quod nobiles viri

50 Hugolinus Trincie et Corradus eius nepos de Fulgineo

ac mag. Offreducius de Spello et Vanholus eius frater,
nec non Fulginat. Assisinat. et Eugubinat. civitatum offi-
ciales, comunitates et universitates et nonnulli alii eorum

in hac parte complices et sequaces impediendo Curiam

255 et officium dilecti filii Johannis .de Amelio archid. fo-

roiulien. ducat. Spoletan. Rectoris eiusque curialium et of-
fieialium statumque provincie dieti ducatus commovendo
et turbando pacificum, bona R. E. indebite occupando,

memorato Rectori suisque predictis officialibus et Curia-

260 libus parando insidias, irrogando iniurias et offensas, et

alias multipliciter delinquendo contra tenorem et proibi-
tionem cuiusdam nostre olim edite, diversas graves pe-
nas et sententias adversus conmictentes talia infligentes,

excessus conmiserant varios et diversos et conmictere

265 continue non cessabant, nos prefato Rectori, ut ad pre-

missorum correctionem et punitionem provideret, tres
litteras missimus, quarum due sub decimo et alia sexto-
decimo kal. decembris date anno presentis confecte sunt

meminimus direxisse, sieut in eisdem litteris plenius con-

270 tinetur. Sane cum te, de cuius industria et fidelitate con-

üncaricalo della
esecuzione.

275 rum et cuiuslibet earumdem possis plene procedere, ac

fidimus, tam ad eandem provinciam, quam certas alias
partes Italie pro quibusdam nostris et eandem R. E. ne-
gociis destinemus, volumus quod una cum eodem Re-

ctore vel per te solum ad executionem dictarum littera-

si tibi eidem Rectori et cuilibet vestrum in solidum vel
etiam tibi soli directe fuissent supra, tibi plenariam
potestatem concedimus per presentes, propter hoc ta-

men potestati dieti Rectoris, quominus ipse solus possit

?80 etiam ad premissa, te absente ab eadem provincia, iuxta

lieterarum ipsarum continenciam, procedere, non intendi-
mus derogare. Rursus si alicuius vel aliquorum ex eisdem
delinquentibus excessuum gravitas aut rebellionis seu ino-

bedientie contumacia exegerint, et tibi expendiens vi-
5 NN 00% » i È vr È
af. »2 MES: Di TOP sè m. " L ^" £ P

296 L. FUMI |

285 deatur, illum vel illos citandi per te vel alium seu alios
peremptorie, ut infra certum aliquem terminum compe-
tentem, quem ei vel eis duxeris prefigendum, apostolico: È
conspectui se presentent personaliter de iustitia super
hiis responsuri, nosque de die huiusmodi citationis et

290 forma et aliis que in hac parte duxeris facienda certifi-
candi per instrumentum publicum harum seriem conti-
nens, plenam tibi concedimus, tenore presentium, facul-

tatem. Dat. nr non. decembris anno XVI.

Al detto. Petro de Talliata Ap. sedis nuncio — Displicibili ad-

do
e
o

5 modum et infesta: insinuatione aecepimus quod dil. fil.
P. Maynade rector E. de Besseto Mirapiscen. dioc. no-
ster et E. R. in provincia Ducatus Spoletan. Thesaur.,
illius dampnande rebelliones per aliquos de dieta provin-

Pietro May- cia pridem contra dilectum fil. Johan. de Amelio archidiac.
nad, tesoriere : :
implicato | negli3?0 foroiulien. Rectorem diete provincie attemptata conscius et
attentati contro E
il Rettore: cóm- — particeps extitit seu ad illam perpetrandam prestitit auxi-
mettesi al nunzio
di instituire un ]ium etc. Volentes itaque plene scire super hiis veritatem,
processo segreto x
contro il mede- ^ discretioni tue per ap. scripta committimus et mandamus |
Simo. |

quatinus secrete vel alias prout melius indagare poteris ve-

395 ritatem super predictis et ea quomolibet tangentibus solerti

adhibita diligentia summarie etc. te informas, nobis re-
ferre fideliter quidquid inde feceris et repereris non post-

ponas. Dat. xvi Kal. Jan. an. xvi.

A] detto. 3i Eidem — Ad reformandum statum provincie nostre
o
Ducatus Spolet., quem nonnulli de dieta provincia suis

insolentiis et temerariis excessibus turbare hiis diebus

moliti sunt, solicitis studiis intendentes, te, de cuius

cireumspectione ac fidelitate specialem in domino fidu-

A ciam gerimus, ad eandem providimus provinciam propter
D

hoe destinandum. Ut autem circa reformationem status

uir del huiusmodi eo melius et utilius procedere valeas quo ube-

rius delinquentibus ad viam veritatis et iustitie redierint E
poteris salutis januam aperire, omnes et singulos clericos.

d et laicos, nec non comunitates et universitates de dieta

provincia qui pro eo contra nos et R. E. ac dilectum f..
Gli dà facol-
tà di assolvere
: dalle scomuniche340
* i ribelli.

354

A] detto.

350

Gli aggiunge
facoltà di sospen-
dere le pene do-
vute, per tutto il
tempo necessa-

» — rio ai delinquenti

di andare a man-

dare alla Curia.
355

ERETICI E RIBELLI NELL' UMBRIA, ECC. 291

Amelium de Amelio archid. foroiul. ducat. Spoletan. Re-
etorem aliosque nostros et E. R. officiales in provincia
constitutos predietas rebelliones, concitationes, commotio-

325 nes, invasiones, ligas, confederationes et societates statum

turbando eiusdem provincie fecerunt, officiales offende-
runt predietos ac alios enormes commiserunt excessus,
excomunicationis interdieti et alias diversas penas et

sententias, tam per constitutiones, quam processus no-

330 stros vel iura etiam contra talia vel similia conmictenti

aut conmittentibus prestantes auxilium efc. inflictas seu
promulgatas quomolibet incurrerunt, et a premissis re-
bellionibus efc. et excessibus destiterint cum effectu bona

nostra et E. memorate per eos occupata indebite, tibi vel

335 eidem Rectori eiusdem E. nomine restituendo libere ac

ad nostram et E. prelibate veram devotionem et obedien-
tiam redeundo, recepto ab eis corporali de stando man-
datis nostris et E. juramento a predictis excomunitatio-
nis et interdieti sententiis, hac vice, auctoritate nostra,
juxta formam E. absolvendi, adiecto tamen specialiter et
expresse, quod si ad premissa vel alia similia perpetranda
redirent, quod absit, in easdem sententias recidant ipso
facto, plenam diseretioni tue concedimus tenore presen-
tium facultatem. Volumus autem quod super absolutio-
nibus huiusmodi confici publica facias instrumenta seriem
presentium continentia, que nobis postmodum deferre vel

mittere fideliter non postponas. Dat. Kal. jan. an. xvr.

Eidem. — Ad reformandum et etiam (ut supra usque
redeundo) absolvendi a predictis excomunicationis et inter-
dieti sententiis sub certa forma tibi concedimus per alias
nostras litteras, sicut in eis plenius continetur, faculta-
tem. Volentes itaque te illis ampliorem posse favo-
rem exhibere, ut postquam iuxta formam licterarum
predietarum per te fuerint a predictis sententiis absoluti,
alias penas spirituales et temporales, quas propter pre-
missa vel eorum aliqua subiacerent, usque ad certum

tempus, de quo tibi videbitur, infra quod ad nos possint
298 L. FUMI

venire vel mictere (?) suspendere quo ad ipsios valeas, ple-

nam tibi potestatem efc. elargimur etc. uts.

Al com. di 360

o Comuni Fulginati. — Si quam graviter ex vestris
Foligno

novis insolentiis Deum et E. R. offenderitis, quantisque
perieulis vos et statum vestrum supposueritis, prout in
consistorium deduxeritis, rationis procul dubio credimus,
quod aliis non expectatis monitionibus per vosmet salubre

365 consilium capientes, relictis omnium deviis, que per con-

Qt

spirationes, commotiones, rebelliones, confederationes et
ligas contra nos et eandem E. ae dileetum filium Johan-

Foligno che nem de Amelio archid. foroiul. ducatus nostri Spoletani

andette contro
Giovanni d'A-

2 Reetorem et insolentias alias a vobis pridem temere attem-
melio.

370 ptatas ingressi fuistis improvvide, pedes vestros ad viam
veritatis et justitie dirigere ac devotionem et obedientiam
nostram et E. dictique rectoris redire curabitis festinanter
sinum S. M. E., a qua vos alienos fecit excessuum vestro-

rum nephanda patratio, humiliter, sublata cunctatione

[911

375 qualibet, cum tempus miserendi vobis adest, repetendo.

esortato a ritor- — Quocirca universitatem vestram requirimus attentius et

nare ad obbe-
dienza.

hortamur, sano vobis consilio nichilominus suadentes et
3

mandantes expresse, quatinus premissa, nec non quod
peccare humanum esse noscitur, sed perseverare diabo-

38

(=)

licum est censendum, diligentius attendentes, ad easdem
devotionem et obedientiam, dictis conspirationibus etc. per
procuratorem et sindieum efc. revocatis solemniter, re-
deatis, ita quod vobis et statui vestro, vitatis vestris
periculis, salubriter consulentes, valeatis nostram et ap.
385 Sed. gratiam, qua prius nos, ut peculiares prosequeba-

mur filios, promereri, etc. Dat. Avin. xvi Kal. decembris

an. XVI.
«acest a dubbio In eundem modum Comm. Eugubino et Assisinati.
181.
ud Ugolino Hugulino Trincie de Fulgineo. — Displicenter nimis

390 audivimus, quod tu, fili, qui in devotione ac fidelitate
S. M. E. periculosis temporibus immobiliter prestitisti,
isto pacis tempore, a statu tam laudabili decidisti una

cum dilecto filio n. v. Corrado Nalli nepote tuo, manus
Ugolino e Cor-400
rado che furono
contro il Retto-
re

395

esortati a ritor-400
nare a fedeltà,

405

rilasciando Roc-
ca Rotondola e
i prigionieri.

410

415

XII. — [1333],

ERETICI E RIBELLI NELL' UMBRIA, ECC. 299

extendendo ad spoliandum mercatores per provinciam
dueatus nostri Spoletani facientes transitum, nec non de-
votos minis et inductionibus seu seductionibus potius a
fidelitate ad infidelitatem et perfidiam inducendo, sta-
tumque dicte provincie pacificum et officium dilecti filii
Johannis de Amelio archid. foroiul. ducatus Spoletani
Rectoris et suorum curialium perturbando ac nonnullos.
excessus alios commictendo. Nos autem optantes quod tu.
et idem nepos tuus, deviis omissis huiusmodi, ad devo-
tionem et fidelitatem pristinam redeatis, nobilitatem tuam
rogamus et hortamur, sano tibi nichilominus consilio sua-
dentes, quatenus, premissa et alia que tibi possunt occur-
rere deducens in recte considerationis examen, et atten-
dens nichilominus diligenter, quod licet peccare sit huma-
num, perseverare tamen diabolicam .est censendum, a
ligis etc. et aliis in eadem attemptatis provincia tu et
dictus nepos resilientes omnino, Rocham Serre Rotundule,.
quam in nostrum et E. memorate preiudicium occupari
fecistis, dicto Rectori restituatis libere, ipsius officialibus.
et gentibus, qui, vobis mandantibus et procurantibus, ca-
ptivati fuerunt et detineri dicuntur captivi, nichilominus
liberatis, cum omnibus bonis suis, ad predictas devotionem,
fidelitatem et obedientiam reductis, et in eis sic persi-
stere studeatis constanter, quod non sit nobis neeesse de
cetero super remissione culparum materiam ab eadem E.
querere, sed potius ex precedentibus meritis retributionem
petere premiorum, etc. Uts.

‘aprile 20. Arch. Segr. Vatic.

Secret. Johann. XXII. N. 117, c. 284.

Giovanni XXII censura la condotta del Rettore

M. Petro

nel governo del Ducato.
de Castaneto efc. Rectori.

Relatum est nobis quod, licet pro cultu pacis et ju-
stitie in decreta tibi provincia conferendo te comunem,
Effetti della
sua parzialità.

Non sentiva
consigli da’ fe-
deli.

Il Maresciallo
per i suoi sopru-
‘si resosi intolle-
rabile.

Gli impone di
cambiare il Ma-
resciallo con al-
tra persona. ido-
nea.

L. FUMI

prout ad tuum spectat officium, omnibus exhibere deberes,
tu tamen te reddis minus provide partialem, unde inobe-
5 dientie, rancores et odia nascuntur et pullulant, auctoritas
officii contempnitur et cultus justitie non sine multis pe-
riculis et scandalis perturbatur. Preterea quod capitis tui
sententie penitus inherendo prudentum virorum partium
earum fidelium reicis consilia et contempnis, quodque Ma-
10 rescallus tuus quam plures iniurias et novitates indebitas
hactenus subditis intulit et continue inferre non desinit.
Ex quibus et aliis perniciosis factis suis adeo existit odio-
sus in illis partibus, quod securus per provinciam ince-
dere non est ausus, immo de ipsius persone periculo et per
,5 Consequens de scandalo formidatur. Cum autem premissa,
si vera sint, non debeant quomodolibet tolerari, discretioni
tuc presentium tenore mandamus, quatinus, adiectis et
omissis omnino partialitatibus, te comunem exhibeas, si-
cut decet, circa devotos et fideles in sua fidelitate ac de-
20 votione confovendos, et indevotos ad devotionem redu-
cendos, laborare prudenter et sedule non postponas, re-
quirendo michilomiuus prudentum presertim fidelium in
agendis, sieut negociorum qualitas exegerit, consilia et
eis utendo etiam ne videaris inviti proprie prudentie, si-
25 eut extiterit oportunum. Dictum siquidem marescallum
amoneas, eumque de partibus illis curialiter tamen et
caute, ne possit offendi ab emulis, recedere facias, naim si
remanere ipsum illue contingeret, esset de persone ipsius
timendum periculo et de scandalo, sicut premittitur, sub
30 sequenti, aliumque nichilominus deputes ydoneum, qui
a talibus sciens eavere odiis, Deum timeat, justitiam di-
ligat, et luerum proprium non venetur. Habeas quoque
dil. fil. n. v. Hugolinum de Trinchis, sicut honeste pote-
ris, commendatum, sieque te gerendo super premissis et
35 aliis occurrentibus tibi prudenter et provide, quod dein-
ceps de te nobis alia sinistra vel similia minime defe-
rantur. Dat. xi1 Kal. maij, an. XVII.

RT
ERETICI E BIBELLI NELL’ UMBRIA, ECC. 301

XII. — [1334], marzo 14. Arch. com. perug. pergam. orig.
È Giovanni XXII esorta à perugini ad assistere, anche per la co-
[: mune utilità, il Rettore del Ducato contro Corrado Trinci
9 che aveva occupato Bevagna.

Johannes epus efc. Comuni Perusino efc. Nefanda
horrendorum excessuum scelera que in divine. maiesta-
tis offensam, E. R. contumeliam et partium illarum
detestandam perniciem Corradus Nalli de Trinchiis de

D i 5 Fulgineo tanquam vir justitie hostis sueque fame pro-

| va d di digus in terra Mevanie ad eandem R. F. pertinente
i Rettore, patrasse nequiter una cum nonnullis suis in hac parte
1 complicibus dieitur hiis diebus, cum vehementi turba-
; tione audivimus et vos credimus plene nosce. Sane
10 cum sit reipublice utilitati expendiens quod excessus
EIE rendi huiusmodi ne in succedencia temporum secula sine re-

! do dA A cordatione ultionis debite transeant, exigente justitia,
PE "vagna. corrigantur, Universitatem vestram rogamus attente qua-
1 tenus ob divinam et nostram ac Apostolice sedis reve-
1» rentiam, nec non et propter utilitatem communem, cirea

oi Rete quam libenter consuevistis intendere, dilecto filio magi-

; giustizia. stro Petro de Castaneto archidiacono Beluacense Rectori
à ; ducatus Spoletani Capellano nostro, ut justitie debitum
| super premissis exequi, sicut decet et expedit, valeat

È 20 viriliter et potenter velitis assistere consiliis, auxiliis et

favoribus oportunis, ita quod preter laudis humane
preconium divinam ac nostram et S. A. predicte possitis
propter hoc benedictionem et gratiam uberius promereri.

Datum Avin. n id. Martii, pontif. nostri an. xv.
STATICO : SI
Vu T.
mss P

PICO —____ _
CHANSON,

CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 303

Cronaca di Pietro Angelo di Giovanni
‘ (V. fascicolo precedente, pag. 72, fasc. I, n. 9)

1456 — Adì 6 de genaio in martedì, che fo el di de Pasqua
Epifania, el Rettore delo studio cioiè meser Agnielo Bucarelli fece
fare una bella Giostra, dove pose per premio de quello che sarà
meglior giostrante braccia 12 in circa de velluto verde. Li gio-
stratori son questi: Fioramonte di Giovagnie dei Boncagnie, Nere
de Guido Morello Sperelli, Cherubino de Brunello deli Scotti,
Carletto Camoriere del signor Braccio Baglione, Mattiolo de
Agniel Giovagnie de Tanlino, Gismondo de Davitte detto Corbac-
cione, Felice de Nanne detto del Bragha, Baldassarre de Ser
Pellolo detto Cepolaio, Lionardo de Brunello merciaio, Pennachio
Li giudece che schrisseno li colpi furo meser Antonio da Ca-
labria, rettore passato, e Don Antonio Catelano, e Ser Giovagnie
de Sante da Agello notario de la Università schrivea.

Et fo data la sentenzza che la metà del premio l' avesse Fio-
ramonte dei Boncagnie e l’altra metà Felice di Nanne, e così fo
tagliato per metà. i

Adì 14 de genajo. El Capitano del Popolo, cioè Meser Anto-
nio Fardelini Anconitano trasse fuori lo stendardo per volere
apiccare uno de quelli de Fiorenzza per furto, che avea fatto. E
essendo suonata la terza volta la campana dela giustitia per man-
darlo ale forche là da S. Manno (2), et remise lo stendardo den-
tro nel palazzo per volerlo dare alo Armato come è usanza che
lo porta denante quel tale che deve essere giustitiato, e lo Statuto
non vole e cade in pena el Capitano secondo se dice de 100 fio-

(1) Lacuna del ms.

(2) Esiste tuttora colà una fabbrica annessa a case coloniche con una piccola Chiesa
spettante alla Religione dei Cavalieri di Malta. Ivi si trova una delle più complete
iscrizioni etrusche, che formano oggetto di pazienti ricerche per parte degli studiosi.
V'ha chi crede poi, che il nome di S. Manno derivi a quella località da un Beato Manno
perugino, e chi, come il Vermiglioli, ritiene che tal nome abbia avuto origine dal Dio
Manno dei Germani. Taluno congettura ancora, che ab antiguo cotesto edifizio, 0
parte di esso, fosse destinato a custodire i condannati. Ora se non sappiamo con cer-
tezza che al tempo etrusco venisse adoperato per carcere, è certo che nel Medio Evo
fu il luogo, ove si eseguivano le condanne capitali. Quindi è lecito supporre che
uguale destinazione avesse anche in tempi anteriori, e che il nome di S. Manno de-
rivi da Mani, ossia le Deità infernali o le anime dei defunti presso i popoli gentili.
304 O. SCALVANTI

rini, onde che le Priore non glie volseno prestare el tronbetta
del Comuno, che sensa non se poi leggere condannagione, e così
fo letta senza tronbetta, e poi avendo dato la volta ala fonte de
piazza com’ è usanzza, al tornare in giù essendo lì scontro ala
porta de li signori Priore fo spento el condenatto nela riga la
quale è libera, e el cavaliere fece ponta per arpigliarlo, ma la
famiglia dei Priore e altre persone lo salvoro nel palazzo de’
Priore, e li birri e el cavaliere ebbino de molte sassate. Da poi
el romore se rebassó, e questi nostri gentilomeni andaro da Mon-
signore, e poi ce andaro li Priore per questa cosa. Infine fo de-
terminato che li priore lo remettesseno nele mani del ditto Capi-
tano, e così feceno, e poi la fameglia del Capitano se armise in
ordine, e menarlo apiccare là a S. Manno, dela qual cosa li Priore
ne for biasimati ; se disse che quello non la meritava la forcha
perché avea furato a un suo fratello carnale (1).

Adi 22 genaio andò a marito l' Anna figlia che fo de meser
Boncagnie dei Boncagni ; la quale fo maritata al nobile omo An-
tonio de Monaldo da Ripalbella, e gi a marito a Collelungo.

Adi ditto la sera a 4 ore de notte andó a marito la Andrea
bella figlia che fo del detto meser Boncagnie, la qual fo maritata
a Venciolo de' Berardo da Corgnie de P. Susane, e fo falta una
bella parata a ciaschuna de loro.

Adi ditto andò a marito la Madalena de meser Gregorio da
Antognolle, la quale fo maritata a Leone de Guido de li Odde.

Adi 8 de febraio in domenecha Braccio dei Baglione fece fare
una bella giostra, e volse che se facesse a selle todesche, cioè
non arcionate con li scude de cojame tutti penti coll’ arme sua; el
premio era braecia 4 de velluto verde, e un anello d'oro de va-
luta de fiorini 3, e fece ordinare ch'el quale che de essi cadesse
da cavallo fosse raccolto con le barelle, et erano ordinati certi

(1) Come vedremo fra breve, la più grave preoccupazione dei governanti di Pe-
rugia, era di ottenere che si facesse giustizia, mentre per la insolenza dei nobili e
del popolo ciò era troppo spesso impedito. Lo stesso Cronista, che cosi di frequente
deplora il disordine della sua città, sembra qui abbracciare la parte di chi disappro-
vava i Priori per aver fatto riconsegnare al Capitano del Popolo un condannato fug-
gito, mentre lo si conduceva al supplizio. E può ben darsi che la sentenza non fosse
giusta, ma come approvare le riparazioni tumultuarie della folla? Il Pellini vuole che
la riconsegna del condannato al Capitano fosse fatta per ordine del Governatore.

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CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 305

massari che portavono due barelle, una orpelata a simiglianzza
d'oro e l'altra orpelata a simiglianzza de argento. Quella a so-
miglianzza de oro fo fatta perché ce era uno de li giostradori
che era cavaliere (1), e quella de argento fo fatta per quelli
altri che caschaveno. Et fo ordinato che quello che avea l'o-
nore dela giostra e che se portasse più valentemente avesse e
guadagniasse li delli 4 bracci de velluto, e quillo che se portasse
più tristamente guadagniasse el ditto anello.

E li giostratori son questi.

Messer Baldassarre de Pulidoro de’ Baglioni (cadde et fo
portato in sul carro e la barella orpelata d’ oro).

| Ridolfo e Giovagnie de Malatesta de Baglione.

Justiniano del feriere dei Baglione cadde, e fo portato in su
la barella de argento.

Carletto Camoriere del signor Braccio.

Mattiolo de’ Agnielo Giovagnie de Tantino.

Lodovico de Antonio de Ciencio.

Felice de Nanne detto del Bragha.

Et schrisse li colpi Piergiuliotto de Oddo da Monte biano, e
dette la sententia el ditto Braccio dei Baglione secondo la lista
deli colpi segniati, e dette il giuditio e la sentenzza che l' onore
e il guadagnio fosse de Lodovico de Antonio Cencio; e tutta la
spesa dela ditta Giostra la fece el detto Braccio e la sera li menò
tutti a cena con lui, e fece fare una bella festa, e fece fare un
carro con un Agnielo in cima de esso che stava in un fiore, lo
quale cantò certe stantie.

A questi dì stette qui in Perogia el fratello del marchese de
Ferrara e mascarosse con alchuni nostri gentilomene. x

Adi 21 de febrajo fo metuata (2) una femina la quale era stata
ruffiana ala figliola.

Adi 28 de febraio fo bandila per piazza a 4 tronbe la pro-
mutazione dela fiera quale denante avem detto.

Adi 1 de marzzo entraro in uffitio li Capitani del contado per
li 6 mesi da venire, e son questi:

(1) L’albagia aristocratica in questi tempi trovava modo di affermarsi perfino
colla diversa dipintura, di che si ornavano le barelle pei feriti nelle giostre!
(2) Metuata vale marchiata, segnata col marchio. '
306 AES O. SCALVANTI

Golino de Giovagnie di Baglioncello Vibiano, P. S. P.

Giovagnie de Nicoló di Benedelto, prima erà de Porta S.
Pietro, oggi de P. Soli.

Carlo di Semone de Narduccio Porta S. Agnielo.

Piero de Filippo, Porta Susane e Antonio de Nicoló Sperello,
Porta Borgnie.

Adi ditto vene per Podestà de Perogia meser Gentile dei
Brancadoro da Fermo, quale stette per Capitano nel 1452 e ebbe
lo stendardo, sopraveste e scudo e giorneetta (1) dal nostro Co-
muno, e è omo da bene in uffilio, e molto bene in ordine.

A quesli di passati gi per Podestà di Castel dela Pieve Bo-
nifazio de m. Ibo dei Coppoli, Porta S. Agnielo; e uscì de offitio
Tiseo de Berardo da Corgnie de P. Susane, e per caslelano cie
sta Giovagnie de Giapeco de m. Francesco deli Arcepreti di P.S.
Agnielo.

Adi 3 de marzzo vene nova come el conte Jacomo avea preso
Talamone de quel de Siena.

Adi 15 de marzzo andó a Roma per ambasciatore meser Ga-
liotto de Nello dei Baglione, quale fo mandato al Papa da questi
nostri cettadini per cagione deli salvacondotti, quali esso papa
facea di debito de special persone; oltre che cie son li capitoli fra
il Papa e noi ch'esso non li poi fare (2).

(1) Giornea o jorneria, come si trova scritto nei Decreti e Prammatiche sun-
tuarie, era una parte dei vestimenti muliebri, ma si usava anco dagli uomini, e si
sovrapponeva, insieme al lucco, agli altri abiti.

(2) Raccogliamo da altri storici il fatto assai meglio esposto. Galeotto Baglioni
fu mandato-a Roma per ottenere che il Papa non concedesse piü a particolari per-
sofie salvacondotti per debiti civili, perché ciò era dannoso ai mercanti e contrario
«ai capitoli e convenzioni stipulate fra Perugia e gli antecessori di Calisto III, e anche
à quelle con lui medesimo concordate. L' ambasciatore doveva inoltre ottenere, che
non si concedessero gli appelli a Roma, e si togliesse via la scomunica sul vestire
delle donne, lanciata già, per opera del Cardinale di Fermo, Legato in Perugia —
« affinché le donne, che in ogni modo non osservavano la legge, non si gravassero
T anima con quelle censure ecclesiastiche addosso » (PELLINI, II, 13). Questo Cardinale

di Fermo era Domenico Capranica, che nel 1445, essendo Legato Apostolico in Perugia,

in Todi e nel ducato di Spoleto pubblico una legge suntuaria, prescrivendo: — « Et
ut hoe nostrum decretum inviolabiliter observetur statuimus etiam quod mulieres
predicte et etiam mariti et sartores et magistri predicti ultra penas predictas et in-
frascriptas ipso jure intelligantur et sint excomunicati » (Reg. dei Brevi, vol. II, fo-
glio 16). — Certo il lusso era a quei di smodatissimo, ma non sembra che il provve-
dimento del Cardinale Capranica valesse a contenerlo, talcehé vediamo venticinque
. CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 307

E adì 21 de marzzo vene la nova quì come in Viterbo se
era fatto un gran tumulto, dove cie foro amazzati circa 50 omeni
e 50 altri feriti, e questo fo perchè il conte Aversa de li Orsini
. cie se volse metter dentro, per la qual cosa ce ne foro appicate
ale fenestre 14 e un dottore (4).

Adi ditto vene in Perogia meser Jacomo de Cortona, vescovo
de Perogia, lo quale fo fatto vescovo adi 27 de ottobre 1449 al
tempo di Papa Nicolò V, e da poi che lui fo fatto vescovo non
era ancora venuto in Perogia, e fo receuto con grande onore e
andaro tutti li ordeni di religiosi incontro per fino a S. Gostanzzo
in processione, e li li fo donato dal Comuno nostro un bello ca-
vallo coperlato con sopravveste di zendado bianco coll'arma del
Comuno in essa, e fo fatto un baldacchino nuovo molto rieco e
bello. Et detto meser Jacomo cavalchó su ditto cavallo con la
metria in capo parato, e entrò sotto il ditto baldacchino e venia
daendo la beneditione per la via, e quando fo in piazza scontro
a la audienzza del Cambio smontò da cavallo, e li se fece inante

anni dopo, e cioé nel 146) Bartolommeo Vitelleschi, Vescovo di Corneto, col consiglio
di giuristi e cittadini, pubblicare una prammatica (Reg. dei Brevi, vol. lI, f. 85), con
cui si insiste sulla modestia degli abiti, degli ornamenti muliebri, dei conviti ecc., e
per aggiungere autorità alla fulminata scomunica, si vuole che del Decreto, in vol-
gare, si faccia lettura nelle Chiese. Ma il desiderio di agghindarsi ne poté piü delle
censure ecclesiastiche, e il mal vezzo continuó, fino a che Paolo II, non volendo far
rimanere sotto il peso della scomunica le donne perugine, nel 25 marzo 1468 dié fa-
coltà al Vescovo di assolverle da quelle pene spirituali, in cui erano incorse propter
nimios ornatos (Reg. dei Brevi, vol. III, f. 26). È quindi ben chiaro che Galeotto Ba-
glioni non poté ottenere allora, e cioè nel 1456, tale assoluzione. Se non che nemmeno
l'amnistia ottenuta da Paolo II valse a ravvedere le gentildonne perugine, che prati-
cando un lusso sempre più smodato, nell’ approssimarsi della Pasqua del 1469, ebbero
d'uopo di un'altra assoluzione, pro una tantum vice, dallo stesso pontefice (Peg. dei
Brevi, vol. II, f. 86).

(1) Il Cronista, mentre narra il tumulto di Viterbo del 1456, nulla ha detto di
quello verificatosi nel 1455, e che fu causa del secondo. Sembra che il Conte del-
Anguillara, in favore di Palamonio Maganzese e per volere di Ugo Albergati di Bo-
logna, Capitano del Patrimonio, assalisse in Roma Princisvalle Gatteschi e lo ucci-
desse. Giuntane la nuova in Viterbo, Gatteschi e Spiriti presero le armi contro i Ma-
ganzesi, che essendo fuorusciti tentavano continuamente di rientrare in Viterbo. Que-
sto avveniva nel 1455; nell'anno appresso, il Conte Aversa volle fare rientrare i fuo-
rusciti in città (e il Cronista dice — il Conte Aversa cie se volse metter dentro); ma,
scopertosi il tradimento, si combatté e vi furono 50 cittadini morti (e il Cronisca ag-
giunge — e 50 altri feriti). Cessato il tumulto, se ne uccisero per impiccagione 14 e
un dottore, del quale gli storici non parlano,
308 O. SCALVANTI

molta brigata per voler togliergli el cavallo, dove che ce montò
su Carlo de meser Jbo con lo ajuto de li compagnie, e le soprav-
veste furono tutte squarsciate e straccate (1), e la sera inante era
aloggato in S. Martino in Campo con m. Raniere arceprete de
S. Lorenzzo (2).

Adi 3 de aprile vene nova come in Viterbo era stata fatta
novità, dove cie foro amazzati de molti omeni, e fra li altri cie
fo amazzato Benedetto da Bettona, de un verrettone ne la ponta
del naso nelo alzare dela visiera delo elmetto, ch' era bono omo de
arme (3).

Adi delto vene nova come in Siena se era fatto novità e gri-
dato — viva el Re de Ragona — e questo fo gridato da una
parte deli cettadini, e l'altra parte non se ne contentaveno e per
questa cagione stano in gran discordia.

De questo mese de aprile fo vento in fra i priore e camor-
lenghe fiorini 400 per il papa per mandarli contro el Turcho,
e furono vente, che tresseno de le comissione già date per lo co-
muno e’ denare dei fancellati, e non potendoli avere de quisti
debbino rescotere deli registri vechi.

A questi di for colte per il papa le decime da tutti li preit?
dela città e contado de Perogia. Se dice che ne vuole soldar
gente per mandarle contro el gran Turcho, ma se crede che ne
farà quello che ne fece papa Nicola 59 suo antecessore, che
anc'esso colse le decime dalli preiti e dali ufitiali, disse per man-
darli contro el Turco e poi le spese nel palazzo dela muraglia de
S.9 P.° per el papa.

Adi 6 de aprile el Gentilomo de m. Agamenone deli Arce-
preti andó al soldo del conte Jacomo Piccinino.

Adi 13 de aprile fo guasto l' orto de Pietro e de Golino Chri-
spolti li dala Cupa, dove cie for rotti e deramati arbori e guasti

(1) Sembra fosse questo un costume per impadronirsi degli oggetti, che servivano
al ricevimento di insigni personaggi, e conservarne memoria. Lo stesso si fece pel
baldacchino, sotto il quale procedette Pio II nel suo ingresso in Perugia.

(2) Appartiene a questi tempi un Breve di Calisto III del 31 marzo 1456, con cui
concede, che a forma degli statuti,il Podestà e Capitano del Popolo non possano con-
tinuare nel loro reggimento piü di 6 mesi (Arch. Com. Cass. XII, n.o 201).

(3) Anche questo fa*to é ricordato dal Pellini, il quale ci dice altresì che Bene-
detto da Bettona era uomo d'arme di Braccio Baglioni e da lui molto amato.

NEMPE
CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 309

gralicci e strappate erbe e tolte bigonzze e zapetelli e bugliato
ogni cosa nela cupa giù di sotto.

Adi 28 de aprile mori Nicolo de Tomaso de m. Francesco
Monte Melini di P. Soli.

Adi 3 de maggio fo messo foco nela casa del Riccio lanaio li apiè
le scale de S. Arcolano, cioié foro 5 fasci, de paglia alli usci suoi,
la qual paglia fo tolta lì dalo arbergo dela Canpana, e poi cie
misero foco e comenzaro a ardere li usci. In questo passava su
uno che andava per le sue facende e vedendo tal cosa tirò ar-
rielo la ditta paglia e comenzó a far molto e chiamare e gridare,
onde che il ditto Riccio se levò del letto e anche tutto el vici-
nato, e fo reparato, che se sarebbe arsa la casa con tutte quelle
persone che cie erano dentro, per la qual cosa ne for fatti molti
consigli, e fo fatta la legge in fra li Priori e Camorlenghi ; che chi
amazasse il malfatore ch'à messo fuoco in detta paglia overo
se fosse operato a tale onore guadagnassi 200 fiorini, quali son
depositati al fondecho de Nicolò de Ser Giapecho depositario del
Comuno. Et che si tale persone fossero state 2 compagne e uno
amazzasse l'altro li se dessero 200 fiorini e fosse asoluto e libe-
rato de ogni pena e bando, nel quale fosse incorso per tal male-
fiio e quella persona similmente che apalesava similmente li se
desse 200 fiorini.

Item se uno sbandito amazzasse tal persona esso se intenda
essere rebandito e possa retornare in Perogia ipso fatto, e molte
altre cose che per brevità non le schrivo, onde che avendosi a
notificare e bandire le predette cose quelle tale persone che avean
fatto el male se asentorno per sospetto e in capo de 2 di se pale-
sorno, che era stato Sante de Bartolomeo de Marino, detto de
Marinello de P. Susane. Se disse che foro con lui 2 altri, quali
non sono anco stati palesati, e questo fo fatto perch’ el ditto Santi
era inamorato de Bartolomeo figlio de detto Riccio (1).

(1) L'allarme destato nella città dal tentativo di incendio alla casa del lanaio
Riccio é in perfetta armonia collo spirito di protezione, di cui si circondava l'indu-
stria della lana e col rigore delle pene, che si comminavano contro gl'incendiari.
Nello statuto volgare inédito del 1322 in materia d' incendi (Lib. IIT, Rub. 195, De l’ofen-
dente el currente de nocte al fuoco) si legge: — « Dicemo statuente che se alcuno de
nocte curresse overo andasse al fuoco quando alcuna cosa overo alcune s' ardessero,
overo de nocte curresse, e allora offeso sirà en persona, l’ ofensore degga essere con-
310 ; O. SCALVANTI

Adi 6 de maggio in giovedi che fo la sera dela Asciensione
festa de P. Susane venero in piazza a ballare cirea 100 gioveni,
. quali erano amici deli Oddi, tutti con li coltelli ala centura, gri-
dando spesso — Oddi, Oddi — e poi andaro verso casa de Ven-
‘ciolo e de Tiseo da Corgne e deli fratelli li a S. Gregorio de P.
Susana pure gridando — Odde Odde — onde che questi da Cor-
enia usciro fuora con l'arme e ferirne parechie, per la qual cosa
li Odde se miseno in ordine e volseno andare ale case de questi
da Corgna col fuoco, ma non cie poddero andare perché quelli
da Corgnie erano molto bene al'ordine e stavono provisli ; per
tanto che divulgandose tal cosa per la città, Cesaro de m. Aga-
mennone e Cesaro suo fratello se misero in ordine con più de 200
omeni armati e andaro in favore de quelli da Corgnie, cioiè in
casa loro per aiutarli ‘e cosi ogni omo correva con arme. Et m.
Baldassarre vene in piazza armato con li suoi amici e pusersi li
8 capo la strada de P. Susanne sotto il palazzo de' Priori e li
stavono fermi. Et cosi vene Guido Morello con li suoi amici lo
quale stava in ‘piazza fermo per lo sospetto de mutatione delo
stato. Anco venne su Ridolfo e Guido e Giovagnie dei Baglione
eon tutti li loro amici de P. S. P. e de P. Borgna, li quali stet-
teno sempre in piè de la piazza in favore de quelli da Corgne.
Et così cie era Giulio de Teveruccio dei Signorelli, li quali non
podevono tenere questa gente de P. S. P. e de P. Borgne, che
volevono venire in su, e delto Guido e Ridolfo per obedire e fare
la volontà de Nello non li volseno lassar.venir mai piü in su che
la casa de m. Conte de m. Saccho, li al renbocco del colle, e con
questi da Corgnie cie erano a una con loro Antonio e Felice de
Mateo de Francesco con li loro amici. In fine per opera deli si-
gnori Priore e del Podestà e del Capitano e de m. Baldassarre
e de Nello e de Gostantino dei Raniere e de Cesaro deli Arcepreti
e de alchuno altro fecer tanto che non se afrontaro mai, e re-
bassaro el romore e remandaro ogni persona a disarmare e cosi

‘dannato en quactrotanto de la quantità de la quale punire e condannare se devesse
:secondo la. forma deglie statute per quillo peccato overo malefitio se ad altro tempo
«quillo avesse commisso. E se darà alora danno sia punito en quactrotanto de quilla
‘quantità de la quale punire se devesse quillo che desse quillo danno .se altro tempo
l'avesse dato se non restituirà el danno enfra terzo di » —.

le.
rg

rn
NT



CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 911

cessaro che non cie fo scandalo, dove che portò gran pericolo
che non se facesse qualche gran novità, e questo cessò a le 4
ore de notte, benché sempre per lo tempo passato ciè stato poco
amore e odio fra li Odde e quelli dela Corgnia per respetto che
cie era concorrenti fra loro, che ogniuno voleva essere el ma-
giore nela porta; e pure la sera inante che fu el mercordi se
erano corocciali insieme, perocché questi da Corgnie volevon po-
nere una porta ornata de fiori e altre verdure, come se fan per
le feste lì sotto lo palazzo deli signori Priore. Et questi de li
Odde non volevono per la qual cosa cie forono brutte parole in
fra loro, per l'odio che cie era per prima, onde che per abre-
viare li signori Priore e questi nostri cettadini el di seguente an-
daro a Mons. e andarce li Oddi e quelli de Corgnia. Et cosi fo
fallo trieva per tutto el mese de giugno proximo che viene, ben-
ché Mons. ebbe molto a male questa novella deli Odde, peró che
esso avea comandato che niuna dele parte uscisse la sera a bal-
lare per respetto dela gara qual'era fra loro, e per le parole
che cie erano state la sera inante e cosi fo quetala la cosa. Et
dicevono alchuni vecchi che a 40 anni che rentrarono li Gentilo-
meni e da questo tempo in qua mai fo lo magior pericolo de
mulatione de stato de questa, e cie fo ferito Campione Beccarino
deli Oddi e molti altri, e dio ce dia gratia che queste cose non
vadano piü inante (1).

(1) 11 Cronista ci riferisce, che da 40 anni, che erano rientrati i gentiluomini,
mai piü serio pericolo si era corso per una mutazione di stato. Egli si riporta quindi
all'anno 1416, in cui Braccio, avuta in suo potere Perugia, vi ricondusse i nobili fuo-
vusciti — che lungamente haveva veduto di tutte U humane cose patire —. D'allora
in poi i nobili ebbero il sopravvento nelle faccende della Repubblica, e, morto Braccio,
le cose non si mutarono, perché il Papa Martino V, riconoscendo dai nobili il nuovo
dominio della S. Sede su Perugia, lascio che nei Capitoli fra la Curia e la città si ag-
giungesse che i Raspanti, contrari alla fazione dei Nobili, non potessero mai più tor-
nare alle case loro. Di qui ebbe un rafforzamento la parte dei gentiluomini, che diede
luogo alla potenza dei Baglioni. Questa oligarchia si stabili con tanta rigidità. che
quando nel 1441 si sparse la nuova, che Guido di Carlo degli Oddi voleva dare la pro-
pria figlia in moglie a un figlio di Giovannello de' Buontempi raspante, ne andò gran
rumore nella città, perché non si giudicava espediente, che tra nobili e fuorusciti si
facessero parentadi. Si venne infine, dopo molti consigli, alla deliberazione, che in un
tempo determinato tutte le donne dei fuorusciti dovessero, sotto gravissime pene, par-

. tire dalla città e dal contado. Sino a tal segno eran giunti gli odi di parte! Vuolsi

notare, che di questa sommossa è un cenno anche nella Cronaca del Veghi, edita da
Fabretti nel vol. II delle Cronache ecc. j
312 O. SCALVANTI

Et adi 15 de maggio morì el detto Campione che fo ferito a
questi dì passati e era partegiano deli Oddi, per questa cagione
non uscivono più di casa questi da Corgnie se non Lodovico e
Lanberto quali non se retrovaro ala ditta briga.

Adì 28 de maggio in domenica Guido e Ridolfo de Malatesta
dei Baglione menaro donna, e la moglie del ditto Guido vene da
Camerino, peroch’ era sorella consobrina del signor de Camerino,
e era figliola del signor de Fabriano, la quale à nome la Go-
stanzza e la donna di Ridolfo vene da Arezzo. Et è figliola de
Semonetto che è un gran conduttiero deli fiorentini, che à nome
la Francesca (1). Et quella de Ridolfo vene per la conca, dove
cie fo fatto un bello preparamento, e li fo fatto grande onore da
quelli de P. S. Agnielo, e lì se fermò un pezzo, perocchè se
aspettava la moglie de Guido, la quale era aloggata la sera a
Canaia e andarci incontro de molti nostri cettadini per fare la
scorta a ciascuna dele ditte Zite. Infine se radunaro insieme
li a S. Fortunato, di P. S. Agnielo, e poi venero in piazza con
molta gente e erace el signor Ridolfo ch’ anche esso venia da
Camerino e molte donne andaro sempre ballando per fino a

casa de m. Baldassare deli Armanne, e sonando con grande :

trionfo; e le Zite erano a cavallo con le cioppe (2) de broccato
d'oro, e tinero (2) corte 3 di, e fo fatta una bella festa. Per questo
respetto quelli de Porta S. Pietro fecero la compagnia del sasso,
vestiti tutti di giallo, e coprirono P. S. P. de panni dal cantone
de S. Domenico in fino a S. Croce e anco copriro li in piede
'dela piazza per starci sotto a ballare (4).

(1) Simonetto da Castelpeccio da Orvieto o, come scrive il Muratori, da Ca-
stello di Piero, fu uomo valoroso, e di lui le cronache hanno spesso occasione di
parlare, come vedremo in appresso.

(2) Cionpa era una delle vesti muliebri, in voga a quei di, e che si faceva di pre-
ziosa stoffa. Si trova ricordata di frequente nelle leggi suntuarie, insieme al mantet-
lum, vestem, aut camorram, jorneriam vel lIuccum ecc.

(3) Tiner per tenere. Si usa anc' oggi — tener corte — per aprire il proprio pa-
lazzo a feste e conviti.

(4) Questa indicazione sui colori delle giornee indossate dalla Compagnia di
S. Pietro e (come si vedrà tra breve) di Porta Sole sembra a tutta prima riferirsi alle
imprese dei Rioni; e può darsi effettivamente che le Compagnie delle varie porte della
città avessero adottato costumi e colori propri. Ma certo essi non corrispondono agli
emblemi dei Rioni di quel tempo, i quali non recavano che l'effigie del Santo con *

em x

pesiszza:
DART

?

CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 313

A quesli di de maggio mori m. Polidoro de Pellino dei Ba-
glione a Fiorenzza che stava là per Podestà, remase in suo luoco
in. Baldassare suo figlio.

E adi primo de giugno la compagnia de S. Fiorenzzo, cioié
el. Domanio fece onore ale ditte Zite a la festa de S. Fiorenzzo (1).

Anco foro apresentate quasi da tutte le comunità e castelli
de Perogia, e Castello dela Pieve fece anco un bel dono, e Co-
simo deli Medici fiorentino glie fece donare fiorini 100 de confetti
per le mano de Piero de fumagiolo mercatante.

A questi dì passati cioiè del mese de giugno Braccio dei Ba-
lione arprese moglie la figliola del signor Bogio nepote del conte

qualche riferimento al nome della porta. Così in un frammento della Matricola Artis
pannorum lane di Porta Sole (Arch. Com., lett. A, 6) si vede lo stemma .col vescovo
S. Fiorenzo e in alto un sole d’oro raggiante. Talvolta al Santo vestito degli abiti epi-
scopali é sostituita la sua immagine col sajo da monaco (Lett. C, 8). Lo stemma di
Porta S. Angelo recava l'effigie dell’ Angelo, che calpesta il drago; quello di Porta
S. Pietro l’immagine del Santo colle Chiavi; quello di Porta Eburnea S. Giacomo col
bastone di pellegrino, e la torre d'avorio sormontata da un albero: e quello di Porta
Susanna raffigurava la Santa colla palma del martirio.

(1) La festa di S. Fiorenzo cade appunto al dì primo di giugno. Nessuna memo-
ria esiste in S. Fiorenzo della Compagnia del Domanio; anzi sembra che, in tempi
più vicini a noi, l'unica Compagnia esistente in tale Parrocchia fosse quella dei Di-
sciplinati. La parola Domanio può derivare da doma, domus e in tal caso esprime-
rebbe la Congregazione o Fabbriceria intesa a conservare la Chiesa. Senonché ci pare
più probabile la derivazione da Domanium, e che starebbe a significare una Compa-
gnia la quale godeva dell' jus dominii sulla Chiesa. Il quale jus dominii aveva un sin-
golare carattere, perché non poteva estendersi né all'alienazione del fondo, né al mu-
tamento della sua destinazione. In un Diploma di Giacomo Re di Sicilia del 1285 si
legge: — « Circa donationes diligenti consideratione pensantes, quam Regiae dignitati
expediat, ac sit fructuosum et utile, absque fidelium nostrorum gravamine, curiae no-
strae Domania alienari aliquatenus non debere, provisionis praesentis Edicto manda-
mus ecc. » —. Questa voce trovasi nello stesso senso adoperata in Editti di Filippo il
Lungo e di Carlo il Bello (a. 1316-1328). E che molto notevole fosse la parte che avevano
le Compagnie e Confraternite non solo nel governo delle Chiese, ma anco nelle pro-
prietà ad esse spettanti, si rileva dall'istoria di cotesti sodalizi, che condotta con sana
critica riuscirebbe opera importante e utilissima agli studiosi. Noi potremmo allegare
qui molti esempi di domanio spettante alle Compagnie, ma ci limiteremo a citare il
fatto di quella istituita sotto il titolo di S. Bernardino, e che assunse a proprio carico
la maggior parte della spesa necessaria al restauro di S. Cataldo in Porta Borgna, e
perfino alla edificazione del convento delle Cappuccine di S. Chiara. Lo stesso puo
ripetersi per il Monastero delle Convertite, eretto dalla Confraternita dell'Annunziata
e va dicendo (Conf. RICCARDI, Memorie ms., Vol. II, nell’ Archivio dell’ Arcivescovado
di Perugia).
314 O. SCALVANTI

Francesco Duca de Milano, se disse che ebbe de dote du-
cati 8000 (1). |

Adi 8 de giugno vene la nuova che era fatta la pace in fra
il Papa e il conte Jacomo Piccinino e li Sanesi, e capitolaro di
dare al ditto conte Jacomo scudi . . . . . e anco de darli de con-
dutta scudi... .. . (2) l'anno, e se dice che il conte Jacomo
se ne va nel Reame de Abruzzo, e che il Re di Ragona li à date
certe città nel reame, per la qual cosa for fatti la ditta sera li
faloni in piazza e ale lumiere del Palazzo deli signori Priori e
in sul monte.

A questi dì ala festa del Corpo de Chripsto li omeni de P.S.P.
fecero la compagnia tutti con le giornee gialle per amor dei Ba-
glione (3).

Ala festa de S. Fiorenzzo li omeni de P. Soli fecero la com-
pagnia tutti con le giornee bianche con le sbarre roscie.

(1) Veda il lettore come per mezzo dei connubi di Guido colla figlia del Signore
di Fabriano, di Ridolfo colla figlia di Simonetto e di Braccio con Anastasia figlia di
Bogio Sforza fratello di Francesco, Duca di Milano, la casa dei Baglioni andava crescendo
in lustro, potenza e decoro. È mirabile poi l’adulazione, con cui veniva lusingata dai
cittadini in ogni circostanza. Quanto alle nozze di Braccio colla figlia di Bogio
Sforza, é dubbio, se nel 1456, piuttosto che gli sponsali, si celebrasse veramente il
matrimonio; perché il nostro Cronista ci narra all’ anno 1462, che — « Adi 20 de giu-
gno meno moglie el Magnifico omo Braccio dei Baglioni la figliola del sig. Bogio da
Codogniole, fratello del Duca di Milano, la qual vene da Milano con gran trionfo ecc. »
— Anco il Villani scrive: — « Adi 20 giugno venne la moglie di Braccio Baglione che
era milanese di gran sangue » —. È probabile, che fino dal 1456 fosse concluso quel
connubio, di cui fu ritardato il compimento prima per la morte di Giacoma Forte-
bracci vedova di Malatesta I e madre di Braccio, e poi per avvenimenti politici, di
cui non era certo penuria in quel tempo. Consimile fatto avvenne per il matrimonio
di Jacopo Piccinino con Drusiana, figlia di Francesco Sforza, che venne fino dal 1455
fidanzata al Capitano di ventura, mentre il connubio fu posto in essere nel 1464.
« Il Duca, così scrive il Corio (Hist. Parte VI), per levare ogni sospettione, né a quello
lui intendeva fare, volse che consumasse il matrimonio con Drusiana sua figliuola,
ma le nozze per la morte di Cosmo dei Medici furono senza pompa ».

(2) Nel giugno 1456, come narra il Cronista, avvenne la pace tra il Piccinino e i
Senesi, mentre nella Cronaca di Bologna, da me altrove citata, si pone questo avve-
nimento nel luglio; ma é probabile che il cronista bolognese parli della data, in cui
l’accordo fu stipulato, mentre lo scrittore perugino ci ha dato notizia della composi-
zione avvenuta, ancor prima che si traducesse in atto (Conf. AMMIRATO, Lib. XXIII).

(3) Anche qui sembrerebbe che il gialio delle giornee fosse scelto in onore dei
Baglioni; ma ciò non sussiste, perché-lo stemma di quella illustre famiglia reca una
sbarra orizzontale d’oro in campo azzurro, e quindi le giornee avrebbero dovuto es-
sere azzurre con ornamenti d’oro.


CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 315

Adi 16 de giugno in venerdì ale 28 ore mori la nobil donna
Madonna Giapecha dei Fortebracci da Montone moglie che fo de
Malatesta de Pandolfo dei Baglione e lassò suoi figlioli Braccio,

Carlo, Guido, Ridolfo e Madonna Agniesina sua figlia, e fece el

testamento, del quale ne è rogato Ser Cipriano de Gualtiere, e ala
morte sua disse de non avere si non fiorini 4000 in denari con-
tante, deli quali ne lassó 2000 ala ditta Agniesina e 1000 a Guido
e 1000 a Ridolfo, e questi denari li à in Fiorenzza Cosimo deli
Medici, e ogni altra cosa lassa comune ali suoi figlioli; e dela
morte sua ne fo gran danno ala nostra città, peroch' era donna
danarosa e buona persona.

E adì 17 ditto la mane inante dì fo portata a sepelire in
S. Francesco.

Adì 19 ditto in domenica fo fatto il corotto lì apiede dela
piazza e for vestiti de nero infra li figli e nepoti, nuore, donzeglie
e fameglie e donne e omeni persone 50, e quando fo sepelita cie
fo 84 pari di torchie grande.

Adi 23 di giugno in giovedì Braccio de Malatesta dei Ba-
glione mandò a marito la Francesca sua figliola, la quale avea
dato a marito a M. Agamennone, e fo menata de notte per amor
de la morte de madonna Giapecha madre del signor Braccio.

Adì primo de luglio vene qui in Perogia un comissario de
Papa Calisto 3°, e vene per parte de Sua Santità per recordare a
questi nostri cettadini che volessero atendere a vivere pacifica-
mente e che ponessero giù l’arme e non impedissero la ragione
e la giustitia, anzi favorirla.

Adì 5 de luglio venero in Perogia 500 fanti mandati dal Papa
e 9 Conestavole dele ditte gente, cioiè Giovan Pazzaglia e Piero
da Somma e Antonello da Pisa, e mandavali el Papa a ció stes-
seno in piazza ala guardia, ació non fosse impedita la giustitia
e la ragione e che non fossero molestati li offitiali e la corte per

‘che el vivere era redutto de sorte che li offitiali e i notari del

Podestà e del Capitano non volevono più gire a pegniorare nè
pigliare persona alchuna, nè manco podevon gire la notte ala
cerca per l'arme, perché ogni persona andava la notte con l'arme,
onde che questa città parea una spelonca de ladri; per la qual
cosa fo schritto al Papa da alchuno de questi nostri cettadini,
316 O. SCALVANTI

che Sua Santità provedesse a tal cosa, e così mandò li dilti 3 co-
nestavoli con li ditti fanti.

A questi dì vene nel contado de Tode m. Borghes (1) ne-
pote del Papa e con esso è Braccio dei Baglione cole gente

‘ dela Chiesa, 1500 cavalli, e il Papa schrisse un breve ali nostri

gentilomene, ch’ esso mandava queste gente al servitio de questi
nostri cettadini, e così li fante, benchè questi nostri cettadini non
avevono chiesto se non 300 fante al papa (2).

Adì 5 de luglio se partiro questi da Corgnia, perocchè for
messi in bando per la morte del ditto Campione e anco molti lor
seguace che son questi :

Venciolo e Tiseo di Bernardo da Corgnia, Giordano de Fran-
cesco de lepre morto, Marianello de Ser Bartolo, Renzo da Ca-

(1) Borghes, così chiama il Cronista Pietro Luigi Borgia, nipote di Calisto III e
fratello di Rodrigo, poi Alessandro VI, già creato cardinale, sebbene in giovanissima
età. Non é a dire in quanti modi si appellassero dagli storici quei di casa Borgia, che
ora con questo, orà coi nomi di Boria o Borias, Emborgia li troviamo indicati nei
libri di storia italiana (Conf. PLATINA e SacHo in R. I. S. Tomo III, P. 2, e CORIO,
Hist. P. VI).

(2) Queste ultime parole del Cronista significano, secondo noi, che parve sover-
chio ai cittadini l’aiuto militare dato dal Papa per indurre i perugini a ben vivere e
sopra tutto a non impedire che si facesse giustizia. E di vero, spogliando i documenti
inediti dell’ Arch. Com. si trova che Calisto III con Breve del 10 maggio 1456 dimo-
stra il suo rammarico per i tumulti avvenuti in Perugia, ed esorta i cittadini a voler
vivere in pace (Cass. XII n.0 204). Con altro Breve del 22 giugno dello stesso anno,
il Papa annunzia, che manderà a Perugia, per suo Commissario, all'effetto di
sedare le turbolenze cittadine, Stefano di Novara, luogotenente dell’ Uditore di Ca-
mera (Cass. XII, n.o 205), e nel successivo Breve del 4 luglio, lodata la città per la pron-
tezza dimostrata nell’ eseguire i suoi ordini, Calisto IIl esorta i cittadini a cooperare
con Stefano da Novara pel quieto vivere della città, e fa conoscere di avere ordi-
nato al generale di S. Chiesa, di mandare quanto prima i trecento fanti, richiesti. dal
Magistrato (Cass. XII, n.o 206). Ora, dopo aver mandati a Perugia 500 anzi che 300
fanti, il Papa pone in armi 1500 cavalli guidati dal Borgia e da Braccio Baglioni, e scrive
che li manda al servitio de questi cittadini. Certamente i disegni del Papa e di Pier
Luigi Borgia erano assai diversi, ché ormai, fatto l'inutile tentativo di rimettere in
Norcia i fuorusciti (PELLINI, II), le genti pontificie dovevano ritirarsi in Roma o in
qualche altro presidio, mentre le vediamo, col pretesto di giovare alla pace di Peru-
gia, trattenersi a campo nel Todino. Probabilmente si aveva sentore di qualche no-
‘vità, che il Re Alfonso voleva fare nella Marca, e, data la rivalità fra quel principe e
il pontefice, questi poteva avere stimato opportuno vigilare, e per non dar sospetto
coloriva il suo disegno nel modo che il Cronista narra. Altro motivo di tale assetto di
guerra potrebbe trovarsi nel fatto che il Papa voleva revocare le grazie e concessioni
ai sudditi della Chiesa a fine di raccogliere danaro per la spedizione contro il Turco;
la qual cosa avrebbe facilmente sollevato rumori da doversi senza indugio reprimere.

^
CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. SIT

pua, Giovagne de luca de Ser Saturno, Giovagnie de Bigazzini,
Perone de Ghino. Meser Pier Felippo .e Berardo for difese che
non foro messi in bando per operatione de alchuni nostri cet-
tadini con gran fatiga (1).

E adi 26 de novembre 1457 fu la pace e anco el breve de
poter essere arbanditi e comenzaro a usare a dì 19 de decembre
1457. i

Adi 7 de luglio (1456) in mercordi fu fatto un consiglio da
questi nostri Magnifici Cetladini su in palazzo de Monsig. e anco
cie andaro li signori Priore; e Monsig. propose, come in questa

ACA

nostra città se vive molto scorrettamente, e che saria molto bene
de provvedere a tal cosa e lassare punire li malfatore e favorire
la ragione e la giustitia (2), e propose altre cose utili ala città.
Et il primo che se levasse su per respondere a la ditta proposta
si fo Golino di Giovagne di Baglioncello, qual'era Priore e Capo de
Uffizio, e confirmó el conseglio che saria bene, che se aten-

4 (1) Queste misure contro i cittadini, che erano stati cagione di turbamenti nella.
città, piacquero al pontefice, che ne tien parola nel Breve del 15 luglio 1456, dove
esorta il Magistrato ad eseguire gli adottati provvedimenti per ridurre a pacifico stato
Perugia (Arch. Com. Cass. XII, n.o 208).

(2) La narrazione del Cronista dimostra, che veramente, in questi tempi, la pia2a
divorante degli Stati era il dispregio della giustizia. Ciò spiega come, in onta anche
ai principi della umanità, si proteggessero le intemperanze degli uffiziali di giustizia
(come ad es. quelle commesse dal Capitano del Popolo Sante de' Vitelleschi nel 1455);
quando mostravano energia nel reprimere i frequenti delitti. Ma se era lecito infie-
rire coi martiri e colle morti contro i deboli altrettanto difficile era aver ragione dei
potenti, e il quadro che ci fa il Cronista delle condizioni della città e del timore da
cui eran presi gli stessi uffiziali di giustizia, sembra riprodurre il più triste periodo
del feudalesimo, quando, scisso il vincolo unitario dello Stato, la società, come ben
disse lo Sclopis, fu gettata nel disordine di una consistente anarchia (St. della legistaz ;
Vol. I, Cap. II). Intanto mentre, come abbiamo visto, nel 15 luglio 1456, Papa Cali-
sto III si congratulava coi perugini delle misure prese contro i perturbatori dell’ or-
dine, lo stesso pontefice con Breve del 12 agosto successivo (Arch. Com. Cass. XII,
n.0 209) notificata la venuta in Perugia di Giacomo Mucciarelli chierico di Camera, si
meravigliava, che il Magistrato gli avesse chiesto la sospensione delle pene contro
i cittadini tumultuanti, e specialmente.contro i nobili Della Corgna, quando lo ave-
vano invece supplicato a punirli, come unico mezzo per toglier via le turbolenze dalla
città. Pare che questo Breve recasse l'effetto desiderato dal pontefice, perché in altro
documento del 30 agosto 1456 lo stesso Papa si congratula che sieno state eseguite le
sentenze date da’ suoi ufficiali contro i perturbatori della quiete cittadina, e annun-
ET zia di aver dato in proposito le necessarie istruzioni al Governatore e ai Commissari
; (Arch. Com. Cass. XII, n.0 210),

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318 O. SCALVANTI

desse a ben vivere e così se stesse, e parlò molto acomodatamente.
‘Dopoi se levò su Mariano di Mariotto dei Baglione qual’ era Con-

solo dela Mercantia, e confirmò el simile. |

Adi 18 de luglio in domenica Biordo de Fioravante deli Odde
e Mariano de Mariotto dei Baglione for mandati dal nostro Co-
muno per ambasciatori a messer Borghes nepote del Papa e Ca-
pitano Generale dele gente de la Chiesa, quale era aloggato sotto
col de Pepo, in quel de Tode, e portarono a donarli per parte dela
Comunità de Perogia scudi 400, dice che li ebbe molto grati e
rengralió assai questo Comuno.

Adi 20 ditto for cassi li bifari del palazzo dei Priori e
altri, che era Priore Galiotto di Lello dei Baglione e li com-
pagnie e for salariati 2 bifari del reame quali for venti fra Priore
e Camerlenghe per tempo de due anni, li quali bifari se obligaro
de donare al Comuno ogni anno ala festa de S. Arcolano 2 tazze
de valuta di scudi 4 l' una.

Adi 2 di.settembre vene la nuova qui come in Siena se era
scoperlo un trattato, quale se facea a stanzza del conte Jacomo, per
la qual cosa for presi 3 cettadini de Siena deli principali deli
quali uno se chiamava Piero di. . . + (1), e così li mandarono
ala morte, e forono artolti dali loro amici per la qual cosa se le-
varon su li Priore e altri cettadini, e amazzaro li ditti 3 cettadine
e assai altre persone; e per la detta cagione sene fuggiro de
fora circa 60 omeni (2).

(1) Lacuna del ms.
(2) Alcuni Cronisti di Siena, come ad es. l’ Allegretti ne’ suoi Diari, non parlano
affatto delle pretese del Piccinino, e dicono solo: — « Per questa sopradetta guerra
nacque in Siena disordine infra cittadini, e nacquene certe sette, in modo che uscendo
Capitano di Popolo Cristofano Gabbrielli del Monte de'Riformatori, col conseglio de'suoi

amici e congiurati fecero pigliare e sostenere più cittadini. Fu lo apposto, perché fa-

cevano contro il reggimento di Siena, et alcuni dicono per le ambizioni delle parti e
maggiorie » —. Del preteso trattato in favore del Piccinino parla invece il Piccolomini
ne’ suoi Commentari (Lib. II): — « Vis tota regiminis inter Novem, Reformatores et
Populares remansit. Inter quos succedente tempore, sedente Calisto tertio graves ini-
micitiae Succrevere, parsque non parva regentium falso insimulata est, tamquam ur-
bem tradere Piccinino conspirasset. Ob quam rem quidam securi percussi sunt, non-
nulli in exilium acti, alii relegati et pecunia multati: adeoque urbs ipsa civili discor-
dia vexata est, ut libertatem .amissura propediem cunctorum iudicio videretur » —.
Dal qual passo di Enea Silvio, che delle cose della patria sua doveva essere esatta-
mente informato, resulta, che l' accusa di aver voluto dare la città al Piccinino era
infondata.

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Visas me tran

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CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 319

Adi 8 de ‘setembre foro renchiusi li insaccolatore perchè se
era determinato de refare el regimento dela città, li quali son
questi.

Golino de Giovagne de Baglioncello per lui.

Luca de Locciolo per Nello de Pandolfo Baglione — P.S. P.

Girolamo de Giuliano ditto Gionbolo per Braccio.

Bartolomeo de Beo tegolaio per Braccio — P. soli.

Cinello de Alfano per li Baglione.

Bartolomeo de Grigorio setaiolo per li Baglione.

Stefano dei Roche per Gostantino.

Golino de Bartolomeo per Guido Morello — P. S. Agnielo.

Galeazzo de Felcino per m. Baldassarre.

Michalagnielo de Bascioia per m. Baldassarre.

Luca Possente e )

Giuliano de Meo del Pazzo P. Susane |

Semone de Guido de li Oddi e

M. Grigorio de m. Rugere.

. per Cesaro.

Giovagne de m. Christofano.

Lucantonio de ser Giovagnie — P. Bornie.

Giulio de Teveruccio e Rustecho de Saracino.

Antonio da Monte Sperello e Agnielo de Bartolomeo dai
Veglij.

A questi di de otobre el canpo dela Chiesa andò a Norscia per
remettere li usciti, e vi stette il dilto campo circa un mese. Se
disse che avea aule 10000 fiorini, e cosi m. Borghes con le ditte
genle sene vene fra Spoleto e Foligno.

Adi 80 de otobre el ditto m. Borghes nepote del Papa prese
la tenuta del Cassero de Spolete, per sé secondo Duca del Ducato,
e anco prese la tenuta de Folignie de Asese, de Orvieto ed altre
terre (1).

(1) Il Cronista qui si esprime in modo da far supporre che il Borgia avesse
guerra con Spoleto. Ma la verità é, che, dopo la spedizione di Norcia, il Papa tolse il
governo del ducato a Jacopo Tebaldi, vescovo di Montefeltro, il quale lasció buon
nome di sé, e lo affidò al nipote Pier Luigi Borgia assistito da una Commissione spe-
ciale, e cosi ebbe il governo del Patrimonio, di Todi, di Rieti e del ducato di Spoleto.
Di cio gli spoletini furon lieti, e gli fecero un presente di cento ducati d'oro (SENSI
— Storia del Com. di Spoleto — anni 1450, pag. 253, 336, 263 e 264). L'espressione
quindi del Cronista — « prese la tenuta per sè secondo Duca del Ducato » — deve
intendersi nel senso, che prese possesso come Duca.

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320 i O. SCALVANTI

Adì 6 de novembre fu recato morto Francesto de Asegnia,
se disse avea aute molte bastonate fra Panicale e Montepulciano.
per interesso di una femina.

Adi 13 de novembre morì Piero de Fumagioli. quale era de-
ventato deli meglior mercante dela piazza (1).

Questa si è la copia de una lettera venuta del Reame a mon-
sig. Reverendissimo Colonda dele rovine fatte in quelli paesi dali
teremoti nelo Abruzzo (2).

Sermona tutta scarcata.

Tocco tutto rovinato e vi son morte 199 persone.

Castel de Sanguene tutto scarcato ecetlo 7 case.

| El Formello tutto rovinato.

Segnia non cie son campate senon 19 persone e tutta è ro-
vinata. i

El Castello de Caramanico tutto rovinato.

Castello Nuovo nel contado de laquila la magior parte pro-

‘fondato.

Li Naveli de laquila similmente.
A Napoli molte case per terra e molti omeni morti.

A Capua molte case per terra.
A Benevento ‘moltissima rovina e morte gran numero de

persone.

(1) Nel 20 novembre di quest'anno (1456) Calisto III con Breve diretto al Magi-
strato fece sapere, che richiamava da Perugia l' Arcivescovo di Benevento, e mandava
in suo luogo il Vescovo di Montefeltro (Arch. Com. Cass. XII, n.0 213).

(2) È memoria di queste procelle e terremoti, così disastrosi, nelle Istorie del
Beato Antonino, e in tutti gli storici. Se non che molti annalisti e cronisti registrano
questi fatti nel 1457, imperocché si verificassero negli ultimi dell’ anno precedente.
Così, ad es., il Bernio (Chron. eug.) pone un cenno dei disastri avvenuti pei terremoti,
nel 1457, e ne riferisce perfino i versi di Lupo che si chiudono col solito riferimento
«ai peccati degli uomini, che hanno provocato l'ira divina:

7 Quisquis peccavit, quisquis crimina. fecit
Poeniteat, doleat, placareque Numina curet.

Anche Enea Silvio Piccolomini ne scrive a Federigo III in questi termini: —
« Audies ex latore presentium quam mirabilia et incredibilia damna fecerit terremotus
in regno apulie. Nam multa opida funditus corruerunt. Alia magna ex parte collapsa,
sunt. In Neapoli omnes fere ecclesie et maxima palacia ceciderunt plusquam triginta
milia corpora oppressa ruinis traduntur; populus omnis habitat in tentoriis » — (Epis.
et varii tractat. pii pontif. maa. Epist. 220, Mediol. 1490). Se non che la esposizione
del Cronista, perché copiata da una lettera scritta il.5 dicembre 1456 a mons. Colonna,
ha una particolare importanza, che non sfuggirà certo ai nostri lettori. i

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VEU tern e

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CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. - 321..

Fondi, guasta la rocca quasi tutta.

Ariano rovinato tutto e morti 1200 persone.

Padula rovinata tutta, morte 1457 persone.

Vitullano e la Val de Tosco rovinati.

S. Agata sufundata, la guardia de Se fiamondo.

Quattro Castelli del signor Marco fratello del conte di Fondi
nel Contado de Molisi sono al tulto rovinati con gente assai.

Alipe, Apicie. \
Monte Calvo. |
Morcone con lo Contado.

VESPRrtrtrrrrecreer

Donate vere: chi profondate e chi la magior
Nocera, Troia. )
Ascoli de Puglie. parle rovinate.
Trotta, Manardata.

Monte Corvino. |

UN

Bicharo.

Morice rovinato el Castello.
S. Marco e S. Giorgio del Contado di Fondi rovinato la ma- . — |
Ns gior parte. "

Pescasola tutta rovinata e cetto 11 case, e morte 280 persone.
La rocca dela Valle Schura con altre terre tutte diserte.
Monte Bone.

Ponte Corvo.

Sarno del conte de Nola.

Palma, lo castello de Nola detto. Cichala.
Corretto col contado tutto rovinato.
Petranuova, Civitella.

Carpinone, Castelpretoso.

S. Agnielo, i Ghotto (?).

Marchia Vodana, (?) li casali de Frosolani.
i Baiono aridato in abisso.

S. Maximo Baranello.

Lo Bosso (?), S. Piero.

Campo Chiaro disfatto tutto, cie morì el signor Aloisio.
S. Fiamondo.

Cornacosi, (?) Ciechia piccola.

Vinchiachiero, Cechia magiore (?).

Cassione, Larcia.

“or nie È SERRE castani —
322 O. SCALVANTI

ee:

Supino, la tosara (?).

S. Juliano, S. Bartolomeo.

Castello de S. Elmo de Napoli è spezzato tutto e. fuggiti li
pregioni.

Lo Castel de Arpaia.

Lo Castello dela Roca de la Villa.

La Cerra, Vrienzo (?), Thicone (?) e molte altre terre e castelli
quali anco non son messi in questa lista (1), perochè non ne

SPERATO

(1) Diamo qui la traduzione delle voci di città e castelli, indicati dal Cronista in *-
modo più o meno errato. Però non abbiamo potuto rintracciarle tutte, ad onta delle
piü accurate indagini; e allora accanto alle voci, che non ci é stato possibile tra-
durre, abbiamo posto un punto interrogativo. Sermona, Sulmona in provincia di Aquila
— Tocco per Tocco da Casauria, mandamento di S. Valentino in Abruzzo, provincia di
Chieti — Castel de Sanguene per Castel di Sangro, circondario di Sulmona — JFor-
mello, pure oggi così chiamato, è mandamento di Campagnano di Roma — Segnia in
cambio di Segni, circondario di Velletri, provincia di Roma — Castello di Carama-
nico ossia Caramanico, circondario e provincia di Chieti, paese situato fra monti al-
tissimi, a E. delle montagne del Morrone, a N. 0. della Majella — Castello nuovo per
Castelnuovo, paesello sulla via provinciale da Barisciano a Popoli, provincia di Aquila
— Navoli o Naveli de V Aquila per Navelli, mandamento di Capestrano, provincia sud- »
detta — Fondi, che collo stesso nome è oggi capoluogo di mandamento in circonda i
rio di Gaeta, provincia di Caserta — Ariano ossia Ariano di Puglia, provincia di Avel-
lino — Padula, sempre così chiamata, circondario di Sala Consilina, provincia di Sa-

II————— ————M—ÓÓÓÓÓÓM—M————— ,
na

——— - ==

| ti lerno, a meno che non si trattasse di Padule, terra presso Gubbio — Vitullano per
i Vitulano, circondario e provincia di Benevento — S. Agata ossia S. Agata di sotto,
i circondario e provincia di Avellino — Guardia di S. Fiamondo per Guardia Lom-
| i

bardi, comune nel circondario di S. Angelo dei Lombardi, provincia suddetta — Alpe,
Apicie per Apice, circondario e provincia di Benevento — Monte Calvo per Monte Calvo
Irpino, circondario di Ariano di Puglia, provincia di Avellino — Morcone, circondario
di Cerreto Sannita, provincia di Benevento — Lumata forse per Licola, piccolo paese
sul Tirreno a N. O. di Napoli, a N. di Pozzuoli, a O. di Aversa — Aversa capoluogo
di mandamento, provincia di Caserta — Nocera per Nocera Superiore in provincia di
salerno — Troio, ossia Troia, circondario di Bovino, provincia di Foggia — Ascoli
de Puglia oggi detto Ascoli Satriano, circondario e provincia suddetti — Trotta forse
Traetto Sajo, paesello sulla riva destra del Garigliano non molto distante dal mare
— Manardata probabilmente invece di Marandola, paese a N. 0. di Traetto e a N. E,
di Gaeta, provincia di Caserta — Monte Corvino può essere 0 Montecorvino Pugliano
o Montecorvino Rovella (quest'ultimo più importante e oggi capoluogo di manda-
mento) entrambi in circondario e provincia di Salerno — Bicharo per Biccari, circon-
dario e provincia di Foggia — Morice, forse per Molise, paesello a 0. di Campobasso
— S. Marco e S. Giorgio del contado di Fondi, vocaboli più che paeselli in quel di
Fondi — Pescasola per Pescosolido, comune in circondario di Sora, provincia di Ca-
serta — Rocca della Valle Schura per Rocca di Villascura, oggi detta Rocca Pia, si-
tuata sulla via provinciale fra Sulmona e Isernia a S. S. E. di Sulmona e O. dell'alto
monte di Rotella, circondario di Sulmona e provincia di Aquila — Montebone forse

|
Wi

Ill

MIL
CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 323

puoi sapere la certanzza fino al presente. In tutto son 74. E la
ditta littera fo schritta a di 5 de dicembre 1456 (1). A

Adì 24 de dicembre m. Borges capilano dele gente dela Chiesa
schrisse una lettera a Braccio de Baglione, che veduta la pre-
sente subito esso debbi cavalcare a Roma, perchè era morto el
conte Tagliacozzo peroché dele terre suoi ne avea prese el Re
de Aragona.

A questi di passati foro ferite 3 insaccolatore, pocho dapoi
che essi uscissero fore, li quali son questi cioié, Luca Possente de
P. S. Agnielo e fo ferito da Renzzo dela Lita celi Armanne, e
Stefano dei Rochi de P. Soli da Serpentino de Mateo de To-

Mondragone a S. del golfo di Gaeta — Ponte Corvo per Pontecorvo, circondario di
"ora, provincia di Caserta — Palma, paesello a S. 0. di Nola, provincia di Caserta —
Corretto per Cerreto Sannita, provincia di Benevento — Civitella, che potrebbe essere
‘Civitella Alfadena, circondario di Sulmona, oppure Civitella Roveto, circondario di
Avezzano, provincia di Aquila. Essendo quest’ ultima citta più importante dell’ altra,
incliniamo a credere sia quella indicata dal Cronista colla sola parola Civitella — Car-
pinone, oggi capoluogo e mandamento circondariale d' Isernia, provincia di Campo-
basso — Castelpetroso, comune del circondario di Carpinone — S. Agnielo, probabil-
mente S. Angelo dei Lombardi — Casali di Frosoloni oggi Casalciprano, comune in
‘circondario e provincia di Campobasso a S. E. di Frosolone, capoluogo di manda-
mento in circondario di Isernia — Baiono per Bojano, nello stesso circondario —
S. Massimo Baranello per S. Massimo, comune e mandamento di Bojano — S. Piero,
che può essere S. Pietro Avellana, comune in mandamento di Capracotta, circondario
di Isernia, o S. Pietro Indelicato comune del mandamento di Montefusco in provincia
di Avellino — Campochiaro, cosi chiamato anch'oggi, nel circondario di Isernia —
S. Fiamondo forse S. Ferrando, oggi S. Ferdinando di Puglia, provincia di Foggia —
Vinchiachiero per Vinchiaturo, circondario e provincia di Campobasso — Cassione
per Cassino, circondario di Sora, provincia di Caserta, oppure Castione per Casti-
glione dei Genovesi, circondario e provincia di Salerno — Larcia oggi Larino, pro-
vincia di Campobasso — Supino, circondario di Frosinone — S. Juliano per S. Giuliano
del Sannio, provincia di Campobasso — S. Bartolommeo, oggi S. Bartolommeo in
Galdo, provincia di Benevento — Castel de Arpaja per Arpaja, provincia suddetta —
Castello dela rocca dela villa, è il castello della Rocca di Villascura, oggi Rocca Pia,
già ricordata — Cerra per Cerro al Volturno, circondario di Isernia, a meno che il
copista abbia scritto, la Cerra mentre doveva scrivere 7? Acerra, nel qual caso si
tratterebbe di Acerra, circondario di Nola, provincia di Caserta.

(1) È di questi tempi il Breve di Calisto III (12 dicembre. 1456), col quale an-
nunzia di aver mandato a Perugia Michele Valle coll’ ufficio di Tesoriere, e prega
il Magistrato a riceverlo cortesemente e a favorirlo in tutto ciò, che riguarda le
‘sue funzioni (Arch. Com. Cass. XII, n.0 214), ed è questo un efficace riscontro della
importanza, che aveva in Perugia l'ufficio di Tesoriere. Al Valle succedette poco
‘appresso, e cioè nel 21 febbraio 1457, Berengario Clavelli, Dottore in sacri canoni e
cameriere segreto di S. S. (Conf. Breve di Calisto III in Arch. Com. Cass. XII, n.o 218).
394 O. SCALVANTI

masso de Teio e da 5 altri suoi compagni. E Giombolo de Giu-
liano fo acechato da quello ochio bono, ch'esso avia, perochè lo
altro ochio era cieco prima, da Pier Simoné dei Gratiani, e da
Giapeco de Gostantino de Mateo de Pietro pure dei Gratiani.

A quesli di passati vene qui in Perogia per Governatore
m. Bartolomeo dei Viteglie vescovo de Corneto. .

Nel predetto ano el grano al più valse soldi 45 in 50 la mina;
l'orzo soldi 30 in 35, in 40; la spelta soldi 20 in 25; l' olio lib. 6,
el vino lib. 5 in 6 la soma e 7 el più.

E lo scudo del Papa a cambio vale scudi 1 soldi 14, el du-
cato veneliano a cambio vale scudi 1 soldi 16 in 17 (1).

1457 — Adi 7 de gennaio Nello de Pandolfo dei Baglione fo
‘recato a malato dal Monte Fontegiano.

Adi 11 ditto se palesó che ditto Nello de Pandolfo era morto.
Se disse che mori domenica che fo adi 10 ditto, e fo sepelito a
S. Francesco con grande onore, e qui in Perogia non cie era
meser Pandolfo nè meser Galiotto suoi figlioli, perochè messer
Pandolfo cavalchó sabeto a notte a Spelle per sospetto de non
perdere la signoria de Spelle ch' avea Nello lor padre, e dubita-
vono de Braccio e deli fratelli, peroché a loro dovea remanere la
signoria. Et in favore deli figli del detto Nello, cie andó Carlo
de Guido deli Oddi con cavalli e fanti e anco cie andò (Golino
Chrispolti con pià de 100 fanti da Bettona (2).

Adi 28 de genaio in venerdi comenzaro a straginare le ban-
diere per la morte de Nello quale foro 21 con lo stendardo de
Spelle, . ;

Adi 30 de genaio in domenica fo fatto il corotto li ordinata-
mente in pié dela piazza e fo adornata la casa con li bendoni, nela

(1) Rare volte si incontrano nelle cronache le indicazioni sul valore di cambio:
delle monete.

(2). Pellini narra, che la morte di Nello fu tenuta segreta per due giorni; il Cro-
nista racconta invece che essa avvenne il 10 gennaio e si palesò il di 11; ma riflet-
tendo, che lo stesso Cronista dà per certo che Pandolfo e Galeotto si recarono a Spello
nella notte del sabato (9 gennaio), è probabile che Nello fosse mancato ai vivi in
quel giorno, di modo che la morte sua si sarebbe tenuta nascosta per due giorni, cioè
fino al di 11. Or, sebbene fossimo in tempi, nei quali l' ambizione di dominio vinceva
ogni altro affetto, é poco verisimile, che i figli abbandonassero il padre morente per
recarsi a Spello a confermare la loro signoria.
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CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 325

quale cie era penta l'arme loro, ed a capo ed a piè con S. Fran-
cesco e S. ...... (1) dove cie foro 60 torchie grande, e fo vestita
de nero de molta gente, cioiè de loro fameglie e de loro amici, e
de Spelle cie ne venero 15 vestiti pure de nero, e for lassate le
ditte bandiere in S. Francesco e poste sopra la sepoltura li a lato
al coro. deli frati (2).

Adi 1° de marzzo entraro in Uffitio li Capitani del contado
per li sei mesi davenire, quali son questi:

Bonifatio de m. Jbo dei Coppoli, P. S. Agnielo.

Gostantino de Felippo deli Oddi, P. Susane.

Giovagnie de Malatesta dei Baglione, P. Borgnie.

Baldo de Mateo de meser Pietro, P. S. P.

Francesco de Nicolo de Tomasso, P. Soli (3).

(1) Lacuna del ms.

(2) Nel mese di febbraio, con Breve del 14, Calisto annunzia di avere eletto a
Governatore di Perugia il Vescovo di Corneto, ed esorta a prestargli obbedienza (Arch.
Com. Cass. XII, n.0 215). Il Governatore fu accolto con festa a Perugia, e di ciò
esprime il suo gradimento Calisto III nell'altro Breve del 14 marzo (Arch. Com. Cass.
XII, n.0 220). In questo documento il pontefice insiste, perché si dia tutto l'appoggio
al Governatore per la buona, amministrazione della giustizia, e finisce col chiedere
un sussidio per la impresa contro i Turchi. Appartiene pure a questi tempi il Breve
18 febbraio 1457, con cui il Papa deplora, che non sia stata eseguita la sentenza ot-
tenuta dall’ Abate di Monte S. Pietro di Perugia contro Lodovico di Cristoforo, detto
Barbaroto, mediante la quale si rimetteva al detto Abbate il possesso del Priorato di
8. Montano nella diocesi di Perugia; e ordina che tal sentenza sia tosto tradotta in -
esecuzione (Arch. Com. Cass. XII, n.o 216). Nulla poi ci dice il Cronista della ve
nuta in Perugia di un certo Giacomo, chierico di Camera, accio riscuota qualche
somma dalla città per la guerra contro il Turco. La quale circostanza abbiamo da un
Breve di Calisto del 21 febbraio 1457 (Arch. Com. Cass. XII, n.0 217). Questo avveniva
nel febbraio; poco dopo il Papa ringrazia il Magistrato (Breve del 31 marzo 1457 in
Arch. Com. Cass. II, n.0 221) di avere stanziato a quell’ uopo 1400 fiorini, e cogli altri
Brevi del 10 aprile, 3 maggio e 5 luglio 1457 (Arch. Com. Cass. XII, numeri 222, 223,
224) si lagna che la somma promessa non sia stata pagata. Finalmente il Magistrato
provvide al pagamento di 100 fiorini in conto, e il Papa di ‘ciò lo ringrazia con Breve
del 20 settembre di quello stesso anno (Arch. Com. Cass. XII, n.o 225).

(3) Si noterà dal lettore che di raro si parla dell’ ingresso in ufficio del Podestà
Egli é perché la scelta di questo ufficiale spettava ormai al pontefice. Infatti in questo
tempo, cioè nel 1477, il Papa con Breve del 22 febbraio (Arch. Com. Cass. XII, n. 219)
conferma per Podestà fino al 10 maggio Giacomo Cesarini di Roma, il quale era stato
assunto a tale ufficio nel settembre del 1456 con Breve pontificio, con cui si deroga
espressamente allo Statuto della città, che proibiva di affidare quella magistratura
a chi rivestiva una carica militare (Conf. Breve di Calisto III, 10 settembre 1456, Arch.
Com. Cass. XII, n.o 211).
326 O. SCALVANTI

Adi 21 de maggio fo straginato nela carretta Tiralaglio da
Preggio e poi fo menato a S. Manno, e là li fo mozza la man
destra. E poi fo apiccato, e questa giustilia la fece fare el Ca-
pitano cioiè meser Carlo Muto da Roma.

A questi dì vene nova come el Mag. conte Jacomo Piccinino
avea auto denari dal Re de Ragona cioiè 60000 ducati e che
lui-hacuna Rorita;cavalleria (4) 95 2 5 nia

A questi di for fatti li dieci per cagione dela moria, la quale
& arcomenzata, a ció che li X abbino a provedere per la guardia
dela città, e anco per fare li confinati, cioiè quelli che son sospetti
alo stato felice deli gentilomeni, e prima per fare li confinati
perla morit). e ano, c M

Adì 1 de setembre entraro in Uffitio li Capitani del Contado
per li 6 mesi davenire, li quali son questi, cioè :

— Mariano de’ Mariotto de’ Baglione, P. S. P.

Vico de Tanchreduccio dei Raniere, P. Soli.

Carlo de Ranaldo de meser Sante, P. S. Agnielo.

Felice de Mateo de Francesco, Porta Susane.

Francesco de m. Giovagnie dei Baglione detto di Boccio, P.
Borgnia.

A questi di de ottobre (5) el conte Jacomo de Nicolò Picci-

(1) Il Cronista si riferisce qui alla condotta di 1200 cavalli e 600 fanti, che Re
Alfonso aveva assicurato al Piccinino, mentre stava a Civita di Chieti, mediante forse
]a somma dei 60000 ducati sborsatagli (FABRETTI, Op. cit., Vol. II, pag. 285).

(2) Lacuna del ms.

(3) Questo nuovo infierire della peste in Perugia é un fatto sconosciuto al Pel-
lini e a tutti i cronisti; eppure nel maggio 1457 si elessero i X per provvedere anco
‘a ciò. La Cronaca ha qui una lacuna fino al mese di settembre, lo che fa credere che
lo stesso autore si allontanasse dalla città per timore del morbo,

(4) Lacuna del ms.

(5 Qui il Cronista comincia la narrazione dell'impresa del Piccinino nella
Marca, Egli afferma che Jacopo si recò insieme a Federigo di Urbino contro Sigi-
smondo Malatesta, e tale notizia é anche nel Pellini e nel Fabretti, mentre il Mura-
tori racconta che Alfonso, re di Aragona, ordino a Federigo che incominciasse le
ostilità contro il Malatesta; e che poi gli mandò in ajuto il Piccinino. In ciò lo sto-
rico eruditissimo é caduto in errore, perché le armi dei due Capitani al servizio di
Alfonso operarono congiuntamente fin dappirncipio. Del resto la narrazione del nostro
Cronista é molto più ampia e dettagliata di quella che s'incontra negli storici.

VET m TE SERE

TSE
STR) È

CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 327

nino da Perogia se partì del Reame e con esso insieme el conte
Federico signor de Urbino, e venero per la Marcha ; se disse che
il Re de Ragona glie avea dato denare per venire a oste a far
guerra al signor Gismondo de’ Malatesta da Rimine, e avean
menato 5000 cavalli, per la qual cosa el ditto signor Gismondo
à fatto buona provisione di cavalli e fante, e à fatte fornire de
gente e de vitovaglie tutte le sue fortezze, e à condutto per ca-
pitano dele sue gente Guido de Malatesta dei Baglione da Pe-
rogia.

A questi dì de novembre le dette gente del conte Jacomo
gionsero nel Vicariato e miseno a sacco li certi castelli, e tulta
volta vano predando bestiame e pregione, e sempre facendo el
peggio che essi possano.

E similmente le genti del signor Gismondo anch’ esse van
predando e robbando anco esse per le terre del signor Federigo
da Urbino.

A questi dì vene nova come el conte Jacomo e il signor Fe-
«derigo aveano auto Monte Alto a patti, e prima aveano auto la
Isola e due altre terre (1).

Adì 26 de novembre se fece la pace en fra quelli da Corgnie
e li Oddi, e avevono auto el Breve dal Papa di podere essere re-
banditi (2).

A quesli di de novembre se comenzzó a lavorare nela fornace

«deli bichiere e de altro lavoro de vetrio nel Monte nele case del

Comuno da Corado Bartolomeo e Lancilao dal Piegaio (3), e a

(1) Il Fabretti ricorda fra i castelli occupati da Jacopo Piccinino e Federigo
anche quelli di Reforzato e di Casaspossa (Op. cit., Vol. II, pag. 286).

(2) Al Cronista è sfuggito, come anco agli storici, che di questi tempi vi fu
qualche vertenza fra Perugia, la Curia romana e il Comune di Castel della Pieve, a
causa di una condanna inflitta ad alcuni rei provenienti da questo luogo. Perugia
insisteva di non poter eseguire la sentenza per motivo di certi Capitoli esistenti fra
essa e Castel della Pieve, e il papa inviò le sue risoluzioni al Governatore, dandone
avviso al Magistrato con Breve del 3 ottobre 1457 (Arch. Com. Cass. XII, n°, 226).
Altre e importanti faccende furono risolute fra la Curia e Perugia, come ad es. la

«conferma papale dello Statuto fatto dai perugini sull’aumento delle entrate per la

fabbrica della Cattedrale, che già si stava riedificando, da prelevarsi dalle rendite
della Camera dei Conservatori e dei Massari. Però il pontefice esige, che vi sì destini

«anco una porzione degl'introiti particolari del Magistrato (Breve del 26 ottobre 1457

Arch. Com. Cass. XII, no, 227).
(3) Anche oggidi esistono al Piegaro fabbriche di vetri, che furono per que
orgo una fiorente industria nel Medio Evo.
328 O. SCALVANTI

ciò che essi cie venissero a lavorare essi sono stati fatti cettadinî'
di Perugia, e il Comune li prestò fiorini 300 (1).

Adi 15 de decembre li magnifici signori Priore andaro su da
Monsig. e con essi cie andaro 87 cettadini de qualità, dove lì
misero a partito Venciolo de Tiseo de Berardo da Corgnie con li
lor seguace, li quali se retrovaro con loro ad amazzare Canpione
amico de li Oddi come avem ditto inanze, e così fo vento il par-
tito, che fossero rebandite tutte benchè cie foro dieci fave nere.
E adi 19 dilto comensaro a usare per la piazza, e questo fo al

tempo de meser Bartolomeo vescovo de Corgneto (2).

Adi 16 ditto fo bandito per parte de Monsig. e deli Priore
che qualunque persona fosse publicata per verun offitio del Co-
muno quello non possa nè debba mettere nisun sustituto in suo
loco, non avendo scusa lecita, e che avendo scusa lecita che quello
sia obligato renunziare el detto Uffitio ali signori Priore, che fos-
sero a quel tempo, e che in lor petto stegga a chi el voglieno
dare (3).

Adi 20 de decembre in martedì la vigilia di S. Tomasso Apo-
stolo, Antonio de Giliotto de Sobalzo deli Acerbe nostro cettadino
andó per comissario del Mag. conte Jacomo e menó 4 cavalli e
2 cariagge con forziere, e tutti li famigli vestili con la divisa del
conte Jacomo (4).

(1) Nel 28 di novembre del 1457 il Papa Calisto con suo Breve (Arch. Com. Cass. XII,
ne 229) ordinava al Governatore di Perugia, che esentasse gli Ospedali della città dal
pagamento delle decime. Nel frattempo esortava i perugini ad inviargli il residuo.
della somma promessa per contribuire alle spese della spedizione contro il Turco.

(2) Monsignor Bartolommeo Vitelleschi di Corneto entrò nell’ ufficio di Governa-

tore nei primi del 1457 a sostituire l' Arcivescovo di Benevento. Il Vitelleschi fu autore:
dei Decreti Suntuari del 1469, di cui altrove abbiam fatto cenno. Sembra che i peru-
gini avessero molto a lodarsi di lui, perché il Magistrato vivamente lo raccomando
al pontefice, e questi con Breve del mese di dicembre 1457 dichiarava che a tempo e

luogo avrebbe in considerazione il merito di lui (Arch. Com. Cass. XII, no 231). Pare che

la raccomandazione consistesse anco nell'ottenere dal Papa, che confermasse il Ve-
scovo di Corneto nel governo di Perugia, perché nel Breve successivo del 30 dicembre

(n.0 232) il Papa scrive, che, attese le buone informazioni ricevute, lo manterrà per'

qualche altro tempo nell’ ufficio di Governatore.

(3) Si vedrà, a suo luogo, come venne regolata di poi la materia delle sostitu-

zioni e supplenze nei pubblici uffici. -
(4) Il Pellini dice che i Magistrati perugini inviarono Antonio di Giliotto Acerbi
come oratore e commissario al campo del Re Alfonso.

PIT ETTI
= — TUTTI i
SER REUNMEENRa e S A TER TI

CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 329

A questi dì de decembre messer Francesco Foscoli Doge de
Venetia (1) renunzò la Signoria, e non volea essere più doge pe-
rochè lui era vechio dechrepito, onde che con volontà deli altri
gentilomene de Venetia comise la ditta signoria in meser Pa-
squale e . .... .(2) così dello meser Pasquale remase Dogie
con 1000 fiorini de provisione l’ anno.

A questi dì de decembre vene la nuova come m. Borghes
Capitano dele gente dela Chiesa era stato atosicato, e anco li era
caduto el membro a pezzi, sichè sta male de sorte che non poi
canpare.

A questi dì avendose a publicare li Uffitii in fra li quali se
avea da trare il fancellato deli Massari, onde che Monsig. no-
stro governatore e il Teseuriere non volevono che si tressero nè
publicassero, per la qual cosa ne fo fatto conseglio da questi no-
stri cettadini e fo determinato che tresseno, e cosi fo publicato,
Benedetto de Giapecho de ser Monaldo de Porta Soli; e' per
questa cagione fo mandato a Roma al Papa, el cavalaio (3) del
Comuno, onde che il Papa reschrisse; che questa cosa la remet-
tea in Monsig. e nel Teseuriere, e li ditti fancellati li avea fatti
da.quello Monsig. e Teseuriere passalo, e questo vole che se va-
da a rempetrare a Roma come se facea prima. Infine detto Mon-

(1) Francesco Foscari, di cui il Cronista narra che rinunziò al dogato. Certo il
racconto del Cronista non é conforme al vero, perché non sussiste, che il Foscari
nel 1457 si ritirasse dal supremo magistrato della Repubblica, e molto meno che com-
mettesse Ja Signoria al successore. Pure sta in fatto che il Foscari per ben due volte
chiese di rinunziare al dogato, e in specie nel 26 giugno 1433 (quando ne fece solenne
dichiarazione in Consiglio), ma non gli fu consentito. In seguito, e cioé nell'ottobre
del 1457, il Capo dei X, Girolamo Barbarigo, propose si eleggesse un nuovo Doge,
essendo il Foscari in decrepita età e ammalato. La proposta fu discussa per per otto
giorni continui fino a 4 e 5 ore di notte, e venne chiamato Ser Marco Foscari, Pro-
curatore, perché inducesse il fratello a rinunziare il dogato. Ma Francesco rispose,
che avendo giurato di star Doge al momento della sua elezione, non poteva rinun-
ziare se non lo scioglievano da tale giuramento ; che mettessero le parti nel Gran
Consiglio, e, avuto il parere di lui, egli avrebbe abbandonato la suprema dignità.

Così fu fatto, e, assegnati al Foscari 2000 ducati SALLADDO, i Consiglieri andarono a
notificargli la presa deliberazione — « Egli già s'era tratto dal dito l'anello ducale,

e postasi altra berreta senza il corno. E disse — volentieri — e che ubbidirebbe l' Ecc.
Consiglio dei X ». (SaNuTO, Vite dei Duchi etc. SISMONDI, Storia etc. Cap. LXXY).

(2) Lacuna del Ms. Il personaggio ricordato dal Cronista é Pasquale Malipiero,
Procuratore di S. Marco, eletto Doge il 30 ottobre 1457.

(3) Cavalaio o cavallaro era il mastro di posta (Conf. Atti della Cam. Apos. in
Arch. della, Universita).
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330 O. SCALVANTI

sig. e Teseuriere sustituiro in loco de ditto Benedetto, Pier Gio-
vagnie de Mateo de Gostanzzo de P. Soli, e a Benedetto fo tolto.

Adì 20 de decembre vene qui in Perogia una copia dela
lettera che manda il Papa al Mag. Braccio deli Baglioni, come
sua Santità lo instituisce e elegge Capitano sopra tutte le gente
dela Chiesa, in luoco de meser Borghes; e la copia dela lettera è
questa (1).

Calistus Pontifex Maximus Dilecto filio Salutem e apo-
stolica beneditione. Cum in presentiarum per nonnullis nego-
tiis statum nostrum et Echlesiem quietem qui subditorum no-
strorum concernentibus opera, esercilio nostrorum armigerarum
tam equitate quam peditatus indigeamur, e ad eas dirigendas
propter valetudinem Generalis Capitanei nostri e Echlesie Duce
nostro deputaverimus de tue fidelitatis integritate, industrie, exer-
citationis prestantia devotione, quod ergha nos et sedem apostoli-
cam plurimum in Domino confidentes, e speramus quod per pru-
dentiam suam status nostri servituti elaudabili governationi exer-
citus dellarum gentium rette previdebitur, se duttorem comissa-
rium sotius, exercitus e omnium gentium armigerarum nostrarum
e echlesie usque a nostrum beneplacitum facimus e custituimus
e deputamus per presentes dantes tibi harum serie plenam auto-
ritatem e polestatem nostram dandi, inibendi, ducendi, consistendi,
capiendi, retinendi, providendi, ministrandi, ordinandi, disponendi e
exequendi omnia et singula quod ad pacem e seguritatem popu-
lorum nobis e Echlesie subditorum perlinere cognoveris e man-
dantes omnibus et singulis conduttoris contenstabilis e aliis qui-
buscumque genlium nostrarum peditum e equestrum, perfechtis
quecumque nomine apellatur ut tibi sub pena indigniationis no-
stre in omnibus que eisdem nomine nostro mandaveris precepe-
ris e persuaseris absque ulla contraditione pareant e obediant

(1) Il diploma che segue é talmente pieno di errori, che, nella mancanza
dell’ originale, non si potrebbe correggere senza rifonderlo quasi interamente. In
sostanza con esso Papa Calisto sostituisce Braccio Baglioni al Borgia, sempre infermo,
nel comando delle genti pontificie col titolo di Conduttore e Commissario. ^ lui con-
ferisce la maggior podestà di fare quanto è mestieri ad pacem et securitatem popu-
lorum Ecclesie subditorumn. Al tempo stesso invita l’esercito a prestare obbedienza
ed ossequio al nuovo Capitano. L'importanza data dal Cronista a questo documento
è indizio della riputazione, che godeva in Perugia Braccio Baglioni,



sii
aaa

MRI

CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 331

te quod in omnibus locis quo eas per nostro e Echlesie statu du-
xeris sponte celeriter et pronte commitelur e omnia iusle strenuis-
sime exequatur nec non in onibus et singulis civitatibus terris
castri, comunitatibus et incolis nobis e Echlesie subditis ut tibi
tanquam nobis aut generali Capitano nostro plenam obedientiam
honorem e reverentiam prestent e prestari faciant, nostra dantis
que suis quod nostra sunt apareant e intendant ac ausilium opem
et favorem ubi opus fuerit sine mora oferant e impendant, et de
rebus exercitui nostro per necesitatem e lempore oportunis re-
penti e presenli provideant, in quantum gratiam nostram habent
e indignationem cunpiunt ei vitare concedentes sibi facultate,
quod si aliqui aut subditorum aut genlium armigerarum nostra-
rum mandantis tuis obedire obsequi tardant aut recusarent id
contra eos esercere e exequi possis. Quia Capitaneus ipse gene-
ralis si presens esset ad onorem e dignitatem status nostri Sante
Romane echlesie, esercere mandare Operari e exequi posset et

deberet, tu igitur hoc negocium ita ministrare esercitum nostrum
ita gubernare subditis nostris consulere et de pace providere ac
mandata nostra ita observare studeas ut spes e fiducia quam de
prudentia magnanimitatis industrie e integritatis tue concepimus
ad multa majora tibi concedenda tibi non mittent e a nobis et
hac sede apostolica de pronta e inlegra devotione tua merito pos-
sis comendari etc.

Datum Rome apud Sanctum Petrum sub anulum Piscatoris
die 4 decembris 1457 pontificatus nostri anno 3.

(A tergo) Dilecto filio nobili Viro Brachio de Balionis de Pe-
rusio nostrarum et Sante Romane Echlesie gentium armigerarum
condutterio e comissario.

Nel preditto anno el grano al piü valse soldi 50 in 55 la
mina, l'orso soldi 20 in 25, la spelta soldi 12 in 13, el vino
libre 6 in 7 la soma, l'olio libre 5 in 5 !/, el mezolino.

1458 — Adi 21 de genaio in sabato Mons. fece mettere in
bando dal Capitano del Popolo, cioié da m. Christofano da Malvi-
cini da Viterbo, questi qui infraschritti per molte ribalderie ch'a-
vevan fatte, cioiè per asciescimi (1) per omicidiali, falsari de mo-

(1) Asciescimi e forse asciescini per assassini.

& è

mes i RAR A

MERDA
An
2009 i O. SCALVANTI

nete, barattiere e per molte altre ribaldarie; dipoi essi foro sbanditi
ciaschun da per sé. Fo sonata la canpana de la giustilia e con
lo stendardo li cavalieri e li notari deli malefiti a cavallo, e me-
naro tutta la sbirraria e con gran vituperio andaro a casa loro
con li capresti e metrie e prima a ciaschuno separatamente
fece leggere la sua condannagione. Li nomi de essi son questi,
cioié : ;

Mariotto de Agniolino dai dade funaio.

Ettorre de Lorenzo orafo.

Strambolino de Strambo vasaio.

Giovagnie de P. de Ciaccio funaio.

A di 24 de genaio andaro tutti 5 li Capitani del Contado e
con essi li cavalieri dela giustitia e alchuni contadini deli nostri
castelli andaro a Paciano con la bandiera del guasto per fare el
guasto a certi conladini, che ne avian dato (1) a Ser Giuliano vi-
cario del Capitano, cioié del ditto Francesco de m. Giovagnie, e
andarce per comandamento de Monsig. (2).

A questi di cioié domenica passala che fo adi 22 ditto menó
moglie el Brunello di Batista detto de Iona la figliola de m. An-
tonio de Agnioluccio medico, chiamata la Biancia ala quale fo fatta
una trionfante parata, de le belle che fosseno mai fatte alli nostri
tempi per delto de alchuno antico, dove cie for fatti tre carri arti-
ficiati su certi cavalli suli quali cie erano 3 mamoletti (3) a uso de
cupido, e 2 vestiti con una cioppa de velluto e forcie (4) beglie
armate a coraglie scoperte e altre gioie.

Adi 26 de genaio menó: moglie Carlo de m. Ibo deli Coppoli
de P. S. Agnielo la figliola che fo de Baldassarre de Petrino. Se
disse che avea auto in dote fiorini 1000.

Adi ditto menó moglie Christofano de Bevegnate de P. Su-

\
| de:PzssP:
|

(1) Il Cronista scrive — che ne avian dato a Ser Giuliano vicario. del Capi-
tano — e a tutta prima parrebbe che questa espressione si riferisse a guasto. Ma in
effetto parmi fosse quella una punizione data per villanie e percosse inferte al Vica-
rio. Del resto nell’ uso comune, darne, dargliene ecc., vale dar battiture.

(2) Il lettore noti, come a poco a poco venga sostituendosi autorità del Gover-

(3) Mamoletti per mammoletti, si usa anch’ oggi nel significato di piccoli fan-
ciulli; forse é una corruzione di bamboletti.
natore pontificio a quella dei Magistrati cittadini.

(4) Forcie per vi furono.

2

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bi.

CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. . 333

sane la Casandra figliola de Guido Morello da M. Sperello de
P. Soli, glie fo fatta una bella parata, e poi cie fo giostrato da
2 in piazza.

Adi 9 de genaio el giovedi ceccolaio (1) li scontro ala fonte de
piazza fo combattuto un castello de legniame, lo quale lo fece
fare Cesare deli Arcepreti e suoi amici de P. S. Agnielo, e erace
la parte dentro, e la parte de fuore tutte armate, dove cie erano
li conestavoli e piantarono li padiglione in torno al ditto castello,
e doi andarono per un funichio nel ditto castello per confortarli,
lo qual funichio era ataccato da casa de m. Gregorio d' Antignolli
e l’altro capo nel ditto Castello, e fo tenuta una bella cosa da
piacere a ogni persona.

Adi 7 de marzzo questi nostri cettadini anno eletto li X Re-
cordalori, cioiè an fatto 7 pallotte, 2 mese per pallotta e la prima
che fo tratta si è questa, cioié:

Agnielo de Barso detto Barzetto dei Barse ) P. Soli
Giovagnie de Nicolò de Benedetto M :
Pavolo de Lodovico de Felippo de Pellino )
Mariotto de Melchiorre
Giapeco de Sciro de Nicolo

P. S. Agniolo.

a

i
: È PAS É
Micalagnielo de Nicolò lungo da M. Sperello ! pup
M. Baldassarre de M. Pulidoro dei Baglioni P.B f
. Borgnia.
M. Mansueto de m. Francesco e

. . . . . . . . . P . . . .

P. Si Py

. .
n /

. . è . . . . L

Et fo fatto al tempo che era Priore Antonio de Giliotto de
Sobalzo deli Acerbe capo de Uffitio.

(1) Giovedi ceccolaio é certamente il giovedi grasso. Spesso s' incontra questa pa-
rola nella nostra Cronaca inedita, e si legge anco in quella di Francesco Baldeschi,
pubblicata da Fabretti (Cron. della città di Perugia, Vol. III, pag. 77). Però non vi
ho trovato veruna annotazione. Ora a me pare che come il berlingaccio in Toscana
aveva origine da berlingare, ciarlare dopo aver ben mangiato e meglio bevuto, il cecco-
laio a Perugia derivava da ceccoli, il qual vocabolo (come sospettammo a pag. 108
di questo volume) era una corruzione di cembali. Si usava forse nel giovedi
grasso di uscire per Ile vie suonando i cembali, come costumava, ad es., in Lucca di
deliziare le orecchie dei cittadini suonando all'impazzata un piffero e un tamburo.
Mi viene assicurato, che tutt oggi in alcune parti del contado umbro, in certe occa-
sioni, si fanno delle musiche consimili.

(2) Lacuna del ms. Nessun cenno di questa elezione nel Pellini, nei cronisti e
nel Registro degli Offici.

23
334 : O. SCALVANTI

A questi di de marzzo forono eletti, 2 Ambascialori li quali
for mandati a Roma al Papa, per interesso deli fancelli deli con-
servalori e dei massari. Quali erano insaccolati, che il Monsig.
et il Teseuriero non volevono che se traessero piü, ma volevono
che se impetrassero a Roma come se facea per prima (1).

Et li ambasciatori son questi cioiè:

M. Baglione de Golino da M. Vibiano e Ridolfo de Malatesta
de Baglione.

(1) Il Pellini scrive che i due ambasciatori furono inviati al Papa, non solo per
ottenere che i fancelli dei Conservatori e dei Massari si eleggessero col sacco anziché
impetrarti dalla Corte di Roma; ma anco per aver facoltà di eleggere, come un tempo,
i Ricordatori. Ora parmi che lo storico sia caduto in errore, perché la Cronaca pone
l'elezione dei X Ricordatori prima dell'ambasceria di Baglione e di Ridolfo, segno certo
che il Magistrato aveva autorità di farlo, e inutile tornava impetrarla dalla benignità
del pontefice. I libri pubblici dimostrano poi, che quanto i perugini chiedevano circa il
fancellato fu loro concesso e per alcuni mesi si fecero le borse per questi ufficiali. Cali-
sto III con Breve del 23 giugno 1458 alla supplica dei perugini sulla estrazione dell'ufficio:
dei fancelli, dei Conservatori e dei Massari rispose, che egli lo consentiva a condizione,
che gli estratti esercitassero il loro ufficio in maniera che la Camera Apostolica non ne
risentisse pregiudizio, e non si avesse a farne querela (Arch. Com. Cass. XII, n.0 236). È
questo uno dei molti casi, dai quali apparisce quel periodo di transizione, che subirono
le libertà comunali di Perugia prima di essere totalmente soppresse. Gelosa cura ebbero
tutti i Comuni italici di conservare l'elezione de' loro Magistrati, ma pochi seppero,
al pari di Perugia, prolungare di tanto quel periodo di transizione. La libertà primi-
tiva aveva ceduto il luogo ad una forma di soggezione, in virtù della quale la scelta
di molti ufficiali doveva spettare al pontefice. Perugia non insorge contro il nuovo
jus publicum creato dalle vicende politiche della città, ma si industria di ottenere a
mò di privilegium ciò che in jure le è tolto. Non possiamo tener conto di tali privi-
legi in una Nota; pure ricordiamo, per ragion cronologica, il Breve di Pio 1I del
7 dicembre 1469, col quale dichiara di accontentarsi che il Cardinale di S. Susanna
assista alla formazione del nuovo bussolo degli uffizi (Arch. Com. Cass. XIII, n.0 255).
O per guarentirsi circa la regolarità di quella operazione, o per non menomare i diritti
della Curia, il Papa non rinunziava all’ intervento del suo Legato, ma lasciava poi che,.
col costume antico, si rinnovassero le borse degli officiali. La qual cosa trovasi pra-
ticata anche nel 1462 a proposito della elezione dei Capitani fatta nella stessa sala di
residenza del Legato — « In presentia ipsius Rev. Dom. et Priorum Artium Civitatis
Perusii » — (Reg. Offic., Vol. X, f.061). Notevole é ancora quanto avvenne nel 1466, anno
nel quale Paolo II con Breve del 22 marzo (Reg. Offic., Vol. X, f.0 95) nomina i 5 Capi-
tani del Contado. Evidentemente dal contesto dell'atto si rileva, che il Papa volle
esercitare cotesta autorità per ricompensare la fedeltà, di alcuni cittadini, ossia di
Mariano dei Baglioni, Ugolino Crispolti, Cristiano di Bevignate, Feleino e Bernardino
di Ruggero dei Ranieri. È degna di particolare riguardo l'annotazione in margine,
nella quale si dice — « nova electio Capitaneorum Comitatus facta, per pontificem
summum praeter consuetudinem omnem » —. Si trova poi che Sisto IV con un
Breve del 1476, dopo avere prescritto il modo da tenersi per la formazione del bussolo.
CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. . 335

Adi 5 de aprile el nostro Comuno mandó a presentare Nicolo
Piccinino (1) al ponte de pattolo quale è figlio del Conte Jacomo di
Nicolò Piccinino, e il presente si è questo cioié ; confetti de trasea (2),
torte, marzapani, cera, e andarci li donzelli deli Sig. Priore con
tutti li trombetti e pifari del palazzo, e il Canceliere del Comuno
chiamato m. Girolamo de Ronche da fiorenza era soprastante
che facea la diceria quando li donava ditti presenti.

Li Capitani del Contado ch’entraro in Uffitio adì primo de
aprile per li 6 mese da venire son questi:

Guido de Pavolo da M. Sperello detto Guido Morello —
P. Soli. | |

Filippo di Lodovico de Pellino. P. S. A.

Tiseo de Berardo da Corgnia. P. Susane.

Guidantonio de Ranaldo de Mansueto. P. Borgnie.

Et el nobile omo Ridolfo de Malatesta dei Baglione. P. S. P.

Adi 16 de aprile si adottoraro due nostri cettadini, cioiè:

M. Mateo de Baldo de Mateo de Pietro, e M. Nicolo suo
fratello, P. S. P. Feceno la publica in S. Lorenzo, che prima
avevon fatto l'esamino nela Sagrestia, e fo tenuto che ciaschedun
de essi se portassi assai bene (3).

degli offici, proibisce la elezione dei Capitani del Contado, Cancellari, Massari e di
altri funzionari, i quali, per giusti riflessi, si riserva di nominare egli stesso. Pur tut-
tavia il costume di rilasciare ai soliti Consigli la elezione dei Magistrati, come privi-
legio concesso dall’ autorità suprema, s'incontra anche nell’anno 1596. Si leggono in
fatti in testa ai verbali delle elezioni dei Capitani del Contado queste parole; —
« Vigore patentium Rev. Leg. perusini » — (Reg. Offic. ecc.).

(1) Questo Nicolo mori nel 1464, e, si crede, di veleno (PELLINI, II, 13).

(2) Di questa parola e della sua derivazione avremo luogo di parlare in seguito.

(3) Matteo e Nicolò di Baldo furono personaggi insigni per dottrina, talché
la lode, che ricevettero nell' occasione della loro laurea dottorale, può dirsi ben me-
ritata. Matteo nacque nel 1429, ed essendosi laureato nel 1458 all'età di 29 anni,
dimostra non esser vero quanto scrisse il Vermiglioli, e cioé, che per tempo attese
agli studi della Legge (Biografie, etc.). Lo stesso biografo si meraviglia che prima del
1459 di questo Matteo non si trovi menzione nelle storie e negli atti pubblici della
città, perché egli riteneva, che da più anni si fosse acquistato estimazione di dotto
giurista. Questo apparisce ben chiaro, sapendosi che solo nel 1458 compi i suoi studi.
Il suo merito del resto fu subito apprezzato, e lo dimostra la stima e benevolenza di
che l’onorò Pio II durante il suo soggiorno in Perugia nel 1459. Insegnò giurispru”
denza, e fu Auditore di Rota, succedendo al fratello Nicolo forse nel 1484, come il
Mazzucchelli ritiene. Andò ambasciatore a Innocenzo XIII nel 1485, e mori nella tarda
età di 80 anni, nel 1599. Scrisse un libro — De servitutibus — e di lui si ricordano
336 0. SCALVANTI

Adì 26 de aprile foro qui nela città li terremoti, li quali du-
raro per poco spatio de tempo, e la notte recomenzaro alquanto, e
dipoi recomenzaro li ditti terremoti di modo che molte gente ser-
ravono li fondichi e botteghe, e andavono a luocho largho. Etla
notte vennero sì terribilmente, che molte persone tendevono li
padiglione, e tende e arbergavono nelli campi, e duraro sin adi
4 de maggio.

Adi 4 de maggio predichó in piazza fra Cherubino de l'ordine
de S. Francesco del Monte, dove cie fo quasi tutto el popolo de
Perogia, e dopo la predica ordinò che andasseno le processione
molto solennemente, e andasseno a S. Agnielo, pregando Iddio
che per la sua misericordia cie voglia scanpare da tanto giuditio,
onde che se vestiro de bianco 814 omene e 1896 donne (1).

Et adi ditto predicando el ditto fra Cherubino disse che lui
avea auto lettere dala città de Castello, come adi 26 de aprile

dagli storici e dai legisti le ammirabili Decisiones e i Consilia. Anche Nicolò, cresciuto
come il fratello alla sapiente guida di Giovanni di Petruccio Montesperelli, fu repu-
tato ottimo giureconsulto, e insegnò le Decretali nel patrio Ateneo. Si vuole che
Pio II lo conducesse seco nella sua partenza da Perugia. Fu grandemente stimato
anche da Sisto IV, e morì forse nel 1477. Non sappiamo quanto siavi di vero nella
notizia tramandataci da alcuni biografi, e cioè che morisse per veleno propinatogli
a causa di un suo dissidio con un Cardinale. Scrisse molte Decisioni, Responsi e Con-
sigli. Ma l’opera sua maggiore fu il Trattato, assai ampio, De successionibus ab inte-
stato.

(1) Anche questo francescano fu molto caro a Sisto IV. Egli era in così gran

. fama di oratore — « ut ubique apostolice Verbum Dei fidelibus proponeret, hoc ho-

norifico diplomate persuasit » —. Egli era nativo di Negroponte, e lo si chiamava da
Spoleto, perché trasse origine da questa città. Fu filosofo e teologo insigne, e nel-
l’arte del predicare divenne miracolo: Poco prima della sua morte egli dimorò per
un intero anno in Perugia nel cenobio del Monte, e, per quanto scaduto di forze, nei
di festivi recavasi nella Cattedrale per predicarvi. Anche dopo tanti anni di predica-
zione soleva indefessamente prepararsi alle orazioni sacre, che doveva dire in pub-
blico. Di che assai meravigliato, volle interrogarlo in proposito il Legato dell’ Umbria
Giovan Battista Savelli, e n'ebbe questa risposta: — « Etsi, Domine, longo et quotidiano
concionandi usu in promptu habeam, quae proferam, attamen non ausim praedicare,
absque septem saltem horarum studio, tum propter SacraeScripturae quam explicaturus
sum, reverentiam et profundam meditationem; tum ut mihi ipsi prius quam aliis con-
templando et orando possim praedicare » —. Molto si occupo nella fondazione di pii isti-
tuti e in specie dei Monti di Pietà. Mori consunto dalle fatiche, dai viaggi e dall'aspra
vita, che si imponeva, a S. Maria degli Angeli nel 1484, e il Waddingo narra, che egli
aveva da molti anni impetrato da Dio di morire in quel luogo santo. Era tale la
stima che ne avevano i perugini, che al tempo della sua morte nacque vivissima di-
sputa tra essi e gli assisani contendendosi le due città l'onore di dargli la sepoltura.
de ERI UNT re n

CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 9391

erano stati là li terremoti si grande che avevon buttato a terra
molte case e palazzi e amazzate molte persone, e che non era
casa là che non fosse stronata (1). Per la qual cosa tutti li
celladini de Castello dormivono neli orti e piazze sotto li padi-
glione e stavono in gran paura di peggio. Onde che li nostri cet-
tadini se sbigoltiro molto di tal cosa. Et adi ditto vene nova in
Perogia come in Castel dela Pieve cie volse rentrare Giovagnie
de Taone del ditto loco con circa 600 fante senese, onde che fo
scoperto e non li revenne el pensiero, dove cie for presi 3.

Adi 5 de maggio el ditto fra Cherubino predicó un altra volta
in piazza e fece la predica dela Comunione, e dopo la predica
andó una solenne processione, a onor de dio e dela Vergine Ma-
ria, e de tutti li santi acció esso Dio per la sua misericordia
revocasse questi teremoti, dove cie andò tutto il popolo e quelli
che andavono vestiti de biancho si omeni e donne grande e piccoli
for 4296, e andò la detta processione a S. Gostanzzo, e durava la
fila da S. Lorenzzo fino a S. Gostanzzo e retornò a S. Lorenzzo
e anco non se era fornita de partire la gente vestita de bianco
senza li altri che non erano così vestiti, e andocce Monsi. e li
Sig. Priore, con l’altro popolo a volta per volta; e quella mattina
nella predica ditto fra Cherubino nolificó ad ogni persona da
parte de Monsig. Rev. che la sera se dovea sonar la campana
grossa del Comuno al doppio, e dipoi al ave maria, e che cia-
schuna persona dovesse dire 3 ave marie a laude e onore dela
Vergine, e che ciaschuna persona che fosse in stato de gratia
avesse 50 di de indulgentia per ciaschuna volta che essa le di-
cessi, e ali dì passati avea notificato pure per parte de Monsig.
che qualunque persona, la quale devotamente se volesse confes-
sare, per parte de S. de nostro Sig. Papa Calisto 39 dà autorità
che ciaschuna persona se possa eleggere un confessore sufeciente,
al quale concede tutta l'autorità sua de potere asolvere de qua-
lunque caso reservato, durante el tempo de 8 di, e questo con-
cedea a ciò che le gente se reducessero più volontieri a far bene.

E adi 7 de maggio Mons. nostro legato preditto chiamato
m. Bartolomeo da Corgneto, cantó la messa in piazza denante a

(1) Stronata per intronata, che vale incrinata, screpolata ecc.
338 O. SCALVANTI

S. Lorenzzo, e ditta ch'ebbe la ditta messa fece notificare che
qualunque persona, la quale fosse devotamente confessata e re-
dutta a penitenzza, e che volesse comunicarse se si facesseno
inanti, che esso li comunicaria con le sue proprie mani, et stava li
parato come se convenia a un si falto prelato. E prima incomenzaro
tutti li prelati, prete e religiosi, e poi li Sig. Priore e primo Ce-
saro de m. Agamennone Capo de Uffitio, e poi li altri, fra li
quali Pietro Agnielo de Giovagnie detto di Laguzzo, e poi andar
oltre li camerlenghe, e poi el collegio deli dottori, e poi le fra-
ternite, e così tutti li altri ordinamenti, e fornito che fo el comu-
nicare andò la processione a Monte Luce, molto devotamente
partendo da S. Lorenzzo, e delle la volta intorno ala piazza e
entró in sopramuro e andó a S. Fiorenzzo, e a S. Semone, e poi
a Monte Luce, e dette la volta per S. Antonio, e quando il capo
dela processione gionse in piazza ancora non era fornita de par-
tire la gente vestita de bianco, né manco era partito Monsig. né
i Camorlenghi e dottori né ’l1 popolo che venia de rieto, sì che fo
stimato un numero grandissimo de gente (1).

Adi 29 de maggio mori l'egregio omo m. Luca de Baglione
dei Baglioni abate de S. Felice del quale ne fo gran danno ala
città.

A questi di li Mag. Sig. Priori elessero li X, cioiè 2 omeni
per porta ació che avessero a provedere a Castel dela Pieve,
quale a questi di passati fece novità, dove cie era per castelano
Antonio de Ciardelino, quale comperó detta Castelananzza da
m. Carlo di m. Ibo dei Coppoli e per Podestà cie era Giapeco de
Sciro de P. Susane. Li X son questi, cioié :

Gostantino de Rugiero dei Raniere, e ) P. Soli
Mateo Francesco de m. Giovagnie ! '
M. Baldassarre deli Armanni ) i
Cesaro deli Arcepreti ) Pop. REnielo:
Cione deli Odde e
Venciolo da Corgnia
Giulio dei Signorelli e
Rusteco da Monte Melino

P. Susane.

! p. Borgnie.

(1) Questi fatti sono appena lontanamente accennati dal Pellini e dai cronisti.
CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC.

M. Pandolfo dei Baglione e ,
Golino da M. Vibiano )
Anco a questi dì li sig. Priore miseno a parlito e venseno,

P. S. P. (4).

che se mandasseno li fanti a Castel del Pieve, cioié X per porta,
e fo fatto Conestavole de ditte fante Pavolo de Lodovico de Fe-
lippo di P. S. A. quale lo fece Cesaro de m. Agamenone peró
che fo remesso che lui facesse el Conestavole, e le ditte fante se
pagasseno fiorini 2 ciaschuno per 20 di, e per avere li denari for
poste le prestanzze ali giuderi (2).

E a questi di andò per Castelano de Castel del Pieve Giova-
gnie de Malatesta dei Baglione (3).

Adi 23 de Giugno mori el Re de Ragona a 6 ore de notte
de flusso de sangue per la verga (4).

(1) È importantissimo il Breve emanato da Calisto III nel 15 maggio 1458 (Arch.
Com. Cass. XII, no 233), nel quale si narra che alcuni fuorusciti di Castel della Pieve
avevano fatto delle rimostranze al pontefice, e che egli si era abboccato coll’ambascia-
tore di Siena, affinché per parte dei senesi si desistesse da tali eccessi contro lo stato
della Chiesa. Ma poiché, a quanto sembra, il Comune di Perugia aveva deliberato di
inviare un'ambasciata a Roma per meglio definire la vertenza, il Papa approva questo
divisamento, e acclude un Breve da presentarsi in Siena dagli ambasciatori perugini.
Quel Paolo di Lodovico di Filippo era della famiglia dei Pellini.

(2) Giuderi per giudei. Di questo provvedimento non è menzione negli storici e
cronisti, e nemmeno nell’ accuratissimo studio del Fabretti sulla — Condizione degli

Ebrei in Perugia nel Medio Evo —.

(3) Il Pellini espone i fatti di Città della Pieve, ma vi mancano molte particola-
rità interessanti, che si leggono nella Cronaca. Lo storico perugino narra che i Ma-
gistrati perugini elessero X cittadini, perché si dessero cura di comporre le discordie
sorte in Città della Pieve: lo che fecero con sentenza nel mese di aprile (PELLINI, II,
13). È di questi tempi il Breve pontificio di Calisto III in data 4 giugno 1458, col quale
si esorta il Magistrato a dare aiuto e favore al Generale dei Domenicani, che si portava
a Perugia per riformare in molte cose questo convento (Arch. Com. Cass. XII, n.o 234);
ma più notevole è il Breve successivo del 6 giugno (Ibid. n.o 235), con cui il Papa,
alla supplica fattagli di non concedere a veruno la cattedra vacante per la morte
di Luca Baglioni, risponde che egli non intende in alcun modo di disporne, ma
che vuole si osservino, nella collazione della medesima, pienamente gli statuti della
città (Arch. Com. Cass. XII, n.° 235). Di questo Luca Baglioni sappiamo, che nel 1455 era
tra gl’ insegnanti della Ragion Civile nel nostro Studio (BINI, Op. cit.).

(4) Il Cronista pone la morte di Alfonso, re di Aragona, al 23 giugno, ma alcuni
storici vogliono che morisse nel 27 di quel mese (Diario rap. in R. T. S. Tomo XXII;
MURATORI, Annali), ed altri nei primi del luglio successivo. Certo la menzione del
Cronista non è molto attendibile, perché, non essendo quello un avvenimento della
città, l’autore può averne ricevuto notizia molti giorni dopo, ed essere stato indotto in
errore. Però non si spiega come l' errore abbia consistito nel segnare una data ante-
riore a quella registrata dagli storici, in quanto che il lasso di tempo necessario alla
O. SCALVANTI

Adì detto fo squartato un da Castel Rigone, cioiè fo menato
in su una carretta nel campo dela battaglia, dove cie andaro (1)
le frustate cantando le lettanie, e li cie for adoprati 2 manigolde,
e poi li mozzaro el capo, e poi la man ritta, e poi lo squartaro,
peró che avea asesinato e amazzalo un da Antria, perché questo
da Castel Rigone se avea bene dela moglie de quel da Antria e
era sua cugniata, e 2 quarti for posti dove fo comesso ditto
omicidio in quello de Monte Cologniela e il resto nelo Spedale
‘dela Misericordia.

A quesli di de luglio menó moglie Giapeco de m. Agamenone
la figlia de m. Baldassarre deli Armanni.

Anco a questi di de luglio el mag. Conte Jacomo Piccinino
dette una rotta ale genti del sig. Gismondo, dele quali ne era
capo Antonello da Forlì e il Sig. de Carpe e questa rotta fo a
Carfagniana (2).

A di 8 de agosto vene un cavalaio qui in Perogia dal Comuno
de Roma, e disse certamente come el Papa era morto, lo quale
morì in domenica adì 6 de agosto ale 23 ore. Se disse che dal
mezzo in giù da la persona del ditto Papa Calisto 3° se vedevano
chiaramente uscire li pidochi dale sue carne e tanti più ne le-
vavono e più ne uscivono. Et meser Borghes nepote del Papa e

trasmissione della notizia doveva più facilmente indurre il Cronista a scrivere una
data posteriore. Ma sia che vuolsi di ciò, questo è certo, che Alfonso morì a Castel
dell’ Ovo, in età di circa 54 anni, e lasciò il regno di Napoli, come sua conquista, à
Ferdinando suo figlio naturale legittimato, e i regni di Sicilia, Aragona, Valenza,
Sardegna e Isole Baleari a Giovanni Re di Navarra suo fratello. Scrissero le sue lodi
Enea Silvio, Antonio Beccatelli di Palermo, Bartolommeo Fazio, Giorgio da Trebisonda e
Lorenzo Valla, ma, ad onta del titolo di magnanimo che gli venne attribuito, il giudizio
degli storici su di Iui, in generale, fu molto severo, in specie per la sua sfrenata am-
bizione, per la sua lascivia e per la fiscalità, con cui opprimeva di taglie e gabelle i
suoi sudditi (Conf. SIsMONDI, Storia, Cap. LXXVI, GIANNONE, Istoria civ. del regno di
Nap. Lib. XXVI, c. 7, BONINCONTRI, Ann. R. I. S. Tomo XXI, p. 162). Pur nondi-
meno si legge nelle Istorie di Antonino (P. III, Tit. 22), che prima di morire consi-
gliò il figlio a tenere un governo diverso dal suo, e in specie lo esortò a mantener
pace col Papa e cogli altri principi e città italiane.

(1) Così é scritto nella Cronaca, ma certo per errore dell'amanuense, perchè
deve leggersi, cie an dato.*

(2) Né il Fabretti (Vite dei Capitani ecc. Vol. II), né il Pellini, né altri storici
parlano di questo fatto d' arme avvenuto fra Jacopo Piccinino e Sigismondo in Garfa-
gnana, dove, secondo gli storici lucchesi, il Malatesta aveva terre comprese nel suo
ducato (TowMasr, Somm. di St. lucch., Lib. III, Cap. II, in Arch. Stor. it., Tomo X, 1847).

——m

SETTE OVE denen timeri mI 3 MED LRL 1
CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 341

m. Sanazaro suoi parenti subito che mori el ditto papa tressono
de Roma molte denari. Se disse ch' il ditto m. Borgio mandava
in Catalognia 150000 ducate e 80 callecie (1) e il Conte A versa glie
tolse ogni cosa e rimandò le ditte callecie, e il ditto Braccio ali
cardinali, ma li denari li volse per lui, e il ditto m. Borgio e
Sanazaro sene fuggiro via, e il Mag. sig. Braccio dei Baglione
sta in Roma, e é sopra le gente de Arme dela Chiesa. :
Anco vene nova come el Conte Jacomo stava in Fossombrone
‘ e che in 27 ore ebbe la nuova dela morte del Papa, onde che per |
cagione dela morte del Papa, tutte queste terre dintorno stano in AM
gran paura e sospetto del ditto conte Jacomo, dubitando che esso
non facesse qualche novità, maximamente Asese, Foligno e altre
terre e anco nela Marcha.

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E a dì 9 de agosto vene la nuova qui come messer Picci-
nino preiete (2) parente del Conte Jacomo era stato preso dale
gente del sig. Gismondo da Rimine, e dice che lo pigliaro nel
furlo (3), e poi l’anno menato pregione ala Pergola.

N

Adi 11 ditto vene la nuova come era fatta la pace infra il
Conte de Urbino et il sig. Gismondo, e ch' il Conte Jacomo vole
venire in quagiü verso Asese peroché lo revole come era già de
li loro (4).

(1) Callecie per calici. A tanto giungeva la cupidigia di questo Principe!

(2) Priete per prete. Nessuna menzione nelle istorie e cronache della cattura
di questo parente del Conte Jacopo.

(3) Furlo, corruzione di Forulum, è in provincia di Pesaro Urbino, nella vallata
formata dal Monte Pietra Lata a N e dal Monte Paganuccio a S, le quali montagne appar-
tengono al sistema della Rossa, cosi chiamata dal colore dei suoi minerali. Il 7urlo
è un passaggio costruito ai tempi di Vespasiano e per ordine di lui. È un’opera me- d
ravigliosa, perché scavata nel monte col solo mezzo dello scar, ello. Questo valico fu MSS |
teatro di varie ed aspre battaglie all’ éra romana. Ha la lunghezza di circa 60 metri,
e vi si leggono alcune iscrizioni latine.

(4) Braccio da Montone fino dal 1419 aveva occupato Assisi e le due rocche; e
perduta la città poco dopo per l’ audace impresa dello Sforza, Braccio, sapendo che
le rocche avevano resistito, pensò di riacquistare anco il dominio della città, e gli
riuscì. L'anno appresso, ossia nel 1420, furono stipulati i Capitoli della pace fra Brac- i
cio e il pontefice Martino V, e vi si legge — « che Perugia, Assisi, Cannara, Spello, DI B
Jesi, Gualdo e Todi stessero sotto il governo di Braccio, de’ figliuoli e dei nepoti » —.
Fu proprio in cotesto anno, 1420, che, essendosi Nicolò Piccinino distinto ne’ fatti di
Gubbio in favore di Braccio, questi — « cercò da indi in poi di tirarlo innanzi e di
servirsi dell' opera sua, e si vuole che questo fosse il principio della sua grandezza,

AP AT PEE a aie S aL Ap RA

Vasca

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n
349 O. SCALVANTI

Adi 12 de agosto vene qui in Perogia Antonio de Giliotto
deli Acerbi nostro cittadino e Comissario del Mag. e illustre Conte
Jacomo quale andó a parlare ali nostri Magnifici Sig. Priore e al
collegio deli Camorlenghi, dove prepuse per parte del Conte Ja-
como, dicendo che piacendo a questo Comuno, se vogli contentare
de darli il resto deli 6000 fiorini quali li for promessi, e che li
desseno subito resolutione o del si o del no. E adi 14 dilto parti

la quale poi fu tanta, che col titolo di famosissimo et eccellentissimo Capitano fu
sempre e per tutto il tempo della sua vita capo e mantenitore infra i soldati della
fattione Braccesca tenuto » — (PELLINI, II, 11). Bisogna aggiungere poi, che. Nicolò
Piccinino erasi imparentato colla famiglia di Braccio, del quale era nipote. Infatti
con tal nome é indicato in due atti di pagamento del 14 agosto 1419 e del 17 feb-
braio 1421. Giovan Battista Poggio, primo biografo del Piccinino, narra che essendosi
egli per sospetto di infedeltà sbrigato di Gabriella di Sestio, e con prove di singolar
valore guadagnato la stima e la benevolenza di Braccio, questi gli diede la figlia di
un suo fratello, e in dote Canale, castello del Todino. Il biografo non dice il nome
della sposa, né l'epoca delle nozze, sebbene accenni che esse dovettero di poco pre-
cedere il 1421, cioé il tempo della spedizione del Piccinino con 409 cavalli ordinatagli
da Braccio su preghiera di Giovanna regina di Napoli e Alfonso di Aragona. Infatti
il Poggio scrive — « che tale spedizione avvenne dopo il matrimonio » —. Ma, come
nota il Rossi, tali nozze debbono avere avuto luogo prima del 1419, perché nell’ atto
di pagamento, sopra notato, Nicolo già si.chiama nipote di Braccio (Conf. ADAMO
Rossr, Albero genealogico della famiglia Fortebracci da Montone, Perugia 1882). Notasi
che Francesco e Jacopo figli di Nicolò nacquero dal suo primo connubio con Ga-
briella di Sestio. Alla morte di Braccio, Perugia tornò sotto il dominio della Chiesa
(a. 1424), e Assisi, dopo essere stata alquanto sotto il governo del conte Oddo, figlio del
gran venturiere, non appena questi, rinunziata la signoria di Perugia, uscì di Assisi
avviandosi con Nicolò Piccinino alla volta di Arezzo, gli assisani si diedero volonta-
riamente alla Chiesa. Nel 1433 vi fu il tentativo di dare la città a Nicolò Fortebracci,
ma questo trattato non ebbe effetto, e nel 1438 Assisi acclamò suo signore Francesco
Sforza. Il Piccinino l occupò nel 1442, dopo essersi nel 1410 fatto padrone di Pe-
rugia. È noto poi, che Nicolò perdette questi principati insieme a Bologna, che vo-
leva far capitale del suo dominio, e morendo non seppe darsi pace di non aver po-
tuto dopo tante battaglie e dopo tante vittorie acquistarsi una terra, ove riposare il
suo corpo. Egli pensava a Braccio, signore di molte provincie, creato e coronato
principe di Capua nel 1421, e così potente da aver potuto ambire, nel 1423, perfino
alla corona di Napoli. Ad ogni modo rimanevano a favore di Braccio e dei Piccinino
i titoli, a quei dì ritenuti sufficienti, della loro signoria in Assisi e in altre terre della
Chiesa, perché, come si esprime il Sismondi (Op. cit., Cap. LXXI), i Piccinino avreb-
bero dovuto ricevere a titolo ereditario il principato di Braccio, come ricevettero la
sua armata. É perciò che Jacopo, come scrive il Cronista, voleva recarsi ad Assisi,
perocchè la revole come era giù deli-loro, e ciò spiega pure come al suo ingresso
nella città si gridasse: Braccio, Braccio, in quanto fosse ritenuto continuatore e so-
stenitore della parte Braccesca.

=

larassa CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 943

el dillo Ambasciatore la notte, per la qual cosa in Perogia se fano
le guardie segretamente perochè se dubita (4).

Adi 15 de agosto che fo il di de S. Maria el Mag. Conte
Jacomo venne a Fossato e passò alato a Gualdo, e fece alogga-
menti a Valfabrica in quel de Asese, quale avea con seco circa

9000 cavalli e fantaria assai. Se dice che vole repigliare Asese

e che esso à li contrassegni del Cassero grande.

Adi 16 de agosto in mercordi in fra la nona el vespero el
Conte Jacomo entró in Asese pacificamente con la processione de
tutti li chierici de Asese, e tutte con grande alegrezza e festa sem-
pre gridandose — Braccio, Braccio, viva Braccio — e prese la
signoria dela città de Asese sensa nisuno ostacolo e il cassero
grande se tene per lui, perochè a più dì fa (2) esso cie mise fante,
a sua petitione, e il Castelano de ditto cassero era Catalano, al
quale el ditto Conte Jacomo glie donò 800 alfonsini, e subito nel
cassero dello fo rizzato lo stendardo del Conte Jacomo, e anco fo
messo in tenula nel palazzo dei Priore, con grande trionfo e ale-
grezza, e poi de l’altro di ebbe il cassero piccholo, nel quale cie
mise Gio. Pazzaglia e nel cassero grande cie mise el luocotenente
e il Podestà e Benedetto Dal Borgho con circa 200 provisionate,
e quando el ditto Conte Jacomo entró in Asese non menó se non
cirea 1000 persone fra cavalli e fanti, e il campo grosso lassó a
Valfabrica (3).

Adi 19 de agosto vene nova qui come el Conte Jacomo avea
auto Gualdo de Nocea senza alchuna contraditione del quale ne
prese la signoria (4).

(1) La perentoria domanda del Piccinino bastò a mettere in sospetto i perugini,
‘che si affrettarono ad esercitare un' attiva vigilanza alle porte della città.

(2) A più di fa per dopo alquanti giorni.

(3) Veramente il Cronista, sempre disposto ad esaltare il Piccinino, vuol far
‘credere, che egli venisse dagli assisani accolto con entusiasmo. Ma ciò non è. Deve
vitenersi infatti, che quei di Assisi si inducessero a quella graziosa accoglienza (PEL-
LINI, II, 13), perché memori dei casi avvenuti al tempo di Nicolò, e non potendo con-
tare sugli aiuti di Pierluigi Borgia, stimarono pericolosa, per non dir temeraria, qua-
lunque resistenza (Conf. CRISTOFANI, Storia di Assisi, Lib. IV).

(4) Anco gli storici e biografi del Conte Piccinino sorvolano di troppo sugli av-
venimenti del 1458, dei quali Jacopo fu cosi gran parte. Nel nostro Cronista invece
li abbiamo tracciati colla maggior precisione. Certo i perugini dovettero trovarsi nel
più grave imbarazzo, quando da un lato il Piccinino chiedeva loro 1° adempimento
O. SCALVANTI

Adì 20 de agosto vene nova in Perogia come adì 15 de
agosto era stato chreato el novo papa, cioiè el Cardinale de Siena
chiamato Enea, al quale fo posto nome Pio Secondo (1).

dell’ antica promessa del prestito, e dall'altro coll’ occupazione di città soggette alla
supremazia della Curia romana, irritava l' animo del pontefice, con cui i perugini vo-
levano mantenere cordiali rapporti. È a ricordare qui lo sdegno di Calisto III per
avere il Comune di Perugia consentito il prestito o donativo de’ 6000 fiorini, e tanto
più i perugini dovevano star dubbiosi della loro sorte, in quanto i progressi del Pic-
cinino si andavano facendo sempre maggiori, e a Calisto III era succeduto Pio II,
Papa di mente elevatissima, e dal quale Perugia molto attendeva. Narra il Fabretti
che al conte Jacopo fu risposto, non potere i perugini, per scarsità di pecunia, sdebi-
tarsi della promessa fattagli; che s' egli venisse nell’ Umbria per favorire la Chiesa,
li troverebbe liberali inverso di lui; avverrebbe il contrario se, pel venir suo, la tran-
quillità della provincia fosse turbata (FABRETTI, Op. cit., Vol. II, pag. 288). Tale ri-
sposta avrebbero a lui recato i due ambasciatori, di cui ci parla il Cronista sotto la
data del 4 settembre di quest’ anno 1458.

(1) È nota l'incertezza che regna sulla data dell’ elezione di Pio II. Il Platina,
nella vita di questo pontefice, la pone al 20 di agosto, la Storia di Siena (R. I. S.,
Tomo XX) al 2 dello stesso mese, l’ Infessura e il Cronista di Bologna (Op. cit., Tomo
XVIII) al 19, e non al 5 settembre, secondo ha scritto il Raynaldo negli Annali ecclesia-
stici. Altri, come l’ Ammirato, riferiscono tale elezione al 23 o 27 agosto. Il Muratori
ritiene sicura soltanto la data della incoronazione di Pio II, cioé il 3 settembre. Ora il
nostro Cronista, mentre viene a corroborare la data dei 3 settembre, come quella
relativa alla incoronazione, quanto all’ elezione si discosta da tutti gli altri metten-
dola al 15 agosto. Su ciò può essere intervenuto errore, ma é certo però che l’ ele-
zione stessa non avvenne il 2), perché in quello stesso giorno ne giunse la nuova in
Perugia, né in epoca posteriore. È più probabile dunque che avvenisse il 15 o tut-
tal più il 19, come vorrebbe la Cronaca di Bologna. Pio II nacque in Corsignano,
distretto di Siena, dalla nobile famiglia Piccolomini. Quando Calisto III lo elevò alla
dignità cardinalizia egli era già salito in gran fama di eminente scrittore e di buon
diplomatico. Di lui rimangono, oltre le opere letterarie e storiche, alcune delle quali
incompiute, i Commentari, che andarono per assai tempo sotto il nome di Giovanni
Gobellino. Come storico, ed è di questo che più importa toccare, Pio II cercò di scri-
vere la storia più da filosofo che da semplice narratore, come quello che per tutta
la vita aveva maneggiato cose pubbliche gravissime; e di libero ingegno aveva dato
prova sedendo come Cancelliere nel Concilio di Basilea, dove sostenne contro la Curia

‘ Romana i diritti dei principi nelle materie ecclesiastiche, e non ricusò perfino di

farsi poi segretario a Felice antipapa. Se non che ribenedetto da Eugenio IV fu inal-
zato alle maggiori dignità e poté giungere fino all’onore della tiara. Come Papa sì
segnalò per la costanza, con cui cercò aver ragione della minacciante potenza mus-
sulmana. Celebri sono le sue concioni, come dice il Platina, splendidas et rei acco-
modatas. Al congresso di Mantova la sua eloquenza fulminò il Turco; e furono vera-
mente — « incensi animi, cum ostenderet Thurcos, occupata Graecia et Illyrico, in-
teriorem Europam penetraturos. Ni est, prosegue lo storico, certe ab ‘0 praetermis-

sum, quod ad movendos Christianorum animos pertineret. Magna quidem in dicendo:

Pii laus fuit, quod, cum saepius iisdem de rebus loqueretur, diversa semper visus
est dicere; tanta erat in homine elegantia et copia » —. E lo storico Sismondi scrive,

P UE

mum

wie rero e 7 PVT CAR SETE 25 —
CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 945
| Adi 3 de settembre in domenica fo incoronato il ditto papa
D 5 :
d in S. Pietro de Roma.
5 Adi 4 de settembre il nostro Comuno mandò 2 ambasciatori
i al Conte Jacomo, quali son questi:
È M. Pandolfo de Nello dei Baglione, e Piero de Felippo de

Francesco (1).

A questi dì vene nova come el Mag. Conte Jacomo avea
auto Nocea per patti.

A questi dì de settembre el Conte Jacomo se partì da Gualdo
e andò in su quello de Rimine, e prese el Tegoletto con molti
‘altri castelli e anco ne arse parecchie.

Adì 8 de settembre li nostri Mag. Sig. Priore elessero 3 am-
basciatori per mandarli al Papa novamente fatto, Papa Pio 2°, e
li priore che li anno eletti son questi:

Guido de Pavolo da 5n Spenellos ! p. Soli.

Guasparre de Ranieri detto Bagiano )

Felippo de m. Benedetto e

Andrea de Piergiovagnie
3 Riccere de Giovagnie del Piastra )
Pavolino de Pietro da S. Biagio j

| P. S. Agnielo.

P. Susane.

che in quell'assemblea sfoggiossi tanta eloquenza latina, che dopo il rinnovamento
delle lettere mai non se ne era sfoggiata altrettanta (Storia, ecc. Cap. LXXVII). —
Ma piü che per la venustà oratoria e pei profondi concetti storici, a noi piace lodare
Pio II per l'atto compiuto al principio del suo pontificato, e che rimarrà memorabile
sempre negli annali della Chiesa, quando, rialzato il lustro del collegio dei cardinali e
ripristinata l' autorità dei Concili, sanci, che non si potesse far guerra, né decretare
alienazione di beni, né imporre balzelli ecc., insomma compiere un atto importante nel :
governo della Chiesa, senza l' assenso dei Cardinali.Veggansi in Raynaldo (A272. eccles.)
le particolarità di questa sapientissima deliberazione del gran pontefice. Rispetto poi
à'suoi propositi contro il Turco, é interessante a vedersi l’ Epistolario del tempo in cui
Enea Silvio non era stato ancora assunto al pontificato; e in specie I' Ep. 131, che va sotto
il titolo — Oratio de constantinopolitana clade et bello contra Thwrcos congregando —
(Ediz. di Milano, 1496), nella quale è ammirabile l' eloquenza dell? insigne uomo, e la pro-
fonda cognizione dell’ istoria. Questa orazione è priva di data, ma penso debba essere
stata inviata ai «obiles germani nel 1453, ossia nell’anno stesso della presa di Costan-
tinopoli. Pertanto Pio II diede notizia della sua elezione al Magistrato di Perugia con
Bolla del 31 agosto 1458 (Archivio Com. Cass. XII, n.o 238).

(1) L' andata di questi ambasciatori sembra collegarsi colla richiesta di danari
per parte del Piccinino. È certo che il Papa ne fu avvertito, perché nel 5 settem-
bre 1458 spedi al Magistrato un Breve, nel quale comunica che il Governatore parte-

——————

taa
quc

" ciperà le sue intenzioni circa la somma domandata dal Conte Piccinino (Arch. Com.

E! Cass. XII, n.o 239). È :
È

|

por

me
O. SCALVANTI

Pier Felippo de Ser Ambrogio

| P. Borgnie.
Pavolo de S. Giapecho da Castiglione fos. { 1: Porgnie
Francesco de Ranieri detto del Berbechozzo ) PSP
Pietro Pavolo dela Gigliola esse

Li Ambasciatori son questi sottoschritti.

M. Mansueto de M. Francesco — Porta Borgnie.

Semone de Guido deli Odde — P. Susane.

Golino de Giovagnie dei Baglioncelli — P. S. P.

Adi 18 de otobre li sopradetti Ambasciatori schissero al no-
stro Comuno come Papa Pio II glie avea receuti assai benigna-
mente con grata audienza ali quali dette per auditore 2 cardinali,
e come el papa avea fatto concistoro e era deliberato de andare
contro il gran Turcho e che il primo dì de giugno proximo da
venire Sua Santità vole andare in Udene (1).

A questi dì de ottobre vene nova come el Conte Jacomo avea

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(1) Quello che il Papa rispose agii ambasciatori é poi riferito da Pio II nel 1
Breve al Magistrato perugino del 14 novembre 1458 (Arch. Com. Cass. XII, n.o 240), i
in cui notifica di avere sentito gli ambasciatori della città, alla quale ha fatto piü
concessioni de' suoi predecessori; e siccome i messi di Perugia si erano lagnati special-
mente della non espressa conferma degi!'indulti di Martino V, di Eugenio IV e di
Nicolò V, e cioé che le cause non si potessero togliere ai giudici ordinari locali, il
Papa dice, che le concessioni di quei pontefici si intendono confermate con una sola
parola, né deve il Magistrato dolersi della clausola — « quatenus servate sunt quod
utilitati et honestati convenit » — giacché tutto col tempo soggiace a variazione, e
quello che una volta era giovevole nuoce al presente, Il Papa non intende dunque
di confermare ciò che era andato in disuso e che sembrava dubbio. Del resto av-
verte, che Ja conferma dei particolari privilegi è stata fatta nello stesso modo per

tutte le aitre città e terre dello Stato, e che perciò se si togliesse quella clausola per
Perugia, si darebbe agli altri luoghi del Dominio giusto motivo di querela. Rispetto
alle cause, il Papa osserva, avere egli disposto che volendo le parti declinare dai
giudici ordivari, e appellarsi a Roma, questo non pcssa farsi senza espressa sua
commissione, E per verità non iscarseggiano in quest' epoca i casi di giurisdizione
esercitata dalla Curia pontificia per cause distolte dai giudici ordinari della città; e
se ne veggono esempi nel Breve di Calisto III del 23 ottobre 1455 (Arch. Com. Cass.
XII, n.0 199) per una lite vertente tra Giovanni di Lodovico Baglioni e Benvenuto
Beccutello; del 5 aprile 1456 sopra azioni da muoversi contro alcuni debitori (Eod.
n.0 212); del 3 maggio 1457 (E»^d. n.0 223) sulla restituzione di alcuni beni sequestrati
da Luca Schiavi; dell' 11 luglio 1458 (Eod. n.o 237) sulla concessione di salvacondotli,
ecc. Nel 12 dicembre poi dello stesso anno 1158 Papa Pio II con un suo Breve an-
nunzia il ritorno degli ambasciatori perugini, di cui nota Y importunità, e fa sa-
pere, che, dovendo egli venire presto a Perugia per recarsi a Mantova, vedrà con
più agio !e suppliche della città (AzcA. Com. Cass. XII, n.o 242)

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CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 9340

auto per patte el Sasso del sig. Gismondo da Rimine, e che sta
a campo a Macerata (1).

Adi 12 de novembre fo ociso Lorenzo de Mateo de Ser Mar-
tino di P. Susane da Guidantonio de Messer Baldassarre de li
Armane e da li suoi beccarini e partegiani la sera ale 3 ore de
notte. Se disse che lo amazzò per scambio, per non lo conosciere.
Di poi el di seguente sene fece un gran conseglio da li nostri
cettadini su dal governatore: per la qual cosa nè for fatti gran
bandimenti, che non fosse persona alchuna che portasse arme nè
de di né de notte, ala pena di fiorini 25 per ciaschuna volta, e
quelli che andassero la notte con l'arme, se intendano essere sco-
municali e non possano essere arbenedetti né asoluti senon da
Mons. né manco se possa gire sensa lume, e che de questo ogni
persona ne possa essere acusatore. Quelli che foro con lo detto
Guidantonio son questi, cioié Elmo de Pietro de Elmo pollaiolo,
Melchiorre de Ser Nicolò de Nucolo, Bartolomeo del Pannocchia,
Baldassarre detto Baralla de Pastene, Nicolò de Buona ora, e
Nardo de Giovagnie de Pietro uncino, Danielle del Brunello deli
Scotte.

E fo arbandito adì 24 de aprile 1459.

A questi dì de novembre el Papa mandò in Perogia 300 fanti ;.
li conestavole son questi; Bartolomeo da laquila, Pierfrancesco da
Bagino, e for compartiti e messi tanti per porta a la guardia dela
città (2).

— E anco a questi di vene la nuova, come el papa avea poste

(1) Sasso per Sassoferrato. Il Cronista non accenna al fatto, che Jacopo era colle
armi di Ferdinando I stato avverso a Calisto per aver questi preteso, alla morte di
Alfonso, che il reame di Napoli dovesse intendersi devoluto alla Santa Sede. Vecchi
rancori esistevano fra gli Aragonesi e la Curia, e perciò Ferdinando, per mezzo del
Piccinino, cercava molestare il Papa ne' suoi possedimenti. Ora fu sempre per isti-
gazione del re di Napoli, che il Piccinino si diede a guerreggiare nuovamente contro:
il Malatesta. Ma poiché queste discordie pesavano grandemente sull' animo del pon-
tefice Pio II, sopra tutto desideroso di unire i principi italiani in una lega contro il
Turco, vedremo tra breve come esse vennero a cessare.

(2) Per quanto il Piccinino, a questo tempo, si trovasse nelle Marche, pure i pe-
rugini non stavano tranquilli circa la custodia della città, e probabilmente gli am-
basciatori inviati al Papa avevano avuto qualche segreta istruzione per pregarlo a
mandare a Perugia un presidio, che contribuisse efficacemente alla difesa del Co-
mune.

Sera ARS:
348 O. SCALVANTI

le schritte a Roma, come lui vole andare contro il Turcho, e che
vole fare la via de qui da Perogia (1). i

Adi 20 de novembre Braccio de Baglione partì da Perogia
per andare a Milano, per gir a visitare il Duca de Milano, e menò
in sua compagnia li soltoschritti cittadini e cioiè (2):

Ridolfo suo fratello, Tiseo de Berardo da Cornie, Pieranto-
nio de Mateo de Pietro dei Gratiani, Mariano di Mariotto dei Ba-
glione, Rusteco de Saracino da Monte Melino, Carlo de Cinaglia
de Ugolino, Arcagnielo de Pietro ditto dela Berarda, ser Felippo
de Buonacorso calzolaio, Giuliotto de Galeazzo de m. Bobio, Lo-
renzzo de Ser Cipriano (3).

Omeni d’ armi suoi son questi: Natale da Monte de l’ Olmo,
Giovan Francesco da Chremona, Carletto dala Corvara, Giovan
Batista dei Baglione, Palamone da Tode. |

E retornaro a questi di cioiè del mese de decembre proximo
davenire, e for receuti con grande onore dal sig. Duca de Mi-
lano (4).

Adi 10 de decembre sé adunó il Conseglio deli Camorlenghi
su in palazzo coli Sig. Priori per vencere li denari per onorare
el Papa, perché se dicea che dovea passare per Perogia, e venseno
fiorini 3000, e li priore che erano a questi tempi son questi:

Biordo de Fioravante de li Oddi Capo de Uffitio

Lodovico de Giovagne dei Baglione ditto del Cepolli f

Guidantonio de Ranaldo de Mansueto Coda e )

Mariotto de Berto de ser Luca merciaio

P.Susane.

P. Borgnie.

(1) Si accenna qui al viaggio, che presto Pio II intraprenderà per recarsi a
Mantova, ove aveva convocato la Dieta dei principi italiani per risolvere l'impresa
contro il Turco, 2

(2) Ci sta in mente, che questa visita del Baglioni al Duca di Milano avesse il
segreto scopo di parlargli dell' impresa che Pio II disegnava fare contro i turchi,
e forse l'andata di Galeazzo Maria Sforza, primogenito di Francesco, a Firenze per
incontrarvi il pontefice, lo che avvenne nell'aprile del 1459, fu uno degli effetti della
missione esercitata dal Baglioni per incarico di Pio II alla Corte di Milano.

(3) È sempre Lorenzo di Ser Cipriano Spirito, il poeta di cui abbiamo altrove
fatto ricordo.

(4) Né il Cronista né il Pellini registrano nel dicembre di questo anno la venuta
in Perugia del cav. Saracini di Siena inviato da S. S. per trattare alcuni affari
col Comune, ma quali fossero il Breve del 7 dicembre 1458 non dice (Arch. Com
Cass. XII, n.o 241).
T——"

CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 349
Lodovico de Pietro dei Buglione 1
ds SS.
Giapeco Antonio de Fustino Spetiale

Nicolo de Ser Nello banbacaio

Liberato de Andrea mareschalco

Pietro de Tolomeo, Giapeco de Marino vasaio ditto Cavalla
— Porta S. Agnielo.

Ser Contolo de Francesco de P. Susane Notaro.

Adi 14 de decembre li sopradetti sig. Priore elessero 8 omeni
per porta quali avessero a provedere ali abisognie della città ala
‘venuta de Papa Pio; |

Giovagnie de Malatesta, Pietro de Giovagnie Chrispolte, Pie-

| P=#Solt

‘tro de Felippo de Francesco, m. Mansueto de m. Francesco, Ra-

naldo de Rusteco M. Melini, Guido de Teveruccio dei Signorelli,
Antonio de Nicolò Sperelli e Pietro Pavolo de Mansueto, per
Sis P;
M. Pandolfo dei Baglione, Ridolfo de Malatesta Baglione,
Nicoló de Pavolpietro dei Gratiani, Golino de Giovagnie di ba-
glioncello, m. Antonio de Semone dei Gratiani, Baldo de Mateo

de m. Pietro, Silvio dei Baglione, m. Pietro de Lodovico dei

Baglione, P. Soli.
M. Giovagne de Petruccio, Gostantino de Rugiere, Averardo

de Guido Morello, Agnielo de Barso ditto Barzetto, Giuliotto de
. Lello, Francesco de Nicoló de Tomasso, Giovagne de Nicoló Be-
nedetti, Borgaruccio de Nicolò Giovagnie, P. S. Agnelo. i

M. Baldassarre de Cherubino Armanni, Cesaro de m. Agamen-
none, Oddo de Giapeco de Oddo, Bonifatio de m. Ibo, Mariotto
de Agnielo del Besochetto, Piero de Raniere del Grasso, Pavolo
de Lodovico de Felippo de Pellino, m. Benedetto Capra, P. Susane.

Guido de Carlo deli Odde, m. Grigorio de m. Ruggeri, Go-
lino de Felippo de li Oddi, Lamberto de Berardo da Corgnie,
Antonio de Mateo de Francesco, Giovagnie del Cipolla, Lionello
del Miccia deli Odde, Pietro de Sinibaldo da Ramazzano (1).

Ser Zaccaria de Christofano de P. Susane notaro deli ditti 40

proveditori (2).

(1) Questi erano i commissari di P, S, Pietro.
(2 Il Papa, con Breve del 19 dicembre 1458 (Arch, Com. Cass, XX1I, n.o 213)

-diretto al Magistrato, mostra il suo gradimento per l'allegrezza fatta in Perugia al-

94

COTTI PELI
390 O. SCALVANTI

Et anno fatto fare un bandimento li ditti 40, che qualunque
persona volesse apegionare alehuna casa MG nap la. co-
modità della ditta casa a Ser Zaccaria.

Et anco che nisuna persona possa comperare per fare muni-
tione de biada se non per suo uso e bisogno con animo de ven-
derla solto una gran pena.

A questi dì de decembre li ditti 40 celtadini feceno bandire
con 4 trombe che non fosse persona alchuna che ardisse de trare;.
nè mandar fora del contado nostro veruna ragione de grascia, e
che il grano, orso e spella non se possano vendere se non a
questi prezzi che li ditti 40 anno dato, el grano soldi 60 la mina,
-lorzo soldi 30 la mina, la spelta soldi 22 !/, la mina (1).

E più feceno bandire che ciaschuna persona tanto cettadini
quanto contadini debbino per spatio de 3 di avere asegniata ogni
quantità de biada, e orzzo che essi avesseno ala pesa de fiorini 50.
Dipoi elessono 2 omeni per porta, cioiè 5 per la città e 5 per il

contado, li quali revedessino tutti li ditti biadi, e schrivessino:

persona per persona secondo che anno li biadi, e quelli deli cet-
tadini avevon soldi 20 el di per ciaschuno de salario, e la mità
dela fraude, e quelli del contado soldi 60 e la mità dela fraude.

A questi di for venti dai priore e camorlenge 200 corbe de
grano per la venuta del papa se esso verrà, lo quale se abbi da.

rescotere dali debbitore del Comuno, cioiè quelli che l'anno da re-.

mettere dale poste del Chiusci (2).

Adi ultimi de decembre mori Guido de Pavolo Morello da.

Monte Sperello de P. Soli, volse essere vestito da frate de S..

l'annunzio della sua prossima venuta. Promette di far conoscere piü coi fatti che

colle parole il suo amore per la fedele città. E poiché, come abbiamo visto, i peru--

gini tenevano ad una esplicita conferma dei privilegi, esenzioni ecc., concesse da
Martino V e da altri pontefici, Pio II, recatosi il 19 febbraio in Perugia, nel 17 suc-
cessivo con sua Bolla fece solenne conferma degli atti compiuti dai suoi predecessori
(Arch. Com. Cass. XII, n.o 245).

(1) Nota con quali accorgimenti i) Magistrato, nell' occasione di feste, mirava
ad infrenare la speculazione dei commercianti.

(2) Il Cronista non parla della deliberazione di spendere 3000 fiorini d'oro 7
sollevamento della Corte del Papa, come si legge in Pellini. Però, mentre lo sto-
rico pone ogni deliberazione concernente le onoranze a Pio II negli ultimi del 1458,

il Cronista con verità riferisce alcuni di questi provvedimenti ai primi dell anno:
successivo. In che consistessero poi queste poste del Chiugi già lo abbiamo detto.

altrove.

er

vitae si
SPREA

CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. ' 891

Francesco, e li fo fatto molto onore. Rimasen suoi figlioli masci
Averardo, Nere, Tiseo, Periteo, Giulio. Et Sperello era bastardo.
Nel predetto anno el grano al più valse soldi 42 in 45 la

mina, l’orso soldi 20 e 22, la spelta soldi 12, l'olio libbre 6 el
mezolino.
1459 — Adì primo de genaio entraro in Uffitio li Priore

nuovi e li camorlenghi, e li priore son questi:
Pietro de Oddo de Giugliotto da M. Vibiano, Capo | P. S p
Bartolomeo de Lello de Bino orafo Eger
Pietro de Pino da Rezzo Coda
Bartolomeo de Antonio coiaio
Basilio de Antonio detto del Castelano canbio )
Antigniuccio de Agnielo dela Nonna lanaio) '
Bartolomeo de Ser Saturno Ip
Lodovico de Ser Nicolo Spetiale |
Baglione de Ranieri de Monte Melino
3 i . P. Borgnie.
Giovagne de Ser Polidoro Banbacaio | 5
Ser Antonio de Arcolano Notaro.
Li Camorlenghi son questi infraschritti :
M. Pandolfo de Nello dei Baglione, P. S. P.
Sineduccio de Nicolò de Tomasso M. Melino per scambio de
Lodovico del Boldro. Consoli per la Mercantia.
Francesco de Ciucciolo de P. S. A.
Tomasso de Lucalberto de Francesco de P. Susane.
Pietro de Pavolo de Tantino retagliere de P. Soli.
Felice de Jacobbe de Matiuccio de Porta S. Agnielo. Audi-
tori del Cambio.

! P. Soli.

P AS

. Susane.

Galiazzo de Felcino deli Armanni de P. S. Pietro per li cal-

zolari, e Francesco de Giovagnie detto del Berbechozzo sartore

per l’arte de sarti.

Justiniano de m. Marcho detto del Ferriere dei Baglione

,P. S. P. Arte de panni de lana.

Lionello de Agnielo del Miccia deli Oddi, Porta Susane. Arte
macello.

Bartolomeo de Giapeco de Francesco detto della Lucia de P.
Borgnie. Arte Tavernieri.

Pietro de Massolo de Pietro pencie, fabro de P. S. Agnielo.
Arte fabri. :
352 O. SCALVANTI

Pietro de Macolo de Maltachino, maestro da legniame P. i
Susane. Arte pietre e legno. .
Giapeco de Bastiano de Meo de Saracino. Arte spitiali.

Giapeco Antonio de Francesco de P. S. A.

Aloisio de Pavolo de la Berarda P. Borgnie.

Pietro de Beo Cartolaio, P. S. P. Lodovico de Matteo, P.
Borgnie. i

‘Pietro de Giovagnie dela limosena, P. Susane; Batista de
Antonio de Pacciolo, P. S. A.

Bartolomeo de Cesario P. S. A. Mariotto de Bartolomeo P.
S. A. Fioravante de Bieneincasa per cagione de Vangeliste de

—m—

Agnielo de Pavoluccio, ch'era in bando, de P. Soli; Fino ditto
del Veltra, calzolaio, P. Soli, Giovagnie de Biagio, lanaiolo, P.
Soli. Nicolo de Golino del Macellaio, spetiale, P. S. P. Felippo
de Giovagnie de Corrado tegolaio, P. S. P. Sebastiano de Fran-
cesco de Sebastiano canuto de P. Soli. Luca de Schiatta, P. Su-
sane. Sagramorre de Gniocco de P. S. P. Pier Francesco de Andrea
ditto de Rosciolo, P. Soli; Francesco de Piallese Macellatore, P.
Sole; Chrispolto de Ugolino Chrispolti, P. Borgnie; Fioravante de »
Semone de Martinello, P. S. P. Felippo del Sanone Sartore, P.
Borgnie. Giovan de Ranaldo, calzolaio, P. Borgnie, Anton de

PE » Mateo cimatore, P. Soli. Francesco de Rugiere de Bevelaqua
: macellatore, P. Soli. Guasparre de Galiotto delto Spadaiolo, P. S.
A. Mariolto de Ser Giapeco, P. Susane, Gostanzzo de Pavolo,
P. Susane, Mariotto de Chiercolo funaio, P. S. P. Valentino de
Antonio, P. Borgnie, Gostantino de Mateo de Pietro dei Gratiani,
P. Borgnie, Agnielo de Pietro de m. Otto Spadaio, Porta Bor-
gnie, Giorgio de Pietro Zoppa. P. S. A. Mariotto de Guasparre
Lanaio, P. Soli.

Et entrate che foro in Uffitio li ditti Priore e camorlenghe

miseno a partito e venseno in fra de loro che se vendesseno 6
registri deli fuochi vechi 1449, 50, 51, 52, 53, 54 (1). E deli de-

EI Va Pe > ona T

(1) Più volte occorre nelle cronache e negli atti pubblici del Comune quest' e- E
spressione — vendita dei registri vecchi — la quale deve essere intesa nel senso, IS
che, seguendo il costume allora in uso, di vendere le gabelle, si vendevano per una
cifra determinata gl' introiti da farsi, secondo le annotazioni dei registri, dai debitori
del Comune. I documenti di archivio e le rubriche dei vari statuti ci dicono, che

Eur... —————————————— MÀ
ES AES

CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 393

nari deli detti registri venseno che se ne comprasse panni de
rosato, per farne mantelli per onorarne el sommo pontefice Pio ii,
in caso che lui venisse a Perogia come per certo se aspeltava e
vensero li mantelli in questo modo, cioié :

Per lo R. Mons. nostro Governatore chiamato m. Bartolomeo
Viteleschi vescovo de Corgnieto el mantello e capuccio de valuta
de fiorini 36. Per li nostri Mag. Sig. Priore e Notario loro, el

questo sistema della vendita delle gabel'e applicavasi a quella del macinato, al cam-
pione delle carni, al dazio sul vino, sulle legna ecc. e perfino alla gabella sui postri-
boli (FABRETTI, Doc. di Storia per. Vol. I e II — Statuto perug. Lib. I, rub. 259,
353, 356, 344, 345 ecc.). Questa materia fu largamente disciplinata nel secolo XV, come
sì raccoglie dalle numerose disposizioni contenute nello Statuto edito nel secolo XVI,
che riferisce evidentemente Ja maggior parte dei Capitoli di precedenti Statuti. Do-
vendosi vendere le gabelle, a evitare le frodi, si voleva che un esperto, nominato dai
Priori e coadiuvato da un Cancelliere, compilasse il modulo del contratto di vendita,
da cui i Priori non potevano discostarsi senza deliberazione apposita dei Camerari
resa ad bussolas et favas (Rub. 140). La vendita si faceva a rischio e pericolo del
compratore, non eccettuato il caso di guerra, — « seu grandinis aut sterilitatis,
ita quod omne commodum, periculum ac damnum ac casus, ut supra exprimitur,
ad ipsos emptores debeant plenarie pertinere (Rub. 258 e 352) ». — E questo costume,
molto antico, divenne poi legge obbligatoria pei Conservatori della moneta, ogni
volta ricorresse una causa di pubblica utilità, di guisa che erano tenuti — « banniri
et subastari facere per publicum preconem communis gabellarum fructus et com-
munantiarum » — (Rub. 259). Gravi erano le pene contro i compratori, che non pa-
gavano al Comune Je rate del prezzo, e i Conservatori potevano esigerle sub qua-
cumque provisione val cambio sew foenore. Di solito la vendita era fatta per un
solo anno, e per quella del sale e dei pedaggi occorreva una deliberazione dei Priori
e Camerari, che riportasse almeno 35 voti favorevoli (Rub. 260, 261 e 262). Questo si-
stema peró dava luogo a gravi inconvenienti, di cui il lettore può facilmente indo-
vinare la causa, la quale del resto è chiaramente espressa dalla Rub. 260 del citato
Statuto — « Decernentes predicta in perpetuum observari, cum multitudo emptoruna
et effrenata cupiditas eorum excrucient et excorient subditos; et etiam prcpter mul-
torum emptorum paupertatem, sicut evidentia ex preteritis manifestat communi, non:
fuerit de preciis ab emptoribus satisfactum etc. » — cosi il Magistrato vuole, che sii
dieno dai compratori delle fideiussioni, e che della solventezza dei fideiussori rispon-
dano gli uffiziali del Comune. E affinchè ogni cosa proceda coll’ ordine più perfetto,
Si esige la tenuta regolare di registri, nei quali si annotino per extensum le comu-
nanze e gabelle, il nome dei compratori e di chi ha fatto garanzia per loro ecc.
(Rub. 264, 205 e 267). Scaduto l'anno, dovevano i Massari procedere alla nuova ven-
dita — « Statuimus ut massarii per se ipsos et per alios teneantur et debeant ad poe-
nam C lib. den. pro quolibet eorum contrafaciente de anno in annum duobus men-
sibus antequam gabelle seu comunantie recadant seu revertant ad commune Perusie,
banniri et subastari facere per publicum preconem communis Perusie gabellarum
fructus et communantiarum dicti communis etc. » (Rub. 353. Vedi per altre notizie le
Rub. 480 a 487, le quali particolarmente si aggirano sulla vendita delle poste del
-Chiugi). ;
9354 O. SCALVANTI

mantello e capuecio de valuta de fiorini 25 per uno, e per li Sig.
Consoli e Auditore e Camorlenghe de ciaschun arte el mantello
e capuccio de valuta de fiorini 20 per omo e tutti li predetti de
rosalo.

Per lo canceliere del Comuno chiamato m. Girolamo de Ron-

‘chi da Fiorenzza el mantello e capuecio de panno pavonazzo de
valuta de fiorini 20.
ds Per lo Capelano dei priore chiamato :m. Guiccione de Fatio
«de P. S. A. el mantello pavonazzo de fiorini 20.

Per il messo deli Signori Priori el mantello pavonazzo de
fiorini 12.

Et per li detti rosati ce andò Benincasa retagliere a Fio-
renzza per comissione deli sig.ri Priore e Camorlenghi, e adi 25
€ a 26 del ditto for forniti de scapezzare tutti li mantelli de rosato.
di. E a: di 13 de genaio andò per Podestà del Castel dela: Pieve
| Agnielo de Barso detto Barsetto dei Barsi, P. Soli, eletto dal
nostro Comuno. e uscì de Uffitio Renzzo de Mateo dela lita deli
Armanni (1).

Adi 14 ditto li 40 proveditore, per la venuta del Papa fero ?
‘bandire, come se era determinato de fare 2 giostre per magni-

ficentia dela venuta del Papa, e il premio dela prima giostra si é
fiorini 60, e il premio della seconda giostra fiorini 40.

|] Adi 18 ditto menó moglie Lionello del Miccia deli Odde la
| figliuola de m. Nicolo de m. Dionige chiamata la Pavola bella, e

«andò a cavallo con grande onore.
Adi ditto menò moglie Cesaro de Pietro Chrespolte la figliola
che fo de Francesco de m. Dionige, nepote del predetto m. Ni- |

:cola. Ave in dote fiorini 1500.
A di 21 de genaio in domenica fo fatta la giostra del Rettore

(1) Questo Agnolo di Barzo detto Barzetto, che ora vediamo andare Podestà a
‘Castel della Pieve, era figlio di Paoluccio e fratello di quel Benedetto de' Barzi, giu-
rista esimio del secolo XV, che per varie vicende della sua vita dovette esulare dalla
patria, onde lo troviamo insegnante di diritto nello Studio di Ferrara nel 1455
(Vedi il nostro scritto — Alcune notizie su Benedetto de’ Barzi ecc. Perugia, 1895).
Agnolo o Angelo poi é di frequente ricordato nelle istorie per uffici onorevolissimi
ripetutamente sostenuti. Egli fu-più di una volta Capitano del Contado (a. 1437, 1441), del
Magistrato dei Priori, ed ebbe anche il carico di importanti ambascerie, come
«quella, ad es., presso Nicolò Piccinino, mentre trovavasi in Assisi, e i perugini vol-
gevano in mente di farla scaricare dal fortunato condottiero.

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CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 955

«dela Sapienzza, chiamato m. Francesco de Carnevale da Civita

nuova. Il premio fo braccia 12 de velluto verde, li giudeci che
schrisseno li colpi fo el Podestà e il Capitano e dette la sen-
tenzza el ditto Rettore, che la metà del premio fosse de Gio. Ma-
leo omo d'arme de Giovan Francesco da Bagnio conestavole deli
fante dela Chiesa, che sta qui per stanzza, e l’altra metà fosse
de un famiglio de Sforzza deli Oddi, che è chiamato per nome
Casamatta.

Adi 22 de genaio in lunedì a notte el Conte Jacomo ren-
dette la tenuta dela cità e deli casseri de Asese a la Chiesa;
e anco rendette Gualdo e Nocea ; e così fecero un certo acordo
e convenlione insieme, cioié el papa glie dava compenso al ditto
'Conte Gacomo, dele qual cose ne fo promessa del papa per la
Chiesa, el Duca de Milano cioiè Francesco Sforzza, et la sig.
de Venetia e don Ferrante da Ragona e la sig. de Fiorenzza. El
Comissario che prese la tenuta per la Chiesa, si fo m. Jacomo
Muccarelli quale stette per Teseuriero in questa città, e per lo
Conte Jacomo per rendere la tenuta fo m. Piccinino e Antonio de
Giliotto deli Acerbi nostro cettadino e suo comissario, per tanto
che avendo el papa riaute le ditte tenute mediante tal benefitio
mandò la corona regale a Don Ferrante, cioié del sig. de Napole
e delo Abruzno, e de altri luochi, e questo fece el papa, perchè
ditto Don Ferrante fo causa e mezzo de fare detlo acordo, che
fece rendere al Papa le dette tenute dal Conte Jacomo, perché
prima non le avea mai podute avere per verun modo (1).

(1) La narrazione del Cronista circa la fine delle ultime imprese del Piccinino
nell' Umbria é in massima parte rispondente al vero e ricca di particolari. Se non
‘che apparisce qua e là confusa. It Cronista vuole che il Papa desse la corona rezale
a Ferdinando per averlo aiutato a far cessare l'occupazione di Assisi, di Nocera, di
‘Gualdo e di Valtopina avvenuta per le armi del Piccinino. Ora é bene avvertire, che
il Conte Jacopo, tanto nell' Umbria come nella Marca aveva combattuto come condot-
tiero ai soldi del re di Napoli, ed era per volontà di lui, che si rendevano alla Chiesa
le città usurpatele e a Sigismondo i castelli occupati da Jacopo. Alle quali cose Fer-
dinando fu indotto dal pontefice, per aver questi nell'ottobre del 1458 revocato tutti
gli atti e condanne formulate dal suo antecessore contro l'Aragonese,. Pio II voleva
ad ogni costo tentare un accordo fra i principi italiani, e perciò fu sollecito di ami-

carsi il re di Napoli. D'altra parte Ferdinando non poteva tener molto agli acquisti .

fatti dal Piccinino, prima perché le città umbre erano un dominio facile a perdersi,
€ poi perché non poteva esser molta la sua fiducia nel Conte Jacopo che sapeva de-
sideroso di signoreggiare nelle terre occupate. Anzi, se deve credersi al Sismondi,

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O. SCALVANTI

A questi dì passati schrisse el Papa come adì
se partiva per venire a Perogia.

22 de genaio

Adi 22 de genaio fo bandito che se spazzassero le strade per

la venuta del Papa, e continuamente nel palazzo de Monsig. se
aconcia, però che lì è deputata la stanzia per lo Papa.

Adi 24 de genaio in mercordi a mane nanzze pranzzo el Ret-
tore dela università delo Studio, andando in piazza lo trovò Casa-
matta, fameglio de Sforza de Guido deli Oddi, quale avia la metà
del premio, che il detto rettore avia fatto giostrare adi 21 de ge-
najo; onde che ditto Casamatta con 2 altri compagnie entraro
adosso al ditto reltore, e si li deltero certe ferite nela testa, e li
tolsero el capuccio (1) e la statuta e questo lo fece el ditto Casa-
malta, perché dice che esso avia piü colpi, che quelló omo de
arme de Giovan Francesco da Bagnio, e il premio toccava tutto
a lui, ma ben se disse che non toccava al ditto rettore de dar
la sententia, ma che la dovea lassar dare al Podestà e al Capi-
tano, ch'erano stati a schrivervi li colpi, dela qual cosa ne fo
fatto grande schiamazzo su da Mons. e non ne segul niente se
non che chi à male suo danno. Et li scolari dela Sapientia
vecchia e altri scholari per la ditta cagione tutti pusero giü le
statute e volevono gir con Dio, se non che foro intertenute sino
ala venuta del Papa.

Adi 25 de genaio vene la nuova qui come el Papa era irm
viaggio, e che venia in una lettiga coperta de coiame e lo arie-
cano le persone, perchè Sua Santità non poi cavalcare, che à le
gambe grosse, e mena con seco 200 provisionali e 6 cardinale a
sue spese, ma che qui in Perogia ne verrano anco 16 altri car—
dinale; e cosi son stale provedute le stantie per essi.

il re aveva promesso di darle al Piccinino in feudo (Storia ecc, Cap. LXXVII). Ed
ecco perché, narrano gli storici, fu d’ uopo anco delle minaccie del Duca di Milano
e dello stesso Ferdinando per indurre il Conte a rilasciare nelle mani dei commissari
del Papa 1e città occupate; ed é espressiva al sommo grado la frase del Cronista
quando scrive — perchè prima non le aveva mai podute avere per verun modo —.
L'A. parla di compensi promessi dal Papa, ma veramente non ne conosciamo che
uno, in verità assai tardivo, cioé l' Ordinanza fatta ai perugini di pagare al Conte
Jacopo il residuo dei 6090 fiorini, revocando su ciò le proibizioni di Calisto III. IL
quale atto pontificio è del 30 aprile 1459.

(1) Il fatto di togliere il capuccio, dovunque era ingiuria gravissima (Conf.
Stat. per. a stampa, Lib. III, Rub. XIV).
CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 351

Adi 27 ditto vene nuova come el Papa era entrato in Spoleto,
e venero qui in Perogia 26 some deli suoi. E adi 29 ditto entró
in Folignie e aloggió lì la sera, e adi 81 ditto vene a Asese.

Adi primó de febraio che fo el giovedì ceccolaio, vene qui a
Perogia Pio 2° (1), dove che li Ambasciatori del nostro Comuno-
li andaro incontro, in sino a Asese e venne per il Ponte S. Gianne,
e per la stradella uscì a S. Gostanzzo, e lì li se fecero molte cet-
tadini incontro, e entrò in S. Pietro e entrò per la porticella del
versiere derieto dal ditto monasterio de S. P. e li la mattina de-
sinaro; e menó con seco 5 cardinali quali son questi, m. Pro-
spero Cardinale Colonda, nepote de Martino V, el Cardinale
de S. Marco nepote già de Eugenio 4», el cardinale de Bologna
chiamato m. Felippo fratello di Nicola 5», el Cardinale de Roto-
masensis francioso, un Cardinale nepote de Calisto 3°, che era
vice canceliero; e infra le 18 e 19 ore li se fecero incontro li a
S. P. inprima le Disciplinate e tutti li ordeni de frate e prete
parate, fra li quali quelli de S. P. e de Monte Murcino cantando:
laude e cose divine; dipoi tutti li Dottori bene adornate con li
bavaruoli de vaio, e poi tutti li Camorlenghi con li mantelli de
rosato e poi li Mag. Sig. Priore, pure con li mantelli de rosato.
Li quali apresentaro al Papa tutte le chiave dele porte dela città
e dele pregione (2). E primi insieme con li disciplinati ce venero,
molti garsonetti con le palme de olivo in mano, gridando — viva.

(1) Un'assai breve narrazione della venuta di Pio II in Perugia si ha nella Cro-
naca del Veghi, in Pellini, nei Commentari del pontefice (Lib. II), e ne scrisse-
assai diffusamente il Mariotti (Mem. Stor., pag. 528 a 545).

(2) Il Muratori, sulla scorta dei Commentari di Pio II, scrive che il pont-fice-
fu ricevuto in Perugia con onori immensi. E di vero così narra Pio II il suo in-
gresso in Perugia: — « Inde Tiberi rursus trasmisso, Perusiam profectus est: ubi
honores hi ei sunt exhibiti, qui humano ingenio potuerunt excogitari. Nam quamvis-
aspera saeviret hiems, non tamen aliter adornata civitas fuit, quam si vernum tem-
pus adesset: virere tota urbs: gestire viros, ac mulieres, qui Romanum Pontificem
intuerentur: pendere per omnes urbis vias insignia Pontificis, et lunae aureae non-
dum plenae, ludi militares exhiberi, omnia profusam ostendere laetitiam: cardinales
et universos curiales humane ac benigne tractari ». — Il Sismondi, a buon dritto,
scrive che — Perugia ricevette Pio II come sovrano (Storiu ecc. Cap. LXXVI).
Quanto al tempo, che Pio II dimorò in Perugia, il Muratori non è d'accordo col
Cronista, perché meutre il primo assegna tre settimane, per il Cronista furono soli.
19 giorni, in quanto il Papa arrivò in Perugia il 10 febbraio e ne parti il 19, È ben:
vero, che lo stesso Pio II scrive: — « mansit Perusiae pontifex tribus ebdomadis» — ma:
per giungere al computo di tre settimane occorre comprendere nel soggiorno di Pe-

AE AMIPUPIDRU

e dat estivi
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358 | O. SCALVANTI

Papa Pio — e così li fante provisionate. Dopo li Priori venero li
stendardi e el primo lo portava inanze a cavallo Carlo de Guido
deli Oddi con le insegne del Papa, el Sig. Braccio dei Baglione
pure a cavallo la insegna dela Chiesa con le chiave, e il 39 fu
‘uno armato con lo stendardo con la insegna dela croce bianca
nel campo rosso, e poi 12 cavalli copertati e l'ultimo cavallo
si porta el Corpo de Chripsto con la lenterna, come è usanzza e
con la croce, e poi 4 scudieri inanze a cavallo, e ciaschuno por-
iava un capello roscio in su li bachetti, e poi venia el Papa in
una sedia, la quale era portata dali suoi provisionati, e detta
sedia era tutta adornata de un palio de broccato de oro, e chre-
mosi, g esso era parato ponlificalmente con il piviale e metria in
capo daendo sempre per la via la beneditione e andava sotto il
baldacchino de broccato de oro e chremosi con li drapelloni con
larme dela Chiesa e del Papa, el qual baldacchino era portato
parte dali Priore e parte dali Camorlenghi e parte dali Dottori. E
quando [fu] li in piazza scontro el palazzo dei Sig. Piore (1) fu tolto
e straccato non obstante che era stato bandito 3 volte che non
fosse persona che lo straccasse né toccasse ala pena del capo,
peroch'era determinato per la capella dei Sig. e de San .Be-
rardino. E tutti li cardinale erano a cavallo li appresso a Sua San-
tilà e anco tutti li altri prelati e molti nostri cettadini a cavallo e
a piè, e ala guardia sua erano molti fanti e provisionate, deli
quali ne era conestavole Gio. Pazzaglia, Bartolomeo da laquila e
‘Giovan Francesco da Bagnio, e cosi Sua Sanlità la prima cosa
andó diretto a S. Lorenzzo e visitato che ebbe la Chiesa fo por-
iato nel palazzo de Monsig. Governatore (2), peroché li era stato

TUugia anco i dì che Pio II passò all'Isola Polvese, per poi recarsi a Corsignano, dove
-aveva delle possessioni e a Sarteano, in cui fermossi brevemente a visitare i suoi
«congiunti; per modo che entrò in Siena, anche per il nostro Cronista, il 24 febbraio.

(1) Leggi — il baldacchino —.

(2) Il Fabretti in una Nota alla Cronaca del Graziani (AvcA. Stor. ital. Tomo XVI,
'pag. 634) scrive che nel febbraio 1459 era Governatore in Perugia Giacomo Tebaldi
vescovo Feretano. Ciò è un errore, perché il Tebaldi, oriundo di Collescipoli, fu
fatto vescovo di Montefeltro nel 1450, e nel 1456 creato Cardinale e Governatore di Pe-
rugia con Breve dell'8 novembre di quell'anno (Reg. dei Brevi, f.0 64). Di lui scrive
l'Ughelli che — Sub Caliato III Spoletani ducatus mox Perusiae Praeses fuit (In
Epic. Leop. sive Ferentanis n.o 22). A1 Tebaldi successe nel 1457 Bartoelommeo Vi-
felleschi, vescovo di Corneto, che era tuttora Governatore nel 1459,
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CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 359

adobbato per Sua Santità, e li cardinali ali lor loggamenti, quali
erano ordinate per loro. Et il Vece Canceliere nepote già de
Papa Calisto 3° aloggiò in casa de Baldo de Mateo nel Colle, el
Cardinal Colonda in S. Maria novella, el Cardinale de S. Marco
in S. Francesco, el Cardinale Rotomasensis in S. Agustino, el
Cardinale de Bolognia in casa de m. Benedetto nel Monte. E
per la venuta de Sua Santità foro aperte tutte le pregione e foro
aliberati tutti quelli che cie erano per debito del Comuno, e dela
condanagione pechunarie e dela persona, e quelli per debiti de
special persone senza nisuna cautela o ricolla (1); e perchè detto
Papa venisse fo bandito, che ogni persona podesse praticare e
usare (2), cioié quelli che fossero per debito o per condanagione
pechuniaria per fin che il Papa stava in Perogia, e che non se
possa lener ragione né in palazzo né ali Banchi de le arte.

A adi 2 detto in venerdi el di de S. Maria candeloria el
Papa dette le candele ali Priori e Camerlenghi e ali dottore e altri
celladini nobili nele sale del palazzo li a capo le scale, e poi fu
portato nela loggia e li bugliava le candele al popolo, dove ce era
molta gente e anco le bugliavono li Cardinali (3).

(1) Ricolta, lo abbiamo già osservato, è voce usata in senso di sicurtà. Se ne
vegga altro esempio nella Cronaca a stampa pag. 731 — « Et fu sua ricolta Bavirolo
Fumagiolo ».

(2) Usure é spesso adoperato dal Cronista, e qui singolarmente, per venire e
trattenersi fra le persone, lo che, senza bando speciale, non sarebbe stato permesso
ai condannati per debiti ecc.

(3 Il Siepi vuole che di questo fatto si sia voluta tramandare memoria nella
'Chiesa di S. Bernardino, ove esisteva una tela del Bonfigli (oggi trasferita nella pi-
nacoteca;, nella quale in alto é rappresentato Gesù Cristo con un vessillo, in mezzo a
una gloria di angeli, con S. Bernardino in piedi. — « Nella parte inferiore, aggiunge
4l Siepi, con non riprovabile anacronismo, espresse il pittore,due fatti distinti, cioè
la distribuzione delle candele benedette fatta da Pio II nel 1459, e l'incendio di libri,
armi ecc. eseguito per ordine di S. Bernardino nel 1425. Si veggono nella pittura il
Papa, i Magistrati, vari religiosi e donne con candele accese in mano, alcuni panieri
“con libri, armi e vesti di lutto, ed un putto che appicca il fuoco a varie carte con
un demonio sugli omeri » —. Ora a noi sembra che la narrazione del Siepi sia inte-
Tamenle assurda. Anzitutto il dipinto del Bonfigli è un gonfalone eseguito per la
«Chiesa di S, Bernardino, e perciò la rappresentazione deve essere in stretto rapporto
colle gesta del Santo o col fatto della edificazione della Chiesa. Invece l' insigne pit-
tore vi avrebbe raffigurato un fatto del tutto estraneo, cioè la distribuzione delle can-
dele avvenuta nel 1459, Ciò non é verosimile, tanto più che lo stesso Siepi vorrebbe
che nel medesimo comparto l'artefice avesse rappresentato il fatto della distribuzione
delle candele (a. 1459) e insieme l' abbruciamento degli oggetti di lusso avvenuto per
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SCALVANTI

E adì 4 ditto in domenica el Papa andò e S. Agustino; adî
ditto la domenica de carnovale el Mag. Braccio dei Baglione fece

. fare una bella giostra a selle todesche e a schude tutti con l' arme

sua, e detta giostra se fece in piazza, el premio fo braccia 8 de
velluto cilestro, e li giostratori questi; ;

Ridolfo de Malatesta dei Baglione, fratello de detto Braccio.

Giovagnie de (Baglione).

Justiniano de m. Marco detto el feriere dei Baglioni.

Rusteco de Saracino da Monte Melino.

Lodovico de Antonio de Cencie.

Carletto, camoriero de Braccio dei Baglione, dala Corvara.

Fabritio de Nicolò de Benedetto Barsi.

Cherubino de Brunello deli Scotti.

Mattiolo de Agniol Giovanni de Tantino.

Felice de Oddo del Brancha.

Giovan Battista de Lodovico dei Baglione.

Et el premio fu giudicato e dato a Ridolfo de Malatesta pre-
detto, perché esso avea dato più colpi. E sempre stettero li car-

opera di S. Bernardino nel 1425, senza che tra i due fatti svoltisi a notevole distanza
di tempo si trovi relazione alcuna. Ma in realtà quelli che il Siepi giudica due fatti
non sono che un fatto solo. E per convincersi di ciò, basta riflettere; 1,0 che il sa-
cerdote benedicente é un vescovo, e non già Pio II; e infatti il pittore non gli ha posto.
vicino nessuno dei Cardinali, che lo avevano seguito nel suo viaggio a Perugia;
2.9, che il pittore volendo raffigurare la cerimonia della distribuzione delle candele,
non l'avrebbe tratta dal suo ambiente, cioé la loggia deila piazza di S. Lorenzo, e
avrebbe compreso la sconvenienza di rappresentarla colio sfondo della Chiesa di
S. Bernardino, la cui facciata veniva compiuta due anni dopo; 3.9, che il pubblico in-
tervenuto a quella solenne funzione non riceve le candele, ma sta in atto di of-
frirle; e 4.0, che il putto dal Siepi veduto in atto di appiccare l' incendio a varie carte,
rappresenta un monello, il quale ha già rubato due candele, che tiene nella destra
e una terza che afferra con la sinistra; tanto è vero, che vi si legge questa scritta
— « fura che sarai apeso » — ossia — « ruba, che sarai impiccato » —. Invece di
pensare a tanti anacronismi, incomportabili, specie in un gonfalone, bisogna credere
che la scena rappresenti la benedizione delle candele e altri oggetti (come tele, drappi
ecc ) offerti reil'occasione in cui si consacrava Ja nuova chiesa. Ciò spiega anche la
variazione, che il pittore ha introdotto nella data del cornicione della chiesa, ove si
trova il millesimo 1461, mentre nello stesso fregio riprodotto dal Bonfigli si legge
— Augusta Perusio MCCCCLXiiiij — che è forse l'anno della consacrazione della
chiesa o la data de! dipinto. Del resto, bene esaminato il soggetto, ci pare che quella
radunata di persone si accinga ad una processione, e non mancano infatti né i trom-
betti né il fanciullo, suonatore del ceccoío o tamburello, che noi vediamo in molti
dipinti (come ad es. in una miniatura della nostra pinacoteca) andare innanzi alle
processioni,
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VUA CIERRE CEN Tee

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CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 961

dinali a vedere la ditta giostra. Dapoi el ditto Braccio fece ve-
nire in piazza un Castello de legniame edificato in su le ruote,
qual’ era portato da uno elefante de legname pento e retratto, e
anco cie fece venire un carro in su le ruote, nel qual carro cie
erano canli e suoni de molti stromenti, onde fu bella festa.

Adi 7 ditto che fo il mercordi, primo de quaresima el Papa
andò a S. Francesco del Convento, e detto le cennere (1).

E adi 8 de febraio vene a Perogia el Cardinale de Avignione,
che era francioso e aloggó a S. Antonio.

E adi ditto vene in Perogia al Papa l'ambasciata del Duca
de Savoja, cioié un Vescovo, un abatte, un cavaliere e un conte e
un dottore, e venero molto onoratamente (2).

E adi 9 ditto el Papa dette audienzza publica ali detti Am-
basciatori nela sala desotto al palazzo, dove esso fa residenzza.
Dove che li propose e parlò quel dottore, e expose 3 cose, la
prima come el ditto Duca de Savoja se ralegrava dela dignità e
preminentia e exaltatione nela quale Sua Santità era venuta; la
2a li mandava la obedienzza oferendose venire in persona con
ogni suo sforzzo e possa, e essere con Sua Santità contro il gran
Turco; la 3* e ultima li prepose la possa, dignità e magnificentia
del lor principe Duca de Savoja, onde che avendo il Papa enteso
tutta la proposta di delli Ambasciatori respose de parte in parte
a quanto acadea, e fo tenuta una saggia e prudente resposta, co-
me de omo dotto e de grande oratore, come veramente Sua San-
tità era. .

E a dì ditto vene in Perogia el Mag. Conte Federigo Sig. de
Vrbino con circa 70 cavalli, onde che il papa subito li mandò in con-
tro un deli suoi nepoli e certi Vescovi e protonotari con tutta la
fameglia dela sua corte a ciò esso venisse più onorato e meglio
acompagniato, e subito che ditto sig. de Vrbino gionse, scavalcò li
a piè dela scala del Palazzo, e subito andò dal papa, sensa ni-

(1) Cennere per ceneri. Anche nella pronunzia del contado toscano si avverte
in questa parola il raddoppiamento della #.

(2) Era duca di Savoia Ludovico figlio di Amedeo VIII. Nacque nel 1402 a Gi-
nevra, e nel 1432 si uni in matrimonio con Anna di Lusignano, figlia del re di Cipro,
che fu pel duca un cattivo genio. Mori in Lione nel 1405,
362 O. SCALVANTI

suna dimoranza (1), per la qualcosa fo tenuto che il papa li por-
tasse grande amore, che mai più se intese dire cl’ il Papa così
subito desse audienzza, e poi il delto sig. aloggó in casa de Go-
stanlino de Raniere suo parente.

E a di 8 dillo el nostro Mag. Comuno mandó a presentare
il Sig. de Vrbino de cera, confetti e biada, e fo tenuto un bel
presente. Adi 15 ditto parli da Perogia el ditto Signore.

E adi 11 detto che fo in domenica il papa consegrò S. Do-
menico, dove cantó la messa consagrando la Chiesa nuova (2) con
tutte le cerimonie che la Chiesa à ordinate, le quali cerimonie le
fece m. Jacomo noslro Vescovo, e m. Ranieri da Corgnia Arci-
prete de S. Lorenzzo e un prelato del Papa, e essi for quelli che on-
sero con l'olio santo, ale t deli Apostoli le quali stan pente nele
colonde, e così essi cie rapiccaro le facolette, e il Papa. disse la
messa nelo altare grande dal canto del verso el coro, e voltava
le spalle ala fenestra grande invetriata, peroché in quel luoco non
cie poi dir la messa altre persone che el Papa (3); e il cardinal Co-
londa disse l' episiola, et lo Evangelo el Cardinale vece cancelliero.
E al partire del palazzo quando. el papa vene a S. Domenico e
al tornare sempre li Priore e camorlenghe andaro inanzi al Papa
vestiti de rosato, e tutti li cettadini de qualità vestiti onorevol-
mente, e li cardinali dopo questi venivono tutti a cavallo, con

(1) La premura, colla quale il pontefice Pio II accolse Federico da Montefeltro,
che pure era stato col Piccinino ai danni del Signore di Rimini, si deve al fatto, che,
essendosi conclusa la pace fra il Malatesta e re Ferdinando per opera del Pontefice,
Federico non seguito le parti del conte Jacopo, ma anzi nel vegnente anno 1460 lo
troviamo insieme ad Alessandro Sforza contro il Piccinino.

(2) Non si meravigli il Jettore, che solo nel 1459 si consacrasse la Chiesa di
S. Domenico; perché é ben vero che il primo disegno di essa fu di Giovanni Pisano,
e che si cominciò a costruire nel 1304, ma per varie vicende non fu compiuta che
nel 1458. Questo maestoso tempio si scarico nell'anno 1614 per aver gii operai « fon-
dato gli archi per sostenere il tetto, che avea bisogno di restauri, nei diametri della
volta, che era a terzo acuto, e la forzarono a balzare in aria (Cronica citata dal Boa-
rini nel libro — Descrizione storica della Chiesa di S. Domenico, Perugia 1778) ».
Questa espressione — 4 terzo acuto — riferita a un' opera disegnata nel secolo XIII,
‘avuto riguardo alla evoluzione, che ci condusse dall'arco @ tutto sesto a quello
proprio dei secoli XIV e XV, ci sembra per avventura più esatta dell'espressione
— a sesto acuto —. Ma di ciò lasciamo il giudizio agl' intendenti dell' arte.

(3) Vuolsi che Pio II, trovandosi in S. Domenico per la consecrazione della
Chiesa, ordinasse la chiusura della gran finestra dietro all’altare maggiore « opere
. vitreo artificio et textura texellata » il che vuol dire, con vetri colorati a mosaico,
(CAMPANO, Vita Pii II, SiepI, Descrizione di Perugia, Vol. II, pag. 510).

TERE RUIZ PIT RU ET ERRATI

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CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 363

tutti li protonotari e vescovi e arcevescovi e allri prelati, e il
papa è portato in una sedia adornata con un palio de broccato
d'oro, nela quale stava a sedere pontificalmente parato, con la
metria in capo.

Et in questi dì ce fu tanta la moltitudine de gente fra cetta-
dini e forastieri che non se poderia diro nè numerare. Da poi
gionto che.fo el Papa in Palazzo, dove esso abitava se fece por-

‘tare nela loggia quasi in capo verso la porta de S. Lorenzzo,

dove lì era parato de tappiti e paramenti lo parapetto de essa
loggia, e lì el Papa se levò in piede, e lì erano li Cardinali e
altri prelati e nostre celtadini de qualiià, onde che il Cardinale
de S. Marco tolse un libro, e poi lo aperse denante al Papa, il
quale Papa disse certe oratione, e poi dette la beneditione a tutto
il popolo, che stava lì nella loggia e poi ale gente che stavono
in piazza e ale fenestre, e poi comise al ditto Cardinale de S.
Marco che esso dicesse al popolo la indulgentia che esso Papa
concedeva a quelle persone che erano state a quella messa e
offilio, e l'indulgentia che esso Papa concedea ala Chiesa de
S. Domenico per la ditta consegratione de essa Chiesa. E disse
in questo modo cioiè:

La indulgenzza che Papa Pio à concesso a questo nostro Co-
muno magiore aciò noi ce possiamo recordare de Sua Santità,
che qualunque persona fosse stata al ditto dì ala ditta sua messa,
overo ch'avesse auto intentione de esserci e non avesse podulo,
e a quelle persone omeni e donne che alora erano in piazza,
overo che avessero auto intentione de esserci avea la indulgentia
plenaria, e cioié tutta quella autorilà che esso à cie concede, come
al Santo. Giubileo cioié a tutte quelle persone che saranno con-
fesse e contrite durante el detto perdono ala ditta Chiesa de S.
Domenico, quale se pone per 8 di proximi e che in ciaschuno
anno per in sempeterna secula in tal di cioié la prima domenica de
quaresima concede X anni e X quarantorie de indulgentia, e che
ogni persona dovesse pregare iddio che conceda gralia a esso
papa, che li dia potenzza e prosperità ala destrutione del gran
turco e suoi seguace e inimici dela fede de Chripsto, e fo gridato,.
viva Papa Pio (1).

(1) Di questa indulgenza è memoria in una iscrizione, che si legge in S. Do-
menico a sinistra dell’ ingresso della crociata — « Pius II Pont, Max. hoc templum
364 O. SCALVANTI

E a di 13 de febraio vene in questa nostra città per. visitare
«el Papa el nobile omo Semonetto de . . . . . (1) condultiere
dele gente de arme deli fiorentini e è suocero de Ridolfo de Ma-
latesta dei Baglione, e vene molto bene acompagnialo, e Braccio
‘con molti altri li andaro incontro e aloggiò in casa de Braccio e
fratelli. E a dì 15 de febrajo il ditto Semonetto andò a palazzo a
visitare el Papa.

Adì 16 ditto el nostro Comuno apresentò il ditto Semonetto
e mandaro el presente a casa de Braccio e fratelli. El presente
è questo; 14 mine di biada, 20 fiaschi de vino, 8 torchie de cera
grande, 4 mazzi de candeli, 12 scatole de confetione, 3 torte de
marzapane, cie andò a portare el detto presente tutta la famiglia
del palazzo e il sig: Canceliere e il messo deli priore. -

Adì ditto el Papa volse che fosseno tratti molti Uffitiali deli
principali, non obstante che se dovessero trare a dì 18 del ditto (2),
e for prima publicati li mag. sig. Priore nel suo palazzo nela sala
dei paramenti, cioiè dove è la stantia dela audienzza quando cie sta el
governatore, e anco for publicati li Cap. del contado, lì ali suoi
piede, et là su ce andaro li priore e tutti li camorlenghi a coppie

D. Stephano Protomartiri dedicavit, manus porrigentibus Adiutrices Indulgentiam
XXX Ann. Totidemque Quadragenarum in Prima Quadragesimae Dominica singulis
quibuscumque annis in perpetuum permansurum concessit. An. D. N. Jesu Chri,
MCCCCLVIIII, III. Idus Februarii Pontificatus sui Anno I ». Il Boarini e il Siepi pon-
gono nell' iscrizione XIX anni di indulgenza, ma la iscrizione porta chiaramente il
numero XXX.

(1) È Simonetto da Castelpiero di Orvieto, altrove ricordato. Il Pellini non
parla di questo viaggio di Simonetto a Perugia e nemmeno degli ambasciatori del
Duca di Savoja. Nulla é noto delle cause, che consigliarono il Capitano dei fiorentini
-ad umiliarsi ai piedi de: Santo Padre, e taluno, pensando cbe pochi giorni dopo Pio II
era ricevuto in Firenze col massimo onore non solo dalle podestà cittadine, ma da
“Galeazzo Maria Sforza, dai Malatesta, dai Manfredi e dagli Ordelaffi, potrebbe credere
-che Simonetto avesse da recare al Papa qualche notizia per parte dei fiorentini.
Ma é da osservare, che in consimiii occasioni si faceva luogo piuttosto alla nomina
di ambasciatori, e poi che Simonetto, come scrive il Cronista, aveva motivo di por-
tarsi in Perugia per essere suocero di Rodolfo di Malatesta Baglioni.

(2) Questa fretta addimostrata da Pio II nell' elezione degli ufliziali fa supporre
-che egli tenesse assai a radicare vie più profondamente l'autorità pontificia in Pe-
rugia. E poiché il 18 febbraio, giorno in cui avrebbe dovuto farsi tale elezione, in
città si davano pubbliche feste in onore di lui, e il 19 doveva partire alla volta di
«Siena, Pio II volle che la cerimonia avesse luogo alla sua presenza il 16 dello stesso
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CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 365

a coppie tutti con li mantelli de Rosato. Li Priore publicati son
questi;
4 Gostantino de Ruggiero de Raniere, Capo.
Giapeco de Tomasso de Teo per l’arte dela lana P. Soli.
Girolamo de Consolo mercatante Coda, Francesco de Marino
‘calzolaio per l’arte dei cabattieri, P. S. Agnielo.
Aloigie de Lorenzzo di m. Pietro, cambiatore, Hercolano de
Semone de Squadra pollaiolo, P. Susane.
Rosato de Puccio grasso sartore, Andrea de Arcolano detto
Peroga, P. Borgnie.
Mateo de Rafaello Orfo, arte deli orfi, Mariotto de P. del
Boccio, macellaio per l'arle dei miniatore (?), P. S. P.
Ser Giuliano de Pier Mateo de Pavolo notaro.
Li Capitani del Contado publicati son questi;
Silvio de Baglioni dei Baglione, P. S. P.
Agnielo de Barso detto Barsetto dei Barsi, P. Soli.
Feleino de m. Baldassarre deli Armanni, P. S. A.
Guido de Carlo deli Oddi. P. Susane.
Anlonio de Giliotto de Sobalzzo deli Acerbi, Porta Borgnie.
Adi 18 de febraio in domenica fo bandita la giostra quale fe-
cero fare li 40 provedetori eletti; miseno per premio braccia 20
de velluto chremosi; vale fiorini 60, e l’allra se deve giostrare
ala Pasqua proxima.
Li giostratori son questi infraschrilti.
Gentilomo de m. Agamenone deli Arceprete ditto Brascha.
Nicolo de m. Pandolfo dei Baglione ditto Barchollo.
Benedetto de m. Tanchredo dei Raniere.
Mariotto de Benedetto de Renzzo da cantagalina.
Mattiolo de Agnel Giovagnie e Lamberto de Pietro Pavolo,
de Tantino.
Lorenzzo de Ser Cipriano ditto Spirto.
Carletto dala Corvara homo de arme de Braccio Baglione.
Gio. Mateo omo de arme de Giovan Francesco da bagnio.
Vittorino da Agobbio omo de arme del Mag. Conte Jacomo.
Uno omo de arme de Simonetto conduttiere dei fiorentini.
Un omo de arme de Gio. Pazzaglia Conestavole deli fanti
del Papa.
Uno omo de arme de Pierpaolo da Forlì.
———
e ———— ——— — —————— MM e —— ———— — - :

O. SCALVANTI

E for chiamati e deputati per schrivere li colpi dali detti 40
provedetori Semonelto Conduttiere de fiorentini e un comissario.
del Duca de Milano.

Fo dato il ditto premio e onore dela giostra a Carletto dala:
Corvara, benchè se disse che fo tolto al Gentilomo, al quale fo.
fatto torto, che giustamente era suo per esserse portato più valo--
rosamente che li altri, e fo portato il ditto premio in casa de
Braccio Baglione (1).

E adì 18 de febraio ditto prima che fosse fatta la ditla giostra.
la mattina, el Papa andò a S. M. dei servi e lì disse la messa
su Santi e concesse la indulgentia.

E adi 19 de febraio Papa Pio se parti da Perugia con tutta
la sua corte, e andò la sera a Isola Polvese (2), e aloggó in S.
Secondo, e li el nostro Comuno fece provisione de quello che bi-
sogniava. E adi 20 ditto se parti e aloggó a Sartiano perochè li
cie avea certi parenti. E adi 21 ditto in mercordi aloggó a Cor-
signiano dove el Papa cie ave dele sue possessione, e che. vi na-
cque e cie se era fatto grande aconcime.

(1) A quanto sembra, si commettevano di frequente ingiustizie nel conferimento
dei premi. In questa occasione poi era ben naturale, che due giudici parziali per il
Baglioni, come Simonetto, suo congiunto, e il commissario del Duca di Milano,
assegnassero il premio a Carletto della Corvara, uomo d' arme dei Baglioni.

(2) Nulla parla il Pellini della gita di Pio II all' Isola Polvese ; dice solo che egli.
fece la via lungo il Trasimeno, mentre la verità é che il pontefice si trattenne in
quell' isola un giorno intero (Conf. anche la Cronaca del Veghi in Arch, Stor. it.,
Vol. XVI, pag. 635). Lo stesso Enea Silvio narra ne' Commentari questa sua gita, ed
é notevole con quanta sicurezza egli c' informi di un fatto, che sarebbe avvenuto in
tale occasione, e che ha del miracolo — « Exagitaverat pluribus diebus, cum eo per-
venit Pontifex, aquas lacus valida tempestas, ita ut navigandi nulla pateret facultas.
Tum vero quasi divino nutu repente vis omnium ventorum conquievit: et intranti
navigium Praesuli velut animal domitum se se praebuit mare: et undique sedatis
flatihus mira tranquillitas oborta, adeo ut ingens captura piscium facta sit. Dum na-

vigatur in insulam, in qua Pontifex apud religiosos sancti Francisci monachos per-.

noctavit, siluerunt fluctus vesperi et nocte tota, et mane quod secutum est, donec
anvigium Pii ad litus pervenit. Exin iterum saevire et inter se colluctari vehementes
venti coeperunt, ita ut qui Pontificem sequebantur, vix periculum submersionis

evaserint ecc » —. Notiamo che il Lesca nel suo studio sui Commentari di Pio II,.
parla di un viaggio del gran pontefice nel lago di Bolsena, mentre la escursione fu.

nel lago Trasimeno.
TETUR RTT

CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. ICT

E adì 24 del ditto S. Sabeto il Papa entrò in Siena sua
patria (1).

E adi 25 de febraio mori Girolamo de Consolo mercatante-
de P. S. A. quale era publicato priore ali dì passati, fo sepelito
in S. Agostino, e lì fo fatto grande onore perchè era bona per-
sona e da bene, in suo loeo fo messo Batiste suo fratello (3).

(1) Leggonsi nei cronisti di Siena le feste, che ivi si fecero al grande concitta-
dino. Il pontefice, entrato il 24 febbraio nella città, ai 4 di marzo — « cantò la messa
in Duomo la domenica della Rosa, e donò la Rosa al Magnifico Comune di Siena,
overo al Priore in suo nome; el Comune di Siena la donó poi al Duomo (ALLEGRETTI,
Diari Senesi; Pio II, Commentario, Lib. II). I cronisti aggiungono, cbe fu tale
la soddisfazione dei senesi per vedere elevato alla tiara questo loro concittadino,
che — « furon messi nel reggimento tutti i Piccolomini, e distribuiti per tutti e tre
i Monti, cioé Nove, Popolo e Riformatori ». — Vuolsi che di poi — « a compiacenza
di Pio furon messi nel Reggimento tutti li altri gentiluomini e assegnatoli parte
degli uffizi ». — Il fatto però non si svolse con la spontaneità che il Cronista vor-
rebbe darei a credere. Opinava il pontefice che si dovesse ripristinare in Siena il go-
verno dei gentiluomini, che n'erano stati esclusi, e molti cacciati in esilio o uccisi
o oppressi da iniqui gravami. Infatti Pio II ci narra (Comm. Lib. II) che appena
giunto in Siena volle trattare de restitutione ordinis nobilium gentiles homines
appellati. Ma le sue esortazioni non sortirono l'effetto desiderato; più consigli si fe-
cero in Senato e inutilmente. Nemmeno una lontana minaccia di guerra riuscì a far
trionfare il partito dei seguaci del pontefice. Allora Pio II passò dal consiglio alle
ingiunzioni — « et ad extremum. censuit Senatus nobilium ordinem ad honores
omnes admittendum esse, et numerum aliquorum quartam, aliquorum octavanti
partem ei indulsit ». — Il pontefice, sebbene non soddisfatto di tale deliberazione,
pure — Ailarem se ostendit — e decreto la cessione alla città di Siena della terra
di Radicofani, su cui la Chiesa aveva il dominio diretto.

(2) A questo punto della narrazione il Cronista in uno spazio lasciato in bianco
ha rozzamente disegnato lo stemma gentilizio dei Piccolomini, cioé croce piena di az-
zurro, caricata di cinque crescenti montanti d' oro (CROLLOLANZA — Diz. St.blasonico
ecc.). AI Cronista era restata l' impressione di questo stemma, durante la dimora del
Pontefice a Perugia, perché, come abbiamo visto, lo stesso Pio II nel narrare le feste
qui ricevute, dice, che dovunque per le vie pendevano le sue insegne lunae aureae
nondum plenae. Una strana coincidenza faceva si, che il Papa avesse nel blasone
della sua famiglia quell' emblema, che voleva distruggere, la mezza luna. Ma sembra
che derivi lo stesso stemma dei Piccolomini da qualche impresa che taluno della
famiglia abbia fatto appunto contro i mussulmani,

(3 Non é nuovo il caso, che, alla morte di un ufficiale del Comune, si ponesse
in suo luogo un parente. Era questa una consuetudine, che piü tardi doveva diven-
tare legge positiva, per opera di Sisto IV, che con Breve del 16 giugno 1476 decretò
nel seguente modo — « Si quis vero insacculatus ad aliquod officium extraheretur,
qui post presentem insacculationem factam, homicidium comisisset, officio ad quod
insacculatus esset eiusque salario privatus omnino censeatur, ed ad illud per Guber-
natorem nostrum deputetur proximior consaguineus interfecti si ydoneus reperia-

1
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11
368 ONE O. SCALVANTI

A questi dì venero in Perogia ala guardia dela città doi Ca-
pitani over Conestavole con circa 300 fanti, cioiè Andrea Corso e
il Tartaglia da Fuligno, e partisse Bartolomeo da l'Aquila e
‘Giovan Francesco da Bagnio con li lor fante (1).

A questi dì passati perchè li scolari non andaro al lume de
S. Arcolano, Monsign. li fece condennare per la qual cosa se ne
son partili assai (2).

A questi dì de Marzzo fo uciso Semone de Meo da Asese
braccesco dela parte de sopra; lo ucisero certi partigiane del Conte
Jacomo dela parte de sotto (3).

A questi dì monsig. nostro governatore volse fare pigliare
Sante de Bartolomeo quale era in bando, e fo preso in piazza, e
Nicolo de m. Pandolfo dei Baglione con molti altri lo retolsero
ala corte, per la qual cosa cie fo ferito alcun cettadino, e alcuni
birri, onde che per questa cagione Mons. glie fece mettere tutti

in bando e sono:

Nicolò sopradetto, Matatesta de m. Pulidoro, Nicolo de m.
Gregorio; Mariotto de Bacalla, Bartolomeo e Mariotto de Gre-
gorio, Marinello, Lodovico de Nicolo de Ulisse.

Et adì 11 de giugno che vene proximo se rebandiro e pra-

ticaro (4).

tur....... Si quis preterea ad aliquod offitium diete insacculationis extraheretur, qui
esset defunctus, absens seu inhabilis et qui contra formam a nobis data insacculatus
manifeste appareret proximiorem eius consanguineum si reperiatur habilis et ydo-
neus alioquin alium idem Gubernator surrogare debeat, et omnis surrogatio secus
facta nullius sit roboris, etficacie vel momenti ecc. » (Arch. Com. Cass. XV, n.o 371).

(1) Ormai il presidio militare richiesto dai perugini a Calisto III per l'occasione
di cittadine discordie, era divenuto stabile, e serviva mirabilmente al Governatore
per rafforzare e rendere sempre piü effettiva la sua autorità.

(2) In questi e in altri tumulti fatti dagli studenti, in specie della Sapienza
vecchia, fu principale agitatore il letterato ascolano Pacifico Massimi (BINI, Op. cit.).

(3) I nomi di parte di sopra e parte di sotto non sempre corrispondevano alle
partl nobili e popolari. In Castel della Pieve (Cron. detta del Graziani in Arch. St.
It., pag. 94) la parte di sotto era dei guelfi e la parte di sopra dei ghibellini. In
Perugia fu già notato dal Mariotti. che la parte di sotto erano i rioni di porta
S. Angelo, di porta Susanna e di porta Sole; la parte di sopra erano i rioni di porta
S. Pietro e Porta Borgna. Ora ognun sa che in tutti i rioni abitavano dei nobili
(Vedi in FABRETTI Doc. Libro rosso del 1333), D'ordinario però la parte di sotto era
dei popolari e l'altra dei nobili. Così a Bettona, Assisi ecc,, come può vedersi nella
Cronaca a stampa pagg. 127, 234 e 235.

(4) Si osservi come, trattandosi di nobili colpiti da una giusta pena di bando,
questo fu revocato dopo due mesi e mezzo !.
UWUENEEEAXTONE

CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. i 369

A questi di fo ragionato tra priore e camorlenghe che. se
dovessero levare via le fattione del comuno overo li sussidij del
fuoco, cioiè che li celtadini non avessero da pagare più fuoco,
perochè è stato veduto che li fuochi deli contadini e gabbelle
e pegione avanzano denare assai per le altre spese del co-
muno, cioiè per li lumi ordinarie oltre li 8000 fiorini che se danno
l’anno al Papa de censo, per la qual cosa li Priore sono in de-
ferenza in fra loro, però ch'aleuni voglieno e alchuni non, e si-
milmente li camorlenghe, benché tutti vorrieno che se levassero
li ditti fuochi perchè questo è bien comuno, ma lo facevono in
servilio de questi principali e gentilomene li quali non pagano
foco, e vorrieno che noi altri populari pagassemo e peró li po-
polari son asini deli altri; li principali che non vorrieno che se
levasse il foco son questi ;

M. Giovagnie de Petruecio, e li figli de Guido Morello da
M. Sperello, M. Baldassarre de Cherubino de li Armanni, M. Pan-
dolfo e m. Galiotto de Nello dei Baglione, Guido de Carlo deli
Oddi, Braceio de Malatesta dei Baglione, Pietro de Gio. de m.
Chrispolto, M. Grigorio de m. Rugiere da Antignolle. Et alcehuno
altro in segreto che non se è scoperto (1).

Et per questa cagione tutti li sopradetti sono stati odiati dal
popolo. |

Adi 9 de Aprile li sig. Priore e camorlenghe fecero consiglio

(1) Questa grave disputa circa il progetto di abolire la tassa dei Pitochi è accennata
dal Pellini, ma non vi traspare tutta la verità intorno ai maneggi dei nobili. Anzitutto
il Cronista ci dà i nomi dei gentiluomini, che volevano conservata quella tassa, e
quindi ci manifesta, che mentre i Priori erano discordi e i Camerlenghi, per non
essere biasimati dal popolo, favorivano il progetto dell'abolizione, i nobili riuscirono
ad imboccare il Governatore, affinchè proibisse di discutere su tale argomento. Ma
quanto vi sia di vero in questa connivenza tra i nobili e il Governatore dovremo ri-
cercare in appresso. ll Cronista si limita a dire, che i gentiluomini volevano che i
popolari pagassero, quasi in odio della parte loro, ma il Pellini spiega, dipendere
questo accanimento da ciò, che — « coll' abbondanza dell' intrate del palazzo (i nobili)
godevano molto maggiormente degli offici publici ». — Il fatto è che essi riuscirono
ad aver dalla loro anche il pontefice, e ciò meglio vedremo fra breve. Ma siccome
un qualche pretesto dovevano i nobili addurre a giustificazione del loro contegno, il
Cronista ce lo indica con queste parole — « aicuwn dice che si se otiene per la città,
che anco se debbia sgravare parte del contado ». — E di vero, non era questa ra-
gione da dispregiare; ma certo si metteva in campo col preconcetto di conservare
la tassa per tutti.
210 O. SCALVNATI

su dal Governatore, e lì ebbeno molti ragionamenti fra li quali
parloro per interesso deli fuochi, dicendo, che li cittadini non l’a-
vessero a pagare, perochè questa è una cosa mollo continua,
sempre pagare, e che questa città non fo mai in tanta mendicanz-
za quanto è oggi, e per abreviare ne fo parlato assai de pro e
contro, cioiè quelli che dicevono contro, che li fuochi non se levas-
seno lo diceano in servitio de li predetti, deli quali siam suditi (1).
In conchlusione Mons. quale era stato imboccato, comandò ali sig.
Priore e camerlenghe sotto pena de fiorini 1000, che nisuno ne
dovesse più ragionare de questa facenda in luoco autentico, e
così ne fece rogare el Notaro dei Priore, ch’ era Ser Giuliano de
Pier Mateo de P. Soli, e se ne fece un gran dire per el popolo,
pure ad ogni modo a tutta via sene ragionava de questa materia,
cioiè de levare ditte fuochi dala città, ma li Priore e camorlenghi
son de 1000 openione, cioiè chi vuole e chi non vuole, e alchun dice
che si se otiene per la città che anco se debba sgravare parte del
contado, e chi vuole che se levon via li Capitani del Contado, e
chi vol nero e chi bianco, e li Priore non l’ anno voluto mai ven-
cere in fra de loro, che se abbia da levare, e li camorlenghi in
ultimo son tutti de buona voglia de volere che se levano così
a parole, ma se dubita che non restarano al martello, perchè sa-
rano subornate e rivolte, però che si come più volte ò detto noi
siamo tutti asini de altrui. Et perchè fortemente li. camorlenghi
erano biasimati però se son mutati de opinione, e son contenti
che detti fuochi se levano, pure come ó detto Mons. non vuole,
e à fatto protestatione come è detto de sopra.

Adi 18 de Aprile in venerdi Monsig. nostro governatore cioiè
m. Bartolomeo Vitelleschi Vescovo de Corgnieto andò alla Sa-
pienza Vecchia insieme con lo R° Mons. M. Francesco Piccolo-
meni da Siena, nepote del Papa, e m. Jacomo Vescovo de Pero-
gia (2) e insieme con esso el Tartaglia da Foligne e Andrea Corso
Conestavole de Fante de la Chiesa, che al presente stanno in Pe-
rogia per stanzza con li lor fanti. Li quali gionti che foro tutti

(1) Nota come il Cronista, di parte popolare, si esprima con sdegno, toccando
‘qua e là della prepotenza dei nobili!.

(2) È Giacomo da Cortona, quello stesso che eletto nel 1449 da Niccolò V ve-
:Scovo di Perugia, non prese possesso della sua sede che nel 21 marzo 1456.
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CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 311

ala detta Sapienza entraro dentro bellamente e cacciarono li sco-
lari, e dentro cie miseno a stantiare li ditti fanti, e li scolari non
anno levato niente dele lor robe dele camore. Onde che fo tenuta
una laida e vituperosa cosa, benché ad ogni modo lo studio era
quasi desviato che tutti se ne andavono per la cosa che successe
el di de S. Arcolano, come di sopra se disse. Per la qual cosa
questa cillà prima é privata dela intrata, che importa qualche mi-
gliaro de scudi che li scolari cie lasseno l' ano, e anco è privata
del'onore essendo levato lo studio (1), e cosi ogni persona sta
tacita e non è persona che parla in contrario, e conportase ogni
dì cose nuove, in pregiuditio dela povera e mendica ciltà (2).

Se disse che se era fatto tali cose perché li scolare avien fatto
una giura de andarsene tulti a conventare a Siena.

Adi 20 de Aprile in venerdi for publicati li Mag. Sig. Priore
per li 2 mesi proximi, quali son questi cioiè:

Baldo de Mateo de m. Pietro mercante Capo, Bevegniate de
Giovagpie vasari, P. S. P.

Coda Sidenuccio de Nicolò de Tomasso, mercatante da Monte
Melino, Pietro Pavolo de Ser Francesco per l'arte de la lana,
P. Soli.

Carlo de Felippo dela Chreusa, cambio. Giovagnie de Renzio
detto Razzaio, P. S. Agnielo.

Ruberto de Ansegnie per scagione de suo fratello, Gabriello
de Ser Bartolomeo, P. Susane.

Pavolo de Agnielo del Bozza per l'arte del macello, Menecho
de. Guastalerra, P. Borgnie.

Ser Giovagne de Sante da Agello, Notaro, P. S. P.

(1) Le condizioni dello Studio perugino (che già contava gl’insegnamenti della
‘Teologia, della Giurisprudenza civile ed ecclesiastica, della Medicina, della Filosofia
e Matematiche, della Grammatica, Lingua Greca, Eloquenza e Poesia) al tempo dei
narrati disordini, erano assai prospere. Insegnavano nel patrio Ateneo Nicolo Balde-
:ischi, Simon Pellini, Marco di Calabria, il Gemini ecc.

(2) Questi avvenimenti sono accennati anche dal Veghi (Arch. Stor. it. Tomo XVI,
pag. 635). Egli pure deplora il fatto, perché dannoso al credito dello Studio, da cui
Perugia ritraeva utilità e decoro. Ma e nel Veghi e nel Pellini (Hist. II, pag. 651)
manca quell’ annotazione del nostro Cronista, così interessante per l' intelligenza dei
tempi, là dove dice — « che ogni persona sta tacita e non è persona che parli in
contrario » — come se oggimai la stremata Repubblica avesse preso 1’ abito a tacere
«di fronte a qualunque violenza del potere pontificio. È
372 O. SCALVANTI

Adì 25 de Aprile Papa Pio mandò un breve ali Priore e al
collegio deli camorlenghi che non ragionassero più sopra lo inte-
resso del levar via li fuochi, e che se persona alchuna ne ragio-
nerà Sua Santità cie provederà, e questo breve è venuto per ope-
ratione deli pronominati cettadini quali non voglieno (1).

Adì 26 ditto li Sig. Priore elessero un Ambasciatore quale
mandaro a Fiorenzza al papa per cagione delo Studio, e anco per

(1) Il Papa per le mene dei nobili, secondo il Cronista, confermò il divieto dato:
dal Governatore, di non parlare affatto della tassa dei fuochi. Però il pontefice nel
Breve 7 aprile 1459, datato da Siena, si duole che quel progetto fosse fatto — « sola
vestra commoditate cum damno et preiulicio Camere nostre (Arch. Com. Cass. XII,
n.0 246) » —. E forse, cosi parlando, il pontefice non aveva torto, perché fin dal 1454 si
trova un Decreto di Nicolò V, in data 26 febbraio, con cui si ordina il sollecito paga-
mento al Tesoriere della Camera Apostolica, di tutte quelle somme, che sono dovute
dalla città e dai particolari, giacché l'amministrazione perugina va contraendo sem-
pre nuovi debiti (Arch. Com. Cass. XII, n.o 189). E poco dopo lo stesso pontefice con
altro Breve (3 aprile), mentre si congratula pei provvedimenti adottati per P unione e
il quieto vivere della-città, esprime il suo dispiacere per le differenze insorte fra il
Magistrato e il Tesoriere (Arch. Com. Cass. XII, n.0 190). Talora avveniva però, che
fosse in debito la Santa Sede; come nel 1444, quando, fatta la dispunzione dei conti
fra il Comune e la Camera Apostolica, resultò che la Curia era debitrice della città
per fiorini 892, soldi 60 e den. 6. E questo avveniva anco sotto i successori di Euge-
nio IV,'a causa delle anticipazioni che Perugia faceva ai Papi, onde potessero soste-
nere le spese di guerra. Ad es. nel 1456 si trova che Calisto III con Breve dell’ 8 aprile
risponde alla richiesta di danaro da pagare a certi Luoghi Pii, che non é in grado
di inviar somme, e che, stante la guerra imminente contro gl' infedeli, esorta i peru-
gini a deliberare l'invio di danari a lui (Arch. Com. Cass. XII, n.0 203). Or, mentre i
perugini cercavano, col levare i fuochi, di alleggerire il peso dei pubblici gravami, i
Papi non volevano che le rendite della città diminuissero; e in specie non poteva vo-
lerlo Pio IT, così desideroso di muovere guerra al Turco, e perciò necessitato a chie-
dere a tutte le città e principati d’Italia e di Europa gli opportuni sussidi. E se li
chiedesse a Perugia resulta dall’ Epistolario di Pio II, ove, scrivendo nell’ ottobre del
1461 al Governatore, dice che i perugini gli avevano promesso denaro e vettovaglie
in quella copia che poteva attendersi da tanto cospicua città, che chiama — « opu-
lenta et potens et inter alias nostra et ecclesie romane maxima singularia beneficia et
indulta consecuta est » —. Però il pontefice segue a dire, che i perugini cum exqui-
sitis velamentis cercano andar per le lunghe, e per questo motivo egli commette al
Governatore di ordinare loro che paghino 1500 ducati d' oro; e ove ricusino si deb-
bano intendere — « ipso facto singulares personas ipsius civitatis excommunicatas, et
civitatem ecclesiastico subiacere interdicto » — e-quel che più monta, si commina la
confisca dei beni mobili e immobili delle private persone (Vedi Epist. et varii tractat.
Pii IT, editi da Ambrogio Archinto, Milano 1496, Ep. CCCCV). La disputa dei fuochi fu
poi- definitivamente chiusa da Pio Il colla Bolla Apostolorum principibus del 19 luglio:
1469 (Arch. Com. Cass. XIII, n.o 252), nella quale è disposto che i fuochi di Perugia si
vendano in perpetuo, e della rendita si faccia l’uso indicato dal pontefice, imponendo
la scomunica in caso di contravvenzione agli ordini nella Bolla indicati.
CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 378

lo fatto del fuoco. Lo Ambasciatore fo Piero de Felippo de France-
sco de Porta Borgnie con 10 cavalli e maximamente per conto del
detto breve del Papa (1).

A questo dì de Aprile morì uno deli Priore, quali sono al
presente in Uffitio che à nome Mateo de Rafaello orafo, e perchè
è usanzia per onor del palazzo de spendere nel morto fiorini 25-
del Comuno li quali se debbino vencere fra priore e camorlenghi,
in fine fo messo doi volte a partito e sempre fo perso, perchè se
dice che esso non volea che si levassero li fochi.

A questi dì de maggio li priore e camorlenghi elessero 2 am-
basciatori per mandarli al Papa per interesso del Breve del Papa,
quale Sua Santità à schritto, qualmente non vole che se parli
del levare via li fuochi. Li Ambasciatori son questi, cioiè: el no—
bile omo Ranaldo de Rusteco del Saracino da M. Melino, P. Bor-
gnie, e il nobile omo Pietro de Oddo de Giuliotto da M. Biano,
P. S. P. ma non andaro perchè non volseno li cettadini che pos-
sono, e che non vogliono che si levino li fuochi, come di sopra
dicemo.

E pure continuamente se fano de molti consigli sopra lo inte-
resso deli fuochi, ma possono dieci omeni deli nostri nobili (2).

A questi dì passati el Mag. Conte Jacomo andò a Napole pe-
rocché don Ferrante Re de Ragona avea mandato per lui e andò

(1) Il Pellini accenna solo al primo ambasciatore inviato dal Comune, e di cui
non dice il nome, datoci invece dal nostro Cronista. Il quale ci spiega con molta
efficacia l'andamento della difficile e scabrosa pratica sull’ abolizione dei fuochi. È un
fatto che in seno alla magistratura cittadina si era ormai formato un partito favore-
vole all'abolizione del fuocatico, a segno tale che (come narra il Cronista sotto il di
26 aprile) fu per ben due volte negata dai Priori e Camerlenghi la spesa di fiorini 25
per gli onori funebri a uno dei Priori defunti, mentre era usarza che si facesse, per-
ché egli, cioè Mateo de Rafaello non voleva che si levassero i fuochi. Ciò spiega la
premura di inviare Piero di Filippo di Francesco al Papa per pregarlo a revocare il
Breve; e spiega, come, tornata vana la missione di ques*o ambasciatore, nel maggio-
se ne eleggessero altri du», i quali non partirono — « perché non volseno li cittadini
che possono » —. Tutte queste circostanze non sono nemmeno accennate dal Pellini
e dagli altri cronisti. Quanto alla persona del primo ambasciatore che il Cronista
chiama Piero de Felippo, si sa che fu il celebre giurista Pier Filippo de:la Corgna, e:
i perugini lo scelsero ben volentieri a quell'importante ufficio, perché conoscevano.
la stima, che aveva di lui Pio IT, il quale, nel suo soggiorno in Perugia, si era spesso
intrattenuto col dotto giureconsulto (Bini, Mem. Stor. ecc.).

(2) Modo rozzo ed efficace per esprimere come Perugia fosse caduta nelle mani
dell’ oligarchia,
314 O. SCALVANTI

travestito a uso de mercatante e derieto se fece gire una squadra
de cavalli (1).

Adi 24 de Maggio che fo il di dela festa del Corpo de Chripsto,
el Mag. Braccio dei Baglione fece ordinare un ballo e una bella
colatione nel orto suo in Porta S. Pietro, dove fece invitare circa 80
giovani e donne, fra le quale donne cie fu la umanissima vagha e
bella donna Margherita de Antonio da Monte Sperello e dona [de]
Francesco de Pietro de la Berarda detto Grassello de Porta Borgnie,
la quale oggi non à Perugia né ebbe mai e chredo che al mondo

o

non fosse vedula la piü bella giovane quanto lei, che certo pare
una dea Venere e non anno fine le sue bellezze, e poi fu ordi-
nato un ballo con suoni e diversi stromenli e danzato che ebbero
quanto a lor piaque, se fece una magnifica e bella colatione con
diverse e varie sorte de confetti, cioié pinichiate dorate, mandole,
confetti ala divisa sua verde e roscie e bianche, pini inzuccarati,
merolle de peschio de zuccaro artefiiate e castagnie, trasea (2)
e anesini ala divisa sua, e tutte for date nele coppe de argento,
peroché cie era una bella argentaria. La qual festa ballo e cola-
tione la fece fare el magnifico Braccio per amore dela Margarita

sua desiderata manzza (3).

(1) Infatti il Piccinino recossi a Napoli, d' onde poi scrisse al Magistrato peru-
“gino per ottenere il pagamento del residuo di 6000 fiorini imprestatigli (PELLINI, II,
pag. 652).

(2) Trasea, specie di confetti, simile al vocabolo treggea, che si trova nel Dizio-
nario della Crusca. Il Fabretti ritenne potesse essere un derivato dal vocabolo dragée
dei francesi. ma a me pare evidente derivi dal latino tragemata, che significava ap-
punto confetto o mandorla ricoperta di zucchero.

(3) Di questo amore di Braccio Baglioni per la Margherita Montesperelli così
scrive il Fabretti — « Ne’ suoi amori non é scipito, non prosaico; la sua infedeltà non
é disgustosa, non turba la pace domestica, non avvelena le gioie delle famiglie. Ama
‘una gentildonna perugina, e l'onora pubblicamente; ella é Margherita moglie di
Francesco di Pietro della Bottarda da Porta Borgnie. Per lei giostre cavalleresche e
spettacoli nella piazza maggiore e mense e conviti nei giardini; per lei si udivano i
poetici canti del celebre Giovanni Antonio Campano e di Pacifico Massini ecc. » (Bio-
grafie, Vol. III, pag. 19, e SCALVANTI, Un Garden-party in Perugia nel 1459, nella
Rivista d'arte e letteratura, P Umbria, anno I, n.o 2). Il Massini ne’ Trion/l alludendo
.alla Montesperelli, cosi ne scrive:

Ecce Dea incedens aurata veste per urbem
Margarita venit centum comitata puellis.

Come vedrà illettore anche nel seguito della Cronaca, le ricreazioni diurne al-

T' aperto erano di gran moda a Perugia; e di ciò va trovata principalmente la ragione
Mec

ERETICI E BIBELLI NELL' UMBRIA, ECC. 315

A questi di de Maggio se fece la compagnia dei Galanti e
erano tulle persone de qualità de buoni cettadini, e era capo de
essi Ridolfo de Malatesta dei Baglione e Gentiluomo deli Arce-
preti e Mateo Francesco de m. Giovagnie e Carlo de m. Ibo e
molti altri, e fecero li gonellini de saia schiata pavonazza, e è una
fiorita compagnia e pare che se sia quasi fatta per contrafare
quella dei barcholli (1) dela quale ne è capo Nicolò de m. Pan-
dolfo dei Baglione.

Adi 28 de Luglio in sabeto fu uciso Carlo de m. Ibo dei
Coppoli de P. S. A. da Francesco e Gostanzzo figliuoli de Agnielo
de Barso ditto el Barselto per certe parole che avea auto el ditto
Carlo con el ditto Gostanzzo, per parole che raportó Pirro de Tito
de P. S. A., le qual parole furo li a casa del ditto Pirro li da
S. Martino del Versaio vicino del ditto Francesco o Gostanzzo per
la qual cosa li predetti con certi loro amici se retrovaro a amaz-
zare el detto Carlo, quali son questi infraschritti, cioiè:

Francesco e Gostanzzo de Agnielo de Barso detto Barsetto.

Pietro Pavolo de Giovagnie de m. Alexandro lor nepote.

Franceschino de Nicolo de Casaglia tavernaio.

Pace de Antonio da Cortona calzolaio de P. Sole.

Arcolano de Marino de P. Soli.

Adi 29 ditto foro arse cerle massarie (2) de case de piccola
valuta dala corte, cioié dal Cavaliere; e fo schritto tutto quello
ch'essi avevono in casa, e il Barsetto se voleva defendere de tal

nel divieto di adunare a convito le donne di notte tempo — « Scripto é chi male fa
‘odia la luce e molte a ciò che possano a glie volente malfare dare tempo, studianse
glie convite fare la sera de le donne, enperciò statuimo che so (per sotto) la pena de
«cento libre de denare nullo possa convito fare de donne né de femmene si non da
mane tanto (Stat. ined. del 1305, Rub. 231, lib. III) » —.

(1) Questa compagnia dei galanti fu istituita da Rodolfo di Malatesta Baglioni
‘e da altri nobili, per dar contro alla compagnia formata dai figli di Pandolfo Baglioni,
uno dei quali era soprannominato Barcollo (PELLINI, II, 13, pag: 659), e che per que-
sta ragione forse dicevasi compagnia dei barcolli. Notissima infatti è la rivalità fra le
«due famiglie, che scoppiò l'anno di poi-(1460), quando Braccio e Rodolfo assalirono
Pandolfo e Nicolò, e li uccisero entrambi, a causa della Signoria di Spello ottenuta

«a Pandolfo per sé e la sua linea. Del resto queste compagnie erano in uso a quei di,

‘e la vicina Firenze ne contava moltissime, come la compagnia della Cazzola e le Po-
tenze, di cui Alessandro nel secolo XVI fece quel riordinamento, che suonò amara
ironia per queste ultime manifestazioni dello spirito corporativo di un tempo.

(2) Massarie per masserizie.

al.

e

ssaa i
" "—
mtm

O. SCALVANTI

cosa con dire che lui non cie se era ritrovato e che lui cie curse
per cessare lo scandolo.

Del ditto Carlo ne son remasti fratelli, cioè Bonifatio e m.
Trencie, li quali sono legelimi. Ser Tatio e lor fratello Pisigino
e Mateo Nicola de Carlo dei Coppoli lor consorte, li quali cer-
cano de vendicarse e tengano la inimicitia, e con loro è Averardo
e Nere da Monte Sperello con altri loro fratelli consobrini cioiè
Guido Morello, e li altre e ambedue queste case anno molti bec-
carini (1). E a questi di foro condenati tutti li predetti quali se
retrovaro a amazzare el ditto Carlo, e con essi cie fo condennato:

del capo el ditto Agnielo de Barso ditto Barsetlo padre del ditto.

Francesco e Gostanzzo dal Podestà, chiamato m. Piermarino da
Civita nuova (2).

A di primo de settembre in Sabeto vene la nuova qui come
era morlo in Fiorenza el Cardinale de Portogallo.

A questi di passati fo fatta novità a Viterbo, perochè ren-
traro li Tignosetti e con essi Antonello da Furli conduttiero del
Conte Aversa. Et entrati che for dentro fecero un bello robbare
per tutta la città, e li Gatteschi cioiè la parte dentro, se retiraro
nel cassero peroché il cassero non consenli al trattato; el gover-
nalore non cie era dentro, e m. Galiotto de Guido deli Oddi no-

(1) Intorno alla voce beccarini, trovo una nota del Bonaini nella sua Prefazione
alle cronache e storie inedite di Perugia (Arch. Stor. it. Tomo XVI, pag. LXII), nella
quale dichiara, che quella voce, secondo lui, non significa i nobili, come parve a Teo-
doro di Niem, mo piuttosto gli uomini di perduti costumi, che ne seguitavano la
parte. Ora se il Bonaini avesse potuto consultare il ms., che vien dato in luce, si
sarebbe confermato nella propria opinione, perché, quando il Cronista scrive che
Matteo e Nicola de’ Coppoli, i quali cercano di vendicarsi, e Averardo e Neri da Monte-
sperello hanno molti beccarini, evidentemente accennano a questi sicari. E di tali
beccarini ve ne furono nella strage di Carlo Coppoli; ché quel Franceschino di
Nicolo da Casaglia, taverniere e quel Pace di Antonio da Cortona non erano nobili
al certo, e pur seguitavano la parte del Barzetto, di Costanzo e di Francesco Barzi.

(2) È strano assai che di questa uccisione di Carlo Coppoli e delle sue conseguenze,
nessun cenno si abbia nel Pellini e nelle altre cronache della città. Eppure oltre l'uc-
ciso, erano di nobil condizione i principali del complotto, fra i quali tre di casa Barzi,
perché sembra vi fosse anche il Barzetto, ossia Angiolo di Barzo. Il Cronista aggiunge
che furono condannati, ed anzi il Barzetto ebbe la pena del capo, che come vedremo
in appresso, non fu eseguita. Questa strage, il modo con cui venne operata, la qua-
lità delle persone che vi presero parte, alcune del ceto nobiliare, altre della plebe,
quasi sicari delle prime, dimostrano ognor piü qual vita disordinata ormai si facesse
in Perugia.
CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 377

stro cettadino era protonotario e poi in capo de 8 di ce rentraro
le gente dela Chiesa con lo governatore e cacciaro via li Tignosetti
e Antonello con le sue gente benché cie ne for morti molti omeni
da una parte e l’altra, e remase pregione Alessio dei Tigno-
setti (1).

Adi 20 de 7bre el nostro Governatore fece trare li Capitani
del Contado a saputa, quando for tratti li Priore e altri Uffitiali,
li quali son questi, cioié ;

M. Grigorio de m. Raniere d'Antignolle, P. Susane.:

Pietro de Giovagnie de m. Chrispolto, P. Borgnie.

Justiniano de m. Marco dei Baglione, P. S. P.

Mateo Francesco de m. Giovagnie, P. Soli.

Sante de Ranaldo de m. Sante, Porta S. Agnielo.

Questi son li priore che al presente sono in Uffitio.

Pavolo de Lodovico de Filippo Pellino, Giovagnie detto Tur-
casero sartore, P. S. Agnielo.

Lamberto de Berardo da Corgnia e Marco de Mateo detto
Matarazzo, banbacaro, P. Susane.

Ugolino di Borgaro Conte da Marsciano, Bartolomeo de m.
Olto barbiere, P. Borgnie.

Justiniano de m. Francesco Marco dei Baglione, Agnielo
ditto Ragnino funaio, P. S. P.

x

(1) Il fatto narrato dal Cronista, e di cui tocca il Pellini, non è che uno stra-
scico luttuoso degli avvenimenti del 1458 narrati da Cipriano Manente. Il Conte Everso
dell’ Anguillara, contrario al Papa, corruppe il castellano della rocca di Nepi, vi entrò
e fece morire il castellano e scaricare la ròcca. Onde poi i tentativi dei Monaldeschi
della Vipera riusciti vani. Ma Monaldo Monaldeschi, ne’ suoi Commentari historici,
narra che i Maganzesi, aiutati da Antonello da Forli e dagli Orsini cacciarono i Gat-
teschi da Viterbo e ne saccheggiarono le case. Se non che, fuggiti i Gatteschi a Mon-
tefiascone, ivi ebbero l'aiuto del Conte Nicola di Pitigliano condottiero del Papa, e
tornati verso Viterbo, entrarono in città, e fecero prigione Alessio ed altri della parte
Maganzese. Checchesia di questo disaccordo fra i due scrittori, che pongono lo stesso
avvenimento in due anni diversi, 1458 e 1459 (PELLINI, II, pag. 647), il nostro Cronista
narra, che i Tignosetti, ossia i Maganzesi rientrarono in città con Antonello da Forli,
che i Gatteschi si rifugiarono nel cassero e dopo tre giorni, entrate le soldatesche
della Chiesa, cacciarono i Maganzesi e Antonello, facendo prigione Alessio di quella
famiglia. È questo l' avvenimento, cui si riferisce il Platina, quando scrive — « Pius
ad sedandos motus in Etruriam rediens, Viterbium ab adversa factione per fraudem
occupatum, haud magno negocio recipit » —.
O. SCALVANTI

Benedetto de m. Tanchredo dei Raniere, Mariotto de Adamo
pollaiolo, P_Soli.

Ser Mateo de Ser Pietro de S. Mariano (1).

Questi sono li camorlenghi ch'erano a questo tempo, cioie,
Guido de Malatesta dei Baglione, P. Borgnie, Apennino de Pe-
trozzo P. S. P., Cesario de Ser Nofrio selaiolo, P. Soli, Nicolo
de Semone ditto de pan mollo, Consoli.

Golino de Felippo deli Oddi, P. Susane, Lodovico de Giliotto
deli Acerbi de P. S. P. Auditori.

Li altri camorlenghi per brevità non nomino.

A questi dì li ditti priore e Camorlenghi venseno per essi
priore e camorlenghi un mantello de pano pavonazzo per cia-
schuno de valuta de fiorini 12, conputato in essi mantelli el
loro salario, che son fiorini 18, per la qual cosa anno levato
tutti li lumi extraordinarii e questo anno ordinato in perpetuo,
la qual cosa fo tenuta una cosa inorme contro ala republica e
contro del popolo de Perogia, e per avere comodità de pagare
li ditti mantelli vendettero un registro per fornire de disfare più
li popoli (2), e 6 Registri for venduti per fornire de satisfare
el Conte Jacomo per fiorini 6000, che li for promessi dala co-
munità con tempo 9 anni a rescoterli (3).

A questi dì vene la nova qui in Perogia come Papa Pio sta
in Mantova dove continuamente li vengono dele Ambascerie deli
gran sig. e continuamente ordina per fare la impresa contro el

Turco nimico dei christiani (4).

(1) Era questi il notaro dei Priori.

(2) È oscura alquanto la narrazione del Cronista, in specie rispetto al computo
della spesa dei mantelli nel salario che davasi agli ufficiali. Io trovo invece, che per
sostenere quella spesa fu ordinato che non si fornissero piü gli ufficiali dei 15 lumi
loro assegnati in diverse solennità ; la qual cosa accenna anche il Cronista scrivendo
— anno levali tutti li lumi extraordinarii (PELLINI, II, pagg. 652, 653) —. Il Cronista
si mostra indignato per questo sperpero della pubblica pecunia fatto per fornire di
disfare più li popoli.

(3) I perugini eseguivano questo pagamento anche col consenso del Papa, che
li aveva autorizzati a farlo con Breve del 30 aprile 1459 (Arch. Com. Cass. XII, n.0 241).
Il Papa toglieva cosi il divieto di dare aiuto di gente, di danaro e di vettovaglie al
Conte Jacopo perché oggimai il medesimo non si mostrava più nemico della Chiesa, il
qual divieto si legge nel Breve di n.o 249 in Arch. Com. Cass. XIII.

(4) E solenne invero fu il Congresso di Mantova — « Magnus, scrive il Platina,
aderat principum numerus, magna legatorum vis. Ex tota enim Europa nulla natio,
CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 379

A questi dì passati li omeni de Castel del Pieve fecero zuffa
in fra loro, e non possono stare in pace, per la qual cosa el no-
stro Comuno cie mandaro 2 ambasciatori, a ciò li facesseno fare
la pace. Cie andò Pietro de Felippo di Francesco e Ranaldo de
Rustecho, e così li pacificaro insieme (1).

A questi tempi se pacificaro insieme el sig. Gismondo dei

Malatesta da Rimine e il Conte Federigho sig. de Urbino e il
Conte Jacomo de Nicolo Piccinino, la qual pace è stata trattata e
fatta per mezzo del Papa, e del Duca de Milano, e è stato capi-
tulato in questo modo, cioiè ch’ el ditto sig. Gismondo rende al
dillo sig. de Urbino tutte le tenute che esso tenea deli suoi, e al
Conte Jacomo li sono stati promessi fiorini 55000 per la restitu-
tione deli denari, che il sig. Gismondo avea da restituire al Re
de Ragona, per la qual cosa fu principal causa de questa guerra
sucessa fra il sig. Gismondo con il Conte Jacomo e il sig. de
Urbino (2).

A questi dì passali se disse chome el Re Raniere à messe
molte nave e galee e molte gente de arme a cavallo e apié nel

gens nulla fuit, quae non aut principes aut legatos eo miserit » —. Francesco Filelfo-
parlò efficacemente pel Duca di Milano, e per-lui pronunziò in latino una forbita ora-
zione Ippolita Sforza, figlia di Francesco. Ebbero un clamoroso successo i deputati
del Peloponneso, di Rodi, di Cipro, di Lesbo, dell’ Epiro e dell’ Illirio colla narrazione
dei misfatti commessi dai Turchi (SismonpI Cap. LXXVII, CaMPANUs, Vita Dii II,
pagg. 975, 976, Commentarü Pii Papae IT, Lib. II, pag. 39, Cronica di Bologna. in R.
I. S. Tomo XVIII ecc). Vedi l'orazione, che vi proferi Pio Il (Epist. cit. n. CCCCX), e vedi
anche FUMI, Lett. ined. di G. Mignanelli oratore a Pio II ecc. Pisa, 1869.

(1) Il Pellini, invece di Pietro di Filippo di Francesco dà a Rustico Montemelini,.
per collega nell'ambasceria, Lodovico Baglioni. Ma lo stesso autore poi confonde
questo primo periodo dei tentativi fatti dal Comune di Perugia per sedare le discor-
die in Città della Pieve, e che fu nel settembre 1459, col periodo successivo, nel quale:
si provvide alla cacciata dei più facinorosi cittadini, fatto che avvenne nel dicembre
dello stesso anno. Il Cronista ha tenuto ben distinti questi due periodi (Vedi Cronaca
al mese di decembre 1459).

(2) Il Cronista ci dà l’ epoca precisa della pzce intervenuta fra il Signore di
Rimini e quel di Urbino, la quale non deve confondersi coll’ altra intervenuta nel
gennaio di questo stesso anno fra Ferdinando I e il Papa, e che fu causa della resti-
tuzione alla Chiesa, di Assisi, Nocera ecc. per parte del Piccinino. La pacificazione
fra i due principi avvenne durante la dieta di Mantova (SIsmoNDI, Op. cit. eod. loc.).
Onde a ragione il Cronista ci narra questo avvenimento dopo avere accennato al con-
gresso mantovano (Vedi anche PELLINI, Lib. XIII, part. II).
380 :0. SCALVANTI

reame per voler retogliere el Reame a Don Ferrante Re de Ra-

gona (1).
Anco a questi dì passati se fece novità in Cillà de Castello,

‘dove ciò for falle de molte confinate dela: città, perochè volevon

rientrare li usciti, cioiè Gio. Liso (2) e li altri, li quali similmente

essi volevono esser sudili ala Chiesa come sono quelli dentro, per :

la qual cosa cie for mandati da Perogia li conestavole dei fanti
che stavono qui ala guardia, cioiè el Tartaglia da F gum e Andros

(1) Il solo nostro Cronista fa cenno in questo anno dei principii dell' impresa de-
liberata da Ranieri d? Angiò per ricuperare il reame di Napoli. Alcuni e gravi storici,
come ad es. il Sismondi, pongono questi inizi al 1469, ma in effetto i primi segni di
quell'impresa si ebbero nel settembre del 1459, epoca a cui con verità il Cronista li
riferisce. E di vero il Giustiniani (Hist. di Genova, Lib. V) e Simonetta (Vita Franc.
Sfortiae, Lib. XXVI in R. I. S., Tomo XII) raccontano, che, essendo governatore in
Genova pel Re di Francia, il Duca Giovanni d' Angiò, questi cominciò ad apparec-
chiarsi alle armi. Sulle prime, penso io, questi preparativi non poterono dar so-
spetto, in quanto Piefro da Campofregoso, stato Doge di Genova, ad istigazione di
Ferdinando I cercò di occupare la città ritogliendola ai francesi, cui pure l' aveva
egli stesso ceduta. Ed era naturale quindi che il Duca si accingesse a respingere
l’attacco del potente nemico. Senonché vogliono alcuni che il tentativo del Campo-
fregoso avesse luogo in seguito agli apparecchiamenti di guerra del Duca Giovanni;
ma, consultate attentamente le istorte, parmi potere affermare che i disegni di que-
st' ultimo, quanto alla conquista di Napoli, non erano noti a Ferdinando, prima del
tentativo fatto dal Campofregoso. A ogni modo fu nel 1459, di settembre, che giun-
sero le galee del Re di Francia, quelle di cui parla il Cronista, e che dovevano ser-
vire per l'impresa di Napoli (MURATORI, Annali). Pur troppo fu questa la prima scin-
tilla di"un grande incendio, che venne a scompigliare la pace con tanto zelo conclusa
nella dieta di Mantova per opera di Pio II. In breve le navi del Duca, unite a quelle dei
genovesi, giunsero alla foce del Garigliano; in Roma stessa i Savelli e nello stato
‘della Chiesa il Piccinino e il Malatesta ricominciarono la guerra. Gravi turbolenze in
Germania; la Spagna tuttora in contesa cogli Emiri, dei quali non doveva liberarsi
che nel 1492: in Francia guerra tra Carlo VII e gl'inglesi, e prossimo l'avvento al
‘trono di Luigi XI; minaccie di disordini in Napoli; guerra civile in Inghilterra fra
le Case d' Yorck e di Lancaster; insurrezione in Svezia; la Russia tributaria dei Mon-
golli; la sola Ungheria con Matteo Corvino riposava dall’ accanita, eroica difesa del-
l Europa contro i Turchi. In verità si può ripetere col Sismondi, — « che la dieta
di Mantova, la quale aveva avuto così solenni ed alti principii, e che pareva infervo-
rata da tanto zelo, si sciolse senza veruna fondata sicurezza di soccorso ai cristiani
del Levante » —. Ma poiché Pio II faceva assegnamento in specie sui principi e le città
italiane, non appena ebbe sentore dell'impresa che gli angioini volevano fare in
Italia, egli ritenne esser questa la causa immediata dell'abbandono della spedizione
contro i Turchi, e perciò concepì verso cotesti principi un risentimento tanto più
acerbo, in quanto che si confondeva agli occhi suoi collo zelo per gl interessi della
Cristianità.

(2) O Lisio, come correttamente scrive il Pellini (Hist. IT, 13).
CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 981

Corso con tutta la lor fantaria, e anco cie andaro le genti de arme
dela Chiesa, cioè Gio. Malavolti e le gente de Braccio nostro dei
Baglione. Se disse che avevon voluto confinare Batiste dei Fucci,

onde che il ditto Batislte sentendose forle de richezze non à mai
voluto uscire (1).

A questi mesi passati cioiè de agosto for fatti molti ragiona-
menti e conseglie per voler bonificare e agumentare l’arte dela
lana, benchè questo è stato fatto per cessare lo ragionamento del
levar deli fuochi, per la qual cosa foro eletti 2 celtadini per porla
dali Priore. ch’erano in quel tempo, li quali sono (2);

Capo, Pietro de Giovagnie de m. Chrispolto e Bartolaccio de
Agnielo detto de bella luna, P. Borgnie.

Coda, Giliotto de Galeazzo de m. Bobio e Pietro Agnielo de
Matiolo dai Bucareglie, P. S. P.

Francesco de Semone de Narducciolo e Baldassare de Car-
ducciolo mercari, P. Soli.

Tomasso de Cino detto Ghezzo e Menecho de landreana va-
salo, P. S. Agnielo.

Nicoló de Ruberto de Ser Francesco e Bartolomeo de Gia-
peco detto Menno, P. Susane.

Ser Agnielo de Tomasso notaro detto conte.

E li X chiamati sopra la ditta arte dela lana son questi;

M. Pandolfo de Nello dei Baglione e Braccio de Malatesta
Baglione, P. S. P.

Costantino de Rugiere dei Raniere e Averardo da .M. Spe-
relli, 1*. Soli.

*

(1) Il Cronista distingue le genti d' arme di Perugia, capitanate dal Tartaglia e
dà Andrea Corso, dalle genti della Chiesa, guidate dal Malavolti e dal Baglioni. 1l
Pellini non ricorda il Tartaglia, e pone come comandante del pr
‘Corso e il Malavolti (ist. II, 13).

(2) Il lettore veda qui la conferma di quanto dicemmo in una nota precedente,
e cioè che il partito circa l’ abolizione dei fuochi andava sempre più rafforzandosi, a
segno tale che il Magistrato, come nota il Cronista, dovette occuparsi di far cosa
grata al popolo riordinando l’arte della lana, onde cessassero i ragionamenti del le-
vare i fuochi. Di tali stratagemmi son colme le istorie antiche e moderne, e la no-
stra contemporenea ne forma ampia messe agli storici venturi. Vedremo però tra
breve, che questo provvedimento, introdotto per distornare gli animi dalla grave
questione dei fuochi, fu revocato.

esidio perugino il

96
382 O. SCALVANTI

M. Baldassarre de Cherubino deli Armanni e Cesaro de m.
Agamenonne deli Arcepreti, P. S. A.

M. Grigorio de m. Rugiere Anlignolle, Semone de Guido deli
Oddi, P. Susane.

Ranaldo de Rusteco da M. Melino, Giulio de Teveruccio Si-
gnorelli, P. Borgnie.

Li queli sopradetti X deputati ala detta arte insieme con li:
Sig. Priore fecero venire lo offitio de l’arte dela lana da Ve-
rona (1) a salario de fior. 100 l'ano, il quale uffitio avesse da
revedere e recercare che non se facesse fraude alchuna in detta
arte de lana, e che tutti li panni fatti e da farse se debbino bol-
lare, e sopra de ciò fo eletto Giapeco del Teverello de P. S. A.

Adi 29 de settembre fo fatto il bando che non cie possano:
venire .panni forastieri (2).

A questi di l'uffitio de l' arte dela lana fece ardere un panno
bianco e certa quantità de lana pelata a Stefano de. :
-. + . + + (3) lanaio de P. S. A. in sopramuro denante a l'au-
dienzza de l'arte dela lana, peroché dissero ch' il ditto panno
non era legitimamente condutto.

A questi di de dicembre li Mag. Sig. Priore e il Conseglio:

deli cettadini deliberarono de volet remediare e rasettare le cose

de castello dela Pieve, però che continuamente facevon romore

insieme, infra di loro, e cosi fecero confinare Giovagnie de.

» + + + + + + (4) detto de Taone a Aquapendente, e Ser Antonio de

(1) Non sappiamo come ii Cronista sia caduto nell’errore di credere, che si chia-
massero gli artefici di Verona. Il Veghi narra invece — « che i Priori fecero venire
gli offitiali a lavorare insino da Fiorenza » (Arch. Stor. Vol. XVI, pag. 030).

(2) Lo storico Pellini narra che per il riordinamento dell’arte della lana furono.

fatti dai X deputati 38 capitoli approvati con decreto del Governatore e confermati
con Breve pontificio, ma non ne dichiara il contennto, Il Cronista invece ci spiega i

più importanti di questi capitoli, quelli cioé che attenevano alla buona fabbricazione:

dei tessuti di lana, al bollo delle merci e al divieto fatto ai forestieri di introdurne

di simili nel territorio perugino, sul quale ultimo punto erano sorte in altro tempo,

come vedemmo, gravissime contese,

(3) Nemmeno la cronaca del Veghi, che accenna a questo fatto, contiene mag-
giori indicazioni sul nome di quel commerciante di lana. È certo pertanto che i ca-
pitoli fatti dai X deputati per il riordinamento dell’arte della lana, si applicarono
dapprincipio inesorabilmente ai contravventori.

(4) Anche il Pellini (II, 13) chiama quel primo confinato Giovanni di Taone, senza
aggiungere altre indicazioni.

ER
CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 383

Casella (1) lo confinaro a Orvieto, che son terriere de Castel dela
Pieve.

A questi dì de decembre il Mag. omo m. Galeotto de Nello
dei Baglione fece asaltare dali suoi famigli con li bastoni in piaz-
za Basilio del castelano de P. S. A., e poi ce se scoprì esso e
m. Baldassarre de m. Polidoro dei Baglioni glie dettero alchuna
bastonata, e se non che cie acurseno li spartitori, lo averieno
male arivato, e questo li fecero per parole igniorante quale el
ditto Basilio avea usate con il detto m. Galeotto (2).

Adì 19 de decembre vene la nuova in Perugia, come el no-
bile omo Carlo de Guido deli Oddi era morto a Fiorenzza e era
conduttiero dele gente de arme dei fiorentini, onde perchè li suoi
non volsero lassare el corpo a Fiorenzza, li fiorentini per questa
cagione non li volseno fare onore alchuno (3).

Adi 23 ditto in domenica sera fo recato el corpo de ditto
Carlo, con lo quale sempre cie vene madonna Biancia dei Ba-
glione sua moglie, perché essa era andata a Fiorenzza, nante
che detto Carlo morisse, e di poi el ditto corpo fo sepelito a S.
Francesco del Convento.

Adi 25 ditto per la morte de detto Carlo for comenzate a
straginar le bandiere per la piazza e per le strade publiche, e
fra bandiere e stendarde foro n. 18.

Adi 26 de decembre fo fatto el corotto per la morte del ditto
Carlo, al quale cie foro 30 donne scapegliate e fra le altre ciese
scapeglió la Margherita bella, e cie fo molta gente e li fo fatto
grande onore, e prima andaro le bandiere e poi molte ordine de

religiose e 44 lorchie in aste e multitudine de torchiette intorno
la cassa.

(1) Ser Antonio di Casella Moscatelli, che, secondo il Pellini, sarebbe stato con-
finato a Montalcino, mentre il Cronista scrive — a Orvieto —.

(3) Nessun cenno di questo fatto nel Pellini e negli altri cronisti.

(3) I1 Pellini narrando la morte di Carlo degli Oddi riferisce, che — « a’ preghi
del padre fattasi istanza ai magistrati, che a nome pubblico si mandasse uno amba-
sciatore a Fiorenza, vi fu mandato m. Bartolomeo di Giovanni Schiatta, dottore, ma
quello che vi havesse particolarmente a trattare non è espresso ». Ora il Cronista ci
indica assai chiaramente la causa di questa ambasceria; dappoiché i fiorentini vole-
vano ritenere il corpo del loro capitano, e il padre desiderava fosse tradotto in Peru-
gia. Ben viva deve essere stata la contesa, dal momento che, deliberato il trasporto
della salma, i fiorentini si rifiutarono di renderle onore.
384 O. SCALVANTI

E perchè tutto el popolo era andato a vedere el detto morto,
la piazza remase spogliata de persone, per la qual cosa el nobile
omo Ridolfo e Giovagnie de Malatesta dei Baglione e Nicolo de
m. Pandolfo dei Baglione vennero in piazza con certa quantità
de garsone con l'arme sotto ali mantelli, e così se ponevono in
là e in qua per le banche in piazza per suspetione dele cose
quale erano state falle a questi di passati in piazza (1).

A quesli di de decembre vene la nuova qui in Perogia come
el Conte Jacomo de Nicolo Piccinino nostro perugino se era sde-
gniato con Don Ferrante Re di Ragona e del Reame de Napoli
peroché detto Re se portava male del ditto Conte Jacomo, e non
lo avea pagato né sovenuto deli denari e provisione del suo soldo
e condutla, che esso avea libierati (sic) essendo stato suo Capitano e
conduttiere, per la qual cosa el Conte Jacomo se dice che se aconció
con il Re Raniere Re de Francia e che detto Conte Jacomo deve
andare nel Reame contro il ditto Re Ferrante, e che in Fiorenza
sono depositate a sua petizione 25000 fiorini d'oro (2).

(1) Non mi pare sufficientemente spiegata la cagione di quel convegno armato
dei Baglioni nella piazza del Comune. È probabile che, per le notissime rivalità fra
le due famiglie, i Baglioni temessero qualche sorpresa durante il corrotto per la
morte di Carlo degli Oddi.

(2) Narrano gli storici, che veramente il Piccinino non poté acquietarsi della
pace conclusa fra Ferdinando di Napoli col Signore di Rimini; e vedendo inoltre
come il tesoro del Re fosse esausto per modo da non potere ottenere da lui il paga-
mento del suo soldo, fece pratiche presso Giovannni d'Angio per condursi al suo
servigio. Ed il Corio narra, che il Duca di Milano, informato di ciò, fece quant’ era
da lui per dissuadernelo, fino al punto di offrirgli in moglie la sua figlia naturale
Drusiana. Ma il Piccinino non piegò, e con 7000 uomini armati si accinse a passare
nell’ Abruzzo, senza che Alessandro Sforza, signore di Pesaro, ed il Conte di Monte-
feltro lo arrestassero; imperocché non vollero dare ascolto al Duca di Milano, che li
esortava a chiudergli il passo. Il Fabretti mostra di credere che Alessandro Sforza e
Federigo sbarrassero la via al Conte Jacopo appostandosi fra Pesaro e Urbino, al passo
della Foglia; ma lo stesso autore é poi costretto a convenire che il Piccinino giunse
colà senza essere provocato dai nemici. Quanto poi al racconto del Cronista circa i
25,000 fiorini d'oro, che in Firenze erano depositati a petizione del Piccinino occorre
ricordare, che i fiorentini, con sottile accorgimento, non appena il Duca Giovanni
ebbe incominciata la impresa di Napoli, trassero dalla sua parte, sebbene pel trattato
del 1455 fossero tenuti a prestare aiuto a Ferdinando I di Aragona. Ma, come scrisse
Cosimo dei Medici al Duca Francesco, molto doveva egli e Firenze alla Casa d' Angiò,
mentre non pochi torti aveva ricevuto dagli aragonesi, e perciò Firenze era pronta a
dare un sussidio annuo di 80,000 fiorini al Duca Giovanni finché non avesse compiuta
la conquista del regno. Rispetto agli obblighi derivanti dalla lega del 1455, Cosimo

D) AAT TE nia
vara Hs

PAY.

EU
CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 385

Nel predetto anno el grano al più valse soldi 25 la mina,
l'orso soldi 20, la spelta soldi 10, l'olio libre 5 !/, el mezolino,
el vino libre 6 la soma.

1460 — Adi 5 de genaio in sabeto a sera fo fatto un bando
in piazza a 4 trombe da parte de Monsig. e per importunità del
Teseuriero del Papa, quale è da San Miniato del Todesco del
contado de Fiorenzza contra la volontà deli uffitiali del’ arte dela
lana nolificando nel dillo bando, che nela cità de Perogia cie po-
dessero venire pagni de ogni ragione e de ogni qualunque loco,
dove che prima era stato determinato e fatto, e detto bandimento
andò da parte de Monsig. e dei Priore, e deli detti offitiali, cioiè
quel bandimento passalo, che fo fatto adi 29 de settembre passato
1459, del quale noi se n'é fatto recordo (1).

da un lato e i veneziani dall' altro opponevano — 1» Che i governi patteggiando pei
popoli, le due repubbliche si credevano obbligate verso il regno di Napoli, non già
verso la Casa di Aragona — 20 Che del resto Alfonso aveva pel primo mancato ai
patti della lega ordinando al Piccinino l'impresa di Toscana. Ma la insistenza del
Duca di Milano e quella di Pio II indussero finalmente i fiorentini a revocare il sus-
sidio e a dichiararsi, insieme alla Repubblica di Venezia, neutrali fra i due competi-
tori (Vedi AMMIRATO, Hist. Lib. XXIII, SIMONETTA, Lib. XXVI, SISMONDI, Cap. LXXVII).
Pio II, ne' suoi Commentari, riferendo il dialogo avuto con Cosimo dei Medici dice
quali erano i suoi intendimenti politici — « Pontifex haud ferendum fuisse ait, regem
a se constitutum, armis eijci; neque id Italiae liberati conducere: Gallos si regnum
obtinuissent, Senas haud dubie subacturos: Florentinos adversus Lilia nihil acturos*
Borsium Mutinae ducem Gallis galliorem videri: Flamminiae regulos ad Francos.
inclinare: Genuam Francis subesse, et civitatem Astensem, si Pontifex romanus ali-
quando Francorum amicus assumatur, nihil reliqui in Italia remanere, quod non
transeat in Gallorum nomen: tueri se Italiam dum Ferdinandum tueretur, atque id
honestatem exposcere per foedera, quae cum Alfonso inita fuissent, non licere sibi
fidem abrumpere sicut aljs, qui facta pro utilitate metirentur » (Lib. IV). Il Pontefice
aggiunge: Laudavit Cosmas Pontificis animum. E può darsi che Cosimo lo facesse,
ma colla voce, non col pensiero, e da quell' abile diplomatico che era, propose intanto
al Papa di elevare alla dignità cardinalizia il suo nipote. Senza dubbio poi la notizia
giunta a Perugia del sussidio di 25,000 fiorini per il Conte Jacopo, si riferisce allo
stanziamento, che Firenze aveva fatto degli 80,000 fiorini a favore del Duca Giovanni ;
ed é probabile, che in quel tempo tale sussidio non fosse stato revocato, o che per
l'aecorta politica di Cosimo venisse continuato malgrado tutte le dichiarazioni di
neutralità.

(1) Erano trascorsi appena tre mesi dal bando sull’ arte della lana, fatto per di-
stogliere i popolani dal chiedere l'abolizione dei fuochi, che già se ne pronunziava la
revoca, e, quel che é peggio, con Decreto del Governatore, senza interpellare i col-
legi delle arti. Ma agiva egli di proprio moto? No; ché obbediva anzi al potere oli”
garchico dei nobili. Se non che le arti non vollero soggiacere a tale violenza, e come
386 O. SCALVANTI

E adì ditto el camerlengo de l’arte dela lana fece bandire
l adunanzza deli suoi giurati ala ditta arte, quale era Mariozzo de
Bartolomeo dali veli de P. Borgnie. Anco adì ditto el Camorlengo
del’ arte dela tenta e del concio e deli battelani fecero bandire an-
che essi l'adunanzza (1).

E adi 6 ditto tutte le predette adunanzze se adunaro nela au-
dienzza de l’arte dela lana con molte altre persone loro amici,
che erano in tutto circa 200 persone, e la detta mane li detti X
offiiale andaro a Monsig. per la qual cosa cie fo fatto un grande
schiamazzo de modo che non era persona se volesse andare a
pranzo, e in questo le ditte adunanzze congregate venero in piazza
a pié del palazzo deli sig. Priore e fecero tanto che fo determi-
nato e conchluso in questo modo, cioié. Andó el bando per piazza
e per sopramuro con 6 trombe e con li bifare e naccare del pa-
lazzo, sonando sempre a ballo, lo quale bando andó per parte deli
offitiali del' arte dela lana qualmente che li ordinamenti che erano
fatti prima se intendessero essere rati e fermi e avessero quello
arbitrio e valore che avevono prima, cioiè, el devieto che non cie
podessero venire panni forestieri de nissun loco se non da Fioren-
zza del minor pregio de ducati 4 la canna del panno e con le
altre conditione, che sono neli detti ordine non obstante el ban-
dimento predetto, quale fo fatto sabeto a sera.

Adi 9 de genaio fo bandito per parle de Mons. Governatore
e deli mag. sig. Priore qualmente se notifica che ciaschuna donna
e giovane la qual fosse stata invitata per la venula dele 2 nepote
del papa le quali passano per Perogia e vanno a marito a Spo-
leto, cioié una è maritata al Castelano dela rocca e l'altra al Go-
vernatore de Spoleto, le quale sono da Siena, per la qual cosa
tutte le donne che fosseno invitate debbino essere in ordine ve-
nerdi in S. Lorenzzo ale 16 ore tutte ornate quanto più possano,
alla lor venuta, perochè la ditta sera aloggano a Panicale dove

narra il Cronista, fecero un bando per confermare, che merci forestiere non potessero
introdursi in Perugia. Nulla di questo fatto così importante recano le altre cronache
e le istorie perugine. i r

(1) Tutto ciò, come abbiamo altrove notato, era rigorosamente conforme agli
statuti delle arti.
CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 387

che cie era stata fatta provisione dal nostro comuno, e sempre fo
sonato a ballo per piazza e per sopramuro (1).

Adì 10 ditto in venerdì a sera venero le ditte nepote del
Papa in Perogia, quale venivon da Panicale essendosi prima par-
tile da Siena, e con esse cie vennero le lor madre, cioè le sorelle

del Papa, con molte damigelle e altre persone, in lor compagnia,

dove che li si fece incontro il nostro Governatore (2) con molte.
nostre gentilomeni e cettadini con le trombe, pifare e naccare
del nostro comuno, benchè con esse venivono 4 trombe e 2 bifare
con l'arme del Comuno de Siena, e gionti che foro scavalcaro nel
Vescovato, nel quale cie stava per stantia m. Francesco lor fra-
tello Arcevescovo de Siena, dove li era stata fatta una bella pro-
visione (3). Et scavalcate che foro e reposate alquanto el nostro
Comuno li mandò a presentare queste cose;

20 saccole de biada, 4 stangate de paglia, 6 stangate de fia-
schi de vino, 8 torchie grande de cera, 20 libbre de candeli, 12
torte marzapani.

Adì 11 ditto fo fatto el ballo nel palazzo deli sig. Priore. E
le nostre donne se radunaro tutte in S. Lorenzzo, e poi andaro
nel palazzo del Governatore per le ditte nepote del Papa, e cosi
vener tutti insieme nel palazzo deli Sig. Priore, dove li fo fatta
una bella colatione ale predette donne e ale altre persone ch’ erano
con esse nela sala grande. E adì ditto in venerdì venne la nuova
qui come la città de l’ Aquila avea fatto novità e romore, e se
erano rebellati dal Re de Ragona e gridato — viva el Re Raniere,
Re de Francia — e alzate le sue bandiere de ditto Re (4).

(1) Di questa venuta delle nipoti del Papa in Perugia è appena un cenno nel
Pellini (II, 13).

(2) Era Governatore di Perugia Ermolao Barbaro, veneziano, Vescovo di Verona
(PELLINI, II, 13, pag. 661) della nobile famiglia Barbi. Egli nacque da Zaccaria e fu
fratello del celebre Francesco Barbaro. Studiò leggi in Padova, ove ottenne la laurea
nel 1425. Fu alla Corte di Eugenio IV, da cui ebbe nel 1443 il vescovado di Treviso.
Nel 1453 fu trasferito alla Chiesa di Verona, che resse fino al 1471, nel quale anno
morì in Venezia. Un suo nipote, pure di nome Ermolao, fu patriarca di Aquileja e
morì in Roma nel 1493 (Conf. TIRABOSCHI, UGHELLI) Di quest'ultimo dovremo assai
lungamente parlare in occasione di fatti narrati dal Cronista sotto l’ anno 1461.

(3) Francesco, arcivescovo di Siena, nipote del Papa fu creato cardinale nel
«concistoro di marzo di questo anno.

(4) Nessuna menzione ne’ nostri storici e cronisti di questo” fatto, cui il Mura-
tori accenna con le seguenti parole — « Penetrato poi il Duca Giovanni in Abruzzo,
. 988- O. SCALVANTI

Adi 13 de genaio in domenica mons. nostro governatore fece
bandire a 4 trombe per sua parte, qualmente li Consoli della
Mercantia, li Auditori del Cambio, el camorlengo dei calzolari
con tutti li altri camorlenghi debbino andare la mane seguente
ale 22 ore su da lui ala pena de soldi 10 de denare, onde che
tal bando fo tenuto cosa nova, e ciaschuna persona de questo ne
parlava atento che (1) il consueto del bandire si era sempre da
parte del Podestà e deli Mag. sig. Priore de l’arte (2).

Adi ditto vene nova qui come el Conte Jacomo avea. fallo
balestrare uno Antonello Piccinino quale era suo soldato, perchè
se scoperse che il detto Antonello dovea amazzare el Conte Ja-
como a petitione del Conte Federico sig. de Urbino (3).

Adì 14 de genaio in lunedì ale 22 ore li sig. Priore con il
collegio deli Camorlenghi, e 10 dottore e 20 cettadini se radunaro
denanti a Mons. nel suo palazzo per respetto del preditto bando.
Ultimamente ditto Mons. respose denanti a essi qualmente che
per interesso deli mantelli pavonazzi quale se era ordinato de
7bre passato nel 1459, esso Mons. dava la sentenzza in schritto,
quale la lesse el canceliere deli sig. Priore, e de essa sentenzza
ne fece rogare el notaro deli sig. Priore, quale sentenzza proi-
bisce che sotto pena de scomunicatione e de fiorini 1000 a
ciaschuna persona che ne ragionasse overo se apelasse de detta
sentenzza, a chi ragionasse de avere o de volere più li ditti
mantelli e similmente non se ragionasse piü deli fochi sotto la
medesima pena, oltre che cié la bolla papale.

E adi 17 ditto Monsig. fece bandire per piazza el per sopra-
muro con tutte le tronbe publicando la ditta sentenzza.

E adi 29 de genaio se fece un gran conseglio nel palazzo de
Mons. dove cie foro li Priore e camorlenghi e anco li cettadini
per fare armettere su li mantelli ali camorlenghi passati.

trovò ubbidiente a’ suoi cenni la città d° Aquila » —. Come il lettore vede, la frase del
Muratori non ritrae esattamente il concetto espresso dal Cronista, e cioé, che la città.
di Aquila insorgesse contro l’Aragonese accogliendo la dominazione del Re di Francia.

(1) Atento che, usato spesso per attesochè.

(2) Non poteva sfuggire al Cronista l’ enormità dell’ atto compiuto dal Governa-
tore; e tanto più la esposizione di queste pratiche e consigli deve riuscirci interes-
sante, quanto che nessun cenno se, ne trova negli storici e negli altri cronisti.

(3) Nemmeno il Fabretti nella Vita di Jacopo Piccinino tocca di questa congiura
ordita dal Conte di Montefeltro contro l’illustre Capitano.
CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 389

A di 9 de febraio for posti certi schritti overo bolletine (1)
ali usci dele case de certi gentilomeni, cioè a casa de Braccio
Baglione e m. Pandolfo dei Baglione, Cesaro deli Arcepreti e de
alcuni altri gentilomeni e dicevon così — se voi non state vigi-
lante e accorti, tutti fra pochi di sarete morti (2) —.

A di 10 ditto for posti più de ditti schritti, cioè uno nela
porta de Braccio Baglioni e per piazza in certe banche, li quali
dicevono cose non molto oneste del Governatore. .

E adi ditto fo fatto un bandimento che qualunque persona
insegnasse overo palesasse quello che avesse poste le ditte schritte-
guadagneria da Mons. fiorini 100, e saria absente (3) dal suo fuoco
e anco li farà patente che possa portare arme tutto el tempo dela
vita sua, e poderà arbandire 2 sbandite per omicidio o per qua-
lunque altra cosa fosseno in bando, di modo che avessero la
pace (4).

Adi 11 de febraio fo bandito che non ardisse alchuno andar
de notte col lume né sensa né con arme sotto la medesima pena
che se contene neli bandimenti fatti neli dì passati.

E adì 24 ditto Braccio dei Baglione fece fare una giostra in
piazza e fo el premio 2 canne de velluto verde, e li giostratori
foro questi otto:

Ridolfo de Malatesta e Giovanbatista dei Baglione, Andrea
de Ranaldo da M. Melino, Felice del Bracha, el Gentilomo deli
Arcepreli, Golino de Pietro Pavolo de Ser Cola, Spirto de Ser
Cipriano e Giovagnie de Antonio detto Campanile.

El premio e onore dela ditta giostra l'ebbe Felice del Bra-

(1) Bollettine per bollettini, piccoli cartelli. Altrove lo stesso Cronista ha usato
la parola — polizuoli — (Vedi Cron. a stampa in Arch. Stor. ital. Vol. XVI, pag. 681).

(2) Il Veghi accenna rapidamente a questo fatto, senza dirci né il motto, né le
persone a cui era diretto. Pertanto è questo un indizio dell'odio, che quelle famiglie
si erano attivate colla loro albagia e colle loro violenze. E poiché si confondevano-
in una stessa indignazione i nobili e il Governatore ritenuto docile strumento delle-
passioni loro, cosi il nostro Cronista ci narra, che nel 10 febbraio si diffusero altri
cartellini con cose poco oneste pel Governatore.

(3) Absente per esente.

(4) Quello che non si era potuto ottenere con tanti consigli, cioè l' esonerazione-
dalla tassa del fuocatico, poteva ottenersi denunciando i colpevoli delle scritte ingiu-
riose per il Governatore!
390 O.-SCALVANTI

cha, la qual giostra la fece fare el ditto Braccio per amore dela
Margherita bella da M. Sperello su manzza (1).
E adì 25 detto Braccio dei Baglione fece fare una colatione

in P. S. P. nel orto suo, a molte donne invitate per amore de la

sua manzza ditta e for circa 200 donne e più.

Adi 26 de febraio vene un breve da Papa Pio Il nel quale
[si] contenea che se pagasse la trentina, cioè de 30 una, per la
qual cosa Monsig. mandó per li Priore e molte cettadini. E cosi
ne for fatti più consegli per detta cagione. Et in ultimo fo deter-
minato che se mandasse per lo Teseuriere, dove che presente
lui fo protestato ali fancelli, che per quanto essi avessero cara
la vita, non dovessero retenere denari a nisuno uffitio, per la
ditta cagione, e che se se avessero relenulo niente sarien fatte
ribelli (2).

Et adi primo de Marzo Braccio dei Baglione partì da Pero-
gia per andare a Siena al Papa, e fece la via per Castello de la
Pieve dove aloggió la sera, e de l’altro di fece revenire Giova-
gnie de Taone e Ser Antonio de Casella e Moscatello e li figlioli,
e cosi li fece fare la pace con Giovagnie de Bandino e con li
altri; remasero tutti in pace.

(1) L' egregio prof. Giuseppe Bellucci nell’ elegante scritto — Usi nuziali de^ Um-
orig — pubblicato per le nozze Taticchi e Meniconi-Bracceschi nel 1895, dà alla parola
manza il significato di nome proprio — Mansueta. — Egli ha trovato infatti in una
fuseruola, che insieme al fuso e alla conocchia si usava donare alla sposa all'atto
del fidanzamento, queste parole — « Bella Manza » — e poiché in tutti gli esemplari
di antiche fuseruole è sempre segnato il nome della fidanzata, molto naturalmente
egli ha pensato che Manza dovesse significare il nome proprio di Mansueta. Ma il
Cronista ha usato cotesta parola — manza o manzza nel significato di amans, ossia
‘amorosa. È da notare infatti che presso alcuni classici, ad es. Plauto, amore si espri-
me anche col vocabolo — amancia — e per una serie di corruzioni da questa parola
o da quella di amans può essere derivata la forma — manza — nel senso che ab-
‘biamo detto. :

(2) A questa cosi detta trentina si riferisce il Breve di Pio II del 17 gennaio
1459, in cui annunzia, che per adunare i fondi necessari alla guerra contro il Turco,
«egli ha stabilito, che da tutti gli ecclesiastici del mondo cattolico si paghi annual-
mente la decima parte delle annate dei loro benefizi e Chiese, dai laici la trigesima
parte e la vigesima dagli Ebrei; e annunzia pure, che alla esecuzione di questa sua
volontà ha deputato il Governatore, vescovo di Corneto, e Nicolò di S. Miniato Teso-
riere (Arch. Com. Cass. XII, n.o 244). Questa imposta del trentesimo denaro della ren-
dita per sostenere la guerra sacra fu da Pio II levata in tutta l' Europa, minacciando
l'anatema a coloro che ne ritardassero il pagamento (Conf. CRISTOFORO DA SOLDO,
Ist. Bresciana, t. XXI, pag. 808 -899).
mde

CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 391

Adi 6 de marzo vene la nuova qui come al Papa avea fatto
concistoro (1), e fur chreati 5 cardinali e il primo publicato fo el
suo nepole e anco fo chreato cardenale m. Alexandro da Sasso-
ferrato, ch' era generale del'ordine de S. Agostino (2).

Adi 29 de marzzo for messi in piazza le mine nuove da me-
surare a raso, perché le mine vechie eran triste per li compra-
tori, e questa tale provisione fo fatta dai Priore e camorlenghe. A
questi di de marzzo el mag. conte Jacomo se levó. con le sue
genti de quello de Cesena e andó verso la Marcha. Se disse che
volea gire nel Reame al soldo del Re Raniere contro del Re
Ferrante, se disse che menava con seco 3000 cavalli e 2000 fanti e
che era una bella e fiorita compagnia tutti boni soldati e bene in
ordine (3).

Adi 2 de aprile monsig. Governatore m. Bartolomeo Vescovo
de Corgnieto delle la sentenzza per interesso deli mantelli dele
Camorlenghi, e con esso cie fo a dare detta sentenzza questi gen-
tilomeni Braccio de Malatesta e m. Pandolfo de Nello dei Ba-
glione, m. Baldassarre deli Armanni, Cesaro deli Arceprete,
Guido deli Oddi, e sentenziaro che detti camorlenghe remettesino
fiorini 9 per ciaschuno e li Priore ne remettesino 4 e il no-
tario 10 (4).

(1) Vedi anche Pellini (Hist. II, 13, pag. 655 e 656). Appartiene a questo anno un
Breve di Pio II (16 marzo 1460) col quale, alla richiesta fatta dal Podestà di Perugia
di essere sindacato durante l'ufficio, si risponde, che ciò è contrario agli statuti,
non potendosi nel tempo della carica punire i mancamenti commessi. Il Papa vuole
che tanto il Podestà che i suoi ufficiali siano sindacati a uffizio compiuto, per ripor-
tarne lode o biasimo secondo le loro azioni (Arch. Com. Cap. XIII, n.o 250).

(2) Il nipote del Papa creato cardinale è Francesco, arcivescovo di Siena. I pe-
rugini stimandolo singolare protettore della città, nell'occasione predetta delibera-
Tono di offrirgli tanti argenti lavorati e adorni delle armi del Comune sino al valore di
fiorini 500. Rispetto ad Alessandro, generale degli Agostiniani, e creato anch'egli
cardinale, i perugini vollero donargli argenti lavorati pel costo di 300 fiorini, piü la
«cittadinanza per sé, suoi fratelli e loro discendenti in perpetuo; e ciò in memoria
del tempo da lui trascorso in Perugia fin da quando toccava i dieci anni.

(3) Si parla qui della marcia del Piccinino, che da Cesena, per la via di Rimini;
«di Pesaro e Fano in soli due giorni giunse alla Foglia; e nel terzo giorno con per-
dita di alcuni cavalli sfiniti per la rapidità della marcia, fu ai confini del regno, se-
guito fino al Tronto (30 marzo 1460) dagli eserciti nemici e non provocato dagli sfor-
zeschi né dal legato del Papa, pei quali era prudente avviso allontanare la guerra
dagli stati del Piceno (FABRETTI, Vita di Jacopo Piccinino, pag. 290).

(4) È di questi tempi un Breve di Pio II (5 aprile), col quale esprime al Magi-
strato la sua soddisfazione nel sapere così accetto alla Repubblica il Governatore
pontificio (Arch. Com. Cass. XIII, n.o 251).
392 O. SCALVANTI

A questi dì de giugno el Duca de Milano mandò a donare a
Guido deli Oddi una cioppa de broccato e doi berretti e questo se
disse che l’ avea fatto per la grande amicitia, che ditto Guido
avea con esso. Anco a questi dì de giugno vene la nuova qui in
Perogia come Gio. Malavolta era stato preso da uno de questi
Savelleschi, e nela ditta presa sua cie fo morto uno deli ditti Sa-
velleschi (1).

Adi 24 de giugno nel mercato de M. Vibiano Nardo da M.
Sperello Capitano dela detta porta (2) piglió 2 contadini da Cer-
queto quali li mise neli ferri, e se disse che anco li avea data
alchuna bastonata, dela qual cosa gi la nuova a Cerquelo onde
che subito sonaro al arme e unirse tutti insieme e andaro tutti
unite nel ditto mercato, e se non fusse che il ditto Nardo avea
el cavallo buono, che lo portò a Monte Vibiano, quelli de Cerqueto
lo averieno amazzato (3).

A quesli di passati fo messo a parlito fra priore e camor-
lenghi de voler comenzare a vendere el fuoco del 1461 dela città
e del eqntado, e così fo vento e determinato.

Adi 28 de giugno fo comenzato a bandire el ditto fuoco, quale
se dovesse vendere de anno in anno perchè cosi era stato deter-
minato e concluso.

Adi......(4)de luglio vene la nuova qui in Perogia
come el Re Ferrante era stato rotto con tutte le sue gente dal
Duca Giovagnie figliuolo del Re Raniere, la quale rotta fo disco-

(1) I Savelleschi seguaci di Jacopo Savelli, quegli che dopo la vittoria di S. Fa-
biano in Abruzzo riportata dal Piccinino contro lo Sforza e il Duca di Urbino, si unì
a lui per far la guerra al Pontefice, di che si ebbe terrore in Roma stessa.

(2) Il Cronista scrive — « della ditta porta » — ma dimentica di dirci di qual
porta era Capitano questo Nardo da Montesperello. Egli aveva la capitananza di Porta
Sole perché Villa Vibiani apparteneva alla giurisdizione di quella porta (FABRETTI
— Doc. ecc. Vol. I, pag. 131).

(3) Estesa era la giurisdizione dei Capitani del Contado. Essi avevano la tutela
preventiva della sicurezza pubblica, e anco la cognizione di alcuni reati; curavano:
che i castelli fossero tenuti in buon assetto, e che si riscuotessero le imposte dovute:
alla Camera Apostolica di Perugia; erano ufficiali di polizia giudiziaria, e nelle cause:
civili giudicavano fino a 25 libbre di danari (Conf. DEGLI Azzi-VITELLESCUI — I Capi-
tani del Contado, Perugia 1896, e BRIGANTI FRANCESCO, Rapporti fra le città domi-
nanti e i comuni minori nell’ Evo ‘Medio, Perugia, Unione Tipog. Coop., 1898).

(4) Lacuna del ms. La nuova della battaglia di Sarno, dove gli Aragonesi rima-
sero sconfitti dagli Angioini, deve essere giunta a Perugia fra 1°8 e il 10 di luglio.
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CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 393

sto da Napoli 15 miglia a un loco chiamato Sarno dove cie morì
molta gente, fra li quali cie morì el magnifico Semopnetto con-
duttiere de . . .... (1) e il cavaliero Orsino, e forci presi 12
signiori, e il Re Ferrando se ne fuggì con 12 cavalli a Napoli. E
pochi giorni da poi pure de detto mese de luglio el. mag. conte
Jacomo essendo in Abruzzo . . . . . (2).

E perché nele terre del signor Osia ce era acampato el si-
gnor Alexandro Sforzescho eil sig. Bogio suo fratello, e il conte
Federigo signor de Urbino e altri grande conduttiere tutte gente
del Duca de Milano, con circa 5000 cavalli e fanti assai, de modo
che avevono restretto el ditto sig. Osia de mala sorte, al quale li
avevon tolto la magior parle del suo territorio (3). Ultimamente
avendo esso inteso la venuta del conte Jacomo andò a racoman-
darse a lui pregandolo che volesse andare a soccurrelo, e lui li
promise e andò con tutta la sua gente, e il ditto signor Osia li
dette de molte cerne cioiè gente comandate de | Aquila, e anco
cie fo il signor Giulio de Camerino e così el conte Jacomo dette

- (1) È Simonetto da Campo S. Piero, allora condottiero delle armi della Chiesa.
Si ha dallo storico Simonetta (lib, XXVII, p. 711) e dalla Cronaca bolognese (R. I. S.
t. XVIII), che il cadavere del Capitano non presentava alcuna ferita, onde si suppose
che dovesse essere stato scavalcato e calpestato.

(2 Evidentemente il copista ha lasciato qui di trascrivere qualche parola, colla
quale si accennava forse alla posizione che il Piccinino aveva preso a S. Fabiano un
miglio circa lontano dalle armate milanese e pontificia guidate da Bosio o Buoso,
da Alessandro Sforza e da Federigo Duca di Urbino.

(3) E d'uopo ricordare che Francesco Sforza, deliberato di opporsi ai progressi
del Duca di Angiò, diede circa 2000 cavalli a Buoso, suo fratello, nel marzo 1460, con
ordine di unirsi ad Alessandro, signore di Pesaro e al conte di Montefeltro per impe-
dire al Piecinino il passaggio sul reame di Napoli. Essi, come già accennammo altrove,
non vollero assecondare le vedute del Duca di Milano, e piuttosto, giunti in Abruzzo,
cominciarono a far guerra a Giosia Acquaviva, che il Cronista chiama Osia. Questi,
secondo il nostro A. chiese ajuto al Piccinino, il quale diede battaglia all’ esercito
milanese a S. Fabiano il 27 di luglio. Il Cronista é esatto nel dire che la mischia ter-
ribile durò fino a notte; che molte furono le perdite da ambo le parti, ma che el
Conte Jacomo ne ebbe il meglio. Gli storici infatti si accordano su ciò, e dicono che
dopo quello scontro il Piccinino restò- padrone dell’ Abruzzo, a segno tale che poté
inseguire i nemici nello stato della Chiesa e volgere in mente perfino l’ audace propo-
sito di occupare Roma, al qual cimento pare lo incoraggiasse Jacopo Savelli. Esatta
è pure la notizia della ritirata dell’ esercito milanese oltre il Tronto (Diario nav.
in R. I, S. t. XXI; Cronica di Bologna, eod. t. XVIII; MURATORI, Annali; SISMONDI,
op. cit. Cap. LXXVII; FABRETTI, Vita di I. Piccinino; IOVIANUS PONTANUS, De bello
neap, lib. I, p. 20; Pr II, Comment. lib. 1V, p. 105; Chron. eug. p. 997).

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394 O. SCALVANTI

l’ordini e venero a trovare el ditto campo del Duca di Milano
sula Pescara, cioié se fermaro li per alquanti di e poi subilaimente
andaro adastare (1) el ditto campo dentro neli steccati che ave-
von falli, e cosi la bataglia fo comensata ale 18 ore e duró fino
alle 2 ore de notte, dove cie fo grande mortalità de omene da
una parte e l' altra onde che li sforzeschi perdettero fra morti e
feriti cirea 400 cavalli e molta fantaria, e similmente ne morseno
assai de quelli del conte Jacomo, benchè se disse che el conte
Jacomo ne ebbe il meglio. Depoi se relrasseno d'acordo per
quella notte e de li a pochi di se disse come le gente del Duca
de Milano se erano relirate in drieto, e venuti in sul Tronto per
la qual cosa el conte Jacomo se parti e andó a Civita e a Sulmona
e a Lanciano dove fece gran fatti e maravigliose prove (2).

A questi di passati vene la novella come el Barselto e li fi-
glioli e Giovagnie de Nicolo di Benedetto erano stati retenuti nel
Palazzo del Podestà, qui se disse che erano stati retenuti perchè
avevono rechiesti molti sbanditi con dire se volevono revenire a
Perogia per forza che cie li averia aiutati (3).

A dì ... (4) de Agosto Ridolfo dei Baglione intendendo come m.
Galiotto de Nello dei Baglione capitano per P. S. P. avea preso
uno da Deruta (5) amico del ditto Ridolfo per la qual cosa ne parlò

(1) Il Cronista scrive — adastare — ossia porre le aste per V accampamento. In
altro modo non può spiegarsi qui cotesta parola, perocché nel significato comune si-
gnificherebbe fermarsi (ciò che nel latino si esprime colle voci cunctari, morari);
ma questo concetto il Cronista ha già espresso, dicendo, se fermaro li per alguanti di.

(2) Il Cronista non ha forse ricordato con ordine le città, dove passò il Piccinino
dopo la battaglia. A noi pare che lo scontro colle armi milanesi debba essere av-
venuto oltre la Pescara, e che, dopo la mischia micidialissima, le genti del Duca di
Milano risalissero il Tronto, e quelle del Conte Jacopo, toccata Civita S. Angeto, si
dirigessero su Lanciano e Solmona. A pensar ciò ne induce lo stesso Cronista, quando
poco dopo ci fa trovare il Conte a Tagliacozzo, che é sulla linea di Solmona, e quindi
a Tivoli. Insomma quella era la via diretta che il Piccinino dovette prendere per fare
quell’ audace tentativo su Roma, di cui dovremo parlare tra poco. Mentre se da Ci

vita si fosse recato a Solmona e poi a Lanciano, egli sarebbe tornato indietro, e ciò ,

non poteva essere ne’ suoi divisamenti.

(3) Il lettore ricorda che Angelo de’ Barzi detto Barzetto fu condannato nel capo
per la morte di Carlo Coppoli, ma nessuna meraviglia che la sentenza non fosse ese-
guita.

(4) Lacuna del ms.

(5) Il Castrum Deruti apparteneva alla Capitananza di P. S. Pietro (FABRETTI,
Doc. Vol. I, pag. 129). Veggasi poi in qual modo si diportavano i maggiorenti di Pe-
rugia verso i magistrati, che volevano eseguire le leggi.
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CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 395

col Mg. Braccio e feceli chiedere dal ditto Braccio el ditto con-
tadino, pregando el ditto m. Galiotto che per suo amore, lo volli
relassare, e non li lo volse rendere. Onde che il ditto Ridolfo
vedendo questo radunó circa 30 garzone suoi amici e andossene
a Deruta, e parló col ditto Capitano e manco li lo volse rendere,
e detto Ridolfo stette tre di che non se volse partire, con quelli
garzoni. E detto m. Galiotto vedendo questo cie fece venire ben 30
altri garzoni e Giovan Malatesta venne anco esso con circa 50
persone siché per cagione de un villano se stelte a pericolo grande
che non cie fosse qualche gran cosa. In ultimo cie andò il Te-
seuriero e un deli Priore, e menaro el ditto pregione a Perogia,
e cosi fo cessalo lo scandolo e quietato ogni cosa.

Adi 27 de Agosto in P. S. P. si fece una gran brigha e da
una parte li figlioli di Antonello de . . . . con molti compagni e
da l'altra parte Giovagne dela Catinia . . . . (1) pure con com-
pagni assai, cioié andavono la sera cantando Mariotto del Corto-
nese con altri compagni e fermandosi fra S. Maria de Colle e
S. Maria Madalena (2) usci fuori de casa Bartolomeo de Antonello,
e disse — andate a cantare a casa vostra — e uno disse al compa-
gno — andamone a casa — un altro disse — forniamo la canzona —.
Alora Bartolomeo de Antonello disse un altra volta — andatene à
casa vostra — e Mariotto del Cortonese rispose — non cie volemo
gire —. Onde che il ditto Bartolomeo de Antonello si fece inanzi e
detteli un buffetto col guanto de maglia, e a quel romore cie
curse de molte gente coll'arme. In questo vene un per parte del
Mg. Braccio, che ogni persona sene andasse a casa e cosi fo
quielata là cosa. Di poi uscì fuora Pietro Agnielo de Giovagne
mercatante per andare in casa de detto Giovagnie dela Catinia li
denante a S. Domenico, ma furo asaltali con l'arme e con sassi,
onde che ditto Pietro Agnielo fo ferito a morte con un sasso nela
testa per volere spartire.

E a dì ultimo di Agosto revene m. Pandolfo de Nello deì

(1) I tratti punteggiati significano le lacune del ms.

(2) Esistono tuttora nella via 20 Giugno la Chiesa di S. Maria del Colle, che
sembra essere stata edificata nel 1304, e la Chiesa di S. Maria Maddalena che venne
costruita nel 1382. Ivi era un asilo per donne di mal’ affare richiamate a vita di pe-
nitenza, e perciò dette — repentute — per ripentite.
3396 O. SCALVANTI

Baglione quale insieme col Mag. Braccio andaro dal Governatore
per fare pacificare li preditti benché ciascheduno de essi favori-
vono le dette parti perocchè tiravono omene assai; infine li me-
naro in S. Domenico per farli fare la pace.

E cosi ciascuna dele parti volse dire lo invito suo per la
-qual cosa comenzaro a dar mano a larme, e uscir fuori de S.
Domenico e ciascuno conpari con lancie e balestre e altre arme,
e modo che il ditto Braccio e m. Pandolfo e Guido e Ridolfo e
Nicoló tutti deli Baglione avevon da fare per spartire, e portó
gran pericolo che non cie fosse o morto o ferito qualchuno deli
Baglione per volere rebattere a entrar de mezzo. E in casa de
Cesaro deli Arceprete cie se eran redutte più di 200 omene armate
per detto rumore, pure per gratia de Dio fo cessato el romore e
la matina venente fo fatta la pace in S. Maria dei Servi adi 1
de setembre.

A di 8 de setembre vene la nuova da Spello, come era morto
m. Galiotto de Nello dei Baglione e mori in Domenica sera ale
4 ore de notte, de febre quasi subito (1).

| E adi 9 ditto fo recato dali omeni de Spello la mane inante
di qui in Perogia dove al corpo li se fecero incontro molti
celladini e parte andaro sino al ponte S. Gianne e venece la
donna sua col ditio corpo, e per tutta la via fo fatto gran corotto,
e li ala porta nuova gionseno de moltissimi cettadini e li fo re-
novato el corotto grande e fo portato a S. Francesco e continuo
(2) per tutta la terra andavono stridendo con gran lamento per
quella notte, e la Bianciola sua sorella perchè non era stata ala
morle sua el volse vedere in S. Francesco e con essa ce andaro
de molte donne e cosi un altra volta fecero gran corotto.

E di poi fo fatto el corotto ordinario e straginaronse le ban-
diere e li fo fatto un grande onore.

(1) È lo stesso che abbiamo trovato poco innanzi Capitano del Contado per la
Porta S. Pietro. Morì a Spello, di cui i Baglioni avevano la signoria. È strano che
di questa morte il Pellini dia solo un cenno, mentre essa fu occasione a gravi e san-
guinose contese fra Braccio e Ridolfo figli di Malatesta Baglioni da un lato, e Pan-
dolfo figlio di Nello dall'altro; per avere quest ultimo ottenuto dal Papa la conferma
«del dominio di Spello. ;

(2) Continuo per di continuo, continuamente.
CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 391

Adi 10 de settembre fo preso Lodovico da Barsetto (1) e il
figliolo de Giovagnie de Nicolo de Benedetto per interesso deli
lor padre, li fec& pigliare el podestà in piazza.

A questi dì se partì el Papa da Siena per andare a Roma,
e venne a Corsigniano e poi se parti e vene a Orvieto e adì 4
de ottobre parti da Orvieto, e andò a Viterbo e à con seco de
molte gente d’ arme, perchè se dice che lui à sospetto (2).

A questo dì el mag. conte Jacomo vene dal Reame, e è
stato alchuni dì a Tagliacozzo e oggi che semo adì 4 de ottobre
se trova a Tivoli 15 miglia discosto de Roma e non se sa quello
che esso voglia fare (3), per la qual cosa se dice che il Papa du-

(1) In margine del ms. è aggiunto di altra mano il nome de Barzi. Il carattere
di questa nota marginale è di uno di casa Barzi, e apparisce scritta non molto dopo
la copia della Cronaca. Chi sa non sia della persona, che la ordinò, e che rileggen-
dola abbia creduto aggiungere anche quella indicazione relativa a Lodovico Barzetto.
Sarebbe questo un riscontro per ritenere, che il presente ms. si trovava da molto
tempo nella famiglia Barzi, onde diceva il vero Pompeo, quando, nel secolo XVI,
nelle sue strane annotazioni, indicava questo Codice come libro di sua proprietà
(Conf. SCALVANTI, SUI ritrovamento di un codice di Cron. perug. 1895).

(2) Siamo nel settembre 1460, ed è molto naturale, che già si avesse sentore del
tentativo di Jacopo Piccinino su Roma, dacché ai primi del mese successivo egli tro-
vavasi appena 15 miglia discosto dalla città. Pio II ci rappresenta al vivo i pericoli,
che per opera specialmente del Piccinino, attraversò la Santa Sede in questi tempi.
Già egli ci narra, poco dopo la vittoria riportata dagli Angioini a Sarno, che — « prin-
cipem Tarenti, et comitem Eversum, et Jacobum Sabellum, et Columnenses adversus
Pontificem conspirasse, statuisseque Jacobum Picininum in agrum romanum accer-
sere, Ursinis atque Ecclesiae infensum; nec dubium esse quin Roma caperetur, ab-
sente Papa, dantibus aditum coniuratis: Tiburtium, Joannem Andagavensem, Ta-

rentinum principem Jacobum Picininum adivisse, promisisseque » —. Lo stesso pon-
tefice ci narra poi, che il Piecinino — « audita in Aprutio Pontificis aegrotatione,

vocatus a nonnullis baronibus celeri cursu, dimissis impedimentis, cum omni exer-
citu per asperrimos montes in comitatum Albi pervenit, in agrum Romanum propere
descensurus » —. Grave era il pericolo, e Pio II intendeva tornare a Roma, ma non fu
questo il parere dei cardinali, i quali ritennero piü prudente consiglio, ch' egli rima-
nesse à Viterbo o a Orvieto — « donec adsit exercitus Ecclesiae, qui Picininum ex
agro romano propulset; ille si Latium et Sabinos occupet, Eversus Transtyberina pos-
sideat, Pontificem Romae clausum iri, Romanos amissis pecoribus in eum conspira-
turos, urbemque Picinino prodituros, et quo se conferat Praesul in tanto periculo,
nec terra iter patebit, nec mari, Gallicis classibus obsesso » (Com. Lib. IV). — Ab
biamo voluto riferire questi passi della narrazione di Pio II, perché si veda, come
serie fossero le minaccie che il Piccinino faceva alla città di Roma, e come vera fosse
la voce registrata dal Cronista circa la permanenza del Papa a Viterbo e Orvieto, e
ben fondati i timori di lui.

(3) E assai curioso, che in Perugia, pur sapendosi dei sospetti del Papa, dell'av-
vicinarsi di Jacopo a Roma e della sua alleanza coll’ Angioino, non si sapesse poi

27

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398 O. SCALVANTI

bita, e stimasi che Sua Santità non anderà più inanzi e se pro-
sume che esso relornerà in derielo verso Siena (1).

Adi 13 de novembre la mane inanzi pranzzo- Ridolfo di Ma-
latesta dei Baglione con certi suoi amici levaro el romore in
piazza e amazzaro m. Pandolfo de Nello dei Baglione e Nicolo
detto el Barcollo suo figliolo e con essi cie amazzaro Pietro dei
Chrispolti (2).

Adi 19 de novembre in mercordì il mag. Braccio de Malate-
sta dei Baglione maritò donna Liandra sua figliola a Semone de.

quello che voleva fare. Del resto l'impresa del Piccinino contro Roma non ebbe se-
guito, o perché Jacopo Savelli non s' indusse ad aprirgli le porte della città, o per-
ché le armi sforzesche si avvicinavano. Il fatto sta che il Conte Piccinino rietrò nell' A-
bruzzo per stabilirvi il suo quartiere d' inverno.

(1) Nacque in questo tempo una fiera contesa fra Bevagnati e Folignati, della.
quale parla lo storico Pellini (II, 13). Quei di Bevagna ricorsero a Perugia per essere
tutelati contro gli oppressori, e lo storico racconta, che il Magistrato perugino deli-
bero di mandare:subito M. Antonio Graziani — « affinché con la destrezza sua e con
l'autorità pubblica operasse in guisa coi Folignati, che da quella molestia si toglies-
sero, e a non volere continuare con una terra tanto a loro vicina la guerra ecc. » —..
Ma il Pellini non ricorda, che a interporre i loro buoni uffici furono i perugini ec-
citati da un Breve di.Pio II del 1o ottobre 1460, in cui raccomanda che Perugia ac-
cordi speciale protezione ai Bevagnati perché non sieno sopraffatti dai Folignati (Arch.
Com. Cap. XIII, no 251).

(2) Cosi narra il Pellini (II, 13) questo fatto gravissimo avvenuto in Perugia nel
novembre del 1460. — « Braccio e Ridolfo fratelli e figliuoli di Malatesta Baglioni
havendo avuta notizia, che m. Pandolfo di Nello, loro parente e della medesima fa-
miglia haveva novellamente ottenuto dal Pontefice la riferma della Signoria di Spello
nella sua linea, presone non picciolo sdegno, deliberarono d'ammazzarlo, e alli 13.
del mese suddetto, essendo la mattina avanti il desinare in piazza, lo fecero da Gia-
como di Tomaso de' Tei assalire, et essendovi anch'essi con Costantino Ranieri, et un
Giovanni lor fratello bastardo corsi, lo uccisero insieme con Nicolò detto Burchiello
(il Cronista scrive Barcollo) suo figliuolo, che poco era lontano da lui, et dietro a
questi due, perché Pietro di Giovanni di m. Crispolto essendo uscito d'una bottega,
et corso al rumore, o ch'egli volesse porgere aiuto come alcuni hanno detto, a Ni-
colò, o che vi andasse per rimediare per quanto avesse potuto a quel disordine, et
affinché maggior scandolo non vi nascesse, vi fu anch’ egli da? medesimi Baglioni con
molte ferite fatto morire » —. Il Cronista accenna poi molto chiaramente al pericolo,.
che da questo fatto dovessero risorgere le antiche e mai sopite discordie fra gli Oddi
e i Baglioni, perché i primi erano in lega con Pandolfo, e potevano prendere viril-
mente le parti degli uccisi; onde il Magistrato elesse i X dell'Arbitrio per provvedere:
alla quiete della città. Intanto Pio II con breve del 18 novembre 1460 notifica al
Magistrato il suo dispiacere per gli omicidi di Pandolfo di Nello e de?’ figliuoli suoi,
e non lascia di esortare i cittadini alla pace pubblica. Annunzia poi la venuta a
Perugia del cardinale da Sassoferrato, inviato all’ effetto di curare che non avvengano.
consimili fatti (Arch. Com. Cass. XIII, n.o 254).
CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 399

Guido de Carlo deli Oddi (1), la quale Aleandra fu donna de
Guidantonio de m. Baldassare de Cherubino deli Armanni, ben-
chè non se adunò mai con lei. E questo è stato fatto per levar
via ogni odio che fosse mai stato fra loro e tornare in amicitia,
e li Oddi erano nella legha de m. Pandolfo de Nello dei Baglione,
quale in segreto non era troppo amico deli figlioli de Malatesta
dei Baglione.

Adì 21 de 9bre in venerdì a sera de notte vene in questa
città m. Alexandro da Sassoferrato Cardinale de S. Susanna de
l'ordine de S. Agustino mandato da papa Pio II per le cose occorse
in questi dì passati (2) in Perogia per la morte de m. Pandolfo
e del figlio e de Pietro Chrispolti perchè Sua Santità dubitava che
questa città non facesse qualche novità contro dela Chiesa e dela
Sede Apostolica, e però ditto Cardinale è venuto qui, dove li se
fece molta gente in contro con tutti li ordeni de religiosi in pro-
cessione. Di poi el Sabeto a mane detto Cardinale mandò per li
celladini, e così li fece un grande exordio e dele cose sucesse
ne fece gran caso, e molto se ne condolse benché esso pensava
tal cosa non essere stata fatta sensa grande cagione, e li fece
una grande scusa a Braccio. E poi expose qualmente ave ditto
el Papa, non podere fare una megliore eletione, né mandare un
comissario de magior dignità che mandare un cardinale, né
manco el Papa pensava de poder mandar persona piü grata a
questa ciltà, nè persona che portasse più amore e afetione a
quella quanto esso m. Alexandro, quale sempre è stato nostro
padre spirituale sì con prediche e confessione, e si per ogni in-
teresso.

E adì 28 de novembre el nostro Comuno vense li denare per
apresentare el ditto Cardinale comissario del Papa, e così fu apre-
sentato de cera, confetti, vino, polli e biada.

E adì 14 de decembre se partì da Perugia Madonna Agniola

«donna che fo de m. Galiotto dei Baglione, la quale tornò a casa

sua e portò some 5 a mulo de robba buona della eredità.

(1) Vi è accordo fra gli scrittori sulle cause, che indussero Braccio a favorire
questo connubio.

(2) Abbiamo veduto altrove, come questo Alessandro da Sassoferrato avesse ef-
fettivamente molta autorità in Perugia.
400 O. SCALVANTI

Adì 15 detto fo conchlusa e fatta la pace fra il Mag. Braccio
dei Baglione e li fratelli con Cesaro de m. Agamenone e li fratelli.
Anco fra Tiseo da Corgnie e li fratelli con Anton de Mateo, e li
figlioli e altre persone quale foro a dare e amazzare Pietro Chre-
spolti, cioiè con Golino Chrispolte e figlioli e nepoti; le qual pace
for fatte per mezzanità del ditto Cardinale. Le ricolte for queste;
Braccio dei Baglione con la comunità de Canaia e da l’altra parte
la comunità de Bettona.

Adì 19 de decembre in venerdì morì Gostantino de Rugiere
dei Raniere, dela qual morte fo gran danno ali suoi parenti e
amici (1).

Nel predetto anno el grano al più valse scudi 20 in 22 la
mina, l'orso scudi 17 in 20, la spelta scudi 10, l'olio libre 4 el
mezolino, el vino libre 6 in 7 (2).

(1) Veramente la morte di Costantino dei Ranieri dovette essere di grave lutto
per la città. Il Pellini, parlando della nomina di lui ad ambasciatore al Papa nel 1452,
per la venuta di Federigo III, lo chiama gentiluomo honoratissimo et degno di questo
et d' ogni altro maggiore honore. Ebbe infatti cariche importanti; fu spesso dei con-
siglieri eletti a disbrigare insieme ai Priori e ai X dell’ Arbitrio le faccende della Re-
pubblica (a. 1447); Capitano del Contado (a. 1448, 1455 ecc.); scelto al delicato ufficio
di rifare le borse (a. 1451); Ricordatore nel 1453 e Capo dei Priori nel 1459. Aveva
fama di uomo giusto e imparziale e della pace pubblica amantissimo, per modo che
quando dovevano deputarsi i migliori cittadini per sedare i tumulti, ad es. nel 1456
per Perugia, nel 1458 per Castel della Pieve, il suo nome figurava sempre fra gli eletti.
Nell' anno stesso della sua morte, era dei X incaricati di vigilare alla quiete della
città turbata per la uccisione di Pandolfo e Nicolò Baglioni. Se non che rispetto a
questo truce avvenimento Costantino dei Ranieri non è a lodare, perchè sembra non

vi fosse del tutto estraneo.

(2) Si aggiungano le parole — la soma —.
m is

401

EHE NC OGIOBRGLDIO

(NEL QUARTO CENTENARIO DALLA CITTADINANZA EUGUBINA)

Mai, crediamo, di un artista del Rinascimento si erano scritte
tante inesattezze, quante appunto se ne scrissero sulla vita e
sulle opere di questo maestro. È

« L'autore di questa fabbrica (di Gubbio) fu un nobilissimo
gentiluomo pavese per nome Giorgio Andreoli, il quale, con Sa-
limbene e Giovanni suoi fratelli, se ne venne a stare a Gubbio;
e perché in Pavia aveva ollenuto i primi onori, cosi in Gubbio
nel 1498 ottenne la ciltadinanza nobile, come dal libro delle Ri-
formanze di quel tempo. Egli era di professione statuario e pit-
tore di Maiolica, onde fu acceltissimo ai principi feltreschi di
quel tempo, ed i suoi figliuoli furono condecorati colle prime ca-
riche, che potessero dare i duchi d’ Urbino, e molti principi
d’Italia ». Così il Passeri, tra i vecchi, lo storico più rinomato
delle maioliche in Italia; dal quale tutti, poi, attinsero e molti
attingono ancora senza benefizio d’inventario. Il Ranghiasci e,
dopo di lui, i più recenti scrittori di ceramiche, proclamano lo stesso,
maestro autore di bassorilievi stupendi; il Genolini, alla sua volta,
assevera che M.° Giorgio introdusse nelle sue maioliche uno stile
proprio, del quale non si osservano che poche traccie nei lavori
del figlio Vincenzo, inventò composizioni bellissime di stile pur-
gato ed elegante, riprodusse i più bei lavori di Raffaello e di
Michelangelo; infine, per non dire di tanti altri scrittori nostrani,
il marchese C. Antaldi nel suo Catalogo delle maioliche nel Museo
pesarese, pubblicato l’anno scorso, afferma che i lavori di Giorgio
si riconoscono per « il modo di disegnare e la forma dei volti e
il colorito delle carni che meglio ci parlano delle officine eugu-
402 E' CALZINI

bine ». Nè molto diverso è, in proposito, il giudizio di alcuni
studiosi e amatori stranieri. Persino il Fortnum, che in materia
è senza dubbio il più esperto conoscitore per gli studi da lui istituiti
in tutti i musei d'Europa, non escluse le più modeste raccolte
comunali e private, disse. M.» Giorgio un abile decoratore di
piatti, i cui disegni nei bordi con delfini, aquile, teste umane,
trofei, ecc., eseguiti e ombreggiati in bleu, spiegano un « consi-
derevole potere e facilità d’ invenzione » nell' artista.

Ad accettare quindi tutto quanto la critica è andata man
mano affermando intorno a questo maestro, noi dovremmo pen-
sare che esso, come i Manara di Faenza, gli Avelli da Rovigo,
i Fontana da Urbino e via dicendo, fosse un proprio e vero pittor
di maioliche, anzi il principe di quel genere di pittura e, per
giunta, un modellalore insigne. Nulla invece di tutto questo.

Per quanto il negare ciò che si è detto sino ad oggi intorno
al maestro, possa sembrare strano e pretenzioso; per quanto il
distruggere quella specie di leggenda che s’andò formando intorno
all'opera sua, e che critici dotti e in buona fede, del pari che
scriltori ignoranti e prosuntuosi, perseguirono da circa due secoli,
possa sembrare, piü che audace, irriverente; diciamo subito che
M.° Giorgio non fu né modellatore di bassorilievi, né. grande
pittore di maioliche.

Chi non sa che la critica oggidì è concorde nel togliere al
nostro le terrecotte invetriate che gli si attribuivano (la pala
d'altare nel Museo Stédel a Frankfort sul Meno, i dodici misteri
del Rosario nella collegiata di Gualdo Tadino, la statua di s. An-
tonio in San Domenico a Gubbio, ecc.) per restituirle parte ai
Della Robbia e parte ad altri maestri toscani? Chi non sa infine
che anche il s. Sebastiano del Louvre che il Fortnum con qual-
che incertezza attribuisce .a M.» Giorgio, dal Jacquemart è rico-
nosciuto per opera sicura delle officine di Deruta?

Consideriamo ora l'opera del maestro come pittore.

Per istituire uno studio ampio ed esatto sulle diverse maniere
dai maiolicari adottate nel dipingere vasi, piatti, ecc., nulla di
più conveniente dello studio particolare dei disegni e, meglio
ancora, nulla di più opportuno delle fotografie riproducenti tali
lavori; le quali, non riflettendo nè i colori nè i riverberi, mostrano
con la massima chiarezza, a chi ben l’osservi, la parte che spetta

es
A3



PER M. GIORGIO 403:

al disegnatore. Orbene, dallo studio attento che noi abbiamo po-
tuto fare sul copioso materiale dell'opera giorgesca, dall'amico
prof. Mazzatinti testè adunata per la Mostra eugubina, potemmo
distinguere i caratteri specifici di ciascun artista della cui opera
il nostro si è servito nella propria bottega, e più specialmente
potemmo ravvisare la maniera de’ singoli maestri che operarono
nelle più rinomate fabbriche delle Marche e delle Romagne, i
cui prodotti erano mandati a Gubbio perchè M.» Giorgio vi ag-
giungesse i riverberi suoi meravigliosi. La dimostrazione di quanto
asseriamo chiunque potrà trovarla da sé consultando le opere
che portano il nome di Giorgio o che a lui, grazie agli impareg-
giabili riverberi di cui vanno adorne, sono giustamente attribuite.
Quando lo studioso abbia sufficiente cognizione delle diverse fab-
briche di maiolica fiorenti, tra noi, nella piena metà del secolo XVI,
e della maniera di disegnare e dipingere de' principali piltori di
delte fabbriche, anche il semplice esame delle riproduzioni foto-
grafiche delle ceramiche in Gubbio riverberate, basterà a distin-
guere l'opera de’ singoli artisti che quelle maioliche dipinsero
prima che il maestro vi applicasse i lustri metalliei.

Noi che abbiamo potuto studiare non soltanto le riproduzioni,
ma molti originali coi riverberi di Giorgio, abbiamo constatato
che la maggior parte di dette maioliche appartengono alle fab-
briche del ducato d’Urbino e ad artisti di Faenza. D'altronde
non è da oggi solamente che nelle maioliche dell’insigne artista
si pensò, per quel che si riferisce ai disegni e alle pitture, alla
mano di artefici non eugubini. Lo stesso marchese Ranghiasci,
che certo a malincuore avrebbe tolto a Giorgio il merito della
benchè minima parte artistica nella decorazione delle sue opere,
intuì qualcosa di simile ed accennò, benchè timidamente, al dubbio
che disegni di sommi maestri fossero da Giorgio ne’ suoi lavori
riprodotti. Ma assai più nel vero sarebbe stato il Ranghiasci se,
oltre che per i disegni, così avesse pensato anche per le pitture,
la cui esecuzione appartiene, come si disse, ad artisti estranei
alla bottega del nostro.

Per non andar molto lontano da noi, osserviamo i preziosi
pialli del Museo pesarese. Quello, ad esempio, rappresentante
i’ arrivo di Enea alle foci del Tevere, splendidamente riverberato,
è dipinto da Xanto Avelli da Rovigo, uno de’ più fecondi maiolicari
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404 E. CALZINI

alla corte di Urbino al tempo di Francesco Maria I e di Guido-
baldo II della Rovere; e la coppa ov'é dipinta, su disegno o
su un’ incisione del Raimondi, la figura di un apostolo, non è forse
della stessa fabbrica d'Urbino? Il nostro la riverberò nel 1525 e
lanto l’ arricchì di oro e rubino nella veste bleu del santo,
nell’aureola e nel fondo, con riflessi e cangianti così vari e vi- -
vidi, che la preziosa coppa è per ciò solo un incanto. Cosi alcuni
piatti del Museo di Londra già descritti, nel suo Catalogo, dal
Fortnum; e altri già posseduti dal Castellani di Roma e dal
Basilewsky; ed altri ancora nel Museo Correr di Venezia e nel
Museo d’arte storica di Vienna, firmati prima dall’artista che li
dipinse e poi dal riverberatore, appartengono appunto alla fab-
brica d'Urbino e, più particolarmente, al pennello dell’Avelli.
M.° Giorgio, la cui gloria sta tutta nella iridescenza insuperata
de’ colori, li riceveva, come dicemmo, nella propria bottega per
aggiungervi ciò che il Piccolpasso chiama la vera « maiolica »,
e cioè il suo oro lucente o pallido, il suo rubino, il suo bleu,
l'impareggiabile sua madreperla, il suo verde magnifico. E come
l'Avelli, altri inaestri della capitale del ducato, quali il Pellipario
ed Orazio Fontana, spedivano a Gubbio i loro lavori perche il
nostro vi incastonasse le gemme fulgidissime ch'ei solo otteneva
mercé il segreto suo e l'opera del suo forno meraviglioso.

Il celebre piatto segnalo col num. 520 nel superbo Museo
di Londra in cui si ammira un s. Girolamo nel deserto, è opera
sicura del ricordato Fontana: di Giorgio non sono che i river
beri e le iniziali G. A., (Giorgio Andreoli).

Ancora. Quando il prof. Argnani, nel suo bel lavoro sulle
maioliche, asseriva che Giorgio lavoró per arlisti di Faenza, ar-
ricchendo di lustri metallici le maioliche specialmente di Bal-
dassarre Manara, egli era nel vero; e oggi bello sarebbe e utile
potere annoverare tutte le opere di que’ maestri riverberate dal
nostro. Così dicasi delle ceramiche provenienti dalla celebre
fabbrica di Casteldurante con i riflessi di M.° Giorgio. Ciò non-
dimeno anche da questo lato molto oggi si sa, grazie in particolar
modo alle ricerche e agli studì del prof. Mazzatinti, ricerche e
studi che ebbero la migliore esplicazione ne’ due suoi articoli
pubblicati sul maestro, nella Rivista d'Italia (anno I, fasc. 0°) e
nel numero unico (Gubbio, maggio MCCCCXCVIII - MDCCCXGVIII
PER M. GIORGIO 405-

Per Mastro Giorgio) stampato a Forli dal Bordandini il 15 del
maggio scorso. Tali lavori risparmiano a noi la fatica di altre
citazioni in sostegno della nostra tesi che è comune con quella:
dell'amico nostro, come comuni furono gli studi che insieme in-
slituimmo sull'opera del maestro. Il Mazzalinti ampiamente di-
scorre delle nuove sue osservazioni in proposito, ed enumera e
descrive una quantità di opere di artisti diversi, nelle quali è ben
distinta la parte che spetta al riverberatore da quella del pittore.
Anche enumera le opere che a lui si devono togliere e restituire:
a’ loro veri autori, quali, ad esempio, le maioliche riverberate di
Deruta portanti nel rovescio dei piatti quella tinta giallognola
piombifera che neltamente le distingue dalle opere uscite dalla
bottega di Gubbio. « Se dunque alle fabbriche di Romagna e del

«Ducato — così saggiamente osserva il Mazzatinti — appartengono-

le maioliche che alla gloriosa officina di Gubbio furono riverbe-
rate, ebbe ragione il Ranghiasci a giudicare che Giorgio fu « il
solo che creava, disegnava, modellava, coloriva e perfezionava a
capello »?: l’ebbero quanti lo seguirono nella stessa opinione,
aggiungendo che la gloria sua è tutta personale, come del pari
fu quella del Palissy in Francia e del Wegwood in Inghilterra?
Ecco: se per codesta gloria intesero di dire la sola e verameute
grande e fulgidissima che gli deriva per i colori a riflessi, ebber-
mille ragioni: ma io non direi, anzi non vorrei dire, per amore
di questa sua massima gloria, che qualche piatto fu istoriato,.
oltre che ornato di colori iridiscenti, da lui. Escluse quelle ma-
ioliche che sono d'indiscutibile provenienza dalle due regioni
marchigiana e romagnola, pochi piatti, di quelli della fabbrica sua
dal 1518 al 36, rimangono, che sono opere d'ignoti e, quel che
più importa, di inabilissimi ed inesperlissimi artisti. Basta vedere
i piatti 175 della raccolta Salling, 355, 1735, 8399 e 8939 del
Museo di Londra per convincersi che non furono dipinti fuori dè
Gubbio e provare un vivo sconforto pensando che taluno li ag-
giudicò a Mastro Giorgio. Non si possono immaginare prospettiva
più errata, disegno più scorretto, mostri di figure più brutti. Ma
questo, nolisi, avviene per quei pochi piatti soltanto. A me piace
il giudizio che il Fortnum dà di uno, in cui è raffigurato il sa-
grifizio di Abramo. E del 1526, e secondo lui, fu dipinto da Cencio.
La malsicurezza e inesperienza che qui egli ravvisa, e chiunque
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406 E. CALZINI

può riconoscervi, ravvisò pure in altri due piatti nei quali il
pittore rappresentò i tre stadi della vita umana. In uno è, a de-
‘stra, un uomo e una donna, di forme giunoniche tutti e due e in
costume adamitico, che si abbracciano con sorriso e tenerezza; a
sinistra è un’altra coppia seduta con un bambino; in mezzo,
‘solitaria e mesta figura, sta diritto un vecchio che guarda con
intenso desiderio il gruppo col bambino e mal sa ricuoprire con
un drappo le nudità scarne per le sofferenze e per gli anni. Nel
‘secondo è riprodotto il primo episodio di questa scena eterna
della vita, quello dell’amore. Ma le pitture dei due piatti proven-
gono da una incisione del Robetta; e tanto mal pratica fu la
mano che l'esegui, che il pennello riprodusse con fedeltà seru-
polosa perfino il tratteggio dell’ incisore. Ora, se del piatto col

sacrificio di Abramo il Fortnum dice autore Mastro Cencio, per.

la stessa ragione io penso che a questi debbano essere attribuiti
gli altri due. L'uno è del 25 e l'altro del 27; e Vincenzo allora
doveva contare poco più di 20 anni e naturalmente rivelare la
scarsa pratica nel dipingere maioliche. Che se taluno vorrà in-
vece pensare a Salimbene, fratello di Giorgio e suo compagno di
lavoro, io mi affretteró a ricordare ch'egli nel 23 era già morto,
affidando all'affetto di Giorgio la vedova Caterina e un figliuolo,
Piersimone ». E l’amico nostro ha perfeltamente ragione. Ma
al Mazzatinti un altro merito spetta, oltre quello grandissimo, ad
esempio, dell'aver istituito un Archivio in onore di M.» Giorgio,
decoro vero della sua città natale; il merito cioè di averci detto
«con esattezza e con documenti alla mano, della patria e della
vita operosa del mite e glorioso lombardo.

Il Passeri, come abbiamo veduto, scrisse che Giorgio fu un
nobilissimo gentiluomo del paese; il Ranghiasci, l'altro biografo
dell'artista, aggiunse che, il maestro era di Pavia, o di quella
diocesi, cioè di un Castello detto Iudeo presso il Lago maggiore,
€ il Brambilla lo disse di Sesto Calende. Cosi come l'abisso

chiama l'abisso, l'errore chiama l'errore, nota il Mazzatinti: dal

quale noi udiremo invece chi fosse veramente Giorgio e donde
venisse.

« Nell'Archivio nostro notarile, scrive il M., abbiam tanti
‘atti, rogati prima e dopo il 98, che per Ja storia nostra civile e
dell’arte sono sorgente preziosa. Ad uno ad uno sfogliando quegli
PER M. GIORGIO 407

alti, troveremo che nel 1492 e 93 il Sanliechi di Gubbio ne rogó
aleuni per Giorgio, e in essi, naturalmente, designó il suo nome
così: Giorgio di Pietro da Intra de lacu maiori provincie Lom-
bardie: in un altro, quello di Salimbene suo fratello, cosi: Salim-
bene Petri de Intra Provincie Lombardie; in un terzo, ch'é un
atto di compra d'un terreno, venduto a loro da una donna Bal-
dina nel 97, i due fratelli son dichiarati cosi: Salimbeni et Georgio
Petri de Lacumatori provincie Lombardie habitatoribus Eugubii.
E potrei moltiplicare gli esempi. Com'e, allora, che nelle memorie
manoscritte del padre il marchese Ranghiasci rilevò che ludeo
era la patria di Giorgio? Per un semplicissimo errore ch’è agevol
cosa spiegare. Anche senza esser dotti paleografi, si sa che nella
grafia del 400, specie in quella de’ notai, di solito trascurata nei
loro minutari, la forma dell’u è perfettamente identica a quella
della n; e la r si confonde pel piccolo riccio con l'e: le due let-
tere, anzi, hanno similissima (stavo per dire uguale) la forma.
Quindi è facile incorrere (e fu facilissimo nel secolo scorso) in
un errore di lettura, e copiare Zufeo per Intra. Tale errore ho
io stesso constatato ricorrendo a quegli atti del nostro Archivio
Notarile. Ma perchè in tanti altri atti Giorgio è delto di Pavia,
e pur di Pavia nella domanda ch'egli nel 98 fece presentare al
Duca per ottenere la cittadinanza di Gubbio? A chi mi rivolgesse
la domanda io chiederei alla mia volta: ma perché ne' documenti
notarili dopo il 98 Giorgio è sempre detto da Gubbio?: perchè
ne’ suoi piatti, dal 1518 al 36, egli si firmò costantemente « Ma-
stro Giorgio da Ugubio »? Perché, specialmente nel 400, nel de-
signare il nome, quando al proprio non si aggiungeva quello del
padre e dell'avo, solevasi dichiarare il luogo dell'ultima resi-
denza. Nicolò Pellipario, il pittore bellissimo di ceramiche alla
corte dei Della Rovere, fu sempre detto da Urbino; e pure fu
nativo di Fano: Codro Urcèo si chiamò e si firmò da Forlì anche
quand'era lettore nello Studio di Bologna; eppure era d’ Orzinuovi,
nel Bresciano, d’onde sì recò e visse a lungo a Forlì e fu pre-
‘cettore di Sinibaldo Ordelaffi. Concludiamo: Giorgio nacque a Intra;
dimoró, ignoro per quanto tempo, a Pavia; poi venne tra nol
‘e vi restò. Questo noi deduciamo dagli atti dell’ Archivio. Se nel
1498 chiese la cittadinanza eugubina, vuol dire che allora dovea con-
tare, per lo meno vent'anni: dunque fissiamo il tempo della sua na -
408 — E. CALZINI

scita a circa il 1470, se non forse — e sarebbe meglio — dal 1465
a quest'anno. Da Intra, dove è credibile, esercitava l'arte del vasaio,
andò giovanissimo a Pavia: qui non trovò campo largo a guadagni
e dovè continuare il viaggio d'emigrazione, giù, credo per la Roma-
gna, dove l’arte ceramica allora, particolarmente a Forlì ed a Fa-
enza, era fiorentissima, a traverso la Marca, fin nell Umbria, fino
a Gubbio, La strada di codesta emigrazione dalla Lombardia per
l| Umbria era nota: e di tanti lombardi noi sappiamo che di lassù
discesero e si stanziarono, anche invitati, nelle Marche ed a lesi.
Ed era anche nota la via che menava a Gubbio, e la tradizione
tra i lombardi correva della ospitalità cortese che noi facevamo
agli operai di fuori e della signoria Viscontea. Dal 1405 al 1497
i libri delle nostre Riforme son pieni di concessioni di cittadi-
nanze ad emigrati dall’ Alta Italia, fatte dai Consoli nostri e dal
Gonfaloniere, e da loro richieste dopo aver vissuto a Gubbio più
anni ed avervi regolarmente pagate le gabelle. Erano per lo più
muratori, tagliapietre, fornaciai di Como, di Milano, di Verona, di
Bergamo, di Novara, 0, come di solito è dichiarato, de partibus
Lombardie; e la cittadinanza essi conseguirono insieme alla esen-
zione dalle gabelle per dieci anni, affinchè potessero provvedere
alle comodità della vita, e metter su casa e bottega, e le arti loro:
prosperamente fiorissero.

A quelle stesse condizioni, con la stessa formula, come ad
uno de’ ‘tanti operai discesi di Lombardia o venuti d'altronde,
date le stesse circostanze, cioè d’ aver dimorato in Gubbio già da.
più anni, d’avervi pagate le gabelle e data prova di obbedienza
e di fedeltà al governo de’ Consoli e al Duca d’ Urbino, collo
stesso rescritto ducale, colla stessa approvazione del Gonfaloniere:
e del Consiglio, che il Cancelliere del Comune soleva invariabil-
mente ripetere, nel maggio del 1498 Giorgio e i suoi fratelli chie-
devano, e il Duca e il governo della città loro accordava, la cit-
tadinanza di Gubbio. Non una sola parola, un accenno qualsiasi
al pregio dell'arte loro e specialmente di Giorgio: la grazia, umil-
mente domandata, fu concessa pel solo falto che si trattava d'o-
perai volonterosi ed onesti e di sudditi devoti. Dov'è, qui, la
« ciltadinanza nobile » che dice il Passeri?: dove i « meriti »
che dice il Ranghiasci? Al quale piacque, a spiegare il perchè
Giorgio ed i fratelli vennero a Gubbio da Pavia, una speciosa
PER M. GIORGIO 409

congettura. Nel 1477 Giangaleazzo Sforza cadeva assassinato per
mano e ferocia dell’ Olgiati, del Lampugnani e di Carlo Visconti:
« potrebbe essere (scrive il Ranghiasci) che questi Andreoli, o
discepoli o amici del Montano, principale autore di quella con-
giura, fuggissero, come molti altri, per non esser presi in so-
spetto ». Per fortuna di Giorgio, la uccisione del duca avvenne
in “anto Stefano di Milano e non a Pavia; e la congettura quindi
non ha senso.

Ma seguiamolo nella sua operosa bottega. Di suo non l’ebbe
fin dopo la cittadinanza: prima, egli e Salimbene lavorarono non
so in quale officina, in società con un Francesco di Giovanni da
Borgo San Sepolero. L’atto di questo lavoro in comune è qui
nell'Archivio nostro ed ha singolare importanza per noi, chè v'è
notato come Salimbene trattò e contrasse la società in nome di
Giorgio ch'era assente da Gubbio: tornerà (dice l'atto) e darà
l'assenso a quanto il fratello in nome suo asseriva. Dov’ era Gior-
gio nel 92? C'é chi dice che allora dovette trovarsi a Faenza,
perchè alcuni piatti (e sono invece moltissimi) di quelle fabbriche
magnifiche furon fatti splendidi pei suoi colori con riflessi metal-
lici; ma c’è da notare che non prima del 1518 Giorgio applicó le
iridescenze su le maioliche. Altri dice che fosse tornato in Lom-
bardia, come per dare l'ultimo assetto a’ propri interessi, perchè
da Gubbio, dove il lavoro era fecondo di guadagni, non sarebbe
più ripartito. Io non ci credo: tanto più che chi la pensava cosi
è quel medesimo a cui parve prossima al vero l'ipotesi ch'ei fosse
un congiurato a danno del duca di Milano. Ma proprio s'avrà a
credere che, pochi anni dopo quell’ assassinio, un complice, come
Giorgio, fosse tornato in Lombardia per incappar diritto nell’ ine-
sorabile vendetta della reggente Bona di Savoia? E neppure è
vero che a Gubbio nel 92 l'arte del vasaio fosse florida e desse
guadagni, anche modesti: tanto non è vero ch'é di quel tempo
una severa ordinanza del Gonfaloniere e de’ Consoli nostri: non
sia lecito ad alcun forastiere portare e vendere sul mercato di
Gubbio ogni sorta di terre cotte e di maioliche, fatta soltanto ecce-
zione per le pzgnate Gualdenses; dappoichè non si doveva da un
governo savio permettere che i vasai di Gubbio, data, come si
dice, la concorrenza de’ vasai di Perugia, di Deruta, d' Umbertide
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410 E. CALZINI

e d’altrove, non potessero trovar modo d'esitare i prodotti delle
proprie botteghe e fossero costretti a esulare in cerca di lavoro.

Quest’ordinanza ebbe subito effetto, e tornarono le fabbriche
nostre ad essere attive e feconde: oltre a quella di Giorgio ne
furon qui aperte molte altre, e tra queste io ricordo quelle di un
Alessandro, di un mastro Iacopo, d'un Giovanni di Pietro e di
un Giovanni Maria, tutti eugubini. Fecondità di lavori e di lucro;
sì che Giorgio potè nel 99 acquistare una casa e una bottega
« suxo presso al vescovado » — come dicono i documenti del
tempo —, comperar terre e vigne de’ nostri colli, ed aver anche
la invidiata fortuna dei crediti, un de’ quali notevolissimo per
allora, di cento fiorini! Ma, intendiamoci, tanto cospicua e sudata
ricchezza non è frutto dell'arte o, meglio, del segreto che lo
fe' sommo: ancora non siamo al 1518. E allora, per saperne di
piü, apriamo e sfogliamo i grossi volumi delle spese ed entrate del
monastero di s. Pietro, popolatissimo fra i tanti che sorsero entro
le mura nostre e l'unico di cui ancor si conservano di quel tempo
simili documenti. E vi troveremo che la bottega di Giorgio e del
fratello lo forniva di quanto ivi era prodolto: di vasi da olio, di
boccali, di tubi da camini o da forni, di scodelle, di mezzette.
Vi leggeremo, ad esempio, che una volta Giorgio ebbe un fiorino
e venti bolognini per cento mezzette e boccali : un fiorino un'altra
volta per 34 boccali da refettorio, per 61 mezzelte e per alcune
olle da aceto. Per fin di calcina provvedeva il monastero; e ne
abbiamo i pagamenti fin dal 1510. Secondo me, in queste notizie
che paiono insignificanti, ma che invece hanno tanto valore per
l'artista, son tutti gli elementi per costituire la storia della sua
bottega; su per giù, quella d'un operaio del 400 è simile alla
storia d'una bottega d'oggidi ».

Giorgio dunque non fu scultore e pittore di maioliche; né
nobile pavese; ma uno dei tanti vasai lombardi, nativo d' Intra,
e come tanti altri operai di quella regione sceso nell'Umbria
verso il 1490. Fino al 1518 tenne bottega in Gubbio col fratello
Salimbene, e di quest’anno è il primo piatto con colori a river-
bero, con la data e la firma del maestro. Da' numerosi documenti
dal Mazzatinti pubblicati nella Rassegna bibliografica dell'arte
italiana (Forlì, fascicoli II, III e IV, 1898) diretta dallo scrivente,
si deduce che l'opera del maestro, più che umile sino al 1518,

RR PER M. GIORGIO 411

da quell'anno ebbe sviluppo fecondo e felice fino al 1536; fin
quando cioè M.» Giorgio si divise — ed aveva allora circa 66
anni — dal figlio Vincenzo, al quale lasciava in eredità il nobile
segreto dei riflessi metallici, che Cencio applicó (con molto minor
gloria del padre) sino al 1573, anno della sua morte.

A chi ci chiedesse infine perché il nome di Giorgio suona
lant'alto fra gli artisti del secol d’oro, risponderemo, ripetendo
quanto ultimamente dicemmo in Gubbio — invitati.con isquisita
cortesia a parlar del maestro — agli ammiratori del grande ri-
verberatore: Il nome di Giorgio suona alto nella storia della
ceramica italiana, così dicevamo, non perchè egli sia stato un
eccellente pittor di maioliche, il rappresentante più eletto di questo
genere di pittura; tale non fu nè potè essere, ché codest’arte, la
quale nelle maioliche è mezzo e non fine, non dovè occupare
pittori grandi nel senso vero. Errano gli storici che dissero in-
signi le rappresentazioni storiche o mitologiche onde si abbelli-
rono i vasi più preziosi e i più celebri piatti del Rinascimento;
perocchè l’arte del ceramista va considerata essenzialmente per
ciò ch'ella è, per quell’arte, vogliam dire, la quale, mercè le
combinazioni chimiche’ più difficili, sa darci in virtù del fuoco
quant’ è possibile d'ottenere di più splendente ed armonico nella
iridiscenza de’ colori applicati su lo smalto. E poichè tanta ar-
monia e tanto bagliore di luce seppe darci nel suo più alto grado
maestro Giorgio, egli è e rimane l’espressione più vera ed alta
di quest'arte miracolosa che ormai par fatta leggendaria. E sog-
giungevamo: Onore e gloria al nome del maestro, al riverberatore
insuperato e modesto operaio, che certo neppur pensò d’esser
principe assoluto fra i ceramisti del buon tempo; onore a costui
che affacciatosi alla scena del mondo in sul fiorire più bello di
virtù nostra, prima che l’arte de’nostri sommi, da Leonardo a
Raffaello, a Michelangelo, volga al tramonto, gitta, quasi meteora
luminosa, un bagliore ultimo che illumini, per un momento an-
cora, il mondo. E. CALZINI.

Appunti Bibliografici.

ANSELMI AMSELMO. — Maioliche di Giorgio Andreoli da Gubbio a Gualdo
Tadino. — In ‘Arte e Storia, a. IV, num. 47 (Firenze, 3 dicembre
E. CALZINI

1885), pag. 355. — Sono i misteri del Rosario che appartennero, si
crede, all’ altare della Madonna del Rosario (ora nel Museo Stüdel
‘ di Frankfort sul Meno), già esistente in s. Domenico di Gubbio, e
furono coll’ altare stesso falsamente attribuiti a M.? Giorgio. Sono
ora presso i canonici della Collegiata di Gualdo Tadino.

ANTALDI Ciro. — Catalogo descrittivo artistico della raccolta di maio-
liche antiche dipinte, posseduta dal Municipio di Pesaro. — Pesaro,
Terenzi, 1897; in 4, di pp. 134 ed una tavola. — A pag 9 e segg.
sono descritte le opere delle Officine eugubine di Maestro Giorgio
Andreoli e de’ suoi successori (in tutte, 39; ma ve ne sono alcune
di Deruta).

BonratTI Luigi. — L'arte del vasellaio in Gubbio. — In Giornale di
erudizione artistica, vol. I (Perugia, 1872), pag. 213 e segg. — Atto
di concessione fatta dal Comune di Gubbio a Luecolo di Giovannelo
figulo nel 1349; e di cittadinanza concessa a Giorgio ed ai fratelli
nel 1498. Nella nota a pag. 12 son brevi notizie biografiche del
Maestro.

BowraTTI LurGr. — Storia della famiglia Andreoli oriunda di Pavia. —
Nelle Famiglie illustri d'Italia, vol. V; Firenze, 1884.

BRONGNIART A. et RrocREUx D. — Description du Musée céramique de
Sévres. — Paris, 1845. Nella tavola 34, figura 3, é riprodotto il
piatto, attribuito a M.° Giorgio, con la iscrizione Don Giorgio 1485.

BRONGNIART ALEXANDRE. — "Traité des Arts Céramiques. — Paris, 1854.
Due volumi di testo, in 8, e un vol. di Atlante in 4 oblungo.

CaLzini EGIDIO. — Gubbio e Maestro Giorgio. — In Arte e Storia, serie
terza, a. XVII, num. 8 (Firenze, 30 aprile 1898).

Casati C. C. — Notice sur les Faiences de Deruta. — Paris, 1884, in 8.
— Da consultarsi per l' errate e tradizionali attribuzioni alle fab-
briche di Gubbio e di Pesaro.

CaraLoGHI del Museo Campana; s. l., a. (ma 1859) e nome d' editore ;

- in 4 gr. — Nel Catalogo della Classe X, Maioliche dipinte del XV
e XVI secolo sono indicate molte opere di M.* Giorgio e di fabbriche
eugubine, ora nel Louvre.

CATALOGUE d' une jolie collection d' objets d' art et d' antiquité ......
dont la vente aura lieu a l’ Hótel des Commissaires-Priseurs, Rue

Drouot, n.° 5. — Paris, 1857. — La vendita ebbe luogo dal 30 aprile
al 4 maggio 1857.

CATALOGUE des Faiences italiennes . . . composant l'importante Colle-
p p

ction de M. Alessandro Castellani. — Paris, Pillet et Dumoulin
[1818] ; in 8, pp. 91. — La collezione fu venduta all' Hótel Drouot,
Salle num. 1, dal 27 al 29 maggio 1878. Pér le maioliche eugubine

ERA
PER M. GIORGIO 413

e di M.° Giorgio vedi num. 49 e seg., pag. 15 e segg. Con ripro-
duzioni di piatti e firme di Giorgio.

CATALOGUE des objets d'art antiques du Moyen-Age et de la Renais-
sance dépendant de la succession Alessandro Castellani. — Paris,
Imprimerie de 1’ Art [1884]; in 8 grande, pp. XIV, 322, con tavole.
— La collezione fu venduta a Roma dal 17 marzo al 10 aprile 1884.
Per i piatti di Giorgio vedi a pag. 161 e segg.

Corona GiusePPE. — La Ceramica. Biografie e note storiche. — Milano,
Hoepli, 1879; in 8, pp. 269 e 43 tavole. — Per La Manifattura di
Gubbio vedi a pag. 133 e segg., dove però sono ripetute le notizie
date dal Ranghiasci.

DARCEL ALFRED. — Notice des Fayences peintes Italiennes. (Musée du
Louvre). — Paris, 1864, in 8. — V’è il catalogo delle opere di M.?
Giorgio esistenti nel Louvre.

DARCEL A. e BasrnLEWSKY A. — Collection Basilewsky. Catalogue rai-
sonné précédé d'un essai sur les arts industriels du 1" a XVI.
siécle. — Paris, Morel, 1874; in 4, di pp. 200. — Di M. Giorgio
nel cap. Terres cuites émaillés, pag. 89; e nell' altro Les Fazences
peintes, pag. 110. Delle sue opere possedute dal Basilewsky, a pa-
gina 151 e segg.

DmELANGE HeNRI. — Histoire des Peintures sur Majoliques faites à Pe-
saro [di G. B. Passeri], traduit et suivi d' une Appendice par H. De-
lange. — Paris, 1853, in 8. — Tradotta e col titolo di Appendice
del signor Enrico Delange in Vanzolini G., Istorie, ecc., vol. I, pa-
gina 249 e segg., dove largamente si discorre della fabbrica di M.?
Giorgio. A pag. 281 ó una tavola di monogrammi, de' quali i primi
quattro sono di Giorgio e di Salimbene.

DELANG and BorNEMANN. — Recueil des Faiences Italiennes. — Paris-
Londres, 1867 e segg., in fol. — V' è riprodotto il piatto, già della

Collezione Basilewsky ed ora nel South Kensington Museum, rap-
presentatevi le tre Grazie di su l’ incisione del Robetta.

DPEMMIN. — Guide de l'amateur des Faiences. — Paris, 1873, 4* edizione.
— Marche e notizie delle fabbriche di Gubbio nel vol. I, pag. 430
e segg., e nel vol. III.

EncuLE: RAFFABLE. — Roma. Museo Artistico-Industriale. IV Esposizione
1889. Arte ceramica e vetraria. Catalogo delle opere esposte. — Ro-
ma, Civelli, 1889; in 8, pp. 338. — V'6 il catalogo delle opere di
M.° Giorgio o di fabbriche eugubine possedute da C. Novelli, G. Gia-
comini, A. Simonetti, C. e D. Corvisieri, C. Ricchetti, T. e B. Ca-
stellani.

FomTrNUM E. — A descriptive Catalogue of the Maiolica hispano-moresco

98
414 I E. CALZINI

etc. in the South Kensington Museum. — London, 1873, in 8 gr.,
di pp. CIX 698. — Per M.° Giorgio e le fabbriche eugubine vedi a.

*

pag. 179-287: il testo è illustrato da tavole e facsimili.

— Maiolica a historical treatise, etc. — Oxford, at the Clarendon Press ;

London, Henry Frowde, 1896; in 4, di pp. XV-357 e 189. Per Gub-
bio vedi pag. 156-113. Con tavole e monogrammi.

— A descriptive Catalogue of the Maioliea and enamelled earthenware
of Italy, ete. in the Ashmoleam Museum, Oxford (Fortnum Colle-
etion). — Oxford, at the Clarendon Press, 1897; in 4, pp. 104. Vi
sono descritte le maioliche eugubine che il Fortnum possedette ed
ora conservansi nel Museo di Oxford.

Fnarr Lurar. — D'una insigne raccolta di maioliche, (Catalogo. della
Collezione di Geremia Delsette). Bologna, tip. alla Volpe, 1844. —
Vi sono descritte nove opere di Giorgio o a lui attribuite. Questa
parte del catalogo, relativa al Maestro, fu ristampàta da G. Van-
zolini-nelle Isforie, ecc., vol. II, pag. 84 e segg.

— Del Museo Pasolini di Faenza, descrizione. — Bologna, Società tipo-
grafica Bolognese, 1852; in 8, pp. 65. — Descrizioni di piatti di
Giorgio, 6 a lui attribuiti, sotto i numeri 31-47, 55, 64.

GexoLINI ANGELO. — Maioliche italiane, marche e monogrammi. —
Milano, Dumolard, 1881; in 4, di pp. 170 e 35 tavole. Per la storia
della ceramica in Gubbio e della officina di Giorgio, a pag. 62 e
segg. Ma sono notizie slegate, attinte a fonti spesso non sicure.
Della magistrale opera del Fortnum l'autore non dovè conoscere nè
pure il titolo: dal Ranghiasci dedusse le maggiori notizie e non
sempre le migliori e le vere. Infelicissimi i facsimili delle marche e
dei monogrammi, nelle tavole 7-11.

Grarsse Tabopore. — Guide de l'amanteur de Porcelaines et de Po-
teries, ou collection compléte des marques de fabriques de Porce-
laines et de poteries de l’ Europe et de l'Asie. — Dresde, Schónfeld,

1864; in 8, con 39 tavole. — Le marche di Giorgio e. di fabbriche
eugubine sono riprodotte nelle tavole 3-5.
GresLou I. — Recherches sur la Céramique suivi de marques et de

monogrammes des différentes fabriques. — Chartres, 1864, in 8. —
Con riproduzioni a colori di marche eugubine.

IxpicE delle antiche stoviglie dipinte possedute dall’ Ospizio de'eroniei
ed invalidi di Pesaro come erede universale del fu signor cav. Do-

menico Mazza ed oggi del Municipio di Pesaro. — In Vanzolini G.,
Istorie, ecc., vol. I, pag. 309 e segg. — Vi sono, naturalmente, in-

dicati i piatti che Giorgio o i suoi figli riverberarono.
PER M. GIORGIO 415

TACQUEMART ALBERT. — Les Maioliques de la Collection Campana. —
Paris, 1862, in 4.

— Les Merveilles de la Céramique. — Paris, Hachette, 1868. — Per
M.° Giorgio vedi la Parte II (Renaissance Italienne), pag. 171 e
segg. Con riproduzioni di monogrammi. — E vedi la Histoire de
la Céramique del medesimo ; Paris, 1873.

IAENNICKE F. — Altes und Neues über Mastro Giorgio und die Fayence
von Gubbio. — Nürnberg, 1882, in 8.

LABARTE IuLES. — Histoire des arts industriels au Moyen Age et à
l'époque de la Renaissance. Tomo IV. — Paris, Morel, 1866. — No-
tizie di Giorgio e delle opere sue nel vol. IV, pag. 450 e segg.

LAZZARI VINCENZO. — Notizia delle opere d'arte e d'antichità della
Raecolta Correr di Venezia. — Venezia, Tip. del Commercio, 1859,
in 8. — Per i piatti eugubini del Museo Correr vedi a pag. 43 e
DD e segg.

LUCARELLI ODERIGI. — Memorie e Guida storica di Gubbio. — Città di
Castello, Lapi, 1888; in 8, pp. VI, 630. — Notizie biografiche sugli
Andreoli a pag. 453 e segg.

MALAGOLA CarLo. — Memorie storiche delle maioliche di Faenza. Studi
e ricerche. — Bologna, Romagnoli, 1880; in 8, pp. XI, 544. — Per

M.° Giorgio vedi a pag. 24 e segg., 58, 235 e segg.

MarRryaT JOSEPH. — History of Pottery and Porcellain; 3* edizione;
London, 1868, in 8. E cfr. la traduzione della 2* ediz.: Histoire de
poteries, faiences et porcelaines; Paris, 1866.

MAZZATINTI GiUsEPPE. — Per M.° Giorgio. Documenti. — In Rassegna
bibliografica dell’ arte italiana diretta dal prof. Egidio Calzini, a. I,
fasc. 2 e segg. (Forlì, 1898).

— Per Mastro Giorgio. Documenti. — Rocca S. Casciano, Cappelli, 1898;

in 8, di pp. 11. — Estr. dalla Rassegna citata.

-- Mastro Giorgio Andreoli (nel quarto Centenario). — Nella Rivista
d' Italia, a. I, fase. 5 (15 maggio 1898), pag. 101-115. — Estratto,
in 8, di pp. 15 (Roma, Società Editrice Dante Alighieri, 1898).

— Per Mastro Giorgio. Gubbio, maggio 1498-1898. — Forlì, Bordan-
dini, 1898. — Numero Unico, in fol. grande, di pp. 10 con fo-
totipie.

MoLINIER ÉxiLE. — Les majoliques italiennes en Italie. par Émile Mo-
linier attaché au Musée du Louvre. — Paris, Alphonse Picard, 1883,
in 8, pp. 117. Ediz. di 150 esemplari. — Per un piatto del Museo

Correr, di pittore urbinate e riverberato a Gubbio, vedi a pag. 39
e segg. Per la collezione del Museo di Pesaro, pag. 88 e segg.;
con faesimili di monogrammi e di marche.
416 E. CALZINI

— Les Majoliques de la Collection Spitzer. — Paris, 1892. Catalogo
illustrato, in fol., in cui figurano alcune opere di M.? Giorgio. — E
si veda l'articolo di Eugenio Piot La Céramique italienne de la
Collection Spitzer nella Gazette des Beaux-Arts, vol. 24,parte 2,

pag. 4°.
Passeri G. B. — Istoria delle pitture in maiolica fatte in Pesaro e
ne’ luoghi circonvicini, descritta da G. B. Passeri pesarese. — Pe-

saro dalla Stamperia Nobiliana, 1838; in 8, pp. 115. — Per le ma.
ioliche di M.° Giorgio vedi a pag. 56 e segg. A pag. 58 e segg. è
un catalogo di sue opere, vedute dal Passeri a Pesaro e Gubbio,
dal 1519. Ristampata nelle Istorie delle Fabbriche di maioliche me-
taurensi e delle attinenti ad esse, raccolte a cura di G. Vanzolini ;
vol. I; Pesaro, Nobili, 1879.

RAFFAELLI GIUSEPPE. — Memorie istoriche delle Maioliche lavorate in
Castel Durante o sia Urbania. — In Vanzolini G., Istorie, ecc.,
vol. I, pag. 113 e segg. — Della fabbrica di Gubbio brevi notizie
a pag. 222 segg.: dove, tra gli altri errori, è detto che Giorgio
venne a Gubbio da Pavia nel 1493. — Nell'edizione di Fermo,
Peeeasassi, 1846, si veda a pag. 60 e segg.

RANGHIASCI SEBASTIANO. — Notizie genealogiche della famiglia Andreoli
di Gubbio originaria di Pavia. — Perugia, Riginaldi, 1778. Ristamp.

da Vanzolini nelle Is£orie, ecc., vol. II, pag. 3 e segg., coll’ albero
genealogico e un'appendice di documenti.

RANGHIASCI BRANCALEONI Francesco. — Di Mastro Giorgio da Gubbio
e di alcuni saoi lavori in maiolica. Lettera al march. Giovanni
Eroli. — In Vanzolini G., Istorie, ecc., vol. II, pag. 51 e segg. Se-
guono, pag. 245 e segg., una supplica di M.? Giorgio al Duca ed
una di Giovanni Andreoli al medesimo per ottener la conferma

d'esenzione dalle gabelle. — La prima edizione in opuscolo fu fatta
a Pesaro pel Nobili nel 1857.

Ris-PaAQuOoT. — La Céramique. — Paris, 1888, in 8. — Con particolare
riguardo alle maioliche di Gubbio. i

Roginson I. C. — Catalogue of the Soulages Collection. — London,
1857. — Vari piatti della Collezione sono di M.° Giorgio.

— Catalogue of the Collection of R. Napier. — London, 1865, in 8. —
Vi si conservano alcuni piatti di M.° Giorgio.

Rossi UmBeRrTO. — La Collezione Carrand nel Museo Nazionale di Fi-
renze. — In Archivio storico dell’ arte, a. II, fasc. I, pag. 21. V'è

detto d'un piatto, firmato con la iniziale o sigla N, attribuito a
una fabbrica di Gubbio, ma, secondo l'autore, da non aggiudicarsi
a Giorgio o a Vincenzo suo figlio.
n ENS. 2 ! #4 LT y Ix M v» 3 de b Ed ke 24. 5 è
PER M. GIORGIO 417
UGoLINI FiLiprpo. — Storia dei Conti e Duchi d’ Urbino — Firenze,
Grazzini, Giannini e C., 1859; due volumi in 8. — Notizie bio-

grafiche di Giorgio e Cencio nel vol. II, pag. 362 e seg.

URBANI pe GHELTOF G. M. — Note storiche ed artistiche sulla Ceramica
italiana. — Nel catalogo della IV Esposizione 1889 (vedi Erculei R.),
pag. 18 e segg. A pag. 89-93 sono notizie della fabbrica degli
Andreoli (1).

(1) Ho creduto opportuno di riprodurre dal Numero Unico di G. Mazzatinti
(Forli, Bordandini) il presente saggio bibliografico.
mni

419

ANALECTA UMBRA

In quest' auno si è compiuta la stampa de Le Consulte della Repub-
blica Fiorentina dall’ anno 1280 al 1298, fonte storica di altissimo va-
lore. Giovi agli studiosi della nostra regione dar notizia sommaria di
quanto le si riferisce.

Perugia. Vi è inviato nel 1282 (ma non ne è dichiarata la ragione)
un Tanus Bonati consigliere del Comune di Firenze. Dal 1279 in poi
Cione Baglioni è notaio del Comune di Fir. — Nell'85 Guglielmo de
Rubeis è capitano del popolo di Perugia. — Nel '90 Naldus de Peru-
sio è Conestabile del Comune di Fir. — Nel '92 Giaecanus de Giaccanis
perugino è squittinato per Capitano del Popolo. — Nell' Indice, al nome
Perusium, sono registrati molti ricordi di relazioni tra i due Comuni.

Todi. Agli anni 1919 e 1295 son menzionati un Lupus e un Rai-
naldus tudertini, e la elezione di un Podestà e di un Capitano per la
stessa città.

Orvieto. Molte relazioni con Fir. dal 1279 (vedi nell’ Indice al nome
Urbisveteris civitas e Comune). — Nel '90 un Ciolus Rainaldi é milite
al soldo di Fir. — Nel '91 Corrado Monaldeschi é squittinato per Capi-
tano del Popolo. — Nel ’92 Altoviti Palmiero è inviato ambasciatore pel
Comune di Fir. ad Orvieto. — Nel '93 Rainaldus de Medicis orvietano
è proposto per Capitano del Popolo della sua città.

Città di Castello. Molte relazioni con Firenze dal 1289 (vedi nell’In-
dice al nome Civitas Castelli). — Nel '90 e nel '92 Gherardo Torna-
quinci, Manetto de la Scala, o Scalis, Jacobus de Rubeis e Bindello
Adimari sono eletti Potestà di Castello.

Assisi. Negli a. '81-'82, elezioni di Capitani del Popolo. — Nell’ 85,
‘uno dei tre eletti all’ ufficio di Giudice degli appelli pel sesto di S. Pan-
erazio e per quello d’ Oltrarno, è Francesco di Girolamo d'Assisi. —
Nel'90 è eletto un suo Potestà.

Amelia. Nel "(9 Viviano d' Amelia è notaio del Capitano del Popolo
di Firenze. — Nel '90 un Cencio d’A., carcerato, è rimesso in libertà
a istanza del suo Comune.
490 ANALECTA UMBRA

Spoleto. Son ricordati Tadeus de Calderoctis, Giudice degli appelli >
Bartolo, Monaldo, Nicola, cavalieri del Capitano del Popolo: Cellus o
Scellus domini Bartolecti Potestà di Fir.: Francesco e Jacobino asses-
sori del Potestà: Giovanni domini Scelli cavaliere e vicario del Potestà :
Rinaldo di Manente; e un Transarrigus. — Lettere del Comune di Spo-
leto son menzionate all' a. 1295.

Rieti. Matteo di Jacopo di Angelo reatino, Capitano del Popolo di
Fir. nell' 84: e poi notizie di una ambasceria e rappresaglia; di un Ber-
nardo milite al soldo dei Lucchesi; della condotta militare di un Fran-
cesco da R.; di un Gentile assessore del Podestà di Fir.; di Matteo, di
maestro Pietro e di un ser Todinus notari del Capitano e del Podestà
di Fir.

Gubbio. Cardinale Tornaquinci eletto Podestà di Gubbio nel 1219.
Ser Galienus Burnecti di Gubbio è notaio del Podestà dall’ 89 al '90.
Neil’ 89 Cante Gabrielli è Podestà di Pistoia. Nel '93 è squittinato per
Capitano del Popolo di Fir.: ed è Podestà di Fir. nel '98. Di Rubeus de
Gabriellibus, Podestà di Fir., sono più volte nominati i libri de’ Con-
sigli (vol. I, 345 e sgg., 418 e sgg.). Nel '90 un Raynerius de Goezii da
Gubbio é giudice del Podestà fiorentino.

L'ultimo lavoro del compianto Raffaele Erculei riguarda l’ esposi-
zione d’ arte sacra in Orvieto: Camillo Boito lo illustrò con una intro-
duzione; Ulrico Hoepli lo pubblicò splendidamente con riproduzioni feli-
cissime (Oreficerie, Stoffe, Bronzi, Intagli, ecc. all’ esposizione di arte
sacra în Orvieto: Milano, Hoepli, 1898), eseguite dall’ Istituto italiano
d’ arti grafiche in Bergamo. Di queste notiamo: Tav. 1, Reliquiario per
la testa di S. Savino, opera senese del sec. XIV, nel Duomo di Orvieto :
— Tav. 2, Pastorale, tabernacolo e turibolo del sec. XVI, nello stesso
Duomo: — Tav. 3, Pastorale di Città di Castello: — Tav. 4, Calice di
Nocera: — Tav. 7, Mitra ricamata in oro con pietre preziose, nel Duomo
di Orvieto: Mitra del Museo Universitario di Perugia, sec. XIII: —
Tav. 10, Pianeta dello stesso Museo: — Tav. 11, Pianeta istoriata di Pe-
rugia: — Tav. 12, Piviale in broccato rosso di Perugia: — Tav. 13, Rile-
gatura di Messale, ricamata in oro e merletto, del Duomo di Orvieto: —
Tav. 16, Stoffa di paliotto del Municipio di Spoleto: — Tav. 23, Pianeta
di Perugia. — Intercalate nel testo sono le incisioni di una croce e di
un calice di Nocera, di una croce di Spello, di una patena del Museo.
Universitario di Perugia, di pissidi alemanne del Duomo di Rieti, del
turibolo e d'una pianeta del Duomo di Orvieto, e della stoffa di paliotto
del Municipio di Spoleto.

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ANALECTA UMBRA 491

A proposito della edizione, procurata da Edoardo Alvisi, Fratris
lohannis de Parma; Sacrum Commertium beati Francisci cum domina
Paupertate (vol. 12 della C'ollez. di Opuscoli danteschi : Città di Castello,
Lapi) è da vedere nel Giornale Dantesco, a. VI (III della Nuova Serie),
quaderni 2-3, un diligente studio di Umberto Cosmo col titolo: Le mi-
stiche nozze di frate Francesco con madonna Povertà.

Quanta vergogna !, esclamavamo in questo Bollettino, I, 622, accen-
nando alla rovina imminente del palazzo ducale di Gubbio. « Che cosa
è stato ridotto in breve volger d'anni! Il bel gabinetto intarsiato dei
Montefeltro fu comprato dal principe Lancellotti: lo scrittoio ducale,
venduto all’asta pubblica nel 1885; i camini andarono a Firenze a scal-
dare il palazzo Alberti; gli stipiti delle porte passarono in Inghilterra;
il grande stemma che ornava l’esterno del palazzo fu portato via; le
porte intarsiate furono vendute, meno una che il Ministero dell I. P.
acquistò in Roma e con gentile pensiero depose nel Museo di Gubbio.
Gli antiquari di Perugia, di Roma e di Firenze, come stormi di cornac-
chie, calarono a volo sull’augusto palazzo, lo spolparono, lo ridussero
scheletro. Avvicinandosi all’ edifizio, ora deserto e cadente, si vedono
alcune grandi tegole del cornicione, coi monogrammi polieromici dei
signori di Montefeltro, coprire una fogna vicina! » Cosi il prof. Adolfo
Venturi in L’ Italia, a. I, pag. 215. E noi ripetiamo : quanta vergogna !

L'ab. Cozza Luzi nel periodico romano La Palestra del Clero
(num. 1, 1898) dà la fototipia della lettera, creduta di s. Francesco, che
mons. Faloci Pulignani aveva già riprodotta nella Miscel. Franc., vol. VI,
fasc. II, tavola 3. La ristampa il dott. Salvatore Minocchi nella Zi-
vista bibliogr. ital., a. III, num. 5 (Firenze, 10 marzo '98), affacciando
dubbi su l'auteuticità dell'autografo del Santo: « parrebbe piuttosto
che la lettera fosse di frate Leone a S. Francesco ». In nota il Minocchi
corregge il testo dato dall' ab. Cozza in due punti.

Ragguardevole per la storia dell'arte Umbra il libro splendido di
I. B. Supino, Beato Angelico, traduit de V italien par M. I. De Crozay
(Florence, Alinari, 1898). Trattandone Gustavo Frizzoni nell’ Arch. stor.
dell’ arte (a. III della 2* serie; fasc. VI), dice che il Supino « giusta-
mente ribatte l' opinione di coloro che inclinerebbero a vedere [il beato
Angelico] provenir dalla Scuola Umbra. E in proposito, anzi, si potrebbe
dire che il caso opposto vuolsi verificare, non essendo difficile il consta-
tare come indirettamente sia stata l'arte Umbra quella che senti l'in-
fluenza di lui; a mezzo cioè del suo diretto allievo Benozzo Gozzoli che
422 ANALECTA UMBRA

alla sua volta va considerato come il vero maestro di Nicolò da Foligno
e fors'anco di altri compaesani ».

Le opere dell’ Angelico eseguite a Roma e in Orvieto (1445 - 1455)
offrono al Supino larga materia di studio.

Nell’ ultimo fasc. della Rass. bibliografica dell’ arte italiana il prof.
Egidio Calzini, a proposito di A/cuni affreschi di Ottaviano Nelli ven-
duti (?), scrive: « In una camera a pianterreno nella casa n. 11, 1. C.,
di via Reposati in Gubbio, vidi alcune pitture che io credo indubbia-
mente di Ottaviano Nelli. Nella lunetta di fronte alla porta d’ ingresso,
divisa in tre compartimenti, sono dipinti l’ Annunciazione, nel mezzo;
una croce, a destra; e un S. Antonio, a sinistra. L' arcangelo Gabriele,
invece del giglio, regge nella sinistra una banderuola bianca con croce
rossa. Sopra questa figura vedesi la mano dell’ Eterno da cui partono
raggi che illuminano Maria, nella stessa maniera usata dal maestro
nella scena della morte di S. Agostino, nel coro della chiesa dedicata a
questo santo in Gubbio, in cui vedesi 1’ Eterno Padre in atto di bene-
dire e illuminare, con raggi segnati in oro, la salma del Santo. Maria
.in abito monacale col bianco soggolo, la veste rossa e il manto bleu,
tiene sulle ginocchia un libro aperto, mentre un altro libro, pure aperto,
le sta dinanzi sul leggìo; rossa, con maniche larghissime, è la tunica
dell'areangelo, e bianca la sottoveste. Il profilo caratteristico della gio-
vane figura di Gabriele, i capelli suoi giallo- oro disposti a parrucca,
l'oechio grande e a mandorla, l’aureola circolare come quella della Ver-
gine e del S. Antonio, sono più che sufficienti indizi per attribuire la
pregevole pittura ad Ottaviano. Della cattivà conservazione di tali af-
freschi dice abbastanza il fatto che in quella stanza vi tiene bottega un
modesto sellaio. Nella stessa casa, sulla vólta di altra stanza, ridotta
non so da quanti anni a s/a//atico, sono altre pitture della stessa mano
divise in cinque riquadri. Nel primo, il più prossimo alla finestra, ve-
desi la Vergine col Bambino seduta in mezzo a S. Giovanni e ad un
altro santo. Nel secondo è rappresentata S. Caterina d' Alessandria;
nel terzo S. Antonio; nel quarto un santo vescovo, forse S. Ubaldo, bel-
lissimo; e nell’ ultimo la madonna della Misericordia, corteggiata da
due santi. Sulla parete dell’ unica finestra che dà luce alla stalla sono
dipinte altre due nicchie con entrovi una figura di santo per nicchia.
Infine, nel centro della vòlta è un « Agnus Dei ». Ciò che sta a provare,
come un tempo tutta la stanza doveva essere dipinta. Di questi affre-
schi come di altre opere sicure del Nelli, ad esempio, quelle del coro
della mentovata chiesa di S. Agostino, e di altre ancora non a tutti
note nella patria del maestro, ho potuto prendere sul luogo diversi ap-

4

CHEF
X-

ANALECTA UMBRA 493

punti per un lavoro, che da tempo vado pensando su Ottaviano. Ma intanto
mi è parso un dovere l'aecennare qui al modo con cui vengono lasciati
lavori dí tanta importanza per la storia dell'arte umbra.

Nell’ andarmene dalla casa di via Reposati domandai a una donna,
che non so se sia la padrona dello stallatico, perchè mai si lasciavano
deperire così le belle pitture; ed essa ingenuamente mi disse che nes-
suno se ne era interessato fino a poco tempo fa; ma che ultimamente
un forestiero le aveva comperate tutte per 150 lire, e che nel maggio
prossimo, fattele staccare, l’ avrebbe portate con sè all’ estero. Quanto ci
sia di vero in tal racconto io non saprei dire; ma è possibile che nes-
suno ne sappia nulla? Nulla ne sanno gli amici dell’ arte in Gubbio,
nulla gli ammiratori della soave e gentile Madonna dello stesso Nelli
in S. Maria Nuova? ».

Nulla, rispondiamo noi, se ne volle sapere. E gli affreschi, staccati
già, son proprietà di un inglese che dimora a Firenze. E così per igno-
ranza e noncuranza mancano a Gubbio alcuni clementi preziosi per costi-
tuire un Archivio delle opere di Ottaviano. Chi scrive, ed ebbe in animo
di fondar questo Archivio, ha fiducia che pel mezzo del Ministero di P. I.
Gubbio possa recuperare quegli affreschi venduti per così .vilissimo prezzo.

Nel vol. XXXI (fasc. 2-3) del Giornale storico della lett. ital. (pag.
458-60) il prof. Benedetto Croce dà notizia di un Repertorio della Com-
media dell’arte ch'è contenuto nel cod. A, 20 della Comunale di Pe-
rugia. È di don Placido Adriani di Lucca che visse nel secolo scorso e
fu comico; anzi la parte di Pulcinella rappresentò nelle Metamorfosi
di codesto personaggio, commedia che fu data in S Pietro di Perugia
nel 1730. Quattro delle sue commedie son contenute in un altro ms.
della stessa biblioteca, segnato D, 46. Di varie opere sue v'ó pure un
volume, segnato A, 22; fra le quali la Defensio Francisci Stabilis vulgo
detto Ceccho d' Ascoli.

Il dott. Ludovico Frati nel Bollettino della Società bibliografica
italiana, a. I, num. 1-2 (gennaio - febbraio, 1898), torna a dire del Co-
dice Isoldiano (efr. Giornale stor. della lett. ital., XXV, 146) a proposito
di una illustrazione critica che dello stesso ms. fece Eustachio Manfredi.
Per noi è utile notare che il sonetto « La saneta fama della qual son
prive », che nel Cod. portà il nome di Andrea da Perugia, « suole
(dice il Manfredi) attribuirsi a Stramazzo da Perugia che forse è cognome
di questo Andrea qui nominato ». Ma per la varia attribuzione del so-
netto fa bene il Frati a rimandare il lettore alle Rime di Fr. Petrarca
a cura di Giosuè Carducci (Livorno, Vigo, 1876; pag. 8 e sg.).
ANALECTA UMBRA

Nel Catalogo 109 della libreria antiquaria di C. Clausen (1° bime-
stre 1898) erano vendibili i sgg. mss.:

N. 1200. « Statuti dell’antica Isola romana e sua origine, di poi
nomata Bastia nell’ Umbria » : traduzione dall’ originale ms. di verso
il 1773.

N. 2015. Statutum Gualdi. Ms. cart., di verso il 1680. (Indice,
ff. 2(: Proemio e bolle; Statuti, pagg. 420).

Il prof. A. Gaudenzi, trattando nel num. 19 del Bollettino dell’ I-
stituto storico italiano (Roma, 1898) della Storia del cognome a Bologna
net secolo XIII, e citando, tra le fonti per codesta storia, i formulari
notarili e le opere dei dettatori, ricorda il Formulario di Rainerio da
Perugia (dà notizia dei Codici che lo contengono a pag. 33) e quel di
Beneivenne da Norcia, ch'è in un Codice di Montecassino ed è quasi
una copia dell’ altro di Rainerio (pag. 34).

__—L’ Arte (che sostituisce l' Archivio storico dell’ arte — e si fa erede
del suo onorato lavoro — lavoro utilissimo agli studi e che onora l’ Italia)
nel suo fasc. F-II pubblica ed illustra, per la penna maestra di A. Ven-
turi, alcuni disegni del Pinturicchio per l’ appartamento Borgia del Va-
ticano (Particolari della Disputa di S. Caterina — Due disegni nell’ Isti-
tuto Stidel in Francoforte s. M. — Tre nel museo del Louvre — Due nel
British Museum di Londra — Particolare dell’ affresco di S. Sebastiano
nell’appartamento Borgia). Si rivendicano al Pinturicchio due disegni
già pubblicati da molti autori come opera di Gentile Bellini e che hanno
con quelli un' evidente somiglianza nel fare, al confronto degli altri cin-
que disegni ivi riprodotti, e si esclude affatto la imitazione del Pisanello
e di Gentile da Fabriano. — Nella copiosa Bibliografia artistica si dà conto
delle opere seguenti: Supino, Beato Angelico (Alinari fréres, Florence,
1898) osservandosi l’ esclusione di Benozzo dagli affreschi di Orvieto.
Wingenroth, D'e Iugendwerke des Benozzo Gozzoli (Heidelberg, 1897),
opera giudicata molto diligente, ma di scarsa indipendenza e originalità
di giudizio. L' A. cerca di distinguere la parte di Benozzo nell’ opera
dell’ Angelico, di cui fu collaboratore a Orvieto e a Roma. Conchiude
studiando l'influsso di B. sulla scuola umbra. — Berenson, The Central
Italien Painters of the Renaissance (G. P. Putnam ’s Sons, New York
and London, 1897): dice il Frizzoni, lodando quest’opera che tratta dei
pittori di Siena, di Perugia, dell’ Umbria in genere, Pinturicchio e Pe-
rugino, nonchè dei Toscani, come P. della Francesca e Signorelli, quanto
siano notevoli le attribuzioni nuove che l' A. dà al « Cenacolo di Foli-
gno », contato nel numero delle opere di Pietro Perugino eseguite du-
ANALECTA UMBRA 425

rante il suo primo soggiorno in Firenze; al ritratto di donna dalla ca-
tenella al collo attribuito a Raffaello e dall’ A. riferito a Pietro; all’ A-
pollo e Marsia del Louvre, pure attribuito a Raffaello e pur esso riferito
al Perugino, dove « si riscontrano vari termini di paragone calzanti con
altre cose sue bene accertate ». Quanto poi allo Sposalizio del Museo di
Caen in Normandia, rifiutato a Pietro e dato allo Spagna, farà opportune
osservazioni un nostro socio collaboratore nel prossimo numero di questo
nostro Bollettino. Il Frizzoni, ricordando l’altra attribuzione allo Spagna,
cioè la tavoletta del museo Poldi Pezzoli (una Madonna col Bambino
fra due Angeli), non si mostra favorevole al giudizio del Berenson.

Il nostro egregio dott. Girolamo Donati, autore di importanti lavori
di filologia comparata, tratta, in una nota, Di un'urna etrusca del
Museo di Perugia (Perugia, 1898) che il Guardabassi giudicò una
rappresentanza del pastore Alessandro inseguito da Ettore. Il D. prova
che essa si riferisce alla lotta fra i due fratelli Deifobo e Paride, e tenta,
con buon criterio scientifico, la ricomposizione e interpretazione della
iscrizione frammentaria.

Precedute da una robusta prefazione di G. Bini- Cima, il Municipio
di Assisi ha pubblicato (Assisi. tip. Metastasio, 1898) le Memorie auto-
biografiche di E. Brizi (1838-1862) che fu anima e capo del movimento
di Milano nel 1853, « nome d'un modesto, operoso, intrepido soldato
della democrazia italiana », disse G. Mazzini. V' è unita la conferenza di
C. Fani tenuta nel teatro Metastasio il 7 marzo ’97 inaugurandosi un
ricordo marmoreo al vecchio patriota, presente un compagno di lui,
anch'egli condannato a duro carcere, Francesco Marcocci. — Di altro pa-
triota si fa accenno ne’ ricordi autobiografici del pittore B. Pollinari
pubblicati nella Strenna Piacentina 1897-98 (Piacenza, tip. Tononi), ed
è Vincenzo Pontani pittore orvietano, scolaro del Viganoni e amico del
Pinelli, col quale e con B. Pollinari si trovò in Roma nel 1831, e prese
parte ai moti rivoluzionari di quell’anno e attirò il Pollinari nella squa-
driglia di giovani romagnoli diretta dal Pontani stesso per un tentativo
di rivoluzione organizzato una sera di carnevale, fallito interamente, che
fruttò l'espulsione dei romagnoli e dell’orvietano nel termine di 24 ore.

Di Orazio Antinori e della sua collezione etnografica, ora riordinata
dal prof. G. Bellucci nell’ Università di Perugia, parlò con affetto lo
stesso Bellucci inaugurandosi l' anno scolastico corrente (Sua Collezione
etnografica Antinori, Perugia, tip. Santucci).
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ANALECTA UMBRA

Il venerando Nestore degli studi storici dell’ Umbria, il marchese

Giovanni Eroli, pubblica la Descrizione delle chiese di Narni e suoi din-

torni, le più importanti rispetto all’ antichità ed alle belle arti (Narni,
-Petrignani, 1898). Ricorda le memorie, gli artisti, i monumenti, le scol-
ture e le pitture che si riferiscono a persone degne di ricordo. Per mezzo
di disegni, d’ incisioni, e di fototipie sono date le riproduzioni dei luoghi
e l’immagine esatta delle cose descritte.

Fabio Gori illustra dottamente Tre erme ed una iscrizione greca
(Rieti, Trinchi, 1898) collocate nel palazzo del marchese Francesco Ca-
nali presso il teatro Vespasiano, in Rieti. Nella prima erma ravvisa
Cicerone, il quale fu ospite della villa reatina di Azio. La confronta
con i due busti di Madrid e di Londra: dà la ragione delle piccole
differenze. Combatte l’idea di chi ha voluto ravvisarvi Seneca. W. Hel-
big e D. Comparetti hanno accettato pienamente il giudizio del Gori.
Le altre due erme rappresentano Sofocle ed Euripide. In quest’ultimo
giudizio non sembra convenire il Comparetti; ma il Gori si convince
che la sentenza che è scritta nel busto non sia così ovvia e volgare,
per concernere ‘gli schiavi, da non meritare d’essere scolpita sotto 1’ ef-
figie del grande tragico.

Pieno di interesse è il rapporto dato dal Sordini nelle Notizie degli
scavi pel mese di gennaio u. s. sulle Scoperte di antichità in Spoleto e
nel suo territorio, per le quali viene determinato il piano antico del
Foro a poco meno di due metri di profondità dall'attuale livello della
piazza del Mercato, e viene chiarita la questione delle adiacenze di esso.
Le rovine poi di due colossali serre romane, una costrutta attraverso il
fosso onde la località e le sorgenti prendono nome, l'altra a poca di-
stanza sulla ripa del fosso, sono « senza dubbio il piü bel tratto di
costruzione romana che veggasi nei dintorni di Spoleto, superiore d'as-
sai, per grandiosità costruttiva, ai sicuri restauri romani delle mura di
quella città ». Nota ancora un breve tratto di cunicolo, costruito di
grandi travertini squadrati, con copertura a capanna, parimenti di grandi
travertini, esistente quivi presso, per entro il quale scorrono ancora le
acque di una delle sorgenti; e conclude che gli antichi acquedotti spo-
letini sono opera romana e non già longobarda o del primo sorgere del
Comune, romano di origine essendo anche il famoso ponte delle Torri,
successivamente ampliato.

Si è pubblicato a Berlino il VII fascicolo del Corpus Inscriptionum
Etruscarum, diretto da C. Pauli. Contiene gran parte delle iscrizioni

DOIDTUMEESCEN ec wcsem hl
EAS a7 v

ANALECTA UMBRA 491

Perugine e accuratissimi al solito ne sono la ristampa e l'apparato cri-
tico: nel fascicolo VIII sarà edito il rimanente delle iscrizioni perugine,

Nel « Kunstbladet » di Copenhaghen, aprile 1898, è un articolo di
Andreas Aubert sulle pitture del Pinturiechio nell'appartamento Borgia

al Vaticano.

Il prof. Gori ha pubblicato (Rieti, tip. Trinchi, 1898) un interessante

. opuscolo con questo titolo: Una lapide commemorante il matrimonio ce-

Lebrato in Rieti nel MCLXXXV tra Costanza di Altavilla ed Enrico VI
di Hohenstaufen, spiegata con documenti inediti. La lapide, pubblicata
diverse volte, è data con maggiore esattezza, ma sarebbe stato utile ri-
produrla sopra un calco. Il matrimonio fra Enrico VI e Costanza cele-
brato per procura a Rieti fu poi solennizzato a Milano. Il Galletti nella
sua opera Delle tre chiese di Rieti ed altri considerano la cerimonia che
ebbe luogo in Rieti come una semplice conchiusione di sponsali. Il Gori
osserva che in questo caso non si sarebbe scolpita in lapide una memo-
ria del fatto, o si sarebbe scritto che Zenricus promisit recipere (e non
già recepit) Constantiam in uxorem. Farà però meraviglia (egli soggiunge)
il vedere rinnovata nel 1186 in Milano la celebrazione del matrimonio
che aveva avuto luogo in Rieti per procura ; e lo spiega dicendo che il re
Enrico solennizzó il suo matrimonio in Milano per ratificare personalmente
quello contratto per procura in Rieti ed affinché in tutto il regno d'I-
talia non si movesse alcun dubbio sulla validità del medesimo. Noi, senza
contradire al pensiero dell'egregio prof. Gori, osserviamo peró che era
prammatica comune di solennizzare le nozze dopo che erano state contratte
per procura, e quindi non crediamo che in questo caso si facesse una
novità. Erudite sono le note che il ch. nostro socio fa ai nomi ricordati
nella lapide, e giuste molte osservazioni. Ma non crediamo esaurita la
questione del Corrado marchese di Toscana sospettato da alcuni anche
duca di Spoleto; non che s' abbia a confondere col Corrado marchese di
Ancona, perchè anche il Ficker riporta più documenti, dove i due Cor-
radi, il duca di Spoleto e il marchese d’ Ancona, sono nominati distinti
l'uno dall'altro. Indichiamo intanto un Corrado figlio del duca Diopoldo
in una carta inedita amiatina del 1210. I documenti che il Gori allega
in appendice non sono tutti inediti. La donazione del duca Teodicio
del 772 e la bolla di Anastasio IV alla chiesa Reatina sono pubblicate
dall’ Ughelli, I, 1196, 1198. Quella di Lucio III è indicata dal Jaffè, II,
pag. 442, n. 14675. Il privilegio dell’imperatore Federico I al vescovo
Dodone è pure in Ughelli, I, 1200; l’altro a favore di Foligno è dato
dal Ficker, Urkunden zur Reichs-und Rechtsgeschichte Italiens, IV, 190;
— Hn M

498 ANALECTA UMBRA

e la conferma rinnovata nel 1184 dallo stesso imperatore è in Bóhmer,
Urkunden deutscher Kónige und Kaiser mit einem anhange von Reichssau-
chin, che lo pubblicò completo sulla copia del Bethmann, come, d'altronde,
il G. sa benissimo e può a noi insegnare. Sarebbe un lieto augurio per
i nostri studi che l’ egregio professor Gori imprendesse a pubblicare una
raccolta completa di documenti Reatini fino a tutto il secolo XII e li
presentasse agli studiosi con quelle illustrazioni che ci possiamo atten-
dere dalla sua ben nota dottrina e perizia.

Il prof. Cuturi negli Annali dell’ Università di Perugia (N. S., vol.
VII) ha pubblicato un ampio studio storico e teoretico sulla com-
pensazione del diritto civile italiano (parte I, pag. 399), e noi qui lo
accenniamo, perchè vi sono accuratamente esaminate le opere della
scuola perugina, specialmente quelle di Cino, del Baldo, del Bartolo,
dell’ Alfani, ecc.; al quale ultimo si deve il primo tentativo di un trattato
della compensazione che, secondo il Vermiglioli, deve essere stato scritto
nel 1447. È molto interessante vedere come la scuola di Perugia, a dif-
ferenza della Bolognese, abbia recato notevolissimi contributi alla teoria
della compensazione, di cui durò lungamente l’ influenza.

Nei Mittheilungen des Kaiserlich deutschen Arch. Instit. Roemi-
sche Abtheilung (Rom., 1898, b. XII, 3-4) il ch. Noach di Darmstadt
studia le mura e l’ architettura etrusca in Perugia con incisioni interca-
late nel testo e una fototipia, in fine, dell’ affresco del Bonfigli nel pa-
lazzo comunale, col disegno dell’ arco di Augusto e la cinta etrusca.
re

RECENSIONI BIBLIOGRAFICHE

Speculum Perfectionis seu S. Francisci Assisiensis Legenda antiquissima
auctore frate Leone, nunc primum edidit PauL SABATIER. Paris,
Librairie Fischbacher, 1898.

A non molta distanza dal suo poderoso lavoro sulla vita di S. Fran-
cesco d’ Assisi, P. Sabatier manda attorno un altro pregevole studio,
inteso ad arricchire la già doviziosa bibliografia francescana. E poichè
con gentile pensiero l' A. ha dedicato ai suoi amici di Assisi la nuova
opera, è bene che su questo periodico, che rispecchia il movimento in-
tellettuale dell’ Umbria, tanto cara a S. Francesco ed al suo recente il-
lustratore, si discorra fra i primi di questo ardito ed erudito lavoro.

Nella prefazione l’ A. ci narra come riuscì a rintracciare e ricom-
porre lo scritto da lui attribuito a frate Leone: avendo dimostrato in
altra occasione che una gran parte della Leggenda dei tre socii era
scomparsa, si diede a rintracciarla nello Specutum vitae del 1509; e in-
vece di trovare la parte dispersa della leggenda composta nel 1246, ne
trovò una intera. La sottile dimostrazione dell’ A. si fonda su questo ar-
gomento: eliminando dalla raccolta del 1509 (Spec. vitae) i Fioretti, i
frammenti di Bonaventura, qualche altro frammento monastico, le ero-
niche dell’ Ordine, una parte delle opere di S. Francesco e qualche altro
documento sul Perdono di Assisi, il resto costituirebbe la Leggenda an-
tichissima, in 124 capitoli. Egli è riuscito a ciò collo studio paziente dei
testi, colla comparazione fra i documenti e coll’ aiuto speciale del codice
Mazzarino 1743. Un’argomentazione sì fatta, è segno, in vero, di acume
critico non comune, e le numerose prove che l’ A. porta a sostegno del
suo asserto, e gli indici e le note, dimostrano in lui uno studioso di pro-
fonda e varia erudizione.

Dopo la prefazione (XVII-XLIV), segue l’ introduzione (XLV-LXI).
In essa l’A. si propone di dimostrare l’ unità dello Spec. Perfect., e, esa-
minata la rubrica che sembra smentire assolutamente tale unità, e detto
che essa è in disaccordo più apparente che reale col contenuto dell’opera,

20
[as 430 F. POMETTI

trova in questa unità di piano d’ ispirazione e di stile. Affermato che lo i
Spec. Perfect. fu scritto nel 1227, esamina le differenze fra esso e i ma- !
nifesti dei Fraticelli del XVI secolo; discorre delle profezie attribuite a
S. Francesco nello Spec. Perfect., e s'ingegna di stabilire qual posto:
possa occupare in esso la Regola del 1221. Cosi, discorso dell’ opera, eli-
minati a modo suo i dubbi sull' autenticità e precedenza di essa, e si-
curo di averla collocata su base ben solida, passa a parlare dell’ autore
dello Speculum. Perfectionis (LXII-LXXXV). Frate Leone fu tra i primi
seguaci di S. Francesco, dopo che Innocenzo III ne approvò la Regola. E
ben lui l'ammalato di Bologna nell'agosto del 1920. Segui poi il santo alla
Porziuncola, quando nell'inverno del 1220-21 Pietro da Catania adem-
piva all’ ufficio di ministro generale dell’ Ordine. Da quando $5. France-
sco si ritirò nell’ eremo di Fonte Colombo per comporre la Regola. defi-
nitiva, Leone non l’ abbandonò mai più fino al 1226. Con predilezione
I’ A. si sofferma a rilevare le attitudini di segretario di cui era fornito
Leone, e lo stima come il custode più geloso della tradizione francescana
e come l’ ispiratore dei tentativi di riforme. Trova modo anche di di-

scorrere dei rapporti di Leone con Angelo Clareno e con santa Chiara.
Da questo punto l' argomento cambia, e l'A. s'addentra in una spe-
ciale trattazione di critica storica, in appoggio alle sue opinioni: dotta,
diligente e paziente trattazione. Vi si espone il sommario dello Spec.
Perfect., secondo la disposizione cronologica (LXXXVI-XCIII); vi si ra-
giona dei rapporti fra esso e parecchi altri documenti del XIII sec. (XCIV - ;
CLXII) e vi si descrivono i mss. consultati (CLXIII-CCXIV). Il contenuto: j
dello Spec. Perfect., secondo la ricomposizione del Sabatier, va da p. 1 a 246.
Segue un'appendice divisa in due parti. La prima, contiene studii spe-
ciali su qualche capitolo dello Speculum, come quello sulla composizione:
della Regola (cap. 1), sulla vocazione di frate Egidio (cap. 36), sul come

la Porziuncola fu donata a S. Francesco (cap.55), sulla visita della Set-
tesoli a S. Francesco morente (cap. 112), e sul Cantico del sole (cap. 120).
La seconda racchiude documenti: un frammento della nota lettera di © 1
xiacomo da Vitry del 1216; alcune lettere attribuite a frate Masseo; il
testamento di S. Francesco del 1226 ; l' esposizione della Regola secondo:
la Bolla Quo elongati del 30 settembre 1230; tre capitoli della Seconda
Vita di S. Francesco per Tommaso da Celano; tre capitoli dello Spec.
Perfect. nella traduzione italiana del codice Riccardi 1407; e lettere di
fra Gregorio di Napoli del 1219.

—€—ÓMÓ—MM————

*

Abbiamo detto in succinto del contenuto dell’ opera; ci sia permesso:
ora di esporre al riguardo alcune considerazioni. E per fare che esse
RECENSIONI BIBLIOGRAFICHE 431

possano riuscire in qualche modo persuasive occorre, a noi ed a chi legge,
astrarsi dalla non comune erudizione dell' A., metter da banda la sa-
piente disposizione della materia, non lasciarsi vincere dall’ attrattiva
piacevole della forma.

Non è nostra intenzione polemizzare con sì agguerrito avversario ;
tuttavia, non sembri irriverente il dire che, in una ricostruzione tanto
importante, l' affermare come provato un argomento sul quale la critica
e la discussione non si sono ancora esercitate, spesso, più che la per-
suasione, può invece generare il dubbio. Con tutto il ricchissimo corredo
di prove fornite dall’ A., noi restiamo di avviso contrario intorno ai punti
essenziali della sua dimostrazione; e il nostro convincimento, più che
da prove esteriori, più che dal preconcetto, trova alimento nelle prove
stesse del Sabatier.

Ineomineiamo, prima di tutto, dall’ interrogare lo spirito intimo che
anima l’ opera dell’ A., cerchiamo d’ intendere a che mira ed a che rie-
sce, e se il risultato delle indagini e delle argomentazioni è sì solido da
resistere ai colpi di prove in contrario. :

Ammettendo la precedenza dello Speculum Perfectionis sulle due
vite di Tommaso da Celano, anche i mediocremente versati nella lette-
ratura francescana comprenderanno che si tenta in essa un’ innovazione
ardita. Le vite di Tommaso sono ritenute come caposaldo per la biogra-
fia di S. Francesco; lo Speculum, dovuto a più scrittori, ai frati ed ai
gregarii zelanti, 6 stato sempre stimato di minore importanza; ora se il
secondario tenta di prendere il posto del principale, non v'é chi non
veda di andar cauti.

Se ci si lasciasse guidare soltanto dal pensiero di avere sotto gli
occhi le prove di chi, partecipe di alcuni eventi, ce li espone con inge-
nua schiettezza, con quell’ efficacia che ha in sè la testimonianza diretta,
nulla di più interessante del racconto attribuito a frate Leone. Egli fu
il compagno fedele, l' amico devoto del Santo, e sotto il rispetto storico
e psicologico lo seritto attribuito a lui sarebbe innegabilmente piü im-
portante di quelli di Tommaso e di S. Bonaventura. Tommaso, ad esem-
pio, tesse il racconto più sulle testimonianze altrui che su ricordi per-
sonali, e riesce in un lavoro apologetico ; Leone non avrebbe bisogno del-
l'aiuto degli altri: basterebbe che avesse evocato i suoi ricordi di se-
gretario, di confessore, d'infermiere, per riuscire in uno scritto di vin-
cente semplicità. Se il Sabatier fosse stato mosso dal desiderio di appor-
tare un si notevole contributo, in cui la storia, l'arte e la psicologia si
completano a vicenda, l' opera sua sarebbe da applaudire senza riserva.
Ma la precedenza e l’ importanza, che da lui si vogliono attribuire a Leone
come solo autore dello Specu/wm, implicano una più seria questione. Ed
432 F. POMETTI

è questa, a noi sembra: frate Elia chiede aiuto all’ autorità pontificia
per far tacere i dissensi e per diffondere la Regola; frate Leone ricorre
a qualcosa di più autorevole, niente meno che a Dio stesso, e pare che
metta S. Francesco in opposizione al Vaticano; il primo sottopone la
Regola agli emendamenti del Papa; il secondo la vuole senza riserve,
senza aggiunte: in questo contrasto la figura del Patriarca si adombra,
e il Sabatier non s'avvede, o non gli cale, che, riprendendo Gregorio IX,
sminuisce il carattere etico del Poverello.

Ora, se su ciò s' impernia la questione fondamentale, è d' uopo inda-
gare se le prove del Sabatier possono valere a convincere sulla prece-
denza dello Speculum.

E risaputo che Gregorio IX, il quale da cardinale aveva avuto fa-
miliarità con S. Francesco, ordinó che se ne scrivesse la vita; e due
anni dopo la morte del santo, nel 1229, Tommaso da Celano ne presentò
una, che fu accettata ed approvata. Le linee della vita scritta dal Celano
sono ben larghe, e vi si tratta non solo della Regola, ma ben anco di
tutti gli eventi che si riferiscono a S. Francesco ed al suo tempo: è un
quadro storico, in cui si tien conto di cose svariate. Lo Speculum, in-
vece, si restringe a trattar di proposito della Regola, e vi si insiste
ripetutamente che la si deve osservare come Francesco la ideó, senza
glosse, alla lettera. Si tenga bene a mente questo punto. Ai dubbi ed
alle interpretazioni diverse che erano sorti e s'incominciavano a dare
allo statuto francescano, Gregorio IX oppose un argine colla Bolla Quo
elongati, emanata sul finire del settembre del 1230. Ora, se il pensiero
fondamentale dello Speculum è l’ opposizione alle glosse ed agli emen-
damenti pei quali la Bolla fu creduta necessaria, è evidente che lo Spe-
culum non può farsi risalire al 1227, ma deve di necessità stimarsi po-
steriore al 1230. Oltre questa, altre prove si potrebbero citare. Ad es.:
nello Speculum si parla della morte di frà Bernardo, ed è noto che nel
1238 fra Bernardo viveva ancora. È noto egualmente che S. Francesco
voleva far abbattere la casa eretta accanto alla Chiesa, casa edificata
dal Comune di Assisi per comodo dei frati; e nello Spec. è detto: « Et
quolibet anno usque ad magnum tempus servatum fuit hoc
statutum », cioè l'aecordo che la casa doveva restare per utilità pub-
blica; e questa sembra un'altra prova per ritenere posteriore al 1997
lo Spec. Lo stesso Sabatier ci offre materia di confronti si fatti, perché
l'aeutezza del vedere non gli nasconde i dubbii assai gravi, che spuntano
ad ogni passo nella sua dimostrazione, e spessissimo, per non dir quasi
sempre, l'ingegnoso argomentare mostra il lato vulnerabile. Ma, al-
l'uopo, non gli fa difetto l' arguta osservazione, come questa, àd esem-
RECENSIONI BIBLIOGRAFICHE .: 433

pio: che fra Leone, essendo vissuto a lungo, nulla toglie che egli sia
ritornato sul suo lavoro e lo abbia arricchito di note posteriori.

È Pure, se queste prove, diciamo così, esteriori, mancassero, faccia-
4 3moci ad interrogare, sia anche di sfuggita, lo Spec. primitivo, quello
cioè generalmente conosciuto prima dell’ edizione comentata dal S.
‘Tutti i codici che lo contengono, hanno quest’ intestazione: « Inci-
pit speculum Perfectionis statutus fratris Minoris scilicet beati Francisci.
Istud opus compilatum est per modum legendae ex quibusdam

antiquis quae in diversis locis scripserunt et scribi fecerunt socii
beati Francisci ». A questa esplicita dichiarazione, dalla quale risulta
che lo Spec. è composto di leggende raccolte da più luoghi e da più

persone, è necessario opporre prove esaurienti. E non basta; nel corpo
dell’opera, quasi ad ogni pagina accade di leggere che i compilatori
chiosano e comentano in numero plurale, come accumulando una serie
di testimonianze a riprova di quanto vogliono affermare. Il S. opina
(XLVI) che ciò nulla toglie all’ unità del piano, dell’ ispirazione e dello
stile dello Spec. ; giacchè il principio Incipit Spec., etc. non si riferisce
soltanto allo Spec. Perfect., ma a tutta la collezione degli scritti fran-

cescani. È vero che accenna ad una ragione, se non solida, plausibile,
che cioè i compilatori si sian serviti dell’ esordio riferito per isfuggire
lo zelo inquisitoriale dei fautori della larga osservanza; ma è vero altresì
che l’asserzione andava ampiamente provata, e non di sfuggita accen-
nata.

Lo studio che l’ A. consacra (CCXIV-CCXVI) al cod. Mazzarino 1143,
non pare che risolva il dubbio della precedenza, perchè alle prove che
egli accampa non sarebbe difficile contrapporne altre ; ci occorrerebbe una
riproduzione esatta del cod., sia per dedurre un libero e personale con-
vincimento da un esame di raffronti fra questo e gli altri codici conte-
nenti lo Spec., sia per appurare se è veramente la copia di un altro
scritto composto circa il 1228.

Uu

NUGAL
NM
UV 0

Chi ripensi alla ricostruzione che il Sabatier fa dello Speculum Per-
fectionis in quest’ edizione, ricostruzione ardita, per non dire arbitraria ;
chi ponderi alla innovazione che la precedenza di esso, se accettata,
apporterebbe nella bibliografia francescana ; chi mediti infine sulle con-
traddizioni fra lo Speculum così ricomposto e la tradizione già consa-
crata da secoli, non puó ritenere del tutto soddisfacenti e convincenti
le prove riportate dall’ A.

Come un magnifico edificio splendidamente architettato, questo volume
attrae e seduce; ma è appunto come una delle tante costruzioni edilizie mo-
434 F. POMETTI

derne che sorgono come per incanto, ma che spesso crollano per defi-
cienza di solide basi. Non sarà certamente per i nostri modesti appunti
che potrà scuotersi l'organismo di questo libro; ma qualche altro più
versato di noi nella letteratura francescana ben può darsi che sorga
autorevolmente ad opporsi al chiarissimo A. (1). Al quale gli studî sto-
rici vanno debitori d' un saggio di paziente critica, e il mondo france-
scano gli deve essere grato per le cure indefesse che spende intorno ad
argomenti di sì alta importanza. Ma, tirata la somma dei dubbi che re-
stano, valeva la pena d’una sì laboriosa fatica? Lo dirà la discussione,
che auguriamo ampia ed elevata.

Roma, giugno 1898.
FRANCESCO POMETTI.

(1) Avevamo tracciato questo cenno quando richiamò la nostra attenzione uno
scritto intorno allo stesso argomento del Rev. Sacer. Michele Faloci Pulignani (Mi-
scellanea Francesvana vol. VII). Ci fa piacere rilevare che le nostre osservazioni si
trovano in gran parte d'accordo con quelle dell’ illustre scrittore, notoriamente cono-
sciuto come uno dei più valorosi campioni degli studi francescani.
MEMORIE

ERETICI E RIBELLI NELL'UMBRIA
dal 1320 al 153
studiati su documenti inediti. dell’ Archivio: segreto: Vaticano

(Vedi Vol. IV, pag. 221)

IV. — Nelle rivolte, di cui abbiamo discorso, o di cui
abbiamo dato un semplice accenno, l'aggressione è sempre
mossa da ghibellini, laici e non laici, tutti signorotti intol-
leranti del governo della Chiesa che si trascinano seco anche
le comunità. Non si vede ancora quello spirito di ostilità
contro le istituzioni religiose e contro la persona stessa del
Papa che distingue. particolarmente cotesto sciagurato pe-
riodo storico preso a narrare. Tale spirito di ostilità si ri-
scontra nelle città umbre amministrate dal Rettore del
Patrimonio di S. Pietro. Ma se ne vede la tendenza anche
in qualche potente del Ducato, à somiglianza di quanto si
ebbe occasione di notare nei ribelli della Marca. Ce ne dà
un esempio il signor Giovanni di Jacomo da Gualdo de’ Cat-
tani, unito a messer Bicello di Gualfreduccio de’ Baglioni di
Perugia. Costoro fraternizzavano coi ghibellini di Spoleto, con
Offreduccio e con Ugolino Trinci avversari di Jacomo, si-
enore di Spello. Come questi, mossi da spirito di vendetta,
avevano per fine l'oceupazione di Spello, cosi quelli avevano
per scopo Gualdo, ma, di più, miravano ad impossessarsi di
S. Quirico, ricca abbazia di benedettini, circondata da vasti
beni, in quel di Bettona. Nel processo contro i primi è detto
che i priori di Spoleto e di Spello, Offreduecio e Mazzone,
nel gennaio 1524, con alcuni loro complici e seguaci, uomini

30
438 L. FUMI

di grande affare e potenti, sì della provincia che fuori di

essa, si riunirono in Montefalco nel monastero di 5..Croce

presso il borgo. Sotto l'ombra di quel monastero si commet-

tevano non pure oltraggi contro il buon costume, ma si

tenevano congreghe a danno della Santa Sede; e quivi co-

spirarono per invadere Spello e ribellarlo alla Chiesa: a-

vrebbero adunata gran quantità di gente, per una cavalcata.

sopra la detta terra e per uccidere e derubare uomini e
donne. E di fatti una notte, una mano di costoro, armati, e

con arnesi atti ad abbattere le porte e gli usci delle case,

si accostarono, a bandiere spiegate, alle mura di Spello, ma

furono, quella volta, respinti dalla popolazione accorsa al
? 2

pericolo. Nel processo contro Giovanni di Gualdo è detto

come anch’ esso congiurò, sempre d'intesa con Spoleto, d'oc-
cupare Spello e d’ occupare Gualdo, discacciare, incendiare,

commettere adulteri e altre nefandità; quindi, stretto ac-
cordo con Bicello Baglioni, trattò l invasione del monastero
di S. Quirico di Bettona. Compirono quell’ impresa (dice il
processo) con l'aiuto di malandrini, di omicidiarî, di ladroni

e assassini del Ducato e fuori, i quali entrati per forza, det-

tero lo sfratto al Priore e ai monaci, appropriandosene tutti
i beni. Commessi atti sacrileghi, vi si stabilirono, tenendo
tutto il paese intorno in gran timore (1), obbligando il Ret-
tore a muovere coi trabocchi e l esercito per snidarli
di Ià (2). Violenze di questo genere sono più frequenti
nei luoghi dell’ Umbria soggetti al Patrimonio, come dissi.
L'Umbria del Ducato si ribellava ad un Rettore eccle-
siastico; ma l Umbria del Patrimonio si ribellava ad. un
Rettore Vescovo; ché tale, allora, fu l' autorità sua, a fianco

di un Capitano di guerra. Città di Castello, Terni, Narni,

Todi, Amelia, Orvieto e Rieti che ricadevano sotto quel

regime, erano, in tutto il Patrimonio, le più ostinate nella.

(1) V. in appendice documento 1324 febr. 10-apr. 9.
: (2) Reg. del Ducato, N. III, 50, 51.


fe ant 1

ERETICI E RIBELLI NELL' UMBRIA, ECC. 439

ribellione, non fatta ragione di Viterbo, del Patrimonio
vero centro topografico, città importante, fiera d'indipen-
denza, sdegnosa d'atteggiarsi a. modo di Perugia, di Fi-
renze o di Roma. La parte stessa meno ostile alla Chiesa,
e talvolta la più devota ancora, cercava di sottrarsi a quel
dominio. Le città allegavano il diritto acquistato per la storia,
riconosciuto e confermato .dai Papi, e sostenevano le loro
libertà, che volevano conciliate con la reverenza alle somme
chiavi. Todi appelló al Papa, protestandosi di non voler sot-
tostare al Vescovo di Orvieto che allora reggeva il Patri-
monio. Perugia, come prestava man forte al Rettore del
Ducato e al Rettore della Marca, cosi non lasciava di soc-
correre il Rettore del Patrimonio. Ma sembra riuscisse meno
fortunata a domare i ribelli di quella provincia, che a
frenare i moti delle altre. Se non le fu malagevole ricon-
durre alla Chiesa, dopo la rivolta che abbiamo ultimamente
ricordata, Assisi, Spello, Foligno, Gubbio e i Trinci, ognor
piü benemeritando del pontefice, non mai ottenne, nelle fazioni
patrimoniali, completa vittoria senza suo sacrifizio grave. Dove
trovò il più duro osso da rodere fu a Città di Castello, città
raccomandata al Comune perugino e compresa nella giuri-
sdizione del Rettore del Patrimonio. Era Rettore Guittone
de’ Farnesi vescovo di Orvieto..

Brancaleone de’ Guelfucci, capo di parte guelfa, tiran-
neggiava forte quel popolo, ci dice il Muratori. La maggior
parte de’ guelfi fu cacciata fuori. Quelli che vi rimasero

. erano pochi per sperare nel trionfo della propria fazione.

Sdegnosi di piegare alla signoria di Brancaleone, abbando-
narono la Chiesa; fecero trattato con Guido vescovo d'Arezzo
e con gli Ubaldini per scacciarlo (1). Il 2 ottobre 1323 Ar-
rigo marchese di Petrella e Gerio di Tano-Ubaldini, coll'aiuto
del vescovo suddetto e de’ suoi fratelli, Tarlatino e Pier
Saccone, avuta intelligenza con quelli di dentro, entrarono

(1) PELLINI, Op. cit., I, 466.
440 L. FUMI

in città per la porta a S. Giuliano. Erano con loro 300 cavalli
e buon numero di fanti forlivesi e aretini (1). Non si con-

tentarono di dare lo sfratto a Brancaleone, ma cacciarono .

gli stessi guelfi, in numero di 400, compresi i traditori.
Perugia fece ogni sforzo per riavere quella città che consi-
derava come sua. Strinse, a tale scopo, una lega con Firenze,
Siena, Orvieto e Gubbio. Mise in piedi 3,000 cavalli. Pose a
capitano della lega il marchese Guido di S. Maria, che prima
di correre alla santa impresa, si aggiustò col Papa de’ suoi
falli, come macchiato di sangue e reo della morte di un
monaco (2). Il suo castello diveniva il centro della guerra.
Fu munito di nuovi fortilizi che vennero studiati e disegnati
da Ambrogio Maitani, capomaestro che fu anch’ esso, dopo
la morte di Lorenzo suo padre, del duomo di Orvieto. Lo
stesso celebre Lorenzo fu occupato a fortificare Perugia, e
specialmente le porte a S. Susanna e a 5. Angelo. Anche
nel contado egli diresse le fortificazioni, e v'é memoria della
rocca e del castello di Castiglion Chiusino da lui circondati
di carbonaie. Egli era l architetto militare e civile insieme,
come di Orvieto, cosi di Perugia, e a lui si deve riferire il
merito dell aequedotto rinnovato con grandiosità antica. Per-
tanto, munita la città e munito il contado, Perugia si appa-
recchiava alla guerra; richiamava i conti di Marsciano e di
Campiglia, si rivolgeva alle terre del Ducato per aiuto, im-
poneva nuovi balzelli sull allirato. Dall’ altra parte, i Tarlati,
facendo pompa delle prerogative di vicarî imperiali, conta-
rano su i ghibellini della contrada, avevano dalla loro Ca-
struccio e i Visconti. Si vede bene che la loro tattica contro

(1) Memorie civili di Città di Castello, Città di Castello, 1844, I, 143.

(2) « Dilectis filiis.. Abbati Mon. S. Petri Perusin. et.. Rectori ducatus Spoletan. —
Pro parte Guidonis primogeniti dilecti filii n. v. Guidonis Marchionis de Monte S. Ma-
rie nobis oblata petitio continebat, quod ipse olim quemdam Huguiccionem de Core-
stello monachum Mon. S. Marie de Petrorio ord. S. Ludovici civ. Castelli dioe. ausu sa-
crilégo interfecit. Quare fecit nobis humiliter supplicari etc. — Dat. Avin. VI id. de-
cembris an. IX » (Lett. Com. di Giov. XXII, t. XXI, c. 407 t.).

gene mri a ERETICI E RIBELLI NELL’ UMBRIA, ECC. 441

Perugia era di isolarla. Il marchese di Petrella e il vescovo
d'Arezzo assalivano Cortona e ‘tentavano di toglierla ai
figliuoli di Guglielmino amici de’ perugini. Tenevano vive
le discordie nel Ducato, fomentavano le passioni nel Chiugi,
seminavano malumori nel campo de' guelfi. Di fatti, tro-
viamo gare e contese fra’ fuorusciti castellani, per le
quali si bandirono leggi eccezionali (1); troviamo insolenze
soldatesche nelle milizie della lega a danno d'alleati: quelle
milizie, condotte da Ferrantino Malatesta, cavalcarono il con-
tado di-Cortona, quando i guelfi trepidavano per loro stessi,
minacciati da’ comuni nemici, ben più forti di loro, fin sulle
porte della città (2). Castel della Pieve si sollevò. Il Podestà

(1) « Cum inter cetera que faciant et pertineant ad guerram et ad prosecutio-
nem et felicem expeditionem guerre Civ. Castelli illud magis spectat et pertineat,
vid. quod Guelfi qui sunt et stant extra Civ. Castelli se ad invicem non offendant, set
concorditer et unanimiter intendant ad negotia dicte guerre..... quod nullus ex dictis
Guelfis offendat nec offendere debeat alium Guelfum Civ. Castelli; si quis autem con-
trafecerit puniatur et condempnetur hoc modo et forma vid: quod quicumque ex
eis Guelfis occideret aliquem alium ex dictis Guelfis, sine aliquo remedio et redentione
capite condampnetur et puniatur, ita quod moriatur; si quis autem ex eis alteri ex
ipsis Guelfis membrum disciserit seu inciderit seu debilitaverit, manus ei destra de-
beat amputari; si autem aliter vel aiio modo quocumque offenderet, puniatur qua-
drupla pena qua puniri debetur ex forma stat. C. et pop. Perus.; et etiam qui ex
eisdem Guelfis predicta malefitia vel aliquid de predictis malefitiis inquiratur et in-
quiri possit et debeat per Pot. et. Cap. civ. Perusii et suos officiales etc. ». (Ann. de-
cemvir., c. 64 t,. 69, atto del 4 apr. 1320).

(2) « Cum d. Ferrantinus de Malatestis Capitaneus talie et ligie inite causa re-
cuperationis Civit. Castelli hostiliter equitaverit hiis diebus cum militibus dicte talie
in districtu Cortone et inde supra de Villa Ursarie et Bacelle et aliis locis districtus
Cortone ceperunt et astulerunt captivos, predam et res alias in magna quantitate preter
voluntatem et conscientiam ac scientiam Comunis et populi Perusini, de quo perusini
comuniter multum constristantur et dolent precipue quia dicti Cortonenses stabant sub
fiducia C. Perusii » — (Ivi, c. 8 t. atto del 7 marzo 1325). Altro atto 1325, nov. 17, dice:
« Cum tempore proxime preterito Priorum artium Civ. Perusii, Nobilis milex d. Ra-
nerius et d. Ugutius d. Guiglielmini de Cortonio amici Com. Perusii et regentes di-
ctam Civitatum Cortone destinaverint ad dd. Priores artium predictos et ad Com. Pe-
rusii eorum sollempnes ambaxiateres narrantes quod Rigo marchio et alii intrinsect
Castellani ostes C. P. una cum Epo aretino et aliis eorum complicibus incessanter
cum omni studio et ingenio procurant invadere:et occupare dictam Civ. Cortone in
dampnum et periculum, conculcationem et oppressionem dictorum filiorum d. Gui-
glielmini amicorum C. P. et etiam dicte civ. Cortone, nec non in dampum et pericu-
lum Civ. et comitatus P., ut ex ipsa terra Cortone cavalcatas et guerram facerent
contra C. P. et eius districtuales, et quod nunc, hiis diebus, alias pluries fuerunt di-
449 L. FUMI

perugino, Tillo de’ Vincioli, ebbe lo sfratto con molti guelfi (1).
Le città della lega che avevano, ciascuna, i loro. grattacapi

in casa, lasciarono tutto il peso della guerra sulle spalle

de’ perugini, i quali finirono col mostrarsene stanchi (2). La

cti emuli cum exfortio militum et peditum prope portas dicte Civ. Cortone causa oc-
cupandi et invadendi eandem, et dicti filii d. Guiglielmini reputent et asserant se im-
becilles et impotentes ad defendendum dictam Civitatem a dictis emulis et ad eam
conservandam in gratia, amore, servitio et subsidio C. et pop. P., eo quod ad predicta
et pro predictis indigent peditibus stipendiariis de extra civitatem Cortone, et maxime
eos vellent de districtu Cortone gelfos et fidos usque ad quantitatem ducentorum,
sed non habeant unde satisfaciant et solvant stipendia dictorum peditum, et du-
bitent datam et collectam imponere cortonensibus, eo quod nimium aggravati sunt
de expensis per eos factis in Curia Romana et alibi causa eorum Epi. et quia ipsi
cortonenses sunt gebellini et multis ex eis displicet presens status Civit. Cortone, eo
quod conservatur et manutenetur in honorem et servitium C. P. et idcirco postulant
dicti ambaxiatores pro parte dictorum filiorum d. Guiglielmini amicorum dicti C.
quatenus placeret C. P. eisdem providere et subvenire, et adiutorium et subsidium
facere de aliqua quantitate pecunie pro stipendio et soldo dictorum peditum moratu-
rorum ad custodiam dicte terre Cortone »: essendo già stato promesso loro un sus-
sidio di 490 fiorini d’oro per detto scopo, lo domandano e lo ottengono in considera-
zione del pericolo minacciato dagli intrinseci di C. di Castello e perché questi sarebbero
troppo più forti e più animosi ecc. (Ivi, c. 125).

(1) « Cum ad presens pervenerit ad aures et notitiam dd. Priorum artium civ.
Perusii quod nuper rumor et tumultus insurrexit in castro Plebis, ob quod Tillus d.
Vencioli potestas dicti castri et eius offitialis et familiaris nec non multi ex guelfis
dicti castri expulsi fuerunt et sunt, propterea pertimendum est ne dictum castrum
perveniant ad manus hostium C. Perusii, quod si, quod absit, contingeret, verteretur in
maximum periculum impedimentum etc. com. et pop. Perusii et etiam talie et lige et
guerre civ. Castelli, idcirco..... nob. et potens miles d. Panochia de Vulterra hon. ca-
pitaneus C. et pop. Perusii vadat... cum suis militibus... ad d. castrum Plebis... et
unus ex militibus d. Jacobi de Gonfalon. pres. Pot. eum duobus domicellis... et cum
equis... causa remictendi dictum Tillum Pot. cum offitialibus et familia in dictum
castrum pro suo offitio exercendo ac etiam remictendi guelfos dicti castri exititios seu
expulsos dicti castri » ete. (Ann. decemvir. 1325, pag. 106, c. 11). Con atto del sett. 28 (c. 93).
Berardino di Marciano fu mandato custode e guardiano di Castel della Pieve per ri-
mettere i guelfi.

(2) Ciò si raccoglie dal seguente atto a favore del Card. Legato: « Cum ven. in xpo.
pater d. Giovannes Gaytanus Sancti Theodori Cardinalis sit et diu fuerit. singularis,
immo unicus protector ed defensor Com. et po, uli Perusii, et omnia negotia dicti C.
capiat, promoveat et defendat ac defenderit in Romana curia contra omnes coram
dd. Cardd. adversarios et impugnatores Com. et populi Perusii, coram d. n. summo
pontifice et in collegio venn. dd. Cardd. et alibi ubicumque extat et extitit oportunum,
et in omnibus est pugil C. et pop. Perusii et numquam fuerit eidem pro parte C. P.
provisum, nec donum, uec ensenium factum pro remuneratione predictorum, quod
indecens et ingratum protinus est censendum et etiam dampnosum C. P., eo quod
datur sibi causa et materia destituendi negotia C. P. et defensionem et protectionem

Pare ERE
agio

ERETICI E RIBELLI NELL’ UMBRIA; ECC. 443

stessa alleata Orvieto era in sul punto di voltar faccia, avendo

anch'essa le sue ragioni da far valere su Castel della Pieve
‘e su Chiusi, à cagione dei quali luoghi risollevavansi que-

‘dicti C. et resiliendi et reposcendi.in predictis. Et nunc de novo, tempore presentis
prioratus, scriptum et supplicatum fuerit d. n. summo Pontifici pro parte C. et p. P.
narrando pessimas novitates et adversitates presenti tempore concursas et concur-
rentes fidelibus S. M. E. atque Ghelfis istius provincie et totius et aliarum circumstan-
tium et qualiter omnia comunia de liga et tallia et guerra Castelli destituerunt et dereli-
querunt ipsam talliam et ligam et guerram Castelli preter C. P., et quod totum onus
dicte tallie etc. Castelli et auxiliorum et favorum Comunium Ducatus et aliorum fide-
lium S. M. E. et amicorum C. P. remansit in humeris C. P., et propterea supplicatum
fuit eidem summo Pontifici per dictas licteras, quatenus dignaretur providere, favere
et suvenire C. P. de pecunia E. et decimarum circumstantis provincie et de aliis re-
mediis oportunis pro expensis dicte tallie etc. Castelli et pro subsidiis et favoribus et
adiutoriis et defensionibus Comunium de Ducatu et aliorum fidelium E. amicorum C.
P..significando quod alias C. P. honera tantarum expensarum substinere non posset
et etiam tunc scriptum et supplicatum fuerit per licteras pro parte dicti C. prefato
d. Giovanni Gaytani Card. protectori et defensori C. et p. P. ut dictum est, qui pre
ceteris Cardinalibus potest quidquid vult apud d. n. s. Pontificem, quatenus dignare-
tur supplicare et se interponere apud eundem d. n. s. Pont. et cum effectu facere et.
procurare, quod per eundem s. Pont. ammictaretur dicta petitio sic facta per licteras
Com. P. er quod gratiose faceret et executioni mandaret et concederet ea que scripta
et petita sibi fuerant per dictas licteras pro factis dicte tallie etc. Castelli et pro adiu-
toriis et defensionibus amicorum, ut dictum est. Et postquam dicte lictere destinate
fuerunt, venerit ad Civitatem P. vir nob. Bertuldus Poncellecti de Ursinis nepos car-
nalis eiusdem d. Card. veniens de Roma':a Curia ab ipso d. Card., et dd. Priores ar-
lium presentes, excitatis a sapientibus viris perusinis et de ipsorum consilio, colla-
tione, deliberatione et voluntate visitaverint dictum Bertuldum et eum honoraverint
et fecerint eidem Bertuldo presentari et donari et donum et ensenium fieri pro parte
C. et populi Perusii de quinquaginta flor. de auro et de una cuppa argentea au-
reata costus et valoris quinquagintaquatuor libr. et sex sol. et sex den., solutis, datis,
presentatis et donatis dictis flor. et cuppa eidem Bertuldo de voluntate dictorum Prio-
rum et sapientum per maiores gabellarios C. Perusii de pecunia nove collecte vel
alia, — et hoc factum fuerit reverentia et honore ac respectu prefati d. Card. eiusdem
patrui protectoris et defensoris C. et pop. P. ut dictum est, et ut proinde et propterea
d. Card. fortius animetur, inducatur et disponatur ad procurandum et expediendum,
faciendum et exequendum predicta omnia sibi scripta, ut dictum est, pro parte Com.
et p. Perusii, et ad faciendum et asistendum dicto C. et pop. P. in factis dicte tallie
etc. Castelli et in aliis factis et negotiis C. et pop. P., cum credatur et verisimiliter
extimetur quod idem. d. Card. dictum donum et ensenium et honorem exhibitum
dicto Bertuldo eius nepoti, cum eo ex corde dilligat, reputet et reputabit seu proprie
persone facte et impensam, maxime cum pro ipso d. Card. et pro eius rispectu factum
fuerit, ut dictum est — et etiam ut idem Bertuldus causam et materiam habeat ro-
gandi et inducendi et animandi prefatum d. Card. eius patruum ad predicta omnia
et ad alia negotia C. et pop. P., idcirco prefati dd. Priores.... reformaverunt... quod
dicte expense sint et esse intelligantur firme et rate » etc. etc. (Ann. decemvir, 1325»
dic. 28, c. 150 t.). :

TA nt ie gdo ca Potete Peo
444 L. FUMI

Stioni sopite da un pezzo e riprendevansi a svolgere carte e
protocolli, sui quali s'accumulava la polvere da sessant'anni
indietro. Insomma, la guerra di Città di Castello, intrapresa
non senza ardore, continuava con indifferenza. Sembra ve-
dere in Perugia chi attenda di cogliere la palla al balzo per
finire il giuoco. Perché, nel febbraio 1326, le forze del ve-
scovo Guido alla guardia di Castello scontratesi con la
cavalleria di Perugia e avuta la peggio, lasciarono in preda
dei vincitori molti nobili ghibellini (1). Con quel pegno pre-
zioso in mano, tornava facile trattare di pace. Cominciò il
ravvicinamento de' Gualtierotti della parte di Brancaleone e
dell'Abate di Scalachio che n' era capo, con la fazione opposta,
e si venne a parlare della pace generale. Ma quando, in Pe-
rugia, si scopri che al Tarlati di Arezzo sarebbe rimasta la
signoria di Castello, si levarono i guelfi più caldi, nel palazzo
del popolo, contro i priori, e punti dello scacco che pareva
dato loro dal Vescovo scomunicato, imprecarono ai traditori.
Stracciarono i capitoli della pace con fierezza, e gridarono:
Guerra, guerra! E la guerra si riprese. Ne fu dato il comando
a Ugolinuccio d’ Alviano. Egli respinse Pier Saccone dal-
l'assedio di S. Maria e di Promano; e allora si aprì la via

ai castellani di offrire una pace che a chi doveva riceverla, .

come la fine desiderata di grandi mali che espilavano l'erario

(1) « Cum Ghibellini intrinseci Castellani et Aretini militer conflicti nuper sint in
districtu Civ. Castelli per milites stipendiaros C. Perusii, et dicatur quod in dicto conflictu
capti sint multi nobiles et notabiles viri de parte gibellina, quod si haberi possent
vel devenerint in fortiam C. P. guerra Civ. Castelli expediretur, inmo expeditura esset,
et ad partes predictas, scil. ad castrum Montonis et Fracte et contratas illas ubi sunt
dicti stipendiarii P. iverunt tres e prioribus etc. et secum duxerunt pro eorum sub-
sidio et favore et executione facienda unum ex militibus d. Pot. et unum ex militibus
d. Cap. pop. cum notariis, famulis et equis ipsorum etc. ad inquirendum et invenien-
dum et in fortiam C. P. reducendum captivos seu qui capti fuissent de hostibus in
dictu conflictu causa dicte guerre et etiam pro expeditione »... si approva la spesa re-
lativa con atto del 21 febbraio 1326 (Ivi, c. 30). In altro atto del 21 febbraio (Ivi, c. 32)
é ricordato il. giorno cosi..:: « prelium nuper habitum et factum inter stipendiarios C.
P.et gente de Castello: in quo bello dicte gentes de Castello conflictum receperunt.
in comitatu Castelli die lune XVIJ mensis februarii pres. ».

NN
NS

X

ERETICI E RIBELLI NELL' UMBRIA, ECC. 445.

di Perugia e menavano a rovina i marchesi del Monte (1),
poteva sembrare, in momenti di grave trepidazione, meno
disdicevole. Ma alla Chiesa e a Perugia non profittava per
nulla la pace fermata. Perchè, se con la morte del belligero
Vescovo d'Arezzo, che avvenne il 16 ottobre 1521 nel ca-
stello di Montenero sulle falde del Montamiata, cessava il
nemico più fiero (2), pure rimanevano gli altri Tarlati a

(1) I Marchesi, esausti, supplicarono, ed ottennero il seguente decreto: « Cum
pro parte dd. Marchionum et C. et hominum castri Montis S. M. hiis diebus co-
ram dd. Prioribus artium et in pluribus consillis camerariorum artium et aliorum
sapientum fuerit expositum et narratum cum plantu et lamento, quod a tribus an-
nis citra vel circa, quo ipsi dederunt et exposuerunt castrum predictum ad benepla-
cita et mandata C. et pop. perusini pro factis et negotiis guerre Civ. Castelli ni-
chil perceperunt de fructibus possessionum eorum, set homines capti, cremati, occisi,
mutilati et disrobati sunt per hostes intrinsecos castellanos et alios eorum complices
et fautores, et eorum palatia et domus multe, quas habebant in distrietu dicti castri,
combusta et diruta sunt ab emulis supradictis, et in tantum artati et circuiti sunt ab
hostibus, quod nullus potest exire de dicto castro, ob quod ad tantam paupertatis
penuriam devenerunt, quod in dicto castro stare, vivere et substentari non possunt,
"nec possent sine misericordia, auxilio et subventione et elemosina C. et pop. peru-
sini..... dicentes et narrantes quod pro aliquoli soldo et stipendio seu promissione ali-
cuius pecunie quantitatis mense quolibet facienda, trecentos famulos armigeros homi-
num dicti castri remanebunt et stabunt et durabunt in dicto castro ad ipsius defen-
sam et tutelam et inimicorum offensam predictorum, et quod alias sumpta dispera-
tione, necessitate compulsi, omnes recederent et nemo remaneret in. castro predicto,
ita quod dictum castrum perderetur et ad manus hostium, quod absit, deveniret, etc.
Ac insuper cum instantia pro predictorum parte est supplicatum, quod cum .cx. pedites
forenses, quos C. Per. ad stipendium quinque librarum pro quolibet eorum et quolibet
mense tenet in dicto castro ad ipsius castri defensam et emulorum offensam nolunt am-
plius morari in dicto castro pro dicto stipendio pro maxima necessitudine et caritudine
rerum nunc plus solito imminente, .set recedere velint nisi eis de maiori provideretur
stipendio, et si recederent, dictum castrum non posset manuteneri nec defensari ab
hostibus, et pedites morantes in castro Montis Megiani et in castro Ghironzi, ubi est
mora securior et rerum victualium habundantia maior, habeant pro quolibet et quolibet
mense VIII lib. et X sol. a C. Per. etc. per augumentum stipendii providere, non ha-
beant materiam recedendi », fu accordata la domanda (Atto del 21 lug. 1326, ivi, c. 157).

(2) Il Vescovo ai 25 maggio 1327 si tirò addosso le maledizioni del Papa per 1° oc-
cupazione di Città di Castello, come dal seguente atto:

« Johanni S. Theodori diacon. card. ap. Sedis legato — Ad apost. sedis auditum
ete. quod Guido tune epus. Aretinus.. insuper dampnatis hereticis et ydolatris vid. dam-
pnate memorie Frederico et Sperancia de Montefeltro et Burgaresco de Racaneto de heresi
publice condampnatis Ecclesie memorate hostibus et rebellibus faverat contra dietam:
E. ipsosque defenderat et in suis locis et domibus receptaverat eisque ministraverat
auxilia, consilia et favores aliosque varios excessus conmiserat horribiles et nefandos;
nec hiis contentus Civitatem Castelli E. memorate devotam per Saeconum germanum et
446 L. FUMI

gara, o, forse, alleati con Guido Orsini e con Ranuccio
Farnese che troviamo anch'essi a spadroneggiare Città di
Castello. Non ci spieghiamo il sopravvenire di questi ultimi,
se non pensando a Guittone Farnese rettore del Patrimonio,
il quale, intromettente com'era .a favore de’ suoi, può avere
preparata la via di Castello all’ Orsini e al Farnese. Il nuovo
Rettore, Roberto d'Albarupe, li osteggió, e un ritorno di
Castello alla Chiesa é segnato con la data del 16 settembre
1381 (1), ma conviene dire che poco durasse. I Tarlati, pa-
droni di Arezzo, Cortona, Castiglion Aretino, di tutto il Ca-
sentino e, secondo alcuni, anche di Gubbio (2), seguitarono
a dominare Città di Castello fino al 1334, discacciati di là e
da Borgo S. Sepolcro, in quell’anno, da’ perugini e, l'anno
seguente, da Cagli e da tutta l Umbria. Forse dominarono
di fatto l' Orsini e il Farnese, più che i Tarlati, se il Papa
potè, nel 1333, querelarsi solamente de’ primi che ancora
ritenevano quella città in ribellione al Rettore del Patri-
monio (3).

-consanguineos tuos ac alios proditionaliter procuraverat et fecerat occupari, multis
ex fidelibus Civ. eiusdem peremptis gladio et aliis quos a nece gladius preservaverat
post spoliatonem bonorum suorum de Civ. predicta exulare compulsis....; dictus Guido
q. Frederico de Monteferetro ac Jacobo et Berardo Prescevalli, Aioleto Cruciani, Bur-
garesco eius nepoti, Zanolo, Carolo ac Leoni de Racaneto de heresi et ydolatria, nec
non Lipacio et Andree q. Gonzoli de Auximo de heresi similiter et publice condem-
pnatis adheserat, ac eisdem post condempnationem huiusmodi prestiterat multipliciter
auxilia, consilia et favores, quodque cum ipsis hereticis et ydolatris ad persequendum,
'offendendum. capiendum, depredandum et occidendum fideles dicte Marchie procu-
raverat insidias eosdemque fideles et Comunia terrarum dicte Marchie ad rebellan-
dum contra nos ét mem. R. E. et officiales nostros eiusdem Marchie duxerat perver-
sis conatibus inducendos eos insuper ad sequelam dictorum hereticorum et ydolatrarum
pervertere, ausibus execrabilibus, moliendo..... VIIJ Kal. Iun. a. X. » (Secret. Joann.
XXII, t. V, c. 248 t.).

(1) E indicato il documento nelle miscellanee vaticane, ma non si ritrova.

(2) RURALI, Vite de’ Vescovi di Arezzo; VILLANI GIOV., X, S 225.

(3) « Nobilibus viris Guidoni de filiis Ursi et Raynucio de Farneto. — Cum re-
‘gimen Civ. Castelli ad nos et R. E. pleno jure spectantem, tempore quo Robertus de
Albarupe etc. regimini Patrimonii b. Petri in Tuscia pro nobis et eadem E. presidebat,
«duxeritis, sicut accepimus, accupandum, et adhuc occupatum in nostrum et ipsius
E. preiudicium teneatis, nobilitatem vestram requirimus et rogamus, quatenus regi-
"men huiusmodi dilecto filio mag. Phylippo de Cambarlhaco etc. Vicerectori plene

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ERETICI E RIBELLI NELL' UMBRIA, ECC. 447

‘Ribellione più accanita oppose Narni, città intollerante

di freno, sdegnosa della rettoria, pronta a novità contro chi

le contrastasse il primato in Val di Nera. Fin da tempo
antico faceva valere i suoi diritti sulla Miranda, Perticara,
Rocca Carlea e Stroncone. Anche ‘molti altri Comuni accam-
pavano i loro, specialmente quello di Terni. La Chiesa alle-

gava ragioni di alto dominio confermate da sanzioni sto-

riche e da giurisdizioni feudali che, nella vacanza dell’ impero,
erano ricadute alla Santa Sede. Quando Terni, aiutata da
Todi e da Rieti, murò contro Narni una fortezza presso
Miranda, fu sfolgorata da Clemente V (1313); morto questi,
fu dal successore condannata a demolirla (1). Perchè si era
obbligata a non molestare Miranda e Stroncone, cadde in
pena di 20,000 marche d’argento (2). Nel ricostruire questo

ac libere dimittentes, de illo nos.de cetero absque nostra vel ipsius Vicerectoris
licentia quomodolibet, directe vel indirecte, nequaquam intromittere presumatis.
Dat VIILI Kal. maii an. XVIIJ » (Secret. Joan. X XII, n. 117, c. 45 b.). Lo stesso giorno
fu informato il Vicerettore e gli fu trasmessa la copia della lettera, aggiungendogli:

. « Ceterum quia, sicut accepimus, si Roche Berealdi et Guiniconesca in manu po-
tentis alicuius poneretur, magna pericula possent sequi, volumus quod super hoc
precavere procurans, eas in manu nostra et E. R. teneas et facias custodire fideliter,
et utiliter gubernari ».

(1) Com. Giov. XXII, t. X, an, III, parte III, c. 436, 479, 49).

(2) « Guittoni Epo Urbevetano Patrimonii b. Petri in Tuscia Réctori. Ad nostri
apostolatus auditum perduxit relatio fidedigna, quod, licet dudum dilecti filii Pote-
stas, Capitaneus, Consilium et Comune Narniens. in manibus b. m. Mathei Epi.
Portuens. ad hoc destinati specialiter per Collegium R. E. tune vacantis penam vi-
gintimilium marcharum argenti promiserint seque obligaverint efficaciter memorate
E. soluturos, si ullo unquam tempore Mirande et Strunconis castrum eiusdem E. pecu-
liaribus inferrent alia nocumenta, sepius tamen postmodum gravia dapna castris intu-
lerunt predictis, et presertim a paucis citra temporibus dictum castrum Strunconis

invaserunt hostiliter, ac cum suis cavalcatis et alias multipliciter oppresserunt,

propter que si eis veritas suffragetur in penam predictam incidisse noscuntur; Nos
autem volentes eiusdem R. E. indempnitatibus super hiis precavere, fraternitati tue
per ap. scripta mandamus, quod de predictis simpliciter, summarie et de plano etc.

. te informans, si tibi legitime, constituit de eisdem Potestatem, Capitaneum, Consi-

lium et Comune predictos ad solutionem dicte pene, iusticia mediante, compellens
pro dictis excessibus, ipsos punire, et a perpetrandis similibus coercere procures,
prout rationabiliter noveris faciendum, eos et quosvis alios contradictores per cen-
suram ecclesiasticam et alias spirituales et. temporales penas et sententias etc. com
pescendo etc. — Dat. Aven. Kal. decembris an. VII. Thesaurario super eodem ». ((Se-
oret. Joan. X XII, IIT, c. 333 t).
448 L. FUMI

periodo storico intralciato e incerto, ci avveniamo in un
documento che chiarisce, fin dai primissimi anni del ponti-
ficato di Giovanni XXII, non solo lo spirito di rivolta nel
Ducato, collegato con la rivolta nelle Marche, ma ci addita
già la corruzione degli ufficiali pontifici. Nè sarebbe facile,
in fatti, intendere tutto quel moto di ribellione senza la con-
nivenza, palese o nascosta, di molti di costoro. Si trovava.
a reggere l'ufficio di Vicario del Legato cardinal Arnaldo,
nella Sabina, un certo Bardono d'Anselmuccio da Sinirillo.
della diocesi di Fermo. Egli per denaro cedette a Narni la.
Miranda che apparteneva al Contado della Sabina. Quindi,
unito con un fratello, di nome Galeotto, e con altri, occupò
il castello di Monterubbiano per conto proprio, facendo
strage di fedeli e devastando beni e case di chierici e laici,
obbligando a vendergli possessi per un valore minimo e a
pagargli taglie, collette e gravezze. Entró nella lega di cui
era capo Federico da Montefeltro, e fu l'autore delle prodezze,
già accennate, su Castel Pira (1). Narni, in quell' occasione,
amoreggió con eretici uniti co' ribelli in uno stesso intento.
Non si curó delle buone disposizioni pontificie a comporre,
come il Rettore ne aveva facoltà, anche per Todi e per
Rieti (1321) (2) e fu condannata a pagare la pena, cui erasi
obbligata per le convenzioni intercedute a cagione della Mi-
randa e di Stroncone. Il Rettore doveva muovere al riac-
quisto (3): i vicarii del Senatore di Roma, perugini, todini

(1) Liber Curiae, an. III, t. X, c. 470,

(2) « Ven. fr. Guictoni Epo. Urbev. Rectori Patrimonii. Cum Tudertin., Reatin.
et Narnien. Communitates propter diversos excessus contra Curiam nostram Patri-
monii b. P. in T. et officiales eius commissos temporibus retroactis, diversis penis et
sententiis subiacere noscantur, volumus et discretioni vestre per ap. scripta commi-
ctimus et mandamus, quatenus si super excessibus, penis et sententiis ipsis, nobiscum
componere forte voluerint, compositionem ipsam tractetis sicut expedire videritis cum
eisdem, nobis per vestras licteras antequam compositionem firmetis predictam modum
et formam compositionis eiusdem districte per singula rescripturi. Dat. Aven. Kal.
aprilis an. quinto » (Com. Giov. XXII, an. V, t. XIII, c. 524).

(3) Scrivendo al Rettore del Patrimonio di procedere alla recupera di Miranda,
dice dei Narnesi che « expulsis de ipso castro positis ibi ad eius custodiam pro nobis

A


ERETICI E RIBELLI NELL’ UMBRIA, ECC. — 449

e reatini; dovevano dare aiuto (1). Le minaccie non giova-
rono. L’interdetto balestrato sulla città non commoveva nem-
meno i religiosi, che, al solito, uffiziarono le chiese, usandovi,
scomunicati con scomunicati, insieme ai reatini gli esuli di
Spoleto. Le forze del Capitano del Patrimonio unite con la
cavalleria perugina, condotta da Giagnarello Montesperelli,
e col Maresciallo del Ducato (2), strinsero fortemente i ribelli,

‘et E. predicta, fidelibus et infidelibus inibi subrogatis; nec presentialiter illud obmit-
titur ad iniurie odium, invitis affectibus, recensendum, quod huiusmodi Narnienses
alias preter et ante occupationis predicte convicium, facti quodam continuative spiritu
pertinaces, in multis debita nobis et ipsius E. denegant subiectionis et obedientie mu-
nera et offensionis notabilia inferunt detrimenta. Dat. Aven. nonis decembris an. VIII ».
Nello stesso giorno ai Narnesi che rilascio il castello (Seeret. Joan. XXII, t. IV,
c. 32 a.).

(1) Ai Vicari del Senatore di Roma, ai Perugini, Todini e Reatini il Papa scri-
veva: « Super recuperatione castri Mirande, nobis et E. R. subiecti, quod per dilectos
filios Narnienses, nescimus quo ductos consilio, in nostrum et E. predicte dispendium
teneri dicitur occupatum, ac ipsorum Narniensium puniendos excessibus et ausibus
reprimendis, de quibus inest profecto nobis materia turbationis ingentis, dil. fil. Ro-
berto. de Albarupe etc. in Patrimon. b. P. in Tuscia Rectori.. ut brachium seculare
impendant. Dat. Non. fcbr. an. IX » (Secret. Joan. XXII, t. V, c. 73 t. a.).

(2) Instrumentum expensarum factarum per Appollonium de Fano in Marchiam
in exercitu facto per Capitaneum Patrimonii contra rebelles Narnierses.

« In nomine etc. a. M. CCC. XXV. die XIJ mensis septembris. In domibus Cano-
nice Fulgin. presentibus d. Americo de Rogesio, Guillelmo de Podio Cervi et Valore

- Aldrevannini de Fano test.

« Constitus n. et discr. vir Appellonus de Fano coram n. v. Jacobo duc. Curie Ma
rescallo et coram me Andrea not. infra. designavit se in XXI diebus, quibus dictus
d. Marescallus stetit in Marchiam in servitium d. Rectoris Marchie, quo iverat de
mandato d. Rectoris ducatus cum militibus quos dictus d. Rector miserat ab reveren-
tiam d. n. PP. in servitium S. R. E., qui a dicto d. Rectore Marchie in gravi periculo
et discrimine constituto fuerat instantissime requisitus, expendidisse pro expensis per
eum factis pro XX equis, X equitibus, Viiij beroariis et duobus tubatoribus et una
trombecta et X rigatiis, quos secum duxerat dictus Marescallus, qui caput erat totius
gentis armigere in Marchia destinate per dictum d. R. duc., que gens armigera poterat
esse in numero centum militum strenuorum, sed inter ronzinos et equos poterant
esse .cc. — 97 f. a. Xj s. ravenn.

« Et assignavit se in xij diebus, quibus dictus Marescallus stetit in exercitu facto
contra intrinsecos Narnienses per rev. d. Robertum de Albarupe archid. Egitan. in Pa-
trimonio b. P. in T. Capitaneum per S. R. E. generalem in servitium S. M. E. et dicti
Capitanei de mandato d. R. Duc. cum militibus quos dictus d. R. miserat in subsidium
dicti Cap. qui ab eodem fuerat instantissime requisitus pro XX equis .x. quitibus, vIrij
berroariis, duobus tubatoribus, una trombecta et .x. rigatiis, quos secum duxerat di-
ctus Marescallus, qui caput erat totius gentis armigere in dicto exercitu destinate
per d. d. R. duc. que gens armigere poterat esse in numero quinquaginta militum
450 | È : LE. FUMI

a’ quali non bastarono gli aiuti de’ Colonnesi. Si condussero
perciò a trattative di. resa. Cominciava Stefano Colonna
col rinunziare all'ufficio di Podestà (1); mentre il Papa accetta»
valo per sè (2) e facevalo depositare nelle mani del Rettore (3),
informandosi dello stato delle parti e dei torti reciproci di
interni e di usciti (4), rimproverava fortemente i primi della

loro ribellione, delle ingiurie agli ufficiali della Chiesa e del- :

strenuorum, sed inter equos et ronzinos poterant esse .Ixxx. et nichilominos dictus
marescallus fuit factus marescallus totius exercitus generalis. — 72 fl. 57 s. 8 den.

« Et dictas expensas etc. assignavit etc. dictus Appollonius etc.

« Et ego Andreas Vannis d. Maffey de Spello not.» (Cam. Apost. Arm. C. caps.
2, fasc. 5, n. 15).

(1) « Dil. fil. n. v. Stephano de Columpna. — Nobili*atis tue de credentia litteras
nobis per dil. fil. Rovencasam familiarem tuum et nuncium presentatas benigne re-
cepimus, et que ipse sub commissa sibi per easdem litteras credentia explicare voluit
coram nobis sano collegimus intellectu. Sane prefatus nuncius referens nobis non-

nullas novitates pridem in civitate nostra Narnien. presumptas se paratum renunciare

pro te ac tuo nomine obtulit cuicumque Civ. predicte dominio ac Capitaneatui et
potestarie per te ibidem actenus quocumque modo detentis. Nos itaque considerantes
attente melius ut expedientius existere id in partibus illis fieri, quam in istis, et ad
reductionem dicte civ. que ad nos et E. R., ut tua novit prudentia, pertinere dino-
scitur, ad nostram et E. predicte veram devotionem et obedientiam eamque in statu
confovendum pacifico intencius aspirantes, dil. fil. m. Petro de Albarupe archid. de
Seya in E. Legionense capellano nostro Patrimonii b. P. in T. Rectori per litteras
super hiis scribimus oportunas. Quo circa tuam prudenciam exhortamur, quatenus
ut hiis, que imprevide attemptata contra nos et E. memoratam ibidem sunt hacte-
nus consulens, revocatis nostris in hac parte desideriis, satisfiat, sic cures efficaciter
interponere partes tuas, quod offensa nostra et ipsius E., que illis de domo tua a
nonnullis impingitur, deleatur, tuque, proinde, dignis commendari laudibus, ac no-
stram et a. s. benedictionem et gratiam uberius merearis. Dat. Avinion. Kal. januarii,
an. XI. Item fuit sibi scriptum sic iterùm: Scripsimus nobilitati tue alias sub hac
forma: Nobilitatis etc. usque in finem, et in fine: Verentes autem propter viarum
pericula quod dicte tibi littere non extiterint presentate, ipsas tibi providimus ite-
rum per latorem presencium destinandas. — Dat. Avinion. Non. januarii an. X ».
(Secret. Joan. XXII, t. VI, c. 25 t.).

(2) Secret. Joan. XXII, « Kal. jan. an. XI », t. VI, c. 26.

(3) Secret. Joan. X XII, « Non. jan. an. XI », t. VI, c. 23.

(4) « Comuni Narniensi spiritum consilii sanioris. Licet ex eo mater E., quod contra
ipsam dominam nostram presumptuosis ausibus rebellando ad offensionem ufficia-
lium et fidelium ipsius E. quibus deferre congruis debeatis honoribus temere proces-
sistis, et ad eiusdem iura E. manus occupatrices nequiter extendistis a debitis
fidelitatis semitis non absque patratione multorum excessuum in vestrarum anima-
rum et status periculum claudicantes habeat magnam materiam turbationis et. com-
motionis etc. (hortatur ut ad devotionem et obedientium E. redeant). Dat. Avin. Kal.
januarii an. XI ». (Ivi, c. 26).
BEER rmt tn

ERETICI E RIBELLI NELL' UMBRIA, ECC. CECADE

l’invasione delle terre e de’ negati censi (1). Ma nel tempo
stesso, a facilitare le trattative, sospendeva l'interdetto (2),
trattava con mitezza i trasgressori e prescriveva al Ret-
tore di adoperare mezzi curiali e benigni (3). La pratica
procedeva con lentezza. Se la parte ecclesiastica tenuta fuori
della città, adunatasi in Orte, nella chiesa di S. Giovanni di .
piazza, si era prontamente sottoposta a’ beneplaciti della.
Santa Sede, accettando il dominio del Rettore del Patri-
monio (4), gli interni, ai quali la resa costava il sacrifizio
di una dedizione completa, rinunziando alla nomina del Po-
testà o degli altri ufficiali del Comune (5), andavano meno
spediti nel negozio. A ritardarlo s’ aggiunse l’ impedimento

(1) Secret. Joan. X XII. « VIII Kal. mar. an. XI », t. VI, c. 23.

(2) « Rectori Patrimonii. Cum, sicut accepimus, nonnulli clerici tam religiosi quam
seculares in Civ. Narnien. et eius districtu dudum cum in rebellione dampnanda
contra nos et E. R. persisterent, ecclesiastico interdicto suppositis, divina presum-
pserunt, interdicto durante huiusmodi, ac presentibus spoletanis extrinsecis excomu-
nicatis et rebellibus, ausibus temerariis, celebrare, nos volentes etc. mandamus quat.
super predictis... simpliciter te informas etc. (corrigat et absolvat et iniungat eis
quod de jure fuerit iniungendum). Id. junii a. XI » (Ivi, c. 24 t.).

(3)« Rectori. Perduxit nuper ad nostri apostolatus auditum infausti rumoris
assertio quod intrinseci Narnienses, ad illicita et inconsulta dilapsi, contra nos et
E. R. rebellionis cervicem presumptuosis ausibus erigentes, ae officiales et fideles
nostros per enormium patrationem excessuum multipliciter offendentes extrinsecos
Narnienses in devotione nostra et eiusdem E. persistentes, sicut accepimus; hostiliter
invaserunt, bonaque rapuerunt ipsorum et domos graviter dederunt penitus in rui-
nam, nonnullis ex eis vulneratis et quibusdam aliis crudeliter interfectis aliosque
nephandos conimisserunt excessus, qui non possent forsitan brevi cedula compre-
hendi. Volentes itaque de ecleri et oportuno remedio super hiis previderi, discretioni
tue per ap. scripta committimus et mandamus quatenus super premissis. et ea tan-
gentibus summarie etc. te informans, prefatos intrinsecos Narnienses ad redeundum
ad nostram et E. memorate obedientiam et mandata, et satisfaciendum de dictis exces-
sibus competenter ac ab eis et similibus de cetero desistendum inducere studeas cu-
rialiter et benigne; quod si hoc forsitam facere recusparent, de consilio fidelium et
communitatum earum parcium, de quibus tibi videbitur, contra ipsos spiritualiter et
temporaliter procedere, sicut expedire cognoveris, non postponas. Dat. Avinion, VIII
Kal. martii an. XI.

(4) Atto del 14 ottobre 1326 per la nomina del procuratore (Arch. Segr. Vat.,
Arm. 2, V, t. 14, c. 28). i

(5) Secret. Joan. XXII, « Id. junii, an. XII », t. VI, c. 110, dove è data facoltà
al Legato e al Rettore di nominare agli uffici del Comune. L'atto consiliare é del
14 aprile 1327, essendo rettore della città Bertoldo Orsini.
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452 L. FUMI

che gli ambasciatori diretti in Avignone incontrarono per
via; a rilasciare i quali, ricorso al Papa, il Papa richiese la
mediazione del card. Legato (1). In sostanza, Giovanni XXII
assicuratasi la. dedizione di Narni per tutto il tempo di sua
vita, con la libera disposizione nella nomina: del Podestà e
dei magistrati comunali, assolse la città dalle censure, ma
non la perdonò ai più ostinati ribelli, nè agli eretici. Si ri-
servò tutti i diritti sopra i tributi arretrati (2) e sulle terre
del contado, specialmente sulla Miranda. Per i castelli di
Perticara e di Rocca Carlea, doppio pomo di discordia con
‘Terni, e che Terni voleva piuttosto demoliti che vederli conse-
gnati alla sua rivale, il Papa, che li. aveva in mano, in-
clinava a cederli a Narni, se il Cardinale, cui commise
l'esame delle ragioni giuridiche, avesse profferito giudizio
favorevole (3). Pensò ad una lega fra le due città, per tenerle

(1) Secret. Joan. XXII, « XIII Kal. sept. an. XII », t. VI, c. 103.

(2) Rectori. — Cum Narniensis civitas a solutione census annui, ad quem nobis
et E. R. tam pro se, quam pro castris et locis districtus Civitatis eiusdem teneri no-
scitur. per multa tempora cessaverit, sicut fertur, Nos volentes nostris et eiusdem E.
precavere indempnitatibus et de tua circumspectionis industria plenius confidentes
percipiendi, exigendi et recipiendi a dilectis filiis regiminibus, Consilio et Comuni
Civitatis predicte censum huiusmodi pro preteritis temporibus debitum...... contra-
dictores spiritualiter et temporaliter compescendo [ple]ham tibi concedimus, au-
ctoritate presentium, facultatem. — Dat. Aven. IIIJ id. junii an. XIJ (Secret. Joan.
XXII, n. 114, c. 112 a.).

(3) « Legato Card. diac. Johanni S. Theodori. — Dudum pro parte dilectorum filio-
rum regiminum Consilii et Comunis Civ. Narniensis nobis humiliter supplicato ut
Perticavie et Carlei castra et rochas que ad se pertinere et pertinuisse ab antiquo ac
per te et q. Robertum de Albarupe Rectorem Patrimonii b. Petri in Tuscia seu ve-
strum alterum in manu nostra et E. R. teneri asserebant, restitui faceremus eisdem, et ex
alia parte dilectis filiis Consilio et Comuni Civ. Interampnensis restitutioni dictorum
castri et Roche Pertiearie se opponentibus et dicentibus ea dehere penitus demoliri,
Nos tibi et eidem Rectori per nostras certi tenoris dedisse meminimus litteras in man-
datis, ut predictis vocatis partibus et auditis summarie.... super predictis, vos i.:for-
mare plenius et questionem huiusmodi terminare, prout partes tangebat easdem, pace
vel judieio curaretis, jure nostro et eiusdem E. semper salvo. Quantum vero ad resti-
tutionem de predictis castro et rocha Carlei postulatam summarie... de jure ipsius E.
ac predictorum regiminum Consilii e& Comunis Narniensium, informatione recepta,
exiberetis eisdem super hoe jüstitie complementum. Et licet per te, dictumque Re-
ctorem, dum viveret, processum aliquod diu in negocio fuisse dicatur predicto, nondum
tamen, juxta tenorem literarum ipsarum, extitit fine debito, sicut habet predictorum
ERETICI E RIBELLI NELL’ UMBRIA, ECC. 453

in pace, immaginatosi che, cementata l' amicizia fra loro, gli

usciti di Narni, respinti molto lontano, non avrebbero attiz-

zato il fuoco sulle rivalità municipali, e la Chiesa avrebbe
governato tranquillamente la contrada. Ne diede incarico al
cardinale ridetto, ne scrisse a Terni e a Narni. Si adoperò
anche a combinare parentadi (1). Ma tutto inutile. Quei
ribelli, che il Papa aveva voluto messi fuori, riuscirono a
prendere la città e a discacciare nuovamente la parte a loro
contraria. I capi di questa parte rifuggivano dal sangue, e
il Papa li confortava a sperare, mettendosi nelle mani del
Rettore (2). E fece che messer Conato da Narni, giudice

regiminum Consilio et Comunis conquestio, terminatum. Quocirca discretioni tue per
ap. scripta committimus et mandamus, quatenus dictum resumens negotium in statu
quo erat coram te ac predicto Rectore, tempore quo Rector ipse decessit, illud, iuxta
tenorem et continenciam predictarum licterarum sibi et eidem Rectori directarum,.
examinare, solerter et fideliter studeas ac etiam terminare. — Dat. Avinion. Ij Kal.
maij, an. XIIIj ».

(1) « Johanni S. Theodori diac card. ap. Sedis Legato. Cupientes ut Narnienses
et Interampnenses Civitates in fide ac devotione R. E. persistentes per colligationem
et confederationem uniones et societates votive prosperitatis incrementa suscipiant,
Sicque in vinculo caritatis coniuncte, suis hostibus et emulis fortius resistere sint
parate, discretioni tue e'c. mandamus, quatenus tam parentelis et affinitatibus, quam
aliis viis et modis, quibus tua cognoverit providencia expedire, colligationes et con-
federationes procures solerti diligentia fieri et inire...... Dat Avin. IIIj id. jan. an.
XIj. In e. m. Narniensibus et Interampnensibus etc. « (Secret. Joan. XXII, n. 114,
c. 1183 a).

(2) « Dil. fil. Narniensibus extrinsecis. Ex diversarum serie litterarum gratanter
percepimus hiis diebus, quomodo dilectus fil. m. Robertus de Albarupe etc. ad pro-
tegendum vos ab iniuriis, quas intrinseci Narnien. vobis de Civ. Narnien. eiectis et
extra existentibus inferre inhumaniter non cessabant, vobis astitit viriliter et poten-
ter, et ut vos ad vestra reducat domicilia Civ. predicte, ipsamque Civ. ad obedientiam
S. R. redeat E., a qua jam annis pluribus deviaverat inconsulte curat operosum
studium adhibere; quodque vos hec provide recensentes et intendentes ingratitudinis
vicium evitare, eidem Rectori nostro et eiusdem E. nomine obedientiam et alia ex-
hibere, que fideles decet, facere curavistis. Super quo circumspectionem vestram pro-
vidam plurimum in domino commendantes, vestram prudentiam exhortamur attente,
quatenus in fidelitate hujusmodi constanter et sedule persistatis. Et quia vestro in-
heret admodum animo, ut reductio vestra ipsorumque intrinsecorum obedientia
vestraque cum eis reconciliactio absque strage corporum, dampnis rerum et periculis
animarum procedant, exhortationi vestre subiungimus, ut ad hec procuranda et ef-
fectui mancipanda Rectori predicto, cui super hoc scribimus, acquiescere studeatis.
Et si forsan, quod absit, viam istam prefatorum intrinsecorum superba protervia
impediret, sic causam vestram una cum Rectore predicto, cui super hiis etiam

24
454 : L. FUMI "AE

della Curia generale del Ducato, prendesse a cuore la loro
causa e si adoperasse con gli interni per ridurli con le
buone a miglior consiglio (1). Parlava sempre di moderazione,
ma pensava che le disposizioni al perdono potrebbero pure
dare incentivo a continuare nel male, e, allora, diceva di
essere risoluto a punire (2). Come un padre afflitto « per le
atroci ingiurie che riceveva da quei suoi figliuoli, sedotti da.
perversi consigli », ricordava di avere pure aperte a loro le
braecia della sua pietà, « ma essi (aggiungeva), ingrati, im-
memori delle grazie ottenute, né portavano rispetto ai suoi
ufficiali, né volevano piü corrispondere i consueti aiuti per
loro dovuti » (3).

scribere non omittimus, vigiletis prosequi viriliter et potenter, quod contritis ipso-
rum superbia cornibus, nostra vestraque super hiis intentio votivum sortiatur ef-
fectum. Dat.,Avinion. XVJ Kal. febr. an. undecimo » (Secret. Joan. X XII, t. VI, c. 20 t).

(1) « Rectori. Cum super deducendo Civitate Narnie ad obedientiam S. R. E., à

qua iamdudum insano ductu consilio deviaverat, cum dil. fil. m. Conato de Narnia

- colloquium habuerimus et tractatum, volumus, quod ipsum plene audias et intelligas
diligenter, et si vie, quas tibi proponet, videantur tibi et fidelibus prefate E., de
quibus tibi videbitur oportune, illas cum ipsorum fidelium prosequi consilio non
ommittas. Si vero tibi minus oportune seu impossibiles viderentur, alias querere ac
prosequi vigilanter intende. Rursus si Narniensium intrinsecorum protervia vias.
convenientes pacificas abhorreret satage cum divino et fidelium auxilio ipsorum hu-
miliare superbiam viriliter assistendo Narniensis extrinsecis et dictam Civ. ad obe-
dientiam revocando. Dat. Uts. » (Ivi, c. 26 t.).

(2) « Rectori Patrimonii. Licet tibi procedendi contra illos qui violasse temere
interdictum dudum in Civ. Narn. etc. ac eos de quibus tibi videbitur a sententiis ex-
comunicationis etc. absolvendi et dispensandi..... demus per alias nostras licteras po-
testatem, volumus tamen, ...... eum eis sic deliberate se habere studeas et mature,
quod evitetur in omnibus scandalum et venie facilitas nullatenus incentivum tribuat
delinquendi. Dat. «ts ».

(3) « Com. Civit. Narnien. - Utinam, filii, considerantes attente quomodo R. E. mater
vestra, post atroces per vos contra eam hactenus illatas iniurias, materne pietatis ubera
vobis, quos voverat, perversis seductos consiliis, diu ambulasse per devia, letanter ape-
riens, vos ad gratiam sue benignitatis admisit, ut peculiarium filiorum vestris preca-
vendo incomodis et utpote (?) premissorum oblita, vestris beneplaticitis, prout eum Deo:
placuit, annuendo. Ideoque cum displicenter audivimus vosque sine ingratitudinis vicio
premissarum gratiarum immemores, officialibus nostris illarum partium nec debitam re-
verentiam nec consueta per vos dari et debita auxilia exhibeatis E. prelibaté admirari non
sufficimus: si est ita, vestram igitur providentiam rogamus et hortamur attente, vobis.
nichilominus salubri consilio suadentes, quatinus premissa in deliberationis consulte li-
bra sepe et sepius reducentes, ab hiis que merito nos et eandem E. contra vos provocare:
deberent abstinere prorsus de cetero studeatis. Sicut etenim vos in devotione nostra et di-

— "s Wo T PIN
CE S AEn rn

ERETICI E RIBELLI NELL' UMBRIA, ECC. 455

Quell'avversione, di cui si parlava in principio di questo
capitolo, delle città umbre patrimoniali, non solo contro le
autorità temporali, ma anche contro le spirituali, si nota
specialmente in Rieti. Non sappiamo in modo preciso come
la si guastasse col proprio vescovo. Rieti era una di quelle
città poste ai confini della Chiesa e del Regno, che in tempi
torbidi, in tempi di grande preponderanza Angioina, era
costretta a servire a due padroni, papa e re. Difatti noi tro-
viamo, piü tardi, ufficiali della Chiesa e ufficiali del re stare
a guardia de'passi, per il pericolo continuo delle novità, si
da una parte che dall’ altra; genti regie stanziare in città e
il castello tenersi dal capitano regio. I reatini diffidavano, e
dovettero guardar di mal occhio il Vescovo che col Re era
in buonissimi rapporti. Forse, era allora il tempo che anda-
vasi trattando, per gli offici del Vescovo, questa specie di
convenzione per ridurre Rieti a piazza forte di confine. Era
vescovo Giovanni Muti de’ Papazzurri di Roma. Fu prima
vescovo d’ Imola: traslato alla sede di Rieti nel 1302, non
pare ne fosse contento: provatosi di opporsi all’ ordinanza
apostolica, incontrò il disfavore di Bonifacio VIII, che lo
citò in Curia. Ma il successore, Clemente V, lo ebbe nelle
buone grazie: lo prescelse insieme all’ abate di Santa Pras-
sede di Roma a giudicare un vescovo vicino (1312). Er:
questi Bartolomeo vescovo di Aquila, accusato di molte
colpe: uomo avidissimo e violento, si diceva che avesse or-
dinato l’ uccisione di un aquilano ai parenti di certa donna
che non aveva voluto menare in moglie. Gli addebitavano
d'esercitare enormi usure col denaro de' poveri, conferire
benefizi per simonia, esigere il pagamento nelle promozioni
agli ordini sacri e ai canonicati, mandare in carcere e sco-

cte E. persistentes, intendimus, ut caros filios, interne caritatis amplexari brachiis ac in
vestris oportunitatibus vobis quantum cum deo poterimus non deesse sic compellere-
mus ex multiplicatis provocari iniuriis e& de oportuno tandem remedio providere.
VIII idus martii an. XVI » (Secret. Joan. XXII, n. 116, c. 346 t.).
ner a ;e — na |
E n pacs wertirs lag: To Ds pere» >"
Sup a7 ; 17 - PE 25.21 & » : Y tb ci &

456 L. FUMI

municare diocesani, perchè appellatisi dal suo tribunale a
quello della santa Sede, e smungerli di tutto quello che
possedevano: fulminava le scomuniche, senza premettere i
dovuti moniti: per le visite pastorali, oltre alle spese neces-
sarie, pretendeva gli pagassero un tanto: esigeva perfino
dalle meretrici un tributo mensile: lasciava che certi preti
omicidiari celebrassero dietro sborso di denaro ad essi estorto :
al suo clero scroccava le decime dovute da lui alla Camera
apostolica. Non aveva riguardo di celebrare con la mitra in
capo, senza scoprirsi nemmeno nell'azione del sacramento
Eucaristico (1). Tale era il vescovo che Giovanni di Rieti fu
chiamato a giudicare. Un incarico così grave e delicato af-
fidatogli verso un suo confratello, poniamo anche gliene
spettasse l'ufficio come vescovo viciniore, mostra sempre la
stima che egli godeva allora presso la santa Sede. Nè mi-
nore doveva essere, forse, la considerazione in che tenevalo
il re di Napoli, se il Re, che aveva ricevuto da Niccolò IV
la corona in Rieti, si indusse per il Muti a confermare alla
"chiesa reatina i beni posseduti nel regno. Ora è anche da
aggiungere che su i beni posseduti nel regno il clero di
Rieti non voleva pagar le decime dovute, obbligando il Papa
a richiamarsene al Vescovo; nè mancavano querele fra rea-
tini e regnicoli, per le gabelle, reciprocamente. Con queste
ruggini fra di loro, con le diffidenze della politica angioina,
anche una parte equanime esercitata dal Vescovo poteva dare
ombra, essendo gli animi sospettosi. Checchè si fosse, il pub-
blico Consiglio di Rieti. sognando nel Vescovo un lavorio
di trattati e sobillamenti popolari (1318), si levò, d’ un tratto,
contro di lui e mandò i suoi procuratori intimandogli lo
sfratto dalla città. Il Vescovo gli accolse tranquillo e sereno,
rispondendo loro liberamente: essere pronto ad eseguire la
volontà popolare; ma prima domandava tanto di tempo, da

(1) UGHELLI, Ital. Sac., I, 386 (Episc. Aquil.).
ERETICI E RIBELLI NELL’ UMBRIA, ECC. . 457

scagionarsi di quanto gli veniva apposto davanti al Consiglio
e di far palese la propria innocenza: offriva intanto gli
stessi nepoti in ostaggio infino a che tutti non fossero fatti
certi e sicuri della sua condotta. I procuratori del Comune
non accettarono: lasciaronsi andare ad una sola concessione
che accordava un termine perentorio a sgomberare. Il Ve-
scovo, per timore di violenze personali, vi si condusse. Ma

«in Comune erano impazienti: senz’ altro indugio, mentre il

Vescovo andava disponendo delle cose sue, il Capitano di
Popolo, messer Andrea Dominici, col figliuolo del Podestà,
che era Federico da Fermo, e con altri ufficiali pubblici ir-
ruppero armati nell episcopio, e presi dalla furia, secondo
che il Vescovo disse, lo insultarono, e messegli le mani ad-

dosso, lo menarono con tutta la sua famiglia fuori, e lo cae-

ciarono dentro il convento de’ domenicani, dove rimase
prigione sotto scorta armata: quindi dettero il sacco all’ epi-
scopio, fecero bottino dell'oro, dell'argento, .de' denari, dei
paramenti, de’ libri, de’ mobili e delle derrate; esiliarono
il Vescovo e lo misero al bando; comminarono gravi pene
contro chi continuasse con lui il più semplice rapporto;
proibito ricevere lettere da lui, aprirle o leggerle, vietato
profferirne buon testimonio, accettare alcuno di sua famiglia,
corrispondere redditi della mensa a lui e al suo fattore. Il
Papa informato della cosa, ordinò una inchiesta ai vescovi
di Orvieto, di Bagnorea e di Castro (1), e fece presentire
gravi pene sulla città; ma, forse, preoccupato degli effetti di
una irritazione maggiore degli animi de’ cittadini, anche per le
dichiarazioni di essi, del Capitolo e del clero che mitigarono
alquanto l'effetto delle parole del Vescovo (2) intanto che
questi aveva riparato in Roma, lasciò che il fermento sbollisse,
per richiamare dopo qualche anno il Muti alla sua sede, dove

———— *

(1) Lett. Com. di Giovanni XXII, t. X, par. I, c. 225.
(2) Ivi, c. 214, 25) t.
458 L. FUMI

tutto il popolo ne desiderava il ritorno (1324) (1). Ma quegli
non volle più saperne di Rieti, e poco dopo (secondo il Gams,
ripetuto dall’ Eubel, nel 1326) rinunziò al vescovado, e ri-
mase in Roma, dove mori, elettosi il sepolcro in S. Giovanni
Laterano. Il Papa sembró meno disposto a tollerare altre
violenze, come quelle usate all'abate e al monastero di San
Salvadore maggiore. Era un monastero con diritti feudali:
Clemente V aveva accordato il mero e misto impero su
castelli, ville e terre possedute da quell'abate. Il Comune
se ne tenne pregiudicato, e ricorse alla forza per assogget-
tare l'abate. Malgrado i processi e le sentenze per le quali
fu punito e obbligato a rimettere l'abate nei suoi diritti,
nuovamente proclamato l' esercito generale, prese d'assalto
il monastero, e fatto imprigionare l'abate da Baccio da Ro-
mangia, dai figliuoli di Giovanni da.Maiano e da altri, a forza
di tormenti, l'obbligó a firmare convenzioni per cui il mona-
stero dovesse riconoscere il Comune, dovesse mettere, a reg-
gere i castelli, ufficiali presi dalla città e assegnare a questi
di lauti stipendi (et quod ipsis officialibus daret certum sa-
larium nimis etiam excessivum). Sono ricordate le violenze
commesse, in tale circostanza, dai reatini: terre e castelli
invasi e arsi; vassalli presi e rivenduti come schiavi, beni
predati, abate e monaci mandati in bando. Il Papa annulló
le convenzioni strappate con la corda all'abate, ritornò il
monastero nei suoi diritti, citò i più colpevoli, ordinò di appli
care le. pene temporali, vietò che si ricevesse per monaco nel-
l’abazia di S. Salvatore neppure un reatino (2). Tuttavia, come
con Narni, anche con Rieti adoperò la tolleranza, tuttochè

(1) Secret. Joann. XXII, t. IV, c. 37 t.

(2) V. nelle lettere Com. di Giov. XXII la proibizione di ricevere reatini in mo-
naci di S. Salvatore (« III id. nov. an. XI »), l'atto di citazione contro Jacomo Buccio
e complici, il decreto di annullamento delle convenzioni estorte all' abate (« III id. de-
cemb. »), altro decreto al Rettore per punire il Comune di Rieti e complici, e final-
mente l' ordine di restituire i castelli e gli altri possedimenti al detto Abate (t. XXV,
c.-334, 354, 354 t. 377).


e

ERETICI E RIBELLI NELL' UMBRIA, ECC. 459

la città si ostinasse a non volere la signoria del Patrimonio,
avversa tanto a quel dominio, che, quando il Rettore invitava
le comunità al parlamento, non solo si rifiutava di prendervi
parte, ma impediva che altri vi andasse, e spiava i passi
per deviare da quel cammino quanti fossero diretti per
Montefiascone, provandosi anco di ucciderli; e dava la cac-
cia ai messi patrimoniali, che se non fossero stati solleciti à
darsela a gambe, sarebbero stati sicuramente accoppati e
morti. La cosa fu si grave, che il Papa, non pure si rivolse
al Vescovo per dissuadere con le esortazioni e con le mi-
naccie i reatini, ma vi interessò il re Roberto per obbli-
garli, con quella forza che egli vi teneva a guardia, a rico-
noscere il Rettore, a pagare le imposte, a pagare le decime,
a smettere le novità contro le Rocche di Arrone, e a non
malmenare i pontificî (1).

Conoscendo ora gli umori dei reatini, si può pensare se
avessero buon sangue con l’ Inquisitore. Intento fra Simone

- di Filippo a punire gli eretici in Rieti, fu impedito dal Co-

mune nell’ esercizio del suo ministero, e minacciato altresi ;
per la qual cosa dovette lasciare la città e trasferirsi a Go-
nessa sotto il patronato del Vicario del re che ivi risiedeva.
Da Gonessa egli mandava a citare e scomunicare il Comune;
ma il Comune, che se l' aspettava, mandò ordini severissimi
agli officiali delle porte per sorvegliare chi recasse lettere

(1) Secret. Joann. XXII, f. VIII, n. 116, c. 881, 242 t. Come si era rivolto al Re
per impedire che Rieti occupasse le Rocche d' Arrone, cosi nel giorno stesso che pre-
gava il Re a rilasciarle, si rivolgeva a Rieti: « Com. Reatino. — Cum Rocche Arronis,
quas Berardus de Arrono in nostrum et E. R. preiudicium aliquibus tenuit tempori-
bus occupatas, ad nos et eandem E., sicut vos ignorare non credimus, pertineat pleno
jure, vosque impedimentum, quominus ad manum dilecti filii Johannis de Amelio
archidiac. foroiul. Ducatus Spoletani Rectoris pervenerit hactenus dicamini, presti-
tisse, Universitatem vestram requirimus et hortamur quatenus ab impedimento huiu-
smodi desistentes omnino, easdemque Rocchas prefato Rectori, quantum in vobis fue-
rit, restituere procurantes, ut eas habere ac tenere nostro et E. memorate nomine
pacifice valeat, taliter assistatis auxiliis, consilis et favoribus oportunis, quod exinde
apud nos et Sedem apostolicam valeatis merito commendari. — III} Id. aug. an. XV ».
(Ivi, c. 96).
460 L. FUMI

dell’ Inquisitore. Per questo. sospetto, furono trattenuti e
frugati in dosso i viandanti: i frati minori che giungessero,
anche come ambasciatori di comunità vicine, con molta.
cautela ricevuti, venivano spiati e poi rimandati e accompa-
gnati alle porte (1). La resistenza e l' opposizione del Comune
all’ Inquisitore fruttò un processo a tutti gli ufficiali pubblici,
cioè ai sei Priori delle Arti, al Podestà e allo stesso Vicario
regio e Capitano di guerra e del castello, messer Abiamonte
de Lecto. Le autorità impedivano il libero esercizio all In-
quisitore, mosse specialmente dalle influenze di alcune fa-
miglie citate e processate per casi accaduti di disonestà.
Qualche frate della setta dello spirito di libertà andava pra-
ticando fra le terziarie francescane quel pessimo uso che i
beghini e i fraticelli esercitavano in Francia, e che nell’ Um-
bria, a Spoleto, Assisi e Montefalco si era propagato, come
si disse, per la corruzione di frate Bentivegna da Gubbio,
e anche nei monasteri penetrava. Con lo scopo ipocrita di
mettere alle prove più dure la virtù dell’ obbedienza e colla.
pretesa di dare esempio in sè di castità, eccitando stimoli
bassi, con impuri atti si profanava la fede, violavasi il voto
e si abusava della semplicità altrui, vera o finta che fosse,

come vedremo.
L. FUMI.
(Continua).

(1) Bibl. Vatic. Cod. Vat. 4029.

— m
ji ico

E
FE ERETICI E RIBELLI NELL’ UMBRIA, ECC. 461

È DOCUMENTI

APPENDICE IV.
I. [1319], gennaio 20 - [1324], maggio 19.

Arch. Segr. Vat.
Com. Joan. XXII, An. III, p. I, T. X, c. 220.

Atti relativi alla cacciata del Vescovo di Rieti.

Ven. ffr.. Urbevetanis.. Balneoregen.. et Castren. Episs.

Giovanni XXII salutem. Habet ven. fr. noster Johannes Epus Reatinus (1)
commette ai Ve- È È 7 PNE
scovi di Orvieto, — gravis ad nos perlata conquestio, quod nonnulli clerici
Bagnorea e Ca- VEO E CART, Se E n E
SEO k esame dele et laici Civitatis Reatine, nulla culpa eiusdem Epi pre-
a querela del — RINO 3 È x
Vescovo di Rieti 5 cedente, populi civitatis eiusdem mendaciter auribus
contro i Reatini.

instillarunt, quod idem Epus ad ponendum seditionem
in populo et prodendum Civitatem eandem perversis stu-
diis laborabat, licet ipse, tanquam bonus antistes, statum
ipsius sincere caritatis zelaret affectu et prorsus foret.
10 innoxius a premissis.
Ad quorum suggestionem Frederieus de Firmo po-
. Potestà, Ca- testas, Andreas Dominici Capitaneus et alii officiales.
pitano, officiali, EE ; s : :
cittadini, Consi-. civitatis predicte, vid: Matheus Berardi Nicole judex,
zlio e Comune di È
ieti, sdegnati Johannes Pauloni Oddonis, Janniconus pelliparius, Phi-
contro il Vesco-
vo. gli insimaro: 15]ipponus Fusconis, Reatinus Gherini, Andreas de Pro-
o siratto.
speris, Angelus Jacobi miles, Thomassellus, Ciminus, Cam-
bionus Matei Cambii, Ciccus Piconis, Meus Ricardi de
Muro, Ceccarellus Petroni Petri Raynaldi, Johannes Be-
rardi, Alexander de Monteflascone notarius Reformatio-

20 num, Andreutius Gentilis de Maio, Petracca et Venturella

(1) Giovanni Muto de Papazzurri, secondo Eubel, traslato nel 1302 da Bonifa-
cio VIII dalla sede di Imola e citato dal detto papa per avere, a spregio delle lettere:
apostoliche di detta traslazione, abbandonata la curia romana. Secondo il Gams, ri-
nunziò nel 1326.

mE
IT s L. FUMI

Im de Ciminis, Cola spetiarius, Recha Sinibaldi militis, Do-
us natus et Mareus Deuteguarde et nonnulli alii cives Rea-
tini, nec non Consilium et Comune Civitatis eiusdem 1
impetuose commoti, ad eundem Epum subito nuncios

25 transmiserunt, ut de civitate ipsa recedere procuraret.

Idem vero Epus nullum habens conscientie scrupulum,

if BIBpoatt del qui super hiis mentis sue offenderet puritatem, eisdem
nuntiis libera et secura voce respondit, quod paratus erat

placere et satisfacere populo, prius sibi facultate concessa

30 excusandi se in Consilio et suam innocentiam ostendendi,

offerens nichilominus nepotes suos tradere obsides, donec È

super hiis suam innocentiam demonstraret. Verum dicti

AL Ar

nuntii oblationes hec recipere contempnentes, certum

diem in quo prefatus Epus de ipsa civitate recederet sibi

ule 35 ex parte populi prefixerunt; qui necessitate coactus et
gli. dubitans ne, sieut subsecutum extitit, populus et cives
predieti in huius furoris impetu in eum manus inice-

rent, et ipsum ignominiose tractarent, huiusmodi termi-

num acceptavit, sed eiusdem licet brevissimi termini

40 dilatione concessa aliquatenus non servata est, e vestigio,

dum prefatus Epus se parare crederet ad recessum,

hunt dietus Capitaneus et Carolus filius potestatis eiusdem, et
| nonnulli alii officiales et singulares persone Civitatis ip-
sius cum diversis armorum generibus in prefatum Epum

45 eiusque familiam hostiliter irruerunt, ac furentibus ani-

Invasione del. mis inicientes manus sacrilegas in eundem, ipsumque

l'episcopio: il Ve-

*scovo condotto ausu dampnabili capientes, ac eum suamque familiam
nel convento dei

«domenicani. de episcopali palatio violenter et ignominiose trahentes,

duxerunt eosdem ad locum ffr. ord. predd. Civ. eiusdem,

50 ac si predones et fures existerent captivatos, ipsosque
ibidem sub armata custodia aliquandiu, prout eis placuit,
detinere captivos; nec tanta per ipsos in dictum Epum
eiusque familiam iniuria irrogata contenti, eos auro, ar-

Saccheggio ^ o i is, libris, bl vin ii
ot gento, pecunia, paramentis, libris, blado, o et aliis

bando contro il 55 bonis mobilibus spoliasse dicuntur, ipsosque de dicta ci-
Vescovo e fami-

glia: confisca’ vitate postmodum expulerunt; nec adhue predictis ex-
:della mensa. :

cessibus finem dantes, eundem Epum eiusque familiam
de dieta civ. eiusque districtu forbannire temere presum-
serà

Petizione del
Vescovo al Papa.

Ordine del Pa-
pa ai detti Ve-
scovi di recarsi
a Rieti, d'istruire
il giudizio, e con-
fermata la verità
de’ fatti, restitui-
re al Vescovo il
SUO;

‘obbligando i ri-
belli, se preti,
con la sospensio-
ne del benefizio,
gli altri con la
scomunica, il Co-
mune con l’in-
terdetto ;

60

(—)

7

[es]
o

90

EREIICI E RIBELLI NELL’ UMBRIA, ECC. 463

pserunt, gravia facientes edicta, magnarum penarum
adiectione vallata, ne quis litteras ipsius Epi recipere,
aperire vel legere, seu de ipso testimonium bonum ferre
secrete vel publice, aut quemquam de sua familia rece-
ptare vel sibi aut procuratori suo de fructibus, redditibus et
proventibus ad suam Epalem mensam spectantibus respon-

5 dere presumeret vel auderet. Quare, pro parte ipsius Epi

nobis extitit humiliter supplicatum, ut sibi super pre-
missis iniuriis, excessibus atque dampnis de oportuno
providere remedio dignaremur. Nos igitur excessus huius
eo amplius detestantes, quo in graviorem divine maiesta-
tis iniuriam et ap. Sedis contemptum redundare noscuntur,
quove in dampnabili exempli perniciem transiret pericu-
liosius incorrecti, fraternitati vestre per ap. scripta districte
precipiendo mandamus, quatenus ad Civitatem predictam,

si poteritis comode, vel locum alium neutri parti suspec-

? tum personaliter accedentes, de premissis, de plano, sum-

marie, sine strepitu et figura judicii, per vos ipsos vel
duos ex vobis inquiratis diligentius veritatem ; et si quod
de huius spoliatione dampnis et iniuriis preponitur in-
veneretis veritate fulciri, prefatum Epum, si absque pe-
rieulo persone sue fieri poterit, alioquin, viearium seu
vicarios ac procuratores ipsius ad possessionem pacificam
ecclesie Reatine et episcopatus sui, auetoritate nostra,
restituere et reducere ae restitutum defendere procuretis,
facientes sibi et dicte familie de predictis bonis eis su-

? blatis omnibusque dampnis et iniuriis irrogatis eisdem

satisfactionem plenariam exhiberi, contradietores et re-
belles euiuscumque status et conditionis extiterint, cle-
ricos vid: per suspensionem beneficiorum ecclesiastice. que
obtinent, et si forsitan in sua contumacia perdurarent
per alias penas, alios vero per excomunicationis in per-
sonas, Commune vero dicte Civitatis per interdicti nec
non et privationem omnium privilegiorum libertatum
sive feudorum, que a Romana et quibusvis aliis ecclesiis
obtinere noscuntur, sententias, sive penas, appellatione

? postposita, compellendo, invocato ad hoc si et quotiens

opus fuerit auxilio brachii secularis. Et nichilominus
464

tori, particolari
e Comune, in

ria Romana.

Ai detti. —
Per le dichiara-
zioni del Capito-
lo, del clero e del
Comune essendo
attenuati i fatti,
se ne commette
l’ esame.

e citando gli au-

L. FUMI

prelibatos clericos, quos culpabiles repereritis in premis-
sis dictosque manuum iniectores, nec non officiales pre-
dictos illosque de dieta civitate quos inveneritis premis-
100 sorum excessuum fuisse patratores denuncietis incidisse
in penas contra captores et invasores Episcoporum tam
olim per sacros canones, quam per constitutionem no-

. Coi vissime super hoc specialiter editam in generali Vien-.
giudizio alla Cu-

nensi concilio promulgatas; prefatos insuper clericos.

105 officiales et alios enormitatum huius precipuos patratores.
ae Commune Civ. eiusdem ex parte nostra peremptorie
citare curetis, infra duos menses post citationem vestram,
memorati clerici, officiales et preeipui patratores perso-
naliter, Commune vero prefati per procuratorem ad pre-

110 missa omnia plenum et legitimum mandatum habentem
compareant coram nobis recepturi pro predictis excessibus
justitie debitum, ae nostris et Sedis eiusdem mandatis
et beneplacitis parituri. Dicte autem citationis et formam
et quicquid inde feceritis nobis per vestras litteras harum

115 seriem continentes fideliter intimare curetis, non obstante
etc.

Dat. Avinion. XIIj Kal. febr. anno tertio.

Ivi, c. 244.

Eisdem. ..... Ex parte vero Capituli Ecclesie Reatine
nec non cleri et Comunis Civ. ipsius responsum extitit ex
converso, quod licet ipsi rationabiliter dubitarent ex plu-
rimis coniecturis, quod idem Epus statum dicte Civitatis.

? existentem perversurus, nichil tamen de predietis relatis
nobis per prefatum Epum conmiserunt, sed idem Epus
eorum, que ipse concesserat conscientiam lesam gerens,
de prefato Epali palatio cum familiaribus suis non cap-
tivus, ut ipse retulit, sed plena libertate potitus exivit,

10 et ad predictum locum predicatorum aecessit, nulla sibi

per prefatos officiales et comune Reatinum verbo vel

facto iniuria irrogata, et de dieto loco ad Urbem se
duxit, quando et prout sibi placuit, conferendum, nec con

WENN A NS
URNE TTT

ERETICI E RIBELLI NELL’ UMBRIA, ECC. 465

tra eum ante vel post recessum ipsius processus aliquos
15 habuerunt. Nos autem efc.
Kal. martii an. tertio.

Ivi, c. 250 t.

,Ai detti. — Eisdem. ..... Verum quia nostre intentionis existit
Stabilisce che SUE È T
possanoinassen- quod tantummodo unus solus ex vobis in huiusmodi ne-
za del terzo, pro- È ; ^ :
cedere al giudi- gotio non procedat, fraternitati vestre per ap. scripta
zio anco in due.

20 mandamus, quatenus vos omnes aut duo vestrum, si

requisito tertio, tertius ipse noluerit, vel non potuerit

interesse, in huiusmodi negotio procedatis etc.

Non. martii an. tertio.

(Qui è riportata solo la querela del vescovo e non
quella della parte contraria).

[1324], maggio 19. . Secret. Johan. XXII, t. IV, c. 91 t. a.

.Al Vescovo Ven. fratri Episcopo Reatino. — Abfuisti super for-
reatino per in- . ; E A Y È
QUE ERU AP tassis, et merito, ab ecclesia tua diutius, fremente olim
alla sua sede.

discidio Reatino. Sane cum illud jam optata sedatione
cessaverit, tempus est ut iocundam exhibeas eidem ec-

ut

clesie tue presentiam, quam, sicut fida nuper scriptione
didicimus, conmendant prospera tui presulatus auspicia
et ad recreandos propterea omnium animos turba Reati-
norum eivium desiderat universa: fraternitatem ergo tuam

hortamur et monemus attente, quatenus, velut qui desi-
1

o

deratur a populo tuo, repetens, visis presentibus, ad
ipsam ecclesiam revertaris.
Dat. Avin. XIIIJ, Kal. Junii an. octavo.

II. [1319], agosto 25. Lib. Curiae, an. III, Tom. X, ce. 570.
Giovanni XXII contro i traditori di Rocca Miranda.
Johannes efe. Burdono et Galiocto Anselmucii de Sinirillo fra-

tribus laicis firmanensis diocesis spiritum consilii sanioris. Aucta
nimium insolentiis efc.
466

Burdono es-
sendo Vicario ge-
nerale della Sa-
bina, tradì, per
denaro, Rocca
Mirandaa Narni.

Col fratello
Galeotto e con
vari complici oc-
cupò Monte Ru-
biano nella Mar-
ca.

L. FUMI

.... Sane vestrarum gravitate multiplicum offensarum
validus clamor insinuat et temerariam vestrorum tran-
sgressionem excessum contra nos et R. E. commissorum
fama publica manifestat, non enim potest cuiusvis ter-

5 giversationis inficatione celari, quod cum olim b. m. Ar-
naldus Epus Sabinen. tunc ap. Sedis Legatus Rector Co-
mitatus Sabinie ad nos et R. E. nullo mediante spectantis
te Burdonum in eodem Comitatu Sabinie constituisset
Vicarium generalem, tu infideliter fidelitatis terminos

10 non absque nota nepharie prodictionis egressus, Roccam
Mirande infra dictum Comitatum Sabinie constitutum, que
de ipsius E. speciali demanio fore dinoscitur, Communi-
tati Narnien., ab eis recepta summa pecunie, tradidisti ;
nec adhuc tanti excessus enormitate contentus, sed demum

15 mala malis coacervare presumens, tu et Galioctus frater
tuus, vobis Lino Guillelmi de Massa et Theobalducio Ra-
nalducii de Camporo et nonnullis aliis vobis assotiatis
complicibus, castri Montis Rubiani infra provinciam no-
stram Marchie anconitane consistens per nephande prodi-

20 cionis astutiam occupastis et quampluribus de ipsius ca-
stri fidelibus in ore gladii trucidatis, et nonnullis tam
clericis quam laicis domibus funditus dirutis, vineis et
arboribus omnino succisis et devastatis, agris omnibus
eorumdem de dicto castro violenter eiectis, castrum ipsum

25 per sevam detinetis tirampnidem occupatum, homines
vero ipsius castri ad vendendum vobis et aliis bona sua
pro multo minori pretio, quam valere possint, iuxta vestre
inordinate voluntatis arbitrium constituto, frivolis et frau-
dolentis occasionibus adinventis, invitos cogistis violenter,

30 eos alios talliis, collectis et oneribus importabilibus ag-
gravando. Et insuper vestram cum rebellibus nostris et
eiusdem E. non verentes ponere porcionem, Frederico
Comiti de Monteferetro Recanaten. et Auximan. Comu-
nitatibus et nonnullis aliis nostris et E. R. rebellibus ipso-

33 rumque lige, quorum idem Comes erat tune temporis

dux et capud, temerariis ansibus, adhesistis, eiusdem E.

fideles una eum eis hostilibus incursibus prosequendo ; et

inter alias enormitates excessuum, ad quos una cum di-

Ks
uf: rete

SORIANO

ERETICI E RIBELLI NELL’ UMBRIA; ECC. 467

PUR TAE etis rebellibus prorupistis, Castrum Pire infra dietam pro-
rono Castel Pira. i :

40 vinciam constitutum, quod ad nos et E. immediate per-
tinet supradictam, exercitu congregato, depopulastis ho-
stiliter, alia execrabilia et enormia conmictendo, dicti-
sque assistendo rebellibus et perhibeudo contra nos et
prefatam E. et ipsius Rectorem provincie, qui tunc

45 erat, consilium, auxilium et favorem. Et quamvis idem

Inutilmente — Rector contra vos, propter vestros excessus, varios pro-
scomunicati e In- 3

terdetti, cessus excomunicationis et interdicti et alias diversas

penas et sententias continentes habuerit, vos tamen eos
quos in suo robore firmitatis permanere volumus eontem-
50 pnentes, illos sustinetis animis induratis, in salutis proprie
detrimentum, Nos... vos... requirimus et monemus... qua-
tenus infra unius mensis spatium.... tu Burdonus super

sono precettati — traditione dicte Rocce Mirande nec non et super aliis
ü riconsegnare

fra un mese Roc- — excessibus supradictis tu et Galioctus ac Linus Guillelmi
ca Miranda e a

al ordini 55 de Massa et Theobalducius Raynalducii de Camporo pre-
pontifici.

dicti precise mandatis nostris parere curetis....
Dat. Avin. VIIJ Kal. septembris pontif. nostri an.
tertio.

III. [1324], feb. 10 — ap. 9, 12. Instr. Miscell. Caps. ad an.
Accusa contro Offreduccio e contro Giovanni di Gualdo.

In nom. etc. Hec est inquisitio quam facit et facere intendit
Rev. vir d. Johannes de Amelio Archid. Foroiul. Ducatus Spo-
letani Rector eéc. ad denunciationem et promotionem Petri Blan-
coni de Spello sindici Com. Spelli ete. contra et adversus

. Offreduccio Magistrum Ofreducium Monalducii de Spello, priorem
priore di Spoleto
e ne ges E. Spoletane, et Mazzonum Munalducii eius fratrem,
re il petto je- à i i
guìti da uomini priorem E. S. M. de Spello, de Castro Spelli et quemlibet
grau e potenti - ; È 2 : x
ella provincia, eorum, in defectum Epi Spoletani et eius Vicarii et sue
adunati in Mon- 3
tefalco, nel mo- 5 curie, et in defectum processuum non factorum per eos,
nastero di S. Cro-
Si SONPARTORO si obmissorum et neglectorum, in eo et super eo quod
3 "be 2
occupare Spello, hoc anno de mense januarii prox. pret. predicti et qui-
Won dde: libet predictorum, diabolico spiritu instigati, Deum non
habentes pre oculis, in dedecus et obprobrium S. M. E.
Assembratisi
di notte, armati,
con bandiere e
con istrumenti
atti a gettare a
terra le porte e
gli usci delle ca-
se, si accostaro-
no con fanti e
cavalli alla ter-
ra, e non fu per
loro che non ce-
desse.

L. FUMI

10 et Summi Pontificis et dieti Rectoris Ducatus, et contra
constitutiones et sententiam latam per dictum Summum
Pontificem et Rectorem predietum, et contra pacificum
statum diete. provincie Ducatus eum ceteris eorum com-
plieibus et sotiis et sequacibus hominibus magnis et po-

15 tentibus de dicta provincia et extra dictam provinciam,
proditorio et malo et hostili modo cospiraverunt, tracta-
verunt et ordinaverunt in castro Montisfalci, in burgo
S. Crucis et S. Leonardi de M. Faleo, in domibus Mona-
sterii S. Crucis positis in dieto burgo iuxta stratas et

20 possessiones dicti monasterii et alibi in multis locis, quod
invaderetur castrum Spelli proditorio et hostili modo et
ipsum occuparetur per latrones, depredatores et malos
homines et poneretur in rebellione diete E., et quod con-
gregaretur multitudo gentium et malorum hominum cum

?5 quibus fieret cavalcata ad dietam terram ad ipsam ca-
piendam et derobandam et occidendum homines et mu-
lieres, ad petitionem et instantiam et in servitium gebel-
linorum intrinsecorum de Spoleto rebellium S. M. E.,
prestando eis consilium, auxilium ‘et favorem, ex quo

30 traetatu et deliberatione volendo predicta deducere ad ef-
fectum, dieta gens et dicti mali homines cum quibus
predieta fuerunt firmata et conspirata, sequentes mandata
predieti magistri Ofreducii et Mazzoni ex dieta delibera-
tione congregati fuerunt de nocte, armati armis et cum

35 vexillis et instrumentis ad frangendum portas et hostia
domorum dicte terre, accesserunt, volendo predicta effecto
demandare, usque ad dietam terram, et per eos non
stetit quia predicta effectui demandarent, venientes pedes
et eques ....

(Segue V elenco di 12 complici; e quindi la citazione
del 26 marzo, e la relazione della fatta citazione del 30
d., non che la condanna del 2 aprile in contumacia, alla
pena del carcere perpetuo, alla confisca de’ beni e al
bando..

Riportiamo la rubrica della Costituzione del Ducato
che si riferisce ai chierici contumaci):

IRR IC RD SLEEP E
TOTO,

ERETICI E RIBELLI NELL’ UMBRIA, ECC. 469

$ Constitutio qualiter exbanniti habeantur pro convictis et con-
fexis de excessibus pro quibus proceditur contra eos.

Che qualun-
"Vescovo, pre-
lato, o altra per-
sona ecclesiasti-
ca, o religioso
qualsiasi il quale

fosse citato per 45

delitti, disobbe-
dienze od ecces-
si, e non compa-
risse nel termine
PEECREtO, sia su-
bito dichiarato
contumace e po-
sto in bando.

40

50

Qt
Qt

60

65

Omnem contumaciam et inobedientiam in quantum
possumus reprimere intendentes, statuimus quod si ali-
quis Epus, prelatus vel quivis elerieus vel alia persona
ecclesiastica vel religiosus cuiuscumque status seu con-
ditionis existat pro aliquo crimine, inobedientia vel ex-
cessu personaliter vel ad domum fuerit citatus et in
termino citationis non comparuerit coram nobis et nostris
offieialibus mandatis in omnibus paraturus, elapso ter-
mino predicto, possit poni in banno, in: quo banno
terminus assignetur, prout nobis et nostris officialibus
videbitur expedire, infra quem terminum si non compa-
ruerit, habeatur pro confesso et convicto, et testibus su-
perato, de inobedientia et excessu, de quo proceditur
contra ipsum, et nulla aiia citatione facienda de ipso

possit procedi ad sententiam privationis et depositionis

5 officiorum et beneficiorum que obtinet et impositionem

aliarum penarum contra eum, et elapso termino exban-
nimenti, fieri posset executio contra exbannitum et eius
bona ac si contra ipsum sententia esset lata, et bannum
predietum vim sententie difinitive habeat, omni exceptione
remota. Et si super civili causa fuerit aliquis citatus
semel vel bis ad domum et non comparuerit in termino
assignato, possit procedi contra eum tanquam contra
contumacem ad missionem in possessionem et alia, prout
fuerit rationis et nobis et nostris officialibus videbitur

expedire — (Copia degli S gennaio 1324).

In dei nomine efc. Hec est inquisitio quam facit et facere in-

tendit rev. vir Jacobus de Amelio Ducatus Spoletani in mallefitiis

Vicarius generalis per rev: virum d. Johannem de Amelio efc. Re-

ctorem ete.

adversus et contra.

Johannem magistri Jacobi de Gualdo Captaneo in eo
et super eo quod ad aures et notitiam ipsius d. Vicarii
et sue curie eic. pervenit quod dictus Johannes tan-

32
t

ua

——— e

470

Giovanni di M.
Jacomo di Gual-
do Cattaneo nel
dicembre 1323 e
nel gennaio suc-
cessivo nel Mo-
nastero di S. Qui-
rico di Bettona
cospirò, d’ accor-
do cogli interni
di Spoleto, d'e-
spugnare Gual-
do.

oo
o

Congiurò con
Bicello di Gual-
freduccio de' Ba-
glioni di Perugia
per occupare il
Monastero di S,
Quirico.

L. FUMI

quam iniquitatis filius et turbator pacifici status ducalis

70 provincie et seminator ziczanie, in obprobrium et detri-

mentum S. R. E. et officii r. v. d. Rectoris predieti de
anno proximo pret. de mense decembris et de anno presenti
de mense ianuarii prox. pret. in monasterio. S. Olerici
posito in ducali provincia et in territorio Bictonii, eui .
75 undique sunt bona dicti monasterii et alibi in ducali pro-
vincia, appensate et deliberate et ex certa scientia tracta- .
vit, comunicato consilio cum Spoletanis intrisecis rebellibus
et inimicis S. M. E. et dicti d. Rectoris, cuniuratione inita
inter eos, occupare proditorie ae etiam expugnare castrum
S0 Gualdi predictum fidele devotum et obediens Rectori
predicto et sue Curie in turbatione et subversione totius
provincie memorate, ibique conmietere homicidia atque
strages et derobbationes hominum et personarum, et ipso
habito, dietum rebellare contra S. M. E. et dictum d.
? Rectorem et eius Curiam, et de ipso guerram facere in
provincia memorata, et de ipso castro multos eycere et ex-
pellere et multa nephanda conmictere et incendia, adul-
teria et alia mallefitia in occupatione castri predicti.
Item in eo et super eo quod ad aures et notitiam ut
9) supra dicti d. Vicarii pervenit, quod dictus Johannes,
tanquam iniquitatis filius, turbator pacifici status dicte
provincie et seminator zizanie, in obprobrium et detri-
mentum S. R. E. et d. Reetoris predicti de dictis anno
et mense, appensate et deliberate et ex certa scientia,
9 comunicato et tractatu habito et firmato cum Bicello d.
Gualfreducii de Baglonibus de Perusio, tractavit et ordi-
navit occupare proditorie monasterium Sancti Clerici
positum in ducali provincia in territorio Bietonii, et ipsum
occupavit, ac undique sunt bona dicti monasterii et alibi

100 in ducali provincia, appensate et deliberate et ex certa

seientia, et expugnare dictum eastrum et expellere mo-
nachos existentes in dicto monasterio, et. dictum | mona -
sterium fidele et devotum S. M. E. et dieti d. Rectoris.
spoliare bonis et rebus existentibus in eo, et ibi commi-
lOoetere sacrilegium et alia nephanda mallefitia in occupa-
tione monasterii supradicti, et tractatu et procuratione ac
TENETE EET

Per opera di
lui, malandrini
e ladroni, scac-
ciati priore e mo-
naci si ritengo-
no il monastero.

Trattò ]'in-
vasione di Spel-
lo, adunò molti
soldati a piè e a
cavallo nel mo-
nastero, muo-
vendo a quella
occupazione, e
non fu per lui se
non ebbe luogo.

IV. [1326], dicembre 11.

110

Ls

9

120

125

130

ERETICI E RIBELLI NELL' UMBRIA, ECC. 471

ordinatione dicti Johannis, multi malandrini, homicidiarii,
latrones, derobbatores et multi alii mali homines de
dieto ducatu et extra in dedecus et contemptum S. M. E.,
d. n. pp. et dicti d. Reetoris una euni dicto Johanne di-
etum monasterium Saneti Quirici per vim et violentiam et
contra voluntatem Prioris et Monachorum dicti monasterii,
ipsis de dieto monasterio electis et expulsis, detinent occu-

patum, et se in dieto monasterio receptant et continue mo-

? ram trahunt, ex quibus suspitio in contrata maxima orta

est, tenendo dietum monasterium contra d. n. pp., S.
R. E. et eundem d. Rectorem occupatum et captum.

Item in eo et super eo quod hoc anno de mense
januarii prox. pret. in dieto monasterio S. Quirici posito in
ducali provincia in territorio Bictonii, cui undique sunt
bona dieti monasterii et alibi in dieta ducali provincia,
deliberate, pensate, comunicato consilio cum pluribus
malis hominibus et status contrate pacifici turbatoribus
magnis et potentis, traetavit et ordinavit invadere, per-
dere et occupare castrum Spelli fidele S. M. E. efc. ufs.
et ibidem... facere guerram contra terras convicinas ipsi
castro, et. ad aetum pestiferum venientes, congregaverunt,
una cum multis aliis, multos milites equites et pedites
in dieto Monasterio, et inde secesserunt et venerunt in
territorio dieti castri ut predicta effectui demandarent
ordinatione dieti Johannis, et per eum non stetit quia
predieta omnia executioni mandaret.

(Segue la citazione del 9 aprile; la relazione della ci-

tazione del 10 detto e il bando contro il detto del di 12).

Com. Joan. XXII, i. XXX, c. 377.

Ordine di p. Giovanni XXII al Rettore del Patrimonio per la
— restituzione de’ castelli e possedimenti all’ abate di S. Sal-
vatore tolti dal Comune di Rieti.

Dilecto filio Roberto de Albarupe etc. Reetori Patri-
monii ete. Peticio dilectorum filiorum Bonjohannis abba-

tis et conventus monasterii S. Salvatoris maioris ad R. E.
Ricordasi che
l’abate di S. Sal-
vadore di Rieti
dal detto Comu-
ne era già stato
spogliato del di-
ritto e possesso
di mero e misto
impero: che Cle-
mente V ne lo
reintegró; che
fece scomunicare
dal card. Napo-
leone il Comune
renitente:

che quindi i beni
furono restituiti:
ma poi fece pren-
dere da Bucio e
complici l'abate
e invase con l’e-
sercito il mona-
stero.

L. FUMI

nullo medio pertinentis O. S. B. Reatine dioc. nobis exhi-
5 bita eontinebat, quod dudum dicto Abbate per nonnullos
Cives Civ. Reatine, nomine Comunis civ. eiusdem id ratum
habentium jurisdictione et possessione meri et mixti im-
perii, quod dictum monasterium in castris locis villis et
aliis terris suis obtinebat, sicut et obtinere dinoscitur,
10 per violentiam spoliato, felicis recordationis Clementis
pp. .V. predecessoris nostri, cui de huiusmodi violenta
spoliatione legitime constitit, eundem abbatem pro sua
diffinitiva sententia in consistorio de fratrum suorum
eonsilio restituit ad possessionem pacificam omnium pre-
15 missorum dilecto f. n. Napoleone S. Adriani diac. card.
et venn. ffr... Marsican. et Velitren. episs. dietis monasterio
et abbati super hiis per ipsius predecessoris certi tenoris
litteras executoribus deputatis, ac tam per dietum pre-

decessorem in eadem sua diffinitiva sententia, quam per

:20eundem Napoleonem, qui solus in huiusmodi negotii

executione processerat, prout ex litterarum forma peterat
predictarum, in.. potestatem,.. capitaneum et singulos of-
fieiales tunc presentes et futuros ac singulares personas
dieti Comunis, qui eidem diffinitive sententie infra ter-
25 minum in ea contentum parere contempnerent, aut ab-
batem et monasterium supradieta super illis in posterum
quovis quesito colore impedire aut molestare quoquomodo
presumerent, excomunicationis ac in Comune et Civ.
predietam interdici, prout auctoritate licterarum peterat
30 predictarum, sententiis promulgatis, prout in licteris dieti
predecessoris super predictis confectis, et processibus ipsa-
rum auctoritate per eundem Carlinalem habitis plenius
dicitur contineri. Quarum sententie litterarum et proces-
suum auctoritate Abbas et monasterium supradieta ad
35 possessionem pacifieam omnium premissorum restituta
fuerunt. Postmodum vero prefati Comune ad monasterii
dampna et abbetis predictorum iniurias aspirantes, ac
processus et sententias dampnabiliter contempnentes, eun-
dem abbatem per Jacobum dietum Bucium de Romagia
^0 Civem Reatinum et complices suos personaliter capi et

detineri ae diris tormentis affligi, et contra vassallos et
L’abbate e il
convento ebbero
ricorso al Papa.

V. [1327] maggio 18 (1326, settembre 30)

4

Qt

i

ERETICI E RIBELLI NELL' UMBRIA, ECC. 475

loca predieta generalem exercitum proclamari, illaque
per dietum Jacobum ac filios Johannis de Moiano et
alios Reatinos et eorum complices hostiliter invadi, com-
buri, vassallos capi et ut servos revendi, eorumque bona
et dieti monasterii in predam deduci ac abbatem, mona-
chos et vassallos predictos de dicta civitate exbanniri
fecerunt, et alia dampna innumerabilia intulerunt et in-
ferre non desinunt dictis monasterio et vassallis, veniendo
et faciendo eontra processus apostolicos' efc. Quare prefati
abbas et conventus nobis humiliter supplicaverunt ut
providere ipsis et dicto monasterio super premissis de
oportuno remedio dignaremur. Nos itaque ecc. — IIJ idus

decembris an. XJ.

Arch. Com. Perug. perg. B. 63.

Lettere del Card. Legato per la rivolta di Città di Castello.

Johannes miseratione divina Sancti Theodori Diaconus Cardi-
dinalis ap. Sedis Legatus universis Christi fidelibus infra nostre
legationis terminos constilutis presentes litteras inspecturis salutem

in domino.

Si premette che

per l'ufficio di
paciere imposto-
gli come Legato,
volendo ritoglie-
re Città di Ca-
stello dalle ma-
ni de’ tiranni,
erasi diretto a
chierici e laici
della detta città
con la lettera
seguente:

1

[911

Dudum ad calamitatis miseriam et erumpnam, quibus
captiva Civitas Castelli, facientibus sevissimis tirampnis,
dei et ap. Sedis antiquis hostibus et perfidis inimicis, mi-
serabiliter est depressa, compassionis oculos, prout ad
nostrum paciariatus et pacis reformationis officium, no-
stris humeris infra nostre legationis confinia impositum
a Sede predicta, pertinet, dirigentes, et sperantes illam a
iugo captivitatis eripere ac reducere ad pacem et concor-
diam salutifere unitatis, ut, de iugo servitutis erecta, in
devotione solita S. R. E. et in se sincera ac integra, fu-
gatis turbinibus et scandalorum dissensionibus, perma-
neret, infrascriptos clericos et laicos de Civitate predi-
cta, quorum ceco ducatu illa taliter ruisse dignoscitur,

pro pacis extrinsece et intrinsece reformatione Civitatis

15 ejusdem rogandos, requirendos et monendos duximus per

Boite e
nre

T e ra

Giovanni car-
dinale diacono di
S. Teodoro ri-
volto a' Rettori
delle chiese in-
frascritte, al Co-
mune di Città di
Castello e ai vari
ctttadini della
fazione contraria
alla Chiesa,

L. FUMI

nostras patentes litteras, quas ipsis per diversos fideles
et ydoneos. nuntios mitti et assignari providimus in hec
verba:
Johannes miseratione divina saneti Theodori Diaconus
?0 Cardinalis apostolice Sedis legatus dilectis nobis in Do-
mino Scorne Priori Hospitalis Saneti Floridi, Guidoni Ar-
chipresbitero Plebis de Gupiano et Jacobo Mathei Maio-
ris Canonico, Luce Saneti Georgij, et Matheo Bernardini
de Cameliano Castelli Civitatis et diocesis ecclesiarum
?5 Rectoribus, necnon Nobilibus viris.. Potestati, Consilio,
Communi, necnon Civibus Civitatis Castelli et spetialiter
Francisco et Gerio Tani de Ubaldinis, Rigoni et Gumo
Marchionis, Baldinatio Francisci de Ubaldinis, Guidarello
de Citerna et Lello Catie Bonajunete, judici Frederico eius
30 filio, Pero Guidarelli de Citerna, Nino de Donatis, Hugutio
d. Baraterij, Vanni Uderighi, Bernardo de Varcellis, Bernar-
do d. Mathei, Jacobo d. Mathei, Pultrono Bernardi, Cino
Scorne, Ciuzzino de Comitibus, Bartholo de Lilce, Bugazino
de Montedolio, Beccardino Giueti Scorne, Scorne Betti,
35 Genzoso Urlandi, Bartholo de Cartolariis, Cenne Caputij,
Sinando Cini, Pagano Homizoli, Mando Johannis, Vanni
Manni, Ufredutio Benerij, Ser Bino Pacis, Nanti Guidutij,
Guidarello Raczij, Johanni Raynaldi, Ser Vanni Francisci,
judici Ser Vanni Francisce, Ser Herrico Orlandi, Ser Vanni
40 Cambi, Ser Cambio Guidonis, Luce Nicole, Ser Guidoni
domini Raynaldi, Petro Detaiuti, Notzio Bucarelli, Ser
Vanni Cambi, Ser Nutio Ser Angeli, Guerrutio Bannis
Belli, Petro et Barnabeo Amodutij, Gento Barnabei, Cole
Marchi, Amadutio Barnabei, dompno Donato eius filio,
4» Amodeo Laurentij, Guidoni Vannis, Maffolo Nutij Guida-
relli, Ser Jacobo Petri, Ser Betto Johannoli, Vanni Corbatij,
Cecco Cordoni Montihugonis, Contutio eius filio, Ser Vanni
Pauli, Ser Naldo Bencevenis, Dutio de Castillone, Vanni
Guidonis d. Gudaldi, Bartholo Masci, Johanni Venture, Cioni
20 d. Betti, Dutio Salle, Fiordo Ginaldi, Cecco Hoirazoli, Luce
Guidarelli, Vanni m. Angeli, Mercato Raynerij, Vivarello
Sarchelli, Vanni eius filio, Mafeo Delciedelis, Mendicho et
Michio filijs Gruve, Ser Comando Vannis Civibus civita-
ebbe ad esporre

come il Papa lo
avesse destinato
in Toscana e
nelle altre parti

«di sua legazione
à mettere pace

frai dissenzienti:

ERETICI E BIBELLI NELL’ UMBRIA, ECC. - 475

tis prediete, nec non omnibus et singulis aliis eorum in
5» hae parte sequacibus salutem in domino:

Sanetissimus in Christo pater et dnus noster, dnus
Johannes divina providentia sacrosante Romane ac uni-
versalis Ecclesie summus Pontifex in terris Vicarius
Redemptoris nostri dni Jehsu Christi, qui ascensurus

e
-—

ad patrem suis inquit apostolis: pacem meam do vo-
bis, pacem meam, relinquo vobis, quicumque de sum-
mis celorum ad yma mundi descendens carnem nostre
mortalitatis induit, ut hominem, quem plasmaverat,
diabolica fraude deceptum, a morte perpetua liberaret,
05 cupiens, more illius, cuius, sicut prediximus, vices gerit
in terris, quique verus b. Petri ap. regni celestis clavigeri
suecessor existit, cunetos Christi fideles proferti de
terris R. E. et vicinis eisdem, quos diabolus humani

generis hostis antiquus, sieut dracho circuit querens

-
(©)

quem devoret, per dissensiones et scandala, non solum
extera sed interna, eos ab invicem separarat et separat
altissimoque, pro dolor, efficit per inobedientie vitium,
ad instar illius draconis pessimi qui de superis cum suis

sequacibus ruit ad tartara, efficit odiosos, quosve si in

-

75 huiusmodi, quod absit, scandalorum leetis deficiant, ad
inferna eruciandos deducit perpetuo, numquam, deinceps,
requie potituros ad pacis unitatem redueeret, extinctis
flammis scandalorum ipsorum, nos in Tuseie provincia, nec-
non in terris eisdem et in alijs partibus nostre legationis,

80 litteris expressatis, de fratruum suorum consilio, pacis ser-
vatorem et paciarum statuit, ut inter cunctos partium ea-
rumdem, quos videremus pacis federe reformandos, pacem
et concordiam reformare, facere et conservare curemus. Et
ut hoc facilius exequi valeamus, tam contra pacem facere,

85 jurare ac firmare nolentes, quam etiam contra illam pre-
sumentes infringere, necnon contra eos qui in eisdem
partibus discordias et scandala seminarunt et seminant,
odia suscitarunt, suscitant, fovent et nutriunt, quique
nostrum huiusmodi paciarij ac Conservatoris offitium per-

90 turbare presumunt, procedendi, processusque nostros exe-

cutioni mandandi, contradictores quoque per censuram
L.

FUMI

ecclesiasticam, appellatione postposita, compescendi, con-
tra eos etiam quorumlibet magnatum atque potentum, nec:
non universitatum et Communitatum quarumeumque po-
95 tentiam invocandi potestatem nobis, per suas bullatas con-
cessit litteras, quarum tenores per alias nostras patentes lit-
teras nostri sigilli appositione munitas, vobis una cum pre-
sentibus, ne presentium intellectum obnubilet prolixa seri-
ptura, providimus dirigendos. Sane ad audientiam nostram
100 non utinam ex faeti experientia, pro dolor, fama publica,

EE di = quin potius infamia detestanda perduxit, quod olim, dum
stello, la quale Mae i : :

SO 2 pa- Civitas nostra Castelli, que est de terris et partibus supra-
ce, fu dagli emu- iniu È à : ; ;

li della Chiesa — dictis, in pacis opulentia habitaret et maneret in pacis re-

ribellata:

quie gloriosa, nonnulli perditionis filij iniquitatis alumpni,
105 sancteque E. eiusque fidelium emuli et hostes antiqui,
Civitatem eandem, que in devotione et obedientia solitis.
eiusdem E. persistebat, per hostiles incursus, seditiones,
dissensiones, proditiones et scandala in devium vergere
danpnabiliter coegerunt et cogunt adhuc in deiectis mise-
110 rabiliter atque fugatis bonisque omnibus spoliatis laces-
sitisque multis obprobriis, iniuriis et jacturis vestris Con-
civibus E. predicte fidelibus, alijsque gravaminibus diris
et duris illatis eisdem, que longum esset propter nume-
rositatem eorum in presentibus per singula recenseri.
115 Quorum scelerum et tot et tantorum, et tantorum enor-

che le persone mium excessuum vos conprobamini fuisse et esse, quod
suddette ne fu-

rono i principali — dolenter referrimus, precipuos patratores. Unde, non so-

autori:

Ium nos, qui Compatriota existimus, sed etiam de lon-
ginquioribus partibus tanta scelera audientes, super cala-
120 mitate vestra deplorant, de destructione condolent et de
ruina turbantur, et presertim quod vulpina deceptio vos ab
obedientia E. R. seduxit. Et quidque ad statum pristinum
reducamini, rogant deum. Quare nos, qui inter ceteros
post eundem dominum nostrum Summum pontificem in
125 vestris tribulationibus afficimur et in angustijs conturba-
mur ab intimis, volentes eiusdem dni nostri summi ponti-
ficis in hijs et alijs, ut tenemur, plene ac humiliter obedire
mandatis, ad reconciliationemque vestram et Civitatis

eiusdem pro viribus anelantes, cum ex hoc dei et eiu-

FAZI
140

che gli ammonì
con tre edltti a
venire in concor-
dia cogli esuli
della città e di-

stretto, rimet-
tendoli in pos-
sesso de’ loro

beni e compen-145

sandoli. de’ dan-
ni dati:

160

che

facendo, li a-

vrebbe scomuni-
cati:

13) sdem E. agatur negotium et ex reformatione Civitatis

Qt

altrimentiló5

ERETICI E RIBELLI NELL' UMBRIA, ECC. 4TT

eiusdem et incolarum ipsius multa nobis et illis proveniant
salutaria incrementa, vos predietos elericos superius no-
minatos, neenon Potestatem, Consilium et Commune Ci-
vitatis eiusdem, necnon vos omnes et singulos alios su-

5 perius nominatos, auctoritate ipsius dni nostri Summi

pontificis qua fungimur in hac parte, pro primo, secundo
ae tertio peremptorio monitionis edicto, tenore presentium,
publice requirimus et monemus, sub pena interdicti in
Civitatem eandem et excommunicationis in personas ve-
stras, et nichilominus sub pena alia pecuniaria a vobis,
nomine R. E., iuxta nostrum arbitrium, exigenda, districte
precipimus et mandamus, quatinus, infra triginta dierum
spatium a receptione, notificatione notione seu notitia pre-
sentium, vobis facta, a vobis habita, scita vel intellecta in
antea computandum, quorum dierum decem pro primo,
et decem pro secundo et reliquos decem vobis universis
et singulis ad hoc pro tertio peremptorio termino prefi-
gimus, et etiam assignamus, cum omnibus et singulis
eiectis, fugitivis, extrinsecis et expulsis de Civitate pre-
dieta eiusque districtu, a tempore mote guerre et danpna-
bilis rebellionis assumpte, pacem firmam facere et refor-
mare curetis, ipsosque in Civitatem eandem et ad eorum
bona reintroducere, reintegrare et ad statum pristinum
reducere, quibuslibet sublatis excusationibus, subterfugijs,
impedimentis alijsque quibuseumque quesitis coloribus,
procuretis omnino eisque et eorum singulis de ablatis bonis.
eorum et de danpnis taliter illatis eisdem satisfactionem
debitam et congruam impendatis et faciatis impendi. Et
quod eos de cetero minime perturbabitis, nec offendetis
seu offendi facietis in personis vel rebus per vos vel
alium seu alios publice vel occulte, prestetis eisdem ydo-
neas cautiones, vos ad hee servanda solemniter obligando,
adhibitis super hijs juramentorum prestationibus et penis
gravibus, prout in similibus fieri consuevit. Quod si pre-
missa, que sie mandamus infra predictum terminum,
contempseritis, recusaveritis vel retardaveritis, quod non

credimus, adimplere, nos in predictam vestram Civitatem.
478

L. FUMI

et in universitatem ipsius interdicti, vosque Clerieos su-
perius nominatos nec non Potestatem, Consilium et alios
170 Offieiales suspensionis ab offitijs et tam in personas ve-
stras quam etiam in ‘personas omnium et singulorum
supranominatorum nec non in omnes et singulos qui
huiusmodi paeis reformationem dictorum extrinsecorum
et expulsorum reintroitum liberum et securum in civi-
175 tatem eandem et restitutionem ipsorum ad bona pre-
dieta nec non effectum eorum que sic mandamus per
se vel alium seu alios impedire presumpserint vel dictos
eiectos, exules et expulsos, postquam reintroducti et
restituti fuerint, offenderint seu offendi fecerint in per-
180 sonis seu rebus eorum, vel pacem et reformationem
factam infringere attemptabunt vel infringi facient publice
vel occulte, nee non in omnes et singulos qui nostrorum
huiusmodi immo potius apostolicorum mandatorum fuerint
transgressores, ac in contradietores quoslibet et rebelles
155 euiuseumque ordinis conditionis, gradus, status, potentie
vel excellentie eeclesiastice vel mundane fuerint, etiam si
Pontifieali, eum competentibus intervallis in tales dum-
taxat prefulserint, dignitate, et etiam in utriusque sexus
personas, qui vel que procuraverint, seu procurari fecerint
190 vel etiam per se vel alios impediverint publice vel occulte
quod huiusmodi nostre littere et alie quas mittimus cum
eisdem ad vestram non deveniant notionem et in eos
etiam qui vel que dietas litteras vel ipsarum aliquas sur-
ripuerit, fregerit, occultaverit vel earum effectum im-
195 pedire presumpserit, ex nune, prout ex tune, in hijs
seriptis, canonica monitione premissa, prefata auctoritate,
excomunicationis sententias, tenore presentium, proferi-
mus ac etiam promulgamus. Predicentes vobis aperte,
quod, nisi super premissis nobis immo potius Sedi Aposto-
200 lice humiliter pareatis Sedes ipsa contra vos, etiam vestros
sequaces, spirituales atque temporales sententias atque
penas, quarum si expectaveritis iaculum poteritis perpe-
tuo penitere, procurabimus indilate aggravare. Et insu-
per, ut: nichil de contingentibus ommittamus, dilectis

205 nobis in domino Johanni de Tristena, Jacobo de Coco-
che

vellis, Angelo Betti ae ceteris Canonicis ecclesie Civitatis
Castelli in ipsa civitate morantibus, ac 'religiosis viris..
Priori Predicatorum,.. Guardiano minorum et prioribus
heremitarum et Servorum S. M. fratrum de predicta Ci-
210 vitate Castelli et ipsorum cuilibet, sub excommunicatio-
nis pena, quam in eos et ipsorum quemlibet si secus fe-
cerint, monitione premissa canonica, ex nunc, prout ex
tune, auetoritate predicta, ferimus in hijs scriptis eis di-

strictius comminando, quod, nisi super hoc.pareant, con-

to
=
ut

tra eos gravius procedemus, tenore presentium precipi-
mus et mandamus, quatinus ipsi et ipsorum quilibet, re-
pertis seu habitis vel receptis presentibus et alijs nostris
litteris de quibus mentio habetur superius, infra triduum
post repertionem, habitionem seu receptionem litterarum
220 ipsarum, eas et illas et earum tenore, vobis omnibus et
singulis et alijs, de quibus expedire videbitur, legere,
intimare ac legitime publicare procurent. Et quod si vos
predieta, que mandamus, infra predictum tempus negle-

xeritis vel recusaveritis contumaciter adimplere, ipsi vos

do
e
Or

ex tune singulis diebus dominicis et festivis, pulsatis
campanis, accensis ae extinetis candelis, publice coram
populo, per omnes ecclesias vestrarum Civitatis et dio-
cesis, excommunicationis suspensos et interdictos nun-

tient, et per omnia alia loca de quibus expediens fuerint

O)

nuntiari faciant et ab omnibus artius evitari donec manda-
tis apostolieis plene paruerint in hac parte et debite abso-
lutionis beneficium meruerint obtinere. Et nichilominus,

ne vos ad exeusationem in peccatis predictorum ignoran-

: allegandosi — tiam minus rationabiliter pretendatis, dileetis in domino
ignoranza di tut-

LAO ATAOMIS Angelo Abbati Monasterij Sancti Johannis de Burgo Sancti
3.0 "M 0-

rità EUIS RI Sepuleri, Orlando Archipresbytero Plebis de dicto Burgo,

go S. ol- :

ero di leggere — D)utio Rectori ecclesie de Bibiena, districtus eiusdem
pubblicamen te

nelle loro chiese Burgi, diocesis Castelli, ac religiosis viris.. Priori predi-
il processo con- 3

tro di essi.

catorum ete,.. Guardiano minorum,.. Prioribus Heremi-
240 tarum et Servorum Sancte Marie fratrum de predicto
Burgo Saneti Sepuleri, alijs damus nostris litteris in man-
datis, ut ipsi presentem processum nostrum, et omnia et

singula tam in.eo, quam in alijs litteris supradictis, in

ERETICI E RIBELLI NELL' UMBRIA, ECC. 479.
L. FUMI

eorum ecclesijs publice coram populo solenniter legere
245 et publieare procurent, ut per publicationem huiusmodi
pleniorem ac faciliorem habere possitis notitiam «de pre-
dictis. Mandamus insuper tam vobis quam eisdem com-
missarijs vestris, nt quiequid vos et ipsi feceritis in hac
parte, necnon faeti circumstantias universas, per eorum
250 patentes litteras eorum sigillis signatas harum seriem
continentes vel per publicum instrumentum nobis quam
totius fideliter intimare procurent. Nos enim cum predi-
ctorum velimus sepius recentem habere memoriam, pre-

dietas litteras ad cautelam iussimus registrari. — Datum

255 Florentie, IJ kal. Octobris, Pontificatus eiusdem Domini

Ma sebbene
inunzi delle sud-
dette lettere a-
vessero tentato
di rendere tutto-
ciò palese, pure

nostri anno undecimo.
Verum, licet prefati nuntij, sicut per eorum relatio-
nem veridicam legitime nobis constat, predictas litteras,

quarum tam ex fama publica, quam ex fidedignorum

per opera dell’e-260 relatu perhabuerant notionem, supradict's clericis et lai-

resiarca Guido,

già vescovo di.

Arezzo, che fa-
ceva guardare i
assi intorno al-
a città,

cis ex parte nostra portare et assignare diversis exquisi-
tis vijs et vicibus temptavissent, id tamen sine mortis
perieulo efficere nequiverunt, pro eo maxime quod, sicut
publica fama laborat, et ex faeti evidentia comprobatur,

265 ile heresiarcha Guido olim Episcopus Aretinus, cuius

non fu possibile
Senza grave pe-
ricolo di morte.

270 vel alias quaslibet litteras per quas Civitas ipsa de ipsius

imperio Civitas ipsa miserabiliter cogitur deviare, passus
et loca cireum citra Civitatem eamdem adeo facit per
suos armatos satellites diurno et noeturno tempore custo-
diri, quod nullus absque mortis periculo prefatas nostras

Guidonis pharaonicis manibus educi possit et ad obedien-
tiam S. R. E. revocari aliquatinus deferre audet. Nos,
cum non sit malitijs hominum indulgendum, sed potius

obviandum, volentes eisdem clericis et laicis omnibus et

Perciò ad im-275 singulis superius nominatis cuiuslibet frivole ignorantie

pedire frivoli
scuse, ordina che
le presenti siano
affisse alle porte
della chiesa di
Perugia, ammo-
nendo i suddetti
di scomunica do-
ve non ottempe-

et excusationis materiam amputare, eos et quemlibet
ipsorum et alios quorum interest, necnon Potestatem,
Consilium et Commune Civitatis eiusdem, tenore littera-
rum nostrarum huiusmodi, quas sub nostro sigillo pendenti

rassero all’invi-280 seriptas in membranis in valvis sive portis maioris Ec-

to di pacificarsi.

clesie Perusine affigi precepimus, ut quod per eas, sic


VI. [1328], giugno 13 e 23.

ERETICI E RIBELLI NELL' UMBRIA, ECC. 481

publice facimus, illarum patulo sonoro preconio pateat
universis ex habundanti ad omnem malitiam convincen-

dam, modo et forma in supradictis nostris litteris anno-

do
Qo
Q

tatis, publice requirimus et monemus eis et cuilibet
ipsorum auetoritate ap. qua fungimur in hae parte, sub
excommunieationis interdicti ac suspensionis sententijs
atque penis superius designatis, quas si secus fecerint,
ex nune, prout ex tune, in eos et ipsorum quemlibet,
299 modo et forma, prout supra in hijs seriptis iteramus,
proferimus et etiam promulgamus, cum omnibus et sin-
gulis eiectis, extrinsecis, fugitivis et exulsis ut predicitur
de Civitate predicta, infra unius mensis spatium a data
presentium in antea computandum, pacem facere firmare
295 et reformare ipsosque sine personarum et rerum periculis
in Civitatem eandem reintroducere et bona ipsorum rein-
et ad statum pristinum reducere

tegrare pacificum

omnino, procurent juxta modum et formam superius
annotatos, ac omnia et singula faciant, compleant et ob-
300 servent, ut superius seriosius enarrata noscuntur. Et nichi-
lominus si premissa, que sic mandamus, contempserint vel
recusaverint contumaciter adimplere, contra eos ipsorum-
que personas et bona spiritualiter et temporaliter gravius
procedemus, prout ipsorum exegerit pertinacia et facti
305 qualitas suadebit, prefatis nostris prioribus litteris alias
nichilominus in suo robore permansuris.
Datum Perusij XV Kal. Iunii Pontifieatus predieti

dni nostri pape, anno XI.
Secret. Joan. XXII, t. VI, e. 111.
Atti relativi alla rivolta dà Narni.

Legato et Rectori Patrimonii. — Venientes nuper ad

sedem apostolicam dilecti filii nobiles viri Bartholus de

Al Legato e al | ÁAlvenino et conatus Samaroni ambaxiatores et nuncii
Rettore. del Pa- È : ; MNT MISA
trimonio, ripor- dilectorum filiorum Potestatis, Consilii et Civitatis Nar-

tato l'atto di pro-
cura con che il
Comune di Nar-
ni nominava gli

5» niensis suum exhibuerunt sindicatum

in nostra et fra-

trum nostrorum presentia, cuius [tenor] dinoscitur esse
E

482

oratori al Papa
per sottomettersi
a beneplacito del-
la S. Sede, Gio-
vanni XXII scri-
ve, che gli am-
basciatori lo sup-
plicarono, dopo
gli atti di sotto-
missione e di ob-
bedienza presta-
ti, di condonare
le sentenze pro-
mulgate.

L. FUMI

talis: In nomine domini, amen. Anno eiusdem nativitatis
millesimo CCC. XXVII, tempore SS.mi patris et d. n.
J. pp. XXII, mense maii die IIIJ intrante Ind. X. Con-
10 vocato et congregato Consilio generali speciali Comunis
et populi Civ. Narnie in palacio Com. ipsius Civ. ad
sonum campane et vocem preconis, ut moris est, de
mandato et auctoritate magnifiei et potentis militis d.
Andree d. Ursi de f. Ursi hon. potestatis dicte civ. —
15 Item potestas cum auetoritate, presencia, consensu et
deereto ipsius Consilii et ipsum Consilium totum cum
auctoritate... dieti Potestatis, ipsorum nemine discor-
dante, unanimiter et concorditer fecerunt, constituerunt,
creaverunt et ordinaverunt Bartholum de Alvenino ac
20 d. Conatum Samaroni nobiles et caros cives diete civi-
tatis.... nuncios speciales ad representandum se coram
SS.mo p. et d. d. S. P. et ad parendum mandatis ipsius
libere et se ipsos in suis manibus dumtaxat libere po-
nendum, nec non ad submittendum se ipsos et comu-
25 nitatem Civ. predicte ordinationi et dispositioni ipsius
dieti Johannis patrois SS.mi S. P. dumtaxat, prout vo-
luerit et sibi placuerit pro suo libito voluntatis et ju-
randum fidelitatem et obedientiam S. R. E. et domini
pp. predicti, et ad recognoscendum quali sunt fideles
30 et devoti S. R. E. et d. n. pp... et ad promictendum
quod dieti Comune et homines satisfacient de excessibus
per eos perpetratis temporibus retroactis, nec non et de
debitis quibus tenentur R. E., prout prefato d. pp. plau-
cerit et sibi visum fuerit expedire, prout dietus d. n.
35 duxerit ordinandum, promittentes ratum, gratum et fir-
mum habituros quiequid predictos syndicos et quemlibet
ipsorum in predietis et singulis et circa premissa et
quodlibet premissornm actum, gestum et procuratum
fuerit sub obligatione omnium bonorum dicti Comunis.
40 Aetum in palatio Comunis dicte Civitatis, presentibus
hiis testibus. s. domino Andrea de Marginata, d. Egidio
Gentilis, d. ‘Clerico d. Cardoli, Gentile d. Nicolai, Bono
d. Massei, Johanne Scoto de Sancto Vito huius rei rogati
sunt testes. Et ego P. Andree Jacobi de Civitate Narnie
45

50

ut
Qt

6

e
o

t

-P
ct

ERETICI E RIBELLI NELL' UMBRIA, ECC. 483

imperiali auetoritate judex ord. et notarius constitutus

‘et nune cancellarius dieti Comunis Narnie predictis om-

nibus interfui rogatus seribere seripsi et publicavi.
Subsequenter vero prefati ambaxiatores et syndici
prius coram nobis et eisdem fratribus, factis, summissione,
promissione, recognitione ac fidelitatis et obedientie ju-
ramento prestito et aliis exhibitis, nomine Potestatis,
Consilii et Comunis predictorum, que facere, prestare ac
exhibere poterant, iuxta tenorem sui syndicatus predicti,
et a nobis receptis, sicut in instrumentis publicis per
dil. filios Johannem de Regio et Johannem de Lescapon not.
publ. elericos Camere nostre inde receptis ibidem plenius
continetur, nomine regiminum universitatis, Consilii et
Com. Civ. Narnien. prediete nobis humiliter supplicarunt,
quod cum dudum, ex eo quod dicta Civitas per scevam quo-
rumdam dei et E. rebellium detineretur tyrannidem oc-
cupata, et per consequens contra nos et R. E. dampna-
biliter rebellaret, nonnulli processus adversus eosdem
Potestatem, regimina, Consilium et Comune ipsorumque
offieialium ae Civitatem predictam tam per te fili, Rector,

? quam per decessores tuos Rectores eiusdem Patrimonii

et quosdam alios auctoritate apostolica habiti, et diverse

sententie promulgate, peneque spirituales et temporales
imposite fuerunt et inflicte; ipsique Potestas, Consilium
et Comune predictaque Civitas, expulsis exinde rebellibus,
ad nostram et E. memorate veram obedienciam et devo-
tionem redierunt, in illis permanere de cetero stabiliter
proponentes, quatenus eis sinum aperire pietatis et mi-
sericordie, sibique providere de oportunis in hac parte
remediis de benignitate apostolica dignaremur, Nos au-
tem illius, cuius, licet immeriti vices in terris gerimus,
qui super conversione aversorum ab eo letatur, admodum

eisque misericorditer consuevit offensas remittere ac gra-

tias impartiri, prout est nobis possibile, vestigiis inhe-
rentes, et sperantes quod ipsi, vitatis offensis, de cetero,
que deo, nobis et E. memorate grata erunt et placita
exequi vigilanti studio procurabunt, supplicationibus hu-
iusmodi benignius inclinati, Potestatem etc. ab omnibus
484

E sperando
che il Comune di
Narni, smesse le
ostilità, avrebbe
eseguito quanto
fosse in piacere
di Dio, del Papa
‘e della Chiesa,
lo assolve dalle
sentenze spiri-
tuali e temporali
onde era grava-
to, con questo
che, tornando a
ribellarsi, ca-
drebbe subito
nelle stesse pene,
e che eli eretici
e fautori loro non
partecipino — al-
]' assoluzione.
Per il conferi-
mento della Po-
testeria e del Ca-
pitanato non in-
tende pregiudi-
care ai diritti
della Chiesa spe-
cialmente perla
Miranda. :

95 presse, quod si

L. FUMI

predictis processibus per te, Reetor, tuosque predecessores
vel alios quoscumque ac qualitereumque, occasione ino-

85 bedientiarum et rebellionum per ipsos hactenus contra

nos et predietam E., teque, Reetor predicte, aliosque
Rectores predecessores tuos et officiales nostros et eiu-
:sdem E. commissorum habitis, ac omnibus penis, bannis

et sententiis spiritualibus et temporalibus quibuscumque

90 adversus eos, ac Civitatem et officiales predietos promul-

gatis premissorum occasione impositis seu inflictis, quas
incurrissent, et ex quibus nobis et eidem obnoxii tenen-
tur, ex certa scentia et de potestatis plenitudine absol-
vimus ac etiam liberamus, adiecto tamen spetialiter et ex-
ipsos vel eorum aliquem seu aliquos
contra nos et E. prelibatam, seu Rectores vel officiales
eiusdem E. de cetero, quod absit, contingeret rebellare,
rebellantes huiusmodi, et in rebellione ipsa contumaciter

persistentes, relabentur in easdem penas et sentencias

100 ipso facto. Ceterum nostre intentionis nequaquam exi-

stit, quod condempnati de heresi vel fautoria hereticorum,
si qui forsitan existerent, in absolutione huiusmodi quo-
modolibet includantur, rursus juribus eiusdem R. E.,

que in Civ. predieta eiusque comitatu ac castris et villis

105 eidem competunt, nec etiam iuri nobis competenti ratione

110 Jibet per premissa. Quocire:

-115

concessionis nobis faete de regimine, potestaria et capi-
taneatu Civ. ac comitatus predictorum, specialiter quo
ad castrum Mirande, quod ad nos et memoratam E.
pertinet pleno jure, preiudicare non intendimus quomo-
diseretioni vestre per ap.
scripta mandamus, quatenus vos et vestrum quilibet in
solidum per vos vel alium seu alios, quando et ubi cogno-
veritis oportunum, predietas absolutionem et liberatio-
nem publicare curetis.
Dat. Avinion. an. III, Id. Junii an XII.

Eisdem. — cum pro parte dilectorum filiorum.. Regimi-
nis, Consilii- et Comunis civ. Narnie nobis fuerit humi-
liter supplicatum, ut Perticare ac Carlei castra et Rochas

ad ipsos pertinentia, sieut asserunt, ab antiquo, qua per

Wrc FETTINE Ai medesimil20 vog seu vestrum alterum sub manu nostra

commette infor-
marlo intorno al-
la richiesta che
aveva fatto il
Comune di Narni
dei . Castelli di
Perticara e Car-
lea con le loro
rocche, mentre il

n - 1 fat 5 dl j| L

ERETICI E RIBELLI NELL' UMBRIA, ECC. 485

et E. R. teneri
dicuntur, eisdem restitui faceremus, et ex alia parte di-
lecti filii Consilium et Com. Civ. Interamnensis restitu-
tioni dictorum castri et Roche Perticarie se opponant,
asserentes ea debere penitus demoliri, nos attendentes

Comune di Terni,125 quod vos in eis partibus constituti de jure memorate E.

opponendosi, ne
voleva piuttosto
la demolizione.
Quanto al castel-
lo e alla rocca
Carlea, ordina di
rendere giustizia
al C. di Narni.

VII. [1331] ottobre.

130

135

ac partium predictarum poteritis plenius informari, ac
volentes earum parcere laboribus et expensis, discretioni
vestre per apostolica seripta commictimus et mandamus,
quatinus, vocatis predietis partibus et auditis summa-
rie e£c., vos super premissis plenius informantes, questio-
nem predictam pace vel judicio terminare curetis, iure
nostro et eiusdem E. semper salvo. Quantum ad restitu-
tionem de predictis Castro et Rocha Carlei postulatam,
summarie ecc. de jure ipsius E. dietorumque regiminum
Cons. et Com. Narnien., informatione recepta, eisdem
exhibeatis super hoc justitie complementum. Dat. XIIIJ
Kal. julij an. XIJ ».

Li

(. Secret. Joan. XXII, t. VIII. N. 116, c.

Giovanni XXII a Re Roberto contro Rieti.

Gli dispiace
che il Comune di
Rieti ricusi di
pagare il censo e
"di obbedire alla
Chiesa:

e più, che non
voglia andare al
parlamento in-
detto dal Rettore
del Patrimonio, e
perfino che in-
giuri e minacci i
nunci della detta
Curia,

[911

(e
(—)

Roberto Regi Sicilie illustri. — Displicenter admo-
dum non sine admiratione pridem audivimus, quod Co-
mune Civitatis Reatine ad nos et Romanam pertinentes
Ecclesiam, nescimus quo seducti consilio, fidelitatis ne-
xum, quo nobis et eidem tenentur E., violare temere pre-
sumentes ac memorate E., que eos tractabat ut mater,
filialem et debitam reverentiam subtrahentes, censum
eidem debitum solvere et officialibus nostris illarum par-
tium recusant indebite obedire; immo, quod gravius

est, dudum infidelitatem conceptam nequiter producentes

) in partum, nedum ad parlamentum, ad quod fideles Pa-

trimonii nostri beati Petri in Tuscia vocari et ibi con-
venire sunt soliti post novam creationem Reetoris ipsius
fieri consuetam accedere contempserunt, immo nuncios
Curie dieti Patrimonii propterea ad eos specialiter desti-

33
486 L. FUMI

15 natos, iniuriati sunt graviter, et nisi per fuge subsidium
se iuvissent, creditur verisimiliter quod fuissent per eos
interempti. Cum igitur premissa sic enormiter perpetrata,
nisi super hoc de oportuno provideretur remedio, possent,
quod absit, gravioris scandali materiam suscitare, excel-

?0]entiam Regiam rogamus et in Domino attentius exhor-
tamur gentibus tuis, quas ad dicte Civitatis custodiam
deputasti, districte inhibeas, ne ipsis Comuni in tam pe-

riculosis et atrocibus insolentiis, per que divina Majestas.
.Lo prega di offenderetur merito et clari tui nominis fame detraheretur
ordinare alle sue

genti che proibi- 25 plurimum, faveant quovismodo, quin potius ipsos, si a
scano al Comune P ? q 19 p p508, E

di insolentire e — fidelitate debita eos deviare cognoscerent, inducant effi-
che lo inducano
alla devozione. caciter, ut in devotione solita inconcusse persistant. —

Dat. Non. octobris, an. XVj.

Johanni Epo. Reatino, super eodem, ut non omittat.
30 inducere Reatinos ad devotionem.
487

TT
DEGLI SCOLARI DELLO STUDIO DI PERUGIA

dall’ anno 1497 al 1515

La più parte delle notizie a noi pervenute intorno agli antichi
Studi italiani concerne, generalmente, i nomi dei Lettori, la fama
e le opere loro (1) ; ma quale fosse !' organizzazione interna degli
Studi medesimi e che vita menassero gli studenti non ci è ben
noto. Non sappiamo infatti, se non per pochi ed imperfettamente,
quali fossero le leggi, i privilegi, gli ordinamenti speciali delle
università, degli Studi e collegi della sapienza; quali le relazioni
tra Lettori e scolari, e degli uni e degli altri col Rettore e di questo

con i capi del Comune o dello Stato; quali i legami e le amici-

zie, le contese e le lotte tra studenti di varie nazioni, di svariate
regioni d’ Italia, di città talvolta amiche e talvolta nemiche ; quali
le relazioni tra forestieri e paesani, della scolaresca con i citta-
dini e viceversa, con i nobili e con il popolo e viceversa; quanto
grande fosse, in questo o quel periodo di tempo, il numero dei
frequentatori degli Studi e da quali paesi venissero in maggior
copia; che genere di esistenza conducessero quell’ accozzaglia di

(1) Spesse volte poi anche queste notizie son più tradizionali che storiche. Lo
dichiara apertamente, parlando della celebrità dei maestri dello Studio senese, lo
ZDEKAUER (Lo Studio di Siena nel Rinascimento, Milano, 1891, p. VI). Ed il DENIFLE,
che più d’ogni altro ha ben meritato degli studiosi della storia delle università me-
dievali d' Europa con l’opera Die Universitüten des Mittelalters bis 1400 (Berlino 1835),
si esprime, a questo proposito, in tal modo (p. VIII dell’ introd.): « Die bisherige
Universitütslitteratur bietet uns kein besonders erfreuliches Bild. Die ülteren Arbei-
ten, die sich zugleich auf die spütere Zeit erstrecken, sind kaum nennensverth, und
kommen in der Regel über eine nakte Nomenclatur, die zuweilen mit einiger Litte-
raturangabe versehen ist, nicht hinaus ».

ruta
488 G. PARDI

giovani diversi di patria e di costumi, e se alcuna vaghezza o no-
vità introducessero nella vita, or monotona or troppo agitata, del-
l’ultimo medioevo questi giovani baldi, pieni di speranze, amanti
di conciliare la serietà degli studi con i diletti più giocondi ; quanti
di essi, infine, venuti al sorriso tepido del nostro cielo dalle brume
del settentrione o dalle sponde dell’ Atlantico sonante, perdessero
immaturamente la vita senza l’ultimo bacio dei loro cari, ai quali
giungeva tarda, inaspettata, amarissima la notizia della loro morte.

Non pochi di coloro che, per l’ addietro, dettarono la storia
delle università italiane. repularcno indegna della gravità delle
ricerche storiche l' indagine e l' esposizione di quanto riguarda la
costituzione interna degli Studi. Ad esempio, il Colle, tratteggiando
le vicende dell’ Ateneo di Padova, lo confessa apertamente sul
principio del capitolo terzo. « Ho dubitato lungo tempo (egli dice)
se dovessi ommettere interamente questo Capo, temendo . .. che
la tenuità di molte cose, che ne formano l'argomento, possa
sembrare ad alcuni non rispondente alla gravità d' una Storia » (1).

Pertanto, sia per la scarsezza di documenti che illustrino la
vita vera degli Studi, sia per la poca cura avuta per lo passato
di attingere alle fonti dirette e più sicure o di riferire cose re-
putate di troppo lieve momento, noi difettiamo di notizie che de-
sidereremmo grandemente di possedere.

Anche delle vicende di università, per le quali abbiamo copia
di documenti, non sappiamo gran che, se non riguardo, ripetiamo,
ai Lettori ed alla fama ed alle opere loro. Ad esempio, la città
di Perugia possiede ricche fonti per la conoscenza della storia
e della organizzazione del suo glorioso Studio. Nondimeno il
Bini, che ne scrisse sul principio di questo secolo (2), quantun-

(1) F. M. COLLE, Storia scientifico-letteraria dello Studio di Padova, ivi 1824-25,
vol. I, p. 81. Si noti che argomento del capitolo terzo dell'opera di lui sono « 1e
provvidenze... spettanti ai privilegi degli Scolari, ai Rettori dell’ Università, ai Pro-
fessori, all’ autorità dei Vescovi, ai Collegi ginnastici, ai gradi scolastici cd ai Convitti
aperti ad alloggio della Scolaresca ».

(2) V. BINI, Memorie istoriche della perugina Università degli studl e dei suoi
professori, Perugia, 1816 (vol. I, che comprende la storia dei secoli XIII, XIV e XV. Il
vol. II è ancora inedito). Dopo il Bini, stampò notizie sullo Studio perugino il Vrn-
MIGLIOLI (Bibliografia storico-perugina, Perugia, 1823, p. 35 seg.), ma non fece che ag-
giungere alcuni nomi di professori ignoti al primo. Il SAvIGNY poi, nella sua Storia
del diritto romano nel Medio Evo (traduzione Bollati, Torino, 1859, p. 627 sgg.) parlò
ATTI DEGLI SCOLARI DELLO STUDIO DI PERUGIA, ECC. 489

que abbia fatta opera invero dotta e pregevole, lascia molti desideri
insoddisfatti.

‘ Eppure quella di Perugia è una delle università italiane, che
maggiormente meriti una storia così ampia ed accurata, come

sono gloriose la sua fama e le sue vicende, essendo riuscita « per

un momento ad impensierire sul serio persino |’ antichissima
Bologna » (1). Scrive infatti. giustamente il Cuturi: « Da Siena a
Napoli era questo di Perugia il solo grande Studio generale, per-
ché quello fondato a Roma da Bonifacio VIII, dopo misera e
breve esistenza era finito, e bisogna poi giungere ai primi anni
del sec. XV, al pontificato d' Innocenzo VII, perchè Roma abbia
di nuovo una scuola giuridica, una scuola, come diceva il ponte-
fice, per insegnare la scienza ch’era sua » (2).

E tanto più pregevole è la gloria dell’ Ateneo perugino e
della città in cui sorse, in quanto che debbono la loro grandezza
(ripetendo a un di presso quello che per Siena afferma lo Zde-
kauer) (3) non ai Medici come Firenze, non ai Visconti come
Milano, non agli Estensi come Ferrara, non agli Aragonesi come
Napoli, ma solo al gagliardo e libero Comune, il quale, con cure
costanti ed amorose, intese a render fiorente lo Studio e stimata
e potente la città.

dello Studio di Perugia, ma riassumendo soltanto l'opera del Bini. Molti nuovi do-
cumenti intorno a questo pubblicò il prof. ApAMO Rossi nel Giornale di erudizione
artistica (vol IV, p. 26, 51, 87, 122, 153, 185, 250, 279, 319, 349; vol. V, p. 30; 120, 175, 304,
352; vol VI, p. 49, 110, 161, 229, 288, 368; Perugia, anni 1875-77), senza tuttavia squar-
ciare l’oscurità, che avvolgeva la vita intima degli scolari e 1’ organizzazione interna
dell’ università. Maggior contributo per conoscerle apportò il PADELLETTI nel suo
Contributo alla storia dello Studio di Perugia nei secoli XIV e XV (Bologna, 1872),
specialmente con la pubblicazione degli Statuti della Università degli scolari (ivi,
p. 47 sgg.). Il Coppi nell’ opera Le università italiane nel medio evo (Firenze 1880) nulla
aggiunse, intorno all’ università di Perugia, alle notizie già venute in luce. Finalmente
il DENIFLE (0p. cit.), facendo tesoro di quanto era stato innanzi pubblicato dal Bini, dal
Rossi e dal Padelletti, e dei materiali nuovi da lui rinvenuti nell’ archivio vaticano,
assommo la storia dell’ Università di Perugia fino al sec. XV con molta esattezza e
dottrina; ma in un’ opera d’indole generale, com'è la sua, non poteva diffondersi a
parlare della vita privata degli scolari e della costituzione interna dello Studio (cfr.
pagg. 534-552).

(1) ZDEKAUER, 02. cit., p. 18.

(2) T. CUTURI, Le tradizioni della scuola di diritto civile nell’ università di
Perugia (vel libro: Per una festa scientifica nell università di Perugia il 18 settem-
bre 1890, Perugia, 1891, p. 45).

(3) ZDEKAUER, 02. Cit. p. 69.
490 G. PARDI

Perciò, qualsiasi contributo alla storia dell’università perugina
mi sembra debba essere accolto con benevolenza dagli studiosi.
Benvenuta poi sarà certamente per tutti gli amanti di queste ri-
cerche ogni notizia, per modesta che sia, la quale rischiari la
parte, rimasta avvolta in qualche oscurità, della storia degli Studî
nostri, vale a dire la vita interna dei medesimi.

Il Mariotti forse, che aveva raccolto gran copia di documenti
intorno al patrio Ateneo (1), avrebbe potuto illustrarlo compiutamente
anche da questo lato, se le occupazioni della professione medica,
altre letterarie fatiche ed una morte immatura non glielo avessero
impedito. Pure dei suoi appunti e dei suoi studî molti si sono
avvantaggiati, e chi frughi tra i numerosi manoscritti da lui
lasciati alla biblioteca comunale di Perugia, può ricavarne non
poche utili notizie.

Percorrendo appunto le carte mariottiane in quella adunate,
qualche anno fa, vidi un fascicolo, che portava come titolo: Acta
scholarium ab anno 1497 ad annum 1515 (2). Copiai quanto in
esso rinvenni di notevole, o che mi parve tale, e credo di non
fare ora opera affatto inutile pubblicandolo.

Una delle domande, che facilmente si rivolge chi imprenda
a far ricerche intorno ad uno Studio in una data epoca, si è
quanti scolari possa aver avuti in quella.. Ora il fascicolo delle
carte del Mariotti da noi esaminato dà il numero di tutti o di
parte degli studenti perugini sul principio del secolo XVI. Leggiamo
infatti in un foglio, del n. 20, contenente atti del 1511: « sono
matricolati scolari 172 ». La parola matricolati significa scritti nella
matricola, presa questa parola nel senso di registro (libro maestro
secondo l’ etimologia) (3) dove sono notati gli studenti di una

(1) BINI, 0p. cit. p. XI; CUTURI, 07. cit. p. S0.

(2) Vedi A. BELLUCCI, Inventario dei manoscritti della Biblioteca comunale di
Perugia, Forlì, 1896 (vol. V degli Inventari dei manoscritti delle Biblioteche d' Italia,
pubblicati a cura di A. MAZZATINTI, p. 283): N. 1472, busta L: Acta scholarium ab an-
nis 1497 et 1504 usque ad annum 1515. Il Bellucci ricorda pure (op. e loc. cit.) un
altro manoscritto, conservato tra le carte del Mariotti, che contiene elenchi degli
studenti perugini e deliberazioni del collegio formato da loro. È il n. 1467, busta C:
Acta scholarium ab anno 1471 ad annum 1590. Di questo ci occuperemo un'altra
volta.

(3) ZAMBALDI, Vocabolario etimologico, Città di Castello, 1889, p. 7.

4 e
ATTI DEGLI SCOLARI DELLO STUDIO DI PERUGIA, ECC. 491

scuola (1). Quindi la frase sopra riportata significa probabilmente:
gli scolari dello Studio, segnati nel registro di questo, sono 172;
ma potrebbe anche significare: si sono iscritti in quest'anno 1511,
172 studenti. La prima interpretazione è forse la vera. Tuttavia
parrebbe quasi giustificare anche questa seconda un passo di
un atto del 1512 marzo 22 (2), nel quale si legge che il rettore
Rinaldo di Aquila aveva riscosso dagli scolari 12 fiorini e 13
soldi « occaztone matricule anni preteriti », cioè per le iscrizioni
dell’anno precedente. Se si ammettesse pertanto tale interpreta-
zione, computando quanti anni ascoltavano le lezioni gli scolari
delle varie facoltà e scienze prima di prender la laurea dottorale,
si potrebbe calcolare la frequenza numerosa degli studenti nell’ uni-
versità perugina (pur tenendo conto del girovagare continuo, che
essi facevano, per i vari Studî europei).

Da quali regioni d' Europa e d’ Italia venissero ad addotto-
rarsi in Perugia si deduce, in parte, dalle note di scolari ripor-
tate nel nostro fascicolo. Ivi troviamo menzionato più d’un Te-
desco. Ad esempio, degli otto consiglieri eletti nel 1504 due sono
Tedeschi (3). Dei consiglieri del 1511 due son pure Tedeschi (4)
ed uno è spagnuolo (5). Un altro Spagnuolo è tra i sindacatori
del rettore Rinaldo di Aquila (6). Un Francese, nepote del car-
dinale di Nantes (7), ed un Portoghese (8) son ricordati in una
lista del 1511. Si trovano poi studenti dell’ Umbria (9), di Roma

(1) Il REzASCO, Dizionario del linguaggio italiano storico ed amministrativo,
Firenze 1881, alla parola matricola, non registra questo significato (p. 616).

(2) Vedi documento n. 6.

(3) N. 4.

(4) N. 14: Dominus Guglielmus germanus, dominus Gilbertus germanus.

(5) N. 14: Dominus Ludovichus ispanus.

(6) N. 20: Dominus Ludovichus Sanclement (?) ispanus: potrebbe anche essere
il medesimo menzionato sopra.

(7) N. 20: Messer Andrea, nepote del cardinale di Nantes.

(8 N. 20: Messer Jordano portugallese.

(9) N. 9: Dominus Severinus de Tuderto. Uno di Foligno e due di Norcia son
ricordati in un atto del 1511 gennaio 26 (n. 18): Dominus Leonardus de Fulgineo, do-
minus Benedictus ser Antonii de Nursia, dominus Guidoncius de Nursia. Altri Um-
bri menzionati in una lista del 1511 sono (n. 20): M. Costantino de Narni, M. Alfonso
da Orvieto, Mastro Ioanmariano da Todi, M. Raphaello da Trevi, M. Pier Lorenzo da
Terni, M. Ieronimo da Bevagna, M. Lorenzo da Todi, ecc.
492 G. PARDI

e della provincia romana (1), del Napoletano, della Sicilia (2).
Della Toscana non sono menzionati se non due scolari, am-
bedue lettori straordinarii (3), degli Abruzzi soltanto Rinaldo degli
Angelini di Aquila, di cui avremo ad occuparci in seguito. Delle
Marche abbiamo una lista di 54 studenti nel 1509 (4), una non
meno numerosa nel 1510: le Marche sembrano la regione più
largamente rappresentata allo Studio perugino, specialmente le
città di Fermo, Macerata, Fabriano, Amandola (nel 1509 son ri-
cordati 13 scolari di Fermo, 6 di Macerata, 3 di Fabriano, 3 di
Amandola). Quanto all’ organizzazione dello Studio, rinveniamo,
nelle carte mariottiane, alcune notizie intorno all’ elezione del
rettore, dei consiglieri, dei sindaci e dei Lettori straordinari.
Apprendiamo dagli Statuti dell'università degli scolari che
il rettore, intorno al 1457, in cui questi furono compilati, era
scelto per due anni di seguito di tra gli studenti citramontani ed
il terzo tra quelli ultramontani in tal modo: il primo anno della

provincia romana, il secondo del regno di Sicilia, il terzo della

nazione alemanna, il quarto della provincia delle Marche, il quinto
della Toscana, il sesto della nazione francese, e così di nuovo
ogni sessennio (5).

Una modificazione notevole fu introdotta nel 1511, venendo
stabilito che il rettore fosse eletto per due anni di seguito tra gli
scolari dell'università ed il terzo tra quelli delle sapienze. È noto
infatti che a Perugia esistevano la sapienza vecchia, o collegio

(1) Fabrizio da Orte arbitro per le liti tra studenti nel 1505 (n. 5). Nella lista del
1511 (n. 18): M. Rufino da Bolzeno, M. Cristophano Spiriti da Viterbo, M. Paolo ro-
mano, M. Tiberio romano, M. Carlo romano, M. Cesari romano. N. 27: Placido da
Bolsena. N. 30: Dominus Thomas Cordella de Viterbio, dominus Branca de Orto sin-
dacatori del rettore Fabrizio Conventato da Macerata nel 1313. Tra i più ragguardevoli
personaggi romani è dominus Pierpaulus de Brancaleonibus de Urbe, consigliere per
la Sapienza veechia tra il 1497 ed il 1504 (n. 3).

(2) N. 20: M. Tiberio napolitano. La nazione siciliana era numerosa, come si ca-
pisce dal n. 17.

(3) Benedetto da Cortona eletto il 1497 novembre 18 (n. 2); dominus lohannes
Baptista de Cioncolariis de Cortonio eletto il 1509 aprile 5 (n. 6).

(4) Vedi documento n. 1.

(5) PADELLETTI, 0p. Cit. p. 51, 81 degli Statuti: « Quod in studio perusino per-
petuo eligatur unus rector, et de divisione rectoris inter scholares ultramontanos et
citramontanos ». Confronta Statuta et privilegia almae Universitatis iuristarum Gim-
nasii bononiensis, Bononiae, 1561, n. 1 e 2.
ATTI DEGLI SCOLARI DELLO STUDIO DI PERUGIA, ECC. 493

gregoriano, e la sapienza nuova, o collegio gerolimiano. Fu inol-
tre deliberato che il rettore sapienzano (ossia appartenente ai
due collegi menzionati), subito dopo l'elezione, dovesse rinunciare
al privilegio della sapienza e stabilir la propria dimora nell'uni-
versità (1). Il rettore doveva essere un tempo, generalmente,
scholaris clericus (2); ma forse questo ordinamento non vigeva
più nel sec. XVI, perchè i due rettori menzionati nelle nostre
carte, Rinaldo degli Angelini di Aquila e Fabrizio da Macerata,
non sembra sieno stati chierici.

I consiglieri formavano una specie di senato del rettore ed
avevano alcune speciali attribuzioni; tra le quali la decisione nel
caso di sospetto rettore, e la cognizione delle querele che uno
scolare muovesse contro questo. Intorno al 1457 erano in numero
di dieci, due della provincia romana, due del regno di Sicilia,
due delle Marche, due della Toscana e due della nazione te-
desca (3). Nel 1504 se ne elessero otto soltanto, due della pro-
vincia di Roma, due delle Marche, due Siciliani e due Tedeschi (4).
Mancano i consiglieri toscani; e questo fatto prova la poca fre-
quenza degli scolari di questa regione allo Studio perugino. Di
fatto Pisa e Siena, nonchè l’antica e celebre Bologna, dovevano
di preferenza attirare i giovani toscani. Invece di tali consi-
glieri troviamo ricordati dei consiglieri spagnoli (5), ma non
menzionato alcuno francese. La qual cosa mi sembra indichi lo:
scemare del numero degli scolari della Francia ed il crescere
invece di quelli della Spagna, nello Studio perugino.

Pertanto i consiglieri dovevano essere stati ridotti da dieci
ad otto, abolendo quelli toscani e sostituendo ai francesi (che

(1) N. 20: « Rector creabitur duobus annis continuis ex universitate, tertio vero
anno ex sapientiis; et rector ex sapientianis creatus, statim post creationem, debet
privilegio sapientie renuntiare et habere domum in universitate. (Deliberazione del-
luniversità degli scoluri del giorno 27 marzo 1511: proposta approvata con 76 voti
favorevoli, non ostante 7 contrari.

(2) PADELLETTI, Op. Cit. p.-35. Vedi a questo proposito il DENIFLE, 0p. Cit. p. 188.
Anche gli scolari erano in gran parte chierici,

(3) Ivr, ivi, p. 64, 8 13 degli Statuti: « De numero consiliariorum et nationibus
et electionibus et excusationibus et subrogationibus ».

(4) N. 4: Elezione, fatta il 1) ottobre 1501, di otto consiglieri: due romani, due
marchigiani, due siciliani e due tedeschi.

(5) Tra i consiglieri ricordati al n. 14 è dominus Ludovichus ispanus.
494 G. PARDI

venivano eletti nello stesso modo dei tedeschi) gli spagnoli. Inoltre
era stato introdotto nella elezione dei consiglieri, come già ve-
demmo in quella del rettore, un criterio nuovo: che cioè fossero
nominati per due anni di seguilo di tra gli scolari dell'università
ed il terzo anno tra i sapienzani. Nel 1511 poi fu stabilito che,
per la creazione dei consiglieri, si eleggessero sedici scolari per
ogni provincia: otto dell'università ed otto delle sapienze; dei
quali sedici, due dovevano essere consiglieri per la loro provincia
(s' intende, io credo, per quelle le quali avean diritto a consiglieri
propri). Uno era sempre dell'università, l'altro ora di questa ed
ora delle sapienze (1).

Negli statuti degli scolari anteriori al 1511 contenevasi la
disposizione che quelli matricolati da un mese soltanto, non aves-
sero voto nella creazione dei consiglieri: con deliberazione del
16 febbraio 1511 si stabili di derogare a questo ordinamento (2).

I sindaci, eletti in numero di tre nel sec. XVI come nel 1457,
erano proposli dal nuovo rettore, due giorni dopo assunto l'uf-
ficio del rettorato, per sindacare l'amministrazione del rettore e
del massaio (cassiere) uscenti (3). Non era stabilito a che pro-
vincia dovessero appartenere: nel 1512, a sindacare il rettore
Rinaldo di Aquila, furono nominati un Siciliano, un Marchigiano
ed uno Spagnuolo (4); nel 1513, a sindacare il rettore Fabrizio
da Macerata, vennero scelti due scolari della provincia di Roma
ed un terzo forse anch'esso della provincia medesima (5). Sede-

(1) N. 20: Deliberazione dell'assemblea degli scolari del 27 marzo 1511: « Circa
consiliarios creandos eligantur ex unaquaque provincia sexdecim, octo ex universa-
libus, octo ex sapientiis, ex quibus sexdecim duo debent creari consiliarii pro illa
provincia in qua sunt, et unus debet esse omnino ex universitate, alter prout eveniet,
vel ex universitate, vel ex sapientia. E circa precedentiam consiliariorum non erit
«differentia inter universales et sapientianos, nisi ratio temporis quo fuerunt in Studio ».

(2) N. 19: Deliberazione dell'assemblea degli scolari, presa il 16 febbraio 1516:
« Proponitur ut derogetur constitutionibus quibuscunque facientibus contra creatio-
nem consiliariorum, et maxime ubi habetur, quod qui non fuerit matriculatus per
unum mensem non possit dare vocem in creatione consiliariorum: quibus derogetur
pro hac vice tantum, scilicet quod omnes matriculati possint dare voces, non habita
ratione temporis ». :

(3) PADELLETTI, 0p. cit. p. 62, 8 12, degli Statuti: « De syndicis rectoris et mas-
sarii eligendis ». i

(4) N. 21.

(5) N. 30.
ATTI DEGLI SCOLARI DELLO STUDIO DI PERUGIA, ECC. 495

vano, ad ascoltar le querele contro i rettori e massai uscenti,
nell'udienza dei dottori, posta in quella dell'arte del Cambio, sulla
piazza maggiore del Comune di Perugia (1). Oltre ai Lettori ordi-
nari, ossieno chiamati a leggere sopra libri ordinari, c'erano
negli Studî antichi dei Lettori straordinari, che tenevano le lezioni
soltanto su libri straordinari: così almeno intende il Padelletti (2).
Eran nominati, in Perugia, dagli scolari stessi assieme ai loro
consiglieri, adunati con il permesso ed in presenza di questi.
Così il 18 novembre 1497 fu eletto Lettore straordinario Benedetto
da Cortona (3); il 4 ottobre 1509 un altro Cortonese, Gio. Bat-
tista de’ Cioncolari (4). Lo scolare, eletto in tal modo a leggere
una lettura straordinaria nei giorni festivi, doveva far prestare
per sè fideiussione da un cittadino di Perugia, che se egli mai
avesse a prendere il grado di doltore, lo farebbe nello Studio
perugino. Tale fideiussione fu data pure per Gio. Battista de' Cion-
colari.

Nel 1511 sembra che alcuni studenti avesser nascosti gli
statuti dell'università, affinchè non si potesse vedere in qual
modo s'avesse ad impartire la lezione straordinaria (forse pro-
curava loro fastidio l'esser costretti ad ascoltar la lezione nei
giorni festivi). Ma la più parte degli scolari, desiderosa d'appren-
dere, ricorse all'autorità del Luogotenente del Legato pontificio
affinchè chiamasse a sé gli studenti, che avevano maggior voce
in capitolo, persuadendoli a far sì che la lezione straordinaria si
continuasse a dare come per lo passato (5).

Erano a Perugia, come nelle altre università, degli scholares
pedagogii. Nel 1511 fu discussa la questione se questi dovessero

(1) N. 21 e 30.

(2) PADELLETTI, 0f. Cit. p. 42. Erano scolari ed avevan salario dal Comune. Sta-
tuto degli scolari del 1457, 1. III, 8 27. De scolari ad extraordinariam lectionem eligendo.
« Item statuimus, decrevimus et ordinamus, quod omni anno in Studio perusino de-
putetur sive eligatur per universitatem unus scholaris in Studio perusino studens et
matriculatus ad unam lecturam extraordinariam legendam, diebus festivis, tantum
cum salario viginti florenorum solvendorum de camera Comunis Perusii ».

(3) N. 2.

(4) N. 6: « Cum ex forma regulamenti dicti Studii quolibet anno sit per univer-
sitatem dicti Studii eligendus unus scholaris ad legendum in diebus festivis lecturam
extraordinariam », ecc.

(5 Vedi documento n. 3.

-—— ÓÓ—
496 G. PARDI

avere il voto nell’elezione del rettore e nelle altre deliberazioni
degli studenti. Adunati i consiglieri di tutte le nazioni nella
casa del magnifico rettore dello Studio, questi pose ai voli la
cosa (n. 15): « an [scholares] pedagogii sint habilitandi ad dan-

dum voces in electione rectoris », ed inoltre « utrum scholares

pedagogii sint admittendi in udientia collegii universitatis et
scholarium matriculatorum ad quameumque eorum petitionem ».
Ad ambedue le domande fu risposto di n», con dieci fave nere
contro sei bianche.

Ritornando al rettore degli Studî, noi vediamo che conservava
ancora, nel principio del sec. XVI, l'amplissima potestas, di cui
era rivestito sin dalla sua istituzione, ed una parte della quale

consisteva nel diritto di giudicare delle risse, liti e controversie

sorte tra studenti, chiamando ad eseguire le sentenze, qualora
ve ne fosse bisogno, i familiari del potestà, senza che questi po-

tesse procedere contro gli studenti, se non avessero commesso

eccessi gravi e delitti. Infatti nel 1812 (n. 27) il rettore Fabrizio
Conventato di Macerata protestò contro il podestà di Perugia ed

il giudice dei malefizi della curia di lui, perchè avean proceduto

contro lo scolare Placido da Bolsena, contrariamente alle costi-
tuzioni dell'università, secondo le quali spettava soltanto al ret-

tore il procedere contro il menzionato Placido da Bolsena. Tut-

tavia, in caso di eccessi ‘gravi, si tenevano per gli studenti i proce-
dimenti comuni della giustizia. Ad es. nel 1514 il Luogotenente del
Legato pontificio ondinò al rettore dell'università, Giovanni da
Vetralla, di espellere dalle case della sapienza lo studente di
Fermo, Annibale Perotto, che era stato posto al bando dal Luo-
gotenente medesimo (1).

Il sindacato dei rettori il più delle volte non si faceva se non
pro forma: vale a dire la maggior parte di essi adempivano ai
loro doveri scrupolosamente. Ad esempio, uscito che fu di carica
Fabrizio Conventato di Macerata, stato rettore dal 18 febbraio
1512 fino all'aprile del 1513, il nuovo rettore, Gicvanni Pandolfo,
assieme a sette consiglieri (uno forse era assente), nominò i sin-
dacatori di quello. Furono questi dominus Alphonsus de Cassia,

(1) Vedi documento n. 8.
ATTI DEGLI SCOLARI DELLO STUDIO DI PERUGIA, ECC. 497

dominus Thomas Cordella de Viterbio, dominus Brancha de
Orto. Essi fecero fare il bando consueto, per mezzo del quale
s'invilava tutti coloro, i quali avessero a muover querele contro
il rettore uscente, a presentarsi nell'udienza dell'arte del Cambio,
dove essi avrebbero seduto a render giustizia. Non essendosi
presentato nessuno a reclamare, il 22 aprile pronunciarono la
seguente sentenza assolutoria (n. 30): « Dicimus, sententiamus
et liberamus ab omnibus et singulis contentis in..... inquisitione,
et maxime quia prefatus dominus Fabritius, olim | rector, fecit
et observavit omnia et singula, ad que tenebatur vigore consti-
tutionum, vigore cuiusdam instromenti promissionis et fideiussio-
nis.... et predicta dicimus et sententiamus, absolvimus et libera-
mus omni meliori modo, via et forma, quibus de iure possumus
et debemus ».

La promessa, a cui si allude nella sentenza, è quella fatta
da Fabrizio di Macerata, eletto podestà di Perugia, di pagare
quanto sarà necessario per una giostra da farsi a sue spese, per
l'ufficio di rettore esercitato nel decorso anno (1).

Alquanto diverso fu il sindacato di Rinaldo degli Angelini di
Aquila, reltore dal 28 febbraio 1511 al 27 febbraio 1512, il quale
era studente in Perugia sino dal 1504, poiché in quest'anno lo
troviamo tra i consiglieri (n. 4). Il sindacato di lui, anzichè es-
ser falto subito ai primi di aprile, fu rimandato, per l'assenza
del medesimo, all’ ottobre del 1512 (2).

Gli studenti eletti a sindacarlo, dominus Colella de Regno,
dominus Jacobus de Firmo, dominus Lodovichus Sanclement
ispanus, sedeltero nell'udienza dell’arte del Cambio, « ad zus
reddendum unicuique petenti », la mattina del 19 ottobre di quel-

(1) N. 29: 1513 aprile 22: « Magnificus miles dominus Fabritius Conveniatus de
Macerata, honorabilis potestas- civitatis Perusii, nec non rector gimnasii perugini
anni 1512 » promette di fare quanto sopra é esposto.

(2) Egli si era assentato proprio dal principio del rettorato (non appena riscossi
i denari pervenuti dalla matricola degli studenti e quelli della sua provisione annua).
Infatti, dovendo assentarsi, com’ era prescritto dagli Statuti, s'era eletto un vicario
sino dal 10 marzo 1511. E sembra che non sia tornato più in Perugia (n. 20 delle carte
mariottiane).
498 G. PARDI

l’anno (1), non senza prima aver mandato fuori il bando consueto
invitante coloro, i quali avessero alcuna cosa da chiedere contro
il detto rettore, a presentarsi innanzi a loro la mattina del 6 di
ottobre (2). Ma in questa non poteron presentarsi le persone in-
teressate, perchè occupate nella vendemmia, come già-non avevan
risposto ad un altro bando, nel quale i sindacatori avvertivano
che avrebbero seduto a render ragione la mattina del 23 settem-
bre. Leggiamo infatti nelle carte 10, 11 e 12 del n. 21 tre sup-
pliche dirette dai sindacatori al Vescovo di Perugia, con le quali
gli si chiede di prorogare il tempo per la sentenza definitiva sul
sindacato di Rinaldo di Aquila, « quia în dicto sindicatu multi
interesse habent, qui sunt absentes a civitate Perusii et vacant
vindemiis » (3).

Finalmente il giorno 19 ottobre si presentò, dinanzi ai sin-
dacatori, Monuccio di Bertoldo, procuratore del Comune di Pe-

rugia e del collegio dei dottori dello Studio contro Francesco di

Mariotto de’ Rocchi, fideiussore di Rinaldo di Aquila. Egli do-
mandò a questo, e per lui al fideiussore, 40 fiorini avuti dal
collegio dei dottori per annua provisione (4), poichè egli non aveva
esercitato il suo ufficio secondo le costituzioni dell’ università. Gli
ridomandò inoltre fiorini 55 e soldi 35 riscossi per le matricole
degli scolari. Chiese infine due pennoni, che era obbligato a fare

(1) Il sindacato di Rinaldo da Aquila é contenuto nei n. 21 e 22, che hanno per
titolo: « Hic est bastardellus continens in se omnes et singulas petitiones, citationesi,
relationes, precepta et alios actus fiendos coram egregiis [seguono i nomi dei sinda-
catori] electis et deputatis ad sindicandum magnificum virum dominum Rainaldum
de Angelinis de Aquila olim rectorem universitatis gimnasii Perusii ».

(2) Questo bando é contenuto nelle carte n. 28, ed é del seguente tenore: Sit
notum omnibus et singulis interesse putantibus quomodolibet, qualiter per universa-
tem Studii Perusii et secundum forman constitutionis dicti Studii, [electi sunt] sin-
dici et sindicatores ad sindicandum dnum dnum Raynaldum Angelinum de Aquila,
olim rectorem universitatis dicti Studii et qualiter dicti sindici incipient sedere et
dictum eorum offitium exercere die sexta mensis octobris presentis anni 1519 in au-
dientia doctorum sita in platea magna Comunis Perusii inter audientiam artis Cam-
bii. Et si aliquis vult aliquid petere a dictis contra dictum olim rectorem compareat
coram eis sindicis etc.

(3) Il Vescovo concesse le proroghe domandate: atti del 23 settembre e del 5
ottobre 1512.

(4) PADELLETTI, 02. Cit. p. 57. Statuti, 8 8: « Statuimus etiam quod pro suo sa-
lario rector quilibet, qui pro tempore fuerit, habeat a camera Comuni Perusii 40 flo-
renos, qui defalcentur ex salariis doctorum ».

— LÀ — o | aaa 59 ——— t.

ATTI DEGLI SCOLARI DELLO STUDIO DI PERUGIA, ECC. 499

per l'università (1), e 25 fiorini per un palio in occasione della
giostra da farsi secondo gli statuti dello Studio. ll giorno mede-
simo il bidello generale dell'università riferi di aver citato Fran-
cesco di Mariotto a comparire innanzi ai sindaci « responsurum
de iure dicto domino Monutio ».

Il giorno appresso si presentò questi ed addusse una eccez-
zione scritta per mano di pubblico notaro. Inoltre ad una domanda
di Tommaso di Mariotto fornaio (che chiedeva un ducato d'oro
per il pane somministrato a Rinaldo d'Aquila) chiese tempo ad
opporsi e gli fu concesso tutto quel giorno. L'eccezione da lui
addotta fu che Monuccio di Bertoldo non aveva un mandato re-
golare. Allegó poi altre ragioni, tra le quali che Rinaldo di Aquila
era partito preso da una malattia incurabile e dopo aver nominato
un vicario a norma degli Statuti. Rispose Monuccio che il man-
dato a lui commesso dal Comune era pubblicato nella cancelleria
perugina e quello del collegio dei dottori era scritto per mano di
ser Pietropaolo di Bartolomeo. Il giorno dopo; 21 ottobre, il me-
desimo Monuccio domandò a Francesco di Mariotto altri 15 fio-
rini, pervenuti nelle mani di Rinaldo di Aquila quand’era rettore
dell'università. Il 22 un tale Filippo, probabilmente procuratore
di. Francesco di Mariotto, produsse alcune eccezioni contre le
petizioni di Monuccio. Dopo di lui, il perugino Francesco di Bal-
dassare citò Francesco di Mariotto a rispondere di dodici fiorini
d’oro a sè dovuti da Rinaldo di Aquila, come appariva da uno
scritto di mano del medesimo; ma Francesco di Mariotto si op-
pose dicendo ch'egli aveva prestata fideiussione per l’ Angelini
soltanto per l'università e non per gl'interessi privati di lui. La
sentenza fu pronunciata il 23 di ottobre: venne condannato Ri-
naldo di Aquila, e per lui Francesco de’ Rocchi, a far la giostra
con un premio di velluto del valore di 25 fiorini almeno, a fare
i due pennoni menzionati, a restituire le riformanze delle costi-
tuzioni dello Studio con la conferma del Legato (pare che l'An-
gelini se le fosse portate appresso) ed a restituire a Matteo di
Corradino 6 fiorini, da esso prestati all'ex-rettore (2).

(1) « Duos pennones de sindone, depictos cum armis sanctitatis dni nostri pape
Iulii, sive sancte matris Ecclesie et comunitatis Perusii, nec non cum imagine unius
doctoris cum libro, in cathedra, actu scholaribus ibidem item depictis legentis ».

(2) Vedi doc. n. 7.
G. PARDI

Oltre alle notizie sopra riportate, le carte mariottiane ne con-
tengono alcune riferentisi alla vita privata degli studenti, alle
questioni ed alle gare tra l'università e le sapienze, tra gli stu-
denti di una regione e quelli di un'altra, tra uno scolare e l'altro.

Il 20 marzo 1511 al rettore Rinaldo di Aquila, che sedeva al
solito banco a rendere giustizia, fu presentata una petizione con-
tro Severino da Todi, perchè non pagava la pigione di casa (1).
L’anno dopo, innanzi al rettore Fabrizio da Macerata si presentò
maestro Antonio da Milano ed espose com’egli con la famiglia
abitasse già da tre anni in una casa posta nella località detta a/
forno de Alfano. Essendosi egli dovuto assentare da Perugia,
vi lasciò la moglie e la famiglia con le masserizie. Lo studente
Sebastiano da Macerata a forza ne cacciò quelle e tolse via que-
ste. Pertanto maestro Antonio pregava il rettore dell'università
a costringere il nominato Sebastiano a rendergli le cose tolte ed
a pagargli un'indennità; e presentò una lista delle masserizie
portategli via, con il prezzo relativo.

Sebastiano da Macerata si oppose dicendo che era da vario
tempo creditore di maestro Antonio di una somma di danaro im-
prestatagli e perciò chiese che questi fosse condannato a resti-
tuirgliela. Non è detto come andasse a finire la cosa.

Il sorger lili e quistioni tra studenti sembrava cosa così
naturale che si eleggevano arbitri a deciderne come uva istituzione
permanente. Infatti 1’ 11 aprile 1505 (n. 5) si adunò il Consiglio
generale degli studenti dell’ università perugina nella chiesa di
S. Maria del mercato, e furono nominati Marcantonio di Monte
Abotto e Fabrizio di Orte arbitri a definire tutte le questioni, liti
e cause, sorte o che potrebbero sorgere tra gli studenti.

Degna di menzione è la rissa del settembre 1382, nella quale
il rettore dell’ università ed uno studente di legge si picchiarono
di santa ragione fino allo spargimento del sangue (2). Nelle no-
stre carte troviamo menzionate altre dispute e risse. Nel solo
mese di decembre del 1511 Giacomo de’ Valenti di Pesaro sporse
querela contro Pietropaolo de’ Bindi, egualmente di Pesaro, per-

(1) Vedi doc. n. 2.
(2) A. Rossi, Documenti per la storia dell’ università di Perugia, « Giornale di
erudizione artistica », a. 1877, vol. VI, p. 300.
ATTI DEGLI SCOLARI DELLO STUDIO DI PERUGIA, ECC. 501

chè questi lo aveva ingiuriato e minacciato con una spada (n. 24);
e fu fatta pace tra Bernardino Teofilo di Urbino e Paolo Emilio
di maestro Giovanni de Rocha Contrata « de omnibus et singu-
lis iniuriis, villantis, percussionibus et aliis iniuriis, quomodo-

cumque factis, conmissis et perpetratis ... cum sanguine et sine
Sanguine ». Assistettero a quest'alto di concordia Cesare dei
Bontempi e Vincenzo di Alfano degli Alfani di Perugia (n. 13).
Tra gli studenti delle Marche e quelli del regno di Sicilia, caldi
di sangue e fieri gli uni e gli altri, avvenivano frequenti discor-
die. Perciò l' 8 marzo 1511, convocato il collegio degli studenti
siciliani, questi elessero concordemente due consiglieri a loro pro-

‘curatori per comporre le differenze, liti e quistioni, che erano
state o che potrebbero essere in avvenire, tra gli studenti sici-
liani medesimi e quelli marchigiani. Lo stesso fecero questi il
giorno 10 marzo (n. 17).

Delle gare tra gli studen!i universitari e sapienzani abbiamo
avuto già qualche accenno per l' innanzi riguardo all’ elezione del
rettore e dei consiglieri. Un atto di concordia fu stipulato tra gli
uni e gli altri nel gennaio 1511, poichè il 26 di quel mese gli
scolari della sapienza nuova elessero consiglieri a tale scopo (1).

Finalmente v'erano dissensioni anche tra gli scolari della
sapienza nuova e della sapienza vecchia, tanto che a questi era
proibito di entrare nel collegio di quelli. Ma il 28 gennaio 1511
fu proposto al Consiglio generale degli studenti, che si permettesse
loro di aecedere nel collegio della sapienza nuova, e ció venne ac-
cordato con 77 fave bianche contro 9 nere (2).

Ma tale concordia e tali paci tra individui particolari, tra re-
gione e regione, tra nazione e nazione, tra gli universitari ed i
sapienzani, tra gli scolari della casa gregoriana e quelli della
casa gerolimiana, chi sa se avranno avuto lunga durata; o se
piuttosto gli scolari non saranno tornati ben presto a far dispute e
risse, nelle quali si sfogava una parte della gagliarda vitalità di

—Ó
|

(1) Vedi doc. n. 4. j

(2) N. 20: Deliberazione del consiglio degli scolari del 28 gennaio 1511: « Pro-
ponitur coram dominationibus ex parte scholarium sapientie nove et petitur ut —
» quoniam scholares sapientie veteris sunt prohibiti accedere et ingredi collegium no-
strum — ipsi saltem admittantur nunc per dominationes vestras ».

È 34
EY TES bl a e U^ AS
Ue: 9 x uM & i E EE

502 : : G. PARDI

quei giovani, che sapevano, non meno dei moderni, congiungere
la serietà profonda degli studi con i diletti della esistenza.

G. PARDI.

DOCUMENTI

Doczn.. 1: ; . 1509, aprile 5.
Elenco degli studenti della provincia delle Marche.

Dominus Fabritius de Macerata.

b t2
BS

. Nicolaus de Firmo.
. Benedietus de Firmo.

E

2. D. Leo de Firmo (Fermo).

3. D. Hieronimus de Fabriano.

4. D. Dominicus de Fabriano.

5. D. Constantius de Fabriano.

6. D. Jovannes de Monte Bodio (paese in quel di Sinigaglia).
7. D. Jovannes de Monte Bodio.

8. D. Bartholomeus de Monte Bodio.

9. D. Johannes Franciscus de Monte Bodio.

10. D. Lactantius de Monte Bodio.

11. D. Silvester de Monte Bodio.

12. D. Joannes de Exio (più comunemente Aesio: Iesi).
13. D. Johannes de Exio.

14. D. Johannes Baptista de Auximo (Osimo).

15. D. Evangelista de Auximo.

16. D. Antonius de Auximo.

17. D. Petrus Philippus de Auximo.

18. D. Hieronimus de Foro Sempronii (Fossombrone).
19..D. Johannes de Firmo.

20. D. Dominicus de Firmo.
21. D. Jacobus de Firmo. .
22. D. Lelius de Firmo.
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ATTI DEGLI SCOLARI DELLO STUDIO DI PERUGIA, ECC. 21:508

. D. Tiberius de Firmo.
. Philippus de Firmo.

Joannes Dominicus de Firmo.

. Felix de Firmo.
. Hanibal de.Firmo.

Franciscus de Firmo.
Dixiderius de Porcula (Porchia im quel di Ascoli?).

. Ranaldus de Porcula.

Bucculinus de Amandula (Amandola). -
. Joannes Crisostimus de Amandula.

. Vincentius de Amandula.

. Eusebius de Sarnano (Borgo in quel di Macerata),
. Johannes Franciscus de Sarnano.

. Petrus Franciscus de Macerata.

Leonardus de Macerata.

. Citius de Monte Gallorum (Monte Gallo in quel di Ascoli).

41. D. Johannes Franciscus de Macerata.
42. D. Franciscus de Macerata.

45. D

. Papirius de Macerata.
44. D.
45. D.

Leopardus de Castro Sicardo (Castel Siccardo ?).
Johannes Baptista de-Belforte (Belforte del Chienti in quel di

Camerino).
46. D. Robertus de Monte S. Marie (Monte S. Maria in quel di Pesaro).
41. D. Ciulinus, aliter Morgante (1), de Monte Filottrani (Borgo in quel

di
48. D.
49. D.
50. D.
Dl. D.

02. D
53. D

Macerata).

Jacobus de Monte Filiorum Ottrani (Filottrano, c. s.).

Severus de Foro Sempronio.

Andreas de Rocha.

Paulus Emilius de Rocha.

. Petrus. Felix de Monte Ulmi.

. Rubertus de Serra S. Quirici (Serra S. Quirico in quel di Fa-

briano).

54. D.

Ascanius de Serra S. Quirici.

(1

)Questo soprannome di Morgante, dato a messer Ciulino da Filottrano, fa

fede della diffusione del poema del Pulci, dato in luce 28 anni innanzi, e del favore
che aveva dovuto incontrare presso la gioventü de'nostri Studi. Inoltre significa
probabilmente che il tipo di Morgante rappresentava un uomo di grande robustezza

e di ste

tipo di

itura gigantesca come l’ eroe del poema omonimo, a quel modo nel quale il
Margutte é rimasto nella lingua ad indicare chi fa dello spirito scioccamente

od uno sciocco addirittura (Cfr. G. PARDI, Gli elementi umoristici del Morgante, Pe-

rugia 1

800, p. 22).
504. G. PARDI
Doc. n. 92. 1511, marzo 20,

Petizione contro lo studente Severino da Todi, presentata al ret-
tore dello Studio perugino, Rinaldo degli Angelini di Aquila,
mentre sedeva a. render giustizia (1).

Coram Vobis, Magnifico dno Rectore almi Studii Perusii, Nicolaus
Johannis de Perusio per se et in nomine reverendi patris dni Antonii
abbatis sancti Clementis de Aretio agit et proponit contra et adversus
dnum Severinum de Tuderto, et omnem aliam personam pro ipso, coram
Vobis in iudicio legitimo intervenientem, dicens qualiter dietus reveren-
dus pater dnus Antonius habebat, tenebat et possidebat conductam et
nomine conductionis unam domum sitam in civitate Perusii in porta
sancti Petri in platea super muri, que est filiorum et heredum Ascanii
de Balionibus, adeo quod nonnullam stantiam diete domus, prout con-
venerunt, loeavit dicto dno Severino pro certo tempore et pretio inter
ipsos convento adeo quod tenetur et obligatus fuit et est solvere et sa-
tisfacere pro titulo pensionis dietarum stantiarium, per tempus undecim
mensium decuftsorum, quinque ducatus. Quare, cum predicta vera fue-
rint et sint, petit dietus actor nominibus quibus supra, facta vobis fide
et liquidatione de predietis, quatenus expedit, per vos vestramque sen-
tentiam et offitium quod inquirere opus sit, implorat pronumptiari, sen-
tentiari, decerni et declarari dictum dnum Severinum convintum teneri
et obligatum fuisse et esse ad dandum et solvendum et effectualiter nu-
merandum dieto dno Antonio abbati prefato dictos quinque ducatos pro
titulo dicte pensionis pro dieto tempore efc.

Doc. n. 3. I51155 us

Petizione fatta dagli scolari dello Studio perugino al Luogote-
nente del Legato pontificio intorno alla lezione straordinaria.

Reverende dne. Cum, ut creditur, per aliquos scholares huius ginna-
sii celate fuerint constitutiones Studii sive universitatis dolose et fraudo-
lenter, ne inspici et videri possit sub qua forma dari debeat lectio ex-
traordinaria singulis annis per ipsam universitatem danda ad effectum ut,

si de ea provideretur alicui, non servatis dictis constitutionibus, dare et

(1) Statuti bolognesi cit. p. .6: De iurisdictioni Rectorum et quibus diebus se-
dere tencantur. Statuti degli scolari di Perugia, 1. III, 8 9, p. 58: De iurisdictione re-
ctoris et diebus quibus sedere tencatur.
PS

ATTI DEGLI SCOLARI DELLO STUDIO DI PERUGIA, ECC. 505

: ,
obyci possit de nullitate et non contingat dolum et fraudem alicui
patrocinari et per aliquos preiudicari ipsi universitati et maiori parti
scholarium, e/£c.; ea de re scholares ipsi recurrunt ad vestram reve-
rendam dominationem eidem humiliter supplicando quatenus de opor-
tuno remedio concedere et indulgere dignetur, ut vocatis scholaribus
vocem habentibus in collegio pro tali danda lectione, qui in civitate
sunt presentes, per eos sie vocatos ad collegiam venientes vel venientium
et presentium in collegio maiorem partem, dari et concedi possit lectio
predicta, efc. [In fine, di altra mano]: Actentis premissis, concessum ut
petitur, constitutionibus non osbantibus, aut alia quavis constitutione
etiam speciali, quibus ad effectum presentium derogamus expresse.

Berardus Thebaldiscus ustriusque iuris doctor Locumtenens.

Datum Perusii VIII octobris MDXI.

Flavius Chrysolinus.

Doc. n. 4. 1511, gennaio 26.

Gli scolari della sapienza nuova di Perugia nominano consi-
glieri per istipulare un atto di concordia con università
e la sapienza vecchia. Capitoli dell’ accordo.

In nomine dni, amen. Anno dni millesimo D. XI, indictione XIIII,
tempore sanctissimi in Christo patris dni dni Iulii divina providentia
pape secundi et die vigesima sexta mensis Ianuarii. Actum in domo
nove sapientie perusine, in cappella ipsius domus sita in civitate Perusii
in porta heburnea, in parochia saneti Blaxii iuxta sua latera, presenti-
bus dno Bartholomeo Tranquilli de Monte Bodio et dno Benedicto ser
Antonii de Nursia scolaribus Perusii commorantibus, testibus ad predicta
vocatis, habitis et rogatis.

Convocato, congregato ed cohadunato publico et generali collegio
scolarium alme hieronimiane domus nove sapientie perusine, de licentia
et mandato consiliariorum diete domus, ad sonum campanelle more solito.
et consueto, in supradicto loco ubi similiter eollegium per scolares dicte
sapientie fieri et congregari solet. Cui quidem collegio interfuerunt egre-
gii iuris periti viri dnus Laurentius de Castello, dnus Leonardus de Ful-
gineo et dnus Guidoncius de Nursia consiliarii dicte domus et scolares
ipsius nove domus sapientie, numero triginta septem, qui sunt ultra
duas partes scolarium dicte nove domus sapientie dicto collegio interesse
debentium et qui similiter collegium facere solent. Qui quidem scolares.
presentes et in concordia, et quilibet ipsorum vice et nomine dicti col-

MÀ €M—— —

‘E

Xo
506 : G. PARDI

legii et universitatis dicte nove sapientie, ipsorum nemine dissentiente,

omnibus melioribus modo, via, iure, causa et forma quibus melius vali- -

dius potuerunt et debuerunt et de iure fieri potest et debet, circa tamen
aliorum ipsius collegii procuratorum revocationem, fecerunt, constitue-
runt, creaverunt et solempniter ordinaverunt eorum et dicti collegii di-
ete nove domus sapientie perusine veros, legitimos et indubitatos pro-

curatores, actores, factores et certos nuntios speciales et generales, ita
tamen quod spetialitas generalitate non deroget nec e contra, egregios
iuris peritos viros

‘ dnum Laurentium de Castello | consiliarios dicte domus sapientie no-
dnum Leonardum de Fulgineo > ve presentes et acceptantes spetialiter,
dnum Guidonem de Nursia \ nominatim et expressim ad ipsius col-
legii et universitatis dicte hieronimiane domus uniendum et confede-
randum ipsum collegium nove hieronimiane domus prefate una cum
collegio universitatis almi Studii perusini et collegio gregoriane domus
veteris sapientie perusine, Et super ipsa unione et confederatione cum
ipsis collegiis universitatis et veteris sapientie, seu hominibus mandatis
ab eisdem, conveniendum, conponendum et paciscendum cum pactis,
modis et conditionibus in dictis capitulis contentis efc., Et pro predictis
omnibus obligandum seolares omnes ipsius domus sapientie nove eorumque
successores ac totum collegium predictum de predicta unione, conventione
et compositione conficiendum et confici faciendum unum vel plura in-
strumentum vel instrumenta unionis, conventionis et compositionis val-
landa et roboranda omnibus et singulis promissionibus, obligationibus,
renuntiationibus, penis, iuramentis, pactis et cautelis in similibus instru-
mentis usitatis secundum stilum notariorum civitatis Perusii, et prout

et sicut dietis procuratoribus videtibur convenire pro predictorum omnium
observatione, Et generaliter ad omnia alia et singula faciendum, ge-
rendum et exercendum que in supra dictis, causa predicta... fuerint et
sint utilia, necessaria et oportuna, et que ius, ordo et consuetudo po-
stulant et requirunt, et que totum collegium et scolares predictos pre-
fate hieronimiane domus nove sapientie perusine collegialiter et perso-
naliter interessant; Et si talis forma, qua mandatur, exiguerit magis,
spetialiter dantes, credentes, reconcedentes et mandantes dictis novis pro-
curatoribus causa predicta... plenum, liberum et generale mandatum, cum
plena, libera et generali administratione, potestate, arbitrio et baylia etc.

Tenor capitulorum de quibus super sit mentio. Sunt VI.

[I] In primis quod eligantur quatuor scolares pro qualibet sapientia
et octo universales de unaquaque provincia, ex quibus forte extra-
ATTI DEGLI SCOLARI DELLO STUDIO DI PERUGIA, £CC. 507

hantur duo consiliarii hac conditione quod unus semper sit de univer-
sitate. Alter possit esse sapientinus, si sors supra eo acciderit.

[II] Et tamen primus consiliarius provintie romane universalis pre-
cedat cunctis.

[III] Ceteri vadant secundum tempus quo quisque steterit in studio.

[IV] Item rector in quolibet tertio anno sit de necesitate scolaris
unius vel alterius sapientie.

[V] Item quod perpetuo uniantur adeo quod nunquam possit nec
universitas ab eis neque ipsi ab universitate separari.

[VI] Item quod veteres sapientini possint se separari si rector non
fiat vel, facto primo rectore, per annum non duraverit. Remaneat tamen
in uno corpore nova sapientia cum universitate.

mDocs:sn.«5; 1511, febbraio 24.

Il notaro perugino, Matteo di Corradino, attesta di aver inve-
stito della carica di rettoreRinaldo degli Angelini di Aquila
e di aver da lui ricevuto il giuramento di fare quanto gli
incombeva per l’ ufficio di rettore.

Fit fides omnibus et singulis, ad quos presentes advenerint, per me
Matheum Coradini notarium perusinum qualiter sub dietis millesimo et
die fuit coronatus per inmissionem caputei publice in pede platee magne
perusine magnificus dnus Raynaldus Angelinus de Aquila rector Studii
perusini secundum formam constitutionum dicti Studii, et inmediate post
dictam coronationem dietus dnus Rainaldus rector prefatus iuravit ad
sancta dei evangelia, scripturis corporali manu tactis, et iurando pro-
misit michi Matheo notario infraseripto et notario universatis Studii pe-
rusini stipulanti et recipienti pro dicta universitate, et pro omnibus aliis
quorum interest, seu quomodolibet in futurum interesse posset, facere,
tenere, actendere et inviolabiliter observare omnia et singula, ad que
tenetur et obligatus est vigore constitutionum et reformationum dicti
Studii, sub penis in eis contentis prout latius constat manu mei notarii
infrascripti.

Idem Matheus Coradini ad fidem scripsi.

Doc. n. 6. ' 1512, marzo 22.

Quietanza fatta dal rettore Fabrizio da Macerata a Matteo di
Corradino di 12 fiorini e 13 soldi, da lui riscossi per le

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508 G. PARDI

matricole degli scolari dell’anno precedente, e di 5 fiorini
e 4 soldi riscossi per le matricole del presente anno.

In nomine dni, amen. Anno dni millesimo quingentesimo duodecimo,
indictione decima quinta, tempore sanetissimi in Christo patris et dni
nostri dni Iulii divina providentia pape secundi et die XXII. Actum
Perusii, in domibus Johannis Raynerii de Acerbis sitis in porta hebur-
nea in parte sanete Marie de merchato, infra suos confines in quibus
habitat ad presens infrascriptus dnus Fabritius rector studii Perusii,
presentibus Ludovico Silvii Cinelli, Nicolaus de Nicolao Cinelli de Pe-
rusio porte solis et Iomaria Cipriani de Bisochetis de Perusio porte san-
cti Angeli, testibus ad infrascripta habitis vocatis et rogatis.

Cum hoc sit quod sub presenti millesimo et die XV mensis martii,
manu mei notarii infrascripti, per consiliarios universitatis almi Studii
perusini fuerit datum, cessum et concessum magnifico ac egregio iuris
peritissimo viro dno-Fabritio Conventato de Macerata rectori dicti almi
Studii totum et integrum introytum presentis anni diete universitatis
tam occaxione matricule et vacationum carnis pridii (1) et ex quacun-
que alia de causa, nec non in compensatione certe pecuniarum quanti-
tatis ad manus dni Rainaldi de Angiolinus de Aquila olim rectoris dicti
Studii pervente de pecuniis redactis ex vacationibus carnispridii anni
preteriti, similiter fuerit datum et concessum ut supra dicto dno Fabritio
rectori prefato certa quantitas pecuniarum ad manus ser Mathei Coradini
perventa occasione matricule anni preteriti pertinens et aspectans ad
dietum dnum Rainaldum olim rectorem prefatum, cum hoc quod — casu
quo dietus dnus Rainaldus reetor prefatus peteret et exigere vellet a
dicto ser Matheo dietum residuum dictarum pecuniarum — tune et eo
casu dictus dnus Fabritius teneatur et obligatus sit reddere et resti-
tuere dietam quantitatem dicto ser Matheo efc. dictus ser Matheus
Solvit dieto dni Fabritio rectori prefato florenos duodecim et solidos
tresdecim, ad rationem XL bolonenorum pro floreno quolibet, exactos
per dictum ser Matheum a scolaribus occaxione matricule anni preteriti ;
et ultra dictam quantitatem habuit a dicto ser Matheo florenos quinque
et solidos quatuor ad dictam rationem exactos occasione matricule pre-
sentis anni efc.

(1) Evidentemente sta per carnisprivii. Veggasi il DucaNGE alla parola carni-
privium: « Tempus quo carnibus privari, et ab iis abstinere incipiunt fideles ante
ieiunia quadragesimae. Quandoque sumitur pro primis ieiunii diebus ».
a

ATTI DEGLI SCOLARI DELLO STUDIO DI PERUGIA, ECC. 509

“Doc. n. 1. i 1312, ottobre 24.

Sentenza pronunciata, dai sindacatori del rettore Rinaldo degli
Angelini di Aquila, contro questo ed il fideiussore di lui,
Francesco di Mariotto de’ Rocchi.

Cristi nomine invocato, efc.

Dicimus, sententiamus, laudamus et condempnamus prefatum dnum
Raynaldum rectorem prefatum et dictum Franciscum. eius fideiussorem
ad faciendum seu fieri faciendum astiludium seu iostram cum premio
veluti valoris saltem vigintiquinque florenorum. Nec non prefatos dnum
Raynaldum et Franciscum condempnamus ad faciendum seu fieri facien-
dum penones syndones, pro ut in petitione dni Monutii nominibus in ea
contentis apparet et secundum formam constitunionum almi Studii peru-
sini. Item condempnamus prefatos dnum Raynaldum et Franciscum eius.
fideiussorem ad reddendum et restituendum reformationes constitutionum
almi Studii predieti cum confirmatione reverendissimi dni Legati univer-
sitati Studii predieti. Nec non condempnamus prefatum dnum Raynal-
dum et Franciseum ad dandum reddendum, solvendum et restituendum
et qui dent, solvant, reddant et restituant ser Matheo Coradini florenos
sex ad [rationem] XL bolenenorum pro quolibet floreno dieto dno Ray-
naldo mutuatos per dictum ser Matheum, efc.

Doc. n. 8. 1314, gennaio 27.

Il Luogotenente del Vice-legato apostolico ordina al rettore dello
Studio di Perugia, Giovanni di Vetralla, di espellere dal

collegio della Sapienza nuova lo studente Annibale Perotto

di Fermo, da lui posto al bando.

Thaurusius de Thaurusiis, reverendissimi dni Vicelegati Locumtenens,
Johanni de Vetralla almi Studii perusini rectori. Vobis dno rectori et
consulibus sapientie nove perusine universitatis et divisim presentium
tenore precipimus et mandamus sub pena quingentorum auri ducatorum
pro quolibet contrafaciente apostolice Camere de facto applicandorum
quatenus, viris presentibus, debeatis expellere a dicte sapientie domibus
nec quoquo modo recipere in dicetis domibus Hannibalem Peroctum de
comitatu firmano scolarem diete sapientie nove, cum per nos fuerit ban-
nitus, etc.

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Midi cc i e ezio FRESE E PORTS à Qt la ai
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I QUADRI
DELLO SPOSALIZIO DELLA B. VERGINE

DIPINTI DA PIETRO PERUGINO E DA RAFFAELLO D’ URBINO

Nel fascicolo d’ aprile del 1896 della Gazette des Beaux Arts
che si stampa a Parigi si legge uno scritto sul quadro, che con-
servasi nel museo di Caen in Francia, rappresentante lo sposa-
lizio della B. Vergine, e che un tempo era sull' altare della cap-
pella del S. Anello nella cattedrale di Perugia, dipinto da Pietro
di Cristoforo Vannucci detto il Perugino. Il signor Berenson, che è
l’autore di quella pubblicazione, con studiati raffronti e con sot-
tili ipotesi tenta di provare che l'autore di detto quadro non fu
il Perugino, ma che invece fu Giovanni detto lo Spagna, sco-
laro di lui.

Il eritico americano divide in due parti il suo studio. Nella
prima si propone di dimostrare quanto sopra è detto, escludendo
anche la possibilità che Pietro abbia dato l'idea di tal rappre-
sentazione; nella seconda parte vuole provare che il quadro di
Raffaello raffigurante lo stesso soggetto, dipinto già per Città di
Castello, ed oggi nella Pinacoteca di Milano, è anteriore al dipinto
del Perugino.

Siccome il metodo seguito dal Berenson è esclusivamente in-
dultivo, così io mi propongo di tenere il metodo opposto, e cioè

«quello che ha base nella storia e nei documenti, mercè i quali

mi propongo di giungere a conclusioni diametralmente opposte.

^
L. MANZONI

Il nostro Mariotti, nelle sue Lettere Pittoriche, fu il primo (1),
che, nel far ricordo di tal dipinto, credè, appoggiandosi ad un docu-
mento degli Annali Decemvirali di Perugia fan. 1495, c. 135] (2),
che il quadro in parola potesse essere stato eseguito nel 1495, giac-
chè in essi Annali si fa ricordo di una domanda rivolta ai priori
della città dai confratri della compagnia di S. Giuseppe per avere
un sussidio per far dipingere tal quadro (pro una tabula facienda
in capella dicti sancti Josephi in ecclesia sancti Laurenti); onde il
Mariotti ne indusse che il quadro potesse esser stato lavorato in
delto anno, e la supposizione sua fu accolta senza opposizione
dagli annotatori del Vasari e da quanti si occuparono di tal di-
pinto. Se il Berenson fosse stato più oculato, avrebbe potuto dire
che tal documento non prova se non un fatto, cioè il desiderio.
nei confratri del S. Anello di metter assieme la somma necessaria
per far dipingere una tavola per la loro cappella. Ed infatti il dub-
bio sarebbe stato di qualche peso, ed avrebbe trovato la prova nel
documento, che io rinvenni nell' archivio notarile distrettuale della
città (3), sull’ autenticità del quale non può sollevarsi dubbio, giac-
chè io lo traggo dai protocolli del notaio perugino Bernardino di ser
‘Angelo dell'anno 1499. Quest'atto contiene il verbale dell’ adu-
nanza tenuta li 11 aprile di detto anno, in cui si discuteva se il
quadro in parola dovesse venir dipinto da Pietro Perugino o da
un altro pittore.

Gli adunati sono 14, ed il priore propone la questione, se cioè
il quadro debba esser dipinto da Pietro Perugino. Sorge primo un
tal Mariotto di Costanzo, ed ammesso che il quadro debba esser
dipinto da Pietro, aggiunge che, a suo avviso, sarebbe opportuno che

(1) Lettere Pittoriche Perugine. Perugia, 1788, Dalle stampe Badueliane. In 80,
pag. 255. Quest'opera si poco conosciuta, con un titolo modestissimo, è indubbiamente
il miglior lavoro che, sino ad oggi, si possegga sulla storia dell’ arte di Perugia, e del”
l'Umbria per tante notizie di documenti esistenti negli archivii notarile e municipale
della città. ME

(2)-Il testo della supplica si riporta tra i documenti al n. III.

(3 Vedi Documento n. IV.

TATE

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a a

m

I QUADRI DELLO SPOSALIZIO DELLA B. VERGINE, ECC. 513

prima di ordinare il lavoro si avessero tutti i denari necessarii
(antequam deveniatur ad coptumum, videatur unde pecuniam possit
Anveniri). Diamante Alfani e Giovanni de' Mansueti, ammesso sem-
pre che il quadro debba esser dipinto da Pietro, consigliano di non
attendere che sia prima innalzato il tabernacolo e la ferrata, ma
propongono la sospensiva, cioè suprasedere aliquantulum, ossia un
tal poco. Pietro Paolo della. Cornia si associa alla proposta di que-
sli; ma gli altri confratri non sono di tale opinione, e tengono di
far l'aeeordo con Pietro il più presto possibile, giacchè vien posta
a partito la: proposta che il quadro debba senza alcun ritardo
esser locato a lui (qued tabula debeat locari magistro Petro ad
pingendum). E la proposta viene approvata all'unanimità ed ot-
tiene ziii fabas albas, nulla nigra in contrarium reperta; il che
significa che gli oppositori erano contrarii sul tempo, in cui il
quadro dovesse venir dipinto, ma nessuno sul pittore, da cui do-
veva esser fatto.

Tale deliberazione del 1499 addimostra quanto si disse ante-
riormente, che l'aver chiesto un sussidio al magistrato ciltadino
quattro anni prima non significava dovesse esser stato dipinto il
quadro in quell’anno, in cui detto sussidio era stato domandato,
e questo documento prova che il quadro in parola non potè esser
stato principiato prima del 1499, nel quale io credo fermamente
che sia stato cominciato, e finito nel seguente 1500, o meglio nel 1501.

Ma quando anche tale atto io non avessi rinvenuto, a me
sembra, per chi conosce la vita di Pietro, che nell’anno 1495 non
poteva esso assumere l’ impegno di pingere il sopradetto quadro,
giacchè il Vannucci in quell’anno 1495 aveva concordato con ì
monaci di S. Pietro di lavorare per l’ altare maggiore della lor chiesa
il gran quadro dell’ Ascensione, ora nel museo di Lione in Fran-
cia (1), e per cui aveva chiesto due anni e mezzo di tempo, nonchè

(1) Della locazione di questo dipinto posseggo il contratto originale. È noto che
il Tontefice Pio VII con una liberalità non perdonabile donò questo quadro alla città
di Lione per testimoniare la sua gratitudine per le cortesie usategli durante la sua
prigionia e permanenza in quella città. Perugia perdeva così una delle più belle opere
di Pietro, e senza titolo alcuno fu privata di un raro gioiello. Come è commodo farsi
bello con la robba d' altri !
. D14 L. MANZONI

la tavola per l’altare della cappella de’ priori (1), ora nella pinacoteca
Vaticana, di guisa che sembra che il nostro pittore avesse lavoro a
sufficienza e non potesse accettarne altro; e v'è a supporre che
negli anni 1496, 97 e 98 potesse dedicarsi al medesimo, giacchè
nelle ricerche fatte per il mio scritto sul Cambio sono giunto a
dimostrare che le pitture e i disegni per questa udienza furono
compiuti negli anni 1497, 98 e 99, e dativi gli ultimi tocchi nei
primi mesi del 1500 (2). |

Si potrà obiettare che l'aver ordinato un. quadro a Pietro |
Perugino non prova che il quadro sia stato fatto da lui, né compiuto
in quell’anno, in cui gli fu commesso. Si potrà anche dire che
esso acceltò altre volte la commissione di dipinti, che poi non
eseguì; ma qui non è il caso di ricordare tali fatti, poichè simili
rifiuti dimostrerò, nella vita che sto scrivendo di lui, essere stati -
da plausibili ragioni motivati.

Lo sposalizio in parola non potè esser fatto che in Perugia,
ed il pittore di esso non potè esser che Pietro, come oggi è dal
documento dimostrato. Si potrà ammettere che i quadri, che si
lavoravano negli studii di lui in Firenze e in Perugia, destinati «i
ad andar lungi da queste città, potessero esser dipinti anche per
intero dagli scolari di lui, ma ciò non si può supporre per un
quadro, come questo, che si dipingeva a Perugia sotto gli occhi
dei cittadini, destinato ad ornare la cappella più importante della
città. Il documento è troppo esplicito per non dover credere che
i committenti del quadro non lo avessero voluto esclusivamente
dipinto di mano di Pietro Perugino. Quando essi non avessero
avuto tal desiderio, non avevano forse altri pittori valentissimi, cui

(1) Della locazione di questo quadro pubblicherò prossimamente il contratto che
rinvenni nell' archivio notarile distrettuale di Perugia, oggi sì ben ordinato e conser-
vato dal suo direttore Dott. Giuseppe Antonini che l' opera intelligente del padre suo
‘ proseguì e condusse a compimento in una maniera tanto semplice e chiara. : E

(2) Nel mio scritto su questo santuario dell arte perugina, del mirabile valore I
artistico di Pietro ho scritto da breve una memoria pel Museo Kensington di Londra,
ed in essa ho dimostrato con documenti quanto qui asserisco. Su questo edificio io. |.
preparerò uno scritto per il nostro Bollettino, ed allora darò alla luce nella loro in- È)
tegrità tutti i documenti che posseggo intorno a quelle pitture. Intanto posso indi-
care varie opere di cui darò l' elenco alla fine dei documenti.

CXUPREGSOGELITM RTI LITRI EEN MESI TR NIE AI 1)

rente cad
1

I QUADRI DELLO SPOSALIZIO DELLA B. VERGINE, ECC. 515

ricorrere? Eppure vi erano stimatissimi in quegli anni Fiorenzo di

Lorenzo, Bartolomeo Caporali, Giannicola di Paolo, Eusebio da
San Giorgio, Mariano d'Auterio, Pompeo. d'Anselmo, il Cocchi,
ed un numero infinito di scolari e di imitatori della maniera
di Pietro. E non eravi forse il Pinturicchio, cui nel 1489 avevano
dato l'incarico di pingere le pareti della ricordata cappella, come
appare dal mandato, che in tal anno il medesimo fa all'amico
Caporali, a rogito del notaio Tancio di Niccolò delli 26 settem-
bre 1489, che io rinvenni negli atti di tal notaio, conservati nel-
l'archivio distrettuale della città (1)? Se una figura di esso

(1 Vedi Docum. n. II. In questi giorni in cui pel ristauro dell’ appartamento
Borgia si é tanto parlato del Pinturicchio cade opportuno di pubblicare per la prima
volta un documento che manca a quelli pubblicati su questo pittore e che per esser
rimasto ignoto al Vermiglioli nella sua vita del Pinturicchio, stampata a Perugia
nel 1837 in 80, Tipografia Baduel e Bartelli, fu pure sconosciuto a quanti posterior-
mente scrissero sino ad oggi di detto pittore. Alessandro VI, qual parte di ricompensa
al Pinturiechio per i suoi lavori al Vaticano, gli concesse in affitto due poderi nel
Chiugi, Poggio Sacro il maggiore, la Banditella l'altro. Glieli concesse in aflitto per
29 anni, dietro l'annua corrisposta' di 30 corbe di grano, cioé 40 some, del valore di
fiorini 80. Ma questa condizione parve gravosa al pittore, che se ne dolse, onde gli
fu abbonato per 3 anni il canone, sostituendolo con 2 libbre di cera da pagarsi ogni
anno per l'Assunta. Ciò risulta da un rescritto del 10 Dec. 1495 del Card. camerlengo
Raffaele della Rovere, da un secondo rescritto delli 28 luglio 1497 dove è inserito un
motu-proprio pontificio, rinnovato li 24 ottobre dello stesso anno. Il medesimo Car-
dinale con lettera delli 5 feb. 1498 riassumendo le precedenti dà esecuzione alla con-
cessione e finalmente con successivo breve delli 16 maggio di detto anno il Papa,
confermando quanto sopra, dichiara per compiacere il Pinturicchio che, a rimuovere
ogni dubbio per la rinunzia delle 30 corbe, s'intenda in ricompensa delle fatiche fatte
e in soddisfazione delle spese incontrate nell’ eseguire le pitture e gli ornamenti dal
pittore compiuti al palazzo vaticano e non corrispondendo le 2 libbre di cera dovesse
decadere dal diritto. A togliere ogni dubbio il pontefice riconosce essergli dovuto
cotesto rilascio delle 30 corbe come creditore della Camera apostolica per l'importo:
del suo avere che ascendeva a maggior somma, onde se anche egli o i suoi eredi
non avessero pagato nel giorno fissato il canone delle due libbre di cera, non lo ri-
teneva per ciò decaduto dal suo diritto. Tutti questi documenti, in parte pubblicati
dal Vermiglioli dimostrano come le concessioni fatte al Pinturicchio nella loro:
esecuzione incontravano delle difficoltà, per cui esso le accettava con diffidenza in.
pagamento del suo lavoro. Di fronte a ciò mancava il documento che assicurasse
dell’ effetto eseguito nel pagamento del compenso dovuto al Pinturicchio, e a questa
mancanza supplisce il documento che primieramente qui si pubblica al n. V e che
non rinviensi né nell'opera sopracitata del Vermiglioli né nello Skmarzow. Pintu-
ricchio in Roma, Stuttgart, 1882, né nell'ultimo scritto del rev. P. Ehrle e Stevenson.
Gli affreschi del Pinturicchio nel appartamento Borgia. Roma, 1897. Danesi in fe.,
cap. II, pag. 49.- Questo documento, se non aggiunge nulla di nuovo a quanto si sa-
peva rapporto alla concessione pontificia, prova pero il libero e tranquillo uso acqui-
stato dei fondi dati al Pinturicchio.
Plesso L. MANZONI

quadro assomiglia un tal poco al modo di colorire di un dato
scolare di Pietro, si dovrà per questo dire che esso sia l’autore
del quadro stesso? Vi sono altri dipinti, e non son pochi, che si
attribuiscono al Perugino, mentre chiaramente appaiono lavori di
scolari, senza bisogno di ricorrere a questo, che è indubbiamente
opera del maestro; e che lo ritenessero tale i contemporanei di
lui si rileva dal fatto seguente. Ricercai nell'archivio della compa-
gnia del S. Anello i documenti riferentisi a tal pittura, ma se non
mi fu possibile sino ad oggi di rinvenirvi i libri dei conti, pure
mi fu-dato di trovare l'elenco dei fratelli o confratri, cominciando
dalla firma autografa del fondatore di essa compagnia, cioé frate
Bernardino da Feltre, del 1487 (1).

Nel volume I segnato A, dopo una breve notizia storica sulla
confraternita, vi è l'elenco degli oggetti che si possiedono dalla
medesima, e si fa la descrizione della nominata cappella, di cui
si dice che è circondata da una grata di ferro, che l’altare è or-
nato di marmi intagliati, che la facciata dell’altare è messa ad
oro e che contiene la bella tavola dello sposalizio di nostra donna
di mano dell’eccell.mo Pietro Perugino et la bella statua del glo-
rioso patriarca S. Joseppe (2). Sebbene tal descrizione non abbia
data, pure la scrittura è indubbiamente dei primi anni del sec. XVI.
Furon di tal opinione l'Orsini nella vita del Perugino (3) e nella

(1) Sino ad oggi nell’ archivio di quella confraternita rinvenni due volumi con-
tenenti gli elenchi dei confratri sì maschi che femmine, cominciando dall’anno della
sua fondazione 1452; mancano ancora altri due volumi, che, rinvenuti, darebbero
tante preziose notizie per la storia della città di Perugia. I confratri solevano scri-
vere di proprio pugno l’atto di accettazione di far parte del sodalizio, per cui nel
volume dei fratelli si trovano, tra i letterati e gli artisti, le firme del Maturanzio, di
Pier Vincenzo Danti, di Anselmo di Giovanni pittore, di Bartolomeo Caporali, di Fio-
renzo di Lorenzo, firme che io pubblicherò in breve in questo Bollettino assieme ad
altre preziose notizie.

(2) Vedi il Documento n. I. i

(3) ORSINI BALDASSARE, Vita, Elogio, e Memorie dell'egregio pittore Pietro Peru-
gino e degli scolari di esso. Perugia, 1804, nella stamperia Baduelliana, in 89, Questa
sino ora é la miglior vita che si abbia sopra Pietro e la sua scuola: è un libro ricco
di notizie sopra gli scolari di lui. La vita di Pietro scritta dal Mezzanotte e stampata
in Perugia, nel 1836, di poco o nulla accresce le notizie che diede 1° Orsini. Questi
ebbe un sentimento finissimo dell'arte, e a torto non é abbastanza onorato dai
Perugini. Di lui non avvi alcun ricordo per la città; eppure siamo in tempi in cui,
soleva dire il nostro poeta nazionale, non muore un asino, che non sia padrone
d'andar al diavolo senza iscrizione.

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I QUADRI DELLO SPOSALIZIO DELLA B, VERGINE, ECC. 5IT

Guida di Perugia (1) e il Mariotti nell’opera citata, che ebbero la
venlura di ammirare il quadro sullo stesso altare, su cui lo pose
Pietro, e così opinò il Siepi nella sua guida della ciltà (2).

Ma un altro argomento, sul dovere ritenere che detto quadro
sia di Pietro, si rileva dal documento più sopra ricordato, e cioè
che tutti gli oratori che prendono parte alla discussione, prima di
fare una proposta, premettono sempre la frase che il quadro
debeat coptumari magistro Petro: il che prova, a-mio avviso, che
‘esso solo e niun altro dovesse lavorare tal dipinto, e tali forse
erano gli accordi verbali presi con lui dai priori della compagnia.
Per non dilazionare l’opera del quadro, il documento in parte
termina con la deliberazione che s'incarichino persone che cerchino
nella città oblazioni per meltere assieme quanto ancora mancava
per pagare la fattura di tal quadro. O perché tanta fretta, quando
il medesimo veniva dipinto da uno scolaro di Pietro? E la fretta
era spiegabile dall'osservare che Pietro nel 1499 aveva ormai
finito il lavoro del Cambio ed aveva bisogno di abbandonare Pe-
rugia per recarsi allo studio di Firenze, ove aveva opere da ulti-
mare, e nuove cui metter mano. E difatti il grandioso quadro
per Vallombrosa dell'Assunzione della B. Vergine porta l'anno
1500, ed aveva pure in quell' anno da principiare il quadro com-
messogli dalla Marchesa di Mantova, oltre degli altri che senza il
suo nome uscirono da quello studio negli anni 1503, 1504 e 1505.

Come il documento citato dimostra che il quadro in parola
non potè esser stato cominciato prima dell'estate del 1499, cosi
da altro documento rinvenuto nell'archivio del Cambio si puó

‘indurre che sia stato terminato prima del 1502; giacchè in esso

anno Pietro appare che sia lungi da Perugia, giovandosi di un
suo scolaro per ritirare un acconto sulla rata, che nello stesso anno
doveva ricevere da quell' Udienza per pagamento dell'opera fatta.

(1) Guida al forestiere per V augusta, città di Perugia. Perugia, 1784, presso il
Costantini, in 86, con figure. Questo volume è di un gran valore per l’esattezza delle
notizie e per contenere la descrizione delle opere d'arte della città quali esistevano
ai loro luoghi prima che avvenisse l' orrenda spogliazione francese, disonore di un
popolo che chiamasi civile.

(2) SIEPI SERAFINO, Descrizione topologica-istorica della città di Perugia, Pe-
rugia, S. A. (1822) Tipografia Garbinesi e Santucci, in 80. Di quest'opera non furon

stampati che il primo ed il secondo volume: resta ancora manoscritto il terzo.

35

E
518 L. MANZONI

Risulta dal volume segnato I a carte 44 (1) l' incarico da esso dato a
Giovanni garzone detto il Fantasia per ritirare una mina di grano,
ed è detto che questo si presenta per effettuare tal ritiro con lectera
di maestro Pietro. Lo stesso si ripete nel 1504 quando il Pe-
rugino manda Roberto da Montevarchi a fare un ritiro di due
mine di grano, aggiungendosi sempre in lictera. Ciò prova che
Pietro in quei mesi era lungi da Perugia.

Accertato che il quadro nostro non potè esser cominciato

prima dell'estate del 1499, si presenta un'altra domanda per o-

biettare all'opinione del Berenson; e cioè se lo Spagna in quegli
anni, in cui tal dipinto fu condotto, trovavasi nello studio di
Pietro. Di ciò è assai da dubitare. Questa incertezza sarebbe
sufficiente a distruggere le sottili induzioni del critico americano ;.
in quanto che il quadro in discorso non potè esser dipinto che a
Perugia e non altrove. I documenti sino ad oggi rinvenuti sullo
Spagna dimostrano che nel 1516 esso venne fatto cittadino di
Spoleto, il che prova che esso dimorava in detta città da molto
tempo; ed assai prima che avesse tale onore, aveva sposato ivi

una giovane di nobile famiglia. Ci risulta pure da un documento

dato dall’ Eroli, che nel 1507 l’ incoronazione della B. Vergine che
aveva fatto per la città di Todi, era già stata collocata al suo posto.
Se ciò avvenne prima della fine del 1507, trattandosi di un quadro
di grandissime dimensioni e di un numero straordinario di figure,
si comprende che per condurlo a termine si richiedesse più di un
anno. Siccome esso è copia di quello del Ghirlandaio, che conservasi
in Narni, così è impossibile che tal copia venisse eseguita lungi da
tal città, ove dovè averla incominciata non più tardi del 1505.
Aggiungasi a ciò, che gli affreschi in S. Michele di Gavelli presso.
Monteleone di Spoleto, i soli che portino il nome dello Spa-
gna, sembra debbano riferirsi all'anno 1505 (2), che sotto alcuni

(1) La partita di dare ed avere di Pietro con l'Udienza del Cambio si trova in
parte nel volume del ricco archivio di questa civile Compagnia, segnato I, c. 44, (1502)
e che fu pubblicata, con esattezza, dal prof. Rossi a pag. 25 del Vol. III del Giornale
d’ Erudizione artistica. Perugia, 1874. Tipografia G. Boncompagni e C. in f. p.

(2) Ciò è notato da Mariano Guardabassi alla pagina 126 del suo pregevole In-

dice, Guida dei Monumenti Pagani e Cristani riguardanti V istoria e V arte esistenti.

TETI SEPA III RRRIANMO VISO m PES TT VO
I QUADRI DELLO SPOSALIZIO DELLA B. VERGINE, ECC. 519

di essi si trova segnato, ed essendo tal data l'indicazione del-
l'anno in cui furon finiti, ne consegue che trattandosi di un la-
voro piuttosto ampio deve ritenersi cominciato almeno due anni
prima, cioè nel 1503. Ora essendo certo che Raffaello terminò
il quadro dello sposalizio per Città di Castello nel 1504 (1), come
esso lo segnó nel quadro stesso, cosi non si puó a meno di non
ritenere che tal dipinto il giovine urbinate lo lavorasse nello stu-
dio del maestro, ed ivi lo cominciasse due anni almeno prima del
1504. Per cui se lo studio, in assenza del maestro, era occupato
da Raffaello per un'opera di una qualche importanza, non si puó
presumere che ivi lavorasse contemporaneamente un altro pittore,
che dai lavori ricordati aveva già abbandonato lo studio del
maestro e operava per conto suo proprio.

Giacchè il Berenson fonda le sue induzioni quasi esclusi-
vamente sul tecnicismo, mi sia permessa un'altra osservazione
sul modo di disegnare dello Spagna. Questi si vede dai soli di-
pinti riportati dal citato critico che aveva un metodo differente di
quello del maestro nel finire le vesti all'apertura del collo, e cioè
deprimere gli angoli, togliendo la squadratura ad angolo retto,
usata. generalmente dal maestro nelle pitture della sua prima ma-
niera, sostituendo un dolce arrotondare, che ebbe anche Raffaello.
Ora nelle vesti delle donne, che accompagnano la Vergine nel
quadro in discorso, le scollature sono tutte ad angolo retto. La
rassomiglianza da ultimo che il Berenson trova di alcune di esse
figure con altre dipinte da altri pittori, che non lavorarono nello
studio di Pietro, gli fa ritenere che il pittore del quadro dello spo-
salizio andasse in prestito or dall'uno, or dall'altro per comporre
il suo quadro. Così io posso dimostrare che tutte le figure di

nella provincia dell Umbria. Perugia, 1872, Tipografia di G. Boncompagni e C.in f.0
Devesi quest’ opera all' iniziativa presa dalla Provincia dell'Umbria: che affidò I inca-
rico di tal compilazione ad una Commissione di uomini valenti e coscienziosi che
furono il Guardabassi che ne stampò la relazione e C. G. Battista Rossi Scotti ed il
prof. Raffaele Carattoli, ai quali gli studiosi debbono essere al sommo riconoscenti
per le cose indefesse e le fatiche che compierono per non venir meno al mandato ad
essi affidato. Quanto sarebbe necessario che l'esempio dato dalla Provincia dell’ Um-
bria fosse imitato dalle altre provincie del Regno!

(1) Questa data si trova superiormente al dipinto in un angolo del tondo e non
si capisce come il signor Berenson faccia conto che non esista. È un modo anche
questo di non conoscere i documenti !
5920 L. MANZONI

esso dipinto si trovano. in opere autentiche del Perugino, mentre
nessuna di esse si trova nella lunetta del Pinturicchio in S. Maria
del Popolo.

Mi citi i1 Berenson una sola di queste figure che abbia ri-
petuto Giovanni detto lo Spagna in altri suoi dipinti anteriori a
questo, ed allora si potrà discutere sull'argomento.

Onde i documenti riportati, e tutte le altre prove e ragioni
adotte mi sembra dimostrare ad oltranza quanto siano infondate
le induzioni, per quanto sottili, del critico americano, il quale dopo
questi fatti dovrà onestamente dichiarare che esso è caduto in
errore.

Da ció si dimostra come la critica in arte non debba ba-
sarsi soltanto sul tecnicismo, e come i raffronti siano titoli d'in-
duzione, ma non documenti. La critica sarà bene che si fondi
più su questi che non su quelli, affine di evitare che si molti-
plichino 1 giudizi di supposizione, che in generale variano a
seconda dei cervelli che li pronunziano. Per questo quadro è
avvenuto quanto successe per un altro che da qualche tempo si
metteva in dubbio come opera di Pietro, voglio dire il S. Se-
bastiano di Panicale, del quale io rinvenni l'atto di quietanza
nell’archivio notarile di questa città (1). E quindi le induzioni
possono esser mezzi a presupporre una verità, ma non sono
titoli sicuri per dimostrarla, e per quanto sottili possono essere,
svaniscono davanti ai documenti, come la nebbia al sole. Con-
cludo col rivolgere una raccomandazione ai critici di tal fatta
di andare molto guardinghi nel pronunciare giudizi sulle pitture
della scuola umbra del sec. XV e più specialmente sulle peru-
gine, altrimenti avverrà che si troveranno dinanzi a gravi di-
sillusioni. Gli archivii umbri sono ancora da spogliarsi, essendo
la maggior parte di essi senza catalogo, e non s'inganna chi
ritiene che giaccia in essi una miniera ancora inesplorata di pre-
ziose notizie.

(1) Vedi Documento n. VI.
I QUADRI DELLO SPOSALIZIO DELLA B. VERGINE, ECC. 521

II.
&

Conviene ora prendere in esame la seconda parte dell'arti-
colo del critico americano, laddove con le solite sue induzioni
cerca addimostrare che lo sposalizio di Città di Castello di Raf-
faello fu fatto anteriormente a quello di Pietro, sebbene nel medesimo
sia segnato coll'anno 1504, come se il Perugino solo in quegli
anni dovesse aver imparato la maniera che lo aveva fatto stimato,
quando Raffaello non era ancora nato, dipingendo altrove quelle
stesse figure, che si trovano nel quadro dell’altare del S. Anello.
Tutti sanno che Raffaello nacque del 1483, e Pietro aveva già
dipinto pregevoli figure. di santi in Cerqueto nel 1478 (1), di cui
resta il S. Sebastiano, splendido e sorprendente nudo, sotto cui
Raffaello sarebbe stato felice di porre il suo nome, senza parlare
di quelle fatte in Firenze nel convento e chiesa de' Gesuati, di
di cui s'ammira il mirabile quadro del Crocifisso in mezzo ai
sanli nella chiesa della Calza in Firenze, e quella Pietà, opere che,
come il Vasari scrisse, destarono la meraviglia di tutti (2).

Il critico americano aggiunge che lo « Sposalizio de Fano,
datè du 1497, est peu près identique à un autre Sposalizio du
convent de S. Girolamo près de Spello ». Ciò è completamente
falso, e dirò col Magherini (3) che non è possibile supporre ciò;
anzi domanderei al critico americano che volesse indicare la ma-
niera di rappresentare lal soggetto in modo diverso da quello che
lo rappresentarono i pittori tutti del secolo XV. Si prenda il più
indipendente, il più alieno dal convenzionalismo di tutti gli artisti
della 2* metà di quel secolo, il Pinturicchio, e vedasi nella lunetta
della cappella di S. Maria del Popolo se ha fatto diversamente.
Abbandoniamo il sistema ipotetico del signor Berenson e stiamo
ai fatti. Lo sposalizio della predella del quadro di Fano è indub-
niamente del 1497 e il dipinto di Raffaello è del 1504; quindi

(1) Di queste pitture e di altre sconosciute o poco note di Pietro Perugino farò
parola in un articolo separato.

(2) V. Vita ecc. Firenze, Sansoni, 1878. Tom. III, pag. 577.

(3) L'arte in Città di Castello, opera ricca di preziose notizie su i pittori umbri
nel sec. XV.
59292 L. MANZONI

tra le due date vi sono dai sette agli otto anni di differenza, ed
almeno si vorrà ammettere la priorità dell’ invenzione del Peru-
gino, a meno che non si volesse credere che la data del quadro
di Brera fosse falsa, e che Raffaello avesse dipinto il suo quadro
prima di quello del maestro, cioè quando aveva 14 anni. Passiamo
ad esaminare le composizioni di questo soggetto. E senza andare
a cercare le rappresentazioni di esso fatte da Giotto e dal Ghir-
landaio, fermiamoci ad osservare quelle dipinte nell’ Umbria e fatte
da pittori umbri, che poterono, per la vicinanza a Perugia, esser
conosciute da Pietro. Fra le opere dell’ Alunno o dei suoi sco-
lari io non conosco che sia da annoverarsi tal soggetto. Si trova
bensì rappresentato in un affresco nella chiesa di S. Girolamo
presso Spello, che il Guardabassi dice esser di Fiorenzo di Lo-
renzo, mentre altri lo credono della scuola di Pietro della Fran-
cesca (1). ll Pinturicchio fece questa rappresentazione in una lunetta
della cappella da esso dipinta in S. Maria del Popolo di Roma,
ma da niun altro pittore umbro, e neppure dal Bonfiglio so esser
stato simil soggetto trattato.

Necessita che ora passiamo ad esaminare le composizioni, di
cui abbiamo fatto ricordo. Comincieremo dalla più antica, dal quadro
di Spello. In esso il pittore pose nel centro un tempietto a sei
lati, ed appoggiato a quello di mezzo, un vecchio con barba divisa,
a capo scoperto, senza alcun emblema sacerdotale, che volgentesi a
S. Giuseppe, unisce con le sue mani la destra di lui a quella
della B. Vergine e le congiunge assieme. S. Giuseppe è alla sua
destra, ed ha presso di sè tre giovani, uno dei quali spezza un ba-
stone sul ginocchio sinistro, dietro ad essi 5 figure d’uomini adulti
addossati gli uni agli altri. Alla sinistra è la B. Vergine presso
cui una donna avanzata negli anni, e presso di esse 6 figure di
donna, ritte in piedi e agglomerate le une all'altre senz’ azione
alcuna. S Giuseppe tien con la sinistra una bacchetta senza
fiori sormontata da colomba. L'avvenimento ha luogo all'aperto
con sfondo alto di colline e monti con pochi alberi senza case.
Pietro nella predella del quadro di Fano dipinge l'azione sotto un
porticato aperto, nel centro la porta d'un tempio avente ai lati

(1) Vedi l'opera citata alla nota 15, alla pag. 274.
I QUADRI DELLO SPOSALIZIO DELLA B. VERGINE, ECC. 523

due portiei e pone nel centro un sacerdote con lunga barba ve- '
slito di abiti sacerdotali con mitra, che presenzia l'immissione
dell'anello che fa S. Giuseppe nel dito della B. Vergine.

Presso S. Giuseppe sono due giovani, uno ai piedi con verga,
l'aliro eurvo che spezza la sua sul ginocchio destro, mentre die-
tro ad essi un soldato vestito alla romana con elmo parla con un
personaggio che dall'abito si direbbe un giudice, ed una quinia
figura di uomo, senza cappello, osservante compie l’azione di que-
sta parte del dipinto. Presso la B. Vergine Pietro pose 3 donne;
di esse la prima di faccia all'osservatore tiene un libro nella sinistra,
ed ivi appresso è altra che osserva attentamente la cerimonia,
mentre tra essa e la B. Vergine sta la terza, che ha appoggiate
al seno due colombe. Tutto questo succede sotto un porticato che
lascia apparire uno sfondo di campagna con colline di dolce de-
clivio, ed in mezzo alle figure è aria ed azione.

Nella lunetta della cappella a /atu epistolae della chiesa di
S. Maria del Popolo, Pinturicchio dipinse pure questo soggetto,
rappresentando il sacerdote nel centro vestito di abiti sacerdotali
con mitra. Ha alla destra la B. Vergine e alla sinistra S. Giuseppe,
e tiene con la destra, come nel quadro di Spello, la sinistra della
Vergine, e aiuta con l’altra mano S. Giuseppe che è nell’atto di
aver posto l’anello nell’anulare della sposa. Presso S. Giuseppe
sono»qualtro giovani con verghe conversanti tra loro, ed altri cin-
que uomini, di cui due vecchi, ed un bambino sono dietro la B. Ver-
gine. La scena è nell’interno di fronte ad un’apertura in mezzo,
da cui vedesi la campagna con colline e grossi alberi.

Pietro, invece, nel quadro del S. Anello rappresentò l’ azione
all'aperto. Sul davanti si compie il rito: lo sfondo è costituito da
un tempietto con piccoli avancorpi od occhi nel centro dei punti
cardinali. S'aecede ad esso per gradinate: come ai lati e sul
davanti, è un largo piazzale con diversi gruppi di personaggi, cosi
il fondo limitante il quadro é composto da colline con piccoli
alberi. Sul davanti del quadro è, nel centro, il sacerdote con lunga
barba divisa in due vestito, di abiti rituali, avente sul capo la
mitra e sta osservando l' atto, in cui S. Giuseppe alla sua destra
vuole porre l'anello nella destra della B. Vergine che è alla sua
sinistra. Presso S. Giuseppe sono 6 persone, la più prossima è
un giovine curvo che spezza una verga sulla coscia destra, mentre
|
il
i
|
|
11
||

ia

24 L. MANZONI

sta discorrendo con un uomo adulto che volge le spalle al riguar-
dante ed accenna con la destra alla cerimonia. Altre tre figure
sono dietro al giovine curvo del corpo per lo spezzare della
verga, ed è primo un vecchio con barba e turbante, mentre alla
sua sinistra è un giovane con cappello e piccola falce nella destra.
Dietro di esso avvi la testa, di fronte, di uomo adulto con berretto,
mentre altra testa, in profilo, di un uomo con capelli corti limita da
questo lato il quadro. Dalla parte della Vergine pose 5 donne, di
cui la prima figura, sul davanti, volge le spalle al riguardante,
mentre la figura alla sua destra guarda di faccia. Presso di
essa, alla sinistra, un poco addietro altra donna che volge alla pri-
ma figura il viso. Fra queste figure e Ja B. Vergine, è la testa
di una donna che volge lo sguardo .alla Vergine stessa, mentre
una quinta con testa ricoperta da un manto sul dietro, guardando.
a terra, è posta tra le prime due figure parlanti tra loro. S. Giu-
seppe tiene il bastone fiorito nella destra e le figure son tutte con
abiti corti e nessuno aderente al suolo. i

Raffaello mantiene il fondo del maestro con un tempietto ro-
tondo, attorno al quale gira un portico a colonne, cui s' accede per
scalinata, che muove da una piazza, in cui sono gruppi di figure,
mentre i lati dello sfondo sono a dolci colline verdeggianti. L'a-
zione è sul davanti; il sommo sacerdote con mitria è nel mezzo,
alla sua destra è la B. Vergine e alla sinistra S. Giuseppe nell’atto
di porgere l’anello da mettere nel dito della sposa ed ha una
piccola verga fiorita nella destra. A fianco di S. Giuseppe sono
5 figure di uomini di cui uno virile e 3 giovani, dei quali il primo
si fa avanti nel quadro e si curva nell’atto di spezzare la piccola
verga sul ginocchio destro, dietro ad esso sono i giovani in piedi
con cappello nero, mentre all'estremità quello in profilo ne è privo.
A lato della B. Vergine sono cinque donne, la prima sul davanti
è di profilo, tiene con le mani la veste lunga, tra essa e la
B. Vergine è una giovane che guarda la cerimonia, mentre altra
più addietro alla sua destra si avanza curiosa a riguardare. Le
altre due figure, l'una sul limite del quadro e l’altra con manto
sul capo guardano di faccia.

La descrizione fatta dei quattro dipinti rappresentanti lo sposa-
lizio permettono queste visibili deduzioni: che il sacerdote di Pin-
turicchio ha la stessa movenza nelle mani di quello di Spello, con
I QUADRI DELLO SPOSALIZIO DELLA B. VERGINE, ECC. 525.

la differenza che nel primo la B. Vergine è a destra del sacer-
dote e S. Giuseppe a sinistra, mentre nel secondo è al contrario,.
giacchè sì nell'uno come nell'altro dipinto il sacerdote presenzia
l'atto, unendo nel primo con le sue mani quelle degli sposi, nel
secondo tenendo la mano di S. Giuseppe che ha compiuto l'atto:
di metter l'anello nel dito della B. Vergine. Ed in queste due pitture:
il sacerdote poggia le sue mani superiormente a quelle degli
sposi, mentre nei due dipinti di Pietro ed in quello di Raffaello
l'azione è diversa, giacchè il sacerdote aiuta con le sue mant
poste inferiormente a quelle degli sposi l'atto in cui S. Giuseppe
mette l'anello nel dito della B. Vergine. Nel dipinto dell’ urbinate
avvi in questo gruppo una notevole differenza, e cioè che la B. Ver-
gine è a destra, S. Giuseppe a sinistra; il contrario cioè di
quello che fece Pietro, e ciò non poteva esser diversamente, giac-
chè lo scolaro si servi, per il centro del quadro, dell’opera del
maestro rivoltandone il disegno in guisa che le figure vennero
in senso inverso, ed accettando lo schema della composizione,.
dovette per tale posposizione porre a destra di chi guarda il
gruppo di uomini, che nel quadro di Pietro trovasi a sinistra, e
cosi viceversa per il gruppo delle donne.

Nel quadro del S. Anello di Pietro le figure disposte come
sj è detto trovano i seguenti punti di raffronto.

La figura di donna che è la prima a destra e di chi guarda

il quadro, e che volge le spalle all’osservatore, si trova in disegno

nelle gallerie degli Uffizi di Firenze, e non è esatto che, come dice
il Berenson, quel disegno sia di Pinturicchio, giacchè persone
assai valenti nel giudicare simili disegni si trovano assai indecise
sull’attribuirlo ad esso piuttosto che a Pietro, ed in favore di
questi penderà il giudizio quando essa figura si troverà dipinta
in un’opera di lui, mentre invano si ricercherebbe in altri dipinti
del Pinturicchio. L'altra figura sul davanti con la mano sinistra.
appoggiata al fianco e con la destra sostenendo leggermente ik
manto non è che la S. Appollonia del quadro di Bologna, con la

sola differenza che quivi la santa liene nella sinistra una pic-

cola tenaglia, e piccola variante vedesi nell’acconciatura del capo,

ed ha un libro nella destra ; ma l’alteggiamento del volto, la foggia

del vestiario e la postura dei -piedi non hanno diversità. Delle
altre tre figure di donne che sono dietro, la prima accanto alla.
526 4 L. MANZONI

cornice del quadro e la terza sono le faccie delle due Maddalene
del quadro di Siena. Quella che il Berenson chiama incapocciata,
si trova riprodotta nella figura della B. Vergine del quadro con
Cristo e S. Girolamo nell’ Accademia delle Belle Arti di Firenze.
Mi passo delle teste e delle figure della B. Vergine, del sommo

sacerdote e di S. Giuseppe, sulle quali non avvi dubbio. Il gio-

vinetto che spezza il bastone sulla coscia sinistra fu dipinto da
Pietro con piccola variante nella predella del quadro di Fano,
ove rappresentò tal soggetto. La figura del vecchio con turbante
in testa e barba bipartita risponde al Socrate del Cambio, e quella
dell’uomo di fronte con berretto in testa ivi appresso nel fondo
trova riscontro intieramente a quella che nella galleria Borghese
era attribuita ad Olbein, che il Morelli (1), contrariamente al
Miindler, suppose del Pinturicchio e che il Minghetti la volle di
Raffaello (2). La figura, che tiene nella destra una piccola falce,
è la testa di Cincinnato, nel Cambio avente di più il berretto.
Rimane la figura ultima del quadro rappresentante uno che
volge le spalle e discorre col giovine che spezza il bastone:
nel quadretto di Fano è invece rappresentato da un guerriero ed
è la stessa figura. Di questa, come quasi di tutte le altre, si
trovano ripetizioni nei quadretti delle predelle che Pietro fece per
la chiesa di S. Agostino di Perugia, ora nella pinacoteca di detta
città.

Nel suo dipinto Raffaello fece qualche combiamento, ponendo,
sul davanti, una figura di donna che non è nel quadro del Peru-
gino, ma che si trova invece nel quadretto della predella del
quadro già di S. Agostino raffigurante la Presentazione. Portando
poi l'osservazione alle altre figure dipinte da Raffaello si trova il
ricordo di esse in opere di Pietro; e così la. testa della donna
che è subito dietro alla B. Vergine trova riscontro palese in quella

(1) Vedi a pag. 136 del volume La Pittura italiana, studii critici di Giovanni
Morelli, Milano, 1897, Fratelli Treves, in 40, pubblicato dall'amico Frizzoni. L' opera
é ricca di molte fototipie, e l’amico vi fece precedere la vita del sommo critico, che
a me giovinetto mosse i primi passi in questi studii.

(2) MINGHETTI MARCO, Rafl'aelo, Bologna, 1885. Niccola Zanichelli, in f. PICS
pag. 49. Dice questo ritratto, senza incertezza, di Raffaello, e lo ritiene il ritratto del
Pinturicchio, il che io non credo.

DAT

e»...
A ue TOcUeUWI

PES

I QUADRI DELLO SPOSALIZIO DELLA B. VERGINE, ECC. 527

della sibilla Tiburtina del Cambio con lievissime modificazioni
nell’acconciatura del capo.

La testa della donna che le è appresso risponde a quella
della sibilla Persica pure del Cambio; come quella della figura
che limita il quadro ha palesi somiglianze con la sibilla Libica
‘con diversa acconcialura nel capo. La testa della donna con
manto sul capo si trova con espressione meno senile nella Ma-
donna addolorata di Pietro, e che Raffaello riprodusse nel Cristo
in croce detto di Lord Dudley. Nel gruppo degli uomini l'imita-
zione si mantiene egualmente; il giovinetto che rompe il bastone
sul ginocchio destro si trova nello stesso atteggiamento nel quadro
di Fano. La figura dell’altro giovine in piedi è in senso inverso
nello stesso atteggiamento di quello che nel quadro di Pietro
tiene la piccola falce in mano, mentre qui ha una piecola verga.
La testa dell’uomo presso S. Giuseppe risponde al vecchio del
quadro di Caen cui è stata tolta la barba, e la testa di profilo che
limita il quadro dalla parte degli uomini risponde a quella stessa
che vedesi nel quadro del Perugino. Però nel quadro di Raffaello
manca la figura che nel quadro di Pietro volge le spalle all’ os-
servatore, ed invece vi si trova una testa che è quella in fondo
a tutte tra le figure degli uomini. Di guisa che a ragione si deve

dire che l’opera di Pietro ha servito di falsariga al dipinto del

discepolo. Il qual discepolo con l’intelligenza che aveva, non poteva
esser un servile copiatore, ma doveva per necessità dare una
vita nuova alle figure che dipingeva; quella vita che è propria
del suo genio. E questa movenza è palese e chiara, ond'é che
il dipinto di Raffaello doveva essere - un progresso di fronte a

quello del maestro, e lo fu difatti. La movenza della figura

della B. Vergine è identica nei due dipinti, ma ben diversa è

quella del sacerdote e di S. Giuseppe, onde a ragione, in termine

matematico, si potrebbe dire che il quadro di Pietro segna la geo-

metria nell'arte, mentre quello di Raffaello rappreserita la sim-

metria. Le linee di pittura dei due quadri sono in senso inverso
e procedono in maniera quasi contraria; ma le figure del disce-
polo sono lavorate sulla stessa impronta che adoperó il maestro,
e non poteva essere diversamente, giacchè la predella del quadro
di Fano era stata compiula nel 1497, il quadro pel S. Anello era
finito nel 1501, mentre quello di Raffaello fu ultimato nel 1504,
= ——————— z

$^

598 L. MANZONI

per cui la priorità dei primi all’ ultimo essendo manifesta, si dovrà
credere che il discepolo prese dal maestro, e non il maestro dallo.

scolaro. E questa continua imitazione è palese e costante in
tutti i quadri che Raffaello lavorò nel tempo in cui rimase in
Perugia.

Qui, dopo ciò, si presentano due domande, e cioè, in qual luogo:

Raffaello avrà dipinto i suoi quadri durante il suo soggiorno in

Perugia, e quanti ivi ne compi. Rispondo soltanto alla prima di
tali domande, giacchè della seconda ne farò tema ad uno scritto

speciale.

Non avvi tradizione, nè documento che Raffaello avesse uno stu-
dio proprio; per cui i suoi dipinti debbono essere stati lavorati nello
studio del maestro, o sia venuto a Perugia nel 1493, come scrisse
il Vasari, o nel 1495, come opinarono il Morelli ed il Minghetti.
E di fatto che nel primo caso avrebbe avuto dieci anni, e nel se-
condo 12, l'età in cui si comincia a saper tenere la matita in
mano, e a fare qualche copia, come fanno e faranno tutti i ra-
gazzi che a quell'età si iniziano nell'arte della pittura. Siccome
non può essere avvenuto che cosi, quindi si comprende bene che
a dieci anni e a dodici anni non si può avere una maniera propria,.
e che non si può prendere se non quella del maestro, sotto cui si
studia e che corregge le prime prove, dalla matita passando
ad insegnare come si tiene il pennello, come s’impastano i co-
lori e come si preparano le tavole. Onde a ragione scrisse il Ca-
valcaselle (1) nel suo Raffaello, pag. 27 che esso cominciò ad aver
lesione da Pietro non più tàrdi del 1495, giacchè nessuno sarà
capace di persuadermi che un ragazzo dagli otto ai dieci anni,
per quanto svegliato di mente e di un'intelligenza superiore, possa
possedere una maniera propria di disegnare e di colorire, e sia
al caso di accettarne una piuttosto che un'altra. Un ragazzo sarà
sempre un ragazzo, sia esso Raffaello, Galileo o Michelangiolo,
o il figlio d’un misero imbianchino. Si giuochi pure di fantasia
quanto si vuole, e si abbia pure la smania di dire delle cose
strane per dare ad intendere che si dicono cose nuove, ma niuno

(1) CAVALCASELLE e CROWE, Raffaello, la sua Vita e le sue opere, Vol. I, Fi-
renze, succ. Lemonnier, 1884.
I QUADRI DELLO SPOSALIZIO DELLA B. VERGINE, ECC. 529

potrà distruggere che Raffaello nacque nel 1483 e che dai 10 o
vuoi dai 12 anni ei rimase costantemente a Perugia sino al 1506,
od al 1508, come vuole il Minghetti, essendo ormai certo che
Raffaello non fu mai in Siena ad aiutare il Pinturiechio nei di-
dipinti della famosa sacrestia (1). Per la qual cosa, se esso fece pit-
ture durante il suo soggiorno in Perugia, quéste non potevano
esser lavorate che sullo stile di quel maestro, che il padre suo,
non ultimo fra i pittori suoi contemporanei, avevagli scelto a

guida, e del quale amava che prendesse la maniera ed il tecni-
cismo del dipingere.

Non posso a meno, nel chiudere queste povere osservazioni,
di non muovere una lamentanza, di vedere cioé trattare la cri-

tica con sorprese fondate solo sopra congetture e sopra ipotesi,
come farebbe un giuocatore di bussolotti. Simile metodo rattrista,
vedendo che l'imparzialità della critica è padroneggiata dai
preconcetti, ond'io mi permetto di desiderare minor sapere ipo-
tetico, ma una più giusta misura nei giudizi fondata sopra do-
cumenti. Di questi essendomi io servito nelle ricerche, credo di

E aver diritto di concludere contrariamente alle asserzioni ipotetiche
del signor Berenson, ritenendo di aver dimostrato che il quadro
dello Sposalizio, già dell'altare del S. Anello di Perugia, ora nel
museo di Caen (2), è indubbiamente di mano di Pietro Perugino, e
che lo sposalizio di Brera di Raffaello è fatto intieramente sulla
stessa idea che guidó il maestro di lui, portando il discepolo in
certe figure quelle modificazioni e quei cangiamenti che la sua in-
telligenza ed il suo finissimo sentimento dell'arte gli suggerirono,
si puó dire, in ogni figura ed in ogni minima sua parte; giac-
ché ardita, ma non del tutto erronea, fu la sentenza di quegli
che scrisse esser Raffaello il più grande assimilatore, tantoché
nelle opere sue, dalla prima Madonnina alla Trasfigurazione, il
ricordo della scuola umbra e del maestro appare costante.

L. MANZONI. 3

Nin rum È ini deines

(1) Ciò oggi è più che mai addimostrato dal fatto che nel cartone del Pinturic-
| chio posseduto dal Conte Baldo Baldeschi di Perugia laddove si riteneva che si leg-
| gesse RAFAEL si deve invece leggere Papa Pro.

L

A
A

(2) I| Berenson in un ultimo suo scritto é tornato a riconfermare la sua
Opinione emessa nell'articolo che io ho contradetto. V. TAe Central Italien Painters
of the Renaissance, G. P. Putnam’ s Sons, New Yorck and London, 1897.
530 L. MANZONI

DOCUMENTI

Doc. I.

1487, apr. 1. — Dal libro segnato I (A) della Compagnia di
S. Giuseppe.

ARAS Et fu concesso alla Compagnia di potere erigere e ornare una
una Capella in piede della Chiesa, dove nello spatio di alcuni anni, delle
intrate delle elemosine che venlvano dalle caritative ed divote persone,
fu con spesa di molti centinaia et migliara di scudi costrutta la fabbrica
di detta capella, facendovi le grate belle di ferro che la circondano, il |
marmo d'iintagli alla facciata dell’ altare messi a oro, la bella tavola |
dello Sposalitio di nostra Donna di mano dell’ Ece.mo Pietro Perugino,
la bella statua del glorioso patriarca S. Joseffe con molti ornamenti den-
tro a essa Capella, ornandola di belli et ricchi paramenti, di lampade,
candelieri di più sorte, di diversi baldacchini di drappo quando si porta
il Santissimo Corpo di Christo; e ultimamente fu di nuovo fatta l’inve-
triata grande, il seggio de’ Signori Priori, e li balaustri di noce orato
che sono di sopra, e la scala coperta di noce per salirvi sopra con le
gelosie, et altri assai ricchi e nobili paramenti di diversi drappi et colori.

Doc. II.

1489, 26 set. — Rog. di Tancio di Nicolò, f. 210 t.

Die xxvj settembris actum Perusie in fundico heredum Alfani pre-
seutibus Benvignate Petri Pauli et Nicolao Joannis Francisci de Galera
testibus Magister Bernardinus Betti pictor de Perusio porte sancti Angeli
fecit ejus procuratorem Bartholomeum Caporalis pictorem de Perusio
absentem ete. ad componendum cum superstitibus capelle sancti Josep
et ad recipiendum pecunias et ad quietandum ete.

VONAGE Gt
I QUADRI DELLO SPOSALIZIO DELLA B. VERGINE, ECC. 531

Doc. III.

1495, 22 febb. — Lex XV florenorum pro tabula Sancti Jo-
sephi. Ann. Decemv. 1495, c. 135.

Cum pro parte sotietatis Sancti Josephi fuerit humiliter supplicatum
quod diete sotietati debeant concedi floreni quindecim ad rationem 36 bol.
pro flor. amore. Dei pro una Tabula facienda iu capella dicti Saneti Jo-
sephi in Ecclesia Saneti Laurentij, hac igitur re inspecta et proposita et
maiura deliberatione prehabita inter dictos M. D. P., et facto, posito
ac misso partito inter eos ad bussolamet fabas albas et nigras secun-
dum formam statuti et solempniter obtento per omnes x mictentes eo-
rum fabas albas del sic, nulla nigra faba in contrarium reperta videlieet
die precedenti et hodie inter dictos D. Camerarios numero ut supra, fa-
ctis, propositis exhibitisque consilijs et facto, posito ac misso partito
inter eos ad bussolam et fabas albas et nigras secundum formam statuti
et solempniter obtento per XXXVIII fabas albas del sic in bussola non
obstantibus duabus fabis nigris in contrarium facientibus, ex omnibus
arbitrijs, autoritatibus et bailijs etc. eisdem M. D. P. et Cam. conjun-
ctim concessis et attributis per formam cuiuscunque statuti, omni meliori
modo ete. quibus magis et melius potuerunt, statuerunt ordinaverunt ac
etiam reformaverunt ac concesserunt dicte fraternitati et sotietati Sancti
Josephi et prioribus ipsius dietos XV fiorenos ad dictam rationem ex-
pendendos per eos pro dieta tabula facienda etc.

Doc. IV.
1499, 11 aprile. — Rog. di Bernardino di Angelo, c. 290.

woccclxxxxviiij et die xj aprilis, actum in capella S. Iosef in qua
interfuerunt infrascripti constituentes officium dicte capelle, videlicet.

Averardus Guidi Morelli prior fraternitatis

Dns Ioannes de Mansuetis

Iacobus Nicolai ser Iacobi

Brunellus Batiste

Herehulanus domini Antonij

Cherubinus Cavaceppi

Franciscus ser Petri

Honofrius Gregorij

Gentilis Ciciliani
3!
i
|
8!
B!
NI

=.

[

PAS avvenendo

1
E

M ———————

532 L. MANZONI

decem electi et publicati
Petrus Paulus de Corneo
Mariottus Constantij
Diamantes Alfani
Matheus Geri
Nicolaus Filippi
vocati a priore
Quibus omnibus prefatus prior proposuit quod ex quo extat magi-

:ster Petrus de castro Plebis pittor debeat sibi coptumari ad pingendam

tabulam altari S. Iosef ornatam suntuose.
Diamantes consuluit invocato Dey nomine quod dicta tabula debeat

‘coptumari dicto magistro Petro et quod non debeat elevari tabernaculus

mec ferrata, sed aliquantulum suprasedere.

Dominus Iohannes de Mansuetis similiter consuluit.

Mariottus Costantij confirmavit dicta, predieta et quod ex quo nunc
reperitur magister Petrus in civitate, debeat coptumari sibi, tamen ante-

quam deveniatur ad coptumum, videatur unde pecunia possit inveniri,

tamen rebus superioris (?) Dominus providebit.
Petrus Paulus de Corneo simiiter consuluit.
Misso partito quod tabula debeat locari magistro Petro ad pingen-

dum pro illo pretio ut videbitur illis dare, optentum fuit per xiiij fabas

albas nulla nigra in contrarium reperta, et etiam quod eligantur duo
homines pro qualibet porta ad inveniendum elemosinas.

Doc. V.

1499, 14 set. — Rog. di Tancio di Niccolò, c. 507.

1499. Eisdem millesimo, indictione et pontificatu et die xiiij settembris
aetum Perusii in platea magna perusina ante doanam, presentibus Per
Antonio domini Sacramorris, Fabritio Simonis Fedrigi et Per Francisco
Mariotti Tini civibus perusinis testibus ad infrascripta rogatis.

Magister Berardinus Benedicti de Perusio pictor, alias Pentoricchio,
fecit finem et quietantiam Bonifatio de Coppis de Montefalco locum te-
nenti presentis Reverendi domini 'Thesaurarii perusini et mihi notario
infrascripto ut publice persone presentibus, stipulantibus et recipienti-
bus pro camera apostolica et pro prefato domino 'Thesaurario de florenis
ottuaginta ad rationem xl bolonenorum pro quolibet florenorum perusi-
norum qui sunt pro pretio et valore triginta corbarum grani que sunt
mine centum viginti ad mensuram civitatis Perusij, quas xxx corbas
grani dietus magister Berardinus cum deberet dare et solvere condu-

Der I QUADRI DELLO SPOSALIZIO DELLA B. VERGINE, ECC. 533

€toribus Clusii pro coptimo certi tenimenti terre, quod habuit a Camera
in dieto Clusio, et. S. D. N. Alexander P. p. Vj donaverit sive conces-
serit dieto magistro Bernardino dietas xxx corbas grani, et mandaverit
«uod Thesaurarius ex introitibus Camere satisfaceret et solveret condu-
toribus predictis aut dictum granum aut pretium quod valeret in foro
perusino in primo sabbato Augustino, prout patet per breve Sue Sanctitatis.

Ideo cum valuerit bolonenos xxvmnj vel circha quelibet mina, prout
constare vidi et legi manu ser Tolomej ser Nicolaj de Perusio publici
notarii, et dieti conductores habuerint dictas xxx corbas grani, dictus
Bonifatius solvit dietum pretium dicto Berardino pittori loco dictarum
XXX corbarum grani vigore dieti brevis et pro eo Iacobo Fumagioli uni
‘ex dietis conduetoribus Clusii pro hoc anno presenti 1499. Et hane quie-
tantiam dietus Berardinus fecit pro eo quod fuit confessus et contentus
dietos Ixxx florenos habuisse et recepisse in pecunia numerata per manus
dieti Bonifatij renuntians etc. et juravit ete. ete.

Doc. VI.

1507, 7 sett. — Rog. Mariotto Calcina (non cartul.).

Eisdem millesimo, indictione, pontificatu et die primo septembris,
actum in domibus hospitalis Sancte Marie de Misericordia super apothecis
novis presentibus Ghirardo Gulielmi Ser Ghirardi habitatore Perusie etc.
Magister Petrus de castro plebis pietor per se et suos heredes obliga-
vit se et omnia eius bona presentia et futura pro observatione omnium
infrascriptorum, fecit finem, refutationem, quietationem, liberationem et
paetum de ulterius non petendo ser Pacifico Vici de Perusia porte Eburnee
sindico et procuratori comunitatis castri Panicalis comitatus Perusie, pre-
senti, stipulanti et recipienti pro comunitate dicti castri et mihi Mariotto
judici notario tamquam publice et auctentice persone stipulanti et recipienti
pro dicta comunitate de florenis undecim ad xl bolonenos pro floreno
eidem magistro Petro debitis vigore licentie contra dictam comunitatem
concesse manu ser Severi Petri notarij artis cambij sub 1507 et die xii
Iunii et renovate sub dicto millesimo et die sexto julii manu ser Be-
rardini Ser Angeli de Perusia occasione picture S. Sebastiani depicte
dicte comunitati castri Panicalis et hominibus ipsius. Ethoc fecit quod
fuit confessus et contentus dietos undecim florenos et expensas habuisse
et habuit et recepit a ser Pacifico. Vici solvente de suis propriis pecuniis
animo rehabendi ab ipsa comunitate presentibus dictis testibus etc.

Di questo documento si fa ricordo alla nota 2 della pag. 173 delle
Lettere Pittoriche Perugine del Mariotti.


FRAMES

D354 L. MANZONI

La letteratura sul Collegio del Cambio abbraccia le seguenti opere e
memorie: Francesco Bartoli, Storia della città di Perugia, Perugia 1843.
— Cronache e storie inedite della città di Perugia, pubblicate da Bo-
naini, Fabretti, Polidori, Firenze 1850 (Nell archivio storico Italiano
Tom. XVI). — hk. Marchesi, Il Cambio di Perugia, Prato 1834. — A.
Mariotti, Lettere pittoriche perugine, Perugia, 1788. — A. Mezzanotte,
Della vita e delle opere di Pietro Vaunucci, Perugia 1896. — G. Mila-
nesi, I Del Tasso intagliatori fiorentini: sulla storia dell’arte toscana,
Siena 1878, p. 348 e seg. — A. Rossi, Maestri e lavori di legname in
Perugia, nel giornale di erudizione artistica, Vol. I. Perugia 1872, p. 33,
e seg. — Idem: Storia Artistica del Cambio; come pure G. B. Vermi-
glioli, Memorie per servire alla vita di Francesco Maturanzio, Perugia
1807, Vol. III, pag. 3 e seg. — Idem: Della zecca e delle monete pe-
rugine, Perugia 1816. Oltre a ciò La storia artistica del Vasari, T'om. VI,
ediz. Lemonnier. — Crow-Cavalcaselle, Vol. IV dell’ ediz. tedesca —
Burkhardt nel Cicerone ec. e le Guide, come M. Guardabassi nel suo
ricco volume sulle Opere artistiche dell’ Umbria. Perugia 1872. — Oltre:
a ciò Atalanta Baglioni ed i suoi; sussidi alla Storia Italiana, Vol. II.
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MONETE EDITE ED INEDITE

CONIATE NELLA ZECCA - DI PERUGIA

DURANTE LA GUERRA DEL SALE NEL MDXL

Nel 1540 il Pontefice Paolo III, conculcando diritti e privi-
legi, impose alla città di Perugia una nuova tassa sul sale. La
ingiusta e gravosa imposizione destò sdegno grandissimo nei Pe-
rugini che, offesi nei loro diritti, di cui erano giustamente gelosi,
si opposero con nobile alterigia alla volontà del Pontefice, dando
origine alla nota ribellione, conosciuta appunto col nome di « guerra
del Sale ». Annullata l’autorità del Pontefice, Perugia, seguendo
l'esempio già dato da Firenze nel 1527, elesse a suo sovrano e
sommo difensore della giustizia e verità, Gesù Cristo redentore.
Il 5 di Aprile fu collocato sopra la porta del Duomo, che prospetta
il Corso Vannucci, quel Crocefisso che ancor’ oggi vi rimane, e
tre giorni dopo Mario Podiani, cancelliere del Comune, depose ai
piedi del Crocefisso, alla presenza di tutto il popolo di Perugia,
in segno di sommissione e di fede infinita, le chiavi della città (1).
Perugia, ponendosi così sotto il patrocinio diretto e supremo del
Redentore divino, tornó a godere quell' autonomia in cui viveva
un secolo indietro, e tra gli atti di libertà esercitati in quel tempo,
in cui le sorti della città eran tenute in nome dell’ Altissimo eletto,

(1) E credenza tra i Perugini che ai piedi del Crocelisso sieno ancora le chiavi
deposte nel 1540; ma in occasione di alcune riparazioni alla invetriata, che protegge
quel simulacro, dovute fare nel 1597, si verificò invece che non vi si conservano.
536 ADA BELLUCCI

da venticinque cittadini, fu anche quello di batter moneta di pro-
pria autorità nella sua reputatissima zecca. Tolti dalle monete
tutti quei segni precedenti, che accennavano alla potestà della
Chiesa sulla nostra città, si ritornò agli antichi tipi autonomi, ag-
giungendovi solo una leggenda, che accennava alla sovranità di
Cristo, ed esplicava il carattere divino, che i Perugini avevano
voluto dare alla ribellione.

Non è bene accertato quali e quante sorta di monete si conias-
sero dalla zecca in quel periodo, ed è ancora dubbio se il conio
si verificasse sull’argento e sull’oro. Il Vermiglioli, che ha studiato
ed illustrato con gran precisione la nostra zecca, ritiene che sol-
tanto prodotti di lega si avessero in questo tempo. In un editto
però del Castellario, luogotenente pontificio, editto che riporterò più
oltre nella sua integrità, si parla di « monete di qualsivoglia va-
lore o maniera »; ed in una supplica presentata ad Ascanio Pari-
sani, legato di Perugia, nella quale Bartolomeo della Staffa, che
fu uno dei ribelli più ardenti, implora il perdono del Pontefice,
si dichiara: « Quod calices et Cruces et alia argentea, et auri
genera in exclesiis (sic) extantia surripuerint el devastari fuerint et
deinde monetas fieri, nec non cudere seu cudi fecerint varia et
diversa monetarum genera el forsan sine principis imagine, au-
ctoritate propria et in contemptu Suae Sanclitatis ». Queste frasi
farebbero ritenere che in quel momento, cosi solenne per la no-
stra storia municipale, si fondessero nella zecca di Perugia anche
monete di oro e di argento. Ma un argomento contrario a quelli
esposti precedentemente, si trae da una lettera che si conserva nel-
l'archivio mediceo, scritta da ser Vecchia Alessi, officiale di Ridolfo
Baglioni, ad Ugolino Cerboni, e nella quale è scritto che i Pe-
rugini, trovandosi in grande povertà di danari, si rivolgevano im-
ploranti al duca di Firenze, con le parole: « La città di Perugia
vorria impegnare per scudi 3000 d’argento per non aver tempo
a batterli. Se quella potesse servire secretamente me ne dia av-
viso ». Questa lettera fa chiaramente supporre che i Perugini si
giovarono, è vero, dell'argenteria dei Priori e delle Chiese, ma
‘indica ancora che questa non fosse fusa e battuta nella nostra
zecca, ma impegnata presso altri Stati italiani, in cambio di mo-
neta, che aveva corso anche in Perugia e nel contado.
a

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MONETE EDITE ED INEDITE, ECC. 5917

E questa supposizione viene rafforzata dal fatto che sino ad
ora non si è rinvenuta nessuna moneta di oro e di argento, rife-
ribile a questo momento storico, mentre non è avvenuto cosi per
quelle di lega. Ad ogni modo è questa una conclusione, che non
può dirsi ancora ben definita ed accertata.

Dopochè Paolo III, con la sua potenza ebbe sottomessa nuo-
vamente Perugia alla potestà della Chiesa, l' inviso Mons. Bernar-
dino Castellario, suo luogotenente in questa città, non volle che
rimanesse un ricordo così indelebile nelle mani di tutti, a perpetuare:
la memoria della rivolta ed offesa al Pontefice, e togliendo alla
città, insieme con altri diritti, quelli di zecca, (i quali solo alcuni
anni dopo le furon restituiti da Giulio III), emanò un severissimo
editto, che, essendo documento importantissimo, riporto in nota
per intiero (1).

Si comprende, che alla minaccia delle severe ed esagerate
punizioni contemplate nell'editto del Castellario, ed alla promessa
dei premi per quelli che avessero accusato i trasgressori, i Pe-
rugini dovettero naturalmente affrettarsi, senza por tempo in
mezzo, a secondare la volontà del luogotenente pontificio. Per
questo fatto addivennero dunque rarissime le monete battute in quel:
periodo di ribellione, e mentre delle monete di oro e di argento, se
furon realmente coniate, non si conosce nessun esemplare, di quelle
di bassa lega, come ho detto di sopra, se ne sono rinvenule
alcune.

Il Conestabile in un suo scritto (2) riflette che le monete di oro

(1) Editto del vescovo di Casale, Luogotenente in Perugia pel Pontefice Paolo III,
col quale nel 1540 proibisce spendere le monete coniate in tempo della guerra del
Sale: « Per parte et ordine del Rev. Monsignore Illustrissimo Vescovo di Casale, Luo-
gotenente di nostro Signore in Perugia ecc. Si fa pubblico bando et comandamento
che non sia persona alchuna di questa città, né abitante in essa, parimenti di ca-
stelli, terre et luoghi, che già erano del contado della città, del quale si voglia grado,
stato o conditione che ardisca nè presuma sotto nisuno quisito colore spendere, re-
cevere, accettare né tenere in sua casa sorte alchuna de monete di qualsivoglia valore
o maniera, che si batterono et fabbricarono al tempo della comessa ribellione contro:
sua Santità sotto pena della vita et della confiscatione di tutti li bent
suoi, etlo accusatorecum uno testimonio di fede sarà creduto,
guadagnerà la quarta parte etsarà tenuto secreto. — In quor. fide-
etc. al primo de Settembre MDXL ».

(2) Notizia sovra alcune monete perugine ed una medaglia di PP. Paolo III
relative alla guerra detta del Sale nel Giornale di Erudizione artistica, Vol I, pag. 55.
——— eno ariano ba 7 "n è: ; * . ER tea pr

588 ADA BELLUCCI

e di argento, ove realmente fossero state coniate, anche se non

consegnale nelle mani di chi ne era officialmente incaricato, poterono
li essere distrutte per opera dei cittadini stessi, onde ricavarne
Het il valore del metallo. Ma questa riflessione, sebbene giusta,
non assicura completamente: e difatti, considerando la sorte
delle monete in generale, si verifica che alcune di esse, pure
essendo fuori di corso, sfuggono alla distruzione, e dopo un tempo
più o meno lungo tornano a comparire.

Si coniarono invece certamente monete di lega, e di questa
specie si rinvennero vari coni, tulti editi, tranne uno fino ad
oggi ignoto.

Non ostante la varietà del conio, queste monetine che ave-
vano allora il valore di circa 5 centesimi, hanno dei caratteri
identiei, segnatamente nel diritto, ove tutte portano la figura
benedicente di S. Ercolano, protettore della nostra città, e in giro
la scritta S. HERCVLANVS. Nel rovescio invece sono simili
solo nella croce fiorita che trovasi al centro, ma la leggenda la-
tina che la contorna, e che accenna Perugia sottoposta alla so-
vrana dignità di Cristo, è con variante dizione secondo i di- |
versi coni. In queste monetine Perugia è indicata la « città di
Cristo »; ma la santità suprema del nome che vi si leggeva, non

. fu rispettata dal luogotenente pontificio, che le volle abolite e di-
strutte. E difficile stabilire per quali eventi, quelle poche che si
‘sono rinvenute, pervennero fino a noi e forse ciò è dovuto più
‘a casuale smarrimento che a voluta conservazione. Esse sono

esemplari oltre ogni dire desiderati e ricercati dai collettori di
numismatica.

Ricordate dai nummografi e dagli studiosi di memorie citta-
dine sono soltanto dieci di tali monetine, alle quali oggi debbonsi
aggiungerne altre due, esistenti nella collezione di mio padre.

Di queste dodici monete otto presentano lo stesso conio, le
altre quattro sono di conì differenti. Per maggior chiarezza, nello
specchio che segue, noto le diversità che, come ho detto, esistono
solo sul rovescio, insieme con il nome delle collezioni in cui si
conservano e degli studiosi che le illustrarono.
MONETE EDITE ED INEDITE, ECC. 539

1. AVGVSTA P. CIVITAS CRISTI

Di questo conio gli esemplari sono conservati nelle
collezioni seguenti: due nel museo dell’ Università, una
delle quali proviene dal museo Oddi (Vermiglioli (1), Co-
nestabile (2).

Uno si trovava nella collezione Borghesi a S. Marino
(Conestabile, Vermiglioli). Questa collezione ricchissima
fu venduta all’asta pubblica dal 1879 al 1887, e di essa
non restano che i quattro cataloghi, nè si conosce dove
la monetina di Perugia sia andata a terminare.

Uno, di cattiva conservazione, nel medagliere del
Vaticano (Conestabile).

Uno nella collezione Viani in Pisa (Vermiglioli, Co-
nestabile).

Due nel museo cantonale di Waud presso Losanna
(Morel Fatio, direttore del Museo), (3).

Uno nella collezione Bellucci in Perugia (inedito).

2. PERVSIA CIVITAS CHRISTI.

Un esemplare di questo conio era posseduto nel 1783
dal P. Boarini, priore del convento di S. Domenico. Si
ritenne che passasse poi in Roma, non si sa se nel museo
del card. De Zelada, o nella collezione del P. Becchetti
domenicano. (Friggeri e Mariotti) (4). Oggi s'ignora la

sua esistenza.

3. P. DEVOTA CIVITAS CHRISTI.
Un esemplare di questo conio era posseduto nel 1785
in Perugia dal sacerd. D. Temistocle Lupattelli: (Ma-

riotti) (5). Oggi s' ignora la sua esistenza

(1) Della zecca. e delle monete perugine. Memorie e documenti inediti pubblicati
da Gio: Battista Vermigioli. Perugia — Dalla Tipografia Baducl, 1816.

(2) Giornale di erudizione artistica pubblicato a cura della R. Commissione
conservatrice di Belle Arti nella provincia dell’ Umbria. — 1872, vol. I, pag. 55.

(3) Idem, pag. 182.

(4) È ricordata dal Conestabile, nel Giornale di Erudizione artistica (Vol. I, pag. 55)
il quale trasse questa notizia da un mss. del Friggeri, postillato dal Mariotti.

(5) Idem.

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540 -— ADA BELLUCCI

4. P. AVGVSTA CIVITAS CRISTI.

Un esemplare di questo conio é posseduto dal museo
cantonale di Waud presso Losanna, proveniente dalla.
collezione Capranesi di Roma (Morel Fatio, direttore del
Museo) (1).

5. P. AVG. CIVITAS CRISTI.
Un esemplare di questo conio, fino ad ora inedito,.
si conserva nella collezione Bellucci in Perugia.

Come si vede, l'editto del Castellario ottenne quasi completa-
mente l’ effetto desiderato, essendo conosciute fino ad ora soltanto
dodici monete, indicate comunemente col nome di quattrinelli della
Guerra del sale. Esse fanno parte di cinque coni diversi, e riflettendo:
alla ristrettezza del tempo, durante il quale può aver funzionato:
la zecca perugina, e cioè dal 5 aprile 1540, giorno in cui sb
compiè la solennità della dedizione di Perugia a Gesù Cristo, al
8 giugno in cui si stipulò la pace col Pontefice, appare come
sì preparassero diversi coni per battere contemporaneamente un
numero di monele più considerevole, e cosi sovvenire ai bisogni
urgenti del momento.

Delle due monete, fino ad oggi inedite, la prima, come si
scorge dallo specchio precedente, è simile al conio ricordato
da varì scrittori, tra cui il Bellini (2) e il Cinagli (3), ed a quello.
riprodotto in una tavola allegata ad un lavoro del P. Galassi (4).
Questo conio fu descritto ed illustrato dal Vermiglioli (5).

(1) Gior. di erud. art., Vol. I, pag. 182.

(2) De monetis Italiae medi aevi hactenus non evulgatis. Diss. IlI, pag. 70,
n. 7 Tav. XV. Questo scrittore ritenne erroneamente, che questa monetina fosse
coniata nel 1471, ed attribuì la leggenda che trovasi nel rovescio, alla particolare.
devozione che i Perugini avevano per Gesù Cristo.

(3) Le monete dei papi descritte in tavole sinottiche. Fermo, 1848, Tipog. di Gae-
tano Paccasassi.

(4) Leggenda di S. Ercolano. Il lavoro effettivamente è anonimo, ma il Ver-
miglioli lo attribuisce al P. Galassi. In questo scritto la monetina della guerra del Sale
non é ricordata in relazione con Vl avvenimento, ma è semplicemente rappresentata
in una tavola annessa alla pag. 28 (fig. 2) perché porta impressa l'effige del Santo,
oggetto dello studio del P. Galassi.

(5) Opera citata, pag. 165, Tav. III, n. XV.

"————
MONETE EDITE INEDITE, ECC. DAI

La moneta inedita di questo conio, il più rieco di esemplari.
restanti, fu rinvenuta nel territorio di Perugia, ha un peso di
circa gr. 0,8, ed è conforme alla figura qui appresso riportata :

La seconda, unico esemplare di un conio, fino ad ora scono-
sciuto è più sottile, pesa gr. 0,7, ed oltre al rovescio differente,
varia pure nel dritto, per la mancanza di un punto alle quattro
estremità della croce fiorita, carattere che si riscontra anche nel
terzo conio, come fu già notato da Morel Fatio. Questa monetina
proviene da trovamento casuale nel territorio di Bettona, l'antico
Stato dei Baglioni, ed è riprodotta nella figura seguente :

Le dodici monetine fino ad oggi conosciute, e precedentemente
ricordate, sfuggite casualmente alle severe imposizioni del luogo-
tenente pontificio, documentano pertanto uno dei più importanti:
avvenimenti della storia perugina. Ma il documento più eloquente e-
significante è ancor oggi il simulacro di Cristo redentore, contro il
quale si fiaccò la baldanza e la manìa distruttiva del vescovo Ca-
stellario. L' imagine di Cristo in croce, del Dio della pace e della giu--
slizia, che tenne per cinquantotto giorni, per unanime consenti-
mento della cittadinanza perugina, il supremo dominio della città,
rimase là, e resta tuttora, dove lo collocarono la devozione e lo
sdegno dei perugini. Gli animi agitati sentirono allora vivo e po-
tente il bisogno di rivolgere e raccomandare le loro sorti ad un
Ente soprannaturale, che nella sua infinita potenza e illimitata
bontà li aiutasse e li guidasse; ma le loro speranze furono vane;
542 ADA BELLUCCI

l'esito finale non fu favorevole ai Perugini, che, insorti per difen-
dere un diritto conculcato, dovettero purtroppo, nella debolezza
dei vinti, sopportare rassegnati il peso di nuove sciagure e di
nuove imposizioni.

Perugia, 28 luglio 1898.

ApA BELLUCCI.
543

ANALECTA UMBRA

Del nostro compianto F. Pagnotti la Società Romana di Storia Pa-
tria pubblica nell’ Archivio (Vol. XXI, pag. 1-120) per cura di V. Federici
il lavoro postumo su Niccolò da Calvi e la sua « Vita d’ Innocenzo IV »
con una breve introduzione sulla istoriografia pontificia nei secoli XIII
e XIV. Studiato il manoscritto parigino, appartenuto al Petrarca, della
Vita, che è la principale fonte di storia del tempo, e collazionatolo col
testo del Baluzio, corrotto ancora nella ristampa del Muratori, parla del-
I Umbro scrittore della biografia forse a tempo che era vescovo di Assisi
e del valore storico di essa, facendola precedere da un’appendice di 43
documenti relativi al nostro Niccolò, tutti di particolare interesse per la
storia Umbra.

Carlo Moratti, dopo la comunicazione su Il Templum di Iguvio
(Bollettino di Filologia classica, ann. II, n. 4), si dà alla ricerca della
parte di Iquvium (Boll., ann. V, n. 1). Spiega porta Tesenaca delle:
tavole con Tessenara a pochi chilometri a occidente di Gubbio, porta
Trebulana con Troppoli, ma poi, meglio, con Trevi, supposta nella
direzione della odierna Umbertide, già Fratta; porta Veio con Fossato
di Vico, dove fu trovato un notevole monumento con un’ iscrizione um-
bra che Fabretti giudica anteriore alle tav. VI e VII. « Al nome di
Vico chi non pensa all'aggettivo Vicius, il quale, come piceus diede
alle tavole peio (piceas), peiu (piceos) si risolve normalmente in Veius? ».
Le tre porte umbre corrispondevano alle tre grandi strade militari e
commerciali, due delle quali congiungono l'alta e bassa valle, e la terza
conduce al Tevere, Spiega poi l'ambito in cui si svolge il testo delle
gloriose tavole Iguvine, e specialmente la via mersuva delle tavole
(via alta) e la via che conduce sul monte alla sede del Collegio degli
Atiedii (via del Monte). Alla porta le due vie si confondono nella strada
che va presso la vetta del monte alla chiesa di S. Ubaldo, antica sede
del Collegio degli Atiedii, e spiega l'origine della festa dei £re ceri recati
NIGEL III ADITO ZIA

nea

544 ANALECTA UMBRA

al monte con le parole delle tavole: vasa ad portam Trebulanam, quae
montis piandi causa geruntur, ea ita gerito, ut ignem ex igne ac-
cendendum [accendi] det: item ad portam Tesenacam, item ad portam
Viciam (Veiam). « Si tratta dunque di una umbra )zurzdfopia alle tre
porte e da farsi a primavera, cum oves purgant; e la festa dei tre cert
a Gubbio non si fa già all'anniversario tradizionale della traslazione di
S. Ubaldo (11 settembre) ma la si fa ai 15 di maggio ». Notevoli anche:
altre osservazioni sul trafugamento delle tavole, sui fóri in esse prati-
cati, sui punti più importanti della città, del monte e della pianura.

Nel primo volume de La sculpture florentine (Les predecesseurs de
la sculpture florentine et la sculpture florentine au. XIV siécle: Firenze,
Alinari, 1897) il signor M. Reymond opina che i bassorilievi del Duomo
d'Orvieto anziché attribuirli alla scuola senese, si abbiano a riferire alla
pisana, e al periodo che va dal 1347 al 1349 quando Andrea pisano fu
architetto del Duomo, artista sommo, assai al di sopra di Giotto.

L'esame di laurea di Alberigo Gentile nell’ Ateneo di Perugia (an. 1572)
in diritto civile (jure caesario) è argomento di studio per il prof. Scal-
vanti (Perugia, Un. Tip. Cooperativa, 1898), che comincia col darsi ragione:
di questa laurea nel solo civile, mentre avrebbe dovuto darsi anche nel
canonico che pure studiò; e crede che, propenso Alberico ad abbracciare:
le idee della riforma religiosa, non abbia voluto assumere la laurea in
jure pontificio, considerando egli quel complesso di dottrine il mezzo più
efficace di cui si era valsa la Chiesa per signoreggiare la civiltà svol-
tasi sotto la sua influenza, e perciò non ebbe per quel corso di leggi
che un biasimo aperto, eccessivo, fin anco assurdo. Parla dei promotori
di Alberico, cioè di Rinaldo Ridolfi, di Cornelio Benincasa e di Giovan
Battista Fedeli, e rileva alcune inesattezze degli storici a proposito di
essi, e di insegnanti la ragione canonica ai tempi di lui. Dà il testo e:
commenta i temi della laurea, che fu il primo titolo d’ onore per Albe-
rico, salito per essa all’ Università di Oxford.

Nella rubrica « Archeologia » della Civiltà Cattolica (quad. 1154)
il p. Grisar, trattando della tradizione romana intorno alla catena dî
san Pietro nella basilica Eudossiana, riporta l’ iscrizione della chiesa di
san Pietro in Spoleto, dove Achilleo, vescovo della stessa città nella.
prima metà del secolo quinto, aveva deposto, quale reliquia, una parti-
cella della sacra catena di Roma, dettandola egli stesso, come opinò il
De Rossi (Inscriptiones, II, p. 234 n. 5 nota).

Di altro carme spoletano del secolo quinto in onore della catena e
del primato di san Pietro parla successivamente: .« Il vescovo Achilleo
i
|
|
;

ANALECTA UMBRA i 545

(o Achille di Spoleto), il quale nella storia viene nominato con questa
sua sede già nell'auno 419 come persona di gran conto, dedicó a san Pie-
tro quella chiesa che ancora oggidi nella via Flaminia s'incontra fuori
«di Spoleto prima di entrare nella città. L'edificio, ora tutto rifatto, sor-
geva a destra della via sopra una amena collina. Abbiamo un luugo
earme composto di tre epigrammi, col quale il detto vescovo ornó la sua
costruzione. L'iserizione poetica ci è stata tramandata dal cod. Vat. pa-
latino n. 833. Sebbene il De Rossi abbia messo in luce l'origine e l' im-
portanza del testo, esso nondimeno è rimasto troppo trascurato.... Delle
tre parti che ha il testo presso ‘il De Rossi, l’ultima, secondo il nostro
parere, deve occupar il primo posto, contenendo essa tre distici che deb-
bono essere stati scritti alla via Flaminia stessa sull’ ingresso della sca-
linata, la quale conduceva su per la collina alla basilica, come la dispo-
sizione del luogo lo porta ancora oggigiorno. Al secondo luogo mettiamo
il primo epigramma del De Rossi e al terzo il secondo. Ambidue questi
epigrammi si lessero o sulla facciata della chiesa presso la porta o dentro
nel santuario ».

Spiegata così la razionalità della nuova disposizione dei distici, ne
dà il testo emendato in numero di 38 versi. Di Achilleo vescovo di Spo-
leto ricorda il G. come l’imperatore Onorio gli indirizzasse una let-
tera intorno alla causa di Eulalio invasore della sede apostolica. Il do-
cumento forma parte della famosa Colletio avellana e fu ultimamente
pubblicato da Otto Guenther nella nuova edizione della d. Co4llectio
(Corpus script. ecc. latin. ed. Acad. Vindob. Epist. imper., par. I, Vin-
dob. 1895, p. 69, n. 22). La lettera ha il titolo: Exemplum sacrarum
litterarum ad Achilleum spolitanum episcopum, e ordina a quel vescovo
di recarsi a Roma per fare nel tempo dello scisma la solennità della
santa Pasqua.

Il p. A. Gibelli nella monografia del monastero di Fonte Avellana
(Faenza, Conti, 1897) notò che l'esattezza onde l’ Alighieri descrisse
quel cenobio « dà fondato motivo a credere che là sia stato veramente,
quando nel 1318 circa era ospite in Gubbio di Bosone ». Di questa mo-
nografia, ma non di questo passo, fu data notizia nel presente B0/2., III,
598. G. Rossi nell’ Arch. stor. ital. (disp. I del 1897, pag. 220 e segg.)
rilevò che il Gibelli « nel parlare della gloriosa leggenda » dell’ ospita-
lità che v'ebbe il Poeta, « s'è attenuto a quanto prescrive una sana
critica »! Ma — giustamente domandasi nel Giornale Dantesco, a. V (II
della nuova serie), 1897, pag. 449 — « o non bisognerebbe prima ac-
certare bene l'andata di Dante a Gubbio?! » E ci piace di rimandar
lo studioso a una rivista bibliografica del prof. Medardo Morici (è piut-
546 ANALECTA UMBRA

tosto uno studio, eruditissimo e veramente buono) del libro del Gibelli,
nella Riv. bibliogr. ital., a. III, num. 6, 9 e sg.

Col modesto titolo di cenni storici il dottor P. Tommasini - Mattiueci,
nostro socio, ha pubblicato una monografia Sw istruzione a Città di
Castello dalla seconda metà del secolo XVI ad oggi (Lapi, 1898; in 89,
pp. 50). L'a. ha con ragione reputato opportunissimo un simile studio,
frutto di sua geniale dottrina, ripensando la tradizione di coltura che
in Città di C. fu sempre viva e feconda, là dove capitani di ventura,
artisti, poeti, umanisti e politici o nacquero o diffusero la gloria delle
opere proprie, ricollegandosi così « strettamente colla storia politica e
civile » della città. Quella tradizione di cultura « ch'era il riflesso di
secoli gloriosi » ella « volle in ogni terzpo affidata a numerosi Istituti
d' istruzione perchè la perpetuassero » : quindi (ed ecco il programma
dello studio erudito) « passando in rivista questi vari Istituti, più spe-
cialmente quelli del nostro secolo, studiando la loro costituzione, inda-
gando l’ utilità materiale e intellettuale che la città nostra ne ricavava,
ricercando la spesa che il patrio Municipio sosteneva per essi e confron-
tandola coll'attuale, tenteremo di farci un’ idea adeguata di quello che
fosse l'istruzione a Città di C. ne' passati tempi ». Le fonti a cui l'a.
attinse sono le memorie particolarmente dell' Archivio del Comune, del
proprio e di quello del eav. Magherini - Graziani.

Nel num. 5 (a. I, maggio 1898) del Bollettino della Società biblio-
grafica italiana (pag. 63 e sgg.) il dott. Ludovico Frati ritesse la storia
dei Codici dell’ Abbazia di Monte Oliveto Maggiore presso Siena. « Ciò
(egli scrive) che distingueva questa libreria monastica dalle altre con-
simili era la grande quantità di antichi codici di opere letterarie e legali
che vi si trovavano, dovuti alla generosa donazione di Messer Lodovico
Petrucciani da Terni, che insegnò diritto civile in Siena tra gli anni
1438 e 1441, e che lasciò per testamento del 18 agosto 1448 al monastero
degli Olivetani, ove aveva un fratello, tutti i libri che possedeva, cioè
cirea un centinaio di opere mss. di diritto canonico e civile » (cfr. Zde-
kauer L., Lo studio di Siena nel Rinascimento, pag. 90). Nel catalogo di

codesta biblioteca, contenuto nel cod. 1913 della Universitaria di Bologna, .

più d'una trentina di codici sono indicati che provennero dalla raccolta
eximii doctoris Dom. Ludovici de Interamnis in utroque iure peritissimi
et apostolici Advocati.

L'inventario della sua biblioteca è nel Codice B., IX, 11, della Co-
munale di Siena (già 152 del catalogo bolognese). I libri che gli appar-
tennero furono venduti nel 1452 per 130 ducati d'oro a messer Pucci di
ANALECTA UMBRA 54T

Firenze: altri pone questa vendita dieci anni dopo. Ma veggasi in pro-
posito ciò che dice il Frati a pag. 65. Uno di quei mss. (il Romuleon
di Benvenuto da Imola) fu esemplato a Todi da Marino di Luca della
Rocca nel 1428: un altro (Epitome virorum illustrium del Petrarca) por-
tava questa nota: « Hic liber est Mathei Vannoli Filipieti de Intera:
mnes per ipsum manu propria maxima ex parte scriptus in civitate
Spoleti et completus 1415, etc. ».

L' Umbria. Rivista d' arte e letteratura, a. I, num. 3 (10 febbraio
1898). ScaLvantI O., Un Garden- Party a Perugia nel 1459. (In onore
di Margherita d' Antonio Montesperelli, fior di gentilezza e di bellezza.
La festa splendida fu data da Braccio di Malatesta Baglioni, innamorato
di lei; ed è qui narrata colle parole di un contemporaneo cronista peru-
gino. Per la storia di codeste feste, anzi « di refezioni all’ aperto », in
Perugia son qui citati altri documenti e testimonianze). — Num 4 (25
febbraio) Roux O., Bartoccio. (Storia della maschera perugina). — Bnv-
GNOLI B., Il carnevale a Perugia. (Cenni storici dal 1389, cioè da un
ricordo della cronaca del Graziani, al 1817. È riportato un canto carna-
scialesco in dialetto perugino di su un ms. di quella Bibl. Com.). — Num.
9 (10 marzo). SALZA A., Una caccia di Leone X e di Giampaolo Baglioni
(continuaz. e fine nel num. 6). (Dal ms. I, 103 della Comunale di P., di
cui son dati saggi. La caccia fu fatta in Viterbo e descritta in un-breve
poemetto da un ignoto rimator perugino. Cfr. Bellucci A., I mss. della
Com. di P., pag. 127 e sgg.). — LUPATTELLI A., La deposizione dalla
croce di Pietro Perugino (con riproduzione fototipica. Esiste nella chiesa
di s. Maria de’ Servi di Città della Pieve). — SCALVANTI O., Il giuoco
dei dadi in Perugia nel sec. XIV. — Num. 8 (25 aprile) SALZA A., Un
torneo a Perugia nel 1586. (Dalla Breve descrizione della nobilissima
barriera combattuta nella Piazza maggiore di Perugia U a. 1586 il lunedì
grasso 17 febbraio di notte, contenuta nel ms. D, 11, della Comunale di
P.) — DEGLI Azzi G., Gli albori del teatro italiano. (Per la storia delle
Rappresentazioni in Perugia. — Contin. e fine nel n. 9. — Molte noti-
zie son dedotte dai libri delle Prestanze della fraternita di s. Agostino). —
Num. 9 (10 maggio). FEDERICI S., Iscrizioni nelle case perugine. — Num.
10-11 (10 giugno). LAnzI L., Contributo alla Iconografia francescana.
(Affresco nel convento di s. Francesco presso Stroncone: cfr. Miscell.
Francescana, II, 1889, pag. 75. Secondo il L., l'affresco « fu condotto
poco dopo la morte di s. Francesco, avvenuta nel 1226, da un pittore
che lo aveva conosciuto, o che fu assistito da chi potè guidare, per esatta
e sicura impressione, il pennello di lui ». Ma dall'esame della pittura
non si può giungere a simile conclusione: il Guardabassi la giudicò
548 ANALECTA UMBRA

‘opera d'un imitatore di Giotto; lo Gnoli, il Venturi ed anche altri mo-
desti iutelligenti vi riconoscono i caratteri della scuola Senese). — Lu-
PATTELLI A., Storia della Madonnina di Raffaello detta del Libro. (Già
Conestabile Della Staffa; poi acquistata dalla Czarina. Movendo dalla
tradizione (ma tradizione soltanto!) che l'Alfani accogliesse nel 1495
(sie) in sua casa Raffaello d' Urbino e da questi ricevesse in dono la pre-
‘ziosa tavoletta, se ne ritesse la storia dei passaggi di proprietà, delle
‘stime e delle vendite, e se ne indicano le copie). — MANZONI L., A zonzo
pel contado Perugino (Torre d' Andrea). (Si segnalano in Torre d’ Andrea
un dipinto del Pinturicchio o della sua scuola, in cui potrebbero raffi-
gurarsi ritratti d’ alcuni della fam. Baglioni; e altre pitture che hanno
pregio per la storia dell’ arte locale nel sec. XV e nel successivo).

Per le relazioni tra Raffaello e gli artisti umbri e per l’influenza
dell’ ambiente umbro nell'opera sua è da vedere l’ erudito discorso su
Raffaello nell’ arte e nel pensiero, che Giovanni Zannoni lesse il 28 marzo
passato nell’ Accademia di Belle Arti d' Urbino (Roma, tip. del Popolo
Romano, 1898; in 4°, pp. 14); e l’altro che Corrado Ricci disse in Ur-
bino quando fu inaugurato il monumento al Sanzio ed è inserito col
titolo Raffaello e U infiuenza del mondo esteriore nelle scuole pittoriche
mel volumetto La gloria d' Urbino (Bologna, Zanichelli, 1898).

D'un codice padovano di laude di Jacopone da Todi è data la ta-
vola nel num. 1 del Bollettino del Museo civico di Padova (Padova, Sal-
min; gennaio 1898).

Nella rubrica Chiese artistiche d' Italia del num. 15 della IQustra-
zione popolare (Milano, 10 aprile 1898) è una breve notizia del Coro di
s. Pietro in Perugia, corredata, a pag. 237, d' una buona incisione d'un
lato del coro stesso e del leggio.

Di mastro Giorgio in occasione del Centenario dalla cittadinanza
eugubina, conseguita nel maggio del 1498, molti giornali italiani dierono
notizie e dissero lodi in articoli commemorativi: ma i vecchi errori e le
infondate congetture e le false credenze, che dalla breve monografia del
march. Ranghiasci si diffusero via via negli scritti su l’artista, furono
anche ora ripetuti. A nulla, quindi, giovano un articolo nell’ Ordine
d’Ancona de’ primi di maggio, uno in La Vedetta d' Intra del 2 aprile
(qui, anzi, gli errori formicolano), ed altri che per brevità qui non si
ricordano. Su dati certi, invece, è tessuto un articolo del prof. Egidio Cal-
zini nell’ Arte e Storia del 30 aprile. :
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B
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ANALECTA UMBRA 5 549

Dell’insuperato riverberatore è fatto anche ricordo nell’ Emporium
del giugno, dove il prof. G. Vanzolini ha trattato delle Maioliche arti-
stiche della raccolta Pesarese ed ha riprodotti in fototipia cinque piatti
con ammirabili riflessi metallici e due facsimili di firme del Maestro
(estr. in 8°, di pp. 10). Ma in questa cospicua collezione di ceramiche
ben molti altri piatti con riflessi sono attribuiti all’ artista eugubino; se
con ragione, non è qui da ripetere: a ogni modo rimandiamo lo studioso
al Catalogo descrittivo artistico che di recente ne compilò il march. Ci-
ro Antaldi (Pesaro, Terenzi, 1897; pag. 9-19).

Diffusamente della vita e dell’opera di Mastro Giorgio Andreoli
(Nel quarto centenario) trattò G. Mazzatinti nella Rivista d’Italia del
15 maggio, pag. 101 e sgg. (estr. in 8°, di pp. 16: Roma, Società edi-
trice Dante Alighieri, 1898); e de La Mostra delle opere di Mastro Gior-
gio in Gubbio nella stessa Rivista del 15 giugno, pag. 340 e sg. (estr.
in 8°, di pp. 8). Codesta Mostra, di cui dal Comitato fu affidata la cura
al Mazzatinti, consta di riproduzioni di sculture attribuite al Maestro e
di maioliche da lui o dai suoi figli riverberate: un vero archivio per la
storia della ricca produzione della sua famosa bottega. A cosi ammire-
vole ricchezza di collezione contribuirono con doni i Musei nostri e del-
l' estero e vari collezionisti e studiosi: principalmente i Musei di Lon-
dra, di Oxford, di Vienna e di Berlino; quelli di Bologna, Pavia, Roma,
Arezzo, Brescia, Urbino, del Bargello di Firenze; e tra i privati il
cav. Guglielmo Berchet e il cav. Anselmo Anselmi. Il Municipio di Roma
donò l'aequarello del piatto che S. M. il Re acquistò dal Genolini e
regaló poi a quel Museo artistico industriale: una bella riproduzione
eseguita in trieromia illustra questa relazione del Mazzatinti. A quella
delle riproduzioni è aggiunta la serie dei monogrammi, in fedelissimi
faesimili, coi quali Giorgio, Salimbene, Vincenzo ed altri ignoti figuli
eugubini contrasegnarono le opere proprie. Il Municipio di Gubbio ha
esposti una tazza e due piatti del secolo XVI: il march. Adolfo Barbi
la nota e bellissima mattonella di Giorgio che il Mazzatinti crede dipinta
per buone ragioni da un artista faentino. Per la storia della maiolica
eugubina dalla seconda metà del secolo XVI alla fine dello scorso son
raecolti in due sale della Mostra documenti copiosi e preziosi, come la
collezione dei vasi da farmacia di S. Ceccarelli, del cav. E. Mazzolini e
dello Spedale, e delle terre cotte possedute da Anacleto Damiani.

L'arte moderna, continuazione e imitazione felice di quella di Gior-
gio, è rappresentata da quanto di più perfetto produssero le fabbriche
del Passalboni e di Giovanni Spinaci — il riverberatore tra i contempo-
ranei insuperato — e il prof. G. Magni. La Mostra, aperta al pubblico
fino a tutto il settembre, sarà collocata in sede degna a benefizio e co-

ii
-4
550 ANALECTA UMBRA

modo degli studiosi per cura della’ Società operaia di Gubbio, che al
Maestro fece onoranze, ricorrendo il quarto centenario dalla sua cittadi-
nanza eugubina.

De La croce astile di Cesarino del Roscetto per la chiesa di s. Me-
dardo di Arcevia disse la signora Guglielmina Cady-Scotti in un opu-
scolo edito a Roma per il Loescher nell’ 87. Torna a ridirne, rimpiangendo
lo stato in cui è ora quel gioiello di oreficeria, nel fasc. 9-12, a. IX,
della Nuova Riv. Misena, narrando di Arcevia e delle bellezze artistiche
sue. Cesarino compiè l’opera, allogatagli nel 1524, nell’agosto del.25:
era ricchissima d’ornamenti che furono rubati. Oggi « ha quasi total-
mente perduta la sua forma tipica anche per varî restauri ».

Nella Nuova Rivista Misena dello stesso anno (estr. in 8°, pp. 70;
Castelplanio, 1897) il cav. A. Anselmi ha per la prima volta e integral-
mente pubblicata la Dimostrazione istorica del nobile sì antico che mo-
derno stato di Roccacontrada (Arcevia) del dott. Francesco Brunamonti,
aggiungendo la serie de’ Consoli, Podestà e Giudici arceviesi e de’ Ca-
stellani della fortezza, oggi distrutta. Molti de’ primi sono (la serie
comincia dal sec. XIII) di Narni, Foligno, Bevagna, Todi, Spoleto,
Assisi, Terni, Città di Castello, Amelia, e particolarmente di Perugia e
di Gubbio. Non son citate le fonti a cui questi nomi sono attinti, nè
questi nomi sono rigorosamente enunciati come i documenti li danno.
Non sapremmo, per conseguenza, che dire di un « Androgio » giudice
del 1285 e de « lo stesso Androrio ». dell'anno successivo: d'un « Ugo-
lino Croechi da Gubbio » podestà nel 1321, e del suo giudice « Bosone
Novello di Buzzone » pur da Gubbio; e cosi d'altri. La serie dei Ca-
stellani comincia dal 1207, con un Ercolano da Perugia (« molto dubbio
— nota giustamente l'a. — perchó é citato nel famoso documento della
lapide caduta dalla fortezza, recante l'origine di Arcevia »).

Silvio Bernicoli, vice- bibliotecario della Classense di Ravenna, ha
compilato un utilissimo lavoro; le tavole cronologiche de’ Conti, Rettori,
Legati, Podestà, Vicari, ecc. di Romagna (Governi di Ravenna e di
Romagna dalla fine del sec. XII alla fine del XIX; Ravenna, 1898; in
8° gr., pp. 164). Di quelle dignità furono investiti varî cittadini della
nostra regione: giovi qui indicarli fino a tutto il sec. XVI. — Francesco
di Girolamo di Assisi, giudice generale della Curia, 1278. — Manente di
Manente da Spoleto, vicario di Bertoldo Orsini conte e rettore di Ro-
magna nel 1278. — Benedetto da Spoleto, Anastasio ed Egidio da Monte-
falco, giudici generali nel 1285 e 1288. — Bernardo d'Assisi, giudice
della Curia dal 1288 all’ 89. — Napoleone da Rieti, vicario del Rettore


EP

bas

b

ANALECTA UMBRA 551

nel 1295. — Taddeo d'Assisi, giudice generale nel 1296. — Andriello
di Francesco da Todi, vicario del Podestà Lamberto da Polenta e di
Lello d' Aequasparta nel 1301. Giudice di questo Podestà, Sinibaldo da
Gubbio. — Rainerio di Zaccaria da Orvieto, Vicario generale di Ro-
magna dal 1320 al 21. — Michelotto di Teo Michelotti da Perugia Po-
destà nel 1958. — Giovanni Maria di Luca Rinaldo Capucci da Città di
Castello, Commissario apostol. nel 1509. — Zaccaria Contugi, vescovo
di Assisi, Governatore nel 1522. — Trivulzio Gualtieri d'Orvieto, Po-
destà nel 1542. — Brunamonte Rossi d’ Assisi, Governatore nel 1543. —
Orsino da Trevi, Podestà nel 1545. — Aurelio Petrucci da Todi, Podestà
nel 1546 e nel 48. — Sisto Bezzi da Norcia, Governatore nel 1547. —
Nicolò Beni da Gubbio, Podestà nel 1556. — Francesco Guerrini da
Città di Castello, vescovo d’ Imola, Presidente nel 1566. — In Appen-
dice (pag. 133 e sgg.) è dato l’ indice cronol. dei Podestà d'altre città
italiane, menzionati ne’ documenti copiosi degli Archivi e della Biblio-
teca di Ravenna. Notiamo « Pacinus de Peruxio vicarius » di Bagna-

cavallo dal 1407 al 1408: — « Philippus de Magaloctis de Florentia »
Podestà di Perugia nel 1394: — e « Francischinus domini Tomasii de

S. Geminiano » Podestà di Todi, non si sa in quale anno, con « Ugutius
Petrus de Eugubio iudex et collateralis ».

Il prof. G. A. Cesareo ha ora raccolti in un volume i suoi scritti,
qua e là apparsi ma qui notevolmente ampliati, sul Canzoniere del Pe-
trarca; testimonianze della serietà e bontà degli studi suoi (Su Ze Poesie
volgari del Petrarca. Nuove ricerche di G. A. Cesareo; Rocca S. Ca-
sciano, Cappelli, 1898 ; in 8° gr., pp. 314). Compito nostro è di segnalare
quant’ egli scrive su la canz. XI Spirto gentil, quella che i commenta-
tori tennero indirizzata a Cola di Rienzo, o a Stefanuccio Colonna, o a
Stefano Colonna il vecchio, o a Paolo Annibaldi, o pure a Bosone Rat-
faelli da Gubbio. Tutte le ragioni che i commentatori affacciarono nelle
dispute diverse, il Cesareo esamina e giudica; e vaglia e giudica pur
quelle che furono messe innanzi in favor dell’ Eugubino. Constatato il
fatto che antichi manoscritti riferiscono quella canzone all’ Eugubino,
questi può dirsi che veramente fu « Spirto gentil » ; e poteva, cavaliere,
poeta, uomo di singolar valore politico, Podestà di Arezzo, di Viterbo,
di Lucca e di Todi, vicario imperiale del Bavaro e poi Senatore di Roma
con Jacopo Gabrielli, poteva « ai suoi tempi godere di molta considera-
zione » e nell' animo del Petrarca destare la fiducia di « ristorare la
dignità e il lustro dell’eterna città ». Tutto questo « par cosa assai
naturale » al Cesareo ; il quale, per conseguenza, conclude: « Bosone
da Gubbio è, a parer nostro, fra tutti coloro che sono stati proposti ad

" SL
LU Ue
552 d ANALECTA UMBRA

eroi della canzone famosa, il più rispondente alla significazione, al tono,
all’ispirazione di quella. Egli ha per sè l’autorità, fin qui non impu-
gnata, de’ codici antichi e della tradizione; a cui non isceman valore
le felici scoperte, fatte dal Cian, di codici quasi egualmente autorevoli,
i quali tengon per Cola di Rienzo. Bosone ebbe fama di virtù, di dot-
trina, di gentilezza, di valore amministrativo e politico. Se fu senatore
per il papa e in nome del papa, poteva a ogni modo, tenendo il supremo
uffizio dello Stato. far ciò che il Petrarca s'aspettava da lui. Ch’ ei
non sia mai più ricordato negli scritti del poeta, s'intende, se si
ripensi che il poeta non lo conobbe mai prima di comporre quella
canzone, e dopo non ebbe certo ragione d'ammirare l'opera conforme
all'aspettazione. Non s'intende che il poeta indirizzasse la canzone al
solo Bosone, mentre gli era eguale e compagno il Gabrielli; ma non si
esclude che quegli potesse avere per far codesto qualche ragione di fatto
o di sentimento, la quale a noi non riesce, per ora, di discoprire. Stando
così le cose, io tengo per Bosone da Gubbio, e riporto la data della

99

canzone agli ultimi anni del 1337 » (cfr., pag. 53-67).

Dell’ edizione critica su i manoscritti e le antiche stampe de Le rime
di Torquato Tasso a cura del prof. Angelo Solerti sono usciti in quest' anno
due volumi (Bologna, Romagnoli- Dall’ Acqua: nella Coll. di opp. ined.
e rare per cura della R. Commissione pei testi di lingua), de’ quali il
primo contiene la bibliografia delle rime. Dall' indice alfabetico di quelle
che falsamente sono attribuite al Tasso, resulta che parecchie sono del
Coppetta (Appendice IV, pag. 497 e sg.), ed un sonetto è di Cesare Ca-
porali (pag. 500): al Coppetta, anzi, ne appartengono sette, che il Solerti
ritrova nella edizione delle sue Rime (Venezia, Guerra, 1580), dichiarando
in quali edizioni del Tasso furono a questi attribuite. Queste sette poe-
sie, che un amanuense dal sec. XVI al seg. non osò recisamente dire
dell’ uno o dell’ altro (e l'uno e l’altro nome trascrisse per ogni capo-
verso), leggonsi in un ms. di Rime posseduto dal cav. G. Cavalieri di
Ferrara. Il Solerti ne dà la tavola a pag. 501, riferendo le didascalie
delle prime tre (Al sig. Vescovo di Perugia: — Al sig. Ascanio della
Corgna: — Sopra Giulio III e il Cardinale di Perugia). Tutte sette sono

a pag. 2, 3, 4, 31 e 56 della citata ediz. del 1580. Il son. del Caporali.

com. : « Alma gentil ch’ or nel principio nostro ». — Rime del Tasso sono
segnalate nelle Rime piacevoli | di Cesare Caporali ece.; Ferrara, Bal-
dini, 1586; e in Le | Piacevoli | Rime del med. ; Venezia, Angelieri, 1589:
nelle Zime di Filippo Alberti nell’ Accademia de gli Insensati di Perugia
detto lo Stracco; Roma, Facciotto, 1602: e nelle Rime | sacre e morali |
de’ diversi Autori: Foligno Alterij, 1629. |
ici

XUDRTAA

>

ANALECTA UMBRA DI:

Io

Cinque mascherate di Olimpo da Sassoferrato tratte dal « Linguac-
cio » ha ristampate Severino Ferrari (per nozze Carazzi-Stoppato: Bolo-
gna, Zanichelli, 1898) di su l'edizione di Perugia del 1521.

Al giudizio da noi espresso su l’ illustrazione e interpretazione Delle
più celebri inscrizioni etrusche ed umbre di G. Fregni in questo Bollet-
tino, è conforme quello di A. Taramelli, dichiarato nella Rivista storica ital.
(a. III, fase. 1-2; gennaio-aprile 1898). L'autore, dice il T., « lascia du-
bitare che abbia voluto talora prendersi giuoco del lettore ». Questo
dubbio sorge maggiore nell' animo di chi legge il cap. su le Tavole Eu-
gubine, le quali, secondo il F., contengono la sintesi d'antiche leggi
agricole e riti per purifiear le campagne e invocar dagli dèi propizi e
fecondi i raccolti!

Colla data del 1897, ma nell' anno corrente, é stato pubblicato a cura
del prof. Giuseppe Mazzatinti l'ultimo volume delle Cronache Forlivesi
di Andrea Bernardi (Dei monumenti istorici pertinenti alle Provincie
della Romagna, serie terza). Per Città di Castello, occupata da Nicolò
Vitelli e poi dal Borgia, vedi il vol. I, pag. 88 e sgg., e III, 42. Per
Sigismondo de’ Conti da Foligno, III, 456. Per Dolce da Spoleto,
Uditore del Riario e segretario del Duca d’ Urbino, I, 153, 196; III, 9.
Per Giustiniano di Amelia, Castellano per la Chiesa in Forlì, III, 107..
Per la fazione degli Oddi in lotta coi Baglioni, I, 322 e sgg. E per Fi-
lippo Oddi, uccisore di Francesco Ordelaffi, I, 61. Per Giovan Paolo Ba-
glioni, III, 261, 304. Per la processione del Corpus Domini in Perugia
nel 1495, II, 55: e per gli accordi della città col Borgia, III, 42. Di
quella processione il Matarazzo non fa cenno : il cronista romagnolo la
racconta così: « E qui infra el dite tenpo aveva fate al papa ala cità de
Perusa la procesione dal corpe de M. Yhesù Criste che fu cercha ali 18-
zorne di zugne. E qui tu pòi pensare che nobila e degna cosa fu questa,
hornata come queste infraserite cermonie. In prima i era 20 cardinale e
40 vischove, tute aparate in pontifieale come le multe altre religiose come:
grandenisimo numare de persone inenti tute, come li soi cavize in mane:
e più che veramenti non ce restò a sova Santità cosa alcuna de nobilità
a fare. Fate che fu queste, tu non poterisse mai pensare le molte pre-
xenti infenite de gram valuta de più sorte che i aveva donate dite Pe-.
rusine ». :

Lo stabilimento Lapi, diretto dal benemerito cav. Scipione Lapi,
nel 1881 riprodusse, in occasione di nozze Lapi Feliciangeli, in caratteri:
facsimili all’ edizione 1561, le Zeformationes et decreta super modo Re-
Tr persero cruenti

-———

A

DD4 ANALECTA UMBRA

giminis ac forma magistratum | Civitatis Castelli ..... (Perusiae apud
Andream. Brizianum); e nel 1882, per nozze Corsi-Paci, un rogito di
Nello Rampani (1563) per una partita d'onore dal Marchese di La-
yno con Ottavio Berlinghieri per trovarsi il primo prigione in Castel
Nuovo di Napoli. È un buon saggio di quanto perfezionamento ab-
bia ottenuto lo Stabilimento nella imitazione de’ tipi in documenti
storici. Ora pubblica lo Statutum Mercantie già impresso in Città di
Castello da Antonio Marzocchi cremonese e da’ Gucci di Cortona, con
caratteri elzeviri in una edizione correttissima di pag. 34, in 4° gr.

. (nozze Novelli - Vincenti). In questo modo il Lapi festeggia le nozze di

parenti e amici, allo scopo di restituire alla storia edizioni rarissime,
rendendole di uso facile agli studiosi: onde merita lodi sincere.

Il nostro socio Luigi Manzoni, nel Giornale storico della letteratura
îtal., vol. XXXII, pag. 139, pubblica una nota su Tommaso Pontano,
diretta ad emendare e aggiungere allo scritto del Sabbadini stampato
ivi (vol. XVIII), dando notizia del Pontano primo professore di gram-
matica nello studio perugino (1428), supplito poi da G. B. di Luca da
Spoleto e da Giacomo di Menicuccio da Orvieto: e poi professore a
Bologna (1431) di retorica; nel 1440 eletto per chiamata cancelliere del
Comune di. Perugia, e morto il 4 agosto 1450, e non nell’ottobre, come
ha detto il Vermiglioli.

Nuovo e gentile contributo al Fo/k-Lore Umbro ci offre il prof. Giu-
seppe Bellucci in un bell’ opuscolino sul Pegno del fidanzamento, per
nozze Symonds: Vaughan (Perugia, Unione Tip. Coop., 28 luglio 1898).
Sette figurette illustrano i dono del core che consiste in una stecca
da busto, di rado semplice e liscia, in caso di povertà del fidanzato, il
più spesso figurata e miniata, accompagnata dal dono di un paio di zoc-
coletti graziosamente figurati e colorati in nero. Ove la stecca si rom-
pesse prima del matrimonio, la fidanzata ne deve chiedere un’altra, e
quando questa sarà presentata, il futuro sposo deve aver cura di gettare
sal fuoco i frammenti della prima stecca. A contracambio riceve una
fascia colorata, lavoro di mano della fidanzata, e la dispone con
molta pompa d’ attorno alla vita, dopochè la fidanzata per tre giorni
di seguito l'ha portata sulla nuda carne, ritenendosi che quest’ uso valga
a dare al compagno maggior tenacità e gagliardia nella regione lom-
bare. Le figure che più d’ ordinario si vedono disegnate nelle stecche,
sono cuori fioriti, cuori incatenati, nodi gordiani o di Salomone, vasi
con foglie e fiori, piccoli anelli, palmette di sole foglie, ramoscelli fio-
riti, iniziali del nome e cognome.

inf Y___
RECENSIONI BIBLIOGRAFICHE

The story of Perugia by Margaret Symonds and Lina Duff Gordon il-
lustrated by M. Helen James. — London, J. M. Dent e C., 1898.

Ben volentieri manteniamo la promessa che facemmo ai nostri let-
tori di render loro conto di questo piecolo ma interessante volume. La
storia della eittà nostra dalle sue origini al presente, storia che, come
giustamente affermano le gentili autrici, « è complessa e varia, al pari
di quella di una intera nazione », vi é tratteggiata con pregevole chia-
rezza e in modo tale da dimostrare che chi ha scritto quelle pagine
ha, prima di dettarle, letto e studiato con scrupolosa diligenza gli storici e
i eronisti Perugini. « Noi abbiamo tratto citazioni (cosi dicono le signorine
Symonds e Duff Gordon) dalle eronache contemporanee ogni volta che
ci è stato possibile ». Esse dichiarano altresì che non fu loro intenzione
di entrare nel campo della critica storica, e il loro proposito è degno
di lode anche perchè l’ addentrarsi in sottili questioni critiche le avrebbe
allontanate dall'ideale cui mirarono nell’accingersi al lavoro: nel leg-
ger questo però ben si comprende che, se non hanno voluto porre tali
questioni innanzi ai loro lettori, esse le hanno affrontate e, aggiun-
giamo, risolute con giusti e sani criterî; non può così rettamente ra-
gionare delle origini e dei progressi del nostro Comune, della sua de-
cadenza successiva, e del potere papale man mano crescente sino a
diventare l’ assoluto dominatore della città, se non lo studioso che mercè
profonde ricerche sia penetrato nello spirito dei tempi dei quali tratta e
si renda esattissimo conto delle cause e delle conseguenze degli avveni-
menti che narra.

E del grande amore che le autrici hanno portato nel compiere
le loro indagini son testimoni i perugini che esse hanno avuto la cor-
tesia di rammentare nella prefazione al volume; chi serive queste pa-
role può dire delle lunghe ore che esse trascorsero sui volumi della
nostra storia, sui manoscritti anche inediti che le si riferiscono e che
si conservano nella nostra Biblioteca Comunale, e in modo particolare sui
libri e sulle carte di Annibale Mariotti, che è sempre « l'autorità più

stimabile e più degna di fede in ordine alle cose perugine ».

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556 : RECENSIONI BIBLIOGRAFICHE

Le valenti scrittrici meritano encomio anche perchè dal loro libro
apparisce chiaro il concetto che la vita di una città deve studiarsi nel
suo insieme; le scienze, le arti, le industrie, i commerci hanno più
stretta connessione di quello che a prima vista non sembri cogli ordi-
namenti civili e politici di un popolo, e le signorine Symonds e Duff
Gordon hanno dimostrato nel loro volume di comprendere perfettamente
ciò, sia facendo precedere le notizie sui nostri monumenti e sui nostri
tesori artistici dagli accurati cenni storici dei quali abbiamo tenuto pa-
rola, sia riannodando le notizie medesime alla storia perugina; per tal
guisa il libro « The story of Perugia » è nella sua brevità veramente
organico e completo.

Esso non può dirsi nè una storia nè una guida nel significato che

si attribuisce di solito a queste parole, ma è un po’ dell’ una e un po”.

dell’altra; ciò che v'ha di storia fa sì che quanto nel volumetto è re-
lativo ai monumenti e agli oggetti d’arte non sia un arido e tedioso rag-
gruppamento di date e di nomi, e ciò che v'è d'artistico toglie ogni gra-
vezza alla parte storica e vi porta una nota gaia e leggiadra.

Anche per quello che s’ attiene all’arte Umbra le brave autrici prefe-
riscono di considerarla dal punto di vista del sentimento, e affermano
di non far della critica, ma egli è certo che pure in questo campo il
lettore trova le traccie delle loro coscienziose ricerche. Queste però, an-
che se minute, non hanno mai diminuito l’ entusiasmo sincero destato
nell’ animo gentile delle scrittrici dalle splendide manifestazioni artisti-
che che si ammirano fra le nostre mura; di tale entusiasmo si hanno:
prove quasi in ogni pagina del grazioso libro, così bene scritto che il
lettore si sente di necessità indotto ad amare ed ammirare la nostra città.
e l’ Umbria.

Hanno acquistato quindi ogni diritto a tutta la gratitudine nostra le
signorine Symonds e Duff-Gordon, che con questo libro, il quale si rac-
comanda anche per la eleganza tipografica, hanno contribuito e contri-
buiranno efficacemente a far conoscere ed apprezzare presso i loro con-
nazionali la nostra regione ed il suo capoluogo. Parecchie delle illustra-
zioni del volume rappresentano edificî e punti della città che abitual-
mente non sono segnalati e che pure di specialissima osservazione son
degni, ed anche tale scelta è prova di conoscenza profonda dell’arte;
ma in omaggio al vero è d’uopo dichiarare che la riproduzione di
queste illustrazioni non è perfettamente riuscita.

Noi facciamo voti perchè le brevi « note di viaggio » su Gubbio,
Spello, Foligno, Montefalco, Trevi, Spoleto, Narni, Orvieto, Città della.
Pieve, che si leggono in fine a questa « Story of Perugia », siano pro-
messa di altri scritti sulle principali città dell’ Umbria, ciascuna delle

reu)

Ne RECENSIONI BIBLIOGRAFICHE

e

DI

quali « ha uno speciale incanto »: il non avere le autrici discorso in
questi cenni di Assisi, perchè « meritevole di particolarissimo studio » ci
assicura che esse porteranno la loro attenzione sulla città che « può
chiamarsi la Gerusalemme d' Italia ».

Per lo stesso titolo generale di « Mediaeval Towns » scritto sulla co-

pertina del volumetto su Perugia, riteniamo che questo sia il primo di
una serie di scritti aventi per iscopo di illustrare la storia ed i monu-
menti di molte altre città italiane, e di tal proposito abbiamo ogni mo-
tivo di compiacerci: se i volumi che vedranno in seguito la luce sa-
ranno, come tutto fa credere, simili alla « Story of Perugia » si ac-
crescerà di molto il numero degli stranieri che potranno con facilità co-
noscere esattamente le vicende della nostra storia ed ammirare con

giusti criteri i monumenti, de’ quali a buon diritto va superba l’Italia.

V. ANSIDEI.

Brizi Alfonso. — Della rocca di Assisi, insigne monumento nazionale
di architettura militare; studi storico-illustrativi compilati per com-
missione della Accademia Properziana del Subasio. — Assisi, Tip.
Metastasio, 1898, di pag. XV -494, con 8 tavole.

Lavoro di un erudito architetto, quale ci voleva, è questo un con-
tributo importante alla storia civile e alla storia delle fortificazioni. La
rocca d' Assisi, piantata sulla sommità del Subasio in modo pittoresco,
presenta « linee disposte col più mirabile artificio, e con una varietà
ed armonia di proporzioni tali, da farla supporre opera d'un sol getto.
e parto del genio di un solo artista.... Non l'imponenza ed il terrore,
nota predominante nelle costruzioni militari del medioevo, sono la carat-
teristica di questo edificio; esso invece, con l’ elegante e variato movi-
mento dei contorni, colla chiarezza delle sue tinte, costituisce, sebben
grandioso, un quadro ridente e leggiadro ».

L’opera descritta nelle sue distinte parti e studiata nelle trasforma-
zioni e aggiunte, determina con metodo storico i diversi tempi di costru-
zione, dà la storia dei personaggi che le più importanti modificazioni
fecero eseguire e di quelli che nella rocca fecero dimora. Una rocca pri-
mitiva esisteva qualche secolo avanti il mille. Nell’anno 1174 Cristiano
arcivescovo di Magonza espuguava Assisi per Federico Barbarossa: tre
anni di poi era in potere di Federico la rocca, « e una non breve dimora

1

del Barbarossa medesimo s'aggiungeva a far qui più temuta la maestà.
558 RECENSIONI BIBLIOGRAFICHE

dell'impero; e quel che più monta, il Barbarossa, levati di mezzo quei
conti indigeni, i quali ebbero, senza dubbio, a parergli più che qualunque
altro della città rei di irriverenza all’ autorità. sua, diè intorno a quel
tempo l’ investitura di Assisi a Corrado di Lutzen, duca di Spoleto, che
in un documento pubblicato dal Muratori soscriveasi eziandio conte della
città di Assisi » (Cristofani). Nel 1194 fu scarcata la rocca d' Assisi, dice
un cronista perugino, ma fatto è, che nel 1137 lo Svevo ancora v' aveva
stanza, e vi teneva sicuro il figliuolo dell’ imperatore, il piccolo Federico II,
che in Assisi tolse il battesimo. Una vera.e completa distruzione si ese-
gui dal popolo sollevatosi contro i signori, nel 1198, quando il conte-
duca erasi recato a Narni: per consegnare il ducato di Spoleto ai legati
di Innocenzo III. La tavola VIII presenta prospetticamente gli avanzi
della prima rocca, spogli d'ogni successiva ricostruzione, e l' autore de-
scrive sulle traccie diligentemente osservate 1’ edificio come allora che
fu in piedi appariva. Il popolo ottenne da Filippo .II che non fosse
più riedificata, a difesa della città innalzando una più estesa cinta di
mura che munì di gagliardissime torri e bertesche: ma sconfitto da Pe-
rugia, dovette distruggerle. Ritornato a libertà per opera dell’ Albornoz,
e sotto la Chiesa, vide riedificarsi le porte e rifabbricarsi la rocca non
‘più rifatta dal tempo della cacciata di Corrado. La rocca dell’ Albornoz
conservò la pianta medesima che aveva l’ antecedente, ma variò il co-
ronamento nei modiglioni o becchetelli foggiati a tre gradazioni di curve,
i quali portano ancora le imposte degli archetti tagliati in pietra; a dif-
ferenza degli altri che le hanno di rozzo laterizio. Qui l' a. si ferma ad
esaminare le parti dell’ edifizio per tentare di attribuire quale all’ AI-
bornoz e quale no, questo o quel lavoro nella rocca maggiore, e. nella
rocca minore, essendo due le fortezze decretate dal Legato. Il disegno
di queste rocche lo dette lo stesso conte Ugolino di Montemarte che dise-
gnó quelle di Narni e di Orvieto e proseguì l’ altra di Ancona, ne ac-
coglie l'opinione contraria alla critica di una rocca ancora in piedi alla
venuta dell’ Albornoz, rigettando il tardivo documento che vorrebbe
farlo credere. I primi castellani di cui è memoria risalgono al 1376 e
proseguono rispecchiando in sè la storia e le vicende del Comune ora
tiranneggiato da Guglielmo di Carlo che si fa gridare Signore e Gonfa-
loniere, ora dal Comune di Perugia, ora dal Tomacelli, ora dal Miche-
lotti. Sotto il cui governo furono riparate e rafforzate le rocche e spe-
cialmente la gran torre centrale rifabbricata per circa due terzi della
sua altezza. L' a. riporta lo stemma di Biordo e la iscrizione posta nel-
l'alto del maschio. La lettura datane dal Brizi. non ci pare esatta, do-
vendo leggersi cosi: Gilio Di Niccolo Conmejsario del
Signor Biordo fo ad fare far questo lavorio. Morto

ES
ECENSIONI BIBLIOGRAFICHE 559

Biordo, la rocca da Ceccolino Michelotti passò in mano di Broglia di
Trino, poi ad Ottobuono de’ Terzi per Gian Galeazzo Visconti, il quale
fece murare la cinta interna. Da questi passarono le fortezze a Gian Ma-
ria suo figlio, quindi a Guido da Montefeltro che le ebbe per denaro da
Paolo Orsini impadronitosene a nome della Chiesa: poi a Braccio, e da
Oddo cedute a Martino V. Caddero nuovamente in potere de’ Bracceschi
in forza di un truce fatto onde fu teatro la rocca maggiore, il cui ca-
stellano fu fatto a pezzi (1433). Il Piccinino tentò occuparla (1442), rac-
chiusi in essa lo Sforza e Guido Fiumi capo in Assisi della fazione av-
versa ai Bracceschi; ma non venendo a lui fatto. d’ entrarvi, vi si pose
attorno, e con trecento fiorini d' oro avuti dai perugini. costruì di contro
a quella, a-ponente, un bastione a fin di costringerla più facilmente
alla resa. Oggi questo più non esiste, e forse non molto dopo fu demolito
(dice l’a.), quando si dette mano a costruire la torre poligona posta al-
l'estremità occidentale del gran muraglione che unisce quella alla rocca,
sotto la signoria del Piccinino e poi nel pontificato di Pio IT. A tempo
di Sisto IV reggendo la rocca Urbano Vergerio savonese, furono intra-
presi nuovi lavori nella medesima, dal comacino Gasparrino, il quale
nel castello centrale rifece il tetto, demolendo gli archi di sostegno, e
coprì tutti i vani con volte laterizie a lunetta: lo stesso fece nei diversi
piani sovrapposti nell’ interno de] maschio. Anche l'oratorio fu allora
costruito (1485). Le fazioni cittadine avvincendarono le signorie de’ Fiu-
mi, de’ Baglioni e de’ Nepis dal 1485 al 1535, con assalti e occupa-
zioni reciproche delle rocche. Nuova fortificazione fu aggiunta sotto
Paolo III, mediante il bastione circolare posto di fianco al primo in-
gresso della rocca maggiore (1538). Questa fu l’ ultima costruzione, per-
chè in seguito, assodatosi il governo della Chiesa, la rocca fu abbando-
natà, tuttochè fosse considerata l'antemurale dell’ Umbria; e i suoi ca-
stellani ritennero il titolo a semplice onore, lasciando che cadesse da ogni
parte in rovina. Dal Governo passata al Comune, questi con atto del 1884
si obbligò di provvedere a sue spese alla manutenzione ordinaria di
essa, e specialmente ad impedire l’ ulteriore deterioramento dei fabbri-
cati, torri e mura, i quali sono ritenuti monumenti di arte militare. La
storia di essi attinta a’ nuovi sconosciuti documenti concernenti non solo
alle varie modificazioni eseguite nell'edificio, nel volger de’ secoli, ma
anche sui fatti dei capitani insigni e de’ castellani preposti al governo
della rocca, si presenta come un lavoro che dovrebbe essere imitato da-
gli scrittori delle singole nostre città umbre che hanno tutte fortilizi
interessanti per la storia e per l'arte; e gioverebbe questo ritorno al
passato a farli meglio apprezzare dal pubblico e a conservarne gli avanzi.
Onde giustamente il Brizi fa voti per la sua rocca, che essa venga ripa-
560 RECENSIONI BIBLIOGRAFICHE

rata, destinandola a contenere una biblioteca medievale e una raccolta
di armi e macchine guerresche usate in quell’ età: « la qual cosa (egli
conclude), mentre riuscirebbe molto vantaggiosa agli studiosi di arte e
di storia, sarebbe sicura salvaguardia per la futura conservazione del-

l’importantissimo monumento ».
L. F.
NECROLOGIO

MARZIO ROMEFEBLT

PN
bd

La morte di Mons. MARZIO Dott. ROMITELLI avvenuta in
Perugia il 12 settembre 1898 è stata ed è cagione di lutto
a questa R. Deputazione di Storia Patria, che si onorava di
averlo fra i suoi soci collaboratori, e noi, ricordando qui il
nome e le virtù di Lui, abbiamo la certezza d'essere fedeli
interpetri del rimpianto e del desiderio, di cui tutti i com-
ponenti la R. Deputazione proseguono e proseguiranno sem-
pre la memoria del benemerito cittadino.

Allorchè nel settembre del 1894 fu costituita la Società
di Storia Patria, Mons. Romitelli fu della costituzione efficace
promotore e molto si allietó quando per tal guisa si realiz-
zarono i voti dei cultori degli studi storici nella nostra Pro-
vincia. — E senza dubbio fra questi cultori Egli meritava
di esser noverato, ancorchè di Lui non resti alcuno scritto
che si riferisca alla nostra storia regionale o cittadina; ma
ciò nonostante crediamo di non andare errati affermando che
segnatamente nell’ esatta conoscenza di quest’ ultima ben
pochi lo uguagliavano. — Assiduo e intelligente collettore
di tutte le pubblicazioni che riguardassero memorie perugine,
Mons. Romitelli non meritava certo il rimprovero che Zeffirino
Re rivolse in un noto epigramma al possessore d’ una splen-
dida biblioteca, di non leggere i suoi libri, chè invece Egli
attentamente li studiava, ponendoli a raffronto fra loro e
segnandovi sui margini le sue acute osservazioni, i resultati
————

Ac mmm mmrera e

TT TREE CR

562 NECROLOGIO

delle sue coscienziose indagini: dai codici e dai manoscritti
che non poteva acquistare traeva le notizie che più glinte-
ressavano e le aggiungeva, secondo gli era consigliato dalla
identità o dalla affinità degli argomenti, ai volumi stampati
che possedeva; ognuno quindi puó di leggieri comprendere
quanto utili siano questi volumi a chi si accinga a qualche
studio su cose perugine.

Mons. Romitelli (ed in questo era davvero agli studiosi
della storia locale prezioso collaboratore) poneva con libe-
ralità più unica che rara a disposizione di chiunque intra-
prendesse ricerche di tal genere la sua ricca libreria, sod-
disfattissimo se gli era dato di comunicare notizie, chiarir
dubbi alle persone che a lui per consiglio di continuo si ri-
volgevano. Anche nel libro delle signorine Symonds e Gor-
don, del quale è parola in questo stesso fascicolo, è con gra-
titudine ramnientato Mons. Romitelli. « Egli, cosi dicon di
Lui le autrici della Story of Perugia, con generosità ci apri
la sua biblioteca, e molti suoi suggerimenti ci sono stati
utilissimi ». A che Egli fosse in grado di segnalare con la
piü squisita cortesia ai forestieri i tesori artistici della nostra

città, contribui il fatto che i suoi Colleghi del Capitolo della

Metropolitana lo avevano prescelto a conservatore dei pre-
gievolissimi codici ed oggetti d'arte che al Capitolo appar-
tengono, ben sapendo che così quei cimelî erano affidati a
chi per la vasta cultura e per il fervido amore a Perugia
sapeva apprezzarne e farne apprezzare la somma importanza.

Delle glorie artistiche di Perugia, del Umbria e d' Italia
andava superbo, e sappiamo che altamente si compiacque,
quando fu eletto socio d'onore della nostra Accademia di
Belle Arti. L'idea di erigere fra le nostre mura un monu-
mento a Pietro Perugino lo ebbe fra i più convinti fautori,
e non vera adunanza del Comitato all’ uopo formatosi, alla
quale, ancorchè sofferente in salute, non intervenisse, parte-
cipando con vivacità alla discussione e dimostrando di affret-
tare coi voti più ardenti la esecuzione del nobile progetto.
MARZIO ROMITELLI 563

Pur troppo la morte gli ha negato il conforto di vedere i
riprodotta nel marmo o nel bronzo in una delle nostre piazze
la figura del maestro di Raffaello.

Ad ogni ordine di cittadini è dolorosa la perdita di
Mons. Romitelli, cui 1’ adempimento scrupoloso dei doveri
sacerdotali non impedi mai di cooperare alacremente, anche
con uomini professanti le più opposte opinioni politiche ma
al pari di lui cultori degli studî e innamorati del bello e del
buono, al bene del paese nativo!

MSN.

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Seu st
565

PRENODICI IN CAMBIO 0 IN DONO — OMAGGIO DI PUBBLICAZIONI
R. Istituto Storico Italiano -- Fonti per la Storia d’Italia. — Monu-
menta Novalicensia vetustiora a cura di C. CrpoLLa (Vol. D. —
Bollettino, Num. 19. — A. Gaupzwzr, Sulla storia del cognome a
Bologna nel sec. XIII. — Num. 20. — BowviciNO DELLA Riva, De

magnalibus urbis Mediolani, pubblicazione a cura di F. Novati.

Miscellanea storica della Valdelsa. (Anno VI, Fasc. 1° e 2°, 1898).

Napoli nobilissima, Rivista di topografia e d’ arte napoletana. (Vol. VII,
Fasc. 4°, 5°, 6°, 7° e 8).

Rassegna Abruzzese di storia ed arte. (Anno II, num. 4).

Bollettino della Società di Storia Patria « Anton Ludovico Antinori »
negli Abruzzi. (Anno X, puntata 9209)

Reale Istituto Lombardo di Scienze e Lettere, Rendiconti. (Serie II?,
Vol. XXXI, Fasc. 7-14).

Società storica Comense. (Vol. III, Disp. 12-15).

Il nuovo Risorgimento, Periodico di filosofia, scienza dell’ educazione e
studî sociali. (Vol. VIII, Fasc. 1-7).

La Favilla, rivista dell’ Umbria e delle Marche, diretta da L. TIBERI.
(Anno XX, Fasc. 5-8).

Erudizione e belle arti, miscellanea diretta, dal prof. F. RAvAGLI. (Anno
III, Fasc. 14° a 19°).

Giornale - araldico - genealogico - diplomatico, pubblicato per cura della
R. Accademia araldica italiana, diretto da G. Di CroLLALANZA. (Anno
XXV, Tomo 6°, num. 1 a 11).

Archivio storico Italiano. — (Dispensa 1* e 9* del 1898). — Indice della

Dispensa 2°. — Memorie e documenti. — Il Padre Tosti, E. Pr-
NELLI. — Intorno ai diplomi regi ed imperiali per la chiesa di Ver-
celli (continuazione e fine), F. GABoTTO. — Nuovi documenti in-

torno a Gualtieri VI di Brienne Duca d’ Atene (estratti dagli Ar-
chivi Vaticani), G. GUERRIERI. — Archivi, Biblioteche, Musei, Aned-

doti e Varietà. — Corrispondenze: — Rassegna bibliografica.
Archivio Storico Lombardo. — (Serie III, Fasc. 18°). — Memorie. —
38
eee een

RETE TN PTET

566

PERIODICI IN CAMBIO O IN DONO -- OMAGGIO DI PUBBLICAZIONI

Giovanni L. De Bonis d’Arezzo e le sue opere inedite, E. CAR-
RARA. — Giuochi ed amori alla Corte d’ Isabella d’ Este, L. FRATI. —
Varietà. — Albergatori milanesi nei secoli XIV e XV, E. MOTTA. —
Storia ed Arte. — L’Oratorio e il codicetto del Pio Luogo dei Vec-
chi e dei Ricchi di S. Giovanni sul Muro, D. SANT’ AMBROGIO.

Archivio storico per le provincie napoletane. (Anno XXIII, Fascicoli 1° e 2°).

— Indice del Fasc. 2°. — CeRrasOLI F., Innocenzo VI e Giovanna I
di Napoli, Documenti inediti dell' Archivio Vaticano (cont. e fine.)
— D'AvarA M., I Liberi Muratori di Napoli nel sec. XVIII (con-
tinua) — CiccaGLIONE F., Un capitolo latino inedito della Tavola
di Amalfi. — G. MercaLLi, Le notizie sismo - vulcaniche riferite-
nelle cronache napoletane apocrife o sospette. — CECI G., Giuoco e
giuocatori a Napoli nel sec. XVIII e nel primo ventennio del XIX. —
De MARINIS T., Tre documenti riguardanti il Chariteo. — BEVERE
R., Arredi sacri in uso nelle provincie napoletane dal XII al XVI
secolo.

Archivio della R. Società Romana di Storia Patria. (Vol. XXI, Fasci-

coli 1° e 2°). — F. PaenoTTI, Niccolò da Calvi e la sua Vita d'In-
nocenzo IV, con una breve introduzione sulla istoriografia pontificia
nei secoli XIII e XIV. — V. FepeRrICI, L’ antico evangeliario del-
l’archivio di S. Maria in Via Lata. — M. Rosi, Alcuni documenti
relativi alla liberazione dei principali prigionieri turchi presi a Le-
panto. — F. HERMANIM, Il dittico di Rambona. — Varietà. — M.
Rosi, Un rimedio contro la peste offerto a Clemente VII. — Biblio-
grafia.

> Nuovo Archivio Veneto. (Anno VIII, num. 29 e 30). — Indice del num.

30. — L' acquisto di Lepanto (1407), V. LAZZARINI. — Note di Storia Ve-
ronese, C. CipoLLa. — Dei movimenti insurrezionali del Veneto sotto
il dominio napoleonico e specialmente del brigantaggio politico del
1809. Notizie raccolte da G. BuLLo. — Gli Statuti di Brescia dei sec.
XII al XV illustrati e documenti inediti, A. VALENTINI. — H. To-
bra avocat: Saint Pierre Orseolo, sa vie et son temps (928-987), V.
SAVI. — D. Israel Conegliano und seine Verdienste und die Repu-
blik Venedig bis nach dem Frieden von Karlowitz, von Prof. D.
Danid Kaufmann, G. JARÈ. — L. Pastor Zur Beürtheilung Savo-
narolas (1498) Kritische Steifzuege, B. w.

Atti della R. Accademia delle Scienze di Torino, Vol. XXXIII, Disp. 72 -

13* (1897 - 98).

Rivista di Artiglieria .e Genio, Anno XV (Vol. II, aprile, maggio e

giugno 1898, e Vol. III luglio- agosto 1898).

Civiltà cattolica, Serie XVII, Vol. II, Quaderni 1148 - 1153.
b

as Ufa X We do UIN atio

PERIODICI IN CAMBIO O IN DONO -- OMAGGIO DI PUBBLICAZIONI 567

Studi e documenti di Storia e Diritto, Anno XIX, Fascicoli 1° e 2°.

Bullettino Senese di Storia Patria, Anno V, Fasc. 1°. — Memorie ori-
ginali — A. Ricci, Il Barone Bettino Ricasoli a Siena e a Brolio.
— A. Lisini, notizie di Duccio pittore e della sua celebre ancona.
— A. LuscHIN, I sepoleri degli scolari tedeschi in Siena.

Miscellanea storica Senese, Anno V, num. 3-4 e 5-6.

Atti e memorie della R. Deputazione di Storia Patria per le provincie
di Romagna, Serie IIT, Vol. XVI, Fasc. I-III, gennaio-luglio 1898. —
Tamassia N., Reliquie di un decreto giustinianeo a favore della
Chiesa Ravennate. — SaLvioni G. B., Sul valore della lira bolo-

gnese (eont.) — MaLaguzzi-VaLeRI F., Le pergamene, i codici
miniati e i disegni del R. Archivio di Stato di Bologna. — Bo-

SDARI F., Bologna della prima lega lombarda (cont. e fine).

Rivista di Storia antica e Scienze affini, diretta dal prof. Gracowo Tro-
PEA, Anno IIT, Fasc. II-III, aprile e luglio 1898.

Attà della Reale Accademia Lucchese di Scienze, Lettere ed Arti, To-
mo XXIX. — Lucca, Tip. Giusti, 1898.

Atti e memorie della Società Siciliana per la Storia Patria, Anno XXII,
Fasc. III-IV. — Dr GiovannI V., Il Castello e la Chiesa di s. Filippo
a Mare Dolce in Palermo. — Romano S., I Siciliani nella guerra
di Tunisi nell' anno 1270.

Bullettino della Società Dantesca Italiana. (Vol. V, Fascicoli 5? a 7°)

Memorie storiche e documenti sulla. città e swull' antico principato di
Carpi. — Studi e indagini della Commissione municipale di Storia
Patria e Belle Arti di detta città. (Vol. VII, Carpi, 1891).

Indici e Cataloghi pubblicati a cura del Ministero della P. I. — I Codici
'alatini della R. Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, (Vol. II,
Fase. 5°).

Bollettino storico - bibliografico subalpino, diretto da F. GABorTO. (Anno
III, num. 3 e 4).

R. Accademia dei Lincei. — Atti. Rendiconto dell' adunanza solenne del
12 giugno 1897. — Rendiconti. (Serie V, Vol. VII, Fascicoli 2° a 69).

Rivista di Storia, Arte, Archeologia della Provincia di Alessandria.
(Anno VII, Fasc. 21 e 22).

Miscellanea di Storia italiana, pubblicata per cura della R. Deputazione

sovra gli studi di Storia Patria per le antiche provincie e la Lom-
bardia. (Serie III, Tomo 4°, 35° della Raccolta. — Rossi G., Glossa-
rio medioevale Ligure. — Duc J. A., Livre des cens de l' Evéqué
d’ Aoste. — DemARIA G., La Guerra di Castro e la spedizione dei
presidi (1639-1649). — MaroccHI R., Francesco Barbavara durante
la reggenza di Caterina Visconti, secondo i documenti dell’ Archivio
568. PERIODICI IN CAMBIO O IN DONO -- OMAGGIO DI PUBBLICAZIONI

civico di Pavia. — VACCARONE L., Bianca Maria di Challant e il
suo corredo. — PéLIssier L. G., L' Alliance Milano — Allemande
à la fin du XV siécle. — L'ambassade d'Herasmo Brasca à la cour
de l' empereur Maximilien.

Melanges d' Archéologie et d' histoife (École francaise de Rome), XVIII

Annuée, Fascicules 3°-4°. — Etudes sur l'organisation municipale du
Haut-Empire, par M. J. Tourain. — Santa Chiara de Naples —

L'église et le monastére des religieuses, par M. E. BERTAUX. —
Fragment d'un relief représentant l'intérieur d'un amphithéatre,
par M. M. RosrowsEr. — Murat et la question de l’ unité italienne
en 1815, par M. A. DurouncCQ. -- L'inscription de Lanuvium à Ro-
me par M. G. DE MANTEYER. — Jupiter Jurarius, par M. M. Bz-
SNIER. — La Chimére de la Villa Albani, par M. L. HaAwo.

HR. Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti. — J. Von SCHLOSSER,
Die áltesten medaillen und die antike. — M. DrENA, Rabbi Scelomò
Askenazij e la Repubblica di Venezia. i

Studi storici, periodico trimestrale diretto da A. CriveLLUCccI (Vol. VI,
Fasc. 2* e-4’, .Vol. VII, Fasc. 1°). Indice del: Vol. VII, Fasc. 1°.
— F. G. MaxacORDA. Frammento di un nuovo codice cassiodoriano.
— G. SANTINI, Gli antenati di Vittorio Alfieri (con documenti ine-
diti e l’albero genealogico della famiglia Alfieri). — G. VOLPE,

. Intorno ad alcune relazioni di Pisa con Alessandro VI e Cesare Bor-
gia (1499-1504).

Accademia di Scienze, Lettere ed Arti degli Zelanti e PP. dello studio di
Acireale. Atti e Rendiconti. (Nuova Serie, Vol. VIII).
Bollettino della Società Africana d'Italia. (Anno XVII, Fascicoli 2° e 3,).
Atti dell’ Accademia Properziana del Subasio in Assisi. — Luglio 1898

(numeri 10, 11 e 12).
Atti della Pontificia Accademia Romana di Archeologia. (Serie II, To-
mi l° a 6°).

INDICE GENERALE DEGLI ATTI PARLAMENTARI. — STORIA DEI COLLEGI
ELETTORALI (1848-1897). — Pubblicazione della Presidenza della
Camera dei Deputati nel 50° anniversario dello Statuto. — Roma,
Tip. della Camera dei Deputati, 1898.

PeLLIco S. — Poesie e lettere inedite pubblicate per cura della Biblioteca

della Camera dei Deputati nel 50° anniversario dello Statuto. —
Roma, Tip. della Camera, 1898.

Pansa G. — Emilio De Matteis, l’opera sua e i cronisti Sulmonesi, Lan-
ciano, Tip. Carabba, 1897. — Libri e librerie in Sulmona ne’ se-

=
vai

PERIODICI IN CAMBIO O IN DONO -- OMAGGIO DI PUBBLICAZIONI 569

coli XIII-XV, Lanciano, Tip. Carabba, 1898. — Un processo per
uxoricidio nel sec. XVII, Casalbordino, Tip. De Arcangelis, 1898.

FANI C. — Commemorazione in onore di Eugenio Brizi, Assisi, ( marzo
1897. — Assisi, Tip. Metastasio, 1897.

EroLI G. — Descrizione delle Chiese di Narni e suoi dintorni. — Narni,
Tip. Petrignani 1898.

Guasti G. — Di un quadro trovato in Olanda, opera di Raffaello San-
zio. — Firenze, Stab. tipografico fiorentino, 1898.

FEDERICI S. — Saggi di critica. — Perugia, Unione Tip. Coop., 1898.

Croce B. — Un repertorio della commedia dell’ Arte. (Estratto dal Gior-

nale Storico della letteratura italiana, Vol. XXXI, pag. 458).
FrEGNI G. — Sul canto dei fratelli Arvali al tempo di Romolo e di

Numa. Studi storici e filologici. Modena, Tip. Namias e C., 1898. --

L’ Archeologia etrusca ed umbra in mano ai grammatici ed ai pe-

danti. — Modena, tip. Narmas e C., 1898.
SALZA ABp- EL KapERn. — Lettere inedite di Vittoria Colonna e Bene-

detto Varchi pubblicate con note per nozze Mancini - Achiardi. —
Firenze, Tip. dei minori corrigendi, 1898.

DeGLI Azzi GiuSTINIANO. — Gli albori del teatro italiano. — Perugia,
Tip. Umbra, 1898.

va Lee È
»À n ie
\___———— ===.
511

TAVOLA DI^ NOME DI PRRSONE E DI LUOGHI

ADRIANI Pracipo, Autor di com-

medie rappresentate in Peru-
gia, 423.
ALBORNOZ card. E. Contro il

Prefetto di Vico, 193.
ALEANDRI V. E., 194.
A Gubbio
e nel monastero di Fonte Avel-

ALIGHIERI DANTE.

lana, 545.
AMELIA. Pace con Todi nel 1340,
206. — Suo Cap. del pop., 419.
ANDREA da Perugia. Vedi STRA-
MAZZO.

ANDREOLI G. Vedi Grona10
(Mastro).

ANDREUCCIO (frate) da Monte-
falco, 186 e sgg.

ANGELICO (beato). Sua influenza
nell’ arte umbra, 421. — Opera
in Orvieto, 422.

ANSIDEI V. I Codici delle Som-
missioni al Comune di Perugia,
157 e sgg. — Recensione della
Story of Perugia di M. Sysmonds
e L. Duff Gordon, 555. — Ne-
grologio di Marzio Romitelli,
561 e sgg.

ANTINORI

495.

O. Commemorazione,

n
fe

ANTONIAZZO Romano. Sua pit-
tura, 195. — Sua maniera, ivi.

ANTONIO di Antoniazzo Roma-
no, 195.

Assist. Archivio musicale del
Convento, 195. — Relaz. di una
visita alla basilica e città, 204.
— Antichità, 206. — Relazioni
con Firenze, 419.

Azzi (DEGLI) G. Un documento
ined. sulla questione della data
dello Statuto volgare di Peru-

gia, 177 e sgg.

BAGLIONI. Notizie storiche, 196.
BAGLIONI famiglia, 548.
BAGLIONI G. P., 541.
BALDESCHI famiglia, 208.
BARTHOLOMAEIS(DE)V., 199.
BASTIA. Statuti, 424.
BELLUCCI A., Monete inedite
coniate nella zecca di Perugia
durante la guerra del sale, 535
e sgg.
BsLLUGO:I G., 207, 554.
BENCIVENNE da Norcia, 494.
BERNARDI À., 553.
BERNARDINO di Mariotto dello
Stagno. Sua pittura, 194.
[o]!

BETTONA, Restituita a Clemente
VI. 7192:
BEVAGNA. Archivi, 207.

Biwi-CiMaA G., 425.

Bosone da Gubbio, 551.

Bower H., 204.

Brizi A. Della rocca di Assisi,
DOT.

Brizi E. Memorie autobiografi-
che, 425.

BROUSSOLLE I. C., 199.

CaLziNni E. Per Mastro Giorgio,
401 e sgg.

CAPORALI C. Rime, 552.

CARINI I., 202.

CARLI R. Autore del Cenacolo
di Foligno attribuito a Raffaello,
205 e sgg.

CAYVALCASELLE G.—B., 197.

CERRO (DEL) E., 204.

CESARINO del Roscetto. Croce
astile, 550.

Cesi. Vi opera di pittura il Pa-
pacello, 198.

CITTÀ DI: CASTELLO. Pit:

ture in, 197, 204. — Relazioni
con Firenze, 419. — Suoi Pote-
stà, ivi. — Stendardi attribuiti
a Raffaello, 200 e sgg. — La
istruzione in, 546. — Statuti,
504.

CITTÀ DELLA PIEVE, Sup-
posta dimora di Raffaello in, 207.

CONESTABILE G. C. Lettere,
902.

CowN' rOorLI CrLAuDIO. Edizione

12 TAVOLA DE' NOMI DI PERSONE E DI LUOGHI

perugina del 1606 dei suoi car-
mi, 196.
CoNwar R. C., 201.
CoPPETTA. Rime, 552.
CORBARA (di) Agnese. Lettera,
199; :
Crowe G. A., 197.
CuTURI T., 428.

DANTI VINCENZO. Notizie e no-
mina ad architetto del Com. di
Perug:a, 208.

DERUTA. Archivi, 207.

DomEeENICO Veneziano, pittore.
In Perugia nel 1438, 197.

DonaT1G., 425.

Durr Gorpon L., The Story of

Perugia, 555.

EGipi A. F., 206. i

ErRcOLANI V. Suo carteggio
nella Bibl. Com. di Perugia,
205.

ERCULEIR., 420.

EROLIG.. 426.

FABRETTI A. Lettere, 202.

FANIC. Conferenza su E. Brizi,

425.

FILIPPINI F., 193.

FINALI G., 196.

FroRnENZO di Lorenzo. Sue pit-
ture, 194, 204.

FoLIGNO. Edizione della Div.
Comm. del 1472, 196 e sg. —
Pittura in s. Onofrio attribuita a
Raffaello, 205 e sg.; e al Peru-

gino, 424. — Statuto, 206.
TUUEPNGEETURIUEMETE TM

TER TEES

: È E 49125
TAVOLA DE’ NOMI DI PERSONE E DI LUOGHI 573

FonTEBRACCI Braccio. Let-
tera, 192.
FRANCESCO da Città della Pie-
ve. Pittore del sec. X V, 208.
FRANCESCO (s.) d'Assisi. Leg-
genda verseggiata, 199. — Sue
nozze con madonna Povertà, 421,
— Sua lettera, ivi. — Suo ri-

tratto, 541.

FraTIL., 946.

FREGNI G., 553.

Fumi L. I Registri del Ducato di
Spoleto, 197 e sgg. — Aneddoti
curiosi, 183 esgg.— Necrologia
di M. Tabarrini, 211 e sgg. —
Eretici e ribelli nell' Umbria, 221
e sgg., 491 esgg. — Recensione
« Della rocca di Assisi » di
A. Brizi, 557 e sgg.

GABRIELLI ENEA, capitano, 200.

GALEOTTO d'Assisi, capitano 200.

GASPARE da Todi. Lettera, 192.

GENTILE A. Laureato in Peru-
gia, 544.

GIANNANTONIL.I Codici delle
Sommissioni al Comune di Pe-
rugia, 157 e sgg.

GIBELLI À., 545.

GIORGIO (Mastro), 401 e seg. —
Appunti bibliografici, 411 e sgg.
— Mostra di sue opere, 548 e
segg.

GIOVANNUCCIO (frate) da Mon-
tefalco, 186 e sgg.

GIRALDINI A. Lettera diretta-
gli da Ferd. I re di Napoli, 192.

G o n1 F. Sulla distruzione di Spo-

leto nel 1155, 47 .e sgg.: 426,
427.
Gozzori Bexozzo. Sue opere
nell’ Umbria, 197.
GREGORIO Tifernate, 196.
GRISAR padre, 544 e sgg.
GUALDO. Statuti, 494.
GUARDABASSI F. Discorso su
G. Pontano, XVII e sgg.
GUBBIO, Pinacoteca, 201. — Sue
tavole, 202 e sg., 543. — Festa
dei Ceri, 204. — Relazioni con
Firenze, 420. — Suo palazzo
dueale, 421. — Pitture di Otta-
viano Nelli, 422.

IBr SimisALDO. Pittura nella Pi-
nacoteca di Gubbio, 201.

INNOCENZO da Norcia, capita-
no, 200.

JACOPONE da Todi, 548.

LANCIARINI V., 199.
LANZI L., 204, 207.
LAUDI umbre, 195.
LEOSCHEUXP., 192.
LSEOUA UTI I2 198.
LISINI À., 199.
LORSERC., 199.

MALVEZZI N., 209.

MANCINI G., 196.

MANZONI L. I quadri dello Spo-
salizio della Vergine dipinti da
Pietro Perugino e da Raffaello
d' Urbino, 511 e seg.

Ma'rTEO (frate) da Perugia, 183

e sgg.
NONTENUETPETUGCYSDPUR i e e POR

= e

MAZZATINTI G., 206 e sg., 593.
MENICONI M. A., Autore della
relaz. del viaggio delle galere
pontificie, in Levante nel 1657, e
di una orazione ad Alessan-
dro VII, 193.
MONTEFALOCO. Pitture di Be-
nozzo Gozzoli in s. Francesco e
in s. Agostino, 197.
MONTONE. Archivi, 207.
MORICI M., 545.

NAVONE G., 198.
NELLI OTTAVIANO. Riproduzione
di un suo affresco, 203. — Pit-
ture sue in Gubbio, 422.

NIicorò da Calvi, 543.

NICOLO da Foligno. Pittura at-
tribuitagli, 194. — Notizie di sue
opere, 198. — Riproduzione fo-
totipiea d'una sua tavola, ivi.

NOACH di Darmstadt, 428.

ORVIETO, Restituita a Clemen-
te VI, 192. — Opere del Gozzoli e
di Luca Signorelli, 197. — Scultu-
re del Duomo, 199, 544. — Marmi
del Duomo, 209. — Relazioni con
Firenze, 419. — Suoi Capitani del
popolo, ivi. — Oggetti umbri al-
l'Esposiz. d'arte sacra, 420. —
Pitture del b. Angelico, 492.

PACCIANO. Pitture di Luca Si-
gnorelli in, 197 e sgg.

PAGNOTTI F., 543.

PAPACELLO. Dipinge in Peru-
gia, 198; ed a Cesi, ivi.

P " £s ü

(4 TAVOLA DE' NOMI DI PERSONE E DI LUOGHI

PARDI G. Gli Statuti della Col-
letta del Comune di Orvieto, 1
e sgg. — Atti degli scolari dello
Studio di Perugia, 487 e sgg.
PENNA (della) TADDEA, 202.
PENNINA(LA BELLA). Vedi P x N-
NA (della) TADDEA.
PERUGIA. Cronaca ined. di Pie-

tro Angelo di Giovanni, 57 e

sgg., 303 e sgg. — I Codici
delle Sommissioni al Comune,
157 e sgg. — La data dello
Statuto volgare, 177. — Sacre
rappresentazioni, 193. — Notizie

storiche, 196, 208. — Opere del
Signoreli in P., 197; e del
Papacello, 198. — Sommissioni
di terre al Comune, 200. — Let-
tera al Comune di Pietro II

d'Aragona, 202. — Bolle di
Martino IV e Clemente IV da-
tate da P., ivi. — Avvisi della

‘occupaz. della città nel 1529,
ivi. — Mss. della Bibl. Com.,

205. — Archivi, 207. — Corredi
di dame, 208. — Relazioni con
Firenze, 419. — Commedie rap-

presentate in S. Pietro, 423. —

Di un’ urna etrusca del Museo,

425. — Iscrizioni etrusche, 426
e sg. — Opere della scuola
giuridica, 428, — Architettura

e mura etrusche in P., ivi. —

Fototipie e disegni de’ suoi mo-

numenti, ivi. — Un Garden -
Party nel 1459, 547. — Il car-
nevale, ivi. — Giuoco dei dadi,

ivi. — Iscrizioni nelle case, ivi.
e
s

TAVOLA ‘DE’ NOMI DI PERSONE E DI LUOGHI 5T5

— Torneo del 1586, ivi. — Rap-
presentazioni sacre, ivi. — No-
tizia del coro di s. Pietro, 548.
— Scolari dello Studio, 487 e
sgg. — Monete, 535 e sgg.
PEsRUGINO Pierro. Sua: ma-
niera, 195. — Sue pitture nella
Galleria del Duca di Savoia,
194; nella Galleria Nazionale di

Vienna, 198. — Sua influenza,
198 e sg. — Maestro di Raf-
faello, 199. — Non è autore dei

disegni attribuitigli della Rac-
colta Malcolm del British Mu-
seum, 199. — Sua scuola, 200. —
Riproduzione di sue pitture,
203 e sg. — Attribuitigli il Ce-
nacolo di Foligno e altri dipinti,
424 e sg. — Quadro dello Spo-
salizio, D11 e sgg. — La depo-
sizione in Città della Pieve, 541.
PETRUCCIANI L., 546.
PrETRO ANGELO di Giovanni.
Cronaca perugina inedita, 51 e
sgg., 303 e sgg.
PINTURICCHIO. Sue pitture,
194, 200. — Riproduz. di una
sua tavola dell’i. e r. Galleria
di Berlino, 200. — Freschi in
Vaticano, 424, 427. — Dipinto
a Torre d' Andrea, 548.
PLANTA (von) R., 201.

POMETTI F. Recens. dello ,Spe-

culum. perfectionis edito da P.

Sabatier, 429 e sgg.
PONTANI V., pittore, 425.
PoNTANO Grovanni. Sua vita

e sue opere, XVII e sgg.

PonTANO Tommaso. Nota bio-
grafica, 554.
PORZIUNCOLA, 202.

RAFFAELLO d’ Urbino. Quadro dello
Sposalizio, 511 esgg. — Madonna
del Libro, 948. — Relazioni cogli
artisti umbri, ivi.

RANIERO da Perugia, 424.

RAPPRESENTAZIONI sacre in
Perugia, 193.

ReyMOND M., 199, 544.

RiETrI, 188 e sgg. — Relazioni
con Firenze, 420. — Documenti
di sua storia, 427. — Matrimo-
nio celebratovi tra Costanza di
Altavilla ed Enrico VI, ivi.

RoMITELLI Marzio. Necro-

logio, 561 e sgg.

SABATIER P. Recens. dello Spe-
culum perfectionis s. Francisci, .
429 e sgg.

SALZA A., 205.

ScALVANTI 0. Cronaca peru-
gina ined. di Pietro Angelo di
Giovanni, 57 e sgg., 303 e sgg.
— L'esame di laurea di Albe-
rigo Gentile, 544.

SzERGI G., 203.

SIGNORELLI Luca. Sue opere
nell' Umbria, 191 e sg.

SORDINI G., 426.

SPOLETO. Sua distruzione nel

1155, 47 e sgg. — I Registri
del Ducato di, 137 e sgg. —
Pitture, 199, 204. —. Relazioni
con Firenze, 420. — Scoperte
576 ^ ‘TAVOLA DE' NOMI DI PERSONE E DI LUOGHI
di antichità, 426. — Iscrizione . TREVI. Note storiche, 195.

della chiesa di s. Pietro, 544
e sg.
STEINCHEN F., 200.
STRAMAZZO da Perugia, 423.
SvwxoNps M. The Story of Pe-

-

rugia,. 555.

TABARRINI M. Necrologio, 211
e sgg.

TERNI, 204. — Sul suo antico
nome, 201 e sg.

Tonr. Corsa per la Chiesa nel
1408, 192. — Podestà e Cap.
fiorentini, 419. — Fa pace nel
1940 con Amelia, 206.

TOMMASINIMATTIUCCI P.,
546.

TOMMASO (ser) di Silvestro, Dia-
rio, 191. :

TORRED'ANDREA. Pitture in,
548.

UMBERTIDE. Archivi, 207.

UMBRIA. Notizie storiche, 196.

— Pitture, 197. — Scuola pit-
torica, 198 — Antico dialetto,
201 e sg. — Analogia fra anti-

che città, 202. — Bolognacapitale

dell’ U., ivi. — Provenienza de-

gli Umbri, 203. — Bibliografia
geologica, 207. — Folklore, ivi
e 554. — Usi nuziali, ivi. —

Storia dell’arte pittorica, 424.
— Suoi Podestà, Giudici, ecc.
in Arcevia e in Romagna,

000 e sg.

VANNUCCI P. Vedi PeruGINO P.
Vico (Prefetto di). Si arrende al-
l' Albornoz, 193.

— ——Á VL ____

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T" e” ET.

DIT

INDICE DEL QUARTO VOLUME

Atti della Regia Deputazione.

Adunanze del SEZ e dell’ Assemblea generale tenute in

Spoleto il 21, e:23 settembre 1897... o ILE SS
Giovanni Pontano di i Spoleto — Discorso (F. Roo) » XVI
Memorie.

Gli Statuti della Colletta del Comune di Orvieto (G. PaRDI). » 1

Sulla distruzione di Spoleto e sulle antiche vie percorse dal-

T' esercito del Barbarossa quando nel 1155 mosse da Tivoli

álla volta di. quella;città (E..GORD . *.:. ann » TC
Cronaca Perugina inedita di Pietro Angelo di Giovanni in

continuazione di quella di Antonio dei Guarneglie, già

detta del Graziani (0. SCALVANTI) . . . . . Pagine 51, 308
Eretici e ribelli nell’ Umbria dal 1320 al 1330, studiati su i

documenti inediti dell’ Archivio segreto Vaticano (L.

EMISE OR rara vu tum ago QI 40
Atti degli scolari dello Studio di Perugia dall'anno 1497 al

IDID(G PARDI)SSSA S MO DLL ers Secus i rex 071 ong ‘SY |
I quadri dello Sposalizio della B. Vergine dipinti da Pietro

Perugino e da Raffaello d' Urbino (L. MANZONI). . . . » DII
Monete edite ed inedite coniate nella zecca di Perugia durante

lazeuerra del saletne[ MDXL: iw $0 I o DS » 530
Documenti.
I Registri del Ducato di Spoleto — Archivio segreto Vati-

sano — Camera Apostolica (L. FUMI) -. . . . 0... »- 8T
ut
-1
(0°)

INDICE DEL QUARTO VOLUME

Inventari e Regesti.

I Codici delle Sommissioni al Comune di Perugia (V. An-
SIDEL- I4: GFANNANTONE): €. . 5 S Ao Lui 9d

Comunicati.

Un documento inedito sulla questione della data dello Statuto

volgare di Perugia-(G. Dani Azz1. .- . . . . .-.
Per Mastro Giorgio: nel quarto Centenario della cittadinanza
Enguübina CE:CCALZINI. 7x Col

Aneddoti curiosi.

1. Coscienza netta. — 2. Frati infedeli. — 3. La pelle di un
palafreniere di Carlo II re di Napoli per le vie di Rieti
CLUIGE-FDMP a e

Pag.

Analecta Umbra (G. MAZZATINTI) . . . . . . Pagine 191, 419,

Recensioni bibliografiche . . . . . . . . . . Pagine
Necrologi.

Marco Tabarrini (D. Fumi). . .. . .

Marzio Romitelli (VINCENZO ANSIDEI) . . . . . . . . .

Periodici in cambio o in dono — Omaggio di pubblica-

ZIODL 00945... deor p uL DER re NIE

Tavola dei nomi di persone e di luoghi . . . . . . . .
—_Uge sts

499,

215,

Pag.

157

400

211
561

565
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