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% ANNO V. Fascicoro I. :

BOLLETTINO

DELLA REGIA DEPUTAZIONE

STORIA PATRIA

PER L'UMBRIA

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VOLUME V.

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DION. D' ALICARN. Ant. Rom. I, 19.

PERUGIA
UNIONE TIPOGRAFICA COOPERATIVA
(GIÀ DITTA BONCOMPAGNI)

18939
© TI

ATTI DELLA R. DEPUTAZIONE

REGIO DECRETO, n. (4, che istituisce una Regia Deputazione sopra gli
studi di storia patria per U Umbria, con sede in Perugia.

UM-À9ERTO.-I.

PER GRAZIA DI DIO E PER VOLONTÀ DELLA NAZIONE
RE D'ITALIA.

Veduto il R. Decreto 27 novembre 1862, n. 1003, col quale è istituita
una Deputazione sopra gli studi di storia patria per le provincie toscane
e per l’ Umbria;

Veduto il Regolamento della Deputazione stessa;

Ritenuto che per il maggior incremento degli studî storici dell’ Umbria
sia conveniente istituire una speciale Deputazione con sede in Perugia:

Sulla proposta del Nostro Ministro Segretario di Stato per la Pub-
blica Istruzione ;

Abbiamo decretato e decretiamo :

Art. 1. — È istituita, per la provincia dell’ Umbria, una speciale
Deputazione col titolo di « R. Deputazione sopra gli studi di storia pa-
tria per l’ Umbria », con sede in Perugia.

Art. 2. — Essa avrà per iscopo di raccogliere e pubblicare per mezzo
della stampa storie, cronache, statuti e documenti diplomatici ed altre
carte che siano particolarmente importanti per la storia civile, militare,
giuridica, economica ed artistica dell’ Umbria.

Art. 3. — La Deputazione predetta dipenderà immediatamente dal
Ministero della Pubblica Istruzione.

Art. 4. — Essa avrà un presidente, un vice-presidente ed un segre-
tario-economo, che saranno per la prima volta nominati da Noi, e suc-
cessivamente saranno eletti dalla Deputazione, e la loro elezione sarà
approvata con Decreto Reale.

Le stesse norme saranno seguite per le nomine dei soci.

Art. 5. — Sono abrogate le disposizioni contrarie al presente De-
creto.

Ordiniamo che il presente Decreto, munito del sigillo dello Stato, sia
VI

inserito nella Raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti del Regno d' Ita-
lia, mandando a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.

Dato a Roma, addi 27 febbraio 1896.

UMBERTO j
dra G. BACCELLI.

Visto, IZ Guardasigilli: V. CALENDA DI TAVANI.

' R. DECRETO, n. 176, che erige in corpo morale la Regia Deputazione

per gli studi di storia patria nell’ Umbria e che me approva lo
Statuto organico. :

UMBERTO I.

PER GRAZIA DI DIO E PER VOLONTÀ DELLA NAZIONE
RE D'ITALIA.

Visto il Nostro Decreto del di 27 febbraio 1896, n. 74, che istituisce
una Deputazione sopra sopra gli studi di storia patria per l'Umbria,
con sede in Perugia;

Vista la domanda con la quale il Presidente di detta Deputazione
chiede che questa sia eretta in corpo morale.e che ne sia approvato lo
Statuto organico, già deliberato dai soci nell'adunanza del 16 maggio
1891;

Sentito il Consiglio di Stato;

Sulla proposta del Nostro Ministro Segretario di Stato per la Pub-
blica Istruzione;

Abbiamo decretato e decretiamo :

ART. 1. — La R. Deputazione per gli studi di storia patria nell' Um-
bria è eretta in corpo morale.

Anr.2. — È approvato lo Statuto organico di detta Deputazione di
25 articoli annesso al presente Decreto e firmato d’ordine Nostro dal
Ministro Segretario di Stato per la Pubblica Istruzione.

Ordiniamo che il presente Decreto, munito del sigillo dello Stato,
sia inserto nella Raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti del Regno
d’Italia, mandando a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.

Dato a Roma, addi 22 maggio 1898.

UMBERTO
GALLO.

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VI

"STATUTO

R. DEPUTAZIONE PER GLI STUDI DI STORIA PATRIA

NEIL'UMBEHREIA

approvato con Regio Decreto 22 maggio 1898

———.————

ART. 1. — È costituita per Decreto Reale del 27 feb-
braio 1896, la Regia Deputazione di studi di storia patria
per l’ Umbria, con sede in Perugia, a fine di favorire gli
studi storici e di provvedere alla conservazione e pubblica-
zione di documenti riguardanti la provincia di Perugia.

ART. 2. — La Regia Deputazione si compone di soci:

&) Ordinari ;
| Collaboratori ;
Q) Aggregati.

a) Sono ordinari i soci proposti dal Consiglio della
Regia Deputazione e confermati per Decreto Reale. Il loro
numero non potrà essere superiore a 20.

b) I collaboratori sono scelti dall assemblea fra i piü
noti eruditi o cultori di studi storici, nati o domiciliati nella
regione. |

Dalla categoria dei collaboratori sono scelti gli ordinari;
e tanto gli uni, quanto gli altri cooperano alle pubblicazioni
sociali e si obbligano di pagare lire 1O annue per aiuto
alle medesime. :

c) Gli aggregati sono scelti fra gli amatori dei buoni
studi che meglio sono in grado di favorire le ricerche e le
VIII

pubblicazioni storiche. Essi pagano alla Deputazione per le
pubblicazioni un contributo annuo di lire 1&.

ART. 3. — Tutti i soci ordinari, collaboratori ed aggre-
gati ricevono in dono un esemplare del Bollettino, che perio-
dicamente pubblica la Regia Deputazione.

ART. 4. — Possono essere nominati corrispondenti quegli
eruditi estranei alla Provincia che forniscano comunicati o
scritti utili alle pubblicazioni che la Regia Deputazione si
propone d'intraprendere.

ART. 5. — Possono essere dichiarati benemeriti tutti co-
loro che facciano a favore della Deputazione elargizioni non
inferiori a lire 1OO, 0 concorrano notevolmente all’ au-
mento del patrimonio. Saranno inviati ad essi separatamente
gli atti della Regia Deputazione estratti dal Bollettino, e
potrà anche conferirsi loro un diploma di benemerenza.

ART. 6. — Le somme elargite dai soci benemeriti co- .

stituiscono un fondo di riserva.

ART. 1. — Il diploma di socio benemerito è firmato dal
Presidente e dal Segretario- Economo.

. ART. 8. — Possono essere proclamati onorari dall'assem-
blea generale, su proposta di tre soci ordinari, i piü insigni
cultori delle discipline storiche, i quali abbiano giovato o
siano per giovare particolarmente agli studi della regione
umbra.

ART. 9. — La Regia Deputazione ha un Consiglio com-
posto dei soci ordinari.

ART. 10. — Un Presidente, un Vice-Presidente, ed un
Segretario-Economo, scelti fra i soci ordinari, costituiscono
l ufficio di presidenza; durano in carica per tre anni, ed
alla fine del triennio possono anche essere nuovamente pro-
posti per altri tre anui alla conferma Sovrana.

ART. 11. — Ogni socio ordinario che senza legittimo
impedimento non abbia mai corrisposto, nel corso di due
anni, agli inviti, né per la collaborazione, né per le adu-
nanze, s'intenderà dimissionario e sarà surrogato.
IX

ART. 12. — II Presidente regola ed amministra la De-
putazione, sovraintende ai lavori scientifici, firma il carteg-
gio, cura l' esatta osservanza dello Statuto, convoca e pre-
siede il Consiglio e l' adunanza annuale dei soci.

ART. 13. — Il Vice-Presidente esercita le attribuzioni
del Presidente, quando questi, assente od impedito, lo inca-
richi di rappresentarlo.

Art. 14. — Il Segretario-Economo compila i processi
verbali delle adunanze generali e prende nota delle delibe-
razioni del Consiglio; è responsabile del carteggio ; fa la re-
lazione annuale dei lavori a nome della Presidenza; riscuote
e custodisce le somme di mano in mano ritirate dai soci e
dagli enti morali; eseguisce i pagamenti sopra regolari man-
dati firmati dal Presidente; prepara il bilancio; cura la con-
servazione dei libri ricevuti in dono o comperati, nonché il
deposito delle pubblicazioni della Regia Deputazione.

ART. 15. — II Presidente dovrà ogni anno convocare il
Consiglio; a questo è riserbata la proposta di nomina e sur-
rogazione degli ufficiali e dei soci ordinari, che potrà essere
fatta anche per lettera, l'approvazione del bilancio, la no-
mina di due revisori del consuntivo, e la discussione ed ap-
provazione dei Fonti di Storia per U Umbria.

Art. 16. — Il Presidente dovrà poi convocare ogni
anno l’ assemblea generale di tutti i soci, alla quale spetta
la elezione dei soci onorari, benemeriti, collaboratori, aggre-
gati e dei corrispondenti, e a cui si comunica il resoconto
finanziario e morale della Regia Deputazione.

ART. 17. — Su proposta motivata di almeno nove soci
(sei ordinari e tre collaboratori) il Presidente puó convocare
un'adunanza straordinaria.

ART. 18. — Ciascuna adunanza del Consiglio potrà com-
prendere varie sedute successive; sono valide in prima con-
vocazione se vi interviene la maggioranza. dei componenti
il Consiglio stesso ; in seconda, qualunque sia il numero de-
gli intervenuti. |
ART. 19. — Le sedute della Regia Deputazione e le
assemblee generali potranno anche tenersi in altre città
della Provincia, a fine di meglio conoscerne gli archivi ed i
monumenti, promuovere la conservazione ed illustrazione
dei medesimi, divulgare e fare apprezzare gl intenti della
Regia Deputazione, ed estendere la coltura e l'amore per
gli studi storici.

ART. 20. — La Regia Deputazione, a raggiungere il suo
scopo, dà opera a due serie di pubblicazioni, l'una. periodica
dal titolo: « Bollettino della Regia Deputazione di Storia
Patria per V Umbria » ; Y altra dei « Fonti di Storia. ».

Il Bollettino comprende gli atti della Regia Deputazione,
memorie originali, documenti illustrati e regesti, bibliografia
storica umbra, recensioni e notizie d'interesse per la Regia
Deputazione.

Nei volumi dei Fonti saranno pubblicati gli antichi sta-
tuti di particolare importanza, gli atti diplomatici delle sin-
gole città e delle più antiche abbazie, cronache, diari, epi-
stolarî, e, in genere, collezioni di documenti di una esten-
sione regionale.

ART. 21. — Per tutto ciò che concerne le pubblicazioni
è nominata dal Consiglio una Commissione speciale che dura
in carica tre anni ed è presieduta dal Presidente della Re-
gia Deputazione.

ART. 22. — Ogni proposta di temi di studio e documenti
da pubblicare deve essere compendiata in iscritto e ragionata
ne’ suoi punti principali.

ART. 23. — L'autore o editore di un lavoro potrà ot-
tenere un dato numero di esemplari o di estratti che è fis-
sato dalla Presidenza, a volta a volta.

ART. 24. — La Regia Deputazione provvede alle sue
spese con i seguenti mezzi: !

a) Sussidi dello Stato, della Provincia e de’ Comuni;
b) Contributi dei soci ed interessi del fondo di riserva;
c) Provento della vendita delle pubblicazioni. XI

ART. 25. — I titoli delle spese ordinarie che puó avere
la Regia Deputazione sono i seguenti :
1.° Per la presidenza e suo ufficio ;
2.? Pel carteggio;
3.° Per stampa di lettere, avvisi, circolari e diplomi ;
4.° Per trascrizione di documenti;
5.° Per pubblicazioni ;
6.° Per indennità.

IL PRESIDENTE
LUTIGT T UMI

Il Segretario - Economo
VINCENZO ANSIDEI.

Visto, d' ordine di SUA MAESTÀ
Il Ministro dell’ Istruzione
GALLO.
CON

SIGLIO

DELLA

R. DEPUTAZIONE UMBRA DI STORIA PATRIA.

COGNOME E NOME
dei soci ordinari

Domicilio Data di nomina

ANSIDEI dott. VINCENZO
BELLUCCI prof. comm. GIUSEPPE

BLASI prof. dott. ANGELO

CuTURI prof. avv, cav. TORQUATO

DowaT: prof. dott. GIROLAMO |

FALOCI-PULIGNANI mons. can. MICHELE

Fuwi comm. LUIGI

GIANNANTONI prof. dott. LUIGI

GUARDABASSI prof. dott. FRANCESCO

MAZZATINTI prof. dott. GIUSEPPE
SENsI prof. dott. FILIPPO
TENNERONI prof. cav. ANNIBALE

TIBERI prof. ing. LEOPOLDO

CAMPELLO DELLA SPINA conte cavaliere

PAOLO
SORDINI cav. GIUSEPPE

MAGHERINI-GRAZIANI cav. uff.

VANNI

|

|

|
Perugia |
> |

»
»

»

Foligno

R. Decreto

Orvieto (e Roma) 95 marzo 1897

Perugia
Gubbio (e Forli)
Assisi
Todi (e Roma)

Perugia |
Spoleto (e Roma)! R. Decreto
| 19 ottob. 1897

Spoleto
Città i
di Castello

(10 R. Decreto

(8 ottobre 1898

OFFICIO DI PRESIDENZA

nominato con R. decreto 27 settembre 1896.

Fumi comm. LUIGI. — Presidente
TIBERI prof. ing. LEoPOLDO — Vice- Presidente
ANSIDEI conte dott. VINCENZO — Segretario- Economo.
XIII

ADUNANZA DEL CONSIGLIO

tenuta il 15 settembre 1898 in Perugia, nella sala
della Biblioteca Comunale, alle ore 15.

Ordine del giorno:

. Soci défunti.

. Proroga dell’ Assemblea Generale in Città di Castello.

. Proposta di nomina a soci ordinari.

Bilanci consuntivo e preventivo e nomina de’ Revisori.

. Modificazioni al contratto col tipografo.

. Relazione dei lavori.

Nomina della Commissione per le pubblicazioni.

. Trattative per il locale di residenza della R. Deputazione.

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pes

Presidenza FUMI.

Presenti i soci ordinari:
ANsIDEI V. -- BELLUCCI G. — CamPeLLO P. — DoxaTI G. — FA-

LocI-PuLIGNANI M. — Fuwri L. — GIANNANTONI G. — MAZZATINTI G.
— 'TENNERONI A.

Il Segretario comunica un telegramma del socio Sordini
impedito di recarsi in Perugia per la presenza del Ministro
di Agricoltura, Industria e Commercio in Spoleto, in occasione
del Congresso Medico; scusa altresì l'assenza dei soci Blasi
e Guardabassi.

Il Presidente ricorda i soci defunti Filippi Alessandro,
Bianconi cav. Giuseppe e Romitelli mons. Marzio.

Il Segretario legge il Decreto Reale che riconosce in Ente
morale la R. Deputazione. Il Consiglio delibera la stampa del
Decreto e dello Statuto per distribuirli a tutti i soci.

Sul secondo oggetto, Proroga dell’ Assemblea generale in
Città di Castello, il Presidente accenna alle difficoltà che hanno
impedito di recare in atto la deliberazione presa nell’ Assem-
blea di Spoleto, e legge una lettera del Sindaco di Città di
Castello de’ 26 agosto ispirata alla più viva simpatia verso
la Deputazione, mostrandosi ugualmente lieto che la decre-
tata riunione accada nell’anno venturo. Il Consiglio, udite
1

-

XIV

le ragioni che impediscono la riunione dell' Assemblea nel-
l'anno corrente, sensibile alle dimostrazioni cortesi del Mu-
nicipio di Città di Castello, proroga la convocazione dell'As-
semblea che avrebbe dovuto aver luogo nel corrente anno,
e ringrazia quel Municipio de' sentimenti espressi a favore
della Deputazione.

Sulla proposta di nomina a soci ordinari, il Presidente mo-
stra ai convenuti la recente opera del collaboratore cav. uff.
Giovanni Magherini-Graziani: L'arte a Città di Castello j
parla della ricchezza e splendidezza della pubblicazione
resa piü preziosa dal numero e dalla finezza delle tavole
che la corredano. Si dice lieto che un nostro socio abbia
saputo condurre a termine un lavoro si poderoso e impor-
tante, come sarà dimostrato opportunamente nel Bollettino, e
propone il nome di lui come socio ordinario.

Il Consiglio, facendo plauso alla proposta, delibera all'u-
nanimità di proporre al Ministero della Pubblica Istruzione
il Cav. uff. Giovanni Magherini-Graziani a socio ordinario.

Associando poi all’ illustre autore anche il merito dell’ edi-
tore del lavoro, vuole espresso un voto di plauso al cav. Sci-
pione Lapi socio aggregato.

Approva quindi, previa lettura e discussione, tanto il
bilancio consuntivo 1897 quanto il preventivo 1899, e con- |
ferma a Revisori i soci Blasi e Cuturi. |

Passando al titolo dell'ordine del giorno, Modificazioni |
al contratto col tipografo, il Presidente dà lettura di una do-
manda della tipografia diretta dal signor Nicola Berardi, per
ottenere un aumento di prezzo sopra ciascun foglio di stampa
del Bollettino. ^

Il socio Tenneroni osserva che nell' adunanza del 22 set-
tembre 1897, il Consiglio affidò alla Presidenza Y incarico di
prendere in esame la dimanda del signor Berardi, e decidere
se fosse il caso di soddisfarla. Il Presidente risponde al Ten-
neroni che la Presidenza, valendosi dell’ autorizzazione datale
dal Consiglio, aveva concesso una gratificazione speciale alla
Unione tipografica cooperativa, ma non aveva creduto di pro-
cedere alla rinnovazione del contratto senza riferirsene al
Consiglio, il quale adesso è chiamato a determinare il va-

E pem
XV

lore di ogni foglio di stampa sulla domanda avanzata dalla
tipografia. Discussa quindi la richiesta del Berardi, viene
fissato il prezzo di ciascun foglio a lire 35, salvo convenire
con la direzione dell’ Unione per alcuni miglioramenti da
introdursi nella stampa, e di cui sarà cura della presidenza
di farne costare nel nuovo contratto, la cui durata non sarà
maggiore di tre anni; intendendosi rifermate le stesse con-
dizioni per altro triennio, quante volte non preceda una di-
sdetta o dall'una o dallaltra parte, anteriore di sei mesi
al termine della scadenza.

Relazione dei lavori. — Il lavoro affidato ai soci Ansidei
e Giannantoni procede con alacrità, tanto che potrebbe già
intraprendersene la pubblicazione; di questa appunto acca-
drà parlare di proposito nella successiva convocazione del
Consiglio.

Nomina della Commissione per le pubblicazioni. — Consi-
derato che nell’anno venturo si dovrà procedere, per com-
piuto triennio, alla rinnovazione dell'intero ufficio di Pre-
sidenza, e che il Presidente è anche a capo della Commissione
di cui è parola, si delibera rimandare la nomina della Com-
missione alla adunanza annuale del 1899, allorchè si dovrà

procedere alla proposta delle cariche, ed intanto restano con-

fermati gli stessi membri per tutto l'anno 1898-1899.
Trattative per. il locale di residenza della R. Deputazione.
— Il Presidente premette che la Deputazione si sente obbli-
gatissima al Municipio di Perugia che ha messo, fin dalla
prima istituzione della Società Umbra di Storia Patria, a di-
sposizione de' soci le sale della Biblioteca Comunale. Ma que-

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sta sede preferibile ad ogni altra è sempre un albergo prov-

visorio e non può essere una residenza stabile, anche per la
mancanza di una sala riservata e con un accesso libero e
indipendente dall ufficio del Bibliotecario. Sebbene non si
possa assolutamente considerare come perduta la speranza
di ottenere un locale adiacente alla Biblioteca, pure non si
dovrà perdere l occasione che si presentasse di una località
conveniente anche altrove. A questo proposito ricorda le pra-
tiche fatte per i locali di S. Pietro, che sarebbero assai adatti
ad accogliere la Deputazione, quando potesse alla medesima
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XVI

affidarsi la conservazione di quel prezioso Archivio e della
Biblioteca annessa, tanto piü che le condizioni in cui si tro-
vano attualmente quelle carte, non permettendo agli studiosi
di poterle consultare comodamente, reclamano una provvida
decisione da parte di quell’ amministrazione, come è sperabile.

Quante volte abortissero completamente le pratiche ini-
ziate per la residenza in S. Pietro, egli volgerebbe le viste
ai locali della Università, e fa affidamento sulla solerzia del
socio Bellueci G., attualmente Rettore della stessa, per faci-
litare la iniziativa.

Il socio Bellucci G. risponde di mettersi volentieri a di-
sposizione della Presidenza per favorire questo desiderio.

Quindi il Consiglio, udita la relazione del Presidente in
ordine alle trattative per il locale, considerando che il van-
taggio di rimanere nella sede attuale, purchè si potesse avere
una sala riservata, sarebbe superiore a quello di qualunque
altra località, . per la facilità di consultare opere a stampa
e studiare nei codici e mss. dell’ Archivio Comunale, affida
il mandato alla Presidenza di ottenere dal Municipio di Pe-
rugia una sala dell’ ultimo piano del palazzo Comunale, dove
attualmente risiede il Tiro a segno, quante volte a questo
torni facile procurare altra dimora, e in caso negativo, tor-
nare ad insistere con l'amministrazione di S. Pietro, e per
ultimo rivolgersi all' Università.

Finalmente il Presidente comunica una lettera del Co-
mune di Spoleto che accompagna l’ offerta di lire 200 come
sua quota di concorso alla R. Deputazione.

Il Consiglio delibera di ringraziare il Comune di Spoleto
e di pubblicare nei giornali della Provincia la lettera dello
stesso Municipio, come un ottimo esempio da imitare.

IL PRESIDENTE
LUIGI FUMI

Il Segretario
VINCENZO ANSIDEI.

ia — MÀ

1
MEMORIE
ERETICI E RIBELLI NELL' UMBRIA
dal 1320 al 1330
studiati su documenti inediti dell’ Archivio segreto Vaticano
(Vedi Vol. IV, pag. 487)
V. — Più di tutte le città umbre amministrate dal Ret-

tore del Patrimonio, Todi e Amelia inalberarono la bandiera
della rivolta. La patria di Jacopone, in specie, fu il centro
della agitazione ghibellina, il punto di partenza del movi-
mento religioso. Todi ebbe sempre passioni antiguelfe. Posta
in mezzo fra due città antighibelline, come Perugia e Or-
vieto, si dava la mano con Viterbo, con Arezzo e con Pisa:
punzecchiava come spina il cuore del Rettore del Patrimonio,
a cui, nel corso del nostro decennio, dié continuamente da
fare, non volendo per nulla assoggettarsegli. Per annetterla
a quella provincia, si ricorse alla istituzione di un Commis-
sario speciale nella persona dello stesso Rettore. Con Todi,
anche Terni, Narni e Rieti entrarono in cotesto commissa-
riato. Dapprima ne fu investito Guglielmo Costa (1318) (1);
poi Guittone Farnese, vescovo d'Orvieto (1320) Ma se le
altre città lo portarono a malincuore, Todi l'ebbe a sdegno;
e si rifiutó di riconoscerlo. Come aveva appellato al Papa,
già altra volta (1280), contro la scomunica lanciatale dal

(1) Vedi un breve di papa Giovanni XXII, de' 27 ottobre 1318, a Guglielmo Costa,
decano della Chiesa tulliense, cappellano del papa, Rettore del Patrimonio, perché
estenda la sua giurisdizione anco sulla città di Todi e suo contado (Arch. di S. For-
tunato di Todi, A, I, C, IV, n. 160).
9 L. FUMI

Rettore, perché assolutamente ingiusta (1); e come già aveva
protestato avanti ai cardinali di Ostia, di S. Marco e di
S. Maria in Portico (1290) (2); cosi, quando fu chiamata dal
Farnese al parlamento di Montefiascone, si mantenne nel
rifiuto. Appellossi in giudizio; dichiaró invalido l'interdetto
che la colpiva; affermó solennemente la sua libertà, negando
alla Santa Sede il diritto temporale. Salva pur sempre la
reverenza che si doveva al pontefice romano, contestó a
lui il diritto di affidare la reggenza di Todi al vescovo d'Or-
vieto. Se Bonifacio VIII taglió corto sulle pretese de' pa-
trimoniali; se conservò, con le sue bolle, l' autonomia todina,
come (dicevano) questa autonomia poteva esercitarsi, con
farci andare al parlamento in Montefiascone, luogo soggetto
e non sicuro? Se non v'era altra via che per Orvieto,
chi poteva avventurarsi a quell andata, quando gli orvie-
tani erano i capitali nemici de' todini, e fra loro erano
aperte le rappresaglie? Non era orvietano, non era vescovo
d'Orvieto il Rettore? E non fu lui che fece imprigionare e
stringere in ferri, per molti giorni, il conte di Montemarte,
l'oratore .del Comune mandato per interporre appello alle
sue pretese? Non aveva fatto la stessa cosa il predecessore,
Guglielmo Costa, con gli ambasciatori a lui inviati, i quali,
se vollero infranti i ceppi e rivedere la luce del sole,
ebbero a riscattarsi pagando una forte somma di denaro?

(1) Gli 11 giugno 1280 essendo podestà di Todi il conte Guido Romano, il Consi-
glio generale appellò contro il vescovo Angelario per la minacciata scomunica del Ret-

tore del Patrimonio, poiché il Comune la riteneva ingiusta, non avendo il detto Ret- ©’

tore alcuna giurisdizione in Todi (Arch. detto, A, I. C, I, N, 24).

(2) Con atto de’ 26 luglio 1293 un Matteo di Pietro giudice, sindaco e procuratore
del Comune di Todi nella città di Orvieto, alla presenza del cardinale Ostiense, del
cardinale di San Marco e di Matteo cardinal diacono di S. M. in portico, giurò di ese-
guire gli ordini della Chiesa Romana sopra gli eccessi, le contumacie, le offese com-
piute contro essa Chiesa dai Todini e contro il Comune di Foligno, alto e basso, come
avrebbe piaciuto a papa Nicola IV; ma protestò che mentre il Comune di Todi adem-
pirebbe plenariamente gli ordini papali, non intendeva in pari tempo sottoporsi alla
giurisdizione del Rettore del Patrimonio (Arch. detto, A, I, C, II, n. 82).
ERETICI E RIBELLI NELL' UMBRIA, ECC. 3

L'appello fu notificato al Farnese da un familiare
dello stesso vescovo di. Todi, Nicola. Vi aderirono i frati
minori, i domenicani e gli eremitani (1). Frivolezze! disse il
Farnese, com'ebbe letto il libello; e lo respinse (2). Ma Todi
ribadi il suo diritto: diffidò l abate de' Santi Fidenzio e Te-
renzio, a cui il vescovo d' Orvieto s'era indirizzato; protestò

non poter comparire davanti a questo Vescovo, dopo i. ter-

rori le minaccie, le violenze e le ingiurie da lui usate (3);
non diverso, d'altronde, dai suoi predecessori che alla stessa
maniera conciarono gli appellanti. Piena di acume e animata
fu la difesa, mentre i cittadini, sospettosi e diffidenti, vigi-
lavano. Quando elessero il pisano Salinguerra all' ufficio di
Difensore, posero la condizione che non dovesse condurre
nel suo seguito alcun officiale che fosse nativo del Patri-
monio (4). Gelosi delle proprie franchigie, finirono per gua-

(1) Vedi appendice V, doc. n. 1.

(2) Con atto de’ 28 luglio 1321 Ranieri di Ruggero, procuratore del Comune di
Todi, costituitosi alla presenza di Maffeo abate del monastero di S..M. in Pantano, pub-
blica, onesta ed autentica persona, narrò che Guido veseovo d' Orvieto intitolatosi Ret-
tore del Patrimonio, del contado di Sabina, delle Terre Arnolfe e, per speciale com-
missione pontificia, delle città di Todi, di Narni, di Terni, e loro distretti nelle cose
spirituali.e temporali, conte e capitano generale, indirizzo alcune sue lettere a Bo-
nanno abate del monastero dei SS. Fidenzio e Terenzio nella diocesi di Todi, ed al
popolo ingannato. In dette lettere Guido diceva: che le lettere speditegli per mezzo
di Tommaso familiare del vescovo di Todi Nicola, coll'appello di esso vescovo e del Co-
mune di Todi, erano frivole, e che annunziava al Comune di rigettare l'appello in-
terposto. Il procuratore Ranieri rinnovò l' appello e diffidò l'abate Maffeo dal compiere
qualunque atto nel Comune per mandato del vescovo Guido (Arch. detto, A, I, C,
IV, n. 170).

(3) Il papa aveva dato facoltà al vescovo d'Orvieto di punire gli ecclesiastici e
i laici che si rifiutavano di riconoscere la sua giurisdizione di Rettore del Patrimonio.
La bolla (20 gennaio 1322) par fatta apposta per Todi, e a Todi la comunicó Guido.
Il 13 luglio 1322 il Consiglio todino in risposta emise nuova protesta innanzi a Bonanno
abate di S. Fidenzio e S. Terenzio, non potendo con sicurezza comparire avanti il sud-
detto Rettore, per i terrori, le minaccie, le violenze, le ingiuris che egli ed i suoi
predecessori ùsava ed usarono agli appellanti (Arca. detto, A, I, c. IV, n. 176, ed al-
tre simili, ivi, numeri 177-175). j à

(4) L'atto con cui il Consiglio Generale ed i Conservatori del pacifico Stato eles-
sero all’ ufficio. di difensore, di giudice e sindaco maggiore Salinguerra da Pisa con
la detta condizione è de’ 2 aprile 1327 (Xrcà. detto, A. I. C. V. n. 20.).
4 L. FUMI

starsi con quella stessa autorità spirituale che dichiaravano
di volere rispettata. ;

La costanza a favorire Muzio d'Assisi, come fu già ac-
cennato, non ostante la condanna di eretico; la tendenza
a proteggere molti altri colpiti dall’ Inquisizione e 1 ab-
bracciare che fecero apertamente lo scisma sono tanti fatti
che provano quanto sia facile passare dall’ un campo d'op-
posizione all’altro, quando sia, o sembri, che la Curia per
confondere în sè due reggimenti, anzi che contemperarli, cada
nel fango e brutti sè e la soma. Che non fece il Papa per
tirare dalla sua Todi nell’ affare di Muzio! Le ricordò tutte
le cattive cose operate da lui; come avesse, quasi sotto i
suoi occhi, sollevata la ribellione in Assisi e nelle parti
intorno, facendo bottino di un intero tesoro di valori, di libri
e di scritture. Poteva ignorarlo? E come poteva far le viste
d'ignorare un grave processo aperto contro di lui? Eppure
(diceva il Papa) immemori di loro stessi, facevano spalla ad
un ribelle a quattro corazze, ad uno scomunicato, ad un

uomo fortemente sospetto d'eresia, e se lo annidavano, qual
serpe, in seno. Lo dovevano rimuovere il crudele persecu-
tore, il nemico, il profanatore, lo scomunicato, il sacrilego,
l'immondo eretico con tutti i suoi seguaci, e mandarlo, bene
assicurato, al Rettore di Spoleto (1)!

(1) « Potestati, Capitaneo, Consilio et Comuni Tudertino. — Quasi nostris subiecta
conspectibus periculosa dispendia et dispendiosa pericula; que Mutii de Assisio dam-
pnanda rebellio contra nos et R. E. diebus preteritis non sine nostra et eiusdem E.
multa contumelia et contemptu presumpta in Civitate Assisii et circumvicinis locis et
partibus non sine gravium guerrarum multa calamitate: perduxit, nequaquam igno-
rare potestis; nec a vestra notitia credimus alienum, quod. propter hoc tam contra
Mutium prefatum, quam suos adiutores etc. certos processus habuimus, quos in par-
tibus ilis facimus publicari solenniter ete. — Propterea de vobis multam causam
admirationis habemus, quod vos huiusmodi processibus etc., tamquam vestre salutis
immemores, vilipensis omnino, vosque minus proinde dicto Mutio valitores, adiutores
et fautores publicos exhibentes, eundem Mutium rebellem, excomunicatum et vehe-
menter de heretica pravitate suspectum, in vestra Civitate recipitis et tenetis. Quare
Universitatem vestram monemus etc., quatenus innumeris periculis, dispendiis et ja-
cturis, que vobis et eidem Civitati huiusmodi receptio comminatur, in consideratio-
nem adductis, et vobis super hiis exacti deliberatione consilii providentes, prefatum

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Dunque, Todi, ribelle, era buon terreno pure per gli eretici.
Si ha memoria, per i nostri documenti, di vari condannati dal
5. Ufizio in quella città. E chi poteva, se la svignava. Un
certo Murlo, riparato a Trento, fu raggiunto a Venezia. Là
condannato per usura, doveva restituire il denaro estorto.
Eccepi davanti allInquisitore la competenza di quel tribu-
nale, dicendo non spettare à quello tale giudizio. Appelló
alla S. Sede; e durante l'appello avvenne caso curioso.
Un compagno dell'Inquisitore aveva ammiccato il borsello
dell'usuraio, e, per gola di denaro, fece carcerare il Murlo
e un suo compagno. Così gli venne bene di cavargli di
sotto un centinaio di fiorini e due centinaia di lire (1). Un
Francesco da Todi è pure rammentato, in questo tempo,
come eretico lungi dalla patria. Era chierico, e recatosi in
Francia, vi predicava errori ed eresie gravissime. Impugnava
l’unità della Chiesa, negava la resurrezione e l'eucaristia.
Carcerato in terra francese, come dispregiatore di arti-
coli del « credo », il Vescovo e lInquisitore di Amiens
dovevano farne giustizia o mandarlo al Papa. A questo scopo
il re Filippo venne richiesto di passaporto per chi ve lo
avrebbe addotto (2). Ma un caso, che era avvenuto proprio
in Todi, ci mostra come v'incontrassero simpatia gli eretici.
Un giorno che si riseppe di un Muzio Canestraro, sospetto
d'eresia e come tale carcerato, il popolo si dié a tumultuare:
l Inquisitore, cercato a morte, si vide in pericolo e scappò:
il prigione fu liberato (3).

Mutium capere et ad dilectum filium Rectorem Ducatus Spoletani sub fida et secura
custodia destinare curetis etc. — Avinion. XIJ Kal. Augusti, an. sexto ». (Arch. Vatic.
Secret. Johan. X XII, tom. III, c. 124).

Con altra lettera dell’anno appresso « A vestra notitia etc. », ordina al Comune
di espellere da Todi lo stesso Muzio « Dei et E. crudelem persecutorem et hostem
profanum, excomunicatum et sacrilegum et pestifera labe heretice pravitatis vehe-
menter suspectum, ác sequaces ipsius etc. — Avinion. Kal. octubris, an. septimo » (Ivi,
C. 209. b.).

(1) V. Arch. detto. Ivi, « V.0 Kal. octob, an. VII » c. 298 t.

(2 V. Appendice V. doc. IV.

(3) V. Appendice V. doc. II.
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6 ^ 7L. FUMI

Intanto Ludovico il Bavaro si avvicinava in Italia, e
gli spiriti de’ ribelli si eccitavano. Carlo duca di Calabria
si rivolgeva alle nostre città più fedeli alla causa guelfa, a
Foligno, a Gubbio, a Orvieto e a Perugia, e invitavale al
soccorso. A. dirigere l’azione si recò in Firenze, e di là dava
ai più fidi l'annunzio « che il duca di Baviera, sedotto dalle
promesse dei signori italiani, usurpando il titolo imperiale e
postergata la riverenza dovuta alla Chiesa, apprestava le
armi e con una quantità di ribelli e di uomini dannati stava
per discendere a danno de’ popoli devoti e fedeli. Non era
tempo questo da dormire, ma di star desti, perchè il nemico
non li sorprendesse nel sonno. Invitavali a un parlamento
in Firenze, per la domenica delle Palme, davanti al Legato
apostolico per provvedere alla difesa e ‘assicurarsi la vit-
toria » (1) Avvisava Spoleto essere prossima la sua uscita

in campo; aveva bisogno del suo maggiore sforzo di fanti,

e cavalli (2). Ma i nostri guelfi, anzi che .scuotersi, dormi-
vano alla grossa. Aiuti non si vedevano spuntare. « Eppure,
replicava il duca, non fecero così ai tempi di Enrico VII;
il quale, poi, se ne veniva col beneplacito della Chiesa. AI-
lora bene aiutarono Firenze e mandarono il fiore d’Italia in
sussidio! Quanto più non doversi fare adesso che il Bavaro
è nemico di Dio e della Chiesa! Lo vedete! Noi (diceva)
abbiamo lasciato da parte le cure del regno per correre in
aiuto della causa guelfa, che pareva spacciata, e, invece, ecco,
ora rivive » (3). Il Papa, dal canto suo, aveva opposto, prima,
il monitorio del 1523, poi, la scomunica dell’anno appresso,
di nuovo promulgata il 23 ottobre 1527. Ordinava al Ret-
tore e al Tesoriere del ducato di Spoleto di assoldare sti-
pendiarî per fare una buona resistenza. Voleva si corresse
in aiuto del Patrimonio, dove i fautori dell’ impero aggre-

(1) FICKER, Urkunden zur geschichte des Roemerzuges haiser Ludwig des Baiern
2nd der italienischen verhaeltnisse seiner, Innsbruck, 1865 (doc. 1327, marzo 11).

(2) FICKER, op. cit. (doc. maggio 13).

(3) Ivi, doc. agosto 26.

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PR E e Mt SIIT IU E dae a ERETICI E RIBELLI NELL' UMBRIA, ECC. fri

divano e. derubavano terre e abitazioni: cercava favorire il
disegno di una lega di tutti i fedeli della provincia con re
Roberto, deputandovi un capitano a sollievo del Rettore dei
Patrimoniali, impotente a contenere i ribelli. Contava sempre
su i perugini e gli animava a fortificare la città (1). Ma nel-
l universale sconvolgimento delle terre della Chiesa, nessuno
voleva venire ai ferri: non si poteva altro fare che una
resistenza passiva. Contrastare il passo al Bavaro che, in
arme, muoveva verso Roma, era follia. Egli, in quel passag-
gio, distrusse più castelli, altri occupò nel contado d' Orvieto,
in quel di Rieti e ne’ confini del regno, nella Campagna e
in Marittima, mentre i sussidî della Chiesa, di Bologna e di
Parma stanziavano in Perugia, senza alcun profitto e con
grande dispendio (2). Questo stato di cose addolorava al vivo
il duca di Calabria che, temendo per il regno, avrebbe vo-
luto Giovanni XXII energico e risoluto. « Ecco lo scisma
gli scriveva dopo la coronazione dell’imperatore in Roma
e l'avvenimento di Nicolò V, antipapa); ecco lo scisma e
l'eresia così invadenti, che, reso inutile il resistere, non
rimane che confidare nel solo aiuto di Dio. In tanto fran-
gente, a difesa di Dio e della religione di Cristo e a con-
fortare i buoni nella costanza della fede, si mostri forte,
e venga: prenda quelle armi che fanno al caso, riveli la
sua forza e la sua virtù, non taccia, non posi... » (2). Ma il
Papa, scarso d'amici, insidiato da troppi nemici, temporeg-
giava, sperando più dagli atteggiamenti di una studiata pru-
denza che da. risoluzioni energiche. Sicuro che la bufera
- sgomberasse, attendeva che gli errori degli stessi suoi ne-
mici li perdessero e li tirassero in ruina. Troppo nuova era
la teoria di Marsilio da Padova che poneva nel diritto popo-
lare i principî fondamentali di ogni governo civile ed eccle-
siastico, per non credere alla instabilità di un imperatore

() FICKER, Op. cit., doc. 1328, aprile 1.
(2) FICKER, Op. cit., doc. 1328, maggio 19-23.
8 L. FUMI

eletto dal popolo, senza alcuna euarentigia per le pubbliche
libertà. Troppo ridicola era stata l' assunzione alle fantastiche
parvenze papali di un frate della diocesi di Rieti, che aveva
ancor viva la moglie, del marito incurante finché fu frate,
di sollecita a reclamarlo, sollevato appena che lo vide a quello
d EN stato; che per trasgressione ai voti di castità e di povertà
li s'era attirato sopra di sé dal suo generale una sentenza di
| ii scomunica e la pena del carcere. Il consiglio del duca di
| Calabria sarebbe stato buono se il Papa avesse potuto preve-
su SE nire gli avvenimenti, rimettendo la sede in Roma prima che
la parte ghibellina prendesse baldanza e la guelfa cadesse
I: | ; in isconforto e depressione. Al punto in cui erano precipitate
He | JJ le cose, non rimaneva che aspettare il corso naturale di
i ogni situazione sorta dall’ intempestivo tumulto popolare che
à in altro tumulto ritrova la sua fine. Né tardó a venire. La
|

|

| plebe, che aveva applaudito alla commedia in principio, la
9 commedia ora disapprovava, imperatore e antipapa conge-
d i dando da Roma con vituperio. Viterbo, usa a far la parte
| contraria di Roma, operando a rovescio, li accolse festante.
(cate Da Viterbo il Bavaro spinse i suoi nella maremma, ardendo
Hl . e derubando ciò che incontrava; giunse nel territorio di
| Orvieto, e non perdonando né a uomini né a donne, si recò
" fin sotto alle mura della città, aspettando che le promesse
| dei fuorusciti seguissero l'effetto, che era, cioè, di aprirgli
| una delle porte. Il 14 agosto se ne andò verso Bolsena.
| Datole più volte l’ assalto, ove morirono molti tedeschi ed
| ©. italiani suoi seguaci, non potè averla perché. era ben pre-

sidiata da soldati orvietani sotto il comando di Cataluccio

| | signore di Bisenzo. Venuto il giorno nel quale gli era stata
| | promessa la terra dal lato che va verso Bagnorea, il Da-
2| | varo vi mandò un suo luogotenente con 1,000 cavalli; ma
o | siccome il tradimento era stato scoperto, e fatti morire i tra-
| ditori, il Bavaro (dice il Pellini), vedendo fallito il disegno, se

ne tornó nuovamente a Viterbo.
: Todi, forte dell'autorità del cardinale Napoleone Orsini,
ERETICI E RIBELLI NELL' UMBRIA, ECC. 9

à cui era, da piü anni, come infeudata, disponendo egli a
proprio talento, da un anno allaltro, delle cariche di Pode-
stà e di Capitano, si reggeva a parte ghibellina sotto il go-

verno di dodici Conservatori detti del pacifico stato, presie-

duti da un magistrato forestiero con titolo di Difensore. La
ghibellina Pisa, solita a valersi dei servigi dei ghibellini
conti di Baschi, la serviva a sua volta, serbando sempre per
Todi qualcuno de’ suoi al seggio del Difensore e Sindaco
maggiore della lontana alleata (1). Fin dal primo affacciarsi
che fece il Bavaro sulle Alpi, i todini furono solleciti a ren-
dergli omaggio. A Trento lo felicitarono con lettere; e giunto
era appena a Cremona, che lo gridarono signore (2). Vero
è che non si presero molta premura di mandargli le milizie
che aveva a loro richieste: egli fu obbligato a ripetere la do-
manda e minacciarli, se non mandassero soldati per accom-
pagnarlo all'impresa di Roma (3). Vari nobili si misero al
suo seguito. I conti di Marsciano, i conti di Baschi, gli Al-
viano e i Chiaravallesi, fautori antichi dell'impero, da cui
ripetevano le ricchezze e i titoli, come avevano festeggiato
alla calata del Lussemburgo, così, ora, fra’ più caldi amici
del nuovo pretendente, lo associarono sempre. Ugolinuccio
di Baschi, in specie, e Baldino di Marsciano, dei più intimi
familiari, entrarono nel Consiglio segreto per la coronazione
di Ludovico, e i Chiaravallesi ne presenziarono le feste e nego-
ziarono il trattato d’invadere il contado di Perugia e Foligno,
servendosi, per interpetre, d'un maestro alemanno (4). Il Co-
mune gli mandó in Roma 10,000 fiorini d'oro (5).
Capitanarono la parte ghibellina in Todi Bartolello di

‘Corrado e Matteolo di Gentiletto de’ Chiaravellesi (6). Occupò

(1) V. pergamene nell' arch. di 'Podi, 2 e 7 aprile 1327, 6 luglio detto anno, 2 aprile
17 agosto detto anno.

V. Processo contro Todi, in fine.

V. Appendice V, n. V.

(2)

(3)

(1) V. Processo contro Todi, in finc.

(5) Arch. Segr. Vatic. Addit. ad Cap. XI, arm. XV (segnat. XV, 11 f.) c. 121.
(6)
PA

v.
H
5

10 : L. FUMI

luffieio di Podestà uno de’ più fieri ghibellini della Marca,
lo scomunicato Borgaruccio di Federico da Matelica. Egli
erasi attirato i colpi della Inquisizione insieme col figliuolo
Ranuccio, perché de’ seguaci più ardenti di quel Lippaccio
e di quell’ Andrea da Osimo da noi già rammentati fra i

capi del moto marchigiano. Avvenuta la sua elezione in

Todi, l Inquisitore di Ancona, frate Servo della Penna, unito

‘al proprio vicario, frate Giovanni, si rivolse al Vescovo e lo

invitó a pubblicare la scomunica contro l uno e l'altro, pa-
dre e figlio: Borgaruccio non doversi tenere. per Podestà:
nessuna obbedienza a lui dovuta: gli sequestrassero armi,
arnesi e stipendi: se la città, sorda all'ingiunzione, non ese-
guisse tutto questo, doveva cadere nell interdetto: se il Ve-
scovo esitasse, non andrebbe impunito: troverebbe chiuso
l'adito alla sua cattedrale, sarebbe sospeso a divinis e poi,
infine, anche scomunicato. Il Consiglio si adunò. Gualterello
Pennazza arringò in favore del Podestà, e, a dispetto del-
l’ Inquisitore, la ebbe vinta: 191 consiglieri si trovarono con-
tro soli 48 (1). Questo voto ci rivela lo stato de’ partiti: la
Chiesa non aveva più che una minoranza scarsissima. Al
Bavaro non mancava che venire in persona ad assumere il
governo ghibellino. Invano il vescovo Ranuccio, lodato ed
esortato dal Papa (2), e aiutato dal cavaliere todino Andrea di
Ranuccio, suo padre, tentava di persuadere gli animi esal-
tati, dicendo chi fosse il Bavaro e che fosse da attendere da
lui: eccitava a respingere il giogo della tirannide forestiera
e rivendicare l’ antica libertà (3). Invano si presentarono al
piano di Paterno, dove Ludovico aveva posto campo, i me-
glio consigliati per scongiurarne la venuta. Due mercanti,
messi dentro al padiglione imperiale, offrirono 4,000 fiorini
d'oro. I Chiaravallesi crebbero l'offerta, e ne promisero più

(1) V. Appendice V, n. III.
(2) Arch. Vatic. Secret. Joann, XXII, n. 114, c. 141 t.
(3) RIEZLER, op. cit., pag. 392.

b b

ERETICI E RIBELLI NELL’ UMBRIA, ECC. 11

di 10,000 (1). Ludovico pareva incerto. Correvano diverse
voci. si dirizzerebbe a Toscanella per Pisa? O dalla valle della
Paglia si recherebbe, per la più corta, da Arezzo a Firenze?
A Todi pareva riserbato di trattare con Castruccio (2): da Todi
si poteva cercare d’aver Foligno, secondo la pratica già tenuta
in Roma nel giugno, ripresa a Viterbo nell'agosto, per cui la
città verrebbe per tradimento a mano sua (3). Si decise a partire
per Todi, mosso anche dai Chiaravallesi che, senza questa an-
data, temevano molto vicina la loro ricaduta alla Chiesa (4).
Imperatore, imperatrice e antipapa co'suoi cardinali e pre-
dicatori cavalearono a quella volta. Furono incontrati, un
buon miglio fuori delle mura, da nobile comitiva festante: a
ponte Martino, sul Naia, cominciò a sfilare il corteo prece-
duto dalla eroce. Cavalieri chiaravallesi si fecero ad adde-
strare i personaggi e a reggere. il pallio, sotto il quale ince-
devano. Giunti alla città, li attendevano con la croce, a due
a due, i frati minori di san Fortunato: dette prima a baciare
la croce alla Bavaressa Francesco della Bionda. Il popolo,
accalcato sulla via, si scopriva, piegava il ginocchio, si pro-
strava. L'imperatore, giunto in piazza, scavalcò davanti al
palazzo pubblico, e il popolo, intanto, gridava: Viva viva!
Ugolino e Baldino avevano disposto tutto per quella venuta:
andando innanzi e indietro, avevano preceduto gli ospiti con
la cavalleria tedesca, occupando militarmente la città per
impedire qualche mossa degli avversari. All’ arrivo, Ugolino,
ben piantato sul cavallo, stava armato nel mezzo della piazza.
L'antipapa si ridusse in San Fortunato. Di là pontificalmente
sì recò al vescovado, occupato prima da Ugolinuccio, da
Franco e da Tarlato di Belluccio. Visitó, col Bavaro e la Ba-
raressa, monache condiscendenti e convitanti, mentre qual-
cuno dei suoi cardinali, con una compagnia di armati, occu-

(1) V. Processo contro Todi, in fine.

(2) FICKER, op. cit., documenti 1328, agosto 10, 11, 16, 20.
(3) V. Processo contro Todi, ivi.

(4) V. Processo contro Todi, ivi.
12 L. FUMI

pava abbazie e conventi che resistevano in fede. E tenne
un pontificale in duomo, assistito da tutta la nobiltà feudale ;
imparti la benedizione, rilasciò l’ indulgenza. plenaria, conferi
sacramenti, ammise agli uffici divini da lui celebrati il popolo,
a cui fece predicare dal pulpito di San Fortunato lui essere
vero papa, l'altro invece un Giacomo da Cahors, nato d'ere-
tici, paterino scomunicato. Distribui canonicati .e prebende.
Predilesse e promosse ad onori ecclesiastici Lamberto e Si
mone de' conti di Marsciano: molti benefizi accordó ai Chia-
'avallesi; magro compenso al prezzo che costarono e al danno
di tutti i cittadini, le cui sostanze furono espilate: poiché
altro non si fece in quei giorni che cercare e versare denaro:
denaro al procuratore generale del fisco di Camera; denaro
all’ imperatore; ai suoi ostiarî e a Ugolinuccio ; denaro a Sciarra
Colonna, commannatore d’ Alemanni; denaro al Cancelliere
imperiale. Il Consiglio segreto del Comune teneva duro, e
respingeva le proposte, tutte le volte che si chiedeva di
smungere i cittadini; ma quando cominciò ad entrare il
timore di perdere gli averi e la vita, si cedette. Curioso è
questo particolare. Un giorno, nel Consiglio segreto, uno dei
consiglieri favorevoli al Bavaro, visto il pericolo che correva
il partito proposto, poiché le urne ridavano sempre voti
contrarî, persuase il Podestà a partire le urne, mettendole
a distanza le une dalle altre; quelle del sì da una parte,
quelle del no dall'altra. Per tal modo poteva scorgersi chia-
ramente chi votasse in favore e chi votasse contro. La
paura indusse i consiglieri a votare la proposta. Nemmeno in
Consiglio generale i più stringati stessi poterono resistere.
Gli oratori che volevano prendere la parola contro le pro-
poste del Podestà, perchè non si erano fatti inscrivere in-
nanzi fra i contrari, si videro contestato il diritto di parlare.
Si ricorda il fatto di Andrea di Ranuccio: nel Consiglio se-
greto, proponendosi di dare la città liberamente al Bavaro,
egli osó, presente l’imperatore, contradire; ma condannato
dal Podestà a 400 lire, quando, in palazzo vecchio, Nallo di
ERETICI E RIBELLI NELL’ UMBRIA, ECC. 13
.

Rustico. presentò la proposta al Consiglio pubblico, egli te-
mendo per sè e pe’ suoi figliuoli (uno de’ quali era il Ve-
scovo), si tacque: e di poi, forse per implorare grazia, mandò a
regalare l imperatore. Quella forma di libero governo non si
attagliava più alla circostanza: è chiaro. Il Consiglio de’ cento
cedette ad una giunta, di 18, secondo il processo dell’ Inqui-
sizione, di 24, secondo le riformagioni Comunali..E primo
atto del nuovo regime fu un atto fiscale. Si impose una tassa
da pagarsi a spron battuto, e s'invitarono i cittadini ad una
prestanza (1). Così si potè contentare il Bavaro. Dodici man:
datarî si presentarono a lui recando il messaggio comunale (2).
In questo nuovo regime, Podestà fu l’imperatore; vicari,
per lo innanzi, Vanne di Sosolano, poi Baldino e Cecchino
di Marsciano: poi, Giovanni Sciarra Colonna, e, per ultimo,
Angelo Saraceni. Fu capitano di guerra il conte Ugolinuccio.

Nei dodici giorni che il Bavaro fu in Todi, mandó a
Spoleto e in Romagna il conte di Oettingen e deliberò di
andare contro Firenze; vi ricevette gli ambasciatori di Pie-
tro di Sicilia che chiedevano di conferire con lui in Corneto
per far guerra a re Roberto; tentó l'impresa di Bevagna
e speró d'avere Foligno, assediandola con mille cavalieri;
i quali trovata forte la resistenza dei Trinci, si sfogarono a

(1) Sotto la data de' 17 agosto 1328 le Riformazioni del Comune di Todi riportano
che fu concessa una piena balia a 18 cittadini in un col Podestà dal Consiglio de' Cento.
Nello stesso giorno costoro imposero una dativa di 5,000 fiorini d'oro ai cittadini e
alla Comunità da pagarsi, per i primi, sotto pena del quarto in piü fra gli otto giorni,
e ugualmente alla stessa pena, per la Comunità, se non pagasse tra i quindici
giorni. Chi avesse versato l'indomani avrebbe corrisposto in meno la quinta parte;
e ciò « pro dono domino Imperatori » di 10,000 fiorini. (Ivi, 20 agosto). A chi avesse pre-
stato il denaro si corrispondeva il 5 per cento. Fu comminata la pena di un fiorino
ad ogni cento di capitale per chi non pagasse la detta dativa. Agli ostiari dell' Impe-
ratore si donarono dieci fiorini d'oro, a Giovanni Sciarra Colonna « Commannatori
Alamannorum » e al Cancelliere imperiale cento fiorini per ciascuno. Il 29 agosto il
Bavaro fu eletto Podestà. Si condussero cento stipendiarì a cavallo, teutonici, per si-
curezza della città, L'imperatore nominò suo Vicario Baldino di Marsciano e capitano
della masnada e cavallata del Comune Ugolino di Baschi (Arch. di S. Fortun. Riform.
1328, agosto 17, 20, 29, c. 981, 107).

(2) Vedi Processo contro Todi, in fine.
rosse À €

f

14 L. FUMI

predare e scorrazzare fin presso le porte della città (1). Prima
deliberato di andare ad Arezzo, poi risoluto, invece, di rag-
giungere a Corneto la flotta siciliana, l'ultimo d'agosto se
ne ripartì. Lasciò le sostanze de’ todini alleggerite di oltre
a 25,000 fiorini, e il tesoro di San Fortunato spogliato per
conto dell antipapa, che non risparmió nemmeno le lampade
dell’ altare. A rappresentare l’imperatore restò Sciarra Co-
lonna con titolo di vicario. Egli trovò il Comune stremato
di denaro, ma ancora forte. In questi ultimi anni si era im-
possessato di Montecchio, nel ducato di Spoleto, secondo la
terminazione del re Desiderio (2); riscuoteva omaggio e
censo da Cesi (3), da Terni (4), da Poggio Azzuano (5) e da
S. Gemini, centro delle terre Arnolfe, soggette direttamente
alla S. Sede (6). Aveva stabilito relazioni con Perugia da
pari con pari (1); aveva abolito le rappresaglie con Gub-
bio (8), con Orvieto (9) e con Roma (10), a gran vantaggio
de’ commerci. Con Narni si era fatto mediatore di pace
per il castello delle Corve, nella cui ròcca si era racchiuso
il castellano Antepò con un centinaio di ribelli che avevano
consegnato la fortezza ai todini (11). Determinava, in fine, le
contrastate giurisdizioni su i castelli di Ammeto e Ripabianca,
cessando dalle guerre e dalle cavalcate (12). Ma lo Sciarra

‘non si stette pago di questi vantaggi, e, di spiriti avventu-

rieri, meditava conquiste e domini. Per togliere alla Chiesa

(1) V. 1ACOBILLI, Cronache mss. di Foligno, presso ms. Faloci-Pulignani, VILLANI,
lib. X, 77, 79, PELLINI, op. cit.
2) Pergam. 11 gennaio 132) e 19, 24 e 27 maggio 1321, nell'arch. di Todi. .
3) Pergam. 24 giugno 1322, ivi.
(i) Pergam. 12 giugno 1325, ivi.
(5) Pergam. 25 giugno 1325, ivi.
(6) Pergam. 28 giugno 1328, ivi.
(7) Pergam. 5 ottobre 1322, ivi.
(8) Pergam. 21 dicembre 1321, ivi.
(9) Pergam. 4 gennaio 1324, ivi.
(10) Pergam. 4 luglio 1327, ivi.
(11) Pergam. 12 novembre 1321.
(12) Pergam. 22 marzo 1325.
M"

ERETICI E RIBELLI NELL' UMBRIA, ECC. 15

le terre Arnolfe, volle la soggezione di S. Gemini: si spinse

alla volta di Orvieto, e riuscì a sorprendere la sua vigilanza,
gettandosi sul contado ed espugnando e invadendo con una.
mano di ribelli non la città stessa, come parrebbe per un
atto solenne del Papa (1), ma le terre a quella più vicine 0,
anche, i borghi adiacenti; in quel tempo, per avventura, che
il fiore della gioventù orvietana, accorsa dietro il capitano
del Patrimonio, guerreggiava Viterbo e Silvestro Gatti. Con-
fuso e incerto è tutto questo spazio di tempo, né riesce
facile precisar date e coordinare la successione de’ fatti.
Ogni giorno accadevano novità: e, in quella confusione
d'idee e di avvenimenti, quando i ribelli cessarono di amo-
reggiare col Bavaro, il cui astro aveva dato volta, declinato
di là dalle Alpi fra le maledizioni dei ghibellini stessi disin-
gannati, le popolazioni illuse cominciavano a prendersela coi
vicarî imperiali e li facevano fuori. Todi scacciò Sciarra Co-
lonna (2), che poco dopo venne a morte. Di qui un rinver-

«dire di speranze negli uomini temperati, ai quali gravava il

peso dell’ interdetto ecclesiastico e l'ira del pontefice; poichè,
per quanto impedite, le scomuniche arrivarono. Potè bene il
Consiglio beffarsi dell’ Inquisitore e del Papa: ma il giuoco, a
lungo andare, doveva venire a capo; perchè il popolo non
voleva durarla senza usare alle chiese, e piuttosto che mo-
rire senza sacramenti e senza sepoltura, avrebbe tollerato
qualunque disdetta. Fintanto che resse Sciarra, non era chi
osasse andare a Perugia, ove risiedeva l' Inquisitore, per
averne modo di intendersi; poichè non si poteva uscire di

(1) Vedi Arch. Stor. Ital. III, tom. I, par. II (1865), p. 1, e Cod. Dipl. d? Orvieto,
Firenze, 1884.

(2) Così ne scrisse il Papa al Re di Francia: « Philippo Regi Francie illustri. Ut
regiam celsitudinem etc..... Intelleximus etiam tam ex litteris nunc presidentis Civi-
tati Tudertine, quam aliorum fidedignorum partium earumdem, quod Tudertini ju-
gum servitutis sub. illo Johanne Sciarre eis nomine Belial filii Ludovici de Bavaria
presidente sufferre amplius non valentes, eum cum gente sua de eadem civitate igno-
miniose et viriliter expulerunt, et speramus quod ipsi, sano ducti consilio, ad obe-
dienciam et devotionem nostram et dicte E. remanebunt. Etc. Dat. Avin. Id. decembris,.
an. XIIIJ » (RIEZLER, Vatickanische akten etc., pag. 433).
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16 L. FUMI

città senza sua licenza speciale; ma, lui fuori (1), tornava
men difficile un ravvicinamento de' Chiaravallesi, se ne
togli i conti di Marsciano, che, in rotta con Perugia, non si
fidavano di avventurarsi ad una dimora colà, per essi non
sicura.(2): tantoché il Papa, informato di tutto, scriveva al
re di Francia esprimendo la speranza che Todi presto si
rimetterebbe; rimessa Todi, niun'altra città rimarrebbe in
ribellione (3). E invero, se un Colonna era stato il piu forte
strumento della rivolta, un altro Colonna doveva essere il
primo campione per ripararla. Le armi di Stefano ritolsero

(1) Il Papa, personalmente, si fece ad esortare i Chiaravallesi:

« Francisco de Claravalle militi et aliis de domo Claravallensium de Tuderto
spiritum consilii sanioris, etc.... ut redeant ad devotionem E. et reducere procurent
Civitatem eandem, scituri quod si salubribus exhortationibus nostris huiusmodi acqui-
verint cum effectu, eos benigne recipiet ut filios ac oportunis gratiis et favoribus,
prout eorum meruerit devotio, prosequeretur. — VJ id. Julii an. XIIIJ (Secret. Joan.
XXII, t. VI, c. 53 t). — In eundem modum Hugolino Odducii et Bindo (?) Carucii
de Tuderto, Sciante Magnacell. et aliis de domo Magnacellen., Petro de Riccio Roberti
ac Jacobello de filiis Berardi de Tuderto, Tanolo et Albertino de filiis Massei, Bartholo
et Polello Corradi, Andree de Tuderto ».

(2) Vedi Processo di Todi, in fine.

(3) « Philippo Regi Francie illustri. Ut regalis etc.... Preterea de partibus Roma-
nis narratur quod Sciarra de Columpna obiit hiis diebus.... Rursus narratur et credi-
tur etiam ex verisimilibus coniecturis, quod Tudertina Civitas ad eiusdem obedientiam
E., nisi jam redierit, breviter revertatur; qua reducta, nulla Civitas rebellis E. in eis
partibus procul dubio remanebit. Dat. Avin. V Kal. novembris. an. XIV » (RIEZLER,
Vatikanische akten etc., pag. 429)

Al padre del vescovo così scriveva :

« Andree de Tuderto spiritum consilii sanioris. — Letanter audivimus, et tam
ex tuis, quam aliorum percepimus litteris, que tua. circumspectio circa illius heretici
Johannis Sciarre, qui se Ludovici de Bavaria heresiarche dicebatur Vicarium, expul-
sionem de Civitate Tudertina, fait hiis diebus preteritis operatus, inde tuam prudenciam
plurimum in domino commendantes. Sane quia circa reductionem. eiusdem Civitatis
ad obedientiam S. R. E., quam tue ac aliorum promittebant lictere sic. processum
fuit nequitquam plurimum admirantes, tibi pro tua et Civitatis jam dicte salute sano
consilio suademus, quatenus statum, in quo es et in quo te constituisti ab E. sancta
Dei consortioque fidelium alienum, consideranter attendens, saluti tue ac tuorum
providere consulcius Deoque gratum impendere studeas famulatum, — Dat. ij Id. Febr.
an. XIIIJ (Sceret. Joan. XXII, t. VIJ, c. 53 t.). — In eundem modum Epo. tudertino,
eum exortans quatenus ad premissa eundem nob. vir. Andream genitorem suum: se-
dule curet, sicut tenetur, inducere, sueque partes solicitudinis circa hoc efficaciter
interponere, Us. ». ERETICI E RIBELLI NELL' UMBRIA, ECC. 17

Todi e San Gemini ai ribelli e li ridonarono alla Chiesa (1).

E già pareva doversi allietare dei frutti della pace in tutta
la contrada, quando sorse nuova cagione di guerra; perche

Todi poneva per condizione la sua piena libertà (« salva et

integra remaneat omnis jurisdictio Comunis Tuderti in totum

et in partem! ») (2). E dopo un anno intero di trattative,

sempre ripetè la stessa musica con lo stesso tono (3). Il
Rettore del Patrimonio non poteva menar buona la sotto-
missione di San Gemini, capoluogo delle terre Arnolfesche ;
il Papa approvó che s'annullasse quell' atto (4): non permise
che Todi esigesse il pallio fattosi promettere da San Gemini

(1) À Stephano de Columpna militi. — Super hiis que circa red ugtionem Civitatis

"Tudertine et castri S. Gemini gessisti fideliter et solerter, prout per tuas pridem no-

bis litteras intimasti, providentiam tuam multipliciter in domino commendantes eam-
que uberibus prosequentes actionibus gratiarum, nobilitatem tuam rogamus et hor-
tamur attente, quatinus solertiam inceptam continuans circa reductionem aliarum ci-
vitatum et locorum partium earundem ad nostram et E. R. devotionem et obedien-
tiam assistas viriliter officialibus nostris partium earundem, et ut illa que in devo-
tione nostra consistunt, in ea persistant intrepide interponas efficaciter solecitudinis
tue partes: per hec enim preter eterne retributionis meritum, sedis apostolice et no-
stram benedictionem et gratiam in tuis oportunitatibus uberiorem tibi non indigne
acquires. — Dat. Xij kal. martii, an. XV » (Secret. Joan. XXII, t. VIII, c. 99).

(2) Arch. di S. Fortun. Riform. 18 ott. 1330, c. 68 t.

(3) « Super tractatu nuperrime facto per octo nobiles et sapientes homines de
numero XXXVJ et XIJ nobilium ut potentium virorum de Civitate Tuderti electorum
super concordia facienda cum sacrosancta universali E...., quod omnia et singula in
dicta materia pertractanda etc. libere in eorum provisione remaneant, salvo et reser-
vato quod non possint tollere, nec minuere aliquam jurisdictionem Comunis Civitatis
Tuderti, modo aliquo, directe vel per obliquum, in totum vel in partem » (Ivi, Riform.
1331, ottobre 18, c. 71). Ciolino Angeluzzi mercante todino fu a tale effetto mandato
ambasciatore in Avignone (Ivi, c. 72). Y

(4) « Rectori Patrimonii. — Intelleximus nuper quod ad tuam deducto notitiam,

quod Comune ac universitas Civitatis Tudertine castri S. Gemini Narnien. dioc. E. R. -

peculiaris, quod Johannes Sciarra de Columpna se Vicarium Civitalis predicte Tuder-
tine pro Ludovico de Bavaria heretico et scismatico nominans et appellans sua dam-
pnanda tyramnide occuparat, summissionem in nostrum et eiusdem R. E. preiudicium
recipere presumpserant et ad defensionem eiusdem castri contra nos et ipsam E. ac
nostros et E. memorate fideles secum potencia rebellium et hostium eiusdem E. accin-
gebant, tu summissionem huius presumptam indebite in nostrum et eiusdem E. preiu-
dicium fuisse attendens, eandem summissionem et omnia et singula que fuerant ex
ea quomodolibet subsecuta, irritàsti, cassasti atque viribus vacasti, eaque irrita, cassa

et vacua nunciasti. Nos itaque, premissis diligencius intellectis, cassationem, irrita-

tionem etc. huiusmodi per te provide factas, ratas habentes et gratas, eas auctoritate
apostolica confirmamus et nichilominus summissionem predictam cassamus etc., dl-

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18 TI. FUMI

per la festa di San Fortunato: non volle che a podestà di
quella terra andasse un todino. Il Consiglio sangeminese
aveva eletto un Chiaravalle quando non v'era chi tenesse
il regime del luogo, e quel luogo era della Chiesa (1). Né il
Comune di Todi, alle insistenze di Stefano Colonna. sembrò
fare opposizione: mantenuto il principio, si contentò di
lasciare la nomina del Podestà all arbitrio di S. Gemini (2),
senza rinunziare al pallio (3). Il Papa tenne forte; ma non

scretioni tue per ap. scripta mandantes, quatenus adversus detentores dicti castri ac
fautores etc. ipsorum etc. quousque illud E. memorate restituerint, procedere spiri-
tualiter et temporaliter, ratione previa, prout expedire cognoveris, non postponas. Dat.
II Kal. maij, an. XIII » (Secret. Joan. XXII, t. VII, c. 17).

(1) V. Pergam. 2 luglio 1329 nell’ arch. di S. Fortunato, dove l'università, l'arringa,
il Consiglio della terra di S. Gemini, adunato nella piazza del castello da Lucio di Ge-
mine di Paolo della stessa terra, non essendovi aleu^o che tenga il regime, fa una
riformazione con la quale a norma de' patti stipulati col Comune di Todi elegge in
suo Podestà Francesco di Berardo de’ Chiaravalle, cittadino todino.

(2).« Super petitione et narratione verbotenus sapienter exposita in presenti Con-
silio per magnificum et potentem principem dominum Stephanum de Columpna inter
alia continente, quod placeat Comuni Tuderti redire ad benivolentiam et mandata
S. R. E., ad que se et filios. suos obptulit dispositos et paratos omnia exercere que
Comuni Tuderti placeat juxta posse. Et quod placeat Comuni Tuderti, eiusdem gratia
et amore, jurisdictionem regiminis et potestarie quam habet in castro Saneti Gemini
remictere Comuni castri predicti » (Ivi, Riform, 1331, novembre 24, c. 93). Mille fiorini
regalaronsi al Card. Legato per accattivarselo (Ivi, Rif. 1331, dicembre 11, c. 107).

(3) « Ad perpefuam rei memoriam.

« Cum expediat etc. Idcirco nos, plurimum relatione percepto, quod Comune Tu-
dertin., qui castrum S. Gemini Narnien. dioc. ad nos et R. E. pertinens in rebellione
contra nos et ipsam E. aliquo tempore, temerariis et presumptuosis ausibus, tenuerunt,
dilecti filii... Comune dicti castri fecerunt ad diversa sibi prestanda servicia, et inter
alia, ut unum pallium tenerentur eisdem Comuni Tudertino in signum obedientie sol-
vere annis singulis obligari, qui, licet predicta servitia et alia jura tunc per eosdem
Comune predicti castri prelibatis Comuni Tudertini promissa, excepta prestatione di-
cti pallii, duxerunt remittenda, Nos attendentes quod huiusmodi pallii prestandi obli-
gatio, velut facta illis qui propter eorum excessus varios se reddiderunt tali jure vel
alio non capaces, nec non considerantes actente, quod eadem obligatio in dampnum
et preiudicium memorate E. R., cui dictum castrum immediate subesse noscitur, re-
dundabat, ac volentes eiusdem E. R. dictique castri Comunis in nostra et ipsius E.
obedientia persistentis iudempnitatibus studio paterne solicitudinis providere, qua-
scumque provisiones et obligationes de pallio prestando predicto et aliis juribns per
Comune predicti castri eisdem Comuni Tudertino, qui nichil penitus in prelibato ca-
stro habebant antea, exhibendis...revocamus; prefatis Tudertinis ne pallium et jura
predicta exigere de cetero, et eiusdem castri Comune ne illa solvere vel exhibere pre-
sumant tenore presentium nichilominus inhibentes. — Idus april. an. XV » (Secret.
Joan. XII, t. VIII, c. 155 t.). ERETICI E RIBELLI NELL' UMBRIA, ECC. 19

la spuntó: ché essa insorse di nuovo, e tentó riprendere San
Gemini al papa, che si mise in sulle difese: poi (1), per ripicco,
occupò Tessennano, con tanto sforzo di soldati, che il Papa
ebbe a ricorrere, non pure a Perugia, a Rieti, a Narni, a
Siena, a Corneto e a Orvieto, ma al Gonfaloniere di Spoleto,
al conte d'Anguillara, al conte di Santa Fiora e ai nobili di
Radicofani (2), opponendo contro Todi il castello .di Lagu-
scello che appositamente acquistó dai signori del luogo (5).

(1) « Cum, sicut fide digna relatione percepimus, Castrum Sancti Gemini ad nos
et R. E. pertinens, ad cuius recuperationem, immo subversionem potius, Comune Ci-
vitatis Tudertine solitis astutiis dampnabiliter anelare dicuntur, adeo custodiatur im-
provide, quod, ut ad eorum manus, quod absit, redeat, plurimum et verisimiliter du-
bitatur, volumus etc. quatenus dictum castrum facias custodiri etc. ad hoc super hiis
que nobis de emendis nomine Camere quibusdam domibus in eodem Castro sitis, et
in eis, quas ad hoc asseris accommodas, fortalicio faciendo. quod pro tuitione eiusdem
castri et cireumpositorum locorum fore plurimum utile intimasti, volumus quod fa-
cias, quod attentis utilitate et honore nostris et dicte E. videris expedire. — Dat. IIJ
Kal. septemb. an. XV » (Secret. Joan. XXII, t. VIIJ, c. 119 t.).

« Raynutio Epo. Tudertino ob consilia et auxilia per se nuper Rectori Spolet.
liberaliter et potenter impensa commendat. Us. ».

(2) « Petro Celli militi Confalonerio Civitatis Spoletan. — Cum de sinceritate de-

votionis tue ferimus indubitatam fiduciam, quod R. matri tue E. iuiuriis, quibus la-

cessitur enormiter, interne compatiens, in eis debite propulsandis sibi assistes virili-
ter et potenter, cum itaque nuper Tudertin virus contra nos et dictam nequiter con-
ceptum E. volentes evomere castrum Messennani (sic) peculiare utique eiusdem E. cum
magno hominum armatorum exfortio hostiliter et proditorie invaserunt ad gastum
vincarum et bladorum et deinde ad durum prelium procedendo, nos tamen enormes
et detestabiles excessus adversus Nos et dictam E. inmaniter perpetratos nolentes
absque castigatione debita preterire, nobilitatem tuam rogamus et hortamur attente.
quatenus in executione quorumdam processuum, per dilectum filium Petrum de Ar-
tisio canonicum pictavensem Rectorem Patrimonii b. Petri in Tuscia contra eosdem
Tudertinos premissornm occasione factorum velis eidem Rectori pro nostra et ap. se
dis reverentia viriliter assistere et potenter sic, quod de integritate sincere devotionis
possis merito commendari, nostramque et dicte sedis benedictionem et gratiam pro-
inde merearis in tuis oportunitatibus ampliorem.
:« In e. m. nob. viro Paulo de Carbulo Capitaneo Populi. Civitatis Urbevetane

— nob. viro Francisco comiti Anguillarie — Guidoni Comiti Palatini — et nobilibus
de Radicofano. Dat. XVI Kal. Junii an, XVI. E ,

« Perusinis...... Cum nuper Tudertini virus contra nos etc... ws. XVII Kal.
ang. an. XVI.

« In eundem modum Spolet., Reatin., Narn, Urbev., Senen., Cornetan ». (Secret.
Joan. XXII, t. VIII, c. 336 t.).

(3) « Rectori et thesaurario Patrimonii. — Quod castrum Laguscelli (cuius par-
tem ex legato E. facto nuper ipsius E. nomine assecutus est), per viam excambii con-
^.
n

ANN

20 L. FUMI

Questo fiero spirito di indipendenza e di libertà pro-
ruppe in modo violento quando, riaperta nuovamente la
pratica della pace, i todini presero ombra di qualche espres-
sione contenuta nella scrittura proposta. Tuttochè il Papa
lasciasse illesa la libertà todina, pure, attraverso i giri dello
stile curialesco, parve che in quella scrittura venuta da Avi-
gnone covasse sotto un inganno. E allora il Consiglio, furi-
. bondo, la respinse con tumulto: il popolo infuriò al punto, che
avrebbe massacrato i propri ambasciatori che l'avevano do-
mandata, se gli avesse avuti tra mano (1).

Gli stessi umori che serpevano nei todini scoppiarono
nella città di Amelia, la città fortissima e antica, dove, come
a Todi, le passioni religiose e politiche bruciavano. Ivi la
parte ghibellina aveva ripreso lena alla calata del Bavaro e
aveva scacciato i pontifici con l'aiuto di Todi che vi mandò
a podestà quel Bartolello, di già nominato come uno de’ capi
di parte ghibellina. In quel mezzo, il Consiglio di Amelia
inviò i suoi stipendiarî a cavallo in aiuto dell'impresa di
Roma, mettendovi a capitani Orso Vati e Lucio di messer
Pietro che erano de’ primi cittadini. La città aveva par-
tecipato a tutti gli entusiasmi per l'avvenimento del Ba-
varo. Ad ogni nuova che giunse da Pisa, da Viterbo e da
Roma, accese falò in tutte le piazze e sulle vie percorse
da gente esaltata che andava gridando: Viva il santo impe-
ratore, muoia la Chiesa romana, muoia Jacomo di Cahors ere-
tico, paterino, papa Giovanni cane! AI avvenimento dell’ anti-
papa bagordò in giostre e tornei: i clamori e gli schiamazzi
della plebaglia andarono alle stelle: chi imprecava al prete

dominis eiusdem castri, in alio loco congruo faciendi, acquirat in totum, cum sit
integraliter acquisitum, si usqne ad summam IJ cent. flor. in ipsius reparatione essent fa-
cte expense, forte frenum existeret Tudertinis. — XVIJ Kal. aug. an. XVJ ». (Secret.
Joan. XXII, i. VIII, c. 335 t.).

(1) Vedi lettera 5 giugno 1333, nell'arch. di S. Fortunato, del card. Giovanni Co-
lonna, da Avignone, che conclude d'inviare di nuovo dei sindaci bene istruiti, e con
del denaro al cardinale B, perché addivenga benigno agli interessi del Comune (A. I.
C VI n;/202). We ERETICI E RIBELLI NELL' UMBRIA, ECC. 21

di Cahors e ai suoi aderenti, chi esaltava papa Nicola. Quando
fu risaputo del Bavaro che era entrato in Roma, e, poi, che
era stato coronato, la folla, goffeggiando alla Suburra, ripetè
Scene e gazzarre romanesche. Alla croce del borgo, sullo
spazzo, presero un sacco, lo empirono di paglia, vi fecero su
la figura del papa, gli posero la mitra, gli dettero nome
papa Giovanni e poi lo bruciarono, vociando a tutta gola:
Arda e muoia il paterino, l'eretico, il sodomita! E Y indomani
ogni gaglioffo del borgo, bravando, diceva ai passanti: Qui
arse papa asino! Prendevano un cane e lo chiamavano papa
Joagne e lo strozzavano nella mota, o lo strascinavano per la
città, lo battevano con scudisci ‘e fruste, e, al ponte del lago,
lo gettavano di sotto affogandolo nella fanghiglia. E la sera, a
torme di dugento e più, andavano attorno con torcie in mano,
suonando trombe, tamburelli e campane, trescando e sal-
tando, fra le luminarie accese nelle vie, nelle piazze e fin
sulla torre del Comune; e schiamazzavano contro la Chiesa
Romana, vituperandola di puttana, di bordellaia e di simoniaca.

Promotori furono gli Alviano e varî monaci e frati, fra
cui l'abbate di S. Benedetto, il priore di S. Giovanni, l'abbate
di S. Secondo e il priore di S. Pietro. Furono veduti costoro,
carolando e folleggiando per la terra, accendere e attizzare
i fuochi di gioia, fra grida scomposte. Degli Alviano, Gian-
notto, Cecchino e Coluccio, con Agnolello d’ Andrea e con
Paolello di Corrado da Todi andarono in aiuto de’ tedeschi
con la gente del Comune di Amelia e presero parte alle

imprese di Roma, della Campagna e del Patrimonio. Frate.

Nicola, pur esso degli Alviano, fu, in Viterbo, eletto vescovo
d'Amelia dall’ antipapa; e si piantò nell'episcopio. Quasi tutto
il clero e il popolo apostatò, dicendo di aver tanta fede in
papa Giovanni quanto 2» un cane o im un asino: vero papa
essere Nicola, fatto legittimamente per é popolo romano e per
4L santo imperatore. Sbollirono gli entusiasmi, ma non cessò
l'apostasia, né la ribellione alla Chiesa. La quale dopo i di-

sordini e le novità occorse, tosto come potè raccogliersi,
22 L. FUMI

DO

Wt ordinó severi processi contro Todi e contro Amelia (1). Contro
i Amelia fu costretta a prendere anche le armi, per arrestare
| lj la ribellione nelle sue terre. Poiché Amelia aveva compiuto
I ii la conquista del castello di Foce, nel Patrimonio, e vi aveva
I- M commesso uccisioni, saccheggi e bruciamenti. Fra i prigioni
"M | da lei presi fu addotto anche il castellano di Foce che era
d il uno de’ familiari del Rettore del Patrimonio, Pietro d' Artois.
Questi allesti l esercito e lo portò contro Amelia. I cittadini
dall alto delle mura vedendo il guasto de’ campi e la rovina
del contado, si lasciarono piegare dai vicini e chiesero un
accordo. Perugia, Orvieto, gli Orsini, i nobili di Radicofani
e .di Bisenzo, l'arcivescovo di Napoli e il vescovo Loberense
i instavano molto. L’ Artois, licenziati i suoi, entrò in Amelia;
rimise i fuorusciti, e poi, pensandosi d'aver ricomposte le

cose in pace, si ritrasse. Ma quando ebbe rimesso i capitoli

i nee dell accordo; e chiesto l'ammenda dei danni dati al castello
i | e delle spese di guerra, Orso Vati, quel maggiorente di sopr:
LI «c ricordato, si levó su e agitó il popolo, suscitando il rumore.
f Lucio di messer Pietro, come luj ghibellino e ribelle, de’ capi

iii della parte, forse inclinava ad accettare i patti del Rettore:
il venne alle prese con Orso che lo uccise. Orso era fratello
| del vescovo legittimo di Amelia, messer Manno de' Ternibili.
Costui già canonico del duomo nel 1328, innalzato a quella
sede, per traslazione di Giovanni a Venafro, ricevendo, come
fece, tutti ad un tempo gli ordini del diaconato e presbiterato
nell atto stesso della consacrazione episcopale (2), si potrebbe
crederlo un gran valentuomo. Ma egli si scopri connivente col
fratello nel fatto di sangue. Il Papa, quando lo seppe, ne
inorridi e richiese Manno in Avignone. Portó giudizio degli
E n uomini di queste nostre parti come di gente doppia di ca-

«7

TEST : "
30 cie na reap rt e ene nati re —
è LE d B

(1) Vedi per tutti questi particolari il processo di Todi e di Amelia, in fine.

(2) Arch. Segr. Vatic. Reg. Joan. XXII, N. 89, dove è l'elezione del suddiacono
Manno (1328, VIII Id. sept.) e la facoltà concessa al medesimo eletto di ricevere il
diaconato e l'ordine sacer!otale insieme al sacramento di consacrazione episcopale
da qualunque Vescovo a sua scelta ([X Kal oct.).
ERETICI E RIBELLI NELL' UMBRIA, ECC. 28

rattere e sleale ne' discorsi. Erano, invece, astuti, che, stan-
chi dei provenzali, se li giuocavano, lusingandoli con le
parole, eludendone la politica che li voleva asserviti troppo
più oltre che le tradizioni loro non comportassero di giusti-
zia. Gli sdegni scoppiarono di nuovo. Il Comune respinse il
trattato del Rettore.

In mezzo a siffatti umori, tanto disposti a scoppiare con-
tro la Chiesa alla più lieve occasione, quanto gli animi erano
fieri della propria libertà, ma senza saperla temperare, grande
era la materia acconcia all’ apostasia. Quindi vi potè ab-
barbicar forte, come ora diremo, uno scisma che, se ben si
guardi, si faceva a precorrere di oltre due secoli la riforma
del secolo XVI.

(Continua) L. Fumi.
24 L. FUMI

DOCUMENTI

APPENDICE V.

I. [1320], ottobre 26. Arch. Com. di Todi, I, c. IV, n. 165.

Il Comune di Todi appella al Vescovo di Assisi contro le pre
tese del Rettore del Patrimonio.

In n. d. a. Coram vobis venerabili in Crispto patre

d. frate Thebaldo miseratione divina episcopo Asisinate,

tanquam coram publica et autentica et honesta persona,

Tenoredell'ap- constitutus frater Angelus Francisci sindicus et procu-
pello presentato .— :

SUAE OEO YO AR ?rator venerabilis patris d. Nicolai Dei gratia episcopi

Tudertini et potestatis et officialium omnium, consilii et

comunis civitatis Tuderti procuratorio et sindicario no-

mine ipsorum proponit et dicit quod: -— nuper ad noti-

tiam ipsorum pervenit, quod venerabilis in Cripsto pater
10d, Guitto episcopus Urbevetanus qui se gerit, ut dicitur;
pro eapitaneo Patrimonii beati Petri in Tuscia, nec non

ex speciali commissione Reatine, Tudertine, Narniensis

et Interamenensis civitatum earumque destrictuum in spi-

ritualibus et temporalibus pro rectore pro Sancta Romana

15 Ecclesia generali, ut dicitur, quasdam suas licteras pre-

Il Rettore del fatis d. episcopo . . potestati . . capitaneo, officialibus,

Patrimonio invi-

tò il Comune al consilio et communi civitatis Tuderti predietis destinavit,
parlamento dei

patrimoniali in in quibus continebatur, ut dicitur, — ut, infra certum
Montefiascone,

sotto gravi pene, terminum per sindicum legitime ordinatum, coram ipso
Se vi mancasse.

?0in castro Montisflasconis comparere deberent, cum ipse
ibi intenderet parlamentum facere generale de terris pro-
vincie Patrimonii et aliis terris sibi commissis sub pena
subspentionis a divinis in dietum dominum episcopum et.
excomunicationis in potestatem, capitaneum, officiales et

25 consiliarios, et interdicti in civitatem et eius districtum,

et sub certa pena pecuuiaria in Comune prefatum sic



«m.
m—

——
ERETICI E RIBELLI NELL' UMBRIA, ECC.: 25

vel aliter plus vel minus prout in ipsis licteris dicitur
contineri. Ex quibus omnibus et singulis ac etiam aliis
in ipsis licteris contentis et expressis et aliis omnibus
30 monitionibus mandatis et preceptis et subspentione a di-
vinis et excomunieationis et interdicti sententiis ac pe-
narum adiectionibus et quibuscumque aliis gravaminibus
per dictum dominum Guictonem Urbevetanum episcopum,
quocumque modo iilatis vel comminatis, facto vel verbo,
35 sentiens se et predictos dominum episcopum potestatem,
capitaneum, officiales, consiliarios et comune gravari et
gravatos esse et in posterum gravari posse, in hiis scri-
ptis nomine quo supra et omnium aliorum huie appel-
lationi adherere volentium ad sanctissimum patrem d.
40 Johannem pp. xxii et Apostolicam Sedem et quemlibet
alium iudicem competentem, prout eligere voluerit, ap-
pellat et appellos instanter sibi dari petit et iterum cum
instantia petit, supponens et dictos dominum episcopum,
potestatem, capitaneum, offieiales, consilium et comune
Il Comune sen- 45 et omnes adherentes et adherere volentes huic appella-

tendosi gravato,

interponeappello — tioni et bona et iura ipsorum sub protectione et defen-
per le seguenti

ragioni : tione d. pape, Sedis Apostolice et cuiuslibet alterius iu-

dieis competentis et pro causis gravaminum assignat:

1.° per essere 50 I— In primis quia dicte citatio, requisitio, moni-
ancor pendente

l'appello nella i d ‘ ivinis s i i
CUP Rand ak. tiones, precepta, mandata et a divinis subspentio, si qua

fatto fin dal tem- ici - "a miti : à
do di ‘Guglielmo dici possunt, facta sunt legitima appellatione pendente

Costa Capitano i i i i i i i
dEDPRTEAIO: in Romana Curia, que alias interposita fuit pro parte

d. episcopi et cleri tudertini, potestatis, capitanei et of-
fieialium consilii et comunis civitatis Tuderti. A similibus:

e
[314

eitationibus, monitionibus, requisitionibus, preceptis et.
mandatis et a divinis subspentione factis et latis olim.
per dietum Guilielmum Costam qui se gerebat pro capi-
taneo Patrimonii supradicti predecessorem in offieio pre-
6

(=)

fati domini episcopi Urbevetani ut dicitur, qua appella-
tione pendente non debet nec potest de iure aliquid
innovari.

2.0 per non es- ja : in ld SO
sere stato Todi II Item quia dicta civitas Tudertina nunquam
mal soggetto al fuit nec est de Patrimonio beati Petri nec subiecta ipsi
Le rai aer Ds rf arr
1 t. 1 s

DO,

"26

Capitano del Pa-

trimonio ;

3.0. per non a-
vere il Rettore
alcuna commis-
sione generale o
speciale contro
‘Todi;

4.0 per non po-
tere (anco che
così fosse) trat-
tare con Todi
che personal-
-mente;

5.0 per non po-
‘tere il Papa com-
mettere al Ve-
-‘scovo d’ Orvieto
la rettoria di To-
di che non fu mai
soggetta neltem-
porale ;

6° per essere
in possesso del
diritto. di gover-
narsi da tempo
immemorabile;

70 per avere

L. FUMI

65 capitaneo, sed semper fuit libera et exempta et in pos-
sessione plene libertatis a tempore x, Xx, XXX, XXXX,
et c. annorum et plus, et a tanto tempore citra cuius
contrarii memoria non existit.

III — Item quia dictus d. episcopus urbevetanus
nullam commissionem habet generalem vel specialem con-
tra prefatos d. episcopum, potestatem, capitaneum, offi-
ciales, consilium et comune civitatis Tuderti.

IV — Item quia, ponito, absque preiudicio, quod

regimen civitatis Tudertine et eius districtus esset com-
missum per speciales lieteras dicto domino episcopo
urbevetano, quod negatur omnino, non tamen dictus
dominus episcopus urbevetanus posset dictum episcopum,
potestatem, capitaneum, officiales, consilium et comune
civitatis Tuderti extra dietam civitatem sive diocesim,
quam dicit specialiter fore commissam, sed potius deberet
ad ipsam civitatem et diocesim personaliter accedere et
ibi tractare eum hominibus dicte civitatis et comitatus
seu diocesis et ordinare que spectarent ad statum et ho-
norem civitatis et diocesis supradicte.
85 V — Item quia dicta civitas Tudertina et eius di-
Strietus seu diocesis non subsunt nec umquam subfuerunt
in temporalibus domino pape seu Apostolice Sedi, et ideo
dietus dominus papa, salva reverentia sua, non debuis-
set prefato domino episcopo urbevetano rectoriam pre-
90 dietam committere.

VI — Item quia dieta civitas Tudertina et homines
ipsius civitatis et diocesis fuerunt et adhuc sunt in pos-
sessione pacifica eligendi sibi rectorem vel rectores qui
regunt et gubernant et regere et gubernare consueverunt

9% dictam civitatem 'Tuderti et eius diocesis, et homines
habitantes in eis, in qua possessione fuerunt à centum
annis citra et a tanto tempore citra, quod eius contrarii
memoria non existit, et nunc sunt.

VII — Item quia, ponito, absque preiudicio, quod

esenzioni da Bo-100 d . is icte "Oovinei m $i
Bifácio- VIII Hn: appareret, per registra diete provincie Patrimonii vel
co nel caso che
‘asserisce della
soggezione ;

aliquo alio modo, quod dieta civitas Tudertina et eius
districtus subfuisse in aliquo iurisdictioni capitanei dicti 1 a

105

8.0 per essere
troppo breve il
termine della ci-
‘tazione ;

11

0

9 0 per esserell5

Montefiascone
luogo per essi
Sospetto e non
sicuro periltran-
:sito dal distretto
d’ Orvieto loro
nemico;

10.0 per essere
il Rettore orvie-
‘tano, e gli orvie-
tani nemici capi-
tali loro;

11.0 per avere

.gliorvietani rap-

presagliecon To-
«di.

120

12

[3r

130

L'appello fu
necessario, per-

va andare dal
Rettore, per le
minaccie, i ter-
mori e leingiurie
mrs ; x
inflitte da’ suoi
predecessori;

«chè non si pote-135

ERETICI E RIBELLI NELL’ UMBRIA, ECC. 27

Patrimonii, bone memorie olim dominus Bonifatius pp.
vu dietam civitatem et eius districtum liberavit et
exemit, et liberam et exemptam esse voluit ab omni
subiectione et iurisdictione capitanei diete provincie Pa-
trimonii per privilegium speciale. |

VIII — Item quia, ut dieitur in dictis lieteris cita-
toriis transmissis per dictum dominum episcopum urbe-
vetanum predictis domino episcopo tudertino, potestati,
capitaneo, offieialibus, consilio et comuni civitatis Tuder-
tine, continebatur, ut dicitur, adeo brevis terminus, quod
si voluissent, nequivissent procuratorem vel syndicum,
seu ambasciatorem comode destinasse.

IX — Item quia locus Montisflasconis, ad quem, ut
dicitur, citabat predictos dominum episcopum, potestatem,
capitaneum, officiales, consilium et comune Tuderti ad
parlamentum, est locus hominibus dicte civitatis et ipsi
civitati subspectus et non tutus, cum ad ipsum locum
non possint accedere, nisi transitum faciant per distric-
tum civitatis urbevetane, que inimieatur dicte civitati
Tuderti.

X — Item quia dictus dominus Guitto episcopus
urbevetanus est civis urbevetanus, et cives urbevetani
comuniter sunt inimici capitales hominum et personarum
civitatis et districtus Tuderti.

XI — Item quia plures cives urbevetani habent re-
presalias contra comune et homines civitatis et comitatus
Tuderti.

Has causas gravaminum alternative et disiunctive pro-
ponit, salvis sibi aliis causis gravaminum sibi et dictis
domino episcopo tudertino, potestati, capitaneo, officia-
libus, eonsilio e£ comuni competentibus suo loco et tem-
pore proponendis. Et hane appellationem interponit ideo
coram vobis, quia nee ipse syndicus et procurator, nec
alius pro predietis domino episcopo Tudertino, Potestati,
Capitaneo, officialibus, Consilio et Comuni accedere ad
presentiam dieti episcopi urbevetani seu officialium curie

1/0 dieti capitanei Patrimonii ad dictam appellationem inter-
«7m

TRIN Darse prt tpfe 0
NE etie od
xj T ? 3 "

—"3.

z

28

e specialmente
per il trattamen-
to usato a Gio-145
vanni di Monte
Marte dal Capi-
tano del suo tem-

po;

nonché per ill50
trattamento usa-
to ad altri, presi
che furono coi

. cavallielerobbe,

finché non si po-
terono riscatta-'
re.

155

Domandano la

| notifica dell'ap-

L. FUMI

ponendam propter minas, terrores et iniuras, quas infe-
runt et inferre consueverunt ipsi et predecessores ipsorum
in ipso officio appellantibus coram eis, et maxime quia
alias ceperunt dominum Johannem de Monte Marta, qui
tanquam syndicus et procurator dicti domini episcopi et
comunis Tuderti pro simili negotio ad appellandum ac-
cesserat coram capitaneo qui tune erat constrineserunt et.
in eompedibus et carcere posuerunt et ipsum tenuerunt
per multos dies. Et quia dominus Guilielmus Costa, pre-
decessor in officio prefati domini episeopi urbevetani, ut.
dieitur, dominum Mattheum domini Petri et Paulum
Guidonis, qui pro simili causa coram ipso accesserat, fecit
capi et detineri, et eis equos et alia bona, que ibi habe-
bant auferri et ibi detenti fuerunt mandato dicti domini
capitanei, donec se redimerunt pro certa pecunie quan-
titate. — Insuper vobis supplicat reverenter quatinus hu-
iusmodi appellationem prefato domino episcopo urbeve-
tano per vestras licteras vestro sigillo munitas notificare

velitis, ne ex ignorantia appellationis huiusmodi ipsum

pello al Rettore.100 episcopum urbevetanum contigeret in preiudicio dieto

165

domini episcopi tudertini, potestatis, capitanei, officia-
lium, consilii et comunis aliquid actemptare.

Interposita fuit dieta appellatio coram dicto domino
frate Ubaldo episcopo asisinate per suprascriptum sive
Angelum syndicario et procuratorio nomine quo supra,
anno d. n. millesimo trecentesimo vigesimo, indictione
tertia, tempore domini Joannis pape xxi, die xxvi men-
sis octubris in civitate Tuderti in camera in qua moratur
ipse dominus episcopus in loco fratum Minorum, coram

170 fr. Albaro, fr. Francisco Moncelli, fr. Johannello Rucoli

ordinis Minorum, ser Giogia et d. Angelo de Asisio, ser
Locio Raynaldi d. Glorii de Tuderto et aliis pluribus te-
stibus presentibus et vocatis. Dicto die loco et testibus,
religiosus vir fr. Petrus de Aquasparta ordinis fratrum

175 Minorum, guardianus conventus Tudertini omni modo et

iure quibus melius potuit ex dictis causis in dicta appel-
latione insertis et assignatis, dicte appellationi adhesit,.
et etiam dicens et allegans immunitatem et exemptiones.

Ld 180

Adesioni al-

l'appello.

Lettera del
Vescovo di. As-
sisi al Rettore
del Patrimonio.

185

190

195

200

205

21

e

215

ERETICI E RIBELLI NELL’ UMBRIA, ECC. - 29

fratrum dicti ordinis concessas per papalia privilegia or-

dini subscri pto.

Die xxvii mensis predicti octubris. Actum in civitate
Tuderti in claustro ecclesie S. Leucii, sive loci fratrum
predicatorum de {Tuderto, coram fr. Gentile de Aqua-
sparta, fr. Masseo Andreocii, et fr. Angelo converso dicti
ordinis testibus presentibus et vocatis; religiosus vir fr. Ia-
cobus de Fulgineo vicarius sive subprior conventus Tu-
dertini ordinis antedicti fratrum predicatorum nomine suo
et dieti conventus omni modo et iure quibus melius po-
tuit adhesit appellationi predicte ex causis gravaminum
suprascriptis et etiam dicens, assignans et allegans fratres
dicti ordinis fore exemptos per papalia privilegia. Die
predicto xxvii octubris actum in civitate Tuderti in por-
ticu claustri fratrum minorum de Tuderto coram fr. Petro
de Aquasparta, fr. Adovardo de Spoleto, fr. Nicola de
Aquasparta ordinis Minorum et fr. Iovenale de Cesis or-
dinis heremitarum tt. presentibus et vocatis; religiosus
vir fr. Dyorisius de Spoleto, vicarius fr. Bindi de Burgo
S. Sepuleri prioris capituli et conventus fratrum heremi-
tarum loci S. Augustini de Tuderto, nomine suo et dicti
prioris et capituli et conventus adhesit appellationi pre-
diete ex causis supraseriptis et etiam assignans et allegans

immunitatem et exemptionem fratrum ordinis suprascripti.

Hoe est registrum sive copia licterarum missarum
dicto domino episcopo Urbevetano per dictum dominum
episcopum Asisinatem, notificationis dicte appellationis,
quarum tenor talis est.

Reverendo in Crispto patri et domino domino Gui-
ctoni dei gratia Urbevetano episcopo et Patrimonii San-
cti Petri in Tuscia capitaneo generali, frater Thebaldus
eadem gratia episcopus civitatis Asisii salutem in domino
et promptam ad beneplacita voluntatem. — Noverit ve-
Stra paternitas quod discretus vir ser Angelus Franciscii
syndicario et procuratorio nomine. ut infra coram nobis
appellationem interposuit die xxvi mensis octubris in-
30

Riporta il te-
nore dell'appello

L. FUMI:

Stantis tertia indictionis tenoris et continentie infrascri-

pte. In nomine ete. Coram vobis venerabili in Crispto

patre domino fratre Thebaldo miseratione divina episcopo

interposto. 220 asisinate tamquam coram publica et autemptica et hone-

sta persona constitutus ser Angelus Francisci syndicus
et procurator venerabilis patris domini Nicolay dei gratia
episcopi Tudertini, et potestatis et officialium omnium

consilii et comunis civitatis Tuderti procuratorio et syn-

225 dicario nomine ipsorum proponit et dicit, quod nuper ad

notitiam ipsorum pervenit, quod venerabilis in Crispto
pater dominus Guicto episcopus Urbevetanus qui se gerit,
ut dicitur, pro capitaneo Patrimonii beati Petri in Tuscia,

nec non ex speciali commissione Reatine, Tudertine, Nar-

230 niensis, Interamnensis civitatum earumque districtuum in

spiritualibus et temporalibus rectore pro S. R. Ecelesia
generali, ut dieitur, quasdam suas licteras prefatis domino
episcopo, potestati, capitaneo, officialibus, consilio, et co-

muni civitatis Tuderti predicte destinavit, in quibus con-

235 tinebatur, ut dicitur, ut infra certum terminum per syn-

dicum legitime ordinatum coram ipso in castro Montisfla-
sconis comparere deberent cum ipse intenderet parla-
mentum facere generale de terris provincie Patrimonii et

aliis terris sibi commissis sub pena suspensionis a divi-

240 nis in dietum dominum episcopum et excomunicationis

in potestatem, capitaneum, officiales et consiliarios, et in-
terdicti in civitatem et eius distrietum et sub certa pena
pecuniaria in comune prefatum sic vel aliter, plus vel
minus, prout in ipsis lieteris dicitur contineri. Ex quibus

245 quidem omnibus et singulis ac etiam aliis in ipsis lieteris

contemptis et expressis et aliis omnibus monitionibus, re-
quisitionibus, mandatis et preceptis et subspensione a di-
vinis et excomunicatione interdicti sententiis, ac penarum

adiectionibus, et a quibuscumque aliis gravaminibus pre-

250 dictum dominum Guictonem Urbevetanum episcopum

quocumque modo illatis vel comminatis facto vel verbo
sentiens se et predictos dom. episc. pot. cap. off. consil.
et com. gravari ae gravatos esse et in posterum gravari

posse in hiis scriptis nomine quo supra et omnium alio- ERETICI E RIBELLI NELL’ UMBRIA, ECC. 91

255 rum huie appellationi adherere volentium ad ss. patrem

260

Motivi dell'ap
pello.

265

wo
e

do
Ct

280

do

Notificazione
dell'appello.

d. Iohannem pp. xxii et Apostolicam Sedem et quemlibet
alium iudicem competentem, prout eligere voluerit, ap-
pellat et appellos cum instantia sibi dari petit et iterum
cum instantia petit, supponens se et dictum d. episcopum
pot. cap. off. cons. et com. et omnes adherentes et adhe-
rerere volentes huic appellationi et bona et iura ipsorum
sub protectione et defensione d. pp., Sedis Apostolice et
cuiuslibet alterius iuris competentis. Et pro causis gra-
vaminum assignat, in primis, quia dicte citatio, requisitio,
monitiones, precepta et mandata, et a divinis subspensio,
si qua dici possunt, facta sunt legitima appelatione pen-
dente in romana curia que alias interponita fuit pro parte
d. episc. et cleri Tudertini, pot. cap. off. et cons. et com.
civitatis Tuderti a similibus citationibus, monitionibus,
requisitionibus, preceptis et mandatis et a divinis subspen-
tione factis et latis olim per dietum Guglielmum Costam
qui se gerebat pro capitaneo Patrimonii supradicti pre-
decessorem officio prefati domini episcopi Urbevetani, ut
dieitur, quod appellatione pendente, non debet nec potest
de iure aliquod innovari. Item quia dieta civitas Tuder-
tina nunquam fuit nec est de Patrimonio beati Petri, nec
subieeta ipsi capitaneo, sed semper fuit libera et exempta
et in possessione plene libertatis a tempore x, Xx, XXx
et c. annorum et plus et a tanto tempore citra, cuius con-
trarii memoria non existit. Item etc. (Segue come dal $ II
fino a pag. 28, linea 156 alle parole pecunie quan-
titate).

Nos ipsius syndiei et procuratoris supplicatione com-
moti, dictam appellationem fore interpositam, ut est di-
ctum, notificamus vobis per presentes nostro sigillo mu-
nitas. Datum Tuderti die xxvii octubris tertie indictionis.
Notificamus etiam vobis tenore presentium quod guar-
dianus fratrum minorum, Vicarius prioris et capituli
fratrum predicatorum, vicarius prioris et Capituli fratrum

?90 heremitarum de Tuderto ex causis gravaminum supra-

scriptis et etiam quia dicunt et allegant se per spiritualia
et papalia privilegia (Zacuna) huie appellationi adhese-
1k rdi rto trf 7r uo

«

eos

es
bo

L. FUMI,

runt omni modo et iure quo melius potuerunt: Datum
ut supra. — Dicto die xxvii octubris in loco saneti Fortu-

295 nati de Tuderto, presentibus testibus frate Johannello

. Giuramento
del messo vesco-
vile.

Bucoli, fr. Francisco Moncelli ordinis Minorum et d. An-
gelo de [Asisio]... vocatis, Juccius Lelli de Tuderto nun-
tius eoram dicto domino epo. asisinate iuravit ad saneta
dei evangelia corporaliter tactis seripturis omnes com-

300 missiones sibi faciendas per ipsum dominum episcopum

asisinatem legaliter et fideliter facere et portare atque
referre (lacuna) episcopus asisinas eidem Iucio nuntio
suo iurato dicto die, loco et testibus commissit et man-
davit, quod licteras suprascripti tenoris quas ei exhibuit

305 dicto domino episcopo Urbevetano debeat presentare et

de presentatione ipsa relationem facere coram eo. Die xxx
mensis octubris actum in camera supraseripti d. episcopi
Asisinatis in loco Sancti Fortunati de Tuderto coram
: fr. Iohannello Bucoli, Francisco Moncelli, d. Angelo de

310 Asisio et aliis pluribus testibus presentibus et vocatis,

dietus nuntius retulit se dictas licteras presentasse in
curia Montisflasconis dicto domino Guictoni episcopo ur-
bevetano.

Ego Angelinus q. Raynaldi d. Glorii de Tuderto

315 imperiali auctoritate notarius publicus predictis omnibus

II. — [1326], dicembre 15.

interfui eaque rogatus scribere, scripsi et publicavi.

Arch. Segr. Vatic.
Secret... Joan; XXII; T.:VI;; c; 9T.

Il Papa rimprovera i todini per avere aiutato Muzio Canestraro

eretico.

Eo gravius, filii, contra vos paterne admirationis et
iuste causam invectionis habemus eoque saucius offensa
noveritis intima cordis nostri, quo insanias excessisse
dicimini contra deum et ap. S. R. matrem E., pro quibus tan-

5 quam fideles. Xpi et Xpiane fidei pugiles contra suos
certamine publico debetis insurgere offensores. Nuper
siquidem ad nostri apostolatus auditum fidedigna mira
D

ERETICI E RIBELLI NELL' UMB JA, ECC. 98 È

quam plurimum licet, infausta et infesta non minus, insi-
nuatione pervenit, quod pridem dil. fil. Franeiseus Damiani
10 de ordine ffr. mm. Inquisitor heretice pravitatis infor-

Ha seütito — matus fidedigne per testes, quod in civ. Tuderti utique
con. dispiacere
che, esercitando . inter agri dominici semina heresis pestilens, velut radix
in Todi l'ufficio
dellaInqu.sizione ^ pestifera lolii pullulabat, declinavit ad Civ. ipsam habi-
fr. Francesco di
Damiano, fatto turus de hoc per inquisitionis sue indaginem denuntia-
carcerare Muzio
Canestraro, so- 1l
spetto di eresia
fususcitatountu- © sitor Mutium Canistrarium concivem vestrum de ipsa
multo popolare
per cui l'Inquia- heretica pravitate suspectum fecisset ob hoc de peritorum
sitore, VIStOSI in
PS mortes consilio carceri mancipari, subito contra Inquisitorem
uggl.

Ct

tionis proposite veritatem. Cum autem predictus Inqui-

ipsum, ut dicitur, adeo tumultum intrepidi populi susci-

Uv

tasti, quod predietus Inquisitor videnes sibi mortis im-
minere dispendium, se conmisit fuge subsidio ; idem vero
captivus evasit ab huiusmodi carcere fugitivus, unde,
pro dolor, eontigit tam salubre violari judicium in pu-

blicam et dampnandam divine magestatis offensam, con-

do
Qt

temptum catholice fidei, nostram et ap. sedis ac E. iniuriam
divino et humano iudicio execrandam. Nunquid, igitur,
fili, si vera sunt talia, quamvis non credamus illa fa-
ciliter aliqua vos potestis exceptione vel excusatione
tueri, quin tante fueritis offensionis actores, tam vulgaris
30 infamie aspergamini macula, et tanquam defensores eiu-
sdem pravitatis heretice de ipsa redditis heresi vos su-
spectos, profecto nisi existens de talibus in contrarium
veritas vos excuset, non sunt apud vos ista que pro-

fitetur in terris xpiana religio, professio fidei orthodoxe

Ut

deposcit, et: ad capienda pre ceteris E. triunphantis ex-
celsa continue predicat militantis E. disciplina. Quia vero,
quantumcumque forsitan tenebrarum spiritus vos ad
devium erroris huiusmodi perverso calle seduxerit, nos,
more pii patris, cupientes vobis hereditariis carisque
4

[-

nostris ac ipsius E: subiectis et filiis adesse propicii vosque
a perieulis animarum et corporum desiderantes eripere,
quibus vos tam improvide ob premissa tamque dampna-
biliter summisistis, univ. vestram monemus presentibus
Li invita al- : 2 znhig ninh : Ug. ini
VERRI et hortamur attente, vobis nichitominus tam dominico

stenersi per l'av- 45 quam paterno consilio suadentes, quatinus, premissis om-

3
34 L. FUMI

venire da simili ^ nibus in consideratione deductis, sic de tantis perniciosis

atti, ad assistere : b

l'Inquisitore per excessibus deo, nobis et eidem E. congruam faciatis
l'esercizio sicuro 5 : RT

del suo ufficio; emendam, vobisque in posterum a similibus caveatis,.

assistentes viriliter et potenter, ut debetis ut viri ca-

Qt
o

tholici, Inquisitori predieto ad eius officium in civitate
predicta eiusque districtu. secure ae laudabiliter exercen-
dum, quod emendationis condigne suffragium vos purget
a crimine, si quo in vestrum dampnum aliorumque per-
niciem videmini laborare. Cirea que illud demum exnune
55 vobis intimare providimus ex affectu quod, si huiusmodi
monitionibus et exhortationibus nostris obedire spreve-
altrimenti sarà ritis, ex debito quo urgemur pastoralis officii vitare bono
costretto à pro-

cedere. modo nequibimus, quin contra vos, velut contra hereticos
ac hereticorum defensores fautores et receptatores eorum
60 in quantum suadebit justitia, actore domino, procedamus.,

Dat. Avinion. Id. decembris an. xi (1).

III. [1321], dic. 21 — [1328], gen. 16. Arch. Com. di Todi, Rif. ad an. c. 71t.

Lettera dell’ Inquisitore della Marca al Vescovo di Todi contro
il Podestà e Riforma del Consiglio contro gli ordini del-
U Inquisitore.

Ven. in Xpo. patri et d. ..dei gratia Epo tudertino frater
Servus de Penna ord. ffr. min. in provincia Marchie An-
conitane Inquisitor heretice pravitatis ad infraseripta per
Sed. ap. specialiter constitutus, nee non fratris Johannis

? de Ancona Inquisitoris nostri consocii in omnibus vices
gerens saiutem in d. sempiternam.

Si lesam Ecclesiam et facinorosorum retibus vulnera-
tam fortis fidelium protectio non curaret, deficeret ipsius
substantia in conspectu ledentium, ab universo orbe fides

10 catholica deleretur. Sane promptum affectum gerentes ea
agere que sint ad excellentiam onnipotentis dei et dicte E.
matris nostre ac fidei orthosse, et ad exterminium et confu-

(1) Pubblicata dall’ EUBEL, BUM. Francisc., t. V, Romae, 1898, p. 313,

Fri = n -: at | ERETICI E RIBELLI NELL’ UMBRIA, ECC. 35

sionem hereticorum et eorum fautorum et ut ipsi, suadente

justitia, de vinea domini expellentur cum multorum nostro-

15 rum catholicorum et xpiane fidei zelatorum nos et nostri in

Contro Borga- officio predecessores, clamore et fama publica excitati, pro-

ruccio e suotiglio :
iddpeai Ma- . cesserimus ex inquisitionis officio contra Borgarucium Fre-
telica l'Inquisi-

tore pronunzió derici et Raynucium eius filium de Mathelica super eo po-
sentenza di par- ii 4

tecipazioneall'e- — tissime quod, demoniaco ansu, Lippacio et Andree de Auxi-
resia, per aver

favorito Lippac- 20 mo publicis etmanifestis hereticis et persecutoribus E. et :
cio e Andrea da

Setta, pube: publieis hostibus de post latam contra ipsos de criminibus
, eretici. e ll Sco- ;

QUnieN Apud ipsis dampnationis sententiam, favores, consilia et ausilia
blici offici. contra dietam E. ipsiusque fideles catholicos prestiterunt
eisdemque dampnabiliter adeserunt, et quia per inquisitio-

25 nem ipsam eosdem Borgarucium et Raynucium reos et con-

victos plenarie invenimus de predictis, sententiaverimus et

deelaraverimus ipsos et ipsorum quemlibet fuisse et esse

fauctores et auxiliatores dictorum hereticorum, post sen-

tentiam dampnationis de heresis crimine contra ipsos pu-

30 blice promulgatam et de favore et auxilio predictis per

eos datis et prestitis hereticis antedietis condempnaveri-

mus, et, tamquam fautores et auxiliatores predictorum

. hereticorum, declaravimus eosdem Borgarucium et Ray-

nucium esse excommunicationis vinculo innodatos, et,

c

35 prout in apostolicis constitutionibus continetur, propter
premissa ipsos in personam factos esse infames, nec ad
publiea offieia, seu consilia admittendos, nullamque firmi-

tatem ipsorum sententiam obtinere, nec causas aliquas

ad ipsorum audientiam perferendas et ipsorum bona om-
4

e

nia esse totaliter confiscata et incurrisse omnes alias sen-
tentias atque penas per leges et canones contra patratores
huiusmodi scelerum promulgatas, eamdemque sententiam,
quam divino succensi zelo, canonice protulimus in eosdem,
vobis in scriptis presentibus duximus precaveri, volentes

aa
[311

quoscumque fideles. ne cum dictis Borgarucio et Raynucio
excommunicatis et ab ecclesia dei et crisptianorum con-
tubernio sequestratis, participent et pari mucrone per-
cellantur sententie; nichilominus quod vobis cum reve-
rentia debita sub penis infrascriptis auctoritate apostolica
50 qua in hac parte fungimur districte precipiendo mandamus
Pali‘ ,
3e SZ rd arte ot, —
MA rM mde

T

Perciò |’ Inqui-
sitore ordina al
Vescovo di di-
chiarare, entro

termine perento- 5

rio, scomunicati
isuddetti e come
tali da evitarsi,
e di ammonire il

Comune e le per-

sone particolari
sotto severe pe-
ne, di scomunica,
interdetto e di
pagamento di
10,000 . marche
d' argento, di
Scacciarli e non
ammetterli più,
se prima non ri-
tornino nel seno
della Chiesa ; di
sequestrare loro
armi, cavalli e
salarì.

. Che se non ob-
bediranno Comu-
ne e particolari,
gli ufficiali sieno
Scomunicati e la
città interdetta.

c
QU

-
Qt

L. FUMI

quatinus infra tertiam diem a receptione presentium
computandam, quorum unum pro primo, secundum pro
secundo, tertium pro ultimo et perhemptorio termino as-
signamus predicta, per vos vel alios recitantes in ecclesia
vestra cathedrali, et postmodum singulis diebus dominicis
et festivis, usque ad duos menses, publice coram populo,
pulsatis campanis et candelis accensis et demum extin-
etis, eosdem Borgarueium et Raynucium excommuni-
catos denuntiare curetis, ipsosque velud excommunicatos
in ecclesia et extra esse ab omnibus artius evitandos; et
pro nostra parte moneatis priores, officiales, consiliarios
et comune, nobiles et alias singulares personas Civitatis
Tuderti et nichilominus sub excommunicationis in per-

sonas ipsorum, interdicti in Civitatem et eius territorium

5 et districtum. X. mil. mareharum argenti penis, districte

precipiendo mandetis, quatinus dieto Burgarucio excommu-
üicato et condempnato, ut potestati dicte civitatis Tuderti,
de cetero non obediant nec pareant, scilicet. eundem,
infra tertiam diem a monitione ipsa computandam quem
terminum pro omnibus et perhemptorie assignamus, a
dicte potestarie officio penitus deleant, reiciant, atque
cassent et ad ipsum vel aliud de cetero non admittant,
donec ad gremium Eeclesie ac nostra mandata rediherit
humiliter et satisfecerit de patratis. Et nichilominus
omnes res, arnesias, arma, equos suos et salarium eidem
debitum ab eisdem accipiant, auferant et eidem non sol-
vant, sed ea omnia teneant in sequestrum, donee domi-
nus noster summus pontifex quid inde fieri velit, duxerit

ordinandum, vel nos duxerimus disponendum. Quod si

80 predicti id in aliquo contempserint adimplere, in ipsos

(9.2)
[5

offieiales, priores, consiliarios, nobiles et singulares per-
sonas excommunicationis, in civitatem ipsam et eius
territorium et districtum | interdicti sententias, canonica

monitione premissa, exnune prout extune proferrimus

? jn hiis scriptis, et ipsos et eam incurrere volumus ipso

facto; ad denvntiationem autem ipsorum et ad alia op-
portuna remedia continuo processuri. Quicquid autem

de predietis duxeritis faciendum, nobis, infra xii dierum

o

FCC Milone IA —

MG LE e. * È » DI N i^ d (x m Te f 3
Pest - M mts LOU S LEE Ne. AP uL De ER ani
Attende rispo-
sta in termine di
12 giorni, minac-
ciandoil Vescovo
di interdizione
dalla sua catte-
drale, poi di so-
spensione e fi-
nalmente di sco-
munica.

Nel pubblico
Consiglio Gual-
terello Pennazza
propone che Bor-
garuccio seguiti
a reggere l’ uffi-
cio di Podestà

per tutto il tem-

po della sua ele-
zione; che tutti
i suoi atti abbia-
no pieno vigore

eo
(>)

9

O:

100

105

110

in civile e in cri-115

minale ;

e nessuno osi
contradire ai suoi
atti in forza delle
lettere dell’ In-
quisitore, sotto
pena e bando ad
arbitrio. del Po-
destà;

oppositori non

sieno ascoltati.

Un sindaco no-
‘minato nel pre-
sente Consiglio
‘appelli alle dette
lettere.

120

125

ERETICI E RIBELLI NELL’ UMBRIA, ECC. 31

spatium a receptione presentium, in forma publica tran-
smietere studeatis, alioquin si mandatorum nostrorum
immo verius apostolicorum, quod non credimus, fueritis
contemptores, exnunc prout extune vobis ingressum ec-
clesie. interdicimus per presentes, quod interdietum si
per tres. dies animo substinueritis indurato, extune vos
suspendimus a divinis. In qua suspensione si per alios
tres dies duxeritis persistendum, extune vos vineulo ex-
communicationis innodamus. Quas sententias atque penas

exnune prout extunc, canonica monitione premissa, in

‘vos proferrimus in hiis seriptis et vos ipsam incurrere

volumus ipso facto. Nichilominus contra vos ad denun-
tiationem ipsarum et ad alia, prout fuerit procedendum.
Has autem licteras sigilli nostri officii munitas poni fe-
cimus in registro, de quarum presentatione fidem dabi-
mus relationi presentium portitoris. Datum Macerate die

xxi mensis decembris, x indictione.

Super qua proposita dietus dominus capitaneus petiit
sibi pro dieto Comuni sanum et utile consilium exhiberi.

Gualterellus Pennazze, unus ex consiliariis dicti con-
silii, surgens in dieto consilio...... consuluit, quod Bor-
garucius Frederici de Mathelica, nune potestas civitatis
Tuderti, sit et esse debeat potestas et rector civitatis
Tuderti, et sui officiales sint et esse debeant eius officiales
toto tempore in electione de eo faeta per dietum comune
contento et declarato. Et quod omnes processus, tam
civiles quam criminales, facti et faciendi per dictum d.
potestatem et suos officiales valeant et teneant, ut facti
et faciendi sunt. Et nulla persona audeat vel presumat
aliquid dieere vel apponere contra ipsos processus, occa-
sione dictarum licterarum, pena et banno arbitrio d.
potestatis vel d. capitanei presentium vel futurorum, in
avere et personis, ut eisdem vel alteri eorum placuerit
auferendis. E opponentes aliquid dieta occasione, per
offieiales aliquos comunis Tuderti minime audiantur.
Et quod in presenti consilio fiat et creetur quidam
Syndieus seu Syndici ad appellandum a dictis licteris
TI —M————MMMMM—À



38 L. FUMI

et quolibet alio precepto facto dicto comuni, occa-
sione dietarum licterarum, et a quolibet alio secuto ex
dietis literis et earum occasione ad sensum sapientis
130 comunis Tuderti auctoritate et decreto presentis con-

silii, aliquo contrario non obstante.
In reformatione...... facto partito ad bussolas et pal-

Iuetas...... presentibus et consentientibus sex bonis viris,

Vintoil partito, onitis et electis super eligendis partitis, placuit Cen-
CORR per eligendis partitis, placuit Ce

vorevoli, 48 con-135 tumnonagintauni consiliariis.....

quod consuluit Gualte-
trarl.

rellus...... non obstantibus Quatragintaocto consiliariis

eorum palluetas mictentibus in bussolam rubeam del
non, in contrarium predictorum del sic.

IV. — [1328], gennaio 4. Arch. Com. di Todi. Rif. 1327-28, c. 68.

Lettera di Ludovico ‘it Bavaro che torna a chiedere sussidî
a Todi.

Ludovico Re
de'Romani mera-
vigliandosi di non
avere © ricevuti
i sussidì richiesti
e nemmeno una
risposta, avvisa
di rimetterli sen- 5
za indugio, .se
non vogliono pro-
vare gli effetti
della sua indi-
gnazione, spe-
cialmente ora
che é diretto per
Roma.

Ludovieus dei gratia Romanorum Rex semper au-
gustus, prudentibus viris Consilio et Comuni Tuderti suis
et imperii fidelibus dilectis gratiam suam et omne bonum.

Requisivimus vos alias seriptis nostris de mictendo no-
bis subsidio armatorum, quod effectui non mandastis nec re-
sponsum aliquod attulistis: de quo valde mirantes, fideli-
tatem vestram iterum et seriosius requirimus et monemus,
nichilominus vobis precipientes firmissime nostre gratie
sà sub obtentu, quatenus sine cuiuslibet more diffugio ad nos

subsidium armatorum, ut premittitur, destinetis, alioquin
si negligentes essetis in eo, quod de fidelitate vestra nulla-
tenus presumimus et speramus, nostram indignationem
graviter sentiretis, presertim cum ad Urbem Romanam,
è directo vestigio; domino favente, feliciter procedamus. —
Data Viterbii die iiij annuarii regni nostri anno xil. V. — [1330], gennaio 9 -aprile.

ERETICI E RIBELLI NELL' UMBRIA, ECC. 39

Secret. Joan. XXII.
T. VIT, 6.100 4:;:1061-t:

Contro Francesco da Todi, eretico.

Epo Ambianensi et... Inquisitori heretice pravitatis in Regno

Francie auctoritate apostolica deputato.

Francesco da
: Todi chierico re-
catosiin Francia,
vi predicò errori
el eresie, spe-
cialmente contro
gli articoli del
« credo » sul-
l|' unità della
Chiesa Cattolica,
la resurrezione
della carne e la
Eucarestia.

Trovandosi
questi in carcere,
lou. richiede per
istituirne il pro-
cesso ed eseguir-
ne la giustizia.

(die

Il

(=)

[911

w
©

Qt

Pridem ad audienciam nostri apostolatus pervenit
quod Franciscus de Tuderto clericus ad partes Regni
Fraaeie, ubi inter cetera Regna mundi clarere religio
xpiana noscitur, dudum se conferens, ibidem nonnullos
errores et hereses pessimos, presertim contra illos arti-
culos in symbolo apostolorum contentos, vid: unam san-
ctam ecclesiam catholicam et carnis resurretionem, nec
non contra venerandum et vivificum sacramentum altaris,
in locis diversis et pluribus, nonnullis personis presen-
tibus, predieare ac dogmatizare in divine magestatis
contumeliam et offensam ae fidei et fidelium opprobrium
et jacturam, non sine magna temeritate presumpsit.
Cum autem idem Franciscus propter hoc et alia nephanda
per ipsum adversus fidem orthodoxam commissa vestris
detineatur carceribus maneipatus, nos volentes super
hiis iustitiam exhiberi, discretioni vestre per apostolica
scripta mandamus, quatenus tu, frater Episcope, aposto-
lica auetoritate, et tu, filii Inquisitor, ex officio inquisi-
tionis tibi eadem auetoritate commisso super predictis
et ea quomodolibet tangentibus ac aliis erroribus et here-
sibus, quibus eundem Franciscum irretitum fore repereritis.
vel respersum, summarie etc. iuxta sanctiones canonicas et
privilegia officio supradicto concessa tam cum ipso, quam
contra ipsum, veritatem, viis et modis quibus expediri
videritis, inquirentes, exequi quod iustitia in hac parte di-
etaverit, studeatis, nobis quidquid super predictis feceritis
fideliter rescripturi. Dat. V. Idus Januarii, anno quar-
todecimo.
40

A Filippo re
di Francia. per
pregarlo di sal-
vacondotto per
chi addurrà il]
suddetto eretico

VI. — [1332], settembre 24-novembre 1.

A. Pietro d'Ar-
tois rettore del
Patrimonio.

Giovanni XXII
ha sentito che
Amelia ha occu-

ato e arso il
Castello di Foce,
uccidendo alcuni
castellani, altri
facendo prigioni ;
che egli ha mos-
so con l’esercito
contro la città;
che allora quei
cittadini si otfri-
rono a discre-
zione,

L. FUMI

30 Philippo Regi Francie illustri.

Cum nos ven. fratri nostro . . Epo Ambianensi et
dileeto filio Inquisitori heretice pravitatis in partibus
Regni tui auctoritate apostolica deputato demus per

alias nostras certi tenoris litteras in mandatis, ut Fran-

e
o

5 eiseum de Tuderto de heresis et scismatis criminibus

vehementer suspectum, quem suis detinent carceribus
maneipatum nobis, nisi forsan contra eum processerint,
studeant destinare, regiam rogamus excellentiam atten-

eius et hortamur, quatenus personis, quas ad eum addu-

FS
(=)

cendum deputaverint, de securo condueto faciat, pro
divina et eiusdem sedis reverencia fideique zelo cattolice,
liberaliter magnificentia regia provideri. Dat. Avinion.

VIJ idus aprilis anno xim.

Secret. Ioan. X XIJ.
n: 117, 6.:92/0,, 44.
Atti relativi alla rivolta di Amelia.

Petro de Artisio Patrimonii b. Petri Rectori. — Ex
tenore litterarum tuarum pridem percepimus, quod nuper
Comune Civitatis nostre Ameliensis debite fidelitatis im-
memores, nos et R. E. cuius sunt peculiares filii, omni

? prorsus abiecta reverentia, offendere non verentes, Castrum
Focis in Patrimonio nostro b. Petri in 'Tascia consistens
hostiliter invaserunt et nonnullis hominibus eiusdem ca-
stri in ore gladii trucidatis, castrum ipsum ignis incendio
coneremarunt, gentes tuas et quosdam alios dicti castri

10 incolas ad civitatem

prefatam ducentes, nichilominus

ignominiose et miserabiliter captivatos, et quod factis
occasione huiusmodi contra dictos Comune per curiam
generalem eiusdem Patrimonii processibus, ut est moris,
cum memorati Comune in pertinaci rebellione persisterent,
15 contra eos exercitum preparasti, quodque te in exercitu
huiusmodi existente dicti Comune offerentes pure et li-
beraliter se paratos pro predictis rebellionibus et offensis
nostris in omnibus obedire beneplacitis, ad te suos spe-
ciales nuntios destinarunt. Nos itaque attendentes quod
20 excessuum predictorum enormitas exemplaris vindicte exi-

La ta ^ 1 ks $ j d. i bc :
SENA DI d RC HS TSE TN M Sud ite RIP Ur T eng E. Wat M Gli ordina di
obbligare gli of-
ficiali del. Co-
mune alla rifa-
zione del Castel-

Qt

[^*]
(©)

lo, dei danni e
delle spese di
guerra della Ca-
mera patrimo-
niale.

35

Settembre 96.

A Vanne di
Galasso e à Ca-

taluccio fratelli :

signori di Bisen-
zo.

Li loda per
l’aiuto dato al
Rettore del Pa-
trimonio per la
riduzione della
città di Amelia
sulla via del
vero.

"S

(ST;

50

55

ERETICI E RIBELLI NELL' UMBRIA, ECC. 41

git ultionem, quia tamen Eius in terris vices gerimus
qui penitentes admittit letanter ad veniam experiri vo-
lumus an pretensa ex oblatione huiusmodi penitentia suc-
cessivis confirmanda devotis actibus gratiam mereatur:
et propterea ab impositione pene condigne, quam quociens
expedire viderimus eis imponendam nobis retinemus spe-
cialiter supersedendum. providimus de presenti. Ne autem
dampna passis propterea videamur in iustitia deficere,
cuius sumus omnes debitores, diseretioni tue per ap. seri-
pta committimus et mandamus, quatinus eosdem Comune
et singulares, que in potestariis vel aliis officiis preerant
tune in dieta Civitate personas, quas in premissis delin-
quisse ecc. tibi constiterit, ad refectionem dicti castri et
dampnorum in eo illatorum ac expensarum per Cameram
eiusdem Patrimonii ratione dicti exercitus factarum emen-
dationem spirituali et temporali discretione compellere,
ratione previa, non ommittas, non obstantibus ecc. Dat. vii

Kal. octobris an. XvIJ.

Nobilibus viris Vanni Galaxii et Cathalucio eius fratri
dominis de Disentio.

Sincerum devotionis affectum, quem ad nos et R.
geritis E. ab experto probatum hactenus liberalis suc-
cursus per vos pridum circa reductionem Ciyitatis Ame-
liensis ad veritatis viam tam strenue, quam oportune
exhibitus, prout ex grata dilecti filii Rectoris et thesau-
rarii Patrimoni b. Petri in Tuscia relatione pridem nobis
innotuit evideneius manifestat: super quo sinceritatem
vestram plurimum in Domino commendantes, nobilitatem
vestram rogamus et hortamur attente, quatinus in huiu-
smodi devotionis integritate, qui Deo et hominibus vos

reddat acceptos studeatis recipere inconcusse, efc.

In e. m. Comuni Perusii -- nobilibus civitatis Urbi-
sveteris — Capitaneo Populi Urbisveteris — Nobilibus

de Radieofano — Poncello de filiis Ursi — Joanni archie-
piscopo Neapolitano — Jacobo Episcopo Lomberiensi —
Dat. vy Kal. oct. an. XVII.
49
30 Ottobre.

A Pietro d'Ar-
tois.

Giovanni XXII 60

ricorda. l’ inva-
sione di Foce, le
uccisioni, le ra-
pine e l' incendio
consumato da
quei di Amelia,
e come addussero
prigione, fra gli
altriun familiare
del suddetto: che
mosso l’ esercito
del Patrimonio
ai danni di Ame-
lia, i cittadini,
per il guasto dei
campi, s'indusse-
ro achiederesom-
missione. Quindi
il Rettore, licen-
ziato l’esercito,
entrò in città,
riammise gli o-
spiti, e sembran-
doglj ristabilita
la pace, si ritirò,
é poi condannò,
in virtù dell’ ar-
bitraggio confe-
ritogli, ilComune
alla rifazione dei
danni nel castel-
lo. Orso « Vati »
con certi suoi
complici, solleva-
to il romore nel
popolo, uccise
Lucio di Pietro;
e il Comune ap-
pellò dalla sen-

tenza contro di 80 tuo

loro profferita dal
Rettore.

L. FUMI

Petro de Artisio — Infausti rumoris assercio pridem
ad nostri perduxit apostolatus auditum, quod nuper Co-
mune Civitatis nostre Ameliensis, proprie salutis imme-
mores, Deum ac nos et R. E., cuius sunt peculiares filii,
offendere non verentes ad castrum Focis in Patrimonio
‘nostro b. Petri in Tuscia consistens hostiliter accesserunt,

quod prodicionaliter subintrantes, quamplurimis personis

per eos ibidem in ore gladii trucidatis, et bonis incola-

65 rum ipsius Castri positis in rapinam, ipsum castrum

ignis incendio penitus consumpserunt, quodam familiari
tuo, quem ibidem pro custode posueras et nonnullis aliis
ex ipsis incolis secum ducentes, nichilominus ignomi-

niose admodum et miserabiliter captivatos. Cumque con-

70 tra eosdem Comune super tam enormibus excessibus facti

essent per Curiam generalem Patrimonii predicti pro-
cessus, iidemque Comune indurato nimium et irreverenti
animo in pertinaei rebellione durarent contra eos exer-

eitum preparasti, conspicientibus itaque ipsis te dampni-

75 ficari plurimum propter gastum quod faciebat exercitus

fruetiferarum arborum et bladorum, ad te nuncios suos
plena potestate suffultos, offerentes se paratos pro dam-
pnis in codem castro illatis et iniuria eidem E. irrogata
tuis stare beneplaticis, seque super hiis pure et libere
submittentes arbitrio, specialiter destinarunt. Et cum
per hec signa devotionis evideneia ostendebant, tu, licen-
tiato exercitu, dietam Civitatem intrasti et reintromissis
exititiis Civitatis ipsius, cum inter Cives vigore pacis

unitas videretur, secessisti: ac deinde, licet dampna in

85 dieto castro illata nequirent absque expensis maximis

resarciri, tu tamen ad ipsos Comune sinceram devotionem
eo forcius intendens allicere, quominus in tam atrocibus
delietis agebatur cum eis, de consensu incolarum dieti
castri, eosdem Comune ex data tibi potestate per eos

90 super hiis tune laudum seu arbitrium proferendo in certa

summa pecunie in refectione dicti castri exponenda et
in prefiwo per te solvenda termino condempnasti ; quod- €

ERETICI E RIBELLI NELL' UMBRIA, ECC. 43

que postmodum Ursus Vati civis Ameliensis, proprie sa-

lutis oblitus, ordinatis sibi multis in hae parte proditoria

95 factione nequitia complicibus, penas et sententias latas

et inflietas per constitutionem nostram contra turban-

Gli ordina tes statum pacificum terrarum E. prelibate editam dedu-

quindi di prov-

vedere all'appli- — cens dampnabiliter in contemptum, ac tranquillum eiusdem
cazione delle pe-

ne comminata — Civitatis statum turbare dampnandis ausibus non formi-
dalla costituzio-

Mor Conto i PAESI dans, concitato in cadem Civitate tumultu, quondam Lu-
ne pubblico. cium d. Petri ipsius Civitatis civem gladio miserabiliter
et inmaniter interemit, dicti etiam Comune, velut ingra-
titudinis filii, a laudo et arbitrio tuo predietis appellasse
seu provocasse dicuntur, reffectionem dicti castri effugere
105 sub huiusmodi frivole appellationis seu provocationis re-
medio satagentes. Cum igitur prefata efc. contra eos...
sempliciter... procedas ad aggravationem penarum in
eadem constitutione contentarum... Dat. ny Kal. nov.
an. XVII (Ivi, e. 33).

Ottobre 29.

Al Legato. 110 Legato. — Articulos quosdam per dileetum filium...
Rectorem et Thesaurarium Patrimonii b. Petri in Tuscia
super tractatu per te et eos habito circa reductionem Ci-

E ORA ph tatis Ameliensis ad nostram et E. R. devotionem pridem

alla riduzione di nobis transmissos cedula continet presentibus interclusa,
Amelia alla Chie- ?

sa, salvo per ciòl15 quos veluti rationabilia continentes acceptavimus ; eo salvo
che riguarda gli

autori dell'ecci- ^ quod, si illi qui de factione et homicidiis in eadem Civi-
cidio di Lucio:

Conspeciali istru- tate commissis noviter accusantur, proditionem quam illum
quondam Lucium velle attemptare pretendunt, vel suam
innocentiam alias seu causam rationabilem probare pos-

120 sint, liquide audiantur, alias pro statu eiusdem Civitatis
servando pacifico, possit componi peculiariter cum eisdem.
Ideoque diseretioni tue mandamus quatenus ad riductio-
nem eandem, ut premittitur, faciendam, eisdem Rectori
et Thesaurario assistas auxiliis et consiliis oportunis. —

155 Dat. my Kal. novembris an. xvIJ. (Secret. Joan. XXII,
NS 6 eot v. ).
44

Ottobre 30. .

A Pietro d'Ar-
tois.

Ricordato l'ecci-
dio di Lucio, si
duole X grande-
mente che il Ve-
scoyo Manno
sembri implicato
fra’ complici del
delitto, - quindi,

L. FUMI

Petro de Artisio etc. — Displicenter pridem accepimus
quod Ursus Vati de Amelia nuper de partibus Pedemon-
tis veniens, proprie [salutis] immemor, statum Civitatis

130 nostre Ameliensis pacificum turbare temerariis ausibus
non formidans, quo adunatis sibi in hac proditoria fa-
etione quibusdam nequiter complicibus, quondam Lucium
d. Petri civem Ameliensem inmaniter gladio interemit,
quodque ven. frater noster Mannus Episcopus Ameliensis di-

incaricato il Ret-125 eti Ursus germanus, eiusdem factionis conscius et factor no-

tore di verificar-
lo, gli ordina di
farlo venire alla
sua presenza.

Novembre 1.

Rectori

Senti delle sin-
cere disposizioni
del Comune di
Amelia di gover-
narsi sotto il do-
minio della Chie-
sa.

scitur extitisse, quod eo gravius, si veritas suffragetur
relatibus, nostrum animum sauciavit, quo prelatorum,
qui ex conmisso eis officio pacem inter subditos nutrire
eorumque deffectus corrigere sunt obnoxii, tam detestanda

140 presertim erimina forcius abhorremus. Nos igitur, si est
ita, nolentes tam nephanda scelera relinquere, conniven-
tibus oculis, incorrecta, discretioni tue per ap. scripta
committimus et mandamus, quatenus si simpliciter e£c.
premissa, que de ipso referentur Epo., repereris veritate

145 fulciri, prefatum Epum., ut, infra certum competentem
per te ei prefigendum peremtorium terminum, nostro con-
spectui personaliter se presentet, facturum et recepturum
pro demeritis, prout fuerit rationis, auctoritate nostra, ci-
tare procures. Diem vero citationis et formam ac quic-

190 quid feceris in premissis, nobis, per tuas patentes litte-
ras vel instrumentum publicum harum seriem continens,
quam tocius fideliter studeas intimare. — Dat. ny Kal.
nov. an. XVIJ (Secret. Ioan. XXII, N. 111, c. 33).

et Thesaurario Patrimonii b. Petri in Tuscia.

Ex tenore litterarum vestrarum grata pridem lectione

159 perceimus sincerum affectum, quem Comune Civitatis Ame-
liensis habebant sub nostro et E. R. dumtaxat dominio gu-
bernari. Sed subsequenter misse nobis littere nos de fine d »

Ma poi appre-
se con meravi-
glia del dubbio
che se ne aveva.

Al Rettore e
al Tesoriere che
hanno sperimen-
tato la doppiezza

di quelle popola- .

zioni, prescrive

la vigilanza. Ri-165

ducendo Amelia
a devozione, forse
si avrebbe un
freno contro Vi-
terbo e le altre
popolazioni.
Parla di cinque
articoli trasmes-
si per capitolare

con Amelia. Fal70

riserve per gli
autori della stra-
ge di Lucio. Non
è alle loro S0-
stanze, ma alla
tranquillità delle
città che egli
mira. Propone
una composizione

ragionevole conl75

essi.

Approva le di-
sposizioni per
Rocca di Foce.

Si meraviglia
che il lodo del
Rettore non ac-
cenni alla am-
menda delle spe-
se Camerali.
Raccomanda, al
tempo stesso, la
misura, per evi-
tare il sangue e
lo sviamento del-
le pratiche at-
tuali.

190

E contento di
acquistare la
parte del castel-
lo di Lacuscello
posseduto dai
condomini.

Qt

ERETICI E RIBELLI NELL' UMBRIA, ECC. 45

in hoc dubitare prospero asserentes, admirationis mate-
riam nec in merito ministrarunt. Verum quia verborum
et animorum duppliciatem gentium illarum partium ab
experto novistis, cum Civitas ipsa in vera devotione
persistens forte frenum existeret Viterbiensium et aliis
dietarum partium, si qui rebelles existerent, ut audivi-
mus, vigilate solerter et omnibus viis quibus poteritis
fideliter laborate, ut pure ad nostram ireducatur obe-
dieneiam sub nostro dumtaxat deinceps gubernatura
dominio, sub forma àrticulorum quinque vobis transmis-
sorum per nos novissime, haoc salvo dumtaxat, quod si
illi; qui de factione homieidiis in eadem Civitate com-
missis noviter accusantur proditionem, quam. illum quon-
dam Lucium voluisse attemptare pretendunt vel suam
innocentiam alias seu eausam rationabilem probare pos-
sint liquide, cum non eorum pecunie sed status Civitatis
salubris cordi nobis insideat, audiantur. Alioquin pro
statu huiusmodi tranquillo et quieto servando poterit
eum eis componi rationabiliter in certa quantitate pecunie
moderanda per vos, prout exiget realis devotio eorumdem.
Ceterum quod de Rocha in Castro Focis facienda serip-
sistis plurimum approbantes, volumus quod ad hoc ab-
sque cunctatione qualibet detis opem et operam efficaces.
Ad hoe quia cedula laudam per te, filii Rector, super
excessu per eosdem Comune in dicto castro commisso
prelatum continens de expensis factis occasione huiu-
smodi per nostram Cameram non facit aliquam | mentio-
nem, non suffieimus admirari. Vos ergo quibus de ex-
pensis eisdem et solvendi possibilitate dictorum Comunis
plenius constare debet, talem modum servetis, ne minima
emuncio sanguinem elieiat, per quod ab eorum presenti
laudando proposito merito diverti valerent. Porro super
contentis in tuis, fili Thesaurarie, litteris quod condo-
mini castri nostri Lacusclli consenciunt partes eorum dieti
Castri nobis vendere vel etiam permutare, volumus, quod
cum eis conveniatis de precio, illudque et modum quo
eos vellent vendere nobis celeriter rescribatis. Acquisito

?"enim castro in solidum ad unionem et reparationem pe-
7
— d

46

A tempo op-
portuno, acqui-
stato il castello,
penserà alla pro-
roga della riser-
và delle. rendite
e della decima.
Intanto si riscuo-

tano, secondo le205 eum | distincta officia habeatis, ut ea'exerceatis fideliter,

istruzioni ricevu-
te. Impone loro
di procedere u-
niti, senza in-
traleiarsi l'un
l’altro in ambe-
due gli offici di-
stinti fra loro.

titas, prout expediens fuerit, procedemus, litteras etiam
super prorogatione reservationis fructuum et decime fieri
oportuno tempore faciemus. Interim antem, tu thesau-

rarie, eos colligas iuxta traditam tibi formam. Insuper

nec promiscuis turbentur actibus, sed a ulter alterius
onera cum unione animorum omnimoda supportatis, vo-

bis districte iniungimus, sicut nostram desideratis in-

L. FUMI

dignationem evitare.

210

Dat. Kal. novembris anno xvij (Ivi, 44 t.). y

4T

GOTI, GRECI E LANGOBARDI A TODI ©

Quando Odoacre tolse la porpora al fanciullo Romolo Augu-
stolo, i municipi italiani avevano perduto ogni splendore. Il fasto
dei Cesari; l'enorme gravezza delle imposte e l'inumanità nell’ e-
sigerle; gli eserciti dispendiosi e licenziosi, volubile base del
dispotismo imperiale; le invasioni barbariche; la perdita dei beni
camerali, in gran parte donati, da Costantino e da’ suoi succes-
sori, alla Chiesa e ai cortigiani; e, non ultimi, gli odii di reli-
gione, erano causa di tanta decadenza. L'Italia non contava più
di cinque milioni di abitanti; appena cinquantamila Roma ; e quasi
ne mancavano affatto la Tuscia (2) e l' Emilia.

Todi, priva ancora dei tre borghi che poi le diedero la forma
di un triangolo isoscele, mantenevasi ristretta’ sul culmine del ri-
pido colle, sonnecchiando paurosa dietro la cerchia delle romane
mura (3). Stava fuori delle tre grandi vie, Aurelia, Cassia, e Fla-
minia che da Roma correvano a sellentrione. La Flaminia invero
le passava a circa dieci chilometri ad oriente, lungo le falde occi-

(1) Questo argomento fu appena sfiorato nella mia Todi nel Medio Evo (Todi,
Trombetti, 1897; I). Il presente lavoro completa largamente, e in moltissimi punti cor-
regge, i brevi cenni fattine in quell’ opera.

(2) Nell'alto m. e. comprendevasi nel nome Tuscia o Toscana, anche l’ Umbria.

(3) Passavano per le odierne porte di S. Antonio, S. Prassede, Valle e Aurea.
Nel 1093, S. Nicolò « de Criptis » in fondo al borgo « de via plana » erroneamente ora
detta Ulpiana, stava ancora fuori delle mura, come rilevasi dal regesto dell'abbazia
di Sassovivo. E notisi che da quella parte, più dolce di clima e di pendio, la città si
allargò prima che altrove. Il borgo «- nuovo », verso tramontana, non fu cinto di
mura che circa l'anno 1200 (PETTI, Commentari; mss. nell’Arch. di S. Fortunato;
Arm. VI, Cas. XI, Vol. I, pag. 16) e verso la metà del dugento era ancora in pieno
sviluppo edilizio. (Cf. il registro dei livelli ecc. di quest'epoca nell'Arch. vescovile).
La rrt apre prati es
"

48 BM G. CECI

dentali dei monti Martani (1); anzi, tra Casuento e Carsoli spin-
geva un braccio a sinistra fino alla città già sacra a Marte. Ma
la via principale per Todi era l’ Annia o Amerina, la quale, stac-
catasi a destra della Cassia, un po’ a nord di Baccano, traver-

sava il Tevere a Orte, correva per Amelia a Todi, ed ivi, ripresa

la valle di quel fiume, saliva a Perugia. Qui biforcavasi riu-
nendosi alla Cassia a ponente, presso Chiusi (2), ed alla Flami-
nia a settentrione presso Cagli. Da Todi un’altra via a greco riu-
nivasi alla Flaminia prima che questa giungesse a Bevagna; cioè,
al Bastardo.

L'Italia centrale e la meridionale poco ebbero a risentirsì
della signoria di Odoacre il quale tenne le sue milizie nella su-
periore parte della penisola, anzichè disperse per tulte le città,
siccome l'autore della 7Miscella presume. In luogo delle terre,
esse avranno dovuto fornire in danaro la quota corrispondente al
valore del terzo dei poderi loro conservato (3).

Durante il regno di Odoacre e quello di Teoderico, Cresconio
vescovo di Todi godeva nobile fama (4). Ai 13 marzo del 487 sot-
toscrisse al concilio di Felice III (5). Gelasio papa, nel 496 cosi
scriveva a lui, a Giovanni vescovo di Spolelo ed al vescovo Mes-
sala, forse di Assisi (6): « Come conviene al successore di custo-
dire le leggi dei predecessori legillime e giusle, cosi deve anche
correggere le malfatte. Festo si è lamentato che Urbano di reli-
giosa memoria, vescovo di Fuligno (7), mentre viveva gli tolse
ingiustamente un fondo, e che con spesse parole lo spinse ma
non volle mai comparire dinanzi ai giudici a sostenere la causa.

(1) Da Casuento (S. Gemine) continuava diritta per Carsoli (Arco di S. Damiano),
Acquasparta, Vico Martano, (il Mausoleo), Massa Martana, Viepri, Montecchio, Bastardo,
Bevagna.

(2) Per la descrizione di questo braccio, cf. LIVERANI, Il ducato ecc. di Chiusi;
Siena, 1875; pag. 247.

(3) BERTOLINI, Saggi critici; Milano, 1883; pag. 132.

(4) « Vir plane egregius » lo chiama il Baronio. Cf. Annales; Mogutiae, 1623; I
pag. 547.

(5) Sun10, Conciliorum; Coloniae Agrip., 1507; II, pag. 287.

(0) Lo suppongo per l' indole della causa di cui é menzione nella lettera; per-
ché sono umbre e vicine a Foligpo le diocesi degli altri due vescovi, e. perché delle
altre diocesi umbre, se ne eccettui Orvieto, si conoscono i titolari in quel torno di
tempo. Cf. GAMs, Series episcoporum ; Ratisbonae, 1873-70.

(7) Và corretto il Gams che ne mette la morte al 498. GOTI, GRECI E LANGOBARDI A TODI 49

E perciò, fratelli carissimi, discussa questa con esame accurato,

se conoscete la querela del petente fondata per l’esistenza di
sicure prove, memori delle leggi, giudicate della restituzione. Co-
stringete Alessandro, ancora chierico, a portare a vostra cogni-
zione le cose che egli ricorda avvenute al tempo suo, affinchè voi
giudiehiaté a seconda della legge quel che deve farsi » (1).

Nel 497 Cresconio, con Germano vescovo di Pesaro, fu man-
dato da papa Anastasio Il in legazione solenne a Costantinopoli
per portare parole di pace. Nel viaggio ebbero a compagno il pa-
trizio Festo il Nero, uomo nobilissimo e capo del Senato (2),
mandato da Teoderico, probabilmente anche per sollecitare dal-
l’imperatore la « vestis regia ». Un memoriale giustificativo, che
i legati accettarono dagli apocrisari del vescovo scismatico d’Ales-
sandria, è appunto indirizzato « gloriosissimo atque excellentissi-
mo patricio Festo, et venerabilibus episcopis Cresconio et Ger-
mano simul cum eius potestate directis in legatione ab urbe Roma
ad clementissimum et Christo amabilem imperatorem Anasta-
sium » (3). Sebbene i legali avessero, presumibilmente, istruzioni
assai larghe, tanto da permelter loro di entrare in rapporti con
gli apocrisari suddetti, purtuttavia non riuscirono nell' intento;
forse per colpa di Festo, se è vero, come si dice, che egli pro-
mise all' imperatore di indurre il Papa a firmare l'Enotico, cioè
a capitolare (4); ma i due vescovi si mantennero fedeli agli inte-
ressi della Chiesa Romana (5$).

Cresconio prese parte a tutti i concili di Simmaco, tranne al
quinto (6). In quello del 6 novembre 502, detto Palmare, per abolir
la legge di Odoacre, la quale proibiva di fare l' elezione del Papa
senza il consenso del re d'Italia, « surgens e consessu dixit: Hic
perpendat sancta synhodus, ut praetermissas personas religiosas
quibus maxime cura est de creando pontifice, in suam redegerint

) LEONWENFELD, Ep. pont. rom. ined.; Lipsiae, 1885; pag. 10.
) TROYA, St. d? Ital. nei m. e.; Napoli, 1846; II, pag. 441.
3) MURATORI, Annali; al 497.
(4) DUCHESNE, Le liber pontificalis; Paris, 1892, pag. 44 e 258, in nota.

(5) BERNINO, Hist. di tutte U heres. ; Venezia, 1733, I, pag. 590.

(6) Candido ivi presente, era vescovo T'ybwrtinus e non Tudertinus come alcuni
vorrebbero. Cf. CAPPELLETTI, Le Chiese d’Italia; Venezia, 1846; V, pag. 217.
re prp rat e —


TURCA

50 G. CECI

potestatem, quod contra canones manifestum esse » (1); e queste
parole piacquero a tutti i convenuti. Dopo il 504, anno dell’ ultimo
concilio di Simmaco, non si ha più memoria di Cresconio (2).

Nel 524 circa, troviamo vescovo di Todi Calisto, asceta che
indossava un aspro cilizio e non ristava dal vigilare contro gli
Ariani. Fu ucciso il 14 agosto del 528. Il popolo tuderte lo ve-
nerò per santo e martire (3). Si vuole che gli uccisori fossero suoi
famigliari, che egli avrebbe rimproverati per i cattivi costumi! La
fine di Calisto fu invece una conseguenza delle crude inimicizie
tra cattolici ed ariani, le quali, alla morte di Teoderico, erano
diventate persecuzione del culto dei Romani; nè la pace poteva
essere completamente ristabilita due anni dopo, malgrado la po-
litica conciliatrice ripresa da Amalasunta. Anzi, appunto nel 508,
Giustiniano ricominciò a perseguitare gli Ariani d’ Oriente, onde
gli odi di religione s'inacerbirono di nuovo anche in Italia (4).
Probabilmente per cattivi costumi degli uccisori di Calisto devesi
intendere l’ arianesimo da essi praticato; ed allo scopo di conver-
tirli, il santo vescovo usava loro famigliarmente.

Vuolsi pure che Calisto costruisse una chiesa presso la piazza
(« prope civitatis forum ») (5) dedicandola al Precursore; fabbrica
modesta se fu compiuta in sì breve episcopato. Ora non esiste
più. Era probabilmente un battisterio; infatti i battisteri dei primi
secoli furono invariabilmente dedicati a S. Giovanni Battista (6);

(1) M. G. H. Acta Synhodorum habitarum Romae, in CASSIODORI, Variae;
pag. 444, 445.

(2) GaMs, l. c. — Il Baronio (Ann., Lucae, 1741; IX, pag. 156) e l'Ughelli (Ital.
sacr.; Roma, 1647; I, pag. 241) gli fanno succedere quel Fortunato il quale, con Enno-
dio vescovo di Pavia, fu mandato da papa Ormisda all' imperatore Anastasio; ma il
Liber pontificalis dice chiaramente che Fortunato era vescovo di Catania. Essi lo
confusero con l'omonimo vescovo di Todi celebrato da S. Gregorio Magno e che pon-
tifico dopo il 528.

(3) Nel Martirologio romano: « Tuderti S. Callisti episcopi et martyris ». Il rac-
conto era negli « antichi libri della Chiesa Tudertina » di cui si servi G. B. Possevino
per le. Vite dei SS. et BB. di Todi; (Perugia, 1597; pag. 37) libri ora perduti. Alla stessa
fonte attinse il redattore dell'Oficium SS. Ecclesiae Tudertinae (Romae, G. Faccia-
tus, 1606). Da questo copio il Ferrario (Catal. SS. Italiae; Milano; 1613) e dal Ferrario
i Bollandisti.

(4) TROYA, 1. c. ; II, parte III, pag. 1085.

(5) Officium. SS. Eccl. Tud., pag. 105; e GAMS, l. c.

(6) PACIAUDI, De culto S. Johann. Bapt., Romae, 1755; pag. 5l.
Pila a:

GOTI, GRECI E LANGOBARDI A TODI 51

e fino a tulto il sec. VI non ve ne fu che uno per diocesi, perché
il battezzare spettava al vescovo (1).

Ma quando a Todi fu costruita la chiesa di S. Giovanni, c'era
già, come diró poi, quella di S. Pietro da capo alla piazza mag-
giore; la quale chiesa, sia per la dedicazione, sia per la felice
postura rispetto al foro ed alla città intiera, sia per i materiali
impiegalivi di edifizi romani (in parte durano tuttavia nel loro uf-
ficio) doveva essere la più venerata e decorosa. E perché mai Ca-
listo avrebbe tolta la*cattedra dal S. Pietro, per ridurla in luogo
si modesto? Nel 1001, ai 27 di dicembre, Silvestro II, venuto a
Todi con Ottone III, tenne in questa città un concilio (2); e non
poteva a ciò servire il S. Giovanni; dunque esisteva una più
ampia e ricca chiesa, e assai vaste infatti furono ovunque le an-
tiche cattedrali (3). Non appena i documenti dell’archivio capito-
lare, nominano la cattedrale (1 dicembre 1150), ci presentano co-
me tale la chiesa di S. Maria già dedicata a S. Pietro, mentre il
S. Giovanni esisteva ancora. Nel 1274 S. Maria del vescovato è
chiamata chiesa madre (4).

La Chiesa di Todi, una delle più importanti e famose del-
I’ Umbria (5), ebbe di certo una cattedrale decorosa fin dal secolo
IV, ed io ritengo che fosse il S. Pietro, come a S. Pietro furono
dedicate le antichissime cattedrali di Perugia e di Spoleto (6).
Dopo l'editto detto di Milano, promulgato. nel 313, 1 cristiani si
diedero ovunque ad innalzare i loro templi, e l'Umbria non fu da
meno delle altre regioni. S. Gregorio Magno non chiama catte-
drale il S. Pietro quando,\raccontando i miracoli di S. Fortunato,
nomina questo tempio; ma il titolo di cattedrale invano si cer-
cherebbe nelle opere del grande pontefice. Egli invece non di-
mentica mai di chiamar basiliche quelle chiese che meritino un

(1) Non mi fermo neppure a confutare il LEONI, (Cron. dei vescovi di Todi, pag. 18),
il quale fa edificare a Calisto anche una chiesa di S. Ambrogio ed Agostino e quella
di S. Cassiano! Non è verosimile che in quattro anni di episcopato empisse Todi di
chiese, e magari di oratori.

(2) THAGMARI, Vita Bernwuardi ep. in M. G. H.; Seriptorum, IV, pag. 774.

(3 NARDI, Dei Parrochi; Pesaro; 1830, pag. 524 e seg.; con numerose prove.

(4) Arch. Capitolare, Memorie diverse ecc., pag. 124.

(5) Il suo primo vescovo S. Terenziano credesi che fosse martirizzato c. il 138.

(6) UGHELLI, It. sacr.; Roma, 1644, I, pag. 173. — BONAZZI, St. di P.; 1, pag. 182.
92 : G. CECI

tal nome (1); e il non averlo usato pel S. Pietro, fa credere che
allora basilica non fosse, e che quindi il duomo odierno nulla serbi
della forma primitiva. Aggiungasi che anlicamente nelle città non
eravi altra chiesa che la cattedrale; tutti i rimanenti luoghi con-
sacrati a Dio prendevano il nome di oratorii, e in essi non si sa-
crificava, non si facevano funzioni (2); quindi il titolo di chiesa,
dato da S. Gregorio al S. Pietro, include anche quello di cattedrale.

Riflettendo poi alla tenacia con la quale la Chiesa cattolica
è attaccata a’ suoi usi ed alle sue tradizioni? sarebbe poco spiega-
bile il passaggio del S. Giovanni da cattedrale ad umile parroc-
chia, come vedremo, e indi la sparizione totale, tra il 1499 (3) e
il 1551 (4), di un monumento al quale si voglia attribuire tanta
importanza nei fasti della chiesa tuderte. Nè va trascurato il fatto
che il S. Giovanni non appare mai tra le chiese censuarie del Ca-
pitolo (5); e sì che avrebbe dovuto indubbiamente appartenere al-
lepiscopio un tempo, se cattedrale fosse stata anch'essa!

La tradizione che vuole per prima cattedrale il S. Giovanni
Battista, si dovette formare, o perchè ivi solamente vedevasi in an-
tico il fonte battesimale, o perchè, in tempi che non saprei pre-
cisare, ma di certo prima del secolo XIII, facendosi nuovi lavori
in S. Pietro, la cattedra fu trasportata nella chiesa di S. Giovanni
Battista vicina e veneranda. Un esempio uguale lo abbiamo nella
stessa Todi. Circa la metà del secolo XIII, dovendosi fare alcuni
restauri al duomo, fu portata la cattedra in S. Ilario, (oggi S. Carlo);
e nel popolino c'é la tradizione che quella sia la più antica cat-
tedrale ! /

Il culto al Precursore fiorì rigogliosamente in quel volgere
d'anni nei quali visse Calisto. Dal concilio d'Agda, che nel 506
ne mise la festa tra le più celebri, all'edificazione della basilica
di Monza per munificenza della regina Teodelinda, in ogni parte

(1) Cosi per quella di S. Maria a Rieti. Ep., Lib. IX, n. 15.

(2) NARDI, 1. c.; II, 224, 225, 183.

(3) Arch. Capitolare; Memorie diverse ecc., pag. 124.

(4) Lo statuto di questo anno, Dist. III, rubr. 25, dando una minuta descrizione
della piazza, non nomina il S. Giovanni già diruto.

(5) PETTI, l. c.; I, 136. Questi inventari delle chiese censuarie vanno dal 1269
al 1531. rara

GOTI, GRECI E LANGOBARDI A TODI 53

d'Italia sorsero chiese in di lui onore (1). Il nome del Battista
era per i ferventi cattolici anche un programma, una protesta con-
tro l’iniquità dei tempi. Non aveva egli, secondo la tradizione,
lottato contro ogni vizio, contro le profanazioni de’ saducei, le
estorsioni dei pubblicani, le rapine e le corruzioni dei soldati,
l’incesto di Erode con Erodiade? E Calisto, come gli altri vescovi
suoi contemporanei, non vedeva la rozzezza ostrogota vincere or-
mai il freno di Teoderico, e l’eresia ariana diventar più minac-
ciosa e invadente? Non doveva egli, per incarico che la stessa
Amalasunta aveva dato ai vescovi ed agli onorati, opporsi alle im-
mani cupidigie di coloro che, speculando sulla penuria delle vet-
tovaglie, estorcevano danaro con l'unghie della fame? Non erano
quelli i tempi di Teodora e di Antonina?

Qui mi piace di notare che nella prima metà del secolo VI,
come contrapposto alle sciagure ed alla corruzione, l' Umbria ebbe
vescovi famosi per santità: a Perugia S. Ercolano martire, a Todi
S. Calisto martire e S. Fortunato, ad Amelia S. Imerio martire,
a Foligno S. Vincenzo; a Spoleto S. Giovanni; a Terni S. Valen-
tino, a Narni S. Proculo martire e S. Cassio. Vescovi di pie opere
si ebbero anche prima e dopo, ma in numero minore e non con-
temporaneamente in tutta l’ Umbria. Anzi, nella seconda metà del
secolo VI, i costumi del clero umbro cominciavano a corrompersi.
Nel 603 S. Gregorio Magno scriveva a Gattulo, Romano e Vin-
tarith e a Crisanto, vescovo di Spoleto, forti lagnanze per la con-
dotta riprovevole dei sacerdoti di Norcia, i quali coabitavano con
donne ‘estranee alla loro famiglia (2).

Ma torniamo al precedente argomento. Quando, dopo il se-
colo VI l’uso di battezzare in luogo separato andò cessando, il
S. Giovanni di Calisto divise con altre chiese tuderti il suo spe-
ciale uffieio, e diventó semplice parrocchia. Ma consérvó il suo
nome. Il 18 agosto 1260, quando Benedetto Caetani (poi Boni-
facio VIII) fu creato canonico della cattedrale, eravi presente un
Maecabrino canonico di S. Giovanni « de platea » (3). In due bolle
di Nicoló IV, in data 18 dicembre 1290 e 11 marzo 1291, è chia-

(1) PACIAUDI, L. €. — GREGOROVIUS, St. di Roma; Venezia 1872, I; pag. 342. —
JOHANNIS DIACONI, Cron. ep. napol. ecct., in MURATORI, R. S. L5; II, pag. 299.

(2) Lib. XHI, ep. 35, 3 30.

(3) Arch. Capitolare, n. 63.
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D4 G. CECI

mata appunto S. Giovanni « de platea » e S. Giovanni « prope
plateam tudertinam », (espressione che corrisponde perfettamente
al « prope civitatis forum » dell’Officio dei Santi di Todi) e le si
concedono alcune indulgenze per le feste di Maria Vergine, S. Gio-
vanni Battista, S. Giovanni Evangelista e S. Illuminata (1). Nel
1319, agosto 19, il consiglio generale ordina che si mattoni la via
« que est iuxta ecclesiam S. Ioannis » (2).

La sua vicinanza alla chiesa di S. Giovanni e Paolo, e la so-
miglianza del nome, fecero credere a molti, fin dalla prima metà
del trecento (3), che questa e quella fossero una cosa sola; errore
tanto più facile inquantoché S. Giovanni e Paolo era stata rasa
al suolo circa i1 1298, come rilevasi da una bolla di Bonifaeio VIII (4).
Altri invece volle identificare i| S. Giovanni Battista di Calisto
con quello attiguo al monastero delle Lucrezie (5). Ma tolgono
ogni dubbio alcuni elenchi delle parrocchie di Todi redatti. nel
1319 (6) e nel 1499 (7). Ivi, come del resto in moltissimi proto-
colii di notari, S.: Giovanni « de platea » appare officiata quando
S. Giovanni e Paolo non esisteva più; e la si mette nel rione
S. Silvestro, cioè in luogo affatto opposto all’attuale chiesa del Pre-
cursore, la quale sta invece nel rione Nidolo.

Il rione S. Silvestro, infatti, andava dalla porta « de via plana »
all'angolo della piazza maggiore volto a scirocco. In un documento
del 1290 il palazzo del Comune su quest'angolo, è detto appunto
del rione S. Silvestro (8). Ma cerchiamo di precisare la postura
della chiesa di Calisto. Anzitutto, che cosa significa « de platea »?
Lo Statuto del 1337 dice che « quando si parla « de platea »
s'intende quella chiusa dalle catene, cioè la piazza vecchia e l'al-
tra contigua detta piazza di S. Giovanni » (9). Evidentemente in
questa piazza, alla quale diede il nome, bisogna cercare il S. Gio-

(1) LANGLOIS, Les registres de Nic. IV; n. 3872 e 4704.

(2) Decretali in Arch. di S. Fort., Arm. III; fol. 27 r.

(3) Cf. il Registrum vetus instrumentorum nell’ Arch. di S. Fort.; fol. 1 v.
(4) Arm. I, Cas. III, n. 125.

(5) Io stesso fui tratto nell'errore. Cf. la mia T'odi nel m. e.; I, pag. 294.
(6) PETTI, l. c.; II, pag. 338.

(7) Arch. Capitolare, Memorie diverse ecc., pag. 149.

(3 Arm. I, Cas. II, n. 68.

(9) Arm. III; Dist. III, rubr. 128. GOTI, GRECI E LANGOBARDI A TODI 55

vanni Battista. Lo Statuto a stampa del 1551 precisa meglio questa
definizione: « S'intende per piazza del comune di Todi quella che
comincia dalla piazza di S. Giovanni (ora Garibaldi) contigua alla
piazza vecchia, come si estende dal cantone del palazzo comunale
vecchio e lungo questo palazzo, fino al pettorale che sta in fondo
alla detta piazza S. Giovanni; e lungo il pettorale fino a/ muro
che sta tra questo e il palazzo di Roberto « d. Gregori » ; e poi
lungo la facciata anteriore di questo palazzo (oggi occupata, in-
sieme al muro predetto, dalla facciata del palezzo Atti costruito
nel 1552) e di altra casa di Roberto (oggi trattoria Garibaldi), e
della casa di Orso « d. Simonis » (oggi di Francesco Orsini) in
angolo alla piazza S. Giovanni e alla via di porta Marzia (oggi
‘via Cavour); e dal cantone della casa di Orso, al cantone infe-
riore della casa di magistro Niccla « mg. Iacobi » (oggi parte del
palazzo della Banca di Perugia) dall'altra parte di detta via; e
poi lungo la casa di mg. Nicola e lungo il palazzo dei Priori e
altri muri che di questo palazzo fanno parle, fino al piede della
piazza vecchia » (1). Lo Statuto continua a descrivere la piazza
maggiore senza nominar mai la chiesa di S. Giovanni Battista.
Dunque scomparve tra il 1499, anno in cui, come ho detto, la si
vede ancora tra le parrocchie di Todi, e il 1551.

Conosciuta questa definizione della parola « platea », s' intende
come fossero dette « de platea » tanto il S. Paolo e il S. Felice,
che un tempo stavano sulla piazza maggiore, come il S. Giovanni
Battista che stava sulla piazzuola contigua; e sorge subito la sup-
posizione che quel muro tra il pettorale e il palazzo di Roberto
d. « Gregori » fosse un avanzo della diruta chiesa di Calisto. Un
documenlo cambia il dubbio in certezza. Nella visita del vescovo
Camaiani, falta nel 1574, si legge che sull'area del S. Giovanni
« de platea fuerit edificatum palatium familie de Aptis, videlicet
a fratre moderni prioris ecclesie cattedralis » (2). I sotterranei
del palazzo serbano una nuova conferma. Verso l'orto attiguo, nel-
l'antico muro di cinta etrusca, ma rifatto nei tempi Romani, se
ne vede un tralto costruito con travertini anche piü piccoli. Ivi si
apre una porta ad arco a tutto sesto che conduce in un vano qua-

(1) Dist., III, rubr. 25.
(2) Arch. vescovile; pag. 12.
56 i G. CECI |

drato coperto di volta pure di travertini semieilindrica. È l' ossario
dell’antico S. Giovanni. Questa costruzione, manifestamente del
basso impero, doveva stare sotto la cripta dalla quale, per uno
strappo fatto nella volta, si buttavano le ossa (1). Purtuttavia sa-

‘rebbe difficile affermare che quella costruzione si debba a s. Ca-

listo; anzi lo strappo nella volta indica che quel vano non fu co-
struito per essere un ossario, né fu sempre in comunicazione con
la chiesa soprastante.

Verso la metà del dugento la piazza di S. Giovanni si pre-
sentava così: Sul lato di tramontana, e in angolo con la piazza.
maggiore, stava il palazzo del Popolo, poi si apriva la via di S. Lo-
renzo, poi c'era il palazzo del Comune, forse unito a quello del
Popolo da un cavalcavia (2). Il pettorale a levante non c'era che
in parte. Anzitutto era più interno. Quello d'oggi fu costruito nei
primi del trecento, forse per rafforzare il muro romano che minac-
ciava rovina. La chiesa del Monte, contigua al palazzo del Comune,
poggia su quei due muri quasi paralleli. Su quell'antico muro
di cinta, e addossata al palazzo del comune, c'erano la chiesa e
le case di S. Giovanni e Paolo (3). Questa giungeva fino all'attuale
monumento ‘a Garibaldi che sta nel centro della piazzuola (4). Di
fronte al S. Giovanni e Paolo e alle sue case, sul lato di mezzo-

"giorno, invece del palazzo Atti, stava come ho detto, il S. Giovanni

(1) H sig. Carlo Pensi, attuale proprietario del palazzo Atti, ne lo trovó pieno,
e le fece portare in luogo più conveniente.

(2) Cf. il processo di Comaccio dei Galluzzi. — Esame dei testimoni; anno T, Cas. I,
n. 17. Ora questo sbocco della via S. Lorenzo è chiuso, e il palazzo del Popolo e quello
del Comune formano un corpo solo; ma il passaggio fu conservato lungamente, prima
sotto forma di voltone aperto, poi attraverso la chiesa della Madonna del Campione
che l’occupò. Ora c'è una sala pubblica per gli uffici della posta e del telegrafo. L'ag-
giunta fatta per unire i due palazzi si vede chiaramente sol che si guardi la cortina.

(3) Uno dei testi, nel processo suddetto, la chiama soltanto di S. Giovanni; ma
era di Bologna, non aveva dimorato a Todi che quaranta giorni, e faceva la sua de-
posizione dodici anni dopo. Non deve adunque meravigliare se confonde le due chiese.
L'egregio signor conte Girolamo Dominici mi dice che egli ricorda nella piazza Ga-
ribaldi un rettangolo di pietre di travertino a fior di terra che stava nel luogo indi-
cato per attestare che quel suolo era una volta sacro a S. Giovanni e Paolo. Sotto le
volte del palazzo del Comune, contigue a questa chiesa, facendosi i lavori per adat-
tarle a uffici della posta e del telegrafo, furono rinvenute in grande quantità ossa
umane. Forse quei locali servivano di ossario alla detta chiesa.

(4) Facendosi le fondazioni del monumento a Garibaldi fu rinvenuto il pavimento
della chiesa e la base di una piccola colonna.

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GOTI, GRECI E LANGOBARDI A TODI, 51

Battista, e lo spazio tra Je due costruzioni terminava in un pa-
rapetto sul muro romano, dal quale, come ora, potevasi godere
l'aperta campagna. Una via, quella aecennata a pag. 54, fiancheg-
giava il S. Giovanni riunendosi all’attuale vicolo che sbocca sulla
via Cavour. Nel resto la piazza non presentava grandi diversità
topografiche con quella attuale.

Vuolsi anche che Calisto fosse sepolto nel suo S. Giovanni (1).
Sarà, ma nel 1297 il suo corpo già riposava da molto tempo a
S. Fortunato (2).

F

Lui morto, gli succedette Fortunato che viveva come facevano
gli Apostoli. L'Zistoria Tudertine civitatis, impasto di favole gros-
solane manipolato al cominciar del trecento (3), dice che era di
Poitiers, e di nobile schiatta ; che venne a Todi per andare a Roma
a visitarvi (com'era uso di quei tempi) i sepolcri dei martiri, più
universalmente celebrati; che al ritorno fu ospitato da Calisto e
fatto suo coadiutore (4)! |

Perché mai un pellegrino, il quale da Poitiers andava a Roma,
raddoppiasse il cammino passando per la Via Annia o Amerina,
anzichè per la più breve e men faticosa Via Aurelia, o almeno
per la Cassia (5); come mai uno straniero non famoso (6) e ignaro
della lingua del nostro volgo (col quale avrebbe dovuto stare, come
coadiutore e poi come vescovo, in continuo contatto) fosse preferito si
repenlinamente da Calisto e poi dal popolo (7), con manifesta sfiducia

(1) Della. vita di S. Fortunato; Foligno, 1799, pag. 20.
(2) Arm. IV, Cas. V, n. 28, 29, 32.

(3) CECI, Todi, nel m. e.; I, pag. XI.

(4) Cf. anche l’Officium SS. eccl. Tud., pag. 105 nell'edizione citata; e il PossE-
VINO, Vite dei santi et beati di Todi, pag. 37.

(5) Solo nella precitata Vita di S. Fortunato, si dice che venne attirato dalla fama
di Calisto. Tarda spiegazione non avvalorata da documenti. Nessuno scrittore fa mai
menzione della celebrità di questo vescovo la cui fama, secondo il citato opuscolo, si
vorrebbe che echeggiasse fin sulla Loira!

(6) S. Gregorio Magno, parlando di Fortunato, non cita neppure un fatto, non
dice neppure una parola della vita di lui prima che fosse vescovo di Todi. Eloquente
silenzio, parmi.

(7) Nel 591, Gregorio Magno esortava gli abitanti di Bevagna a mettersi d'accordo
per l'elezione del nuovo vescovo. Ep. I, n. 81.
58 2028. CECI

verso il ‘clero Tuderte, il quale, data l’importanza della diocesi,
non doveva essere scarso di numero, nè d’istruzione, nessuno sì
è curato mai di dimandarselo. Il Possevino accettò la fiaba per
verità vera, e dopo di lui tutti gli agiografi tuderli la ripeterono ;
ma essa derivó da una facile e voluta confusione tra S. Fortunato
vescovo di Poitiers e s. Fortunato vescovo di Todi. Il primo, ce-
lebre per le sue poesie e l'amicizia di S. Radegonda, nacque tra
Ceneda e Treviso nella quarta decade del secolo VI; viaggió in
Germania e in Gallia; visitó a Tours la tomba di S. Martino, indi
si recò a Poitiers ove entrò nella carriera ecclesiastica, strinse
relazioni coi più grandi e potenti uomini del tempo, e finalmente,
dopo frequenti viaggi dall'Italia alla diocesi pictavense, ne fu fatto
vescovo verso la fine del secolo. Sembra morisse nei primi anni
del secolo VII (1). Sento dimandarmi: Se un Italiano fu eletto in
Francia, perché un francese non poteva essere eletto in Italia?
Ma quello aveva fama straordinaria, amici influentissimi, cono-
scenza della volgar-lingua e dei luoghi per frequenti dimore! Vis-
suti, il Pietavense e il Tudertino, nello stesso secolo, furono poi
confusi; il « Pictavensis », nome della diocesi francese, fu cre-
duto quello del luogo natio del Tudertinoj e non senza malizia,
poichè la leggenda dell'uno pare calcata sulla biografia dell'altro.
Il viaggio dall'Italia in:Gallia alla tomba di S. Martino, diventò
un viaggio dalla Gallia a Roma alla tomba di S. Pietro; all'ami-
cizia di S. Radegonda fu sostituita quella di Calisto; la celebrità
e santità dell'un vescovo non conliradicevano a quella dell'altro,
e così le manipolazioni dell'anonimo autore dell' Zistoria citata,
furono senz'altro accettate per vangelo; mentre invece i vescovi
italiani erano del paese ed eziandio appartenenti alla nobiltà ricca
e potente (2). Nel 593 Gregorio Magno incarica il vescovo di Spo-
leto di trovare un soggetto adatto a reggere la diocesi di Beva-
gna; ma lo fa solo dopo che quei chierici eransi recati a Roma
per dire al pontefice che nella loro chiesa, e nelle parrocchie di
essa, non c'era persona che potesse essere assunta alla dignità ve-

(1) EBERT, Hist. génér. de la litterature du moyen age; Paris, 1883; I, pag. 552

e seguenti,

(2) TAMASSIA, Long. Franc. e Chiesa Rom., Bologna, 1888; pag. 196.

IO
GOTI, GRECI E LANGOBARDI A TODI 59

scovile. (1). E quella sede vacava da tre anni! Il che vuol dire
che se non si era facili nella scelta di un diocesano, neppure lo
si era nell’accettare un estraneo.

Nella eroica guerra combattuta con varia fortuna tra i Greci
e i Goti, non pare che il colle tuderte fosse tenuto in gran conto;
gli sforzi erano a preferenza rivolti su Perugia, città principe della
Toscana, come la chiama Procopio, e su Spoleto, e sulla muni-
tissima Narni. Nel 586, Vitige, abbandonata Roma a 4000: sol-
dati suoi, marciava per la via Flaminia verso Ravenna col grosso
dell'esercito, e poco dopo, nel dicembre, lo seguivano anche quei
4000. O alcuni soldati distaccati dallo stesso Vitige (2) a battere
le vicinanze, o parte dei 4000 che gli tennero dietro, passarono
per Todi; cosa che non farà meraviglia a chi ricordi che questa
città slava sulla via Annia e a soli dieci chilometri circa dalla
Flaminia, alla quale era congiunta verso Casuento (S. Gemine) e
verso Bevagna. Ma lasciamo la parola a S. Gregorio Magno:

« Or sono dodici giorni mi fu condotto avanti un povero vec-
chio, e perchè mi sono sempre dilettato molto di ragionare con
tali persone, gli domandai di che paese era. Mi rispose che era
di Todi. — Hai conosciuto Fortunato vescovo? — Se l'ho. cono-
sciuto! e molto bene! — Dimmi qualche miracolo, se ne sai, e
che sorta d'uomo egli fosse. — Era tale che oggi non se ne
trovano di siffatti, e ciò che domandava all’ Onnipotente, otteneva.

Mi sovviene che un di vennero i Goti presso la nostra città
mentre andavano a Ravenna, e sul Todino presero in un podere
due fanciulli. Avendolo saputo Fortunato, fece subito chiamare i
detti Goti, e dopo aver cercato di mitigare con amorevoli parole
la loro durezza, li pregò di rendergli i due fanciulli e avrebbe
pagato loro quel riscatto che volessero. Ma colui il quale pareva
il capitano de’ soldati rispose: Comandaci qualunque altra cosa
e la faremo volentieri, ma non questa. E il venerato vescovo,
quasi amorevolmente minacciandolo, replicò: Tu mi contristi, o
figliuolo, perchè non ascolti il padre tuo; non lo fare, chè non
ti tornerà bene. Ma il Goto tenne duro. Vane tornarono le pre-
ghiere anche la mattina seguente. I due fanciulli, caricati come

(1) Forse per effetto della guerra tra Greci e Langobardi.
(2) E in questo caso la seconda festa di S. Fortunato, che si celebra il 14 di otto-
bre, potrebbe essere in ricordo del miracolo di cui si parla piü innanzi.
60 G. CECI

bagagli sopra i cavalli, furono mandati innanzi con aleuni uomini,
e il comandante li segui; ma arrivato davanti la chiesa di S. Pietro
apostolo, il cavallo gli cadde sotto, ed egli si ruppe l'osso della
coscia ». Portato in un albergo, mandò subito a chiamare i fan-
ciulli e li restitui a Fortunato per mezzo di un diacono, essendo
convinto che la disgrazia era derivata dal non aver soddisfatta la
preghiera del vescovo (1).

Ho riportato questo fatto al 536 perché vi si parla di (Goti
che andavano a Ravenna, onde non si puó confonderli con quelli
che nel 538 furono messi in Todi come presidio dallo stesso Vi-
tige. Nel 537 non polevano i Goli battere una strada interrotta a
Narni e a Perugia da presidii greci (2); e men che meno lo po-
tevano dal 538 al 546, perchè Todi, come tutta l'Umbria, stava
in mano di Belisario. Anzi, dal 539 in poi era impossibile che
per Todi transitassero soldati goti diretti a Ravenna rioccupata
in quell’anno dai Greci ai quali non fu più ritolta.

S. Pietro stava ‘al posto dell'odierna cattedrale. Ce lo assi-
cura un documento del 1251, il quale parla dell'annessione di S.
Paolo « de platea » alla cattedrale che vi è chiamata chiesa mag-
giore tudertina, « videlicet ecclesia S. Petri » (3). E invero chi
andava a Ravenna doveva passarle da lato. Ivi la strada pianeg-
giante precipita improvvisamente in discesa ripidissima nel borgo
di S. Prassede, e anch’ oggi è raro incontrarvi chi per uscire di
città osi percorrerla cavalcando.

L’ostinazione dei Goti a non restituire i due fanciulli contro
qualsiasi riscatto, fa credere che li avessero presi in ostaggio. E
dovevano infatti essere di famiglia magnatizia poichè Fortunato
offre loro quel riscatto che vogliano. I Todini, come tutti i Ro-
mani, mal soffrivano il dominio goto, e impazienti mordevano il
freno all’avvicinarsi di Belisario. I Goti, traendo seco ostaggi,
speravano di impedire la ribellione. Anche Vitige aveva condotto
in ostaggio da Roma molti senatori.

(1) Dialoghi, in S. GREG. MAGNI, Operum.; Roma, 1591; IIT, pag. 222.

(2) Pur tuttava il Baronio (l. c.; IX, pag. 563) mise il fatto al 537 erroneamente;
e sulla fede del Baronio, il Possevino; op. cit., pag. 197 e 131.

(3) Arch. Capitolare. In parte lo pubblicò il Cappelletti (I. c., V, pag. 227). I1 Petti
(i. c.; I, 29) la identifica a sproposito con l'ospedale di S. Pietro dei « bombacari »
ché, secondo lui, nessun’ altra chiesa di S. Pietro è mai esistita a Todi!

De a iR. e: EC
GOTI, GRECI E LANGOBARDI A TODI 61

S. Gregorio Magno aggiunge che Fortunato mandò al Goto
un po d’acqua benedetta, con la quale, appena asperso, fu mira-
colosamente risanato. Altre meraviglie narra di questo vescovo.
Le accenno per mostrare le idee di quei tempi. Una giovine sposa
della Tuscia doveva recarsi alla cerimonia della solenne dedica-
zione di un oratorio a S. Sebastiano. La notte precedente all'an-
data, cercó ed ebbe le carezze del marito. Entrata la mattina se-
guente nel santuario, fu subito invasa da un diavolo che, scon-
giurato, saltò addosso al prete. I congiunti condussero la donna
non ben guarita, sembra, a certi incantatori, i quali non otten-
nero altro che di farla invadere da uno stuolo di diavoli nuovi.
Questi finalmente cedettero alle preghiere di fortunato. — Il

malo spirito aveva invaso un certo tale. Scacciato dal nostro Ve-

scovo, prende le forme di un pellegrino, e di sera va gridando
per la città: Che sant'uomo è Fortunato! Me, povero pellegrino,
mise alia porta, nè so dove alloggiare! Lo accoglie un pietoso
cittadino, e il diavolo gl'invade un figliuolo e lo fa cadere sul
fuoco! Non basta: Col segno della croce Fortunato restituisce
la vista ad un cieco e ammanza un cavallo indomabile ; con alcune
orazioni resuscita un morto, ecc. !

L' Historia Tudertine civitatis dice che Fortunato eresse anche
lui una cattedrale dedicandola alla Vergine, a S. Pietro e a S.
Paolo! Questo succedersi di cattedrali non è verosimile. Nè si
venga fuori con supposte distruzioni fattene dai Goti, i quali invece
furono ben diversi da come il volgo amò figurarseli: basta leg-
gere le Lettere di Cassiodoro e la Guerra gotica di Procopio per
persuadersene. E nemmeno correvano tempi propizi per costru-
zioni pompose e dispendiose nelle città deserte di abitanti ‘e di
ricchezze. Tace una tale impresa S. Gregorio Magno; eppure
non era opera di poco momento; eppure la coincidenza che il Goto
fosse miracolosamente punito della sua caparbietà, dinanzi alla
chiesa eretta da quello stesso vescovo che lo aveva invano sup-
plicato, avrebbe dovuto colpire la. mente del grande pontefice e
giovare allo scopo de'suoi Dialoghi che era quello di moralizzare
i fedeli col racconto di fatti soprannaturali (4).

(1) Neppure il Possevino accolse nel suo libro citato quella notizia, e nemmeno
l’Officium SS. eccl. Td. nelle varie edizioni. Ne fa menzione il Petti (I, 130), ma con-
62 G. CECI

Nemmeno puó ammettersi che Fortunato dedicasse il S. Pietro

alla Vergine, come sostengono alcuni agiografi tuderti. Perchè
togliere la dedicazione a quel santo nel cui nome. la Chiesa lu-
derte aveva allora allora registrato un miracoloso trionfo sui
Goti? Ben è vero che fin dalla metà del secolo XII la cattedrale
che sta al posto del S. Pietro appare dedicata alla Vergine, ma
è vero altresì che tale cambiamento di nome, non doveva essere
arciremoto se nel 1251 c’era un notaio il quale, sebbene per una
volta sola, la chiamava ancora, come ho gia detto, maggiore
chiesa tuderte, « videlicet ecclesia S. Petri ». Ma torniamo alla
guerra coi Greci che n'é tempo.

Todi, nel principio del 537 si diede ai Greci. Infatti sappiamo
che Belisario mandò a Narni Bessa, uno dei più ragguardevoli
ufficiali cesarei, mentre Costantino, senza difficoltà sottometteva
Spoleto, Perugia ed alcuni altri castelli, perchè i Toscani di buon
grado accoglievanlo nelle città loro (1). E tra gli altri castelli era
indubbiamente anche Todi che sorge nel triangolo chiuso dalle
tre città sunnominate.

Vitige nel febbraio di quell’ anno stesso, senza indugiarsi alla
conquista di Perugia, di Spoleto e di Narni, tornava a Roma di-
fesa da Belisario, e nei primi di marzo l'assediava. Dopo aver
tentato invano di impadronirsene, rilirossi nel marzo del 538 per
muovere all'assedio di Rimini; e non solo mise mille uomini in
Orvieto ed altrettanti in Chiusi, ma lasciò a Todi Uligisalo (già
sfortunato capitano in Dalmazia) con quattrocento soldati. Notisi
però che Narni, Spoleto e Perugia eranò tenute ancora dai Greci,
onde Vitige fece conto di Todi sol perchè nella valle umbra del
Tevére non aveva altra città dove inframmettersi. « Belisario,
verso il solistizio d’estate, mosse contro .Vitige e l’esercito dei
Goti, lasciando pochi a guardia di Roma e tutti gli altri menando
seco. Spedite alcune schiere a Todi e a Chiusi, ordinò che for-
massero gli steccati, che egli poi verrebbe appresso e con essi

fessa di aver cavato la notizia dall’ Hist. che dice piena « di vanità » « et poco degna ».
Purtuttavia egli crede all’ edificazione della cattedrale per parte di S. Fortunato perché,
dice lui, i capitelli, sono « di lavoro gotico »; ma in verità non risalgono oltre il sec. XII!

(1) La guerra gotica di PROCOPIO DA CESAREA, a cura di Domenico Comparetti ;
Roma, 1896; I, pag. 120 e seg.

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GOTI, GRECI E LANGOBARDI A TODI 63

assedierebbe i barbari in quei luoghi. Essi però, all’ udire che l'e-
sercito sì appressava, senza affrontare il cimento spediron parla-
mentari a Belisario offrendo di arrendersi con ambedue le città,
a patto di aver salva la vita. E giunto ch’ei fu, effettuarono la
loro promessa. Colui tolse via di là tutti i Goti mandandoli in Si-
cilia ed a Napoli, e posto un presidio a Chiusi ed a Todi, proce-
dette oltre » (1). |

Nel 545, quando Totila riconquistò parte dell’ Umbria, trovò
ben munite Perugia, Assisi e Spoleto; ma non Todi. Perugia gli
resistette fino al 548. Una tradizione fermata nell’ ist. Tud. ci-
vitatis, vuole che i. Goti distruggessero gran parte della città! (2).
Probabilmente e’ è questo di vero: Vilige e Totila usavano scaricar

‘le mura di cinta, affinchè i Greci non vi si riannidassero. Cosi

toccò a Narni e a Spoleto; cosi raccomandava Totila a’ suoi di-
nanzi a Perugia nel 548 (3). Nulla di più probabile adunque che
ugual sorte toccasse anche a quelle di Todi. Infatti, mentfe della
intera cinta etrusca durano avanzi maestosi; invece, di quella ro-
mana che allora difendeva la città, appena se ne conservano
tracce e a pochi palmi dal suolo.

Dopo la battaglia di Tagina, nel 552 Narsete prese Spoleto,
Narni, e Perugia (4), e non è a dire se recuperasse anche Todi,
la quale non aveva presidio goto e stava in mezzo a quelle. In
questo volgere d'anni morì il vescovo Fortunato, chi dice nel
537 (5), chi nel 541 o 542 (6) e chi nel 565 (7). Cerchiamo la ve-
rità. Anzitulto escludo il 565. Nel 560 Todi non aveva pastore e

(1) Id., I, pag. 123; II, pagine 69, 72, 83.

(2) PETTI, l. c., I, pagine 16, 130,

(3) PROCOPIO, 7. c. in De Byzantinae historiae scriptoribus; Venezia, 1829, pagg.
150 e 242. Pel libro III mi sono servito di questa edizione, non essendo ancora pub-
blicato in quella del Comparetti. Credo che anche la distruzione di Nocera nel 546 per
mano dello stesso Totila, (CAPPELLETTI, l. c.; V, pag. 14) debba così intendersi. La li-
berazione di Todi dall'assedio di Totila per opera di S. Fortunato, (id.; V, pag. 219) é
un'alterazione del prodigio del 536, dovuta all’ ignoranza o malizia della maggior parta
degli agiografi tuderti i quali si copiarono l’un l’altro, lentamente, ma assiduamente
svisando i pochi fatti certi.

(4) PROCOPIO, l. €.; pag. 242.

(5) UGHELLI, Ital. sacr. ; Roma, 1644; I, pag. '212.

(6) GAMS, l. c. ; CAPPELLETTI, l. C.; V, pag. 218.

(7) LEONI, 0. c.; pag. 28.
64. G. CECI

la governava il vescovo di Spoleto (1), S. Lorenzo. L' Ughelli, pur
dicendo che Fortunato mori ai tempi di Totila (e Totila regnò
dal 541 al 552) ne fissa l'anno con evidente anacronismo al 537!
Il Cappelletti, e sulle sue orme il Gams, vollero correggerlo por-
tando la morte di Fortunato al 541 o 542. Queste date e la tradi-
zione registrata dall’ Ughelli hanno per debole base una supposta
analogia di fatti, sapendosi che appunto ai tempi di Totila mori-
rono, o furono da lui fatti morire, i vescovi di Assisi, Spoleto,
Terni, Perugia e Narni per non citare che quelli dell’ Umbria.
Ma non credo che Fortunato fosse fatto uccidere da Totila, altri-
menti S. Gregorio lo avrebbe ricordato, e la Chiesa tuderte venere-
rebbe quel suo vescovo come martire, mentre invece egli non ha
che il titolo di confessore dato a chi visse santamente, o a chi
pati ma non morì per la fede (2).

S. Gregorio Magno nei Dialoghi scritti tra il 598 e il 594 (3),
dice che Giuliano, Difensore della Chiesa cattolica, e morto a
Roma non molto prima, era stato famigliarissimo di Fortunalo.
Due Giuliani, Difensori della Chiesa romana, egli cita. Uno fu poi
chiaro come vescovo sabinense (4), e visse intorno al 504 (5);
l’altro, ed è il nostro, morì nel 586 circa: « Iulianus.... secundus
defensor, qui ante septem ferme annos defunctus est » (6). Egli
probabilmente dimoró dapprima a Todi che ben poteva avere un
« defensor » quando lo aveva perfino Norcia (7); che se voles-
simo fare esercitare a Giuliano l'ufficio suo sempre a Roma, o in
altra città lontana da Todi, non si potrebbe facilmente spiegare
la grande famigliarità col vescovo Fortunato, e il come ne cono-
scesse minutamente le gesta. Indi forse rifugiossi a Roma al so-
praggiungere dei Langobardi, ed ivi fu famigliarissimo di Gregorio
quando stava ancora in monastero: « Ad me adhuc in monasterium

(1) LEONWENFELD I. €.; pag. 21.

(2) MAGRI, Notizia dei vocaboli; alla voce confessor. — BERNINO, l. €.; pag. 5l.

(3) EBERT, 0. c.; I, pag. 582.

(4 Opera omnia; Parigi, 1705; II, pag. 169.

(5) BARONIO Ann., Lucae, 1741; IX, pag. 4l.

(6) Opera omnia; II, pag. 417.

(7) CRIVELLUCCI, I. c.; in Studi Storici; V1, pag. 98, e nella Vita Gregorti, in Op.
omnia; II, cap. 53, nell'ed. rom. del 1588.
GOTI, GRECI E LANGOBARDI A TODI 65

positum crebro veniebat, et mecum colloqui de animae utilitate con-
sueverat » (1).

Ora ponendo la morte di Giuliano a 75 anni, bisogna almeno
portare quella di Fortunato al 546 perchè Giuliano ne avesse al-
lora 35, età verosimilmente necessaria per coprire l'importante
ufficio ed essere famigliarissimo di si venerabile uomo. Da una
lettera di Felice III a Zenone sappiamo infatti che i Difensori della
Chiesa romana sceglievansi « de provectioribus inter ecclesiam
clericis ».

A queste vanno aggiunte altre considerazioni. Dodici giorni
prima di scrivere i miracoli di S. Fortunato, cioè nel 593, S. Gre-
gorio ode l'episodio dei Goti da un povero vecchio todino, il quale
interrogato se avesse conosciuto quel vescovo, risponde: « Se l’ho
conosciuto! E molto bene! » Dunque la vita di S. Fortunato do-
vette durare a lungo parallela a quella del vecchierello. Finalmente,
le molte opere meravigliose attribuitegli, e la venerazione onde,
vivo e morto, lo circondarono i suoi diocesani (i quali lo tolsero
a santo protettore quando una nobile serie di santi e martiri ono-
rava già la Chiesa tudertina) confermano che il suo vescovato fu
laborioso e lungo.

D'altronde non pare che S. Gregorio e il diacono Pietro suo
compagno di gioventù e interlocutore nei dialoghi, avessero avuto
sentore della fama di Fortunato quando egli era in vita. Eppure
Todi non è a tale distanza da Roma da impedire che vi giungesse
l'eco di opere sì portentose; anzi frequenti dovevano essere le re-
lazioni tra le due città. E poichè Gregorio nacque in sullo scorcio
della prima metà del secolo VI, non molto tempo dopo va messa
la fine dell'esemplare vescovo.

Dunque parmi di poter concludere che la morte di Fortunato
avvenne circa la metà del VI secolo; e sarebbe così rispettata la
verosimile tradizione che la pone ai tempi di Totila. Il popolo tu-
derte tolse a protettore il santo vescovo, come suo difensore era

"stato in vita contro i soprusi de’ Goti e dei Greci, e ne celebrò

la festa il 29 giugno (2) e il 14 ottobre. Fu sepolto nell'oratorio
di S. Cassiano che stava dove ora è la chiesa a S. Fortunato de-

(1) Opera omnia ; II, pag. 417.
(2) Forse giorno della sua morte. Cf. la n. 2 a pag. 59.

iii TETTE
66 G. CECI

dicata. Questo culto si sviluppó subito. Già era grande al tempo
di S. Gregorio, il quale dice che « quante volte a Fortunato. si
chiede di convertire gl’ indemoniati, o di guarire i malati, come in
vita soleva farlo continuamente, cosi seguila a farlo dopo morto ».
Quando nel 18 dicembre 1580 furono ritrovati sotto l'altar mag-
giore di S. Fortunato i corpi di aleuni santi messivi nel 1301,
nella cassetta che chiudeva quello del vescovo sullodato, c'era
una lamina di piombo con su scrittovi: « Hec sunt reliquie bea-
tissimi Fortunati episcopi et confessoris DCCVIII » (1).

Secondo la cronaca di Sigeberto, il corpo di S. Fortunato fu
portato via con quelli di altri santi dell'Umbria nel 970 da Teo-
derico vescovo di Metz, cugino di Oltone I (2). La tradizione,
invece, vuole che gli fosse dato con pio inganno il corpo di un
canonico santamente vissuto (3). La-cosa più probabile è che il
vescovo di Metz si stesse pago ad avere solo alcune reliquie del
santo (4), o che la sostituzione la si desse ad intendere al popolo
per calmarne lo sdegno. Ma che Teoderico si lasciasse grosso-
lamente gabbare!... Era anche troppo pericoloso il tentarlo. Co-
munque, se da tutto questo si volesse infirmare di falso la lami-
netta di piombo, restano sempre le parole di S. Grégorio a mo-
strarci l'antichità del culto per S. Fortunato.

Dice il Leoni (5) che, al tempo di S. Fortunato, i santi Flo-
rido ed Amanzio, fuggiti da Città di Castello invasa dai Goti,
vennero a Pantalla presso Todi, ed ivi evangelizzarono molti pa-
gani. Che ai tempi di S. Fortunato, il paganesimo durasse nei
dintorni di Todi, è più che probabile perchè, vivente Gregorio
Magno, c'era ancora a Narni (6); ma i due santi sullodati non
vissero, come Fortunato, nella prima metà del secolo VI (7);

(1) PETTI, Arm. IV, Cas. XII, n. 96; c. 11 r. ex istr. di ser Francesco Astancolle
cancelliere del Comune, in data 28 dicembre 1581. — PossERINO, Vite de? SS. et bb. ecc.,
pag. 121. È

(2) M. G. H.; Seriptorum; IV, 351.

(3) PETTI, Comm.; I, c. 33 v.

(4) LEONI, Cron. dei vesc. di Todi; pag. 4l.

(5) Id., pag. 27.

(6) Ep., lib. IT, n. 2; a Preiectizio vesc. di Narni.

(7) Secondo il GAxs, 1. c., Florido fu vescovo di C. di C. dal 580 al 600.
por:

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GOTI, GRECI E LANGOBARDI A TODI 67

furono invece contemporanei di Gregorio Magno (1). Che venis-
sero a Todi è pure probabile, poichè dallo stesso papa sappiamo
che si recarono a Roma; ma non perchè ve li mandasse S. Er-
colano, come vuole lo Jacobilli (2), (questo vescovo di Perugia
visse soltanto fino al 546) nè perchè fuggissero dai Goti (3).

Quali fossero le condizioni, quali gli ordinamenti di Todi sotto
gli Ostrogoti e i Greci, nol sappiamo. Un conte goto stava nel
528 a Rieti e a Norcia per giudicare tra i Goti (4) e (unitamente
a un giudice romano) tra Goti e Romani. Di certo ne avrà avuto
uno anche Todi. Il governo dei Greci fu assai peggiore di quello
goto, e fame, inondazioni e peste s'aggiunsero a desolare l’Italia.
Procopio ci narra che Belisario, nella seconda spedizione, cercò
di estorcere denaro quanto potè: così nel 545 molto ne volle da
Erodiano, prefetto di Spoleto, con minacce di processi e di pene (5).
Il posto del conte goto fu occupato da un tribuno greco, men-
tre Perugia, Narni e Spoleto ebbero un duce, magistrato pro-
prio alle città più importanti (6). Ridotte a poche persone do-
vevano essere la Curia e l'Ordine. A Rieti, nel 557, radunata la
Curia, è trattato un affare da 3 curiali e da tutto l'Ordine; e
siecome in fine del documento (7) non troviamo sottoscritti che
3 curiali ed altre 3 persone, è possibile che questi 6 individui
formassero l'intero Ordine di Rieti (8). Ma null'altro mi è pos-
sibile congetturare, mancandomi anche gli esempi di città vicine.
Le tenebre si addensano sempre più intorno allo storico, e solo
fugaci lampi servono di guida tra le sciagure d' Italia.

(1) Dial., III, cap. 35.

(2) Vite dei SS. et BB. dell’ Umbria; Foligno, 1656; lI, pag. 282.

(3) Per l'errore che di Amanzio fa un santo di Todi, cf. il LEONI, 7. c., pag. 30.

(4j CAsstoDORO, Variae, lib. VIII, ep. 26. « Universis Reatinis et Nursinis ». Del
dominio greco a Todi ci é rimasta memoria in. un lavoro di restauro del muro di stile
etrusco che guarda a tramontana. Infatti lo Statuto del 1337 (Dist. IV, rubr. 71) parla
« de actatione muri supra murum Grecum » (oggi via del Soprammuro); ma quell’ag-
gettivo potrebbe anche riallacciarsi alla tradizione della supposta origine greca degli
antichi abitatori d'Italia.

(5) Hist. Arcanae, cap. 9. Tanto che Erodiano, piecato, revocò il giuramento dato
ai Romani, e le sue coorti, sè stesso e Spoleto affidò a Totila.

(6) :BONAZZI, St. di P.; I, pag. 158. — GREGOROVIUS, l. c.; I, pag. 538. — SANSI,

‘Degli edif. e dei framm. storici ecc. di Spoleto; pag. 188.

(?) MARINI, Papiri; n. 79.
(8) HEGEL, l. c.; pag. 106,

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68 G. CECI

Nell'anno 568 scendevano in ltalia i Langobardi. Dal Friuli,
prima loro conquista, si distesero rapidamente in gran parte
delle altre provincie settentrionali e centrali, spargendo ovunque
stragi, schiavitù, desolazione. Come i Greci, essi mantennero il
paese diviso in ducati, tra i quali andò celebre, per estensione
e potenza, quello di Spoleto. Faroaldo che ne fu il primo duca,
conquistò Todi, Amelia, Orte, Polimarzo, ecc. circa il 579 (1) se
non prima (2); ma nel 590 le suddette città, con Perugia, Sutri
e Luceoli, furono recuperate da Romano esarca di Ravenna. In-
fatti il Liber pontificalis dice: « Eodem tempore (cioè nel 590 in
cuî fu creato papa Gregorio I) venit Romanus patricius et exar-
chus Romae; et dum reverteretur Ravenna, retenuit civitates
quas a Langobardis tenebantur, Sutrio, Polimartio, Hortas, Tuder,
Ameria, Perusia, Luciólis et alia multa » (3) tra le quali va an-
noverata anche Bevagna (4). Quasi le identiche parole ha Paolo
Diacono (5).

Crede il Duchesne che questa campagna debba riportarsi al

x

primo mese del pontificato di Gregorio I; certo è che nel settem-

(1) SIGoNIO, De Regn. Ital.; Hannoviae, 1613; pag. 10.

(2 MURATORI, A77., all'ann. 570, 575 e 580. Il BERETTA nella Chorogr. (Ss., X, 230)
mette l'anno 577. Il Lupovist (Mem. crit. stor. intorno al duc. di Spol., Nel Boll. della
Società di Storia Patria A. L. Antinori, an. VI, pag. 145) mette invece al 577 la presa
di Spoleto, non so da qual fonte. Il Muratori fa risalire la conquista di quel ducato
al 570. II Nispi Landi (St. di Sutri; Roma, 1887; p. 335-36) fa risalire la conquista di
Todi al 569 o 570.

(3) DUCHESNE, 7. €. ; I. p. 312. Il BERETTA, 1. c., erroneamente cita qu 'sto fatto
al 593. Il ch. prof. Crivellucci, invece, lo riporta al 595 (Le chiese cattoliche e i Lango-
bardi ariani in Italia; in Studi Storici, VI, pag. 93 e sgg.) ma non ne dà prove. Che
nel 591, e negli anni seguenti fino al 595, Narni e Terni sulla via Flaminia fossero lan-
gobarde, non implica che tali fossero anche le città sulla via Annia o Amerina.

(4) TROYA, Cod. dipl. long.; Napoli, 1852; I, n. 70, pag. 223. Il Crivellucci col Sa-
vigny (Hist. du droit romain. Paris, 1839; I, pag. 271) credono che nel 591 fosse lan-
gobarda anche Bevagna; conseguenza dell'aver riportato al 595 la riconquista delle
città sulla via Annia, altrimenti il Crivellucci avrebbe difficilmente spiegata la presenza
di Bevagna greca in mezzo ai Langobardi. Ma di quell’opinione non sono l'Hodgkin;
l'Hegel, P Ewald, il Diehl. ?

(5) Hist. Lang. in M. G. H.; Script. rer. Lang. et Ital. saec. VI-IX; pag. 118. —
Cf. pure le Gesta episc. Nop.; id., pag. 414, Paolo dice: « et alia quesdam (quas duas?)
civitates ».
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GOTI, GRECI E LANGOBARDI A TODI 69

bre del 590 Perugia era libera dai Langobardi (1). 1l 27 di detto
mese nell'anno 591, Veloce maestro dei militi, che aveva sede ap-
punto.in Perugia, teneva ancora sgombra la via Anria, cioè Todi,
Amelia, Orte e Luceoli (2). Questa linea era della più alta impor-
tanza per il governo imperiale. Gli bisognava infatti una via che
unisse Roma a Ravenna; e la Flaminia, invece, nel suo corso
medio, traversava il ducato di Spoleto fortemente occupato dai Lan-
gobardi. E tenevano i Greci anche Bevagna, posto avanzato sulla
strada Flaminia e poco lontano da quella di comunicazione tra la
Flaminia e l'Annia a Todi. Alle calamità della guerra ecco ag-
giungersi in quell’anno una terribile peste. Niuno ci dice che af-
fliggesse Todi, ma è facile supporlo sapendo che questo contagio
infestó Narni (3).

Nell'estate del 592, Maurizione, comandante dei Langobardi
di Spoleto, s'impadronisce di Perugia, ma quasi subito la ricon-
segna a tradimento ai Greci accorsi da Roma (4). Nel 593 il re
Agilulfo la riprende agli imperiali e uccide Maurizione (5) men-
tre Ariulfo, duca di Spoleto, ritoglie loro anche Luceoli, Todi,
Amelia, Orte, Polimarzo e Sutri (6). Devesi probabilmente ripor-
tare a quest'anno la rovina di Bevagna assalita, disertata e in-

cendiata dallo stesso Ariulfo (7) prima d’irrompere dalla valle spo-
letana in quella todina. Quale fosse la sorte serbata dai Lango-
bardi agli abitanti del ducato romano, ce lo fa sapere lo stesso
S. Gregorio il quale ce li descrive legati con funi al collo a guisa
di cani e condotti a vendere in Francia!

Fra le disgrazie che seguirono le invasioni barbariche, vi fu
l'interruzione de’ vescovi, come attesta Sidonio Apollinare (8). Nel-

(1) TROYA, 0. c.; I, pag. 213.
(2) Id., pag. 251.
(3) S. GrEG. MAGN., Epist.; l. II, ep. 2, al vesc. Preiettizio.
(4) TROYA, l. €., pagg. 252, 269, 274.
(5 PAOLO DIACONO, L. C.; l. IV, cap. 7.
(6) SANSI, I duchi di Spoleto; id., 1876; pag. 24. — MURATORI, A7., al 592 e 593.
— SIcGoNIO, l. c., pag. 22. Notisi che Paolo Diacono dice chiaramente che Agilulfo,
dopo presa Perugia, se ne tornò a Pavia, quindi il resto dell'impresa è da attribuirsi I
ad Ariulfo il quale si spinse fin sotto Roma.
(7) TROYA, op. cit., pagg. 295 e 290. Sorte simile toccò di poi a Terni e a Tadino;
pagg. 432 e 430.
(8 Lib. VII, epist. 6.

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l'Umbria, per esempio, vediamo S. Gregorio Magno sollecitare i
Perugini e i Tadinati all'elezione del loro vescovo (1). Ma a Todi
l'inlerruzione'é di più antica data; nel 560, come ho detto, questa
diocesi già era amministrata dal vescovo di Spoleto. E invero, non
si conosce alcun immediato successore di Fortunato (2). Soltanto
in sullo scorcio del VI secolo ci appare un « Sabinianus Tuder-
tinorum episcopus ». Nel giugno del 594 è sottoscritto al famoso
privilegio concesso dal Pontefice all'abbate di S. Metardo di Sois-
sons (3). L' Ughelli (4) lo dice famigliare di Gregorio Magno. Nelle
lettere di questo papa ve ne sono a Sabiniano vescovo di Zara,
a Sabiniano vescovo di Gallipoli, a Sabiniano diacono, ma non a
Sabiniano vescovo di Todi. Né questi due ultimi furono una stessa
persona, perchè l'ultima lettera a Sabiniano diacono è del 599.
Tra il 590 e il 604, con la regina Brunechilde e con Teoderico di
lei nipote; re dei Franchi, lo incontriamo di nuovo firmato in un
altro privilegio dello stesso Gregorio Magno al monastero di S. Pie-
tro « extra muros Rotomagiae civitatis » (5). E lecito dedurne
che Sabiniano visse di sovente a Roma, anziché nella sua diocesi.
Credo che fuggisse da Todi nel 593 all'appressarsi di Ariulfo duca
di Spoleto. Davanti ai Langobardi era una fuga quasi generale
di vescovi, tanto che fin dal 591 l' imperatore dovette con un editto
provvedere al modo di sostentarli nei loro rifugi (6). 1l prof. Cri-
vellucei ha dimostrato che nell'Italia centrale le chiese cattoliche
godevano di una certa pace e libertà anche nei luoghi soggetti ai
Langobardi, ma ciò non vuol dire che ugual trattamento s'aves-
sero i vescovi e. il clero nei luoghi disputati, in tempo di guerra.
Anzi, il mostrare a questi che libertà e pace religiosa potevano
aversi solo soltomettendosi definitivamente ai Langobardi, poteva
essere un alto di ferrea ma non cieca politica.

(1) Epist., 1. I, n. 58; 1. VII, n. 90.

(2) Florido, detto vesc. di Todi dall' Ughelli, fu, invece di Città di Castello. Cf.
CAPPELLETTI, 1. C., V, pag. 218.

(3) Epist., l. II, n. 30.

(4) Op. cit., I.

(5) PFLUNG HARTLUNG, Acta pontif. rom. ined.; Stuttgart, 1884; III, pag. 2. Del-
l'Umbria é il solo tra 12 altri vescovi sottoscritti. -

(6) TAMASSIA, l. c.; pagg. 117 e 47. — TROYA, l. c.; I, pagg. 166, 274, 285, 280, 2951
304, 305, 306, 412, 426, 532.
GOTI, GRECI E LANGOBARDI A TODI (1

Sul finire del 594 la via Annia era nuovamenle sgombra dai
Langobardi, ma per poco tempo (1). Al concilio romano del 5 lu-

1
1
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4
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glio 595 non uno solo dei vescovi delle città poste sulla via an-
zidelta, v'intervenne (2); onde può ritenersi che quelle fossero in
potestà di Ariulfo, almeno le più meridionali. Sabiniano, o perchè
fosse tornato a Todi poco prima, o perchè morto, non vi assi-
stette (3). Di vescovi umbri non vi furono che Candido di Foligno,
Costantino di Narni e Domenico di Otricoli, e credo che i primi
due non vi si recassero dalle loro diocesi, ma stessero fermi in
Roma per tema degli invasori. Foligno, si sa, era in mano del
duca di Spoleto fin dai primi tempi di Faroaldo; di Narni erasi
impadronito Ariulfo nel 591, nè credo la lasciasse facilmente, po-
tendosi da lì marciare rapidamente su Roma, perchè da Spoleto
a Orte la via più breve è quella per Terni e Narni, altrimenti bi-
sogna raddoppiare il cammino risalendo verso Bevagna per en-
trare dalla valle spoletana in quella todina e poi ridiscendere a
sud. Nel 594 il vescovo di Narni già trovavasi a Roma ove sot-
toscrisse il privilegio all'abbate di S. Metardo di Soissons (4).

Dopo l'agosto del 599, Todi e tutta la via Annia già erano
di nuovo dei Romani. Infatti una delle lettere di S. Gregorio Ma-
gno, dirette in quel tempo a Teodoro curatore di Ravenna, gli no-
tifica che Giovanni prefetto di Roma, desidera di riavere ]a mo-
glie che trovavasi in Ravenna, e gli raccomanda di farla scortare,
per maggior sicurezza, da un drappello di soldati fino a Perugia (5) ;
il che vuol dire che da Perugia a Roma la strada era sicura, cioè
non passava per dominî langobardi. Purtuttavia, dopo il 606 i Lan-
gobardi strinsero maggiormente questa striscia di terra, essendosi
impadroniti anche di Orvieto.

È facile comprendere di quanta iattura fosse per Todi il tro-
varsi sulla striscia di territorio che riunendo Ravenna a Roma,
isolava i duchi di Spoleto e di Benevento dalle provincie lombarde
del nord d’Italia. Presa e ripresa, tolta e ritolta da Langobardi

(1) TROYA, l. c., p. 334.

(2) Gn EG. MAGNI, Epist., IV, pag. 144.

(3) Erro l'Ughelli.

(4) GREG. MAGNI,. Epíist., IV, pag. 78.

(5) TROYA, l. c.; pag. 472. — MURATORI, AXn., al 600.
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x: É ; -
EMO

(2 G. CECÌ

feroci e da Greci venali e perfidi, perdette rapidamente gli ultimi
brandelli dell'antico fasto.

1l 5 luglio del 649 saliva sulla cattedra di S. Pietro, Martino
« de civitate Tudertina, provinciae Tusciae » (1), nato, secondo
la tradizione, in quel tratto del pian di Tevere sottostante alla
città verso tramontana e il quale da lui prende il nome. Non è
mio compito narrare le sue gesta. Mori a Chersona il 16 set-
tembre del 655, martire del primato di Roma. Fu uomo di mas-
sima energia che recó al papato grande onoranza (2).

Il 30 agosto del 649 era vescovo di Todi un Giovanni: « lo-
hannes Tudertinorum episcopus », come é sottoscritto in un pri-
vilegio di Martino I a quello stesso monastero di S. Pietro (3) pel
quale vedemmo firmarne un altro dal vescovo Sabiniano. Mori
poco dopo.

Infatti al primo concilio, adunato da papa Martino il 5 otto-
bre dell'anno stesso della sua elezione, intervenne anche il nuovo
vescovo Lorenzo. « Laurentius sanctae tudertinae ecclesiae epi-
scopus » (4). L'appellativo di « santa » era allora comune a tutte
le chiese; pià tardi fu smesso per deferenza a quella di Roma
che sola lo conservò.

Nel 649 Todi era ancora dei Greci (5), sebbene per la mala
fine da questi procurata a papa Martino, covasse una grande av-
versione contro il dominio dell’imperatore. D'altra parte i duchi
di Spoleto non si curavano più di tenere stabilmente la via Annia,
ben comprendendo che quella barriera, tra essi e il resto del regno
langobardo, favoriva le loro aspirazioni d'indipendenza. E greca
era Todi nel 680, talché vediamo il suo vescovo Bonifacio inter-
venire al concilio romano indetto dal papa Agatone per il 27 di

(1) Liber Pontificalis, ed. Ducange; e MURATORI, R. S. I.; VI, pag. 60.

(2) GREGORIORUS, St. di R.; II, pagg. 167, 169. Una biografia di s. Martino è nel
Surio (De probatis sanctorum hist.; Coloniae agripp., 1581; VII, p. 826 e segg.), e la
si dice scritta da un suo famigliare « vel comite ». S. Martino è detto « apostolicus
generosa traductus propagine ».

(3) PFLUNG HARTLUNG; 0. cit., II, 19. Questo Giovanni fn sconosciuto all'Ughelli,
al Cappelletti, al Gams, al Leoni. L' Ughelli mise un Giovanni dopo Lorenzo del quale
parleremo ora. :

(4) SurIo, Conciliorum ; Coloniae Agrip., 1507; II, pag. 287.

(5) TROYA, 02. cit., II, pag. 478 e 479.

PULS Nu. LE, MO CENTRE DON. 73 AER o LI aerea
GOTI, GRECI E LANGOBARDI A TODI 73

marzo: « Bonifacius episcopus sanctae ecclesiae Tudertinae pro-
vinciae Tusciae » (1). Noto che nel 649 il vescovo che prima
si chiamava « vescovo dei Todini » comincia a dirsi, invece, « ve-
scovo della santa Chiesa di Todi ». Ferveva allora la lotta tra
Costantinopoli e Roma pel primato religioso, e questo titolo, preso
da moltissimi vescovi, il quale racchiude in sè un'affermazione
di nobiltà ed unità, non dovette venir fuori a caso.

‘ ignoto chi fosse il vescovo di Todi durante la fiera agita-
zione provocata dall'imperatore Leone III l'Isaurico col suo editto
contro il culto delle immagini dei santi (726). Anche le città del
mezzo d’Italia cacciarono gli officiali bizantini ed elessero duci
propri (2). In tale circostanza, prima del 728, Perugia formossi
in ducato indipendente (3). Infatti nel 728 il re langobardo, pro-
fittando del mal animo dei Romani contro l’ Imperatore, ne invase i
territori e mosse verso Ravenna e verso Roma; ma da questa parte
cominciò le sue conquiste a Narni; il che dimostra che il tratto Peru-
gia, Todi, Amelia già non obbediva più all’ Impero. Di questo tempo
è Agatone duca romano di Perugia (4) circa il 730, secondo il
Beretta (5). Al ducato perugino non apparteneva Gubbio; a oriente,
verso il ducato di Spoleto, non si estendeva oltre il Chiascio; a
occidente, checchè ne dica l'Inghirami (6), non arrivava alla Chiana
essendo allora costituito il ducato di Chiusi (7); a mezzogiorno
non giungeva a Orte (8), anzi non gli apparteneva Narni, ma sem-

(1) SurIO, 00. cit.; II, 927. Il Leoni (St. di T., pag. 223) fa seguire al nome Boni-
facio il titolo « humilis » ma é un errore. Per simili titoli, allora comunissimi, cf.
CARINI, Spicilegio vaticano; I, 10. Dando un'occhiata alle firme che seguono la lettera
di Agatone, si vede subito che i vescovi per lo più informavano la loro sottoscrizione
a quelle precedenti, e quindi molti di seguito hanno l'appellativo di umile, o esiguo,
o indegno o niente. E niente ha Bonifacio. Non è dunque per superbia o superiorità
che ne é privo. Il Leoni dice pure che Todi era allora la piü ragguardevole città
della Tuscia dopo Perugia! Lo suppone vedendo la firma di Bonifacio seguire imme-
diatamente a quella del vescovo perugino; ma i vescovi non firmavano secondo un
ordine prestabilito.

(2) GREGOROVIUS, Op. cit.; II, 259.

(3 HEGEL, Op. cit., pag. 159. — PIZZETTI, Antichità toscane; I, 85-9296. Ambedue
credono che il ducato di Perugia esistesse anche prima, ma non é provato.

(4) Liber Pontificalis.

(5) Chorogr. in Ss. X, 214.

(6) St. della Toscana, V, 21.

(7) LIVERANI, Il ducato ecc. di Chiusi, pag. 97.

(S) FowTANINI, De antiq. Hortae; Lugd. Batav., 1708, pag. 101.
Rea rne ro prati e —

de G. CECI

bra che comprendesse Todi (1). Nella donazione di Pipino del 754,
Gubbio e Narni sono nominate separalamente dal ducato perugino.
Nel 742 Terni apparteneva al ducato di Spoleto; anche Narni in
quell’anno apparteneva ai Langobardi che l'avevano rioccupata
fin dai tempi di Gregorio II (2).

Agatone segui dapprima la politica pontificia, e quando Liut-
prando si collegò con l'esarca contro Spoleto, Benevento e Roma,
egli tentó di ritogliere Bologna al re langobardo (3). Ma poi scon-
fitto cambiò indirizzo. 1l ducato di Perugia, posto tra i duchi lan-
gobardi di Chiusi e di Spoleto, membri della stessa famiglia del
re Liutprando, poteva essere facilmente schiacciato nelle con-
iroversie tra Langobardi e papi. Ad evitare il pericolo non c'era
che una via d’uscita: unirsi a Liutprando, o almeno non osteg-
giarlo. E fu fatto. Non altrimenti si spiega il vedere, nel luglio,
o nei primi d'agosto del 740, il re langobardo invadere il ducato
romano cominciando da Amelia. Aggiungasi che mosse con lui
il nepote Agiprando duca di, Chiusi (4); e non si saprebbe spie-
gare come mai anch'egli si trattenesse dal gettarsi su Perugia e
su Todi, tanto più che il lasciarle intatte alle sue spalle avrebbe
costituito un serio pericolo pel suo ducato. Quando Trasmondo
duca di Spoleto inviso a Liutprando, tornò a forza nel suo du-
cato, d’accordo con quello di Benevento e coi Romani, lo invase
dalla parte dei Marsi e della Sabina, ma nulla si sa di operazioni
militari in suo favore fatte dal duca di Perugia. Nè può supporsi
che Perugia e Todi fossero state antecedentemente conquistate
da Liutprando. Le sole Amelia, Orte, Polimarzo e Bleda richie-
deva Zaccaria al re nel 741; e nel 742 Liutprando, ricevuta la
visita del papa a Terni, quelle quattro città appunto gli restituì e
i beni ecclesiastici di Narni e d'altri luoghi non umbri di cui
s'era insignorito, e confermò la pace col ducato romano. Di Pe-
rugia e di Todi non si fa menzione alcuna, segno evidente che
non erano in guerra col re, nè in mano sua, altrimenti Zaccaria
non avrebbe mancato di reclamarle. Ma lo stesso Liber pontifi-

(1) TROYA, op. cit., IV, pag. 513.

(2 ANGELONI, St. di Terni; Pisa, 1878; pgg. 114, 115, 490. Il corso della Nera
segnava per non piccolo tratto il confine del ducato spoletano col romano.

(3) PAoLO Drac., L. VI, 54.

(4) FONTANINI, op. cit., pagg, 278, 385.
AL
5

-

, GOTI, GRECI E LANGOBARDI A TODI 7

(è)

calis cj assicura indirettamente che Perugia e Todi non erano in
mano di Luitprando, dicendoci che quando il re tornò contro
Trasmando, i Romani non difesero il duca perchè non aveva cer-
cato di liberare, secondo i patti, Amelia, Orte, Polimarzo e Bleda.
) D'altre città da liberare non parla affatto.

D'altronde un duca romano di Perugia favorevole, o: almeno

non oslile ai Langobardi, non deve, meravigliare. Nel 727, du-
rante la tempesta sollevata in Italia dagli iconoclasti, i Lango-
bardi di Spoleto e di Tuscia proteggevano coi Romani le frontiere

del ducato romano contro Paolo esarca di Ravenna il quale voleva
soffocare la sollevazione (1). In più precise parole, difendevano
Perugia, perchè quivi finiva il ducato, e a Gubbio cominciava la
Pentapoli mediterranea. Aggiungasi che Liutprando, nella solle-
vazione delle province greche, di certo aveva avuto la sua parte
d'influenza (2); e non saremo quindi lontani dal vero sostenendo
che il ducato romano di Perugia sorse con più o meno palese
favore dei Langobardi, come crede anche il Fontanini (3).

Il distacco da Roma si dovette accentuare sempre più quando
il papa, temendo che i Langobardi profittassero dei tumulti per
unificare la penisola, si diede a temperare la foga degli Italiani
d e ad ammonirli di non rompere la sudditanza all’ imperatore; pa-
role che non potevano piacere al nuovo duca di Perugia, nè a
Perugini e a Todini.

Nel 743 era vescovo di Todi un Nicolò, sottoscritto al con-
cilio romano di papa Zaccaria (4). Morto Liutprando nel marzo
744 seguirono grandi tumulti, specialmente nel ducato di Spoleto,
e le prossime città romane dovettero tollerare gravi sciagure onde
il peso ne afflisse per lungo tempo: gli abitanti (5). Presto il du-
cato perugino si riunì di nuovo a quella parte di territorio sul
quale il papa dominava a dal quale Roma traeva i mezzi per la
propria difesa. Intendiamoci bene: il ducato perugino non. cessò
di esistere, ma, da favorevole ai Langobardi, ritornò nell’orbita

| (1) GREGORIUS, 0p. cit.; II, 258. — MURATORI, Ann. al 727.
\ : (2) Id., pag. 207.

(3) Op. cit.

(4) CAPPELLETTI, Op: cit.; V, 219. Bassiano nel 708 e Anastasio nel 725 non fu-
rono vescovi di Todi. Vedine ivi le prove.

(5) TROYA, Op. Cit; IV, 104.

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della politica pontificia. Nel patto. tra Pippino e Stefano II, del
24 aprile 754, lo si dona al papa (1); nel 769 Cristoforo e Sergio
ottimati, capi di parte franca, dominanti Roma e il papa, impau-
riti dall'avvieinarsi di Desiderio che muoveva come pellegrino, ma
con un esercito, riuniscono milizie dalla Campania, dalla Tuscia
e dal ducato di Perugia (2). Nel 773 Adriano I, per resistere in
Roma all'assedio di Desiderio, ricava gente di guerra anche dal
ducato perugino (3). |

I] distaeco tra le due politiche del ducato di Perugia, va cer-
cato: all'incirca tra la morte di Liutprando nel 744 e l'assedio
che le pose Rachis nel 749. Anzi nel 746, il ducato di Perugia
non doveva aver per anco abbandonata la sua politica non ostile
ai Langobardi, perchè Rachis, nella quinta delle sue nove leggi
pubblicate in detto anno, proibì, per gelosia di stato, l'invio di
messi a Roma, Ravenna, Spoleto, Benevento ecc., ma non a Pe-
rugia. Anche l’ Hegel e il Beretta intesero che Perugia doveva
essere stata per un certo tempo nella sfera d' influenza langobarda;
ma il primo confessò di non sapere quando tornasse al ponte-
fice (4); e il secondo, erroneamente, la fece restituire da Liut-
prando contemporaneamente a Sutri nel 727! (9).

Mi sono fermato a cercar di chiarire questo punto di storia
umbra, perchè riguarda direttamente anche Todi. Per questa città,
nel 749 passò papa Zaccaria (6), il quale correva presso il re lango-
bardo Rachis per indurlo a togliere l'assedio da Perugia, e vi
riuscì, liberando così anche Todi dall’ imminente invasione. Anzi
credo che Rachis |’ avesse fatta occupare per guardarsi le spalle
dai Romani. Negli ultimi mesi del 752, Todi era nelle mani delle
soldatesche del re Astolfo che tenevano il ducato romano (7) e

(1) Id., 1V, pag. 507.
(2) RE ASTASIO, in MURATORI; SS., III, 178 A.
(3) Id., 183 G.

(4) Ss cit., 159 in n.

(5) Chorogr.; Ss., X, pag. 214.

(6) DUCHESNE, Op. cit.; I, 437, n. 27; e 439 n. 49. Vi passò, credo, anche nel 743
Cinado si recò a Ravenna per placare Liutprando ‘che erasi mosso contro l’esarca
Eutichio.

(7) GREGOROVIUS, Op. cit.; II, 313.
GOTI, GRECI E LANGOBABDI A TODI ré

verosimilmente fin dal 751 ne era stata conquistata (1). E dai
Langobardi dovette essere occupata nel 754 quando Astolfo, coa-
diuvato da quelli di Toscana e di Benevento, si spinse fin sotto
‘ le mura, di Roma (2). Secondo il Gregorovius, furono forse gli Spo-
letini che operarono nella via Annia. Così il ducato di Perugia,

scorazzato continuamente da soldatesche langobarde, pagava il
ritorno alla fedeltà verso la Chiesa Romana.

Astolfo alla sua morte non aveva restituite al papa tutte le
ciltà occupate (2), e nel 760 Todi stava ancora nelle mani del di
lui successore. Sulla fine del marzo di detto anno, Paolo I scri-
veva al re Pippino intorno alle speranze di un accordo con Desi-
derio, il quale dicevasi pronto a restituire le giustizie di S. Pie-
tro (cioè a dire patrimoni, diritti, luoghi, territori e confini di ra-
gione della Chiesa) nel prossimo aprile (4). Tra le operazioni che
a ciò si riferiscono deve annoverarsi la definizione dei confini di
Todi verso Spoleto, Bevagna, Assisi e Perugia, fatta appunto tra
il marzo e l'aprile del 760 da Tebaldo e Tumpno, messi del papa
e del re, secondo i termini e segni degli anlichi e con il con-
corso di molti rappresentanti delle nominate città, cioè: Lupo,
Ilpidio e Adibrando di Spoleto; Uvo di Frido e Ilbado di Beva-
gna, Guidifrido e Insualdo di Assisi; Lupardo, Plazio e Janna
giudici luderti; Petruccio e Agato di Perugia, e Pascasio diacono
della santa Chiesa di Todi, il quale scrisse l'atto (5).

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(1) « Inter haec vero dum magna persecutio a Longobardorum rege Astulfo in
hac Romana urbe, vel subiacentibus ei civitatibus extitisset... » ANASTASIO, Ss. X,
166 A.

(2) « Et civitatem Narniensem, quam beato Petro concessistis abstulerunt et ali-
quas civitates nostras comprehenderunt ». Cosi Stefano II nel 755. (Cf. CENNI, Mon.
dom. Pont., I, pag. 87 e 93).

(3) GREGOROVIUS, Op. cit.; II, 339.

(4) TROYA, op. cit.; V, pag. 69. — MURATORI, Ann. ; al 760.

(5) La copia é nel Registrum vetus instrumentorum comunis Tuderti, al fol. 2
r. che conservasi nell'Archivio di S. Fortunato, Arm. III. Porta la seguente autenti-
cazione del notaio che trascrisse accuratamente anche quasi tutti gli altri istromenti
nel Registrum. contenuti : 7

« Et ego Ianninus quondam domini Bonifatii de Collacone filius, sacri Imperii
notarius, sicut in dicto folio inveni ita diligenter et fideliter exemplavi et registravi,
mandato et auctoritate domini Sancti de Burgo Sancti Sepulcri iudicis et vicarii ci-
vitatis Tuderti per nobilem virum dominum Iaconum de Iaconis potestatem dicte civi-
tatis, sub anno domini millesimo ducentesimo octuagesimo primo, ind. nona, Eccle-
sia Romana pastore vacante, die xxii mensis februarii, in palatio dicti comunis

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(8: G. CECI

Correva diritto questo confine di vella in vetta dal Poggiolo
al Lagomorto, al Montemartano, alla Cerqua di Giano, al tor-
rente Puglia; cioó dal Poggio Mezzanelli, a oriente di Porcaria
(erroneamente oggi detta Portaria), andava per Collefisco e Col-
letoso al lago di Firenzuola. Da qui tenevasi alquanto a oriente
dell'attuale confine, correndo diritto al Montemartano che dà il
nome a tutta la catena; indi seguiva il confine odierno fino a Colle
la Piana, vicino al quale doveva stare la Cerqua di Giano, così
detta dal vicino paese che era un possesso langobardo come il
suo nome dimostra (1). Dal Colle la Piana, aiutandoci con le termi-
nazioni stabilite nel 1293 tra Todi, Giano e Castagnola « secondo
l'istromento dei tempi di re Desiderio » (2), vediamo il confine
giungere alla Puglia per la vetta dei Pianetti o Pianelli, la casa
delle Fontanelle ed il fosso della Mandria.

Da questo punto il confine seguiva la Puglia, e stando al libro
dei fuochi redatto nel 1292, (dal quale possiamo rilevare quali terre
facessero parte del comune di Todi) abbandonava il torrente in un
punto che è difficile precisare, (non essendo segnate sulle carte
dell'Istituto geografico militare, nè Pietra Mascarana, nè Pietra
Cupa, nè Colle di Viati indicati come termini dell'istromento in
discorso) ma che non doveva esser lontano dalla Madonna della
Puglia, dove in questo torrente si gettano i fossi Malvano e Rub-
biatino. Da li il confine correva a Massa Pacigliano (oggi Colle
Pacigliano) e poi al fosso Gorgone, lo risaliva per un breve tratto,
indi seguiva su per giù, da levante a ponente, l’attuale confine
meridionale del comune di Deruta, passando per le Trosce, a
sud di Castelleone, le quali forse corrispondono alla Fonte Plo-

Tuderti, coram domino Matheo domini Petri et Iohannucio domini Thomassi testi-
bus ». L'originale, dice il notaio Giannino, era tra altre scritture vescovili, « in quo-
dam folio carte ». Fu pubblicato prima dalPAmaduzzi (Anecdota litteraria, Roma,
1773; I, 445-453) il quale ne vide anche un'altra copia inserita in un istromento del 27
giugno 1293 del notaio Francesco di Bartolo; poi dal Troya (Cod. dipl.long.; V, 73.)
il quale ne dimostrò l'autenticità dileguando ogni dubbio; poi dal Leoni (st. di Todi,
p. 275) e dal Sansi (Duchi di Spoleto). L'ortografia che dò ai nomi segue quella del
Registrum da me riscontrato; jer i nomi aggiunti à schiarimento dei confini, se-
guo le carte dell’ Istituto geografico militare. ;

(1) DUCANGE, Glossarium ; alla parola Ianum.

(2) Arch. di S. Fort.; Arm. II, Cas. VII, n. 2.

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GOTI, GRECI E LANGOBARDI A TODI (9

tina, e poi toccava S. Martino in Cerro che è il Cerro Sintarello
del documento.
Prima di arrivare a S. Martino, il confine cominciava, come

‘ora, a seguire la via da Castelleone a Casalina. /"lumznea la dice
il testo, cioè che scende al fiume, al Tevere; « Flaminea, sceris-
sero l'Amaduzzi e il Troya, e si diedero a rettificare un errore
che non esisteva. Questa via, un po’ più diritta dell’attuale, se-
gnava, da nord-est a sud-ovest, il confine da S. Martino a Massa
Scine (1) o Casalina. Ultimo termine, nella stessa direzione, era
S. Lorenzo ospedale diruto o chiesa a occidente di Ripabianca,
presso il Tevere. Tale si mantiene ancora il confine della diocesi
tuderte. ;

Due cose noto: Il numero dei giudici tuderti, i quali erano
tre, come tre furono poi in tutti i comuni; e il veder segnato un
tratto di confine fino al Tevere, tra Todi e Perugia. Segnare i
confini con Spoleto, Assisi e Bevagna, tutte città langobarde, sta
bene; ma con Perugia, perchè? Perchè a nord di Todi, Desiderio
non teneva territori romani. Il documento non contiene tutti i con-
fini del territorio tudertino; è, come del resto tutti convengono,
una delimitazione di ciò che Desiderio aveva preso e s’accingeva
a restituire. Dunque, non essendo indicati i confini- verso Terni,
Narni ed Amelia, ma sibbene quelli con Perugia, è segno che

verso mezzogiorno c'era ancora dell'altro da restituire, ma niente
a settentrione, cioè Perugia non stava in mano di Desiderio e du-

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rava in ducato a sé, sebben monco di Todi. I nomi dei rappre-
sentanti delle singole città confermano questa supposizione. Lu-

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pardo, Plazio, Ianna sono nomi langobardi dei giudici tudertini;

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MN.

Petruccio e Agato son nomi romani dei rappresentanti perugini.

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Malgrado questa delimitazione di confini, Todi rimase, presu-
mibilmente, o ricadde subito nelle mani di Desiderio. Verso la
fine del 761, infatti, Paolo I scriveva a Pippino contro il re lan-
gobardo che non restituiva e che invadeva di nuovo le cose già
restituite (2). Invero nel 772 teneva ancora Narni (3) e s'impos-

(1) Massa scine — Massa cina (?), piccola, corrispondente appunto a Casalina.
(2) TROYA; Op. cit. ; V, 157.
(3) Id., pag. 676.
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$ 1.» — Ignazio Danti a Firenze, Bologna e Roma.

Verso l'anno 1480 nasceva in Perugia Pier Vincenzo Ri-
naldi, poeta, matematico e architetto. Il cognome di Rinaldi
gli venne scambiato in quello di Danti, scrive Ignazio nella
« Traduzione della sfera del Sacrobosco » fatta da Pier Vin-
cenzo, « per la destrezza dell’ingegno suo, quasi che all'acu-
tezza del grande poeta, Dante, s'avvicinasse. Il che fu ca-
gione che essendo noi della famiglia de’ Rinaldi, sempre da
poi, mediante tal cognome, de’ Danti fussimo chiamati ».
Morì, lasciando due figli (nel 1512), Giulio e Teodora, la quale
si rese nota per le grazie del suo spirito e per la vasta col-
tura nelle scienze matematiche. Fu pittrice distinta per l'in-
segnamento ricevuto da Pietro Perugino, ed il Lanzi ne fece
onorata memoria nella sua « Storia pittorica della Italia ».

Giulio, matematico ed architetto, diresse i lavori della
Chiesa di S. Maria degli Angeli di Assisi; ma la fabbrica e
la decorazione durarono circa cento anni, ed egli morì nel
1575. Fu costruttore di strumenti astronomici, e lasciò scritto

un trattatello « De alluvione Tyberis » ed alcune note « Sugli

ordinamenti di architettura ». Avendo menato in sposa Bian-
cofiore degli Alberti, ebbe tre figli, Vincenzo, Girolamo e
Carlo Pellegrino.

Il primo si rese celebre come scultore, architetto, pittore
e poeta. Infatti fra i codici palatini della R. Biblioteca na-
zionale centrale di Firenze esiste di Vincenzo un « Capitolo
contro l'alchimia » del quale ogni terzo verso è del Petrarca
o NE ne prr err e —
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V. PALMESI

ed incomincia « Il falso inganno e la bugiarda frode » (1).
Pubblicó un'operetta intitolata: « Libro primo delle per-
fette proporzioni » (Firenze 1567). Doveva essa compren-
dere XV libri, ma non vide la luce che il primo. I suoi la-
vori si ammirano tuttora in Fiesole, Firenze, Prato e Perugia.
Dalla storia della Basilica del Convento di Assisi del Fratini
rilevasi come « fino dal novembre del 1565 messer Ottaviano
arcivescovo di Palermo scriveva al Custode di S. Francesco,
che intendea fare a sue spese un tabernacolo per l'altar
maggiore del sotterraneo, affine di custodirvi degnamente il
Corpo di Cristo: cercassero i padri un artefice idoneo; egli
se ne starebbe alla loro elezione. Fiorivano allora nella vicina
Perugia due grandi artisti, Galeazzo Alessi architetto, e Vin-
cenzo Danti scultore. Su costoro posero l occhio i frati del
S. Convento, deliberati d'averne dal primo il disegno e di al-
logarne al secondo il lavoro ...... Il tabernacolo per eleganza
e ricchezza d'invenzione, e pel magistero onde fu eseguito
dal Danti, riesci bellissimo; e tale sarà pur sempre giudicato
da chiunque sappia pregiare il buono di qualunque età ».
Il Vasari, oltre a ricordarlo nelle vite di Michelangelo e
del Bandinelli e di tesserne un elogio nelle biografie degli ac-
cademici del disegno di Firenze, nella descrizione « Dell’ ap-
parato fatto in Firenze per le nozze dell Illustrissimo ed ec-
cellentissimo Don Francesco de' Medici principe di Firenze e
di Siena colla serenissima regina Giovanna d' Austria », scrive
con entusiasmo del cavallo scolpito dal Danti. Di questo istesso
« apparato » nel 1566 dette una descrizione M. Domenico
Mellini con i tipi del Giunti di Firenze, il quale nello elenco
degli artefici che lavorarono in quella celebre circostanza
così si esprime: « Vincenzo Danti Perugino, giovane singo-
lare e d’ingegno sublime e acuto, grazioso e gentile, la cui
virtù e stupenda maestria nell’ adoperare della scultura è
degna d'immortale onore: il che si è conosciuto dalla gran-

(1) Palat. 35. E, 5, 2, 39 cart. 70-78 r.

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LL ALI LÁ O IN.
IGNAZIO DANTI i 83

dissima e perfetta opera, oltre alle altre sue fatte in marmo,
del Cavallo, che si vede in San Pulinari, la bellezza del quale
non mi basta l animo di esprimere, come né anco di lodar
lui a bastanza ».

Questo grande artista mori giovanissimo. Nato nel 1530,
a soli 18 anni (28 gennaio 1548) fu ricevuto nel Collegio de-
gli Orafi perugini e nel Catalogo dei Giurati di Porta Borgna.
Fece il getto della statua di Papa Giulio III che trovasi nella
piazza di Perugia, sotto la quale si legge: « Vincentius Dantes
perusinus adhuc puber faciebat » nel.1555; e siccome era
nato nel 1530, é chiaro che a quell'epoca aveva 25 anni, e
non 20 come asserisce Giorgio Vasari. « Magno bonorum
moerore die 26 mai » del 1576 compi la breve, ma glo-
riosa carriera, ed il terzogenito, di cui imprendiamo qui bre-
vemente a narrare la vita, ne onoró la memoria innalzan-
dogli nella Chiesa di S. Domenico di Perugia un marmo di
erandioso disegno, e vi appose una affettuosa epigrafe, che a
suo luogo riporteremo.

Girolamo fu architetto militare, pittore ed artista distinto ;
mori a soli 33 anni nel 1580, lasciando un figlio a nome Giulio.
Nell opera del Mazzatinti « Mss. delle Biblioteche d’Italia »
si legge che a Perugia fra i mss. delle soppresse corpora-
zioni religiose vi sono gli « Elogi degli huomini illustri di Peru-
gia di Filippo Alberti », fra i lodati trovasi Girolamo. m. 43.

La fede di battesimo del terzo figlio di Giulio é cosi an-
notata nel primo libro del fonte di S. Domenico di Perugia
sotto l’anno 1536, mese di aprile: « Carlo et Pellegrino di Giulio
di Dante si battezzó addi 29 ». Molto si é scritto intorno à
quest’ uomo, e prima di tutti da Giorgio Vasari nel 1568 quando
trattò « degli accademici del disegno di Firenze ». Quindi
ne scrisse Serafino Razzi suo amico ‘nella « Cronaca della
Provincia Romana dell’ Ordine dei Frati Predicatori, mss. »
e nella « Storia degli uomini illustri ». Il prof. Giovanni Ver-
miglioli nel 1826 dette alla luce: « L/ elogio di Ignazio Danti »
e tre anni dopo la « Biografia degli scrittori Perugini ».
E ea e raro prata
y 3 42? ]

84 : : V. PALMESI

Nel 1844 il P. Vincenzo Marchese pubblicó le « Memorie dei .

più insigni pittori, scultori e architetti Domenicani » opera
che ebbe l'onore di quattro edizioni, l’ultima delle quali nel
1819. L'alatrino Agostino Caporilli-Razza, uno dei buoni lati-
nisti del secolo nostro, il giorno 22 luglio 1847 leggeva. al-
laecademia Ernica di Alatri « L'elogio di monsignor Igna-
zio Danti, Vescovo di Alatri e celebre cosmografo », che poi
venne inserito nel « Giornale Arcadico », vol. CXXXIII, 1853.
Nel 1884 in Alatri videro la luce due altre biografie; la prima
di monsignor Luigi De-Persiis nel libro « Del pontificato di
S. Sisto I papa e martire » capo VII, $ I del libro II; l'al-
tra di Andrea Marini, e trovasi nell’ opuscolo « Cenni storici
popolari sopra S. Sisto I papa e martire ed.il suo culto in
Alatri», capo IV. Angelo Lupattelli ha dato alla luce « Perugia
ed i suoi uomini illustri, libro di lettura e di premio propo-
sto alle famiglie ed alle scuole ». È un opuscolo di 100 pa-
gine; gli uomini ricordati sono solamente XX e fra questi
Vincenzo Danti, al quale dedica 5 pagine, ed il fratello Ignazio,
al quale ne dedica 3. L’ opuscolo ha avuto 3 edizioni, l’ ultima
delle quali nel 1890. Era riservato a Iodoco Del-Badia di ri-
mettere le cose a modo con il suo studio su « Egnazio Danti
cosmografo, astronomo e matematico » stampato nella « Ras-
segna nazionale di Firenze » del 1881, dotto lavoro che io
ho preso a guida dello studio presente. A questi scritti sul
Danti altri molti se ne aggiungono, fra i quali del Riccardi,
di Cesare Alessio, dell’ Oldoino, del Cavalieri, di Guglielmo
Libri ecc. Alcune sue lettere hanno vista la luce per opere
del prof. Pietro Ferrato, del Raccoglitore delle lettere pitto-
riche, del Tiraboschi e di Iodoco Del-Badia. Ora avendone
trattato tanti dotti, è opera vana o no che oggi ne tratti io,
ultimo fra tutti per potenza intellettuale ? Credo di no, per-
ché se nella ultima edizione del P. Marchese si asseriva « del
P. Egnazio Danti architetto e ingegnere perugino, con tanta
copia e con tanta accuratezza ha scritto il prof. Giovanni

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Battista Vermiglioli da rendere ormai impossibile aggiun?

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gere cosa di qualche momento alla vita e alle opere di que-
sto illustre italiano », il Del-Badia cinque anni dopo scriveva
« Solo per dare piü esatta e larga cognizione di ciascun la-
voro da lui fatto a Firenze e produrre qualche nuovo parti-
colare della sua vita e delle sue opere, trascurato o ignorato
dai precedenti scrittori ». E siccome io opino che il biografo
vero non é ancora apparso per i fatti avvenuti a Firenze e
tuttora ignorati, per questo un nuovo tentativo non lo credo
infruttuoso, tanto più che i tre anni del suo episcopato in
Alatri sono poco noti. ;

Carlo-Pellegrino dal padre e dalla zia apprese le mate-
matiche, la geometria, l architettura e la pittura; quindi
frequentó la patria Università. Vesti a Perugia l abito dei
PP. Predicatori il giorno 7 marzo 1555 per le mani del
Pp Angelo da Diacceto, provinciale romano, mutando il nome

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di battesimo in quello di Ignazio. Quelli che di lui trattarono
non sono d'accordo intorno all’ epoca, nella quale andò alla
Corte di Firenze. Il Marchesi scrive che era disegno di Co-
simo I di far rivivere gli studi delle matematiche e delle
cose astronomiche caduti alquanto in basso; del che favel-
lando con Vincenzo Danti, egli tosto gli proferse il fratello.
Dice che quando ció avvenisse non é ben noto, ma é indu-
bitato fosse innanzi il 1567, e verosimilmente nel 1565. Il
De-Persiis fa accadere ciò circa l'anno 1565; altri lo man-
dano a Firenze circa l’anno 1570. Il Del-Badia finalmente
opina che deve esserci andato sul declinare del 1562 ed il
principio del 1563. E certamente, io penso, dovette recarvisi .
sul cadere del 1562, perchè in data 7 febbraio 1563 da Pisa
scrivendo una ricevuta dichiarava di « aver avuto scudi
venticinqui a lire 7 per ciascuno per conto de l opera di
Cosmografia della Guardaroba di Fiorenza ». Inoltre porta
la data di tale anno una sola delle tavole geografiche da esso
dipinte per gli sportelli degli armarii che sono nella stanza
detta la « Nuova Guardaroba » nel Palazzo Ducale; ed es-
sendone uscito, come vedremo, negli ultimi giorni del set-
86 3 V. PALMESI

tembre del 1575, abbiamo precisamente i 12 anni dei quali
esso istesso parla nella « Prefazione alle scienze matematiche
ridotte in tavole », nella quale dice che « per XII anni Lo
veddi [Cosimo] con tanta auuidità et piacere essercitarsi at-
torno questi nobilissimi studij ».

Del lavoro eseguito nella nuova Guardaroba scrisse il
Vasari che « di quella professione non è stato mai per tempo
nessuno fatta opera nè la maggiore, nè la più perfetta ».
Ma il Razzi ci avverte che del Danti è il solo disegno, per-
ché tutto quello sterminato lavoro venne da lui fatto colo-
rire da’ suoi giovani sotto la sua direzione. Lo afferma anche
il Pascoli nelle « Vite dei Pittori, Scultori e Architetti peru-
gini ». Delle pitture. fatte nella nuova Guardaroba furono
ammiratori profondi il grande astronomo La Condomiére, il
Cantini, lo Ximenes, Busching, Cassini, Riccioli, Cicognara
ed altri; anzi il Marmocchi, riferito da Filippo Moisé nella
« Illustrazione storico-artistica del Palazzo Vecchio » (Firenze,
1843) scrive che « il Danti è l’Ortelio dell’ Italia, anzi il
Mercatore, Ortelio e Danti denno considerarsi i fondatori
della moderna geografia; che gli sportelli del Palazzo Pitti
sono una vera meraviglia d'erudizione e di eleganza, anzi
un monumento veramente prezioso per la storia della eru-
dizione geografica e dell’arte difficile della geografia ». Que-
ste tavole sono 53; 14 rappresentano I Europa, 11 Y Africa,
14 l'Asia e 14 l America. Ricorderò finalmente che Gu-
glielmo Libri nella sua « Histoire des sciences Mathémati-
ques en Italie ecc. » (Paris, 1841) lo designa alla ammira-
Zione dei posteri.

Fra le cure dell’ abellimento del Pitti, trova egli tempo
per altre occupazioni. Eletto papa Pio V, forma il concetto
della fabbricazione di un convento nella sua patria, Bosco,
presso Alessandria; la bolla di fondazione è del primo ago-
sto 1566, e il disegno è del Danti. Infatti Agostino da Ga-
ressio nel giorno 18 maggio scriveva da Bosco al P. Angelo
da Cremona inquisitore di Milano, come si rileva dalla « Sto-

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u-— IGNAZIO DANTI 87
ria mss. del. Convento di Santa Croce di Bosco »: « In propo-

sito di detto schizzo, è cosa nota che San Pio diede ordine di
fare il disegno ad Ignazio Danti da Perugia, domenicano ».

E nella istessa storia mss. si legge « Il maestro ha scritto

circa la Chiesa, se con lui e Fra Ignazio si può far contento
N. Signore », e poco oltre: « Alli 14 aprile 1569 si dicono
pagati scudi 10 per lo viatico di Frate Ignazio sino alla sua
venuta ». Ma la esecuzione del lavoro non rispose al dise-
gno, perché nella assenza di lui, occupatissimo in tante altre
brighe, fu chiamato alla direzione un tal ingegnere Martino
Longhi, il quale qua ritoccando e modificando, là distrug-
cendo o creando, produsse un informe barocco.

Fra le molte occupazioni aveva quella di dettare pri-
vatamente ai figli del Granduca, a gentiluomini fiorentini, a
cortigiani del Principe: fra tutti, per onorarlo, basterebbe il
solo Gherardo Spini. « Lesse, scrive il Razzi, in detto tempo
la sfera ed altre scienze mathematiche a’ più nobilissimi
giovani, et anco ad alcune illustri signore ». I contatti colla
nobiltà fiorentina ci possono forse in qualche modo spiegare
l’ira e l'odio, di cui fu fatto segno il grande matematico.
Di questa persecuzione noi abbiamo notizia da lui stesso, il
quale da Prato così scriveva al Duca in data 30 settembre
1569: « Giunsi hier sera l’altra in Lucca et vi trovai il Pro-
vinciale il quale, havendo intese le mie ragioni, rimise la
causa al Priore di Fiesole, avante il quale potrò giustificarmi.
Per il che essendo strigato ho dato di volta subito per non
perdere più tempo et non ho voluto venire a noiare altri-
mente V. E. Ill.ma, ma solo con questi duoi versi gli ho dato
raguaglio di tutto. Né mi occorrendo altro li prego ogni
felicità et contento ».

Per questa volta tacquero i suoi nemici, i quali torna-
rono alla carica ben presto. I seguenti due documenti ce

lo addimostrano. Cosimo de’ Medici scrisse al Generale dei.

Domenicani ed a Pio V le ingiurie gravissime che dovette
soffrire il povero Danti.
V. PALMESI

Molto rev.do Padre,

Frate Egnatio Danti perugino mi ha servito et mi serve del con-
tinuo a l'opera di cosmographia, dove che per tali servitii mi bisogne-
rebbe alcuna volta haverlo apresso e che non fosse obbligato qua alli
prelati del convento ma potesse pure con l'habito servirmi et habitare
in certe stanze separate nel medesimo convento, non volendo per questo
andare vagabondo nè vivere licentiosamente, ma secondo la regola e
con l'habito indosso, scapolo, da potere attendere al servitio: però de-
sidero che la paternità V. in gratia mia voglia esser contenta concederli
questa lieentia, oltre che sarà cagione della quiete e sicurtà della vita
sua, atteso il seguito de l'affronto statoli fatto alli giorni passati nella
persona, come di tutto V. P. deve essere informata, e per questo e per
altri degni rispetti la prego a concederli questa licentia della quale io
riceverò molto piacere et li prego da Dio Nostro Signore ogni contento.
Di Fiorenza el di 21 di luglio 1571.

(Fuori) Al generale de l'Ordine di San Domenico (1).

Ecco ora la lettera al Pontefice:

A PP. Pio quinto

Sant.mo et Beat.mo Padre. Viene a'santi piedi di V. B.ne Frate
Egnatio Danti perugino per narrarli l'insulto che gli fu fatto da un
frate de Buontalenti Fiorentino, et per dirli di più minacce che li sono
fatte; che alcuni de'medesimi Frati lo vogliono privare di vita come
piü a pieno dirà lui medesimo alla San.tà V. E perché io mi sono ser-
vito di lui molti anni e mi servo ancora con buona gratia de’ suoi
superiori a l’opere di cosmographia et di lui mi tengo molto ben servito
però glielo raccomando come persona virtuosa, parendomi ancora per
quanto ho potuto vedere che sia di buoni costumi e che tenga vita re-

. ligiosa. Nel resto mi rimetto al sant.mo et sap.mo iudizio di V. B. che

conoscerà il vero e non comporterà che egli sia oppressuto sì come io
reverentemente la prego e humilmente bacio i suoi santi piedi pre-
gando nostro S.re Dio per la sua conservatione. Di Fiorenza, el di XXV
di luglio 1571 (2).

(1) Archivio Mediceo, 238, a c. 2.
(2) Archivio di Stato in Firenze, Mediceo, 238, a. c. 4.

——
ES

IGNAZIO DANTI 89

L'atteggiamento assunto da Cosimo in questa persecu-
zione se non ridusse al silenzio i nemici, almeno fece si che
tirassero colpi nascosti, fiduciosi nel trionfo alla morte del
generoso Principe. Del quale il perseguitato avendo cono-
sciuto l'animo benevolo verso di sè, nell’anno 1571 profittò
per chiedere una cattedra di matematica. Esaminata la do-
manda, in data 12 settembre venne il seguente rescritto:
« Ci pare che si possa levare l' Astudiglio, poi che non ci
leggie mai, et asegnare al supplicante scudi tre il mese per
una lectione di mattematica, la quale in Firenze ci pare
necessaria ». Francesco Astudiglio supplicó per riavere la
perduta cattedra di teologia, ma in data 11 ottobre rice-
veva il presente rescritto: « Il Principe vegga quel che gli
pare di fare essendo cosa di Studio ». E fu cosi che il Danti
incominciò le lezioni di matematiche nel novembre del 1571.

Se la morte non avesse rapito Cosimo I, il nome del

frate perugino sarebbe stato a noi tramandato anco piü
erande; perché gli avrebbe affidato il progetto di tentare
l impresa ardua al sommo di riunire i due grandi mari, il
Mediterraneo e l'Adriatico, per mezzo di un canale che perfo-
rasse l' Apennino. Il Cosmografo della Corte fiorentina aveva
nella sua mente intuita la possibilità della riuscita e forma-
tosi cosi il concetto esposto dal Cantini nei terminti seguenti :
« Sulla montagna della Consuma, ch' é situata nel Casentino,
e ch'è una continuazione dell'Apennino, esiste verso la parte
di Prato Vecchio una spaziosa valle, nella quale si avevano
a raccogliere le acque di tutti quei monti, per formare un
lago, dal quale forse si dovevano partire i due canali, cioè
quello per introdursi nell’ Adriatico, e l’altro per scendere
nell Arno, e venire nel mar Toscano, e forse colla forma-
zione di un altro lago nella sommità dell' Apennino Toscano.
Questi due canali non potevano essere navigabili senza
molti sostegni o cateratte e artificiali ricettacoli, dove si do-
vessero abbassare ed alzare le aeque medesime, non tanto
per là natura del paese che é sommamente montuoso, quanto
1
90 V. PALMESI

ancora per causa delle acque, che da quei luoghi non in
molta quantità si possono raccogliere ». E che la morte del
Principe fosse stata la sola ed unica causa dell'abbandono
del progetto, rilevasi ancora da una lettera che il segretario
Bartolomeo Concini scriveva al Borghini da Pisa il 26
marzo 1515. :

Quando sali il trono Francesco I, odiatore del Danti, la
guerra assunse maggiori proporzioni, con la quasi sicurezza
della vittoria. Erano appena passati 17 mesi dalla morte
di Cosimo, ed il P. Serafino Cavalli Generale dei PP. Do-
menicani così scriveva da Bologna a Francesco in data 23
settembre 1575: « Grande veramente è I' obbligo ch’ io tengo
alla bontà di Sua Ser.ma Altezza, la quale non men pia che
cortesemente s'é degnata darmi quelli avisi a’ quali son te-
nuto per debito dell’ ufficio mio provedere; et di tal prote-
tione dell’ honor di questo habito nostro tanto ne resta in
obbligo tutta la Religione, quanto il valere, grandezza et
bontà del protettore sono maggiore; et la persona mia in
particolare protesta a sua Ser.ma Altezza riceverne da Lei
grand’ et infinito obligo. Mando un precetto al P. Frat' Ignatio
Danti si debba partire in termine di xxiiijj hore da quel
luogo ove esso si trova, et s' incamini per queste parti et com-
parire avanti di me; et non sapend'io ove Sua Paternità si
ritrovi, l'incamino nelle mani di Sua Ser.ma Altezza a cui
desidero pienezza di gratia et felice prosperità ».

: All’arguto lettore non saranno sfuggite due cose dalla
lettura di questa lettera; ch'essa fu l'effetto di una ante-
cedente ricevuta da Francesco, colla quale accusava il Danti,
come meglio vedremo in breve; e che il Generale, po-
ver uomo, ignorava financo dove l’accusato si trovava a
Firenze! E nello istesso giorno il P. Cavalli scriveva al
Card. Ferdinando fratello del Principe scusandosi del richiamo
ch'era stato sforzato di fare. Ma sforzato da chi? perchè?
La seguente ci dice quali pressioni dovevano esser fatte
sull'animo del Generale. Eccola:

ca, retra ue o. cem
NC

IGNAZIO DANTI 91

Ili.mo e Rev.mo Sig. Mio

Desidero sommamente che S. Ill.ma Signoria mi scusi de la revo-
catione ch' io sono stato sforzato di fare al P. Frat' Ignatio Danti e
sapendo lei quanto l’osservo e la porti sopra il capo con ogni affetto la
supplico resti appagata che per debito dell’ ufficio mio non ho potuto di
manco. Io chiamo quà da me il già detto Padre e che quanto prima
debba comparire, desiderando da lui informationi che lui solo mi può
dare: con che fine con ogni riverenza gli baccio le sacrate mani confer-
mandomegli per quanto s'estende ogni mio potere pregandogli felicità e
pienezza di gratie.

Da Bologna alli 28 settembre 1515.
Di V. S. IMl.ma e Rev.ma
Ser.re osseq.mo
F. Serafino (1).

Anche in questa affaccia due scuse: il dovere del proprio
ufficio, e l'essere stato sforzato ad agire cosi, senza addurre
una ragione al mondo.

Casa Medici in quell’ epoca aveva due Cardinali, Fer-
dinando ed Alessandro. Se il Cavalli ha inteso il bisogno di
scusarsi presso il primo, è evidente che quegli sentiva ma-
lamente la brusca determinazione. Alessandro invece, quan-
tunque incaricato, come vedemmo, da Cosimo di raccoman-
dare al P. Generale il Danti, pure era nascostamente legato
a fil doppio con i nemici di lui. Infatti il Del-Badia nell'Ar-
chivio mediceo copió una lettera di questo Cardinale, dalla
quale rilevasi che era pienamente d'accordo con il superiore
dei Domenicani, rappresentando cosi due parti nell' istesso
dramma. L'importanza di quel documento salta fuori evi-
dente agli occhi di tutti. Forse la lettura di questo impor-
tantissimo documento, del quale il Del-Badia non fa cenno

(1) Documento inedito esistente nella filza medicea 5101 (60 del carteggio del
Card. Ferdinando de' Medici) carta 233. Bibl. Nazionale di Firenze.

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+ TR ua me ere rr
Y 4 da

V. PALMESI

veruno nella biografia che ne scrisse nel 1881, ci avrebbe
potuto servire di filo conduttore a rintracciare la verità
delle cose (1).

Abbastanza chiara è poi la lettera che Francesco I ri-
spondeva con troppa fretta al Cavalli. Di questa fretta la
storia e la critica devono tener conto: « Con la lettera di
Vostra Paternità de’ 23 ho ricevuto il precetto di lei a fra-
t Ignatio Danti, el quale se gli farà dare, et lei ringrazio
che per questa via habbi ovviato a molti scandoli che po-
tevano nascere per il male esemplo di lui. Assicurandola
che, si come ho conosciuto in questo la buona voluntà della
Paternità Vostra, cosi ella conoscerà in me ogni prontezza
nel fare servitio a llei et a tutta la sua Religione; et Dio
la conservi ». i

È qui chiaro un contratto indecoroso! Il figlio di Co-
simo aveva chiesta la testa del Danti, ed il P. Generale non
aveva esitato a chinare la chierica! Frate e Principe se la

intendevano bene! Ma quali le ragioni dell ira fratesca e

dell odio principesco? Quantunque si sia parlato di scandali
molti, pure questi non essendo precisati, non è possibile a
noi dire di qual natura siano stati. Auguriamoci però che
il tempo faccia rintracciare documenti che assolutamente
debbono esistere. Da parte poi dei confratelli non poté agire
l'invidia nel vederlo in tanta intimità con Cosimo I? Poté
dispiacere ad essi il saperlo a Corte più che in Convento?
Quei rapporti amichevoli e cordiali colla nobiltà fiorentina,
e massime col ceto femmineo urtavano forse i nervi ai cor-
religionari del P. Ignazio? A chi esamina bene le due lettere
da noi riportate, questa terza ipotesi si affaccia più natu-

rale. Ma pure ammessa questa, fin dove si andava colla verità:

e dove incominciava la insinuazione e la calunnia? Era

tutta verità, oppure tutta calunnia? Questo dovranno dirci

(1) Anche questo documento per mancanza di indicazione non mi venne fatto
di avere. '

vom
IGNAZIO DANTI 93

«i documenti. E quell’ odio del Principe? Egli non avendo il
gusto del bello e del buono come il padre, odiava tutti
quelli che erano stati stimati e beneficati da Cosimo; odiava
tutti quelli che si trovavano legati in amicizia col Cardinal
‘ Ferdinando. Sua graditissima compagnia invece fu Bianca
Cappello, gli amori colla quale la storia ci ha raccontati.
Non è dunque .vero quello che hanno scritto l’ Alidossi,
il Marchesi, il Vermiglioli ed altri, ossia che « il favore mediceo
(così il Vermiglioli) non cessò per Ignazio con il cessare dei
giorni di Cosimo. Imperocchè il successore Francesco lo trat-
tenne a quella corte con gli stessi emolumenti ed onori, ma
desiderandolo l università di Bologna, egli vi si recò a profes-
sare le matematiche, ed astronomiche discipline ». « Forse:
(soggiunge il Marchesi) interpostavi l' autorità del Pontefice,

lo toglieva alla Toscana ». Possiamo invece assicurare che,
come non fuvvi cosa chiesta dal Danti'a Cosimo che non
ottenesse, così non fuvvi cosa domandata a Francesco che
quegli non negasse, e di ciò potrei citare molti esempi. Mi
limiterò solamente ad accennare che fu tanta la fretta di cac-
ciarlo da Firenze, che restò incompleta ogni opera iniziata
per comando del morto Granduca. Ma pur volendosi condurre
a termine almeno le tavole geografiche, Francesco scrisse in
data 31 dicembre 1575 al Generale della Congregazione di
Monte Oliveto, chiedendogli gli mandasse un tal Don Stefano
Buonsignori, del quale gli aveva parlato «la buona memoria
di Don Miniato Pitti, essendo necessario (soggiungeva) dar
perfettione a certe tavole di Cosmografia per il mio Palazzo ».
La lettera ebbe risposta il 22 gennaio 1576; il Frate Olive-
tano andò a Firenze, entrò nelle grazie del Duca, forse in
odio al Danti, a tal segno che impegnò il Cardinal Caraffa
Protettore dell’ Ordine Olivetano per farlo nominare Abate. Il
lavoro del Buonsignori riescì bene, ma molto inferiore a quello
del Domenicano. E l' istesso perseguitato non scriveva da Bo-
logna alli 25 di novembre del 1577 al Borghini: « del resto
sto quà molto bene, per grazia del Signore Dio, et molto più

er Sio DEEP I — - m
i _—PrPr==r== - ——
94 V. PALMESI

I quieto che non stavo costà, et del tutto ringrazio Sua Mae-
I del stà, che ha ridotto ogni cosa in bene »? (1).
Così Firenze, perdendo il Danti, perdeva la cattedra di
MES matematiche, come rilevasi chiaramente da una lettera di
| Galileo al Del-Monte in data 16 luglio 1588. « Ma poichè
(egli seriveva) qui in Firenze per i tempi a dietro ci é stata
una lezione pubblica di matematica istituita dal G. D. Cosimo,
| essendo ora vacante, e, per quanto intendo, molto da’ nobili
desiderata, ho supplicato per questa, sperando ottenerla col
favore di Mons. Illustriss. suo fratello, al quale di questo ne-
eozio ho dato il memoriale ». Ma Firenze perdendo il Danti
e la cattedra di matematiche non perdeva gli egregi lavori

HACOETERCVERINUIRAGE aur 1717

Il di lui che colà restavano a confusione dei vincitori, a rim-
i provero di frati e Principe, a gloria del vinto. Egli abbando-
| nando Firenze, lasciava orme indelebili del suo sapere e della

sua attività, perchè, ponendo pur da parte i moltissimi istru-
menti ed ordigni da lui ideati, fabbricati e perfezionati, men-
‘ tre era occupatissimo nelle cure dell' insegnamento privato e
| pubblico, trovó anche tempo di porre il primo Quadrante
i| astronomico o Gnomone, simile a quello usato da Tolomeo,
li sulla facciata di S. Maria Novella, nel 1572; l' Armilla equi-
noziale, e l’altro Gnomone nella istessa facciata due anni
dopo, che non poté condurre a termine per la morte del
Gran Duca; l’Anemoscopio verticale alla Villa delle Rose,
costrutto colla sola scorta di un antico testo greco. Ne fab-
| bricò moltissimi, anco tascabili, ed altri ne inventò. Infatti
E nel 1569 aveva costrutti due Astrolabi, uno per il Cardinal
| Ferdinando, al quale, con nuova invenzione, aveva innestato
d il Planisferio del Rojas, ed un altro per Cosimo. Al Museo

di Fisica e Storia naturale di Firenze si trovano tuttora
| un quadrante o strumento del primo mobile, un grande
i Astrolabio d'ottone colla sola faccia, e un Astrolabio d'ot-

A rene Rr e

Il () FERRATO prof. Pietro, Lettere di celebri scrittori dei secoli XVI e XVII, per
Laurea Giovanni Fessier di Andrea. Padova, Penada, 1873.
lo

j
»
*

IGNAZIO DANTI 95

tone indorato. Di quest'ultimo il Meucci non ha prova asso-
luta che sia del Danti; del quale piacemi qui trascrivere una
lettera diretta al Conte Polidoro Castelli, che: mostra quanto
fosse ricercato per la fabbrica de' Mappamondi non solo, ma
ci dà anco la prova che viveva a Pitti stipendiato. « Il si-
enor Bolognetti ha inteso male, perché non ho promesso al
signor Paulo farne una con 40 scudi (di palla). Sua Signoria
mi domandó della spesa che anderebbe in fabbricare detta
palla, et disse: farebbesi con 40 scudi?; al che io non risposi,
perché non lo sapevo. Ma poi per una che se ne ha da fare
per il signor Principe ho calcolata la spesa, et ascende a
poco più: parlo della spesa solo del guscio senza altra ma-
nifattura, perché la superficie di detta palla è braccia 36
quadre, et è tutta armata dentro di ferri, perchè sì gran
globo non si reggeria da per se..... . Quanto poi alle due
palle, che il signor Bolognetti scrive, io li scrissi che l’ havrei
servito per far piacere a V. Sig. et anco alli Signori Bolo-
gnetti, et l'ho molto sentito lodare per quel compito Sig. che
egli è, più che per voglia ch'io ne abbia, perché quando vo-
lessi farne, harei da fare purtroppo, e posso far dette palle
anco in dono ancorch'io sia povero fraticello, che con quei
pochi denari che ho ogni mese da loro A. abbia a vivere io
con chi mi serve. Ho scritto quel prezzo per servire Sua Si-
enoria da quel prezzo, perché la saprei servire anco da mi-
nor prezzo, perchè mi dà il cuore di ballare ad ogni sorta
di suono. Ma per fare due palle compite io so la spesa ch'io
ci harei da fare oltre la mia fatica, et perció dissi che quando
saranno fatte se Sua Signoria non le vorrà, le lasci a me,
che non mi mancherà che farne, et che della grandezza non
mi dà noia un poco più o meno » (1).

Questa lettera che nell' opera del Tiraboschi é senza l'anno,
il Del-Badia la dice scritta nel 1571 (2). Solo dalla lettura di

(1) La lettera è edita dal TIrAaBOSCHI, Storia della letteratura italiana, tomo VII,
parte T, Roma, 1784.
(2) Il Tiraboschi la dà con la data: « Da Pitti alli 23 settembre ».
IU TE Tua canat e t jr e
“è

V. PALMESI

essa risulta evidente che veramente la domanda di Cosimo
dovette essere stata accolta favorevolmente dal P. Generale,
per cui Frate Ignazio stabili a Pitti la sua dimora.

Egli dunque dovette abbandonare la capitale toscana non
per assumere l'insegnamento a Bologna, ma solo per ritirarsi
nel monastero di S. Domenico, e ci vollero non meno di 13
lunghi mesi prima che il Senato della dotta Bologna lavasse
il principesco insulto.

Ho avuto cura di rintracciare il documento che lo chia-
mava a Bologna:

Conducta ad Mathem.cas R.di M.ri Fratris Egnatj Dantis. Die Mer-
curij 28 Novembris 1576 congregatis Mag.cis et Ill. Dominis XI etc. in
n. 28 in camera eorum solitae congregationis et residentiae inter eos
infrascripta partita posita et obtenta fuerunt

Coram R.mo Gubernatore

Primo Ad hujus inclitae civitatis, et almi literarum conventus am-
plitudinem et gloriam magnopere pertinet doctissimos quosque homines
et scentiarum laude praestantissimos, quorum praesentia et numero
omni tempore floruit, abstantes invitari, et accessiri, ac loculentissimis
premiis et honoribus honestari. Quo.fuit ut Senatus habita fide digno-
rum ratione de singulari peritia, et eminenti scientia in omnibus artibus
et praestantim in Mathematicis Reverendi magistri Egnatij Dantis Pe-
rugini Ordinis Fratrum praedicatorum in praesentia in Monasterio San-
cti Dominici commorantis, Ipsum in hoc almo gymnasio conducendum
censuerit, prout sic per suffragia XXVI. conducit ad publice legendum
artes et disciplinas Mathematicas et dependentes — Cum stipendio annuo
librarum. ducentarum ipsi de pecuniis Gabellae grossae pro studio
assignatis per ordinarias distributis de more solvendarum. Incipiendo in
prima anni sequentis atque ita conducendum in Albo Dominorum Ar-
tistarum arbitrio magnificorum Dominorum studi, conservatorum de-
scribi mandarunt, Contrariis etc. (1).

Di mala voglia si sobbarcava al nuovo peso, spaventato
forse dai dolorosi ricordi di Firenze, ma accettò costrettovi

(1) Arch. di Stato di Bologna, Partiti del Reggimento. Vol. 24, carte 21 recto.

he
IGNAZIO DANTI | 9T

dal suo superiore, come infatti agli 8 dicembre dell istesso
anno scriveva al Duca di Urbino. E cosi egli completava
quell’assieme di grandi insegnanti, perché, di quei giorni,
in quella Università professavano, fra i legisti lo Spannocchi:
e Gian Angelo Papi, fra gli umanisti Stefano Carli, Tommaso
Correa, il Sigonio, Aldo Manuzio iuniore ed Ascanio Persii
grecista; insegnavano filosofia Ludovico Cantari e Federico
Pendasio; medicina il Costeo, il Mercuriali, ed il celebre Ta-
eliacozzi inventore della rinoplastica. Sette anni egli tenne
la cattedra di matematiche, ossia fino al novembre dell'anno
1585, come rilevasi dal « Repertorio dei Professori della ce-
lebre università di Bologna, in appendice agli annali compi-
lato da Serafino Mazzetti Archivista Arcivescovile, compren-

dente l'epoca dal secolo X al 1847 ». Nei giorni dei quali
parliamo, linsegnamento delle matematiche in Bologna era
impartito da due Professori; l' uno dei quali dava lezioni nella
mattina, per solito nellà quarta ora « Classes matutinae »
allora occupata dal bolognese Pier Antonio Cataldi; l altro
Professore, il Danti, dava lezioni quasi sempre nella quarta
ora pomeridiana, più di rado nella terza e nella seconda,
« Classes pomeridianae o vespertinae ». Tanto l' uno che 1’ al-
tro spiegavano in un anno la sfera del Sacrobosco, nel se-
condo l'astronomia di Tolomeo, nel terzo Euclide, nel quarto
la teoria dei pianeti, poi tornavano da capo, quando pur non
ripetevano per più anni la istessa materia.

Jome egli spendesse a Bologna l’opera sua, protetto dal
Card. Gabriele Paoletti, uomo dottissimo, nei primi anni che
dimorò in quella città noi ben lo sappiamo. Infatti nel mezzo
del Palazzo Episcopale pose un’ Armilla della grandezza di
quella di Firenze; un grande Gnomone al tempio di S. Pe-
tronio, che poi dette luogo alla famosa meridiana Cassini;
un Anemoscopio fabbricò nel 1578 per il Cardinal Paoletti
nella parte superiore del muro esterno della Metropolitana
per commissione del sullodato Cardinale, ed un altro ne co-
Strui pel giardino di M. Lorenzo Costa. Nella chiesa del suo
98. V. PALMESI

Convento disegnó la Cappella di tutte le reliquie, come as-
serirono il Razzi e l'Oretti, la quale opera fu distrutta nel
rinnovamento della Chiesa.

In questo frattempo fece la Cosmografia del contado pe-
rugino: ma sentiamo da lui istesso la narrativa scritta in
Bologna al Priore degli Innocenti Vincenzo Borghini, in data
25 novembre 1577: « Trovandomi questa state a Perugia
per cagione di visitare mio fratello amalato, fui richiesto là
da quei Signori et dal Governatore di fare la corografia di
quel contado, il che misi in esequtione, levandone la pianta
in 28 giornate; notai ogni cosa segnalata, et ritrassi poi di
penna di mano in mano ogni cosa dal naturale, li monti, fiumi
principali, et fabriche segnalate, et specialmente de’ castelli,
che ve ne sono 223, con un pezzo della via Flaminia, et
dieci commende di Malta che rendono attorno a 7000 scudi,
et due di Santo Stefano con undici altre Badie. Notavo poi
a luogo per luogo la qualità dell’ aria, l acque, le terre, quello
che più producevano, il governo de’ castelli, se erano de’ si-
gnori particulari, et gli abitatori a che più attendevano et
simili altre cose. Con la quale diligenza feci poi in Perugia
nel Palazzo un quadro su la calcina disegnato con la punta
del pennello et con li monti ombrati, et colorito poi d’acqua-
relli, grande 15 piedi, ove feci poi tutte le strade principali
di colore bianco, et la divisione de’ quartieri di linee rosse ».
Il Vermiglioli nella « Biografia degli scrittori perugini » t. I,
parte II, scrive che « mnell’aula municipale di Perugia de-
lineò il suo vasto e delizioso contado »; invece doveva scri-
vere nell’ aula governativa, perché il lavoro era stato fatto
nel quartiere superiore, residenza dei Governatori pontifici,
oggi dei Prefetti. La precisa indicazione di esso, e del tempo
in che fu guasto il più prezioso ornamento di quel palazzo,
trovasi in una postilla di V. Cherubini all’ art. Egnazio Danti
di un esemplare della citata « Biografia degli scrittori peru-
gini » posseduta da colui che fece Ta recensione delle due
lettere del Danti edite dal Ferrato, recensione inserita nel
DEEP POSVVIRAZONZI

x Hà as

IGNAZIO DANTI 99

« Giornale di erudizione artistica, pubblicato a cura della
R. Commissione Conservatrice delle Belle Arti nella Provincia
dell’ Umbria », vol. II, anno 1813, pag. 174, Art. Bibliografia.
Così nella suaccennata postilla sta scritto: « Questa tavola
delineata a fresco nella sala alla quale si entra dalla an-

tica cappella de Decemviri, fu per somaraggine di Vincenzo .

Cioffi architetto della città nel 1798 rovinata e coperta di
bianco dai muratori. Annibale Mariotti se ne dolse alta-
mente ».

La commissione così bene eseguita gli valse nuovi inca-
richi. Ma sentiamolo da lui istesso nella lettera al Borgnini:
« Atteso che essendo venuto alle orecchie del Sig. Iacopo
Buoncompagni la sodisfattione che a Perugia hanno di questa
che ho fatta, mi ha proposto, quando era qui, se voglio le-
vare la pianta di tutto lo Stato della Chiesa; et siamo rimasti
che come sia in Roma lo proponghi a Sua santità. Però
prego V. S. che me ci aiuti con darmi qualche avvertimento,
perchè se questa mi riesce, facil cosa sarà poi di finire un
giorno tutta la corografia della Toscana fatta minutamente,
si come ho fatta quella di Perugia ».

Dal Borghini ebbe i consigli, dei quali lo ringrazia con
lettera da Bologna 15 febbraio 1578, stampata dal prof. Fer-
rato, e quindi lo ragguaglia della Commissione avuta: « Io
hebbi giovedì le patenti del Card. S. Sisto che mi ha man-
date il Sig. Iacopo Buoncompagni, nelle quali comanda al
Governatore di Bologna, et al Presidente di Romagna che
mi provedino di quanto mi farà bisogno nel viaggio, per me
et 9 servitori: et mi comincierò con lo aiuto de Dio il primo
di dopo pasqua in questo contado..... . Per questa impresa
non perdo la mia provisione nel luogo della lettione, et per
questo anno harò letto tutta la 2* leetione ».

In tre anni, lavorandoci solamente quando poteva, levò
le piante di tutta la Romagna, di una parte dell’ Umbria,
del Lazio e della Sabina. Incominciò la corografia della To-
scana, e ad Orvieto rilevò la topografia della città e terri-

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100 V. PALMESI

torio, pregiatissimo lavoro, perché ricco di scienza e di pe-
rizia singolare. |

La guerra dei nemici fiorentini e la critica mordace non
lo abbandonarono neppure lontano, ogni qual volta dava alla
luce qualche suo lavoro, come accadde nel 1577, quando
scrisse della apparizione della Cometa. Egli ne trattava nella
lettera diretta al Priore degli Innocenti Don Vincenzo Bor-
ghini, in data 23 novembre 1577, edita dal Ferrato e da noi
citata, dando ragguagli in questo modo: « Et perchè ho os-
servata questa cometa dalli 14 del presente in qua quasi
ogni sera, la sappia che la prima volta la ritrovai quanto al
luogo apparente nelli 25 gradi di Capricorno, che hiersera
era alli 24 di Aquario, et dove la prima sera era a una hora
di notte et un '/, alta sopra l'orizonte gradi 20, hiersera era
alta gradi 37, sì che la può vedere che si è mossa di proprio
moto et verso levante, et verso tramontana, o per dir meglio
verso il Zenitte. La sua distanza dalla terra è, credo io, per
quanto ho trovato, miglia da 3600, et il suo diametro miglia
1 !/, 0o poco più, la longhezza della barba sempre è ita sce-

mando, come V. S. arà potuto vedere ». |

A ció che il Danti stampava intorno alla nuova cometa, |

un tal maestro Antonio replicava, mettendolo in ridicolo ed |
assicurandolo che aveva scambiato la nuova stella con Marte;
il qual maestro Antonio, secondo il Del-Badia, è quel Lupi-
cini matematico ed ingegnere, il quale trovavasi in ottimi
rapporti col Granduca Francesco. Ma la ragione stava dal
Frate Domenicano e basta leggere, per convincersene, il Ty-
chonis Blahe « De aeterei mundi recentioribus phoenomenis
lib. secun. qui est de illustri stella caudata anno 1577 conspe-
eta ». Di altre non meno acerbe critiche mossegli ne scriveva
al Duca di Urbino.

A Bologna lo colse la morte dei due fratelli; quella del
padre, se non quando era a Bologna, poco prima di andarci.
Riproduco qua la epigrafe che egli scrisse per il monumento
che fu eretto al fratello Vincenzo, perchè è di un purgatis-


IGNAZIO DANTI i 101

simo latino. Quello fu opera di Valerio Cioli di Roma, se-
condo il Borghini; ma secondo un ms. esistente nella sa-
grestia di S. Domenico di Perugia, il ritratto o medaglione
di Vincenzo, fu lavorato da Vincenzo istesso, e quindi siste-
mato nella suddetta chiesa.

D. 0. M.

VINCENTIO . DANTI . SCULT . PICT . ATQUE . ARCHIT . EXIMIO . QUI
PRAECLARIS . MULTIS. VARIISQUE . OPERIBUS . QUAE
SUMMORUM. PRINCIP . ARBITRIO . FABREFECIT . RELICTIS
FACILE .DOCUIT . QUANTUM . INGENII . AC. SOLERTIAE
MAGNITUDINE . CAETERIS . SUAE . AETATIS . ART . PRAECELLUERIT
VIXIT.ANN.XLVI.M.I.DIES. VIII . OBIIT. A. MDLXXVI
VII.KAL . IUNII
IULIO.ET.PETRO.VINCEN .DANTI . VIRIS. INTEGER
ET.GRAPHICA . ITEM . ARTE . ET. MATHEMATICIS
DOCTRINIS . ERUDITISS . AC. PROPTEREA , PONTIFICIB .

ET .MAGNIS. VIRIS. QUIB. OPERA . NAVARUNT . CARISS .
F.EGNATIUS. ET. HIER. DANTES
FRATRI.PATRI.ET.AVO.OPTIME.MERITISS. P. M.D.LXXVII.
SED.HEU.HIERONYME . DUM . AMBO.MONUMENTUM
MAIORIBUS . NOSTRIS . FACIUNDUM . CURAMUS
TU.INTEREA.ANN.NATUS. XXXIII. PICTURAE. AC
FAMILIAE .NOSTRAE.EGREGIUM .DECUS.MORIENS
FRATER .PATRI.LACRYMIS . PARVULO . FILIO . DETRIMENTUM
OMNIBUS . DESIDERIUM . RELINQUIS
OBIS. VI. KAL. SEPTEM.CIO .IO . LXXX

Nel 1580 chiamato a Roma da Gregorio XIII abbandonava
Bologna, e la cattedra pomeridiana lasciata dal Danti restave
scoperta. La chiese il Galilei nel 1587 e vi concorse nel
1588, quantunque avesse di poco varcati i 25 anni. Una
lettera che lo raccomandava al signor Giovanni Dall’ Armi
dice che « Galileo al presente domanda e desidera la lettura
di Matematica in questa Città, offerendosi prontamente a
concorrere nel merito con qual si voglia altro di questa
professione in qualunque modo bisognerà ». E sebbene la

raccomandazione fosse stata fatta al Dall’ Armi, allora Sena-

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-Cosmografo nel vero senso della parola. Egli propende piut-

V. PALMESI

tore della Città, uomo assai autorevole, pure il Galilei non

riesci nello intento, perché rimase quella cattedra vacante

ancora per lo spazio di un altro anno, cioè fino a che l’ as-

sunse il celebre Giovanni Antonio Magini ai 4 agosto del
1588 collo stipendio annuo di lire 1000, volendosi prescelto
« e per l'utile delli scuolari e per l'onore dell'Almo ginna-
sio; facendo cosi occupare quel posto da un uomo nelle
matematiche, non gregario, ma eccellente et magnae expec-
tationis ». Il Magini accettò con lettera datata da Verona il
18 settembre, e i tentativi fatti in favore di Galileo dal Del-
Monte e dal Cardinale suo fratello andarono a vuoto.
Frattanto il Danti era andato a Roma non solo nella
qualifica di matematico pontificio, ma anco di direttore di
tutti i lavori della galleria vaticana, avendo sotto di sè due
sopraintendenti, ossia il Pomarancio ed il Manunzio. Monsi-
gnor Ercolani frate Domenicano, Vescovo di Perugia ed
amico intimo del grande Cosmografo, asserisce che Papa
Gregorio volendo continuare le opere da Raffaello lasciate
incompiute nella Galleria Vaticana, ed il nuovo braccio del
Ghelini, il tutto ordinò che si facesse su disegno del Danti.
Si è fatto un gran discutere se le mappe delle Loggie vati-
cane fossero state o no da lui dipinte. Bartolomeo Podestà,
per venire ai giorni nostri, in un articolo inserito nella
« Rivista Europea », anno VIII, vol. II (Firenze, 1877, pag. 36),
nega che fossero del Danti, perchè, egli dice, « vennero con-
fuse con quelle topografiche delle diverse città d’Italia, che
delineò molto dopo nella Galleria del Belvedere, detta delle
carte geografiche, e che è quella ampia e bellissima a cui
si accede dalle sale della Pinacoteca ». Secondo il Podestà
le mappe furono dipinte da Antonio da Varese alcuni anni
prima che il Danti andasse a Roma. Nel 1888 il Prof. Fi-
lippo Porena nel « Bullettino della società geografica ita-
liana » stampato a Roma, in tre puntate, contradiceva alle
idee del Podestà, negando che Antonio da Varese fosse un
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IGNAZIO DANTI 105

tosto ad ammettere che sotto l alta direzione del Danti, lo
esecutore fosse stato un tale Stefano Francese. I lavori al-
lala centrale furono incominciati nel 1577, e siccome du-
ravano ancora nell’anno 1585, non è supponibile che il Co-
smografo e Matematico pontificio non soprastasse a quelli.

Se la Cronaca mss. esistente nel Convento delle suore
Benedettine di Alatri fosse stata conosciuta, non si sarebbe
sciupato tempo e fatica nel chiarire la questione. Così scrive
egli di proprio pugno: « Et con l'occasione della servitù
ch’ Io più anni havevo fatta a Papa Gregorio nel suo Pa-
lazzo, con farli la Gallaria, la Loggia de Venti, l’altre camore
vicino la sala di Svizzari, et quella de Palafrenieri con I al-
tra Loggia grande sopra l'offitio della camora avanti la Bo-
logna ». Dopo la stampa di questo semplice inciso, sarebbe
ozioso il proseguire la discussione, perchè egli istesso desi-
gna e stabilisce quali furono i lavori che fece nel Vaticano
prima che venisse nominato Vescovo di Alatri.

Ma la più grande delle opere sue a Roma fu la corre-
zione del Calendario. Nel costruire lo Gnomone nella Chiesa
di S. Petronio, il più considerevole che si fosse veduto fino
a quei giorni, si era egli prefisso di far conoscere come gli
equinozi ed i solstizi fossero Spostati dal giorno, in cui li

segnalavano gli almanacchi, dando così una popolare dimo-

strazione della necessità di correggere il Calendario; ciò che
stava appunto meditando Gregorio XIII: per cui alla rea-
lizzazione del concetto del Pontefice contribuì certamente
l’eccitamento del Danti. Scrive Guglielmo Libri nella « Hi-
stoire des scienses Mathématiques en Italie, depuis la re-
naissance des lettres jusqu' á la fin du dix-septiéme siècle
[Paris, 1841. T. V, pag. 37 »] che il Danti fu « le plus savant
parmi les membres de la commission qui présida à cette
réforme ». Il merito di lui affatto speciale, quantunque la
commissione fosse costituita da sommi scienziati, è la meri-
diana e la specola eretta nel Vaticano per le osservazioni ce-
lesti. Quasi tutti gli scrittori della correzione gregoriana

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104 V. PALMESI

toccano del pregio della meridiana di S. Petronio; e l' istesso
Clemente XI nella sua lettera alle primarie Università di
Europa del 1703, dice « Grandia enim instrumenta quae
soli observando paravit ipse Gregorius, ope mathematicorum
aetatis suae, ac praecipue rev. patris Egnatii Dautis ex or-
dine Praedicatorum, Romae, Florentiae et Bononiae. . . . haec,
inquam, instrumenta omnium maxima et accuratissima ob-
stendunt ita aequinotia contingere uti ordinatio gregoriana
expectandum esse censuerat ».

Al Danti che, come fra poco vedremo, fu Vescovo di
Alatri, quella città memore e riconoscente, a mezzo della
Accadema Ernica, fino dal 1881, mese di marzo, decretò,

.per celebrare il terzo centenario della correzione, una tor-

nata accademica, la quale poi ebbe luogo, con molto splen-
dore, nelle sale municipali il 23 luglio. Ed in quella circo-
stanza il nobil uomo alatrino, Sig. Valerio Molella, a proprie
spese, fece ritrarre in fotografia l immagine del grande Do-
menicano che trovasi scolpita nel basso-rilievo del monu-
mento vaticano eretto a Gregorio XIII (1). Nel 1879 Anton
Maria De-Lorenzo da Reggio di Calabria inseriva sul pe-
riodico « Gli Studi in Italia » (anno II, vol. I, fas. II) un
articolo intitolato « I Calabresi e la correzione. del Calen-
dario », nel quale ricorda con molto onore il P. Cristoforo
Clavio gesuita tedesco, che nella Commissione reggeva la
prima chiave della scienza, ricorda il Card. Guglielmo Sir-
leto Calabrese, ma più di tutti si estende a parlare di Vin-
cenzo di Lauro Cardinale di Trapani: fa menzione dei fra-
telli Luigi ed Antonio Giglio, nati nella borgata di Ciro,
situata a pochi passi dal Jonio, ma non fa motto del Danti.
La Costituzione di Gregorio XIII « Inter gravissimas » del
24 febbraio 1582 colla quale decretava la celebre correzione

(1) Il Vermiglioli nella « Biografia degli scrittori perugini (t. I, part. 11, nota 5,
pag. 369 della edizione perugina 1829) » scrive: « Un assai ben ritratto di Ignazio con
iscrizione era altre volte in un quadro presso i signori Conti Ansidei ».

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IGNAZIO DANTI 105

nomina in genere « Viros ad Kalendarii emendationem
adhibuimus in alma Urbe, harum rerum peritissimos, quos
longe ante ex primariis Christiani orbis nationibus delegera-
mus ». E questi uomini furono: il Card. Sirleto presidente
della Commissione, il Patriarca Siro Ignazio Necmet - Alla, il
Laureo Vescovo di Monreale, l' Olivier francese, il Clavio ge-
suita di Bamberga, il Ciaconio spagnuolo, il Lilio Antonio
fratello di Luigi defunto ed il nostro Danti.

Nel III centenario di una tanta ricordanza, le tre acca-
demie pontificie, cioè i Nuovi Lincei, L' Arcadia e la Tiberina,
il 7 giugno 1883 ne festeggiarono la ricorrenza con una ac-
cademia data in S. Lorenzo in Damaso, ed il discorso scien-
tifico fu tenuto dal P. Gaspare Stanislao Ferrari della C. d. G.
3en otto epigrafi dettate dalla dotta penna del P. Antonio
Angelini della istessa compagnia erano state collocate al di
fuori e dentro della Basilica, ma noi trascriveremo solo
quella che ricorda l' illustre perugino.

MATHEMATICORUM . COETUS
ROMAE.A . GREGORIO XIII.P.M.COACTUS
QUOS . INTER . EMINUERUNT
GUILLELMUS . SIRLETUS . CARDINALIS
IGNATIUS.DANTES. EX. ORDINE. DOMINICI . PATRIS
CHRISTOPHORUS . CLAVIUS.E.SOCIETATE. IESU
COLLATIS . CONSILIIS
POSITIS . IN. MEDIO . LABORIBUS
DECEM.DIES.E.MENSE.OCTOBRI.A. MDLXXXII
EXPUNXIT
UT. OPPORTUNE . INTERCALARETUR . EDIXIT
ANNI. CIVILIS . CONVERSIONEM
CUM.ANNI.SOLARIS . ORBE
COMPOSUIT.

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Pla asi

$ 22 — Tre anni in Alatri.

A tante fatiche e meriti era pur giusto un premio ed
un onorato riposo, per cui essendo morto in Alatri nel giorno
6 novembre 1583 il Vescovo Pietro Franchi da Veroli, solo

8
106 V. PALMESI:

dopo cinque giorni venne innalzato a quel seggio episcopale
il frate Domenicano. Della qual cosa si affrettò a darne
parte al poco benevolo Francesco I colla seguente:

Ser.mo Sig.re et mio Patrone Colend.mo

Havendomi questa matina N. S. propostomi egli stesso in Conci-
storo al Vescovado di Alatri, il quale Sua Santità ai giorni passati si
degnò di volermi spontaneamente concedere, et farmi comandare dagli
Illustrissimi Nipoti ch'io l' accettassi senza replica, mi è parso mio de-
bito di doverne dar conto a V. A S.ma, dalla quale et dal suo Ser.mo
Gran Padre debbo io per molte cause riconoscere ogni mia buona for-
tuna; et però sicome ho tenuto e terrò memoria continua di tanti bene-
fitii riceuti della Ser.ma Casa sua, così con questa occasione ardisco di
ricordarmegli obligatissimo servitore, et dirle che poi che N. S. sì é
degnato di dirmi che mi dà questa Chiesa, più per servitio suo che per
comodo mio, et che per conseguente che mi vuole appresso di sè, non sono
fuori di speranza di non havere un giorno haver ventura di poter ser-
vire l’A. V. con qualche effetto, sì come sempre et in ogni luogo con l'af-
fetto alaneno me li sono mantenuto fedelissimo servitore. Con che a V. A.
Ser.ma humilmente fo riverenza.

Di Roma alli Xiijj di Novembre del LX XXiij.
Di V. A. Ser.ma.
Humil.mo e dev.mo Serv.e F. Egnatio Danti
Vesc. Eletto di Alatri.

Volgeva l’anno al suo termine quando si recò alla nuova
residenza, dove ben presto si dette non solo a migliorare le
condizioni morali della sua diocesi, ma le materiali ancora
di qualche istituto, non obliando le necessità dei poveri.

Nel giorno 13 giugno del 1584 tenne il sinodo diocesano
che poi promulgó in volgare. « Queste disposizioni (scrive il
De-Persiis nelle « Memorie ecc. ») sono un vero modello ed e-
semplare di sobrietà, di previdenza e di zelo, di accorgi-
mento dei tempi che mutavano: sono anche un prezioso do-
cumento storico per conoscere le condizioni non pure morale
e disciplinare del clero e del popolo, ma economica altresi e
materiale della Chiesa Alatrina e diocesana di quegli anni ». IGNAZIO DANTI 107

Basti solo il fatto che egli favori la fabbricazione dei cemeteri
fuori dell’ abitato, proibendo la costruzione di nuove tombe
nelle chiese senza particolare permesso.

Migliorate le condizioni morali del clero e del popolo,
il novello Vescovo rivolse le sue cure al monastero delle
suore Benedettine che Monsignor Peruschi nell’anno 1561
aveva trasportate nella nostra città dalla vicina Guarcino,
chiudendole in una casa inabitabile presso porta S. Pietro, e
nominando quel luogo « Monastero dell’ Annunziata ». Ciò
vide subito il Danti, per cui ideò di fabbricare un nuovo
monastero nella contrada detta il Colle, nello interno della
città, giovandosi del vasto caseggiato, appartenente all’ Ab-
bate ed ai Chierici di S. Stefano, e della Chiesa che le stava
al lato. i

Quantunque non compiuta la fabbrica, pure trasportò
colà le monache fino dall' anno 1585, denominando il nuovo
monastero non più della SS. Annunziata, ma dell « Annun-
ziata e S. Sisto »; e colà subito fece rinnovare la professione
ad alcune monache, perchè non fatta secondo i canoni (1).
Ecco il documento:

« In nomine Dei. Amen. An. Dni 1585. Pont. SS.mi in Xpto Patris
et dni Xti pap. V, an. I. Ind. XIII. mensis Julii die v.?

Per hoe praesens publ. instrumentum cunctis sit notum, qualiter
in praesentia mei notarj, ac coram Rem. Dno. Fr. Ignatio Dantes Peru-
sino Ep. Alatrino et R. D. Laurentiae Frangipane - Abadisse ven. Mon.
Annuntiat. et S. Sisti de Alatro, non obstante quod singule infra mo-
niales, aliis in manibus R. D. Bartholomeae de Selici abatissae d. Mon.
expleto XVI anno eorum novitiatus professionem emiserint, nihilominus
ad omnem maioreme tabbundantem cautelam, hodie Episcopus ad professio-
nem solemnem admittit . . . . (E dopo trascritti i nomi delle monache
conchiude): « Quae omnia acta fuerunt in Ecclesia Annuntiatae in fe-
nestra prope altare majus noviter creatum ».

(1) S. Sisto I Papa é il Patrono della Città di Alatri.

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—A— ii MA tar MEN REL. ST o EE PRAE - X AX ° —E:

108 V. PALMESI

A lasciare poi piü libere le monache e per tenerle lon-
tane da ogni possibile distrazione, i Chierici-beneficiati che
erano nella Chiesa di S. Stefano trasportò alla Cattedrale,
obbligandoli alla residenza ed alla assistenza ai divini uffizi
nei soli giorni festivi.

Per la edificazione del nuovo monastero ebbe bisogno
di privare la Chiesa di S. Stefano della navata sinistra e,
dove prima era l'ingresso formó il Coro, facendolo comuni-
care con il palazzo. La porta maggiore di stile romano-lon-
gobardo trasportò in un lato della Chiesa conservando nella
facciata le antiche iscrizioni che ne ricordano la fondazione.
Veramente l' interno della Chiesa fu deturpato, perché ri-
dotta a due sole navate, ma tutto si può perdonare al grandioso
disegno del Danti, il quale sventuratamente non potè vedere
la fabbrica più maestosa della nostra città, perchè morte
immatura lo incolse. Egli incominciò questo edificio pagando
del suo; quindi, morto Gregorio e successo Sisto V, trovan-
dosi in dimestichezza col novello Pontefice, ed accompagnato
dal nobile alatrino Virginio Conti che allora risiedeva in
Roma, gli fece noto il misero stato della dimora delle suore
Benedettine, per cui aveva dovuto trasportarle in altro luogo,
chiedendo un sussidio. Io ignoro cosa desse o promettesse il
fiero Pontefice, ma è un fatto che i lavori nel 1586 prose-
guivano alacremente, come risulta dallo istrumento seguente:

In nomine Dni. Amen. 1586 — Pontific. SS.mi Dni. Nri. Domini
Sixti divina providentia Pape V anno 2, indictione 14 mensis Juni, die
14 mensis Junii.

Per q.sto presente pubblico istromento sia noto et manifesto qual-
mente in presentia de me Notaro e delli infri. testimonj a queste cose
chiamati et pregati Costituiti personalmente dinanzi a me Notaro et
ali infri. testimonii Il Rend. Mons. Vescovo de Alatro Fr. Egnatio
Dante Perusino, da una banda et Mastro Stephano et Mastro Giova:
Dom. Stella da Cortona muratori, quali d'accordo sono venuti a questa
conventione insieme, che li predetti Mastro Stephano et Mastro Giova :
Dom.co quali sin qui hanno comensato a lavorar, murar et fabricar nella
fabrica del nuovo monastero a S. Step.no di Alatri, se obligano in forma IGNAZIO DANTI 109

di ragion valida seguitare de fabricar et finir la detta fabrica con le
in.fre conditioni et patti in questo modo come seguita, cioè et primo
che tutti li lavori che fin qui haano fatto et che farranno se pa-
ghino dal pred. Revd. Mons. alli pi. secondo la stima che se farrà da
huomini eletti da tutte dua le parte et che siano huomini prattici del
mistiero et che habbiano fatte delle fabbriche, et che stimino detti lavori
secondo che corre l'arte et l'uso della campagna della Cità di Alatri.

Item che essi maestri habbiano a fare tutta la detta fabbrica etcetto
la sprecatura et cavatura delli fondamenti et altra terra.

Item che habbiano a lavorar in detta fabrica con tanti lavoratori
che per al meno siano sei maestri dell' arte et che il dormitorio grande
se debba tirar innanzi con ogni sollecitudine.

It. che uno de loro dua maestri stia continuamente sopra la fabrica.

It. che habbiano grand.ma cura della Calee et non se metta sopra
il muro ma sopra le tavoloze o schife.

It. che adoprino delle briciole et mettino delle breccie a rempir
nelle mura et che se battino li sassi bene col martello.

It. che non se comenza a murar la centa delli muri dell’ horti et
del cortile de fora le mura se prima non è finita la fabrica di dentro.

It. che le soffitte non se faccino se prima non sonno messi tutti li
legni grossi de tetti et de palchi.

It. che la colla et li astrici se remenino bene che non faccino cre-
pature.

It. non se incollino le mura se l’incollatura non è secca.

It. che le mura sopra li solari et nelle cinte delli horti se faccino
le mura secondo che di mano in mano in scrittis dal detto Monsignore
verrà ordinato alli detti mastri.

It. che piglino la robba et l’acqua da murar dentro la cinta do-
vunque sarrà.

It. che li pescioli se drizzano che si tocchino bene insieme.

It. che li denari se habbiano a pagar dal d. Mons. alli detti Mastri
da mano a mano siccome verranno lavorando et non antecipatamente.

Le quale tutte et singole cose sopradette tanto il pred. Mons. quanto
li pred. maestri Step.no et Jo. Dom. promettono attenderle et osservarle
et non contra fare sotto la obligatione de tutte le loro robbe mobili et
stabili ubieun. existen. et per magior cautela hanno giurato cioè il d.
Monsignore in pettore more prelatorum, et li detti maestri toccando le
scritture et hanno renuntiato a tutte le excettioni et cavillazioni che
sopra le cose predette se potessero allegare et opponere dandone auto-
rità a me Notaro che delle cose p.nte ne possa fare pubb. Istro. con
tutte le clausole solite et consuete a conseglio di faccio non mutata
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110 V. PALMESI

peró la sustantia della verità, et queste cose sono state fatte in Alatri
nel Vescovato, p.nte D. Carlo Ceccarelli et Paolo Paciotti de Alatro et
Mastro Pietro Borelli perugino testimonj Obbligandose ambedua le parti
nella più ampla forma della Cam. Ap.lica con tutte le clausole solite et
consuete da estenderse

Franc. de Rubeis

Aletrin. est. Not.

Un ultimo documento riguardante la fabbrica in discorso.

R.mo Mons.

Don Paolo figliolo di Geronimo Martufi chierico della Città di Alatri
suddito humile et devoto orator di V. S. R.ma humil.te supplicando
gli espone qual.te a questi giorni passati essendosi attaccate a far’ co-
stioni una certa donna Jacoma moglie di Cardinale d’ Alatro con mia
Zia chiamata Beatrice et io sentendo detta mia Zia gridare perchè stavo
a pestare il sale in casa mia uscetti fora con il pistone in mano et ve-
dendo che detta mia Zia era maltrattata dalla detta Giacoma andai li
per spartire e nel spartire detti una botta con detto pistone in testa della
detta Giacoma con poca di tumefazione senza effusione di sangue, et
perciò me trovo processato et inquisito nella corte di V. S. R.ma et
perchè non voglio in modo alcuno contrastar con la corte conoscendo esser
colpevole et di raggione punibile ricorro con ogni humiltà alli piedi di
quella come a fonte di misericordia pregandola et supp.la per amor di
dio se contenti attesa la mia povertà et giovanile età de ogni et qua-
lunque pena che perciò sono incorso farmene gratia liberale. E quella
redurre a quarche minima compositione et mandare che sia casso il
processo sopra ciò formatomi et per l'avenire sopra tal causa non sia
più molestato che tutto se avrà a gra. et dono sp.ale della V. S. R.ma
quale n.ro s. dio la esalti et feliciti ad uota..

Attentis narratis, et oratoris paupertate et prestito per ipsu. o.rem.
vel alium ejus nomine servitio in laboran. in fabrica monasterij de Alatro
per duos menses de reliquis gratiam facimus processu. et inde sequuta
cassari et aboleri mandam. et propterea amplius no. molestari etc.

Dat. in pal. Epali sub die viij Julij 1586.

Frane. De rubeis not. ex maiest. imp. (1).

(1) Tanto questo documento, quanto i due antecedenti mi furono dati dallo egre-
gio amico Don Andrea Marini di Alatri, al quale mando i più vivi ringraziamenti.
Per entrare poi a parlare della commutazione della pena, a me sembra che il

mirino LR tit MAIO wc RT ALOE M uL dti ode PX ac rr IGNAZIO DANTI 111

Chi volesse conoscere la ragione precipua per la quale
in Alatri è popolarissimo il ricordo di un tanto uomo legga
il libriccino « Del ritrovamento delle SS. Reliquie di $.
Sisto I papa e martire nella Chiesa Cattedrale di Alatri
l’anno 1584 essendo Vescovo Mons. Ignazio Danti. Ricordo e
proposta agli Alatrini per prepararne la solennità del pros-
simo terzo centenario » (Tipografia Strambi di Civitavecchia
11 gennaio 1880). Il qual ritrovamento fu fatto per ordine
di Gregorio XIII, ed avvenuto nella notte della veniente
domenica a quella di « Laetare » del 1584. La relazione,
preceduta da una lettera latina scritta dal vescovo a Sisto

E IRR RIT SII

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V, é segnata col giorno 12 giugno 1585, e nel suo originale
fu veduta in Roma da Ferdinando Ughelli, che ne diede co-
pia ai Bollandisti. Volle poi il Danti che fosse scolpita. nel
marmo e fedelmente ritratta la epigrafe del 11931 posta nell'Arca
plumbea che conteneva le ossa di S. Sisto, dandoci in tal
modo oggi a vedere la paleografia di quelle lettere colorate
in rosso nel secolo XII.

Alcuni quadri di antiche pitture. rappresentavano, ai
tempi nei quali egli era Vescovo, la venuta miracolosa in
Alatri del corpo di S. Sisto nell'anno 1131, i quali esistevano
ancora nel secolo XVII. Il Danti intravide che quelle pitture
sarebbero andate irreparabilmente perdute per la smania di
innovazioni, per cui le fece ritrarre a bulino in cinque
quadri, nei quali è minutamente rappresentata la storia della
traslazione, aggiungendovi egli un sesto che ricorda la in-

Vescovo in questa faccenda siasi informato allo spirito dello statuto alatrino, il quale
prevedeva le lesioni con effusiore e senza effusione di sangue, applicando nei singoli
casi una proporzionata pena, quasi sempre costituita da multa pecuniaria a beneficio
dell’erario e della parte lesa, dalla costruzione di qualche pubblico muro, che veniva
misurato a palmi, e dal deposito di un determinato numero di palmi di selci, Nel se-
‘condo libro del nostro statuto « de modo procedendi in criminalibus », alla Rub.
XVI « de poena percutientis aliquem cum armis » trovasi la qualità della colpa
commessa dal chierico Martufi, ed il genere della pena applicabile, per cui il
Vescovo che lo doveva giudicare ne utilizzo per il moaastero in costruzione l'opera
manuale. Del resto sono molti i casi previsti dallo statuto, nei quali si comminano
pene pecuniarie, edificazioni di nuovi muri e ccnsegna di selci,
112 V. PALMESI

venzione, della quale abbiamo fatto parola; e queste im-
magini o figure sono precisamente quelle che spessissimo
furono riprodotte, che corrono sulle mani di tutti gli alatrini
e dei paesi circonvicini, di maniera che riescirebbe difficile
contare in Alatri una sola casa, dove qualche copia non se
ne trovasse.

Scrisse il Marini che per mantenere viva nel popolo
la devozione verso S. Sisto questo Vescovo modellò un eccel-
lente busto d'argento rappresentante il S. Protettore, entro
il quale racchiuse la sacra testa; ed è il busto che fa parte
della statua, vestita di ricchissimi abiti pontificali che tuttora
esiste. Aggiunge poi il Marini in una nota ai « Cenni storici
popolari sopra S. Sisto », che il lavoro pare fosse stato ese-
guito dal fratello Vincenzo. Questa ultima notizia è inesatta,
avendo noi provato come questo grande artista morisse il
26 maggio 1576, quando ancora Ignazio non era Vescovo di
Alatri. Io invece inclino a credere che il disegno sia dello
istesso porporato.

La nostra Chiesa Cattedrale parte ristorò e parte abbelli ;
e la Confessione edificò a somiglianza della Vaticana. L/'an-
tico altare entro cui furono collocate le reliquie di S. Sisto,
consacrato già dal Vescovo Adinolfo nel 1157, fu non solo
da lui mantenuto, ma abbellito nel 1584, ponendovi la se-
guente epigrafe « Fr. Egnatius Dantes episcopus aletrinus
hoc S. Sixti sepulchrum construxit, altare consecravit a. D.
1584 die 25 martii ».

L'ambone fatto costruire nel 1222 dal vescovo Giovanni,
cittadino di Alatri, opera in marmo e mosaico e che trovasi
nella Cattedrale, curò con sollecitudine e restaurò, ponendovi
una epigrafe che dice « Ioannes III episc. Aletrin. Suggestum.
Hoc. Magnificentiss. Construxit. Anno. D.CIOCCXXII. Et. In.
Hanc. Formam. Redactum. Est. A. F. Egnatio. Dante. Pe.
Ord. Prae. Episc. Aletrinen. CIODLXXXIIII ».

Nella gran sala del palazzo Vescovile annesso alla Cat-
tedrale dipinse le figure e gli stemmi de' suoi predecessori,
IGNAZIO DANTI © 113

delle quali pitture oggi nulla rimane per la solita profana-
zione di mani sacrileghe, le quali colla nuova scuola pittorica
distruggevano tesori di arte. Solo resta un ovale, quantunque
deturpato, opera del celebre cav. D’ Arpino che il Danti
aveva conosciuto giovanetto alla corte vaticana e che, da lui
protetto ed aiutato, ne serbò poi sempre eterna riconoscenza.
Il dipinto del D' Arpino fu eseguito nel 1585 oppure nel 1586.
Rappresenta S. Sisto Papa e Martire in abiti pontificali col
triregno, alla sinistra portante la palma del martirio, con la
destra in atto di benedire (1).

Una pia e benefica istituzione che rispondeva all indole
dei tempi e che egli fondò nella. città nostra, fu il Monte di
Pietà a sussidio dei poveri.

Scrisse il Del-Badia che questo Vescovo morì dopo la fa-
tica di un trasporto di monache, le quali dimoravano lontano
quattro chilometri dalla città. Ciò è inesatto ; in primo luogo,
perchè vedemmo che il passaggio delle monache non avvenne
da quattro chilometri dalla città, ma da un punto all’altro
dello interno della città istessa, ossia dalla casa di proprietà
del signor Angelo Villa all'attuale residenza delle Benedettine,
le quali distano l'una dall'altra circa 400 metri; in secondo
luogo perché l'App. II, ed il docum. riportato a pag. 107 di
questa Biografia dimostrano che nel 1585 il detto trasporto era
già stato fatto. La morte del Danti invece avvenne il 19 ot-
tobre del 1586 nel modo seguente. Sisto V aveva affidato
agli ingegneri Camillo Agrippa e Domenico Fontana il gravo-
sissimo compito di innalzare il famoso obelisco di Augusto
che trovasi attualmente nella Piazza di S. Pietro, alla base
del quale il Vescovo Alatrino notó i Solstizi, gli Equinozi ed

(1) Il D'Arpino dipinse per la Chiesa di S. Nicolò di Fabriano una tela alta me^
tri 3,65, larga 2,17srappresentante in alto ed a sinistra il Salvatore, e a destra la Vergine
in atto di stendere una veste a S. Simone collocato sotto ai piedi di lei; e al lato gli
Apostoli Pietro e Paolo. Nel mezzo a sinistra S. Nicolò, al basso due Angeli che estrag-
gono dalle fiamme del purgatorio varie anime. Questo quadro ha avuta miglior sorte
dell'ovale di Alatri, che mano ardita volle ritoccare guastandolo.

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114 V. PALMESI

i Venti. A lavoro finito riprese la via di Alatri, ma nel pas-
sare a Valmontone lo incolse una pleuro-polmonite. Ebbe ap-
pena tempo di arrivare alla sua episcopale dimora, nella quale
morì dopo 5 o 6 giorni, non a 49 anni, come la maggior parte
dei suoi biografi hanno asserito, ma a 50 anni, 5 mesi e
20 giorni, compianto da tutti i cittadini.

Il Vermiglioli deplora che terminasse i suoi giorni « non
restandoci nessuna memoria della sua tomba ». Il Lupattelli
lamenta che « nessun ricordo rimase della sua tomba, e l’ono-
rato avello andò in dimenticanza non altrimenti che quello
del Vannucci e di altri campioni delle arti, sì di antica che
di recente età ». Quantunque nessun monumento, ricordo od
iscrizione marmorea ricuopra quelle ossa, pure sappiamo di
certo in qual luogo esse furono tumulate. Infatti l' Ughelli
(Italia Sacra, t. I. Romae. M. DCXLIIII, pag. 334) scrive:
« Decessit autem 1586, sepultusque est apud suam Ecclesiam,
quam rexerat ». Ed io soggiungo che venne sepolto nella

Chiesa di S. Paolo di Alatri, e precisamente nella Cappella.

della Madonna del Suffragio, dove riposa da ben 313 anni.
Il Vescovo della città nel 1885 assicurava il De-Persiis, come
asserisce in una nota a pag. 541 nell’ opera « Del Pontificato
di S. Sisto », che nelle feste centenarie del ritrovamento
delle ossa del Pontefice-Martire, e terzo centenario della morte
del Danti, si sarebbe proceduto alla esumazione delle spoglie
di questo, per collocarle in luogo più degno. Alle prime in-
dagini si credè di aver raggiunto lo scopo, perchè si trovò
una cassa con ossa avvolte in pezzi di abito dorato; ma ben
presto si comprese che erano gli avanzi di una matrona.
Auguriamoci che si abbia più fortuna in ulteriori ricerche.

Delle poche cose delle quali era proprietario lasciò erede
il nepote Giulio, figlio unico di Girolamo. A questo nepote
accenna Ignazio nella epigrafe mortuaria da noi riportata.
A rappresentare il quale andò in Alatri nella qualifica di Pro-
curatore un tal Cesare Bartoletti per trattare col Commis-
sario degli spogli, Francesco Campanari di Veroli, che poscia

pito OL Ba MRI N RL RAR i e en IGNAZIO DANTI 115

fu vescovo di Alatri. Assicura il De-Persiis che da alquante
carte segnate all'anno 1587, e custodite nell' Archivio della

Curia diocesana, si apprende lo stato economico di lui, quando
fu sorpreso dalla morte. Desideroso io di inserirle nel pre-
sente lavoro ne feci fare delle ricerche che riescirono infrut-
tuose: mi propongo peró di occuparmene direttamente, se
mi sarà possibile.

Il Vermiglioli scrisse che « aveva fatta una preziosa rac-
colta di disegni originali de’ più valenti artefici, della quale
s' ignora che cosa sia avvenuto » ..... , e una lettera in data
4 febbraio 1587 del celebre Bernardino Baldi, Abbate di Gua-
stalla, diretta a Bernardino Marliani segretario del Duca Ce-
sare Gonzaga successore di Don Ferrante, ci fa sapere che
il Vescovo Ignazio aveva lasciato, morendo, « una bellissima
libreria, piena di eccellentissimi libri non solamente mate-
matici, ma d'ogni sorte »...... e ‘concludeva « non essere
occasione da lasciarsi da un Principe desideroso di farsi
uno studio di qualche garbo ».



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116 V. PALMESI

APPENDICE I.

Opere del Danti.

Come ricordammo le opere di arte lasciate a Firenze, Bologna e Roma
ed in altri luoghi, così faremo rapidissima menzione degli scritti lascia-
tici. Giulio Perticari, morto nel 1822, nel lib. XI « Degli scrittori del
300 e de’ loro imitatori », così scriveva trattando degli autori ammessi
nel vocabolario della Crusca: « Ma queste cose i viventi accademici sa:
pranno ben conoscere, ed avvisare nelle nuove edizioni di quel nobilis-
simo vocabolario. Essendo veramente indegno che quel seggio che non si è
concesso ancora al Mattioli, a Leonardo da Vinci, al Viviani, al Padre Grandi,
a Benedetto Castelli, a Gio. Domenico Cassini, a Egnazio Danti, al Cava-
lieri...... sì dotti, sì nobilissimi, siasi già concesso ai monelli, e ai vi-
venti ». Però Bartolomeo Gamba da Bassano, accademico della Crusca,
nella « Serie dei testi di lingua ecc. » (edizioni di Venezia 1828 e 1839)
annovera fra i testi di lingua le seguenti opere del celebre matematico:
1.? Le due regole della prospettiva pratica; 2.° L' astrolabio: dell’ uso e
fabbrica dell’ Astr. e Planisferio; 3.° Prospettiva di Euclide, insieme a
quella di Eliodoro Larisseo ; 4.° Il trattato del Radio Latino ; 5.° La sfera
di Proclo Liceo tradotta dal Danti; 6.° Le scienze matematiche ridotte
in tavole. i

Ecco i lavori a stampa, che io conosco del celebre matematico :

I. Trattato dell’ uso e della fabbrica dell’ Astrolabio con la giunta
del Planisferio del Rojas. — La prima edizione fu stampata a Firenze
dal Giunti nel 1569 in 4°; nel 1578 se ne fece la ristampa (del primo
volume) dallo istesso editore, in 4°, accresciuto in molti luoghi, e con
l'aggiunta della fabbrica e dell’ uso di nove altri istrumenti astronomici,
quali la sfera armillare, il torquetto astronomico, l'astrolabio armillare
del Tolomeo. Tanto nella prima che nella seconda edizione non vide la
luce che il solo primo volume: però nel 1570 Gherardo Spini stampò al-
cune annotazioni a quest’ opera con i tipi Sermartelli Fiorentino. Il Danti
dedicò l'opera al Cardinale Don Ferdinando de’ Medici; essa fu molto
lodata con varie poesie, e fra le altre una di Bernardo de’ Medici che
dice così:
—Ó— HÀ à

IGNAZIO DANTI 117

Chi prende alta vaghezza
. Mirar le stelle di che '1 Ciel s' adorna,
Di Delia il moto, e l'argentate corna
Di Febo il calle obliquo, e la chiarezza
Delle gradite carte
Vostro lo studio ammiri, e apprenda l’arte,
Che pien d'ardente zelo
Saprà tutti i secreti del Cielo.

« Al Molto Reverendo P. Frate Egnatio Danti Cosmografo di S. E. I. ».

II. La sfera di messer Giovanni Sacrobosco tradotta, emendata et
distinta in capitoli da Piervincentio Dante de’ Rinaldi, con molte et utili
annotazioni del medesimo, rivista da Frate Egnatio Danti Cosmografo del
Granduca di Toscana, in Fiorenza nella Stamperia de’ Giunti 1571. Essa
fu dedicata a Diomede della Cornia Marchese di Castiglione del Lago
nel 1574, quando se ne fece una seconda edizione. A Perugia il tipo-
grafo Bernardino Rastelli ne fece un’altra edizione in 4° fregiandola
del ritratto di Pier Vincenzo. Un’ altra edizione giuntina fu fatta nel 1679.

III. La Sfera di Proclo Liceo tradotta da maestro Egnatio Danti
Cosmografo del serenissimo Gran Duca di Toscana, con le annotazioni,
et con l’uso della sfera del medesimo. In Fiorenza nella Stamperia de’ Giunti
mpLxxn. In principio vi è stampata una lettera del 26 ottobre 1573
diretta ad Isabella Orsini figlia di Cosimo. L'edizione è assai bella, ed
il testo è dal traduttore arricchito di annotazioni. Quest’ opera è mal
data nella capponiana 139 e 312. Veggasi lo Zeno al Fontanini, N. 11, 384.

IV. La Prospettiva di Euclide nella quale si tratta di quelle cose
che per raggi diritti si veggono, et di quelle che con raggi riflessi nelli
Specchi appariscono. Tradotta dal R. P. M. Egnatio Danti Cosmografo
del serenissimo Gran Duca di Toscana con alcune sue annotazioni de’ luo-
ghi più importanti. Insieme con la prospettiva di Eliodoro Larisseo
cavata dalla Libreria Vaticana, e tradotta dal medesimo, novamente
data in luce, Firenze, Giunti mpLxxm. L’opera fu dedicata agli Acca-
demici del disegno di Perugia per desiderio dell’autore istesso, il quale
di quella accademia era socio.

V. Le scienze matematiche ridotte in tavole — Della astronomia,
seconda scienza subalternata della Geometria, con Prefazione, Bologna,
appresso la Compagnia della stampa, 1577; in foglio. Sono tavole XIV
contenenti partizioni e definizioni di cose attinenti alle diverse scienze
matematiche, e nell'ultima è l'Indice delle tavole, e la tavoletta dei
principali errori, Nel volume III degli Atti dell’ Accademia della Crusca,
Firenze, 1829, vengono ricordate Le Scienze matematiche ridotte in tavole.

VI. Anemografia M. Egnatii Dantis Mathematicarum artium in
Án m PON e

118 V. PALMESI

almo Bononiensi Gymnasio Professoris in Anemoscopium verticale in-
strumentum ostensorem ventorum. His accessit ipsius instrumenti con-
structio ut nihil in hac materia amplius desideretur ; Bologna, Rossi,
MDLXXxvnI. Avendo letto in un libro greco che sulla torre marmorea di
Andronico Cirreste eravi un Anemoscopio verticale, egli non solo ne
fabbricò uno, ma poi scrisse in dichiarazione di detto istrumento e dette
il modo di fabbricarlo con un lavoro dal titolo suddetto. L' Anemoscopium
fu tradotto da Pier Antonio Cataldi.

VII. E. P. Magistri Egnatii Dantis Perusini Ord. Divi Dominici
in almo Bononiensi Gymnasio Mathematum professoris. Usus et tractatio
Gnomonis magni quem Bononiae ipse in Divi Petronii templo ex illu-
strium Senatorum Comitis Joannis Pepuli perpetui illius fabricae prae-
sidis, et collegarum. autoritate confecit A. D. MDLXVI. mense apr.
Ad amplissimum Senatum Bononiensem. Bononiae apud Joannem Rossium.
Dello Gnomone fabbricato in S. Petronio stampó la narrazione, della
quale il prof. Pietro Riccardi dette la prima notizia nella Biblioteca
delle Matematiche. [Modena, 1870 e segg.] riportando quella fabbrica al
1586, mese di aprile. La quale indicazione é sbagliata perché il Danti,
Siecome vedemmo, lasció Bologna nel 1580, e la meridiana l'aveva co-
Struità 5 anni prima, come asserisce Gio. Domenico Cassini nel suo
scritto: « La meridiana di S. Petronio rivista e restaurata l'anno 1695 ».
(Bologna, 1695), e ristampato da Eustachio Zanotti a Bologna nell' Instit.

delle scienze, 1779, in foglio. Questo è il vero titolo del foglio volante tro-

vato nella Biblioteca Nazionale di Firenze dal sig. Del- Badia.

VIII. Trattato del Radio latino inventato dall’ Ill.mo et Ecc.mo
Signor Latino Orsini con i Commentari del R. P. M. Egnatio Danti,
Roma, 1583, per Vincenzo Accolti, in 4.° — Dopo tre anni fu ristampato
a Roma col seguente titolo: Trattato del radio latino, inventato dal-
l Ill.mo et Ecc.mo Signor Latino Orsini, con li Commentarii del R. P. M.
Egnatio Danti da esso di nuovo ricorretto et ampliato con molte nuove
operationi. — Vi aggiunse nella fine dell’opera alcune annotazioni, tra
le quali, la quarta a pag. 109 porta per titolo « Modo che Giulio Danti
usava in levare le piante delle provincie ». Vi è poi disegnato e de-
seritto lo strumento e la maniera di adoperarlo. Osserva il Gamba che
il libro del Danti è corredato di buone annotazioni e di buone voci che
mancano nel vocabolario.

IX. Le due regole della prospettiva pratica di M. Jacomo Barozzi
da Vignola con i comentarij del R. P. M. Egnatio Danti dell'ordine
dei Predicatori, Matematico dello Studio di Bologna. L’opera è dedicata
al Duca Jacomo Buoncompagni con lettera del 14 novembre dell’ anno
1583 (Roma, tipografia Francesco Zanetti, fol. con figure e ritratto). Di

NE —————

IGNAZIO DANTI 119

questo libro così dice Bartolomeo Gamba: « Nel frontespizio, in mezzo
a bel colorito, sta il ritratto dell'autore. Le tavole sono per la maggior
parte in legno, ed alcune poche in rame. Due ristampe meno ricercate
e meno rare si fecero in Roma nel 1611, e 1644 in fol. A Bologna nel 1644
ed altre volte, oltre alla edizione di Venezia del 1743, con nuove tavole
di Giorgio Fossati. Il Domenicano ai comenti uni anche una vita del
Vignola, la quale posta in altre edizioni di questa opera, fu riferita dal
Baldinucci nelle sue Notizie de’ professori, vol. V, pag. 168. [Firenze
1769], dal Vadiani nei suoi Architetti, Pittori e Scultori modenesi a
pag. 72. Fu anco compendiata dal Conte Mazzuchelli nel Vol. III,
part. I, pag. 415. Le tavole ristampate a Venezia nel 1748 da Pietro
Bassaglia, quantunque siano state colla edizione diligentemente miglio-
rate, pure, dice il Cicognara « I Commentari aggiuntivi da Egnazio
Danti rendono principalmente d’esser citata quest’ opera, ed è il miglior
libro che da noi si conosca, grandissimi nelle teoriche e nelle pratiche
essendo stati l'autore ed il commentatore ». In una nota alla biografia
di Taddeo Zuccaro del Vasari si legge che 14 anni dopo la morte del
Vignola fu pubblicata dal P. Egnazio quest’opera. Ma la data è sba-
gliata perchè viene in essa nota indicato l’anno 1587, invece del 1583.
Il Vignola essendo morto a Roma il 7 luglio 1573, le « Due regole della
prospettiva » furono edite 10 anni dopo e non 14.

X. La corografia del contado perugino. Fu fatta da lui nel 1577,
ma il disegno e la descrizione con tutti i castelli, rocche, ponti principali
sopra il Tevere ecc. fu stampato in rame e pubblicato in Roma da Mario
Carracci nel 1580, ed è ben raro, come dicono il Razzi ed il Vermiglioli.

XI. Le carte del territorio di Orvieto il celebre matematico pe-
rugino pubblicò in Roma nel 1583. E. A. Ortelio nel « Theatrum orbis
Terrarum N. LXXXIII » edizione di Anversa (1601), inserì la descri-
zione e disegno del territorio d’Orvieto, nonchè il lavoro su Perugia
unendovi :

XII. Trattato della sfera ridotto in sette tavole. L' aveva già ri-
dotto prima del 1567, come scrisse a donna Isabella Medici Duchessa di
Bracciano, presentandoglielo con lettera del 18 novembre 1571.

XIII. Trattato di M. Ignatio Danti perugino dell’ Ordine dei Pre-
dicatori matematico eccellentissimo sopra le fortezze e lor situazioni.
Giuseppe Baccini avendo avuta occasione di esaminare il codice miscel-
laneo Ricciardiano 2844, trovò il trattatello indicato, restato inedito
fino all'anno 1888, quando egli lo inserì nell’ « Archivio storico per le
Marche e per l’ Umbria » vol. IV, fase. XIII-XIV, preceduto da una
prefazione di due pagine. Per cui, scriveva il dott. Baccini « d'ora in-
nanzi, oltre la fama, meritamente acquistata, di valente matematico e

inm tr pin td iti.


190 V. PALMESI

cosmografo del suo secolo, va aggiunta l'altra d'architetto e non oscuro
conoscitore di cose militari ». Il trattatello occupa appena 30 pagine,
ed é interealato da 12 tavole. L'opuscoletto é diviso in 8 lezioni, o me-
glio in 8 traccie di lezioni. Osserva il Baccini che la miscellanea da lui
esaminata « offre una raccolta svariatissima di scritture storiche e lette-
rarie, per lo più, o quasi tutte, dovute a penna fiorentina, così che
prosa e poesia vi si leggono alla rinfusa »: deve, secondo il Baccini
stesso, concludersi che il trattatello « sopra le fortezze e lor situazioni »
fu scritto negli anni nei quali egli dimoró a Firenze.

XIV. Costituzioni fatte della Sinodo diocesana di Alatri dal Re-
verendiss. Monsig. Frate Egnatio Danti da Perugia dell’ Ordine de’ Pre-
dicatori ecc. L'anno MDLXXXIV alli XIII di giugno. In Roma ap-
presso Vincenzo Accolti MDLXXXVI. Abbiamo ricordato come in Alatri
tenesse il Sinodo Diocesano. Egli rese quelle deliberazioni di pubblica
ragione con il libro suddetto.

XV. Breve narrazione della traslazione del Corpo di S. Sisto I
Papa e Martire alla Cattedrale di Alatri nell’ anno 1182 e. dopo 452
anni ritrovato nell’ istessa chiesa nell’ anno 1584 scritta per ordine di
Mons. Egnazio Danti. La narrazione è preceduta da una lettera del
Vescovo dedicata al Pontefice Sisto V, ed è segnata « Alatro 12 Junii
1585 » ed incomincia nel modo seguente « Ea est divinae misericordiae
abbundantia, Pater Sanctissime ». Essa trovasi inserita negli « Acta
Sanctorum, Aprilis, appendix ad diem v. Aprilis, de S. Sixto I. Papa
Mart. Caput. III ». La narrazione fu stampata molte volte nel secolo
XVII e XVIII; e fra le altre, nel 1605 per Felice Torrigni Romano per

ordine del Vescovo Alatrino Luca Antonio Gigli; nel 1708 con i tipi di

Anagni; nel 1880 se ne fece una edizione Elzeveriana di mille copie
dalla Tipografia Strambi di Civitavecchia; e dopo 4 anni, ossia nel 1884
D. Andrea Marini la inseri nel suo libro « Cenni storici popolari ecc. »;
Foligno, Tipografia Campitelli. Un manoscritto della narrazione apparte-
nuto al Can. Marco Badisso (dell’anno 1610) contemporaneo del Danti,
trovasi custodito nell’ Archivio capitolare.
IGNAZIO DANTI . 181

APPENDICE II.

Sii it de at

Cronaca scritta da Ignazio Danti.

I
DI
1

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Questo documento inedito, scritto di pugno dell' uomo di cui ho ri-
cordata la vita, trovasi nel monastero delle Benedettine di Alatri. Esso
è di sei pagine, di formato piuttosto grande, alle quali fanno seguito
altre quattro pagine e mezzo che comprendono il Catalogo delle mona-
che che dai tempi del Danti ai nostri giorni si rinchiusero in quel sacro
luogo. Debbo alla cortesia dell'amico Don Felice canonico Troccoli di
Alatri se oggi posso presentarlo al cortese lettore.

« Nel nome di Dio Glorioso Padre, Figliolo, et Spirito Santo, et della
Sua Santissima Madre Maria nostra Signora, et di Santo Sisto Papa Primo
et Martire, et del Padre Santo Benedetto Amen.

Io Frate Egnatio di Giulio Danti da Perugia dell'ordine de Predi-
catori, per gratia di Dio, et della Santa Sede Apostolica Vescovo di Ala-
tri mi sono messo ad ordinare nel p.nte libro la cronica del Venera-
bile Monastero, che nello Spedale della Anuntiata di Alatri fu da Mons.
Camillo Perusco Romano Vescovo di Alatri instituito sotto la Regola del
P. S.to Benedetto l’anno M.DLXI nel Pontificato del Santissimo P.re,
et Signor nostro Pio Papa Quarto L’anno secondo del suo Pontificato il
giorno XXVI di marzo, essendo Governatore di Campagna Mons. Monte
Valenti: et trassero per instituirlo dal Monastero di Santo Luca di Guar-
cino del medesimo ordine di S.to Benedetto quattro Monache; et perchè
sicome il Vescovo Perusco era cieco, et non pote vedere, nè accomodare
le stanze del novo Monastero, la Chiesa, et Clausura, che bene stesse,
così neanche procurò, che l'institutione dell’ osseruanza della Regola
fatta dalle prefate Monache, si facesse conforme a quella, che nei cele-
bri Monasteri si osserva: et venendo l’ Institutrici da Guarcino (1), dove
non è forma nessuna d'osseruanza, nè di clausura, et dove le Monache
proprietarie, non uiuono in comune; instituirno questo povero Monastero
in quella forma ch' haueuano imparata in quello di Guarcino nel quale
non ci essendo refettorio, nó si viuendo in comune non lo fecero manco

(1) Grosso paese a pochi chilometri da Alatri.
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PALMESI

199 v

nel novo Monastero quale era più tosto un cumulo di case unite allo
Spedale, che tutte insieme facevano Isola ch’ hauessi forma di Monastero,
et perseverò così fattamente in mentre visse il Vesc. Perusco che
passò di questa a miglior vita in Roma nel mpLxxij l'anno primo di
Gregorio Xiij et a lui successe nel Vescovato Mons. Stefano Bonucci
Frate di Serui, il quale essendo in capo a’ xviij mesi trasferito dal
medesimo Pontefice Gregorio Xiij al Vescovato di Arezzo in quel poco
tempo non ui fece n’ ordinò cosa nessuna et Le successe Mons. Pietro
Fran.co di Veruli nel Vescovato, et ui stette sini all'anno MDLXxXxiij,
et si morì alli sei di Novembre in Alatri. Et con l’occasione della servitù
ch’Io più anni haueuo fatta à Papa Gregorio nel suo Palazzo, con farli
la Gallaria, la Loggia de Venti, L'altre camore vicine la sala di Suiz-
zari, et quella de Palafrenieri con l’altra Loggia grande sopra l' offitio
della camora auanti la Bologna: Il buon Vecchio pensando di remune-
rarmi mi diede il carico di questa Chiesa di Alatri mandandomi quà a
purgare i miei peccati contro ogni mio uolere: et subbito presa la cura
d'ambi dui li Monasterij cominciai à pensare di chiuderé questo di Ala-
tri, et ridurlo in buona forma di osservanza, et di redurre nella Città
quello di Guarcino, et ne parlai:piü volte con il Papa dal quale n’ ero
tuttauia stimulato, ma là difficultà di trovare li denari per fabricare ha
fatto diffirire il negotio in lungo più di quello ch’ haueria bisognato.
Però vedendo Io l’urgente necessità di questo qui di Alatri ui posi
le mani, et cominciai à fabricarui con buona summa di miei denari:
ma considerando tutta via che non ui si poteva fare cosa buona per la
Stravaganza del sito, cominciai a pensare di transferirlo in altro luogo,
et fabricare un Monastero, ch' al medesimo tempo seruisse à quelle di
Guarcino, et a queste della Città di Alatri, et fuggire le difficultà ch'era
di trouare tanti Confessori, Capellani, et Fattori d'esse Monache de quali
in questi paesi con molta difficultà se ne trouano de fedeli, et a pro-
posito di simili ministerij et hauendo sin'à mò determinato il Luogo
dove detti Monasterij si potessero in un solo collocare agiatam.te, non
L'ho voluto palesare per non ui vedere modo di potere condurre a'per-
fettione opera si nobile et necessaria à questa Città. Ma ritornando alla
fondatione, si condussero le quattro Monache di Guarcino in Alatri, il
prefato giorno xxvI. di Marzo accompagnate da nobil turma di gentildonne,
et gentilhuomini, et entrate nella Città se n'andorno al Domo in San
Paulo ove pnt.e tutto il popolo la Città le fece l'obligo che qui sotto
apparisce ricopiato de uerbo ad uerbum dal proprio originale et scontrato
et collationato per mano di pubblico Notaro.
Instrumento del obligo che la città di Alatri fa alle Monache.
Ad perpetuam et aeternam rei memoriam. i
conem

IGNAZIO DANTI 193

Congregatus quasi universus populus Aletrinus in Ecclesia Cathe-
drali S.ti Pauli de Alatro in Pontificatus maiestati residens R.mo D.no
Camillo Peruseo Romano Dei, et Apostolicae sedis gratia E.po Alatrino
predicant. et R.do: Fre Lucantonio de Civitate Riete ab universitate Ale-
trina tunc temporis electo, et conducto Mag. d.no Caesare Bertono I. U. D.
Sindico una cum suis officialibus, et Camerario tunc temporis p.nte et
universo Clero Alatrino, Deo Optimo Maximo aspirante sub anno D.ni
MDLXI. Pontificatus in Christo pris, et D.ni N.ri D. Pij PP. iiij a.no
secu.do indietione iij Mensis Martij die xxvi in Civitate Aletri ad
Laudem et gloriam omnipotentis Dei et gloriosissime m.ris Virginis Ma-
riae, universale beneficium Civitatis Alatri et totius sexus foeminilis
desiderantis earum virginitatem conservare et Deo maximo offerre : con-
duetae fuerunt de Licentia pt. RR.mi D.ni E.pi extractae de sacro Mo-
nasterio S. Lucae de Varceno Monalies infr.ste.

Soror Frane. Iacobi Thomasi de Varceno sub nomine et creatione
Abbatissae, Soror Bartolomea de Selice de Alatro sub nomine et creatione
Priorisse cum eius ne.pte D. Dorothea et divino officio celebrato et
solemni missa celebrata, et predicatione finita facta in pontificali S.ta
benedictione p.ti R.mi Epi. dictus populus Aletrinus congregatus in dicta
Cathedrali ecclesia una cum D.o R.mo D. Epo. predieatore predicto et
dicto D. Sindico et suis officialibus processionaliter discedendo de dicta ca-
thedrali ecclesia Santi Pauli cum universo clero Aletrino decantant. Veni
creator sp.us. Prefatae Moniales sup. nominatae conductae et introductae
fuerunt in ecelesia Annunciatae de Alatro, et data fuit eisde. Monialibus
libera possessio perpetuo retinendae dicte ecclesiae cum omnibus habi-
tationibus, hortis, membris actionibus condictionibus, titulis, introitibus,
exitibus, et pertinentijs suis, et cujuslibet ipsor. membror. et Iuribus
ad perpetuo haben. possiden. et retinen. una cum possessione in ter-
ritorio Alatrino in contrata la starza iux. bona ept.s Aletrin. via a pede,
et alios fines, et meliores confines olivetu. in dicto territorio in contrata
della mola saneta Maria iux. bona Hieronymi de Tutijs et Dominiei de
Tutijs viam, et alios suos meliores, et veriores confines cum promissione
una uoce, et nemine diserepante omni tempore in necessitat. dic. Mona-
sterij succurrendi adiuvanti, et auxiliandi pro possae ad hoc ut prefatae
Moniales et aliae in die. subintran. sint semper cum ear. et cuiuslibet
ipsar. orationibus promptae et paratae ad supplicandum Deum Optimum
Maximum, Beatissimam Virg. Mariam, et S.tos Apostolos, et totam curiam
celestem pro ipsor. seruatione, augmentatione, pace, unione, et con-
cordia d. Civitatis et totius populi Alatrini, ut in aduersis, et tribula-
tionibus faueant, assistant, et suam , omnipotentis gratiam infundat, et
sic placeat semper divinae suae Maiestati.

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194. . ^ V. PALMESI

Aetum ut sup. iusta eeclesia Aletrina universo quasi populo assistent.
d. Civitatis toto clero et p.to R.mo ep. et predicatore pred.to publice,
et palam pntibus venerabilibus Canonicis D. Iacobo de Tutijs D. Io. Vel-
luti, et D. Bart.o Ant.no Testib. ptibus vocatis speciat. et rogatis per
me Not.m inf.um, et ad perpetuam et eternam rei memoriam.

Et ego Do. Frane. Antolinus publicus, et apostolica auctoritate Not.r

et nune Not.r et Cane.s curie ep.lis Aletri Iussu pn.ti R.mi D. Epi de

predietis rogatus una cum prenominatis Testibus omnibus pred.tis inter-
fui, et ad fidem premissorum hie me subscripsi, et signum meum ap-
posui consuetum.

/\ Ad effectum executioni demandandi instante Comunitate Aletrina
sacrum Monasterium.

Ego Frane. de Rubeis Aletrinus pub. Aplica au.te Not.s fidem in.
dubia. facio, qual.r p.ns copia instrumenti institutionis Monasterij Monia-
liu. Annuntiatae de Alatro scripta et copiata fuit per Mag.um D. An-
gelum de Paulo di Montemelono, de commissione et ordine R.mi D. Fris.
Egnatij Dantis Perusini dei gra. Epi. Aletrini, et quia per sup.m D. seri-
ben. in legendo non vitio sed lapsu oculorum omissa fuerunt quedam
dictiones quae in nona riga, et uersu pt.e copia veniebant seribent. qua.
quide: postea in calce subscriptionis Notarij. de spto instro. rogati per
eumdem fuer. subscripta quam quidem remissione. approbo ego Not.s
ac per me collationat. cu. suo proprio originali et concordat in omnibus
et per omnia: Ideo in fidem omnium premissor. hie me subscripsi signum-
que meum quo in publicis utor posui solitu. et consuetu. requisitus,

Le Monache che vennero da Guarcino furono Sor Francesca Tomassi
da Guarcino Badessa et Sor Bartolomea della Selice d’Alatro Priora,
Sor Lorenza Frangipane Romana, et Sor Dorotea Raimondi Romana.
Hora finita che fu la stipulazione dello strumento, et la predica menorno
le prefate Monache allo Spedale della Anuntiata dandogline il possessio.
Ma nascendo che quest’ aria d’ Alatri non si confaceva alla complesione
della Badessa Franc. et per altre difficultà che ci haveva ottende gratia
di ritornarsene a Guarcino diece mesi dipoi, che se n'era partita, et
restò Badessa in suo luogo Sor Bartolomea della Selice d’ Alatri, donna
di molta eloquenza et sagacità, la quale ritrovandosi in quel luogo
senza quasi entrata nessuna cominciò a uestire di mano in mano delle
Monache per potere spendere le dote loro nel uiuere et in comprare le
case per accrescere il Munistero et fu graviss. errore di lasciarle tanto
multiplicare senza assegnamento d'intrate da poter uiuere. Perchè in
capo a’ xxiiij ch'io ci venni ritrovai essere state vestite da xc Monache,
et ue n’ erano uiue LXxiiij et non haueuano da mangiare per la. terza
parte dell’anno. Ma il Sig. Dio, che uolse ajutare queste sue sante
IGNAZIO DANTI 195

Vergini fece, ch’ incominciandosi in Veroli un nuovo Monasterio entró
in pensiero alla prefata Badessa della Selíce di uolere andare per fonda-
trice d'esso Monas. et con alcuni mezzi particolar.te di m. Govanni Ga-
sparis suo nipote Vicario di-Mons. Ortensio Battista Vese. di Veroli ot-
tende la gratia, et ui andò con cinque altre Monache l’anno uprxxxiiij
a di xv del mese di Maggio-Aprile. Et con questa occasione partirno
anco molte Zitelle del Monasterio a tal che doue io ui trovai Lxxiiij
Monache, et xiiij Zitelle si ridussero a n.o di Lxv. Et le Monache
ch’ andorno a’ Veroli con la Badessa Bartolomea fu Sor Vittoria Santesia
da Subiaco per Priora, et Sora Cicilia Battista da Frusinone, Sor Fidele,
et Sor Dorotea della Selice novitie pure, et nipoti della Badessa, et Sor
PUSINANI M EUN . Conversa da Veroli; Et oltre alle predette uscirno da que-
sto Monasterio della Annuntiata sor Fidele Pannimotte, et sor Dorotea di

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'

Colonna da Subiaco l'anno wprxxviij ritornando al paese loro nel moni-
sterio che ui si fondò il predetto anno alli ....... del mese d'ottobre
dall’ Ill.mo signore Marcantonio Card. Colonna Abate, et Sig.re di Subiaco,
il quale Sig.re ui condusse per institutrici d'esso Monasterio quattro
Monache del Monasterio di Spera in Dio di Perugia dell'ordine di S:to Be-
nedetto, cioè sor Lauditia Spina Badessa, sor Agata. ........ Priora,
SOP-DIOdAta 7). s Maestra delle novitie, sor Anna......... Ce-
leraia. Fu questo nuouo Monasterio per la molta prudentia dell' Ill.mo
Card.le fabricato et fondato molto religiosamente, et dalle prefate ma-
dri ui fu introdotta la uera osseruanza della regola del P. S. Benedetto,
e con tale fondamento si uede ogni giorno agumentare di buona fama,
et openione di santità.

Ancona, gennaio 1897.

Dott. VINCENZO PALMESI.

te
Tf

121:

| REGISTRI DEL DUCATO DI SPOLETO

(Archivio Segreto Vaticano — Camera Apostolica).

(Continuazione vedi Vol. IV, fasc. III)

[I due codd. 21 e 228 contengono frequenti composizioni con eccle-

siastici sopra reati giudicati dall’ ufficio dell’ Inquisizione. Si è creduto
opportuno raccoglierle a parte, come atti propri di quell’ Ufficio. Abbia-

mo seguìto il cod. 21, perchè più completo). ’
69. [c. 56 t.] 2319, lug. 12. — A domp. PhilippodeMontesancto,

16.

t.

78

X9.

presbitero, pro compositione facta cum eo ratione cuiusdam composi-

tionis facte contra ipsum de adulterio. — 8 f. a.

lug. 16. — A domp. Ventura rectore Ecc. S. Angeli. — 3 f. a.
lug. 21. — Proabbate Montismartani.... ratione omnium
excessuum quos fecerat. — 70 fl. a.

[c. 57] tug. 26. — A domp. Britio presbitero de Colle Mar-
chionis.... super quodam adulterio. — 74 7. a.

ag. 3. — A domp. Johanne plebano de Verchiano... pro
omnibus excessibus... — 414 fl. a.

A domp. Blaxio monacho et rectore S. Benedicti de Cann a-
rio... super omnibus excessibus perpetratis per eum. — 20 ffl. a.
[c. 58] ag. 24. — A domp. Angelo rectore Ecc. S. Angeli de Cor-
nito pro quodam adulterio per eum conmisso. — 72 fl. a.

ag. 25. — Pro domp. Johanne rectore Ecc. S. Martini de Villa
Octagii de Sellano pro compositione facta cum eo super pro-
cessu scripto manu Armanni not. — 5 fl. a.

[c. 58 t.] ag. 25. — A domp. Iacobo priore hospitalis S. M. prope
Eugubium dante pro se et domp. Andrea suo converso et dicti
hospitalis.... super conmissis excessibus. — 14 fl. a.

[c. 59 t.] sett. 19. A domp. Leto de Ylico... pro quodam adul-
terio et suis excessibus. — 8 /l. a.

sett. 24. — A domp. Bernardo de Bervito de adulteriis et
excessibus per eum comissis. — 3 fl. a.

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198 L. FUMI

.80. A Puzzarello Petri converso hospitalis S. M. de caritate...

quia subtraxerat quoddam privilegium prioris dicti hospitalis et fre-
gerat hostium. — 6 ft. a.

81. A domp. Angelo Beralli... de conmissis per eum excessi-
bus. — 3!/, fl. a. — A domp. Angelo Portis... — 81/, fl. a.

. 82. [e. 60 t.] ott. 24. — A domp. Bevenuto... super quodam adul-

terio. — 2 fl. a.

83. [e. 61 t.] nov. 24. — Pro domp. Taddeo plebano plebis deOrzano
pro generali compositione facta cum eo. — 22 ff. a.

84. nov. 17. — A domp. Bevenuto de Gualdo deNuceria...
super quodam adulterio per eum conmisso. — 24 fl. a.

85. dic. 10. — A Vannolo Vannis canonico plebis de Cannario

| pro eompositione facta eum eo. — 4 fl. a.

86. dic. 12. — A Juncta Accapturi de plebe Turini, domp.
Acto Junete, Antonio Vanne Frederici canon. ple-
bis, NinosJuccij canon. eiusdem eccl. et domp. Ventura
plebano eiusdem plebis pro compositione faeta cum eis. — 24 fl. a.
48 sol. 8 den. cort.

87. Pro domp. Raymundo Falocti de Montefalco... super
quodam adulterio. — 9 fl. a. 34 s. cort.

88. (e. 64 t.) 1320, gen. 9. — A domp. Johanne Massaroni
Reetore eccl. S. M. de Pelano districtus Trevii... ratione cu-
iusdam processus faeti contra ipsum super adulterio conmisso cum
Nuta uxore Lippi de Fulgineo. — 6 fZ. a.

89. [e. 65 t.] febr. 22. — A Lolo Thomasii clerico de Trevio...
super quodam adulterio. — 4 f/. a. 7 sol. 1 den.

90. [e. 43 t.] febr. 23. — Pro mag. Petro de Trevio super quodam
adulterio. — 20 lib. 19 sol.

91. [c. 66] feb. 24. — A domp. Johanne priore S. Angeli de Meva-
nia... de conmissis excessibus. — 35 fl. a.

92. feb. 26. — A. dom. Saccente de Montefalcone... super
quodam ínsultu. — 2 fl. a. '

93. [e. 66 t.] mar. 8]. — A dompn. Mactheo canonico eecl. S. Vin-
centii de Mevania. — 30 lib.

94. [c. 67] mar. 19. — A domp. Simone. — 6 ft. a.

95. [e. 70] apr. 22. — A domp. Accurri. — 41 fl. a.

96. apr. 28. — Pro domp. Bordono Petri deMontefalco. —
5 f1.:a. ;

97. [e. 72] mag. 5. — Pro domp. Thomasso de Evensene pro

PNE TRI e

TATE
I REGISTRI DEL DUCATO DI SPOLÉTO . VEU Pr
compositione faeta cum eo. — 7 fl. a. Nel cod. 228 si sostituisce la

partita suddetta con la seg. A domp..Beccho. — 10 fl. a.

98. [c. 12 t.] mag. 16. — A domp. Iacobo Taddei, Petro Ro-

manoni et domp. Petro de Montefalco. — 17 fl. a.
99. [c. 73 t.] giu. 9. — A domp. Egidio archipresbitero de Ca n -
nario. — 2 fl. a.

100. giu. 10. — Pro domp. rev. priore S. M. de Laurentio de M e v a -
nia et pro domp. Thodino plebano plebis Castriboni et pro
Moscantesta filio Pauli de Mevania. — 22 fl. a.

101. giu. 11. — A domp. Andrea Raynucti presbitero de Mon-
tefalco... super quodam adulterio. — 10 Lib. cort.

102.[e. 14] giu. 12. — A domp. Jacobo capellano S. Silvestri de Me-
vania. — 6 fl. a.

103. [c. 74] giu. 27. — A domp. Petro Brunacii de Montefal-
cone. — 5 !J, fl. a.

104.[e. 741] giu. 28. — A domp. Juncta rectore ece. S. Angeli de
Gaysana. — 10 fl. a.

105./«g. 4. — Pro domp. Puzzolo Petri de Mevania. — 20 lib.
cort. :

106. [c. 71] ag. 4. — Pro domp. Gello de Mevania. — 3 fl. a.

107.[c. 75 t.] ag. 12. — A domp. Leto pro quadam compositione facta
cum eo de processibus factis contra eum. — 4 fl. a.

108.ag. 16. — Pro domp. Guillelmo monacho de Gualdo Nu-
cerii. — 47 fl. a.

109. [c. 76] ag. 21. — A fr. Petro priore S. Johannis de Saxofer-
rato pro compositione facta cum eo et fratribus. — 2792 fl. a. et 7
sol. cort.

110.ag. 24. — A domp. Ventura de Monte Sancti Martini
— 16 lib. cort. — A domp. Thoma de Montefalco. — 6 fl.a.

111.ag. 26. — A domp. Benciveni de Gualdo Capt. — 4 fl. a.

112.[c. T7 t.] sett. 24. — A Silvestro de Gualdo Capt. pro

. quadam compositione facta cum domp. Bartholo filio suo. — 7 fl.
a. et 20 sol. cort.

1183. ott. 1. — A domp. Benintenni clerico de Turricule. — 3
ft. a.
114. ott. 6. — A domp. Bartholo de Collomaneia. — 9 fl. a. —

A domp. Cambio Morici oblato monasterii S. Eutitii de Valle

Castoriana. — 83 ft. a.
115, ott. 7. — A domp. Ubaldo dante pro domp. Bonanno canonico
de Prefolio. — 4 lib. cort.

116. [c. 78] ott. 9. — A domp. Matteo de Gualdo. — 2 fl. a.

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130 ? L. FUMI

117.A domp. Johanne Venture de Gualdo. — 4 ft. a.

118. ott. 12. — A domp. Tancredo de Collemancia... super
quodam adulterio. — 9 fl. a.

119.[78 t.] A domp. Thomasso plebano plebis de Campiatula
super quodam adulterio. — 5 7t. a.

190. ott. 16. — Pro domp. Bartholo plebano plebis de Montefalco...
super quodam adulterio. — 4 fl. a.

191.[c. 79] ott. 22. — Pro domp. Gentili Petrioli de Mevanea...
super adulterio et aliis excessibus — 4 fl. a.

192.[e. 79 t.] ott. 26. — Pro domp. Berardo de Colle Marchio-
nis... quia dicebatur fecisse adulterium — 3 ft. a.

123. [c. 19 t.] ott. 27. — Pro Epo Spoletano ratione cuiusdam com-
positionis facte cum eo. — 100 fl. a.

194. ott. 29. — A domp. Matheo Pacii presbitero de Cannario...
super quodam adulterio. — 3 7l. a.

125. [c. 80] ott. 30. — Pro quodam presbitero de Gualdo Nucerii,

de cuius nomine patet per magistrum Ofreducium. — 3 fl. a.
196.[c. 80 t.] nov. 6. — A Vanne Bernardi de Guallano...
super quodam processu quia dicebatur fecisse simoniam. — 6 7. a.

127.[c. 80 t.] nov. 8. — A domp. Rentevegna plebano S. M. de
Visso... de excessibus commissis per eum si qui essent commissi
ad hoe ne posset per Curiam aliam molestari. —- 2 fT. a.

128.A Vitale Raynerii Canonico S. Angeli de Prefolio...
quia dicebatur fecisse aduiterium cum Verducia de Valle S.
Angeli. — 2 fl. a.

129. [c. 81] nov. 9. — A Mag. Consulo Benadacti de Monte
Sancti Pauli canonico eeclesie S. Benedicti... quia dicebatur
conmisisse homicidium in personam cuiusdam mulieris filie sue. —
15. fl. a.

130. nov. 10. — Pro domp. Andrea de Gualdo... quia dicebatur
fecisse adulterium seu peccatum carnis cum Lucgura uxore Puc-
cilli. — 8 fi. a.

131. nov. 13. — Pro domp, P. Priore Sancte Xpine... quia dicebatur
conmisissé adulterium cum Pace muliere de Eugubio. —
10 fl. a.

132. [c. 81 t.] nov. 14. — Pro domp. Johanne de Mevania...
quia dicebatur conmisisse adulterium cum filia Alberti de Me-
vania. —6 fl. a.

133. nov. 15. — Ab Epo Fulginati de omnibus excessibus per eum
conmissis. — 710 fl. a.

134. nov. 17. — A domp. Johanne de Antiquo rectore Ecclesie

WETÜRTTHCNNBNDUMPUE NU Tg nn Pam tO. ——

I REGISTRI DEL DUCATO DI SPOLETO 131

Sancti Patrignani... quia dicebatur conmisisse peccatum
carnis cum Johanna Cappelline et homicidium in perso-
nam Vannis Petrioli Berardi. — 43 fI. a.

135. nov. 26. — Pro priore Heremite vocato dom. T. et pro domp. Ni-
cola et pro domp. Mareh o monachis dicti monasterii Here mite
pro quadam compositione generali facta cum eis. — 84 fl. a.

136.[82 t.] nov. 30. — Pro domp. Thomasso monacho monasterii
S. Benedicti de Gualdo Nuceri.... super quodam insultu. —
3 fl. a.

137.[e. 83] dic. 2. — A domp. Xpofano Rectore ecclesie S. M. de
Cannario.... super eo quod dicebatur fecisse adulterium cum
Ciccola de Asisio. — 72 fl. a.

158. dic. 5. — Pro domp. Johanne Buscuri presbitero de Visso.
— 6. fl. a. i

139. dic. 16. — Pro domp. Nicola presbitero de districtu Gualdi
Nucerii. — 3 fl. a.

140. [c. 83 t.] dic. 19..-— A domp. Petro et domp. Johanne pre-
sbiteris de Monte Sancti Pauli Spoletan. dioc.... super adul-
terio et quibusdam aliis excessibus, ut apparet in processibus Bon-

cagni. — 8 fl. a.
141.dic. 21. — A domp. Johanne Corradilli de Fulgineo

dante pro Puzzarello de Fulgineo canonico S. Angeli de
Mevania pro compositione facta cum eo, quia dicebatur fecisse

adulterium. — 2 fl. a.
142. [c. 84] dic. 28. — A domp. Savente.... quia dicebatur fecisse
insultum. — 47 fl. a.

143. [c. 85] 4321, dic. 30. — A domp. Ventura quem debebat pro

quadam compositione facta cum eo. — 4 fl. a.
144. dic. 81. — Pro domp. Griscio presbitero de Monte Sancti
Martini.... de omnibus excessibus conmissis per eum. — 30 fl. a.
145.[c. 55 t.] gen. 6. — A mag. Petro priore, ut asserit, S. Angeli
de Prefolio.... super conmissis excessibus. — 70 fl. a.
146.gen. 8. — A mag. Angelo Verucii de Trevio.... super

fornieatione quam dicebatur fecisse cum Suffia de Spoleto. —
4 fl. a.

147.gen. 9. — A domp. Gilio Johannis canonico ecc. Fulgin.
pro quadam compositione facta cum eo super eo quod dicebatur
fecisse fornicationem cum Adachela de Fulgineo, prout ap-
paret in processibus magistri Munaldi et de quietatione apparet
manu magistri Ofreducii. — 4 fl. a.
132 L. FUMI

148. [c. 86]-gen. 16. — A domp. Raynaldo Bartolicti et domp.
: Phylippo Palicti presbiteris morantibus in Trevio eo quod
i violaverunt interdictum per Rectorem Ducatus in dieta terra i

positum. — 6 fl. a. i î
149. gen. 20. — A domp. Jacobo Costantii canon. Fulgin. pro i

quadam compositione facta cum eo. — 50 fT. a. È
150. [c. 86 t.] genn. 21. — A domp. Bonanno canonico S. Angeli de |
Prefolio pro quadam compositione facta cum eo. — 4 ib. cort.

151.gen. 23. — A domp. Andrea plebano plebis S. Martini de
Trevio.... quia dicebatur violasse interdictum. — 3 fl. a.

152.Pro domp. Petro rectore ecclesie S. Johannis, Mag. Gui-
done ete. — 4/00 sol. cort.

153. gen. 80. — A domp.Ventura prosbitero daMontesancto...
super eo quod dicebatur: fuisse contumax in solvendo quamdam

TT REIT.

pecuniam. — 4 lib. cort. i
154. A domp. Ofreducio clerico S. Gilii de pede Trevii.... 1
quia dicebatur violasse interdictum. — 3 f. a. |

155. [c. 87] feb. 4. — A domp. Rivera, Raynaldo et Bartholo

canonicis fulginat. pro compositione facta cum dictis canonicis
et quibusdam aliis. — 30 fT. a.

156. feb. 7. — A domp. Hbaldo monacho monasterii S. M. de
Monte Appennini nucerine diocesis.... super quodam adul-
terio quod dicebatur fecisse cum Sanctese. — 5 ft. a.

151. A domp. Luca presbitero de Trevio.... super eo quod di-
cebatur violasse interdictum. — 3 fl. a.

158. [c. 81 t.] feb. 9. — Pro domp. Criscio priore S. Salvatoris
de Fulgin. pro quadam compositione generali facta cum dieto

priore, prout apparet manu magistri Boncagni. — 20 fl. a.
159. feb. 13. — [Pro] dominabus seu sororibus S. M. Magdalene de

districtu J ani pro compositione facta cum eis super eo quia dice:
batur.derobasse quendam equum cuiusdam judei et quia dicte do-

mine receptaverunt eum, et de omnibus facta est compositio unica
pro hae quantitate, ut apparet manu mag. Ofreducii.-— 72 fT. a.

160. feb. 144 — A Ciccho Petrioli et quibusdam aliis testibus de
Gualdo Nucerii vocatis et contumacibus super quadam inqui-
sitione facta contra dom. Guidonem rectorem Eec. Saneti Lau-
rentii de Carbonaria pro compositione facta cum eis dicta
occasione [videl.], super eo quod dicebatur conmisisse concubinatum
cum Jacoba Jacobieti. — 8 lib. cort.

161.[c. 88] febr. 16. — A domp. Lauren tio de Trevio.... super
d
"

I REGISTRI DEL DUCATO DI SPOLETO 133

eo quod dicebatur violasse interdictum positum in Trevio. — 8
fla.

162. feb. 18. — A domp. Guidone monacho et rectore Ecc. Sancti
Laurentii de Carbonaria districtus Gualdi Nucerii pro
quadam generali compositione facta cum eo super excessibus suis.
— 10 fl a.

163. febr. 20. — A domp. Blasio monacho et rectore Ecc. sancti B e -
nedicti de Cannario.... super quodam. adulterio seu forni-

— M MM e

€——— M

catione conmissa per eum. — 5 f. a.
164.[c. 88 t.] -- A domp. Angelo de Trevio.... super eo quod
dicebatur violasse interdietum positum in terra Trevii per Re-



n

ctorem. — 8. fl. a.

165. febr. 25. —- A domp. Phylippo Paulicti de Trevio dante pro
mag. Zaffino mag. Salamonis deTrevio.... super viola-
tione interdicti per eum faeta. — 3 /l. a.

166. [c. 89] feb. 28. — A domp. Nicola monacho monasterii H er e -
mite.... de omni adulterio quod conmisisset cum quaeumque
muliere, prout apparet manu mag. Ofreducii. — 10 fl. a.

167. marz. 11. — A domp. Margarito per manum d. Thome ju-
dieis de Visso pro compositione facta cum eo, ante quam esset
abbas, de suis excessibus quos dicebatur conmisisse. — 4750 f. a.

168. [c. 90] mar. 17. — A dom. Gilio de Rasilia rectore Ecclesia-
rum Sancti Petri et Saneti Angeli de districtu Fulgineo....
quia dicebatur fecisse fornicationem cum Clara de districtu Ca m-

merini. — 25 fl. a.
169. mar. 22. — A Corradillo Bartolilli canonico saneti Sal-

vatoris de Fulgineo eta RodulfoMactioliGirardoni
de Fulgineo, ratione compositionis faete cum. eis super eo quod
dietum Corradillum dicebatur conmisisse adulterium cum uxore
Andree et pro excessibus conmissis per dietum Rodolfum. —
12: fila.

170. [c. 90 t.]. — A mag. Jacobo Ugolini de Montefalcone
dante pro Macthiolo eius filio, pro compositione faeta cum dicto
mag. Jacobo pro dieto eius filio, super eo quod dicebatur dictum
Macthiolum fecisse raptum euisdam mulieris vocate Ciole
filie Massii Rainieti de Montefalcone pro legitima que
debebatur in bonis dieti mag. Jacobi patris dicti Macthioli
ratione excessus commissi per eum: istrumentum habet mag. O fr e -
ducius. — 75 lib. a.

171 mar. 24. — A fr. Johanne Dialtoli monacho saneti Petri de
Bovaria dante pro se et pro quodam suo filio nomine Ceccha-
134 Ct TI. FUMI

rello monacho dicte Ecc. pro compositione faeta cum eis de ex-
cessibus conmissis per eos. — 9 7. a.

172. A domp. Jacobo Bevenuti de Eugubio monacho sancti Pe-
tri et rectore sancti Martini de Colle... super eo quod dicebatur
conmisisse adulterium cum Luminella Angelutii et fecisse
insultum contra maritum diete Luminelle. — 9 fl. a.

173.[c. 91] apr. 3. A dom. Alberto canonico Ecc. Sancti Mariani de
Eugubio.... super eo quod dicebatur conmisisse adulterium seu
fornicationem cum Ay gnanucia. — 215 fl. a.

174.A fr. Thomassucio dante pro domp. Gilio archipresbitero de
Cannario.... super fornicatione facta per eum, ut dicebatur,
cum quadam mulieri. — 3 Zid. cort.

[c. 91 t.] apr. 7. — A dom. ,Epo Asisinate... pro excessibus
suis et pro domp. Blaxio et dom. Celante familiaribus suis,
prout hee omnia apparent manu mag. Ofreducii. — 50 fl. a.
líb.apr. $. — Ab Agirono deFulgineo dante pro Andriono
Salimbenis de la Clusura clerico. . super adulterio per

eum conmisso cum Andriola. — 4 fT. a.

176.[c. 92] apr. 8. — A Bucio dom. Septempanis.... super
violatione interdicti positi per Rectorem facta per ipsum. — 2 fl. a.

177.A domp. Angelo rectore Ecc. S. Facundini districtus Gualdi
Nucerii.... super eo quod dicebatur fecisse fornicationem. — 6
fili va:

178.A Bartucio de Fulgineo domicello q. Epi spoletani
dante pro dom. Jacobo de Tignasis de Fulg.... de exces-
sibus suis. — 25 fT. a.

179.[c. 92 t.] apr. 11. — A Cinello mag. Stefani de Trevio...
super eo quod dicebatur fecisse fornieationem cum uxore cuiusdam
de Tuscia, prout apparet in processu. — 9 fl. a.

180. [c. 93] apr. 18. — A domp. Copagno Jacobucii rectore Ecc.
Sancti Martini de Passignano nucerine diocesis... super eo quod
dieebatur conmisisse fornicationem cum Johanna uxore olim

Amicoli Bernardi. — 6 fi. a.
181. apr. 20. — A domp. Jacobo monacho monasterii sancti Eutitii

de Nursia... super eo quod dicebatur fecisse falsam monetam et
de omnibus excessibus suis, prout apparet manu mag. Ofreducii.
— 4 fl. a.

182.[e. 94] apr. 22. — A domp. Thomasso de Collemancia...

| super eo quod dicebatur impedivisse familiares Curie quadam in exe-
cutione que fiebat contra bictonenses. — 3 fi. a.

133. apr. 28. — A domp. Antonio capellano et canonico S. M. foris

am EEG:
"EVIZXNE

TUNES

7

TETTE

I REGISTRI DEL DUCATO DI SPOLETO 135

portam de Fulgineo... super eo quod dicebatur fecisse adulte-
rium cum quadam muliere, secundum quod apparet in processibus
Curie. — 8 fl. a.

184. mag. 1. — A mag. Thoma Somei dante pro dom. Jacobo

abbate de Rasina et domp. Fhylippo, domp. Bartholo,
domp. Cagnolo, domp. Cente et dom. Phylippo mona-
chis dicti monasterii... super eo quod dicebatur receptasse exbannitos
et derobasse totum de Gualdo Nucerii, de quibus instrumen-
tum habet mag. Ofreducius. -- 6 f1. a.

185.[e. 95 t.] mag. 16. — A domp. Villano clerico de Eugubio.

-— 2 fl. a.

186. [c. 96] mag. 22. — A dom. Bartholo abbate de Landolina

ratione eompositionis facte cum eo generali super conmissis exces-
sibus. — 40 fl. a.

187. mag. 23. — A domp. Masseo Jacoboni et mag. Johanne

———

Meliorelli, Ciecho Francisci, domp. Mactheo Morici,
domp. Compagno Bonefidei, Mactheo Vannucii,
Puzzarello Angeloni et Petrillo Gentilis... super
crimine symonie, prout patet manu Boncagni. — 25 /L. a.,
57 $., 2 d.

188.[96 t.] mag. 25. — A domp. Simone monacho saneti Eutitii...
super multis excessibus, ut apparet manu Andreutii. — 22
lib. cort.

189. mag. 27. — A domp. Humili canonico maioris Ecc. Eugu-
bine... de excessibus suis. — 75 fl. a. :

190. [c. 97] giug. 4. — A Petrucio de Caprilia clerico S. M. de
Pasano... pro eo quod dicebatur conmisisse simoniam in bene-
fieio obtinendo, secundum quod apparet manu mag. Boncagni.
— 2 fl. a.

191.giu. 9. — A Masso familiari monasterii Sancte Clare dante pro
FranzuloJohannoni de Montefalco pro condempnatione
lata contra ipsum pro Comune Montisfalconis eo quod exces-
sit contra fortem de Montefalco, prout apparet manu An-
dreutii notarii, qui est rogatus de receptione et de excessu. —
100 s. c.

192.A mag. Andrea de Eugubio... pro quodam suo fratre pro
compositione faeta cum eo. — 43 f. a.

193. A domp. Berardo et Raynaldo clericis... — 8 /7. a.

194. [97 t.] giu. 26. — A domp. Andrea Rectore saneti Salvatoris de
vila Gabbiani, districtus Cammereni... super eo quod
136

L. FUMI

dicebatur fecisse adulterium cum. Venturella de dicta villa. —
Ovfhta.

195. [c. 88] /ug. 4. — A domp. Bartholo plebano de Mevali...

196.

191.

de excessibus suis... — 5 fT. a.

lug. i. — A Ciccharello Francisci elerico sancti Viti de
Valle sancti Angeli... super eo quod fuerat inquisitus quod
voluerat capi facere Ciechum d. Petri de Nursia, qui erat
sub protectione iurisdictionis appellationum ducalis Curie, et gene-
raliter de omnibus excessibus suis. — 24 fT. a.

[e. 98 t.] /ug. 8. — A domp. Mactheo de Monte Sancti
Martini... super eo quod dicebatur non fecisse residentiam in
sua ecclesia et de aliis excessibus suis. — 2 /7. a.

198.A domp. Ventura Raynerii rectore ecclesie. Sancti Silvestri

de Valle Cuppi super eo quod dicebatur fecisse insultum contra
quendam, prout apparet in processu mag. Boncagni et super
aliis excessibus suis. — 3 f. a.

199.4 Johanucchio Albricucii canonico Eec. Sancti Salvatoris

200.

201.

202.

208.

204.

205.

de Acqua pagana... super eo quod dicebatur fecisse insultum
et de aliis excessibus suis. — 3 f. a.

[c. 99] ug. 22. — A Macthiolo Andreutii de Spello dante
pro monasterio S. M. de Nucerio pro compositione facta cum eiu-
sdem monasterii religiosis super eo quod dicebatur innovasse contra
quandam appellationem. — 1 fl. a.

[c. 99 t.] Zug. 29. — A dom. Roecho Arnolfi de Appennino...
super conmissis excessibus, de quibus ipse erat inquisitus, et cum
domp. Johanne Buscagnoni Rectore Ecc. S. Silvestri de
Pasano et Vanne Fortini clericis dicte Ecc. et Andrea
Cani de Appennino. — 6 fl. a.

[c. 100] Zug. 29. — A domp. Leto de Forcella... super eo

quod dicebatur inquisitus de auxilio prestito cuidam homicidio et.

prout apparet manu Hermanni de Fulgineo not., et gene-
raliter de omnibus excessibus suis. — 6 f. a.

[c. 100 t.] ag. 6. — A domp. Simone Daynesis de Ylice...
super eo quod dicebatur fornicationem fecisse et generaliter de omni-
bus excessibus. — 4 f'l. a.

A domp. Recha Rectore Ecce. Sancti Vereundi de Eugubio...
super omnibus excessibus suis. — 4 fi. a.

[c. 101] ag. 8. -— A domp. Thomasso Pelagacti clerico de
Gualdo Nucerii et beneficiato saneti Laurentii de Sespor-
tolo... super eo quod dicebatur fuisse contumax in recedendo de

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I REGISTRI DEi DUCATO DI SPOLETO 191

Spello contra mandatum sibi per me facium, sicut per vicarium
ducis. — 3 ft. a.

206.[c. 161 t.] ag. 16. — Ab Alegrecto clerico de Visso... super eo

quod dicebatur violasse interdictum positum per Rectorem. — 2 f. a.

207. [c. 102] ag. 20. — Pro domp. Sabbatino Rectore Ecc. saneti Lau-
renti de Pissiano dioc. eugubina... super eo quod dice-
batur conmisisse fornicationem cum Datila de Eugubio. —
10. f1.-a.

208.ag. 21. — A domp. Frederico et dom. Ramberto, Petroc-
cho, Vitali, Petro et domp. Bonanno canonicis Ece. sancti
Angeli de Prefolio... super eo quod mandatuin fuit eis per Re-
ctorem. quod reciperent nunciüm d. Andree de Cammerino
in canonicum, qui fuerat institutus per vicarium q. Epi Spole-
tani, quod facere contempserunt et super multis processibus exinde
postea subsecutis super diversis articulis. — 25 f/. a. 10 s. cor.

209.[c. 102 t.] ag. 31. — A domp. Corrado monacho monasterii
S. Vercundi de Eugubio... super eo quod dicebatur fecisse for-
nicationem. -— 16 fl. a.

210. Pro quodam clerico vocato Masso Loli de Collemancia...
super eo quod dicebatur conmisisse fornicationem. — 3 f. a.

211.[e. 103] sett. 10. — Per domp. Johanne Benciveni de Eu-
gubio... super eo quod dicebatur fecisse fornicationem cum Amn-
nisula de Massa Trebaria. — 6 fl. a.

: 919. [c. 103 t.] sett. 24. — A domp. Andrea de Gualdo Capt. de

excessibus suis. — 8 f. a.

213. sett. 24. — A domp. Phylippo monacho sancti Eutitii... pro eo
quod dicebatur sprevisse mandatum sibi faetum quod deberet monere
alios ne parerent domp. Margarito, pendente appellatione emissa
contra ipsum. — 2 fT. a.

214. [c. 104] sett. 80. — A domp. Naccio alias dicto domp. Bonno
rectore Ecc. sancte Illuminate Eugubin e dioc... super eo quod di-
cebatur conmisisse fornicationem et dilapidasse bona Eeclesie. — 5 fl. a.

215. ott. 5. — A mag. Hermanno de Fulgineo dante pro domp.
Johanne de Flamignano... de excessibus suis. — 72 f. a.
216. 0tt. 14. — A mag. Andrea Jacobi de Eugubio dante pro

domp. Jacobo Rectore Eeclesie saneti Nicolay de Quesio ra-
tione compositionis facte cum eo super eo quod dicebatur fecisse
fornieationem eum Recula alias dieta Margarita de Eugu-
bio. — 12 fl. a. ti
217.0tt. 19. A domp. Andrea monacho monasterii Nonantule de Sa-
.Xoferrato... de excessibus suis, de quibus erat processum in

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curia, prout. apparet per manum mag. Boncagni et magistr
Thome et de aliis excessibus suis. — 4 f/. a.

218. [c. 105). — A dom. Johanne Nicole de Pale presbiterio

Ecclesie Saneti Felitiani de Fulgin... super eo quod dicebatur
celebrasse divina officia existens notorius adulter, per confessionem.
quam fecerat coram Epo fulginat. et de aliis excessibus suis.
— 12 fl. a.

219.A domp. Francisco Angeli monacho monasterii de Cam-

poriano eugubin. dioc.... super eo quod dicebatur fecisse
fornieationem cum quadam muliere, prout apparet in libris mag.

Boncagni et de aliis excessibus suis. — 70 fia.
990. ott. 25. — A domp. Marino monacho monasterii de Sitria nu-

cerine dioc. pro compositione faeta cum abbate et domp. Gui-
done et domp. Pucio monachis dieti monasterii super eo quod
non venerant ad perhibendum testimonium veritatis et cum fratre
Rainerio monacho dicti loci inquisito super quodam insultu, et
cum domp. Cello Oddoli monacho dieti loci, quia pro omnibus
supradictis fuit facta dieta inquisitio pro hae quantitate, prout ap-
paret manu magistri Ofreducii. — 22 fl. a.

21.[c. 105 t.] ott. 27. — A domp. Becco Arnoldi plebano plebis

saneti Evesti... super eo quod fecerat insultum, ut dicebatur, prout

apparet in libris mag. Boneagni. — 40 sot. cort.
222. [c. 106 t.] nov, 12. — A domp. Bevenuto Bevenuti presbi-

tero eugubin. dioc... super eo quod dicebatur fecisse fornicatio-
nem cum Ciecola Sensoli eugubin. dioc. — 4 fl. a.

993. A domp. Nicolao Johannelli rectore Ecclesie saneti Petri

de Ciesi de districtu Eugubii... super eo quod dicebatur con-
misisse fornicationem cum Consecta de dicta villa. — 13 fL. a.

224. [c. 107] nov. 16. — A domp. Johanne Munaldi de Monte

Saneti Poli... super eo quod dicebatur fecisse fornicationem
cum Nucia Francisci de Valle Sanete Marie Spole-
tane dioc. et de aliis excessibus coutentis in processibus mag.

Boncagni. — 4 ft. a.

295.nov. 19. — A mag. Raynucio Gualterii de Trevio dante

po Ugolino Massoli de Valle sancti Angeli clerico
prebendato seu canonico Ecclesie sancti Viti... quia dicebatur rece-
pisse per simoniam una cum suis collegis quosdam clericos in dicta

Eeclesia. — 10 lib. cort.
226. [c. 107 t.] dic. 8. — A mag. Andrea medico de Eugubio pro

* “eompositione faeta cum domp. Mu naldo'presbitero, factore cano-
nicorum sancti Mariani in castro Aielli eugubin. dioc. super
mL

I REGISTRI DEL DUCATO DI SPOLETO 139

eo quod dicebatur conmisisse fornicationem cum Baldella Guelfi.
— 12 fl. a. i

227. [c. 108] dic. 6. — A domp. Albertino plebano plebis sancti An-
dree de Pergula eugubine dioc.... super eo quod dicebatur
fecisse fornicationem cum Buta Buecoli de eodem loco. —
8 fl. a.

228. dic. 7. — A domp. Bonifatio priore Ecclesie nucerine pro
compositione faeta... super eo quod dicebatur fuisse contumax in
veniendo ad perhibendum testimonium super. quibusdam interroga-

tionibus tangentibus Episcopum nucerinum. — 20 fl. a.
229. [c. 108 t.] dice. 8. — A dom. Abbate sancti Eutitii de Nur-

8ia.... super eo quod dicebatur fuisse inquisitus super promotione
et electione sua factis per simoniacam pravitatem et de aliis exces-
sibus. — 150 fl. a.

250, [c. 108 t.] dic. 27. — A Comune Spelli, pro compositione. que
fuit facta eum dieto Com. super processibus factis et pro excessibus
conmissis per dietum Com. et d. Jacobum Potestatem dicti
loci in personam magistri Ofreducii et Mazzoni ae Va-
gnoli fratrum suorum usque ad tempus quo exiverunt de carcere,
secundum quod apparet in istrumento exinde: confecto per manum

mag. Hermanni. — 200 fl. a.
231. [c. 108 t.] dice. 22. — A Pucio Andrioli Gualterii clerico

de Villa Censure sive Cersure districtus Cammereni...
super eo quod dicebatur fecisse fornicationem cum Florucia
uxore Francisconi Salimbene de dicto loco. — 2 fl. a.

232. [c. 109] A Johannutio fratre domp. Accursii de Gualdo
nucerin. dioc... super excessibus conmissis per eum et per fra-
trem suum predictum domp. Accursium. — 7 fl. a.

233. [c. 111 t,] 1322. gen. 16. — A Pucio Mancini de Spello
pro compositione faeta per eum nomine dom. Raynaldi Rectoris
hospitalis sancte Lucie de Saxoferrato super eo quod dicebatur
conmisisse fornicationem cum quadam conversa dieti hospitalis et de
aliis exeessibus suis. — 8 /7. a.

284. Ab eodem Pucio dante pro domp. Gualterio Rectore Ecclesie
sancti Xpofori da Casali nucerin. dioc. super eo quod dicebatur
fecisse fornicationem cum quadam muliere, ut apparet in libris
Boncagni, et de aliis excessibus suis. — 3 /7. a.

285.A domp. Cagno Rectore Ecclesie S. M. de Monterubeo nu-
cerin. dioc. ... super eo quod dicebatur fecisse fornicationem cum
L. FUMI

quadam muliere, ut apparet efc. et de omnibus aliis excessibus
suis. — 4 fl. a.

236.[c. 111 t.] gen. 20. — A mag. Berardo de Castrobono super
eo quod fuerat officialis in Spello tempore rebellionis et contra

prohibitionem Rectoris. — 2 fT. a.
281.[c. 112. t.] febr. 3. — A Malitia domicello Ducis dante pro

mag. Francisco de Pocanestro... super eo quod dicebatur
exbannitus ad petitionem archidiaconi Fulgin. in causa civili. —
TT 0:

998. Pro quadam compositione factà cum abbate Sancti Petri de

Montemartano super excessibus suis. — 20 fL. a.
239.[c. 115] febr. 14. — A domp. Phylippo plebano plebis de Cam-

pis, districtus Nursie... super eo quod dicebatur fecisse forni-

cationem eum quadam muliere, secundum quod apparet in proces-

sibus mag. Thome not. Curie. — 4 fT. a.
240.[c. 113] febr. 27. — A domp. Jacobo rectore Ecclesie sancti Pe-

tri de Colbassano,nucerin. dioc., super eo quod dicebatur
conmisisse adulterium seu fornicationem cum Cicchura de villa
Collisalti uxore quondam Mancie de Colbassano. —
4 fia.

241.[c. 114] mar. 6. — A domp. Bonanno Rectore et clerico Ecelesie
saneti Xpofori de Silvaplana... pro eo quod dicebatur con-
misisse adulterium eum uxore Varnacie de Silvaplana. —
S. /1..d.

249.[c. 114 t.] mar. 28. — A domp. Francisco Moriconi de
Torcella spoletan. dioc. ... super eo quod dicebatur conmi-
sisse adulterium cum Divika uxore Ciechi Venuti de dieto
loco. — 2 fi. a.

243.mar. 81. A domp. Nicolao de Montesancto, ratione com-
positionis facte cum eo. — 5 fl. a.

244. apr. 5. — A Masso oblato monasterii saneti Sebastiani de Can-
nario dante pro Moricono et Petrucio Benciveni oblato
dieti monasterii et Cola Lonardi familiari dieti monasterii, pro
compositione facta cum eis super eo quod opposuerunt se cuidam
baiulo nostre Curie ducalis, cum ivisset ad citandum dietum Mori -
cum, qui dicebatur inquisitus de verbis iniuriosis et non permi-
serunt dictum baiulum accipere pignus. — 2 /T7. a.

245.[c. 115 t.] apr. 16. — A domp. Petro plebano plebis de Sel-
lano, domp. Bocchacio canonico diete plebis et domp. Cor-
rado de Roccha Alberici.... super eo quod dicebatur colle-
gisse decimas in preiudicium appellationis facte per domp. Bartho-

N

Aero NT I REGISTRI DEL DUCATO DI SPOLETO 141

lum de Roccha Alberici, districtus Spoleti, contra domp.
Corradum predictum, et quia dicebatur sprevisse mandata d.
Johannis Vicarii, ut apparet in libris Hermauni notarii. — 4 ft. a.

246. [c. 117 t.] mag. 12. — A quodam familiari seu nunctio Epi
Spoletani dante pro dieto Epo Spoletano pro com positione
facta cum dicto Epo et sua familia, super eo quod dictus Epus
dicebatur ordinasse quod sua familia caperet Ciechum d. Petri
de Nursia, pendente appellatione quam fecerat contra dictum
Epum et suam Curiam ad Rectorem Ducatus et eius officiales,
et familiares dieti p. E pi sibi obediverunt in premissis et de multis
aliis excessibus. — 2700 fl. a.

247.[c. 118 t.] mag. 19. — A domp. Jacobo Berarducii, monacho
monasterii S. M. de Appennino, pro compositione facta cum
eo de processibus factis contra eum in Curia ducali. — 8 /l. a.

248. [c. 119] giu. 3. — A domp. Simone monacho Monasterii Sancti
Eutitii de Nursia.... super excessibus- incognitis conmissis per
eum a die ultime quietationis sibi facete usque in hodiernum diem.
— 1)/, fl. a.

249.[c. 190] giu. 16. — A domp. Mactheo Jacobi de Monte
Saneti Martini.... super eo quod dicebatur insultasse Jun-
ctam Mercati de Villa Crucis. — 9 lib. et 17 sol. et 6

den. cort.
250.A domp. Ventura, plebano plebis Turini eta Vanne Fre-
derici de Villa Saneti Angeli.... super processibus contra

ipsos factis. — 7 f. a.
251.giu. 21. — A domp. Thodino Rectore Ecclesie saneti Laurentii

de Eugubio monacho Monasterii de Camporiano.... super
eo quod dicebatur conmisisse fornicationem et de omnibus suis
excessibus. — 6 f. a.

252. AbAlbertinello Archierii monacho monasterii de Cam-
poriano.... super eo quod dicebatur conmisisse fornicationem
cum quadam muliere et de omnibus excessibus suis. — 72 f. a.

253. [c. 120 t.] giu. 22. — A domp. Ubaldo Jacomelli Rectore
Ecclesie saneti Vitalis de Eu gubio.... super eo quod dicebatur
conmisisse fornicationem eum quadam muliere. — 70 f. a.

904. lug. 12. — A fratre Masseo abbate monasterii sancti Petri de
Montemartano.... super eo quod dicebatur periurasse iu re-
sponsione quam fecerat quibusdam positionibus factis ex officio in
questione quam habebat eum domp. Phylippo monacho dicti
monasterii et super aliis processibus contra eum pendentibus, si
qui erant, ut apparet manu magistri Ofreducii. — 8 7. a.
9 I. FUMI

14

255. [c. 121] lug. 16. — A fratre seu domp. Nicolao, monacho mo-

nasterii de Claserna.... super eo quod dicebatur introduxisse
quendam monachum in monasterio predicto per vim et violentiam,
et multas alias iniürias fecisse in predicto monasterio. — 23 /'. a.

256. [c. 121 t.] ug 27. — A dom. Nicolao deGualdo Nucerie...

super eo quod dicebatur renunctiasse cuidam beneficio per symoniam.
eating:

257.A fratre Petro monacho monasterii de Montesubasio....
super eo quod dicebatur celebrasse post latam sententiam excomu-
nicationis in eum. — 7 fl. a.

258.[c. 123] Ag. 10. — A Petro Berardi et domp. Johanne
Braffi de Monte Sancti Poli spoletan. dioc. ... de
processu facto contra eos. — 2 f. a.

259.[c. 193 t.] sett. 1. — A domp. Girardo, monacho monasterii
S. M. de Alfiolo dante pro quibusdam clericis deEugubio...
super processibus contra eos factis. — 47 !/, fl. a.

260. sett. 3. — A dom. Guidone d. Phylippi de Pasano, sol-
vente pro dom. Epo. Nucerino.... super eo quod dicebatur
innovasse aliqua contra Abbatem de Landolina post et contra

appellationem factam et emissam ad curiam Ducatus. — 20 fl. a.
261. [c. 194]. — A domp. Johanne Adductali Rectore Ecclesie

Saneti Laurentii de Framignano fulgin. dioc.... super
processu facto contra eum per manum Munaldi not., prout patet
manu magistri Ofreducii. — 4 fl. a.

262.[c. 194 t.] sett. 7. — A dom. Petro magistri SimonisdeMon-
tefaleo, solvente pro dom. Jacobo Andree de Spello et
pro heredibus q. Merli, ratione emptionis q. facte per dict. d.
Jaeobum de Vicecomitatu Vallistupini, per qua em-
ptione diet. d. Jacobus et Merlus promixerunt hane pecunie
quantitatem, prout de emptione dicti vicecomitatus et de promissione

diete pecunie apparet manu magistri Ofreducii. — 700 fl. a.
263. sett. 9. — A domp. Bartholo monacho monasterii de Rasina...

super processu facto contra ipsum in eo quod. dicebatur conmisisse
adulterium cum quadam muliere et super omnibus excessibus suis.
— 5 fl. a.
264. sett. 18. — A domp. Jacobo, domp. Francisco, domp. Hu-
baldo, domp. Mactheo, domp. Bono monachis, domp. Fran-
cisco converso et domp. Andrea clerico monasterii S. M. de
Alfiolo Eugubin. dioc. ... super eo quod dicebatur conmi-
sisse adulterium seu fornicationem cum quibusdam mulieribus, de

bia Sol tI
I REGISTRI DEL DUCATO DI SPOLETO 143

quarum nominibus et tota compositione apparet manu magistri
Ofreducii. — 70 fT. a.

265.[c. 195] sett. 30. — A domp. Johanne Physilippi de Ca-
stro Montis Sancti Martini, districtus Nursie,.... su-
per eo quod dicebatur abstulisse quasdam lieteras Puecarello
de Fulgineo baiulo Curie et de omnibus excessibus suis. —
8 fl. a.

266.[c. 196] ott. 11. — Ab Abraam judeo, habitatore Gualdi
Capt., solvente pro. compositione facta cum eo, super eo quod
tenebatur ire nudus eum mitria in capite per omnes Ecclesias
Montisfalconis et Gualdi Capt. et districtus eorum, ut

omnia patent manu magistri Ofreducii not. — 100 lib. cort.
267.0tt. 17. — A domp. Angelo Rectore Ecclesie S. Crucis de
Eugubio pro compositione faeta cum eo, prout ecc. — 1 fi. a.

268.A domp. Bartholo Jacobucii Rectore Ecclesie S. Felicissimi
de Eugubio.... super eo quod dicebatur fecisse fornicationem.
— 12 fl. a.

269. [c. 126 t.] ott. 24. — A domp. Masseo monacho monasterii Sancti
Bartholomei de Camporiano... super eo quod dicebatur fecisse
fornicationem et de aliis processibus, si qui essent. — 75 fl. a.

270. [c. 127 t.| dic 1. — A frate Thomassio de Mevania, dante
pro compositione facta cum Chalato Vannis de dieto loco,
super eo quod dicebatur cepisse quemdam hominem et in privato

carcere tenuisse. — 3 fT. a.

211.[c. 198 t.] dic. 14. — A domp. Thoma canonico ecclesie nuce-
rine et asisinat..., super excessibus conmissis per eum tam
cognitis quam non cognitis. — 35 fT. a.

219. A dompn. Valentino Nicole de Mevali.... super excessi-
bus suis. -. 2 fT. a.

273. [c. 129] dic. 19. — A Caccio d. Andree de Perusio Potestate
terreG ualdi Nucerii, solvente pro compositione facta cum dicto
Com. Gualdi nuc. super excessibus conmissis per ipsum Com.
et singulares personas. — 750 fl. a.

214.dic. 30. — A dom. Lello, priore Ecclesie nucerine, dante pro
domp. Andrea, monacho monasterii sancti Donati Eugubin.
dioe..., super excessibus, qui fiebant contra eum, in eo quod dice-
batur fecisse fornicationem. — 3 fl. a.

275.A domp. Paulo Gentilutii monacho.... super processibus factis
contra cum. — 3 fT. a.

276. A mag. Francisco de Colle florito, solvente pro compo-
sitione facta cum domp. Jacobo Bonore Rectore Ecclesie S.

FLUR Nue o c

D—

P
144

Xpofori de Vignano Eugubin. dioc., super. eo quod dicebatur
conmisisse adulterium cum Piccina Orlandi de Campa-

gnano. — 6 ft. a.

277.[c. 129 t.] die. 28. — A domp. Bernar do, domp. Francisco
Bricoli et dom. Guidone Rectore Eeclesie saneti Gerultii. ...
super eo quod dicebatur conmisisse fornicationem efc. — è T4:

278.[c. 1311 1323, dic. 26. — A mag. Thoma mag. Jacobi de
Gualdo Capt. pro compositione facta cum domp. Paulo Rec-
tore Ecclesie sancti Mariani Eugubine dioec. — 5 fT. a.

279. [e. 131 t.] gen. 17. — A domp. Andrea Venzoli Rectore Ec-
clesie saneti Antonii de Eug ubio de quarterio sancti Petri super
eo quod dicebatur conmisisse adulterium cum filia Alorite de
dicto loco. — 6 fl. a.

280.A domo. Ventura Bevenuti, Rectore Ecclesie saneti. Lau-
rentii de Staccano Eugubine dioc.... super eo quod dicebatur
conmisisse adulterium cum Solaneve Ugucii habitatrice Col-

lisstacgani. — 6 fl. a.

981.[c. 132 t.] gen. 25. — A domp. Francisco, priore sancti Quirici
de Bictonio..., de excessibus suis. — 200 lib. cort.

9282. gen. 29. — A Mactheo Stranii canonico Eugubino..., super
omnibus excessibus suis. — 8 f. a.

283.|e. 133] gen. 28. — A dom. Cello, Rectore Ecclesie saneti An-

dree Dani Eugub. dioc. ... super eo quod dicebatur conmisisse
fornicationem eum quadam muliere. ... et de aliis processibus, si
qui essent, contra eum factis. — 6 fi. a.

284.[c. 133 t.] feb. 7. — A Manuele judeo, habitatore Vissi....
super eo quod dicebatur dixisse et fecisse aliqua illicita de cruce.
— qf. :

285.Pro domp. Thodino monacho monasterii saneti Vercundi Eu-
gub. dioc. pro generali compositione facta cum eo super omnibus
excessibus suis. — 6 fl. a.

286.[c. 184] feb. 14. — A domp. Nicolao abbate monasterii saneti Petri
de Eugubio... super eo quod dicebatur conmisisse fornicationem
cum filia Jacobelli Jacobi. — 20 f a.

287.[c. 134 t.] febr. 22. — Lolo Gohannuri de Montefaleo...,
super eo quod dicebatur fecisse insultum contra quandam mulierem
religiosam de monasterio sancte Crucis de burgo Montisfal-
conis. — 1 fl. a. S

288. febr. 27. — A Puccipto Macthioli Girardoni de Ful-
I REGISTRI DEL DUCATO DI SPOLETO 145

gineo..., super eo quod insultasse quendam fratrem minorem et

sibi dixisse verba iniuriosa. — 2 fl. a.
289. [c. 135 t.] mar. 5. — A Massio Pelalue et Lello eius filio..,

super eo quod dicebantur percussisse dom. Blaxum Massioli de
Cannario monachum monasterii sancti Benedicti de Montesu-
basio. — 6 fl. a. et 3 lib. cort.

290. [c. 136.] mar..9. — A domp. Angelo Johannis de Fulgi-
neo... super eo quod dicebatur pereussisse quandam mulierem et
alia fecisse prout apparet manu mag. Nicole de Asisio qui ha-
bet processum et mag. Ofreducii qui habet quietationem. — 4 f/. a.

291.mar. 10. — A Cola Nutole Nigri de Cannario..., su-
per eo quod dieebatur portasse unum vas vini domp. Ofrio mo-
nacho monasterii sancti Benedicti de Montesubasio, exbannito
curie ducalis. — 4 f7. a.

292. mar. 18. — A domp. Girardo monacho monasterii Sanete Marie
de Alfiolo solvente pro domp. Angelo Morici de castro

Jomi Eugubine dioc.... super eo quod dicebatur accessisse ad
domum Ciccoli et per vim de ipsa domo extraxisse Bonuciam

uxorem dicti Ciccoli et eam carnaliter congnovisse, et quia dice-
batur conmisisse adulterium cum Nucia Angelucii uxore olim

fratris consobrini dicti domp. Angeli. — 6 fT. a.

293.[c. 136 t.] mar. 20. — A mag. Francisco Angeli de Mon-
tefalco notario.... super eo quod dicebatur quod currendo quen-
dam equum fecit cadere mag. Andream Philippi de dicta

.terra et ipsum percussisse sic quod mortuus est. — 15 fl. a.

294.[c. 157] mar. 25. — A domp. Jacobo rectore Ecclesie saneti Lau-
rentii de Poserra.... super eo quod dicebatur conmisisse adul-
terium cum quadam muliere, — 3 fl. a.

295.[c. 138] apr. 3. — A domp. Hugone plebano Ecciesie sancti Ger-

iasii de Monte sancti Hubaldi Eugub. dioc.... super eo
quod dicebatur conmisisse adulterium cum Angela Deotaiuti

de Eugubio. — 15 ft. a.
296.apr. S. — A domp. Luca monacho monasterii sancti Donati de
Eugubio. — 7 fI. a.

291. A domp. Thoma Johagnoli Rectore Ecclesie sancti Johannis
de Poserra Eugub. dioc...., super eo quod dicebatur conmisisse
adulterium cum Alluminata filia Rubei Rubee de Eugu-
bio. — 8 fi. a.

298. [c. 138 t.] apr. 8. — A Mutio Massioli de Eugubio mo-
nacho monasterii sancti Donati de Eugubio.... super eo quod
dicebatur conmisisse adulterium cum quadam muliere. — 8 /. a.
146 L. FUMI

299. A domp. Johanne de Fulgineo... super processibus contra
eum faetis. — 7 f. a.

300.apr. 13. — A domp. Januario abbate monasterii sancti Crispolti
de plano Bietonii et domp. Francisco monzcho monasterii
sancti Angeli de Limisiano... super eo quod dicebatur ipsum
domp. Januarium conmisisse adulterium cum Francischa
Accoli de Bictonio et quibusdam aliis mulieribus, et dictum
domp. Franciscum cum quadam de Castrobono. -- 70 fl. a.

301.[e. 139] apr. 25. — A domp. Francisco Bencivieni rectore
Ecclesie sancti Cristofori de Collalto, comitatus Eugub... su-
per eo quod dicebatur eonmisisse adulterium cum Nercula uxore
Guincanelli de dieto loco. — 10 fl. a.

302.apr. 27. — Pro domp. Villano de Eugubio ratione fornicationis
per eum conmisse. — 6 fl. a. et 50 sol. cort.

303. [c. 140] mag. 10. — A Mactheo Martini de Gualdo Ca-
ptan. solvente pro compositione facta cum. eo et cum domp. An-

gelo Pencoli de Gualdo super omnibus excessibus dicti
domp. Angeli super eo quod dicebatur dictum Mactheum po-
suisse rumorem in terra Gualdi contra fills Maecochi. —
6 fia.

304.[c. 141] mag. 26. — A Angelutio Juncte de Eugubio

dante nomine fratris Andree Petri monachi monasterii sancti

Bartholomei de Camporegio Eugubin. dioc.... super eo quod
dicebatur conmisisse adulterium cum Cia Oddonis de Cam-

poregio. — 72 fl. a.
305.[|e. 142] giu. 6. — A Raynutio de Costa Montis Mar-

tani, solvente nomine Compagni monachi monasterii S. Petri
de Monte,... occasione quorumdam processuum factorum contra
eum. — 10 fl. a.

306. [c. 142 t.] giu. 13. — A Mactheo Andree de Visso solvente
nomine dompn. Iohannis Egidioni de Turrita... super
eo quod dicebatur insultum fecisse contra dompn. Andream de
Casavecchia. — 4 fl. a.

307.giu. 14. — A Petro Berardi de Castro Leonis, solvente
pro absolutione dompn. Andree Romani monachi monasterii
Heremite ser Alberti pro eo quod mortuus fuit excomunicatus.
— 6 fl. a.

308.[e. 143] lug. 11. — A Mactheo de Gualdo nuc. solvente
nomine dompn. Phylip pi abbatis monasterii sancti Benedicti de

Gualdo Nue.... super eo quod dicebatur contra constitutiones

ducalis Curie substinuisse multas appellationes coram se interponi,
UU UELUT TRITT UNISRIPREC IDEEN is E

t

I REGISTRI DEL DUCATO DI SPOLETO 141

et ipsas appellationes coram dom. Vicereetore et suis officialibus no-
tificasse. — 10 fl. a.

309. [c. 143 t.] Zuglio 14. — A dompn. Bono monacho monasterii S. M.

310

311

312

31

9

314

315

316

317

de Alfiolo... super eo quod dicebatur non venisse ad perhiben-
dum testimonium super inquisitione faeta contra dompn. Thomam
Johannem Andree et Johannem Sancti monachos dicti
monasterii. — 3 f. a.

.lugl. 15. — A Lippo Cavatorte de Fulgin., solvente

nomine fratris Coli monachi monasterii Sancti Petri de Landolina
... Super eo quod dicebatur insultum fecisse contra abbatem mona-
sterii supradieti et pro aliis excessibus in inquisitione contentis. —
05 fL... a5

.[e. 144 t.] Zug. 24. — A dompn. Herculano plebano plebis de

Glocano Eugub. dioc. et dompn. Andrea Scagnoli re-
etore Ecclesie de Colle Eugub. dioc....:., super eo quod dice-
batur adulterium conmisisse, sc. primus nominatus cum Hermi-
lia Deotaiuti et secundus nominatus cum uxore Johannelli
de dicta contrata et eam tenuisse pro sua amasia et concubina. —
13 fl. a.

.ag. 4. — A dompn. Petro abbate monasterii S. Donati de Gual-
do nucer. solvente nomine prioris et monachorum et totius con-
ventus monasterii S. Crucis Fontisavellane... de conmissis
excessibus, inobedientiis et contumaciis per eos conmissis quia non
respondiderunt de fructibus dieti prioratus reservatis per d. papam

de primo anno vacationis. — 727 fT. a.

.[e. 145] ag. 11. — A dom. Ofreducio priore ecclesie S. Benedieti
de Valle, Spoletan a dioc.... super eo quod dicebatur quosdam
fruetus dicte ecclesie dissipasse. — 7 fl. a.

.[e. 145 t.] ag. 13. — A dompn. Hubaldo de Eugubio... su-
per eo quod dicebatur conmisisse adulterium cum Cristiana Bo-
nucii de dieta terra. — 6 f. a.

.[c. 146] ag. 26. — A domp. Bartholo et domp. Luca canonicis
ecclesie Vitisgrosse Eugub. dioc.... super processibus contra
eos factis. — 48 f. a.

.[e. 149] sett. 28. — A domp. Conte monacho monasterii S. Petri
de Rasina, pro compositione faeta cum eo. — 3 1/, fl. a.

.[c. 150 t.] ott. 14. — A mag. Nuto de Montefalco, solvente

pro Forte Bonacursi de Colle Vallis Else de Tusia...
super eo quod dicebatur conmisisse adulterium cum quadam mo-
nacho, ut de processu apparet manu mag. Hermanni de Ful-
gin eo. — 15 T0 0
148 | L. FUMI

318. oft. 15. — A domp. Simone Rectore Eeclesie S. Cristofori de G ro -

ctis.... super eo quod dicebatur conmisisse adulterium. cum
Annola deEugubio, ut de processu apparet manu mag. Bon-
cagnideFulgineo. — 7 f. a.

319.[c. 151] A. Juneta Accapti de Plebe Turini, solvente
nomine domp. Angeli de Nursia et domp. Vissan i de Cer-
reto.... super eo quod dicebantur conmisisse adulterium cùm
quibusdam mulieribus, ut apparet manu mag. Hermanni not.
qui habet processum domp. Angeli et manu mag. Boncagni qui

habet processum domp. Vissani. — 6 ft. a.
390. [c. 153] nov. 6. — A domp. Petro Raynalducii de Saxo-
ferrato solvente nomine Com. Saxoferrati..... pro eo

quod non venerunt in exercitum factum supra Castrulitaldi. —
50 fl. a.

321.[c. 153 t.] nov. 6. — A Puccepto Phylippi da Gualdo

Capt.... super eo quod dicebatur conmisisse adulterium seu. for-
nieationem cum Abraam judeo habitatore dicti castri. — 100 sol.
cort.

322. [c.155]. — In nomine e£c. Infrascripti sunt introitus et denari introi-

tuum qui perveneruntad manus mei Johannis de A melio cano-
nici Licchefelden. Spoletan. ducatus Thesau rarii
per S. R. E. generalis, vigore conmissionis michi facte per SS. patrem
et d. n. d. Iohannem divina providente clementia sacrosancte
universalis E. summum pontificem per licteras apost. de
censibus solutis michi Johanni thesaurario predicto, sub
a. d. a nat. m. ccc.? xvInj, ind. secunda, tempore d. Johannis
pp. xxi et subsequenter sub annis, mensibus et diebus, sicut in-
ferius per ordinem denotatur, quarum licterarum ap. de quibus
supra fit mentio, tenor talis est:

323.Johannes episeopus efe. Raynaldo de saneta Arthe-
mia canon. petragoricenm. Cappellano nostro ducatus Spo-
letani Rectori salut. e£c. Cum nonnulli ecclesiarum prelati et.
alii clerici seculares et religiosi, ecclesie, monasteria et loca, ca-
pitula, collegia et conventus exempti et non exempti, nec non
comites, barones et nobiles et alie inferioris status persone, comu-
nitates quoque sive universitates infra ducatus spoletani provinciam
constituti certum censum nobis et E. R. solvere annis singulis te-
neantur, et quam plures ex eis a longis retroactis temporibus ab
ipsius census solutione cessarent, discretioni tue per ap. seripta con-
326.

I REGISTRI DEL DUCATO DI SPOLETO 149

mietimus et. mandamus quatinus super premissis summarie, de plano,
sine strepitu et figura judicii per te vel alium seu alios diligenter
inquirens, censum huiusmodi ab omnibus et singulis qui ad ipsius
solutionem tenentur ab eo tempore quo ab eiusdem census solutione
cessarunt, nec non et in posterum usque ad beneplacitum ap. Sedis
petere, exigere cum integritate procures, illumque nostro et R. E.
nomine dil. fil. Johanni de Amelio etc. in dicto ducatu the-
saurario facias integraliter assigaari, eos ad id si necesse fuerit,
auetoritate nostra, appellatione postposita, compellendo, non ob-
stante si eis vel eorum aliquibus comuniter vel divisim a Sede ap.
sit indultum, quod interdiei, suspendi vel excomunicari non possint,
aut eorum eeclesie, monasteria, loca, civitates, terre et castra in-
terdieto ecclesiastico subici non possint per licteras ap. non facien-
tes plenam et expressam ac de verbo ad verbum de indulto huiu
smodi mentionem, Nos enim tibi inquirendi super premissis et
debitores huiusmodi census ad solvendum illum thesaurario su-
pradicto, ut premittitur, compellendi, nec non et eos a quibusvis
spiritualibus sententis, quas propterea incurrissent, quod huiusmodi
censum in statutis ad hoc terminis non solvissent, dictoque the-
saurario de hiis que ratione census prefati receperit, quitandi et
etiam absolvendi, plenam concedimus tenore presentium potestatem.
Dat. Avin. iiij non. Augusti pontif. n. an. secundo.

.[e. 156] mar. 30. — A fratre Leonardo sindico et procuratore

monasterii Sancti Pauli inter vineas de Spoleto pro vigin-
tiquinque libris cere debitis R. E. pro .xxv. annis prox. pret., que libre
cere fuerunt extimate tempore facte presentis solutionis septem sol.
et tribus den. cort. pro qualibet libra pro censu. — 9 lib. et 15
d. cort.

apr. 16. — A Francia Baractoni canon. sancti Petri
foris portam Spoletan. datas pro priore et capitulo dicte
E. pro censu debito R. E. pro viginti octo annis prox. pret. ad ratio-
nem duorum sold. luchensium per annum quemlibet, extimatis qui-
buslibet quatuor lucchensibus septem den. cort. — 4 ib. e 18
sol. cort.

[156 t.]. — A mag. Jaeobo Caldararii sindico et procuratore
monasterii Vallisglorie de Spello, dante pro dieto monasterio
pro triginta septem libris cere debitis per dictum monasterium R. E.
pro censu triginta septem annorum prox. pret. ad rationem septem
sol. et trium denar. pro qualibet libra, secundum quod valebat tem-
pore presentis solutionis, vid. unius libre cere per annum. — 13 lib.,
8 sol. et 3 d. cort.

PEST: ASI en COPI - REP A

mor
150

321.

328.

L. FUMI

apr. 17. — A sindico monasterii s. Petri de Montemartano dante
pro abbate et conventu dicti monasterii pro censu debito R. E.
pro viginti octo annis prox. pret. ad rationem duodecim lucchensium
pro quolibet viginti octo sol. lucchensium valent. — 49 sol. cort.
mag. 3. — A fratre Andrea sindico monasterii s. Donati de Pul-
piano Eugub. dioc. dante nomine dieti monasterii pro censu
debito R. E. per dietum monasterium pro viginti octo annis prox. pret.
ad rationem duorum sold. lucchensium pro quolibet anno quinqua-
gintasex sold. luechensium, extimatis quibuslibet quatuor lucchen-
sibus septem denariis cort. valent. — 4 lib. et 17 sol. cort.

3299.A d. Petro sindico et monacho monasterii s. Bartholomei de C a m-

porigio Eugub. dioc., dante nomine dicti monasterii pro censu
debito R. E. per dictum monasterium pro nonaginta annis prox. pret,
ad rationem duodecim luechensium pro quolibet anno, nonaginta
sol. lucchensium, extimatis quibuslibet quatuor lucchensibus septem
den. cort. valent. — 7 lib., 17 sol. et 6 d. cort.

330. [c. 157] mag. 5. — A sindico monasterii S. Crucis Fontisavel-

3931.

lane, dante pro dieto monasterio pro censu per ipsum monasterium
debito R. E. pro sex annis prox. pret. ad rationem trium libr. raven-
natuum pro quolibet anno, decemocto libr. ravennatuum, extimatis

quibuslibet quatuor ravennatis septem den. cort. valent. — 3/ lib.
et 10 sol. cort.
mag. 11. — A d. Paulo sindico monasterii S. Miliani de Co-

niuntalis Eugub. dioc., dante pro dicto monasterio pro censu
per ipsum monasterium debito pro .xxvirij. annis prox. pret. ad ratio-
nem trium sold. luechensium pro quolibet anno quatuor lib. et qua-
tuor sol. lucchensinm, extimatis quibuslibet quatuor luechensibus

septem denariis cort. valent. — 7 lib. et 7 sol. cort.
332. giu. 5. — A sindico monasterii S. Clare de Asisio dante pro dicto

monasterio pro novem libris cere per ipsum monasterium debitis
R. E. pro novem annis prox. pret., ad rationem unius libre per annum
quemlibet pro censu extimata qualibet libra tempore presentis so-

lutionis septem sold. cort. valent. — 3 /ib. et 3 sol. cort.
333.giu. 8. — A mag. Thoma de Spello, dante pro abbatissa et

conventu monasterii S. Sebastiani asisinat. dioc. pro sexaginta tri-
bus libr. cere debitis per dietum monasterium R. E. pro censu
sexaginta trium annorum prox. pret. ad rationem unius libre cere per

annuum, eic. — 22 lib. et 12 d. cort.
334. [c. 157 t.] ug. 31. — A Massarono Scagni, dante pro ab-

batissa et conventu monasterii dominarum S. Claudii de Fulgin.
pro extimatione vigintiquatuor libr. cere debite R. E. per dictum
I REGISTRI DEL DUCATO DI SPOLETO 151

monasterium pro censu vigintiquatuor annorum prox. pret. efc. —
8 lib. et 8 sol. cort.

339.ag. 15. — A mag. Andrea de Spello, dante et solvente pro
priore hospitalis de Parietis pro censu debito R. E. per dictum
hospitale pro octuaginta duobus annis prox. pret. ad rationem duode-
cim imperialium per annum pro octuagintaduobus sol. imperialium. —
3 fl. a. et 20 sol. cort.

386.sett. 12. — A domp. Deotallevi de Bagnara, dante nomine
abbatisse et conventus monasterii dominarum S. M. de Nucerio

iii ima re e m e aii e i, i

ord. S. Clare pro sexagintatribus libris cere quas dictum monaste-
rium R. E. dare tenebatur pro censu sexaginta trium annorum prox.
pret.,computato anno presenti, vid. pro quolibet anno unam libram
cere ad rationem sex sol. et octo den. pro qualibet libra, secundum
quod nune valent. — 2/ lib., 11 sol. et 6 den. cort.

391. 1321, mag. 10. — Ab Abbate S. Petri de Montemartano pro
censu debito R. E. pro duobus annis prox. pret. ad rationem duodecim
den. lucchensium pro quolibet anno, etc. — 3 sol. et 6 den. cort.

338. 1322, lu. 30. — A nunctio monasterii S. Claudii de Fulgin. pro
una libra eere debita pro censu R. E. pro preterito anno ad ratio-

m

nem septem sold. et sex den. per libram. — 7 sol. et 6 den. cort.

339. 1323, ag. 8. — A fratre Jolo de Fulgineo, solvente nomine
abbatisse et conventus monasterii S. Claudii de Fulgineo pro
duobus libris cere debitis R. E. per dietum monasterium pro censu
duorum annorum efc. ad rationem octo sol. cort. pro qualibet libra.
— 16 sol. cort.

340. 1324, sett. 12. — Ab Andrutio Raynalducii de Staffilo,
dante et solvente vice et nomine abbatis et conventus monasterii
S. M.de Appennino nucerin. dioc. pro extimatione sexde-
eim librarum et sex sold. luechensium, quos dicti abbas et conven-
tus et monasterium R. E. dare et solvere tenebatur pro censu censum
sexaginta trium annorum prox. pret. anno presenti conputato, vid. pro

[o4

anno quolibet duos sol. luechensium. — 20 /ib., 7 sol. et 6 den. cort.

941.[e. 158 t.]. — Summa summarum argenti et pecunie in argento re-
cepte de dicto censa est — 150 lib. et 8 den. cort. valent in flor.
a. ad vat. 3 lib. et 15 sol. et 6 den. pro quolibet flor., secundum
extimationem factam, et facta compensantione de plati ad minus et
L. FUMI

LT
cot
LO

de minori ad plus ut comuniter tune valuerunt. — 42 fl. a. et 17
sol. cort.

349. Summa summarum omnium receptorum pro dicto censu, redueta pe-

|
|
Wi

cunia et argento ad fl. a. est. — 45 fl. a. et 17 sol. cort.

343. [c. 159] In nom. ete. Infraseripti sunt introitus et denarii introituum
qui pervenerunt ad manus mei Johannis de Amelio canon.
licchefelden. Spoletani ducatus thesaurarii per SS.
patrem et d. n. d. Johannem divina providente clementia sa-
cros. universalis E. summum pontificem per lieteras ap. de
fruetibus beneficiorum que vacaverunt infra triennium reservationis
faete per dietum d. n. summum pontificem michi Johanni the-
saurarii predicto solutis sub anno d. a nativis. millesimo cec.
xx}, indicet. quarta, tempore pontificatus SS. p. et d. n. d. Johaunis
pp. xxij et subsequenter efc. Tenor vero predietarum lieterarum de
quibus supra fit mentio, talis est :

344. — Johannes episcopus' efe. mag. Johanni de A melio efc.
nostro et ap. sed. in ducatu spoletano Thesaurario sal. efc.
Dudum volentes nostris et E. R. necessitatibus utique grandibus
providere, fructus, redditus et proventus primi anni omnium bene:
fieiorum eeclesiasticorum, dignitatum, personatum et officiorum cum
eura. vel sine cura que tunc in ducatu spoletano vacabant et que
in posterum usque ad triennium vacare contingeret, etiam si apud
Sedem ap. vaearent, sicut in diversis aliis provinciis quorumdam
beneficiornm fructibus, redditibus et proventibus expressum, ex-
ceptis pro eisdem necessitatibus per licteras ap., duximus reservanda
prelatis. Ecclesiarum eiusdem ducatus collectione fructuum reddi-
tuum et proventuum eorumdem per alias nostras licteras sub certa
forma conmissa. Cum igitur dicti triennii tempus elapsum fore
noscatur, nec fructus, redditus et proventus huiusmodi nostre et
apostolice Sedis cammere fuerint assignati, discretioni tue per ap.
scripta conmietimus et mandamus, quatinus per te vel per alium
seu alios a dictis prelatis vel subcollectoribus super hoe deputatis
ab eis de fructibus, redditibus et proventibus huiusmodi, vid. quid
et quantum de singulis beneficiis receperunt, recepto computo et
integra ratione, illos per prelatos et subdelegatos eosdem et quo-
svis alios, ad quos iidem fructus, redditus et proventus forsitan
pervenissent, tibi nostro et dicte camere nomine facias integraliter

assignari, eos ad id, si necesse fuerit, per censuram ecclesiasticam,
I REGISTRI DEL DUCATO DI SPOLETO 153

appellatione postposita, compellendo, non obstante si eis vel ali-
quibus comuniter vel divisim a dieta sit Sede indultum, quod in-
terdiei, suspendi vel excomunicari non possint per licteras ap. non
facientes plenam et expressam ac de verbo ad verbum de indulto
huiusmodi mentionem, volumus autem quod eos a quibus fructus,
redditus et proventus receperis antedictos de hiis que recipere te
continget quietes plenius et absolvas.
Dat. Aven. vj Kal. feb. pontif. n. an. quinto.

345.[c. 160] giu. 2. — A Macthiolo Simonis not. et familiari
d... Epi Eugubini, dante pro dicto Epo ratione proventuum
perceptorum de beneficiis vacantibus infra triennium reservatis per

d. n. pp. seeundum conmissionem michi factam. — 253 fl. a. et
13 sol. cort.
346. giu. 3. — A domp. Bene Gentilis cammerario Epi Fulgi-

nat. et subcollectore per ipsum Epum deputato ad raccolligen-
dum fructus beneficiorum vacantium infra predictum triennium,
dante nomine dieti Epi et suo ac domp. Nicole Bonaventure
canon. Fulginate pro dictis fructibus beneficiorum que vacaverunt
infra dietum tempus triennii, ad quam summam dixit ascendere
dietus fruetus. — 38 lib. et 18 sol. et 3 den. cort.

341.[e. 160 t.] 2g. 9. — A predicto efc. quos dixit se habuisse de novo
a domp. Jacobo mag. Angeli de Salori, quia nondum sol-
verat dieto E po pro vacatione primi anni que contingerat in be-
neficio saneti Silvestri de Petacco alias dicto de Pasano, quo-
usque dieto E po mandavi et eundem monui quod de dicto bene-

ficio faceret sibi solvi. — 4 fL. a.
348. lug. 20. — A domp. Simone rectore Ecclesie sancti Ruffini de

Spello subcollectore fructuum beneficiorum vacantium in castro
Spelli et plebe Armencani et cappellis ipsius infra dietum
triennium deputato per d. P. olim Epum Spoletanum. — 56 lib.
cort.

|
|
|
|
i

2349. A domp. Johanne plebano plebis de VerchianoSpoletane
dioc. subcollectore proventuum beneficiorum vacantium in pleba-
natibus Verchiani, Sellani et Mevalis infra dietum trien-
nium reservat. per d. n. pp. per ipsum spoletan. Epum de-
putato. — 23 lib. et 4 den. cort.

250./ug. 24. — A dom. Arlocto priore sancti Silvestri de Mevania
pro proventibus quos collegit de beneficiis que vacaverunt in M e-
vania et in Montefalcone et in Trevio infra dictum

11
154 L. FUMI

triennium vigore conmissionis sibi facte per d. P. olim Epum
Spoletan. — 130 lib. cort. |

951.[c. 161] ago. 8. — A domp. Epo Nucerin. ratione fructuum per-
ceptorum de beneficiis que vacaverunt infra triennium reservat.
per d. n. pp. in eiusdem licteris ap. comprehensum in dict. d. Ep.
dioc. — 447 lib. et 18 den. cort.

359.1322, sett. 15. — A domp. Leva monacho monasterii sancte . È

Crucis Fontis Avellane Eugub. dioc. dante pro fructibus san-
eti Laurentii de Collalto nucer. dioc., quod beneficium vacavit

infra triennium in dietis ap. licteris comprehensum. — 9 f{. a.
353. ott. 17. — Adomp.JohanneRaynucgonideClarignano,

solvente pro domp. Thoma Nicole rectore Ecclesie S. M. de
Sigliano, olim subeollectore fructuum beneficiorum vacantium
infra triennium predictum in plebanatibus plebis Lucgani et
Castrilitaldi, olim per dietum d. P. spoletan. Epum
deputato. — 8 Zib., 6 sol. et 6 den. cort.

354.1323, ag. 8. — A domp. Petro de Cannario, dante .et sol- È
vente nomine Epi asisinat. ratione proventuum beneficiorum,
que vacaverunt infra dictum triennium reservationis facte per di
n. pp. etc. — 183 lib. cort.

355.1324, mar 23. — A domp. Clario monacho monasterii sancte
Crucis Fontisavellane, dante et solvente vice et nomine d.
Morici prioris maioris, domp. Rigocii prioris claustralis ac domp.
Transmundi cammerarii et omnium monachorum ipsius mona-

sterii pro fructibus ipsius monasterii primi anni quod vacavit infra

triennium reservationis facte per d. n. pp. — 625 fl a.

356. Summa summarum flor. receptorum de dietis vacantibus est. — 897
THUS o

351.Summa summarum argenti et pecunie in argento recepte de dietis
vacantibus est. — 894 lib., 19 sol. et 7 den. cort., valent in flor. a,

ad rationem 3 libr. et 18 sol. pro quolibet fl. de pecunia recepta an.
| d. m. ecc. xxJ, et ad rationem 3 lib. et 19 sol. pro quolibet flor. de
: pecunia habita et recepta an. d. m.ccc.xx1J, et ad rat. 4 lib. de
pecunia habita et percepta an. d. M.CCC.XXIIJ pro quoiibet flor.,
secundum extimationem factam da dictis florenis, facta compensa-
tione de pluri ad minus et de minori ad plus, ut comuniter value-
runt dietis annis. — 228 fl. a. et 31 sol. et 7 den. cort.
crore

————— 1

DETTE TW MESSINA

ARTI ioni 7135

RIT

iii

AUT

908.

909.

369

363.

3064.

I REGISTRI DEL DUCATO DI SPOLETO 155

Summa summarum receptorum de vacantibus, reducta pecunia ad
flor. a. est — undecim centinaria et decem novem flor. a. et trigin-
taunum sol. et septem. den. cort.

[c. 163]. In nom. etc. — Infrascripti sunt introitus et denarii introi-
tuum qui pervenerunt ad manus mei Johannis de Amelio efc.
ducatus Spoletani in spiritualibus et temporalibus Vicere-
ctoris et thesaurarii per S. R. E. generalis, auctoritate li-
cterarum apost. michi per SS. p. et d. n. d. Johannem div. prov.
Sacros. universalis E. summum pontificem trasmissarum de
decima triennali collecta et habita per Epos spoletan. ducatus
et Civ. Perusii et subcollectores eorum in eorum dioc. sub an.
d. a nat. M.ccc.xxnJ indicet VJ, tempore d. Johannis pp. xxiJ efc.
Johannes epus etc. Johanni de Amelio ec. Cum ad extirpandam
gio Gy «nowIs 1):

.[e. 164] 2323, apr. 27. — In primis ego Iohannes de Amelio

thesaurarius predictus habui et recepi mille octingentas decem
septem libras, duodecim sol. et octo den. cort. a rev. in xpo patre
d. Johanne miseratione divina Epo nucerino pro decima

collecta et exacta per eum et subcollectores suos ad hoe deputatos .

in civitate et dioc. nucerina, vid. pro primo termino primi anni
sexcentas quatuordecim libras et duodecim den cort., et pro secundo
termino dicti anni quingentas septuaginta novem lib., tresdecim sol.
et decem den. cort., et pro primo termino secundi anni sexcentas
vigintiduas lib., decem septem sol. et decem den. cort., ut patet
manu mag. Ofreducii de Spello not. valent in flor. a., se-
cundum extimationem floren. et rationem factam per mercatores,

prout florenus currit et valet. — 454 fl. a. et 32 sol. et 8 den. cort.
2.[c. 164 t.] mag. 7. — It. mille trecentas octuaginta octo lib., duos

sol. et decem den. cort. a rev. in Xpo. p. . Bartholomino mis.

div. Epo Fulginat. etc. etc. — 347 fl. a. 2 sol. et 10 den. c.

mag. 20. — It. ab Epo perusino pro decima triennali e£c. etc.

— 1,053 fl. a. et 53 sol. cort.

[c. 165] mag. 30. — It. ab Epo Eugubino etc. ete. — 1120

duc. a. et 7 sol. et hd. c.

.sett. 3. — It. ab Epo nucerino efc. etc. — 697 lib. 8 sol. et 2

deu. cort.

.[e. 165 t.] sett. 14. — It. vice et nomine fratris Bartholi Epi
Spoletan. efc. pro duobus terminis primi anni. — 966 lib. et 4

den. cort.

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156 L. FUMI -

367.It. it pro decima amborum terminorum secundi anni. -- 120 lib.

cort.
368. sett. 15. — It. pro primo et secundo terminis secundi anni.

lib., 12 sol. et 3 d. cort.

369. ott. 13. — It. nomine Epi Eugubini pro decima secundi ter-
‘ mini secundi anni dicti triennii, qui terminus fuit in festo s. Jo-
hannis Battiste prox. pret. — 1487 lib., 2 sol. et 1 den. cort.

310.[c. 166] ott. 14. — Et nomine et vice fratris Theobaldi Epi
Asisinat. efc. pro decima primi et secundi termini primi anni. —

446 lib. cort.

— 719

911.Et pro decima primi et secundi termini secundi anni. — 57
lib. cort.

319.0tt. 19. — It. vice et nomine fr. Francisci Epi Perusini
et cleri episcopatus ipsius exempti et non exempti efc. pro decima
secundi termini secundi anni. — 586 fl. a. et 12 sol. cort..

373. dic. 21. — It. nomine Epi Fulginat. et cleri etc. pro secundo
termino secundi anni. — 492 lib., 10 sol. et 8 den. cort.

374. [c. 166 t.] 1824, dic. 30. — It. nomine Epi Nucerini et cleri civit.

et dioc. nucerine, pro primo termino tertii anni. — 558 lib., 16 sol.
et 5 den. cort.

315.dic. 31. — It. nomine d. fr. Bartholi Epi Spoletan. etc.
pro primo termino tertii anni. — 433, 17 sol. et 6 den. cort.

376.gen. 9. — It. nomine Francisci Epi Eugubini efc. pro
decima primi termini tertii anni. — 1457 lib., 13 col. et 9 den. cort.

311.gen. 16. — A dom. Conte Pucii de Montefalcone canon.
Urbinat. vicario rev. p. d. fr. Francisci Epi Perusini etc.
primi termini tertii anni. — 2,366 lib. et 11 den. cort.

378.[c. 167] gen. 16. — It. nomine Bartholomini Epi Ful-
ginat. efc. pro primo termino tertii anni. — 482 lib., 15 sol. et

1 den. cort.

319. A dom. Nicolao Vicario r. p. d. Theobaldi Epi Asisinat.
elc. pro primo termino tertii anni. — 401 lib., 12 sol. et 10 den.
cort.

380. gen. 20. — It. It. etc. ultimi termini. — 400 lib. et 16 sol. cort.

[e. 167 t.] Summa summarum omnium receptorum de dieta
decima, redueta pecunia et moneta recepta ad fl. a. est. — 7,168
fl. a. et 502 sol. cort.

1381. [c. 168]. — Item an. d. a. nat. m. cec. xxrj, ind. septima, tempore d.
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I REGISTRI DEL DUCATO DI SPOLETO 157
Johannis pp. xxij, et die secunda mensis aprilis et in supradi-
dicto loco et presentibus dictis testibus, idem d. Johannes rector
predictus dedit et assignavit eidem una cum dieto libro seu cartu-
lario quamdam artam bombicinam sibi d. Johanni rectori
assignatam et datam per Francolum infrascriptum et scriptam
per dietum Franculum qui legalissimus reputatur, in qua dixit
contineri quosdam denarios ad manus dieti d. Johannis recto-
ris perventos de fructibus et censibus beneficiorum quorundam
clericorum suspensorum de Asisio et Spoleto, quos recipi fe-
cerat per Francolum mercatorem de Montefalcone predi-
etum vigore licterarum apost., quarum tenor talis est: Johannes
epus etc. Johanni de A melio ecc. Cum nonnulle persone Eecle-
siastice (u£ supra Cum nonnulli ecclesiastici, v. n. IIT, 61).

Tenor vero dicte carte talis est:
Die xij de febraiu.

382.Masseolu de Girallo pagone
per messer lu ducha per .Ixxij.
coppe de grano per Saneti Andrea
de'Gallu-. . ... 5. ms Uem SRVIIJAGO CERVIA SOL:
383.Item die .xv. de febraiu Petri
d'Amatu et Petri d'Andrio-
lIucda Simisianu.pagarne ...—. 01. VII
884. Item die iij de marzo Petrucco
deser Nicolaetser Alexandro
de ser Gilio et heredi de Pucco
dePuccorudabBevagnepagarne, . i... 53.1: XHIJ4den.
385.lItem die .vinj. de marzo Cagnu
de Petriolu dePasquadaBe-

VW pagone;.,...". on I NE SD TT OIHEOET
386.Item Petrueco de Francho
da Bevagnéè pagone. . . QUA SES aa pea FA ENSURE ASCLETÙ

387.[c. 169 t.] — Item Vagni de
Spinellu da Bevagne pa-

RODO WD MULA ANNI p VM SIC N VII 800:
! 388.Item Massio de Puccuru da
Bevagne pagone. . . Wu gp DR MD pU IEEE

389.Item Paulu delu Magistru da
Valdo pagone per Salvuru de
Giliueco du Valdo per octo
coppe et med. de grano. . . . . . .vJ lib. et 7 sol. el vi den.
158 L. FUMI
390.Item lu dietu Paulu pagone per
Petri de Venuturu da Valdo
per .xj. eoppe de grano .
391.Item pagone lu dictu Paulu per
Colu de Fucturillo da Val-
_ do per .ij. coppe de grano . . .
392.Item pagone lu dictu Paulu per
Franciscu de Thomasso da
Valdo per .ij. coppe et med. de
Drano .,;.- UO da RUE
393. Item pagone lu dictu Paulu per
Paulu deJohanillu da Val-
do per .j. coppa et med. de grano
394.Item pagone lu dictu Paulu per
Pitrueco de Benciveni du
Valdo per .xj. coppe et .j. quart.
de grano . . 1 :
395.Item pagone lu dictu Pauli per
Persechone de Thembal-
dueco da Valdo per.xj. coppe
de-grano:--..- ;...- AR
396. Item pagone lu dictu Pauls per
Cicchulu deThembalducego
da Valdo per .ij. coppe et .j. quart.
de grano. . .

391. [c.170.]Item pagone lu dictu Pai Ti u
per Polillu de Massuru da
Valdo per, .xiiij. coppe de grano .

398. Item pagone lu dictu Paulu per
Bartholilla d'Andriolu da
Valdo: per .v. coppe de grano

Somma —

ni Jib. et x sol.

IHJ lib. et x sol.

. . XXXVIIJ sol. et VI den.

XXIJ sol. et vJ den.

viiJ Jib. vini sol. et vuiJ den.

. vnJ lib. et v sol.

qiJ sol. et VIIIJ den.

VOULU UNA D CUR sol.
: nJ Zid. xv sol.
144 lib., 6 sol. et 7 den.

Falca summa in .x. lib. que sunt ultra quam debeant.

Di .xj. de marzo.

399.Massio de Carlevale da Be-

vagne pagone
400.Vagni de Puecurru

dietu

Tambone da Cavallere pa-

gone per .vj. coppe de grano.

401.It. die .xx17. de marzo Jolu de

. vinuJ den.

.

iiij Jib. et x sol.
I REGISTRI DEL DUCATO»: DI SPOLETO 159

Ceccole d' Asisi pagone per
ser Thomasso de messer G il-
lo calovachu de saneti Roffino . . x fl. d'oruet xx soldi de curton.
402.It. die .xximj. de marzo Angno-
lueco de Jacopo pagone per
ser Vintura calonachu de san-
cti“Roffino. d'Asisi. «; . 0 Li FXX lib. de. cortonisi.
Somma de tucte le somme — 208 lib. et 17 sol. et 4 den.
Falca summa in .x. lib. que sunt ultra quam debeant.

408.[c. 171] 2324. — In nomine efc. An. d. m. ccc xxmrj, ind. vu,
tempore d. Johannis pp. xxij et die undecima mensis julii. Actum
apud plebem S. Fortunati Spoletane dioc. presentibus mag. Petro
Graneet Raymundo de Garriga testibus ad hec vocatis et
rogatis. Rev. v. d. Johannes de Amelio ecc. ducatus Spo-
letani in spiritualibus et temporalibus Rector por S. R. E. ge-
neralis, d. Petro Maynadeete. dicti ducatus thesaurario
presenti ibidem, assignavit se post redditam et assignatam rationem
eidem d. Petro thesaurario omnium introituum et expensa-
rum receptorem et factarum per undem d. Johannem Reetorem
dum thesaurarie officio fungebatur in dicto ducato recepisse infrascri-
ptos denarios et quantitates inferius per ordinem denotatos de reliquis
que restabant de compositionibus infranominatis particulariter, et
distincte per eum olim factas dum dietum tesaurarie officium exer-
cebat, quorum denariorum receptionem fecit ex causis in ipsorum
receptione descriptis. Qui denarii recepti post dietam asignationem
seripti erant in quodam quaternulo sive cartolario cartarum bam-
bacinorum tenoris et continentie infrascripte:

404.In nom. efc. Infrascripti sunt quidam denarii restantes ad solvendum
de quibusdam compositionibus olim faetis per r. v. d. Johannem
de Amelio etc. habiti et recepti per eundem d. Rectorem post
adventum d. Petri Maynade efc. et post redditam, traditam et asi-
gnatam rationem per dictum d. Rectorem eidem d. Petro
Thesaurario eorum que receperat et expendiderat, dum idem
d. Johannes Rector iu dicto ducatu thesaurarie officio funge-
batur ab hominibus et personis et ex causis inferius denotatis efc.

405. [c. 172) giu. 27. — A dorp. Angelo rectore Ecclesie S. Facundini,
districtus Gualdi nucerii qui restabat ad solvendum de qua-
dam compositione facta cum eo super eo quod dicebatur fecisse
fornicationem cum quadam muliere, de qua apparet in registro in-
160

406.

401.

L. FUMI

trituum camere ducatus per ipsum facto sub an. d. m. ccoC.xxj,
ind. iiij, et die x mensis aprelis, que quedam compositio facta fuit
pro .vij. fl. a. et non solverat nisi dumtaxat sex fl. a. ut patet in
dieto registro. — 1 fL. a.

[c. 1729] t. Zug. 10. — A domp. Petro Bartholucii de Can-
nario, dante et solvente nomine et vice Johannis Cole Boni-
scagni mercatoris de Perusio et sociorum suorum, quos dieto
d. Johanni dare et solvere tenebantur et promiserant pro com-
positione olim faeta cum domp. Jacobo abbate monasterii s. Petri
de Rasinanucerine dioc., domp. Philippo, domp. Conte,
domp. Burgaro, domp. Ugolino, domp. Nicola Petri,
domp. Bartholo et domp. Mactheo monachis dieti monasterii
et domp. Bene rectore Ecclesie S. M. de Frecto et domp. Cioni
rectore ecclesie .S. Lucie de Com perse to super excessibus conmissis
per eos, ex qua compositione, que fuit facta per centum flor., d.
Franciscus Odducii de Perusio una cum socio suo, qui
tractaverunt dictam compositionem, habuerunt decem flor. a., secun-
dum declarationem factam, per d. Raynaldum tunc rectorem
et dictum d. Johannem tunc thesaurarium, que fuit
conmissa in manibus ipsorum ad hoc ut meliorem compositionem
facerent in utilitatem camere, prout patet manu mag. Ofreducii.
— 90 fl. a.

[c. 173] Zug. 10. — A Rubro deCollemancia dante pro domp.
Thoma Petrioli de Collemancia restantes ad solvendum
de quadam compositione facta cum eo, de qua apparet in registro
introituum ducatus per ipsum facto sub an. d. m. ccc. xxj, indict.
mij tempore d. Johannis pp. xxij, die xxrj mensis aprelis, que
quidem compositio fuit facta pro viij fl. a. et non solverat nisi dum-
taxat tres fl. a., ut in dicto registro apparet. — 5 Y. a.

408. [c. 176] 23:25. — In nom. efc. a nat. millesimo ccc? xxv°, ind. virj

tempore d. Johannis pp. xxij die xxvmj mensis maij. Fulgin.
in palatio canonice fulgin. in camera infrascripti d. Rectoris,
presentibus Guillelmo de Podiocervi, mag. Petro Puc-
curi de Montefalcone et Angelono Angeli testibus.
Rev. v. d. Johannes de Amelio etc. Ducatus Spoletani
in spiritualibus et temporalibus Rector per S. R. E. generalis
ac super exactione fructuum beneficiorum clericorum suspensorum
de Asisio et Spoleto ac bonorum omnium rebellium de Spo-
leto Camere R. E. confiscatorum commissarios a Sed. ap. deputa-
tus, diligenter considerans et actendens licteras ap. eidem ac d. P e -
I REGISTRI DEL DUCATO DI SPOLETO 161

tro Maynade etc. eiusdem ducatus thesaurario pridie
directas a SS. p. et d. n. d. Johanne div. prov. pp. .xxIj. teno-
ris et continentie infrascripte cum dicto thesaurario computavit et
eidem rationes reddidit assignando cartularia sive libros, secun-
dum formam inferius denotatam, quarum licterarum, de quibus
supra fit mentio, tenor talis est:

409.Johannes Epus etc. Johanni de Amelio etc. et Petro
Maynade etc. Jura nostra (uz supra, v. n. I, 166).

n
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|
L
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f
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{
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i
|
|

410. [c. 177) 2324. — Infrascripti sunt denarii habiti et recepti efc. ab
hominibus et personis solventibus pro beneficiis et ecclesiis ac occa-
sionibus aliis infrascriptis. efc. sub. an. d. m. ecc. xx}.

411 nov. 20. — Ab Ambrosio de Perusio, dante et solvente vice
et nomine Adguatuli Coli de Tuderto pro compositione
facta cum eo super eo quod dictus d. Johannes rector et
commissarius repeteret, auctoritate sibi concessa, certos dena-
rios, quos audiverat fuisse depositos penes dictum Adguatulum
per Bondunum Gaudentis de Spoleto exbampnitum et
rebellem R. E., licet quantitatem ignoraret, etipse Adguatulus
dicebat se non teneri, pro eo quod bona mobilia sive nomina rebellium
de Spoleto erant concessa auctoritate ap. occupantibus, et ipse
occupaverat ut dixerat in iudicio et extra auctoritate predicta, pro-
pter quod dietus d. Johannes Rector et commissarius
pro R. E. ad compositionem descendit, ut de compositione constat
manu mei Andree de Spello not. — 11 fl. a. et 40 sol. cort.

419.nov. 17. — A domp. Petro de Cannario subcollectore fru-
ctuum benefieiorum clericorum suspensorum da Asisio per ipsum
d. Rectorem et commissarium deputato pro ducentis xxvij
rasenis grani ad mensuram Com. Asisii per eum de dictis fru-
ctibus exacti ac per eum venditi de mense augusti prox. pret. ad
rationem xxv sol. pro ras., quod granum dictus domp. Petrus
auctoritate et ex commissione sibi per ipsum d. Rectorem facta
exegerat a laboratoribus terrarum et possessionum beneficiorum
clericorum de A sisio suspensorum. — 280 lib. et 15 sol. den. cort.

413.It. a dicto domp. Petro pro .Iviij. salmis vini ad salmam magnam
Com. Asisii per eum venditi de mense novembris ad rationem
.XXxV. sol. per salmam, quod vinum efc. exegerat a laboratoribus vi-
nearum et possessionum beneficiorum etc. — 75 lib. et 8 sol. cort.

414. [c. 177 t.] 1325, gen. 25. — A Nuto Gregorii et Milia-
L. FUMI

nucio d. Francisci de Nursia dantibus nomine Com.
Nursie et pro emptione per eos facta de bonis mobilibus et
nominibus Angelieti Pellicgonis et Provenzani Ven-
turelli exbampnditorum de Spoleto asserentibus in iudicio et
extra bona fuisse occupata tanquam rebellium, auctoritate apost.
lieterarum concedentium dicta bona et nomina occupantibus. —
160 fl. a.

415.A Petrutio d Cellis dante vice et nomine domine Egidi

uxoris q. Jacobi Regogloni de Spoleto, Cole Gente-
lieti et Regogloni olim filiorum dieti Jacobi pro compo-
sitione facta cum eis super eo quod cum dictus d. Johannes Re-
ctor et conmissarius repeteret bona que fuerunt dieti Jacobi
ac etiam nomina dicebatur in judicio, et extra ipsa fore occupata per
dietam d. Egidiam ac per multos alios virtute licterarum apost.
concedentium bona mobilia ae etiam nomina rebellium occupantibus,
propter quod dicebatur dietam dominam, nec alios in aliquo non te-
neri, et ideo dictus d. Johannes condescendit ad compositionem,
de qua constat manu mei Andrei not., vid. de summa cl. flor. —
103 fl. a.

416. mar. 7. — A relig. v. domp. Vietorino abbate monasterii S. P e -

tri de Asisio, dante et solvente nomine suo et vice et nomine
monachorum, capituli. et conventus dicti monasterii S. Petri
pro compositione et venditione cum eis facta de omnibus fructibus
per eos perceptis usque in hodiernam diem de dieto monasterio, qui
ad R. E. spectabant, occasione late suspensionis sententie in eos ra-
tione violationis interdicti positi in Civitate Asisii etc. —
165 fl. a. et 11 sol. cort.

417.mar. 16. — A mag. Marcho de Castrolitaldi pro composi-

tione facta cum eo vice et nomine Piloni Blaxij de Spoleto
super eo quod ipse Palonus dicebatur fuisse obligatus in centum
fl. Angelieto d. Petri ducalis Curie exbampnito, et ipse Pa-
lonus asserebat se non teneri pro eo quod ostendebat instrumentum
quietationis facte per Angelictum de dicta quantitate et etiam
asserebat quod dieta quantitas fuerat occupata per uxorem dieti
Angelicti. — 27 fl., 54 sol. cort.

418 [c. 178] mar. 21. — Pro extimatione bladi soluti per.... coptimarios

et laboratores terrarum et possessionum Ecclesie S. Bartholomei de
Fraeta Episcopi confiscati Camere R. E. propter suspensionem
et suspensionis sententiam latam contra et adversus Rectorem dicte
Ecclesie S. Bartholomei occasione violationis interdicti positi in Civ.
Spoleti pro anno prox. pret. — 474 lib., 8 sol. et 9 den. cort.
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I REGISTRI DEL DUCATO DI SPOLETO 163

418.apr. 22. — A Petro Jacobi Scagni de Villa Egii pro
compositione faeta cum eo super eo quod dictus Petrus dicebatur
| fuisse obligatus in sexdecim flor. Angelieto d. Petri duca-
lis Curie exbampnito, et ipse Petrus asserebat se non teneri, pro
eo quod ostendebat instrumentum quietationis facte per ipsum A n g e-
lictum de dicta quantitate. — 3 f. a.
419.ag. 9. — A d. Ay merico de Rogesio, quorum solutio fuit
illo tune expleta a Consilio judeo, habitatore terre Mevanie,
| solvente pro se et aliis Judeis conmorantibus in ducatuSpoleti
occasione licentie et securitatis per ipsum d. Reetorem dudum
date eisdem Judeis standi et morandi in quibuseumqne terris et

1
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|
|

locis ducatus, ac eundi et transeundi per totam dietam provinciam
libere et secure in personis et rebus. — 760 fT. a.

420.[c. 178 t.]. — A fratre Jolo mag. Massei de Fulgineo de
oblationibus per eum collectis et habitis de mense martii in ecclesia
S. M. de pede Trevii ac per domp. Leonardum de Trevio
presbiterum ab uno anno citra, cuius ecelesie fuerant rectores et
beneficiati certi clerici de Spoleto suspensi propter violationem

interdicti positi in Spoleto. — 27 lib., 18 sol. et 8 d. cort.
421. mag. 24. — Pro extimatione .LXvIj. cupparum et trium quarten-

gorum grani ad mensuram Com. Gualdi Capt. solutarum
per... eoptimarios et laboratores terrarum et possessionum pre-
bendarum eeclesie S. Andree de Gualdo, Macthiucii abbatis
et Moriconi Herrici clericorum de Spoleto ab officiis et
beneficiis propter violationem interdicti positi in Spoleto suspenso-
rum prebendatorum in dicta ecclesia S. Andree, pro coptimo sive
laboricio dictarum possessionum an. d. millesimo .CCC. xxIj, vid: ad
rationem .xrrj. sol. pro qualibet cuppa. — 49 lib., 16 sol., 6 den. cort.

492. Summa summarum predictorum introituum facta reductione ad flor.
computato flor. pro .niJ. or. lib. et .xiJ. den. cort., sicut valor est.
— 740 fl. a., 20 sol. et 11 den. cort.

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L. FUMI.
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165

ANALECTA UMBRA

F. Filippini prosegue, negli Studi storici del prof. A. Crivellucei
(vol. VII, fase. IV) il suo studio per La riconquista dello Stato della
Chiesa per opera di E. Albornoz (1353-1357). « Il prospero successo
della guerra del Patrimonio decise anche le sorti dell’ Umbria, e la ca-
duta del Prefetto trasse con sè quella di altri piccoli tiranni che si vede-
vano impotenti a resistere da soli alle armi vittoriose del Cardinale.
La gran società non aveva poi reso del tutto un cattivo servizio all'Al-
bornoz devastando sul principio del giugno i luoghi ribelli dell’ Umbria
e specialmente il contado di Spello, intorno a cui diede più battaglie,
a richiesta del vescovo di Foligno, senza riuscire però ad impadronir-
sene. Egidio approfittò subito delle tristi condizioni in cui Spello si
trovava per ordinare al Rettore del Ducato di muovere contro la città,
e gli mandò anche quattro bandiere di cavalieri col maresciallo del Pa-
trimonio; dopo sei giorni di guasto continuo, gli abitanti si arresero.
Intanto i fuorusciti di Gubbio richiesero aiuto all’ Albornoz contro Gio-
vanni Cantuccio. Egidio fece subito formare il processo contro lui ed i
cittadini ribelli, e mandò ambasciatori per esortarli all’ obbedienza,
prima con le buone, poi con minacce; ma perchè risposero evasivamente,
di nuovo mandò il conte Carlo di Dovadola con sei bandiere di cavalieri
per combattere il tiranno se avesse resistito. Il Gabrielli, privo di denari
e senza gente d'armi da potersi difendere, odiato dai cittadini dentro
e senza speranza di soccorso dal di fuori, perchè Perugia gli era nemica,
e l’ Arcivescovo di Milano più non poteva sostenerlo, si dispose all’ ac-
cordo, e, dopo alcuni trattati, restituì liberamente al conte di Dovadola
il dominio della città, la zona, il palazzo del Comune e le chiavi delle
porte. A dì 8 di luglio Carlo di Dovadola entrò in Gubbio, ne prese la
signoria a nome della Chiesa e fece ritornare pacificamente tutti i fuo-
rusciti che erano ben quattromila, esclusine solo venticinque, tra i quali
Giacomo Gabrielli « perchè era grande e sentia del tiranno ». Il ritorno

Sin it el mn i a

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|
166 ANALECTA UMBRA

di questi fu riserbato all'arbitrio del cardinale Albornoz. Giovanni Can-
tuccio si presentó poi al Legato in Orvieto per essere assolto dalla sco-
munica, e rimase presso di lui; il conte di Dovadola fu nominato da
Egidio vicario di Gubbio per sei mesi. La città fu riformata secondo
l’antica costituzione, cioè a libertà di popolo ».

Abbiamo riferito testualmente queste cose, perchè riferiscono parti-
colari nuovi. L'a. prosegue a parlare della forma e degli atti del nuovo
regime, valendosi degli studî del Mazzatinti; e accenna a Terni e a Narni
riconciliate con la Chiesa da Enrico di Sessa, nominato paciaro e rifor-
matore per comporre le discordie fra i cittadini. Rieti si arrese (7 nov.
1354), confessando di avere aderito per paura ai reali di Sicilia, Ludo-
vico e Giovanna; Norcia si sottomise e dovè pagare per la composizione
con la Camera 10,000 fiorini, 1000 de’ quali furono destinati alla costru-
zione di una rocca in Montefalco. Più difficile divenne l’ opera di Egidio,
quando, procedendo nella conquista, si trovò necessariamente ad urtare
contro gli interessi di Perugia per ragione di Spoleto e di altri luoghi,
sui quali l’ accorta e potente città vantava diritti di dominio più o meno
legittimo. Anche Gualdo e Bettona vennero all’ obbedienza nel 1355 e
furono dichiarate appartenenti direttamente alla Chiesa con grave mole-
stia dei Perugini: lo stesso non si può dire per Assisi che non fu tolta
dalla giurisdizione di Perugia. « In conclusione la provincia del Ducato,
più che sottomessa, poteva dirsi semplicemente pacificata : Egidio si con-
tentò di ricevere il giuramento di fedeltà dai signori e dai sindaci dei
Comuni, non dalle singole persone, il che avrebbe importato una sog-
gezione peculiare. Non volendo crearsi per allora imbarazzi, rispettò i
privilegi e i diritti in vigore ». I .due capitoli (IV e V) di questa pun-
tata sono interessanti per la storia dell’ Umbria, del Patrimonio, di Roma
e della Marca per nuovi particolari di fatti, e per opportune considera-
zioni storiche sul carattere della conquista dell’ Albornoz e sulle condizioni
del popolo.

Il volume XII delle Memorie storiche della città e dell’antico Ducato
della Mirandola, pubblicate per cura della Commissione municipale Mi-
randolese di storia patria e di arti belle, contiene la serie Dei Podestà,
dei Luogotenenti, degli Auditori e dei Governatori del Ducato stesso, cor-
redata di notizie e documenti dal sae. Felice Ceretti (Mirandola, Grilli,
1898; in 8, pagg. XXIII-205). Tra i Potestà notiamo: 1482, Brandelli
Giacomo da Gubbio: 1626 e 1630, Farnetto Camillo da Perugia. Di
Lazzarelli Gianfrancesco da Gubbio, Auditore, si ritesse la biografia;
anzi il Ceretti ristampa qui (pag. 96 e seg.) quanto n'avea scritto nel
volume VII delle Memorie mirandolesi, pag. 120 e seg., con giunte di

/— ANALECTA UMBRA 161

particolari dedotti da l'Arcadia di mons. Isidoro Carini (vol. I; Roma,
1891).

Sarà prossimamente effettuato il voto che A. G. Spinelli espresse
nel numero 17 del Bwullettino dell’ Istituto storico italiano, di pubblicare,
cioè, l’ Epistolario di L. A. Muratori. All'opera faticosa e grandiosa si
aecinge Matteo Campori, che, intanto, agli istituti scientifiei (agli Ar-
chivi, alle Biblioteche, alle R. Deputazioni di storia patria, alle Acca-
demie ecc.) fa preghiera perché con comunicazioni di lettere del sommo
storico gli rendano piü facile e sollecita l'attuazione di quel voto. Quali
e quanti furono i eorrispondenti col Muratori, quante lettere, sinora note
e di quali anni, a lui furono indirizzate, deducesi dall’ Elenco generale
ch'egli ha compilato ed ora ha pubblicato (Epistolario di L. A. Mura-
tori edito da M. Campori; Modena, 1898; in 4, pagg. VII-58 e 28):
nell' Umbria ebbero corrispondenza col Muratori, frate Daniele Felice
Donati (Assisi ; 1726-42), Dionigi Andrea Sancassani (Bevagna ; 1703-36),
Giovanni Ottavio Bufalini (Città di Castello; 1727), can. Antonio Giro-
lamo Cristiani (ivi; 1723-24), Giustiniano Pagliarini (Foligno; 1712-38),
G. B. Boccolini (ivi; 1725), d. Bernardo Cretoni (ivi; 1730), Nicola Gen-
nari (ivi; s. d.), Durestante Natalucci (ivi; 1745), Pietro Vitelleschi (ivi;
1742 49), Marcello Franciarini (Gubbio; 1731-38), frate Antonio Prosperi
(ivi; 1749), Antonio Vannoni (ivi; 1743), Fabio Alberti (Perugia; 1740),
Orazio Baglioni (ivi; 1720-25), Carlo Bruschi (ivi; 1733), Enrico Enriquez
(ivi; 1731-49), G. A. Guidarelli (ivi; 1701-4), Filippo Meniconi (ivi;
1722-28), Nicolò Montemellini (ivi; 1701-17), frate Angelo Filippo Poz-
zetti (ivi; 1743), Vincenzo Vincioli (ivi; 1724-42), il Vescovo di Perugia
(ivi; 1104-6), can. Giovanni Da Sauli (Spoleto; 1746), d. Andrea Semas-
sani (ivi; 1781), Carlo Veggi (ivi; 1729), il Vescovo di Spoleto (ivi;
1725-26', conte Ferdinando Cittadini (Terni; 1633 36), Nicola Gennari
(Trevi; 1744).

Del Museo topografico dell’ Etruria che nel 1879 fu trasportato dalla
Galleria degli Uffizi nel palazzo della Crocetta e ne venne affidata la cu-
stodia al dott. L. A. Milani, discorre Gherardo Ghirardini in Afene e
Roma, a. I, numero 4 (luglio-agosto 1898). Tra le città « cui spettano
le più copiose e cospicue raccolte » del Museo, al quale il Milani applicò
il metodo topografico, è Chiusi, di cui « abbondano i monumenti dell'età
arcaica e classica dell’ Etruria ». Ma nel Museo non è rappresentata Pe-

rugia con molte altre importanti città: però (nota il Milani nel discorso.

sul Museo topografico dell’ Etruria; Firenze, Bencini, 1898) « l’idea in-
ANALECTA UMBRA

Li

formatrice del museo topografico è ormai palese; la trama c’è; i fili
della tela mancano; devono venire ».

Malgrado il nostro desiderio, espresso in questo 202. III, 386, a
proposito del vol. I della Enciclopedia dantesca del dott. G. A. Scar-

tazzini, nel vol. II (Milano, Hoepli, 1898), sotto il nome Oderisi sono

ripetuti gli errori da noi rilevati; non vi é detto, cioó, che anche nel
1269, oltre che nel 63 e nel 71, egli era a Bologna, né v'é tenuto
conto del dubbio serio sulla sua andata a Roma, dove, secondo lo S.,
egli mori nel 99. Ed é pur ripetuto dal Commento (Milano, 1893) che
« due messali miniati, di gran valore, nella canonica di S. Pietro di
Roma, si credono opera sua »: se opera sua o d'altri siano quelle mi-
niature, vedi il vol. cit. di questo Bo//., dove son riferiti i giudizi del
Crowe e Cavalcaselle e del Rhoele che le attribui ricisamente a Pietro
Lorenzetti. — Sotto il nome Udaldo, cioè del Baldassini vescovo di
Gubbio (efr. Paradiso, XI, 44), è confermato l'errore che noi notammo
Sotto la voce Colle (efr. Boll. cit.): « È nominato come eremita sul pen-
dio del Monte Subasio tra i due fiumicelli Tupino e Chiascio » : s'in-
tenda che per il dott. S. «:Il colle eletto del beato Ubaldo » è il
monte d'Assisi, che lo S. a pag. 1336 chiama Sobasto /

Nel vol. degli Studî di Diritto italiano (fa parte dei tre voll. di
Studii giuridici dedicati e offerti a Ir. Schupfer mella ricorrenza del
XXXV anno del suo insegnamento ; Torino, Bocca, 1898), a pag. 153-174
(Estr. di pp. 22) è una memoria del prof. Pietro Rossi su La lectura
Dantis nello Studio senese, corredata di sei documenti sulla nomina e
conferma di maestro Giovanni di ser Buccio da Spoleto (1396-1445) « ad
docendum gramaticam, rhetoricam et pohesiam ». Cfr. la Rass. bibliogr.
della lett. ital., VI, 7, pag. 216, ove notasi che « i documenti pubbli-
cati in questo scritto danno nuovi ragguagli intorno al fatto e alla per.
sona del Lettore, che poté aver fra i suoi uditori nella spiegazione di
Dante san Bernardino ed Enea Silvio Piccolomini, poichè 1’ insegna-
mento di m. Giovanni si protrasse fino al 1445, quando per vecchiezza
chiese ed ebbe il meritato riposo con 30 fiorini « pro elimosina et sub-
stentatione ». Cfr. la rassegna bibliogr. di Mario B. Paoli in Arch.
stor. ital., disp. 4^ del 1898.

Della Famiglia della Torre di Gubbio dà Cenni storici e Y albero
genealogico Asterio Agostinucci in un opuscolo edito per nozze Della
Torre-Balducci (Gubbio, Bagnoli, novembré 1898). Le più remote notizie,
secondo una cronaca, che la stessa nobil famiglia conserva, risalgono

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ANALECTA UMBRA 169

all'ultimo decennio del secolo XVI: essa conta tra i suoi più cospicui,

che le dierono lustro ed argomento di lode, Consoli nel sec. XVII, e,
in seguito, Podestà e cittadini benemeriti e dotti. Per Ja illustrazione
storica delle maggiori famiglie di Gubbio i Cenni dell’ Agostinueci sono
un esempio notevole ed un contributo di pregio.

Per Tommaso Morroni reatino sono da vedere lo studio di A. Ber-
toldi (nell’ Archivio stor. per le Marche e VUmbria, IV, 49 e segg.) e
di F. Gabotto (ivi, 628 e sgg.), le Ultime vicende sue, narrate dal Ghin-
zoni nell’ Arch. stor. lombardo, XVII, 42 e segg., ed anche gli Altri
documenti che a lui si riferiscono ed il Gabotto pubblicò nella Jibi.
delle scuole ital., V, 25 e sgg. Ora A. Segarizzi ha pubblicato nella
Rassegna bibl. della lett. ital., VI, 325, l'elogio che ne fece Siccone
Polenton, dal quale resultano « parecchi nuovi particolari su Tommaso,
soldato e scrittore, cavaliere e poeta laureato, fornito di quella tenace
memoria che troviamo lodata anche da Lodovico Zerbo ». Codesta lode
è nella lettera che precede il Cosmografo; della quale opera era noto
finora soltanto il Cod. della Naz. di Napoli che il Miola descrisse: il
Segarizzi ci dà pur la nctizia di un altro ms. che la contiene, cioè del
num. 609 del Museo Civico Correr di Venezia. Ma la vita del nostro
umanista — il S. ha ragione affermando così — « è tutt'altro che ben
conosciuta ».

Alla storia del Zisorgimento dell’ antichità classica di Giorgio Voigt
ha fatte giunte e correzioni utilissime il dott. G. Zippel (Firenze, San-
soni; in 8, pagg. VI-137). Notiamo quelle che riferisconsi alla storia no-
stra. — Voigt, op. cit., I, pag. 941: su Baldo da Perugia che insegnò
nello studio fiorentino nel 1359 e 1364; ed è da vedere una lettera di-
rettagli da C. Salutati in ass. bibliogr. della lett. ital., IV, 318. — Ivi,
452: su Paolo da Perugia, di cui il Comm. a Persio è contenuto in un
cod. della Com. di Cremona. — Ivi, II, 176: su Gregorio da Città di Ca-
stello, pel quale, oltre che allo studio del Gabotto, si rimanda a una no-
tizia del Mazzucchelli, edita nella Cultura, XI, 262, che, se ne fosse di-
mostrata l'attendibilità, « darebbe un indirizzo affatto nuovo alle ricerche
intorno a questo umanista ». — Ivi, 313: su Galeotto Marzio da Narni,
di cui, secondo il Gabotto, i viaggi in Francia,.in Ispagna e in Inghil-
terra non son veri: « il Marzio intese parlare di viaggio della propria
fama, non della persona ». — Ivi, 388: su Tommaso di ser Rigo da Pe-
rugia, di cui dà notizie il Novati nel Commento ad una lettera del Sa-
lutati (Epistol. di C. S., III, 65 e seg.).

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ANALECTA UMBRA

In una ricca serie di Urkunden und Forschungen zu den Regesten

staufischen Periode (in Neues Archiv, vol. XXIV, paese. 195-999)
, ; Pass E

l'illustre prof. Paolo Scheffer-Boichorst ha pubblicato due documenti per
la storia umbra: mal noto il primo, inedito il secondo. Quello conobbe
il Muzi, che lo ricordò nelle Memorie ecclesiastiche di Città di Castello,

I, 14, e pubblicò alla meglio nelle Mem. civ., I, 18: allo S. B. venne.

offerto il mezzo alla rieostruzione del testo (l'originale, che conservasi

nell'Archivio Capitolare di Città di Castello, è in pessimo stato) da que-.

sta edizione e da una copia che un Filippo di Toscana n’eseguì prima

che

la pergamena originale fosse, com’è ora, danneggiata. Il documento

è un diploma di Federico I: « interventu fidelis ac gloriosi principis no-

stri

Rainaldi, illustris Coloniensis electi et Italie archicancellarii », egli

dichiara di prendere sotto la sua particolare protezione « Rainerium,
priorem canonice Castellane Civitatis, eiusque successores ac fratres »;

vuole che siano liberi da ogni ingiusta gabella e vessazione; ordina la

restituzione dei beni loro alienati o ipotecati senza il loro consenso ; pone
il divieto contro ogni sottrazione od angheria; conferma i loro beni che
dovranno godere dei privilegi dell'Impero. Il diploma é datato da Lodi
« 8 idus nov. » (6 novembre) 1163 (anno regni Friderici 12, imperii

vero 8). — Il secondo documento (pag. 217 e seg.), cioè un diploma di
Enrico VI a favore della Canonica di S. Maria di Spello, conservasi nel-
l'Arehivio di questa chiesa, ed era stato segnalato da G. Mazzatinti
negli Archivi della storia d'Italia, I, 30. L'imperatore dichiara di pro-

teggere i priori e i canonici con i loro possessi: li esenta, insieme con
le loro chiese e le persone dipendenti, da tasse cittadine, comitali e d'al-
tro genere; ordina ai Consoli di Spello, Assisi, Foligno e Bevagna di
render giustizia, entro il termine di un mese, ai ricorsi del priore, dei

canonici e degli ecclesiastici, le chiese de' quali appartengono alla Ca-
nonica; dà facoltà ai ricorrenti di prender possesso dell'oggetto del loro

ricorso, se la persona citata in giudizio nou ceda; vieta di nominar
canonici e sacerdoti senza l'approvazione del priore. Il diploma è « Da-
tum Fulginei a. 1187, indictione 5, 5 idus febr. » (9 febbraio). Fra i
testi sono Anselmo vescovo di Foligno e Corrado duca di Spoleto.

L'Umbria, a. I, num. 19. L’anniversario della vittoria di s. Egidio ;

12 luglio 1417. Documenti dell'Archivio di Orvieto. — Num. 13. LuPAT-

TELLI A., L'arte della maiolica in Perugia. — A. B., Usi campestri
nell' Umbria. Le nozze. — SALZA A. K., L' Accademia degli Eccentrici:

continuaz. nel num. 14. Tra le accademie perugine è questa la meno
nota: ebbe, narra il Crispolti, « il suo natale nella Sapienza Vecchia

l'anno 1567 » : notizie ampie su i componenti e le loro rime son fornite

rey
ANALECTA UMBRA 171
dal ms. 1177 della Classe VII della Magliabechiana di Firenze. Il S. dà
conto della biografia e delle rime di 47 accademici. — Num. 17. TRA-
BALZA C., La leggenda dell’ Aiso. Dal Prato fiorito di varii esempi;
Parte seconda divisa in sei libri per il r. p. Valerio Venetiano: Ve-
nezia, presso Giacomo Sarzia, 1637, pag. 332. — Num. 18. BERNARDINI
A., Un erudito Narnese. Il march. G. Eroli di cui si prende in esame
il vol. Descrizione delle chiese di Narni (Narni, 1898). — Num. 20.
GuAnDABASSI F., Da Perugia a Torino. Un viaggio dell’ab. Giacinto
Vincioli: nov.-dic. 1713. « Il racconto è rivolto al Mozzi, al Salvini,
al Magliabechi, al Forzoni », e costituisce « un di quei suoi capitoli
bernieschi che se non rifulgono di pregi poetici sono per noi, in com-

penso, tanto ricchi di notizie ». — Num. 22. JAcoBELLI L., La poesia
popolare in Sabina: note e saggi (continua). — Num. 24. GUARDABASSI

F., I Borgia a Perugia. Diligenti notizie su l’incontro di Cesare con
la b. Colomba da Rieti in Perugia, su Alessandro VI, Giovanni Ca-
stellar vescovo di Trani, su Giovanni iuniore, cardinale e figlio d’una
sorella del papa, Legato nell’ Umbria. Di questi il G. riferisce una let-
tera del 18 novembre 1497 ai Priori di Perugia, a proposito di « una
delle troppo frequenti risse che insanguinavano le vie » della città.

Un ampio ed erudito studio su Le leggi suntuarie milanesi ha pub-
blicato il dott. Ettore Verga nel fasc. 17, a. XXV, dell’ Arch. stor.
lombardo (31 marzo ’98; pp. 1-79), con richiami e raffronti delle dispo-
sizioni statutarie umbre: cioè delle perugine, edite da A. Fabretti nelle
Mem. della R. Accad. di Scienze di Torino (serie II, vol. 38, pag. 137
e segg. : col titolo di Statuti e ordinamenti suntuari intorno al vestire
degli uomini e delle donne dal 1266 al 1536), e dell’eugubine dal sec.
XIV al XVI che leggonsi in questo Bol/., III, 290 e segg.

Ad altri opportuni raffronti hanno pòrto argomento per una memoria
del: prof. P. Pavesi sopra IZ bordello di Pavia dal sec. XIV al XVII
(in Mem. del I. Istituto Lomb.; Classe di lettere, ecc. ; vol. XI, serie
III, fase. IIT) le notizie su La prostituzione in Perugia raccolte dallo
stesso A. Fabretti (Torino, 1890).

Alla memoria del padre, Averardo, morto il 26 ottobre scorso, Zo-
piro Montesperelli dedicò versi affettuosi (Perugia, tip. Umbra, 1898;
in 8, pp. 19) e di lui scrisse con filiale sollecitudine la biografia. Le
stampe (ne è qui data una ricca e diligente bibliografia) de’ suoi com-
ponimenti poetici cominciano dal '3T7.

Tra i giornali e periodici (efr. questo Bo2/. III, 548) che in occasione
112 ANALECTA UMBRA

del Centenario di Mastro Giorgio dissero di lui ripetendo errori vecchi
e congetture infondate per soverchia fede a quanto scrisse dell'artista e
de’ suoi prodotti il marchese Ranghiasci, avremmo dovuto ricordare l’ ar-
ticolo di A. Melani in Arte Italiana decorativa e industriale, a. VII,
num. 5 (maggio 1898): ma ne avemmo tardi notizia. Il Melani accetta
le correzioni alla biografia del Maestro, quali resultano'da recenti ricer-
che e da scoperte di documenti che il Ranghiasci ignorò o non seppe
valutare: ma per ciò che riguarda l’ Andreoli « creatore, disegnatore,
modellatore e perfezionatore » delle maioliche con riflessi metallici, egli
preferisce di stare « coi vecchi scrittori », e attribuisce, quindi, al Mae-
stro « alcuni magnifici lavori » che si credono da lui « modellati » : pro-
prio come se altri non avesse, in una speciale monografia su le opere
sue, dimostrato che l’ altare del museo Stiidel, quel dell' Annunziata presso
Bevagna, il bassorilievo posseduto dal Basilewsky e il S. Sebastiano del
museo di Londra (numero 2601) non debbono assolutamente esser giudi-
cati di Giorgio (efr. Mastro G. Andreoli, in Rivista d' Italia, fascicolo 5:
Per Mastro Giorgio; numero unico; Forlì, 1898: e Per Mastro Giorgio
in questo Bollettino, IV, fascicolo 10). Per asserire che altri « corse troppo
coll’immaginazione » negando a Giorgio il merito di aver dipinte maio-
liche, e che realmente questi « fu pittore e scultore », occorre della sto-
ria della fabbrica eugubina una conoscenza maggiore di quella che il
signor Melani possiede. Ma giovi, piuttosto, credere ch'egli non avrebbe
Scritto questi « ricordi brevi », ma non « esatti », su l'artista dopo la
lettura della citata monografia nella Rivista d'Italia e dopo una. visita
alla Mostra delle riproduzioni d’opere di Giorgio, inaugurata in Gubbio
il 15 maggio. — La casa del Maestro esiste tuttora, povera ma non
« cadente »: « è (scrive il Melani) abitata da un Passalboni che lavora
anche lui ai lustri, come il sommo artefice, il quale, morendo, gettò via
le chiavi del proprio segreto, e niuno ancora le ha ritrovate ». Il Melani
ha dimenticata una seconda lettera del Ranghiasci all’ Eroli, del 27 aprile
1857 (la prima è del 6 gennaio), in cui è detto che Luigi Carocci aveva
ben ritrovato quel segreto e che « i suoi nuovi lavori » (alcuni erano
esposti anche nella Mostra eugubina) richiedevano « un esperto conosci-
tore di antiche maioliche per distinguerli dai veri di Mastro Giorgio o
di suo figlio Vincenzo ». Ed ha pur dimenticate le molte, ammirate e
premiate opere di Giovanni Spinaci, talune delle quali (quelle, ad esem-
pio, che costituivano una sezione speciale della Mostra di Gubbio) vera-
mente degne del grande lombardo; e le altre, se non altrettanto belle,
certamente notevoli, del prof. G. Magni che continua con amor singo-
lare l’arte del Passalboni, che da un pezzo è..... nel numero dei più!
Altro che « correr troppo coll’ immaginazione » !



EUSUMUUSESENTTATI

ERRE ANALECTA UMBRA 173

Le Rime volgari d’Immanuele Romano sono state da poco, rivedute
sui codici, pubblicate in occasion di nozze da Leonello Modona in edi-
zione di soli 25 esemplari (Parma, Pellegrini, 1898: nozze Segré-Modona).
Codesto Emanuele Romano; o comunemente detto Giudeo, è l’amico di
Bosone da Gubbio, il poeta di cui il prof. A. D' Ancona discorse nella
Riv. di scienze, lett. ed arti colle effemeridi della pubbl. istruzione, a. IV,

num. 120 (5 gennaio 1863), e toccò pure G. Mazzatinti nello studio su

Bosone da Gubbio e le sue opere negli Stud? di fil. romanza, I, 329 e -

seguenti. Il Modona ne raccoglie le scarse ma sicure notizie biografiche,
dalle quali resulta ch'egli in Gubbio dimorò per qualche tempo, prima
che a Fermo. D'amore tenzonò con Nerio Moscoli (efr. Tommasini Mat-
tiucci P., Nerio Moscoli, in questo Bo/l., III: pag. 73 e seg. dell’ Estr.);
e il sonetto d' invio, scrive il T. M., « al pari di quello di Nerio, è inedito ».
Tra i sonetti editi dal Modona uno com. « Amor non lesse»: e pare
al prof. F. Pellegrini (cfr. Giorn. stor. della lett. ital., XXXII, 455) che
il Modona abbia corso di troppo identificando questo sonetto con quello
ricordato dal T. M. (pag. 78, nota 3 dell’ Estr. cit.).

Sopra un dei colli ridenti che guardano Tiferno, lieti di verde e di
vigneti e di casolari, sorge la Villa Tiberina, donde sì largo orizzonte si
scorge dal monte della Verna e dai vertici più alti di Toscana fino al
monte Corona rivestito di abeti: dinnanzi le ride la vallata verde e uber-
tosa, irrigata dal Tevere che scende da Sansepolero. Ove oggi s' innalza
fra tanto splendore di natura e di sole la gaia villetta, fu già, a quanto
può dedursi da due frammenti d’iscrizioni romane, « un istituto di al?-
mentari qui costruito forse per munificenza di Adriano », e poi la Pieve
di S. Pietro di Teverina, quella ch'è menzionata in un documento del
1073, edito negli Annali Camaldolesi (Appendice, vol. II, n. 142), e in
un altro del 1126 col semplice nome di P/ebs Tiberina. Codesta Pieve,
che in seguito, nel 1281, fu denominata Pieve di S. Maria, è ricordata
spesso in documenti tifernati fino a tutta la prima metà del secolo XVI:
soppressa e ridotta a benefizio, ne fu concessa la rendita al monastero
d’Ognisanti in virtù di un breve di Giulio III del 14 settembre 1552.

Da quest'anno se n’ ha soltanto ricordo nelle relazioni delle visite
episcopali; finchè, aggregata a una parrocchia e poi soppressa nel 1860,
divenne proprietà di G. B. Luzi e fu, com'è ora, decorosamente rico-
struita nel pianterreno della villa amenissima. Queste notizie raccolse
Giuseppe Amicizia coll’ amore che pone nell' indagare e narrare la storia

contemporanea di Città di Castello, e ne fece argomento d’una breve.

monografia (Cenni storici su Teverina; Stab. Lapi, luglio 1898; in 8,
pag. 15) edita in veste elegantissima per le nozze Luzi-Corneli.

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114 ANALECTA UMBRA

Nei Nachrichten der K. Gesellschaft der Wissenschaften zu Güttingen
(elasse filologico-storica, disp. 3 del 1898) il dott. P. Kehr ha pubblicato
il resoconto delle ricerche compiute nell’ Umbria dai dottori M. Klinken-
borg e L. Schiaparelli intorno alle bolle pontificie fino a tutto il secolo XII.
È qui data notizia di quelle che conservansi, in originali o in copie,
negli archivi e nelle biblioteche di Gubbio, Città di Castello, Foligno,
Spoleto, Narni, Todi, Assisi e Perugia. Inoltre son ricordati, e ne è di-
chiarato il valore su la scorta degli Archivi della Storia d'Italia di G.
Mazzatinti, gli archivi di Gualdo Tadino, Nocera, Trevi, Spello, Beva-
gna, Bettona, Norcia, Cascia, Terni e Rieti. Ricchezza preziosa di docu-
menti offrono l'Archivio Capitolare di Gubbio, il Capitolare di Città di
Castello, l’Arcivescovile di Spoleto (Archivio di S. Croce di Sassovivo),
il Capitolare, quel di S. Pietro e il Comunale di Perugia. Le bolle inte-
gralmente pubblicate sono queste: di Giovanni XIII, 21 novembre 969
(copia del 1787 fra le carte Mariotti della Biblioteca di Perugia): di Gre-
gorio VII, 19 febbraio 1079 (originale pel Capitolare di Città di Castello):
di Pasquale II, 24 maggio 1116 (copia del secolo XIV nell’ Archivio di
Sassovivo, n. 107): di Innocenzo II, senza data (copia nel ms. A. V. I.
della Bibl. del Seminario di Foligno): di Innocenzo II, 16 marzo 1143
(originale nell'Archivio di Sassovivo, n. 1237): di Alessandro III, 1159-79
(nel Capitolare di Città di Castello): tre di Clemente III, 1188 (nel libro
verde del Capitolare di Perugia): una del med., 20 ottobre 1188 (origi-
nale nel Capitolare di Gubbio); ed una di Celestino III, 25 febbraio 1197
(copia del secolo XIII nello stesso Archivio). D'altre son dichiarati il
principio e la data. A proposito delle bolle di Clemente III, trascritte
nel libro verde della Cattedrale di Perugia, il Kehr corregge un errore
in cui il Mazzatinti era incorso: questi asseri che appartengono a Cle-
mente II e sono del 1047; invece sono di Clemente III e del 1188 (cfr.
Mazzatinti, Gli Archivi ece., pag. 129).

Dal ms. G. 20 della Comunale di Perugia (miscellanea di poesie del
sec. XV) il prof. P. Tommasini Mattiucci ha tratto due strambotti
(« Ciascun de nocte in gran tenebra aluma » : « Non te fidar se a-te
ciascun se arende ») e li ha pubblicati per le nozze Luzi-Corneli dedi-
candoli al cav. G. Amicizia (Città di Castello, Lapi, 1898; pp. 4 non
num.).

Laude sacre riprodotte da un codice di Fonte Colombo del secolo XV
| sono state raccolte in un opuscolo dal prof. Corrado Zacchetti (Oneglia,
Eredi G. Ghilini, 1898; in 8, pp. 37). Il codice (fa parte del gruppo
che il prof. A. Bellucci descrisse in Inventari dei mss. delle Biblioteche

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ANALECTA UMBRA 175

d' Italia a cura di G. Mazzatinti, II, 166 e sgg.) è segnato G. II, 50..

Due di queste laude erano già state edite dallo Z. nel 1890 per occa-
sion di nozze; una va nell’ediz. di Firenze del 1863 tra quelle di Feo
Belcari; la sesta, pubblicata più volte, è attribuita a Jacopone; la set-
tima appare nell'edizione del 1490 delle laude del Tudertino. Eecone i

capoversi: 1, Oymé dolente, a che so'io tornato — 2, Aymé dolente,
quanto sento doglia -- 3, Perdona per mio amore, o peccatore mio —
4, Anima peregrina — 5, Anima dolente — 6, Jesù nostro Signore
Prendi i nostri cory — 7, O peccatore .... Se a Dio voi tornare — 8,

Actendi at te, figliolo, actendi at te.

Descritti e illustrati parecchi Vasi delle farmacie romane fabbricati
a Roma e non a Cafaggiolo in L'Arte, I, 346 e sgg., Stanislao Fra-
schetti espone i resultati delle sue ricerche intorno all’ industria cera-
mica in Roma, che « dovette essere promossa da artefici immigrati nella
reggia dei papi dai centri industriali floridi, attratti dalla brama di
guadagno e di gloria nell’ Urbe fulgida, dove ferveva l'operosità di
maggiori artefiei, sovranamente accolti e ricoperti d'oro dai pontefici
munificenti ». E nota che ne’ primi del sec. XVI esisteva in Roma la
Università dei vasellari; tant’ è vero che « Consul et Camerarius artis
figulorum » era nel 1514 un Tommaso da Perugia. Da vari atti romani
deducesi che Pacifico de Vallerii da Todi nel 1517, Ippolito Benamati da

Gubbio nel 1518, e un Giovanni Antonio da Todi nel 1526 esercitavano.

in Roma quell’ arte.

I due volumi sul Rinascimento delle ceramiche maioliche in Faenza
del professor F. Argnani, che annunziammo in questo Bo2., III, 605,
sono usciti ora alla luce coi tipi del cavalier Montanari di Faenza. Il
secondo consta di 40 tavole che contengono 193 figure di stoviglie dise-
gnate e colorite al vero dall’ A. Nel vol. del testo è inserita la relazione,

che l'A. presentò al Ministro della P. I, d'una visita dei musei italiani
)

con lo scopo di studiarvi le maioliche faentine. E anche d' altre che non
siano di provenienza o d'artisti di Faenza son riferite notizie; quindi
pur di maioliche nostre. E sono segnalate le poche, ma belle, maioliche
con riflessi metalliei, che possiede nel proprio Museo il Comune di Gub-
bio e delle quali « due soltanto lavorate » da M. Giorgio: secondo l’A.,
dunque, anche la scodella rappresentatovi S. Francesco in atto di ricever
le stigmate è opera del maestro lombardo e cittadino di Gubbio, com’ è
opera sua il piatto con la Madonna e il bambino in rilievo. Io invece non
esito a dir della fabbrica di Deruta la prima, e a creder fermamente di
mastro Vincenzo il secondo: proprio del grande artista il Museo di

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176 ANALECTA UMBRA

Gubbio non possiede alcuna maiolica riverberata. A Perugia l' A. notò
avanzi di pavimenti di Deruta che sono nel Museo dell’ Università ; cioè
90 mattonelle del pavimento di S. Maria de’ Servi, 32 della cappella
del palazzo Decemvirale, ed altre d’un pavimento della rocca Paolina :
tutte del sec. XVI. A pag. 97 e sg. è descritto il pavimento della sa-
crestia di S. Pietro in Perugia che « sotto ogni rapporto presenta il
meglio delle celebri lavorazioni di Deruta » : ed a pag. 120 sono indi-
cati due piatti iridiati ed una tazza della stessa fabbrica umbra.

Non ricca ma eletta è la raccolta dei quadri che ora possiedono in
Gubbio gli eredi della nobil famiglia Benamati. Il prof. E. Calzini vi
notò di mano di Federico Barocci una magnifica testa a pastelli e un
bel ritratto di Roberto Benamati II, eseguito nel 1578: non riconobbe
giusta l'attribuzione allo stesso pittore del ritratto di Francesco Maria I
duca d’ Urbino, che è copia di quel del Tiziano; ma gli attribui senza
esitazione il ritratto del figlio di Francesco Maria II e una sacra Fami-
glia cireondata da santi e col palazzo d'Urbino nello sfondo. Altri ri-
tratti d'ignoti son pure, a suo giudizio, dell'artista urbinate. Di que-
sta raccolta pregevole il prof: C. dié notizia nella sua Rassegna bi-
bliografica dell’arte italiana (a. I, fasc. 5-6; pag. 104 e sg.), pubbli-
cando un catalogo di disegni, di studi a pastelli, di schizzi, ecc. dello
« Studio del signor Baroccio », e una « Nota di quadri buoni » esistenti
nel palazzo Benamati e descritti nel 1126. Tra questi (e son quasi tutte
opere del Barocci) figura il ritratto del conte Flaminio Benamati.

Nella stessa assegna il prof. Calzini dà conto con singolare dili-
genza delle pubblicazioni artistiche relative all’ Umbria ed apparse nel
corso dell’anno passato. Il Bollettino, naturalmente, ne ha data sufficiente
notizia: ma il prof. C. (per ciò qui si designa questa parte della sua ricca
bibliografia) spesso fa seguire i rendiconti da ponderate osservazioni di
critica. Vedansi i fasc. 5-6 a pag. 129-131, i fasc, 7-8 a pag. 171-175, e
il fasc. 9-10 a pag. 212 e seg. dove sono riaffermate notizie sicure sulla
permanenza di Raffaello Sanzio in Perugia.

Nel fase. 9-10 (settembre - ottobre; pag. 181-190) è pubblicata una
lettera di G. Mazzatinti al direttore E. Calzini Per Za storia della mi-
niatura: vi si dà notizia dei miniatori dei corali dell’ Archivio Eugu-
bino, eorredandola di documenti estratti dai libri di spese del monastero
pel quale quei miniatori operarono. Alcuni di tali documenti (giovi ri-
cordare) eran noti fin dal 1886 (efr. Archivio stor. per le Marche e
Umbria, a. III): tutti, ora, o almeno quanti ne sono offerti dall’ Ar-
chivio di s. Pietro, vengono qui diligentemente indicati. I miniatori
sono: maestro Litti, frate Filippo, frate Giovanni Francesco e i due Boc-

e al Tatari
Mate y uut rte

ANALECTA UMBRA 177
cardini, tutti di Firenze; un don Agostino ch’ esercitò l'arte in un con-
vento di Firenze intorno al 1500: frate Giovanni da Imola; frate Gio-
vanni da Montepulciano, frate Tommaso, un « Priore di Fabriano » e
un Sinibaldo da Gubbio. Se bene « mutili di molti fogli e spogliati delle
miniature più belle e maggiori, i 19 corali di Gubbio conservano ancor

tante iniziali caudate e tanti ornati in oro e colori da offrire a uno:

studioso dell'arte materia sufficiente a stabilire il merito di chi li esegui
ed a ciascuno di quei miniatori attribuire, quasi con certezza, la parte
che gli spetta ».

Otto Canti popolari umbri, raccolti a Gubbio, ha pubblicato G. Maz-
zatinti per le nozze Palmeri-Serughi (Forlì, novembre 1898).

Della collezione degli Amuleti italiani contemporanei, inviata dal
dott. Giuseppe Bellucci all’ Esposiz. Naz. di Torino, questi ha compilato
il catalogo descrittivo (Perugia, tip. coop., 1898; in 4 obl., pp. 104).
Disposti in 18 tavole, l'À. ne da la illustrazione specifica, ed ogni tavola
fa precedere da « un breve compendio, diretto a stabilire la virtù o le virtù
generiche degli amuleti in essa contenuti » : accompagnano la descrizione
di ciascun amuleto note, raffronti e la segnalazione delle sue specifiche
virtù. Codesta raccolta dell’ illustre Prof., formata di oggetti differenti in
minerali, metalli, pietre, vetri, ambra, agate, animali e piante, mode-
stissima nell’ 80 (constava di 128 oggetti quando fu da lui presentata
al Congresso internaz. di antropologia ed archeologia preistorica di
Lisbona), arricchita dall’81 all'89 sì che da quest'anno la costituivano
412 amuleti (fu allora inviata alle Esposizioni di Milano e Universale
di Parigi: cfr. i Cataloghi ecc., Perugia, Santucci 1881; e Boncompagni,
1890), è composta ora da 527 oggetti i più de’quali sono umbri.

Ricordiamo qui, sebbene non contenga nulla di nuovo, la Memoria
critica che su la Francesciade di Francesco Mauri da Spello ha recen-
temente pubblicato il prof. don Ernesto Piana (Rovigo, Vianello, 1898;
in 8°, di pp. 39). Quasi tutto l'opuscolo, buttato giù in fretta, si riduce
a un prolisso e sconnesso riassunto del lungo poema, con indicazioni,
tutt'altro che peregrine, di alcune fonti classiche a cui attinse il Mauri.

Il Piana, alla sua volta, ha attinto a una monografia che su Francesco

Mauri pubblicò molti anni fa, pei tipi del Campitelli di Foligno, il no-
stro socio professor Giulio Urbini, con più particolari notizie e più ricco
apparato critico e bibliografico. È stato già annunziato da qualche
tempo che 1’ Urbini ripubblicherà, con molte aggiunte quel suo studio
giovanile: ora possiamo aggiungere che farà parte d’un suo nuovo ed
ampio lavoro su La poesia Francescana.

ron ie toe di e o ci diario

Lidia Mie n gr eme m a api dies ii
118 ANALECTA UMBRA

Nel Kunstbladet di Copenhagen (aprile 1898) Andrea Aubert tratta
con singolare genialità delle pitture del Pinturicchio nell'appartamento
Borgia.

A proposito dei Monuments du Christianisme au Moyen-áge di Gu-
stavo Clausse (Parigi, Leroux, 1897) non sarà inutile di notare che dei
lavori di Arnolfo eseguiti per la cattedrale di Orvieto alcuni sono da
lui menzionati sulla scorta del Della Valle (efr. L° Arte, I, 201).

« Nella cappella del Pinturicchio nella chiesa dell’ Aracoeli in Roma

"quali mani differenti si distinguono nello stile e nella tecnica degli

affreschi? ». Così domandava uno studioso ne L’Arte, I, 217. E il
prof. A[dolfo] V[enturi] rispose: « Nella cappella del Pinturicchio al-
l'Aracoeli si distinguono particolarmente dal fare di quel maestro le
due teste.che si vedono al disotto della finestra, l'una di un vecchio
con un berretto in capo, l'altra del monaco che gli sta appresso, fortis-
sime di colore, con un impasto grasso, senza riscontro con le altre del
Pinturiechio, ehe sono disegnate a piani piü determinati, a tratti piü
regolari e di un colore più tiràto e fluido. Dello stesso potentissimo rea-
lismo, nella scena di fronte alla finestra, è la testa del Bambino steso
al suolo, la quale sembra stampata in gesso sul volto di un morticino ».

Nella Revue de 1° Art chrétien (Paris-Lille, maggio 1898) il Gerspach
descrive e riproduce la tavola di Giovanni Orvietano (1412: la Vergine
in trono col bambino), e il Reliquiario di Ugolino Vieri (1338) esistenti

nel Duomo di Orvieto; ed una tavola (la Vergine e un santo martire)

del sec. XIV che conservasi in s. Giovenale della- stessa città.

Della Note archéologique relativa alla Mostra d’ arte sacra in Orvieto
del p. Grisar (Rome, 1897; in 8, pp. 44 con una fototipia e 19 vignette)
è da vedere la recensione di X. B. de Montault nella Revue de U Art
chrétien, a. XLI, tomo IX, fasc. 4 (1898), pag. 330; in cui, fra l' altre
cose, è notato che del reliquiario d'Orvieto, firmato da Vieri e Viva da
Siena, era già pubblicata fin dal 1855 negli Annales archéologiques
(tomo XV, pag. 365) una bella incisione.

Compreso da giusta ammirazione per la cultura artistica profonda.

e delicatissima di Maria Alinda Brunamonti, fiore di gentildonna italiana,
Giulio Urbini discorre con molto garbo de' suoi Discorsi d' Arte (Città
di Castello, Lapi, 1898) nella Roma letteraria, a. VI, num. 20. Tra
TAPPA

ANALECTA UMBRA 119

questi discorsi sono per la storia nostra ragguardevoli i due su Pietro
Perugino e l'arte umbra e sul Duomo d' Orvieto.

Il ritratto che credesi di Pietro Perugino ed è nella Galleria degli
Uffizi « è certo una eccellente pittura del Perugino stesso, ma ritrae il
fiorentino Francesco dell’Opere (fratello di Giovanni dalle Corniole),
come risulta da una iscrizione posta dietro il quadro: « 1494 d’ luglio
Pietro Perugino pinse Frane. de lope[re] ». Così torna ad asserire E. Ger-
spach in una nota su La collezione dei ritratti dei pittori nella stessa
Galleria, inserita nell’ Arch. stor. ital., disp. 2* del 1898, pag. 311 e sg.

Per la presenza di Giuliano da San Gallo, dalla fine del 1487 ai primi
dell'88, e di Giuliano da Maiano in Perugia vedasi la monografia di
C. von Fabriezy Toscanische und Oberitalienische Künstler in Diensten
der Aragonesen zu Neapel, pag. 7-15 dell’ Estr. dal. Repertorium fár
Kunstwissenschaft, vol. 20, disp. 2* (Berlino Stuttgart, 1897). Ma è pur
da vedere il Giornale d' erudiz. artistica, I, 70 e 97; e Vasari, Vite,
ediz. Milanesi, VI, 296.

Sul volume del Bower, Procession of the Ceri at Gubbio, di cui fu
data notizia in questo Bol. IV, 204, veggasi Urquell, II, 1-2 (1898).

Il dott. Teodoro von Frimmel nella 3^ disp. della Geschichte der
Wiener Gemiildesammlungen, in cui tratta delle opere di artisti italiani
nella imp. Galleria di Vienna (Die italienischen Meister in der Kais. Ge-
müldesammlung zu Wien; Leipzig, Meyer, 1898; in 8°, pp. 333-449),
descrive e giudica due pitture, che ivi si conservano, di Pietro Perugino
(num. 27, 52), rappresentanti la Vergine col bambino e quattro santi.
Per questa seconda tavola l’a. ricorda due altre consimili opere del P.;
la tavola num. 427 del Louvre e uu'altra della Galleria Pitti (fotografia
Alinari, num. 2927), ed una copia della collezione Rinecker di Würz-
burg (num. 11).

Il prof. P. Piccirilli nel num. 4; a. II, della Rassegna Abruzzese
(Sulmona, 15 aprile 1898) discorse de La chiesa di s. Francesco di
Sulmona dov’ erano alcune pitture, rappresentanti la vita del Santo, che
il De Matheis attribuì al Perugino e il P. invece dà con incontestabile
prova ad un maestro Andrea di Lecce. Su lo stesso argomento torna ora
nella assegna (num. 5-6: Sulmona, 15 decembre) Emilio Bertaux, par-
ticolarmente soffermandosi su L'autore degli affreschi del Duomo di Atri,
che è appunto il Leccese. Ma fu questi, chiede il B., di Lecce d’ A-

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180 i ANALECTA UMBRA

bruzzo ?: « le opere del maestro (risponde) dicono a chi ben le esamini
che Andrea da Lecce era abruzzese » ; come tale, è da ravvisarsi in lui
un discendente dalla scuola umbra. « I numerosi pittori dell’ Aquilano,
fra i quali si possono citar nomi che dovrebbero godere la fama dei
grandi, sono tutti seguaci fedeli dei pittori dell’ Umbria e segnatamente
dei Perugini. Nè si fermava alla provincia d’ Aquila l' influenza artistica
della provincia limitrofa: si spargeva per mezzo dei pittori aquilani éd
anche di qualche pittore umbro. Troviamo a Scurcola Marsicana un’ 0-
pera di Savurnino Gatti da San Vittorino, energico discepolo di Fiorenzo
di Lorenzo e di Luca Signorelli. Sono i quadretti sopra tela che copri-
vano l’astuccio nel quale si conservava un tempo la Madonna della Vit-
toria: una mano vandalica ha strappati vari pezzi del capolavoro; ma
ciò ch'è rimasto è di bellezza rara ». Su « l'importanza di quel maestro,
che partecipa dell’arte umbra e dell’arte veneta, nella storia della pit-
tura in Abruzzo » il Bertaux promette di dir con larghezza: per ora
giovi ricordare che un'opera di Andrea da Lecce in Abruzzo, già. esi-
stente a Isola del Gran Sasso, segna la transizione « fra la scuola pu-
ramente veneta d’ Ascoli, rappresentata a Teramo stesso da un affresco
di Pietro Alemanni, il discepolo di Carlo Crivelli, e la scuola puramente
umbra di Aquila >».

Il fase. 3-4 del Vol. I de Gli Archivi della storia d'Italia a cura
di G. Mazzatinti (Rocca S. Casciano, Cappelli, 1898) contiene l'Inven-
tario degli Archivi di Orvieto; cioè del Comunale (pag. 211-247), del
Notarile (pag. 247-252), del Vescovile (pag. 252), del Capitolare (pag.
252 e sg.), dell Opera del Duomo (pag. 253 e sg.), della famiglia Pic-
colomini (pag. 254-256) e del comm. Luigi Fumi (pag. 256). L' Inven-
tario dell’ Arch. Com. era già stato compilato con tutta cura dal comm.
Fumi insieme a quello degl’ Istrumentari, ossia della copiosissima rac-
colta di documenti per la storia Orvietana ch'é contenuta nei volumi
A (Acarnario), Caffarello, Catalano, Galluzzi, B, Savello I e II. —
Notiamo tra i volumi di « Memorie diverse » dell’ Archivio Com. di
Senigaglia (pag. 270) il ms. dei « Sentimenti di Giuseppe Tiraboschi
circa le tavole di bronzo della città di Gubbio, 29 die. 1718 ».

De Le città dell’ Italia antica discorre da maestro il prof. I. G. Be-
loch nel num. 6 (nov.-die. 1898) del Bullettino Afene e Roma. Perugia,
Cortona e Fiesole, tra le città dell'interno, furono molto meno impor-
tanti delle città marittime dell’ Etruria:. « non occupavano che uno
spazio di circa 80 ettari; e la stessa Volsini (Orvieto), così celebre per
le sue ricchezze, non aveva che una superficie di 80 ettari. . . L' Etruria»

===
ANALECTA UMBRA 181

l'Umbria e la regione dell'Abbruzzo non contenevano, sotto l'impero,
nessuna città che si potesse dire anche di second'ordine ».

Della, città natale di Sesto Properzio 6 saggio d' un nuovo studio di
Raffaele Elisei, testé pubblicato nei num. 10-12 degli Atti dell Accad.
Properziana del Subasio. Dell’ ampio lavoro su la patria del Poeta il
giovine critico fu invitato a comunicare all’ Accademia, se non il testo
completo, un compendio; e questa sintesi, che per i resultati a cui egli
è pervenuto, ha pregio singolare, vede ora molto opportunamente la luce.
Scopo delle sue indagini accurate e giudiziose fu (diciamolo colle sue
parole) di « rivendicare le lapidi assisane dagli attacchi (chè argomenti
non si possono chiamare in nessun conto) dell’ Urbini: esaminare la in-
terpretazione del testo properziano, principalmente nel lavoro dell’ Ur-
bini, e anche del Plessis e degli altri quando occorra: proporre una
nuova interpretazione dei passi che furono oggetto di tanta e così lunga
controversia intorno alla città natale dell’ umbro elegiaco ». Contro 1’ au-
tenticità e il valore delle lapidi assisane, ricordanti la famiglia Proper-
zia e quella dei Passenni (Paolo Passennio fu consanguineo e contempo-
raneo ed amico al Poeta, a quanto asserì Plinio il Giovine) stanno i giu-
dizi del Di Costanzo, di Maurizio Haupt e del Bormann, di fronte ai
quali perdono consistenza, anzi ogni ragion d' essere, le obbiezioni dell’ Ur-
bini, confutate, ad una ad una, dall’ Elisei. Il passo veramente « lacrimoso
e.duro, dove tante son le questioni quante le frasi, anzi le parole e i modi
d'interpunzione » è nell'elegia I del lib. IV, là cioè dove il Zacus um-
ber fu interpretato dall’ Urbini un lago « che doveva essere situato at-
torno al villaggio detto Bastia », ma del quale « per altro non si con-
servano nè memorie nè vestigii ». A così credere l’ Urbini era stato in-
dotto dal nome d'Insula onde Bastia è designata, da un frammento di
architrave con una metòpa decorata con un teschio di bue, trovato alla
Bastia e significante « la forza e l’ impeto delle acque » (però, nota l’E.,
non è questa la rappresentazione iconografica dei fiumi e tanto meno dei
laghi »); e finalmente da una lapide, scoperta ne’ pressi della Bastia e
recante « un accenno alla famiglia Properzia ». Senonchè, per quest'ul-
tima ragione, l’ Elisei avverte che la lapide « secondo gl’intendenti ri-
salirebbe al sec. V di Roma; sicchè, essendo trovata in territorio assi-
sano e dalla parte opposta a Spello, Spello non può pretendere alla pro-
prietà di essa nè anche collo specioso pretesto della colonia, posteriore a
quella la bellezza di due secoli ». In questo cippo, inoltre, ch’ è in realtà
un termine agrario, « sono ricordate altre famiglie, oltre alla Properzia,
tutte peculiari ad Assisi, secondo che attestano altri marmi »; nè è da
tacersi che gli archeologi di maggior nome e dottrina, ultimo Ariodante

procu ASTE ru.

wr

Lied iip 182 ANALECTA UMBRA

Fabretti, sono d' accordo, senza dubbio o discussione, a riconoscerne la
proprietà ad Assisi. Ancora, e per il Lacus Umber: se, come credette il
Cristofani, autore della storia di Bastia, le aeque del Chiagio poterono
«allagare attorno attorno le terre del villaggio, dando a questo l’ aspetto
e il nome di Isola », Properzio col verso E lacus aestivis intepet Umber
aquis avrebbe « ad uno stagno, ad un pantano limaccioso, che altro non
poteva essere » data « eterna fama col nome di Zago, anzi col titolo pom-
poso di umbro, quasi di lago dell’ Umbria per eccellenza. E qual pere-
grina notizia o qual vaghezza di poesia aggiungeva Properzio, cantando
che le acque di questo pantano o di questo lago s’intepidivano sotto la
sferza dei di canicolari? ». Nel verso Scandentisque Asis consurgit ver-
tice murus Y Elisei pone e difende la lezione Asis (ne' codici si ha Asîs
o Assis o Axis) contro l'altra Arcis che nessun codice offre « ed è in
voga fin dal see. XVI. Fu proposta da uno de' migliori editori di Pro-
perzio, dal Canter; e fu tanta la fortuna della congettura canteriana
che tutti gli editori seguenti o l’ hanno adottata o ritenuta probabilissi-
ma ». Dimostrato che « Asis non può essere sostituito con arcis », l' E.
dichiara le ragioni onde il nome di Asis « non può significare il monte
sul quale sono fondate Assisi e Spello », e cioè: il monte ha il nome di
Subasio, nè s' hanno prove o argomenti per sostenere o congetturare che
anticamente fosse chiamato Asius od Asis: « uno stesso attributo in due
passi analoghi sarebbe riferito a due soggetti diversissimi, una città ed
un monte (Scandentes arces — Scandentis Asis vertice), e tra sé di-
versissimi non solo per il significato, ma anche per l'aitezza, ché il
Subasio si eleva sopra la pianura di metri 1100, Assisi di 300, Spello di
100 »: l'espressione vertice Asis, indicante « un'altura » del Subasio,
« sarebbe impropria, perché tanto Assisi che Spello stanno alle falde d'un
monte; nè l' una né l'altra città sopra un vertice, ma sulla china, As-
sisi di un colle, Spello direttamente del monte Subasio »: da ultimo, il
raffronto tra questo verso e un passo di Ovidio (Amor, III, 15, vv. 11-14)
deve toglier di mezzo qualunque dubbio su la lezione Asîs per arcis.
Che se « non si potesse ritenere Asis come la forma originaria di questo
nome », è da accettarsi, secondo l’ E., la correzione Asisi, proposta dal
Lachmann ed accolta da quanti son pregiati editori e critici del testo
properziano. La nuova interpretazione dei passi tanto controversi è com-
presa nella terza parte: segnaliamo per acutezza di critica ciò che rife-
riscesi all'antica topografia umbra (a proposito del v. Procima Umbria
ecc.); alle voci scandentes (« Assisi è una di quelle antiche città che es-
sendo fondate non sopra una cima ma trasversalmente circa alla metà di
un colle, aveva bisogno per garantirsi dagli allamamenti di terreno, di
Sostruzione...; e di tali sostruzioni Assisi anche oggi conserva consi-
ANALECTA UMBRA 183

derevoli avanzi e memorie, da far ritenere assai ragionevolmente che
Properzio avesse proprio voluto, con quell'attributo singolare, ritrarre
la singolare costruzione della sua città »), notis Penatibus, e al lacus
Umber che intepet aestivis aquis e deve intendersi « il fonte Clitunno ».
Infatti sacro e famoso e frequentato fu solo il fonte (1’ E. n’ adduce le
prove e testimonianze di scrittori latini) che, dice Plinio il Giovane,
prendeva aspetto di lago (facit gurgitem). Rimangono, dunque, fermi
(tali sono le conclusioni dello studio dell’ E.) questi dati intorno alla pa-
tria di Properzio: che egli nacque nell’ Umbria; che Paolo Passenno fu
suo concittadino, parente e coevo; che indiscutibile è l’autorità delle
iscrizioni d' Assisi, le quali attestano la esistenza in questa città delle
famiglie Properzia e Passenna.
G. MAZZATINTI.

di in it nt

—— 22
*


185

RECENSIONI BIBLIOGRAFICHE

De Maunmr, Z/ Amatore di Maioliche e Porcellane. Milano, Hoepli, 1899;
in 8, pp. XII-650.

Mi limito a spigolar le notizie che all’arte, esercitata nella nostra
regione, si riferiscono, ed a notarne gli errori e le ommissioni. E mi
sbrigo, anzi tutto, di queste. Nel ricco volume (ne costituiscono la ric-
chezza ed il pregio le tavole, le tremila marche e la bibliografia) cerco
invano un ricordo anche modesto delle fabbriche di Foligno, d' Umber-
tide, di Perugia e di Spello. E pure l’ Urbani De Gheltof menziona, su
l'autorità del Piccolpasso, quella di Foligno, e, senza fermarsi su la
congettura del Raffaelli, che cioè in una privata collezione folignate
possa riconoscersi qualche produzione di officine locali, accenna a docu-
menti che, a confortarne la verità dell’ esistenza, mons. Faloci Pulignani
trovò, ma non so se mai pubblicò. Anche della fabbrica di Spello fe’
cenno il Piccolpasso (lib. I dell’ Arte del Vasaio, pag. 4 dell’ ediz. curata
da G. Vanzolini), nè la dimenticarono il Raffaelli, I' Urbani De G. e il
Drury Fortnum (A descriptive Catalogue of the South Kensington Museum,
pag. 456). Potevasi, ben è vero, non farsene ricordo in un Manuale,
tanto più che il Raffaelli notava di non aver mai sentito dire di « nessun
lavoro di vaglia né d'artista » che da quelle offieine usci o in esse
operò, e 1’ Urbani De G. aggiungeva che nou trovansi « notizie esatte
intorno alla storia di questa manifattura » spellana, la quale peró do-
vette « esser fiorente nei secoli XVI e XVII » : ma, allora, perché tener
conto della fabbrica di maioliche in Nocera, la quale « sembra abbia
esistito in epoca contemporanea a quelle di Urbino e di Gubbio? »
Sembrò, veramente, al Marryat che, come dice il Raffaelli, asseri 1’ esi-
stenza in Nocera di « officine ricche di lustri metallici a somiglianza di

13

s d a ia
*
186 RECENSIONI BIBLIOGRAFICHE

Gubbio » ; ma questi non trascurò di soggiungere che il Jacquemart
non prestó fede à quell'asserzione e credette che il Marryat fosse « stato

tratto in abbaglio da. una maiolica conservata nel Museo di Sévres in
cui il nome del pittore è accennato da M. N. ». Cosi, del resto, pensa
anche il Fortnum che quell' errore del Marryat reputa un calami lapsus
re (Maiolica ecc., pag. 110). — Per la fabbrica d'Umbertide, senza ripe-

tere ciò che ne scrisse nel sec. XVII il Sabelli e ne dissero poi, tra gli
altri, il Genolini e I' Urbani De Gheltof, giovi rimandare alle Notizie e
FO memorie sulle figuline e sull’ arte del vasaro a Fratta (Umbertide) che
Mine Filippo Natali (Umbertide, tip. Tiberina, 1890; in 8, pp. 32) raccolse da
) libri a stampa e mss. inediti, e le corredó d'un catalogo di 25 maioliche
x si di provenienza sicura da quella piccola città. — E di Perugia, di cui
Le l’Urbani De G. avea ricordati gli Statuti dell’arte de’ vasai, che l’Er-
culei pubblicò di su l’ esemplare perugino del sec. XV (sono del 1406),
neppure una parola? E non è ignoto che nel primo Priorato, constituito.
in Perugia nel 1310, entrò anche un vasaio; e che, secondo lo Statuto-
del Comune, l’arte de’ vasai era delle minori arti, anzi la quindicesima
della seconda classe. Della fioridezza di quelle officine dal sec. XIV e

dell’ operosità degli artisti perugini anche fuori della città loro, chè per
la. bontà e bellezza de’ prodotti godevano fin dai primordi del sec. XV
meritata rinomanza, ha detto largamente e bene il Lupattelli in un
de’ recenti numeri de L/ Umbria (a. I, num. 13).

Ma nel libro del De Mauri non tanto le ommissioni, quanto gli
errori, troppe volte ripetuti e tante altre combattuti e corretti, a me
fanno viva impressione. In un Dictionnaire universel du XIXe siécle,
come quello del Larousse, si puó lasciar correre questo cenno sproposi-
tatissimo su M. Giorgio: « Andreoli Giorgio, surnommé da Gubbio,
seulpteur italien, nó vers 1460. Il s'établit à Gubbio vers 1498 et y
acquit une telle renommée que les historiens de l'art italienne joignent

3 toujours le nom de cette ville au sien, comme s'il en était natif. On

counait de lui quelques beaux bas-reliefs. Son fils, qui pratiqua aussi E
È
la sculpture avec talent, est habituellement designé sous le nom de È

maestro Concio » (sic!): e si può anche passar sotto silenzio la tradu-
zione che ne fecero e stamparono per nozze alcuni Vicentini (Vicenza,
Raschi, luglio 1898), senza correggere il nome Concio in Cencio. Ma.
non può; io credo, celebrato il centenario dalla cittadinanza che l'ar-
tista ottenne a Gubbio, rimasta aperta al pubblico per sei mesi la mo-
stra internazionale di riproduzioni delle opere sue e di taluni originali,
commemorato il Maestro e studiata la sua .grande arte con pubblica-
zioni non fatte, certo, alla macchia; non può, io credo, perdonarsi al
De Mauri l'errore di designare due Giorgi come. principali autori delle
RECENSIONI BIBLIOGRAFICHE 187

maioliche in Gubbio, cioè « Mastro Giorgio » e il « continuatore del-
l’opera sua Giorgio Andreoli, gentiluomo di Pavia, trasferitosi a Gubbio
nel 1498 » (pag. 124). Ed anche queste notizie biografiche sono sbagliate:
ormai è troppo noto ch’ ei non fu di Pavia, non gentiluomo (nel senso
che non fu, come il De Mauri scrive più oltre, di « nobile famiglia »);
nè si trasferì a Gubbio in quell’anno. Nel 1498 gli fu conferita, perchè
la domandò, la cittadinanza eugubina: a Gubbio egli dovea dimorare
da un pezzo, da parecchio tempo avanti il 1492, se il 16 agosto di
quest’ anno fu rogato l'atto col quale contrasse società di bottega con
un figulo di Borgo s. Sepolero. Il De Mauri non seppe in tempo debito
quanto di buono e di vero e di nuovo contengono sul Maestro le pub-
blicazioni che ora ho ricordate; e colla monografia del Ranghiasci alla
mano ripete vecchi errori e stravaganze vecchie ed aggiunge di suo

errori nuovi. Cito esempi: Giorgio, finchè visse in Pavia, « si fe’ cono-
scere come valente statuario nel genere dei Della Robbia » : a Gubbio,
dove « viene a stabilirsi nel 1489 (sic; e vedi a pag. 123), è ricevuto
onorevolmente, prima nominato cittadino nobile e poscia eletto gonfalo-
niere » : « è accertato che le sue prime opere ceramiche da lui (sic)
furono eseguite in Pavia, ma circa le medesime nulla di certo si può
asserire » (!): « di tutte le congetture fatte in merito » (serie o incon-
cludenti, io non ne conosco una sola) è forse la migliore « quella che
suppone fatte in Pavia le opere portanti l'indicazione Don Giorgio ».
Nella bibliografia ceramica, ch'è a pag. 607 e sgg. del vol., il De Mauri
cita anche il libro del Fortnum Maiolica a historical treatise ecc. (Oxford,
Clarendon, 1896) ch'egli deve, io suppongo, aver letto: però non s'è

accorto che a pag. 164 si discorre appunto di un bacile di mezza maio-
lica, grossolanamente rappresentatovi l' Ecce homo, ch'è nel museo. di
Sévres e porta la scritta Don Giorgio 1489. Il Fortnum vi dice, press’ a
poco, così: che non può essere assegnato con alcuna sicurezza alla fab-
brica di Gubbio e conseguentemente nemmeno alla mano di M. Giorgio.
Del resto, avanti di far congetture e di giudicarne una per « la mi-
gliore », sarebbe necessario stabilire (il che non é in aleun modo possi-
bile) che fin dal 1489 egli esercitava l'arte del figulo. Se del 1492 fece
società per man di notaio con un artista di S. Sepolero, Giorgio doveva,
allora, aver per lo meno vent'anni: a 16 o 17, secondo il De Mauri,
non solo aveva bottega del proprio in Pavia, ma si firmava Don Gior-
gio! Il Fortnum, sempre a proposito di quel bacile di Sèvres, aggiunge
che fu messa innanzi una ipotesi: può il nome Don Giorgio esser d' un
prete e il bacile avere appartenuto a oggetti di suo corredo; « e noi
(dichiara) diamo la preferenza a questa interpretazione ». Il De Mauri
allarga l'applicazione di questa ipotesi e scrive: « Le marche di Mae-
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188 RECENSIONI BIBLIOGRAFICHE

stro Giorgo, segnate a dorso delle sue opere, talvolta sono circondate da
arabeschi in oro e tal'altra da segni speciali sormontati da croci. Alcuni
credono che questi segni fossero distintivi di mercanti (?!); altri invece
pensano che Giorgio li apponesse sui pezzi destinati a prelati della Chiesa
od a confraternite religiose: e quest’ ultima versione pare la più appro-
priata ». Egli scrisse il periodo avendo quello del Fortnum sott’ occhio,
chè anche il Fortnum accenna a una confraternita, diretta o ammini-
strata da un prete Don Giorgio; ma lasciamo correre: piuttosto diman-
diamo, quali « segni speciali » si veggono, sormontati da croci, ne’ ro-
vesci dei piatti dell’ Andreoli? La marca 8, a pag. 461, che il De M.
dice di antica maiolica di Gubbio e la dà all’ Andreoli ?: ma il Fortnum la
riproduce tra le marche faentine e precisamente tra quelle dei prodotti
della Cà Pirota (Maiolica, pag. 92: South Kensington Museum, num. 521).
La marca 4, a pag. 460, ch'é pur riprodotta dal Fortnum (ivi, pag. 29)?:
ma così, come ce l'ha tramandata il Ranghiasci, possiamo dubitare
della fedeltà del disegno; in generale, i facsimili ch'egli dà sono infe-
delissimi. La marea 7, a pag. 459 (Fortnum, pag. 31) che ai lati ha le
iniziali M. G. e la data 1525?: ma io, senza ricorrere alla congettura
che la S entro il cerchio sia la iniziale del nome di Salimbene, penso
sia la marca della fabbrica del piatto, e il piatto, per conseguenza, sia
un dei tanti che dalle offieine marchigiane e romagnole venivano tra-
smessi al Maestro in Gubbio perché li ornasse di riverberi. Escludo. la
marca 8, a pag. 386, la quale non sarà (pare anche a me) di Gubbio,
se bene il Fortnum la riproduca tra le giorgesche; ma non direi col
De M. recisamente che sia di Faenza. E non ricordo la marca 84 del
Fortnum (pag. 28) perché non credo debba leggervisi una G, o, almeno,
non direi (tanto più che non l'ho veduta riprodotta in piatti riverberati)
che appartenga all' Andreoli. Del quale, secondo il De M., « le opere
sono superbi capolavori, consistenti in pezzi a soggetti mitologici, sto-
rici, religiosi ed a stemmi » : io dico, invece, che l'opera sua consiste
soltanto nei meravigliosi riflessi: opere sue di pitture non sono i sog-
getti rappresentativi e neppure, per conseguenza, i « busti di uomini e
di donne » che « talvolta occupano tutta la superficie » delle coppe
amatorie che il De M. gli attribuisce, ed « i grotteschi » che io resti-
tuisco a Casteldurante od Urbino ed a Faenza. È quindi vero che sia
« grande il suo stile ed in esso è evidentissima l’influenza della scuola
di Raffaello di cui talvolta imita e riproduce le opere con somma dili-
genza »? Io, per esempio, non sarei capace di ascrivere a Giorgio la
pittura d’un solo piatto de’ tanti che riverberò. Che se il De M., a
sostener l’influenza esercitata dalla scuola del Sanzio su l'arte di Gior-
gio, volesse ricordarmi il piatto bellissimo del Civico Museo di Bologna,
RI IRE GRACE eme Ve cx

RECENSIONI BIBLIOGRAFICHE 189

io gli ricorderò che del 1532 il Maestro lo finì de maiolicà, cioè di river-
berare, come vi si legge nel rovescio: l'autore della scena della pre-
sentazione al Tempio non a Gubbio e non tra gli operai dell’officina
dell’ Andreoli è da ricercarsi. — Riguardo a Vincenzo ha ragione il
De M. di ripetere che non se ne conosce « alcuna marca certa » : però,
siccome la congettura del Robinson sulla marca N è stata finora bene
accolta, poteva riprodurre, come il Fortnum ha fatto, molte varianti di
quella marca che verosimilmente è constituita dalle prime tre lettere
del nome Vincenzo. — Del Prestino il De M. conosce una firma (ne
diè il facsimile il Fortnum, num. 148), ed anche crede di conoscere « le
firme di altri due, entrambi confuse; e di un altro solamente la. sigla,
riprodotta nelle marche alla lettera M ». Le due « confuse » debbono
essere tra le ultime quattro a pag. 460; e tutte quattro, se bene mala-
mente leggibili, rappresentano il nome del Maestro; anche quella che
il De M. dà « ad un allievo od emulo di M. Giorgio, chiamato Gilde o
Gileo », che nessuno conosce e sa se mai visse (cfr. Fortnum, A hist.
treatise, pag. 172). — A proposito di firme e marche di lettura o d’in-
terpretazione difficile, perchè la penultima della pag. 471 è collocata
sotto la lettera N, pur dichiarando ch'é di Giorgio?: si tratta di una M
e di una G, non di una N coll’aggiunta di un'asta in forma di J; la
quarta asta della lettera è distaccata dalla terza: d’onde l’equivoco.

Ho detto che il De M. fa di Giorgio un cospicuo pittore; « superbi
capolavori » infatti sono le rappresentazioni mitologiche, storiche. e
religiose de’ suoi piatti: fisso in questa idea, è naturale ch’egli cada
in altro errore, là dove (pag. 279) assevera che nelle fabbriche d’ Ur-
bino si fe’ « uso del giallo oro metallico e del rosso rubino; ma que-
st'uso è più limitato, più parco che nelle opere di Gubbio ». No: in
Urbino non si applicò su le maioliche oro e rubino: i piatti dipinti da
Francesco Xanto, da Orazio Fontana e da Nicolò Pellipario furono ri-
verberati a Gubbio e precisamente nella bottega di Giorgio. Mancano.
forse esempi di piatti firmati dallo Xanto pittore e da Giorgio riverbe-
ratore?: ne hanno il Museo di Londra, il Museo Correr, quello di Ox-
ford, quello d'arte storica di Vienna e ne possedettero il Castellani e
il Basilewsky.

Concludo: dell'arte ceramica nell’ Umbria non parmi che il De M.
abbia seritto con la necessaria preparazione. Nélla ristampa del volume
(sarà prossima, chó il libro ha, come ho detto, pregi e ricchezza d'illu-
strazioni e notizie) egli non ripeta che Città di Castello « pare siasi
dedicata in modo speciale » ai graffiti; nè che la fabbrica di Gualdo.
(Gualdo Tadino non é nelle Marche) « pare sia una diramazione di
quella di Gubbio » e che il rubino delle sue maioliche « ha un carat-

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Di
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zx
190 i RECENSIONI BIBLIOGRAFICHE

tere di splendore tutto caratteristico ed è superiore a quello di Gubbio »
(pag. 196). Per Gualdo, a cui il Darcel attribui ma con dubbi, alcune
maioliche del Louvre, vegga il De M. a pag. 172 della cit. opera del
Fortnum, dove si domanda se per errore siasi letto Gualdo invece di
Ubaldo (chiamavasi così un figlio di M. Giorgio). E giacchè il De M.
ta invito agli studiosi (pag. 607) di comunicargli contributi per una
vera e propria bibliografia ceramica (quella che qui pubblica non è,
a dir vero, troppo ricca), piacemi indicargli i miei appunti bibliogra-
fiei su M. Giorgio (Num. unico, Forli '98), ristampati dal prof. E. Cal-
zini in questo Bo//., e la bibliografia del Fortnum. Nella ristampa di
questa parte, la quale, come il De M. assicura, acquisterà « uu vero -
earattere di bibliografia ceramica », non manchino, ad es., le opere del-
l'Argnani, del Darcel, del Robinson, di Vincenzo Bindi, (delle Marks and
Monograms di William Chaffers il Fortnum annunziò nel 96 la nuova
edizione a cura di Federico Litchfield), del Molinier, d'Eugenio Piot,
del Ricci, di Adamo Rossi (per le maioliche di Deruta) e di tanti altri
che il Fortnum addita. — M'auguro che all’ A. non dispiacciano queste
mie franche osservazioni; vorrei anzi che le accogliesse con benevolenza
e non prestasse orecchio alle facili lodi che del suo libro furon dette
nell’ Arte e Storia dello scorso novembre: dall'esser questo un libro
utile al non aver «l'eguale nella letteratura artistica contemporanea >;
dall'aver pregi all'esser a dirittura un « lavoro che non poteva idearsi
e attuarsi con criterî più pratici », ci corre, se non isbaglio, di molto.

GiusePPE MAZZATINTI.

MAGHERINI GRAZIANI G., L'Arte a Città di Castello. — Città di Castello,
Lapi, 1898; in 4" gr., pp. 394 con 163 disegni intercalati nel te-
sto e 89 tavole, e con un Atlante in fol. di 63 tavole in cromo,
eliotipia, fotocromolitografia in colori ed oro.

De’ monumenti di Città di Castello i maggiori storici dell'arte ita-
liana, se si eccettua il Cavalcaselle per le opere di pittura ed il Laspeyres
per quelle d’ architettura, ci lasciarono appena qualche accenno, limitato
ai dipinti di Luca Signorelli e a quelli che il Sanzio vi eseguì o vi mandò.
Più diffusamente invece, se non con pari dottrina, ne dissero gli scrit-
tori castellani, massime Alessandro Certini e meglio ancora Giacomo
Mancini con la sua Illustrazione storico-pittorica, ormai divenuta rara, e
le sue Memorie di alcuni artefici del disegno. Per primi, costoro, inter-
rogarono gli archivi e dissero dell’ arte signorilmente protetta nella città
da
7

RECENSIONI BIBLIOGRAFICHE 191

natale e del culto de’ Castellani per ciò ch'è bello e gentile. Ma i lavori
del Certini e del Mancini, al quale particolarmente bisogna essere molto
grati, poichè ci tramandò « notizie di cose che non si potrebbero altri-
menti sapere », ei si presentano di troppo incompleti, massime « dopo
la distruzione a C. di C. e la dispersione di tante opere e di tante scrit-
ture ». Né essi bastavan piü a rivelarci il tesoro che l’ umbra città con-
teneva e che in gran parte conserva ancora. Fu quindi nobile pensiero
quello del Magherini d'illustrare con eriteri del tutto moderni e con dot-
trina le bellezze artistiche della sua patria adottiva. A. lui dunque il
vanto d'aver considerata l'opera d'arte non soltanto dal lato tradizio-
nale e documentale, e con lo sguardo fiso al campanile del proprio paese,
ma da quello assai piü razionale e pratico che fa capo, insieme col docu-
mento, all'esame diretto dell'opera ch'egli degnamente illustra. L/ arte
castellana o, meglio, i lavori eseguiti per C. di C., quivi o fuori, egli
guarda e studia direttamente sul luogo e dichiara e descrive con acume
e sapere. Non è davvero questa, come giustamente osserva l’ editore be-
nemerito, « una sterile compilazione fatta in fretta a scopo di lucro, ma
un'opera grandiosa, condotta con molto intelletto d'amore e con vera
coscienza di esperto conoscitore delle cose d' arte e delle memorie antiche ».
Il Magherini, con un concetto assai chiaro, « corrispondente a quanto
richiede la critica moderna », raccolse in più luoghi nuovi documenti e
memorie pressoché ignorate « perché ogni fabbrica (com' egli s' esprime
nella prefazione), ogni pittura, ogni scultura avesse, per quello che era
possibile, una storia compendiosa ma esatta, accompagnando alle stori-
riche illustrazioni molti e variati disegni ottenuti con i piü recenti ri-
trovati, persuaso che questi servano meglio di qualunque piü accurata
e chiara descrizione a far conoscere agli studiosi i monumenti delle arti ».

L'opera splendida è divisa in XXIV capitoli. Nel primo si discorre
dell'arehitettura in genere coltivata a C. di C. fino da tempi molto re-
moti: dell'antica chiesa di S. Florido, del vecchio. palazzo del Comune
e di quello del Podestà; de’ caratteri specifici delle costruzioni castellane
dei secoli XI e XII; dell' architettura religiosa de’ secoli successivi sino
al periodo fiorente del secolo XV; di quella militare e civile della stessa
“epoca; delle fabbriche de’ Vitelli; di alcune ville ne’ dintorni della città
e delle costruzioni del seicento, mostrando a quale altezza potè giungere
la nobilissima arte a C. di C. sotto la potente libertà del Comune e gli
anni belli del Rinascimento.

Il Duomo ricostruito nell’ ultimo ventennio del quattrocento con i.
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disegni e sotto la direzione di Elia di Bartolomeo lombardo sul luogo
della vecchia cattedrale dedicata a S. Florido, le vicende non sempre
liete con cui fu condotta la grandiosa fabbrica, i lavori in pietra ed in

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192 RECENSIONI BIBLIOGRAFICHE |

legname e le pitture che l’ adornano, occupano l'importantissimo capi-
tolo 2°, mentre nel successivo discorre il M. della chiesa di S. France-
sco, finita d'edifieare nel 1291 e ampliata ed abbellita nel secolo XIV.
Adornano questo tempio molte cappelle gentilizie: quella sontuosissima
de' Vitelli disegnata, pare, da Giorgio Vasari, che ha un cancello di ferro
battuto nel 1546 di maestro Pietro Tifernate, la cui arte dà argomento
‘al M. per affermare che la lavorazione del ferro fiori in ogni tempo a
C. di C. Nel eapitolo IV é notizia ampia, sicura intorno alla chiesa di
S. Domenico (la porta laterale richiama alla mente quella del palazzo del
Comune disegnato da Angelo d'Orvieto, che forse vi s' inspiró) cominciata
nel 1269, ampliata in seguito e consacrata appena nel 1426. S'indugia
il M., non senza ragione, sulla descrizione de’ due altari de’ secoli XV
e XVI, che sino al principio di questo secolo incorniciarono le celebri
tavole di Luca Signorelli e di Raffaello: il Martirio di S. Sebastiano nel
primo, la Crocifissione nel secondo. Del predetto maestro Elia è verosi-
milmente il disegno della chiesa di S. M. Maggiore (benchè il Laspeyres
l' attribuisea a Baccio Pontelli) alla cui costruzione dedica il M. un breve
capitolo. Uno de’ più importanti è quello sul palazzo Comunale con cui
è detta la storia della severa costruzione, dal 1240, quando cioè si pensò
di edificare il palazzo stesso, alla vendita del palazzo vescovile o per-
muta tra il vescovo Azzone e Buonconte da Montefeltro, podestà d’ al-
lora; alle opinioni diverse di vari scrittori sull’epoca della fabbrica, la
quale pare non sia anteriore al 1335; alle decorazioni, particolarmente
di pitture de’ secoli XIV e XV; agli abbellimenti, ai restauri, alle alte-
razioni e allo stato attuale di sua conservazione. Non meno notevole è
l'articolo che illustra il palazzo del Governo, già del Podestà, uno dei
più belli e caratteristici edifici dell’ Umbria, la cui erezione rimonta al
secolo XIV. Il M. crede che la bellissima fabbrica, già di molto avan-
zata nel 1368, sorgesse anch’ essa con i disegni di Angiolo d'Orvieto, il

mentovato autore del palazzo del Comune, e dice le ragioni della sua !
congettura. I

Le grandiose, se non in tutto bellissime, fabbriche dei Vitelli, il È
grande palazzo in Piazza, l'altro alla Cannoniera, quello a Sant’ Egidio |

e quello a S. Giacomo, occupano ciascuna un capitolo speciale; così il ;
palazzo Bufalini e il Castello di San Giustino sono descritti ne’ relativi i
capitoli XII e XIII. Sarebbe affatto inutile seguire l'autore nell’ opera
sua in cui, con forma facile e disinvolta, descrive, confronta e discute
intorno ai diversi temi che tratta sempre da par suo e con rara com-
petenza. Il capitolo XIV, ad esempio, si: può riassumere nel seguente
aforisma dallo stesso autore avvertito, e cioè che l’arte della scultura
non ebbe a C. di C. che rare occasioni di' manifestarsi, I maestri che
TA

AREE STI

RECENSIONI BIBLIOGRAFICHE 193

I

da Firenze e dalle terre di Toscana vi si recarono per decorare chiese
* abitazioni signorili appartengono alla classe de’ scalpellini più che a
quella degli scultori propriamente detta: non di meno un fra Giacomo
‘Castellano eseguirà il pulpito e un altare in marmo per la chiesa di
S. Francesco; Sano di Giovanni da Siena scolpirà un gruppo pel fonte
battesimale della chiesa, ora distrutta, di S. Giovanni; e artisti di mag-
giore abilità verranno da Firenze e da Fiesole per la decorazione del
Duomo, di S. Francesco e via dicendo.

Nel secolo XVI l’arte dei della Robbia penetrò a C. di C. dove di-
morò maestro Battista di maestro Domenico della Robbia, un artista
che si mostra sotto l’ influenza dello zio Luca e del cugino Andrea, e la
cui esistenza ci vien rivelata per la prima volta dal Magherini. (Battista

. dovett’ essere tenuto in molta considerazione dai Castellani se nel 1502

lo vediamo tra i magistrati del Comune). Nel capitolo XV dedicato,
come il precedente, alla scoltura, il M. ricorda, descrive e quasi sempre
illustra con ottime fototipie e disegni opere robbiesche: 1’ Ascensione di
Cristo nella chiesa di S. Agostino, la Natività di Cristo nella Galleria
comunale, e altre opere menzionate dall’abate Alessandro Certini: oltre
a un tondo e due piatti nella medesima Galleria, ed altri lavori che
ancora si conservano in città, in alcuni palazzi di privati e nelle chiese,
appartenenti per la maggior parte, secondo il M., al delicato e genia-
lissimo Andrea nipote del celebre, elevato Luca della Robbia.

Il primo pittore di cui si abbia memoria a.C. di C. è un Gualfre-
‘duccio (1240); poi è notizia di un Simone di Bartolomeo da Bologna,
miniatore del secolo XIII. Ma è giusto notare che anche artisti senesi
si recarono assai per tempo ad abitare a C. di C., e forse anche prima
‘del 1240, secondo il giudizio e le congetture del M. Che « pittori senesi
(così egli osserva) venissero solleciti a Città di Castello, probabilmente
‘passando da Gubbio, lo dimostrano le maniere delle più antiche opere
conservate fino ad oggi, le arie e le forme svelte e secche delle figure,
lo studio diligente della esecuzione; nelle quali cose la imitazione timida

‘è compensata dal colorito gaio e da una gentilezza affatto nuova. Anche

fra noi le prime prove della pittura furono nelle chiese e nei conventi,

‘e solo più tardi quest'arte trovò nella signorile potenza del Comune,

meglio assai che nella interessata e simulata protezione dei grandi, aiuti

‘e occasione a svilupparsi e fiorirè ». Verso il 1350 un Bartolomeo di

Ser Nereo pittore fu fatto cittadino, mentre operavano ancora Ranuccio

‘e Pietro di Bartolomeo, Castellani. Alcuni altri maestri del luogo parte-
‘cipano nel secolo XIV al risorgimento delle arti e per la chiesa di S. Flo-

rido dipingono con i maestri senesi; Meo di Bindo, Brunone di Giuntino

‘e Benedetto di Bartolomeo nella cripta del vecchio tempio.

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194 RECENSIONI BIBLIOGRAFICHE

D'altronde molti altri maestri rammenta il M. che qui operarono in
questo tempo; ma sarebbe impossibile in un breve cenno bibliografico-
menzionarli tutti a uno a uno. Tra i pià degni di nota dovremmo ri-
cordare Arcangelo di Cola da Camerino, alcuni pittori Castellani, un Gio-
vanni Piemontese che dipinse una tavola per la chiesa de’ Servi, e di-
versi altri maestri finora pressochè ignoti. Discorre poi il M. della pro-
babile dimora a C. di C. di pittori perugini; della distruzione di una.
quantità di opere fatte quivi, come lo stendardo in Montone, assai bello,
attribuito al Bonfigli e ch’ egli confronta con l’ altro stendardo dello stesso
maestro nella Galleria perugina; e del grandioso affresco di Piero della
Francesca nella cappella del Cimitero di Monterchi; di quel Piero mercè
il quale ei crede s'inaugurasse a C. di C. il grande Rinascimento. In
questo ch’ è il più ampio capitolo di tutta l'opera, considera ]' A. varie.
pitture di Francesco, il Tifernate (al quale vorrebbe concedere il vanto.
d'essere stato imitato da Raffaello), del Pinturicchio, del Perugino (in-
torno ad alcuni dipinti di questo maestro a Montone e alla Fratta), del
Rosso Fiorentino, di Jacopo da Milano, del Parmigianino, di Raffaellin
dal Colle, del Vasari, di Battista della Biilia, di Cristofano Gherardi, del
Pomarancio e di altri minori. Con un accenno alla decadenza delle arti
a Città di Castello e alla vendita e dispersione delle opere chiudesi il bel
capitolo XVII. In quello seguente trattasi dell’opera del Signorelli a
C. di C.

Mentre il Vasari non ricorda che un paio.di tavole dal celebre mae-
stro dipinte per i Castellani, il Magherini discorre invece di più che
mezza dozzina di lavori dall' insigne pittore quivi condotti in piü epo-
che; poiché, così serive, « più che in altri luoghi Luca dipinse a Città
di Castello, dove fu amato e onorato quanto poteva desiderare e dove:
con solenne ed unanime partito de’ magistrati gli venne accordata la cit-
tadinanza (estesa anche a' suoi discendenti) col godimento di tutti gli
onori e privilegi propri dei Castellani ».

La prima volta che il Signorelli si recó a C. di C. fu nel 1474 quando
il Comune lo chiamó a colorire un affresco nella torre dirimpetto al pa-
lazzo pubblico, rappresentandovi la Vergine in trono col Bambino e i
santi Girolamo e Paolo. Del qual lavoro é riprodotto nel testo il con-
torno di una delle due candelabre elegantissime, chiudenti ai lati il gran-
dioso dipinto, purtroppo oggi quasi del tutto in rovina. La sua prima
opera di cavalletto fatta a C. di C. è, secondo il M., la Natività che il
Signorelli dipinse per la chiesa di S. Francesco. Stando invece col Ca-
valeaselle, dovrebbe essere anteriore a questa la piü grande tavola con
l’ Adorazione de’ Magi fatta per la chiesa di S. Agostino (al Louvre) che
l'illustre storico dice del 1482, mentre riporta al '96 la Natività, ora nella

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RECENSIONI BIBLIOGRAFICHE : 195

Nazionale di Londra, nella quale riconosce l' influenza non della scuola
Umbra, ma di Piero della Francesca e di Filippino Lippi. Nello stesso
anno, a detta del Milanesi, o nel '97, secondo il Certini, esegui il Si-
gnorelli la tavola col S. Sebastiano, ornamento insigne della galleria Ca-
stellana, trasportatavi dalla chiesa di S. Domenico. Il nostro Autore as.
segna inoltre al maestro due affreschi che si vedono: nella Confraternita
di S. Giovanni: la Madonna col Putto seduta in trono in mezzo a due
angeli in piedi, e il Battesimo di Gesü. Del primo, col cartello recante

il nome dell' ordinatore « Paulo de Godolo » e la data del 1495, offre-
il M. una buona riproduzione nel testo. All' audace maestro pensa il M.

anche davanti allo stendardo, collo stesso soggetto, il Battesimo, ese-
guito per la mentovata Confraternita (ora nella civica Galleria), mentre

esso è lavoro di un suo imitatore, di uno studioso, come osserva il Ca- .

valeaselle, delle opere di Seuola Umbro-peruginesca. E la maniera riso-
luta e il colorito vigoroso ch'egli riscontra in un’ altra tavola della Pi-
nacoteca, dipinta pel monastero di S. Cecilia, inducono il Nostro a pro-
nunziare ancora, non senza buona ragione, il nome del grande maestro.
Troppo lungo sarebbe accennare anche brevemente ad altre opere che
il Magherini reputa giustamente sue o della sua scuola: giovi asserire
invece che chiunque intenda conoscere e meglio determinare |’ opera
del Cortonese nella piccola città dell’ Umbria, dovrà consultare, sempre
utilmente, cotesto capitolo dedicatogli con tanto amore e dottrina.
Quanto alle quattro pitture di Raffaello eseguite per C. di C. parmi
opportuno riprodurre per esteso il sommario dei capitoli che il Magherini
consacra al nobile e difficilissimo tema. Il primo di cotesti studî che
si riferiscono a Raffaello tratta del famoso e tanto contrastato stendardo
dipinto per la Confraternita della SS. Trinità di C. di C., oggi nella
Pinacoteca comunale. Dal Passavant al Cavalcaselle tutti gli storici del
Sanzio, eccettuato il Morelli, lo attribuiscono al sommo Urbinate. Fra i
critici moderni il Frizzoni sostiene invece, come il suo nobile maestro
ed amico, ch'esso è opera di Eusebio da S. Giorgio, mentre altri, come
il Bode, lo lasciano a Raffaello. Il secondo capitolo illustra il Crocifisso
in possesso di L. Mond; il terzo, il celebre Sposalizio ora a Brera;
l'ultimo, il S. Nicola da Tolentino. Ma de’ singoli capitoli ecco il som-
mario; « — Raffaello — (Lo Stendardo) fu la prima sua opera a Città
di Castello: tempo probabile in cui lo dipinse (intorno al 1500). — De-
scrizione del medesimo e considerazioni. — È ignoto se gli fosse ordi-
nato direttamente dalla Confraternita della SS. Trinità. — Tradizione.
— È certamente opera sua. — Deperimento di esso e restauro ; (14 Cro-
cifisso). Seconda opera di Raffaello per ordine di tempo. — Giudizio
del Vasari. — Famiglia Gavari patrona della cappella. — Descrizione

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196 7 RECENSIONI BIBLIOGRAFICHE

della pittura fatta ad imitazione della tavola dipinta dal Vannucci per
i Francescani di Perugia. — Vi era unito un gradino. — Opinione dei
signori Cavalcaselle e Crowe, quanto al tempo in cui rimase nella chiesa
di San Domenico. — L'originale fu comprato dal cardinal Fesch, e
copia posta sull’altare. — Crocifissione già in San Gimignano, ora a
Mosca, creduta opera di Raffaello. — Copia nella chiesetta di Battaglia
presso Urbania; (Lo Sposalizio). Terza opera fatta per Città di Castello.
— Descrizione della medesima. — Documento del secolo XVII. — Tempo

probabile dell’ allogazione, 1503. — Nei primi mesi dell’ anno dopo dové
compierlo. — Confronto con lo Sposalizio del Perugino. — Antiche copie
di quello colorito da Raffaello. — Disegni e studi per il medesimo. —

Fino a qual tempo rimase in San Francesco nella cappella Albizzini. —
I fanatici delle novità francesi lo vollero donare al generale Giuseppe
Lechi di Brescia: inutili sforzi per riaverlo. — Proteste dei Francescani,

rinnovata nel 1819 anche dalla Magistratura castellana. — Passò per
vendita nella Galleria di Brera di Milano. — Restauro fatto dal pittore

Molteni variamente giudicato; (IZ San Nicola da Tolentino). Nostra
opinione quanto al tempo in cni fu dipinto (tra il 1504 e il 1505), e
quello che ne dissero il Vasari, il Lanzi e il Passavant. — Descrizione
della copia (che il N. riproduce nel testo) esistente a Città di Castello.

— Disegni a Lilla e a Oxford. — Considerazioni intorno a quanto vi
si scorge della scuola peruginesca. — Trattative degli Agostiniani per
la vendita del quadro troncate dall'avv. Niccolò Domenichini-Trovi,
uno dei patroni della cappella. — Terremoto che rovinò la chiesa e
guastò il dipinto: accordi con i fratelli Domenichini-Trovi. — Vendita

al papa Pio VI e dispersione delle parti in cui era stata divisa la ta-
vola ».

La trattazione di siffatti argomenti occupa non meno di un terzo
del ricchissimo volume; sarebbe inutile quindi anche il solo tentativo
di un riassunto che non potrebbe essere contenuto in poche linee. Ag-
giungo invece che nell’ opera splendida, acciocchè nulla manchi di quanto
si svolse e fiorì nelle arti del Rinascimento in C. di C., credè opportuno
il M., e glie ne va data lode anche per questo, di consacrare gli ultimi
tre capitoli della sua pubblicazione alle maioliche castellane, ai lavori
d'intaglio e di commesso e all’ oreficeria. Le quali arti minori ebbero
anche a C. di C. maestri di non comune valore e amatori illustri che
seppero apprezzarle e signorilmente proteggerle.

Con una serie doviziosa di documenti relativi al Duomo, al palazzo
Comunale, a quello del Podestà, al Palazzo - Vitelli in Piazza, ai della
Robbia, al Rosso Fiorentino, a Luca Signorelli, a Raffaello, alle opere di
legname, di tarsie e d’ oreficerie eseguite in C. di C., si chiude li ma-

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DIANE TILA EE ADU
$ j RECENSIONI BIBLIOGRAFICHE 191

gnifico e splendido volume, illustrato da 163 disegni interealati e 89 ta-
vole fuori testo.

Non ho ancora mentovato l’ Atlante superbo che va aggiunto all'o-
pera ove son raccolte ben 63 grandi tavole del formato 0.647«0.48, in
cromo, eliotipia e fotocromolitografia, delle quali alcune a colori e oro,
riproducenti le principali opere d’arte eseguite nella nobile e gentile
città dell’ Umbria, o fatte per essa.

Concludendo: la storia artistica che il Magherini racconta, episodio
cospicuo dell’ arte nazionale nostra, non poteva essere con maggior cura
trattata nè adorna di magnificenza maggiore. Non altra città italiana può
vantare un'opera la quale per ricchezza splendidissima d' illustrazioni

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: possa, non che superarla, neppure starle a paro. a
Forlì, febbraio '99.
EGIDIO CALZINI.

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199

PERIODICI TN. CAMBIO 0 IN. DONO — OMAGGIO DI PUBBLICAZIONI

R. Istituto Storico Italiano. — Fonti per la Storia d’Italia. — La Guerra
Gotica di PRocoPro DI CESAREA, testo greco emendato sui mano-
scritti, con traduzione italiana a cura di D. COMPARETTI (Vol. III). —

Bullettino num. 21. — A. GAUDENZI, Le Società delle Arti in Bolo-
gna nel sec. XIII, i loro Statuti e le loro matricole. — IL. ScHIA-
PARELLI, Diplomi inediti dei secoli IX e X.

Archivio Storico Italiano (Dispensa 3* del 1898). — Memorie e docu-
menti. — Francesco Zabarella a Firenze (Il Cardinale Fiorentino),
A. ZARDO. — La politica di Gian Galeazzo Visconti nei rapporti

diplomatici coi Valois nei primi anni del suo principato (a proposito
di una nuova redazione del processo contro Bernabò), L. A FERRAI.

Archivio Storico Lombardo (Serie III, Fascicoli 19 e 20). — Indice
del Fasc. 20. — Memorie. — Sedici lettere inedite di M. G. Vida,
Vescovo d’ Alba, pubblicate ed illustrate con un « excursus » sulla
famiglia, le prebende, i testamenti del Vida ed un' appendice di do-
cumenti, F. Novarr. — La Facoltà Teologica ne’ primordî dello
Studio Generale di Pavia, Z. VOLTA.

Archivio Storico per le Provincie Napoletane (Anno XXIII, Fascicoli 3?
e 4°). — Indice del Fasc. 4°. — CprasoLi F., Gregorio XI e Gio-
vanna I di Napoli (Documenti inediti dell’ Archivio Vaticano) (con-
tinua). — CnocE B., Pulcinella e il personaggio del Napoletano in
Commedia. Ricerche ed osservazioni (contin. e fine). — D' AvarA M.,
Iliberi Muratori di Napoli nel Sec. XVIII (contin. e fine). — Croce B.,
Denuncianti ed accusati nella gran causa dei rei di Stato del 1194-8.

Nuovo Archivio veneto (Anno VIII, n. 31). — Una relazione del march. di
Bedmar sui Veneziani, IrALo RauricH. — L'arcidiacono e la Pieve

di S. Maria oltre But di Tolmezzo, Cap. ANTONIO DE GasPARO. —
Dei movimenti insurrezionali del Veneto sotto il dominio napoleo-
nico, e specialmente del brigantaggio politico del 1809, notizie rac-
colte da C. Burro. — Note di Storia Veronese, C. CipoLLA. —

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PERIODICI IN CAMBIO O IN DONO -- OMAGGIO DI PUBBLICAZONI

Lodovico Marcello e la chiesa e commenda gerosolimitana di S.
Giovanni dal Tempio ora S. Gaetano in Treviso, Dott. G. Biscaro.
— Alcuni documenti per la storia della chiesa di Limisso in Ci-
pro durante la seconda metà del sec. XV, G. DALLA SANTA. —
Gli Statuti di Brescia dei secoli XII al XV illustrati e documenti
inediti, A. VALENTINI. — E. Sehmurlo. Relazione della mia missione:
all'estero nell'autunno del 1897, R. PREDELLI. — Guido Dominez.
Regesto eronologieo dei documenti, delle carte, delle scritture del
Principato Vescovile di Trento, esistenti nell'I. R. Archivio di Corte
e di Stato in Vienna, R. PrEDELLI. — Pesenti prof. Emilio. Di-
plomazia franco-turca e la caduta della Repubblica di Venezia, V.
MancHEsI. — Pubblicazioni sulla storia medioevale italiana, C. Cr-
POLLA.

Studi e Documenti di Storia e Diritto (Anno XIX, Fascicoli 3°-4°). — Le

origini delle servitù prediali in diritto romano, L. LUSIGNANI. —
Sul concetto della « exceptionis defensio » (contin.), E. CARUSI. —
Documenti feudali della provincia di Roma nel medio evo, G. To-
MASSETTI. — D'aleuni nuovi sussidî per la critica del testo di S.
Cipriano, G. MERCATI. — Il viaggio d’Innocenzo III nel Lazio e
il primo Ospedale in Anagni, R. AmBrosi-De MaaisTrRIS. — Le
Crociate in Terra Santa e la parte che vi ebbero i Lucchesi, A.
PELLEGRINI.

Mélanges d' Archéologie et d’ Histoire (XVIII année, Fase. 5°). — Le Mis-

sorium de Saint Exupére. Notice sur un plateau offert à l'Eglise
de Baieux par son prémier Évéque, G. Morin. — La nouvelle édi
tion du Liber Pontificalis, L. DucuESNE. — Quelques lettres iné-
dites de l'abbé de Salamon, DE RicHEMONT. — Ineriptions et mo-
numents de Lambèse et des environs, M. BesNIER. — Le manuscrit.
des Annales de Flodoard, Reg. lat. 633 du Vatican, Pu. LAUER. —
Les manuscrits de la Reine Christine aux Archives du Vatican (suite),
G. DE MANTEYER.

Bollettino della Società di Storia Patria Anton Ludovico Antinori negli

Atti

Abruzzi (Anno XI, punt. 21.5). — Civitella del Tronto in relazione
alla storia civile d’Italia, F. FABRIZI. — Documenti Aragonesi ine-

diti del sec. XV dell’ Archivio Municipale di Aquila, I. LUDOVISI.
— C. Sallustio Crispo, esempio di stile storico, V. MoscaRDI. —
Degli antichi Conti di Manoppello predecessori degli Orsini e dei
Colonna, L. PALATINI.
della Società Ligure di Storia Patria (Vol. XXIX, Fase. 2° e 3°). —
De’ Giornali di Gio. Vincenzo Imperiale dalla partenza dalla patria,
anno primo, al signor Agabito Centurione, nulla dies sine linea, con

ceca
PERIODICI IN CAMBIO O IN DONO -- OMAGGIO DI PUBBLICAZIONI 201

prefazione e note di A. G. BARRILI. — Le relazioni fra Genova, I' Im-
pero Bizantino e i Turchi, con 21 documenti, C. MANFRONI.

Società Storica Comense. — (Periodico, Fascicoli 46° e 47°). — Indice del
Fascicolo 47. — F. ScoLarI, Saggio di Bibliografia Boldoniana. — D. F.
Fossati, Codice Diplomatico della Rezia. — P. MorraGHI, Un marmo
romano comense inedito. :

RH. Istituto Lombardo di Scienze e Lettere. — Memorie. — Classe di let-
tere, scienze storiche e morali (Vol. XX, XI della Serie IIT, Fasc. 7°).
— ZUCCANTE G., Ancora intorno alle origini della morale utilitaria
dello Stuart Mill. I precursori dello Stuart Mill in Inghilterra. —
Rendiconti (Serie IT, Vol. XXI, Fascicoli 15° a 20° — Vol. XXII, Fa-
Scicoli 1*.a 3°),

KR. Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti. — La Guerra di Lyttos
(220 av. C.) e i trattati internazionali Cretesi con speciale riguardo
a quelli conservati nel Museo Archeologico del Palazzo Ducale in
Venezia, A. SCRINZI.

Atti e Memorie della Società Siciliana per la Storia Patria (Anno 1898,
Fascicoli 1° e 2°). — Monete e Conii nella Storia del diritto siculo
dagli Arabi ai Martini, C. A. GARUFI. — Commemorazione del P.
Luigi di Maggio, tenuta li 2 marzo 1898.

ER. Accademia dei Rozzi. — Bollettino Senese di Storia Patria (Anno V,
Fascicoli 2° e 3°). — Indice del Fasc. 3°. — Memorie originali. —
V. LusINI, I confini storici del Vescovado di Siena (contin.). — PARDI G.,
Notizie e documenti sulle relazioni tra Lucca e Siena (contin.). —
A. PELLEGRINI, Siena in un poema inedito del sec. XV.

Rivista Storica Calabrese con studi di letteratura ed arte, diretta da
Rocco Cotroneo (Anno VI, Serie II, Fascicoli 5° a 12°).

La Favilla, rivista dell’ Umbria e delle Marche, diretta da LeoPoLDO
TIBERI (Anno XX, Fascicoli 9° a 11°).

Giornale Dantesco, diretto da G. L. PAssERINI (Anno VI, quaderno
12°).

Bollettino Storico Volsco, diretto da ArnEssANDRO MAGLIARI (Anno I,
num. 7° a 12°).

Il Nuovo Risorgimento, periodico di Filosofia, Scienza dell’ Educazione e
Studi sociali (Anno VII, Vol VIII, Fascicoli 8° a 10° — Anno VIII,
Vol. VIII, Fasc. 11°. — Anno IX, Vol. IX; Fasc. 19).

HErudizione e Belle Arti, Miscellanea diretta da FRANCESCO RAVAGLI
(Anno IV, Fascicoli 3° a 7°).

Giornale Araldico-genealogico-diplomatico, diretto da GorrrRnDo Dr Crot-
LALANZA (Anno XXV, n. 12 — Anno XXVI, Fasc. 1° — Anno
XXVII, n. 1).

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.909 PERIODICI IN CAMBIO O IN DONO — OMAGGIO DI PUBBLICAZONI

Napoli nopilisima, risu di topografia e d'arte Napoletana (Mok: VII,
Fascicoli 9° a 12° — Vol. VIII, Fasc. 1’).

Bulletin de la Société d' histoire Vaudoise (An. 1898, n. 16).

Commentari dell’ Ateneo di Brescia per l’anno 1898.

Miscellanea Storica della Valdelsa, periodico della « Società storica della

| Valdelsa » (Anno VI, Fase. 3°).

Analecta Bollandiana (Tom. XVII, Fase. III et IV).

Bollettino della Società Africana d’ Italia (Anno XVII, Fascicoli 5° e 6°).

| Rivista di Storia, Arte, Archeologia. della Provincia. di Alessandria, di-
retta da F. GasparoLo (Anno VII, Fascicoli 23° e 24°).

R. Accademia dei Lincei, Classe di scienze morali, storiche e filologiche
(Serie V, Vol. VII, Fascicoli 1? a 11°).

Bollettino Storico-bibliografico Subalpino, diretto da F. Gaporro (Anno
III, n. 5).

Bullettino della Società Dantesca italiana, (Vol. V, Fascicoli 8° a 10°).

Rivista di Storia Antica e Scienze affini, diretta da G. Troppa (Anno
III, Fasc. 4° — Anno IV, Fascicoli 1° e 2°).

Miscellanea Storica Senese (Anno V, n. 7 a 10).

Rivista di Artiglieria e Genio' (Annata XV, Vol. III, Fase. 1°, e Vol. IV,
Fasc. 3° — Annata XVI, Vol. I, Fasc. 1°).

R. Accademia delle Scienze di Torino, Atti (Vol. XXIII, disp. 14% e 15*,
Vol. XXXIV, disp. 1^ e 4^). — Osservazioni metereologiche fatte
nell'anno 1897 all'Osservatorio della R. Università di Torino.

MoniNI ApoLro. — I manoscritti della Biblioteca Comunale di Cascia.
— Le pergamene dell'Archivio Comunale di Cascia. — Cascia, 1898.

FREGNI Giuseppe. — D'altre celebri iscrizioni etrusche incise in simboli
ed in figure etrusche — Studi storici e filologici. — Modena, Tip.
di A. Namias, 1898.

FREGNI GiusEPPE. — Lettera aperta al prof. D. Vaglieri sulla colonna
dell'Imperator Foca a Roma e sul canto dei fratelli Arvali. — Mo-
dena, 1898.

CruLENI- Nepis C. — L'insegnamento agrario nelle scuole rurali. Con-

ferenza pubblica tenuta ai Maestri Elementari il 20 novembre 1898
in Pizzoli. — Aquila, Vecchioni, 1898.
FiriPPINI ENRICO. — Folklore Fabrianese. — Fabriano, Gentile, 1898.
BoLLETTINO della Società editrice Dante Alighieri (Anno VI, n. 1).
PANSA GiOvANNI. — La leggenda macabra in Abruzzo e la scena del

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PERIODICI IN CAMBIO O IN DONO -- OMAGGIO DI PUBBLICAZIONI 203

giudizio parziale in un affresco della chiesa di S. Maria in Piano.
— Casalbordino, De Arcangelis, 1898.

E. RopocaNAcHI. — Una Cronaca di Santa Sabina sull’ Aventino. —-
Torino, Bocca, 1898.

L. ZDEKAUER. — Tre lettere di M. Alberto Guidalotti lettore allo Studio
di Perugia a M. Bartolomeo Di Biagio lettore allo studio di Siena
(1388) (Per nozze Petrucci-Sozzifanti). — Siena, Lazzeri, 1898.

LAPI SCIPIONE. — Statutum Mercantie Civitatis Castelli. (Per nozze No-
velli-Vincenti). — Città di Castello, Lapi, 1898.

LAPI SCIPIONE. — Rogito di Nello Rampacci, pubblicato per nozze
Corsi-Paci. — Città di Castello, Lapi, 1882.
LAPI SCIPIONE. -— Reformationes et decreta super modo regiminis ac

forma magistratuum Civitatis Castelli — Riproduzione di un’edizione
perugina del 1561 « apud Andream Brixianum ». — (Per nozze Lapi-
Feliciangeli). — Città di Castello, Lapi, 1881.

L. LANZI. — Per il centenario dell’assedio di Stroncone (10-28 febbraio
1799). — Perugia, Tip. Umbra, 1899.

BrANCONI GiUSsEPPE (In memoria di). — Pel primo anniversario dalla
morte, tributo d'affetto di V. Borgia-Mandolini. — Perugia, Tip.

Cent. Coop., 1898.

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MEMORIE

ERETICI E RIBELLI NELL' UMBRIA

dal 1320 al 1330

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studiati su documenti inediti dell’ Archivio segreto Vaticano

(Vedi Vol. V, pag. 1)

VI. — Il dissidio fra Chiesa e Stato come a tempo di
Gregorio VII profittó ai Comuni, così con Giovanni XXII
vantaggio le signorie. Raffermare il primato civile della Chiesa,
svincolarsi dall’ impero, francarsi dal feudalismo tedesco, sot-
traendosi dall’ orbita germanica per volgere a Francia, va-
leva quanto rinfocolare guelfi e ghibellini al combattimento
antico. Le gare riaccese fra una fazione e l'altra, meglio che
rafforzare l’ edificio, ormai scosso fin dalle basi, dei due grandi
poteri pubblici che si contendevano il governo del mondo, ser-
virono, invece, a dare una spinta alle forme oligarchiche pe-
netrate già nei nostri Comuni. Nell’ Umbria non mancarono,
come si è veduto, parziali tentativi per le signorie. Spoleto
e Assisi con alcuni luoghi più importanti del Ducato, dove
di tradizioni dinastiche era ancora presente il ricordo, si pro-
rarono a far largo ad un tiranno. Difetto di aderenze, di ric-
chezze, di senno gli troncarono il favore popolare, e la sola
audacia non valse a tenere in piedi un signore contro la
falange guelfa, forte per tradizioni e per potenza. Ma in
ogni feudatario erano aspirazioni a signoreggiare. La Chiesa,
vacante l'impero, aveva avocati a sè i feudi; i Comuni
avevano diritti da accamparvi sopra. Di qui un’ altra cagione
di conflitti, di violenze, di rapine, d'incendi onde si funestò
ogni contrada. Abati con diritto dî mero e misto impero su
14
varii castelli si posero in contrasto con la Chiesa e col Co-
mune. Rallentata la disciplina, rilasciato il costume, cresciuto
lattaecamento alle mondanità e alle ricchezze, una parte del
clero, di religiosi regolari e preti, si lasció trascinare dietro
l'andazzo del tempo, che era di parteggiare per conquistarsi
una signoria. Nel contrasto del clero con la Chiesa fu facile
il trapasso dalla politica alla religione, e feudatari ribelli di-
vennero pure ribelli alla ortodossia cattolica. Ma ciò che
portò ardore di lotta nelle file del clero e scosse l' unità del
sacerdozio fu la contesa dei francescani. Gli animi appassio-
natisi troppo intorno alla regola e alla sua letterale inter-
pretazione, si ingolfarono nelle dispute evangeliche e anda-
rono a dar di cozzo contro l'autorità della Chiesa. Così la
reazione politica antipapale de’ ghibellini e de’ feudatarî si
trovò concordi e associati a sè quei zelanti o intransigenti
dell'ordine minoritico condannati dal Papa. Costoro per com-
battere i frigidi non si accorsero che favorivano le scuole
del libero esame contro lo spirito della Chiesa. Il razionali-
smo era già entrato nelle scuole e cominciava ad opporsi
alla dommatica. Lo spirito di libertà dall’ ordine delle idee
passava alle vie di fatto. Coloro che si alienavano dalla sog-
gezione della Chiesa andavano a cadere nel principio con-
trario, e i più esaltati nelle idee e i più caldi di novità ri-
costituivano quelle societates occultae le quali pro-
mettevano loro i beni e i godimenti di questo mondo senza
che avessero a farsene punto coscienza. Demonio, mondo e
carne, i tre capitali nemici del cristiano, divennero cosi la
religione dell' uomo libero. Satana, che arrogandosi il potere
sulla terra, tentó G. C. con la promessa lusinghiera del suo
preteso regno, era, per i ribelli, una potenza piu forte di Dio.

Quelli, per raggiungere il loro intento, a Satana si vo-
tarono, lui invocando, nelle occulte conventicole, dio. della
ribellione. Quei marchigiani che portarono la rivolta nel-
lI Umbria, rotto il freno che la Chiesa aveva imposto .agli
spiriti indomiti, sí erano sottomessi alla potestà del male; e

EATER ENI Aun PCR Tuc ve
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ERETICI E RIBELLI NELL' UMBRIA, ECC. 207

in segrete adunanze invocavano il diavolo e lo adoravano sur
un fantoccio ora vestito da prelato; ora in abito militare, col
tocco signorile in capo e con uno scettro in mano (1). Con
cerimonie e riti profanati evocavano il genio infernale e ne
attendevano i misteriosi responsi per la sconfitta o per la
morte degli avversarî, come appunto abbiamo veduto fare
da ecclesiastici e laici in Provenza e in Lombardia. La Chiesa,
usando del suo diritto di difesa, vegliava, per il ministero
del Santo Uffizio, sulle sette; e queste che cercavano ripa-
rare là dove gli umori agitati delle popolazioni si prestavano
a favorirle, sfuggivano i luoghi dove la parte guelfa era riu-
scita a tener sotto la ghibellina. Quindi, in quellé nostre
città essenzialmente devote a. parte ecclesiastica, in opposi-
zione alle altre di parte imperiale, le sette ereticali non at-
tecchirono. A Perugia, infatti, centro di forze guelfe, non si
trovava chi osasse disseminare odî religiosi, anzi Perugia,
Orvieto e Narni aiutarono efficacemente il Legato contro gli
eretici (2). Ma quando il guelfismo cominciò a declinare, per
cedere al principio di municipalità, trovatosi in contrasto con
la Curia, si aprì la strada alle società religiose speciali an-
che fra quelle mura: onde, più tardi, si videro accolti ivi
Pietro Garigh e i suoi dodici compagni valdesi e poi anco

(1) Le opinioni degli idolatri di Recanati sono riportate nelle sentenze di asso-
luzione dei ghibellini del 10 dicembre 1328. Essi credevano: « 1.0 Licere habere de-
monem inclusum in idolo admodum prelati fabricato, ipsumque adorare et consilium
ab eo expetere; — 2.0 Aliud idolum habere admodum militis indutum cum uno ca-
putio de vario in capite et cum ense in manu et ad latus, et cum una mazza in manu
et revereri illud et inclinari ei capita, extraendo ei caputium, et recognoscere a dicto
idolo omnem victoriam; — 3.0 Non esse peccatum celebrare divina tempore interdicti ;
— 4.0 Licere offendere et occidere sacerdotes qui nollent celebrare tempore interdicti ;
— 5.0 Licere facere Episcopum de paleis, imponendo capiti eius cappellum episcopale,
mandare comburi et dicere; melius posse subditos suum Episcopum excomunicare,
quam Episcopus possit excomunicare subditos; — 6.0 Licere occidere uxores que
viros Christo commendarent, non diabolo danti victoriam » (VoGEL, De Ecclesiis Re-
canatensi et Lauretana earumque episcopis commentarius historicus, Recineti, Ba-
daloni, 1859, Vol. I, pag. 118, e II, pagg. 93 sg.).

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(2) Secret. Joann. XXII, « XIII Kal. jan. An. XIII », c. 45 t.

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L. FUMI

il celebre Giacomo Bech (1). Nelle regioni di parte ghibellina
le eresie mettevano come su terreno proprio. Un Pietro
Martini, capo di una associazione che teneva congreghe e
capitoli e andava predicando contro la incarnazione del
Verbo e contro la divina essenza del Sacramento dell’ altare,
faceva i suoi buoni affari, da venti anni a quella parte; ma
non altrove che in Piemonte, dove gli era nota la condizione
intiera delle terre del marchese di Saluzzo, dei signori di
Lucerna e di Filippo di Savoia signore di Torino (2). Dal
Piemonte anche veniva quell’ Orso Vati che in Amelia pro-
dusse tante novità. Assisi, Spoleto, Rieti, Todi e Amelia sen-
tirono il contraccolpo del moto marchigiano e la influenza
diretta del conte di Montefeltro, di Muzio d'Assisi e dello sco-
municato vescovo di Arezzo; e, agitandosi alla ghibellina,
alimentarono lo spirito ereticale; ma, per l'indole propria
delle popolazioni, più mistiche che incredule, vi si lasciarono
attirare meno de’ marchigiani perdutisi nella necromanzia.
Subirono piuttosto l'azione di un’ascetica alterata, confusa
tra'la volgarissima corruzione del pauperismo pseudo-fran-
cescano, corruzione importata dalla Francia, e specialmente
dalla Provenza. Non tutti coloro che a noi, per i numerosi
documenti addotti, sono stati tramandati con la macchia ere-
ticale, potevano veramente ritenersi eretici. Quei pochi, i
quali si facevano a negare gli articoli del « credo », come
abbiamo veduto qualcuno di Todi, abbandonavano la patria,
cercavano un asilo nell'alta Italia o si spingevano fino in
Francia. Altri passavano per eretici dietro semplici sospetti,
o per zelo o per bizza di qualche inquisitore. Non era che
un buon cristiano e un buon gueifo Lando Bichi di Gubbio,
sebbene cittadino di una città che allora aveva sdegnato il

(1) CANTÙ, op. cit., I, pag. 86.
(2) Arch. Seg. Vat. Reg. di Giov. XXII, t. XXXIX, c. 608 t. — CANTÙ, op. cit., I,
pag. 86.

ARTI ARIDO II TTI MCN Mic
ERETICI E RIBELLI NELL’ UMBRIA; ECC. 209

Papa per i suoi statuti che ledevano la libertà ecclesia-
stica (1).

Egli fu perseguitato sol per un suo atto energico contro il
sant Uffizio in Firenze, quando si trovò colà in qualità di Bar-
gello. Soffrì un processo come fautore d’ eretici, dopo che quel-
l'inquisitore ebbe citato Giovanni Machiavelli, chierico, e lo
stesso Vicario di,re Roberto, Rollandino Galluzzi di Bologna.
Ragioni di ordine pubblico, facili a comprendersi, consigliarono
messer Lando a metter modo allo zelo inquisitoriale. Lo scan-
dalo di tale giudizio fu tanto, che il Bargello si vide costretto
a minacciare di morte l'Inquisitore se non revocasse la ci-
tazione. E perciò imputato di fautoria rimase messer Lando
molti anni, non ammesso nè lui, né i figliuoli ai benefici eccle-
siastici, se non dopo che il Papa ebbe cancellata quella tac-
cia infamante (2).

(1) Riportiamo la bolla che vi si riferisce:

« Canti de Gabriellibus de Eugubio militi, Comuni et Pop, Eugubino.

Rectori etc. Intellectis diligenter omnibus, que tue littere nobis misse novis-
sime continebant super statutis deo et nobis infestis per Eugubinos contra liberta-
tem ecclesiasticam, ut habebat predictarum litterarum series, editis revocandis, tam
eis quam dilecto filio nob. viro Canti de Gabriellibus de Eugubio per litteras nostras
scribimus iuxta formam, quam cedula continet presentibus interclusa, quas presen-
tari facies, sicut tibi videbitur expedire. Et insuper tibi et dil. fi. thesaurario ducatus
Spoletani ut possitis tenere .XXV. equites presertim hoc tempore, quo furere plus
solito rebellium presumptuosa temeritas dicitur, per alias nostras litteras concedi-
mus, sicut in eis plenius poteris intueri. Ceterum volumus... quatinus ad recuperan-
dam iam dicti ducatus deperdita seu indebite occupata per alios et habita provide
conservandum, adhibere studiosam diligentiam non postponas. Et ut emulorum frau-
dibus et insidiosis maliciis valeas salubrius, sicut expedierit, obviare, litteras seu per-
sonas talium nuncias, non contempnas, sed te potius adversus fraudes et calliditates
ipsorum premunias et specialiter ne per signa E. vel alias fideles ruere, quod absit
valeant, inten das sedule, ac illos, de quibus tibi videbitur super hoc reddas cautos.
Ad hec. grata nobis exsistit admodum pax inter illos nobiles, ut litterarum predicta-
rum lectione didiscimus, tue solicitudinis studiis reformata, super qua tua in hac
parte diligentiam multipliciter in domino commendantes, volumus et exhortazioni
nostre adicimus, ut ad pacem confovendum huiusmodi, diligentiam adhibere studeas
operosam. Datum VIIJ id. febr. a. x.

Eidem Rectori quod assumat, 25 equites armatos pro negotiis E. quotiens opus.

erit ». Uts. Secret. Ioan. XXII, an. X, c. 327).
(2) V. docum. in Appendice VI.

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210 L. FUMI

Tuttavia, i processi di Rieti, di Todi e di Amelia, accen-
nando allo stato delle coscienze, ci danno ragione di credere
che le sette avessero sparsi a larga mano i loro semi anco
fra il nostro popolo. L'inquisitore frate Bartolino da Perugia,

nel processo di Todi, adempiendo alla sua missione, di sco-

prire, cioè, gli eterodossi, enumera e distingue col suo nome
ciascuna setta come se di ognuna vi si occultassero le tracce.
Innanzi a tutti nomina i paterini, setta più comune e più
nota da oltre due secoli. Erano quegli epicurei del Villani
« che per vizio di lussuria e di gola, con armata mano, di-

‘ fendevano l eresia contro i buoni cattolici cristiani ». Poi no-

mina i seguaci di una setta che dice nuova, come quella che
era da noi introdotta di fresco, e si diceva dello spirito di
libertà. Sorta da questa e da’ paterini è quella setta che di-
remo de’ sensuali. Dicevano non essere peccati certe colpe

che la Chiesa insegna doversi scansare, o dicevano essere

peccati lievi quelli che per la Chiesa sono i maggiori. Dopo,
indica il giudaismo che si rifaceva indietro, ritenendo la legge
antica’ migliore della cristiana, e induceva la gente ad un
esecrabile rito. Appresso, quei liberi interpetri, qué Sacram Scri-
pturam aliter intelligunt quam Spiritus Sanctus efflagitet ; e gli
scismatici, ossia gli impugnatori della unità della Chiesa.
Questi entravano, naturalmente, nel campo politico, oltre che
nel religioso, e sconvolgevano tutto l' organismo sociale, di
cui era il pernio la Chiesa con la sua mirabile unità e con la
rasta potestà morale nel mondo; e questionando intorno ai
limiti dell autorità papale e imperiale, si riferivano alle dot-
trine di Dante, di Marsilio da Padova, di Occam e di Leopoldo
di Siebenburg, o per sostenere il principio della monarchia
universale, o la suprema autorità del Concilio convocato dal-
l’imperatore, o il diritto dell’ impero. sulla Chiesa, o per so-
stenere che il papa non ha alcun diritto di trasferire ad al-
tri l'impero. Finalmente, indicando coloro che si facevano
detrattori della dignità e della persona di papa Giovanni XXII,
accennava agli oppositori delle nuove costituzioni, e cioè alle
PRETICI E RIBELLI NELL’ UMBRIA, ECC. 21

decretali sulla dottrina della povertà evangelica e sul movi-
mento francescano, da cui abbiamo preso le mosse per il
nostro modesto studio storico umbro. Rimettendo i cenni al
processo di Todi e Amelia, dove appunto si tratta del movi-
mento francescano, dopo avere esposto il processo di Rieti,
perchè per questo possiamo risalire a idee più generali, di-
remo intanto che di tutte le sette accennate nella sua enu-
merazione dal suddetto Inquisitore, quella più diffusa nel-
l Umbria e improntata di una nota sua propria è lo spirito
di libertà, che dall'ordine delle idee astratte, dal principio
del libero esame, scende all'atto, altera il costume, legittima
il male e spinge al disordine, infrangendo il patto sociale.
Lo spirito di libertà rispecchia teorie gnostiche, le quali
impugnarono il cristianesimo infino dal suo primo nascere.
La Gnosi in sul cominciare del II secolo, per opera di Car-
pocrate e del figlio Epifane, secondo la testimonianza di Cle-
mente Alessandrino, prese la forma di un comunismo eco-
nomico e sessuale. La materia e la forma dell'argomenta-
zione di Epifane è la stessa dei recenti ed odierni socialisti.
Dio (o la natura) ha fatto la terra comune a tutti: è la so-

‘cietà umana, il contratto sociale che ha fatto violenza alla

legge di Dio (o della natura) costituendo o riconoscendo la
proprietà e il matrimonio in danno della indistinta comunanza
economica e sessuale (1). Questo medesimo concetto traspare
a traverso la setta dello spirito di libertà. I beghini in Fran-
cia la pensavano così, e i fraticelli nell’ Umbria li imitavano
perfettamente. Il Papa, distinguendo la varietà delle teorie
di costoro, vi trovava per entro tracce di Donatisti, di Ma-
nichei e di Valdesi (2). Ma per ridurre ad un sistema gene-

(1) Miscell. di stor. eccl., e studî ausiliari del prof. Umberto Benigni, Roma, 1898.
(2) V. la Bolla « Gloriosam Ecclesiam » del 23 giugno 1318 che c.ndannava gli
‘spirituali, distinguendo cinque errori principali. Aggiungesi: « Multa sunt alia que
isti contra coniugii venerabile sacramentum garrire dicuntur, multa que de cursu
temporum et fine seculi somniant, multaque de Antichristi adventu, quem jam jam

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L. FUMI

rale tutte le loro stravaganze, si può dire che il concetto di
base che presiede alle massime loro è quello, più propria-
mente, del paterinismo, rifioritura degli antichi Manichei.
I paterini di Orvieto riferivano la creazione delle anime al
diavolo: e noi abbiamo frate Bentivegna da Gubbio, il ten-
tatore di Santa Chiara di Montefalco, che, come seguace del
libero spirito, dice: é il diavolo Iddio. I paterini non ammet-
tevano il matrimonio; e il frate sosteneva il libero amore.
Gli idolatri della Marca obbligavano le loro donne a racco-
mandare il merito al diavolo, che é quello che dà la vittoria,
e non a Cristo crocifisso che non potè salvare se stesso. Non
Si facevano scrupolo di ammazzarle se pregavano G. C. Fe-
derico da Montefeltro invocava il diavolo, per averlo propizio
contro la Chiesa che combatteva; sconciava monache, ucci-
deva frati e preti. Muzio d'Assisi facevasi merito di vitupe-
rare religiosi e uccidere guelfi; perché si asseriva che non
pecca, né pensa di peccare chi ammazzi un prete. A Reca-
nati, per offrire al dio della ribellione un olocausto gradito,
usavano formare un vescovo di paglia, col cappello episco-
pale in capo, e schiamazzando forte, con le candele accese,
in disprezzo, davangli fuoco. Dicevano che con maggior ra-
gione potevasi scomunicare da loro i vescovi, che non i ve-
scovi scomunicare i popoli (1). Con questi principî pel capo,
i ribelli della Marca, usciti dal chiuso della setta, tagliavano,
uccidevano i pontificî e arrivarono a colpire il nepote, il cu-
gino e gli aderenti del marchese Amelio, predare il tesoro
di Loreto, scacciare vescovi o imprigionarli, distruggendo e
ardendo i luoghi che resistevano alle loro furibonde e impaz-
zate scorrerie. Occultismo o idolatria e libero amore non
erano forme nuove del pensiero, ma un ritorno a vecchi si-

instare asserunt, flebili vanitate divulgant. Que omnia, quia partim heretica, partim
insana, partim fabulosa cognoscimus, damnanda potius cum suis auctoribus, quam
stilo prosequenda aut repellandi censemus » (EUBEL, Op. cit., pag. 137)
(1) V. nota sopra.

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ERETICI E RIBELLI NELL' UMBRIA, ECC. 213

stemi, che erano venuti trasformandosi per varietà di cir-
costanze.

Come gli Albigesi rinnovarono gli errori de’ Manichei, e i
Valdesi quelli di Aerio e di Vigilanzio, così quelli del libero
spirito nell’ Umbria, avvicinati con gli idolatri delle Marche,
negando il libero arbitrio, negando l'inferno, perché le anime
purgansi in questa vita, poi nell’ altra, se alcuna macchia vi
restasse, fino alla totale soddisfazione, ripicchiavano al pate-
rinismo; col quale avevano comune il principio dualistico
del bene e del male, gli attributi dati al diavolo di suprema
podestà nel mondo e in fine la Venere promiscua. Quel pro-
fanare la purità del cristianesimo, servendosene a legittimare
le passioni, in turpe omaggio a Satana, riconduceva lI' uma-
nità non pure ai paterini, ai manichei e agli gnostici, ma
addirittura al paganesimo antico. Eppure questo vaneggia-
mento di ragione continuò tanto tempo, che non fu inter-
messo nei secoli stessi più civili e più prossimi a noi. Come,
nel cuore dell’ Umbria, frate Bentivegna asseriva il peccato
mortale non.gravar la coscienza; così, in Napoli, nel 1699,
suora Geltrude, per goder che facesse in oscenità col con
fessore, non reputavasi meno santa (1). Tanto egli è vero
che le aberrazioni dell'intelletto, come le depravazioni del
cuore, non hanno ragione nella etnografia, nè si circoscrivono
da limiti di tempo; ma sono manifestazioni fisiologiche facili
av rivelarsi ovunque e ripetersi sempre, in circostanze omo-

‘ genee.

Fu, pertanto, una specie di atavismo paterino (per così
dire) che corruppe la società anche oltre il primo quarto del
secolo di Dante e che generò il libero spirito che equivale
al libero pensiero. Ma costretto a operare di soppiatto, se,
pescando nel torbido, riuscì a portare al colmo la demora-
lizzazione in quella classe che si arrogava tutti i privilegi,
eccitando i più orgogliosi a procacciarsi, con la violenza,

(1) COLLETTA, Stor. del reame di Napoli, I, IX.

POETS AIR o Le SPIRE PR

e LE


914 L. FUMI

una signoria, non era, per altro, elemento sufficiente a pro-

durre, nelle masse, novità. In mezzo ad. un popolo tiranneg-

giato da nobili, palleggiato da fazioni, angariato da gover-
nanti, scandalizzato da monaci e prelati, potevan far breccia,
nell'animo dei più, coloro solamente che « popolarissimi, dif-
fusi tra la plebe, in grande aspetto di moralità, di povertà,
di mortificazioni, potevano ripetere: Ecco come ci maledice
una Corte ricca, disonesta, gaudente » (1); cioè, a somiglianza
degli spirituali e dei beghini di Francia,.i fraticelli. Essi pre-
tendevano fare il contrapposto alla Chiesa di allora, antitesi
diretta contro l'abuso rimproverato all’ alto clero delle ric-

chezze dei fedeli disperse in comodità, in lusso e in pompe

mondane, o date a godere a parenti o impiegate a corruzione.
È in forza di questo abuso che i ghibellini per organo di
Dante pensavano non essere la Chiesa disposta in nessun
modo a ricevere cose temporali, per il precetto che (dicevano)
espressamente lo vieta in Matteo: per la qual cosa, ragiona.
rano così: che se la Chiesa non poteva ricevere, dato che Co-

-stantino avesse potuto far questo e lo avesse fatto, niente di

meno tale azione non era possibile riceversi, non essendo il
paziente disposto ; dunque, concludevasi, era manifesto che la
Chiesa non poteva ricevere per modo di possessione, nè Costan-
tino avrebbe potuto per modo di alienazione conferire. Lo stato
della pubblica opinione è espresso in questo pensiero della Mo-
narchia come nell’ altro del Convito quando Dante deplora il
mal uso delle ricchezze ecclesiastiche, tanto da giustificare per
questo la rapina di essi beni; e nella Divina Comedia, mentre
allude ai monaci degeneri, afferma un concetto che è ormai
fatto generale anche nel popolo, sul conto della Chiesa, dicendo:

« che, quantunque la Chiesa guarda, tutto

è della gente che per Dio domanda,

non di parente, nè d’altro più brutto ».
(Par. XXII)

(1) CANTÙ, op. cit. T, 33.

uar tmt
ERETICI E RIBELLI NELL’ UMBRIA, ECC. 215

A reagire contro cotesto abuso, i fraticelli facevansi a
propalare idee che facilmente ricevevano accoglienza, in
quel caldo delle passioni politiche. Accennando alla suppo-
sta evoluzione della Chiesa, dicevano: il trapasso, dallo stato
di povertà a quello di ricchezza, cominciare da S. Silve-
stro: ne venne allora, secondo essi, un dualismo nel con-
cetto della povertà e nel concetto della Chiesa; cioè una po-
vertà perfetta, come quella degli apostoli e degli imitatori
loro i quali non avevano nulla né in proprio, nè in co-
mune; una povertà imperfetta, come quella de’ seguaci delle
regole di Sant’ Agostino e di San Benedetto, con case e vitto
in comune. Nella Chiesa vedevano la parte spirituale e la
parte carnale: spirituale, negli uomini vissuti in povertà
perfetta, in umiltà e in ubbidienza di spirito a Dio, come
gli apostoli e loro seguaci: carnale ne’ vescovi e prelati,
abituatisi alle delicatezze del senso, fra ricchezze e onori,
in pompa e gloria; rimproverati di dare i beni della Chiesa
a parenti, consanguinei e amici, anziché rinunziare a ciò che
possedevano. Cotesta chiesa era quella chiesa carnale del-
l' Apocalisse detta la gran meretrice di Babilonia, la bestia
dalle sette teste e dalle dieci corna, perché macchiata di tutti
e sette i peccati mortali, in opposizione ai dieci comanda-
menti divini; la donna dall aureo calice in mano ricolmo di
tossico, di che abbevera tutte le nazioni, siccome piena di
peccati. Dove non essere povertà, ivi nemmeno santità: e
per questo dicevano non aversi piü gli esempi di perfezione
come al tempo degli apostoli (1). Ma sarebbe sopravvenuta
la chiesa del terzo stato per combattere l’ anticristo: sovr'essa
sarebbe disceso lo Spirito Santo in egual modo, anzi in mag-

(1) PmiLiPPI A LIMBROCH, ss. Theol. inter Remonstr. Profess., Historia Inquisitio-
Ais, cui subiungitur Liber sententiarum inquisit. Tholosana ab an. Ch. M.CCC.XII
ad an. M.CCC.XXIII, Amstelodami, 1662. V. a pag. 66 la confessione di Pietro Lu-
cense di Gallizia: dopo aver detto che Gerardo Segarelli fu primo autore degli Apo-
stolici con fra Dolcino, e asserito che un chierico non può mandare a morte un cri-
stiano, criticava coi testi scritturali lo stato della Chiesa di allora.
216 L. FUMI

gior copia che sugli apostoli. Per tal guisa, distinguevano tre
grandi epoche; la prima, della potenza del Padre (la crea-
zione); la seconda, del Figlio (la redenzione) che durerebbe
fino alla venuta dell’ anticristo o fino alla persecuzione della
vita evangelica; la terza, dello Spirito Santo (di grazia) che
avrebbe continuato sino alla fine del mondo (1). La Chiesa
del terzo stato, fondata nella povertà, nell’ umiltà e nella man-
suetudine sulle rovine di tutte le altre, avrebbe demolito il
primo e secondo ordine francescano e instaurato il terz or-
dine, cioè de’ beghini o spirituali, vestiti di abiti corti e
stretti (2). Questi avrebbero vinto l'anticristo, del quale im-
maginavano due tipi, uno mistico e uno reale: essere dubbio
per taluni se Giovanni XXII fosse il mistico, cioè il precur-
sore del maggior anticristo, il demonio meridiano, il lupo ra-
pace, o l’anticristo vero: il quale, secondo alcuni, doveva
appartenere alla più alta religione minoritica, come Lucifero
appartenne al supremo ordine angelico. Si citava un libro
sulla venuta dell’ anticristo, con una figura rappresentatavi
di monaca, prima incinta, poi col bambino in braccio, dal
diavolo abbracciata. Per anticristo tenevano alcuni il Papa,
perché in principio si rivelò per la povertà e per la umiltà;
poi, montato in vanità, la vanità gonfiava, e perseguitava po-
veri e povertà. Se rappresentava l'anticristo o anche il suo
precursore (non per nulla si chiamava Giovanni!), doveva es-
sere deposto. E qui ecco preconizzato il successore in un
frate da uscire dalla corte di Federico re di Sicilia. Sarà
frate Enrico di Ceva? Sarà frate Angelo Clareno? O l' uno o
l’altro che fosse, le previsioni erano belle e fatte. Già ve-
devano la fuga di papa Giovanni, l'elezione di Federico in
imperatore, una grande crociata contro i reami di Francia e
di Napoli, l'ecatombe di questi e l apparizione dell’ anticristo.
maggiore nella persona del principe Filippo di Maiorica, o

(1) PHIL A LIMBR., Op. cit., pag. 307.
(2) Ivi, pag. 298. .
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ERETICI E RIBELLI NELL' UMBRIA, ECC.

di fra Pietro Olivi, che era il santo padre messo dopo gli
apostoli ed evangelisti, pari con san Paolo, perché anche a
lui, e niente meno, si rivelò lo Spirito Santo......! (1).

Fu un esaltamento di fantasie mistiche, nato e cresciuto
nei chiostri, per zelo eccessivo della regola francescana, co-
minciato, dapprima, con ingenuità, proclamando la regola
sine glossa contro i moderati e patrocinatori della glossa.
Egli si trattava di francescani con francescani disputanti
sugli esempi lasciati dal gran Patriarca; poi di francescani,
avversati come sostenitori di una regola troppo rigida cre-
duta impossibile all'atto pratico, e insieme come esorbitanti
dalla regola stessa, da altri ordini religiosi che si trovarono
sostituiti dai Minori negli studi generali,in ogni ramo di in-
segnamento e nella predicazione; da ultimo si trattava di
gente inasprita per umiliazioni e per condanne inflittele dal
pontificato: donde, in opposizione, venne uno spirito di esame
sulle sacre scritture dietro il lume della ragione naturale,
non disciplinata da un’ autorità suprema e inappellabile. Dante
insegnava:

« avete '] vecchio e '| nuovo Testamento

e il Pastor della Chiesa che vi guida:

questo vi basti a vostro salvamento ».
(Par. V. 79)

« Basti all umana intelligenza il sapere che Iddio ha par-
lato, e che della sua parola ha costituito egli medesimo deposi-
taria la Chiesa, depositaria e maestra incorruttibile ». Cosi da
Dante a Leone XIII. Ma già Sigeri e l'abate Gioacchino avevano
aperta la via al razionalismo e insegnato che la stessa natura
divina non è Padre, Figliuolo e Spirito -Santo, e per conse-
guenza l'unione delle persone in Dio non è propria e reale,

(1) Ivi, pag. 303 e segg.

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2

18 L. FUMI

ma solamente similitudinaria, come quando si dice ne’ libri
santi che la moltitudine de' credenti non aveva che un cuore e
un'anima sola. Lo spirito delle dottrine di Gioacchino sfatato,
risorse poi nelle evoluzioni francescane sulla Concordia, sul
Comento all Apocalisse e sul Decacordo sotto il nome di Evan-
gelo eterno: si trasformò, da ultimo, nelle opere dell’ Olivi,
sostenitore della parola e dello spirito del nuovo Testamento ;
onde la povertà evangelica diveniva un domma e la morte
di G. C. avanti la lanciata era apparente e non vera. Per que-
sta libertà di esame si discese ad interpretare il quodcumque
ligaveris in altro modo che non fa la Chiesa; che cioè come il
pontefice o sacerdote del vecchio testamento ebbe a senten-
ziare inter lepram ac lepram ; cosi il Papa e i Vescovi non aves-
sero altra podestà che discernere tra peccato e peccato (1).
Nel qual proposito qualche beghino di Provenza, poiché si
negava al Papa l’ autorità di modificare la regola di S. Fran-
cesco, considerata come fedele specchiamento del Vangelo,
anzi una cosa stessa col Vangelo (2), ironicamente doman-
dava: « Creditis vos quod si Papa ligaret unam caudam
asini in terra, illa cauda asini esset ligata in coelo? » Cosi
pure la pensavano i fraticelli: quasi ripetendosi e ricopian-
dosi fra loro, dicevano, con lo stesso disprezzo, adoperando
il paragone volgare del manescalco e della sua corda, tolta
l’immagine da un manescalco vicino ai frati del S. Uffizio.

Nell Umbria, a differenza di chi seguiva fra Tommaso
della povera vita, e di chi teneva da Berardo di Sicilia, de-
voti all'autorità di Gioacchino, più alle massime dell’ Olivi,
facevano capo a frate Angelo Clareno. Questi è noto con
l'appellativo di Angelo della valle di Spoleto: ma fu nativo

(1) Pun. a LIMB., Op. cit., pag. 360.
(2) « Regula S. Francisci est unum et idem cum Evangelio Christi; quod sicut
dominus Papa non potest mutare evangelium nec addere .vel diminuere in eodem,
ita non poterat mutare regulam S. Francisci, nec aliquid addere vel subtrahere de ea-
dem, maxime quantum ad vota evangelica ». Cosi I' Olivi.
ERETICI E RIBELLI' NELL’ UMBRIA, ECC,

di Cingoli. Il Papa lo disse uomo idiota, e quasi di nessuna
lettera (« ..hominis, vid. Angeli de Valle Spoletana, idiotae
utique et quasi litterarum ignari qui se caput seu magi-
strum ipsorum nominat ») Il Cantü lo ripete. Ma egli fu
pure traduttore dal greco della Scala di Climaco, di trattati
di S. Basilio e di S. Macario, autore di commenti alla regola
di S. Francesco ecc. I fraticelli dell' Umbria lo tenevano per
loro generale: e di generale usava il sigillo, dava l' ubbidienza,
deputava visitatori ai conventi; spediva circolari; faceva giu-
rare i voti sul vangelo e sulla regola di S. Francesco. Per
È la Curia non era e non poteva essere che un ribelle. Aveva
| ricevuto ordine di uscire dalla religione francescana e di pas-
sare alla regola de' Celestini; e non aveva ubbidito. Cercato,
sì raccoglieva qua e là su i monti, vivendo, per lo più, in
eremi dell' Umbria e della Sabina. Per ultimo, si ridusse nel-
labbazia di S. Benedetto di Subiaco: e là si trovava quando
il Davaro venne in Roma. Trovó in quell abate, da lui detto
abate santo, uomo umile e accetto a Dio, un amico e am-

THESE

miratore grande, che di lui aveva tanta stima, da starsene

E

sempre al suo consiglio. In una lettera pontificia de' 21 feb-
braio 1554 è fatto precetto al Guardiano d'Aracoeli e all’ In-
quisitore della provincia di prendere il Clareno. Il Guardiano,
come si ha dal nostro processo, lo richiese all’ abate di Su-
biaco per presentarlo al Vicario del papa o all’ Inquisitore :

TESI

diceva, per ottenergli grazia: ma l' abate rispose che non
lo avrebbe consegnato nemmeno a patto di farlo papa ! I Mi-
nori, moderati, assomigliavano il Clareno ad una vipera dal-
lalito pestifero che ammorba d'ogni intorno. Il Papa, allu-
dendo ai suoi adepti, adoperava la solita frase propria per
eli eretici, dicendoli lupi rapaci sotto il manto d'agnelli per
potere più facilmente sedurre i semplici; presuntuosi, che
anteponevano le loro idee individuali alle definizioni de' pa-
dri; indegni, che senza averne autorità, costruivano conventi,
questuavano, celebravano, confessavano, amministravano gli
altri sacramenti e conferivano le indulgenze. In Assisi abi-

pito gr sli ita i PE
— a- —
— —A

L. FUMI

tavano un luogo presso la città, detto Collicello ; a Spello oc-
cupavano S. Maria di Rapicchiano. Nei gioghi dell Umbria e
della Sabina avevano romitori; altri in Rieti e in provincia
di Roma. Seguaci, poi, del Clareno erano i fraticelli Nicola
di Calabria, Egidio di Spoleto, guardiano di Santa Lucia,
Giovanni, Bartolo e Matteo, guardiano di San Pastore di
Gallicano, tutti di Spoleto: di Rieti, fra Matteo, guardiano
di S. Giovanni a porta Latina di Roma, e altri. In Assisi, un
fra Rufino, che si arrogava autorità di vescovo, richiamó su
di sé in modo speciale le censure del Papa; ma fra Paolo,
provinciale, fra Umile, custode, frate Francesco che fu anche
guardiano di Polo e che aveva seco un fra Pietro da Todi,
e un altro Francesco, distinto con la paternità di Vanni,
primeggiavano. Specialmente quest'ultimo predicava e scri-
veva, sostenendo le idee dei fraticelli non solo in Assisi, ma
anche in Firenze. In quest ultima città fu carcerato. Penti-
tosi e abiurati gli errori che aveva insegnati, dai vescovi
di Firenze e di Lucca fu obbligato, per ordine del Papa, a
predicare pubblicamente la sconfessione dei passati errori.
Un altro frate, nell' Umbria, Pietro di Mino, ma da Siena, si
notò fra la schiera dei fraticelli più colpevoli. Spogliato l' abito
di minore e messosi a girovagare per il mondo, si unì con
quelli che avevano riparato in Sicilia. Fu preso e mandato
in Avignone, dove pati la pena del carcere. Rilasciato, si
recò a Tolosa, poi in Toscana, spacciandosi autorizzato dal
Papa a stare ove volesse, anzi dallo stesso Papa inviato per
missioni di conto; e propalava intanto idee contrarie a lui.
Nuovamente carcerato, alcuni si interposero per liberarlo.
Fu quindi dal Papa ordinata un'inchiesta ad Ugolino, abate
di S. Pietro di Perugia, e a Matteo d’ Ungaro, lettore de’ Mi-
nori. Gli apponevano di non essersi pentito; di non credere
alle scomuniche; di non sapere che cosa fosse bene e che
fosse spirito.

Le opinioni dei fraticelli dell’ Umbria ci vengono rive:
late dalla confessione di frate Francesco di Vanne, chiamato
ERETICI E RIBELLI NELL’ UMBRIA, ECC. 221

a deporre nel processo di Rieti. Egli disse che il Clareno.

sperava nel principe Filippo e lo profetizzava papa: da lui
si attendeva i futuri successi dei fraticelli. Le loro opinioni
sul Papa erano che egli aveva reciso di netto il principio
della vita cristiana (1) con la condanna de’ fraticelli, i soli e veri
frati minori, quali essi erano, non peritandosi gli altri di ve-
nir meno alla regola; onde per non osservarla alla lettera,
correvano diritti alla perdizione: il Papa era eretico per la
decretale sulla proprietà attribuita a G. C. e agli apostoli:
meretrice la chiesa. di Roma, che per meglio fornicare passò
in oltremonte: se papa Giovanni prosciogliesse i fraticelli
da’ loro peccati, tanto non gli presterebbero fede maggiore
di quella che gli hanno nelle censure che lancia loro addosso:
san Francesco, Sant’ Antonio e San Benedetto bisognava cre-
derli: precipitati giù nel fondo dell inferno; poichè se fossero
in paradiso non potrebbero tollerare i proprî seguaci e spro-
fonderebbero tutti i frati minori, cioè quei frati grassi, come

San Francesco li chiamava, punto osservanti della regola, e .

quei monaci benedettini che deviando dal buon sentiero, si
facevano lecito tenere concubine e pagarle con la roba
de' monasteri. Concludeva, che i suoi antichi compagni avreb-
bero volentieri arso le ossa di Costantino e di San Silvestro,
autori delle ricchezze della Chiesa, la quale di quelle ric-
chezze usava per far la guerra ai cristiani (2). Così Dante
con le immagini apocalittiche della donna dalle sette teste e
dalle dieci corna (Inf. IX) e della mala femmina col gigante
che baciavansi insieme (Par. XXXII) non alluse a « colei
che surse sovra i sette colli e da’ molti suoi dominii ebbe
argomento di potenza e d'autorità, finchè la virtù piacque

(1) Collima con le idee de’ beghini di Francia, avendosi dalla confessione di un.

Pietro « Maresii », che « credidit Papam Johannem XXII quem vocat aprum de sylva
destruxisse clausuram Ecc:esie et quod plus fecit de malo Ecclesie Dei quam fecerunt
omnes heretici priores... ». (PHIL. a LIMBR., Op. cit., pag. 69).

(2) Confronta la grande analogìa di queste confessioni con quelle dei beghini
nella citata opera del Limbroch, pag. 66 e segg.

15

e rataasi rn age e m ai o PORZIO
999 L. FUMI

al suo reggitore », come il Fraticelli commenta, ma accennò
veramente alla Curia di quel tempo, e ripeté concetti e im-
magini dei fraticelli contro la corte Avignonese mentre la
lotta ferveva ancora. É pure notevole, là dove dice di -

e... « quel capestro
che solea far li suoi cinti più macri »
(Inf. XXVII, 92)

l'allusione a quelli stessi frati minori rimproverati dai fra-
ticelli di rilassatezza, nonché con la sua esclamazione verso
Costantino il riscontro con le idee de' fraticelli:

« Ahi Costantin, di quanto mal fu matre

non la tua conversion, ma quella dote,

che da te prese il primo ricco patre ».
(Inf. X, 106-117)

Quel frate Francesco, il vecchio, che abbiamo sopra ri-
cordato come guardiano di Polo, si sarebbe fatto bruciar vivo
piuttosto che prestar fede a papa Giovanni; perché un papa
che egli diceva stare lontano dalla grazia e persistere in pec-
cato mortale, era destituito di ogni autorità.

Ma ciò che v' ha di più grave, è la pretesa di attribuire
ad alcuni fraticelli di Angelo Clareno Z Jibero spirito. Un
frate Nallo di Siena, de' Clareni, gettava la sfida, proponen-
dosi di sostenere avanti a chiunque non esser peccato la
fornicazione; errore, ancor questo, comune fra i beghini in
Francia, provenuto dalle trasformazioni degli apostolici di
Gerardo Segarelli e di fra Dolcino, nonché di quei valdesi
accusati di promiscua Venere. Dai paterini che consideravano
come in stato di dannazione gli uomini « matrimonialiter
viventes », si passò agli spirituali (o di libero spirito), che
sostenevano essere maggior peccato il commercio carnale in
matrimonio che con altra donna, « quia frequentius et magis
reca

ERETICI E RIBELLI NELL’ UMBRIA, ECC. 223

publice hoc fiebat (1) »; veri pazzi, per i quali il contatto dei
due sessi, senza che avvenisse il consentimento, non solo
non potevasi ascrivere a colpa, ma doveva ritenersi opera
meritoria. In Provenza costoro si estesero largamente: rivelati
all ufficio della Inquisizione, riportarono molte condanne. È
scandalosa la confessione che, in uno di quei processi, fece
un terziario, il quale avendo famigliarità con donna maritata
si faceva a tentarla con illeciti atti.

Era la teoria del libero spirito, onde l’anima ha presente
Iddio nei diletti spirituali o carnali, come nelle virtù e nelle
buone azioni, e, anzi, ha bisogno di peccati e di vizi come
della grazia, delle virtù e delle opere buone. Le indecenze
di fra Bentivegna di Gubbio, le immoralità dal canonico Maz-
zone e del priore Offreduccio di Spello, gli eccessi delle mo-
nache di Montefalco, scomunicate dal Papa (2), sono le ap-
plicazioni del così detto quietismo, che appunto anche i fra-
ticelli praticavano.

E sapevanselo anche in Francia, poichè era ai be-

(1) Così i beghini in Francia. V. PHIL. a LIMBR., Op. cit., pag. 347.

(2) Dalla Miscellanea dell’ Archivio vaticano (C. Fasc. 70. — 1329, gennaio 4, n. 3) si
apprende la notizia della scomunica al monastero di Montefalco e dell'appello delle
monache:

« Cum pervenisset ad aurem et notitiam r. v. d. Joannis de Amelio.... duc. Spol....
gen. Rectoris, quod pridie ex parte r. v. d. fr. Bartholomey Epi Spoletani seu eius
vicarii et d. Petri Maynade Thesaurarii R. E. in duc. Spoleti existentis per litteras
ipsorum mandatum et iniunctum fuisse plebanis rectoribus et cappellanis ecclesiarum
de Montefalco et aliis clericis de dicto loco, quod in certum terminum ipsis litteris
prefixum sub penis excomunicationis in eorum ecclesiis, dum divina officia celebra-
rentur, deberent denuntiare excomunicatas abbatissam, moniales, capitulum et con-
ventus mon. S. Crucis de Montefalco, prout sic vel aliter plus vel minus sub qua-
cumque conceptione verborum in ipsis litteris dicitur contineri, et constet ipsi d. Re-
ctori pro parte dictarum Abbatisse et monialium, capituli et conventus dicti monaste-
rii infra decem dies legitime coram ipso a dictis litteris et que continentur in eis
fuisse ad ipsum et suam Curiam legitione appellatum atque recursum, idcirco dictus
d. R. pro tribunali sedens in ecclesia S. Nicholai de Montefalco precepit et mandavit
d. Matheo Priori presbiterorum et omnium aliorum clericorum de Montefalco etc.
quod, sub pena excomunicationis et V. lib. den, pro quolibet penam predictam contra
dietam Abbatissam etc. denumptiare, nec excomunicationis aliquam, nec aliquam
aliam novitatem sine licentia d. R. pred. et appellatione pred. pendente facere non de-
beant etc. ».

ET E m ti OR

pitt Wi

d
224 L. FUMI

ghini ben noto. Comunemente si diceva fra loro che in Italia
alcuni fraticelli e alcuni uomini di penitenza tenevano per
certo che non si poteva trovare perfezione se non per via
di cimenti carnali.

A dimostrare la perfetta corrispondenza dei beghini
coi nostri spirituali dell'Umbria basti riportare dal Limbroch
una parte della sentenza contro Guglielmo Ruffi beghino,
del terz' Ordine:

« ..... Habuit familiaritatem nimiam cum quadam muliere conju-
gata.... quam induxit ad oscula et amplexus et tactus inhonestos, et
cui dixit verba que secuntur: Nonne est bene magnum me-
ritum quod sic stemus osculando, amplexando, tan-
gendo,ettamen nou consenciamus in perpetracione
carnalis peccati? Item dixit eidem mulieri: Quod maius
meritum erat et maius factum quod viret mulier sint
superfacto peccati carnalis,et tamen non compleant
peccatum vel actum peccati, quam sit in osculis,
amplexibus et tactibus inhonestis; et sic contradi-
cuntquodnonconplent peccatum suum. Item dum ipse
staret nudus in lecto super dietam mulierem nudam et ipsa sub eo,
ipse interrogavit eam: Et vos non habetis modo voluntatem
vel concupiscentiam facti vel actus carnalis? Et ipsa
respondit: Quod non; nisi maritus eius sic jaceret cum
ea. Et tunc ipse dixit ei: Quod si saltem concupiscentiam
vel voluntatem haberet, tunc maius meritum haberet,
sinoneonsentiret in facto, quam quia talem concu-

piscenciam non habebat. Item dum ipse dietam mulierem
osculabatur et amplexabatur, aliquando dixit eidem: Quod bene
erat magnus et placens amor Dei. Item quando erat in

talibus actibus eum dieta muliere aliquando dixit ei: Quod predicta
faciebat cum eo ad hoc ut eam probaret si erat firma
et virtuosa, et ut ipsa probareteum, si erat etiam
firmus et virtuosus, ut si casus contingeret unus
posset confiderein alio; intendens per predicta verba inducere
ipsam ad consenciendum sibi quod faceret in omnibus voluntatem eius,
que voluntas nondum erat conpleta quod eam carnaliter cognosceret,
set postquam eam induxisset ad consensum volebat deliberare si eam
cognosceret vel non. Item aliquando et frequenter dixit dicte mulieri :

mm siii ia
/——————

ERETICI E RIBELLI NELL' UMBRIA, ECC. i 225

Quod amplexus et oscula et tactus inhonesti quos

faciebant vel habebant inter se, et quod ponere se

nudum super nudam, quod quandoque fuit,ex quo
nonconsenciebantin facto actus carnalis,talia non
erant peccata et quod erant bona opera. Item ipse
dubitavit si predicta que faciebat cum dicta muliere erant peccata
mortalia vel non, set tamen credebat quod essent peccata; ita quod
amp!exus et oscula et tactus inhonestos seu illieitos credebat esse pec-
cata venialia, set dubitabat an fuisset peccatum mortale, quando ponebat
se nudum super nudam, et non determinavit apud se si erant peccata.
mortalia vel venialia, et dum predicta faciebat, habebat carnalem con-
cupiscientiam, et audivit a dicta muliere dici postea quod habuit pollu-
cionem super eam. Item predicte mulieri dicebat: Quod predicta
facere cum ea non erant pecceata,seterantopera me-
ritoria et bona et virtuosa, ut eam induceret ad cen-
senciendum quod faceret in omnibus voluntatem
suam, et postea instruereteam quod male fecerant
faciendo predicta, et erat in proposito confitendi
de predictis sacramentaliter. Item quando inducebat dictam
mulierem ad oscula et amplexus et tactus inhonestos, dicebat ei: quod
amore Dei se humiliaret ad faciendum predicta. Et
quando se posuerat dicta mulier nudam vel discopertam iuxta eum
vel subtus eam, ipse dicebat ei: Bene habetis modo magnum
meritum quia fregistis vel dimisistis voluntatem
vestram amore Dei! Item ad dicendum predicta dicte mulieri,
ut eam induceret ad consensum suum, vid: Quod pro amore Dei
talia fiant, et quod sit magnum meritum resistere
talibus temptacionibus quando homo est super actum,
fuit informatus. per verba cuiusdam beguini, quem nominat, a quo
audivit dici: quod homo qui volebat decipere aliquam
mulierem ut eam carnaliter habere posset,quacun-
que mendacia poterat dicere, ad hoc ut inclinaret
dictam mulierem ad consensum peccati; et tamen hoc
non esset heresis, dum modo teneret in corde quod
actus carnalis esset peccatum, et ipse intellexit, quod pre-
dictus beguinus velle& dicere: quod quicquid homo dicerit
mulieri,uteaminduceret ad consensum peccati car-
nalis, etiamsi diceret, quod actuscarnalisesset me-
ritorius et ad salutem animarum, et quod non esset
peccatum, dummodo teneret in corde contrarium, quod
non esset heresis. Et ita etiam ipse credidit et credebat; et

eu Tenta d an

por

pren
2926 L. FUMI

propter hoc dixit predicta verba erronea dicte mulieri, ut eam induceret
ad consensum et voluntatem suam. Item semel posuit se nudum
super quamdam mulierem aliam discoopertam ac si vellet concumbere
cum eadem, et non fecit actum carnalem, et dum confiteretur postmo-
dum de hoe cuidam confessori, dictus confessor dixit ei: quod ma-

gnum factum fecerat et magnam rem; et propter verbum )
dicti confessoris tunc credidit et credebat, quod tangendo et amplexando
et osculando mulieres et ponendo se super eas nudus non esset peccatum
mortale, licet crederet quod esset aliquod peccatum. Aliquando etiam
venit in opinionem quod talia facere et non consummare peccatum car-
nis esset magna fortitudo anime et abstinencia et etiam meritum, non
tamen determinavit apud se ipsum simpliciter quod tales actus essent
meritorii vel virtuosi, licet frequenter super hoc dubitaverit, et fuerit
in proposito interrogandi aliquem intelligentem si talia erant opera
virtuosa et meritoria. Item dixit se audivisse a quodam quem nomi-
nat: Quod inter quosdam erat opinio aliquorum quod
non debebat reputari homo vel mulier virtuosus vel
virtuosa, nisi se possent ponere nudus cum nuda in
uno lecto, ettamennon'perficerent actum carnalem.

Item dixit: Quod interbeguinos comuniterdicebatur
quodin partibus Italie erant aliqui fratisselli et ali-
qui homines de penitentiaqui erant detaliopinione,
quod non reputabant esse perfectum aliquem nisi 4
possit se ponere nudum cum muliere nuda.

Interrogatus si unquam credidit quod homo non esset perfectus
in virtute castitatis nisi se auderet ponere nudum cum nuda muliere
in eodem lecto, respondit: Quod non, set circa hoc dubi-
tabat an talis actus esset virtus vel vicium, et

magis inclinabat quod esset peccatum quam virtus.

De predictis fuit deprehensus nec voluit confiteri, set negavit a
principio contra proprium juramentum, donec predieta mulier eumdem
in faeie accusavit in judicio, in quo fuit confessa dicens: Quod talia
docuerat eum facere et fieri ob amorem Dei et pro-
fectum animarum, et ut Deus calefaceret eam in
amore Dei.... (1)

Il gravissimo processo di Rieti ne dà la conferma sopra
un uomo volgare, brutto impasto di vizi e d' impostura, chia-

(1) Pit. A LIMBR., Op. cit., pag. 381.
ERETICI E RIBELLI NELL’ UMBRIA, ECC. 227

mato Paolo zoppo. Egli apprese il reo costume, fin dal 1322,
da frate Raimondo fraticello di Spoleto che aveva dimorato
nell’ eremo di S. Marone, foresta. di Rieti. Spacciava avere
avuto direttamente dallo Spirito Santo che quell’ atto non era
peccato, avendo di ciò pregato Dio lungo spazio di tempo.
Cercò trarre a sè una monaca del monastero di-Santa Scola-
stica che per nulla vi acconsentì, ma altre donne sedusse, ob-
bligandole, dapprima, a darsi la disciplina a nuda carne e a
fare cinque genuflessioni in terra a forma di croce; dopo di
che presentava le sue vittime innanzi a Dio, come per offrire
un atto di obbedienza e di virtù: dava ed esigeva il bacio,
che egli chiamava, di pace. Qualcuna pudicamente confessava
non bastargli l'animo di consentire: e allora l’ipocrita si fa-
ceva a pregare Dio perchè dessele cuore. L'ufficio della In-
quisizione retto da fra Simone da Spoleto e costituito di do-
dici consultori, fra i quali entravano il vicario vescovile, due
giudici del Podestà e uno del Capitano, vari dottori, l' abate
di Sant’ Eleuterio, il custode del convento di Rieti e il visi-
tatore delle monache con altri frati, doveva giudicare: 1.° se
Paolo zoppo avesse commesso colpa ereticale; 2.° se era da
condannarsi come eretico; 3.° se era da sottoporre alla tor-
tura per cavarne maggiori cose dopo quelle da lui stesso
confessate e attestate da altri. I consultori non si trovavano
tutti d’accordo. Si vede chiaramente che il Comune e i cit-
tadini. volevano evitare ad ogni modo uno scandalo in città,
e consigliavano abbuiare la cosa. In quel consiglio inquisi-
toriale si disse, che il fatto sapeva bene d’ eresia, ma non
potevasi condannare veramente lo Zoppo per eretico; non
era bene metterlo alla tortura, « propter famam conservan-
dam personarum Reatinorum et propter honorem Civitatis » :
l’ Inquisitore cercasse di contentare i cittadini e la città più
che fosse possibile: lo ponesse in carcere, o in altro modo lo
punisse, però sempre lo trattasse con misericordia. Ma i più
stettero per la tortura, e l ordine venne dal Vicario. L/In-
quisitore gliela risparmió. Meglio interrogato, il delinquente

Qoo s atri i m i it ac. n
228 i È L. FUMI

confessò che non stimava fosse peccato, allora, ma poi lo cre-
dette. Messo in carcere con le ritorte alle mani e ai piedi,
riuscì a fuggire. A forza di lavorare co’ denti, potè sciogliere
le manette e i ceppi dai piedi. Gli venne bene di togliere
un gradino della scala; quindi trasse a sè violentemente la
porta del carcere, la sollevò dai gangani e si mise a correre
verso la piazza de’ calzolari andando a nascondersi nella
casa di Rinaldo di Pietro. Questi era assente. Sopraggiunto
poi e trovato lo Zoppo, lo rimproverò per essersi fuggito.
Egli temeva per sè. Indusse il disgraziato a presentarsi tosto
all’ Inquisitore. Rinchiuso nuovamente in carcere, svelò varie
altre magagne. Si confessò spirituale, e questa confessione ci
fa vedere che dirsi spirituale o seguace dello spirito di li-
bertà era tutt'uno. E dopo che cominciò a dimostrarsi spi-
rituale, frequentava l'indulgenza della Porziuncola, e, una
volta, s' incontrò .per via con certa donna. Cercò di sedurla.
Vi si provò, in seguito, per più volte. Anche, stando nel-
l'eremo delle carceri di San Leopardo, dava in atti propri
della sua indole corrotta.

Nel convento di Greccio abitavano con lui un frate e
due giovani novizi. La neve alta copriva tutto all’ intorno, e
mancava il pane. I novizi volevano lasciare il luogo. Frate
Apollonio (così chiamavasi il frate) li persuase ad. attendere
ancora tre giorni: la bontà del Signore li avrebbe provve-
duti. Passarono i tre giorni, e i novizi non vedendo arrivare
pane, volevano andarsene. Allora fu picchiato al convento.
Uno di loro si fece alla porta; ma non vide persona viva.
Però un paniere colmo era avanti a lui. Corse a recarlo ai
compagni, e si sederono tutti a mensa. In quella, si udi un
altro picchio. Il novizio fu di nuovo alla porta: un lupo te-
neva fra le branche un capriolo. Chi aveva inventato queste
.fole? Paolo zoppo, per gabbarsi della semplicità altrui, per
dare incenso a frate Appollonio che voleva gabellare per
santo. Un'altra: raccontava di una regina che date le sue
ricchezze per amor di Dio e ridotta alle strette dalla neces-
ERETICI E RIBELLI NELL’ UMBRIA, ECC. 229

sità, si vide apparire un angelo che recava un cofauetto, en-
trovi i suoi ricchi abiti regali.. Vedi miracolo della povertà!
L'Inquisizione si raccolse di nuovo in consiglio segreto.

I legali e i chierici col Vicario del vescovo si restrinsero da.

una parte, i religiosi dall'altra; l Inquisitore da solo. Poi,
tutti insieme recarono il loro verdetto. Si trovarono d'accordo
a giudicare lo Zoppo uomo pervertito ed anche eretico. Si ri-
tenne dovesse ancora nascondere nella sua malizia ben altro
da quello che aveva confessato. Quindi dovevasi ancora esa-
minare e sottoporlo ai tormenti, alla rottura delle braccia o al
calcio. Fu perció affidato al braccio secolare e consegnato al
Podestà. A questi fu ingiunto (pena la scomunica, cento marche
d'argento e l'interdetto sulla città) di non lasciarlo parlare
con chiechessia, fuori che col carceriere; costui tenuto a ri-
spondergli solo se gli avesse richiesto cose necessarie alla vita
o attinenti alla prigionia. I Reatini, come seppero che lo Zoppo
era stato dichiarato eretico e consegnato al braccio secolare,
uscirono in dimostrazioni a suo favore. Lo scusavano e lo
difendevano apertamente. Per la città non si parlava che
della innocenza di lui: non mancava chi lo predicasse uomo
giusto, senza colpa e santo. Dell'Inquisitore, che dal pulpito
aveva detto cose a carico di lui, si diceva male. Gli oppo-
sitori ingrossavano. Minacciava una dimostrazione popolare
contro la Chiesa. Quindi fra Simone, vista la mala parata,
pensó a ritirarsi e fece fardello per Gonessa, accompagnato
lungo le vie di Rieti, nella sua dipartita, dai frizzi de’ mot-
teggiatori.

Come poteva, in mezzo a questa melma di laidezze, im-
brattarvisi anche il nome del Clareno? Di lui parla con ve-
nerazione fra Bartolomeo da Pisa; a lui si indirizzano gli
agostiniani più ascetici, siccome ad un sarto. Fra Simone da
Cascia, che lo ebbe a direttore di spirito, piangendone la
morte, avvenuta il 15 giugno 1351, lo chiama vero angelo:
« Angelo di nome; più di fatto (egli dice); come quegli che,
quanto gli fu possibile, ne imitava la santità in questa terra ».

sinn pr E CULO Sr REL IPO frodato o derubato, non se la prenda, non si scomponga, af-

230 : L. FUMI

E beato lo tennero e gli prestarono culto, tuttoché non mai
dalla Chiesa approvato. Gli scritti che restano di lui non pure
sfuggono alla censura, ma ispirati ad un grande candore di
fede, nel sentir basso di sè, nel sentir elevato della vita cri-
stiana olezzano come fiore di ascetica trecentista. Vi domina
il pensiero della annegazione di ogni riguardo al proprio corpo.

Si deve fuggire ogni usanza con femmine (diceva); evitare
di guardarle anche quando sieno sante. Leva a cielo la ca-
stità. Vuole scansate le più innocenti soddisfazioni del senso.
Superiore ai pregiudizi del suo tempo, mentre tutti crede-
vano alla magia e si perdevano nell’ occultismo, egli scriveva i
che non sta bene dare ascolto alle fate, credere alle fatture,
correr dietro a divinazioni e a sortilegi, strolagare su i giorni
e confondersi in altre consimili fanfaluche. Si sente in lui la
decisa avversione agli onori e ai posti elevati della Chiesa;

prescrive fuggirli, come ogni altra vanità mondana, di prin-
cipi e prelati. La vita del vero e perfetto cristiano doversi |
conformare alla vita di G. C., vita di amore e di compiaci- |
mento per la povertà, non di passione alle ricchezze, senza
andare a caccia d'onori e di cose delicate. Chi nulla possiede, |
se ne stia del suo stato: non cerchi arricchire: si procacci |
vitto e vestito col lavoro; lavoro manuale, di arte lecita e !
onesta. Via quella febbre del mercanteggiare e del traffico!

Cosi operarono G. C., San Paolo e quasi tutti i Santi Padri.

A cui torna impossibile il lavoro per debolezza o infermità,
o per trasporto a vita contemplativa, quegli viva pure di
elemosina; ma badiamo che non si dia all’ accatto per ignavia,
per oziosaggine; perché l’ozio, padre di tutti i vizi, è nemico
dell'anima; onde San Paolo disse: « Qui otiosus est, nec pa-
nem manducet ». Chi poi è ricco o possiede, se non sentesi da i
Dio ispirato di vendere e dare ai poveri, tenga il suo siccome

non lo avesse; ma reputandosene solamente amministratore N
e dispensatore d’altrui, non vi si attacchi per niente. Se sar? ?

finché non gli accada di perdere la tranquillità, promuovendo
‘231

ERETICI E RIBELLI NELL’ UMBRIA, ECC.

contese e ‘giudizi; ma tolto in pace ogni cosa, dica col
santo Giobbe: « Dominus dedit, Dominus abstulit: sicut Do-
mino placuit, ita factum est; sit nomen Domini benedictum » !
Ad ogni modo non si affanni a far denaro: si serva di quel
che ha per provvedere ai più stretti bisogni: il resto dia a'
poveri. E lavori, lavori sempre; se non per sé, quando bi-
sogno non ne abbia, lavori per gli altri (1). Ecco la vera
vita cristiana, dicevano i suoi ammiratori: ecco come vivono
i santi! Ma torniamo là, a quello, cioè, che gli ordini reli-
giosi non mendicanti osservavano ai fraticelli: E come du-
rarla così? Lo stesso Clareno concludeva il suo Lbreviloquio
dicendo: « Orate pro me misero, quia dico et non facio! ».
Forse che gli avversari udendo da lui di belle parole, lo ac-
cagionassero di pochi fatti? Che le canzoni di Giotto e di
Guido Calvalcanti, e i sonetti del Pucci rimproverando i frati-
celli d’incoerenza, vissuti all’ opposto di quello che predica-
vano, arrivassero a colpire anche il loro generale? Se il « quia
dico et non facio » va interpretato come una espressione di
umiltà propria de’ santi, come si può credere a tanta virtù
in lui che non si peritava di andare raccontando ai suoi
graziosamente quello che graziosamente per ispirazione di Dio
aveva ricevuto; cioè il dono della lingua greca, dopo che,
per il non breve soggiorno fatto in Grecia, pur doveva averne
acquistata la conoscenza naturalmente? La sua « Epistola
excusatoria de flagellis impositis et fratrum calumnis » fu
giudicata dalla Chiesa una scrittura di partito. Il professor
Tocco ritiene uno scritto di partito la Cronaca delle tribola-
zioni, attribuita dal p. Ehrle al Clareno totalmente e rico-
nosciutagli anche dal Tocco stesso. Se suo è quel linguaggio,
è un linguaggio di frate passionato evidentemente.
Riportiamo il secondo capo della sesta tribolazione pub-

(1) Tocco, I fraticelli o poveri eremiti di Celestino secondo i nuovi documenti,
in Bollettino della Società di Storia Patria Anton Ludovico Antinori negli Abruzzi,
Aquila, 1895. — MATTIOLI, Antologia agostiniana, vol. II, Roma, 1898.

PRI IST AME 1 S

M IS
,

232 : L. FUMI

blicato dall illustre autore delle Eresie nel Medio evo: « Per-
chè (vi si dice), secondo la loro volontà, (i predicatori) fecio-
no victoria di loro medesimi, voltoronsi a forte vindicta di
quelle persone, che in loro havevano devotione o che fussino
secolari o beghini o fraticelli, huomini o femmine che si
fussino. E desiderando di fare, o per loro o per altri, più
tosto vindicta che correptione o di cavare loro di mano pe-
cunia, piuttosto che riducerli dalla ignorantia o veramente
errori al cognoscimento di verità, ne presono e svergogno-
rono molti, e molti ne uccisono, e molti e molti ne crucio-
rono, e non ponevono alcuno termine al loro furore. E
quelli li quali se ne andavono semplicemente, li accusarono
per malitiosi, e li obbedienti per inobbedienti, e li fedeli per
infedeli, e li cattolici per heretici scismatici, facendo, contro
a quelli, come li lupi e cani arrabbiati, li quali voltati in
rabbia, non appetiscono se non di mordere, e senza timore
assaliscono le bestie e li huomini indifferentemente, e da que-
sto non cessano per insino che truovano chi li ammazzi o
veramente che per loro medesimi muojano..... » (1). Si noti,
però; egli se la prende con i soli domenicani. Non osa par-
lare della Chiesa. Esaltato quanto si voglia, ma quasi sempre
osservante, anche negli sdegni del suo zelo per la santa po-
vertà. Se non potè acchetarsi alle severe costituzioni di papa
Giovanni, se pianse sulla sorte de’ fraticelli, non trasmodò,
siccome molti di loro. Potè mancare d' ubbidienza, non di fede.

Nel caldo della lotta, i suoi avversari presero d’ assalto anche

lui, che dagli spirituali era tenuto per santo, come da tutti
gli ascetici; e a lui attribuirono, per discredito, colpe non sue,
il vizio di alcuni propalando come depravazione di tutti. Ma
al Clareno non potevano provare altro peccato, che quello
d'impancarsi co’ teologi, lui non prete, e dare giudizio d'un
papa che, secondo molti, aveva lasciato andare i domenicani
tropp oltre nel sentenziare, e che con facilità sbollava quello

(1) Tocco, in Arch. Stor. Ital., s. IV, t. XVII.
ERETICI E RIBELLI NELL’ UMBRIA, ECC. 253

che era già bollato. Quindi egli pensava che un tal papa
fosse scomunicato da Dio e piombato di per se medesimo
nell’ eresia. Esagerazione, senza dubbio, d'un zelante, ma,
a giudicare dalle apparenze, d'un zelante se non santo, cer-
tamente pio. Riconosciuta cotesta esagerazione, mi pare che
noi possiamo dare all’ ultima lettera da lui scritta, dopo che
da Subiaco si ritrasse, per morire in pace, in Basilicata, un
significato diverso da quello che le ha dato il p. Mattioli pub-
blicandola. Egli scriveva, al frate suo diletto, Gentile da Fo-
ligno; e anzi che fargli una professione di fede, che non era,
di certo, a proposito nè per l uno nè per l'altro, lo chiariva
di cosa che poteva rappresentare anche un monito alla Cu-
ria per avere esulato

« da quella Roma, onde Cristo è Romano ».
(Purg. XXXII, 102)

La lettera nella sua forma rigorosamente dialettica, te-
nuto conto delle idee di chi la scrisse e del fermento gene-
rale delle coscienze, non dà luogo a pensare altrimenti che ad
una dimostrazione logica della condanna in cui era caduta la
Curia col prolungare la schiavitù di Babilonia. È importante
udire in quel suo ultimo testamento dommatico la parola
stessa di quel frate che fu precursore della riforma france-
scana, antecessore dell umbro fra Paolo Trinci, come più
tardi il Savonarola fu il precursore della riforma od osser-
vanza de’ domenicani. « Cristo (il Clareno dice) col rovesciare
l'impero della forza, l'impero di Roma, volle restaurare il
regno della risurrezione dello spirito nella città eterna, per-
ché rimanessero confuse le potestà dell'inferno e avesse il
tracollo la superbia umana. Quindi non viene già dagli uo-
mini, ma viene dal divino Maestro quest’ ordine di cose. Così
è rivelazione del Padre delle grazie agli apostoli e ai loro
successori dallo Spirito Santo e ai fondatori delle Chiese. Che
se ciò è certo; se waa è la Chiesa, uno il Signore, G. C.,

nm gr plc mit tini sii an
L. FUMI

salvatore, redentore e pontefice della Chiesa cattolica, così
il primo padre, il vescovo de’ vescovi deve trovarsi nella sede
di Roma (« in Romana sit sede »); il quale e la quale sono
regola e ordinamento di tutte le dignità ecc. ». Non diver-

-samente, in Dante, Cristo stabili egli stesso l ambito dell’au-
2 2 o

torità pontificia e imperiale (Ep. V, 9), e « post triumphorum
I ? )
pompas, et verbo et opere Christus confirmavit imperium »

(Mon. II, 11, 12, Conviv. IV, 4), cioè di Roma e dell' impero

suo (Ep. VIII, 11),

« la quale e il qual, a voler dir lo vero,
fur stabiliti per lo loco santo,
u'siede il suecessor del maggior Piero ».

(Inf. II, 22-24)

In virtù di questa teoria i ghibellini, i monarchisti ave-
vano pronunziata la decadenza di papa Giovanni XXII. Quindi
il Clareno per compiere quel suo sillogismo, doveva, per con-
seguenza logica, trarne la necessaria applicazione che il papa
d' Avignone, non tenendo la sede in Roma, veniva a scuotere la
base fondamentale della Chiesa, l' unità. Cosi dicendo, tendeva
lo sguardo al futuro e presentiva le calamità della Chiesa. Per
effetto della dimora di Avignone, dovevansi soffrire i lunghi
mali dello scisma, e, per la preponderanza della Francia, come
contraecolpo, l'antagonismo di Germania, foriero della lon-
tana separazione di questa dal cattolicesimo. Poichè 1’ esilio
della Curia da Roma dava veramente una potente scossa

alla maestosa unità della Chiesa. Anche il Cantü osserva:

« Se gli Italiani (egli dice) favorivano alla Santa Sede, per
il vantaggio che ne ritraeva il loro paese, eransene intiepi-
diti dacchè quella esulava; e gli stranieri trovarono più one-
roso questo migrare di tanto loro denaro a paese che non
era considerato seconda patria di tutti, come Roma. I vescovi
dalla assenza del papa pigliavano esempio per allontanarsi
dalle loro diocesi. La contesa con i frati minori aveva reso
ERETICI E RIBELLI NELL’ UMBRIA, ECC. 235

ostile alla S. Sede la milizia sua più devota; e al vedere
condannate persone pie, cui sola colpa dicevasi 1’ eccesso
della povertà, si richiamavano le declamazioni di Arnaldo
da Brescia contro i possessi ecclesiastici e la corruttela de-
rivatane. Le nazioni eransi formate attorno ai vescovi, donde

l'assoluto potere ecclesiastico, come di padre sopra i figliuoli.

Costituitesi, ingrandite, vollero svilupparsi dalle fasce della
Chiesa per vivere di vita propria; compresero che il tempo-
rale potea sussistere disgiunto dallo spirituale; onde alla so-
cietà senza limite di spazio surrogavano società parziali e
distinte, all' andamento generale le particolari destinazioni » (1).

L'azione del Clareno come spirito riformatore, e l' azione
degli spirituali e de’ fraticelli poterono molto, non v' ha dubbio,
per iscemare il rispetto alla Chiesa, e veramente ne scossero
l'autorità morale nell’ Umbria, piena com’ era di uomini fa-
ziosi, ai quali non pareva vero di trovarsi alleati tanti eccle-
siastici nel loro combattimento. Se è vero il pensiero « che
le scuole paterine non fossero mai spente in Italia, ma vi-
vessero in congreghe segrete, in una specie di frammassoneria,
dove tramandavansi arcanamente certe dottrine tendenti alla
libertà del pensiero e degli atti, a scassinare l’ autorità della
Chiesa e de’ governi » (2), è di là, è nelle società segrete
che noi dobbiamo riconoscere il movente della agitazione
anche nell’ Umbria.

Valse, in fine, la defezione avvenuta proprio qui del Mi-
nistro generale de’ Francescani, frate Michele da Cesena, let-
tore nello studio di Parigi e commentatore de’ Sacri testi e

del Maestro delle Sentenze, valse, dico, a determinare il mo- .

vimento di ribellione religiosa e a dilatarlo. Egli, se da
pochi inteso nella sillogistica, trovò seguito nell’ atto pratico.
Screditare il Papa come autorità suprema rivestita del ca-
'attere della infallibilità, quando di soggezione al papato in-

(1) CANTÙ, Op. cit., I, 150.
(2) CANTÙ, op. cit., I, 140.
236 L. FUMI

sediatosi in terra lontana e non sua, non si parlava che
per officiosità, ecco l'opera di frate Michele. Da principio
egli aveva sottoscritto, insieme coi dottori dell’ università di
Parigi, il voto dei teologi sulle teorie degli spirituali, dichia-
randole eretiche, contrarie alle verità evangeliche e tali da
limitare la potestà della Chiesa (1319); ma non lo aveva fatto
per convinzione; solo per w/ficiosità. Nel Capitolo generale di
Perugia egli sostenne con quarantasei teologi e baccellieri
laffermazione contraria, ponendo come verità che G. C. e
eli apostoli non ebbero nulla né in privato né in comune.

Fin da quando la questione si agitó in Curia, richiesto del

suo parere, egli, viste le allegazioni addotte dalle parti con-
tendenti, ma sopratutto fondato sulle decisioni della Chiesa
stessa, ritenne sano, cattolico e costante quel giudizio. La De-
cretale VI promulgata nel Concilio di Vienna e approvata
dalla Chiesa nel libro VII sotto il titolo « De verborum si-
gnificatione » e la costituzione dello stesso Giovanni XXII
« Quorumdam exigit » erano chiarissime e giustissime: quindi
perché ciò che la Chiesa per sano domma approvò una volta,
sempre deve. ritenersi come inconcusso (Canone XIX, dist.
« si Romanorum »), così non è mai lecito rifarsi indietro,
sconfessandolo. Per la pubblicazione delle sue lettere degli
11 luglio 1322 si accrebbero le contese: i timidi si decisero
a seguirlo, gli zelanti si rianimarono, gli avversarî se ne ri-
sentirono. Le passioni in qualche luogo proruppero in agita-
zioni e scandali. In Trieste l' Inquisitore si provò a pubblicare
le lettere apostoliche al popolo. I canonici, fra il suono delle
campane a stormo e gli schiamazzi della folla, lo attorniarono,
e messegli le mani addosso, lo precipitarono dalla scala, lo
coprirono di pugni, gli strapparono violentemente dalle mani
le bolle pontificie (1). Il Papa, rivolto ai dottori delle univer-
sità e degli studî generali di Perugia, Bologna e Parigi, de-

(1) EUBEL, op. cit., pag. 264, Bolla di p. Giovanni XXII del 2 giugno 1324 al ve-
.scovo Castellano.
Ln ei m RR ——

ERETICI E RIBELLI NELL’ UMBRIA; ECC. 237

plorava che si impugnassero le sue costituzioni e lanciava

aspre rampogne contro i suoi avversarî (1). Vedendo ingros-

sare la questione e complicarsi con le ragioni politiche del
Bavaro, si decise a chiamare in Avignone fra Michele,
che da Roma, ove si agitava per lo scisma, era passato nel.
l Umbria. Le lettere papali gli giunsero quando era nelle
terre della Chiesa (2). Infintosi malato, re Roberto gli mandò
da Napoli il proprio medico. I Priori della città di Perugia
si interposero, per scusarlo, col Papa, al quale spedirono, con
lettere loro, del Vicario del vescovo di Terni e dello stesso
re, due frati minori, Umile e Fidanza. Il Papa accettata la
scusa, fecegli sapere che non si prendesse fretta a venire,
attendendo, prima, a ristabilirsi in salute: ma poi gli asse-
gnò un termine perentorio a presentarsi. Fra Michele, mi-
gliorato, parti. Passò per le terre de’ ribelli della Chiesa:
corse pericolo della persona; finalmente, il 12 dicembre 1327,
si trovó davanti al pontefice. Ricevuto con buona cera, udi
il motivo di quella chiamata, che era di provvedere al go-
verno delle provincie di S. Francesco e di Aragona, i cui mi-
nistri lasciavano a desiderare. Intanto, trattenuto in Curia,
vi dimoró fino alla primavera, tacciato di mali intendimenti,
di adesione ad eretici e ribelli, di aiuti e favori dati contro
la Chiesa e contro il Papa, incoraggiando frati. proclivi alle
sue idee, a discapito degli altri. Richiamato il 9 aprile al-
l udienza, presenti alcuni cardinali e religiosi, si udi rimpro-
verare, specialmente, per la lettera del Capitolo generale di
Perugia. Mentre ancora pendeva la questione in Curia, egli
osò definirla con una lettera che era ereticale. Si difese il
frate, riparandosi dietro la costituzione di Niccolò IV inserità



(1) « Contra latratus nonnullorum errores et insinias, qui os suum ponentes in

coelum, lingua eorum transeuntes falsidica super terram, detrahere nostris constitu-
tionibus... veritatemque catholicam quam continent, obfuscare ausu sacrilego prae-
sumpserunt.... ». (Bolla del 21 novembre 1324, in EUBEL, op. cit., pag. 380).

(2) NicoLò MiNOnmiTA dice « in conventu tiburtino » (Cod. Vat. 4008, c. xxJ),
e FIGKER, Op. cit. lett. di Giovanni XXII all' arciv. di Palermo dei 6 e 20, giugno 1328,

EUBEL, in Bull. francisc. t. V, p. 341, n. 5 dice a Terni, più oltre a p. 389 dice a Todi.

16

m——OÓMBG RE ATRIA ZII

Qo m n at e m i e E o du ac n o 238 L. FUMI

nelle Decretali. Se eretica quella, perchè non doveva essere
Niccolò pure eretico? Perchè no anche i successori di lui che
l'approvarono? Se gli atti loro non erano più efficaci, come
potevano chiamarsi legittimi i cardinali, dal cui seno uscì
eletto papa Giovanni XXII? — Il frate fu destituito da Ge-
nerale. Gli fu imposto di non dipartirsi da Avignone. Ma egli
profittò di una galea che si disse apprestatagli dal Bavaro,
e, notte tempo, con l' Occam e con fra Bonagrazia fece vela
dalle Acquemorte per l’Italia. Ai messi speditigli appresso
dal Papa, avvertito tosto della fuga, rispose: anziché andare
a lui, amar meglio raggiungere il Bavaro. Scrisse da Pisa
una protesta ai frati; dove, riepilogata la questione, diceva
avere resistito in faccia al Pontefice: esser chiaro che quel
Papa, il quale determinó gli articoli contenuti nella bolla
« Exiit », non poteva essere che eretico. Bisognava, altri-
menti, dire eretica pure la Chiesa, san Francesco non piü
santo, i frati osservanti della regola tutti eretici. Come po-
teva mettersi d’ accordo quel pronunciamento con la infalli-
bilità della Chiesa, attestata da G. C. che pregó per la sua
indefettibilità? Di tutto esserne causa l’ odio e l' invidia; esser
ciò così chiaro, che gli stessi grandi della Curia non sape-
vano più che cosa dirsi, quantunque zelatori dell Ordine e
di lui stesso. Tanto essere il livore, che, ormai, dopo nove
anni di persecuzione all’ Ordine e a lui, non era da attendersi
altro che la morte: e così, consigliato anche da persone al
tolocate, pensò bene di fuggire. Così Michele.

Le scomuniche piombarono sull’ ardito frate che divenuto

il consigliere intimo del Bavaro, il confidente dell’ antipapa,

fu creato cardinale di Ostia.

Contro i Minori che aderirono al partito di fra Michele,
il Rettore del ducato e gli Inquisitori delle provincie di
S. Francesco e romana ebbero ordine di procedere per giu-
dizio sommario (1). Michelisti andarono‘ confusi a fraticelli,

(1) Vedi Miscell. Vatic. fasc. 63, n. 5 (88) le lettere contro Michele al card. di

S. Teodoro (da Avignone, « XII Kal. iulii an. XII ») e da questi comunicate ai frati.

ERETICI E RIBELLI NELL’ UMBRIA, ECC. . - 239

a spirituali e seguaci di libero spirito. Tutta I Umbria fu ri-
È cercata. Non solo cittadini e frati di Todi, Amelia e Rieti
deposero in giudizio, ma altri di Terni, di Narni, di Spoleto,
di Norcia, Assisi, Cesi, San Gemini, Città di Castello, Citerna
e di più altri luoghi. Qualche convento accoglieva frati cosi
spinti, che avrebbero arso papa Giovanni. Da Cerbarolo fu
scacciato il Guardiano con tutti i frati da due Michelisti,
senza nemmeno lasciar loro tempo di mangiare, perché non

nm apr e m RE ii AR a

vollero unirsi seco. Capi del movimento, dopo Michele, erano
frate Pietro d’ Acquasparta, riconosciuto per suo vicario e
frate Umile già da noi ricordato. Guardiano nella provincia
di S. Francesco, egli ebbe grandissima parte nel Capitolo di

Perugia. Dovunque diffuse lo spirito di opposizione e la re-
sistenza a favore di Michele. Ebbe egli stesso un processo
| davanti al vescovo di Perugia e all'abate di S. Pietro (1).
Agitatori principali erano, poi, a Narni il vicario di quella
custodia, fra Martino da Terni con frate Pietro di Madonna

di detta città; a Norcia frate Angelo Biagioni, a Terni i frati
Biagio Argentelli che apostatò uscendo dall’ Ordine (2), Nicola
di Madonna che usurpò la sede vescovile, come in Assisi aveva
fatto fra Rufino e ad Amelia 1’ Alviano: frate Francesco di Ma-
donna, pur di Terni, fu ministro di Puglia. Processi si ordi-
narono contro frati della custodia di Montagna accusati di

non sentire bene della fede cattolica e massime della persona
del Papa; ma il Guardiano non stava con loro: invece guar-
diani dissidenti erano quelli di Città di Castello e di Borgo
S. Sepolcro messivi da Pietro d’Acquasparta. Ostinatissimo si
mantenne fra Pietro da Calciata, tuttochè chiuso in carcere
e minacciato. Egli aveva predicato contro le costituzioni pon-

minori con lettera data da Rieti (« XV Kal. aug. an. XII ») e ricevute dai varii guar-
diani dei conventi. V. anche in detta Miscell. vatic. fasc. 62, n. 1 (15) lettera di Gio-
vanni XXII contro Michele (« XII Kal. maii an. XIII »).

(1) Lettera ai detti di Giovauni XXII, « Avinion: IIIJ Non. decembris an. XIII »,
(Secret. n. 117, c. 42 t.). i

(2) Index bull. Joan. XXII, t. 44, c. 619 t. in Arch. segr. Vat.
240 L. FUMI

tificie (specialmente contro quella « Cum inter nonnullos »),
persistendovi non ostante il divieto. Il Papa si dolse col Ret-
tore del ducato della ritardata giustizia contro di lui; lo rim-
proverò della taccia che per insinuazione di alcuni lo gra-
vava di partigiano e ricettatore d’ eretici (1). Molti altri re-
ligiosi erano carcerati, fra i quali Alvaro Pelagio che poi si
rimise e fece ammenda, predicando in favore del Papa (2).
Se questi frati si erano fatti accoliti allo pseudo-cardi-
nale Michele da Cesena, accettandone il pensiero teologale,
e sostenendolo pubblicamente con la predicazione, avevano
anche, di necessità, abbracciato il partito dell'antipapa e del
Bavaro. Quindi essi favorirono, non v'ha dubbio, il conte di
Moach, il quale, secondo Albertino Mussato, si impadroni di
maggior parte della Marca per l’imperatore, e creato mar-
chese, entró in Jesi e fece tagliare la testa a Tano signore
di quella città. Dalla Marca egli passò nell Umbria e nel
Patrimonio. Contro di lui il Vicario del vescovo di Spoleto
pubblicó le scomuniche come fautore e difensore di eretici
e di scismatici (3); il che significa avere egli Spoleto e il Du-
cato preso di mira piü specialmente. Di fatto la Sabina in
particolare forni amici al Bavaro. Uno dei tredici ecclesia-
stici prescelti ad eleggere il novello imperatore e a nomi-
nare il Corbara antipapa fu il rettore delle chiese di S. Lo-

(1) V. due lettere di Giovanni XXII al Rettore Giovanni d'Amelio « Avinion. XII
Kal. octobris, an. XIII ». (Secret. n. 115, c. 44 t. a, 44 t. b.).

(2) Ivi, c. 45 t. Il Papa raccomandò al Rettore di trattarlo bene, se abiurasse
Lerrore. Poi scrisse allo stesso Alvaro dicendogli: « Licet dudum de te sinistra nobis
relata fuissent, post modum tamen gratis affectibus intellecto illa nequaquam veritate
fulciri, quin immo illum proditionis filium Michelem de Cesena..... per predicationes
et veras doctrinas alias devotis operibus te impendis, inde tuam prudenciam pluri-
mum in domino commendantes etc. Dat. Avin. X Kal. apr. an. XII ».

(3) Arch. vat. Miscell. C. fasc. 71, n. 3. — Atto del 1330, settembre 8, che contiene
anche le lettere di scomunica del 27 agosto di-detto anno. V. anche EUBEL, Op. cit.,
pag. 492, dove é la lettera del Papa al Vescovo Castellano e all'Inquisitore per ordi-
nargli il processo contro Giovanni di Chiaromonte già conte di Moach persecutore
delle terre della Chiesa riparato a Venezia (1331 febbraio 20).
ERETICI E RIBELLI NELL’ UMBRIA, ECC. 241

renzo in Dazzi e di S. Niecoló del Monte in Sabina (1). Uno
degli abbreviatori e auditori suoi l'antipapa se lo scelse nella
persona del Rettore di S. Maria di Canneto (2); cappellano
di Ludovico e suo famigliare fu un Feliciano d'Assisi, sud-
diacono e fisico insieme; gente di Mareri, in Sabina, prese
d'assalto il castello di Moiano: uno era arciprete del Ba-
varo; da un altro prete, che si spinse con persone armate
assediandolo nel castello, vi rimase morto (3). Ma in nessun
altro luogo lo scisma prese maggior piede che a Todi, e a
Todi l'antipapa largheggiò di prebende e di benefizi (4).
Chiaravallesi e frati di S. Fortunato avevano fatto alleanza.
Varie chiese occuparono e minacciarono di morte chi osser-
vasse linterdetto non solo in Todi, ma anche a Cesi, a
Massa e a Baschi: impugnavano le costituzioni del Papa che
tenevano per paterino e nato d'eretici, e accusavano di
aver canonizzato S. Tommaso d'Aquino, eretico. L'impera-
tore, invece, era un messo di Dio. Ser Angelino di Rinaldo,
suo ufficiale in Campidoglio e suo vicario a Viterbo e a
Lucca, sermonando nel Consiglio di Todi, esclamava: Ecce
agnus Dei! Ecce dies quam fecit Dominus!

Istituì il processo contro di loro l’ Inquisitore di Peru-
gia, frate Bartolino, nel luglio del 1329. Nella fine del settem-
bre successivo si mostrarono disposti a rimettersi: chie-
sero proroghe a comparire; ma poi invitati a Perugia,
non accettarono l'invito, e continuarono nella ribellione, ap-
pellando davanti ai priori di S. Gemini e di S. Valentino.
Non fidavansi di venire a Perugia. Allora ebbero la citazione
a Deruta. Neppure là comparvero. Quindi l’ Inquisitore si

(1) Lett. di Giovanni XXII, t. XXXV, parte II, c. 316. « Avin. VIII idus febr,
an. XIV ».

(2) Ivi, t. XXXVII, parte IT, c. 182. « Avinion. XVI Kal. Junii an. XV ».

(3) Ivi, t. XLIV, c. 578 t. « Avinion. XJ Kal. Jul. ».

(4) Arch. Seg. Vat. Reg. n. 118 c. 32-209. — EUBEL, Registerband des Gegensta.
pstes Nicolaus V, 1328, 9, in Archival st. N. F. IV; 123, 212.

M nde er iii ml ta ue
DEA Ski j È IFTE ROIO: t - i È i. sli KC? perse

919 CoL. FUMI

contentó di esaminare alla spicciolata qualche ribelle piu ri-
messo. La politica del temporeggiare dava la mano alla po-
litica dei piccoli espedienti. Ribelli ed eretici di Spoleto, di
Assisi, di Todi e di Amelia conoscevano bene che l’ Inquisi-
zione collocata a distanza dai luoghi, senza potersi valere
del braccio secolare; non faceva troppo paura, mentre essi
in numero e audaci, incutevano timore a molti, tanto che
tornava difficile agli Inquisitori pubblicare e bandire citazioni
e sentenze, per mezzo di notari. Uno che si trovò di corag-
gio, e sfidò la impopolarità e i rischi personali, ebbe un pre-
mio dal Papa (1). Il quale, pertanto, presa a cuore la situa-
zione dell Umbria, intervenne con la sua autorità. Poichè

avendo sentito come non fosse sicuro l’accesso ai cursori
per le citazioni ai ribelli e agli scismatici, delegò all’ Inqui-
sitore la facoltà di pubblicare le citazioni in qualunque luogo
che gli paresse adatto alla pubblicità (2): gli ordinò di pro-
cedere d’intesa e col consiglio del cardinale Legato e del
Rettore (3): si rivolse al detto Cardinale, raccomandandogli
di attendervi con diligente studio, e di fare opera per ridurre
Todi all’ ubbidienza (4^; poi rimproverandolo che l'Inquisi-
zione non agiva come si doveva, e lui stesso, il Cardinale,
frapponesse impedimenti, specialmente riguardo a Todi e
ad Amelia, e ingiungendogli di accordare al S. Uffizio libertà
di azione e assistenza (D) Volle richiamati a sé gli atti del
processo (6); insistette per riassumerlo dopo che ebbe. risa-
puto delle astuzie usate dai todini per farsi assolvere dal

(1) Fu Guido di Bartolo not. di Bevagna, cinquantenne, che ottenre l’ ufficio di
notaro della Curia generale del Ducato perché lesse, pubblicò e volgarizzò in Bevagna
i processi contro i ribelli ed eretici, « quos quidem processus et sentertias quasi nul-
lus alius notarius, propter metum, legere, publicare et vulgarizare audebat ». (Reg.
Joan. XXII, t. XXXXII, f 517 t. » IIJ Kal. octobr. an. XV ».

(2) Secret. Joan. XXII, t. VII, c. 17, « IIIJ id. Junii, an. XIIJ ».

(3) Ivi, « IJ id. Julii, an. XIIIJ ».

(4) Ivi, t. VIII, c. 147, « VJ Kal. martii an. xv ».

(5) Ivi.

(6) Ivi, « IX Kal. aug. an. XV »
ERETICI E RIBELLI NELL’ UMBRIA, ECC. 243

l'interdetto, tirando in inganno lo stesso Legato (1); confermò
all’ Inquisitore il mandato di condurre a fine il giudizio, tut-
toché il Ministro generale lo avessse revocato dal detto uf-
ficio (2). Del resto, il Papa, egli stesso, dal tempo sperava piü
che dai processi il ritorno dei dissidenti, i quali, in fine, dopo
che il Bavaro aveva ripiegato indietro, l’ antipapa aveva gettata
la tiara e fra Michele si era reso in colpa, non. potevano
altro fare che darsi alla mercè degli Inquisitori. Si può cre-
dere che i frati ribelli sopportassero pene disciplinari, più
che corporali, salvo la pena del carcere che in alcuni è ram-
mentata, non potendosi a frati poveri imporre pene pecu-
niarie, come s'imposero agli abati, ai canonici, ai prebendati
di varii luoghi, fra i quali al Preposto di S. Stefano delle
Arcelle di Gubbio, a cui si confiscarono i beni e si seque-
strarono i denari, e a molti altri che furono privati de’ be-
nefizi. Di giustizie eseguite si ha appena qualche accenno.
Ma se maggiori materiali d’ archivi fossero a noi pervenuti,
la storia degli eretici e ribelli dell Umbria. di questo decen-
nio sarebbe stata certamente più lunga. Chi scriveva, circa
due secoli fa, memorie di giustizie eseguite in Roma, durante
il pontificato di Giovanni XXII, attingeva a fonti oggi per-
dute, o inaccessibili, dalle quali si raccoglieva quanto fosse
aspro in Roma il conflitto dei fraticelli, degli spirituali e de-
gli scismatici in questi anni.

Noi non possiamo dare valore ad una molto indigesta
compilazione di memorie contenuta in una raccolta anonima
della Biblioteca Vaticana proveniente dall’ Urbinate, n. 1688;
ma per l'immediato contatto del Lazio con l Umbria e per
rapporti indicati dai nostri processi con luoghi vicini a Roma
e con Roma stessa, ci gioveremo di qualche ricordo romano.

(1) EUBEL, Op. cit., pag. 597.

(2) Vedasi l'esposizione del Miserere da lui fatta in Monaco, dove confessa le sue
‘colpe, per non avere riconosciuto in Vicario di G. C. Giovanni XXII (MANZONI in Wa-
DINGO ad an. 1329, n. 21).

Vo a mo m gii e iL ae ee n
944. Tus FUMI

Vi si parla di un frate Pietro de' Minori « che oltre haver
confutate le dottrine di S. Tommaso (ed ecco un incontro con
certi frati del Umbria) haveva anco incitato i religiosi a se-
guire la povertà di Cristo... ».

« Un certo frate che haveva studiato le medesime cose
et approvava quanto fra Pietro fatto havea, disse che il Papa
faceva condannare l innocenti e premiava i rei e che erano
obligati i cardinali a rimoverlo dal Papato . .. Un suo com-
pagno . . . diceva che erano tutti dannati alleterne pene
dell’ inferno quelli che essendo cardinali donavano delle ren-
dite della Chiesa e le distribuivano a' suoi, e che il sacer-
dotio sarebbe per questo capo andato per terra, e tra pochi
anni non vi sarebhe legge ferma e stabile; perché il dare,
il donare, il testare, il trasferire erano peccati gravissimi...
Fu condannato al foco in Campo de' Fiori.

».«... Un tal Gregorio Carsolano... conduttore di questa
nova setta de’ Fraticelli, haveva seco le lettere che gli seri
vevano i suoi discepoli, sopra delle quali fu esaminato. Si
ritrovano, per memoria, ancor conservate, scritte in greco,
latino e molte in lingua italiana . . . Si era gettato anche
nella scola de’ Fraticelli, dove haveva trovato da pascere
maggiormente il suo vitio col fomite della carne... Fu con-
dannato al foco. La giustizia fu fatta al Campo de’ Fiori, dove
fu eretto un palco vicino alle fiamme, con questa conditione
che ritrattando sè stesso e confutando le sue dottrine, fosse
decapitato; persistendo in esse e negando la confutatione e
confessione, fosse vivo nelle fiamme gettato . . . All’ ultime
proteste negò, crollando il capo, di non voler ritrattarsi. Fu
posto a canto alle fiamme; e perché disse tre volte di nó, fu
spinto dentro il foco e divorato dalle fiamme ardenti . . . .
Nessuno rimase impunito, anzi ognuno purgò la pena o nel
foco o nella forca . . . Si fece la giustitia (sopra un prete)
vicino a Ponte (Sant' Angelo) sopra il largo del Castello, dove
fu piantato il ceppo col tavolato ,.. e gli fu tagliata la testa.
E così fu tolto via gran parte di quello scandalo che era per

TATE See rr:
ROMEO o

la città in sentire tanti eretici e così gran lascivia. E si car-

reggiavano le donne in una casa fabbricata dal Papa a questo
fine dove si facevano anche sotterrare. E durò questa giu-
stitia d'eretici a condannarsi fino al sesto anno di papa Gio-
vanni XXII; lo che vien raccolto dalle memorie nelle Vite
de’ Papi. L’' Indice riferisce che papa Giovanni XXII facesse
morire di forca una donna di Savona, maestra e curatrice di
putti e putte allevati nella Scola de’ Fraticelli e nutriti in
quei ammaestramenti; che essa fosse processata; che havesse
sostenuti i tormenti; che fosse stata condannata a morte; che
questa giustitia si facesse nelle vicinanze di Ponte; che fosse
fatta morire il quinto anno del suo pontificato. Vi erano al-
tre donne carcerate in Roma sopra il medesimo delitto; e
perchè le prove della loro malvagità non erano a sufficienza
per condannarle alla morte, furono con lunga carceratione
mortificate, havendo il Papa fatto fabbricare una casa a posta
per quelle che venivano denunciate in questa Scola di Fra-
ticelli; onde per semplici sospetti si facevano colà stare a
pane et acqua. È fama che in Roma ne morissero le centi-
nara in questi anni che visse papa Giovanni, o che alcune
morissero anche di patimenti. Altre donne disperse per la
campagna di Roma, furono nascoste. E.vi furono di quelli
che erano nella setta che vivevano senza essere stati sco-
perti; ma dal rigore della giustizia e dall’ essere il Papa bene
instrutto di tutti i luoghi, nationi e conditioni di persone, in
brevissimo tempo se ne vidde l'estintione totale di uomini
e donne ».

Altrove dice che furono 15,000 le vittime di questa
eresia (1).

(1) L'anonimo del cod. Urbinate della Vaticana, n. 1638, ha veduto certamente
atti di archivio. Qui cita l’ Indice. Lo cita anche nel cod. precedente n. 1637, carte 356,
richiamandosi alla Relatione che fa V Indice. È detto anche l’ Indice di palazzo Vati-
cano (cod. 1638, carte 459) e Relatione all’ Indice (c. 411 t.). Cita anche le Memorie dî
Palazzo. Facilmente vide indici e compilazioni dell’ Archivio Segreto pontificio. Ma
si affida anche ad autori, e nomina il Ceccarelli, il Platina e il Bibliotecario. Fa una

ERETICI E RIBELLI NELL’ UMBRIA, ECC. 245

it me n A e
L. FUMI

Checchesia di ciò, non è vero che le giustizie capitali
distrussero la setta; ché, per ritornare all Umbria, ve ne ri-
masero tracce lungamente. Infino a tutto il secolo XVI vi
si occultavano frati che sentivano allo stesso modo de’ loro
antichi confratelli intorno alla povertà evangelica, e non solo
non avevano abbandonato il vizio carnale, ma lo praticavano
con strani riti, profanando la religione cristiana.

Fu tutto vero, o fuvvi anche calunnia nel denunziare le
costumanze del barilotto o delle polveri che, a ricordarle, fa-
rebbero arrossire, se, al dire di Tertulliano, la verità non ar
rossisse che del non essere conosciuta ? (1).

Non è qui il luogo di entrare in questioni che pur si

tengono per mano; ma, giunti al termine del nostro studio,

strana confusione di nomi e di date: confonde Clemente VI con Clemente V: mette
Giovanni XXII in Roma, quando non si mosse mai da Avignone, e una volta lo manda
a Marino: nomina persone e vescovati che non esistevano. Non è quindi una compi-
iazione da consultarsi; e può citarsi solamente a titolo di curiosità per raffronti con
notizie congeneri autentiche.

(1) V. Archiv., IV (an, 1888), p. 111, 117, Il p. Ehrle parla del processo (1466) con-
tro i fraticelli delle March? e d' altri luoghi che si radunavano in Assisi per il per-
dono del primo agosto, come solevano radunarsi ora in un luogo ora in un altro ad
esercitare insieme i loro turpi riti (V. Cod. Vat. 412):

« Interrogatus Franciscus de Maiolata hereticus de opinione fratechulorum su-
per articulo de barilotto dicit: quod quando erat iuven et erat tunc decem vel duo-
decim annorum et reperit se bis in loco prope Maiolatam in uno fossato in una Eccle-
sia, et nunc est destructa, ubi, dicta missa, in nocte, ante albam, extinguebantur
lumina et dicebant ista verba, vid: Stegni la lucerna, avelamo ad vita eterna, alle-
lwia, alleluia: chiunque homo se pigli la soa. Interrogatus postea quid ipse fecit et
si carnaliter cognovit aliquam, respondit, quod erat iuvenis, et quod invenes exibant
ecclesiam, et quod alii remanebant adulti et cognoscebant mulieres carnaliter inibi
astantes et quod faciebant baptisterium et rumores fiebant, sicut fit in die veneris
Sancta. — Interrogatus de pulveribus, respondit, quod de illis ratis in sacrificio ca-
piunt infantulum, et facto igne in medio, faciunt circulum et puerulum ducunt de
manu ad manum, taliter quod desiccatur, et postea faciunt pulveres et de illis pulveri-
bus ponunt in flascone vini, et post missam finitam omvibus interessentibus in missa
ant de illo vino illius flasconi unicuique semel ad bibendum, loco communionis. Et
ipse Franciscus bis fuit et bis bibit dum in missa interfuit ».

Dal processo detto (1466) risulta che ancora esisteva la setta de’ fraticelli, o po-
veri di Cristo o apostolici come si dicevano anche, e ritenevano: eretico Giovanni
XXII ed eretici tutti i successori perché non revocarono le sue costituzioni: Papa e
preti simoniaci, perché conferiscono benefizi e celebrano dietro denaro: non esser
lecito a preti confessar in peccato: non potere assolvere: preti per male opere deca-
duti dalla loro giurisdizione.

MERE I TT
da n f

ERETICI E RIBELLI NELL' UMBRIA, ECC. DAT:

concludiamo, che le notizie da noi raccolte sulle fonti originali
per dare una immagine fedele della condizione dell’ Umbria
dal 1320 al 1330, ci rivelano principii di libertà politica e
principii di libertà religiosa venuti in contrasto come I' ideale
col reale. Pregiudizi e superstizioni, licenza di costumi, la
forza e la violenza sostituite al diritto, arbitrio e abuso nelle
esazioni, giustizia manomessa, sistema di legislazione penale
a base di composizioni, scomuniche e interdetti messi. nelle

o II s; au ar.

y

nope

mani degli ufficiali minori anche contro a vescovi, abati e
abbadesse; il diritto del primo occupante consacrato dalla
santa Sede erano cose da accagionare ai tempi, rozzi ancora

e indisciplinati, più che a colpa d'istituti e persone. Se noi
troviamo nei Registri della Camera ducale di Spoleto con-
dannati gli ebrei a girare per tutte le chiese nudi, il solo capo
coperto di mitra ignominiosa, egli è per l'uso inveterato di
consuedini locali, cui servi a temperare, in questo caso, la
commutazione in denaro, perché il riscatto non si otteneva
che con forte somma; ma non cosi le lievi multe, con cui
tassavansi preti e monaci scandalosi, servivano a migliorarne
il costume scorretto. Ed è appunto nel costume scorretto di
una parte del clero che il moralista ritrova la cagione prin-
cipale della ribellione nell’ Umbria; poichè il clero costituiva
la classe dirigente e dava gli elementi per il. governo delle
città. Contro sì pessimi esempi il Papa levava la voce e de-

plorava apertamente la corruzione pubblica. Si diceva ferito
al cuore, sentendo di vescovi implicati in fatti di sangue,
laddove da essi doveva venire (come osservava) pace ai sud-
diti e correzione. Fulminava simoniaci e ribelli, senza riguardo
a persone; e se rimise la pena della scomunica al vescovo
di Foligno, vi fu indotto dalla considerazione dell’opera di
lui per ricondurre la città alla quiete e all’ obbedienza. Ebbe
pure severe parole di biasimo contro gli oppressori del po-
polo, contro quei governatori francesi che non avevano mi-
sura nell’ aggravare i balzelli e nelle estorsioni, altra causa
delle sommosse. Condannò le sette e società segrete, focolare

TUASIXENREDEK Nt Das V

TOTCURMERTUR atua?
248 L. FUMI

-I

dell'eresia e della ribellione insieme. Erano esse che minac-
ciavano di infrangere la compagine della unità cristiana,
in religione; della unità guelfa, in politica, portando l'anar-
chia sociale. Si giovarono del disordine i Signori per tentare
di contrapporre nei dominii della Chiesa la loro autorità;
ma piü che la tirannide di un solo, prevalse la tirannide di
una parte sull'altra sotto le apparenti forme municipali;
perché le tradizioni antiche del Comune ancora eccitavano
e illudevano il popolo. Alla novità politica si associa la no-
vità religiosa, come sempre nei periodi di grandi crisi mo-
rali; perché la religione è l'espressione più profonda della
coscienza della umanità. Gli intolleranti e i fanatici perdono
di vista il vero: da una parte e dall'altra si esagera, si ca-
lunnia, si disordina. Ma il pensiero di Sigeri e di Gioacchino
di Fiore, di Michele da Cesena e del Clareno, di Marsilio da
Padova e dell Olivi incontrandosi nella mente di Dante, il
maggior genio del suo secolo, si armonizzano insieme; tanto
che Dante, annoverato fra coloro
« che nel capestro a Dio si fero amici »,
(Purg. XII)

in mezzo ai bollori per la regola francescana, riconosce,
equanime,

« che uno la fugge ed altro la coarta ».
(Par. XII)

Egli proclama la libertà, collocando Gioacchino accanto a

San Bonaventura, Sigieri accanto a San Tommaso, in pa-
radiso. E la coscienza nazionale italiana che è essenzialmente
conciliatrice, colloca, alla sua volta, l austero Poeta, il pen-
satore indipendente nella basilica d'Assisi, per Giotto; e
in Vaticano, accanto ai Padri e ai Dottori della Chiesa uni-
versale, per il pennello dél grande Urbinate, nell’ adorazione
del massimo mistero della Fede: scuola a noi per intendere
il concetto morale dell’ Alighieri; esempio per seguirlo.

L. FUMI.

ACDVODTRRTEOMO e mut

TURCIUMMPyaNQTT DT
PE

TUeUyaemuna

I. [1321], agosto 26.

Giovanni XXII
all'Abate di S.
Pietro e alletto-
re de' Minori in
Perugia.

Ha risaputo
che Pietro « Mi-
ni », dimesso l'a-
bito dl Minore,
ito vagabondo, e
unitosi con gli
scismatici di Si-
cilia, carcerato,
poi messo in li-

ertà, aveva
sparlato della S.
Sede ed era nuo-

ERETICI E RIBELLI NELL' UMBRIA, ECC.

DOCUMENTI

APPENDICE VI.

Arch. Segr. Vat.
Secret. Joann. XXII. 'T. V, c. 398 t.

Contro frate Pietro « Mini » da Siena.

Dilecto f. Hugolino abbati Monasterii Sancti Petri
et Matheo Ungari lectori fratrum Ordinis mm.

Pervenit nuper ad nostri apostolatus auditum, quod
Petrus Mini de Senis Ord. ffr. mm. dudum sui Ord. ha-

5 bitu, non absque magna temeritate dimisso, per mun-

dum, vagabundus, in anime sue periculum dictique Ord.
et multorum aliorum perniciem, instigante humani ge-
neris inimico, discurrens, ad quosdam fratres, qui eiu-

sdem Ord. fuerant scimaticos, excomunicatos et a Sede

vamente in pri- 10 Apost, dictoque Ord. reprobatos in Insula Sicilie commo-

gione.

Supplicato per
la libertà di lui,
ordina un'inchie-
Sta.

2

25 et mandamus, quatinus per vos vel alium seu alios

[911

(=)

rantes seu latitantes, se trastulit, diutius conversando
cum illis, aliosque diversos excessus, qui non possent
brevi cedula comprehendi, si recitarentur per singula,
nichilominus commictendo ; ac deinde, postquam de car-
ceribus nostris, quibus detentus, suis demeritis exigen-
tibus, apud Sedem predictam, fuerat, liberatus extitit
multa, falsa et mendosa in detractionem Sedis eiusdem,
labiis suis laxata licentia, in diversis locis Thuscie pro-
tulit, temerariis ausibus, ac etiam divulgavit. Cum
autem pro eiusdem Petri liberatione, qui eorum considera-
tione, que contra Sedem obloquendo predictam dicebatur
temerarie commisisse, captus, in illis partibus, carcerali
custodia detinetur, nobis fuerit cum instantia suppli-
catum, discretioni vestre per ap. scripta commictimus


p ——— - ——

Richiamata la
lettera preceden-
te, ordina il pro-
cesso contro il
detenuto suddet-
to sugli articoli
dell' accusa.

JL. FUMI

super predietis omnibus ef singulis summarie. efc. veri-
tatem diligentius inquirentes, inquestam, et quiequid
inde feceritis seu repereritis nobis referre fideliter, ut
ordinare valeamus, quod nobis expediens super hiis vi-

30 debitur, studeatis.

Dat. Avin. vis Kal. sept. an. x (1).

Abbati Monasterii S. Petri et lectori ffr. mm. Perusin.
Pridem vobis nostras litteras per quas inquiri man-
35 davimus contra Petrum Mini de Senis o. ffr. mm., qui
occasione quorumdam excessuum per ipsum asseritur
commissorum detinetur in eis partibus carceri mancipatus
meminimus direxisse. Sane quia certi articuli nobis
sunt traditi contra eum, volumus vob'sque mandamus,
40 quatenus super eisdem articulis, quos vobis presentibus
interclusis mittimus, forma litterarum predictarum super
aliis in omnibus observata, veritatem inquirere cum di-
ligentia studeatis.
Dat. Avinion. x Kal. decembris (an. x1) (2).

Tenore degli 45 Tenor vero dietarum lieterarum talis est :

articoli.

In primis quod idem frater P. ante quam venisset
ad R. C. Avinionen. dixit quod non penitebat eum
ivisse ad apostatas scismaticos et excomunicatos de Si-
cilia et quod nollet non ivisse.

90 It. quod dixit quod, postquam recessit ab illis,
numquam sciverat quid esset bonum, nec quid esset
Spiritus.

It. dixit quod dicti apostate et scismatici non erant
excomunicati apud deum, quamvis essent excomunicati

55 per Ecclesiam.

It. dixit quod quando recedebat de Curia versus
Tusciam dixit, quod ibat tunc missus per d. Papam ad
diversas provincias ad inquirendum super statu et factis

(1) EUBEL, Op. cit. 305.

(2) EUBEL, Op. cit. 312.

pet torem sen saco
II. [1328], luglio 4.

Al Legato.

Lando aveva
esposto come, in
Toscana, nel Du-
cato e nella Mar-
ca avesse servito
fedelmente la
Chiesa senza ri-
sparmio della
personasua: Bar-
gello in Firenze,
era stato con-
dannato per fau-
toria d’eretici,
perché minacciò
il rogo all’ Inqui-
sitore se non a-
vesse revocato il
processo contro
Giovanni Ma-
chiavelli e non
avesse sospeso
l’altro contro
Rollandino Gal-
luzzi Vicario di
re Roberto.

60

Qx

10

15

25

ERETICI E RIBELLI NELL' UMRRIA, ECC. 251

o. mm. ae ffr. et cum illa inquisitione erat statim vedi-
turus d. papam.

It. dixit quod auctoritate papali poterat in dieto or-
dine ubicunque volebat stare.

It. dixit quod d. papa alias miserat eum Tholosam
ad quedam magna negotia pertractandum. (Ivi, t. vr,
e. 25 t.).

Com. Joan. XXII. par. II, t. XXIX, c. 520.
Per Lando « Bichi » di Gubbio.

Dilecto filio Johanni saneti Theodori diacono cardi-
nali A. S. legato salutem. Accedens ad ap. Sede Lan-
dus Bichi civis Eugubinus sua nobis petitione monstravit,
quod ipse in provineiis Tuscie, ducatus Spoletani et
Marchie Anconitane obsequiis S. R. E. duxit devote et
fideliter insistendum personam suam diversis periculis
exponendo, et quod dudum ipso existente Barisello Com-
munis Florentie et officium huiusmodi contra rebelles
E. exereente, quondam Antonius de Aretio o. ffr. mm.
Inquisitor heretice pravitatis in 'Tuscia, asserens quod
dietus Landus, dum dieti Bariselli officio fungeretur,
Grimaldo de Prato eiusdem ord. Inquisitori prav. her.
mortem fuerat comminatus, nisi quendam processum,
quem dietus Grimaldus faciebat contra Johannem Mal-
clavelli clericum florentinum revocaret, et quod etiam
dietus Landus eisdem Grimaldo et suis nisi cessarent a
sindacatione seu inquisitione, quam. faciebat contra Rol-
landinum de Galluciis civem Bononiensem tunc Vicarium
florentinum pro carissimo in Xpo filio nostro Roberto
Rege Sicilie illustri, combustionem fecerat comminari,
et quod notarius dicti Inquisitoris, ut procuraret sibi acta
inquisitionis predicte contra dictum Rolandinum habite,
captivaret eundem Landum, tamquam fautorem hereti-
corum, de fautoria huiusmodi condempnavit, ipsum penis.
subiciens contra fautores hereticorum expressis in iure,
quamquam idem Landus asserat quod premissa fecerit
h5

952 L. FUMI

Aveva fatto non in contemptum clavium vel offieii inquisitionis eiu-
tutto questo per s n1;
cagioni d'ordine sdem, sed tamquam zelator status pacifici et tranquilli
pubblico.

civitatis prefate et devotorum E. consistentium in eadem

39 et ne ex dictis processibus in dicta civitate gravia scan-
dala orirentur vel perverteretur status civitatis ipsius.
cum dicti Rolandinus et Johannes essent devoti eiusdem
et amici Regis prefati. Quare prefatus Landus nobis
humiliter supplicavit ut eum et heredes ipsius a predietis

n : 35 et quibuscumque aliis processibus factis et habitis contra
eum et heredes ipsius occasione predieta, nec non a
penis et sententiis quibuscumque a jure probatis seu

Gi Papa ordina quomolibet promulgatis absolvere eosque totaliter liberare
ac plene in integrum restituere ad omnes honores et

40 status, ita quod nulla sibi et eisdem heredibus propterea
in iudicio vel extra posset exceptio obici vel obstacu-

it! lum interponi de A. S. clementia dignaremur. De
tue cireumspectionis industria in hiis plenam in domino
fiduciam obtinentes, discretioni tue presentium auctoritate
45 commissimus, quatenus super premissis, attenta devo-
tione Landi prefati, facias quod videris expedire, con-
trarios per censuram ecclesiasticam appellatione postpo-

sita compescendo, non obstantibus efc.

Dat. Avinion. nij nonas Julii, anno duodecimo.

III. [1328], settembre 20 24. ^ Secret. Joan. XXII, t. VII, c. 41, 44 t.

Contro Pietro « de Calciata ».

ju ROO del Johanni de Amelio Rectori Spoletan.
uc è
Gli ordina di Quia in processu, quem contra.. abbatem monasterii

rimettere all'Au-

ditore della Cu- S. Eustacii de Vallecastoriana Spoletan. dioc., qua au-
ria le giustifica-

zioni del proces- — etoritate vel cuius commissionis vigore processeris, ex
‘so contro l'Abate

di S. Eustachio 5 quibus causis et aliis impugnatur multipliciter mentio
impugnato per du

forma. non habetur expedire tibi credimus, ut auditori deputato

in Curia Romana supér hoc fidem facias, et defensiones
super justificatione dicti processus, si te in eo juste
processis se eredideris, mittere non posponas, nobis quic-
Si meraviglia
che non gli abbia
risposto nulla
sull’affare dei re-
ligiosi arrestati;

nonchè per il ri-
tardo frapposto
ad eseguire la
giustizia contro
Pietro eretico
suddetto.

Allo stesso.

Si meraviglia
e si duole che

non abbia ancora €

eseguito la giu-
stizia contro il
detto Pietro, pre-
dicatore ostinato
contro le costitu-
zioni pontificie e
sostenuto nelle
carceri, special-
mente perchè si
sospetta di lui,
rettore, non fos-
se fautore e ri-
cettatore di ere-
tici, :

m
(>)

ERETICI E RIBELLI NELL’ UMBRIA, ECC. 253

10 quid in hac parte gesseris quam tocius rescripturus.
Preterea non suffieimus admirari, quod ad litteras no-
stras, quas tibi pridem super captione quorumdam re-
proborum religiosorum varios errores et hereses in hiis
partibus disseminantium una cum nonnullis aliis litteris

15 destinasse meminimus, quamvis de illis quibuscunque
alis litteris nostris missis tunc cum illis nobis men-
tionem postea feceris, nichil nobis duxeris responden-
dum. Nec minus mirandum est insuper, quod cum ille
hereticus vocatus Petrus de. Causada (sic) dicatur in

20 suis heresibus et erroribus pertinaciter persistere, nec
ab illis velle quomodolibet resilire, qualiter tantum dif-
fertur ministrari justitia in hac parte; quare super
predictis, circa que te solertem adhibere diligentiam
expedit, nobis quid egeris rescribere celeriter non om-

?5 mittas.

Dat. Avin. xiJ Kal. octobris, an. xir.

Eidem. — Cum tibi per nostras litteras dudum de-

30 dimus in mandatis, ut adversus Petrum Calciate tuis
detentum carceribus, qui contra constitutiones nostras
et specialiter illam que incipit Cum. inter nonnullos pu-
blice presumpserat predicare, in predicatione ipsa per-
tinaciter persistendo, multaque alia dixerit et dicebat
35 per que manifestus hereticus apparebat, procedere iuxta
sanetiones canonicas procurares, tuque quid super pre-
dietis egeris nobis intimare postmodum non curans, de
quo miramur non immerito plurimum et turbamur, pre-
sertim cum nonnulli te fautorem et illius ae similium
receptatorem existere nobis per suas litteras intimarunt,
tibi districte precipimus et mandamus, quatenus sic in
exhibenda justicia et insinuacione nobís facienda super
hoe te reddere studeas solicitum et attentum, quod per

subsequentem diligenciam pretacta negligencia et ex
45 eadem contra te suborta suspicio debeant aboleri, sciturus

quod si in premissis negligens fueris vel remissus, nos

puniti ot gr siii id ti

rt
Spoleto e al Ret-
tore del Ducato.

Ordina che
Pietro, carcerato
e ostinato come
è nelle eresie, e
ricusandosi di ri-
tornare all’unità
della Chiesa, sia
sollecita mente
giudicato e puni-
to.

Al Vescovo
e all'Abate di S.
Pietro in Peru-

; gia.

(2) EUBEL

L. FUMI

inultam tam plectibilem non intendimus negligenciam

preterire. Us. (1).

Al Vescovo di 50 Episcopo Spoletano et Johanni ducatus Spoletani de

Amelio Rectori.

Cum, sicut accepimus, Petrus Gloti dictus de Calciata,
qui ab ordine ffr. mm. apostatasse dicitur et de erimine
heresis existere multipliciter irretitus, in tua, frater

55 Episcope, civitate vel diocesi nostris teneatur carceribus
mancipatus, nos de ipso, qui, ut asseritur, in suis pessimis
heresibus et erroribus perdurans pertinaciter, resilire ab il-
lis et ad unitatem E. redire recusat, [volentes] exiberi ju-
stitie complementum, discretioni vestre per ap. scripta

60 commictimus et mandamus, quatenus ea solerti adhibita in
hae parte diligencia, que debet in negotio fidei adhiberi,
inquisitiones, que contra ipsum super dietis heresibus
et erroribus, aliisque scismatis et heresis crimina tan-
gentibus, de quibus respersus fore dicitur, facte fuerint, in

65 statu quo eas repereritis resumentes easque complecten-
tes, si qua forsan zestarent de illis complenda, seu de
novo adversus eum, veritatem, sieut vobis expediencius
videbitur, super predictis et eorum singulis inquirentes,
ad correctionem et punitionem eiusdem heretici, secun-

70 dum sanctiones canonicas, sic celeriter et fideliter pro-
cedatis, quod inde possit et debeat vestra circumspectio
merito commendari, nobis quicquid super hiis feceritis,
quantocius rescripturi.

Dat. Avinion. vir Kal. octobris, an. xii (2).

IV. [1328], dicembre 2. Ivi, n. 117, c.. 42 t.

Contro fra Umile.

Epo. Perusino et Abbati Monasterii S. Petri Perusini.

Etsi grave gerat Sedes ap. quorumlibet trasgressorum

excessus, illis tamen provocatur vehementius, qui a per-

(1) EUBEL, op. cit., 360.

, op. cit., 361.

emo
TR ey icm

Accennate le
sentenze emana-
te contro Miche-
le e suoi seguaci,
Sottopone a pro-
cesso frate Umi-
le, custode nella

rovincia di S.
rancesco, che
nel Capitolo di
Perugiaealtrove
si fece a diffa-
marle, minac-
ciandolo della
degradazione.

ERETICI E RIBELLI NELL’ UMBRIA, ECC. 255

sonis religionem professis, a quibus honorari deberet man-

5 datorum observancia, committuntur. Nuper siquidem, fama
seu infamia pocius publica referente, ad nostri aposto-
latus pervenit auditum, quod licet. nos dudum contra
Michaelem de Cesena, olim ffr. mm. generalem Ministrum,
certum processum habuimus, per quem ipsum suis gra-

10 vibus culpis et excessibus detestandis exigentibus, exco-
municationis innodavimus sententia et etiam declara-
vimus innodatum, ipsumque ab officio Ministeriatus dicti
Ordinis privavimus, et ad gradus, honores et status ac
beneficia quecumque eclesiastica obtinenda reddidimus
15 inhabilem et indignum, dietumque processum et contenta
in eo fecimus tam in illis, quam diversis aliis partibus
publicari, ne, fratres eiusdem ordinis aliique fideles per
astutias, fraudes et calliditates dicti Michaelis et eius
complicum et sequacium cireumveniri valerent quomodo-
20 libet, publicari et moneri ministros, custodes, guardianos
aliosque fratres ipsius ordinis sub excomunicationis in
personas et interdicti in ecclesias et loca ipsorum ac de-
positionis ab officiis et inhabilitationis ad quoscumque
honores, dignitates, gradus et status ecclesiasticos penis
25 et sententiis, quas, non obstantibus quibuscumque privi-
legiis apostolicis sibi vel Ordini suo sub quacumque
forma vel expressione verborum concessis, que quoad hoc
nulli volumus suffragari eos qui contra monitionem hu-
iusmodi aliquid attemptare presumerent, incurrere volu-
30 mus ipso facto, ut nulli dictum Michaelem excomunicatum
etc. haberent efc. pro ministro efc. sed tam ipsum, quam
dictos complices, velut excomunicatos aut de heresis et
scismaticis suspectos criminibus potius evitarent, tamen
Humilis, custos fratrum eiusdem Ordinis in provincia S.
35 Francisci ad illicita et inconsulta dilapsus, tam in Capi-
tulo suo dudum celebrato Perusii, quam in locis diversis
aliis multa contra tenorem processus et monitionis predi-
ctorum adherendo dicto Michaeli ac in ipsius suorumque
complicum, nec non rebellium hereticorum ac scismati-
4 corum commendationem et favorem, diffamationemque ac
detractionem predieti processus et contentorum in ipso

ero Satta

rm gr
V. [1330], gennaio 21 - luglio 24.

L. FUMI

dixisse, procurasse ae fecisse, non sine suspitione ve-
hementi heresis ac scismatis eriminum, dicitur in divine
maiestatis offensam, ap. Sedis contumeliam et contemptum,
45 suique Ordinis opprobrium et salutis proprie detrimentum.
Nolentes itaque, sieut. etiam nec debemus, excessus
huiusmodi relinquere, si eis suffragetur veritas, incorre-
ctos, discretioni vestre per ap. scripta committimus et
mandamus, quatenus super predictis et ea tangentibus
50 summarie etc. veritatem diligencius inquirentes, prefatum
Humilem, si eum culpabilem repereritis in hac parte, ex-
comunicationis, depositionis et inhabilitationis penas de-
claratas incurisse predictas, ipsumque alias, iuxta sanc-
tiones canonicas, etiam ad degradationem, si hoc delicti

‘55 qualitas exegerit, procedendo, taliter corrigere ac punire,

non obstantibus supradictis, studeatis, quod talia vel si-
milía non attemptet de cetero, ac aliis eius exemplo pre-
teritis merito precludatur aditus in similibus delinquendo,
nobis quiequid inde feceritis fideliter rescripturi.

60 Dat. Avin. my Non. decembris an. xi (1).

Ivi, T. III, e. 75.

[1331], febbraio 24 - [1332], giugno 12.

Lettere di Giovanni XXII relative al processo contro Todi e

re.

All’ Inquisito-

(1) EUBEL, op. cit., 364.

Amelia.

Bartholino de ordine ffr. mm. Inquisitori heretice pra-
vitatis in provincia b. Francisci efc.
Tua nuper insinuatione nobis innotuit, quod, cum
adversus nonnullos, qui viris illis perfidis Ludovico de
5 Bavaria et Petro de Corbario hereticis et scismaticis fa-
verunt ac ipsorum velalterius eorumdem complices, de-
fensores, consiliatores, adherentes et sequaces fuerunt,
tanquam vehementer suspectos seu respersos de heresi et
scismate intenderes procedere, iustitia exigente, nec ad

quce
not, ca Seri cerato

Non essendo 10 ipsos in terris rebellium Dei et E., sicut asseritur, tutus |

sicuro l'accesso

nelle terre dei pateat aditus pro citationibus ratione criminum huiusmodi
ribelli per le ci-

tazioni contro i — faciendis, nobis humiliter supplicasti, ut providere de o-

seguaci del Ba-

VOS del Cor- portuno in hac parte remedio dignaremur. Nos itaque,
ra,

qui negotium fidei, ubique ad honorem Dei et augmentum '

15 fidei eatholice cupimus, auxiliante Domino, prosperari,
nolentes, quod, propter hoc, Inquisitionis negotium valeat
in hae parte, quomodolibet impediri, faciendi adversus
eos et eorum singulos, quotiens super predictis vel ea
quomodolibet tangentibus tibi oportunum extiterit, tua-

20 rum citationum edictum publice in locis solemnibus, de

dichiarasi suff- ^ quibus verisimile, quod ad eos citationes huiusmodi per-

ciente la pubbli-
cazione di editti. venire valeant, plenam discretioni tue facultatem tenore

in luoghi solen-

ni. presentium elargimur; volentes ac etiam decernentes,
quod edieta citationum huiusmodi perinde valeant, cita-
25 tosque apprehendant et arctent, ac si eis facta presentia-
liter et intimata solemniter extitissent, quacumque con-

stitutione in contrarium edita non obstante.

Datum Avin. xir Kal. februarii an. xiv (1).

30 Legato. — Nuper fidedigna relatione percepto, quod
dil. fil... Inquisitor heretice pravitatis in partibus Thu-
Scie auetoritate apostolica deputatus adversus nonnullas
singulares personas Civitatis et districtus Tudertin. velut
de heresi et scismate seu fautoria hereticorum et scismati-
3 corum respersas vel suspectas diversos processus habuit, iu-
stitia exigente, prefato Inquisitori per alias litteras no-
stras mandamus, ut processus eosdem omnes et singulos
tibi studeat exhibere, ut per se, iuxta tuum consilium
aut tecum, prout fuerit magis expediens, procedere valeat
40 in hac parte. Quo circa discretioni tue per ap. scripta
mandamus, quod visis processibus huiusmodi tibi per
Inquisitorem exhibendis predictum, procedi, sicut ex-
pedire negotiis predictis cognoveris et iuris equitas sua-
serit, ulterius facias aut una cum ipso in hac parte pro-

(1) EUBEL, 456.

ERETICI E RIBELLI NELL' UMBRIA, ECC. 251

ir ino nat TONS
L. FUMI

45 cedere non omittas, nobis, quiequid actum super premis-
sis quomodolibet extiterit, nichilominus rescripturus.
Dat. 1v idus julii, anno xrv (T. 115, p. II, c. 17) (1).

All’ Inquisito-
re.

Inquisitori. — Cum, sicut aecepimus, adversus non-
30 nullas singulares personas Civitatis et distrietus Tuder-
tini, velut de heresi et scismate seu fautoria hereticorum
et scismaticorum respersas vel suspectas diversos pro-
. .Ordinagli di — cessus habueris, justitia exigente, discretioni tue per ap.
Inviare 1 proces- -
.Si fatti contro scripta mandamus, quatenus processus eosdem omnes
varie persone di — i ; : - ;
dh, al Card. 5» et singulos dilecto filio nostro Johanni de Sancto Theo-
egato.
doro diacono cardinali ap. Sedis Legato exhibere procu-
res, ut per te, iuxta dicti Legati consilium, aut una cum
ipso, cui super hiis per alias nostras litteras scribimus,
ulterius procedere, prout rationis equitas dictaverit et
60 negotio fidei fuerit expediens, valeas in hac parte.
Dat. Avin. rJ id. Junii, an. xmj (T. vi, c. 17).

Anche al Rettore che proceda insieme coll Inquisitore.

Al Legato. Legato. — Processum per nos contra Tudertinos

65 habitum ac licteras tibi directas super executione pro-
Giovanni XXI cessus eiusdem, nec non litteras clausas certis personis
gli rimette. il

processo contro de Tuderto exortatorias (quod ad devotionem redeant et
Todi, le lettere

MAE È E Civitatem procurent reducere Tudertinam, iuxta formam
Todini. quam cedula continet presentibus interclusa) directas,
70 tue providencie destinantes, volumus quod super pre-
dictis, prout expedientius cognoveris, procedere studeas
diligenter. Nos tam de processibus per dilectum filium
Inquisitorem heretice pravitatis contra eosdem Tudertinos
habitis, quos tibi per alias licteras etiam assignari man-
79 davimus, quam de hiis que agi quomodolibet contigit, in
premissis redditurus nichilominus certiores.
Dat. Avin. 1j id. Julii, an. xig. (T. vij, e. 17 t.).

Al)’ Inquisito-

A Inquisitori heretice pravitatis in provincia S. Fran-

80 cisci auctoritate apostolica deputato. — Seripsisse tibi

(1) EUBEL, Op. cit., 469.

Ld

V a RIPE a. SACHE an
A GRIP CT

Non ha rice-
vuto il processo
contro i Todini:
i ds a chieder-
0.

Scriverà di
nuovo al Legato
di non portargli
impedimenti.

A] Legato.

Con meraviglia

€ dispiacere ha
sentito che egli
non favorisce
l’ Inquisizione,
anzi ne impedi-
sce l’ ufficio, spe-
cie nel fatto di
‘Todi e di Ame-
lia.

Gli ordina di
assistere di con-
sigli e di aiuti
zli — Inquisitori
della sua lega-
zione.

All’ Inquisito-
re.

Ha sentito che
i procuratori del
Comune di Todi
si erano recati
avanti al Legato
per volersi sotto-
mettere.

ERETICI E RIBELLI NELL’ UMBRIA, ECC. 259

meminimus, ut processum contra Tudertinos habitum no-
bis curares in forma publica destinare, quod, licet te fa-
cturum nobis seripseris, nil fecisti; ideoque tue pruden-
tie districte. precipimus et mandamus, quatinus hoc, su-

oo
c

5 blata cunctatione qualibet, studeas adimplere. Rursus di-
lecto filio nostro Johanni S. Theodori diacono cardinali
ap. Sedis Legato scribimus, ut te permittat tuum officium

libere exequi, tibi assistens consiliis et auxiliis oportunis, -

curet provide abstinere ne tibi impedimenta per se vel
90 alium ingerat quominus libere exequaris. — xj Kal.
martii, an. xv (Secret. Joan. xxi, t. vi, c. 147).

Legato. — Admiranter et displicenter percepimus
quod favorem, quem officium Inquisitionis, scilicet, he-

e
[3

5 retice pravitatis, presertim ab officialibus apostolicis exi-
git, tua discretio non impedit, immo, quod est gravius,
impedimenta diversa vigerit, ne hii, ad quos pertinet,
suum officium debite exequantur, quod in facto Ame-
liensium et Tudertinorum, est specialiter, ut dicitur,

100magis notum. Cum itaque expediat, quod rerum of-
fieia non turbentur, sed quod suo contentus officio qui-
libet alium uti suo permittat libere, sibi assistens, non
usurpans, mutuo consiliis et auxiliis oportunis, eidem
diseretioni tue precipimus et mandamus, ut dilectis filiis

l»Inquisitoribus eiusdem pravitatis tue legationis ubi suo
permittas officio libere, eisque assistere, ut id efficacius

exequi valeant, non omittas. — vi Kal. martii, an. xv.

Bartholomeo Ordinis ffr. mm. Inquisitori heretice pra-
lOyitatis in partibus Tuscie auctoritate apostolica deputato.
Pervenit nuper ad nostri apostolatus auditum quod,
quidam procuratores et syndici Com. et pop. Civ. Tuder-
tine pridem ad dilecti filii nostri Johannis S. Tehodori
diac. card. ap. Sedis legati presentiam accedentes, vice ac
ll5nomine predictorum Com. et pop., nec non cleri et singu-
larum personarum eiusd. Civ. et dioc. Tudertine coram
ipso Legato proponere annuerunt, quod predicti Com. et
pop. et singulares persone tam ecclesiastice quam secu-

JU m aA in Aa

m m

nor

NONU 7
L. FUMI

lares Civ. et dioe. predictarum ad nostram et E. R. de-

120votionem et obedientiam, a quibus temporibus aliquibus

temere deviarunt, redire humiliter intendebant, ac deinde
suo procuratorio seu syndicatu exhibito coram eo, ut su-
per rebellionibus aliisque gravibus excessibus et crimi-
nibus per eosdem Com. ae pop. singularesque perso-

125nas contra nos et E. memoratam fidemque catholicam

Ma nasconden-
do un inganno,
indussero in er-
rore il Legato
che li assolse.

commissis hactenus, nec non processibus, penis et sen-
tentiis, quibus propter premissa subiacebant, remissio-
nem et absolutionem obtinerent, sed potius fraudolenter
subriperent subprimendo que debebant exprimere et omit-

130tendo que tenebantur et debebant facere, minus plenam

quinimmo factam et fraudulentam obedientiam, per quam
Deo et E. Sancte honor non impendebatur, nec animarum
saluti consulebatur ipsorum, eidem legato nostro et E.
memorate nomine duxerant offerendum, quam idem Le-

135patus non advertens astucias et calliditates ipsorum, sed

ductus, sicut indubie supponimus, pia intentione et receta,
nostro et E. predicte nomine recipiens, remissis per te sibi
et resignatis processibus, monitionibus, mandatis et sen-

tentiis, per te ac dilectum filium servum Dei Ord. ffr. mm.

Gli ordina di 140tuum in officio Inquisitionis heretice pravitatis collegam,

riassumere i pro-
cessi.

habitis et factis quomodolibet contra Com. pop. e£c. supradi-
etos Com. etc. a quibuscumque processibus e£c., reservatis
tamen ante omnia et salvis nostris beneplacitis et manda-
tis, absolvit interdictum, cui dieta subiacebant civitas e£c.,

M5mandamus quatenus contra dictos Tudertinos reassumas

‘A frate Barto-
lommeo di Peru-

processus etc. vi Kal. aug. a. xv (T. vu, c.104 t.).

Bartholomeo de Perusio ord. ffr. mm
Dudum tibi Inquisitori heretice pravitatis in partibus

gia. 150Tuscie auctoritate apostolica deputato procedendi contra Tu-

Quando occu-
pava l’ ufficio
dell’Inquisizione,
eseguendo gli or-
dini del Papa, a-
veva istruito il

rocesso contro i
odini e loro a-
derenti; fino alla 1
sentenza definiti-

va.

dertinos eisque adherentes nobis et E. R. rebelles iuxta pri-
vilegia officio Inquisitionis concessa et alias sub certa forma
dedisse meminimus per nostras litteras potestatem, prout
in ipsis litteris plenius continetur. Quarum auctoritate,

sosicut per tuas pridem nobis litteras intimasti, fuit per te

usque ad calculum sententie diffinitive processum. Verum

PET Lapp

LINE TIT IE
rana

ERETICI E RIBELLI NELL’ UMBRIA, ECC. I 261

quia dil. fil. Geraldus Othonis ffrr. mm. generalis mi-
nister te interim ab officio Inquisitionis huiusmodi revo-
cavit, ad prolationem eiusdem sententie procedere nolui-

160sti. Nos itaque nolentes, ut pretextu huiusmodi dicte sen-

tentie prolatio amplius differatur, discretioni tue efc. manda-

Tuttochè revo- mug, quatinus, premissa revocatione nequaquam obstante,

cato dal genera-

le de' Minori da virtute dicte commissionis tibi facte per nos, quam etiam
detto ufficio, vuo-

16 eue PEODUDAI tenore presentium innovamus expresse, ad prolationem
sentenza. 3
lóósententie prefate procedere ratione previa non postponas.

Dat. Avin. rv Kal. jun. an. xvi (T. 116, c. 343) (1).

is Mi emarale Geraldo Ottonis ord. ffr. mm. generali ministro. —
Licet dilectum filium Bartholinum de Perusio ord. ffr.
VOmm. ab officio Inquisitionis sibi auctoritate apostolica in
ddr B beds partibus Tuscie commisso revocasse noscaris, quia tamen
A Ite Bartoli- ante revocationem huiusmodi contra Tudertinos eisque
adherentes usque ad diffinitive sententie calculum au-
ctoritate cuiusdam commissionis nostre processerat, sicut
175fertur, volumus ut, non obstante revocatione predicta,
ad eam proferendam procedere non posponat, et ideo
non mireris si ad hoc idem Bartholinus etiam post dic-
tam revocationem absque conscientia tua procedat. —
IJ Id. Junii, an. sextodecimo (Ivi, t. vi, c. 24 b.).

VI. [1330], marzo 15 [1331] novembre 2. Ivi, n. 116, c..58.
Contro Francesco d'Assisi.

Francisco episcopo Florentino et Guilelmo electo Lu-

cano.
,Al Vescovo di Intellectis que ille Franciscus (de Assisio) ord. min.
Firenze e all’ e-
letto di Lucca. per vos captivatus fatetur et offert, potius ea [conditione

Non crede sin- 5 proferentis attenta] reputamus fallacia et deceptoria, ut
cera la confes-

sione di France- — gie vid. correctionem effugiat debitam, quam quod ea
Sco e fatta per

S agaire la cor- corde proferat penitente. Volumus itaque ac discretioni

(1) EUBEL, Op. cit., 527.

/

pu MEME lia

v

op

d npn
etica

Si proceda, sep- 10
pure non si ven-
ga al giorno di
altro per cui
s'abbia da so-
spendere.

Al Vescovo
detto e all’ Inqui-
sitore.

20

Sa che il sud-
detto tu sostenu-
to nelle carceri
del Vescovo di
Firenze.

25

30

Poi pentitosi,
“1 era rimesso.

35

Se è vera la
sua contrizione,
si assolva, dietro
pubblica abiura,
da farsi per lui 40
in Firenze e in
Assisi.

(1) EUBEL, Op. cit., 404.

L.

FUMI

vestre mandamus, quatinus, premissis non obstantibus,
in eius negotio iuxta suorum excessuum exigentiam pro-
cedatis, nisi forsan alia, que vos lateant, super hoc vobis
occurrerint, que quidem nobis insinuari volumus, propter
que nobis pro meliori supersedendum a processu huiu-
smodi videretur.

Dat. Avin. idibus martii, an. xiv (1).

Francisco Epo. Florentino et Petro de Prato o. ftr.
mm. Inquisitori heretice prav. in provincia Tuscie aucto-
ritate apostolica deputato.

Tua nuper, frater Epe., relatione percepimus, quod
Franciscus de Assisio o. ffr. mm. ratione errorum he-
reticalium, quos ipse presumptione temeraria tenuerat,
asseruerat et tam verbo quam scripto contra fidem ca-
tholicam et S. Sed. ap. eiusque constitutiones, determi-
nationes et declarationes dogmatizaverat, multos alios ad
tenendum et credendum huiusmodi errores et hereses tam
occulte quam publice suis falsis suggestionibus et frau-
dolentis machinationibus inducendo, vestris diu extitit
carceribus mancipatus. Sed tandem ipsius mentalibus a-
pertis oculis, quos prius magnitudo scelerum huiusmodi
excecarat, predictos errores et hereses aliaque per ipsum
circa premissa commissa scelera seque turpiter errasse
super hiis cum dolore cordis et mentis amaritudine coram
vobis sponte confessus extitit in iudicio constitutus, ve-
niam et misericordiam nostram et eiusdem Sedis seque
reincorporari E. unitati et alias sue provideri saluti anime
lacrimabiliter et humiliter postulando. Nos autem pre-
missis plenius intellectis, quia illius vices in terris, licet
insufficientibus meritis, geramus, qui non mortem, sed pe-
nitenciam desiderat peccatorum, volentes eidem Franci-
sco, si vera sit eius contrictio, pietatis et misericordie januam
aperire, discretioni vestre per ap. scripta committimus et
mandamus, quatinus si dictus F., presente clericorum tam
ERETICI E RIBELLI NELL’ UMBRIA, ECC. 263

religiosorum quam secularium et aliorum fidelium con-
gregatorum propter hoc in civitate vel dioc. florentina,
45 in loco tamen solenni et publico, multitudine copiosa, et
in eorum presencia lectis articulis, dietos errores et he-
reses, quos ipse tenuerat et dogmatizaverat, ut prefertur,
continentibus, ae eis ibidem expositis, ut intelligantur
clarius ab omnibus in vulgari plene sponte ac humiliter
50 eonfiteatur huiusmodi suos errores et culpas, eosdem er-
rores et hereses et aliam quamcumque dampnatam per
Sed. predictam heresim, secundum iuris formam, expres-
sius abiurando, profitendoque fidem catholicam ae con-
stitutiones, determinationes et declarationes predictas et
55 quemcumque dixerat, asseruerat, tenuerat seu dogmatiza-
verat verbo vel seripto quomolibet contra eas vel earum
aliquas vel ut falsa heretica et erronea revocando et ana-
thematizando expresse, ac se recepturum humiliter et
completurum efficaciter penitentiam sibi pro huiusmodi
9? commissis iniungendam corporali prestito juramento pro-
mittat, eundem unitati reincorporantes E., ab omnibus
excomunicationis suspensionis interdicti et inhabilitatis
penis et sententiis, quas propter predicta vel eorum aliqua
per iura seu processus apostolicos aut ordinariorum sive
65 constitutiones quascumque vel alias quomodolibet incur-
rerit, auctoritate nostra, iuxta formam E., absolvatis et
restituatis in integrum ad famam et statum cum eo super
irregularitate quam ex premissis vel aliquo eorum seu
ligatus predictis sententiis celebrando seu immiscendo se
70 illis contraxisse noscitur, eadem auctoritate misericorditer
nichilominus dispensando. Imponentes eidem insuper pro
‘speciali penitentia et iniungentes sub virtute prestiti iu-
ramenti, ut infra certum terminum per vos sibi super hoc
prefigendum in locis dd. ffr. mm. Florentin. et Assisinat.
75 in predicationibus publicis, cum clerus et populus con-
venerint ad easdem et maior eorum affuerit multitudo, idem
F. proponendo eisdem clero et populo verbum Dei, in sin-
gulis vid. ffr. predictorum Civitatis et diocesis florentin.
conventibus pluribus et Civitatis assisinat. locis, ubi amplius

30 errores et hereses predictos disseminaverat, pluribus diebus

D bo as

=——_——_———a:
VII. [1331], novembre 22.

Al Vescovo di
Melfi e agli In-
quisitori di Sici-
lia.

Sebbene la
setta de’ frati
della povera vita
sia già stata
condannata, pure

alcuni diretti da

Angelo della
Valle di Spoleto
continuano a ra-
dunarsi nella Si

cilia e ammini-

Strano sacra-
menti.

(1) EUBEL, Op. cit., 511.

L. FUMI

solennibus, exponat omnia predicta et singula clare, intel-

ligibiliter, vulgariter et distincte. Volumus autem quod

si tu, predicte Epe., absens a patria illa existens, sicut

nune esse dinosceris, vel non posses, aut nolles interesse

85 premissis, Vicarius tuus in spiritualibus tecum, fili, In-
quisitor, ea exequi valeat et complere quodque super pre-.
dictis omnibus et singulis instrumenta conficiantur pu-
blica seriem presentium continentia, nobis per vos post-
modum fideliter transmittenda (1).

90 Dat. m Non. nov., an. XVE

Ivi, n. 116. c. 291.

Contro Angelo Clareno.

Episcopo Melfiensi et inquisitoribus heretice pravita-
tis in partibus regni Sicilie et terris citra Farum aucto-
ritate apostolica deputatis.

Ad nostri apostolatus auditum perduxit nuper insi-

5 nuatio displicibilis et infesta, quod quidam ministri Satan,
| perditionis filii et maledictionis alumni, qui se fratres de
paupere vita faciunt vulgariter appellari, quamvis eorum
secta jam dudum per Sedem ap. fuerit perpetue prohibitioni
subiecta, se in illis partibus sub ducatu euiusdam nequam
10 hominis, vid. Angeli de Valle Spoletana, idiote utique
et quasi litterarum ignari, qui se caput seu magistrum
ipsorum nominat, congregarunt et congregant incessanter
et (gerentes sub pelle ovium rapacitatem lupinam, ut su-
btilius et facilius decipere simplicium animos valeant) va-
15 rias hereses et errores, quibus ipsi respersi dicuntur, dis-
seminare in divine maiestatis offensam periculose ni-
mium moliuntur, falsas prenuntiantes indulgentias et plu-
res personas ad confessionem sacramentalem, licet claves
non habeant, animas decipiendo dampnabiliter admittentes.
ERETICI E RIBELLI NELL’ UMBRIA, ECC.

20 et alia detestanda varia in suarum animarum periculum

et plurimorum scandalum committentes. Cum autem ta-
d libus, ne crescant hereses et errores huiusmodi, sed ex-
i tirpentur potius, ante quam perniciosiorem coalescant in
Si proceda segetem, sit citius obviandum, discretioni vestre per ap.

contro Angelo e

i suoi complici, 25 scripta committimus et mandamus, quatenus adversus
anche con l'aiuto

aelirdocio seco- predietum Angelum et alios eiusdem complices in hac
parte, secundum sanctiones canonicas et privilegia con-
cessa Inquisitionis heretice pravitatis officio, solerti adhi-
bita diligentia, taliter procedere (invocato ad hoc, si ne-
30 cesse fuerit, brachii secularis auxilio) studeatis, quod he-
reses et errores predicti extirpentur radicitus et fides ca-
tholica conservetur illesa, contradictores quoslibet et re-
belles per censuram ecclesiasticam appellatione postposita
compescendo. Volumus autem quod vos et quilibet ve-
3 strum in solidum possitis procedere in premissis. Dat.
Avin. x Kal. dec. an. xvi (1).

VIII. [1332], novembre 21. Ivi; n + 110: 6.33.6
Contro Feliciano d'Assisi fisico.

Al Vescovo Ven. fr. Hugoni Episcopo Carpentoraten. et dil. fil.
) dl Carpentras e

al preposto e- Petro Danrocha preposito Ecclesie Haemen. Lemovicen.
mense della dio-

: cesi di Limoges.. dioc.

Dudum ad audienciam nostri apostolatus multorum
Feliciano d'As- 5 insinuatione perlato, quod Felicianus de Assisio subdiaconus
sisi, suddiacono

© isico, aveva — phisicus contra nos et S. R. E. cetumque venn. ffrr. nostro-
diffamato Papa,

QBlasn e Card rum eiusdem E. cardinalium et specialiter contra nonnullos
nali ;

d ipsorum multa nephanda blasfema et diffamatoria proferre
i temerariis non erubuerat ausibus, quorum nonnulla ma-

10 nifestius heresim sapiebant, nec hiis contentus, ad suam

(1) EUBEL, Op. cit., p. 5

poi M^ at lime m m ai en
» ^
aderito al Cor-
bara ed al Ba-
varo, di cui fu
familiare e cap-
pellano.

Contro di lui
avendo già ordi-
nata un'inchie-
sta, vuole il Pa-
pa che si pro-
nunzi sentenza
definitiva, tutto-
ché non siasi
data relazione.

RE I

L. FUMI

perfidiam apertius propalandam, Petro de Corbario, dum
se pro papa sismatice gereret, velut sismaticus et de he-
resi vehementer suspectus, adherere dampnabiliter eiusque
statum sepius presumpserat multipliciter commendare,
15 Ludovico quoque de Bavaria heretico et sismatico mani-
festo ante et postquam etiam fuerit per nos privatus sen-
tencialiter, iure si quod ad regnum et imperium Romanum
forsitan competebat et subsequenter de heresi condem-
pnatus, adheserat et faverat multiplieiter, et erat fami-
20 liaris et capellanus eiusdem, ac errores et hereses, quos
dietus Ludovicus deffendit, dampnabiliter aprobaverat, su-
stinuerat, aliaque horrenda varia conmiserat et nefanda,
Nos scire volentes super hiis veritatem, tibi, fr. Epe., ut
archidiacono Cantuarien. et tibi, vestris propriis expressis
25 nominibus primo, et deinde te, fr. Epe., per nos in Epum
Carpentoraten. promoto, tibi, ut electo Carpentoraten., et
tibi etiam preposito, vestris propriis expressis nominibus,
per nostras diversas litteras commisisse meminimus et
mandasse, ut de predictis et ea tangentibus ac aliis que
30 in crimine sismatis vel heresis caderent, seu per que
fautor seu deffensor sismatum vel heresum aut hereticorum
vel sismaticorum predictus Felicianus aliqualiter appare-
ret, simpliciter et de plano, iuxta formam canonum et
privilegiorum Inquisitionis negocio concessorum, tam cum
35 ipso, quam cum aliis nos informare solerter et fideliter
curaretis, inquestam per notarium scribi publicum et in
formam redigi publicam faciendo, et ad nostram audien-
ciam quicquid per vos in hae parte reperiri contingeret
referendo, prout in eisdem litteris plenius continetur. Cu-
40 pientes igitur finem imponi Inquisitionis negotio supra-
dieto, discretioni vestre tenore presentium conmietimus
et mandamus, quatenus ad sententiam in dicto negotio
diffinitivam ferendum, ratione previa, iuxta datam vobis
a Deo prudentiam, non obstante quod super premissis
45 nobis relatio facta non fuerit, procedere studeatis. Dat.
Avinion. vt Kal. decembris a. xvij.

——— —Ó———
IX. [1333], agosto 13.

ERETICI E RIBELLI NELL’ UMBRIA, ECC. 267

Ivi, c. 49.

Contro il preposto dî S. Stefano « de Arcellis » di Gubbio.

Al Rettore e
al tesoriere di
Spoleto.

L' Inquisitore
aveva condan-
nato come so-
spetto d'eresia il
preposto suddet-
to, alla confisca
de' beni: aveva-

li sequestrato
50 fiorini d'oro
presso certi mer-
canti.

Ordina che
a costoro s'in-
timi il pagamen-
to, dando facoltà
al tesoriere che
lo riceverà di
assolverli e quie-
tanzarli.

m

10

20

do
>

Dil. fil. M. Petro de Castaneto etc. Rectori et Johanni
Regaldi etc. Thesaurario Ducatus nostri Spoletani.

Intelleximus nuper, quod dil. fil. Bertolinus de Peru-
sio o. ffr. mm. olim inquisitor heretice pravitatis in par-
tibus Tuscie ac Ducatus nostri Spoletani auctoritate apo-

stolica deputatus, contra quendam prepositum E. sancti:

Stephani de Arcellis Eugubin. dioc. de heresis crimi-
nibus vehementer suspectum rite procedens, eum de cri-
mine predicto exigente justitia condempnavit, bona ipsius,
propter hoc, nichilominus confiscando ac demum trecentos
quinquaginta florenos auri, quos habebat idem prepositus,
fecit penes certos mercatores, ne deperirent seu asporta-
rentur per aliquos, sequestrari. Quo circa discretioni vestre
per ap. scripta committimus et mandamus, quatinus vos
vel aliter vestrum summarie de plano et simpliciter super
hiis informantes, mercatores eosdem vel quosvis alios, apud
quos dictos florenos fuisse sequestratos seu depositos no-
veritis, ad illos tibi, fili Thesaurarie, assignandos per cen-
suram ecclesiasticam, si necesse fuerit, appellatione po-
sposita, debite compellas. Volumus autem quod tu, The-
saurarie predicte, illos qui tibi dictos florenos assignave-
runt, possis absolvere plenius et quitare de hiis que inde
receperis ab eisdem, faciendo super assignatione huiusmodi

duo confici consimilia publica instrumenta, quorum al-

? tero penes assignantes ipsos dimisso, reliquum ad nostram

cures cameram fideliter destinare. Dat. Id. augusti, a. XVII.

m

E p LLL

UM

—— ERETICI E RIBELLI NELL’ UMBRIA, ECC.

APPENDICE VII.

| 1 + Arch. Segr. Vatic. Collettorie
3 Cod. cart. n. 104, c. 1-171.

Tit. Est. — Processus habiti ab Inquisitione haeretice pravi-
talis in provincia S. Francisci contra Comune et speciales Civi-
tatis Tuderti et Ameliae. Ann. 1329-1330.

A) Processo originale dell’ Inquisizione contro Todi.

Tit. int. — [c. 2] In nomine domini Amen. Inter alia
que reperiuntur in actis Inquisitionis. factis et compositis
tempore religiosi viri fratris Bartholini de Perusio Inqui-

sitoris et scriptis manu fratris Angeli Mischie de Perusio

ut

notarii dicti Inquisitoris, reperiuntur hec.

In nomine domini Amen. Hic est liber sive quater-
nus in causa hereseos inquisitionum, constitutionum,

commissionum, citationum, depositionum terminorum, ex-
1

I-

cusationum, confessionum, alienationum, obligationum,
i purgationum, sententiarum et omnium aliorum predicta vel
aliquod predictorum quodlibet contingentium factus et
compositus super executione offitii Inquisitionis pravitatis
heretice, tempore religiosi viri fratris Bartholini de Pe-

i

rusio de ordine minorum Inquisitoris heretice pravitatis
in provincia beati Francisci per Sedem apostolicam spe-
cialiter deputati, et scriptus per me fratrem Angelum Mi-

N. B. I passi compresi fra due * sono pubblicati dall'illustre p. Ehrle nel suo
importante lavoro intitolato: Ludwig der Bayer una die Fraticellen und Ghibellinen
von Todi und Amelia im J. 1328 (Archiv für litteratur-wund Kirchen geschichte

Berlin, 1886, p. 653).

18

des Mittelalters herausgegeben von p. H. Denifle o. p. und F. Ehrle s. j, 8weiter band, :
Commissione
dell’ Inquisitore

contro eretici e
loro fautori,

contro ribelli

all’ Inquisizione,

contro chi nega 40

certi peccati,

contro seguaci
dello spirito . di

libertà,

contro . fautori

del giudaismo,

contro interpetri
della S. Scrit-

tura,

contro non os»
servanti della

Chiesa,

contro denigra-

tori del Papa.

L. FUMI

schie de Sancto Fortunato de Perusio eiusdem ordinis
Minorum imperiali auctoritate notarium et nunc ipsius
20 Inquisitoris et offitii Inquisitionis notarium juratum sub

annis domini, diebus et mensibus infrascriptis.

In nomine domini, Amen. Anno dom. MCCCXXVIIIJ, in-
dictione x17, tempore SS. patris et domini domini Johan-
25 mis pp. xx1J. die kalendarum mensis augusti. Hee est
inquisitio generalis, quam religiosus vir frater Bartholinus
de Perusio de ord. mm. in provincia b. Francisci Inqui-
sitor heretice pravitatis per Sedem ap. specialiter consti-
tutus facit et facere intendit in Civitate Assisii eiusque
30 districtu et dyocesi et etiam in tota provincia et admi-
nistratione b. Francisci et in omnibus aliis et singulis
terris et locis iurisdictione Inquisitionis sibi subiectis:
contra omnes et singulos credentes, fautores, defen-
sores sive adiutores, valitores et receptatores et complices
35 et sequaces eorumdem et in quamcumque spetiem heresis
relapsos,
et eontra omnes et singulos inobedientes ac impe-
dientes per se vel alium directe vel indirecte offitium In-
quisitionis predicte,
et contra omnes et singulos dicentes quod illa non
sunt peccata, que S. R. E. docet esse peccata et precipit
evitari, vel qui dixerint quod illa sunt minora peccata
. que S. R. E. dieit esse maiora,
et contra omnes et singulos qui essent de septa et nova
45 heresi introducta que dicitar spiritus libertatis,
et contra omnes et singulos qui dixerint quod lex
judaica vel alia est melior quam xpiana, seu qui indu-
xerint xpianos ad execrabilem iudeorum ritum,
et eontra omnes et singulos qui sacram Seripturam
50 aliter intelligunt quam Spiritus Sanctus efflagitet,
et contra omnes et singulos qui dixerint contra sta-
tum et observantiam Sacrosancte R. et universalis E. seu
eontra illa, que R. docet et tenet E.
et contra omnes et singulos cuiuseumque condictionis,
55 dignitatis vel status existant qui detraxerint dignitati et


Fr. Nicola di
Francesco di Al-
viano creato Ve-
scovo di Amelia
dall’Antipapa.

ERETICI E RIBELLI NELL’ UMBRIA, ECC.

persone SS. patris et domini nostri d. Johannis pp. XXIJ
et Constitutionibus eius.
[c. 3] Super quibus omnibus et singulis supradictis et
omnibus coherentibus et annexis ac dependentibus ab
60 eisdem et quolibet eorumdem prefatus Inquisitor intendit
diligenter inquirere et investigare ac testes recipere, prout
et sicut de jure tenetur et debet. Et repertos culpabiles
de predietis vel aliquo predictorum punire et condem-
pnare, secundum jus et canonicas sanctiones, et omni
55 modo, jure et forma, quibus melius fieri potest.

1329, agosto 1. — Actum in dormitorio sacri con-
ventus mm. de Assisio, presentibus fr. Tommaso de Me-
chis et fr. Francesco de Corpano de ord. mm. — Fr. An-

70 gelo d'Amelia, lettore de’ mm. giurato di dir la verità,
disse: — Quod publicum est et notorium in Amelia inter
fratres et seculares, quod frater Nicholaus Francisci de AI-
viano pronuntiatus fuit Epus Amelien. per antipapam,
qui se dixit papam Nicolaum V ; — quod item fr. N. ivit

75 Viterbium sine aliqua licentia ordinis ad faciendum:

reverentiam ipsius antipape et ad recipiendum et acce-
ptandum dictum Epatum: — q. dictus fr. N. scripsit unam
licteram fr. Francisco Domine de Interampne, in qua voca-

bat eum ministrum Apulie et fr. Michelinum generalem mi-

80 nistrum et aliquos fratres fideles E. incusabat: — tempore

post pascha resurrectionis de prox. elapsum.

[c. 3 £.] Apud locum S. M. de Portiuncula presentibus
ffr. Angelo Ravegnani et Marco Stephani de Perusia mm.

Fr. Martino da 85 — Pr. Giovanni Guardiano di Narni disse esser fama

Terni Vicario
della Custodia
di Narni.

tra i frati della custodia quod fr. Martinus de Interampne
viearius eiusdem Narnien. Custodie est fautor et defensor
ffr. rebellium ord. nostri et summi pontificis: — quod
se audivisse a dicto fr. Martino quod fr. Petrus Domine

Pietro « Do- 90 de Interampne iverat Interampnem ad monasterium s. Pauli

mine » da Terni.

et ibi fuerat ad conmedendum et bibendum, et venerat
ad portam loci ffr. mm. eiusdem terre, et idem fr. Mar-
tinus fuerat tune requisitus a fr. Sopito vicario dicti con-

patito Er EP M

MEMO
L. FUMI

»

ventus ffr. mm. quod ipsum Petrum caperet sive capi
95 faceret, ipse fr. Martinus respondit: Nolo eum capere quod

nolo displacere filio Francisci. dr
Ag. 2. — Apud locum S. M. de Portiuncula in ca- |

mera sub logia orti, presentibus fr. Thoma de Mechis de
Perusio et Masseo de Carvio de ord. mm. testibus. — Fr.
100 Ranaldus de Tuderto o. mm. custos custodie tudertine...
dixit... quod fr. Martinus de Interampne nune vicarius :
dicte custodie Narn. est fautor et adiutor ffr. rebellium

de Tuderto et quod eisdem secte adheret et quod quando
frater Petrus Domine nuper fuit Interampnis, dietus fr.

105Martinus ad capiendum ipsum Petrum noluit operam dare.
[c. 4] Fr. Masseus de Carvio de o. ffr. mm... dixit: quod
idem fr. Martinus assotiaverat in conventu Interampn. fra-
tres Francischum, Nicolaum et Petrum Domine quando fue-
rant Interampne in conmestione et potu...: quando fr. Pe-
110trus Domine venit Interampne: de mense julii elapso de
prox.: dietus fr. M. cum sit vicarius custodis nichil con-

trarii ei dixit. ;
L' Inquisitore [c.4t.] Fr. Bartholinus Inquisitor predictus audiens ali-
nomina alla cu- 1
stodia di Todi. 115quos ffr. rebelles esse in custodiis Tuderti et Narnie et ipse
Inquisitor per se non posset ad predictas custodias se con-
ferre, constituit et fecit suum vicarium fr. Ranaldum de
Tuderto o. mm. custodem Tudertinum. d

* Fr. Paulus Telli de Tuderto o. mm. constitutus coram

120fr. Bartolino... dixit: quod, se presente, vidente et au-

...Fr. Nicola diente, fr. Nicholaus de Alviano eiusdem o. mm. fuit A
d’ Alviano, Ve-
scovo. pronuntiatus Epus Ameliensis in concistorio illius anti-

pape qui se dicebat pp. Nicholaum .V. coram suis pseudo

cardinalibus.

125... Et post pronunptiationem predictam dietus fr. Nico-
laus exhibuit et dicto Antipape et dd. pseudo cardinalibus
reverentiam tamquam vero pape et veris cardinalibus et ac-
ceptavit dictum Epatum et gratias egit eisdem de collatione

dieti Epatus: — tempore: anno prox. elapso de mense se-

130ptembris — in loco ffr. mm. de Viterbio in palatio ipsius ERETICI E RIBELLI NELL’ UMBRIA, ECC. 218

antipape — presentes ffr. Nicola domine de Interam-
pne, Iuvenalis de Narnia, filius Apice de Spoleto [c. 5],
Andreutius de Pedeluci, Iacobus de Campis et Guillel-
mus de Piscaria sotii Michelini et Petrus judex de Senis
135de o. mm. rebelles et alii quam plures de Viterbio...* Fau-
tores: fr. Paulus de Arrone, fr. Angelus de Vaschi, fr. Ni-
colaus de Alviano, fr. Iacobutius m. Pauli guardianus
nunc S. Illuminate, fr. Benedictus suus germanus...; et
quod scribunt rebellibus ipsis singula nova et licteras re-
ldocipiunt ab eisdem... Fr. Iacobutius licteras mictebat fr.
Petro Bathatii de Tuderto rebelli et d. fr. Nicolao per fr.
rebelles de Tuderto.

. Fr. Angelo Ag. 7. — Apud locum conventus ffr. mm. de Perusio in
Biagioni di Nor- dS 3 T x : M
cia. infirmaria. — Fr. Lucas Manentis de Nursia de o. mm. dixit

145quod fr. Angelus Blaxioni de Nursia de o. supradicto, dum
moraretur de familia in loco Poli, venit Nursiam quando
ipsa terra erat interdicta per Rectorem Spoletan. ducatus et
per eumdem fratres minores conventus Nursie nominatim
erant excomunicati [c. 5 £.]. Et tune idem fr. Angelus non
lo0servavit interdictum. — Et dum idem fr. Angelus repre-
henderetur quod voluntarie se exposuerat tanto periculo,
respondit dietus fr. Angelus, quod non habebat conscien-
tiam, quia ipse dux qui posuerat interdietum non erat
dux et papa, quod cum fuerat dux non erat papa.
155
Fr. Bartholinus de Perusio de o. mm. Inquisitor he-
retice pravitatis in provincia b. Francisei per S. Ap. con-
stitutus fr. Francisco Latine de Cassia eiusdem o. custodi
Montanorum salutem in domino. — Nuper extitit ad aures
160nostras et Inquisitionis offitio nuntiatum aliquos esse in tua
custodia ffr. dicti o. non bene sentientes de fide catho-
Fr. Francesco lica et maxime de persona SS. patris d. Johannis pp. xxiJ.

di Latina nomi-
nato vicario di Cum igitur non possimus nos ad predietam custodiam con-

Montagna dal-
1° Inquisitore. ferre ad presens, ideo te nostrum vicarium istituimus et fa-
165cimus ad recipiendum dumtaxat testimonia quecunque in-
venies circa hec. Et quos invenies fideli et autentica seriptura
scribi facies et michi celeriter destinabis. In cuius rei te-

stimonium presentes licteras per fr. Angelum de Perusio

d uid T
L. EUMI

nostrum et dicte Inquisitionis notarium fieri mandamus
l70et registrari et nostri officii sigillo muniri. — Actum et
dat. Perusii apud conv. ffr. mm. MCCcxxvIIJ die viJ
mensis augusti, presentibus ffr. Uguitionello Thuscule et
Sanso Vagnoli de dicto ordine testibus.

175 [c. 6] Ag. 18. — Actum in dormitorio conventus mm. de

Pérusio, presentibus ffr. Symone Morichetti et Petrutio

laico de Agello de o. mm. test. — Thomassutius Andrutii

de Assisio constitutus coram fratre Bartholino efc. dixit

quod vidit et presens fuit tempore quo ille intrusus et

IER Keen. l3904ntipapa... venit Tudertum, quando infrascripti ffr. de o.
S -ADHDaDa in mm. binati exiverunt ecclesiam S. Fortunati de dicta terra
sequentes crucem ad obviandum dicto antipape ac si esset

papa legitimus, — e cioè — ffr. Petrus Nini, Petrus Be-

rardutii, Leonardellus dietus Niffus, Franciscinus, Mathia-

185tius d. Lutii, Franciscus Blunde, Johannellus Egidii Sancti,

Jacobutius Nalli, Petrus de Monasterio, Nicolaus Pacciuli-

ni, Petrucciolus de Marruto, Franciscus de Petra dictus ser

, Ciutius, Angelus Veracis, Thomas de Portafracta, Petrus de
Aquasparta, Thebaldus de Narnia, Franciscus Domine de

190Interampne, qui se dicit ministrum Apulie, Franciscus Mar-

garite de Interampne, Benvegnate de Marcellano et Got-

tofredus de Alamania et Berardus de Camerata. — It. di-

Predicatori — xit quod, se presente et audiente, d. fr. Petrus Nini de

scismatici, —fr
Pietro «Nini»da Tuderto [c. 6 £.] predicavit publice in pulpito consueto dicte

nn l9»eeclesie S. Fortunati quod pp. Johannes non erat papa,
immo erat hereticus et patarenus, et hortabatur populum

ne haberet fidem in eo — et fuit primus qui predicaret

contra summum Pontificem in ecclesia supradicta: — de

mense augusti — presente populo tudertinorum valde ma-

200gno ; successive predicaverunt diversis festivitatibus... alii

ffr. (ut s.) et dixerunt scilicet pontificem patarenum et non

pontificem, immo nominabant Jacobum de Caors et anti-

papam dicebant esse verum pontificem.

ir. Pietro Giu-

r ] Fr. Petrus Judex de Senis predicavit contra Sum-
dice da Siena,

?05mum Pontificem, hoc anno, in una dominica XL.' ma-
ioris.

DE e eet

Pn
> eee

fr. Nicola della
Signora da Terni
"vescovo.

Frati Micheli-
sti sotto frate
Pietro d’ Acqua-
sparta - Vicario
del Ministro Ge-
nerale,

ERETICI E RIBELLI NELL’ UMBRIA, ECC. 275

[c. 7 t.] Fr. Nicolaus Domine de Interampne, qui se

facit Epum Interampn. predicavit contra S. Pontificem in

ecclesia ffr. mm. de Burgo, hoc anno, de mense maii...
210

Ffr. infrascripti rebelles Summo Pontifiei et adherent

Michelino et eum habent pro generali ministro et obe-

diunt fr. Petro de Aquasparta, quem nominant Vicarium

generalis ministri — "Testis erat tunc novitius per dictum
215fr. Petrum receptus in 0. —

Petrus de Aquasparta — Jacobus de Campis — Petrus
Judex de Senis — Franciscus Domine de Interampne —
Tebaldus de Narnia — Franciscus de Narnia eius sotius
— Franciscus Margarite de Interampne — Mateus d. Lu-

220tii et Franciscus Blonde — Petrus de Monasterio — Ben-
vegnate de Marcellano — Berardus de Camerata — Leo-
nardus d. Gregorii — Leonardus dietus Niffus — Petrus

Barthotii — Petrus Nini — Bolgarutius — Albricus —
Johannes Egidii — Iohannes Ruzoli — Petrus Tinutii —
225Nicolaus Pacciolini — Johannes de Ponte — Egidius Po-

testatis — Oddo Ferrantis — Augustinus de S. Gemino —
[c. 7 t.] Franciscus Borioni — Gottofredus — Petrus Berar-
dutii — Savarisius — Petrueciolus de Marrato — Barto-
lellus de Loreto — Bartolellus Vendivini — Johannes
230Barberius — Petrucciolus Bartolellus — Berardus de Ponte
— Andriolus de Montecastello — Ranaldus Mathiatii —
Petruciulus et Matheolus de Collazzono — Bartholellus
de Porchiano — Angelus mag. Nicole — Angelonus San-
cus — Nicolaus eius filius — Franciscus Dalfinis — Sy-
235mon de Collazono — Jacobus Nalli — Frane. Porcellinus
— Johannes de Montignano -- Angelus Veracis — Tho-
mas de Portafracta — Francischinus — Paulutius d. Petri
— Franc. de Petra dictus ser Ciutius — Juvenalis et Pere-
grinus de Narnia — Nicolaus et Petrus Domine de Inte-
2i0rampne — Andrutius Ciardus — Sanctarellus de Narnia —
Paulus Gualteronis, Johannes de Sicce, Thomas Ascaroni
de Spoleto — Franciscus Rubea et Franc. Guanciole de As-
sio — Antonius de Castello — Sanctutius de Burgo —
Jacobus d. Bonaiuncte — Jacobus de Balduinis — Franc.

M EE ITS AR n UE

Als ar. n t
Deposizione di
fr. Paolo Telli
circa il ricevi-
mento fatto al
Bavaro in Todi
dai frati.

Bavaro accam-
pato nel piano
di Paterno: of-
ferte fattegli dai
todini per invi-
tarlo.

Trattati avuti
dai todini col
Bavaro in Roma
e in Viterbo per
avere Foligno.

L.

FUMI

sterna — Jacobus de Ultramare.

[c. 8] Ag. 30. Actum Perusii. — Fr. Paulus Telli de
Tuderto, dixit quod presens fuit quando ffr. de S. Fortunato
250de Tud. o. mm. processionaliter obviam exierunt Bavaro et
Bavarisse et antipape. Et vidit quod Franciscus Blunde por-
rexit crucem obsculandam Bavarisse et postmodum ipse
testis intravit Civitatem Tud. cum ipsa Bavarissa et fratres
ipsi remanserunt extra ipsam Civit. expectautes antipa-
?53pam et Bavarum. — Propter pressuram non potuit omnes
congnoscere: [c. 8 #.] — anno proxime preterito de
mense augusti, prope portam vie piane de Tud. extra
civitatem.

[c. 9] It. dixit testis quod, Bavaro existente in comi-

260tatu Urbevetano et castramentato in plano Paterni, duo mer-
catores iverunt.ad ipsum Bavarum ex parte Tuderiinorum
et sibi portaverunt quatuor milia flor. dummodo ipse Ba-
varus Tudertum non intraret, et istis existentibus in hoc
tractatu, se teste presente et vidente, venerunt ad ipsum

265Bavarum ambaxiatores infrascripti ex parte dd. Clanaval-
lensium, sil: Ugolinutius de Baschi, Baldinus de Marsciano
et Jannoctus et Colutius Ghezi de Alviano. Qui amba-
xiatores venientes exhibuerunt eid. Bavaro reverentiam
tamquam vero [c. 6 £.] imperatori et invitaverunt et ani-

270maverunt eum ex parte predictorum Claravallensium ad
eundum Tudertum, dicentes eidem quod non solum .mJ.
milia, sed plus quam .x. milia flor. dabunt sibi Tudertini, si
Tudertum accederet. — De mense augusti, — in predicto
plano Paterni Comunis Urbisveteris, prope Tiberim et in

?/5papilione ipsius Bavari, presente maxima multitudine ho-
minum.

It. dixit dietus testis quod, se presente et vidente, Egi-
dius d. Petri de Tuderto et Juctius et Neapoliutius de Fracta
de Spoleto iverunt ad B. dum erat in Urbe et tractatum

280cum eo habuerunt simul: cum ipso B. ut civ. Fulginei
invaderetur et caperetur. per gentem ipsius B. et pone-
retur in manu ipsius B., quem tractatum predicti Egidius,

?4 Capomasso — Donatus de Baldovinis — Giunta de Ci-

——
ERETICI E RIBELLI NELL’ UMBRIA, ECC. 277

Juctius et Neapoliutius et cum ipso B. habuerunt in Vi-
terbio. — Predietus tractatus habitus in Urbe fuit apud
?858. Petrum — an. d. wcccxxvuJ de mense Junii, presente
ipso teste et magistro Alamannorum, qui magister erat
Maestro tede- — interpres, et alii plures stabant a longe, sed non audie-
Sco interpetre.
bant tractatum, quia secrete fiebat. — Tractatus vero pre-
dietus paratus in Viterbio, fuit in palatio Pape ante predi-
2%etum, de mense augusti, presentibus dietis magistro Ala-
mannorum et teste —.
uoncneialeiNmbee [c. 10] It. dixit dictus testis quod Claravalle Paulelli d.
papa. Beraldi et Cichinus Rubei Gualterelli receperunt benefitia
ecclesiastica ab illo intruso antipapa — et... d. Tarlatus Bal-
?9]utii de Claravallensibns impetravit benefitia pro predictis.
Claravalle et Cichino a predicto antipapa et porrexit sibi pe-
titionem tanquam vero pape etsummo Pontifici pro predietis.
benefitiis obtinendis — an. d. wccoxxvigJ. de mense junii
— in Urbe, apud locum mm ., sil. apud S. M. de Aracoeli —.
309 Et erant ibi multi homines, inter quos erant Cichi-
nus Rubei Guasterelle, et Jannoctus et Cichinus Ghezzi
de Alviano et Paulellus d. Corradi.
Cittadini di

Todi andati in-

contro al Bavaro — pinquavit ad Civ. Tudertinam ad unum miliare, quod in-
e all'Antipapa.

It. dixit quod presens fuit et vidit quando B. appro-

305frascripti Cives tudertini, sc. d. Andreas d. Ranutii, d.
Franciscus d. Beraldi de Claravallensibus, Nallus d. Ru-
stici, d. Ranallus Massuli, Ugolinellus Oddutii, Taecolus
d. Massei, Albertinus d. Massei, Bartolellus et Paulellus filii
d. Corradi, Robertus Gregorii [c. 20 £.], Carnatius d. Oddonis,

3l0g. Tarlatus, Mannus Sarduli, Monaldus Fhylipputii, Po-

"tius Roberti, Ciccolus d. Seghi, Franciscus Telli Roberti
et Gaytanus d. Andree, predieti omnes et singuli exie-
runt obviam dicto B. extra Civit. Tuderti ad unum
miliare et eidem D. reverentiam "exhibuerunt tanquam

3l5vero imperatori. ^ Et ibidem tunc inter se predicti cives.
tudertini ordinaverunt et se ad invicem diviserunt, quod
aliqui eorum irent cum Bavarissa et aliqui cum antipapa
et aliqui cum ipso B. ad intromietendum eos cum honore
in terra Tuderti, ut moris est dominorum honorabilium, et.

3 "qui eorum deberent portare bravium sive pallium, et qui

» dg
niam rn smi ia st
sense i 7
L. FUMI

predictos adestrare deberent, ita quod aliqui predictorum
Civium Tuderti super predictos Bavarissam, antipapam
et Bavarum ab invicem divisi portabant pallium, aliqui
peditando ducebant eorum equos et adestrando illos, ut
32best moris. — Ubi predicti cives obviaverunt predicto B.:
in quodam arboreto iuxta Pontem Martinum positum
super fluvium qui dicitur Nagia, — anno.prox. elapso, de
mense augusti [c. 77] presentes multi barones et domini.
ROMAE da It. dixit quod predicti cives.... venerunt cum predictis
dimora in Todi. 330B,, antipapa et Bavarissa e dicto loco usque Tudertum,
et cum eis venit populus maximus Tudertinorum, et
introduxerunt eos cum honore in civ. Tudertinam et
dederunt predicto B. adiutorium, consilium et favorem....
intrantes sepe et exeuntes palatium ubi ipse B. moraba-
335tur — per dies xij continuos pacifice et quiete.
It. quod omnes clerici et religiosi commorantes (c. 77 #.]
in predicta civ. et eius dyocesi tenent et servant interdictum
ubi juridice positum, exceptis dumtaxat illis ecclesiis,

Chiese de’Chia- quas tenent Claravallenses et exceptis fratribus mm. de
ravallesi e di S.

Fortunato non 3408, Fortunato et adherentibus eisdem — et se audivisse
osservarono l'in- :
terdetto. pulsari campanas S. Petri de Cesis et S. Gemini de Massa

pulsari per homines, qui sunt ecclesie predietorum.

Ott. 26. — In Camera Inquisitoris in capite dormitorii
349conventus mm. de Perusio. — Fr. Petrus Romagnoli de o.
mm. de Burgo S. Sepuleri.... dixit.... quod fratres rebelles
Seguaci del- qui sunt in Castello, in Burgo S. Sepuleri et in Cisterna de
PY Antipapa in
Città di Castello, 0. mm.... non servant interdictum et vivunt et sunt sub

Borgo S. Sepol-
cro e Citerna.

obedientia intrusi et Michelini, et sunt isti, sil. qui in
339econventu Castelli [c. 72] conmorantur: Antonius de Castello,
qui se facit custodem per fr. Petrum de Acquasparta —
Jacobus d. Bonaiunte — Franc. Capomazzo — Frane. de
Montone, Nicolaus Domine.de Interampne — Peregrinus
de Naluda | In conventu Burgi conmorantur infrascripti :
355d, Gabriel qui se facit Vicarium per eundem Petrum, San-
ctutius de Burgo — Donatus de Baldovinis de Castello —
Michael de Burgo layeus — Petrushomo de Aritio —
| Jacobus Columbani et Andreutius Datii Melioris.

re M si ERETICI E RIBELLI NELL’ UMBRIA, ECC. 219

It. quod fr. Franc. Rubee de Assisio ivit ad loeum
360Cerbaroli ad expellendum ipsum testem de loco, et cum
eo erat dictus fr. Lucas, qui fr. Lucas reprehendit te-

Guardiano e stem quod male fecerat quia recessit ab eis, et in pre-:

altri frati scac-
ciati dal conven- sentia multorum dicebat quod papa de Corvario intrusus

to di Cerbarolo. i
"erat verus papa et Bavarus verus imperator, et Michael
365erat verus Generalis minister et quod pp. Johannes debebat
comburi: et reprehendebat testem quod male faciebat. Et
sic dictus filius Rubee et sotius expulerunt ipsum testem
ibidem Guardianum et alios fratres de dicto loco cum
verecundia et sine conmestione, quia noluerunt eis as-
380sentire. — [c. 72 #.] An. m. eec. xxviij de mense de-

cembris.

[:; 13]. In nom. ‘din... J. X. Amen. And. m:
389ecexxviiij die penultimo mensis augusti.
Hec est inquisitio e£c. etc. contra et adversus fr.
Petrum de Aquasparta efc. etc.
Accusa contro (c. 14].In primis vid. quod predieti fratres et alie

Pietro d'Acqua-
sparta e i so- persone de quibus supra premissum est, anno presenti

ou un 390m. cec.xxvirij de mensibus januarii, februarii, martii, apre-

lis, madii, iunii, julii preter., nec non de presenti mense

augusti in civ. Tuderti et in aliis pluribus partibus et locis

diete provincie publice et frequenter dixerunt, asseruerunt

et affirmaverunt pertinaciter et aliqui ex eis publice predi-

di avere impu- 395caverunt et dogmatizaverunt, quod quedam novelle consti-
gnate le costitu-

zioni pontificie ; tutiones salubriter edite per SS. P. et d. d. Johannem pp.

XXI}, de fr. suorum, vid. [c. 74 #.] S. Romane E. Cardd. con-

silio, quorum una incipit Ad conditorem, alia vero Cum in-

ter nonnullos, et-tertia Quia quorundam mentes ete. erant

400heretica et heresim sapiebant; que quidem assertio est

manifeste heretica et erronea et expresse repugnat fidei

ortodosse, precipue cum predicte constitutiones et de-

cretales Sacre Scripture, per quam fidei probantur arti-

culi, in nullo repugnent, quando potius eidem conveniant

: 405et. per eam probentur omnia in constitutionibus contenta

que ad fidem Catholicam pertinere noscantur, si. dicte
di avere seguito
fr. Michele e di
avere accolto il
Bavaro.

L. FUMI

constitutiones non protervo, sed simplici oculo conspi-
ciantur, nec etiam dicte constitutiones, decretales decla-
ratorie regule dietorum ffr. Nicolai iij, que incipit Ziit,

4lOubi fides seu Sacra Seriptura tangitur in aliquo realiter
contradicunt, sed est inter eas, recte intuenti, concordia
manifesta, que precipue in dicta decretali Quorumdam
claret a parte licet prefatis fratribus quibusdam cavil-
losis argumentis, immo potius fallaciis sophysticis. a

4l3quibusdam pseudo xpianis et pseudo prophetis hiis no-
vissimis periculosis temporibus contrarium mendaciter
sit suggestum, quibus dicti ffr. nullo modo debuerunt
credere nec a capite nostro Xpo eiusque vicario et legi-
timo E. sponso recedere vel quomodolibet deviare.

420 [c. 15] It. in eo et super eo quod eum olim fr. Michael
de Cesena fratrum dicti ord. mm. quondam Gen. Minister
suis exigentibus meritis, immo potius demeritis, per pre-
fatum Summum Pontificem d. Johannem fuerit excomu-
nicatus et depositus a dicto ministeriatus generalis offitio et

425inhabilis pronunciatus ad quoscumque honores, dignitates,
gradus et status Eeclesiasticos; et tandem propter sua
hereticalia et erronea documenta et scripta ex sue superbie
et protervitatis veneno provenientia, ut publice fertur,
fuerit per prefatum Summum Pontificem hereticus pro-

430nuntiatus et de multiplicibus heresibus iuste et rationabi-
liter condempnatus; que quidem pronuntiatio et condem-
pnatio dictis fratribus et aliis a magno tempore citra fuit.
vel esse potuit manifesta, dicti tamen ffr. predietis eiusdem
ffr. Michaelis et suorum complicum atque sequentium dog-
493matibus et scriptis ae lieteris hereticalibus et contra
catholicam et ortodossam fidem positis atque confictis, et.
maxime in eo quod idem fr. Michael dogmatizavit et scri-
psit, prefatas tres constitutiones prefati Summi Ponti-
fieis fore hereticales et contra fidem catolicam editas cre-
440diderunt et eredunt et eiusdem Michaelis in suis hereti-
calibus oppinionibus temere ac pertinaciter adheserant et.
adherent, eique tamquam Ministro Generali et suis nuntiis
vicariis et offitialibus paruerunt et obediverunt [c. 15]
ipsiusque fautores et defensores prefatis temporibus exti-

NUDO VU RAS

NOS Citazione con-
tro fr. Angelo
« Blaxioni » di
Norcia.

ERETICI E RIBELLI NELL' UMBRIA, ECC. 281

‘4i5terunt et nunc etiam parent, obediunt et intendunt
eidemque favere verbis et factis et toto eorum conamine
non desistunt, segue l’ accusa, come sopra, per avere ac-
compagnato il Bavaro con la croce processionalmente
nella sua entrata in Todi e conclude con le parole suc-

150cessive: [c. 16 t.|.... intendit mitissime et benignissime
agere cum eisdem.

Fr. Jacobo Ley de Tuderto è partecipata la nomina
a Vicario in Todi etc. (1329 agosto 30 da Perugia).
455
[c. 17 t.] Fr. Angelo Blaxioni de Nursia salutem in
domino et mandatis nostrisimmo verius apostolicis obedire.

Onus nostri offitii nobis nuper impositi de voluntate et man-
460dato Summi Pontificis nos reddit solicitos atque angit, ut
quoseumque nobis delatos cuiuscumque condictionis et sta-
tus existant et maxime ffr. minores vigorose procedere de-
beamus [c. 78]. Quia igitur nobis ex offitio Inquisitionis
fuisti delatus quod aliqua verba dixisti a fide deviantia
i6%ortodossa et que contra statum et observantiam S. R. et
universalis. E. fore noscuntur, ideo te requirimus et citamus,
quatenus infra .x. dierum spatium a receptione presen-
tium computandum, quorum tres pro primo, tres pro
secundo, et reliquos quattuor pro tertio et perhemptorio
470tibi termino asssignamus, coram nobis in ecclesia ffr. mm.
de Perusio personaliter debeas compareri ad te, si poteris,
defendendum de hiis que in actis Inquisitionis habentur,
et ad singula peragendum que tibi ex nostro offitio du-
xerimus iniungendo. Quod si forte, quod absit, nostro-
4'rum mandatorum contemptor existens, coram nobis, ut
dictum est, neglexeris comparere, canonica monitione
premissa, exnunc prout extune, in te sententiam exco-
municationis proferimus in hiis scriptis contra te nichi-
lominus acrius processuri, prout justitie debitum suadebit.
180In cuius rei testimonium presentes licteras sigillo dicti
nostri offitii robboratas in actis Inquisitionis fecimus
registrari: de quarum presentatione tibi Nallo de Ro-

sins go siii mit dl nia sie

te
L. FUMI

sciano nostro iurato nunctio fidem dabimus pleniorem.

mM

Dat. Perusii apud locum minorum .viiij. die mensis se-
485ptembris an. d. m. .ccoxxviiij.

[e. 19] Ag. 30 (Vi si ripete l'atto come a c. 14 e segg.).

[c. 23] Sett. 19. — ...Et quia tutum non reputavit pre-

dietas licteras ipsis ffr. personaliter presentare, dixit et

retulit se ipsas licteras applicasse et fixisse foribus E. pre-
49dicte S. Fortunati die sabati .xvj. mensis septembris.

[c. 23 £.]. * Die .xxj. mensis septembris, actum in ea-

mera Inquisitoris apud locum ffr. mm. de Perusio, presen-

tibus ffr. Peregrino de Perusio et Symone de Ramazzano

testibus.

Comparsa di 455 ^. Fr. 'Tebaldutius. Cole et Symon Paulecti de Aqua-
procuratori di

alcuni frati di- sparta o. mm. venerunt, comparuerunt coram fratre

sposti a sotto- iu ; :

mettersi. Bartolino Inquisitore predicto et dixerunt se esse nun-
tios ffr. Mathei d. Lutii et Francisci Blonde de Tu-

derto et Matheoli de Collazone quos dicebant misisse

500pro ipsis ffr. ad locum Heremite et cum eisdem pre-
dieti fr. Matheus et sotii colloquium habuerunt et di-
xerunt quod cirea .xxx. ffr. de Tuderto redire volebant
ad mandata Sacrosancte R. E. et summi Pontificis ac

mer

ipsius Inquisitoris. Et ideo predicti ffr. Thebaldutius
50%et Simon rogaverunt Inquisitorem predictum ex parte
predietorum ffr. Mathei et sotiorum, ut sibi placeret
propter Deum eisdem terminum datum in citatoriis
lieteris prorogare. Et quia intendunt plures de Tu-

EMI
= =

dertino conventu et totum conventum ad obedientiam
2l0Sacrosanete E. reducere, suppliciter etiam exposuerunt,

quod, quia periculum erat ad presens recessus eorum de
predieto conventu, quod in hiis placeret sibi providere
ut perficere valeant quod intendunt *. Que quidem
predicti fratres Tebaldutius et Symon. predicta esse vera
3Dsuo sacramento firmaverunt, ac etiam juraverunt infra-
scriptas licteras ex parte ipsius Inquisitionis portare fide-

liter et referre.

[c. 24]. Qui fr. Bartholinus Inquisitor predictus con-
520misit et mandavit, ut eisdem ffr. Matheo d. Lutii, Fran-
ERETICI E RIBELLI NELL’ UMBRIA, ECC.

cischo et Matheo de Collazone portent et deferant licteras
infrascripti tenoris :
Fr. Bartholinus efc. ffr. Matheo d. Lutii, Francisco
Blunde de Tuderto et Matheo de Collazono et omnibus
525aliis et singulis ffr. inquisitis redire volentibus ad man-
data E. sacrosancte preceptorum obedientiam et bonis
inceptis firmiter adherere. Ex quibusdam rationabi-
Commutazione ]ibus causis nobis et offitio Inquisitionis expositis ter-

del termine e s 3 : È E zs i 1
luogo fissato — minum vobis datum et assignatum in citatoriis licteris

nella citazione.

52>nostris de vobis factis et transmissis et locum contentum
in eis duximus conmutandum, et ideo terminum proro-
gamus infra kalendas Octobris vent. de prox. et locum
conmutandum conventum ffr. mm. de Perusio, man-
dantes vobis et cuilibet vestrum sub illis penis et di-

530strictione precepti, quod in primis lieteris continetur,
quatenus infra dietum terminum coram nobis debeatis
apud conventum ffr. mm. de Perusio legitime com-
parere. Et concedimus adhuc ex rationabili causa,
quod possitis per vestrum procuratorem et responsalem

53legitimum coram nobis in dieto loco et termino compa-
rere, scituri pro certo, quod vos compertos vere obe-
dientes et redire volentes ad mandata et ad S. M. E.
unionem, recipiemus humiliter et benigne, in tantum quod
de plenitudine gratie et misericordie merito poteritis con-

540solari. Sententiam autem excomunicationis usque |c. 24 £.]
ad kal. predietas duximus suspendendas et abinde in
autea, si non veneritis, vel contumaces fueritis, vel no-
stris mandatis neglexeritis obedire, predicta suspensione
precisa, predietam excomunicationis sententiam vos et

94»vestrum quemlibet incurrere volumus ipso facto. In
cuius rei testimonium e£c. — Data Perusii apud locum
mm. xxj die mensis septembris, a. d. Mccc xxviijj.

In xpi nomine, amen. Nos fr. Bartholinus efc. vo-
9»lentes debite servitutis offitium exequi vigorose et man-
datis apostolicis per omnia obedire, processum et inqui-
sitionem fecimus specialem et generalem contra ffr.
omnes et singulos rebelles in predicta provintia existentes,

* 1 . 1 "
rn er m m i LL ie es 7


284

L' Inquisitore
ricordati gli atti
precedenti, della
citazione e della
proroga e com-
mutazione accor-
data, avendo
inutilmente — a-
spettati i frati
nel giorno pre-
fisso e più oltre,
li dichiara con-
tumaci.

L. FUMI

nec non nostras citatorias licteras misimus Tudertum et
59affigsi eos fecimus foribus E. sancti Fortunati, cum tutus
accessus non esset, ut ipsi inquisiti personaliter citaren-
tur. In quibus lieteris vocati sunt et citati ffr. Pe-
trus de Acquasparta, Jacobus de Campis, Petrus ju-
dex deSenis [c. 25], Franciscus domine de Interampne, The-
560baldus de Narnia, Franciscus Margarite de Interampne,
Bevengnate de Marcellano, Berardus de Camerata, Leo-
nardus Berardutii, Petrus Barthotii, Jacobus Paregrinocti
et alii multi, qui in eadem citatione scripta in. actis
Inquisitionis manu fr. Angeli notarii nominatim et si-
365eilatim exprimuntur, quod infra sex dierum spatium a
presentatione seu denuntiatione ipsarum licterarum eis
faeta, in virtute sanete obedientie et sub pena excomu-
nicationis coram nobis apud saerum conventum de As-
sisio deberent personaliter et legitime comparere, quam
570quidem penam et sententiam excomunicationis in omnes
et singulos nostrorum mandatorum contemptores, cano-
niea monitione premissa, tulimus in scriptis. Que
quidem citatio ad manus et notitiam predictorum et
aliorum in eadem inquisitione contentorum pervenit vel sal-
9759tem debuit et potuit pervenisse, presertim cum ipsi re-
belles vel maior pars ipsorum sint tudertino conventu,
et capud sibi faciant et prelatum Petrum de Aquasparta,
qui inibi conmoratur. Verum quia aliqui fratres, nuto
Dei compuneti, ad mandata sacrosante M. E. venire di-
580sponunt, per fideles nuntios apud Perusium nobis sup-
plieiter exposuerunt, ut dignaremur eis terminum pro-
rogare, nos autem ex legitimis causis tune nobis expo-
sitis tribus ffr. nominatim expressis et aliis omnibus
inquisitis redire volentibus ad mandata E. sacrosan-
389ete, terminum prorogandum ad Kal. octobris et lo-
cum mutavimus conventum ffr. mm. de Perusio, suspen-
dentes quo ad ipsos sententiam excomunicationis usque
ad terminum supradictum. Insuper [c. 25 £.] expectatis
predietis fratribus superius nominatim expressis et aliis
590m ipsa citatione contentis heri per totum diem, qua
fuit dies termini eis dati, nullus eorum, vel alius pro eis,
. comparuit coram nobis, nec ante herotinam diem, nec
hodie aliquis studuit comparere. Et ideo Xpi nomine
invocato, predietos omnes et singulos nostrorum manda-

595torum contemptores superius nominatim expressos et
quoseumque alios .citatos et vocatos, quibus non est
terminus prorogatus, ut superius est expressum, dicimus
et pronuntiamus esse.et fuisse vere contumaces et ino-
bedientes et tanquam contra contumaces et inobedientes
600fore merito procedendum.

Lecta, lata et pronuntiata fuit dicta sententia et
pronuntiatio contumatie per dictum Iuquisitorem pro
tribunali sedentem in Capitulo ffr. mm. conventus
Assisii, a. d. Mmccc.xx. vmnrj, ind. xij, tempore SS.mi

695patris et d. d. Johannis pp. xxij die xxirj mensis
septembris, presentibus fratribus Bernardo de Bictonio
Vicario provintie et Custode Assisii, Francisco. Saturno
Inquisitore, Filippo Bacciucii, Ubertino de Burgo lecto-
ribus, Petro Allegrantis, Johanne Ciccoli, Francisco Mae-

610charelli, Crispolto et Bartolutio testibus.

. Atto di cita- [c. 26]. Ott. 2. — Fr. Bartholinus efc. fr. Nicolao
zione contro fr.

Nicolad'Alviano. | de Alviano eiusdem o. mm. salutem et mandatis nostris

immo verius apostolicis obedire. Pridem, sieut debi-

olotum offitii de mandato summi Pontifieis nobis impositi

requirebat, quosdam testes recepimus ad investigationem

hereticorum, euiuseumque status et condictionis existen-

tium. Ex quorum testium dictis et attestationibus

invenimus, quod aliqua gesseris et feceris a fide deviantia

6200rtodossa. Qua propter te requirimus et citamus pro primo

secundo ac tertio monitionis edicto tibique nichilomi-

nus in virtute sancte obedientie et sub pena [c. 26 #.]

excomunicationis precipiendo mandamus, quatenus infra

sex dierum spatium eíc. apud conventum ffr. mm.

625de Perusio coram nobis debeas personaliter comparere

ad excusandum te, si poteris, de hiis que contra te in

actis Inquisitionis habentur et ad peragendum omnia et

singula, que tibi ex nostro offitio duxerimus iniungenda.

Quod si, quod absit, predicta non adimpleveris et

19

ERETICI E RIBELLI NELL' UMBRIA, ECC. 285

l i i 1
MEI EE e EE a ia i A

iet 286

Revoca. del-
l’officio di vicario
a fr. Jacomo
« Lei ».

I frati Mat-
teolo e Petruc-
ciolo da Collaz-
zone presentatisi
dichiararono i
passi fatti col
Vescovo e con
un internunzio,
oichè erano
impediti di ve-
nire.

L. FUMI

630coram nobis, ut dictum est, neglexeris comparere, ex
nunc, prout ex tune, in te sententiam excomunicationis
profererimus in hiis scriptis, contra te nichilominus acrius
processuri, prout iustitie debitum suadebit, efc. Datum
Perusii in conventu mm. secunda die octubris, a. d. m.

635ecc. xxviiij.

[c. 27] Ott. 5. — Fr. Bartholinus efc. religioso viro fr. Ja-
cobo Lei de Tuderto ejusdem ord. mm. salutem in domino.
Ad executionem quorumdam negotiorum predieti nostri

640offitii fuisti per nos institutus vicarius et subdelegatus, et.
tibi propter eadem particularia negotia concessimus vices
nostras donec disponerimus ipsas revocare, sicut de pre-
dietis in actis Inquisitionis per fr. Angelum notarium
nostrum et dicte Inquisitionis plenius continetur. Cum
645igitur predicta et alia maiora negotia inceperimus exequi
et Deo adiuvante intendimus prosequi per nos ipsos, ideo

vices quas tibi conmissimus presentibus revocamus efc.

[c. 27 t.] Ffr. Matheolus et Petrucciolus de Collaxono
65%comparuerunt et representaverunt se coram fr. Bartholino
Inquisitore, ipsum asserentes et recognoscentes verum In-
quisitorem et officialem S. M. E. de mandato summi pon-
tificis institutum. Et exposuerunt coram eodem Inquisi-
tore, quod ante quam esset facta citatio de ipsis per di-
65:etum Inquisitorem, venire disposuerunt et redire ad man-
data sacrosancte R. E. et SS.mi patris et d. d. Johannis
pp. .xxij. ac ipsius Inquisitoris. Et quia non poterant
personaliter venire, notificaverunt hec d. Epo Tudertino, ut
eidem sibi Inquisitori notificaret predictam bonam dispo-
66)sitionem ipsorum et propositum redeundi, sed etiam ante
terminum citationis elapsum, de Tuderto caute receden-
tes, dixerunt se per internuntium, silicet d. Franciscum
d. Andree, misisse ad eumdem Inquisitorem, quod parati
erant se coram eodem Inquisitore representare, et quod
665pro eis non stabat, quin se in omnibus eius subicerent

mandatis, secundum ejus beneplacitum et preceptum.
Qui fr. Bartholinus Inquisitor predictos etc. benigne

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ERETICI E RIBELLI NELL' UMRRIA, ECC. 287

recepit et predictam eorum obedientiam coram eodem

expositam et excusationem admisit, dicens et asserens

in presentia mei notarii et testium predictorum, quod pre-

67)dietus d Epus Tudertinus per suas litteras speciales et

L'Inquisitore per d. Franciscum eius germanum sibi notificavit oraculo
ammette la loro TI

scusa, vive vocis quod predieti etc. parati erant redire e£c. ante ci-

: tationem etc. ac etiain asseruit et [c. 28] dixit dictus Inqui-

sitor quod per eumdem d. Franciscum ex parte predietorum

675Mateoli et Petruccioli sibi extitit intimatum, quod per eos

non stabat, quod se nou representabunt ante terminum,

etc. et in termino et ante terminum, secundum ipsius

preceptum, volebant eidem plenarie obedire; sed ipse

Inquisitor ex aliquibus causis distulit usque nunc. Et

680ideo predictam obedientiam quam facere voluerunt tem-

pore gratie et per eosdem non stetit, eisdem valere voluit

quantum postulat ordo juris. Nichilominus tamen eos

voluit stare elausos et a fratribus segregatos, donec de

ipsis aliud duxerit ordinandum.

Atto di sotto- 655 Insuper predicti efe. juraverunt etc. et portare humi-
missione dei sud- s
detti. liter omnem penam et penitentiam efc. et respondere et

dicere veritatem tam de se quam de aliis super hiis de
quibus interrogabuntur, et ab invicem separati, et divisim
et sigillatim interrogati super infraseriptis articulis, re-

6%sponderunt ut inferius continetur.

(c. 28 t.] Infrascripti sunt articuli generales super
quibus interrogari debent et respondere omnes ffr. rebel-
les inquisiti :

Articoli pre: 695 Primus. — Primo si Petro de Corvario intruso et Ba-
sentati al rati ^
ribelli, per l'in- varo hereticis et scimaticis. vel alteri eorum crediderunt,

terrogatorio.
consenserunt, faverunt vel adheserunt.
Secundus. — Item si predictis hereticis exiverunt

obviam eum cruce tempore quo intraverunt Tudertum.

700. — Tertius — Item si predictos Bavarum retinuerunt
pro imperatore et Petrum de Corvario pro summo pon-
tifice et eis vel alteri eorum reverentiam fecerunt vel
obediverunt.

Quartus. — Item si dogmatizaverunt vel dixerunt

Bi Ne oT. AMPH o TS

di

" "
E T e 288 PE i L. FUMI

705aut predicaverunt constitutiones d. pp. Johannis esse he-
reticales et ipsum pontificem esse hereticum et non pon-
tificem. :
Quintus. — Item si postquam frater Michael olim -
generalis Minister amministrationis offitio fuerit depositus
710per dictum SS.m patrem Johannem pp. xxij, et per
eundem condempnatus de multiplieibus heresibus eidem
Michaeli adheserunt in suis herroribus et eidem tamquam

generali ministro et suis nuntiis obediverunt vel faverunt.

Risposta di fr. |c. 29]* Fr. Matheolus de Collazono efc. super primo etc.
Matteolo da Col- x
lazzone. 715respondit : se numquam credidisse nec consensisse vel fa-

visse hereticis prelibatis efc. et quod si remansit in Tuderto
in adventu ipsorum, hoc fuit quia iacebat infirmus in:
conventu ffr. mm. de Tuderto.

Super secundo efc. R. quod non.

720 Super tertio e£c. R. quod numquam predictum Bava-
rum retinuit nec credidit esse imperatorem, nec Petrum
de Corvario legitimum papam, nec eis vel alteri eorum
reverentiam fecit vel obedivit.

Super quarto e£c R. quod non, immo sibi bene et stu-

725diose cavit ab obloquendo et detrahenáo tam de summo
pontifice, quam de constitutionibus eius.

Super quinto efc. R. quod in. dictis fr. Michaeli
non adhesit, nee eidem obedivit, neque favit: confessus
est tamen, quod aliquando obedivit invittus nuntiis dieti

730Michaelis. regentibus tudertinum conventum, aliquando
celebrando et alia faciendo que vitare non poterat, as-
serens se [c. 29 #.] mortem vel aliud persone proprie
periculum timuisse, nesciens quomodo vel qualiter ma-
nus eorum effugeret propter tirannos qui regebant tu-

735dertinam conventum ffr. mm. et Civ. ipsam Tud., sed
expectabat cotidie tempus et locum quomodo posset cum
Petrutio suo germano exire Civ. Tud. et districtum sine
periculo, requirens ad hec auxilium fidelium et maxime
d. Epi Tud , semper sperans et optans redire ad gremium
740divine misericordie et S. M. E. et ipsius veri et legitimi
sponsi d. Johannis pp. xxi. atque nuntiorum suorum et di-
sponens se atque submictens omni correctioni et penitentie
TT

TO PPS

ERETICI E RIBELLI NELL' UMBRIA, ECC. 289

sibi imponende per dictum S. P. vel eius nuntios occa-

sione predicta.

Risposta di fr. 745 Fr. Petrueciolus R. quod remansit in monasterio Montis
Petrucciolo da i ; ; È ; : EU
Collazzone. Xpi sub obedientia fr. Pauli Gualteroni capellani eiusdem

monasterii positi ibidem per Ordinem legitime confirmati ;
tamen postmodum per fr. Petrum de Aquasparta, cui obedi-

vit, et celebravit in E. dicti monasterii propter timorem

790tyrannorum de Tud. tam fratrum quam secularium, cum”

esset iuvenis timidus et verecundus, nesciebat quo iret vel
declinaret ; expectabat tamen predictum Macteolum suum
germanum ut curaretur et traheret [c. 30] ipsum de manu
rebellium et ad loca fidelium caute conduceret.

pron tomasone 755 Post hec onmia predicti ffr. Matheolus et Petruc-
ciolus, flexis genubus, humiliter postularunt Inquisitori
predieto, ut eisdem ingnoscere dignaretur, sumictentes
se totaliter correctioni et dispositioni ipsius Inquisitoris,
tamquam nuntii summi pontificis, et quod parati erant

760portare omnem penitentiam et penam quamcumque eis
vellet imponere vel inferre sive carceris vel aliam pro
predictis peccatis contra conscientiam perpetratis, et quia
timidi fuerunt et non disposuerunt se omni periculo et
: morti pro fide catholica et Ecclesia sancta Dei. *

Bo ddad,abCu- 765 Ott. 26. — Fr. Bartholinus etc. licentiavit pro nunc
predietos fratres etc. et statuit eis terminum .xv. dierum
infra quem deberent comparere personaliter eoram eo,
et interim assignavit eos et recommendavit fr. Ranaldo
custodi Tudertino propter aliquas rationabiles causas vo-

7;:9]ens per eundem Custodem collocari et teneri in aliquo
loco custodie Tuderti usque ad ipsius Inquisitoris bene-
placitum et mandatum. Quos ipse Custos recepit offe-

rens se facturum, ut superius est expressum. -

Sentenza di 775 [c. 30 t.] Ott. 30. — In nomine ecc. Cum nos fr. Bartho-
contumacia pro-

Pe SRI ne linus efc. requiri fecerimus et citari pseudo fratres minores
nostri Ordinis summi pontificis rebelles in nostra provintia
consistentes, ut coram nobis in certis loco et termino sub.
pena excomunicationis, quam si inobedientes essent, ca-

780 nonica monitione premissa, tulimus contra eos, deberent

— tp eI m ai eo Laur e

Je Sa
nie
L. FUMI

personaliter comparere ad procedendum super quadam
inquisitione facta contra eos, et ad se, si possent, excu-
sandum; et subsequenter ad singulos actus dicte cause
peragendum usque ad diffinitivam sententiam inclusive.
735Qui pseudo fratres coram nobis neglexerunt personaliter

comparere, sed aliqui eorum duos fratres miserunt ad nos”

de loco Heremite et ex parte ipsorum nobis exposuerunt,
quod circa .xxx. fratres de Tudertino conventu dispo-
suerant redire ad mandata saerosante E. et summi pon-
790tificis atque nostra. — Et ideo supplicaverunt ut eis digna-
remur terminum prorogare. Nos autem ipsorum salutem
ex intimis sitientes, ipsos ffr. receptos cum gaudio, ad
eos remisimus cum gratia postulata, qui postmodum com-
parere nullatenus curaverunt, duobus fratribus dumtaxat
79»exceptis. Ex superhabundanti tamen misericordia diutius
expectati, nec ipsi comparuerunt, nec alius pro eis ad
ipsorum purgandam contumatiam, quam contra eos pro-
nuntiavi sequenti die primi termini eis dati. Insuper
eum eitari fecerimus et requiri fr. Nicolaum de Alviano
S00eiusdem ordinis mm., ut sub pena excomunicationis, quam
contra eum, si non obediret, tulimus in scriptis, canonica
monitione [c. 3/] premissa, coram nobis, in certis termino
et loco personaliter compareret ad excusandum se de ge-
stis per ipsum a fide deviantia ortodossa, que contra eum
$05in aetis Inquisitionis habentur, qui comparere neglexit
etiamdiutius ex pectatus. Et ideo Xpi nomine invocato,
in capitulo loci ffr. de Perusio pro tribunali sedentes,
ipsum Nicolaum de Alviano et Petrum de Aquasparta
etc. (v. i nomi a c. 7) [c. 21 t.], et omnes alios et singulos
Sl0ffr. per nos citatos, fratribus Matheolo et Petrucciolo de
Collazono exceptis, dicimus et pronuntiamus esse et
fuisse vere inobedientes et contumaces, et propter eorum
contumaciam predictos omnes et singulos et quemlibet
eorum et alios quoscunque inobedientes sententiam exco-
Sl?municationis incurrisse, atque tamquam contra contuma-
ces et inobedientes fore.contra eos et eorum quemlibet
merito procedendum decernimus in hiis scriptis.
Lata efc. presentibus ffr. Peregrino vicario in peru-
Testimonianza
di frate Paolo
« Telli ».

Frati sparla-
tori del Papa e

fautori del Cor- 815
bara.

[es]
ut
o
B

ERETICI E RIBELLI NELL' UMBRIA, ECC. 291

sina eustodia, Ranaldo Guardiano perusini conventus,
S?0oHumile, Mateo de Flumine, Phylippo de Montenigro et
aliis pluribus ffr. Ord. mm. testibus.

[c. 32] Nov. 15. — * Fr. Paulus Telli de Tuderto de
Ordine mm. constitutus coram fr. Bartholino efc., dixit et
825affirmavit se die dominica elapsa de proximo ivisse ad

locum ffr. mm. de Tuderto et ibidem invenit aliquos:

fideles E. et multos alios ffr. rebelles, et dixit dictus te-
stis, asseruit et deposuit, quod numquam ipsos rebelles
pseudo ffr. mm. qui inibi conmorantur vidit in tanta
850pertinatia et tam ferventi nequitia et malitia in quanta
modo sunt, obloquendo, videl. de summo pontifice et no-
minando ipsum heretieum et non papam multipliciter
multisque sermonibus obprobriosis et verecundis, et affir-
mando Petrum de Corvario legitimum pontificem et E.
$35dei sponsum, quem vocant et nominant papam Nicolaum,
et licet non faciant pulsari campanam, audivit tamen dici
a pluribus ffr., quod non servant interdictum, quia hostiis
apertis celebrant divina. Ffr. autem quos testis audi-
vit sil. obloquentes contra summum pontificem et affir-
S'^ómantes Petrum de Corvario esse legitimum papam diversis
sermonibus et in loeis diversis, in dicto conventu, sunt

hii, sil *:

Franciscus Borrioni
Leonardellus Berardutii
Frauciscus Blunde
Matheus d. Lutii
Petrucciolus Nini
Peregrinus de Narnia
Franciscus Dalfinus
Ranaldus Mathiatii
Angelus Veracis
[c. 82 t.] Berardus de Camerata
Oddo Ferrantis
Leonardus d. Gregorii

Savarisius

E d

Vo a t mita!
Aderenti ai 860
suddetti.

minica verba contra summum pontificem audivisse et ali-
qua in favorem dicti intrusi heresiarche affirmantes ipsum
intrusum esse papam legitimum, et d. pp. Johannem vo-
cant Jacobum de Caors, et cum predietis pseudo fratribus
865moram contrahunt et eos assotiant in omnibus et eorum
tenent oppinionem et ipsis favent et antipate pseudo fra-
tres infrascripti, quos dixit se vidisse eum eis, non ta-

L.

FUMI

Johannellus de Ponte
Angelutius de Aquasparta.

Et dixit testis, sacramento quo supra, se dicta die do-

men obloquentes, sil:

870

875

880

Difensori dei
suddetti che ten-

gono la Città in no viro et notabili, et ipse testis dicit et credit verum

ribellione e nel-
l’ eresia.

890predictorum se pseudo fratrum mm. et manutenentes ter-
ram predictam in rebellione S. M. E. [c. 33] et erroribus

Petrucciolus de Monasterio
Johannellus Egidii

Berardus de Ponte

Nicolaus Angeloni

Franciscus Laycus de Collazone
Albricus

' Bolgarutius

Bartolellus Guidi d. Bartoli
Nieolaus Pacciolini
Renvegnate de Marcellano
Johannellus Rucoli
Bartolellus de Loreto
Petrus Tinutii

Franciscus

Jacobus Peregrinati

et Simoncellus de Collazone.

Item dixit dictus testis, quod audivit a quodam man-

esse, quia publicum est hoc in Tuderto, quod defensores

supradictis sunt hii, sil.

D. Franciscus de Claravalle

-— rom
ERETICI E RIBELLI NELL’ UMBRIA, ECC. 293

Ha 895 Paulellus d. Beraldi
pe Berardus d. Francisci
i Claravalle Paulelli
Cionutius

2 Andreolus > Juctii

1 : 909 Bartholinus \

1 Ballutius d. Nini

| D. Tarlatus
Ciechinus Rubei

ina at AT ob LLL d aco n

Memmus Poni

(—

905 Matheus eius filius
D... prior Saneti Bartholomei
Beraldus et Juctius d. Ruccioli
D. Ugolinus prior S. Petri de Cesis
D. Egius prior S. Gemini de Massa
910 Matheus et Fatius Mannelli
Mannes Bartolelli
Corradus Gualterelli
Nicola d. Nini
Nallus d. Rustici de filiis Mili
915 Ghyrardellus d. Oddonis
Lellotius

Manellus et ) filii d. Petri
| ii d. Petri

rt

Egidius
Bartolellus et ; d. Corradi

920 Paulellus ! domine Xpiane
D. Corradus de castro Ranaldi
Mascius eius filius
Ritius et Potius Roberti

Juctius d. Guerrigii

€ € À

925 Guertius eius filius
Tacculus Î

i Albertinus » d

Ì et Petrus \

} Mannes Borrioni

930

. Massei

Lucarellus et Petrus Juctii Borrioni
Ranaldus

; filii Herrici rate
IRAN errici de Camerata
L. FUMI

Gentilis et )
Ceccolus LIE
935 - Noccius Gabbardi È

Manfredus eius filius

filii Herrici de Camerata

Gentilis de Canonica
Lippus et Egidius Lelli Gratialani
Jacopellus dictus Carnatius

949 et Cola filii d. Oddonis
Neetole et Nallus Symutii Barconi
Thomassus |

Angelinus | filii Juetii Mercati

Marcutius |

S I

945 Mannes Sardoli et Gilius Lupi de Monthione |

Testimonianza [c. 33 t.] Eodem die efc. Fr. Angelus Ravegnani de Pe- |
simile di fr. An- |

gelo « Ravegna- rusio de ord. mm. confirmavit, se die dominico transacto
NI ».

de prox. ivisse Tudertum, prout ab eodem Inquisitore

950habuerat in mandatis et accessisse ad locum mm. de Tu-

derto et ibidem invenit multos fratres rebelles efe. wf s.

. Nuova cita- Nov. 18. — Frater Bartholinus efc. fratribus (v. i nomi f
zione ai contu- x 2 È Ri 3 È : ]
maci. a c. 7) [c. 34] qui se dicunt fratres Ordinis prelibati et omni- |
95»bus aliis conmorantibus in loco Sancti Fortunati de Tuderto |
|
|

et in tota dyocesi Tudertina per eundem Inquisitorem

alias citatis et inquisitis qui nondum se representaverunt |
personaliter coram eo, spiritum consilii sanioris.

Dudum nostri offitii debitum exequentes, mandatisque |
*60summi pontificis cupientes intendere diligenter, specialem

tune et postea in. quibusdam heresibus et scismatibus
fuissent reperti eulpabiles et qui hereticis et scismaticis Ba-
varo et intruso ac etiam pseudo fratri Michaeli olim dicti
99Ordinis generali ministro crediderunt, consenserunt, fave-

contra vos et generalem contra omnes et singulos, qui |
|
|
|
|

runt atque adheserunt in [c.34#.] ipsa inquisitione contenta,

et quia inventi fuistis culpabiles in predictis et in eadem

inquisitione tacti estis et. multipliciter diffamati, ideo ci-

tatorias nostras licteras, eamdem inquisitionem de verbo |
970ad verbum continentes, misimus Tudertum et eas affigi |
ERETICI E RIBELLI NELL’ UMBRIA, ECC. — 295

fecimus foribus E Sancti Fortunati, ubi moram contra-
hitis, ut coram nobis infra certum terminum et ad cer-
tum locum sub pena excomunicationis e£c. deberetis per-
sonaliter comparere ad procedendum in dicta inquisi-
975tione et ad vos, si possetis, excusandum et ad sin-
gulos actus diete cause peragendum usque ad diffinitivam
sententiam inclusive. Que quidem, quamquam ex vobis
latere non potuit ullo modo, et demum, quia coram nobis
comparere neglexistis, vos et vestrum quemlibet pronun-

989tiavimus contumaces et propter contumaciam et inobe-

dientiam excomunicationis sententiam incurrisse. Et licet
eontra vos acrius procedere potuissemus, ex superhabun-

danti tantum benignitate diutius expectavimus, ut rediretis

| ad eor et recordaremini paulix per infelicissimi vestri sta-
| 985tus, sed et pluribus ex vobis per multos internuntios
| misericordiam magnam obtulimus, nos facturos, ut vos
omnes et singulos trahere possemus ad sinum divine
pietatis et gremium E. sacrosancte. Vos vero tamquam
rebelles luminis et nescientes vias eius, falsis sofisma-
b 990tibus accecati, coram nobis comparere et obedire peni-

f tus neglexistis, immo, quod deterius est, sicut digna

relatione percepimus, iniquitatem super iniquitatem [c. 35]
addentes cotidie, in vestraque malitia et nequitia mul-
tipliciter excrescentes, coacervatis vobis cumulum ire
995Dei. De quo quidem valde tabescimus et dolemus, pre-
sertim cum vos, qui professores estis sancte regule almi
Francisci una nobiscum et sicut subditi et subiecti A. S.
pugilles esse debetis pro fide catholica et E. sancta Dei
erravistis et erratis ab utero SS.me M.is nostre, non ces-

1000satis loqui falsissima et erronea predicatis. Nos igitur e£c.
districte precipiendo mandamus quatenus, infra decem die-
rum spatium efe. debeatis coram nobis personaliter et le-

| gitime comparere efc. etc.

Dat. Perusii apud locum mm. .xviJ. die mensis no-

! 1005vembris, a. d. m. CCC.XXVIIIJ.

| [c. 36]. Rev. patri et domino d. Ranutio Epo. Tudertino
frater Bartholinus de Perusio efe. Quasdam fecimus cita-

Der gr siii mirra ia sla

ment

*
biu A Roca

P 4
Ao
E.

hs
Lettera del-
l’Inquisitore a
Ranuccio vesco-
vo di Todi.

Risposta del
Vescovo: come

L. FUMI

torias litteras que representari debent pseudo fratribus

1010minoribus in loco sancti Fortunati de Tuderto conmo-
‘rantibus, ad quos nostri nuntii non est tutus acces-
sus. Ideo vos requirimus et rogamus et in hoc
nostrum vos vicarium et substitutum facimus, ut per
aliquem juratum nuntium quem ad hec duxeritis assu-

1015mendum, ipsus citatorias eisdem faciatis fideliter pre-
sentari, et de hiis nobis faciatis fieri relationem iuridi-
cam, concedentes vobis totaliter vices nostras.

Data Perusii uts.

102) [c. 36 t.]. Nov. 23. — Responsio d. Epi. Tudertini. —

i frati respinges- Ven. etc. Raynutius dei et S. Sedis gratia Epus. Tudertinus

sero la citazione.

etc. Quasdam vestras patentes litteras nobis ex parte vestra.
transmissas, vid: citationis tunc faeiende pro parte vestra.
de quibusdam fratribus minoribus in loco sancti Fortu-
1025nati Tuder. conmorantibus et quasdam alias conmissionis.
vestre nobis super hoc facte recepimus. Et volentes
ad predietorum executionem, iuxta prefate conmissionis
vestre tenorem, procedere, Mathiolum Petroncelli de Ponte,
familiarem nostrum, latorem presentium ad citationem
193)huiusmodi faciendam in nuntium nobis assunsimus, qui
in presentia nostra, iuxta formam debitam, juratus cor-
poraliter, dictas litteras citationis prefate ac nostre con-
missionis de manu nostra recipiens, et heri ante horam
vesperarum ad dietum loeum S. Fortunati nostro notario
1035sibi sotiato personaliter accedens, ibidem fratri Berardo de
Camerata, qui se gerebat pro Guardiano dieti loci, pre-
sentibus tune cum eo fratribus Benvegnate de Marullano,
Petro Nini Moscati, Nieolao de Alviano et Angelo Vera-
eis de Tuderto, in dicta ecclesia S. Fortunati litteras ipsas.
l0í0gitationis exhibuit, et cum ipse fr. Berardus et alii pre-
dieti fratres illas recusarent [c.37] recipere, dictus nun-
tius super pectus dicti fratris Berardi eas posuit, quamvis
tunc ibi posite cecidissent in terram, sieut ipse nuntius
nobis referet viva voce: . Dat. Tuderti die .xxiij. men-

l04^sis novembris, .xij. Ind. a. d. mcece. xxvirrj.
ERETICI E RIBELLI NELL’ UMBRIA, ECC. 297

Deposizione del [87 c.]. Dic. 2. — * Mag. Petrus q. Buctii not. de Tud.

notaro Pietro

« q. Buctii » per . proc. fr. Raynerii Berardutii de Tud. e£c. comparuit coram
conto di fr. Ra-

niero di Berar- dicto Ing. pro citatione faeta de fratribus conmorantibus in

duccio, vecchio e

malato. S. Fortunato de Tud. et in tota dioe. tud. et in termino ©

1050eis dato et exposuit eidem Ing. quod idem fr. Ray. est
valde senex et multum infirmus quod. non posset sine le-
xione et periculo personali eoram ipso Inq. hie Perusii
comparere personaliter.... sicut de hoc impedimento per-
sonali et de dicto procuratorio ostendit duo publica instru-
_1055menta scripta manu Nicolay q. Petri not. Item dixit et
exposuit idem proc. nomine quo supra, quod d. fr. Ray.
quando heretici Bavarus et intrusus intraverunt Tud. reces-
sit de Tud. et ivit ad locum Spineti, sed quia fugere non po-
terat propter senium et infirmitatem, fratres de Tud. re-
1060belles fecerunt eum capi et reduci Tud. et sicut fuit po-
stmodum et moram contraxit in monasterio Montis Xpi,
pro qua quidem mora et pro aliis quibuscumque offensis
paratus est ipse fr. Ray. portare omnem penitentiam
quam ipse Inquisitor imponere sibi vult. *
deleto di ap-1065 le. 38]. Dic. 5. — Egidio di S. Gemini e Andrea di S.
Valentino di Todi priori delle loro chiese [c. 40] appellano
davanti all’ Inquisitore. L' inquisitore veduta U appella-
zione; che è in casu non concesso et ad iudicem incertum
et ex causis frivolis in iure et in facto falsis et alias con-
1070fusa est et obscura — non l’ammette — maxime cum ex
multis verbis in dieta appellatione contentis eos habeamus
magis-suspectos de hiis de quibus delati fuerunt coram
nobis.
[c. 40 t.]. Dic. 5. — Avendo i ffr. Tebaldo e Fran-
1075cesco da Narni mm. appellato e inviato ! appello per
mezzo del Vescovo [c. 42] Amatore di Narni, U Inquisi-
tore respinge l'appello, rispondendo alle ragioni addotte

(ma non riportate) nei segg. termini:

Ragioni per le Cause autem diete appellationis frivole sunt et ti falso.
FROL si respinge
Y appello. 1030maxime rationibus infrascriptis :

Et prima quidem causa in facto est falsa, et in jure
frivola.
Secunda vero est in facto falsa, in jure frivola ; quia.

EX

Lea ti e gr rr em ili die

"E*9-—- der am. +

E FUMI

L.

istud non tollit quod citati a suo iudice non debeant com-

1085parere. 3

Tertia est in facto falsa cum omnibus suis partibus. E

Quarta est falsa in facto, cum dietus Inquisitor in
loco assignato tota die termini et etiam medietate sequen-
tis diei expectaverit dictos inquisitos, nec ipsi, nec ali-

1090quis ibi comparuit pro eisdem.

Quinta est in jure frivola, maxime cum in litteris ci-
tationis fiat mensio de jurisdictione eius, et quia notoria.
est eius jurisdictio in tota provincia b. Francisci, et quia
numquam fuit petita copia jurisdictionis pro parte istorum. |

1095 Sexta est falsa in facto, et in jure frivola, cum absen-
tatio a Civ. Tud. non purgat crimen per eos conmissum.

Septima est in jure frivola et etiam in facto falsa,
maxime cum hec [c. 42 #.] absolutio numquam fuerit In-
quisitori obstensa.

1100 Octava est in facto falsa, et in jure frivola, quia
numquam dictus Legatus aliquid nobis scripserit, propter
quod teneremur processum nostrum de jure dimictere.

Et hane responsionem fecit dictus Inquisitor loco ap-

pellatorum refutatoriorum. !
1105
SuDenteto di con: [c. 43] Dic. 19 e 20. — Nos fr. Bartholinus efc. re- È

trasmesso dal- quiri fecimus et citari quosdam nominatim expressos et.
l| Inquisitore a

Ranuccio Vesco- omnes alios pseudo ffr. mm. in loco S. Fortunati de Tud.
vo di Todi. al

Capitolo, aiPrio- ^ conmorantes efc.
ri dei Conventi

e ai rettori dellel110 [c. 43 t.| Qui pseudo fratres, uno dumtaxat excepto, in
altre chiese di

panDicere aco: reprobum sensum dati et in nequitia continue excrescentes,

privati omni lumine veritatis coram nobis comparere

et obedire penitus neglexerunt, sed quamdam eorum in-

terponi fecerunt appellationem per Actavium Massei,

rs 1115qui se dicebat procuratorem eorum, coram Egidio sancti
Gemini et Andrea sancti Valentini tudertine dyoc. eccle-

siarum prioribus, ut dicebant. Et licet ipsos Egidium,

Andream et Actavium despicere debuissemus, quia coram ]
nobis de crimine hereseos et fautoria hereticorum delati
1120fuerant et quam plurimum diffamati, ne tamen predicti
pseudo fratres de ipsorum appellatione frivola conse-
ERETICI E RIBELLI NELL’ UMBRIA, ECC.

querentur spem aliquam dilationis, considerantes etiam,
quod ipsa appellatio interposita erat in casu non concesso
(c. 44 £.] et ad iudicem incertum et ex causis frivolis
1125in iure et in facto falsis et alias confusa erat et obscura,
ideo eidem appellationi non detulimus, nec ipsam reci-
pimus seu admisimus, sed eam reiecimus et reffutavimus,
et eamdem responsionem loco appellatorum refutatoriorum

volumus haberi, protestantes quod contra predictos frivole. -

1130appellantes, tamquam contra contumaces, procedebamus,
maxime cum ex multis verbis in eadem appeilatione con-
tentis eos habebamus magis suspectos de hiis, de quibus
delati fuerant coram nobis. Post que ipsos pseudo.
fratres diutius expectavimus ut redirent ad cor e£c.; quod
1135facere neglexerunt efc. [c. 47]. Ideo xpi nomine invocato
etc. (v. inomi a c. 7), dicimus et pronuntiamus esse et fu-
isse vere contumaces et inobedientes etc. [c. 47 £.]. Quo circa
discretionem vestram requirimus ecc , quatenus in vestris
ecclesiis die natalis dominiin primis vesperis, missa de nocte
1140et in tertiis et subsequenter diebus dominicis et festivis,
pulsatis campanis et candelis aecensis et demum extintis,

redictos omnes nominatim vel non nominatim expres-
p

sos, et singulos alios citatos et requisitos, nostrorum.

mandatorum contemptores nuntietis excomunicatos et
lldjprivatos, ut superius dictum est, vel faciatis per alios
nuntiari, et ipsos tamquam excomunicatos et privatos

faciatis in Ecclesia et extra ab omnibus evitari, preci-

piatisque omnibus, maribus et feminis, indistincte, cuiu-

scumque conditionis et status existant sub [c.48] pena ex-
ll)eomunicationis ex parte nostra, quod nullus ad ecclesiam
S. Fortunati et ad alias ecelesias ubi moram contrahunt, ad
offitium vadant nec eisdem tribuant aliquam elemosinam,
subsidium vel favorem publice vel occulte. i Quod si
nostra precepta, immo verius apostolica, neglexeritis
1ladimplere, vobis, domine Episcope, propter reverentiam
episcopalis dignitatis deferendo, ingressum ecclesie inter-
dicimus, ac suspendimus a divinis, vos vero, priores et
ecclesiarum rectores et clericos dicti Capituli, premissa
monitione canonica, sententiam excomunieationis incur-

x ca =
testa data dal-
l’ Inquisitore al
Capitolo e clero
suddetto appella-
tisi dalla prece-

tro i frati.

1160rere volumus ipso facto e/c. Dat. Perusii apud loeum

Risposta e pro-

L. FUMI

mm. «xx. die predieti mensis decembris, anno predicto.

[c. 48 t.] 1320, genn. 12. — Fr. Bartholinus efc. d. Jo-
hanni Bono vicariorev. p. d. Epi Tudertini efc. Pridem
u6sreverendis patribus et dominis d. Epo Tudertino et Capitulo

dente sentenza di — maioris ecclesie Tudertine nec non et prioribus fratrum pre-
scomunica con-

dicatorum et heremitarum et aliis omnibus et singulis prio-
ribus et ecclesiarum rectoribus de Civitate Tudertina litteras
nostras transmisimus, ut quosdam pseudo fratres minores
l70excomunicatos a nobis et privatos, eorum contumatia
et inobedientia exigente, deberent publice in eorum ec-
clesiis nuntiare seu facere .nuntiari et ut excomunicatos
ab omnibus precipere evitari et alia facere que in ei-
sdem nostris litteris continentur. A quibus nostris
1175monitionibus et preceptis, sicut nuper quedam in loco
mm. de Perusio invente littere continebant, fuit pro

parte predictorum Capituli, priorum et rectorum eccle-

siarum de Tuderto minus sapienter et frivole appellatum.

Cum igitur cause in predicta appellatione expresse
llS08nt in facto false, et maxime due prime, quas constat
notorie esse falsas, et tertia etiam falsa est et non vera
nec verisimilis, quod maxime ex eo convicitur, quia ma-
iores et potentes de Civitate Tuderti per quos posset in
ipsa terra scandalum suscitari, et quibus parentibus
1ls5scandalum non timetur, ad mandata nostra partim ve-
nerunt, partim se ante dietam appellationem obtulerunt

et nunc se offerunt venire paratos, quibus parentibus
faciliter cetera fraagitur multitudo, que tamen mul-
titudo nostro proposito in hoc non resistit, [c. 49] sed as-
1190sistit, et dictos pseudo fratres minores et eorum scelera
detestatur, de quibus non est verisimile quod in dieta
appellatione proponitur de scandalo atque metu; item
causa que subducitur exentionis non obstat, cum ex
privilegio nostri offitii sit clausula per quam omne aliud
l95privilegium excluditur, etiam. si de illo deberet fieri
mentio specialis et expressa de verbo ad verbum; item
generaliter dicta appellatio fuit inepte proposita et coram
-

EE

ERETICI E RIBELLI NELL’ UMBRIA, ECC. 301

incompetente persona, maxime cum ille, coram quo.

dieta appellatio interposita fuit, non sit persona pu-

1200blica, utpote privatus dignitate sua et excomunicationis
sententia publice innodatus; et ideo dicte appellationi
non deferrimus, nec ipsam recipimus seu admictimus, sed
eam repellimus, eicimus et refutamus. Et hanc respon-
sionem haberi volumus loco appellatorum refutatoriorum.

1205 Et protestamur quod contra frivole appellantes pro-
cedemus, tanquam contra inobedientes, prout justitia
suadebit. Quare vos, domine vicarie, requirimus efc.
quatenus hane nostram responsionem dietis appellantibus
intimetis efc. Dat. Perusii in Capitulo loci mm. de

1210Perusio, a. d. m.eec.xxx. ind. xiij. tempore d. Johannis
pp. xxrj, die xij. mensis Januarii.

, Processo isti- [c. 49 t.] 1329, sett. 10. — In nomine domini efc.
tuito dall'Inqui- ;
sitore contro a amen. — An. d. m.ccce. xxvmj, tempore d. Johannis

chierici e seco- _ È ; x
lari di Todi perl215pp. xxIj. die .x. mensis septembris.

le ragioni se-
guenti: Hec est inquisitio quam religiosus vir fr. Bartholi-
nus de Perusio Inquisitor efc. facit et facere intendit
contra et adversus omnes et singulos infraseriptos nomi-
natim expressos et generaliter contra omnes alios et sin-
1220gulos tam clericos, quam seculares cuiuscumque condi-
ctionis et status existant, qui de infrascriptis heresibus,
scismatibus, eredulitate, fautoria aut defensione, adesione,
receptatione et confederatione, fama publica immo po-
tius infamia vel justa suspitione notati fuerint nune vel
1225in futurum seu de predictis vel eorum altero culpabiles
poterunt quomodolibet reperiri. In eo vid: et super
eo quod ad aures et notitiam supradicti Inquisitoris, fama
publica et elamosa insinuatione referente, non quidem a
. malivolis, sed a viris religiosis, providis et honestis per-
1280venit, quod ipsi omnes inferius nominatim expressi et
alii quam plures clerici et seculares ac omnes et singuli
cives tudertini Deum pre oculis non habentes, fecerunt,
conmiserunt et perpetraverunt infrascripta, nec non in-
franominatis hereticis seismaticis crediderunt, consen-
I? serunt, faverunt atque adheserunt et ipsos receperunt

20
L. FUMI

ac receptaverunt et eisdem se confederaverunt in suarum
animarum periculum et S. M. E. catolice obprobrium et

jacturam.
1.0 per l'in- c. 50] In primis maxime in eo et super eo quod an. p. p.
vito fatto al Ba- | ] P a : P di pP
varo; 1240de mense augusti Hugolinutius de Baschi, Baldinus de Mar-

sciano, Janoctus et Colutius Ghezzi de Alviano, ut amba-
sciatores Claravallensium, accesserunt ad B. dum erat in
comitatu Urbevetano castramentatus in piano Paterni et
eidem B. dampnato heretico exhibuerunt reverentiam tan-
12i5quam vero imperatori et invitaverunt et animaverunt eun-
dem B. ex parte predictorum Ciaravallensium ad eundum
Tudertum, dicentes eidem quod non solum .rr. milia,
sieut quidam mercatores eidem B. promiserant si non iret
Tudertum, sed plus quam .x. milia flor. dabant sibi Tud.
1250si Tudertum accederet. |

2.0 per aver Item in eo maxime et super eo quod anno predicto
trattato di pren-

dere Foligno. de mensibus junii et augusti, Egidius d. Petri de Tud.

et Juctius et Neapolutius de Fracta ad ipsum B. acces-
serunt dum erat in Urbe et in Viterbio, et cum eo tra-
1255etatum habuerunt, ut Civitas Fulginei, que est Ecclesie,
caperetur et invaderetur per gentem Bavari et in manibus
ipsius B. heretici poneretur.
, 9.9 per aver Item in eo maxime et super eo quod Claravalle Pau-
impetrati bene-
fizi dal Corbara. Jelli d. Beraldi et Cichinus Rubei Gualterelli et alii quam
1260plures benefitia Ecclesiastica receperunt ab illo intruso
et heresiarcha Petro de Corvario. Et d. Talatus Ballutii
de Claravallensibus pro predictis Claravalle et Cichino a
predieto [c. 50 £.] antipapa predicta benefitia impetravit
apud Urbem de mense Junii et petitionem porrexit eidem
1265antipape tanquam vero pontifici pro predictis benefitiis
optinendis.
It. in eo efc. quod predictis anno et mense augusti d.
Andreas d. Ranutii, d. Franciscus d. Beraldi de Clara-
vallensibus, Nallus d. Rustici, d. Ranaldus Massuli, Ugo-
1270]inellus Oddutii, Tacculus et Albertinus d. Massei, Bar-
tolellus et Paulellus filii d.-Corradi, Robertus d. Gregorii,
Carnatius d. Oddonis, d. Tarlatus, Mannus Sanduli, Mo-
naldus Philipputii, Potius Roberti, Ceccolus d. Seghi,
Franciscus Telli Roberti et Gaytanus d. Andree, omnes
1275et singuli cives Tud. exiverunt obviam dicto B. heretico
L6 4.» per avere extra Civ. Tuderti ad unum miliare, iuxta pontem Mar-

introdotto onore-

È volmente il Ba- tinum et eidem B. exibuerunt reverentiam tanquam vero
E varo,laBavares-

o CN CRGH Mapa imperatori et ibidem inter diviserunt et ordinaverunt quod
aliqui ex ipsis deberent portare bravium sive pallium super
1280capud predictorum hereticorum et aliqui deberent eos
adestrare; quod, iuxta ipsorum ordinationem, perfectum
fuit, ut aliqui ex ipsis fuerint honoratores et conductores
honorabiles B., aliqui antipape, aliqui Bavarisse. Et sic
predietos hereticos in Tud. civit. cum summo honore et
1235reverentia intromiserunt.
[c. 51] It etc. quod predicto tempore omnes et singuli
9.» per E. superius et inferius nominatim expressi et omnes alii et

accolti per È
dici giorni di se- singuli Tudertini comuniter et concorditer adunati, prout

uer in talibus spectaculis eonsuevit populus adunari, recepe-
P9 runt predictum B. dampnatum in Civ. Tud. tanquam
verum imperatorem et receperunt antipapam Petrum, sil.
de Corvario, tanquam summum P. et eisdem B. tanquam
imperatori vero et Petro tamquam S. P. honorem et re-
verentiam exibuerunt et moram heretici predicti, B. sil.
12%et antipapa contrasserunt in Tud. Civ. per dies xir con-

tinuos publice, pacifice et quiete.
It. ete. quod a tempore quo predicti B. et Ant. de
Tud. recesserunt citra, iniquitatem super iniquitatem ad-
CORR ERE dentes, pertinaciter et malingne in ipsos B. et Ant. in-
loro. 1300tenderunt et nunc intendunt, eisdemque, secundum malum
eorum propositum, adheserunt et nune adherent omnes
et singuli predicti et infrascripti, sil. Paulellus d. Be-
raldi, Butius, d. Rubeus Gualterelli, Beraldus d. Baccioli,
Mannes Bartolelli domini Amatoris, Ninoctius Todini,
1305Rustichellus Butii, Ghyrardellus d. Oddonis, Cecchus, Ca-
roetius, Massarellus Nalli, Tellus et Ritius Roberti, Cola
d. Oddonis, Giliellus d. Bartoli, Massciolus Petruccioli,
1 : d. Jacobusde Monthione, Matheolus Gentilelli [c. 57 #.]
(Gualterellus Viviani, ser Gotius de Ponte, d. Andolo Ja-
1310copelli, Gualterellus Pennazi, d. Padulfus d. Egidii, Agna-
tulus Cioli, Ciolellus Cimete, Lellus Ciutii, Ganus Ugo-

ERETICI E RIBELLI NELL’ UMBRIA, ECC. 303

0) di
MM SRI CO Ar

idm A

Br AU e aua DE E e aui ar. n
L. FUMI

linelli, Mannutius Manchelli, Beraldus de Ponte, Phylip-
pellus Nutii, Tudinellus d. Ranerii, Ceccus Lamberti, Ma-
scius d. Marocii et Petrus Andree ser Angeli, et omnes
1315alii et singuli Tud., nec non nuntios et vicarios d. da-
mnati B. heretici receperunt et eisdem obediverunt, pa-
ruerunt et intenderunt, et nunc obediunt etc. Et per eo-
sdem nuntios ipsa tud. civ. et comitatus regitur in dolo
et tirannia, et in rebellione S. M. E. Catholice, receptantes
1320omnes et singulos ad ipsam civ. confugientes excomuni-
catos, hereticos et de heresi suspectos scismaticis, inter-
dicti violatores et omnis veritatis et S. E. inimicos, et,
quod est execrandum dampnabiliter et horrendum, quod
per eorum maledicta consilia ordinaverunt, quod per ta-
1325belliones seribi faciunt in protocollis et cartis ipsorum
tempus modernum quo ipsa sunt edita protocolla sub he-
retico Bavaro et heresiarcha Petro de Corvario, nominando
ipsos, sil. DB: Ludovicum imperatorem et antipapam here-
siarcham pp. Nicholaum V.

1330 It. in eo efc. quod quemdam nuntium ipsius B. te-
nent pro ipsius B. Vicario, in quem intendunt et obe-
diunt, qui a S. P. est dampnatus, qui dicitur Johannes

7.9 per ubbi- Sciarre, [c. 52.] cui favent et adiutorium tribuunt ad per-

dire al vicario
Giovanni Sciar. gistendum in suis erroribus et ad tirannizandum et per-

d 1339gequendum fideles, sicut sua opera publice manifestant.
Et alia plura fecerunt, perpetraverunt et conmiserunt
in favorem, auxilium et consilium predictorum hereticorum
et adhuc plura faciunt, perpetrant et conmictunt in obdu-
rationem et perseverationem criminum predictorum.
1340 Super quibus omnibus c/c. prefatus Inquisitor inten-
dit inquirere et veritatem invenire contra predietos efc.
Et si quidem prefati inquisiti vel alii ex puro corde et
sincera fide redire voluerint ad gremium et unitatem
S. M. E., idem Inquisitor intendit quominus de iure poterit
1345mitissime et benignissime agere cum eisdem, alioquin
ipsos repertos culpabiles de predictis vel aliquo predicto-
rum punire et condempnare, prout sacra voluerint et tra-
diderint instituta etc.
ERETICI E RIBELLI NELL’ UMBRIA; ECC. i 305

1350 [c. 56 t.] Sett. 19. — Salomon Piccioli d. Oddonis de

Tud. nuntius iuratus ec. retulit se affixisse predictas licteras

di azione della — foribus E. maioris Tud., sicut habuerat in mandatis die
iovis .xiiij. huius mensis septembris, et dixit idem nun-

tius quod dicebatur in Tuderto quod diete lictere jam
1355pervenerant ad manus Johannis Sciarre ibi vicaríi, et

quod eas legi fecerat in quodam secreto Consilio sapien-

tum. (Fu affissa la stessa lettera citatorio anche in Assisi,

sotto pena di scomunica e di 100 fiorini d’oro a chi la

rimovesse: anche in Foligno e Spoleto. Emesso il suono

1360gelle tube, furono nelle scale dei palazzi del C. chiamati

ad uno ad uno i suddetti a comparire avanti all’ Inqui-
sitore: in Spoleto sotto il portico avanti la foresteria
del luogo dei Minori U Inquisitore ordinò l'affissione nella

. porta della chiesa maggiore).

1365

[c. 59]. Sett. 27. — * Ven. in X. p. d. fr. Bartho-
lomeo de Perusio ord. ff. mm. heretice pravitatis in
prov. b. F. Inquisitori fr. Dyonisius de Burgo or. ffr.
Heremitarum S. Augustini Sacre pagine magister indi-
l3'0gnus ac rev. in Xpo p. et d. d. Neapoleonis S. Andriani
Lettera del dyoc. Card. devotus et nuntius de conscientia d. n. d.

nunzio del Card.

[gato Su nani: sum. pontificis in partibus Tuscie destinatus salutem in
Sitore, che ri-

chiedelasospen- eo, qui salutis est auctor.
sione degli atti :

anome de'todini. die martis xxvj pres. mensis septembris applicarem ad

Dum in civitate Tudertina

1875exponendum ipsis Tudertinis et Consilio eorumdem am-
baxiatam pacis et concordie cum E. R. michi impo-
sitam per prefatum d. Card. et me existente in Con-
silio super huiusmodi, eum eisdem reperi quasdam
licteras ipsis Tud. ex parte vestra directas, quod in cer-
1380tum terminum per vos prefixum deberent venire respon-
suri Perusium coram vobis Inquisitoribus, quas fecistis
et facere intenditis contra eos, in eo et super eo quod
ipsi dederunt Bavaro opem, operam, auxilium, consilium et
favorem. Quare cum ven. paternitatem vestram latere non
I3s*eupiam, sed eidem volo presentibus patefieri, quod prefatos
tud. unanimi voce et concordia, tamquam obedientie
filios et S, R. E devotos inveni promptos et liberales ad

guae nasi ect

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L. FUMI

omnem concordiam et obedientiam cum ipsa E. facien-
di | : dam, dispositosque subive omnem subiectionem, devotio-
1390nem et honus, que prelibata M. E. eis duxerit imponen-
da. Quamobrem vestram paternitatem supplico, nec non
ex parte supradicti d. Card., cuius nuntius existo, vos
attente deprecor et requiro, quatenus ab omni gravamine,
molestia et processibus ipsis tud. inferendis, si placet,
1395desistatis, prorogantes eis terminum aliqualem super hu-
iusmodi inchoatis et processibus faciendis, donee [c. 60]

ipsos contingat ad supradictam concordiam pervenire. Quo
dato, quod absit, si a predicta desistentur concordia fa-
cienda, extune in antea poteritis contra eos procedere pro

1400yvestre paternitatis libito voluntatis. Data Tud. die
| mercurii xxvii mensis septembris.

Sett. 28. — Rev. p. fr. Dyonisio de Burgo Or. ffr.
Heremitarum S. Augustini sacre pagine magistro frater

1405Bartolinus de Perusio Ord. mm. Inquisitor heretice pra-
vitatis in prov. b. F. per S. Apost. constitutus cum de-
vota recomendatione se ipsum.
TNAM der Vestras lieteras super facto Tudertinorum michi mis-
nquisitore 1 A x .
non potere del : gas recepi cum gaudio, actendens quod vos per d. Card.
tutto accordare E 5 :
la sospensione. 1410estis in Tuderto ad reducendum ipsos Tudertinos ad man-
data S. R. E. et summi pontificis, ad quod ego etiam

ipsius mandato principaliter nunc intendo. Verum,

r. p.,, quia preceptis summi Pontificis cupio per omnia

Ud d os tv obedire, non possum, nec debeo salva conscientia desistere
È Mi5totaliter contra ipsos a processibus iam inceptis, preser-
.tim cum de facili vos et ego possemus deludi a quam-
pluribus Tudertinis, et nunc etiam micni constat, quod
noviter contra S. P. et personam meam et offitium in
Consilio Civ. Tud. fuit turpiter proclamatum. Sed et
1420jn Perusio dicitur esse proeurator Tudertinorum rebellare
volentium ad interpellandam appellationem de facta ci-
tatione de ipsis. Que quidem duo signa sunt obdura-
tionis et pertinatie. ^ Et quia gratiam et misericordiam
inobedientia non meritur, ideo [c. 60 t.) rebellibus et
Mpon redire volentibus nullum terminum ampliavi, dum
ERETICI E RIBELLI NELL’ UMBRIA, BCC. 307

È tamen mei, d. Card. reverentia nostrique gratia et honore
E : aliquibus humilibus et redire disponentibus prolongavi
ad nonam diem sequentis mensis octubris et locum eis
mutavi Castrum Diruti comitatus perusini. Quam gra-
M30tiam valere volo omnibus dicte civ. nominatis et non E
nominatis et aliis volentibus obedire. Pro reverentia |
autem d. d. card. et pro honore vestro et meo non ex-
pedit pro nune ampliorem gratiam impertiri. Cuni

v) ee a e o aL oe

autem michi constabit plenarie de predictorum obedientia,
M3»paratus sum, quantum, secundum Deo, potero, eis facere

MEC P PT

gratiam pleniorem. Data Perusii die xxvmrj mensis
septembris. *
Sett. 28. — Fr. Bartolinus ecc. omnibus et singulis

M40tudertinis inquisitis e£c. ad S. R. E. mandata redire vo-

lentibus obedientiam preceptorum. | Previdentia et honore
ven. in Xpo p. et d. d. Neapoleonis S. Andriani dyac.
card., mei domini, specialis et precibus et instantia ven. p.
f. Dyonisii Ord. Heremitarum etc. ex nostro offitio vobis
Mi5et cuilibet vestrum terminum prorogando ad nonam diem

i Kommttarione mensis octubris venturi de prox. et locum mutamus, ex
del luogo, dà Fe-

rugia a Deruta. — rationabili causa, locum ffr. mm. castri Diruti, infra quem

i terminum et ad quem locum comparere [c. 67] persona-
liter debeatis sub illis penis, que in citatione de vobis facta
1450plenius continetur ecc. Dat. Perusii efc.
[c. 62] Johannes Gerardi notarius de Tud. sindicus
et procurator Com. Tud. e/c. et Octavianus Massei not.
de Tud. proc. quorumdam aliorum singularium citato- 4
rum — chiesero una copia di detta nuova citazione e pro- ij.
l»roga: e interrogati se volevano presentarsi per se stessi,
An xe ues essendo la inquisizione fatta contro tutti e singoli i todini,
parire. risposero di no: — li rimandò U Inquisitore al dì di poi,

avanti vespero, a prendere la copia -— e loro comandò che

dentro un termine dovessero comparire all’ udienza. Ed

MEO

| 1400essì non accettarono, sed quibusdam verbosis appellatio- SIA
nibus cum Inquisitore predicto contempnedentibus, cum i
tamen mandatum non haberent ad hec. L' Inquisitore im-
L. FUMI

pose loro di comparire nel detto termine, pena la scomu-
nica e 1000 lire (1).
1465 [c. 63] Ott. 9. — Actum apud locum ffr. mm. de Di-

Atto di sotto- — ruto in logia iuxta ortum, presentibus d. Bonifatio de Mu-
Sa tina, Uguitionello de Mecis, d. Conte plebano plebis Campi
et aliis pluribus testibus ecc. D. Andreas d. Ranuctii, Rober-
tus d. Gregorii, Agolinellus d. Oddutii, Gualterellus Vivieni,
1470Lellus Cintii d. Angelerii, Ganus Ugolinelli et Ceccolus
d. Seghi — si presentano all’ Inquisitore e fanno atto di
sottomissione, sotto pena di 500 fior. d'oro, 100 per
ciascuno.
coc POOR qe. Quindi ser Niccola di Manno, procuratore di 11
. persone. M3iStodini, presenta la sua procura per i suddetti 11 e per
| | Aquaitolo Cioli assente da Todi, per il quale già promise
la rappresentanza davanti all’ Inquisitore |c. 64], espose:
quod predicti habent impedimentum propter quod coram
4 4 eo personaliter comparere non possunt et quod aliqui
pu MS0predietorum per Johanem Sciarre detempti fuerunt et
1 i preceptum habuerunt ne de dicta civ. exirent sine sua
B licentia speciali — (prorog. al 17 ott.).

hi | Vu PEOLORR al [c. 64 t.] Nicola Massei de Perusio procurator d. Bal-
| no. dini, d. Lamberti, d. Symonis et Ciutii ff. q. Celli comitis
| 1485de Marsciano.... dixit.... quod Civ. Perusina non erat eis

| | : locus securus et tutus (prorog. al 16, poi al 23 ott.).
i: RE 2 [c. 65] Ott. 14. — Nicolaus Mannis de Tud. procurator
Ms 5 gano impediti da —Gualterelli Pennaze, Matheoli Gentiletti et Petri Andree...,
| l99quia Johannes Sciarre impedit obedientes ne componant
coram ipso Inquisitore, rogavit, ut terminum ipsum daret
secundum beneplacitum suum et non prefigeret specialem
diem ut esset ipsi Johanne Sciarre incognita dies termini
antedicti et ob hoc inquisiti poterant melius comparere —

MO5prorog. a 15 giorni).

esConieszione di [c. 66 t.) Ott. 9. — D. Andreas D. Ranutii civ. Tud....
di Ranuccio, ea que fecit erga B fecit-timore mortis persone proprie

(1) Partirono da Perugia e più non comparvero (sentenza 31 ott. 1329, c. 78-80).



ori
RETE TETTE ZI

re

emm

ERETICI E RIBELLI NELL' UMBRIA, ECC. 309

et suorum tam filiorum quam etiam amicorum : adestravit

1500B.... non tamen eum credidit nec credit verum imperato-
rem; antipapam [c. 68] vero non adestravit, nec ei ullum
honorem exibuit...; * in secreto Consilio xxiiij contradixit
....ut civ. Tud. regatur per ipsum B. et eius vicarios in
rebellione S. M. E. et S. P.... etiam in presentia B.: in

1505publico vero Consilio, ubi oportebat, ut que contradicere
volebat, accederetur ad proponentem ad faciendum se
scribi, resistere timuit, et propter timorem jam dictum
tacuit, et ex hoc etiam timore obedivit Vicario d. B., qui
condempnavit eum et sibi accepit x1j centennaria libr.

1510den.# — Bavaro [misit] modica victualia, sil. pavones et
quedam alia pauca: nulla ad eretici.

[c. 68 t.] Post que omnia idem d. Andreas se represen-
tavit pro filio suo nuper defuncto nomine Gaytano et se
pro eodem suo filio obtulit ad omnia sua S. E. ae S. P.

I53l5beneplacita et mandata.

Ott. 24. — Francesco figlio di Andrea rinunzia ad ogni
diritto di difesa, e, per il padre, si mette a disposizione di
detto Inquisitore.
n Re m [c. 69 t.] Primus. — In primis si d. Andreas predi-
al suddetto. ctus in nonnullis Consiliis et comunibus colloquiis Civi-
tatis Tuderti dixit et informavit atque consuluit, ut Ba-
varus non intraret Tudertum, et ad hoc, quantum in- se
fuit, cum suis sequacibus tradere studuit populum Tuder-
1525tinum.
Secundus. — It. si resistere potuisset idem d. Andreas
cum filiis suis consanguineis, sequacibus et amicis, ut di-
ctam Civi:atem Tuderti Bavarus et antipapa non intras-
sent.

1530 l'ertius. — It. postquam publieum fuit dietum Ba-
varum debere intrare 'l'udertum, dietus d. Andreas cum
filiis, consaguineis, sequacibus et amicis potuisset fügere
vel latitare ne Bavaro obviaret et ne faceret alia que se
fecisse confessus est erga dietum Bavarum absque ipsius

1535d, Andree et aliorum suorum filiorum consaguineorum et

sequaeium periculo personali.

RA TS .
ice TA ge AU m ga LL us e
L. FUMI

Quartus. — It. si detestatus est idem d. Andreas
faeta et dieta dietorum hereticorum et contra eos cum
filiis suis et consaguineis et amicis et sibi adherentibus

1540[c, 70] fecit conmode quicquid potuit, et derisit et vilipen-
dit ipsos hereticos, maxime Petrum de Corvario, tamquam
intrusum et heresiarcham, nullo modo volens sibi loqui
nec ipsum aspicere, ipsum reputans heresiarcham et ini-
micum E. sacrosancte.

1515 Quintus. — It. si predicto tempore quo Bavarus et
antipapa fuerunt Tuderti et post, predietus d. Andreas.
quantum conmode potuit citra mortis periculum detestatus
est cum predictis sibi adherentibus faeta heretica dicte Ci-
vitatis, sil: de exhibitis favore, auxilio, consilio et adhe-

1550sione hereticis supradictis; et dampnavit, maxime, quod
nomina predietorum hereticorum ponerentur in instru-
mentis et quod interdictum E. non servabatur et ipse d.
Andreas faciebat in suis instrumentis poni nomen pape
Johannis .xxi., et ipsius et S. E. interdictum obser-

I555vavit.

Sextus. — It. si in Consilio Civitatis Tuderti et alibi.
dixit, consuluit et induxit, ut per Tudertinos fierent man-
data S. E. et SS.mi pp. Johannis et Inquisitoris et ipsius
nuntii specialis.

15600 . Septimus. — It. si predicta omnia et singula publica
sunt et notoria et de hiis est comunis extimatio publica
vox et fama.

Ammissione di | : [c. 70 t.] Ott. 18. — Matheolus Cioli de Tuderto pro-

Masciólo « Pe- È
-ruccioli » tutto-1565curator Mascioli Petruccioli de Tuderto... exposuit, quod

ché incorso in
contumacia. ipse Masciolus, cuius est procurator, infirmatur graviter
et est senex, et ideo coram eo personaliter comparere
non potest, sed paratus est, impedimento infirmitatis am-
moto, coram ipso Inquisitore personaliter comparere et
1570ipsius et S. R. E. ac summi pontificis in omnibus et per
omnia parere et obedire mandatis.... Qui fr. Bartholinus
Inquisitor eidem procurateri respondit, quod dictus Ma- .
sciolus jam propter contumatiam, quia terminus est ela-

psus, sententiam excomunieationis et aliam penam tem-
ERETICI E RIBELLI NELL' UMBRIA, ECC. 311

1575poralem incurrit, quam sibi vellet auferre. Nichilominus,
tamen, quia Ecclesia gremium redeunti non claudit, ipsum
proeuratorem procuratorio nomine dieti Mascioli recepit,
debito tamen justitie semper salvo.

, Termine di 10 [c. 71] Cui Matheolo procuratori etc. Inquisitor precepit
giorni a compa- È E . : 4 x
rire, 15$0et terminum statuit .x. dierum ad faciendum comparere

personaliter dictum inquisitum si poterat; alioquin idem

procurator compareret in eodem termino ad excusationem

ipsius inquisiti proponendam.
Aguaytolus Cioli de Tud., pro quo ser Nicolaus Mannis
I58:promiserat in iudicium sistere, quia dicebat ipsum absen-

tem a Civ. Tud. — dixit, se rediisse de Florentia et
i Hdtomissione adhuc non ivisse Tudertum: — si sottomette, e V Inqui-
di È gual olo 5 3 È P È i
« Cioli ». sitore ordina, quod se nulla occasione ab istis partibus

elongaret seu ad partes remotas accederet sine sua licen-

1590tia speciali, eum vellet quod sibi responderet super qui-

busdam articulis efc.
[c. 72] D. Ranaldus Massuli de Tud. id. id. è interro-
gato sopra i segg. articoli.
[c. 73] In Xpi nomine amen. Infrascripti sunt articuli
1595generales super inquisitione Tudertinorum, super quibus
respondere debeant singuli inquisiti.
Articoli per Primus articulus. — Si fuerunt in Consilio quocunque

l' interrogatorio
sottoposti aifau- Civ. Tud. vel in comuni colloquio multorum vel tractatu

tori del Bavaro
e dell'Antipapa. seu ordinatione quacumque, in quo vel in qua ipsi con-
t6%siliatores extiterint vel ordinatores, aut consenserint, ut
B. et intrusus invitarentur et intromieterentur in Civit.

Tudertinam.

Secundus. — It. si obviam exierunt extra Civ. dictis
B. et Antipape et eis exhibuerunt reverentiam vel alteri

l605eorum.

Tertius. — It. si predictos B. tanquam verum impe-
ratorem et Petrum de Corvario tanquam S. P. intromi-
serunt seu receperunt in Civ. Tudertinam cum honore et
reverentia, ipsos vel alterum eorum adestrando vel super

16.0caput alterius eorum pallium portando seu clamorosis vo-
cibus eum populo tudertino predictos hereticos extollendo.
Quartus, — It. si postquam predieti B. et intrusus in-
L. FUMI

traverunt Tudertum vel ante fuerunt consiliarii vel adiu-
tores eorumdem publice vel occulte vel eisdem vel alteri

1615eorum faverunt, crediderunt, adheserunt, confederave-
runt aut gratiam aliquam postularunt.

Quintus. — It. si ordinatione seu tractatu habito cum
dieto B. ad invadendum terram aliquam, Civ. vel comi-
tatum et maxime Fulgineum interfuerunt vel consenserunt.

1620 ^ [e. 73 t.] Sextus. — It. si celebrationi missarum sol-
lempniter in pontificalibus dicti intrusi interfuerunt et eum
in E. tune et postea vel extra per terram tanquam pon-
tificem assotiaverunt vel honoraverunt.

Septimus. — It. si compulerunt vel compelli fecerunt

1625elericos vel laycos religiosos vel seculares tunc quando
heretici predieti erant in Tud. vel post recessum eorum |
inde ad obediendum predictis B. ut imperatori et Petro
de Corvario tanquam S. P. et maxime ad violandum E.
interdictum.

1630 Octavus. — It. si eidem B. vel eius nuntiis obedive-
runt vel consenserunt et maxime, ut Civitas Tud. rega-
tur per ipsum B. et eius Vicarios in rebellione S. M. E. |
et S. P.

Nonus. — It. si per se vel alios fuerunt causa vel

1635dederunt operam, ut nomina B. et antipape ponerentur
in confectione instrumentorum et non ponerentur nomina
d. Johannis pp. xx1J S. E. veri sponsi.

Decimus. — lt. si dictis hereticis B. et Petro de Cor-
‘vario vel alteri eorum miserunt aliqua ensenia vel vi-

1640ctualia vel datas et collectas solverunt pro predictis B.
vel intruso seu in Consilio comunitatis ordinaverunt vel
consenserunt fieri donaria hereticis supradictis.

Undecimus. — It. si aliqua alia fecerunt, perpetra-
verunt et conmiserunt in auxilium, consilium, et favorem

ló'5predietorum hereticorum vel alterius eorum.

Duodecimus. — It. si predicta omnia et singula pu-
bliea sunt et notoria et de hiis est comunis extimatio,
publica vox et fama.

Deposizione di [c. 74] Ranaldus Massuli — Super 8.? quod in Consilio

Rinaldo « Mas. _
suli ». l69»publico, ubi fuit tractatum de hoc, propter timorem mortis
ERETICI E RIBELLI NELL' UMBRIA, ECC.

sicut alii et in Consilio tacuit propter timorem. — It. in-
terrogatus — dixit quod [c. 74 t.] publicum et notorium
est in Civ. Tud. * quod principales ordinatores et tracta-
1655tores ad invadendum Fulgineum per gentem B. fuerunt
infrascripti, sil. Corradus Anestasii, Ugolinutius de Baschi,
Baldinus de Marsciano, Egidius d. Petri, d. Franciscus
d. Berardi et Ranaldutius Nini — et ipse testis vidit
Ugolinutium predictum [c. 75] euntem et redeuntem cum
1660militibus B. quando iverunt Fulgineum ad invadendum
et redierunt (1329, de mense augusti — in platea Com.
Tud. prope palatium ubi B. morabatur *. Et predicti alii,

ut publice dicitur, fuerunt ordinatores et tractatores pre- :

dicte invasionis —.
1665 It. testificando dixit et deposuit, quod publicum et
notorium est in dieta civ. quod principales Tudertini, qui
ordinaverunt adventum B. et antipape ad Civit. Tud.
fuerunt Claravallenses Nallus d. Rustici et nepotes, filii
Butii, Egidius d. Petri, Potius et Ritius Roberti. Et tra-
1670ctores adventus predicti fuerunt: Hugolinus de Baschi et
Baldinus de Marseiano, et ipse testis vidit Baldinum (per
stratam Vallis) et Hugolinutium (Hugulinutius cum aliis
militibus in platea Tud.), predictos, eodem die, quo Ba-
varus debebat intrare Tud. paratos ad bellum cum mi-
1675litibus B. precedentes ipsum B. et intrantes Tud. et di-
cebatur quod venerant et processerant sie muniti, ne ali-
quis posset contradicere et impedire introitum predictorum
hereticorum in dictam Civitatem.
[c. 75 t.] It. deposuit et dixit, quod, se presente et
1680audiente, Nallus d. Rustici arrengavit et consuluit in Con-
silio Civ. Tud. et in presentia B., quod diminium ipsius
civ. Tud. daretur libere D. cum arbitrio (in palatio veteri
diete civ. et in presentia consiliarorum).
It. testificando dixit et deposuit, quod predicto tem-
1685pore, eum idum testis esset in S. Fortunato loci mm. de
Tud., fuit sibi testi dictum, quod traetabatur per. ali-
quos cum antipapa, qui ibidem morabatur, quod ipse
intrusus iret ad Epatum tudertinum et ipsum expoliaret,

913

tacuit — Sup. 10.?... quod timore predicto collectas solvit

b D d

JAM XOT
L.

FUMI

et tune testis caute aspiciens illos, qui erant cum anti-
169%papa, vidit Ugolinutium de Baschi, d. Francum et d.
Tarlatum Ballutii cum eodem antipapa et dicebatur tune
quod erant in dieto tractatu. Et testis inde recedens venit
ad d. Andream et sibi predieta narravit. Et ad preces :
ipsius d. Andree, dixit hec Baldino de Marsciano et eum |
ló9 rogavit, ut impediret ne bon a, que erant in Epatu, spo-
liarentur. Et ipse Baldinus respondit testi: Et quid possum
facere si d. pp. vult ire ad Epatum (loquens de intruso)?

* Et post hec vidit testis dictum intrusum euntem

ad Epatum tanquam pontificem et eum [c. 76] assotiabant
1700predicti d. Francus et d. Tarlatus et Ugolinus de Baschi.
Et nune intrantes expoliaverunt eum. *

It. dix. et dep., quod dicto tempore vidit pluries pre-
dietos Hugolinum de Baschi, d. Francum, d. Tarlatum,
Baldinum, d. Symonem et d. Lambertum de Marsciano

1705assotiantes B. et antip. et astabant dietis hereticis cum
caputio extraeto reverenter, tanquam ille B. esset impe-
rator, et antip. esset verus pontifex.

It. dix. et dep., quod vidit predictos d. Lambertum
et d. Symonem et d. Francum intrantes Ecclesiam Epatus

l7eum antipapa et dicebatur tunc quod astabant predicto
antipape celebranti ibidem in pontificalibus.

It... quod a predicto antip. impetraverunt benefitia; d.

Tarlatus Ballutii pro Cicchino Rubei ecclesiam S. Mangni
de Quadrellis et possessionem cepit et defendit. Et impe-

l7l5travit ecclesiam S. Romane pro Paulello d. Beraldi et
Manno Bartolelli. Qui Paulellus et Mannus turbant posse-
sores dicte ecclesie.

Deposizione [c. 76 t.] Ott. 30. — Matheolus procurator predictus
del procuratore

di Masciolo. 1720comparuit in termino sibi dato et dixit et firmavit, quod

d. Maseiolus nondum erat liberatus a sua infirmitate et
ideo non poterat personaliter comparere... respondit...,
quod extraxit sibi caputium quando B. transeuntem vidit

et collectas solvit pro denariis faciendis B. prelibato.
Allegazione dil725 Ott. 24. — Jacobus Gualterelli de Tud. procurator

istrumenti.
(multorum civium tud.) obtulit sibi quedam instrumenta
STETUEPCEm

ERETICI E RIBELLI NELL' UMBRIA, ECC. 25 915

[c. 77] in quibus continebatur quoddam preceptum factum
per d. Johannem Sciarre ne aliquis inquisitus coram dicto
Inquisitore comparere debeat ad penam mille flor. auri.
170 . [e 78] Ott. 31. — Postque (v. a c. 62.) aliqui inter-
nuntii, valentes viri, nobis humiliter supplicarunt, ut ipsi
Comuni Tuderti et aliis specialibus personis redire vo-
lentibus ad mandata dignaremur terminum prorogare,
quod fecimus, et non solum terminum, sed et plures ter-
1735minos ipsi Comuni et singularibus personis assignavimus,
et prorogavimus, ut haberent materiam redeundi. Ex qui-
bus aliquos diutius expectatos benignissime recepimus ad
i erichlerazione mandata, sed ipsum Comune ac multi alii inquisiti in
Comune di Todi duritia et hereticorum nequitia persistentes, licet ex su-
1740perhabundanti misericordia per tempus maximum expec-
tati adhue inobedientes et contumaces existant etc. ideo,...
Ugulinutium de Baschi efc. (con altri 29 nomi) cives tu-
dertinos et ipsum Com. Tud. nec non omnes et singulos
tudertinos inquisitos tam laycos quam clericos ec. contu-
1745maces, iuobedientes et cxcomunieatos ec. pronuntia-
mus efc.

Bue pese di [c. 83.] Ott. 31. — Farolfus Jacobutii, Ciccolus Pe-
truecioli, Jacobellus fr. Johannis, Taddiolus Fredi de
1750Tud. Mannutius Symonis de Aquasparta representaverunt
se coram dicto Inquisitore et dixerunt se non esse no-
minatim in citatione expressos, sed quia sunt de Tud.,
parati sunt omnem reverentiam et S. E. ac SS. PP.
Johanni .xxij. exhibere et omnem penitentiam portare,
1755quamquam non sint sibi consci de aliquo favore dato
dietis hereticis B. et intruso, immo eis displicuit ipsorum
hereticorum introitus in Tud. quod d. Inquisitor benigne
recepit.

1760 [c. 88 t.] Nov. 2. — D. Franciscus Leonardi de In-
terampne... notificavit et sibi exposuit, quod Mannutius
Rubei de Claravalle recepit quoddam benefitium, collac-

tionem sil. eeclesie S. Magni de Quadrellis ab Antip. Petro

de Corvaro heresiarcha et ab eodem Antip. bullam rece-
L. FUMI

1765pit antipapalem de collato benefitio antedicto, virtute cuius

bulle antip. possessionem intravit ecclesie antedicte, vero
inde ac legitimo expulso dicte ecclesie rectore ac possessore,
dicto sil. Andrea, nato ipsius d. Francisci, qui per SS. p. et d.
d. Johannem pp. xxij ipsam ecclesiam obtinebat et pacifico

l70possidebat. In quibus heresibus eidem favent Mannutio

Deposizione di
messer France-
sco « Leonardi »
da Terni.

et ipsum Petrum de Corvario habere videntur pro le-
gitimo pp. infrascripti coptumatores ecclesie prelibate,
in eo vid. quod, post collationem dicte ecclesie factam
per d. intrusum heresiarcham Mannutio antedicto, sem.

1775per eidem Mannutio pseudo Rectori de fructibus ipsius

ecclesie responderunt, et in nullo respondere voluerunt,
sive de ipsis dare fructibus ipsius ecclesie vero Rectori,
prout consueverant respondere. Laboratores seu coptu-
matores sunt hii, vid. (Seguono i nomi di 10 persone,

1780di cui 3 fabbri).

(c. 84] Nov. 3-5. — Dopo il detto di due testimoni
uno de’ quali Andriolus Riccardi de Interampne, dixit,
quod dum iret ipse testis nuper Tudertum ad funus Gay-

1785tani d. Andree, audivit a pluribus dici..., i detti lavora-

Sentenza di
Scomunica con-
tro i Conti di
Marscianoe altri
contumaci, e di
interdetto contro
la città di Todi.

tori sono citati a comparire entro dieci giorni.

[c. 84 t.] Nov. 10. — Nos fr. Bartholinus etc. cum in

pronuntiatione contumacie et excomunicationis (contra

1790Tudertinos) aliqui fuerunt contumaces, quos ex ali-

quibus causis et ex habundanti misericordia noluimus
contumaces et excomunicatos exprimere, sed ipsos ex-
peetavimus usque nunc et comparere minime volue-
runt, ideo... pronuntiamus ser Nicolam Maffei procu-

l795ratorem Baldini [c. 85] Cecchi, d. Lamberti et d. Sy-

monis filiorum q. Celli, ser Nicolaum Mannis procurato-
rem Gualterelli Pennaze, Actavium Massei procurato-
rem et sindicum Com. Tud. ac omnes et singulos in-
quisitos nostrorum mandatorum comtemptores esse con-

1800tumaces et ipsum Baldinum in inquisitione et citatione

nominatim expressum sententiam excomunicationis pro-
pter suam contumaciam incurrisse, nec non et Civi-
TENERA

ERETICI E RIBELLI NELL' UMBRIA, ECC.

tatem Tud. ecclesiastico supponimus interdieto. Et si dicti
inquisiti dietam omnem suam contumaciam non purga-
1805verint infra .xv. dies, et dictum. Com. Tud. per respon-
salem legitimum et alii inquisiti personaliter non compa-
ruerint et legitime coram nobis, ipsum Com. Tud. mille
librar. et quemlibet inquisitum centum lib. den. penas ipso
facto declaramus et decernimus incurrisse, et eos et quem-
1810libet eorum ad dictam penam condempnamus omni jure
et modo quo melius possumus, contra omnes et singulos

acrius processuri, prout justitie debitum suadebit.

, Presentazione [c. 85 t.]. Nov. 9. — Actum Perusii in porta Solis
di vari contu-

Dach. peur mdsisin domibus Pauli de Podio, ubi moratur d. Franciscus
Hes d. Andree de Tud., presentibus dicto d. Francisco et
Salamone Piccioli de Tud. testibus, Mannes Pinutii de
Tud., licet non vocatus nominatim, tamen se voluntarie

coram dicto Inquisitore representavit e£c.
1820 Nov. 18. — Actum in cella Inquisitoris in dormitorio
inferiori ffr. mm. Perusini conventus etc. Ser Nicolaus
Manuis procurator Pennazze et aliorum, qui superius sunt

scripti, representavit etc.

[c. 86]. It. representavit se tamquam procurator no-
I3 viter institutus a Taccholo et Albertino d. Massei civibus
Tud. etc. et eidem Inquisitori suplicavit humiliter, qua-

tenus ipsos ad mandata E. recipere dignaretur et sibi.

pro ipsis terminum assignare, infra quem coram ipso
possint personaliter comparere. Quem ser Nicolaum
I3"0proeuratorem benigne recepit, penis contumacie ipsorum
semper salvis, notificans eidem, quod dicti Taccolus et
Albertinus sententiam excomunicationis et aliam tempo-
ralem penam suo auferendam arbitrio, incurrerunt. Qui
ser Nicolaus efíc. juravit corporaliter stare et parere
IS*mandatis S. R. E. efc., ad penam. c. flor. de auro pro

. quolibet e£c.
[c. 86 t.]. L'Inquisitore dà il termine di 20 giorni
ai suddetti, e. successivamente — Nov. 26 — lo proroga
al 5 gennaio.
318 i L. FUMI

130 — [c. 87]. Nov. 24. — Gli stessi termini sono assegnati
a Puccio Vignutii di Todi procuratore di ‘Bartolello e
Polello q. d. Corradi, sotto la stessa pena di 100 fior. d'oro.

ic. 88] Dic. 2. — Actum in camera Inquisitoris prope
I85oprimum claustrum conventus mm. de Perusio etc. Putius
Vignutii procurator d. Francisci et Polelli d. Beraldi,
Beraldi d. Ruceioli, Butii Alberici, Ciechini eius filii,
Mannis Bartolelli d. Amoris, Filippelli Nutii, d. Tarlati
Ballutii, Claravalle Polelli d. Beraldi, Beraldi Giliutii
13:06 Ponte, Ritii et Potii Roberti, Jacobelli dicti Carnatii,
Cole d. Oddonis, Francisci Telli, Nalli d. Rustici, Gerar-
delli d. Oddonis, Ninotii Tudinelli, Gilii d. Petri et Ru-
sticelli Butii Civium tudertinorum e£c. supplicavit come
sopra, e l’ Inquisitore accordò anche per essi il termine

185%a presentarsi al 5 gennaio.

Deposizione di [c. 88 t.] Dic. 23. — Nicolaus Mannis de Tud. etc. te-

Nicola « Man- i
nis ». tis deposuit quod pluries et pluries et in diversis locis

vidit, quod Baldinus de Marseiano et Ugolinutius de Ba-
1860schi exhibuerunt reverentiam Bavaro tanquam vero im-
peratori et Petro de Corvario tanquam summo pontifici
et ipsos nominaverunt multotiens, immo semper, dum de
ipsis loquebantur, B. imperatorem et Petrum de Corvario
papam. Interr. de tempore, AL. quod anno d. w.ccc.
1800xxvrj de mense Julii, Augusti, [c. 89 #.] Septembris, Otto-
bris, Novembris et Decembris et anno d. m.cce xxvirj de
mense Januarii, Februarii, Martii et Aprilis. Interr. de
loco, R. quod * aliquando fuit Rome in sancto Petro, ali-
quando in Burgo Sutri, alias Víterbii in palatio Pape, alio-
1870quin Tuderti, Bavaro in palatio novi et veteri dicti C., et Pe-
tro de Corvario in Epatu, alioquin Pisis Bavaro in domibus
Comitis, ubi morabatur, et antipapa in domibus arcepi-
scopatus * — It. dix. et dep..., quod predicti Baldinus
et Hugolinutius, Cichinus Ghezzi et Jannoctus Francisci
1875de .Alviano iverunt :ad .B. pro ambaxiatoribus Clara-
vallensium et Bartolelli d. Corradi et Matteuli Gentilelli
tune capitaneorum partis gebelline de Tuderto ad procu-

gii
ERETICI E RIBELLI NELL’ UMBRIA, ECC. 319

randum:ipsius B. adventus ad Civ. Tuderti. It. dix...
* se vidisse predictos Bald. et Hugol. munitos quasi ad
1880prelium precedentes B. antequam intraret Tud. cum ma-

gna multitudine militum dicti B. et intraverunt Tud.

illo tempore quo B. venit ad pontem Martinum, quando ibi
requievit, expectans [c. 89| ut populus sibi obviam exiret :
et dicebatur tune publice in civ. Tud. et postea publi-
I559eum et notorium fuit in eadem civ., quod ipsi Bald.
et Hugol. venerant sic muniti, ut dictum est, ne aliquis.
impedire posset introitum B. in predictam Civitatem : —
vidit eos in strata, qua venitur a monasterio maiori ad
portam Vallis dicte Civ. * — It... quod vidit pluries et
IS9)pluries quando B. faciebat Consilium congregari, quod
predieti Baldinus et Ugolin. semper ad Consilium suum
ibant, et dixit testis predictos Bald. et Ugolin. sibi di-
xisse, quod ipsi erant secreti consiliarii dicti B. nominando
ipsum imperatorem. — It. quod vidit quod predicti Bald.
1s9%et Ugol. fuerunt predictis locis et temporibus auxiliatores
et fautores B. predicti cum armis et equitibus et sotiis mi-
litibus. — It. * quod ipse Bald. et dd. Lambertus et Symon
de [c. 89 #.] Marsciano et aliqui alii juvenes de Marsciano,
qui erant ibidem et Ugolinus de Baschi et Claravellenses
1906t alii multi tudertini continue animabant Bavarum et
alios theotonicos ad intrandum comitatum Perus. et ad
invadendum Fulgineum et alias terras EK. * — It. ......
quod predieti Bald., d. Lambertus, Simon et alii clerici et
layci de domo ipsorum inibi existentes cum predietis
1%05hereticis tenuerunt ipsos, sil. B. verum imp. et Petrum
de Corvario summum esse pont, cum eisdem conversando
familiariter, assistendo viriliter et assotiando humiliter
per Civ. Tud. sicut intimi familiares et fidelissimi servi,
et dd. Lambertus et Symon predicti assotiaverunt dictum
19l0antip. in divino offitio in E.-episcopali. — It.— quod se
presente dictus Bald. et Ceechus suus germanus gesserunt
se pro vicariis dieti B. successive in Civ. Tud. et vocaban-
tur Vicarii imperatoris, et vidit testis sotios dicti Bald.
tune Vicarii dicti B., ut dietum est, cum alia familia
F5ipsius Bald. ire per ecclesias de Tuderto (in eccles,
L.

FUMI

S. August. et pluribus aliis) et compellebant clericos ad
violendum E. interdietum et dicebant tunc publice quod
hoc faciebant de mandato dieti [c. 90] Baldini.... * Quod
offitiales dieti Bald. recusabant tune temporis instrumenta
1920coram eisdem porrecta, in quibus non erat .scriptum

nomen B. ut imperatoris. * — It. quod dompnus Anuge-

lus Johangnonis Ternibilis, prior S. Gregorii de Nargnia.
et Ternibilis Johagnoni clericus dicte E. oblocuntur de
S. P. et dicunt quod non habent eum pro papa et tenent
1925B. pro imperatore et antip. pro legitimo pp. etc. — * It.
quod, se presente et v:dente, fr. Tebaldus de Nargnia de
ord. mm. venit nuper Tudertum et accessit ad Monaste-
rium. Montis Xpi de Tud. ex parte d. Legati, a quo habe-
bat conmissionem absolvendi eas a quibusdam que ege-
1930rant erga hereticos B. et intrusum. Et ipse fr. Tebaldus
absolvit ipsas dominas de multis transgressionibus, quas
confesse sunt se fecisse, et maxime quia receperunt Bav.
et Bavarissam infra clausuram sen sectam monasterii
ipsarum et cum eisdem partecipaverunt in cibo et potu. —
1955 Et quia obediverunt quibusdam pseudo fratribus o. mm.
qui erant extra obedientiam E. et excomunicati, et cum
eisdem participaverunt [c. 90 t.] et ab eisdem receperunt
sacramenta ecclesiastica. — It. quia miserunt enssenium
antipape et receperunt nuntium ipsius et absolutionem
l9fseneralem peccatorum receperunt ex parte dicti intrusi.
Et cum pred. fr. Thébaldus faceret ipsas dominas iurare
mandata S. R. E. dumtaxat, et quidam diceret eidem fr.
Th. quod etiam faceret iurare mandata S. P., respondit
d. fr. Th.: Hoc non est in licteris conmissionis. — Et
1945non petiit, nec recepit juramentum de obediendo S. P. —
It. cum quedam moniales sive sorores contenderent iurare
mandata S. E. et dicerent quod nolebant jurare quia pp.
Johannes non erat pp., et de hoc dicerent se olim infor-
matas esse ab eodem fr. Th. et aliis fratribus, A. d. fr.
195Th.: Non potest modo aliud fieri, quia sic tenet eum
E. universalis. — Interr. testis de loco, * A. quod fuit
in ecclesia dd. dominarum iuxta cratem..... de mense de-
cembris an. di MCCOXXVIHIJ.
RT

E Deposizione di

Lello « Gutii »

Id. di Roberto

« d. Gregorii ».

Id. di Man- o ;

nuccio « Mar-
chelli ».

ERETICI E RIBELLI NELL' UMBRÍA, ECC.

[91 t.] 1330, Gen. 12. — Lellus Gutii de Tud......
-l0xobedivit vicariis B. qui rexeruut Civ. Tud. et quod fuit
in Consilio ubi fuit ordinatam quod poneretur collecta
pro B. prelibato, sed alia negavit contenta in articulis
prelibatis. — * Interr. [c. 92] qui fuerunt principales ordi-
natores ut B. et intrusus intrarent et intromicterentur
1960în Tud. E., quod sieut notorium est in Tud. pars Gebel-
lina de Tud. scripsit dicto B. dum erat Tridenti, et
quando d. B. venit in Lombardia vocaverunt eum domi-
num in d. Civ. Tud.; postquam vero d. B. fuit Rome,
ordinatores ipsius adventus ad d. Civ. Tud. fuerunt: —
1965Baldinus et Teverutius de Marsciano, Ugolinus Neri de
Baschi, Jannoctus de Alviano, filii Gioctoli d. Sensi, filii
Ghezii de Alviano, Claravellenses omnes, filii Mili, exce-
ptis Pizolo et Jacopello d. Oddonis, Matheolus Gentilellî,
Thomas et Angelinus Jutii Mercati. It. interrogatus qui
1970fuerunt magis familiares B. dum fuit in Tuderto, A.
quod, sieut etiam est notorium, quod ipse testis presens.
non erat, fuerunt sibi B. multum familiares predieti om-
nes gebellini. * It. interrogatus qui fuerunt ordinatores
invasionis quam voluit fieri de Fulgineo, X. quod omnes
l975predicti gebellini qui erant tune in Tud. cum. B. fuerunt
in dieta ordinatione invasionis Fulginei, et tunc dati fue-
runt de Camera Com. Tud. Ugolinutio de Baschi, qui
erat ductor gentis B., mille flor. auri.
[c. 92 t] Robertus d Gregorii de Tud... portavit pal-
19s0lium super capud B.; propter timorem... tacuit in Consilio
quando fuit sibi datum dominium Civ. Tud. solvit col-
lectas et impositiones factas per suum Comune, non fuit
tamen in ordinatione quod aliquid daretur eisdem here-
ogg 118.

[c. 98 t.] * Mannutius Marchelli de Tud. obedivit vica-
riis B. in Tud. invitus et quod solvit coliectas, sicut alii
Tudertini, et quod interfuit Consilio quando fuit delibe-
ratum de dandis .x. milibus flor. B., in quo Consilio
l9 semper dixit eontrarium, donec Potestas dividi fecit bus-

sulas ubi mictebantur pallocte et tune postmodum prop-
L. FUMI

ter timorem posuit palluctam quod as) sil: quod daren-
tur B. dicti floreni. *
Den dgnatolo [c. 94] gen. 15. — Aguaytolus Cioli de Tud... exivit
I995obviam B. quando intravit Tud. propter timorem, quia
non consenserunt ut Tud. intraret....
Id. di Massolo Gen. 16. — Massolus d. "Marotii de Tud.... extraxit
« d. Marotii ».
Sibi eaputium pro B. quando ibat per Civ. Tud. propter
timorem, quia omnes sie faciebant, non tamen eum ali-
?000ter honoravit... Et collectas solvit sieut alii, non tamen
consensit in Consilio quod darentur alicui eorum aliqua
donativa, sed contradixit.
RiEGono di An- [c. 94 t.] Petrus Andree de Tud.... obedivit.... et
solvit invitus.
2 IE [c. 95] D. Pandvlfus d. Egidii de Tud.... timore mor-
tis equitavit eum aliis et exivit obviam, et tacuit in

Consilio... et consensit q. daretur B. aliquid donum.

di Todinello « d. Tudinellus d. Ranerii de Tud.... obedivit propter
aneril ».
timorem.
2010 (c. 95 t.] Mannes Sarduli de Tud.... propter bannimen-

tum factum equitavit extra Civ. et antequam obviaret
di Manno «Sar- B. reintravit civ. Tud...; collectas solvit invitus et ex-
pectavit donee sibi domum inciperent destruere.
A IRC Colo [c.96] Tacculus d. Massei, Albertinus d. Massei (gener.)
2015Matheolus Gentilelli.... fuit cum aliis Tud. quando B.
et Ant. intraverunt Tud. et pro B. sibi extraxit caputium,
nescit tamen si pro Ant. sibi extraxit caputium, credit
tamen quod sie. — approprinquavit sibi, non tamen ha-
buit eum tanquam pro papa.

di Gualterello2020

[c. 96 t.] Gualterellus Vivieni de Tud. obviam ivit cum
« Vivieni ».

aliis tune, non tamen ivit usque ad B., sed statim re-
trocessit antequam veniret... Fuit in Consilio quando
fuit ordinatum de donandis B. .x. milia fl. sed contradixit
ter, ponendo palluetam in pisside quod non, sed postmo-
??5dum propter timorem, quando Potestas divisit pissides,
consensit. }
di mes. Andalo [c. 97.] D. Andalo Jacobelli de Tud. — post plura con-
« Jacobelli »,
silia, in quibus deliberatum fuit quod nullum B. daretur
dominium Civ. Tud., consensit finaliter, sequendo consi-
ERETICI E RIBELLI NELL’ UMBRIA, ECC. 323

2030]ium dicentium, quod si hoc non fiebat erat periculum
maximum Civitat., et qui dicebant quod ipse B. omnino
deliberaverat sic velle —. Antequam B. intraret Tud.
non consensit quod sibi donum fieret, sed postquam in-
travit Tud., propter scandalum et periculum evitandum,
2035consensit quod eidem darentur .v. milia fl.
di mes. Jacomo [c. 97 t.] D. Jacobus de Monthione.... obedivit vicariis
« de Montione ».
. B. qui rexerunt Tud. et consensit dum fuit in Civ. Tud.
d. B. quod ipse eligeretur Potestas, sed non in rebellione
S. E., et dixit se consensisse ad maius periculum evitan-
2040dum.... Consensit quod eidem B. darentur v milia fl., ut
citius recederet de Tud. et ad maius periculum evitandum.
uu iterello [c. 101.] Gen. 17. * Gualterellus Vivieni de Tud., Z2. :
cum ipse testis esset in quodam Consilio secreto [c. 204 £.|
Tud., in quo traetabatur de faciendo aliquo dono B. pre-
2045libato, et facto pluries scrutinio, semper perderetur parti-
tum pro B., nolentes consiliari quod aliquid daretur vel
donaretur B. antedicto, quidam de consiliaribus astantibus,
nomine Robertus d. Gregorii, consuluit et dixit ac induxit
Vannem de Sosolano, qui tunc preerat civitati Tud., quod
2050faceret dividi pissides, ubi ponebantur pallocte, quibus
computabautur vota consiliariorum, ut clarius appareret
et apertius videretur qui diceret sic, vel quis diceret non,
sil. quis diceret quod fieret donum B. et quis diceret non.
Et sie faetum est, secundum consilium et persuasionem
?0»xdieti Roberti, quod pissides posite sunt per talem modum,
et ita ab invicem elongate, quod unusquisque cognosce-
batur et videbatur a parte quis pro B. dicebat et con-
sentiebat et quis extra ipsum. Et propter hoc perditum
fuit partitum, et propter timorem postmodum consiliarii
200%consenserunt quod eidem B. donarentur .x. milia flor.
Et totum hoc accidit ex mutatione seu ex longatione et
separatione ab invicem pissidum predictarum *.
Sena Gozo x de (c. 102 t.] Febr. 8. — Ser Gotius de Ponte civ. Tud...
dix. et confessus est se reverentiam exhibuisse B. et extras-
2065sisse sibi caputium et genuflexisse coram ipso pluries,
missus ad eum a suo Comuni contra suam voluntatem.

dinciocolo « Ca- Ciccolus Carotii de Tud. A. super secundo articulo,
roti ».

ai m em aii re in
2070quod quando B. intravit Tud., ipse equitans cum aliis,

L.

FUMI

sibi contrarium, ne intraret Tudertum: super tertio Z.

ipsum B. assotiavit et cum alio populo stans, semel,
quando B. descendit de palatio, clamavit: viva viva! —
Et hoc propter timorem jam dictum. It. 2. super oc-

tavo, quod obedivit Vicariis B. invitus, et quod collectas.

2075solvit invitus: alia in articulis contenta negavit, Ordina-

di Ciccolo « Lam-208
berti ».

tores adventus in Tuderto dd. hereticorum et honoris eis
exhibiti fuerunt Claravallenses et Paulellus d. Corradi. —
Ordinatores invasionis Fulginei... Ugulinutius Neri de
Baschi et Baldinus Celli de Marsciano.

9 - [e. 103.] * Cicolus Lamberti de Tud. — semel extrassit
sibi caputium pro B. et genuflexit ante eum, quando cum
quibusdam aliis Tud. fuit missus ad ipsum B. ad rogan-
dum eum, ut eos in pace dimicteret cum vicinis eorum

et nullam in terris vicinis faceret novitatem : — invitus.

2085obedivit vicariis B. et tacuit propter timorem, quando fuit

209

di Berado « Egi-2095
dii de Ponte ».

datum dominium in Consilio Tud. B., nolens ire ad fa-
ciendum se scribi. — Quando fuit propositum de dono
faciendo B., quando idem B. erat in Tud., consensit quod
.XXHIJ. boni homines deliberaverunt quid agendum *.
Item interrogatus qui fuerunt culpabiles in predictis A.
tantum se scire quod ipse testis vidit Baldinum de Mar-
sciano et Ugolinutium de Baschi cum gente B. eodem die
quo DB. introivit Tud. ante omnes currere terram ipsam
Tuderti.

[c. 103 t.]. Beraldus Egidii de Ponte de Tud., R. : * quia.
preceptum fuerat per illos qui tunc regebant terram Tud.

quod nomen imperatoris poneretur in instrumentis, aliter

non admictebatur instrumentum in iudicio, ipse, cum sit

"notarius, in pluribus instrumentis posuit nomen B., sicut

2100jmp., et subtrasit in aliquibus nomen pp. Johannis ; statim

tamen, post recessum Johannis Sciarre, ammovit nomen

ipsius de suis rogationibus, unde nondum erant instru-

menta extracta et posuit nomen pp. Johannis... Extras-
sit sibi caputium pro B. bis vel ter et semel clamavit:

2105 Vivat vivat imperator! Obedivit vicariis B. invitus; col-

quod sie, Bavaro, propter timorem mortis, quia fuerat
I
i

NET
al i p cas

di Ugolino « Od-

dutii ».

di mes. France-

Sco« d. Berardi».

di Berardo « d.2

Ruzoli ».

di Tarlato «Bal-
lutii ».

di Ninoccio « Tu-2139

dinelli ».

di Nolello « d.
Corradi ».

D
fi

di Polello « d.
Beraldi ».

di Egidio « d.
Petri ».

lectas solvit pro donariis eidem B. faciendis, etiam invi--

tus: alia negavit in articulis contenta *.

2110ex parte anteriori.
[c. 106.] Febr. 10. * D. Franciscus d. Berardi de Tud...
adestravit B. cum d. Andrea et ipsum honorifice intro-

miserunt in Civ. Tud. ex mandato Vannis de Sosolano -

tune Potestatis Tud. — Se fuisse electum per C. Tud.
?ll5cum quibusdam aliis tudertinis numero xiJ, ut sibi videtur
de numero ad respondendum ipsi B. de hiis, que [c. 106 t.|
peteret per tudertinos fiendis. — Nichil scivit de tra-
ctatu (habito cum B. ad invadendum terram aliquam), nisi

tune, quando Ugolinutius de Baschi equitabat cum gente

212)B. Qui Ugulinutius sibi dixit quod male faciebat, quia.

tractatum fuerat quod nulla novitas fieret in contrata,.
et dixit idem d. Franciscus, quod noluit quod aliquis equi-
taret de domo sua. — In Sancto Gemino vidit Corpus X.,
non tamen in Tuderto —
2125 [c. 107.] Beraldus d. Ruzoli de Tud. (super vi1?), quod
aliquando ivit ad ecclesiam Saneti Fortunati ad viden-
dum Corpus X extra portam.
Tarlatus Ballutii.... aliquando ivit ad ecclesiam s..
Fortunati ad offitium.

[c. 107 t.| Ninotius Tudinelli de Tud. invitatus fuit ad

equitendum cum aliis, non tamen consensit, nec equitare-

voluit. — Aliquando, per viam transiens, vidit corpus X.
in ecclesia s. Fortunati.
Nolellus d. Corradi... negavit, dicens se fuisse infir--
21385mum quando B. venit 'Tud.
[c. 208.] Polellus d. Beraldi de Tud.... semel ivit ad
Ecelesiam S. Fortunati quando dicebatur missa et exequie-
faete sunt pro anima filii Celli de Marsciano.

[c. 108 t.] Egidius d. Petri de Tud. — fuit Rome cum

210Ugolinutio de Baschi in suum servitium, quando B. erat

ibidem, sil. in urbe Roma. — (Fuit) in ordinatione et

tractatu habito cum dicto B. ad invadendum terram ali-

ERETICI E RIBELLI NELL' UMBRIA, ECC. 3895.

[c. 104.] Ugolinus Oddutii de Tud... mandato Potesta- -
tis Tud. portavit pallium super B. cum Cola d. Oddonis.

iii a er m ai e ia i ar oe

KIM PESA S WP T
- "Citazioni.

L. FUMI

quam? — Sic, de civitate Fulginei, in Urbe, Viterbio et
Tuderto cum Ugolinutio de Baschi et comite Jacobo.
2145 [c. 112 £.] Marzo 25. — Lettera citatoria da portarsi
a Todi e da porsi super altare maioris eeclesie Tud., cum
aliter ipsius nuntii ad ipsos Tudertinos non sit tutus
accessus.
[c. 113.] Nomina autem illorum, quos nune requirimus
2150et citamus sunt heec : n. 737 persone, fra cui i seguenti preti
e frati: Dominus Francus Ballutii, rector S. Appollenaris
de Quadrellis, Dompnus Rodulfus rector ecclesie S. M. de Ca-
mucia, d. Matheus Memmi prior S. Bartholomei, fr. Nicolaus
de Castro Franco, Mannutius Rubei, d. Ugolinus Riccieri
2155prior S. Petri de Cesis, d. Prior S. Petri de Seropetis, d.
Egidius Mannelli prior S. Gemini de Massa, d. reetor
ecelesie S. M. de Civitella, d. rector ecelesie S. Valentini,
‘ &. Nicolai et S. Marie de Baschi, d. filius. d. Rustici prior
ecclesie S. Salvati, d. Spantius Persichicti rector E. S. An-
2160geli de Cisterna, d. Andreas Canonicus S. Valentini, d.
Lonardus qui se gerit pro priore S. Petri de Vineis, d.
Johannes d. Petri prior S. Laurentii de Cannelacia, d. An-
dreolus Jacobi prior S. Valentini de Arcis, Bartolellus
Jutii canonieus dicte Ecclesie, d. prior S. Petri de Loreto,
?165d. Thomassus Bartoletti Sabbi, fr. Bonannus abbas mo-
nasterii S. Fidentii, fr. Iacobutius Vetri et fr. Rigius
Parigioni monachi dicti monasterii, d. Angelus Johan-
gnoni, Terribilis prior S. Gregorii de Nagia, et Terni-
bilis Johangnoni clericus diete ecclesie.
2170
[c. 114] 1330, apr. 14. — Avendo ricevuto lettera dai
frati Jacomo e Paolo da T. priori dei luoghi delle chiese
di S. Agostino e di S. Prassede dell' ord. di S. Agostino,
dove si conteneva, che Ottavio di Masseo sindaco e pro.re
2175del Com. di T. e di alcune speciali persone aveva interposto
avanti ad essi appello alle citazioni, commette l’ Inquisitore
fr. Bartolino ai detti di citarlo a comparire nel luogo de’ Mi -
nori di Bettona (S. Crispolto) a udire la risposta all'ap-
pello, due giorni dopo dalla citazione.
ERETICI E RIBELLI NELL’ UMBRIA, ECC. 327

2180 [c. 115 t.] apr. 20 e 21. — Risposta de ffr. Paolo
e Jacopo suddetti... Qui Actavius ipsarum nostrarum lit-
terarum non recedendo a suis appellationibus et prote-
stationibus, sed illis potius insystendo, a nobis copiam
postulavit, ut possit super agendis deliberare ad plenum.

2185— Risposta o sentenza dell'Inq. contro l'appello, dichia-

randolo nullo e respingendo, fra gli altri motivi, quello,

quod nos sumus infamanti pluribus gravibus sententiis

et criminibus et excomunicati maiori excomunicatione.

2190 — [e. 722 t.] mag. 11. -— .E citato il detto al convento
di Bevagna per il 16 mag. (dall'abbazia di S. Angelo di
Limissiano).
Bolla di p.2195 25 2 da f e DiTYY) i

Giovanni XXÎi [c. 123] gen. 21. Johannes ZEpus etc. Bartholino
all’ Inquisitore, — efc, — Inquisitori etc. Tua nuper insynuatione nobis

per la pubblicità à
«delle citazioni. innotuit, quod cum adversus non nullos qui viris il-
lis perfidis Ludovico de Bavaria et Petro de Corvario
| : hereticis et scismaticis faverunt ac ipsorum vel alteri

2200eorum, dum complices, defensores, auxiliatores, consi-
liatores, adherentes et sequaces fuerint, tamquam ve-
hementer suspectos seu respersos de heresi et seismate
intendas procedere, iustitia exigente, nec ad ipsos in ter-
ris rebellorum Dei et Ecclesie, sicut asseritur, tutus pa-

220teat aditus, pro citationibus, ratione criminum huiusmodi,
faciendis, nobis humiliter supplicasti, ut providere de opor-
tuno in hac parte remedio dignaremur, Nos itaque, qui
negotium fidei ubique ad honorem Dei et augmentum fidei
catholica eupimus, auxiliante domino, prosperari, nolentes
2210quod propter hec inquisitionis negotium valeat in hac
parte quomolibet impediri, faciendi adversus eos et eorum
singulos, quotiens super predietis vel ea quomolibet tan-
gentibus, tibi oportunum extiterit, tuarum citationum edi-
ctum, publice in locis solempnibus, de quibus sit verisi-
2215mile, quod ad eos citationes huiusmodi pervenire valeant,
, n plenam diseretioni tue facultatem tenore presentium elar-

gimur, volentes ac etiam decernentes, quod edicta citatio- -
328

Deposizione e
assoluzione del-
l’Abate di S. Fi-
denzio.

TL. FUMI

nis huiusmodi perinde valeant eitatosque apprehendant et
artent, ac si eis facte presentialiter et intimate sollempni-
2220ter extitissent, quacumque constitutione contraria non
obstante. — Dat. Avinion. xij Kal. febr. pontificat. n.

an. XIIJ.

[c 124.] 1330, mag. 16. — Sentenza di annullamento
2225dell’ appello (dalla chiesa de’ Minori di Bevagna).
[c. 125 t.] mag. 17. — In logia supra sacristiam loci
mm. de Fulgineo. — Dompn. Bonannus abbas Monasterii
S. Fidentii — avanti all’ inquisitore chiede di essere as-
soluto dalla scomunica incorsa per contumacia. — [c. 126]
2230Interrog. R.: — quod quidam pseudo cardinalis Antipape
venit ad monasterium S. Fidentii cum multitudine mili-
tum et invasit in fortitudine armatorum dietum monaste-
rium contra voluntatem ipsius Abbatis. — Tempore dicte
invasionis monasterii prelibati pro recuperatione qua-
2235pumdam rerum dieti monasterii, dominus Corradus Martii
sive Mascius eius filius dedit xxv flor. a., quos ipse Abbas
dieto d. Corrado restituit. — Interr. si novit aliquem ex
suis monachis aliquid sentire contra statum S. et univer-
salis E. vel obloquentem contra SS. P. et d. d. Johannem
224)pp. xxiJ, R.: quod audivit fr. Jacobutium Vetri monacum
dieti monasterii dicentem pluries, quod pp. Johannes non

erat pp. (pres. fr. Antonio Magonis). Et fuit postquam B.

venit Tud. — (Post hec e£c., segue l’ assoluzione di detto
Abate Bonanno).
2245 (c. 126 t.] giu. 8. — Actum in cella inquisitionis con-

ventus ffr. mm. de Perusia. D. Martinus Paulutii preceptor
ecclesie. S. Trinitatis de Tud... £.: quod se presente et au-
diente, Tudertini simul congregati [c. 27] receperunt hono-
rabiliter et concorditer Dav. et Petrum de Corvario Antip.,
225"et ipse testis vidit predictos Bav. et Antip. in platea Com.
'Tud. quando intraverunt Civit. Tud. hónorifice ductos cum
palliis super capud et adestratos... et audivit quando maxima
multitudo populi Tud: clamabat: Viva Viva! — * Dieti
Tud. receperunt et tenuerunt concorditer vicarios dicti

2255B. in Tud. successive, sil. Vannem de Susolano, Baldi-
PATENTS

CEPS aS *

ERETICI E RIBELLI NELL’ UMBRIA, ECC. 329

num et Ciechum de Marsciano et Johannem Sciarre et
eisdem obediverunt, et isti vocabantur Vicarii imperatoris
et sicut Vicarii imp. Civ. Tud. rexerunt.... * et sic vo-
cabantur et reputabantur a Tud. et sic fiebant banni-

2260menta per Civ. Tud. a preconibus, nominando eosdem
Viearios... Com. et universitas Tud. fecerunt B. donaria
de magna quantitate flor.

[c. 127 t.] 1330, Lug. 31. — Sentenza di 10,000 fio-
2205rini e d' interdetto contro il com. di Todi e particolari
(n. 184 persone). Fatta a Bevagna nella chiesa di S. An-
gelo, presenti fra gli altri, d. Allegro Clementis de Cer-
reto Vicario di detta terra e Nardulo Obbinantis, Berar-
dillo Fabioli e Parente Nicolutie Consulibus eiusdem terre.
2270
Denunzie se- [c. 184] Infrascripta sunt quedam insinuationes secrete
xm date fr. Bartolino de Perusia inquisitori in: prov. S. Fr.
sine nominibus denuntiantium, quia propter timorem et
perieulum evitandum noluerunt se subscribere, sed omnia
2275dicebant in Tud. esse notoria et publica, et ideo non
oportere denuntiantium nomina inscribi.
Infrascripti sunt illi qui benefitia impetraverunt a
Petro de Corvari antipapa et qui interdictum violarerunt.
1.2 Cedola, Prima cedula — D.nus Lambertus et d. Simon Celli
??:0de Marsciano remanserunt in Civitate tudertina, quando
B. intravit ipsam Civ. et semper inter fuerunt offitio, dum
antipapa celebrabat, et quasi erant sui consiliarii, et ipse
d. Lambertus accesserat Tudertum ad jurandum Consilium
B., et d. Simon predictus, non optenta assolutione nec
2285petita, fecit se ab Epo tamen catholico, sil: Interam-
pnense ad dyaconatus et presbiteratus ordines promo-

veri. Omnia predicta notoria sunt. D. Lambertus est

prior secularis S. Johannis de Marsciano et Canonicus

Tud., D. Simon prior S. Faustini Tad. dioc. et canoni-
22%cus Tud. Si predicta non sufficerent plura efc.

D. Franciscus Ballutii semper fuit cum predicto An-
tipapa et cardarellis suis, tam. in offitio, quam in mensa,
et notorium est, quod d. Tarlatus suus germanus pro
330

* (b. FUMI

predieto d. Francho et Ruccialo fratre suo plura benefitia.
229impetravit ab ipso Antipapa in Urbe et pro pluribus aliis
personis impetravit, ut dicitur. Et ipsi dd. Franchus.

[c. 134 t.] et Tarlatus et Rueciarellus usi fuerunt semel uno
privilegio pro ecclesia S. Manni de quactuor capellis, et
hoe notorium et publice asserunt, d. n. d. Johannem non:
2300esse S. P. et dicunt non tenere quod per ipsum gestum est
et geritur. — D. Franchus est rector S. Appolenaris de

‘ Quadrellis primus expectans in ecclesia Tud. per licte-
ras d. n. canonicatus S. M. de Amglano et S. An-

geli de Salea. Ricciarellus est canonicus S. M. de vepri-

2305bus — Cicchinus Rubey vel germanus suus occupave-

runt et detinent occupatam Ecclesiam S. Manni de Qua-
trellis per licteras ipsius Antipape, et domp. Benedictus.
Rector in Ecclesia S. M. de Quatrellis induxit illum in
possessionem... et predictus domp. Ben. publice obloquitur:

2310de summo pontifice. — Blaxius Memmi accessit ad Urbem,
ad Bavarum et ad Antipapam et dicitur pro benefitiis
impetrandis et ut procuraret adventum B. Et hoc noto-
rium. Et germanus suus, d. Matheus prior S. Bartholomei
de Tenellaria, et canonicus S. Laurentii de Bubbia sem-

2315per fuit cum predictis Antipapa et cardarellis in omnibus
et publice obloquitur de S. P., et semper apud ecelesiam
suam in singnum alaeritatis faciebat ingnem pro victoriis.
et accessu B. Supradictus Blaxius est canonicus S. Resti-
tute Tud. diocesis.

232) Ciechinus Bartholaccii interfuit dum ipse Antipapa
celebravit in Ecelesia Cathedrali et multotiens accessit
[c. 135] ad offitium ffr. mm. in Civ. et dyoc. Tud. Et ac-
cedit et favet et in contemplum S. M. E. et d. n. et sem-
per obloquitur de S. P. et publice asserit ipsum non esse

2325pp., et non obtenta absolutione, nee petita, fecit se pro-
moveri ad.dyaconatus ac presbiteratus ordines a suprad.
Epo. Interampnense, qui Cecchinus est rector S. Cristine:
et canonieus S. M. de Collegattone Tud. dyoc. Et multa
alia possent de eo dici, et omnia notoria.

2330 Jacobellus d. Oddonis, dietus Carnatius, Franciscus.
suus germanus, Thomas de Plano Anneti fecerunt, quili--

TESA VE WU EET
VIKCUSWATGIANEAMEGUA TG RESET

ERETICI E RIBELLI NELL’ UMBRIA, ECC.

bet ipsorum, filium suum a quodam Epo. scismaticho de
ordine heremitarum ad primam thonsuram et ordines mi-
nores promoveri in Ecclesia S. Augustini, dum B. erat

2335in terra. Et ista poteritis scire per ipsos fratres heremitas .

de ipso conventu S. Aug., quia aliqui ex eis remanserunt,
et quilibet illorum ordinatorum privilegium impetravit
ab antipapa. Nomina illorum ingnoro.

Item ab ipsis fratribus poteritis scire nomina quorun-

?30dam aliorum per predictum seismaticum. ordinatorum

tune, nam dicitur quod fuerunt tres alii, quorum nomina

et parentum ingnoro.

Dompnus Rodulphus Rector Eccl. S. M. de Cammucia

promisit, immo, ut dicitur, procuravit, quod quidam sacer-

2345dos scismaticus divina officia in sua Ecclesia celebraret,
et sibi calicem et paramenta comprestavit, et publice de
S. P. obloquitur, et exeniavit, ut dicitur, quemdam car-
darellum, et licet omnes alii capellani de civ. et etiam
consotiis suis recesserunt de Civitate [c. 735 #.], ipse so-

2350lus remansit. Et hoc notorium est. Item dicitur quod ipse
quodam privilegium impetravit ab antipapa. Et multa
adhue obloquitur.

Quidam olim de Ord. mm., nomine fr. Nicolaus de

eastro Francho, nune fracticellus, divina offitia cotidie.

?3o»eelebrat in quodam oratorio sive capella, situ apud quem-

dam locum d. Francisci de Claravellensibus, qui locus .

vocatur Casabbiola. Et ipse d. Franciscus et sui intersunt
divinis ibi, et in civitate; et hec notoria.
D. Ugolinus d. Rucciali prior S. Petri de Cesis de
2360Tud. dyoc. facit continue ad horas pulsare, et in sua Ec-
clesia divina offitia celebrare per quemdam sacerdotem
fatuum, nomine Hermannum, canonicum ipsius E., et tan-
tum in S. P. credit ipse prior quantum in una capra. Et
hoc notorium est. ;
2365 . "Tellus Spalglie.impetravit ab Antipapa, vel alius pro
eo Eeclesiam S. Andree de Montemarte. Et, ut dicitur, ipse
cepit possessionem ipsius Ecclesie, tamen non recollegit fru-
etus, propter. obstaculum. quorundam. Et istud non est
bene notorium de ipso Tello, quia nullus sua privilegia

p

E

pini a ar tico i id:

MODI CP A
-332

L. FUMI

2370alteri obstendit, tamen notorie dicitur. Et hoc credo quod
ipse aliquid privilegium impetravit et semper fuit cum
antipapa et suis, et multa obloquitur de S. P., pu-
blice et valde inepte. Ipse enim est canonieus Ecclesie
S. Bartholomei, que vocatur canonica fiiiorum Fuschi.

2375 Buccius Benvenuti mercator impetravit pro filio suo
primogenito, nomen cuius ingnoro, quodam privilegium
sive privilegia. Et hoe notorium. Et dicitur quod impe-
traverat Canonicatum tudertinum. [c. 236] Et fuit in
Urbe mercator Bavari. Et semper retinuit in domo sua

2380filiam Jacobi Johannis Arlocti Cardarellum. Filius ipsius
Butii est canonieus in Ecelesia S. M. de Rosceto Tu-
dertine dyoc.

D... de Gaglola prior S. Petri de Scioppetis Tud. dyoc.

impetravit quasdam possessiones que sunt Ecclesie S. Lu-
2385cie de Paterno, Baldiorensis dyoc., site in dyoc. tudertine
prope Eeelesiam suam. et ipsas possessiones tenet et fru-
etus recollegit. Et hoc notorium est.
D. Egidius Mannelli d. Rucciali prior Ecclesie S. Ge-
mini de Massa, dyoc. Tud., publice facit in sua Ecclesia
2390divina celebrare quemdam suum cappellanum, nomen cu-
ius ingnoro, et tantum in S. P. credit, quantum et
suus patruus supra scriptus. Et ipse prior est canonicus
ip Ecclesia S. M. in Monte.
Dompnus... Reetor Ecclesie S. M. de Civitellis semper
239celebrat in sua Ecclesia et obloquitur de d. n. Poteritis
mictere pro sotio ipsius in ipsa Ecclesia qui vocatur dom-
pnus Venutus, qui non celebrat, immo. multa obprobria
audit à quibusdam, et multa alia scietis ab ipso, quia
est bonus homo, licet amieus et multum ffr. hereticorum, s.,
2400maxime, ffr. Berardi de Camerata et Vengnatii, et mictatis
etiam simul pro ipso et sotio suo, et quando venient, in-
terrogetis eos de quodam presbitero, cuius nomen in-
gnoro, Rectore Ecclesia S. Martini de dicto loco, qui
etiam interdictum violat. Et hoc notorium.
-2405 Omnes Rectores Ecclesiarum S. Valentini, S. Nicolai
et S. M. de Baschio, nomina quorum ignoramus, cele-

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è cedola,

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ERETICI E RIBELLI NELL' UMBRIA; ECC. 933

brant continue. Nomina et omnia alia poteritis scire ab
ipso dompno Venuto de Civitellis.
[c. 136 t.] — D. Petrus ut vicarius d. Rustici,
2il0prior Eeclesie S. Salvati, Tud. dioc , in tantum obloquitur
de S. P. et ita publice et talia dicit, quod si quis vellet
omnia narrare, dies antequam sermo cessaret, et breviter,
peior est omnibus, licet non violaverit interdictum. Et
hoe morbo laborat presbiter Oddo Gerardelli d. Oddonís
24l5rector Ecclesie S. Martini de Aliano. Et hoc plus quam
notorium.
Domp. Spatius Persichicti, Rector Ecclesie S Angeli de
Citerna, tantum credit in S. P. quantum crapam. Et quasi

furibundus obloquitur. Et hoc notorium est.

ww
Do

Domp. Andreas, canonicus S. Valentini de Pigluto, ad
instantiam Polelli d. Beraldi, fuit executor quarumdam li-
ceterarum et posuit quemdam in possessionem Ecclesie S.
Romane. Et credo etiam quod fuerit executor supranominati
Telli Spalglie. Ista forte poteritis melius scire a d. Oddone
2425priore diete Ecclesie S. Romane, qui moratur ad castrum

Titignani dominorum de Corbario.

‘D. Leonardus sive Nardutius, qui se gerit pro priore
Ecclesie S. Petri de Uncinis, non credit in S. P. et victu-
perose obloquitur. Et hoc notorium est. Et unum sciatis,

243 quod omnes, qui non violant interdictum, non dimictunt
per conscientiam, nec propter S. P., sed solum propter
timorem Epi. et suorum.

D. Johannes d. Petri, Rector Ecclesie S. Laurentii de
Gammelance, publice, licet non multum, obloquitur, et in

2sienum alacritatis ingnem pluries et pluries fecit apud
Ecclesiam suam pro victoriis B.

[c. 237]. — Andreolus Jutii d. Beraldi, prior S. Valen-
tini de Arcis, publice obloquitur de d. n., et est de Clava-
vallis. Moniales Monasterii Montis Xpi., moniales monaste-

2440rii de Paringnano, que morantur nunc in Tud., non serva-

verunt, nec servant interdictum, ad instantiam fratrum.

Secunda cedula. — In nomine domini, amen.
Ciccolus d. Johannis.

10
1o
334 L. FUMI

2445 D. Zolus Gentilis, maxime ut Consul notariorum, in
publica adunantia notariorum, monuit omnes notarios,
quod in ipsorum instrumentis ponerent nomen B.

Matheolus Lippi notarius, Gentilis Uffredutii de Cano-

nica, Massius Lelli Gratielanni, Ciccolus d. Corradi d.

2450Grassi, Ciolus Cole d. Seghi, Sciantus Marchelli, Mannes.

d. Nerii, Jolus d. Dalimani, Nallus Jacobi d. Raynerii,
Jucius d. Guerrisii.

Gentilis Herriei maxime dixit, quod pp. Johannes.

erat hereticus, quia canonizavit beatum "Thomam de

?4» Aquino, qui est hereticus et erroneus, ut dicebat (1).

(1) Fra le opere di S. Tommaso, un opuscolo, il XIV (S. THOMAE AQUINATIS, Opu-
scula insignora, duobus tomis, Duaci Catuacorum, 1609. — Tom. I, Opus. XIV) tratta :
De perfectione vitae spiritualis, e al cap. VII (De secunda via perfectionis, quae
est per dimissionem temporalium) ecco qnanto si legge: « Inter temporalia vero bo-
na, primo relinquenda occurrunt bona entrinseca, quae divitiae nuncupantur, et hoc:
Dominus consulit, MarrH 19: Si vis perfectus esse, vade, etc. etc. Cuius consilii utili-
tas consequenter ostenditur etc. .... Salubriter ergo Dominus consuluit tamquam.
utilius, ut divitiae relinquerentur. Sed potest aliquis contra praemissa obiicere,
quia Mattheus, Bartolomeus, Zaccheus, etc. divitias habuerunt et tamen in regnum
coelorum intrarunt; sed hoc Hieronimus solvens dicit: Considerandum est autem,
quod eo tempore quo intrarunt, divites esse desierunt. Sed cum Abraham nunquam
dives esse desierit quin potius in divitiis fuerit mortuus, et eas in morte reliquerit
filiis (ut in Genes. legitur), videtur, secundum praedicta, non fuisse perfectus, cum
tamen ad eum Dominus dixerit (Genes. 17): Esto perfectus. Quae quidem quaestio:
solvi non posset, si perfectio vitae christianae in ipsa dimissione divitiarum consi-
steret, Sed si verba Domini diligenter considerantur, NON IN IPSA DIVITIARUM DIMISSIONE
PERFECTIONEM POSUIT, sed hoc ostendit esse quasi quamdam perfectionis viani, ut ipse
modum loquendi ostendit, cum dicitur: Si vis perfectus esse, vade, et vende quae
habes.... et SEQUERE ME, QUASI IN SEQUELA CHRISTI CONSISTAT PEIFECTIO, DIMISSIO: VERO
DIVITIARUM SIT PERFECTIONIS VIA..... Potest, ergo, contingere, quod aliquis, divitias.
possidens, perfectionem habeat, charitate perfecta Deo inhaerens. et hoc modo Abra-
ham, divitias possidens, perfectus fuit. non quidem habens animum divitiis irrititum,
sed totaliter Deo coniuctum; et hoc figurant verba Domini dicentis ad eum: Ambula
coram me et esto perfectus; quasi in hoc eius perfectionem ostendens esse, quod co-
ram Deo ambulasset... ».

Crediamo che non altro che questo sia il purto, di cui i Fraticelli questio-
navano. — La quistione stessa e le altre consimili del tempo di Giovanni XXII ecci-
tarono l'animo dell'altro frate Michele, detto della Marca, che nel 1389 fu arso in Fi-.
renze. Egli nell' esame inquisitoriale che gli fu letto, dove diceva: « Santo Tommaso
d'Aquino non essere santo, rispuose: Dico, s' egli è santo, si sia; se non è, non sia);
però che io non ne sono tenuto a credere più ch? io mi voglia; però che fu canoniz-
zato da papa Giovanni eretico; ma tengone quel che ne tiene la santa Chiesa Catto-
lica, e quel che ne terrà il papa santo da venire ». Più oltre il notaro leggendo gli
atti della confessione di fr. Michele « come dicea che quel d'Aquino fece alcuno
ERETICI E RIBELLI NELL’ UMBRIA, ECC. 335

[c. 137 t.]. — Polellus d. Beraldi dixit in Consilio
generali, quod ipse impetraverat vel impetrari fecerat ab.
antipapa ecclesiam Sancte Romane, et dixit in platea Co-
munis Tud , quod pp. Johannes erat hereticus et patarenus..

2460 Butius Berardi, Phylippellus Ranutii, Berardus d.
Francisci de Claravallensibus, Barnutius Lucciaroni not.,
Oddutius Lucciaronis, Grappucialus Grappasenni.

Guidaloetus d. Albertutii, procuratorio nomine Leonis.

Jacobucii de Dosculano, opposuit in Curia Tudertina in

2465causa, quam habebat eum Petro Raynaldi contra ipsum
Petrum crimine lese maiestatis, dicens, quod dictus Petrus
erat rebellis Bavari et imperii.

Ser Augelinus Raynaldi notarius, pluries consuluit in
D « >]

Consilio Tudertino in favorem B. proponens: Ecce dies
270quam fecit dominus ete. et Ecce Angnus
Dei etc., adaptans ad B.; et fuit offitialis B. in Capi-
tolio et Vicarius eius et in Viterbio et in Civitate lucana.
[c. 238]. — Ricciardus ser Tudini, Mannicellus Ge-
rardi posuit in suis instrumentis, que conficiebat, no-
2475men B.
Grappolinus Bartolelli stetit Rome ad stipendium B.,
seu in servitium B. ad stipendium Ameliensium, et im-
petravit ab antipapa ecclesiam de Scoppiellis.

Ballutius d. Nini et Blasius Memmi de Claravallen-

ie A DEA t.

2iS0sibus pro tota stirpe ipsorum, cum aliquibus sotiis equi-

tibus iverunt ad Urbem in servitium B. et impetraverunt

ifte

a B. et antipapa plures gratias et licteras, et maxime
Ballutius predietus impetravit a B. Comitatum Norman-

die et ab antipapa canonicatum maioris Ecclesie Tud.
?iS5pro d. Francischo suo filio, et fuerunt in Urbe et Viterbii

Consiliarii B. predicti.
Fatius Marinelli et Matheus eius frater de Claraval-

lensibus minabantur vulnera et mortem omnibus, qui

errore; e que’ disse: T non v'üi posto quel cv io ti dissi. E sotto voce disse: S,
bene, che fece alcuno errore contro alla povertà di Cristo » (Storia di fra Michele
Minorita, come fu arso in Firenze nel 1389. — Scelta di curiosità letterarie inedite o
rare, disp. L., Bologna — Romagnoli, 1864, pag. 40, 42. — V. anche EHRLE, Op. cit. II,
pag. 658.
396

L. FUMI

favebant papam Johannem et quibus contradicebant B. et

219 'antipape.

D. Tarlatus Ballutii, Mannes Bartholelli d. Aimonis
dicebant et dieunt semper publice, quod pp. Johannes est
hereticus, antipapa est catholicus et favent publice B.
et antipape tam verbo, quam opere.

2495 Thomassus Jutii Mercati fuit offitialis et domesticus
B. et fuit domicellus cuiusdam carpinalis Antipape, et
nune est, et favit B. et antipape publice et occulte, et
nune est cum B

Actavius et Fidantia Massei impetraverunt a B. qua-

250sdam lieteras, quibus mandabat Bavarus Comuni Tu-
derti, quod eos reciperet ad civilitatem et inter cives,
cum essent [c. 738 £.] comitatini, et ponunt semper in
ipsorum instrumentis nomen Bavari.

D. Admannatus fuit offitialis Vicarii D. in Viterbio,

2505 Jutius Andreutii de Ponte,

. Cobarius Rogerii et Mercennarius d. Ugolini de Ac-
quasparta,

Sartolellus Rusticutii,

Vannes Gentilutii not posuit maxime in suis instru-

2510mentis nomen B.,

Ciecolus Monaldutii, Cola Bonmanardi,

Nardutius Butii maxime fuit tractator ut D. invaderet
Civitatem Fulginei.

Loddus Andree notarius posuit in suis instrumentis

2515nomen B. et dicebat in Consiliis publicis Civitatis Tuderti
et favebat B. et antipape.

Cobaccius Guerriscelli Sabbi, D. Thomassus Bartolelli
Sabbi, prebendatus et clericus, asserebant et asserunt pp.
Johannem esse hereticum, et antipapam esse catholicum

2520et S. P.

Guidarellus Jampoli, Massiolus Petruecioli et Dome-
sticus eius filius, Salamon d. Bernardini, Beraldellus d.
Ricciardi, Mannectus d. Massei, Bonfigliolus Gilielli, Pe-
trucciolus d. Massei, Semoncellus Raynaldi, omnes et sin-

252>guli supradicti, ultra specialiter dicta, faverunt et favent B.
et antipape et [c. 239] nituntur Tudertum esse in rebellione
ERETICI E RIBELLI NELL’ UMBRIA, ECC. 337

Eeclesie, et favent Vicario B. et iverunt et vadunt ad mis-
sas et offitia, que publice canuntur et celebrantur in Eecle-
sia S. Fortunati per fratres Minores, et adherent et credunt
25300ppinionibus et pred'cationibus ipsorum ffr., in quibus
pp. Johannem appellant Jacobum de Caturco et concedunt
indulgentias ex parte antipape, vid. pape Nicolay .v., et
omnes predicti dieunt pp. Johannem esse hereticum et
pp. Nieolaum esse S. P., et student violari Ecelesie inter-
2535dictum, et elamaverunt alta voce, de anno preterito et de
mensibus maii et junii dieti anni: Vivat Bavarus
et antipapa et moriatur Jacobus de Ca-
turco hereticus, cuius pater et mater
fuerunt de heresi dampnati, etcredunt antipapam
2540esse S. P. et infinita et inenarrabilia crimina conmiserunt,
et conmicterent, si potestas adesset, et miserunt tamen
in Tudertum B. et antipapam et interfuerunt maledietioni,
quam antipapa concedebat, et fecerunt poni in eorum in-
strumentis B. nomen et fuerunt causa invasionis Fulginii.
2545 Francischus d. Oddonis impetravit pro filio suo ab.
antipapa ecclesiam S. Silverii de Flontingnano.

Cobutius Thomassutii peecavit, ut supra alii. Ninus Mo-
scati dicit publice, quod pp. Johannes est hereticus et quod
antipapa est S. P., et credidit et credit [c. 259 £.] in antipapa,

2550et dicit * quod beatus Thomas de Aquino est hereticus, et
Sic, per consequens, pp. Johaunes, qui eum fecit cano-
nizari *.

Prior S. Petri de Cesis, prior S. Gemini de Massa, prior
S. Bartholomei de Thenellaria, prior S. Valentini de Arcis, d.

?55»Franchus Ballutii, omnes de domo Claravallensium, procu-
raverunt et procurant interdictum Eeclesie violari et faciunt
celebrari divina offitia in eorum ecclesiis, non obstante
interdieto, palam et publice coram populo et laycis, et mi-
nantur vicinis ecclesiarum ipsorum, quod si non vadant ad

2560audiendum offitia, quod facerent eos vulnerari et occidi ; et
interfuerunt quando antipapa faciebat celebrari offitia in
maiori ecelesia Tudertina, ipso antipapa presente et offitia
dicente ; et fecerant eidem tanquam pontifici reverentiam

et tenuerunt et tenentipsum pro S. P. et dicunt publice quod

E

ibi at

», sint go smi — iui e
338

3.2 Cedola.

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35
es

'"L. FUMI.

2565pape Johannes est hereticus et quod non est papa et dicunt
quod. B. est verus imperator, et receperunt in eorum do-
mibus Carpinales antipape, et habuerunt eos et habent
pro veris et legitimis cardinalibus, et cottidie invitant
quemdam carpinalem ad domos ipsorum; et studuerunt

2570et student tenere Tud. Civitatem in rebellione Ecclesie et
S. P., et receperunt lieteras et gratias ab antipapa tam
pro se quam pro aliis.

fc. 140]. — Prior S. Petri de Loreto, Prior de Sciop-
pietis conmiserunt, ut supra, et asseruerunt et asserunt,

2575quod pp. Johannes est hereticus et quod antipapa est S. P.

Domp. Rodulfus Rector ecclesie S. M. Cammocia dicit,
licet occulte, quod pp. Johannes est hereticus, et dicitur
quod fuit in proposito sequendi viam et gressus antipape.

Ciecolus Juntule, Buccius Lippi Tamagnini et Ma-

?5]90theucius Cole, Gualterius Gerardutii not., notarii, posue-
runt in eorum instrumentis nomen B. et antipape.

Ser Frauciscus Massarutii est et fuit offitialis Vica-
riorum B. in Pisis et nunc est in Aretio et fuit offitialis
usque ad mortem Epi Aretini dampnati.

?55 . Benvenutus Cassinni not. posuit in instrumentis no-
men B. et antip. et nune moratur Aretii cum Vicario
B. in offitio.

Gregorius Guidonis not.

Paceptus Jutii not. posuit iu suis instrumentis nomen B.

2590 [c. 140 t.]. — Guerrisius Arloctutii.

Cinotinus mag. Benvenuti.

Angeluctius Andree dietus alter Lellus not. posuit
in suis instrumentis nomen B.

Tellus Zoli not., peior omnibus.

2595 Prior S. Petri de Uncinis peccavit ut supra alii priores.

Tertia Cedula. — D. Ugolinus prior S. Petri de Cesis
non servat interdictum in Ecclesia sua.
D. Gilius prior S. Gemini de Massa idem.
2000 D. Franchus Ballutii stetit in choro cum antip. ad
dicendum offitium eum eo in Epatu tud. et impetravit
lieteras ab eo.
4.a Cedola.

5.a Cedola.

ERETICI E RIBELLI NELL' UMBRIA, ECC. 339

D. Andreolus Jutii prior S. Valentini non servat efc.
Ballutius d. Nini ivit Rome et proeuravit quod B.
2605veniret Tudertum et exscapigliavit se coram B., dicendo
quod si non veniebat Tud., quod civitas Tudertina ve-
niebat ad mandata Ecclesie. Omnes isti sunt de filiis
Clavarallensium.
[c. 141]. — Jolus d. Dalimani, Clavellus et Ciecolus d.
2610Johannis, Gentilis Uffredutii, Salamonus d. Berardini,
Ciecolus Galganicti, Sciantus Maechellis, Jutius d. Guerri-
sii, Ciolus d. Jacobi, ser Angelinus Raynaldutii, Riecar-
dus d. Tudini, Berardellus d. Ricciardi, Filippellus Ray-
nutii, Truffaglonus Cole, Jacobellus Freri Johannis, Cic-
2615colinus M. Benvenuti, Tura Tutii, Plenerellus et Raynal-
dus de Cammerata, Mancinus Ciutii, Butius Benvenuti,
Ciccolus Monaldutii, Ciolinus Angnelutii, Andreutius
Mannis, Francischus Gilii, Petrus Massoli Petrucciali non
servant interdictum et plura alia faciunt.
2620
Quarta cedula. — Ballutius d. Nini impetravit a B.
Castrum Monticuli et castrum Jani et totum comitatum
Normandie iuxta Tudertum.
Polellus d. Berardi impetravit ecclesiam S. Romane
26ab antipapa.
Grappolinus Bartoletti impetravit ecclesiam de Scop-
pietis.
[c. 141 t.]. — Ciccolus d. Johannis (con altri 22) om-
nes isti clamabant et dicebant B. esse imperatorem et Pe-
2630trum de Corvario esse papam, et dicebant et asserebant
pp. Johannem non esse pontificem, immo dicebant ipsum
esse hereticum, maxime per sententiam contra ipsum
latam per B. et antipapam ; et infinita alia contra fidem
tam dixerunt quam fecerunt.
2035
Quinta cedula. — Fr. Bonannus Abbas Monasterii S.
Ferentii Tud. dioc., fr. Iacobutius Seghi, fr. Rigius Pari-
giensis, monaci dieti Monasterii, contendunt et asserunt d.
pp. Johannem non esse pp., immo hereticum, et dicunt

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340 L. FUMI

2640et asserunt Petrum de Corvario intrusum esse verum pp.,
sanctum et justum. Et ipse frequenter audivit.

[cC. 142]. — Item dietus Abbas anno preterito de
mense augusti recepit unum de pseudo Carminalibus, qui
se dicit ser Jannes Capoccio et ibi fuit ad commedendum

?04:et bibendum una die.

6.* Cedola. Sexta cedula. — Cianfredus Castellonis de Castello-
narde dixit S. P. non esse pp., sed hereticum, et quod D.
erat imperator sanetus et iustus, et poterat facere pp. et

?6:0quiequid volebat.

Collett., c. 143.
B) Processo originale dell’ Inquisizione contro Amelia.
Processus conlra Amelienses.

1329, ott. 26. Actum Perusii in domibus Marini
Ganggiapanis, ubi moratur Bretuldus d. Mathey de
Amelia, pres. Cieco d. Ugolini de Amelio et Cangno de
Mevania test.
Mae nale di 9 Ven. vir d. Mannus Epus Ameliensis.... exposuit et
di Amelia. dixit eoram Inquisitore predicto, * quod multi amelien-
v7 ses, immo quasi omnes, hoc tempore periculoso, erra-
Zt verunt contra fidem et S. E. et contra personam SS. P.
et d. d. Johannem pp. xxij. Nam se Epo presente, vi-
10 dente et audiente sub a. d. m. rrj. xxviij, quando Ba-
varus intravit Pisas et Viterbium et Romam et tem-
pore sue coronationis, in pluribus locis dicte civitatis.
fecerunt falones sive ingnes maximas in honorem et
favorem heretici B. et clamabant vocibus vigorosis:
1 Vivat sanctus imperator et moriatnr Ec-
clesia Romana et Iacobus de Cahors he-
reticus pactarenus et pp. Johannis canis.
It. pro assumptione Petri de Corvario ad antipapatum fece-
runt similes ingnes ac etiam clamoribus clamores addebant +
£0

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3

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50

55

ERETICI E RIBELLI NELL’ UMBRIA, ECC. 341

Vivat papa Nicolaus et moriatur Jacobus
de Chaors etquossibi adherent. It. expo-
suit adque dixit, qnod clamosa insinuatione fide dingnis
relationibus dicitur atque fertur, quod predieto tempore,
quando B. intravit Urbem, adunata maxima multi-
tudine predictorum civium Ameliensium in burgo Co-
munis Amelie, quod dicitur spazo, in favorem dicti heretici
B., unum saccum de paleis impleverunt, et imposuerunt
et finxerunt sibi nomen papam Johannem. Et po-
stmodum ipsum combuxerunt et clamabant: Combu-
ratur et moriatur paterenus sive here-
ticus, loquendo de SS. pp. Johannem, et extollebant
predietum hereticum B.: Vivat sanetus impe-
rator et moriatur pp. Johannes hereticus
et pactarenus *. 4

It. quod plures de dicta diocesi Amelie predictis hereti-
cis B. et intruso paruerunt [c. 743 £.] et obediverunt, et nunc
etiam parent, obediunt et intendunt eosdem B. imperato
rem et Petrum de Corbario S. Ecclesie R. pontificem esse,
publice et pertinaciter nominaverunt et asseruerunt, et
nune etiam nominant et adfirmant in Civitate Amelie
et eius diocesi.

It. quod omnes et singuli Amelienses et alii plures
clerici et layci de dieta diocesi pro denariis et emseniis,
honoribus et subsidiis faciendis et impendendis eisdem
hereticis solverunt datia et collectas. SIA

It. quod aliqui de dicta diocesi accesserant. ad
predictos hereticos in eorum subsidium et favorem, et
eidem antipape, tanquam vero pontifici, reverentiam exhi-
berunt, et ab eodem intruso gratias et beneficia ecclesia-
stica impetraverunt. Et quod alia plura predicti omnes et
singuli fecerunt et conmiserunt in favorem, subsidium et
auxilium predictorum. hereticorum, et nunc etiam plura
faciunt et conmictunt in obdurationem criminum eo-.
rumdem.

Quapropter dietus d. Epus eundem Inquisitorem ro-.
gavit obnixe, ut sibi placeret contra ipsos Amelienses et

alios culpabiles in predictis inquirere diligenter et ipsos.
TTT

3349 L. FUMI

punire, iustitia mediante. Et idem Epus in predictis et
quo ad predieta dumtaxat concessit eidem Inquisitori
60 totaliter vices suas.

Deposizione di Eodem die, loco et testibus dicto d. Manno Epo Ame-

im. Cecco «

‘Ugolini ». liense et Cangno de Mevania, d. Cecchus d. Ugolini de Ame-
lia, constitutus coram fratre Bartholino efc., dixit efc., quod

65 vidit et audivit Cicchinum Lutii abbatem S. Benedieti,
Bighitellum Ciccoli d. Petri, Angelutium priorem sancti
Jannis, Bertoldum abbatem sancti Jannis, Bertoldum ab-
batem sancti Secundiani, Jannem Jutii, Tingnosum Cicchi
Petri, Masciunculum Nelli Nericoli, Dominicutium Mannis,

70 Lelum Crescii, Priorem S. Petri, Magistrum Mecollum
Ciccototti, omnes simul et plures alii, de quibus non
recordatur, illo sero quo nova de coronatione Bavari fue-
runt data in Amelia, quod fecerunt rotam et cohortem
et ludebant per terram, clamantes et dicentes: Vivat

%©sanctusimperator et moriatur [c. 144] eccle-
sia Romana et Jacobusde Chaohrs here-
ticus pactarenus (in quadam platea dicte civita-
tis, que dieitur porta). It. deposuit et dixit, quod pu-
blieum et notorium est in Civitate Amelie, quod tempore

80 quo B. intravit Urbem, magna multitudine Ameliensium
adunata, in loco diete Civitatis, quod dicitur spiazo, unum
saecum plebis impleverunt et nominabant eum pp. Johan-
nem et ipsum postmodum combuxerunt, et ipse testis mane
sequenti, transiens inde, audivit a quodam, cuius nomen

85 ignorat: Hic fuit combustus pp. Johannes!
Et etiam in eadem Civitate multi amelienses vocabant
quamdam canem nomine summi pontificis, scilicet papa
Johagne, et postmodum, in eius despectum, suffoca-
verunt eam in latibulo, seu ceno.

90 It. dixit et deposuit dictus testis quando vidit fieri
multos falones et ingnes maximos in civitate Amelie tem-
pore quo B. intravit Urbem, et diversis aliis temporibus,
pro honore ipsius B. et antipape. Et vidit testis dictum
Abbatem S. Benedicti accipientem lingna per vim a qua-

95 dam fornaria, nomine Primeria, pro faciendo falone sive

oM
ERETICI E RIBELLI NELL’ UMBRIA, ECC. 343

ingne. Et dum faciebant dictos ingnes, clamabant, ut
superius est expressum: Vivat imperator et papa
Nicola et moriatur Jacobus de Chaors.
It. dixit et deposuit, quod publicum est in civitate A-
100melie ac notorium, quod Jannoctus de Alviano, Cechinus
Ghezi et Colutius eius frater (de Alviano), Angnolellus
Andree de Amelia et Paulellus d. Corradi de Tud. iverunt
in subsidium dicti B. ex parte Com. Amelie, quando erat
in Urbe, et cum eo fuerunt per tempus in eadem Urbe.
105Et sicut publice dicitur in dicta civitate Amelie ordinatum
fuit in Consilio dicte Civitatis, quod eligerentur aliqui boni
homines, qui deberent de ipsis eundis in subsidium di-
eti B. providere et ordinare, ad quod fuerunt electi et
assumpti per ipsum Consilium, sieut publice dieitur, Ur-
l0sus Vati, mag. Angelus Massacuculi, Vitalis de Canali,
Lutius d. Petri, d. Petrus (1) Massarolii, mag. Paulus
Paulutii et d. Andreas Jorni cives dicte Civitatis.
[c. 144 t.|. — It.... quod fr. Nicolaus de Alviano ivit
Viterbium ad autipapam et ab eo recepit Epatum Amelie,
let testis vidit quando dictus fr. Nicolaus rediit de Viter-
bio, et dicebatur comuniter inter cives dicte civitatis, quod
ipse veniebat ad accipiendum possessionem Epatus, et
etiam audivit filium Jannocti dicentem tunc: Habemus
Epatum Amelie contra voluntatem cuiu-
120scunque nolentis. Et audivit a Chello Ugolini
faetore Epatus, quod jam vicarius Epi, qui tune erat,
removebat res suas de Epatu.

Die secunda mensis novembris. — Actum in camera
125Inquisitoris in capite dormitorii loci mm. de Perusio, pres.
fratribus Andreutio Cartholarii et Angelello Ravegnani
ord. mm. testibus.
Bretuldus d. Mathei de Amelia.... dix. et dep., quod
omnes et singuli infrascripti tenuerunt SS. pp. Johannem

(1) Nella sentenza si aggiunge : « Sicut alio falso quesito colore ad mictendos
«dictos mil.tes sive stipendiarios ad B ».
Testimonianza 130non esse pp., sed esse pp. Petrum de Corvario, pro eo-

di Bertoldo « d

Mathei ».

L. FUMI

quod ipse testis audivit pluries eos diceutes et nominan-

tes Petrum de Corvario pp. Nicolaum, et dicebant quod

in papa Johanne habebant tantam fidem, quantam in uno

cane, et quod ipse pp. Nicholaus erat factus legitime per
135populum romanum et sanctum Imperatorem.

Item dixit et testificatus est, quod ipsos omnes et
singulos inferius nominatim expressos vidit testis euntes
per terram saltando in choreis quando Petrus de Corvario
assumptus fuit ad antipapatum et clamabant vocibus altis-

MOsimis: Vivat vivat pp. Nicolaus et moriatur Ja-
cobus de Chathors: nomina autem predictorum sunt
hee: Lutius et Marchus Cichii Cambii, Mag. Angelus
Comitis, Mag. Nicolaus Mancii, Mag. Amannatus Ange-
lutii, Michael Angelutii, Mag. Johannes Mag. Celli, Ritius

M»Roberti, [c. /45] Pius Corradi, Rubeus et Thurichius
Compe, Mag, Petrus Mag. Cardinalis, Machatius et Bar-
tholellus Angelutii, Mag. Franciscus Nicole Domestici
Mannes Mag. Pauli, Johannes Roberti, Peregrinus d.
Zizzi, Mag. Simon Augurozii, D. Andreas et Mag. Do-

150minieus Giorni, Angelus Andree, Nicholaus Mag. Pauli,
Ciechutius Veraldi, d. Petrus Mag. Petri, Mag. Angelus
Cardoni, Comparutius Ciecolocti Cives Amelienses.

Et interrogatus testis de loco; R., testis, quod multo-
tiens audivit preditos sic obloquentes et in diversis locis,

l5sed aliquando in platea Com. Amelie, aliquando in strata
Mercantie, et aliquando in platea S Marie de Portu, et in
pluribus aliis locis dicte civ., sed predictos Rubeum et Tu-
richium audivit solummodo in platea S. M. et in burgo
Amelie (de mense augusti et septembris mece. xxvIIJ).

160 [c. 145 t- 147] 1329, nov. 2. — Inquisizione contro i detti.

[c. 147-147 t.] 1829, ott. 27. — Commissione al Ve-
scovo di udire i testimoni.

165 [c. 448 150 t.] 1329, nov. 2. — Citazione a compa--
rire fra 10 giorni.

is 9. ^
- 9e :

ERETICI E RIBELLI NELL’ UMBRIA, ECC. 945
Testimonianza [c. 150 t-152) Nov. 24. — Ursus Vati de Amelia....

di Orso « Vati ».
testis... addidit... quod, etiam se audiente, dicebant: M o-

riatur Ecclesia Romana puctana, borde-
lolaia, simoniaca! — Et etiam addidit, quod pro
assumptione antipape equites astiluxerunt, et pro coro-
natione B. vidit, sicut extimat ipse testis, ducentos
cum cereis accensis in manibus saltantes et ludentes
(n. 51 nomi, fra cui Bartholomeus Jontoli, cuius fuit
li3eatula, eui fuit nomen impositum Papa Johannes). It.
quod vidit quando Cicchinus et Jannoetus revertebantur
in equis et dicebant se venire a pedibus SS. Imperatoris
et Nicholai pape — et hec etiam vidit et audivit a
Bertuldo abbate S. Secundi.
180
Citazione. (c. 152 1-153 L.] Nov. 25. — Citazione contro i con-

tumaci (n. 51) a comparire fra 12 giorni în Perugia.

Sottomissione. [c. 153 t.] 1330, Feb. 24. — Petrus mag. Petri de

185Amelia si sottomette.

Sottomissione [c. 154-155 t.] Giu. S. — Monito dell’ Inquisitore at
del Comune di à
Amelia. Com. e a particolari di Amelia. — Giovanni de Arimino,

domicello e fumiliare del Card. Giov. di S. Teodoro sindaco
199e procuratore del Comune di Todi, chiede l’assoluzione
dalla scomunica. — Monito di pagare 60 fiorini d'oro pel

primo agosto per la spesa del processo. '

Processo ri- [c. 156-157) Giu. 8. — Nella sala del palazzo supe-
messo al Cardi- —
nal Legato. 195riore del convento di S. Pietro di Perugia. — L/ Inquisitore

commette a Pietro Vescovo Marsicano, cancelliere del card.
Legato suddetto e ad altra persona cui piacerà al d.
card. con delega, di esaminare il processo dandogli fa-
coltà di togliere e cassare ecc.
200

-Assoluzione. [c. 157 t-159] Nov. 21. — Assoluzione agli Amelini.
Mannutius dictus Rubeus Gilii Boncamgii sindaco e pro-
curatore del Comune e particolari di Amelia si dichiara

pronto a soddisfare il d. Inquisitore e chiede l’assoluzione.
FL

946 L. FUMI

Definizione del 205 [c. 159 t-161] Nov. 21. — A Pietro vescovo Marsicano,. í
processo com-

messaaduecap- cappellano, e a Filippo Johannis Gaytani canonico di As-
pellani del Le- pp x PP si

gato. sisi, cappellano del Legato, U Inquisitore, ad intuito del
Cardinale e a petizione di ser Francesco di Nicola amba-

sciatore e nunzio del Com. di Amelia e di Mannuccio (
210detto Rubeo, di Gilio Boncagni sind. e proc. della d. co-
munità e singole persone, commette loro la definizione del

processo.

Risultato del- [c-162] 1329, Nov. 5. — Manno vescovo, per autorià con-
l'esame vesco- .—
vile. ?l5cessagli dall' Inquisitore, fa il suo esame, dal quale risulta

che: In quodam sacco miserunt paleas et dictum saccum
in figuram pape constituerunt et ipsum obbrobriose coro-
naverunt, gridando alta voce evidenter coram pluribus diete
civitatis: Moriatur moriatur, presbiter Jacobus
220de Cheorsa falsus et hereticus papa, et postea
dietum saccum coro natum et figuratum in personam pape

commuserunt pubblice et palam coram pluribus dicte civi-

tatis. Et post hec, quemdam catulum ceperunt et imposue-
runt sibi nomen predicti d. Johannis S. P.; et miserunt dicto

??;eatulo quamdam licteram in cannam, et publice et palam ]
extraginaverunt ipsum eatulum per civitatem predictam,
fragellando ipsum cum virgis et frustibus, gridando publice
et altà voce: Moriatur moriatur, papa Johan-
nes hereticus et sodomita, et ipsum catalum

20extraginaverunt usque ad pontem (1) diete Civitatis, et
de dicto ponte precipitaverunt eum, et suffucaverunt .
ipsum catulum in ceno (2), et spiritu diabolico ducti, per
civitatem predictam, falsa et vana gloria gloriando, cum
faculis in manibus gridando, cum multis pueris: Mo-

?9riatur moriatur presbiter Jacobus de
Chaorsa hereticus et sodomita et viva
ss. Imperator et pp. Nicola!

[c. 163] Nov. 5. — In casa di m. Andrea, nel Castello T

(1) Altrove: ad pontem lacus ».
(2) Altrove: « Cenoso lacu ».

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DELI RES CO v rut arre

ERETICI E RIBELLI NELL’ UMBRIA, ECC. 940

"di Lugnano, dove pure risiedeva il Vescovo, fu commessa
la citazione a Tiburzio Mathei da Lugnano.

di Lello ende Nov. 8. — Lellus Ciutii Angnonis de Amelia testis....
dixit, quod omnes gebellini et infideles S. R. E. cives Ame-
2ilienses, et presertim infrascripti homines, mostraverunt
maximam alacritatem de adventu et coronatione dicti
B., saltando, canendo, gridando et exaltando voces eorum
cum tubis, campanis. et ceramellis (1), dicendo: Viva
viva [c. 163 t.] SS. Imperator et moriatur-
250p p. Johannes, Jacobus de Caorsa sodimita,
prestando eidem DB. subsidium in pecuniam et personis
et in gentibus equitibus in subsidium ipsius mictendo
(n. 22 nominati principali fautori) — Et quasi omnes
alii gebellini et infideles de dicta civitate, qui omnes
Z»exultando de adventu et coronatione dicti B., falonia
multa fecerunt per dictam civitatem in pluribus et di-

versis locis cum faculis de cera et ingnes de lingnis.

Seri denun- [c. 164) Nov. 8. — It. quod... Prior S. Petri, presbiter
260Franciscus Lelli Nerculi, Johannes Jannicelli et plures

alii unum saccum palearum fecerunt in figuram pape Jo-

hannis et immaginem ipsius immaginando (2) conmuserunt

eum et cridando dicendo: Conmuratur papa Jo-

hannes ereticus sodomita, et predicta fecerunt

Be An

?0bim civitate Amelie in cruce de burgo et in splazarello.

"
ZI PM

(c. 164-171] Nov. 10-11. — Il vescovo cita 4 persone

per testimoniare.

, Testimonianza 270 — [c, 772] Nov. 26. — Glorius Angelutii testis... dix....,

di Glorio « An-

gelutii ». quod Cecchinus, Colutia et Angnelutius Getii de Alviano,
Jannoctus Francisci de Alviano, Nutius Petri, predicti
omnes procuraverunt et ordinaverunt, quod daretur predi-

cto Bavaro adiutorium de militibus, sil. numero duodecim

(1) Altrove: « cum mitra in capite ».
(2) Altrove; « Gambanis, timpanis ».
348

L. FUMI

?iopro duobus mensibus ad stipendium Comunis civ. Amelie.
Et predietus Lutius d. Petri et Angelutius [c. /728.] Getii
de Alviano ad predicta constituenda et ordinanda et alii
suprascripti personaliter iverunt cum stipendio dicti Co-
munis in servitio et favore dieti B. in Urbe, in Campam-

230gna et Patrimonio ad ponendum insidias et dampna
fidelibus S. R. E. — Vidit eis solvere et recipere stipen-
dium a Camarario Com. Amelie.... et eos armatos ire cum
equis et armis.... Quod omnes infrascripti et alii quam
: plures, numero ducentorum, gebellinos et infideles S. R. E.

235de Civ. Amelie, vidit ire per terram Amelie, tempore quo
B. intravit Urbem, favendo, cantando et voces eorum exal-
tando cum tubis, timpanis et ceramellis, cum luminariis fa-
cularum de cera in manibus, dicendo: Viva viva SS.
imperator et moriatur presbiter Jacobus
2%de Chaorsa hereticus pactarenus et so-
domita. It. dix. quod tempore coronationis dicti B.
omnes iufrascripti fecerunt similiter gaudium, prout su-
pradietum est, et falones feceruut in turri Com. et plateis
et viis et in pluribus locis dicte Civ. de mandato supra-

?95dietorum Lutii d. Petri, Cecchini, Colutie, et Angelutii
Geptii de Alviano et Jannocti Francisci de Alviano ti-
rannorum diete civitatis. Et postquam predicta et iniqua
et perversa perpetraverunt, predicti Cecchinus, [c. 173]
Colutia, Jannoetus iverunt in adiutorium dieti B. Et su-

300pradicta fuerunt sub potestaria Bartholelli de Tuderto.

[c. 178 t.] Dix. ipse testis, quod, stando in domo Lutii

d. Petri, audivit, quod Cecchinus de Alviano dixit, stando
ad conmedendum una cum Urso Vati, Lutio d. Petri,
Cecchino eius filio abbate S. Benedicti, diabolico spiritu
3istigati, quod pp. Johannes, qui modo regnat, non esthomo,
sed diabolicum corpus formatum, et in dicto corpore diabo-
lus est inductus, et per dictum diabolum loquitur et omnia
operatur, et ideo omnia que facit sunt diabolica et non
vera, quia si esset homo, non conmicteret tot mala et ho-
310micidia ut conmietuntur. Et dicebat quod non cura-
ret (?) de sua excomunicatione quanto de ano aselli. Et
ERETICI E RIBELLI NELL’ UMBRIA, ECC. 349

predieta dicendo, spuebat et distratiabat et faciebat flcca
contra nostrum SS. pp. Johannem, et iterum affirmabat
d. pp. Johannem esse quoddam corpus diabolicum et
3lónon hominem, et dato quod esset homo, quod non est,
indicabat ipsum esse hereticum et pactarenum et sodo-
mitam; que omnia affirmabant et asserebant esse vera
Lutius d. Petri et Ciechinus eius filius abas S. Benedicti.
(c. 173 t.] Nov. 29. — In palatio castri Porciani,
320avendo il Vescovo spedite le citazioni, il nunzio riferisce
averle, il'3 dicembre, poste in altare maioris Eeclesie, et
etiam dieit, quod dicte lictere fuerunt lecte in palatio Com.
Amelie coram toto Consilio ac etiam in stratis et plateis
diete civitatis.
[c. 174 (171).] Et ego Franciscus m. Oddonis de Lu-
gnano not. dicti d. Epi. Ego Nicholaus Francisci de Pe-
rusio... exem plavi e£c.

325

Processi per Rieti. Anno 1354.

Bibl. Vatic. Vatic. 4029. c. 1-82.
A) Processo originale dell Inquisizione contro Paolo Zoppo.

[c. 7]. In nomine d. amen. Hec est copia et registrum
cuiusdam privilegii seu indulti et lictere papalis e£c.
Johannes epus eze. dilecto filio Symoni Phylippi de
Spoleto Ord. ffr. mm. in provincia Romana Inquisitori
5 heretice pravitatis salutem efc. Excitamur cura sollicita efc.
— Dat Avin. Kal. Julii pontif. nostri an. xvit.

In nom. ecc. Hec est copia, registrum et exemplum
euiusdam alterius privilegii efc. Iohannes epus efc. dil.

23

LA

VT Pr gere rit)
350 : L. FUMI

10 fil. Symoni etc. Nuper accepimus ete. — Dat. Avin. Idus
Februarii, pontif. nostri, an. xVII.

[c. 3] In nomine d. amen. Hec sunt exempla, ex-

trationes et copie quorumdam actorum et actitatorum
15 faetorum, habitorum et receptorum in camera et officio !
Inquisitionis heretice pravitatis a Sede Apostolica specia- .

liter deputati, et plures alie scripture ad dictum Inqui- |
sitionis offieium pertinentes, scripta, copiata, registrata. |
de mandato dicti Inquisitoris manu mei Martini magistri

20 Aymonis de Urbeveteri Imp. auct. notarii et nunc
notarii dieti Inquisitoris et eius officii sub annis, diebus.
et mensibus infrascripti.

Die xv mensis Julii.
Deposizione di Soror Ceecharella Johannis Retinecte de Reate, mo-
suor Ceccarella.

25 nialis monasterii sancte Scolastice de Reate, iurat, et in-
terrog..super inquisitione infrascripta, ipsa sibi leeta et.
vulgariter exposita, tactis sacrosantis scripturis, coram
supradicto Inquisitore corporali prestito sacramento, dixit,
se tantum de ipsa scire, quod semel Paulus, in inquisi-

30 tione [c. 3 £.] contentus, dixit sibi precipiendo in virtute: i
obedientie: Spolia te, et dicebat: Nune videbo: |
si tu es obediens, et sic tamen dificulter fecit.
eam spoliari ad nudam carnem; et se ipsum sic expolia-
vit similiter ad carnem nudam, et fecit ipsam Ceccarel-

35 lam sub pallio eiusdem obedientie iacere in terra nudam ;
et se ipsum posuit in terra iuxta eam, accipiens eam
manibus, et eodem pallio obedientie inducebat eam ad
standum et peccandum cum eo. Et ipsa Ceccarella restitit
sibi, et, ut credit, virtute divina fuit de eius manibus

40 liberata; et surgens revestivit se, et sedeus ibidem, tota
stupefacta sedebat; et tune dictus Paulus accessit ad eam
et dixit sibi: Tu noluisti obedire michi; cre-
debas quod esset peccatum? Et ipsa Cecca-
rella respondit, quod sic; et ille respondebat et dicebat, )

45 quod non erat peccatum et quod illud fecerat et facere
voluerat, quia habebat ex revelatione Spiritus Sancti, et.
quod de hoc rogaverat Deum magno tempore, et quod.
ERETICI E RIBELLI NELL’ UMBRIA, ECC. 951

numquam hoc fecisset, nec facere actemptasset, si nesci-
visset quod esset de voluntate Dei.

50 Et ultra hec, dixit ipsa Ceccarella, eodem sacra-
mento, quod tune, in eodem loco, ipse Paulus dixit sibi,
quod credebat quod ipsa Ceccarella obedivisset ei si vo-
luisset facere adulterium cum ea. Et ipsa ex simplicitate:
non inteligens verbum [c. 4] adhulterii, dixit sibi:

5 Quid est adhulterium? Ipse Paulus respondit,
quod erat illud quod voluerat facere cum ea.

Item dixit dieta Ceccarella quod dictus Paulus tune:

dixit sibi: Si tu credidisses michi de su-
pradictisantequam modo, modo esses san-

60 eta. Item dixit predicta Ceccarella quod tune dictus
Paulus dixit sibi quod isto modo mortificavit caro melius,
quam aliquo alio modo, et quod non erat persona in
istis partibus tam sancta, quantum est illa, quam per
istum modum fecerat mortificari.

65 Interrogata de loco, H., quod fuit in una domo,
que erat Contesse Jotii, que nunc est de tertio ordine
b. Franeisei, et cuius Contesse ipsa Ceccarella erat tune
famula, in qua domo tune dictus Paulus habitabat.

interr. de presenti, E. quod nulla persona fuit ibi

70 tunc in dicta domo, nisi ipse Paulus et ipsa Ceccarella.

Interr. si tune erat hostium domus clausum, Z.
quod sic.

Interr. de tempore, Z2. quod fuit ultimo die veneris
mensis martii illius anni, et in ista quadragesima prox.

79 pret. fuerunt duo anni vel unus elapsus, sed non bene
recordatur de anno, sed dixit quod de hoc recordatur,
quod fuit ultimo die veneris illius anni.

Interr. dicta Ceccarella, eodem saeramento dixit, quod,
ipsa preseute et audiente, supradictus Paulus, alias ante

S0 supradicta domo [c. 4 #.] ubi habitabat supradicta Contessa
Gotii, posita in Civitate Reatina juxta domum Jacobutie
Caccharelli macellarii, inducebat dietam Contessam in vir-
tute obedientie ad spoliandum se, ut sopra fecit de ipsa Cec-
carella, et dicebat quod non est maior corona, quam illa,

85 qnam mulier merebatur in verecundia dicte expoliationig

E m Sri eiie P IER. LEE

emnt
e5
n9

L. FUMI

et actus carnis: et quod post multa talia verba, ipse
Paulus et dicta Contessa intraverunt unam cammeram,
que erat in dicta domo, solus com sola, ipsa Contessa
difficulter consensiente, sed consensit et' fecit propter
90 meritum, quod ille Paulus dicebat ipsam Contessam ex
hoc promereri, sicud eidem Ceccarelle dixit tune ipsa
Contessa; et dixit quod tunc in dieta Cammera dieta
Contessa supradictis modo et pallio, quia mereretur, se
expoliavit ad nudam carnem in supradicta Cammera, ubi
95 erat predicta Contessa, et ipse Paulus solus cum sola,
supradieta nescit utrum peccaverint carnaliter. Item
dixit predicta Ceccarella, quod alias in supradicta domo,
ubi habitabat dieta Contessa, eisdem modo et pallio,
ducebat ipsam Ceccarellam ad spoliandum se ad nudam
100carnem ; et quia ipsa Ceccarella resistebat, dixit Contessa
eidem Ceccarelle, que tune erat famula eius: Filia,
et bene potestis facere hoc (silicet expoliare
se ipsam coram eo) quod iste precipit tibi,
quia ego feci similiter ad preceptum
lsuum.

Interr. de tempore, AH. [c. 5] quod non bene recor-
datur; et fuit ante aliam supradietam expoliationem ip-
sius Ceccarelle, et post spoliationem predictam ipsius Con-
tesse.

110 Interr. de presenti, £., quod non fuit alia persona,
nisi ipsa Contessa et dietus Paulus et ipsa Ceccarella.

Item dixit Ceccarella predicta, quod post omnia su-
pradieta, dum ipsa Ceccarella contra supradietum Paulum
ostenderet se turbatam, propter illud quod fecerat sibi,

li»et fecerat et attemptaverat [dixit eidem?]: Non tur-
beris, filia, contra eum, quia tale quod
recepit à Deo vel a Spiritu Sancto, quod
ipsa non potest peccare peccato carnis,
loquens de supradicto Paulo.

120 Interr. de loco, Z., quod non recordavit.

Interr. de tempore, dixit se similiter non recordari.

Item dixit dieta Ceecarella, quod sibi turbate de su-
pradietis; que ipse Paulus sibi fecerat, dicta Contessa di-
ERETICI E RIBELLI NELL’ UMBRIA; ECC. 393

xit: Ceccarella, tu non es mortificata,
125quia nichil est quod michi preciperet
ipse Paulus, quod ego non facerem.
Interr. de tempore, dixit quod non recordatur.
Interr. de loco, dixit quod fuit in domo ipsius Con- ,
tesse.

130 Actum in ecclesia monasterii Sancte Scolastice de
Reate, presente fratre Andrea lectore loci fratrum heremi-
tarum sancti Agustini de Reate et fratre Johanne de
Amelia dicti ordinis heremitarum [c. 5 #.] et me fratre
Berardo de Reate ord. min. notario ipsius Inquisitionis

135et domina sorore Scolastica Abatissa dicti monasterii, die
xv meusis Julii, an. dom. millesimo trecentesimo trige-

simo quarto.

Aggiunta alla Eisdem loco et die et presentibus testibus supraseri-
deposizione.
140ptis, suprascripta Ceccarella interrogata a fr. Symone de
Spoleto Inquisitore supradicto, coram quo supradicta dixit
quot annorum erat quando supradicta fuerunt, /J/., eo sa-
cramento, quod erat, ut credit, decem annorum et ultra,
et modo est, ut credit, decem et viij annorum et ultra..
145
, Attestazione Domina Soror Scolastica Abatissa monasterii supra-
di suora Scola-
stica abbadessa. ^ dicti, tactis sacrosanctis scripturis, suo sacramento coram
supradicto Inquisitore, dixit, quod ipsa Abatissa audivit
in dieto monasterio a dicta Ceccarella alia omnia et sin--
1509ula in sententia, que supra ipsa Ceccarella dixit et con--
fessa fuit coram dieto Iuquisitore.
Actum eisdem loco, die et presentibus testibus su-

prascriptis.

Fra Simone da 155 [c. 6]. — * Nos fr. Symon de Spoleto ord. ffr. mm. In-
Spoleto Inquisi- x

tore con speciale — quisitor supradictus, quum debitum conmissi nobis officii
mandato contro

i fraticelli de — exigit et requirit, quod contra hereticos et hereticas, et
paupere vita

suspectos de heresi et heretica pravitate, et ad ipsam

quomolibet pertinentia exsterpanda, nec non et contra

160eorum fautores, receptatores et defensores eorum solerti

diligentia procedamus, et ex speciali mandato d. pp. Jo-
"394 -L. FUMI

hannis xxIJ teneamur de vita et conversatione quo-

rumdam, ritum, statum, habitum vel septam fraticellorum

de paupere vita septantium vel tenentium aut assumen-

165tium, que per Sedem Ap. sunt phroybita et dampnata,

informemur, et culpabiles privamus, secundum qualita-

tem criminis et persone. Sane clamosa insinuatione et

sentita la fama fama publica deferente, nostris est auribus intimatum,

di Paolo Zoppo .

e di altriuomini quod Paulus Zoppus, alias dietus Paulus de Carcere, et

«e donne per atti

‘disonesti, 170quidam alii homines et mulieres, salutis proprie imme-
mores, Dei et E. timore postposito, facies iddem (!) haben-
tes diversas secum (?) ad invicem colligatas, sub pallio
mortificationis carnis et specialis virtutis et bonitatis ac

«compiuti sotto ^ obedientie salutaris vel perfectionis habitus vel virtutis,

-colore di morti-

fieazione della 175mulieres ante se ad nudum faciunt spoliari et jacere sup-
-carne, di speciale

A di bonte, pinas, modis et actibus inhonestis, ut suas [c. 6 #.] infe-

‘di perfezione, ctivas corructionis libidines licite valeant adimplere *, ini-

quitates dampnabiles ad meritum exponentes et in ani-

marum laqueos affirmantes, ideireo volentes, ut tenemur,

180scire utrum clamorem, qui ad nos venit, opere compleve-

E mee - rint, e£ predietorum omnium et singulorum discernere

veritatem, contra supradictas personas et quamlibet earum

et omnes alias cuiuscumque sint sexus, condictionis, status,

ristruisce il pro- ordinis, preheminentie vel dignitatis, ex officio nostro et
«cesso contro di

sessi. 185nostre Curie, auctoritate nobis conmissa inquirimus et

- inquirere intendimus de predictis omnibus et singulis et

eis annexis et connexis et ex eis emergentibus quoquo-

modo culpabiles corrigere et punire, prout secundum

deum et justitiam videbimus expedire, secundum canoni-

190cas sanctiones et tenorem privilegiorum nobis et nostro

officio a sede ap. indultorum.
Confessio fratris Pauli de Carcere.
195 Die xv mensis Julii.
Paulus Angelecti Venuti de Reate de porta romana

de subtus, constitutus coram fratre Symone de Spoleto In-
quisitore supradicto, iuravit, tactis sacrosanctis scripturis,

-
Confessione di
Paolo Zoppo, sot-
toposto all’ inter-
rogatorio, per at-
ti disonesti con
donna Contessa
del 30 Ordine

e con donna Cec-
carella

"ERETICI E RIBELLI NELL’ UMBRIA, ECC. 355

200ad saneta Dei evangelia, stare mandatis E. et d. pp. Jo-
hannis xxiJ et ipsius Inquisitoris et subcessorum eius et
dicere veritatem de omnibus, de quibus fuerit interroga-
tus. Et leeta sibi et vulgariter exposita inquisitione su-
pradicta, que sic contra eum et quasdam alias personas,

205suo sacramento A. et dixit et confessus fuit, quod semel
[c. 7] fecit spoliari Contessam filiam Jotii et uxorem
quondam Pauli Piseis de Reate, que modo est de tertio
ordine b. Franeisci, in sua presentia, credens bene facere.

Interr. de loco, AZ. quod fuit in domo predicte Co-
210mitisse, in qua ipsa habitat, posita in contrata platee
maioris, iuxta domum Caccarelli Accorsecthi macellarii,
juxta viam.
Interr. de presenti, £., quod in domo nulla alia
persona erat, nisi ipsa Contessa et ipse Paulus, qui erant
215intus in cammera ipsius domus, et dixit quod fecit quod
ipsa tune nuda daret sibimet disciplina, ipso Paulo
presente et vidente.
Interr. de tempore, £., quod non bene recordatur,
sed credit quod sit unius et ultra [anni].

22) Interr. dixit et confessus, quod fuit alia vice in
domo, in qua habitabat Paulus ipse, que erat et est
prediete Contesse, posita supra domum Thome Colai,
iuxta domum filiorum Schaiacte, in Civitate Reatina: fecit
expoliari ad nudam carnem Ceccarellam Johannis Rati-

225necthe et jacere eam sie nudam super unam bancham,
dicens sibi: Mortifica carnem tuam amore
Yesu Xpi, scilicet ispoliando et vere-
cundiam substinendo: que sic nuda stabat et
jacebat, ipso Paulo presente et vidente. Et dixit, quod

230tune, ipsa sic jacente, Paulus discoperuit se ad nudum
in parte et in forma virili, et posuit se ad jacendum iu-
xta eam, et tune ipsa territa surrexit.
Interr. de presenti, Z., quod nulla alia persona fuit,
nisi ipse Paulus et ipsa Ceccarella.

235 Interr. si erat hostium clausum, R., quod [c. 7 £.] sie.

Interr. de tempore, R., quod non recordatur.
Interr. quod predietorum fuit prius, an illud cum
356 L. FUMI

Contessa, an illud cum Cecearella, Z., quod prius fuit

illud eum Contessa, et dixit quod nunquam fecit plus, nec
l4Mixit cum predictis, nec cum aliis, et omnia alia in in-

quisitione contenta, preter supradicta, negavit.

Interr. post predicta, dixit et confessus fuit, quod
supradictam Contessam fecit spoliari ad nudum in eadem
domo, de qua supra, bis, ipse Paulo presente et vidente,

lM5nulla alia persona ibi stante.

Actum supradicta die, in domo ffr. mm. de Reate, in
camera ipsius Inquisitoris, presente fr. Johanne d. Bar-
tholini de Spoleto, fr. Matheutio de Podio et me fr. Be-

150rardo notario ipsius Inquisitoris de Reate.

Non crede que- Item eisdem loco, die et testibus presentibus, dixit.
gli atti essere : ; Voti efte
peccati mortali. — et confessus fuit, quod supradicta fecit, credens se bene-

facere et eredens mereri apud Deum, et ita dixit tunc
155eis, et sub isto modo meriti eas ad supradicta induxit,
sed non eredit supradicta fuisse peccata mortalia.

Nuova confes- [c. 8]. — Die xv mensis Julii.
sione del sud- :
detto. Paulus supradictus repetitus iterum et interrogatus,

l60supradicto sacramento dixit et confessus fuit, quod una
alia vice fecit spoliari Ceccarellam in sua confessione
contentam ad carnem nudam in domo, in qua habitabat.
Contessa in sua confessione contenta, ipsa Contessa pre-
sente et ipso Paulo presente in dieta domo, sed erat ipsa.
165Ceccarella, intus in camera, nuda, et ipse Paulus et Con-
tessa extra cameram.
Item interr. si numquam dixit, quod actus fornica-
tionis non esset peccatum, Z7. quod non.
Item interr. si credebat quod supradicte mulieres.
170mererentur in supradictis spoliationibus coram eo et ipso
presente et vidente factis et quas fieri faciebat, E. quod
tune credebat quod mererentur propter mortifieationeny
carnis, sed modo credit, quod fuerint peecata mortalia.
Item interr. si scit aliquem alium vel aliquam alianx
1?5tenentes vel qui aut que tenuerint supradictam oppinionem

= 47
» ERETICI E RIBELLI NELL’ UMBRIA; ECC. - 391

et predictum ritum, /?. quod non, vero quod dieta Contessa

spoliando se, ut supra dieitur in confessione alia contenta

superius, et credebat in illis mereri.

ZA

{ 18) Item interr. si de predictis scivit aliquid ante quam.

yi veniret ad inquisitionem, AZ. quod sic., scilicet heri, quia.

sibi dixit Reccha de Reate, dicens sibi: Fugias,
quia aliquid dicitur Inquisitori contra te.
Item interr. si ipse fuit lucutus postquam scivit cum

185»aliquo, R. quod fuit lucutus cum supradieta Contessa, di-

cens sibi: Nos sumus, scilicet, tu et ego-

incusati Inquisitori; et illa R.: Male vadit
factum nostrum.
Actum supradicta die in loco ffr. mm. de Reate ete. us..
19)
Eadem die et mense.
fanegno doiter: Predietus Inquisitor dedit et assignavit Paulo supra-
ni, per la difesa. dieto inquisito terminem sex dierum ad omnem suam

defensam faciendam et suspectos assignandos et causas

z

! sub pena excomunicationis et omnia alia suo arbitrio:
faciet eum poni vel stare, et quod se eoram eo ubicum-

200dabit, personaliter presentabit, et. quod de supradictis

omnibus per eum confexis et de quibus est interrogatus
i vel aliis per eum vel aliam personam, ipso sciente, con-

missis, cum nulla persona loquatur sine sua licentia spe-

promisit sponte sub supradictis penis supradicta omnia
et singula se facturus. — Actum etc. ws.

) 210[e. 9] Die xvJ mensis Julii.

Altra confes- Paulus Coppus inquisitus supradictus, iterum repe--

sione del mede-
simo. tendo coram ipso Inquisitore, suo sacramento dixit et

confexus fuit, quod postquam fecerat expoliari ad nudum.

in supradictis hereticalibus ritis et modis eredebat ipsi Paulo

l95suspittionis presenti et audienti, et ipsi presenti mandavit.
imponenda, quod non fugiat, nec recedat de loco in quo-

que et quandocumque voluerit ipse Inquisitor vel man-.

ciali, protestatus sibi in hiis seriptis, quod si in aliquo.
205secus fecerit de omnibus, de quibus habetur suspectus,.
haberi debeat pro suspecto. Qui Paulus supradictus, .
2358 : L. FUMI

et iacere super bancham et ipse posuit se ad iacendum
?lójjuxta eam spoliatum prius ad nudam carnem, et post
predicta, dicta Ceccarella, que ibi iacebat spoliata iuxta
eum, surrexit turbata et posuit se in eadem domo habi-
tationis ipsius Pauli revestitam ad sedendum, et tunc
Paulus reinduit se et ivit ad eam et incipit loqui cum
220ea et dixit quedam verba, de quibus non recordatur.
Item dixit, quod mulieres, in supradictis confexionibus
suis contente, ad illas expoliationes et alia, que faciebat
eas facere, erant dure in prius et difficulter fecere, sed
ipse sub apparentia et pallio bonitatis et perfectionis, in-
225duxit eas ad illa facienda, credens in illis spoliationibus
et aliis factis tune esse meritum. Et ad hoc credendum
induxit predictas mulieres et dicte mulieres in ipsa cre-
dulitate credebant sibi, sicut ipsi Paulo videbatur, sed
modo dicit et confitetur, quod illa fuerunt peccata mor-
230talia, et' crimen heresim, quod in illis contrassisse et
omnem aliam heresim sacramento proprio abiurando.
Item dixit et confessus fuit, quod in domo habitationis
sue, Ceccarelle supradicte dixit, quia non consenserat
Sibi, et expoliata, turbata surrexit ab eo: Tu debui-
235s ti michi consentire etiam in adhulterio.
Et ila R., sibi: Quid est adulterium? Et
[c. 9 t&.] Paulus ipse Z., Adhulterium est illud
quod ego volui facere tecum.
Actum in sacristia maioris ecclesie Reatine, presen-
240tibus d. Francisco Archipresbitero eeclesie S. Marie de
Canetra, Vicario d. Epi Reatini et me fr. Berardo notario

Inquisitoris, an. d. millesimo trecentesimo xxxIIIJ°®.

Item eisdem loco et die,et testibus supraseriptis, pre-

2i9dieuts Paulus coram ipso Inquisitore iterum repetitus, suo

sacramento dixit et confexus fuit, quod quando fecit

‘Sue intenzioni. gpoliari ad carnem nudam et jacere spoliatam super
bancham Ceccarellam, in sua confexione contentam, in

domo habitationis ipsius Pauli, que est Contesse Jotii, et

250ipse spoliavit se ad nudum et posuit se ad iacendum

nudum juxta ipsam nudam, volebat et intendebat appro-
ERETICI E RIBELLI NELL’ UMBRIA, ECC. 359

pinquare corpus nudum ipsius Pauli corpori nudo ipsius
Ceccarelle ex parte ante; sicut appropinquat maritus
uxori, sive homo nudus cum muliere nuda, sine corru-
?93ptione; et dixit quod dieta domus erat clausa et nulla
alia persona cum eis; et dixit quod ad predicta illam
inducebat sub specie virtutis obedientie apparente sed
ipse Paulus non credebat se benefacere.
Sr eecità di Interr. que fuit malitia illa, utrum esset malitia la-
269scivie vel cecitatis fidei vel alicuius [c. 70] alterius, R.
quod fuit malitia in eo cecitatis fidei. Item dixit
quod dum fecit spoliari aliam mulierem, scilicet Contes-
sam in alia sua confexione contentam, ipse Paulus et
ipsa Contessa stabant solus cum sola intus in camera
265habitationis ipsius Contesse, et extra cameram erat Cec-
carella sola, et eos videre non poterat.
Mrs della Interr. quare fecit eam expoliari, Z2. quod ad hoc ut
delectaretur in videndo eam nudam.
Interr. sub qua specie et quo colore induxit ad
270spoliandum, Z7. quod ad supradieta inducebat sub specie
virtutis obedientie; et in hoc dicebat experimentum su-
mere si erat obediens. Et dixit quod dicebat sibi,
fan Se none di quod si predieta faciebat ad dictum suum, ipso presente
et vidente, erat obediens, et si illa non faceret, non
275esset obediens.

Lo apprese da Interr. a quo habuit predictum ritum et modum, et
fra Raimondo da ni
UT frati- a quo didicit, AJ. quod didicit et scivit a fratre Ray-
«cello,

mundo fraticello de Spoleto, qui fuit moratus in loco
foreste de Reate et loci s. Maronis vel Mari prope Reatem
?S0et nunc est defunctus, et fuit defuntus in domo Lotoroni
de Alfanis de Reate, et fuit sepultus in cimiterio Ecclesie
maioris Reatine.
ct wm a Interr. quomodo docuit eum dictus frater Raymundus,
R. quod dicebat sibi, quod Spoleti servabatur iste modus,
285scilicet, quod homo nudus cum nuda iacebat et non
conmiscebantur ad invicem.
Interr. [c. 40 #.] si ille asserebat in supradictis esse
aliquod bonum, £., quod non dicebat sibi nee bonum,

nec malum.
PA
Boo
;

L. FUMI

290 Interr. de loco «ubi supradicta didicit, Z., quod in
Civitate Reatina, sed non recordatur bene et determi-
nater de loco part'eulari.

Interr. de tempore, £., quod fuit jam sunt x et
xiJ anni elapsi *.

295 Interr. de presente Z., quod nullus. Interr. si
quando audivit predicta a fratre Ray.do credidit sibi,
et maxime quod in illis non esset peecatum, £., quod sic.

Interr. si tunc et extunc habuit propositum predicta
exercendi, et supradictum modum servandi in se et
300m aliis, &., quod sic. Et quod post predicta vaccillando
dixit, quod dicta prox: supra non proposuit operari,
nisi quando incepit. Et iterum dixit, quod de hoe non
recordatur plene, sed proposuit tune vel non propo-
suit, quando audivit a predicto fratre Ray. do. Interr.
305iterum quantum tempus est, quod incepit predieta ope-
rari, et ad. supradicta personas alias inducere, R., quod
non bene recordatur, sed est annus et ultra.
Interr. si scit aliquam personam, preter nominatam
ab eo, supradictum ritum et modum servare vel quod ser-
3lyaverit, R., quod non. Item interr. si vult assignare
aliquam personam suspectam, A. quod non, quia nullam
personam habet suspectam. —
Actum us.

315 Item eidem loco et die predictus Paulus in supra-

dieta Inquisitoris presentia constitutus, suo sacramento -

dixit et confessus fuit, quod sponte et non timore ali-

cuius [c. 77] tormenti vel alterius, nec subgestione, sed

ex propria voluntate sua et astrictus vinculo sacramenti, .

320dixit et confessus fuit omnia, que supra in suis confes-
sionibus factis coram ipso Inquisitore, tam in loco ffr.
mm. heri, quam hodie in sacristia ecclesie maioris Rea-
tine, presente domino Vicario d. Epi Reatini et me

fratre Berardo notario ipsius Inquisitoris continentur et.

3?5contineri dignoscuntur, et illa suo sacramento refirmavit,

dixit et asseruit vera esse. Et dixit * quod ipse nullam

personam suspectam habebat, et sponte renumptiavit .

TT mate.

RETTE E

Ten 9.

ERETICI E RIBELLI NELL'UMBRIA, ECC. 961

di Rinunzie alla eausam sue defense et omni termino et omni delationi,
rer et posuit se. libere in manibus ipsius Inquisitoris, petens
330de supradictis et in inquisitione facta contra eum ite-
rum per ipsum Inquisitorem penitenziari cum miseri-
cordia, et plurimum recognoscens in predictis se deliquisse
et errasse.
Actum loco et die supradictis, presentibus d. Angelo
539»d. Pauli de Reate, d. Johanne Reatini, Ballevino- magistri '
Johannis, d. Francisco vicario d. Epi Reatini, Leonardo
Angeli et Johanne Petrutii Falzerii et Petrono Jannani-
eti (?) de Spoleto et me fr. Berardo de Reate notario pre-
dieti Inquisitoris.
340
Eisdem loco, die et presentibus testibus supradictis,
predietus Inquisitor precepit sub pena excomunicationis
f gH. et omnia alia temporali, corporali et spirituali suo arbitrio
di non fuggire. imponenda Paulo Cioppo [c. 76 #.] supradicto presente et
39audiente, quod non fugiat, nec recedat de loco ubi eum
posuerit vel poni aut stare fecerit vel mandaverit, et
quod semper quandocumque et ubicumque mandaverit
ipse Inquisitor se debeat personaliter presentare, prote-
status sibi expresse in script's, quod si in aliquo secus
390fecerit vel derelassus, puniri debeat eo ipso. Qui Pau-
lus supradieta aeceptavit et sub predictis penis et com-
minatione promisit predieta omnia sponte integraliter se
facturus.

395 Die xvi mensis Julii.

Paulus Cioppus supradictus iterum repetitus a pre-
dieto Inquisitore et interrogatus in virtute prestiti sibi
sacramenti, si aliquis vel aliqua scivit illa heretica vel

Paolo dichiara — hereticalia seu ad heresim pertinentia, que in aliis suis

essersi accusato

ms cua due 360confessionibus est confessus, suo sacramento, dixit quod,
non nisi in confessione, et dixit, quod omnia confessata
per eum coram ipso Inquisitore dixit in confessione
dompno Filippo de Cospiano, habitanti prope ecclesiam
S. Johannis Evangeliste de Reate, et dompno Johanni

9Detrignani, et quilibet eorum absolvit eum a predictis,

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ALTA ae piros
TE | 362 L. FUMI

Item dixit, quod supradieta confessata per eum,
tam de Contessa, quam de Ceccarella scivit Angelectus.
de Palatio, et dixit quod de predictis reprehendit eum
in domo ipsius Angelecti.

3:0 Item interr. si fecit [c. 72] alia vel dixit quam illa.
que confessus est coram ipso Inquisitore in aliis con-
fessionibus, dixit et confessus fuit, quod, quando, in cam-
mera, Contessa Jotii erat spoliata ante ipsum Paulum,
et erat ipse Paulus solus cum. ipsa Contessa sola spoliata

375in dieta cammera, dicta Contessa, sic spoliata existens,
dixit ipsi Paulo: Ecco ego pono mein mani-
bus tuis,ut facias de me quicquid vis
et representes me Deo. Et ipse Paulus R., Li-
benter.

380 Et in signum huius, dixit quod daret sibi osculum in
cis Splega: partis ore, et tunc iste et illa se invicem sunt obsculati, ponens
atti. ipse Paulus braccium ad collum ipsius Contesse et cum

braccio strinsit eam ad se. Item dixit, quod dixit dicte

385pradicta expoliatione coram eo et amplexu ipsius spoliate
erat meritum apud Deum, et dicta Contessa credit sibi
in hoc. Sed postea dixit, quod hoc non dixit tunc
Contesse, quod esset meritum vel non meritum. Et
statim declarans se dixit quod tune in supradictis dixit

390ipsi Contesse, quod illa scil. expoliatio et obsculum et
amplexus erant grata Deo et bona et bene facta. Et
Contessa ipsa credidit, et credidit sibi in predietis.
Item dixit quod tunc accepit eum manu massillam ipsius
Contesse, quando erat spoliata ubi supra, et hoc fuit

395quando amplexatus et obsculatus [c. 7/2 £.] fuit eam,
quia cum una manu amplexabatur eam et cum alia
tangebat et accipiebat sibi massillam.

Inquisitoris e£c. die xviJ Julii.
400
Die .xxv. eiusdem mensis.
Paulus Cioppus ab ipso Inquisitore iterum repetitus,

; Contesse quod supradicta facere, scil. de osculo et de su-

Actum in loco ffr. mm. de Reata in cammera ipsius.

suo sacramento dixit et confessus fuit, quod ubi alias.

Se — —

— € ^
Mei

——— ái À

Segue.

ERETICI E RIBELLI NELL' UMBRIA, ECC. 363

confessus fuit, quod Contessa Jotii spoliavit se coram eo
40in cammera ipsius Contesse, erant ipse Paulus et ipsa
Contessa solus cum sola in domo vel intus in cammera ;
et tunc ipse Paulus jacebat in una lectera, que erat in
illa cammera, et ipsa Contessa ante lecteram illam iuxta
eam stabat spoliata; et fecit quinque genuflexiones in
4l0eruce in terra, et tune dieta Contessa, spoliata, dixit ipsi
Paulo iacenti in ipsa lectera: Ecce ego pono me
in manibus tuis; facias de me quicquid
vis. Et tune ipse Paulus accepit eam iacens, ut supra
dicitur, et amplexatus est eam [c. 23] cum uno braccio
4l5stringens eam ad se, osculando eam in ore. Et in hoc
dixit, quod credebat placere Deo et ita credebat ipse quod
predicta placerent Deo. Et dixit quod tune dixit dictus
Paulus predicte Contesse, quod predicta placebant Deo.
Et dixit quod tunc dictus Paulus habuit voluntatem cor-
420rumpendi se cum ea et peccare carnaliter cum ea. Item
dixit, quod eum dieta Contessa stetit multotiens et mul- .
totiens, forte .xx. vicibus, solus cum sola ipsa Contessa,
in domo ipsius Contesse; et ipsa lavit sibi pluries capud
cum liscinio et iiij.or vicibus rimabatur capud eius, et
i25ipse Paulus tenebat capud in gremio ipsius Contesse, et
dixit quod quando dieta Contessa rimabatur capud eius
in gremio eius, ipse Paulus corrumpebat se ipsum.
Interr. quotiens, dixit, quod non recordatur.
Item dixit, quod fecit ea spoliari coram eo tribus vi-
430cibus totaliter ; et una alia vice, scil. quarta, fecit eam
spoliari usque ad cingulum, quia erat largum capud tu-
nice, et. dixit quod semper ad dictas spoliationes induce-
bat eam sub apparentia virtutis obedientie, et ut venirent
ad statum mortificationis carnis, ad honorem dei et meri-
435tum anime sue, et ita exprimebat sibi, et dixit quod sta-
tus mortificationis intelligebat, quando homo nudus iacet
cum nuda muliere et non habent ad invicem corru-
ctionem.
Acetum in Reate in cammera dicti Inquisitoris, pre-
440sente fr. Iohanne d. Bartolini de Spoleto et fr. Francisco
Leni ann tnr

-964

L. FUMI

de Longono et me fr. Berardo de Reate notario dicti

Inquisitoris.

Die .xvJ. mensis Julii.

Confessione di 445 Contessa filia Jotii, uxor quondam Pauli Piscis de

donna Contessa.

Reate, de porta Romana desuper, sponte et non citata,
comparens eoram fr. Symone Inquisitore supradicto, lecta
sibi et vulgariter exposita inquisitione supradicta, que fit
contra Paulum Cioppi et quasdam alias personas, tactis
4Xsaerosanetis seripturis, iuravit ad saneta dei evangelia
stare mandatis E. et d. pp. Johannis xxi; et ipsius In-
quisitoris et successorum eius et dicere veritatem de omni-
bus, de quibus fuerit requisita.
Interr. super predicta inquisitione, suo sacramento
45dixit et confessa fuit et deposuit, quod, ipsa presente
et audiente, in ecclesia monasterii S. Scolastice de
Reate, Ceecarella. Johannis Ratinecte dixit, quod Pau-
Ins Cioppi, in ipsa inquisitione contentus, fecerat spo-
liari in domo habitationis ipsius Pauli, que est ipsius
460Contesse (c. 74] in quadam navi, que erat in domo
illa, et fecerat eam jacere sie nudam ibi, et ipse Paulus
expoliavit se iuxta eam et posuit se ad jacendum iuxta
eam, in eadem navi, nudus cum nuda, et dicebat sibi
turpia verba inducentia ad peccatum fornicationis, de
465quo ipsa Contessa fuit valde turbata; et post predicta,
quadam die venit dictus Paulus ad ipsam Contessam ad
domum habitationis ipsius, et tantum rogavit eam, quod
ipsa ex compassione et eius precibus inclinata, ivit cum
dicta Ceccarella, que erat famula eius, et stabat in ipsa
470domo cum ea, ad quemdam ortum dompni Johannis sacer-
dotis in eeclesie S. Johannis positum in Funnito (?) intus,
in Civitate Reate, et illuc postea, venit Paulus predictus,

et coram dieto dompno Johanne, presente dompno Filippo:

tune sacerdote dicte eeclesie S. Johannis, dieta Ceecarella,
475in eodem crto, presentibus et audientibus dictis sacerdotibus
et ipsa Contessa et' Paulo supradicto, dixit et recitavit
omnia supradicta, que ipse Paulus in supradicta navi fe-
cerat eam facere, et ipse fecerat et facere actemptaverat.
ERETICI E RIBELLI NELL’ UMBRIA, ECC. 365

Quibus auditis, dietus Paulus dixit in genere: Ego
40dico culpam meam de illis rebus in qui-
bus offendissem, sed de illis non dixit culpam
suam expresse; et propter hoc extunc ipse Paulus ince-
pit cum ipsa [c. 74 #.] Contessa habere maiorem conver-
sationem et domum suam frequentare magis; et post hec
ASbincepit eam inducere, quod ipsa spoliaret se ipsam coram
eo, dicens sibi: Tu in hoe multum placebis
Deo, quia hoc cum sit difficile, magis est
gratum Deo,quam aliquid aliud, et semel
tantum induxit eam, quod ipsa consensit ei de spoliando
190se ipsam coram eo, sed ex rubore non perfecit, dicens:
Ego non habeo tantum spiritum, quod
possim hoc facere. — Et dixit quod in predictis
consensit, credens placere Deo.
Et postquam incepit se expoliare, non potuit pro-
4»pter verecundiam, et dixit quod ipse dicebat sibi, quod
omnes persone, que ponebant se in manibus alicuius vel
promittebant obedientiam, debebant isto modo promictere
et ponere se in manibus suis, scil. expoliata ad carnem
nudam coram eo, et sic diversibus vicibus eam inducens,
tantum eam induxit, quod ipsa consensit sibi; et volens
placere Deo vel credens placere Deo in hoc, ad dictum
suum, coram eo se totaliter expoliavit ad carnem nudam ;
et sic dum esset expoliata, fecit eam facere genuflexiones
quinquies vel sexies, et tunc ipse Paulus, sicut promisit
»sibi Contesse spoliate, post genuflexiones supradictas,
quod ipse Paulus representabat eam coram Deo, et in
dictis verbis suis ipsa habuit fidem; et dictus Paulus
dicebat, quod.non erat magnum meritum apud Deum.
Interr. de loco, R., quod fuit in cammera habitationis
"ipsius domus Contesse [c. 15]. Interr. de tempore, dixit
quod sunt duo anni elapsi, et dixit quod de predietis,
postmodum, gravata in conscientia, pluries fuit confessa
et absoluta pluribus sacerdotibus. Interr. de presenti,
H. quod intus in cammera non erat alia persona nisi ipsa
9l5Contessa et ipse Paulus, et nescit utrum in domum ex-
tra cammeram esset predicta Ceccarella vel non esset.

24
PRATI ATI APT IONI m e e As M

366 ; L. FUMI

Item dixit, quod ipsa Contessa, existente in domo

predieta habitationis eius, dictus Paulus in predicta cam-
mera ipsius domus fecit spoliari bis supradictam Cecca-
rellam ; et intus in cammera ipsa erant solus dictus.
53:»UPaulus et dicta Ceccarella, et ipsa Contessa erat in
eadem domo extra cammeram, ita quod non poterat eos
videre, sed bene perpendisset si peccatum fornicationis
inter eos intervenisset ; tamen dixit, quod non intervenit.
Interr. si, dum predicta fecit, credebat in illis peccare
525vel placere Deo, X. quod credebat placere Deo, sicut.
ille dicebat.
Actum in loco frr. mm. de Reate in cammera fr.
Appollonii de Brescia, presente dicto fr. Appollonio, fr.
Jacobo baccellario dieti conventus et me fr. Berardo not.

530dicti Inquisitoris, anno predicto, die .xvy. Julii.

[In margine]. — (Inquisitor ad preces fratrum, quando.

notificaverat dictis fratribus in genere, paratus erat se-

I fratelli cer- cum agere misericorditer, si de se et aliis dixisset et
cano d'impedire —

il processo. 53:diceret plenariam veritatem. Et fratres sui carnales sunt

principales in procurando impedimenta Officii propter

eam).

Die xvii mensis Julii.
940 Contessa, filia Jotii et uxor olim Pauli Piscis supra-
dieta, iterum coram Inquisitore, non citata, sponte com-
PERA OR Aon: paruit et dixit suo sacramento, quod ad memoriam sibi

tessa. reduxit, post aliam confessionem per eam factam coram

ipso, infrascripta, que tune in memoria non habebat, vid:

»55quod ipsa dicit et confitetur, quod postquam spoliavit se

ad nudam carnem coram Paulo Cioppo, prout in sua
confessione alia facta per eam plenius continetur, et
postquam revestivit se, dictus Paulus dixit sibi: Ego
rogabo Deum pro te in tantum, quod to-
5taliter te coram Deo representabo, et in

signum huius, ut dem tibi maiorem fir-

mitatem de hoc, volo quod des michi oscu-

Ium paeis. Et tune dedit sibi osculum pacis in
ERETICI E RIBELLI NELL’ UMBRIA, ECC. 367

ore sine amplexu duorum blachiorum, sed cum amplexu
5oounius braecii, extendit manum ad collum suum et obscu-

latus est eam, et erant ambo vestiti in eadem cammera,.
solus eum sola. Item dixit et declaravit, quod post.

illud factum, quod fuit confessa alias scil., quod ipsa voluit
se expoliare et non potuit perficere, dicens: Non ha-
560b eo tantum spiritum. Iterum una alia vice in
eadem cammera ad inductionem ipsius Pauli ibi presentis.
et dicentis, quod huiusmodi expoliatio erat meritoria et.
grata Deo, ipsa Contessa incepit se expoliare ad nudum
et deposuit vestimenta usque ad cingulum, ita quod
965supra eingulum nuda totaliter existebat et infra cingu-
lum cooperta, et tunc dixit [c. 76] sibi dictus Paulus:
Animo est secura, quod ego rogabo Deum
pro te. Et erat solus cum sola intus in cammera.
Item dixit, quod post hoc, iterum fecit eam totaliter
X0expoliari ad nudum, sicud in alia sua confexione plenius
continetur. Dicebat enim tunc sibi dictus Paulus, quod
nichil fecerat, quia non spoliaverat se nisi usque ad cin-
gulum, et quod debebat se expoliare totaliter ad nudam
carnem, ita quod totaliter esset nuda. Item dixit, quod
9/semper, etiam dum predicta fecit, credidit quod illa, que
faciebat, ad que dietus Paulus ipsam inducebat, essent
peccata et non essent meritoria neque grata Deo. — Interr.
quominus consensit in predictis dicto Paulo, A. quod
consensit propter verba, que dictus Paulus sibi dicebat :
580Facias super me, quia ista facere non
est peccatum. Et dixit, quod ista non fecit ex
libidine, neque ex coneupiscentia carnis, nec ad pla-
cendum dieto Paulo in aliquo opere carnali, vel com-
placentia voluntatis.
585 Actum in loco ffr. mm. de Reate in cella vel cam-
mera fr. Appollonii etc.

[(c. 46 t.]. Die .xving. mensis Julii.

Dominus Franciscus vicarius d. Epi Reatini
990 D. Albericus de Monte Granario judex Potestatis Reat.
D. Matheus judex eiusdem Potestatis

de

rat ii li Enno c RE

v
ls
iti ona n
4 4n

368

L. FUMI

D. Conte de Mevaneo judex Capitanei Reat.

D. Thomas de Ciminis de Reate

D. Johannes de Canemortuo

595 D. .. Abbas S. Eleuterii

D. Jacobus Leobardutii

Fr. Bernardus de Balneoregio custos Reat.

Fr. Franciscus de S. Rofina visitator dominarum

Fr. Berardus de Reate

600 Fr. Johannes d. Bartolini,
supradieti consultores in presentia fratris Symonis In-
quisitoris predicti, abstrieti per ipsum in virtute obedien-
tie et sub pena excomunicationis ad secretum tenendum
et fideliter consulendum super istis punetis,

605 scil. utrum dieta et confessata contra Paulum Ciop-
pum supradictum sint heretica ;

secundo utrum ipse veniat ut hereticus condem-
pnandus.

Tertio utrum sit artandus tormentis ad plene confi-

610tendum,

auditis actestationibus contra eundem Paulum et
confexionibus per eum factis, consuluit:

D. Johannes de Canemortuo, super primo, quod erat
heretica et heresim sapientia. Super seeundo, quod ex

615illis non debebat condempnari ut hereticus, quia vacillabat
aliquatenus. Super tertio, quod debebat tormentis
artari ad confitendum veritatem et ad confirmandum sic.

Et hec eadem consuluerunt

D. Thomas de Ciminis ) D. Conte

620 D. Albericus | D. Matheus, judices.

D. Franciscus vic. Epi., fr. Franciscus visitator do-
minarum, fr. Berardus custos predicti: sc. d. Jacobus
Leopardutii consuluit, super primo: quod erant heretica,

625super secundo, quod non est condempnandum, quia est
vilis condietionis, inspecta condictione persone. Super
tertio, quod non est torquendus, propter famam conser-
vandam personarum Reatinorum et propter honorem civi-
NUS Rigo - i

) ti ; TT) 1 Sere) | 69
: ERETICI E RIBELLI NELL' UMBRIA, ECC. 369
tatis. Et consuluit super quarto, quod ponatur in car-

63%cere vel modo alio affligatur.
D. abas S. Leuterii consuluit ut predictus d. Jacobus.
Fr. Berardus de Reate consuluit, quod Inquisitor
faciat debitum offitii sui cum misericordia.
Fr. Johannes d. Bartolini consuluit, quod verba fue-
65;runt heretica, et quod Inquisitor condescenderet civibus.
et Civitati quantum posset.
Fr. Nicolaus Defossis dixit, quod nou erat torquendus:
et quod verba que dixit non sunt heretica.
Actum in loco frr. mm. de Reate in domo, que di-

640citur forestaria, die supradieta.

Il Vicario ve- (c 17 t.) Die .xx. mensis Julii.
scovile dà il con- : : i ba RA
senso per la tor- D. Franciscus vicarius d. Epi Reatini consensit et
tura.
consensum prebuit fr. Symoni Inquisitori supradicto, quod.

645Paulus Cioppus torqueatur, seeundum quod supra per
maiorem partem consiliariorum fuit diffinitum, et dixit.
hec coram d. Corrado de Murro, d. Jacobo d. Synibaldi

' et me fr. Berardo notario Inquisitoris in loco platee
maioris eeclesie et S. Johannis Batiste ante ipsam eccle-

650siam.

Nuovo interro- Eadem die .xx. mensis Julii, Paulus Cioppus supra-
gatorio dato a

aolo Zoppo. dietus ab ipso Inquisitore iterum repetitus, suo sacra-

mento dixit et confexus fuit, quod ubi in sua confessione

650continetur mortificatio carnis, et quod ipse ad mortifica-

tionem carnis inducebat, faciebat sub specimine mortifi-

cationis carnis. Interr. autem quod intelligit per car-

nem (sic) mortificationem, /., quod intelligit statum ho-

minis et mulieris, in quo si jaceant nudus cum nuda et

660solus cum sola non habent ad invicem corruetionem ; vel

si sic jacentes nudus cum nuda et solus cum sola non

habeant corruetionem sunt mortificati et in statum mor-
) tificationis. Item dixit, quod credebat quod esset u-
| num speciale meritum, si jacebat homo nudus cum mu-
| 665liere nuda solus, cum sola, et non deveniebant ad cor-

ractionem carnis, et ad istud meritum inducebat illam
‘Segue.

L. FUMI

mulierem in sua confessione contentam, quam spoliari fecit,
prout in sua confessione plenius continetur. Item dixit
et confessus |c. 48] fuit, quod modo congnoscit et credit,
670quod illud, quod faciebat et dieta inductio ad illud meri-
tum fuerit malum et deceptio diaboli, sed tune credebat
se bene facere. Et dixit, quod non credit quod pecca-
tum sit expoliare se ad illud, s. quod nudus jaceat cum
nuda et solus cum sola. Item dixit quod semel dum
675jacuit nudus cum nuda muliere in navi in domo habita-
tionis ipsius Pauli, ipse Paulus jacens secum sie nudus
eum nuda habuit corructionem in se ipso.
Actum in cammera d. Potestatis Reatini, presentibus
honorabilibus viris d. Alberico de Montegranario et d.
680Matheo de Firmo judicibus Potestatis et me fr. Berardo
de Reate etc.

Die .xxiij. mensis Julii.
Paulus Coppus predictus, ab ipso Inquisitore iterum
685repetitus, suo sacramento dixit, quod dompnus Johannes
Petragoni, d. Matheus Lateroni, Angelictus de Palatio
et dompnus Filippus sciverunt, quomodo ipse Paulus fe-
cerat spoliari ad nudum sub pallio virtutis et bene fa-
ciendi Ceccarellam Johannis Ratinecte. . Interr. quo-
699modo scit, P., quod ipsi supradicti omnes reprehenderunt
eum de supradicto facto, [c. 78 #.] sil. omnes, excepto
Anugelitto de Palatio, qui reprehendit eum per se ad par-
tem. Interr. de loco, R., quod in domo ipsius Ange-
lecti, Angelectus et sacerdotes in sancto Johanne de
69Statua. Interr. de tempere, dixit, quod non bene re-
cordatur, sed est annus et ultra. Item dixit, quod ad
ortum predicti presbiteri Johannis Petragoni veniebant
frequenter, ipso presente et vidente, ad videndum illud
quod legebat eis predictus presbiter Johannes, Contessa
700Jotii, Maria Cole, Bandina Pazanella, Bonecta de Valle
et Nicolutia, que habitat prope sanetum Nicolaum et
nunquam fuit nupta.
Actum in camera ipsius Inquisitoris, presente fratre
Johanne d. Bartollini de Spoleto, Petrono Johannecthi et
ERETICI E RIBELLI NELL’ UMBRIA, ECC. 911

705me Romano familiari ipsius Inquisitoris et me fr. Berardo
notario predieti Inquisitoris.

Die .xxinJ.* mensis Julii.

ie rome sr iuaciene Paulus Coppus supradictus, constitutus in presentia
carcere. 710fr. Symonis Inquisitoris supradicti et iuratus dicere ve-
ritatem, suo sacramento dixit et confexus fuit, quod
hodie, dum esset in una domo pro carcere seu detem-
ptione clausus et ligatus manibus et pedibus de man-
dato ipsius Inquisitoris, ipse fugit de dicta domo ut ab-
715sconderet se. Interr. quomodo potuit fugere, .H.,
quod cum dentibus dissolvit manus suas, et postea ma-
nibus dissolvit pedes, et accedens versus hostium, elevavit
unum gradile scalarum, que erant ibi ante hostium, et
perveniens ad hostium et inveniens hostium clausum,
720psum hostium accepit manibus et duxit eum tantum,
quod ipsum hostium elevavit de loco suo, et inde egre-
diens, fugit currendo usque ad plateam cappellariorum.
et ibi intravit unam domum, que est Raynaldi Petri d.
Johannis, quam tenet ad habitandum, et ipse Raynaldus
7?5non erat ibi; et dixit, quod dum esset in dicta domo
absconsus, dictus Raynaldus reversus fuit ad domum
predietam habitationis sue et invenit ibi Paulum et re-
prehendit eum quod fugerat, dicens sibi: Male feci-
sti quod fugisti. Et tunc dietus Paulus misit eum
730ad Petriconum de Ciminis de Reate quod diceret d.? Thome
de Sechenaria, quod ipse Paulus volebat se ponere in
manibus d. Thome de Sechenaria, et dictus Raynaldus re-
diens ad ipsum Paulum, retulit sibi ex parte dicti Petri-
coni, quod ipse "Paulus poneret se in manibus Inquisitoris
735supradicti, et tunc ipse Paulus misit dietum Raynaldum
ad ipsum Inquisitorem, quod volebat redire et in mani-
bus eius se ponere. Et' redieus dictus Raynaldus ad di-
ctum Paulum, dixit ipsum Paulum ad ipsum Inquisito-
rem. Interr. si aliquis [c. 79 #.)] vel aliqua (?) dedit
740sibi in dicta fuga et apertura domus detemptionis eius
vel dissolutionis manuum et pedum auxilium, operam,
consilium vel favorem, respondit quod non. Item


VI Wer tg t rr m m mr Pe mr MÀ MÀ - i

312 : L. FUMI

interr. si invenit in dieta fuga vel dum exivit dictanv
domum detemptionis sue aliquam personam, £., quod
745invenit plures personas, quas non cognovit. Item, dixit
et con fessus fuit, quod ipse dixit sibi veritatem in omni-
bus, que alias fuit sibi confessus.
Actum in logia ante cammeram ipsius Inquisitoris,.
presentibus fr. Francisco de sancta Rofina, fr. Francisco
750de Longono, fr. Johanne d. Bartolini de Spoleto et me:
fr. Berardo de Reate, notario ipsius Inquisitoris, die et

mense supradictis.

Die .xxv. mensis Julii.

2 Nuove confes- 755 . Paulus Coppus supradictus ab ipso Inquisitore iterum
repetitus, suo sacramento dixit et confessus fuit, quod
postquam incepit apparere spiritualis et spiritualis appa-
rere externis, ipse Paulus semel [volens ire?] ad indul-
gentiam Pottiuncule, obsculatus fuit pluries Ciutiam Ru-
760bei Petri d. Johannis in via tractans cum ea, et ipsa
eum ipso carnaliter eum eo peccare, sed opportunitas non
occurrit [c 20] et postquam redierunt multotiens et mul-
totiens eam fuit etiam obsculatus in domo ipsius Ciutie
et alibi extra, et querebat cum ea peccare carnaliter, et
76:ila consentiebat; sed non habuerunt opportunitatem
peccandi. Interr. de tempore, /?. quod predicta ince-
pit jam sunt .xvJ. anni. Item dixit et confessus fuit,
quod infra predictum tempus incepit cum Miglietta Ca-
talutii spiritualiter conversare, et ipsam fuit in domo
770ipsius Migliecte amplexatus et etiam obsculatus, querens
etiam peccare carnaliter cum ea, sed illa non consentiebat,
nisi in obsculis et amplexibus. Item dixit, quod ali-
quando etiam existens ad carceres S. Leopardi, accepit
unam canem et posuit digitos eius in natura ipsius cani-
75cule, et sic ducens naturam ipsam canicule, corrupit se
ipsum in se ipso. Interr. tempore quo fuit supradicta
cum Ciutia antedicta, A. quod incepit circa illud tempus,
quo fuit natus filius eius; sed dimisit supradicta facere

cum dicta Ciutia iam sunt sex anni et circa.
780 Actum in cammera predicti Inquisitoris, presentibus mme

ERETICI E RIBELLI NELL’ UMBRIA, ECC. 918 -

fr. Francisco de Longono, fr. Matheo de Podio et me-
fr. Berardo de Reate notario ipsius Inquisitoris.

Die .xxv. mensis Julii.

785 Paulus Coppus efc. dixit et confessus fuit, quod plu-
ries induxit Johannam filiam Johannis Johannis de Arono-
civem reatinum [c. 20 #.], sub pallio et apparentia morti-
ficationis carnis et virtutis obedientie, ad spoliandum se-
ad nudam carnem coram eo, sed illa non consensit sibi.

;90Interr. de loco, A. quod in domo habitationis Contessa
Jotii. Interr. de presentibus, £. quod fuit ibi presens
Contessa predicta,set videtur sibi, quod etiam fuerit ibi
Ceccarella Johannis Retinecthe. Interr. de tempore, Z..
quod fuit postquam fecerat expoliari Contessam supra-

795dietam, et est plus quam annus. Interr. si illa
Johanna credebat verbis suis, 7. quod credit quod non,
ut credit. Item dixit eodem sacramento, quod ipse-
Paulus revelavit et aperuit et dixit aperte dompno Jo-
hanni Petrignani et dompno Matheo Loctheroni, quomodo.

800ipse Paulus sub virtute obedientie et mortificatione carnis, .
fecerat spoliari coram se ad nudum Contessam Jotii su-
pradietam, et quomodo fuerant solus cum sola, et quod
etiam eodem modo fecerat spoliari Ceccarellam Johannis
Retinecthe, et tune dietus dompnus Johannes dixit pre-

sopdieto dompno Matheo: Faceres tu hoc, fili Lo-
ctharoni, quod fecit Paulus? — Et ille-
H. Deus liberet me! — Et A. dictus dompnus Ma--
theus, quod sibi displiceret. Interr. de loco, AZ. quod
fuit post sanctam Agnetem, in loco, qui dicitur Fonzia--

slónum. Interr. de presenti, Z., quod fuerunt ipse Paulus.
et supradieti dompnus Johannes et dompnus Matheus.
[c. 21] Interr. de tempore, dixit, quod fuit circa illud
tempus quo fecerat supradicta. * Item dixit, quod
ipse simulavit miracula, falzo, verbi gratia, quod ipse-
85Paulus dixit multis personis et disseminavit inter mul-
tos, quod semel, dum ipse Paulus esset in loco Grecce-
cum fr. Appollonio, et ibi essent duo juvenes fratres
novitii, et propter abundantiam nivis eis defecerat panis,.
34

"Segue.

o
,

L. FUMI

propter quod illi duo novitii volebant de ordine rece-
820dere, et fr. Appollonius predictus dixit eis quod expe-
ctarent per tres dies et dominus ministrabit. Et tertia die,
eis stantibus sie sine pane, et illis juvenibus volentibus
recedere, fuit pulsata porta loci, ad quam unus currens
de dictis juvenibus, ivenerit ibi unum canistrum panis,
825ibi nullo alio apparente; et post hec, posita mensa, pul-
sata est porta, ad quam currens unus de supradietis, in-
venerit ibi unum lupum cum branca pulsantem. Qui
lupus recedens, dimisit unum crapriolum. Et dixit, quod
omnia supradicta fuerunt falza et predicta dissimulavit
830et finxit ad laudandunt? dictum fratrem Appollonium in
sanctitate. * Item dixit, quod alias dissimulavit et
falzo diseminavit aliud miraculum, asserens quod que-
dam Regina, que omnia dederat, [c. 27 #.] casu necessi-
tatis superveniente sibi, invenit in cammera sua unum
835cassectum portatum ab Angelo cum pannis reginalibus :
et dixit quod omnia fuerunt falza.

Actum in Cammera ipsius Inquisitoris, presentibus
fr. Johanne d. Bartolini de Spoleto, Petrono Johannieti
eive Romano et me fr. Berardo notario ipsius Inquisitoris.

840

Die .xxvi. mensis Julii.

Paulus Coppus supradictus efc. dixit et confessus fuit
suo sacramento, quod ipse incepit, jam sunt .xvJ. anni,
jacere cum Ciutia filia Rubei Petri d. Johannis de Reate,

845et jacuit cum ea, aliquando, extra leetum, in cammera
ipsius et semel in vinea eiusdem Ciutie, et dixit quod,
licet ipse Paulus jacuerit discopertus super ipsam di-
scopertam et cum membro in membro, tamen numquam
habuit corrup:ionem. Item interr. si supradictam in-
850duxit ad credendum quod supradicta non essent peccatum,
It., quod non. Item interr. si predictam induxit ad
expoliationem vel aliquid inhonestum per viam meriti,
sicut alias de quibus confessus fuit, R., [c. 22] quod non.
Item dixit, quod, ubi supradixit, quod cum predicta
855non habuit corruptionem, intellexit, quod non habuit
corruptionem quando cum ea vel super eam jacuit disco-

v
i
Segue.

ERETICI E RIBELLI NELL’ UMBRIA, ECC. 375

pertus super ipsam discopertam, sed dixit, quod alias
pluries habuit corruptionem cum ea in amplexando et
obsculando. Et dixit, quod omnia supradicta fecit ex
860simplicitate et non ex malitia. Interr. que simplicitas
erat ista, qua faciebat predicta, utrum esset simplicitas,
silicet, quod non crederet in illis esse peccatum, E., quod
nescit explieare. i;
Actum etc. — Et eisdem loco, die ete. replicavit et
365confirmavit aliam confessionem heri factam per eum
contentam in medietate ante istam.

Die .xxvi. mensis Julii.
Paulus Coppus efc. dixit et confessus fuit, quod alias,
870preter confessata per eum, Ciutiam Rubei Petri d. Jo-
hannis de Reate [c. 22 #.], una nocte, in domo Thomas-
selli Martini Miccenelli, amplexatus fuit et obsculatus et
tetigit membrum ipsius, ponens manum suam sub pan-
nis ad nudum, et illa similiter fuit ipsum amplexatus.
875 Interr. de tempore, Z., quod non recordatur, sed tune
jacebat ibi infirmus predictus Thomassellus.

It. dixit et confessus fuit, quod dixit Ceccarelle Jo-
hannis Ratinecthe, postquam illa revestivit se, et ipse
Paulus revestivit se ipsum in domo habitationis ipsius

880Pauli, quando ipse Paulus dixit sibi, quod voluerat fa-
cere adulterium cum ea, et dixit, quod in illo non inten-
debat se ipsum corrumpere cum ea, sed bene inten-
debat jacere nudus cum ea nudam in palea, que erat
tunc in una navi. Item dixit et confessus fuit, quod
885tune ad placandum ipsam Ceccarellam, dixit diete Ce-
varelle, quod illud quod fecerat cum ea tunc et facere
volebat, quod in sua confessione facta alias continetur,
ipse Paulus habebat a Spritu Sancto, et dixit Paulus co-
ram ipso Inquisitore, quod illud fuit falzum, scil. quod ha-
S90beret a Spiritu Sancto. Item dixit et confessus fuit, quod
tune eodem modo falzo dixit diete Ceccarelle ad placan-
dum eam, quod sanetiorem personam de contrata illo
modo ipse Paulus sanctificaret. [c. 23] Item dixit et con-
fessus fuit, quod eodem modo tunc dixit predicte Cecca-
o a a a

316 L. FUMI

89relle, quod si in illis operibus credidisset sibi, antequann
modo, quod modo esset santificata ipsa Ceccarella; sed.

ERA hoc non credebat in corde, sed dicebat ad placandum.

eam. Item dixit, quod in domo habitationis Contesse-
induxit ipsam Contessam, presente Ceccarella supradicta,.

Se 900ad spoliandum se ipsam coram eo solam cum solo et

mortificationem carnis sub virtute obedientie, dicens in
hoc: Vi debo si tu es obediens. Et tunc in dieta
inductione, dixit, quod non est maior corona, quam illa
quam meretur mulier isto modo.

905 Actum efc.

Zo dello Eodem die et mense quo supra.

Paulus Coppus ec. dixit et confessus fuit, quod.
omnia que confessus est coram ipso Inquisitore se fecisse-
9l0et dixisse in omnibus confessionibus factis per eum co-
ram ipso Inquisitore, fecit et dixit bona intentione et
credens placere Deo in illis; et petiit misericordiam sibi
fieri, si erravit; et dicit quod cognoscit in illis se [c. 23 #.]
herrasse, maxime quod opera carnalia, que confessus est

915se fecisse et ad illa se induxisse, placeant Deo.

Actum etc.

Die .xxvnJ. mensis Julii.

tu ebd E Paulus Coppus efc. dixit et confessus fuit, quod ipse-
T Poroia obbe- 920Paulus, quando induxit Contessam Jotii ad hoc, quod
spoliaret se ad nudam carnem coram eo, ipse Paulus.

dixit sibi, quod omnes persone, que volunt venire ad

perfectionem obedientie, oportet, quod ponant se nudas

vel spoliatas ad nudam carnem coram eo, in cuius ma-

925nibus se posuit. Et dixit, quod quia semel dieta Contessa

non spoliaverat se, nisi usque ad cingulum, una alia.

vice ipse Paulus dixit predicte Contesse, quod illud non.

valebat, quia noh fuerat totaliter expoliata. Ideo-

oportebat, quod se iterum totaliter ad nudam carnem.

9:0spoliaret ; quod et ipsa fecit, ut in alia sua confessione-

plenius continetur. Item dixit, quod Ceccarella Jo-

hannis Ratinetthe, post quam eam fecit spoliari. ad.nudanms

Uwe e È 3 ERETICI E RIBELLI NELL’ UMBRIA, ECC. 5 riri

carnem in una navicula, que erat in domo habitationis
ipsius Pauli, in qua navicella erat lectus de paleis ipsius
9353Pauli, et ipse Paulus se expoliavit similiter, iacens si-
mul eum ea, nudus cum nuda, in eodem lecto, et post-
quam dieta Ceccarella se reinduit et sedebat in eadem
domo, ipse Paulus dixit sibi ad placandum eam de eo
quod fecerat et facere actentaverat cum ipsa: Si ego
Mnescivissem quod illud, quod feci et fa-
cere volui tecum, esset de voluntate dei,
ego nunquam .fecissem nec facere ac-
tentassem. Et hoe dixit dietus Paulus fuisse
falsum, quia nesciebat quod esset de voluntate Dei, sed
?Pbene credebat in illis placere Deo, et dixit dietus Paulus,

quod dum jacebat eum dicta Ceecarella nudus cum nuda

in supradicto lecto, ipse Paulus accepit manus illius di-

cens sibi: Proicias bracchia tua ad collum

meum. Et quia tune in se ipso habuit corructionem,

959 dimisit eam.

Actum Reate in cammera ipsius Inquisitoris, pre-
sente fr. Paulo Custode Romano, fr. Francisco de S. Ro-
fina, fr. Francisco de Longono, fr. Paulo Planicis et
me fr. Berardo notario ipsius Inquisitoris.

955

Die .xxvnJ. mensis Julii.

Paulus Coppus efc. iterum repetitus si omnia et sin-
gula, que ipse Paulus confessus est coram eo in omnibus
[c. 24 t.] confessionibus per eum factis coram ipso sunt

S CONDE dello 90vera et confessata, sponte et propria voluntate et sine
pena vel timore tormenti, suo sacramento Z., quod
omnia sunt vera et in omnibus verum dixit, secundum
conscientiam suam, et illa omnia confirmavit, et dixit
* quod omnia supradicta confessus fuit, quia vera sunt et

"sponte et non propter penam, nec timore alicuius tor-
menti; et dixit quod nullum tormentum recepit nec in
aliquo fuit tortus, et petivit de omnibus misericordiam -

fieri et penitentiam sibi dari sacramento proprio supra
dictas hereses per eum confessatas et omnem aliam he-
378 L. FUMI

970resim extollentem se adversus S. M. Ecclesiam abiu-
rando. |
Actum Reate efc. presente fr. Bernardo custode, fr.
Francisco de S. Rofina, fr. Paulo de Podio.custode Ro-
mano, fr. Jacobo baccellario Reatino, fr. Francisco de

9753Longono, et me fr. Berardo not. etc.

Die .xxvin. mensis Julii.
Conferma fatta D. Corradus de Murro — D. Thomas de Secenariis —
avanti a molti

testimoni. D. Thomas de Ceminis — D. Franciscus Vic. d. Epi
980Reatini — [c. 25] Reccha d. Synibaldi — D. Berardus
de Secenaria — Paulus not. Nicolay — Bartolomutius.
Farragoli — D. Jacobus d. Thomassi — D. Matheus d.
Pauli — D. Matheus d. Angeli — fr. Angelus prior S.
Austini — fr. Amabilis de Reate — D. Ray.dus de
985Plaiis — D. Johannes de Reate — D. Matheus mag.
Blasii — D. Capudtostus — Claudius de Scarpa — Pau-
lutius d. Martini — Matheus Pasinelli — D. Angelus
d. Pauli — Locthus Petri d. Johannis not. — Petrus d.
Jacobi, omnibus predictis presentibus, testibus rogatis
990specialiter convocatis, Paulus Coppus ec. dixit e£c., quod
omnia que confessus est in diversis confessionibus et
singulis confessionibus faetis per eum coram ipso Inqui-
sitore vera sunt; et illa omnia et singula confessus . fuit
sponte coram predicto Inquisitore, et non pena nee timore
995tormenti, et omnia predieto suo sacramento iterum con-
firmavit, et dixit, quod nullum tormentum habuit nec re.
cepit ab ipso Inquisitore, et petivit de illis omnibus ab.
ipso Inquisitore puniri cum misericordia, renumptians
omni sue defensioni et omni termino et dilationi, et po-

1000nens se libere in manibus ipsius Inquisitoris.
Actum in sacristia ecclesie maioris Reatine, anno et

die predietis.

[c. 25 t.]. — Die nij mensis augusti.

. Lo Zoppo fal0)5 Paulus Coppus etc. dixit et confessus fuit, quod ipse
dei rilievi e dà 7 ;
novi partico- Paulus et Contessa Iotii et Ceccarella Johannis Ratine-
ari,
cthi, que in aliis suis confessionibus continentur, simul
2 » " - "a T ta CASS d xx * ate
Lu. i GP * : SCR. —
.ERETICI E RIBELLI NELL’ UMBRIA, ECC. 319

existentes in quodam orto dompni Johannis Petrignani,
dixerunt ipsi tres et quilibet eorum per se, scil. Paulus.
1010ipse et Contessa et Ceccarella predicta dompno Johanni
Petrignani et dompno Filippo de Crispiano, simul in eo-
dem loco, cum eis presentibus et andientibus, quomodo
Paulus fecerat spoliari ipsam Contessam et ipsam Cecca-.
rellam ad nudam carnem, et modum et pallium seu ap-
1015parentiam virtutis, quibus illa fecerant, et dixerunt et.
aperuerunt, et quiequid ipsi tres et simul fecerant et di-
xerant; et modum faciendi et dicendi revellaverunt et
aperuerunt; sed videtur sibi, quod Ceccarella predicta
tune dixerit plusquam ipse Paulus. It. dixit, quod que-
10201ibet predictarum mulierum scil. Ceccarellam et Contessam
supradictam fecit spoliari ad nudam carnem diversis diebus, .
IIJ.or vicibus coram eo in domo Contesse, .s. Contessam
quatuor vieibus et Ceccarellam tribus, et semel ipsam.
Ceccarellam in domo ipsius Pauli.
10055 ^ Actum in supradicta cammera ipsius Inquisitoris .IIIJ.
die mensis augusti, pres. fr. Franeisco de Longono, fr.

Petro de Forzano et me fr. Berardo de Reate not.

[c. 26]. — Die .xxx. mensis Julii.
1030 Isti sunt Consiliari (u£ supra).
Giudizio espres- Omnes astrieti per supradietum Inquisitorem in vir-

so dai Consultori. MES
tute obedientie et sub pena excomunicationis ad secre-

tum. tenendum et fideliter consulendum, auditis et intel- .

leetis confexionibus factis per Paulum Coppum supradi-
1039etum coram prefato Inquisitore, jurisperiti et clerici cum
Vicario Epi ad partem se traentes, ad deliberandum su-
per responsione facienda et consilio dando per se, in uno

loco, et supradicti omnes Religiosi ad locum alium se

traentes ad deliberandum de eisdem, ipso Inquisitore

lOf!'absente, tandem omnes, supradieti coram ipso Inquisitore
redierunt, et omnes supradicti jurisperiti et clerici et
viearius d. Epi., habita deliberatione, consuluerunt pre-
dieto Inquisitori concorditer super tribus puntis:
Primo, dixerunt quod, quia, secundum confessiones

lOdieti Pauli diversimode factas, que videntur innuere quod

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:880 - i L. FUMI

alia lateant, [c. 26 #.] que debent confiteri, ipse Paulus

per ipsum Inquisitorem sit artius adstringendus, ut plenius

confiteatur, et nisi confiteaur plenius, sit ultimo tormentis

et questionibus exponendus, antequam feratur sententia
1050contra eum.

Secundo, quod dictus Paulus ex confessatis per eum,
acneto quod non confiteatur alia, pro heretico puniatur
propter [malum ?], hereticum et perversum, quod est
confessus.

1055 Tertio, quod, ultimo, pena canonica, sicut conversus,
tamen est hereticus, puniatur.

Giudizio dei

eem Omnes autem supradicti Religiosi, presentibus supra-
Religiosi. 5

dietis Consultoribus, concorditer consuluerunt, sicut su-
pradicti alii Consultores, excepto quod dixerunt: Astrin-
Keatur artius ad confitendum illa, que
videtur tacuisse sive tormento flactio-
nis braeciorum vel exibitionis calcis et
hiis similium penarum.
Actum in loco frr. mm. de Reate, in domo, que dici-
1065tur forestaria ad commendendum, presente me fr. Be-
rardo etc.

Die tertia mensis agusti.
Fr. Symon Iuquisitor predictus imposuit et commisit
1070Ciecho Petri Botii, Johanni Petrutii Salzerii, Leonardo
Angeli, suis familiaribus et juratis numptis, quod Paulum
Coppum supradictum ducant et recommendent d.o Pote-
stati Civitatis Reatine vel eius Vicario, precipientes
[c. 27] ex parte ipsius Inquisitoris sub pena excomunica-

lf tionis et centum marcharum argenti ac interdicti in Ci-

Ordine di tra-
durre lo Zoppo
.in potere del Po-

P. et quod non possit effugere, nec loqui alicui, nee alius
esta. :

sibi sine ipsius Inquisitoris licentia speciali, excepto cu-
stode ipsius, quem faciat jurare ad sancta dei evangelia,
l5Óquod dicto Paulo nichil loquetur, nec ab eo aliquid ex-
prorabit, nisi loquendo que sunt necessaria ad custodiam
et necessariorum ministrationem, et quod nullam amba-
sciatam sibi ex parte alicuius vel ipsius Pauli alteri cui-

vitate, quod faciat dictum Paulum diligentius custodiri,

A ERETICI E RIBELLI NELL’ UMBRIA, ECC. 981

cumque portabit, et hoc etiam sibi precipiat sub pena

1085corporali debita et temporali, notificando eidem d.o Po-
testati vel eius vicario, quomodo per ipsum Inquisitorem
hereticus est repertus, et quod faciat dici, quod quicunque
sibi loquetur, aliter quam superius sit expressum, suspe-
ctus haberi poterit de heresi vel fraude hereticorum. Et

109)predictam commissionem fecit dictus Inquisitor, ipso Paulo
presente et audiente.

Qui Paulus in ipsius Inquisitoris presentia consti-
tutus, tactis saerosanetis scripturis, iuravit ad Sancta
Dei evangelia non fugere, nec alicui loqui vel aliquid

l095revellare sine ipsius Inquisitoris licentia speciali, nisi
portando necessaria ad vite substentationem, et ad hoc
se obligavit sub pena relapsi vel alia Inquisitoris arbitrio
imponenda.

Actum in logia ante cammeram ipsius Inquisitoris

1100press. us. etc.

fc. 27 t.] — Cecchus, Johannes et Leonardus, supra-
dieti familiares et jurati numptii, se fecisse, mandasse et

. Dichiarazione . tradidisse retulerunt prefato Inquisitori et michi fr. Be-

fatta dai messi

fiell'Inquisitore. 1105rardo notario eius, prout eis supra fuerit po:itum et com-
missum. Sed quia non erat Potestas in Civitate, filius
ipsius Potestatis et milex eius supradictum Paulum ab
eis, ut supra dicitur, receperunt, et eis et cuilibet eorum

sieut Vicario Potestatis, tradentes ipsum Paulum, supra-
3 9

1l10dicta precepta fecerunt. — Actum eisdem loco et die.
I I
(c.. 28]. — Nos fr. Symon efc. quum efc. et ad no-

. Atto dell'In- — stram clamosa insinuatione et fama publica pervenerit
quisitore contro

SHOP ADI DIN ad audientiam deferente, quod Johannes Bussati de Reate
satl » c e

jme dellelll5et quedam alie persone divino et S. M. E. timore postpo-
sito, Paulum Coppum de dieta civitate per nos detentum

pro crimine hereseos, et quem jam in clero et populo sol-

lempniter publicavimus fore per nos repertum, etiam ex

confexione propria in dicto crimine heresis dampnabiliter

1120deliquisse, excusaverunt et commendaverunt ac eius cri-

mina hereticalia et heretica, pro quibus per nos digno-

25
TATA —

E
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È
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[3

382 L. FUMI

1125scitur detineri, coloratis defensionibus regere nitebantur,
ipsum Paulum defendendo et sibi favendo, ausu teme-
rario, et auxilium exibendo, et quod verba proferre plura

et diseminare conati sunt; que quum ex illis vel aliquo
eorum sunt homines maxime simprices ad amorem pre-
1130dicti Pauli infamati de heresi et supecti pro crimine he-
resis, ut predicitur, notorie jam detenti provocabant et
poterant incitare, nec non devotionem, quam homines
habent ad E. minuunt e£c., dicendo quod dietus Paulus
est iustus et sanctus et innocens sine culpa et mendo, et
li35hiis similia, et recitando, non sine detractione temeraria,
que modo in predicatione nos in clero et populo dixera-
mus, quod... (Seguono n. 9 carte in bianco fino a c. 32).
(In marg. di mano del tempo). — Hic non est com-

pleta inquisitio, nec sunt seripti testes recepti super ipsam,

1140]icet dimisit notarius spatium ad scribendum.

Vatic. n. 4029, 6.38.

Processo originale dell’ Inquisizione contro il comune di Rieti.

1334, ag. 8. Hec est copia cuiusdam lictere citatio-

nis etc.
Citazione di- In nomine domini amen. Nos fr. Symon etc. —Con-
retta a donna i :
Contessa. tesse, uxori q. Pauli Piscis et filie Jotii de Reate de porta

5 Romana desuper, mandatis nostris ymmo verius apostoli-
cis firmiter obedire.

Cum tu sis in actis nostre Curie et officii nobis com-
missi, actestatione plurium, de erimine heresis infamata
et etiam eoram nobis sponte, jurata prius stare man-

10 datis E. et nostris, confexa fuisti aliqua ad crimen
heresis pertinentia conmisisse, sed de omnibus, maxime,
que contra te habentur, nondum respondisti coram
nobis, per nos super deliberatione responsionis usque
nune misericorditer expectata, quare volentes in predi-

19 etis et eis annexis et connexis et ex eis emergentibus
procedere ut tenemur, te citamus, requirimus et monemus,

i
Ordine di pre-
sentazione.

A
ur

ERETICI E RIBELLI NELL’ UMBRIA, ECC. 383

et tibi sub excomunicationis et centum fl. a. pena et multa,
tenore presentium districte precipimus et mandamus,
quatenus de fide responsura, et confessatis per te factura,
?0 et dicitura quod tibi duximus iniungendum, coram nobis,
in Ecclesia S. M. de Cruce, posita in terra Gonesse, dioc.
Reatina, cum ydonea cautione, infra tres dies a presentium
receptione vel notitia, vel ex quo ipsorum notitia ad te
verisimiliter poterit pervenisse, quorum |c. 33 #.] primum
25 pro primo, secundum pro secundo et reliquum tertium
pro tertio et perhentorio termino tibi, eodem tenore, duxi-
mus assignandum, debeas personaliter comparere ; quod
si, quod absit, secus feceris, ex nunc pro tune, predicta
canonica premissa monitione, eisdem scriptis, pro tribunali
30 sedentes, supradictas penas te decernimus incurrisse, pro-
cessuri niehilominus contra te in supradictis et ad penas
alias graviores et alias, sicut nobis videbitur, iustitia me-
diante, secundum canonicas sanctioues, tua absentia vel
contumacia non obstante. Has autem licteras, citationem,
35 mandatum et processum in actis nostris fecimus registrari
et sigillo nostri offieii conmuniri, de quarum presentatione
fidem dabimus nostro iurato nuntio presentium portitori.
Data et lata in supradicta ecclesia S. Marie, die .vri.
mensis augusti, 1J. indiet. an. d. M.CCC.XXX.IIIJ.
40

Die dieta.

Supradicta sententia lata et pronuntiata fuit per fr.
Symonem ete. et lecta de mandato ipsius per me Petrum
Gualterii not. suprad., et supradicta lietera et processus
copiatus fuit per me diligenter de verbo ad verbum, et
abscultata, Inquisitore et fr. Matheo de Planitia ord. mm.
legentibus, ex una parte simul et iterum abscultantibus.
Et ex alia parte abscultantibus dompno Ray.do Vende-
ctoni Rectore Ecclesie S. Viti et me notario Petro pre-
50 dieto, et postea legentibus (c. 34] ; et eodem die et hora,

prefatus Inquisitor imposuit et commisit Petrono Johan-
nieti suo jurato numptio, quod supradietas licteras per
se vel alium juratum numptium predicti Inquisitoris vel

familiarem, vel una cum uno de predictis vel cum alio seu
Ro y

dc,

NVISION e m new

384

Relazione del
messo e come
giunto alla porta
di Rieti fosse
stato perquisito
e non ostante
riuscisse a por-
tare le lettere,

M;o
«B

L. FUMI

55 per alium modum, ita quod ad notitiam supradicte Con-
tesse valeat devenire vel devenire possit, seu per eum
non stet, quod ad ipsam non perveniat, debeat Contesse
filie Jotii supradicti vel ad eius domum fideliter presen-
tare et sibi relationem facere veridicam et fidelem.

60 Actum Gonesse, in dicta ecclesia S. M., die predicta,
presentibus supradictis fr. Matheo et dompno Ray.do et
Ciccarello Capradossi de Gonessa et dicto Petrono et plu-

ribus aliis testibus ad hec specialiter vocatis et rogatis.

65 [c. 34]. Die x.* dieti mensis augusti, IJ. indictionis.
Petrouus numptius iuratus predictus respond. fr. Sy-

moni inquisitori supradicto et michi Petrutio (?) Johannis
de Rigonito (?) habitatori in terra Gonesse, notario ipsius

Inquisitoris, se supradictas licteras, citationes et manda-

tutto chè strac- 70 tum cum citationibus eiusdem Inquisitoris quorumdam

ciate, al Guar-
diano.

aliorum testium, quos ipse Petronus de mandato ipsius
Inquisitoris citare debebat et cum duabus aliis licteris
ipsius Inquisitoris portasse ad Civitatem Reatinam facturus
prout sibi per ipsum Inquisitorem fuerat impositum et
7 conmissum; sed perveniens ad portam Conche [c. 34 f.]
Civitatis Reatine, ibi invenit custodes per Officiales dicte
Civitatis specialiter assignatos ad hoc quod non permi-
cterent intrare aliquam personam cum aliqua lietera vel
citatione ex parte ipsius Inquisitoris contra personas spe-
80 ciales seu Comune Reatinum, sicut dicti Custodes dixe-
runt sibi. Qui custodes vel unus eorum minatus fuit sibi
elevando tabulaeium contra eum et acceperunt eum di-
centes sibi: Spolia te: et diseusserunt eum ponendo
manus sub vestimento ipsius nuntii et cogendo et discu-
85 tiendo etiam femoralia, et amota corrigia et ense, quibus
cintus erat. Et dixit quod hoc fuit heri prope nonam,
presentibus multis personis, quas non cognovit, et dixit
quod tunc supervenit notarius Petrus d. Jacobi de Reate
nune notarius Inquisitoris predicti et non invenientes
90 sibi supradietas lieteras- et citationes, duxerunt eum ad
officiales dicte Civitatis, qui vocarunt Sex, et illi Sex in-
terrogaverunt eum si portabat vel habebat licteras ipsius

ge i di I EE. nif st esi cS Mate oe SS
È ERETICI E RIBELLI NELL’ UMBRIA, ECC. 385

Inquisitoris, quibus ipse nuntius, timore, respond., quod

non, et sic eum dimiserunt: et post hec, ipse vadens ad

95 locum fratrum mm. noluit presentare quandam licteram

| de predietis fratri Berardo notario eiusdem Inquisitoris,
sed ipse renuit recipere, et dixit quod, ut audivit, post

iena

hec per Guardianum illius loci fuit significatum predictis
Sex, quod ipse portaverat licteras Inquisitoris, propter
100guod [c. 35] predicta die, scilicet heri, supradicti Sex

S mandaverunt, quod ipsi non permieteretur recedere, nisi

lietere invenirentur et dixit quod eas progecerat in loco

secreto ne invenirentur, timore periculi personalis, quia

audiverat a pluribus et comuniter, et videbat signa, quod,

105si fuissent sibi invente, imminebat sibi periculum perso-

nale, et tandem fuerunt invente fracte unica fractura,

ita quod poterant legi et dare Guardiano predicto loci

fratrum mm. de Reate. Qui Guardianus hodie in eo-

dem loco dixit sibi, quod eas combuserat, retentis sigillis,

Come riuscisse llÓtimore ne invenirentnr et ne inde periculum redundaret.

dalla città, e ció E E 3
che riseppe. Et dixit, quod recessit non per portam Civitatis, sed.

per flumen, sotiatus per duos fratres minores et duos alios
} homines extra Civitatem predietam forte spatio unius.
miliaris. Et dixit, quod audivit dici comuniter ibi et a
1l5supradictis custodibus porte, quod eodem modo in omni-
bus portis Civitatis erant positi custodes speciales per ipsos.
offitiales, ne lietere vel citationes vel processus ipsius In-
quisitoris possent ad ipsam Civitatem quomolibet depor-
tari. Et dixit quod audivit a predicto Guardiano et
120comuniter a fratribus aliis dieti loci et a pluribus aliis
hominibus in dieta Civitate, quod per dictos Officiales
erat faetum preceptum cum gravibus comminationibus
dictis fratribus, fratribus predicatoribus, heremitanis et
clericis, quod nullam reciperent licteraim predicti Inquisi-
1°5toris. [c. 35 f.]. Predicta relatio facta fuit coram dicto In-
quisitore pro tribunali sedente in eeclesia S. M. de Cruce
" in Gonessa et michi notario, ut supra, sedenti per dictum
numptium, ut jacet de verbo ad verbum, in presentia
dompni Johannis Petri archipresbiteri de Za porta de Concha
lOfratris Mathei de Planitis, not. Nicolay Clavelli, Massutii,
386

Lettera del-
l’Inquisitore al

Comune di Rieti.

L. FUMI

Rue, dompni Raynerii Leonardi, dompni Nicolay Syni-
baldi, Pauloni Petrutii Jacoboni de Spoleto et pluribus ,
aliis, quibus testibus presentibus et audientibus, predictam
relationem, de verbo ad verbum ut jacet, vulgari sermone
135et intelligibiliter legi et vulgarizavi.
Et ego notarius antedietus efc.

[c. 36] Die xi mensis agusti.
Nos frater Symon d. Philippy de Spoleto ord. mm.
lin Roma et Romana provincia Inquisitor heretice pravi-
tatis per d. pp. Johannem xxiJ spiritualiter deputatus
honorabilibus viris dominis Potestati vel eias Vicario,
Capitaneo, Sex et aliis Officialibus quocumque nomine
censeantur et Consiliariis et Comuni Civitatis Reate, man-
145datis nostris, ymmo verius apostolicis, firmiter obedire.
Ex debito conmissi nobis officii, in Civitate vestra pre-
fata contra pravitatem hereticam inquirentes et aliquam, ut
nostis, hereticorum in eadem Civitate sectam dampnabilem
invenientes, a pluribus fide dignis intelleximus dici, etiam
1904 maioribus, quod executio, tune in dieta civitate propter
nequitiam quorumdum filiorum perdictionis querentium
in favorem hereticarum personarum sibi actinentium sive
suis vel de heresi suspectarum diversis mendatiis, que-
sitis coloribus et conmotionibus, nostrum offieium impe-
l5dire, scandalum vel turbationem civium poterat occasio-
naliter generare; propter quod bonum statum vestrum et
quietum cordialiter diligentes, de ipsa Civitate ad terram
Gonisse accessimus, pro tempore, locum ire, volentes dare
et non obmictere, agere debitum officii quod nos stringit,
ló0nt et paci vestre Inquisitionis negotio possemus simul,
sine alterius preiudicio, providere. Sed eum per nostrum
juratum numptium et certi tenoris lieteras citaremus cer-
tas personas, ut ipsum negotium exigebat, tam ipsius
numptii relatione, quam aliorum plurium, est nostris au-
lribus iutimatum, quod ipse prohibitus fuit per vos terrori-
bus et persone periculis in dieta vestra Civitate ne faceret
quod sibi fuerat per vos impositum et conmissum [c. 36 £.];

et certe non sine sua, ymmo nostra et E. gravi iniuria
ERETICI E RIBELLI NELL’ UMBRIA, ECC. 387

et offensa, que pro tempore, sicut ita, habebit debitam
l70ultionem. Unde, ut in dieto tante pietatis negotio quo-
rumcumque non valeat fraudolentia obstacula interponi,
vos omnes et singulos tenore presentium requirimus et
monemus in virtute per vos nobis prestiti sacramenti et
nobis et nostrum cuilibet nichilominus sub excomunica-
175tionis et centum florenorum auri in singulares personas
et interdicti et mille marcarum argenti in Civitatem et
loca et districtum vestra et vestre jurisdictioni subiecta
penis, multis et sententiis, districte precipimus et man-
damus, quatenus, infra tres dies post presentium publi-
180cationem faciendam in aliquo loco vicino, taliter quod
non sit verisimile posse latere, quorum primum pro primo,
et secundum pro secundo, et relieum tertium pro tertio
et perhentorio termino vobis et vestrum cuilibet duximus
Prescrive al presentibus assignandum, debeatis infrascripta facere et

Comune,difargli —— :
avere nelle mani 185fideliter adimplere — ; videlicet: quod -Paulum Coppum

,Paolo Zoppo;

per nos repertum hereticum et de heresi puniendum re-
commendatum per nos ad custodiendum vobis Potestati
vel vestro vicario et officiali sub certis modis et penis,
ut in actis nostris plenius continetur, nobis vel fratri
190Marcho de Gonissa ordinis nostri et dompno Johanni archi-
presbitero S. Xpofori tradendo et assignando ad Ecclesiam
S. M. de Cruce positam in predieta terra Gonisse sub
fida custodia fideliter transmictatis, ut de ipso possimus
libere facere quod postulant canonice sanctiones nostri
195debitum officii exercendo. — Item quod Contessam, Jottii
filiam, uxorem q. Pauli Piscis de dicta civitate Reate,
[c. 37], que juravit E. et nostris et successorum nostro-
rum stare mandatis, et confessa fuit aliqua hereticha
di citare Con- commisisse, in nostra sponte presentia constituta, prius

tessa à compa-
rire in giudizio; 200tamen in actis nostris et dicti officii attestatione plurium
infamata de heresi et suspecta, ex parte nostra citetis
et eitari forma iuridica faciatis, quod coram nobis vel alio
per nos assignando in predicta ecclesia S. M., posita in
terra Gonisse, diocesis Reatine, sub pena excomunicationis
?05et centum fl. a., quam si secus fecerit, ipsam, eisdem seri-

ptis, canonica monitione premissa, incurrere volumus, ipso
E

388 L. FUMI

facto, infra duos dies post citationem predictam per vos

faciendam responsura de fide, et factura, dicitura et au-

ditura que sibi duxerimus iniungendam, pro primo, se-

210cundo et tertio ae perhentorio termino, uno pro tribus

e dicto debeat, cum fideiussoria ydonea cautione, persona-

liter comparere, alias preter predictas penas contra eam

ad alias graviores et alias procederemus, ut videbimus

expedire, sua absentia et contumacia non obstante, me-

di farla carce- 215diante iustitia, secundum canonicas santiones. Item

rare, se non ese-
uisse ilmandato quod si dicta Contessa supradicta omnia non impleat cum

i citazione ;
effectu, ipsa statim appellatione postposita, que citatis et
hereticis denegatur, capiatis et capi faciatis et in carcere
eam faciatis diligentius custodiri. Item quod faciatis
220et ordinetis, quod libere nostri numptii et familiares ve-
nire, stare, citare et omnia facere, que ad nostrum predi-
ctum spectant offieium valeant in dieta vestra Civitate,
districtu et locis vestre jurisdietioni subiectis et omne
obstaculum et gravamen illatum vel cominatum debeatis

225totaliter removere, et impugnantes [c. 38 £.] et conmi-

di redigere di o- nantes pena debita refrenare. Item quod de predictis
gni cosa pubblici
istrumenti : omnibus et singulis faciatis fieri publiea instrumenta, illa

nobis cum vestris licteris responsurus ad omnia supra-
dieta per specialem numptium fideliter transmissuri.
230Quod si, quod absit, supradictis omnibus et singulis no-
stris monitis et mandatis non parueritis cum effectu, ex
nune pro tunc, predicta canonica monitione premissa, pro
tribunali sedentes, eodem tenore vos et vestrum quemli-
tutto cio sotto bet et Civitatem et loca predicta, et dictum districtum
pena di scomu-
nica. ?3ósupradietas penas, multas et sententias declaramus incur-
risse et eis sententialiter subiacere, processuri nichilomi-
nus ad penas alias graviores, ut iustitia suadebit.
Actum, latum, pronuntiatum et datum in predicta ec-
elesia S. Marie de Cruce dioc. Reatine, anno dom. mille-
240gimo trecentesimo trigesimo quarto, die xiJ mensis au-
gusti, indict. 1J.
Supradicte sententie et processus et mandata de
mandato ipsius d. Inquisitoris lecta et publicata fuerunt

LI mae.

CE Er tata T afi n

ERETICI E RIBELLI NELL' UMBRIA, ECC. 389

245per me Nuntium ser Brunatii de Cornalto Imperiali au-
ctoritate notarium et nune notarium et officialem terre
Gonesse ad officium reformationum et per prefatum d.
Inquisitorem vulgariter et intelligibiliter exposita et nun-
ciata in ecclesiam S. M. de Cruce, dyoc. Reatine, posita in
250dieta terra Gonesse, infra missarum sollempnia, sub anno
domini M." ccc? xxx." IIIJ.° ind. secunda, tempore d. Jo-
hannis pp. xxiJ, die xv meusis agusti, presente nobili
viro [c. 38] Agutio de Cor[nalto?], Regio Vicario dicte
terre Gonesse, dom. Johanne de Interampne suo Judice,

255dompno Raynerio et dompno Nicolao sacerdotibus dicte
eeclesie, et not. Blasio, dom. Bernardo de dicta terra, et
cleri et populi multitudine copiosa.
Pubblicazione Domp. Johannes Archipresbiter S. Xpofori de Porta

degli atti.
Conche, dioc. Reatine, et Vicarius dom. Epi Reatini in terra

?0"Gonisse, constitutus coram fratre Symone de Spoleto In-
quisitore predicto, retulit prefato Inquisitori et michi
fratri Johanni de Cassia notario ord. mm. et not. ipsius
Inquisitoris, quod hodie in Ecclesia b. Barbare posita in
predieta terra Gonisse, diete dioc., in missarum sollem-

265pnis, supradictum processum etc. contra officiales et Co-
mune Civ. Reatine et Contessam Jotii et Paulum Ciop-
pum ete. coram populo sollempniter publicavit et intelli-
gibiliter vulgarigavit efc.

Item item domp. Raynerius sacerdos parroccialis

270ecclesie S. Marie de Cruce..., domp. Johannes de Gonessa,
Rector ecclesie S. Egidii posite in dicta terra..., domp.
Franciscus Rector ecclesie S. Savini de Podio dioc. Rea-
tine.., domp. Thomas de Gonissa, Rector ecclesie S. Marie
de Cerreto, dicte dioc.

275 (c. 89] Supradicte relationes facte fuerunt coram ipso
Inquisitore in ecclesia S. M. de Cruce, predicte dioc. Rea-
tine, die dominico .xrm. dicti mensis agusti, pres.
fratre Matheo de Planitia et domp. Synibaldo plebano
S. Massimi de Gonissa, Spoletan. dioc., et domp. Gual-

280terio Gualterii de Gonissa et Cola Berardi de Gonissa et
pluribus aliis et me fratre Johanne de Cascia notario
predieto et not. predicti Inquisitoris.
‘390 L. FUMI

Die xvnrJ® mensis Agusti.

e Dichiarazione Domp. Thomas Rugi de Gonissa sacerdos ecclesie S. M.
‘processoin Rieti. 285de Cruce efc. testis juratus et interr. per supradictum
Inquisitorem, suo sacramento respond. et dixit, quod pro-

cessus, lictera et mandata supradicta publicata in supra-

dieta ecclesia S. M. efc. sciuntur et scita fuerunt in dicta

Civitate Reatina per Reatinos comuniter. Interr. quo-

290modo seit, R.; quod die martis prox. pret. seq. inme-

diate post festum Assumptionis b. M., quo die supra-

dicta fuerunt publicata et die etiam dominico precedenti,
ipse testis ivit cnm Jutio Cole not. Pauli de Gonissa ad
dictam Civitatem Reatinam [c. 39 #.] et ibi steterunt
29usque eri, et dicta die martis vidit et audivit in diversis
locis, quod Reatini supradicti locuti fuerunt de supra-
dietis processibus, ipso teste presente et audiente et
audientibus supradicto Jutio et Berardo sotiis suis, et
ipse et predicti sotii sui dixerunt supradictis Reatinis in
300dieta Civitate pluries et in diversis locis, quomodo su-
pradictus Inquisitor processus predictos fecerat contra
Minaccia al- eos, et quomodo in diversis ecclesiis in terra Gonisse

lInquisitore se

PHONE diy fuerant pubblicati, et dicti Reatini respondebant et dice-

bant, quod non curabant et vilipendebant, et aliqui, quos

305non congnovit, minabantur predicto Inquisitori et dice-

bant: Si ipse Inquisitor revertatur, nos

il
!
||
|
il
| |
|

faciemus sibi hoc et illud ec.

, Testimonianza Jutius Cole notarius Pauli de Gonissa testis... dixit,
di un notaro.

quod die martis ivit Reate cum domp. Thomascio Ruzi

OT LO ATI TATE ES

310ge dieta terra et Berardo Rogerii de Podio, et die lune

immediate precedente predictam diem martis audiverat
ipsum Inquisitorem dicentem et publicantem in predica-
tione in ecelesia S. M. de Cruce [c. 40.], et in loco ffr. mm.
in predicatione funeris, supradictos processus et mandata,
3l5et viderat etiam ipsos processus et licteras pendentes in
foribus ecclesie S. M. predicte, et dicta die martis et die

mercurii sequentis audivit in dicta Civitate a pluribus diei
de dictis processibus, et dicebant aliqui quod comburerent

ipsum Inquisitorem, et aliqui conmictent eum ad maltam,

3? minantes sibi, et aliqui reprehendebant eos, efc.

È
ERETICI E RIBELLI NELL’ UMBRIA; ECC. 991
L'Inqaisitore [c 40 t.] Nos fr. Symon de Spoleto Inquisitor pre-

pronunzia la sen-

LULA il dietus actendentes quod processus, citationes, lictere et
mandata nostra supradicta ad officialium, Civium et Co-
munis Civitatis Reate (non obstante quod ipsi prohibent

325et prohibuerunt, ausu temerario, ne ad eos possint vel
potuerint illa vel alia nostra mandata, citationes vel li-
ctere devenire) notitiam verisimiliter, ymmo et veraciter
pervenerunt et pervenire debuerunt, et si velle dicere
quod ad eorum notitiam non pervenerunt, quod non est
330verisimile, nec verum, tamen per eos stetit, quod ad eos
non potuerunt pervenisse; et quod de predictis se non
possunt per ingnorantiam excusare, taliter, tam per nos,
quam per alios fuerunt de nostro mandato in loco et lo-
cis necessariis eis et predicte Civitati eorum publice et
335sollempniter publicata, et eis dicta, relata, significata et
nota, ut a pluribus audivimus et etiam recipimus infor-
mationem veridicam et actestationem plurium, quomodo
supradicta ad ipsorum notitiam devenerunt, et in contem-
ptum et vilipensionem conmissi nobis officii et sacrosancte
340M. E., noluerunt et contempserunt obedire et parere nos-
tris, ymmo verius apostolicis supradictis monitis et mau-
datis, que in supradictis processibus, mandatis, citationibus
et licteris continentur, ev nullam personam nec excusatio-
nem mictere vel facere curaverunt, coneurrentibus nichi-
355]ominus super hoc aliis gravibus excessibus, verbis et factis
cominationibus et iniuriis, quibus ducuntur a pluribus fide-
dignis in defensionem, receptationem et favorem heretico-
rum et defensorum et fautorum ipsorum, predietum com-
missum nobis officium pravis studiis, coloribus et conatibus
350impedire [c. 47], que ipsorum rebellionis contumaciam et
presumptionis nequitiam detestandam multum infamatas
aggravant et declarant, si que comuniter referuntur ad ip-
sorum judicium pertráhantur; ut de ipsorum contumacia

et dampnabili audacia et perversa non valeant gloriari ;

355et ne ipsorum impunitas fiat aliis occasio delinquendi,

auctoritate nobis conmissa a Sede ap. in hac parte et

predicti nostri officii, quo fungimur, et omni modo, iure
et causa, quibus melius possumus, prehabita diligenti et
L. FUMI

matura deliberatione et informatione sollicita super hoc,
360Potestatem, Capitaneum, Sex et omnes alios officiales,
quocunque nomine censeantur, Consiliarios et Comune Ci-
vitatis Reatine supradicte, pro tribunali sedentes pronum-
ptiamus, tenore presencium, contumaces, et penis, multis
et sententiis contentis in supradictis nostris processibus,
365citationibus, licteris et preceptis, esse merito ferendos, et
‘ ipsas singulares personas et quemlibet ipsorum excomu-
nicationis et centum flor. pro quolibet, et ipsam Civitatem
Reatinam et districtum eius et loca ipsorum et eorum
jurisdietioni subiecta interdici, et mille marcharum ar-
370genti penas, multas et sententias, canonica monitione pre-
missa, pronuntiamus incurrisse et declaramus sententia-
liter et potius deelaramus in hiis scriptis incurrisse et
eis sententialiter subiacere, et ipsos singulares excomu-
nicatos et Civitatem, districtum et loca predicta interdi-
375cta denuntiamus et denunptiatos publice numptiamus,
mandantes districte ipsos excomunicatos ab omnibus ar-
tius evitari, et in predictis Civitate Reatina, districtu eius
et locis interdictum ecclesiasticum inviolabiliter observari,
processuri [c. 47 #.] nichilominus contra eos et ipsorum
380Comune et Civitatis districtum et loca predieta ad penas
alias graviores, sicut nobis videbitur et ipsorum contu-
macia et demerita exigebunt, iustitia mediante, reservan-
tes nobis supradictas penas minuendi, agendi et mutandi
et aliter disponendi, sicut nobis videbitur, plenariam po-
38»testatem.

Supradicte pronuntiationes et sententie, late pronun-
tiate et facte fuerunt per supradietum Inquisitorem et
per me fratrem Johannem de Cassia notarium ord. mm.
et nune not. ipsius Inquisitoris, de mandato eiusdem li-

390etere, publicate publice in Ecclesia S. M. de Cruce, dyoc..
Reatine, posita in terra Gonisse, presente d. Johanne Pe-
tri archipresbitero S. Xpofori, vicario d. Epi. Reatini in
dieta terra, fr. Matheo de Planitia et fr. Thoma de eadem
terra ord. mm., fr. Johanne et Agustino de Gonissa ord.
39heremitarum S. Agustini et d. Johanne de Interamne,
Judice d. Ugutii vicarii Regii dicte terre Gonisse, dom-

n “ordina

i

ERETICI E RIBELLI NELL’ UMBRIA, ECC. : 393

pno Thomaseio Rogerii rectore S. Nicolai, domp. Johanne
rectore Eeclesie S. Egidii, d. Thomassutio Ruzi sacerdote
S. M. predicte, domp. Jovenale Synibaldi sacerdote. ca-
^Xnonico S. Maximi, domp. Trasmundo sacerdote canonico.

L'Inquisitore [c. 42]. Nos fr. Symon efc. inquirimus efc. adversus

insti-

tuire il processo d. Abiamontem de Lecto Capitaneum Castri seu vicarium
controil Comune,

Regium in Civitate Reatina vel Capitaneum ad guerram
405dicte civitatis,
D. Potestatem eiusdem Civitatis,
D. Salamonem de Bectona efc,
Sex Priores artium, quorum nomina sunt hec, Nar-
dus not. Petri de Porta Romana desuper, Angelutius Ci-
4lóstella de porta Carcarana de foris, Silvester d. Jannis
de porta Carcarana intus, Laurenzietus Berardi Laurentii
de porta Romana desuctus, Ceo Stefani de Porta Cezola
de suctus, Petrutius Jener magistri Claudi de porta Cen-
ciola desuper not. reformationum sex Consulum et Co-
Al5munis Civitatis Reatine predicte, Comune dicte Civ. Reat.,
d. Jacobum Leopardutii, Angelictum, Ceechum, Jacobum
Jotii [c. 42 £.], Berardellum Petroni, Colam Spetiarium, cives
reatinos et quosdam alios, in eo et super eo, quod rela-
tione veridica et clamosa insinuatione et fama publica
42)deferentibus, ad nostram audientiam et nostre Curie est
produetum, quod ipsi et ipsorum quilibet per se et alium
seu alios, divino amore et reverentia S. M. E. [postposito],

non sine ipsorum et plurium aliorum, quantum in eis fuit et

. l9 per avere est, periculo animarum, in presenti anno, mense julii et agu-
‘impedito il libero

esercizio

della 425sti fecerunt, procuraverunt, ordinaverunt et consenserunt,

sua potestà in

Rieti,

quod nos non possemus in dicta Civitate et aliis locis
prefatum Inquisitionis officium libere exercere, et quod
nostri nuntii ire non valeant ad dictam Civitatem et alias
terras et loca, nec citare, seu nostras licteras vel cita-
430tiones et processus alios deportare ex parte nostra, seu

nostre Curie prelibate : |

Et quod Paulus Coppus de Carcere repertus per nos
hereticus et recommendatus ad custodiendum supradicto
d. Potestati vel eius Vicario et officiali, in carcere Comu-
394 L. FUMI

cm ean. 435nis de nostro mandato detentus, ad nostrum non possit
CI DECIO RC : Duca SOR È
fare di Paolo nec debeat reduci nec poni in nostro arbitrio potestatis,
Zoppo, affidato

alla custodia del — nec de ipso libere facere possimus quid volumus, quod
Comune, il suo

debito di giusti- volemus et debemus, justitia mediante;
mut | Et quod nobis et familiaribus nostris et officialibus
440minati sunt et minantur et conati sunt et conari non
cie all'Inquisito-
re, agli officiali — promiserunt per se et alios impedimentum, contradictionem,
e ài familiari.
iniuriam et offensam et plura alia verbis, factis et scriptis,
nuntiis, consiliis et ambasciatoribus in Civitate ipsa et extra,
445quo ad impedimentum predieti nostri officii et defensionem,
favorem et receptationem hereticorum, non sine gravi
sacrosaucte M. E. injuria et offensa pertinere noscuntur,
fecerunt, procuraverunt, ordinaverunt et aetentare inter
se ipsos et cum aliis temere presumpserunt et continuare
450supradictos excessus dampnabiles non desistunt ;

Quare, volentes scire utrum clamorem, qui ad nos venit,
opere compleverint, et discernere de predictis omnibus et
singulis plenariam veritatem, contra supradictos omnes et
singulos et ipsorum et cuiuslibet eorum fautores, auxi-

45bliatores, complices et sequaces, ut supra dicitur, inquiri-
mus et inquirere intendimus de omnibus et singulis cul-
pis et excessibus supradictis et eis annexis et connexis
et ex eis emergentibus et ad ipsa quomolibet pertinenti-
bus et dependentibus ex eisdem, de quibus omnibus et
460singulis est et esse dicitur publica vox et fama, et re-
pertos culpabiles in predictis vel aliquo predictorum in-
tendimus corrigere et punire et sententialiter condem-
pnare, secundum canonicas sanctiones et secundum for-
mam statutorum nostrorum et omni modo et jure quibus

460melius possumus et expedire videbimus, iustitia mediante.

[c. 43 t.) Die xvJ mensis septembris 117.* ind.
vDepoNeione di Domp. Thomassus Thomassoni de Cumuluta de Go-
nissa, clericus Reatine dioc., testis iuratus, receptus et
^/Oexaminatus super predicta inquisitione facta et formata
per Inquisitorem predictum contra et adversus Comune

Reat. et offieiales et Cives eiusdem civitatis in dieta in-

3. perminac- [c. 43] verentur inferre, et intulerunt et inferri fecerunt et.


M m EE

ERETICI E RIBELLI NELL'UMBRIA, ECC. 395.

quisitione contentos efc., dixit se tantum inde scire de
contentis in dicta Inquisitione efc. quod ipse testis vidit.
475et presens fuit quando Custodes, qui morabantur et mo-
rantur ad custodiam portarum dicte Civitatis, ne lictere
Inquisitoris predicti micterentur et intrarent seu porta-
rentur in dicta Civitate, cereabant homines et personas
intrantes in dicta Civitate, ne lictere dicti Inquisitoris in-
480trarent in civitate predicta. Et quod Sex Consules artium,
quorum Sex Nardus not. Petri de Reate est Confalone-
rius, dixerunt in palatio Comunis, in quo morantur dicti
Sex, eidem testi: Nos speramus quod de terra
Gonisse unquam posset nobis aliquid
4Se venire sinistrum, quia dictum est nobis,
quod Inquisitor predictus, qui Gonesse
moratur,voluit dare cuidam de Gonessa
unum flor. auri ut portaret in dicta Ci-
vitate Reat. lieteras suas et processum
4))0interdicti contra nos. Et quod audivit dici

quod Comune Reat. misit Jucium de Pendentia Comuni.

Gonesse ad tractandum de predictis. Et dixit quod
[c. 34] audivit diei ab uno de Civitate predicta cirea tem-
pus, quo dietus Inquisitor de dieta Civitate recessit: B o -
45na la canipata: quod recessit. Interr. quis fuit
ille, dixit se non recordari, et predicta dixit se audivisse
et vidisse in dicta Civitate de mense agusti prox. pret.

Aliud dixit se nescire de contentis in dieta Inquisitione.

500 Dieta die.
Deposizione del Dompnus Johannes Gilberti de Civitate Sancte Floris

cappellano del 3 : SCI
castello reale di de Ibernia, cappellanus Castri Regii dicte terre Gonesse,

Gonessa.
testis iuratus efe. dixit se tantum inde scire de contentis
de inquisitione, vid: quod ipse testis portavit quasdam
5licteras ex parte domp. Johannis Petri Berardi, Vicarii
d. Epi Reatini in terra Gonesse, d.° Francisco eiusdem
d. Epi Vicario in Reat., et dum ipse presentaret eidem
d.° Francisco dietas licteras in domo habitationis ipsius,
sil. in domo episcopatus, quod idem d. Franciscus no-

510lebat dictas licteras recipere dicens: Iste sunt lic-


396

L. FUMI

tere Inquisitoris, nolo eas recipere. Et
eas non recepisset, nisi quod primo vidit nomen dicti
domp. Johannis scriptum in lictera supradicta. Et
predieta dixit fuisse die dominico prox. pret. Aliud dixit
515se nescire. ' Interr. [c. 44 #.] de presentibus, dixit quod
fuerunt presentes Thomas, Jacobus et Thoma Macthioni
Guarnerii de Gonessa et Johannes Massoni provincialis
serviens in Castro Regio Reatino.
Actum in d. Ecclesia S. M. presentibus d. Corrado
520de Podio jud. terre Gonesse, fr. Petrutio d. Francisci de
Spoleto, domp. Johanne arbipresbitero ecclesie S. Xpofori,
domp. Raynerio Leonardi de Gonessa test. ad predicta
voc. et rog.

925 Die xvij^ mensis septembris rj indict.

Deposizione di Fr. Stefanus Petroni de Reate, ord. Heremitarum S.
un frate di San-

+’ Agostino.

Agustini efc., dixit tantum scire efc., quod ipse testis et
alii fratres sui ordinis et Prior dictorum fratrum per of-
ficiales Comunis Reat. et alios Reatinos sunt vetiti et
530prohibiti quod non facerent aliquam ambasciatam, nec
alieui dicerent vel portarent verbo vel in scriptis in Ci-
vitate predicta ex parte Inquisitoris predicti, et quod
dum ipse testis iret per Civitatem predictam hostiatim pro
elemosinis acquirendis, homines Civitatis eiusdem comu-
5niter eidem [c. 45] fratribus illud iddem dicebant, et quod
dum ipse testis rediret a Lama, districtus Civitatis pre-
dicte, ad quam iverat pro elemosina canipe, ut sunt con-
sueti, fuit cercatus ad portam dicte Civitatis, ne portaret
dieti Inquisitoris lieteras, pluribus vicibus. ^ Interr. quot
M40vicibus, dixit quod 113° vicibus et ultra. Et dixit quod
alii fratres illud iddem dicunt. Interr. qui officiales
fuerunt, dixit quod fuerunt Sex et alii officiales dicte
Civitatis, qui modo ibi sunt efc.
Aetum Gonesse, coram Inquisitore predicto, pres. Fr.
%©Martino Oddonis de Gonessa, ord. Heremit. predieti, fr.
Matheo de Planitia et.fr. Andreutio Petri de Gonesse de
ord. mm.
ERETICI E RIBELLI NELL’ UMBRIA, ECC. 391

Die xv mensis septembris.

BAUR Md 2 TOF 20 Bernardus Ferrarii de Gonissa (?) et qui habitat Reate,
rarii ». citra mensem madii prox. pret. eíc., dixit quod Potestas
Reate et Sex, inter quos Confalonerius est Nardus de
Reate, fecerunt custodiri portas Civitatis Reatine, ne lictere
fr. Symonis de Spoleto Inquisitoris possint portari ad Ci-
»»vitatem Reate. Interr. quomodo scit., dixit quod audivit
dici, dum ipse testis erat in carcere Comunis Reate in
mense agusti prox. pret. etc., a multis personis comu-
niter, pluries et pluries, et etiam efc. ab uno famulo dicte
Potestatis, qui vocatur Sandro, qui dixit sibi, quod ipse fuit
560unus de custodientibus portam diete civitatis de mandato
diete Potestatis, ne lietere dicti Inquisitoris portarentur
illuc. It dixit, quod propter illa, que vidit et audivit in
dieta Civitate, ipse testis timere valde portare ambasciatam

ipsius Inquisitoris ad dietam Civitatem.

905 Actum Gonisse efc.

Die xx.^ mensis septembris, 117.* ind.

Deposizione di Domp. Petrus Andreonis, olim de Podio Bastoni efc.,
un prete, incari-

IAS Hi Dortaro presentavit, ex parte d. Francisci [c. 46] archipresbiteri ec-
atte ica

IT maistone al- 5:0clesie S. M. de Gonessa vicarii generalis d. Epi Reatini, qua-

sdam licteras datas die martis, que ex parte ipsius Vicarii

dirigebantur prefato Inquisitori, in quibus circa finem con-

tinebatur sic: Unum tamen vestre domina-

tioni notifico, quod ubi michi aliquid

S5mandaretis quod contra Com. Reat. es-

Set, quod facere non possem, sine peri-

culo personali Reatine Civit., dimicte-

rem, et ad domum propriam remearem.

Et dietus numptius asseruit dietas lieteras ex parte

980supradieti Vicarii portasse et ad hoc ab eo ad ipsum

Inquisitorem se specialiter destinatum ; ut predicta fir-

mavit eorporali prestito sacramento. Et eodem sacramento

dixit quod, ipso domp. Petro sciente, presente et vidente,

facte sunt mine graves per Sex Consules Artium Civi-

5Sbtatis Reat., qui modo sunt ibi in dieto officio, et Reatinos,

quod ipse Vicarius non recipiat lieteras vel nunetium su-

26
L. FUMI

pradieti Inqusitoris, et quod in portis diete Civitatis sunt
posite custodie ad custodieudum et discutiendum ne pre-
dicti Inquisitoris lictere portari possunt ad predictam Ci-
590vitatem, nec etiam presentari, et quod ipse timebat de
periculo personali, si illuc predieti Inquisitor:s aliquas li-
ceteras deportaret, et propter hoc predicti Inquisitoris re-
cusant portare licteras, quas dictus Inquisitor per eum
volebat mietere, et quod portaret iterum instantius requi-
595sivit, sed ipse allegans predictum periculum penitus re-

cusavit.

[c. 46 t.] Actum uts. etc.

Ordine al Vi- Eodem dic supradietus Inquisitor mandavit, imposuit

cario vescovile E
di Rieti di fare 600et conmisit e/c., prefato domp. Petro, quod ipse ex parte
osservare l'inter- ie UOS i
detto. ipsius Inquisitoris referret, diceret et mandaret sub pena
excomunicationis supradicto d. Francisco Vicario antedieti
d. Epi Reatini, quod ecclesiasticum interdictum positum
per eum in predicta Civitate Reatina et eius districtu
605servet et servari faciat ab omnibus inviolabiliter in Ci-
vitate et districtu predictis.
Actum ante predictam Ecclesiam S. M. presentibus

testibus supradictis.

610 Die xviuj mensis septembris.

Deposizione del Fr. Angelus Gentiloni de Monteleone, Guardianus

Guardiano del

rd diMon- loci ffr. mm. de Monteleone ete., dixit, quod dum ipse te-

stis iret ad Civitatem Reatinam ad Capitaneum generalem
pro quadam ambasciata Comunis Montisleonis [c. 47] et

615iret ad locum ffr. mm. de Reate, quod Guardianus dicti
loci dixit sibi: Caveas ne portes licteras In-
quisitoris, quia dictum est hic, quod
Inquisitor fecit processum contra Rea-
tinos.

620 Et dum ipse cum fr. Martino Laurentii de Monte-
leone sotio suo esset in commestione, venit ad eos nota-
rius Reformationum, Sex et Com. Reat. et dixit eis ex
parte dietorum Sex: Statim eatis extra Civi-

tatem, quia dubitatur ne portetis licte-

Sort

AR 4
ERETICI E RIBELLI NELL’ UMBRIA, ECC. 399

6ras dicti Inquisitoris; dietum est enim
in Civitate ista, quod quidam frater de
Monteleone, qui est lector Gonesse, or-
dine minorum, legit Gonesse processum
factum per predictum Inquisitorem con-
680tra Comune Reatinum. et Reatinos, et
quod jactavit se legere in civitate ista;
ideo dubitatur ne vos vel alter vestrum
portetis seu portet dictum processum,
sed si frater ille ivisset et portasset,
recepisset periculum in persona. Et non
permisit eos stare in dicto loco, nec ire ad aliquem
locum Civitatis predicte, et contra eorum voluntatem du-
xit eos ad portam Civitatis cum deceptu, dicens eis quod
duceret eos ad supradictum Capitaneum, ad quem ha-
640bebant et petebant ire si eos recedere oportebat, et quia,
ad efim eraut missi et portaverant sibi lieteras Comunis -
Montisleonis; et dum essent in porta dicte Civitatis, po-
suit ipsos fratres, sc. ipsum testem et fr. Martinum Lau-
rentii sotium suum extra Civitatem contra voluntatem
65»eorum [e. 47 t.].

Et dixit tune dictus not. Custodibus portarum
dicte Civitatis: Cavetote ne isti fratres in-
trent amplius istam Civitatem. Et dictus
not. dixit, quod illa faciebat de mandato predictorum Sex

650dicte Civitatis: et habebat secum dietus not. unum fa-
mulum armatum. Et ipse testis et predietus sotius eius
extra Civitatem sic positi et non potentes reintrare dictam
Civitatem, iverunt extra Civitatem iuxta murum ad aliam
portam, ubi est Castrum dicti Capitanei (1), et volentes

655intrare Civitatem, prohibiti fuerunt propter suspitionem

ne portarent licteras dicti Inquisitoris, et stantes ibi, ta-
men fecerunt quod significaverunt dieto Capitaneo et in-
traverunt ad eum. Et dixit eis dictus Capitaneus de hae

(1) « Prope portam.... versus Gonessam. .. de mandato Capitanei generalis qui est
ibi per Regem, ad quem missi fuerunt » (Dalla deposizione conforme alla presente
di fr. Martino, c. 49 t.).
=—====o==renennzz:

400 i L. FUMI

materia: Fratres, non habeatis pro malo
60hoc, quod factum est vobis, quia Reatini

dubitabant ne portaretis licteras supra-

dicti Inquisitoris de interdicto. Et loquens

cum eis dietus Capitaneus de ista materia, dixit quod

Reatini volebant accusare dictum Inquisitorem de falzo,
669et quod sciebat quod erat falzum e£c., etc.

[c. 48]. — Die predicta. Fr. Martinus Laurentii de
Monteleone ord. mm. (depone conforme alla deposizione
del compagno sud. ).

670
Die xxi mensis septembris supradicti.

Deposizione di
Juzzo, ambascia-
tore del Comune — tine efe., dixit et confessus fuit quod, hoc anno de mense
di Rieti al Co-
mune di Gonessa aeusti preterito ipse Iutius fuit missus ab officialibns
per impedire il

processo 67diete Civitatis Reatine, qui vocantur Sex ad terram

Jutius Nicole de Pendentia, habitator Civitatis Rea-

Gonesse cum licteris officialium et dicti Comunis diete
Civitatis Reatine credentie, sicut ambasciator, et. impo:
suerunt sibi ambasciatam faciendam talem, sc. quod
rogaret eos ex parte officialium et Com. Civitatis predicte
68%Reatine, quod faciat ita, quod fr. Symon Inquisitor pre-
dietus desisteret a processu, quem faciebat contra ipsos
in terra Gonesse, et si non volebat desistere quod face-
rent, quod ipse Inquisitor non faceret in terra predicta
Gonesse processum contra eos, allegando amicitiam intra
685dietam Civitatem [c. 49 #.] et illam terram Gonesse. Et
dietam ambasciatam dixit et confessus fuit se fecisse
Vicario diete terre Gonesse, qui tunc erat, et pluribus
hominibus de ipsa terra Gonesse, predicto mense, et in

predieta terra Gonesse, sed de die non bene recordatur.
Chiede perdono 690
e promette aiu-

tare l’Inquisi- diter postulavit, et in predictis recognoscens humiliter
ore.

Et de predietís ab ipso Inquisitore absolvi misericor-
culpam. Quem dietus Inquisitor videns contritum de
predietis et quod promisit sibi absistere in officio, suo
posse, et ut daret aliis materiam revertendi, absolvit ab
6)exeomunieatione, quam occasione huiusmodi ineurrisset,

et restituit Ecclesie sacramentis, et a predicto excessu
b Altre deposi-
zioni dello stesso.

ERETICI E RIBELLI NELL’ UMBRIA, ECC. 401

absolvit et liberavit, ut per nullum possit de predictis
quomolibet molestari, suis de stando mandatis E. et
ipsius Inquisitoris, ut moris est, per eum corporali prestito
0sacramento super inquisitione predicta, dixit et confir-
mavit omnia que superius continentur per eum confexata
et probata et dicta.
Et dixit, quod, ipso teste presente et vidente
et intelligente, supradietam ambasciatam. fieri per
700Comune, ut supradictum est, procuraverunt d. Jaco-
bus Leopardutii, Cola spetiarius et Angelutius Jotii
de Reate.
predieta, per offitiales dicte Civitatis proihibitum est,

Item dixit, quod ipso stante in Civitate

ex quo supradictus Inquisitor recessit de Reate de mense
710agusti pr. pret. Et positi fuerunt custodes in portis
ipsius [c. 50] civitatis ne lictere dicti Inquisitoris possent
portari et mieti ad dictam Civitatem, et dixit quod ipse
vidit in portis Custodes ad hec positos querentes ne dicti
Inquisitoris lietere portarentur. * Item dixit quod in dicta
"l»Civitate est publica vox et fama, quod per filios Jotii et
d. Jacobum Leopardutii et Colam. spetiarium de Reate
in Inquisitione contenta procuratum est et factum, ne
predietus Inquisitor in predicta Civitate possit in Inqui-
sitionis offieium libere exercere *, et hoc cum officialibus
720ipsius Civitatis dixit fecisse et procurasse, et ad petitio-
nem et procurationem et operationem eorum dixit, quod
officiales predieti hoc fecerunt et prohibuerunt sieut au-
divit diei comuniter, et dixit, ut supra, quod de predietis
est publica vox et fama.
7735 [Interrogatus quid est publica vox et fama, Z7 et
dixit, quod illud quod dicitur comuniter et a maiore
parte gentis.

Actum in ecclesia S. M. in terra Gonisse coram pre-

dicto Inquisitore sedente pro tribunali ad banchum juris,

T9presente fratre Matheo de Planitia de Gonessa et fratre
Petrutio d. Francisci de Spoleto ord. mm. teste ad hec
vocato et rogato, et notario Petro Gualterii de Gonessa
notario ipsius Inquisitoris, anno dom. millesimo ccc.

XXX IIIJ, die xxi; mensis septembris.

Leni e eerie e II M eL aar ra
=

Sira

asi LE

409 L. FUMI

735 Die vir mensis octobris.

Deposizione di Frater Petrus d. Francisci de Spoleto de or. mm.
fr Pietro da Spo- j : Em ct. à de
leto. respondit fratri Symoni Inquisitori supradieto et michi

notario infraseripto, quod ipse, una eum fratre Ludovico

Petri de Monteleone eiusdem ordinis, habita prius lietera.

740de securitate, quam d. Abiamons de Lecto Vicarius Re-
gius in Civitate Reatina et prefato d. Abiamonti presen-
tavit et legit in castro Regio in civitate predicta, pre-
sente fratre Ludovico supradicto licteras ipsius Inquisitoris,
que eidem d. Abbiamonti dirigebantur, in quibus dictus

745Inquisitor scribebat sibi de processibus faetis per ipsum
Inquisitorem contra Comune, officiales et quosdam Cives
predicte Civitatis Reatine, et quod si non parebunt, quod
ipse Inquisitor intendebat ire ad aliquem locum et ibi
procedere ad ultimam sententiam contra eos, et quod,

750licet dolenter faceret, opportebat eum procedere contra
predictos et predictum d. Abbiamontem nisi sibi obediatur,
et predicta aliis forte verbis et pluribus vel paucioribus
in predicta lictera erant in summa et tenore, et hec die
ultima mensis septembris prox. pret. — Item dixit,

755quod ipse de mandato et voluntate predicti Inquisitoris
prefato d. Abbiamonti, d. Jacobo Leopardutii et Ange-
lutio Jotii et uni germano dicti Angelutii dixit et nar-
ravit, quomodo dictus Inquisitor tribus vicibus sono tube
cum [c. 5/] sol'empnitate citaverat et citari fecerat Sex

700diete Civitatis et Comune ip ius in mense septembris prox.
pret. et tres filios Jotii, sororem ipsorum et d. Jacobum
Leopardutii et Colam spetiarium et Berardellum Petroni
de Reate qualibet vice pro primo, secundo et tertio et
perhentorio, et quod eos excomunicaverat ; et Civitatem

7óoReatinam et distrietum eius subposuerat Ecclesiastico in-
terdicto et condempnaverat in pena pecuniaria ; et quod
non restabat nisi ultima condempnationis sententia contra
eos.

Et interrogatus ipse frater Petrus ab eis quomodo
ipse sciebat, AJ. eis et dixit, quod ipse in omnibus presens
fuit quando dictus Inquisitor supradicta fecit contra su-
pradietos, et per hoc inducebat eos quod obedirent Inqui-
ERETICI E RIBELLI NELL’ UMBRIA, ECC. 403

sitori predicto. Interrogatus de loco, A., quod in cap-
pella supradieta castri Regii in Civitate Reatina.

715 Interrogatus de tempore, £., quod pluries et diversis

| diebus, aliquando prima die presentis mensis octubris, et

; : aliquando secunda die eiusdem mensis omnibus supradietis,

et declarando dixit, quod prima die octubris presentes

fuerunt d. Abbiamons et d Jacobus supradicti et predictus

780frater Ludovicus, et secunda die eiusdem mensis presentes

fuerunt in eisdem verbis iterum replicatis predictus d. Ab-

biamons et Angelutius Jotii et germanus eius, supra-

dieta et qualibet die et vice presens fuit frater Ludovicus

predietus. Interr. de presentibus, £., quod presentes

7S»fuerunt omnes supradicti et predictus frater Ludovicus.

Interr. dixit, quod ipse supradictos [c. 57 #.] pro-

cessus dixit et declaravit Guardiano fratrum mm. de

| Reate in orto loci dietorum fratrum de Reate, secundo

| die presentis mensis octubris, presente fratre Ludovico

| 790predicto. Et ipse et supradictus frater Ludovicus tunc

| dixerunt predicto Guardiano, quod dictus Inquisitor, ipsis

presentibus, Civitatem Reatinam et districtum eius sub-

posuerat ecclesiastico interdicto in terra Gonisse. Item

dixit quod supradieti efc., quam etiam predictus Guar-

795dianus responderunt et dixerunt ubi supra, quod processus

predietus ipsius Inquisitoris non valebat, quia non erat

factus in provincia Romana. Et ipse frater Petrus et

dietus frater Ludovicus responderunt et dixerunt, quod

ymmo erat facetus in provincia Romana, secundum divi-

800sionem provincie et assignationem privilegii (?) Inquisi-

tionis dieti Inquisitoris, quia in ecelesia S. Marie de Cruce

in terra Gonisse, que est diocesi Reatina. Item dixit

quod eidem dixit et annumptiavit, quomodo predictus

Inquisitor alia vice dictam Civitatem et districtum eius

Sb»subposuerat ecclesiastico interdicto, ita quod immo dup-

| pliei sententia est interdieta Civitas ipsa cum omni di-

) Strictu, et eius officiales excomunicati etc.
Relazione di Frater Ludovicus Petri de Monteleone dicti ordinis
Ír. Ludovico da
Monteleone. R.... [c. 52], quod ipse de mandato ipsius Inquisitoris

Sl0presentavit priori heremitarum S. Agustini de Gonissa

dal

ei LI. ©

Pit go meta — 1)
do agli ufficiali

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P.

L. FUMI

et archipresbitero S. Xpofori, Vieario Epi Reatini in
terra Gonisse et domp. Raynerio sacerdoti S. Marie
de Cruce lieteras ipsius Inquisitoris publicandas per sa-
cerdotes ex parte ipsius Inqui'sitoris de pronumtiatione,

Slsententia et condempnatione contumaciorum excomuni:
cationis et interdieti et aliarum penarum contra officiales
et Comune et certos nominatos Cives et Civitatem Rea-
tinam, mandans dieto Vicario Epi, quod eos publicet et
per omues sacerdotes sue jurisdietioni conmissos, sicut

820in ipsis licteris continetur, faciat publicari; que lictere
date fuerunt in terra Gonisse die xxvi septembris p. p.
Et predictam presentationem fecit in vigilia dedicationis
Michaelis Arcangeli p. p., presente fratre Ludovico de
Gonissa in dicta terra Gonisse efc.

825 Predicte relationes e£c. facte fuerunt coram ipso
Inquisitore presente fratre Johanne d. Bartholini, fratre
Luca Andrioli et fratre Lucarello Monopoli de Spoleto
or. mm., et me fratre Petro Gilijeti Vitalionis de Spoleto
notario ipsius Inquisitoris die viuit mensis octobris in

830camera ipsius Inquisitoris.

(Dalla 52 t. alla 56 r. sono bianche).

[c. 56]. Die xv mensis septembris 11J Ind.
Frater Symon de Spoleto Inquisitor predictus sedens pro

del Comune, e a S35tribunali ad banchum juris in ecclesia S. Marie de Cruce

donna Contessa.

de Gonessa dioc. Reat., que est mater ecclesia in dicta
terra, actendens quod Reatini prohibent suas licteras,
citationes et mandata portari et fieri eis vel alicui exi-
stenti in Civitate ipsorum, et quod ipsius Inquisitoris
S4numptii ire ad dietam Civitatem non possunt sine peri-
culo personali, ideo imposuit et commissit Vanni Blasii
publico bannitori ez baiulo Comunis Gonesse presenti et
audienti, quod in sua presentia ad predictum banchum
juris publicet et alta voce, sono tube premisso, banniat
8i5et citet
D. Raszantem de Florentia Potestatem,
d. Salamonem d. Monaldi de Bectonio Capitaneum,
Nardum not. Petri de Reate Confalonerium,

T manent PSP
Esecuzione del
bando.

ERETICI E RIBELLI NELL’ UMBRIA, ECC. 405

Sex Consules artium et Comune dicte Civitatis Reat.
8»9et d. Jacobum Leopardutii, Angelutium, Jacobum, Cec-
chum Jotii, Berardellum Petroni, Colam spetiarium de
Reate, mandando ex parte ipsius Inquisitoris, infra mis-
sarum sollempnia, presente populi multitudine copiosa, eis
et cuilibet. eorum, quod sub pena excomunicationis et
S5eentum fl. auri pro quolibet in personas singulares pre-
dictas, et interdieti et mille marcarum argeuti in civitate
ipsorum predictam et eius districtum [c. 56 £.] ipsi et qui-
libet eorum, in predieta ecclesia S. Marie, infra tres dies
pro primo, seeundo et tertio atque perhentorio termino res-
S60ponsuri inquisitioni quam ipse Inquisitor facit contra eos
et quemlibet ipsorum, eoram ipso Inquisitore debeant per-
sonaliter comparere, alias ad supradictas penas et alias
contra eos, ut procedendum fuerit, procedetur, ipsorum
absentia et contumacia non obstante. Et simili modo
805et forma citet
Contessam uxorem olim Pauli Piscis filiam Jotii de
Reate, quod infra dictum terminum efc. debeat persona-
liter comparere, auditura et secutura in causa et negotio
heresis et hereticalis pravitatis, de qua coram ipso jam
S'0confessionem fecit et habetur in actis Inquisitionis delata
et infamata, que ipse Inquisitor sibi duxerit iniungenda,
alias procedetur efc.
Actum Gonesse in dieta ecclesia, efc. presentibus fr.
Petrutio d. Francisci de Spoleto de o. mm., fr. Johanne
875de Reate de o. S. Spiritus qui in hospitali Gonesse mora-
tur, domp. Raynerio Leonardi et domp. Nicolao Sinibal-
doni de Gonessa test. efc.

Eisdem loco, die et hora et presentibus testibus et
SSÜpersonarum [e. 57] multitudine copiosa, infra missarum
sollempnia post prefationem misse et ante clevationem
Corporis d. n. Jhu Xpi, supradictus Vannes Blasii bau-
nitor et baiulus predietus coram fratre Symone Inquisi-
tore predicto et me notario Petro predicto et testibus su-
885pradietis in iudieio consistens, ipso Inquisitore mandante
et conmictente, fecit publice omnia et singula supradicta,

"M . di
antri e ar mie m ona ii it
L. FUMI

et dieto Inquisitori et michi notario efc. retulit se fecisse,
secundum formam et tenorem dicte conmissionis ec. etc. |

hk: Actum uts. |
D^ — : 890

MED Lm

A S Die xvIny.® mensis septembris predicti.
; (Sentenza di contumacia. Ordine di citazione).

Die xxnuy.? mensis septembris.
p

895 (Promulgazione della contumacia e della citazione.

Die xxvJ.* mensis septembris.
Sentenza di In nom. etc. Nos frater Symon efc. actendens quod
contumacia. :
d. Razzante de Florentia Potestas, d. Salomon de Becto-
90nio Capit., Nardus not. Petri de porta [c. 57 #.] Romana
de super, Confalonerius, Laurenzictus Berardi Laurentii
de Porta Romana desuctus, Angelutius Cistella de Porta

Carcarana de foris, Silvester d. Jannis de Porta Carca-

rana intus, Ceo Stephani de porta Cinciola desuctus et

905Petrutius Jener magistri Claudii de porta Cinciola desu-
per, Cives Reatini, Sex Consules seu priores artium et Co-

| mune Civ. Reate, et d. Jacobus Leopardutii, Angelutius, |
| Jacobus et Cecchus filii Jotii de Ponte, Cola spetiarius, |
3erardellus Petroni Cives predicte civitatis Reate ad re-
?l0spondendum e£c., expectati, non comparuerunt coram no-
bis..., [c. 59] et ipsi supra predictis hominibus de ista
terra Gonesse et Comuni miserunt licteras speciales, ét
| Vicarius Regius terre Gonesse cum quibusdam bonis vi-
ris de dicta terra Gonesse requisiti et rogati et sollicitati
%15a supradictis Reatinis, ut nobis dixerunt, nos efficaciter
rogaverunt, quod ipsi, ut requisiti ab eis specialiter su-
per hoe, ymmo et prefatus Vicarius terre Gonesse et no-

v

tarius Gualterius Rogerii de ipsa terra Gonesse facti am-

dos basciatores a Comuni Gonesse fecerunt, ut inter ipsos
9?0Reatinos et nos e interponerent in predictis et de nostro
beneplacito ad dietam Civitatem Reat. et ad Comune i
ipsius et supradictos et inquisitos accesserunt ad tractan-
dum cum eis, eos ad mandata nostra ymmo apostolice:
reducere eorum querentes comodum et salutem, ut rela-
ERETICI E RIBELLI NELL’ UMBRIA, ECC. 407

95tione veridica nobis constat supradietum etiam nostrum
processum contra predietos inquisitos pluribus et poten-
tibus de dicta Civitate Reate, etiam in congregatione sol-
lempni cleri et populi de diversis terris et diocesis, etiam
de Reate et eius districtu, ibi fuerunt aliqui in magna

930multitudine congregata, nos in predicatione verbi dei pu-
blice declaramus, numptiamus et prediximus seriosius
et aperte et de tractatua super predictis de ipsa Civitate
Reate lieteris, et verbalem jam habuimus responsionem.
Et si ipsi vellent dicere se nescire, non possunt, nec sunt,

935nec essent audiendi, tum quia sciverunt et scire potue-
runt et potuerant [c. 59 #.] tum quia ipsi prohibuerunt
et prohibent minis factis portarum custodiis, comminatis
perieulis, pravis studiis, iussione, oceasione, promissione
et procuratione, directe et indirecte prohybitum est et etiam

940prohibetur cum omni sollicitudine et cautela, ut vere
constat et dignoscitur esse notum, ne citationes, conmis-
siones officii, executiones, actitata, lietere et mandata no-
stra ad eos et predictam Civitatem Reatinam mieti possint
aut intromicti aut presentari, nec fieri, nec portari.

945 Et quia dignum non est, ut ipsi de malo et tam per-
nitiosis excessibus et fraudolentiis valeant comodum con-
sequi vel habere, et per eos, quantum in eis fuit, stetit,
quominus supradicta omnia eis portata fuerint et etiam
presentata, ideo supradietos omnes et singulos et supra-

950dietum Comune Reate inquisitos et citatos, et, ut supra
dieitur, requisitos et misericorditer expeetatos pronuntia-
mus contumaces, et penis et multis in supradictis cita-
tionibus et mandatis contentis et comminatis merite fe-
riendos decernentes, auctoritate Sed. apostolice nobis con-

955missa et nostri officii qua fungimur, et omni modo, iure
et causa, quibus melius possimus, in favorem fidei et ho-
dium heresis et faütorie ac defensionis hereticorum et
Scelerum eorumdem; et ut predicte licet enormitates et
presumptiones dampnabiles nonfiant delinquendi et si-
900milia actentandi aliis [c. 67] occasione vel exemplum,
et ut ex procuratis per eos retardatione justitie contra
hereticos et eorum fautores, defensores et receptatores et

TED HAE OT GAB CI

P

M e
ETTI IN mE i I

408

-L. FUMI

impedimento commissi nobis Inquisitionis officii non pos-
sint hereses crescere et libere pullulare, contra eos et
965eorum quemlibet et dictum Comune Reatinum in supra-
. dieta Inquisitione et de contentis in ea et eis annexis et
connexis esse, mediante justitia, procedendum et procedi
debeat ac si supradieta nostra mandata et citationes et
processus fuissent eis personaliter presentata, et quantum
?/0de jure potest fieri et procedi, eorum absentia et contu-
macia non obstante, et quod ad supradicta facienda et
assignanda non sint amplius expectandi, nec etiam au-
diendi.
Et eadem auctoritate Sed. apostolice et dicti nostri of-
9U7»fieii et omni modo et jure et causa, quibus melius possu-
mus, ut ipsi de suis contumaciis et inobedientiis et re-
bellionibus non valeant gloriari, canonica monitione pre-
missa, in hiis scriptis omnes: et singulos supradictos
inquisitos, citatos et contumaces, et predictum Comune
SS0Reatinum propter eorum contumacias et inobedientias et
quemlibet eorum ad penas et multas contentas in ipsis
citationibus et mandatis, vid: ad penas excomunicationis
et centum fl. auri singulares personas et officiales pro
quolibet [c. 67 #.] et interdieti et mille marcharum ar-
‘genti Civitatem ipsam Reatinam et eius districtum senten-
tialiter condempnamus, e£c., reservantes nobis potestatem
et auctoritatem supradictas penas et niultas et sententias
mitigandi, minuendi, augendi, tollendi, suspendendi et
in alias permutandi, prout nobis videbitur expedire, ju-
990stitia mediante.
Causa, modo, auctoritate et condictionibus supradi-
etis Contessam q. Pauli Piscis efc. citatam et requisitam...
et non parentem.... pronuntiamus contumacem et penis....
vid. excomunicationis et centum fl. auri.... pronuntiamus
995publice subiacere. Dompnum Johannem Petrignani de
Reate non comparentem in termino sibi dato pronun-
tiamus contumacem et penis et multis in ipsis citationi-
bus contentis merito feriendum.
Lata, data ete. Ego qui supra Phylipputius Johannis
l000efe, Ego not, Gualterius efc.
ERETICI E RIBELLI NELL’ UMBRIA, ECC. i 409
da H1 a
bij m
Consilio dato [c. 63.] In nom. etc. an. p. M. ccc. xxxm etc. die
dal collegio del ;
S. Utfizio.

XXJ,* mensis octubris. Convocatis et congregatis venn. et
honestis religiosis clericis et laycis, sapientibus et juris-
peritis infraseriptis de mandato ven. et honesti et d. fr. Sy-

1000monis efc. Inquisitoris e£c. in eeclesie S. Francisci de

28
Viterbio coram supradicto d. Inquisitore ibidem pro tri-
bunali sedente ad. infrascripta :
D. Maetheo. priore E. S. Angeli et Vicario d. Viter-
bien. Epi i
1010 —Archipresbitero maioris ecclesie S. Laurentii Viterbien.
Archipr. S. Sisti
D. Mactheo priori S. Macthei de Suresa
D. Petro priore S. M. nove
D. Falcone priore ecclesie S. Luce
105 Presbitero Marcho ) gi È ces
: Canonieis ecclesie S. Sisti
presb. Nicolao (
yresb. Nicolao 52 È :
| Canonicis eeclesie S. Angeli
presb. Jacobo \
presb. Mactheo canonico S. Maethey
1020 ^ presb. Ventura canonico ecclesie S. M. nove
d. Lemmo Jud. de Balneoregio | Iudieibus Manni
E : Potestatis Civit.
d. Andrea de Viterbio Viterb. perS. R. E.
[c. 63 t.] d. Raynerio de Alexandrinis |
d. Rucchisciano d. Ebriaci Iudicibus le-
1025 È ‘gum doctoribus
e d. Petro Angeli \ de Viterbio.
d. Azzone Bartholomei /
Fr. Angelo de Monteflascone guardiano fr. mm. de

Viterbio

Fr. Raymundo de Sezza, lectore predieti loci de

10350Viterbio
Fr. Marcho de Viterbio )
| de ord. mm.
Fr. Petro de Monteflascone |)

Fr. Nieolao de Corneto vicario conventus frr. predd.
| de Viterbio
( UH Fr. Fide de Monteflascone eiusdem loei sotius.
Fr. Petro de Urbeveteri | ord. Heremitarum
Fr. Dominico de Viterbio ( S. Augustini de Viterbio.
du 410

L. FUMI

Fr. Thoma de Veteralla
Fr. Nicolao de Viterbio |
Fr. Martino de Burgo S. Sepulcri | ord. S. M. de Veritate
Fr Petro de Viterbio (de Viterbo —
Fr. Nicolao de Urbe priore ecclesie S. Petri de Castan.
de Viterbio

Fr. Paulo de Gualdo

ord. S. M. de Carmino.

1040

N

1045 3 xl fratres eiusdem
Fr. Andrea de Florentia ; RE
Fr. Petro de Viterbio
Magistro Matheo magistri Johannis notario de Vi-
terbio.

10:0 Prefatus Inquisitor distinte et aperte legit publice
predictis omnibus tunc ibidem presentibus et audientibus
inquisitionem per eum formatam contra Paulum Zoppum
de Carcere de Reate et quasdam alias personas, respon-
sionem et confessionem factas per ipsum Paulum coram

l»»Inquisitore et responsionem et confessionem factas per
Contessam [c. 64] uxorem q. Pauli Piscis et filiam Jocti
de Reate, et actestationes et dicta contra dictos Paulum
et Contessam, et processum factum per ipsum Inquisi-
torem contra officiales et Comune et quosdam Cives

lCivitatis Reatine de impedimento officii ipsius et fautoria
et defensione hereticorum, tacitis semper predictis per-
sonis et dicta Civitate.
Super quibus omnibus prefatus Inquisitor petiit ab
eisdem omnibus supradictis dominis particulariter et di-
l0 visim interrogatis per ipsum Inquisitorem, astringendo
predictos omnes et singulos super predictis in virtute
sanete obedientie et sub pena excomunicationis ad fide-
liter consulendum quid et qualiter et quomodo per ipsum
Inquisitorem agendum esset consilium sibi dari.

1070 Primo. — Qui domini supranominati, sapientes, juri-

speriti, prelati, clerici et religiosi et layci unanimiter et con-

corditer, excepto infrascripto, oraculo vive vocis, consu-

Iuerunt prefato Inquisitori, auditis et recollectis per eos

omnibus supradictis, quod Paulus Zoppus predictus et
ERETICI E RIBELLI NELL’ UMBRIA, ECC. 411

1075predieta Contessa Jotii sunt per ipsum Inquisitorem ut
heretici condempnandi.

Secundo. — Omnes supradictis, nemine discordante,
consuluerunt, quod prefatus Inquisitor contra predictos
officiales et Cives Reatinos impedientes officium suum

10$0procedat, sicut contra fautores hereticorum, secundum
canonicas santiones, et citari faciat eos [c. 64 £.] et ter-
minos eis assignari faciat perhentorios per edietum poni
faciendum in foribus alicuius ecclesie alicuius Civitatis vel
loci, ubi dieto Inquisitori videbitur expedire, vel adponi

1085faciendum in porta Civitatis Reatine vel in aliquo loco
dicte Civitatis vel prope, ut melius poterit, et in edicto
fiat mentio de processu facto contra predietos per ipsum
Inquisitorem, et terminis elaxis, quod procedat ad sen-
tentiam contra eos, ipsorum absentia et contumacia non

1090obstante.

Frater Raymundus de Sezza lector loci frr. mm. de
Viterbio supradictus consuluit in predictis omnibus ut
alii supradicti, excepto quod ipse dixit, quod super facto
prediete Contesse volebat plenius deliberare et videre

1095utrum esset ut heretica condempnanda.

Die xxvJ mensis octobris.

Tune du. In nom etc. Nos fr. Symon efc. visis, consideratis et
IDEE oos on diligenter inspectis plurium fide dignorum relationibus,
tadini di Rieti 1100attestationibus et licteris habitis et receptis per nos spe-
cialiter super hoc, scilicet quod ad Civitatem Reatinam

non possunt citationes et mandata nostra seu nostre lic-

tere adportari, neque in dieta civitate existentibus pre:

sentari sine portantis periculo personali, et quod nostri

llofamiliares et numptii in dicta Civitate non possuut que

eis per nos imponuntur et que ad nostrum Inquisitionis

spectant officium Libere exercere, habita nichilominus

pluries certa de hoc probationis experientia per nos ipsos,

ut in tante pravitatis Inquisitionis negotio non possit

lll0ópstaeulum interponi, et illi quorum opere, occasione, stu-

diis et pravis conatibus supradicta impedimenta prestantur

et dampnabiliter procurantur de tam pernitiosa presum-
M

412 L. FUMI

ptionis audacia comodum non reportent, et fides cattolica
prosperet nostra, hereticorum et ipsorum receptatorum,

li5fautorum et defensorum fraudolentiam et detestabilem
violentiam providere de opportuno remedio cupientes,
matura et diligenti deliberatione habita super hoc, au-
ctoritate Sed. Apostolice nobis conmissa et nostri prefati
officii, qua fungimur, et cum modo iure et causa, quibus

1120melius possimus, Xpi nomine invocato, pro tribunali seden-
tes in ecclesia S. Francisci de Viterbio pronuntiamus etc.
quod contra Civitatis Reatine prediete cives, officiales,
habitatores et in ipsa Civitate existentes procedi possit
et debeat ctc.

1125. Lata etc.

[c. 65 t.] Lettere monitorie dell’ Inquisitore ai Sei di

Rieti — Vestram querentes salutem et non ruynam efc.
— Ottobre 27. |

1133 [e, 68] Mandato fatto a Federico de Murico, citta-
dino Reatino, potestà di Orte e ai giudici, notaro e fa-
miliari di lui da Rieti e a chiunque reatino esistente in
Orte, di publicare le lettere contro i Reatini — Ottobre 28.

1135 — [e. 68 #.] Lettere monitorie a Contessa di Jozzo —
e ordine al banditore di presentazione delle medesime.
[c. 71 t.] Relazione della eseguita presentazione fatta

dai nunzi — Novembre 2.
1140 — [e, 73] Parere di tre giudici di Viterbo sulla lega-

lità degli atti precedenti — Novembre 2.

Ind. rr, mens. februarii die xxVIIJ.
, Testimonianza Frater Franciscus Vannis de Assisio, fraticellus, habi-
di fr. Francesco È
1 XP. , 45 : T . PU : "dis
m. anne d'As-ll4ator in uno loco prope Tibur, in territorio Cole Comitis,
constitutus coram religioso viro d. fr. Symone Inquisitore
heretice pravitatis, iuratus stare mandatis d. n. pp. Jo-
hannis xxiJ et ipsius d. Inquisitoris et successorum eius
in dieto officio, interrogatus si scit aliquid, quod sapiat

1150heresim, /., quod non, nisi quod audivit a frati-

ENUDEIRENEEEINE ZROIRPDREMUF Me qmm m es iii eL
ERETICI E RIBELLI NELL’ UMBRIA, ECC. 413

115>cellis de paupere vita in pluribus locis conversando cum
eis, quod dietus papa Johannes non est papa, sed nominant
eum Jacobum de Caturcho et dicunt (audivit ab eis plu-
ries), quod dictus d. papa Johannes amputavit capud vite
Xpi, quia cassavit fraticellos et quia fecit decretalem quod

1160Xpus habuit in proprio et comuni, quod ipse est hereti-
cus; et dixit quod audivit ab eisdem, quod habetur una
profezia, quod E. R. est faeta meretrix, et ad hoc ut possit
melius fornicari, transivit ultra montes, et etiam quod si

. ipse papa Johannes absolveret eos a peccatis eorum, ipse
1165non haberet fidem, nec etiam si ligaret eos; et dixit quod
similiter audivit ab eis, quod nos qui vocamus fratres mi-
nores ab E. non sumus fratres minores, sed ipsi fraticelli
sunt [c. 75 £.] vere fratres minores.
* Item interr. si credidit testis predictis 77., quod sic.

I7 Interr. quanto tempore credidit, 7., quod stetit diversis
mensibus et interpellatis inter ipsos fratricellos, forte, per
quinque annos, et per dictum tempus in diversis locis
audiens frequenter supradicta ab ipsis fraticellis, cum
quibus stabat, credebat et credidit supradicta.

1175 Interr. si fecit professionem aliquam, £., quod rece-
ptus ab ipsis fraticellis et inductus ab eis, promisit ser-
vare regulam et testamentum b. Francisci, jurando ad
saneta dei evangelia super altare et super regulam su-
pradictam in manu fratris Pauli de Assisio, qui est vel

1180dicitur minister provincialis in provincia b. Francisci
inter ipsos fratricellos de paupere vita.

Interr. de tempore Z., quod sunt forte my. anni,
sed cum eis fuerat aute per plures annos.

Interr. de loco, Z., quod fuit in loco S. M. de Ra-

IlS5pichiano in territorio Spelli, dioc. Spoletane.

Interr. quis est generalis eorum, Z?., quod est frater An-
gelus Clarani de Fossabruno, qui aliter fuit vocatus frater
Petrus de Fossabruno.

Interr. quomodo scit quod dictus frater Angelus sit

1190”eneralis, Z?., quod audivit ab ipsis fratricellis et dieitur
[c. 76.] comuniter inter eos et semel, forte, sunt tres anni,

27
414

L. FUMI

recepit ab ipso unam obedientiam eundi et standi in silva
matutina.
Et dixit quod dietus frater Angelus scripsit, sicut
119generalis, ipsis fratricellis morantibus in loco Poli, ipso
presente et vidente, non sunt xv dies; in qua lictera
continebatur, quod confortarent se, quia cito habebunt
bonum statum, et quod d. Phylippus frater Regine erit
effectus Papa.

1200 Item interr. a quibus audivit supradicta, Z., quod ab
omnibus infrascriptis, vid. a fr. Francisco de Ascisio, qui
dicitur Guardianus sancti Blasii de castro Poli positi in
silva, cum quo ipse moratur, et fratre Rugerio de Abrutio
qui moratur ibidem, fr. Petro Lombardo, qui moratur

1205prope supradictum locum a duo miliaria in monte S. M.;
fr. Egidio de Spoleto guardiano S. Lueie, fr. Johanne
de Spoleto, fr. Bartholo de Spoleto, fr. Stefano de Roccha
S. Stephani, in ecelesia S. Lucie, S. Gregorii prope Tibur
à v. miliaria, fr. Matheo de Spoleto, guardiano S. Pas-

l2!0toris de Gallicano prope locum dicti testis, fr. Paulo de
Ascisio, qui dicitur minister provincialis S. Francisci, fr.
Leonardo de Tuscia in ecclesia S. M de Gallicano [c. 76 f.],

fr. Nicolao de Calabria qui est sotius dieti fr. Angeli, et _—

hodie sunt viij dies, quod ipse venit ad supradictum lo

lZ5eum Poli, missus a fr. Angelo et cum licteris suis ad

visitandum seu visitationem faciendum in dicto loco, et

ipsos fratres dicta die, s. die dominico prox. fut. visitavit

et corressit, in publico et secreto, die iovis p. p., dictus

testis ivit cum dicto fratre Nicolo usque ad locum S. Lu

1220cie fr. Petro de Tuderto, qui stetit cum dicto teste in
supradicto loco Poli.

Interr. in quibus locis [/2.] ab aliquibus in dicto loco

Poli, ab aliquibus in dieto loco Montis S. M., ab aliqui-

bus in dieto loco S. Lucie, ab aliquibus in dicto loco ‘

1225Silve matutine et in pluribus aliis locis. Interr. de tem-
pore, A., a vJ. annis citra diversis temporibus, mensibus
et diebus.

Actum in camera Inquisitionis, presentibus fr. Gi-

COT
ERETICI E RIBELLI NELL’ UMBRIA, ECC. 415

raldo sotio Inquisitoris; d. Nicolo de Fustis de Berta et
1230me Francisco ser Homodei not.

de "
Eee cR um n

Nuova sua te- Item iterum repetitus dieto die et interr. si scit ubi
stimonianza.

moratur dietus frater Angelus, £. quod moratur in
(c. 77.) saneto Benedicto de Sublaco. Item dixit quod
1235ante non fuerat recordatus quod supradicta hereticalia

d

audivit ab infrascriptis, vid: a fr. Thomascio dé Camea-

Lamina ar TAO

| mo, fr. Benedicto fratre suo, qui moratur in ecclesia S. M. de

| - Limandrillis de Cicigliano, et maxime audivit ab eis quod
d. pp. Johannes non est papa.

1240 Interr. si audivit ab aliquo alio, #., quod semel fuit
interrogatus ipse testis ab abate Monasterii de Sublaco:

| : Quomodo stas cum papa Johanne? Et ip-
sum respondentem: Male, quod Deus male-
dicat sibi! Et.dixit: Non Blasfemes sibi

1245tu, quia homines spirituales non debent
alios blasfemare. Et dabat sibi, penitentiam de

malis et contrariis factis per eum.

Interr. de loco Z. quod fuit in septimana, in qua
) fuit festum s. Blasii p. p. — Interr. dixit, quod au-
12:0divit a supradicto fratre Nicolao, sotio predicti fratris An-
geli, quod dietus Abbas nichil facit sine consilio dieti
fratris Angeli. Item dixit, quod audivit a dicto fr. Ni-

colao in septimana prox. pret. etc.

1255 [c. 77 t.]. — Die secunda mensis martii.

Testimonianza Frater Johannes Lodoroui de Alfanis de Reate novi-
di fr. Giovanni

Alfani. tius in ordine mm. testis juratus suo sacramento dixit in

presentia fr. Symonis de Spoleto Inquisitoris predicti, quod
fratricelli de paupere vita, quorum Caput est frater An-
1260”elus de Marchia, credunt comuniter, pro maiori parte,
quod d. pp. Johannes non sit pp. et quod deeretalis, quam
| fecit ipse, in qua dicitur quod Xpus habuit in proprio et
) comuni, non est vera, et quod eam non potuit facere, et
quod fratres minores non habentes conscientiam servandi
l?00peg'ulam b. Francisci ad licteram, non sunt in statu sal-

vationis, sed dampnationis, et quod declarationes et sta-
Testimonianza
di fr. Giovanni
x Toni » da Spo-
leto.

por
n.
"LA

L. FUMI

tuta vel ordinamenta facta super ipsa per summos ponti-
fices non potuerunt fieri de jure.
Interr. quomodo scit, E., quod hoc scit ex conver-
1270satione magna, quam habuit cum eis, stando inter eos
fratricellos, et unus ex eis, et postquam ab eis recessit
et ex verbis, que audivit ab eis et ab aliis qui sciunt
faeta et oppiniones eorum: et dixit quod audivit ab ipsis
fratricellis, quod frater Johannes de Spoleto, qui moratur
12;5in loco S. Lucie prope castrum S. Gregorii, est fervens
in suprascriptis herroribus, sed non audivit ab eo: et
dixit quod frater Johannutius de Reate [et fr. Egidius?]
frater eius sunt boni et non credunt supradicta, sed alii
qui sunt in contrata Reatina [c. 78] comuniter credunt
1280predicta, et dixit se scire causis supradictis.

Interr. ubi stetit et conversatus fuit cum predictis
fratricellis, quorum capud est dictus frater Angelus, Z.,
quod Rome et in Marino et in locis contrate Rcatine,
et in pluribus aliis locis, et supradietum sacramentum
l?S3prestitit, sic, scil. quod nichil a pred'ctis dixit contra

conscientiam suam, nec dixit in odium alicuius, et dixit
quod distinte forte non recordatur de quolibet verbo et
de omnibus a quibus audivit, sed de substantia predi-
ctorum est certus, propter causas predictas. Et sine sa-
1290cramento dixit, quod audivit ab eisdem vel pluribus
eorum, quod recedente gratia a Deo et existens in peccato
mortali, perdebat auctoritatem pape.
Actum in capitulo frr. mm. de Tibure, presente fr. Sa:
gnono Guardiano dicti loci et fr. Raimundo lectore ibi-
1295dem ord. mm. et me fr. Giraldo de Mevanea ord. mm.
not. ipsius Inquisitoris.

Die my mensis martii.
Frater Iohannes Toni de Spoleto, habitator in loco
13008. Lucie prope castrum S. Gregorii dioc. Tiburtine, con-
stitutus coram fratre Symone de spoleto Inquisitore su-
pradieto et juratus, tactis sacrosanctis seripturis, stare
mandatis E. [c. 78 £.] et d. pp. Johannis xx1J et subces-
sorum eius et dicere veritatem, dieto sacramento, prius

— ——— —Ó
ERETICI E RIBELLI NELL’ UMBRIA, ECC. 417 :

130500mnem heresim abiurando, repetitus etiam ab ipso Inqui-
sitore, et iterum interr., suo sacramento dixit et confes-
sus fuit, quod ipse credidit tempore pret. usque modo,
quod d. pp. Johannes xxiJ non sit pp., et quod omnis

papa perdendo gratiam et existens in peccato mortali
1310perdit auctoritatem pape; et quod decretalis prefati d. pp.
Johannis, in qua dicitur quod Xpus habuit in proprio et

comuni non est vera, ymmo est heretica, et quod omnes
fratres, qui ab E. vocantur fratres minores non habentes
conscientiam servandi regulam b. Francisci ad licteram
1315sunt in statu dampnationis, et quod omnes declarationes
faete per summos pontifices supra ipsa regula b. Fran-
| cisci non potuerunt fieri de jure. Interr. per quan-
tum tempus credidit supradieta, A., quod spatio xvJ.
annorum. It. dixit, quod supradicta hereticalia credunt
1320comuuiter fratricelli de paupere vita, quorum generalis

et caput est frater Angelus Clareni de Marchia, qui di-

citur morari in monasterio sancti Benedicti de Sublaco
vel in arce de Sublaco. Et dixit quod istud, s. quod di-
etus fr. Angelus moratur in predicto monasterio vel in
) 1325arce de Sublaco, scit solum per auditum, et dixit quod
ipse vidit dietum fratrem Angelum in supradicta arce
tempore quo Bavarus fuit in Roma, et frater Egidius, fra-
ter eius carnalis, qui moratur secum in dicto loco S. Lu-
cie, vidit dietum fratrem Angelum in dieta arce [c. 79]
1320et sunt forte duo anni, sicut audivit ab eo. Interr.
quomodo scit supradieta hereticalia de supradictis fra-
tricellis, ., quod hoc scit, quia audivit ab eis et co-
gnovit de ipsis conversando cum cis, cum quibus con-
versatus est per .xvJ. annos et ultra et fecit profexionem
133b5inter eos. Interr. a quibus audivit supradicta et qui
sunt fratricelli supradicti, £., quod sunt frater Fran-
ciscus de Ascisio Guardianus loci Poli et frater Martinus,

qui moratur in loco.Pozzaglie et plures alii, de quibus
; i non recordatur. Item dixit, quod illud quod dixit alias
1340prefato Inquisitori, s. quod promiserat obedientiam, pau:
pertatem et regulam b. Benedicti ven. viro dompno fra-
tri Denedieto Abbati S. Gregorii de Urbe, non fuit ve-
418 L. FUMI

rum, sed falzum, quod falzum dixit propter timorem, ut
non crederetur quod servaret regulam b. Francisci.

1345 Actum in camera ipsius Inquisitoris sub a. M.ccc.
xxxmij'die nrj mensis martii, presente fr. Benedicto Ab-
bate s. Gregorii de Urbe et fr. Petro de Civitella, priore
dieti monasterii, fr. Angelo et fratre Gregorio monachis
eiusdem monasterii et Francisco Johannis Amodei notario

1350ipsius Inquisitoris et me fr. Giraldo de Mevania ord. rzm.,
not. eiusdem Inquisitoris.

[c. 79 t.] Die .xvnj. mensis martii.

SEN UOve meu Frater Franciscus de Ascisio predictus constitutus in
Francesco d'As-1355presentia d. fr. Symonis etc., iterum repetitus, suo sacra-
E mento, dixit quod uno sero inter festum nativitatis et
festum Epefhanie p. p., fr. Petrus de Lombardia habi-

tator ecclesie S. M. de Monte in habitu fraticellorum de

territorio Cole Comitis dioc. Tiburtine, ipso presente et

1360audiente, dixit quod b. Franciscus, et b. Antonius et

b. Benedictus sunt in inferno, quia si essent in paradiso

b. Antonius submergeret in abissum omnes questores

nomine suo, et tunc fecit mentio de porcella, et b. Fran-

ciscus submergeret similiter omues fratres minores, quos

1365vocabat fratres grassos, et b. Benedictus submergeret

omnes monacos, qui non vadunt per viam suam et tenent

concubinas et dant eis bona monasterii. Et fr. Franci-

scus, qui erat guardianus dieti loci et curam habebat,

dixit ibi, ipso audiente, quod ossa S. Silvestri et Con-

1370;tantini deberent comburi, quia dictaverant Ecclesiam et

ex divitiis eeclesiarum fiebant guerre; et dixit quod tunc

dietus fr. Franciscus dixit ibi quod dictus pp. Johannes

non est pp. et dixit quod ante permicteret se comburi,

qnam confiteretnr [c. 80] ipsum esse papam. Interr.

1375de tempore, dixit quod tempore supradicto, sed de die

non recordatur. Interr. de loco, Z/., quod in coquina
loci s. Blasii prope Polum, in quo stant fratricelli de
paupere vita. Interr. de presenti, dixit quod ibi ipse

et frater Johannes Toni et fr. Franciscus antiquor de
1330Ascisio Guardianus predictus et dictus fr. Petrus.
Id. di fr. Gio-
vanni.

| ERETICI E RIBELLI NELL'UMBRIA, ECC. - 419

Actum in Camera ipsius Inquisitoris, fr. Juvenale de
Tarano, fr. Nicolutia de contrata Turris Comitis ord.
mm. et me Francisco not. Inquisitoris. *

1385 Die xvurj martii.

Fr. Johannes Toni predictus (e£ ut supra). Et ipse
testis volens eum (s. fr. Petrum de Lombardia) extraere
de dieto ratiocinio, dixit: Loquamur de serpente
mordente; quia ille dicebat quod homines de castro

1395mordebant eum sicut serpens. Et tune fr. Franciscus (ut
supra). Et in predictis ratiociniis dictus fr. Johannes dixit
et confessus fuit se dixisse, quod prefatus d. Johannes
pp. amputavit capud Eeclesie Dei, quia cassaverat fratri-
cellos. Etc.

1395 Actum efc.

fc. 84.] Ind. 15%, mense martii die vr*.

Id di fr. Fran- Fr. Franciscus de Ascisio iterum repetitus et interr.

cesco.

Si cognoscit aliquos alios de fratricellis fratris Angeli
Clareni de Marchia, vel qui dicantur preleterati inter eos,
l400suo sacramento AZ. et dixit quod sic, s. in sancto Jo-
hanne de Porta Latina Guardianus est fr. Matheus de
Reate et unus alius de Reate est cum eo, qui non est de
fratricellis predietis. Interr. si ipse fuit eum dicto fra-
tre Matheo in aliquo loco, Z^, quod sic, s. in dicto loco
14058. Johannis de Porta Latina, sed non dormivit ibi, sed
reddierunt ipse testis et fr. Rogerius de Aprutio ad locum
S. Blasii de. castro Poli. Item dixit, quod audivit a
fratricellis dicti fr. Angeli pluribus vicibus et in pluribus
locis, quod furnicari cum mulieribus vel actus ipse fur-
MlOnieationis non est [c. 87 £.] peccatum. Interr. de loco,
R., quod in predicto loco S. Blasii et in loco Colliscelli
prope Assisium et in pluribus aliis locis.
. Interr. a quibüs audivit, &.: a fr. Antonio de Mar-
chia et fr. Nallo de Senis ord. dictorum fratricellorum
1415vel septe; et dixit quod predictus fr. Nallus dixit ipso
presente et audiente pluries predicta, et maxime Aquile
dixit, quod hoc probaret eum omni persona, quod dictus
actus non est peccatum. Et dixit, quod a pluribus aliis

dame EE REN ii
L.

FUMI

audivit predicta. Interr. de tempore, ., quod hoc
1420anno ab aliquo et aliis annis diversis vicibus infra
quinquennium, quo stetit cum dictis fratricellis, sed non

recordatur de mense et die. Item dixit, quod inter ipsos pi

fratricellos audivit, quod locus S. Johannis ante Portam
latinam tenetur pro eis, et dixit quod audivit in predicto

1425loco Poli, die qua visitavit eos fr. Nicolaus, qui dicitur
minister inter eos, de quo in alia sua confexione dixit ab
fi SES ipso fr. Nicolo, quod dietus fr. Matheus stat sub obedien-
tia dietorum fratricellorum.
Item dixit quod dietus fr. Nicolaus eisdem loco et

1490die dixit cum eo audiente, quod dictus fr. Angelus vole-

bat recedere et ire in Marchiam timore ipsius Inquisitoris,
et quod dictus fr. Angelus non consentiret heresi quam
tenent fratres minores; propter hoc nolebat se presentare.
di Item dixit, quod eisdem loco et die [c. 82] audivit a
M35dieto fratre Nicolo, quod Guardianus S. M. de Araceli

scripserat abbati sublacensi, quod daret dictum fratrem
Angelum et presentaret domino Vicepape vel ipsi Inqui-
sitori et ex hoc gratiam consequetur. Et quod dictus
abbas A., quod non daret eum si fecerent eum pa-

=

1440pam, sieut est papa Johannes. Item dixit, quod hoc
anno dictus fr. Angelus ante Nativitatem domini misit

unam licteram fratricellis morantibus in dieto loco Poli,

que fuit lecta ipso presente, in qua seribebat sicut gene-
ralis ipsorum et confortabat eos et quod fratres mino-
M45ter, quos vocabat apostatas grata dei, incusaverant ipsum

E IE fratrem Angelum ac si esset vipera velenosa et commi-

nando (?) quod ista vipera cireumdabat eos cireum circa.

| Interr. quo sigillo erat lictera sigillata, £., quod
| : est ibi ymmago b. Francisci desponsantis paupertatem, et
1450jpsius paupertatis, et in pede eat ymmago unius fratris

genuflessi. Interr. de data lieterarum, £., quod fuit

data in Sublaco.
Actum in cammera ipsius Inquisitoris, presentibus
fr. Giraldo spotio ipsius Inquisitoris, Ceccarono d. Symo-
Mois de Fracta et Berardino familiari ipsius Inquisitoris.*

e ee
a

mr

ERETICI E RIBELLI NELL’ UMBRIA, ECC. 421

AVVERTENZA

Se lo storico indipendente e coscienzioso non deve dire che la ve-
rità, tutta la verità, niente altro che la verità, a nessuno dovrebbe
saper male che io abbia raccolto una gran massa di documenti (anche
riservati) che rappresentano la vita agitata e scomposta della società um-
bra ai tempi del Boccaccio.

Disse il Settembrini che il Decamerone non è altro che lo specchia-
mento della vita reale del trecento; ma a qual prò novellare sulle cose
brutte ancorchè vere, senza condannarle? È invece ufficio dello storico
far quello che fa il medico: notomizzare i morti per trarne un bene per
i vivi.

Ma qual bene si può cavare da prove reali della corruzione di un
corpo sociale, come è quello che ho preso a studiare?

La risposta tirerebbe in lungo e mi condurrebbe fuori del mio
compito che è un compito meno elevato di quello dello storico; poiché
il semplice erudito non è lo storico, ma lo prepara e aiuta.

Tuttavia, io nonvoglio tacere, anche per non essere frainteso, che
vantaggio principalissimo da questi studî si può ricavare, meditando
sugli effetti del disordine morale nella società del trecento in relazione
alle cause che lo produssero.

E perchè di questo disordine morale furono causa le società segrete
che corruppero perfino l'ambiente più sano, a Dio sostituendo satana,
al dogma il libero pensiero, all’ordine la rivoluzione, alla proprietà il
comunismo e alla famiglia il libero amore, a me sembra che offrire ai
dotti gli elementi per ricostituire, senza lasciare materiale alcuno, un
periodo storico in cui la società umana minacciò di andare travolta per
l’urto di partiti opposti, sia anche ufficio civile.

Ho detto ai dotti e non ho detto al pubblico. Per esso non è
fatto questo studio, una parte del quale presa isolatamente, non conca-
tenata ad una serie di ragionamenti fondati sopra altri fatti, scandaliz-
zerebbe. Come nei gabinetti scientifici vi sono le sale riservate; come
nei musei solamente, e talvolta a parte, si mostrano certe statue che si
avrebbe rossore di esporre in piazza a vista di tutti; così di questa mia
memoria che contiene alcuni documenti simili ai nostri processi fatti a
porte chiuse, non si fa pascolo di curiosità e di leggerezza per alcuno,
499 L. FUMI

ma si propone a farne uso solamente a miglior conoscenza dei tempi andati,
per avvertimento e norma ai futuri, non mai per smania di aneddoti
scandalosi, cosa indegna di uomini serii e ragionevoli e di una Rivista
scientifica, come il presente Bollettino.

Io sono convinto che aveva ragione un illustre scrittore di dire, in

tempi non sospetti, esser le sette, le società segrete la maledizione d' Ita-

lia. Altri tempi da noi molto remoti ecco qua come stiano a provare che
per opera delle sette perfino i mistici potessero diventare rivoluzionarii,
tentando spezzare la mirabile unità della Chiesa, intorbidare la purezza
del costume, sommuovere una questione sociale, che può essere una scusa
a disordinare.

Diceva e scriveva nel 1891 R. Bonghi ammirando uno dei più grandi
monumenti dell'Italia, il mio Duomo d' Orvieto, sbocciato come fiore del
trecento dalla fede del popolo e del Comune: ecco qua un monumento
che, festeggiato concordemente, ricorda che v'erano armonie, le quali
abbiamo distrutte, e a cui oggi, checchè si dica e paia, il nostro cuore
sospira.

Perchè non potremmo noi armonizzare col pensiero di Dante e stu-
diare nell'opera sua per trovare il segreto che ristabilisca 1’ equilibrio
nella libertà ?'

Questi sentimenti mi hanno guidato a scrivere, ripugnando da esa-
gerazioni e stimmatizzando colpe e abusi della libertà umana e sociale.

L. FUMI.
RREESE D FUE ic

ERETICI E RIBELLI NELL’ UMBRIA, ECC. 493

SOMMARIO

La questione sulla povertà evangelica — Capitolo di Perugia -- Conse-

guenze — Importanza morale e politica della disputa.

I. — Mali auspicii del pontificato di Giovanni XXII e congiura contro

II.

la vita del Papa — Il corno serpentiuo della contessa di Foix prestato
al Papa — Superstiziosi e malvagi — Dottrine religiose e politi-
che — Agitazione nelle città della Chiesa — Ribellione di Assisi:
furto del tesoro pontificio commesso da Muzio di Francesco: vio-
lenze contro guelfi e contro ecclesiastici — Perugia contro Assisi
— Sentenze contro Muzio e contro Assisi.

Appendice I di Documenti. I-IV — 13/7-1823.

Federico da Montefeltro e suo carattere -- Occupa Spoleto —
Accusato d' idolatria — Federico da Montefeltro e la neeromanzia
— Necromanzia in corte d’ Avignone e presso i Visconti di Mi-
lano: Dante mago? — Articoli varii d’idolatria esposti dagli
Inquisitori — Le pratiche di Federico e le teorie di frate Benti-
vegna da Gubbio di libero spirito — Azione della Chiesa e fine
miseranda del Montefeltro — Guerra: contro Spoleto — Resistenza

della città — Immanità commesse contro i guelfi —. Giustifica-
zioni degli storici contraddette dai documenti — Provvedimenti
del Papa — Spoleto assediata e vinta — Sopravvento de’ peru-

gini non gradito dal Papa; poi conciliato.

Appendice II di Documenti. I-VII — 1320-1323.

III. — Grazie pontifieie a Perugia e rigori per i ribelli — Processo con-

tro il vescovo d' Arezzo — Punizione inflitta ad Assisi — Esilii e
424

IV.

L. FUMI

confische in Spoleto — Triste condizione della città e del Ducato —
Giudizi e condanne del Rettore del Ducato e dell’ Inquisitore: —
Rettore e Tesoriere — Abusi — Ufficio dell’ Inquisizione e sue
sentenze — Gravità della rivolta religiosa e politica nell’ Umbria
— Agitazione nelle città: loro resistenza — I ribelli fanno centro
in Spello per un movimento collettizio — Qualità dei capi della
congiura di Spello — Tentativi in Foligno e Spoleto — I Comuni
attratti nella congiura contro il Rettore — Profilo storico.

Appendice III di Documenti. I-XIII — 2322-1334.

— Tendenze di ribelli a danno di ecclesiastici: occupazione della

Abbazia di S. Quirico di Bettona — Tendenza anco maggiore nei
ribelli delle città umbre soggettate al Rettore del Patrimonio —
Rivolta di Città di Castello: lega di Perugia con Firenze, Siena,
Orvieto e Gubbio per Città di Castello: l' architetto militare Am-
brogio Maitani a servizio di Perugia: alternativa di aecordi e di
ostilità — Rivolta di Narni per la Miranda e Stroncone: il Papa
concilia — Rivolta di Rieti: diffidenza col Vescovo che è violen-
tato e scacciato: avversione per l’ Inquisitore.

Appendice IV di Documenti. I-VII — 1319-1331.

V. — Rivolta di Todi: suo spirito antiguelfo e antipatrimoniale: eretici

in Todi: si acelama Signore il Bavaro e si invita in città: ten-
tativi di opposizione della parte guelfa: ingresso del Bavaro e
dell’ Antipapa in Todi: il vicario imperiale Sciarra Colonna: trat-
tative per il ritorno della città alla Chiesa ritardate per il pos-
sesso di S. Gemini — Rivolta di Amelia: parteggia per il Ba-

varo e per l'Antipapa: disordina contro il Papa; contrasta col :

Rettore del Patrimonio; come Todi, segue lo scisma.

Appendice V di Documenti. I-VI — 7320-1332.

VI. — Società segrete e movimento politico-religioso — Libero spirito
ERETICI E RIBELLI NELL’ UMBRIA, ECC. 425

rifioritura del paterinismo — I Fraticelli e le passioni politiche
— Angelo Clareno capo de’ Fraticelli: suoi seguaci nell’ Umbria —
Loro opinioni: si attribuisce loro il libero spirito: beghini di Pro-
venza e spirituali dell’ Umbria: Paolo Zoppo — Clareno — P. Mi-
chele da Cesena — Suoi seguaci: processo contro Todini e frati
di San Fortunato: giustizie eseguite in Roma.

Conclusione.

Appendice VI di Documenti. I-IX — 1327-1333.

Appendice VII. — .4) Processi originali dell’ Inquisizione: contro Todi.
— B) Contro Amelia.

Appendice VIII. — A) Processi per Rieti: contro Paolo Zoppo.
— JD) Contro Rieti.

Avvertenza.

-—— 0 ————
INVENTARI E REGESTI

I GODIGI DELLE SOMMISSIONI

AL COMUNE DI PERUGIA

COD EE ESE GN AE 4

DAL 1139, MAGGIO al 1266, DECEMBRE 28

O

Cod. membr. in foglio, leg. in assi coperte di cuoio, di ec. 167 num.
Gli atti contenuti nel Cod. sono dei secoli XII e XIII e la scrittura
è del secolo XIV, tranne quella di pochi documenti che è del secolo XIII.

Da quanto apparisce, il volume non ha mai avuto un indice.

Incipit: « In nomine Domini amen. Anno MCC. quartodecimo indi-
ctione secunda tertiodecimo die introeunte Julio ».

Explicit: « Ego Paulus Johannis Brixiani Cesaris aule et comunis
Perusij nune notarius dictas litteras domini Pape sigillatas sigillo vidi
et legi et eas nichil addens vel minuens ui supra legitur exemplavi ».

LX. — 1139, Maggio. — P. nella piazza di S. Lorenzo. —
Soltomissione dell’ Isola Polvese, c. 37 t.

Alcuni abitanti dell'isola Polvese per loro « et pro omni po-
pulo hensulano a majori usque ad minorem » promettono di sol-
toporre l'isola Polvese a P. e per essa ai suoi Consoli obbligan-
dosi ad accoglierli « guarniti cum hominibus el armis et sine
guarnimento... sicud boni fideles debent recipere domini sui (sic) ».
Si impegnano altresì a seguire P. in pace e in guerra e a pagare
ogni imposizione che possa esser decretata dal C. di P., a dare
ogni anno sellecento tinche « de rete majori » ed altre trecento
nel mese di maggio, a non raccogliere la pesca « de comile ne-
e siam

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498 ANSIDEI E GIANNANTONI

que de cataneis de milite » senza il pieno consenso dei consoli e
del popolo di P. Tali obbligazioni sono trasmissibili agli eredi e
in caso di inadempimento è fatto obbligo agli abitanti dell’ Isola
Polvese di pagare a P. a titolo di pena 100 libbre di argento pu-
rissimo.

Saraceno not. (1)

(1) In una Bolla di Innocenzo II indirizzata a Rodolfo Vescovo di P. nella
quale sono convalidati con privilegio della Sede apostolica tutti i possedimesti del
Vescovato perugino, è ricordata anche Isola Polvese e la sua Pieve di S. Secondo
« cum capellis et omnibus ad eam pertinentibus ». Copia autentica di questa Bolla è
a c. 3r del Codice n. 77 « Transumptus Bullarum papalium et imperialium » che si
conserva nell' Arch. Decemv. del C. di P. Questo Codice membranaceo di cc. 12 nu-
merate é legato in assi e contiene le copie della Bolla di cui sopra data il 13 decem-
bre 1136 « Pisis per manum Almerici sancte romane ecclesie dyaconi cardinalis et
cancellarij », di un privilegio dell' Imperatore Federico in data 13 nov. 1163 nonché
di altra Bolla di Innocenzo III: È conveniente notare che quest'ultimo documento
porta la data di Viterbo « Xo. Kal. Septembris Ind. VIII incarnationis dominice
anno MCCV, Pontificatus vero Domini Innocentij PP. III anno decimo ». Evidente-
mente in questa data (nella quale l'anno non é scritto con molta chiarezza) v' ha
un errore e in detto anno e nella corrispondente indizione, e tale errore si constata
considerando che l'anno X del Pontificato d' Innocenzo III comincia col 9 gennaio.
Tanto nel privilegio imperiale come nella Bolla di Innocenzo III si fa menzione della
chiesa di S. Secondo la quale anzi nel diplon.a di Federico è ricordata come cano-
nica. Infatti in una copia delle memorie BELFORTI-MARIOTTI sui Castelli perugini si
legge: — « La chiesa parrocchiale di quest’ isola [Polvese] col titolo di S. Secondo
« ossia di Santa Maria della Cerqua era anticamente canonica e come tale si trova
« nominata in un diploma di Federico I col quale ricevette sotto l’imperial sua
« protezione il Vescovo di P. e la cattedrale con tutte le chiese loro ». Del Codice
n. 77 è ricordo anche nell'opera di G. MAZZATINTI Gli archivi della storia d' Italia,
(Vol. I, fasc. 20, pag. 104) e nel fascicolo Papsturkunden in Umbrien von P. KENHR,
(S. 368). Poche notizie intorno all’ Isola Polvese si hanno nelle citate memorie sui
castelli Perugini. Nella copia sopra ricordata leggesi che nel 1278 gli uomini d' Isola
Polvese costituirono loro procuratore Bartolo di Guidalfa a presentarsi al capitano
del popolo di P. per dar giuramento che essi avrebbero sempre osservato gli ordini
suoi e dei suoi successori. — Nella raccoltà dei cortratti dell’ Archivio Decemvirale
non esiste questo atto di sommissione, col quale però crediamo abbiano strettissimo
rapporto tre altri atti del maggio 1278, coi quali gli abitanti di S. Feliciar o del Lago,
d'Isola maggiore e di Passignano nominarono i loro sindaci « ad presentandum se
coram nobili viro domino Hermanno de Saxoferrato capitaneo populi et comunis
Perusij vel ejus judicibus et vicariis ad faciendum et jurandum in anima sua et
ipsorum hominum et universitatis omnia et singula mandata facta et facienda per
predictos in integrum et inviolabiliter observare » (Contratti AA nn, 210 e 211 e
App. n. 159).

TM

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MÀ s

CODICI DELLE SOMMISSIONI AL COMUNE DI PERUGIA 429

LXI. — 1174, Marzo. — Sommissione dell’ Isola Minore, Gi
21 r. ;

Il popolo dell’Isola Minore (1) a mezzo di tre suoi procura-
tori fa atto di sommissione a Pietro, Guiduccio, Bertraimo e Cor-
rado Consoli perugini e promette loro di dare sempre in ogni anno
duecento tinche, cento delle quali « in quadragesima majori » e
cento nel mese di maggio. Inoltre promette di prestare ai Consoli
e al popolo di P. tutti gli altri servizi che presta l’ Isola Maggiore
e in caso di inosservanza degl' impegni assunti i detti mandatari
obbligano sè stessi, i loro eredi e tutti gli abitanti dell’ Isola
a pagare ai nominati Consoli e ai loro successori cento libbre di
argento purissimo, fermi rimanendo i palti stabiliti in questa som-
missione. :

Boninsegna « de Abbate », Ugolino « de Panzo », Tiberio
« Rainerij de Muscario » e Raniero « Muscarij » test.

Ildebrando giudice not. (2).

LXII. — 1184, Gennaio. -- P., nella piazza del C. — Sub-
missio Castiglionis Clusini, c. 20 r.

Ugo abate del monastero di Capoleone con il consenso dei
monaci nonché del Priore e del Camerlengo del detto monastero
sollopone in perpeluo alla Città di P. Castiglione del Chiugi (3)

(1) Nelle citate memorie BeLFORTI-MARIOTTI è fatto ricordo di quest'isola e
della Chiesa di S. Pellegrino che ivi esisteva fin dalla metà del sec. XIV e di essa é
cenno nel catalogo delle chiese territoriali di P. esistente nell’ Archivio del Monastero
di S. Pietro. — « Una chiesa diversa, come pare, dall'antecedente sotto l’ invocazione
« di S. Pietro fu già una volta al capo di quest? Isola verso Isola Maggiore. Possedeva
« questa chiesa beni stabili, il catasto de' quali sl legge in Lib. civ. rustic. eccles. et
« hospit P. S. S. fol. 40 ed aveva qualche dipendenza dalla Pieve dei Confini. Sussi-
« steva in qualche modo anche nel 1593, ma ora é affatto diruta. (RICCARDI, tomo III,
p. 84). — Così il MARIOTTI. x

(2) V. Doc. VIII Cod. :* Somm.

(3) « Questo territorio chiamato Castiglion Chiugino e in latino Clusium Pe-
rusinum confina con quello di P. a levante, col cortonese a ponente e a tramontana,
con l'aretino a tramontana, con Montepulciano a ponente, con il Chiugi a libeccio, con
Città della Pieve a mezzogiorno. Il suo giro é di miglia 33 in circa e si dice per quelle
parti che tanto sia grande lo spazio di terra del Marchesato quanto é grande lo spazio

98
430 ANSIDEI E GIANNANTONI

« ad ostem faciendam et ad parlamentum et ad coltam et ad
datam ». A tale sommissione prestano il loro consenso « Griffolus
de Bicto cum suis filiis, filii Ugolini de Panzo, Bulgarellus et
omnes consortes de predicto Castellione » (1). P. si obbliga dal canto
suo a difendere e proteggere Castiglione contro tutti eccettochè
contro l’imperatore, mentre poi gli abitanti del detto Castello si
riserbano la proprietà della Chiesa di S. Gennaro e promettono
di non contribuire in alcun modo con frodi e macchinazioni a che
nell'avvenire la città di P. perda Castiglione. Ogni volta che i
Consoli Perugini dovranno recarsi a Castiglione « pro communi
facto civitatis et Castillionis » vi si recheranno « super expensas
Castillionis ».

I Consoli perugini insieme ai Consoli dell’ Isola Polvese vo-
gliono che tutte le mura del castello sieno rase al suolo e che
nessuna fortezza possa costruirvisi in avvenire; i castiglionesi
daranno ogni anno nella ricorrenza della festa di S. Ercolano
« quattuor bisantios sive quadraginta soldos infortiatorum ». Questi
patti dovranno rinnovarsi ogni tre anni e ad ogni elezioue dei
Consoli perugini dovrà prestarsi giuramento di fedeltà dai Consoli
di Castiglione; «.... et passagium de prefato Castellione sit commune
perusine civitati; medielas perusine civitati et alia medietas cat-
taneis ». Gli abitanti di questo Castello considereranno come
propri nemici tutti coloro che si troveranno in guerra con P. e
con l'Isola Polvese né senza loro ordine faranno pace o tregua
con essi.

La penale che l' Abate « cum prenominatis proceribus » pro-
mette di pagare in caso d'inosservanza dei patti è di cento libbre
di oro purissimo.

Test. — Carsidonio e Guido fratelli dell' Abate, Orlando cau-
sidico di Arezzo, Fulgerio, Infangato, Ugerio « de Puzolo », Atto
« de Gipto », Ugo « Bonicomitis », Capitone Todino « de Orlan-

di terra occupato dalle acque del Lago. ........ Appartenne anticamente la terra con
le sue pertinenze al Monastero di'S. Gennaro di Capoleone non perché questi Monaci
l'avessero occupato, come scrive il PELLINI (Parte I, pag. 229) ma per concessione e con-
ferma fatta loro da Ottone III imperatore nell’ a. 997. — BELFORTI- MARIOTTI, Op. cit.

(1) Dei rapporti fra i Panzoni nobili Cortonesi e P. si occupa a lungo il BARTOLI
(Storia, di P., pag. 250).
CODICI DELLE SOMMISSIONI AL COMUNE DI PERUGIA 431

dino », Peecio « de Pero Bernardi Ugonis », Tebalduccio « de
Saxo », Ugo « de Villano », Coppolo « de Uderisio », Corbino
« de Machalta », Rainaldo « de Rogulglo » e Aportolo « de Lan-
done ».

Maestro Atto giudice not. * Bartolomeo not. (1).

LXIN. — 1186, Agosto 7. — « In campo Eugubii ». — Pr
vilegi concessi a P. da Enrico VI° Re dei Romani, c. 35 r.

Enrico VI° Re dei Romani concede alla città di P. la libera

(1) Le terre del Chiugi furono sempre per P. fonte di ricchezza e molti dei

rapporti fra P. e la vicina Toscana si ricollegano al possesso di questo territorio. —
A dimostrare la continuità di tali rapporti, nonché con la città di Cortona, con le
stesse famiglie, di cui è fatto ricordo nel presente atto, notiamo fra i molti altri do-
dumenti che potrebbero citarsi alcuni contratti del sec. XIII. — Il 26 marzo 1252
Tancredi di Omodeo di Rosciano sindaco e procuratore del C. di P. « ad concedendum
terrenum Clusij positum inter lacum et Clanes » loca a Raniero « quondam Bulga-
relli » e a Raniero « Panzi » stipulante per sé e per suo fratello Ugolino « duas be
folcarias terre in pertinentiis Laviani ». — Detta locazione é fatta « pro eo quod dic-
tus Rainerius Panzi pro se et Ugolino fratre suo promiserunt dare ipsi Comuni
quinque solidos denariorum minutorum in festo sancti Petri de mense Junij omni
anno pro censu dicte terre. .. . ... et jurare preceptum Potestatis Perusij. . . . ..
et facere et hostem et cavalcatam sicut eis preceptum fuerit ex parte Comunis pro
Comuni » (Contratti AA n. 29). — Nel 13 agosto 1258 Uguccione « Jacobi de Brictis »
Giudice e Procuratore di Rolando « Guidonis Bovis » Potestà, di Gallo Capitano, degli
Anziani, del Consiglio e di tutto il C. di P. concede in affitto a Pari Giudice e Sin-
daco « universitatis hominum de Cortona. ..... habitationem Castri Castilionis
Clusini intus et extra dictum castrum. ..... excepta munitione sive rocca castri
predicti cum muris et carbonariis que semper salva et precipua sine aliqua offen-
sione et oppositione remaneant dicto comuni demania. (Contratti AA n. 22) — Altra
Copia di questo documento si ha nella stessa raccolta dei Contratti (Appendice,
n. 6). — Nel Codice delle Riformanze segnato D (1189-1339) da c. 9r a c. 28r sono dei
contratti di locazione di terreni del Chiugi e di fabbricati esistenti in Castiglion
Chiugino, contratti che portano la data del 1252 e nei quali figura quasi sempre
come Sindaco del C. di P. « Tancredus Homodei de Rosciano ». Questo stesso Tan-
credi è sempre Sindaco del C. anche in altre locazioni del Chiugi dell'anno 1277
(V. il detto Cod. da c. 40r a c. 47t). — Lo Statuto del C. di P. del 1279 contiene varie
rubriche relative al Chiuzi ed al Lago, fra le quali ne piace ricordare le seguenti:
— De custodia arcis castri clusini et castri fossati. — De cc libris expendendis in arce
castillionis clusini. — Qualiter fructus aque lacus et pedatarum vendantur cum ter-
reno ynsularum. — Quando aliquis in lacu piscari non debeat et de pena contrafa-
cientium. — Quot et quando lucij et anguille, trocte et ganbari mictantur in lacum
.et per quos. — De apilastratione lacus facienda et quando. — Qualiter nulli liceat
venari vel capere cuniculos in insulis nec in eis tenere canes et de pena contrafa-
Cientium. — Qualiter in ynsula putvensi et ynsula majori fieri debeat plantatio vi=
nearum.
ZIE sig rgTrr---=—t-----

432 ANSIDEI E GIANNANTONI

elezione dei Consoli ed investe della dignità del consolato quelli
che nel momento della concessione ricuoprono questo officio, di-
chiarando che tale investitura debba rimaner valida in perpetuo.

Accorda ai Perugini tuttò il contado di P. « exceptis do-
mibus et possessionibus quas habent Marchiones (1) et mona-
slerium saneti Salvatoris (2) et filij Hogolini (3) et nobiles de De-

(1) Molte volte é fatto cenno di Marchesi in questi atti di sommissione; talora
vi si parla dei Marchesi « de Valiana » e talora dei Marchesi « de Monte Megiano »
(V. Regesto Cod. +); del diploma poi di Enrico VI si fa menzione alla nota 1 del
documento I.

Nel Libro Rosso compilato nel 1333 sono ricordati fra i nobili del Rione di Porta
S. Pietro « Guido, Johannes et Ugolinus, filii Guidonis Marchionis Collis Torti » e fra
quelli del Rione di Porta S. Susanna « filii Nicolai Marchionis de Valiana ». Varii dei
Castelli del territorio perugino furono dunque, come si vede, feudi di nobili aventi
titolo di Marchesi, e difatti vi sono pure Civitella de’ Marchesi e Migianella de" Mar-
chesi. È appunto per ciò che riesce assai difficile determinare a quali feudatari in
ispecie si riferisca il presente documento.

Anche nelle memorie più volte citate BeLFORTI- MaRIOTTI all'articolo rela-
tivo a S. Pietro di Migianella de’ Marchesi si legge: — « Quali poi fossero tali
Marchesi non è possibile darne conto per non vedersi nel predetto castello alcuno
stemma gentilizio nè esserne stata fatta veruna memoria nei libri parrocchiali. Né
può facilmente supporsi che tali Marchesi fossero li signori di Sorbello ». Notiamo
tuttavia che secondo il MARIOTTI « La lieve di S. Pietro di Mizianella de’ Marchesi fin
« dal 1145 con Breve di Eugenio III fu confermata all’ Abbadia di S. Salvatore di
« Monte Acuto ».

(2) « La Chiesa e il Monastero di S. Salvatore di Monte Acuto, detto comune-
mente la Badia de’ Camaldoli, ebbe il suo principio nell'anno 1008, in cui fu fondata
per li monaci Cistercensi. » (BELFORTI- MARIOTTI, Op. cit.. Nelle stesse memorie é
fatto cenno di questi privilegi concessi da Enrico VI, e si afferma inoltre, sotto il
titolo di Monte l’ Abate, che il Monastero di Monte Acuto aveva negli antichissimi
tempi dominio su Pietra Melina e su Castiglione dell’ Abate. Nell’ Archivio del C.
di P. sono custoditi parecchi volumi (alcuni dei quali membranacei) che contengono
ricordi e documenti relativi all'abbazia di S. Salvatore. — Vi sono molte buste di
copie d'istrumenti; nella prima (fasc. A, Copiae instrumentorum ab a. 1038 usque
ad a. 1534) abbiamo notato sotto l'anno 1392 un contratto col quale i monaci di detto
monastero concedono « jure livelli » alcune terre esistenti « in curia castri Montonis »
a Braccio di Oddone de' Fortebracci. — In altri due volumi in pergamena si ha una
raccolta di contratti enfiteutici e livellarj, dei quali taluni rimontano al secolo XIV
ed i più ai secoli XV e XVI. Da ultimo ci piace ricordare un fascicolo « dove sono
descritti tutti li beni stabili dell'abbadia di S. Salvatore e delle Chiese ad essa unite »,
nonché un volume intitolato « Genealogiae possidentium bona livellaria venerabilis
Abbatiae Sancti Salvatoris de Monte Acuto ».

(3) I « filij Hogolini » sono con ogni probabilità i signori di Castiglione Ugolino.
^ tale opinione siamo indotti anche dalle seguenti parole che si leggono nell!' op.

. Cit. BELFORTI-MARIOTTI. — « Nel principio di quest'anno [1189] il Marchese Ugolino

sottomise alla Città di P. Castiglione Ugolino con tutte le altre sue terre a pace e

bo
D

CODICI DELLE SOMMISSIONI AL COMUNE DI PERUGIA 433

ruta (1) et Bernardinus Bulgarellus (2) et heredes ipsorum ». Se
però un cittadino o una chiesa di P. possiede qualche cosa « infra
ambitum earumdem domorum » continui ad averne il pacifico pos-
sesso, come lo stesso diritto hanno i ciltadini perugini che in qua-
lità di proprietari o per altro giusto titolo posseggano qualche cosa
in altri vescovati. D'altro canto è determinato che se alcuni appar-
tenenti alle cinque famiglie predelte abbiano qualche possesso nella
città o nelle sue adiacenze, « respondeant civitati de bonis illis sicud
alii eives ». Inoltre è accordata ai perugini piena giurisdizione
tanto nella città quanto nella parte del contado ad essi riservata,
salvo il diritto di appello per le cause aventi un valore non infe-
riore alle venticinque libbre di Imperiali.

Ai perugini sono pure concessi in feudo perpetuo tutti i beni
che la Contessa Matilde ebbe in P. o nella ricordata parte del
contado perugino; è loro donato il castello di Agello « salvo ser-
vitio Marchionis quod in eo habet » e lasciato il libero possesso
di Civitella Benazzone e del castello di Arna « salvo jure ducis
spoletani »: all'Abate di S. Pietro è riservato il diritto che fino
allora aveva avuto nel castello di Casalina » (3).

a guerra, fuorché contro l'Imperatore e il Re Arrigo, sotto pena, contravvenendo,
di mille marche di argento ». V. pure Regesto Codice 4- Doc. IV. — Nel Libro Rosso
sotto il riore di P. S. Pietro fra i magnati « de prole militari ex paterna linea » si
ricordano « Chiercolus Lamberti, Nicolaus Bulgarutij, Thadeus Hermanni, Simon,
Ninus, Bertus et Nicolaus filij Hermannutij de Castilione Ugolino ».

(1) V. BELFOTI-MARIOTTI, Op. cit. Rione di P. S. P., dove é cenno di una ribel-
lione dei Derutesi a P. iu seguito ad « ingiuria fatta a tre principali loro paesani da
Pandolfo Baglio'ii». Con queste contese, che ebbero luogo nel 1390, crediamo abbia
relazione la pax Dirutensium di cui è ricordo a c. 84 e sgg. del Cod. « Contratti
diversi, 81 » del nostro Archivio decemvira'e. Al patto partecipò Pandolfo Baglioni,

che in quel tempo era dei cinque conservatori della pace e libertà del C. di P. — Di
Deruta é ricordo anche nello Statuto di P. del 1279 alle Rubriche: — Qualiter ve-
nientes ad habitandum ad pontem Dirute sint exenti per X annos. — Qualiter po-

testas et capitaneus requirant opus Dirute et ipsum requiri faciant ne ledatur.

(2) Per notizie sulla famiglia dei Conti di Marsciano V. R»gesto Cod. -- docc. III,
XI, XXIII, XXV, XL, XLII e LIX.

(3) Per la donazione di Agello, Civitella Benazzone e Castel d'Arna ai Perugini
e per i diritti dell'Abate di S. Pietro su Casalina V. anche PELLINI Storia di P.
(Parte I, lib. 80, pag. 204). Si veggano ancora nello Statuto perugino sopra ricordato
le due Rubriche seguenti: — Qualiter reficiantur muri castri Agelli et aliorum ca-
strorum. — Qualiter muretur in castro Casaline. — Nel Vol. € degli Annali (3 nov. 1296-

10 apr, 1299) a c. 200r, precisamente sotto questa data del 10 apr. 1299 si legge: « Item
"A IGCHA "a

prendessero in esame la supplica e convenientemente provvedessero.

434 i ANSIDEI E GIANNANTONI

I Perugini sono dichiarati immuni « a prestatione imperialis
fodri et ab albergariis que cum exercitu fieri solent ».

Che se lo stesso Re o qualunque suo successore (Imperatore
o Re) o un loro legato dovesse passare con l’esercito pel contado
perugino, dovrà questo avvenire sempre « cum consilio consulum
perusine civitatis ».

Nessuno edifichi « Castrum Clusini » come testè fu comin-
ciato ad edificare da coloro che erano colà convenuti dai luoghi
vicini; il castello sia tenuto dagli antichi abitanti e dagli eredi
loro, tutti gli altri tornino alle loro antiche dimore, e quegli abi-
tanti e i perugini non si arrechino a vicenda danno alcuno.

Ogni lega o congiura contro l’ Imperatore Federico ed il Re
Enrico suo figlio è vietata ai Perugini: il lago di P. rimarrà per
intiero sotto la regia potestà, salva la concessione « in feudo »
di trecento tinche ai cavalieri perugini.

Eccettuati cinque soldi per soma concessi parimenti in feudo
ai detti cavalieri, il pedaggio è riservato al Re, al quale « pro
hac tam mangnifica liberalitatis concessione singulis annis red-
dent Perusini centum libras Lucensium cum requisite fuerint ».

I Perugini saranno inoltre tenuti a prestar giuramento di fe-
deltà.

Aliotto « Arelenensis episcopus », Pietro « Urbis Prefectus »,
« Bertoldo de Kuningisberc legato d'Italia », Bertodo « dux Me-
ranie », Corrado « dux Spoleti », Conte Simone « de Spannhei »,
Conte Ruberto « de Maffove », Conte « Montefeltranus », Ottone
« Frangens panem », Leone « de Monumento », Enrico « Testa »,
Marcaleo « de Bappennhei », Enghelardo « de Vinsberc », Mar-
quardo « De Pifer », Tudino « De Collazon », Reinaldo « Comitis
Munaldi », ed altri molti test.; « Comes Manentus Tribaldus »,
Pietro « Paganelli », Gilio « Pauli », Tribaldo « Temti Bonafi-

supplicatur pro parte comunis et hominum castri novi de Casalina quatenus provi-
deatur super defensione eorum per comune Perusij et super reparatione et aconci-
mine castri prefati cum ipsi multum dubitent de malis hominibus qui continue
conversantur in contrata et insultantur eis et minantur eos injuriare et dampna
inferre ». A c. 207t si trova che il Consiglio speciale e generale concesse facoltà ai
Consoli delle arti di eleggere alcuni sapienti uomini che insieme ai Consoli stessi
di

CODICI DELLE SOMMISSIONI AL COMUNE DI PERUGIA 435

dantius », Leonardo Camerlengo, Gilio « Villani », Pietro « Tu-

dini », Ramilio Grello, Consoli perugini.
Ego Godefredus imperialis Aule cancellarius vice Philippi Co-

lonie Archiepiscopi et ytalie Archicancellarij recongnovi (1).

LXIV. — 1189, Gennaio 24. — P. nella Chiesa di S. Severo
della Piazza. Submissio Jonketanorum, c. 28 r.

Guiduccio « de Guilielmo », Rolandino « de Bernardo », Ar-
tunisio, Paganuccio « de Ansaldino », Guido « de Andromacha »,
Tinioso « Oddonis », Oddone « de Conventino » e Aregerio suo
fratello, Bartolomeo « de Pepo », Omodeo « de Rainuccio de
Ugolino » e Nerone suo fratello, Guelfuccio, Rolandino « de
Rainutio de Berta », Arnolfino « de Pepo » e Rolandino « de
Perfido » si obbligano con giuramento in nome loro « et per
omnes alios Joncitanos » all'osservanza degli ordini impartiti dai
Consoli perugini.

Si obbligano altresì a sottomettere « cunctas terras et cunctos
homines Deo et perusine civitati ad datam et ad collam et ad ostem
et ad parlamentum », ma ecceltuano le terre che essi possiedono
nel Contado di Orvieto, « domos proprias et proprios bivulcos et
gastaldos ».

Aiuteranno i perugini in lulle le guerre che questi avranno
« exceplo imperatore et papa et urbevelanis »; si alterranno a
tutto ciò che sarà loro ingiunto dai Consoli perugini, qualora gli
abitanti di Castello della Pieve non vogliano osservare i patti
conchiusi con la città di P. (2); non faranno pace o tregua coi
nemici di P. senza il consenso dei Consoli stessi.

La pena, in caso di inosservanza di questi palli, è fissata
in cento marche d'argento, e a garanzia di tal pagamento gli
obbligati cedono a P. i diritti ch'essi posseggono nelle Chiane.

Test. — « Suppo de Albertino investitor », Raimondo « de

(1) Questo documento non trovasi registrato nel Bòhmer « Regesta Regum
atque Imperatorum romanorum » (Vol. II, a. 911-1313) e neppure nello Stumpf-Bren-
tano « Die Kaiserurkunden » des X, XI und XII Jahrhunderts.

: (2) Evidentemente qui si ricorda la sommissione di Castel della Pieve a P., che
aveva avuto luogo pochi giorni innanzi, cioó il 3 decembre 1183. (V. Reg. Sommiss.
Cod, 4, Doc. III).
As SIE RI AES IRE

436 ANSIDEI E GIANNANTONI

Armanno », Prudenzo giudice, Girardino « de Rainaldo Sancti
Valentini », Guiduccio « Rainaldi », Raniero. « Capelle », Arlotto
« Medici », Rubeo « Mainardi », Bonaccorso « Viviani », Ugo
« Bonicomitis » ed altri molti.
Maestro Atto, giudice del sacro Palazzo, not.
* Bartolomeo not. (1).
LXV. — 1193, Gennaio 31. — P., nella piazza. — Quietatio
Panzi et Cacciaguerre facta comuni Perusij, c. 17 r.

Panzo e Cacciaguerra figli del fu Ugolino « Panzonis » per
loro e per tutti i loro consorti si obbligano innanzi a Dio e al
C. di P. e promettono a Guido « Zaconis » console e camerlengo,
nonchè ad Ugolino « de Mafulo », Benedettolo « de Baruncio »,
Pietro « de Paganello », Uguccione « de Cesario », Pietro « de
Randuvisio », Raniero « de Mainulino », Pietro « Cervello »,
Rolandino « de Petro de Uderisio » e agli altri Consoli accettanti
nel nome della città di P. di rimettere ogni danno ed ingiuria
che avessero ricevulo in qualsiasi maniera dalla città stessa e
specialmente nella distruzione di Castiglione del Chiugi ; in ordine
a che i nominati Panzo e Cacciaguerra impegnano sé slessi e i
loro consorti ed eredi a non muover mai alcuna lite contro P. in
qualsivoglia curia imperiale o regia, presente o futura. Promet-
tono inoltre di non riedificare mai più il castello di Castiglione
del Chiugi e di non cooperare con chicchesia, anche col solo con-
siglio, perchè il detto castello sia ricostruito.

Soltomettono altresì insieme a tutti i nobili Cortonesi le terre
che essi e questi nobili posseggono « a Cortonia inferius usque
ad Sanclum Benedictum de Moiano versus Lacum et usque ad
Clanas » e le sottomettono ai Consoli di P. ed ai loro successori
in perpetuo « ad ostem faciendam et ad parlamentum et ad. al-

(1) Altre copie di questo atto sono a c. 4t del Cod. degli Annali segnato D (1189-
1339) e a c. 35r del Cod. B. Sommiss; però il documento contenuto in quest'ultimo
Cod. é ricordato erroneamente nella memoria su « I libri delle sommissioni del C.
di P. » (Arch. Stor. per le Marche e per V Umbria, Vol. I); infatti il documento stesso
è ivi registrato sotto il titolo « Submissio Lambertanorum » e gli é attribuita la
data del 22 gennaio, ; j
CODICI DELLE SOMMISSIONI AL COMUNE DI PERUGIA - 437

bergarias consulibus perusinis et aliis bonis hominibus perusine
civitatis » ogni volta che questi per fatto del C. di P. abbiano a
passare per le dette loro terre. Entro i ricordati confini custodi-
ranno e difenderanno ognora i cittadini di P., dai quali non per-
cepiranno mai « guidam aud passagium sive silguaticum aud ali-
quam datiam ». S'impegnano poi tutti i nobili Cortonesi a non far
pace o tregua con Cortona se questa non s'impegnerà ad osser-
vare quanto sopra è pattuito e a pagare ogni anno a P. nella festa
di S. Ercolano « decem libras infortiatorum ».

In caso d'inadempimento delle accennate convenzioni Panzo
e Cacciaguerra anche in nome dei loro consorti ed eredi e di tutti
i nobili cortonesi assumono l’obbligo di pagare a P. a titolo di
pena mille libbre « infortiatorum » vincolando tutti i loro possessi
a garanzia di questo eventuale pagamento. Anche dopo pagata la
pena restano in vigore le ricordate obbligazioni.

Test.: Uguccione marchese, Gentile « de Ascarello », Bac-
coca, Infangato, Bernardino, Tiberio « de Moscario », Ferramo-
sca, Raniero « de Angelerio », Guglielmo « de Armanno », Rai-
naldo « Graciparellus », Guardino « de Monesteulo », Rainaldo
« Alferi », Giovanni « de Gogolo de Agello », Andrea « Letuli »,
Ugolino « de Preite », Oddone « de Rainuccio de Pero », Tebal-
duccio « de Saxo », Ugolino « Montanarii », Ugo « de Marco-
aldo », Todino « Rolandini », Pietro « de Vacolo », Scarsia ed
altri molli.

Maestro Atto giudice del sacro palazzo not. (1).

(1) Questo atto di sommissione è pur rammentato dal BarTOLI, che a pag. 203
della sua Stor. di P. cosi scrive: « La città nostra era allora occupata nel contenere
la sempre risorgente ribellione del Chiugi, poiché i Pansoni e con essi i Cortonesi
contro le convenzioni e contro i decreti di Re Enrico (ora assunto al trono imperiale)
tornavano a tener quelle terre, a fabbricarvi ed usarvi da padroni ». — V. anche PEL-
LINI, Storia di P. (Parte I, lib. 39 pag. 210). I rapporti fra P. e i Pansoni di Cortona
continuarono ancora nei secoli successivi e nel cit. Libro Rosso, al Rione di Porta S.
Susanna, è notato Pansus Ugolini de Valiana che la identità dei nomi di persone e
la vicinanza dei luoghi fanno con molto fondamento ritenere appartenesse a- questa
famizlia.
[i

—— —
439

COMUNICATI

ALCUNE NOTIZIE INEDITE
SU DUE INSEGNANTI DI MEDICINA IN PERUGIA

NEL SECOLO XV

L'egregio prof. Morici ha pubblicato in questi giorni un di-
ploma di laurea in medicina conferita nel 21 ottobre 1482 ad Ugo
Chirurghi da Sassoferrato nell’ Università di Perugia (1). Il di-
ploma è posseduto dal R. Archivio di Firenze, e il prof. Morici
nella prefazione al documento ci dice le ragioni che lo hanno in-
dotto a pubblicarlo per le stampe. — « Se non si può affermare,
egli scrive, che sia grande l’ importanza del diploma in sè, essa
tuttavia non è lieve quando si tenga conto specialmente delle no-
tizie relative a due lettori in medicina di quel celebre Studio,
Pictro Vermiglioli e Gregorio Crispolti, che la pergamena indi-
rettamente ci fornisce ». — Egli aggiunge che quanto a Pietro
Vermiglioli non v'è altra notizia certa, che un’affermazione di lui

medesimo, scritta in fine dell’opera — Tractatus de pulsibus —
libro stampatosi nel 1480 e oggi rarissimo. E così — « col

documento ora rintracciato avremo la certezza, che nel 1482 il
Vermiglioli insegnava effettivamente nell’ Ateneo perugino. Quanto
al Crispolti la notizia è anche di maggiore importanza, perchè,
come lettore di quella Università, non è rammentato nè da G. B.

: Vermiglioli, nè dall'Oldoino ».

(rit

(1) Morici. — Un diploma di laurea in medicina dell' Università di Perugia, —
Tip. Ricci, Firenze, 1899,

Liri nia rn ione ia ile
440 O. SCALVANTI

Questo scrive il prof. Morici; ma noi, pur ringraziandolo di
averci dato un’occasione di più a completare le nolizie sopra al-
cuni insegnanti del nostro Ateneo e a correggere non pochi er-
rori degli storici, che si sono occupati delle glorie perugine, dob-
biamo in pari tempo rilevare, che le cose non stanno del tutto
nel modo che egli le espone. Incominciamo da ciò che si riferi-
sce a Gregorio Crispolti. Il Morici ha ragione quando afferma,
che il Vermiglioli non ne tien parola nelle Biografie degli scrit-
tori perugini; ma ne ha certamente parlato il Bini (1). Egli ci
dice, che Gregorio Razzi, figlio di Angelo detto pure Crispolto,
appartenne ad antica e nobile famiglia di Perugia, e che un suo
figlio, per nome Plinio, fu pure insegnante di scienza medica nel
nostro Ateneo, e lasciò fama non comune per la sua valentia. Ma
è egli veramente questo Gregorio di Crispolto il soggetto, che fi-
gura nella pergamena edita dal Morici? Non è lecito dubitarne;
prima perchè era uso costante a quel tempo di ricordare le per-
sone col nome loro seguito da quello del padre; e poi perchè col
nome di Gregorio Crispolti trovasi menzionato nell'atto, con cui
il comune lo condusse per l'esercizio della medicina in Perugia
mediante pubblico stipendio. Il documento inedito è una delibera-
zione del Comune in data 7 maggio 1480, e qui lo trascriviamo :

« In primis quod cum prefatis Magnificis Dominis Prioribus fuerit
expositum, quod videatur esse necessarium conducere unum medicum
cum salario x x x" florenorum ad rationem xxxvj bol. pro floreno qui
medicaret ete. et considerantes prefati M. D. P. magistrum Gregorium
Crespolti de perusia porte Saneti Petri artium et medecine doctorem ex-
pertum et praticum et jdoneum, idcirco dicta re preposita, inter prefatos
Magnificos Dominos Priores die precedenti et matura deliberatione pre-
habita et facto posito et misso partito inter prefatos M. D. P. ad busso-
lam et fabas albas et nigras et solenniter obtento per omnes decem mit-
tentes et restituentes in bussolam eorum fabas albas del sic nulla nigra
in eontrarium reperta, et hodie inter dietos dominos camerarios factis,
prepositis, exhibitisque consilijs et misso partito ad bussolam et fabas albas
et nigras et solenniter obtento per xxxiij camerarios mittentes et resti-
tuentes in bussolam eorum fabas albas del sic, non obstantibus sex ni-

(2) Memorie storiche della perug. Univ. P, I. — Perugia, 1816, pag. 481 e 482.

AUTHORS
ALCUNB NOTIZIE INEDITE, ECC. 441

gris in contrarium repertis ex omnibus eorum arbitrijs auctoritatibus
potestatibus et bailijs eisdem M. D. P. et camerarijs coniunctim vel
divisim concessis et actributis per formam quorumcumque statutorum
et ordinamentorum comunis perusie, concessis et actributis omni meliori
modo via iure et forma quibus magis et melius potuerunt, prefatum ma-
gistrum Gregorium elegerunt, vocaverunt et nominaverunt et conduxe-
runt ad medicandum in dicta civitate et comitatu etc. ». —

Il decreto ha termine collo stanziamento dei 30 fiorini.
Eletto medico della città, il Crispolti fu scelto ancora per l’insegna-
mento della medicina nell’ Ateneo; e qui viene a proposito la pub-
blicazione del prof. Morici, dalla quale apprendiamo che Gregorio
teneva cattedra nel 1482, e ciò ne assicura che egli vi fu vera-
mente chiamato poco dopo la sua nomina a medico del comune.
Avremmo poi desiderato di seguire le vicende della vita di questo
insegnante, ma disgraziatamente gli atti della Facoltà medica
hanno principio coll'anno 1489; ed è forza ritenere che egli a
questo tempo o fosse mancato ai vivi o fosse uscito di Perugia,
giacchè non si trova mai fatta menzione di lui negli Atti del
Collegio.

Veniamo ora a dir brevemente di Pietro Vermiglioli. Non ap-
pena leggemmo lo scritto del prof. Morici, il primo nome che ci
venne in mente, per averlo più volte riscontrato negli Atti del Col-
legio dal 1489 al 1499, fu quello di un Petrus Jo. Baptiste, es-
sendo probabile si trattasse di un Vermiglioli, nella cui famiglia
s'incontra di frequente il nome di Giovanni Battista. Ma consul-
tato il Cod. che si conserva nell’ Archivio universitario, ci accor-
gemmo tosto, che quel Pietro di Giovan Battista, che negli An-
nali decemvirali (1) è indicato come Pietro di Giovan Battista di
Bartolomeo di Matteo di Puccio, non è che Pietro Puzzi (come
scrive il Bini), il quale, eletto medico a pubblico stipendio nel 1491,
è per la prima volta, nell’ 11 maggio 1493, ricordato nel Collegio
degl’ insegnanti in qualità di soprannumerarius (2). Ci accorgemmo
quindi, che Pietro Vermiglioli non era altri che Petrus Valentini,

(1) Ann., 1491, carte 25 t. e non 50 e 51, come cita il Bini. :
(2) Vedi il nostro Inventario Regesto del Archivio Universitario di Perugia —
Tipog. dell'Unione Cooperativa — 1808 — alla Parte I. Lett. C. cod, I,

E nin As a... aeu n O dE er aar ac po

449 O. SCALVANTI

che figura nei verbali del Collegio dal 1489 al 1499. Difatti il Ver-
miglioli (1) ci dice che Pietro nacque da Valentino Vermiglioli e
da donna Misericordia. Se non che il biografo dichiara non avere
altre notizie in proposito e che — « niun documento e niuna memoria
appartenente al nostro Studio ci assicura che Pietro vi leggesse
medicina; e se ne -potrebbe dubitare se non ce lo dicesse egli
stesso nel finale dell’opera — Tractatus de pulsibus » — Nè il
Bini parlando di Pietro Vermiglioli (2) ci dice molto di più. Ciò
avvenne perchè i registri dell’ Archivio Universitario giacevano
affatto inesplorati a quel tempo.

Infatti, esaminate le carte che si custodiscono nel nostro Ar-

‘ chivio, ho potuto convincermi che Pietro Vermiglioli, il quale as-

sunse l’insegnamento verso il 1479, era tuttora docente dell’ Ate-
neo nel 1500. Egli fece parte del Collegio, mentre vi fiorivano
Troiolo Rossi, Antonio di Matteo Spennati, Gaspare di Roccacon-
trada, Antonio di Francesco, Batista di Jacopo (3), Geronimo di
mastro Pietro, Sebastiano di Francesco, Lattanzio, Cherubino,
Paolo di Urbino, Francesco di Todi, Leonardo di Giovanni (4) e
Virgilio.

Il nostro Petrus Valentini spesso veniva eletto all’ ufficio di
Priore del Collegio; e per un lungo tratto di tempo lo troviamo
promotor insieme a Baldassare di Antonio di Tancio (5) o a Ga-
spare de Rocha. Dall'esame delle nostre carte è facile rilevare
che Pietro fu onoratissimo dalla stima de’ suoi colleghi.

Il Bini ignorò l'epoca della morte di Pietro; nè io posso per
ora dir nulla di certo su ciò, perchè nei registri universitari è
una lacuna fra l'anno 1500 e il 1514. Indubbiamente però, mentre

(1) Biog. tomo II, pag. 320.

(2) Op. cit., pag. 488.

(3) Il Bini fa parola di questo Batista di Jacopo a pag. 488, e dice di aver veri-
ficato che mori nel 1479, come apparisce dall’ antica matricola del Collegio medico:
Ma o é errata l'indicazione di detta matricola, o lo storico male la riprodusse. Infatti
noi troviamo che Mag. Baptista Ser Jacobi nel 21 aprile 1497, terne come Prior Col-
legij la presidenza di un’ assemblea, in cui lungamente si discusse della riforma da
introdursi negli statuti del Collegio (V. Cod. citato c. 73).

(4 Una gran parte di questi nomi non figurano affatto nelle Memorie storiche
del Bini. Noi li abbiamo indicati col carattere corsivo.

(9) Il Bini (op. cit., pag. 491) ci dà questo Baldassarre come insegnante solo
dal 1495, mentre io lo trovo tra i promotores fino dal 1489,
ALCUNE NOTIZIE INEDITE, ECC. 443

il Bini si limita a dire, che Pietro doveva essere in vita nel 1489,
io ho la prova, che viveva nel 1500 (1), come è del pari indubitato
che nel 1514 (2) egli non faceva più parte del collegio medico,
perchè, con ogni probabilità, era mancato ai vivi.

Questo ci è parso utile esporre circa i due insegnanti del-
l'Ateneo perugino nella seconda metà del 400; e torniamo a rin-

graziare il prof. Morici di avercene dalo occasione.

Perugia, aprile ’99.
O. SCALYANTI.

(1) Ciò si rileva dal citato Cod. 1, P. I, Lett. C, e dai fogli che casualmente da
me ritrovati in un vecchio volume di materie ecclesiastiche, ho creduto bene di
dover restituire all’ Arch. univ. e che perciò si trovano aggiunti in fine al Cod. stesso.
(2) Vedi nostro Inventario — Regesto al Cod. III, Lett. C. P. I.
ANEDDOTI CURIOSI

LA CANAPATA

Nel 1334 reggeva in Rieti l’uffizio della Inquisizione frate
Simone da Spoleto, il quale, nel convento de’ Minori, attendeva a
giudicare alcuni reatini di costumi liberi e licenziosi. Il processo da
lui formato metteva al nudo indecenze di persone dell’uno e dell al-
tro sesso, di donne anche maritate. La popolazione scandalizzava.
Il Comune, per evitare rumori fra i cittadini, desiderava che l' In-
* quisitore mettesse in tacere la cosa, senza andare più oltre. Il
frate, invece, per dovere d'ufficio, era costretto d'andare avanti.
Allora il Comune, che vedeva certa una levata di scudi in città,
finì per impedire il giudizio. L'Inquisitore, per protesta, si decise
a levare le sue tende da Rieti, e a trasferire l'ufficio in terra
d'Abruzzo, recandosi a. Gonessa, dove avrebbe esercitato il suo
potere con piena libertà. Se ne andò quindi da Rieti, e mentre egli
prendeva, diciam così, la via dell'esilio, il popolo, piacevoleg-
giando, usciva a dire alle sue spalle: Bona la canapita!
Questa espressione ha bisogno di una parola di comento,
poichè non sarebbe facile intenderne il significato, se non si sapesse
che in quel tempo che l’Inquisitore batteva la ritirata, si faceva p
il raccolto della canapa in Rieti, dove anche oggi la canapa
si coltiva con successo nel piano fertilissimo. Si era appunto nel
mese di settembre; il mese di quel raccolto. Canapata non
hanno i dizionari, nè è voce d'uso moderno: ma, nel trecento, a
quanto pare, era viva e doveva significare il raccolto della ca-
napa. Ora sappiamo che, in sellembre, i frali minori solevano

29
446 | L. FUMI

celebrare, nella chiesa loro in Rieti, una festa della Madonna. La .

festa, come è consueto negli ordini religiosi mendicanti, si faceva
con le offerte dei fedeli. I frati usavano d’andare attorno per la
città, pe' borghi e per le campagne vicine accattando il raccolto
della stagiune e precisamente la canapa.

. I devoti ne davano secondo le facoltà di ciascuno; ma, in
quell’anno, se i frati sloggiavano, la festa non si farebbe, e quindi
nemmeno l’accalto. Male per i frati che non avrebbero toccato
canapa, tanto necessaria per il cordone di S. Francesco, e, un
pochino, anche per quelle benedette corde da scuotere e tormen-
tare i rei nel cavalletto del S. Uffizio! Vedere, quindi, i frati per

le strade di Rieti in arnese da viaggio, e suonar loro dietro la

canzone: Bona la canapita! era un dar la baia agli
Inquisitori non veduti di buon occhio, motteggiandoli per quella
canapa che veniva a mancar loro proprio in sul fatto stesso
del raccolto.

L. F.

V. questo Bollettino, pag. 395, ll. 492-498; pag. 396, ll. 537, 538, e seg.

SMI TA IAT on m or —
a —

an

ALTARE

441

ANALECTA UMBRA

Il prof. Scalvanti dopo avere riordinato l'Archivio universitario,
ne ha dato in un volume l'/nventario-Regesto (Perugia, 1898). Ha di-
viso l'Archivio in tre parli: antica e moderna per i documenti, e terza
per i manoscritti. L'antica va dal 1428 al 1800; la moderna dal 1808
al 1849, ripartita ciascuna in sezioni che contengono « Constitutiones et
iura; Gesta Collegiorum ; Acta doctoratuum ; Rotuli lectorum ; Regi-
stra Camerae Apostolicae » (P. I) e « Varia ». A questa partizione
razionalissima e quale oggi viene adottata nell'ordinamento degli ar-
chivi di importanza, e perfettamente conforme alle raccomandazioni

‘della presidenza della nostra Deputazione, l'egregio professore si è at-

tenuto per riordinare la considerevole massa delle carte universitarie,
le quali cosi ci presentano, per ordine, la parte legislativa dei Collegi
e lo svolgimento della loro azione; quindi il conferimento dei gradi
accademici e i verbali per le condotte dei lettori e per l'ordinamento
degli studi. La sezione E « Acta R. C. Apostolicae » non sappiamo,
tuttavia, se si trovi bene al suo posto. L' illustre professore non ci dice
che questa serie di atti è totalmente estranea alla Università, ma si
può essere più che certi non avere in quell’archivio una sede natu-
rale, poiché proviene dall'antico archivio Camerale pontificio; quindi
avrebbe fatto bene a collocare i registri di questa serie in appendice,
separandoli dagli atti amministrativi dello Studio perugino. Si tratta di
soli XI codici dal 1601 al 1658, che per la natura, intieramente di eco-
nomia pubblica, potrebbero reintegrare l'Archivio della Camera apo-
stolica, senza verun danno per il patrimonio delle memorie universi-
tarie. E cosi é da dire ugualmente di varii codici compresi nella se-

‘zione F « Varia ». Più rigorosa distinzione vi si poteva fare di alcuni

di essi non attinenti allo Studio, e provenienti da altri archivi. Più
chiaro risulterebbe allo studioso di questo importante lavoro la natura
degli atti contenuti in codici e filze, se, attenendosi alla forma degli
Inventarii d'archivio ultimamente redatti, si fosse seguito il metodo di
dare il titolo testuale dei codici esterno, e, meglio, anche -l’interno;
448 ANALECTA UMBRA

non già per eliminare dubbî che non possono sorgere sulla diligenza
b del paziente compilatore, ma perché molli particolari nel titolo di un
js codice e l'accenno a tutte le modalità che si usa notare nella reda-
MSc zione bibliografica servono a troppe cose e a diversi ordini di studiosi.
L'ultima parte dell' Inventario contiene « Opera manuscripta »; pochi
codici e di nessuna importanza. Termina il volume con l'utile indica-
zione in Appendice di codici e documenti riguardanti la storia dell’ U-

niversità custoditi in vari archivi perugini, quali sono il Comunale,
dei Monaci Cassinesi, della biblioteca Dominicini e Capitolare, del So-
dalizio di S. Martino e della Congregazione di Carità. Una tavola di
(SS nomi e di cose notevoli facilita l'uso della pubblicazione ormai colle-
MIRO gata con la storia del celebre istituto scolastico perugino.

1 I. Klacko nel libro Jules IZ (Paris, 1898) parla delle camere Bor-
iE gia in Vaticano e della camera della Segnatura di Raffaello : nel $ XII
li : afferma che il Cambio di Perugia suggeri l' idea della pittura del Tri-
is bunale della Segnatura.

H .

Il Müntz nell'opera Les artes è la cour des papes Innocent VIII,
(Aa Alexandre VI, Pie III (1484-1503), Paris, 1898, riporla documenti ine-
J: i diti o poco noti che per noi non son privi d'interesse. Si ricordano
| lavori. pubblici a Città di Castello e della Pieve, a Ficulle, Foligno,
| Lugnano, Orvieto, Narni, Spello, Spoleto, Perugia, Sassoferrato.
Nuovi ricordi del convento dei Servi in Orvieto, di S. Vittore di Narni,
dell’oratorio della Misericordia a Spello, della cattedrale ‘e fonte della
| piazza di Perugia, della rocca di Sassoferrato. Gli artisti illustrati sono
| v Antonio Feliciano, Benedetto, Bernardino di Viviano, Luca ed Emiliano
Orfini di Foligno orafi, Gentile da Foligno maestro della rocca di Ci-
vitavecchia (1497), Gasparino architetto (1485), un pittore perugino
omonimo del Pinturicchio, vissuto in Siena (1484-85), e Piermatteo Ser-
denti, o de' Manfredi, d'Amelia (1482-98), nonché. (ma sempre senza
dar nulla di nuovo) del Perugino e del Pinturicchio.

È notevole (anche per la storia umbra) il recente libro del Pometti
È T sul pontificato di Clemente XI (Roma, 1899), dove, parlandosi de’ più
| rilevanti fatti compresi nel periodo dal 1700 al 1721 con nuovi e piü
giusti criteri desunti dalla Miscellanea e da altri documenti vaticani;
i e correggendo il Ranke ed il Coxe, si delinea il concetto politico di
(IS questo papa che fece le prime prove nei governi di Orvieto e di Rieti,
Mis guadagnandosi la pubblica stima: scelse a principali ministri. della
IE sua azione diplomatica, in un tempo tanto agitato per la guerra di

edid

SARZANA KS TREE i
nS

ANALECTA UMBRA 449

Spagna e contro il Turco, e quando l'Italia peninsulare dipendeva
o moralmente o. materialmente dalla s. Sede, due Umbri. L’ uno, il
card. Filippo Antonio Gualterio nunzio a Parigi, fu de' marchesi del
Corniolo di Orvieto (24 marzo 1660-21 aprile 1728), ed intimo di Gia-
como II d'Inghilterra. L'altro, il card. Giuseppe Sacripante di Narni
(19 marzo 1642-4 gennaio 1727). Il Pometti in questo accurato lavoro
studiando la politica di Clemente dal punto di vista degl'interessi della
s. Sede, melte i giudizi dell' Erizzo in confronto coi documenti e ne
rileva giustamente le inesattezze anche sul conto dei ministri pontifici.

Nella memoria del barone G. Claretta Sulle principali vicende della
Cisterna, d'Asti dal sec. XV al XVIII si parla di Ferrante Vitelli da
Città di Castello, ingegnere militare di Casa Savoia. — In aggiunta
alle notizie su Ferrante Vitelli alla Corte di Savoia nel sec. XVI (in
Atti della R. Accademia delle Scienze, vol. XIV) l'egregio Autore dà
alcune notizie biografiche fornite dal carteggio del Nunzio. Per queste
rimane auche chiarito che il Vitelli morì nei primi di febbraio del 1582,
e riceve maggiore svolgimento l’asserzione del Cambiano di Ruffia, il
quale nella nota sua cronica dei Memorabili scrisse « essere egli morto
sui primi mesi di quell’anno ». Forse ei morì a Torino (congettura il
Claretta), in quanto che il Nunzio c' informa che s' abboccò col guar-
diano degli zoccolanti, il quale avevalo assistito nelle ultime ore di vita.

È noto che dal 1453 in poi esiste nella Cronaca perugina del Gra-
ziani una grave lacuna (cfr. l'Arch. stor. ital. del 1850), e che in parte
a tal deficienza riparò Ariodante Fabretti pubblicando il Diario di An-
tonio dei Veghi dal 1423 al 91 (Cronache della città di Perugia ; To-
rino, coi tipi privati dell’ Editore, 1888, vol. II). Ma che anche questo
sia monco e incompleto resulta dal confronto che per gli anni 1468-69
se ne può fare con gli Appunti inediti d’un cronista perugino dati in
luce dal prof. O, Scalvanti ed offerti dai soci dell'Unione tipogr. coop.
di Perugia al dott. Valentino Valigi nel di delle sue nozze (febbraio,
1899: Perugia, stamp. coop., in 8, pp. xiv). Questi Appunti, esclusi
i primi dal 17 agosto all' ottobre che riguardano la venuta in Perugia
del Commissario pontificio, le nozze di Agnese Baglioni con Baldassarre
Ormanni, la portenza di Braccio Baglioni per Roma, e la moria che
singolarmente infierì nell’ ottobre, illustrano l'arrivo e la permanenza
breve in Perugia (14-16 gennaio 1469) dell’imperatore Federico III.
Completano, è vero, la narrazione del Veghi (pag. 13 e sg. dell’ ediz.
cit.); ma è pur vero che taluni particolari sono espressi colle mede-
sime parole, sì da far, quasi, sospellare che un testo discenda dall’al-

mcd
We artt).

E 450 de ANALECTA UMBRA

jn EE tro. — Non ommettesi di notare che (è mera svista tipografica) l' anno
1489 nella lettera di dedica va corretto, naturalmente, in 1469.

BE "Tra i manoscritti della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze,
dei quali G. Mazzatinti continua la decrizione nel vol. VIII degli Zn-
| , ventari dei Mss: delle Biblioteche d'Italia (Forli, 1898), segnaliamo opere
B ; | giuridiche di Baldo da Perugia, contenute nei codd. II, I, 64 (già Maglia-
Hi ì E bechiano Classe VI, num. 144) e II, I, 340 (già Magl. Classe XXIX,

ii ERE num. 162): — il trattato De memoria « clarissimi philosophi et medici
Matheoli Perusini » (cod. II, I, 201): — la visione di frate Antonio
da Rieti (a fol. 69 e sg. del cod. II, II, 39): — la canzone « Cruda
selvaggia » attribuita a Bartolomeo da Castel della Pieve (cod. II, II,
40; fol. 140): — rime di Bosone da Gubbio (cod. II, I, 32, 41, 49; e
II, II, 40; fol. 164): — e, prezioso documento, la Ratio Camerae Apo-
stolicae Perusinae dal 1488 al 92 (cod. II, I, 245; già Magl., Classe
XXV, num. 329). Quest'ultimo codice consta di fogli 66 scritti e mem-
branacei: appartenne già alla Biblioteca Gaddi, nella quale era se-
gnato col num. 33.

« La più soave figurazione dell’arte cristiana in nessun altro luogo
poteva trovare, come nell' Umbria, artisti che dalle influenze della stirpe,
della storia e della scuola fossero disposti a trattarla con più delicata
ispirazione, con piü pura e spirituale rispondenza di forme ». Questo
ha ben dimostrato in un articolo 7/ presepio nell’ arte Umbra il pro-
fessore Giulio Urbini (in Roma letteraria, a. VI, num. 24; pag. 561 e

sgg.), descrivendo con affetto e gentilezza le più caratteristiche e più
belle opere umbre delle quali è soggetto il Natale: quelle di Ottaviano
di Martino di Nello eugubino, del Bonfigli, di Fiorenzo di Lorenzo,
di Niccolò di Liberatore, del Vannucci e de’ discepoli suoi.

Del pittore eugubino, ora ricordato, il prof. Egidio Calzini ha di-
ligentemente descritta una tavola, finora ignota, della collezione arti-
stica del barone Bordonaro di Palermo (Per un pittore Umbro ; nella

Rassegna biliogr. dell’arte ital., a I, num. 11-12, pag. 225 e sgg.),
istituendo confronti, per attribuirgliela con maggior sicurezza, con al-
tre opere sue a Gubbio e a Foligno.

« L’opera di Ottaviano (scrive il Calzini) rappresenta la madonna,
seduta sur un cuscino, col putto sulle ginocchia cinto alla vita da un r
bianco velo, si bianco e leggero da lasciar trasparire tutte le parti del |
suo ben modellato corpicino. Negli angoli superiori del quadretto stanno
quattro angioli, due per parte, sulle nubi genuflessi, tre de’ quali sem-
TN 19a attt nn

ANALECTA UMBRA 451

brano seguire al suon dell'arpa e dei flauti l'angelo che col capo vólto
in alto e gli occhi nell'azzurro tocca dolcemente la mandola. I giova-
netti celesti dalla chioma d'oro e dagli occhi color del mare, inneg-
giano alla gloria della madre del Cristo che con la piccola destra gra-
ziosamente portata alle labbra sembra mandare baci e parole di con-
forto a chi lo ammira. La pittura è senza dubbio del Nelli ed è anzi
manifestazione soavissima dell’arte sua più progredita ». — Giustissima
l'asserzione (pag. 229) che la figura di s. Antonio nella parete di fronte
alla Madonna di Belvedere in s. Maria Nuova di Gubbio, e l’altra sotto
il portico della chiesa dei Bianchi nella stessa città, « simili in tutto al
maestoso s. Antonio della cappella Trinci tra i santi Domenico e Gio.
Battista, vanno tolte al preteso Palmerucci » e restituite senza titu-
banza a Ottaviano. Venga presto il critico che l'arte dell’ eugubino,
episodio bellissimo della storia artistica dell’ Umbria, studi e rigorosa-
mente ne determini il valore e, quel che importa più, la provenienza;
chè non è decoroso per gli studi seri il ripeter troppo grandi errori
sul Palmerucci, il volerlo per forza esule in Toscana, anzi a Siena, e
più precisamente diffonditore nell'Umbria della maniera dei Lorenzetti,
e l’attribuirgli opere che non avrebbe potuto eseguire se non... quan-
do era morto.

In uno studio di Antonio de Nino su La scultura figulina nell'A-
bruszo (in Rivista abrussese, a XIV, febbraio 1899) è fatto ricordo di
un piatto, posseduto dalla famiglia Lepore di Raiano, nel cui centro
è rappresentato « Apollo nudo seduto sopra un poggiuolo: la carna-

gione è giallo-rossastra. Nella fascia circolare figurano Muse ed em- .

blemi musicali, ed anche frecce e faretre. Nella parte opposta, e pro-
prio nel centro, v'è la data del 1540 ». Da quest'accenno l’ intelligente
di maioliche avrà compreso che trattasi di un piatto di fabbrica mar-
chegiana (d' Urbino o Casteldurante) o faentina. Ma c’ è chi (e per
quanto ancora si vorrà insistere ad asserire che Mastro Giorgio fu
pittor di maioliche?) « dice che l'oggetto sia uscito dalla mani di Gior-
gio Andreoli »: peró, soggiunge il De Nino, « siccome si ritiene che

‘Mastro Giorgio nel 1540 fosse già morto », cosi alla fabbrica durantina

altri attribuirebbe quel piatto. La ragione è falsa: già, anzi tutto, Gior-
gio non fu che un « grande riverberatore » (cosi lo stesso De Nino); e
poi, è assolutamente vero che il Maestro viveva nel 1553 (efr. Rasse-
gna bibliogr. dell’arte ital., I, 62).

Pel 500 Anniversario della demolizione della fortezza Paolina fu

pubblicato in Perugia il 13 dicembre dello scorso anno un Numero

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459 ANALECTA UMBRA

unico. Ne rifece con documenti la storia dalle origini (fu costrutta
su disegno di Antonio Sangallo) A. Lupattelli, corredatala di fototipie
(1. Prospetto principale del Forte dalla parte del Corso e di via Ria-
ria; 2. il Forte nel 1602, da un' incisione di Livio Eusebi dedicata ad
Ascanio della Corgna; 3. il Forte dal lato della piazza di s. Giuliana;
4. e dalla parte di s. Maria degli Angeli), dedotte, esclusa l'incision
deli'Eusebi, da recenti pitture.

De 7 manoscritti della Biblioteca Comunale di Cascia ha compi-
lato l' inventario Adolfo Morini e ne ha offerta agli studiosi una mo-
desta ediz. poligrafata (Cascia, 1898). Sono, in tutti, 39 e per la mag-
gior parte di materie sacra, teologica, giuridica e scolastica. Segna-
liamo gli statuti di Cascia del 1387, ai quali fanno seguito (fol. 95) una

.« Copia addictionum Statutorum Comunis Cassiae » con la data del

1395, aggiunte del 1491 (fol. 98), e l'approvazione degli Statuti stessi
(fol. 104) data da Bonifazio IX. — Anche notevole è un volume di atti
(cod. 2) relativi alla lunga ed aspra lite per ragioni di diritti di pa-
scolo tra i luoghi pii di Cascia e il Comune di Ocosce, dal 1658 al 1749.

Dovremmo anche ora e con lo stesso scopo onde annunciammo
il libro di G. Fregni su Le tombe dei Volunni e le Tavole eugubine in
questo Boll., III, 599 e sg. (Modena, 1897), dire d'altri suoi Studi sto-
rici e filosofici sopra Iscrizioni etrusche, di recente pubblicati (Modena,
Namias, 1898; in 8, pp. 55 con tav.). Ci limitiamo (il lettore ne avrà
a bastanza) a riferire una delle varie conclusioni; che, cioè, « tutto
quello che hanno fino qui scritto sui caratteri etruschi tutti gli storici
e gli antiquari d'Italia, di Francia, di Germania, d'Europa, per quat-
tro secoli » dal Dempster al Lattes, compresi il Fabretti, il Vermi-
glioli, il Conestabile, « è tutto un gergo, una dansa, una pantomima
etrusca, un seguito bello e buono di dotte imposture, di invenzioni, di
frottole e di inutili ed oziose disquisizioni grammaticali e storiche »
(pag. 91). Altrettanto, press'a poco, avea detto l'A. fin da principio:
« dalle tombe dei Volumni; dalle Tavole eugubine, da queste antiche
ed illustri iscrizioni etrusche ed umbre, ritenute fin qui illeggibili da
tutti gli antiquari più distinti italiani ed esteri, eccoci ad altre più belle
ed a piacevoli iscrizioni di quei tempi e di quegli antichi popoli ».

Noto al Pancirolo, che lo ricordò nel De claris legum interpretibus,
ignoto (o forse non lo credettero degno di menzione) al Bini, al Ver-
miglibli ed al Mariotti, messer Alberto Guidalotti, Lettore nello Studio
di Perugia, torna in pregio ed onore mercé una nola che illustra tre

t

MÀ üt

b rA
TEZZE

ANALECTA UMBRA

sne lettere a Bartolomeo di Biagio, Lettore nello Studio Senese, edite
in occasion di nozze ( Petrucci- Sozzifanti) dal prof. L. Zdekauer (Siena,
Lazzeri, 1898; in 4, pp. 13). Quanto « particolare fama e autorità. go-
dette presso i contemporanei » e i conciltadini messer Alberto, appare
da testimonianze dedotte dagli Ann. Decemo. del 1386, quando gli fu
imposto di non allontanarsi, come aveva divisato di fare, da Perugia
nei momenti in cui efficace poteva riuscir l' opera sua « super hunione
et sedandis discordiis » ch' eran fervidissime nella città: i-priori delle
Arti a cosi nobile ufficio l'aveano chiamato « considerata eius sapientia
et bonitate et fiducia, sinceritate et prudentia perspicacissima, et avi-
samentis acutissimis et operationibus omni laude dignissimis ». Di lui,
come Lettore nel patrio Studio, nulla sappiamo. Altrettanto dicasi del-
l’amico suo Bartolomeo di Biagio, che nell’ 88 fu inviato a Perugia
ambasciatore del Comune Senese. Il carattere d’ ambedue, quale anche
resulta da queste lettere (1388), è politico; e di politici anzichè di scien-
ziati, « hanno goduto fama ai loro tempi ». Lasciamo dire al dotto edi-
tore: « Alberto si riferisce fin dalla prima lettera al suo carteggio colla
Signoria di Siena (a dominis vestris). Egli chiede per suo nipote Ri-
naldo qualche ufficio pubblico in Siena e vorrebbe che M. Bartolomeo
inlercedesse in suo favore. Il Papa è a Perugia; intorno a lui si agi-
tano non solo gli uomini pubblici, ma anche i dotti colle loro piccole
gelosie, perfino il Rettore della Sapienza, danaroso e superbo, ed il
suo copista. Alberto consiglia il Comune di Siena a dare aiuto a Pietro
Farnese; e prevede che il pericolo maggiore provenga da Bernabó Vi-
sconli e da suo figlio di cui segnala la presenza a Cortona nel giugno
del 1388, In mezzo a questa specie di giornale politico sono disseminate
le notizie sui codici delle opere di Cino, di Bartolo e di altri giuristi;
tanlo che basti per provare che i due corrispondenti fossero maestri e
insegnanti pubblici di diritto ».

Sull' opera inedita di Raniero da Perugia contenuta nel cod. Ric-
cardiano 918 ha scritta una eruditissima nota il prof. F. Brandileone
e l'ha pubblicata ne’ Rendiconti del R. Istituto Lombardo (Serie II,
vol. 81: Estr. in 8, di pp. 41). Il Savigny ed altri avevano asserito che
il cod. contiene l'Ars notaria del perugino ; il Gaudenzi, invece, rico-
nobbe che trattavasi di « un trattato teorico sull'arte notaria di Rai-
nerio, diverso dalla somma conosciuta dal Savigny, ch* è una raccolta
di formole, e poi di un formolario aretino d’ignoto autore ». Della trat-
tazione sono questi gli argomenti: « primo de contractibus, secundo
de iudiciis, tertio de voluntatibus ultimis, in quibus tribus predictis
artis notarie cognitio tota consistit ». Ma dall’ opera, scrive il prof. B.,
TE

4

SOSTETAIIZI

454 ci ANALECTA UMBRA

« sì desumono certe circostanze di tempo e, sopra tutto, di luogo, che
si accordano poco bene con le notizie d'altronde note intorno a Ra-
niero ». L'anno, più volte indicatovi, è il 1240: ora, si come è certo
che il giurista perugino visse fino al 1245, cosi il De contractibus gli
Si puó attribuire: ma occorre « tener presenti anche le circostanze di
luogo ». Aveva detto il Gaudenzi che il cod. contiene anche « un for-
molario aretino », appunto perché « la città che ordinariamente ricorre
nelle formole è Arezzo. Né le poco frequenti menzioni di altri luoghi
occorrenti nelle formole stesse ci conducono lontano da Arezzo. Appare
perciò come poco verosimile che il De contractibus possa essere stato
composto in un luogo diverso da questa città ». Ma Raniero visse quasi
sempre a Bologna, ove insegnava, negli anni che corsero dal 1214 al
45: forse l'amanuense cambiò arbitrariamente quei nomi ?; e, se è
così, « il contenuto delle formole del De contractibus si adatta a Bo-
logna ed al Bolognese »? Per via di confronti con altre consimili opere
del tempo e composte per Bologna, il prof. B. giunge a concludere
« che le formole esaminate del De contractibus non potettero esser
compilate » per questa città, e che nel ms. Riccardiano non sono rac-
chiuse due opere diverse, ma soltanto due parti di un’ opera unica,
delle quali la seconda fu certo composta in Arezzo, e, anche a non ri-
tenerla per opera di Raniero, al quale certamente appartiene la prima,
è una non ispregevole fonte del diritto e delle usanze toscane verso la
metà del sec. XIII ». L'ipotesi dell'insegnamento impartito da Raniero
in Arezzo acquisterà consistenza « solo dall’accerlamento di nuovi
fatti »: allora gli si potrà sicuramente attribuir quel trattato che ap-
punto per Arezzo fu composto. A ogni modo giovi notare che, per ra-
gioni dal prof. B. qui esposte, il professorato del giurista perugino in
Arezzo dovrebbe esser collocato o dal 1239 al 45, o dal 1228 al 88, « che
sono i due più lunghi periodi durante i quali non risulta dimostrata la
presenza di Raniero in Bologna ».

Perchè Gregorio da Ranza, della Pieve di Falzano nella montagna
Cortonese, si denominasse Tifernate, fu già detto da G. Mancini nel-
l'ottimo libro Cortona nel medio eco, pag. 346. lllustrando e dichia-
rando ora Il contributo dei Cortonesi alla coltura italiana, lo stesso
autore, tanto valente storico della città sua, ritesse di Gregorio la bio-
grafia e dice de’ meriti suoi come umanista e poeta. Il padre suo, Ven-
tura, fu giustiziato dai Fiorentini a Cortona; trascinato per le vie a
coda di cavallo, fu orribilmente squartato; nè sappiamo (chè mancano
nell’Archivio Cortonese le carte della prima metà del sec. XV, e, forse,
non ripareranno alla lacuna quelle dell'Archivio Castellano) la ragione

na
ATIS

ANALECTA UMBRA 455

di pena sì atroce. Ma sta il fatto che Tifernate si chiamò il figlio « per
far obliare la morte del. padre ». Importanti particolarità su la vita e
la coltura di Gregorio deduconsi da un’ epistola che un ignoto abitante
di Città di Castello scrisse, non sappiamo a chi, poco dopo la sua
morte, e che leggesi nel ms. Vaticano 6845: il Mancini la pubblica
nell'Appendice (pag. 114 e sgg.) con nole storiche. — M. L. Delaruelle
nei Mélanges d'Archeologie et d'Histoire de l'École Francaise de
Rome (fasc. I-II 1899) dedica a questo soggetto il suo studio intitolato :
Une vie d' Humaniste an XVe Stécle, di cui parleremo altra volta.

Di Niccolò di Piero di Guccio e di Bartolomeo suo fratello, ambe-
due cortonesi e soci nell’arte tipografica con Antonio Mazzocchi da
Cremona, ha narrata la vita girovaga e dichiarato le opere, che coi
loro tipi videro la luce, il Mancini nell’ opera citata. Dallo scorcio del
1438 e nell’anno successivo essi stamparono in Città di Castello, dove
nuovamente li ritroviamo nel 46, allorchè, secondo il Muzi, vi pubbli-
carono le « Antiche lezioni della Vita di s. Florido », oggi sì rare.
A quel primo periodo di loro permanenza in Castello appartiene l' edi-
zione dello Statutum Mercantie della stessa città, che il prof. Scipione
Lapi ha con severo discernimento d'editore e d’ artista riprodotto in
occasione di nozze (Novelli- Vincenti; 7 luglio 1898: C. di C., Lapi;
in 4, pp. 36). Giovi ricordare che di simili riproduzioni è anche mo-
dello bellissimo quel delle Reformationes et decreta super modo regi-
minis ac forma Magistratuum Civitatis Castelli (Perusiae, apud An-
dream Brixianum, 1561) che lo stesso prof. Lapi pubblicó nell' 81, quando
la sua sorella Veronica fu condotta in isposa da Cesare Feliciangeli di
Camerino.

L’Umbria, a. Il, num. 1-2. D. T. 7 monumenti dell' Umbria. Note
di viaggio. A Gubbio. Breve e magra descrizione del Palazzo de' Con-
soli, fatta su l'ampia relazione che O. Lucarelli ne dié a pag. 487 - 497
delle Memorie e Guida storica di Gubbio (Città di Castello, Lapi, 1888) :
il signor D. T., anzi, copió addirittura il testo del Lucarelli, senza né
pur citarlo. Esempi: Il Lucarelli scrisse: « Delle quattro facciate la
principale è quella che rivolta ad oriente ha l'ingresso nella piazza
della Signoria, e racchiude tre ordini di scomparti, compreso il pian-
terreno .... Il finimento consiste in un ballatoio scoperto sostenuto
da piccolissimi archi acuti basati su mensole, e coronato da merli ri-
quadrati secondo lo stile guelfo ». E D. T.: « La principale delle
quattro facciate volta ad oriente, su la piazza della Signoria, comprende
tre ordini di scomparti, calcolandovi il pianterreno. La facciata è com-
456 ANALECTA UMBRA

B pletata da un ballatoio scoperto che poggia su piccolissimi archi aculi
sorgenti da mensole, e merli riquadrati di stile guelfo la coronano ».
Si Il Lucarelli: « Le altre tre facciate presentano in generale gli stessi
|| eed ! caratteri di quellà già descritta; soltanto la meridionale si distingue
per il bel portico a piano inclinato che doveva proseguire con un gran
d . rampante a gradinata fino alla sottoposta via Baldassini, e per la loggia
I5 posta al di sopra della mostra dell'orologio, dalla quale si scopre la
maggior parte della città e della valle eugubina ». E D. T.: « Delle
altre facciate è notevole la meridionale per il bel portico a piano in-
clinato che doveva proseguire fino alla via Baldassini mercó un ram-
pante a gradinata ...: è pure notevole la loggia sovrastante la mostra
dell'orologio, da cui si gode il lieto spettacolo della valle eugubina e
di parte della città che alla valle discende ». Potrei addürre altri e-
| sempi, anche per mostrare che D. T. ripete gli stessi errori del Luca-
|| rem relli: quello, per citarne uno, che nell'Archivio Notarile si conservano
i [es i registri di 160 notai dal 1432: i notai sono, invece, 289, e i più anti-
MES chi atti furono rogati da Matteo di Simone dal 1314 ; quelli dal 1432
; sono di Marchegiano di Nicoló, prima del quale debbono, disposti per
Mc ordine cronologico, esser collocati 27 notai. Notisi da ultimo che la
| T chiesa di s. Giovanni non « contiene affreschi della scuola del Peru-
2 gino »: c'è, ma nella sagrestia, « la Madonna, copia del Damiani dal-
i ba l'originale della scuola del Perugino », come scrisse il Lucarelli. — n
Pardi G., Elisabetta Gonsaga duchessa d'Urbino. Poche linee d' insi-
gnificantissime notizie: a quale scopo, se fin dal 93 il Luzio e il Re-
nier consacrarono a lei e ad Isabella d' Este un intiero volume? (To-
rino, Roux; in 8, di pp. 333). — Iacobelli L., La poesia popolare in
I y Sabina. Continuaz. — Tommasini D., // cantico del Sole. Se ne rifà la
At: storia e se ne spiega l' « importanza speciale » e la « speciale signi-
ficazione ». Piace all'a. di attribuire al Cantico « un carattere originale
il | e senza storici precedenti », se bene il prof. E. Monaci e di recente il
| prof. Della Giovanna abbiano affermato e provato ch’ è una parafrasi
del salmo 148. — Il Castello. d'Antognolla. Brevi note storiche, con |
riproduzione fototipica.

TA Miscellanea Francescana, vol. VII, fasc. 1. — Faloci Pulignani
i 8 M., Lo Speculum perfectionis pubblicato da Paolo Sabatier. Note ed
n»n osservazioni critiche. — Id., Nuove osservazioni sul Cantico del Sole.
A proposito di quanto leggesi nel Giornale storico della letteratura ]
i(al., XXIX, 302 e sgg. — L’Umbria serafica del padre Agostino da |
Stroncone. Continuazione. — Recensioni della conferenza su S. Fran- iù
cesco d'Assisi di F. Bertolini (Perugia, 1898); di Una lettera autogr.
pL T e

ANALECTA UMBRA 45

di s. Francesco ristamp. dell’ab. Cozza Luzi (Roma, 1898); della Vita
del b. Egidio d'Assisi del p. G. Fratini (Assisi, 1898). — Fasc. 2°. Fa-
loci Pulignani M., Una lettera di Paolo Sabatier. Sempre su l'ediz.
dello Speculum. — Edoardo D’Alencon, Studio critico sullo Speculum
perfectionis. Il testo francese fu pubblicato negli Annales Franciscaines,
vol. 37, pp. 504 e sgg., e 55 e sgg. (Paris, 1898). — Mandonnet O. P.,
Fra Leone storico di s. Francesco. Per la cit. ediz. dello Speculum. —
Faloci Pulignani M., La calligrafia di s. Francesco. Con una ri-
produzione fototipica della Iscriptio fr. Leonis. — Id., Il testo latino
dei Fioretti di s. Francesco. — Fasc. 3°. Id., Legenda trium sociorum
ex Cod. fulginatensi. — Lanzi L., Spigolature francescane del conv. di
Stroncone nell'Umbria. Notizie di minoriti di Stroncone del sec. XVI
e sg.

Tra I manoscritti Italiani in Inghilterra e, pià specialmente, tra
quelli della Collezione Sloane del Museo Britannico (ne ha con ottimo
intendimento e con gratitudine somma degli studiosi pubblicato il vol. I
G. Fanchiotti; Caserta, Marino, 1899; Londra, Torrington Square,
num. 55), segnaliamo, a proposito d’una istruzione del Vescovo di Città
di Castello per la quaresima del 1618, una nota su l’ operosità di Giulio
Mancini, tanto solerte raccoglitore di memorie castellane; e il ms.
Sloane 2256 che contiene, forse di mano del sec. XVI, la « Lettera in
cui il Capitan Angelo Gatti da Orvieto dà conto al sig. Adriano Ba-
glioni della perdita di Famagosta et del Regno di Cipro et della sua
prigionia ne la torre del Mar Negro ». E appunto dalla torre, dov'era
rinchiuso, è datata la lettera, a di 19 novembre 1573.

Il num. 13 (gennaio 1899) degli Atti della Accademia Properziana
del Subasio, contiene, sotto il titolo di Nuovi studi sulla patria di
Properzio, il giudizio che da critici e dotti fu espresso sul Saggio di un
nuovo studio su la patria di Properzio di Raffaele Elisei, del quale si
è detto nel precedente fasc. di questo Bollettino ; le riproduzioni e de-
serizioni di Antiche iscrizioni che l'Accademia di recente possiede per
cortese dono di soci (una riferiscesi alla famiglia Passenna consan-
guinea di Sesto Properzio; nella seconda leggesi soltanto Sera. L. F.;
la terza ricorda un Lucio Elio Pirro figlio di Lucio, macellaio, come
deducesi dai segni scolpiti; la quarta é in memoria di Q. Atilio Ve-
recundo Iun. Decurioni adolescenti innocentissimo) ; ed una sommaria
notizia di Monete ed altri oggetti antichi onde l'Accademia s' è arric-
chita o per acquisti o per doni. Notevolissimi tra gli oggetti quelli che
mons, Corbelli donò e son relativi a dinastie varie dell'antico Egitto,
458 . ANALECTA UMBRA

De I Manoscritti posseduti da Carlo Ghislieri e da lui prestati
ad amici studiosi dal 1426 al 58, il dott. Ludovico Frati pubblica la
nota nella Rivista delle Bibl. e degli Archivi, X, 31 e sg. Notasi fra
tali studiosi « miser Tomaxe da Riete », il Moroni, ch’ ebbe in prestito un
codice dell’ Eneide di Virgilio; e « miser Stefano canceliero del vescovo
d’Orvieto, logotenente per Nicolò Picinino », a cui fu dato in lettura
un testo di Boezio.

Il nostro socio Conte Paolo Campello della Spina ha testé pub-
blicato pei tipi del Lapi, Città di Castello, il vol. I della parte II della
sua « Storia documentata aneddotica di una famiglia Umbra ». — Di
questo interessantissimo volume che tratta di Spoleto nel settecento e
sotto il dominio francese discorreremo più a lungo in un prossimo
fascicolo.

L. Fumi - G. MAZZATINTI.

gta —-

Screen ——rr 459

RECENSIONI BIBLIOGRAFICHE

Storia di Civitavecchia, di CARLO CALISSE. Firenze, Barbera, 1898.

Quella parte della spiaggia romana chiusa fra i promontorii Ar-
gentaro e Circeo, e sulla quale scorrono i fiumicelli Ceretano e Mignone,
costituisce il territorio di Civitavecchia, e il campo della storia presa
a narrare.

L’opera si divide in due parti: nella prima (cap. I-VIII, pagg. 3-88),
si tratta di proposito di Centocelle; nella seconda, di Civitavecchia. La
seconda parte è suddivisa in tre libri: Civitavecchia nel medioevo (lib. I;
cap. I-XV; pagg. 91-279); C. V. nella monarchia pontificia (lib. II;
cap. I-XV; pagg. 281-597); C. V. nell' ultimo secolo (lib. III; cap. I-V ;
pagg. 599-708).

Sui lidi accennati, prima ancora dell’ epoca romana e quando i
Fenici, i Greci e gli Etruschi dominavano col commercio il Mediterraneo,
esistevano forti e castelli, fra i quali è ricordato quello di Pirgi. Una:
tradizione poco sicura ne volle congiunte le origini con quelle di Cen-
tocelle; ma di certo si sa che Pirgi fu il porto di Cere, una delle dodici
città della confederazione etrusca, probabilmente di origine pelasgica.
Verso la metà del IV secolo a. C., quando, per l’ invasione dei Galli,
Cere accolse fra le sue mura i sacerdoti ed i numi romani, incomin-
ciarono le relazioni fra Roma e Cere. Più tardi i Ceriti si sottomisero
ai Romani; e questi, fra la prima e la seconda guerra punica, de-
dussero una colonia militare in Pirgi, il cui porto prosperò rapidamente
per la sua importanza commerciale, per la facile comunicazione con
Roma, per la bontà delle sue acque termali. Ma fu prosperità di breve
durata; e nel V secolo a. C., quel luogo, altra volta munito e fecondo,

era ridotto in isquallida campagna. Ciò riferisce Rutilio Numaziano, il

quale scorrendo le coste del Tirreno, paragona la decadenza di Pirgi al
prosperare del porto di Centocelle.

La storia di Centocelle ha notizie sicure dal tempo di Traiano; ma -
l'A. giustamente osserva che quella spiaggia da prima dovette esser
460 °F. POMETTI

rifugio di naviganti e centro di navigazione, come lasciano intendere
gli avanzi dell’ antichissimo e monumentale porto cellulare, dal quale
venne il nome al paese. Traiano vi costrusse una splendida villa, vero
soggiorno di delizie, come la descrissero Rutilio e Plinio il giovine; e.
l’ esempio fu seguito da Adriano, da Marco Aurelio, da Commodo. La
predilezione degli imperatori per quel luogo; gli edificii che per loro
munificenza vi sorsero; l’ incremento di popolazione che di necessità
ne seguì, fecero acquistare al porto di Centocelle una rilevante impor-.
tanza. Essa poi crebbe quando, caduto in rovina il porto costrutto da
Claudio alle foci del Tevere, e reso inutile pei depositi alluvionali quello
di Ostia, Roma sentì il bisogno di sopperire a quella mancanza: il
porto di Centocelle ebbe stazione militare; accolse le flotte del Miseno
e di Ravenna, e vide attorno a sè talmente crescere e moltiplicarsi le
abitazioni, da prendere l'aspetto di città ricca e fiorente. La qualcosa
induce l’ A. a credere all’ esistenza di un governo locale, ad una respu-
blica Centumcellensis. Egli suffraga la sua opinione con buoni argo-
menti, ma il compito nostro ci vieta di addentrarci nell’ esame di essi,
il quale potrà essere oggetto di studii speciali.

Per la frequenza delle relazioni con Roma e pel traffico col mare,
ben presto si dovette diffondere in Centocelle il cristianesimo, benchè
di ciò non si abbiano testimonianze attendibili prima del III secolo. Si
sa che vi cercarono rifugio i cristiani perseguitati, e che primo vescovo
del luogo fu Epitetto.

Durante la guerra gotica, Centocelle tu occupata da Belissario,
assediata da Totila, posseduta infine dai Bisantini, che vi posero presidio
e vi ebbero ufficiali proprii, quali il conte Teofanio e il tribuno Zemarco,
ricordati dal pontefice Gregorio Magno. È noto che appunto con que-
sto papa l’ autorità morale della Chiesa crebbe man mano da sostituirsi
a quella debole e lontana di Bisanzio. L'influenza del papato aumen-
tossi in seguito per le condizioni sociali dell’Italia meridionale, per la
potenza economica dei beneficii ecclesiastici accentrati attorno alla
Chiesa, per la rivolta contro Leone Isaurico, che segnò il predominio
dell’ ascendente pontificio su quello imperiale.

Il primo papa che si ricordi di aver fatto uso di sovranità temporale
su Centocelle, dandone in fitto dei terreni, fu Onorio I; va 1icordato
anche Gregorio III, che nel 740 ne fece restaurare le mura.

Centocelle rimase immune dalla denominazione longobarda, e Astolfo
tentò invano di prenderla. I papi furon sempre premurosi di averla e
serbarne il possesso, tanto che nelle donazioni carolingie tennero che
Centocelle fosse espressamente menzionata: nel loro concetto era stimata
indispensabile alla difesa del territorio della Chiesa per le invasioni dei
RECENSIONI BIBLIOGRAFICHE 461

Saraceni. I Saraceni, fin dall'813, si erano appressati a Centocelle per
saccheggiarla; vi tornarono con miglior fortuna, più tardi, nell’ 828 : ne
occuparono il porto, la depredarono e distrussero la chiesa di S. Maria
del Mignone, appartenente al monastero di Farfa. I vescovi, col popolo,
esularono, rifuggiandosi in Roma, e Centocelle fu abbandonata. Tentossi
più volte di riacquistare il porto perduto e scacciarne i nemici. Questa
fortuna toccò a Leone IV, che ricondusse i profughi alla loro antica
dimora, ove non trovaron che rovina e desolazione. La pietà dei ritornati
fece sorgere un nuovo aggregato di case che fu detto Leopoli, in onore
dell’ ardimentoso pontefice.... Ma Centocelle non risorse più. Leopoli
mutò nome e si chiamò poi Civitavecchia.

Civitavecchia, da prima, più che una città, fu un castello fortifi-
cato, le cui mura, quasi a quadrato, possono tuttora riconoscersi: nel-
l’interno del recinto le abitazioni furon condotte in modo da formare
quattro strade in direzione parallela del porto.

I primi abitanti di Civitavecchia, poveri e scarsi di numero, vissero
colla pesca e col piecolo commercio. I proprietari maggiori in quel tempo
eran le chiese ed i baroni della campagna romana. Fra le prime, il mo-
nastero di Farfa e le chiese dei SS. Cosma e Damiano in Roma estende-
vano i loro possedimenti entro il territorio di Civitavecchia. Coll’ antico
benessere, gli abitanti di questa perdettero anche l’indipendenza del go-
verno ecclesiastico, benchè continuassero ad avere vescovi propri, come
Valentino, Pietro ed. Azone, ultimo, pare -dei vescovi di Civitavecchia:
nel 1093 la diocesi di Centocelle fu unita a quella di Toscanella. Perdita
più grave fu quella dell'indipendenza politica ed economica, quando la
Chiesa, in lotta coll’ Impero, non potendo spiegare abbastanza autorità
per mantenere la sua signoria temporale, vide crescere il feudalismo.

Fra i signori feudali d'allora, il conte di Civitacastellana, Ranieri,
donò gran parte di Civitavecchia al monastero di Farfa, che ne godette
per lungo tempo il possesso. A tal proposito l'A. osserva che a torto fu
creduta essere stata quella parte di territorio goduta dai marchesi di To-
scana, e specialmente da Matilde, figlia di Bonifacio; mentre invece non
mancano le prove dell’ autorità che vi esercitarono i papi. Questi (ed è
stato notato) per molteplici ragioni non potevano abdicare su Civitavec-
chia, sia per tenere in freno da colà i pirati, sia per trovarvi scampo
quando le fazioni nemiche li costringevano ad esulare da Roma: a Ci-
vitavecchia fu preparata da Benedetto VIII nel 1015 la spedizione contro
quei musulmani di Spagna, che si erano impadroniti delle Baleari e della
Sardegna, e l’altra di Vittore III contro Timino re di Tunisi; ed a Ci-
vitavecchia trovarono scampo Gelasio II nel 1118 ed Innocenzo II nel1133.

Nella lotta tra Alessandro III e Federico Barbarossa, Civitavecchia

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rimase fedele al papa, e resistè nel 1167 alle forze imperiali di Rinaldo
arcivescovo di Colonia, per opera di Pietro Latro. Conclusa la pace, l’im-
peratore diede in signoria la città a Giovanni Di Vico, prefetto urbano,
in ricompensa degli aiuti prestatigli, e per quasi due secoli la storia di
quella città e di quella famiglia si confusero insieme. Dalla lotta fra la
Chiesa e l'Impero, Civitavecchia uscì stremata ed immiserita tanto, che
dovette assoggettarsi ai Cornetani per averne denaro in prestito. La ri-
scattarono, comperandola, i Viterbesi; ne nacque gelosia fra questi e i
Romani; e Onorio III, a togliere il malumore, ricomperò i diritti su Ci-
vitavecchia.

Ripristinata l'autorità della Chiesa su Civitavecchia, riattivaronsi
le relazioni fra questa e Roma: il papa rimase come alto signore, man-
tenendo piena giurisdizione sulla città, senza averne per altro l’esercizio,
dal che nacque l' autonomia comunale, che da principio fu quella di tutto
il popolo adunato a parlamento. Quando riarsero le dispute fra la Chiesa
e l'Impero, per le dilazioni di Federico II di recarsi in Terrasanta, Ono-
rio III affidò allo spodestato re di Gerusalemme, Giovanni di 3rienne,
il governo di ‘parecchi luoghi, fra i quali Civitavecchia. Altre vicende
seguironsi fino a quando Pietro Di Vico rinconciliatosi col papa, al quale
aveva ribellata Civitavecchia, ottenne questa in feudo nel 1967. Carlo
d'Angió, divenuto il principe più potente d’Italia e capo dei guelfi, estese
la sua autorità su Civitavecchia, né gliela tolsero le congiure dei parti-
giani aragonesi, fino a quando nel 1991 Niccolò IV la rivendicò alla
Chiesa e dichiaró la città indipendente dall'autorità del governatore del
patrimonio di S. Pietro in Tuscia.

Dopo il trasferimento della Santa Sede in Avignone decadde l'au-
torità politica del papato, e Civitavecchia rimase senza difese ed in ba-
lia di quei di Corneto; poi fu disputata dai Di Vico e da Cola di Rienzo,
e caduto questi, l'Albornoz la ridette in feudo a Giovanni Di Vico
nel 1354.

Questa cessione suscitó il malcontento dei Romani, che avevano so-
stenuto il papa contro il ribelle Di Vico; ne confiscarono la rocca e non
quietaronsi che colla pace del 1377. Morto Bonifacio IX, risorsero le tur-
bolenze coll’invasione degli stati della Chiesa, fatta da Ladislao re di
Napoli. Civitavecchia segui le parti del re, e perciò fu assediata dai pon-
tificî. Per essersi inimicato con Eugenio IV, Giacomo, succeduto a Gio-
vanni Di Vico, fu privato del feudo, e con lui ebbe termine il dominio
della sua famiglia in Civitavecchia.

Eugenio vi trovò rifugio quando Roma gli si ribellò; e, grato del-
l'accoglienza, restaurò la città e ne riordinò il governo. L'ultimo capi-
tolo del primo libro è consacrato allo stadio degli Statuti di Civitavecchia.

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RECENSIONI BIBLIOGRAFICHE 463

L'A. ne espone l' ordine e il carattere, gli uffici e le attribuzioni del Vi-
eario e del Governatore; il Consiglio generale, le condizioni dei fore-
stieri, il commercio, l'agricoltura; le leggi sui delitti e le pene; la co-
stituzione della famiglia. Questi Statuti non hanno differenze sostanziali
con quelli vigenti altrove, in quei tempi, ma il non parlarvisi di privi-
legi e di distinzioni fra cittadini, dà loro un certo carattere democratico.

La storia di Civitavecchia nella monarchia pontificia (che forma l'ar-
gomento del secondo libro) si svolge attorno alle vicende del porto: Nic-
colò V lo restaurò, e Callisto III, dopo la caduta di Costantinopoli, lo
trasformò in militare e lo rese atto alla costruzione delle navi. D'allora
non vi fu papa che non vi abbia profuso eure e tesori: Sisto IV, Inno-
cenzo VIII, Alessandro VI.... Giulio II fece abbattere le vecchie costru-
zioni e edificarne delle nuove su disegni del Bramante e coll’ opera del
Sangallo e di Michelangelo. Pio IV e Pio V vi aggiunsero altre fortifi-
cazioni; e Sisto V, a meglio infrenare i pirati, vi stabili una squadra
permanente, in confronto di quelle temporanee e assoldate di prima. Ne-
gli avvenimenti politici posteriori, e specialmente per le imprese contro
i Turchi, il nome di Civitavecchia è sempre congiunto con quello di Roma,
ed onoratamente. Gli ultimi capitoli del secondo libro riguardano in spe-
cial modo il funzionamento del Comune, dopo le riforme apportatevi da
Innocenzo XII, per le quali aveva preso carattere aristocratico.

Nel terzo libro sono narrati gli avvenimenti svoltisi in Civitavecchia
nel secolo presente. Per la sua postura sul mare, la città senti ben pre-
sto gl'influssi dei tempi nuovi, che vi vennero da Francia. Resistette ai
francesi quando, dichiaratasi neutrale, il generale Merlin volle occuparla :
capitolò onorevolmente. Vi fu poi restaurato il governo pontificio. I fatti
posteriori sono troppo noti per riassumerli, nó occorre dire che l'A. li
narra colla sua provata diligenza.

Il riassunto (il quale abbiamo cercato che fosse più ampio nella
parte antica, che è meno nota e più interessante), prova quale opera di
lunga lena e di larga preparazione abbia compiuta il Calisse. Lo stile
chiaro ed appropriato, la narrazione interessante e piacevole, la dovizia
dei documenti, la soluzione di parecchie controversie, conferiscono a
questo lavoro un'importanza non comune. Chi ricorda gli scritti prece-
denti del Calisse (quello, ad es., sul patrimonio di S. Pietro in Tuscia;
l’altro sui prefetti di Vico ecc.), si spiegherà com’ egli abbia potuto pro-
cedere franco e spedito in questo nuovo lavoro: quegli seritti, come
studii preliminari, formano il sostrato dell’opera presente, e stanno ad
indicare una lodevole coerenza di sforzi, la cui somma si riassume in
questa Storia di Civitavecchia: nobile esempio di studioso.

Speciale interesse mostra la prima parte del lavoro, dove l'A. ha

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464 F. POMETTI

saputo diradare le tenebre sulle origini di Pirgi e di Centocelle, sceve-
rando la verità dalle leggende, e mostrando con chiarezza la trafila dei
fatti, che condussero al sorgere di Civitavecchia. Del pari interessante ci
sembra il primo libro della parte seconda. Ma, circa il restante, il chia-
rissimo A. ci permetta alcune osservazioni.

Si può dire che Pirgi, Centocelle e Civitavecchia hanno un solo e
comune argomento d'importanza, pel quale son degne di storia: il porto,
che sorge su quel punto della spiaggia romana. L/ utilità commerciale e
politica di esso in ogni epoca appare evidente dal racconto; e all' A. que-
st’ importanza non è sfuggita. Egli ha saputo raggruppare attorno alle vi-
cende del porto avvenimenti d’ogni sorta, e giustamente l’ ha ritenuto come
centro al quale metton capo varie fila del racconto, o ne irraggia luce
per chiarirne altre. Ma circa quella parte dell'opera, ove si narra di Ci-
vitaveechia nella monarchia pontificia (parte II, lib. II), ci pare che l’A.
siasi voluto limitare alla semplice esposizione dei fatti e non ricercarne
l'origine e il significato. Ci pare; perché ad una mente come quella del
Calisse l' una e l'altro non potevano passare inosservati.

Quando avviene la fine dei Di Vico e la monarchia pontificia si
consolida, Civitavecchia entra in una fase storica del tutto nuova, che
permette un tranquillo svolgimento della vita sociale. L'importanza del
porto muta e migliora: esso diviene l'unico sbocco che lo Stato Eccle-
siastico abbia sul Tirreno; e, per quanto circoscritta ed esigua, la sua
attività commerciale dovette aver echi presso i paesi interni. I capitoli
XI, XII e XIII di questo secondo libro, ove si tratta di proposito del
governo di Civitavecchia, del Comune e degli uffici in esso adunati, gli
avrebbero dovuto fornire occasione di accennare almeno alle condizioni
economiche dello stato romano, che in quel porto dovette trovare uno
dei principali fattori della sua potenzialità economico-sociale. O, in man-
canza di fatti positivi, far cenno della deficenza di essi, per non lasciar
nel dubbio il lettore.

La storia di Civitavecchia e del suo porto, dà campo al Calisse di
intrattenersi piü volte delle scorrerie dei Saraceni e delle spedizioni marit-
time, tentate dalla eristianità contro la Turchia. A piü riprese egli ricorda
che il possesso del porto di Civitavecchia fu sempre stimato indispensa-
bile pei pontefici, prima per trovarvi scampo, core si é detto, dalle tur-
bolenze di Roma, poi per tenere in freno i pirati, in ultimo per farne
un punto di riunione delle forze della cristianità, dopo la caduta di Co-
stantipoli. L'argomento dell’ opposizione al Turco avrebbe potuto sugge-
rire al Calisse un' interessante pagina per la storia della Chiesa, che qui
si fonde intimamente con quella di Civitavecchia. Qua e là, nei quindici
capitoli del II libro, egli raccoglie notizie sui pirati, e nel X, ad es.,
TIR metam

RECENSIONI BIBLIOGRAFICHE 465

s'occupa di proposito della guerra di Candia; ma, oltre la materiale
esposizione dei fatti, egli non ci mostra il legame che li unisce e il mo-
vente che li determina. Orbene, la politica estera vaticana, dalla caduta
di Costantinopoli in poi, non ebbe altro obbiettivo proseguito con mag-
giore costanza di quello dell’ opposizione al Turco. Le minaccie turche-
sche dal 1453 al primo ventennio del 1700 tennero sempre in orgasmo
il Vaticano. Questo lato della sua politica estera, finora non intuito né
rilevato, costituisce un titolo d'onore per la diplomazia pontificia, in-
tenta, mercè la paura del Turco, a tener desto il sentimento della fede
e mantenere incolume l’ integrità dello Stato Ecclesiastico. Qui non è il

luogo per dilungarci su argomenti altrove esposti (1), ma che però nel-

l’opera del Calisse trovan conferma: la difesa dello Stato pontificio. Le
cure sollecite dei papi nel munire il porto di Civitavecchia, nel renderlo
atto alla fabbrica di galee ed al ricovero di esse, sono argomenti che
lA. presta in appoggio al nostro asserto. Quale migliore occasione po-
tevasi offrire, scrivendo del porto di Civitavecchia (che è quanto dire
dell'unico porto d'importanza politica nello Stato della Chiesa), per met-
tere in rilievo gli sforzi pertinaci e secolari della politiea vaticana nel-
l' opposizione al Turco?

Passando ad argomenti di altra natura, non ci possiamo dispensare
da qualehe modesta osservazione circa le note che illustrano e commen-
tano il testo. Ricco è l'elenco delle opere a stampa citate, e grande è
il numero dei documenti riassunti o riprodotti integralmente. La maggior
parte di questi proviene dall’ Archivio Vaticano, ben noto al Calisse,
come appare da'suoi lavori precedenti; ma dal modo, qualche volta,
con eui segue al documento l'indicazione d'archivio, nasce il dubbio
se la citazione sia di prima o di seconda mano. Un ricercatore diligente
come il nostro A. sa quale importanza è da attribuire ad un'osserva-
zione sì fatta: a noi basta averla accennata, e non vi insistiamo oltre.
Egli bene si è avvisato di far uso di documenti vaticani, ma non
quanto sarebbe stato necessario. Forse per gli obblighi del suo insegna-
mento non ha potuto compiere larghe ricerche nell'archivio segreto
della Santa Sede, che avrebbe fornito materiali preziosi al suo lavoro.
Citiamo qualche esempio. Per l' impresa di Lepanto e i provvedimenti
all'uopo adottati da Pio V, avrebbe raccolta ricca messe di notizie in
aleuni volumi della collezione Varia Politicorum (2) e nel volume 211
della Miscellanea di Clemente XI. In questa stessa Miscellanea, dal vo-

(1) Veggasi il nostro studio Per la Storia della Marina italiana, estratto dai
fascicoli di marzo e aprile 1893 della Rivista marittima.
(2) Trovansi segnati nello studio sopracitato, da pag. 09 in poi dell'estratto,
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466 F. POMETTI

lume 210 al 219, avrebbe trovata una doviziosa raccolta di notizie
sulla parte avuta dalla squadra pontificia nella guerra di Morea: argo-
menti l’una e l’altra di nobili pagine per la marineria dei papi, che
a Civitavecchia ebbe in quelle circostanze il suo natural centro di pre-
parazione.

Ma per la storia economica di Civitavecchia nei primi anni del se-
colo XVIII maggior servigio gli avrebbero reso alcune carte dell’ Archi.
vio di Stato in Roma. I volumi 30, 31, 32 e 33 della collezione Galere
contengono un minuzioso e particolareggiato bilancio della marina pon-
tificia, e mostrano di quanta utilità e quanto proficua riuscisse alla vita
sociale di Civitavecchia lo svolgersi in essa di tutti i bisogni inerenti
all armata: l'assento delle galee, la costruzione delle navi, il riforni-
mento dei viveri, quello delle munizioni.. Altro contributo interessante
gli sarebbe venuto dal volume 15 della raccolta So/datesche e Galee dello
stesso archivio, nel quale sono notati tutti i provvedimenti richiesti per
la Piazza e la soldatesca di Civitaveechia dal 1700 al 1720: provvedi-
menti che, come quelli or ora accennati, si convertono in incremento
delle condizioni economiche, e riconfermano l'importanza politica di
quel porto.

Tuttavia l' opera del Calisse ha solido organismo e pregi indiscuti-
bili, e, quel che più monta, servirà di guida a quanti vorranno pro-
varsi a scrivere dello Stato Ecclesiastico.

Roma, maggio 1899.

FRANCESCO POMETTI.

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NECROLOGIO ©

CARLO MERKEL

Il quindici marzo segnò una data funesta per gli studî
storici in Italia. Carlo Merkel, professore di storia mo-

derna nella R. Università di Pavia, pagó in quel giorno il .
b) [e]

suo tributo, acerbo e doloroso tributo, alla morte. Nato a To-
rino nel 1862, aveva da poco oltrepassato il settimo lustro;
e si spense quando, consumati i suoi giovani anni nello studio
indefesso, continuo, faticoso, era pervenuto a godere meri-
tamente la stima profonda di tutti i dotti; quando noi giovani,
cui era largo di aiuti e di incoraggiamenti, ci eravamo abi-
tuati a considerarlo come maestro; quando in ognuno si era
fatto più vivo il desiderio di avere da Lui altre opere, che
illustrassero la storia italiana nelle sue molteplici manifesta-
zioni; nella vita pubblica e in quella privata.
Dai banchi della scuola alla cattedra ebbe breve il cam-
mino. Discepolo prediletto di sommo maestro, di Carlo Ci-
polla, si laureò a Torino nel 1886; nel 1887-88 vinse un con-
corso per studi all'interno; e l'anno dipoi per l'estero; dal
1891 al 93 fu segretario dell’ Istituto Storico Italiano; nel 1893
fu eletto professore di storia moderna nella R. Università di

(1) Debbo le notizie biografiche alla cortesia del prof. Carlo Salvioni della R. Uni- -

versità di Pavia, che il compianto prof. Merkel chiamava « suo buono e valoroso
amico »,
468 NECROLOGIO
Pavia; e dal primo gennaio di quest’ anno era stato promosso
ordinario: settantatre giorni avanti la sua morte.
scrivendo di Carlo Merkel, tornano alla mente le parole »
che un grande dettò per un altro grande: il suo spirito stampò | :
iE vasta orma su tutti i campi da lui percorsi. A Monaco di
Ee Baviera, dove fece i suoi studi di perfezionamento, nell Isti: :
IE e tuto Storico, nell' Università, ovunque Egli fu, lasció ricordi |
| notevoli, traccie luminose della sua attività instancabile,
della sua larga coltura, del suo ingegno sodo e perspicace.
Troppo lungo sarebbe enumerare tutte le opere di Lui;
accenneremo alle principali, senza tuttavia nasconderci che
alcuna di queste potrà esserci sfuggita, chè molte videro la
ì luce negli Atti, nelle Memorie e nei Rendiconti delle prin-
(a cipali Accademie.
Is Nella sua prima opera, dal titolo Manfredi I e Manfredi II i
Lancia (Torino, 1886), oltre ad intessere « un interessante
episodio della storia delle forme di governo, che ressero la
| società medievale, il feudo, il comune, la signoria », dando
{e | S « una immagine viva della lotta combattuta nel secolo XII
E. tra il feudalismo e le istituzioni comunali, che infine preval-
| i sero », recó un prezioso contributo alla storia della lettera-
| tura provenzale, ripubblicando e traducendo in italiano la
| nota tenzone fra Manfredi I e Peire Vidal, e i serventesi di
ii: | ‘ Ue de Saint-Cire e di Guillem de la Tour contro il secondo
jh Lancia; tenzone e serventesi che, prima oscuri in piü di un
particolare, furono dal Merkel illustrati con dati storici po-
sitivi; che valsero a rischiarare e a correggere opinioni già

Ti emesse dal Bartsch e dallo Schultz. È
T Alla storia letteraria della Provenza si ricongiungono |
i tre altre Memorie: L'opinione dei contemporanei sull' impresa |
Meli: di Carlo I d’ Angiò (Lincei, 1889); Sordello e la sua dimora |
dl presso Carlo I d'Angió (Torino 1890); e La dominazione di )

Carlo I d' A. in Piemonte e in Lombardia (Torino, 1891),
Nella prima, ricercando le opinioni espresse dai cronisti e
.dai poeti di Provenza e di Germania, potè venire alla con-

Brit aen

NECROLOGIO 469

clusione che « la caduta materiale degli Svevi si accompa

gnó colla loro caduta morale nell’ opinione pubblica »; nella

seconda, riesaminando criticamente le biografie che di Sor-
dello avevano lasciato il Diez, il Fauriel e lo Schulz, concor-
dando ‘e correggendo le cose già note, e ponendo in rilievo
ciò che di nuovo gli venne fatto di sorprendere in docu-
menti sincroni, « rifece intera la vita ». del famoso trova-
tore, la quale fu degnamente apprezzata dal De Lollis, l' ul-
timo e più noto illustratore di Sordello; e nella terza diede
« un’ accurata ricostituzione critica » del viaggio che Carlo
d’ Angiò fece dalla Provenza in Italia. Allo stesso periodo
storico si riferisce un’ altra importante Memoria: Un quarto
di secolo di vita comunale (Torino, 1890).

Frutto prezioso della sua dimora a Monaco fu un’opera
dal titolo Adelaide di Savoia Elettrice di Baviera (Torino,
1891 92). Non un’arida enumerazione di dati biografici e di
avvenimenti politici, ma un quadro compiuto della piccola
corte bavarese nel secolo XVII, riscaldata da un alito po-
tente di modernità, in quella diffuso dalla figlia di Vittorio
Amedeo I, malgrado i contrasti, ora sordi ora palesi, da
parte della suocera Maria Anna e del primo ministro conte
Kurtz; storia delle relazioni intellettuali tra Piemofite e
Francia da un lato, e Germania dall'altro; tale è la « suc-
cosa » monografia su Adelaide, « ardente maneggiatrice
delle questioni politiche e chiara protettrice e cultrice delle
lettere e delle arti ». E maggior luce il Merkel irradió sulla
Corte, nella quale Adelaide era cresciuta, colla illustrazione
del carteggio inedito di Carlo Emanuele I e Vittorio Ame-
deo I con due ufficiali di Cuneo.

Nel 1891, nel Bollettino dell’ Istituto storico Italiano, pub-
blicó una Bibliografia di documenti di storia medioevale, per
gli anni 1885.91; e nel 1894, la prolusione su GJ studi in-
torno alle cronache del medioevo considerati nel loro svolgimento
e nel presente loro stato, nella quale, « con mano sicura »,

ieri Rie Li LAE oe ius e
470 NECROLOGIO

tracciò le vicende di quelli, a partire dal Petrarca, fino ai
giorni nostri.

Una trattazione speciale meriterebbe un gruppo di opere
lasciateci dal compianto prof. Merkel; intendo dire quelle
che illustrano la storia del costume in Italia: Tre corredi
milanesi del Quattrocento (Roma, 1894); Il Castello di Quart
nella Valle d' Aosta secondo un inventario inedito del 1575
(Roma, 1895); Come vestivano gli uomini del Decameron (Lin-
cei, 1898). :

Nella seconda Memoria, ricca di una copiosa Bibliografia,
così l Autore esponeva i suoi intendimenti: « Prendendo

occasione dai mobili, dagli oggetti descritti in questo inven-

tario, ho tentato di fare un primo passo per istudiare il
mobilio italiano in diversi tempi e in diverse regioni ». È
noto con quale scrupolo di ricerche Egli si accingesse al-
l’opera, e di quanta ricchezza di particolari arricchisse il
suo lavoro; dalla porta, alla finestra, al serrame, alla tavola,
ai sedili, all'armario, al letto, alla cucina, alla cantina, alle
armi: tutto passò in rassegna, raccogliendo, indagando, con-
frontando, ricostruendo. i

Nella sua ultima opera £racció « la storia del succedersi
del vestire in Italia », prendendo le mosse dal Decameron,
fino al cinquecento; e dalla camicia e la biancheria, al far-
setto e alla giubba, ai « panni di gamba » e alla calzatura,
alla gonnella e alla soprainsegna, alla pelliccia e al pellic-
cione, al mantello, al tabarro, alla zazzera, ai guanti, alle
stoffe e ai colori: tutto descrisse con minuziosa cura.

La sua opera, come egli modestamente scriveva, si li-
mitava a « spigolare »; quella /arga ed esauriente sarebbe
venuta poi, « quando i documenti molteplici della nostra
storia del costume » fossero « raccolti in maggior Copia e
studiati singolarmente con più amorosa cura ». A leggere
queste parole del povero Merkel, un sentimento di tristezza
e di rammarico s'impadronisce di noi: in esse era dato di
intravedere piü che una promessa, che l'opera larga ed
NECROLOGIO 411

esauriente sulla storia del costume in Italia lavremmo un
giorno avuta da Lui, se la morte non avesse cosi immatu-
ramente troncato saldi, forti propositi; e sarebbe stata tale
da fare onore all'Autore, all'Italia.

Quanta dottrina e quanta bontà furono in Lui! Gli studi
e la famiglia erano i suoi unici pensieri. L/ amicizia sentiva
nobilmente. Una giovane sposa e due pargoletti, che gli.
folleggiavano d’ intorno, ne rendevano più lieta, più cara
la vita. Il sapere che la morte di Lui fu di lutto a tutti i
dotti, a tutti i buoni, possa lenirne l' acerbo dolore.

PrgTRO TOMMASINI MATTIUCCI.
Archivio Storico Italiano (Dispensa 1% del 1899). — Memorie e docu-
menti. — Uno scultore dimenticato del Quattrocento (Domenico Ros-
selli), C. pg FABRICZY. — Le Consulte della Repubblica Fiorentina
del secolo XIII, G. SAnvEwriNI. — Sulla questione Savonaroliana. —
Lettera al Direttore dell’ Archivio Storico Italiano, P. VILLARI.

Archivio della R. Società Romana di Storia Patria (vol. XXI, fasci-
coli 3-4). — F. PomettTI, Studi sul pontificato di Clemente XI (1700-
1721). — P. FEDELE, Carte del Monastero dei SS. Cosma e Damiano
in Mica aurea. Parte I, secoli X e XI (cont.) — V. FEDERICI,
Di Mario Cartaro incisore viterbese del secolo XVI. — A. LUMBROSO,

| La Sealata del Quirinale (6 luglio 1809). — M. Rosi, L' ambasceria

di Papa Giovanni I a Costantinopoli, secondo alcuni principali

scrittori.

Archivio Storico Lombardo (Serie III, fase. 21). — Sedici lettere di M.
G. Vida Vescovo d’Alba, pubblicate ed illustrate con un « excursus »
sulla famiglia, le prebende, i testamenti del Vida ed un'appendice

di documenti (cont. e fine, F. Novarr. — Gabriele da Concoreggio
ed il Comune di Brescia, A. ZANELLI. — Degli studî archeologici
in Milano, S. Ricci. — Matteo Visconti scolaro nello studio di Bo-
logna, E. OrioLIi. — I corali donati dal Vescovo Carlo Pallavicino

alla cattedrale di Lodi nel secolo XV, L. BELTRAMI. — Curiose iscri-
zioni commemorative di vecchia data, D. SANT’ AMBROGIO. i
Archivio Storico per le provincie napoletane (Anno XXIV, fasc. 1°). —
CERASOLI F., Gregorio XI- e Giovanna I Regina di Napoli. Docu-
] menti inediti dell’ Archivio Vaticano (eont.) — ScHpa M., Il Regno
di Napoli descritto nel 1773 da P. M. Doria (cont.). — Romano G.,
Niccolò Spinelli da Giovinazzo, diplomatico del secolo XIV (cont.).
— Croci G., I feudatarî Napoletani alla fine del secolo secolo XVI.
Nuovo Archivio Veneto (anno VIII, n. 32 e anno IX, n. 33). — Indice
del n. 33: Per la congiura contro Venezia nel 1618, EUGENIA Levi,

pri
474 PERIODICI IN CAMBIO 0 IN DONO -- OMAGGIO DI PUBBLICAZIONI

"— Dei movimenti insurrezionali del Veneto sotto il dominio napo-
leonico, e specialmente del brigantaggio politico del 1809, C. Burro.
— Una tariffa con disegni di monete stampata a Venezia nel 1517,
N. PaPADOPOLI. — Sebastiano Veniero e la battaglia di Lepanto,
A. Vian. — Hieronimo Atestino, Cronica della antiqua cittade
de Ateste, pubblicata da F. Franceschetti, A. MEDIN. — Can.
prof. Carlo Agnoletti archivista vescovile, Treviso e le sue pievi,
Illustrazione storica nel XV centenario dalla istituzione del Vesco-
vado trivigiano (CCCXCVI-MCCCXCVI), Prof. A. MARCHESAN. —’
Bullettino di Bibliografia Veneta (1897), R. P. — Pubblicazioni sulla
storia medioevale italiana (1896), C. CIPOLLA.

Mélanges d' Archiologie et d' histoire. (XIX Année, Fascicule I-II, Janvier).
— Le plus ancien compte concernant le Latran (1985), par M. Pir.
LAUER. — Une vie d’humaniste au XV siècle par M. Le DELA-
RUELLE.— Chronique archéologique africaine par M. S. GSELL. —
Les manuserits de la Reine Christine aux Archives du Vatican

(suite) par M. G. de ManTEYER. — Deux portraits de l'époque hel-
lénistique par M. A. CnauxEIX. — Le domaine impérial à Rome.

— Ses origines et son développement du 1. au IV* Siéele, par M.
L. Homo. — Une tentative de réforme du Calendrier sons Clé-
ment VI. Jean des Murs et la Chronique de Jean de Venette par M.
E. DEPREZ.

JH. Accademia delle Scienze di Torino. — Memorie (Serie II, Tomo 48).
— Classe di Scienze morali, storiche e filologiche. — A. SEGRE, La
marina militare sabauda ai tempi di Emanuele Filiberto e l'opera

' politico-navale di Andrea Provana di Leyni. — G. CLarETTA, Sulle
principali vicende della Cisterna d'Asti dal sec. XV al XVIII. —
F. G. Fuur, Il participio attivo del perfetto nelle lingue ariane.

Atti (vol. XXXIV, Disp. 5*-10*).

I. Istituto Lombardo di Scienze e Lettere. — Memorie. — Classe di let-
tere, scienze storiche e morali (vol. XX, XI, della Serie III, Fasci-
colo 8). — G. Mani, I trattati medievali di ritmica latina.

Rendiconti (Serie II, vol. XXXII, Fascicoli 4° a 12°,

It. Accademia dei Rozzi. — Bullettino Senese di Storia Patria (Anno VI,

Fase. 1°). — Memorie originali: L'arte senese nel quattrocento,
P. Rossi. — Le bolle pontificie che si conservano negli Archivi se-
nesi, P. Krug. — Terme romane presso Siena. — Relazione di re-

centi scavi, con 4 tavole (cont.), P. PICCOLOMINI.
Atti e memorie della IR. Deputazione di Storia Patria per te Provincie
di Romagna. — Leone Cobelli e la sua cronaca, G. MAZZATINTI, —
Degli antichi comuni rurali e in ispecie di quelli dell’ Appennino
PERIODICI IN CAMBIO O IN DONO -- OMAGGIO DI PUBBLICAZIONI 415

bolognese, A. PaLmIgrI. — Sul valore della lira bolognese (cont.),
G. B. SALVIONI. — Storia medioevale del castello di San Giovanni
in Persiceto (cont.), L. MAccArERRI. — Commemorazione di A. Mon-
tanari, N. MALVEZZI.

Rivista Storica Calabrese (Anno VII, Serie II, Parte II, Fascicoli 1°- 5°).

( Rassegna Abruzzese di Storia ed Arte diretta da G. PANSA e P. Picci-
RILLI (Anno III, n. 7).
| Atti e memorie della Società Siciliana per la Storia Patria (Anno 1898,

Fascicoli 39-49).

Bullettino della Società Dantesca Italiana, diretto da M. BARBI (Vol. V,
Fascicoli 11°-12°; Vol. VI, Fascicoli 1°-6°).

Erudizione e belle Arti, miscellanea diretta dal prof. FRANCESCO RAVAGLI
(Anno IV, Fascicoli 8°-10°).

Rivista di Artiglieria e Genio (Annata XVI, Volumi 1° e 2°).

Giornale Dantesco, diretto da G. L. PasseRINI (Anno VII, Serie III,
quaderni 1°-4?).

Giornale Araldico - Genealogico - Diplomatico, diretto da GorrREDO DI
CROLLALANZA (Anno XXVI, Nuova serie, Tomo VII, Fase. 2°, To-
mo VIII, Fascicoli 1? -4?).

Napoli nobilissima, rivista di topografia e d'arte napolitana (Vol. VIII,
Fascicoli 2°- 5").

Analecta Bollandiana (Tom. XVIII, Fasc. 1°).

R. Accademia dei Lincei, Classe di scienze morali, storiche e filologiche
(Serie V, Vol. VII, Fasc. 12° e Indice del Volume, Vol. VIII, Fa-
scicoli 1°-2°).

Società Storica Comense. — Raccolta Voltiana edita per cura di detta
Società e del Comitato per le onoranze a Volta. —. R. FERRINI,
Z. VorTA, C. RoveLLI, I cimelii di Volta. — F. Fossati, Effeme-
ridi Voltiane.

Bollettino della Società Africana d' Italia (Anno XVIII, Fascicoli 1°- 4°).

Dullettino Storico Pistojese (Anno I, Fascicoli 1°-2°).

La Civiltà Cattolica (quaderni 1162-1171).

Accademia di scienze, lettere e arti degli Zelanti e PP. dello Studio di
Acireale — Atti e Rendiconti (Nuova serie, Vol. IX — 1897-98 —
Memorie della Classe di lettere).

Il nuovo Risorgimento, periodico di Filosofia, Scienza aell'Edueazione e
Studi Sociali (Vol. VIII, Fasc. 12 e Vol. IX, Fasc. 1°-9°).

E Miscellanea Storica Senese (Anno V, n. 11-12).

Miscellanea storica della Valdelsa, periodico della Società Storica della
Valdelsa (Anno VII, Fascicoli 1° e 2°)

Bulletin mensuel du. Comité international pour la célébration du cen-
LORA
NIE] [^E

476

PERIODICI IN CAMBIO O IN DONO -- OMAGGIO DI PUBBLICAZIONI

fenaire de Marengo (Alexandrie, Juin — Septembre 1900) publié
par le Baron A. Luunnoso (n. 1).

Bullettino Storico bibliografico subalpino diretto da F. GaporTO (Anno III,
n. 6, e auno IV, n. 1-2).

MORINI A., Le opere di Fra Simone da Cascia attribuite al Cavalca. —
Studio letterario (Parte prima). — Perugia, Unione tipografica coo-
perativa, 1899.

Bowcar S., Inventario del R. Archivio di Stato in Lucca, volumi 4. —
Lucca, Tipografia Giusti, 1872-1888 (Dono del Ministero dell’ In-
terno.

CAMPELLO DELLA SPINA P., Storia documentata aneddotica di una fami-
glia umbra, Parte II, vol. 1. — Spoleto nel settecento e sotto il do-
minio francese. — Città di Castello, S. Lapi tipografo-editore, 1899.

CorrIDORE F., Storia documentata della popolazione del Regno di Sar-
degna, Torino Clausen, 1899.

Per il soggiorno del Murat in Corsica (in occasione delle ricerche

delle sue ossa). — Torino, Clausen, 1899.
FnEGNI G., La Regina di tutte le iscrizioni etrusche nella torre detta
di S. Manno presso Perugia. — Studî storici e tilologici, Modena,

Tipografia di Angelo Namias e C., 1899.
NicoLETTI L., Di Pergola e dei suoi dintorni, Pergola, Stabilimento ti-
pografico Gasperini, 1899, puntate 1 a 3.
4TT ©»

LA LEGAZIONE
: DEL
CARD TIPEOLITLTO DE MEDICI
NELL' UMBRIA
SOPRA DOCUMENTI VATICANI NUOVAMENTE RINVENUTI

PER

LUIGI FUMI

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1 .

Dalla Collezione del Cav. MANCINELLI — Roma.
eS OMM A-IvIO

$ 1. — Scopo della Legazione del Card. de’ Medici — Malatesta Ba-
glioni e la Repubblica di Firenze — Condizioni di Perugia — I vice-
legati.

$ 2. — Il vicelegato Cinzio Filonardi — Sue notizie biografiche.

$ 3. — Arrivo del vicelegato in Perugia — Disarmo e sfratto di ban-
diti — Stato de’ Baglioni occupato — Presa di Bettona e di Torgiano —
Risveglio di Malatestiani — Sforzino preso e fatto morire — Ritorno di
faziosi.
$ 4. — Un marchesato o ducato umbro per i Medici — Come tener
soggetti i Perugini alla Santa Sede — Carestia.— Fuocatico — Tassa mi-
litare — Predicatore della quaresima: Lutero: tassa ecclesiastici.

$ 5. — Statuti non rispettati: pallotta del Magistrato alterata: Sfogo
de’ Perugini — Cambiamento di politica rispetto a Braccio, richiamato
in Perugia.

$ 6. — Caso di Braccio che uccide la moglie e il drudo — Immu-

nità accordatagli — Suo caso lodato.
$ €. — Condizioni della Legazione in Assisi, Spello, Gualdo, Terni,
Todi, Foligno e Spoleto. — Vicelegato chiede di essere richiamato.
$ 8. — Clemente VII e Galeazzo Baglioni — Stato dei Malatestiani
soggettato alla Legazione — Bettona chiede di essere incorporata.

Lao i Mos RE eo
480. L. FUMI

.$9. — Il Papa ammala — Bollettini — Scorrerie di Turchi e ri-
chiamo di Braccio a Roma — Morte del Papa.

$ 10: Forusciti nel Senese — Consigli al Legato — I due pre-
tendenti, Mattia Varano per Camerino, e Ridolfo Baglioni per Perugia
— Matrimonio Della Rovere e Varano.

$ 11. — Maneggi per il conclave — Mediazione d' Urbino — Il Vi-
celegato a Paolo III — Mediazione respinta.

S 12. — Ridolfo Baglioni si avanza verso Perugia — Ultimo appello
a Braccio e a Pier Luigi Farnese — Invasione di Perugia e massacro
del Vicelegato e della Legazione.
"Y^

LEGAZIONE DEL CARD. IPPOLITO DE' MEDICI NELL' UMBRIA 481

8 I. — Scopo della Legazione del Card. de' Medici — Mala-
testa Baglioni e la Repubblica di Firenze — Condizioni di
Perugia — I Vicelegati.

Clemente VII ritornato, dopo il suo ritiro di Orvieto, a
Roma, riprendeva in mano più tranquillamente il filo della
pratica per assicurare ai Medici uno stato. I Fiorentini, stretti
dalle armi imperiali e dalle insidie dei forusciti, avevano
scelto Malatesta Baglioni a loro generale. Il Papa gli metteva
di fronte lo stesso suo- diletto nepote, il famoso Ippolito dei
Medici: nel gennaio 1529, lo aveva nominato cardinale, poi
arcivescovo di Avignone e legato dell’ Umbria. Lo scopo
della Legazione era di dar soggezione a Malatesta: non si
doveva lasciarlo partire da Perugia, ma nemmeno lasciarvelo
stare da padrone. Federigo Bontempi, perugino, il fido del

Li
182 L. FUMI

Cardinale, portò le bolle della nuova Legazione. Egli presen-
tandosi il 20 maggio 1529, aveva tutta l'aria di un inviato
con missione segreta. Sotto le pieghe dell’abito talare parve
nascondere una qualche insidia. Il Baglioni gli mandò, una
notte, gente in casa per freddarlo. Egli odorò l’aria infida;
scansò a tempo il colpo, e non si fece arrivare. Dunque, se
il Legato faceva comprendere, che Malatesta imbarazzava,
Malatesta, a sua volta, rispondeva, potere fare a meno del
Legato per governare Perugia. Di cotesta Legazione medicea
non sappiamo quasi nulla. Ippolito, figliuolo naturale di Giu-
liano de’ Medici, duca di Nemours, era allora un giovane di-
ciottenne, ma già maturo per la politica. Guerriero, anzichè
chierico, era più tagliato a fare il duca di Firenze, come
l'ambizione lo portava, che a sedere in Concistoro. Ivi raro
appariva: aveva a noia vestire la porpora: indossava più
volontieri la corazza. La Legazione di Perugia serviva ai fini
della sua politica sopra Firenze e nulla più, perchè a danaro
poco dava. Egli mirò a tenere in scacco l’astuto Baglioni.
Il momento era grave e il giuoco assai pericoloso. Malatesta,
condottiero in capo de’ Fiorentini, teneva questi a bada, non

“muovendo un passo da Perugia, dove aveva uno stato da

conservare contro gli emuli suoi gentili, i quali avrebbero
avuto il favore del Papa per sollevarsi sopra la sua rovina.
A lui profittava la presenza di un esercito straniero nel pe-
rugino: sapeva schermirsi dalla politica del Legato, impri-
gionando colui che ne faceva le veci, che era il vescovo
verulano, Ennio Filonardi: arrestava pure il Tesoriere apo-
stolico e cercava di avere nelle mani il cardinale di Trani,
che soggiornava al Piegaro. Il Legato aveva fatto ritenere il
suo ambasciatore di ritorno dal re di Francia; e ora gli spin-
geva innanzi il principe d'Orange, che, passando per Terni,
per Foligno e Spello, si inoltrò fino a Ponte San Giovanni.
Giunte le cose a questo punto, il Baglioni viene a patti. Chi ci
sa dire ciò che passasse fra lui e il Medici in quel momento ?
Malatesta ottiene tutto: ottiene che non l' abbiano vinta Brac-
cio e Sforza Baglioni, esuli da Perugia e deliberati a rien-
trare ad ogni costo: ottiene che non gli venga diminuito

)

LA LEGAZIONE DEL CARD. IPPOLITO DE’ MEDICI NELL’ UMBRIA 483

d'un palmo il suo stato, e che giammai gli sia contesa la via

e la dimora di Perugia. Aggiustate in tal modo le cose sue,

egli annunziava ai Fiorentini, di esser pronto ad assumere
la difesa della loro città. E il cardinale de' Medici lo lasciava
andare liberamente. Quando, di ritorno, lo lasciava rientrare
liberamente in Perugia, facevagli dare dal Papa, per avergli

data e salvata la sua Firenze (come ha il Bontempi) di grossi

premi.
E lecito sospettare che Malatesta, fin dal giorno che si

‘compose col principe d'Orange, entrasse in qualche intelli-

genza, per cui la guerra non mai sarebbesi spinta fino agli
estremi? Come spiegare altrimenti gli indugi tanto prolun-
gati, dapprima, a partire, se non per l' opposizione del Car-
dinale? Come spiegare poi la risoluzione d'andare, se non
per acquiescenza del Cardinale stesso?

I mali acquisti, che non profittarono mai a lungo ad
alcuno, non lasciarono mai tranquillo Malatesta per lav-
venire: de' suoi. Nei molli ozi della giovane vita, che i
mali venerei recidevano a mezzo, egli presentiva ció che
sarebbe accaduto alla sua morte. E morto lui, tutto sfu-
mava. Né gli valse raecomandare, nel suo testamento,
il dodicenne figliuolo alla protezione del Papa. I pingui
doni pontifici fruttavano infamia agli eredi e seminavano
di spine la Legazione del cardinale de' Medici. Ridolfo
Baglioni, orfano di Malatesta, e Giovanpaolo, orfano di Orazio,
due fanciulli ignari, cugini fra loro, eredi dello stato, furono
chiamati a Roma. Sognarono di trovarsi nelle braccia del
Papa, tutore paterno. A mezza via, giunti a Ronciglione,
trovarono chi li respingeva indietro, e dichiaravali esuli e
privi de’ beni, e le loro madri, la Monaldesca e donna Fran-

‘cesca, mandava a confine. I Baglioni, ricchi, potenti e audaci,

divisi in più rami, ambiziosi di una signoria in patria, avevano
la patria condotta allo stremo, e per risollevarla, per stirpare
484 . L. FUMI

la tirannide e sostituirla coll’ immediata soggezione alla Chiesa,

bisognava i Baglioni togliere di mezzo. Ma il Legato non po-
teva illudersi troppo. Si fa presto a cacciare in bando due ra-
gazzi, e a mettere in questo o quell'angolo della Legazione
due vedove. Come poi tenere a freno quel pugno di banditi
che Malatesta si era assoldati e a’ quali non si doveva tor-
cere neppure un capello, perchè così aveva voluto gli pro-
mettesse Clemente VII? Come disarmare quei bastardi del
sangue de’ Baglioni non meno agguerriti e non meno audaci
della prole legittima? Come domare quel Bin Ciuco, quel
Francesco e quell’ Angelo bastardo, tutti figli di Rinaldo Si-
gnorelli, nati, come sembravano, per menar le mani? Come
contenere i della Corgna, avidi di vendetta e di sangue? Il
Legato avrà da farla con le bande reduci dalla difesa di Fi-
renze, avanzi di galera e contumaci della corte del bargello.
Nè gli daranno meno fastidio i Bracceschi, i quali, uniti coi
della Staffa e co’ Montemelini, formavano quella fazione
Moscesca, nemica della Malatestiana, e che, congiunta alla
parte dell’ ucciso Gentile Baglioni, era rientrata, morto Ma-
latesta, in Perugia. Era rientrata, e con essa anche la gente,
della peggiore risma, che le faceva puntello. Tutti costoro
erano veduti di malocchio dai Baldeschi, schieratisi neutrali
per nutrire meglio ambizioni a conto proprio: speravano in-
nalzare la propria grandezza sulle rovine dell' una e dell’ al-
tra fazione. Né giovavano ad alimentare sogni di pace tutti
coloro che avevano saputo strappare al Legato, a forza di
intrighi, i salvacondotti: con tanto di patente a fianco, mol-
tissimi si facevano lecito di commettere bricconate di ogni
colore sotto gli occhi degli onesti a dispetto della giustizia.

Il Legato non si curava di stare in Perugia, dove ormai
senza pericolo non poteva vivere governatore od uffiziale
che fosse. Egli amava i passatempi geniali; amava la caccia.
e la vita militare; si circondava di letterati e d’ artisti, e go-
deva delle adulazioni di una corte popolata di trecento e più
familiari. Guardava con invidia il seggio da Alessandro

Misce nommer qam ast camen de’ Medici occupato in Firenze che a sé, d’età maggiore,
, 88 ;

diceva spettare di diritto. Le cure della Legazione le aveva
affidate al Vicelegato, e solo qualche volta commisele al
cardinale del Monte che era signore di Gualdo, nell' Umbria.

Prima vi aveva nominato il vescovo di Veroli (1529), quell En--
E

nio Filonardi di Bauco già governatore d' Imola e di Fermo, e
che poi andó nunzio al duca di Milano, nunzio in Svizzera, e
finalmente fu cardinale, e legato di Parma e Piacenza. Dopo
il Filonardi, mandó mons. Bartolomeo Ferratino (1532), « che
sebbene fosse fieramente moscesco e rimettesse in Perugia i

malfattori e i banditi di sua fazione, pure era imparziale

contro chiunque fosse preso con l' armi » (Bonazzi). Il cronista
Bontempi, suo contemporaneo, diceva che egli « aveva tenuto
grandissima ragione: da moltissimi anni in qua, mai questa
città è stata meglio che a tempo suo ». Trasferito a Bologna,
il 22 febbraio 1533, il cardinale de’ Medici mise in suo luogo
un nepote del Filonardi. Era questi mons. Cinzio, il suo stesso
segretario.

Nei due mesi che corsero d'intervallo fra il Ferratino
e Cinzio, i faziosi ebbero le mani libere per disordinare:
avvennero prepotenze e delitti: un’ anarchia generale regnava
in Perugia. I Priori, a mani giunte, domandavano al Papa
che li liberasse dalle fazioni, l'una peggiore dell’ altra, e re-
staurasse il regno della giustizia. A far questo miracolo, pa-
reva indicato Cinzio Filonardi. Ma, pur troppo, egli non vi
riuscirà. Un’ orribile scena di sangue chiuderà il suo governo

disgraziato; ucciso lui, uccisi tutti i suoi ufficiali, arso il pa-

lazzo, arsi gli archivi con tutti i documenti della Legazione.
Ora abbiamo avuta la non sperata fortuna di rinvenire il
copialettere del Vicelegato e molti importanti documenti di
lui. La scoperta riempie una lacuna nella storia di due anni.

Già ci si fa presentire la guerra di Perugia contro il Papa;

quella guerra del sale che finì di spegnere le ultime faville

della libertà. Il carteggio è contenuto in varî registri Vati--

cani della serie « Vescovi » e occupa i numeri 3°, 4°, 5°, 6°

LA LEGAZIONE DEL CARD. IPPOLITO DE’ MEDICI NELL’ UMBRIA 485.

eere Ae ar N S idi

de

ibis Re as S o9 HT

-486

L. FUMI

e 7°: in cinque volumi fu posteriormente rilegato. Non
sappiamo chi lo salvasse dalla distruzione; ma sappiamo sola-
mente, per una annotazione, che andò nelle mani di Luca
Ostenio e da questi passò nell’ archivio Vaticano. Oltre al
‘copialettere del Filonardi, si hanno lettere del cardinale Legato,
del duca Francesco Maria d’ Urbino, della duchessa di Came-
rino, del cardinale Cesarini, del duca d’ Amalfi; del protonotario
Carnesecca de’ Medici e di altri ufficiali della corte pontificia,
ma sopratutto degli ufficiali e famigliari del card. de’ Medici,
Domenico Canigiani fiorentino, agente generale della Lega-
zione, Ascanio Veterano, auditore, Andrea da Mercatello
d’ Urbino, altro auditore, e Ser Gaspare Marchese e Marco
Silveri. Questi ultimi due erano al Filonardi parenti. Le
‘carte, messe insieme alla rinfusa, non hanno alcun ordine.
Anzi, riunite a casaccio, vi si trovano scritture varie di
altra provenienza, di altri tempi e d' altri soggetti.

$ II. — 7! Vicelegato Cinzio Filonardi — Sue notizie biografiche.

Il Filonardi, nato a Bauco, in quel di Veroli, apparte-
neva ad una famiglia per antiche tradizioni legata al ponti-

ficato ed esercitata negli uffici civili ed ecclesiastici. Cinzio

prese il chiericato, ma non per fare il prete: quindi non
chiese mai gli ordini sacri, e nemmeno troppo se ne curò,
dopo che fu eletto Vescovo di Terracina. Suo zio, Ennio Fi-
lonardi, gli faceva strada nella carriera amministrativa. I Me-
dici di Firenze erano i protettori di casa. Come Ennio fece
rapidi progressi negli uffici per la grande autorità che nel
governo esercitavano i Medici, cosi Cinzio, il nepote, li in-
traprese coi loro buoni auspici. Giovanissimo, fu protonotario
Apostolico e segretario del cardinale Silvio Passerini, detto il
cardinale di Cortona, grande alleato e fautore mediceo, istru-
mento principale della loro politica. Il Passerini stava in
Firenze a reggere la città per Clemente VII: era Legato
dell'Umbria, innanzi che a quella Legazione fosse messo

m—es
LA LEGAZIONE DEL CARD. IPPOLITO DE’ MEDICI NELL’ UMBRIA 487

Ippolito. Monsignor Filonardi, come segretario, conosceva
bene anche tutti gli affari dell’ Umbria. Cancelliere di Lega-
zione era suo fratello, Marco Tullio. Il Cardinale si serviva
di lui nell Umbria e lo mandava a Perugia, a Terni, a Todi,
ad Amelia, a Rieti e a Narni. Lo provvide di benefizi eccle-
siastici in quella provincia, gli conferi varie cappellanie in
Assisi, e l'abbazia di S. Crispolto di Bettona, sebbene messa
in persona del cardinale Cesi, nonchè alcuni benefizi alla
Fratta e a Perugia. Nel conclave del 1523 il segretario del
Passerini vi prese parte molto attiva. Alcune notizie si hanno
in lettere indirizzate da Bartolomeo di Bibiena a Filippo Fi-
lonardi, che dimostrano la sollecitudine della famiglia per
tutto ciò che potesse conferire al papato di un amico del
partito de’ Medici. |

Eccone due brani che danno anche un cenno delle cose
esterne:

« M. Cyntio è in conclave; et spero ch'e' non ne usci-
« ranno senza fare un Papa al proposito nostro, cioè degli
« amici de’ Medici. Le cose di Lombardia stanno sospese,
« et però non si risolve nè anco la creatione del Papa, la
« qual potrebbe andar in lungo qualche.di; ma pur che la
« vada bene, non importa, perché la città sta sana et pa-
« Cifica. — Da Roma alli XXI d'octobre MDXXIIJ » (Ve-
scovi, IIT, c. 169).

« M. Cynthio sta gagliardo; et ogni di o se li parla, o
« se hanno polize da lui. Della creazione del Papa non e’ è
ordine, anchora, per qualche di; ma speriamo bene; chè,
se non sarà Monsignor Rev.mo de'Medici o Cortona, sarà
« un amico nostro, in ogni modo; et di questo stanne di buona
« voglia, et sia certo che de li inimici non sarà mai, e di
« Franzesi non bisogna haver paura; ché, se si mantengono
« in Lombardia, non fanno poco. Hoggi ci son lettere di
Spagna de'ij del passato, che l' imperatore era a' confini,

^

A

A

em Ie i re em iil d i Aa. 08 t
488 ; L. FUMI

che entrava in Francia con dui milia homini d' arme, tre-
« mila cavalli leggieri et trentamila fanti et cinquanta pezzi.
« di artiglieria; et l'Inglesi, da l'altra banda, sono a Rovi-
« gnano. A Milano se è scoperto el trattato che havevano
« de havere una porta, et quelli la volevano dare sono stati
« puniti. Vederemo che sapranno fare hora. Qui si sono
« banditi per infecte, hoggi, Spoleto, Rieti, Perugia et alchune
« terre di là... — Da Roma alli XI de novembre MDXXiiij »
(Ivi, c. 110).

^

Egli si maneggiò assai in quella circostanza; mantenne
la corrispondenza clandestina col di fuori; scoperse due o
tre luoghi del Quirinale, « donde se possino mandare et ri-
« cevere lettere a ognora ». Quando, nel 1534, si venne al-
l'altro conclave di Paolo III, egli li ricordava, e accennava
pure a due Cardinali che sapevano tutto: « Li Rev.mi Mon-^
« signori di Capua et di Verona sanno quel che io feci nel
« conclave di Clemente sanctae memoriae ». Avrebbe, allora,
voluto trovarsi a Roma per insegnare il modo « di comu
« nicare in conclave ».

Il primo frutto che raccolse Cinzio, uscito dall’ elezione
di Clemente VII, fu la nomina a familiare e continuo com-
mensale del nuovo Papa con gli uffici della tesoreria di Cam-
pagna e di Marittima e della procura fiscale. Ebbe anche il
governo di Jesi, che fece tenere da un Vicegerente, per
tornare a servire il cardinale di Cortona in Firenze, rice-
vendone sempre nuovi favori. Sicchè, nell’ ottobre 1524, scri-
veva ai fratelli: « Spero anchora di guadagnare più d'al-
« trettanto, se la sorte non mi è contraria et li disegni mi
« riescono ». Lavorava attivamente per l’ intento dei Medici.
L'applicare continuo, vegliar la notte, non avere ore deter-
minate per il pasto, gli alteró il sistema nervoso. Non sop-
portava il freddo. Là gotta lo tormentava. Mentre il suo
cardinale era con la febbre e malato « di inflatione di uno:
testiculo », egli pure era sofferente « per li fredi che sono.

: i

LA LEGAZIONE DEL CARD. IPPOLITO DE’ MEDICI NELL’ UMBRIA 489

« contrarii alla sua dispositione ». Una volta, aveva trovato,
andando a Todi, « tre buoni ‘medici, tra i quali uno fisico e
« cerusico, che ha buona esperienza di questi mali nostri ».
Fece la cura « del legno » del dott. Francesco da Norcia,
e ci provò gran giovamento, sicchè ne divenne fanatico: la

consigliava a tutti. Il suo desiderio di guadagnare incontrò

alcuni sfavorevoli contrattempi. Nelle novità di-Assisi (1522),
ebbe da lamentare la perdita delle cappellanie e della ab-
bazia di Bettona. Sostenne litigi per recuperarle contro i
favoriti di Orazio Baglioni, i quali, tuttochè vinti, appella-
rono al Papa; ma ritornata Assisi sotto la Legazione, egli
riebbe il suo. A danni molto maggiori andò incontro per i

casi del 1527 e 1528. Dopo il sacco di Roma, egli perdette.

tutte le rendite dell’abbazia, del canonicato e delle. cappel-
lanie dell’ Umbria, senza alcuna speranza di recuperarle.
In proposito gli scriveva il fratello Marco, ripetendogli di
esse col salmista, sconsolato: « nulla est redemptio! » Chi
annunziava la morte dell’ arcivescovo di Gaeta e del cardinal
Jacobucci, gli scriveva: « Par che li tempi dimostrino che
« se habbi a portar invidia a li morti ». Gli stessi soldati
pontificii di Ascanio Colonna e specialmente quelli della
compagnia di Alessandro Vitelli, manomisero i suoi beni a
Bauco e a Veroli. Al cognato, messer Giulio Silveri di Fro-
sinone, spogliarono tutta la casa, vendendosi le j derrate. Lo

ridussero « in estrema povertà ». Giovan Matteo Giberti si
interpose per fargli riparare i danni. Una lettera del cardi

nale Cesarini, del 6 aprile 1528, da Orvieto, ci fa sapere
che Cinzio, così percosso dalle disgrazie, voleva ritornare à
Jesi; ma il suo Vicegerente vi si era condotto tanto male,
che il Cesarini fu costretto a levarlo. Tentava d’ avere, ma-

gari, un ufficio di giudice e notaro nella Marca; il Cesarini

si sentiva commosso ai casi di lui, « attento che ben gli
« doveva bastare il male passato, senza accumularsene di
« più. Imperò et nelle cose adverse et nelle prospere sapen-
« dosi ella reggere con prudentia, et tollerare [li colpi di
490 | L. FUMI

« fortuna con la fortezza de l' animo che si ricerca, nom
« accade che noi le diamo consolatione con nostre lettere.
« Habbiamo fatto per lei con nostro Signore quello offitio.
« che habbiamo possuto, et Sua Santità si è mostrata incli-
« nata a volerle fare qualche bene; imperó dalli effetti si
« ha da vedere; quali noi non mancheremo di solicitare ».

^

Alcune pensioni su varie abbazie di Spagna, e non so quale

uffieio in Vaticano, dove lo troviamo per qualche tempo
stabilito, non bastarono a restaurare la sua fortuna, né a
soddisfarlo della munificenza di Clemente VII; poiché ebbe
a lamentarsene cosi: « Io resto il più meravigliato et mal-
« contento uomo del mondo, chè di poi che Sua Santità
« è in quella S. Sede, mai habbia potuto ottenere una mi-
« nima gratia da Sua Beatitudine.... Mi par pure che la
« fedel servitù mia di tant' anni meriti qualche pocho di
« recognitione ».

Avrebbe voluto rinunziare agli ufficî nella provincia di

Campagna a beneficio dei suoi parenti. Ad ogni modo, egli

ci si presenta come assai amante dei nepoti e pieno di de-
siderio di ben provvederli. Ne prediligeva uno per nome
Paolo Emilio. Procurò di dargli moglie, e messe in moto gli
amici per trovargliene una ricca in Roma. Ma gli risponde-
vano che da Roma « non poteva avere nè robba, nè honore,
« né molta virtù, né tampoco creanza o governo ». Curioso
é il giudizio che dà della nobiltà romana un suo corrispon-
dente amicissimo; come, cioè, quella nobiltà « consiste sola-
« mente in superbia, la quale arguisce piü presto ignobiltà » :
da essa « nasce non so che d'arrogantia; che, quando ap-
« parentano con forestieri, se ben pari, vogliono sempre
« menarsene beffe, et volerli tenere, per la natura loro, sotto,
« et far a loro modo, et per pezza da piedi: e non è altro
« che dire della nobiltà de' carlini loro ». Concludeva « non
« esser fra loro che superbia, dappocaggine, sporchezza, e
« mala e puttanesca vita, generalmente accompagnata con
« estrema povertà ». i
LA LEGAZIONE DEL

Non ebbe a vile
costituzione guasta:

CARD. IPPOLITO DE’ MEDICI NELL’ UMBRIA 491 -

parenti caduti in malora e di fisica.
soccorse assai umanamente un Gio-

vanni Filonardi, storpio e rognoso, ricoverato nell’ ospedale:
dell’isola di S. Bartolomeo in Roma, che invocava con lacri-
mevoli espressioni il suo aiuto e si professava grato dei be--

nefizi ricevuti.

Quando fu eletto vescovo di Terracina, se ne compiacque ;
ma non si diè gran premura di riceverne la consacrazione:
doveva rifarsi dagli ordini sacri che gli mancavano tutti.
Quando parve disposto a riceverli, era trascorso tanto tempo
dalla promozione, che incappò nelle censure ecclesiastiche.
Aveva già fatto venire il vescovo di Terni, per la cerimo--
nia, quando sentì di essere caduto nelle irregolarità. Tanto
poco egli s' intendeva di liturgia! Dovette sollecitare l’ asso-
luzione: ottenne una proroga dal Papa. La nomina vescovile
egli gradi unicamente per goderne i benefici della mensa.
Chi andò per lui a prenderne il possesso, gliene riferì unica-
mente come di una celia; parlò di quell’ episcopio, abban-.
donato e cadente, come di un malanno addosso, e rise delle
cerimonie fattegli dai canonici, restituendo loro, nei discor-
setti d'uso, beffe per beffe. Tuttavia, il novello eletto non
mancò d’ esprimere la buona intenzione di riparare il palazzo,
di mantenere le rendite della mensa e di restaurare il culto

divino nella diocesi.

Queste notizie generali sulla persona di Cinzio Filonardi
non sarà inutile ricordare quando dovremo riferire il giudizio
che daranno sul suo conto gli uomini di corte e il Papa

medesimo.

Egli, del resto, che ci teneva a far fortuna, dovette

credere cominciasse ad arridergli davvero dal giorno che il

cardinale Ippolito scelse lui a suo segretario fra la schiera

‘di tutti i letterati che lo circondavano. Vivere al fianco di

un cardinale che era del sangue di Clemente VII, uomo ge-
niale, poeta e traduttor di Virgilio, protettore di artisti,

amante di avventure cavalleresche; d'un cardinale che ac-

3:
492 L. FUMI

‘coglieva intorno a sé una società elettissima, dove si udiva
parlare il linguaggio di venti popoli diversi, era già di per
sè una fortuna e non piccola.

:$ II. E Arrivo del Vicelegato in Perugia — Disarmo e sfratto

di banditi — Stato de’ Baglioni occupato — Presa di
Bettona e di Torgiano — Risveglio di Malatestiani —
Sforzino preso e fatto morire — Ritorno di faziosi.

Il Cardinale era preoccupato della condizione di Perugia.
Passata dai Malatestiani ai Bracceschi, con le sedizioni interne,
‘con le minaccie esterne, sempre volta verso una delle parti
de’ Baglioni, altro schermo non aveva, al bisogno, che la scam-
passe dalla soggezione alla Chiesa, che i Baglioni. Il disegno del
Cardinale era di farla finita e con i Malatestiani e con i Bracce-
schi: allontanarli tutti: levar loro i feudi e compensarli con
qualche altra cosa: ridotta quindi Perugia in pace, assogget-
tarla alla dominazione pontificia che doveva fondarsi assoluta
e senza condizioni. Vide nel Filonardi il suo miglior cooperatore
e lo spedi Vicelegato. Cinzio, prima di recarsi a Perugia, aveva
dato istruzioni all'auditore di Legazione, Ascanio Veterano,
per il disarmo dell'una e dell'altra fazione, e per dare lo
Sfratto ad assassini e banditi, che i nobili tenevansi assoldati
in casa. I Bracceschi con la parte di dentro sostenuta da
Braccio Baglioni e da Armanno della Staffa, si erano raffor-
zati di soldati fatti venire da Città di Castello; parte de’ quali
tenevano in città, parte a Ponte San Giovanni. Egli prima
di giungere, li voleva allontanati insieme a tutti i banditi,
Partito da Roma, per Terni e Todi, si avvicinava alla sua
sede: « Giunto a Todi (così egli scrive da Perugia il 29 aprile

« al Legato), spacciai un messo a posta a Perugia per in-

« tendere a che termine stavano le cose della città, e se il
« signor Braccio e li Staffeschi havevano o no mandato via
« li banditi et contumaci della corte che si trovavano qui,
* li quali sino a hier l'altro hanno sempre fatto il peggio
Te TERES

LATI DATE

LA LEGAZIONE DEL CARD. IPPOLITO DE’ MEDICI NELL’ UMBRIA . 493

che hanno potuto, et contro la mente di questi gentiluo-
mini. Giovedì, poi, me ne venni a Casalina, presso la città
a nove miglia, ove credevo, per l ordine che havevo dato,
ritrovar le risposte di Perugia; ma per esser qui detto che
io faceva la via di Foligno, il signor Braccio, messer Ar-
manno della Staffa e messer Marco cancelliero, a’ quali io
havevo scritto, erano iti a quella volta per abboccarsi meco
e ragguagliarmi del seguito nella città; onde non avendo,
per questa causa, da lor risposta, fui forzato dimorare tutto
venerdì a Casalina; dove li sopradetti mi vennero a tro-
vare e mi fecero intendere, che li sopradetti banditi erano
cominciati a partire, e che, per tutto sabato, se ne andreb-
bero via tutti, e che, a mio piacere, harebbe potuto venir
hieri; e così feci. Ma, sabbato, fui forzato (per non poter
passare il Tevere, qual era molto ingrossato e il ponte è
minato) andarmene a Santa Maria degli Angeli, e poi in
Assisi; di donde, hieri, all'improvviso, in Perugia. E, de
diretto, me ne venni a smontare in palazzo. Domenica,
subito, la maggior parte della città venne a vedermi e ral-
legrarsi della venuta mia. Ho poi fatto chiamare li Ma-
gnifici Priori e gli altri Magistrati della città; et havuto
colloquio con loro, gli ho presentato, com’è solito, le pa-
tenti di V. S. R.ma et Ill.ma et il breve di Nostro Signore
della mia Vicelegatione. E letti l'uno e l'altro per il lor
Cancelliere, mi hanno tutti offerto la debita obbedienza, e
promessomi, in ogni occorrenza e bisogno..., ogni assisten-
tia e favore possibile ».

Come se ne uscirà egli? Sarà più fortunato dello zio, co-

stretto che fu d'andarsene? Di Ennio Filonardi si leggono

«

scritte, il 3 febbraio 1530, da Perugia, le seguenti parole:

La prigione cogli altri affanni..... mi fanno desiderare so-

« prammodo il partire ». — Potesse, il nepote, il nostro Cinzio,
riprendere le traccie del Ferratino, e rimettere le cose come

quegli le aveva lasciate! Questo era il migliore augurio che
gli facevano gli amici. E la città, più che stanca dell anar-

32
494 . L. FUMI

chia succeduta a quel governo, voleva la quiete, maledicendo
a chi era causa dei disordini, così a’ Bracceschi come a’ Ma-
latestiani. Rinnovati i bandi contro la bestemmia, contro giuo-
catori e profanatori di monasteri, contro chi andasse di notte
dopo il terzo suono della campana e contro rénitenti alla
forza pubblica, prescrisse che persone più di quattro non po-
tessero andare insieme; nessuno gsasse attentare al possesso
altrui: tregue doversi rifermare nello spazio di dieci giorni;
le altre non finite, notificarle ai Governatori: chi fosse mu-
nito di privilegi, obbligato ad esibirli.

Fu un buon principio la buona volontà spiegata dal Bar-
gello, subito, il primo giorno, pubblicato che fu il bando delle
armi: trovò il solo figliuolo di messer Sforza degli Oddi con
un pugnale: messo da parte ogni riguardo, lo puni con tre
tratti di. corda, e prima di rilasciarlo, costrinselo a pagare
la sua taglia. Si resero più cauti gli altri a non far balenare
davanti al sole quelle armi, sulle quali solamente ognuno
poneva la propria difesa personale. L'assassinio recente di
Gentile Baglioni, de' due suoi nepoti e del genero si affaeciava
tutto di come sanguinoso spettro nella mente di tutti: non
v'era chi si tenesse sicuro da qualche nuovo colpo di mano
de'faziosi. Trovo infatti, à breve andare, ferimenti eseguiti
da un Orazio di ser Pietro e da un Cesare d'Angelo di Luc:
sopra un Annibale, forse de’ Baldeschi ; cose « da far risen-
tire un homo di pietà »: cominciavano a scaricar case, e
stavano per mettere in tanto disordine la città da esigere un
nuovo esempio di rigorosa giustizia dal Filonardi.

Intanto, il Papa aveva mandato appresso al Vicelegato
un Commissario. Questi aveva l'incarico di ritogliere ai Ba-
elioni le terre che possedevano nel perugino; e trattare poi
di dar loro un compenso: idea vaga molto che non poteva,
certamente, affidar nessuno. Essi erano diventati, nell' Um-
bria, una vera potenza. Coi possessi antichi e nuovi costitui-
vano uno stato dentro lo stato della Chiesa: possedevano una
vera giurisdizione feudale, libera e franca, fuori dell’ inge-
LA LEGAZIONE DEL CARD. IPPOLITO DE’ MEDICI NELL’ UMBRIA 495

renza e dell'azione del governo. Signori di Spello (per con-
cessioni di Martino V), di Bastia, di Cannara, di Collemancio
e di Collazzone, seppero farsi pagar caro, dai papi I uso della
: loro spada, aggiungendo agli antichi nuovi feudi. Leone X
per rimeritare Giovanpaolo Baglioni del servizio reso a Lo-
renzo de' Medici contro Francesco della Rovere, per il du-
cato di Urbino, avevagli dato Bettona in terza generazione.
Clemente VII regalò le caccie del Chiugi a Malatesta, quando
militava nella lega; e quando « gli ebbe data e ‘salvata Fi-
renze », gli donò la metà di tutto il Chiugi, Bevagna, Ca-
stelbono e Limisano. Ma come se tutto questo fosse poco,
Malatesta, inseparabile dalle bande de’ briganti, si fece riban-
dire tutti quegli omicidiarî che volle, stati con lui alla difesa
di Firenze, e pretese, lui con tutti i suoi, avere, da per tutto
e sempre, libero porto d’armi. In questo modo si era costi-
tuita più audace e insolente la fazione dei Malatestiani in
rivalità con quella di Braccio. E Braccio, dal canto Suo; Cercò

di non essere da meno del consaguineo emulo. Ne aspettò la
morte per avere, con le sue bande non meno brigantesche
delle’ altre, il disopra.

Il Commissario, dunque, fu a prender possesso dello stato
dei Malatestiani: trovò resistenza e minaccie. Avevano Be-
vagna, Castelbuono e Limisano; altri cinque castelli tenevano
in comune co’ figliuoli di Gentile. Stava con loro Galeazzo,
signore di Parrano e de’ feudi de’ conti di Marsciano. Ma-
donna Monaldesca, oltre ai feudi di Malatesta, possedeva, per
conto proprio, quattro castelli ai confini di Perugia e di Or-
vieto, fra i quali Collelungo e Poggio Aquilone, fortissimi.
Disegnarono di prendere Bettona e Torgiano, due terre fra
le più grosse del contado. Il Filonardi se ne preoccupò. Scri-
veva da Perugia, ai 3 di maggio, queste parole al Legato:
« Possono a lor piacere mettere insieme quanti homini vor-
« ranno, et venirsene, in due hore, qui dentro, a fare. tutti
«li mali del mondo ». Per dare una risposta al Commis-
sario, che chiedeva la consegna dello stato, fecero occupare
496 L. FUMI

Bettona e Torgiano dai due fratelli Cecco e Angelo bastardo
de’ Signorelli, per conto della Monaldesca, vedova di Mala-
testa. Angelo, podestà di Bettona, dava la baia al Commis-
sario: metteva la scusa che quella occupazione era fatta col
consenso del Papa. Non aveva detto che si guardassero dalle
cose occulte, chè di salvarsi dalle pubbliche ci penserebbe
lui, il Papa? Quindi, essendosi scoperto un trattato che. fa-
cevano i Crispolti con uno di dentro, lo stesso Angelo ba-
stardo aveva mandato ad Ugulino de’ Crispolti ad offrirgli
una porta: inteso esser gente nascosta in diverse case, loro
dubitando di Bettona e di non esser offesi, vi avevano messo
dentro, a guardia e difesa, que' loro uomini.

Sotto questo colore, i Signorelli adunarono in Bettona i
capi della parte Malatestesca, cioè Giovan Battista Baldeschi,
il cavaliere di Montesperello, Orazio della Corgna, Carlo e
Ciancino della Penna. Scriveva: « Hanno fatto parlamento

^

in Bettona et concluso di volersi tenere in quella terra et

^

< per niente darla in potere del Commissario, né obedirgli
« in cosa alcuna, etiam che Nostro Signore ordinasse altri-
« menti ». Invitarono i forusciti, per maggior sicurezza, a
Valfabbrica, sul confine del ducato d'Urbino, per riunirli e
tenerseli pronti. A Gualdo di Nocera, luogo del cardinale
del Monte, e quindi immune, Gadone e Ottaviano Nepis in-
viarono giovani assisani. Scrissero in Lombardia a Ridolfo
Baglioni di rimandare alcuni di quei capi che aveva recato
seco. Vettovagliarono Bettona e la munirono. Il Vicelegato
faceva guardare i luoghi circonvicini, Deruta, Bastia, Can-
nara e Collemancio, per impedire che nuova gente e nuove
provviste di difesa vi penetrassero. Mandava il capitano Bal-
dassarre della Staffa col fiore della gioventù perugina; esor-
tava i Bettonesi a sollevarsi. « Se questi ribaldi (avvisava il
Filonardi) che pensano ridursi in Bettona, a tenere quella
« terra contro la mente del Papa, non havranno tempo for-
« nirla di genti e di vittuaria, e provvederla di sorta che

« siano superiori li huomini della terra, egli strettamente

OT TT "OCA

EUST TA

5547 DT SET 107 m
LA LEGAZIONE DEL CARD. IPPOLITO DE’ MEDICI NELL’ UMBRIA

^

mi hanno fatto intendere, che come intenderanno et ve-
« deranno accostarsi et entrar nel territorio loro genti man-
« date dagli Superiori, loro, sendo più gagliardi, si levaranno

^

^

'« et piglieranno l'arme in mano, et gli taglieranno tutti a

« pezzi ».

E veramente, dopo cinque giorni, cosi avvenne. Bettona,
stretta in una notte, si arrese. « Iddio laudato! (scriveva V 11
« giugno il Filonardi) Ci sono riusciti compitamente tutti li

<

^

disegni che noi facevamo. Et cosi accostatisi questa nocte
« alle mura di Bettona il Commissario, il signor Braccio e
« messer Annibale della Staffa con circa 300 fanti che have-
« vano messo insieme, Cecco Signorelli, Angelo Bastardo con
« tutti gli altri ladroni che erano in Bettona, minacciati an-
« che dal Popolo, si andarono con Dio, ma prima che li no-
« Stri arrivassero; quali impediti da una grande acqua, che

'« duró piü di cinque hore, non arrivarono a tempo da po-

« tere accampare o intercipere li passi, come erano stati i
« ragionamenti et disegni nostri; di modo che loro non pos-
« settono entrare dentro, prima che alle cinque hore di no-
« cte; et alla medesima hora appunto, hebbi anchor io qui
« dui Ambasciatori della decta Comunità con una lettera di
« credenza ». Sloggiati da Bettona con tutte le munizioni,
pezzi piecoli di artiglieria, archibugi ed altre armi, che erano
parte di quelle che Malatesta portó da Firenze, presero la
via di Collelungo. Cecco Signorelli con una parte di quelli
che erano con lui si recarono a Castellottieri; Angelo bastardo
con gli altri, in quel di Siena.

Così si agevolò l'impresa di Torgiano, la notte seguente.
Questo castello per la postura del luogo, per le sue forti
mura, per gli umori degli abitanti, poteva facilmente offrire,
di nuovo, ricettacolo sicuro ai Baglioni e ai Signorelli loro
consorti: egli ne volle smantellate le mura. « Il Commissario
« e circa 250 fanti, sotto obedientia di messer Annibale
« della Staffa, à». crepusculo noctis, furono alle mura di Tor-
« sciano. Circondato intorno il castello, dimandorno d'en-
L. FUMI

trare dentro. Ma li homini che stavano suspecti, con l'animo
« che facevano loro que' pochi perugini che v'erano restati,
« perché tutti li altri s' erano partiti la medesima nocte che
« li di Bettona, et quivi erano sol restati Ridolpho, Aniballe
« et Signorello de’ Signorelli et Silvestro Ubaldesco, non vol.
« sero loro aprire; ma spacciorno, la nocte, uno qui alli lor
« parenti a fargli intendere il caso, et ricercarli che voles-
« sino parlare meco et pregarmi ch'io ordinasse che le decte
« genti fusseno levate via. Cosi parlandomi loro, io li trovai
« et minacciai di sorte, che ebbero di gratia ottenere da me
« lettere, ch'el castello non fusse messo a sacco, nè offeso
« alcuno, et essi promectevano farli tutti introdurre dentro
« et dare anche loro le spese. Et così andata la lettera mia,
« poco dopo che fu presentata, il Commissario con tucti li
« fanti entrarono dentro senza fare un danno, nè una offen-

^

« sione a persona che vi fusse: anzi, il di seguente, il Com-
« missario remandó qui in Perugia Aniballe, Signorello et
« Silvestro sopradecti, et vi restó solamente Ridolpho, per
« esser molto vecchio » (Al Legato, da Perugia ai 14 giugno
150383, III, c. 149).

sottoposti gli abitanti all alternativa, o di godersi la.
delizia di una guardia di ben dugento fanti col Commissario,
o di cercare chi per loro desse sicurtà fino a quattromila
ducati d'oro, o, non trovandoli, gettare a terra tutta la cinta
delle loro mura, chiesero che i Priori di Perugia, padroni
del castello, avessero essi tanto di coraggio da ordinare
quella rovina, perchè non accadesse che, a Priori nuovi,
nuovo ordine non sopravvenisse per rifare il disfatto. L’or-
dine non veniva: quella soldatesca continuava a pesare sulle
loro campagne, e si decisero a prendere in mano il piccone.
Così « la Girandola » fece da sè, disse il Vicelegato. In due
giorni, ebbero rovinato tanto delle mura che vi sarebbero
entrati più di dieci cavalli in fila. Chiesero tanto spazio di
tempo « a far tutto il resto », finchè avessero data lI' ultima
mano alle raccolte. Secondo lo storico Sciri, si cessó, « per-

er iil
LA LEGAZIONE DEL CARD. IPPOLITO DE’ MEDICI NELL’ UMBRIA 499

ché rincresceva a molte persone ». I Bettonesi, per sfuggire
a questi pericoli, adunati in Consiglio, si gettavano sul Cro-
‘Cifisso a giurare « di non volere altro padrone che il Car-

dinale de’ Medici ». Chiesero al Papa questa grazia del go-

verno perpetuo di sua Signoria illustrissima. Ma il Papa

non poteva badare a’ Bettonesi, occupato, di quei giorni,
agli apparecchi del suo passaggio in Francia.

Il Vicelegato, con l'assenza del Papa in vista, cercò di
mettersi bene in guardia. Sforzino, Simonetto e Galeazzo
Baglioni con Bino Signorelli, Guido e Ottaviano de’ Nepis
d'Assisi si aggiravano nel Senese: Ferrone e Roccantino di
Spello adunavansi ai confini d' Urbino e a Parrano. Coll'aiuto
degli Orvietani, de' Castellani, dei Camerinesi e del Duca d' Ur-
bino voleva combatterli sull' istante: intimare ai figliuoli di Ma-
latesta e di Orazio e a tutti i seguaci loro che non potessero
muoversi d'un passo dai luoghi dove si trovavano; per con-
fine assegnare loro la Lombardia; a Galeazzo Baglioni Pia-

cenza, o Parma, o Venezia; a Bin Ciuco e a Cecco Signo-

relli Benevento: madonna Francesca, figlia di Pandolfo
Petrueci di Siena, vedova di Orazio Baglioni, levarla da
Cannara ed obbligarla a stare a Foligno « per esserle quella
città poco benevola ». Il Canigiani scrisse al Vicelegato di
stare ben accorto: si risapeva che qualche cosa s'andava
mulinando. « E° sospetti voluti mettere ne la mente di sua
« Signoria Rev.ma de le cose di costà non sono da sprez-
« zarli, né tampoco da tenerne più conto non si conviene.
« Vostra Signoria stia sopra l'avviso con occhio aperto e
« vadia rimediando a quello fusse di bisogno. E finché Nostro
« Signore non parte di qua per a Nizza, non credo bisogni
« dubitare di eosa aleuna. Quando Sua Santità vadia, allora
« bisognerà stare vigilante e più preparato per li inconve-
« nienti potessino nascere. Non volendo replicare a V. S.
« el dettole per più mia, non so, per qua, che altro li possa
« dire, salvo che il mostrare a ser Simone de Neri l’ error suo,

e darli ad intendere che ha a vivere sotto il giogo, ma
500 L. FUMI

non fare sì rigorosa giustizia di peccati vecchi, come io
vedo che l'ha in animo: perché la mente del Cardinale
è che se li dia in sulle dita, ma non si proceda alla pri-
vazione per li peccati vecchi. La S. V. può pensare che
per tutto agosto si partirà per Nizza, et a quel tempo è
necessario costi vivere d'un'altra vita, che non si fa
adesso; e peró V. S. vadia esaminando a li provvedimenti
necessarii da farsi, né s'indugi a l’ultimo a dirlo, perchè
sì possino esaminare, e darli ordine di quello habbia a
seguire, per prepararsi di sorte, che non possa nascere
disordine, e potere, in ogni evento, dormire senza paura... »..

Un buon colpo aggiustó a Sforzino Baglioni che era

incappato nelle sue mani. Il mal capitato s'indusse a sve-
lare là trama ordita dai Malatestiani. « Egli senz altro rigore,

«

«

aveva confessato che erano vere le pratiche loro di venire
a turbare le cose di qua, ancorchè dice che lui sempre
lo dissuase; e che Galeazzo Baglioni havea offerto et pro-
messo per la impresa diecimila scudi, e Bin Ciuco quat-
tromila; e che questi due doveano venire con la banda
e provisioni loro a Perugia; Gadone d'Assisi, Ottaviano
suo fratello, Ferrone e Roccantino da Spello et altri fo-
rusciti della provincia dovevano assaltare e pigliare Assisi
e l'altre terre dello stato de’ Baglioni; et Angelo Bastardo
con certi fuoriusciti Bettonesi et altri far l impresa di
Bettona: la quale venne loro interrotta, perch’ io vi man-
dai a stare il signor Braccio e la notte medesima che lui
arrivò, costoro aveano disegnato tentarla, e forse con in-
telligenza di quei di dentro; perchè vi sono di quelli che
hanno li fratelli di fuori..... ». Sforzino, per segregarlo, fu

mandato nella rocca d'Assisi. E il Vicelegato si compiace
di annunziare: « L'amico della rocca d'Assisi di li a poco

«

«

«

«

tempo fu expedito et mandato ad Patrem con quella mag-
gior segretezza che sia stata possibile, et habbiamo poi
dextramente dato nome esser stato mandato a Roma et.
messo in Castello » !

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LA LEGAZIONE DEL CARD. IPPOLITO DE’ MEDICI NELL’ UMBRIA 50L

Non meno de’ forusciti davano da fare quelli di dentro:
i della Staffa, sopratutto. Coloro che, non avendo coscienza
netta, eransi assentati alla venuta del Filonardi, ritornavano
in città; si aggiravano attorno, pieni di sospetto e ringhiosi.
Un giorno, quasi a un tempo medesimo, si presentarono
molti, e dell'uno e dell'altro partito, in piazza. V'erano Giam-
battista Baldeschi, il cavaliere di Montesperello con quattro
suoi nepoti, messer Jeronimo del Cavaliero, il Capitano Bin
Mancino Signorelli, Annibale Signorelli suo cugino e Sinoduc-
cio Sinoducci da Montemelino. Vennero in palazzo: ivi erano i
capi Staffeschi, Armanno e Annibale suo fratello. Qualche mina
stava per scoppiare. Un tumulto pareva preparato. « Vedevo
« (dice Cinzio) star tutti sospesi e sospetti l'un dell'altro e
« fare di strane guardatine; e li vedeva anche mutati nel
« viso. Con il migliore e più destro modo che io seppi, e con
« quelle persuasioni e buone parole che mi parsono a pro-
« posito, li espedii e li mandai, a uno a uno, fuori di pa-
« lazzo. Partiti poi da me questi amici et seguaci de’ Staf-
« feschi, cominciorno in fretta a passeggiare per piazza, et
« li altri si misono a fare il medesimo; e urtandosi e but-
« tando parole presuntuose l'uno e l’altro, furno per attaccare.
« una questione in piazza. Pur essendo io di tutto avvertito
«e mandando a fare intendere alli capi che dovessero-
« ognuno richiamare i suoi, lo fecero, e così la-cosa si
« quietó ». Ma, l'indomani, si tornava da capo. Si prepara-
vano armi nelle case degli Staffeschi. Gli altri ancora si
armarono. Nella notte avevano fatto entrare in città di molti
altri banditi con altra più gente. Allora il Vicelegato, fatti
armare i Priori e rafforzatosi in palazzo, ricacciò tutti i nuovi
venuti ai confini.

Questi atti crediamo meritassero al Filonardi il Vesco-
vado di Terracina, poichè accadevano nell’ ottobre del 1533,
e ai primi di novembre il Papa, per gli uffici del car-
dinal de’ Medici, promuoveva il suo Vicelegato a quella sede.
L. FUMI

$ IV. — Un marchesato o ducato umbro per il Medici — Come

i tener soggetti à Perugini alla Santa Sede -— Carestia. —
Fuocatico — Tassa militare — Predicatore della quare-
sima: Lutero: tassa ecclesiastica.

Il disegno del Cardinale di trapiantare i Baglioni sotto
altro cielo, non si rendeva facile. Mancava al Governo mano
energica e risoluta. Non bastava aver dato qualche colpo
alla banda Malatestiana. Sarebbe bisognato ridurre tutti a
dovere; anche le donne. Queste non erano meno animose
degli uomini. Galeazzo Baglioni aveva per moglie una di

«casa Marsciano, erede del feudo di Parrano e di altre terre

nel contado d'Orvieto: non voleva cederla a donna Marsilia,
moglie di Braccio, « di molto peggiore natura di lui ». Il
Vicelegato proponeva al Cardinale che costei « per niente
« possi stare in Perugia, ma si tenga continuamente fuori,
« come madonna Monaldesca e madonna Francesca ». Brac-
cio doveva trattenersi in Roma; i Baldeschi dovevano dare
sicurtà come gli altri gentiluomini e andare a confine: fuori
anche andasse Baglione della Baglioncella con tutti i suoi
seguaci del partito di Braccio, Della Corgna, Montemelini e
Della Staffa. Bisognava pure risolversi a dare un compenso
ai Baglioni per lo stato; ridurre tutta la provincia sotto un

«governo ; levare a Galeazzo e alla moglie i castelli e rice-

derli ai conti di Marsciano. E tanto s'infervoró in questo,
che stette per muovere egli stesso all'assalto di Parrano.
Ma a Roma, dove è tradizionale il Festina lente, non si vo-
leva precipitare. Troppi erano i protettori in Corte, perchè
si potesse sperare di mettere in tacere i ricalcitranti atteg-
giatisi a vittime, i sussurroni, i raggiratori di mestiere: per-
fino il Comune di Perugia, che voleva la pace, non sapeva
rinunziare a quella passione per qualcuna delle fazioni. Allora
il Vicelegato, che ardeva di lavarsene le mani, ricorse ad
un nuovo spediente per far decidere il suo Cardinale. Im-
maginò di sostituire ai Baglioni i Medici. Pensò di formare
gn e

LA LEGAZIONE DEL CARD. IPPOLITO DE’ MEDICI NELL’ UMBRIA 503

un marchesato o un ducato dello stato Baglioni: lo arroton-
dava così: aggiungeva Assisi, Montefalco, Valtopino, Nocera,

Gualdo, Fossato, Sigillo, Sassoferrato e Castel della Pieve.
Ne investiva il Cardinale con diritto di trasmissione a’ suoi
bastardi. E coloriva poi tutto ciò, facendolo passare sotto
forma di compensi dovuti dopo la recente sua Legazione
in Ungheria, dove ebbe assoldato a sue spese ottomila
Ungheri e alcune compagnie scelte di Cavalleggeri. Il suo

«

«

disegno, anche per la forma, è amenissimo. « Oltre a l’altre

cose messe in memoriale a m. Hieronimo mio (1), da re-
cordare al Re.mo et Ill.mo Patrone, per fermezza et stabi
limento delle cose di qua a servitio di S. S. Re.ma et Ill.ma,
ho pensato che sia necessario trovar qualche via et modo
di perpetuare questa Legatione; et, per un modo, non

veggo, né so pensare, né excogitare megliore, che lo infra-
: scritto; cioè, che, sendo Sua S.ria R.ma et Ill.ma stato in

Ungheria alla SS.ma expeditione contra’ Turchi, inimici
del nome di Dio e della fede Xpiana, per la salute uni-
versale della Xpianità, et havendo ella, per sustentarsi

- con le genti, capitani et soldati che havea, et avendo, per

l'impresa, speso grossamente del suo et impiegatoci per
molt'anni le sue entrate (et quando non havesse speso di
borsa, fingere di haverlo facto, et in questo N. S. non
dovrebbe essergli scarso, né avaro), con intelligentia de
Sua Santità se potrebbe mostrare far instantia, che Sua
B.ne ne la facesse rimborsare; et ella facendo il corruc-
ciato, potrebbe, in tal caso, mostrare che la volesse, che
se vedessino i suoi conti, et ordinare che la Camera li
avesse a vedere, et farli commectere al Duono, al Gam-
beri et à mons. di Cervia. Dalla quale revisione se po-
trebbe, ora mai, far che nascesse un credito del Cardinale
d'un 30 o 40 mila, sino in 50 mila scudi; in ricompensa
de parte de’ quali, Sua B.ne potrebbe fare espedire una

(1) Girolamo da Veroli, cugino di Cinzio, capo degli Alabardieri pontifiei.

5
E.
4
vH
^A

^

« 20 mila secuti, et per il resto, sino alla somma delli 40 o.

^

L. FUMI

prima che gli fussino restituiti li suoi danari; ciò è un

« 50 mila, concedergli, etiam cum consilio et assensu dictorum

« fratrum, il stato de’ Baglioni, Assisi, Montefalco, Valtopino,.

Nocera, Gualdo, Fossato, Suggello et Sassoferrato e anche
Castel della Pieve, che è alli confini tra fiorentini, sanesi,
orvietani, Perugia et Thodi, con tucta l'entrata che ce
hanno li Baglioni et la Camera respective, et cum titulo di
marchesato o di ducato , et che passasse etiam ad succes

sores nominandos vel procreandos etiam ex illegitimo coitu per:

« Cardinalem....! ».

stesso, poichè proseguendo concludeva: « Questi sono, M.

cotesta strana lettera.

Ma erano tutti castelli in aria. Lo riconosceva egli

Ascanio (1) mio charo, li giardini che, la nocte, non po-
tendo dormire, vado facendo in aere; li quali in ogni
modo, quando riuscissimo, sarebbono approposito et assai
buoni et utili per il patrone; et se N. S. volesse usare
un poco di amorevolezza et di carità verso Sua S.ria
Re.ma et Ill.ma, si potrebbono, con molta giustificatione
et cum pochissima fatica, attuare et mectere in execu-
tione. Però, parendovi conferirli con S. S. Re.ma et Ill.ma
(protestandogli prima che non se ne voglia vedere de' casi
miei, né attribuirnelo a presuntione o mucciconeria, ma
all'abundantia della fede all’ affectione mia verso Sua
5.ria Re.ma et Ill.ma, et al molto desiderio ch'io sento
di continuo della grandezza sua) me ne riporto all’ amo-
revolezza del prefato mio messer Ascanio, quale vor-

rei che, in questo caso, facesse in modo, per servitù
del Patrone, che lo disponesse a pensarce, et volesse fare:

(1) Ascanio Veterano di Urbino, auditore della Legazione, a cui è indirizzata

bolla, etiam cum consilio et assensu venerabilium fralrum, ete ;:
per la quale gli concedesse a vita la decta Legatione,.
dichiarando, che nullo unquam tempore se gli potesse levare,
LA LEGAZIONE DEL CARD. IPPOLITO DE’ MEDICI NELL’ UMBRIA. 505

impresa; chè sperarei, havendo la cosa viso di onesto et
« di ragionevole, havesse a riuscire. Et bisognerebbe che o.
« ’1 Cardinale proprio ne parlasse caldamente, et usasse con d
« Sua Santità parole umane et summesse, ma vive et effi-
cacissime; et non partire da lei prima ne havesse la pa-
« rola ferma et promessa; et poi, subito, senza dargli tempo
« che ce havesse piü a pensare, cominciare a dar principio

A

« alla espeditione; et incaminarla per via, che se tirasse a
« fine: et se potrebbe conferir la cosa placidamente coll'Au-
: « ditore della Camera et con Mons. Farratino per dar, col
« buon giuditio et indrizo loro, meglio principio et recapito
E « alla cosa; et che m. Domenico (1) et voi, et non altri, la
« maneggiassi et sollecitassi ».

Il sogno pallesco, avverandosi, avrebbe dato il colpo di
grazia a Perugia, lasciandola isolata e senza nerbo. Resistere
alla crescente egemonia ecclesiastica era ormai già tentativo
inutile; ma con un Medici, signore assoluto, nel territorio
intorno e nella valle del Tevere, Perugia non avrebbe più
Y avuto come bilanciarsi con la Chiesa; poiché si era sempre
E trincerata, mettendo innanzi i Baglioni come a baluardo.
; Per questo, amoreggiava sempre con quella delle due fazioni,
E che riuscisse a tenersi in sella. Che il Vicelegato mirasse a
| domarla, col tentativo di metterle di fronte un Medici, è
\ chiaro per molti suoi atti diretti à colpirla nel cuore e reci-
1 derne tutti i nervi. Il Papa non badó ai sogni del Filonardi,
si o il Legato non se ne curò: piuttosto avrebbe voluto creare
; un nuovo Consiglio di ecclesiastici, o Numero, come dicevasi,
che reggesse e governasse la cosa pubblica con le libere
costituzioni ancora conservatele. Il Vicelegato non ci vedeva
È; l utilità: « Qui sono genti povere (diceva), superbe e arro-
o « ganti; di poco governo e manco giudizio. Ognuno atten-
« derebbe più al particolare interesse suo, che al bene pub-

B. (1) Il famigliare del Cardinale, messer Domenico Canigiani fiorentino, cancelliere
generale della Legazione. 506 : Se L. FUMI

« Apostolica, cercando e procurando tuttavia far per. sè, e
« non per loro; e di un capo e tiranno che vi fusse, ce ne

« sarebbono tanti quanti fussino gli huomini del Numero

« che se facesse. E sono certissimo che, fra poco tempo, li
« padroni se ne pentiranno haverlo fatto; perché sarebbono
« più tosto contro la libertà ecclesiastica, che in favore; e

« vorrebbono che li Superiori fussino a padrone con. essi,

« e non loro co' Superiori. Né pensino che qui sieno quelli

« gentiluomini e buoni ecclesiastici e savii che sono in Bo-.

« logna; e finalmente, dempto uno capite, ne insorgerebbono
« cento di peggior specie ». Voleva, invece, che tutte le
magistrature e tutti gli uffici si eleggessero dalla Chiesa:

i famigliari stessi dei Priori e i Vicarii del Contado dal Vi-

celegato, e, finalmente, che si erigesse una rocca forte. Questa
sarebbe stata « un'opera buona, necessaria e santissima per
.-« tenere in freno questa gioventù pazza e senza ragione e
« discrezione ». Proponeva' ancora « di fare un palazzo un
« poco forte, per la residenza del Vicelegato e di tutta la
« corte, in uno delli tre luoghi che vi sono presso che fatti ».
« Indicava questi luogi, e cioé; il palazzo del Podestà con-
« tiguo a. quel de' Priori, il palazzo di Sopramuro et un
« palazzetto cominciato da Hieromino dalla Penna in capo
« della piazza, quale ora é di madonna Gentilina della Staffa.
« moglie già del signor Niccolò Vitelli: e questo a mio giu-
« dizio sarebbe migliore... tanto più, quanto la Comunità
« ci ha certa rata ». Suggeriva anche il modo di: cavarne
la spesa, cioè da tre o quattro case che erano in mano
della Comunità, bastando il reddito di esse per uno o due
anni. —

Col buon umore del Vicelegato verso i Perugini, si può
ben comprendere se questi gli si mostrassero ben disposti.
Sopravvenne la carestia grande nella città. I Priori non si
muovevano. Temendo che per la fame non nascesse qualche
tumulto, egli adunó, coi Priori, i Camerlenghi, i Consoli, eli

blico o all’onore e servizio de’ Superiori -e della Sede

els -

WEREREREIOE

WEM
LA LEGAZIONE DEL CARD. IPPOLITO DE’ MEDICI NELL’ UMBRIA 507

Abbondanzieri, i Deputati e Auditori di Rota, per provvedere.
Questa fu un’ occasione per farlo gridare, e per fargli dire:
« i Priori non si muovono, nè si risentono di cosa alcuna, e
« non pigliano una cura, nè un pensiero al mondo di cosa
« che ci sia da fare a beneficio e comodo pubblico ; ma solo

« corpo alle spese della Comunità, anzi della Camera Apo-
« stolica, senza peisare a cosa alcuna che concerne il buon
È: « governo e quiete della Città.... ». Si dié egli a fare molte
utili provvisioni per il popolo. Ma ai Priori non gliene an-
dava bene una, parendo loro essere sopraffatti in casa pro-
pria. « Hora potete pensare che cervelli siano questi (scriveva
il 17 luglio a Roma il Vicelegato) e risolversi, come hab-
« biamo fatto noialtri; chè costoro non habbino una bontà,
« né una carità al mondo, e, in fine, che non sanno, né vo-
« gliono stare in pace, ma travagliar continuamente e tenere
« la città continuamente in affanno e fastidio..... Insomma,
« vorrebbono esser qui padroni assoluti, e che il Legato stasse
\ « con essi, e il Vicelegato fosse loro cappellano. E certo se
| « jo conoscessi ce fusse il servizio del mio padrone (che del-
« l'honore non parlo) comporterei che mi mettesino il ba-

3 « sto con un paro di cestoni..... ». Non € era denaro; propose
i dei risparmi; sospese l'assegno dei Priori e della loro fami-
i glia per un mese. Allora si che il malcontento crebbe e mag-

H gior vespaio si suscitò !.... « Il capo d'ufficio e qualcun altro
« (scriveva il 2 settembre) dissero e risposero che non gli
« pareva bene; perchè si veniva a diminuire la dignità e
« decoro del palazzo..... Mi è fatto intendere, che vanno se-

« seguaci, che questa è una via di dar animo alle brigate
«non habbino a parlare e risolvere di fare il Numero
« de’ 500....; e, dall’ altro canto, si sforzava persuadere che
« io, sotto pretesto di provvedere alle necessità de’ poveri
« bisognosi, ho messo innanzi e proposto questo partito, di

levar le spese di palazzo e applicarle alli bisogni de’ po-

« attendono alle cose e interessi particolari e ad empire il:

« minando e persuadendo agli Bracceschi e Staffeschi e loro

ernia ir ni ii oiu e 508 L. FUMI

« veri, per levarli poi in tutto, passato quel tempo, alla Co-
« munità e avanzarle per la Camera Apostolica... ». Desi-
deravano essi di rimettere su là zecca come per il passato,
battendo solamente oro e argento, per servirserne per i bi-
sogni dei grani; « perché avendo qui monete tristissime, che
« non si spendono fuor del Perugino, et essendoci molti cit-
« tadini che hanno argenti et oro, li metterebbero in zecca
« per aiutar la città in questi tanti bisogni ». E il Vicelegato
li favori. Ma per l'appunto, « in questi tanti bisogni », egli

TAMEN UEM

Si faceva a chiedere l'esazione del fuocatico, che era dell’ un
B ducato e mezzo per cento. Pareva messa innanzi per fare
BH traboccare la bilancia. Egli invero non fu inesorabile; ma

da Roma si volevano denari, e per l'indugio riceveva rim-

proveri incessanti. Si trattò di stralciare per cinque mila du-

cati; ma nemmeno a tanto voleva venire Perugia, che si ri-
teneva per diritto esente. Un bando, combinato di piena in-
|: s tesa col Papa, ordinava l'esecuzione sulle proprietà de’ cit-
lu tadini, ma con procedere « vivamente, perché ciascheduno
In « conosca ch'el bando non s' é fatto per cerimonia » (1 luglio
1533). Poi venne avviso di ritardarlo. Dovevasi spillare la
P E tassa a poco a poco, e non farla rovesciare come un torrente
8 tutta insieme. Ma passarono i mesi, e il Papa, intanto, si al-
m us terava col Vicelegato. Gli fece scrivere dal protonotario Car-
nesecca de'Medici, ne'seguenti termini, in data 16 marzo

Int 1534: « Dio sa quanto mi duole haver a scrivere cose che |
« dispiacciano a V. S.; pur non posso fare altro. Nostro Si- |
il EE « gnore si duole infin al cielo, ch'ella non sollecita e non
In « favorisce le exactioni di cotesta provincia; e m'ha com-
Ii ; « messo li scriva, per sua parte, che se, a la ricevuta di

P « questa, non darà tal ordine, che presto se ne vegga qual-
« che effetto, Sua Santità farà tal dimostratione, che Lei et
« ognuno conoscerà ch'ella è padrona di Perugia, e che vuole
It. « essere obedita, senza rispetto o ecceptione alcuna ».

il . Il Filonardi recava innanzi di buone 'agioni: « Sem-
pre da tutti mi é stato detto in viso, e mi si dice an-
LA LEGAZIONE DEL CARD. IPPOLITO DE’ MEDICI NELL’ UMBRIA 509

cora, che quando questa città si diede alla Sede Apo-
stolica con tutte l’ entrate sue, si diede con capitoli, patti
e condizioni expressissime, che nullo unquam tempore, etiam
per qualsivoglia cosa importantissima alla detta Sede Apo-
stolica, se potesse mettere alcuna gravezza, e che, per
questo rispetto, essendo exempti, par loro che se gli facci
grandissimo torto a gravarli di pagare pur un quatrino;
e per tal conto se intendono ogni giorno per la città
infinite querele, lamentazioni e doglianze. E li Priori e
Camerlenghi sono a ognor battuti dal popolo e dalla plebe
per tal cagione, dicendo loro in su la faccia, che hanno
fatto male a metter questa cannella; e che dovevano re-
plicare e andare a popolo, a trovar Sua Santità, per farla
capace delle ragioni della città, e, a l'ultimo, bisognando,
anche aspettarci l esercito »!

Erano, dunque, i Priori meno indocili dei cittadini stessi,

poiché pur si persuasero e si piegarono a mettere « la
cannella »! Se ne faceva merito il Vicelegato: « Se non

«Xx

«

«

fussino stati l iuferni che ho loro dipinti, e, molte volte,
con essi fattogli anche buone parole e persuasoli amo-
revolmente, Dio sa se di questa cosa se fussi mai venuti
a termine di dargli questo principio, senza haver con
loro usato altro che parole e minaccie, come ho fatto io!
E la certifico che sarebbe bisognato usar con loro la
forza, e spendere, e mettere tutto il paese in fastidio e
in affanno....., havendo, maxime, a far con questi cervelli
inquieti e travagliati ».

Perle tasse minacciarono i Perugini di spingere la loro

opposizione agli estremi, quando si trattò di pagare la compa-
enia militare del capitano Camillo Campagna. Dove sono os-

servati (dicevano) i nostri capitoli, i patti e le convenzioni colla

Sede Apostolica? E qui, a dir vero, si trovavano proprio
tutti concordi: lo dice il Vicelegato: « In questa sentenza

«

«

concorrono tutti, e osano di dire, che prima vogliono rui-
nare affatto e morire, che comportare, che, fuori delli

33
510 L. FUMI

« detti capitoli e convenzioni, si dia e imponga. loro tal
« gravezza, et essi haverla a portare e gravare. E stanno:
« jn pensiero mandare a replicare a Sua Santità et a V. S.
« Re.ma et Ill.ma. Ma io, oltre alle rappresaglie, che penso
« fare eseguire contro di loro nella provincia, e a farli
« predare dalla Compagnia propria, giudico che saria molto
« a proposito fare spedire e mandarmi un breve, per il
« quale la Città si potesse interdire, chiamare li Magistrati
«a Roma e quattro homini più per porta da eleggersi da
« me, e sospendere e far sequestrare tutto quello che è
« ordinato, tanto per li salarii, quanto per le spese del detto.
« Magistrato e delli altri salariati del palazzo, ordinando che
« si debba levar loro, e applicarli e pagarli per le dette
« tasse. E non facendosi questa provvisione, io non veggo,.
« né credo che costoro sieno mai per pagarne un quatrino.
« Perché io trovo in loro tanta durezza e ostinazione, che
« é cosa incredibile. Né con essi giovano buone parole, né
« persuasioni; né speranze che si diano loro, che tal gra-
« vezza habbi a durar poco; né minaccie che se gli faccino:
« ché tuttavia se mostrano più duri e ostinati. E di far
« venire dentro della città la detta Compagnia, non mi
« pare a proposito, perché dubitaria di qualche tumulto po-
« polare..... ».

Questa fierezza d'animo dei Perugini li avrebbe condotti
al punto, a cui pur si condurranno un di, cicè a prendere le
armi in mano, se invece di una fazione Moscesca, come il
popolo chiamava i Braccio, più forti campioni militari si
fossero trovati attorno. Fu tenuta un’adunanza, in cui inter-
vennero Priori, Camerlenghi, Consoli, Auditori, gentiluomini
e dottori: risolvettesi mandare un ambasciatore al Papa e
al Legato per replicare e, al tempo stesso, mandare un pre-
sente di dugento scudi; da offrirli, se fosse ottenuta l'os-
servanza dei capitoli-e lo sgravio; altrimenti, nulla ottenen-
dosi, « da riportarsi indietro, e aiutarsi per ogni via di non
portar questo peso ».

ri LIA:
AI 2%
la nostra Chiesa di Perugia; di che rendemo gratie a Dio et anche a

si ALA
e

LA LEGAZIONE DEL CARD. IPPOLITO DE’ MEDICI NELL’ UMBRIA DIL’

Al malcontento de’ cittadini si univano gli stessi reli-
giosi, irritati per l'esazione delle decime e de’ mezzi frutti
ecclesiastici nuovamente imposti al clero.

Il predicatore della quaresima, un frate della religione
de’ Servi, sbottava dal pulpito contro la tassa: andava a fe-
rire, più che i ministri, la persona medesima del Vescovo
di Perugia, essendo questi, per l'appunto, lo Spinola, cioè
il cardinale Camerlengo, al quale spettavano le esazioni.
Scrisse il Vescovo, da Roma, al frate il fatto suo, in una
lettera che merita di essere riferita dalla prima all’ ultima

E W^. 6x lul. "i A
Luder dit. Edi es o s

linea. L'oratore, intrigandosi nelle questioni sollevate da
Lutero, pare non se la cavasse troppo bene, e andando a
caccia di popolarità, metteva male contro i ministri, accu-
mulando ruggine addosso al Governo.

(Vesc.- V5 c. 251)

R.do Patre Predicatore. Per fama havemo notitia de la litteratura
vostra et modo de predicare et della frequente audientia che havete in

voi per le fatiche ci patete; et occorrendo, ve demostreremo ne fate cosa.
grata in dar buoni amaestramenti et instruir i nostri popoli ne la via
dritta.

Et havendo presentito che spesso toccate de le cosé de Luthero, et.
benchè le reproviate, non di meno alcuna volta ingagliardite le parti
lutherane con tanta efficacia che U orecchie de li auditori, piene di queste,
non capiscono poi così presto l’'impugnationi et osservationi che li fate,
de modo che restano confuse, però essendo in vescovo di Perugia, me re-
puto a debito advertirve che sopra questa materia dannata dalla Chiesa
Romana parliate con molta circumspectione, et forse sarebbe meglio il
tacere, sì per noi, acciò non ne sia ascritto a colpa, sì per li miei fi-
gliuoli spirituali, acciò non restassero con qualche sinistra openione, et
non bisognasse stirparla per altra via.

Appresso, intendo clie publicamente, in pulpito, havete detto che
Vesattori de decime et mezzi frutti ecclesiastici, imposte da N. S. per ne-
cessità et conservatione del Stato Ecclesiastico, sono cerretani, et
chi han comprato queste esattioni, et contra la mente de Sua S.tà ri-
scoteno. Et perchè tali esattori vanno in nome mio; per haver io officio
del Camerlingato apostolico, ad cui spetta, per virtù de questo officio, r_coe-es==r

y th è * 1
A i , A y DE”
e ii e n —===omoen

512 L. FUMI

deputar tali esattori, me pare habbiate tocco ancor del mio honore. Et
desideroso lavarvi da questa macchia et farvi capace de la verità, ho
mandato un transunto de una dechiaratione, già fatta da Sua S.tà sopra
questa materia, per virtù della quale io detti già le commissioni. Et se
voi, come sarìa stato conveniente, haveste volsuto considerare la necessità
et intendere « in qua virtute hec facerem et committerem », prima che
dar queste calunnie, io ve V haveria mostrato; pur havendovi traportato
la compassione verso il vostro et tanti altri conventi, ve ammetto la scusa.
Ma ben me farete piacere, che, compassando meglio questa faccenda,
ove l’ havete tolto, rendiate a’ ministri di N. S. il suo bon nome; et per
esser fatte queste impositioni, per restituir i danari spesi per la defen-
sione universale, et spese fatte contra il Turco, che con tanti eserciti per
mare et per terra assaliva, come mediante l’ agiuto di Dio et detti accatti,
ne siamo liberati, esortiate pubblicamente tutti a pagare, acciò si possa
sodisfar a chi in tante necessità ne soccorse.

Et considerandola sanamente, mi pareria che, per parte de’ mendi-
canti, dovreste rengratiare la S.tà de N. S. che in tante necessità habia
dechiarato i Mendicanti dover pagar solo una decima di frutti de’ beni
stabili; chè possono, in tal caso, equalarli alli preti, et prendere tutti i
frutti, et vendere le proprietate, che, per indulti apostolici et per miglior
commodità, non per alzar le creste, li sono concedute: chè, per essere le
loro regole fondate sopra la total mendicità, dovriano tutti, come molti
fanno, in tutto mendicare. Et se fosseno quelle persone esemplari, che
dovriano, sendo la regola da loro votata et giurata, « etiam » in questi
tempi stretti non li mancariano elemosine da posser viver et dar da vi-
vere ad altri, come ancor oggi fanno certi boni spiriti, che, noi cono-
sciamo, senza frutti de stabile: chè ancor resta tra’ popoli tanta fede,
che abundantemente confluiscono ad un minimo odor de buona vita et
bon costumi. Et per questa via, e senza il stabile, se furno già, « etiam »
nel vostro ordine de’ Servi, tanti venerandi conventi, che il simil si fa-
rebbe oggi, se religiosi fosseno, quali erano et dovrebbono. Et quando re-
saperò habbiate fatto questo officio « BONO MODO », et non come fan
molti, che allora grandemente vituperano, quando mostrano de lodare,
ne farò bona relatione a N. S.; et ce si harà piacere, non per il danaro,
che in Perugia poco importa, ma per il dovere, et per levare queste mali
impressioni, che rimanendo infisse, forse, produrrebono peggiori effetti.
Così per carità ve ne astringo. « Et bene valete ».

Da Roma, il di XVIIJ di marzo 1534.

Vester uti pater
A. CAR.LUS CAM.
LA LEGAZIONE DEL CARD. IPPOLITO DE’ MEDICI NELL’ UMBRIA 513

$ V. Statuti non rispettati: pallotta del Magistrato alterata:
sfogo de' Perugini. — Cambiamento di politica rispetto a
Braccio che è richiamato a Perugia.

Ai Perugini scottavano troppo si aperte violazioni ai
patti sanciti. Un breve, ottenuto da Orvieto il 29 gennaio 1528,
aveva accordato alla amministrazione della giustizia di ri-
sparmiare agli imputati quello che oggi si dice carcere pre-
ventivo. Il Vicelegato osservava, che « quel breve fu, a quel
« tempo, ricercato dalla detta città, ad istanza di Malatesta
« e di Orazio Baglioni; quali, come sua Beatitudine e sua
« Signoria Rev.ma et Ill.ma sanno, non tenevano conto, né
« facevano capitale d’ altra sorte di gente, in questa città e
« provincia, che di ladri, homicidiarii, assassini e di homini
« di mala vita; e li homini da bene tutti facevano ammaz-
« zare e mal capitare ».

Quando avveniva un delitto (e avvenivano, si può dire,
tutti i giorni), tornava sempre difficile agguantarne gli au-
tori. Istituito il giudizio, o mancavano le prove, pel timore
che prendeva ai testimoni di toccarne anch’ essi, o si menava
la cosa tanto in lungo, che prima di venirne a capo, passa-
vano dei mesi; e così il delitto rimaneva impunito. Si vede-
vano andare liberamente attorno per la città i delinquenti,
con pericolo anche non avesse a succederne maggiore scan.
dalo tra offesi e offensori. « Questi homini sono tanto volti
« e inclinati, quanto ognuno sa e si vede, al mal fare, che
harebbono piuttosto di bisogno d' una legge che, per ogni
« minimo delitto si ponesse la pena capitale e la confisca-
« zione delli beni, che la pena dello Statuto; la quale, in
« punirli, non se eccede mai; anzi, non se gli impone mai
« maggiore, che la statutaria; e quella, anche, ammessi li be-
« neficii della confessione e della pace, che, le più delle
« volte, li offesi la fanno minacciati e per forza di cento lire
« di questa moneta (si riduce a diciotto lire); di sorte che
« ogni gran delitto si riduce a niente ». Quindi, che, oltre

^



^

ari Ri re ae s uw
514 - m L. FUMI .

alla pena leggerissima, si avesse a lasciar di pigliare i de-
linquenti, aspettando la condanna, per averla, dopo de' mesi
e qualche anno ancora, che per « qualche contadinello », al
Vicelegato non gli andava punto. Seguitò egli ad osservare,
che, « le più delle volte, quelli che sono feriti vengono a
« morirsene; e non facendosi subito opera haver nelle mani
« li offensori, e fare, anche, la descrizione delli beni, li de-
« linquenti non solo non si puniscono nella persona, ma
« neanche ne’ detti beni; perché la prima cosa che fanno,
« vuotano le case, e cosi, delli dieci, li nove vengono a re-
« stare penitus impuniti de’ loro delitti ».

Diceva che quel breve faceva il tornaconto dei procu-
ratori e degli avvocati. Ma i Priori se ne richiamarono, per

l'osservanza, al Papa: lo accusavano e di alterare le disposi-

zioni giudiziarie, contenute nei loro Statuti, e di brogli nelle
elezioni de' magistrati. Essendosi dissuggellata e pubblicata
la pallotta, il Vicelegato, di suo arbitrio, cambió due nomi.
Rumore e ammirazione grande ne seguitò fra il popolo. « Se
« ne è detto e se ne dice tanto per tutta la città, che io me
« ne vergogno! » E ciò seguiva sopra una borsa, già prece-
dentemente manipolata in Roma per « la santa voluntà et
« optima deliberatione di Nostro Signore e del Rev.mo et
« Ill.mo Padrone ». L'aveva provocata e sollecitata il Vice-
legato sin dai primi mesi del suo governo, in occasione che
essa doveva rinnovarsi: vi aggiunse due Conservatori e due
Direttori con un Camerlingo che mancavano. Egli aveva
preso il pretesto che i Perugini non si trovavano d'accordo
per comporla; onde « trovando fra loro qualche disparere e
« differenza, nè volendo io questo carico sopra le spalle mie,
« m'é parso rimettere la cosa alla S. V. Ill.ma e Re.ma ».
Per l'avvenire, il Papa aveva dato istruzioni segrete circa
il modo da tenere per la costituzione dei pubblici ufficî, cioè
imponendoli. Il Vicelegato aveva riconosciuto che, per go-
vernare Perugia, « quella, certo, è- la vera via; perchè la
« manco parte che ce sia è quella del Rev.mo et Ill.mo Le-
————rr

—————————————— — —9—

LA LEGAZIONE DEL CARD. IPPOLITO DE’ MEDICI NELL’ UMBRIA 515

« gato; donde causa, che li Magistrati sono piuttosto inimici,
« che amici e propitii alla corte; cosa che tanto più deve
« muovere li Padroni a far li detti officii, senza intervento
« e saputa di costoro; vedendosi anche il poco conto che
« tengono dell' honore e servizio di Sua Signoria Rev.ma et
« Ill.ma; non facendo mai né a lei, né a’ suoi Ministri, altro
« che carichi e vergogne...; ché il Cardinale è hora manco
« Padrone di questa città, che fusse mai ». Aveva insistito

col Legato, che « se questa volta. non si fa una buona e ga-

« gliarda provisione per ridurre la detta città al segno che
« si desidera.., mai più ci sarà una occasione tale da poterlo
« fare ».

Ed ecco i Perugini sfogare il malumore per la carestia,
per le tasse e per gli abusi nel governo, con impedire a car-
dinali, a preti e frati di levar grano dalle loro tenute. Trat-
tavano gli Assisani come gente conquistata. « Con bravura
« (così il Legato) minacciano andare con armata a levare li
« grani e biade del territorio assisano, per le possessioni dei
« privati loro cittadini, et essendo da essa Comunità d'As-
« sisi, per Ambasciatori, richiesti de’ progressi civili et amo-
« revoli, li minacciano buttarli per le finestre...... Se de-
« veriano ricordare (diceva il cardinal de' Medici) de le proi-
« bizioni e severità che usano a quelli presumessero cavarne
« del Perugino, non havendo rispetto a Rev.mi Cardinali, né

<

^

à religiosi; e devono anche sapere, Assisani haver suoi

«

^

privilegi, statuti e brevi apostolici, per li quali se li con-

<

^

cede la ritenzione di tutte victuaglie di loro territorio ».

Che altro più rimaneva a Perugia dell' antica libertà, da
permettere che ancora si dicesse d' essersi data, salve sempre
le sue ragioni pubbliche, alla Chiesa?

D'altronde, la confusione e il disordine dei partiti, pur
troppo, avevano fatto di una città nobilissima quasi un covo
di agitatori e una spelonca di malviventi. Bisognava porre
mano alla legge e adoperare la forza. Il Legato cercava di
costituire un forte partito per la Chiesa difeso da un buon
516 : L. FUMI

bargello, lasciando sempre piü esautorato il municipio. I Co-
muni avevano ormai fatto il loro tempo. Poteva nei suoi
consigli agitarsi la questione, se non fosse piü opportuno
valersi delle tradizioni comunali, allargare la costituzione,
chiamare cittadini all appello e formare il Numero de’ cin-
quecento, di fede ecclesiastica, a fungere da veri legislatori.
Il Vicelegato, che non vedeva altro che cervelli inquieti nei
Perugini, lo dissuase. Egli che aveva fatto il sogno che si
disse, e non era riuscito a mettere nel Cardinale la voglia
di un ducato umbro, si volse a Braccio. Speró in lui unica-
mente; mentre dapprima nemmeno si fidava di averlo in
Perugia. « Che il signor Braccio si chiami e ritenghi in
« Roma (cosi prima aveva detto), ovvero, volendo pur che
« stia nel paese, se gli dia di buona maniera la norma della
« vita che habbi a tenere; e mancando egli all'ordine che
« Se gli darà, se levi subito dal paese, e si chiami e facci
« stare in Roma o altrove! ». Una volta che temeva il suo
ritorno stabile, ne scrisse, sgomento, a Roma, e n'ebbe dal
Canigiani risposta cosi: « Che il signor Braccio v'habbia a
« venire (a Perugia) per fermarsi nella terra, non lo credo;
« perché Sua Santità non lo comporterebbe » (6 marzo 1533).
Di lui e di Armanno della Staffa era stato si poco amico,
che disse: « Se tanto l' uno, come l'altro di loro si persua-
« dono, che io habbi a star qui e tenergli il lume, e com-
« portar che faccino tutti li mali del mondo, senza risentir-
« mene e darne avviso al Padrone, e ingannarlo, certo sono
« jn un grande errore; perché io prima morirei, che man-
« care al debito mio ». Lo stesso Cardinale aveva « fatto.
« intendere al signor Braccio, a M. Armanno e a Baldassarre,
« viva voce, che se non si portano altrimenti, e non rime-
« diano a l'insulti che costi cotidianamente, per I' instrumenti
loro, si fanno, che rimedierà lui ». E il Canigiani fece la
perorazione, aggiungendogli, « di avere a Braccio di nuovo
« cantato un vespro di sorte, che non ha saputo dire in
« contrario »; e più con dire: « Mi ha promesso che scri-

^

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ven

LA LEGAZIONE DEL CARD. IPPOLITO DE’ MEDICI NELL’ UMBRIA D1T

« verà di sorte a la signora consorte et a gli altri sua, che:

« rimediarà a’ disordini che per li suoi seguaci di costà si
« fanno ».

Il Legato si occupa, intanto, a metter pace fra Baldeschi
e Staffa, sopratutto riconciliando Annibale Baldeschi con

Ermanno Della Staffa; e quindi fa scrivere al Filonardi, che.
« debba far intendere a messer Hannibale Baldeschi, che se.

« ne venghi, quanto più presto ch'el può, da Sua Signoria

« Ill.ma, e meni seco Adriano di Rugger de’ Ranieri, quale.

« intervenne a quella lor divisione, o pur venghi Francesco
« 0 Baldo de Baldeschi, se non hanno altra contumacia con
« la corte; ma messer Hannibale non resti de non venire
« presto; e quale de li tre altri, nominati di sopra, menerà
« Seco, faeci ch'el habbi facultà, da li altri di loro, di con-
« tentarse di quanto vorrà il Re.mo et Ill.mo Patrone; e se
« gli paresse dargli altro colore al venire loro, a V. S. mi
« riporto ».

Non si fidò Annibale di andare a Roma? Non pare che
egli si lasciasse persuadere a quell'andata, per la quale il

Medici mostrava di avere tanta premura. Forse più irrecon-

ciliabili si dovettero rivelare i Della Staffa. « Staffeschi sono

« hormai tanto in odio di tutta la città, che per niente pos-
« sono più tollerare la superbia loro; e più volentieri, e con.

« più pazienza, comporterebbero havere per ‘padrone asso:
« luto il più tristo huomo di casa Bagliona, che haver essi

« per compagni ». E qui il Vicelegato cominciava ad insi-

nuare il nome di Braccio, e diceva: « Certo, se il signor Brac-

^« cio sarà per governarsi, scacciando e perseguitando i tristi

« et accarezzando e trattenendo i buoni, facilmente si farà
« padrone della città, perche, in effetto, .si vede che la gli
« ha inclinazione e che più tosto ci è benvoluto, che altri-
« menti ». A _ piegare il Vicelegato verso Braccio valsero le
intemperanze dei faziosi durante l'assenza dall’ Italia del
Papa e del Cardinale. Non vide altro scampo che darsi tutto

^

à lui. Ritornata la corte pontificia in Roma, spedi l'au-
li

L. FUMI

ditore Ascanio Veterano al Legato, per dargli conto delle

«cose occorse nella sua assenza: davagli anche speciali istru-

zioni, le quali, in effetto, concludevano: esiliare Staffeschi e

Baldeschi; mettere alla testa un Baglioni, e quello fosse ap-

punto Braccio; assoldare una guardia di dugento fanti;
nominare un bargello ben gagliardo con cento uomini a piedi
e a cavallo, « da batter tutti senza rispetto.... con il bello
« bastone, e non permettere che alcuno alzi la testa ». In-

-sSisteva per Braccio, l unico uomo a proposito e necessario,

« maxime sendo egli persona confidente e da non uscir mai

« dalla volontà delli Padroni, et homo de bona natura, libero,

« e da fargli fare ciò che altri vorrà, e per essere, nella
-« città, assai amato, per non haverci mai fatto male alcuno:
« e quando se ne risolvessino, se gli potrebbe dare, che gli

« stesse continuamente appresso qualcuno da bene ». Braccio

era l'uomo di buona pasta; anche a buttarlo nel fuoco, se
ne stava. Non era intraprendente, e quindi avrebbe dovuto
mettersi a fianco col Vicelegato qualcun altro: « Poiché non
« é atto a fare (diceva Gaspare Marchese), dovria sapersi
« accomodare e addestrasi.., maxime in questi tempi ». E di

fatti lo fecero alleare con Ermanno, animoso e gagliardo,

quale era. « Poiché il Cardinale par che si risolva che s’habbi
«a star forte (così Gaspare) hor bisogna che il signor
« Braccio mostri il valore e virtù sua; . . . . , havendo una



^

grossa e fidata guardia, e per amici Urbino, Camerino,
« Firenze etc. e li inimici, sono debolissimi e senza capo
« d'importanza, non essendoci hor né Malatesta, né Horazio,
« et essendoci quelle madonne, che per benefizio potranno
« moderar, persuase e consigliate da V. S., ogni volta che la

-« Staffa con questi altri si uniscono bene con il sig. Braccio ».

Al Cardinale andò tutto a verso. Ai 7 gennaio 1534
sanzionó lo sfratto de' Montemelini e degli Staffeschi, salvo
Ermanno, alleato a Braccio ; ai Montemelini, che avevano dato
addosso alla corte del bargello, incamerare i beni, cercare
di arrestarli; disdire tutti i salvacondotti a quelli che non

pr
A

LA LEGAZIONE DEL CARD. IPPOLITO DE’ MEDICI NELL’ UMBRIA 519

avevano pace con parenti. Appresso, il Vicelegato voleva
anche di più: « Gastigar Galeazzo Baglioni e tutti gli al-
« tri inobbedienti e condannati; e per niente si vorrebbe
« mancare di dare una rigorosa punizione a quel ghiotto

.« di Giovan Francesco Montemelino, ordinatore e preci-

« pua causa di quanti mali sono stati fatti in questa città,
« da quattro o cinque mesi in qua; e sopratutto sarebbe
« bene (havendolo dichiarato ribelle e confiscati tutti i suoi
« beni alla Camera) che se gli levasse quel che il Cardi-
« nale gli ha dato, e che se ne potrebbe poi gratificare
« una qualche persona che lo meritasse; e per quanto mi
« viene riferito sono beni di valuta di diecimila scudi ...».

Non la pensava male; poiché le cose sempre più s'in-
torbidavano. I banditi rincasavano. Una notte si scontrarono
con una compagnia del bargello e si misero a gridare: Fuora,
fuora! Aiuto, aiuto! I Baldeschi corsero con le armi inna-
state. La corte si ritirò verso il palazzo. Al rumore i Priori
saltarono giù con lumi e armi. Rientrò pure Annibale Bal-
deschi con donna Marsilia, moglie di Braccio. Questi però
non fece ritorno prima del venerdì santo. In detto giorno,
l’Auditore scriveva al Vicelegato cosi: « Se ne ritorna il no-
« stro signor Braccio con ordine di stare in Perugia quanto
« piacerà e parerà a V. S. che sia il bisogno e servizio del
« Rev.mo et Ill.mo signor Padrone; nè il prefato signore si
« partirà da la obedienza di quella, e tanto farà quanto V. S.
« gli ordinerà che faccia. Ma è bene necessario che V. S.
« come creatura sua, l’ habbi per raccomandato ; e non guardi
« a molte frascherie passate; anzi lo governi et indirizzi,
« come meglio parerà a lei; e dello stare suo in Perugia, a
« me piacerebbe più che non che egli stesse nel contado;
« intendo continuamente.... Il Rev.mo et Ill.mo signor Pa-
« drone è stato contento fare grazia al signor Braccio che
« li Montemelini possano stare in qualche luogo de la Lega-
« tione più vicino a Perugia che si possa; ma faccia.... che
si portino bene ».

x
520 L. FUMI

8 VI. — Caso di Braccio che uccide la moglie e il drudo —

Immunità accordatagli — Suo caso lodato.

Ecco, pertanto, Braccio, che con un Mentore accanto,
ritorna padrone di Perugia, senza molti Staffeschi, Monte-
melini e Baldeschi che lo impaccino per via. Ma ecco pure:

Annibale Baldeschi, il suo genero, che gli si mette a fronte,
e facendo la corte alla moglie, donna Marsilia, gli contamina
il talamo. Braccio lava l' onta col sangue: un delitto orribile.
Uccide donna Marsilia, l’ infedele consorte, e uccide il drudo!

Ci racconta il caso, taciuto dagli storici, monsignor Vi-

celegato con la sua lettera al cardinale de’ Medici, come
appresso :

.R.mo et Ill.mo S.re

IL S.ore Braccio arrivò alla Torre d'Andrea, suo castello, lunedì a
sera; et martedì mi scrisse, facendomi intender la venuta sua; et che,.
fra 3 0 4 giorni, se ne verrebbe in Perugia. Mercoledì, poi, pur alla sera,.
mi mandò el Capitan Napulione con una sua lettera di credenza, sotto
la quale mi disse, ch' il prefato S.ore desiderava, per certo buon rispetto,
ch'io gli havesse scritto, che non dovesse venire in Perugia per un XX
0 XXV giorni anchora, mostrandogli haver di ciò commissione da V. S.
R.ma et Ill.ma; et che, senza nuovo avviso di quella, non dovesse venire
per cosa del mondo, et che fra due o tre giorni sarebbe, di nocte, venuto-
a parlarmi et farmi intendere la causa per la quale havea ciò facto.
La nocte passata, poi, secundo hoggi, al tardi, da alcuni de’ suoi et da
diverse altre persone, che quasi a un tempo medesimo hanno cominciato:
a saperlo, mi è stato facto intendere, che 'l povero S.or Braccio ha am-
mazzato, o facto ammazzare, alla Torre Chiagina, Aniballe Ubaldesco-
suo genero; et poco di poi, venne a fare il medesimo a M.na Marsilia
sua consorte; et la causa lì decti suoi mi dicano essere stata che il pre-
decto Aniballe, senza haver rispecto a l' honore di questo povero S.ore,.
usava con la decta sua Consorte, et che, quasi ogni mocte, se dormiva
Seco.

Del quale caso quanto li amici et servitori di S. S., per il carico et
dishonor di quella, ne habbino preso dispiacere, il lascio giudicare a V. S.
H.ma et I.ma. Benchè io stimi che siano per seguirne infiniti buoni ef-
fecti in. servitio di esso S.ore; et principalmente perchè se potrà pensare:

^...
uM

umm e

LA LEGAZIONE DEL CARD. IPPOLITO DE’ MEDICI NELL’ UMBRIA 521

dargli un' altra moglie, dalla quale habbia a guadagnare et farce qual-
che figliuolo et con essa acquistare anche, oltre la robba, delli parenti et

amici da potersene valere et servire ne’ bisogni.
Et veramente, per le cose di questo stato, io ‘non giudico, nè, veggo

che se possi far meglio che dargli la figliuola maggiore della buona me-

moria del S.or Gentile; chè con essa se gli potrebbe poi dar la cura di

que’ putti et di tutte le cose loro, et darli anche carico che le due altre

figliuole se maritassono a suo modo et a chi piacesse a lui. Et con que-

«sto verrebbe a reunirsi tucta questa banda et depender tucti da esso. Et

in tal caso, forse, che li Staffeschi tanto per il parentado, quanto anche
per la disunione delli Ubaldeschi, se reintegrariano bene seco et gli sa-
rebbono amorevoli et buoni parenti; nà se sdegnarebbono tenerlo per capo
et per maggiore, et dependere da lui, et correre sempre una medesima

y

fortuna con esso. Et quando con questo mezo se potessino rappaciare et

riunire insieme, et che eglino volessino un poco humiliarsi et non fare

tanto il grande et il superbo (con li quali termini se hanno perso l’amore
di tucta questa città, chè anchora li più strecti parenti che habbino ne
parlano et lo hanno a sdegno et per male), giudicherei che fussi buon'opera
et molto a proposito per ognuno. Onde V. S. R.ma et Ill.ma potrà pen-
sare et farne, quanto più presto sia possibile, quella resolutione che me-
glio le parerà: ché dal S or Braccio potrà sempre promettersi quanto
piacerà a lui, et far disegno mecterlo et collocarlo dove più le sarà ser-
vitio; chè se 'L buttasse nel foco, ce starà sempre volentieri, senza una
replica al mondo.

Giudico sia anche bene di pensare, poichè il S.or Braccio ha messo
mano al sangue Ubaldesco (per essere una famiglia la più insolente,
maligna et senza fede che sia in tucta questa valle), de perseguitarli tucti,
per li peccati vecchi et nuovi che hanno adosso et consumarli con la giu-
stizia, che molto bene et facilissimamente se potrà mettere in executione,
senza fargli un pelo di torto; et a un tempo medesimo se verrà a sodi-
sfare alla giuztizia, alla sicurtà et servitio del prefato S.or Braccio et
alla quiete et contento di tucta la città...... : >

Havendo sino a quest’ hora, che sono le 3 di mocte sonate, scripto
tucto il di sopra, andando il Bargello alla cerca, come in ogni nocte, se
è scontrato in piazza con certi di questi Ubaldeschi che erano tucti ar-
mati, et venendo il Bargello alle mani con essi, ne ha preso uno, che è
quel Cesare fratello di Aniballe, homicida et condennato in pena del capo.
At quale, poi che tra essi et il. S.or Braccio sono successi li casi che di
sopra ho decto, stimando che a quella sia. per sodisfare non meno che
al prefato S.or Braccio et alla città, senza mectere molto tempo in mezzo,
examinato che è stato et confessato, ho facto mozzare la testa, et di mat-
L. FUMI

tina lo farò mecttere in piazza et lo farò stare tucto il giorno, per timore

delli tristi, honore dell’ officio et della giustizia, et per sodisfactione e -
_ contento di tucta la città.

P. S. — Havendo indusciato a espedire il cavallaro sino a stamani,
è comparsa l’ alligata di quel poverino del S.or Braccio, del tenore che
Lei vedrà. Però, anchor che io pensi non esser necessario raccomandar le

cose sue a V. S. R.ma et Ill.ma, sapendo quanto ella U' ami et lo habbi

a cuore, non di meno, se cosa alcuna se può aggiungere al buono animo
suo, gli supplico devotissimamente che se degni haverlo più che mai rac-
comandato et in protectione; chè, certo, il caso merita che se gli habbia
compassione; et ne ha acquistato laude, commendatione et gloria presso a
ogni persona, et la città desiderarebbe che se si tornasse et stesse qui li-
bera et sicurissimamente, et che fussi riconosciuto et premiato di tanta
buona opera quanto ha facta, maxime contra questi Ubaldeschi odiati
da tucto il mondo.... et tanto più quanto Aniballe per li demeriti suoi
et per li homicidii da lui altre volte commessi poterat im pune
offendi et occideri.... Di Perugia alli XIJ di aprile 1534 a
hore 16.

Un Vescovo, come il Filonardi, che scrive ad un Arcive-
scovo e Cardinale di questo caso con tali parole, taglia ai più
volenterosi l' ultimo filo di coraggio per seguirlo nella laude,
nella commendatione e nella gloria. Ma così erano fatti quei
tempi! Speriamo che i posteri possano dire di noi che fummo
migliori! Intanto, Braccio, assente da Perugia, ebbe s 'aligiata
tutta la casa, per rappresaglia, dai Baldeschi; né egli si fi-
dava di stare in luogo che fosse. Lo rassicuró il Legato, ac-
cordandogli l'immunità. L'auditore così scrisse ai 28 d' aprile
al Filonardi: « Piace-al Re.mo et Ill.mo Padrone che, vo-
« lendo, il Signor Braccio possa stare et andare dove meglio
« gli torna comodo; o a Perugia o nel Perugino, dove più
« sì contenta V. S. Vuol che quella gli faccia animo, e che
« non pensi a questa cosa, come se mai non l’ avesse fatta ».
Ma sembró piü prudente farlo rimanere ancora nel Peru-
gino, che andare in Perugia. Eppure in Perugia era desi-
derato: coi Della Staffa, stretto l accordo, s'era messo di-
remmo, al medesimo scotto. Un'altra sposa già lo attendeva.
Lo aspettavano tutti spasimando, apparecchiati a riceverlo

nat
mx —

LA LEGAZIONE DEL CARD. IPPOLITO DE’ MEDICI NELL’ UMBRIA 523

come un trionfatore; chè i comuni emuli de’ Baglioni e de-

gli Staffa, cioè i Baldeschi, erano abbassati, spiati e presi
al laccio dal Vicelegato, il quale in una lettera da Foligno,

del 6 maggio, a messer Andrea, famigliare del Cardinale,

così dice: « Questo caso (di Braccio) è tanto piaciuto a tutta
« la città, e l'ha messa in tanta quiete, che impossibile saria
« che io esprimere e voi pensare potessi più: e ognuno de-
« sidera la tornata sua in Perugia per poterlo honorare e
« servire, et quodammodo adhorare! Et io, anche per questo,
« e per molti altri rispetti, ho desiderato e desidero il me-
« desimo; ma, sino a qui, non ho potuto in modo alcuno
« farcelo venire, se non in una sera, di notte... Messer Ar-
« manno et Anniballe della Staffa..... vorrieno..... se risolvesse
« presto a ripigliar moglie...., e la figlia del Signor Gentile
« (Baglioni)..... Io non manco tener continuamente buone spie
« dietro alli Baldeschi, per farne dare qualcun altro nella
« rete; e spero, in ogni modo, che, per li peccati loro, mi

« verrà fatto d'haverne, un giorno, qualcuno in mano; et

« alla tornata mia in Perugia, voglio metter mano alli lor
« beni ».

UN

sere richiamato.

Se a Perugia pareva rientrare, dopo l'uccisione di An-
nibale Baldeschi, la quiete, le medesime illusioni non si po-
tevano avere per le altri parti della Legazione. Nella vicina
Assisi, Marco da Urbino teneva l'ufficio di Governatore per

accrescere, non per diminuire rivalità de' Fiumi con Nepis.

Marco si spacciava di sangue principesco; si faceva favorito
e parente del Legato, nati, ambedue, illegittimi, in Urbino..
Il Filonardi scoprì che egli se la intendeva co’ Malatestiani,
massime con donna Francesca, nonchè co' Baldeschi. « Cose
diaboliche!» esclamava. I Perugini ne erano inquietissimi. Poco

VII. — Condizioni della Legazione in Assisi, Spello, Gualdo,.
Terni, Todi, Foligno e Spoleto — Vicelegato chiede di es-

PR a TRI OO ie Pi
tc INI SHE APE SXXLS P SII

L. FUMI

mancó non corressero armati sopra Assisi, perché, un giorno,
il Governatore e un suo fratello con due de’ Priori si get-
tarono con le armi sulla compagnia della corte del Vice-
legato, che aveva acchiappato due banditi di Petrignano, per
liberarli dalle mani degli scalchi. Di combattere apertamente

‘Cesare Fiumi, conte di Sterpeto, che godeva molte aderenze,

il Vicelegato non sapeva decidersi. Ascanio lo consigliava
« a levargli, se non altro, per hora, almeno le entrate del
« presente anno; ma di Sterpeto non ci fidiamo che nostro
« Signore non facesse rumore; però ci bisogna fare a poco
« poco; e quanto si differirà, sarà tanto meglio, per dargli
« poi la stretta a punto nel recolto ».

Spello era ricetto di malviventi che vi gavazzavano al-
legramente. Il Bargello dovette muover contro la terra, come
ad una conquista; e la ‘occupò con lo sforzo di un’impresa
militare; tanto che i buoni Spellani furono solleciti a man-

«dare ambasciatori al Vicelegato per protestare la loro obbe-
dienza, come avrebbe fatto un popolo debellato; e resero

« infinite grazie » al Papa e al Cardinale per averli liberati
« da' tristi e discoli di quella terra ». Ma questi, prima che
il Bargello entrasse, se l'erano svignata.

L'impresa di Gualdo ritardó per i disordini di Perugia.
In quella terra, il cardinale di Monte avea signoria. Ma l’ ebbe
rilasciata, perché vi si erano annidati i « tristi ». Egli era
stato oggetto d'ammirazione, perché ve li teneva e favoriva,
quasi si prestasse al giuoco de' Malatestiani; « cosa disone-
stissima e molto brutta », notava il Vicelegato. Si vedevano
spesso andare travestiti a Cannara, a parlare a madonna
Francesca, e spesso anche abboccarsi con quei fuorusciti che
si riducevano a Valfabbrica, castello del duca d’ Urbino.

‘Sempre andavano facendo nuove pratiche e trattavano nuove

insidie. Il vescovo di Nocera, che aveva Gualdo nella dio-
cesi, strapazzato dal cardinale di Monte per tutto il tempo
che n'era stato padrone, andò in giolito per la ricupera della
terra al Legato, e, tutto Medici, come egli era, gli rinunziava
LA LEGAZIONE DEL CARD. IPPOLITO DE’ MEDICI NELL’ UMBRIA - 525

il suo vescovado, contentissimo di scambiarlo col’ governo
della rocca di Gualdo, tanto che si affrettò di metterci su-
bito « molte palle et insegne della casa ».

‘A Terni, molti disordini: un attentato con ferite al Iuo-
gotenente della Legazione; Banderai e Governatore, fra loro,

diffidenti; il Deputato de’ malefizi, d'accordo con quelli, ne

spendeva i proventi, non per pagare il Bargello, come do-
veva, ma per goderseli con loro. Il Legato tolse al Deputato
l'uso di quei proventi; non si poterono più erogare, se non
con mandato del Governatore, per pagare il Bargello con
dieci o dodici fanti: l’avanzo doveva andare per finire il pa-
lazzo di città, residenza del Governatore stesso. Impose si-
curtà di buona condotta a molti turbolenti con la sorve-
elianza. I più pericolosi confinó. Obbligó i Banderai a dar
‘auzione per mille ducati. Con tutto questo, ivi seguitossi a

vivere « assai disonestamente: vi stanno (si diceva) quanti:

« banditi sono in quel paese; e quello che ammazzoó P altro
« di quel Giulio, vi sta pubblicamente...., oltre che quello, il
« quale dette delle ferite al Luogotenente, vi sta ancor senza
« rispetto ». Il Governatore non teneva la sua residenza in
città; il Papa, quando lo seppe, fece « il diavolo », per que-
sto; e lo levò.

A Todi, i banditi, assoldati alquanti Corsi del conte di

Pitigliano, si fecero forti dentro una torre. Il Vicelegato, in
persona, li strinse d'assedio con l'artiglieria. Mandò per due
mezzi cannoni ai Priori di Perugia. Non volevano darli senza
sicurtà, perché così per decreto del Consiglio. Gli Auditori
del Vicelegato replicarono: — I superiori non sono sottoposti
ai vostri decreti! — « Per non discuter più con la ignoranza
« (dice il Vicelegato) e, forse, malignità loro, ché, per la
« grazia di Dio, non ci trovo homo, dal signor Braccio in
« poi, di chi, a un punto preso, Vostra Signoria Ilma e
« Re.ma si possa valere e servire », furono trovate e date le
sicurtà ai Priori. I capi briganti, per non farsi tutti impic-
care, capitolarono, dopo qualche giorno. La torre fu diroc-

34
526 L. FUMI

cata. Il medesimo giuoco voleva fare di tutti i luoghi forti
del contado. Propose una nuova elezione de’ caporioni di Todi.
Il Canigiani immaginò la riforma in questi termini: squittinio
di circa 70 uomini, nominati, per un terzo, dal Governatore,

. il resto dal Consiglio. Avvenuto lo squittinio, dare autorità

a quattro cittadini, due de’ quali fossero a modo del Gover-
natore, per fare con questi la pa//lotta, da cavarsi ogni sei
mesi. Ma quel Governatore non era, lui stesso, uomo a modo.
Ve ne stava uno messo da messer Claudio Tolomei; persona
(dicevasi) da non attendere « ad altro che ad imborsarsi, per
« ogni via che può, denari, senza punto guardare all’ utile
« et honore del Padrone, e per uno scudo che se metta lui
« in borsa, ne dannifica al Cardinale un centinaro ».

A Foligno, il marchese degli Elmi fu tacciato d'avere
avuto mano nelle novità di Camerino. Sisa che Mattia Varano,
pretendente a quello stato, « all'improvviso (dice I' Ugolini),
« con molti forusciti, facesse prigione la vedova duchessa Ca-
« terina; e siccome la figlia era nella rocca, condusse la madre
« sotto le mura di essa, minaeciandola di morte, se non co-

«

^

mandasse al capitano, custode di essa rocca, di conse-
« gnare la principessa ivi racchiusa: ma la fortissima donna,
« sprezzando la vita, si ricusó. Or, mentre Mattia usciva dalla
« Città, fu assalito dal popolo sollevato, e costretto a salvarsi,
« consegnando la donna a Ceccotto della Struccia, il quale,
« chiesto ed ottenuto il perdono da lei, libera la lasciò ».
Per complicità in questi fatti, un fratello del marchese, di
nome Ludovico, fu imprigionato e sottoposto alla tortura. I
muratori cominciavano a demolirne il palazzo in Foligno. I
parenti protestarono pei diritti che vi avevano sopra.
Grave briga si accese con Spoleto, per alcuni castelli di
sua giurisdizione contesi da Norcia e Cascia. In antico, ap-
partennero a Cascia. Il Papa, dopo il sacco di Roma, li die
a Spoleto, che per valersi della concessione, fu costretta a
muovere ostilmente e assediarli. Ma, per gli uffici del duca
Alessandro de' Medici, s'indusse a rilasciarli in mano del
oe spa

LA LEGAZIONE DEL CARD. IPPOLITO DE’ MEDICI NELL’ UMBRIA 527

Vicelegato. Questi intendeva di tenerli in sequestro, come
cose di litigio, e diceva: Non sono di Spoleto! La cosa ebbe
un lungo strascico, senza che nemmeno le buone disposizioni
del Legato valessero a darvi un termine. I Priori spoletini
se ne risentirono in una lettera, dove rimproverarono al Fi-
lonardi di « favorire il torto e Cascia »; di offendere la giu-
stizia e Spoleto....: « in cambio di rilasciar li prigioni, li ha
« ristretti in ceppi e perseverato di tormentarli tanto, che uno
« sì è espirato per questa via... ». Ancor più libere parole gli
rivolsero, dicendo: « Quanto era più conveniente a Lei non
« ne voler più che il padrone e la giustizia, e non si met-
« tere, fra Spoleto e Cascia, se non in bene, come scrive il
« Rev.mo Legato, che offenderci di questa sorte! Chè,
« oltre non pensiamo ne guadagni cosa alcuna, se ne scrive
« di qualche scandalo che si prepara. Lei, per. esserne causa,
« ne porterà il biasimo.... Pure, Lei farà quel che li pare, e
« noi faremo, hormai, il debito nostro ».

Si comincia a conoscere dagli atti del Filonardi la sua
natura di uomo duro e con tendenza molta all’ arbitrio. Ciò
interessa rilevare. Se a Firenze il legato Passerini era rim-
proverato dello stesso difetto, al Filonardi che gli fu segre
tario, deve accagionarsi una buona parte delle colpe di quella
politica. Più i mesi passavano, e meno otteneva la quiete
degli animi. Inaspriva Priori sì di Perugia, come di Spoleto:
disgustava tutti gli altri luoghi: egli riscuoteva i balzelli non
per altra via, « se non per mera e viva forza ». Si diceva
che tirasse anche a far per sè, come interessato che egli
era. A Roma arrivavano reclami contro di lui; e finirono
per suonar male alla corte del Papa. Eccone, in prova, una
lettera, scrittagli da Ascanio:

Reverendo Mons. etc...... Monsignor mio, io non posso star fermo

A 5e

quando intendo cosa che non piaccia di V. S.; avenga che quando io ne

mancasse, sarei traditore di me stesso; e Dio voglia che in bene gli venga
occasione valerse di me, et quanto ho al mondo; ch'io gli demo-
528 L. FUMI

strarò, se mai recuserò, in correre la medesima fortuna del mio Ve-
scovo di Terracina. Ma lasciate le cerimonie, le dico, come l'altro ‘dì il
Re.mo et Ill.yso nostro parlò meco d'un certo modo come se 'l havesse
qualche sinistra informazione de’ casi suoi, et come che s'ella avanzasse
troppo, et che li. suoi ministri attendevano troppo al guadagno etc.....
Pensi che queste cose S. S. He.ma et Ill.ma non se le sogna. Et più mi
disse, che gli era stato detto ch’ ambedue ce accordavamo insieme, et con
noi nessuno si assicurava poi parlare..... Mi dette ancora un motto del-
l’Auditore suo, dicendo, che ne havea molte querele: et in questo disse
assai; et de diversi luoghi ne sento molto mormorare. Et in questo pensi
pur che non mancano lingue, quale, sotto questo colore, non sappiano
poi dire la parte loro di V. S. ancora..... All Auditore è molto necessa-
rio provedere..... Roma XIIIJ di Giugno 1534.
‘Ascanio Veterano.

Anche altri avvisi gli vennero, pur da Roma; onde egli
stesso ebbe cosi a riferire: « Io sono stato avvisato da Roma
« che il magnifico messer Domenico Canigiani (parlandosi
« de" casi miei) hebbe a dire, che di me s' era avuto cattiva
« relatione, e che io non attendevo ad altro che a menare
« molto bene le mani e à rubare: e che per un carlino che
« jo faceva entrare in Camera, sottomano ne metteva dui
« in borsa mia; che il medesimo facevano tutti i miei ».
Si lagnó del Canigiani, come avesse « cercato di gravarlo e
« dargli imputazione e.carico presso il Cardinale ». Esibiva i
suoi conti. Mostrava di aver riscosso e mandato al Cardinale
1500 scudi; 100 piü de' malefizi, e di averne spesi altri 3000
‘per il bargello. A chi, per la casa del Cardinale, picchiava
continuo à danari, rispondeva: « Lo so, pur troppo, che sa-

«

^

rebbe necessario che havessimo non pur qualche scudo,
« ma un palazzo pieno, per supplire alli bisogni di casa; e
« forse anche non basteriano. E Dio sa se io ho dispiacere
« vedere il bisogno del Padrone e non poterlo aiutare! Per-
« ché, come tante volte ho detto e scritto, Sua Signoria Re.ma
et Ill.ma non si ha serbato, in questa Legazione, altro che
le fatiche et il pensiero di governarla, e 4 quattrini di
emolumenti che rende la cancelleria. Li malefizii con fa-

«

^

«

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«

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4 A ,@ *
vat : nata

fa: LA LEGAZIONE DEL CARD. IPPOLITO DE’ MEDICI NELL’ UMBRIA 529

É « ticha suppliscono alla manutenzione del Bargello, per il
| « quale ci vogliono meglio di 300 ducati al mese; e questi

« Si cavono solamente di Perugia e del contado, e qualche

« cosa di Foligno e d'Assisi ». Si giustificava dell’ addebito,
, che eli faceva il cardinale di Trani, di essersi appropriato,

per la Camera della Legazione, le rendite dei malefizi di Mon-

tefalco spettanti a lui. Si giustificava pure della taccia di du-
| rezza e di parzialità, rispondendo al Canigiani: « Quelli che
« la S. V. mi scrive, che si dolgano che da me non possono
« haver grazia alcuna (chè se io volessi, in tutto, far a lor
« modo, vi so dire che l’ andrebbe tanto bene che essi ha-
« rebbono la borsa piena, e quella della Camera e del Car-
« dinale resterebbe vuota, e il Bargello, a nostra posta, si
« potrebbe licenziare....), quante grazie si fanno in questo pa-
« lazzo, tutte si fanno per loro mezzo; dico di quelli che si
« dolgono, che sono li Staffeschi, e ne guadagnano essi più
« Che non fa la Camera. Et io ne sono imputato grande-

E nir em atl P d e ou ao TL)

« demente e ne porto carico » !

I torbidi delle fazioni, l’ atteggiamento de’ Perugini, le
brighe da per tutto, e, per giunta, i rimproveri de’. « Pa-
droni » strapparono malinconicamente al Filonardi parole di

rammarico e desideri che fanno ricordare lo stato d’ animo
in che già si trovò suo zio Ennio, quando ivi rivestiva la
stessa sua carica: « Se il Re.mo et Ill.mo Padrone si risol-
« vesse, da settembre in là, levarmi da questo inferno e
« ritirarmi in Roma senza alcuno carico, chiarito, però

« prima, delli portamenti miei, e se io ho governato inte-
| « gralmente, certo io ne resterei a quella con maggior ob-
« bligo, che non farei se mi donasse una Badia di 200 scudi
« d'entrata l’anno.....j e la certifico, che la potrà mettermi,
« à suo piacere, il basto..... Io mi contento molto più star
b « senza pensiero, et esser libero da poter, qualche volta,
| « visitare la chiesa e riveder le cose mie, per esser, come
« sono, solo, che haver cura, né carico di governare cose

—M

m7 n > L: — ——
530 L. FUMI

« d'altri; nelle quali non veggo che si possi acquistare che
« infamia e biasimo, tenendosi più conto e prestandosi più
« fede a maligni e bugiardi, che a homini da bene e fedeli
« servitori, come sono io »..... Questo scriveva il 22 giugno
1534 al Canigiani, quasi presago che, da settembre in là,.i
suoi giorni sarebbero contati. Poco appresso, il 30 dello stesso
mese di giugno, ne scrisse anche ad Ascanio....: « Mi si con-
« ceda, che me possi levare di questo inferno e tornarmene
« ai servizi di sua Signoria Re.ma et Ill.ma o dove più le

« piacerà: perchè qui, oltre a molti rispetti e cause, che vo-

« gliono che io non ci debba star più, l' aere mi è tanto per-
« nicioso e contrario, che s' io v' entro nella vernata, dubito

<

^

che causerà la ruina mia. Sicché, per ogni rispetto, desi-
dero levarmi di qui ».
E al'suo Gaspare dispiaceva assai che egli si dovesse

^

proprio trovarli. Da Roma gli scriveva: « Dio ci aiuti »!
Perché con quel Dio ci aiuti, voleva dire che un caso occorso
in Roma al Governatore fece trepidare, allora, per il Vice-
legato di Perugia. Anche a Roma brighe, rivalità e vendette
di parenti. Gaspare gli scriveva di un fatto di sangue che
aveva funestato casa della Valle. Ottaviano aveva ammaz-
zato il signor Fabrizio, « il quale havendo havuto per male
« che il Re.mo della Valle havesse rinunziato un’ abbazzia al
« figlio del detto Ottaviano, se ne dolse e venne a parole con
« sua Signoria Re.ma e, in ultimo, si sbracò e mostrògli
« quanto .O. haveva. Onde, il prefato Ottaviano, questa mat-
« tina gli ha fatto la festa ». E il giorno dopo che fu scritta
questa lettera, cioè ai 14 aprile 1554), la festa poco mancò
non si facesse anche al Governatore sulle vie stesse di
Roma. « Il Governatore (così scrisse ser Gaspare) andando
« alla visita in Campidoglio e uscendo dalla Minerva, è stato
« affrontato dal signor Giuliano Cesarini e dal fratello del si-
« gnor Ascanio, quel bastardo, con otto o dieci cavalli; e

« l hanno voluto ammazzare: ché si può dire che I' habbiano
« ammazzato, sì ben non è finito di morire; e qualcun vuole

LT Lo amo S ee" ss,

e to ed x IRE

T Rams

LA LEGAZIONE DEL CARD. IPPOLITO DE’ MEDICI NELL’ UMBRIA 5831

« che non muoia; ma ha molte ferite e accettate in capo e
« altrove; tagliata una mano netta, in presenza, si può dire,
« del Papa. La causa [pare] sia vecchia: ma non la so ».

Ce la dice, peraltro, il diarista romano Marcello Alberini,

scrittore poco noto, i ricordi del quale sono stati di recente
pubblicati dal signor Orano nell’ Archivio della R. Società
Romana di storia patria (vol. XVIII, 583). Il Cesarini, con-
faloniere di Roma, era stato dipinto, come colpevole, sopra
una finestra a croce del torrione verso Aracoeli, in Campi-
doglio, perchè fu trovato con l arme indosso, dal Bargello,
presente Magalotto governatore e molti gentiluomini, in con-
travvenzione ai bandi. Egli per vendicarsene, assali il Gover-
natore nella strada della Pellicceria, e incalzandolo fino alla
Rotonda, lo ferì gravemente e gli tagliò una mano. Trepidando,
dunque, Gaspare per monsignor Cinzio, soggiungeva consi-
gliandogli la prudenza, e di non andare indifeso, e di cercare
di venirsene via: « Mi ha fatto spaventare e pensar subito
« alli casi di Vostra Rev.da Signoria, e che cosa è ritrovarsi
« in offizî massimi. E se non se ne fa crudel dimostratione,

‘« Sj darà esempio a molti di fare. Però volentieri che lei

« non havessi bisogno di stare in Perugia! Onde la conforto
« a portarsi con quella prudenza che li par che questi tempi
« ricerchino; e che attenda, meglio che può, a mettersi qual.
« Che cosa sotto, e risolversi più honoratamente che può,
« perchè, sin qui, potrà sempre partirsi con honor suo.... ».

Quest’ ultima espressione di uno scrittore di brevi presso
il segretario del Papa poteva valere per un invito dall alto.
Poichè si sapeva che il Filonardi era odiato, in Perugia,
ed era causa di far odiare il Cardinale. Quel disordine
continuo fomentato dai Della Staffa e dai Baldeschi e non
saputo mai reprimere, stancava i piü pazienti. Dopo un
riposo che si otteneva dagli uni, ricominciava il da fare
per gli altri. Da ultimo, era la volta dei Montemelini, di-
venuti sempre più arditi. Il Vicelegato così scriveva di
loro al Cardinale, dopo avere esclamato alla loro temerità ed
L. FUMI

insolenza: « Hanno fatto e fanno continuamente disonestà ‘

« Che ne l'inferno sarebbero brutte, e sono causa che a la
« S. V. Re.ma et Ill.ma si porta un odio grandissimo da tutti
« li homini da bene della città, ché, invero, me ne crepa il
« cuore; et il povero signor Braccio se ne dà al diavolo, e
« vorrebbe hormai che fussino impiccati; tanto gli sono ve-
« nuti, per la mala vita loro, a noia et in fastidio ».

Anche lui li avrebbe impiccati tutti volentieri, ma, troppo
ingenuo, attendeva il permesso da Roma. Altra volta era
Roma, invece, che lo spingeva, e lo esortava a severità, per
dare un esempio agli altri:

^

Poiché Sua Signoria Re.ma è deliberata così, V. S. faccia sforzo di

farne dare uno nel gabbione. Potrebbemi dire: — Io non ho forze da
poterlo fare. — Et io li rispondo, che se la non le ha, la le provveda.

E metta dietro al Bargello e X e XX cavalli da vantaggio, e fanti quanti
li paiono sufficienti a potere fare le esecuzioni; e la spesa la metta ad-
dosso dove la merita d' essere messa, distribuendola per rata.... E se que-
sto sì fa, V. S., vedrà, non si troverà fatica a ridurre le cose a buon
termine. Bisogna, Monsignor mio, che V. S. non si lasci cavalcare; poi
che la vede che la mente del Cardinale è che la tenga il grado suo, il
quale, in ogni modo, è bene tenere; perchè senza reputazione, non si con-
duce nulla....

Il Cardinale, quando ne sentiva delle belle sul conto di
Perugia, esclamava: « Sonno de l’ opere, quali sanno fare i
Perugini ». E gli faceva scrivere: « Se la gli può havere
« nelle mani, la sa quanto l'ha da fare!» L'Agente gene-
rale della Legazione, a proposito delle bravate che facevansi
a Perugia dai faziosi, diceva: « Piü presto vorrei cascar
« morto, o essere estinto da artiglieria, o morir per morsico
« di ranocchia . . . . », che non dar quel castigo che me-
ritano. E non voleva che piü avesse a scriverne; « perché
« & Lei Sua Signoria Re.ma in tutto e per tutto se ne ri-
«mette; ma advertisca a non movere scacco, che potesse
« far romore, senza frutto; ma ordinar le cose di sorte, da
« riuscire, per non perdere la reputazione affatto ».
cia T as

LA LEGAZIONE DEL CARD. IPPOLITO DE’ MEDICI NELL’ UMBRIA 533 '

8 VIII. — Clemente VII e Galeazzo Baglioni — Stato de" Ma-
latestiani soggettato alla Legazione — Bettona chiede d' es-
sere incorporata.

Ritorniamo ai forusciti.

Galeazzo Baglioni, dopo le cose di Bettona e di Peru-
gia, era stato condannato ai confini per quattro mesi e a
dare ostaggio l'unico suo figliuolo in mano del cardinal
Farnese o del duca di Urbino. Ma egli non ne aveva fatto
nulla. Il Vicelegato formò il processo e lo mandò a Roma.
Domenico Canigiani lo portò al Papa, che non lo volle
vedere; ma se ne fece dire il contenuto succintamente.
Di questo Galeazzo dicevasi: « Veda se può farsi, in quelle
« parti, bucata, che lui non vi habbi almeno un par di
« brache! ». Galeazzo chiedeva un’ assoluzione per sé, per la
moglie, per i suoi vassalli e servitori: chiedeva di potere
stare in Parrano a godere le cose sue; obbligandosi di non
aecostarsi a Perugia, fino a quattro miglia; di non ricettare
processati, banditi, ovvero interessati con la corte di Perugia;
ma di mandarli via subito, e d' aiutare e favorire la corte.
Il Papa, dopo aver discorso di tutto a lungo, risolse di non
molestarlo altrimenti, contentandosi di ottenerne sicurtà di
ben vivere. La quale condiscendenza non andava punto a
sangue del Veterano che ebbe a scrivere: « Tutto mi pare
« che si facci per assicurare costui, et vedere se in qualche
modo, come alquanto si fosse assicurato, se se gli puó dar
le mani addosso, benché anchor a questo habbi replicato
che l'é volpe vecchia e che se piglierà questi a buon conto,
et domane, venendo occasione, si spenderanno in deservitio
et danno di SS. Ill.ma et casa sua; né con tutto il mio re-
plicare si è potuto in modo alcuno devertire tal voluntà.... ».
E i fatti di due mesi appresso dettero subito ragione al Ve-
terano. La « volpe vecchia » non aveva cangiato il suo pelo.
Clemente VII si rivela sempre non solo temporeggiatore
(cunctator maximus, dicevano gli inglesi), ma spesso benevolo coi

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2594 SII. FUMI

più scaltri. Anche cogli interni di Perugia si mostrò indulgente ;
e quanti s'era, dapprima, deliberato di mandare a confine, poi
si decise, rispetto alle qualità loro, di tollerarli ancora. I Ma-
latestiani dovettero profittare di queste buone disposizioni
d'animo del Papa per trarlo a sé. Si diceva che Girolamo
Comitoli, negoziatore per essi, fosse andato, vestito da ere-
mita o da pellegrino, in Roma, e fosse penetrato così dal
Papa, per mezzo di un cameriere di palazzo. Tutte le pra-
tiche facevano capo al vescovo di Cesena. Madonna Monal-
desca si dava attorno, e in Lombardia, e nel paese, e con
Galeazzo, e in Roma. Tratteneva tutti eli amici della fazione,
e specialmente gli Elmi di Foligno, coi quali si dimostrava
molto intima. Ma non riuscirono ad impedire la pubblicazione
del breve, che ritoglieva ai Malatestiani lo stato. Il Papa
rimetteva. sotto la Legazione Bevagna, Limisano, Castel-
buono e le altre terre, date già a Malatesta, che dopo di lui
dovevano ricadere al figlio Rodolfo e al nepote Giampaolo.
Il cardinal de’ Medici rivendicò per sé le regalie del Chiusi e
12 pedate del lago, che aveva avute dal Papa con tutto il Chiusi,
già pertinenza di Malatesta. Uno speciale Commissario, Agamen-
none (degli Arcipreti, forse) egli spedi per questo nell’ Umbria.
Il Filonardi, che sperava esser da lui levato « d’inferno », lo ac-
colse a gala, e così ne scrisse, in data 14 giugno, ad Ascanio:

Il nostro messer Agamennone hieri comparse, e se gli è dato il luogo;
e subito cominciò a lavorare. Piacemi, e di presenza e di loquela e di
tutto; e ne sto molto riposato; perchè mi leverà di molte fatiche, e io
sarò più libero di potere attendere meglio alle altre occurrenzie dell'offi-
cio, importanti allo stato; benchè, hormai, il mal vivere di queste bri-
gate mi sia venuto tanto in odio, che, a dire il vero, non possa più tol-
lerarlo, e mi par di vivere ne l' inferno. Vorrei procurassi tutti [i modi],
che, con buona grazia del R.mo et Ill.mo Padrone, io me ne potessi tor-
nare a servirla costi, e qui venisse o vostra Signoria, o qualcun altro
più fresco e gagliardo, da poter meglio sopportare queste fatiche.

Ma non fu un compito facile per il Commissario. Beva-
gna, Limisiano e Castelbuono erano già venuti nelle mani

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VOTA

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LA LEGAZIONE DEL CARD. IPPOLITO DE' MEDICI NELL’ UMBRIA 535

del Vicelegato fin dal primo maggio: « e quelli huomini ne
« sono stati tanto contenti e soddisfatti, che pare a tutti essere
« rinati ». Ma gli altri luoghi resistevano. Bisognava conten-
tarsi di prendere quel che si poteva prendere, tanto dagli
agenti di Gentile e di Orazio, quanto da quelli di Malatesta.
Le signore non volevano cedere. Il Papa, inquieto, andava
pensando come poter vincere la resistenza delle disobbedienti,
riprender per forza e senza fatica le loro terre. Un dispaccio,
scritto in cifra dal Cardinale al suo Vicelegato, in data
de’ 2 giugno 1584, diceva così:

Havendo N. S. inteso, Armanno della Staffa dovere venire presto, è
stato causa che non s' è risoluto quanto si habbi a fare in danno loro
(cioè delle Signore). Però sollecitate la venuta sua quanto più presto
che potete, il quale venga bene informato del modo si harebbe a tenere
per condurre il desiderio del Papa a buon fine e le provisioni necessarie
in tal caso. Deró sollecitate presto, presto, presto che il venghi, e bene
informato. Vuole N. S. che avvisiate del modo quale se harebbe a tenere
per pigliare quelle terre per forza, senza suo molto danno, e del tutto
particolarmente ne dobbiate avvisare, chè subito piglieremo risolutione di
quanto si harà da fare, ma si solleciti la venuta di Armanno.

Il Legato prese anche possesso dei beni che furono di
(Girolamo degli Oddi, dal Papa donati ai figli di Gentile Ba-
glioni. Nata differenza con Gianfrancesco da Montemelino, il
Medici li prese in deposito.

Bettona tornò a chiedere di entrare nello stato della Le-
gazione. Così il Vicelegato al Cardinale ai 24 luglio 1534:

La Comunità di Bettona, desiderosa uscire, una volta per sempre,
di travaglio e liberarsi dalle mani dei tiranni, e mettere l'animo in pace
circa il governo loro, si è deliberata mandare a supplicare a Vostra Si-
gnoria, che, attente le tante e giuste cause che ci sono, voglia, per suo
particolare breve, dichiarare la concessione fatta alli Baglioni di quella
terra come spirata e riunirla alla S. V. e conseguentemente alla Lega-
zione; e fatto questo, quelli poveri homini desiderarebbono che Sua Santità
li concedesse in governo perpetuo a V. S. Re.ma et Ill.ma.
536 i i L. FUMI

Ma i Medici tenevano coi Baglioni la politica circo-
spetta del paullatim paullatim. Il Filonardi, compassionando i
Bettonesi, tornò, più tardi, ai 14 ottobre, a raccomandarli;
ma sempre inutilmente: « Havendo e' poveri Bettonesi deli-
berato mandare a Sua Santità per fare l ultimo sforzo con
« quella per mezo di V. S. R.ma esser liberati dalle mani
« de' Baglioni et reintegrati alla Sede Apostofica et tornar sotto
« il Governo della Legatione, come hanno facto li Mevanati,
« li da Castellabuono et quelli di Limisano, ché le medesime
« et piü ragioni militano nelle cose loro, non ho voluto man-
« care raccomandarli ».

«

^

$ IX. — Il Papa ammala — Bollettini — Scorrerie dà Turchi
e richiamo di Braccio a Roma — Morte del Papa.

La malattia del Papa venne a mettere lo scompiglio in
tutto. Lettere di Federico Bontempi, del 25 luglio, da Spo-
leto a Braccio e al capitano Baldassarre annunziarono il pe-
ricolo di un male che era una ricaduta, peggiore di quel
male stesso. Il Vicelegato chiamò subito in Perugia Braccio,
Ermanno e Baldassarre della Staffa per consultarsi. Chiese
al Cardinale denari e vettovaglie. Si raccomandò non levasse
dalla città e provincia amici e confidenti per averli in Roma;
dove poteva sempre contare su i Colonna, sugli Orsini e sui
Savelli, senza bisogno de’ nostri. Pensò di riunire in Perugia
la compagnia militare di Camillo Campagna e spartirla poi
tra Perugia, Assisi e Bettona. Quest’ ultimo luogo bisognava
approviggionarlo. Foligno provvederebbe da sè. Il medesimo
farebbe Todi. Ivi cittadini banditi ebbero licenza di rientrare.
Avvisò il duca di Urbino, la duchessa di Camerino e Ales-
sandro Vitelli a tenersi pronti per aiuto a qualunque bisogno.
Per tenere a freno Galeazzo in Parrano, gli avrebbe spinto
addosso gli Orvietani, quando egli pensasse e facesse segno
di muoversi. Il Cardinale ordinava che si facessero tutte le
provvisioni necessarie non solo per la difesa, e per non farsi

E Liceo
a

LA LEGAZIONE DEL CARD. IPPOLITO DE’ MEDICI NELL’ UMBRIA 537

cacciare, ma anche per offendere i malintenzionati. Faceva

scrivere dal Vicelegato al duca Alessandro de’ Medici di far

le viste di muovere gente al confine, per mettere paura ai
forusciti di Assisi, dove quelli della parte di sopra, che erano

i figli di Galeotto, con quelli di Spello; cominciavano ad at-

facciarsi in quelle montagne; mentre dal lato di Città di Ca-
stello e di Todi si sarebbero provveduti d'un migliaio di
fanti per mandarli a Bettona e ad Assisi. Tutto ciò in pre-
visione della morte del Papa che pareva incombere fra sei
o otto giorni: « Nel qual tempo (scrivevasi il 29 luglio da
« Roma) si pensa far creare otto o dieci, sino a dodici Car-
« dinali a modo di monsignor mio (il Cardinal de’ Medici),
« oltre che Sua Santità par che gli habbi fatto concessione
« in governo perpetuo di Ancona, Fano, Fabriano e di Nepi;
« e si trattava fargli dare anche, con ricompensa, Civita Ca-
« stellana. Par che habbi anche messo in Hostia e Civita-
« vecchia castellani a suo modo, e tiene Bracciano con la
« rocca sotto il suo governo. Di modo che se li Cardinali si
« crearanno a tempo, spero che le cose nostre si fermeranno
« di sorte, che potremo reggere a ogni tempo, e sempre. si
« potrà rompere un bicchiere senza timore di haverlo a
« pagare ». Ei bicchieri convenne pagarli!

Il Comune di Perugia, intanto, per aver denaro alla
mano, mandava Girolamo Vincioli in Firenze a chiedere
al duca Alessandro di far battere in Perugia moneta spic-
ciola, ossia una quantità di grazie chiamate cinquine. Cosi

il duca aveva modo di dare buone speranze, in un biso-

gno, come le davano ora il duca d'Urbino, la duchessa
di Camerino, Alessandro Vitelli, Pier Luigi Farnese, Angelo
degli Azzi di Todi e gli Orvietani. Ma i più pronti a soc-
correre furono la duchessa di Camerino e il duca d' Urbino:
trecento fanti di quest’ultimo facevano per tremila di altre

parti. Si aspettava anche il signor Pirro Colonna per unirlo ai

‘apitani Clemente, Armanno e Braccio. La malattia del
Papa intanto andava in lungo: si avvicendavano di continuo
538 ì L. FUMI

a notizie gravi notizie migliori; ricadute a risorse. Il 6 di
agosto si scriveva da Roma: « Le cose di nostro Signore
« essere anchora in dubbio; e il flusso e le due terzane
sopraggiuntegli » : due giorni dopo, il Papa star meglio e
fuor di pericolo.

In questo mezzo arrivavano dispacci di scorrerie tur-
chese del famoso corsaro Barbarossa: « Abbiamo il signor Brac-
« cio et io, da Roma, per lettera delli 9 del presente....:
« l’armata del Turco esser nuovamente comparsa nella spiag-
« gia di Roma et haver cominciato a fare danni di grandis-
« sima importanzia, e per ultima nuova intendevano haver
« dato in terra a Fondi e quella presa e con grandissima
« strage abbruciatala, e si temeva di molto peggio: onde mon-
« signor mio R.mo et Ill.mo (Card. de’ Medici) ordina, che il
« prefato signor Braccio con ogni estrema diligenzia si ponga
« in ordine e si prepari di andarlo subito a trovare con mille
« fanti de’ migliori e più scelti che possi havere e trovare in
« queste bande. Il che va tuttavia preparando e mettendo in
« ordine; e pensa, non havendo di qua altri fastidî, presto
« mettersi in via con li detti mille homini ».

Tutto ciò arrivò a mal punto per il Vicelegato, che, ai
19 agosto, scriveva al duca d’ Urbino, disapprovando 1’ al-
lontanarsi di Braccio: « Ognuno fa giudizio, che l' andare
« del signor Braccio a Roma non sia a proposito, perchè
« la persona e presentia sua sola vale per dugento fanti.
« Benché, ritrovandosi egli con la scure, stimo che, se ben
« volesse, non potrà andare. Pur, lui si prepara, e dice che,
« se credesse di morire, che non vuole mancare..... Ma
« non si moverà prima che messer Armanno della Staffa
« non sia tornato ». :

Armanno ritornava, appunto due giorni dopo, da Roma.
I Turchi, dopo invaso Fondi e Terracina, si erano spar-
pagliati, qua e là, piegando alla volta di Malta. Brac-
cio non dovevasi muovere altrimenti; poiché i forusciti
perugini si raccoglievano nel Senese. Senonché, eccoci da

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LA LEGAZIONE DEL CARD. IPPOLITO DE’ MEDICI NELL’ UMBRIA 539

capo col Papa condotto agli estremi. Il Legato, ai 23 agosto,
scriveva al duca d’ Urbino, « che facendo giudizio i medici,
« Che di Sua Santità ci possa esser vita per poche hore »,
gli raccomandava il Vicelegato, Braccio, Perugia e la pro-
vincia: rimandasse il sussidio di trecento fanti.

Il peggioramento. era cominciato fin dal 18, « e benché
alli 21, la notte, per certe pillole di Reubarbaro, che li me-
dici gli havevano date, e fattogli buona operazione, pi-
gliasse un poco di miglioramento, che duró per tutti li
22, con speranza piuttosto di salute che con timore di

e

un riscontro nello avanzare

morte, nondimeno, entrando poi nella combustione della

luna, e tornato agosto, il male era in tanto augumento,

che da tutti li medici se faceva giudizio che non potesse

passare l hora del desinare di stamani ».

I Turchi, intanto, si erano accostati a Monteargentaro,
i forusciti a Perugia. L'incostanza della salute del Papa

l'alternarsi

de' bollettini

che venivano

da Roma, aveva

o nella sosta che facevano i

forusciti. Fra la fin d'agosto e i primi di settembre, appare

un miglioramento nel Papa: « ma è stato tanto poco, che
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più presto si può chiamare conservazione della vita che

miglioramento. Pur qualche cosa havemo guadagnato. Il

flusso, quale, quattro di sono,

*

è cessato un poco; ma non è

gli venne con due terzane,
salvo al tutto; pur, a poco

a poco, si va restringendo. Il catarro che se gli mosse,

del quale havessimo grandissima paura, non ci dà tanto
fastidio; pur non è ancora al tutto risoluto. Questa notte,
sua Beatitudine è passata assai bene e si ciba molto me-

glio che non facea prima; ma non siamo, per questo, fuor

del medesimo pericolo; e più presto, invero, ne facemo

(a dirlo a V. S.) cattivissima opinione che buona. La causa
principale, oltre molte altre, è che mai si netta al tutto

di febbre: vecchio, ne' tempi

attivi: pur vi è un poco

di speranza. Noi damo nome, più che si può, che sta me-

glio, per ogni rispetto, come quella sa ch'egli è solito;
ins 9l

ES COD ESEMDR

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« ma stamo tanto poco meglio, che bene è poco. Pur ci
« conservamo. In somma, per dirlo a V. S., che cosi m'or-
« dina il Re.mo signor Padrone nostro, stamo in grandissimo
« pericolo, e ne havemo poca buona speranza, quanto vi è
« che non sarebbe gran cosa che sua Santità andasse trat-
« tenendosi qualche giorno. Pur non per questo si manchi
« dal canto nostro di non stare provveduti, secondo che
« hanno cominciato. Vero è che alcuni delli medici vi hanno
« qualche speranza: alcuni altri no: ma li più concludono,
« a lungo andare, più presto al male, che al bene. Però
« Dio ci aiuti! E ci ritrovamo hora con qualche speranza;
« ché, prima, n'eravamo al tutto desperati. Il Cardinale
« vuole, a ogni modo, si ben non ha cosa d'importanza, che
« V. 8S. spedisca di là almeno ogni doi giorni; ché ne sta
« con la maggior gelosia del mondo; nè mai mi vede che
non mi adimandi si havemo altro di novo ». La duchessa di



tal

Camerino si lusingava tanto, che credeva il Papa già guarito,
perchè aveva saputo che la notte del 29 agosto, quando doveva

- star malissimo, era stato, invece, senza febbre, e la mattina

mangiò « come un paladino » e poi dormi « come un ghiro ».
« Gli aveva fatto bene certa acqua, la quale chiamano
« quinta essenza, quale avea data a bere a N. S. un frate

.« di San Gregorio ». Gli. prese voglia di quei cotognati,

che sapevagli sì ben preparare la sua commare, la moglie
di messer Girolamo Beltrami; e fece scrivere dal Legato a
Perugia, per avere più cotogni che fosse possibile: « N. Si-
« gnore risuscitò, et hor sta in modo che ci hanno qualche
« speranza. Non pigliava, non parlava, non conosceva; et
« hor piglia, parla e conosce. Ma io credo che anderà così
« in lungo, e poi ricadrà; perchè par che sia infermità della
« casata, che negli altri ha durato sei, otto o dieci mesi ».
Così Gaspare a’ 2 settembre. Poi, nello stesso giorno, riscriveva
sfiduciato: « Le cose di Roma vanno travagliate per la molti-
« tudine della gente forestiera che ci è, ritrovandosi il signor
« Ascanio, e così l' una come l'altra fazione; non potendo
CRA

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LA LEGAZIONE DEL CARD. IPPOLITO DE’ MEDICI NELL’ UMBRIA 541

capere nell' animo di persona che N. S. possi campare. Della
cui sanità non so che dirmele, più che quello le dissi per
l'altra. È vero che sta meglio, sendo stato morto; ma non
se netta mai di febbre, nè magna, se non a credenza,
qualche poco di pan lavato, beve Furia di Tribiano, dan-
doli poco per ciò che domanda, come persiche, fichi, uva
e mille altre tristiziole. Piglia dello stillato e qualche pocó
di pisto ogni giorno, e dorme ». Anche Marco Silveri con-

fermava in data del 4 che « di Nostro Signore non s’ è giam-



^A

«

mai havuto né possuto havere buona speranza, perché pi-
gliava poco o niente: altro che da mercordi a sera, il 2? di
questo in poi, che cominció con un bicchieraccio di pesto
e seguitato poi continuamente, e con questa et altra gene-
razione di cose utili (eccetto che, qualche volta, per levargli
la voglia, o dico più presto per darli causa che mangi del-
l'altro, gli danno qualche parte di fico, e persico et altre
ciancie, et anche del Tribiano) é riuscito, dal sepolcro, a
vivere un'altra vita, e che si possi dire Clemente VIII: e con
tutto ció, non par che a le genti si possi persuadere ch'hab-
bia a campare. Ben vero, che ha ancor qualche parossismo,
ma lento; si che (dicono) essere più presto debolezza; e che
poi rivocato alquanto di forze, da sé, curato benissimo,
n'andrà. Riposasi bene e non ha quelle tante angustie che
già havea. E per questo si spera, in breve, ch'il signor
Ascanio et altri signori Colonnesi, venuti allo spettacolo
della morte, visto il contrario, se ne torneranno tutti goffi
e rifreddi. Hiermattina venne nuova al Re.mo Cibo che.
desinó col R.mo nostro, ch' il Barbarossa s'apparecchiava
per ritornare alla volta di Genova con grande armata ».

E in data del 5 queste altre: « Nostro Signore, stanotte,
prese certe pillole, e l'hanno oprato assai bene: e poi sta-
mane s'é molto ben confortato. Ma, sia quel che si vuole,
se ben si prolunga qualche di, dicono che non puó cam-
pare; perché, di nuovo, par che habbino scoperto che sia
etica incurabile ».

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549 L. FUMI

Alcuni giorni dopo, corse la nuova della morte, che fal-
samente diffuse un cavallaro de’ Veneziani, passato per No-
cera, il 9. Ma, invece, il 10, il Papa aveva un poco ripreso;
e agli 11 continuava a migliorare, che pareva un miracolo.
La notte fra il 22 e il 23 si aggravò: « Era stato molto tra-
« vagliato e con una sonnolenza grande, non senza qualche
« alterazione di febbre ancora. Di poi, alli 24, si aggravò
« assai di piü, e stavasi da' suoi non senza sospetto e timore;
« e finalmente par che da tutti si facci giudizio, che di que-
sta infermità non possi campare, benchè potrebbe, forse,
durare ancora qualche giorno; ma di luogo buono e sicuro

«

^

^

sono avvisato, etiam prima che ora, | male essere incura-
« bile et il solito della casa sua ». La lettera ha la data del
26; quando il Papa era già morto il 25. Il protonotario, Car-
nesecca de’ Medici, dava l'annunzio della morte al nostro mon-

^

«

^

signor Filonardi:

In questo punto, che siamo a di 25 del presente, a hore XViij, €
piaciuto a l' Altissimo chiamare a sè quella benedetta anima di N. S.; la
cui morte, come è parsa a tutti più acerba e più grave a sopportare,
per la speranza che, da alcuni giorni in qua, si è havuta della salute
di quella, così ne ha data non poca consolatione l’ haver Sua Santità fatto
questo ultimo passo con tanta equità d' animo e con tanta religione, quanto
si poteva desiderare. E certo, se la fede nostra è vera, come havemo da
credere, non ha da dubitare niuno, che quella non sia passata a un'altra
vita più beata, e migliore. Nè altro conforto posso dare a V. S. in tanta
afflizione, ne la quale mi trovo. Quella mi perdoni, ct habbimi alcuna
compassione, persuadendosi che in me sarà sempre il medesimo animo,
sebbene non harà le medesime forze per servirla.

E così a quella mi raccomando et offero con tutto il core. Di Roma.

alli 25 settembre 1534.
Da V. S. Rev.
Devotissimo Serv.re
Il Prothonotario
Carnesecca DE MEDICI.

Si cercò dunque in Roma di tenere celata la morte del
Papa per molte ore. Da questo occultamento, che ci pare

S metti
OT

PRETE

LA LEGAZIONE DEL CARD. IPPOLITO DE’ MEDICI NELL’ UMBRIA 543

resultare dalla lettera della Legazione in data de’ 26, pos-
siamo spiegarci l'incertezza che ritroviamo in alcuni storici
di attribuire la morte al 26, anzichè al 25 di settembre.

SX. — Forusciti nel Senese — Consigli al Legato — I due
prelendenti, Mattia Varano per Camerino e Ridolfo Ba-
glioni per Perugia — Matrimonio della Rovere e Varano.

I forusciti perugini con Galeazzo, con Simonetto Baglioni
e co' Signorelli si erano dati moto, facendo gente ai confini
di Siena. I Senesi chiudevano gli occhi non solo, ma, certa-
mente, favorivano sottomano. Una lettera di Bino Signorelli
a Galeazzo, intercettata, accenna a « pratiche molto secrete »
che correvano con la Balia. A Siena erano « gran sospetti
di guerra »; e osserva: « spero sarà al proposito nostro ».
Diceva pure: « Ci ho certo avviso ch'il Delfino cala con
« gran numero di gente, e ha domandato passo e vittovaria
« al duca di Milano, e dicesi per l'impresa di Urbino, e al-
« cuni per Genova ». Il duca d'Amalfi, alle doglianze del
Vicelegato, rispondeva serio, e freddamente rimandava alla
Dalia. Aveva sentito i forusciti lagnarsi di poca giustizia.
Adunati in Sarteano, entravano nel Perugino, passavano a
Montepetriolo e a Gaiche, dove ammazzarono due giovani
della città. Due compagnie di soldati, spedite alla volta loro,
li ricacciarono a Parrano, dove il Cardinale voleva si corresse
all'assalto. Consigliavalo il Filonardi di adoperarsi, allora ch'era
tempo, a pacificare i Baglioni, e a riunirli, essendo quello
il momento opportuno: gli scriveva il 31 agosto, che, se
lo avesse fatto, la città riconoscendo questo bene non da al-
tri che da lui, gliene sarebbe obbligata; perché, pacificare i
Baglioni, voleva dire mettere in calma Perugia, e dispor di
quel popolo meglio « che non farebbe il Papa proprio ». E
con ció mirava alle ambizioni del Cardinale sopra Firenze:
Diceva ai 31 agosto: « Ha ancor V. S. Re.ma et Ill.ma a pen-
544 L. FUMI

« sare alle cose di Firenze, e risolversi che quando il Duca si
« porti bene con lei, e che le dia la parte che le tocca, di
« quello stato, di aiutarlo a mantenere in esso. Quando al-
« trimenti facesse, che Ella pensi, con l'aiuto e favore degli
« amici e servitori suoi, recuperare quel che le spetta, ehe
« in tal caso, spererei che con poca fatica, con questi mezzi,
« si facesse padrone del tutto.... > » (VII, 344).

Dunque, è chiaro, la Legazione dell’ Umbria doveva ser-
vire agli scopi politici di Ippolito che si trovava in rivalità
col duca Alessandro.

Il Filonardi, alle strette di danaro, e senza potere averne
dal Legato sempre bisognoso per sè, s'illudeva che il Duca
potesse aiutarlo. Il Legato poi non ci credeva affatto, e fa-
cevagli scrivere, che « di denari qua non bisogna pensare;
« ma il Cardinale è molto contento che V. S. gli mandi a
« domandare allIllmo Sig.re Duca Alessandro, e vuol che
« se l'haveranno da sua eccellenza, che quella gli tenghi se-
« cretamente e gli conservi per il bisogno maggiore. Ma
« Sua Signoria R.ma pensa che non gli haverete; pur si
« contenta che ella. provi, e tanto farà ».

A Roma, si stava in gran timore per le cose di Peru-
gia. Si.volevano nuove, almeno, ogni due giorni. Corse voce
che in Assisi fosse rientrato il conte Cesare Fiumi. Si temeva
delle intelligenze de’ Baglioni con gli Orsini. Lo sappiamo da.
una lettera al Cardinale, da Perugia, del 5 settembre

Tutti i signori di Casa Orsina (a detta di Fulvio Orsini) hanno fatto
una dieta, nella quale era stato concluso, che, morto che fosse il Papa,
si dovesse fare ogni possibile opera per mutare lo stato di Viterbo e que-
sto di Perugia, e quello di Todi; e nell' uno e nell’ altro luogo rimettere
gli amici e quelli della fazione loro, dicendo che per fare tali effetti, casa
Orsina molto confidava nella devozione, fede e valore de’ Spoletini; e che,

| quando fosse tempo, li richiederanno, tenendo certo che essi non gli avranno
a mancare; dicendo ancora che su questo concorreranno il conte d' An-
guillara, il signor Camillo..., quale, morto il Papa, dovea, in poste, ve-
nire in Lombardia, e, appresso a esso, a grandi giornate, le sue genti,
n
via T as

LA LEGAZIONE DEL CARD. IPPOLITO DE' MEDICI NELL’ UMBRIA. 545

e anche il signor Giovan Paolo da Ceri, quale asseriva aver conceputo
grandissimo sdegno contro V. S. Re ma et Ill.ma, per conto di certo Ca-

pitano e fanti....

Raccomandava al Cardinale di stringersi con i Colonnesi
e mandare il signor Marzio verso Amelia, perchè Pier Luigi
Farnese scriveva a Braccio che gli Orsini cominciavano a
muoversi e a far massá in Alviano, su quel di Todi. Bin

Ciuco Signorelli, partito da Siena, passò, pel Chiusi, a Fi.

chino; assoldò gente a Chianciano e a Sarteano; e tro ratosi
con Simonetto, con Galeazzo e con Bin Mancino, se n'era
andato, insieme a loro, a Castellottieri, dove si sarebbe unito
con gli usciti di Pitigliano e di Sorano. Ai confini del ducato
d' Urbino, Cecco Signorelli pareva favorito da uomini del du-
‘ato; Rodolfo Baglioni, dicevano aver lasciato Verona e Man.
tova e venirsene deliberato a far l'impresa di Perugia. Nelle
montagne, fra Assisi e Spello, s' affacciavano i banditi. Mattia

Varano, pretendente allo stato di Camerino e alla mano di



Giulia, erede di quel ducato, si presentava a Sinigaglia a
fare i suoi conti con la duchessa Caterina Cybo, vedova di
Giammaria Varano. Perugia, circondata da pericoli per ogni
parte, preparava la resistenza: il Vicelegato ne scriveva alla
Duchessa in data 13 settembre, impensierito piü di una ri-
voluzione popolare, che di tanti nemici esterni.

Hebbi oggi, poco dopo desinare, la di Vostra Eccellenza di hieri col-
V avviso datole della imbarcata di Mathias con li 2000 fanti, con i quali
tutti noi altri qui pensiamo al fermo siano li fuorusciti di questa città
e provincia. Il perchè noi ci andiamo preparando di potere resistere loro,
e speriamo, per le buone provisioni che habbiamo fatte, poterlo fare e
" tenerli benissimo fuori, se già il popolo, e il contado anchora, per la
mala contentezza che hanno delli cattivi portamenti, che si fanno loro
dalli nostri, non si solleveranno contro di noi; alli quali io non posso
per niente riparare e provedere; e dubito che questo sarà causa di qual-
che nostra ruina, perché ogni giorno sono tocchi e mel sangue e nella
robba e ne U honore; e pur hoggi ne sono stati morti quattro per cause
leggerissime e non di stato; chè sarà impossibile possino homai più tolle-

ES
ESRI e RELA

546 L. FUMI

rarlo e a me non basta il dolermi, nè gridar continuo con essi e minac-
ciar loro di volermi partire di qui. Pur farò quanto potrò per obviare
che non si faccino più simili portamenti; ma Dio voglia che io possa
tanto da poterci riparare!

La corrispondenza fra il Vicelegato e la Duchessa si fa-
ceva quotidiana per scambiarsi notizie di Mattia e di Ridolfo,
uniti insieme « a tentar le cose di Camerino e di Perugia ».
Ai 21 settembre la Duchessa annunziava « la imbarcata »
di Mattia, e il 22 il Vicelegato a lei: « In ogni modo facciamo
« ogni conto di vincere la pugna col Cardinale di Ravenna,
« e poi, fatto questo, attendiamo alle cose di Parrano per le-
« varci dinanzi quel nido e castigar Galeazzo Baglioni e que-
« sti Signorelli ». Che volesse dire con quella frase di voler
vincere la pugna col Cardinale di Ravenna, non è chiaro.
sappiamo che Cardinal di Ravenna era Benedetto Accolti,
Legato della Marca. Bisogna supporre che il Legato favo-
risse Mattia e Ridolfo, i quali, in luoghi della Legazione di
lui si raccoglievano e si armavano ai danni comuni. Certo
è che poco prima, mentre il Papa migliorava, parlavasi di
repentini cambiamenti nelle cose della Marca, e al luogo del
Cardinal di Ravenna si diceva di mettere il Cardinal de’ Me-
dici, riservando l Umbria al Papa in persona. La notizia, del
5 settembre, è data dal Silveri. « Il Cardinal ha permutata
« la Legazione e havuto la Legazione della Marca, e cotesta
« resterà al Papa, dove manderà nuovi Governatori, e li brevi
« dicono essere espediti di detta Legazione. Io non volevo
« scriverne, perchè anchor non lo sapevo certo; ma stamane
« me ne sono certificato. Vostra Signoria e il Signore (cioè
« Braccio) siano cauti ». Ma altro non si riseppe. Forse l' ag-
gravarsi della salute del Papa consigliò a lasciar le cose come
stavano, nella Marca, ma non senza contrasti con quel Le-
gato che poi cadde prigione in Castel S. Angelo. In questa,
il düca Francesco Maria d’ Urbino profittava dei buoni uf-
fici del legato de’ Medici per trattare il matrimonio, tanto
VETT TE SE INST

LA LEGAZIONE DEL CARD. IPPOLITO DE’ MEDICI NELL’ UMBRIA 54T

desiderato, di Guidobaldo suo figlio con la erede del ducato

di Camerino, la Giulia Varano che Giammaria, il defunto

padre, nella sua ultima volontà, aveva promessa al Mattia.

Duca e duchessa servivano il Legato con aiuti di fanti nel

Perugino; il Legato li ricompensava col favorire, morto
o ? 2 ?

appena il Papa, il matrimonio stato contrastato dal Papa

istesso. Il quale come non aveva consentito le nozze di Giulia

con Cosimo de' Medici, cosi non volle mai saperne di quelle

con Guidobaldo ; questi, invaghito di una Orsini, resisteva.
Il Duca, amico de’ Baglioni, era il più efficace negoziatore
di un accordo fra forusciti e interni perugini. Le trattative
furono intraprese, raccogliendo nuovamente in mano le fila

. di un tessuto che da più mesi si conduceva, stringendo fra

loro in parentado tutti i principali avversarî. Un matrimonio
era già seguito; quello del conte Fiumi: ma non fu certa-
mente di buon augurio per gli altri. Il Legato si mostrava
freddo. Ad Urbino volevano « si riscaldasse un poco più di
queste cose » ; che si dolesse « coll’ orator Cesareo, che si
« pretenda travagliargli la sua Legazione; e ricercandolo
« voler far opera che se li levassero quelli disturbi che gli
« vengono da Firenze e di verso Siena, e dolersi anco col
« Collegio, ricercando non s'havesse a tollerare che altri
« sudditi della Chiesa presumano venire a travagliare le
« cose di quella in disservizio suo e danno della Sede apo-
« Stolica ».

Il Cardinale si occupava, ormai, dopo morto il Papa,
ancor meno di prima delle cose della Legazione, e per sbaraz-
zarsi da quella noia de’ parentadi, prima del conclave, man-
dava al Vicelegato la sua firma su fogli in bianco che questi
poi riempiva. Davagli intiera fiducia, e a lui tutto rimetteva.

Ne è prova il seguente suo dispaccio :

Mons.r Rev.do
El Capitano Clemente vi dirà in che termine siano le cose di qua.
Io, de quanto mi scrivete, mi par bene; però vi mando sottoscritti quat-

2

denti Au ii RETE DT
518

tro fogli acciò che gli usiate dove ve parerà. Li parentadi mi piacciono
estremamente: concludeteli subito. Si che, in somma, a voi dò autorità
del tutto et a voi rimetto ogni cosà. In Roma alli XXVj settem-
bre M.D.XXXIIIj.

Vester Hipp. C. Med. Legatus.

E il Vicelegato cominciò ad usarne, conducendo anche
la trattativa di Camerino direttamente. Ecco la domanda
ufficiale della mano della Giulia per Guidobaldo, firmata.
dal Legato (ma scritta dal Filonardi) al Duca:

Ill.mo et eccll.mo S.or quanto patre honorando.

Havendomi il mio vicelegato di Perugia più volte scritto et ricordato
ch'io volesse far opera che tra V E. V. et la S.ra Duchessa nostra di
Camerino se facesse parentado, dando la figliuola di essa S. Duchessa
al S.or Guidobaldo suo figliuolo, ancorchè io per far cosa grata et ser-
vitio a V. E. tenendo lei per padre et il S.or Guidobaldo per fratello,
più volte ce havesse pensato, non di meno non mi era parso, per la indi-
sposizione di N. S. fe.re. a questi tempi parlarne, nè farne altra operà,
aspectando di veder prima lU exito del male di S. S.tà et poi, o vivendo
o morendo ella, parlarne et farne quell' opera che a me fussi stata pos-
sibile per condurre la cosa a quel fine che da tucti se desiderava. Hora
sendo S. B.ne mancata, et di nuovo essendomi la cosa ricordata dal pre
fato vicelegato, quale a questo effecto a posta mi ha mandato qui il Ca-
pitano Clemente da Pisa, mio servitore, gli ho scritto et commesso che
per quelli mezzi che li pareranno più opportuni et a proposito, tracti
questa cosa in nome mio con la prefata S.ra Duchessa, et similmente
che con il mezzo et auctorità di V. E. et con il nome mio tiri innalzi
certa pratica di parentadi, già più tempo fa pensata et maneggiata da
esso vicelegato, per la quiete et pace di quella città et in specie per la
reintegrazione di casa Bagliona, tra il. S.or Braccio et gli altri della de-
cia casa. Però piacerà a V. E. inteso che Ella harà dal prefato mio Vi-
celegato le conditioni di tali parentadi, dar ordine che con quella mag
giore reputatione et sodisfactione mia et di tutta quella città che fia pos-
sibile, la cosa se tracti etc..... Di Roma alli XXVI di settembre del
M.DXXXIIIJ.

Alla Duchessa recò altra lettera lo stesso capitano Cle-
mente di Pisa. La sorella del cardinale Cybo e del sig. Lorenzo,
rispondeva mettendo innanzi i nomi dei fratelli, come quelli

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LA LEGAZIONE DEL CARD. IPPOLITO DE’ MEDICI NELL’ UMBRIA 549 '

che la ritenevano a risolversi. Ma l'inviato del Filonardi

facevale intravedere il favore del cardinal de’ Medici e
del cardinal di Mantova pel fratello di lei, nell’ imminente
conclave, se i Cybo si decidessero prima della creazione
del Papa. La Duchessa rispose al Vicelegato, e questi riferi
al duca d’ Urbino, nei termini seguenti, cioé: « Che havendo

il Re.mo Cardinal Cibo et il signor Lorenzo suoi fratelli,
dopo la morte di Nostro Signore, scrittole due volte con
molta efficacia, che per quanto stima far cosa che sia
loro grata, voglia andar adagio in questa cosa, e non far
conclusione alcuna circa ció senza loro, ella desidererebbe
che tutti essi, cioè il Cardinale mio (Medici) Cibo et il si-
gnor Lorenzo ne fussino d'accordo insieme, e che unita-
mente scrivessino qui a me l'animo e voluntà loro e mi
dessino facultà di poterla concludere seco ».

Qui il Vicelegato parla della pratica del papato, e sog-

giunge di scriverne al suo Cardinale, dicendogli, « che voglia

«

«

«

«

«

mettere in considerazione a monsignor Cibo, che facendo
questo parentado, potrà aiutarlo assai alle cose del Pa-
pato ».

Conclude poi col Duca: « Mi parrebbe che I' Eccellenza
vostra scrivesse subito a Roma al suo Ambasciatore, che do-
vesse parlar di questa cosa col R.mo et Ill.mo Monsignor di
Mantua et amendoi insieme con monsignor mio Re.mo et
Ill.mo....; e quando si facesse questo parentado e monsignor
di Mantua aiutasse e favorisse monsignor Cibo nella cosa del

Papato e gli riuscisse, non sarebbe che a proposito e ser-

vizio anche di V. E. Peró, à mio giudizio; si deve far

ogni cosa possibile, per espedire, prima, il detto parentado,

e poi attendere alla cosa del Papato, la quale monsignor
de Mantua, per ogni rispetto, deve aiutare gagliardamente,
e permettere anche al Cardinale Cibo di volerlo fare per
indurlo à contentarsi che il parentado si concluda » (2

ottobre 1534). Quindi mandò lo stesso capitano Clemente al

cardinal de’ Medici con speciali istruzioni, per rappresentargli
come fosse opportuno che egli ottenesse subito dai Cybo

L. FUMI

l'adesione, prima di venire alla nomina del Papa, altrimenti, T

in conclave, avrebbe dovuto dare ad altri il suo voto, e il
medesimo disfavore gli avrebbe dovuto procurare da parte
del cardinal di Mantova e da tutti gli amici del duca d' Ur-
bino. La Duchessa consentì. Il Filonardi informava il Legato
di un convegno stabilito fra lei e il Duca: « Hieri che

^

^

^

^



fummo alli 9 del presente si doveano aboccare, tra Fa-
briano e Santanatolia, il duca d’ Urbino e la signora Du-
chessa di Camerino; di modo che, io spero che, prima che si

parta l'uno dall’ altra, la cosa se habbi a concludere; per-
chè penso che la prefata Signora Duchessa non si sarebbe
condotta a questo abboccamento, quando ella non havesse

animo venirne alla conclusione. Dicemi bene el prefato i
m. Felice, ch'el signor Duca ha inteso li mali officii che E
pubblicamente ha fatti in questa cosa el conte Ottaviano
della Genga, e che essendo egli servitore di V. S. Rev.ma et |
Ill.ma, Sua Eccellenza desiderarebbe che ella lo levasse di li {
e facesse quella dimostratione che le paresse contro di lui.
Però conforto quella a doverlo fare in ogni modo ». j
Fu conchiuso il matrimonio, e il Vicelegato scriveva

pieno di compiacenza al Duca, a di 11: i
« Ho inteso esser venuto uno da Camerino, quale rife-

«
«

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tobre: « Il negozio del parentado di Camerino è piaciuto a

«

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risce che stasera s'aspettava in quella città il signor Gui- È
dobaldo, e che il parentado era fatto, e che quivi si gri- 1
dava: Feltro Feltro....! » Il Duca lo partecipava in data 15 ot-

Nostro Signore Iddio che se sia concluso e molto bene
stabilito con singolar satisfatione di ambe le parti; e do-
mattina mio figliuol se ne va a Camerino, ove di questa i
cosa si sonno fatte grandissime dimostrationi e segni d' al-

legrezza ». |

E in data 19 il Filonardi lo partecipava al Lesato: « Il |

o \

parentado tra sua Eccellenza e la Signora Duchessa di
Gamerino fu concluso e stabilito con sodisfatione e con-
mc aa

Ty um nina i ens

LA LEGAZIONE DEL CARD. IPPOLITO DE’ MEDICI NELL’ UMBRIA DI

« tento generale (secondo ella proprio mi scrive) de l'una
« e l'altra parte: et alli XVI del presente il signor Guidobaldo
« andò a Camerino; di modo che sua eccellenza può in buona
« parte riconoscere questo benefizio da V. S. Rev.ma et
« [ll.ma, alla quale son certissimo ne harà sempre grandis-
« simo obbligo; et io, per il servizio di quella, me ne ral-
« legro seco con tutto il cuor mio ».

$ XI. — Maneggi per il conclave — Mediazione d' Urbino —
Il Vicelegato a Paolo III — Mediazione respinta.

Se il matrimonio di Urbino si combinò, per I abilità del
Filonardi, sollecitamente, non così facile a sbrigarsi fu il ne-
gozio della pace e della alleanza co’ forusciti. Si capisce che
monsignor Cinzio voleva profittare del tempo del conclave
per stringere, e così trovarsi col nuovo Papa a cose fatte.
Subito morto Clemente VII, naturalmente non si faceva che
parlare di chi gli succederebbe. Ser Gaspare fin dal 26 set-
tembre, scriveva: « Del Farnesio... non si parla troppo cal
« damente, anchor che lui s'el tenga per fermo e molti
« inclinino da esso. Si parla di Campeggio, Siena, Sanseve-
« rino. E se non si fa Papa Farnesio il primo, o ’1 terzo o
« quarto giorno, oltre che non sarà, forse, più, ci sarà gar-
« buglio; e Dio voglia non habbiamo a vedere uno scisma »
(IV, 121). In data 6 ottobre riscriveva della prossima entrata
in conclave: « Questa sera sono arrivati li sette cardinali
« francesi e si aspetta l'ottavo, che da Villafranca in qua
« viene per terra; ché quest’altri son venuti a Civitavecchia
« per mare: e come ho detto, questa sera sono entrati con
« li signori Renzo e Stefano di Palestrina. E perchè sono
« già passati tre giorni dalli exequi della santa memoria,
« domenica che verrà s' entrerà in conclave. In questo mezzo,
« lei, senza che io gliene scriva, sa meglio di me e puó
« pensare, che non si perde tempo, e che ognun se mena.
« Ma, con tutto ció, non si puó scorgere, né intendere a

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552 L. FUMI

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« cia! » (IV, 138). i

Prima di rinchiudersi, i Cardinali pubblicarono, per Pe- È
rugia, un decreto, dove non si nasconde una certa preoccu- -
pazione. Al Vicelegato accordarono pieni poteri. Evidente- !
mente, erano sotto l'impressione delle ultime notizie, esage- |

rate, di certo, come si raccoglie dalla seguente lettera del
Silveri: « Questa mane, che è venerdì (8 ottobre) si dicono

«

«

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A

pitano Clemente, dissipavansi le voci esagerate. Il buon Silveri

mille miglia quel che habbi da essere. E Dio voglia che
non habbi da essere scisma! E pensi che in Banchi ci sono
scommesse, per tutto ottobre che verrà, ci saran tre papi,
e per monsignor l' arcivescovo di Palermo si danno quattro ; |
per Como, per quinto, questa mattina mi fu detto in San
Pietro. Io havevo fatti molti memoriali per darli a diversi 1
cardinali e conclavisti; ma poi ho pensato, che mons. E.
Re.mo et Ill.mo de' Medici haria potuto sdegnarsene; onde
penso dar di tutto la cura a S. S.ria Re.ma et Ill.ma. Mà
Dio voglia che la disamorevolezza di S. S.ria non ci noc-

tante cose di Perugia, che io mi sono tutto attristato, e
fintanto che non havrò lettere da V. S., starò di malissima
voglia. Perché si diceva che l'altra parte era entrata in
Perugia da diverse bande, e che il signor Braccio si era
fuggito e salvato in Bettona, e di lei (del Filonardi) ognun
dubitava ».

Nello stesso giorno, arrivato da Perugia in Roma il ca-

respirava: « La venuta del Capitano Clemente mi ha rimesso

«

«

nessuna ragione. Quel che s'era per tutta Roma divulgato,

el spirito, havendo portato la verità e l'opposto di quello
che stamane se diceva tanto verisimilmente, che davano
garbo a credere la bugia a chi non poteva quadrare per

V. 8. Re.ma l' intenderà dal Capitan Francesco presente. |
Le S. V. siano caute e preste a concludere quella cosa
(cioè i parentadi). Qui si fa tanto conto delle cose di Pe-

rugia, che in ogni luogo quasi non si sente parlar d' altro ».

Per quanto l'attenuassero questi ultimi avvisi, tuttavia
LA LEGAZIONE DEL CARD. IPPOLITO DE’ MEDICI NELL’ UMBRIA 553

non lasciava di essere la situazione assai grave. I forusciti
. si erano procurati l’ appoggio dei duchi di Mantova e di Fer-
5 rara, e pare lj favorissero non solo i Senesi, ma, coi Senesi,
[- i forusciti di Firenze, e gente anche delle terre pontificie.
Il Presidente di Romagna, cioè. Bartolomeo Valori, ne fu av-

visato. Andarono lettere al duca d'Amalfi, ai duchi di Man-
5 tova e di Ferrara. Usciti di Parrano, dove avevano fatto
massa con circa 2000 fanti, per la via di Orvieto e "lodi,
entrarono nel Perugino, e non badando alle esortazioni del
Duca, occuparono Marsciano, saccheggiarono l'Olmeto, e col
pretesto che quei di dentro, violando i patti, avevano preso
È Cerreto e Torgiano, si impadronirono di Spello. Una sortita
Pa che fece Braccio, bastò a contenerli un poco. Il rapporto
| del Vicelegato al Cardinale. cosi rappreseuta lo stato delle
cose fino al 10 ottobre:

Noi altri qui giudicammo che fussi a proposito, poiché i nemici non
volsono ritirarsi, quando il signor Duca gliene mandó a dire la prima
volta, mandar fuori all’ opposito loro una parte di queste genti insieme
con le Compagnie delli Capitani Camillo Campagna et Alessio Lascari.

Braccio se ne andò verso loro con circa 500 archibugieri e con essi il Ca-
pitan Baldassarre, il. Capitan Prospero della Corgnia et il Capitan Ma-
riotto d' Acquapendente. Et unitamente con li detti cavalli si appresenta-
rono alli nemici, quali non volsono uscire delli alloggiamenti. Ma ritro-
vandosi fuori Galeazzo con una banda di cavalli e di fanti, furono seco
alle mani; e li nostri, tra in quella scaramuccia et in certo castello, dove
li nemici haveano messe genti e li nostri ve entrorono, presono circa 25
et uno a cavallo, et un altro che era perugino fu ammazzato: quali,
svaligiati, menorono via et alcuni menorono qui. Dalli quali si è inteso
che stanno macramente e con poca speranza far cosa buona; e dicano
che li Sanesi si sono cominciati a partire; che mi fa credere essere vero
quel che il duca d' Amalphi mi scrisse. E questo medesimo avviso ho an-
chora dal Conte Bernardino di Marciano. E Galeazzo prefato per poco

| paese, come sapeva il detto Galeazzo, dava in ogni modo nelle reti. Di
modo che teniamo quasi per certo, che si habbino a ritirare e che haranno
caro haver scusa di farlo per obedire a l'Eccellenza del signor Valerio

Così, mercoledì mattina, anchorchè ruinasse il cielo d' acqua, il signor:

j campo delle mani del signor Braccio. Chè se egli havesse saputo bene i
t

DO L. FUMI
Ursino e del Capitan Panta del Menda, perugino, a Cortona, ove fa 200
fanti, e di Giuliano Strozzi, pur in questi confini, havendo con loro in-
telligenza, non pigliassino animo et ardire de restare; benchè se vadia
dicendo e mormorando, che la venuta di costoro sia stata per sospetto
che habbi delli forusciti di Firenze; ad instanza de’ quali par che in quet
di Ferrara si faccino genti. .. Hieri anchora, e non hieri U altro, li no-
stri fecero una preda alli nemici, e gli ruppero certi mulini; di modo
che si sono ritirati e ristretti in tre castelli; e penso che hormai poco an-
daranno più vagando. E giunti che saranno li 600 altri fanti che di
nuovo manda la Eccellenza del signor Duca, quali hoggi saranno net
Perugino, non ritirandosi loro, questi nostri li anderanno a trovare con
tutto il resto di queste genti, lasciati nella città solamente un 300 fanti,
e con l’artiglierie et altri ordini. E perchè non vorranno ritirarsi di buona
voglia, se gli farà fare per forza; e forse anche potrebbono fare peggio
che ritirarsi, massime se Orvietani mi osserveranno quel che mi hanno
promesso. Il sopradetto Capitan Lucantonio, che il signor Duca ha man-
dato alli nemici, è quel creato dal Signor Giovanni de’ Medici, quale è
grandissimo ‘servitore di V. S. Re.ma et Ill.ma, e si raccomanda a quella
con tutta la humiltà e forze del cuor suo, e si dimostra molto desideroso
fare, in questi trattati, cosa che sia grata e servizio a Lei et a tutti noî
altri qui.

Mentre il Vicelegato scriveva questo rapporto, il Duca
gli indirizzava due lettere di seguito, per dirgli che, al bi-
sogno, egli ai mille fanti inviati ne aggiungerebbe tanti al-
tri, fino a diecimila. Durante il conclave, il sacro Collegio
cercava di avere dugento archibugi spagnoli e 2000 ducati
per mandarli a sue spese a Perugia; ma poi, « visto che
non eran necessarie queste profanazioni », come disse spiri-
tosamente il Silveri che non credeva a tanta generosità, « si
pensó a mandare un Commissario ». Le cose di Perugia, in
tale stato di guerra, fecero risolvere i cardinali, assai piü
presto che non si sperasse, ad eleggere il Papa.

L'assunzione di Paolo III rallegró molto Braccio che coi
Farnese era consanguineo, e gli fece sentire ormai soverchio
l’aiuto, forse non mai gradito troppo, del duca d'Urbino. Il
nuovo Papa si atteggió subito a uomo risoluto. Marco Sil-
veri informava da Roma, ai 17 ottobre: « Il Papa s'incoro-

rt
E Ea "

LA LEGAZIONE DEL CARD. IPPOLITO DE’ MEDICI NELL’ UMBRIA . 555

« nerà mercoledì e comincia a dimostrare che sarà il miglior
« Papa che sia stato da molti anni fa, se la morte non harà
« invidia a le cose humane. Roma comincia a ridrizzarsi;
« chè le genti cominciano a deponere il furore e le armi, e
« vivere politicamente, e farsi giustizia ».

Le avvisaglie e i preparativi di guerra, per quanto ii
condotti con alacrità da ambedue le parti, non rallentarcno
la pratica della pace. Il disegno del Vicelegato, approvato
dal Cardinale, per i parentadi, era questo: alleare tutti i
rami Baglioni fra loro, facendo menare la figlia maggiore di
Orazio, di 15 anni, da Braccio; la minore di Gentile dal figlio
di Orazio; un’ altra da Ridolfo di Malatesta; una figlia di Ma-
latesta dal primogenito. di Gentile; le due ultime di Malate-
sta e di Orazio dai due primi figliuoli di Nicolò Vitelli, e
l’altra di Gentile dal capitano Baldassarre della Staffa o dal
Capitano Bin Ciuco Signorelli. Altrimenti, dava a Braccio una
delle figliuole del conte d'Anguillara o di Marcantonio Co-
lonna, o quella di Giulia Colonna, vedova di Napoleone Or-
sini (-22 mag. '34).

Un mese dopo, si fece una nuova lista. A Braccio non
più la minore di Gentile, ma la maggiore; a Bin Ciuco la
seconda; la terza, promessa a Ruggero de' Ranieri, nepote di
Braccio, si dava invece a Ridolfo; la quarta a Giampaolo di
Orazio; ad Annibale o a Baldassarre della Staffa la maggiore
di Orazio; la seconda al figlio minore di Gentile, e al figlio
maggiore di (Gentile la minore di Malatesta, a Ruggero sud-
detto la maggiore (22 giu.). Ci fu un momento, durante il
conclave, che pareva tutto combinato. Ridolfo Baglioni si ri-
metteva al duca d’ Urbino: la stessa cosa faceva donna Mo-
naldesca, ponendo il figlio e le figliuole nelle braccia del
Duca. Galeazzo si recava ad Urbino per intendersi. Furono
ordinate le procure da una parte e dall’ altra. Si intimava il
disarmo. Chi non avesse voluto cedere le armi, s’ intendeva
nemico e sarebbe stato combattuto in campo aperto, senza
che, per questo, dovessero ritardare la concordia e il paren-
556 : L. FUMI

« Ca), per quel che io intendo e veggo, non potrebbero es-
« ser meglio disposti, né più conformi d'animo e volontà di
« quel che sono » (12 ott.). Ma assai presto si risolse il con-
clave, senza aver concluso, «-per la durezza et ostinazione
« che sempre si é trovata in questi bastardi della casa et in
« questi ghiotti e senza fede Signorelli, di voler disarmarsi
« e ritirarsi à Parrano, come tante volte é stato fatto loro
« intendere e dall' Eccellenza del signor. Duca e dalli loro
« principali ». Allora dalle alleanze furono « esclusi questi
« che con tanto carico [del Cardinale] e della Sede Aposto-
« lica hanno preso le armi e son venuti a turbare et inquie-
« tare le cose di questà città e danneggiarla come sino a
« hora hanno fatto » (14 ott.), facendosi conto che avessero
cagionato più di 20,000 scudi di danni. Nella memoria a M.
Andrea da Urbino, l'auditore, é detto: « Procurare col Ill.mo
« S.or Duca che li parentadi se tractino et concludano tra
« quelle persone che vi dó in nota »: ma si volevano esclu-
iE dere almeno Bin Ciuco e il fratello con tutti gli altri Signo-
| i relli, perchè il Legato si teneva dal primo molto offeso; poi
| . tutti i Baldeschi, almeno quelli che avevano offeso nell’ onore
| il E, Braccio, e gli altri, per più fermezza della pace, se ne stes-

|. | sero fuori, « da due o tre in poi, che sono piü quieti e di
« miglior natura degli altri ». Dicevasi: « queste due case
« sono sempre state, per la superbia, arrogantia et mali-
« gnità loro, potissima causa della rottura et inimicitia di
« casa Bagliona; et la miglior provisione che si potesse fare,
« per tenere la decta casa in pace et unita, et perché ha-
« vesse a durar questa concordia, sarebbe d'ordinare che
« nessuno delle decte due case havesse mai a praticar con
dq : « loro ». Per il matrimonio di Braccio, madonna Monaldesca,
EI LEES vedova di Malatesta, fece dire al Vicelegato, che se avesse
si voluto sua figlia, gli avrebbe dato in dote quanto avesse vo-
luto, e madonna Francesca, vedova di Orazio, che se avesse
voluto la sua, gli avrebbe dato sc. 5000. Il Filonardi era

tado fra i principali. « Li quali (scriveva il Filonardi al Du-

"mE
CIUS aue Ca mr e IT,

"NONReruGEN ULT MT

LA LEGAZIONE DEL CARD. IPPOLITO DE' MEDICI NELL’ UMBRIA 557

inquietissimo, e li voleva condannati a pagare tutti i danni.
Scriveva al Duca contro Galeazzo e contro Bin Signorelli,
dicendo come si ritrovavano ogni giorno più uccellati e
beffati da Galeazzo, da Bin Ciuco e da gli altri forusciti e
ribelli, « maxime Bin Ciuco.... che mi manda a far intendere
« che harà piacere che la concordia e parentadi si facciano
« e concludano senza far menzione di loro ». Insisteva che
così si facesse veramente; e insisteva anche per punire i
castelli che li favorivano e li ricevevano, mentre il Duca

consigliava diversamente. « Nondimeno (soggiungeva) per

^

tornare alli castelli che li hanno ricevuti, dico, per rispetto
« e reverenza di V. E., sono contento aspettare fino alla ri-
« sposta che quella mi farà sopra di ciò et alla risoluzione
« dell'altre cose, di provvedere contra di loro e castigarli.
E questo dico in quanto ad alcuni. Ma quanto a certi al-
tri che sono espressamente contravvenuti alli miei ordini
e comancamenti, e che con tanto carico delli Superiori e
« del mio ufficio, e pericolo e danno di questa città e di tutto
« il contado, hanno ricusato di ricevere il presidio che io li
« mandavo, e qualcuno delli detti castelli cacciati li. homini
« che io avevo mandatogli e subito chiamati et introduttici
« li nemici (il perché si trovavano da me, servatis servandis,
« condannati), penso che, castigandoli, siccome la giustizia e

^

«

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« demeriti loro richieggono, e come anche si conviene per
« honore e servizio dil mio padrone, affinché coll' esempio
« loro un'altra volta li altri non faccino peggio che essi,
« quella non sia se non per contentarsene » (17 ott.).

Le stesse cose e con maggior calore scriveva al Legato,
instando molto perché fossero « esclusi tutti o parte di co-
« storo che sono venuti alli danni della città; et in specie
« facciamo tutti noialtri instantia che ne sia omnino escluso
« Bin Ciuco con tutti li Signorelli, quali sono stati causa, e

.« sono anchora, di tutti questi inconvenienti e ruine. E più

« hora che mai intendiamo che .esso Bin Ciuco, al solito suo,
« ha sparlato di Lei, del signor Duca e di tutti, di modo che

30

^ i Se
aem eio s a Pers m a ee ius ar so
L. FUMI

« nessuno di costoro vuole intendere che egli sia incluso in
« questo accordo di parentadi; et in luogo suo si è pensato
« mettere il sopradetto Ruggero, figlio del prefato Philippo
« de' Ranieri... nepote carnale delli predetti Malatesta et.
« Horatio, nepote anche di m. Ranieri de' Ranieri e cognato
« del signor Braccio e parente di Sua Beatitudine. Sicché
« per ogni rispetto giudicamo tutti che sia meglio governare
« questa cosa cosi, che includerci questo ribaldo. E ci pare-
« ria, anche, che quella dovesse scriverne al prefato signor
« Duca e fargliene anche scrivere dal suo Ambasciatore etc.
« E sopratutto sarà bene che quella le facci intendere il poco
« rispetto che questo ghiotto ha havuto sempre a Lei et alle
« cose sue, e quanto, e per il passato et hora, Ella se tenghi
« da lui offesa; ché mi rendo certo, per la mala opinione
« che anche S. E. ne ha, non solamente lo escluderà, ma lo
« tratterà da nemico » (19 ottobre) Al tempo stesso parti.
vano alla volta di Urbino il capitano Giannantonio da Ca-
stello, messer Orfeo da Montemelino e ser Simone di Neri
con i mandati in regola di Alessandro Vitelli, per conto dei
figli e delle figlie di Gentile, nonché di Armanno e degli altri
della Staffa. Null’ altro mancava, per concludere la concordia,
da parte di Braccio e da parte dei Malatestiani.

Giunto a questo punto, il Vicelegato credette essere in

porto. Non desiderò altro che finirla con quella vita peru-

gina. Tornò quindi a sollecitare il proprio richiamo in Roma:
« Io hormai (ripeteva) sarei desideroso, quando con buona
« grazia di quella (la Signoria. del Legato) far si possa, che
« da lei mi fussi concesso poter tornarmene a servirla pre-

« senzialmente, e non star più in questo inferno; ché, certo,

« hormai, mi è venuto a noia; ma quel che più mi pesa e
« grava è lo stare assente da V. S. Re.ma et Ill.ma; alla
« quale supplico humilmente, che le piaccia concedermi gra-
« Zia, che, ridotta la città a miglior vivere (che spererei po-
« terlo far presto), possi venire a baciargli la mano, e, in

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questo mezzo, pensare a fare elezione d'un altro da poter

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LA LEGAZIONE DEL CARD. IPPOLITO DE’ MEDICI NELL’ UMBRIA 559

^

mandar qui, ove, havendo fatto la parte mia, e potendo d
« (Iddio laudato!) dar buon conto di me e delle azioni mie, "
« mi parerà meritare, che quella mi consolasse di questo
« giusto et honesto desiderio, che io ho di tornarmene a Lei »
(21 ottobre).

Pensò di rivolgersi allo stesso Pontefice; gli scrisse
come chi ha già compiuto il suo ufficio, dandogli conto di
quanto aveva fatto, e dello stato in cui si trovavano le cose:

Delle cose seguite nella detta sua città e provincia dal di che la fe: 4
re: di Clemente cascò malato sino alla creazione di Vostra Santità, penso nad
che quella sia benissimo informata e che sappi come, per grazia di Dio,
e per opera e indirizzo di Monsignor mio Re.mo et Ill.mo Cardinal de
Medici, e con l’aiuto e favore, che e con li effetti e con le parole, ad instanza
e requisizione di Sua Signoria Re.ma et Ill.ma ci ha prestato lo Ill.mo
Signor Duca d'Urbino et anche lo Ill.mo Signor Pier Luigi di Farnese
Suo, le habbiamo conservate senza scandalo e perdita alcuna, anzi, ri-
spetto alli tempi che sono corsi et alli odii et inimicitie che universalmente
sono e nella città e nella provincia, con grandissima quiete e pace. E se
Galeazzo, Leone e Simonetto Baglioni, e Bin Ciuco et altri di casa Signo-
relli non si fussino mossi e venuti con le armi in mano contro questa
città, alla quale e al contado hanno fatto grandissimi danni, saremmo
stati in tanta quiete e pace, che non si sarebbe conosciuto se il Papa fusse
stato. morto o vivo. Per hora, per opera del prefato Signor Duca, si sono
ritirati, e S. E. non ha voluto che noi altri habbiamo con loro usato la
forza per cacciarli. Ma non per questo mancano, né restano di procu-
rare continuamente di travagliare questa provincia; et oltre agli altri
cattivi offici che fanno, nuovamente hanno fatto entrare in Spello molti
forusciti che turbano la quiete di quella terra, et il governo, sotto il quale |
hora stavano, della Sede Apostolica; et intendo che, a favor loro, ci en- zi
trò hier sera con circa 80 o 100 fanti Ruggiero di Phylippo de’ Ra-
nieri.... (18 ott.).

È notevole assai che in questa lettera il Vicelegato non
faccia nemmeno una parola dei parentadi, mentre era appunto
l affare più decisivo, e per il quale aveva tanto lavorato in
quell' ultimo tempo. Sapeva bene che un tal discorso non an-
dava a sangue al nuovo Papa.
560 ES L. FUMI

$ XII. — Ridolfo Baglioni si avanza verso Perugia — Ultimo
appello a Braccio e a Pier Luigi Farnese — Invasione di
Perugia e massacro del Vicelegato e di tutta la Legazione.

E il Papa si mostrò piccato di quei maneggi del Duca,
senza nemmeno farnelo inteso. Il Farnese, avverso al Medici,
mise in tutto la sospensiva. Mandò un Commissario, Sisto
d’ Ancona, con segrete istruzioni. Due dispacci del Legato,
sopraggiunti improvvisamente, fecero cambiar faccia alle cose.
Il loro laconismo è ben significante:

M. Sisto d' Ancona viene con autorità della Santità di N. S. per pro-
vedere alle cose e pericoli che accadessero nella Legazione. Toma, XX ot-
tobre 1534.

Card. Med. Legat.

Il Capitan Clemente viene in diligenza solo perchè li parentadi si
sopratenghino e disturbino in ogni modo, sin che vediamo lume più in-
nanzi. Et a V. S. mi raccomando.

In Roma, alli XXJ di ottobre M.D.XXXIIIJ.

V. Hipp. C. Card. Leg.

Il Filonardi si trovó rotte le uova nel paniere. Tutte le sue
fatiche erano ormai andate a vuoto. Bisognava scriverne al
. Duca, ed egli lo fece con tutto il garbo diplomatico: « Nostro
Signore fa e dice cose grandi sopra di questi parentadi, e

^

«

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si duole grandemente e di Sua Signoria Re.ma et Ill.ma e
« di tutti noi altri qui, che senza haverli conferiti seco, non
« essendo prima della creazione sua conclusi, si pensi tirarli
« à fine, senza parlarne con lei et intenderne la volontà sua.
« E però manda ad avvertire di tutto e ricordare che omnino
« si debbano sopratenere, e che per niente se ne facci altro,
« per hora, sin che. non si intenda meglio l' animo e volontà
« di Sua Santità; e che la si disponga a farla restar con-
. tenta; e che facendosi il contrario, ne potrebbe seguire la
‘ruina di tutti..... Si sopratenghi, senza che le parti o agenti

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LA LEGAZIONE DEL CARD. IPPOLITO DE’ MEDICI NELL’ UMBRIA 561

.« di esse intendano nè sappiano le cause... Salviamo la ca-

« pra e li cauli....! » (23 ottobre).

Fu un repentino cambiamento di scena che permise a

Rodolfo Baglioni e ai suoi di farsi avanti: un cambiamento
di scena che non si spiega facilmente. Braccio, sempre alieno
dal riaccasarsi, sollevò egli qualche pretesto per mandare
all aria il partito propostogli della figlia di Gentile? O si ebbe
sospetto della fede del duca di Urbino? Ció che si vede fa
sempre pensare a sospetti che si avessero sull' animo e sulle

intenzioni del Duca, troppo ambizioso, troppo intraprendente,

come giudicavalo il Papa. Il Commissario si affrettò di man-
dare a monte i parentadi combinati dal Vicelegato, appro-
rati già dal Cardinale e accettati ad Urbino, e ritornò indietro
le milizie del Duca, stanziate a guardia della città e nel Peru-
gino. Il Vicelegato scrivendo alla duchessa di Camerino, fe’ vista
di credere alla parte che il Rovere avrebbe presa per hidolfo
Baglioni e pe" suoi: « Ci dà qualche pensiero lo intendere
« (le scriveva) che lo Ill.mo signor duca d' Urbino darà loro
« genti; e questo veramente ce lo disse hieri al Commissario
« di N. S., che è qui, messer Prospero di Agobio, che venne
« mandato dal signor Rodolfo..... Lo averlo detto un suddito
« di S. E., oltre a quello che pubblicamente dicano li prin-
« cipali, ha dato e dà qualche sgomento alla città ».

Dal carteggio del Vicelegato col Duca si sente che questi
rimase male di una tale risoluzione del Papa, per la quale si
trovava messo fuori bruscamente e sul più bello delle trattative.
Il Filonardi cercò di colorirla con qualche ragione. Ecco come
fu ringraziato il Duca del servizio delle sue soldatesche, in

un momento che mai il maggiore, per il pericolo de' forusciti:

Perchè questa città e contado sono molto gravati da queste genti, e
parendo al tutto non esser più necessario star in questa spesa, tanto la
Comunità, come io supplico a V. E., che le piaccia ordinare, che le dette
genti si levino subito, perchè al danno grave che ne patiscono i poveri
contadini e per haverli a spesare, e per non potere seminare et attendere
alle loro faccende, la detta Comunità per le molte altre spese, che dal

m

Dies
562 L. FUMI

mese di luglio in qua ha fatto, è impossibile che possa più reggere a
questa spesa. Però quella sarà contenta commettere che tanto le genti di
fuora, come quelle di dentro, si levino di qua e se ne tornino a casa....
E nondimeno far poi, per la via di Roma, quelli officii che la giudicherà
a proposito, per disponere Nostro Signore a contentarsi delli detti paren-
tadi.... (23 ott.).

E de’ parentadi rimandati si diceva:

Mi ha detto (il Commissario) per parte di Sua Santità che ella
desidera e vuole che li parentadi si soprassedano, finchè la si abboccherà
col signor Braccio, quale vuole vadi a Roma al più presto che sia pos-
sibile; et a questo effetto esso Commissario da Deruta, ove intese che il
prefato signor Braccio era partito da Perugia, gli spacciò uno a posta,
et arrivandolo a Panicale, hier mattina di buon’ hora se ne tornò qui....
Braccio se ne tornò hiersera a Panicale, per seguire stamane il viaggio
suo al signor Pier Luigi, col quale parlato, pensava tornarsene qui e poi
andarsene a Roma.

Aggiungeva, il Papa mostrare per Braccio una grande
tenerezza; e, secondo il Commissario, « usa di dire, che es-
« sendo egli suo parente, vuole intendere e saper le cose sue,
« e che beneficio e frutto lui spera apportare da questi pa-
« rentadi, accennando che dubita non intervenga come al
« signor Gentile e al signor Galeotto suo fratello, che sotto
« pace, sicurtà e tante promissioni furono ammazzati. Sopra
che è stato risposto al Commissario, che sotto la prote-
zione di V. E. non si dubita di tal cosa » (24 ott.).

Cercava poi palliare la venuta del Commissario che dava
ombra al Duca:

<

^

^

La venuta del Commissario di N. S. non è stata perchè Sua San-
tità non sia stata benissimo ragguagliata dal Cardinale mio delle buone
opere et offizii fatti da V. E. nelle cose di questa città, e come per grazia
et opera sua e col presidio che ci ha mandato la si è preservato in pace
e senza scandalo, ma intendendo Sua Beatitudine che in Casteltodino
era entrato Iacomo Tabusso da Spoleto, con molti altri banditi e di Spo-
leto e di Acquapendente, et ammazzati quivi certi e rubbatoli, et in oltre
occupato il castello; et appresso intendendo che nel Poggio Aquilone et
in Parrano si ritrovavano anchora genti, e per questo noialtri in Peru-
gia stavamo anchora armati, mandò il detto Commissario per provedere
CM cro tt re emen

CM diras Mr Adgel vi
V espee magnm) SP Ner ui EYE, EPIS

LA LEGAZIONE DEL CARD. IPPOLITO DE’ MEDICI NELL’ UMBRIA 563

a questo e per far deponere l'arme a tutti dentro e fuori, e raddirizzare
con l'autorità di Sua Santità la città al viver quieto e politico. IL che
non si è potuto poi fare per la venuta. di Rodolpho e di questi altri suoi
dalle bande di qua: e veramente la cosa non è stata presa per quel buon
verso che si dovea e costoro sono corsi troppo a furia. E Dio voglia che
torni loro bene! Pur V E. V. potrebbe provedere e remediare a tutto, sa-
pendo, massime, il buon animo del signor Braccio non è mai per man-
care di quanto ha promesso, anzi osservarlo, se credesse perdere quanto
ha al mondo e la propria vita. E così avverto V. E... E per appunto
da lui sono avvisato, egli era in ordine per andare in postea Roma dal
Papa per haver da Sua Santità buona licenza di poter concludere quanto
per mezzo di quella si era trattato tra lui e gli altri della casa sua
(30 ott.).

Ci manca una prima lettera del Vicelegato indirizzata
al Duca con una di Braccio che, forse, ci avrebbe potuto
dare qualche lume. Abbiamo solamente la risposta che è
del seguente tenore:

Ho ricevuto la lettera di V. S. di XXj con quella del Signor Brac-
cio; et havendo io inteso il rispetto scopertomi in questa pratica, al quale
io pensava che si fusse proveduto, non toccando a me di procurarlo, non
posso ragionevolmente fare altra risoluzione di quella ci ho fatto e che
V. S. intenderà quanto mi occorre. Però rapportandomi alla sua rela-
zione, non dirò altro, se non che in me resta quel buon animo ch’ ò havuto
sempre di fare tutto quel bene che io potessi. De li fanti sin da hieri
scrissi a M. Guglielmo, che stava a V. S. il remandarli tutti o parte, o
come e quando li paresse. Hora gli dico di novo, ci ella gli rimandi a
piacer suo, e con essi anco m. Guglielmo, il quale, partiti li fanti, non
haverà più che fare là..... Da Sinigaglia, alli XXiij d' ottobre, 1584. Al
piacere di V. S.

Il Duca d? Urbino.

Il rispetto, a. cui si allude qui, non puó essere altro che
il motivo addotto dal Papa, di essere stato tenuto al buio
della pratica. La risoluzione pontificia mosse da sfiducia per
il Duca. Lo dimostra il sollecito sostituirsi di Pier Luigi
Farnese nella faccenda di Perugia. Ma, più di tutto, lo di-
mostra il malcontento del Papa per il matrimonio di Guido-

2
064 L. FUMI

baldo, combinato cosi alla chetichella. Se non fosse stato

consumato, lo avrebbe disfatto. Aveva messo gli occhi nella.

Giulia per il suo Pier Luigi. Anzi gli effetti che seguirono
di poi nella politica. pontificia per Camerino, non lasciano
alcun dubbio che il matrimonio, concluso. frettolosamente
nel periodo del conclave, e non altra cosa, irritasse l'animo

di Paolo III verso il duca d' Urbino. Colori la causa, dicendo

non potere permettere che un principe così intraprendente
fosse troppo gagliardo sulle mura di Roma.

Meschino conforto furono al Vicelegato il ritorno di
Marsciano e di Spello all’ obbedienza, la buona disposizione
di Braccio a far deporre le armi agli amici suoi contumaci della
corte, e farli andare fuori senza aspettare altri bandimenti. Per
mantenere l ordine in città ci volevano mezzi, e più non sa-
peva, ormai, ove andare a pescarli. « Un male solo ci è, per
« poter mantenere la città in pace e castigar li inobedienti
« e li tristi; che non ci è un quatrino, ma molti debiti si,
« per rimettere il Bargello colla compagnia; che, certo, que-
« sto mi dà non piccolo fastidio; né sò dove mi voltare per
« trovare più un quatrino..... ». Ma poi se da una parte
ripigliava respiro, ecco subito, da un'altra, opprimergli: il
cuore nuovi affanni. Costantino Baglioni dava dentro in
Collemancio, castello dello stato. Pochi soldati rimanevano
alla guardia di Perugia: onde egli lamentava: « Questa città
« andrà tuttavia di male in peggio, non senza displicenza
« di nostro Signore e di tutti li homini da bene che ci sono,
« e anche non senza carico e gravezza di quella (voleva
dire della Signoria del Legato) e delli suoi ministri » (27
ottobre). |

Ma ogni peggio viene dietro. Ridolfo e i Signorelli si
avanzavano alla volta di Perugia, questa volta, e dicevano
davvero.

A

Il carteggio del Vicelegato stringe ormai al fine; queste
che riportiamo, sono le ultime lettere da lui scritte: « Sta-
« notte è tornato da Sinigaglia, ove al presente si ritrova

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LA LEGAZIONE DEL CARD. IPPOLITO DE’ MEDICI NELL’ UMBRIA 565

« il signor Duca d’' Urbino, Ser Simone di Neri, uno de’ pro-

‘« Curatori del signor Gentile, il quale ci riferisce che Ri

« dolpho Baglioni era in ordine di venirsene nello stato
« insieme con Bin Ciuco, con Gadone et Ottaviano d' Assisi

« et alli banditi e condennati, tanto della città e provincia, .

« quanto anche dello stato loro; e che per tutt’ hoggi do-
« veano ritrovarsi nel detto stato, e che tutti designavano
« e facevano pensiero rientrare in casa loro ».

Mandò per Braccio e per Pirro: ritornassero tosto « vo-
lando ». Scrisse a Castello, scrisse a Todi, a Foligno, ad
Assisi, a Nocera e a Gualdo: mettessero in ordine soldati.
Mandò un monitorio a Ridolfo, a Giovan Paolo e alle loro
madri. Da Roma chiese, per breve, di far loro lasciare lo
stato; fargli mandare via tutte le genti e richiamarli in
Roma a presentarsi al Papa, e di li non partirsi senza
espressa licenza: « Ma tutto quel che si harà a fare, è ne-
« Cessario che si facci subito, subito, e senza mettersi punto
« di tempo in mezzo; perchè quel che ha da esser, sarà fra
« tre o quattro giorni, al più lungo. Perchè ritrovandoci noi
« disarmati, audereranno far li fatti loro prima che ci ar-
« miamo; sicchè bisogna sollecitare che si facciano subito
« subito le dette provisioni, e si mandino in qua volando.
« E Dio voglia siano a tempo! Perchè la disgrazia vuole
« Che il signor Braccio si trovi assente; chè la persona sua
« sola sarebbe importata qui un esercito. ... ». Così ai 28
ottobre.

Braccio faceva il sordo. L'astro del cardinale Ippolito,
dopo la morte di Clemente VII, si era. ecclissato. Tendeva
l'occhio a Firenze, e per dare lo sgambetto al duca Ales-
sandro, si stringeva coi forusciti fiorentini e ne accettava
la rappresentanza. Pier Luigi godeva di veder nel ballo il
povero mons. Filonardi che aveva un bel gridare: Aiuto,
aiuto! Doveva pagare il fio del suo intrigo. di Camerino per
avere sconcertato le vedute farnesiane, che erano di trovarsi
subito a mano uno stato senza fatica. E pertanto al nostro
566 L. FUMI

Filonardi non gli venne così ben fatto, che 2/ bicchiere rotto
non se lo avesse a pagare, come si sperava! Le sue lettere
dell'ultimo di ottobre, all'uno e all'altro, fanno presentire
che si era alla vigilia di un’altra vitellata, alludendo alla
cacciata ignominiosa del Vitelli nel 1522; ma di effetti ben
più tristi di quella. Il Vicelegato le scrisse alla vigilia della
catastrofe; e noi le rechiamo qui ambedue, a testimoniare
l'abbandono di tutti per le cose di Perugia; incuranti in
Roma, che una città di tanta importanza precipitasse, da
un'ora all'altra, a grande, irreparabile ruina.

[A Braccio]:
Ill.mo S.or

Quanto dispiacere et fastidio habbi portato a tucti li amici vostri et
quanto carico vi si dia et attribuisca da tucta la città, non essendo V. S.
voluta tornare, in tanta necessità, nella quale ognuno se ritrova hora
qui, impossibile saria che io esprimere, o lei pensare potesse più. Però,
senza venire alli particolari, dico che li nemici sono da tre di in qua da
Vicolo sino a ponte di Pattoli; et hanno anche preso Torsciano: et con
essi si ritrova la persona di Rodolpho; e che tuctavia fanno maggior
massa, et pensano omnino venire a tentare le cose di Perugia et entrare
dentro. E benché noi altri habbiamo facte assai buone provisioni, non-
dimeno, non essendoci un capo di casa Bagliona che possi tenere il po-
pulo saldo et al quale si habbi rispecto, dubitiamo che le cose nostre
anderanno più tosto male, che altrimenti; et che questa povera città an-
derà in ruina. E tutto soccederà per causa et colpa vostra; chè così
dicono et parlano publicamente sino alli putti della città. Onde, se V. S.
non vuole mettersi una mitria affatto, et restare il più vituperato homo
del mondo, e portarsi questa gloria e di haver lasciato ruinare la patria
sua et restare con questa nota, e presso li superiori, e presso alla città,
monterà subito a cavallo e se ne verrà, volando, a soccorrere et essa e li
amici che ci ha; li quali stanno tucti in periculo esser tagliati a pezzi
e ruinati eternamente. E non bisogna che la S. V. dubiti di cosa alcuna,
perchè se ne verrà securissimamente, senza un suspecto, nè un periculo
al mondo. E quando la sarà in questi contorni, noi manderemo a farli

compagnia tutti questi cavalli del capitan Camillo e del capitan Alessio,

che habbiamo dentro nella città, e, bisognando, anche 100 o 200 archi-
bugieri. Sicchè, volendo V. S. fugire tutte queste infamie e provedere e
rimediare alla ruina di questa città, colla sola presentia potrà farlo;

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LA LEGAZIONE DEL CARD. IPPOLITO DE’ MEDICI NELL’ UMBRIA 567

non veggo che possi far altro che tornarsene subito, subito, subito, volando.
Altrimenti la sarà un’ altra vitellata e giudicata assai peggio e più ver- ,
gognosa, che non fu quella, facta almeno, con qualche scusa; chè in voi
non ne veggo nessuna. Hora, V. S. intende, la potrà fare quel che le
parerà, e noi altri, quando non potremo più, saremo escusati e presso
a Dio e presso alli homini del mondo. Et il Commissario di S. S.tà, che
è qui, potrà sempre far buono testimonio delle opere di tutti; e perchè
Sua Signoria hoggi è andato ad abboccarsi con Ridolpho e con gli altri,
non scrive altrimente a V. S.; ma per le lettere che hieri se hebbono da
lei per il Thoso, restò tanto malcontento et sodisfacta di essa, che più
non se potria dire. Il che ho voluto anche farli intendere, per non lasciare
cosa alcuna a dietro, per indurla a venire e far quel che lU honore e
debito suo richiede. Et a V. S. mi raccomando sempre di buon animo,
che Dio la contenti.

Di Perugia l’ultimo di Ottobre del 1534.

[Al Farnese]:

Ill.mo et ecc.mo Signor Pro.ne mio sempre col.mo

Ricevo in questo punto la di V. Eccellentia delli XXX del presente,
€ per essa intendo le commissioni venute da Roma sopra le cose nostre
di qua, e li ordini dati da lei che li suoi fanti tornino a questo servitio.
Il che, secondo il messo che Ella mi ha spedito riferisce, par che non
voglino fare. Però, scrivendo io al S.or Braccio quanto mi occorre delle
cose di questa città e in che termine se ritrovino, non mi stenderò in
dirne altro a quella, per non darle più fastidio; perchè la potrà vedere
quanto ne scrivo al prefato S.or Braccio. Se non che, inteso che Ella
harà li bisogni nostri, potrà, piacendole, farce quelle provisioni che le
pareranno più expedienti e necessarie. Ma Dio voglia siano a tempo /
Ch? se 'l S.or Braccio fussi venuto subito che noi altri gli scrivemmo, a
tucto se sarebbe provvisto al securo, e senza un dubio al mondo. E già
noi habbiamo qui tante genti, e tuctavia me vengano, che se havessimo
uno di casa Bagliona che tenesse saldo il populazzo e al quale si havesse
rispecto, saressimo non pur- certi di difenderci, ma sufficientissimi a of-
fendere li nemici. Onde, contentandosi V. Eccellentia rimandarcelo subito,
volando, provederà alla total securtà di questa città, a U honore e debito
di esso S.or Braccio; et al servitio di V. S. e di V. Eccellentia ne reste-
ranno con perpetuo obbligo a quella, alla quale mi raccomando humil-
mente, e le bacio la mano, che N. S. la contenti et feliciti com’ essa
medesima desidera. Di Perugia, U ultimo di ottobre del 1534.
L. FUMI

Il dì appresso, primo di novembre, di domenica, sul far
della notte, i capi Malatestiani, e cioè Ridolfo Baglioni, i Si-
gnorelli, i Baldeschi, i Corgna, i Montesperelli e i della Penna,
con mille fanti, per porta San Pietro entrarono in Perugia.
Bracceschi e della Staffa si fuggirono. Ridolfo mandò il ca-
valiere da Montesperello a parlamentare col Vicelegato nel
palazzo de' Priori. Bin Ciuco Signorelli e Silvestro Baldeschi,
saliti in piazza, montarono il palazzo. Trovarono monsignore
seduto al seggio co' Priori. Bino, dopo le molte parole che al
Vicelegato ricordarono ingiurie e offese patite, lo pigliò per la
barba, e tiratolo giù, crudelmente lo ammazzo. Silvestro Bal-
deschi cercava messer Andrea da Urbino, lauditore. Fru-
gati tutti i canti, ammazzò Giovanni Stefano da porta S. Pie-
tro, uno de’ Priori, e Ser Ventura cancelliere: ferì Bino
d'Innocenzo, perché non voleva insegnarglielo. Trovatolo
nascosto sotto il seggio dei Priori, lo uccise. Di poi Cecco
Signorelli e Guidone de’ Nepis corsero a casa il cavalier Marco,
cancelliere della Legazione e fratello dell’ infelice vescovo di
Terracina. Lo fecero a pezzi. I cadaveri degli uccisi man:
darono a marcire nel pubblico carcame. Quasi tutta porta
Sant'Angelo e molte altre case, qua e là, andarono a sacco.
Attaccato fuoco al palazzo del Vicelegato, « fu abbruciato
« tutto e non ci rimase niente, assieme col palazzo del ve:
« scovato, chè sono attaccati; cosa crudele a vedere (dice il
« pio Bontempi); e cose che mai più furono vedute e udite
« in questa città, doppo che fu edificata, a onore del Papa
« e della Sede apostolica! Ché d'ogni cosa ne sono causa li
Superiori per il loro malo e cattivo governo ».

Che fra questi superiori dovesse essere anche il Vice-
legato (come pensa il Fabretti) che, perdendo la vita, portò
« forse, la pena delle ingiustizie quale egli faceva », secondo

^

^

il Maltempi, si potrà meglio giudicare dopo una serie sì im-
portante di sconosciuti documenti da noi qui raccolti. Di lui,
certo, si lamentavano di poca giustizia, e a lui vennero, per
ere

pater inteso pei
RARO IA >

LA LEGAZIONE DEL CARD. IPPOLITO DE’ MEDICI NELL’ UMBRIA. 569

questo, rimproveri da Roma. Per sostenersi, si affidò a' Mo-

sceschi « che facevano tante crudeli disonestà », e gli fu fatto
carico di tenersi attorno alcuni delinquenti, invitandoseli
anche a mensa. Pure, egli, a mani libere, avrebbe avuto
polso da cacciare i ribaldi, ancorchè per ottenere lo scopo,
avesse dovuto fare ricorso a gente della stessa risma. Ad ogni
modo, l'immane tragedia, gli incendi e i saccheggi del primo
novembre 1534 non sarebbero seguiti, se alle sue grida non
avesse trovate sorde le orecchie di tutti.

La sciagurata fine del vescovo di Terracina e degli uf-
ficiali rese più cauti i suoi successori: i quali ebbero in mag-
gior conto le poche libertà popolari ancora rimaste; ma fu-
rono, anche, meno coraggiosi alle lotte, meno saldi a rima-
nere al seggio; come vi era rimasto, intrepido, infino all’ ultimo,
il Filonardi, quasi sfidando la violenza della spada. Il Tri-
vulzi, vescovo di Como, venuto vicelegato il 1° gennaio 1535,
ne fuggi ai 22 febbraio. Il Capozzucchi, vescovo di Nicastro,
dall 11 marzo rimase fino al 13. giugno, giorno in cui, 2n-
salutato hospite, se ne riandó; e fu l'ultimo a rappresentare
il Legato de' Medici.

Mori anche egli, il Legato, malamente, il 10 agosto, di
veleno, nella terra di Itri, a soli 25 anni. Lui piansero, più
che la città di Perugia, che mai governó direttamente, se non
per quel che si facesse con Clemente VII, i suoi Bontempi;
e, specialmente, Federico, che lo servi amorevole e costante, -
Niccolò che fu suo vicario nell arcivescovato di Avignone,
Jesare, governatore di Norcia e storico, che di lui parlò
pieno di affetto e di pietà, e finalmente Marco, raccomandato
che gli fu da Cinzio Filonardi; per non dire dei molti perugini
amici della fazione di Braccio, l'amicissimo suo. Anche le
Muse lo piansero. Ce ne offre il saggio uno dei tanti lette-
‘ati della sua corte, che, a breve distanza, si vide l'uno e
l’altro protettore mancare, Clemente VII e il cardinale Ip-
polito:
L. FUMI

Di quel sugo letal ch' a morte spinse
chi l’ Indo e "1 Perso con vittoria scorse
perfida mano al gran Medici porse,

e due gran lumi con liquor breve estinse.

E se la terra Ippolito non vinse,
con Alessandro di splendor concorse,
e l'avrebbe agguagliato in armi, forse;
ma '| sacro bisso a lui la spada scinse.

Cosi, rimaso un'altra volta il mondo
senza il suo sole, ha rinnovato il pianto,
e si mostra ogni luogo oscuro e tetro.

Commosso è '] Tebro e l' Arno infino al fondo:
questi di Pietro gli serbava il mondo;
quei di Porsenna il bel toscano scétro.

(Bibl. Vatic. Urbin. 1743, 391 t.)

Cosi, nessuno potrà piü accettar qualche dubbio sulla
causa della morte d'Ippolito; daltronde, affermata chiara-
mente dal bene informato cronista perugino Bontempi, che,
come il Varchi, indicó anche il nome del familiare fattosi a
propinargli il veleno; un di Città di Castello. Egli avrebbe
potuto veramente guadagnarsi gli animi de' Perugini, e tem-
perarne la fierezza, se, pur una sola volta, si fosse recato a
Perugia; se, cioè, curandosi più della pace dell' Umbria, che
non si industriasse il suo Filonardi a fargliene omaggio con
un ducato mediceo, meno favore avesse accordato a’ Mosceschi
di Braccio e più giustizia ai discendenti di Malatesta; e se
fosse stato più risoluto a rivendicare lo stato de’ Baglioni e
a sborsargliene, effettivamente, il compenso, come pareva sta-
bilito di fare, riparando e correggendo I opera dello stesso
Clemente VII che, improvvidamente, di uno stato ancor più
vasto dell’antico gli aveva insuperbiti.

A lui, che non stava in grazia al nuovo Papa, giovò
mettersi in disparte. Gli bastò osservare da lontano lo svol-
gersi degli avvenimenti, e ricavarne aforismi che da me
ritrovati, ora, fra cose sue nuove, e latine e italiane, rivelano
tendenze speculative e svegliato ingegno politico, e possono

XI
LA LEGAZIONE DEL CARD. IPPOLITO DE’ MEDICI NELL’ UMBRIA DIL

significare una lezione data a chi stando sopra a lui, non
curò, come doveva, le cose di Perugia. Certe meditazioni
sono corollario degli avvenimenti disastrosi della sua Lega-
zione nell Umbria, lui o chi altro il colpevole; e darle qui,
ci sembra applicarle al luogo loro, opportunamente.

RETRATTI D’ APHORISMI.

1. Per intender bene il governo delli stati la vita è breve, l’ arte
longa, l’ occasione veloce, la prova periculosa e 'l judicio difficile; nè sol
bisognia che in correr pericoli il Governatore sia disposto, ma che la Città
anchora, e’ ministri, e U altre circumstantie.

2. Ne’ movimenti del populo, se si castigano quei che bisogna,
giova, e facilmente si sopporta; se non, adviene al contrario; così, nello
sbandire da la Città, se tanti si sbandiranno, quanti bisognia, gioverà e
sopporterassi bene; altrimenti sarà il contrario. Bisognia, pertanto. guar-
dare alla qualità de’ popoli, a’ tempi che corrano, a’ desordini che sono
nati, se ciò si conviene 0 no.

3. Gli acquisti e stati deboli son pericolosi, perchè in quelli non
si possono mantenere: e non si mantenendo, nè cresciendo in meglio, è
forza che caschino nel peggiore: e per questo è bene di cercare di ridursi
al suo naturale. Nè anchora bisognia che troppo s' indebolischino, impe-
rocchè V un U altro è pericoloso. E bisognia advertire, che tanto posseg-
ghono li stati, quanto la natura loro possa sopportare.

4. È pericoloso mantenere uno exercito con pochi denari, si come
anchora il tenerlo troppo abondante e grasso, è dannoso.

5. Quando si sta in sospetto di guerra, lo havere poche prepara-
tioni è dannoso; imperocchè ogni movimento maggiore se gli farà, es-
sendo debole di forze, che se gli havesse piuttosto di quel che bisognio li
fusse; onde a chi sia fuor di sospecto, è pericoloso il tener poche forze
a sua difesa, perciocchè i disordini più difficilmente si sopportano.

6. A quelli ultimi ‘pericoli è necessario usare gli ultimi remedii.

7. Ne’ pericoli grandi d'uno stato nascono gravissime difficoltà,

nè bisogna gravar li homini fuor delli straordinari; ma quando il caso
L. FUMI

non è così pericoloso, si può giugniere tanto di più de V ordinario, quanto
la natura del stato possa sopportare.

8. Nel punto della giornata, el dare altra impresa a soldati non
è buono.

9. Ne la terra assediata si ha da veder se le provisioni possano
durare a la lunghezza dello assedio o no, e qual d' essi, o le provisioni,
o la guerra habbia prima da mancare.

10. Le provisioni sì hanno da fare quanto possino bastare, ma

innanzi al pericolo, imperò che a U hora solo si ha d' attendere a pas-
sare quello.

Tutti questi punti, uno ad uno, quadrano bene al caso

di Perugia. Sembrano il resultamento di riflessioni che.
o

‘siansi affacciate alla mente di un pensatore, dopo quel
disastro. Difetto d'unione e d'accordo fra Governatore e
Priori; soverchio numero di cittadini sbanditi da Perugia;
debolezza del Comune che, per sostenersi, si affida a que-
sta o a quella fazione; o che non puó fare a meno di
favorirne una, per bilanciarsi in equilibrio; penuria di denari
.a mantenere soldati; insufficienza di difesa; errore di gra-
vare i cittadini in tempi perigliosi; errore di deviare

la milizia dal fatto intrapreso, e di non pensare a tempo.

alle provvisioni necessarie, sono, per l'appunto, tutte «cause
che concorsero a produrre i fatti del 1? novembre 1534, in
Perugia. Potevano dare motivo davvero ad un pensatore
acuto di sentenziare gravemente. Questi pensieri politici fanno
riandare a ció che accennai in principio. Ci inducono a ri-
flettere, se ad un Ippolito de' Medici non fosse convenuto
un principato civile, meglio che il cappello. Clemente VII,
sulle prime, lo aveva, invero, prescelto al principato. Pro-
messo, come egli fu, fin da bambino, ad impalmare Barbara
Pallavicini per volontà di Leone X, Clemente sciolse la pro-
messa: pensò di fargli menare o la figlia naturale del re di
Francia o l'unica figliuola di Piero de' Medici, nata dalla du-

VAFRESQUN RTT

EA a od don:

i ca
AZIZ

LA LEGAZIONE DEL CARD. IPPOLITO DE’ MEDICI NELL’ UMBRIA 573

chessa di Nemours (in sostanza la propria sorella), perchè erede
della metà di tutte le ricchezze della casata. Lo mandò a
Firenze col cardinal di Cortona, « per dargli reputazione »,
come si legge in Marin Sanuto; ma il cardinal Passerini fu
« uomo di poca mente, di modi aspri e male accetto ai Fio-
« rentini » (Capponi). Se lo fece entrare nel Consiglio dei ses-
santa, nella Balia e fra gli accoppiatori a vita, non lo salvò, poi,
dalle odiosità, che travolsero i Medici e li cacciarono in bando.
Allora il Papa volse per la mente altri disegni. Pensò di

fondare su lui il centro della potenza ecclesiastica della

famiglia, abilitandolo, ancorchè minorenne, ai benefizi, senza
conferirgli alcun ordine sacro. Vescovo di Lecce, di Casale,
arcivescovo di Avignone, Cardinale, prima di 5. Prassede,
poi di S. Lorenzo in Damaso, oltre alle molte e pingui ab-
bazie che godeva, era veramente una potenza. Ma non fu
mai così pago di sè, come quando andò generale della Chiesa
contro i Turchi, in Ungheria e nella Campagna. Malatesta
Baglioni aveva consigliato il Papa, resa appena Firenze, a ri-
mandarlo là, dove il suo animo lo riconduceva irresistibil-
mente. Sopravvenuto egli in Firenze, all'insaputa del Papa,
per tentare un’ agitazione popolare contro Alessandro, si lasciò
distogliere dall’ intrapresa, attratto, più che dalla volontà del
Papa, dalla ricca mensa di Monreale e dal piatto di Vicecancel-
liere della Chiesa, che Clemente gli offriva sollecito, accu-
mulando in lui le maggiori cariche e le rendite più pingui
della Curia. Tuttavia, non seppe rinunziare al suo sogno di
Firenze, e si maneggiò con Carlo V. Tolto che egli fu di
mezzo, gli amici di Alessandro de’ Medici si vantarono di
aver saputo levarsi « le mosche d’ intorno al naso »; e ve-
ramente seppero farlo a tempo; ma senza profitto. Ingegno
colto ed erudito, pronto, acuto; animo temperato ; generosità
e liberalità regie, affabilità di modi, congiunti a spiriti guer-
reschi, avrebbero fatto d’Ippolito un principe, a cui nessun
altro, al suo tempo, poteva stare alla pari, se Clemente VII
avesse seguito i suoi primi indirizzi di educazione. Ne lo
37
514 Ir

FUMI

distolse per dargli la Legazione dell Umbria; mezzo buono,
qual poteva essere, dapprima, ad aprir la via alla patria fio-
rentina che resisteva ai Medici; un carico fastidioso, dappoi
che la patria era ricaduta nelle loro mani stabilmente. Quindi,
in tempi in cui la pratica della vita non è altro che l'interesse
proprio, il proprio particolare, dove questo non si trova, non
vale la pena occuparsi. Così la Legazione medicea non fece
che il tornaconto degli scapigliati, e lasciò una funesta traccia
di sangue e di rovina, come era stato, pochi anni avanti, il fa-
moso sacco per Roma. Perugia, risparmiata, pochi anni prima,
all'avidità delle milizie forestiere, sperimentò in sé, per le
fazioni sue, i mali che funestarono Roma col famoso sacco
de’ forestieri. Minori gli effetti, in ragione dell'importanza
della città; gravi sempre le cause, tutte quante riposte nella
debolezza « de’ superiori » verso i partiti. La intemperanza
e la violenza dovettero poi costringere, come appunto il Filo-
nardi diceva, ma senza pró, a prendere « il bello bastone ».
Qualunque male, prevenuto e represso a tempo, è sanabile;
tollerato a lungo, non può fare che non si dilati, trascinando
a rovina irreparabile individui e popoli.

L. FUMI.
Metereeoeviis s

LA LEGAZIONE DEL CARD. IPPOLITO DE’ MEDICI NELL’ UMBRIA

DOCUMENTI

I. — Arch. Segr. Vat. Vescovi, VII, c. 7. [a. 1533...]

Informatione di quello che si doveria fare per ridurre la città di Peru-
gia in quiete et sotto la totale obedienza dell’ Ill. card. Legato e suoi
Ministri.

Che havendo li Superiori legata tutta la banda Malatestesca con si-
curtà, che quelli che sono giudicati scandalosi confinati, et ognuno, da
Galeazzo Baglioni et la moglie in poi, obedito et accomodatosi a far la
voluntà delli decti superiori, senza una difficultà et una replica al mondo,
et portandosi lor tutti quietissimi et modestissimamente senza far mai
cosa che dispiaccia, nè sia vergognosa alla corte; et facendo questi al-
tri continuamente senza alcun rispecto infiniti carichi et vergogne al R.mo
et Ill. Pro.ne, et conseguentemente alli suoi Ministri, con universal di-

splicentia di tutta la città, sono di parere che si debbano fare le infra-
seripte provisioni, cioè:

1." Che il signor Braccio se chiami et ritenghi in Roma, overo vo-
lendo pur che stia nel paese, se gli dia di buona maniera la norma della
vita che habbi a tenere; et mancando egli all'ordine che se gli darà,
se levi subito del paese, et se chiami et facci stare in Roma o altrove,
monstrandogli in tal caso il Re. et Ill. Pro.ne esser lui poco contento, et
che la vita sua gli dispiaccia; et sarebbe anche molto bene et a propo-
sito levargli da canto alcuni ministri cattivi et di mala natura che tiene,

quali non attendono, né fanno mai altro che metterlo su et confort tarlo
et persuaderlo a tucti lè mali del mondo.

2." It. che madonna Marsilia sua consorte, la quale è di molto peg-
siva natura che lui, per niente possi stare in Perugia, ma si tengha
continuamente fuori, come Mad. Monaldesca et Mad. Francesca, et sopra
576. L. FUMI

tutto a l’uno et a l’altra si ordini et comandi che non debbano et non
possano retenere nelle cose, case, possessioni et luoghi loro, nè appresso
di sè alcuna sorte di banditi, nè condennati.

3.9 It. che si levino di Perugia et confinino tutti li Baldeschi et
se astrengano.prima tanto essi quanti molti lor cagnotti et seguaci a
dare le medesime sicurtà che hanno date gli altri gentilhomini de la città ;
quo facto, se mandino, dico fuori, perché la decta città non ha famiglia
più superba, insolente, né più soperchievole di questa, et restandovi, po-
trebbe, in ogni modo, un giorno parthorirei qualche grande scandalo;
perché non hanno respecto né a l'honore et servitio del Cardinale, né
de’ suoi ministri, né a persona che vi sia.

4.° Che sotto le medesime sicurtà et conditioni si mandi anche fuori
Baglione della Baglioncella con alcuni seguaci et homini scandalosi et
di mala vita che lo seguitano. Il quale col parentado facto col signor Brac-
cio, perciò che ha preso in moglie una sua nepote, ha cominciato ad al-
zare la cresta et anchor esso fa. el peggio che può.

5.° It. che a Prospero della Corgna se faccino dare le medesime
securtà et se confini fuor del Perugino, perchè la mala vita che tiene
et le superchiarie et insolentie che usa sono tali e tante, che ci ha hor-
mai vituperati tutti. i

6.° Che li Montemelini, banditi et condennati in pena del capo et
confiscatione de’ loro seguaci per li homicidii et altri infiniti delieti per
essi commessi, siano puniti et casticati in persona et nei beni, piglian-
doli per la Camera; et non potendosi havere essi in mano per casticarli,
facesse provisione che non possino stare nè in. Perugia, nè in altri luo-
ghi della legatione della Sede Apostolica.

7.° Che Giovan Francesco da Montemelino, capo et ordinatore di tutti
li mali et condennato da me in pena di rebellione et confiscatione di
suoi beni, sia similmente in persona et nelli decti beni punito et casti-
cato, perché in ogni modo é persona di poco momento et non ha né
roba, nè amici, né di lui in questa città si tiene un conto al mondo, e
non é buono per altro, che per mettere qualche male con quella sua lin-

.guaccia. Et li beni che il Card. gli ha dati se gli possono a suo piacere

levare, per esserne stato privato, S. S. et Ill.ma et Re.ma potrebbe farli
tenere per sè, sendo che potesse disporne più utile et honoratamente che
non ha facto a darli a lui, et sono pur beni di valuta, et per quanto mi
Sn

LA LEGAZIONE DEL CARD. IPPOLITO DE’ MEDICI NELL’ UMBRIA DTT
è riferito, di più di X mila scudi. Che se Giovan Francesco lo ha mai

meritato, [di non] meritarlo me ne rimetto al giuditio di ognuno (1).

8. Che a me pareria che si dovessero revocare et disdire tucti
e’ salvicondocti che ’1 Cardinale ha concessi alli homicidiarii della città,
maxime a quelli che non hanno la pace delli offesi et parenti de’ morti,
perchè oltre che sia materia scandalosissima, et periculosa, da mectere
un di in travaglio et sottosopra tucta la città, nou passa senza gran ca-
rico et biasimo di S. S. Ill.ma et R.ma, perchè sen’ parla molto da tutti
gli homini da bene della città, et ognuno se meraviglia et duole gran-
demente che simili salvicondocti si concedano, mai più usati in questa
città, per esser contra le santissime leggi loro, quali sono tenute in gran-
dissima reverentia et osservantia da tutti. Il perchè S. S. R.ma et Ill.ma
ne acquista l'odio di tutta la città. A questo ognuno si può accorgere
che quelli, ad instantia de’ quali S. S. Re.ma et Ill.na ha concesso si-
mili salvicondocti et che di ciò l'hanno ricercata, non sono quei buoni
Signori che dimostrano a S. S. Re.ma et Ill.ma, perché se fusseno tali
quali dimostrano, et amassono l'honore et servitio del Padrone, non. la
ricercarebbono di cosa tanto pregiudiciale et vergognosa a S. S. R.ma
et Ill.ma; ma essi che amano et stimano più un pelo de’ loro particulari
interessi, che la propria vita del Cardinale, non se curano, per sodisfare
alli loro dishonestissimi appetiti che S. S. R.ma et Ill.ma ne resti non
sol vituperata, ma che ci mettesse la propria vita non si curarebbono;
onde io, che mi ritrovo in facti et che veggo et tocco con mano di
quanto preiuditio sia a l'honore et servitio di S. S. Re.ma et Ill.ma,
non. voglio tacerlo, né mancar, per il debito mio, advertirnela et rive-
rentemente ricordare che e’ decti salvicondocti si rivochino in ogni
modo, et quelli rubaldi prosuntuosi siano non pur seacciati di questa
città, ma anche rigorosamente puniti et castigati del loro malfare.

9. Che li Staffeschi anchora se tenghino fuori di qui, almeno per
il contado, perché se ben loro mostrano esser buoni ecclesiastici et per-
sone quiete, et che amino la giustitia nella Città, nondimeno non la
vorrebbono a casa loro; et anchor essi hanno la parte loro della loro
superbia et assai più che non se li conviene, et vogliano stare in certa
grandezza; ché si presumano et vogliano, che ognuno gli abbi rispecto,

(1) Corgna e Montemelini sono maggiormente presi di mira dal Vicelegato : « Sa-
rebbe opera santissima impiccarli tutti », scriveva il 23 luglio 1534. Giovan Paolo Mon-
temeli.i aveva ammazzato un figliastro di messer Cesare Bontempi (Vesc. VII, c. 230,
233 t.).

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578 L. FUMI

etiam li superiori, da’ quali vorrebbono gli fussi tollerato di tenersi et
menarsi de’ banditi et condennati appresso. Il che dispiace sommamente
a tutta la città; et per questo ci sono grandemente odiati da tucti, et
ognuno comportarebbe più tosto stare a patrone et esser schiavo al si-
gnor Braccio, che compagno loro. Et infine essi anche vogliono equipa-
rarsi a Malatesta Baglioni et imitarlo- nelle cose dishoneste et brutte, et
ne l’altro non se curano nominarlo.

10. Appresso sarebbe necessario astrengere tutti questi della parte
gentilesea et Bracciasca et li decti Staffeschi a dare le medesime securtà
che hanno date gli altri; perchè non c'è homo che l' habbi voluto dare,
anchorchè io et per le commissioni havutene dal Cardinale in Montepul-
ciano, et prima anche per lettere di Roma li habbi p[iù volte chiamati]
a darli, et ancho per non haver essi voluto [obviare] alli condennati.
Hora non solamente se vorrebbono astrengere a darli con effecto, ma
anche farli pagare la pena, secundo le mie condennationi.

11. Oltre alle supradecte provisioni, mi par che sia molto necessario
che N. S. si risolva a dar presto a questi Baglioni la ricompensa di
questo stato et che riduca tutto a un piano et sotto la medesima obe-
dientia, et similmente levi a Galeazzo Baglioni et alla moglie li castelli
che tengano et li conceda alli Conti di Marsciano, poiché loro ci hanno
ragione e che questi altri ne sono giuridicamente privati.

12. Parmi che sia anchora molto a proposito fare in questa Città
un numero di homini dabene, buoni ecclesiastici et confidenti che abbino
il governo della Città in mano, et la medesima facultà et autorità sopra
ogni eosa che hanno tutti li Magistrati et Conseglio insieme; ma che
non possino né debbano far mai cosa alcuna senza participatione et con-
senso del Vicelegato che pro tempore sarà qui et con quelle altre condi-
tioni et limitationi che saranno poi giudicate approposito.

198. It. che li magistrati et officii che di tempo in tempo si ven-
gano facendo et dando, se faccino et diano solamente dalli Superiori et
non da altri, acciò che da essi si habbino tutti a riconoscere et a loro
haverne obligatione et non ad altre persone, et per questo habbino causa
tutti, in ogni occorrentia et bisogno che accadesse alli decti Superiori
pigliar l' armi in lor favóre et servitio et non contra, come anchor fanno
in favore de' particulari, et questo per riconoscere da essi et non dalli
Superiori li officii, gratie et beneficii che se gli danno et fanno, perché
ogni altra consideratione et rispecto costoro hanno nel refare li decti

gu IET
offieii che quel che sia honore et servitio delli Patroni et quiete della

LA LEGAZIONE DEL CARD. IPPOLITO DE’ MEDICI NELL’ UMBRIA 579

Città, perchè non fanno li homini dabene et quelli che li meritano, ma
lor seguaci, cagnotti et spadaccini, da’ quali altro che danno et vergogna
non si può riportare.

14. Mi pareria anche che la famiglia del palazzo de’ Priori si

dovesse deputare et mettere a nuto et modo del Legato et suo Vicele-

gato, perchè questi che hora ci stanno, messi da costoro, oltre che non
servano, si non quanto et come pare et piace a loro, al Magistrato, et
spesso anche usano di dire loro in faccia che non hanno che far con essi
et che sono stati messi in que’ luoghi da* loro Padroni, da q[uali e non]
da essi dicano dependere et che a loro [et non] al Magistrato hanno da
obedire. Vanno anche continuamente facendo coda et spalle perchè por-
tano l’arme a questo et a quello per far male. Sicchè per obviare a tutti
questi inconvenienti, sarebbe bene che in simili luoghi si mettessino
homini eletti et deputati dal Legato et suo Vicelegato, perchè potreb-
bono anche in un bisogno assistere et favorire alla Corte; chè così gli
sono sempre inimici et contra.

15. Un'altra provisione giudicarei che fussi bene et necessaria di
fare, cioè che li Vicarii del contado fussino messi et deputati dal Vice-
legato et non da costoro; perchè oltre che essi Vicarii faccino sempre a
servitio et beneficio di chi li deputa con gravar li castelli di tutte le
cose che fa loro di bisogno, sono spie alla Corte, che non può fare una
executione in decti castelli, senza gran periculo, di modo che et dentro
et fuori la Corte ha sempre assai più contrari et inimici che fautori et
amici: sicchè, a mio giuditio, è molto necessario provederci. Et vera-
mente se mai fu tempo assettar le cose di questa Città et contado et
di tutta la Provincia, et ridurli tutti alla mera et total obedientia ai
detti Superiori, è hora. Adunque non si lasci passare questa occasione
[prendendo questo] punto di tempo a poner tucto in excecutione.

16. Saria anche un' opera buona, necessaria et santissima per tenere
in freno questa gioventü pazza et senza ragione ed discretione, che, in
questa città, se facesse, se non una Rocca, almeno un palazzo che fosse
gagliardo et forte, et ci sarebbono doi o tre luoghi, per quanto mi é
riferito, che si potrebbono facilmente et con non molta spesa redurre
in fortezza et assestarli, da potervi tenere il Vicelegato con tutta la Corte
et in ogni furia difendersi multo bene et offender loro. Et la spesa se
potrebbe trarre di luoghi et cose che non sarrebbe necessario metter
mano alla borsa et entrate di N. S., né del Legato, come, volendo S. S.
Re.ma et Ill.ma, se farà intendere et mostrerà a luogo et tempo.
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580 L. FUMI

HI, Vesc.-VI, c. 159. 1534 (tra fin di maggio e primi di giugno).

Lettera intercettata del Cap. Bino Signorelli al sig. Galeazzo Baglione.

Per lettere di V. S. ho inteso quanto quella mi scrive: il che mi è
stato molto accetto. et di poi mandai le lettere tutte alla Eccellentia
del Duca (1) il qual dimostrò esserli molto grate; et furno più d' una volta
lette et considerate imbalia (2), si come più apieno porrà V. S. cognoscere
per lettere de S: E. Et però la prego non voglia mancare per lo ave-
nire di stare inteso, et havendo qualch'altra cosa, si degni farcelo in-
tendere, attento che questi signori Senesi, all’Eccellenza del duca et a.
me sarà carissimo. Circa alle cose che importano, vanno molto secrete.
Pure ci è certo aviso ch'el Delphino calla con gran numero di gente,
et che ha domandato passo et vittovaria al Duca di Milano et dicesi
per l' impresa di Urbino et alcuni per Genova. Pure tutto questo V. S.
non si curi parlarne in fra testi soldati, acciò non havessino animo
andare a trovare altri partiti. Ultra questo, si alla recepute si truova vivo
el Sig. Bandino (3), che Dio sia pregato non sia altrimenti, farete sapere
ch’ il l'habbi buona cura et fate che non stia più a Castel della Pieve
per qualche di, che quelli amici che li sono vicini se levaranno dinanzi,
ch'anno commissione dal superiore, et faranno si potranno, senza.
mancho alcuno, si che intenderiate fare non se manchi fare come ho.
detto. Io so stato a questi di indisposto. Appresso resto molto satisfatto
della resposta che faceste fare al sig. Pier Luigi (4) di me, massime che
altro non doveva volere da noi, si non forse condurse inimico (?) de chi
ne desidera far poco piacere, et siate pregato avisarne il successo della
lor utile et honorevol fattione che speravan fare. Anchor ve notifico che
quelli tale che stanno a Sartiano saranno castigati s' il meritano. Altro.
non so che dire. Attendete a star sano et vivete cauto nel mangiare.

In quest’ hora era arivato per le poste uno nepoti del sig. Ant.o da.
Leyva et s'era retrovato in secreto con S. Eccell.ia et per anco non si
sa altro, satis est che questi Senesi stanno con gran suspetto di guerra;
cosa che spero sarà al proposito nostro: però habiatevi un’altra volta
buona cura.

fratello BiNo SIGNORELLI.

(1) Intendi il Duca d’Amalfi.

(2) Cioé la Balìa del governo di Siena. SLA

(3) Bandino di Cesario Bandini signorotto di Castel della Pieve.
(4) Pier Luigi Farnese.
LA LEGAZIONE DEL CARD. IPPOLITO DE’ MEDICI NELL’ UMBRIA 581

III. Vesc. VII, c. 416. 1534, ottobre 5.

Nota consegnata dal Vicelegato all’ oratore presso il Cardinal de’ Medici
in Roma.

Memoria a voi Capitan Clemente delle cose che havete a riferire et
negociare col R.mo et Ill.mo Padrone, et in prima.

Raguagliarete particularmente S. S. R.ma et Ill.ma di tutti li ra-
gionamenti havuti con la S. Duchessa di Camerino sopra el parentado,
et della risposta et resolutione che ivi ne haveste et dell’officio che
S. Eec.tia vorrebbe che se facesse con il R.mo Card.le Cibo et col S.or
Lorenzo suoi fratelli per indurli a contentarsi di questo parentado, et
che se ne dia commissione a me. Sopra che mi pareria, che S. S. R.ma
et Ill.ma dovesse parlare con l'uno et con l'altro di essi liberamente et
chiarirli che, non facendo loro opera che questo parentado se facci et
coneluda subito et prima ch'el papa sia creato, che ella penserà fare
e’ facti suoi con altri che con loro; et che et lui et li amici suoi non
saranno per dargli i voti loro, né per fargli in questa cosa del papato
aleuno aiuto et favore, ma piü tosto essergli contro, et aiutare et fa-
vorire altri. Et che il medesimo disfavore gli sarà anche facto dal R.mo
et Ill.mo Car.le di Mantua et da tutti gli amici del S.or Duca, ché
penso, tra l' Imperiali et Venetiani, ne abbi qualcuno.

Et inoltre chiarirli anche, ch'el prefato S.or Duca sarà sempre a
tucti loro inimico, et in spetie alla S.ra Duchessa per le promesse che
S. Eecellentia ha facte altre volte al prefato S.or Duca di questo pa-
rentado, la cui eccellentia ha avuto a dire col mio Auditore che questa
cosa ha a finire, o con essere buoni parenti, o inimici. Giudico anche
che sarà molto a proposito che il prefato Re. et Ill. pro.ne faeci inten-
dere il medesimo alla predecta S.ra Duchessa.

Refererete anche a S. S. R.ma et Ill.ma li cattivi officii che circa
ció fa il Conte Octaviano della Genza et le parole impertinenti et da
cattivo et infidele servitore di S. S. R.ma et Ill.ma che ha usate con
voi in questo proposito, mostrando volerne più per altri che per lei. Il
perché, sarei di parere che sotto qualche pretesto lo levasse di li. Et
tutte queste opere et officii se vogliono far subito, et prima che se entri
in conclave haver la cosa risoluta, cioè dar le commissioni libere ch’ el
parentado se concluda.

Raguagliarete anchora S. S. R.ma et Ill.ma del favore grande
582: L. FUMI

ch’ el prefato S.or Duca fa alle cose nostre et le offerte che ha mandato

.a faree delle migliara delli fanti et del venire, bisognando, in persona

ad Ugobio per esserei piü vicino, et finalmente essendo verissimo qui
anchora et similmente delli officii che ha mandati a fare et con Rodol-
pho, con.madonna Monaldesca sua madre et con Galeazo et Bin Ciuco;
et dell' opera che de presente fa per tirare a fine et conclusione li pa-
rentadi di questi nostri; li quali stimo et tengo per certo provedere in
tucto, ció é ne l' una et ne l'altra parte buona dispositione, mediante
l'auctorità et buoni officii di S. Eccellentia, si concluderanno in ogni

modo et presto.

Che sarà bene et a proposito che il S.or Pyrro (1) torni nel paese et
che mandi, come più volte ho scritto, dal canto di qua o il S.or
[Mar]zio o il S.or Camillo Colonna.

Che li nemici si trovano vicini a Perugia a x miglia, in un castello
del eontado, ove sono stati già 4 giorni, et sono in numero circa 1000
fanti et da 80 in 100 cavalli tra buoni et cattivi, et che doppo che sono
quivi non hanno faeto altro che attendere a rubare et mandar grani al
Poggio (2) et a Parrano, et stasera havemo aviso che hoggi hanno sac-
cheggiato un castello che se chiama 1’ Ulmeto.

Informarete anchora S. S. R.ma et Ill.ma de l' officio che ha mandato
a far con essi il S.or Duca di Urbino et la loro risposta et della replica
che noi altri gli habbiamo facta et del pensiero et disegno che facciamo
di andarli ad ascoltare.

Ch’ el Capitan Camillo Campagna et il Capitano Alessio arrivorono
hieri qui con le loro Compagnie.

Che è necessario che S. S. R.ma et Ill.ma raccomandi al Collegio el
prefato Capitano Alexio et facci ogni possibile opera che gli mandino il
quartiero o vero parte d’esso, per potere intrattenere la Campagnia, per-
chè ha finito di servire l' ultimo quartiero che hebbe. Et in questo voi,
Capitan Clemente, sarete contento non mancar usar ogni possibile dili-
gentia et sollicitar questa espeditione, affinchè il prefato Capitano Alex.°
non habbi a partirse et perseverare in questo servitio, nel quale (come
sapete) ne habbiamo extrema necessità.

(1) Pirro Colonna.
(2) Poggio Aquilone.

+2
LA LEGAZIONE DEL CARD. IPPOLITO DE’ MEDICI NELL’ UMBRIA 588

Che il Capitano Camillo mi ha riferito il Vicelegato della Marca a-
vergli decto che dubita grandemente ch'el vescovo di Casale non abbi
assassinato el Cardinale in quella pratica d'Ancona (1), et che ne ha visti
certi segni et havuti tali riscontri, che è certo che n’ ha facti cattivissimi
ufficii.....

Che stasera habbiamo aviso da Castello (2) come hoggi se aspectava ad
Agnari (3) il S.or Valerio Ursino con tucta la compagnia sua delli cavalli
leggieri et con esso Giuliano Strozzi con 300 fanti et il Capitan Panta (2)
da Perugia con 200.

Portarete et mostrarete anchora al Re.mo et Ill.mo prefato le let-
tere che stasera ho ricevuto in risposta dalli Signori Duca Alessandro et
Duea di Amalphi, de' quali il primo non dice niente, et il secundo dice
offriree et promette qualche cosa, ma li effecti si veggano contrarii ;
perché dal Sanese ogni giorno arrivano genti alli nemici et tra gli altri
Capitani ehe hanno con loro, ci sono voi che, secondo ci é riferito, stanno
alli servitii proprii di esso duca et se chiamano Giovanni Mascambruno
et Luigi Bonaventura amendoi napoletani. Ecci anche un capitano Riccio
Salvi sanese con una compagnia di fanti. Di modo che li facti sono con-
trarii alle parole et promesse. Il perché, sarà bene far di nuovo scrivere
dal Ambasciatore dell'Imperatore, dal Car.le di Siena et dal S.or Asca-
nio (4), et il Card.le nostro potrebbe anchor esso serivergli, mostrando cre-
dere quel che S. Eecellentia scrive et regratiarlo della offerta et del
buono animo che dimostra ete.

Sarà ancor con questa una lettera del S.or Duca di Urbino, quale
habbiamo aperta et lecta il S.or Braccio et io ete.

Ch' el parentado del conte Cesare da Sterpeto (5), è, Idio laudato, facto

(1) Allude al Vescovo di Casale Bernardino Castellari che avrebbe attraversata la.
pratica del Card. de' Medici per la legazione delle Marche.

(2) Città di Castello.

(3) Anghiari.

(4) Ascanio Colonna.

(5) Il duca d' Urbino era stato invitato alle nozze del conte Fiumi di Sterpeto,
che vi delegò il viceduca di Gubbio. Le nozze furono magnifiche ; ma il giorno dopo
il matrimonio, si sfondò il solaio della camera dove era il conte Cesare con molti altri
gentiluomini : « e benché (come dice il Bontempi) non ci morisse nessuno, tamen molti
si ruppero chi le coscie, chi le braccia e chi una cosa e chi un’ altra, e parecchi ne
tornarono su le bastrice » (Arch. St. It., Vol. 16, p. II, pag. 355).
584 L. FUMI

et consumato il matrimonio. Ma ci è poi sopragiunta la disgratia che a.
bocca potrete riferire.

Ricordatevi anchora della espeditione.della absolutione del Capitan
Prospero della Corgna, quale se è portato in modo in tucte le nostre oc-
currentie per servitio del patrone che in vero merita questa et mag-
giore.... gratia, et voi lo sapete (1). j

IV. Vesc. V. c. 152. 1534, ottobre 9.

Bolla cardinalizia, in sede vacante, per i pieni poteri al Vicelegato du-
rante il conclave.

Miseratione divina Episcopi, Diaconi S.tae Ro. Ecc.ae Car.les Re.do
patri domino C[yntio] electo Tarracinensi Perusiae Vicelegato, amico no-
stro Car.mo salutem.

Non sine molestia multa et dolore audivimus esse exules quosdam
et iudicio damnatos, qui res novas in urbem istam ae pacificum ipsius
statum meditentur. Cum nihil magis ex officii nostri debito studea-
mus, quam ne quid, vacante Sede et precipue Conclavi clauso, in statu
Ecclesiastico tumultuetur, uti eum videlicet assumendo Pontifici, quisquis
Nobis a Domino indultus erit, integrum atque immotum restituamus.

Quapropter Re.dam Paternitatem vestram qua prudentia est et rerum
experientia nunc magis multo his uti et cireumspicere oportet, nequid pu-
bliea res detrimenti patiatur, quod ut habilius facere atque exequi possis,
Nostram quoque auctoritatem tibi impertimur, volumusque ut in dicta
Civitate Perusiae, Comitatuque eius omni et pertinentiis atque in tota.
reliqua legatione, ultra ordinarium potestatem tuam, etiam Sacri Colle-
gii nostri nomine, ad quod omnis jurisdictio devolvitur vacante Sede,
sub censuris quoque et poenis, arbitrio tuo, pro rei qualitate infligendis,
provideas et praecipias quibuscumque necessarium videbitur, omnia quae
ad tutelam, defensionem, custodiam, pacem, quietem et tranquillitatem
istius Civitatis et provinciae totius creditae tibi pertineant, convocando
in auxilium, si opus fuerit, omnes finitimos S.tae Ecc.ae subditos, eodem

(1) Questa pratica del Vicelegato a favore di Prospero della Corgna, « gran la-
drone, grandissimo omicidiario ribaldo » (v. Bontempi, ivi), é uno dei maggiori adde-
biti per il Filonardi, il quale pochi mesi prima aveva pur esclamato contro le sue
continue ribalderie. Avevano quindi ragione di rimproverare al vicelegato le sue re-
lazioni con gente della peggiore risma.

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LA LEGAZIONE DEL CARD. IPPOLITO DE’ MEDICI NELL’ UMBRIA 585

nostro nomine atque auctoritate. Ae nihil denique officii aut diligen-
tiae omittas, quod ad prohibendos tumultus, elidendas res novas, sedi-
tiosos, rebelles, facinorosos, exules, damnatos persequendum, componen-
dam quietem utile esse credideris, quarum rerum industria et executione,
magnam a Nobis utique commendationem, maiorem a futuro Pontifice
gratiam inibis.

Datum Romae, in Congregatione nostra apud Sanetum Petrum, die
IX oetobris MpxxxiiiJ, sub sigillis nostrum trium in ordine Priorum.

© S.) (I. 8.) (L. S.)

FaBIUS ViGI.
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Fac-simile delle firme del Duca d' Urbino, del Card. Ippolito de’ Medici Legato,
di Cinzio Filonardi Vicelegato, di Leone e Galeazzo Baglioni e di Bin Ciuco Signorelli.
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589
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« SOCIETAS GERMANORUM ET GALLORUM »

IN PERUGIA NEL SECOLO XV

In Perugia, come in altre città d'Italia, dove i forestieri
ebbero occasione di recarsi o per ragione di studi o di arti,
si costituì nella prima metà del secolo XV una Societas Ger-
manorum et Gallorum, di cui ci sembra utile conoscere gli
statuti ed alcuni particolari della sua fondazione.

Se noi avessimo riguardo ai documenti Universitari e alle
istorie a stampa o manoscritte del nostro massimo istituto
scientifico, a prima giunta sarebbe da credere, che questa
Societas si fondasse solo fra gli scolari, i quali vivendo in
terra straniera, sentirono il bisogno di mantenere fra loro
stretti vincoli di solidarietà allo scopo della mutua assistenza
e della protezione dei loro diritti. E certo la Societas Germa-
norum et Gallorum fu costituita principalmente a vantaggio
di coloro, che a Perugia si portavano per causa di studi, in
quanto notevole fosse il numero degli scolari forestieri attra-
verso i secoli XIV, XV; XVI e XVII. A raccogliere qui molti
stranieri valse certamente la fama. insigne della scuola di
Diritto, illustrata da Cino, Bartolo e Baldo, cui seguirono di-
scepoli degni de'loro illustri istitutori; ma è d'uopo ricono-
scere che a gareggiare d'influenza all'estero nel cinquecento
e nel seicento sorse la Facoltà teologica, nella quale troviamo

38
ri

590 O. SCALVANTI

numerosi discenti di Francia, Austria, Polonia, Inghilterra e
Svezia, che dopo aver conseguito i gradi dottorali nelle prime:
città di Europa, come Parigi, Vienna, Berlino, qua si recavano

per munirsi di una nuova laurea, in quanto fosse titolo am-

bito e sufficiente a salire una cattedra. A questo risultato

contribuì la dottrina degl' insegnanti e la eccellenza degli or- -

dinamenti della Facoltà teologica, la qual cosa speriamo far
nota un giorno ai nostri lettori, mediante la pubblicazione di
molti Statuti ed atti inediti del Collegio, che ancor ci riman-
gono.

Adunque gli ascritti alla Societas germanica e francese
dovettero essere in massima parte gli scolari del nostro Ate-
neo; onde a ragione Annibale Mariotti (1) scrive, che le ren-
dite della Società furon cospicue fino a che durò la frequenza
della scolaresca straniera al nostro Studio. Per altro ciò non
significa che il sodalizio avesse il solo scopo di raccogliere,
sotto norme comuni e per la tutela di comuni interessi, gli
stranieri, che si portavano qua per istruirsi nelle discipline
giuridiche, teologiche o mediche. La Società comprendeva
tutti i forestieri dimoranti in Perugia, che vi avessero preso
matricola. Troviamo infatti, che appunto verso la metà del
400 molti artefici tedeschi o francesi facevano parte del so-
dalizio sopra ricordato. Nè scarso era il loro numero, giacchè
sappiamo che in quel tempo Perugia ebbe una scuola di 7%-
camatori così insigne, che, giusta un'efficace espressione di
Adamo Rossi, essa dava opera con la spola e con lago a
veri quadri. E fra questi artefici nel 1457 .si hanno molti
stranieri, tra i quali un magister Guillelmus Guillelmi de Bra-
bante, che si obbliga verso Bartolommeo di Tommaso di Pie-
tro a pagare una certa somma per l' affitto della metà di una
bottega, e nell’ atto di locazione Guglielmo è detto racamatore
de Brabante (2). Inoltre non pochi erano gli stranieri che qui

(1) Mem. ined. nella Bibl. Dominicini di Perugia. Ms. n. 85.
(2) Rog. di Ser Jacopo di Pietro, bast. 1457, c. 64.
STATUTO DELLA SOCIETAS GERMANORUM, ECC. - 591

convenivano per l'esercizio dell'arte di miniare o copiare i
manoscritti. Con ció non si vuol dire, che la città uostra
mancasse di buoni artefiei anche in ció. E di vero fin dal
1510 essa ebbe fiorentissima l’arte dei miniatori, così che nel
primo priorato figura il nome di Tancreduccio di Tancredi
miniatore (1), del qual sodalizio si decretò la riforma, di cui
il Rossi trovò un sunto negli spogli mariottiani. Pure e per
la.non comune valentia e per il bisogno che si aveva a quei
di di molti ed esperti amanuensi e miniatori, nelle nostre
carte spesso è fatta menzione di stranieri portatisi a Peru-
gia ad esercitarvi l uno e l'altro magistero. In uno scarta-
faccio dell’ Archivio di S. Pietro è ricordo di un magister
Olivierus francese, che nel 1458 era in Perugia a miniare
el breviario per quel monastero. Presso quel tempo si ram-
menta anche un magister Stefanus miniatore de penna, che il
Rossi opina sia lo stesso che altrove è indicato come maistro
da finestre de vitro (2).

sempre verso la metà del secolo XV si conserva me-
moria di un Pietro monaco, miniatore tedesco e di Vangelista,
che nel 1456 scriveva pei frati di S. Pietro il salterio grande
che doveva poi essere miniato da Mariano di Antonio, peru-
gino. Questo Vangelista aveva seco un fratello, che, al pari
di lui, si occupava di lavori di scrittura. Il Rossi nota pure,
coll'appoggio di documenti, nel 1454 un Giovanni Mellis te-
desco, che era al tempo stesso scrittore e miniatore; ed ag-
giunge, che questo artefice talora è chiamato feotonico e tu-
desco e tal’ altra francioso. Ma ci sembra che anche qui la
omonimia abbia tratto in errore l’ egregio storico. Non si

(1) Ann. Xvir. dal 1308 al 1316 c. xxiij, t.

(2) Il documento relativo a Stefano é diverso dall'altro, in cui si dice — « Recordo
che a di nella vigilia de Sancta Chiara mandaie asstefano dala mangna maistro da
finestre de vitro lib. 44 de piombo ch el tragettasse » — Ora non sappiamo perché
il Rossi nel Giornale di Erudiz. Artist. (Vol. II) ritenga essere questo lo stesso
Stefano miniatore, in quanto ci sembri che la sola omonimia non valga a confortare
questa opinione.
3 AZIO DATUM DE EI 5 ot s Er Rar Lao M2 Mia rS le

599 O. SCALVANTI

nega che di sovente gli scrittori fossero anco esperti nell'arte
del miniare; ma nel caso nostro è evidente che quel Gio-
vanni Mellis £udesco era un amanuense, perché il suo nome
é citato sempre per opere di scrittura, mentre Giovanni
francioso era miniatore (1). Pertanto di tedeschi venuti a Pe-
rugia per esercitarvi l’arte di amanuensi, allora in gran
pregio, se ne ha menzione anco nel secolo XIV ; ed io credo,
che le nazioni germaniche e francesi li tenessero a stipendio
per avere in una buona scrittura redatte le lezioni de’ celebri
interpreti dello Studio. Esiste, ad es., nella biblioteca comu-
nale un Cod. prezioso, contenente alcune lezioni di Bartolo
sull’ /Znforziato, e il ms. nitidissimo è firmato da un Corrado
di Wychenfelt (2).

In Perugia si trova nel secolo XVI un Mastro Giorgio
Mirheo, musico Fiammingho, il quale nel 1570 ottiene la cit-
tadinanza perugina per avere nel tratto di venti anni diretto

la Cappella di S. Lorenzo (3). Né è infrequente il caso di or- -

ganisti stranieri dimoranti nella nostra città. Ad es. nel 1486
un Jacopo francese si obbliga coi canonici della cattedrale di
por termine all'organo incominciato da Lorenzo di Prato (4).
Che più? Nel 1567 venne condotto a Perugia ad insegnarvi
chirurgia m. Gualtiero di nazione inglese. È noto poi che

(1) Infatti la Memoria trovata dal Rossi e da me riscontrata, cosi si esprime: —
« Recordo come el francioso incomentiò a miniare lo supplemento de paragrafe. E
a di sopraditto ave Jannes francioso per paragrafe delle conformita danari etc. ».

(2) Inv. dei mss. della Comunale, pag. 204 — 1180 (n. 131).

(3 Ann. Decemv. 1570, c. 221, t. Non era infrequente il caso della concessione
della civilitas à stranieri dimoranti per lungo tempo a Perugia. Rispetto al Mirheo
si legge negli Annali: — « Item visa et diligenter considerata humili petitione domini
Georgij Mirei da Cambraie Flamenghi magistri de cappella ecclesiae Sancti Laurentij
Catedralis Perusinae, asserente in civitate Perusina habitasse familiariter circiter vi-
ginti annos etc. ». — Intanto è da considerare, che le deliberazioni per la cittadinanza
a stranieri hanno maggiori solennità e riescono piü dettagliate di quelle relative a
connazionali; e che la civilitas conferita agli stranieri comprendeva ogni diritto spet-
tante ai cittadini originari ser za. restrizione veruna, e cosi tutti gli onori, privilegi,
prerogative, libertà, immunità, esenzioni, dignità ecc.

(4) Arch. not. di Perugia, Rog. di Pietro Paolo di Bartolomeo. Prot. della Chiesa
di S. Lorenzo dal 1480 al 1487.

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STATUTO DELLA SOCIETAS GERMANORUM, ECC. 593

molti maestri di pietra e di arte muraria, venuti dall’ estero,
esercitarono l'arte loro in Italia; né fa meraviglia che pei
servigi resi alla repubblica ed alla città fossero di sovente
insigniti della cittadinanza (1).

È naturale quindi, che ciascuna di queste nazioni, ce-
dendo allo spirito corporativo di quell’ età e al bisogno della
difesa, formasse dei sodalizi aventi costituzioni proprie e pro-
pri ufficiali, di guisa che i singoli membri nei loro rapporti
colle varie autorità politiche o scolastiche venissero rappre- .
sentati dai rettori o capi delle Compagnie. Il sodalizio com-
prendeva tutti gli ascritti alla nazione o germanica o franca
o spagnuola, ma esso poteva dividersi in gruppi secondo che
i membri appartenevano al corpo della studentesca o ad
altri collegi. Ciascuna nazione aveva il suo Priorato, che
presiedeva agli affari e interessi comuni, ed era assistito da
un consiglio, da sindaci e cancellieri, che controfirmavano gli
atti da sottoporre all'esame e approvazione di qualsivoglia
autorità. E come una nazione poteva suddividersi in gruppi
secondo i vari fini, cui gli ascritti nella matricola generale
attendevano, così talvolta avveniva, che due o più mazioni,
per interessi comuni, costituissero una sola Societas, lo che
avvenne appunto per l'unione delle nazioni germanica e
francese, che assunse perciò il nome di Società degli Ultra-
montani. Questi nuclei pertanto godevano di personalità mo-
rale capace di produrre effetti di diritto, e spesso acquista-
rano una vera entità giuridica nel senso rigoroso del-
l'espressione. Per ciò che si riferisce al più importante gruppo
delle varie Universitates, ossia alla Società degli scolari, io
trovo che l'organo deputato ed autorevole per regolare i
loro rapporti colle autorità cittadine era sempre il Priorato
della nazione. Ad es. se un giovine aveva d'uopo di essere
esonerato dal pagamento delle tasse nell’occasione della laurea,

(1) Di ciò si ha prova evidente anche negli Statuti della Societas, che pubbli-
chiamo in Appendice.
594 O. SCALVANTI

egli non si rivolgeva personalmente al Collegio dei legisti,
ma erano i legittimi rappresentanti della nazione, che per lui
domandavano, e per lui testimoniavano, e le loro richieste
venivano solennemente trascritte nei verbali del Collegio e
bene spesso ricevevano accoglienza (1). Le Unmiversitates ave-
vano poi autorità di rivolgersi anche al Pontefice e ai Priori
del Comune; e se ne trova un esempio nel 1638, cioè quando
si chiese che in ogni anno avesse la razione germanica il
privilegio di designare al Collegio uno degli scolari, cui do-
vevano essere conferiti i gradi accademici senza obbligo di
pagamento alcuno. Si riscontra infatti che questa petizione
rivolta al pontefice Urbano VIII fu da lui inviata al Collegio,
perchè emettesse il suo avviso in proposito; e i dottori pe-
rugini, adunatisi nel 29 ottobre di quell’anno nel numero
di 30, in deroga al Cap. XIII delle Costituzioni dell’ Ateneo,

(1) Riferiamo uno dei molti documenti, che si potrebbero addurre a sostegno di
quanto affermiamo. Nel 1646 uno scolaro tedesco volle domandare l’esonerazione dal
pagamento delle tasse scolastiche. Ecco in qual forma fu nel 4 aprile di quell’anno
presentata la petizione al Collegio legale dell’ Università. — « Illustrissimi et Eccellen-
tissimi Signori. Noi infrascritti oltramontani esprimiamo alle SS. VV. come il Signor
Wolfango Sigismondo Klolds di Rackersburgo desidera ricevere il grado di dottorato
gratis et amore, e perché le SS. VV. dell’anno 1638, 29 di ottobre si compiacqueno
con un lor decreto intentionar tanta gratia in augumento ‘dei Privilegij alla Natione
nostra concessi dalla felice memoria di N. S. Papa Urbano Viij, pertanto le proponiamo
il signor Wolfango, e le supplichiamo a dar principio alla esecutione di detto decreto
avertendoli che sarà dal detto signor Wolfango, dagli oratori e da tutta la natione

stimata gratia singolare e s' animeranno perciò molti a venire anche oltre a quel nu-
mero che possono le SS. VV. haver considerato per fondamento di tanta grazia. Fer-
dinandus Leopoldi S. R. I. comes a Nachot et Liectenburg, liber Baro in Kolenburg,
inclytae Nationis Prior Moravus — Jacobus le Wittre syndicus nationis (il quale nello
stesso anno succedette a Ferdinando nel Priorato). — Michael Gichius praepositus
ad Ecclesiam Sanct. Spir. Varsaviae. — Laurentius Jcannes Rudawiski Polonus — Ioan-
nes [a Gallenberg in Gallenstein] — Carolus Benutius Goritiensis — Winceslaus Ceila
Moravus — Joannes [Antonius Schellhardt de Hasherafels] — Nos infrascripti fidem
facimus Wolfanghum Sigismundum Klolds honestis quidem et legitimis parentibus
natum, sed ob bona in horum potestate reducta in paupertatis statum delapsum ; me-
ditatisque omnibus ad consequendum doctoratus gradum solvendis spoliatum esse
atque destitutum — Horatius de Mattheis — Michael Gichius Cancell. — (Arch. Univ,
Parte I, BI, 11). E il Collegio, lecta, constitutione de anno 1638 facta ad favorem. no-
bilissimae Germaniae nationis, concede quanto per il Klolds si domandava.

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e
e

STATUTO DELLA SOCIETAS GERMANORUM, ECC. 595

proposero si riconoscesse nella nazione germanica un tal

privilegio (1).
Ma ad ottenere che la rappresentanza della Universitas

operasse a vantaggio di un connazionale, occorreva che egli.

fosse iscritto nella Matricola. Altrimenti, come avveniva per
le Maestranze, egli non era rappresentato dalla .Socielas nei
‘apporti colle autorità cittadine, né godeva dei privilegi con-

‘cessi alla nazione (2). Cosi organizzati, questi Sodalizi ebbero

(1) Trascriviamo qui la deliberazione: — « Quoniam Illustr.mo et Rev.o Domino
Gaspari Matthejo nobili romano, utriusque signaturae Sanctissimi Domini nostri Papae
Referendario, Perusino Umbriaeque generali gubernatori fuerunt praeces porrectae
pro parte et ad instantiam Nobilissimae Germanorum Nationis, quae in convenienti
numero Perusiae commorari cupit, super executione gratiarum ac privilegiorum ei-
dem nationi concedendorum a Sanctissimo Dom. N. Papa Urbano Viij, inter quae pe-
tunt conferri ab Ill.me et celeberrimo Collegio J. C. doctorum Perusinorum gradum
doctoratus quolibet anno gratis, et amore uni ex dominis Scholaribus germanis ab
eadem natione elizendo etc. super quo idem Sanct. D. N. Urbanus exquiri jussit. Be-
neplacitum et assensum concorditer dominorum Doctorum prefati Collegij, prout ipse
Ill.»ws D. Gubernator asseruit, qui mox vocari curavit Excell. Dom. Priorem instans
proponi dictam petitionem et instantiam in pleno collegio iuxta mentem ejusdem
summi pontificis Urbani etc.

Qui quidem dominus Prior prefatus auditis praedictis die supradicto 29 octob.
1638 convocato, et cohadunato Collegio Dom. Doct. per schedulas transmissas per diem
ante convocationem per eorum bidellos ut moris est, proposuit petitionem, et instan-
tiam supradictam.

Qui dom. doctores sic convocati et coadunati, auditis praedictis, et bene intel-
lectis currentibus omnium ac singulorum votis jussum fuit super hoc poni partitum
secretum iuxta dispositionem constitutionum e;usdem Collegij per bussolam et fabas,
quo sic posito, ac aperta bussola in pleno Collegio favorabiliter per omnes fabas albas,
nemine contradicente ac penitus discrepante fuit obtentun:, quod previa derogatione
cap. Xiij et aliorum, qualiter opus sit, constitutionum ejusdem Collegij conferatur et
concedatur quolibet anno gratis et amore gradum doctoratus uni ex scholaribus Ger-
manis ab eadem. Natione eligendo, a Dominis Collegij I. C. doctorum Perusinorum
iuxta instantias et petitiones alias factas, dummodo Perusiae in convenienti numero
ipsi Germani commorentur, et alijs perfruantur privilegijs petitis et concedendis ab
eodem S.mo D. Nostro Urbano VIII, nec alias, aliter, nec alio modo » (Arch. Univ.,
Parte I, Bl, 9, Carte 154 e 155). È a notarsi che questa domanda era già stata inoltrata
al Collegio fino dal 1627, insieme alla richiesta di altri privilegi, di cui in breve do-
vremo parlare. Di un altro Memoriale indirizzato al Pontefice nel 1604 è traccia nel
Cod. 137, carte 52 dell’ Archiv. Comunale, ove si annota la spesa di uno scudo per co-
testo oggetto; ma non ho potuto rintracciare per qual causa si facesse.

(2) Le matricole venivano tenute col massimo ordine e spesso rinnovate. Ciò si
rileva in specie da molte annotazioni del Cod. 137 della Comunale, che riguardano le
spese incontrate per la rilegatura e tenuta regolare delle matrieole.
596 O. SCALVANTI

una vita operosa per modo da ottenere spesso la concessione di
importanti prerogative. Citerò, anzi tutto, un fatto avvenuto.
nel 1614, quando cioè gli studenti della nazione germanica chie-
sero alle autorità universitarie, che venissero loro accordati i
medesimi privilegi, che si concedevano negli Atenei di Padova
e di Bologna. E allego volentieri questo avvenimento, perchè
sta a dimostrare che lo Studio perugino non allettava gli
scolari col largheggiare nelle grazie e nelle esenzioni, ma.
operava all’ opposto, lasciandosi avanzare nelle concessioni
dalla stessa Università di Bologna; per la qual cosa gli stu-
denti tedeschi qua convenuti ritennero di poter domandare,
che anche a loro si estendessero prerogative eguali a quelle
godute da’ loro connazionali in altre città d'Italia (1). Ma,
a quanto sembra, nè il Collegio, nè le autorità cittadine, nè
il Pontefice: fecero buon viso alla domanda degli scolari,
perchè tredici anni dopo la nazione germanica formula nuove
proposte per ottenere i medesimi amplissimi privilegi altrove
concessi. Infatti nel 30 novembre 1627 è convocato il Col-
legio dei legisti per deliberare intorno a varie domande ri-
volte dalla nazione ai Priori della città di Perugia (2). Leg;

(1) II memoriale in data 7 luglio 1614 è del seguente tenore: — « Ancora che in.
questo honoratissimo studio siano stati soliti tra l'altre nationi concorrervi anche la
Natione Todesca tanto per l Università che per le Sapienze, et in buona quantità
nondimeno da certo tempo in qua non par loro che si concedino i privilegi che in
Bologna et Padua et in altri famosissimi studi d'Italia hanno goduto et godono li
scolari di detta Natione, et desiderosi di esser compresi nei privilegj soliti de’ sudetti
luoghi, però ricorrono alle SS. VV. molto Ill." et Eccellentissime per tal concessione,
et, se possibil sia, far-loro godere li privilegij, che la detta Natione ha et gode sino
al presente nella detta città di Bologna ecc. (Archiv Univ., Parte I, B.! 7, carte 37, t).

(2) Trascriviamo il memoriale: — « Agl’Ill.mi signori Priori della Città di Pe-

rugia. — Li studenti della nazione tedesca supplicano le SS. VV. Ill.me a volere ap-.

presso li signori Superiori intercedere gratia di ottenere li privilegij raccolti infine
del presente, per la detta natione, che viene a questo studio nobilissimo di Perugia,
assecurando le SS. VV. Ill.me che ottenendogli tal gratia sia per concorrere gran nu-
mero di studenti di Germania, et per la fama e nobiltà di questa Ill,ma Città di Pe.

rugia, vera madre di ogni sorte di virtù, et in particolare della scienza legale, et per

le gratie che da essa se sperano ottenere, con reconoscere il tutto dallz benignità
delle SS. LL. Ill.me ecc.
Ut Prior Nationis Germanicae Perusiae degentis in omnes d. Nationis in propria.
3 v 72 y — ——S ni "
€ STATUTO DELLA SOCIETAS GERMANORUM, ECC. . i DIT
| gendone il testo si comprende come il memoriale dovesse

essere indirizzato ai Priori, i quali, sebbene ormai Perugia
soggiacesse alla sovranità del Pontefice, pure erano ricono-
sciuti ancora come l' organo principale del governo. Se non

che i Priori, trattandosi di scolaresca, nulla vollero statuire
senza interpellare prima il Collegio de’ legisti, e perciò questi
si adunarono per prender cognizione del memoriale, che con-
teneva la richiesta di notevoli privilegi e immunità, special
mente giurisdizionali; e la cosa parve così grave che il Collegio
in quel giorno si limitò ad eleggere una commissione composta

matricula immatriculatos jurisdictionem habeat in civilibus, nec alteri quam ipsi im-
mediate sint subiecti. Habeat ipse Prior post rectorem Universitatis (si quis fuerit) in
processionibus et alijs actibus publicis et privatis primum locum immediate. — Ut
omnes et singuli dictae Nationis possint ad placitum licite deportare gladios et pu-
giones co-iunctive vel disiunctive aliaque arma difensiva de die, de nocte intus et
extra civitatem cum et sine lumine omni tempore et loco. — Ut lictoribus cujusvis
curiae tam Ecclesiae quam secularis licitum non sit ullum ex dictae Nationis matri-
culatis absque Prioris scitu ex domo vel habitatione sua extrahere, aut quovis modo
molestare nec captos in vijs et plateis in carcerem, sed in Palatio aliove loco honesto
detinere, donec de eorum delictis ipse certioretur. — Ut in delictis crimiualibus nullus

d
|

ex predictis possit condemnari aut examinari absque Prioris praesentia, vel alterius
ab eo ad hoc deputati, qui linguam italicam calleat, nec ob eiusdem imperitiam sua
defensione privetur. — Ut liberi sint per totum statum ecclesiasticum ab omni qua-
litate vectigalium et gabellarum, sitque Priori licitum discedentibus super hoc matri-
culam s»u privilegium impartiri. — Dictae nationis scholares in Juridica facultate
doctorandos posse promoveri, soluta medietate dictae taxae honorarij (quod Theolo-
gorum solum est honorarius) pro concessione doctoratus solvendi, quando dicti scho-
lares in utroque jure doctoratus laurea decoratur vel licentientur. — Posse Nationem
dictam singulis anuis unum praesentare pauperem Germanum (de cuius tum pauper-
tate constat) doctorandum, qui si alias dignus iudicatus fuerit, ne virtutem ipsius
malignitas fortunae retardet, absque solito honorarij deposito laurea doctoratus hono-

i retur. — Ut etiam famuli Nationis predictae iisdem gaudeant privilegijs et immuni-
| tatibus. — Ut nullus in dictae Nationis matricula non immatricuiatus possit manere
1 vel praticare in civitate Perusiae aut ultra oppidum ibidem commorari, gradum ac-

cipere, aut privilegia Nationis sibi secura reddere, inteliigendo similia privilegia im-
matriculatis duntaxat adscribi. — Quo memoriale lecto, Dom. Dom. Prior proposuit
| consilia reddi, quid eis videbitur. Et factis propositis redditisque consilijs, fuit con.
I) sultum unanimiter et concorditer quod deputentur quinque doctores, qui debeant.
considerare omnia et singula privilegia contenta in memoriale predicto et referre in
collegium pro modo: tunc predictus dominus Prior deputavit excell. D. Josephum de
Alexis, D. Octavium Danzetta, D. Franciscum Montanari, D. Ludovicum Scottum et
D. Modestum Vulpium » (Arch. Univ., Parte I, B.! $).
298

O. SCALVANTI

di 5 membri — qui debeant considerare omnia et singula privi
legia. contenta in memoriale predicto et referre in Collegium (1).

Ma se gli stranieri in Perugia, come altrove, vollero or-
ganizzarsi in corporazioni per vie meglio conseguire i fini
della loro personale sicurezza e quelli del loro vantaggio
economico, intellettuale e sociale, attesero pure a costituire
delle Societates collo scopo di prestarsi aiuto reciproco, avere
sepoltura comune, assistere insieme alle funzioni del culto,
esercitare la beneficenza e onorare fuori della patria i loro
re e principi. Questi sodalizi dunque erano preordinati non
à regolare rapporti esteriori, ma a disciplinare alcuni rap-
porti interni fra le persone che componevano le varie aa-
zioni. Non si vedeva allora la necessità di distinguere gli
scolari dagli altri della loro nazione che si trovavano in Pe-
rugia per l'esercizio di qualche professione od arte. Proprio
di tutti era il desiderio di trattare insieme interessi comuni,
e perciò quando si parla di una Societas Germanorum et Gal-
lorum deve intendersi un istituto non limitato alla sola stu-
dentesca alemanna e francese, ma esteso a tutti i connazio-
nali dimoranti in Perugia (2).

Pertanto questo sodalizio, che ebbe nobilissimi intenti e
facoltà economiche di qualche rilievo, venne costituito come
espressione dell’ accresciuta importanza delle nazioni estere
nella nostra città. Gli atti più antichi, che di esso si conser-

(1) Poco appresso gli Oltramarini fecero una consimile domanda (Arch. Univ.,
Parte I, B1, 8, carte 156 rec.). — « Perché sinora li. scolari oltramarini hanno goduto
li privilegi in questo famosissimo et celebratissimo- Studio di Perugia, che ha goduto
la nazione tedesca, ora intendendo che detta nazione supplica alle SS. LL. Ill,me a
gratificare di farle otterere altri privilegi simili a quelli che hanno in Bologna e in
Siena li suddetti scolari oltramarini, perciò ecc. ». Lo che sta a dimostrare una volta
di più, che Perugia gareggiava cogli altri Atenei mercé la fama e il sapere de' suoi
insegnanti, non colla concessione di straordinari privilegi.

(2) Se si consulta il Cod. LIII dell' Arch Com. si trova al principio l'elenco dei
Soci, che erano in ufficio nel 141F, quando si diede alla Societas una vera e propria
organizzazione. Da questo documento rileviamo, che moltissimi erano gli artieri te-
deschi e francesi, che facevano parte del sodalizio, come »pittori, tintori di panni,
robivecchi, miniatcri, ecc. Non è quindi improbabile, che dapprincipio il sodalizio
fosse costituito in maggioranza dagli artefici.

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599

STATUTO DELLA SOCIETAS GERMANORUM, ECC.

vano, sono della metà del secolo XV, ma io ritengo che piü
lontano vadano ricercate le sue origini. Ad ogni modo è certo
che gli Statuti del 1454, che oggi pubblichiamo, non sono
l'atto di fondazione della Soczetas, la quale era regolarmente
costituita fin dal 1441. Alcuni ricordi manoscritti ci dicono,
che in cotesto anno, essendo Papa Eugenio IV, — « il Capitolo,
Convento e Frati di S. Maria dei Servi di Perugia a petitione
di tutti gl huomini d'Alemagna e Francia habitanti in detta
città famigliarmente concedettero a ditti Alemanni e Fran-
ciosi e lor Natione chiamata Oltramontana una Cappella in
detta Chiesa, alla quale diedero il nome di S. Croce e S. Bar-
bara, e sopra di ció furon fatti molti Capitoli e ne fu rogato
pubblico notaro » (1) —. Da un registro poi che si conserva
nell'Arch. Com. e che ha principio appunto col 1441 si appren-
dono alcuni particolari circa la fondazione della Cappella av-
venuta in quell'anno. Il Cod. comincia con un elenco degli
ascritti alla Societas, in gran parte artefici e conimercianti,
e a carte 2 si legge: — « 1441. In nome ecc. In questo libro
aparerà scritto tutte l'intrate et uscite de la chapella. In
primo Michele di Paulo todescho, maestro de ligname offi-
tiale primiero de la dicta chapella rendette ragione de denari
recevuti e spese per finestre al di de hogie, cioè adi 7 de
magio in presentia de m.° Alexandro de Viri francioso e An-
drea de'Giovanne de Raymondo e de Girardo de Corrado
e M." Pietro e de Righo pagnie vechie, e de me Giovagne
di Rigo tentor de pelle e pentor de queste cose, le quale
denare à recevuto per acconcimo de la dicta chapella ».
— Da ciò è facile argomentare, che la Societas esisteva
prima del 1441, perché già in quel tempo si notava che o-
eni anno gli ufficiali rendevano conto della loro gestione.
Adunque è evidente che il testo del 1454 non è il primo Sta-
tuto, ma che ve ne dovette essere uno anteriore al 1441.
Infatti se consultiamo i Capitoli del 1454 si trova, che ivi si

(1) RiGGAnDI, Memorie mss., vol. II, carte 385.
600 O. SCALVANTI

parla di — « leges inter eos editas manu Ser Francisci
sub MCCCCLiiij die XV mensis decembris » —; le quali

leggi gli oltramontani « approbaverunt, ratificaverunt, ac va-
lidaverunt et in quantum opus sit de novo fecerunt ». —
Piü oltre si legge: — « Li infrascripti sonno li ordinamenti et
statuti et provisioni dela compagnia deli ultramontani, cioé
Todeschi et franciosi, facte, renovate et deliberate ecc. ». — E
altrove é scritto — « li quali capituli, ordini et reformatione
sono quiste ecc. ». — Per cui ritengo che nel 1441, al tempo
di Eugenio IV, avesse luogo la deliberazione di costruire la
Cappella per la Societas che era già costituita e aveva pro-
pri statuti; e che nel 1454 il sodalizio solennemente li rifor-
masse e pubblicasse (1). Non è poi difficile comprendere per-
ché tra i vari Ordini monastici della città gli oltramontani
scegliessero: quello dei Serviti, in quanto esso era riuscito,
colla vita integra de'suoi religiosi.e colle opere di pietà, a
cattivarsi l'animo dei cittadini e del magistrato. A quanto
sembra, i Serviti si recarono a Perugia nel 1255 per fondare
il loro monastero nella Chiesa di S. Jacopo fuori della Porta
Eburnea. Questo narra il Mariotti nelle sue Memorie inedite:
ed è certissimo che poco dopo l'Ordine dei Servi di Maria
venne in sì gran fama, che nel 1278 frate Tebaldo e frate
Diodato furono deputati, come Sindaci del Comune, a sce-
gliere il Podestà, che di fatto elessero nella persona di Fe-
derigo degli Arcidiaconi di Cremona (2). Piü tardi, essendo

(1) Di ciò si ha prova anche nella narrazione del Riccardi, dove dice che: — « ha,
vendo detti Oltramontani costrutta detta Cappella e fattovi molte spese ed alcune con-
venzioni per il buon reggimento di essa, nell'anno 1455 furono a loro istanza dette
convenzioni confermate dal Consiglio di Perugia; e l'anno 1471 da essi dotata detta
Cappella ». — Risalendo poi alle fonti più certe, cioè al Cod. LIII già citato, si ha,
che nel 1443 furono pagati importanti e costosi lavori eseguiti nell’ Oratorio, per cui
é certo che nel 1454, anno della riforma, la Cappella era già costrutta e in parte ador-
nata. In quel Cod. è chiara la menzione del tempo, in cui gli Statuti vennero rifor-
mati; infatti sotto la data del 15 maggio 1455 si legge: — « Ave dato libre 5 le quali
pago per la Capella a Ser Francisco de Ser Giabeco per cagione de certe scritture ha
facte per la Capella per Ser Andrea e Ser Bartolomeo per li nostri statuti ». — Quek
Ser Francesco di Ser Jacopo é il notaio, che si rogò dei Capitoli statutarì.

(2) MaRIOTTI, Mem. ined., del Rione di Porta Sole, carte 11,

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STA'FUTO DELLA SOCIETAS GERMANORUM, ECC. 601

molestati dalle scorrerie dei banditi, i Servi di Maria si tra-
sferirono in città, e ciò accadde nel 1515, quando Filippo da
Piscina, Conte di Coccorano diede loro alcune case, ove si
condussero fondandovi la chiesa e il convento, che nel 1542
fu demolito per ordine di Paolo III (1). Questo special favore
incontrato dai Serviti fu causa forse che contro loro si le-
vassero i Domenicani, coi quali ebbero una lunga ed aspra
contesa (2).

Ma un altro motivo avevano i tedeschi e i francesi per
scegliere a sede della loro Societas il tempio dei Serviti. Non
bisogna dimenticare infatti, che fin dalla fondazione della Re-
gola, S. Filippo Benizi e due suoi compagni si portarono in
Francia accolti con entusiasmo dovunque, per modo che in
Parigi, Tolosa, Mompellieri e Avignone sorsero tosto mona-
steri del loro Ordine. Di là passarono in Germania, dove
dal 1254 erano alcuni loro conventi, e dove altri ne fonda-
rono a Francoforte, a Erfurte, a Cracovia e altrove (3). Nè
bisogna dimenticare inoltre, che il Benizi, dopo aver lasciato
per suoi Vicarî generali in Francia S. Sostegno (quello che,
secondo le notizie che abbiamo, avrebbe fondato il primo
monastero in Perugia) e S. Uguccione in Germania, fece ri-
torno in Italia conducendovi molti fratelli alemanni e fran-
cesi. E mentre questi veneravano l Ordine, che era cosa
tutta italiana, i monaci italiani e in specie S. Alessio Falco-
nieri, ben sapendo come a ottenere grande influenza ed
autorità occorre, oltre lo zelo e la carità, anco la buona
coltura della mente, si avvisarono di mandare i giovani più
volenterosi dell’ Ordine a Parigi, affinchè in quel celebrato

(1) SOULIER, Storia dei 7 fondatori dei S. d. M. Roma, 1888.

(2) Mem. cit. del Mariotti. Son note le molte persecuzioni che quest’ Ordine ebbe
lin dal suo nascere, e specialmente é notevole una Costituzione di Innocenzo V, colla
quale si inibì ai Serviti di predicare, ricevere confessioni e ammetter novizi. Ma tali
proibizioni furon tolte pochi mesi dopo dal papa Giovanni XXI (a. 1277), e l'Ordine
poté quindi, senza tema di altre persecuzioni, svolgere quell'attività e quello zelo, di
cui diedero saggio i suoi fondatori.

(3) Annati dell’ Ordine, e Soulier, op. cit.
602 O. SCALVANTI

Ateneo completassero la istruzione loro impartita nelle Case
religiose d’Italia (1). Fiorenti dunque erano al secolo XV le
provincie dei Serviti in Germania e in F 'ancia; e si com-
prende perció come gli stranieri di quelle nazioni eleggessero
a sede della loro Societas la Chiesa dei Serviti im radice Cit-
tadelle. Ed è veramente questa la Chiesa, ove venne eretta
la Cappella degli Oltramontani, perchè l'altra provincia dei
Servi di Maria (cioè la Lombarda) non venne in Perugia
che nel 1444, occupando la Chiesa di S. Fiorenzo; e l' amplia-
mento del tempio e del monastero ebbe luogo tra il 1411 e il
1515 col concorso, quanto alla spesa, del patrio municipio (2).

Pertanto nel 1441 fu cominciata la edificazione della
Cappella per conto della Societas Ultramontanorum. E diciamo
— edificazione —, perchè si trova che proprio in quell’anno
Si spesero somme non lievi per la costruzione della volta e
per il pavimento (3). Compiuta l opera muraria, si pose
mano alla decorazione, e nel 1443 — « foran raccolte de-
nare in fra le conpagnie et altre persone che fecierono elimo-
sina per la fenestra ala dicta capella » — (4. La spesa fu
di fiorini 50, e l'autore di questa finestra, certo a vetri co-
lorati, fu un magister Franciscus de Barone todesco (5).

Poco dopo, e cioè nel 1° dicembre 1444 — « foran ra-
cholti per la pingietura de la tavola e del intonachare de
la volta fior. 58, le quale recevette maistro Nicholo » —. E
nel 1445 si spesero fior. 20 — « per pegnitura della Tavola,
cioó per oro et manufactura a Leopoldo et al Torto. Et
m. Angelo pentore fior. 100 (6) » —. Nel 1463 Guglielmo

(1) Furono di questo numero nel secolo XIII fra Pietro da Todi, poi generale
dell'Ordine, e i frati Cristoforo e Clemente (Vedi Soulier, op. cit., capitoli V, VI e Ap-
pendice 11).

(2) Ann. decemvir. dal 1471 al 1515.

(3) Cod. LIII, carte 61.

(4) Cod. eod.

(5) Nelle Mem. ined. di Mariotti, si legge, .« M. Franciescho de Barone dee havere
per una fenestra de vetrio la qual fece esso per la Chapella degli ultramontani in S. M.
dei Servi, fior. 50. Pe' suoi lavori vedi FUMI, IL Duomo d? Orvieto, Roma, '01, pagg. 108-235,

(6) Mem. del Mariotti, carte 72.

"- _————"S4i III eee recon
STATUTO DELLA SOCIETAS GERMANORUM, ECC. 603

da Giovanni detto Testagrossa di Borgogna lasciò alla Societas
fior. 24, — « li quali vole che de l’utile de questi danari-ne
verrà se faccia una rota con XII campanelle le quale sonano
al levare del Corpo de Christo » (1) —. Qualche anno ap-
presso si pensò a maggiori ornamenti; e così nell’ 11 maggio
1477 (2) si trova la seguente menzione del Priore della
bocietà Giovanni de Gherardi — « Et più ave spese come
demonstra in più partite in uno suo libro per lo £abernaculo
del altare e pentura de esso fior. 297.14.3 » —. E nello
stesso anno e giorno il medesimo Gherardi registra, che ha
speso fior. 133.2.6 per — « certo aconcime de figure de la
tavola de l'altare » —. Nell'anno di poi 1418, ai 3 di mag-
gio, si legge nello stesso Cod. che furono pagati due artefici
per la scultura degli angeli che sostengono la croce (3).
Questa indicazione è assai preziosa, perché dimostra vera
in gran parte l'opinione di coloro, i quali affermano che
l’altare tuttora esistente in S. Maria Nuova sia quello antico
eretto nel 400. In ciò vi è dellinesattezza, poiché alcune
parti sono evidentemente di un'epoca assai posteriore, ma
l’attico e gli angeli sono certo opera del secolo XV.
Modeste furono adunque le origini della Societas, ma in
breve essa riusci a formarsi un peculio cosi rilevante da
poter attendere non solo ai suoi fini di beneficenza e di
culto, ma anco al suo decoro esterno. E cosi mentre i primi
istitutori si adunavano in un Aorticello dietro la Sagrestia

(1) Mem. del Mariotti. È d'uopo notare pero, che l'esimio scrittore é caduto:
in un equivoco, perché nel Cod. LIII, carte 71, si legge, che, secondo la mente del do-
natore, non tutta la somma de' 28 fior. doveva essere impiegata nella rota cum tin-
tinnabulis. Circa quest' oggetto, allora assai usitato nelle Chiese, vedi Du-Cange.

(2) Cod. eod. carte 15.

(3 L'annotazione è la seguente | — « M.9 Io. de Armano

j « M.9 Io. de Blomensteyn )
degono avere per uno payo d'agnoli de ligname orato per lo altare delli ultramontani
in Sancta Maria deli Servi a Peroscia fior. 75 » —. Questi angioli furono nuovamente di-
pinti nel 1579 (Cod. 137 Arch. Com. carte 3) e restaurati nel 1601 (Cod. eod. carte 26).

pentori,
604 O. SCALVANT:

della Chiesa, iloro seguaci poterono avere sede più degna per
le loro deliberazioni. Se non che Paolo III, onde erigere la
fortezza ad reprimendam perusinorum audaciam, decretò la
demolizione della Chiesa dei Serviti, e fu allora che essi,
oltremodo spiacenti di dover peregrinare in altro luogo,
attraversarono, secondo narrano alcuni cronisti, processio-
nalmente la città portando da sè medesimi le suppellettili
della Chiesa e le masserizie del convento; e il pubblico non
fece che raddoppiare di venerazione per loro. Così i Serviti
si trasferirono a S. Maria Nuova tenuta allora dai Silve-
strini, cui fu destinata la Chiesa di S. Fortunato, e che eb-
bero per ciò una lunga contesa coi Servi di Maria (1). Nella
nuova residenza dell’ Ordine fu nel 1543 eretto l’altare della
Societas, che è l'ultimo nella navata di destra. Posto a con-
fronto cogh altri, che sono opera del seicento, si comprende
dalla parsimonia degli ornamenti e dal disegno tuttora ele-
sante e puro, che esso fu costruito in gran parte nel 500
conservandovisi aleune parti dell’antico altare. E che venis-
sero anche in seguito accresciute le sue decorazioni si rileva
dai Codici che abbiamo consultato. Infatti nel 1579 si fecero
le armi, che si veggono anch’ oggi in più luoghi dell’ altare (2).
Più tardi, cioè nel 600, si pagó una certa somma per acon.
ciare la tomba della Chiesa quando se dice la messa per li
defunti (3); e si trova che nel 1622 (4) — « in festo S. An-
tonij pro Natione majoris ornatus gratia omnium consensu
pro versibus aliquibus imprimendis Nationis insignijs in cupro
exculpendis et pingendis, reliquijsque ad hunc actum neces-
sarijs » — si pagarono alcuni fiorini (5). Nel 1653 i te-
deschi vollero che l’altare della ,Societas fosse fregiato di

(1) Conf. Mem. ined. del Mariotti più volte citate.
(2) Cod. 137 cit. — « Et più adì primo febraio per tre armi fatte da maestro
Francesco pittore per la Cappella, scudi 6 » —. :
(3) Cod. eod. carte 37.
(4) Cod. eod. carte 31.
(5) Di queste iscrizioni ed armi non abbiamo trovato più traccia.
STATUTO DELLA SOCIETAS GERMANORUM, ECC. 605

una statua in legno rappresentante S. Enrico (e non S. Leo-
poldo, come scrisse il Siepi) (1), e di fatti è questa l'im-
magine che si vede alla destra dell’altare coll'iscrizione: —
« S. Henricus Romanorum imperator » (2). — Poco dopo
i francesi, essendo priore della loro nazione Matteo Monj-
usier, deliberarono di fare scolpire la statua di S. Luigi IX,
che si trova alla sinistra dell’altare, e statuirono nel 3 giu-
gno 1655, che in esso si facesse la commemorazione annuale
del Santo. L'altare, nella forma presente, ha un attico su
cui posano le due sculture del 400 rappresentanti angeli
che sostengono la Croce (perchè è appunto alla Croce e a
$5. Barbara che si volle l’altare dedicato); al di sotto un cor-
nicione assai grave colla scritta — Altare Germanicae, Gal-
licaeque nationis — Due svelte colonne con capitelli di buona
fattura e di elegante disegno incorniciano l’altare, nel quale
è una tela attribuita a Bernardino Gagliardi, pittore del se-
colo XVII, e rappresentante la Madonna col putto; al suo
destro lato S. Elena e al sinistro S. Barbara. Il Siepi ci dice
che vi era antecedentemente altro quadro con S. Barbara e
la Croce, ma non ci consta da quali fonti abbia derivato
questa notizia (3). Intanto noi possiamo avanzare un dubbio,
perchè nel volume delle visite diocesane di mons. Comitoli
(a. 1593) s'incontra questa annotazione: « Visitavit altare So-
cietatis Ultramontanorum cum figura Christi D. N. in bra-
chijs S. M. suae matris ». Ora, stando al Siepi, il quadro an-
tecedente a quello del Gagliardi, avrebbe rappresentato la
Croce e S. Barbara; e ci pare incredibile che, se nella ta-

( ) SIEPI, Descrizione di Perugia, vol. I, pag. 283.

(2) È questi Enrico II, lo zoppo o il Pio, il quale regnò dal 102 al 1024. Egli fu
duca di Baviera e poi Imperatore. Si segnalò per dotazioni alle chiese e per fonda-
zione di monasteri. Infermatosi a Montecassino, dice il Messale Romano — « a San-
cto Benedicto insigni miraculo sanatus est » —. Il suo corpo fu sepolto a Bamberga,
e venne ascritto al numero dei Santi da Papa Eugenio III.

(3) Del resto anco l'indicazione del quadro attuale è fatta dal Siepi assai inesat-
tamente, perché egli accenna solo a S. Elena che adora la Croce, mentre vi è rappre-
sentata ancora la Vergine col Bambino e S. Barbara colla torre.

93
M n T——————————— : x :

606 O. SCALVANTI

vola antica si trovavano coteste immagini, il vescovo non le
avesse indicate, molto più che esse significavano il titolo del-
l’altare, dedicato appunto alla Croce e a S. Barbara. Dai lati,
come abbiam detto, stanno le statue di S. Enrico e di S. Luigi
sormontate dagli stemmi recanti l'aquila bicipite per la Ger-
mania e i gigli per la Francia. Sotto l’altare è una cassa, in
cui, secondo la scritta, si conservavano tra altre alcune re-
liquie di S. Barbara protettrice dei tedeschi, ma in una re-
cente ispezione si è constatato che essa contiene solo una
scatoletta, con alcuni frammenti di ossa, non munita di sug-
celi. Nei basamenti laterali dell’altare sono due stemmi
appartenenti certo ai Priori della nazione germanica e fran-
cese, che si trovavano in ufficio al momento della ricostru-
zione della Cappella. Poco oltre, nell’ edicola delle Stimmate
di S. Francesco, si osserva una lapide con la scritta: « So-
cietas Germanorum et Gallorum 1614 », sotto la quale sono
gli stemmi delle due nazioni in finissimo bassorilievo. È
quella la tomba comune degli ascritti al sodalizio. Ma qual
che ricerca che abbiamo fatto ci ha messo in grado di riscon-
trare che questo deposito, colà trasportato nel secolo scorso,
esisteva in antico di fronte all’ altare della Societas (1).
Nella Cappella stessa e precisamente nella parete a si-

(1) Infatti da una vecchia — Pianta e misura della Chiesa e Cappella di S. Maria
dei Servi e sito delle sepolture in detta Chiesa esistenti rinnovata Vanno 1713 — si rileva
che la lapide pel sepolcro degli Oltramontani si trovava innanzi all'altare da essi
eretto, e aveva il numero 112; e abbiamo pure riscontrato, che pel rialzamento del
livello della Chiesa avvenuto in quel punto (e che doveva recar danno all’ altare in
guisa da minacciarne la demolizione) fu trasportata nella Cappella delle Stimmate,
ove al 1713 si trovava una pietra colla scritta nullivs, ossia di una sepoltura non an-
cora assegnata. Nella predetta pianta si osserva altresì, dinanzi all’ altare della Ma-
donna del parto, Y indicazione di una pietra sepolcrale segnata — De’ Lombardi, 108 —.
Siccome anche quest’ argomento c' interessava, abbiamo voluto fare qualche indagine
nelle vacchette della Chiesa (quelle poche che si conservano dopo la dispersione del-
dell'archivio dei Serviti verificatasi alla metà di questo secolo), e ci é venuto fatto di
riscontrare, che vi era in S. Maria un altare insubricae nationis, dove si celebravano
messe cantate per S. Fabiano, S. Sebastiano, per l’ Assunzione della Vergine e S. Rocco.
L'altare in seguito venne dedicato alla Madonna del Parto, e solo a destra si vede
ancora una statuetta di S. Sebastiano. È certo però che- questa Societas Lombardo-
rum, composta per la massima parte di artieri (ed è facile rilevarlo dagli emblemi
STATUTO DELLA SOCIETAS GERMANORUM, ECC. GOT

*

nistra di chi entra, é un piecolo mausoleo di buona compo-
sizione, con un'immagine a scultura pregievole per disegno
e per espressione. Il busto elegantissimo è in legno con ri-
vestimento di bronzo; in alto è lo stemma della famiglia, e
al di sotto la seguente iscrizione: « Hermanno Comiti a Mon-
tfort germano filio suo suavissimo, Johannes Sacri Romani Im-
perii Comes etc. pater pietosissimus monumentum hoc fieri ius-
sit. Vivit an. XV et dies XXVI, obijt: XII octob. Anno D.
MDCXI ». Questo Ermanno di Montfort apparteneva in qua-
lità di studente alla nazione germanica in Perugia, e si tro-
vava iscritto da breve tempo alla matricola insieme al fra-
tello Ugo, che poco dopo fu eletto Priore (1) Un'altra la-
pide con magnifica arme dall'aquila bicipite, ma senza in-

dicazione di nome e di data, si trova nel pavimento dinanzi

alla porta laterale della Chiesa.

Come si puó vedere anco dai capitoli che pubblichiamo,
gli atti più importanti della Soczetas si compivano solenne-
mente dinanzi all’ altare di S. Barbara in S.° Maria de’ Servi.
E di ciò fa menzione spesso la Matricula altrove ricordata (2),

della sepoltura comune, che è dinanzi all'altare) fu molto fiorente. N'è indizio Pal-
tare ricco per ornamenti di legno messo a oro e la cassa delle reliquie, dove nell’ o-
vale del centro è rappresentato S. Sebastiano in atto di essere curato delle ferite da
S. Irene. È un dipinto di qualche pregio, che parmi non sia stato da altri osservato.
La Societas Lombardorum possedeva molte rendite, ed aveva un catasto speciale, che
può vedersi nell’ Archivio del nostro Comune.

(1) A carte 74 della Matric. degli Ultramontani, che si conserva nell’Arch. Com.

si legge: — « Hugo comes a Montfort dominus de Bregens, 8 settembre — + Herman-
nus Comes a Montfort, dominus de Bregens, 8 settembre, fratres germani » —. E à

carte 75 — « Anno domini 1611. In domini et gloriosissimae Virginis Mariae, Sanctae
Crucis et S. Barbarae protectricis nomine tertia die mensis decembris anni salutiferi
MDCXI. Prior Nationis Germanicae electus fuit perillustrissimus ac generosus Dom.

Dom. Hugo Comes a Montfort, Dom. de Bregentz » — Quest Hugo è ricordato pure
nel Cod. 137, più volte citato, a carte 73.
(2) Carte 90. — « Post peractam solemnitatem Sanctae Crucis in basilica Sanctae

Mariae Novae Servitarum B. V. apud altare inclytae nationis de communi suffragio
inclytae nationis confirmatus fuit qui supra Prior perillustris ac generosus D. D. An-
nibal Franciscus Bottonus Patritius Fergesting. Die tertia aprilis MDCLIII ». — Carte 91:
— « Die quarta decembris festo Sanctae Barbarae. Post peracta Solemnia in Basilica
Sanctae Mariae Novae Perusiae ad altare inclytae nostrae nationis, de caeterorum
suffragio fuit electus Prior huius inclytae nationis etc. » —.
608: O. SCALVANTI

da cui apprendiamo che la elezione dei Priori veniva fatta
o nella festa di S. Barbara o in quella della Croce. Se non
fossero stati dispersi gli atti dell'Archivio dei Serviti, noi sa-
premmo da quale epoca la Socie!as ordinò, che alla morte di
ogni imperatore di Germania e re di Francia si celebrassero

- solenni funerali in S. Maria Nuova (1). E d' uopo invece con-

tentarci della menzione conservatacene dalla Matricola a pro-
posito dei funeri celebrati per la morte dell’ Imperatore Leo.
poldo I nel 1705 (2). È strano però che gli statutari del 1454
non vi ponessero mente, e quasi saremmo indotti a credere
che, regnando allora Federigo III, il quale in 53 anni di re-
gno non seppe guardare la Germania nè dalle discordie in-
terne nè dalle invasioni dei Turchi, mentre molto operò
per l'ingrandimento della sua casa, i germani non si sentis-
sero indotti a statuire circa i funeri de loro principi. Ma se
ciò potrebbe spiegare il silenzio degli statuti circa le esequie
per gl imperatori di Germania, non lo spiegherebbe rispetto
ai re di Francia, imperocchè sedesse allora sul trono di
S. Luigi, Carlo VII, che incominciò, e non con mezzi feroci, la
grande opera del riordinamento del reame, della concentra-

(1) Nell’unico documento che ahbiamo circa la fondazione di questi funeri, non
si parla che degli imperatori di Germania, ma é facile argomentare che ciò dovesse
verificarsi anco pei re di Francia. D'altronde la Matricola, dov è la menzione delle
solenni esequie per Leopoldo I, è quella della nazione tedesca; e non é meraviglia
che in quel libro non si sia annotato questo particolare rispetto ai francesi. Di più é
tradizione nell’ Ordine, che cotesti funeri si facessero anche pei re di Francia. Del re-
sto le prove scarseggiano; né possono essere fornite nemmeno dagli Annali dei Ser-
viti, dove non é alcun ricordo della Societas. Pure noi vogliamo sperare che una for-
tunata scoperta fra le molte carte del ricchissimo Archivio Comunale non ancora
catalogate, valga a ridonarci un giorno così preziosi documenti, e questo perché sa-
rebbe utile a conoscersi in qual modo i vari imperatori e re furono onorati dai loro
sudditi residenti in Perugia. Pertanto osserviamo che alla deficienza di questi atti non
suppliscono interamente i tre Codici da noi spesso citati, perché la enunciazione delle
cerimonie religiose vi é fatta in modo troppo conciso e sommario.

(2) Notizia su ciò abbiamo ricavato dalla Matr. degli Ultramontani esistente
nell'ArcA. Com. ove a cartè 315 della seconda numerazione, dopo un cenno sui funeri
eseguiti per quell'imperatore, si legge che tali esequie — « eiusdem monasterij reli-
giosi pro quovis Imperatore defuncto celebrare tenentur » —. E si aggiunge, che questa
memoria — « ad directionem possessorum huius matriculae benevolo animo adnotavit
sodalitas eodem anno 1705 » —.
ma

SESTO

Tan n

rete

MES Ts

STATUTO DELLA SOCIETAS GERMANORUM, ECC. 609

zione de'poteri pubblici e di nuovi ordini militari; nel quale
scopo, ma con inumani procedimenti, fu superato dal succes-
sore Luigi XI.

Per tanto è evidentissimo che il tipo di queste Societates
era essenzialmente a base religiosa. Certo, trattandosi di un
popolo, come il tedesco, che in gran parte si separó poi dalla
Chiesa romana e divenne seguace di Lutero, non si poteva
negare l'iscrizione nella matricola ai non cattolici; ma parmi
che l'essere ascritti a questo culto fosse una condizione di
eleggibilità all’ ufficio del priorato e anco alle altre cariche
del sodalizio. E ció rilevo dal fatto, che piü volte negli atti
delle nazioni si trovano annotate le abiure compiute da
alcuni dei loro membri, che poco dopo vediamo assunti agli
uffici, di cui sopra è parola (1). Il conservarsi presso la
nazione germanica in Perugia questo attaccamento al catto-
licismo, è atto a dimostrare, che qui convenivano di prefe-
renza i tedeschi delle regioni cattoliche, e solo per eccezione
era tra loro qualche protestante. La qual cosa è facile a com-
prendersi, perocché, dopo la Riforma, negli stati in cui venne
adottata, incominciò un’ éra nuova, e i tedeschi a poco a
poco andarono acquistando un grado rilevantissimo di auto-
nomia nel campo delle lettere e delle scienze, e perciò si
astennero dal frequentare gli atenei italiani, che obbedivano
ad altre tradizioni.

Venendo ora a parlare dell’ ordinamento della Soczetas,
noi vedremo partitamente delle disposizioni aventi carattere
organico formale e sostanziale, aggiungendovi qualche noti-
zia sull’ assetto amministrativo.

Rispetto alle disposizioni di carattere organico formale,

(1) Nel 1717 il Barone Leonardo di Wurtemberg fu assunto al Priorato della na-
zione; e alla Matricola (carte 329) si nota, che in quello stesso anno era passato al
cattolicesimo. Sotto uno stemma ricchissimo di fregi e con emblemi di armi si legge
questa scritta: — « In nomine Dei omnipotentis, Sanctae Crucis ete. denunciatus fuit
Prior Dom. Jo. Leonardus Liber Baron ab Armesheim et Eittingen, Ducatus Wurten-
bergensis, qui anno 1717 abiurata, in qua natus erat, Lutherana haeresi, sanctam
ortodoxam religionem amplexus est., 20 Julij anni ut supra » —.
(Ea) x

PORTATI TTI

610 O. SCALVANTI

diremo che la Societas segui, per la formazione de’ suoi sta-
tuti, il procedimento ordinario, e cioè nominò alcuni statu-
tari, i quali furono Giovagne de Arigo già d'Alamagna et mò
cetadino peroscino de Porta Sancto Pietro, et Maestro Pietro già
de Francia et mò cetadino peroscino de Porta Borgne, uffitiali
dela dicta conpagnia. Ciò sta a dimostrare, che, coll’ acquisto
della nuova cittadinanza, non si perdeva il diritto di appar-
tenere ai sodalizi fondati dagli antichi connazionali; e che
gli ascritti alla matricola delle due nazioni cercarono il sus-
sidio di chi era ormai divenuto civis perusinus. A questi due
uffiziali vennero associati li savi et discrete huomene Mastro
Alexandro de Viere da Francia et mo cetadino perosino de
Porta Sancto Pietro, Giovagnie de Andrea d'Alamagna et Bro-
cardo de Paolo d'Alamagna e Maestro Giovagnie de Guglielmo
da Francia. In tutto gli statutari furon 6, tre per ciascuna
nazione, e alcuni (come apparisce dal titolo di magistri) eser-
centi qualche arte in Perugia. Cosi in adunanza generale, te-
nuta nella sagrestia di S. Maria Nuova e presente un pubblico
notaio, si procedette all’ elezione di questi w/fiziali et boni huo-
mini, perché compilassero e riformassero gli statuti della So-
cietà; al quale incarico gli eletti posero compimento nel 15 di-
cembre del 1454. Se non che, a dar carattere giuridico al
sodalizio, i suoi fondatori dovettero richiedere l' approvazione
della sovrana autorità del Comune, e cioè de’ Priori e Ca-
merlenghi. Lo che dimostra, che se nel secolo XV si rispet-
tava ancora il sorgere spontaneo dei fenomeni di collettività
sociale, si aveva altresì chiarissima percezione dei diritti di
ingerimento legittimo dello Stato, e perciò era necessario che
il governo della repubblica verificasse lo scopo e le norme
generali dell' ordinamento dei sodalizi, che intendevano aver
vita giuridica e profittare dell'autorità del governo stesso
per la tutela dei loro diritti. Infatti il Proemio della delibe-
razione del magistrato comunale constata anzituto, che torna
in onore della repubblica, che la fondazione — « ad optatum
finem perveniat » —;il qual fine non era solo quello di go-

TRI iene ana "CORE
e

CEU

STATUTO DELLA SOCIETAS GERMANORUM, ECC.

dere della libertà necessaria a compiere gli atti che la So-
cietas o fraternita aveva determinato ne’ suoi statuti, ma

anche quello di ottenere l' efficace concorso del potere pub-

blico; imperocché, secondo esposero i Priori delle due nazioni,
— « leges et ordinamenta facere esset supervacuum nisi
eorum debitum consequetur effectum » —. Si vuole quindi
che il Comune dichiari che sarà per dare esecuzione a cotali
ordini relativamente alle pene sancite contro gli ascritti alla
Società e gli ufficiali di essa. La Soczetas però, nel sottoporre
i propri statuti all’ approvazione o conferma dell autorità Co-
munale, si dichiara pronta a osservare anco le disposizioni,
che de novo in quantum opus sit, venissero introdotte dal ma-
gistrato. E così gli statuti compilati dagli uffiziali e aggiunti
della Societas e resi autentici pel rogito di Ser Francesco di
Jacopo pubblico notaio, furono presentati ai Priori del Co-
mune, i quali li approvarono nel 24 marzo 1455, e nel giorno
appresso i Camerlenghi delle Arti, che intervennero in nu-
mero di 36, vi diedero la loro sanzione decretando, che tutti
gli uffiziali del Comune presenti e futuri dovessero prestarsi
alla esecuzione di quanto gli statuti disponevano, e ove fos-
sero in ciò negligenti soggiacessero alla pena di cento libbre di
danari, di cui la metà verrebbe applicata al Comune, un
quarto agli uffiziali incaricati di eseguire la condanna e il
resto « hominibus ipsius Capelle Ultramontanorum ».

Ció rispetto alla parte statutaria formale ; quanto alla parte
sostanziale, gli statuti miravano a stringere tra gli ascritti alla
Societas i più saldi vincoli di amore e di mutua assistenza.
Quindi l'osservanza dei singoli ordinamenti doveva essere
materia di giuramento pei soci nella festa di S. Croce e in
quella di S. Barbara.-Al sodalizio si doveva portare il mas-
simo rispetto, talchè non stupisce se una volta fu decretata
l'espulsione di un socio, perchè — « palam dixerit confra-
ternitatem se non curare » — (1).

(1) Cod. 137, carte S0.

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SCALVANTI

Pertanto noi potremo vedere partitamente:

a) dei fini del sodalizio,

b) dei suoi beni e rendite, e

c) del suo ordinamento amministrativo.
a) Fini del sodalizio. — Innanzi tutto i soci erano obbli-
gati ad alcune pratiche religiose, e cosi dovevano recitare

ogni di certe orazioni, in specie in suffragio delle anime

de' compagni defunti, e accostarsi ai sacramenti almeno una.
volta l'anno, sotto pena di cinque libbre di danari, e, in caso di
nuova negligenza, sotto quella di venir cassati dalla matricola..
Gli uffiziali, se non tutti i compagni, erano tenuti a frequentare,
in ogni domenica o festa, la Chiesa, per assistere al sacrificio
divino nella Cappella della Societas. Si dispone poi, che fino à
quando la Cappella non sia dotata, debba pagarsi ogni anno ai
frati una certa somma per le cerimonie religiose. Le quali
ordinariamente consistevano in quattro messe solenni per I' In-
venzione ed Esaltazione della Croce, per S. Luigi IX e per
S. Barbara. Vi era poi un aniversario, che non sappiamo
bene a che si riferisse, e una messa di requiem pei fratelli
defunti (1). In processo di tempo, come vedemmo poco fa,
venne prescritto che si facessero onoranze funebri agl' impe-
ratori e re delle due nazioni, e talvolta ancora si deliberó
di suffragare le anime di altri dignitari, oggetto di speciale
riverenza per parte degli oltramontani, come avvenne nel
1600, quando fu eseguito un requiem per il Cardinale arci-
vescovo di Trento (2).

Ma oltre la preghiera e le altre pratiche del culto, i

(1) Consultando i Codici della nazione oltramontana si riscontrano pagamenti.
eseguiti per effettuare questi servizi divini; ma certo i dccumenti colle notizie più
preziose su questo punto, sarebbero stati quelli dell’ Archivio de’ Serviti. Pure da
alcune vacchette dal 1798 al 1860, che ancora si custodiscono nella Parrocchia, risulta
che quelle sacre funzioni furono celebrate fino al giorno della soppressione dei mona-
steri, cioé quando considerandosi patrimonio dell’ Ordine quello che era proprietà di
una Societas autonoma, tutto venne arbitrariamente incamerato.

(2) Cod. 137 n. 34.

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i

STATUTO DELLA SOCIETAS GERMANORUM, ECC. 613

soci dovevano prestarsi assistenza, e fare in guisa che nes-
suna discordia insorgesse fra loro. A proposito di ciò, è
prescritto agli uffiziali di essere vigilanti Zn far fare le paci,
nel caso alcuna discordia nascesse în fra li dicti conpagni; e
se, all'invito degli uffiziali, le inimicizie non cessavano, l'una
parte e l'altra erano severamente punite.

Larghissimo era poi l'ufficio di beneficenza. Il Mariotti
ci dice che essa veniva esercitata a favore dei poveri delle
respettive razioni domiciliati in Perugia o che passavano
per di qua; ma ciò non è esatto, perchè talvolta si veggono
sovvenuti dei poveri non appartenenti ad esse (1). Le ele-.
mosine non eran tenui, e spesso ascendevano a somme di
qualche rilevanza, come uno scudo, due o tre fiorini (2), e
in capo all'anno questa forma di beneficenza saliva ad una
cifra ragguardevole. Le distribuzioni dovevano essere eguali
tanto per una delle due nazioni, quanto per l’altra (3). Talora
poi, suggerendolo la necessità, il sodalizio apriva ospedali (4),
e nei nostri documenti è la prova delle cure assidue che si
impiegavano anche in questo servigio di carità pubblica.
Ma più di ogni altra, merita di essere considerata la par-
ticolar forma di sovvenire a’ bisogni dei soci, mediante
prestiti. Fra il 1500 e il 1700 si vedono infatti somme
assai cospicue mutuate ai confratri. Il Priore della nazione,
ricevuta la domanda, interpellava i suoi consiglieri, e deli-
berava se concedere o no il prestito; e nel caso che la
richiesta venisse accolta, il mutuatario doveva presentare un

(1) Cod. 137 carte 12, ove é ricordato un pisano infermo, a cui fu concesso um
sussidio. Del resto, per lo piü, la carità veniva fatta ai connazionali. Talora si sov-
viene un tudesco in pregione (carte 6) o doi poveri soldati tedeschi, o uno scholare
francese che va a Roma, o un sacerdote di Francia, o duoi poveri tedeschi svaligiaté
ecc. (carte 18 e segg.).

(2) Cod. eod., carte 59.

(3) MARIOTTI, Mem. ined. Qua e là nei Codd. da noi consultati é traccia di qual-
che disputa su questo punto.

(4) Cod. LIII, carte 15, t. A di 27 maggio 1477 si notano varie spese per la casa
degl’ infermi al tempo de la peste, e cosi lenzuoli, «wccaro et altri conforti.
614 . O. SCALVANTI

fidejussore (1). Non è a dire con qual cura si cercasse di
‘esigere questi mutui, pei quali, stando alle ricerche da noi
praticate, nessun interesse veniva corrisposto, e perciò non
si eri propensi a concedere ai debitori dilazioni al paga-
mento; e luna e l'altra cosa, per dirla con Cornelio, —
« erat iis salutare; nam neque indulgendo inveterascere eorum
aes alienum patiebatur, neque multiplicandis usuris crescere » —.
Ad ogni cambiamento di Priore, il cessante dall ufficio do-
veva al nuovo eletto consegnare con verbale apposito i chi-
rografi dei prestiti, e questi si obbligava a curarne la resti-
tuzione. É raro che il debito fosse rimesso, ma pure qualche
volta s'incontra l'annotazione, che — « la polizza sia straz-
zata per donativo » (2) —.

Fra i fini del sodalizio vi era, oltre il culto e la benefi
cenza, anche l'istruzione e il diletto; così vediamo, che esso
si occupava di fornire ai soci un'utile biblioteca (3) e qual-
che istrumento. Difatti nel 1612 (4) si ordinó, a spese della
nazione, la costruzione di un c/avazimbolo o gravicembalo,
che fu infatti eseguito e trasportato alla sede della Societas.

b) Rendite del sodalizio. — Dapprincipio si comprende,
che rendita unica furono le oblazioni dei soci e il pagamento
della tassa di matricola. Ma questo é a notare, che anche
quando si costitui un vero patrimonio, le oblazioni rappre-
sentarono la fonte principale, a cui la Societas attinse. E

(1) Alleghiamo l'atto stipulato il 22 aprile 1598, e nel quale fu fatto un prestito
a Jo. Giorgio Rotmard col consenso dei consiglieri e la sicurtà di Giuseppe Hirhberg.
Vedi poi tutti e tre i Codd. piü volte citati.

(2) Cod. 137, carte 73.

(3) Sono numerose le registrazioni per acquisti di libri e loro trasporto alla
casa, ove la libreria aveva sede (Arch. Com. Cod. C, 31). Ed é per questo che talvolta
il socio, partendo, onorav1 del dono di alcuni suoi libri il sodalizio. A titolo di cu-
riosità riferiamo l'elenco delle opere, che nel 1596 lasciò Giovan Giorgio da Küenburg
— «Mysingero — Calepino — Instituta Just. — Gramatica del Emanuele — Teatro del
‘Cielo di G. R. — Epistole del Cicerone — Retorica del Soarez — Giulio Floro — Dia-
lectica Valerij — Instituta di Theophilo — Gerson, de imitatione Christi — Freislebij,
Compendio delle Istitute — Orationes del Cicerone — Logica di Aristotele — Gram-
matica volgare — Canzoni di Alessandro Romano a 5 voci ».

(4) Cod. 137, carte 74.

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STATUTO DELLA SOCIETAS GERMANORUM, ECC. —_ 615

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queste erano di due maniere; o venivano raccolte in una cas-
setta posta nella Chiesa, o venivano date da coloro che. as-
sumevano o cessavano dall ufficio di Priori, consiglieri, sin-
daci ecc. Si potrebbe ritenere che esiguo fosse l incasso per
le offerte di Chiesa, e invece era rilevantissimo, lo che ci fa
congetturare che in specie gli ufficiali recantisi al tempio nelle
consuete cerimonie vi lasciassero per consuetudine antica il
loro obolo. Né meno ragguardevoli erano i donativi dei Priori, ed
anche questo é agevole ad intendersi quando si pensi che alla
carica di Priore venivano assunti, almeno in processo di tempo,
discendenti di ricchissime e nobili famiglie, e non è perciò
meraviglia che al momento di entrare o di uscire dall'ufficio
si facessero cospicue oblazioni da giovani, che, come Gio-
vanni Conte di Hoenzollern (1) o il Barone Ugo di Montfort
e va dicendo, disponevano di ingenti ricchezze. Fonte di
rendita erano dunque le oblazioni e la tassa di matricola, la
quale si pagava all’ atto della iscrizione. Una multa poi faceva

carico al socio che volesse uscire dal sodalizio, la quale era

stabilita in somma maggiore se il confratre abitava in città,
e in somma minore se risiedeva nel contado (2).

Ma, adunato un certo peculio, gli amministratori pensa-
rono a investirne una parte o in immobili o in rendite cen-
suarie.

Quanto agl immobili più sono i documenti che abbiamo
consultato. Anzi tutto nelle Visite del vescovo Comitoli del
1593 si trova questa menzione: — « Visitavit altare Socie-

(1) Il Conte di Hoenzollern fu a Prrugia nel 1594, e nel settembre di quell’anno,
assunta la carica priorale, ricevette la consegna della cassa e dell’ ufficio dal prece-
dente Priore Wolfango Kern (Cod. 137). Per altre insigni oblazioni si confrontino nei
nostri documenti le registrazioni dell’anno 1579 e segg.

(2) Rispetto alle oblazioni ne riferiamo una eseguita nel primo luglio del 1481
e notevole per la sua singolarità: — « Bartolomeo de Valentiro da Sette Castelle ha
facto deposito ala Capella e compaguia de ducati nove d'oro in una bursetta roscia,
le quale vole che ditta eompagnia li conservi per tempo de anni Xij, se in quisto
tempo non tornasse vole che dicti ducati siano liberamente de la dicta capella, e
non vole che ad ve una altra se debbiano dare » — (Cod. LIII, carte 12).
ici iran ITA

O. SCALVANTI

616

tatis Ultramontanorum cum figura Christi D. N. in brachijs
S. M. suae matris .... Possidet haec Societas stabilia » (1) —.
Ora questa parola stabilia darebbe a credere, che piü fossero:
gl'immobili di proprietà della Societas, mentre, esplorati i Co-
dici delArchivio Comunale, vi abbiamo trovato solo la men-
zione di una bottega posta in piazza degli Aratri (2). La Societas:
ebbe inoltre delle rendite censuarie, di cui si trova cenno
fin dalla metà del secolo XV (3). Stando ad una annotazione
del 1601 (4) i censi erano due, uno di 50 fiorini — « presso
Horatio Alessi » — e un altro di 25 presso i figli di Fran-
cesco Orsciani; ai quali deve esser aggiunto quello dovuto
dalla famiglia Pantano.

Infine, un' altra sor gente di rendita non lieve era la quota
legittima posta a carico della eredità dei soci. Infatti, tra gli
ordini e le-provvisioni del nostro statuto, si trova la seguente,
che, morendo alcuno della Compagnia senza figli, dovesse
lasciare alla Cappella dieci libbre di danari, e morendo con
figli, la metà, ossiano cinque libbre, e pel caso nel suo testa-
mento non facesse menzione alcuna di questo lascito, o non
disponesse de' suoi beni per atto di ultima volontà, l’ erede

(1) IF Vescovo Comitoli parla ancora di varie reliquie, che si custodiveno nel-
l'altare della Societas, e prima di lui nel 1571 ne aveva fatto menzione il vescovo
Revere nelle sue visite diocesane (Arch. del Vesc. di Perugia): — « Visitavit altare
Societatis Ultramontanorum super quo inveniens quasdam sanctorum reliquias teneri
intus quamdam capsulam iussit exinde auferri et alibi custodiri. Invenit inter
dictas reliquias, ut ab ipso ven. priore accepit, adesse brachium unius ex innocen-
tibus, quem ordinavit in loco condigno conservari ». — Anche di queste reliquie non
è più traccia, perché i pochi resti di ossa mancano dei suggelli e non esistono i do-
cumenti relativi.

(2) Cod. 137, carte 38, t. Di questo fondo é spesso memoria nei nostri documenti.

Sotto l’anno 1579 si legge: — « Et più devi havere adi 14 marzo scudo uno de qua-

trini havuti da m. Gio. Maria nostro pigionante per resto dela pigione della bottega,
et più devi havere adì 18 de novembre scudi doi da detto m. Gio. Maria a buon conto:
de detta pegione » —. È

(3) Cod. 137, carte 2 — « Scudi sei de’ denari da m. Benedetto Pantano a buon
conto dei frutti di censo « — e altrove (carte 29) si legge di un altro censo dovuto
da Alessandro Alessi.
(4) Cod. eod., carte 40.

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Tr

STATUTO DELLA SOCIETAS GERMANORUM, ECC. 617

fosse tenuto a pagare le quote suddette. E poichè, se la
Compagnia nelle tavole testamentarie era preterita, o non
esisteva testamento, il diritto della Societas non pareva suf-
ficientemente tutelato dalla lettera de’ suoi statuti, si volle
che ogni socio, ne la sua receptione quando intrare vorrà
et intrerà in la detta compagnia debba intrare cum quisto in-

carcho et conditione. I denari derivanti da questa sorta di

quota legittima sociale dovevano convertirsi in utile e biso-
gno della Cappella. Tale disposizione, introdotta collo sta-
tuto del 1455, fu applicata con rigore, onde spesso si ha
menzione di tali lasciti (1); ed è notevole che di consueto
il legato superava d’assai la somma che gli statuti avevano
assegnato come minimum della donazione a favore della So-
cietas. Si riscontra poi che il sodalizio talvolta ebbe a speri-
mentare un'azione giudiziaria contro gli eredi i quali si ri-
fiutavano al pagamento della quota (2).

c) Ordinamento amministrativo. — Rispetto a quest’ ultimo
punto, i capi della Società erano i Priori, uno della ma-
zione tedesca e uno della francese, il cui ufficio aveva la
durata di un anno. Lo stesso é a dire per gli altri uffi-
ciali. E poiché si voleva che i Priori, nel disimpegno delle
loro funzioni, fossero confortati dall’ aiuto di altri ufficiali,
così è disposto che i Priori, appena eletti e pubblicati, chia-
mino a sé due consiglieri, uno tedesco ed uno francese, coi
quali debbano conferire sui bisogni della istituzione e sui
danari da spendere. In armonia alle leggi generali della città
non era permesso ai Priori ed agli uffiziali di rinunziare alla
carica, se non pagando una multa di cinque libbre di danari.
I Priori e gli altri funzionari uscenti dall ufficio dovevano
rendere stretto conto della loro gestione ai nuovi eletti; sta-
vano, per dir così, a sindacato, perché mentre era nei primi

(1) Cod LIIT, carte 73.
(2 Di una lunga causa a carico degli eredi di certo m. Matteo Tedesco é ricordo
nel Cod. 137 a carte 4.
Pi DA IDE NTREIIEI 2

618 O. SCALVANTI

obbligo giuridico di rendere conto, era nei secondi dovere
parimente giuridico di rivedere l' amministrazione dei pre-
decessori, e tanto gli uni che gli altri, ove trasgredissero, o
fossero negligenti nello adempiere a tale ufficio incorrevano
in pena non lieve.

Gli uffiziali dovevano vigilare specialmente alla riscos-
sione delle entrate, e rispetto alle quote dovute dai soci
avevano anche il diritto di pignorarne gli assegnamenti.
Tali ordini, da cui potevano derivare effetti assai gravi per
l'istituto e pei soci, richiedevano un certo assetto ammini-
strativo e di contabilità; e perciò si trova prescritto che gli
uffiziali debbano in apposito libro registrare con scrupolo
tutte le partite di entrata e uscita; e ciò non solo per poter
riscuotere le tasse e multe dai soci, ma anco per poter me-

1

glio rivedere i conti degli uffiziali stessi (1) E perciò si

vuole che a questi libri si dia piena fede come se fossero

scritti per mano di pubblico notaro. E di vero poche Società,
ai tempi cui ci riferiamo, lasciarono nei loro registri prova
di tanta diligenza, come questo sodalizio degli Oltramon-
tani in Perugia, il quale dimostra l' energia dello spirito cor-
porativo, che univa coi vincoli della piü stretta solidarietà
i forestieri viventi nella nostra repubblica, sebbene qua con-
venissero per ragioni diverse, e spesso non avessero di co-
mune che il dolce ricordo della patria lontana.

(1) Leggendo nei Codd. più volte citati, i verbali di consegna dell’ ufficio, che
ogni anno aveva luogo tra il Priore uscente ed il nuovo el-tto, è facile verificare la
solennità, con cui si ad:mpiva a questi atti di amministrazione, e la importanza delle
somme a contanti, che si trovavano presso il Priore della Societas. Nel Cod. 137,
carte 42, ad es. é un verbale, da cui si rileva, che oltre i titoli di credito della Com-
pagnia si trovavano nella cassa ben 164 scudi a contanti, somma non esigua per quei
tempi.

-—- STATUTO DELLA SOCIETAS GERMANORUM, ECC. 619

clio e

APPENDICE

CONFIRMATIO ORDINAMENTORUM TEUTONORUM

(ANN. X viR. AN. 1455, a c. 40 8.)

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1
Sa
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| Die XXV Martij MCCCCLV.

Item cum pro parte offitialium hominum et personarum Universi-
i tatis Ultramontanorum et capelle Ultramontanorum site in Eclesia San-
1 ete Marie Servorum fiunt humiliter supplicationes et exibitiones et pro-
dueta quedam supplieatio coram prelibatis magnificis Dominis Prioribus
et Camerariis infraseripti tenoris continentis videlicet. |

VIIMOD.

Exponitur humiliter et devote pro parte vestrorum, fidelissimorum
servitorum offitialium hominum et personarum Universitatis Ultramon-
tanorum et Capelle Ultramontanorum sieut in celesti servitio ac servitute
quod cum pro construtione ipsius Capelle multe expense fuerunt facte
et pro manutentione ipsius fuerint per dictos offitiales et homines faeta
et edita nonnulla ordinamenta et leges inter ipsos que etiam fuerunt
per eos multum diligenter examinata prout patet manu ser Francisci

Cmm

domini Jacobi de Perusio publici notarij.

Et quia ante leges et ordinamenta facere esset supervaeuum nisi
| eorum debitum consequetur effectum, idcircho dignentur V. M. D. ipsas
: leges et ordinamenta approbare et confirmare et validare et de novo in
| quantum opus sit facere et ordinare una cum dominis camerarijs artium
civitatis Perusij et mandare omnibus offitialibus comunis Perusij presen-
tibus et futuris quatenus ad omnem requisitionem et istantiam cuju-
scumque persone dicta ordinamenta et leges executioni mandentur et.
exequantur econtra quaseumque personas diete Universitatis et sotietatis
Ultramontanornm pro penis in dietis ordinamentis per eos factis conten-
tis pena offitialibus imponenda per M. D. V. et Camerarios si in predi-
etis exequendis negligentes extiterint aliquibus in contrarium facientibus
non obstantibus. Et hoc de V. M. D. gratia spetiali. Considerantes quod

ecu
690: ; O. SCALVANTI

prelibati M. D. P. et Camerarij existentes in unum collegialiter congre-
gati dictam supplicationem fore iustam et equam et maxime quia hec
venit et redit in honorem reypublice et Comunis Perusij quod dicta Ca-
pella Ultramontanorum ad optatum finem perveniat idcircho volentes
cireha predicta et eorum supplicationi et petitioni annuere quia iuste
petentibus non est denegandus assensus habita prius in alium delibera-
tione exibitisque consilijs inter prefatos M. D. P. die precedenti et facto
posito et misso partito inter eos ad bussolam fabas albas et nigras et
solepmniter obtento per omnes octo mictentes et restituentes eorum fa-
bas albas del sie sed in formam decreti nulla faba nigra in contrarium
reperta et hodie exibitis consilijs et misso partito inter dietos Camera-
rios ad bussolam fabas albas et nigras et sollenpniter obtento per XXXVI
camerarios mictentes et restituentes in bussolam eorum fabas albas de
sie, non obstantibus duabus fabis nigris in contrarium repertis del non
‘ex omnibus arbitrijs potestatibus auctoritatibus et baylijs eisdem dominis
Prioribus et Camerarijs concessis et actributis coniunctim vel divisim
per forman: quorumcumque statutorum ordinamentorum et legum co-
munis Perusij et omni meliori modo via jure et forma quali magis et me-
lius potuerunt dictis ordinamentis inter eos conditis manu Ser Francisci
Dom. Jacobi lectis ad plenam intelligentiam prelibatorum M. D. P. et
Camerariorum dieta ordinamenta et.leges inter eos edita manu dicti
Ser Francisci sub MCCCCLIIII die XV mensis Decenbris approbaverunt,
ratificaverunt, ac validaverunt quod in quantum opus sit de novo fece-
runt et condita ac celebrata esse voluerunt et plenam roboris firmitatem
habere voluerunt in omnibus et per omnia prout in dietis ordinamentis
manu dicti Ser Francisci contentorum mandantes ex nunc omnibus et
singulis offitialibus comunis Perusij tam presentibus quam futuris qua-
tenus visa presenti lege et ordinamento et dictis ordinamentis manu di-
cti Ser Francisci ad omnem requisitionem petitionem et istantiam priorum
dicte Societatis Ultramontanorum supra dicta ordinamenta et leges edita
et composita manu dicti Ser Francisci executioni mandentur et exequan-
tur contra homines et personas dicte Universitatis Ultramontanorum pro
penis in dictis ordinamentis iuter eos editis contentis sub pena et ad pe-
nam centum librarum denarij dictis offitialibus si in predictis exequen-
dis negligentes fuerunt auferendam tempore eorum sindicatus de facto
cuius pene medietas sit et applicetur comuni Perusij, quarta pars
offitiali executionem facienti et alia quarta pars dicte Capelle et
hominibus ipsius Capelle ultramontanorum aliquibus legibus statutis or-
dinamentis et reformationibus in contrarium facientibus non obstantibus
quibus quoad predicta derogaverint expresse.
Tenor eorum ordinamentorum sicut infraser., videlleor:
arto 47 e COTES

A

TERRI

ze sa i: ? Zi d mett: e Sapio E
E, .
STATUTO DELLA SOCIETAS GERMANORUM, ECC. 621

AI nome di Dio Amen et a honore et reverentia de lo Onnipotente
Dio et de la sua Beatissima madre vergene Maria et deli Beatissimi A-
postoli messer Sancto Pietro ét Sancto Pavolo et deli altri Apostoli et

deli gloriosissimi martiri Messer Sancto Lorenzo, Sancto Arcolano et

Saneto Costanzo proctectori padrone et assidui defensore de quista alma
et inelyta cità de Peroscia et de Sancta Croce et Sancta Barbara defen-
sori dela compagnia deli Ultramontani et de tucti li- altri Sancti et
sanete del cielo e dela corte celestiale, et a honore pace et unione del
tranquillo stato dela cità de Peroscia et dili dicti Compagnia, li infra-
seripti sonno li ordinamenti et statuti et provisioni dela compagnia deli
ultramontani, cioè Todesche et franciosi, facte renovate et deliberate al
tempo de Giovagnie de Arigo già d'Alamagna et mo cetadino peroscino
de porta Sancto pietro et de Maestro Pietro già de Francia et mo ceta-
dino peroscino de Porta Borgne uffitiali dela dieta conpagnia, et per li
dieti uffitiali, et per li savi et discreti huomene Mastro Alexandro de
Viere da Francia et mo cetadino peroscino de Porta Sancto Pietro, Gio-
vagnie de Andrea d’Alamagna et Brocardo de Pavolo d'Alamagna et
mastro Giovagnie de Guglielmo da Francia, electi et deputati per li pre-
senti uffitiali li quali uffitiali et buoni huomini predicte per vigore del
loro arbitrio a loro et ciascuno de loro comesso et actributo in la adu-
nanza et per la aduuanza generale dela ditta conpagnia congregati in
suffitiente numero, de la quale adunanza et arbitrio pienamente appare
per manu de Ser Francesco de Messer Giapocho da Peroscia de Porta
Borgnie publico notario tucte presente et in concordia staente in la sa-
cristia de la Chiesa di Sancta Maria deli Servi, niuno di loro discordante
per vigore de lo loro arbitrio auctorità podestà et baglia a loro conceduto
ognie megliore modo via ragione et forma per la quale melglio podemo,
ordenaro staturo (sic) composuro et fecere tuctj et singuli ordinamenti et
provisione infraseripti como de socto apparrà socto 1’ anno del nostro Sy-
gnore MCCCCLIIII nela indictione secunda al tempo del Sanctissimo
in Chripsto patre et signore nostro meser Nicolo per la divina provi-
dentia.Papa V adi 15 del mese de decembre li quali capituli ordini et
reformationi sonno quiste cioé:

In prima ordinamo et volemo che tucti quelli li quali sonno in la
ditta fraternita et conpagnia sieno tenuti et deggano giurare et non li
notari in la festa de Saneta Croce del mese di maggio et Sancta Bar-
bara palesemente ne occultamente et chi contrafacesse cagga in pena
de una livera di cera, la quale pena se degga aplicare ala ditta capella
et la ditta cera lograre se degga per lo divino offitio et ciascuno uffitiali
del comuno de Peroscia a richiesta de li uffitiali ne possa fare reale e»
secutione. S

40

3

Ale ct
622 O. SCALVANTI

Ancho ordinamo che tueti li giurati de la dicta compagnia habi-
tanti in la cità di peroscia sieno tenuti et deggano sotto pena de livera.
una de cera el dì innante Sancte Croce et de sancta Barbara ne la dicta.
Chiesa de Saneta Maria de li servi stare al vespro el quale se dirà ne
la dicta Capella et cosi la matina de la festa stare continuamente a lo:
uffitio et el di a lo Vespro et volendose partire sieno tenute a chiedere
licentia a li uffitiali che al tempo saranno. Et reperto che se allegasse.
legetimo impedimento per li uffitiali che seronno al tempo niuna pena.
li se aggia fare pagare a quello tale non venisse.

Ancho ordenamo et provedemo che quelli ey quali per li tempi che
verronno seronno uffitiali dela dicta conpagnia sieno tenute et deggano
venire in la dieta Chiesa et capella intrare a le feste et provedere a quille-
cose le quale sirónno de bisogno per onorare la festa socto pena de li-
vera una de cera.

Ancho ordenamo et provedemo che li supradicti uffitiali li quali per:
li tempi seronno sieno tenuti et deggano de li denari de la dieta com-
pagnia dare onne anno ali frati de S. Maria deli servi per pia limosina
fiorini doy in quisto modo cioè livere cinque in la festa de Sancta Croce
et livere cinque in la festa de Sancta Barbara in sino a tanto che la.
dieta Cappella serà dotata acció che li dicti frati uffitiano diligentemente
la dicta capella.

Ancho ordenamo provedemo et volemo che tucti quelli che seronno-
in la dieta Conpagnia et fraternita sieno tenuti et deggano ognie di dire
uno paternostro et una ave maria a honore et reverentia de Dio et de
Sancta Maria et de Sancta Croce et de Sancta Barbara. Et uno paterno-
stro et ave maria per li fratelli vivi et uno paternostro et ave maria per
li fratelli et conpagni morti et per l'anima loro et remessione deli loro.
peccata.

Ancho ordenamo provedemo et prevedemo che tucti quili che sonno-
et per lo avenire seronno in la dicta conpagnia et habiteronno in la dieta
Cità de Peroscia deggano pagare ognie mese ali Priori et uffitiali de la
dieta Capella et conpagnia bolognino uno et caso che li dieti fratelli et
conpagni de la dieta conpagnia non volessero pagare et stessero sey
mese et non pagassero che alora li uffitiali che seronno ali tempi de la
dieta conpagnia aggiano pieno et pienissimo arbitrio de fare pegniorare-
et gravare quilli mal paganti senza altra licentia da concederse per al-
cuno uffitiale de la dicta cità la quale esecutione a li dicti uffitiali de la
dicta conpagnia sia lecito. far fare ali ufitiali frostieri dela cità de Pero-
scia la quale executione reali li dieti uffitiali de la dicta conpagnia pos-
sano far fare quante volte a loro parrà et piacerà secondo la loro con-
scientia ‘et discretione.
STATUTO DELLA SOCIETAS GERMANORUM, ECC. 623

Ancho ordenamo et provedemo che qualunche persona per lo ave-
nire vorrà essere in la dicta compagnia che innante che esse ce sia
receptato degga pagare ali uffitiali che seronno al tempo livere una de
cera et caso che fosse persona egregia degga pagare el doppio et caso
che fosse persona povera degga pagar quillo che a lui piacesse, la
quale cera sia et esser degga per la dicta cappella et culto divino.

Ancho ordenamo et provedemo che quilli li quali sonno et per lo
avenire seronno in ne la dicta compagnia non possano né deggano
uscire de la dicta compagnia et caso che non volesse essere più in la
dieta fraternita et conpagnia page et pagare degga per la uscita lo
habitaute in la cità de Peroscia livere cinque de denari a li uffitiali de
la dicta capella et compagnia et caso che non fosse habitante paghe et
pagare debbia solde diece de denari.

Ancho provedemo et ordinamo et volemo che per lo tempo che a
avenire quilli li quali seronno uffitiali de la dicta capella et compagnia
et almancho uno de loro degga venire ognie domenecha in la dieta
capella et ne lo altare de essa capella la mane a rapicciare (1) inante
che se comenze la messa in la dieta Capella cinque facolette le quale
deggauo ardere in sino ala fine dela messa, et a rapicciare in la eleva-
tione del corpo de Cristo doy torche nel laste (2) le quali deggano
ardere in sino che el sacerdote averà comunicato et cosi se intenda che
debbia fare ognie festa solenpne sotto la pena de livera una de cera.

Ancho ordenamo et provedemo che quando morisse alcuno dela
dieta Compagnia senza figliuoli debbia lassare a la dicta Capella livere
diece de denare et avendo figliuoli degga lassare livere cinque de
denare. Et caso che quillo cotale che morisse nel suo testamento non
facesse aleuna mentione dele prediete cose o non facendo testamento
ognie modo ne la sua receptione quando intrare vorrà et intrerà in la
dieta conpagnia debbia intrare cum quisto incarcho et conditione che
le suoy herede et chi succederà el suo degga pagare ala dicta Ca-
pella morendo senza figliuoli legitimi livere diece et morendo cum fi-
gliuoli legeteme livere cinque, ey quali denari se deggano convertire
in utile et bisogno dela capella predicta et quisto non se intenda se
aleuno deli compagni morisse essendo povero sieno tenute li heredy

(1) Rappicciare o appicciare è usato anc'oggi nel dialetto per accendere, ma
é voce italiana, poiché si trova usata nei classici in specie per attaccare il fuoco ai
torcetti, candele e simili. à

(2) Nel laste, ossia nelle aste, specie di pali, che sostengono un vaso di vetro a
bilico portante nell' interno una candela accesa. Queste aste si usano anche al pre-
sente nelle processioni delle confraternite di campagna.
AI Lm

Ln TA

ri

624 O. SCALVANTI

suoy a pagare alcuna quantità de denari, sennone quillo che esso per
sua spontanea volontà ce lassasse et per cagione de povertà non sia

renonzato in la dieta compagnia.
Ancho provedemo et ordinamo che morendo alcuno de la dieta,

conpagnia et alcuno deli dieti confrati che. ciascuno de la dicta com-

pagnia sia tenuto et degga gire ad acompagnare el morto sotto la pena

di meza livera de cera et questo se intenda per quillj che ne averonno

notitia et non sapendolo non ineurga in niuna pena.

Ancho provedemo et ordinamo che morendo alcuno de la dicta
eonpagnia et non si trovasse niente deli bienj suoy per farlo soterare
che li dicti fratelli et li uffitiali che seronno per li tempi sieno tenuti
et deggano quillo cotale morto far sepellire per l'amor di Dio a le spese
dela Capella et deli confrati et al dieto corpo fare honore secondo la
sua qualità.

Ancho provedemo et ordinamo che se per lo tempo a avenire in
la dicta conpagnia ce fosse persona aleuna pericolosa et mectesse in
errori la dieta conpagnia et fratelli che li priori et uffitiali che se-
ronno per li tempi aggiano pieno et pienissimo arbitrio quello cotale
di eassarlo quanto fosse tucta la dieta conpagnia et fare como a loro
parrà et piacerà.

Ancho provedemo che li uffitiali dela dicta conpagnia che per li
tempi seronno nelo condapnare et reseuotere dele pene debbiano fare
executione dele dicte pene et cum discretione debbia fare executione
dele dicte pene, et in le altre cose occurrente durante el tempo delo
loro uffitio.

Ancho provedemo et ordinamo che tutti li compagni et fratelli
dela dicta conpagnia deggano venire ala messa in la dicta Chiesia et
Capella la prima domenecha del mese socto la pena de meza livera
de cera.

Ancho provedemo et ordenamo che finito l'uffitio deli uffitiali .dela
dicta conpagnia li dicti uffitiali siano tenuti et deggano render ragione
dela aministratione ali uffitiali nuove et restituire quillo avessoro in
mano dela dicta Capella et Compagnia a termene de uno mese de
po finito el loro uffitio socto la pena de livere una de cera; et cosi li
uffitiali nuove sieno tenute a revederla socto la dicta pena se negligente
fossero.

Ancho provedemo et ordenamo che li uffitiali che seronno per li
tempi sieno tenuti et deggano rescuotere tucte le pene et exercitare in
lo dicto loro offitio solecetamente ne li facti dela dicta Capella ne li
casi occorrenti solecetando per anco notari et advocati et ‘spendere per
bisogni della Capella quillo che serà necessario.
em

STATUTO DELLA SOCIETAS GERMANORUM, ECC. 625

Ancho provedemo et ordenamo che 1’ Uffitio deli Priori deli Uffitiali
dure et durare degga uno anno incomenzando in la festa de Sancta
Croce de maggio et finisca como seguita.

Ancho provedemo et ordenamo che qualunche persona dela dieta
compagnia fosse electo et publieato in priore et uffitiali dela dicta Con-
pagnia non possa né degga renonzare el dicto offitio socto la pena de
livere cinque de denari. A

Ancho provedemo et ordenamo che publicati che seronno li uffitiali
nuove de la dieta conpagnia et electe deggano chiamare doy consen-
glieri cioè uno Todescho et uno francioso et che li dieti uffitiali deggano
conferire bisugnando con li dieti conselglieri deli bisogni dela Capella.
cum quisto inteso che li dicti uffitiali non possano nè deggano spendere
alcuna quantità de denari senza licentia deli dicti conselglieri o almancho
uno de loro socto la pena de livere doy de cera excepto che possano
spendere per recreazioni deli conpagni in ciascuna dele dicti feste solde
vintacinque per volta senza licentia deli dieti conselglieri.

Ancho provedemo ed ordenamo che li uffitiali dela dicta compagnia
deggano fare uno libro nelo quale ce scrivano o facciano scrivere tucta.
la intrata et la uscita occurrente dela dicta Capella aciocchè abilemente
se possa reveder la loro ragione socto pena de livere una de cera, dela.
quale pena se degga fare executione per li uffitiali passati.

Ancho provedemo et ordenamo et volemo che tucti quilli che seronno:
in la dieta conpagnia sieno tenute et deggano almeno una volta l’anno
confessarse et comunicarse socto pena de livere cinque de denare et si
esse fossero negligente e stessero doy agni et non se confessassero o comu-
nicasse (sic) che li uffitiali che seronno per li tempi sieno tenuti quillo cotale
et cotali et cassarli et cassarlo dela dieta conpagnia excepto che non alegas-
sero o allegasse legetima excusatione et impedimento et de quisto li uf-
fitiali che seronno per li tempi ne deggano fare diligente perquisitione-
et inquirere per le prediete cose et cercare.

Ancho provedemo et ordenamo che chi per lo tempo avenire vorrà.
intrare nela dicta conpagnia primo et ante omnia degga promectere ali
uffitiali che seronno ali tempi de observare tucti et singuli ordini et.
ordinamenti facti et che se faronno in la dicta conpagnia.

Et per observatione de tucte le cose sopradicte provedemo et ordi-
namo che quilli che seronno per li tempi uffitiali dela dicta conpagnia pos-
sano et debbiano mectere in executione tucte le sopredicte cose et de
tucte fare et far fare a tucti li uffitiali dela cità de Peroscia reale exe-
cutione senza altra requisitione richiesta et licentia da concederse contra.
de tucti quilli malpaganti et condapnarli in cera et in denari. Et dele
prediete cose basti solamente la richiesta delo uffitiale e a ognie rechiesta
626 O. SCALVANTI

-

deli dieti uffitiali de la conpagnia, ciascuno uffitialj dela cità de Peroscia
come dieto è ne possa fare executione senza alcuna licentia.

Ancho volemo, provedemo et ordenamo per mantenemento dela dieta
conpagnia che li uffitiali che per li tempi seronno sieno vigilanti in far
fare le paci, quando alcuna discordia nascesse infra li dieti conpagni et
fratelli et se alcuno de’ loro non volessi fare la pace a richiesta delo uf-
fitiali el dicto uffitiali per ognie volta che lo richiedesse et negasse li
possa fare pagare per pena livre mezza de cera.

Ancho provedemo et ordenamo che per lo tempo che a avenire ali
libri deli uffitiali dela dicta conpagnia li quali faronno deli intrate et
uscite de la conpagnia et capella predicta et ale partite de esse librj si
degga dare et diese piena fede como fossero scripte per mano di publico
notaro.

Ego franeiseus domini Jacobi de perusio porte Heburnei publicus
imperiali auctoritate notarius et judex ordiuarius predictis omnibus et
singulis interfui et ea rogatus scribere scripsi et publicavi.

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NOTIZIE D'ARTE

LA MADONNA DEGLI ANSIDEI

Compiuto un primo riordinamento dell'archivio della famiglia
Ansidei, attribuisco a fortuna il comunicare agli studiosi tutto

quello che vi ho potuto, sino ad oggi, raccogliere sul famoso qua-

dro conosciuto sotto il nome di Madonna degli Ansidet; opera
eseguita dal grande Urbinate per l’altare che questa famiglia aveva
nella chiesa di San Fiorenzo di Perugia.

Appare, anzitutto, che Filippo di Simone Ansidei, con testa-
mento de’ 12 decembre 1490, a rogito del notaio perugino Fran-

cesco di Giacomo, lasciava una somma per dotare la cappella da

lui eretta nella ricordata chiesa di San Fiorenzo, e cioè fiorini
cento in ragione di 40 bolognini per fiorino.

L'atto in parola si esprime cosi: « Item iudicavit et reliquit
ecclesie sancti Florentii et fratribus ipsius Ecclesie florenos cen-
tum ad ralionem 40 bolon. pro quolibet floreno pro dote capelle
ipsius testaloris erecte in dicta ecclesia sub nomine Sancti Nicolai
percipiendos per infrascriptum ejus heredem et convertendos in
emptione bonorum stabilium » (1). I quali beni stabili si vuole dal
testatore che, una’ volta con tal denaro comprati, non possano più
esser venduti; e col frutto di tal capitale siano i detti frati obbli-
gati a celebrare ogni giorno una messa, ed una cantata poi nel
giorno che cade la festa di S. Niccola. Ad intelligenza di quanto
narreremo, è bene premettere che la chiesa di San Fiorenzo

(1) Vedi in fine documento n. I.
——_————EA_#_

628 L. MANZONI

edificata al principio del sec. VIIIo (?) e passata a più ordini
religiosi, fu nel 1444 data ai Servi di Maria, che dal 1471 al 1515
la ricostrussero, per essere poi di nuovo rifabbricata sul disegno:
di Pietro Carattoli negli anni 1768 e 177

Il Siepi nella sua guida annota (1), che il municipio diede più sov-
venzioni, per questa ricostruzione, dal 1474 al 1515; mentre ciò non
sembra esalto, perchè dai libri decemvirali di Perugia appare invece
che la prima sovvenzione di 25 fiorini fosse data ai frati di S. Fio-
renzo sino dal 1471, come dai documenti che qui per la prima.
volta si danno alla luce (2). Negli anni susseguenti 1472-73-74,
non appaiono altre sovvenzioni in denaro, e solo viene concesso ai
frati qualche abbono di gabelle sull’introduzione del grano per uso.
del loro convento.

Da un documento, che pubblichiamo più sotto, tratto dai libri del
convento, si apprende che la cappella fu acquistata da Filippo sino
dal 1442, che, a sue spese curava d’ornarla e di farla ufficiare, e
che, caduto infermo, pensò nel suo ultimo testamento di assicurarne
la costituzione col dotarla di una somma, che in quei tempi era.
assai sufficiente.

Il Lancellotti nella Scorta Sacra, che si conserva manoscritta
nella Biblioteca Municipale, asserisce esso pure che Filippo I di
Ansideo da Catrano fece erigere in delta chiesa di S. Fiorenzo la
ricordata cappella, ma però non indica l'anno 1442 come data
d’ origine, ma solo, invece, annota che al 1481 si deve asse-
gnare tale erezione (3). Però le asserzioni del Lancellotti non sono
esatte; in quanto che esso o non conobbe la data del marmo
solto citato, oppure si accententò di dedurre tale erezione dalla
seguente leggenda che si trovava in essa cappella: « Divo Nicolao
Epo Baren. Philippus Ansidei de Katrano humiliter erezit, 1488 ».

(1) Tomo II, pag. 344, della Descrizione topologica istorica della città di Perugia.
— Perugia, cartoleria Santucci in 8.0
(2) Vedi i documenti numeri II e III, contenenti decreto e bollettino.

(3) Ecco il passo del Lancellotti che si legge a pag. 476 dal 20 tomo, e che è ripor-

tato sotto il 6 di decembre, giorno della festa di S. Niccolò: « Alla Capella di S. Nic-
« colò in S. Fiorenzo che superba et altiera se ne va, se non per gli ornamenti,
« almeno per la tavola, opera singolare di Raffaello d' Urbino, chi non riverirà con cri-
« stiana pietà il Santo? (VASARI, Vite). Filippo I di Ansideo I di Catrano ne fu il fon-
« datore nel 1481. Il cognome degli Ansidei, de’ quali già parlammo a dì 25 di Marzo,
« per quanto intendo, cominciò nel 1300 da Giovanni primo Benincasa » etc.
LA MADONNA DEGLI ANSIDEI 629:

E questo erexit si deve riferire solo all'ornato della cappella che
la decorava, che era in pietra, come leggesi più sotto.

Ai lati di questa iscrizione vi erano due stemmi: quello c
cornu aepistolae era diviso in due parti; in una era un F, e nell'altra.
un I, cioè Z'Uippus et Isabella. Per cui, riassumendo, si potrà
con cerlezza concludere che la cappella fu acquistata nel 1442, come
più sotto vedremo, che fu ornata nel 1483 e ché fu dotata nel
1490.

In tutti questi documenti, e più specialmente nel testamento
di Filippo, non si fa menzione del famoso quadro; quindi bisogna
dire che fosse stato ordinato da uno de’ suoi eredi; e nè si poteva
farlo, giacchè nel 1490 Raffaello, oltre essere ancora ad Urbino,
non aveva che sette anni. Ma chi sarà stato adunque il commit-
tente del dipinto? O un figlio o un nepote di esso Filippo; poi-
chè il quadro dev'essere stato ordinato o poco anteriormente, o
poco posteriormente al 1504,anno in cui Raffaello lavorava la tavola
dello Sposalizio per Città di Castello. A conferma di ciò, posso ag-.
giungere che nel volume d’entrate e spese di esso Filippo, che
conservasi nell'archivio Ansidei, non ci è alcun cenno di spesa
fatta nè per ornare la cappella, nè per far eseguire un dipinto
per l’altare della medesima.

Proseguiamo nell'esame dei documenti. In un foglietto volante
dell'archivio domestico trovo scritto: « Nella chiesa di S. Fio-
« renzo, nell’entrare da man sinistra, vicino al pulpito, vi è una
« cappella della Madonna delle Grazie, ed è uno delli sette altari
« privilegiati, con ornamento di legno dorato, et a man destra di
« esso altare, vi è dipinta in legno l' arme degli Ansidei col campo
« rosso et una banda gialla d'oro, et a mano sinistra vi è un'altra
« arma in campo bianco con questo segno o e sì dall’una come
« dall'altra parte laterale si vedono descritte queste parole : An-
« tonius et haeredes Bernardini de Catrano Deo optimo maximo de-
« dicaverunt 1515 »; ed in altro foglietto che pare scritto dagli stessi
Padri di San Fiorenzo, si dice: « che, dieci anni sono, Lucchesini
« loro generale ordinasse vi fusse posto in della cappella un quadro
« della Madonna tenuta in grande venerazione, e fosse levato il
« quadro che vi era pure con l'immagine della Madonna, opera
« di uno scolaro di Pietro, che poi fu posto nel refettorio. Sopra il
« cimiero è la branca, ossia impugnatura di: una spada della detta
«

«

«

«

«

:630 L. MANZONI

arma, e vi è uno svolazzo, in cui era serillo: a deo et ad deum
cuncta ».

E in un altro foglietto è aggiunto, che « sotto il quadro che
è coperto, che solo dimostra la faccia della Madonna e del Bam-
bino, vi è dipinto in legno lo sposalizio della Madonna di mano
di Pietro o di Raffaello ». Queste memorie sono di scrittura

anteriore al sec. XVIII.

1n altro foglietto, di carattere meno antico, si legge ancora:
che Filippo Ansidei, figlio di Simone, ascendente comune delle
tre famiglie Ansidei ora esistenti, fece la cappella di S. Niecoló
nella chiesa di S. Fiorenzo col quadro dipinto da Raffaello d' Ur-
bino nel 1483. Desiderando il signor Cardinale Ansidei ed il si-
gnor Fulvio Antonio Ansidei trasferire si nobile quadro ad altra
migliore cappella e farvi qualche nobile ornamento di cornice ed
altro, ed avendo fatto ció motivare alla signora Aldegonda Ansidei
vedova del. signor Andrea Ansidei, questa ha replicato che cre-
deva speltasse ai suoi figli, atteso che la sua casa paga certa
annua prestazione ai Padri di S. Fiorenzo. Si desiderano pertanto
tutte le notizie che abbino i PP. di S. Fiorenzo circa la detta
cappella, come sta descritta nei loro libri, che cose paghi l'anno
la casa del signor Andrea Ansidei, che per quanto si sa non ha
più ragione delle altre famiglie, ma come restò questo ramo nel-
lantica casa e gli altri rami ebbero necessità prendere casa
altrove, così si crede che abbia continuato quell'atto possessorio
che non hanno gli allri rami continuato ».

Questa è indubbiamente la minuta di una lettera scritta per

il ‘ordine del Cardinale Ansidei, e forse nel tempo in cui esso era
: Vescovo di Perugia, cioè dal 1726 al 1730, ai frati di S. Fiorenzo,
i quali alla presente domanda in tal guisa rispondevano:

« Nel corpo della chiesa, incontro a S. Giuseppe, nel pillastro,
vedesi un altare o cappella con una ancona, dove è dipinta la
Madonna con S. Giovanni Battista et un S. Niccolò, e però si
chiama la capella di S. Niccolò, nel cui gradino vi è un S. Gio-
vanni Battista predicante nel deserto a man dritta, et a man si-
nistra un naufragio ; il tutto di mano di Raffaello d' Urbino. Que-
sta cappella sino dal 1442 fu eretta da Filippo Ansidei, il quale
vi fece descrivere il suo nome e imprimere l'arme della Casa
Ansidei, nella quale vi hanno e conservano il zus il signor Per-

UTERE
LA MADONNA DEGLI ANSIDEI 631

« siano Ansidei, la signora Isabella Ansidei, moglie del già Ber-
« nardino Ansidei, di cui resta solo la signora Angela moglie del
« signor Diomede Dell’ Oddi, et il signor Francesco Maria, figlio di
« Pandolfo Ansidei fratello di Persiano ». Ed in fine al foglietto,
s'aggiunge che gli obblighi della chiesa di S. Fiorenzo, appa-
riscono dallibro: « Item sono obbligati dire una messa al giorno
« all’altare di S. Niccolò per l'anima di Filippo Ansidei, e nel
« giorno della festa di detto Santo la messa cantata, per la quale sino
« dal 1490 lasciò alla chiesa di S. Fiorenzo fiorini cento, et quel-
« l'obbligo fu ridotto alla messa cantata il giorno della festa e a
« due anniversarii l'anno, e cosi si osserva »..

Fino qui le memorie di famiglia rinvenute nell' archivio dome-
stico, le quali, per le notizie dettagliate che contengono, permet-
tono di formare la storia del quadro in parola sino a quando
rimase a Perugia. Per procedere con ordine nelle indagini, con-
viene stabilire anzitutto chi della famiglia Ansidei poté aver com-
messo il quadro a Raffaello; e per scoprire ciò è opportuno
discorrere delle persone di detta famiglia viventi tra il 1490 ed
il 1508.

Filippo Ansidei, figlio di Simone di Ansideo di Simone e di
donna Bernardina (di cui manca il cognome), nasceva in Perugia
nel 1434 e sposava nel 1466 una donna Vanna di Urbano di Cola
da Deruta, dal qual matrimonio nacquero Innocenzo, Niccolò, Fio-
ravante, Giovanni, Sebastiano, Ippolita, Francesco, Persiano e
Bernardino. Di questi figli si apprende dalla storia genealogica
della famiglia scritta con abbondanza di notizie dal vivente conte
Pericle Ansidei, che se ne ammogliarono tre; cioè, Niccolò, Per-
siano e Bernardino. Il primo sposò nel 1494 donna Paola San-
:cini Benedetti, da cui ebbe undici figli; il secondo, nato nel 1479,
mancò ai vivi nel 1537 e condusse in moglie Isabella sua cugina
figlia a Simone Ansidei; il terzo ebbe in moglie donna Lucrezia,
morta il 29 ottobre 1542.

Dal matrimonio di Niccolò sono indicati, nelle tavole genea-
logiche, otto maschi e tre femmine. Un Fabio (1505) fu ca-
postipite d'un ramo oggi estinto con una Francesca, la quale
per testamento fondava un fidecommesso a pro dei figli ma-
Schi del conte Reginaldo Ansidei fu Vincenzo, ed in mancanza
4di maschi, a pro della primogenita delle femmine, trasmettendo in

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632 L. MANZONI

essa beni e titoli, da passarsi ai figli di essa, di maschio in ma-
schio, ed in mancanza di maschio, alle linee femminili. Dal matri-
monio di Bernardino Ansidei con la cugina Elisabetta 0, come
dicesi talvolta, Isabella, come dal suo testamento del 5 novembre:
1586, a rogito del notaio Angelo Tei, nacquero i figli Ippolita, Ce-
sare, Diomede o Diamante, Costantino, Lucrezia, Minerva, Anni-
bale e Margherita, Cesare si sposò con Fioravante Boncambi, pare,
nel 1512, e ne ebbe un figlio di nome Antonio; e Annibale, fra-
tello di Cesare, sposò Cleopatra Bontempi, e ne ebbe un figlio di
nome Bernardino, di cui diremo più sotto.

Date queste notizie, verremo a concludere che la cappella di
S. Fiorenzo fu acquistata nel 1442; che fu ornata nel 1488 da Fi-
lippo di Simone Ansidei, e che nel 1490 la dotava di una rendita.
per celebrazione di messe. Ma questi non potè aver ordinato il qua-
dro a Raffaello; in quanto che egli, quando Filippo fece testa-
mento, aveva -sette anni circa, ed era ancora ad Urbino. Dopo.
quell’anno 1490, non si ha più memoria di Filippo, che pare mo-
risse nella malattia, in cui fece testamento. Da lui ereditava le
sostanze il figlio Bernardino. Questi dev'essere stato l'ordinatore
del quadro; poiché il suo nipote Antonio, figlio del primogenito
di lui, nel 1515 ha bisogno di far constatare, per la iscrizione po-
sta sotto il quadro, che il medesimo è di proprietà di esso Anto-
nio e degli altri eredi del nonno Bernardino, e suoi zii e zie sopra
nominate, « haeredes Bernardini de Catrano ».

Se Antonio, pertanto, che é figlio di Cesare, primogenilo di
Bernardino, sente il bisogno, nel 1515, in cui nonno e padre erano
morti, di stabilire, a mezzo di una pubblica iscrizione, che nel suo.
ramo era la proprietà assoluta del quadro e della cappella, è le-
cito supporre, o che l'uno o l'altra fossero messi in discussione;
o che voleva si sapesse che a solo detto ramo della famiglia An-
sidei appartenevano e il dipinto e l’altare. Questo accertamento è
conferma che il quadro fosse stato ordinato da Bernardino. Se
un altro dei fratelli di lui lo avesse ordinato, la proprietà non
ne sarebbe stata dei figli di Bernardino soltanto, ma anche dei
figli di Niecoló e di Persiano; ed allora di questo dritto si sa-
rebbe dovuto dire nell'epigrafe scpraccitata. Ma altra circostanza
rilevante si deduce da tale epigrafe; e cioè che in detto anno il
quadro era al suo posto nell'altare, per cui era stato dipinto da
TERA

LA MADONNA DEGLI ANSIDEI 633

Raffaello. Questi dovette lavorare tale opera quando era ancora
in Perugia, e cioè prima di recarsi a Firenze. Lo conferma lo
stile del quadro e della storietta della ricordata predicazione di
S. Giovanni; di guisa che si deve esser più propensi a leggere nel-
l'ornato del manto della Madonna l'anno 1505, che non il 1507,
come pensa il Minghetti. All'opinione di questi contraddicono ra-
gioni di tecnicismo, di cui faremo cenno nella descrizione del quadro.

Quest’Antonio, figlio naturale di Cesare, abbracciò la vita mo-
nastica; perciò la proprietà del quadro passò ai due rami discen-
denti da Niccolò e Persiano. Questo spiega come nel 1777 Ti-
berio Ansidei facesse apporre l'iscrizione che ancora vedesi murata
a cornu evangelit di essa cappella (1).

E di esso quadro veniamo ora a parlare, per ripristinarlo nella
sua vera entità, riserbandoci di dire in fine perchè esso dovette
essere ordinato a Raffaello e non ad alcun altro pittore perugino.

Il dipinto in parola si componeva di due parti; una principale,
ed una secondaria. La principale è costituita dal quadro propria-
mente detto, che contiene la Vergine nel mezzo, in trono col Bam-
bino, nudo, seduto sul ginocchio destro, avente la sinistra appog-
giata al seno e volgente gli occhi ad un libro aperto sul ginocchio
sinistro della B. Vergine, sul quale essa poggia la mano a guisa di
segnare coll’indice un dato punto. Alla sua destra è il Precursore
e alla sinistra un Vescovo in atto di leggere un libro aperto. Ha
il pastorale appoggiato al braccio destro: davanti al suo piede si-
nistro sono le tre palle, emblema distintivo del taumaturgo di Bari,

(1) L'iscrizione, scolpita in marmo nero con l'arme della famiglia, è la seguente:

D. 0. M.
x IN EIUS ALTARIS LOCUM
QUOD NICOLAI EPISCOPI MURENSIS
SANCTO NUMINI .
A PHILIPPO ANSIDAEO DE KATARANO
SAECULO XV LABENTE
FUERAT SIC EXORNATUM
PARENTIS AEMULUS PIETATE
IN FAMILIAE PATRONUM
TIBERIUS ANSIDAEUS
TEMPLI RESTAURATIONIS AD OCCASIONEM
HOCCE REPOSUIT
A. D. MIOCGLXXVII.
634 L. MANZONI

che era il protettore della famiglia Ansidei, come si legge in un
libro dell’archivio di essa famiglia, che è un volume cartaceo di
compre e vendite di esso Filippo sopranominato, a cominciare
coll'anno 1460 (1). L'azione è sotto un arco di portico, e ai due lati
del trono apparisce vaga campagna con poche case e dolcissime
colline.

Sento il bisogno di fermarmi su questo quadro e di farne un
poco di critica analitica. Mi conviene di esser minuzioso, perchè da
queste osservazioni minutissime spero ne uscirà la verità di una
tesi che mi propongo di sviluppare in un altro scrilto. Scenda
meco lo studioso all'esame delle singole figure, e mi segua pa-
zientemente.

Il S. Niccolò è disegnato in mmodo identico al S. Francesco
del quadro di Fano del Perugino (1497), colla differenza che alla
tonaca è ‘sostituito il piviale e che al piede destro nudo del frate
è sostituito quello calzato del vescovo. Le due braccia sono mosse
egualmente e le mani quasi identiche, tranne che nei S. Niccolò
venne un poco più allargato il braccio destro ed in luogo di
essere la mano sotto la metà del libro, come nel S. Francesco, ha
invece le dita introdotte nei fogli del volume, il che è stato neces-
sario per portare maggior vuoto nell’arco del braccio destro, per-
chè il pastorale potesse apparirvi con maggior larghezza, e poi perchè
Raffaello avea solo una figura da pingere in quella prima quinta
del quadro, mentre Pietro vi doveva porre tre figure. — Avvi una
piccola differenza nella movenza della testa, chè il S. Francesco
la piega dal suo lato destro, mentre il S. Niccolò di Raffaello la
liene piegata a sinistra.

Passiamo alla Madonna. — Essa è seduta: tiene le gambe
dritte co’ piedi calzati, mentre la Madonna seduta del quadro di
Pietro, nella galleria degli Uffizi dell’anno 1493, tiene i piedi ignudi;
ma ciò non toglie che le pieghe del vestito dal femore in giù non
siano identiche. Una -rassomiglianza maggiore si vede nel qua-
dro di S. Agostino di Pietro Perugino, che si trova nella chiesa
omonima della città di Cremona: nel gradino del trono, su cui
siede la B. Vergine, il pittore pose il suo nome e l’anno 1494 (2).

(1) Vedi il docum. IV.
(2) Debbo alla cortesia del marchese comm. Guido Sommi-Picenardi se posso fare
questo raffronto, giacchè con molta amabilità esso replicatamente fece notevoli con-

NEM

pee
;
ro»

LA MADONNA DEGLI ANSIDEI 635

Il bambino nelle due Madonne è seduto anche egualmente nei
due dipinti sulla coscia destra, con la differenza che, in questo quadro.
di Pietro, il bambino volge la testa verso S. Giovanni, mentre in
quello di Raffaello fissa lo sguardo sul libro, che tiene la B. Ver-
gine sulla coscia sinistra; ed ha le gambe incrociate e posa la mano
sinistra al seno. Nel quadro di Pietro invece è il contrario ; chè
il Bambino porta la destra verso la pancina e la- sinistra sulla
coscia sinistra. Ma Raffaello trovò un altro bambino di Pietro da
imitare, cioè quello che esso Pietro dipinse nel trittico di Pavia,
con la differenza che in questo il Bambino ha la gambina destra so-
pra la sinistra, mentre quello di Raffaello incrocia le gambine al
contrario. Il bambino di questi tiene la mano sinistra al seno, mentre
quello di Pietro fa il contrario, ed al contrario è la movenza del
visino. i

La Madonna di Pietro ha la testa acconciata da bende, ed il
manto le muove dalle spalle, mentre in quella di Raffaello il
manto muove dal capo, ed il volto é piegato a sinistra e lo sguardo
è diretto al libro; e così pur quella di Pietro ha la faccia piegata.a
sinistra leggermente e lo sguardo pare si volga verso il S. Se-
bastiano che le è appresso. Viene per ultimo la figura del Pre-
cursore: diversifica da quello di Pietro dalla movenza delle
gambe, movenza però che Raffaello ripetè nel suo battesimo di
Cristo della Galleria di Monaco copiata dal quadro rappresen-
tante lo stesso soggetto dipinto nella cappella Sistina da Pietro
in unione al Pinturicchio. Una sola differenza; il piede destro
che Pietro disegnò scostato a destra in senso di ritirarsi, Raffaello,.
con l’ardimento del suo ingegno, portò invece avanti, ma però l’ar-
catura della gamba in tutti e due i dipinti è pressochè identica. —
Pietro dipinse il suo S. Giovanni nel quadro di Fano, come in
quello degli Uffizi di Firenze, col braccio destro nudo, mentre Raf-
faello lo fece vestito sino all'avambraccio, ma la movenza di esso
avambraccio, il modo di piegare le dita della mano è identico nei
due quadri. — Raffaello fece il braccio destro del santo mezzo
nudo, scuoprendo il braccio simistro, di guisa che nella movenza e

fronti fra questi due dipinti. Esso mi scriveva che l'iscrizione del quadro di Cremona
rappresentante la B. Vergine col Bambino fra i santi Agostino e Giovanni Evange-
lista, é scritta nella predella del trono ed è la seguente: Petrus Perusinus pinait 1494. 636 È L. MANZONI

mel disegno del braccio si può dire copiasse il S. Giovanni nel

quadro di Pietro della galleria di villa Albani di Roma (1491).
Un'altra differenza fra le figure del santo dei due pittori sta
pur in questo, che Pietro dipinse sempre il Precursore come un
uomo di una certa età, mentre Raffaello lo fece giovane con ca-
pelli lunghi e quasi inanellati. — Il volto del Santo, in Pietro,
tanto nel quadro di Roma, come in quello di Firenze e di Fano, è
quasi di faccia, e gli occhi sono rivolti al basso ; mentre in quello di

Raffaello è quasi di profilo e si volge con una soavità incantevole.

alla B. Vergine: ci ricorda nelle movenze degli occhi e del volto il

S. Giovanni della deposizione dalla Croce di Pietro (1486) nella

galleria dell’Accademia di Belle Arti in Firenze, o, meglio an-
cora, quella del primo apostolo, nel centro a sinistra che guarda
l'incoronazione della B. Vergine, nel quadro rappresentante tal
soggetto, già in S. Francesco del Monte, ora nella Pinacoteca

_ municipale di Perugia (1502).

Sembrerebbe, quindi, a prima vista che la figura del Precursore,
come la disegnò Raffaello, non presenti corrispondenza:con altra
dipinta dal Vannucci, mentre osservandola attentamente e confron-
tandola con simili dipinti di Pietro vi si vedono molti punti di ras-
somiglianza; e così quella gamba destra che arditamente si sporge
avanti, pare tutta caratteristica dell’ Urbinate, mentre, in sostanza,
non lo è. Il Battista di Pietro è sempre più calmo: quello di
Raffaello si potrebbe dire che è nervoso. Guardando quella fi-
gura, lu temi che, se fosse viva, non ti desse del bastone sulle
spalle o sul capo. Anche nella storietta della predicazione il Batti-
sta di Raffaello è molto più caratteristico che non quello del Pe-
rugino, ma poco ne diversifica nel disegno.

Sarebbe stato di grande importanza conoscere come Raffaello
avesse raffigurato lo Sposalizio della Vergine dopo la sua pittura
a Città di Castello; e come si fosse immaginato una burrasca di
mare con scogli ed onde, che nei porti di Pesaro e di Fano non
aveva forse mai vedulo.

Ma l'importanza di questo quadro non istà solo nel tecnicismo;
e siccome esso fu dipinto dopo il 1504, cioè dopo lo Sposalizio
della Vergine in Città di Castello, dà ragione di seriamente pen-
sare sul modo onde è condotto; osservando che in questo dipinto
la composizione, la maniera, il disegno del maestro sono seguiti
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LA MADONNA DEGLI ANSIDEI . 637

‘con tanto scrupolo, da doversi credere assolutamente portato a
termine prima che l'Urbinate lasciasse Perugia; altrimenti non si
‘spiegherebbe tanta servilità verso il maestro. Perciò sembra in-
dubitato, che l'anno che si legge nell’ ornato del manto della B.
Vergine presso la mano sinistra debbasi più ragionevolmente in-
ipetrare 1505, anzichè sofisticare un 1506 o 1507, come altri hanno
voluto leggere (1).

Non posso convenire sul diverso modo di interpretare tal data ;
perocchè si è per essa che si stabilisce che con questo dipinto deve
‘chiudersi l'elenco delle opere che l'Urbinate lavorò a Perugia
prima di recarsi altrove, e che tengono manifestamente della ma-
niera di Pietro; giacchè il nuovo stile che si manifesta in lui ne'qua-
dri dipinti per commissione di palroni perugini in anni posteriori
alla sua partenza, ci é assicurato dall'influenza della scuola to-
scana che v'appare sì chiaramente da non lasciare alcun dubbio -
sul tempo, in cui essi dipinti furono condolti a compimento.

La seconda parte (è la minore del dipinto) conteneva la
predella, limitata alle estremità dall'arme della famiglia Ansidei.
Era divisa in tre parli in cui erano figurate tre storiette: a destra
di chi guarda la predicazione nel deserto di S. Giovanni Battista;
nel centro lo Sposalizio della B. Vergine, e la terza rappresen-
lava un naufragio. Le quali storie sono allusive alle tre persone
rappresentate nella tavola superiore. Di queste storiette una sola,
dice il Passavant, passó in Inghilterra ed ora dicesi nel Museo
Britannico: le altre due, per esser troppo deperite, rimasero in Italia
ed oggi non si sa dove siano: invano io le cercai nelle gallerie
private e pubbliche del Regno. La storietta della predicazione alle
turbe ricorda, nel concetto, quella che sullo stesso argomento di-
pinse Pietro per la predella del quadro di S. Agostino in Perugia,

ora nella Pinacoteca municipale.

Resta a dire del come questo dipinto straordinario passasse

oltre Alpe. Nell'archivio di famiglia non àvvi memoria alcuna di

(1) Il Cavalcaselle nel suo Ra/faetlo si mostra dubbioso sulla lettura di detta data,
su cui giuocò di fantasia il Minghetti leggendo sino due I dopo il V, che non esistono,
Ma questo è spiegabile in lui che aveva bisogno di trovar argomenti per provare che
l'Urbinate ritornasse più volte a Perugia sino al 1508, come esso sostiene a pag. 66

«del suo Raffuetlo. Non è qui il caso di esplicare la contradizione di questo correre
‘su e giù di Raffaello da Firenze a Perugia; e serberò di parlar di ciò in altro luogo.

41
638 È L. MANZONI

tal fatto. Il Cavalcaselle (1), in nota, narra che nel 1764 Lord
Spencer, a mezzo di Giovanni Hamilton, comprò il quadro, e che da
lui passò al fratello duca di Malborough e da questi ultimamente
alla Galleria Nazionale di Londra (2).

Come il Cavalcaselle abbia avute tali nolizie io non so; mentre:
io posso darne talune che hanno più probabilità di esattezza. Al
tempo del Card. Ansidei, che mori nel 1730 a Perugia, il quadro
era ancora sul suo altare, ove fu posto originariamente, nella vec-
chia chiesa di S. Fiorenzo, rifabbricata dal 1471 al 1515. Ma rite-
nuta questa angusla, venne in animo a quei frati di rifabbricarla
di bel nuovo; e questo fu per l'insistenza di fr. Filippo Rancati
di Lodi sopra i disegni di Pietro Carattoli. Venuti in tal deter-
minazione, gli oggetti d’arte esistenti nelle singole cappelle furono
rimossi o consegnati in parte ai proprietarii, poichè non pare che
il quadro di Raffaelio venisse in casa Ansidei. Se ciò fosse avve-
nuto, il quadro dovrebbe essere stato portato in quella dell’avo del
padre del vivente conte Pericle, come uno e forse il solo patrono

rimasto di esso quadro. Finita la chiesa, sull'altare, ove do-

veva essere il posto per l’opera di Raffaello, fu collocata invece
una copia, piuttosto sufficiente, del Monti. — Che cosa era successo?
Una cosa assai semplice. I Padri trovatisi con pochi mezzi per fab-
bricare la chiesa, avevano venduto il quadro del grande Urbinate
all’insaputa dei patroni; ed in quel tempo in cui nulla si poteva

dire contro i preti ed i frati ed 1 superiori loro, il quadro era pas-
sato oltre Alpe alla chetichella, senza che niuno ne sapesse nulla o

ne potesse far rimarco. Del che trovo riconferma in un passo
che leggesi nell’ Antologia Romana al Tom. III, pag. 123, ove
lo scrittore dice di non conoscere il quadro, « perchè sono vari anni
« che fu venduto e probabilmente è andato in Inghilterra. Non devesì
« peró la colpa di questa perdita ai moderni signori conti Ansidei.
« Essi non v'ebbero alcuna parte, anzi, al pari di ogni cittadino,

« se ne dolsero, perché conoscono ed amano la pittura, della quale
« hanno una superba collezione nel loro palazzo ». Quello che è

notevole si è che la lettera è scritta in data delli 28 agosto 1776 (3).

(1) Nella nota n. 225 della pag. 1 del suo Raffaello edito dai Suc. Le Monnier, 1884.
(2) Così leggesi nella nota (2) della pagina 83 del Raffaello del Minghetti.
(3) La lettera scritta da anonimo perugino è diretta a Carlo Bianconi, noto cul-

tore degli studi delle Bel:e Arti, ed autore di una guida tra le migliori di Bologna.
LA MADONNA DEGLI ANSIDEI 639

A buon intenditor poche parole; quindi nulla v'è da aggiungere
per spiegare il fatto. Più onesti de’ frati che vissero in quegli
anni erano stati i loro antecessori. Nell’ anno 1515, in cui fu finita
la prima riedificazione della chiesa, vollero fosse posta quell'iscri-
zione, sopra ricordata, dimostrante la proprietà del quadro negli
eredi di Bernardino Ansidei. — Ma prima di dare questa colpa
ai Padri di S. Fiorenzo, ho voluto ricercare le carte d'amministra-
zione della famiglia per costatare se vi fosse alcuna memoria di ciò,
pensando che sarebbe apparsa certamente, se essa avesse potuto ri-
cevere alcun vantaggio economico da tal vendita ; ma avendo potuto
riconoscere che le condizioni di essa famiglia si mantennero sempre
identiche, e che nessun benessere finanziario da quell'epoca in pot
si manifesta nell'azienda economica, cosi ho inferito che essi pa-
troni fossero al buio del fatto. Che detli padri avessero l'abitu-
dine d'alienare con qualche facilità oggetti d'arte della chiesa, appare
dal ricordo sopra riportato, là dove i detti frati rispondono alle
domande del Cardinale Ansidei. Essi fanno menzione soltanto .
dell'esistenza della storietta della predella rappresentante la pre-
dicazione di S. Giovanni Battisla nel deserto; mentre, prima, ave-
vano seritto che eravi anche l'altra storietta dello Sposalizio della
B. Vergine; eppoi, nella risposta al cardinale, di essa storia
non si fa parola. Ciò significa che la medesima non esisteva più.
Si fa pure cenno in quella memoria di un ornamento in legno
che adornava il detto quadro, ma anche di esso non si hanno più
nolizie.

Né era presumibile che il quadro si potesse esser venduto
col consenso degli Ansidei, giacchè vi si sarebbe opposto il
conle Reginaldo Ansidei, scrittore, in quegli anni, non isprege-
vole di versi italiani, amatore di antichità e di cose d'arte, presidente
della colonia Arcadica di Perugia, e genero di quel Bianconi che
fu il protettore di Winchelmann, noto cultore di studi archeologici ;
tanto più che il predetto conte Reginaldo era, in quegli anni, molto
ricco, avendo avuto tutti i beni della famiglia Montemarte della
Corbara, pervenutigli da parte di madre.

Dissi sopra che avrei esposto le ragioni che m'inducevano a
credere che questo quadro soltanto da Raffaello potesse essere ese-
guito. Ora in breve le enumererò.

Pietro, finite le pitture del Cambio, che da lui furono scoperte
———

640 L. MANZONI

E IS nella primavera dell'anno 1500 (1), si recò a Firenze, ove doveva
terminare il quadro dell’ Assunzione della Vergine per i monaci
di 3 di Vallombrosa. Sembra vi si recasse in persona, a porlo a
il i luogo; giacchè di lui ci rimangono i due splendidi ritratti del guar-
x diano e del generale dell'ordine, che colà in quel tempo dimora-
vano. Ció fatto, egli ritornó a Firenze, ove rimase sino al
GU 1506, meno l'anno 1502 che fu a Perugia. Nell'assenza di lui
da Perugia, chi operava nel suo studio? Indubbiamente Raf-
faello; poichè l'Ingegno era quasi cieco, checchè ne pensi in con-
dsl trario il Rumhor; Tiberio d'Assisi lavorava lungi da Perugia; Gio-
Ji vanni Spagna operava a Spoleto e a Todi; Giannicola era intento
. galla pittura della Cappella di S. Giovanni, e gli altri minori non
erano al caso di fare pitture di si gran mole, da reggere al con-

fronto di quello che si operava altrove.
: Ma quando gli scolari di Pietro dimoravano lungi da Perugia, -
I or nell' uno or nell altro lavoro intenti, gli altri pittori del valore di

| | ec . Pietro erano ancor essi occupati altrove. Il Bonfigli era morto, chè
il suo testamento delli 11 luglio 1496 ne induce a questo sospetto.
Opere di lui posteriori al 1496, non pare che si trovino a Pe-
rugia; poiché i quattro gonfaloni, che di lui vi si conservano,

| sono anteriori a quell'anno; e quello di Corciano che si rite-
L3) neva l’ultimo da lui dipinto, si hanno buone ragioni per crederlo
| del 1472 (2). Fiorenzo di Lorenzo era giudicato antiquato, davanti
alla nuova maniera introdotta da Pielro che arieggiava alla grazia
E e alla gentilezza del Beato Angelico; Pinturicchio da Roma era

2 passato a Siena; Bernardino di Mariotto stava a S. Severino nella
ERU. Marca ; onde il solo che rimanesse a Perugia di conosciuto valore
CA era Raffaello, il quale, unico, poteva mantenere alto l’onore dello
Sal studio del maestro. E che il Vannucci fosse tanto in voga in quegli
| anni, lo mostrano le straordinarie ordinazioni che da tutte parti d’ Ita-

INI (1) Quest’ asserzione che é contraria a quanto il Marchesi ed il Rossi scrissero
bn. nella Storia del Cambio, io ho dimostrata vera in un articolo, che in questi giorni si
stampa per il museo Kensington di Londra. Anche lo dimostrero in uno studio che mi |
propongo pubblicare l'anno venturo sull'udienza del Cambio e sulle sue pitture.

(2) Molto probabilmente il Bonfigli morì nell'anno, in cui fece testamento, cioè
nel 1496. Certo si è che, quando la Giuliva, moglie di lui, fece testamento, nel 1502,
si disse vedova.

pra ur
LA MADONNA DEGLI ANSIDEI 641

lia venivano a lui. Il Doge da Venezia (1), i Gonzaga (2) da Mantova;
Mons. Spinola da Savona (3), i Caraffa da Napoli (4) volevano opere
del Vannucci, ed i giovani di tutte parti d’ Italia facevano a gara per
essere ammessi al suo studio. Andrea Sabbatini da Salerno sap-
piamo che abbandonò patria e studio per essere ricevuto in quello
di Pietro Vannucci e che si fermò a Roma dopo aver veduto il
nuovo modo di dipingere dell’ Urbinate. A confermare questo
entusiasmo per il Vannucci basti ricordare che il Vasari scrisse
che « venne.... in pochi anni in lanto credito, che delle opere
« sue s'empié non solo Fiorenza ed Italia, ma la Francia, la
« Spagna e molli altri paesi, dove elle furono mandate. Laonde,
« tenute le cose sue in reputazione e pregio grandissimo, comin-
« ciarono i mercanti a farne incelta di quelle et a mandarle fuori
« in diversi paesi con mollo loro utile e guadagno » (5).

Ho accennato sommariamente a queste circostanze, giacchè in
altro scritto sull'argomento mi serbo dimostrare quali opere Raf-
faello dipinse finchè esso rimase a Perugia, e durante la presenza
e durante l'assenza del maestro sino all’anno in cui esso ne partì.

(1) Il Lazzari nei documenti per la Storia del Palazzo Ducale di Venezia pubblica
sotto il n. 237 pag. 93 la commissione data a Pietro. Il signor Cantalamessa ha com-
battuta questa commissione dicendo che si trattava d'un altro Pietro Perusino. Noi
neghiamo che al tempo di Pietro vi fosse un altro pittore umbro del suo valore che si
chiamasse il Perugino, ma forse i documenti che mancano a noi per ritenere ciò
esisteranno a Venezia. Ad altro luogo lascio di esaminare a fondo tal questione.

(2) A richiesta della marchesa Isabella Gonzaga fece Pietro per il suo studio un
quadro rappresentante il « Combattimento d'Amore colla Castità » che egli lavorò a
Firenze non oltre il 1505, come da una lettera di lui pubblicata dal Gaye, Lettere
Pittoriche. Ora questo dipinto è al Louvre e di esso fece menzione Carlo d' Arco
nello studio pubblicato nell’ Arch. Stor. Ital. Append. T. II, pag. 324.

(3) Agostino Spinola, che fu Vescovo di Perugia, ordinò, dice l’ Orsini a pag. 200
della sua vita di Pietro, il quadro che si trova nel Duomo di Savona rappresentante
la S. Vergine col Bambino tra i Ss. Pietro e Paolo.

(4) Nella Cattedrale di Napoli si conserva ancora il quadro ordinatogli dal Card.
Caraffa rappresentante l'Ascensione della Vergine e tra gli Apostoli si trova S. Gennaro.
(5) Vite, ediz. Sansoni, Tom. III, pag. 569.
SERE ETÀ
UTEPENTENS

Pr 7

mE

LA MADONNA

DEGLI ANSIDEI

DOCUMENTI

NsS- T

Testamento di Filippo di Simone Ansidei delli 12 decembre 1490 a
rogito del notaio perugino Francesco di ser Jacopo a carte 365
del volume notato esteriormente 1412-94.

In nomine domini amen. Anni Domini millesimo .ccce Ixxxx. indi-
ctione optava tempore domini Innocentii pape optavi, die xij decembris;

actum Perusij, in domo infrascripti testatoris, in camera ubi iacet infir-

mus, sita in porta Solis et parocchia sancti Florentii et suos confines, pre-
sentibus Antonio Nicolai, alias el Patriarcha, Basilio ser Tholomei ser
Nicolai, Antonio Bartolomei Antonii, civibus perusinis porte Solis, Bonifa-
tio Melchioris Fini de Perusio porte sante Susanne, Guidone Cristosphori
Vignatelli de Perusio porte saneti Angeli, Antonio Nicolaj di Asisio ha-
bitatore Perusij et Egidio Menechi, dicto el Camerlengho, de castro Saneti
Fortunati testibus ad infrascripta habitis et vocatis et ab infrascripto
testatore rogatis.

Cum hominis vita labilis sit et caduca et nil certius mortis et nil incer-
tius hora mortis, ideireho speetabilis vir Philippus Ansidei Simonis de
Perusio, porte Solis et parocchie sancti Florentii, sanus, per gratiam Do-
mini nostri Jesu Christi, mente, sensu et intellectu, licet corpore languens,
in bona et recta scientia et memoria constitutus, timens mortis casum, no-
lens intestatus decedere, ne de suis bonis et rebus aliqua inter aliquod
valeat exoriri discordia, hoc istum testamentum nuncupativum, quod
dicitur, in infraseriptum modum facere procuravit et fecit.

In primis quidem comendando animam suam omnipotenti Deo, a quo
‘creata extitit, iudicavit corpus suum sepelliri apud ecclesiam saneti Flo-
rentii, apud quam sui corpori sepolturam eligit, et supra sui corporis sepol-
turam expendi illam quantitatem pecuniarum, quam videbitur et placebit
infrascriptis suis commissariis.

Item iudicavit et reliquit eeclesie sancti Florentii et fratribus ipsius
644 L. MANZONI

N

eeclesie florenos centum ad rationem 40 bolognenorum pro quolibet flo-

reno pro dote capelle ipsius testatoris erepte in dicta ecclesia sub no-

mine saneti Nicolai percipiendos per infrascriptum eius heredem et conver-
tendos in emptione bonorum stabilium ; que bona sie emenda non possint.

ullo umquam tempore vendi, sed continue fructus recolligendi ex bonis

emendis sint pro victu fratrum dicte ecclesie, cum hoe onere, dictis fratribus.

iniuneto, quod dieti fratres perpetuis futuris temporibus teneri debeant ac
adstrieti sint quolibet die unam missam secundum ritum sancte ma-
tris eeclesie in dicta capella celebrari facere, et in die festivitatis sancti:
Nicolaj de mense decembris celebrari facere missam cantatam. Et si
dicti fratres dicte ecclesie in processu remissi essent et pacta non ob-

servarent, dictam ececlesiam et fratres a dicto legato privavit et bona sic.

emenda devenire voluit ad infrascriptam eius heredem et ad ipsius he-
redes....

NS IL

Dagli annali Decemvirali dell'anno 1471 f. 143 rov. Deliberazione
presa dai Priori e Camerari nel giorno 21 dicembre 1471.

Ann. D.M.CCCC.LXXI. die 21 Dec. f. 143, rov. — Item cum ecclesia sancti
Florentii de Perusio porte Solis egerit riparationem et sit male ordinata et
cum incomoditate maxima stant et morantur fratres dicte ecelesie, volentes
igitur praefati domini Priores et Camerarij in predictis et circa predicta
salubriter providere, igitur dicta re proposita inter prefatos M. D. P. die
precedenti, absente dicto Mariotto eorum sotio et conlega, et matura deli-
beratione prehabita, et facto, posito et misso partito inter eos ad busulam
et fabas albas et nigras, secundum formam statutorum et ordinamentorum
comunis Perusij et solemniter obtento per omnes novem mictentes et resti-
tuentes in busulam eorum fabas albas del sic, nulla nigra in contrarium
reperta; et hodie inter dictos dominos camerarios factis prepositis, exi-
bitisque consiliis et matura deliberatione prehabita, et facto posito et misso
partito ad busulam et fabas et albas et nigras, et solemniter obtento per
Xxxviij camerarios mictentes et restituentes in busulam eorum fabas
albas del sic, non obstantibus tribus fabis nigris in contrarium repertis.
et restitutis; ex omnibus arbitriis autoritatibus potestatibus et baliis etc.
M. D. P. et camerariis coniuctim vel divisim concessis atributis per
formam quorumcumque statutorum et ordinamentorum comunis Perusij,
et omni meliori modo, via, jure et forma quibus melius potuerunt,
providerunt, statuerunt, ordinaverunt, reformaverunt et providendo sta-

REED
M CN

euh C6 s

LA MADONNA DEGLI ANSIDEI 645

tuendo et reformando concesserunt et dari et concedi voluerunt dicte

ecclesie pro reparatione muralio et aconcimine dicte ecclesie flor. xxv
ad rationem xxxvJ boloneorum pro quolibet fioreno de pecuniis pre-
sentis subsidij 1471 et aliorum subsidiorum veterum, mandantes depositario-
pecuniarum comunis Perusij pro tempore existente, quatenus ad bolleti-
rum D. P., dietam quantitatem xxv flor. ad dietam rationem de dictis

subsidiis dent et solvant dictis fratribus et ecclesie, aliquibus in contra-

rium facientibus non obstantibus.
N.? III.
Dai Decemvirali dell'anno 1471 sotto il 26 decembre a carta 148.

An. .M.CCCC.LXXI. — Bollectenum. — Item detis et solvatis seu dari
et solvi faciatis fratribus, capitulo et conventui fratrum sancti Florentii
de Perusio porte Solis florenos .xxv. ad rationem .xxxvi. bolo. pro quo-
libet floreno de pecuniis subsidii 1471 et aliorum subsidiorum veterum
pro muralio et reparatione dicte ecclesie, vigore legis edite per dominos
Priores et Camerarios manu mei notarii infraseripti sub presente mille-
simo et die .xxi. decembris, cum sie fuerit solepniter obtentum inter nos
ad bussulam et fabas albas et nigras, secundum formam statutorum et
ordinamentorum Comunis Perusij. Datum in Palatio nostre solite resi-
dentie die (26) decembris 1471.

N.? IV.

Dal cartaceo autografo in foglio d'entrata e d'uscita: nel dritto
della seconda carta, segnata col numero arabico 2, si legge:

Jesus m.° cecc.° Ix." || Rechordo questo dj... de Maggio cho’ lo nome
de Dio e la vergiene Maria e del beato S.* Nicholo nostro avochato,
faró qui desotto menzione, chomo io Filippo Ansideo de Semone da Cha-
trano mio padre m à dato e concieduto per suo testamento che fo rogato
per Simone de messer Iacopo da san Martino de porte Borgnia.... —
(E quindi segue l'elenco dei beni stabili lasciatigli dal padre).

F
Low
i

eau. I
E-AREGHIVIO

DEL

LAICALE SODALIZIO DI S. MARTINO

DI PERUGIA

S 1.» — Notizie storiche.

Crediamo opportuno premettere alcuni brevi cenni sulla storia
di questa istituzione cittadina, che sorse sulla fine del secolo XVI,
e ben a ragione fu detta dal nostro più autorevole storico « la
più bella istituzione di Perugia » (1). Circa l'origine di essa, ri-
portiamo integralmente il testo di una memoria che in proposito
si legge in un codice (2) di « recordi della Compagnia » scritto
pochi anni dopo la fondazione della medesima :

« ORIGINE DELLA VENERABILE COMPAGNIA DI S. MARTINO:

Qui habuerit substantiam huius mundi, et viderit fratrem suum necesse habere, et
clauserit viscera sua ab eo, quomodo caritas Dei manet cum eo? — p.a
Johannis. 3.

« Quindi é che l'anno del Signore 1574 reggendo il sommo Pontefice
della Chiesa santo Gregorio XIII et nella città in Perugia nello spiri-
tuale Mons. R.mo Vescovo Francesco Bossio Milanese et nel temporale
Mons. R.mo Monte Valente da Trievi, et predicando nella chiesa di
S. Lorenzo Catedrale di detta città il M. R. P. Maestro Damiano Biffi

(1) BoNAZZI, Storia di Perugia, vol. II, pagg. 278.

(2) Cod. n. 1, della Div. I, Classe I, c. 1 recto.
i
I
|

zi ci

648 G. DEGLI AZZI

servita di nazione Fiorentino, essortando detto Padre predicatore il po-
polo Perugino a prender cura de’ Poveri Vergognosi et Infermi che in
questa Città in quei tempi in buon numero si trovavano senz’ havere
chi li provedesse nelle loro necessità; esagerando assai questa santa
attione, et promovendola per opra di molta carità, et al Signore molto
grata, et in conseguenza ancora a chi si fosse in quella essercitato di
molto merito, molti Gentilhuomini e gravi Cittadini di questa Città con
detti Prelati insieme ragunati, risolvettero sotto la protezione del Glo-
riosissimo S. Martino Vescovo Turronese, quale mentre fu in questa.
vita tanto si essercitó nella santa Carità, instituire una santa Congre-
gatione quale si compiacquero chiamare La Compagnia di S. Martino
per li Poveri Infermi e Vergognosi, mettendo máno alle proprie borsce
per sovvenimento e governo de'poveri di quel tempo. Quale Compagnia
come opera alla Divina Maestà molto accetta, s'é venuta sempre più
non solo avantaggiandosi di huomini di qualità e di pietà quali si sono:
essercitati e si essercitano in questa santa opera, ma anco molti di loro
et altri invitati dalli buoni essempij hanno lasciate di molte facoltà, et
| intiere heredità a questa santa Compagnia, acciò si esserciti con tanto
più utile de’ Poveri così santa opera, si come s'è fatto, e tuttavia più
si va facendo con molto fervore. Da’ quali perchè si sono lasciati di-
versi obblighi e temporanei e perpetui da eseguirsi, perciò si è risoluto
da’ Superiori di detta Compagnia fare il presente libro, nel quale non
solo si farà nota di quelli secondo li tempi, che si sono fatti et si fa-
ranno, ma anco di altre cose degne di essere annotate, acciò restino
alla memoria de’ posteri in perpetuo, et si eseguiscano come conviene
senza alcuna intermissione.

Ad honore e gloria della medesima Divina Maestà, et in salute
dell’ Anime » (1).

Tra quelli che lasciarono le prime e piü cospicue liberalità
a favore della Compagnia, nel richiamato codice (2) è menzione di:

« Gostantino Ansidei (1581), Bino di Vinenzo Sotij (1589, 1601 e
1604), Domenico Oradini (1605 e 1606), Alessandro Vencioli (1606),
Giulio di Gentile Amaranti (1607), Lodovico di Cesare Degli Oddi (1613),
Vincenzo Tinnoli (1688), Francesco Veglia (1588), Florindo di Cesare

(1) Questo documento fu, sebbene non integralmente, pubblicato da A. LUPAT-
TELLI, nelle « Memorie storiche della Compagnia, Laicale di S. Martino di Perugia »;
Perugia, Tip. Santucci, 1890.

(2) Cod. cit., c. 2-4.
PET STET PPM ET TR

iz

L'ARCHIVIO DEL SODALIZIO DI S. MARTINO IN PERUGIA 649

AScarlatti, Cuzio Danzetta (1597), Federico Montesperelli (1592), Aniballe
di Niccolò Bottonio (1591), Martinozzo di Iacomo Martinozzi (1593) e Lu-
‘ciana di Gio. Battista Martellini (1594) ».

Ai quali devonsi aggiungere:

Monaldo Guadagnoti (1586), Francesco Biagioli (1597), Girolamo Mo-
desti (1597), Giuliano Mucciarelli (1598), D. Vincenzo Ridolfi (1598), An-
gelo di Ciancio (1600), Girolama Cenni (1611), Gio. Battista Pontani (1699),
Girolamo Petrini (1630), D. Francesco Patrizi (1632), Bernardina Cioni
Romani (1636), Maddalena Orazî (1638), Ruggero Giordani (1641), Pier
Gentile Tranquilli (1642), Bersabea Vespasiani (1647), Sofonisfa Petrini
(1648), Lodovico AZiccieri (1648), Asdrubale Tinnoli (1649), Mario Chefece
(1649), Silvestro Ba/deschi (1650), Francesco Innocenzi (1652), Lorenzo
Biancoli (1654), Orlandino Vibi (1654), Baldo Moravalli (1656), Cecilia di
Francesco (1657), Artemisia Mainardi (1659), Ercole Perinelli (1663),
Gio. Battista Sozî (1666), Flaminia Cantagallina (1669), Cesare Tomas-
sini (1670) e Isabella A/fani (1674).

Fin dai suoi inizi la Compagnia si resse sollo un Priore, un
Vice-Priore ed un Segretario, che insieme ai Discreti costituivano
la Congregazione particolare (Consiglio d’amministrazione), e
deliberavano sugli affari ordinari e di minor momento (1). Le
deliberazioni di maggiore importanza venivano prese nella Con-
gregazione (Adunanza) generale di tutti i fratelli, che erano in
numero di 400 e si sceglievano tra i cittadini più ragguardevoli
per intelligenza e onestà.

I principali modi di erogazione delle cospicue rendite della
Compagnia erano i seguenti: sussidi a domicilio ai poveri ver-
gognosi (elemosine segrete) ed a coloro che ne facessero istanza;
sussidî in denaro o in generi alimentari o in fornimenti di bian-
cheria ed altro, assistenza medica e medicinali gratuiti agl’ infermi,
le cui richieste venivano controllate dai Visitatori delle singole
Porte; distribuzioni di generi e di denari ai poveri in occasioni
di pubbliche calamità e di carestie; ricovero e sostentamento dei

(1) Il primo Priore, di cui rimanga ricordo, fu Mons. Abbate Florenzi, cui suc-
cesse nel 1576 Fabrizio Signorelli; il primo segretario fu Gio. Antonio Alegi, nel 1574.
(Sez. A, Div. II, Cl. IV, PI. III, n. 1).
650 G. DEGLI AZZI

convalescenti che uscivano dagli ospedali; sovvenzioni ad istituti
e case pie che si trovassero in istrettezze, e segnatamente ad
alcune povere donne che venivano alloggiate in determinati luo-
ghi a spese della Compagnia; elargizioni di doti annuali a povere
fanciulle nubili, ecc. Questi modi di erogazione delle rendite si
mantennero con lievi modificazioni sin quasi ai giorni nostri.

Le prime norme o costituzioni sono quelle approvate dai
fondatori il 9 settembre 1576; una compilazione più regolare se
ne fece nel 1621, che fu ristampata, con varie aggiunte e modi-
ficazioni, nel 1778, e poi successivamente negli anni 1827 e 1870,
fino allo Statuto attuale approvato nell’anno 1895.

Una particolare caratteristica degna di esser notata si è la
gelosa cura colla quale la Compagnia intese sempre ad escludere
ogni superiore ingerenza da parte dell'autorità sia civile che re-
ligiosa, e contro le pretese della Curia romana e de’ suoi rappre-
sentanti fu in ogni tempo proclamato e difeso il carattere affatto
laicale della istituzione, che funzionò sempre regolarmente sino
all'anno 1798, rendendo segnalati vantaggi alla città ed all’ intera
regione nel campo della pubblica beneficenza.

Il turbine della Rivoluzione francese che pure tra noi imper-
versò e mise tutti gli antichi ordinamenti ele vecchie istituzioni a
soqquadro, travolse nella sua rapina anche la Compagnia di S. Mar-
tino, che nel giugno del 1798 fu, come tutte le altre consimili
Corporazioni soppressa; finchè, cessato li 31 agosto 1799 il Go-
verno repubblicano, fu nel febbraio del 1800 ricostituita. Durante
la Dominazione Napoleonica alla Compagnia di S. Martino furono
raggruppate tutte le altre istituzioni di beneficenza cittadine, ed
affidate ad una Commissione Amministrativa del Bureau di Be-
neficenza; così durò fino al 15 aprile 1814, epoca in cui, ripri-
stinati gli antichi reggimenti, la Compagnia tornò a riprendere
la sua vita autonoma e il suo regolare funzionamento. Il Governo
Italiano, instaurato dopo il 1860, non senza qualche difficoltà,
s'indusse a lasciarla indisturbata, e con R. Decreto del 20 Ago-
sto 1864, decretò che « l' Amministrazione del Pio Sodalizio detto
di S. Martino rimanesse affidata in conformità a’ suoi Statuti ed
alle sue tavole di fondazione agli speciali Amministratori che ne
tennero finora la gestione ». Con altro R. Decreto poi del 25 no-
vembre 1869 fu approvato lo Statuto organico ed il Regolamento

———uErcr etc L'ARCHIVIO DEL SODALIZIO DI S. MARTINO IN PERUGIA 651

per l'interno andamento amministrativo della Compagnia, Oggi
conosciuta sotto la denominazione di Zaicale Sodalizio di S
Martino.

B

S8 2.» — T/archivio.

Quando questo Archivio venne alle mie cure affidato pel
riordinamento (1), offriva l'aspetto di una rudis indigestaque
moles di registri e di carte confusamente disposti negli scaffali o
sparsi per la sala, senz’alcuna razionale sistemazione, tantochè
il prof. G. Mazzatinti ne'suoi — Archivi della Storia d'Italia —
ebbe a designarlo con queste semplici indicazioni: « Dal sec. XVI
ad oggi. Non ha inventario, ed é in disordine » (2).

Fu d'uopo quindi procedere anzitutto ad una scelta dei ma-
teriali degni di essere conservati, epurandoli dall’ ingombrante
congerie d'inutili carte che l' ignoranza o l’incuria d'altri tempi
vi aveva ammassate: così pure fu mia cura precipua sottrarre al
deplorevole stato in cui si trovavano le poche pergamene che mi
fu possibile rinvenire.

Seguendo il criterio della divisione degli uffici amministrativi,
credetti opportuno repartire l' Archivio in tre grandi Sezioni: della
Segreleria e Beneficenza, della Contabilità ed Agenzia di cam-
pagna, e della Farmacia, suddivise rispettivamente in piü divi-
sioni e classi, come appresso:

SEZIONE A — [Segreteria].
Divisione 1.

Classe I. [Vari]. — Pluteo I, n. 1-28.
Classe II. [Eredità]. — Pluteo I, n. 1-58.

(0) Nella non breve e laboriosa operazione del riordinamento e dell’ elencazione
ebbi a cooperatore validissimo ed intelligente I" egregio amico dott. GINO MONTESPE-
RELLI, la cui esperienza, attività e sollecitudine mi furono efficacissimo aiuto special-
mente per la sistemazione della parte tecnica ed amministrativa : tengo quindi a ren-
dergli pubblico e doveroso attestato di ammirazione per la sua operosità e valentia,
come di riconoscente gratitudine per la cortese deferenza usatami nel propormi al
delicato ed onorevole incarico.

(0) G. MAZZATINTI, Gli Archivi, ecc., vol. I, fasc. II, pag. 130, Rocca S. Casciano, 1897,

III

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neu
652 G. DEGLI AZZI

Classe IIT. [Affari giudiziari]. — Pluteo IT, n. 1-14 (1).

Classe IV. [Scritture legali]. — Pluteo II, n. 1-5 (2).

Classe V. [Attestati]. — Pluteo II, n. 1-4 (3).

Classe VI. [Lettere]. — Pluteo II, n. 1-12.

Classe VII. [Miscellanee e Protocollo antico]. — Pluteo IIT, n. 1-34 (4).
Classe VIII. [Protocollo recente]. — Pluteo IV, n. 12 (5) — (dal

..1856-1886).

Classe IX. [Protocollo moderno]. — Pluteo IV, n. 1-4 — (dal 1887-1890).

Divisione IT.

Classe I. [Crediti ed obblighi annuali della Compagnia]. — Pluteo I,
n. 1-2.

Classe I bis. [Tipi, perizie e mappe catastali]. — Pluteo I, n. 1 4.

Classe II. [Inventari]. — Pluteo I, n. 1-9.

Classe III. [Apoche di locazione]. — Pluteo I, n. 1-9 (6).

Classe III bis. [Legati e testamenti a favore della Compagnia
Contratti diversi]. — Pluteo II, n. 1-33 (7).

Classe IV. [Libri delle Congregazioni]. — Pluteo III, n. 1-28 (8).

Classe V. [Libri delle -Congregazioni generali (Adunanze dell' As-
semblea]). — Pluteo III, n. 1-4.

Classe VI. [Libri delle Congregazioni particolari (del Consiglio di
Amministrazione)]. — Pluteo IV, n. 1-11.

(1) Ai numeri corrispondono altrettante buste, contenenti dai 50 ai 100 atti di-
versi, disposti in ordine logico di materia.

(2) Ad ogni numero corrisponde una filza contenente dai 40 agli 80 atti diversi
cadauna. Nel disporli si é avuto cura di ricostruire le varie pratiche cui si riferivano.

(3) Sono distinti per filze, di cui ognuna comprende dai 50 ai 150 atti.

(4) Distinte per filze come nelle Classi V e VI: in ogni filza sono segnalati nel-
l' inventario i numeri corrispondenti agli atti e documenti più importanti, sia nel
riguardo storico, che in quello amministrativo.

(5) Il carteggio di ogni anno é diviso in 24 titoli, suddivisi in posizioni ed
articoli.

(6) Distribuite per filze.

(7) Gli atti sono repartiti in filze; vanno dal 1402 al 1855, essendovi compresi do-
cumenti anteriori all’epoca della fondazione della Compagnia, appartenenti alle fa-
miglie dei testatori. — Per la pronta e facile consultazione dei documenti di questa
classe si é redatta una rubricella alfabetica, portante l' indicazione sommaria dell'atto,
delle parti e la data.

(8) Questa classe comprende i libri delle Congregazioni [Adunanze] generali e
particolari insieme riunite fino al. 1851. — Nel 1851 furono formate due serie di regi-
stri, uno per le Congregazioni generali, l’altro per le particolari, che vanno sino ai
giorni nostri.

e
NETTE

LISA

L'ARCHIVIO DEL SODALIZIO DI S. MARTINO IN PERUGIA 653

Classe VI bis. [Registri del protocollo di Segreteria]. — Pluteo IV, I
n. 1-7.

Ordine Inferiore = Beneficenza.

Classe VIT. [Registri diversi della beneficenza]. — Pluteo V, n. 1-16 (1).

Classe VIII. [Bureau di Beneficenza per l' epoca Napoleonica]. —
Pluteo V, n. 1-3.

Classe IX. [Registri dei Visitatori). — Pluteo V, n. 1-8.

Classe X. [Registri delle elemosine segrete]. — Pluteo V. n. 1-8.

Classe XI. [Registri delle Elemosine mensili]. — Pluteo V, n. 1-15.

Classe XII. [Registri particolari delle deliberazioni per la concessione
dei sussidi]. — Pluteo V e VI, n. 1-26.

Classe XII bis. [Registri generali delle deliberazioni per la conces-
sione dei sussidi]. — Pluteo VI, n. 1-10.

Classe XIII. [Ruoli dei sussidi mensili]. -— Pluteo VI, n. 1-6.

Classe XIV. [Assistenza medica, ostetrica e farmaceutica]. — Plu-

teo VI, n. 1-13.
Classe XV. [Registri delle doti). — Pluteo VI, n. 1-8.
Classe XVI. [Registri delle cedole dotali]. — Pluteo VI, n. 1-4.

SEZIONE B — [Contabilità] e B' — [Agenzia di campagna].

Divisione I.

Classe I. [Conteggi relativi alle varie eredità). — Pluteo I e II,
n. 1-42 (2).

Classe IT. [Bilanci consuntivi]. — Pluteo II, III e IV, n. 1-64 (3).

Classe III. [Registri di percezione, ossia libri di cassa a matrice].
— Pluteo V, n. 1-52 (4).

Classe IV. [Mandati di pagamento ai Visitatori]. — Pluteo V, n. 1-81.

Classe V. [Libri Maestri della Compagnia]. — Pluteo VI, n. 1-32 (5).

(1) Comprende documenti dall' epoca della fondazione della Compagnia al 1835.

(2) Sono distribuiti per filze, e vanno dal 1685 al 1855.

(3) Sono repartiti in buste, una o piü per ciascun anno, e vanno dal 1856 (epoca.
in cui si fusero gli atti relativi alle amministrazioni delle singole eredità) al 1895.

(4) Vanno dal 1820 al 1897.

(5) Grossissimi volumi in fol. max.; vanno dal 1695 al 1894.
654 G. DEGLI AZZI

Divisione IT.

Classe VI. [Libri d'amminístrazione delle singole eredità]. — Plu-
teo I, n. 1-32 (1).
Classe VII. [Libri d' entrata e uscita, o registri di cassa]. — Plu-

teo I, n. 1-46 (2).

Classe VIII. [Rendiconti]. — Pluteo VI, n. 1-13.

Classe IX. [Registri diversi]. — Pluteo VI, n. 1-18.

Classe X. [Stati dimostrativi dell' Amministrazione]. — Pluteo VI,
n; L2;

Classe XI. [Amministrazione dei tessuti]. — Pluteo VI, n. 1-2.

Classe XII. [Registri dei capitali]. — Pluteo VI, n. unico.

Classe XIII. [Ruoli di esigenza]. -- Pluteo VI, n. unico.

SEZIONE B'.

Classe XIV. [Registri delle sementi affidate ai lavoratori]. — Plu-
teo II, n. 1-4.

Classe XV. [Registri diversi]. — Pluteo II, n. 1-5.

Classe XVI. [Entrata e uscita dell’agenzia di campagna]. — Plu-
teo II, n. 1-5.

Classe XVII. [Giornale di cassa]. — Pluteo II, n. 1-11.

Classe XVIII. [Conti dei lavori rurali]. — Pluteo II, n. 1-18.

Classe XIX. [Aziende speciali di campagna]. — Pluteo III, n. 1-4.

Classe XX. [Registri de'mandati al custode de'magazzini]. Plu-
teo II, n. 1-3.

Classe XXI. [Libri de' conti del bestiame]. — Pluteo III, n. 1-14.

Classe XXII. [Registri dei debitori insolventi]. — Pluteo IX, n. 1-10.

SEZIONE € — [Farmacia].

Classe I — XI.
$. 3. — Regesto dei documenti più importanti.

I documenti che hanno una più ragguardevole importanza
storica e più antichi, sono, generalmente, quelli collocati nella

(1) Questi registri vanno dal 1569 al 1748.
(2) Vanno dal 1586 al 1891.
L'ARCHIVIO DEL SODALIZIO DI $. MARTINO IN PERUGIA 655

Classe I della Sezione I, che comprende codici spettanti alla
Compagnia, e quelli alla medesima pervenuti insieme ai legati
mobiliari dei singoli testatori. Di questi e degli altri delle succes-
sive classi daremo, seguendo l’ordine di disposizione del nuovo
inventario, un cenno sommario quando ci sembri che possano
presentare qualche interesse.

Div. I. — CI. I.

N. 2. — Cod. cart. cop. in membr. scritta a car. gotici, ad iniziali, rubriche e
paragrafi in rosso e turchino, contenente parte di una leggenda sacra, versetti di salmi,
ecc. — I caratteri dell'interno appartengono alla 2a metà del sec. XIV. — Di c. 130.

E un Trattato d' Astrologia sull'influenza de'pianeti, con molte ed
assai diffuse notizie di astronomia, di medicina, ecc. — In fine é una
lunga dissertazione « de duodecim zodiaci signis et eorum significatio-
nibus et indicationibus ».

N. 3. — Cod. cart., ril. in membr., a chiud., del sec. XVI.

Memoriale privato di Ascanio Ugolini, notaio Perugino, contenente
atti, istromenti, ricordi di varia natura, ed ampie notizie sulla famiglia
Ugolini, dal 1535 al 1585.

Div d.a — CI. II.

Oltre a vari documenti relativi a nobili famiglie perugine, tra cui
le famiglie Cenni, Pontani, Patrizi, Tranquilli, Rustichelli, Perinelli,
hiccieri, Nepotelli, Tinnoli, Biancoli, Modesti, Graziani, Sozi, Monte-
melini, Alfani, ecc., contiene:

N. 10. — Cod. cart. ril. in membr., a chiud., di c. 106, del sec. XVI.

A c. 2 recto si legge questo succinto ricordo sull’ Origine della Città
di Perugia :

« Recordo come si trova questa Memoria della Cità di Pe-
rugia.

Perugia cognominata Augusta che già fu principal Cità de
Üimperio et hoggi è di S. Chiesa, la edification della quale si
trova che fu ne l'anno 260 doppo il diluvio universale che saria
avanti alla nostra salute anni 2044 et sino a questo presente
656 G. DEGLI AZZI

anno 1602 sarebbono decorsi 1651 di sua edificatione per Iano
nepote di Noè et dal suo nome la chiamò Ianicolo et anni 120
dopo vi vennero gli Aramei nominati Grifoni dal sangue di detto
Jano accrebbero la Cità e la chiamarono Grifonia dal nome del
Grificone [sic] loro insegna. e dopo anni 150 dopo vi vennero gli
Pelasgi Achei la cinsero di mura e la chiamarono Perugia per-
chè Perugia in lingua Achea e Pelasga significa Grifone, et anni
325 avanti la nostra salute venne in poter de’ Romani e vi con-
dussero molta gente e l'ampliarono, ma volendosi fare liberi Ot-
taviano Augusto che incominciò a regnare avanti N. S. anni 41
la destrusse, e la riedificò e la chiamò Augusta Perugia. Fu da
Totila Re de’ Goti arso et ucciso S. Erculano di Natione Ale-
manno Vescovo di essa Cità; fu di nuovo rifatta venne poi nelle
mani di longobardi che l’occuparono fino a Carlo Magno che
rimase soggetta a l'Imperio; et divisa che fu poi la Toscana da
Lodovico Imperatore fu consignata alla Romana Chiesa e donata
da detto Lodovico. Sotto la qual fiorisce con fama de’ suoi huo-
mini illustri e di lettere e di Arme felicemente ».

Segue una fede rilasciata dai Signori della Città di Perugia
alla famiglia Perinelli, quando andò in Francia; un'altra fede
rilasciata dai Frati di S. Domenico circa l’antichità della fami-
glia Perinelli; ed una terza di Prospero Podiani circa l’autenti-
cità dello stemma assunto dai Perinelli: del 1579. — Indi un
albero genealogico di detta famiglia (1), che riportiamo dalla c. 3 r. :

(1) Crediamo opportuno di trascrivere quest'albero genealogico della famiglia
Perinelli, dovendoci in seguito occupare di un membro di essa, Orazio Perinelli.
L'ARCHIVIO DEL SODALIZIO DI S. MARTINO IN PERUGIA 6511

« La descendentia del ramo dei filgli del Sig, Tarquinio:

ALESSANDRO
|
Felice
Perinello
|
Phelippe
Ì
ne d I
Tarquinio Giliberto Felice
|
| Girollimo
Francesco Scipione Nicolò

| |
Cap.0 Camillo — Vincentia

| |
Napuleone Perinello Orlandino

|
|

|
Nicolo

| | | |
Berardino Flavio Baldassarre Marcantonio

|
|
|

| | |
Tarquinio Giulio Cesare Horatio Ruggero

I Cesare

| | | | |
Francesco (Giulio Cesare Horatio Alessandro Hercole ».

Nelle due ultime. carte si leggono i seguenti elenchi che

riproduciamo testualmente :

« Nota delle robbe vendute del mio da me Fra Francesco
Perinelli, de’ quali una buona parte sono serviti per servitio di
casa qual robbe sono in più volte da me state vendute.

Prima una corona di corallo con alcuni bot-
toncini pauli venticinque

Item una tazza di porcellana pauli quindici

Item certe Piastre di matre Perle pauli cinque

Item doi cordoni d’oro de’ Cappelli pauli sei

Item quattro Cappelli di Feltro pauli dieci

Item uno Orologio bello che mi donò Oratio
quando tornò di Roma scudi quattro

Item certo panno di raso pavonazzo fenito d'oro
da tavola pauli quindeci

Item uno vaso racamato di oro con velluto
pauli cinque

Item una corona di anbra pauli sei

SC.
SC.
SC.
SC.
SC.

SC.

SC.

SC.
SC.

2-piltca:
1 p.i 5
0 p.li 5
0 p.li 6
1 p.lu0

4 p.l 0
1 p.li 5

0 p.li 5
0 p.li @
G. DEGLI AZZI

Item un par di Calzoni di Taffeta cangente
che le portava domenico mio servitore, pauli: noce

Item uno vestito di panno pauli vinti

Item un par di Calzoni di velluto con sua ca-
sacca negra pauli vinti

Item 16 para di quanti che in più volte mi
forono donati pauli dieci

Item un par di Calzoni e casacca di Trilglia
negra pauli quindeci

Item un Ferraiolo di panno Argentino fenito
Torchino et argento che lo portai di Malta che era
dello Schiavetto che venia meco di Malta pauli
vinti ©

Item un Ferraiolo di panno assai tristo pauli sei

Item un altro Ferraiolo di panno che io ven-
detti a Girollimo naccarini scudi quattro di panno
fino ma vecchio

Item un Ferraiolo di
Hebrei scudi tre

Item un Ferraiolo di Tabbi tristo che portai
di Malta scudi uno

Item un par di Stivali di Vacchetta che li
portò domenico mio servitore quando tornai di Malta
assai trista pauli sei

Teletta venduto a certi

SC.

sc.

SC.

SC.

SC.

SCI 9p.

sc. 0 p.lt

SC.

4 p.
sc. 3 p.i

3c: 4 pla

sc. 0 p.li 6

Nota. Denari ch'io Fra Francesco Perinelli ho guadagnato
per haver servito in materia delle cose appartenenti alla Religione

Hyerosollimitana.

Prima a Castello guadagnai scudi vintiquattro
€ un Testone per far le prove d'un Gentil’ homo di
casa Vitelli

Nota. Delli soddetti denari rimandai a Perugia
ad Hercule sei scudi per fare una cena alla mia
tornata al Cavalier Roma che era stato meco a Ca-
stello in compagnie a far dette prove, il resto me
le riserbai essendo in doble spagniole
Item a Orvieto feci certi milglioramenti per il

sc. 24 p.li 8
st busco Domenico di poco valore

Mii

L'ARCHIVIO DEL SODALIZIO DI S. MARTINO IN PERUGIA

qual viaggio avanzati scudi otto, oltre un vestito che

sc. 8 p.lt 0
Item altri milglioramenti fatti in diversi luochi
cioè a Bettona a S. Casciano non metto niente per-

ché non volse mai niente solo a Domenico fu do-

nato la mancia per luti

Denari che io. Fra Francesco Perinelli ho hauti nelle mani
di Giulio Cortenzit mio servitore doppo sua morte che fu servito
per casa nostra.

Prima lasciò in sua morte doi vestiti, sette
anelli d'oro, doi Archebugij, tre ferraioli, uno de
rascia negra, uno de setino e l’altro di panno, 4
Camisce, una Catenina d'argento indorata.e tre
scudi incirca de denari, e lasciò una Cavalla bian-
cha.

Tutte queste cose prosupongo che valessero al-
meno scudi sessanta sc. 60 p.li 0

Denari che io Fra Francesco Perinelli ho hauto in mani di
Mastro Paulo Archebugiero dopo sua morte.

Prima quattro Archibugi, diverse lime, molti
Ferramenti, un par di Manice da Fucina, Tavole,
Tavolini et doi Tavoloni da far casse et altre di-
verse massaritie di casa, martelli et aleuni Ferra-
menti; che in tutto poteva ascendere alla somma di
trenta scudi incirca sc. 30 p.li 0

Nota delli soddetti denari de robbe vendute furono cassi al-
cuni debiti che havea detto Mastro Paulo.

N. ll. Busta di carte diverse, spettanti alla famiglia Perinelli, e specialmente
ad Orazio; vanno, per lo più, dal 1609 al 1640.

Tra il. carteggio di Orazio Perinelli « Segretario Italiano
dell’ambasciata di Francia » si trovano alcuni suoi Discorsi

politici, di cui il primo s'intitola :

« Discorso del Sig. Horatio Perinelli Gentilhomo della Cità di Perugia sopra le
060 : G. DEGLI AZZI

Armi Francesi passati in Italia nel Stato di Milano a' danni di Spagna con l'unione
non solamente di alcuni Prencipi d' Italia, ma del Re di Portugallo e di Cremuel (1).

Di altri discorsi dello stesso Orazio Perinelli diamo il titolo
seguendo l'ordine con cui sono disposti nel fascicolo apposito dei
« Discorsi diversi di O. Perinelli »:

« Primo discorso alli Serenissimi Preneipi d'Italia ».

« Primo discorso del Sig. Horatio Perinelli fatto del mese di lu-

glio 1648 nel principio delle ribellioni di Napoli contro il Cattolico Re,
diretto alla Sacra Maestà Cristianissima del Re Lodovico XIV di Francia
e di Navarra ».
« Secondo discorso del Sig. Horatio Perinelli sopra le turbulenze di
Napoli, della forza e potenza di Francia, di quella di Spagna, de’ dise-
gni dell’una e l’altra Corona, della prudenza del Pontefice in tale occa-
sione, et del modo come si potrebbe piacendole con l’ autorità Pontificia
rendere non solo sicuro l’accomodamento in quel Regno, ma la quiete
d’Italia e forse più facile il trattato di pace generale che sin qui non è
potuto succedere » (di questa lunga ed interessantissima dissertazione
ve ne sono due esemplari).

« Terzo discorso del Sig. Horatio Perinelli subito venuto l’ avviso
dell’Armata di Francia comparsa in questi Mari, et delle opinioni di-
verse ».

« Quarto discorso del Sig. Horatio Perinelli arrivato et unito tutto il
Corpo dell'Armata francese di Mare a Porto Longone ».

— « Quinto discorso del Sig. Horatio Perinelli all’ Ill.mo Sig. Marchese
Coppoli sopra le cause che mossero il Popolo del Regno di Napoli a ri-
bellarsi, l' ostinatione nel volersi mantenere nella ribellione; il modo fa-
cile per ridurlo all'obedienza verso S. M. Cattolica e dell’ Ece.mo Vice:
Re; et finalmente di levare ad altri Prencipi e Potentati di venire a’ danni
di quel Regno, anzi rendere quieta tutta l’ Europa con una pace Gene-
rale, mentre si fermassero queste turbulenze et si vedessero affatto estinte
ritornando i Popoli alla obedienza del loro Re ».

Lungo « discorso sopra la pace d'Italia da procurarsi de’ tempi pre-
senti dell'anno 1625, fatto dal Sig. Horatio Perinelli del mese d'Ago-
sto 1630 ».

« Discorso del Sig. Horatio Perinelli al Re Christianissimo quanto:
sia necessario tener conto di Roma ».

(1) Cremuel, corruzione del nome di Cromiwvel, il celebre protettore della Re-
pubblica inglese.
L'ARCHIVIO DEL SODALIZIO DI S. MARTINO IN PERUGIA 661

« Discorso del mal negotiato dal Marchese Castel Dodrico mentre la.
Santità di nostro Signore Papa Urbano VIII era indisposto e tenuto dal
detto Marchese et Ambasciatore di S. Maestà Cattolica per morto con
altre considerationi di molta conseguenza ».

« Ragguaglio al Christianissimo Re Lodovico XIII di Horatio Peri-
nelli suo devotissimo Servitore circa il venire le armi Francesi in Italia
con li fondamenti che dall'altra parte fanno in contrario li Spagnoli ».

« Alla Sacra Real Maestà Cristianissima del Re Lodovico XIII il
Giusto, secondo disecrso di Horatio Perinelli ».

« AI Serenissimo Sig. Duca di Orleans Fratello del Cristianissimo Re
Lodovico XIII il Giusto ».

« Proposte del Parlamento di Parigi fatte al Re Henrico quarto, et
dal Sig. Ambasciatore di Coure (1) prodotte in Senato con le risposte
fatte da quella Maestà ». — Segue una « risposta prudente del Re »
assai prolis:a.

« Parole fatte da Horatio Perinelli per il Sig. Commendatore di Sil-
lery Ambasciatore di S. Maestà Cristianissima dal quale si furono poi
rappresentate al Saero Collegio de' Cardinali nella morte di Gregorio XV ».

« Lettera di giustificatione all’ Em.mo et R.mo Sig. Card. Grimaldi,
di Horatio Perinelli sopra l' imputatione sì falsa et iniqua datali da Gio
Battista Tovaglia per privarlo della gratia dell' Ecc.mo Sig. Marchese di
Fontenay al presente Ambasciatore di S. Maestà Cristianissima in Roma.
Fatta delli 2 di Febraro 1648 ».

1

Segue un fascio di carte intestate « Conclavi con discorsi
overo Annotationi di Horatio Perinelli »; diamo un cenno di al-
cune delle più interessanti. — In principio è un elenco di Car-
dinali distinti come appresso:

« Cardinali Romani che faranno in ogni caso fattione per
hacere un Pontefice Romano (numero 17 nomi) ».

« Fattione de' Cardinali Fiorentini che non sarà unita tra
loro (numero 9 nomi) ».

« Fattione de' Cardinali Genovesi che saranno uniti per far
Papa un Cardinale Genovese (numero 5 nomi) ».

« Cardinali liberi e che non hanno fattione et si potranno
unire dove più li piacerà (numero 13 nomi) ».

(1) Il Marchese di Coure era Legato del re Enrico IV.
G. DEGLI AZZI

« Cardinali nemici de’ Barberini che li sarà contro alla sco-
perta (numero 27 nomi) ».

« Cardinali Poveri (11 nomi): questi Cardinali’ per essere
poveri si potrebbono levare dalla fattione Barberina et unirla con
Spagna e con il Collegio Vecchio ».

In un fascicolo a parte, tra l’altro, si legge:

« L’offesa fatta da Francia all' Ecc.ma Casa Barberina levando
la Protettione all’ Em.mo Sig. Card. Antonio nella forma nota
con farli anco deporre l'Arme Regie, è tanto publica non solo in
Roma ma per tutta l Europa che a quella non vi si può reme-
diare se non con una sodisfatione grandissima e con un effetto
vero, e che non solamente dalla medesima Francia si dichiari a
favor di Casa Barberini la loro Innocenza sopra la creatione del
Pontefice, e che non sia in quella forma che la Francia ha te-
nuto contro U Em.mo Sig. Card. Antonio, ma che in altra ma-
niera prudente e raggionevole habbia operato in detta Creatione
in servigio della Corona, di se medesimo et ha onore della sua
Casa, e del beneficio della Christianità.

Il discorso che fa Roma publicando che la Francia habbia
fatto Protettore il Sig. Card. Barberini, et di Portugallo il Sig.
Card. Antonio, et anco Ambasciatore straordinario et ordinario
il Sig. Prencipe Prefetto, non è dubio che con questa dimostra-
tione si vedrebbe il pentimento della Francia di havere offeso
Casa Barberina nel modo che ha fatto il che sarebbe un gran-
d'onore per Casa Barberina et un palesare l'innocenza loro ».

Segue un lungo ed interessante rapporto compilato in base a
‘confidenze ricevute da informatori segreti e ad investigazioni
personali, da « Horatio Perinelli Secretario Italiano dell’ Amba-
sciatore di Francia » circa un dono spedito « da Mons: Mazza-
rini alla Sig. Ambasciatrice di Francia [di] un Caminetto dentro
con guanti Pesligli di Spagna una Pietra di Belzuar come un
pero adornata con oro e diamantini et con altre cose belle e
gentili ».

« Il detto dono fu portato pubblicamente da Staffieri di detto



"-
u—
Ur TM

L'ARCHIVIO DEL SODALIZIO DI S. MARTINO IN PERUGIA 663

Mons. e donato da un gentilhuomo pure di detto Mons. che o-

gn' uno lo seppe.

Roma incominciò per questo ad andare investigando per che
causa potesse essere che detto Mons. havesse fatto questo dono et

fu concorso e creduto però per imaginatione potere essere stato

per uno di questi due particolari:

« Il primo o perche il Sig. Ambasciatore aiutasse detto Mon-
signore come si presuponea alla Nuntiatura di Francia.

Il secondo overamente perchè se intendea che detto Monsi-
gnore quando era a turino avesse vinto al Duca di Savoia molti
migliara de scudi et che perciò il detto Ambasciatore vi fosse poi
con Madama Reale Duchessa di Savoia interposto et agiustato

l’accomodamento; ecc. » [Segue il rapporto].

Discorso del Perinelli sulle — probabilità dell’ esito del Conclave, da
radunarsi in seguito alla grave infermità d’ Innocenzo X =, che termina

«con le profezie sul Papa futuro di « S. Ambrosio da Siena dell’ Ordine

Domenicano, — del Padre Matheo Priore de’ Padri Certosini, — del Pa-

«dre Tulles Eremita, — di S. Benedetto della Certosa, — di Hostro A-

damo, — del Beato Albino Eremita, — di Fra Giovanni da S. Ginese

:dell' Ordine de’ Predicatori, » ecc.

Discorso del Perinelli al Card. Antonio Barberini « per consigliarlo
il modo per farsi eleggere Papa ».

Elenco di Cardinali divisi in frazioni e in gruppi, dove é detto che
la « Fattione de' Barberini benché sia grande e numerosa di Cardinali
loro creature nondimeno si dividerà in piü parti e sotto varii pretesti ».

« Secondo discorso fatto in Francia alli SS.i Barberini da Horatio

Perinelli nella seconda malattia di Papa Urbano VIII che fu dato nelle

mani all’ Em.mo signor Card. Richelieu », cirea i « soggetti più papa-

‘bili delle varie Fattioni ».

In un altro elenco « de’ Cardinali che sono nel Collegio »,
distinti in « Collegio Vecchio de'Cardinali n. 21 e Card.i del

Collegio Nuovo n. 34 », & questa nota:

« De’ 55 Cardinali che sono nel Collegio havendo inteso che
il presente Pontefice poco avanti anderà la sua vita, verranno

tutti escetto che Roccafucoult, Richelieu, Savoia et Arach, che
però sarà il Conclave di 51 Cardinali ».

Elenchi della « fattione di Spagna guidata dal Card. De

77 RPRESCE AME. C RED EUT P RA DI


664 G. DEGLI AZZI

Medici n. 28 »; della « fattione de’ Barberini, n. 20 »; ed in

fine si legge: « £ dunque da concludere che se la fattione Bar-

berina unita con Francia vuol superare tutte le difficultà et di

poter fare insieme con Francia un Papa a sua elettione che a-

dempisca senza più dimore li 15 luoghi vacanti de Cardinali
mettendovi sopra tutto soggetti de’ quali se ne possa fidare che

siano da essi Barberini dipendenti; di piu che l'altre loro crea-
ture che possano essere disgutati per qualche accidenti occorsi

haranno da procurare con tutte le loro forze et autorità d'altri

loro amici di farli ritornare in sicura amicitia con loro et a
questo effetto prima della morte del Presente Pontefice tirarli a
loro o con donativi o con accrescerli l'entrate o darli altri aiuti
et così levarli dalla Devotione di Spagna ».

Elenco di 12 Cardinali sospetti.
Altro elenco, in fine del quale si legge:

« Pensiero de’ Barberini. Confideranno nella quantità delle
È ° 03°, , ,

creature loro in numero di...., nella quantità de denari, nel sov-
venire le creature loro povere. In caso che loro per se stessi non
possino havere per Pontefice alcuno delle loro creature si uni-
ranno con li Spagnoli e lor fattione, e con la maggior parte de”
Cardinali di detta fattione di Spagna che possano tirare al loro
desiderio a’ quali faran gran promesse ».

Discorso del Perinelli « sul presente Conclave fatto subito dopo la
morte di Papa Urbano VIII ».

Altri elenchi de’ Cardinali che sarebbero intervenuti al Conclave e
delle loro votazioni, distinti come appresso, « in diverse fattioni secondo
gli obblighi che professano e secondo l'interessi et affetti o. lo spirito
che li guida:

« La prima e più antica è quella del Card. Montalto, che con-
duce le creature di Sisto V, le quali tutte hanno delli adherenti
e delli amici (n. 6, tra cui Borromeo e Peretti).

La seconda è di Aldobrandino (n. 11).

La terza è di Borghese (n. 81, tra cui Barberini, Rivarola,
Caraffa, Ludovisi, Pignattelli, Spinola, ece.).
3
b
-
È
SI
sa

L'ARCHIVIO DEL SODALIZIO DI f. MARTINO IN PERUGIA 665

Le suddivisioni per nazione sono: Spagnola (n. 13), Fran-
cese con a capo Guisa o Savoia (n. 11), Veneta (3), Fiorentina
sotto il Card. De Medici (n. 10), spirituali (n. 7, tra cui Bor-
romeo, Bellarmino, ecc.). :

Nota dei « soggetti che più sono in predicamento al Papato
per ordine di Antianità: Sauli, Giustiniani, Monti, Bandino,
Ginnasio, Mellino, Caraffa, Araceli, Ludovisi, Aquino, Cam-
pori e S. Susanna ».

Si danno le indicazioni de’ partiti favorevoli o contrari a ciascuno.

In un grosso fascicolo a parte è una assai voluminosa « Com-
media di Horatio Perinelli », divisa in 5 atti e preceduta da un
prologo.

Il soggetto è: « Scherzi della Fortuna ».

« Argomento. — Si rappresenta l'isola Vergine nel fine del
Mare Oceano, la quale isola è incantata e governata da Armi-
donte Mago. Li habitatori sono ninfe e pastori e satiri senza
vitto aleuno. Adorano il sole, la luna et altri Dei. Il loro vivere
è comune benchè stiano in habitationi diverse. Amano le bellezze
delle Ninfe non per lascivia ma per buon fine et chi pure con un
volger d'occhio tentasse Ninfa a [peccato] alcuno subito son li
pastori fatti morire di fuoco. Le Ninfe son Giudici di tutte l'at-
tioni de’ Pastori, né vi è vendetta, nè malitia », ecc. Segue una
lunga diceria per la descrizione delle Isoie Fortunate, dove si
svolge l’azione.

| principali personaggi sono 30: « Pasquarello, Burattino,
Ragnetto, Pasqualetto trasformato in cavolo, Farfarello spirito,
Clori selvaggio, Tirsi, Fato, Sorte, Armidonte Mago, Perugino
convertito già in lupo e poi fatto castellano e capitano della guar-
dia del Prencipe Pasquariello, Lucretio venetiano convertito in
leone, Pallade, Ergasto, Gargoglia, Scarmignone Tritonio, Sil-
via, Amarilli, Sartorio romagnolo convertito in lupo, Satiri, cori
di Ninfe e Pastori che cantano », ecc. ecc.

E incluso un grosso fascicolo contenente:
666 G DEGLI AZZI

vita santa e pia delli Re Cristianissimi — delle guerre da loro fatte con-
tra gli Infedeli et a difesa della Santa Sede et de’ Santi Pontefici —- et

di altre attioni degne delli Re di Francia — incominciando da Clodoveo

quinto Re di questo nome continuando sino al Re Lodovico XIIII il Deo-
dato hoggi regnante ».

« Tavola delli Capitoli delle cose che si contengono nella presente
opera:

Cap. I. — Che la Religione Cristiana ha fiorito sin da principio
nella Francia, et s'è conservata nelli suoi Prencipi et Re
sempre incorrotta.

Cap. Il. — Ze et Prencipi Fransesi che sono stati riveriti et ca-
nonizati per Santi.

Cap. III. — Regni et Provinzie ridotte da Prencipi Franzesi alla
Fede Cristiana. i

Gap. 1V. = “spedizioni et guerre fatte da Re et Prencipi Fran-
zesi per la Fede et Religione Cristiana.

Cap. V. — Espedizioni et guerre fatte da Re l'ranzest per difesa
de’ Pontefici et della Chiesa Romana.

Cap. VI. — Provinzie et città che i Re Franzesi hanno donato
alla Chiesa, et Regni che gli hanno fatto feudatari).

Cap. VII. — Pontefici ricorsi in Francia per aiuto.

Cap. VIII. — Regni rieuperati da Prencipi Franzesi dalle mani
d' Infedeli.

Cap. VIV-(IX). — Ze et Prencipi Franzesi andati in persona
alla guerra contra Infedeli.

Cap. X. — Preneipi Franzesi che venderono li proprij Stati per
andare alla guerra contra Infedeli.

Cap. XI. — La prottezzione c' hanno havuto tutti li Re di Fran-
cia della Religione Cristiana et della Chiesa.

Cap. XII. — Privilegi et ricchezze date dalli Re di Francia alli
Vescovi et alle Chiese.

Cap. XIII. — Quanto abbiano li Re Franzesi favorito le lettere

et li dottori sacri.
Cap. XIV. — Privilegi grandissimi concessi dalli Pontefici alli
He di Francia, che da loro non sono stati usati per riverenza.
della Chiesa,

« Compendio del signor Horatio Perinelli Nobile Perugino — della



“sare
L'ARCHIVIO DEL SODALIZIO DI S. MARTINO IN PERUGIA

Cap. XV. — Nascita, vita e fatti heroi ridotti in breve summario
del Re Lodovico XIII il Giusto.
Cap. XVI. — Parallelo della nascita, vita e fatti heroi sin qui

successi del Re Lodovico XIIII il Deodato tra esso et il Re

suo Padre.

Segue un elenco degli « autori da’ quali s'è cavata la più
gran parte delle cose che st contengono nella presente opera, ol-
tre quelli che si citano nella margine », e sono:

« Gregorio Turonese. Roberto Gagnino. Paolo Emilio. Ai-
monino. Emilio Vero. Paolo Giovio. Annali di Francia. Carlo
Sigonio. Massorio. Storia di Spagna. Guglielmo Tirio. Annali
Ecclesiastici. Baronio. Storia di Germania, Ungaria, Inghil-
terra, et altri paesi de quali si ragiona ».

L’opera è preceduta da una lettera dedicatoria « alla Sacra
Real Maestà Cristianissima del Re Lodovico XIII il Deodato di
Francia e di Navarra mio supremo Signore », di cui riporliamo
la prima parte:

« Sono molti gU obblighi. Sacra Maestà Cristianissima che
mi portaro a servire la sua Gran Corona presso li suoi Amba-
sciatori in Roma nella carica di Secretario delle lettere italiane
e di altri affari concernenti a quel Real servigio per il corso di
45 anni sensa alcun interesse havendovi con tanta fedeltà consu-
mato le facultà paterne, st come è noto a Roma et notissimo pot
alli medesimi Ambasciatori, ma li principali l'essere stata ab im-
mensurabile come sarà sinchè dura il mondo la Città di Perugia
mia patria divotissima all'istessa Corona et a’ Regij Antecessori
della M. V. che per darne al Mondo eterne e vere dimostrationi
st elesse per Protettore S. Lodovico Vescovo di Tolosa del San-
gue Regio collocando la sua statua sopra la porta del Palazzo
del Magistrato scolpita tutta per la perpetuità de’ Gigli in marmi,
et quella Nobiltà ha sempre per lo più con cariche militari se-
guitate l’Insegne Regie in tutte le guerre fatte da quei Gran Re,
tanto in Francia contro gli heretici e ribelli, quanto contra gU In-
fedeli et altre Nationi; et non è luogo dove siano successi fatti
d'Arme et Imprese che non sia stato anco irrigato dal sangue
Perugino, e molti di quelli e della mia Famiglia Perinelli per

661

tester

aaa
ri
"668 G. DEGLI AZZI

maggior testimonio di Fedeltà vi lasciaro la vita. Ma poi quel
ch'è singolare e riguardevole che in tutte le Cità dell’ Europa
vi stano dentro Fattioni diverse, molte delle quali seguitano la
Francia, altre l Impero e la Spagna et alcune quei Potentati da
cui ne possano ricevere beneficenze et honori; solo la Città di Pe-
rugia sarà sempre sola et in perpetuo unita a servir la Corona
e la M. V.; siccome anco per debito di obedienza e di vasallaggio
è tenuta alla Santa Sede et al Sommo Pontefice », ecc. (Senza
data).

Seguono varie lettere scritte in occasione della « nascita del
Serenissimo Delfino et hoggi il Re Lodovico XIIII regnante »
da Orazio Perinelli a vari personaggi, tra cui il « Cardinale Co-

lonna, il Card: Doria, il Card: Savello, il Card: Trivultio, il
Card: Cornaro, il Card: Caetano, il Cardinale Capponi, il Card:
Buoncompagni, il Card: Crescentio, il Card: Spinola, il Card:
Sacchetti, il Card: Santacroce, il Card: Baldeschi, il Card: Du-
razzo, il Card: Roma, il Card: Araceli, il Card: Rocci, il Card:
Tornese, il Card: Cennino, il Card: Machiavello, il Card: Car- ‘
pegna, il Card: Franciotto, il Card: Campora, il Card: Bran-
caccio, Mons: Gonzaga, Mons: Zeni, Mons: della Bordisiera,
Mons: Boschetti, il March: Girolamo Pepoli, il Conte Filippo
Pepoli, il March: Horatio Fregoso, Oratio Orsini, il March: di
Montebaroecio, il March: Malatesta, il March: Bertoldo Orsini,
il March: Bentivogli, il Conte Simon Porto, Galeazzo Giustiniani
Ammirante delle Galere di Genova, Alesandro del Nero, il Comm:
Perinelli cavaliero di Malta, l’ Abbate Gavotti, Gaudioso Baronio,
il capitano Mario Perinelli, Hercole Perinelli, il Cav: Naldi, il
Cav: Sercaroli, il Cav: Cornelio Magnanini », ed altri amici della
Casa di Francia; fanno seguito le risposte di congralulazione
pel felice evento della nascita del Delfino di alcuni de’ menzionati
personaggi.

Seguono due lettere di Orazio Perinelli « in proprio nome »
al Re Lodovico XIII ed alla Regina Madre per la nascita del
loro secondogenito « hoggi Duca d’Angiù »;

al Re Lodovico XIII di congratulazione per l'impresa della
Roscella » (1628); sul medesimo soggetto al « Sig. Boutillier
L'ARCHIVIO DEL SODALIZIO DI S8. MARTINO IN PERUGIA 669

Consigliere del Re e Primo Secretario di Stato » (13 dicembre
1628);

« alla Maestà Cristianissima del Re Lodovico XIII il Giusto
quando liberò con la sua Potenza dall'assedio la Piazza di Casale
occupata dall'Arme Spagnole et fermò quelle guerre con la pace
in Italia »;

di congratulazione per l’ « impresa della piazza d’Aras »
(1640) al Re, al Card: Duca di Richelieu ed al Sig. Chavigny
primo Segretario di Stato ;

agli stessi per la presa della piazza di Perpignano in Cata-
logna (1642);

di congratulazione per l'« impresa di Bordeos », ecc. al Re,
al Delfino, al Card: Mazzarino, alla Regina, allo Chavigny, al
Duca d'Orleans, al Duca d’Angiò, al Principe di Conde, ecc. (1650);
a Luigi XIV per la sua assunzione al trono (1651); al Conte di
Brienne primo Segretario di Stato per la ribellione del principe
di Condé;

« al Sig. Card: Antonio Barberini in Francia per essere stato
dalla Maestà Cristianissima del Re Lodovico XIIII nominato
Arcivescovo di Leone; et con l'aggiunta nel 2° capo della lettera
in supplicarlo di favorita protettione presso S. M. et l'Em.mo
Sig. Card: Mazzarini di qualche remuneratione o reale benefi-
cenza per la servitù fatta alla Corona di 45 anni presso li suoi
Ambasciatori in Roma » (27 aprile 1653): in essa il Perinelli
chiede un sussidio trovandosi all'età di 78 anni ed avendo con-
‘ssumato tutto il suo patrimonio in servigio della Corona di Fran-
‘cia; altra lettera dello stesso giorno sul medesimo argomento;

al Sig. Pietro Mazzarini per la vittoria del di lui figlio
‘Card. Mazzarini sul ribelle Principe di Condé, scritta dal Peri-
nelli nel 1652; i

al Card. Mazzarino di condoglianza per la morte del Card:
di S. Cecilia suo fratello (1648);

al Duca d’Orléans con cui chiede ottomila scudi a saldo di
varî anni arretrati della pensione di scudi 400 annui assegna-
tagli da Luigi XIII, fratello del detto Duca. In questa il Perinelli
espone il suo stato di servizio, che riassumiamo brevemente:
dopo la morte di Enrico IV il Grande servì l'ambasciatore di
Francia in Roma nell'occasione della morte di Papa Paolo V e di

43
670 G. DEGLI AZZI

Gregorio XV; seguì il March. di « Covere, » Ambasciatore straor-
dinario di.Luigi XIII alla Repubblica di Venezia per trattare la i
riammissione de’ Gesuiti in quello stato; coadiuvò il Conte di
Bertunes nella conclusione del trattato della Valtellina tra Fran-
cia, Spagna, Urbano VIII e gli altri Principi interessati per la
quiete d'Italia; tenne sempre la corrispondenza segreta degli

Ambasciatori di Francia in Roma colle altre città e potenze ita-
liane; finchè, dopo 44 anni di servizio, fu dal March. di Fontenay
Ambasciatore di Francia licenziato come sospetto di tradimento e E
di connivenza con Spagna e col Card: Montalto, in seguito a calun-
niosa denunzia di un tal Gio: Balta Tovaglia che voleva succe- 3
= dere, come successe, al suo posto, morendovi però poco appresso;

del Perinelli (7 novembre 1648) al Card. Barberini, chieden-
dogli un posto al suo servigio o a quello della Principessa Anna
Barberini Colonna, essendo stato affatto abbandonato dalla Corte
di Francia.

In un lungo memoriale a sua difesa, indirizzato al Card:
Grimaldi, il Perinelli ricorda tulti gli atti da lui compiuti, e fa,
tra l’altro, i nomi dei 15 Ambasciatori di cui fu al seguito nella

sua carriera diplomatica, che sono :. il Sig. d'Alincourt, il Sig. di

Breves, il Marchese di Frinel, Mons. Manquemort, il Marchese
di Coure, il Comm. di Sillery, il Conte di Bettunes, il Conte di
Brassac, il Duca di Crequy, il Conte di Noayles, il Maresciallo:
d’Estrée, il Marchese di Fontenay, il Marchese di Chaumond, il
Sig. di Gsemville. Ricorda pure l’uso di una corrispondenza

cifrata usata per gli affari segreti e confidatagli dai suoi supe-
riori; ed egli fa accusato di aver venduto per 200 doppie al
Conte d'Ognat Ambasciatore di Spagna il segreto della cifra;
del che si scusa e si difende adducendo tra gli altri argomenti
della sua innocenza che « la cifra segreta non ha forza di sco-
prire li negotiati segreti se non si ha la corrispondenza con quelli

che hanno le controcifre per interpretarla ».

Lettera di giustificazione allo stesso Ambasciatore Fontenay.
— Rapporto, o « informatione del Sig. Horatio Perinelli Genti- d
lhuomo della Città di Perugia alla Sacra Real Maestà Christia-
nissima del Re Lodovico XIIII delle qualità che deve havere
il suo Ambasciatore da mandarsi per l’avvenire in Roma presso
il Sommo Pontefice, massimamente in queste turbulenze di Guerre
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È

L'ARCHIVIO DEL SODALIZIO DI S8. MARTINO IN PERUGIA 671

e per altre conseguenze importanti al suo Reale servigio, auto-
rità e grandezza ». — Questo rapporto è diviso in 27 capi.

Cerimoniale, in 13 articoli, da osservarsi in occasione delle
visite officiali ricevute o fatte dalla moglie dell’ Ambasciatore fran-
cese in Roma, ed una nota delle dame dell’aristocrazia Romana,
nonchè di varî Cardinali, che intervennero ad un ricevimento del-
l'Ambasciatrice suddetta.

« Copia di Manifesto publicato da’ Francesi nel Regno di Na-
poli alli 16 di novembre 1654, che vi sbarcarono sotto la con-
dotta del Duca di Guisa »:

"ssendo proprio de’ Grandi il sollevare gl’oppressi, sua Mae-
stà Christianissima, che ha sentite le rapacità e le straggi fatte
da’ Spagnoli nel Regno di Napoli, ha sempre havuto pensiero
d'impiegare le forze della sua Auttorità per sottrarlo dalla di
loro tirannia.

E se per l'addietro non ha potuto distratto dalle perturba-

tioni suscitate nella Francia dalli Spagnoli medesimi, che per

esser liberi nell'esercitio della loro Barbarie, si sono ingegnati
di seminar le zizzanie che il Mondo sa. Hora che ad onta delle
Macchine loro ha ristabilita la quiete nel Regno proprio, si è
risoluto d' inviare a questa volta una potentissima Armata, per-
suaso che guegl' occhi che per tanti anni sono accessi a vedere
effussione di sangue et estorsione de sostanze siano per ravvivarsi
alla vista d’un’ Armata che non porta altro nel Regno che sicu-
rezza e libertà.

E stimando che il Duca di Guisa sia il più capace di ri-
durre a buon fine sì glorioso disegno per il credito che vi pos-
siede e per hacer sempre doppo il suo ritorno a Parigi un’ ar-
dentissima volontà di quest’ applicatione et una passione maggior-
mente che grande di vendicare i mali trattamenti ricevuti nella
propria Persona e gl'oliraggi fatti a? Napolitani per le cose pas-
sate, ha la M. S. voluto spedire l'Armata suddetta sotto la con-
dotta di questo Prencipe, il quale portato ancora dal desiderio
di segnalarsi nel buon servitio di S. M. e d’autenticare la con-
tinuatione dell' affetto che altra volta mostrò a tutto il Regno,
benchè si fidi nelle forse che conduce e nell’assistenze che gli
sono promesse, ha nondimeno posto ancora in denaro tutto il su

(aul agi ERETTA rr
672 G. DEGLI AZZI
havere, disposto a sacrificare e l'havere et il sangue tutto per
redimerlo da si indegna schiavitudine. E però manifestata l'in-
tenzione di S. M. e de' suoi Ministri, si essorta ogn' uno a coo-
perare con quel che deve perchè conseguisca l’effetto suo ; avver-
tendo ehe il rigore dell'Armi non sarà provato se non da quelli
che vorranno esser nemici di loro stessi et impedire lo stabili-
mento della libertà comune.

Div. d.a — CI. II. — [Atti giudiziari] :

N.° 1, atto 1.0: Sentenza del Vice-Camerlengo delle Arti dei
Tavernieri, fornari, ecc., in una causa per fornitura di cereali
(1467).

N. 1, atto 3.0: Una sentenza di Sigismondo Ercolani Podestà
di Perugia in una causa intentata dal Comune contro alcuni
convinti di, frode in materie ereditarie (27 gennaio 1485).

N. 1, atto 6.0: Atti di una causa vertita tra i Comuni di
Foligno, Bevagna, Assisi ecc. per la proprietà delle acque del
fiume Topino (1610).

N. 1, atto 54.0: Citazione ad istanza di Orazio Perinelli,
quando andò ambasciatore in Francia (1604), contro un suo di-
pendente.

N. 3, atto 1.°: Hegisíro dei pegni, ad uso di Ceccone Lelli,
Depositario dei pegni della Città e del Comune di Perugia (1571-
1581). Non vi è menzione di oggetti notevoli: si tratta per lo
più di pegni di bestiame; sono riferiti pure i verbali d’ incanto e
d’aggiudicazione.

N. 3, atto 2.°: Fascicolo processuale, cui è allegata una di-
chiarazione testimoniale per constatazione di usi locali in con-
traddizione del disposto dell'ultima Rubr., Vol. II, degli statuti
di Perugia (1576).

N. 4, atto 4.°: Fascicolo di c. 28, contenente un importante
Formulario degli atti di procedura civile in vari casi legali
« secundum stilem communem et pratticam in Civitate Perusii »
ad uso di Sebastiano Baldizoppi; — della 18 metà del sec. XVII.

N. 9, atto 9.°: Fascicolo di c. 63, contenente gli atti del
processo di sindacato a carico di Gregorio Bruschi, Luogotenente
Criminale di Perugia, scadente dall’officio: vi sono riportati re-
Mc ore

VD I TTT

ca

L'ARCHIVIO DEL SODALIZIO DI S. MARTINO IN PERUGIA 673

clami, proteste, azioni per rifazioni di danni a processati e car-
cerati ingiustamente (1608).

Div. d.a — CI. IV. — [Scritture legali]:

N. 4, atto 56.0: Parere legale reso dal giureconsulto Lopo-
vico Cenci nella causa di Gio: Paolo Macinara « adcersus artem.
Petrae et Lignaminis ».

N. 5, atto 44.° Consiglio del ge. Lopovico CENCI, circa un

legato dovuto dalla Compagnia di S. Martino a due monache:
della famiglia Mucciarelli.

N. B. — Nelle classi 7/77 e Z V, si trovano vari documenti
riguardanti alcune illustri famiglie di Perugia, quali gli Armanni,
i Mariotti, i Baglioni, i Petrini, i Maffani, i Fabrizi, i Vincioli,
i Magnani, i Perinelli, gli Ugolini i Montespereli, i Baldizoppi,
gli Eugeni, i Tei, i Ricci, i Tezi, gli Alessi, i Graziani, i Della
Penna, gli Sciri, i Bigazzini, ecc.; vi sono pure vari Brevi di
Legati Pontifici e di Protonotari Apostolici, emanati per affari
giudiziari, cioè: del Card. d'Urbino, Legato di Perugia (1549);
del Card. Pomponio Cotta (1565); del Card. Pietro Aldobrandini,
Legato dell’ Umbria (1602); di Marcello Canti, Protonotario apo-
stolico (1603); di Carlo Cerri, Prot. apost. (1610); di Gian Do-
menico Spinola, Prot. apost. (1614); di Francesco Sacrati Arci-
vescovo Damasceno ed Uditore di Palazzo (1616); di Camillo:
Cibo, Patriarca di Costantinopoli (1621); di Cristoforo Widmann,
Prot. apost. (1636); del Card. Lodovico Simonetti; di Luigi
D'Aquino, Prot. apost. (1676), ecc. Nei fascicoli dei processi vi
sono pure le scritture legali di aleuni celebri Giureconsulti, quali
Bartolomeo Giliani, Onorio Deodati, ecc.

Div. d.a — Cl. VI. — [Lettere]:

NA faselc.. 4°,

Filza contenente le corrispondenze di varie famiglie Perugine, come i Baglioni,
gli Ugolini, i Modesti, ecc; generalmente dal 1613 al 1620.

Precedono alcune lettere di « Lucretia Baliona », di Marsilio
Petrozzi, e d'altri ad un tal « Thomasso Biagioli ricoltore del La-
cho [Trasimeno] », quasi tutte per commissioni di pesce ; del 1512.

La seguente lettera parla del riscatto di due perugini fatti
prigionieri dai Turchi:
674 G. DEGLI AZZI

(A tergo :) « Al molto magnifico Meser Fabio Baldizoppi perugino soldato in
Anchona ne la Compagnia del Capitano Andreano Baglione come fratello magiore et
honorando. Archona.

(Nell'interno:) Magnifico meser Fabio come fratello magiore et honorando.

Ho receute doj lettere de le vostre per li quale ho inteso apieno il bonissimo
annimo vostro et ancho di meser carlo che seti desiderose come me di dare opera
che si abbino da riscattare li mei frateli et iddio ve ne rendera merito et ancho
noie ve ne restamo ha l'uno e l'altro obligatissimi et ne le occorrentie vostre ‘semo
secondo il nostro debile potere sempre a li servitii vostri come amorevolissime fra-
telli non si mancherebbe. Apresso vi diciamo che da francesco Spinelli io aveva avuto
il medesimo aviso che mi avete dato voi del turcho et perché la sua lettera l'ebbe
prima de la vostra 4 ho 6 giorni: io ebbe tempo ha rispondili et ha la vostra prima
lettera non ve rispuse perché il mulatiere non podde aspettare hora ve rispondo et
vi dicho che orsino per il rescatto de li mei fratelli ha scritto una lettera ha meser
piero mercante nel fondicho di meser bernardo zuzera mercante raugieio in ancona
et al detto meser piero li dicie che per servizio suo lui ando a trovare il turcho che
é in ancona capitato che riscatta li cristiani et che li dia il nome de li mei fratelli e
dove sonno e di chi sonno sciavi e che lui li faccia uno contratto utenticho nel modo
che vole lui promettendoli al detto turcho di pagare doiciento schudi di pavoli 10 per
schudo cioe schudi ciento per lia..dro e schudi ciento per scipione et li ha fatto orsino
questa lettera per servizio nostro che vole che vaglia quanto che uno contratto e
verra orsivo in ancona in breve e li fara uno contratto al detto meser Piero aciò lui
«sie siguro che si ci fa servizio di no podere perdere li suoi denare pagandoli di più
li interesse di li suoi dinare si li paga prima che noi li rimettiamo et di tanto noi ci
contentiamo.

Apresso volendoci voi fare servizio vi pregho che andiati a trovare questo meser
piero mercante diciendoli che lui non voglia manchare di fare quanto che li avisa
orsino con il turcho et ancho per cortesia menati il turcho dal mercante diciendovi

‘io ha voi che voglio pagare schudi ciento per uno di pavoli 10 per schudo et che
loro sonno pergione tutti doi in gostantinopele. liandro é pergione al presente di
cielebino figliuolo de rappamotte al presente re de algiere e sta fermo in gostantino-
pele. scipione é sciavo de mulaci-libi-cadi magior di gostantinopele come volessivo
dire governatore di roma e sta in gostantinopele fermo al bagnio che era de dragutte
rais. altro non vi diro. questa taglia di scudi 209 io mi ofero a pagare. e tanto scrive
scipione e liandro che li basta per riscattarli. ebbe le lettere loro a di 30 de luglio
de 73 e furo fatti a di 5 de maggio del presente anno si che sonno fresche. di più vi
dicho che orsino ha scritto a raugia ha meser bernardo mercante raugeio che lui
serviva in gostantinopele ha li mercanti suoi corrispondenti che loro debbino pagare
in gostantinopele ha li patroni de li mei fratelli schudi 100 per uno et che noi li
remettemo iv anchona et li recorderiti che si le lettere non sonno andati a raugia
che loro li mandeno per la prima ocasione altro non vi diro se non che da voi
aspetto risposta di quello che si fara di questa facenda. si io o detto troppo perdo-
natimi il desiderio grande che io ho de riscattarli mi fa dire. non altro per mille
volte me ricomando a voi e ha meser carlo. io ho fatte tutte le vostre ricomandazione
ha li vostri e a claudio e tutti ve 1 arimandeno duplicati

di perugia adi 27 de agosto 1573.

sempre ha li servizj vostri

Francesco di carlo orsciani come vostro fratello minore ».

SM E
rin

TUS ETT NA

5
d
1
| L'ARCHIVIO DEL SODALIZIO DI S. MARTINO IN PERUGIA 675

Seguono varie lettere indirizzate ad Orazio Perinelli da « mon-
sieur De Villeroi, mons. Gueffier, mons. di Breves, mons. Puy-
sieulx, dal ministro Phelipeaux, Segretario di Stato, ecc., tutti
diguitari della Corte di Francia; tra queste ne pubblichiamo una
.del Gueffier che dà qualche notizia dei moti della Valtellina.

(All'esterno:) « Al molto ill.mo Sig. Il Sig. Horatio Perinelli — Roma.

(Nell interno :) Molto Ill.mo Sig.:

Hebbi li giorni passati una lettera di V. S. senza data dalla quale mi fu gratis-
sima d'intendere la sua buona contiuuata salute come anco la parte che mi diede
delle nove di Roma. Ma sopratutto di veder che V. S. conservi tuttavia qualche me-
moria di me la quale ci può assicurare esser impiegata in sogetto pieno di gratitu-
dine e di affetto verso la persona sua. Desiderando solo che venghi occasione di po-
terlo comprobare con li effetti.

Il Sig. Nicolo Poguet mi ha mandato a nome di V. S. il discorso sopra le due
comette di che gli rendo molte gratie. Mi dispiace di ritrovarmi in paese dove non
habbiamo cosa degna di lei per poterne contentare la sua curiosità. Io sto tuttavia
in questa città di Solotorno aspettando per ordine del Re l’esito delle seditioni et
turbulenze de' Grigioni et con poca speranza che debbino finire cosi presto come sa-
rebe necessario, massime per beneficio della Religione Catholica contra la quale si
sono sollevati quelli tumulti et se li Prencipi Catholici non ci provederanno é molto
da temere che non venghi del tutto spiantata in quelli paesi. Io fo quanto posso per
impedirlo.

Credo che fra poco dovrà giongere a Roma il Sig. Marchese di Coeuvre nuovo
Ambasciatore: mi sarà molto caro intendere se V. S. non sarà adoprato da sua Ec-
.cellenza in servitio di sua Maestà come credo che sarà di molto beneficio. Con che
fine gli baccio affettuosamente la mano augurandoli ogni contento.

Di Solotorno li 25 del Febbraio 1619.

Di V. S. Molto Ill.ma Aff.mo Serv. GUEFFIER ».

Vi è poi una copia autenlica di tre lettere del Sig. De Mor-
villier, del Sig. Du Thier e del Monmorancy (17 Agosto 1599)
dirette a « Monseigneur le Conestable » di Francia per racco-
mandargli un figlio del conte De Thiene, che voleva entrare al
servizio del Re di Francia. Le lettere sono datate da Venezia e
da « Fontaine-bleaù ». In fine è il sigillo e la vidimazione del-
l’Ambasciatore francese a Venezia, così concepita :

« Noi Carlo Brulart Sig. di Leon Consigliere della Maestà Christianissima nelli
suoi Consigli di Stato et suo Ambasciatore appresso la Ser.ma Repubblica di Venezia,
facciamo sapere a tutti quelli che veddranno le presenti, come le sopra registrate tre
lettere sono cavate fidelmente dall’ original francese, alle quali in ogni luoco se le può
dare ogni certa credenza. In fede di che l'abbiamo sottoscritte, et contrasignate con
le nostre Armi. questo dì 20 Marzo 1620 nel Pallazzo della nostra solita habbitatione
a S. Iob. :

Brulart Per commandamento del detto mio

9. v >
- rame r: > | ' à » ri o. x 1
FOR): e er e tti le a ti.

Sig. Ambasciatore Bonnemant ».

dire
676 G. DEGLI AZZI

E acclusa una lettera, cui è annessa la traduzione italiana,
« a Monsieur Horatio Perinelli » del seguente tenore:

« Monsieur. Ie vous envoye la lettre que vous avez desirée de la Majesté pour-
Monsieur le Grand Maistre de Malthe en recomandation de Monsieur le Chevalier Pe-
rinelli votre frere dont ie souhaitte qu'il puisse recueuillir le fruit qu'il s'est promis.

Et bien que la Majesté soit fort retenue d'escrire au dit Sieur Grand Maistre
pour luy demander des graces mesme pour ses subiects, si est ce que la consideration
des vos services | a conviee de passer par dessus la regle ordinaire qu'elle a accou-
stumé de garder en cela. — A quoy j' ay aydé aultant qu’ il m’a esté possible pour-
vostre contentement et voudrois en meilleure occasion vous rendre preuve de mon
affection en vostre endroit dont il vous prie faire estat et me croire tousjours.

De Paris le XXV jour de febrier 1620.

Votre tresaffectioné a vous servir
Puysieux ».

È acclusa una lettera, in data 18 febbraio 1619, da Grenoble, del
ministro Phelipeaux, scritta al Perinelli a nome del Re per rin-
graziarlo delle felicitazioni inviate a sua Maestà « sur le subiecte
de la reduction de la Rochelle ».

In altra da Roma, del 15 novembre 1628, Orazio Perinelli
fa un'amorevole ammonizione al proprio fratello Ercole, perchè
non desse molivo a lagnanze da parte del S. Offizio dell’ inqui-
sizione, avvertendolo d'esser lui stato richiamato dall’ Assessore
del Sant’Offizio, il quale gli avea detto constargli come i Perinelli
fossero amici e parenti di eretici, bestemmiatori di Dio e de'Santi,
e come uno di loro [Ercole] fattosi prima frate cappuccino, avesse
poi gettato l'abito, dandosi a vita cattiva. Orazio lo esorta a
correggersi, per non disonorar la famiglia, quantunque ritenesse

quelle accuse esere in gran parte « poltronerie » dell’ Inquisitore.
N. 2, fasc. 2°.

(A tergo:) « Copia della lettera della Maestà Christianissima di Fran-
cia. — Al mio Cugino il Gran Maestro di Malta ». — (Vi sono anche let- -
tere di alcuni « Prencipi e de’ Signori del Thesoro e del Gran Maestro) »..

Cugin mio. La persona del Commendator Perinelli essendomi in consideratione-
per la devotion particulare che quelli di casa sua hanno sempre portato al mio ser-
vitio e la prova che me ha renduto il Sig. Horatio Perinelli nel carico di secretario.
Italiano presso li miei Ambasciatori in Roma, il quale ha esercitato moltissimi anni;
ho ben volsuto farli questa lettera per pregarvi come ho fatto con effetto di voler
gratificare il detto Commendatore di una Commenda di Gratia o di qualche altr

a cosa.
L'ARCHIVIO DEL SODALIZIO DI 8. MARTINO IN PERUGIA 611

simile, assicurando che non lo potria né saperia impiegare ad un soggetto più degno;
e farete in quello cosa a me gratissima. Sopra di ciò prego Iddio, rmio Cugin, tenervi
in Sua Santa Guardia.
Scritto in Parigi alli 25 di decembre 1628.
Luis. Phelipeaux ».

Lettera autografa del « Duca de Mantua » di raccomanda-
zione per il Perinelli, in data del 20 febbraio 1632.

In fine del fascicolo sono due lettere indirizzate a Ludovico
Cenci: l'una da Roma di Domenico Orlandini, per informazioni circa
un'istanza da avanzare nell'interesse della Compagnia di S. Mar-
tino e di altre due Confraternite di Perugia pel conseguimento di
un'eredità, in data del 26 giugno 1620; l’altra di Adolfo Bandini,
da Roma, per somministrare schiarimenti cirea una causa ver-
lente tra la Compagnia di S. Martino di Perugia ed il Fisco, im
data dell'11 agosto 1621.

N. 11 — Grossa filza contenente minute di lettere scritte dal
sig. Di Breves, residente in Roma, all’ Ambasciatore di Spagna,
al Granduca di Toscana, al Papa, a Cardinali, Legati pontifici,
ecc., dal 1610 al 1614.

Div. d.a CI. VII — [Miscellanee]:

N. 2, atto 24.°: Copia della Rubr. 47* « De restitutione dotis.
mortue uxoris » dello Statuto di Castel Bolognese.

N. 2, atto 52.9: Grosso fascicolo contenente un trattato d' A-
stronomia, intitolato « Sphera », del sec. XVI, scritto in latino
e diviso in 24 lezioni.

N. 3, atto 16.°: Copia pubblica di una Costituzione del Col-
legio de’ Medici e Filosofi di Perugia circa il — modo di am-
mettere in Collegio i forestieri addottorati in Perugia, e quelli cit-
tadini o fuorusciti addottorati altrove; — dell'11 agosto 1614 (1).

(1) Un regesto dei documenti esistenti nell'Archivio di S. Martino, riguardanti
l’Università di Perugia, lo pubblicò il prof. O. SCALVANTI, cui io lo comunicai, nel
suo Inventario-Regesto dell'Archivio Universitario di Perugia, p. 175-177. — Perugia,
Un. Tip., 98.
cM AX

SN MEUS

G. DEGLI AZZI

N. 4, atto 24.0: Relazione del ricevimento fatto in Perugia
all’ Ambasciatore di Francia per ordine di Orazio Perinelli. Ne
diamo il principio:

« Per ordine del sig. Horatio Perinelli fu riceuto l' Ecc.mo sig. Marchese Zinel
Ambasciatore residente in Roma per la Maestà Cristianissima di Francia, essendo di
passaggio per Perugia et sua Consorte, havendo finito la residentia in Roma per ri-
tornare in Francia, per rendere a quella Maestà e dar conto delli negotiati fatti in
tre anni quali havea dimorato con sua Beatitudine come con altri potentati: fu ri-

ceuto in Palazzo delli Florenzi et non essendo detto Palazzo capace per ricevere un’

tanto gran Prencipe fu rotta al medesimo piano la casa qual’era del q. sig. Nicolò
Perinelli, et trovato abigliamenti et Argentarie dell’ Ecc.mo sig. Duca della Cor-
gnia... etc. ».

I particolari che seguono danno la descrizione dei conviti fatti
in onore di quel personaggio, e il ricordo che « all'Ambasciatore
furono’ donate una Coppa d'argento et un bellisimo reliquario con
72 reliquie in un vasetto d'argento trasforato e messo a oro con
borsa turchina ricamata con oro e Perle et in detto Reliquario vi
è insecto un pezzo di legnio di crocie di Giesù Cristo N. S., etc. ».

Manca la data: soltanto é detto che il ricevimento fu fatto
quando il Re di Francia accordò la pensione ad Orazio Perinelli.

N. 4, atto 34.^: Volume contenente: le Costituzioni dell Or-
dine de’ Cavalieri di Malta, — 1631; — le norme per la forma-
zione dei processi dell' Ordine, — dello stesso anno; — ed una
Relazione del combattimento seguito sopra Siracusa tra le Galere
di Malta e quelle di Biserta, li 26 Giugno 1625.

N. 6, atto 11.°: Copia di una Bolla di Papa Lucio II, diretta
al Monastero di S. Pietro di Perugia, con cui si riconosce in
quei monaci il diritto di possedere i beni ad essi pervenuti per
elargizioni de’ Pontefici o de’ privati, ecc. ; in data 1° Marzo 1193.

N. 6, atto 16.0: Copia della Rubr. 812, del Vol. II, dello Sta-
tuto di Bettona « De terlia parte dotis », elc.

N. 6, atto 18.°: Libro delle cariche, preminenze e processi
della Religione di Malta; della 2a metà del sec. XVII.

N. 6, atto 22.°: Copia di un Motuproprio di Clemente VILI,
emanato l’anno terzo del suo Pontificato, con cui si accordano
facoltà e privilegi all' Ospedale di S. Giovanni di Gerusalemme.

N. 6, atto 24.^: Copia, in forma pubblica, di aleune Rubriche
dello Statuto di S. Martino in Colle; del 1480.
679

L'ARCHIVIO DEL SODALIZIO DI S. MARTINO IN PERUGIA

N. 7, atto 1.°: Copia di una Bolla di Papa Pasquale IT, di-
retta al Monastero di S. Pietro in Perugia, con cui si accordano
facoltà e privilegi ad esso Monastero; del 13 febbraio 1115 (4).

N. 7, atto 2.°: Copia di una Bolla di Papa Eugenio III, di-
1 retta al Monastero di S. Pietro, del contenuto della precedente;
: in data 8 maggio 1145 (2).

N. 7, atto 3.°: Estratto di un Lodo Arbitrale «e del conse-
guente 7rattato di pace tra Perugia e Gubbio, per riparare ad

f er Ia CT A O CORIO

una rappresaglia concessa da Perugia ad Ugolino di Coccorano
ed altri, del 12185 seguono le conferme di esso trattato, del 1251,
1258, 1273, 1292, 1296, 1298, 1319, 1344, 1352, 1363, 1380, ece., lii
sino al 1597.

N. 7, atto 4.°: Varie copie di una olla di Papa Gregorio IX,
, p ] g

diretta al Monastero di S. Pietro di Perugia, accordante dei dl
privilegi, come sopra; — del 16 ottobre 1228 (3). il

N. 7, atto 16.°: Originale, in pergamena, del Breve di Papa A
Giulio IIl, in data 14 aprile 1550, col quale assolve Annibale Si- a
gnorelli dal bando incorso per essere stato uno dei 25 Capi della
Guerra del Sale contro Paolo III. Ne diamo il principio:

JuLIUS PP. III. — Dilecte fili, salut. et apost. benedict. Cum sicut Nobis nuper
exponi fecisti, tu, annis preteritis, in tumultu Civitatis nostre Perusine occasione salis
D impositi per felicem Memoriam Paulum PP. III. predecessorem nostrum, fueris unus
de XXV viris super rebellione contra Sedem Apostol. commissam deputatus, et rebel-
E lionem dicte Civitatis et comitatus eiusdem commiseris ac foveris, et quamplurima
| alia durante dicta rebellione, feceris que occurrerunt. Quamobrem una cum aliis
XXV viris in pena capitis rebellionis et confiscationis omnium bonorum tuorum
condemnatus extitisti, ac domus tue sollite habitationis in eadem Civitate satis nota-
3 bilis valoris diruta et solo equata, bonaque tua Camere apostolice confiscata et incor-
E porata fuere, ex quorum bonorum affictu Camera Apost., anuo quolibet, scuta auri
E, decem percipit, et a dicto tempore a patria exulavisti variasque calamitates, ruinas
‘et damna passus fuisti et substinuisti. Pro parte tui asserentis te ob premissa per te
commissa ex intimo cordis doluisse et dolere.... etc. »;

(1) Questa bolla è ricordata pure dal Kehr (Papsturkunden in Umbrien, pag. 368)
che ne vide copia in un libro [EE. Perusina beneficium processus] dell Archivio di
i S. Pietro in Perugia. Anche nei « Regesta Romanorum Pontificum » di Jaffè-Lòwen- :
‘3 feld ne è menzione a pagg. 6448.
1 (2) Kehr, op. cit., pagg. 362. — Jaffè-Lòwenfeld, op. cit., 1144.
(3) Kehr, op. cit., pagg. 367, in « Archivio di S. Pietro di Perugia »; lib. A,
fol. 16-21 Gregors IX. Transsumte.
680 G. DEGLI AZZI

perciò gli accorda il perdono, la remissione da ogni pena lempo-
rale e spirituale, reintegrandolo in tutti i suoi beni e dirilti, cas-
sando la sentenza di Paolo III ed ogni altra di condanna e di
bando, fino a quel tempo incorsa.

N. 8, atto 8.°: Copia di un Breve di Papa Paolo V, per di-
rimere una controversia sorta tra il Re di Francia e l'Ordine
Francese dei Minori di. S. Francesco di Paola ; del 13 luglio 1606.

N. 10, atto 12.»: Grossa filza di lettere di Antonio Comucci,
residente in Roma, dal 1781 al 1798, tra cui si contengono rag-
guagli sulle condizioni di Roma negli anni più tempestosi del
predominio francese.

Delle Pergamene [Classe unica], in numero di 55:

N. 22: Verbale d’ un’ Adunanza de’ Priori e Camerlenghi delle
Arti di Perugia, in cui si accorda, dietro istanza degl’interessati,
la cittadinanza di Perugia, con tutti i diritti e privilegì inerenti,
a Giuliano e Giacomo Dominici, Lombardi, « con ciò sia cosa che
esse gia sonno piu anni che sonno state nella cita de perusia ad
erercetare larte de li ciabattari et per lavenire intendono stare
et habitare in essa cita familiarmente et la dicta loro arte in essa
exercetare, etc. ».

90 Ottobre 1508.

N. 42: Frammento d'un libro del Digesto, che tratta dei
« diritti dell'usufruttuario », con amplissime glosse marginali, in-
terlineari, ecc., alcune delle quali portano il nome o la sigla di
Accursius.

Car. golici, regolari; della 2« metà del sec. XVI.

N. 54: Fascicolo membr. acefalo, contenente i « 19 Capitoli
del Ziegolamento, cui era soggetto il Depositario dei pegni del
Comune di Perugia ».

Scritto in volgare. — 16 Maggio 1551.
—— m ce
RET AN E RU TTE TOP MEET

UNA NUOVA CRONACA DI PERUGIA

E

NOTIZEEDI COSE PERUGENE

NELLA

BIBLIOTECA VATICANA

(Codd. Vat. 5899, Ottobon., 2627, Urbin. 921)

Gli editori delle Cronache e Storie inedite della Città di
Perugia inserite nella prima serie dell’ Archivio Storico lta-
liano non conobbero cronache e documenti di storia peru-
eina conservati nella Biblioteca e nell' Archivio Vaticani. Se
li avessero conosciuti, non avrebbero mancato di aggiungerli
alla collezione per accrescerne il materiale storico perugino.
Suppliamo oggi a quel difetto, pubblicando per intiero un
breve ms. di Ricordi dal 1522 al 1530, e una sommaria in-
dicazione bibliografica di altre scritture sulla storia perugina.

Dei Ricordi é autore Niccoló Bontempi che fu fratello
di Cesare, scrittore di altri Ricordi dal 1506 al 1550. Questi al-
lude una volta sola al fratello Niccoló, e cioó ne parla sotto
a data dei 31 ottobre 1530, quando fu eletto il detto Nic-
coló a vicario del cardinale dei Medici nell arcivescovado di
Avignone, per essersi partito in quel giorno alla volta di
Francia, ad assumere il detto ufficio.

I Ricordi di Niccolò sono pochi appunti fatti alla buona
e sparsi qua e là, senza molto ordine; ed egli stesso lo di-
chiara avanti, per non esserne rimproverato. Per la sua
biografia non vi troviamo altro che l' accenno alla laurea che
egli prese nello studio perugino ai 12 maggio 1524. Quindi
possiamo dir che egli prese a scrivere qualche anno. prima
di addottorarsi e cessò con l’ andare in Francia, ad Avignone.

ETE im — — Pr SEPA er AR UL
L. FUMI

I Ricordi di Niccolò non hanno né l' importanza, né l'esten-
sione di quelli di Cesare, o di quelli di Teseo Alfani; né
sempre la stessa precisione e accuratezza di costoro si riscon-
tra nel registrar che egli fa date e particolari; ma pur tut-
tavia sono notevoli e riempiono piü di una lacuna. Possono
sempre consultarsi assai utilmente, in specie per il periodo
dell'ultima fase nella vita di Malatesta Baglioni. Sono ap-
punti; non é una storia; ma sono appunti, tutti obbiettivi,
di un uomo che ebbe pratica delle cose patrie, e si trovó a
vivere in tempi corrotti.

bono contenuti in un Codice Vaticano sincrono, segnato
col n. 5899 (c. 1-162): cominciano dalla carta 85 e vanno
fino alla 99, comprendendo le date dal 4 dicembre 1521 fino
all'8 ottobre 1529, ma saltando a piè pari l’anno 1526.

Lo stesso codice contiene una miscellanea perugina della
quale ci contentiamo di dare le seguenti notizie :

[c. 1-9]. — 1. VARIAE INSCRIPTIONES. — Pes priscae variaeque an-
tiquitatis monumenta undique ex omni orbe collecta, etc.

Comincia con Roma: Galieno Clementissimo Principi etc. (Dell' Umbria riporta
le note iscrizioni romane di Spoleto presso S. Giorgio, fuor di Spoleto presso S. Fron-
ziano; di Perugia in S. Angelo; di Terni: Isiporo etc: di Rieti: AURELIAE etc., di
Tod: Jovr etc.).

[c. 1-54]. — 2. Vira pnr AsronnE BaGLIONI. — Vita di Astorre Ba-
glione brevemente raccolta dall’altra fatta da m. Bernardino Thomitano
medico et filosofo Padovano. — Com. Astorre Baglioni cavalier compi-
tissimo del nostro secolo ete. — Fin. Come per testimone della sua ul-
tima voluntà (V. Bibl. V. E. in Roma, mss. 395 — 870, 253, rosso —-.
ToMrrANO BERNARDINO, Vita di Astorre Baglioni).

[c. 56-73]. — 3. LETTERE DEL CARD. DANDINI. — Lettere dell’ Ill.mo
Signor Cardinale Dandini a diversi personaggi. — Com. Al Cardinal di
Trento, in nome del signor Balduino, di Roma alli 24 di maggio del 1550.
— Fin. In nome del Sig. Ascanio al Re di Francia, di Roma alli 22
d’ ottobre 1550.

—POsDB75n4aaA4AÁaAláAA ALVLAALZLALAP

LEUR
=otr=m=

UNA NUOVA CRONACA DI PERUGIA, ECC. 683

(Vi é inserto in due foglietti volanti un brano di cronaca del seguente tenore:

« In Perugia furono dui fratelli carnali, de’ Baglioni, l'uno chia-
mato Guido e l'altro Ridolfo. :

« Guido, il maggiore, hebbe cinque figliuoli, Astorre, Adriano alias
Morgante, Gismondo, Marcantonio e Gentile, abbate.

« Ridolfo hebbe tre figliuoli: Troilo, protonotario apostolico, il mag-
giore, Giovan Paolo e Simonetto.

« Vi erano anco dui pronipoti, Carlo Barciglia, cosi detto perché
nel arma portava un barciglione: questo fu nepote di Carlo Baglioni.
L'altro era chiamato il nobile Griffonetto, bellissimo e ricco sopra tutti
gli altri, pronipote dal canto di Braccio.

« Griffone hebbe tre figliuoli maschi e una femina ; Braccio, il primo,
Galeotto e Sforza. Filippo di Braccio, bastardo, ben costumato con cui
si consigliava Grifonio, come con suo maestro e padre.

« Il signor Astorre menò sua consorte di casa Orsina detta Lavinia,
a lui data dal Re di Napoli, la domenica a’ 28 di Giugno, la vigilia di
San Pietro e San Paolo, l’anno 1550, et entrò per la porta del Borgo
di Sant’ Antonio, a cui fecero compagnia tutte le porte: e fu fatto un
arco trionfale di legname coperto di panno istoriato tutto con le vittorie
del signor Astorre a piè di ciascuna con versi fatti da Francesco Mata-
razzi, in piedi della piazza. E nel giorno fu un bellissimo tempo; ma
sopragiunta la notte, rovinò ogni cosa, e gittò per terra tutti i palchi (?).

« Astorre tornò con gran vittoria da Assisi, dove a pena campò il
conte Alessandro di Scerpeto.

« Astorre pose in fuga tutti i senesi e la gente del duca d' Urbino,
ove morì molta gente a Passignano e vi fu prigione un Lodovico degli
Oddi.

« Il magnifico M. Pompeo, Carlo di Sforza, M. Filippo, Sforzino de-
gli Oddi, Giulio Cesare, Berardo della Corgna, il Conte Ludovico da Mar-
sciano, il signor Piero dal Monte furono rotti e vinti dal M. Morgante e
Giovan Paulo Baglioni al Borghetto del laco di Perugia e riportarono
lo stendardo di questo campo a Perugia con grandissima allegrezza della
città. :

« Il Re di Napoli, di casa d' Aragona, fece Duca di Gravina il signor
Conte Ranuccio da Marsciano cittadino perugino, e lo chiamò al suo soldo,
e gli mandò ventiotto mila. ducati e doicento cavalli grossi. Il quale es-
sendo in Capua, ove diedero l’ assalto i francesi, fu morto, e saccheg-
giata tutta quella città.

ne
TETTE TI RI KV
684 L. FUMI

« Il M Morgante fu chiamato da Papa Alessandro al suo soldo con
100 lancie.

« Nel fine del mese di maggio el M. Giovan Paolo Baglioni prese
Castel de Piero presso a Graffignano e di quello divenne Signore.

« Nel 1501 nel mese d'agosto il M. Troilo Baglione, protonotario
di San Lorenzo, fu eletto Vescovo di Perugia, il quale vescovato ottenne
per simonia, con molte migliaia di scudi.

« Nel detto anuo 1501 la Communità di Bettona, bandita dalla Chiesa,
si raccomandò al M. Morgante Baglioni e lo riconobbe come lor Signore
e Barone.

« La Signoria di Siena mandó il bastone al M. Gio. Paolo Baglione
e fu fatto Capitano e li mandó di molti denari, essendo stato condottiero
de’ fiorentini.

« Il M. Vitellezzo, per segno di benefizi ricevuti dalli Magnifici si-
gnori Baglioni fu da loro pregata la Communità di Perugia a farlo cit-
tadino délla detta Città, e fu ottenuto.

« Fu determinato che si dovesse riformar Perugia, e fu scritto sopra
le porte della terra vecchia lettere d'intaglio in tal maniera: Eractis ne-
fariis parricidiis victoribus Balionibus vetus instaurata. Urbe.

« Il M. Astorre Baglioni se serviva, lasciava di sé non minor fama
di Niccolò Piccinino; ché, giovine com’ era, aspettava il bastone della Si-
gnoria di Fiorenza con la condotta di duicento huomini d' arme e cavalli
leggieri, la cui fama per tutto risonava: lasciò di sè felice memoria.

« Il M. Morgante fu huomo intelligente de l'arte militare, onde la
Signoria di Venetia, di Fiorenza, il Papa, il Re di Napoli, ciascuno d'essi
procurò haverlo al suo soldo, ed era amato da tutta la città.

« Il nobil Malatesta, figliuolo del magnifico Giovan Paolo Baglioni,
d’anni nuove, in circa, hebbe la condotta di trenta cavalli, se bene non
fu per alhora accettata.

« Il M. Morgante fu avvelenato da un suo servitore; onde senten-
dosi vicino a morte, chiamò monsignor Gentile, Vescovo Orvetano, e ha-
vendolo preso per mano, li ricordò la salute sua e dello stato. Avanti la
sua morte gionse ivi un Ambasciadore de’ fiorentini per accrescerli la
maggior condotta per maggior sua fama; e apportò gran dolore a’ fio-
rentini la sua morte, perchè havean fra di loro risoluto darli il bastone
e farlo lor capitano generale, conoscendolo fedelissimo.
UNA NUOVA CRONACA DI PERUGIA, ECC. 685

« Morì a’ 17 di luglio 1502, dui anni dal giorno che furono occisi
le felici memorie di suo padre e suoi fratelli. Ricevè nella sua morte
grand’ honore e fu portato il suo corpo in Perugia, in San Francesco, e
collocato fra i suoi antecessori ».

[c. 85-99]. — 4. VARIE HISTORIE DAL 1522. — Com. Recordo come a
dì tre di octobre 1521 ete. — Fin. nè prevista da nessuno.

[c. 101-198]. — 5. Frammento di storia perugina, che comincia dalle
origini etrusche sull’ autorità di Annio da Viterbo, e poi descrive il sito,
il Trasimeno, il Chiugi e riassume la storia fino ai Goti. Seguono i ca-
pitoli: « Del bellissimo sito et buono aere della città di Perugia, delle
sue belle mura et antichi portoni da Ottaviano Augusto ristaurati et dello .
inespugnabile et forte sito di esse: — $ « Perugia essere stata in sua
propria libertà et sotto Roma et anco sotto diversi dominii, come sotto
della Chiesa, sotto V Imperatore et anco sotto il Duca di Milano » :
— $ « Come la città di Perugia fu obediente alla Chiesa mentre essa con
ia Corte Romana fece residentia in Francia. Et come il Cardinal di Hie-
rusalem, legato della città di Perugia, passò di questa vita, et fu sepelito
nella chiesa di San Francesco, et lo abbate di Monte Maggiore mandato
ad esso governo, fu da Perugini discacciato, et la cittadella scarcata » :
— $ « Perugia tornata in sua libertà et come sottomise a sè Foligno » :
— $ « Discordia e querra del Conte Corrado Thodesco con la città di
Perugia per causa di Canaia » : — « Amicitia et confederatione del
popolo perugino col serenissimo dominio Venetiano » : — $ « Confedera-
lione e lega co' fiorentini » : — « Lega e confederatione fatta tra Fio-
rentini, Perugini, Bolognesi, Pisani e Sanesi contra le genti oltramontane
venute in Italia » : — $ « Amicitia et anco guerra et inimicitia grande
co’ Sanesi » :

Com. L'altra diremo appresso per approvata... Fin. Et tanto appare
nella Cancellaria di Perugia sotto il 1408 alli 9 di aprile. — 28.

(Mancano le pagine del principio. Manca il fine, sotto la cui ultima carta è il
m. 23.come richiamo del foglio successivo).

[c. 139 140] — 5. (Si parla del disegno di una libreria di opere concernenti la
storia delle eresie, e quindi si dà ragguaglio della libreria pontificia in forma di
relazione e lettera).

Com. Perchè V. S. mi ricerca: Fin. felicemente et bene.

[c. 141-142] — 6. (Lettera scritta dalla stessa mano del n. 5 e concernente la.
libreria di S. Pietro di Perugia. Scrive un monaco di detta abbazia).
686 - i p. FUMI

Com. Ricerca quella riverenza... Fin. interrotta.

[c. 143-145] — 7. (Discorso religioso; della stessa mano, 5, 6).

Com. So bene: Fin. Signor nostro.

[c. 147-148] — 8. (Lettera latina della stessa mano, 5, 6, 7, diretta ad un Cardinale).

Com. Fecit adversa: Fin. Vale.

[c. 149-162] — 9. (Discorso sopra la Corte di Roma di Mons. Comendone Vescovo-
del Zante fatto poi Card. da Papa Pio quarto).

Com. La dimanda che voi mi fate: Fin. con infiniti abusi.

Un altro Cod., che è l'Ottoboniano 2627, contiene una
Historia di Perugia (c. 19-469):

[c. 13]. — Ac. 13. — Nomi degli Autori, dalli quali abbiamo cavato
el presente volume et historia, 1515.

(Citansi Beroso, Catone, Giov. Annio, Manetone, Marsilio Lesbio, Sempronio, ecc ,.

Si può sospettarne autore il famoso falsario Alfonso Ceccarelli).

Com. Venuto l’ universal Diluvio: Fin. che essa sapienza fu fabricata
e ordinata. — (con la citazione Legen. de S. Clara de Asisio).

(Favoleggia la fondazione della città all’ a. 268 dopo il diluvio).

[c. 17-27]. (Si dà la pianta, lo di Turrena augustale edificata 208. an. dopo il
diluvio, 20 del territorio etrusco).

[c. 31]. (La pianta di Perugia Griffonia fatta dopo il diluvio an. 421 e di Turrena
Augustale; a c. 47 e 48 pianta di Perugia e carta d' Italia).

(E divisa in 9 libri, e dalla origine si distende all'a. 1240).

Finalmente, l' Urbinate 921 (c. 1-24) contiene una Rela-
zione della occupazione di Perugia per le armi del duca Fran-
cesco Maria di Urbino e di Malatesta Baglioni; e di questa
daremo il testo un'altra volta, e precisamente nel prossimo
fascicolo, pronta, com'era già, alla stampa.

L. FUMI.

QUE Ua
xs ds TUS

TTC

.[e. 86]

UNA NUOVA CRONACA DI PERUGIA, ECC.

JIcordi di Niccolò Bontempi (1522-1530).

[e. 85] Bibl. Vatic. Vat. 5899.

1522
QUIDQUID MICHI PLACUERIT IN PRESENTI LIBRO DESCRIBAM :
SINE ORDINE TAMEN;
NE, SI ORDINE PERVERSO USUS FUERO, A NEMINE
POSSIM INCREPARI ;
VALE
DIE
. PRIMA
JANURII
152
9

In nomine Domini Nri Yhu Xpi; amen.

Recordo come adi tre di Octobre (1) 1521, che fu di Martedi,
vinne la nuova in questa terra come era morto papa Leone .x.mo
di la Casa de' Medici da Fiorenza: il quale era vixo .ix. anni nel
papato; per la morte del quale ne seguitò molti scandoli, mazime
per la revolutione di molti stati; ef praesertim di lo stato di Ur-
bino; ché li populi di quello stato si ribellaro al dominio dil papa,
el chiamarono Francesco Maria, loro primo ducha et signore ;
ché il papa predecto lo havea debellato per la morte che dette ad
uno Cardinale (2). Retornó anchora insieme con esso Malatesta
et Oratio Baglioni, primi de questa nobile Cità, li quali erano re-
belli di la Chiesa per molti loro delicli ; et essendo loro ad Urbino,
et il signor Gentile Baglione, che dominava qui con voluntà del
principe, sentendo che loro venevano per intrare per forza, con

^N

(1) Doveva dire, invece, quattro di dicembre (come ha Teseo Alfani nelle sue
Memorie (Arch. Stor. Ital., vol. XVI, p. II, pag. 291)

(2) Il Cardinale Francesco Alidosi, Legato di Romagna, ucciso il 24 maggio

1511 dal duca d' Urbino suddetto, nepote di Giulio II.
688 L. FUMI

forsi quatro milia persone (1), se mise in pronto con lo adiuto de
fiorentini et del signor Vitello, che militavano ambedoro sopto lo
stipendio de’ fiorentini, di aspectarli alla Muraglia, et fortificaro
la terra, adeo che venendo loro a dare la battaglia, doppo .4. giorni,
che erano stati ad rinfrescharsi al ponte Valdeceppi, et al ponte
di San Janni, mentre davano la battaglia alla porta di S.ta Giu-
liana, ad la Chiesa di S. Castaldo, fo ferito il Signor Vitello in un
piede da uno schioppo [c. 86 t.], e£ tandem furono ribatuti et ri-
bussati con propria loro vergognia et vituperio, doppo molte uc-
cisione et percussione di quelli di fora, il numero de li quali passò
doicento. De li homini da conto non ce morì si non il Conte Ri-
dolfo da Marsciano, et un Capitano, Polo Corso (2). Di quelli
dentro non morì homo, salvo doi o tre. Doppo questo, vedendo
loro non possere intrare, se retiraro nel borgho di San Pietro,
per stare la nocte. Onde Vitello, sentendosi gravare dal male
di quella ferita, deliberò andarsene ad Castello, et menare le
gente. Intanto che, in quella sera, ad .4. hore di nocte, montò
ad cavallo insieme con il. Signor Gentile et tutte le gente, et
andarsi con dio per porta Santo Angelo. Et cusì il Signor Ma-

latesta et Oratio reintraro in casa loro con gran feste, et con lo

adiuto dil decto ducha di Urbino, et con lo adiuto de parte de li
Ursini, mazime del Signor Camillo che era loro cugnato.

Item, nelli medesimi giorni, che fu ad la fine di genaro nel
.1522., reintró il ducha di Camerino in lo stalo suo, ché era fug-
gito per timore delle predecte gente; et discacciò il nepote dil du-
cha di Urbino, cioé il Sig. Gismondo che era intrato pochi di a-
vanti, con favore del decto ducha di Urbino: et amazò forsi tre-
cento di quelli dentro, intra forastieri et quelli di la terra; et feri
il prefato ducha novo in uno braccio et cacciollo di fora con gran
suo vituperio (3).

(1) Dice il duca d' Urbino nella sua relazione della presa di Perugia che erano
4000 fanti, 150 uomini d'arme e molti cavalli leggieri. Il Muratori attenendosi a que-
sta cifra si mostra meglio informato del Guicciardini.

(2) « Da otto in dieci homini da bene morti » dice il duca de' suoi, « cwm molti
de li inimici morti et feriti, et tra li mici é venuto ferito il signo Pyrro, in lo bracio
manco, de uno schioppo, senza però pericolo de morte, né de rimanere stropiato da
esso ». Perugia fu presa ai 6 gennaio.

(3) La novità di Camerino precedé quella di Perugia. Il duca Francesco M. di

È
UNA NUOVA CRONACA DI PERUGIA, ECC. 689

Castrum d. Gentilis. — Et in quello medesmo tempo il Signor
Gentile era a campo ad questa Cità, per reintrare in casa sua,
con lo adiuto dei fiorentini, con forsi .xit. milia persone, il quale
se acampò ad l'Olmo, et prima, doi di avante, haviano sacche-
giato Passignano del Lacho; tamen non fecero niente; ché furono
traditi da Giannino de’ Medici che era Governatore di quel Campo:
et così se partirò.

[c. 87.] Recordo come nel .1522. adi .4. di febraro li sopra
decti signori insieme con il decto ducha de Urbino, andaro per
rimectere li forausciti di Siena, cioè il Borghese et il fratello (1),
con tucte quelle gente che erano venute a Peroscia. Donde li Senesi,
sentendo questo, se fortificaro di.modo, che relornaro in derieto
con gran loro vergognia; et mancò pocho che non ce fussero ro-
pti; intanto che, in uno di et una nocte, tornaro in derielo da
Siena fino ad Castello di la Pieve con gran disagi di pioggie, neve
et penuria di fame; nè mai si tennero sicuri, fino non hebbero:

passate le Clane di Chiusce et furono nel perusino (2).

Urbino avvisò da Perugia ai 5 gennaio 1522 con queste parole Domenico Giorgi:
«.... Per fare dui colpi in un sol tratto. zoe remetere il signor Sigismondo, mio
nepote, in Camerino et così conseguire il mio, cioé Senegaglia tenuta dal signor
Joan Maria, cosi mi voltai a la volta sua, et apena intrato con alcuni cavalli ch'io
vi detti a questo effetto, il signor Sigismondo in quel teritorio cum le spalle ch'io
li porgeva cum tutto lo exercito, il signor Joan Maria partì, et il signor Sigismondo
cum universal contenteza di quel populo introe in la cità....» (MARIN SANUTO,.
Diarii. Vol. XXXII, 359).

(1) Borghese e il vescovo Raffaello.

(2) 11 Gradenigo, oratore veneto, scrivendo da Roma che il duca di Urbino erasi
ritirato da Siena in Gubbio, aggiùngeva che Firenze aveva mandato le sue genti
contro Malatesta e Orazio Baglioni per rimettere in Perugia Gentile. Il Collegio dei
cardinali scrisse al cardinale de’ Medici in Firenze di non fare queste novità, volendo
acquietare pacificamente le differenze. Ma si credeva non essere stati in tempo, per:
esser quella gente lontana sei miglia: da Perugia. I fiorentini poi replicarono aver
fatto ogni cosa per invito del Collegio stesso, e addussero copia delle lettere. « Unde
(scrive Marin Sanuto), reduti li cardinali tra loro presidenti, fo usato parole chi havia
scrito le lettere: a .la fin fo trovato el cardinal Sguizzaro solo averle fate scriver ‘et
bollate con li sigilli di essi de altri presidenti, zoè Santa Croce et Cornaro che nulla
sapevano, imo li haveano ditti sigilli lassati per bolar altre cose di poco momento.
‘Et statim scrisseno non dovesseno procieder, e de coetero le letere di. presidenti
fosseno sotoscrite da loro proprii; et si uno di loro non fusse di opinion et tamen
il Collegio paresse di scriver, quello cardinal succede si debbi sotoscriver ». I fioren-
tini andati sotto Perugia con Gentile Baglioni per rimetterlo dentro, credendo che è
L

WW
"B
|
|

"D. FUMI

Recordo come li signori Cardinali, nella confectione dil papa,
per la scisma che era tra loro, stettero in conclave giorni .47.;
adeo che si non [era] la revolutione dil stato di Perusia, stavano,
forsi, sei mesi ad eleggere il pontifice. Et in electione fu electo
uno Cardinale fiandrese, Vescho di Tortosa, in Spagnia, che mai
era stato ad Rowa, et tempore electionis mancho era in Roma,
ma era al governo nella fin di Spagnia, proposto da lo imparatore,

“ad quello tempo imparatore et re di Spagnia insieme. Era di lon-

tano da Roma doi milia septecento milia; adeo che se stette doi

mese antequam acciperetur ab aliquo aliquod verum. novum; di.

modo che isto interim fuerunt omnia supradicta scandela, et alia
quam plurd, mazime quia tune temporis se retrovava il Campo
de li Francesi intorno ad Milano con forsi Xxx. milia persone;
dove drento era il Signor Prospero Colonna, che teneva Milano
per lo Imperio et per la Chiesa, et di fare con li Franzesi, ci
era il Signor Marco Antonio Colonna; intanto che venendo alle
mani decti Franzesi con il populo di Milano, infra doi volte,
hamazzaro forsi .xn. milia persone, fra Francesi et Svizzeri,
che erano co’ Franzesi; dove moriro di artellaria il Signor Marco
Antonio Colonna, et il Signor Camillo Trivolsio Conductieri et
Capitani delli Franzesi (1).

Recordo come, nel principio del mese de Aprile, essendo
uniti fere tucti li Signori Ursini insieme con Malatesta et Oratio

.

perugini si. muovessero contro Malatesta e Orazio, trovarono il contrario. Orazio,
anzi, uscì fuori e prese 50 cavalli de? fiorentini, i quali così ritiraronsi indietro di
otto miglia; e intanto il S. Collegio distoglievali dalla impresa e mandava un ve-
‘scovo in Firenze per l'aggiustamento. Tanto era lo stremo di denaro alla morte di
Leone X che ai cardinali fu d' uopo impegnare certi candelieri per cavarne cinquanta
miseri ducati necessari per il viaggio del nunzio ; e per pagare il marchese. di Man-
tova, capitano della Chiesa, e la sua gente, era stato necessario, a ogni cardinale
chiedersi mille ducati per ciascuno. Tre soli sottoscrissero, gli altri no. Per lé esequie
del Papa convenne togliere i ceri preparati per il funere del cardinale di San Giorgio,

morto poco prima (V. M. Sanuto, op. cit., vol. XXXII, XXXIII, XXXIV). Leone X :

che durante il pontificato aveva riscosso cinque milioni e cinquantamila ducati, la-
sciò un debito di 80.660 ducati. :
(1) In margine: Mors DominiMarci Antonii Colunnensis.
UNA NUOVA CRONACA DI PERUGIA, ECC. " 691

"Baglioni, durante la guerra anchora tra lo Imperatore et il Re
di Franza, li sopradecti Signori Ursini dettero denaro in questa
inclita Città di Perusia ad istantia del Re di Franza, et alzaro le
sue bandere et vexilli; di modo che ragunaro, forsi, .xn. milia
fanti, infra qui et infra le terre de Roma loro amice; et andaro
con esse alla volta di Siena zterum et de novo; adeo che li Se-
nesi essendo in lega con Fiorentini, se fortificaro tanto nella Cità,
quanto nelli Castelli et terre; intanto che il campo predecto non
li poteva fare troppo male. Andaro inante fino ad Siena ad un
miglio: dapoi tornaro inderieto per causa di la fame et deltersi
in ropta. Steltero undici dì senza pane; di modo che bisogniò
pascer herbe per vivere. Fu capo de decte gente il Signor Renzo
da Cere. Lassaro l'artigliaria per fuggire più presto, et ritrovarsi
ad Aquapendente solamente le bandere (1).

[c. 88.] Recordo come a dì .27. de Aprile, millesimo ut su-
pra, venne la nova in questa Cità, come li Bentivolj da Bologna,
con lo adiuto et braccio del ducha di Ferrara, haveano posto campo
ad Bologna per reintrare in casa loro, et il populo de dicta Cità
se levó contro de loro, et con grande animo fecero impito contra
loro, et furono ribussali fora con grande occisione di persone, et
con gran loro vergognia, et perdero l'artegliaria, che il ducha di
Ferrara li haveva prestata.

Item, nel medesimo tempo, forsi tre di inante, era venuta la
nova in questa Cità, come li Svizzari haveano abandonato il campo
dei Franzesi, che erano forsi .x1 milia in adiuto de’ Franzesi; et
questo fecero per causa che le Terre franche insieme con il Re
de Inghilterra scripsero lettere et mandaro a dire a'decti Sviz-
zeri, qualmente dovessero tornare inderielo, si non che moveriano
el romperiano guerra nel loro paese. Et loro sentendo questo, tor-
naro et lassaro la impresa di Milano alli franzosi et ha' Venetiani
soli, partiti che furono Svizari. Il signor Prospero Colonna, vere
columna, che era in Milano con le gente de lo imperatore insieme

con il Ducha di Bari (2), dettero drento in decli franzesi el rup-.

(1) In margine: Capitaneus fame, Renzo vacharo.
(2) M. Sanuto così compendia una lettera di Malatesta senza data, scritta da
692 L. FUMI

dictum fuit, tamen non fu vera.

A di xv di maio 1522.

-

[c. 88 t.] Venne la nova come li franzesi con la persona dil

Re di Francia propia fecero la giornata con lo exercito Cesareo

che era in Milano. Nel qual conflicto se disse esser morte più
di trentamila persone.

Recordo come a dì xviiij de maio, millesimo ut supra, venne

la nova come Fabritio Signorelli, nobile perusino, giovene stre-.

nuissimo, educato da li teneri (1) nella arte militare et di quella

molto experlo, tamen venne la nova, dico, che lui era stato.

amazato da li vilani in quel di Milano, come volse la Sua for-
tuna, durante la guerra tra la faclione cesarea et franzese, et ita
res se habuit. — Fu ad uno castello de li Palavigini insieme con
il signore d'esso castello.

vene valente (2).

Recordo come a di xxviiij di maggio venne la nova come-

lo Signore di Arimino (3) era reintrato scognosciutamente in Ari-
mino et fece levare il romore, et fu mandato via il Locolenente
che.era li ad instantia. di la Chiesa.

Perugia, circa Ja fallita impresa di Siena: « Scrive, poi il suo ritorno di Roma, non
haver più scritto a la signoria nostra per esser stà amalato, adeo li medici dubitava
fosse atosicato; et desiderando meter il cugnato Petruzi nel stato di Siena, fato zente,
il signor Renzo etiam lui li mandò 50 homini d'arme, 200 cavalli lizieri et 2000 fanti ;
quali andati soto Siena, et queili dentro vigorosamente defendendosi, et quelli di
fuora pativano grandemente di fame, adeo de li soi fanti mandò zercha 100 è morti
de fame, siché si sono retrati di la impresa » (Vol. XXXIII, pag. 1827.). Un'altra lettera
scritta da Rovigo il 21 aprile, da parte del podestà Francesco da Lene, conclude che
Renzo Colonna « si havia posto in certi castelli di Baioni, et che le gente havia si
distentavano per difetto di non haver di darli denari. Conclusive, la impresa qual
era sussitata per il re Christianissimo per divertir che Fiorenza non desse favor a
Milan, é andata in fumo ». Il duca di Urbino venne poi in intelligenza con Firenze.

(1) Sottintendi anni. )

(2) In margine; Ungaretti mors.

(3) Sigismondo di Pandolfo Malatesta.

peli in modo che non fecero più testa et passaro li monti. Ita:

Morì, nel medesimo loco, non dopo.
molte here, Ungaretto figliuolo de’ messer Gentile Signorelli, jo--

eet

Beute ar mater e AIT ur e ai
D EDT eM UTE
UNA NUOVA CRONACA DI PERUGIA, ECC. 693 5-5

Item nel medesmo di, come di sopra, venne la nova come in
Fiorenze se era scoperto un tractato per ammazzare lo lll.mo et
R.mo Cardinale de' Medici ad instantia di la factione franzese, et
| furono presi molti cittadini fiorentini, tra li quali ce fu un Zeno-
bio di Bondelmonte, homo riechissimo (1).

[c. 89] Recordo come a di 6 di giugnio nel 1522 venne la
nova come il campo di la Cesarea factione era andato ad Genua
et quella haveano presa per forza et saccheggiala con grande
occisione de una parte et l'altra, et maxime de Spagnoli, che ce
moriro forzi cinque milia, secondo se disse, et fu amazato il ca-
pitano di la guardia di Genua con molti homini da bene.

Recordo come a di .xij. di luglio (2) il signore Malatesta Ba-
glione parli da questa inclita città di Perosia et andò ad la volta
di Venetia, et questa fu la prima partita che facesse doppo che
hebbe repigliato lo stato di Perusia.

Recordo come a di .xviij. di agosto vinne la nova dal Car-
dinale di Cortona, Legato di Perusia, come il papa era smontato
7 a Ligurno, et era certo: demum se disse essere a Genua, et

adhuc est in pendenti.

[c. 89 t.] Recordo come a di .xxvij. di agosto vinne la nova
cerlissima come il Papa andava alla volta di Civitavecchia verso

Roma, et che era vero che era smontato a Ligurno, come dixi
di sopra. — Portó la nova misser Agnolo da Montepulciano man- d
dato da li magnifici Signori Priori di questa inclita Città, donde

ne fu facta la alegreza.

(1) Zenobio di Bondelmonte e Luigi Alemanni, principali della congiura, fug-
girono e .si misero in salvo a Venezia. La Signorìa di Firenze mise la taglia sulla

loro vita e confiscò i loro beni.

ia (2) L' Alfani dice a di 21 luglio, di lunedi (Arch. Stor. Ital., vol. XVI, p. II, 300).
Il Sanuto registra sotto la data de' 12 luglio....« Malatesta vien al governo di la
compagnia soa che è homini d'arme 100 (vol. XXXIII, pag. 356). Egli arrivò à Ve-
nezia il 25 (pag. 378). Sembra più sicura la data che assegna l'Alfani, de' 21, corri-

spondente anche al giorno di lunedi.
ITER ARIETE I

L. FUMI

Recordo come a dì .xxviij di agosto vinne la nova come la
Santità di nostro Signore era arrivato ad: Roma et smontato in
San Paulo, et a di .xxviiij. del dicto venne la nova che la dome-
nica veniente se dovea coronare, che fu l’ultimo dì di agosto :1522.

Recordo come a di .14. di settembre .1522. che ben fu giorno
infelice, vinne la nova da Roma, come Federico .nostro (1) era
ammalato forte, et secondo che dicevano li medici, era de peste:
noi ci mandammo Girollamo nostro (2) a staffetta. La Vergine
gloriosa, con il redemptore del mondo, per loro summa pietà, lo
scampi da tanta infirmitade, et il beato sancto Rocho benedetto.
Recordo che a di 19 del decto havemmo la lectera da Roma da
Jeronimo che Federico era megliorato.
cta Trinitas, amen.

Gratias agimus tibi, San-
Per milios evasit, deo duce.

[c. 90] Recordo come, a di .24. del predecto, Federico nostro
insieme con Jeronimo retornaro da Roma sani et salvi, et vin-
nero ad la nostra torre, et li stettero per spacio di .x. giorni;
poi con la licentia de li officiali de la peste, li fece intrare drento
la ciltà. Sit benedictus Deus, amen.

Recordo come a di .17. d'octobre il Signor Gentile Baglione,
quale era forauscito, come è stato decto di sopra, di questa inclita
‘ciltà, retornò de voluntà di la Santità di N. S., et fu receuto
con honore lui, li figlioli di Griffone, cioè Braccio Baglione. Li
altri doi, cioè Galeotto et Sforza, restaro per il contado, quia ha-
bebant confinia a R mo D. Cardinali Corthonensi Legato huius

alme Civitatis dignissimo, ratione homicidij nefandissimi com-

missi in personas írium fratrum carnalium, filiorum. Johannis

Ursi de Montesperello Nobilis perusini (3). Jtem retornó messer

(l) Federico Bontempi fratello di Cesare e dello scrittore di questi Jicordi, di
cui piü avanti.

(2) Pur esso de' Bontempi. Di lui si hanno varie lettere inserite ne' Diari del
Sanuto. . É

(3) Il 7 gennaio Galeotto e Sforza Baglioni fuorusciti insieme con Alessandro
Vitelli e loro seguaci uccisero, vicino a Città di Castello, Giulio Cesare, Ottaviano,
Carlo, figli di Giova 1 Orso da Montesperello, recatisi colà per ordine de' superiori
dice I Alfani.

"

o:
pet

UNA NUOVA CRONACA DI PERUGIA, ECC. 695 .

Jeronimo de di Oddi, et Armanno de la Staffa, nobilissimi di la

‘città. Sforza del Miccia detto de li Oddi.

Recordo come a di .6. di. novembre il signor Cardinale di
Cortona, Legato dignissimo di questa magnifica Città et de l'Um-
bria etc. vinne zferum in la Città, ex commissione Sanctitatis
nostre .pp. Adriani .vj. che lo havea refirmato in legatione, etc. (1).

[c. 90 t.] Recordo come a dì .15. di novembre, perseverando
tuctavia la peste ad Roma, non obstante che qui se facessero le
guardie per simile conto, tamen, nel sopradecto di, per li nostri
peccati, permissu Det, cominciò la peste (che Dio sia quello la
faccia cessare, per sua pietà!) in questa Città, ad casa di un po-
vero homo, in una contrada chiamata Pastone. Eta dì .24. del

«decto morì un altro in ella piazzola del Borgho de la porta di

Sancto Angelo. Misereatur nostri omnipotens deus elc. Fuit
vigilia Sancte Kattarine devotissime.

.1523.

Recordo come nella fin del mese di genaro, nel sopradecto
millesimo, li familiari di Oratio Baglione che erano Spoletini, as-

(1) Silvio Passerini. Ne era il segretario Cinzio Filonardi di Bauco. Questi in
una lettera al fratello scritta da Perugia il di di Santo Stefano 1522, gli dà notizia
delle cose-di Assisi nei seguenti termini: « Nostro Signore ha restituito Assisi alla
legatione et datone il governo a monsignor mio Re.mo come era prima, levandolo
al Re.mo et Ill.mo Cardinale Ursino: et il medesimo ha facto di Bevagna che haveva
il Ponzetto, et fra doi o tre giorni si manderà a pigliarne il possesso, et prima se
farà opera, avanti che la cosa se palesi, havere nelle mani o tucti o qualche uno
di questi miei adversarii; et non son fuora di speranza che il disegno ci riesca, ha-
vendoce una parte tucti di homini da bene et la Rocca che sta a dispositione di S. S.
Re.ma; et riuscendoci il disegno, la guerra saria finita: ma quando non se gli po-
tesse dare le mani a dosso, in ogni modo la faranno male; perché saranno forzati
andarsi con Dio et fuggirsi; perché il Cardinale, per la mala vita loro, non mancherà
perseguitarli per tucto et attendere ad iucorporare li loro beni alla Camera aposto-
lica, alla quale fino a ten;po della santa memoria di papa Leone furono confiscati et
loro dichiarati ribelli. Et S. S.tà commecte per il suo breve che se exeguisca contro
tutti condennati; in modo che tucto, Dio laudato, comincia a passar bene... ». Gli
avversarii di Cinzio. Filonardi erano coloro che sostenuti da Orazio Baglioni ritene-
vansi i possedimenti de' benefizi ecclesiastiei conferiti al medesimo (Arch. Vat. Vesc.,
IV, €. 71).
:696 i

FUMI

saltaro un loro inimico, familiare del Signor Gentile, capo de parte
di Spoleto, nomato Antonio, et li dettero una ferita nel collo, donde
ne hebbe ad uscire gran scandalo (1); si non che '| R.mo Legato,
Cardinale di Cortona, che allora era qui, ci provvedé; et con un:
breve hauto da la Sanctità di nostro Signore papa Adriano, li mandò
fora di questa nobile Città, a sei miglia, et il ritornare a benepla-
cito di sua beatitudine. Che Dio lo inspiri a questa et migliore:
cose pro salvattone di questa povera Città !

[e. 91] Recordo come a dì .xij. di marzo, nel .1523. venne
ad Asese, terra proxima qui, un Commissario di la Sanctità di
Nostro Signore con circha 300 fanti et cento cavalli, solo per
purgarli di loro delieti. La qual cosa intendendo decti Asesani,
se andaro con Dio la maggiore parte di quella terra; tra li quali
furono caporali certi figlioli di un misser Galeotto, capo di parte
li ad quel tempo (2).

(1) Fatto è taciuto dall'Alfani, altro cronista di questo tempo, eppure assai note”
vole per le conseguenze.

(2) Un'altra lettera di Cinzio Fiionardi scritta da Assisi il 10 marzo 1523 a Bar-
tolomeo di Bibiena ci fa conoscere tutte le particolarità di questo fatto ....« Io
cominciai a scrivere questa lettera circa un mese fa et mai ho potuto dargli fine, se

“non da sei giorni in qua; et venendo aviso et da Roma a monsignor mio e dal Pitta
(Francesco Pitta Vicelegato) a me, che la S. S. doveva venire con tucte le genti che
havea a Viterbo a castigare et punire questi ladroncelli d' Assisi et principalmente li
capi, che sono li adversarii miei, l'ho ritenuta cosi imperfecta per voler vedere il
fine di questa cosa et darne poi aviso. Cosi alli 7 di questo arrivò esso Monsignor
Prothonotario Pitta et al presente Vicelegato di Perugia et Commissario di N. S.
con amplissima auctorità a Diruta, castello di quel contado, et discosto dalla città
octo miglia con 590 buoni et belli fanti di natione spagnola, svizeri et lanzichenech
et 150 cavalli, et seco é il Capitano generale della Guardia di S. S., messer Vincenzo.
da Tivoli, il Capitan Rivera et altri capi, et cinque muli carichi di certi belli mu-
schetti. Dove il prefato Monsignor mio mi mandò a consultare questa expeditione,
et finalmente ci risolvemmo venircene a questa volta, facendo prima. ... che se for-
morono quivi certe previsioni che da me furono ricordate in nome del Cardinale. Et:
così hieri, che fummo alli 9 del presente, entrammo in Assisi. Di donde li decti la--
droncelli si erano la nocte avanti fugiti. Et hora non si attende ad altro che à pen-
sar via et modo haverli, se sarà possibile, nelle mani, perché sono anchor nel paese,
et poi procedere contro]tucti giuridicamente, dechiarandoli di nuovo ribelli, et li
beni se confischeranno et se renderanno alli parenti amici, et finalmente, bisognando,

alla Comunità, et io attenderò, oltre l'altre cose, che per servitio delli padroni haro..

à fare, a ripigliare et riconoscere le cose fnie; et a l'ultimo Dio mi vuole pure aiutare.
Éxpedite poi le cose di qui, et facta che ’1 prefato monsignore Vicelegato harà la
UNA NUOVA CRONACA DI PERUGIA, ECC. 697

Recordo come del mese di marzo, in principio, Ja Sanctità di
Nostro Signore papa Adriano .vj. mandò un breve ad li Signori
Baglioni, che, eo viso, dovessero andare ad Roma davante ad
Sua Sanctità; per la qual cosa li sopradecti Signori, cioè il Si-
gnore Gentile et Oratio, se apresentaro davanti ad Sua Sanctità
per causa di loro differentie et questione.

Recordo che li sopradicti Signori Baglioni stettero in Rema,
et la Sanclità di nostro Signore papa Adriano ci li tenne tanto,
che se trovaro ad la sua morte, che fu ad mezo septembre del
sopradecto millesimo.

Recordo come li Signori Cardinali, doppo la morte di papa
Adriano, intraro in conclave il primo dì di octobre, mese subse-
guente, et li discordanti stettero ben cinquanta quatro giorni in
creare l'altro ; donde infastiditi et stracchi, forte permissu Det,
et sine forte, crearono papa lo Ill.mo Signor Cardinale de’ Medici,
illo tune maggior Cardinale di Roma et più potente di denaro et
di persone ete.; del quale ne fu facto in questa Città grandissima
allegrezza et per tucto. Dio lo inspiri a ben fare. Nuit sibi
impositum nomen, Clemens .vij. CA

[c. 91 t.] Recordo che il Signore Oratio, avante la creatione
del predecto papa, et sic, sede vacante, tornò da Roma et andò
in le loro terre, et tucti li amici del signore Gentile li spoliò de
facto et privolli di tucto quello che haveano al mondo; et demum
se ne andò ad Petrigniano, castel già di Asese, recommandato
del signore Gentile, et quello pigliò d’acordo, et poi li saccheggiò
et infochò : da poi andò ad Roma ad visitare nostro Signore, ef
adhuc permanet.

Recordo che a di .xj. di genaro vinne la nova qui in la città
che era morto il signore Prospero Colonna, glorioso et invictis-

sua entrata in Perugia con tucte queste genti, la S. S. con esse se ne andrà a Fa-
briano a far li quanto vi sarà da fare, et forse, poi, altrove. Di qua tucti questi
grandi cominciano a tremare et il nostro Pitta si fa valere » (Arch. Vat. Vesc., IV,
C. 84).
698

L.

FUMI

de li franzosi intorno al decto Milano, che il decto Signore Pro-
spero li havia scacciati et tolto il Ducato di Milano et remesso il
ducba con il braccio di la Chiesa et dello Imperatore, ete.
Requiescat in pace.

Recordo come a dì 27 di genaro nel .1524. ad hore .Xvilj. il
Signore Oratio Baglione fu facto prigione ad Roma, in ponte di
Castel Sancto Angelo, di la Sanctità di nostro Signore papa Cle-
mente .vij.; et il medemo commandò al Signore Gentile che era
in Roma, che dovesse andare in Castello, et lui sponte ci andò.
Et di ciò vinne la nova qui in questa Città la nocte veniente,
adeo che la matina alli 28 del sopradecto mese se diceva publi-
camenle, e£ ita fuit (1).

Recordo che nel principio del mese di maggio nel .1525. il
Signor Gentile sopradecto tornó da Roma sano et salvo nel con-
tado di Perusia, lassando il Signor Oratio in Castello (2).

[c. 99] 4524.

In Dei nomine, amen. Recordo come a di .xij., di maggio,
nel soprascripto millesimo, ad ore .xxij, di giovedi, pigliai il

(1) Di cio gli avvisi da Roma, dello stesso giorno, a Venezia davano che « an-
dando a palazo col Cardinal Colona Horatio Baion, di ordine del Papa fo intorniato
et posto in Castello e mandato a la caxa dove era Gentil Baion, suo barba, parte
contraria; etiam lo fece condur in Castello. La causa non se intende: chi dice per
cosse fra loro; chi dice il Papa non vol questi Baioni intrano in Perosa più » (M. Sa -
nuto, op. citat., vol. XXXV, 388).

(2) Ai 28 giugno 1524 era uscito Gentile da Castel S. Angelo, dopo cinque mesi
e un giorno di prigionia. Orazio del quale erano state date al papa « molte querele
contro », dice M. Sanuto (Vol. XXXVI, 467) usci dopo due anni, undici mesi e tre
giorni, il primo gennaio 1527. Dice l'Alfani che « per lui si erano adoperati li rive-
rendissimi cardinali Farnese e Monte, e altri signori e prelati ». Ma doveva dire che
Venezia s' interpose per la sua liberazione con Clemente VII: « Sua santità rispose
faria il tutto, per quanto a Soa Beatitudine, pur si conzi con Vitello qualé in campo,
e con Zentil Baion é in Perosa » (op. cit., V., XLII, 103). Sulla fine di agosto il Papa,
rispondeva all’oratore veneto che tornava a dire: « Saria bon lassar di castello Oratio
Baion, che é di fazion Orsina.... e optimo capo contra inimici: Mi Ao toito il
cargo di adattarlo con Zentil Baion » (op. cit., XLII, 289, XLIII, 449). — Restò mal-
levadrice per lui Venezia (op. cit., XLIII, 579).

simo, di sua bona morte, ad Milano, stando il campo prossimo
UNA NUOVA CRONACA DI PERUGIA, ECC. 699

grado del doctorato di ragione civile, e£ solemniter, magna comi-

tante cateroa, mi ne ritornai ad casa. Sit laus Deo semper et
2 D

per infinita secula (4).

Recordo.che del mese d'aprile nel .1525., venne la nova come
il Re di Francia era stato et faclo prigione intorno a Pavia, con
grande occisione di regie teste et capture di baroni et duchi.
Fu preso ad instantia dello imperatore, cioè dalli spagnoli suoi
soldati. Z?equiescat. ;
Et noto che in eodem conflicíu morì un homo molto valente
et experto nella arte militare, nomato il signor Troiano dalla

Staffa, gentiluomo perusino. a teneris allevato nella sella. Mili-
tava con il ducha di Milano con cento cavalli sopto di lui et con
gran credito: morì di botta di archobuscio nella coscia. Mise-
reatur sui omnipotens Deus. Fo gran danno omnibus.

Recordo come addì .18. di Luglio .1525. il signor Gentile Ba-
glione tornò nella Città voluntate superioris domini Nostri D.
Clementis .pp. .vij., et post quattuor dies petiit Florentiam, causa
et occasione videndi R.mum D. Cardinalem Cortonensem, qui ibt
aderat et Perusiae Umbriae Tusciacque Legatus, etc. etc. :

[c. 92 t.] Recordo come di lunedi a 6 di maggio .1527. intra-
vinne.lo inestimabile et. perhorrendo caso della captura della
Città. romana dalli spagnioli et Lanzichinech, ad instantia dello
Imperatore, sedente Clemente .pp. .Vij. florentino, Medices ; quali

l'anno inante nel mese di Septembre, fu renchiuso per sua salute

in castello sancto Angelo, con gran sua vergognia et scorno dalli
Collonnesi, perché persequitava il Cardinale Colonna nomato Pom-
peo; el diete gente vennero con consenso de'decti Signori Colon-

- nesì et pigliaro Roma, cosa mai più: udita a'nostri tempi: dove
o È)

guadagniaro thesoro infenito, con deluzione et persecutione de’ preti,

(1) Nell’Archivio antico universitario di Perugia (parte I A. cod. I, c. 39) è una
Costituzione su i trionfi dei laureati (V. SCALVANTI, nel suo Inventario-Regesto, Peru-
gia, 1898, pag. 12).
100: RR L. FUMI

‘ spogliandoli et bactendoli, etiam de’Cardinali e Vescovi, impo-

nendoli taglie grandissime; et adi .viij. di giugno, decto mille-
simo, pigliaro Castel Santo Angelo, d'accordo, per non esser mu-

nito; nel quale era il papa con molti Cardinali residui di quelli

che erano fuggiti in farsetto, chi a Vinetia et chi in Lombardia.
Monsignore di Cortona, Legato nostro, dominava in Firenze, al
hora, et odendo il caso, fuggì a Lucha etc., et puoi in Parma.

Adj .3. di Agosto .1527. recordo che il signor Oratio Baglione,
essendo tornato da Roma, scappato di Castello dalli Lanzichinech,
dopo la pace facta tra esso e il signor Gentile, de consensu comuni-
tatis, in tal dì, come di sopra, stando il campo della lega et de
venetiani, del quale era presidente il Ducha d' Urbino et il signor
Federico da Bozza (1); et venendo decto signor Federico nella
Città, piglió il signor. Genlile, in casa sua, in persona, alle .23.
hore, et alle tre hore fu ammazzato insieme con Phileno et Ani-
balle Baglione, passati per pugniali crudelissimamente (2).

[c 93] Recordo che adj .15., un sabato, di novembre, nel
sopra scripto millesimo, venne la nova, nella città, del crudelis-
simo homicidio comisso per Prospero de Berardo da Gorgnie nella
persona di messer Girollimo delli Oddi, et di quattro sui figliuoli,
tre maschii et una femina; cioè Pompeo, Leone et Guido e la

(1) Federico da Bozzolo, dei Gonzaga. Così pure Cesare Bontempi.

(2) V. i Ricordi di Cesare Bontempi e la nota (3) del Fabretti alla pag. 324 del
vol. XVI parte II dell' Arch. Stor. Ital. — In una lettera del vescovo di Fondi al Ve-
scovo di Veroli del 22 agosto 1577 si legge: « De novo... scrivese per monsignor
Re.mo Colonna il S.or Horatio Baglione avere amazato m. Gentile et soi seguace et
grida: Imperio ». (Arc. Vat. Vesc., III, c. 68). Benedetto Agnello, dal campo della lega
presso Pontenuovo sul Tevere, scriveva a Venezia ai 4 d’agosto: « Heri il signor Fe-
derico da Gonzaga fu mandato a Perosa per indur il signor Gentile Baglione ad
uscire di quella terra et venir qui in campo, over andar ad habitare a Firenze, over
in qual altro loco più li piacesse sul stato di Signori fiorentini, fin tanto che le cose
starano nel termine che sono. Non volendo lui consentire di uscire di Perosa, il pre-
fato signor Federico li pose in casa 200 archibuseri et lo consignò pregione a Gigante
Corso con disegno di farlo condurre dove questi signori havessero determinato; ma
il signor Federico, andò alla casa del prefato signor Gentile, et havendolo ritrovato
pregione et disarmato, lo ha crudelmente morto insieme con dui suoi nepoti, uno di
quali si chiama Hannibale, l’altro Fileno. Queste sue crudeltà lo fanno odiare a tutto
il mondo » (M. SANUTO, Op. cit., XLV, 602).

TET VIALI
UNA NUOVA CRONACA DI PERUGIA, ECC. TOL

‘Gentilina, cosa nefanda et abominabile. Noto che ancho in dieto
di per decto Prospero fu amazzato Haniballe, bastardo delli Oddi,
in Passignano, Castello del Laco de Perusia (1).

Recordo che adj .8. decembre .1526., di domenica a sera, la
santità di Nostro Signore papa Clemente intró nella Città di Or-
vielo, sendo uscito della mano et potestà delli Lanzichinech et
spagnioli, quali lo haveano tenuto septe mesi rinchiuso in Castel
Sancto Angelo; et cusì vinne la nova nella città de Perusia, dove
fu facta alegrezza etc. (2).

Et nota che, avanti che uscisse Nostro Signore, se moriro in-
terim molti Cardinali et Prelati, grandi homini, chi per disdagi
et chi per malenconia della perdita della robba et dello honore.
Tra li quali morì il R.mo monsignor Armellino Camerario etc.,
Cittadino Perusino, cuius anima firmiter, ut credo, cruciatur apud

(1) Questo fatto nei Ricordi di Cesare Bontempi é riferito ai 19 novembre, giorno
di sabato, per l' uccisione di Girolamo degli Oddi e dei figliuoli, e ai 17 di domenica (!)
la uccisione di Annibale. Queste sconcordanze di giorni che si verificano anche in
altri casi sono facilmente da attribuire ad emanuensi. i

(2) Il Bonaini annotando i Ricordi di Cesare Bontempi osservò che il Papa non
potè giungere in Orvieto la sera degli 8 dicembre, lo dedusse dal Guicciardini. Ma la
notizia data dai due Bontempi é esattissima, e concorda con le notizie che si hanno
di Orvieto (V. il mio libro Orvieto, note storiche, al cap. di Clemente VII, pag. 186,
Lapi, Città di Castello, 1891). Anche M. Sanuto ha: « Heri (8) a hore 22 el Pontefice
zonse a Orvieto con 100 cavalli lizieri, capo il signor Alvise Gonzaga é con Cesarei »
(vol. XLVI, 369). « Zonse a di 8 a hore 2 di nocte; però che avendo fornito il castel
Santo Anzolo di fanti italiani, disse al Capitanio Larcone che 'l si voleva partir. El
qual li disse ora meio Soa Beatitudine restasse 3 over 4 zorni aziò in camin non
fosse prexo: et che soa Santità considerò queste parole, et la note a hore 8 montò a
cavallo et vene li a Orvieto con 30 cavalli...» (pag. 375). Del soggiorno della corte
in Orvieto dissi qualche cosa, già, nel libro citato, che cioè vi si vivesse poveramente :
il Lippomano scriveva al vescovo di Bergamo ai 7 gennaio 1528 come « de li la corte
è qual falita, senza un carlino. Li vescovi vanno a piedi con un capeleto in testa et
mantellini frusti, et li cortesani biastemano Idio; sono come disperati. Li cardinali
varno con 4 servitori et su la sua mula, sicome andavano in primitiva ecclesia; pur
a li soliti costumi disonesti, et per uno iulio si venderebbe Christo. Sono 7 cardinali,
zoè questi: Santiquatro, Monte, Peroscia, Ravena, Redolphi, Trzni et il novo Gonzaga
creato »...: e parlando dei Moscoviti che recarono al Papa « Zebelini negri per
valuta di ducati 6000, dice esser « venuti a proposito, ché subito il Papa di queli si
fece fodrar una veste et la indossò » (pag. 488) .... « Et come a Orvieto è grandissima
penuria di viver » (pag. 524) .... « Tutto questo paese è ruinato et si more di fame
per tutto, et quod peius est, non si è seminato in loco alcuno, per li soldati che ci
sono stati » (pag. 602).

45,

fcc,

re

x > x
PETRI:

-A—Ó—

es A era us. prio XL ION m
702 L. FUMI

Inferos propter eractiones et eztorsiones marimas etc., sin autem
eruciari possit, si licet, etc. parcat mihi deus etc.

.1528.

[c. 99 t ] Recordo che adj .3. di Genaro .1528. vinne la nova
in questa Città de Perusia come il signor Federico da Bozzi, ca-
pitano d'alehune bande franzese, era morto in la Città di Todi
di peste, per ben che alchuni dicessero di veneno, quod in idem
recidit, licet diversimodo, stantiando il Campo della Lega in decta
Città di Todi etc.

Recordo come adj .20. de marzo nel .1528. il R.endo Mon-
signore de Lautrech Vicere di Franza vinne in Italia per liberar
nostro Signore dalle mano de'sopradeeti Lanzichinech et passó
per la Marcha anconitana con esercito di .xxxx. milia persone
per la volta del reame, et ciò sentendo decli Spagnoli et Lanzi-
chenech, di comune concordia se ne andaro nel reame, lassando
Roma penitus de omni bono destructa, dove arrivando decti Fran-
zese pigliaro tucto decto reame, exepto la Città de Neapoli, atorno
alla quale ancho stanno, chè semo alli .15. del mese de mag-
gio .1528.

Recordo come adj .15. di Aprile, nel decto millesimo, vinne
un breve papale da nostro Signore papa Clemente che se dovesse
bandizzare, et fussero et se intendessero esser publicati tucti suoi
beni, et per publico ribello, per tucte le sue Città della Chiesa,
se intendesse Prospero de Cornea homicidiale, per el sceleste ho-
micidio et delicto commiso nella persona de messer Hieronimo et
li figliuoli, con Aniballe delli Oddi da Perosia (1).

(1) Malatesta Baglioni volle e ottenne dal Papa, dopo la resa di Firenze che il
Della Corgna fosse graziato dal bando. Nel carteggio di mons. Cinzio Filonardi, vice-
legato di Perugia, é una lettera dei 22 giugno 1534, dove si parla della mala vita del
Corgna e dei suoi cattivi portamenti con Braccio Baglioni, mentre lo ricercava di
commendatizie presso il Cardinal de’ Medici legato. Mandato a confine all’ Aquila,
non volle andare; anzi se ne venne in Perugia (Arch. vat. Vesc., VII, 224). Una. volta
obbligò un Renzo da Passignano a donargli del denaro. Riconosciuta la violenza, il
. Cardinale de’ Medici ordinò la restituzione della somma estorta (Ivi, V, 213). Poi passò
UNA NUOVA CRONACA DI PERUGIA, ECC. . 703

Recordo che adj .xj. di maggio .1528. vinne la nova in questa
Città de Perusia, come Aquilante, nipote, con li altri forau-
sciti de Chiusie et de Siena erano intrati in Chiusci per forza
con .400. fanti. Loro capo era il signor Pirro con lo adiuto et
denari della Santità de N.ro Signore papa Clemente, stando in
Orvieto. E decta Città de Chiuscie fu sacchieggiata dalli predecti,
con gran bottino, et presertim, de grano gran quantità elc.

[c. 94] 1528.

Recordo come nel principio del mese di Maggio vennero quattro
doctori Anglici ad Orvieto da nostro Signore papa Clemente mandati
dal re d’ Anglia, per la resolutione di un caso a sua sacra Maestà
occurso (1), et la S.tà di N. S. mandò qui per risolverli, et che

nelle buone grazie del Vicelegato che lo raccomandò a Roma e lo fece castellano del
castello delle Forme, dove fu morto a dì 11 ottobre 1534 dai forusciti di una archi-
bugiata, « assai più onoratamente di quello luì meritava » (come dice il Bontempi
Cesare, op. cit. 355). V. anche La legazione del Card. de Medici nell’ Umbria, in
questo pag. 477 e in documenti in fine.

(1) La data precisa dell'arrivo in Orvieto dei Legati d’ Inghilterra per trattare
il divorzio di Enrico VIII da Caterina da Aragona è nei dispacci del Gardinier e del
Fox al Re (20 marzo). Il Sanuto riferisce lettere da Firenze del 30 aprile « come a
Orvieto essendo stà comessa la causa de le noze del re: d'Ingelterra et repudiation
de soa moier, qual è ameda di l'Imperador, a tre cardinali, zoè Santiquatro...,
par li ditti habbino refferido che tal noze non se dia disfar; et questo l'hanno fatto
per non discompiacer a l'Imperador » (Op. cit., XLVII, 354). Qui il nostro cronista
non parrebbe alludere a Legati, ma a quattro dottori inglesi venuti in Orvieto nel
maggio 1528. Di ciò non si ha traccia nel Brewer (Letters and Papers, foreign and
domestic of the Reign of Pleures VIII, Londra, 1872, vol. IV, par. Il). I dispacci in-
glesi da Orvieto sono del 20, 27 e 31 marzo, 8, 13 e 30 aprile. Certo é che Clemente VII
emanò da Orvieto la bolla sulla questione con la data « pridie idus maij ». Coi legati due
inglesi periti in legge furono in Orvieto; vi si trattennero, facilmente, fino alla pub-
blicazione della bolla, Nicholas Raince, di cui si ha una lettera datata da Orvieto
l8 aprile (n. 4154) e ser Gregory Casale (13 aprile, n. 4168). Forse ai Legati e a que-
sti allude il cronista che parla di quattro. Ad ogni modo è importante ciò che qui
dice della questione e dell' esame della medesima fatto dai dottori perugini. — Nei
dispacci degli oratori inglesi interessa direttamente a noi la impressione che ad essi
fece la dimora di Orvieto: diamo il sunto del Brewer ad un passo della lettera del
23 marzo del Gardinier e del Foz:.... The Pope occupies a decayed palace of the
hishop of Orvieto. Before reaching his privy chamber we passed three chambers,
« all naked and unhanged, the roofs fallen down, and, ass we can guess, 30 persons,
riff ruff and other, standing in the chamber for a garnishmont ». The forniture of
"(04 L. FUMI

di Perusia (1), et el tenore del quale caso era questo videlicet:
« Frater maior natu dicti regis presentis Anglie acceperat quandam
mulierem in eius uxorem, ex qua non susceperat filios: decessit
dietus frater, superstite eius patre, et fratre, modo rege, et dicta
uxore. Pater predictus, considerans multa quae accidere possent,
fecit, ut dictus eius filius superstes desponsaret dictam mulierem,
uxorem olim fratris sui majoris natu, in pupillari etate constitutus :
cum postea, adveniente lempore, contraxerit matrimonium, que-
ritur a Summo Pontifice de dispensatione per diclum Regem, et
ideo misit ad suam Sanctitatem supradictos doctores, ut dispenset,
Si possit, super tali casu. Quod Summus Pontifex non posset
super hoc dispensare duo potissime allegabant, licet quatuor
essent eorum fundamenta. Primus erat, quod ipse Rex, quando
contraxit matrimonium, ante protestatus fuit se non coniungere
animo contrahendi matrimonium cum dicta muliere. Secundum
erat, quod hoc erat prohibitum de jure divino, ne quis posset acci-
pere uxorem fratris sui in uxorem; tertio cum essel de jure di-
vino, dicebant papam non habere potestatem dispensandi in his
quae sunt juris divini. Ista videbantur magis urgere; licet non
multum fecerint, quia fuit huic ultimo data responsio, quod tale
dietum: Non accipies vel non manifestaveris urorem fratris tui etc.,
intelligitur quando primus frater susceperat filios ex ea, secus
quando non suscepisset, ut probatur deuteronomio, .c.; et ideo
isto casu poterat dispensari. Non obstante aliud, quia per contra-
rium actum protestati tollitur dicta protestatio ».

.1528.

[c. 94 t.] Recordo come adj .15. di maggio vinne la nova in

the Pope 's bed chamber was not worth 20 nobles, bed and all. « It is a fall from
the top of the hill o the lowest part of the mountain, where vas primws ascensus,
"which everey man in manneruseth for his commodity ».

(1) Cesare Bontempi registrando la morte di Vincenzo del Fregio, cosi dice:
« A di 10 aprile 1539, mori messer Vincenzo del Fregio, dottore famosissimo, e a 11
detto fu portato in sepoltura a S. Domenico; e gli fu fatto un grandissimo onore da
questa città, come invero meritava, perché oggidi era il primo uomo d'Italia. Era
d' età d'anni 77 in circa » (Arch. St. It., vol. XVI, par. II, 376).

disputassero decto caso per messer Vincentio nostro dal Freggio

NEEDS


UNA NUOVA CRONACA DI PERUGIA, ECC. 705

questa Città come erano venuti .xv. milia Tedeschi et Gasconi in
Italia, nel Mantuano, ad instantia dello Imperatore. Dio ce adiuti,
hormai che Italia è piena di diavoli. Et adj .20. del decto venne
la nova come era morto Camillo dalla Staffa, gentilhomo peru-
sino, di un archobuso in una gamba a Napoli (1).

Recordo come adj .26. di maggio, di martedi a sera, vinne
la dolente nova per li Baglioni, che il signor Oratio era stato
ammazzato tristissimamente de cortellate dalli spagnioli che sta-
vano in Napoli etc.

Recordo come adj .2. di giugno .1528. nostro Signore pap&
Clemente parti da Orvieto et andó a stare a Viterbo, città notis-
sima et più appresso a Roma etc.

Recordo come adj .19. di giugno venne la nova come il si-
gnore Piero Colonna de Castel de Piero, capo de quelli forusciti
senesi ch'erano intrati in Chiusi, havea preso da Senesi quattro
milia scudi, et che si era andato con dio, con tucte le gente.
Mala nova per Aquilante.

Item recordo come adj .24. di giugno, venne nova come li
Lanzichinech che erano in Lombardia, se erano unili con li Spa-
gnioli che erano in Milano, et che erano per venire col consenso
di nostro Signore alla volta del reame in aiuto delli altri Spa-
gnioli che erano in Napoli etc.

[c. 95]. Recordo come adi 26 giugno nel sopra decto millesimo,
venne nova come un figliolo de messer Galeotto di Asese, capo dr
parte, nomato Gadone (2), haveva furato la rocha di Asese a nostro.
signore papa Clemente, sendo castellano un certo Foscho de Fuscis:
Perusino; el quale essendo assente decto Gadone, fece tale effecto.
Et nota; de pochi di avanti era venuta nova della morte de Ani-
balle, fratello de decto Gadone, quale era morto per via, tornando:
del reame etc. (3).

(1) In margine: Mors Camilli.

(2) Gadone de Nepis.

(3) .... « Hanibal è morto (scriveva Marco Filonardo al fratello Cinzio il 26 luglio
1528 da Perugia): che li sia maledetta l’ anima! »
. sione di nostro Signore, andò per recuperar decta Rocha, quale

+ FUMI

Recordo che adj .3. di luglio il signore Malatesta, di commis-

in pochi di l' hebbe et fece impichare forsi dieci poltroni che erano
drento et scamparo. Decto Gadone restituì la rocha ad nostro Si-
gnore adj .18. del decto (1).

Recordo come adj .17. de Agosto venne nova come Monsi-
gnore de Lautrech, quale era acampato a Napoli se era ritirato T
con gran suo vituperio el con uccisione delle bande Nere etc.

Recordo come adj .20. di septembre .1528. el decto Monsignor
Lautrech si mori di febre in Adversa, terra del reame, come venne
nuova certa, et lucto el resto del suo exercito fu dissipato, ropto
e amazzato da Spagnioli che erano dentro Napoli, et dalli villani ;
cosa admiranda di uno exercito di sexanta milia persone o più
andare in mala via etc.

u—

(1) In una lettera scritta da Marco Filonardo a Gaspare Marchese, da Perugia
ai 26 luglio 1528 è accennato a questi fatti nel modo seguente: .... « De queste septi-
mane passate Octaviano et Gaydone fratelli de Hanibale [de Nepis] ferno, da certi loro
tristi et seguaci, una nocte che '| povero Fusco castellano non ce era, pigliar la
rocca d'Asisi et l' hanno tenuta parecchie giorni, et tamen esso signor Malatesta I ha
recuperata; et quanti ve ne erano entrati, tutti li ha appiccati et squartati che sono
stati tredici, ché tanti furno ad intrarvi de nocte; ché la guardia vi era non se ne
accorse. Et perché de tale cosa li decti Octaviano et Gaydone ne erano stati conscii,
abbenché l’ uno, cioé Gaydone la nocte medesima che fu furata decta rocca, lui se È
partesse per Venetia, Octaviano restasse, ché fingeva non ne saper niente, tamen il a
decto Signor Malatesta lo fece pigliare et mettere prigione in la rocchetta d'Assisi ; et È
la sua bona sorte ha voluto che sia scappato... Parme assai che Dio habia proveduto
in levar di questo mondo decto Hannibale et gli altri d'Assisi et inimici de’ Baglioni,
li quali non saranno mai più per rentrare; ché per loro ribalderie sonno deventati
inimici del cielo et della terra. Et vi so dir che per lo tempo lo sonno stati, hanno
menate le mani si in lo ammazzare, come in robbare, adeo che ne hanno reportato

questo fine; et se decto Octaviano non scappava de prigione, haria etiam lui facto el E
pane con li altri. Pur non potranno durare, havendo da fare con un Signor Malatesta. 3

In Assisi vi é rentrato m. Pietro et lo fratello Marco; ché m. Jo. Antonio et li altri
figliuoli son morti tutti, quest' anno, in Spoleto. Mobbe pur morio : ser Baptista Dino
fu ammazzato con tre altri soy. Il fratello del frate de ser Mattheo amazato et le case
ruinate et preso quanto havevano; et cosi m. Pietro et fratelli: ché nel rentrare fece
Hanibale, non potendo havere loro, minó tutte le case et tolse le robbe, et cosi delli
altri sequaci, et ne amazò et fece amazar assai; de’ quali io non so li nomi. Et se vo- ;
lesse scrivere ogni cosa, non me basteria una risma de carta, né io ne serria ba- E.
stante.... » (Arch. Vat. Vesc. cit.).
UNA NUOVA CRONACA DI PERUGIA, ECC. T07

[c. 95 t.] Et nota che nel sopra decto exercito franzese mori
ettam el Marchese de Saluzo, Monsignore de Valdemonte, Pietro
Navarra et molti altri gran signori e baroni; et il signore Renzo
da Cere hebbe la fuga fino a Norscia da'spagnioli, o, parte, dalli -
villani e vinne alla Gayfana, in quello di Nocera, con un poco di
resto de decli Franzese, puoi, infra quindici dì, se partì et andò
a imbarcarsi in Anchona per la volta di Franza con forsi trenta

cavalli. Lo resto della gente tucte pigliaro altro partito etc.

Recordo come adj .3. di genaro .1529., di domenica, la nocte
inverso il lunedi, Monsignor Antonio da Forli, Vescho de Carytate,
ad quel tempo vice-legato de Perusia, mori nella decia città di
Perusia: li fu facto honore: el corpo suo fu portato a santa Maria

degli Angeli in Asese (1).

Recordo come adi .10. di Genaro .1529. di domenica a sera,
ad una hora di nocte, la sanctità di N. S. PP. Clemente stando in-

E (1) Antonio da Forli era successo pochi mesi innanzi a Vincenzo Pimpinelli arcive-
: scovo di Rossano, per il qual vicelegato faceva gli affari della legazione Marco Filo-
lonardo. Questi scriveva sul conto della legazione nella citata lettera le seguenti cose :
« ...Et qui in Perugia per sua Signoria Re.ma ser Pippo et io tenemo li sigilli et pi-
gliamo gli denari; et tutti due tenemo conto, benché niente o poco si faccia ; ché dopo
la ruina de Roma non s'é facto valuta de quattro soldi. Pur così com' è, et si fa, noi
lo facemo. Et esso Re.mo Legato si retrova a un castello a presso a Mantua che si
chiama Monteforte: et si dice che [come ?] comenza a rinfrescare, verrà da Nostro
3 Signore. È stato malissimo, et anchora non é del tutto sano; pure sonno sei mesi che
E doveva venire; tamen [non] è venuto: ma dice m. Nofrio » (un familiare del Legato
E. che stava in corte del Papa e che allora, insieme con m. Vincenzo arciprete di Mon-
b. tepulciano, che fu pure agente del Legato presso il Papa, si trovava in Perugia a
statare) « al certo che ne verrà. Et per quanto se vede et comprende, S.S. Re.ma é
in bonissima gratia a presso N. S.; né delle cose di questa legatione Sua Santità se
È ne impaccia niente, se non che sempre se remette alli agenti del prefato Re.mo ». Più
D oltre, dice di sé che si trovava impedito dall' attendere alle cose sue per quelle della
legazione, « stando in questo luogo solo et tucte le cose sopra le mie spalle, per non
essere il Vicelegato troppo praticho, et lo Auditore giovane; ché per loro non si se-
gnaria mai una supplicatione, se io non supplisse; a benché, hormai l'essere cosi
schiavo, me viene in fastidio, maxime essendone male rinumerato: pur ho patientia,
non havendo meglio, et vivo...» Egli conta pure come in Perugia, da un anno a quella
parte, la peste e le infermità avessero tolti tanti uomini da bene che pochi ve ne erano
restati. « Et pur adesso » soggiungeva « c'éà peste et febrate grandissime che spac-
ciano le brigate senza tenerle a tedio. Morio già m. Hieronimo del Poggio, Pippo suo
figliuolo et un altro de' suoi: morio m. Africano; et quelli sui nepoti et figliuoli tutti
sono deventati pirati, et ce n'é uno che continuamente fa delle cose brutte... » Ivi sopra).
L. FUMI

disposto della persona, e dubitando, fece a sè chiamare el Con-
cistoro de’ Cardinali et comuni omnium consensu, creò Cardinale:
el mag.co Hippollito suo nepote, dandoli el suo cappello etc. con
el titolo de' Medici, e bonissima intrata.

Recordo che, nel millesimo cinquecento vintocto, da ognisante:
inderielo, persino al mese di giugno, nel .1529., in questa magni-
fica città de Perusia, et a cinquanta miglia apresso, fu penuria
grandissima di grano, di sorte, che se condusse a valere la mina.
septe fiorini di moneta vechia currente; et non se trovava: se
andava per esso nella Marcha et in Anchona per quel di Cicilia
e di Turchia, nè se trovava altro grano: costava là giù dieci
scudi d’oro dal sole la soma, et puoi la misero a .xij.; da luglio
inderieto, puoi, del .1529., valse uno fiorino la mina: quasi un mi-
raculo; tanto ne fu recolto in quello anno ete.

[c. 96.] Recordo come nella fine del mese di Marzo, nel decto-
millesimo, morì a Roma el Re.ndo Cardinale de Cortona, legato
di questa magnifica Città de Perusia; et nella fine del mese de
Aprile, la Santità de Nostro Signore papa Clemente fece publicare
[e] creò nostro Legato et de l'Umbria el Signore magnifico Hip-
pollito, R.mo Cardinale de’ Medici. Et nota che con le bolle in
commissione de decla legatione el R.mo de’ Medici ci mandò Fe-
derico Bontempi, nostro fratello, allora suo Camerlengo et intimo-
familiare, directo a questa Comunità. Fu receuto benignamente.
da tucti, presente el signore Malatesta et acceptante, a di .22. de.
maggio .1529. (1). i

Recordo come, a di .12. de giugno .1529., venne nova come
el Signor Braccio Baglione con certi altri forusciti erano intorno:
a Norscia con tremilia persone, per rimectere li forusciti d’essa,.
et che non se tenesse per franzese, nè per parte guelfa; donde.
infra tre dì vinne nova che se era renduta a pacti, con taglia, di.

(1) È singolare che il diarista non accenni al tiro che Malatesta Baglioni, emulo-
di Braccio e sospettoso di Federico Bontempi, aveva a questi preparato, per ammaz-
zarlo, temendo che il novello Legato de’ Medici si scoprisse, come realmente era, par-
ziale per Braccio,
E
SA
E

quattro milia scudi d'oro dal sole; et esser subiecto a Nostro Si-
gnore.

Et nota che, partendosi di li, vinnero alla volta de Perusia;
el che sentendo el Signore Malatesta, conductiere al'hora dell:
fiorentini, soldò molta gente con denari di decli fiorentini e man-
dolli a Spello alle frontiere, dove erano le terre de’ decti signor?
Baglioni; e là se combactete el borgho de Aspello'con uccisione
de assai persone: famen non se podde havere per quelli di fori,
et se ritiraro in Bevagnia, dove era Boccio, capo di parte de lì,
con .300. fanti venuto all’hora con el decto signor Braccio, et lì
riposaro alquanti di etc. (1).

(1) Di questa mossa d'imperiali verso Perugia é parola negli avvisi del tempo
raccolti da M. Sanuto. L'oratore del Duca d' Urbino scriveva ai 13 giugno: « Quelli im-
periali che diceano voler far l'impresa de Perosa, dando la bataglia a Norza, dicono
esser stati rebatuti et malmenati; et se così fusse, Perosa non harà più di dubitare »
(op. cit., vol. L, 493). L'oratore di Firenze comunicava al doge veneto ai 24 « che la
zente del papa andata a Norza, non l'havendo potuta haver, dapoi quelli di Norza
hanno dato denari al campo et sono partiti et andati a Spelo loco sotto Perosa » (p. 541).
Ragguagli particolari ne dà la duchessa di Urbino sopra una lettera dello stesso Ma-
latesta: « Hozi, tre zorni, havemo una lettera del signor Malatesta Baione, di 17, per:
la qual avisa inimici soi haveano preso accordo con norsini et voltavasi a li danni
suoi; per il che faceva ogni instantia de presto darli fanti del Stato a suo aiuto et fa-
vore, et mandassemo subito uno nostro homo a sua signoria per esser meio ragua-
gliata del tutto. Ne riporta, quelli soi nemici esser li in quelli contorni circa 3000 fanti
et 200 cavalli, gente eletta, più fiate fatte a la Lionessa et quelli contorni de molti de
quelli faziosi, et li principali de essi, nominati Ebrasio Signa, Jo. Batista Savello, el
signor Piero da Castro de Piera (da Castel Piero), et ritrovansi uniti a uno loco ditto
Pale lì da Foligno circa tre miglia verso la montagna. El signor Joanne Colonna vi
dovea giongere, anco secondo el signor Malatesta ha ditto a questo nostro homo, et
già ne erano di le sue gente. El signor Malatesta se trova haver 700 fanti et 350 ca-
valli tutti boni et pagati, dicesi, da la Signoria de Fiorenza, et li capi loro è qui in la.
lista. Et ha spartito tra Spoleti, la Bastia che facino fronte de nemici et vano facendo
qualche scaramuza insieme. Aspectava anco 500 fanti qual vol tenere in Perosa per
sua segortà. Voi intendeti come le cose vanno. In questa hora havemo aviso li foraus-
siti de Asisi, ch' è l'altra parte contraria al signor Malatesta, esser intrati in Asisi.

Lista de Capitani: Il signor Mario Ursino, missier Jacomo Bighi, missier-
Giugno de Saleto, capitano de cavalli del duca di Ferrara. — Capitani de Fantarie >
El signor Thadeo dal Monte, Ibbo Biliotti, Thomasino Corso, Thomà napolitano, Ja-
como dal Borgho, Joan Batista da Siena, Jacomo Filippo da Spoleti, Hironimo dalla
Bastia, Jacomo Tabuse da Spoliti. — Capitani de cavalli numero 250 : Hironimo dalla
Penna (?), Cencio Guercio, Bino Signorelli » (p. 557).

UNA NUOVA CRONACA DI PERUGIA, ECC. 109

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L. FUMI

.1529.

[e. 96 t.] Recordo come adj .16. de giugno, nel millesimo
di sopra, N. S. PP. Clemente, mandó uno Commissario con un
breve directo a questa communità, che per niente non se desse
dinari in questa. città ad instantia de’ fiorentini; et che non fusse
persoua li pigliasse, exortando, ancho el signore Malatesta, a non
se scostare dal soldo de sua Sanctità. Dil che non ne fu facto
niente; anzi volse essere in legha con decti fiorentini et co’ franzese,
et mandò Joan Benedetto da Monte Sperello, cavalier de Rhodi, in
conmissione al Cristianissimo Re di Francia, che ’1 volesse acce-
ptare per suo barone, offerendoli el potere suo etc. Et del conti-
nuo furono dati più denari, ad istantia di decti fiorentini, et dubita-
vano del papa non volesse repigliare Fiorenza per li nepoti, a-
deo, che per questi furono facti in questa Città forsi tre milia fanti.
Dil che sdegnato il papa, mandó un breve a questa comunità, che
omnino se dovessero mandar via le gente de’ fiorentini; et che non
li impedissero la sua terra: quale breve di niente fu obedito ; per
che el signore Malatesta dubitava, mandate via decte gente, non
perdere lo stato suo, donde non fu inteso. Adj 29 de Luglio .1529.
vinne Aniballe delli Signorelli da Roma, ambasciator electo per
questa Comunità, con un breve del medesimo tenore di quello di
sopra, et che si el signore Malatesta era conductiere de’ fiorentini,
se dovesse andare con dio ancho lui, altramente seria sforzato a
farli partire con el Campo della Cesarea Maestà per forza, et
questo sia per ultimo et peremptorio. Dil che el medesimo non fu
‘facto niente; anzi fu resoluto di tenersi, non senza gran displi-
centia del populo etc.

.1529. alli 29.
[c. 97.] Et nota che, in questi di, nella fine di luglio, vinne
nova come Jo: Benedetto Cavaliere (1) et commissario mandato

dal signore Malatesta al Re di Francia era stato ritenuto prigione,
ad istantia di Nostro Signore in la Città di Arimino in Romagna:

(1) De' Montesperelli.
UNA NUOVA CRONACA DI PERUGIA, ECC. T11

et a l'hora il signore Malatesta, udito questo, 3 fece pigliare
messer Stephano delli Alphani, Thesauriero di Perugia, et el
Vice Legato che era in S. Pietro (ad istantia del R.mo de’ Me-
dici) Vescho de Verule (1) et menarli in casa sua; quale Vice-
legato ritenne forsi per tre dì, e puoi el rimandò in San Pietro

«con la guardia; et puoi pentito, perchè dispiacque a tucto il po-

pulo, e più a Nostro Signore, el fece venire in el palazo del
Governatore etc.

Recordo che adj .2. de Agosto 1529 vinne nova come N. S.
havea dato moglie al ducha Lorenzo suo nepote (2) una figliola

dello Imperatore con legha et altre capitulationi insieme, et che

in fra dieci di se dovea decto Imparatore imbarchare per la volta
di Italia e venire a Genua etc.

Memoria come el dicto Vescho di Verule, vicelegato di Pe-
rusia, con sue belle persuasione che fece al signore Malatesta,
con dire che volea andare al Cardinale de' Monti, se andó con

«dio, che, era a Gualdo e Fossato, per metter pace tra el papa et

decto signore Malatesta; et andossene a Roma, senza più ritor-
nare, adj .13. de agosto .1529.

.1529.

[c. 97 t.] Recordo come adj .14. de agosto .1529. el signore
Malatesta lassò andare et mise in sua libera potestà Misere
Alphano delli Alphani, Thesauriero di Perugia che havea ritenuto,
con premissione et cautela di ducati cinque milia da doversi
pagare per spalio di tempo per el decto messer Alphano: pro-
mise, tra li altri, messer Joan Baptista de Ubaldi, messer Cesare
Bontempi, nostro fratello, Malphetta de’ Pellini et li altri, etc.

Recordo come adj .10. de septembre, .1529. el prefato vicele-
gato ritornò poi col Cardinale de’ Monti, per exeguire lo accordo
tra l' imperiali, che erano a l'hora a campo a questa magnifica
città con quindece milia persone: era loro Capitano el Principe

(1) Ennio Filonardi.
(2) Cesare Bontempi, dice Alessandro, e cosi deve intendersi.
712 L. FUMI

de Oranges: et tra il Signore Malatesta, che era qui dentro con
quattro milia fanti fiorentini, quale per via d’accordo se andò
con Dio per Fiorenza con quelle gente, adj .12. de septembre.
Et nel medesimo di se levò efiam el campo predecto per la volta.
di Fiorenza: dove, nel primo ingresso, pigliaro Cortona et poi
Arezzo, et anchora sonno intorno a Fiorenza, et semo oggi e
.8. di octobre, nel decto millesimo (1).

Recordo, che adj .8. de octobre vinne la nova che N. S.
Clemente ad li xj del predecto se doveva trovare in Thodi, et.
forsi poi in Perugia, per la volta de Bolognia, dove se diceva
dovere venire la persona della Cesarea Maestà, che se trovava
alhora in Piacenza per la pace et quiete di [talia et provedere
alle cose del Turcho, quale tempestava l'Ongaria. Et nota che
se parti la persona del papa a di ocio, come di sopra, di Roma
per decta. causa con poche gente et con quattro Cardinali solum etc.

[c. 98] Recordo come Sua Santità piglió la via di Spoleto,
et adj .13. del predicto se trovó in Foligno: et el di sequente
ad Nocera et seguitava de longo elc. et non venne in questa
terra.

Recordo come nel principio del decto mese de octobre .1529.
a dj .3. venne la nova essere morto Fabio Petrucci, foruscito di
Siena, in la rocha di Spoleto, della quale ne era castellano. Mori
di febbre. Et il medesimo venne la nova essere morto el Ducha
de Urbino di malatia, in Lombardia: quale era Capitano generale
della signoria di Venegia. Non fu vera del duca.

Recordo come a dj 22 de octobre Nostro Signore papa Cle-
mente si trovó in la città de Bolognia, aspectando la Cesarea
Maestà dello Imparatore, et a dj .29. del decto si trovó li etiam.
lo imperatore con gran fausto et pompa: quale melle scale di
San Petronio con molte sue ceremonie el gran riverenza, volse:
basciar li SS.mi piedi.a N. S. et fu receputo a grande honore.

(1) In margine: Discessus Malateste.
UNA NUOVA CRONACA DI PERUGIA, ECC. 713

Recordo come a di iiij de febraro e giorno di santo Ma-
thia, che fu el giovedì grasso, apresso el carnevale, nel .1530.
4a Cesarea Maestà di Carlo .V. Imparatore de’ Romani pigliò
l’ultima sua debita aurea corona per le sacre mano de papa Cle-
mente septimo con grandissimo phausto et triumpho nella Città
di Bologna. Et a di .15. di Marzo nel decto millesimo, se parti
per la volta de Alemagna; et andò a Mantua con: molti. signori
Duchi, principi et Baroni, et altre gente bellicose (1).

.M.D.XXX.

Recordo come a di ultimo di Marzo nostro Signore papa Cle-
mente se partì da Bologna et passò per quello di Asese, ché an-
dava alla volta di Roma: passó a di .9. di Aprile a Foligno etc.

Recordo (2) come a di .6. di agosto nel soprascritto millesimo
vinne la nova in questa Città di Perusia come el gran Principe
d'Oranges Capitano dello invictissimo exercito Cesareo era stato
morto di archobuso in battaglia con tre milia fanti, i quali se erano
affrontati con le gente de’ Fiorentini verso Pisa, per ben che le
gente del principe remanessero vincitore del campo, et amazzaro
un commissario fiorenlino conductiero di decte gente, decto Fer-
ruccio, et pigliaro pregione l'altro conductiero soldato chiamato
el signore Joan Paulo Ursino, figliolo del signore Renzo da Cere,
etc. durante et stando el campo anchor torno a Firenze.

Recordo che a dj .18. di Agosto .1530. la città di Firenze
fece accordo et pace con Nostro Signore et con lo invictissimo
exercito cesareo, salvandose la dicta città et le persone che erano
dentro senza macula.

(1) Girolamo Bontempi cancelliere, e intimo familiare del card. Ippolito de’ Me-
dici, narrò per lettera al cugino Stefano Bontempi come Carlo V prendesse la corona
ferrea in Bologna (SANUTO cit., LII, 612, 640).

(2) In margine: Mors invictissimi principis Oranges.
114 | j L. FUMI

Recordo che adj .20. di septembre, che fu el martedì del
decto millesimo, el signore Malatesta Baglione, capitano de’ Fio-
rentini, tornò in questa città de Perusia [c. 99] con bona gratia de.

nostro Signore papa Clemente, perchè esso signore Malatesta era
stata potissima cagione della sopradecta victoria et del decto ac-

cordo (1). Dove el papa el remise in casa sua: preterea li donò

Bevagna, et Castellabona con le jurisdictione del nostro Chiusie
che ce havea la Camera apostolica, oltra che li dette auctorità di
posser fare rebannire cento persone, et altri privilegii. Intrò con
gran pompa et con dodeci pezi de artellaria grossa, quale li
havea donata la signoria di Firenze.

Recordo come adj .8. d'octobre, che fu di sabbato a nocte,
el Tevere, nostro fiume de Toscana, fece cosi gran piena et inun-
datione, che uscì più di un miglio fuor del suo lecto; se menò
seco molti molini, hostarie et case che era nella riva di esso,
et quod plus est, et quod mirj, in quel di Todi se menò una for-
teza con forsi dieci persone dentro, con anegar molte persone:
damnificó in quello di Perugia per vinti milia scudi. A Roma
arrivò l’acqua a quattro gradi delle scale di san Pietro, cosa mai
più odita; annegò ben quattro milia persone; se impiro tucte le
canline di Roma e maghazini; moriro seicento cavalchature ; peg-

(1) Ancor più chiaro del racconto di Cesare é l'accenno di Nicolò sul contegno
di Malatesta nell'assedio di Firenze. — Lettere da Roma del 14 luglio al dominio di
Venezia annunziavano « che a Firenze si era deliberati a resistere e avevano del tutto
tagliato alcune pratiche et alcuni manegi d'accordo col pontefice, che a'10 si prin-
cipiarono a tratar tra il principe di Oranges et il signor Malatesta » (M. SANUTO, Op.
cit., LIII, 391). « Hier matina uscì fuori di Firenze uno Dino Signorello, parente del
signor Malatesta, soto pretesto di voler andar a Perugia, et per transito si lasciò
uscir parole di bocha che furono principio al maneggio di accordo » (ivi, 392): ma
poi andò a monte. I fiorentini volevano che Malatesta assaltasse l'Orange, ed egli
non volle; ond’essi dissero Malatesta non voler far nulla (402). La morte di Ferruccio
e dell'Orange non riscosse Malatesta, che continuò a rimaner fermo; insultato, egli
« dette in testa a Andreuoli (Nicolini) et l amazoó, et poi Malatesta mandò a domandar
licentia al Conseio . . . » (479). Bartolomeo Valori Commissario del Papa ebbe giura-
mento da lui e da Stefano Colonna di salvare la città dal sacco (484) e di :rimanervi
a guardia fino all’ultimo. Ma il 13 settembre Malatesta lasciò Firenze con tutte le
bande sue, da quattro bandiere in fuori di italiani, e si menò seco certi pezzi di eo
lubrine e moschetti.

NAT
UNA NUOVA CRONACA DI PERUGIA, ECC. 115

gioró Roma di un prezzo infenito, et fu maggiore dilluvio che al
tempo di Alexandro e di altri papi che se ricorda etc. Fu per la
ecliplisi della luna, et fu de nocte etc. né prevista da nessuno (1).

(1) Luigi Lippomano scrivendo al fratello da Roma il 14 ottobre, diceva, in pro-
posito della inondazione del Tevere, che Roma aveva avuto un altro sacco (M. SANUTO,
p. cit., LIV, 74).
sv
e Su.
UII

TEORIE

DOCUMENTI DI STORIA PERUGINA

ESTRATTI DAGLI ARCHIVI DI MILANO

Nell Archivio di Stato di Milano non è agevole rintrac-
ciare tutti i documenti di storia perugina ed umbra, poichè
il carteggio sforzesco non ha ancora avuto il suo razionale
e definitivo ordinamento per materie, nè, in tanta copia di
materiali, è possibile pretendere richiami, atti a facilitare le
indagini; tuttavia, col gentile aiuto dell’ egregio Archivista,
dott. Cappelli, potei raccoglierne un primo manipolo non privo,
mi sembra, d'interesse in quanto ci dimostri le relazioni fra
i Duchi di Milano e la Città di Perugia o le sue piü potenti
famiglie, nel secolo XV, o pur ci illustri alcuni episodii di
quelle feroci lotte tra Oddi, della Cornia e Baglioni ond' essa
fu tante volte insanguinata. Per quest’ ultimo riguardo io li
ritengo in singolar modo degni di nota: sono per lo piü re-
lazioni di ambasciatori o di speciali legati del Duca, scritte
il giorno dopo accaduto il fatto, con quella precisione in tutti
i particolari che i Signori di Milano.esigevano e che rende
preziose le scritture di tal genere, di cui è ricchissimo l'Ar-
chivio milanese: piü attendibili perció e piü complete nella
loro succosa sobrietà che non siano le fiorite narrazioni dei
cronisti, e corredate talora di apprezzamenti, i quali hanno
per se stessi un valore storico non indifferente. Così Filippo
Buonaccorsi ci narra il tumulto suscitato il 16 maggio 1456

dagli Oddi contro i della Cornia (Doc. II), con maggiore am-

46
718 E. VERGA

piezza che non il Graziani (1) nei suoi Diarzî e con qualche
particolare sfuggito al Pellini (2); — Guido e Rodolfo Ba-
glioni descrivono il solenne ricevimento fatto dai Perugini a
Gerolamo Riario, nepote di Sisto IV (Doc. XVI), pel quale
tanto il Graziani (3) quanto il Pellini (4) hanno un semplice
accenno; Berardino de Raneriis e Averardo Montesperelli,
scrivono al Perugino Carlo de Archipresbiteris, residente 0
legato alla corte di Milano, ampi ragguagli intorno ad un
nuovo tumulto causato dalle prepotenze di un bastardo dei
Baglioni (Doc. XX), l'ultimo di febbraio (e non I8 come
dice il Graziani) (D del 1482, e aggiungono curiose racco-
mandazioni, perchè, col propagare la notizia dell accaduto,
non si compromettano i disegni dei partigiani degli Oddi; —
Bartolomeo de Gregorio racconta al Segretario del Duca la
terribile battaglia del 6 giugno 1491, che fiaccó per sempre
la potenza degli Oddi (6) (Doc. XXII) ei X arbitri di Perugia,
di parte baglionesca, incaricano il loro mandatario in Firenze
di partecipare il fatto a Lorenzo il Magnifico, mal celando
la loro preoccupazione in giustificare le atrocità commesse
contro i vinti (Doc. XXIII) e Giovanni Angelo de Talentis,
scrive a sua volta al Duca, intorno al medesimo soggetto,
aggiungendo nuovi particolari e giudizi (Doc. XXIV).

Il cronista Matarazzo (7), che fa seguito al Graziani, tace
di un fatto segnalatoci dal Doc. XXXI, ove i dieci arbitri
(17 marzo 1497) espongono al perugino Giacomo Antiquari,
segretario ducale, le prepotenze del Pontefice che vorrebbe
imporre un presidio alla città, quantunque, secondo i trattati,

(1) Pubblicati da ARIODANTE FABRETTI, in Archivio Storico Italiano, Serie I, vo-
lume XVI, pag. 630.
(2) Historia di Perugia, Venezia, Hertz, 1664, IT, 632.
(3) Pag. 652. RUS
(4) II, 791.
(5) Pag. 652.
(6) Cfr. GRAZIANI, pag. 742 e MURATORI, Annali, ad annum.
(7) Arch. stor. ital., vol. cit.
TIT A EE E OE

DOCUMENTI DI STORIA PERUGINA, ECC. 719

essa abbia pieno diritto di rifiutare gente d’ arme, deplorano
la grande carestia di quell’anno dovuta alle distribuzioni di
grano generosamente fatte al contado affamato, e pregano
l'illustre concittadino a intercedere presso il Duca affinché
ottenga loro dal Papa una sovvenzione di vettovaglie mille
volte promessa e mai accordata.

Un altro gruppetto di documenti ci dimostra le relazioni
tra i Baglioni e casa Sforza (II, VIII, XII, XXIX, XXXII,
XXXIV, XXXVI, XXXVII), relazioni di cordiale amicizia du-
rata per lungo corso d'anni e cementata dal matrimonio di
Braccio con Anastasia, illustrato anch’ esso con interessanti

particolari, mentre i cronisti si limitano a registrarlo (Doc. II,

III, VII) (1). Premeva al Duca conciliarsi le simpatie dei pe-
rugini (Doc. II), il che non era ultimo incarico ai suoi messi
nella metropoli umbra, e quantunque anche gli Oddi (Doc. II)
e qualche altra famiglia (Doc. IX) gli facesser proteste di fe-
dele devozione o sollecitassero l onore di consacrare i loro
figli ai servigi di lui, sui Baglioni, come i meglio favoriti
dalla fortuna, più volentieri s’ appoggiava e di essi valevasi
ad effettuare alcuni suoi disegni politici. Si osservino, a tal
proposito, le istruzioni date da Galeazzo Maria a Giuliano
(Doc. XII, 12 agosto 1474), incaricato di indurre Braccio ad
accettar truppe ducali per difesa della città contro il Papa,
in seguito al bellicoso intervento del cardinal della Rovere
nelle sedizioni di Todi e alle violenze del medesimo contro
Niccolò Vitelli, signore di Città di Castello. Il tentativo non
sembra abbia avuto esito felice, perchè il Cardinale, rag-
giunto il suo intento, e proprio coll’ aiuto del Baglioni, si
fermò in Perugia, prima di tornare a Roma, invitato e solen-
nemente ricevuto dai cittadini, i quali gli offrirono cinque-
cento ducati d'oro, da lui accettati per ridonarli subito alla
città (2).

(1) GRAZIANI, pag. 631; PELLINI, II, 633.
(2) Cfr. per l'atteggiamento di Braccio Baglioni in questa faccenda, PELLINI, II,
739. Nel mese di luglio Braccio aveva comandato, insieme col signor di Camerino, le

NN uera. La Rc t sw
E. VERGA

Di Giacomo Antiquario si conserva nell’ Archivio di Stato
milanese gran copia di lettere, riguardanti, le più, affari di
culto a cui la fiducia del Duca lo aveva preposto. Con quel
prezioso materiale si potrebbe esaudire il voto del Vermi-
glioli, tessendo la vita di lui durante la sua lunga e attiva
dimora nella capitale lombarda, e presentandone la figura
non solo come umanista, ma anche come uomo di Stato. Io
non posso per ora allargare le ricerche e mi limito a tra-
scegliere aleune lettere che piü direttamente riguardano la
persona dell'illustre umanista, e ci danno una novella prova
della stima e della benevolenza ond'era circondato alla corte
sforzesca e della squisita bontà dell' animo suo. Aggiungo inol-
tre il decreto ducale che gli concede la cittadinanza mila-
nese (1482) (Doc. XIX), interessante per la enumerazione
delle sue-benemerenze: lo tolgo dall’ Archivio Storico munici-
pale. Il medesimo Archivio mi fornisce un simile decreto
in favore di Niccola Antiquario (Doc. XVII) (1482) profes-
sore di filosofia nell’ università di Pavia, e quello che nomina
il perugino Francesco de Mansuetis all’ altissima carica di
Vicario di Provvisione, capo ossia dell’ amministrazione della
Città e Provincia di Milano (Doc. I, 1427).

Milano, 25 luglio 1899.

Dott. Errore VERGA.

truppe del Cardinale interamente a Todi, si era fatto padrone della rocca, imprigio-
nando il castellano e aveva guidato il saccheggio della città. Passato poi l’esercito,
per la medesima ragione, a Spoleto, Braccio, amico degli Spoletini, tentò di comporli
col cardinale, ma, riuscita vana ogni pratica, persuase loro di mandar fuori le robe
e uscire dalla Città. Così avvenne: le truppe entrate misero a sacco Spoleto senza
danno di persone e Braccio stesso riuscì a salvare molte case d’ amici, II, 740.
1456-2-6.

1481-8-7.

1482-1-3.

1491-7-6.

1491-8-6.

1491-10-6.

DOCUMENTI DI STORIA PERUGINA, ECC.

INDICE

a) Avvenimenti politici.

— Lettera di Filippo Buonarroti al duca Francesco

Sforza in cui narra il tumulto suscitato dagli
Oddi contro i Della Corgna il 6 maggio 1456. —
Doc. II.

— Cicco Simonetta scrive al Vicario di Provvisione

di Milano la notizia della vittoria ottenuta a Ma-
gione dalle truppe collegate e comandate dal Sig.
di Rimini e lo invita a festeggiare il lieto avve-
nimento. — Doc. XIV.

— Lettera di Guido e Rodolfo Baglioni al Duca in

cui descrivono il solenne ricevimento fatto dai Pe-
rugini al conte Gerolamo Riario nepote di Sisto
IV. il 6 luglio 1481. — Doc. XVI.

— Lettera di Berardino de Raneriis e Averardo de

Montesperello al perugino Carlo de Archipresbi-
teris, residente o legato alla corte di Milano in cui
gli narrano un nuovo tumulto suscitato dai Ba-
glioni. — Doc. XXX.

— Lettera di Bartolomeo de Gregorio al segretario

del Duca Bartolomeo Calchi, contenente una mi-
nuta descrizione del colpo di mano fatto dai par-
tigiani degli Oddi a Perugia il 6 giugno 1491. —
Doc. XXII.

— Lettera dei Dieci di Arbitrio di Perugia al loro

agente in Firenze, che lo incarica di partecipare
a Lorenzo il Magnifico l'accaduto il 6 giugno. —
Doc. XXIII.

— Lettera di Giovanni Angelo de Talentis da Fi-

renze, al duca di Milano, con nuovi particolari e
giudizi sul fatto del 6 giugno. — Doc. XXIV.
722 ; E. VERGA

1495-29-3. — Lettera di Guido e Rodolfo Baglioni al Dottore
Pietro Paolo Venanzio, segretario perugino e ora-
tore a Milano con ragguagli sulla sconfitta degli
Oddi a Passignano. — Doc. XXVIII.

1497-17-83. — Lettera dei X arbitri di Perugia a Giacomo An-
tiquari in cui si lamentano dei trattamenti del
Papa e invitano il Duca a richiamarlo alla giu-
stisia. — Doc. XXXI.

1498-13-3. — Giacomo Antiquari prega il Duca d' intervenire a
sedare i gravi tumulti di Perugia. — Doc. XXXIII.

5) Relazioni fra Perugia e Milano

e matrimonio di Braccio con Anastasia Sforza.

4427-34-14. — Decreto ducale che nomina il Perugino Francesco
de Mansuetis alla carica di Vicario di Provvisione
della Città e ducato di Milano. — Doc. I.

1450-1466. — G. de Oddis profferisce al Duca la sua amicizia e

fa voti perchè alcuno de’ suoi figli possa aver l'o-
nore di prestargli i suoi servigi. — Doc. IV.

1466-25-6. — Baldassare de Ermannis prega il Duca a riman-
dargli un suo figlio affinchè possa coprire una
carica in patria. — Doc. IX.

1480-13-90. — Lettera del Duca a Guido Malatesta di Perugia,
che lo prega ad aiutare il latore a farsi pagare
alcuni debiti lasciati a Milano da Lodovico del
Guasco che s'è recato a Perugia. — Doc. XV.

c) I Baglioni
Mansueti — Oddi — Ermanni — Malatesta.

1456-2-6. — Lettera di Filippo Buonaccorsi agente del Duca a
Perugia, in cui parla, fra altro, del matrimonio
Baglioni-Sforza. — Doc. II.

1456-21-6. — Lettera del Duca Francesco Sforza a Braccio Ba-

glioni in proposito del detto matrimonio. — Doc. II.

— Lettera della Duchessa di Milano a Braccio che

1462-29-3.
1465-3-5.

1466-27-7.

1474-18-12.

1481-8-7.

1495-29-3.

1496-21-7.

1497-12-9.

1498-17-7.

1529-23-12.

1533-21-4.

1456-2-6.

1460-17-7.

DOCUMENTI DI STORIA PERUGINA, ECC. 123

sta per mandar a precedere la consorte a Milano. —
Doc. VII.

Lettera del Duca a Braccio perchè mandi Anasta-
sia a Firenze ad incontrarvi Ippolita. Sforza che
va sposa nel Reame. — Doc. VIII. -
Proteste d'amicizia di Braccio Baglioni a Bianca

‘Maria Sforza Visconti. — Doc. X.

4478-20-7. — Minuta ducale che conforta i Perugini a persi-

Istruzioni del Duca Galeazzo Maria al suo amba-
sciatore a Perügia, affinchè induca Braccio Ba-
glioni ad accettare truppe ducali per difesa sua
e della Città contro il Papa. — Doc. XII.

Guido e Rodolfo Baglioni descrivono al Duca l’in-
gresso in Perugia del conte Gerolamo Riario. —
Doc. XVI.

Guido e Rodolfo Baglioni serivono ragguagli sulla
sconfitta degli Oddi a Passignano. — Doc. XXVIII.
Lodovico - Rodolfo Baglioni scrive da Milano al
Duca, manifestandogli il dispiacere di non averlo
trovato in città. — Doc. XXIX.

Lettera di Guido e Rodolfo Baglioni a Lodovico
Sforza. — Doc. XXXII.

Lettera di Simonetta Baglioni, capitano di ventura,
al Duca di Milano che lo ha invitato di prestargli
i suoi servigi. — Doc. XXXIV.

Lettera di Monaldesca vedova di Malatesta Ba-
glioni a Tommaso Rusca. — Doc. XXXVI.
Lettera della medesima a Francesco II Sforza per
raccomandare il figlio Ridolfo. — Doc. XXXVII.

d) La Città.

Lettera di Filippo Buonaccorsi al Duca in cui lo
ragguaglia di quanto fa per conciliargli il favore
della popolazione perugina. — Doc. II.

Lettera dei Priori. di Perugia al Duca perchè
venga confermato Baldassarre Baglioni a Podestà
di Firenze. — Doc. V. |
E. VERGA

stere nelle loro buone relazioni coi Fiorentini. —
Doc. XIII.

1481-9-8. | — Lettera del Duca ai priori di Perugia nella quale
promette di adoperarsi affinchè sia resa la dovuta
giustizia a un perugino che si trova in Milano. —

Doc. XVII.

4497-17-83. — I X Arbitri di Perugia avvertono il Duca di a-
ver incaricato Giacomo Antiquari di esporgli al-
cune loro occorrenze. — Doc. XXX.

1497-17-83. — Lettera dei X Arbitri a Giacomo Antiquari affin-
ché ottenga loro dal Duca protezione contro le esi-
genze pontificie. — Doc. XXXI.

d) Niccola e Giacomo Antiquari.

1472-2140. — Il Duca scrice al Capitano e Commissario di Spe-
zia di fare rinunziare la cappellania di San Gio.
Batta di Arcula perchè è stata conferita a Jacomo:
Antiquari. — Doc. XI.

1482-1-3. — Decreto ducale che concede la cittadinanza mila-
nese a Niccola Antiquario di Perugia, professore
di filosofia nell’ Università di Pavia. — Doc. XVIII.

1482-14-10. — Decreto ducale che concede la cittadinanza a Gia-
como Antiquario segretario ducale. — Doc. XIX.

1484-28-9. — Giacomo Antiquari descrive a Bartolomeo Calchi,
primo segretario ducale, che si trova in campagna,
come se la passi in cancelleria. — Doc. XXI.

.1492-10-8. — ‘Giacomo Antiquari ringrazia il Duca delle con-
doglianze fattegli per la morte del fratello. —
Doc. XV.

1494-91-7. — Giacomo Antiquari si lagna col duca dei soprusi
fatti da Ambrogio da Arconate al nipote di lui,
genero del medesimo Ambrogio. — Doc. XXVI.

1494-6-10. — Giacomo Antiquari si lagna con G. Giacomo Gi-
lino della trascuransa del Duca nel pagargli i suot
onorari, e gli espone le sue condizioni finanziarie
poco liete. — Doc. XXVII.

1497-17-38. — I X Arbitri di Perugia avvertono il Duca di a-
—_—_

1497-17-39. —
| 1498-13-3. —
1499 T.

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DOCUMENTI DI STORIA PERUGINA, ECC. 425

vere incaricato Giacomo Antiquari di esporgli al-
cune loro occorrenze. — Doc. XXX.

Lettera dei X Arbitri di Perugia a Giacomo
Antiquari, colla quale lo pregano a indurre il
Duca a favorirli contro le esigenze pontificie. —
Doc. XXXI.

Giacomo Antiquari prega il Duca a intervenire
nei torbidi perugini. — Doc. XXXIII.

Lettera di G. Antiquari B. Calchi, in cui si ral-
legra della vita tranquilla che il duca segretario
trae alla campagna e fa voti che ne ritorni più
sano. — Doc. XXXV.
I. — 1421, gennaio 31.

10

15

20

25

E. VERGA

DOCUMENTI

Arch. stor. civ. « Dicasteri »
Registro lettere ducali 1426-1436 fo. 15.

Il duca di Milano nomina Francesco Mansueti perugino
Vicario di Provvisione.

Dux Mediolani etc. Papie Anglerieque comes ac Janue Dominus.

Audientes bonam famam, virtutes et preclaram scientiam, no-
bilis et sapientis viri Francisci de Mansuetis de Perusio, dilecti nostri,
monemus eum, libenti quidem animo, in notabilibus nostris offieiis
excipere. De ipsius igitur Do.ni Francisci fide, integritate, sapientia
et amplissima sufficientia, omni ex parte confidentes, eumdem Vi-
earium nostrum Prouiscionum comunis et ciuitatis nostre Mediolani,
cum auctoritate, baylia, arbitrio, jurisdictione, preheminentiis, fa-
milia, salario, utilitatibus, commoditatibus et prerogativis ordinatis
et huiusmodi officio legiptime spectantibus et pertinentibus, ac per
eius predecessores licite percipi solitis et haberi, loco cuiuscumque
dieto offleio presidentis, quem abinde ex certa scientia reuocamus
ab hodierna die in antea, usque ad sex menses inde proxime fu-
turos, facimus, deputamus, constituimus et creamus, mandantes Po-
testati et XII Prouisionum et sindicis comunis ciuitatis nostre
prediete Mediolani et uniuersis ac singulis aliis ad quos spectat,
quatenus predictum dominum Franciscum in possessionem dicti
offitii ponant et inducant, positumque manuteneant et defendant,
sibique ad ipsum exercendum offitium auxilium prebeant et fauorem,
prout fuerit opportunum, ac eidem de predictis salario utilitatibus
commoditatibus et prerogativis cum integritate respondeant et fa-
ciant debitis temporibus responderi, iniungentes quoque dicto do-
mino Francisco, quatenus si contingat aliquem vel aliquos contra
eum vel eius familiam quodeumque committere, propter quod ve-
niant condemnandi, eos condemnet et condemnationes huiusmodi
nostre camere precipiat applicari, ipsasque, et quaslibet alias nostre
UET

UERITAS

DOCUMENTI DI STORIA PERUGINA,' ECC. 727

‘camere pertinentes, infra quindecim dies postquam facte et publicate
fuerunt, in scriptis mittat magistris intratarum nostrarum extraor-
dinariarum, et subsequenter pecuniam exigat, et exactam generali

30 texaurario nostro ibidem transmittat, terminumque dicti offitii per
mensem unum nobis notificet ante finem et ab ipso discedere non
presumat absque nostra speciali licentia sub pena salarii sui unius
mensis et nostro ulterius arbitrio auferendi. In quorum testimonium
presentes fieri iussimus et registrari nostrique sigilli munimine

35 roborari. — Datum Mediolani, die ultimo Januarii, MCCCOXXVII,
indictione quinta — FRANCISCUS.

JI. — 1456, giugno 2.
(Originale)

Filippo Bonaccorsi agente in Perugia al Duca.

Magnifice et potens Vir et mi maior honor. — Egli è stato per
me seguito quanto remase col nostro Ill. S. Duca de Milano et con
la V. S., ciò è d' andare nanze tornasse al M. Brazo, a Sancta Fiore
a far lo sponsalitio de la S. de Madonna contessa Anestasia, figliola

5 del M.co Sig. Buoso Sforza, et in verità non ve poderia dire
né scrivere le careze et grande dimostratione d'auere acepto questo
parentado me fecie esso M.co S. Buoso, et similiter tucti gli omene
de quelle suoi terre, precipue hauendo concluso questo facto el N.
I. Sig.re, el perché pare a quelli huomene omai essere de qua secu-

10 rissimi, et come me disse Mastro Antonio de Bernareggio; facessimo
lo sposalitio a di xvj de Maggio proximo passato a ore 12 et de puoi
a tre di me partii de Sca. Fiore, tanto satisfacto et contento quanto
dire se può, et maxime, perché la sposa non porria esser al mondo
più bella et più gratiosa che la Sua S. et andai al M.co S.or Brac-

15 cio, al quale ho referito quello m'é parso necessario, come partegiano -

et servitor del M.co I. S. per accrescier l' animo et despositione del
M.co Braecio verso esso N.ro Ill. Sig.re, che in verità non poria es-
ser meglio desposto et in forma non credo glie podesse agiogniere
alcuna cosa, et io continuo glie sto a l' orechie ad persuaderli et con-
20 fortarlo a questo, et dicoue questo che cosi come io so stato cagione
de questo facto, similemente seguiteró ne lo acquisto de tutto questo
paese in disporre gli omene a la volontà del N.ro Ill. Sig.re, benchè
ora sia facto el più forte, che così ho disposto l'animo, lo ingenio
et la facundia: de la qual cosa el M.co Braccio n'ó remaso contento
25 et satisfacto et così la Sua Mag.ia à retifficato ad ognie cosa sì a la
728

30

40

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60

65

E. VERGA

concluxione fecie col N.ro Ill.mo Sig. Ducha et ancora a lo sposa-
litio facto per me a S.ca Fiore come ò detto. La quale retifficatione
se [fa?] per uno proprio a Bochacino Alamanni a Fiorenza che
la manda a lo I. S. Ducha de Milano in publica forma, come rema-
nessimo d’accordo Bochaccino et io a Fiorenza et secondo l’ ordene
dato a Milano. L'altra retifficazione el M.co Sig. Buoso mandò per
essa qui Jacobo d’ Asese suo fameglio el quale fo ueduto qui molto.
uolontieri, et portò dicta concluxione al Sig. Buoso come per letere
de la sua S.ria serite auisato, le quale seranno con quiste.

La intentione del M.co Braccio era ritrouarse in questa festa.
proxima de S. Johanne a Fiorenza et de poi seguire in uenire a ui-
sitare il N.ro Ill. S. Ducha de Milano: ora è occurso, retrouandose
la Sua S. de Braccio a Roma, fo facto qui certa quistione el di de:
I Ascensione tra doj casati, cioè de gli Oddi et da Corgnia, per una.
festa se faceva nella loro porta, per la contentione de quali (?) ce fo.
amazato uno che staua continno in casa de gli Oddi et alcuni altri
pur de loro feriti da l’altra parte. El perchè el Gouernatore di qui
et iSg.ri Priori et quasi tutti i ceptadini di qui scripsero a la San-
tità del Papa che glie piacesse remandar la S.a di Braccio a ciò se

5 pacificasse detta questione, che essendose retrouato la Sua S.ria qui,

non seria seguita nè faeta dicta questione, wnde la santità del Papa
ha remandato qui el M.co Braccio per aconcio de dicta questione et.
non à poduto fare non aggia presa questa cosa in aconciarla come
à uoluto el papa, non de mancho c'à uoluto per compagnio el Go-
vernatore de qui perché queste sono cose de grande tedio et fati-
gose de poderse defendere de non essere calunniato pendare piü in
una casata che ne l'altra, bisognia governarla molto maturamente
e forse per espatio de più tempo che a la festa de S.co Joanne et
queste cose non sono da lassar, perché emportano. Unde per questo.
respecto mé parso serà necessario a la S.ria de Braccio alungare un
pocho la sua uenuta, la quale soleciterò secondo penserò sia uo-
lontà del nostro I. Sig. Ducha, ché per seguire quella, la S. de Brac-
cio lasserà sempre ogni graude facenda de qualcunche peso se sia.
Ceterum el Sg. Messere Sigismondo à facto far praticha, più dì
fa, de far uno parentado col M.co Braccio, ciò è de dare una figliola
la quale è piccina al figliolo d'esso S. Mes. Sigismondo el quale
sta lì a Milano. La S. de Braccio à disposto non far nè de questo
né d’altro più oltra che sia piacere et uoluntà del N.ro I. Sig. et.
non se seguirà nè concluderà niente più oltra che la sua I. S. del
Ducha vorrà.
In questo di è uenuta una lettera al M. Braccio da Roma che

—— ——

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DOCUMENTI DI STORIA PERUGINA, ECC. (29

l'aecordo del papa col conte Jacomo é facto, non se sa ancora in

que forma né l'altre particularità de dicto acordo. El papa piü di fa

cassò el terzo de le suoi gente d'arme et da cauallo et da piè, sal-
70 uo al M. Braccio. — Si non è dato l'ordine al pagamento dei du-

cati 1500, prego la V. M. el uoglie sollecitare: el M. Braecio me

manda de qui et quattro di per ditti ducati; me recomando a la

uostra M. et pregove me recomandiate al N.ro I. S. Ex Perusia, 11

Junio 1456. :

M. V. Servitor
Filippus Bonaccursii de Perusia.

(Segue una incompleta minuta di risposta alla lettera precedente).
1456, giugno 21.

Nobili uiro Ser Filippo Bonacursio de Perusio nobis dilecto.

Mediolani 21 Junii 1456. — El ne è stato carissimo intendere
per la uostra lettera con quanto studio et diligentia hauete procurato
de condure a l'optato effecto el parentato col M.co Braccio, in an-
dare ad fare la sponsalia de Madona Anastasia, contessa de Sca Fiora,
figliola de Boso nostro fratello, poy del M.co Braccio et fare che la
M.ia Sua mandasse la ratificatione ad Boso et ad nuy; in la qual
cosa commendiamo grandemente la fede et solicitudine uostra et
molto ve ne rengratiamo (1). Per la uia del Boccacino ad Fiorenza
hauemo proueduto ad li Ducati 1500 quale luy ferà rispondere al pre-
10 fato Brazo et così porà mandare per essi ad suo piacere. Se altro è da

fare dal canto nostro et che li piacerà, el faremo uoluntieri et de
bonissima uoglia. Del facto de quello altro parentato che recerca el
M.co Messere Sigismondo, quando Brazo serà qui, parlaremo poy in-
seme quanto serà da far.

ol

III. — 1456, giugno 21.
(Minuta).

Il duca Francesco Sforza a Braccio Baglioni.

Mag. nostro carissimo Braccio, de Baglionibus de Perusio. —
Insieme con le uostre lettere havemo receuuto la ratificazione del

1) Seguono quattro righe cancellate.
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730

10

10

20

E. VERGA

parentato contracto fra la M.ia Vostra et Madona Anastasia Contessa.
de S.ta Fiora, figliola de Boso nostro fratello, lo quale sta in bona
forma. Rengratiamo la prefata M.ia V. quanto più possiamo de la
sua optima uoluntà et dispositione et de la liberalità ha usato in
questo facto, quantunque da quella non habiamo cosa ueruna de
nouo de quello che continuamente hauemo sperato: però al presente
non sapiamo que dire più ultra se non realegrarse et congratularse .
che questa optata conclusione, de la quale con la gratia de Dio spe-
riamo seguirà bono fructo ad l'una parte et ad l'altra. Del facto
che li ducati 1500 como intendereti per lettere scrivemo al Sr. Fi-
lippo, hauemo proceduto optimamente per la uia del Boccaccino ad
Fiorenza: et non solamente de questo, ma de nui et de le cose
nostre hauereti ad disponere como de le vostre proprie.

— Senza data — (1450-1466) luglio 11.

G. Degli Oddi a Francesco Sforza duca di Milano.

Ill.me Princeps, ac Seren.me d.ne, d.ne ac refugium meum singula-
rissimum, post deuotissimas .recommendationes. — Seria impossibile
exprimere nó cum lingua né cum penna lo immenso conforto et
gaudio ho preso del cortese et humanissimo scrivere de la V. Ill. S.
la quale, non per miei meriti ma per sua innata clementia se digna
cum sì dolce e honorifico modo scrivere a me suo infimo seruidore
acceptando la uera scusa de le mie proxime lettere, confortandome
circa l'afanno ho preso e prenderò sempre de l'excesso de miei
figliuoli, e£ ad extremum reiterando le sue cortesissime proferte
uerso de me: de la quale humanità ne rendo a quelle tutte possi-
bele gratie, certificandola che quanto per l'altra dixi, tanto è veris-
simo, perché non harei al mondo magiore gratia che vedere conti-
nuamente acrescere lo imperio e gloria de quella, e per essa mettere
l| honore et le persone nostre, come è nostro debito. Ben me saria
caro prima che io morisse andarmene con questo contentamento, che
io credesse qualche uno de miei in qualche o bellico o ciuile eser-
eitio essere ai seruigi de la Ill. Sig. V., non tanto per lo emolumento
che ne hauesse a receuere, quanto per conforto de gli altri seruidori
de la Il.^ S. V. in questa parte, non manco per confusione et de-
specto de chi desiderasse l'opposito. Pur e questo e ogni altra cosa
remetto liberamente nel beneplacito de la. Ill. S. V. La quale Dio
conserui. |

Perusiae, undecima Julii.

D. V. Ex. Seruitor fidelissimus. G. De Oddis.
— M

DOCUMENTI DI STORIA PERUGINA, ECC. 7131 i

(A tergo).

Ill. et Seren. Principi Francisco
Sfortie Vicecomiti Duci Medio-
lani, Papie Anglerieque comiti,
Cremone domino, Dno meo ca-
rissimo.

V. — 1460, luglio 17.
(Originale)
I Priori di Perugia a Francesco Sforza duca di Milano.
Illust.me Princeps et Exc.me Do.ne protector noster honorandis-
sime, post commendationem. — Semo constricti de naturale carità
[uanta]giare l'honore dei nostri citadini, maxime de quilli che per
virtü el meritano et sonno de conditione che lo honore loro aggionge
reputatione et gloria alla nostra Cità. Il perché trouandose al pre-
sente Podestà de Firenze el M.co caualiere Messer Balthasare Ba-
glioni in tanta grazia dei principali et de tutto quello populo per
merito de le sue virtù, che niuna cosa possibele li denegariano, de-
sydera et cerca molto instantemente la referme a l'officio predicto,
10 et niente li repugna se non el respecto et consideratione hanno alla.
Ill: excell.ia Vostra, quale pare haggia impetrato dicto officio. per
uno Messer Jacopo d' Ancona. Et pertanto usando la fiducia quale
sempre la Ill. Exe. V. per sua cortesia ne ha data in qualunche
cosa, desiderosi che el desiderio d'esso M. Balthasare haggia ef-
15 fecto si per suo commodo si per honore de la nostra cità, pregamo
la Ill. S. V. che in singulare beneficio se digne dicta referma aiutare
con sue lectere derizate alla inclita S.ia de Firenze in forma opor-
tuna, eon conditione che ciò non impedischa né prejudichi a la
electione d’ esso M. Jacopo, si che luy non uenga dopo. Del che a noi
20 farà speciale et gratissimo dono, et niente de meno farà la uia più.
facile a l’amico suo ad obtenere simele beneficio. Parati ad queque
grata Ill. Ex.e V.e — Datum Perusii die XVIJ Julij MCCCCLX.
Priores artium ciuitatis Perusii.

Qt

lIll.mo Principi et Exc.mo D.no
D.no Francisco Sforcie Medio-
lani Duci, Papie Anglerieque
Comiti ac Cremone domino,
protectori nostro honorandis-
simo.
132

VAR

— 1461, luglio 28.
(Originale)

Lettera di Braccius de Perusio (Baglioni) al Duca di M lano,
colla quale gli raccomanda il suo amico e congiunto Gentile della
Scala, che sta per mandare un messo a Milano ad esporre al Duca
i suoi bisogni.

VII. — 1462, marzo 29.

10

20

(Minuta)

La Duchessa a Braccio.

(In testa al foglio)
Ex parte Ill.me D.ne Ducisse...

. Brachio de Balionibus de Perusio.

Habiamo inteso quanto V. M.ia respondendo ad quello gli ha
referito Ser Francesco da Todi suo canzellero la ne scriue per una
soa de dy XV del presente de la consolatione et alegreza ha hauuto
quando ha inteso la totale liberatione de lo Ill.mo S. nostro consorte,
item de lo ordine et deliberatione presa de auiare in qua ad mezo
el mese de majo quelli che hano ad condure la Contessa vostra con-
sorte, demum. del facto de la dote etc. Al quale vostro scriuere re-
spondendo, dicemo che nuy siamo piü che certe che la V. Mag.ia
ha preso et prende tuttauia gran consolatione et alegreza del bene
esssere del prelibato Ill.mo S. nostro consorte, perchè ogni bene et
male de sua Exc.ia et così nostro et de nostri flgliuoli posseti et
doueti reputare sempre commune con noi, che similmente nuy repu-
tauamo sempre comune ad nuy ogni cosa uostra, si che circa questa
parie non accade dire altro, se non che ne ringratiamo assai del uo-
stro amoreuole scriuere et ne certificamo che '| prelibato Ill.mo S. sta
benissimo et tutto el di caualca et fa ogni faticha come prima.

Alla parte del mandare ad tuore la Contessa, ad mezo el mese
de majo in modo che la sia conducta lì el di de la solennità del
Corpo de Cristo, dicemo che al prelibato Ill.mo S. nostro consorte et
nuy piace assai et così acceptiamo tale ordine et deliberatione,

Ben confortiamo et pregamo V. M.a che per questo nostro caual-
laro la ce uogli auisare del nome de le persone che la mandarà qui
ad tuore la contessa et del numero de cauagli et boche che condur-
DOCUMENTI DI STORIA PERUGINA, ECC. 733

rano et qual di parterano de Perosa et uerisilmente poterano gion-
25 gere qua ad Milano, et etiandio se mandereti alcune donne a tuorla
o no, ad ciò che meglio sapiamo dal canto nostro prouidere ad quanto
bisogna.
Alla parte de li denari de la dote, dicimo che nuy la depone-
remo nelle mano del M.co Cosmo de Medici in modo et ad tale tempo
30 che al giungere farà la Contessa ad Perosa, sereti da esso M.co Cosmo
auisato como tene li ditti denari ad vostra petitione, et che quando
hauereti essa Contessa ad casa, ne disponerà secundo il piacere et
uoluntà uostra, facendo prima lo istrumento et cautione de dicta
dota con quella additione de dota ehe se sole per tutto in simili
35 parentadi fare, como siamo certe che per segureza della Contessa et
vostro honore sia uostra intentione de fare, si che a quest' altra parte
non accade dire altro, se non che poy che ne haueti facto respondere
che debiamo lassiare el carico ad uoi de spendere alcuno de li dinari
de ditta dotte in zoie et altre cose per dicta Contessa; nuy restiamo
40 contente de quello che circa ció. pare ad uoy, rendendoue certissime
che in questo fareti quello serà l'honore et debito uostro verso la
Contessa et de zoie et de uestimenti et altre cose. Et peró la depo-
sitione che faremo de ditta dote serano quattromilia cinquecento du-
eati in contanti, et altri MD ducati già un tempo haueti hauuti in
45 Fiorenza per mano del S. Bocazino Alemanno che è el compimento
de ducati ij millia ve fo promesso.

VIII. — 1465, maggio 3.
(Minuta)

Il Duca a Braccio.

Magnifice et affinis noster carissime. Come hauereti inteso, nuy
mandiamo nel reame a marito Ipolita nostra figliola, et. per acom-
pagniarla la M.à del Re manda qui lo Ill.mo Don Federico suo fi-
gliolo con una dignissima compagnia quale zonzarà paso domane, et

o restarà qui fin a la fine del presente mese, poi col nome de Dio se
partirano et se retrouarano a la festa de San Zohanne a Firenza, ove
la Ex. Comunità de Firenza ha deliberato honorarli con grandissima
festa et triumphi. Et perchè detta Contessa vostra consorte è alleuata
qui con dicta Ipolita, amandose singolarissimamente insieme, per

10 questo essa Ipolita è molto desiderosa di averla in sua compagnia

fln a Napoli insieme con le altre donne, quale nuy mandiamo da
qui. Ve confortiamo et pregamo non ve sia graue, immo uogliati

47
Tai — E. VERGA

essere contento de mandare dicta D. Contessa con essa Ipolita et fare: Er
che a dieta festa de San Zohanne la se retroui a Firenza, per acom- b
15 pagnarse poi con ley, perché quando sarà stata a Napoli alcuni pochi
di, la se ne retornerà a casa con le altre, et per lo camino e in ogni
loco sarà ben veduta e tractata: et a nuy farete cosa gratissima, ex-
spectando circa de ciò resposta de vuy.... (incompleta: Da Milano).

IX. — 1466, giugno 25.

(Originale)

Baldassarre degli Armanni a Galeazzo Maria duca di Milano.

Serenissime princeps ac Ill.me Do.ne d.ne ac benefactor mi
singularissime, recommendatione premissa. — Non aueria facultà
né lingua podere referire gratie nè merite: de li benefitie receuute
per Carlo mio figliolo per lo tempo 6 stato a li seruitie et obedientia
de la Ill.ma e Seren.ma memoria del S. Duca uostro padre e successiue
con la Ill.ma S. V. Et perchè al presente el dicto Carlo è stato
publicato a uno certo offitio el quale à interuenire cirea la refectione

Qi

del novo regemento, et pertanto suplico a la Ili.ma V. S. che le

piaccia dare et concedere al dieto Carlo licentia possa retornare qua a
10 a exercitare el dicto offitio che comincia el primo di del proximo 3
mese et dura seie mese, a ciò possa exercitar dicto offitio et inter- t
uenir circa la refectione del dicto regemento: offerendo a V. Ill.ma t
S.a che tornerà a la V. obedientia e seruitii a nome de termene e i
petitione de V. Serenissima S. La qual cosa me serà gratia singu- [
15 larissima. Nec alia: sempre me recommando a la Ill.ma S. V. :
Perusio die XXV Junij 1466. È
Baldasar de Hermannis, eques perusinus. i
Serenissimo Principi ac IN. D. D. i
Galeacio Marie Duci Mediola- i
nensi, Papie Anglerieque comiti i È
Janue ac Cremone domino, d.no È
suo ac protectori singularis- i
simo. :

X. — 1466, luglio 27.

(Originale)
Braccio a Bianca Maria viscontessa e duchessa di Milano.

Ill. mo et Ex.ma d.na mea unicha, humili commendatione pre-
missa. Essendo io qui per la malathia de Carlo nostro, quale è stata.
PU

TERI III

PASSA AO

VELA

E TZ

10

5

DOCUMENTI DI STORIA PERUGINA, ECC. (35

et è periculosa et graue, per uno caualaro de V. S. I. m'è suta
data una lettera derectiua a la contessa nostra consorte et quella
lecta et intesa con quanto amore et dilectione nostra S. domanda
de cuj non saperia da che canto incominciare a ringratiare quella,
et quantunche la uera Madonna de li soy uere serui se debia a le
uolte regordare, di tale affetionate parole sino a la morte ne resto
ubligatissimo a V. S. I. La ualitudine et pacifico stato de la quale
me contenta et ne piglio consolamento et piacere piü che di nigiu-
n'altra cosa del mondo quale piü grata mi fusse; prego aduncha
V. I. S. che se degnia redure ad memoria a la Ex. del Ducha et a
li altri uostri Ill.mi figliuoli la mia anticha seruitü uerso la felicixima
memoria del S. Ducha Philippo et a le moliche del quale io lun-
gamente uisse et gouernaime et eziam continuando con la felicissima
memoria del sig. suo padre, et quella medesima intendo continuare
con sua Ill. S. et soy ex.mi fratelli: et ben che la mia facultà sia
picola et di poca importantia, pure per lo pacifico stato di V. I. S.
mi et mey fratelli metteriamo la uita et spargeriamo el sangue bi-
sognando. Nec alia: recomandamone continuo a la nostra Ex. et a ji
comandi de quella sempre me trouo paratissimo. /'erusii die XX VIj
Julij 1466. — La contessa sta benissimo de la persona, piglierà
consolatione immensa de la lettera de V. I. S. a la quale ley e
tutti noi, como è ditto, ce recomandiamo :

De V. S. Ill. Servitor Braccius de Perusio.

I.e et. Ex.e D.ne d.ne Blanche

Marie Vicecomitisse et Ducisse
Mediolani, Papie ec. ecc.

XI. — 1412, ottobre 2.

(Minuta ducale)
Il Duca al Capitano e Commissario di Spezia.

Capitaneo et Commissario Spedie. i

Dilectissime noster. Credemo habbi inteso per altre nostre come
uolemo che la capella de S. Jo. Baptista de Arcula sia conferita ad
M. Jacomo Antiquario, clerico perusino, nostro cancellero, per essere
luy docto, costumatissimo, idoneo et de noy benemerito: et perchè
hauemo inteso che Uisdomo, figliolo d' uno Michel Uisdomo de Ar-

WEIL RAEE

rigiro siae

iaia nin renti
10

25

E.

VERGA

cula, per symonia et senza alcuna nostra licentia se l' è facta renun-
tiare et ha mandato ad Roma per la confirmatione, in contempto de
li ordini nostri, uolemo habbi da te esso Uisdomo et lo admonissi,
che, statim renuntia ad omne rasone ch'el pretendi in esso beneficio,
certificandolo che quando el non lo faci, li faremo quella punitione
che uogliono li ordini nostri et cossì farai in caso chel sia contumace.
Et ulterius deputaray per iconomo nostro alla cura della capella et
conseruatione de li fructi et beni d’ essa, prete Christoforo Giliolo de
Vezano, del qual hauemo piena confidentia che attendarà alla chiesa
et conseruarà li beni et fructi predicti. Preferea, hauerai da te Ser
Pietro Francesco de Trebiano et Jo. Dominico de Luciano de Arcula,
patroni de dicta capella, quali per fare la uoluntà nostra hanno ele-
cto M. Guido Symonetta, et li commendaray de questa loro obedien-
tia et promptitudine in fare la uoluntà nostra, la qual ne è stata
earissima: ma li confortaray che, non obstante la dicta electione fa-
eta in detto Guido, elegano et presentano esso Nostro Jacomo Anti-
quario, perché detto Guido resta cossi contento, propterea, che esso
D. Jacomo, ultra che'l sia nostro canzellero, è ancora suo preceptore
et maestro, in modo che detto Guido ha caro el suo bene como el
proprio, et ad noy farano cosa eque grata, como hanno facto in ele-
gere detto Guido.
Data da Galiate.

XII. — 1414, agosto 12.

(Originale)

Istruzione del Duca Galeazzo Maria Sforza a Giuliano de Va-

rese, mandato a Perugia per trattare con Braccio Baglioni
signor di Perugia, affinchè accetti truppe ducali per sua
difesa contro le genti del Papa.

Juliano; tu andaray ad Perosa sotto nome et fama de andare ad
comprare caualli, et quando saray in Perosa te trouaray con el
m.co Brazzo de Balioni, et li dirai de nostra parte che uedendo le
nouità et mouimenti facti contra Tudertini et Spoletani per la S.tà

5 del Papa, et deinde essere andato ad Città de Castello con el campo,

quale tutte cose se intende assai chiaramente hauerle facte et fare

ad persuasione et conforti et con el brazo del Re Ferrando, et per-

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DOCUMENTI DI STORIA PERUGINA, ECC. 737

chè se stima pure et anche è uerisimile che le cose non debiano pi-
gliare termine o fine alla cità de Castello, ma dicta S.à como per-
suasa dal Re fa pensero et disegno uolere subjugare Perosa; noi
como quelli che amamo la conseruatione de quella Cità et el bene
d’ esso Brazzo et de l’amici suoi, sì per la [amicizia?] et adherentia
hanno coj S.ri Fiorentini nostri colligati et anche per l'amicitia et
affinità sapiamo è semper stata fra esso Brazzo et la bona memoria
de l' Ill. quondam S. nostro patre et deinde con noi, te hauimo man-
dato là per farli intendere lo nostro bono animo et per prouedere
ad bonhora quando intendessimo che quella Cità acceptasse nostre
gente d'arme et de S.ri Fiorentini, et tenesse in la terra de quello
contato de Perosa dove paresse meglio al proposito per defensione
de le cose loro et per offendere chi fosse necessario per [defensione?]
de cose loro et de caduno altro recomandato o adherente della pre-
fata S.a et nostri, como ad essa S.a et ad noi paresse et piacesse,
perchè quando le uogliano acceptare et tener como é dicto insieme
coi S.ri Fiorentini, oltra quello siamo tenuti tenessimo la protectione
de dicta cità, d'esso Brazzo et de le cose loro. Quando te responda
che sianno contenti acceptare nostre gente.et de S.ri Fiorentini et
fare quanto é dicto, uede de intendere el numero de le gente uo-
rano acceptare uf supra, et hauerne tale chiareza che ne siamo certi,
et auisane uolando chiaramente de tutto, non te partendo fino non

30 haueray nostra resposta.

40

Passando per Firenza, te trouarai con Filippo nostro ambassatore,
con lo quale andaray al M.co Lorenzo et li comunicaray quanto hay
in commissione da noi, el che crediamo li piacerà et uederai te
farà littere de credenza al dieto Brazzo, dicendoli tenga questa cosa
secretissima, sforzandote sopra tutto andare tanto presto quanto te
sii possibile, et ingegniate intendere bene la mente de ditto Brazzo
et de quelli citadini in questa materia più d'intrinseco poray, in
modo ne possi auisare ben chiaro del tutto.

Ulterius dirai al dicto Brazzo che quando se fazza et concluda
questo havimo dicto, che operarimo coi S.ri Fiorentini, che loro et
noy el toriemo ad nostri seruitii con lo soldo et conditione che ha,
et non uolendo contribuire S.ri Fiorentini ad questo, el toremo noi
solo.

Datum Mediolani, die XXI Augusti 1474.

Cichus.
738 E. VERGA

XIII. — 1478, luglio 20.
(Minuta ducale)

Confortansi i Perugini
a persistere nelle loro buone relazioni coi Fiorentini.

Perusinis (1).

Seribunt ad nos socii nostri Florentini uos petere, ut nihil ostile
ex finibus eorum in agrum uestrum fiat, quandoquidem ueterem
amicitiam seruaturi estis; simulque cognouimus eos uobis respon-
disse permansuros se in officio, utrorumque. animi nos mirum in

5 modum oblectant, neque sapientius consilium ultro citroque suscipi
potuisse putamus. Nam et si pontificis jussu, foederi quod cum Flo-
rentinis habebatis, renunciare coacti fueritis, majus tamen uinculum
restabat, quia aretiora sunt nature jura quamque eiusmodi imperio
dissolui possint, neque animus recte institutus ulla ui deteneri potest,

10 quis eum amet a quo se amari plane perspexit. In uestro itaque
est arbitrio pristinam cum florentinis amicitiam colere, a quibus
omnia ofticia expectare debetis, nisi ab ista deliberatione discedatis,
quamuis numquam mos uester fuit simulare aut dissimulare, quippe
qui et amicos nostis et inimicos semper infensos obseruare soletis.

15 Illud eerte suademus, ut a Florentino populo nullo detrimento aut
metu umquam deuellamini, quoniam et ipsi beneuolentie fructum
semper cumulate referre consueuerunt, et eos habent socios qui
aleam fecerunt cum eis in omnem fortunam, adeo ut presidia expec-

. tare possitis rebus uestris ualidissima si in hoc uestro erga illos
20 amore permanetis. Bene ualete.

Arch. Stor. civ.
Registro B lettere ducali 1447-50 fo. 122 v.

XIV. — 1419, giugno 24.:

Cicco Simonetta scrive al Vicario di Provvisione di Milano
della vittoria del signor di Rimini a Magione.
Dux Mediolani etc. — Dilectissimi nostri. — Omne laude et

gratia se debbe sempre referire in l’onipotente et justo dio el quale
may abandona chi spera in sè, et così al presente cum suma beni-

gnità ci ha demonstrato, perochè essendo uno de campi et exerciti

(1) Pegli avvenimenti ai quali questa lettera si collega Cfr. PELLINI, Hist. di
Perugia. — Venezia 1664, II, 768 sg.

———

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RZIORO

DOCUMENTI DI STORIA PERUGINA, ECC. 139

5 de la Ill.ma lega nostra in Perosino a la guida et governo del Si-
gnore de Arimino, domenicha a le xiiii hore se afrontò ualorosa-
mente con li inimici et fecero uno aspero facto d’ arme; et benchè
li aduersarii potentemente pugnaseno, nondimeno dicto duce qui pro
justa causa semper stare consueuit, li nostri restarono uincitori,

10 rupeno et fracasarono dicti inimici, presono tuti li cariagi, pauioni,
stendardi et grandissimo numero de homini d'armi. De la qual cosa
pigliamo suma letitia et così de epsa ue ne facemo participi a con-
solatione di questo nostro populo et subditi, imponendoue che faciati
publico a zaschaduno facendone fare li fallodii, sono di campane

15 et altri segni di letitia, et le processione per tri dì continui ad laude
et regratiamento de dio, a quo omnia bona procedunt. — Datum
Mediolani, die «xiiij Junii 1479. — Sign. Cichus.

(A tergo):

Venerabili spectabili et egregio Vi-
cario archiepiscopalis Sedis, Po-
testati necnon. Vicario Proui-
sionum urbis nostre Mediolani,
dillectissimis.

XV. — 1480, settembre 13.
(Minuta)

Il duca a Guido Malatesta Baglioni di Perugia.
D.no Guidoni Malateste de Perusia.

Mag.ce Amice et affinis noster. — S°' è leuato da questa nostra
cità et uenuto in quelle parte, Lodouico dal Guasco et ha lassato
aleuni debiti a quali non ha fin in quest’ hora satisfacto, et fra
l'altri tolse alla partita soa imprestito per tri giorni, et già è passato

5 el mese, doy caualli, uno da prete Zilio di Maleridi, capellano de
la nostra cancellaria secreta, de ualuta de dece ducati et l'altro da
Cristoforo da Locarno citadino milanese nostri dilecti, de ualuta de
septe ducati, et may non gli ha restituiti nó li caualli né ’l1 pretio
d'essi: doue che per conseguire la restitutione o satisfactione soa

10 hanno deliberato mandare in quelle parte el presente latore suo
messo et parendone che col mezo de V. Mag.a melio et con piü ce-
lerità hauerano el facto suo, la confortiamo et caricamo ad prestare
ogni fauore et aiuto al dicto loro messo in modo che possano hauere
o li caualli o la ualuta d'essi como de sopra, insieme con le spexe
i.

ia ad

contemplatione nostra, per che simelmente faressemo nuy per uostr

— Dat. Mediolani die Septembris 1480.

(Continua)

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LA PACE DEL 6 LUGLIO 1498

FRA GUIDOBALDO | DUCA D'URBINO E IL COMUNE DI PERUGIA

Il secolo XV è uno dei più agitati della storia perugina; al
sorger di esso la città nostra, stanca delle continue lotte civili fra
nobili e raspanti e delle contese che spesso sorgevano fra le stesse
famiglie patrizie insofferenti e gelose le une delle altre, erasi
data a Gian Galeazzo Visconti.

Breve però fu il dominio Visconteo, e la pace conclusa dopo
la morte di Gian Galeazzo fra la vedova di lui ed il Papa ebbe
per conseguenza la stipulazione di accordi fra Bonifazio IX e Pe-
rugia; così il 20 novembre 1403 Giannello Tomacelli rappresen-
tante del Papa si recò nella ciltà nostra a riaffermarvi la sovra-
nità pontificia. i .

Nella dedizione al Visconti e nella pace col Papa il Comune
di Perugia aveva avuto la mira principale e costante di evitare
il ritorno dei nobili fuorusciti, e con lo stesso scopo i perugini
si diedero nel 1408 a Ladislao Re di Napoli a ciò indotti spe-
cialmente dal timore che in loro avea fatto sorgere la potenza
ognora crescente di Braccio Fortebracci, portato dal suo valore e
dalla fortuna a capitanare la numerosa schiera degli esuli peru-
gini bramosi di rientrare anche per la forza delle armi nella pa-
tria diletta. La signoria di Ladislao fu alquanto più lunga di
quella del Visconti, ma certo non valse a difendere efficacemente
la città dai fuorusciti che divennero più audaci quando si seppero
condolli da un uomo ovunque nominato « con meraviglia e con
‘ terrore ».

La morte di Ladislao avvenuta il 6 agosto 1414 suscitò in
Braccio più vivo e più ardente che mai il desiderio di tornare
nella città natale e dominarla; egli non mandò subito ad effetto
*(49 V. ANSIDEI

il vagheggiato disegno e soltanto nell' aprile del 1416 mosse con-
iro Perugia, che gli si oppose fieramente per circa tre mesi e
non si sarebbe rassegnata alla signoria del temuto condottiero se
la battaglia di S. Egidio del 12 luglio non l’avesse convinta es-
sere inutile ogni ulteriore resistenza alle armi braccesche.

Non occorre quì discorrere del tempo in cui Braccio ebbe
soggetta Perugia; basti l’affermare ch’egli era nato per esser
principe e che, qualora gli avesse arriso la sorte, avrebbe (pur
non riuscendo ad unificare sotto il suo scettro l'Italia) costituito
una delle più forti signorie italiane: a Perugia il far parte del
principato di Braccio non avrebbe certo procurato un'assoluta
prosperità, ma le avrebbe assai probabilmente risparmiato le lotte
micidiali, che nelle sue mura si combatterono non solo fra concit-
tadini ma anche fra consanguinei e che ebbero luogo soprattutto
per là mancanza di un governo atto a porre un freno alle ambi-
ziose gare dei più potenti cittadini.

Morto Braccio, dopo un vano tentativo di rendere ereditario
il dominio di Perugia nella famiglia di lui, i nobili pensarono che
il miglior modo di conservare nelle loro mani la somma ‘delle
cose cittadine era l'aecordo col Pontefice, e così il 29 luglio 1424
furono fra Perugia e Martino V stipulati patti, pei quali al Papa
fu assicurata-una specie di alta sovranità e tutto il potere restò
effettivamente a coloro che, esuli dalla città nativa per ben 23
anni, dal 1293 al 1416, erano, per le continue e fiere contese in
mezzo alle quali aveano sempre vissuto, tutt'altro che disposti a
miti consigli.

Di tali accordi fu l'anima Malatesta di Pandolfo Baglioni, cui
Martino V concesse a testimonianza di grato animo la sovranità
di Spello. « Fu questo, scrive il Bonazzi, il primo fondamento
della potenza dei Baglioni che, aggiungendo poscia a quel domi-
nio la Bastia, Cannara, Bettona, Bevagna, Col di Mancio, Castel-
buono, Limigiana ed altri luoghi vicini, da quivi e dalla feccia di
Perugia traevano gli armigeri, i cagnotti, i sicarj per sovvertire
il paese. » (1).

Potenti erano i Baglioni, ma non tanto da dominare nella

(1) Storia di Perugia, Vol. I, pag. 652.
LA PACE DEL 6 LUGLIO 1498, Ecc. 743

città senza che sorgessero contro di loro temibili rivali, ed è per
questo che d'ora innanzi la storia perugina ci si presenta piena
di lotte civili, nelle quali si veggono schierate le une contro le
altre le principali famiglie del paese; i Baglioni, gli Oddi, i Ra-
nieri, gli Arcipreli o Della Penna, gli Armanni o Della Staffa
erano sempre a capo delle parti contendenti e il più lieve dissenso
fra loro bastava a suscitare ostinate contese interrotte da paci
‘che eran sempre dette perpetue e che invece si riducevano a tre-
gue spesso brevissime. E poichè a tali contrasti davano origine
‘ambizioni e interessi soltanto personali, era facile che sorgesse
discordia nel seno d’una slessa casa; quindi i congiunti si com-
battevano con tanto maggiore accanimento quanto più stretti
erano i vincoli del sangue. I Governatori e i Legati del Papa
erano privi dell’autorità necessaria ad impedire cosi gravi eccessi,
e molte volte era loro precipua cura, non il punire gli autori
degli omicidj e delle rapine che di continuo si commettevano, ma
il venire ad accordi con essi quasi da uguali ad uguali, ponendosi
intermediarj fra i varj partiti e trattando il più delle volte coi
loro capi come se questi fossero stati i rappresentanti di un go -
verno, i condottieri di regolari milizie. :

In mezzo a queste lotte, le quali poi non impedirono che Pe-
rugia, indottavi specialmente dal Piccinino, movesse guerra spie-
tata ad Assisi e che per la reliquia del S. Anello si mettesse in
antagonismo con Siena, trascorse il lungo periodo dal 1424 al 1488.
In quest'anno l'odio che divideva i Baglioni e i Degli Oddi fu
più che mai nefasto alla pubblica quiete, e le cronache ci offrono
un'idea esatta della vita tristissima che allora si conduceva a Pe-
rugia; in uno dei cronisti si legge: « A quisti dì, del dicto [mag-
gio 1488], la ragione è andata al basso, et da alcuni mesi passati
fino al presente se è visso malamente; et a tutta volta va de male
in peggio, et li omicidiali usano per la cità, et stanno in casa
delli nostri gentilomini; de modo che ogni persona ne sta de mala
voglia. » (1). Innocenzo VIII con un Breve diretto al Vice-Legato

(1) V. in Archivio Storico Italiano, Tomo XVI, parte prima, la cronaca detta
del GRAZIANI a pag. 073. Il prof. OscAR SCALVANTI ha in questo Bollettino (Vol. IV,
pag. 57, e segg.) dimostrato che non un GRAZIANI, ma bensì ANTONIO DEI GUARNE-
'GLIE fu autore della cronaca, continuata poi da un PIETRO ANGELO DI GIOVANNI.

— — ——— B —

4
T44 V. ANSIDEI

[maggio 1488] ordinò ad alcuni gentiluomini perugini di recarst
in Roma, ma i più non risposero all'appello, o perchè sospettas-
sero non facile la via del ritorno o perchè non volessero piegare
gli animi a pacifici consigli; il Papa mandò poi a Perugia allo
scopo di comporre il dissidio Franceschelto Cibo, ma ogni ten-
tativo di rendere. un po’ di pace alla travagliata città riuscì
vano, e con ragione il citato cronista, dopo avere accennato
alle trattative che di continuo avean luogo per « vedere si se
potesse fare lo acordo in fra le case di questi nostri gentilo-
mini », soggiungeva: « Benchè se dubita che non se ne farà
niente » (1). Il 24 ottobre 1488 fra i Degli Oddi e i Della Corgna,
divisi gli uni dagli altri per antichi rancori, si riaccese in Pas-
signano del Lago il conflitto, e di questo si sentirono ben presto.

.le conseguenze anche in Perugia dove i Baglioni sostenuti da

Cherubino e Gentile degli Armanni e da Girolamo degli Arcipretì
presero le .parti dei Della Corgna contro i Degli Oddi difesi alla lor
volta da Costantino Ranieri, da Averardo Montesperelli e da A ga-

mennone degli Arcipreti (2). La Chiesa di S. Lorenzo fu occupata

(1) V. cronaca citata, paz. 680. A dare un'idea del disordine che in questo.
tempo doveva regnare in Perugia, ricordiamo la deliberazione che adottarono il 4
luglio 1488 i Priori, dei quali era capo Rodolfo di Rodolfo de’ Signorelli; essi decisero.
che si spendessero cinque fiorini in elemosine ai religiosi della città incaricati di
fare orazione allo scopo di ottenere che Perugia fosse liberata « ab omni periculo
et ab omni malo » e che Dio riconducesse il popolo perugino « in pacificum et tran-
quillum statum » (V. Annali Decemv. ad an. c. 73 r.).

Innocenzo VIII con Breve diretto ai Priori delle Arti e al Consiglio dello Stato:
ecclesiastico di Perugia in data 9 luglio 1488 (Arch. Decemv. Bolle e Brevi C. 521) si
lamentava che le promesse di pace giurate con tanta solennità non fossero mante-
nute ed annunziava che per suo.ordine si sarebbe recato a Perugia Francesco Cibo.
Questi, che la ricordata cronaca afferma essere figliuolo d' Innocenzo, é invece detto
dal Papa « noster secundum carnem nepos et gentium nostrarum armigeraruni gu-
bernator generalis ». Franceschetto Cibo ebbe accoglienze tanto liete e manifestó al
Pontefice tanta fiducia nell'esito felice della sua missione che Innocenzo con altro
Breve dell’ l1 luglio (Bolle e Brevi C. 522) ringraziava i Priori di quelle accoglienze
dichiaravasi lieto della devozione dei Perugini verso la Sede Apostolica ed esprimeva.
la certezza che a Franceschetto Cibo il compito di paciere sarebbe stato facilitato
dalla grande maggioranza dei cittadini. — Quanto vana fosse la speranza del Papa e
del suo inviato lo dimostrarono pur troppo gli avvenimenti che dopo breve tempo-
si svolsero!

(2) I primi tumulti in Passignano si ebbero nel settembre e si conserva nel-
l| Archivio Decemv. un Breve d’ Innocenzo VIII del 22 sett. 1488 (C. 523) diretto ai
Priori delle Arti, nel quale il Papa deplora quei disordini e dichiara di avere, allo
LA PACE DEL 6 LUGLIO 1498, Ecc. 745

dai Baglioni e dai loro aderenti che vi si fortificarono e per tre
giorni, dal 28 al 30 ottobre, in varj punti della città si combatté
con valore degno di miglior causa; a nulla approdarono gli sforzi
del vecchio Guido Baglioni tendenti a ristabilire la quiete, inutile
riusci la presenza di Maurizio Cibo fratello del Papa e nostro
Governatore venuto con lo stesso scopo (1), e la notte del 30 ot-
tobrei Degli Oddi ed i loro fautori, vedendo che la parte avversa
era troppo forle per resisterle con speranza di vittoria, presero la
via dell'esilio (2).

E questa una data notevole per la storia perugina, poichè con
‘essa 1 Baglioni cominciarono ad esercitare sulle cose della città
nostra una influenza così preponderante da far credere a molti
che siano stali Signori di Perugia; essi però non ebbero mai questo
titolo, che forse avrebbero conseguito se, vinta l'opposizione dei
fuorusciti Degli Oddi, fossero stati fra loro concordi ed avessero
saputo efficacemente opporsi ai Papi. Comunque egli è certo che
i Baglioni furono per molti anni in Perugia così potenti da non
recar meraviglia che spesso nelle nostre cronache si parli dello
Stato Baglionesco (3).

scopo di porvi un rimedio, chiamato a Roma Guido Baglioni ed alcuni altri citta-
dini. Guido si portò a Roma (v. cron cit., pag. 682) e, a dir vero, si adoperò a se-
dare il conflitto, ma non vi riusci.

(1) Con Breve del 18 decembre 1487 annunziava il Papa ai Priori la nomina di suo
fvatello Maurizio Cibo a Governatore di Perugia e, dopo aver detto che nessuno a lui
era piü caro di questo fratello, concludeva: « Habetis itaque in eo pignus maximum
nostre in vos charitatis paterne » (Arch. Decemv. Registro Brevi, Vol. IV, c. 76 t.).

(2) I Priori, scoppiata la funesta lotta civile, ne avvertirono subito il Papa, che
‘con suo Breve del 31 ottobre (Bolle e Brevi C. 524) li esortò a provvedere nel miglior
modo possibile alla quiete della città e promise loro ,che a conseguir questa egli
pure ton tutte le sue forze sarebbesi adoperato. Il Breve comincia cosi: « Nihil pos-
set nobis esse molestius quam audire tantam istius peculiaris civitatis nostre com-
motionem et armorum rabiem quantam proxime littere vestre nobis renuntiarunt ».
Secondo alcuni il 30 ottobre per incarico degli Oddi porto proposte di pace ai Ba-
glioni Filippo degli Ansidei, ma sembra che Guido Baglioni per mezzo di lui « fa-
cesse intendere a Simone degli Oddi che s'egli in quella notte nonsi partiva da Pe-
rugia, nel giorno seguente dai suoi seguaci l'avrebbe fatto tagliare a pezzi e bruciare
nelle proprie case » (V GIUSEPPE BELFORTI, Serie de’ Legati, Vice Legati e Gover-
natori di Perugia, Tomo sesto, pag. 154).

(3) Non appena andati in esilio i Degli Oddi, furono il 3 novembre 1488 (essendo
capo dei Priori Cherubino di Felcino degli Armanni) eletti i Dieci dell Arbitrio, fra
i quali troviamo Girolamo degli Arcipreti, Guido e Rodolfo Baglioni, Bernardino
Ranieri, Rodolfo Signorelli: ricordiamo questi nomi perché sono.gli stessi che figu-
.V. ANSIDEI

Il Bonazzi asserisce che nulla v'ha di si trislo che possa pa-
rano sotto gli accordi di pace stipulati fra Perugia e il Duca d'Urbino. Nell’ atto
di nomina é detto che i Dieci debbono ave e « plenum arbitrium providendi, sta-
tuendi circa omnia et singula que necessaria noverint et eis visa fuerint utilia ét
oportuna pro et super conservatione et amplificatione presentis tranquilli st^tus ci-
vitatis ad honorem et statum S. R..E. » (V. Annali Decemv. ad an. c. 89). Da una
nota che si legge nel Vol. degli Annali a lato di questa deliberazione si rileva che
la straordinaria magistratura dei Dieci fu nel 1489 confermata per un anno e che
poi nel 1490 lo fu senza limitazione di tempo « ad beneplacitum camerariorum ». Di-
sgraziatamente gli Annali 1489-149) mancano, come risulta anche dalla Bibliografia.
storica perugina del VERMIGLIOLI, e perciò non é stato possibile il tener dietro a tutte
le variazioni avvenute in questo Consiglio, diciamo così, dittatoriale, che per molti
anni accentrò in sé tutti i pubblici poteri. Le cronache sono piene di accenni alla
onnipotenza dei Dieci ed in un passo della cronaca detta del GRAZIANI si legge:
« De continuo li X de lo arbitrio stanno nel palazo de li priori et fanno conseglie ;
et quando vogliano ragionare cose secrete danno licenzia alli signori priori che
vadano per lo palazo; et essi remangano nelle loro camere per fino che hanno expe-
dito quello che hanno da fare ». Le parole del Cronista suggerirono al FABRETTI le
seguenti giustissime riflessioni: « Da questo passo, come da altri, chiaramente si
vede che i Dieci dell' Arbitrio avevano preso tale autorità nell' amministrazione della
cosa pubblica da soprastare di fatto ai Priori delle Arti. Non facevan essi che ese-
guire la volontà dei Baglioni che si confondeva colla volontà dello Stato. La cacciata
degli Oddi, consestita disgraziatamente dal Papa, fu strada a Guido e Ridolfo Ba-
glioni per aggiungere quella potenza, a cui salirono con poca fortuna ed infelicissima
fine Giovan Paolo, Gentile e Malatesta IV » (V. Archivio Storico Italiano, Tomo XVI,
Parte prima, pagg. 728 e 729). Prima cura dei Dieci appena eletti fu quella di render
couto al Papa del rumore e della novità, come allora dicevasi, che avevano avuto
luogo in Perugia, e a tale scopo inviarono ambasciatori alla Corte di Roma Vincenzo
di Monte Vibiano e Battista di Ranaldo di Montemelino, ai quali fu dato lo specia-
lissimo incarico di giustificare presso il Pontefice « expulsionem pestifere familie
nefande D» Oddis » (Annali decemv., 4 novembre 1488, c. 9) t.). Con lo stesso scopo
di spiegare gli ultimi moti di Perugia fu il 9 nov. 1488 spedito Mariano de’ Baglioni
« ad excelsam Comunitatem Florentie ac etiam ad magnificum et ill. virum Lauren-
tium de Medicis civem florentinum occaxione rumoris et novitatis nuper facte inter
cives et nobiles huius civitatis ». Al Comune di Firenze doveva il perugino amba-
sciatore rivolger preghiera affinché i fuorusciti non fossero ammessi nel territorio
fiorentino, a Lorenzo de’ Medici dovea far premure perché volesse « recomandare
questo novo presente Stato a la S.tà de N. S. et intercedere che S. B. per sua cle-
mentia se degne exaudire le juste supplicatione sonao porte a S. S. per li oratori
mandati per questa Comunità la quale tucta e maxime «el presente stato ha grandis-
sima fede e devotione in sua maznifica signoria » (Annali Decemv. ad an. c. 93 r).
E sua signoria vide assai favorevolmente la decadenza delle libertà comunali in
Peruoia e la conseguente grandezza della famiglia Baglioni: nelle pratiche tendenti
a far dichiarare confinati e ribelli i Degli Oddi ebbe larga parte Lorenzo de’ Medici,
il quale poi si stimò in seguifo autorizzato ad ingerirsi .anche un po’ troppo delle
cose perugine. Pur nei rapporti con Lorenzo l'azione del nostro Comune s' intrec-
ciava sempre con quella dei Baglioni; così nel 15 giugno 1490, quando Vincenzo di
Monte Vibiano si recò, mandatovi dal Comune, a Valiano a parlare col Magnifico, vi
andò pure Ottaviano di Guido Baglioni.
IA Ts

LA PACE DEL 6 LUGLIO 1498, Ecc. T4T

ragonarsi al dodicenne dominio della famiglia Baglioni (!) e certo
non può non riconoscer giusta tale affermazione chiunque rifletta
ai neri tradimenti e ai feroci delitti che rendono quel periodo
della nostra storia dolorosamente memorando.

Gli Oddi e i loro partigiani, confinati il 22 gennaio 1489, sem-
pre tentavano di rientrare in patria, e troppo ci allontanerebbe
dal proposito nostro il ricordare anche brevemente quei tentativi,
ognuno dei quali dava origine a nuovi odj e rinfocolava gli an-
tichi (2). Alle lotte che si combattevano fra concittadini altre
se ne aggiungevano fra città e città, e così in questo tempo 1 Ba-
glioni mossero guerra a Foligno per aiutare Spello (3) e ad As-
sisi in odio al Conte di Sterpeto « crudele inimico de casa Ba-
gliona e de ciascuno Peruscino » (4) A lamentare l'anarchia che

(1) Storia di Perugia, Vol. II, pag. 16.

(2) Nell’Archivio D'cemv. (Bolle e Brevi, C. 526) si conserva la istanza diretta
al Legato Cardinale di Siena dai Priori e dai Dieci dell’ Arbitrio perché il Legato
stesso confermasse i confini assegnati agli Oddi e ai loro amici fuorusciti: i nomi di
tutti costoro e dei luoghi nei quali dovevano recarsi si leggono nel documento, no-
tevole anche per il placet autografo apposto il 22 gennaio 1489 dal Cardinale ai varj
punti della domanda. Nel IV Registro dei Brevi del nostro Archivio a c. $5 t. si ha
ricordo dei poteri conferiti a Francesco Diacono Cardinale di S. Eustachio detto il
Cardinal di Siena « super componendis rebus perusinis ».

(3) Durante il predominio Baglionesco furono spesso interrotti i buoni rapporti
fra Perugia e Foligno. Questa città era nemica ai Baglioni anche nel settembre 1495,
quando gli Oddi tentarono di rientrare in Perugia, e negli Annali Decemv. del
1496 (c. 2 t.) sotto la data dell’11 gennajo è cenno delle pace che doveva stipularsi
con Foligno e a trattare la quale furono dal maggiore e generale Consiglio eletti
Guido Baglioni e Vincenzo da Monte Vibiano.

(4) V. cronaca del MATARAZZO 0 MATURANZIO in Archivio Storico italiano, To=
mo XVI, parte seconda, paz. 73. Sin dal 1492 cominciarono i Baglioni nemici del Conte
di Sterpeto che era favorito dalDuca d' Urbino a cavalcare contro Assisi, e può dirsi che
da detto anno a quasi tutto il 1497 le ostilità non cessassero mai. Tentativi di accordi
mon mancarono e dagli Annali Decemv. del 1496 (c. 24 r.) si ha notizia che il 17 aprile il
maggiore e generale Consiglio nominò Sindaco per la pace col Comune di Assisi e col
Conte di Sterpeto Rodolfo di Rodolfo de' Signorelli; nulla però si dovette concludere,
ché da un Breve di Alessandro VI ai nostri Priori delle Artiin data 13 maggio 1497 risulta
che il Pontefice avrebbe mandato a Perugia il suo nepote Cardinal Borgia anche per
appianare le questioni esistenti fra la città nostra ed Assisi. « Tanto accuratius (così
è detto nel Breve) ipsum legatum Card. lem de Borgia nepotem nostrum expedire cura-
bimus, quanto instantius per vos peti videmus, significantes vobis quod, exactis hiis pa-
scalibus diebus, statim in primo Concistorio, prout moris est, ipsum expediemus et ad
vos mittemus provisurum tam circa bonum vestrum et istius nostre civitatis gubernium
quam etiam circa res vestras cum assisinatensibus » (Bolle e Brevi C. 577). Le pratiche
per la pace ebbero questa volta esito felice e il 1o di giugno i nostri Priori e i Dicci
148 V. ANSIDEI

reenò in Perugia nell’ ultimo decennio del secolo XV sono con-
o o

dell'Arbitrio deliberarono una tregua di quindici giorni « animadvertentes requisi-
tiones et exhortationes eisdem nuper factas per Ill. Dominos Ducem Urbini et Do-
minum Camerini de armis deponendis et offensionibus suspendendis contra homines
civitatis Assisij ad aliquod tempus, ut interim agi possit de concordia ineunda inter
prefatos de Assisio foris et intus existentes et etiam cum comunitate perusina et
magnificos Dominos Balionos » (4nnali Decemv. 1497, c. 90 r.): Tale deliberazione fu
presa in seguito alP'annuncio che il giorno innanzi avean dato i Priori di Assisi di
aver levate le offese dal lato loro « ad requisitione de lo Ill.mo Sig. Ducha de Urbino »
(Archivio Decemv., Lettere ai Priori). L' istromento di pace e di concordia delle fa-
zioni Assisane « sive partis superioris et inferioris civitatis Assisij » trovasi a c. 102 t.
degli Annali Decemv. e porta la data dell'8 settembre 1497. I rappresentanti dei due
partiti Assisani dichiarano innanzi ai nostri Priori e ai Dieci dell'arbitrio che fanno
la pace « inducti et sunsi per magnificum et excelsum Comune Perusij nec non per
presentem ecclesiasticum Statum nobilium eiusdem civitatis Perusij et presertim
per magnificos et generosos dominos Guidum et Rudulfum et eorum filios et nepotes
de Balionibus ». Nell'atto, per l'osservanza del quale furono fidejussori Giulio Cesare
Varano signore di Camerino e il Comune di Perugia, é detto che se risorgesse di-
scordia fra le parti, « dicte partes vel altera ipsarum teneantur habere recursum et
confugium ad S. D. N. Papam, R.mum Legatum Gubernatorem seu Locumtenentem
pro tempore existentem in civitate perusina seu ad magnificos nobiles de Balionibus »
e nell'art. 6 del.a pace è stabilito « quod magnifici domini Guidus et Rudulphus de
Balionibus habeant facultatem et arbitrium declarandi omnes familias et personas
que debent excludi à pace et esse exititij perpetui civitatis et comitatus Assisij ». Cu-
riose paci queste, nelle quali si gettavano i semi di lotte più fiere per l'avvenire!
Guido Baglioni anche in nome di suo fratello Rodolfo dichiaró subito quali dovevano
essere le persone e le famiglie escluse dalla pace: aprono la dolorosa lista « Jacobus
et Alexander de Fluminibus Sterpeti comites ». Il MATURANZIO però afferma che al
Conte Alessandro fu concesso di restare in Assisi e che « el magnifico Jovan Pavolo
li dette una sua sorella bastarda per moglie e fessel amico » (cron. cit. pag. 77).
Alessandro aveva sempre combattuto acerbamente i Bagiioni e quando gli Oddi nella
notte dal 3 al 4 settembre 1495 penetrarono in Perugia col favore di uno dei Dieci,
Lodovico degli Armanni, il Fiumi che era coi fuorusciti, a mala pena salvò la vita. -
Nelle lotte contro Assisi diedero prove di non comune valore Astorre e Gio: Paolo
Baglioni: leggendo la narrazione delle loro gesta é naturale il riflettere che sarebbe
stata gran ventura pel nostro paese se quei prodi condottieri, anziché combattere
contro altri italiani e vender le loro spade, avessero sempre difeso la patria e nu-
trito i generosi sentimenti che dimostrarono allorché con audacia cavalleresca ten-
tarono di assalire i dodicimila Francesi accampati a Mercatello di Monte Vibiano:
ma pur troppo i tempi ciò non consentivano! A titolo di curiosità e a testimonianza
della molta considerazione di cui godeva Gio. Paolo in Perugia durante la lotta
contro Assisi notiamo che o negli ultimi giorni del 1496 o nei primi del 1497 a lui fu
dato un banchetto a spese del Comune (V. Annali Decemv. 1497 c. 72 r.); avendo poi
lo stesso Gio: Paolo nel Febbrajo 1497 donato ai Priori due leoncini, nei citati Annali
(c. 76 r.) si legge: « Magnificus et generosus armorum conductor Joannes Paulus...
de Balionibus ut bonus et optimus filius civitatis Perusij ac patrie cui semper est
obligatissimus presentavit..... M. D. P. artium .....duos leoncinos parvulos quos prefati
M. D. P. ea qua decuit reverentia acceptaverunt ».
LA PACE DEL 6 LUGLIO 1498, Ecc. 749

cordi tutti gli storici e cronisti, e basti il riferire le parole del
Maturanzio, che non può davvero dirsi ostile alla famiglia Ba-
glioni: « A non volere diviarse da la prima verità, dal dì che
uscirono li Oddi cum loro seguace de la nostra città, sempre andò
de male in peggio, facendose poche exercizie; e tutti li giovane
facevano arte de soldo, e tale senza exercizio, e homine de mala
vila; e ognie giorno se vedevano varie scesse, e era redutta la
‘città senza alcuna ragione o justizia, e ognie homo se admini-
Slrava ragione propria autoritate e manu regia » (1).

E come ognuno si facesse giustizia da sè risulta anche dai

(1) V. Cronaca cit. pag. 101. — Che in detta epoca ordine e giustizia fossero in
Perugia parole vane lo dimostra la seguente deliberazione che fu adottata il 30 mar-
‘zo 1496 dai Priori e dai Dieci dell’ Arbitrio: « Die XXX Martij existentes insimul
collegialiter congregati prefati M. D. P. et M. D. Decem Arbitrij videlicet Magnifici
Guidus de Ballionibus, Rodulfus de Ballionibus nomine suo et vice et nomine Che-
rubini de Hermannis et Rodulfi de Signorellis quorum vices se gerere asseruit....,
Dominus Balleonus de Monteubiano U. I. Doctor et Franciscus Nicolai Tome et Ju-
lius Cesar de Cornio vices gerens, ut asseruit, Petri Pauli sui fratris carnalis..... con-
siderantes esse..... necessarium ex consilio et sententia universi Consilij nobilium pe-
rusinorum reddita super regimine huius civitatis eandem in peximos mores jam
collapsam et in dies in deterius precipitantem atque fere ruentem, in melius refor-
mari, quod precipue causari ignoscitur ex nefandis.... delictis que in dies licéntiosius
ob impunitatem perpetrantur, que impunitas.... ipsis nobilibus dedecus..... affert eos-
demque exosos ceteris civibus honeste vivere cupientibus reddit, iram quoque Dey
provocare ad ultionem videtur, quando debita remedia potentiores et in quorum ma-
nibus ipsius civitatis cura et administratio consistit adhiberi negligantur; volen-
tes itaque..... providere ut civitas ipsa exititiorum dolis forte hactenus.... in deterius
collapsa ad honestiorem et urbaniorem vivendi normam sub frenoque justitie re-
ducatur et tandem co :quiescat..... statuerunt quod debeant eligi infrascripti sex
cives cum plenissimo arbitrio... providendi et provisa executioni mandandi circha
omnia et singula concernentia observationem justitie et statutorum comunis et
populi perusini in dicta civitate et comitatu Perusij ». Furono prescelti al de-
licato e grave officio Troilo Baglioni protonotario, Astorre di Guido Baglioni, Pe-
riteo di Monte .Sperello, Vincenzo di Monte Vibiano, Girolamo degli Arcipreti
e Giulio Cesare della Corgna (V. Annali Decemv. 1496 .c. 21 r). È questa una
preziosa confessione del miserando stato in cui si trovava Perugia alla fine
del secolo XV e del quale erano soprattutto responsabili quegli stessi maggio-
renti che con paro:e tanto severe lo riprovavano. Il popolo soffriva e taceva e solo
di quando in quando dimostrava il suo malcontento lanciando satire e maledizioni
anonime contro la prepotente oligarchia. « A di 6 de setembre 1490 fur trovati per
piaza molti bollettini, quali dicevano: Morino li tiranni che ce dan cotanti affanni »
(V. la cit. cronaca detta del GRAZIANI a pag. 736 ed anche a pag. 681).

48
750 V. ANSIDEI

seguenti episodj, ai quali ha relazione il documento che pubbli-
chiamo (1).

Vivevano in una rocca presso Magione i due cugini Angelo
e Niccolò Piccinino nepoti del celebre condottiero Niccolò Picci-
nino; sorse fra loro, non si sa per qual motivo, discordia ed An-
gelo ferì per modo Niccolò, che questi rimase storpio in ambedue
le mani. La convivenza fra i due congiunti divenne impossibile
e Niccolò cercò aiuto e rifugio presso il Varano Signore di Came-
rino, al quale cedette ogni suo diritto sulla torre della Magione
o in segno di grato animo per le oneste accoglienze ricevute o
mosso dal desiderio di porre a fronte dell’odiato cugino un
potente avversario. ll Varano più e più volte scrisse al conte
Angelo per annunciargli tale cessione, ma questi, nonchè rispon-
dergli e dichiararsi pronto a riconoscerla, donò a sua volta i di-
ritti che aveva sulla rocca a Gismondo Baglioni, al quale era le-
gato di singolare amicizia. Offeso di ciò, il Signore di Camerino
pensó in cuor suo alla vendetta e indusse Girolamo della Penna,
che gli era amico e parente, a fare uccidere il conte Angelo; il
delittuoso mandato ebbe tosto nei primi giorni del 1498 esecuzione,
ma della morte di Angelo Piccinino giurò di vendicarsi Gismondo,
che subito corse a riprendere il contrastato castello (2). Così Giro-
lamo della Penna che per tanti anni era stato uno de’ più fidi
seguaci di casa Baglioni le divenne nemico, così sorse fra lui e
Gismondo Baglioni quell’odio mortale che non si estinse per la
pace del 6 luglio 1498 e che certo fu non ultima causa dell’ecci-
dio dei Baglioni compiuto la notte dal 14 al 15 luglio 1500.

Senza dubbio tali rancori influirono sulla contesa che poco
appresso, nel febbraio 1498, scoppiò fra Guidobaldo I duca d'Ur-
bino da una parte e il Comune di Perugia e i Baglioni dall'altra,
a proposito di una torre situata sul confine fra il territorio di Pe-
rugia e il Ducato d'Urbino, la quale apparteneva al conte Fran-
cesco Bigazzini. Dice il Maturanzio che « era grande deversità

(1) V. MATURANZIO, cronaca citata, pag. 81 e segg.: PELLINI, Del Historia di Pe-
rugia, parte 3a, l.bro.1o, pag. 95 e segg. e Bonazzi, Storia di Perugia, vol. II, pag. 18
e segg. i
(2) II conte Angelo Piccinino era, quando fu ucciso, uno dei Dieci dell’Arbitrio;
anche per tale circostanza il delitto dové apparire audacissimo (v. in Archivio Decemv.,.
Contratti CC 64).
__1]<«=« MÀ —

LA PACE DEL 6 LuGLIO 1498, ECC. (51

de appelito de la detta torre intra lo Duca de Urbino e li Baglione
e Comunità de Peroscia, perché l'uno e l'altro questa deside-
rava » (1): infatti nell’ultima guerra combattuta nel 1497 fra Assisi
protetta dal Duca d’Urbino e Perugia Gio: Paolo Baglioni se ne
impadroni e la ritenne per molti mesi sino a che non fu obbli-
gato a restituirla al Bigazzini, il quale amaramente si doleva gli
fosse stata tolta; il conte Francesco però, poco dopo riavuta la
torre, permise, fingendosi a ciò costretto, che Guidobaldo la occu-
passe e quindi gliene fece donazione. Lo sleale modo di agire del
Bigazzini e la prepotenza del Duca, che tosto fu nelle sue pretese
sostenuto dagli esuli Oddi e da Girolamo della Penna, suscitarono le
giuste ire del Comune di Perugia e dei Baglioni che, dopo inutili
pratiche per ricuperare la torre pacificamente, la riacquistarono di
sorpresa a mezzo di alcuni uomini da Casacastalda devoti ai Baglioni.
Di ciò si sentì offeso il Duca d’ Urbino, che senz’altro si deter-
minò a muover guerra a Perugia; e già Guidobaldo si accingeva
a marciare sulla Bastia, terra de’ Baglioni che con febbrile atti-
vità la munivano d’ogni necessaria difesa, già si adotlavano in
Perugia tutti i provvedimenti atti a tutelare la città, quando i pe-
rugini inviarono al Papa Vincenzo da Monte Vibiano, a Firenze
Pietro Paolo della Corgna, al Signore di Camerino Ghiberto dei
Ghiberti per tentare ancora una volla d'indurre alla pace il Duca.
d'Urbino (2). Alessandro VI, Firenze ed il Varano aderirono
alle istanze di Perugia, ed il Papa, che sin dall'aprile 14t8 si era
posto intermediario fra il Duca e il nostro Comune ed avea man-

(1) V. MATURANZIO, Cronaca cit., pag. 86.

(2) Negli Annali Decemv. del 1493 a c. 148 t. si legge: « Die XXIII maij. Consilio
M. D. P. et Camerariorum artium civitatis Perusij, considerantes prelibati M. D. P. et
Camerarij im:ninentem periculum quod evenire posset huic nostre civitati eiusque
comitatui cum, ut intelligitur, Dux Urbini in dies majores preparat provisiones con-
tra hanc civitatem et Statum perusinum et non vult venire ad aliquam concordiam,
et volentes... curare quod ex dicta causa civitas ista nec eius comitatus aliquod pa-
tiantur detrimentum, dedecus nec vilipendium.... et operam dare pro pace et quiete
civitatis et comitatus et presentis ecclesiastici Status....., statuerunt, ordinaverunt......
quantitatem quinquaginta milium ducatorum de quibuscumque pecuniis dicti Comu-
nis expendi posse, tam pro gentibus armorum, quam etiam pro aliis omn bus et sin-
gulis necessitatibus et occurrentiis comunitatis civitatis predicte ». Questi provvedi
menti però no 1 impedirono che da parte di Perugia si ponesse ogni cura ad evitare
il conflitto e il 81 maggio furono a tale scopo eletti i ricordati ambasciatori (V. An-
nali Decemv. c. 150 r.).
(59 V. ANSIDEI

dato all'uopo in Perugia Giovanni Botonto da Viterbo (1), l'8
giugno 1498 annunció con un Breve ai Priori che avrebbe, corri-
spondendo alle loro preghiere, inviato il Cardinale Giovanni Bor-

gia (2). Avea questo Cardinale una particolar predilezione per la.

cillà nostra ed a lui specialmente si dovelle se ben presto ogni
vertenza fra il Duca d’Urbino e il nostro Comune fu appianata e
se si venne agli accordi dei quali pubblichiamo i preliminari (3).

Questi non hanno di per sé stessi una notevolissima impor-:

tanza, ma servono a darci un'idea esatta del modo, col quale i

(1) Nel Breve indirizzato da Alessandro VI ai Priori il 19 aprile 1408 si legge:
« Idcirco ne occasione turris Bigazini et exigendi ivibi vectigalis inter istam Commu-
nitatem et dilectum filium nobilem virum Guidonem Ducem Urbini nostrum in tem-
poralibus vicarium aliqua scandali materia oriatur utque vertens propterea inter vos
et eum ipsa controversia juxta juris dispositionem terminetur, mittimus dilectum filium
Johannem Botontum de Viterbio cubicularium et commissarium nostrum, ut circa
premissa, juxta factam per nos sibi commissionem et traditam facultatem, inquirat,
procedat et exequatur » (v. in Archivio Decemv., Bolle e Brevi, C. 582).

(2) « ...... Pro ea singulari (cosi é detto nel Breve) qua istam civitatem nostram
affectione et paterna charitate prosequimur, statim dilectum filium nostrum Johannem
Sanctae Mariae in via Lata diaconum Cardinalem nostrum et Apostolicae Sedis in di-
cta civitate Legatum qui ipsi civitati illiusque civibus non niediocriter afficitur, quam-
quam eius opera et praesentia continue in rebus arduis Ro. Ecclesiae indigeamus, ad
civitatem ipsam destinare decrevimus » (v. in Archivio Decemv., Bolle e Brevi C 583).
Per notizie sul Card. Giovanni Borgia v. BELFORTI G., Serie de’ Legati, Vice Legati e
Governatori di Perugia, tomo 79, pag. 5 e segg., MORONI G., Dizionario di Erudi-
zione Storico- Ecclesiastica, vol. VI, pag. 50 e l' articolo del Prof. F. GUARDABASSI « I Bor-
gia a Perugia » nel periodico LZ? Umbria Rivista d'Arte e Letteratura, anno I, n. 24.
Il GuAaRDABASSI ha pubblicato una lettera del Cardinale ai Priori scritta da Narni
il 18 novembre 1497 e tanto da questa lettera quanto da altra indirizzata dal Borgia
ai Priori il 10 novembre dell'anno medesimo si hanno argomenti a provare la somma
fiducia che nel Cardinale riponeva la oligarchia perugina (Archivio Decemv., Lettere
ai Priori). Quando i Priori e i Dieci dell'Arbitrio seppero che Giovanni Borgia sarebbe
venuto a Perugia come intermediario fra il nostro Comune e il Duca d' Urbino, deci-
sero di accoglierlo il più onorevolmente che per loro si potesse e gli mandarono in-
contro il protonotario Troilo Baglioni (v. Annali Decemv. 1498 c. 150 t.).

(3) Il 13 Tuglio 1498 i Priori e i Dieci dell’Arbitrio, « habito inter eos colloquio
de fide, dignitate, legalitate et laboribus passis per R.mum dominum in Christo pa-
trem dominum Johannem Cardinalem Borgiam Perusie Umbrieque Legatum, in com-
ponendo et paciscendo..... inter Ill. Ducem Urbini et hanc civitatem perusinam », de-
liberarono che a testimonianza di grato animo fosse presentata in dono al Cardinal
Legato dell'argenteria pel valore di 509 fiorini (v. Annali Decemv. ad an., c. 157 r.).

Sembra però che il popolo non partecipasse alle simpatie dei suoi reggitori per il Bor-

gia, il quale, conclusa la pace, « se n’ andò a Roma con poca soddisfazione del popolo
perugino così per la soverchia spesa che data le haveva, come anco per la poca ho-
nestà et licenziosa vita che haveva nella città tenuto-» (PELLINI, Op. cit., parte 3a,
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LA PACE DEL 6 LUGLIO 1498, ECC. 193

Baglioni esercitavano nello scorcio del secolo XV la loro straor-
dinaria influenza sulle cose perugine; i nomi poi che si leggono
sotto le convenzioni sono di personaggi che tutti ebbero gran parte
nelle dolorose vicende di quel periodo. Chi può, vedendo le firme
di Guido, Astorre e Gismondo Baglioni, non pensare alla loro fine
lacrimevole (1)? Chi, posando lo sguardo sul nome di Gio. Paolo
Baglioni, non è tralto a considerare che a lui scampato da morte
orrenda nel 1500, altra non meno orrenda ne riserbava il de-
stino (2)? Chi, vedendo sotto un trattato di pace del 1498 accanto
al nome di Gismondo Baglioni quello di Girolamo della Penna,
non è indolto a ricordare che soltanto due anni dopo Gismondo
fu da Girolamo barbaramente ucciso (3)? Chi, rammentando Ber-

lib. 10, pag. 100). Ai patti di pace fu data forma solenne il 6 luglio 1498 nel castello
della Biscina, alla presenza del Cardinal Borgia, mediante istrumento del notaio Aga-
pito de’ Giraldini segretario del Legato; degl'impegni assunti dalle parti contraenti
garantirono l’ osservanza il Legato stesso, la Repubblica Fiorentina e Paolo Vitelli:
nel nostro Archivio Decemv. si conservano tre copie delle convenzioni (v. Contratti CC
64 e 65 e Registro V dei Brevi, c. 10 t.): vi si conserva pure una dichiarazione del
Duca d' Urbino, con la quale questi promise di « non receptare nel dominio et lochi
de sua jurisdictione alcuno forauscito o rebelle de la M.ca Cità de P«-rosa, né darli
favore tacite o expresse contra el presente Stato perusino né M.ci Baglioni « (v. Con-
tratti CC 63 1/9). La dichiarazione che ha la data del 5 luglio 1498 e la firma originale
del Duca é riportata anche nel registro 1V de' Brevi a c. 128 r. Su questa pace v.
pure BALDI, Vita di Guidobaldo I, lib. V e UGOLINI, Storia dei Conti e Duchi d^ Ur-
bino, vol. II, pag. 79 (Firenze, Grazzini, 1859).

(1) La congiura per la quale alcuni dei Baglioni furono uccisi a tradimento è
troppo nota perché sia d'uopo farne qui speciale ricordo; solo rammenteremo che
Alessandro VI con Breve del 12 agosto 1500 stabiliva sotto rigorose pene che fosser
tenuti lontani da Perugia per un circuito non minore di 50 miglia Carlo Baglioni,
Girolamo degli Arcipreti, Girolamo degli Armanni e i figli di Venciolo della Corgna
« cum..... quondam Guidum, Astorrem, Sigismundum et Symonettum de Balionibus....
in eorum domibus dormientes crudeliter interficere non expaverint » (Reg. Brevi IV,
c. 159 r).

(2) Gio: Paolo Baglloni fu 1’ 11 giugno 1520 decapitato in Castel S. Angelo per
ordine del Pontefice Leone X.

(3) Il MATURANZIO così scrive di questa pace fra Girolamo della Penna e Gismondo
Baglioni: « Et Jeronimo da la Penna e el magnifico Gismondo Baglioue l'uno a l'altro
se rimisero ognie ingiuria, facendo pace cum vero segnio de pace, remettendo onne
ingiuria e odio: e poi tornò nella cittade cum lo cardinale Burgia, benché tornasse
mal volentiere: e dal di che lui torno, non dormiva mai in casa, ma cum suoi amici,
e non stava in loco fermo; e dall’altro canto el magnifico Gesmondo Baglione la
barba portava infino a quel tempo non se la volse radere benché spesse volte andasse
cum Jeronimo ; e molti dicevano che l'uno non se fidava dell’altro e che ancora ce
era inimicizia » ( v. cron. cit. pag. 90 e segg.). E Gismondo e Girolamo continuarono,
T94 V. ANSIDEI

nardino Ranieri, non rivolge il pensiero al giovane figlio di lui,
Costantino, che nel 1491 fu trucidato ai piedi del palazzo del Po-
testà in seguito al tradimento che a danno dei fuorusciti commise
Girolamo della Penna (1)?

Ecco le riflessioni che in noi suscitò la vista del foglio la-
cero ed ingiallito, su cui quattrocento anni or sono si eran posate
le mani di quegli uomini prodi ma sleali, tante volte macchiate di
sangue fraterno; tali riflessioni non furono estranee al nostro
proposito di riprodurre questo documento e portar così un modesto
contributo allo studio della nostra storia cittadina, che negli ul-
timi del secolo XV ha dovuto registrare nelle sue pagine fatti
tristamente memorandi.

V. ANSIDEI.

Apontamenti intra l' Ex.tia del S.r Duca de Urbino et M.co
Stato perusino per mezzo del Rev.mo Card.le de Borgia
dignissimo Legato de Perugia. — Arch. Com. di Perugia,
Contratti, CC. 63.

Circa la restitutione de li castelli de Asese, perchè spectano
immediate a la Sede Appostolica se.remecle a lo arbitrio del
Rev.mo Mons.re lo Legato, excepto il Poggio (2).

nonostante l'apparente conciliazione, a proseguirsi a vicenda dell' odio il più fiero
sino a quella notte fatale in cui Girolamo barbaramente segò la gola a Gismondo,
dicendogli che era venuto il barbiere a radergli la barba.

(1) Il 6 giugno 1491 Fabrizio di Simone e Bertoldo di Leone degli Oddi e Costan-
tino di Bernardino de’ Ranieri detto il Toso, venendo da Gubbio con circa 150 fanti,
riuscirono a penetrare in Perugia. Girolanio della Penna fece credere ai fuorusciti
di essere dalla loro, ma invece, col pretesto di andare a trovare altri amici, si recò
ad avvertire Guido e Rodolfo Baglioni delle intenzioni degli esuli. Si venne subito
alle armi; i fuorusciti ebbero la peggio, Fabrizio e Bertoldo degli Oddi furono uccisi
e Costantino Ranieri, che aveva tentato di salvarsi con la fuga, fu ripreso in Valiano
e condotto presso il palazzo del Potestà. « Et lì glie fu fatto uno cerchio de lancie,
cioè fu messo in mezo de uno grande numero de homini armati, fra li quali ce
erano tutti li gentilomini della città, et per ordiue de li Baglioni a1 uno ad uno glie
dettero uno colpo; et el primo che.glie desse fu Averardo da Monte Sperello che
‘era suo zejo carnale.... Girollamo de gli Arcepreite non glie volse dare » (V. cit. cro-
naca detta del GRAZIANI, pag. 745).

(2) Quando il 1o giuguo 1497 i magistrati di Perugia decisero di sospendere le
ostilità contro gli Assisani, nella deliberazione dichiararono che dovessero al pari
LA PACE DEL 6 LUGLIO 1498, ECC. 755

Circa la torre de Bigazzino se remecte libberamente in mano
et arbitrio del prefato Rev.mo Legato et cusi le possessione et
molini de epsa (1).

A la parte de li beni del S.r Octaviano (2) ad Marsciano no
se ha alcuna notitia de alcuna molestatione; ma quando fossaro
molestali o inquietati, sono contenti se restituiscano.

Circa lo reintegrare de Jheronimo da la Penna a la ciptà et
ad omnia come era prima, se consente.

Item se consente restituire tutti li soi beni stabili ad Bernar-
dino de li Ranieri che li posse tenere, fructarli et li fructi portarli
ove li piace pagando li subsidij consueti come li altri ciptadini;
cum questo ch'el non possa nè debbia venire a la ciptà nè el
contado de Perugia, ma mandare suoi factori a lo governo et re-
‘collura de dicti beni et fructi.

Sono contenti che la magnifica Comunità et Stato de Perogia
et li magnifici Baglioni assecureno Jheronimo da la Penna, suoi
fratelli, nipoti et consorte, et de reducere ad gratia et venia tucti
quelli lo havessaro seguito in queste suoie suspitione et absenta-
lione, per ogni errore havessaro commessi in epse.

ltem che l’Ex.tia del S.r Duca de Urbino se oblighe et pro-
mecta non offendere nè fare offendere la magnifica ciptà et Stato
de Perogia et li magnifici Baglioni el de cetero non recevere nel
dominio et jurisdiction sua alcun foraoscito nè alcun rebelle de la
magnifica ciptà de Perogia nè darli nè prestarli alcun favore ta-

cite vel expresse contra il presente Stato perusino nè li magnifici

dei Perugini comprendersi nella tregua « homines, persone et universitates castro-
rim Petrignani, More, Costani, Armenzani, Paradisi, Podij dicto de socto et Montis
Viridi » (Annali Decemv. ad an. c. 90 r.). I1 29 aprile 1498 il castello di Poggio del
Priore o Poggio di sotto erasi sottomesso a Perugia e fra i capitoli della sommis-
sione registrati a c. 28 r degli Annali Decemv. di detto anno avvene uno in cui é
stabilito che gli uomini di questo castello « sieno difese da omne guerra e molesta-
tione et in specie da li Ascisciani e loro seguaci e fautore a spese del Comuno de
Peroscia ». x

(1) « Et il Cardinal Borgia..... determinò et volse che per beneficio et quiete com-
mune la rocca di Francesco Bigazzini fosse scaricata » (PELLINI, Dell’ Istoria di Pe-
rugia, Parte terza, Libro primo, pag. 100). V. anche la: cronaca del MATURANZIO à
pag. 89 e la nota 3a appostavi dal FABRETTI.

(2) Ottaviano Uhaldini Conte di Mercatello (V. Contratti CC. 64). Di lui afferma
l'UaoLiNI (op. cit. Vol. IT, pag. 79) che « nella minorità del Duca aveva tenuto in
ma: o quasi con assoluto imperio le redini del gover..o ». '
— 56 V. ANSIDEI

Baglioni né lor terre et castelli. Né anco li debbia recevere nè
tenere a li soy stipendij exceptuandone il prefato Berardino, suot
figlioli et nipoti, li quali possino essar receptati et stipendiati da
sua Ex.tia..

Item che le dicte promesse se debbiano fare in forma recipro—
camente sopto quelle pene pareranno al prefato Rev.mo Legato.

Item ch'el prefato Rev.mo Legato et l'excelsa Republica fio-
rintina et li magnifici Vitelli debbiano promettere per l'observantia
de le dicte conventione per una parte et l’altra.

Io el Duca de Orbino so contento a quanto se contene de sopra:
et circa la parte de li usciti prometto observare quanto ad
partem è stato convenuto. El capitolo che parla de Berardino
se extenda etiam a li fratelli et nepoti, manu p.

Io Guido Balglione prometto quanto de sopra se contene et ad fe’ de
ciò me so subscripto manu propia (1).

Io Ridolfo Baglione so contento como de sopre et a fede me so.
soscrillo mano propia.

Io Baglione da Montebiano doclore etc. so contento como de so-
pra se contene et a fede me so subscripto manu propria (2).

(1) Guido Baglioni, quando fu sottoscritta questa pace, era dei Dieci dell'Arbitrio:
insieme al suo fratello Rodolfo, a Baglione di Monte Vibiano, a Periteo di Monte
Sperello, a Pietro Paolo della Corgna, a Cherubino degli Armanni e a Rodolfo Signo-
relli. Nel solenr.e istrumento di pace non solo sono nominati i Baglioni che firmarono
questi « apontamenti », cioé i due fratelli Guido e Rodolfo, Astorre, Gismondo e Mar-
cantouio figli di Guido e Gio: Paolo figlio di Rodolfo, ma son ricordati anche Gentile
protonotario delia Sede Apostolica e Adriaro figliuoli di Guido, Troilo arciprete della
Cattedrale Perugina e Simonetto figliuoli di Rodolfo e Carlo e Grifone nepotí di Guido.
edi Rodolfo. Sarebbe fuor di proposito il dare anche brevi cenni su ciascuno di
questi Baglioni, che ebbero tutti parte notevole negli avvenimenti della nostra città;
diremo solo che di Astorre e Gio: Paolo scrisse dottamente la vita ARIODANTE FA-
BRETTI nelle sue Biografie dei Capitani Venturieri dell’ Umbria (Volume III. Mon-
tepulciano, coi tipi di A. Fumi, 1844).

(2) Baglione da Monte Vibiano intervenne al trattato di pace fra il Comune di
Perugia, i Baglioni e il Duca d' Urbino come sindaco e procuratore dei Priori delle
Arti, dei Dieci dell'Arbitrio e di tutti i Baglioni; nell'istrumento del 6 luglio 1498 sono.
riportati i tre atti, coi quali egli.enbe questo mandato dalle due magistrature della
città e dalla famiglia che in Perugia era quasi sovrana; la procura dei Priori è re-

gistrata anche negli Annali Decemv. del 1498 a c. 155 t. e se ne conserva copia pur -

nella raccolta dei contratti (CC. 63). Il BiN1 nelle Memorie istoriche della perugina
Università degli studi e dei suoi professori (Perugia, presso Calindri, Santucci e Gar-
LA PACE DEL 6 LUGLIO 1498, EcC. TOT

.To Peritheo da Monte Sperello doctore de legge so contento de

quanto de sopra et ad fede manu propria me so subscripto (1).
lo Pietro Paulo da Corgne so contento de quanto de sopra se
contiene et a fede de ciò me so subscripto de propria mano.
[Io Charobino de li Armanne prometto chomo de sopre et però me
^ so subscritto de mia propria mano.
Io Redolfo Signorelli prometto come de sopre et peró mi so sub-
scripto de mia propria mano.

binesi. 1816) a pag. 357 così scrive di questo dotto giureconsulto: « Rido: ato Baglione
alla patria, io potrei ora abbondantemente mostrare quanto industrioso egli si, ado-
perasse a sedare le pubbliche e le private discordie, e quanto lo stesso Romano Pon-
tefice all’opera sua fosse tenuto per avere allontanato da questa sua suddita figlia i
funesti effetti di quei fieri contrasti, che sopra di lei richiamavano le armi dei suoi
vicini, e quelle in particolare del Duca di Urbino ». V. altresì CUTURI, Le tradizioni
della Scuola di diritto civile nel" Università di Perugia (seconda edizione, Perugia,
Tip. Santucci, 1892, pag. 76 e seg.).

à Ci é impossibile anche enumerare soltanto i moltissimi e gelosi incarichi che
al dotto e prudente uomo furono affidati e dei quali é menzione nei documenti del-
lArchivio Decemv., ma facciamo eccezione per uno di tali documenti, che ci sem-
bra di singolare importanza. Il 4 marzo 1493 i Priori e i Dieci del. Arbitrio (eran fra
questi ultimi Guido e Rodolfo Baglioni, Cherubino degli Armanni e Rodolfo Sig: orelli)
« rationantes inter eos conductam excell.mi U. J. doct..domini Balioni de nobilibus
de Monteubiano fuisse finitam....., et considerata...... qualitate dicti domini Balioni et
etiam actentis laboribus et rebus arduis per eum tractatis et expeditis in Curia Ro-
mana et nolentes esse ingrati erga doctrinam, labores et persoram tanti excellentis-
simi doctoris et ut in futurum ipse libenter laboret et animosius invigilet pro occur-

' rentiis et necessitatibus Comunis Perusij et presentis ecclesiastici Status tam in Curia

romana quam etiam in civitate Perusij sive pro negotiis Status sive pro lectura....... H
eum de novo reconducere intendentes...., statuerunt...... quod ipse dominus Balionus
habiturus sit in futurum quolibet anno fiorenos centum ad rationem 33 bol. pro flor.
eo modo et forma prout similes centum fiorenos habebat dominus Baldus Ser Cole
de Bartolinis et cum similibus allocationibus...., item florenos centum quolibet anno
ad dictam rationem pro supplemento salarij sue conducte de eo facte et annuatim
faciende p»r sapientes studij ad lezendum in civitate Perusij etc.» (v. Annali Decemv.
ad an. c. 18 r.).

(1) Su Periteo di Monte Sperello, che fu anch'egli Professore di diritto nella no-

stra Università v. le citate opere del Bini (pp. 330 e 331) e del CuTURI (pag. 79). Tro-
viamo Periteo tra i gentiluomini che il 3 novembre 1488, dopo la novità, torna-
rono col consenso dei Baglioni in Perugia, donde erano partiti per isfuggire alle
conseguenze delle funeste lotte civili. Il 9 settembre 1497 egli andò ambasciatore
del nostro Comune al Duca d' Urbino (V. Annali Decemv. ad. an. c. 105 t.) e il 10 giu-
gno 1498 i Priori, che due giorni innarzi avean deliberato di mar dare Troilo Baglioni
incontro al Cardinal Borgia fino a Narni ed anche, se fosse d'uopo, più oltre, deci-
sero che il Montespérelli e Vincenzo da Monte Vibiano si portassero a Toii allo
stesso scopo d'incontrare il Legato (V. Annali Decemv. ad an. c. 151 r.).

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b
758 V. ANSIDEI .'’ 4
lo Hieronimo so contento quanto de sopra se contiene, scripsi (1).
Io Diomede so contento quanto de sopra se contiene, scripsi.
Io Bernardino de Raniere..... |
de sopra è scritto e a fede de..... (2).
$9

(1) Prendendo a considerare quanto ci é noto su Girolamo della Penna o degli
Arcipreti ron possiamo non convenire col Bonazzi, che lo chiama « Satana peru-
gino » e cosi scrive dei rapporti fra lui e i Baglioni: « Per quanto forti fossero i
Baglioni, pure adoperando a tempo la prudenza come a tempo sapevano adoperare
la violenza, erano costretti talvolta a transigere fino ad un certo punto con Girolamo,
quasi da potenza a potenza » (Storia di Perugia, Vol. II, pag. 17). Ed il MATUR ANZIO

- dice che « era questo Jeronimo de anni XXVIIIT. e era homo sbardelato ser za regola
de sua vita » (Cronaca cit. pag. 105). Alle convenzioni di pace stipulate nel ca-
stello della Biscina Girolamo e. Diomede della Penna intervennero personalmente e
promisero di osservarle anche pei loro fratelli, consanguinei, aderenti, complici e

seguaci.
(2) Le lacune che si riscontrano nella firma di Bernardino Ranieri e neile altre
che seguono dipendono da lacerazioni del foglio. — Quando nel febbrajo 1482 sorsero

contrasti fra i Baglioni e i Degli Oddi, Bernardito Ranieri si dichiarò contro i
primi. Come uno dei cittadini piü influenti, fu fra i gentiluomini chiamati a
Roma dal Papa nel maggio 1488, partecipò ai molti convegni in cui si tentava
di pacificare durante quel tristissimo anno la cit'à e allo stesso scopo si recò,
anche per incarico degli altri nobili, a trattare col Pontefice. Riuscito vano ogni
Sforzo di piegare gli animi a miti consigli, nei moti dell'ottobre 1438 egli si ‘
allontanò da Perugia « per non se impacciare infra li Baglioni e li Oddi »,
ma il 3 novembre vi rientrò e poco dopo fu eletto dei Dieci dell’ Arbitrio; il 22 no-
vembre fece ritorno in Perugia anche Costantino de’ Ranieri, che aveva seguito i
Degli Oddi « et subito che gionse andò a casa de li Baglioni como li altri fuorausciti
che se erano partiti per la dicta novità ». Ma poco ebbe a durare questa concordia e
nelle cronache si legge che il 20 gennaio 1489 tornò in Perugia da Schifanoja Ber-
nardino Ranieri « el quale se era partito per suspectione » e che il giorno seguente
egli volle avere dui Baglioni formale assicurazione a mezzo di pubblico istrumento
che non lo avrebbero molestato; al contratto presero parte il Lezato. il conte di Pi-
tigliano, Ranuccio Farnese, i commissarj della Signoria di Firenze e del Duca d'Ur-
bino e Camillo Vitelli. Ad onta di tali promesse il Ra: ieri preferì di abbandonare il
territorio Perugino e nel marzo 1489 passò ai servigi del Duca d' Urbino. Il tentativo
degli esuli del 6 giugno 1491, che costò la vita al giovane Costantino Ranieri, addito
nuovamente alla inimicizia dei Baglioni anche Bernardino; l'5 giugno furono in-
ceudiati e saccheggiati i suoi castelli di Schifanoja e di Civitella e l' 11 giugno fu fatto
un bando che chiunque ammazzasse « alcuno fuorauscito delli principali avesse
ducati 200. et chi li desse vivi ducati 300 »: fra i fuorusciti designati era Bernardino,
e taluni, attratti dal ricco premio, ardarono a Gubbio per ammazzarlo, « ma, come
volse Dio, furono scoperti e presi e squartati ». Dopo la tragedia del 1500 Bernardino
Ranieri rientro nella città nativa, ma poco poté restarvi; il vittorioso ritorno di Gio:
Paolo Baglioni a Perugia lo costrinse a riprendere la dolorosa via dell’ esilio (V. Cro-
nache cit. e PELLINI e BoNAZZI. opp. cit.). Di Bernardino e di Carlo Ranieri e dei
loro fratelli, figli e nepoti fu nella stipulazione del trattato di pace procuratore il

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Esas is:
LA PACE DEL 6 LUGLIO 1498, Ecc. 759

1o Astorre Baglione.....

Io Giovan Pavolo Baglion.....
me so subseripto man.....

Io Gismondo Baglione.....
manu propria scripsi.

Io Marchantonio Baglion.....
me so soscrito mano.....

padovano Lodovico Odasio. — Per notizie sull'Odasio, che fu precettore e segretario
di Guidobaldo Duca d'Urbino, v. in Giornale storico della Letteratura italiana

(Vol. XI) l'articolo di V. Rossi « Di un poeta maccheronico e di zlcune sue rime

italiane » a pag. 6 e segg. e nello stesso Giornale (Vol. XII, pag. 426, nota 4) la re-

-censione del Rossi sull'opera dello ZANNONI « I precursori di Merlin Cocai ».
‘60 . V. ANSIDEI

Fac-simile delle firme di Guidobaldo I Duca d' Urbino, di Guido, Ridolfo, Astorre,

Giampaolo, Gismondo e Marcantonio Baglioni, di Baglione da Monte Vibiano, di Pe-

| riteo da Monte Sperello, di Pietro Paolo della Corgna, di Cherubino degli Armanni o

della Staffa, di Rodolfo Signorelli, di Girolamo e Diomede degli Arcipreti o della Penna,
di Bernardino Ranieri.

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LA PACE DEL 6 rLuGLIO 1498, ECC. (161

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763

DI UN « GODEX DIPLOMATICUS PERUSINUS »

NEL MS. « VITTORIO EMANUELE » 493 (1)

Mancherebbe a un suo cómpito il nostro Bollettino se
durasse a tacersi di questa collezione di documenti medie-
vali che, se non cttiene la grande promessa del titolo, fu
però con assai d’ industria diligente, né senza una scelta
erudizione storica, messa insieme tra gli anni 1769 e 78.
La si deve a un benemerito della diplomatica perugina, il
p. Cassinese Francesco Maria Galassi di Bologna, priore di
S. Costanzo presso Perugia. Comprende il testo di XL Mo-
numenta, dalla. 591 al 1534, e XXIX Documenta. Rimase
sconosciuta al Vermiglioli che di lui annovera bensì nella
Bibliografia storica di Perugia gli altri lavori a stampa e
manoscritti, fra i quali ricordiamo una descrizione delle
pitture di S. Pietro di Perugia, che si ebbe in pochi anni
tre ristampe. Fu arcade della Colonia Augusta e Reginaldo
Ansidei ne disse l'elogio (2). Noi incliniamo a credere co-
desta utilissima fatica di darsi, in quel tempo, a raccogliere
ed illustrare antichità italiche, inserendovi minute e fre-
quenti citazioni degli Scriptores rerum italicarum, delle An-
tiquitates italicae e degli Annali, uno dei tanto benefici frutti

(1) Cartaceo dell’ a. 1783 (c. 26-18) di pp. XL in principio non num. e 404 con
numeraz. originale, scritte in elegante corsivo con iniziali fregiate a penna e facsi-
mili di bolle e di suggelli da un Giovanni Narelli, sac. cortonese. Legat. del tempo
in perg. « Ex libris Antonii Aloysii Felici Bonechii Reatini ». Provenne alla « Vitt.
Em.le nel 1891 dalla vendita Manzoni.

(2) Perugia, 1792.
764 A. TENNERONI

che si ottennero dal non lento diffondersi per l'Italia cen-
trale della triplice, gigantesca opera del Muratori. Per la
quale oggi è ben chiaro che non mancarono al Padre della
storia critica italiana varii corrispondenti eziandio nell’ Um-
bria. Il suo carteggio, tanto voluminoso quanto interessante
ci attesta averne avuti almeno una trentina residenti ad
Assisi, a Bevagna, a Città di Castello, a Foligno (1), Gubbio,
Perugia (2), Spoleto, Terni (3) e Trevi. Un fro Felice Daniele
Donati ebbe a dirigergli da Assisi 45 lettere e un Dionigi
Andrea Sancassano da Bevagna uon meno di 187. Avranno
esse in breve l onore della stampa, annunziandosi da Mo-
dena l' edizione dell’ Epistolario Muratoriano in una serie di
circa 15 volumi per le solertissime cure del signor Matteo
Càmpori: pubblicazione incoraggiata nel 1896 dall’ Istituto
Storico Italiano (4) e che si attende dagli studiosi quale
compimento necessario agli Scriptores, alle Antiquitates, agli
Annali. É ben vero che assai scarso figura in coteste opere
il materiale storico umbro di cui abbiamo una preziosa ab-
bondanza, che vuolsi oggi con salutare risveglio contendere
ai tarli degli archivj e delle biblioteche, se non alle ingiurie
degli uomini. I motivi assai probabilmente ne saranno ma-
nifesti per le lettere istesse dei nostri corrispondenti, dal
loro grado di amore e di attitudine alle ricerche da quel
sapore di cultura e di erudizione che se ne potranno desu-
mere. Sovra tutto sarà dato farci ragione della supposta
mala volontà o spensieratezza che avrebbero impedito al Mu-
'atori di soddisfare a un suo desiderio di porre in luce
cronache e documenti della città di Perugia.

(1) Pagliarini Giustiniano, De'Vitelleschi Pietro, Boccolini Giovanni Battista,
Cretoni Bernardo, Gennari Nicola, Natalucci Durestante.

(2 Alberti Fabio, Baglioni Orazio, Bruschi Carlo, Enriquez Enrico, Guidarelli
Giovanni Agostino, Meniconi Filippo, Montemellini Micolò, fAngelo Filippo Pozzetti,
Vescovo di Perugia, Vincioli Vincenzo.

(3) Conte Ferdinando de' Cittadini.

(4) V. Bullettino dell’ Istituto Storico Italiano, n. 17) Lettere a stampa di L. A.
Mruatori per A. G. SPINELLI.
DI UN CODEX DIPLOMATICUS PERUSINUS (65

Scopo, se non effetto, propostosi dal Galassi in redigere
il suo lungo lavoro, indulgendo particolarmente all’ affetto
per le cose del suo Ordine, fu oltreché d'insignirne la sua
piccola, agreste libreria di S. Costanzo, di sopperire alla
lamentata perdita dell’ antica Historia metrica in nove libri
di gesta perugine (1150-1293) scritta com-è noto in questo
ultim' anno da Bonifazio veronese (1) e denominata Eulistea
da un favoleggiato Euliste fondatore di Perugia (2). Non si
intende facilmente, ovvero anche troppo, perchè siasi lusin-
gato, come dichiara latinamente al benevolo lettore, di poter
far rivivere (reviviscere) con una scelta di documenti, bene
importanti in genere per l'età, ma attinentisi la maggior
parte a beneficj, a possessi di chiese e di monasteri, quel
Liber antiquitatum et negotiorum comunis Perusii dettato pro
honore comunis Perusiae e fonte storica altresì di quelle con-
tinue sciagurate fazioni manesche di Perugia coi Comuni
circostanti (3) infierite appunto espandendosi la nostra vita
comunale.

L'opera del nostro erudito paleografo non si arrestó a
trascriverci esattamente con insino i facsimili di bolli e di
suggelli i selecta Monumenta dagli originali e, in difetto, da
copie e testi autorevoli; chè anzi seppe utilmente illustrarli
coi trentanove documenti, corredando il tutto degl’ indici e
di opportune e numerose note storiche e bibliografiche. Essi. .
documenti, quali Epitaffi, Memorie, Brevi, Iscrizioni, Elogj,
in riguardo sì al tempo, che al loro contenuto, varie volte
non sono da meno dei primi a cui devono apprestar lume.

(1) Identificato anche oggi con Bonifazio degli Scaligeri. Vedi il n. 5 di questo
Bollettino.

(2) Rinvenuta il 1848 da G. C. Conestabile, ne furono pubblicati il 1850 varii
escerti dal Bonaini nel vol. XVI, p. I dell'Archivio Storico Italiano. — Qualche nostro
giovane latinista che volesse oggi dedicarsi all’ edizione intera "del poema farebbe, a
mio credere, cosa assai degna degli studj storici e letterarii del medioevo.

(3) Foligno, Todi, Orvieto, Spello, Gubbio, Città di Castello.
766 A. TENNERONI
Ecco, intanto, l'interessante, cronologico:

Index Monumentorum, quae in hoc volumine
continentur per annorum seriem distributorum.

T:
Anno 591. — Epistola divi GREGORII Papae I Clero Populoque Perusino
«de Episcopo.eligendo . ....... . ... .Pag.l

Dall'ediz. Maurina Benedettina, Parisiis, 1705. Fu registrata dal
Jafl'è (Regesta, Pontif. rom. 22 ed , Lipsiae, 1855-88) al n. 1128.

II.
Anno 602. — Epistola divi GreGORI Pp. I VENANTIO Episcopo Perusino
de Ecclesio Episcopo Clusino frigore laborante.... Pag. 3
DalPediz. suddetta; registrata dal Jaffè (1a ed. Beroli:i, 1851) al
n. 1481: espunta poi nella 2a ed. curata dal Wattenbach.
III.

Anno 918. — Bexepictus VII, sum. Pontifex confirmat bona, et jura
Monasterii S. Petri Perusiae: contra diripientes, vel

eadem perturbantes aeternam. maledictionem contesta-

WTA c vex aie S eu Ip RALELI

Registrata dal Jaffè (2a ed.) sotto l'a. 977, n. 3792. Il P(lugh-Hart-
tung sostiene sia da ascriversi a Benedetto VIII (1012).

Vi fu trascritta dall'originale conservato nell'Archivio di S. Pie-
tro di Perugia.

IV.
Anno 1002. — JDecisio Synodi Romanae coram SiLvestro II Sum. Pon-
die 3 decem. tifice congregatae, in qua accusatus CoNoN EPISCOPUS
PeRUsINUS quod Monasterio S. Petri molestias intulis-
set, veniam petiit omneque jus quod. habere in eo prae-
tendebat libere Pontifici Maximo refutavit..... Pag. 19
Traxcrittavi da carta originale conservata nell'Archivio di S. Pie-

tro di Perugia, segnata di n. 3.

V.
Anno 1037. — Fragmentum Synodi Romanae coram BeNnEDICTO Papa IX
2 novembre pro sartis tectis tuendis juribus tam Monasterii S. Pe-

tri Perusiae, quam Sancti Salvatoris de Monte Acuto,

et S. Mariae in Valle Pontis ord. S. Benedicti Peru-

simae Dioeceseos contra attentata ANpREAE Episcopi

PRUSINO RELA NRE Ad

Trascrittovi dall'autografo esistente nell’ Archivio di S. Pietro
di Perugia, segnato di n. 5.
y "e ne à TET $m * eu ^"
P dir - : POETA ine
DI UN CODEX DIPLOMATICUS PERUSINUS 161
VI.
Anno 1038. — PLACITUM, e£. JUDICATUM Domini ADALBERTI Comitis missi
2 martii. Domini CuuoNkADI II. Romanorum Imper. pro LEONE

DE Bovo Archipresbytero, et Canonicis Eccl. Cathed.
Perus. contra ANDREAM Episc. Perusinum . Pag. 65

Trascrittovi dall’autografo esistente nell’ Archivio dei canonici
di S. Lorenzo in lerugia.
VII.

Anno 1058. — Apaw Abbas Monasterii S. Angeli de Limisano Comitatus
Assisien. de Consensu et voluntate suorum Monacho-
rum, et pro redemptione Animae suae, et Abbatis Adami
bonae memoriae consanguinei sui, offert B. Petro Apo-
stolo suoque Monasterio Perusino, in quo est BoNizo
CoanGELICUS Abbas, se et omnia bona, idest Ecclesiam
S. Angeli cum ommibus ad ipsum Monasterium quo-
modocumque spectantibus, ete.. . . . . . Pag. 15

Dalla Biblioteca del Priore di S. Costanzo di Perugia.
VIII. :
— SARACENUS, BERNARDUS, ef ALBERICUS renunciarunt omni-
bus juribus sibi competentibus in Monasterium S. An-
geli de Limisano, ipsiusq. bona . . . . . Pag. 81

Dall'istromento originale conservato presso il priore di S. Co-
stanzo.

IX. i
Anno 1147. — RoLANDUS ABBAS FARFENSIS de consensu suorum Mona-
27 novemb. corum confirmat Bernardo Abbati S. Petri Perusiae

jure perpetuae Emphyteusis bona, et possessiones UGO-
N1S Filii ALBERICI et TEbERADAE Uxoris suae, una cum
Ecclesiis S. Appollinaris, S. Blasii, et S. Montani,
eorumque juribus, et pertinentiis. . . . . Pag. 89

Dall'Archivio del Monastero di S. Pietro di Perugia.
DIG È
Anno 1184. — D. UGo ABpas MonastERI Campi LeONIS Campolione
en januari. O. S. B. de consensu Monachorum suorum donat con-
cedit et in perpetuum supponit CASTELLIONEM CLUSINUM
(Castiglion Chiugino) cum omnibus tenimentis suis Ci-
VIDA RENUIMACIANN S ROI E Pag 99
768 A. TENNERONI

Trascrittovi dal Libro delle Sommissioni (A. n.0 XX, f.o 20) con-
servato nell'Archivio Decemvirale di Perugia. Cfr. Bollettino, n.o 13,
p. 419 (1).

XI.
Anno 1193. — ConveENTIO ef TRANSACTIO inita inter VIVIANUM Episcopum
23 septemb. Perusinum et JOHANNEM Archipresbyterum et Canoni-
cos Ecclesiae Cathedralis S. Laurentii super contro-
versia inter eos orta de Custode Corporis S. Herculani
et oblationibus advenientibus ad Altare S. Laurentii
in praecipuis Anni festivitatibus . . . . Pag. 111

Trascrittovi dall'autografo conservato nellArchivio dei Cano-
nici di S. Lorenzo in Perugia.
XII.
Anno 1902. — D. Mawwus AznBAS MonastERI S. Mariae de PETRORIO
25 septemb. — O. S. B. donat, et submittit hominibus et Communi-
tati Perusiae omnia Castra, Villas, Burgos, Terras,
Homines, et Familias, quos, et quas Monasterium, et
Ecclesia ipsius tenet in toto Comitatu, et Episcopatu
Perisino- a reir cr vato v ede ec s c page T

Dal Libro delle Sommissioni (A. n.0 XX, f. 19) conservato nel-
l'Archivio Decemviraje di Perugia.

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|
|

XIII.
Anno 1208. — INSTRUMENTUM VENDITIONIS, TRADITIONIS ET TRANSLATIONIS
27 hovemb. XVI petiorum terrarum in pertinentiis MoNTIS FRON-
posi Comitatus Perusiae pro pretio LXX. librarum
bonorum denariorum lucensium. . . . . Pag. 127

Dall’autografo esistente nella libreria del priore di S. Costanzo.
XIV.
Anno 1214. — Dominus Bono Romanorum Consul et Perusinorum Po-
die 13 Julii. testas vice et nomine Communis et Civitatis Perusiae
dat et concedit D. SALIMBENI Monacho Camaldulensi
Popium MòORTARII positum juxrta Montem Teurium,
ut ibi construatur Hospitale Monasterium et Eremi-
torium. Camaldulense. << v Vo. 0 e Paga 197

(1) Dei noti preziosissimi codici delle Sommissioni al Comune di Perugia hanno
bene impresa la desiderata pubblicazione i nostri chiari amici Ansidei e Giannantoni
— AL n

o E " A - dig 2 si elet 9 è Due ^ RO D Macs
34. ; NEP SANTE] ÓÓ A Pn HR Á
2
DI UN CODEX DIPLOMATICUS PERUSINUS (69

Dal cit. Libro delle Sommissioni.

XV. |
Anno 1214. — Domina AuGURA Presbyteri Manardi cum Filio Gu
die 5 octob. DONE etc. donat, et concedit. D. SaLimBENI Monacho
Camaldulensi Rectori Ecclesiae S. Mariae Montis 'TEU-
TI bona in pertinentiis dicti Montis posita . Pag. 145
Dall'autografo esistente nella libreria di S. Costanzo.
XVI.
Anno 1216. — Memoriae obitus D.ni UBALDI Archiepiscopi Ravennatis,
jam Episcopi Faventini. . . . . . . . Pag. 161
Dall'Archivio arcivescovile di Ravenna, Capsa R. lit. T.
XVII.
» + +++. — DESCRIPTIO nonnullorum bonorum in territorio PERUSINO
existentium, et ad RAVENNATEM ÉEcclesiam spectan-
Dm es e co oui c.c cuc at was 169
Dal celebrato cod. papiraceo della Biblioteca Elettorale di Ba-
viera contenente un registro latino della Cancelleria di Ravenna.
XVIII.
Anno 1235. — Litterae GreGoRI Papae IX. quibus praecipitur Potestati
die 18 decem. et Communi Eugubino restitutio Castri VALLIS MARCU-
LAE, quod Cives Perusini pro reformanda pace inter
eos, Ecclesiae Romanae tenendum commiserant Pag.185
Non registrata dal Potthast (Reg. Pontificum roman. ab anno
1193 od 1404, Berolini, 1875) Trascrittavi dal Membran. A, n.o XX
conservato nell'Archivio Decemvirale di Perugia.
XIX.
Anno 1235. — Breve Papae GnEGORI IX. quo praecipitur Rectori Duca-
18 dec. tus Spoletani, ut recipiat ab Eugubinis Castrum Vallis
Marculae faciatq. illud. Ecclesiae Romanae nomine cu-
SOMMO uisu pe V UNO mu V e MPa: 190
Non registrata dal Potthast. Trascrittavi dal Membran. A, n.0 XX
dell’Archicio decemvirale di Perugia.
XX.

— Statuta edita auctoritate Papae GREGORI IX pró reforma-
tione et bono regimine Monasterii S. Petri Peru-
STAGNI DN eec ceu rdc Daes189
770 A. TENNERONI

Dall'Archivio del monastero di S. Pietro di Perugia.

XXI. ,
Anno 1953. — IxNocENTIUS Papa IV suscipit sub protectione DB. Petri
29 septem. Monasterium S. Julianae Perusiae sub regula S. Be-
nedicti, et institutionibus Cisterciensibus, et confirmat
bona ipsius, tam praesentia, quam futura . Pag. 201
Non registrata dal Potthast. Trascrittavi dall'autografo, n.o 24,
conservato nel detto monastero di S. Giuliana.
XXII.
Anno 1954. — JaconBiNUS quondam Gumonis AZZOLINI, e£ Domina GLO-
24 maij. RIANDA quondam 'TimERu BONAJUNCTAE Uror ipsius
vendunt Dominae OLivaB Abbatissae, et Monialibus
S. JULIANAE de Perusia tenimentum terrarum pro
pretio librarum octingentarum nonaginta quinque de-
nariorum in tot florenis boni argenti . . . Pag. 217
Dall'autografo, n.0 2, dell'Archivio predetto.
XXIII.
Anno 1956. — ALEXANDER IV Summus Pontifex hortatur Perusinos, ut
4 apr. restituant Priori et Conventui Eremi MoNTIS TEUTI
quasdam. Possessiones contra justitiam occupatas ab
Wis et delentas- 3. ss VEA s CIE FARO
Non registrata dal Potthast. Dall'autografo presso il priore di
S. Costanzo.
XXIV.
Anno 1958. — ABBATISSA e£ MONIALES SANCTAE CATHARINAE constituunt
20 februarii. earum Procuratorem, Sindicum Fratrem Benvenutum
earum familiarem, ad recipiendum a Priore Camal-
duli possessionem. eorum quae possidet in Monte Teu-
tio, quaeque a Communi Perusino donata fuere Pag. 153
Trascritto dalle membrane autografe esistenti nell'Archivio del
Monasterio di S. Caterina di Perugia.
XXV.
Anno 1958. — CONSILIUM GENERALE PERUSINUM facultatem concedit d.
28 februarii. ManTINO Priori Camaldulensi locandi in perpetuum

ABBATISSAE ET MONIALIBUS SANCTAE CATHARINAE /Z0-
tum id quod tenet et possidet in Monte Teuzo Pag. 153
———

DI UN CODEX DIPLOMATICUS PERUSINUS TIL

Da membrane autografe esistenti nel monastero di S. Caterina.
XXVI.

Anno 1258. — Acta venerabilis Dei servi fratris RAYNERI DE FAGIANO
PERUSINI Institutoris Archiconfraternitatis et Xenodo-
chii Sanctae Mariae vulgariter DELLA VITA nuncupati
Bononiae.

Trascrittavi da un membran. in fol. del sec. XIV conservato
nell'archivio della detta Arciconfraternita; pubblicati su di altra
copia nel n.0 5, del nostro Bollettino dal prof. Mazzatinti. È no-
tevole la cura posta dal Galassi nel dichiarare codesto documento;
si direbbe quasi ne avesse presentito l'importanza odierna per le
origini del Teatro italiano (V. Monaci. U/fizj drammatici dei disci-
plinati dell’ Umbria). Vi riferisce in nota passi del Pellini (Stor. di
Perugia), di Paolo Masini (Bologna illustrata), del Ghirardacci (Stor.
di Bologna), del Sigonio (De regno italico), rrmandando in fine i
desiderosi di maggiori notizie sui Disciplinati alla Dissertaz. 75 del
Muratori sulle Antiquitates. Aggiunge inoltre esser la Compagnia
dei Disciplinati di S. Simone in S. Fiorenzo quella che ci assevera
abbia avuto origine da Raniero Fasani; riporta le 4 ottave d' invito
a penitenza che leggonsi nel quadro, detto il Gorfalone, dipinto il
1474 e dato in custodia ad essa Fraternita.

XXVII.
Anno 1265. -— CLEMENS IV. Summus Pontifex suscipit sub protectione
30 januarii. Beati Petri et Sua MoNAsTERIUM S. CaTrHARINAE PE-

RUSIAE Ordinis S. Benedicti Monialium et universa

eius bona, tam presentia, quam futura . . Pag. 954

Non registrata dal Potthast, copiatavi dall' originale conservato
nel detto Monastero.

XXVIII.

Anno 1277. — Epistola CAROLI ANDEGAVENSIS REGIS SICILIAE, ete. Se-
natoris Urbis, et Vicarii Generalis in Tuscia per S. R. E.
CommunI PEnusiNO, qua illi concedit Magistrum AR-
NULPHUM ARCHITECTUM FLORENTINUM pro novi fontis
in majori Foro Perusiae constructione . . Pag. 274

Dall'Archivio decemvirale di Perugia.

XXVIITj

(Saec. XIII) — Particula SrraruvI Oppidi DERUTAE, Territorii, et Dioe-
cesis Perusinae, qua prescribitur erectio PLEBIS Ba-
PTISMALIS în eodem oppido . . . . . . Pag. 215

Il brano dello Statuto è in volgare e vi fu trascritto dall' archi-
vio del castello di Deruta.
712

XXX.

Anno 1981.

27 martii.

XXXI.

Anno 1294.

21 aprilis.

XXXII.

Anno 1294.

26 aprilis.

XXXIII.

A. TENNERONI

— Martinus IV summus Pontifex rogat, et hortatur Peru-

sinos, ut pro die Coenae Dominicae pisces (1) illi lar-

giantur, cum proposuerit ea S. R. E. praescripto, et
consuetudine pabulum sumere charitatis una cum Fra-
ETWUSTSUTS Cer e LI 5 EAS

Breve non registrato dal Potthast, sebbene fosse stato edito dal
Galletti nel Primicerio della S. Sede.... Roma, 1776.

— BurnGARUS MONTEMELLINUS: PERUSIAE EPISCOPUS committit.
Consecractionem Ecclesiae Sancti ArGIDII DE COLLE ad
Monasterium S. Julianae Perusinae spectantis, ac Be-
nedictionem CogwETERU eiusdem Ecclesiae deputati
Venerabili Patri D. PminiePO Archiepiscopo SALER-
NITANO EAS 1 bcd cpm rr Pag 294

Dall'archivio del detto Monastero.

— Frater Simon Episcopus ASSISIEN, concedit indulgentiam
unius anni visitantibus Ecclesiam S. Aegidii de Colle
ipso die consecrationis dictae Ecclesiae, et dies quadra-
ginta in ipsius consecrationis anniversario . Pag. 291

Dall'archivio del monastero di S. Giuliana di Perugia.

[4

Anno 1294. — Prater JOHANNES NiCOSIEN. eé BERALDUS LUGDUNEN. AR-

29 aprilis.

XXXIIIJ.

Anno 1294.

CHIEPISCOPI, cum PANDULPHO PATEN., ADAM AVER-
SANO, GUILLELMO CALLEN., JOHANNE AESINO, NICOLAO:
MarmISCON. e£. TEBALDO STABIEN. Episcopis, tunc Pe-
rusiae cum Romana Curia commorantes, singuli. con-
cedunt. Indulgentiam. <.< cia Pag: 801

Dall'archivio del monastero di S. Giuliana di Perugia.

— PHILIPPUS ARCHIEPISCOPUS SALERNITANUS, consecrata Ec-
clesia S. Aegidii de Colle, concedit indulgentiam Pag. 321

(1).... e purga per digiuno
L'anguille di Bolsena e la vernaccia.
Dante. Pg. c. XXIV, vv. 23-24,
DI UN CODEX DIPLOMATICUS PERUSINUS 1713

Dall'archivio di detta chiesa
XXXV.
(Saec. XIV — HyNNUS S. CoxsTANTII M. Perusiae Patricii Antistitis atque
Tutelaris, ex Codice Membraneo Ms. Saec. XIV Pag. 329

« Dux et presidinm

« Gentis Perusine

« Constanti, remedium
« Vere medicine,

« Remove naufragium

« Perverse mine,

« Procuraque gaudium
« Quod est sine fine.

XXXVI.
Anno 1332. — MicHAEL MAUROCENUS Inc/ytus VENETIARUM Dux certio-
16 junij. rat Perusinum Commune. de sui electione in Veneto-
rum Ducem, quod mnoverit de felicibus Reipublicae
Venetae successibus plurimum. Perusinos gratulatu-
POSE van I a DEM nU

Dai Rer. italicar. Scriptores.

XXXVII.
Anno 1394. — BrNEDICTUS XIII, ANTIPAPA, significat PERUSINIS electio-
17 nov. nem de se factam. Conquaeritur de diuturno schismate,
quo laceratur Ecclesia Romana, eosque exitat, et in-
flammat, ad se accingendos ad ipsius unionem, et con-
cordiam procurandam . . . . . . . . Pag. 345
Dall'Archivio Decemvirale di Perugia.
XXXVIII.
Anno 1436. — SENATUS POPULUSQUE PERUSINUS, cui Monasterium S Pe-
2 aprilis. tri decusque ipsius summe cordi erat, POLYDORUM
BaLLEONUM Militem eligit, qui Oratorio munere fun-
gens Summum Pontificem EuGENUIM QuARTUM adeat
sumptibus tamen, atque expensis Domini ODDONIS
xRATIANI Abbatis Monasterii praefati, Causam. ipsius
Abbatis, et Monachorum ejus coram Pontifice Mao.
GCULTTLS S ERE E S PR Om ne ter e ee e dos d EAD OUO.
Dal suddetto Archivio.
XXXIX.

(Saec. XV) — Pacirici CAMPLENSIS de MaAxIMIS poetae ESCULANI ad
74 A. TENNERONI

BnaAcciuM BaLEONUM ne illum reprehendat de twrpi
carmine. « Ex cod. membranaceo. Saeculi XV » Pag. 367

XL.
Anno 1534. — INscRIPTIO Arcis MonTIS AEREI (Montalera presso il Tra-
Simeno)*- c aces cp cuo Diete S Hamas

Illustrando questa iscrizioue la precedente Memoria, del nostro
Presidente sulla Legazione del card. Ippolito ‘De’ Medici nell’ Um-
bria ne riportiamo qui il testo.

HIPPOLYTO MEDICI AMPLISSIMO
CUIUS AUSPICATISSIMO FAVORE ARX CONSTRUCTA EST
INSIGNIA HAEC FELICISSIMA
BRACCIUS II BALEONIUS DOMINO ET PRINCIPI
OPTIMO
HONORIS ET VIRTUTIS CAUSA
MDXXXIIIJ.

ANNIBALE TENNERONI.
CSI
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COMUNICATI

E

MATTIOLO MATTIOLI DA PERUGIA

LETTORE DI MEDICINA A PADOVA NEL SEC. XV

Di recente un dotto francese studioso di cose italiane ha rin-
frescato la memoria di un celebre medico umbro, Pierleone Leoni
da Spoleto, noto anche oggi, specialmente per la trista fine fat-
tagli fare dal figlio di Lorenzo il Magnifico (1). — Un altro me-
dico illustre, o meglio lettore di medicina, vantó l'Umbria nel
secolo XV, e fu il perugino Mattiolo Mattioli, che lesse arte me-
dica in varj Studj, e più a lungo in quello di Padova. G. B. Ver-
miglioli, che ne ha tessuto la biografia più completa (2), e ha diste-
samenle narrato le trattative corse tra Perugia e Venezia, quando
il celebre medico insegnava nello Studio padovano, perché gli
fosse permesso di venire in patria, ove lo desideravano i suoi
concittadini, i quali gli promettevano un pingue stipendio. Di
queste trattative due interessanti documenti sono sfuggiti al Ver-

miglioli, e non parrà inutile agli studiosi di cose perugine, che .

noi ei tratteniamo su di essi in questo breve articolo.
Sono due lettere del Doge Francesco Foscari ai Priori di

(1) LÉON DonEz, Recherches sur la bibliothèque de Pier Leoni médecin de Lau-
vent de Médicis (in Revue des Biblioth"ques, marzo-aprile 1897): è inesatto il nome
Pier Leoni, poiché il medico spoletino si chiamò Pierleone Leoni. Mi si permetta di
ricordare, che anch'io, prima del Dorez, diedi notizia di questa biblioteca medica
del sec. XV, senza però pubblicarne il catalogo, nella Giovane DIU periodico
settimanale di Spoleto (18 marzo 1897).

(2) G. B. VERMIGLIOLI, Biogra/la degli scrittori perugini, Perugia, Baduel, 1829,
vol. II, pag. 99 e seg.
716 A. SALZA

Perugia. — Pare certo che la lettura del medico perugino a
Padova cominciasse nel 1447: la fama di lui, in breve diffusasi
per tutta Italia, spinse i Perugini a ricondurlo in patria, a decoro.
del loro Ateneo. Approfittando pertanto delle amichevoli relazioni
che erano tra essi e Venezia, scrissero al Doge PEOERHBOID di
permettere a Mattiolo la partenza da Padova.

Che le trattative partissero da Perugia é naturale e si desume:
dalla prima lettera del Foscari, in data 2 settembre 1449, che è
in risposta appunto alla domanda dei Priori di Perugia. Serive il
Doge di non poter soddisfare la richiesta dei Perugini, ut licen-
tiam concedamus famoso philosophie et medicine doctori domino
magistro Matheolo de Perusio, perchè questi era già docente a
Padova ed inscritto nel rotolo degli insegnanti, nè si sarebbe
potuto, così ad un tratto, provvedere a sostituirlo con un altro, e
ne sarebbe quindi derivato gran danno allo Studio padovano. E
per allora, a quel che pare, i Perugini non fecero altri tentati vi.
Ma nel 1451 essi rinnovarono la condotta di maestro Mattiolo, ‘e
questa volta venne fatta con tutta regolarità, per mano di ser Ci-
priano Gualtieri, notaio perugino ben noto, siccome padre di Lo-
renzo Spirito. Noi crediamo tuttavia, che anche dopo questa se-
conda elezione, il medico tergiversasse per quasi altri due anni,
finchè s'indusse a promettere che sarebbe venuto nel patrio
Studio (1). E, ciononostante, alla fine. del 1453 egli non aveva
ancora adempiuto la promessa e i Signori di Perugia dovettero.
farne rimostranze a Venezia, poichè appunto dei 2 di novembre
di quell’anno è la seconda lettera del Foscari, che noi pubbli-
chiamo, e colla quale il Doge invitava i Priori di Perugia a non
toglier la loro grazia all'illustre concittadino, perché Mattiolo.
avrebbe voluto bensì tornare in patria, come aveva promesso, ma
fino allora non gli si era concesso dalla Serenissima, ut eius
lecturam continuet in ipso florentissimo nostro studio paduano,
cum propter eius elegantiam et virtutes nonmodo nobis, sed uni-
versis studentibus acceptissimus stt. — Contemporaneamente a
questa lettera, i Priori dovettero riceverne altra de’ Pretori dello
Studio padovano, dello stesso tenore, come appare dalla delibe-

(1) Così dagli Annales Decemvirales del Comune di Perugia, 1453, f. 47.
MATTIOLO MATTIOLI DA PERUGIA TTT

razione, che, appunto in seguito a queste lettere, presero ai 23

novembre, con cui ralificarono la condotta di maestro Mattiolo (1).

E a Venezia non si stimó opportuno davvero di rompere, per un
medico sia pur celebre, le relazioni diplomatiche con Perugia; e
si diede la licenza di partire al Mattioli. Ai 21 dicembre si con-
cesse a quest'ultimo una proraga fino ai 15 gennaio del 1454 (2) ;
ma il Mattioli non tornò che ai 23 di gennaio, come appare da
deliberazione decemvirale 8 febbraio 1454 (3), con la quale si
sanzionava la condotta di lui a cominciare dal 24 gennaio di
quell' anno.

Il Mattioli si fermò poco a Perugia, a causa delle polemiche
sostenute col collega Niccolò da Sulmona, spalleggiato dall’ uma-
nista Gio. Anlonio Campano; e presto ritornò a Padova, ove ri-
trovò il favore di prima. La sua fama non iscemò per le calunnie
del Campano: egli era ancora celebrato nel 500, e del suo trattato
di mnemonica si giovava largamente Lodovico Dolce.

(1) Annal. Decemv., 1453, f. 134 v. (non 133 v., come nel Vermiglioli).
(2) Annal. Decemv., 1453 (non 1454, come il Vermiglioli), f. 149.
(3) Annal. Decemv., 1454, ff. 11 v. 12 r.
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[9
MATTIOLO MATTIOLI DA PERUGIA 119

DOCUMENTI

IL
[Archivio di Perugia, Bolle e Diplomi, Cassetta XII, n. 181].

M.CCCC.XLIX, 2 Settembre.

Franciscus Foscari, dei gratia, Dux Venetiarum, Magni-
fieis et potentibus dominis Prioribus Artium ciuitatis Perusij: amicis di-
lectis salutem, et sincere dilectionis affectum. Optaremus profecto Ma-
gnificentijs uestris earum litteris respondentes pro singulari mutua be-
nivolentia et longeva amicitia nostra complacere posse, cum illis simus
permaxime affecti. Sed pariformiter credimus Magnificentias uestras nul-
tatenus a nobis uelle nisi quod conueniens sit, et quoniam ipse uestre
Magnificentie rogarunt nos nuperime, ut licentiam concedamus famoso
philosophie et medicine doctori domino magistro Matheolo de Pe-
rusio, ut ad legendum in studio uestro se conferat, Magnificentijs ue-
stris commemoramus ipsum dominum magistrum Matheolum legere in
studio nostro Patauino, et in rotulo publieato pro principali doctore il-
lius facultatis esse descriptum, nec possibile esset, ut tam repente que-
madmodum res requireret de alio loco sui prouidere possemus, et per
consequens maximum inferretur prejudicium suprascripto studio nostro,
quod credere non possumus Magnificentias uestras uidere uelle. Quare
rogamus ut placeat ipsis Magnificentijs uestris nos et merito habere excu-
satos, si notis earum in hoc satisfacere non possumus. — Data in nostro
ducali palatio, die secundo Septembris, Indictione Xiij, MCCCCXLViiij.

(fuori): Magnificis et potentibus dominis Prioribus
Artium civitatis Perusij.

II.
[Arch. cit., loc. cit , n. 188].

M.CCCC.LIII, 9 Novembre.
Franciscus Foscari, dei gratia, Dux Venetiarum, Magnificis
et potentibus dominis Prioribus Artium ciuitatis Perusij, amicis dilectis,
180 ; VRAC BATZA

salutem et sincere dilectionis affectum. Ne forte miremini, si egregius,
et famosus artium, et medicine doctor magister Matheolus conciuis
uester, actualiter legens in studio nostro paduano, ad patriam suam,
quemadmodum proposuerat, non proficiscitur, neue sibi opponi, uel im-
putari possit, Magnificentias uestras certificamus, quod ipse omnino ue-
nire statuerat, sed nos eum abire non permisimus ut eius lecturam con-
tinuet in ipso florentissimo nostro studio paduano, cum propter eius ele-
gantiam et uirtutes non modo nobis, sed uniuersis studentibus acceptis-
simus sit; indubitato tenentes, quod Magnificentie uestre, de hac deli-
beratione nostra, pro mutua et uetustissima beniuolentia nostra qua in
hae parte confidentissime usi sumus, contentissime remanebunt, ipsum-
que magistrum Matheolum merito excusatum habebunt, nec sibi aliquid
imputabunt. — Data in nostro ducali palatio, die secundo Nouembris,
Indictione ij.a, MCCCCLiij. i

(fuori): Magnificis et potentibus dominis
Prioribus artium ciuitatis
Perusij amicis dilectis.
» E EUR 21 T died esed d ital, ente BET z
181
TAE
DUE LETTERE
ORAZIO CARDANETI PERUGINO

PIER ANGELI DA BARGA

Che noi sappiamo, nessuno ha finora conosciuto che siano
corse relazioni di amicizia tra il Cardaneti e l'autore della Siriade.
A Firenze, nella Marucelliana esistono due lettere del letterato
perugino al poeta Bargeo (1), e non ci pare inutile pubblicarle,
poiché poco si conosce del Cardaneti, che pure partecipò attiva-
menle al movimento della cultura perugina nella seconda metà
del 500. A noi non occorre riassumere quel che si sa della vita
dell'Angelio, che scrisse molto e contrastò al Tasso la priorità
dell'argomento delle Crociate, con la sua .Syrias: per tale que-
stione appunto il Bargeo s'é acquistato un umile posto accanto a
Torquato. Del Cardaneti ha tessuto la biografia il Vermiglioli (2):
nato a. Perugia nel 1531, il Cardaneti nel 1566 ebbe la cattedra
di rettorica in patria, e poi insegnò a Vicenza e forse a Siena ;
morì il 26 settembre 1588. Uomo dotto e mondano, fu amico di
molti letterati del tempo, tra i quali cospicui il Mureto e Paolo
Manuzio (8); fu anche amicissimo del suo concittadino M. A. Bon-

(1) Per la bibliogr. sull'Angeli cif. A. BELLONI, Gli epigoni della Gerusalemme
Liberata, Padova, Draghi, 1893, pag. 1, sgg., e nell'opusc. Della Siriade di Pier Angelio
da Barga ne’ suoi rapporti cronologici con la Ger. Lib. (Padova, Draghi 1895).

(2) G. B. VERMIGLIOLI, Biografia degli scrittori perugini, I, Perugia, Baduel,
1828, pagg. 274-80.

. (3) A noi risulta che il Cardaneti fu anche amico del giovane Aldo Manuzio.
Una, lettera di quest’ultimo a lui (Bologna, 18 gennaio 1586) è nel Segretario dello
ZUCCHI, II, pag. 267 seg.

50

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182 A. SALZA

ciari, di cui la vita e le opere attendono ancora un diligente illu-
stratore. Ma il Vermiglioli non seppe dell’amicizia, strettasi fra
il perugino dottore ed il Bargeo, e che ci risulta molto intrinseca
ed affettuosa dalle due lettere, che pubblichiamo qui sotto, di sugli
autografi. Latinista egregio, il Cardaneti scrisse però anche in
volgare: son note le sue traduzioni dal latino; fu anche poeta,
ma assai mediocre; maggior importanza hanno molte sue lettere
volgari, che, insieme ad altre sue rime, si trovano inedite nel
Carteggio di Mons. Vincenzo Ercolani (1), alla cui illustrazione
stiano attendendo da parecchio tempo.

Le due lettere, che pubblichiamo stimandole inedite, ei mo-
strano quanto l'Angelio apprezzasse la dottrina del Cardaneti, al
quale aveva inviato i suoi poemi, e tra questi la Syrias. Il peru-
gino, rispondendo all'amico, ne lodava, con espressioni che ra-
sentano l'esagerazione, l'ingegno e la modestia, ed esaltava le
opere di lui. Né solo il Cardaneti a Perugia era amico del Bar-
geo. Infatti nella seconda lettera (che noi crediamo del 21 otto-
bre 1585, e ad ogni modo posteriore alla prima, che è del 4 feb-
braio 1585) il Cardaneti, ringraziando il Bargeo del dono della
Syrias, gli mandava i saluti di Giov. Paolo Lancellotti, illustre
maestro di ragion canonica a Perugia, il quale anzi aveva scritto
un epigramma latino in lode dell’Angelio (2), e i saluti anche di
Giberto Oddi, patrizio perugino, studioso d’astrologia, per mezzo
del quale, tempo innanzi, il Cardaneti aveva stretto amicizia col
Mureto (2).

Così, per mezzo di questi suoi cittadini eminenti, Perugia par-
tecipava alla cultura italiana del 500: come Orazio Cardaneti era
amico di Pier Angeli da Barga, così, in questo tempo, Filippo Al-
berti, garbato poeta, godeva della compagnia e dell’amicizia di
Torquato Tasso.

ABp-EL-KADER SALZA.

(1) Biblioteca Comunale di Perugia, Cod. G. 68 passim.

(2) Questo epigramma del Lancellotti non è conosciuto dal VERMIGLIOLI, che
pure ne ricordò alcuni di lui. Sul Lancellotti (1522-1590), v. VERMIGLIOLI Op. cit., I,
pp. 40-48.

(3) VERMIGLIOLI, Op. cit., I, pag. 277.
ds » v bi spira
e wá OST oc ME aeo id d. uc BIER
È ? 3
MATTIOLO MATTIOLI DA PERUGIA 183

LETTERE DI ORAZIO CARDANETI

I.

[Biblioteca Marucelliana di Firenze, cod. A, CLXXXVI].

Horatius Cardanetus Petro Angelio s. d.

Si quantam mihi tuae litterae voluptatem attulerint exponere nune
velim, optime doctissime atque humanissime Angeli, plura scribenda
essent, nec satis tamen animo meo facerem. Dicam igitur quam brevis-
sime, iis me mirabiliter atque ineredibiliter delectatum esse. Cognovi
enim id, quod in paucissimis cognoscere mihi adhue contigit, singularem
quidem humanitatem cum admirabili eruditione coniunctam in te esse.
Itaque cum ante hane ex tuis libris admiraret (sic: admirarem), nunc il-
lam ex litteris vehementissime acuo. Multos sane reperias eruditissimos
viros, tanta sui opinione inflatos, ut prae se ceteros contemnant omnes;
quid quidem illud unum a litteris, quod maxime discendum erat, minime
didicerunt, nempe se homines esse. Hoc uno igitur in primis nomine u-
nice te amo, Angeli, quod, cum unus sis huius aetatis longe doctissimus

ac poeta summus, quem summi principes diligant carumque habeant, de
quo eruditissimi viri perhonorifice sentiant, loquantur, scribant, tu ta-
men nihil tibi sumas, nihil te efferas, sed quasi unus e multis, omnibus
te dedas, omnium obsequare studiis, adversus sis neinini, numquam prae-
ponas te aliis; ut de suo filio dixit senex Terentianus, hi mores omnium
sibi amorem conciliant. His factum est, ut, cum autea te vehementer
amarem (quis enim non amet hominem omnibus politioribus artibus po-
litissimus ?), totus nune amore ardeam. Rescripsisti ad meas litteras tum
elegantissime, tum humanissime, pollicitus mihi es libros tuos de bello
Syriaco, quos ita avide expecto, vix ut eorum desiderium ferre queam.
Ut enim longe majus est hoc argomentum, vereque heroicum, ita etiam
multo me maiorem ex iis delectationem capturum esse spero, quam ex
iliis, quos de venatione (1), atque de aucupio multos ante annos con-

(1) Cynegetica carmina, Lugduni, Grifio, 1551.
"(84 A. SALZA

scripsisti, licet utrosque in suo genere absolutissimos. Nolebam tibi al-
teris litteris molestus esse; sed Thomae Paulucii litterae, quas hodie ac-
cepi, in quibus seriptum erat, mentione inter vos. mei factam esse, oc-
casionem mihi iterum scribendi praebuerunt: ut scias epistolam tuam
ad me perlatam esse, nihilque me nune magis cupere, quam ut amorem
erga te meum, insigni tua eruditione atque humanitate susceptum, in-
signi aliqua re testem ac probem. Quod si minus mihi licuerit, vera ta-
men atque incredibili hac mea benevolentia magna ex parte contentus
fuero; qua tibi quoque satis me facturum esse confido. Magno enim.
excelsoque animo viri pluris animum, quam res ipsas faciunt. Vale, mi
optime Angeli, viridemque istam tuam senectutem tuere. Pridie nonas
febr. 1585, Perusiae.
(fuori): Al molto mag.co et ecc.te S.r mio oss.mo il S.r
Pietro Angelii
Roma.

II

Horatius Cardanetus Petro Angelio Bargaeo s. d.

Quam mihi gratum fuerit munus tuum (1), optime et eruditissime
Angeli, haud conabor verbis explicare, nec enim assequi possem. Nam
si rem ipsam spectem, et a quo missa est, utrumque eiusmodi est, ut non
modo per mihi gratum, perque iucundum, verum etiam perhonorificum
sit. Magnum quidem apud me amoris in me tui argumentum, et quasi
pignum erit. Adde quod iis verbis usus es, ut nihil mihi suavius, nihil
amabilius esse possit. Nulla etiam gratiarum actione utar, quod totum
hoe genus inter bonos viros supervacaneum prorsus mihi videtur. Nec
illud conquerar, quod nulla mihi facultas, nec spes quidem sit ullo te
huiusmodi munere remunerandi. Quid enim ego minus quam mediocris
eruditionis homo, tibi, viro longe eruditissimo ac summo aetatis nostrae
poetae, dare queam ? Illud quidem arroganter fortasse, sed vere dixerim,
eam esse amoris in te mei magnitudinem, ut tanto munere haud sim
prorsus indignus. Tui vero ornandi partes erunt summorum procerum,
quibus inseripta sunt tua poemata; quamquam ampliore veroque de
praemio affieiet ipsa posteritas. Tui fratris carmina legi libentissime, qui
quidem est tibi germanus; ac eo epistolarum genere in primis oblector.

(1) Certo la Syrias promessa già al Cardaneti. Del Poema nel 1582 s'erano
stampati per espresso desiderio di Enrico III i primi due libri a Parigi (Mamert
Patisson); tutta l'opera fu stampata nel 1591. (Florentiae, apud Philippum Juntam).
Cfr. BELLONI, Epigoni, pag. 490 e sgg.
MATTIOLO MATTIOLO DA PERUGIA 185

— Io. Paulus Lancelottus F. C. praestantissimus dedit mihi epigramma, :

quod ad te mitterem. Ut spero, probabitur: non. est auovaag, ut pleri-
que eius ordinis homines; te summe diligit, de te perhonorifice sentit
ac loquitur, teque etiam atque etiam salvere iubet. — Tu senectutem
tuam tuere diligenter, quam tibi diuturnam vegetamque a deo precor;
cui ne sim pluribus verbis molestior, plura non scribo. Vale. — XXI
die Octob. Perusiae. i ’

Gisbertus Oddus, patricius perusinus, astrologiae studiosus, tui me-
mor atque amantissimus, cum hodie ad me adierit, mandavit mihi dili-
genter, ut suo tibi nomine in litteris salutem adscribam.

Xe.
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[v2]
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ALBERICO DA BARBIANO

LE SUOI HAPPOHTI CON: PERUGIA

Anche negli Annali decemvirali del Comune di Perugia è
fallo spesso ricordo del celebre Capitano della compagnia di S.
Giorgio. Nel Volume del 1379 ad es. leggonsi fra le altre alcune
notizie relative alla grande vittoria che Alberico riportò a Marino
il 28 aprile di quell’anno, combattendo contro i Brettoni, e di cui
il Fumi pubblicò nuovi e importanti documenti.

È abbastanza noto quali conseguenze avesse quel fatto d’armi
e come molte città italiane (ed in ispecie quelle che dalle conti-
nue scorrerie degli eserciti stranieri più gravi danni avevano
patito) sentissero il bisogno di manifestare la loro gioia o con
l' inviare ambasciatori o con l'ordinare pubblici festeggiamenti.

E mentre in Roma il Pontefice Urbano VI insigniva il vin-
citore del titolo di cavaliere, donandogli nel tempo stesso uno
stendardo su cui erano scritte le memorande parole « talia. li-
berata dai barbari », anche il magistrato perugino voleva in qual-
che maniera partecipare a questo primo trionfo delle milizie
nazionali.

Gli scrittori, come ognuno sa, non sono punto concordi nel
giudicare l’opera più o meno benefica compiuta da queste indigene
compagnie di ventura, sorte ad imilazione delle straniere. Ma se è in
ogni modo indiscutibile che esse stanno per lo meno a rappresentare
nella storia un fenomeno degno della massima considerazione, in
quanto deve scorgersi nei generosi tentativi dei nostri più audaci
‘condottieri il desiderio ardentissimo e la speranza ad un tempo
che avevano fin d'allora gl'Italiani di sottrarsi anche nella milizia
all'influenza dello straniero, certo è altresì che non poca parte
188 - L. GIANNANTONI

ebbe in ciò il nostro Alberico, il quale a giudizio di tutti può con-
siderarsi come il vero fondatore degli eserciti nazionali.

Difatti quelli che in seguito divennero i più celebri capitani
di ventura in Italia, appartennero quasi tutti alla sua compagnia,
che stava oramai a rappresentare il vero tipo dell’arte militare
fra noi.

Nè forse è improbabile, come taluno asserisce, che condizione
necessaria per ottenervi l'ammissione fosse il dimostrare di es-
sere italiani e il promettere con solenne giuramento di essere
sempre pronti a combattere contro le soldatesche straniere.

A c. 108 t. del citato Vol. degli Annali, sotto la data del 7
maggio e sotto il titolo « Ordinamentum pro nuntio ytalicorum »
leggesi adunque quanto appresso:

Item cum pro parte mangnifici viri domini Alberici de Barbiano
de Comitibus de Cuneo generalis capitanei mangne sotietatis ytalicorum, que
vulgariter appellatur sotietas sancti Georgij, nunptius dominis prioribus

_et comuni perusij cum suis licteris fuerit destinatus portans olivum et
felicia nova de conflictu pridie dato per ipsam. sotietatem sotietati Bre:
ctonum et Vasconum, cui nunptio secundum bonam consuetudinem est
merito providendum,

idcircho prefati domini priores et camerarij omnes unanimiter et
concorditer partito inter eos posito et solenpniter obtento secundum sta-
tutorum comunis perusij exigentiam, ex omni auctoritate quam habent
omnique modo quo melius et eficatius potuerunt, statuerunt et reforma-
verunt quod de presenti domini priores possint eum honorare de vesti-
bus vel pecuniis etc. (1). |

Del resto resulta dallo stesso volume degli Annali Decemvi-
rali che altri rapporti, anche prima della memoranda giornata di
Marino, Alberico ebbe con Perugia.

E noto come precisamente in quell'epoca egli avesse in
animo di volgersi con le sue schiere verso la Lombardia per por-

(1) Lo storico perugino Pompeo Pellini, parlando di questa rotta de' Brettoni e
Guasconi dichiara di ignorare ove avvenre il combattimento. — Trovasi che Alberigo
Barbiano Capitano, come abbiam detto, della compagnia di S. Giorgio, dicde al prin-
cipio di maggio del presente anno unu rotta a? Brettoni e a? Guasconi, ma come. e

"| dn qual parte si fosse non ho potuto trovare; non ne facendo memoria scrittore at
cuno d’ historie, che io fin qui abbia veduto etc. (Hist. di P., Parte I, lib. 9, pag. 1255)"
ALBERICO DA BARBIANO E SUOI RAPPORTI CON PERUGIA (89

tare aiuto ai Visconti e come si debba soprattutto alla parola calda
ed efficace di S. Caterina da Siena, se abbandonò quo HEDE
per accorrere invece a difesa del papato e dell'Iialia. —

E dato che esso si recasse appunto anche nelle nostre vici-
cinanze per rifornirsi di uomini e di danari, niuna meraviglia che
Perugia, benchè paurosa per lo appressarsi di quel formidabile
esercito, sentisse tuttavia il bisogno di non frapporre ostacoli
alla sua marcia, ma anzi di buon animo gli fosse larga di ajuti
e incoraggiamenti, sicura di rendere in tal modo un buon ser-
vigio alla Chiesa e di cattivarsi sempre più la benevolenza del
Pontefice Urbano VI.

2 Marzo

Essendo pervenuta la notizia del prossimo arrivo della Compagnia
di S. Giorgio, i Priori deliberano di inviare un ambasciatore al Capitano
della medesima. L’ambasciatore inviato è Angelo Andrea di Puccio
(Ann. cit. c. 46).

3 Marzo

La compagnia di S. Giorgio trovasi accampata nei pressi di Urbino
ad pontem Fergnani et ad aquam laugnam (c. 46 t. e 47 r.).

10 Marzo

Si delibera di fortificare i castelli poco sicuri del Perugino a causa
dell imminente arrivo della sotietas ytalicorum (c. 54 t.).

15 Marzo.

Dicendosi essere la Compagnia di S. Giorgio in terreno Saxoferrati et
in terrreno Rocche Contrate e non volendo l'ambasciatore prima inviato
[Angelo di Andrea] trattar da solo con quella, viene eletto altro amba-
sciatore nella persona di Vannolo di Munuccio di P. S. (c. 57 r.). (1).

(1) Cum sotietas ytalicorum sancti Georgij dicatur esse in terreno Saxoferrati et .
in terreno seu comitatu Rocche Contrate et dubitetur ne in comitatum perusij velit
venire, quod in maximum danpnum comunis perusij redundaret, et jam fuerit ad
dictam sotietatem destinatus Angelus Andree civis perusinus .in anbaratorem dicti
comunis ad procurandum concordiam habere cum eis et adhuc ad nullam corclu-
sionem sit deventum et dictus Ange'us ad dictam. sotietatem nolit accedere solus nis*
790 L. GIANNANTONI

18 Marzo.

Si prendono dei provvedimenti per approvvigionare di grano
la città, poichè la Compagnia di S. Giorgio sembra essere già vi-
cina al contado perugino (c. 57 t.).

Nello stesso giorno il Consiglio dei Camerlenghi conferma la
deliberazione presa dai Priori di inviare ad Alberico come amba-
sciatore Vannolo di Monuccio e si concede facoltà ai Priori me-
desimi di eleggere alcuni concittadini di Perugia, i quali seguiti
da uomini armati possano efficacemente difendere ad ogni eve-
nienza il contado (c. 58. r.).

I Priori nominano a tale officio Bartolomeo di Micheluccio di
Porta S. A. e Francesco di Luca di P. S. S. (c. 58 t).

19 Marzo.

Si ordina dal Comune un pagamento a favore di Voragino di
Simone de’ Michelotti destinato ad faciendum disgonberare vic-
tualia et alia bona mobilia existentia in comitatu perusij et reduci
ad fortilitia dictt comunis etc. (c. 59).

21 Marzo.

La Compagnia di S. Giorgio è già nel territorio di Perugia,
come rilevasi da una deliberazione pro actatione castrorum
(0550217).

Essendo la Compagnia di S. Giorgio nel contado di Perugia,
viene eletto Ugolino di Lippo di Nino di P. S. P., perché sieno
le cose mobili poste in salvo nelle fortezze, ne dieta sotietas ma-
teriam habeat in dicto Comitatu permanendi (c. 63 r.).

sotium habeat qui una cum eo procuret. dictam. concordiam cum hominibus dicte
sotietatis pro dicto communi perusij et necesse sit mictere ad dominum Albericum comi-
tem et capitaneum dicte sotietatis ad dictam sotietatem,

idcircho supradicti domini priores omnes decem presentes et in concordia exoi-
stentes in palatio eorum solite habitationis elegerunt in anbaxatorem dicti comunis
iturum ad dominum. Albericum comitem de Barbiano capitaneum dicte sotietatis et
ad dictam sotietatem cum tribus equis Ser Vannolum Munutij de perusio porte solis,
qui juravit dictam ambaratam bene et legaliter facere.

RR ILE
— "
i

ALBERICO DA BARBIANO E SUOI RAPPORTI CON PERUGIA (91
25 Marzo.

Si decreta di pagare la somma di 2000 fiorini d’oro alla Com-
pagnia di S. Giorgio in seguito alla relazione degli ambasciatori
inviati dal Comune (ec. 65 t.) (1).

Si delibera il pagamento di una quantità di pesce offerta ad
Alberico da Barbiano, che era allora nel contado di Gubbio pro
habendo ipsum benevolum dicti Comunis (c. 66 t.).

9 Aprile.

Alberico manda da Spoleto ambasciatori a Perugia chiedendo
passaggio pel nostro territorio e vettovaglie. I Priori e Camerlenghi
concedono tutto nella speranza di aver da lui un soccorso contro
la compagnia dell'Aguto e di Luzio, qualora costoro si fossero
verso di noi comportati come nemici (c. 80 t ).

(1) (Ordinamentum pro compositione facienda cum sotietate ytalicorum).

Imprimis cum Angelus Andree et Vanolus Monutij oratores dicti comunis
ex parte dicti comunis des'inati in sotietate ytalicorum sancti Georgij pluribus die-
bus jam diversis fuerint destinati per supradictos dominos priores ad tractandum
et inveniendum pacem et concordiam. cum eis ne in nostro comitatu materiam ha-
beant veniendi, standi et morandi et nuper pro dicta sotietate fuerint reversi et
in presenti consilio exposuerint et narraverint quod cum dicta, sotietate et homi-
"ibus eiusdem. potest haberi et fieri concordia et compositio pro duobus milibus
florenis auri eis per comune perusij vel eius parte solvendis, et promictunt nostrum
comitatum, fortiam et districtum non invadere tanquam inimici infra certum tem- .
pus in dicta, compositione et concordia cum eis fienda, declarando et multa alia pro-
mictunt que declarabuntur et specificabuntur in capitulis et pactis iniendis et firman-
dis inter anbaxratores dicti comunis et domini capitanei consiliarios et alios capora-
les de dicta sotietate; cumque volentes utilitati rey publice providere et advertentes
et considerantes quanta mala quantaque pericula et gravia danpna per homines
dicte sotietatis inferri possent et facerent; volentes futuris obviare periculis,

idcircho supradicti domini priores et camerarij ut supra ad consilium. colte-
gialiter congregati volentes super predictis salubriter providere obtempto primo par-
tito inter eos secundum formam et exigentiam statutorum comunis perusij, ex omni-
bus auctoritatibus et avbitrijs supradictis et omni modo, via et forina, quibus melius
potuerunt, providerunt, ordinaverunt et reformaverunt quod cum dicta sotietate,
capitaneo consiliariis et aliis antepositis dicte sotietatis fiat concordia et compositio pro
dicta, quantitate duorum miliwm florenorum auri et quod dicto capitaneo, consilia-
riis seu aliis antepositis pro dicta sotietate solvantur et solvi possint et debeant per con-
servatores monete comunis perusij etc.

L. GIANNANTONI.

Tre
i emi:

E SENE EIS
498

«I PALAZZI DELLA COMUNITÀ DI PERUGIA

NEL SECOLO XIII

SECONDO I DOCUMENTI E SECONDO GLI STORICI

Dallo studio che vengo pazientemente facendo sulla origine,
sulle vicende, sulle correlazioni colla storia. civile, del Palazz
del Popolo di Perugia, tolgo oggi parte di un capitolo per inse-
rirlo nel numero del Bollettino destinato a illustrare esclusiva-

mente la storia di Perugia.

Nei numeri seguenti tratterò con ben maggiore ampiezza l'in-
teressante argomento. Oggi per me non si tratta che, come suol
dirsi, di prendere possesso del tema innanzi ai colleghi e agli
studiosi.

Compito arduo e bello ad un tempo sarebbe quello di poter
riprodurre sull’indagine dei documenti e coll’aiuto della ispezione
architettonica, la Perugia del secolo decimo terzo, allora quando
i molto più copiosi avanzi della civiltà estrusca e della romana
vedevano ogni giorno sorgere fra loro e spesso anche a spese pro-
prie, le chiese, i palazzi, le torri, i fortilizî della nuova genitura
romana, credente, prospera, operosissima in pace e in guerra ;
dei commerci e delle industrie non meno sollecita che del costi-
tuire a sè un libero regime.

Di niuna parte della’ vecchia città sarebbe meno difficile la
ricostruzione che di quella romanamente appellata F'oro, cioè della
piazza che aprivasi fra i due principali palazzi della comunità,
dove i più importanti affari pubblici erano trattati e risolti con
consiglio ardito non meno che con senno maturo. All austera e
parca vita del Comune retto dai Consoli, come con romana gra-
vità chiamavansi gli aristocratici reggitori, vide proprio nel se-
eee e ra

(94 A A. BELLUCCI

colo XIII il Foro perugino succedere il regime democratico delle
arti raggruppate intorno al Capitano del Popolo e allargarsi ge-
nerosamenle la partecipazione alla vita pubblica. Così, mentre i
Consoli attorno al Potestà rappresentavano la più vetusta forma
del Reggimento, i capi delle Arti attorno al Capitano ne rappre-
sentavano lo svolgimento ulteriore. E finchè chiaro e rigoroso
durò il concetto delle relative attribuzioni, anche la residenza fu
diversa.

Così in Perugia mentre da una parte del Foro, nel luogo
ove sorge il Vescovato, sorgeva il palazzo dei Consoli e del Pote-
stà, dall’altra parte altorno ad un casamento lurrito, appartenente
ad una feudataria, discendente da un Oddone, probabilmente di
origine germanica, si dava ordine di comperare a forza, di espro-
priare, diremmo noi, tutte le casupole e le torri per potere eri-
gere sontuosa la casa al Capitano del Popolo, che nel casamento
di Madonna Dialdana stava poco decorosamente a pigione. Cosi
parla il più antico nostro statuto del 1279.

Rub. 215. — Qualiter Potestas et Capitaneus emi faciant domos et ca-
salina pro novo palatio faciendo, et de aptatione palatij comunis.

Potestas et Capitaneus debeant et teneantur precise emere et emi
facere per totum mensem maij et junij domos et casalina que oportuna
fuerint ad novum palatium faciendum ; que emptio fieri debeat iuxta
palatium in quo moratur Capitaneus Perusij et illud quod emeret seu
emi vellet pro ipso novo palatio faciendo, ematur ad iuxtam et conve-
nientem extimationem ; que extimatio fieri debeat per v bonos et sa-
pientes viros quos Potestas et Capitaneus et Consules artium duxerint
eligendos ad extimationem huiusmodi faciendam ; quos secrete eligere
teneantur; et illi quorum fuerit illud quod emeret seu emi voluerit pro
dieto palatio faciendo, compelli debeant penitus ad venditionem facien-
dam seeundum extimationem quam homines facient supradicti. Et si
vendere noluerint secundum extimationem predictam, ce libras denario-
rum solvere teneantur et nihilominus venditionem facere compellantur.

Item Potestas et Capitaneus teneantur . precise facere aptari per to-
tum mensem maij et junij palatium comunis Perusij in quo Potestas
comunis Perusij conmoratur, et ipsum faciant meliorari prout fuerit opor-
tunum et terrenum quod fuerit necessarium pro ampliatione dicti palatij,
emi facere teneantur ad iustam et convenientem extimationem per dictos
v bonos homines faciendam ; et illi quorum terrenum fuerit sumptum

CARTE ren re
——=-

I PALAZZI DELLA COMUNITÀ DI PERUGIA 7195

vendere noluerint, compelli debeant ad vendendum secundum extimatio-
nem predictam, et si secundum extimationem ipsam vendere noluerint,

.ee libras denariorum pene nomine solvere compellantur et nihilominus

venditionemi fácere:teneantur 246... 5e a A LI eU TP DIE E

Rub. 424. — Qualiter ratio inquiratur et fiat pensionis palatij Capita-
nei cum domina Dialdana et satisfiat eidem.

Cum domus et palatium nobilis mulieris domine Dialdane vidue
uxoris quondam Giliutij domini Benevenuti Oddonis in quibus dominus
Capitaneus conmunis et populi Perusij cum sua familia moratur et ha- -
bitat et curiam tenet ad jus reddendum cum suis offitialibus, cum eorum
plateis curijs et jacentijs per conmune Perusij detenta fuerint, et tem-
pore capitanei domini Guidonis Tuezi Magistri, capitanei dicti populi et
conmunis, citra et ipsum tempus de pensione sive censu ipsorum, nulla
conventio facta inter ipsum comune ac dominam supradictam ; sed po-
tius preter voluntatem ipsius domine detentam ; duximus firmiter et in-
violabiliter statuendum quod ratio inquiratur et fiat pensionis sive census
solute seu soluti ab ipso comuni eidem domine, a dicto tempore citra,
et quod solvatur et satisfiat et satisfieri debeat eidem domine de omni
eo quod restiterit ad solvendum ; et pro tempore futuro, si placebit con-
muni Perusij, res predicte eidem domine restituantur libere; vel de
quantitate pensionis sive census ipsarum rerum per aliquos bonos ydo-
neos sapientes et discretos viros fide dignos omni suspitione carentes,
statuatur ae etiam ordinetur.

Questo è il punto di partenza per l'argomento che io tratto.
Lo statuto del 1279 ha un grande valore in quanto riassume e
definisce, nelle rubriche che recano come disposizioni transitorie,
le deliberazioni prese intorno alla costruzione e al riattamento delle
magioni ove era già allogato il comune. Tanto maggior valore poi
perchè del tutto frammentario è lo stato in cui trovasi l'archivio
nel secolo XIII, specialmente per ciò che riguarda le Riformanze.
Non è quindi possibile tener continuatamente dietro ai provvedi-
menti presi: ond’è che alle naturali lacune bisognerà talora prov-
vedere con induzioni sagaci, le quali, si sa bene, non sempre
hanno valore di assoluta certezza.

Quale fosse la forma e l'estensione del palatio comunis in
quo Potestas moratur, non 6 facile il dirlo. Dagli avanzi che si
osservano nei fianchi e nella parle posteriore dell'attuale vesco-
ECL

Tar

RIEN A

TI AT T IE LASA OLE

[25] ;

796 i A. BELLUCCI

vato, specialmente da quelli di un' arco e di alcuni splendidi fi-
nestroni, si potrebbe ottenere una ricostruzione probabile di un
sontuoso edificio. Un documento tardivo del secolo XV ci dice che
vi era un loggiato. Ma tale ricostruzione, se può invitare con po-

lente seduzione l'artista e lo storico dell'arte, non può almeno

nei documenti del secolo XIII avere niun rigore storico. Il casa-
mento lurrito invece di Madonna Dialdana può con ogni proba-
bilità rinvenirsi in quel tratto di muro più antico, che lermina
con una torre mozzata, dell’attuale Palazzo del Hopolo, studian-

- dolo dalla via della Gabbia.

A. BELLUCCI.
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797

ANALECTA UMBRA

Su Gli affreschi della « Madonna dell’ Omo » di Ottaviano di Mar-
tino di Nello, che conservansi in una cappella presso Urbino e furono
di recente annoverati tra i monumenti nazionali, il prof. E. Calzini così
scrive ne L’ Eco di Urbino del 6 maggio: « Com'è noto, il pittore eu-
gubino ancor prima di recarsi alla capitale del ducato lavorò alla corte
di Gubbio, al servizio di Caterina Colonna, la moglie del conte Guidan-
tonio da Montefeltro; ed è noto altresì agli studiosi dell’arte come le
dolci e graziose caratteristiche dell’ arte umbra e le ascetiche aspirazioni
degli artisti di quella regione, giunsero in Urbino per le opere che il
Nelli eseguì nella città nostra tra il 1428 e il 1452. Un piccolo affresco
di lui conservasi nell’ Oratorio di S. Croce, quello stesso che lo serivente
ebbe occasione due anni or sono di segnalare agli ammiratori del mae-
stro: una Madonna col Putto incoronata da angioli sul piccolo altare, a
destra per chi entra, nel mentovato oratorio. Tale affresco costituisce,
almeno per ora (poichè nessuno tentò di scoprire altro di sotto l’into-
naco) quanto ci resta delle pitture che il Nelli fece in S. Croce, siccome
è notato in un registro della Compagnia di detta chiesa, che dal 1424
va al 1433. Ottaviano dovè qui recarsi per desiderio di Caterina Colonna,
la gentildonna che l’ effigie del figliuoletto, il principe Oddantonio, aveva
voluto dipinto in S. Erasmo a’ piedi del Santo « col fameglo e col ca-
vallo » come narra lo stesso pittore; la munifica signora, cioè, che molto
probabilmente ordinò al nostro anche le bellissime pitture, fuori Porta
S. Lucia, della celletta della Madonn« dell’ Omo, a meno che non fossero
ordinate dall'antica famiglia dell' Omo. Tali pitture, vivamente racco-
mandate al Governo dagli studiosi e dall'egregio Ispettore de' Monu-
menti, il conte Castracane, oggi fanno parte del patrimonio artistico na-
zionale. Il Nelli quando opera di maniera come negli angioli volanti che
incoronano la Vergine (la parte meglio conservata del dipinto) ci appare
piuttosto difettoso nel disegno; mentre quando eseguisce le figure di
devoti inginocchiati o di santi, come nelle pareti laterali, e si serve di
modelli, egli ci presenta delle figure di una forza e di una evidenza ca-
ratteristica, ispirate dal piü schietto verismo e non inferiori alle opere

54
798 ANALECTA UMBRA

di qualsiasi altro pittore umbro di quel tempo. Nelle estremità al con-
trario egli ci si appalesa men che mediocre conoscitore del vero, trascu-
rato, inelegante. Il sistema col quale contorna i piedi dei santi figurati sulle
pareti di fianco, dimostra in modo chiaro, preciso ciò che noi asseriamo.
Peccato che i panneggi in quest’ opera pregevole di Ottaviano siano stati
qua e là ritoccati, e in più tempi; fatta eccezione de’ due angioli in alto
e di alcune vesti di santi, quali, ad esempio, quelle di S. Bartolomeo,
il cui manto particolarmente, ben segnato e colorito tra il celeste ed il
verde-chiaro, è veramente splendido. Noto altresì che la figura della Ma-
donna rappresentata di fronte ed egregiamente delineata e caratteristica
con quel suo colorito chiaro e roseo, costituisce ancora una parte cospi-
cua dell’opera nelliana, benchè deturpata e guasta sulla fronte ampia e
nobilissima. L'amico Scatassa mi comunica la notiziola, che qui riporto,
da cui si deduce che nell’anno 1557 le pitture del Nelli trovavansi ancora
all’aperto, quale soggetto e al tempo stesso decorazione di una delle
così dette « maestà », tanto in uso in Italia ne'secoli passati lungo le
strade prossime all’ abitato. Dall’ Arch. del Brefotrofio d' Urbino, Libro 3
degli Esposti, C. 27, a. 1557, primo agosto: « Fu posto la sera passata
ala maiestà dell'omo una putta quasi nuda senza alcun segno, la quale
trovò Paolo cognato de Giovammaria di Gentilina del Monte, e la portò
alla nostra casa del Petriecio (a cirea 200 metri da Urbino) alle ore di
notte ».

Un altro affresco bellissimo che « appartiene in modo certo » al
pittore eugubino fu descritto dal prof. Calzini nella Rassegna bibliogr.
dell’arte ital., a. II, 5.6: è nell'ex convento di S. Domenico in Urbino;

e i cultori dell'arte l'aveano finora attribuito a Giacomo da Venezia, '

domenicano, il frescatore del parlatorio della fraternita di S. Maria della
Misericordia nel 1463. La scena che Ottaviano qui rappresentò è, in

sostanza, la stessa che s'ammira in S. Maria Nuova di Gubbio. Da.

un registro di spese della compagnia di S. Croce si sa ch'egli dimorò
ed operò in Urbino dal 1424 al 1433; ond'ó che tra il 28 e il 32 può
fissarsi l’epoca dell’ affresco, che, secondo il Calzini, fu « eseguito sulla
falsariga di quello di Gubbio ». Così alla serie del" opere di Ottaviano,
artista più operoso che fecondo, un'altra opera s' aggiunge, degnissima
d’ammirazione e di studio. « La parete dipinta è chiusa all’ intorno da
una cornice gotica; ma lo stato di conservazione dell’ affresco non è
punto buono. La parte superiore e la centrale sono le meglio conser-
vate, tranne che vicino ai piedi della Madonna, dove, in un tempo non
molto lontano da noi, fu finito di rovinare col dipingervi una specie di
gradino con due mensole pesanti, all’ intento forse di rimediare alla.

D: 2 è» a

ANALECTA UMBRA 199

parte più guasta. Le figure più danneggiate son quelle dei due santi,
che in tale stato doveano trovarsi anche al tempo dello scoprimento
[tra il 1875 e 1’80], se il march. Antinori tentò allora di riprender colla
matita i contorni di quelle parti nella figura del S. Antonio, che sem-
bravangli ancora possibili di rintracciare ».

Una diligente descrizione della chiesa di S. Maria della neve nel
Comune di Cascia è ‘data da F. Spinaci nell’ Eco di Urbino, a. II,
num. 11, col titolo Un tempio attribuito a Bramante. E vuole, infatti,
la tradizione che sul disegno del sommo architetto sia sorto il tempio
monumentale. Il tempo e l’incuria lo hanno seriamente danneggiato;
ond'é che giustissimi sono i lamenti dello S. per l’ indifferenza con cui
il Ministero lo ha lasciato da più di dieci anni nel più completo ab-
bandono.

L' Umbria, a. II, num. 3-4. L' ultimo giorno di carnevale a Perugia

nel 1540 (dalle cronache del Maltempi). — JacoBELLI L., La poesia
popolare in Sabina (continuazione). — LANZI L., Per il centenario del-
l’assedio di Stroncone; 1199. -— Restauro al Santuario di Mongiovino
presso Panicale. È un tempio magnifico di cui si credette architetto
Bramante, e poi fu rivendicato a Rocco da Vicenza. — A. L., Affreschi

di Paris Alfani esistenti nella chiesa di S. Agostino, poi della confra-
ternita dell’ Addolorata in Perugia. Distaccati, conservati ora nella Pi-
nacoteca Vannucci. — Num. 5-6. Rossi A., I maestri d' invetriate a
fuoco in Perugia. Sugli appunti che al prof. Rossi servirono pel discorso
da lui detto nel settembre del 1890 nell’ Accademia delle Belle Arti di
Perugia, A. Lupattelli ha ricomposto il discorso stesso « nella sua inte-
grità ». Codesti maestri, dei quali son dichiarate le opere, furono Bar-
tolomeo di Pietro; Francesco di Giovanni di Barone che lavorò con
Monte di ser Cola; Neri di Monte, nipote dello stesso Francesco, che
nel 1514 s’ era dato col figlio Giacomo all'arte delle tazze (« allo eser-
citio delle tazze »); Angelo di Baldassarre Mattioli e Benedetto di
Bonfiglio, ambedue cospicui pittori; Costantino di Rosato, non di Spo-
leto, ma di Migiana di Montemalbe; un ignoto maestro del secolo XV
ch’ eseguì le invetriate dei finestroni del Duomo per ordine dei vescovi
Vannucci. È notato da ultimo Nardo Grisaldi, francese, che nel 1562
« lavorava di vetro bianco a mandorle due invetriate » per la sacrestia
della stessa chiesa perugina.

Di quanto si riferisce alla storia del ducato d' Urbino giovi dar no-
tizia, per ciò ch'essa, non soltanto per Gubbio che al dominio dei Mon-

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800 ANALECTA UMBRA

tefeltro e dei Della Rovere fu soggetta, alla nostra storia è intimamente
connessa. Ecco perchè diamo ora l'annunzio d'una Ode lirica a Fede-
rico di Montefeltro che il prof. G. Zannoni ha pubblicata per nozze Mu-
zii-Beltrame (Roma, Tip. della Camera dei Dep., 1899). Ne è autore Fran-
cesco Filarete, un araldo che non dovè, a quanto pare, vivere alla corte
urbinate, ma che di Federico esaltò gesta e virtù come, specialmente
dopo la conquista di Volterra, tanti suoi ammiratori facevano dal 1472.
L' Ode lirica (ha questo titolo nel Cod. Vatic. Urb. 809, donde il prof. Zan-
noni l'ha tratta) fu divulgata « in occasione di aleune delle frequenti
gite a Firenze di Federico di Montefeltro », e forse é di circa l'agosto
del 1474, quand'egli ebbe il titolo di Duca. « Con precisione storica, se
non con efficacia di sintesi » son qui esaltate le imprese del duca ma-
gnifico; « dalle prime armi giovanili con Nicolò Piccinino (strofe 14),
senza trascurare il disastro di Monteluro (s. 16) e la sconfitta di Monte-
loeco (s. 17), alla campagna fiorentina contro Alfonso Re di Napoli, al
riacquisto di Fossombrone (s. 26); e via via alla condotta per Alfonso
stesso, alla vittoria di s. Fabiano, alla espugnazione di Castelluccio con-
tro il Duca di Sora, alla rapida marcia su Sinigaglia; e poi gli assedii
d’Albi e di Fano, la presa di Ciregiuolo e infine la sommessione di Vol-
terra, che oggi ancora può considerarsi quale un capolavoro di tattica e
di scienza strategica ».

Anche segnaliamo, a proposito di storia ducale, il catalogo degli Ori
ed argenti della Corte di Urbino (1595-1605) pubblicato, da E. Scatassa
nella Rassegna bibliografica dell’ arte italiana (a. II, n. 3-4: Estr. in 8,
di pp. 20; Rocca S. Casciano, Cappelli, 1899). Tra gli oggetti di questo
mirabile tesoro che un guardaroba ducale stimó 35129 scudi, noi trovia:
mo, testimonianze di fede e d'omaggio di sudditi, doni cospicui in ar-
gento del Capitolo eugubino (« Due sotto coppe con piedi basso ceselate
alla moderna, dorate dentro, e fuori con arma di S. A. in mezo intagliata
senza Toson, con lettere atorno che dice Canonici Eugubini ») e della
città di Norcia (« Due sotto coppe fatte a boglione, dorate in alcune
parti, con piede alto, ceselate, con un leon in mezo et lettere Vet. Nur-
sia »).

In questo Boll. (IV, 554) fu fatta menzione d' una nota su Tommaso
Pontano, che il conte Luigi Manzoni inserì nel vol. 32 del Giorn. stor.
della lett. ital., sostenendo che il Pontano insegnava in Perugia prima
del 1428, e poi dipartitosi dallo Studio perugino, si recò a Firenze, d'onde
passò dal 1331 all'anno successivo a Bologna. Ora il prof. A. Zanelli di-
mostra con documenti nello stesso Giornale, vol. 33, pag. 347 e sgg.,
che il Manzoni commise uno scambio di nomi e di date; che il M. « erra
VORREI IZ LT

ANALECTA UMBRA 801

asserendo che i due maestri (Tommaso Pontano e Tommaso Seneca) eb-
bero comune, oltre il nome, anche la patria » ; che non fu il Pontano
l'insegnante nello studio di Perugia nel 1428, ma Tommaso da Caine-
rino; che questi e non il Pontano insegnó a Bologna nel 1431; e che,
finalmente, « questo Tommaso da Camerino fosse lo stesso maestro, che
era anche chiamato col nome di Seneca, e che quindi non si possa con-
fondere in alcun modo col Pontano, viene provato da. un documento
dell'Archivio Comunale di Brescia ». Il prof. Zanelli pertanto conclude :
« Io credo che si possa con assoluta certezza affermare che il maestro
Tommaso da Camerino, che insegnò a Perugia « pluribus annuis » fino
al 1428 e a Bologna dal 31 al 32, non fu il Pontano, ma fu lo stesso
Tommaso Seneca, il quale andò poi a Brescia e vi dimoró fino al 54 ».
Nell'atto di Nomina di Tommaso Seneca da Camerino a maestro di
grammatica in Brescia, che il prof. integralmente riferisce, è detto ch' e-
gli era « virum peritissimum » e ch'aveva insegnato « pluribus annis in
Perusio ».

Dall’ Arte e Storia, a. XVIII, num. 1-8, deduciamo la notizia di
scoperte archeologiche nell'agro reatino. « Il prof. Fabio Gori ha se-
gnalato al Ministero dell'I. P. diverse scoperte avvenute ne'territori
che anticamente formavano parte dell’ Ager Reatinus. Nella villa del
cav. G. Stoli, in prossimità di Rieti, ha copiato una iscrizione inedita,
dissepolta presso la via Salaria, che nella parte superiore mostra scol-
pito un vaso chiuso (pyois), spettante al mondo muliebre ed in cui si
riponevano odori ed unguenti. Un'altra iscrizione inedita, e in bei ca-
ratteri del primo Impero, è stata trovata nel territorio di Greccio presso
un'antica strada che nel medio evo riteneva il nome di Via Salaria
perché da essa diramasi. Per la prima volta in questa iscrizione si trova
il grecanico Lycenhis (lucerna) scritto colla lettera L aspirata avanti alla i.
Il sepolero appartenne ad un liberto della gente Pomponia, banditore
all’asta pubblica (praeco). — In un podere del sig. P. Ciaramelletti son
tornati alla luce i ruderi di una magnifica villa romana ed una bellis-
sima testa marmorea di statua muliebre. — Le ruine di un’altra villa
romana con pavimenti di mosaico e con un acquedotto di opera retico-
lata sono messe allo scoperto presso il -villaggio di S. Rugina. — Final-
mente al Monte d’oro, in vicinanza di Contigliano, dove sorgeva un
tempio dedicato al Dio Sanctus, progenitore della razza Sabina, un con-
tadino, recidendo la ceppaia di una quercia, ha rinvenuto una pignatta
di rame, ricolma di 3955 denari d'argento della Repubblica Romana e
dell'imp. Augusto, in ottima conservazione. L’ Ispettore ne ha fatti se-

DE o

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802 ANALECTA UMBRA Ì

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questrare 648 con la pentola: gli altri sono stati nascosti o venduti clan-
destinamente ».

NEO ANDE IAT

Il 20 settembre dell’anno scorso, quando con degna festa e solenne
furono ai Veterani tudertini consegnate le medaglie che Vicenza decretò
ai superstiti della sua difesa, il prof. Annibale Tenneroni disse a loro
parole di lode, evocando i ricordi del valore italiano e dei combattenti

di Todi sotto le mura della città eroica, con vivissimo sentimento di pa-

tria e con affetto di concittadino. In quella difesa audacissima mori Pom-
peo Danzetta di Perugia e due tudertini furono feriti. Al discorso del T.,
pubblicato in ricordo della patriottica festa (Todi, Foglietti, 1898; in 8,
pp. 24), fa seguito — ed è documento storico di singolar valore — l’e-
lenco dei Todini che parteciparono alla campagna del '48: la piccola ma
valorosa città dié a questa campagna il contributo ammirevole di 76 vo-
lontari!

Allo stesso anno si riferisce il racconto di Filottete Corbucci de
La cacciata dei Gesuiti da Città di Castello, corredato di note e docu-
menti dall’ avv. Vittorio Corbucci (Roma, Tip. Agostiniana, 1898; in 8,
pp. 51). Giovi segnalare i documenti: Copia d’ uno scritto anonimo di-
retto ai Tifernati da Perugia; 13 dicembre 1846: — Memoriale di 150
Tifernati alla Magistratura cittadina; 1846: — Lettera di Filottete Cor- È
bucci al concittadino Lorenzo Scarafoni ; 20 novembre 1846: — Relazione
della cacciata dei Gesuiti, avvenuta in C. di C. la notte del 12 marzo 1848.

Nel fase. 2°, a. I, del Bwllettino storico pistoiese (Pistoia, 1899; pag. 43
e sg. e 49) A. Chiappelli ed A. Chiti dicono della tavola che fu allogata
al Verrocchio ed oggi esiste nella cappella Pappagalli della Cattedrale
di Pistoia. Altri l'aveva creduta di Lorenzo di Credi. Ma perchè il Pe-
rugino « stette assai, come discepolo, nella bottega del Verrocchio », e
perchè « alcuni motivi del dipinto sentono assai dello stile peruginesco »,
sarà lecito il supporre che in quella tavola « avesse la sua parte » an-
che il Vannucci ?

Il Grisar ha intrapresa l’edizione della sua splendida opera Geschi- i
chte Roms und der Piipste im Mittelalter (Freiburg in Breisgau, Herder, i
1898), con la quale opera si collega quella del Pastor. Il Grisar comin- Ì
cia dal periodo goto e prosegue fino al secolo XV, quando il Pastor prende
le sue mosse. La nostra regione umbra riceve da questo lavoro monu-

HB
=

mentale una particolare luce; diciamo lavoro monumentale in doppio
modo; perchè condotto unicamente sopra monumenti antichi e documenti
ANALECTA UMBRA 803

autentici e coevi coordinati in modo mirabile, e per l’importanza arti-
stica, essendo l’ edizione straordinariamente ricca di riproduzioni grafiche
di grande precisione e pregio. L’opera del Grisar corrisponde perfetta-
mente al progresso degli studi topografici, filologici e storici, con un ap-
parato di erudizione vastissima e a proposito, ed è rivestita di una forma
vivace e spigliata che la rende accettissima.

Dell’ opera, splendidamente illustrata, su L’Arte a Città di Castello
del nostro Socio G. Magherini- Graziani, intorno alla quale scrisse in
questo Bollettino (V, 190 e sgg.) il prof. Egidio Calzini, questi trattò in
distinti articoli, corredati d’illustrazioni, nell' co di Urbino (a. II, num. 8:
L'arte a Città di C.), nella Rassegna bibliografica dell’ arte italiana
(a. II, num. 3-4, pag. 70 e sgg.), e nella Rivista d’ Italia (15 febbraio
1899: Estr. in 8, di pp. 31). Qui, anzichè un articolo bibliografico, il
Calzini pubblicò una vera monografia su L’ arte umbra nel Rinascimento,
rilevandone i pregi sommi e le gentilezze squisite, e dichiarando che il
Magherini non poteva innalzare alla sua patria adottiva un migliore e
più durevole monumento.

Nella Miscellanea che costituisce l’ appendice al vol. I de Gli Ar-
chivi della storia d' Italia (Rocca S. Casciano, 1899; in 8, pp. 420) G.
Mazzatinti ha inserita un’antica cronaca: Gesta Eugubinorum ab aedi-
ficatione civitatis ad a. MCCC Greffolini Valeriani. La conobbe il Sarti
e se ne giovò per l’opera De episcopis eugubinis; ma non ne conosce-
ramo integralmente il testo così monco e malconcio come un notaio del
sec. XIV ce lo ha tramandato, copiandone di su l' originale la parte leg-
gibile. Singolarmente notevoli le notizie degli antichi vescovi eugubini,
del passaggio di Carlo Magno per la città, dell’ accoglienza cortese che
v'ebbe, e degli antichi castelli de’ quali Ottone I investì « aliqui nobi-
les », de’ primi crociati, della venuta di Federico I di Svevia, e tant'al-
tri particolari storici della Republica eugubina.

La prima parte di uno studio letterario su Le opere di fra Simone
da Cascia attribuite al Cavalca ha pubblicato il socio Adolfo Morini (Pe-
rugia, 1899; in 8, pp. 46) coll’intendimento di dar quanto prima in luce
la seconda. Ora ha trattato della Cronica di S. Caterina di Pisa e dei
cronisti e bibliografi che al Cavalca dierono scritti non suoi: degli argo-
menti in favore di fra Simone tratterà in seguito e dei codici delle opere
in disputa.

Negli Atti dell’Accademia Properziana del Subasio (maggio, 1899) è

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804 \ ANALECTA UMBRA

apparsa una memoria del can. G. Elisei a illustrazione delle allegorie

scolpite nella facciata di S. Silvestro in Bevagna. Giovi ricordare che di
questa chiesa fu architetto « magister Binellus », e che l' iscrizione nello.
stipite sinistro della porta ha, oltre a quel nome, l’anno 1195. Ma non
diremo che questo sia un modello d’ illustrazione critica, ché non è le-
cito ammetter nell’architetto o nello scultore la cultura biblica o patri-
stica che l’ Elisei vede riflessa in quell'opera d'arte. Nè le interpetra-
zioni de’ simboli son nuove; nè tutte, forse, son giuste.

Della Ritirata di Garibaldi da Roma nel 1849 ha tessuta la narra-
zione il prof. R. Belluzzi, dopo aver percorsa la stessa via e raccolti
sull’avvenimento documenti inediti e rari. Dal cap. III all’ VIII è de-
scritto il fortunoso viaggio per l' Umbria da Poggio Mirteto a Terni, a
Todi, ad Orvieto, a Ficulle e a Cetona, dal 3 al 18 luglio. Parecchi
umbri appaiono nella « Lista nominativa degli individui appartenenti
alla banda Garibaldi, fatti prigionieri dall'I. R. Brig. Oreste », compi-
lata per ordine del governo austriaco e qui pubblicata nell’ Appendice I.
Questo vol. è il decimo della Biblioteca storica del Risorgimento italiano
(Roma, Società editrice Dante Alighieri, 1899).

Per la storia dell’antico Ducato di Spoleto è da consultarsi il dotto
studio di H. Hubert nella Revue historique, XXIV (a. 1899), intitolato
Etude sur la formation des Etats de U Liglise. Il Ducato con l’ esarcato
di Ravenna ed altre terre fu da Pipino promesso al pontefice nell’aprile
del 754, e precisamente nell'assemblea di Quierzy: quanto qui fu deli-
berato venne confermato in parte coli’ atto di donazione del 7506.

Il prof. L. Zdekauer inserì in un volume edito in onore del pro-
fessor Francesco Schupfer (Torino, Bocca, 1898: Estr. in 8, di pp. 15)
una nota Sugli Statuti del Monte Amiata, giustamente notando che
una seria difficoltà si oppone a chi si proponga di studiar la genesi
politica de’ Comuni del Monte Amiata, per ciò « che, per la stessa loro
ubicazione, alcuni di essi parteciparono maggiormente alla vita pubblica
orvietana e viterbese, altri alla vita senese; taluno parte a quella, parte
‘a quest' altra ». Per agevolar questo studio il prof. Z. dié l'indice e il
regesto di molti documenti della Badia di S. Salvatore, che assai gio-
vano a determinare lo svolgersi di quei Comuni. Notiamo: Patti tra il
Comune di Castel di Badia -ed Orvieto; 26 settembre 1212: —- Gli uo-
mini dello stesso Castello elessero per Podestà Raniero di Stefano da
Orvieto nel 1936; e perchè Ja elezione era avvenuta senza l’ assenso
dell’ Abate e del Monastero, fu giudicata nulla: — L’ Abate di S. Sal-
xx MEE ont

ANALECTA UMBRA 805

vatore protesta innanzi ai Consoli d’ Orvieto contro gli uomini di Ca-
stello che avevano fatto Statuti « contra libertatem Ecclesiae » ; 16 ot-
tobre 1294. — Per l'influenza della vita Orvietana sul comune di
Montepulciano è da vedere lo studio di I. Scimoncelli Inforno agli Sta-
tuti di Montepulciano nel sec. XIV nel Bollettino senese di storia patria,
fasc. 3 del 1898.

Asterio Agostinucci continua le fruttuose ricerche intorno alla storia
delle nobili famiglie eugubine, e ne dà ora un altro saggio (per i Cenni
storici sulla fam. della Torre cfr. questo Boll., a. V, Fasc. I) a illu-
strazione di quella de’ marchesi Benveduti (Foligno, Campitelli, 1899;
di pp. 23). La genealogia comincia così: da Benveduto discendono Fi-
lippo ed Amato; da questi discende Giobbolo; da Giobbolo un altro
Benveduto, che fu padre di Ranuzio e Bencivenne. Con essi due figli
siamo ai primi anni del secolo XIV, al periodo d'onde si può, a rico-
stituir l’albero con precisione storica, procedere coll’appoggio dei docu-
menti. Il primo periodo della genealogia dal 1934 è tutt'altro che si-
curo, almeno così come l'ha ricostituito 1’ Agostinucci, A prendere le
mosse giovó a lui un estratto da un doeumento del 1231, che l'Armanni
lesse nell' Archivio di S. Pietro; un tale vendette un pezzo di terra di
cui son determinati i confinanti cosi: « a primo [latere] Benvedus Ugu-
lineli, a secundo [latere] heredes Joboli Amatae ». Un altro documento
del 1234 ci offre il nome di « Philippus magistri Benvenuti testis ». E
l'Agostinueci ragiona e scrive cosi: « dal capostipite Benveduto deriva-
rono Filippo ed Amato; da questi naeque Giobbolo ». Ma Benveduto é
figlio di Ugolinello, e quindi non può dirsi capostipite: inoltre, basti
leggere e comprendere le poche linee del documento del 1231 per con-
vincersi che gli eredi di Giobbolo di Amata (salviamo il sesso!) erano i
confinanti con quel terreno e non discendenti di uu figlio di Ugolinello.
Ma un Giobbolo deve realmente far parte della genealogia, e appunto
quello che é ricordato in un documento del 1298 ed é padre di un Ben-
veduto: cosi, ma non con assoluta certezza, puó correggersi l' errore, nel
quale l'A. incorse per aver troppo tardi conosciuto questo documento
dello stesso Archivio di S. Pietro. Della nobil famiglia è ritessuta la
Storia dal secolo XIV in poi con discernimento e con prove di fatto;
e son messi in rilievo il pregio e la virtù di tanti che fino ad oggi la
eostituirono e le reearono onore.

Ad Angelo Maria Ricci son decretate degne onoranze per l'ottobre
dell'anno prossimo da un Comitato costituitosi in Rieti: di lui, intanto,
e delle opere sue hanno scritto Angelo Sacchetti Sassetti (Rieti, Trinchi,

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80557 ANALECTA UMBRA

1898; in.8, pp. 276) e G. B. Ficorilli (Città di Castello, Lapi, 1899; in 8,
pp. VIII-211). Nato nel castello di Mopolino nel settembre del 1776, il
Ricci studiò nel collegio Nazzareno di Roma: fu Arcade prima d’ uscir
dal collegio e, poeta giovanissimo e forbito dicitore in latino, scrisse
versi e recitò orazioni; dal 1806, vivendo a Napoli, cantó le gesta di
Napoleone in cantiche ed inni alla maniera del Monti; professore d'elo-

quenza in quell’ Università, serisse i due libri della « Volgare elo-

quenza » e tessé lodi a Gioachino Murat che n'aveva.in gran pregio
lingegno e l’arte del poetare. Poi rese omaggi con poesie e con un
poema al Borbone e alla santa Alleanza; finché nel 1817 da Napoli
tornò in patria, dove scrisse poemi, elegie, ecloghe, traduzioni e prose.
Mori il 4 aprile del 50. Su l'opera del Comitato vedi Vita Sabina, a. I
num. 5 (Rieti, 1° giugno 1899).

a)

David Kaufmann nello studio su Manuello et le Dante (in Revue
des études juives, vol. 31, num. 24) combatte l'opinione del Kraus, il
quale erede che Manuello non fu amico di Dante. Della propria opi-
nione il Kaufmann trova la conferma nel sonetto di Bosone da Gubbio
a Manuello per la morte del divino Poeta. E dalla corrispondenza poe-
tica di Bosone con l'ebreo e con Cino da Pistoia appare che l'amicizia
tra Manuello e Dante era notoria.

Di Pergola e dei suoi dintorni ha cominciato a pubblicar la storia
Luigi Nicoletti (Pergola, Gasperini, 1899; in 4). Ne sarà qui dato ampio
conto, per ciò che la Storia di Pergola è intimamente congiunta a quella
dell’ Umbria e, in ispecial modo, di Gubbio. Dicasi intanto che per la
ricchezza dei documenti e la serietà critica è questa un modello vero di
storia municipale.

I nuovi Studi storici e filologici dell’ avv. G. Fregni sopra La regina
di tutte le iscrizioni etrusche, quella ch'é nella torre di 3. Manno presso
Perugia (Modena, Namias, 1899; in 8, di pp. 53, con una tavola), mi
fanno ricordare il sonetto del Cammelli a proposito di Carlo VIII, il quale
« come un can che va lontano Mordendo questo e quel, passò via netto ».
Il Fregni oltre passa con ardimento nuovo e addenta « tutti gli storici
e gli antiquari più illustri d’Italia, di Francia, di Germania e d’ Eu-
ropa » che su codesta iscrizione scrissero « volumi di parole » onorati
di « elogi sempre venduti e bugiardi » : essi sono « illusionisti filosofi e
confusionari di grido » e autori di « fine imposture »: tutto sommato,
« non intesero una parola sola di questa iscrizione e dissero cose contro

il buon senso, co:tro le tradizioni e la storia ». Il sistema d' interpreta-
ANALECTA UMBRA : 801

zione del F. è quello da lui applicato per le Tavole eugubine: la più
sottile analisi di ogni parola. E ogni parola per lui è spesso « non nuova,
delle più belle, delle più importanti » ; ovvero « non è una parola sola,
qma sono due parole, ma due parole unite in un sol concetto, contratte
e ristrette » ; ovvero « una parola nostra, latina, antica, antichissima,
sempre in uso moderna ». La iscrizione esprime (per le « teste di dotti
senza buon senso » ben altro. esprimeva) « una festa d' augurio annuale,
solenne, un ricordo della Cena degli aruspici, degli auguri, di quei fa-
mosi filosofi, indovini, meteoristi, astrologhi, sempre in onore, sempre
moderni » ecc.: consuetudine della Cena, questa, cui illustró, nientemeno,
Leonardo da Vinci « l'illustre pittore Toscano, d'origine, etrusco, no-
Stro, ma nostro, dell'Arno, non di un popolo forestiero all' Italia, non un
resto dei barbari di Radagasio e di Narsete o dell'India, come hanno
fino qui creduto i dotti, in omaggio alle antiche tradizioni »! Tutta
questa roba è detta in periodi di mole incredibile: uno, a pag. 7-9, è
di 70 linee; di 52 un altro a pag. 37 e sg.; di 54 un terzo a pag. 49-51,
miscela deliziosissima di mostacciuoli, di paste dolci, di vini, di ministri,
di deputati, di leggi agricole e di brindisi alla salute di principi e so-
vrani.

In questo Bollettino (V, 179 e sg.) fu fatta menzione di pitture in
S. Francesco di Sulmona, attribuite dal De Matheis a Pietro Perugino,
e dei dubbi di Emilio Bertaux su la patria di Andrea pittore e su la sua
provenienza dalla scuola umbra. L. G. de Simone toglie di mezzo tali
dubbi con un articolo. Intorno a maestro Andrea pittore nativo di Lecce
in terra d'Otranto e non di Lecce de’ Marsi in Abruzzo, inserito nella
T; pag. 52 e sgg.). Un atto del 2 ot-
tobre 1450, col quale i procuratori del convento di S. Francesco e « ma-

Rassegna abruzzese (a. IIT, num.

gister Andreas pictor de Lictio » determinarono la qualità e il prezzo di
quelle pitture, dimostra come queste non possono attribuirsi al Perugino,
che, come ognun sa, era nato nel 1446. Né meno chiaramente il De Si-
mone dimostra che le congetture e le asserzioni del Bertaux sull'affinità
tra gli affreschi del duomo d’Atri e le pitture di Nicolò di Liberatore,
sulle relazioni tra i pittori aquilani e gli umbri e più particolarmente i
perugini, e sul diffondersi della maniera umbra dell’ Aquilano nel Tera-
mano per mezzo di artisti aquilani, non hanno serio fondamento: sono
anzi — egli dichiara — « affermazioni vaghe e nulla più », messe in-
nanzi per la « necessità di tentare la dimostrazione di una tesi presta-
bilita ».

Nel volume splendido di Marcel Reymond, La sculpture Florentine ;

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808 ANALECTA UMBRA

seconde moitié du XV siècle (Florence, Alinari, 1899; in 4, pp. 250), sono
riprodotti e studiati vari monumenti che ammiransi nell’ Umbria: la ta-
vola di Andrea della Robbia in s. Maria degli Angeli in Assisi (pag. 154),
la sua Assunzione ch'è nel Museo di Città di Castello, e la facciata di
s. Bernardino in Perugia, maravigliosa opera d’ Agostino di Duccio (pa-
gina 55 e sgg.).

Sugli Storici di s.. Francesco lesse in Roma una dotta conferenza il
nostro socio mons. M. Faloci-Pulignani (Foligno, 1899; in 8, pp. 64).
Ne riproduciamo, perché gli studiosi abbiano un concetto ben determi-
nato dell'eruditissima lettura, il sommario: 1, I quattro documenti pri-
mitivi — 2, Fra Tommaso da Celano — 3, Idoneità sua — 4, Scrive
per ordine di Gregorio IX — 5, Valore della sanzione papale — 6, Gre-
gorio IX e s. Francesco — 7, Grande loro amicizia — 8, Importanza.
della prima Leggenda -- 9, Leggenda dei Tre Compagni — 10, Seconda
Leggenda di Fra Tommaso — 11, Concordanza tra la prima e la se-
conda Leggenda — 12, Gli Spirituali e i Rilassati — 13, Stima che fa-
cevano di Fra Tommaso gli Spirituali — 14, Alessandro IV ordina a
Fra Tommaso la Vita di s. Chiara — 15, Valore grande degli scritti
del Celanense — 16, La Leggenda di s. Bonaventura — 17, Valore del
decreto del Capitolo di Parigi del 1266 che la riguarda — 18, Diffusione
di questa Leggenda — 19, Suoi pregi — 20, Futilità delle accuse —
21, s. Bonaventura e Fra Leone — 22, s. Bonaventura e s. Chiara —
23, s. Bonaventura e i miracoli di s. Francesco — 24, Conclusione —
25, Riassunto sulle quattro Leggende — 26, Giovanni da Ceprano
27, Fra Giuliano da Spira — 28, Fra Leone e i suoi scritti supposti —
29, Fra Crescenzio da Jesi — 30, Fra Salimbene da Parma — 81, Fra Ber-
nardo da Bessa — 32, I cronisti del sec. XIII — 233, Inutilità dei do-
cumenti posteriori — 34, Falsi criteri della nuova critica — 35, Aber-
razioni passeggere — 36, Storia e leggenda — 237, Slealtà di alcuni
scrittori — 38, Dante e s. Bonaventura.

Per la storia dello svolgimento artistico delle rappresentazioni della
Vergine, che il prof. Adolfo Venturi ha narrata nel magnifico volume
La Madonna, di recente edito suutuosamente dall’ Hoepli (Milano, 1900 ;
in 4, pp. TX -442, con 5 stampe in fotocalcografia e 516 in fototipografia),
molte splendide opere d'arte della nostra regione hanno avuta illustra-
zione e riproduzione degnissime. Giovi indicarle. La Vergine col bam-
bino in S. Francesco d' Assisi, attribuita al Cavallini (pag. 22): la Ver-
gine col bambino del Pinturicchio, nella Galleria Nazionale di Londra
(tavola fuori testo): — testa di Vergine, particolare di un quadro nella
: Li Lg. c Ri ed è Lia ole "s. 2" Pig
ANALECTA UMBRA 809
Galleria degli Uffizi, di Pietro Perugino (pag. 64): — quattro scene
della Natività rappresentate da Ottaviano di Martino di Nello nel pa-
lazzo Trinci in Foligno (pag. 96 e sg.): -— due scene dello sposalizio
della Vergine del med. nello stesso palazzo (pag. 131): — 1’ Annuncia-

zione, bassorilievo del sec. XIV nella facciata della Cattedrale di Orvieto
(pag. 161): lo stesso soggetto, del beato Angelico, di Piero della Fran-
eesca e di Benedetto Bonfigli nella Pinacoteca Vannucci di Perugia
(pag. 168): lo stesso soggetto, del Perugino, in S. Francesco a Monte-
falco (pag. 182 e sg.) e nella Galleria Torlonia nella villa Albani (pa-
gina 185): — la Visitazione a S. Elisabetta, affresco di Giotto, in
S. Francesco di Assisi (pag. 203): — il bassorilievo nella facciata del
Duomo di Orvietò (pag. 202): — il Natale rappresentato da uno della
scuola di Cimabue in S. Francesco d’Assisi (pag. 225): — nel bassori-
lievo della facciata del Duomo d'Orvieto (pag. 235): — nell’affresco di
Giotto della basilica d'Assisi (pag. 256): — da Ottaviano di Martino
di Nello nel palazzo Trinci in Foligno (pag. 239): — dal Perugino
nella tavola della Pinacoteca Vannucci (pag. 247): — nel polittico nella
villa Albani di Roma (pag. 249): — l’adorazione dei Magi nel basso-
rilievo della facciata del Duomo d'Orvieto (pag. 271): — nell’ affresco
di Taddeo Gaddi nella basilica d'Assisi (pag. 275): — la purificazione
nell’affresco di Giotto della stessa chiesa (pag. 291): — nel rilievo del
Duomo di Orvieto (pag. 294): — nell'affresco del Nelli nel palazzo
"Trinei (ivi): — la fuga in Egitto nell'affresco di Giotto in Assisi (pa-
gina 307 e sg., e nella facciata della cattedrale d'Orvieto (pag. 309):
— la disputa nel tempio nell'opera giottesca della chiesa d’ Assisi (pa-
gina 320): — la crocefissione nell’ affresco del Perugino in S. Madda-
lena de’ Pazzi in Firenze (pag. 325), di Giotto in S. Francesco d'Assisi
(pag. 333), nelle tavole del Perugino nella villa Albani e nella Galleria
antica e moderna di Firenze (pag. 350 e sg.), nell’ affresco del Caval-
lini in S. Francesco d'Assisi (pag. 357): — la Pietà nell' affresco, attri-
buito a Giotto, nella stessa chiesa nell'opera del Signorelli in S. Croce
di Umbertide (pag. 369), del Perugino nella Galleria antica e moderna
di Firenze (pag. 371) e nella Galleria Pitti (pag. 312): — l'assunzione :
in cinque scene del Nelli nel palazzo Trinci di Foligno (pag. 422 e sgg.):
— la Vergine in S. Maria Nuova di Gubbio del medesimo (pag. 424):
— l'affresco di Lippo Lippi nella cattedrale di Spoleto (pag. 430): —
la tavola di Domenico Ghirlandaio nel palazzo Comunale di Narni
(pag. 431); — l’affresco in S. Maria del Popolo del Pinturicchio (pa-
gina 494) e la sua tavola della Galleria Vaticana (pag. 487).

Basti per ora l'annunzio del primo volume dell'opera vasta di Max

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810 ANALECTA UMBRA

Gg. Zimmermann Giotto und die Kunst Italiens im Mittelalter ; Leipzig,

Seemann, 1899; in 8, pp. 417 con 147, fototipie. Questo primo vol. (ha

il sottotitolo di Voraussetzung und erste Entwickelung von Giottos Kunst)

comprende la storia dell'arte anteriore a Giotto, l'opera di Cimabue e i

suoi affreschi della basilica di Assisi (pag. 209 e sgg.), uu capitolo su
S. Francesco e l'arte romanica (pag. 224 e sgg.), e la trattazione della.

opera grande di Giotto in Assisi (particolarmente a pag. 330 e sgg.).
Dicasi ehe delle 147 riproduzioni fototipiche le più rappresentano gli af-
freschi del tempio d’Assisi.

Memorie perugine: S. Francesco del. prato — La bara delle po-
vere — Una laude della Madonna — La leggenda napoleonica (Roma,
Pustet, 1899). Il prof. Umberto Benigni, proseguendo la sua Miscellanea
(V) ci dà varie memorie perugine che riassumiamo. Parlando del San
Francesco al prato, delle sue origini (1230?), del valore speciale che
ha per la storia comunale e religiosa di Perugia, della sua ricostruzione
e del campanile, riproduce l'iscrizione della celebre campana detta
« La viola » fusa nel 1342 dai noti fonditori maestro Angelo da Orvieto
e figli, Niccola e Giovanni. La bara delle povere, già del monastero
delle Servite in Perugia, è quella che attualmente si vede nella Pina-
coteca comunale, con le testate dipinte da un valente pittore della
scuola umbra, di cui ignorasi il nome, nel 1576. La /aude della Ma-
donna avuta dal Benigni da una vecchietta, antica reclusa, comincia
eosl:

Salve regina,
rosa senza spina,
giglio d? amore;
fatemi grazia
ch! io non muo'a peccatore ;
peccatore e peccalmente
ch'io non muoia malamente. .

Finalmente, si ferma sulla leggenda napoleonica in Perugia della
fiera giustizia e della grazia, che prende la forma di una continuazione
della leggenda sistina, di quel Sisto V di cui si parla tanto presso. il
popolo nostro: del ritorno del cane del soldato; e due aneddoti, vere
leggende non istoriche, personali di Napoleone, a spiegare il diverso co-
lore dato alle uniformi; rosso ai soldati francesi, bianco agli italiani,
azzurro ai tedeschi, perchè nei primi non si vedessero le traccie del
sangue, che li avvilisce; nei secondi la vista del proprio sangue li esal-
tasse ; i terzi, freddi e resistenti a piè fermo, erano bene adatti al
freddo color turchino che rispondeva all'azzurro calmo dei loro occhi.
« L'altra leggenda che ho sentito ripetutamente narrare in Perugia dai
; si e "i x 5 dt t ped @ Pag à
ANALECTA UMBRA © 811

vecchi (fra gli altri dal mio nonno) si riferisce ad un tratto saliente
della prigionia di Pio VII; il vero o preteso schiaffo datogli da Napo-
leone, schiaffo che, almeno allora tra le masse popolari, fermamente
credettesi per avvenuto. Dicevasi adunque che un giorno il Pontefice
avesse mostrato a Napoleone tre bottiglie: una piena di vino (rosso),
una piena di acqua ed una vuota, invitandolo ad interpretare il sim-
bolo. Non sapendolo questi spiegare, Pio VII gli disse: la bottiglia
piena di vino indica la terra che tu hai riempita del sangue di tanti
soldati; la bottiglia d’acqua esprime la terra che tu hai ripiena delle
lacrime di tante desolate famiglie; la terza bottiglia mostra il bene che
tu hai fatto. Allora Napoleone, accecato dall’ ira, diè il famoso schiaffo.
Così la leggenda, cui non manca un'altezza di concetto, che fa rammen-
tare le tre parole fatidiche del biblico monito di Baldassarre ».

Il nostro egregio socio prof. Fabio Gori ha finito di stampare in 4
be’ volumi la Storia di Rieti di Michele Michaeli, opera insigne che onora
assai l'autore, il Municipio e lo stesso Gori, nonché lo stabilimento Trin-
chi di Rieti che l’ha stampata con nitidezza, correttezza ed eleganza di
tipi e di carta. Dall’ origine va al 1560. Il Micheli (n. 1826-1888) scrisse
questa storia con largo corredo di studî e di critica, con semplicità e
precisione. La storia di Rieti è collegata intimamente con la storia an-
tica, medievale e moderna della nazione. Lasciando stare gli Aborigeni,
gli abitanti di Palatina, città dell’ Agro Reatino, la cui posizione è stata
dal Gori accertata presso il Monte Sabino, popolarono il colle palatino
di Roma. Ai Reatini si deve la spedizione di C'ure, dalla quale metropoli
provenne il nome di Quirino preso dai Romani. Il console Lucio Mannio
che dona le decime al dio Sanco per le spoglie della vinta Grecia; l'al-
tro console Manio Curio Dentato che fa l’ emissario del lago Velino, vi-
sitato poi da Cicerone; gli imperatori romani della famiglia reatina
de’ Flavii e tante altre memorie spettano alla storia antica di Roma e
di Rieti. Il Gori ha rifatta con nuove osservazioni la raccolta delle iscri-
zioni antiche di Rieti, della Sabina e del Cicolano. Tra le iscrizioni ine-
dite ne ha scoperta una arcaica a Cantalice (I, 173)

Nel medioevo quasi tutto ciò che sappiamo del ducato Longobardo

di Spoleto appartiene all’ antico gastaldato e comitato Reatino. Ea que-

sto comitato che apparteneva il grande monastero di Farfa. Si pubbli-
cano documenti nuovi; gli editi si correggono.

Si pubblica la bolla di Lucio III (1182) di cui il Jaffè solo dice che
l'originale (rubato all’ archivio vescovile di Rieti) è a Parigi.

Notizie interessanti su i condottieri più celebri che occuparono la
Sabina e 1’ Umbria, incominciando dal card. Vitelleschi, a Braccio, allo
812 ANALECTA UMBRA

Sforza e al Piccinino. Particolari ignoti sulle geste dei francesi alla ca-
lata di Carlo VIII, all' invasione di Luigi XII e alle guerre di Paolo IV.
È un peccato che questa storia così interessante termini al 1560 e non
parli della invasione de’ tedeschi e degli spagnuoli e de’ francesi nelle
guerre di successione di Polonia e d’ Austria e nelle guerre dell’ era na-
poleonica e di indipendenza. Il prof. Gori, che ha raccolto molti docu-
menti degli archivî di Rieti, potrebbe riempire il vuoto e dare il compi-
mento ad un’opera, in cui molta parte ha già l’opera sua di erudito

raccoglitore e critico acuto.

G. MAZZATINTI.
AGOSTINO, don, miniatore, 177.

ALBORNOZ, card. Sottomessione
dell’ Umbria, 165 e sg.

AMULETI umbri, 177.

ANDREOLI maestro Giorgio, 171
Sg., 175, 451.

ANSIDEI V., La pace del 6 lu-
glio 1498 fra il Duca d' Urbino
e il Comune di Perugia, 741 e
sgg. — I Codici delle Sommis-
sioni a Perugia, 427 e sgg.

ANTIQUARI GrACOMO, '94.

— NICCOLA, ivi.

ANTONIO frate, da Rieti, 450.

ASSrISI.Accademia, 451. — Opere
di Giotto in, 810.

Azzi (Degli) G., L'Archivio del
Sodalizio di S. Martino di Pe-

rugia, 641 e sgg.

BAGLIONI ASTORRE, 682.
-- Braccio, 722.

— Famiglia, 722 e sg.
BALDO da Perugia, 450.

BARBIANO (Da) ALBERICO. Rap-
porti con Perugia, 787 e sgg.

BARTOLOMEO da Castel della
Pieve, 450.

BELLUCCI A., I Palazzi della
Comunità di Perugia, 193 e sgg.

BENVEDUTI, famiglia, 805.

BEVAGNA. Chiesa di s. Silvestro,
804.

BOCCARDINI, miniatori, 106 e
sg.

BoNTEMPI Nicoróo. Ricordi, 687.

Bosone da Gubbio, 173, 450, 806.

CALZINI E., Recens. de « L'Arte
a Città di Castello », 190 e sg
803.

CANTI popolari umbri, 177.

o
ot)

CARDANETI Onazio. Lettere a
P. Angeli da Barga, 781 e sgg.
CASCIA. Biblioteca, 452. — Chie-
sa di s. Maria della neve, 799.
— Frate Simone da, 803.
Ceci G., Goti, Greci e Lango-
bardi a Todi, 47 e sgg.
CHIUSI: 167.

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Meo". RIME e ‘0 0 SR ct Me neo JE OU

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816 TAVOLA DE' NOMI DI PERSONE E DI LUOGHI

CITTÀ DI CASTELLO, 170. —

Edizioni Castellane, 455. — I
Gesuiti in, 802. — L'arte in,
803.

DANDINI card., 682.
DERUTA. Maioliche, 176.

FILARETE F., 800.

FILIPPINI F., 165.

FiLIPPO frate, miniatore, 176.

FRANCESCO S. d'Assisi, 808.

Fumi L., Eretici e ribelli nell’Um-
bria, 1 e sgg., 205.e sgg. — I
registri del Ducato di Spoleto,
127esgg. — La canapata, 445.
— Analecta, 447. — La Lega-
zione del card. Ippolito de' Me-
dici nell'Umbria, 471 e sgg. —
Una nuova cronaca di Perugia,
681 e sgg.

GATTI ANGELO, 497.

GIANNANTONI L., Alberico da
Barbiano e suoi rapporti con Pe-
rugia, (87 e sgg. — I Codici
delle Sommissioni a Perugia,
421 e sgg.

GIOVANNI di ser Buccio da Spo-
leto, 168.

GIovANNI FRANC., miniatore,
176.

GIOVANNI da Imola, miniatore,
177.

GIOVANNI da Montepulciano,
miniatore, 177.

GIOVANNI ORVIETANO, pittore,
158.

G onr F. Storia di Rieti, 811.

GREFFOLINO di Valeriano. Cro-
naea di Gubbio, 803.

GREGORIO Tifernate, 454 e sg.

GRISAR p., 809.

GUALTERIO A. F., 449.

GuBBIO. Raccolta di quadri della
fam. Benamati, 176. — Minia-
tori nel convento di s. Pietro,
176 e sg. — I Ceri, 179. — Cro-
naca, 808.

GUIDALOTTIALBERTO, 452 e sg.

LAUDE umbre, 174 e sg.
LiTTI, miniatore, 176.

MANCINI GIULIO, 457,

MANZONI L., La Madonna degli
Ansidei, 627 e sgg.

MATTEOLO medico, 450.

MaTTIOLI MarrIOLO. Lettore di
medicina a Padova nel sec. XV,
T(9 e segg.

MAZZATINTI G., Analecta, 165
e sgg., 441 e sgg., T97 e Sgg.
— Recens. de « L’ Amatore di
maioliche » del De Mauri, 185
e sgg. — Cronaca di Gubbio,
805.

MAURI Franc., La Francesciade,
171.

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TAVOLA DE’ NOMI DI PERSONE E DI LUOGHI - 817

MERKEL C., Necrologia, 467 e
sgg.

MICHAELI M., Storia di Rieti,
811.

MIRANDOLA. Podestà umbri del
Ducato della, 166.

MOoRRONI Tommaso, 169.

MoscoLi NERIO, 173.

MuRATORI L. A. Corrispondenti
umbri con, 167.

4

NELLI OTTAVIANO, pittore, 450 e

sg., (91 e sgg.

ODERISI, miniatore, 168.

OrviIETO, cattedrale di, 178 e
Sg. — Archivi, 180. — Comune
di, 804.

PALMESI V., Ignazio Danti, 81
e sgg.

PERGOLA. Storia di, 806.

PERUGIA, 170 e sg. — Maioli-
che, 176. — Artisti Toscani in, .
179. — ‘Archivio dell’ Univer-
sità, 447. — (Cronaca inedita,
449. — Ratio Camerae aposto-
licae, 1488-92, 450. — Studi su
le iscrizioni etrusche, 452, 806.
— Cronaca, 681. — Documenti
storici, (11. — Pace con U rbino,
741 e sgg. — Codice diploma-
tico, 763 e sgg. — Rapporti con
Alberico da Barbiano, 787 e sgg.

— I Palazzi della Comunità, 793
e sgg. — Maestri d'invetriate,
(99. — Memorie, 810.
PINTURICCHIO, 178.
POMETTI F. Recens. della Storia
di Civitavecchia di C. Calisse,
459 e sgg.
PONTANO T., 800 e sg.
PROPERZIO SESTO, 181 e sg.

RANIERO da Perugia, 453.

REYMOND M.,-807 e sg.

Ricci A. M., 805 e sg.

RIETI. Scoperte archeologiche in,
801. — Storia, 811.

SACRIPANTE G. card., 449.

SALZA A., Mattiolo Mattioli da
Perugia, 775 e sgg. — Due let-
tere di O. Cardaneti a P. Angeli
da Barga, (81 e sgg.

SANZIO RAFFAELLO, 116.

SCALVANTI O., Notizie su due inse-
gnanti di Medicina in Perugia,
439 e sgg. — Statuto della « So-
cietas Germanorum et Gallo-
rum » in Perugia nel sec. XV,
089 e sgg.

SIMONE (frate) da Cascia, 803. .

SINIBALDO da Gubbio, 177.

SPELLO, S. Maria di, 170.

SPOLETO, 458. — Ducato di,
804.

STRAMBOTTI, 174.

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818 TAVOLA DE’ NOMI DI PERSONE E DI LUOGHI

TENNERONI A. Di un Codex di-
plomaticus Perusinus, 763 e sgg.

Topi. Volontari nel 48 di, 802.

TOMMASINI Mattiueci P., Ne-
crologio di C. Merkel, 467 e
sgg.

TOMMASO frate, miniatore, 177.

TORRE (famiglia della), 168.

UMBRIA. Bolle negli Archivi,
174. — Vasellari umbri in Ro-
ma, 175. Artisti in Roma dal
1484 al 1503, 448. — L'arte nel
Rinascimento, 803.

URBINIG., 450.

URBINO. Pace con Perugia, 741
e sgg. — Tesoro della corte di,
800.

VANNUCCI PieTRO, 179, 802, 807.

VENTURI A., La Madonna, 808
e sg.

VERGA E., Documenti di storia
perugina, 717 e sgg.

VIERI UGOLINO, orafo, 178.

VILLA Tiberina, 173.

VITELLI FERRANTE, 449.

Vora T G., 169.

MÀ S SOM S:A4 eB

(4 -
==:
INDICE DEL QUINTO VOLUME

Atti della Regia Deputazione.

Regio decreto, n. 74, che istituisce una Regia Deputazione
sopra gli studi di storia patria per l' Umbria, con sede in
Béerugia 7 4 HAT UT MEER fcrro.

Regio decreto, n. 176, clio erige in corpo nonne la R. De-
putazione e ne approva lo statuto organico . .

Statuto della R. Deputazione . . . SOEUR FERMER REFS

Adunanza del Consiglio tenuta in Perg ugia jd 15 settembre 1598

Memorie.

Eretici e ribelli nell’ Umbria dal 1320 al 1330, studiati
su documenti inediti dell’ Archivio segreto Vaticano
(RSEUMI) Re ae d dus totes v Ragine

Goti, Greci e Langobardi a Todi (a. Qd Qon AS LCS

LenaziozDahti- (V. PALMBSDS4A.U o0 feexe $e loe reae e cte

La Legazione del card. Ippolito de’ Medici nell’ Umbria
(EUM) COS OI e ere Poe lur oe V NOE ea

Statuto della « Societas OA et Gallorum » in Pe-

rugia nel sec. XV. (0. SOALVANTLD. ,- 0. te
Documenti.

I Registri del Ducato di Spoleto; Archivio Segreto Vatic. ;
(Camera Apostolica" (Iu: "BUMI) i... ndr a
La Madonna degli Ansidei (L. MANZONI). . . . . . -. -
Una nuova Cronaca di Perugia (L. FuMI) . . . . . . -.
Documenti di Storia perugina estratti dagli Archivi di Mi-
lano;(E5 VARA) en i dpa. QUI EET
La pace del 6 luglio 1498. fra Guidobaldo I Docs " Urbino
e il Comune di Perugia (V. ANSIDEI) . . . - « ...
Di un Codex Diplomaticus Perusinus nel ms. Vittorio Ema-
qTUtele: 493: CA DBNNERONDS ATE

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820 INDICE DEL QUINTO VOLUME

Inventari e Regesti.

I Codici delle Sommissioni al Comune di Perugia (ANSIDEI V.,
GIANNANTONI L.).- init. D rcs po Op ete it quM rv toS PE

L'Archivio del laicale Sodalizio di s. MEM di Perugia
(CEDDGDIFPAZZI) I IC tue CU ERA (oy 641

Comunicati.

Notizie inedite su due insegnanti di medicina in Perugia

DOlSeC.XV- (SCALVANTI:O i) A n OR 439
Mattiolo Mattioli di Perugia (A. SALZA). . . . Ria 7715
Due lettere di Orazio Cardaneti perugino a Pier Ampel da

DBarga-(A. SALZA) oso UO» '(81
Alberico da Barbiano e suoi rapporti con Penizia (A. GIAN:

NANTONI) tse. woe 187
I Palazzi della Comunità di Peroela nel sec. xin (A. bai

BUCOL a SAI II Cl ee UIS SITI 793

Aneddoti curiosi.

La:Canapata (EE), ia RISE E eir P 445
Analecta umbra (G. MAZZATINTI, L. FU MI): Pagine 165, 441, 797

Recensioni bibliografiche... . . . . . . » 185, 459
Necrologio (Tommasini MaTTIUCCI P.) |... . . .... . . Pag. 461
Periodiei in cambio o in dono. Omaggi di pubblicazioni Pagine 199,478

Tavola dei nomi di persone e di luoghi . . . . . . . . Pag. 815
Indice. del:Volume-V. 2 aan EE OLEO SR LIN (19
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Il 27 del passato Agosto moriva in Orvieto la

N. D. signora AnceLa VALENTINI Fumi madre del-

l'illustre nostro Presidente comm. Luigi Fumi.

| All'uomo egregio cui ci legano vincoli di stima
| affettuosa e reverente sia di qualche conforto nella
tremenda sventura che lo ha colpito con la perdita
dell’adorata sua madre il sapere che tutti i soci
di questa Regia Deputazione prendono la più viva

parte al suo domestico lutto.

La Redazione.

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