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ANNO IX.

FascicoLo I.

BOLLETTINO

DELLA REGIA DEPUTAZIONE
DI

STORIA PATRIA

PER L.'UMBRIA

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VOLUME IX.

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DION. D' ALICARN. Ant. Rom. I, 19.

PERUGIA
UNIONE TIPOGRAFICA COOPERATIVA
(PALAZZO PROVINCIALE)

1903
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III

ATTI DELLA R. DEPUTAZIONE

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ADUNANZA DEL CONSIGLIO
tenuta il 27 marzo 1902

nella sede della R. Deputazione, presso la Biblioteca comunale di Perugia

Sono presenti 1 soci ordinari:

BELLUCCI A. — BELLUCCI G. — BLasr A. — DEGLI AZzZzI-VITEL-
LESCHI G. — Dovnatr G. — Fumi L. — GIANNANTONI L. — GUuARDA-
BASSI F. — MAzzaTINTI G. — SCALVANTI O. — Sensi F. — Som-
DINI G. — ANSIDEI V. Segretario - Economo.

Giustificano la loro assenza i soci ordinari:

Dr CAMPELLO DELLA SPINA P., Presidente — "TrsEmRr L., Vice

Presidente. —- CuTunu1 T. — FaALocI- PULIGNANI M: — MAGHERINI-

GRAZIANI A. — 'TENNERONI A. — TOMMASINI-MATTIUCCI P.

5i approva il verbale dell'adunanza precedente tenuta
in Rieti il 27 settembre 1901,

In ordine alla partecipazione della R. Deputazione al
Congresso storico in Roma, risultando da particolari infor-
mazioni che il Congresso avrà luogo nella primavera del 1902
sotto gli auspici del Ministero della Pubblica Istruzione e
del Municipio di Roma, i convenuti decidono che, nonostante
questa dilazione, debbano pubblicarsi nel prossimo fascicolo
del Bollettino gl indici, alla compilazione dei quali hanno
atteso il comm. Luigi Fumi e il prof. Giuseppe Mazzatinti;
IV

al Congresso si presenteranno gli estratti degl’ indici stessi
in quel numero che sarà fissato dall'ufficio di Presidenza e
dalla Direzione del Bollettino. K

Il Segretario comunica quindi una lettera del prof. Pier
Gaetano Possenti, Presidente del Comitato costituitosi in
Terni per commemorare il XXII centenario della forma-
zione della cascata delle Marmore; in detta lettera s'invita
la R. Deputazione a tenere le sue adunanze in Terni nella
circostanza del centenario, che si celebrerà dal 25 al 28 del
maggio prossimo.

Il Consiglio, pur professandosi riconoscentissimo per il
cortese invito, é dolente di non poterlo accettare, avuto ri-
euardo alla ristrettezza del tempo, alle necessità della ge-
stione amministrativa, e soprattutto alla impossibilità da parte
di quasi tutti i soci d' intervenire a riunioni durante la pri-
mavera ; delibera però il Consiglio, che Terni sia designata
sin d’ora a sede dell’annuale assemblea da tenersi nel Set-
tembre.

INAUGURAZIONE DELLE ADUNANZE
tenute dalla R. Deputazione in Terni

nei giorni 21, 22 e 23 settembre 1902

Alle ore 10,30 del 21 settembre ha luogo nel Politeama
di Terni, presenti le pubbliche Autorità e molti soci della
a. Deputazione e con grande concorso di popolo, la inau-
gurazione delle adunanze della Deputazione stessa.

L'ing. Pier Gaetano Possenti, Presidente del Comitato
ternano per le feste indette a commemorare il centenario della
formazione della cascata delle Marmore, porta il saluto del
Comitato ai membri della Deputazione, notando quanto è
opportuno che a queste feste decretate a ricordo di un
grande avvenimento, che tanta influenza. doveva esercitare V

sulle vicende della industriosa città, si dia termine con il
convegno degli studiosi della storia umbra; annuncia quindi
che i lavori della R. Deputazione saranno inaugurati con
una conferenza del prof. comm. Giuseppe Bellucci « Sui
primi abitatori di Val Ternana » ed esprime con calde pa-
role all’ illustre scienziato tutta l'ammirazione sua e dei suoi
concittadini.

Sorge quindi a parlare il Presidente della R. Deputa-
zione, conte comm. Paolo Campello della Spina, ringra-
ziando anche a nome di tutti i colleghi il Presidente e i
membri del Comitato per le feste Curiane del cortese invito,
che ha permesso ai soci della R. Deputazione Umbra di
Storia Patria di radunarsi in Terni, dove hanno trovato
un' accoglienza tanto benevola; si rivolge poi ai colleghi e,
dopo aver manifestato loro la sua viva compiacenza perchè
numerosi hanno corrisposto all'appello, esprime l augurio
che da queste riunioni traggano sempre maggiore incre-
mento gli studî storici e che per esse ognora più stretti e
cordiali si rendano i vincoli fra i cultori di tali studî e fra
le varie città dell’ Umbria; si dice lietissimo il Presidente
di vedere a questa solenne inaugurazione l'illustre collega
march. Giovanni Eroli e d' inviare a lui a nome dell’ intera
assemblea un reverente saluto. L' unanime, caloroso applauso
che accoglie queste parole del Presidente della Deputazione,
attesta «di quale e quanto affettuoso ossequio sia proseguito
il venerando marchese Eroli, cui la grave età non impedisce
di attendere con giovanile energia a quelle storiche disci-
pline, nelle quali ha saputo tanto degnamente segnalarsi.

Il Presidente termina dando la parola al prof. Giuseppe
Bellucci e dichiarando che questi nel suo discorso avrà
campo di dar nuova prova della profonda sua dottrina.

La conferenza del prof. Giuseppe Bellucci, da lui illu-
strata presentando al numeroso ed eletto uditorio molti ed
interessantissimi materiali preistorici rinvenuti nella regione
ternana ed ora esistenti in parte nella pregevole collezione
x her

VI

del conferenziere ed in parte ne! civico museo di Terni, ot-
tiene il plauso caloroso ed unanime di tutti gl’ intervenuti;
il discorso del prof. Bellucci è pubblicato in questo Bollettino.

ADUNANZE DEL CONSIGLIO
tenute nella sala maggiore del Convitto comunale Umberto I.

gentilmente concessa nei giorni 21 e 22 settembre 1902

Sono presenti i soci:

DI CAMPELLO DELLA SPINA P., Presidente — BrrLLUCCI A. —
3ELLUCCI G. — DeGLI Azzi- VireLLEscHI G. — GIANNANTONI L. —
MAGHERINI-GRAZIANI G. — MazzamiNTI G. — ScALvANTI 0. — Sor-
DINI G. — TENNERONI A. — Tommasini-MATTIUCCI P. — ANSIDRI V., Se-
gretario. “

Giustificano la loro assenza i soci:
CurURI T. — DoxatrI G. — Fumr L. — SENSI F.

Dopo avere approvato i verbali delle precedenti adu-
nanze, i convenuti discutono e deliberano sulle proposte da
presentarsi all'Assemblea generale per le nomine di alcuni
soci delle varie categorie.

Devenendosi poi, in conformità degli articoli 10 e 15
dello Statuto, alla rinnovazione dell’ ufficio di Presidenza per
il triennio 1903-1905, risulta che debbono sottoporsi alla
sanzione sovrana le nomine dei signori :

Comm. LuriGr Fumi a Presidente — Prof. Comm. GrivsEPPE BEL-

LUOCI a Vice Presidente — Dott. Prof. LuIGr GIANNANTONI à Segre-

tario - Economo.

A far parte della Commissione delle pubblicazioni per
il detto triennio, della quale a norma dell'articolo 21 dello STIAGILA: -, een»

VII

Statuto è a capo il Presidente della R. Deputazione, risultano |
eletti i signori:

Dott. VINCENZO ANSIDEI — Prof. Dott. GrusEPPE MAZZATINTI —
Avv. Prof. OscAR SCALVANTI — Prof. Cav. ANNIBALE TENNERONI.

Gli adunati poi, altamente lodando la dotta ed amore-
vole opera prestata nella direzione del Bollettino dai signori
comm. Luigi Fumi e prof. Giuseppe Mazzatinti, decidono che
ad essi rimanga affidata la direzione anche per il futuro
triennio.

ASSEMBLEA GENERALE
dei soci della R. Deputazione di Storia patria per VV Umbria
tenuta nella detta sata il giorno 22 settembre 1902

Sono presenti i soci:

DI CAMPELLO DELLA SPINA P., Presidente — Amicizia G. — ANTO-

NELLI M. — BarTISTI A. S. — BeLLuccI G. — BRIGANTI F. — BRIZI G.
B. — CrecHINI E. — Ceci G. — CeRrRETTI C. — ConTEGIACOMO G. —
DeGLI Azzi-VItELLESCHI G. — FABBRI A. in rappresentanza della Pro-
vincia dell’ Umbria — FALOCI-PULIGNANI M. — FICARELLI F., anche in
rappresentanza del Comune di Collescipoli — FicorILLI G. B. — GeRAL-
DINI B. — GIANNANTONI L. — GIGLIARELLI R. — Gonr F. — LANZI L. —
LUMBROSO A. — MAGHERINI-GRAZIANI G. — MANASSEI P., anche in
rappresentanza della Provincia dell’ Umbria — MARIANI R. — Mazza-
TINTI G. — MORINI A. — NicasI G. — PRESENZINI A. — Rosa E; —
SACCHETTI-SASSETTI A. — ScALvANTI 0. — SorpINI G.- TARDUCCI I. —
TENNERONI A. — Tommasini-MaTtTIUCCI P. — TONETTI F. — TRA-
BALZA C. — ANsIDEI V., Segretario.

scusano la loro assenza con lettere o telegrammi i soci:

BaAocri O. — Boscur V. — Bmuseuri G. — CasANOVA E. — DAVID-
SoHN R. — FANpLLI F. — FANI C. — FinrPPINI E. — FILIPPINI F. —
SEG uw

€ * ® S Á m atta MNT E
VIII
FiorILLI C. — Sinpaco DI FonLiGNO — FRATELLINI S. — GAMURRINI
G. F. — MANNO A. — MASTROJANNI E. 0. — MommELLI T. — MORANDI
L. — MonETTI A. — Pinzi C. — PompiLJ G. — PONTANI G. — RENIER
R. — SaBATIER P. — SanTONI M. — TorpI D. — TORRACA F. — VA-

LENTI T.

Dichiarata aperta la seduta, il Segretario dà lettura del
verbale dell'adunanza precedente, che viene approvato; co-
munica poi le lettere, con le quali S. E. il Ministro della
Pubblica Istruzione e gl'illustrissimi signori Prefetto, Presi-
dente della Deputazione Provinciale e Provveditore agli studi
dell'Umbria ringraziano dell’ invito che era stato loro diretto
perché volessero onorare di loro presenza le adunanze della
R. Deputazione, e, dicendosi dolenti di non poterlo accettare,
fanno voti per l'ineremento sempre maggiore di questo Isti-
tuto.

Il Presidente dà conto agli adunati dei lavori sociali,
intrattenendosi sulle pubblicazioni fatte nel Bollettino del 1902,
rilevandone la utilità e la importanza, e specialmente occu-
pandosi dell'ultimo fascicolo del Bollettino stesso, che la
R. Deputazione è lieta di consacrare alla città di Terni.

Comunica quindi il Presidente che, in seguito alle desi-
gnazioni e alle nomine, alle quali si è proceduto nelle adu-
nanze del Consiglio, saranno per il triennio 1903-1905 sot-
toposte alla sanzione sovrana le nomine dei signori :

Comm. Lurzar Fumi a Presidente — Comm. Prof. GiusEPppE BEL-
LUOCI a Vice Presidente — Dott. Prof. LurGr GIANNANTONI a Segreta-
rio- Economo ; .

e che a membri della Commissione per le pubblicazioni sono
stati eletti i signori:

Dott. Vincenzo ANSIDEI — Dott. Prof. GIUSEPPE MAZZATINTI —
Avv. Prof. Oscar ScALvANTI — Prof. Cav. ANNIBALE TENNERONI,
IX

Il Segretario-Economo riferisce sui resultati del conto
consuntivo 1901, e ne trae argomento a ringraziare lon.
Ministero della P. I. e la on. Amministrazione della Provincia
dell Umbria per i sussidî che accordano alla R. Deputazione ;
passando poi a discorrere delle previsioni per l'esercizio 1905,
fa voti perchè la continuazione e, possibilmente, l'aumento
di tali sussidî, nonchè la concessione di contributi, sia pur
modesti, da parte di tutti i Comuni della provincia facilitino
ognora più il conseguire gli scopi che la Deputazione di
Storia Patria si prefigge.

Su proposta del Consiglio sono acclamati soci onorari i
signori: |

Prof. ALBERTO DeL VeccHIO Direttore dell'Archivio Storico Ita-
liano e Conte Pier DesIDERIO PASOLINI Senatore del Regno ;

vengono poi eletti a soci collaboratori i signori:

xoMmEO Nob. GALLENGA-STUART — Prof. ENRICO MERCATANTI —
FELICE TONETTI;

a soci aggregati i signori:

Maestro AuGusto Arsa — Ing. ALFORISIO ALBERTI — LEONE AxN-
GELINI — Prof. BERNARDINO CAMPANELLI — Prospero EUSTACHI —
Conte Dott. FAvorINO Fiumi — Dott. RiccARDO GRrADASSI- Luzi — Not.
RoMEO MAZZATINTI —- GIusEPPE PALMEGIANI — Avv. ENRICO PILATI
— Ing. Pier GAETANO PossENTI — Can. D. GAETANO ZAMPIERI ;

C

da ultimo à soci corrispondenti i signori:

LUIGI CHIALA, Senatore del Regno — P. Ab. SILVANO DE STEFANO
O. S. B. — Mons. L. DucHEsNE, membro dell Istituto di Francia —
Cav. ALESSANDRO GHERARDI, Direttore del R. Archivio di Stato di Fi-
renze.
Passandosi poi alle. comunicazioni d'indole storica, il
dott. Giuseppe Nicasi discorre di una particolare maniera di
numerazione che è in uso nel contado tifernate e pone in evi-
denza i notevolissimi rapporti che quella maniera ha colle
più antiche cifre romane.

Il dott. Giustiniano Degli Azzi-Vitelleschi accenna ad
alcuni cittadini di Terni che furono magistrati a Firenze
nei secoli XIV e XV e ricorda i Podestà Paolo Guidoni (1345),
Tusio Manassei (1374) e Cipriano Manassei (1424), i Capitani
del Popolo Paolo di Giovanni Guidoni (13933), Angelo di Pie-
tro (1355), Cristino de’ Conti di S. Giovanni (1407), Pietro
Anastagi (1411), Angelo Paradisi (1419), Giovanni Severino
Paradisi (1419), Stefano Manassei (1452) e Antonio Manassei
(1469), e gli Esecutori degli Ordinamenti di Giustizia, Ange-
luccio Paganucci (1351) e Pietro Anastagi (1411 e 1424).

Il prof. Luigi Lanzi richiama l’attenzione degli adunati
sopra un punto del libro di Alfredo Bassermann, intitolato
Orme di Dante e precisamente là dove l'A. parla della cap-
pella dei Paradisi di Terni. Il Lanzi dimostra che non solo
sono errati gli apprezzamenti del Bassermann e del Cosmo,
al quale il Bassermann si associa, ma che ambedue incor-
sero in gravi errori di fatto attribuendo la data dell’ affre-
sco ad una pittura preesistente.

Il prof. Giuseppe Mazzatinti propone che la comunica-
zione del Lanzi sia stampata nel Bollettino, e i coadunati
approvano la proposta.

Mons. Michele Faloci-Pulignani s' intrattiene su due pa-
norami della città di Terni de' secoli XVI e XVII, tratti
dalle opere del Piccolpasso e del Blaev.

Il signor Felice Tonetti accenna agli argomenti che
tratterebbe in due articoli da pubblicarsi nel Bollettino, dei
quali l'uno relativo agl importanti documenti di storia um-
bra che si custodiscono nell’ Archivio Colonna, e l'altro ri-
guardante le copiose notizie su Terni, che egli ha raccolto
ed illustrato nell'Archivio di Stato. in Roma. XI

Il prof. Getulio Ceci dichiara di aver consegnato al.

prof. Lanzi le copie di alcuni documenti del secolo XIII ri-
guardanti Terni; a questi documenti è unito l'elenco dei Po-
destà di Terni a partire dal 1208.

Il prof. Lanzi trasmetterà all’ officio di Presidenza della
R. Deputazione il ms. del prof. Ceci.

Il prof. Luigi Giannantoni riferisce sul Regesto degli An-
nali perugini del secolo XIII, che egli sta compilando insieme
al dott. Vincenzo Ansidei.

Mons. Michele Faloci-Pulignani richiama l'attenzione dei
convenuti sull' argomento della bibliografia umbra, la quale
dovrebbe, a*suo avviso, contenere non solo la indicazione dei
libri riguardanti la storia dell'Umbria, ma pur quella di tutte
le opere degli scrittori umbri. Dopo una discussione, alla
quale partecipano in vario senso i soci Faloci-Pulignani, De-
gli Azzi-Vitelleschi, Magherini-Graziani, Sordini e Tenneroni,
gli adunati riconoscono la opportunità che delle proposte
relative alla bibliografia umbra si discuta ampiamente in
una prossima adunanza del Consiglio della R. Deputazione.

Il prof. Lanzi presenta la raccolta da lui fatta di tutti
gli stemmi del Comune, dei Vescovi e dei cittadini di Terni,
alla quale raccolta può essere come di prefazione la mono-
grafia dal titolo Araldica di Terni, ch'egli ha pubblicato nel
Bollettino.

I convenuti, dopo avere ammirato la pregevole colle-
zione, fanno voti perchè in tutte le città umbre vi sia chi
a raccolte di simil genere consacri le amorevoli e dotte cure,
che per Terni vi ha dedicato il prof. Lanzi.

Da ultimo il Presidente annuncia alcune comunicazioni
che non possono essere svolte perchè i soci che le hanno
proposte o non sono intervenuti all'adunanza o se ne sono
assentati prima che giungesse il loro turno.

Il dott. Paolo Sabatier avrebbe intrattenuto i soci della

R. Deputazione in ordine alla eccezionale importanza che .

per la storia delle origini Francescane ha la pubblicazione
m. ea "4 PA $ »
"NEM ug CAP GJ ^ " "T as.
XII

del P. Pietro Mandonnet O. P. apparsa nel fasc. IV degli Opu-
scoli di critica storica e intitolata « Les règles et le gouver-
nement de l'Ordo de Poenitentia au XIII Sicle ».

Il prof. Fabio Gori avrebbe discorso delle scoperte ar-
cheologiche avvenute presso la Cascata delle Marmore;
inoltre sarebbero state da lui presentate le fotografie del
| « Heroum » di Petronio Arbitro, che, sebbene costruito
all'esterno con opera poligonale, pure ha la cella sepolcrale,
le olle, l'architrave e le colonne di stile romano; inoltre
presso i cadaveri si sono rinvenute monete consolari.

Dal prof. Alessandro Bellucci, che attende alla edizione
ed illustrazione di alcune lettere del Sangallo relative alla
Java Paolina, si sarebbe avuto notizia anche di altri lavori
ch'egli sta preparando sugli antichi palazzi pubblici del Co-
mune di Rieti in correlazione coll’architettura predominante
in quella' città nei secoli XIII e XIV e collo svolgimento
della costituzione del Comune, sugli architetti e maestri
lombardi che nel secolo XV furono ai servigi del Comune
stesso, e inoltre sulle disposizioni statutarie e riformanze
reatine concernenti la polizia dei costumi: avrebbe inoltre
il prof. A. Bellucci dato notizia di alcuni documenti tratti
da Archivi umbri, come contributo alla storia della medicina
e. delle pestilenze nei secoli XIV, XV e XVI.

Quindi il Presidente dichiara sciolta l'adunanza, non senza
prima avere espresso anche in nome dei Colleghi i migliori
sensi di gratitudine al Municipio di Terni, al Comitato per
le feste Curiane, alla Direzione degli stabilimenti delle Ac-
ciaierie, della Fabbrica d'armi e del Carburo di calcio, al Ret-
tore del Collegio-Convitto Umberto I, prof. cav. L. Lanzi,
che ha concesso per le sedute la vasta.ed elegante sala del
Jollegio medesimo e a tutti gli egregi Ternani che, dimo-
strandosi squisitamente gentili verso i soci della R. Deputa-
zione, hanno reso loro, oltre ogni dire, gradito il ricordo dei
giorni trascorsi in Terni. ————

XIII

E perché della cortese ospitalità resti memoria vuolsi
in questi atti far cenno del ricevimento che nella sera del
21 settembre l'ill.mo sig. Sindaco di Terni offri ai membri
della Deputazione: a ciascuno dei quali furono durante il
simpatico convegno offerti in dono dallOn. Municipio la
Guida storico artistica di Terni e del suo territorio compilata
dal Prof. Luigi Lanzi con la vasta e geniale conoscenza
delle cose patrie che gli è propria e vagamente illustrata
dal sig. Alterocca, nonché l'opuscolo contenente la interes-
santissima conferenza del prof. Raffaello Giovagnoli su La
Cascata delle Marmore e il dotto discorso del comm. prof.
Giuseppe Bellucci dal titolo Le ultime pagine della storia e
della scienza, specialmente àn riguardo alla potenza idraulica
della Cascata delle Marmore.

In modesto contraccambio il Presidente della R. Depu-
tazione fece omaggio al signor Sindaco di alcune copie del
Bollettino edito in onore della ospitale città e gli presentò
una riproduzione in fototipia del panorama di Terni tratta
dall'opera del Blaev Theatrum Civitatum et admirandorum
Italiae.

Ai soci della R. Deputazione {fu liberalmente permesso
di visitare i meravigliosi opificî che son vanto di Terni e
d’Italia, e poichè ovunque l'accoglienza fu squisitamente
amabile e cortese, è doveroso che si rinnovi ai distinti Si-
gnori preposti a quegli stabilimenti la più sincera attesta-
zione di gratissimo animo.

Con una piacevolissima gita alla Cascata delle Marmore
ebbe termine il sociale convegno.

IL PRESIDENTE
P. CAMPELLO DELLA SPINA

Il. Segretario
Vi. ANSIDEI,

LLL —-bp—Bu—4-——————
— E a Ta + —

| PRIMI ABITATORI DI VAL TERNANA

CONFERENZA
DEL PROF. GIUSEPPE BELLUCCI

Signore gentilissime, Signori ornatissimi.

La riunione della R. Deputazione e Società di Storia
patria per la nostra provincia dell Umbria, riunione che
in quest'anno si verifica nella industre e patriottica città
di Terni, s'inaugura quest'oggi con un discorso sopr:
un argomento altrettanto interessante, quanto geniale,
su « 2 primi abitatori di val Ternana ». Sebbene quest’ ar-
gomento non appartenga alla Storia propriamente detta,
pure ha eon essa tanta relazione, che gli storici puri
permetteranno volentieri, che per pochi momenti uno
studioso di cose preistoriehe l' intrattenga, esnonendo ar-
gomenti, che in qualehe modo esorbitano dai loro piü
antichi confini.

Oggi poi ehe le scienze si danno fraternamente la
mano, soccorrendosi a vicenda, certe colleganze, oltre ad
essere utili, sono necessarie. Del resto il far la storia
dei figli, senza tener conto di quella dei padri, sarebbe
proprio un non senso, ben sapendo che l'umanità, da
quando é apparsa sulla terra sino ad oggi, ha sempre
incontrato vicende molteplici, il racconto delle quali co-
stituisce la storia generale dell' umanità. Ora la storia,
diremo classica, che ha registrato ne’ suoi annali le
vicende generalmente tristi, raramente liete dell’ uma-

nità, che compulsa archivî e studia monumenti per ri-
ue eroe e area

TSE XVI

tessere la tela del passato, si arresta ad un certo punto ;

gli archivi ed i monumenti addivengono muti, e nel buio

pesto che avvolge i più lontani avvenimenti dell’ uma-
nità, non può che procedere a tentoni, incerta e dubi-
tosa; e pur tenendo conto delle rappresentazioni mitiche
più antiche, pur raccogliendo le più antiche tradizioni e
leggende, è costretta a fermarsi: per concludere, che le
origini di un popolo, la fondazione di una città, si per-
dono nella notte dei tempi, sono circondate dal buio dei
secoli.

Aprite le storie generali e parziali e vedrete, che su
per giù, l'espressione con cui si dà principio alla tes-
situra del racconto nella maggior parte di esse è poco
dissimile da una di quelle testè ricordate. Comprenderete
però che il buio de’ secoli, la notte dei tempi, hanno
‘appresentato e rappresentano sempre la nostra igno-
"anza e comprenderete pure come ne’ tempi odierni, in
cui gli studî hanno tanto progredito, non si poteva, nè
si potrebbe, mantenere inesplorato un vasto campo di
ricerche e di osservazioni, sol perchè trovasi avvolto
nell’ oscurità più profonda. La febbre del sapere ha in-
vaso ed invade sempre più l umanità, e se potesse mi-
surarsi con i gradi di un termometro, si vedrebbe rag-

giungere un livello sempre più alto ; ebbene, questa feb-
T È 3 9 ]

bre del sapere spinge a penetrare appunto colà dove
esiste la maggiore oscurità, colà dove regnano le tene-
bre più profonde. Il buio de’ secoli e la notte de’ tempi

non potevano quindi rispettarsi ulteriormente e come

nella lotta che si combatte nelle regioni polari, arditi
esploratori, tra i quali anche l’Italia può oggi vantare
nomi gloriosi, penetrarono sempre più profondamente,
tentando raggiungere il polo desiderato, così nel campo
storico dell’umanità, arditi nocchieri si spinsero attra-
verso il buio de’ secoli, tentando di scoprire un altro
polo, quello dell’ origine dell’ umanità.

Ma gli esploratori polari, sebbene siensi spinti mol-
t' oltre, pur non raggiusero ancora il polo desiderato; e

così avvenne nel campo storico dell'umanità, in cui il
XVII

polo agognato non fu ancora raggiunto. Preziose sco-
perte e singolari conquiste chiarirono però molti par-
ticolari dapprima ignoti sulle origini dell'umanità, sulla
diffusione della nostra specie nelle diverse parti della
terra; e dalle ricerche ed osservazioni emerse singolar-
mente questo punto fondamentale, che la prima appari-
zione dell’uomo sulla terra risale a tempi remotissimi,
di cui i ricordi storici scritti, nel loro insieme di parec-
chi secoli, costituiscono per così dire un periodo assolu-
tamente trascurabile.

Nella circostanza delle feste Curiane ebbi la fortuna
di dirvi che senza lo studio della Meccanica celeste, sa-
rebbe stato impossibile lo studio della Meccanica gene-
rale, di cui è figlia primogenita la Meccanica industriale,
sorgente di tutto il movimento industriale moderno, di
cui gli stabilimenti di val Ternana offrono splendidissimi
esempi. Ebbene, come la Meccanica industriale non si
sarebbe svolta senza il soccorso della Meccanica, che ha
studiato il movimento dei corpi nelle profondità dei cieli,
così la Storia non avrebbe potuto chiarire le origini del-
l’umanità senza il soccorso di una scienza sorella, della
Geologia, che si potrebbe dire ancor essa scienza storica,
in quanto ha il compito di rifare la storia della terra,
dal momento in cui ebbe origine fino alle profonde mu-
tazioni che oggi stesso subisce.

Ebbene, la Geologia seguendo aleuni principî deter-
minati e positivi giunse a stabilire, dopo lunghe con-
troversie e discussioni, che anche l’uomo, come tutti gli
animali che lo avevano preceduto ed accompagnato,
aveva lasciato le sue ossa non nelle tombe o nei cimi-
teri, ma negli stessi strati terrestri, che si deponevano
o si formavano; quando egli era ancora vivente. La
madre terra conservò codeste ossa, non dirò pietosa-
mente, perchè le leggi naturali non sono informate a
pietà, ma semplicemente per ragioni fisiche e chimiche ;
e chi sa quante ancora ne raccoglie, che lo studioso non
è giunto a discoprire o ad esaminare. Dalla mascella

umana di Neanderthal presso Dusseldorf discoperta nel
XVIII

1856, al cranio di Trinil (isola di Giava) scoperto da
Dubois nel 1897, una lunga serie d'importanti trova-
menti ha oggi assecurato, che le origini dell'umanità
sono antichissime e che manca ogni mezzo positivo e
sicuro per mettere in rapporto la lunga distesa di tempo,
dacchè l’ umanità cominciò a vivere sulla terra, con la
cronologia assoluta che la Storia ha potuto stabilire per
l’ultimo periodo, il più vicino. al nostro.

Sarebbe impossibile che io m' intrattenessi ad esporvi,
Uditori ornatissimi, i particolari tutti di quei tempi lon-
tani in eui l' umanità iniziava la sua diffusione e le sue
conquiste sulla terra, perfezionava con opera lentissima
di tempo, di ambienti e di circostanze il suo stesso or-
ganismo, modellava la forma della sua calotta cranica
sui mutamenti della massa cerebrale, determinati sin-
golarmente dalle strette e dure necessità dell’ esistenza.
Mai come allora, la lotta perla vita, fu combattuta dal-
l'umanità con maggiore pertinacia, con maggiore de-
strezza, con maggiore speranza di suecesso. Mai come
in quei tempi remoti, la necessità, che non conosce ra-
gioni e non ammette dilazioni, aguzzó maggiormente
l’ingegno dell’uomo. La lotta combattuta allora per as-
sieurarsi il possesso della terra, fu vinta per sempre
dall'umanità e può ben dirsi che fin da quei tempi re-
motissimi la pertinacia negl intendimenti, addiventò il
'arattere fondamentale dell’uomo, carattere che gli as-
sicuró e gli assicura il progresso incessante nella lunga
via dello incivilimento.

La breve durata della vita di un uomo non permette
di segnalare e di accorgersi dei mutamenti a cui senza
posa è andata incontro e va incontro la terra; agli oc-
chi nostri sembra, che nessuna cosa permanga tanto
immutata, quanto la terra che abitiamo, e se per ora Vi
accenno, Uditori ornatissimi, che questa conca di Terni,
recinta di così bella e pittoresca corona di monti e di
colline non esisteva un giorno, ma si venne con lenta
vicenda di secoli formando, Voi difficilmente il crede-

reste. Se poi dinanzi alle più evidenti dimostrazioni
PO

XIX

giungeste alla fine a persuadervene, ne restereste di
certo profondamente meravigliati. Eppure le osservazioni
e gli studi della Geologia, che, come vi ho detto, è
la storia della terra, addimostrano quanto vi asserisco
nel modo più sicuro ed inconfutabile. E se non crede-
rete di riporre fiducia nelle mie parole, riponetela intiera
nei risultati degli studi di un Umbro, a cui dobbiamo
essenzialmente le cognizioni geologiche di questa bella
ed interessante regione dell’Italia centrale. Parlo di
Antonio Verri, che la maggior parte di Voi conosce si-
curamente e che ha dimostrato, come si possa con amore
ed onore servire la patria, raggiungendo i gradi di ot-
fieiale superiore nell’ esercito e nello stesso tempo ser-
vire la scienza con intelletto e passione da naturalista,
segnando in modo indelebile i caposaldi della formazione
della terra nella nostra Umbria verde.

Ebbene, percorrendo le pendici montane più ele-
vate di questa bella conca di Terni, voi trovereste en-
tro gli strati calcarei che le costituiscono, alcune ve-
stigia, alcuni avanzi delle forme organiche che vivevano
nel momento in cui quegli strati si deposero ; le trove-
reste principalmente rappresentate da impronte di gusci
di molluschi marini, ai quali potrebbero riferirsi i bel-
lissimi versi, con cui lo Zanella cantava la Conchiglia
fossile :

Tu, prima che désta
All’aure feconde,
Italia la testa
Levasse dall’ onde,
Tu suora de’ polipi,
De’ rosei coralli
Pascevi le valli.
Vagavi co’ nautili
Co' murici a schiera

E l'uomo non era.

E l’uomo difatti non era ancora apparso sulla terra,

quando in fondo ai bacini marini deponevansi nella
tranquillità dei secoli i materiali terrosi, che oggi co-
stituiscono i monti più elevati che recingono il bacino
di Terni.

Scendiamo alle ridenti colline di Piedimonte da un
lato, di Collescipoli dall’ altro; esaminiamo la costitu-
zione, le particolarità di quei terreni e ne trarremo la
conclusione, ch’ essi pure si deposero nel letto di un
mare, che sebbene poco profondo, non era certo una
condizione propizia per un asilo agli uomini primitivi.
In quei terreni pertanto nessuna traccia della presenza
dell'uomo o degli avanzi delle sue industrie. In altre
parti della terra peró l'uomo aveva trovato contempora-
neamente condizioni possibili per la sua esistenza, co-
siché puó dirsi che nel tempo remoto in cui si depone-
vano nel mare interno della conca di Terni, i terreni
che oggi eostituiscono le ridenti colline di Piedimonte
e di Collescipoli, l'uomo era già apparso sulla terra.

Scendiamo ancora dalle colline suddette al piano
che costituisce il fondo della conca di Terni e che si
distende ubertoso fino alle gole di Narni. L'esame del
terreno costituente siffatta pianura addimostra una for-
mazione di aequa dolce, grandemente favorita dalle
acque calcaree, concrezionanti del Nera. La pianura di
Terni dovè quindi un giorno esser ricoperta dalle acque
di un lago, rendendo così impossibile all'uomo di per-
correrla e di lasciarvi qualsiasi orma della sua esistenza.
Ma nello stesso tempo in cui siffatta condizione idro-
grafica verificavasi nella pianura di Terni, l'uomo non
solo si era di già diffuso sulla terra, ma percorreva le
regioni più settentrionali dell’ Umbria nostra, lasciando
ne’ depositi quaternarî dell’ alto Tevere e del Tevere
medio avanzi numerosi dell’ industria litica, a cui do-
veva aftendere per necessità di esistenza. Poteva, egli
è vero, aver lasciato traccia delle sue incursioni dalle
regioni vicine anche nei monti e nei colli, che si spec-
chiavano in quel tempo remoto nelle acque tranquille
del lago ternano, ma fino ad oggi nessuno ne ha se-

gnalato l’esistenza.

D . (E D ÓÓÓÀ XXI

Riassumendo quindi per maggior chiarezza dirò, che
nell’ epoca secondaria, alla quale corrispondono i monti
che formano la più alta e pittoresca corona al bacino
di Terni, nessuna traccia si ha dell’uomo o delle sue
industrie primitive, perchè l’uomo non esisteva sulla
terra. Nell’ epoca susseguente, detta dai geologi terzia-
ria, rappresentata nella conca di Terni dai terreni delle
colline, allineate lateralmente alla pianura, nessuna trac-
cia dell’ esistenza umana in questa contrada, sebbene
possa ritenersi che l’uomo facesse la sua prima appari-
zione sulla terra durante la seconda metà dell’ epoca
terziaria. Nell’ epoca successiva detta dai geologi, qua-
ternaria, rappresentata dalle deposizioni calcaree, che
oggi costituiscono la pianura di Terni, nessuna traccia
dell’ esistenza dell’uomo, sebbene questi percorresse di
già diverse contrade italiane e lasciasse, anche nell’ Um-
bria settentrionale, ricordi numerosi attestanti la sua
presenza.

Terminò l’ epoca quaternaria, e fin dall'inizio del-
l'epoca che le succedette, epoca che perdurando tuttora
fu designata col nome di contemporanea, tribù di genti
preistoriche, di cui ci è ignoto il nome e la provenienza,
cominciarono a percorrere anche le terre della regione
ternana. Queste genti, sebbene non avessero le abitudini
assolutamente nomadi di quelle dell’ epoca quaternaria,
pur nondimeno scorrazzavano in cerca di selvaggina per
le contrade vicine a quelle di più ordinaria dimora, per-
dendo od abbandonando le loro armi, atte ad assicurare
la difesa personale ed a procurare mezzi indispensabili
per l'esistenza. Non conoscevano l'arte di trarre dai
minerali il metallo che vi si poteva contenere ed eran
perciò costrette a valersi delle pietre, che più facilmente
si scheggiano mercè la percussione, acconciando a cu-
spidi di frecce, di giavellotti, di pugnali, a lamine ta-
glienti come aftilati coltelli, ad utensili raschianti, le
rozze selci, che traevano dai ghiareti montani o dal letto
dei torrenti e dei fiumi.

Portavano seco accette di pietra verde accuratamente
XXII

levigate e con tagliente affilatissimo, aggiustate oppor-
tunamente a manichi di legno, come ancora costumano
di fare talune genti selvagge della Nuova Zelanda e
delle isole vicine. Queste accette, armi ed utensili ad un

tempo, dovevano costituire articoli di scambio altret-

tanto ricercati quanto ambiti, come tra i selvaggi del
centro dell’Africa sono oggi ricercate ed ambite le armi
da fuoco più recenti e perfezionate (1).

Le genti del periodo preistorico, detto neolitico, ave-
vano un culto per i loro morti; i cadaveri venivan collo-
‘ati sotterra con riti particolari, tra cui la immancabile
deposizione di armi, frecce, pugnali, accette, delle quali
le stesse persone, quando erano in vita, rimanevano
armate: così pure si collocavano sul defonto ornamenti
ad esso accetti in vita e quegli amuleti, nelle virtù dei
quali riponevasi la più illimitata fiducia.

Una tomba preistorica appartenente a questo periodo
fu segnalata prima di altri dal venerando ed illustre eul-

tore di studi storici e preistorici marchese G. Eroli, che

mi compiaccio di vedere tra i miei cortesi ascoltatori.
Fu casualmente rinvenuta presso il torrente Laja, nel vi-
cino territorio di Narni; daccanto allo scheletro giacevano

sette cuspidi di freccia in selce, testimoni eloquenti del

periodo di tempo a cui quel cadavere apparteneva e del

pensiero pietoso e prudente, che mosse i superstiti a

collocarvele. La deposizione rituale di armi litiche nelle
tombe preistoriche ha difatti questo d'importante per
noi; ci addimostra, che fin da quell’ epoca remotissima,

l’uomo ha ritenuto la morte un fatto transitorio; ha

pensato alla possibilità, che da quella sorta di sonno in
cui l’uomo viene a cadere morendo, si potesse un giorno
ridestare; ha nudrito la speranza di una vita futura ed
ha perciò veduto la necessità di aver subito alle mani,

(1) L'oratore interrompe il suo dire per illustrare gli oggetti relativi all’età
della pietra, rinvenuti nel suolo di Terni, ordinati in un cartone ed appartenenti
alla sua collezione privata. Pone in rilievo la presumibile destinazione di ciascuno
di essi e nota la eccezionale perfezione raggiunta nel lavoro di talune armi e di
alcuni utensili litici,

MICH APRUTSRUETIPA Fa TNI, CA Cod 1738 1-2 Fn RS FPE CO SU IR RITO be GS (A
erp 3

XXII

al suo ridestarsi, le armi fidate per combattere le solite
battaglie, anche nella nuova vita! Illusioni e speranze
che non hanno. mai abbandonato il maggior numero
delle menti umane, a partire dall’ età della pietra fino ad
oggi, in cui il progresso degli studî ha pur tanto dira-
dato le nebbie che oscuravano le menti primitive.

Le dimore dell uomo in codesto tempo dell’ epoc:
neolitica erano misere capanne, dove un certo numero
di famiglie si trovavano raccolte; talora le caverne o le
grotte aperte nelle pendici montane, o anche semplice-
mente quel riparo, che potevan fornire le rocce spor-
genti o le rupi rocciose che strapiombano sul suolo,
rappresentavano un asilo recondito e sicuro a famiglie
isolate, che conducevan vita di assoluti selvaggi.

Fra le molte grotte e caverne da me esplorate nei
monti di Terni e di Narni posso citare ad esempio, l’ an-
tro del Caprajo presso Narni (1), nel suolo del quale fui
fortunato di rinvenire una suppellettile povera ma im-
portante, perchè documenta la dimora che ebbe là en-
tro una famiglia di selvaggi primitivi dell'età della
pietra. Vi trovai cumuli di ossami, avanzi dei pasti ; resti
di focolari, stoviglie rozzissime, alcune armi ed uten-
sili di pietra, molte schegge silicee, rifiuti della loro
lavorazione,

Possiamo pertanto conchiudere da tutto ciò che i pri-
mi uomini i quali abitarono o percorsero la val Ternana,
furono gli uomini neolitici dell' età della pietra. Il pic-
colo numero però delle armi e degli utensili litici rac-
colti, comparato con l'ingente copia che altrove fu di-
scoperto, rivela un soggiorno non prolungato, ovvero
accenna a condizioni allora non propizie alla vita di
quelle genti selvagge e primitive.

L’età della pietra in Italia, come altrove, non si
chiuse d'un tratto per opera di una sopravveniente ci-
viltà; subì naturalmente l’ influenza di questa, ma len-

tamente, col volger del tempo i poveri neolitici, dovettero

(1) Arch. per l'Antrop. e la Etn. — Firenze 1873 vol. III p. 343.
XXIV

subire la sorte de’ più deboli, de’ più arretrati nel cam-
mino della civiltà, scomparire. Nuove genti, immigrate
dall'Oriente in un periodo di tempo così remoto e lontano,
che la Storia non ha accennato mai, si diffusero per le
contrade italiane. Queste genti seguivano costumi, usanze
differenti da quelle caratterizzate dall'uso delle armi di
pietra; avevano poi una supremazia assoluta sù quelle
pel numero, per le armi e per gli utensili nuovi di cui
eran forniti. Conoscevano l’arte di saper trarre da taluni
minerali il metallo che vi era acchiuso, foggiandolo poi
ad armi più taglienti e penetranti, ad utensili meglio
rispondenti agli usi della vita. Codeste genti non si di-
sperdevano in famiglie isolate, ma rimanevano aggrup-
pate in numero maggiore o minore per le contrade ita-
liane, là dove le condizioni oro-idrografiche offrivano
elementi di asilo più sicuro, dove le circostanze naturali
permettevano una vita meno stentata che altrove. Dédite
all' agricoltura, alla domesticazione degli animali, alieni
dalla vita nomade, riuscirono facilmente a conquistare

le regioni italiane, formando centri di Gimore ne’ luoghi

preferiti, che più tardi addivennero le principali città

italiche.

Non potrei per filo e per segno indicarvi, quanto lo
studio accurato e diligente, proseguito in questi ultimi
40 anni ci ha somministrato. Il tempo in cui le prime
età metalliche durarono in Italia fu così lungo, la ci-
viltà relativa andò talmente progredendo e modifican-
dosi, che gli studiosi, pur sempre rimanendo nel campo
preistorico, riuscirono a suddividerlo in periodi distinti,
designati coi seguenti nomi, eneolitico, del rame e del
bronzo, del ferro. Naturalmente ciascuno di questi periodi
non ha una linea netta che lo separi dagli altri; ad un
giorno determinato non finisce un periodo e ne inco-
mincia un altro; si verificano spesso sovrapposizioni e
contemporaneità di quegli elementi, ehe caratterizzano
un periodo dall'altro, ma non ostante ciò, si hanno ca-
posaldi sicuri ed immanchevoli per distinguere ciò che

caratterizza un periodo dall’ altro. XXV

E.il caposaldo più comune è quello che si trae dal
modo con cui nei diversi periodi l’uomo ebbe a mani-
festare il culto pe’ suoi morti; il concetto che si fece di
una vita futura. Se non fosse stata la ferma fiducia nel
pensiero, che l'uomo dovesse ridestarsi dal sonno della
morte, sein omaggio a questo pensiero non fossero state
deposte accanto ai cadaveri, armi, ornamenti, utensili,
amuleti, noi non conosceremmo che poco o nulla delle
primitive civiltà estinte, i di cui ricordi la Storia non
potè raccogliere, perchè mancarono monumenti scritti e
figurati.

Nel periodo eneolitico i cadaveri proseguirono ad
inumarsi; nel periodo caratterizzato dall'uso del rame
e del bronzo, l'inumazione fu generalmente sostituita
dalla cremazione; nel periodo in cui il ferro cominciò
ad introdursi negli usi ordinarî della vita ed in quello
in cui ebbe estese e maggiori applicazioni, special-
mente per la fabbricazione delle armi, inumazione ri-
prese il sopravvento e fu generalmente seguita. È in
quest’ ultimo periodo che si verificano estese. necro-
poli contenenti spesso migliaia di tombe; le necropoli
originavano generalmente in prossimità delle dimore
dei vivi e si distendevano sempre più lungi da esse,
di mano in mano che aumentava il numero dei de-
funti. Il sonno dei morti non doveva essere distur-
bato e quindi non si occupava il terreno già consa-
cerato alla dimora dei morti. Ma l’ odierna civiltà, la
necessità di occupare maggiore spazio per le cresciute
popolazioni e per gli aumentati bisogni, condussero
in questi ultimi anni à sconvolgere le città de' morti
per stabilirvi fondamenti per le città de’ vivi. E ciò
che si verifieb in altre città, come Roma, Bologna,
ebbe luogo anche nelle prossimità di Terni, quando
per l'erezióone dei grandi stabilimenti si vide la neces-
sità di occupare estese regioni di suolo. Fu nel 1884
che la necropoli, dal nome della località in cui fu rin-
venuta, detta di S. Agnese, fu discoperta; necropoli

ricchissima di tombe, poiché si calcola ne contenesse
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XXVI

oltre 2500. Ebbene, ogni cadavere di quella necropoli
era corredato di una suppellettile varia, pregevolissima,
atta ad indicarci gli usi, le credenze, le costumanze
di quel tempo lontano, su eui la storia taceva e tace
completamente. Buona parte di quel materiale pro-
veniente dall escavazioni delle tombe andò disperso ; '
parte di esso è conservato nel Museo preistorico ed
etnografico di Roma; parte si conserva nell’ Archivio

municipale di Terni ed è qui raccolto ed ordinato in

quattro cartoni; parte si conserva nella mia collezione
privata in Perugia ed è quello che trovasi ordinato nei
sei cartoni, che Vi stanno presenti. Per questa circo-
stanza solenne mi ha sembrato opportuno di riunire
questo materiale disperso, onde l' insieme degli oggetti
facesse su Voi impressione maggiore delle mie povere
parole.

Una necropoli più ristretta per estensione, ma non
meno importante di quella di S. Agnese presso Terni,
perché contemporanea a questa e perché ricca di og-
getti di significato e d'interesse preistorico notevole, è
quella venuta in luce presso l'attuale paese di Cesi (1).

I principali oggetti provenienti da questa necropoli, si

"I. conservano nella mia collezione privata ed oggi si tro-

rano ordinati in un cartone speciale dinanzi a Voi (2).

Un altro monumento insigne, contemporaneo alle
necropoli testé accennate ed illustrate, è quello che
nella scienza della preistoria italiana va designato col
nome di Z7esoretto di Piediluco in territorio di Terni.

Nel 1869 procedendosi all'allargamento della strada, che

(1) Bollettino dell’ Istituto germanico di Corrispondenza archeologica. Roma
1880. :

(2) A questo punto l'Oratore interrompe di nuovo il suo discorso per illustrare
i numerosi oggetti derivanti dalle necropoli di Terni e di Cesi, ordinati in undici
cartoni. Dà ragione dell'applicazione della maggior parte di essi e rileva il signi-
ficato della frattura intenzionale che si faceva, specialmente delle armi metalliche

che si deponevano nelle tombe, nonché della spezzatura intenzionale o della di-
storsione degli ornamenti, collocati nelle tombe medesime. Nota da ultimo alcuni
oggetti di arte e fattura etrusca, che si erano già infiltrati per scambi commerciali
nell'ulimo periodo di tempo della necropoli.
XXVII

conduce dalle Marmore al paese di Piediluco, si rin-
venne dagli operai in un’anfrattuosità della montagna,
in prossimità del luogo detto il Porto, un gran dolio
in terra cotta, che conteneva una copia considerevole
di oggetti di bronzo frammentati. Il cumulo di questi
oggetti fu portato nell’ indomani della scoperta in Terni
e venduto sulla piazza per pochi soldi al chilogramma.
Io era in quel tempo insegnante in questo R. Istituto
teenico e saliva i primi gradini di quello studio del-
l’alta antichità dell’uomo, che tanto doveva appassio-
narmi dipoi e che si distingue col nome di preistoria.
Mi furono offerti gli oggetti del Tesoretto di Piediluco ;
nella mia ignoranza non li compresi e li rifiutai (1); for-
tunatamente andarono nelle mani del marchese Eroli di
Narni e non subirono ulteriore dispersione. La mag-
gior parte di codesti oggetti si conserva ora nel Museo
del Campidoglio in Roma; una piccola parte è qui or-
dinata in un cartone e si conserva nella mia collezione
privata in Perugia.

Il dolio conteneva circa 70 chilogrammi di oggetti
di bronzo frammentati, provenienti però da armi, or-
namenti, utensili, ottenuti con bronzo di qualità supe-
riore, ed offrenti forme perfette per regolarità di con-
torno, per finezza di linee ornamentali, per eleganza e
simmetria nelle loro parti. Codesti bronzi erano stati
spezzati intenzionalmente nell’ epoca remota in cui si
adoperavano e costituivano nel loro insieme un'offerta
votiva, costituita probabilmente dalle singole oblazioni
dei componenti di un popolo o di una tribù alla divi-
nità del luogo. Il motivo dello spezzamento di bronzi
bellissimi, che si offrivano ritualmente alle divinità tu-
telari. di un luogo, viene spiegato dal considerare che,
infranti, gli oggetti di bronzo sfuggivano all’avidità dei
predatori,- mentre intieri correvan pericolo di esser sot-
tratti dal luogo in cui l'offerta votiva erasi verificata.

Monumenti consimili preistorici furono discoperti. in

(1) Atti della Soc. italiana di Scienze naturali. Milano 1871: Vol. XIV.
XXVIII

altre parti d’Italia e dapertutto costituiti da bronzi
bellissimi, come si convengono ad un’ offerta di carat-
tere probabilmente sacro, ma dapertutto bronzi spezzati
ad arte allo scopo previdente di salvarli dalle mani
audaci di profanatori sacrilegi.

I luoghi in cui sonosi trovati codesti tesoretti vo-
tivi sono generalmente rappresentati da sorgenti di
acque minerali, da guadi, da accessi a luoghi o regioni
boschive, ovvero offrono condizioni naturali affatto spe-
ciali, che impressionano oggi e dovevano impressionare
anche per l’addietro, sia per la straordinaria grandezza
dei fenomeni della natura, sia per l’orrido pauroso
de’ luoghi. Io credo di non andar lungi dal vero at-
tribuendo l'offerta votiva del Tesoretto di Piediluco alla
divinità del luogo, caratterizzato dai particolari gran-
diosi, imponenti della caduta del Velino sul Nera, par-
ticolari che dovevano destare la più profonda impres-
sione negli uomini di que’ tempi remotissimi, soliti
per il pensiero antropo-animistico che li guidava, a per-
sonificare non solo le forze naturali, ma anche rocce,
singolarità di forme esistenti in Natura, destituite, come
oggi rieonosciamo, di ogni attività, di ogni potenza.

E che siffatta offerta votiva, cospicua per il numero
e la qualità degli oggetti, debba esser riferita alla divi-
nità del luogo, divinità che esplicava la sua forza po-
derosa ed immane nell’ acqua stramazzante dal ciglio
delle Marmore, lo si deduce anche da un altro rinveni-
mento, ch’ ebbi la fortuna di fare nel 1868 e che mi fu
soggetto di esplorazioni ripetute sia in quell’anno, sia
nell’anno susseguente (1).

Presso la Caduta delle Marmore, ai piedi di Monte
S. Angelo segnalai un deposito manifestamente deter-
minato dall’uomo e costituito nel suo insieme da una
stipe votiva di carattere remotissimo. In mezzo a strati
di ceneri e di carboni, in mezzo a numerosi frammenti

di stoviglie rozze o rozzissime, raccolsi una gran quan-

(1) Atti della Società Italiana di Scienze naturali; Milano 1870 vol. XIII,
vini

XXIX

tità di ossami e denti di animali, generalmente giovani,
rappresentanti con tutta probabilità gli avanzi dei pasti,
successivi ai sacrifici degli animali medesimi. Vi trovai
forme umane in bronzo, maschili e femminili, solite a
rinvenirsi nelle stipi votive di carattere antichissimo ;
vi trovai schegge di selce provenienti dalla lavorazione
di armi ed utensili litici, qualche acino di ambra.

Questo deposito per la sua costituzione, per il luogo
in cui fu trovato non può avere altro significato all’ in-
fuori di quello di una sfipe votiva, e quindi di carattere
sacro, conforme a molti altri rinvenuti in altre parti
d’Italia ed anche nella nostra Umbria, caratteristici di
una delle costumanze più singolari ed importanti delle
popolazioni antico-italiche.

Questa stipe votiva ed il Tesoretto di Piediluco, rin-
venuti l'una e l'altro a poca distanza dal luogo ove
tuttora si trova la Caduta delle Marmore, sebbene co-
stituiti di elementi differenti, pure esprimono il risultato
di un'antica venerazione, di un culto antichissimo ad una
delle più belle e grandiose scene naturali che possono
ammirarsi. E mi ha sembrato opportumo richiamare la
vostra attenzione su questi due insigni monumenti, che
la più alta antichità ci ha tramandato, perchè possiate
considerare, che molto tempo prima che la storia co-
minciasse a registrare ne’ suoi annali i fasti dell'uma-
nità, molto tempo prima che il Console Curio Dentato
compiesse l’opera grandiosa, che ha immortalato il suo
nome, tribù di genti antico-italiche, piene di profonda
e timorosa ammirazione, compievano già sacrifici e pro-
fondevano offerte, là dove le acque di un fiume co-
strette da condizioni naturali stramazzavano rumoreg-
gianti sulle acque placidamente scorrenti del fiume
sottoposto. Quali fossero gl’ intendimenti che determi-
navano codesti sacrifici ed offerte, per quale scopo si
compiessero, è difficile se non impossibile precisarlo ;
ciò che può dirsi si è, che tali pratiche dovevan corri-
spondere all’ espressione di quei sentimenti, che sono

comuni nelle genti selvagge anche contemporanee, le
XXX

quali guidate da quell’ antropismo ed animismo, che in-
forma una delle più semplici manifestazioni della reli-
giosità primitiva, attribuiscono entità corporee sia ai fe-
nomeni naturali, sia ai luoghi ove Natura si mostra
nel suo bello grandioso, nel suo orrido spaventevole.
E luogo più acconcio per ammettere uno. spirito
aleggiante nell’ aria, o residente sotterra lungi dallo
sguardo umano, certamente non vi era. Là miriadi di
stille separate dall’acqua precipitante costituiscono nubi
diafane e leggere, in cui il Sole si trastulla per costi-
tuire sopra a quel luogo ineantevole ponti di luce tinta
dei colori smaglianti dell’ iride; là il terreno, pieno di ca-
verne e di grotte rimbombante per la caduta delle ac-
que e risuonante al passo dell’uomo, offre il fenomeno
singolarissimo del suo accrescimento, quasi fosse palpi-
tante di vita; là il bello e l’orrido armonicamente con-
giunti dovevan determinare, come anche oggi determi-
nano, la più profonda, incancellabile impressione. Sol-
tanto un’ Entità superiore doveva esser capace, secondo
le menti ingenue e semplici di quegli antichi osservatori,

di produrre tanta manifestazione di potenza sovrumana,

dinanzi alla quale l'uomo, riconoscendo la sua picco-

lezza, era costretto implorare la benevolenza e lo ajuto
con offerte ripetute, con sacrificî rituali.

Ma, voi mi dimanderete, qual nome può assegnarsi

a codeste genti primitive, che, dispersi alla superficie
del suolo, nel fondo recondito delle caverne, nel terreno
inviolabile delle necropoli, nelle stipt votive, ci lasciarono

ricordi così molteplici della loro esistenza, manifesta-

zioni così eloquenti de’ loro costumi e de’ loro senti-
menti? D'onde provenivano queste genti antichissime,
precedenti i ricordi storici più lontani? A queste di-
mande ragionevoli non è facile rispondere; riflettasi
anzitutto, che codeste genti primitive non ebbero mo-
numenti scritti, non affidarono al bronzo, al marmo,
alle pareti rocciose il loro nome, perchè non sapevan
tracciarlo, inciderlo, figurarlo. Chi fossero quindi le

venti dell’ età della pietra: chi fossero quelli che primi
F 3 |

2 Dee er Rd E à Rer Rd

XXXI

portarono tra noi l'uso dei metalli, non lo sappiamo ;
possiamo soltanto dire che lo stadio ultimo della civiltà
preistorica, che in questa contrada ebbe svolgimento,
si assegna per comune consentimento degli studiosi
agli Umbri. E dalle necropoli di S. Agnese e da quella
di Cesi, vennero difatti alla luce con elementi di ca-
'attere più antico, anche numerosi elementi della civiltà
Umbra, elementi che offrono la maggiore analogia con
quelli che si rinvennero nelle necropoli di S. Anatolia
di Narco e di S. Scolastica presso Norcia, accennanti
al fatto che le genti che stanziarono nel bacino di Terni
colonizzarono forse anche parecchi punti dell’alta valle
del Nera e de’ suoi confluenti.

Per quanto poi si riferisce alla provenienza di sit-
fatte genti primitive può dirsi, che dallo esame compa-
'ativo degli oggetti rinvenuti nelle necropoli ternane
con quelli delle necropoli. di altre regioni d'Italia, le
più antiche genti che vennero a cercare dimora nel ba-
cino di Terni dovettero provenire da regioni piü meri-
dionali, verifieandosi moltissimi punti di contatto fr:
gli elementi di civiltà qui rinvenuti con quelli splendi-
dissimi raccolti nelle necropoli della regione Aquilana
e segnatamente in quelle del bacino del Fucino.

Ecco le deduzioni possibili allo stato odierno degli
studi, che si riferiscono alla più alta antichità del-
l’uomo. Sono poca, anzi pochissima cosa; ma dobbiamo
riflettere che le ricerche e gli studi preistorici in Italia,
'azionalmenje condotti, datano solo dal 1860; quindi
non possiamo esigere da una scienza così giovane, ciò
che possiamo pretendere da scienze mature per età e
per il dovizioso materiale su cui sono fondate. Concludo
pertanto col dichiarare che i primi abitanti di val Ter-
nana furono genti del periodo neolitico dell’ età della
pietra; a queste succedettero altre genti, che conosce-
vano l’uso de’ metalli e singolarmente del rame, del
bronzo, del ferro, e furono gli Umbri che si trovarono
qui residenti ai primi albori della Storia.

E con questa conclusione avrei terminato il mio dire,
XXXII

ma permettetemi ancora Uditori ornatissimi, una breve
comparazione fra la civiltà attuale in cui viviamo e le ci-
viltà primitive, e singolarmente con quella dell’età della
pietra, di eui ho cercato esporvi gli elementi principali.
Ci sembrano incomparabili ; ci pare impossibile ed in-
credibile ehe noi possiamo essere i discendenti di coloro,
che per necessità di esistenza sbozzavano le pietre, ac-
conciandole ad armi ed utensili. Orgogliosi delle con-
dizioni attuali di civiltà, proviamo quasi nella nostra
superbia un certo rincrescimento, perché le nostre ori-
gini furono così umili e così infinitamente modeste. Ep-
pure il fatto non può smentirsi e dinanzi al fatto dob-
biamo considerare, che se tutto ciò che costituisce la
civiltà attuale deriva da così povere origini, ehe se l'U-
manità ha raggiunto cime elevatissime nei campi ster-

È

minati del sapere e delle applicazioni industriali, par-
tendo da condizioni così misere, questo costituisce ap-
punto il suo più bell'orgoglio, la sua più splendida
corona. L'uomo ha sempre più aguzzato il suo ingegno,
affinata la sua intelligenza, migliorati i sentimenti verso
il suo simile, ha sempre mirato di salire a più ardue
cime, ma per farci una giusta idea del lungo cammino
percorso, nessuna cosa mi sembra sia più efficace e più
eloquente di quella dello esame delle prime e timide
manifestazioni dell’ intelligenza umana; perchè qnesto
esame riportandoci al punto di partenza ci fa assistere
agl' inizi di quella lunga, interminabile evoluzione, che
in seguito di lenti, innumerevoli perfezionamenti ha
posto capo agli splendori della civiltà attuale. E questo
risultato, veramente meraviglioso, che deve destare in
tutti noi la più intima compiacenza, fu raggiunto me-
diante le più belle virtù, che hanno sempre onorato
ed onorano l'umanità, pertinacia costante, lavoro con-

tinuo, studio indefesso.

21 Settembre 1902.

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XXXIII

NECROLOGIO

GIROLAMO DONATI

Il 4 decembre dello scorso anno si spegneva in Perugia
la cara esistenza del prof. GIROLAMO DONATI.

Di lui, che fu socio ordinario di questa R. Deputazione,
faccio qui ricordo, non per obbedire ad una formale con-
suetudine, ma bensi per corrispondere ad un vivissimo im-
pulso del cuore; al quale tanto meno so resistere quanto
più son certo che, scrivendo di GIROLAMO DONATI con sin-
cerissimo rimpianto, esprimo i sentimenti d' affetto e di stima
dai quali erano .a lui legati tutti i colleghi nostri. Per la te-
nera amicizia che al caro Estinto mi avvinceva sin dall’ in-
fanzia, oserei dire che di quei sentimenti sarò l'interpetre
fedele; ma poichè nel nostro GIROLAMO sono da segnalarsi
anche i molti e grandi pregi di scienziato, così è facile com-
prendere che il nostro dolore manifesterebbe in maniera più
degna e completa chi di GrRoLAMO DONATI sapesse, per la
comunanza con lui non solo degli affetti, ma pur degli studî,
‘ammentare ad un tempo le dolcissime virtù e la vasta, pro-
fonda dottrina.

A conseguir questa gli valse il forte ed alacre ingegno
avvalorato dai severi studî, cui egli sin dai primi anni attese
con insolito fervore: così che, quando i congiunti e gli amici
suoi seppero della laurea in giurisprudenza da lui ottenuta
nella nostra Università con particolare distinzione, non ebbero
a meravigliarsene come d'inatteso evento, e se ne compiac-
quero come di premio dovuto alle piü coscienziose fatiche.

Ma GiRoLAMO DONATI, che le discipline legali non ave-
rano mai distolto dalle letterarie, non si tenne pago d'esser
salutato dottore nelle prime, e dopo breve tempo si recò a
XXXIV

Firenze per frequentare nell Istituto di studi superiori i corsi

.di filologia e filosofia. Fu quella la vera palestra del suo vi-

goroso intelletto, e debbo molto dolermi che la mia incom-
petenza non mi permetta di giudicare come si converrebbe
della operosità scientifica spiegata dal carissimo amico in
quel luminoso, ma ahi! troppo breve periodo della sua vita;
però in mia vece parleranno i fatti e, anzichè pronunciare
apprezzamenti miei, riferirò l opinione di sommi maestri.

GIROLAMO DONATI che, al pari del futuro suo professore,
Angelo De Gubernatis, aveva, anche prima di portarsi a Fi-
renze, cominciato a studiare da sè il sanscrito, si consacrò
soprattutto a quella specie di indagini filologiche e filosofiche
che valgono, come scrive lo stesso De Gubernatis, a raffer-
mare la fede nelle nostre origini asiane; e con quanto van-
taggio della scienza egli si dedicasse a far risplendere sempre
più fulgida la luce che ci viene dall’ Oriente, lo provò la
sua dissertazione di laurea sui Maestri e Scolari nell’ India
Brahmanica. Per quel lavoro, che fu giudicato degno d’esser
compreso fra le pubblicazioni dell'Istituto di studi superiori
« il nostro concittadino, ancor giovanissimo, (riferisco le pa-
role dell'illustre prof. Icilio Vanni) s'era affermato un dotto
orientalista ».

Resero poi sempre maggiore e piü diffusa questa fama,
che al DONATI meritò la libera docenza di sanscrito nell I-
stituto medesimo, altri suoi lavori, fra i quali la illustrazione
del manoscritto indiano Mangalavadah ossia ragionamento sulla
felicità, Y opuscolo Sopra alcuni amuleti tibetani del Museo na-
zionale di Firenze raccolti dal prof. Mantegazza in una escur-
sione nel Sikkhim, il Catalogo del Museo indiano ed un’ altr:
nota riguardante Una tavoletta augurale indiana.

GIROLAMO DoNaTI nella sua mente vasta e comprensiva
non considerava gli studi filologici come fine a sé stessi, ma
vi scorgeva un mezzo e ne traeva incitamento a diradare
le tenebre, da cui sono tuttora nascoste molte manifestazioni
delle. antiche civiltà; cosi fu che, postosi all' esame delle
XXXV

otto piecole pagine del manoscritto Mangalavadah, si trovò
(riporto le sue parole) « trasportato quasi improvvisamente
in quel mare senza sponde, ch'é lo svolgimento del pen-
siero filosofico nell’ India » : che in quel mare egli avesse
saputo palesarsi navigatore valoroso ed esperto lo attestó
lamplissima lode tributatagli per la pubblicazione da un
Max Müller.

Studi tanto austeri non avevano punto diminuito la fe-
stiva genialità del DONATI; leggendo la conferenza ch'egli tenne
al Circolo filologico di Firenze su La Novellina dei gatti nel-
l'Umbria, non può non ammirarsi nell’ attraente racconto
delle popolari tradizioni il felicissimo connubio di quella ge-
nialità colla più varia e seria cultura. Della quale armonia
era a mio giudizio la causa nelle naturali inclinazioni di un
animo quanto mai adatto a sentire come di strettissimi vincoli
sieno fra loro congiunti il vero, il bello ed il buono, nonché
nel fervido amore, col quale GrROLAMO DONATI coltivò sem-
pre la letteratura: voglio dire che le alte meditazioni del
filosofo, i minuziosi e acuti raffronti del filologo non tron-
carono le ali alla sua fantasia e non gl'impedirono di espri-
mere in versi di classica venustà le sue aspirazioni verso
i più sublimi ideali. E ch'io non esageri, ciò affermando,
stanno a provarlo IZ Canto del Latino, che al DONATI meritò
il premio nel concorso istituito nel 1878 dalla Società per
lo studio delle lingue romanze di Montpellier, e il. Vo/gariz-
zamento del terzo idillio di Teocrito; se nei versi inneggianti
alle glorie latine il nostro amico, che contava allora poco
più di vent’ anni, si rivelò poeta valoroso, colla traduzione
da Teocrito, illustrata da alcune indagini sulla fillomanzia
degli antichi, egli diè saggio della più simpatica caratteri-
stica del genio latino, cioè di quell’ equilibrio intellettuale,
che gli permise di essere ad un tempo, come sopra ho detto,
geniale artista ed erudito profondo.

Pur troppo però a tanta energia dello spirito non si
mantenne pari, dopo breve volger di anni, quella del corpo,
EM

XXXVI

e il DONATI, costretto ad abbandonare l' insegnamento, tornò :
a Perugia per cercarvi un ristoro alla malferma salute, nella
tranquillità delle pareti domestiche e in una vita calma e

| riposata.

Ma chi sin da fanciullo ha consacrato al lavoro tutta
l’esistenza trova il riposo, anzichè nel vivere oziando, nel
dedicarsi ad un nuovo genere di lavoro, e così fece GIRO-
LAMO DONATI, dandosi a studiare la lingua e la civiltà etru-
sca e attendendo al riordinamento del nostro Museo Etrusco-
romano. Anche in tali studi, dei quali son frutto la nota D?
un'urna etrusca nel Museo di Perugia e la comunicazione Di
un bassorilievo del Museo di Perugia da lui presentata al XII
Congresso degli Orientalisti, seppe il DONATI segnalarsi; e
per modo vi si distinse che, avendo egli mandato in omag-
gio all’ insigne etruscologo prof. C. Pauli il primo di quegli
opuscoli e avendo accompagnato l'offerta con modeste pa-
role accennanti alle ricerche iniziate senza la guida e l’aiuto
di alcun maestro, n'ebbe in risposta il più caloroso encomio
per il dotto contributo.

Quando per le condizioni di salute non fu più in grado di
attendere con incessante fatica alle severe indagini scientifi-
che, GIROLAMO DONATI chiese un conforto all’ amore operoso
per ogni manifestazione delle arti belle ; fu questo amore
che lo indusse a promuovere con altri egregi la costituzione
di una Società orchestrale perugina, a consacrare al sodali-
zio da lui fondato e presieduto le cure più solerti, a prender
parte con larguta parola manifestatrice della singolare com-
petenza alle adunanze della Riunione artistica di Perugia.

E nel campo dell’arte si svolse l'attività sua al finire
della troppo breve esistenza. Alla riproduzione in fototipia
dello splendido coro del nostro S. Pietro dovuta ai giovani
scultori Biagetti e Moroni e pubblicata a cura dell’ editore
Molfese di Torino premise sulla magistrale opera di Stefano
e Fra Damiano da Bergamo alcune interessanti notizie, toc-
cando della questione se i disegni del coro sieno di Raffaello

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XXXVII

o si debbano agli artisti bergamaschi, e opportunamente raf-
frontando l’opera di questi cogli altri meravigliosi lavori di
tarsia e d’ intaglio, di cui le chiese perugine furono ornate
nel glorioso periodo del rinascimento: e soltanto pochi giorni
prima che lo incogliesse la morte, diede alle stampe la de-
scrizione dei dipinti, coi quali Domenico Bruschi illustrò al-
cuni fasti biblici nell’ oratorio della SS. Annunziata; il valen-
tissimo pittore ebbe la fortuna di trovare un critico non meno
ralente nel DONATI, che per senso squisito d'arte accoppiato
a conoscenza profonda delle cose orientali potè non solo ap-
prezzare tutte le finezze del pennello del Bruschi, ma anche
comprendere l'alto concetto etico e storico che ispirò l'artista.

Fu questo l'ultimo lavoro, cui GIROLAMO DONATI legò
il nome suo, nome che suonerà ognora dolcissimo a chiun-
que abbia in pregio dottrina e bontà.

Nella prossima primavera avranno luogo in Roma il
Congresso internazionale di scienze storiche e le adunanze
della Società Elleno-Latina.

Povero amico! Come ti saresti compiaciuto di queste
nuove manifestazioni del rifiorire della nostra civiltà, tu che
nella promettente primavera della tua vita con tanto slancio
cantasti le nostre glorie

« Perchè del lazio sangue
La primiera virtù non creda estinta
Chi, de’ nostri trofei massimo orgoglio,
Supplicando fra noi scese dal polo! »

Ma del ritorno della « cara stella latina » tu, meglio
che a noi non sia concesso, puoi oggi allietarti nella piena
comprensione delle provvidenziali armonie che governano
l Universo !

VINCENZO ANSIDEI.
IL GIURAMENTO DI BALDO DEGLI UBALDI A URBANO VI

PER LA CONCESSIONE DEL FEUDO DELLA BISCINA

In occasione del V centenario dalla morte di Baldo de-
gli Ubaldi, celebratosi in Perugia nel 1900, scrissi alcune
Note biografiche del sommo giureconsulto, e assai m'intrat-
tenni sopra una falsa accusa lanciata contro di lui pel con-
tegno assunto durante lo scisma, che afflisse la Chiesa dopo
la elezione di Urbano VI.

È noto che Baldo dettò in favore del papa due, Consigli,
il primo nel 1378 a richiesta di un cardinale, che io ritengo
fosse il perugino Andrea Bontempi (1), e l'altro per incarico
dello stesso pontefice. Baldo fu a quest' oggetto chiamato in
Roma nel giugno del 1380, e nello spazio di due mesi egli
compose il Tractatus o Consilium richiestogli in ispecie per
rispondere agli artificiosi argomenti allegati con astuzia fi-
nissima contro la elezione di Urbano da tre cardinali italiani,
ossia da Pietro fiorentino, Simone da Milano e Jacopo Orsini.
Non appena compiuto il lavoro, Baldo ebbe dal papa degna
ricompensa nella donazione del feudo della Biscina, mediante

(1 Andrea Martini Bontempi nacque a Perugia, e fu fatto vescovo nel 1333.
Venne creato cardinale da Urbano VI nel 18 settembre 1378. Morì in Macerata nel
1390 colla riputazione di uomo dotato di singolar destrezza nel condurre a buon fine
i negozi più ardui.
D O. SCALVANTI

diploma del settembre 15380, da me pubblicato fra i docu-
menti delle Note biografiche (1).

Ma, ad onta del silenzio dello stesso Raynald, che inseri
ne’ suoi Annali il Consiglio di Baldo e largamente trattò di
ogni particolare dello scisma, il Ferreri, il Mansi ed altri, fra
i quali il Vermiglioli e il Bini (2), diffusero la diceria, che il
grande nostro giureconsulto, dopo aver dato parere favore-
vole alla elezione di Urbano, dettasse posteriormente un altro
parere a sostegno delle ragioni di Clemente VII antipapa.

Contro quest'aecusa, affatto inconciliabile colla fama di
esemplare probità che il Baldo si era acquistato nella vita
lunga e gloriosa, volli insorgere con argomenti positivi, ac-
conci a togliere le principali ragioni di sospetto. E dico, ar-
gomenti positivi, perché di poco o nessun conto mi era parso
quello, unicamente aegativo, derivante dal fatto che il parere
in favor di Clemente, attribuito al Baldo, era stato ignorato
dai più, né alcuno degli storici dello scisma lo aveva potuto
rinvenire in qualche pubblico archivio o trovarne anche un
semplice estratto o cenno riguardante il suo contenuto. Il
quale argomento non era certo spregievole, ma da esso non
poteva scaturire una prova evidente circa la insussistenza
del fatto.

Venni perciò a positivi riscontri, che qui brevemente
riassumo :

1.° Allegai anzitutto la circostanza, storicamente si-

cura, che i perugini, dai primordi dello scisma, si diedero
a seguire le parti di Urbano VI, col quale ripresero tosto le

(1) Vedi Doc. VI in Note Biograf. ecc. Perugia 1900.

(2) Il BInI cosi si esprime: — « Aderì il Baldo alle brame del novello pontefice,
e quindi produsse quella dottissima dissertazione, la quale sebbene non si rinvenga
tra le opere di lui, ci è stata nondimeno riferita per intero dal Rainaldi. Ed oh
foss'egli stato sempre su questo articolo di tanto interesse alla cristianità coerente
à sé stesso, e per quelle mire, che non lasciano talora di guidare le azioni dei
grandi uomini non si fosse rivolto alla difesa dell’antipapa Clemente, che certa-
mente giustissimo applauso e laude eterna ne saria a lui pervenuta!» — (Mein.
istor. della perug. Univ. P. I, pag. 125). IL GIURAMENTO DI BALDO, ECC. D)

trattative di pace lasciate in sospeso fin dai tempi di Ur-
bano V e Gregorio XI, e tra i negoziatori scelsero Angelo
fratello di Baldo.

2." Riferii inoltre il fatto delle pubbliche congratula-
Zionij che ebbero i perugini da Venceslao re dei Romani
(amico della famiglia degli Ubaldi) per la loro provata fe-
deltà a Urbano VI.

3. Mi parve poi di tener conto dell ambasceria, che
il magistrato della repubblica perugina affidó a Baldo e al
fratello Angelo, affinché si recassero a Napoli presso Carlo
di Durazzo, strenuo difensore di Urbano.

4^ Nuovo argomento mi offri l'altra ambasceria affi-
data alla stesso Baldo presso il re di Napoli nel 1581, ossia
dopo che il giurista perugino aveva reso il suo secondo Const
lium in favore di Urbano. E mi sembrò utile dimostrare er-
rata lopinione di alcuni storici, i quali narrarono, che scopo
di questa ambasceria era stato quello soltanto di recare a
Carlo le congratulazioni del Comune per la presa del regno,
mentre in effetto i legati dovevano trattare con lui del pa-
cifico stato della repubblica — « secundum formam punctorum
eisdem commissorum » —.

5." Citai a sostegno del mio assunto la circostanza,

000

che nel 1383, essendo la libertà di Perugia minacciata per
opera dell'antipapa Clemente, i magistrati elessero cinquanta
notabili, i quali provvedessero alla conservazione dello stato,
e che tra essi s'incontra il nome di Baldo.

6." Provai insussistenti le argomentazioni del Ferreri
rispetto al luogo, ove, secondo lui, Baldo avrebbe dettato i
due pareri; e spiegai il significato del commento alla De-
cretale — Olim ex literis — dettato da Baldo nel 1397 per
concluderne, che da. esso nulla: poteva rilevarsi circa la pre-
tesa ostilità di Baldo verso Urbano VI.

Toccai infine della inverisimiglianza, che Clemente ri-
chiedesse Baldo di un Consilium, l'autorità del quale sarebbe
stata di nessun valore dal momento, che il legista perugino
MEME QUEM REC EX OVE at . 4
4 O. SCALVANTI

per ben due volte aveva reso parere favorevole alla ele-
zione del papa.

Coi documenti, che avevo allora tra mano, altro non po-
tei addurre a conforto della opinione mia, e segnatamente
dovetti tacere della concessione del feudo fatta dal pontefice
a Baldo, perché, essendo avvenuta nel settembre del 1580,
non escludeva, che il giurista avesse dato di poi un altro
Consilium a favore dell’ antipapa, mentre ferveva tuttora la
disputa tra le due parti contendenti. Anzi dal frammento di
un ms. inedito del conte Girolamo Bigazzini, che trovasi nel-
l'Arch. Universitario di Perugia, era facile ricavare il dubbio,
che Baldo non fosse stato effettivamente investito del feudo;
e la mancanza dell investitura poteva essere interpretata
come effetto della indignazione di Urbano contro chi, dopo
aver sostenuto canonicamente legittima la sua elezione, aveva
prestato di poi il suo valido patrocinio a favore dell anti-
papa. A disperdere ogni ombra di sospetto, conveniva dun-
que rintracciare la prova di una personale benevolenza di
Urbano VI verso il degli Ubaldi dopo un certo lasso di tempo,
quando cioè il periodo delle contenzioni legali tra il papa e
lantipapa era venuto a cessare (1). Ed ora questa prova ab-
biamo.

Un documento, da me prima ignorato, dimostra che Vin-
vestitura del feudo della Biscina ebbe luogo nel 1386. È un

)

rogito del 3 dicembre di quell’anno per mano di Michele di

(1) Il periodo delle dispute legali andò poco oltre il 1380. Nello scisma, a dir
vero, tre partiti vennero delineandosi; uno a favore del papa, uno a favore dell’ an-
tipapa, e un terzo, che non appoggiava apertamente né l'uno né l'altro eletto, ma
chiedeva la convocazione di un concilio per un responso supremo nel vivo dibattito
(Cfr. SCALVANTI Note Biogr.). Clemente intanto, creato pontefice, instaurò un processo
a Urbano, e questi si valse di Baldo e di altri giureconsulti per rispondere tanto ai
fautori dell’ antipapa, che a coloro che dubitavano della sua canonica elezione pur
non aderendo alle parti di Clemente. E anche il papa fece dei veri processi ed emanò,
sentenze contro l’ avversario e i suoi sostenitori. Nell’ atto di concessione a Baldo
del feudo della Biscina, si legge, che Clemente continuava a chiamarsi papa — « post
et contra processus per nos adversus eumdem Robertum ac eius fautores et se-
soPTR y

IL GIURAMENTO DI BALDO, ECC. ; 2

Ser Antonio notaio e giudice del comune di Perugia, col
quale atto Baldo e i figli Francesco e Zanobi prestano giu-
ramento di fedeltà al pontefice in seguito alla feudal con-
cessione. Tal documento venne presentato nel 1618 al Gran
Magistero dei Gerosolimitani per l'ammissione di un Lodo-
vico Baldeschi figlio di Giacomo e di Artemisia della Cornia
nell Ordine di Malta (1).

Prima di riferire latto, mi sembra utile investigare per
qual causa la concessione del feudo avvenuta nel 1580, non
ebbe effetto che nel 1586.

Come ho accennato più sopra, Girolamo Bigazzini nel
ms. della nostra Università, parlando del diploma di Urbano
VI scrisse, che Baldo non potè ricevere la investitura del
feudo attese le molte difficoltà incontrate per parte di chi
legittimamente o no lo possedeva. Infatti la lettera pon-
tificia, colla quale si ingiunge a Paolo, priore del Santo
sepolero di Gerusalemme, di deferire il giuramento di fedeltà
a Baldo, Zanobi e Francesco degli Ubaldi, dichiara che il
feudo co’ suoi vassalli, territorio, distretto e ogni gius ad
esso pertinente, misto imperio (2) e piena giurisdizione, era

quaces factos et solemniter publicatos, per quos ipsum Robertum sententialiter con-
dempnavimus etc.» —. Le contenzioni giuridiche si rinnovarono alla morte di Urbano,
quando gli succedette nel soglio pontificio Bonifazio, IX, perché anche contro di lui
Clemente VII compilò un processo; e più tardi, quando i dottori della Sorbona de-
cisero con un loro Cozsiliwm. olodo, che fosse invitato Clemente a cessare lo scisma
deponendo la tiara, di che egli, secondo l' opinione di alcuni storici, tanto si accuorò
da morirne. Piü fiere divamparono le contese fra Benedetto XIII successore di Cle-
mente e Bonifazio IX, onde il Baldo, nel 1397, scriveva di loro — « Bonifacius signi-
ficat bovem, Benedictus significat bestiam. bellantem, si primam syllabam cuiusvis
nominis prave interpetraris, utraque bestia tam qui boat, quam qui bellat etc.» —
(Cf. Not. Biograf. I). i

(1) Il Documento è nell’ archivio dell’ Ecc. Sig. Conte Lodovico Baldeschi (P. I.
L. I. 2.) da me recentemente ordinato.

(2) L' imperium mixtum, secondo alcuni, equivaleva alla giurisdizione media,
distinta dalla giurisdizione alta (placitum ensis o jus gladij) e dalla bassa, che si
limitava alla cognizione delle cause civili; ma parmi che in tale opinione non vi sia
esattezza giuridica. I due elementi del feudo erano P imperium e Vjurisdictio : il
primo riferivasi al governo nel senso politico e finanziario, e la seconda alla facoltà
di render giustizia, le quali funzioni, nell'éra feudale, non sempre trovavansi riu-
6 : O. SCALVANTI

stato posseduto da Giovanni da Biscina, e prima di lui dal
padre Filippo, conte di Coccorano. Però il pontefice, in altro
passo della sua lettera, fa intendere, che nel possesso del feudo
era a quei giorni sottentrato un tal Giovanni di Guidotto.
Tale possesso era forse viziato da qualche causa di nullità,
o per lo meno non confortato da alcun documento autentico,
onde il papa usa le seguenti parole — « asseritur quod dictus
Joannes Guidotti dictum castrum Biscine detineat et possi-
deat» —. Nè sono più esplicite le altre, che s'incontrano nella
bulla executoria, ove si legge, che — « iniquitatis filius Joannes
Guidotti olim preceptor preceptorie S. Antonij in Apulia or-
dinis S. Augustini dudum emisse dicatur castrum Biscine etc. ».

E il vizio della concessione stava, secondo noi, in questo:
che la vendita del feudo era avvenuta sine permissione illius
domini ad quem feudum pertinebat (1). Difatti, se il papa usa
nelle sue bolle la espressione — asseritur quod diclus Joannes
Castrum Biscine detineat.. — e lY altra — emisse dicatur —
ciò significa che egli non aveva consentito l'alienazione del
feudo. E dico egli e non i suoi predecessori nel soglio pon-
tificio, perché l'acquisto era recente (dudum emisse) mentre
da oltre due anni Urbano VI aveva ottenuto la tiara.

Il motivo poi della concessione ex integro a favore di
Baldo, non era soltanto quello di togliere dal possesso del
feudo chi forse arbitrariamente lo riteneva, ma anche l'altro

nite in una sola podestà. Questo spiegherebbe le parole del testo, che, dopo aver
parlato di imperium mixtum, aggiunge che il concessionario doveva godere dell'in -
tera giurisdizione, i quali termini sembrerebbero altrimenti in contradizione fra
loro. Tuttavia può ritenersi che la espressione omnis jurisdictio significasse ancora,
che nessun diritto veniva riservato al signore del feudo nella cerchia della gyiuri-
sdizione media comprendente la cognizione delle controversie civili e delle penali,
quando non si dovesse irrogare la pena del capo. È noto infatti, che il concedente
spesso riservava a sé la decisione delle cause più importanti in grado di appello e
talvolta anche in prima istanza (Cfr. DUCANGE — voce — imperium, e BEUGUOT —
Assis. geros. I, £6).

(1) Lib. II feud. Tit. EV, Cost. Frideric., e Tit. LXXIIT. L/ alienazione ad Ubellum
era permessa, senza il consenso del signore solo per la metà del feudo (Lib. I feud.
Tit. XIII).
IL GIURAMENTO DI BALDO, ECC. n

di punire in Gio ranni di Guidotto un ardente fautore del-
lantipapa. — « Ex huiusmodi detentione, terris et locis eidem
castro vicinis et dicte Romane Ecclesie subiectis dubitaretur
verisimiliter pericula imminere, pro eo quod idem Joannes Gui-
dotti scismatis labe respersus perditionis alumno Roberto olim
basilice duodecim Apostolorum presbitero Cardinali nunc an-
tipapa, qui se Clementem papam nominat... scienter adherere
et quantum potuit favere presumpstt et presumebat » — . Ciò
dimostra essere stato desiderio di Urbano profittare della ri-
compensa dovuta a Baldo per togliere il possesso del feudo
della Biscina a Giovanni di Guidotto, creatura dell’ antipapa,
e fare in guisa, che in quel territorio non si .stabilisse un
focolare di resistenza e di ostilità verso la Curia romana.

E ammettendo pure, che Giovanni potesse coi sottili ar-
tifizi della ragione feudale fornir la prova del suo legittimo
possesso, non era egli forse decaduto dalla concessione? Nel
giure dei feudi, tra le cause di decadenza, oltre quella di
rivolger le armi contro il proprio signore o in altra . guisa
eravemente offenderlo (1), come nel caso dell ingratitudine (2)
vi era anche l'amicizia contratta cum inimicis domini. E la
glossa (3) spiega opportunamente che debba intendersi per
tale amicizia, ossia mon simplicem, sed animo iniuriae et
damni domino inferendi. E questo era il caso di Giovanni di
Guidotto, imperocchè la sua amicizia coll’ antipapa era ri-
volta evidentemente a ingiuria e danno di Urbano VI. Quindi
anche se il possesso di Giovanni doveva ritenersi legittimo,
perche derivato da regolare concessione, 0 da compra quae-
sito domino, certo è che in virtù di uno degli elementi es-
senziali del feudo, la fedeltà, egli doveva esserne privato dal
momento che parteggiava pel nemico del suo signore.

Il feudo dunque tornava a Urbano VI, in quanto si trat-
tasse di decadenza incorsa per colpa diretta contro il con-

1 Lib. I feud. Tit. V, Qwib. mod. feud. amitt.
(2) Lib. II feud. Tit. XXIII, e Cost. di Enrico nel Tit. LVIII.
(3) Gloss. al Tit. XVII del Lib. I feud.
8 O. SCALVANTI

cedente (1), e poteva formare oggetto di una nuova e libera
> concessione. Senonchè Giovanni di Guidotto, appoggiato dal-
l’ antipapa Clemente, trovavasi nella materiale detenzione

del feudo, e conveniva che il papa desse a Baldo i mezzi

necessari, perchè l'investitura non rimanesse senza effetto, È

ossia lo munisse della defensio propter possesionem (2). Perciò nel- |
l'atto riguardante il giuramento di fedeltà si legge: — « Quo È
circa discretioni vestre per apostolica scripta committimus.
et mandamus, quatenus vos vel duo, aut unus unum per vos
et alium seu alios eosdem Baldum, Franciscum et Zenobium
vel procuratorem eorum nomine, recepto tamen» prius ab eis
et eorum singulis iuramento fidelitatis, iuxta formam quam

sub Bulla nostra mittimus interclusam, de predicto feudo au-
ctoritate nostra énvestiatis, et ipsos vel dictum procuratorem

pro eis in corporalem possessionem castri Discine ac eius terri-
torij et districtus iurium et pertinentiarum predictarum in-
ducatis auctoritate predicta, et defendatis, amotis exinde dicto
Joanne Guidoti et quolibet alio de tempore, ac invocato ad hoc,
si opus fuerit, auxilio brachij secularis, non obstante si pre-

visim a Sede apostolica sit indultum, quod interdici, suspendi

vel excommunicari nou possit per literas apostolicas non
facientes plenam et expressam ac de verbo ad verbum de
indulto mentionem, contradictores per censuram eccelesiasti-
cam appellatione postposita compescendo » —.

|

!

1

| dicto Joanni Guidoti vel quibusvis alijs communiter vel di-
|

|

I

|

Ma né le ragioni desunte dal giure feudale, né le minaecie
di esecuzioni giudiziarie bastavano a far si, che il feudo
o ?

(1) — « Saepe quaesitum est, vasallo propter iustam culpam a feudo cadente,
utrum ad dominum an ad successorem vasalli beneficium pertineat, sed haec distin
ctio tam ratione quam moribus comprobata est, ut, si quidem vasallus ita dominum
peccaverit, ut feudum amittere debeat, non ad proximos.sed ad dominum benefi-
cium revertatur, ut hanc saltem habeat suae iniuriae ultionem. Si vero non in do-
lg minum, sed alias graviter deliquerit, vel grave quid commiserit feudum amittit, et.
È non ad dominum, sed ad proximos pertinet etc. » —. Cosi si legge nel Lib, II feud. 5
Tit. XXIV, commentato da Baldo degli Ubaldi.
(2) Lib. I feud. Tit. IV. Si de investit.-feudi controv. fuerit.
IL GIURAMENTO DI BALDO, ECC. 9

della Biscina potesse esser reso libero e vacuo da Giovanni
di Guidotto, in modo che la investitura e l'immissione nel
corporale possesso delle terre venisse effettuata a favore di
Baldo e dei figli. È ben vero, che, per le leggi feudali, Baldo,
ricevuta la concessione, aveva il diritto di costringere il suo
signore ad immetterlo nel possesso del feudo (1); ma poteva
Baldo valersi di questo strictum ius verso la persona del
pontefice e di un pontefice che aveva nome Urbano VI?.
Intanto bisogna ricordare, che appunto nel volgere dell'anno
1380 Lodovico d'Angió stava preparando la spedizione in
favore dellantipapa Clemente, il quale fin dal 1519 aveva
fatto al principe francese la cessione del regno di Adria (2),
in eui era compresa Perugia col suo distretto. Questa spe-
dizione interrotta nel 1380 per la morte del re di Francia,
fratello di Lodovico, nellanno appresso veniva con largo
apparecchio d'armi effettuata. Non ere dunque propizio il
momento per ottenere che il braccio secolare intervenisse con
efficacia a favore di Baldo. Sei anni dopo invece o a causa
della morte di Giovanni di Guidotto (3), o a causa delle mu-
tate condizioni politiche della curia romana, diveniva facile
quello che prima sarebbe sembrato impossibile, e cioé che
il decreto papale riguardante la concessione della Biscina
potesse essere eseguito.

E qui è mestieri che io giustifichi le parole da me ado-
perate e relative alle mutate condizioni politiche della curia
romana.

Se si esaminano le vicende storiche dal 1378 al 1386
(anno nel quale Baldo e i figli prestarono il giuramento di
fedeltà a Urbano VI) ciascuno può scorgere la differenza che
intercede fra il periodo dal 1378 al 1384, e quello dal 1384

(1) — « Etsi investitura facta fuerit coram paribus curtis, aut in brevi testato,
recte eum qui investitus est cogitur dominus mittere in feudi possessionem (Lib. 1
feud. Tit. IV).
(2) Cfr. SCALVANTI, Note biografiche ecc.
(3) Vedi la Nota al Doc. di investitura del 3 dicembre 1386.
T0 : O. SCALVANTI

«al 1386. Essi si assomigliano in una cosa sola, nell'aver dato

entrambi occasione al bollente pontefice di dimostrare la tur-
bolenza e inesorabilità del suo carattere; ma ben diversi
furono gl'impulsi che agirono sull’animo di lui. Nel primo
periodo la fiera contesa è coll antipapa. Questi nel 1579
muove guerra aperta al pontefice, e spedisce contro di lui il
nipote Mongioja e Bernardo Sala con molti fanti e cavalli,
e forse i due capitani avrebbero occupato Roma, se non fosse
accorso sollecitamente in aiuto del papa il conte Alberico
da Barbiano. Dodici miglia lontano dalla città egli diede
battaglia all esercito dellantipapa, e lo sconfisse tenendo
prigioni i due condottieri.

Questa vittoria delle armi pontificie parve per un mo-
mento assicurare la fine dello scisma, e ció sarebbe indub-
biamente avvenuto, se la regina di Napoli (altamente offesa
da Urbano, perché questi aveva concesso l'ereditiera del

reame di Sicilia, ricercata da un parente di Ottone di Brun-

swich, marito di Giovanna, al proprio nipote Francesco Pri-
gnani) non avesse accolto con manifestazioni di ossequio il
fuggitivo Clemente, malgrado le lettere di Caterina da Sie-
na (1), nelle quali la santa donna le prediceva, che avrebbe
perduto il regno e la vita, ove non si fosse allontanata dallo
scisma. Se non che l' andata di Clemente a Napoli non sorti
oli effetti da lui e dalla regina cosi vivamente desiderati,
perché il popolo gli si mostró ostile in modo che, lasciata la
città, egli dovette riparare a Fondi, e di là recarsi a. Mar-
siglia, d'onde passó ad Avignone per istabilirvi la sua resi-
denza.

Del resto lantipapa, invasato dalla idea di poter dimo-
strare, che l'elezione di Urbano non era canonicamente valida,
ebbe ricorso al parere di giuristi. Alla sua volta il pontefice
nel volgere del 1380, interpellava celebri giureconsulti; Baldo
degli Ubaldi, nel cui Trattato, scrive Giuseppe De Novaes,

(1) Epis. 309.

anch

Tuer IL GIURAMENTO DI BALDO, ECC. 11

si esaminano diligentemente tutti i lati della controversia, e
con venti proposizioni, confermate da incontrastabili motivi,
si prova canonicamente legittima la elezione di Urbano;
Giovanni da Lignano (1) e Raffaele Maffei siciliano, che
scrisse un libro — De vera Urbani VI pontificis electione

dedicato a Carlo di Durazzo, col proposito di ritrarlo dallo

scisma; audace quanto generoso tentativo, che fruttó all'in-
felice giureconsulto una dura prigionia, la quale.ebbe termine
solo dopo la morte del re (2). Del resto, è d'uopo confessarlo,
sebbene le ragioni addotte a favore del papa fossero guidate
da buon criterio giuridico e sussidiate dalle fonti canoniche,
e sebbene stessero per Urbano S. Caterina da Siena, Pietro
principe reale di Spagna, religioso francescano di chiare virtü
e di rara dottrina, Alfonso già vescovo di Jena e poi com-
pagno di S. Brigida nelle sue peregrinazioni, pure non bisogna
dimenticare, che a pró di Clemente si schierarono un Vin-
cenzo Ferreri, oracolo della nazione spagnuola e confessore
dell'antipapa ne' primi due anni del suo pontificato, e Pietro
di Luxemburgo chiamato il modello dei sacerdoti.

Di guisa che, mentre al papa ubbidivano l'Italia in ge-
nerale, l'Inghilterra, la Germania, le Boemia, l'Ungheria, la
Polonia, il Portogallo, la Danimarca, la Svezia, la Norvegia
ela Prussia, Clemente era riconosciuto come vero pontefice
in Francia, Spagna, Scozia, Cipro, Sicilia e in altre provincie.
Il vivo incrociarsi delle dispute operò sì, che molti e gravi
scrittori del tempo e alcuni più recenti ebbero a dichiarare
candidamente, che da Urbano VI (a. 1378) a Martino V, quan-
do nel 1429 per la rinunzia di Egidio di Barcellona creato
antipapa col nome di Clemente VIII, ebbe termine lo scisma,

(1) Vedi Note Biogr.
(2) Più tardi si ebbero altri scritti in favore di Urbano VI. trai quali é degno
di particolar menzione il Trattato diffuso nel 1389, da Giovanni di Montesono, teo-
logo domenicano e seguito da un altro Consiliwm, e l'Apologia di Angelo Acciaioli,
vescovo di Firenze e cardinale di S. Lorenzo in Damaso.
O. SCALVANTI

non si sapeva più chi fosse il vero papa (1). Intanto sul fon-
damento delle ragioni addotte dai giuristi, Urbano istruisce
contro Clemente e i suoi partigiani dei rigorosi processi, di
cui ci parlano il Raynald ed altri storici; e Clemente fa lo
stesso contro il papa e i suoi sostenitori. Nell'aecanita ten-
zone si arriva fino a rappresaglie crudeli da entrambe le
parti; chè se Urbano diede sempre saggio della sua natura
schiva di qualsiasi freno, non furono da meno l'antipapa e
i suoi seguaci, che fieramente perseguitarono colla prigionia
e ben anco colla morte i fautori di Urbano. Il pontefice as-
sedia Castel S. Angelo, tenuto dagli avversari, l'occupa e ne
fa pubbliche feste; predica la crociata contro Clemente e la
regina Giovanna e dalluna parte e dall altra si assoldano
compagnie di venturieri. Urbano invita Lodovico re di Un-
gheria e di Polonia a scendere in Italia, mentre la regina
Giovanna, adotta per figlio, coll’assenso dell’antipapa, Lodovico
d'Angiò, e lo sollecita a prestarle aiuto con un fiorito eser-
cito. Carlo di Durazzo, nipote di Lodovico ungaro, viene in
Italia, va a Roma, e riceve la investitura del reame di Na-
poli e la corona dalle mani stesse del pontefice. Giovanna,
tenuta prigione da Carlo, non può tornare a libertà per opera
dell’angioino, e muore nel tragico modo che gli storici nar-

(1) Cfr. WERNER BOLLEWTUCK in fasc. Temporum ad an. 1378, appresso Pistorio,
T. II Script. rerum germanic, pag. 567. È notevole poi quanto scrive di questo pe-
riodo fortunoso per la Chiesa S. Antonino (C/won. Parte HT, Tit. 22, cap. 2), e cioè
—.« che la questione del vero pontefice restò allora dubbiosa per molti; perché, se
é necessario credere, che essendo la Chiesa cattolica una sola, uno debba esserne
il pastore, pure quando in occasione di ung scisma piü sono i pontefici eletti, non
sembra necessario credere che questo o quello sia il vero papa, ma che sia quello
che fu canonicamente eletto. Chi poi sia stato quello canonicamente eletto, nessuno
è obbligato a saperlo, come non é obbligato a conoscere il diritto canonico, ma in
ciò possono i popoli seguire con sicurezza di coscienza il sentimento dei loro supe-
riori e prelati » —. Il Briezio poi, in Ann. ad ann. 1378 narra, che il Cardinale Baronio
scriveva al suo amico Jacopo Sismondi, che nulla più increscevagli che di essere per-
venuto a questi tempi, nei quali indarno avrebbe cercato di dare fondamenti po-
sitivi e incrollabili alla sua storia (Cfr. VrrroRELLI, in Add. ad Giacon. Tomo II,
pag. 734, LAMBERTINI, De serv. Dei beat. lib. II, cap. 20, n. 7, e SPONDANO, Aziz.
€ccles. ad an. 1378,

«om —

—— — Mom

IL GIURAMENTO DI BALDO, ECC. 13

rano. La contesa fra Carlo e Lodovico di Francia si inizia
colle armi, e nel 1384, per la morte di quest’ ultimo, Carlo
rimane vincitore e in possesso del regno.

Fino a questo momento Urbano si era agitato in cupe
imprese contro Clemente, la regina Giovanna e i cardinali,
che riteneva favorevoli allantipapa; ma non appena Carlo
restó padrone del reame, le cose mutarono sostanzialmente
di aspetto. Si vide Urbano non piü turbato dal sospetto che
Clemente potesse strappargli la tiara, ma invaso dall'idea,
che lo stesso Carlo gli usasse tradimento.

Tra le vittime di queste continue paure del papa basti
citare Pileo dei Conti da Prato, cardinale di S. Prassede,
tenuto prigioniero da Urbano pel dubbio che, d' accordo con
Carlo di Durazzo, avesse tentato, di propinargli un veleno;
Giovanni Amadeo veneziano, eccellente teologo ed oratore
insigne, fatto uccidere pel sospetto che fosse a parte di una
congiura ordita contro la curia romana; Bartolomeo di Co-
turno, francescano, celebre nelle dottrine sacre e nell’ elo-
quenza, e perciò stimato degno della porpora, anch'egli prima
costretto a vivere ramingo, indi riconciliato col papa, e nuo-
vamente caduto sotto l'imputazione di congiurare col re di
Napoli a’ danni del pontefice, e perciò gettato in un'orrenda
prigione, e poi fatto morire, insieme ad altri prelati, in Genova
nel 1385; Bartolomeo Mezzavacca, nobile bolognese, uditore
di Rota, e quindi cardinale col titolo di S. Marcello, fulmi-
nato dallira del pontefice per non avere corrisposto al suo
desiderio nella missione affidatagli presso il re di Napoli al-
l'effetto di indurlo a cedere il ducato di Capua e di Amalfi
a Francesco da Prignano, onde il prelato, per sottrarsi a un
violento castigo, riparò ad Avignone presso Clemente; Gentile
da Sangro, altro porporato, caduto in disgrazia di Urbano
VI e fatto morire dopo lunga prigionia; Galeotto Tarlati di
Pietramala, cardinal diacono di S. Agata, due volte colpito
dallo sdegno del papa e costretto a fuggire. In ispecie, come
si è detto, premeva al pontefice di assicurare le sorti del
14 : O. SCALVANTI ©

suo nipote Francesco da Prignano, e poichè era intervenuto
accordo che la terra di Nocera dovesse appartenere a lui, il
papa vi si recò ad esercitarvi la sua signoria, e là volse in
mente il progetto di spogliare Carlo del reame per farne
dono al proprio nipote (1). Il re, avuta notizia della con-
giura, volle che Urbano si trasferisse a Napoli per aver
nelle mani il terribile avversario, ma questi rispose altezzoso
e fiero, che egli non sarebbe per muoversi da Nocera, e che
il re doveva immediatamente togliere ai napoletani il carico
di certe gabelle. Era un atto di sovranità che Urbano in-
tendeva di compiere, come solenne affermazione dei diritti
della S. Sede sul reame, ma Carlo replicò, che egli si tro-
rava nel proprio dominio conquistato con le armi e che a
nessuno doveva obbedienza. Perciò non solo rifiutossi di to-
gliere quei. balzelli, ma annunciò al papa che ne avrebbe
introdotti dei nuovi. Indi guerra aperta fra il pontefice e il
re di Napoli, che mise capo alla scomunica lanciata contro
Carlo all’assedio di Nocera, ove si trovarono, per la parte del
re Ramondello Orsini, e Tommaso di Sanseverino per quella
del papa.

be non che il contegno di Urbano non piacque a molti
cardinali stessi che lo avevano seguito a Nocera, e, a quanto
sembra, per loro suggerimento Bartolino da Piacenza (2),
pregiato legista di quei di, divulgò una sua scrittura, nella
quale sostenne, che, essendo il papa recalcitrante ai consigli
dei suoi cardinali, doveva ricevere uno o più curatori, che
lo assistessero nella trattazione dei più gravi negozi. Che
avvenisse per questo fatto, è noto; esso provocò nuovi atti
di crudele repressione da parte del pontefice. Depose egli
sei cardinali, che ritenne ispiratori dello scritto di Bartolino,

(1) Francesco Prignano o da Prignano, quando nel 1389 vide lo zio pontefice
all'estremo della vita, riparò ad Ancona, ma, caduto nelle mani de’ suoi nemici, fu
condotto nelle carceri di Perugia, ove stette finché nònrinunziò a tutti i suoi feudi.
(2) Questo Bartolino era procuratore nella Corte pontificia.
IL GIURAMENTO DI BALDO, ECC. : 15

ossia Gentile da Sangro, Lodovico da Venezia, Adamo di
Eston, nato nella contea di Erfort in Inghilterra, monaco
benedettino di insigne pietà e scienza, Bartolomeo arcive-
scovo di Genova, Giovanni Doria dell'episcopio di Corfù e
Marino del Giudice, che teneva il vescovado di Taranto. Ma
la deposizione non bastava; e i miseri prelati, carichi di catene,
sempre in sospetto di morte, vennero trascinati di città in
città, dovunque il papa si recasse. Il solo cardinale di Londra,
Adamo di Eston, fu liberato per intercessione del re d'In-
ghilterra, gli altri, dopo tanto martirio (1), fatti annegare o
strangolare (2). E le sevizie esercitate verso di loro durante
la prigionia dovevano naturalmente suscitare contro il papa
odi, rancori e fremiti di vendetta. Ed invero, essendo egli a
Genova mentre meditava la strage di quegl’infelici, vi fu
un tentativo per liberarli dal carcere, €, riuscito vano, il papa
entrò in sospetto, che si fosse cercato di avvelenarlo, onde
nuove e gravi persecuzioni contro i pretesi congiurati e l'e-
stremo partito di uccidere i prigionieri. Né, colla morte di
Carlo, ormai nemico della curia romana, dovevano cessare
le smanie del pontefice, perchè se l'orizzonte politico pareva
rasserenarsi per la dipartita del temuto principe, si andava
rannuvolando per la venuta di Ottone di Brunswich, bramoso
di vendicare la morte della regina Giovanna, stata sua
consorte.

Insomma può dirsi, che dal 1384 al 1386 Urbano VI
altro non facesse che agitarsi nei più angosciosi dubbi sulla
fedeltà del re di Napoli e dei suoi aderenti. In questo tratto
di tempo, di Clemente si fa parola solo per narrare, che
presso di lui nel 1386 si rifugiarono Pileo da Prato arcive-
scovo di Ravenna e Galeotto Tarlato sospettati di congiu-
rare contro il papa.

(1) In che modo Urbano VI trattasse questi suoi prigionieri narra il Bercastel,
Historie de V Eglise, Tomo XIV, pag. 306,

(2) Il PLaTINA (Vita di Urbano VI) scrive — « che i cinque cardinali, rimasti
dopo la liberazione di Eston, furono gettati in mare legati dentro sacchi » —.
16 O. SCALVANTI

Lo stesso carattere di Urbano rustico ed inesorabile, come
scrive il Platina, aveva dovuto prendere un'altra direzione.

Nel 1380 egli inveisce colla scomunica contro la regina Gio-
vanna, pubblica censure e depone Bernardo da Caos arcive-
scovo di Napoli per aver prestato obbedienza a Clemente, e
nel 1583 lancia una bolla, che gli storici più gravi giudica-
rono scandalosa, contro i cardinali, che non volevano seguirlo
a Napoli, dove si recava per sollecitare il re a dar termine
alla guerra coll'angioino. In appresso invece la sua bollente

natura si sfoga contro Carlo e contro chiunque osi parteggiare
per lui.

Della elezione di Urbano ormai di rado si parlava. Cle-
mente VII, lontano dall'Italia, non aveva nelle cose nostre
politiche ingerimento alcuno. A lui bastava la quiete di Avi-
gnone, e perciò i suoi fautori in Italia andavano ogni di
scemando di numero, e potevano dal focoso pontefice essere
tenuti a freno. Fu allora che Urbano VI, pure agitato nelle
contese col re di Napoli, potè dare solenne sanzione alle
promesse fatte a coloro, che lo avevano servito nelle prime
contenzioni dello scisma, fra i quali era il gran Baldo di
Perugia.

Tutti questi fatti spiegano la ragione, per cui la immis-
sione in possesso del feudo non ebbe luogo all’ atto della con-
cessione. Il papa fece sibbene consegnare a Baldo nel 1380 il
diploma feudale cum filis sericis, la bolla esecutoria cum
cordula canapij (1), e Y altra, în qua’ continebatur forma
cuiusdam juramenti fidelitatis, tutte munite di bolla plum-
bea. Questo era in piena armonia col gus. feudale, in
quanto la concessione non avesse effetto senza l'investi-
tura, atto che racchiude in sè la vera matura feudi, la
nota incancellabile, in virtù della quale — « si princeps in-

ali REN MAO

e e ae o ED e TE eA mIPEHR

(1) È noto che le Bolle spedite in materia gratiae hanno il sigillo appeso a
fili di seta, e quelle spedite in materia iustitiae o edxecutoriae recano il sigillo pen- -
dente e cordula camapij.
IL GIURAMENTO DI BALDO, ECC. 17

Vestiverit capitaneos suos de aliquo feudo, non potest eos
devestire sine culpa » — (1). Alla sua volta l investitura do-
veva essere accompagnata dall’ immissione in possesso, ele-
mento di fatto, che ebbe nell oscurità del regime feudale
importanza massima (2), e fu ritenuto come estremo neces-
sario per l'esercizio dell’ imperio e della giurisdizione. Anzi
in molti testi la investitura è definita — « nihil aliud. quam
possessio, et proinde investire nihil aliud est quam in posses-
sionem feudi vasallum mittere » — (3). E noto pol, che
spesso molte concessioni, sebbene munite di ogni forma le-
gale, non sortivano alcun pratico effetto, appunto per la pre-
ralenza, che l'elemento materiale aveva sull'elemento formale,
per cui se un vassallo diceva di possedere la terra pro feudo,
e il signore sosteneva di avergliela data solo per guardiam
o nomine gastaldiae (concessione spesso di carattere preca-
rio) (4), l'onere della prova incombeva al concedente (5).

Ora il caso di Giovanni di Guidotto era appunto questo,
di trovarsi nel possesso del feudo, e tanto più tornava dif
ficile spogliarnelo, attesa l’ostilità che regnava tra lui e la
curia pontificia. Venuti tempi migliori, cioè sei anni dopo la
concessione, il pontefice fece a favore di Baldo la investitura
e la immissione nel corporale possesso del feudo.

d era mai possibile, che Urbano ignorasse anche allora,
che il giureconsulto perugino aveva dato un parere in favor
di Clemente, se questo fatto fosse realmente avvenuto? E
allora perché avrebbe tenuto ferma la concessione, e oltre

(1) Lib. I feud. Tit. VIT, De natura feudi. Tale era la regola, sebbene per la
consuetudo vecti feudi (Lib. II, feud. Tit. XXXIII) si potesse avere concessione feu-
dale senza la cerimonia solenne dell' investitura, e cioé quando — « dominus alicui
coram paribus curiae dixerit — Vade i» possessionem illius feudi et teneas. istum
pro feudo » —. Peró il lettore comprende, che una simile esplicita dichiarazione fatta
dinanzi ai pari, doveva ben valere il cerimoniale dell’ investitura.

(2) Lib. I feud. Tit. IV, De investit. feudi 8 1 a 4.

(3) Lib. II feud. Tit. II.

(4) Lib. I feud. Tit. II De feudo guardiae.

(5) Lib. I feud. Tit. IV, 8 3 e 4.
18 O. SCALVANTI

a ciò l'avrebbe resa produttiva di ogni effetto giuridico?
Noi abbiamo visto qual’ uomo era Urbano VI, insofferente di
ogni oltraggio che si facesse al suo nome. Sarebbe quindi
inverosimile tanto la tolleranza di lui verso Baldo, quanto
la fiducia di quest’ultimo nella benignità del papa. Perciò è
d’uopo ritenere, che i rapporti fra il giurista e il pontefice
in quel lungo tratto di tempo, furono sempre ottimi, e questo

“non sarebbe stato, se all'orecchio del papa fosse giunto an-

che il più remoto cenno sul consiglio di Baldo in favor di
Clemente.

Le lettere presentate dal giureconsulto a Paolo priore del
Santo Sepolcro Gerosolimitano incaricato di ricevere il giu-
ramento e di fare l' investitura del feudo, erano tre: la prima
conteneva l’atto di concessione a favore di Baldo, Francesco.
e Zanobi ; la seconda, dopo un sunto dell'altra lettera, recava
il precetto esecutorio; la terza racchiudeva la formula del
giuramento. I quali documenti sono interamente trascritti nel
rogito di Michele di Ser Antonio da Perugia, da cui si rileva,
che sette furono i testimoni adibiti a presenziare l atto cwm
multis alijs astantibus. Crediamo pertanto inutile riferire qui
l'atto di concessione, ossia la prima delle bolle presentate
per la investitura, poiché fu già pubblicata (1). Daremo quindi
il testo del rogito 3 dicembre 1386 e quello delle altre due
lettere inedite :

1386, dicembre 3.

In Dei nomine Amen. Anno domini MOCCLXXXVj, indictione nona
tempore Domini Urbani divina providentia pape sexti die tertia mensis
xmbris. Noverint universi et singuli inspecturi presens publieum in-
strumentum, quod venerabilis vir D. Baldus de perusia V. J. D. ac
honorabiles Franciscus et Xenobius eius nati cives perusini porte San-
cti Petri et parochie Sancte Lucie, comparuerunt et se representave-
runt eoram Rev. in xpo patre et domino Paulo Priore Dominici sepuleri

(1) Vedi SCALVANTI, Not. Biogr. App. Doc. VI.
IL GIURAMENTO DI BALDO, ECC. 19

Hierosolimitani Perusie exequtore apostolico deputato eisdem D. Baldo
Francisco et Xenobio, una cum S. Marie Vallispontis et sancti Petri
Vallispontis perusine diocesis monasterij abbatibus cum clausula qua-
tenus ete, pro tribunali sedenti in quadam loggia seu prosillo posito in
domo sancte Crucis perusie P. S. P. ubi prefatus D. prior moram tra-
hebat tanquam in membro dieti prioratus ibidemque eidem D. priori
presentaverunt tres literas apostolicas, unam videlicet gratiosam cum
filis sericijs et alteram exequtoriam cum cordula canapij, et reliquam
in qua continebatur forma cuiusdam juramenti fidelitatis similem cum
corda canapij veras et integras, non vitiatas, non suspectas, sed omni
prorsus vitio et suspitione carentes bullis plumbeis D. N. Urbani pape
sexti more romane curie bullatas, in quibus bullis ab uno latere sculta
erant duo capita, videlicet capita beatorum Petri et Pauli, et inter
facies erat seulta quedam erux, desuper vero erant sculte quedam lit-
tere, videlieet S. Pa. S. Pe. et ab alio latere erant sculte quedam littere
que dicebant — Urbanus papa Vj — cum quibusdam aquilis (1) et ca-
pitibus aquilarum, quarum litterarum apostolicarum tenor per omnia
de verbo ad verbum sequitur, et est talis (2):

. . . . . . . . . . . . . . . .

1380, settembre 3.

Urbanus Episcopus servus servorum Dei dilectis filijs S. Marie Val-
lispontis et S. Pauli Vallispontis perusine diocesis monasterij abbatibus,
ac priori dominici sepuleri Hierosolimitani perusie salutem et aposto-
lieam benedictionem. Devotionis sinceritas ac probata et constans fide-
litas, quas dilecti fili Baldus de perusio V. J. D. et franciscus ac Xe-
nobius eiusdem Baldi nati, cives perusini erga nos et romanam ecele-
siam habere noscuntur, nec non grata et accepta servitia que idem
Baldus nobis et dicte ecclesie hactenus impendit et adhue impendere
sollicitis studijs non desistit, merito nos inducunt, ut non solum eorum
personas sed et ipsorum posteros specialibus gratijs et favoribus pro-
sequamur. Cum itaque iniquitatis filius Joannes Guidotti olim prece-
ptor preceptorie S. Antonij in Apulia ordinis S. Augustini, dudum
emisse dicatur castrum Biscine situm prope territorium perusinum,
cujus confinia sunt territoria Petrorij, Pegli et Cochorani castrorum, et

(1) L' aquila figura nello stemma dei Prignano, dalla cui famiglia discese Bar-
tolomeo arcivescovo di Bari, poi pontefice col nome di Urbano VI.

(2) Segue la lettera del settembre 1380, da noi pubblicata nelle Note Biogr. e
che perciò non viene qui riferita.
20 O. SCALVANTI

quod olim fuit Joannis de Biscina nati q. Philippi comitis Cochorani
et sicut asseritur dietus Joànnes Guidotti dietum castrum Biscine de-
tineat et possideat, ac ex huiusmodi detentione terris et locis eidem
castro vieinis et diete romane Ecclesie subiectis dubitaretur verisimi-
liter perieula imminere, pro eo quod idem Joannes Guidotti scismatis
labe respersus perditionis alumno Roberto olim basilice de duodecim
apostolorum presbitero cardinali nunc antipape, qui se Clementem pa-
pam nominat, et post et contra processus per nos adversus eundem
Robertum et eius fautores et sequaces factos et solempniter publicatos,
per quos ipsum Robertum sententialiter condemnavimus tanquam he-
retieum puniendum, scienter adherere, et quantum favere presumpsit
et presumebat, nos volentes huiusmodi periculis obviare ac personas
dietorum Baldi, Francisci et Zenobij ipsorumque descendentibus propter
eorum merita et virtutes ac intuitu servitiorum predietorum speciali
gratia prosequi et favere ipsorum in hae parte supplicationibus ineli-
nati, predietum castrum Biscine cum suis vassallis ac territorio et di-
strietu ac iuribus ae pertinentijs universis ac bonis mobilibus in dicto
castro existentibus, et ad custodiam dicti castri pertinentibus nee non
mero et mixto imperio et omnimoda iurisdictione, prout illud predicti
Joannes de Biscina et q. Philippus eius pater tenuerunt et possede-
runt, eisdem Baldo, Francisco et Zenobio et ipsorum posteris ex eorum
corporibus per lineam masculinam legittime descendentibus, in perpe-
tuum feudum et sub annuo censu unius paris sutellarium de rubeo
coreo cum aurifrisio desuper in modum crucis consuto, prout romanus
pontifex communiter uti consuevit, confectorum per ipsos vel posteros
et descendentes predictos annis singulis in vigilia seu festo beatorum
apostolorum Petri et Pauli de mense iunij camere apostolice in loco, ubi
nos vel nostri romani pontifices pro tempore residere contingerent
persolvendo, auctoritatem apostolicam de speciali gratia concessimus,
et efficaciter assignavimus. Volumus autem quod si contingeret, quod
absit, huiusmodi lineam masculinam ex omnibus ipsis Baldo, Francisco
et Zenobio deficere, dilecti filij Petrus et Angelus de Perusia legum
doetores dieti Baldi germani et cives perusini, ac ipsorum posteri per
lineam masculinam ex ipsorum corporibus legittime descendentes, eo
casu eisdem Baldo Francisco et Zenobio in huiusmodi feudo commu-
niter succedant et feudum ipsum ad eos communiter et ipsorum poste-
ros predietos sub predicto censu libere devolveretur, quodque quandiu
ipse Baldus egeret in humanis feudum seu castrum huiusmodi propter
censum seu canonem debitis temporibus non solutum nullatenus cade-
ret in commissum, sed quoad viveret idem Baldus dumtaxat licere sibi

et filijs suis predietis moram purgare absque eo quod penam aliquam

SESSI IL GIURAMENTO DI BALDO, ECC. 21

incurrerent. Quocirea discretioni vestre per apostolica scripta commit-
timus, e£ mandamus quatenus vos vel duo aut unus unam per vos vel
alium seu alios eosdem Baldum, Franciscum et Zenobium vel procu-
ratorem ipsorum eorum nomine, recepto tamen prius ab eis et eorum
singulis iuramento fidelitatis iuxta formam quam sub Bulla nostra
mittimus interclusam de predicto feudo auctoritate nostra investiatis et
ipsos vel dietum procuratorem pro eis in corporalem possessionem ca-
stri Biscine ac eius territorij et districtus iurium et pertinentiarum
predietarum inducatis auctoritate predicta, et defendatis inductos amotis
exinde dieto Joanne Guidotti, et quolibet alio de tempore ac invocato
ad hoe, si opus fuerit, auxilio brachij secularis non obstante si predicto
Joanni Guidotti vel quibusvis alijs communiter vel divisim a Sede
apostoliea sit indultum, quod interdici, suspendi vel excommunicari non
possit per literas apostolicas non facientes plenam et expressam ac de
verbo ad verbum de indulto huiusmodi mentionem, contradictores per
censuram ecclesiasticam appellatione postposita compescendo. Datum
Rome apud S. Petrum tertio nonas septembris, Pontificatus nostri anno
tertio.

[Seque il rogito del 3 dicembre 1386, e la trascrizione della formula
del giuramento contenuta nella terza Bolla].

Item sub alia Bulla continebatur insertus tenor, qui sequitur in
forma iuramenti. Ego Baldus de Perusio utriusque iuris doctor ab hac
hora in antea quandiu vixero fidelis et obediens ero B. Petro, sancte-
que romane eeclesie et domino meo Domino Urbano divina providentia
pape vj, suisque successoribus canonice intrantibus; non ero in consi-
lio aut consensu vel facto ut vitam perdant, vel membra, vel capian-
tur mala captione, eonsilium vero quod mihi creditum est per se aut
nuncios sive per literas ad eorum damnum me sciente nemini pandam,
papatum romanum et regalia S. Petri adiutor eis ero ad retinendum et
defendendum et recuperandum contra omnem hominem, nec ero in
consilio vel in facto seu tractatu in quibus contra ipsum et eandem
romanam ecclesiam aliqua sinistra vel preiudicialia machinentur, et si
talia a quibusvis procurari novero vel tractatum impediam pro posse
et quancitius potero signifieabo comode alteri per quem possit ad eorum
notitiam pervenire. Item Roberto olim Basilice duodecim apostolorum
dieto Gebenensi nune antipape, qui se Clementem papam nominat vij,
Joanni olim tituli S. Clementis et Petro olim Sancti Eustachij dicte
ecelesie cardinalibus perditionis filijs iusto Dei iudicio auctoritate apo-
stolica condemnatis et eorum sequacibus et dantibus eis vel eorum
alieui auxilium consilium vel favorem cuiuscumque fuerit preminentie,
DI

22 O. SCALVANTI

ordinis religionis, condictionis, aut status, et si pontificali, regali vel
alia quavis prefulgeant dignitate etiamsi fuerint romane ecclesie car-
dinales seu alijs quibuscumque per ecclesiam denotatis vel in posterum
denotandis, quandiu extra gratiam et communionem sedis apostolice
permanebunt, non dabo quovis modo per me vel alium directe vel in-
directe publiee vel oeulte auxilium, consilium vel favorem, nec ab alijs
quantum in me fuerit et impedire potero dari permittam secundum
posse meum donee convertantur iuxta processus apostolicos prout iu-
stum fuerit prosequar, sic me dominus Deus adiuvet et hec Sancta
Dei Evangelia.

[Dopo la trascrizione della formula, riprende il rogito di investitura].

Quas quidem litteras et contenta in eis predicti domini Baldus,
Franciscus et Zenobius non recedentes ab acceptationibus dudum fac-
tis, sed potius persistendo, iterum et de novo acceptaverunt et ratifi-
caverunt ex certa scientia omni modo via iure et forma quibus melius
potuerunt, et petierunt per ipsum D. Priorem executionem dictarum
litterarum iuxta formam a sede apostolica sibi traditam, et obtulerunt
se paratos prestare iuramentum fidelitatis in forma contenta in litteris
suprascriptis, ipsumque iuramentum eis et cuilibet eorum deferri humi-
liter postulaverunt. Qui D. prior exequtor velut obedientie filius dictas
litteras humiliter et reverenter recepit, et volens procedere ad exequtio-
nem contentarum in eis, visis dictis litteris apostolicis et ipsorum et
cuiuslibet earum tenore viso, lecto et intellecto habitaque ipsarum
litterarum plena et totali notitia, considerans dictam petitionem esse
iustam eis et cuilibet eorum dictum detulit iuramentum. Qui D. Bal-
dus, Franciscus et Zenobius dictam delationem cum reverentia acce-
ptaverunt, ipsumque iuramentum in hac forma corporaliter manibus
tactis per eos et quemlibet eorum sacrosanctis Evagelijs existentibus
in manibus et super manibus dicti D. Prioris prestiterunt. In primis
namque iuravit D. D. Baldus sub hae forma, videlicet :

[Non si riferisce la formula, perchè è la stessa contenuta mella
terza lettera di già trascritta].

Et demum dicti Franciscus et Zenobius quilibet verba ad se ipsum
referendo sub eadem forma sollepniter iuraverunt, quibus sie actis et
peraetis prefati D. Baldus, Franciscus et Zenobius et quilibet eorum
flexis genibus coram dicto D. Paulo Priore, petierunt se et quemlibet
eorum de dicto feudo investiri, et ad ulteriorem executionem conten-
torum in dictis litteris apostolicis procedi. Qui D. Prior considerans
dietam petitionem iustam fore volens apostolicis obedire mandatis pre-
IL GIURAMENTO DI BALDO, ECC. 23

4ietos D. Baldum, Franciscum et Zenobium et quemlibet eorum pre-
sentes et acceptantes de dicto feudo castri Biscine cum suis vassallis,
territorio et districtu, ac iuribus et pertinentijs universis, ac bonis mo-
bilibus eisdem concessis, nec non mero et mixto imperio, ac omnimoda
iurisdietione prout illud predictus D. Joannes de Biscina et D. Philip-
pus eius pater tenuerunt et possiderunt, ac de dicto feudo per baculi
traditionem et annuli appositionem sollepniter et legittime auctoritate
apostolica sibi concessa investivit. Et insuper ipsos in corporalem pos-
sessionem dieti castri Biscine ac eius territorij et districtus, iurium et
pertinentiarum predietorum, quatenus potuit, per dicti baculi et annuli
traditionem auctoritate predicta induxit et quemlibet predictorum ca-
stri, territorij, districtus, iurium et pertinentiarum detentorem et occu-
patorem pronunciavit amovendum ab occupatione et detemptione pre-
dietis, et quantum potuit auctoritate predieta amovit (1). Et ad eorum
et cuiuslibet eorum petitionem quantum ad dieti exequtoris potestatem
et auctoritatem pertinet de dietis rebus et iuribus feudalibus, nec non
mero et mixto imperio et omnimoda iurisdietione predictis omni modo
meliori via et forma, quibus melius potuit amovit et amotum esse
declaravit quemlibet intrusum et illieitum detemptorem. Rogantes pre-
dieti D. Prior, D. Baldus, Franciscus et Zenobius et quilibet eorum
me notarium infrascriptum, quod de predictis conficerim instrumentum
publieum unum vel plura prout fuerit opportunum.

Acetum in dietis domibus sancte Crucis videlicet in logia sive pro-
sillo dietarum domorum, fines quarum ab uno latere dicta ecclesia S.
Crucis, ab alio via et alia latera, presentibus egregio doctore D. Ju-
liano Bini, Domino Joanne D. Ugolini, D. Ludovico Lippi de Guida-
lottis, et Joanne Cionis, Bartholomeo Petri magistri Pauli civibus pe-
rusinis, D. Monaldo Cole de assisio et canonico tudertino, Jacobo
Michelis de Spoleto, et ser Luca Thomassi de castro Torsciani et mul-
tis alijs astantibus adhibitis et rogatis testibus fide dignis, ac etiam
Ser Martino olim Joannis Picci de perusio una mecum notario rogante
et pluribus alijs notariis de predictis rogantibus.

Et ego Michael ser Antonij de perusio publicus imperiali aucto-
ritate notarius et iudex ordinarius predietis omnibus et singulis ut
supra legitur, interfui, et de eis una cum dominis notarijs in solidum

(1) Come ho già accennato é a ritenersi che Giovanni di Guidotto nel 1396 non
fosse più in vita. Infatti mentre nella Bolla di Urbano VI emanata nel 1380 si parla di
Giovanni e della necessità di rimuoverlo dalla corporale detenzione del feudo, nel
rogito dell'immissione in possesso, il Priore Paolo ricorda in genere — « quemlibet
detentorem et occupatorem amovendum ».
94. O. SCALVANTI

quilibet nostrum rogatum fuit a D. Priore et dominis Baldo, Francisco
et Zenobio et ad fidem predictorum signum meum consuetum apposui,
eaque rogatus scripsi et publicavi, et quod supra remissum est manu
propria seripsi et remisi. [loco t signi]

- Ego Martinus Joannis Pieci de perusio publieus imperiali aucto-
ritate notarius et iudex ordinarius predictis omnibus et singulis supra-
seriptis interfui, et de eis una cum dieto ser Michaele et pluribus alijs
notarijs et quilibet nostrum in solidum rogatus fui, et fuimus a pre-
dictis D. Priore et dd. D. Baldo, Francisco et Zenobio quod predicta.
in publicam formam redigeremus, et ideo me subscripsi et propria manu
signumque meum consuetum apposui. [loco t signi]

Ben poche sono le considerazioni da fare sui testi, che
abbiamo riferito. La prima è, che la frase della formula del
eiuramento — « Ego Baldus de Perusio ab hac hora in antea
quandiu vixero fidelis et obediens ero B. Petro et Domino
meo D. Urbano divina providentia pape VI » —, non puó
far supporre, che pel tempo trascorso il papa avesse dovuto
riscontrare in Baldo qualche atto di infedeltà come suddito
di Santa Chiesa. Cotesta frase era ad substantiam inserita
in tutte le formule di giuramento per la investitura feudale.
Infatti si legge nel Tit. V, Lib. I feud. che tal formula era
del seguente tenore: — « Ego iuro ad hec sancta Dei Evan-
gelia, quod a modo in antea ero fidelis huic, sicut debet esse
vasalus domino » —. Lo stesso é a dire dell altra espres-
sione: — « Consilium vero quod mihi creditum est, per se
aut nuncios sive per literas ad eorum damnum me sciente ne-
mini pandam » —. E di vero fra le cause, per le quali si
perdeva il feudo, una principalissima si aveva nella rivela-
zione, che il vassallo facesse di ció, che il signore gli aveva
confidato, cagionandogli scientemente danno. — « Si creden-
tiam, dice il testo de' feudi (1), ad eorum damnum. sciente ma-
nifestaverit » — e il commento spiega: — « Credentiam do-

(1) Lib. I feud. Tit. XVI.

wc
WC

IL GIURAMENTO DI BALDO, ECC. 25

mini manifestans vasallus feudo privatur, si modo malo
animo et nocendi domino id fuerit, et damnum inde secutum
fuerit » —. Ma vi é poi il testo del Tit. XV, Lib. II feud.
che pone tra le formule solenni del giuramento la frase che
s' incontra nel rogito del 1386 — « nec id, quod mihi sub
nomine fidelitatis commiserit dominus, pandam alij ad eius
detrimentum me sciente » —.

Ció abbiamo voluto notare per coloro, che del diritto
dei feudi non avessero sufficiente notizia, affinché quelle pa-
role vengano interpetrate secondo la loro vera significa-
zione.

E così chiudiamo questi cenni, nella lusinga che valgano
a fornire una prova di più per dimostrare la falsità dell'ac-
cusa mossa al grande giureconsulto perugino, nel quale la
integrità del carattere fu pari alla sconfinata dottrina.

Perugia, ottobre 1902.

O. SCALVANTI.

_——T—-tae..-__—__
PERITI TR
AT :c que,
=.

CRONACA PERUGINA INEDITA

DI

PIETRO ANGELO DI GIOVANNI

(GIÀ DETTA DEL GRAZIANI)
PARTE II. — (Anni 1461-1494)

—————M————

PREFAZIONE.

Quello che era mestieri avvertire intorno all’ importanza
di questa Cronaca inedita perugina fu detto nella Prefazione
mandata innanzi alla stampa del periodo dal 1450 al 1460,
che vide la luce nel Bollettino di Storia Patria per Y Umbria
del 1898.

Poche cose possiamo aggiungere ora circa il secondo e
più lungo periodo, che ci conduce quasi al termine del se-
colo XV. Vedemmo che nel 1450, mentre infieriva in Perugia
la pestilenza, venne a morte un Antonio di Andrea dei Guar-
neglie o Guarnegli autore della cronaca fino a quell’ anno,
e che dopo quattro mesi l'opera sua venne continuata da
Pietro Angelo di Giovanni, il quale dapprima si chiarì al-
quanto inesperto nel lavoro, che poi venne man mano per-
fezionando, sia per la copia delle notizie, sia per la più
esatta narrazione dei fatti (1). Ora è a notare, che pel lungo
tratto dal 1450 al 1494 non si fa menzione di altri scrittori,

(1) E che ci apponessimo al vero ritenendo nella Prefazione alla cronaca edita,
nel 1898, che l'autore di essa, dopo Angelo dei Guarnegli, fosse Pietro Angelo di
Giovanni, e che non altrimenti potessero essere interpretate le parole del cronista
— « La quale materia seguitò poi Pietro Agnelo de Giovagnie » — lo dimostra
un documento da noi rintracciato nell’ archivio cel Conte Lodovico Baldeschi (P.
I., D.). Esso é una vecchia carta di appunti bibliografici dovuti ad uno scrittore,
che pel momento non sappiamo chi fosse. Nella quale carta si leggono i nomi di
molti autori perugini, fra i quali — Antonio de Andrea de Ser Agnielo de P. S.
Agnielo — ossia il cronista, che scrisse fino a 1450, e — Pietro Agnielo de Gio-
vagnie —.
28 O. SCALVANTI

che abbiano atteso alla compilazione della cronaca, onde
conviene riferirla tutta quanta a Pietro Angelo di Giovanni.
Un dubbio può rimanere considerando, non essere facile che
un uomo solo abbia per oltre quarant'anni potuto proseguire
assiduamente l opera sua; ma d'altra parte ciò non appa-
risce inverosimile, tanto più se si consideri in che modo
il lavoro di Pietro Angelo di Giovanni venne. interrotto. In-
fatti l’ultima notizia registrata dal cronista appartiene al feb-
braio del 1494, e dall'annotazione dell'amanuense resulta che
il ms. finiva con quella data. -

Forse alla ricca cronaca, che noi pubblichiamo, volle

tener dietro il Matarazzo, cui certo non fu sconosciuta l’opera
di Pietro Angelo. Ciò dimostra, che il lavoro rimase tron-
‘cato forse per la morte dell’ autore giunto ormai ai tardi
anni della vecchiezza.

Ad avvalorare poi l’opinione, che tutto questo periodo di
cronaca appartenga a un solo scrittore, sta il fatto della
uniformità dello stile e del metodo espositivo.

Pertanto il pregio singolarissimo dell’opera si riscontra
in ciò, che il cronista visse nel tempo, in cui si svolsero i
fatti, che egli ha narrato, e dei quali ebbe diretta notizia.
Si aggiunga, che egli non si mostra uomo di parte da tacere
circostanze, che stieno a carico di questo o quel maggio-
rente della repubblica. Imperavano a quei tempi i Baglioni;
il cronista non può trascurare i fasti della loro grandezza,
ma nemmeno passa sotto silenzio le azioni non commende-
voli di alcuni membri della potente famiglia. In generale
poi si astiene dai giudizi intorno agli uomini e alle vicende
della patria, quantunque i tempi fortunosi, le gare cittadi-
nesche, gli odii delle fazioni e le stragi fratricide glie ne
porgessero il destro ad ogni momento. Egli mostrasi preoccu-
pato assai più di quei fatti criminosi, che non derivavano da
gelosia di potere o da rancori politici, ma appartenevano,
per così dire, alla delinquenza comune, e riguardavano i
vizi del tempo e il tralignamento dei costumi.
PREFAZIONE 29

Narratore imparziale e freddo della verità, nota giorno
per giorno i fatti, che si svolgono in presenza sua o dei quali
ha notizia; né si cura di raffrontarli e correggerli, come
pure praticarono certi cronisti. Ad esempio, egli dirà in un
luogo della cronaca, che gli è sconosciuta la ragione di
un convegno presso Perugia tra alcuni principi e condottieri,
mentre, poco dopo, la narrazione di un fatto da lui esatta-
mente riferito, doveva spiegargli la causa di quel conve-
gno. Del resto le sue informazioni, che riguardano Perugia,
l Umbria e tutta l’Italia, sono non soltanto copiose, ma
esatte. Vedrà il lettore, come vi sieno nell'opera di Pie-
tro Angelo notizie riguardanti le più insigni città d’Italia,
e che furono ignorate dai cronisti e dagli storici di quelle
repubbliche o principati. Giova credere che Pietro Angelo,
di cui veramente ricorre non di rado il nome tra gli offi-
ciali della città, avesse condizione di uomo autorevole, così
da poter conoscere illustri personaggi, ed apprendere quindi
notizie, che restarono sconosciute agli altri cronisti del tempo.
Egli è poi curantissimo di narrare con minuto ragguaglio
tutto ciò, che si riferisce all’ ordinamento della repubblica,
alle misure di difesa contro i nemici interni ed esterni, al
mutare dei magistrati, alle lotte, sempre risorgenti fra il
comune e la curia romana per la formazione delle borse, ed
ai provvedimenti (utili a. conoscersi da chi studia le leggi
sulla importazione delle mercanzie) adottati in Perugia nella
grave materia dei tessuti di lana.

Non è dunque la cronaca di Pietro Angelo un semplice
diario, ma una cronistoria condotta con l'intendimento di
raccogliere tutto quanto potesse giovare alla retta intelli-
genza dei tempi. In essa è l’ordito di una vera storia, alla
quale non manca che la veste letteraria e il magistero com-
parativo dei fatti. Ma di buon grado noi rinunziamo al-
luna ed all'altra di queste due qualità, per quanto prezio-
sissime nella storia. Allo scoprimento del vero ha vie più
30 O. SCALVANTI

giovato spesso la semplice e rude narrazione di un cronista,
che la magniloquenza e la dottrina di alcuni storici.

E veramente non si potrebbe elogiare il nostro autore
né per lo stile, né per la lingua, giacchè il suo eloquio ha
quasi sempre impronta dialettale. Noteremo solo che egli
sembra vago di riferirci spesso le parole scambiate tra i per-
sonaggi, che appariscono sulla scena della sua narrazione,
conservando ad esse la forma di dialogo.

Ma delle imperfezioni evidenti nel modo di scrivere
dell'autore non accade far meraviglia. Sebbene a quel tempo
si fosse grandemente progredito nelle lettere, si nota in Pe.
rugia e altrove, che anche gli scrittori, i quali hanno lasciato
fama di dottrina, come, ad esempio, il Matarazzo, si man-
tennero fermi nell'uso di voci, che una più avanzata coltura
letteraria non avrebbe dovuto comportare (1).

Dell’ ignoranza, di eui avrebbe dato prova il nostro cro-
nista, potrebbe taluno addurre in testimonio il silenzio, che
egli serba intorno agli artefici del tempo e alle opere loro. È
incredibile infatti, che egli non abbia avuto una parola per
le squisite bellezze di Agostino Di Duccio, che nel 1461
aveva compiuto la mirabile facciata di S. Bernardino, e nem-
meno un cenno abbia dato degli affreschi condotti nel 1454
e negli anni appresso da Benedetto Bonfigli nella cappella
Priorale. E sì che la fama e la venerazione del Santo da
biena erano profondamente radicate nell’ animo dei perugini, e
il cronista dimostra di avere avuto fede ingenua e schietta ;
e sì che i disegni del Bonfigli nella cappella dei Priori me-
ritavano di essere ricordati, non foss’ altro per la dignità del
luogo, in cui il grande artefice li conduceva. E che dire poi
del cronista, che quasi sembra ignorare l'esistenza di Pietro

(1) Francesco Matarazzo fu buon letterato perugino, ma per gli studi fatti, per
le opere lasciate e i sostenuti uffici nell'insegnamento, dimostrò di essere più va-
lente negli antichi idiomi di Grecia e di Roma, che nella propria lingua. Onde bene
a ragione Mariano da Montesanto lo chiamò — latinae graecaeque linguae doctis-
simum —.
PREFAZIONE 31

Vannucci, giunto allora al meriggio della sua gloria? Ma
questo silenzio è dovuto veramente all'ignoranza del cronista
Pietro Angelo di Giovanni? Mai no; perchè tale silenzio os-
servarono pur troppo quasi tutti i cronisti, sebbene dotati
di buone lettere (1). Vi fu chi volle indagare la ragione del
fatto, e scrisse che gli storici, intenti principalmente a nar-
rare i mutamenti politici, non si fermarono molto nelle cose
dell’ ingegno.

A tutta prima si potrebbe osservare che questa sentenza
può applicarsi agli storici, non ai cronisti; agli storici, per-
chè, mirando essi ad esporre le vicende della vita politica
di un popolo, non furono indotti ad occuparsi di quelle atti-
nenti alla vita del pensiero scientifico o dell’arte (la qual
cosa, sia detto con buona pace anche dei grandissimi, fu il
più grave difetto dei nostri storici); e non ai cronisti, perchè
essi si proposero di registrare ogni fatto che interessasse la
vita cittadina, e perciò si indugiarono nella narrazione an-
che di quella intima privata. Non poteva dunque sfuggire
ad essi quel che gli storici, dal loro punto di vista, non vol
lero curare. D’ altronde il nostro autore stesso tace, è vero,
dei grandi artefici, ma fa cenno di sovente del celebre sStu-
dio perugino e dei più illustri dottori che vi insegnarono.

Dunque il suo silenzio sulle cose dell’arte deve in altra
guisa spiegarsi. E chi sà, che questa spiegazione non sia da
cercare nel fatto, che le arti (le quali soltanto a quei di

(1) Lo stesso Francesco Matarazzo, di cui pur si narra che diede al Perugino
i soggetti per le pitture della sala del Cambio, scrivendo la pregievole cronaca della
città dal 1492 al 1503, di rado parla degli artefici perugini. Del Vannucci dice che'
— « era homo singulare de quella arte in quel tempo per tutto l'universo mondo » —.
E di Bernardino di Betto scrive — « Et eravi ancora un altro maestro nominato da
molte el Penturicchio e da molte appellato Sordicchio, perché era sordo, e piccolo,
de poco aspetto e apparenza: e commo quello mastro Pietro era primo de quella
arte, così costui era secondo, e anco lui per secondo maestro non aveva pare nel
mondo » —. Il Matarazzo finisce qui la menzione degli artisti perugini, mentre é
noto in che gagliarda maniera fiorisse allora in Perugia la scuola del Vannucci. Il
Frolliere poi, che scrisse alla metà del secolo XVI, tra i tanti artefici della città
ricorda solo Mariotto di Marco Anastagi e Cesarino del Roscietto orefici, come
autori di due navi d'argento appartenenti alle suppellettili del palazzo dei Priori.
32 O. SCALVANTI

tornavano a risplendere in Perugia colla gran luce della
Rünascenza) non si reputavano ancora materia di pubblico
interesse, come erano invece gli Atenei, che davano alla pa-
tria sapienti magistrati ed espertissimi amministratori.

Se l’opera riguardava un altissimo personaggio, munito
di autorità in Perugia, allora il cronista non serbava l’usato
silenzio, come avvenne per la statua di bronzo eretta al
pontefice Paolo II; ma la menzione di quello squisito lavoro
non riguardava l'arte in sé, sibbene l'onoranza prestata a
chi si era reso benemerito della città.

Nelle note ci studiammo di esser parchi. Avremmo vo-
luto bensi segnalare all’ attenzione dei lettori tutte quelle
notizie, di cui non è cenno negli storici perugini o di altre
parti d'Italia. Ma ci convenne abbandonarne il pensiero,
perché troppo spesso avremmo dovuto notare questa cir-
costanza. Ci parve quindi di farlo soltanto per gli avvenimenti
degni di particolare considerazione.

Noteremo in ultimo, che nel ms. da noi rintracciato,
oltre la narrazione non interrotta dei fatti dal 1450 al 1494,
esistono altri frammenti inediti, che verranno pubblicati in
seguito.

c.zmnl— uL

===

Ec

Perugia, gennaio del 1903.
Prof. OSCAR SCALVANTI.
33

Cronaca di Pietro Angelo di Giovanni (1)

1461 — A di de Genaro se partì da Perogia meser Bartolomeo
Vitelesco vescovo de Corgnieto nostro Governatore, quale avea
fornito al suo offitio, onde che li fo fatto compagnia da molti no-
stri cettadini de li principali, cioè da Braccio dei baglioni, da li
Oddeschi, da li Corgnieschi, da li Sperelleschi, da li figli de Gostan-
tino de Rugiere dei Raniere e da molte altre brigate, quali andaro
sino al Ponte S. Gianne e parte sino a colle, dove li Braccio a-
vea falto venire una squadra de gente de arme tutte armate co
li lancie in su la cossa e così volse acompagniare el governatore
sino a Foligno, e poi detto Braccio se retornó a Perogia e il dilto
governatore se ne andò verso Roma però ch’ era stato fatto vece
camorlengho de corte de roma (2).

(1) Seguito della Cronaca già pubblicata nel Vol. IV, Ann. IV, pagg. 57 e 303.

(2) Nulla di queste testimonianze di gratitudine e di onore s'incontra nelle
altre Cronache perugine. Il Pellini ne fa cenno (Hist. II, 13), ma in termini assai
generali, laddove il cronista col suo racconto ci fa conoscere in qual rapporto di
stretta alleanza fossero i governatori pontifici colla nobil famiglia dei Baglioni, e
in ispecie con Braccio, che era il capo di essa e ormai l' arbitro del governo. Il
Pellini non accenna nemmeno alla carica, che il Vitelleschi aveva ottenuto in
Roma, e solo ci parla di alcuni donativi, che gli furono presentati all’ atto della
partenza. Del resto, il Vitelleschi nei 4 anni, che era stato al governo di Perugia,
e cioè dal 14 febbraio 1457 al gennaio del 1461, aveva in più incontri dato prova di
molta equanimità, tanto che nel 1457, come abbiamo visto altrove, i cittadini, udito
che il papa voleva chiamare a sé il Vitelleschi, fecero domanda perché fosse con-
servato nellufficio di governatore, la qual cosa ottennero, come ne fa fede il Breve
pontificio del 30 dicembre di quell'anno, che abbiamo già riferito nella cronaca
dal 1450 al 1460. Della prudenza del Vitelleschi rimane un saggio nella ottima pro-
cedura che tenne per richiamare in vigore e correggere in parte le prammatiche
suntuarie del cardinale Capranica dell’anno 1445. Infatti egli non volle statuire da
solo, ma col concorso di due giuristi e di alcuni spettabili cittadini.
934 O. SCALVANTI

A di 24 de genaro in sabeto a sera entrò in questa città el
governatore nuovo chiamato meser Ermolao de balbi da venetia
vescovo de verona quale lo avea mandato el Papa Pio 2o.

E a di ditto quella medesima sera el nostro comuno fece a-
presentare el dilto Governatore de biada, poglie, fiaschi de vino e

- confetti de più sorte marzapane e cera (1).

A dì 29 de genaio andò a marito dona liandra figlia del Ma-
gnifico braccio dei baglione maritata a Semone de li Odde.

A dì ditto el magnifico Braccio baglione partì da Perugia e
andò a Canaia.

E a dì 6 di febraio in domenica Braccio se partì da Canaia
e andò a Spello, dove li Spellani lo chiamaro per segnore e li fe-
cer grande onore.

E a dì 19 de marzzo questi nostri Magnifici Gentilomeni fe-
cero pigliare i figlioli che furo de meser Giovagne de Pinolo da
Peroga de P. Sole, lo quale meser Gio: fo ribello de lo stato dei
Gentilomene e fu preso in casa de Pollito (2) de Francesco de Pi-
nolo, li nome loro se chiamano Agnielo e Sighinolfo e un altro lor
fratello se ne fuggì, e questi for presi da tutti 4 li cavaliere cioiè
dal Podestà e dal Capitano, e in favore de li detti cavaliere cie
andarono molti de questi nostri Gentilomene e massimamente de
casa de li Armanni e de li Arcepretj e de li Baglione, la qual

(1) Se non andiamo errati questo Ermolao Barbaro della nobile famiglia vene-
ziana dei Barbi, é quello stesso, che nel 1491, essendo oratore a Roma per la re-
pubblica veneta a fine di ottenere da Innocenzo VIII, che non procedesse alla nomina
del successore di Marco Barbo patriarca di Aquileia fino a che la repubblica non
avesse fatto le sue proposte, fu invece dal papa eletto a patriarca motu proprio.
E poiché Ermolao Barbo aveva tale ufficio accettato senza prima interpellare la
signoria, questa, trovando violati i suoi poteri giurisdizionali, gl'intimò di ri-
nunziare, condannandolo all’esiglio, se non obbediva agli ordini della repubblica.
Nella storia delle molte contese, che Venezia ebbe colla curia romana in materia
di giurisdizione, il caso della elezione di Ermolao Barbo non tien certo l’ultimo
posto, anche perché verificatosi poco dopo il pontificato di Nicolo V, che aveva
riconosciuto il patronato della repubblica veneta. Onde non sappiamo, come, mentre
in pregievoli opere edite di recente circa il Regio patronato della chiesa patriar-
cale di Venezia (Cfr. RINALDI, 1893), si fa menzione di alcune dispute insorte nel
secolo XV, non vi si parla di quella avvenuta per la nomina di Ermolao Barbaro.
Il quale richiamo tanto più sarebbe stato opportuno, quanto che lo stesso pontefice
Pio II nel 6 aprile 1460 aveva aderito alla conferma di Andrea Bondimero, eletto a
pieni voti-dal Senato ad uno dei patriarcati della repubblica (Cfr. cit. op. del RINALDI).

(2) Pollito per Ippolito. nA—

CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 35

cosa fu falta per sospetto de lo stato dei Gentilomene. Ultima-
mente el ditto Agnielo sta ne le mano del Podestà e Sighinolfo
sta ne le mano del Capitano (1). E poco da poi Cesaro de li Ar-
cepreti fece pigliare Batista de Pollito sopredetto, per che avea
dato ricetto e tenuto segretamente in casa li predetti. E poi el
ditto Cesaro lo mandò nelle mani del Podestà e fecelo acompa-
gniare da molti suoi beccarini (2) e lo miseno in cima de la torre
e fo recomandato per lo avere e per la persona. E a di ditto fo
mandato per ditto Pollito a S. Vetturino, ch'era andato a fa zap-
pare cerle suoi vigne e andarci li beccarini e li partigiani del
ditto Cesaro e la madre del predetto Agnielo e Sighinolfo, quali
son slali presi. Sta al presente in questa terra, la qual se chiama
Madonna Bartolomea figliuola che fu de Sighinolfo de li Michi-
lotti Raspante. |

A di 20 de aprile for pubblicati li priori nuovi per li 2 mesi
proximi da venire, cioiè maggio e giugno li quali son questi infra-
schrilti: Francesco de Agnielo de Barso, detto Barsetto dei barsi
P. Soli capo. E perchè lui era in bando per la morte de meser Ibo
fo delerminato infra questi gentilomeni per la importunità de bo-
nifatio e altri fratello de detto Carlo e Averardo e neri de Guido
Morello da Monte Sperello, e così fo tolto a Lodovico fratello de
detto Agnielo de barso che non se retrovò alo omicidio de detto
Carlo e fo instiluito in suo loco Mateo Francesco de meser Gio-
vagne de Petruccio da M. Sperello de P. Soli (3).

(1) Angelo e Sighinolfo erano della famiglia Michelotti, così scrive il Pellini.
Ma é da osservare, che essi erano nati da madonna Bartolommea, figlia di Sighi-
nolfo fratello di Biordo Michelotti. Perciò essi appartenevano alla famiglia del-
l'illustre raspante solo per il lato della madre. Il fatto di questo nuovo bandimento
é narrato dal nostro cronista con maggior precisione, che dal Pellini. Egli ci dice
chi furono i persecutori di Giovanni di Pinclo, di Angelo e Sighinolfo e perfino di
quell' Ippolito, che li aveva ricoverati. Gli autori di questa persecuzione furono i
Baglioni, gli Armanni e gli Arcipreti, i quali non deponevano né il sospetto, né
l'odio contro i discendenti della famiglia Michelotti. Il Pellini aggiunge, che i
figli di m. Giovanni ebbero per confine Roma, Battista di Ippolito Norcia, Angelo
di Giovannello la torre di Buontempo.

(2) Abbiamo già avvertito altrove che Beccarini chiamavansi i seguaci della
parte dei nobili, che seguivano i gentiluomini in queste certo non onorevoli imprese.

(3) Questo fatto non è nemmeno accennato nelle altre cronache e storie pe-
rugine. -
ser

36 O. SCALVANTI

A questi di de maggio li Chiaravallesi con il favore e spalla
del Conte Aversa (1) furaro un castello di quel di Tode chiamato
Sermiano (2) lo quale era de meser Jacomo de meser Andrea
dove che sachegiarono de molta robba buona e grande ricchezza (3).

A quesli di de maggio fu frustato Gio: Batiste de Nicolo detto
el Preino de P. S. A. per che era stato ruffiano alla sua propria
moglie, che cosi dice la sua condennagione e fo frustato in questo
modo cioiè; glie miseno in capo la testa de un bove con li corni
e a la Mariotta sua moglie li fo coperta la faccia con un velo che
non li se vedeva se non li ochi e avea legato le mano denanzze
ma a lei non li fu dato quasi mai con le granate e a lui sì e que-
sta giuslilia la fece fare el Podestà, e fo tenuta bona giustitia (4).

A di 20 de giugno in sabeto for publicate li priore nuovi per
li 2 mesi prossemi da venire Luglio e Agosto e è il penultimo atto
del sacco. Li pubblicati son questi infraschritti, cioié:

Antonio de Mateo de francesco Mercatante, Capo, P. Susane.

Nello de Sulpitio de Nello Mercanti, Coda.

Meo de Barnabeo, per l’ arte dei pentori

Bartolomeo de Andrea de Mascio, Cambio

Pier mateo de Armanno, orfo

| P. borgne.

(P. SU

Francesco de Agnielo de Pavoluccio dei

Soli, per la taverna, P. Soli

Bernardo de Ugolino de Ruberto per l’ arte dei tentori

Cherubino del Brunello, arte de li Spezziarelli ) Duos
Antonio de Chiaravalle, arte dei Conciatore | ^" ^
Ser Pietro Francesco de ser Antonio del beccarino P. Susana.
A di... de Giugno fo rotto el campo de la Chiesa ne la Mar-

che tra la rocca contrada e S. Pietro.

A di 16 de luglio fu la novità de Genova cioié che li francesi

(1) Gli storici non dicono che quei di Chiaravalle operarono per l'occupazione
del castello avendo a loro favore il conte Aversa.

(2) Pellini scrive Sismeno.

(3) Pellini dice che il castello era posseduto da Giacomo e da Andrea degli
Atti.

(4) La cronaca del Veghi nulla contiene di questa condanna di Giovan Battista
di Nicolo. Narra invece all'agosto di un certo Parri d'Angelo da Prepo, che fu
abnegiato per avere usato con la nipote carnale, e la ingravidò. CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 37

perderono el castelletto e la obedienza de Genova e foro sconfitti
e morti più di 2000 francesi (1).

A di ditto venne in Perogia el Patriarca al quale fo fatto
molto onore, e volse sapere chi era stato quello ch’ aveva retolto
un pregione al cavaliere e li fo detto ch’ era stato Semone de li
Oddi e ch’ al cavaliere li era stata data una ferita ne la gola.

A dì 4 de 7bre in venerdi li nostri Magnifici Sigg. priore chia-
maro li eamorlenghi e per che se partissero de. palazzo vensero
li insaccolatori e poi subito fo andato a piglarli e fo comenzato
per P. Soli. Li boni omeni son questi :

Rugero de Goslantino dei Raniere \

Averardo de Guido da Monte Sperello

: P. Soli
Giapeco de Tomasso de Teo (
Benincasa de francesco da Catiano j
Renzzo de la lita
Gostantino de meser Agamenone

F veu Ou A
Anton de Pacciolo sartore
Agostino de Antonio detto Mancinello \
Gostantino de felippo de li Oddi
Tiseo da Corgne !
Mariotto de Nestagio
Nicoló de lodovico del prefetto
Giulio del Teveruccio dei Signorelli
Giovagne dei Baglione

P. Susane

: .B
Lodovico de Gigliotto de li Acerbi B: Forgue
Pietro de ser bartolo
Sebastian dei Baglione
Agniel Giovagne de Tanltino P.S P

Coradino de felippo

Bino de lello de Bino

A di 17 de 7bre se parti el Patriarca da Perogia e andò verso
Roma molto in furia.

A di 27 de 9bre vene la nuova qui come ne la Aquila erano
state li teremoti de modo che era scarcata e guasta la magior

(1) Tanto di questo fatto che della sconfitta patita dai francesi non è cenno
nelle altre cronache e storie della città.
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38 O. SCALVANTI

parte e morti più de 100 persone e anco foro in Perogia ma non
fu danno alcuno.

A di 29 de xbre morì el nobile omo Guido de li Oddi al quale
fo fatto grande onore.

Nel detto ano el grano al più valse s. 25, l'orso s. 22. la
spelta s. 16, l'olio l. 5 el mezolino, el vino |. 5 la soma (1).

1462 — A dì 7 de febraio predicò fra Batiste da Novara in
S. Domenico e predicando del Giuditio universale comenzò a ca-
dere certo calcinaccio e polvere de modo che tutta la gente quale
stava a la predica se levò su e fuggivono per le porte talmente

che cie foro aciaccate done e omene. e rede. e alchuna ne mori.

e se perdero de li mantelli e berrette e le done sopragetti veli e
pianelle e altre cose.

A dì.... de Aprile predecó in piazza frate Michele de l'ordine
dei frate minore (2) e predicó contro de li giuderi benché per
prima aveva fatto più prediche per la qual cosa ne fo falto con-
seglio nel palazzo del popolo fra li priore e camorlenghi ; in ultimo
determinaro che se levasse ogni patente e breve ch’ essi giuderi
avessero dal comuno si per conto del prestare a usura si anco
per ogni altra cosa e poi fo determinato de fare el monte de le
prestanze dal comuno.

A dì 27 de Aprile vene la nuova qui come il Seg. Gismondo
da Rimine era andato con molti cavalli per danegiare nel terri-
torio del Conte Federigo Seg. de Urbino e dissese che aveva
presi Carpegni e Castellaccio.

A dì .... de Maggio vene quì in Perogia meser fabiano co-
missario del papa dicendo al nostro comuno per parte de sua
santità qualmente el papa vole che se dia ordini per interessi del
bon vivere de la città e che ponga giù l'arme e anco el ditto

(1) Il cronista ha mancato di notare che sul finire del 1461 il magistrato si
occupò di far condurre a termine le pitture della cappella dei priori, celebratissima
opera del Bonfigli, la chiesa di S. Bernardino, il campanile di S. Domenico; e di
più assegnò notevoli sussidi in danaro per la fabbrica del Duomo, per S. Maria dei
Servi e per il restauro di piazze e vie.

(2) Nelle aggiunte alla Cronaca dei Graziani, più volte ricordate, si legge il
nome di Nicolò, ma dai documenti resulta che il suo vero nome fu Michele. Del
resto ci sembra ormai dimostrato che il Monte di Perugia fu veramente il primo
fondato in Italia (Cfr. ScALvANTI, Il Mons pietatis di Perugia. Perugia, 1892 e Il
Mons pietatis di Gubbio. Perugia, 1896).
CRONACA PERUGINA INED'TA, ECC. - 39

questa città se facia un trattato a istantia del Conte Carlo de
braccio da Montone e che el ditto Conte Carlo era stato in questa
città segretamente vestito da Peregrino e molte altre cose; la re-
sposta che a esso fo data fo questa; cioiè che lui venisse in pa-
lazzo de li Sig. Priore perochè li se adunerà el Conseglio e farassi
conchlusione de la resposta onde che se adunò el detto conseglio
al quale mai fo conchluso ne determinato cosa alchuna. E il di
seguente se radunó el conseglio un altra volta denante al Gover-
natore dove fo parlato e detto assai, al fine determinaro che se
domandassero al Papa fanti pagati e in capo de pochi di ven-
nero (1).

A di 20 de Giugno menó moglie el magnifico omo Braccio
dei baglione la figliola del Sig. Bagio da Codogniole fratello del
Duca de Milano la qual.vene da Milano con gran trionfo al quale
andaro incontro 2 compagnie per fino a la porta de S. Andrea
cioié la compagnia del Sasso ch’ è de P. S. P. e la compagnia de
li Nicolose ch'é de P. borgne li quali venero con lej sempre bal-
lando inanze e le done stettero ad aspettarla denante al palazzo
dei Priore; le quale similmente venero ballando per fin che fu
gionta a casa de Braccio dove li fo fatto gran trionfo, e fo apre-
sentata da moltissimi Castelli e Comunanze.

A di 2 de luglio Antonio de Giliotto se partì da Peroga e
andò a trovare meser Piccinino pero che volevon gire a trovare
il conte Iacomo onde che li fo mandato derieto el cavaliere e li
fanti per pigliarlo; e se non fosse Ridolfo de Malatesta dei Ba-
glione e il Gentilomo de li Arceprete el pigliavono, e cosi scampó
via.

A di 26 de luglio fo scoperto il campanile de S. Lorenzo
cioie levato el piombo e il Gallo quale era nella cassa d'ariento.

A di 29 de luglio vene el Cardinale de Spolete in Perogia
per legato.

A di 25 de 8bre mori Borgaruccio dei Raniere di febre e fo
sepelito in S. Lorenzo al quale fo fatto assai onore.

(1) É strano assai che di questa missione del commissario pontificio e dell'ac-
coglienza fattagli dai perugini, nemmeno il più remoto cenno si abbia negli altri
cronisti e nel Pellini.
40 O. SCALVANTI

-A dì 26 de 8bre fo comenzato a cavare per fare el pozzo lì -

dal giglio de S. Domenico cioiè fra lo spedale de S. Domenico e
| arco de mezzo per el quale cie fo vento per lo comuno nostro
30 f. a. c. 90 e il resto pagaro li vicini d' intorno e foro deputati
e eletti che avessero la cura di tal fabrica luca de Christofano e
Beo de Giapeco eletti da li S. Priore.

A questi dì de 9bre venero lettere in Perogia come el papa
vole partire dal bagnio de Avignione e venire a Tode per la qual
cosa fo determinato de fare 5 ambascialori per mandarli a S. San-
lità e anco foro eletti per onorarlo 5 omene e poi.cie ne foro a-
gionti 5 altri però che sua santità deve aloggiare 2 sere nel no-
stro contado cioè vna sera a Panicale e l’ altra a Marsciano; li
ambasciatori for questi (4):

Meser Baldassarre de li Armani, P. S. A.

Leone de li Oddi, P. Susane

Ranaldo de Rusteco da Monte Melino, P. borgne

Nicolo de pavolo, P. S. P. (2)

Averardo de Guido Morelli, P. Soli.

li dieci omene eletti per onorare el Papa son questi (8) :
Ascanio de baglione dei baglione

ous D.
Alberto de Mariotto dei baglione Bun
È dei :
Ga Pus de lello ei baglione | P. Soli
Varigeliste de Agnielo dei Pavoluece
Mariotto de meser Agamenone | ps Ans

Pavolo de ludovico

P.° francesco de Brettoldo ) D Suis

Pietro de Sinibaldo po

Lodovico de Giliotto de li Acerbi

Giulio de Teveruccio Signiorelli

A di 12 de: 9bre in domenica a sera el Papa venne a Pani-
cale al quale fo fatto grandissimo onore e il lunedi a mane se

P. Borgne

partì e ando a Marsciano dove stette quella sera e similmente li
fo fatto grande onore.

(1) Né i cronisti, né il Pellini ricordano i nomi degli ambasciatori.

(2) Di casa Graziani. i

(3) Il Pellini non ricorda i nomi di coloro, che furono deputati alle onoranze
verso il pontefice Pio II.
CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 41

Et el Martedi a mane che fo a di 16 ditto se parti da Mar-
sciano e andò a Tode.
— —A questi di passati for rotti molti fondichi e bottege e molti
ladri for giustitiati cioié impiccate e frustate.

Nel predetto ano el grano al più valse s. 20 in 25 liv. l'orso
s. 18 in 20, la spelta s. 10 e 11, l'olio l. 4 in 5, il vino, l. 45 in
50. El bolog. del papa in cambio grasce vale f. 25 e 19 el b.
largo el simile, el Ducato de Venetia fior. 6 e 6.

El duc. de camora grave vale s. 5. s. 17'/,. el d. de sogello
s. 5 c. 137/,, l'aggio de la moneta vecchia e nuova bologn. 6. s. 13.

1468 — A questi di de febraio for fatte de molti omicidi de
parenti l'uno con l'altro e anco fo ociso P.° de renzzo e Giovagne
suo figliolo, e fo il figlio de Senso da S. Martino in colle e certi
altri da Marsciano. Anco fo uciso Perone de Ghino de P. Susana
dal Bonoso de Marco de Matarazzo suo cugniato. Del mese de
Genaio passato fo preso Abram ebreo da Sartiano lo quale avea

fatto un brutto ingano; cioiè lui avea un cofanetto di ottone con-

trafatto da tener denari, quale lo empì di anelli e altri anelli buoni
e mandolli ad asese per uno e fecelo impegniare a Jacobbe Giudeo,
e quando quello che li portó li avese mostrati se in segno de co-
rocciarsi e sogello e degliene uno altro con schiuma in banbago
il giovinetto; e felli el guazetto di s. 100.

A di primo de Marzo fo mozzo il capo a Bechitozzo de me-
neco per che avea amazzato il suo zeo.

A di 10 de Marzo fu uciso Sante de Ranaldo de meser Sante,
lo amazzò Sinibaldo suo fratello carnale e però dicj, chi mal vive
mal muore, ch il sopreditto Sante strozzò la moglie nel letto sensa
causa alehuna nel 1448 a di 10 de febraio come a di detto è no-
tato in questo.

A di 27 de Giugno in lunedi a mane sull’ alba rentraro li
usciti de Spello e a levar del sole avevono presa la piazza e tutta
la terra de sotto verso il piano; e quando Braccio: se levò del
letto, se gridava fortemente viva la chiesa, e la parte de Braccio
gridava Braccio Braccio, con 2 de li priore; e con essi el Maz-
zetta de P. S. Pietro, altramente detto Giuliano, se ne andaro fuora
verso el monte e comandó a quelli che guardavono S. Severino
dove se fa la fortezza che non se partisseno per niente, e che
alendessero a guardare quel loco, e che non dubitasseno de cosa
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49 O. SCALVANTI

alchuna, ch'esso li manderebbe el soccorso presto (1). E quelli che
cie stavono a guardarlo erano nostri cittadini, li quali son questi
nominati, Mariotto de Giovagne, Coradino de felippo, Pietro de
Beo, luca de Arcolano del Pelato, Mariotto del Ceccaio, Bartolomeo
de Mariano, luca de Gio: barbiere, Anton de Meo de la Nonna,
Giapeco de bevegnate, luca de lo inciminato, Nicolo de Cola-
bocca, Renzzo de lo Sterpolino, Sante de quondam Valentino,
Benedetto de Bigliozzo, Arcolano de Antonio de Nofrio, Vestro
de Cola Agnielo de Donnino, e boccio pianellaio, Batiste del tor-
tello, francesco da Cerqueto, P.° Agnielo de martinello, Sante de
beo dei paltone, tutti de P. S. Pietro.

E cosi fu dato subito el soccorso come promise el magn:
Braccio. Cie andaro li omeni de Canaia e de la Bastia, de la qual
novità vene la nova subito qui in Peroga, onde che tutto el po-
polo cie curse, e così cie foro morle e apiccate molti de quelli
spellani; e fo vento e raquistata la terra per Braccio e per li fra-
telli. E .poi subito foro mandati dal nostro Comuno al Papa li
ambasciatori, quale stava a Tivoli per tale novità dicendo, che
questa ingiuria non solo era stata falta a li predicti cioie a Braccio
e a li fratelli, ma a questo comuno e a tutto lo stato de li genti-
lomeni.

Foro li Ambasciatori Meser Baglione de Ugolino de Baglion-
cello de M. Biano e Galiotto de lello dei bagliore, li quali an-
darono e a la tornata loro raportarono qualmente el papa e li
cardinali biasimavono molto la novità fatta, dicendo tal cosa non
essere stata falta con lor conseglio e volontà, e che de tal cosa
non ne sapevono niente, e che S. Santità se contenta che Spello
se tenghi per Braccio e per li fratelli, quali sempre li tratterà
secondo amorevole e obediente de Santa Chiesa.

A di 7 de agosto el Conte lacomo de Nicolo Piccinino fo fatto
Capitano de la Chiesa e del Re de Napoli e fu del Duca de
Milano (2).

(1) Questi fatti o son taciuti o narrati con pochi tratti dai cronisti e dagli
storici.

(2) Il passaggio del Piccinino dalla parte del duca di Angiò a quella di Ferdi-
nando re di Napoli, avverine nell’anno indicato dal cronista in seguito all'abbocca-
mento tra Jacopo e Alessandro, signore di Pesaro e fratello del duca di Milano,
il 10 agosto del 1403 in Abruzzo. SITA EER |

CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 43

A di 20 de Agosto. mori el Cardinale de Sassoferrato qui in
Peroga e fo sepelito in S. Agostino.

A questi di de Xbre vene in Peroga frate Iacomo de la Marca
e predicando alchuni dì disse ne le sue prediche come la Santità
de nostro signor Papa Pio 2° volea andare contro el Turco, e che
ce andava el duca de Borgognia con 5000 persone e il Doge de
venetia e che facevono grandissime armate per mare e per terra
e la massa se fa in Ancona (1).

A di 24 de Xbre fu furata la torre de Andrea al Mag: Braccio
dei Baglione e fratelli, la furò el Marchese de Asese e diceva che
era la sua, e così li asciesciane cie mandaro 200 fanti, ma Brac-
cio non volse che cie se andasse perochè l' averia ariauta de furia.

1464 — A questi dì de Genaio vene in Peroga meser An-
drea da fano comissario del Papa con un Breve de S. Santità,
quale domandò a la città se. 30000, per la qual cosa ne for fatti
più consigli: in ultimo fo determinato, che se vedesse per 20 o-
mene quello che le si potesse dare e in qual modo se polessero
cavare per manco disdagio della comunità atento a la povertà de
la città.

A dì ditto se adunaro li Camorlenghi in palazzo del popolo,
dove li fo messo inanzze sc. 1000 e 3000 corbe di grano, e così
per dechreto fo vento, cioiè che se dovessero pagare in 3 annj !/,
per anno, cioiè quando sua santità andasse a la impresa contro
li Turchi.

A questi dì pure de genaio cadde una grandissima neve la
magiore che già molti annj cadesse.

A di 8 de febraio in venerdì sera a le 3 ore de notte morì
meser Giovagne de Petruccio de li nobeli da M. Sperello, e fo
fatto el corotto la domenica che fo a di 5 ditto e lassò de essere
vestito da frate de S. Francesco e sopre al corpo fo portato el
baldachino e li fo fatto grande onore.

A dì 12 de Aprile Giovagne de Ser Sante da Pietra melina
strozzò el suo proprio figliuolo nel letto con le sue proprie mani,

(1) Il Pellini parla nell'anno 1463 della venuta di Andrea da Fano protonotario

apostolico per indurre i perugini a favorire con armi e danari l'impresa contro i

turchi, e tace affatto di Giacomo della Marca. La verità é che la venuta di Andrea
fu del gennaio 1464.
t,

44 O. SCALVANTI

quale era de età de 7 annj in circa per la qual cosa fo preso a
dì 13 ditto e ebbelo ne le mani el Capitano del Popolo.

E a di 15 ditto in P. S. A. fo fatta una parata a una sposa,
ch’era moglie de Fabritio de Nicolò de Benedetto Barzi, figlia de
Francesco de Raniere de meser Triviere Montemelini, la quale
andando a marito foro fatte alquante scopiette, per uno de li quali
scopietti scarco de pallotta e banbago fo passato el capo a una
zitola, la quale mori subitamente e seguente essi insieme slava

un’ altra a la quale la medesima pallotta passò il braccio e la
mano in uno sol colpo e non morì.

A di 22 ditto per che antica usanzza sempre è stata ne la
città nostra dopo alquanti dì che le novelle spose sono andate a
marito tornare ala casa paterna, onde volendo ditto dì la sopre-
detta sposa tornare ala casa del padre fo impedita per quele che
avevono fatto la parata detta, de modo che non andò, ma se
tornò a casa del novo sposo, per la qual cosa non potendo essa

andare al convito de li aparechiati cibi, li cibi andaro a lei a
casa del marito.

E a dì 28 de Aprile in sabeto el Mag: Sig: Boso da S. Fiore
vene qui in Peroga, lo quale venia del Reame e dirillamente vene
a smontare a casa de Braccio dei baglione con tutta la sua com-
pagnia, quale assai benignamente e con gran trionfo fo recevuto,

e con esso era la nepote del Seg. Mateo da Capua da lui nova-
mente sposata e a lui per matremonio congionta, e in loro com-
pagnia erano molti cavalli, quali parimente tutti foro sommamente

onorati in casa di Braccio. Di poi el dì seguente, cioiè la domenica
la detta consorte del detto Sig: Boso andò a messa in Santa Maria
dei Servi con compagnia di molte onorate madone e nobilissime,
la quale vestiva de un ricco e legiadro vestito stretto, e sopre un
mantleletto verde di broccato d' ariento con richi adornamenti ador-
nato in modo che molte gente tulte con meraveglia guardavano
la vaga portatura de la ditta madonna.

A dì 11 de Maggio venero in Perogia el Cardinal de Bologna
e il Cardinal de Riete (1), a li quali ne la lor venuta cavalcaro

(1) Il cardinale di Bologna era Filippo Calandrini di Sarzana, fratello uterino
del Papa Nicolò V, e da lui creato cardinale nel concistoro del 20 dicembre 1448.
Morì nel 1476 in Bagnorea, dove si trovava al seguito di Sisto IV. Il card. di Rieti
CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC.

45

incontro molti nostri cettadini e li fecer grande onore e la cagione
de la lor venuta non era al volgo nota (1).

Per che la fama è più veloce nel raportare li oscuri e mesti
accidenti che le vittorie e lieti avenimenti, dicho che ne li passati
giorni fece palese in questa città la morte del Mag: Nicoló Pic-
cinino, figlio del Mag: Conte Jacomo (2) subitamente fatta, come
se disse per alchuni che veleno l' avese morto.

A di primo de Giugno vene in questa cillà meser lorenzo de
meser Amadeo da Casiello, el quale volea entrare Capitano del
popolo, e benché lui avesse el breve dal Papa e fosse dottore e
cavaliere nobele di sangue e avendo già studiato in questa citlà,
se oposeno a lui el collegio dei dottore di queste, e dicevono che
lui non era legetimamente dottorato per tanto che esso non podde
entrare in ufficio e cosi fo recusato. Da poi venero certi brevi
papali in favore di esso per la qual cosa ne foron fatti più con-
seglie, in ultimo se partì ditto meser Lorenzzo con sua fameglia
da la terra (3).

Essendo il Gran Turco divenuto Signore e padrone de. gran
reame et Stati del qual temendo la Christianità e per reparare a
la christiana fede se radunaro istigati e pregati dal Papa -Pio 2°,
che personalmente se oferse essere a l’impresa e, lassati degni
vicari in suo luoco e adunati molti denari e aiuto da S. Marco (4),
deliberò andare contra el detto Turco. Dando ordine a le dette cose
fece nel porto di Ancona preparare una nobilissima galea e aspet-

ebbe nome Angelo Capranica, nobile romano, elevato alla porpora da Pio II nel
concistoro di Siena del 5 marzo 1460.

(1) Parmi evidente, che la venuta. dei due cardinali debba attribuirsi al de-
siderio del pontefice di sollecitare i perugini a stanziare per l'impresa contro i
turchi maggiori somme di quelle stabilite in seguito alla missione di Angelo da
Fano, come sopra è detto.

(2) È appena da avvertire, che questo Nicolò Piccinino non si deve confondere
col suo omonimo, ossia col grande condottiero morto presso Milano nel 16 otto-
bre 1444. Da lui nacquero Francesco e Jacopo Piccinino, che fu padre di Nicolò,
ricordato dal cronista, di Francesco, di Giovan Giacomo, di Deifobo e di Angelo,
spesso ricordati nelle nostre cronache.

(3) Il fatto è notevole, perché dimostra, come ad onta della intromissione pa-
pale, i perugini tenessero fermo alle guarentigie dei loro statuti.

(4) Esso consisteva nelle 12 galee inviate dalla repubblica veneta al comando
del doge Cristoforo Moro.
46 O. SCALVANTI

tando el tempo bono e lassate grandi indulgentie a li Christiani
la fede favoregianti come tempo li parve (sic).

E a dì 18 de Giugno de l'ano [VI] del suo pontificato con lo
nome de dio se partì da Roma e per lo tevere con la velocissima
barchetta venne sino a orti (1), e poi per terra seguitando sua im-
presa e viaggio.

E a dì 26 del ditto foro eletti li Ambasciatori per mandarli al
Papa quali li elesse Mons: Governatore e cavalcaro a dì 27 ditto
e trovaro che sua Santità era venuta in Spoleto. Li ambasciatori
son questi; cioié

Anton de Arcolano del frolliere Priore, P. Soli.

Mariotto de Ricciere, P. Susane, Priore.

Mateo de Giere Priore, Porta borgne.

Feleino de meser Baldassarre de li Armanni.

Venciolo da Corgnie e

Rusteco del Saracino da Monte Melino - Consoli.

Tobaldo Cavaceppi, auditore. .

Benedetto de Giapeco de S. Monaldo, camorlengho.

A dì 28 de Giugno morì in Perogia un meser Antonello (2),
quale era uno de li principali conduttieri del Duca de Milano, e
essendo venuto da li bagni opresso da la infermità stette in casa
de Braccio dei baglione e li fo con molta cura ateso per cam-
parlo, finalmente morì detto dì.

Da poi el seguente giorno fo fatta la estrema pompa, dove
suoj omene d’arme e suoi fameglie tutti vestiti de nero onorate da
4 dei priore de questa città e con molti dottore e Braccio dei ba-
glione con tutti li nobili cettadini e altri popolani cie foro tutti li
ordini di frati e torchie de più arte e la bara overo cataletto fo
riccamente vestita e adornata con richissimi drappi conlesti ad oro
lavorato; e esso defunto fo riccamente vestito de broccato sensa
altra copertura, e intorno a la bara molti torchi piccoli accesi.
Andò a S. Domenico, dove li fo fatto singolare uffitio.

(1) Leggi Orte.

(2) Antonello da Borgo, che nel 1402 prese parte con l’ esercito sforzesco, e
insieme ad Alessandro, a Roberto Orsini e al Sanseverino, nel fatto d'armi di Or-
sara contro il re di Napoli. È strano che il Corio non parli della morte di questo
condottiero. CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. AT

A di 28 dello tornsro li prefati Sig: Priore andati al Papa,
come de sopre disse, quali smontaro a S. Pietro e de li venero
poi a piede con la lor fameglia come soglieno, andaro poi al lor
palazzo; la cagione de la loro andata non se disse qual fosse
slata (1).

A di primo de Giugno essendo el Papa alquanti giorni dimo-
rato in Spolete, e volendo procedere al suo deputato camino venne
a Foligno, dove cie dimoró ditto di col di seguente, che fo do-
menica e lunedi. !

A di 3 ditto el martedì se partì da foligno la mattina per
venire ad asese e passó per il borgo de Spello.

A di 4 dilto el mercordi el Papa passò per il nostro contado,
nel quale fo onorato a spese del nostro comuno per li soprestanti
a quello eletti e aloggió la sera al Pianello.

A di 5 de luglio el giovedi fu onorato el ditto Papa pure
nel nostro contado e aloggiò la sera a Casa castalda.

A di 6 ditto in venerdi a sera andò aloggiare a Sigillo pure
del nostro contado dove fu per li soprestanti onorato a spese
nostre.

A di 7 ditto el Sabbato detto pontefice entró in fabriano dove
fu novità.

El conte Iacomo Piccinino essendo in pace e pigliato in
compagnia piü Signori e omene nobilissimi fece partita da li con-
quistate mura de... (2) e procedendo con animo liberale nel pre-
sente millesimo del mese de luglio a di 8 fo onorato in Spello a le
spese de li Mag: Sig: de quello Braccio e Carlo de Malatesta dei
baglione, dove dimoró ditto di con la seguente notte, intendendo
el di seguente venire a Peroga. Foro molti nel ditto di e notte,
che andarono a Spello per visitare el ditto Conte, la qual mattina
cavalcaro tutti questi nostri nobili e potentissimi cettadini, li quali
andaro verso il prefato conte per farli el debito: onore.

A di 9 ditto in lunedi a le 21 ore incirca el mag: Conte Ia-

(1) Gli ambasciatori ebbero l'incarico di sollecitare il pontefice a dare una
pronta risoluzione circa il modo di rifar le borse degli uffici.

(2) Lacuna del ms. Deve leggervisi — Sulmona — perché appunto nel luglio del
1464 Jacopo lasció il reame, affidando il possesso di Sulmona e delle altre terre a
Tommaso Tebaldo. Il grande condottiero, come narra il cronista, dopo tante vicende,
tornava a Perugia.
48 O. SCALVANTI

como Piccinino entrò in Peroga per la porta de fonte novo, e

vene in P. S. Angegli cavalcando verso la piazza, e andò a smon-

tare in casa de Braccio e de li fratelli con tutta la sua compagnia,
ne la quale con molto onore fu recevuto,

Sumptibus comunis foro per la sua venuta spazzate tutte le
strade de questa città e in P. S. Angegli gettati molti fiori.

Di poi a dì 10 ditto el martedi venne in piazza el ditto Conte
e andò a visitare li Priore acompagnato da tutti li nostri nobilis-
simi celtadini, e lì tutto el popolo se faceva inante per vedere el
ditto Conte, il che lui guardava ciascuno con gratioso aspetto e
con atto benigno di capo salutava quelli. Et el di cavalcò per
spasso.

E a dì 11 cavalcò per P. S. A. con alquanti gentilomeni e
li fo fatto grande onore, a casa de Giovagne de Sexto smontò in
P. S. Angegli e visitó una sua zea, moglie che fu de Cellolo li
sopre a la porta de S. Christofano, dove li fo fatta una sontuosa
colatione. Benché securamente et sensa credenzza alchuna esso
magniasse e anco bevesse con sua compagnia furono li bugliate
molte confettione. E poi cavalcó in P. Soli e andó a vedere el
seto (1) del Cassero, e poi ritornò a casa de Braccio venendo per
sopremuro. Dopoi vene in piazza, dopo cena andò nel monte e
veniva per vederlo ogni persona e seguitarono quello de modo,
che parea meraveglia, e molti fanciulli picholi precedevono a lui
per alquanto e anco se fermavono secondo l' andare de esso.

A di 12 de luglio el giovedi cavalcò con alquanti per P. Su-
sane, dove fu fatta una sontuosa colatione, e poi la sera andò a
cena con li Sig: Priori con alquanti de sua compagnia.

A di 13 el venerdi se partì el ditto conte la mattina e caval-
caro con esso molti celtadini e andò a mangiare al suo palazzo....
e lì se posò alquanto dopo mangiare e la sera andò... (2).

Del mese de luglio del detto ano comenzzó la Peste in questa
citta tanto venenosa e orenda che mosse el popolo quasi tutto a
fuggire, quelli, chi propinquo e chi lontano da la città, non sensa

(1) Seto per sito.
(2) Lacuna del ms. Il conte Iacopo Piccinino si diresse alla volta di Lombardia,
ove fu benignamente accolto da Francesco Sforza. L'essersi ignorata questa parte
inedita della maggior cronaca perugina, ha fatto sì che della 'dimora del Piccinino
nella nostra città, si dessero scarsi ragguagli nelle istorie di Perugia,
ato

CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 49

molto affanno se asettavono ad abitare; non già per questo restò
la peste che non facesse grandissimo danno.

A di 14 de Agosto (1) mori Papa Pio peroché volendo sua
santità seguire el suo cominciato camino e essendo pervenuto in
Ancona, dove dovea con ogni suo esercito montare in aqua, ma
non piaque a la fortuna, che lui più oltre andasse, per che co-

‘stretto da infermità fo impedito el suo efetto, che mori a di ditto

restando vana la sua impresa.

Essendo adunque la sede vacante, el Collegio de li Cardinali
volendo chreare el novo Papa se radunaro a Roma a di.. de.. (2)
e entrati in conchlave deputaro per papa el Cardinale de S. Marco
Papa Paulo Secondo nomenato: a di 2 de 7bre vene la nuova in
questa città come el Pupa era chreato.

De ditio ano el grano valse s. 30 e 35. l'orso 20 e 21. la

spella 13 e 14, l' olio 1. 4 e 4!/,, el vino I. 80 la soma.

1465 — A di 18 de febraio in lunedi for publicati li Mag:
Sig: Priore per 2 mesi da venire Marzo e Aprile; Capo de Uffitio
lione de li Oddi.

E a di ditto for publicati li Capitani del Contado per 6 mesi
da venire.

A dì 20 de febraio fu uciso Ascanio de Baglione dei Baglione,
quale andava mascherato con un compagno, onde che 3 altri
mascari andavano mascherati da merciari, quali son questi, cioió
Nicolo de Vigie de Appio e Mariotto de Gregorio de ser Nofrio
e Bartolomeo de Marco da Coromano, dove che scontrandosi
insieme ditti merciari con li ditti altri mascari de là da Santo
Tomasso li invilavono se volevono comparare de le merciarie ; e
fecese innanzze Nicolo e alzoglie el velo da la faccia per la qual
cosa Ascanio dette a quello una bastonata. Ma essi tutli 3 ca-
ciarono mano a li cortelli e cosi un de quelli li dette una ponta
nel petto, e morì subito, e vedendo questo se ne fuggiro tutti per
la conca e andaro nel Versaio, e entraro in casa de luca de Ser
Nicolo, e li se smascararo subito. La novella vene in piazza,

(1) Il Pellini ha errato ponendo la morte di Pio II al 16 anzichè al 14 agosto,
come scrive il nostro cronista.

(2) Lacuna del ms. Il card. Barbo, papa col nome di Paolo II, fu eletto il 30
agosto in Roma, e coronato il 16 settembre.
50 ‘0. SCALVANTI

onde che il Mag: Braccio incontinente e tutto el popolo anda-
rono per ritrovarli, e li Sig: Priore usciro del Palazzo, e andaro
nel versaio e fo cercato de casa in casa e finalmente trovoro
Mariotto predetto quale era recoverato in casa de Sforzza de li
Oddi, benché ditto Sforzza li disse più volle vatte con dio, e cosi
el mandarono ne le mano del Podestà e poi fo mandato a cer-
care per li altri nel contado, e cavaleó Ridolfo e Mariano dei
baglione a le 3 ore de notte, e andaro verso Strozzacapone, ma
li fo mandato a dire che se retornassero in rieto, e così retor-
naro a Peroga e for fatti asprissimi bandimenti, che chi sapesse
dove essi fossero li dovesser rivelare e chi li dava o morti o
vivi sarebbino stale premiate.

El giovedì a le 14 ore in circa fo fatto sapere al mag: Braccio
dei baglione come Nicolo de Vigie de Appio stava nascosto in S.
Agnielo de Borgne, onde che lui in persona con molta gente andó

‘a trovarlo in S. Agnielo de borgnie, e poi lo menò insieme a piè

del palazzo e li lo dette in mano del Podestà. Era el ditto Nicolo
stato publicato per priore per doi mesi doi di inanzze al perpe-
trato malefitio, in loco del quale fu poi sustituito Baglione de
Silvio nepote del ditto Ascanio morto (1).

A di 24 de febraio vene in questa citta el Cardinale di Co-
stantia (2) legato in Toscana e ducato della Città di Castello insino
a Nargnie e andarli incontro molli nostri cittadini.

A di 11 de Marzzo cavalcó el cardinale preditto e legato per
andare a Castello del suo governo a lo quale non era anco stato.

A di 13 de Marzzo venero in piazza scapigliate la madre de
Raniere di Francesco detto el zamperliere con 2 suoi sorelle e
andar nel palazzo dei priore pregando lor Sig: che non volesser pa-
tere tal chrudeltà, peroché essendo ne li passati tempi stato preso
dala fameglia e ufitiali del Podestà de Perogia detto Raniere de
francesco a petitione e querela de Agnielo da la Torreciella tale

ché mori ne la pregione per martorio; dipoi se partirono da li

Priori e venero per piazza piangendo e corrotando el ditto morto,

(1) Appena dei cenni fuggevoli si hanno di questo fatto nelle altre cronache.
(2) Riccardo Oliviero de Longueil, dei visconti d'Angiò, creato cardinale da
Calisto III nel concistoro del 18 dicembre 1456. Morì legato a Perugia nel 15. agosto
1470. i CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. ol

e dicendo: cettadini, non comportate che simil caso sia impunito :'

dicendo che il ditto essere preso e morto a torto solo ad istantia
e pelitione de detto Agnielo suo suocero, dicendo che detto Agnielo
era ruffiano e la figliola de detto morto putana e molte altre ino-
neste parole, e gettosse la ditta madre in ginocchione a certi cet-
tadini li in piè de la piazza dimandando vendetta per la morte
del figliolo.

A di de Giugno vene la novella qui in Perogia come a di 24
dito era stato preso lo Ill.mo Conte Iacomo Piccinino, famoso
capitano di gente de arme, e insieme con esso fo preso el Conte
Broccardo a petitione del re di Napoli (1): fo preso in Castel
nuovo dal Sig. Napoleone e dal Cavaliere Orsino dicendoli come
esso era pregione del re per la qual cosa vedendose el Conte Ia-
como fatto tanto tradimento rispose e disse, ch' era pregione del
Duca de Milano, del quale sotto sua fede e promissione era pre-
gione pero che partendose da lui da Milano li promise salvezza,
e solto questo colore fo tradito e prevenuto pregione del Re, el
quale a li di passati li avea fatte molte carezze e grandissimo
onore e adesso li a usato tanto tradimento.

A questo di de Xbre for fatti de molti furti e rotti fondichi
e botteghe.

Nel predetto ano el grano al piü valse s. 55 e 57, l'orso

s. 98 e 30, la spelta s. 18, l'olio 1. 80 el mezolino, el’ vino.

l. 6 la soma.

(1) Assai confuso é il racconto del cronista. Pure sembra che egli non rite-
nesse colpevole della prigionia di Jacopo il duca di Milano. Del resto sulle cause,
che determinarono la tragica fine del grande condottiero, non è accordo fra gli
storici. ll Corio scrive, che il duca Francesco ordi la congiura contro il Piccinino nel
sospetto che la egregia virtù di lui non fosse damnevole ai suoi figliuoli. Ma allora
perché dargli in sposa la figlia Drusiana? E perché poi il re Ferdinando avrebbe
scritto allo stesso duca, scusandosi dell'eccidio di Jacopo e dandone colpa ad altri,
contro i quali simulò dei processi? In verità le mire ambiziose del condottiero
bastavano, senz'altro eccitamento, a turbare i sonni del re di Napoli, il quale non
poteva vedere con animo sereno dilatarsi il dominio di Jacopo. Il Muratori poi ha
colpito, secondo me, nel vero, attribuendo la notizia della complicità del duca piut-
tosto ad una voce corsa nelle città italiane che a prove di fatto — « gran mormo-
razione per cotal tradimento fu per tutta l’Italia, e n'ebbe incredibile vituperio
non meno Ferdinando, che Francesco Sforza, non si potendo cavar di testa alla
gente, che anche lo stesso Sforza avesse tenuto mano al tradimento » —.
[21]
n2

O. SCALVANTI

1466 — A di 19 de Genaro ingrossaro lutti li fiumi maxi-
mamente el tevere, ch' ingrossó tanto che nisuna persona se
ricorda averlo veduto maie sì grosso, e sì gran diluvio de aqua,
perochè tutto el ponte felcino andò sotto aqua, e nel ponte de

Pattolo andò a nuoto quasi ogni cosa, de modo che tutte le botte
levò a sommo, ne le case dove fece de grandissimo dano de vino,
de grano e de altre cose, e il nobile omo Cesaro de li Arcepreti
stava ad un suo palazzo e volse uscir fuori per fuggire in luoco
più montuoso e alto; ma l’aqua era si alta, che el soperfece, e
per questo li fo forzza de pigliar partito, e montò sù in uno olmo,
dove che era; chreve (1) l'aqua a quello olmo X piede alto, de
modo che li bisognò de salire in su la cima, e così stette a gran-
dissimo pericolo. E guastò la detta aqua molti molini da grano,
e tal diluvio procedette da una piova non molto grande, ma per
lo gran doleo se liquefero le neve da le montegnie de modo che
fece questo efetto.

A dì 6 de febraio el nostro comuno mandaro li Ambasciatori
a Roma al papa, li quali son questi:

POVERE "Sito PED

Meser Baldassarre de li Armani.

|
il
i
|

Cesaro de li Arcepreto.

——<«-<=<=-—--<«--*

A di 16 de febraio el Mag. Braccio dei baglione fece fare
una giostra in piazza, e pose per premio b. 10 de velluto verde
a la piana. Li giostratori son questi :

Gabriello de meser Polidoro dei baglione.

Gualmario dei baglione, Genlile dei Signiorelli, Armano de
lorenzzo de la lita, Baldino de Baldino, Lorenzzo de Pietro de
Pisolo P. S. P. Berardino del Brunello P. S. A.

Pierantonio de Rosciolo, Barzzo dei Barse, Sinibaldo de Bar-
nabeo.

Ebbe l'onore de la giostra e il premio el sopredetto Gabriello
de meser Polidoro dei baglione, el quale andato che luj fo a
casa per spatio de 5 ore morì.

A dì ditto vene la novella quì in Peroga come el conte fran-
cesco duca di Milano era morto de catarlo, e morì de fatto.

(1) COhreve per crebbe.
wegen arcad r

CRONACA PERUG NA INEDITA, ECC. 58

A questi di de Marzzo retornaro li nostri Ambasciatori li

quali erano andati al Papa.

A di 30 de Marzzo vene al Teseuriere del Papa quale era
andato a Roma.

A di 6 de Agosto in Mercordi a vespero mori el Mag: omo
Carlo de Baglione, che slette circa 40 di amalato e il suo male
non fu mai conosciuto, e il di seguente fo fatto el corotto in piazza,
dove fu pianto molto cordialmente da tutti li cettadini e da tutte
le done de questa città e non fo grande nè piccolo che non lo
piangesse.

A di 5 de Agosto foro elelti e chiamati 5 omene per inte-
resse de refare el sacco, li quali foro mandati a Roma, e son
questi: Bartolomeo de Andrea de Pascuccio P. S. P., Guerriere
dei Raniere P. Soli.

Felice de lacobbe P. S. A.

Golino dei Chrispolti P. borgne.

Bartolomeo de ser saturno P. Susane.

A di 26 de Agosto se partiro li ditti omeni eletti, e andaro a
Roma, e se inlertenero a Tode per alchuni di con il Tesauriere
a spese del Papa.

E de li se partiro e andaro a Roma.

A di 12 de 7bre el nostro comuno mandaro li Ambasciatori
a roma per interesse del ditto sacco, cie andò meser Mateo Fran-
cesco de meser Giovagne da M. Sperello e meser Mansueto de
meser Francesco.

A di 15 de 7bre il collegio de li dottori mandaro 2 amba-
scialori a Roma per interesse de una queslione ch'avieno con
meser Mansueto.

A di ditto fo ferito Giovagne de meser Sacco da Melchiorre
de Ser Cipriano e da certi altri tra il Ponte nuovo e Deruta e de
li a 3 di mori.

A di 19 de 8bre in domenica a mane fo letta una bolla pa-
pale in San lorenzzo; la lesse el cancelliere del nostro Comuno,
e dicea qualmente P. Pavolo 2° avea refatto el regimento del po-
polo di questa nostra città, e per mano de Monsi: for cavati li
Capitani del contado. Ma perchè fosse falta cosa alchuna né lelto
el ditto Breve fo delta la messa de lo Spirito Santo in S. Lorenzo,
dove cie fo el R.mo Monsi: chiamato meser Giovanbatista de li
“ia
Fi

54 O. SCALVANTI

Savelli, Protonotario e lo Vicario del Vescovo e li Magnifici Sig:
Priore e Braccio del Baglione e più altri gentilomene e cettadini.
Li Capitani cavali son questi:

Galiotto de lello dei baglione.

Biordo de li Oddi.

Renzzo de li Armanni.

Carlo de Cinaglia de li Cinagli.

Carlo dei Gratiani.

A questi di passati venne la nuova come Papa Pavolo 2° a-
veva comesso a meser Andrea da Fano Governatore de Castello,
che rimettessi li usciti de Castello tranquilli, e così rientraro a
dì 20 de Genaio 1467 in mercordi ne la festa de S. Sebastiano
cioiè tornò Piere de Ser Giovagne de Ser lando e molti altri.

A di 18 de Xbre for presi 3 in Marsciano de notte ; cie andó
el Podestà, el Capitano del Popolo e Galiotto de lello Capitano
del contado per P. Soli.

A questi dì de Xbre fo bandito come meser Barnabeo dei
bennate da Montefalco, reltore de lo studio de la università de
Peroga a dì 8 de febraio proxemo da venire che saria: la do-
menica del Carnovale, vol far fare giostrare br. 16 de velluto
Alex?.

Nel predetto anno el grano al più valse s. 65 in 67, l'orzzo
s. 99 in 40, la spelta s. 20, l'olio l. 5 el mezolino, el vino l. 7
in 8 la soma.

1467 — A di 11 de Genaio el rettore de la Università de lo
studio fece la colatione in palazzo de Monsi: come è consueto.

A di 8 de febraio se fece la giostra del predelto rettore in
piazza; el premio fo br. 16 de velluto verde. Li giostratori :

El Gentilomo de li Arcepreti, P.° Giapeco de li Armanni,
Carlo de Cesaro de li Arcepreti, Baldino de baldino de li Arce-
preti, Armano de Renzzo de la lita de li Armanni, Berardino del
brunello de li Armanni, P.° de felice detto de la Casandra; tutti
de P. S. A. Ridolfo de malatesta dei baglione P. S. P. Brunoro
de Golino Chrispolti P. borgne. Nere de Guido Morelio, Giapeco
de Rosciolo P. Soli.

A di 29 de -Marzzo che fo el 1° di de Pasqua un Guglielmo
ebreo mosso da divina ispiratione se convertì con 2 suoi figlioli,

mediante le prediche de Mons. Alexandro Anconetano de l'ordine de

+ RITA 7 arc ^) "

CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 55

S. Agostino, e fo batizzato esso e li suoi figlioli cioiè un mascio
e l’altra femena ne la chiesa de S. Lorenzo, dove cie foro molto
popolo e foro provedute de molte elimosine.

A di 5 de Aprile se convertì la dona del sopredetto Guglielmo,
quale se converli mediante le suore de S. Antonio da padova, e fo
battezzata pure in S. Lorenzzo, dove ch’ el detto Guglielmo la
sposó novamente. |

^A di 12 de Aprile se fece una giostra in Piazza e li giostra-
tori for tutti mulatiere, li quali se portaro valentemente. Il premio
fo 14 br. de panno de lana cilestro e fo bella cosa a vedere.

A di 19 de Aprile fo fatta una giostra in piazza, el premio
si è questo, br. 12 de velluto chremosi figurato, quale velluto fo
posto in un carro con ninphe e un dio de Amore, che slan trion-
falmente. Li Giostratori son questi:

Giapeco de lorenzzo fabene P. S. A.

Baldassarre de Gio: de Apollo P. Susane

Gio: Batiste de P. de lorenzzo de meser P.° P. Susane

francesco de Gio: de Baldino P. S. P.

Gentile de P.° pavolo de Tantino P. S. P.

Benedetto de.... del pantano P. S. P.

El Brunello de Batiste de batiste P. S. P.

A di primo de Maggio entró in ufitio li Capitani del contado
per li 6 mesi da venire nel palazzo del Governatore, e son questi:

Tiseo da Corgue P. Susane, P.° pavolo dei Mansueti P. borgne.

Lodovico dei Baglione P. S. P., Averardo de Guido Morello
P. Soli.

P.* Giovagne de Agnielo del Bisochetto P. S. Agnegli.

-A di 10. de Maggio in Domenica vene qui in Peroga la dona

de Pietro de Cosmo dei Medici da fiorenzze, la quale venia da

Roma, e la recavono in una lettigha coperta con un panno d'a-
razzo, e aveva in sua compagnia molti cavalli e molte done. Dice

ch'era stata a Roma per lo perdono.

A di 4 de Giugno Braccio de Malatesta dei Baglioni se partì
da Spello e andò a li Cerqui per andare a Cesena con la com-
pagnia cioiè nel campo de la Chiesa.

A di 4 de luglio el Capitano del Popolo chiamato meser Pa-
volozzo da fabriano fece tenagliare un da fossato, il quale avea
56 O. SCALVANTI

infocato una capana dove cie era dentro una dona con doj ma-
moletti.

A dì 17 de 7bre vene la nova qui in Peroga come el Papa
avea fatto 8 Cardinali (4).

A dì 19 de 8bre el Podestà fece tirar fuori lo stendardo per
fare impiccare Pietro tronba, e era sonata do) volte la campana
de la giustitia. In questo Monsi: Governatore de li Savelli fece
fare comandamento al Podestà, che lui facesse remettere lo sten-
dardo.

Et il Podestà li mandò a dire, che li facesse tale comanda-
mento in schritto, e cosi Monsi: li mandò un boletino, et alora
el Podestà remise lo stendardo, e non fo facta della giustitia.

A dì 29 de 8bre fo posta la statua di P. Pavolo 2.° ne la fac-
ciata de S. Lorenzo in capo de la piazza, quale è tutta de metallo
orato, e fo acompagnata da li Magni: Si: Priore e da li dottori e
da molti altri cettadini (2).

A dì 11 de 9bre fo fatta la giostra del palio del Comuno e il
Teseuriere agionse el resto chi montava el ditto Palio e li premi
furono br. 16 de velluto Alex.°: e li giostratori son questi:

El Gentilomo de meser Agamenone, Valmario de Mariotto
baglione, P.» Giapeco de li Armani, Baldino de Baldino, Giapeco
del Rosciolo, Pietro de la Casandra, Bernardino del Brunello,
Gentile de P.° Pavolo de Tantino, Teveruccio de Giulio dei Signio-
relli, felippo de Golino de li Oddi.

(1) Nelle molte Vite di Paolo II si legge che la promozione degli otto cardi-
nali avvenne il 18 settembre 1467, mentre il cronista scrive che la nuova di questo
fatto giunse in Perugia il 17 del detto mese.

(2) Questa statua fu collocata nell’anno e nel giorno indicati dal cronista nella
nicchia superiore di forma semicircolare terminante in sesto acuto, che si vede
anc’oggi nel lato di S. Lorenzo dalla parte del Corso, poco discosto dal pergamo:
detto di S. Bernardino. Autore della statua fu il Vellano o Bellano di Padova, chia-
mato da Firenze, nei nostri Annali virali forse perché così egli amò chiamarsi per
essere allievo di Donatello. Il bellissimo monumento fu, con atto vandalico, demolito
nel 1798 per fabbricarvi monete coll’ emblema dell’ albero della libertà. Causa 'del-
l'onoranza tributata al nome di Paolo II fu l' amnistia da lui concessa a 500 fuoru-
sciti, l'ottenuta concordia dei partiti nella elezione dei magistrati, e l'accresciuto
stipendio dei dottori dello Studio. A quest’ultimo provvedimento deve aver contri-
buito l' ambasceria, che 1’ Università spedi al papa nel 15 settembre 1466, come ci
narra il cronista.
insi

CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. DT

Ebbe el premio Valmario e P.° de la Casandra.

A dì 20 de 9bre morì el nobile omo Filemo de li Armani.

A dì 21 ditto morì Stamegnione de P. borgne; dice che
morì de paura perochè el ditto avendo a pegione lo Spedale de
Santo Alló, e staendo la sera nel ditto Spedale a contare li de-
nari, quando se voltò così da canto, lui vedde venire una brigata
de poverelli con le candele arpiccate in mano, e ballavono infra
loro. Ce era uno grande, e disse al ditto: io so Santo Alo, e st
te dicho che qualumque persona è stata cagione che se guasta la
casa mia non gli pigliarà mai biene nè de’ figli nè de’ cose che
abbia.

A questi di fo vento fra li priore e camorlenghi qualmente
podessero venire in quesla cillà ogni ragione de panni de lana,
e questo non fo noto fina quando li camorlenghi usciro de palazzo,
e alora era capo de Uffitio Cesare de li Arciprete, e detto Cesare
era a Roma (1).

Dipoi el di seguente el Governatore proibi ali ditti Sig: Priori,
e disse che non volea che fosse fatto niente de lo interesse de li
panni, e per allora non segui altro.

A dì 25 de 9bre il nobile omo Mariano e Valmario suo fra-
tello cioiè figlioli de Mariotto dei baglione tolsero donna, cioiè uno
tolse la Androneche e |’ altro la onesta figliola de meser Pandolfo

‘dei Baglione; lo qual parentado lo fece lo Vescovo Campano.

Nel predetto ano el grano al più valse s. 85 in 40 la s.,
l' orso s. 25, la spelta s. 15, l'olio l. 6, el vino l. 7 soma.

Anco nel predetto anno se son fatti molti omicidi e furti, e
molti sono stati giustitiati per delitti e furti.

1468 — A dì 23 de genaio revene el nobile omo Cesaro de lì
Arceprete quale era stato a Roma 5 mesi e mezzo nanti che luj
podesse aver licenzza dal Papa. Se disse che luj avea auta una
grata e buona audienzza.

(1) Il cronista parla spesso di questa grave disputa sorta per la importazione
dei panni di lana in Perugia. A ciò si opponevano i mercanti, ma era pur d'uopo
provvedere, in quanto la produzione dei fabbricanti perugini non supplisse ai bi-
sogni del popolo. Il Pellini pone nel 1468 la deliberazione del magistrato circa la
libera importazione dei tessuti di lana, mentre il cronista l’ha posta nel 1467. Ap-
partengono ai primi dell'anno successivo la protesta dei mercanti e gli ulteriori prov-
vedimenti adottati dal Governatore.
e
l'o

O. SCALVANTI

A dì 2 de febraio fo preso Giovane de Antonello de P. S. P.
quale fo menato con gran furia da tutti li uffitiali del Podestà e
del Capitano del Popolo. La cagione non se sa.

A dì 8 de febraio el Camorlengo de l’arte de la lana chiamato
Gabriello de Ser Bartolomeo insieme con li artegiani de ditta
arte, andaro a Monsi: e querelaro e scolrinaro molto questa fa -
cenda de l’arte de la lana, e dicevono che non era bon fatto che
cie podessero venire ogni ragione panni, e foro circa 100 o più
artefeci.

A dì 12 de febraio se fece el bando a 8 trombe e 4 pifari e
nachari qualmente la S. de nostro Sig: P. Pavolo 2° avea schritto
a questo comuno come era fatto la pace in fra queste potentie
cioiè la Seren. de Venetia, el Duca de Milano, fiorentini, el Re fer-
rante e Bartolomeo da Bergamo per mezanità del Papa per
quiete de tutta Ja Italia (1).

A dì 15 dilto fo fatto bando per parte del Governatore e de
li Sig: Priore e de li 10 de l’arte de la lana che se potessero
mettere panni veronesi de ogni sorte generalmente, e che per
tempo de 2 mesi ciaschuna persona possa mettere 10 panni fio-
rentini, e 20 panni gobbini (2).

A dì 17 ditto nel Rembocco del salsa la donna de mastro
Semone medico passando Spirito de Ser Cipriano de Gualtiere
suo amatore glie bugliò un bacino pieno de merda in sul capo, de
modo che tutto lo imbrattò, e puzzava, che non li se podea stare
apresso, e questo lo fece per che tutto el dì la seguitava e non
la podea lassare stare (3).

A dì 15 de Marzzo for cavati li Capitani del Contado per li
6 mesi da venire per mano de Monsi: cioiè meser Gio: batiste
Savelli, e trasseli e pubblicò in questo modo, cioiè mandò per

(1) Il cronista parla qui della pubblicazione dei capitoli della pace per opera
di Paolo II. È noto, che in essa intervennero il re Ferdinando, la repubblica di
Venezia, il duca di Milano e i fiorentini. La cronaca ricorda anche Bartolomeo da
Bergamo, ossia il Colleoni, per cagion del quale la stipulazione della pace fu ritar-
data di alcuni mesi.

(2) Intendi dieci e venti pezze di panni. Per le manifatture veronesi esisteva
un privilegio di libera importazione.

(3) La vittima della sdegnosa moglie di mastro Simone, fu Lorenzo detto
Spirito, il poeta perugino, di cui sono a stampa alcuni poemi.

d

EE cur: pregare

CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 59

meser Mateo francesco de meser Gio: da Monte Sperello de P.

Soli, e per francesco de Oddo de P. S. A., e P.° de Sinibaldo
P. Susane, e per Arcangelo de P.° de la Berarda P. borgne, e
per Golino baglioncello de P. S. P. e come foro in Palazzo Monsi:
disse: tu sej Capitano per la tua porta; e a ciascuno disse cosi.

A di 27 dillo in domenica vene in Peroga lo Amba: del
Duca Giovagne, quale venia da Roma. Se disse che aveano auta
licenzza lulli li Amba: e che se era determinato che se facesse
guerra e remase in lega el Papa, Venetiane e il Duca Giovagne
contro del Re de Ragona e dei fiorentini e del Duca de Milano
e del Duca de Urbino (1).

A dì 4 de Aprile vene in Peroga Agostino de francesco da
chremona, quale disse questa nuova fatta per lo Magn. Duca de
Milano, e disse come Sua Segnoria mandò per Sforzino figliol
bastardo del Duca de Milano passato, cioiè de francesco Sforzza,
e quando ditto Sforzino andò in Palazzo trovò. serrate tutte le
porte. La guardia del primo uscio el mise dentro, e così el se-
condo, el terzo e, lassato de fuore la fameglia che non se ne acorse
mai, per fino che lui andò denante al Duca, e come gionse, disse:
ello qui Sforzza, ello qui Sforzza, dicendo più volte, e poi disse:
spogli fuore, e lui respose: Signore me ne ricomando, e il Duca
pur disse: spogli fore. In fine lui si spogliò per fino a la cami-
scia, e poi se inginichiò in lerra, dicendo: Signore, me rico-
mando a vot.

Alora el Sig: fece venir oltra una spada e lui pure se rico-
manda. Alora el fece drizzare e disse: mettete su quel giuparello,
e lui se lo mise. Poi disse: mettete su quelle calze, e costui se
le mise, e poi li fece mettere la giornea, e come esso fo vestito

(1) Il racconto del cronista accenna ad un grave incidente occorso tra il feb-
braio e l'aprile del 1468 circa la conclusione della pace, ossia tra la prima e la se-
conda pubblicazione dei capitoli formulati da Paolo II. Per lo più gli storici narrano
solo, che i capitoli pubblicati nel febbraio non vennero accolti di buon animo dal
re Ferdinando, dal duca di Milano e dai fiorentini, in ispecie per la proposta di
dare il generalato della sacra lega contro i turchi a Bartolomeo Colleoni; e che
poi, abbandonata dal pontefice questa pretesa, per opera di Borso d’ Este, la pace
fu conclusa con soddisfazione di tutti. Il cronista invece ci riferisce, che negli ul-
timi di marzo gli ambasciatori furono licenziati da Roma, e che si parlò ‘allora
della continuazione della guerra.
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60 O. SCALVANTI

disse el Duca : Sappie, Sforssa, che tu sei fatto oggi cavaliere e
rendoti tutti li tuoi castelli; alora el Duca glie cense la spada,
e disse a meser Ciecco suo canceliere: (1) faglieli privilegi e pa-
tente come io l'o fatto cavaliere e rendoli tutti lo suoi castelli; e
poi li disse: afende a esser omo da bene e valentomo, che bene
sarà per te. E fecelo schrivere con 200 cavalli, e per questa ca-
gione fo chiamato el cavaliere da la paura (2).

A dì 8 de aprile in venerdì vene la nuova qui in Peroga,
come meser Nicolo de Giovagne dei Viteglie, che sono de li pri-
mi omeni de Castello, fece gire la notte 200 contadini dentro in
Castello segretamente, che non se ne sentì se non la parte de
detto meser Nicolo, e poi a le 5 ore de notte fece mettere fuoco
ne la casa de Ser Diavolo a lato a casa de questi fuccie (3), et avea
ordinato, che qualuncue capitassero de quelli de la parte contra-
ria tutti fossero amazzati. Ma vedendo che al fuoco nissuno cie
correva de li suoi nemici deliberò de andare a le case, e così cie
andaro li suoi partigiani, dove che ne for morti 17 o 18, e chi era
ferito e chi ferito e preso, e dentro non c’era el Governa: tra li
quali cie for morti Piergentile dei fuccie, Batiste de Pierozzo, Pie-
tro de Meser Piero agrielo.

a

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[es

aliri de li primi che per brevità non ne fo mentione.

A questi di de maggio vene in Peroga la donna de meser
Pietro Campanescho, sorella de Madona Agniela, donna che fo
de meser Galiolto dei Baglione, la quale giva a li bagni, e menava
con seco circa 40 cavalli, e menava Cavaliere, Dottori e Medici,
e smontò ne la casa, che fo de Nello dei Baglione, e partisse a di
14 ditto.

A questi di el figliolo del preditto meser Nicolo Vetelli. andò
a Roma per reparare al mancamento e ucisione, ch'avea fatta
el padre in Castello, e andó bene acompagniato.

(I) Cecco Simonetta, fratello dello storico Giovanni, fatto decapitare a Pavia
da Lodovico Sforza nel 30 ottobre del 1480.

(2) Di questa strana cerimonia non é cenno nel Corio e nel Verri. Lo Sforzino,
indicato dal cronista, erá un bastardo di Francesco Sforza, e quindi non è da con-
fondere con Filippo Maria, pur detto Sforzino, nato da Bianca Visconti;

. (3) Fuccie o Fucci era chiamata una delle famiglie avverse ai Vitelli.
CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 61

A questi di de Agosto la gente del Duca de Calabria (1) se x
misero in ordine per tornare nel reame, e passaro de qui da le
Chiane cirea 500 cavalli.

A di 17 de Agosto in mercordi vene in Peroga meser Pietro
cubiculario e comissario del Papa, e a di 18 ditto, che fo il gio-
vedi, fece fare un bandimento a 4 trombe, che qualuncue sban-
dito celladino volesse arbandirse per tempo de 4 di possa usare
e andare seguramente a fare composilione con il detto comissario
e cessare el suo bando, e li contadini per tempo 8 di pure per
cassare li lor bandi e li forostieri per tempo de X di a fare el
simele.

A di ullemo de Agosto el Mag: Braccio dei baglione e li
fratelli maritaro madonna Agniesina lor sorella al nobile omo
meser Baldassarre de li Armanni.

A questi dì de 8bre el Mag: Braccio dei baglione se partì da
Peroga, e andò a Spello, dove non se fermò niente, e subito se
ne andò a Roma al Papa, e ebbe da lui gratissima acoglienzza e
audienzza (2).

A questi dì de 8bre recomenzzò in Peroga Ja moria, dove
morirono de molte persone de omene donne e rede.

A questi di Xbre venne nova qui in Peroga, come Federigo
terzzo Imperatore era passato a foligno, e giva a Roma al papa
molto in furia; la cagione non se sapea, e menava seco 700 ca-
valli e giouse in Roma a di 24 ditto (3).

Nel preditto anno el grano al più valse s. 45 in 50 s., l'orso
s. 27 in 28, la spelta s. 14, l'olio l. 6, el vino l. 6.

(1) Alfonso, figlio di Ferdinardo re di Napoli. Egli ricevette nel 1468 ordine
dal padre, che nel ritornare dalla Toscana mettesse presidio nella rocca della Tolla.

(2) Certo il Baglioni andava a Roma da Paolo II, per parlare seco lui di poli-
tiche faccende, perché era giunta nuova della venuta di Federigo III.

(3 Il cronista si appone al vero, perché infatti è rimasto dubbio presso gli
storici il motivo di questo viaggio di Federigo III a Roma. Chi ritenne vi andasse
per compiere un voto, chi per far confermare dal pontefice la sua successione nei
regni di Ungheria e di Boemia, e chi per trattare con Paolo II della guerra contro
i turchi, In un brano di altro esemplare della presente cronaca, da me rinvenuto
fra vecchie carte, al testo del cronista e della stessa mano é aggiunto in margine
quanto segue: — « Se disse in Peroscia che l'imperatore s'era condutto a Roma
con seco molti omeni d'arme, per che el papa non voleva che luj fusse re ungaro,
ma se disse anchora che andava a Roma per certo suo voto che voleva fare. Ma
62 O. SCALVANTI

1469 — A dì 9 de genaio se parti lo Impe: da Roma e venne
verso Peroga, e fece la via per Viterbo e per Orvielo e gionse
a Castello dela Pieve a di 13 ditto.

A dì 14 de genaio lo Impe: Federigo entrò in Peroga per

la P. de borgnie con circa 700 cavalli, e veniva con lui lo Amba:
de Venetiani (1) e entraro a le 3 ore de nolle in circa. Dove li
se fecero incontro tutti li chierici e religiosi de ciaschuno ordene
in processione parate con loro reliquie e generalmente tutti li
celtadini a cavallo e tutto el popolo, e erano piene tutte le strade
e la piazza de omene e done grande e piccoli. E quella sera fu
da poea gente conosciulo peró che venne con un papafico (2), e
uno venia inante a lui con una spada in mano innuda, e el no-
stro comuno li fece un baldachino de velluto chremosi a fioroni
de br. 21, e smontò al palazzo del Governatore, e la sua compa-
guia fu aloggata chi la e chi qua. Lo ambasciatore de venetiani
aloggiò ne le case del Mag: Braccio dei Baglione, et il detto
baldachino non passò il palazzo de li Sig: Piore, che fo messo
nel detto palazzo per la buona cagione (3).
A dì 15 de genaio in domenica a mane lo Impe: Federigo
andó a visitare la Chiesa de S. Lorenzzo con tutta la sua baronia,
tutti onoratamente in ordine, e li stette a lo uffitio e fornito che

fo, fece Cavaliere de spron de oro e Conte Palalini questi infra-
schritti :

non lo credde alcuno per che Federigo era assai travagliato de guerra in Ungharia
e non avia tempo ne voglia de venire al papa per fare un voto, e sì che si diceva
essere amico della chiesa e pio. Questo imperadore mori ne l'anno 1493 et era vec-
chissimo. A noi non fece né bene né male, e mori l'anno appresso che fo papa
Roderigo Borghes, e questo fo omo de pessimi costumi e Dio glie perdoni el male
che a fatto » —.

(1) Forse l'ambasciatore di Venezia si era recato a Roma per fare ossequio in
nome della repubblica al papa, che era il veneziano Pietro Barbo cardinale di
S. Marco. E chi sa non avesse lo stesso imperatore sollecitato dalla potente re-
pubblica l'invio di un nuovo ambasciatore, che doveva riuscir graditissimo al papa, e
giovare assai alle mire di Federigo III.

(2, Pappafico, specie di cappuccio, col quale si nascondeva il viso, onde ha
ragione il cronista quando dice più innanzi, che — « la sera quando esso |impe-
ratore] vene, non severa poduto vedere nè conoscere » —.

(3) Probabilmente perché non venisse stracciato, com'era l'usanza del tempo,
onde conservare memoria degl'illustri personaggi che Perugia ospitava.

CITES
CRONACA PERUG NA INEDITA, ECC. 63

Meser Conte...... meser marcantonio de Pietro |
Chrespolti, Meser Baldo de ser Cola e meser Ba- cavalieri
glione de Golino. |

E quando sua maestà uscì fuore de la chiesia per retornare
al palazzo del Governatore, li appresso a le scale del detto pa-
lazzo erano aparechiate 2 belli cursieri con coperta, overo sopra-
vesta, de velluto chremosi e verde, dove el Canceliero del nostro
Comuno se fece inanzze, e apresentò in dono per parte del Co-
muno li sopradetti corsieri, e esso molto benigniamente li acettò.
Et li fo tutto el popolo maschi e femene a vedere, perché la
sera, quando esso venne, non se era ben poluto vedere ne cono-
sciere. Et era uno bello omo bianco e de bella persona, e era de
elà de cirea 60 anni (1), e era vestito de velluto nero per la
morte de la sua donna, e cosi tutta la sua baronia, e erano con
lui molti gran messeri e molli suoi baroni e gentilomeni.

A di 16 de genaio a ora de nona se parli lo Imperadore de
Peroga, e andó a S. Maria de li Angeli usciendo per la porta de
Marzzo e per P. S. P.° e acompagniato con la Ambasciata de’
venetiani, e andò per farli la scorta el nostro Governatore meser
Girolamo lando, e molti nostri gentilomene. Se disse che lui an-
dava a Venetia e fece la via di Asese e Gualdo.

A questi dì de Genaio fo bandita una giostra del baldachino
quale fo fatto per lo Imperatore, qual giostra se dovea fare la
domenecha del carnevale prossemo che verrà a dì 12 de febraio.

A questi dì de Aprile 2 fratelli de meser Antonio dei Gratiani,
cioiè Pavol Pietro e Berardino, andarono a Pietrafitta con circa
50 persone, e tolsero per forzza una sorella di Berardino de Carlo
de Semone de Narduccio contro la volontà de ditta zitella e del
suo fratello, e menarla a Santa Polinara, la qual giovane sempre
andò piangendo e gionti che foro a S. Polinara, la losengar tanto
che essa fo contenta de essere sposa de detto Pavol Pietro, e
così la sposò per sua donna, e fece la diceria Menechino monaco
de Santo Pietro, e il fratello de la ditta dona remase legato e
abavagliato e ferito in 3 luochi e fu una cosa molto biasimata e
brutta.

(1) Federigo III aveva allora l'età di 56 anni.
CIAO

DRILAMEML Ias ne ea

64 O. SCALVANTI

E a questi dì de Maggio el Governatore fece fare un bandi-
mento in piazza, che il detto Pavol pietro e Berardino e la detta
giovane debbino comparire subeto denante a sua segnoria, e così
compariro tutti 3, cioiè detto Pavol Pietro e il fratello e la giovane
mostrandosi alegri, e Monsignore comandò che la detta giovane
fosse menata in S. Tomasso e in capo de alchuni dì fo armenata
la delta giovane bene accompagniata. ;

A di 12 de Giugnio revene qui in Peroga meser Antonio de
li Acerbi Ambasciatore del Duca Giovagnie, e era stato Amba-
sciatore de la sig: de Venetia (1).

A di 3 de Agosto vene la nuova qui come el Duca de Ca-
labria avea passato el tronto con 60 squadre de cavalli e 4000
fante (2).

A di ditto se partì el Sig: Napoleone de quel de Foligno e
andò verso la Marca per impedire el passo al ditto Duca (8).

A di 30 de agosto in mercordi essendo el campo de la Chiesa
a Arimine, e comissario de detto campo lo Arcevescovo de Spa-
latro e Capitano generale, Sig: Napoleone, e conduttiero el
Mag: Braccio dei Baglione e il Sig: Alexandro Sforzesco e il
Sig: Giulio da Camerino fo rolto el detto campo da la lega del re,
quali son questi cioiè fiorentini, Duca de Milano insieme con lo
detto re, e Capitano de la detta legha si è il Conte Federigo Si-
gnore e Duca de Urbino, onde che facendose conseglio e deler-
minatione nel campo de la Chiesa de voler gire a guastare un
bastione fatto dal Duca de Urbino e sua gente in su la Marechia
per tanto ch'el campo de la Chiesa se mise in ordine detta mat-
tina, e andaro per fare el ditto efetto. Ma el Duca de Urbino
avendo aviso de tal cosa, se mise ancor lui in ordine con tutta

la sua gente e così fecero fatto de arme e fo rotto el campo de

(1) Mentre gli storici ci parlano del tentativo di richiamare il Duca Giovanni
di Angiò a combattere contro il re Ferdinando, come avvenuto dopo la rotta delle

armi pontificie a Rimini (23 agosto 1469), il cronista accenna ad una ambasceria

dello stesso duca nel giugno di quell’anno.

*(2) La Cronaca di Eologna (Rer. ital. script. T. XVIII) reca che l’esercito di
Alfonso duca di Calabria era composto di cinquemila cavalli, duemila fanti e quat-
trocento balestrieri.

(3) Napoleone Orsini spedito dal papa Paolo II contro il Malatesta.

sr in CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 65

la Chiesa, de la qual cosa ne fo cagione una aqua, quale el campo
de la lega avea tolta al campo de la Chiesa, dove molta gente
cie fo presa e morta.

A di 24 de 7bre revenne da Roma meser Autun dei Gratiani
fratello di Pavol Pietro e di Berardino. Se disse che la questione
de questa giovane quale tolse per dona detto Pavol Pietro era
remessa in 2 vescovi.

A di 16 de 8bre in lunedi a sera, a le 2 ore de notte vene
in Peroga el Sig: Giulio Segnore di Camerino, suocero de Oddo de
Carlo baglione e scavalcò in casa del Mag: braccio dei Baglione
e dei fratelli, al quale fo fatto grandissimo onore e fo apresentato
da li nostri Magnifici Sig: Priore e il martedì andò a mangiare
con li detti Priore e il mercordì se partì da Peroga.

A questi dì de 9bre fo portato morto Pier francesco de Se-
monetto cugniato de Ridolfo dei baglione, e fo portato a Graffi-
gniano, che era el suo, e là stava la madre sua, quale avea Ca-
slello de Piero

dì 14 de xbre for trovate la notte 3 frate de S. Maria de
Servi e un de essi era Perogino chiamato fra Mario, e for presi
benchè un d'essi fo ferito a morte, e for dati ne le mano del
Vescovo, e poi el detto fra Mario dovea essere menato nel pa-
lazzo del Podestà, dove li volevono dar la fune e altro martorio,
onde ch’ avendo lui notitia de tal cosa seppe tanto ben dire che
fo cavato de li ceppi, e mandò a dire più volte al Vescovo, che
esso li vorria parlare, per tanto che il Vescovo cie andò, e fra
Mario se mise derieto l' uscio de la pregione, e come delto uscio
fo aperto, alzzó mano a un pugniale, ch'avea sotto a la cappa, e
menó al ditto Vescovo, el quale se lassó subito cadere; e il frate
prese la via de l'uscio e fuggì via, ma quelli ch’ erano con lo
Vescovo comenzaro a gridare: piglia piglia, e lui menando sem-
pre con il detto puniale se fece far largo e fuggì in sul palazzo
de li Sig: Priore, e lo Vescovo mandò a dire a li ditti Sig: Priore,
che lo dovesser fare pigliare solto pena de scomunicatione, e loro
resposero che non se ne volevono inpiciare. In questo mezzo cie
andó un figliolo de meser Baldassarre dei Armanni, e si se ne
andò con lui a casa sua con cerle altre persone, e fra Mario con
l'arme in mano bravava dicendo: voglio vedere chi me piglierà.

A di 22 de Xbre a Pietrafitta fu ocisa la figliola de Carlo

E
66 O. SCALVANTI

de Semone de Narduccio, la quale avea tolto Pavol P.° dei Gra-
tiani per forzza, la ucise un bastardo del ditto Carlo de Semone
e un nepote de Mariotto del Bisochetto pure bastardo, e, venuta
la novella qui in Peroga, subito Pavol P.° e Giapeco de Gostan-
lino venero in piazza, e asaltaro Mariotto del Bisochetto, al quale
fecero 6 ferite, e se no che cie curse lione de li Odde lo occide-
vono, per la qual cosa meser Antonio dei Gratiani e Mariano te-
nevono una grande armata in casa.

E a di 25 ditto fo fatto la trieva (1) per 8 di infra li ditti nel
palazzo del Governatore, dove cie foro molti cettadini per ricolta.

A dì 29 de Xbre fu uciso francesco de Giovagne de la Ciec-
colina lì apresso a casa sua, e Semone suo fratello’ fu ferito a
morte da Andrea de Chriaco e da uno figlio de Marco de Mata-
razzo con molli altri, li quali usciro de casa de Gostantino de li
Oddi. E detto Gostantino e felippo suo nepole cie curse, e se
stelle a risco de qualche gran male.

Nel predetto anno el grano al più valse s. 50, l'orso s. 30,
la spelta s. 15, l'olio I. 6 '/,, el vino |. 2 in 3 la soma.

1470 — A la entrata de Genaio essendo el campo de la
Chiesa infra Rimine e Cesena in un luoco chiamato S. Martino,
e come de sopre avemo detto era comissario del detto campo
lo Arcivescovo de Spalatro, dove cie erano molti conduttieri, fra
li quali ci era el Sig: Alexandro Sforzescho e meser Ercole da
ferrara, e il Sig: Napoleone de li Orsini e el Magnifico Braccio
Baglioni da Peroga, el quale essendo molto afatigato per il com-
battere nel fatto de arme che sopre avemo detto, se amalò de una
infirmità, cioié de una doglia in una spalla, che glie duró per
spalio de un mese, e stava a pericolo de morte; di poi li se partì
la detta doglia, e venegli una febre flematicha (2), quale li sopre-
bundava molto forte, onde che per la detta malatia se partì da S.
Agnielo, e venesene a Pesaro dove stette molto gravato per lanto,
che schrisse a Guido suo fratello qui in Peroga e a Cesaro de
li Arciprete e a Bernardino de Gostantino de Ruggiere, li quali
andaro subito a lui a Pesaro, dove lo trovaro gravatissimo, e me-

(1) Trieva per tregua.
(2) Certo derivata da un flemmone.
——

CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 61

naro Maestro Nofrio de folignio famoso medico (1), e cosi stet-
tero in casa del Seg: Alexandro circa un mese mezzo, da lo quale
recevero molto onore, e pigliaro partito de volere remenarlo qui
a Peroga, e fecero fare una lettiga coperla de legniame cun doj
stanghe, e il detto Sig: Alexandro mandó in compagnia del ditto
Braccio 40 suoi provisionati, quali lo dovessero portare in su le
stanghe da loco a loco in. su le braccia, a spese del detto Seg:
Alexandro. La qual lettiga era de sopre coperta de pano de
arazzo, e lo condussino per fino a qui in Peroga, e gionto che
fo in fonte nuovo li se fece incontro quasi tutto el popolo grande
e piccoli, e lo acompagniaro perfino a casa sua renchresciendo a
ciaschuno de la sua malattia, e ralegrandose de la sua tornata.
E quelli provisionati, che lo recaro, restelteno per 3 di in casa
de dello Braccio, e a la partita loro li donò parecchie braccia de
velluto pavonazzo e 41 pari de calze a la sua divisa, e anco li
donò parecchi denari d'oro, e gionse Braccio in Peroga a dì 6
de genaio che fo in sabeto el dì de Pasqua (2).

A dì 15 de Genaio P.° Giovagnie del Bisochetto e lorenzzo de
Mariotto del Bisochetto andaro a Roma, e otennero un breve co-
mandatorio da parte del Papa.

E a dì 21 dilto meser Antonio dei Gratiani andò a Roma, e
otene un breve per parte del Papa per conto de la briga, quale
era stata in fra li Gratiani. è quelli del Bisochetto e Berardino
de Carlo, pero che ne li dì passali essendose radunato nel pa-
lazzo del Governatore el conseglio de li cettadini per far fare

(1) È questi Onofrio degli Onofri, figlio di Pietro, medico anch'egli. Il collegio
dell'Università di Perugia lo ebbe nel suo seno fino dal 1432, e da alcune delibera-
zioni dei nostri Annali Xvirali si apprende, che nel 1466 egli era stato già condotto
alla cattedra di medicina in Perugia, e, confermato in quell'anno dai Savi dello Studio
per l'autorità del governatore (i0. Battista Savelli, i Priori gli assegnarono 300 fior.
di oro. Il Campano, il Mungeto, I' Haller, l'Oldoino e l'abate Marini parlarono nelle
opere loro di questo celebre medico, narrando della onorifica missione avuta da
Sisto IV di accompagnare in Francia il cardinale Bessarione, ufficio che non poté
accettare per le sue condizioni di salute, ma tutti ignorarono l'onore che egli ebbe
di recarsi a Pesaro per curare Braccio Baglioni. Egli voleva, dopo il 1472, ritirarsi
dall’ insegnamento, ma i perugini tanto fecero e tanto pregarono, che egli accettò
di rimanere nell'Ateneo di Perugia, nella quale città venne a morte l'anno 1480.

(2) Nessuno dei cronisti e degli storici ha riferito con tanti particolari la ma-
lattia di Braccio, la ospitalità ricevuta da Alessandro e la sua venuta a Perugia.
68 O. SCALVANTI

la trieva in fra li detti Gratiani e quelli del Bisochelto e con meser
Baglione, onde che il ditto meser Antonio avea menato in palazzo
con seco uno suo beecarino con l'arme, e Monsignore vedendo
costuj con | arme sotto, comandò che fosse preso e menato ne
le mano del Podestà, per la qual cosa el detto meser Antonio
uscì fora del palazzo e si lo artolse per forzza.

A di ultimo de Genaio vene qui in Peroga per legato e Go-
vernatore meser Bartolomeo Rovarelli cardinale de Ravenna, e
entró con la processione de tutte li ordene de religiosi de la città
sotto el baldachino, el quale è de età de 65 in 70 anni, e li fo
fatto onor grande (1).

A di 17 de Marzzo se parti da Peroga Griffone figliolo del
Mag: Braccio dei Baglione, quale andò a Spello el sabeto, e li
stelte fino a la domeneca a mane con la sua madre madonna
contessa, perfino che lej stette a la predica el ditto Griffone se ne
andò ne la camora de detta madona contessa sua madre con una
scure, e roppe casse e forzziere e cofani e tolsegli 150 ducati, e
perne (2), centure e un gioiello e molte altre cose, e poi se ne andò
ne la stalla e tolsegli 4 cavalli grossi. e andossene verso el reame,
e porlossene perfino la giornea e giuparelli de Braccio (3).

E a dì 26 de Marzzo fo abrusciato Pace del Boldrino de P.
borgnie sartore per sodomito.

E a dì 28 de marzzo cadde una grossa neve, la magiore che
sia stata molti anni fa.

E a dì 8 de Aprile vene la nova qui, come li usciti de fio-
renzza erano entrali in prato apresso a fiorenzza 12 miglia, e
anco in Pistoia se disse che quelli de la terra glie aveano presi e

(1) Bartolomeo Rovarella, nobile di Rovigo, fu vescovo d'Adria nel 1444, e da
questo vescovado passò a quello di Ravenna, Egli godette particolare benevolenza
da parte di Eugenio IV. Nicolò V lo destinò a governatore di Perugia e di Ancona;
indi fu nunzio in Inghilterra, e nel 1460 a Ferdinando re di Napoli. Creato cardinale
da Pio II nel concistoro del 18 dicembre 1461, pochi anni dopo, come ci narra il
cronista, fu nuovamente inviato a Perugia in qualità di legato e governatore. Morì
in Roma nel 1476 in età di anni 70.

(2) Perne per perte.
(3) Nessun cenno di questo fatto nelle altre cronache e nell'istoria del Pellini,
(———

CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 69

impiccati circa 13, e a Berardo Nardi li tagliaro la testa e circa 20°
ne avevono pregioni (1).

A dì 10 de Aprile cadde la torre de meser Raniere da Corgnie,
dove stava el capitano del popolo, e piglió la casa de Petrozzo e
la casa de Alfano e altri vicini.

A questi di de Maggio fo comenzato a scarcare la torre de
Braccio e de li fratelli, la quale sta nele case vechie sopre el
forno.

A questi di de Maggio el Mag: Braccio dei Baglione andò a
li bagni de S. Chasciano per la infirmità, quale avea auta questi
di passati come avemo detto inante.

A di 29 ditto Madona lorenzza gi a li delli bagni, e con lej
andó Oddo suo figliolo con circa 18 cavalli.

A di 2 de Giugnio el nobile omo Ridolfo dei Baglione andó
a fiorenzza per causa de la questione, quale li fo mossa da certi
omeni de arme de Semonetto, e menó con lui meser Antonio de
Arcolano Procuratore e Spirto e altri fameglie.

A di 9 de Giugnio fo una grandissima tempesta de aqua gra-
nischia e vento, de modo che tutta la piazza era piena de aqua,
e se non che la ditta piena avea la uscita per el remboco de
quelli del Buontempo, tutti li fondichi de piazza se sarieno inpiti
de aqua. E la detta piena gionse fino al cantone de sopre de
S. Maria del Mercato, e era si alta l'acqua, che cie notava un
cane per tutto da un lato a l'altro.

A di 9 de Giugnio vene qui in Peroga el Sig: Alexandro
Sforzesco, fratello del conte francesco, già Duca de Milano, e sca-
valeó in casa de Braccio dei Baglione, dove li fo fatto grande
onore, e venne in Peroga el sabeto, e la domenica a mane
mangiò con il Cardinale nostro Governatore, e la sera cenò in
casa del Mag: Braccio dei Baglione. Di poi la mane venente, che
fo il lunedi, cavalchò, udita che ebbe la messa, e andò al pianello,
dove li cie trovò Guido, el quale per farli onore ce avea mandato
7
e vino e biada in quantità, e così li fece grande onore non essen-

14 para de capone e 20 para de picione e 7 capretti cotti e pane

docie Braccio.

(1) Il racconto del cronista é in gran parte conforme a ciò, che narra nelle
sue Istorie fior. Scipione Ammirato (Lib. XXIII). i
10 à O. SCALVAN!I

A di 20 de Giugnio for publicati li Mag: Seg: Priore.

Baldo de Mateo de meser P.° del Naldi. Capo de uff. Ip qp
.P. agnielo de Giovagnie alias de l'aguzzo lar ias

Giovagnie de Ansideo mercatante, Coda ) P. Soli
Giapeco de Nicolo Scudelari loe

Po de Raniere del Grasso cambio, Viviano de... da la conca
PISA.

Bartolomeo de Ser Saturno fo insaceolatore per se ) Er
( P. Susane

/

Mateo de Ser Martino

Ercolano de Ser Nicoluccio e francesco de ser Rufino P. bor-
gnie.

A dì 11 de luglio a le 5 ore de notte fo preso el Fornitello
ne la bottega de Ettore, e lo prese Pietro giapeco de meser Bal-
dassarre de li Armani, Francesco de Sinibaldo da Ramazzano,
Agnielo de Ser Piero, Berardino de Basano, lorenzo de la Ca-
milla per che avea acusato per sodomito el ditto P.° Giapeco (1),
e anco, cie fui io Gentilomo de li Arceprete per che il detto for-
nitello me avea posto nome sacerdote de Bacco, che vol dire
briaco, e si lo facemmo alzare a cavallo e li for date da me e
dal detto P.» Giapeco 90 bastonate in su le chiappe, le quale fa-
cemmo contare a luj per questa cagione ne avemo guadagnato
più robba che se noj avessemo amazzati 4 lupi però che ogni
persona lo avea in odio. lo GENTILOMO DE MIA PROPRIA MANO
SCHRISSE QUESTO RECORDO.

A di 8 de Agosto mori Bartolomeo de Bontempo de pontura.
Stelte male 5 di.

A di ditto memoria come fino a di. ditto de Agosto, Papa
Pavolo 2? levó tutti li perdoni, quali erano posti già da li altri
papi ecetto quelli de Roma e de S. Maria de li Angeli de Asese;
fra li altri levò in Peroga quello de S. Domenico, e quando fo
ragionato de quelli de S. Maria de li Angeli, che se levasse, re-
spose, che li lui non volea poner bocca, e vene una bolla a li
frate del monte, che qualunque persona ragionasse de tal cosa,
che fosse ben falto o mal fatto, incade in scomunicatione. Pure ad

(1) IL passo in corsivo é un'aggiunta fatta al ms. della cronaca da Gentiluomo
degli Arcipreti.

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CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. ro

ogni modo moltissime persone ne ragionavono dicendo che non..

sapevano a che fine il papa avea fatto tal cosa.

A dì 9 de luglio vene la nuova qui in Perogia qualmente il
turco avea preso Negroponte, dove cie erano morti moltissimi
christiani e moltissimi turchi, cioè 1500 christiani e 2000 turchi;
e che lo avea auto per trattato, che avea falto un conestavole con
certi giuderi, per la qual cosa ne for fatte 3 processione in Pe-
roga pregando iddio che cessasse tal giuditio (1).

A di 14 de Agosto fo amazzalo Goslanzzo del Barsetto in

quel de Agobbio in un luoco, che se chiama la Branca. Lo amazzó

meser Trencie e Averardo de Guido Morelli da Monte Sperello
con molte altre persone.

A di 9 de 9bre fo uciso luca de francesco de Mateo da Mar-
sciano in questo modo, cioiè, che Berardino de Butiglione el
gia a chiamare una mattina per tempo, e disse che era Meo da
Arezzo con un paio de polastre in mano, e. chiamandolo disse,

che Micentello e mariotto li mandava le ditti polastre, e che lo

aspeltavono giù da la porta da le Voltele, che li volevon parlare.
Onde che il detto Juca se levò del letto, e andò giù da la detta
porta, dove li stava Berardino de Butiglione predetto e Baliste
de Bartolomeo de Golino, li quali subito lo scannaro e sbudellaro,
e li dettero lante ferite che ne fecero stratio.

A di 25 de 9bre in domenica passarono 5 squadre de cavalli,
che venivono de quello de fiorenzza, e andavono nel reame, che
erano gente del Re de Ragona, e aloggaro al Ponte nuovo la
sera e la mattina andar via (2).

A di ultimi de 9bre passó el Sig: Tomasso con molti cavalli e

(1) Le informazioni del cronista sulla presa di Negroponte sono esatte, perché
in verità l’ assedio e l' occupazione della città capitale dell'isola costò grandi sa-
crifizi alle armi di Maometto II. Gli storici però narrano, che Nicolò Canale, con-
dottiero dei veneziani, non seppe provvedere la città di un conveniente presidio, e
impedire che si costruisse un ponte, pel quale i turchi poterono comodamente pas-
sare nell'isola. Il cronista invece parla in modo aperto di un tradimento, che lo
stesso Canale avrebbe fatto alle armi veneziane, stringendo un trattato con alcuni
ebrei, che favorivano la parte turchesca.

(3) Questa mossa delle armi fiorentine avvenne in seguito alla nuova lega stret-
tasi fra il papa, Galeazzo Maria e il re Ferdinando, per opporsi alle vittoriose schiere
dei turchi dopo la presa di Negroponte.
13 O. SCALVANTI

soldati del Re de Ragona, che veniveono pure de quello de fio-
renzza.

1471 — A di 13 de genaio in giovedì fo fatto el bando a 6
tronbe per la piazza per parte de li Mag: Sig: Priore e Camor-
lenghi e per conseglio de li cettadini, che-in questa cillà ce pos-
sano venire pani forestieri de ogni ragione, come contiene una

jl legge fatta più tempo fa e che così sia confirmata.
d lee E A di 28 de Genaio fo menato pregione Berardino de Buliglione
Td in Peroga, quale el fece pigliare in Agobbio el Sig: Federigo da
dec Urbino per importunità de Micentello de Giapeco de P. S. A.
perché detto Berardino de Butiglione, quando volse amazzare
Luca de francesco, disse: Vien qui, luca, che te vuol parlare Mi-
centello; e fo menato pregione qui in Peroga da li sbirri del
Me Podestà del Popolo e dal Capitano del Contado de P. Soli, e dal
AB Conestavolo dei fanti con tutte le sue fantarie, che foro in tutto
circa 300 persone bene armate, e il tronbetta venia inanzze so-
We nando, dove tutto el Popolo curse a vedere arlegrandosi tutti de
= la sua venuta e che fosse condutto a penitenzza. E a di 4 de fe-
braio fo menato alla giustitia, e a la sua condenagione ciè fo
moltissima gente, cioiè omene e donne, e ratificò e disse de avere

Met ammazzato un gran numero de persone; e letto che fu la conde-

nagione fo messo in un carro per tenagliarlo, ma fo chiesto in gratia
del Sig: de Urbino, e le si delle la morte senza altro martorio. E.
così fo menato in sopremuro, dove li fo mozza una mano, e por
li mozzaro el capo, e poi fo squartato e posti li quarti uno per porta,
uno in P. S. P., l'altro in P. borgnie, a le fonte de Veggio in P.
Susane, a le fonte de S Prospero in P. S. Angegli, el capo sotto
S. caterina, e la mano a la porta de le voltele, e per porta Soli

al Cassero. Se disse che lui avea falte molte altre ribaldarie
oltre li omecidi e à asesanamenti; e per la sua giustitia cie foro
spese fiorini 29 (1).

‘A di 4 de febraio fo apiccato uno da Santa Polonara; disse
ne la condenagione perché avea dato un calcio a Gentile dei Si-
gnorelli capetano del Contado, quando luj lo prese, e letto che fu

(I) Questo fatto e quello narrato sotto la data del 4 febbraio furono assoluta-
mente ignorati dagli storici e dagli altri cronisti perugini.
CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC... 13

la condenagione lo menaro alla giustitia, dolendose fortemente e
lamentandose da sopre muro per sino a le forche, sempre dicendo
che lui moriva per una soma de grano.

A di 24 de Marzzo lo Illmo Sig : Borso de casa este Marchese
de ferrara e de Reggio e duca de Modena venne a Perogia con
gran trionfo e ponpa, e menava seco 130 muglie copertate de vel-
luto pavonazzo e chremosi e 12 cavalli grossi da barde, con re-
lene, groppiere e pendente de broccato d'oro con 10 ragazzi ve-
stiti de broccalo cilestro, con cirea 500 cavalli, con molti genti- -
lomene e gran maestre e dottore vestite de broccato d'oro, e
alchuni de broccato d'ariento e de seta, e la persona sua venia
in mezzo fra meser Giovane suo fratello e meser Diotesalvi da
fiorenza e il Sig: da Coreggio, e altri gran maestre, e anco me-
nava circa 150 cani fra leverieri e brachi, e 50 falconi, e smontó
al palazzo del Governatore e li fo fatto grandissimmo onore, et
entrò per P. S. P.

E a di 27 de Marzzo el ditto Marchese de ferrara se parti da
Perogia e andó verso Roma. Se disse che andava per boto (1).
Lo acompagniava el Cardinale nostro legato e molti gentilomeni,
e nostri cettadini, e a la partenza sua fo apresentato dal nostro
comuno de 4 cursieri, cioè 2 copertate de broccato d'oro da alto
a basso, e 2 de vélluto chremosi, e el Mag. Braccio dei Baglione
donò al fratello del detto marchese un bel corsiero grosso, e anco
el nobile Gentilomo de li Arceprete li donò un altro cursiere, e
partirono per P. S. P.

A di 28 de Aprile fo ordinato per lo nobile omo Gentilomo de
meser Agamenone e P. Giapeco de meser Baldassarre de li Ar-
mani de ponere li maggi ad una con tutti li omeni de la detta
porta, li quali tutti andarono de bona voglia, onde che fra questi
doj di foro posti molti maggi, e fatte molte cose così de subito,
tanto che ogni persona se ne maravegliava, e il dì de calende
de Maggio dicevono le persone, che si se desponevono, se saria
fatta solo in quel dì tanto erano tutti uniti e volonterosi, e la com-
pagnia tutta andaro ballando per la porta e per la città e ven-

(1) Borso d'Este si recò a Roma da Paolo II per ricevere solennemente il
titolo di duca di Ferrara, e ciò avvenne infatti il 14 aprile nella basilica Vaticana. ma» i O. SCALVANTI

nero in piazza pure ballando, come se usa. Di poi la settimana
venente si fecero una cena, dove cie foro tutti li omeni de la
porta e fo fatto ai signori, e tutti pagaro fior. 20 per omo e tale
più, e stimase che fossero più de 300 persone, e sarieno slate
molte più se non fosse slato el dì de lavorare, e a la detta cena
foro fatti li Uffitiali novi per fare la compagnia lo anno seguente,
cioié uno offitiale per quartiere.

A questi dì de Maggio fo ordinato per li omene de P. Soli
di fare la compagnia del Domanio per la festa de S. fiorenzzo: ii
offitiale for questi cioiè:

Meser Mateo francesco da Monte Sperello, el Nobile omo
Berardino de Gostantino dei Raniere, e Nere de Guido Morello
de Monte Sperello.

Anco a questi dì de Maggio fo ordinato per li omene de P. S. P.
de fare la compagnia del sasso. Li offitiale son questi: Alberto
de Mariotto dei Baglione, Mideo de Carlo de meser Bobio: e le
Compagnie per fare festa e balli per la venuta de la dona del
nobile omo Oddo de Carlo dei Baglione, la quale è figlia del Seg:
de Camerino. Anco a questi [dì] Porta Borgnie ordinaro la com-
pagnia per la venuta de la ditta donna de Oddo. Li offitiale for
questi: cioiè el nobile omo Guido dei Baglione, Rusteco de Sara-
cino e li compagni.

A di 4 de Giugnio se partirono de qui molti cettadini per
andare per la ditta dona, chiamata Madona Ringarda. Forono fra
gentilomeni e cettadini circa 50 cavalli.

A dì 7 de Giugnio vene a marito la delta Madona Ringarda,
donna del detto Oddo con una gran compagnia Menava con ley
da Camerino 60 cavalli, e fermaronsi a S. Bievegniale, dove li se
fece incontro la compagnia del Domanio e del sasso con molle
altre brigate del popolo facendo gran festa.

A dì 10 de Giugnio la compagnia de P. Soli fece una so-
lenne e bella colatione lì in capo de la piazza, de le belle cola-
tione che sieno ancora stale fatte in questa cillà, dove cie foro
moltissime donne e ogni cosa gi con bello ordine per onorare la
ditta donna de Oddo.

A quesli di de Giugnio la compagnia de P. S. P. usci fuora per
la festa del Corpo de Christo molto bene in ordine, e fo una bella
compagnia.

È
È TITO

CRONACA PERUGINA INEDITA; ECC. 15

E a di 16 de Giugnio la detta compagnia de P. S. P. fece
una bella colatione li in piede de la piazza con uno steccato in-
torno, e partisse da. S. Arcolano, e durò la fila dei confetti, mi-
nelli, coppe e altre cose da piè de la piazza, e dava la volta a la
fonte, e intorno intorno se vedea la fila doppia, e questo fo fatto
per onorare la ditta madona Ringarda.

A di dello cadde una tegola del tetto de Pietro de Matteo da
Marsciano; e dette sul capo de Consolo de Girolamo.

A di 24 de Giugnio la compagnia de P. borgnie uscì fuora
per la festa de S. Giovagnie molto bene in ponto, e fo una bella
compagnia.

E a questi dì de luglio la detta compagnia fece una sole-
nissima colalione lì in piede de la piazza molto ricca de confetli,
e fecero una chredenza li da S. Rigo, e una fonte in mezzo al
cerchio, la quale geltava vino, e fecero questo per onorare la
detta madonna Ringharda.

A di 28 de luglio vene la novella in questa città, come a dì
26 ditto a ore 4 notte era morto in Roma papa Pavolo 2°.

E a dì ditto venero lettere a Perogia da parte del collegio
dei cardinali al nostro Magnifico Braccio dei Baglione, che luj
dovesse andare a Roma per la guardia de Roma.

E a dì 28 de luglio vene la nuova qui in Perogia, come el
Marchese de ferrara era morto in ferrara, e avea presa la Se-
gnoria meser Ercole (1).

E a dì 2 de Agosto vene la nova qui in Perogia come meser
Stefano Colonda era entrato nella Penna, apresso a Melia (2),
quale è de Cesaro de meser Agamenone de li Arceprete, e non
Se sapea se l'avea presa per sè o per altro, e che anco avea
auto la rocca de la detta Penna, peroché non se era tenuta se
non 3 ore e era castelano de essa Batiste de Antonio de la Verde
de la Concha.

(1) La morte di Borso d' Este avvenne il 27 luglio, e la nuova di essa giunse a
Perugia con grande celerità. Al principe saggio e valoroso succedette il fratello
Ercole I. Quanto alla morte di Borso, non so se debba credersi motivata dalle febbri
contratte a Roma o-da lento veleno, come alcuni storici asseriscono.

(2) Intendasi il Castello della Penna presso Amelia, che vuolsi ottenuto da
Agamenone degli Arcipreti per dote di una gentildonna di casa Orsini.
O. SCALVANTI

E a dì ditto la sera el nobile omo Gentilomo de li Arceprete
se parli da Perugia per andare a soccorere la Penna con molta
gente, e fece la via del Piegaio e de Castel de la Pieve, e menò
con lui fra perugini e quelli del Piegaio e de Castello de la Pieve
circa 300 persone.

E a dì 4 ditto se partì de qui el nobile omo Ridolfo dei Ba-
glione e Nere de Guido Morello e Cornelio de Tiseo da Corgnie;
tutti andaro per socorrere la detta Penna, e menaro molta gentle.

E a di ditto venero in questa città fanti da Montone e da
Castello in aiuto de Cesare predetto, li quali andaro con nere de
Guido morello per socorrere la detta Penna.

E a di ditto se parli de qui Giulio de Guido morello e Ber-
nardo de Golino de Ruberto e Scialaqua da Casa castalda, quali
menaro con essi 163 fanti bene in ordine per socorrere la delta
Penna.

E a dì 6 de Agosto se parli de qui el nobile omo Pietro gia-
peco de meser Baldassarre de li Armani e Berardino de Cheru-
bino de Brunello e Armanno de Renzzo de la Lita a cavallo, bene
in ordine e menaro circa 60 fanti a piè per repegliare la detta
Penna.

A di 10 de Agosto vene la nuova qui in Perogia a le 11 ore,
in circa, come a dì 9 ditto a ore 17 fo chreato Papa Sisto 4°, che
era Cardinale de S. Pietro in Vinchula, nativo de Savona e no-
stro celladino, inperochè in sua gioventù era frate de S. francesco
fo lettore in Perogia, e fo fatto generale de detto ordine e in quel
tempo se fece vincere celladino perogino (1).

(1) Frate Francesco della Rovere da Savona, dell'ordine francescano, insegnò
a Perugia filosofia, prima nel proprio convento e poi nel nostro Ateneo (a. 1430). A
ciò furono indotti i magistrati in considerazione del suo alto sapere, e anche pel
desiderio di trattenerlo nella città. Nel 1464 fu creato cittadino di Perugia, mentre
già se ne era allontanato per la sua nomina a Procuratore generale dell'ordine. La
cagione di questa nomina onorifica fu, che frate Francesco — « Perusie diutissime
vixit, et plura ac maxima experimenta ingenij, doctrine, et probitatis sue legendo
predicando et consulendo apud nos prestitit » (Ann. Xvir. an. 1404 f. 50). Inalzato
alla porpora cardinalizia da, Paolo II nel concistoro del 28 settebmre 1407, i magi-
strati perugini gli inviarono doni (Ann. Xvir. a. 1407, f. 53). E tanta stima egli
ebbe della Università nostra, che volle inviarvi ad apprendere le discipline sacre
ed umane il nipote Giuliano della Rovere, che fu poi pontefice col nome di Giulio IT.

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CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. iri

A di 14 de Agosto vene la nuova in Perogia come un co-
missario de Papa Sisto se era messo in lenuta de la Penna, per
la qual cosa el nobile Gentilomo de li Arcepreti e Cesaro suo
fratello, li quali erano acampati lì per repigliare la detta Penna,
quale era stata presa da Stefano Colonda, come de sopre avemo
dello, se parliro con tutti le lor gente. E similmente Ridolfo, e tor-

.naPo a Perogia con speranzza de riaverla dal Papa d'acordo.

A di 26 de Agosto el nostro Comuno mandò li Ambasciatori
al Papa sì per ralegrarse de la sua chreatione sì ancora per conto
del sacco, e de alchune altre cose. Li Amba: foro, Golino de fe-
lippo de li Oddi, Bartolomeo de meser Baldassarre de li Ar-
manni, Meser Baglione de Ugolino de Baglioncello da Monte
Vibiano.

E detto meser Baglione era el principale, perchè lui avea da
exponere la ambasciata al Papa, e dice che luy fece un bellis-
simo sermone denante al Papa, e avve grande onore, e fra le altre
cose ottenero, che se refacesse il sacco in questa città per el no-
stro legato Cardinal de Pavia.

E a dì 13 de 7bre morì lo egregio dottore meser felippo de
li franchi de P. Susane e era famosissimo dottore (1).

E a dì 27 de 7bre venne in Perogia per Governatore el R.mo
Monsi: legato, meser Iacomo Cardinal de Pavia legato nostro (2).

E a dì ultimo de 7bre se fecero li ragionamenti per refare
el sacco, cioiè se radunaro molti cettadini nel palazzo del Gover-
natore e dopo molti ragionamenti e consegli fo conchluso ne la
audienzza dei Consoli, che li boni omeni avessero da refare el

(1) Filippo di Andrea di Ser Nuto, discepolo di Baldo Bartolini e di Pier Fi-
lippo della Corgnia fu insegnante di diritto canonico nella Università di Perugia, e
quindi a Pavia e a Ferrara. Tornato in patria con grande soddisfazione dei suoi
concittadini, fu di bel nuovo docente nell’ Ateneo perugino, e morì nella data rife-
rita dal cronista. Fra le sue opere meritano special menzione la Lectura super tit.
de appellationibus, e il Comm. sup. prima et secunda parte sexti libri Decret.
stampato a Venezia nal 1504.

(2) Jacopo Ammanati di Villabasilica, terra del lucchese, creato cardinale da
Pio II nel concistoro del 18 dicembre 1461 col titolo di S. Crisogono. Ritenne però
il nome di Cardinal di Pavia, perché era stato lungamente vescovo di quella città.
Morì nel 10 settembre 1499 a Frascati. I biografi di lui, come Jacopo da Volterra e
Sebastiano Paoli, non accennano nemmeno alla carica di governatore di Perugia,
che egli ebbe da Sisto IV nel 1471,

= ——
78 à O. SCALVANTI

regimenlo per li 5 anni prossemi, quali omeni non. fossero eletti
da li Sig: Priore, né dal collegio dei camorlenghi, come era so-
lito; ma fo determinato, che se dovessero eleggere e arfare da
li Gentilomeni, quali sarano chiamati e deputati da la Sig: del le-
gato, cioiè 4 omeni per porta, e cosi fo fatto e eletti. da mons:
legato 4 omeni per porta, e così fo, e a dì 2 de 8bre intraro in
conchlave nel palazzo. Insacolatore sono:

Meser Antonio de Giliotto de li Acerbi, Guido ^
dei Baglione, Giulio de Teveruccio dei Signo- ; P. borgnie.
relli, Batiste de Ranaldo de Rusteco.

El nobile omo Ridolfo dei Baglione, Mariano de ©
Mariotto dei Baglioni, Golino de Giovagnie de baglion- : P. S. P.
cello, Golino de.... dei Gratiani. :

El nobile omo Berardino de Gostantino, Averardo ‘
de Guido Morello, Galiotto de lello dei Baglione, Barso > P. Soli.
de lodovico dei barsi. |

Gentilomo de li Arcepreti, Bartolomeo de li )
Armanni, Bonifatio de meser Ibo dei Coppoli, ; P. S. Agnegli.
Piero de Raniere del Grasso.

El] Nobile omo Sforzza de li Oddi, Venciolo )
da Corgnie, lionello del Miccia de li Oddi, P.° de > P. Susane.
Sinibaldo da -Ramazano.

E a dì 21 de 8bre la sera usciro fora de conchlave li detti
20 omene, li quali avevono refalto el detto sacco, e foron portate
3 casselte delli offitiale nello armario. E essi le acompagniorono, e
non feron portare la casselta consueta delli Camorlenghi, pure ad
ogni modo se dicea per molti, che li avevono arfatti li camorlen-
ghi e stava la cosa segreta.

A di 22 de 8bre il R.mo Monsi: legato e li Sig: Priore e
Camorlenghi con li ditti insaccolatori e molti celtadini fecer por-
tare le cassette del sacco novo in S. Lorenzzo, dove li fo delta
una messa de lo Spirito Santo solennemente, e poi for publicati
e cavali li Mag: Sig: Priore, che era passato un di del termine
consuelo, e '| nome de essi son questi cioié :

Capo. Baldo de Mateo de meser P.* francesco
del Berbecozzo, sarlore per della arie

Coda. Mariotto de Benedetto de Renzo, P.° de
francesco de Agnielo de Pavoluccio

Ius Du

Pi; Soli;
CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. (9

Cambio. Baldino de Baldino de Armano, Bar-
tolomeo de Mateo de Rocciolo

Felice de Oddo de Gero detto cotozzo, Ruttilio
de Ser Mariotto da Chrociano

Vico de Andrea de Vico da Panicale e Agnielo

D; SA.

)
P. Susane.
P. borgnie.

de meser Baldo de meser Agnielo

1472 — A dì 14 de Marzzo valse el grano in piazza al
più s. 17., l'orzzo s. 20. la spelta s. 11, e 12 l'olio l. 5. el vino
l. 5 e 6 soma.

A di (1)... de Giugnio per che alhuni nostri cettadini mandavono
a vendere del grano fora de questa città e del contado, se levar
su molli omeni de P. S. A., e andarono fore, dove passavono
quelli che andavono a vendere el detto grano: e presero circha
40 bestie carche de grano, quali le remenarono ne la città, e poi
lutte le scarcarono nella piazzuola de S. Agustino, dove fecero un
montone del detto grano, e le bestie, sachi e fune tutte le renderono
a li patroni, che li avevono tolti le dette bestie. E questo lo fe-
cero de loro comune concordia, senza altra autorità del superiore,
peró che el grano era saglito de prezzo in 8 di da lib: 7 in 11
.la s., e non se ne podea avere, onde che scarcato ch’ ebbero el
detto grano sempre gridavono: docitia dovitia. E per questa ca-
gione e per bon rispetto fu ordinato che il grano valesse |. 20 la
mina, e li ditti andavono per la città e per piazza gridando sem-
pre: dovitia dovitia e grano in piazza, e così andavono tutti
armati senza rispetto o limore di soperiore, e avevon fatto giura
insieme de essere al male e al biene contra de quelli, che amano
la carestia per la qual cosa se ne facea grande mutatione e
gran comunelle per tutta la città.

E a dì detto alchune de P. S. P. e de P. Soli vedendo tal
cosa se intesero con li ditti favoregiandoli e oferendoli de esser
ad una con loro ad amare la divitia.

E a dì ditto li sopredetti de P. S. Agnielo la sera partirono
intra loro tutto el sopredetto grano, secondo la qualità de le
persone, però che al detto grano non se ne trovava patrone.

A questi dì de Giugnio una sera se mise fuoco nel munisterio

(1) Lacuna del ms.

A
Vm e e

80. O. SCALVANTI

‘de S. Lucia de P. S. P., e fo una zilola piccola con una lucerna

in una cella del dormentorio, e fece si gran fuoco, che arse tutto
el dormitorio con tutta la robba, che era in esso, e anco cie se
abrusciaro 3 bisocche, e se non fosse stato el grande aiutorio del
popolo, che cie corse, sarebbe stato pericolo de l'alire case vi-
cine. >

A questi dì de Giugnio venne la nuova qui in Perogia, come
le gente dei fiorentine avevono auto Volterra, la quale se era ri-
bellata dai fiorentini. La prese el Sig: Federigo da Urbino alor
Capitano generale de fiorentini, e quando fo entrato dentro fece
sachegiare la terra, che la presero per tradimento che fece un
conestavole chiamato el Sig: Gio: Antonio di [Venezia] e altri de
la terra benchè entrate che foro le gente dei fiorentini dentro
nella terra tagliaro a pezzi el delte Sig: Gio: Antonio per ri-
spetto del tradimento, e tra le altre andò a sacco la casa de un
giudeo quale l’ ebbe el Conte de Urbino (1). Se disse che fo de
valore de 100 mila ducati e andaro a sacco molte zitole da
marito.

A questi dì pure de Giugnio vene la nuova qui come a li di
passate per essere divisioni e discordie infra li todini, e essendo
de fuore Mateo da Canale e trascorrendo per lo contado de Tode
entrò in quadreglie, dove cie fo morto uno de li nostri fauti, che
cie lo avea mandato il nostro comuno, chiamato lo Albanese
disb=SabB:

E in questo li todini ce mandaro el soccorso, e così rieb-
bero el detto Castello, e poi lo miseno a sacco e poi lo arseno e
scarcarono.

Dapoi quelli dentro andaro a canpo a un castello chiamato
Doisante, dove che detto Mateo da Canale li asaltò e piglioccie
Ettore dei riche da Bevagnia, capo de squadra del nostro Mag:

Braccio baglione.

(1) La causa di questa contesa fra i fiorentini e i volterrani derivò dalla sco-
perta di una miniera di allume, agli utili della quale la repubblica di Firenze pre-
tendeva, volendoli incorporati nel suo fisco. Ma gli storici stessi non hanno minute
indicazioni sul tradimento, che pose Volterra nelle mani delle soldatesche condotte
da Federigo di Urbino, mentre il cronista ci narra dell’ atto di Giovanni Antonio
da Venezia, del saccheggio dato alla città e del supplizio inflitto allo stesso Antonio,
e che fu più atroce di quello riferitoci dagli storici.

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CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 81

A di 8 de luglio vene la nova qui come la dona dello lIllmo:
Sig: Federigo da Urbino era morta, che era figlia del Seg: Ale-
xandro da Pesaro (1).

— A questi di de luglio se mise fuoco ne lo arbergo de S. Marco
P € fece gran danno.
[ A di 28 de Agosto venne in questa nostra città la Regina de
pi Bossania (2) con circa 18 cavalli, e aloggiò ne la casa, che fo de
Nicolo de Ser Giapeco lì in piè de la piazza, e stette circa 8 dì
in Perogia sempre a le spese del Comuno.
E A di 14 de Agosto se partì da Perogia meser lo Vescovo
nostro e il nobile omo meser lo abate de li Arceprete, con molte
persone in lor compagnia, tutti vestiti de nero, e andaro a Agobbio
al sequio (3) per la morte de la detta donna del Conte de Urbino,
a spese del nostro Comuno. Dice che al ditto ossequio cie furo li
Ambasciatore de tutte le posse de Italia grande e piccole, e 59
signiore, e fo fatta grandissima spesa nel ditto obsequio con gran-
dissime lamente. |

MUCH RIA

A questi di de Agosto venne in Perogia un comissario man -
dato dal Papa Sisto per rebandire ciaschuno condennato per la
vila e in pecunia. Ne a rebandite molte.

A di 30 de Agosto in domenica a notte fo una grandissima
piova e tempesta de aqua, de modo che fece tanta piena el tevere,
che fece grandissimo dano de grano battuto e da battere e de

"FON rng SHEWINNPUPRU Y POCO 1535 (et ITA ui

altro; e molte pagliaie, che stavono apresso al tevere se li portava

ap mee

l'aqua, e il fiume de Paglia e la Nera e altri fiumicelli anegaro

d

inolte persone, massime in quello de Orvieto e anco sopre a la
Fratta.

(1) La contessa Battista, figlia di Alessandro Sforza, e nipote di Francesco
Sforza duca di Milano. Essa morl a Gubbio, nel qual dominio abitava allora Fede-
rigo di Urbino, suo consorte.

i (2) Leggi la regina di Bosnia, di nome Caterina, la quale si era recata a Roma,
Secondo alcuni storici, fino dal 1466, perché fuggita dal suo regno occupato dalle
armi turchesche. Essa mori a Roma nel 25 ottobre del 1478, all'età di anni 54, e
È venne sepolta nella chiesa di S. Maria in Aracoeli, ove anc' oggi si vede il suo mau-
soleo posto nella nave croce sopra il pulpito sinistro, rimpetto all'altare maggiore
(Cfr. per la descrizione del monumento e per l'epitaffio, FORCELLA, Iscrizioni delle
chiese e di altri edifisi di Roma dal secolo XI fino ai nostri giorni, 1896, Vol. I,
pag. 147, n. 541).

(3) Sequio per ossequio.

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O. SCALVANTI

E a dì ultimo de Agosto mori meser Giovanne de Andrea,
Priore di S. Severo nel monte e de lo Spedale de la Misericordia;
e de la morte sua ne fo. grandissimo dano a lo spedale, e era
tenuto bona persona.

Nel predetto anno el grano al più valse s. 20 in 25 mina,
l’orzzo 15 in 17, la spelta s. 10 in 12, l'olio 1. 4 e 5, el vino
l. 3 e 4 soma.

1473 — A questi dì de Genaio fo mozzo el capo e poi squar-
tato un de quelli, che amazzaro questo anno passato Giovanello
dei Cavaceppi; fo preso ne le Marche, dove il Comuno nostro
schrisse, e vene qui pregione.

A dì 18 de genaio Giovanne de Nicolo detto Aguzzo de P. S. P.
de anni 85 incirca passò de questa vita presente,

A di 18 de febraio in sabeto a sera foro ucisi 2 scolari, cioiè
studente del Reame, quali erano fratelli carnali. Li uccisero 2
ruffiani per una femina sotto a le volte de pace, e dice ch' erano
riche persone e de gran sangue. E a dì ditto un ruffiano amazzò
un altro ruffiano per cagione de una femena.

Fa dì 14 de febraio se fece bando che tutti li ruffiani de que-
sta cillà se dovessero partire a pena de la vita.

A dì primo de Maggio venne in Perogia nova, che il Vescovo
de forlì era vecelegato del nostro legato Cardinal de S. Sisto.

A questi dì de Maggio vene la nova qui come Braccio dei
Baglioni avea auto dal Papa Montebello giù nel Patremonio per
restoro de quello, che restava d’avere del suo soldo da la Chiesa.

A dì 15 de Maggio vene la nova come el Papa aveva fatto
8 cardinali (1).

A dì 4 de luglio vene in Perogia el mandato overo Vecelegato
del Cardinal de S. Sisto con 40 cavalli, e venero inante 14 muli
carchi de buona robba se disse.

A dì 8 de luglio el nostro vecelegato andò a Spolete, perochè
li spoletini aveon fatto novità, e avevon cacciato fora Pocciolo de
Pianciano e Scaramello de Domo per la morte de Placido da Ri-
mine.

(1) Il concistoro per la creazione di questi otto cardinali ebbe luogo in Roma
ai 7 maggio 1473. Fra i nuovi porporati notevole Giambattista Cibo, che nel 1484
sali all'onor della tiara col nome di Innocenzo VIII,
CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. d 89

E a di 15 de luglio morì Baldo de Mateo de Meser Pietro:
de Eubaldis, e fo sepelito in S. francesco con grande onore.

E a di 19 de luglio fo ucciso Roberto de P. Antonio de Ma-
teo de Pietro. Lo uccise Giapeco de Gostanlino dei Gratiani e
Berardino dei Gratiane.

A di 21 de luglio cadde nel pozzo de Gostantino de li Odde
el figlio de Venciolo da Corgnie.

A di 25 ditto tornó da Roma el Mag: Cesaro e il Gentilomo
suo fratello.

A di 27 ditto venne aviso in Perogia, come el Cardinale de
S. Sisto, nostro legato, avea fatto pigliare 30 cettadini todini, e
a dì ditto schrisse qui in Perogia al suo locotenente, che, veduta
la presente, facesse retenere meser Andrea dei Catalani e Pier-
giovagnie dei Chiaravallesi, e così fo falto con 2 altri cettadini
per parte, e foro retenuti qui in palazzo.

A dì primo de Agosto meser Andrea e Piergiovagnie preditti
quali erano retenuti foro menati nel cassero de Asese da 30 fanti.

A dì 3 de Agosto Monsi: de S. Sisto, nostro legato, vene a
Deruta, dove stette una sera e l'altra sera andò a Tode.

A di 6 de Agosto in venerdì vene a Perogia un frate de l'or-
dine de santo francesco oltramontano, e fo preso in S. Maria No-
vella, perochè aveva furato lo ANELLO de Santa Mustiola a Chiu-
sci, e alcehuni dicevono, che era lo anello de la vergine Maria, e
finalmente donò lo detto Anello al Comuno nostro per mezzanità
de Luca da le mine con volontà del Vescovo de Chiusci, per la
qual cosa el nostro Comuno subito mandò li Ambasciateri al Papa
Sisto 4, el quale stava a Tigoli. Li Amba: for questi:

Meser Baglione de Golino de Giovagne, Baglioncello da M.
Biano dottore, Gentile di Gentile dei Signiorelli, li quali subito
cavalcaro verso Tigoli al Papa, al quale explicarono per parte de
questo Comuno qualmente li piacesse, che il detto Anello santis-
simo remanesse quì in Perogia, con volontà e concessione de sua
Santità, e retornaro li nostri ambasciatori per spatio de 20 dì con
un Breve del Papa de chredenza de li detti Amba: e giunti che
foro a Perugia, el detto meser Baglione in presentia de li Sig:
Priori e Camerlenghi espose la resposta del Papa, dicendo qual-
mente Sua Santità se contenta che il detto anello stega in Perogia.
Ma perchè li Sanesi ne avevon falle molte querele non volea fare
O. SCALVANTI

altra concessione; ma promettea de non inovare cosa alchuna che
prima non fosse il Comuno de Perogia chiamato e così con sua
onestà già contentava questo Comuno. Dipoi essendo tornato el
Papa a Roma el Comuno de Siena mandò a Sua Santità doj Amba :
li quali similmente ne fero gran querele e domandavano el detto
anello, e il Papa di continuo li dava parole generale. In ultimo
per intercessione de molti cardinali non podendo resister a le
querele per lo grande importuno de essi, quali intercedevono per
li detti sanesi, e anco gran maestre come el Re di Napoli e la
Signoria de Venetia, schrisse un breve a questa comunità a la
fine de 8bre, che dovessero mandare li Amba: per conto del detto
anello, per la qual cosa ne furon fatti più conseglie da li camor-
lenghi e omeni de lo Stato. In ultimo elessero tre Ambasciatori
cioiè, el detto meser Baglione de Monte biano, Mariano de li
baglione e lionello del Miccia de li Oddi, comandandoli expres-
samente, che mai consentissero che lo detto anello se arendesse,
eliam se bisogniasse de aver guerra per tale interesse, onde che
li detti Ambasciatori andarono al Papa a la entrata de 9bre, dove
stettero li in Roma per 3 mesi continovi per difendere el detto
anello e littigare la detta causa con li detti Ambasciatori sanesi
e con quelli che li favorivono. -

E a dì 9 de Agosto qui in Perogia fo fatto un conseglio tra
Priore e Camorlenghi e Cettadini, dove pigliaro per partito e per
resolutione, che se facesse una legge in tra priore e camorlenghi,
che qualunque persona ragionasse overo aconsentisse de volere
arendere o dare ad altri el detto Anello de la Gloriosa vergene
Maria se intendesse essere inimico e rebello del nostro comuno
e de lo stato dei gentilomene.

A di 12 de Agosto vene qui in Perogia el Vescovo de Chiu-
sci, quale andó in palazzo, dove era el Conseglio de li Camorlen-
ghi, e lì volse parlare per interesse de lo Anello. Al quale fo
resposlo che per tale interesse bisogniava, che se radunasse un
conseglio de molti cettadini, e come li fo dello questo subito se
andó con dio senza dire altro. |

A di 13 ditto in venerdi vene in Perogia lo Ambasciatore de
Siena, chiamato meser Bartolomeo, quale mandó in palazzo a sa-
pere, se esso podeva avere audienza. Glie fo resposto essere trop-
po tardo, ma che lui andasse la mattina seguente, che li saria
CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. SD

data resposta. Onde che el sabato a mane, sonata la campana,

‘fo radunato el conseglio de li camorlenghi in palazzo, li quali

menaro quanti arfeti poddero menare, che foro de numero de più
de 800, e adunate che furono mandarono per lo detto Amba : de
Siena, dove cie andaro molti ceitadini per farli compagnia, e, ve-
nuto che fo in palazzo, lo miseno al seggio in mezzo fra li Sig:
Priore, el quale se levó in piede, e espose la ambasciata per
parte de la sua comunità, e, fornito che ebbe la sua proposta, se
levó su el nobile omo meser Mateo francesco de meser Giovagnie
de li nobili da Monte Sperello, e fece la resposta a parte per
parle secondo la proposta intesa. Dipoi se levó su el Consolo
Ranaldo de Rusteco e poi meser Anton de Giliotto de li Acerbi,
li quali tutti erano conformi e con bello parlare conchludendo,
qualmente questo sagro anello essere capitato in questa città mi-
racolosamente per volontà de la vergene gloriosa. Per tanto inten-
dono più presto volere tutti morire, che aconsentire di renderlo,
per la qual cosa detto Amba: respose nel fine del parlamento, e
disse: 70 noh voglio che me remandate con questa resposta.

E a dì 15 de agosto in domenica nel dì de Santa Maria fo
mostrata questa santa reliquia de lo anello de la Vergine Maria.

A dì 19 de agosto in giovedì, che fo el dì de S. Tomasso e
S. Ludovico; vene qui in Perogia el Cardi: de S. Sisto, al quale
glie se fecero incontro tutti li ordeni religiosi con la processione
e infra la processione cie vennero 300 fante armate.

A di 8 de 8bre el nostro Comuno mandò in francia meser
Antonio de li Acerbi al quale fo data comessione . :
(1).

A questi dì de 8bre for fatti li 10 de lo Arbetrio, li quali aves-
sero autorità sopre a la guerra quando bisogniasse, e son questi:

Braccio dei Baglione, Mariano dei*Baglione, P. S. P.

"Guido dei Baglione, Ranaldo de Rusteco, P. borgnie.

Sforzza de li Oddi, Giovagnie de Sinibaldo, P. susane.

Cesare de li Arceprete, Bartolomeo de li Armanni, P. S. A.

Berardino de Gostantino dei Ranieri, Averardo | p Soli
da Monte Sperelli. aaa

(1) Lacuna del ms.

Biens mitate o ee a

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86 O. SCALVANTI

A di primo de 9bre dopo vespero fo mostrato in piazza lo
anello de nostra donna, dove foro li migliaia de le persone.

A di 8 de Xbre in mercordi fo fatta un adunanza generale
sopre lo interesse de lo anello, per vigore de una lettera, quale
avea schritta da Roma li nostre Amba : à questo comuno, cioié,
schrisse meser Baglione de Golino de baglioncello e Mariano dej
Baglione e lionello del Miccia de li Oddi, nella qual lettera avi-
savono qualmente essi erano stati chiamati da 8 cardinali, e
prima erano stati chiamati li Amba: de li senesi, li quali in
ultimo domandavono giustitia e ragione, onde che dopo essi,
essendo stali chiamali li nostre, replicaro lo abisognio, e final-
mente li detti cardinali miseno a eletto e disseno a li nostri Amba:
o coj velete remettere de ragione ne le mani nostre, overo vo-
lete remettere lo Anello ne le mano de la Santità de nostro
Sig: Papa. Onde che per questa cagione fo fatta l'adunanza ge-
nerale nel palazzo dei Priore, dove el capo de uffitio propose la
sustanzza de la detta lettera, e poi se levò su el Consolo Ranaldo
de Rustecho, e disse che a luj pareva, e era de volontà che
detto Anello non se dovesse mai rendere, e ché saria de parere,
che quella legge, la quale fo fatta a questi di passati, se dovesse
fare in pubblica forma, e mandarla al Papa, ma che la ditta legge
se dovesse alquanto alargare. Dipoi se levò su Braccio dei Ba-
glione, e confirmó el detto del Consolo, dicendo che detto anello
non se dovesse mai rendere, e che per tale interesse era per per-
dere lo stato e li figlioli. Dapoi se levò su el camorlengo, cioié
Spirto de Ser Cipriano, quale confirmò quillo che era stato detto,
ecetto che la legge quale era stata fatta a li di passati per conto
de lo Anello lui era de parere, che non se dovesse alargare anzzi
strengerla molto più se possibil fosse.

A dì 14 de Xbre fu tolto per forzza a Agnielo de Aniballe
mercatante un suo figliolo in casa sua, lì da la piazzavola del
mercato, da 2 soldati de felippo de Golino de li Oddi con l'arme
in mano sempre percotendolo detto garsonetto, e fo tenuta una
laida e brulta cosa.

A questi dì passati vene la nuova in Perogia come era morto
el Cardinale de Teane (1).

(1) Deve leggersi Teano. Si tratta qui del cardinale Nicolò Forteguerri, nobile
pistoiese, governatore di Viterbo, cardinale col titolo di S, Cecilia, creato da Pio
CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 87

Nel predetto ano el grano al più valse s. 35 e 40, l'orzo
s. 15 in 16, la spelta s. 10 in 12, l'olio l. 5 in 6, el vino l. 7 in 8.

El ducato venetiano grave vale l. 6 s. 11, el largo del Papa I. 6.

1474 — A di 8 de Genaio vene in Perogia fra Piero Cardi-
nale, el quale era protettore de li senesi, (1) e volea che noj ren-
dessimo lo Anello de la Vergene a li detti sanesi, e li Perogini re-
sposeno, che non gliel' volevono rendere, e il detto Cardinale de
S. Pietro e il Cardinale de Teane favorivono molto li senesi, e pro-
pusero, e ordinaro, che se li perogini non li rendevono el ditto
anello, che muovesseno guerra ali perugini, ma non ne consegui
niente per che subito che ebbero ordinato tal cosa, mori el Cardi-
nale de Teane, come de sopre è detto, e poi mori fra Piero, si che fo
lassata la impresa e li sanesi li avevon promesso 15 mila ducate.

A di ditto vene nova qui come era morto el Cardinal de S.
Sisto, e che mori a di 5 dilto in mercordi a notte a le 7 ore.

A di 30 de Genaio menó donna Sforzza de li Oddi, la quale
era figlia del nobile omo Guido dei Baglione, chiamata Isabetta, e
fecero gran trionfo e festa.

A di 3 de febraio menó moglie Carlo de Cesaro de li. Arce-
prete una figlia de meser Pier felippo da Corgnie chiamata per
nome laura, e fecero gran festa.

A dì 8 de febraio vene la nova, come era morto Giovagnie
de Mateo da Orvieto, mercatante in Montefiascone, tornando da
Roma da cambiare, e a dì 10 ditto fo recato el corpo suo in
questa città.

A dì 13 de febraio revero li nostre Amba: da Roma dal
Papa, cioiè meser Baglione Vibiano, Mariano dei baglione e lio-
nello del Miccia, li quali andaro per interesse de lo anello.

A questi dì de Marzzo fo tolta una zitola per forzza al pa-
dre e a la madre. La tolse el figliol de Mateo de Rugiere.

II nel concistoro del 5 marzo 1460. Questo insigne prelato morì in Viterbo, sede
‘della sua legazione, il 21 dicembre 1473 in età di circa 55 anni.

(1) Pietro Riario, monaco francescano, nato da una sorella del papa, creato
‘cardinale nel concistoro del 15 dicembre 1471 col titolo di S. Sisto. Egli fu legato

del pontefice in tutta Italia, e morì a Roma il 5 gennaio 1474 con sospetto di

veleno.
da Camerino, li quali stetteno a parlamento insieme circa 3 ore.

0.

SCALVANTI

A questi di pure de Marzzo Nalio de Semone de Pavolo va-
saio con suoi compagni andaro a fare una maltinala, li a casa de
Mariotto de Tomasso del faena, con tanburi e corni, e chiamaro
el detto Mariotto e sua fameglia con parole disoneste, onde che li
vicini li biasmavono, dicendoli, che essi fan male a fare tale di-
sonestà, e cosi venne a parole un vicino chiamalo Severe de
Bartolomeo de Mateo de Puccio con detto Natio e compagno. In-
fine Nalio feri el delto Severe e Severe e il fratello ferirono Natio
de bona sorte.

A.di 8 de Aprile el venerdi santo certi nostri cettadini, cioiè,
Ermilio de meser Gabriello de li Ermilii e lorenzzo de Baldas-
sarre Coglie e il figliolo de l'alda de Carioli se vestirono da ve-
dove, e andaro a S. Lorenzzo, e poi se miseno in fra le donne,
facendo molte disonestà, in fine foro conosciuti, e si li fo levato
el romore adosso con gran sgridate.

A dì 18 de Aprile in martedì che fo el terzzo dì de Pasqua
sul vespero fo mostrato per lo nostro meser lo Vescovo lo Anello
de la Vergine Maria solenemente.

A dì ditto, essendo li Priore con lo Vescovo a mostrare el
detto Anello in un serrato, Giovagnie de felippo detto del Croglia,
volendo entrare nel palazzo dei Sig: dove a la prima porta slava
Marco del Riccio da Coromano, primo de li Sig: Priore remasto
a la guardia, non volea che detto Giovagnie entrassi, però che
cie erano molte donne. Venero in parole, onde che detto Giovagnie
glie dette un pugnio, per la qual cosa detto Giovagnie cie fo preso.

A dì ditto 12 de Aprile Agnielo de Antonio de la mea de
Porta borgnie con certi suoi compagni in sopremuro tolsero e pi-
gliaro la figliola de francesco de Cerqueto, e era nepole de lo
Abate del Piegaio, e menarla per forzza a casa del detto Agnielo,
per che la detta zitola era sposata dal nepote del dillo Agnielo,
e non glie la volevono dare, e la sera fo renduta e messa in S.
Antonio da Padova.

A di 17 de Maggio passò el Sig: Federigo da Urbino lì a
Santa Maria de li Angeli, dove el nostro comuno li mandò uno
Amba: a parlarli, che fo meser Baldo de meser Agnielo, e la
sera andò a foligno, dove che lì trovò el Mag: Braccio e il Sig:
55

CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 89

La causa non se sa (1). E a di 29 ditto se parti el Mag: braccio
dei baglione e andò a Roma dove li fo fatto grande onore.

A di 18 de Maggio fo fatto el corollo per la morte del pro-
tonotario de li Oddi, el quale se disse che era stato morto 15 di

"prima, e fo tenuto segreto sino a di ditto, al quale: corotto se

retrovò el Vescovo de Perogia, dove li fo fatto un solenne uffitio
e grande onore.

A quesli di passali vene la nuova come Gabriello dei Cate-
lane da Tode era stato morto in Roma; se disse che l'avea fatto
amazzare Mateo da-Canale dei Chiaravallesi; dipoi detto Mateo
da Canale se parti da Roma, e venne in Todi con certi fanti e
con li usciti de Tode, che si levaro in arme una parte e l'altra.
E a di primo de Giugnio vedendo Mateo da Canale non podere
stare in Tode, se levò in arme, e comenzzó con li suoi compagni
a robbare per tanto che se levó la parte contraria, e vedendo che
quelli de Mateo robbavono e abrusciavono certe case facendo
grandissimo dano, se levaro in arme gridando: Orso Orso (2),
onde che li fu forzza partirse, e cosi le case de la parte de Mateo
furono arse e scarcate.

A di 8 de Giugnio venne lo aviso qui in Perogia come Giulio
de Guido Morello era stato amazzalo in fiorenza dai famegli de
Ghiotto de notte.

A dì ditto revene el nobile omo Oddo de Carlo dei Baglione;
venne’ da Camerino per metterse in ordine per andare con il
Sig: de Camerino quale volea gire a campo a Tode se disse.

A dì ditto entrò in Tode el Cardinale de S. Pietro in Vincoli
nepote del Papa (3) con molte gente, fra le quale cie fo el Mag:

(1) Anche qui si ha la prova, che il cronista registrava effettivamente le no-
tizie, che gli pervenivano, giorno per giorno. Egli sotto la data del 17 aprile nota
il convegno a Foligno tra Federigo da Urbino, Giulio della Rovere e Braccio Ba-
glioni, e dichiara di non saperne la cagione, mentre nel mese di giugno pone il
racconto dei fatti di Todi, dal quale apparisce in che aveva dovuto consistere l'ac-
cordo fraitre condottieri sostenitori della parte guelfa, contro la quale si levavano
in arme i ghibellini. :

2) Queste grida si riferivano ad uno dei partiti eminenti della città, quello
degli Orsini, a cui appartenevano Giordano e il conte di Pitigliano.

(3) Giuliano della Rovere, che, come. scrive il Muratori, cominciò nei fatti di
Todi e di Spoleto a fare il noviziato delle armi, e ad assumere spiriti guerrieri, di
cui diede prova quando, asceso al pontificato, prese il nome di Giulio II.
90 O. SCALVANTI

Braccio dei Baglione e '| Sig: da Camerino; e "| detto Braccio

entró ne la rocca de Tode, e prese el castelano e fo messo a

sacco tutta la terra e fo abrugiate de molte case.

A di 16 de Giugnio andó el campo a Spolete, che se parti da
Tode, cie andò el Cardi: de S. Pietro in Vincoli, e col M. Braccio
dei baglione e il Sig: da Camerino con 3000 balestriere e con

molte altre brigate, e il comuno de Perogia cie mando tutti li Ca-

pitani del contado, che foro questi:

Sforzza de li Oddi, P. Susane.

francesco de Oddo, P. S. A.

Teveruccio dei Signiorelli, P. borgnie.

Berardino de Gostantino, P. Soli.

Pietro dei Gratiani, P. S. P.
li quali menar con essi molte fantarie del contado nostro in fa-
vore de la chiesa, e Braccio, essendo amorevole de’ spoletini,
trattava lo acordo in fra el cardinale e loro; e così li detti spo-
lelini lassaro entrare più volte el detto Braccio ne la terra. In
fine vedendo Braccio non podere acordarli, disse a li spoletini,
che cavassero la robba loro de la terra e andasserse con dio; e
cosi fecero, aprirono le porte e sensa far difesa, e cosi entró den-

tro tutto el campo e misero a sacco la terra, e Braccio salvó

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cerle case de li suoj amici e molti monasteri. E de fuora per lo
contado quelli da Cerreto guastaro molte possessione, e mozzaro
olive e ogni arbore fruttifero de’ spoletine.

A di 24 de Giugnio el cardinale de S. Pietro in vincoli con-
dusse il campo a la Città de Castello per disfare meser Nicolo
Vitelozzo (1).

A dì 4 de luglio passò el Sig: Giulio da Camerino con 400
cavalli bene in ordine, quale giva contro de li castelani

A di 12 de luglio la dona de Berardino de Raniere chiamata
donna Dorsolina, figliola del Mag: Braccio dei Baglione, perchè
suo marito era a Roma, la detta donna comandò a Barso de lo-
dovieo del boldro e a Giapeco de Rosciolo, che prestamente an-
dassero a trovare a casa Bartolomeo de meser Bartolomeo de

(1) L'impresa del cardinal Giuliano contro il Vitelli, tiranno di Città di Ca-
stello, non sarebbe riuscita, se prontamente non fosse accorso a sostenere le parti
della Chiesa Federigo duca di Urbino,
CRONACA PERUG NA INEDITA, ECC. 9f

Raniere, e che Jo pigliassero e lo menassero a lei, e cosi li detti
andarono con molli garsoni in compagnia, e pigliaro e menaro
el detto Bartolomeo denante a la detta dona, la quale subeto lo
fece mettere sotto buon custodia; e li fece questo la delta dona,
perché a questi di passati el detto Bartolomeo prese Giovanne de
Borgaruccio dei Raniere suo fratello consobrino, e tenevalo in
casa sua legato per cagione che pochi di inante detto Giovane
avea falto donatione de la robba sua a Berardino de Gostantino
de Raniere, onde che per questo detto Bartolomeo dicea che detto
Giovanne era pazzo, e che per questa cagione detta donatione
non valea. Però lo tenevono legato a ciò lui revocasse detta do-
natione, e perchè con detto Bartolomeo cie se retrovó Nicolo de
Panmollo, lo quale venne in parole con ditto Giapeco de Rosciolo,
dove che cie sopregionse Carlo fratello del detto Berardino de
Gostantino con molla brigata, e poi cie sopregionse la ditta dona
Dorsolina, e fo cessato ogni romore. Dipoi per spatio de 4 ore
fo relassato el detto Giovagnie e similmente el detto Bartolomeo
per comandamento de meser Liberotto de Manesentio, locotenente
de questa città.

A di 14 de luglio fo inandata la bombarda grossa de Perogia
nel campo de la Chiesa contro li Castelani.

A di 30 de luglio vennero al ponte de S. Gianne 3 bonbarde
del Papa, cne andavono verso Castello contro dei Castelani.

A di primo de Agosto papa Sisto mandó gran quantità de
polvere de bombarda per la guerra contro li Castelani.

E a di 2 ditto la bombarda grossa de Perogia se roppe, e
non tressi se non tre volte.

A di 25 de Agosto el Duca de Urbino tornando da Napoli
gionse a di ditto al Piegaio, dove aloggiò una sera, e la notte se
partì e andò verso Castello in favore del campo de la chiesa, e
cavaleó con circa 50 cavalli, benché Braccio avesse falto qui in
Perogia gran provisione per receverlo in casa sua.

A di detto se disse che venia qui in Perogia el Conte Gio-
vagnie (1), nepote del papa, ma non cie venne per che arbergò
a Deruta per una sera e poi se ne andò a campo a. Castello.

(1) Giovanni della Rovere, nipote di Sisto IV e fratello del cardinale Giuliano.
Nell'anno appresso (1475) Giovanni, creato dal papa suo vicario in Sinigallia e nel
O. SCALVANTI

A dì 26 de Agosto lornó qui in Perogia el Mag: omo Hi-
dolfo dei Baglione, quale venia da Graffigniano, perochè el suo
canceliere era venuto da fiorenza, e avea recata la condotta. con
li fiorentini per lo detto Ridolfo con 50 lance e 100 fante, e recò
3200 ducati d'oro, se disse.

A di 28 ditto gionse nel campo de la Chiesa el Duca de Ur-
bino li nel contado de Castello dove era nante, di dove che li
cavalcó incontro el cardinale de S. P.* in Vincoli, con la magior
parte del campo con molti dopieri e lanternoni acesi. Da poi el
detto Duca de Urbino, dopo mangiare, andò a vedere tutti li ba-
stione e tutte le bonbarde con molta solecitudine, e poi mandò a
dire a meser Nicolò Vitelozzi da Castello de volontà del Papa, e
con comessione del cardinale predetto, che per termene de 3 di
lui doveva respondere, e dire la sua volontà, se lui volea stare
a la obedienzza del Papa. i

A dì 29 ditto venero nel campo li Amba: de Castello, li quali
foro questi, cioiè Ser Salimbene, Ser batiste de Michelagnielo, e
andarono nel padiglione del cardinale, con lo quale ce era el Pa-
triarca, e così li delli Amba: parlarono un pezzo con lo detto car-
dinale, e in questo gionse el Duca, quale intrò nel padiglione e
pigliando per la mano li detti Amba: e così insieme con essi
parlò el cardi: e con piacevole parole confortava li detti Amba:
persuadendoli a la ubidienzza de nostro Sig: e così se partiro li
detti Amba : tutti allegri, quali ritornaro con la imbasciata a Ca-
stello.

A dì ultimo de Agosto for fatti li Capitoli de lo acordo in fra
le gente del papa e la comunità de Castello da la mattina perfino
a la sera a le 8 ore de notte nanzzi che fossero forniti de con-
chludere detti capitoli.

A di primo de 7bre el cardi: mandò per meser Nicolo Vite-
lozzi da Castello però che era stato asigurato, quale subito con
il suo figliolo magiore andò nel campo, dove scantrò el Duca de
Urbino, quale prese dello messer Nicolo per la mano, s insieme
andaro nel padiglione del cardi: e subito se inginochiò a lui in

distretto di Mondavio, confrasse nozze con Giovanna, figlia di Federigo duca di
Urbino, e quindi ottenne la prefettura di Roma, rimasta vacante per la morte del-
l’altro nipote del papa, Leonardo della Rovere.

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CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. o go

terra e insieme con esso el Duca predetto, e in fra 2 volte detto
meser Nicolò se mise in ginochione, onde che il cardi: li disse:
meser Nicolo, tu set stato troppo ad obedire el Papa ;.e lui re-
spose: io conosco certo de acere errato verso Sua Santità e verso
Sua Sig. R.ma e si ve ne chiedo perdonanza. Poi se levò su e
andó dl logiamento del Duca.

A di 2 de 7bre vene in Perogia el cardi: de S. P. in Vin-
cola e il Patriarca e '| Duca de Urbino e meser Nicolo Vitelozzi
da Castello con molta altra brigata, a li quali molti nostri cetta-
dini andaro incontro a cavallo: e il cardenale scavalcò nel pa-
lazzo de Monsi: e il Duca in casa de Bernardino de Gostantino
de Rugiere, e meser Nicolo Vitelozzi in casa de Sforza de li Oddi,
dove andaro molte persone per vederlo. Et insieme con essi cie
vene el Sig. Giovagnie nepote del Papa, quale scavalcó in casa de
Braccio e dei fratelli dove li fecero grande onore.

E a di 2 detto se levó tutto el campo dal contado de Castello.
E a di detto el nostro Comuno de Perogia fece un presente al
detto cardinale de 500 ducati papali, e lui li accettó, e poi li ren-
dette a la comunità dicendo, che li avea per recevuli, li quali
danari se disse ch'erano stati acattati da li nostri mereatanli.

E a ditto apresentaro el Duca de Urbino de scatole, marza-
pane, cera e biada.

E a di ditto se partiro tutti li preditti per andare a Roma,
dove cie cavalcaro molti nostre cettadini.

A questi di passate el nostro Comuno de Perogia mandó Chri-
stofano de Tantino nelle Marche per comprare el grano, però che
nel ditto ano for cavate some 300000 de grano incirca.

A di 10 de 8bre se parti el nobile omo Ridolfo dei baglione,
e andó al soldo dei fiorentini bene in ordine.

A questi de 8bre retornò da Roma el Duca de Urbino. Se
disse che il Papa e li cardinali li avien fatto grande onore, e con
esso cie tornò meser Nicolo Vitelli, e andaro in Agobbio, perochè
era capitolato, che lui non podesse rentrare in Castello nè lui nè
li suoi figlioli per ben- che lui avea aute dal Papa 5000 ducate per
parte de pagamento de la robba, che lui avea in Castello, e li
soi bene se aveon da pagare per stima de 2 omene.

A di dello revene con il detto Duca el nobile omo Gentilomo
de li Arceprete.

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A dì 6 de 9bre morì meser Giapeco de meser Golino, quale
fo portato a S. Agostino, e prima che entrasse ne la chiesa, li
suoi presero el candeleto e tolsergli el vestito de dosso e il giu-
parello e la berretta, sì che lo lassaro in camiscia; se disse che
lo fecero perchè dubitavono che li frate non li rendessero li detti
pagni a tale che foro molto biasimate. i"

In questo ano passato perfino a tutto el mese de Marzzo 1475
el grano al più a valuto s. 50 in 55 soma, l'orso s. 25, la spella
s. 15, l'olio I. 4 e '] vino l. 9 in 10 la soma.

1475 — A di 8 de Aprile se tenaglió e poi scannó e poi fo
arso un fiorentino, il quale avea auto a fare con la sua figliola
più volte. :

A di 27 de maggio fo messo in gabbia un prete, chiamato
Don Tomasso da Gobbio, e un frate, chiamato frate Antonio de
Santa Maria de Servi, li quali aveon fatti moltissimi furti e molte
altre ribaldarie. La gabbia fo messa appresso il palazzo del Po-
destà verso casa de Pier francesco de Gialomia.

A dì. primo de Giugnio comenzzò la moria in Perogia e mo-
riva molta gente.

A dì primo de Agosto posto che fo il perdono a S. Maria
de li Angeli de Asese, lì nel campo de S. Maria fo preso un
zarlotto (1) per ladro, e fu apiccato per un braccio da la armata
da asese, e così stelte per spatio de mezza ora; dapoi comenzò
a gridare: Braccio Braccio, dove che a questo gridare cie corse
un fameglio de Ridolfo dei Baglione, el quale mozzò la corda,
dove lui era ataccato e fecelo cadere, per la qual cosa tutta l'ar-
mata comenzò a correre, e così ataccaro una grande scaramucia,
de modo che una parte e l’altra se era molto fortificata, sì che
infine cie fo ferite de molte brigate da ogni parte, e da la parte
nostra cie morì Giapeco, nepole de Bino de porta Susane, e un
altro e molti altri feriti, e da l’altra parte cie moriro 4 asciesciani
e molti feriti, e durò la scaramuccia circa doi ore e più, e con-
tinuo Guido e Ridolfo dei Baglione se intermettevono per spartire,
e non ne poddero avere onore, e stettero a pericolo de esserci
ucisi, e se non fosse che usciro fora li frate de S. Maria, gri-

(1) Zarlotto per ruffiano.
CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 7:95

dando: Misericordia, cie saria suto assai più male, ma non piaque. :
a Iddio e a la Madonna.

A dì de Agosto vene in Perogia il Cardinale de S. Maria in
Portico; (1) quale fo apresentato dal nostro Comuno, e fattoli
molto onore da li nostre cettadini, e stette qui in Perogia doj dì
| e poi andò a Castello.

A dì 17 de Agosto fo ferito Oddo de lacobbe orfo (2) de P. S.
Angegli da Spazza e da Semone de Pascuccio suo fratello de P.
S. P. per una diferenzza, onde che a dì 18 ditto Mons: nostro
Governa: mandò el Cavaliere del Podestà con tutta la sua fameglia
bene armata per sgombrare la bottegha al detto Semone de Pa-
schuccio lì sotto casa de li erede de felcino de meser Baldassarre
de Cherubino Armanni, dove che cie se incontrò Carlo de Cesaro
de li Arceprete, quando el detto Cavaliere sgombrava. Onde che
el detto Carlo lo fece partire, e non volse che lui portasse cosa
alchuna, e disse: ca a Monsi: a tua posta. Io non voglio che
tu la sgombri. E così lo detto Cava: andò a Monsi: e disse, co-
me Carlo lo avea cacciato, e poi Monsi: cie lo remandò, ma el
ditto Cavaliere trovò la bottegha chiusa, quale la volea aprire per
forzza, e Carlo comparì presto li con molli suoi amici, e cacciò
el detto cavaliere molte volte. In questo li Armanni se fecero forti
quanto più podevono con li loro amici con arme, e similmente
fecero li amici de Carlo, li quali ne compariro moltissimi con ar-
me bene in ordine, de modo che ogni persona se ne maraviglia va;
che loro avessero aula tanta gente cosi presto. Cesaro e il Gen-

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tilomo non erano in Perogia, che se stima che cie sarieno venuti
molti più amici e per alora non ne segui altro.

A di 44 de 8bre vene in Perogia el Patriarca, al quale glie
andaro incontro molti nostre cettadini, e scavalcó in S. P. e a di
15 ditio se partì da Perogia e andò a Castello per qual cagione

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non se sa.

A di 48 de 8bre venne la nuova qui in Perogia come in Ca-
stello eran rentrati certi partegiani de meser Nicolo Vitelozzi da
Castello e avean gridato: viva la Chiesa, e subito presero tutta

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(1) Battista Zeno, veneziano, nipote di Paolo IL, e da lui esaltato alla porpora
nel concistoro del 21 novembre 1408, col titolo di S. Maria in portico.
(2) Orfo per orafo.
96 O. SCALVANTI

la terra, dove cie presero Giorgio: de Massa e Mateo da Canale,
conestavole de la Chiesa con circa 300 fanti, a li quali tolsero
l’arme e reserrarli nel palazzo dei Priore, e li tennero. sotto
buona custodia, e non cie fo fatto omicido alchuno in quel ponto,
et il Patriarca, quale era nella terra, fo acompagniato da li cet-
tadini e messo nella rocca per più sua segurezza.

A di 19 de 8bre, avendo li sopreditti partegiani de meser
Nicolo presa tutta la terra, subito mandaro per lo detto meser
Nicolo, quale era a Castiglione Aretino, e vene con una bona
compagnia verso Castello, e con tutti li suoi partegiani contadini
entrò in Castello a dì dilto, e entrato che fo subito dettero la bat-
taglia a la rocca, ne la quale cie era dentro el Castelano e il
Vescovo de Asese e il Patriarca con circa 60 fanti e molti altri
cettadini de la terra ‘nemici del detto meser Nicolo, e così pre-
sero el primo revelino (1) de la rocca con tutto el circuito, ne la
qual bataglia cie foro presi molti e morti e ferite. Fra li quali
cie foro morti 2 figlioli de Nicolo de frachano e ferito e morto
lacomo dal Sasso, e ne la detta bataglia ditto meser Nicolo gua-
dagniò una bonbarda grossa di Roma, quale era nel circuito de
la ditta rocca, quale se fece piantare e trassono a la ditta rocca.
A di ditto vene una letera del Patriarca drizzata qui in Pe-
rogia al nostro governatore, che era il Vescovo Sopontino, la
quale era de questo tenore: che, subito veduto la presente, do-
vesse provedere a darli soccorso, però che lui è asediato ne la
rocca de Castello da meser Nicolo Vitelozzi, onde che, divolgan-
dose la novella, tutii questi nostri gentilomeni andaro dal gover-
natore, oferendosi di andare a dar soccorso al patriarca con ogni
loro sforzzo. E così li nostri Gentilomeni subitamente fecero con-
seglio, dove ellesero e deputaro 5 omeni, li quali avessero andare
a Castello con li fanti per soccorrere el detto Patriarca, quali
son questi:

Griffone de Braccio dei Baglione, P. S. P.

Ridolfo de Ridolfo de fabritio dei Signorelli, P. borgnie.

(1) Revelino per revellino o rivellino, opera distaccata, composta, oltre la
scarpa interna, di due faccie e di due fianchi, la quale si pone dinanzi alla cortina.
Si chiamò anche — Forte rabbuffo — presa similitudine dalla batosta, che bisognava
fare per vincere un rivellino.

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CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 97

Armanno de francesco de li Armanni, P. S. A.

Ridolfo de li Oddi, P. Susane.

Nere de Guido Morello da Monte Sperello, P. Soli.

E perchè el detto Griffone non volse accettare de andare, cie
andaro in suo loco Valmario (1) de Mariotto dei Baglione e Or-
liviere (2) de Carlo Baglioni e amico de Nicolo de Pavolo dej
Gratiani.

E a di 20 de 8bre partiro de Perogia li sopredetti omeni
eletti, e andaro verso Castello con circa 2000 fanti, però che for
comandate per un bando fatto per parte del Governatore de Pe-
rogia, uno omo per foco, e dopo questi ce andò Cesaro de li Ar-
ceprete e molti altri cettadini, e Sforzza de li Oddi era andato
quel dì, che vene la novella, quale aspettava a la Fratta, e così
la sera tutti insieme se retrovaro nella Fratta, e il dì seguente
andar tutti a Castello, e lì se acamparo a uno loco chiamato lo
Stimate apresso a la terra un miglio, e lì se fermaro e fecero
conseglio tutti li nostri cettadini e gentilomene, dove che per lo
Mag: Braccio dei Baglione fo consegliato, che se fermassero lì
tutti, e che Cesaro e Sforzza de li Oddi andassero dentro de la
terra a notificare, come essi erano venuti lì in favore de la Chiesa
e per soccorrere la rocca, e poi pregassono meser Nicolo, che lui
se levasse da la detta impresa, e che non volesse aspettare la
furia, però che a la fine lui sarebbe el perditore. Onde che el
detto meser Nicolo respose, che lui volea fare quel tanto che glie
mandava a dire ‘el suo Mag: Braccio e lo Stato de Peroga, e
così fo conchlusa la cosa, e andassone con dio, e lassò tutti li
suoi amici e partegiani sconsolati (3).

A di 21 de 8bre tornò in Perogia Braccio e li altri cettadini
con tutta la lor fantaria, che venivono da Castello.

A dì 24 de 8bre el Cardinale de S. P. in Vincola venne al
Ponte S. Giagnie, lo quale andava a Castello, e lì se glie fece
incontro Braccio e Cesaro e Sforzza con molti altri nostri genti-
lomeni, e fo ordenato de fargli onore al Ponte de Pattolo, e così

(1) O Gualmario, come scrive il Pellini.

(2) Il Pellini parla solo di un figlio di Carlo Baglioni, senza dircene il nome.

(3) Il cronista narra questo fatto con particolari maggiori di quelli, che si ri-
scontrano nello storico Pellini.

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98^ O. SCALVANTI

fo fatio, e li fo apresentato e molto onorato, e esso rengratiò molto
questo Mag: Comuno de la bona provisione, ch'avea fatta per lo
interesse de Castello e poi se ne andó al suo camino.

El di seguente continoamente venivon fante da Roma, quali
li mandava el Papa contro Castello, e erano circa a 2000 fanti, li
quali passarono tutti per la teverina, e menavono con loro 30
muli carchi tutti de corazzine e balestre e taragoni, e così andaro
tutti fino a la Fratta. Dapoi el di seguente tornaro indrieto, e
passarono per Perogia con tutto el cariaggio e andaro a Roma.

E a di 25 de 8bre vene in Perogia un breve del Papa ren-
gratiando molto questa Comunità del grande aiutorio e soccorso,
che se era dato a la Chiesa per le cose de Castello.

E a di 29 de 8bre se fece bandimento in Perogia con 8 trombe
da parle del Papa, che qualunque persona desse vivo meser Ni-
colo Vitelozzi da Castello ne le mano del Papa guadagniava ducati
900 de provisione e continuo in sua vita avesse ducati 25 |’ anno,
e che possa remettere uno sbandito o rebello in qualunque loco o
terra dela Chiesa esso volesse. Li qual denare son depositate nel
banco de li redi de Alfano, e quello che lo amazzasse avesse du-
cati 1000 de provisione quali stanno depositati nel predetto bancho.

E a di.. (1) del detto venne la nova qui in Perogia, come
in Castello cie erano sute impiccate 3 omeni, grandi amici de me-
ser Nicolo Vitelozzi da Castello, e li fece inpiccare il Patriarca.

E a di 23 de 9bre vene in Perogia el Patriarca, quale veniva
da Castello, e andava a Roma, e fo apresentanto dal nostro Co-
muno e fattoli grande onore. E a di 24 ditto se parti da Perogia,
e andava verso Roma e con lui cavalcaro molli gentilomeni nostri.

Nel predetto ano el grano al più valse sol. 65 in 70 soma,
l'orso sol. 25, la spelta sol. 15, l'olio l. 3 e 4 som., el vino l. 5
in 6 soma.

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1476 — A di 28 de Genaio for comenzati a scarcare li por-

(1) Lacuna del ms.

(2) In una pagina, lasciata in bianco dall'amanuense, si legge una lunga e
stolta diceria, sotto la data 24 febbraio 1055, scritta da Pompeo Barzi, che sembra
essere stato affetto da mania religiosa.
CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 99

fielli (1) in piè de la piazza per comandamento de lo stato de li
gentilomeni e per un decreto fatto per el Governatore, per la
qual cosa fo dato comissione per lo stato de li gentilomeni alli
Consoli de la Mercantia, quali sono al presente in Uffitio e son
questi :

Ridolfo de li Oddi, Cesaro dei Chrespolti, Pietro de Baldas-
sarre Cogli, Antonio de Ercolano.

E anco 5 cettadini chiamati per tale interesse, cioiè Braccio
dei Baglione, P. S. P.; Berardino de Gostantino dei Raniere,
P. Soli; Bartolomeo de meser Baldassarre de li Armanni, P. S.
Agnielo; Semone de Guido de li Oddi, P. Susane; Rusteco de
Saracino da Monte Melino, P. borgnie. 5

Dipoi molte volte se adunaro detti cettadini nella adunanzza
de la Mercantia, e mandarono per tutti quelli, che avevon por-
fielli in piazza, a li quali facevono comandamento, per parte de
tutto lo stato, che dovesse avere scarcalo ogni uno el suo por-
fiello per tempo de tulto el mese de febraio proxemo da venire.
E il primo che lo fece scarcare fo Munaldo dei Boncambi e
li fratelli, e fecero una bella facciata, e poi li altri de mano in
mano, e questo fo falto per fare più bella la piazza.

E a di 17 de febraio fo levata la Campana grossa del Co-
muno del palazzo dei Sig. Priore perché era rotta, e la levaro
per refarla de novo. La prese a cottemo per levarla e refarla
Arcolano de Chriescimbene calderaio (2).

E a di... (3) de Marzzo fo entrato nel fondico de Alfano de

(I) Voce dialettale, che valeva, padiglione o baracca eretta per farvi bottega.

(2) Abbiamo già avvertito nella Prefazione, che il cronista poco si cura delle
cose dell'arte, e qui ne abbiamo novella prova. Infatti egli parla in questo punto
della cronaca di un Ercolano di Crescimbene calderaio, senza dirci, che l’ artefice,
incaricato di modellare la nuova campana del Comune, fu Mariotto di Anastasio. Si
sa di lui, che ebbe — « molta sufficienza, e che nei negozi, di improntare et di fare
statue, et altre cose simili di getto molto valeva » — Il magistrato gli dié prova di
altissima stima in questa occasione, perché facendo egli parte del collegio de'Priori
ed essendovi una legge, che vietava ai capi della repubblica di entrare in qualsiasi
commissione per conto del Comune, il Governatore, sulle istanze dei magistrati, li
dispensò dall’ osservanza di questo statuto (Cfr. PELLINI, Hist. P. II, Lib. XIV,
pag. 749). Questo Mariotto è ricordato anche dal cronista, ma di passaggio, e come
soprastante del lavoro nel seguito della eronaca.,

(3) Lacuna del ms.
100 O. SCALVANTI

Severe (1) de notte tempo, fo aperto el fondico e la cassa de
li denari con chiave contrafatte, dove li for tolti 3000.10 s. Onde
che subito fo scritto per le terre vicine a li mercatanti, amici del
detto Alfano, dove che a Siena fo trovato un lombardo, quale
avea comparati 2 cavalli, una capuccia de rosato, giuparelli de
seta e molte altre cose de prezzo. Per la qual cosa un mercatante,
vedendo comparare queste cose e avendo auto el detto aviso del
furto fatto, narrò al Podestà de Siena tutto el fatto, lo quale su-
bito mandò per lo detto ladro, e comparve, e disse, non essere
vero aver fatto quel furto, e che li cavalli e le altre cose li aveva
comparati de li suoi denari, ch'avea guadagniato. E per che quel
mercatante, che negotiava la cosa de Alfano, non era li presente,
li dette licenzza, dicendo: reforna da me perchè adesso non cie è
la parte. Dapoi venne el detto mercante, chiamato Nicolo Pon-
telli da Cortona, e trovó, che quel lombardo se era partito, onde
che subito mandaro a cercare per lo detto lombardo, e trovaro
che lui era andato verso fiorenzza, e subito fo spedito un cavalaio,
che vedesse de arivarlo, e cosi lo gionse a Poggibonzzi, e li fo
preso. In questo gionseno leltere a fiorenza, dove subito fo man-
dato là, e essendo messo a lo esamino, confessò aver fatto el
detto furto, e disse aver un compagno, quale era chiavaio pur
lombardo: de quel de Milano, e, venendo la nova qui in Perogia,
che quello lombardo era pregione in fiorenza, fo schritto, per
parte de la comunità de Perogia e per parte de Braccio dei Ba-
glione a la comunità de fiorenzza ed a Lorenzzo de Cosmo, li
piacesse de mandare questo pregione qui in Perogia, e letta che
ebbe detto Lorenzzo la detta lettera de Braccio, fo con la Seg:
de fiorenzza, e determinato de mandarlo al Comuno de Perogia e
venne a di 12 de Aprile.

E a di 20 de Aprile vene a Perogia un breve per parte del
Papa, come el sacco del regimento de Perogia se dovesse fare a
Roma, per la qual cosa el governatore fece publicare ali cettadini
el detto breve e quello che in esso contenea:

Li insacolatore eletti foro questi:

P.* Giovagnie del Bisochetto, P. S. A.

(1) Questo Alfano dovette essere un discendente del celebre giureconsulto Bar-
tolo Severi da Sassoferrato.
CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 101

Carlo de lucalli.... (1) P. Susane.

francesco di Pietro detto el granello, P. borgnie.

Ghiberto de Bartolomeo de Andrea de Mascio, P. S. P.

Antonio de Arcolano del frolliere, P. Soli.

E poi li detti insacculatore andaro a Roma per arfare el
sacco detto.

E a dì 9 de Maggio retornò in Perogia meser Mateo fran-
cesco, Cavaliere de li Nobeli da Monte Sperelli, quale era stato
per podestà in Ancona, con molta compagnia e avea auto grande
onore, e recò lo stendardo del Comuno de Ancona (2).

A dì 25 de Maggio tornaro li nostri insaccolatori da Roma,
e scavalcaro in S. Pietro, e recaro el sacco de li Uffiti fatto, e lì
andaro li tronbelti del comuno con tutti li famegli del palazzo de
li Mag: Sig: Priore, e li detti insaccolatore venero con le tronbe
inanzze perfino al palazzo del governatore, e essi a cavallo con
grande onore, e li smontaro e andaro al governatore, dove li era
adunato el conseglio de li celtadini insieme con li Mag: Sig:
Priori, e poi fo mandato per li cofani de li Uffiti già ne lo ar-
mario, e portali là su, e for messe dentro tutte le borscie, e poi
reportarono li detti cofani nel loco usato con tutte le cerimonie
consuete.

A questi di passati retornò el Mag: Braccio dei Baglione da
Spello, et era stato a Roma e, trovando che qui era rencarato
el grano, subito ne fece venire da la Bastia circa 49 some, e poi
parlò con li altri gentilomeni, li quali ne fecer venire de fuore
moltissime some.

A dì 25 de Maggio el grano dei forestieri valea s. 90 e 95
la soma e quel del Comuno s. 50 e quello de li cettadini s. 75,
l'orzo s. 36 in 35, e la spelta s. 20.

A di ultimo detto venne in Perogia del molto grano compa-
rato per lo nostro Comuno a Montefiascone.

A di 20 de Giugnio naque un figliolo al Gentilomo de li Ar-
ceprele a le 21 ore al quale fo posto nome.... (3).

(1) Lacuna del ms. È

(2) Era costume nelle città di offrire uno stendardo ai magistrati forestieri,
che avevano ben meritato della repubblica.

(3) Lacuna del ms.

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109 O. SCALVANTI

Perfino a di 29 de Giugnio la moria andó pizzicando, e era
quasi solo in P. S. A., onde che in paura de peggio quasi tutto
fo sgombrato, de modo che poche persone erano ne la città, e li
antichi dicevono, che per li altri tempi avevono veduto la moria,
e che mai veddero cosi generalmente abandonar la città, e quelli
pochi che cie erano rimasli parea una cosa scurissima e paven-
tosa vedere sì poche persone in una ciltà.

A dì 6 de luglio fo bandito, che quelle poche ‘persone, che
erano in Perogia, se metlessero in ordine per andare a le S. pro-
cessione tutte vestite de biancho; e cosi andaro 5 di a la fila con
grandissima contritione e divotamente pregando eddio, che levi
da noj questa pestilenzza, e anco pregando la sua gloriosa madre
con tutti li santi e sante de la corte celestiale, a ciò che interce-
dano per no], grati a dio che esso revocasse ogni ria sentenzza
e flagello, e non guardasse a li nostri peccati, e a le dette pro-
cessione for cavati el divoto Gonfalone de la Madona de S. fran-
cesco e altre gonfalone e figure.

E a dì 7 de Luglio comenzaro le dette processione, la prima
andò a S. francesco del Convento, la 28 a S. Domenico, la 3* a
S. Giuliana, la 48 a Maria de Monteluce e la 5» a S. Agostino,
benchè là poche persone cie andaro per cagione de li molti morti
de peste quali erano stati soterrati in detta chiesa (1).

E a dì 22 detto morì Baldassarre de Stornello lanaio, al quale
se erano morte a questi dì passate pur de peste 6 figli maschi e
una femina. i

A questi dì passali, cioiè a dì 19 detto, una figliola de Ser
Anselmo de Christofano de P. Susane, essendo amalata de peste
fuore a una loro possessione apresso a S. Galgano, onde che ve-
dendo el detto Ser Anselmo e la sua donna la lor figliola grave-
mente amalata li pusero lì da mangiare e da bevere, e poi la las-
saro e abandonaro, e quando cie retornaro la trovaro. morta, e
così la recò esso proprio a Perogia in una bestia una notte e si
la pose denante a la porta de S. Francesco, e li la lassó stare

(1) La chiesa di S. Agostino é nel rione di Porta S. Angelo, dove, ci narra il
cronista, la pestilenza, più che in altre parti della città, era scoppiata.

ELLE
e

CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 108

senza altre previsione de farla sepelire, onde che in spatio de
pochi di tornando el ditto Ser Anselmo insieme con la sua donna
e passando non troppo lunge da la detta porta del cimitero, dove
avea lassata la sua figliola, cadde in terra e li mori e de li a
pochi dì morì la sua donna, cosa maravigliosa a confusione de li
padri e madre chrudele e anco de le altre persone.

A di 27 de luglio in sabeto fu bandito, che il lunedi proscemo,
che sarà a dì 29 detto, se dovesse fare le processione per cagione
de la moria, la quale continoamente facea grandissimo danno, e
era venuto novamente un predicatore, chiamato fra bonaventura
de l'ordine de S. Maria de Servi, quale era piccolo e. magro e
sparuto de la persona, ma eloquentissimo di scienzza; e predi-
cando. el detto frate in S. lorenzzo a quel poco de popolo, che in
Perogia era rimasto, diceva come Dio era grandemente adirato
contro el popolo de Perogia, e che questo lo avea auto per rela-
tione de dio, per la qual cosa notificava a ciaschuno, che se do-
vessero confessare e comunicare quelli de la città e anco quelli del
contado; che se dovessero emendare tutti da li loro peccati e er-
rori e di redurse devotamente a Dio, e andare 18 dì divotamente in
processione e digiunare 3 dì tra li 15, e quelli che non potessero
degiunare facessino oratione o elemosine e altri beni, e che se
facesse notificare a quelli che erano partiti da Perogia per so-
spetto de peste, li quali erano andati a castelli e ville, che tutti
dovessero retornare ne la città. E tutto il suo predicare fu de la
fede e speranzza e carità, conchludendo sempre ad amare el pro-
xemo e umiliarse (1).

E a dì 29 ditto comenzaro ad andare le processione predette
e sempre nante che andasse la processione predicava el detto frate
quasi una ora, ne le qual prediche molto recomandava la carità,
e che sovenissero li poveri besognosi e gli amalati, però che quando
se amalavono non era chi li volesse parlare o sovenirli, eccetto lo
spetiale de li Mercatanti in P. S. Angielo, el quale se poderia

(1) Tali pubbliche preghiere erano state prescritte dallo stesso pontefice Si-
sto IV con sua Bolla del primo di marzo, colla quale si elargivano copiose indul-
genza ai fedeli, che assistessero alle religiose funzioni, e in specie a quelle per la
Concezione di Maria.
104 O. SCALVANTI

dire meritamente ospedale de la Misericordia, però che comenzzò
nel prencipio de la moria e sempre de continuo seguitando de
dare a tutti li poveri bisogniosi e amalate pane e vino, olio, zuc-
caro e altri conforti per l'amore de Dio, che nisuno altro spetiale
nè chiesa non fecero per moltissimi dì e selimane elimosina al-
chuna ecetto el detto spetiale. El quale securamente a tutte le porte
e contrade de Perogia mediante el caritativo suo priore, Ser Go-
liotto Canonico de S. lorenzzo, el quale continuo confortava li po-
vori a pacienzza carità de dio ne le lor tribulatione, e similmente
a li infermi de pestilenzza e a li morti provedia, che Dio sia
quello che lo rimuneri ne l'anima del suo bene operare.

A questi dì de Agosto moriro de peste insieme 2 figli grande
a Lodovico de Giliotto de li Acerbi, cioié Giliotto e francesco, e
poi se morì la donna del detto lodovico, e a questi di passate li
se era morto un altro figliolo pure de peste.

A dì 25 del ditto vene la nova qui in Perogia, come Papa
Sisto era venuto in Asese per sospetto de la moria, quale era in
Roma, e che lì in Asese se aspettava el Duca de Urbino, e che
subito che lui fosse venuto el Papa dovea andare a stare in Agob-
bio o Orbino (1).

E a dì 27 de Agosto vene la nova che era stato uciso Er-
milio de meser Gabriello de li Ermilii ad antria da certi contadini.

A questi dì de Xbre el Mag: Conte Carlo de Braccio dei forte
Bracci da Montone, essendose partito da la Sig: de Venetia, con
bona licenzza, se ne venne a Rimine con cavaglie e fanti assai,

Nel predetto ano el grano al più valse s. 75 e 80, m. lo orso
s. 30 in 35, la spelta s. 20, l'olio l. 3 in 4, e "| vino l. 5 in 6.

1477 — A di... (2) de Marzzo el Conte Carlo andò a Mon-

(1) Gli scrittori si trovano concordi nel ritenere, che la nuova pestilenza de-
rivasse dalla terribile inondazione del Tevere, narrataci dal nostro cronista. Il pon-
tefice, vedendo Roma invasa dalla pestilenza, partì il 10 giugno recandosi a Viterbo,
e quindi a Campagnano. Il 17 giugno era a Vetralla, ai 30 in Amelia, dove fu ospite
dei Giraldini fino ai 18 di luglio. Indi recossi a Narni, e ai 21 agosto fu ad Acqua-
sparta, poi a Bagnorea, e ai 23 dello stesso mese ad Assisi, d'onde partì per Foligno,
alla volta di Roma, in cui fece ritorno il 23 di ottobre. Negli storici non è cenno
della venuta del duca di Urbino (Cfr. INFESSURA, Diar. P. 2. T. 3 Rer. ital, sript.).

(2) Lacuna del ms,
CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 105

tone con li suoi figli bastardi, li quali menaro cavalli e fani!
assai (1).

A questi di de Marzzo se parti el nostro Governalore, quale
avea fornito el suo offitio. E a di ditto venne el Governatore nuovo,
chiamato per nome Meser Domenico Vescovo de Riete, omo da
bene e de ingegnio.

A di 10 de Aprile fo ociso Jacomo de Gostantino de Mateo
de P.» de li Gratiani, in una sua vignia, perché detto Jacomo avea
amazzato un suo fratello consobrino, cioiè el figlio de Piero antonio
de Mateo de Pietro dei Gratiani (2), per la qual cosa Mateo de
Giuliano barbiere con 3 compagni occise el detto Jacomo.

A di 21 de Aprile revenne Tomasso de Agnielo da S. Apolo-
nara, quale era stato pregione de li senesi lungo tempo per conto
de lo Anello de la Vergine Maria; se disse che lui avea rotta la
pregione con molti altri, li quali erano fuggiti tutti e così scom-
parve via.

A di primo de Maggio fo uciso Grifone figliolo del Mag:
Braccio dei Baglione a Ponte Ricciolo in quello de Cantiano. Lo
ucise Berardino del Sig: Alovige da Sassoferrato con certi suoi
fameglie. La cagione perché lo amazzó se disse che fo... (3).

(1) Nella rinnovata guerra contro i turchi, la repubblica di Venezia richiamò
di Toscana Carlo Fortebracci da Montone, figlio di Braccio; ed egli, giunto nel
Friuli, non solo (come narra il Sabellico nelle sue Historie venetiane) fortificò la
regione con presidi e armi, ma condusse nuove opere inespugnabili concepite con
raro talento. Compiuta la sua onorevcle condotta nel Friuli, Carlo tornò a Montone;
ma si sparse voce, che ciò non facesse per desiderio di riposo, sibbene per insigno-
rirsi della città di Perugia. Alla qual cosa prontamente ripararono i magistrati, come
narra il Pellini nel XIV della sua Historia, (P. II), e anche il nostro cronista, il quale,
sotto la data del dì 15 giugno, ci ragguaglia dell'ambasceria spedita a Carlo Forte-
braccio. Il Muratori ed altri storici vogliono però, che Perugia trovasse salvezza
nella lega nuovamente conclusa coi fiorentini.

(2) L'amanuense ha certo omesso di indicarci il motivo di tale uccisione, che
il cronista aveva certo riferito.

(3) Lacuna del ms; Anche il Pellini dichiara di non avere potuto trovare negli
scrittori a penna la ragione della strage del giovine Griffone dei Baglioni. È certo,
che il luttuoso fatto procacciò al padre dell’ucciso Braccio Baglioni le condoglianze
dei più illustri uomini del tempo, fra i quali Federico conte di Urbino, che gl’inviò
una speciale ambascieria. Però le parole del cronista sotto la data del 3 maggio
fanno supporre, che la uccisione di Griffone non avvenisse per cagion privata, ma
fosse ordinata ai danni della repubblica.
106 O. SCALVANTI

A di 3 detto se fece un gran corrotto per la morte del detto
Griffone, e tutta la città se mise in arme per sospetto. La cagione
non se sa, e vestiva de nero Guido, Redolfo, Oddo, Giovagnie, fe-
lippo, Orliviero tutti de li Baglione con molti loro fameglie.

E a dì7 ditto per la morte del detto Griffone vene in perogia
la amba: del Conte Federigo Duca de Urbino e meser francesco
de meser Benedetto da Norscia e altre ambascierie lutte vestite
de nero loro e le lor fameglie, con circa 25 cavalli e remenaro la
fiorina e Berille e un altro fameglio del detto Griffone, li quali
se trovaro a la morte sua. E a dì ditto li predetti ambasciatori
foro apresentati dal nostro Comuno e li fo fatto grande onore.

E a dì ditto se partiro li detti ambasciatori, quali erano stati
mandati a visitare Braccio e li fratelli per la morte de Griffone,
figlio de Braccio detto.

A di ultemo de Maggio in sabeto fo mozza una gamba e ta-
gliata una parte de l'altra a uno de Pietra melina lì in capo de
la piazza, e fo pare da Pietra melina (szc.), perchè il fratello suo
avea mozza una gamba a luj e andava con una gamba de leno,
e poi subito se ne fuggì in casa del Mag: Cesaro de meser Aga-
menone, quale subito lo mandò via bene acompagniato.

A questi dì passati foro ucisi e ferite molti de li quali per
brevità non ne fo mentione.

A dì 15 de giugnio in domenica el nostro governatore mandò
uno ambasciatore al Conte Carlo dej Fortebracci per parte del
Papa, che lui se dovesse partire da Montone. Cie andò per am-
basciatore meser Baglione de Golino da Monte Vibiano.

E a dì 19 ditto el Conte Carlo se partì da Montone e pusese
in sul Nicone.

E a dì 21 ditto in sabeto se partì e andò verso Castello con
le sue gente.

E a dì 22 detto el Conte Carlo passò le Chiane, cioiè fecero
un ponte de legnio, e entrò in quello dei senese, dove cie predò
del molto bestiame, e fece de molti pregioni e di continuo li giongea
gente.

A di 23 detto se partì el Mag: Gentilomo de li Arceprete e
Averardo de Guido da Monte Sperelli, e andaro al soldo del Mag:
Conte Carlo, e menaro gran quanlità de perogini, e di continuo

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CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 107

se ingrossava più el campo, e tuttavolta ce andavono percgini
assai. Ma detto Gentilomo e Averardo tornaro presto.

E a di 25 ditto el Conte Carlo prese 2 castelli in quello de
Siena, dove cie guadagnió de molta robba, e fece assai pregione
e predó molto bestiame.

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è a di 26 ditio prese un altro castello e guadagnió più assai
biene. i

E a dì 80 ditto el campo del Conte Carlo andò a Torrita,
dove cie stié circa 8 di e più volte quelli de Torrita se volsero
arendere a patti, ma el Conte Carlo mai li volse e così spesso
certi fanti ch’ erano in Torita pagati dai senesi scaramucciarono
con quelli del campo; pure sempre le gente del Conte Carlo ne
ebbere el megliore.

A dì 4 de Luglio in venerdì el campo del Conte Carlo se
partì da Torrita, e cavalcaro ne la maremma de Siena, e andaro
ne la montagnia de la Montamiata, dove lì predaro grandissima
quantità di bestiame. Se stimava che fosse 15000 capi de bestie,
5000 bestie grosse e il resto menute ; e pigliaro assai pregione,
e a la tornata loro fo asaltato el detto campo de la Valdorcia da
la gente dei senesi, quale erano da 2500 o più, e stimase che se
le dette gente dei senesi fossero state omene valente averieno
prese e morte assai de quelli del Conte Carlo, perchè erano tutti
strachi e morte de fame e de sonno, perché tutta la notte avean
cavalcato; pur se defeseno valorosamente e condusseno a salva-
mento li prigione e ’l bestiame in quello de fiorenzza, e così el
Magnifico Conte se puse a Chianciano con gran vittoria.

A questi dì de luglio vene qui in Perogia al nostro Comuno
una lettera del Conte Carlo pregandoci: non vogliamo dare nè
passo nè vetovaglie a le gente, che andassero contro de lui ma-
ximamente a le gente del Duca de Urbino, e così pregava con
molte oneste e piacevole parole. Per la qual cosa fo determinato
de farne conseglio, e così fo fatto, dove cie foro varie volontà de
li nostri cettadini. Infine fo determinato per li nostri Mag: Sig:
Priore e per li Camorlenghi de fare li Ambasciatore, e uno man-
darne al Papa e uno al Conte Carlo.

E a dì ditto li Mag: Sig: Priore e Camorlenghi elessero li
delli Amba: uno fo meser Baglione de Golino Baglioncello, lo
quale dovesse andare al Papa, e l’altro meser P. Pavolo de Tan-
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108 O. SCALVANTI

chreduccio dei Raniere, lo quale andasse al Duca de Urbino, e
l’altro meser Stefano cancelliere del nostro Comuno, lo quale do-
vesse andare al Conte Carlo.

E a dì.... (1) de luglio el nostro Comuno mandò P°. Pavolo
de Tanchreduccio per Amba: al Duca de Urbino, dicendoli per
parte de li Sig: che dovesse sopresedere de non andare contro
del Mag: Conte Carlo, e quando luj pure volesse andare, che non
danificassi li nostri biadi.

E poi mandaro lo amba: al Conte Carlo. Cie andó el detto
meser Stefano canceliere del Comuno. Lo amba: che dovea an-
dare al Papa non andó, perché li Priore e Camorlenghi non for
d'acordo insieme.

E a di 14 de luglio lorenzzo de Mariotto de Ser bisgio su
del monte de P. Soli fo ociso da le sue sorelle carnale. Li fero
36 ferite; lo amazzaro de notte quando lui dormiva.

E a di 17 de luglio partì da Chianciano el Conte Carlo.

A questi di passati vene in questa città el prolonotario del
Conte francesco Duca de Milano, el quale era stato confinato da
la: Duchessa, e che stette a confine qui in Perogia 7 anni (2).

A questi dì de Agosto venne la nova qui in Perogia, come el
Conte Carlo avea dato una rotta al figlio del Duca de Urbino,
dove li tolse cavalli assai, e prese molti pregione. E il detto fi-
gliolo del Duca cie fo ferito, la qual rotta fo in quello de Siena,
e il Conte Carlo remase vitorioso con grande onore (3).

(1) Lacuna del ms.

(2) Questo, che il cronista chiama protonotario del duca Francesco, mentre
avrebbe dovuto dire — Gian Galeazzo Sforza — non era altri, che Ascanio Sforza
relegato a Perugia per avere, come ritenne il Senato milanese, congiurato contro
il Duca. Di ciò vennero pure incolpati gli altri zii di Gian Galeazzo, cioè Ottaviano,
che fuggendo annegò nel fiume Adda, Sforza, che ebbe il confino a Bari e Lodovico,
che fu relegato a Pisa. Il cronista dice, che Ascanio Sforza rimase in Perugia 7 anni,
ma altri storici narrano, che egli nel 1480 era tornato a Milano, da cui fu nuova-
mente cacciato, per ordine di Lodovico il Moro e confinato a Ferrara. Però la men-
zione dei 7 anni deve attribuirsi a un errore dell’ amanuense, perché il cronista,
al pari degli storici milanesi, sotto la data del dì 11 ottobre 1479, narra che partì
da Perugia monsignor di Milano — « el quale era stato in Perogia a confine, e al
presente avea riauto lo stato suo » —. Dunque l’ esilio in Perugia di Ascanio Sforza
avea durato del luglio 1477 all’ ottobre del 1479.

(3) Qui si fa menzione di Antonio, figlio di Federico, generale della Chiesa, a
cui il papa ordinò di accorrere in ajuto dei senesi, minacciati dal Fortebracci, Es-

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CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 109

A di 9 de Agosto vene el duca de Urbino con le gente del
Re e con li suoi, e aloggiaro al Pianello con parechie squadre
de cavalli e fecero dani assai.

E a di 10 de Agosto fo apresentato el Duca de Urbino dal
nostro Comuno de cera, biada e confetti. In tutto valse s. 30.

E a di 13 ditto venero al Ponte nuovo 3 squadre de cavalli
del Conte Girolamo, soldati de la Chiesa, e più se ne aspettavono
per quanto se dicia (1).

A di 18 de Agosto el nostro Comuno mandó 5 Amba: al
Duca de Urbino, che stava con le gente al Pianello nostro. Li
Amba: son questi, cioié uno per porta.

Meser Antonio dei Gratiani, P. S. P.

Meser Tanchreduccio de P. Pavolo dei Raniere, P. Soli.

P°. Giapeco de meser Baldassarre de Cherubino de li Ar-
manni, P. S. Angegli.

Ridolfo de li Oddi, P. Susane e

Tancreduecio dei Signorelli, P. borgnie (2).

Li quali andaro per parte del nostro Comuno al detto Duca
de Urbino, pregando Sua Sig: che se volesse partire del nostro
contado e quando non vollesse partirse, che almeno se portassi
bene de le cose nostre, perchè facevono danni assai. La resposta
che esso fece fo, che lui non avea comissione de partirse, anzzi
che avea comissione de acostarsi a la città (3).

A dì ditto venero certi brevi dal Papa qui in Perogia diriz-
zati al nostro Governatore, che lui li facesse apresentare ad al-
chuni nostri cettadini, quali li citava per parte de Sua Santità,
che dovessero andare a Roma.

sendo Antonio rimasto ferito nella battaglia contro le armi di Siena, il padre Fe-
derigo, come narra il cronista, volle andare in soccorso delle schiere pontificie
(MURATORI — Ist. d? It. anno 1477).

(1) Il conte Girolamo Riario, nipote del papa e signore di Imola.

(2) Il Pellini dà solo i nomi di quattro ambasciatori, che sarebbero stati: Pie-
tro Paolo Ranieri, Rodolfo degli Oddi, Pietro Giacomo della Staffa e Tancreduccio
Signorelli. Come ben vede il lettore, tra lo storico e il cronista vi é accordo solo
su due nomi.

(3) Di questa sdegnosa risposta di Federigo, duca di Urbino, non è cenno negli
storici e negli altri nostri cronisti. Sembra che i cittadini sospettassero di vedere
occupata Perugia dal duca di Urbino, generale della soldatesche pontificie.

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110 0. SCALVANTI

A di ditto vene a Perogia la ambasciaria de’ veneliani in or-
dine, li quali andavono a Napoli a le nozze de la moglie del Re (1).

A dì ditto Monsi: nostro Governatore fece apresentare 3 brevi
a li nosiri cettadini, cioiè uno a meser Antonio dei Gratiani, uno
a P.° de Oddo de la Bancha, e uno a lodovico de Antonio de Gi -
liotto de li Acerbi, per la qual cosa ne la città se stava molto de
mala voglia, e dicese che se ne sono andate certi altri nostri
cettadini.

A dì 20 de Agosto meser Antonio dei Gratiani partì per an-
dare a Roma al Papa per comandamento del breve.

A di ditto revene a Perogia fioravante de Biordo de li Oddi
partito dal Conte Carlo, el quale era stato molti anni con luj, e
subito, come fu gionto, andò al Governatore.

A di 21 ditto ludovico de Antonio de Giliotto de li Acerbi
partì, e andò a Roma al Papa per comandamento del Breve de
Sua Santità.

E a. dì 22 ditto parti P.° di Oddo da la Bancha per andare
a Roma al Papa per vigore del detto breve de Sua Santità.

E a dì 23 ditto fo preso Giovagnie de la Catrina (2) de P.
S. Pietro macellatore del Cavaliere del Podestà da li offitiali del
bargello e da 2 conestavoli. Stavono a la guardia del Gover-
natore con molti lor fanti, e lo pigliaro nella sua bottegha, e non
se sapea el perchè, pure dapoi che l' ebbero preso se disse, che
lui faceva un trattato in Perogia per il Conte Carlo.

A di 24 de Agosto, che fo il di inanzze che il Duca levassi
canpo dal Pianello, Monsi: nostro Governatore andò in campo.
Ci andò con lui el Mag.: Braccio dei Baglione, Cesaro de meser
Agamenone, Sforza de li Oddi, Pietro giapecho de meser Baldas-
sarre de li Armani e Averardo de Guido da M. Sperelli e Biordo
de li Oddi. Se disse che là col Duca fecero una giura de essere
a la desfatione e morte del Conte Carlo da Montone (3).

(1) Ferdinando, re di Napoli, rimasto vedovo, contrasse nel 1477 nuove nozze
con Giovanna, figlia di Giovanni, re di Aragona e di Sicilia, e così tornò l'accordo
fra i due principi.

(2) Catrina per Caterina.

(3) I perugini si erano convinti, che Carlo da Montone mirava a farsi signore
della città, e perciò, secondo narra il cronista, molti dei principali cittadini accom-
pagnarono il governatore al campo del duca di Urbino, la quale circostanza fu
ignorata dal Pellini e da altri scrittori.
CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. i 111

A di 25 de Agosto se levò dal Pianello el campo del Duca
de Urbino, gonfaloniero de la Chiesa, e andò a campo a Mon-
tone. Se disse che erano circa 30 squadre de cavalli e fanti assai
bene in ponto. |

A di primo de 7bre in lunedi gionse una bonbarda grossa
dei senese a Montone in aiuto de la Chiesa e del Duca de Ur-
bino, e con essa cie andaro 600 fanti, é subito gionti ataccaro la
bataglia a Montone, dove che quelli de Montone usciro fuora e
li fecero una bona scaramuccia, de modo che cie foro feriti molti
de quelli senesi, e cie fo preso un conestavole de fanti pure de
quelli del campo de fuore, al quale tolsero cirea 50 ducati e poi
lo lassaro andare (1).

A di 24 de 7bre in mercoledì fo mozzo el capo a Giovagnie
de la Catrina de P. S. P. perchè avea ordinato el trattato de met-
tere in Perogia el Conte Carlo fortebracci, e confessò ne lo esa-
mino, come lui avea ordinato de metterlo in Perogia de notte per
P. S. Agnielo e per la P. de la Conca e parte per la Porta del
Piscinello ; e che anco detto Giovagnie era andato più volte a
trovare el Conte Carlo, e disse, che cie lo avien mandato certi
nostri cettadini a portar lettere de chredenzza e altre lettere per
cagion de remettere detto Conte Carlo in Perogia, benché ne. la
sua condenagione quando fo letta disse; che tali cettadini non se
nominavono per lo meglio, e che detto trattato se dovea fare el
mese de Maggio passato. Dipoi, fornito che fo de leggere la detta
condennagione, detto Giovagnie disse queste parole: Zo vo a mo-
rire, ve prego tutti, cari amici e fratelli, che voliate dire 5 pa-
ternostri e 5 avemarie per l'anima mia. E poi disse, non aver
mai fatto cosa che venisse contro al Papa, né contro de nisuno
nostro celtadino, e non fo lassato dir più, e così li fo mozzo el
capo in sopremuro (2).

A dì 17 de 8bre in venerdì fo retenuto el Mag: omo Cesaro
de meser Agamenone de li Arcipreti nel palazzo del Governatore,
nel qual palazzo cie erano molti fante armate, e per la ciltà se

(1) Questi fatti non sono in egual modo narrati dal nostro Pellini.
(2) In Pellini il fatto è narrato con pochi particolari.
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armaro molti nostri cettadini, escietto li amici del detto Cesaro,
che esso non volse che se armasse nisuno de li suoi amici nè
parenti, e tutta la città se ne meravigliava de tal cosa. Se pre-
sumea che lui fosse retenuto per essere nel trattato per remettere
el Conte Carlo in Perogia.

E a dì ditto fo retenuto francesco de Oddo. Se disse che lui
era nel detto trattato.

A dì 18 de 8bre in sabeto Cesaro de li Arceprete fo mandato
a Roma dal nostro Governatore e dal Comissario del Duca de
Urbino. Lo mandaro con molta fantaria, e de fuora da la città lo
acompagniaro molti omeni de arme e molti altri fanti, e questo lo
fecero perchè dubitavono, che il detto Cesaro non volesse obedire,
benchè lui francamente disse, de volere andare e de obedire a
nostro Sig: senza aver breve nè comandamento alchuno. Se disse
che Monsi: avea auto 3 brevi, quali andavono al detto Cesaro, e
non glieli volse mandare, perchè dubitava, che lui non cie an-
dasse. Pur lui, come persona obediente, andò a Monsi: li fece
compagnia perfino a S. Gostanzzo, e similmente andò acompa-
gniarlo Braccio dei baglione, Sforzza de li Oddi, meser Mateo
francesco da Monte Sperello, Carlo de meser Baldassarre de li
Armani e molti altri gentilomeni, e quando foro lì a la detta porta
apresso a S. Gostanzzo, Bracciò baglioni se voltò a tutti quelli
gentilomeni, e disse, che essi vedevono in qual termine erano le
cose de Cesaro. E che lui confortava tutti che fossero ubedienti a
la Santità de Nostro Sig: e che quando le sue cose proprie fos-
sero disubidiente a la Sedia Apostolica e a la S. Chiesa, che lui
con le sue proprie mani le menarrà e conducerà a la penitenzza.
Alora respose el ditto Cesaro e disse: Spettabili cettadini, voi
avete inteso quanto per Braccio è stato detto, e così similmente
sempre faria io. E dicovi in questo momento; se voi mai trovate,
che io abbia fatto el peccato, non sia mai persona alchuna che
mai parli per me. Ma non avendo io fatto il peccato, vi prego,
tutti voliate operare e pregare per me. E così toccò la mano a
tutti, e poi andò via, e a molti gentilomene renchresciè grande-
mente la sua partita.

A dì 28 de. 8bre in giovedì meser Mateo francesco de meser
Gio: petruccio andò per Amba: a Roma al Papa. Lo mandò el CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 113

nostro Comuno con 6 cavalli e 6 a piede. La cagione non se è
detta (1).

A di 25 ditto fo apiccato la magia de Asese giù al campo
de la bataglia, el quale avea fatto inumerabili furti.

A dì 29 di Xbre naque un figlio mascio al Gentilomo de li
Arceprete, al quale fo posto nome diomede.

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(1) Matteo Montesperelli andava alPapa per convincerlo, che il moto in favore
di Carlo Fortebracci doveva ritenersi fatto contro la volontà del Comune e della
maggior parte dei cittadini; e per pregarlo altresi a restituire alla città di Pe-
rugia il possesso di Montone. i

(Continua). Prof. O. SCALVANTI:
115

INVENTARI E REGESTI

I CODICI DELLE SOMMISSIONI

AL COMUNE DI PERUGIA

(Continuazione del Codice II segnato A, V. Vol. VIII, pag. 185-158)

CI. — 1218, Giugno 19. Roma, presso S. Pietro. — Ono-
, 5 ?

rio III ratifica l'accordo interceduto fra i nobili e i po-

polani in ordine alle comunanze e alla colletta, c. 59 r.

Il Pontefice Onorio III con sua bolla indirizzata ai cavalieri
e al popolo di P., dopo aver richiamato gli accordi interceduti fra
il popolo e i nobili perugini colla mediazione di St[efano] cardinale
. dei Dodici Apostoli e Camerlengo del Papa I[nnocenzo] e di B[o-
bone] « Oddonis Bobonis » Podestà di P. (accordi relativi alle co-
munanze, che in quel tempo i Perugini possedevano o che per
l'avvenire avessero polulo recuperare, e alla colletta) ricorda il
giuramento dalle due parli contraenli prestato di non aggiungere
o diminuire aleuna cosa ai patti convenuti « nisi de conscientia
et permissione romani ponlificis », e ratifica quanto in proposito
i nobili e il popolo avevano d'accordo stabilito: che cioé tutte le
comunanze o possedute attualmente o giustamente recuperabili
fossero divise per porte e parrocchie secondo la quantità e la
qualità degli uomini e che la colletta si facesse a norma dello
Statuto (1).

(1) Cfr. i documenti XCV e XCIX che portano respettivamente le date del 19
Settembre 1214 e del 22 Febbraio 1218.

Il BARTOLI, Storia della città di P., p. 322, accenna ai motivi che secondo lui
dettero luogo a questo nuovo intervento del Pontefice per evitare il risorgere delle
cittadine discordie; nel citare però il presente documento e quello del 22 Febbraio
1218, pone erroneamente ambedue sotto l’anno 1217.

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116 ANSIDEI E GIANNANTONI

CII. — 1230, Aprile 20, « tempore Frederici impera-
toris ». — « In camera comunis Perusij ». — Vendita
di un terreno al C. di P., c. 141 r.

Gentile « domine Marie » per sé e per la detta sua madre
vende al Signor Suppolino « Bonjohanni Tedeske » e agli altri
Consoli del C. di P. tanto terreno del suo campo posto « subtus ec-
clesiam Saneti Constantij » per quanto « desingnatus et factus est
fons cum curia ipsius fontis et clocana per ipsum terrenum sicut
desingnata est », in modo che il C. o chiunque altro per il C.

| possa ogni volta che sia necessario « remunire et aptare ipsum

fontem et clocanam... sine sua vel alterius condictione ». Gentile
dichiara di aver ricevuto dai Consoli per questa vendita 33 libbre
di buoni denari lucchesi. :

Test. — Oderisio « Peri » camerlengo, Libriotto massaro,
Gualfreduccio notaro, Giacomo « Virdiani », Bonaccorso « Bussi »
ed altri.

Bianco not. (1).

CIII. — 1233, Decembre 12. — « In ecclesia Sancte Marie
de Confingno ». — Concessione di terreno nel Chiugi
fatta dal C. di P., c. 63 r.

Ramberto « de Gisleriis » Podestà di P., autorizzato dal Con-
siglio della medesima città, concede al Sig. Bertoldo « Johannis
Ponzi » quattro bobulcarie poste nel terreno del Chiugi, affinchè
il detto Bertoldo le tenga e le possegga a nome e per conto del
C. « donec de comunis Perusij fuerit voluntate ». La terra posta
« in curia Colcelli sive Perregnani » è data in seguito al giura-
mento prestato da Bertoldo sugli Evangeli di guardare e difendere
il C. e gli uomini di P. nelle persone e nelle proprietà, di non
abitare in Castiglione Chiusino senza espressa licenza del C.
di P., di non dar mano alla riedificazione del detto castello ed
in genere di non porsi in ostilità col C. di P. — Bertoldo, in caso

(1) In ordine alle deliberazioni adottate per provvedere di buona acqua P. si
leggono in questo Cod. A alcuni documenti, che furono già pubblicati dal Vermi-
glioli, come vedremo quando dei documenti medesimi faremo il regesto. I CODICI DELLE SOMMISSIONI AL COMUNE DI PERUGIA 117

d'inosservanza di questi patti, si obbliga a pagare a titolo di pena

mille libbre, pur restando i medesimi patti in vigore; a garantire
che questi saranno da Bertoldo rispettati s’ impegnano in solido i
signori Oddo « domini Brentij », Spagliagrano, Bartolomeo « Ai-
meline » e Omodeo « Guezoli » di Cortona.

Test. — I signori Angelo arciprete della Pieve di S. Maria
di Configno, Ermanno Podestà di Cortona, lacopino « domini
Gilij » bolognese, giudice del Podestà, Castellano, Rainaldo Co-
retto, Cavalcante « Ugonis Oddi » di Cortona, Barletto giudice,
Gualfreduccio « Herri », Zaone, Giacomo « Bartholomei de Curb:-
no » ambasciatori del C. di P., ed altri.

Bonaccorso « Guidonis Arpinelli » cittadino di Bologna not.

* Andrea not. (1).

CIV. — 1234, Febbraio 1. — P. « in palatio Comunis ex
latere superiori ». — Vendita al C. di P. di terreni e casa
« juxta castellarium Sancti Stephani », c. 63 t.

Maffeo « Egidij de Villano » per sé ed i suoi eredi vende a
Ramberto « de Gisleriis » Podestà di P., che agisce in nome e
per conto del C., il terreno ela vigna con casa che egli possiede
in borgo S. Pietro « justa castellarium saneti Stephani »: con i
beni che si vendono confinano Rosso e Guglielmo « Perusij Vil-
lani », i figli di Coppolo, il signor Bonifacio da Deruta e la pub-
blica via. La vendita é falta per il prezzo di 328 libbre di denari
lucchesi che Maffeo dichiara di aver ricevuto da Ramberto.

Test. — I signori Barunzio, Barletto, Pietro « domine Diam-
bre », Sinibaldo Giudice, Buonconte « Ugonis Villani », Bucarello
« de Marianis », Buonconte « Ebli », Buongiovanni « Raineri]
Aceptantis », Guardaenfranza, Diotisalvi « Massarie » ed altri.

Bonaccorso « Guidonis Arpinelli » bolognese not.

* Andrea not.

(1) Per i rapporti di P. con Castiglione del Chiugi possono consultarsi anche
ì documenti LXII (1184, Gennaio) e LXVIII (1196, Decembre 2). V. Bollettino, vol. V,
pag. 429 e vol. VI, pag. 320).

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118 ANSIDEI E GIANNANTONI

CV. — 1234, Febbraio 3. — P., « in palatio comunis Pe-
rusij, in superiori parte palatij ». — Altra vendita come
al documento precedente, c. 64 r.

Rosso e Guglielmo « filij quondam Perusij Villani » per loro
e pei loro eredi vendono a Ramberto « de Gisleriis » Podestà di
P. il terreno e la vigna con tre case, che essi hanno in borgo
S. Pietro « justa castellarium Sancti Stephani ».

I confini dei beni in vendita sono la via e il castellare di
S. Stefano, e le proprietà del signor Bonifacio da Deruta, del
signor Gualfreduccio « Herri » e dei figli « domini Johannis Boni-
comitis »: i venditori dichiarano di aver ricevuto da Ramberto il
prezzo convenuto in 353 libbre di denari lucchesi.

Test. — I signori Pietro « domine Diambre », Benvenuto
« Luinardi », Uguccione « de Monte Ubiano », Giacomo « do-
mini Bonjohannis domine Teudesche », Ugo « Mathei Aghine »
Camerlengo del C. di P., maestro Clave da Todi suo notaro, Gual-
fredotto « Ugonis Gualfredutij » ed altri.

Bonaecorso « Guidonis Arpinelli » not.

* Andrea not.

CVI. — 1234, Febbraio 4. — Donazione del C. di P. a fa-
vore dell' Ordine dei Frati Predicatori, c. 65 r.

In detto giorno « celebri et jocundo festivitatis gloriose vir-
ginis sancle Agathe », alla presenza di Salvo Vescovo di P. (4);
di Gerardo Arciprete, di Fra Tommaso ministro dei frati minori
dimoranti a P., nonché di molti altri frati minori e chierici di
Bulgarino, Lazarino, Giacomino e Bonifacio giudici, di Pietro 50-
cio e di Guglielmino, Arpinello e Leonardo notari del Podestà,
essendo riunita « maxima multitudine militum, peditum, domi-
narum et aliarum mulierum copia vehementi justa castellarium

(1) Il BOARINI nella sua Descrizione della chiesa di S. Domenico (Perugia, Ri-
ginaldi, 1778), dopo aver ricordato lo stabilirsi dell'ordine domenicano in P., narra
che « Salvio de’ Salvi perugino, essendo stato eletto vescovo della sua patria l'a. 1231,
nel 10 anno del suo pontificato ristaurò e consacrò a S. Domenico la chiesa di S.
Stefano ».
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I CODICI DELLE SOMMISSIONI AL COMUNE DI PERUGIA 119

Sancti Stephani de burgo S. Petri », Ramberto « de Gisleriis » '

bolognese, Podestà di P., dà e consegna in nome del C. a fra
Rolandino e fra Ambrogio dell'ordine dei frati predicatori « ad
honorem omnipolentis Dei et gloriose Marie Virginis Matris eius
et Ordinis ipsorum fratrum » tutto il terreno e le case che il C.

aveva acquistato da Matteo « Egidij Villani » e da Rosso e Gu-

glielmo « quondam Perusij Villani »; i frati predicatori potranno
costruirvi la chiesa e le case loro, riservato però sempre al C. il
giuspatronato della Chiesa stessa.

Bonaccorso « Guidonis Arpinelli » not. (1).

CVII. — 1234, Febbraio 6. — P., « in Ecclesia beatorum
Laurentij et Herculani ». — Pagamento di una somma
a favore dellArcidiacono di detta Chiesa in seguito a
vertenza fra l'Arcidiacono stesso e il C. di P., c. 66 r.

Beneaudito Arcidiacono della Chiesa dei SS. Lorenzo ed Er-
colano riceve « in pecunia numerata » da Buchinardo cittadino e

(1) Nell'archivio del C. di P. si conservano le pergamene provenienti dal Con-

‘vento di S. Domenico. Il documento più antico che riguarda la fabbrica di S. Do-

menico è dell'8 Dec. 1234 ed é una Bolla di Gregorio IX. data da Perugia e diretta
a tutti i fedeli Cristiani. In essa leggesi:

« Cum in perusine suburbio civitatis loco ab ipsius pop[ulo ordi]nis predica-
torum fratribus assi[gn]ato fundari ad honorem Dei et beati Dominici Ecclesia et
claustrum juxta predictum ordinem ceperint, nec per eosdem fratres qui nichil pos-
sident perduci ad debitum finem possint, caritatem vestram rogamus... vobis .. iniun-
gentes quatinus de bonis collatis vobis ex divini habundantia muneris eidem operi
pias elemosinas et grata caritatis subsidia impendatis.... ».

Detta bolla trovasi ripetuta sotto la data del 17 Decembre dello stesso anno 1234,
ma di questo duplicato non resta che un frammento. GrusEPPE BELFORTI nell'Zndice
del? Archivio del convento di S. Domenico compilato nel 1800 lo registra al n. 1 delle
« Bolle, Brevi e Diplomi », ma senza attribuirgli una data precisa. — Cfr. POTTHAST,
Regesta, Pontif., Vol. I, pag. 833.

Inoltre Innocenzo IV con sua Bolla data da Lione il 19 Aprile 1246 nuovamente
ingiunge ai fedeli di soccorrere con elargizioni i frati domenicani « ut predicta
edificia consumari valeant »; dello stesso Pontefice sono due altre bolle relative
sempre alla fabbrica di S. Domenico e delle quali una porta la data del 16 Aprile 1244,
ma di ambedue esistono nella citata raccolta solo dei frammenti.

V. anche le Memorie BELFORTI-MARIOTTI (Porta S. Pietro, Città), il cit. opu-
scolo del BoAnINI, pagg. 1 e sgg., MARIOTTI, Saggio di memorie istoriche civili ed
ecclesiastiche della città di Perugia, tomo III, pagg. 430 e 431, SIEPI, Descrizione
della città di P., vol. IT, pagg. 486 e segg., nonché BARTOLI, che a pag. 350 della
sua Storia di P. riproduce per intiero il documento.

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cambiatore perugino 100 libbre di denari lucchesi e senesi e da
Guardainfranza cambiatore 20 soldi della stessa moneta. Buchi-
nardo e Guardainfranza fanno a Beneaudito il detto pagamento a
nome del C. di P. in seguito al lodo che il Podestà di P. R[am-
berto].« de Gisleriis » aveva pronunciato sulla questione che
« coram domino Papa vel eius delegatis » si faceva contro il C.
dal detto Beneaudito. Questi fa al C. quietanza dell'accennata
somma, rinunciando ad ogni diritto, azione, ragione e domanda
che in qualsiasi modo potesse competergli contro il Podestà e il
C. di P. e a tutto quanto avesse diritto di richiedere « occasione
alicuius injurie hinc retro a comune Perusij seu a singulari per-
sona sibi illate vel occasione dampnorum sibi datorum in rebus
vel persona ».

Test. — Giacomo « Jangni Miglioli », Tedello « Christiane »,
Isebardo « Marescaleus », il signor Tudino « Coppoli » e Bal-
duinotto « Uguitionis ».

Leonardo « Fortissovalglij » bolognese not. (1).

CVIII. — 1235, Marzo 2. — Firenze, nel palazzo del C. —
Instrumentum sindicatus comunis Florentie, c. 11 r.

Il signor Compagnone « de Paltronis » Podestà di Firenze
col consenso di due parti « et ultra » del Consiglio generale e
speciale della stessa città « et capitudinum etiam artium civitatis
eiusdem ad illud idem consilium..... convocatorum, nonché gli

(1) Nella stessa carta 66 r. a margine del documento leggesi la seguente nota:
« 1540. Ecclesia katedralis dicata antiquitus etiam divo Herculano protectori peru-
sinorum cui etiam capella erat sub volta campanilis: post, edificata nova ecclesia
in loco decapitationis divi Herculani, soli divo Laurentio nomen katedralis ecclesie
relictum opinor ». Questa nota si puo con qualche fondamento attribuire allo sto-
rico PoMPEO PELLINI.

Nelle Memorie BELFORTI-MARIOTTI (Porta S. Angelo, Città) là dove si accenna
al trasferimento della Chiesa cattedrale dalla Pieve di S. Stefano al luogo ove at-
attualmente trovasi, leggonsi di mano del MarIorTI alcune notizie storiche, che
per la loro importanza ci piace qui riferire. Dopo aver detto che fin dal 936 nel
luogo ove ora sorge la cattedrale esisteva una chiesa dedicata a S. Lorenzo e che
tale circostanza fu causa che la nuova cattedrale conservasse il titolo di questo
Santo, il MARIOTTI soggiunge: « È ben vero che dalle antiche memorie (v. PELLINI
p. I, pag. 334) si scorge aver poi questa nuova cattedrale avuto il doppio titolo di

erre a qanm tenons re]

I CODICI DELLE SOMMISSIONI AL COMUNE DI PERUGIA 121

stessi consiglieri e capi delle arti eleggono i cittadini fiorentini’

Rustico « Melioris » e Loterengo « Alamanni » giudice ordinario
sindaci e procuratori del C. di Firenze a trattare fra il detto C.
e quello di P. « de omnibus et super omnibus et singulis intesi-
nis sive exlasimentis et represalliis et maltolettis hinc inde factis »
come pure di tutti i pedaggi, esazioni ed imposte che dall’ una
e dall'alira parte si esigono, ed in genere di qualsiasi contro-
versia che fosse sorta o potesse sorgere fra l'una e l'altra città o
fra i respettivi cittadini: a Lolerengo e a Rustico è data piena
facoltà di agire e di concludere patti, come a loro sembri più
conveniente « pro utriusque civitatis concordia ». Il Podestà
e gl'intervenuli al Consiglio si obbligano ad avere per fermo e
ratificato tutto ciò che i sindaci eletti saranno per convenire.

Test. — Ugolino « Comitis », Enrico camerlengo del C. di
Firenze, Guglielmo notaro del Podestà e Raniero « Caccie » giu-
dice e notaro.

Bono not.

* Bovarino not. (1).

S. Lorenzo e di S. Ercolano e si trova che l’ altare in essa dedicato al primo fu
consecrato da Calisto III antipapa tra il 1170 e il 1177 e poi per essere stato rimosso
dal primo sito fu altrove ricomposto con nuova lapida consecrata da Innocenzo III
il dì 27 Settembre del 1198, e che l’ altare dedicato al secondo fu pur consecrato
dallo stesso Papa il di 5 Giugno del 1216 (ex monum. ms. in Bibliotheca dominiciniana
ad calc. exposit. in evangel. ven. Bedae). Quindi se in aleune antiche scritture e
anche negli Statuti si trova nominata la volta di S. Ercolano e si dice che sotto
questa si rendeva ragione o si stipulavano contratti, si deve intendere di qualche
portico esteriore corrispondente alla detta cappella di S. Ercolano nel duomo, a imi-
tazione del qual portico fu poi fatta la loggia e il portico di S. Lorenzo che ancora
sussiste e dove in tempi posteriori ugualmente si teneva ragione ».

I citati ricordi che si leggono à margine del codice del Beda furono testual-
mente pubblicati dal canonico LuIGI ROTELLI nella sua ZIllustrazsione storico-descrit-
tiva del duomo di Perugia.

(1) Nel testo del documento si legge « anno millesimo ducentesimo trigesimo
quarto»; però questa data si riferisce al computo fiorentino e di ciò si ha conferma
anche nel documento che segue, ove si legge che le convenzioni fra P. e Firenze
furono stipulate « anno Domini MCCXXXIIII pridie Idus Martij, indictione septima
secundum morem et consuetudinem civitatis Florentie, set secundum morem et
consuetudinem civitatis Perusij anno Domini MCCXXXV die XIV intrante Martij,
tempore domini Gregorij pape noni, indictione octava ». La copia dell' « instru-
mentum sindicatus » fu fatta da Bovarino » in anno MCCXXXV die nona intrante
Aprelis, tempore domini Gregorij pape noni, indictione nona.

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122 ANSIDEI E GIANNANTONI

CIX. — 1235, Marzo 14. — P., nella Chiesa di S. Lorenzo.
^ — Capitula cum comunitate Florentie, c. 1 t.

[ fiorentini Rustico « Melioris » e Loterengo « Alamanni »
giudice ordinario, delegati dalla loro ciltà da una parte, e Gual-
freduccio « Tribaldi » e Diotisalvi « domine Masaie », sindaci e
procuratori del C. di P. dall'altra, concludono i patti seguenti:

Ad ogni fiorentino e a chiunque appartenga al contado o di-
stretto o giurisdizione di Firenze sia garantita, sempre che voglia
recarsi e rimanere nel territorio perugino, la piena sicurezza
nella persona e nei beni; uguali diritti abbiano quei perugini che
andranno nel territorio di Firenze.

A risolvere tutte le controversie che potessero sorgere tra le
due città e i loro respettivi abitanti si deverrà ogni anno da en-
trambe le parti alla nomina di due arbitri e di un notajo, previo
il parere dei Consoli dei mercanti, nonchó, per Firenze « cum
consilio rectorum artis lane », e per P. « cum consilio artium ».
Detta nomina si farà entro il mese di maggio, e gli eletti rimar-
ranno in carica per un anno. Gli arbitri dovranno citare il reo
« enconlinenti et sine fraude » e imporgli di pagare il suo debito
entro 10. giorni; che se il reo negasse il suo debito, gli sarà de-
ferito il giuramento ; tutte le prove testimoniali saranno ‘inoltre
raccolte e pubblicate 8 giorni prima della sentenza, la quale verrà
emanata entro 30 giorni dal prestato giuramento e sarà inappel-
labile.

Saranno tenuti i Podestà di Firenze e di P. a rispettare ed
eseguire tutte le sentenze pronunciate da qualsiasi altro giudice
prima dei presenti patti; la esecuzione sui beni mobili dovrà farsi
entro 10 giorni e, mancando la proprietà mobiliare, si procederà
alla esecuzione sugli immobili nel termine di altri 10 giorni. Qua-
lora poi il creditore non possa essere cogli accennati mezzi sod-
disfatto, avrà il diritto di rivalersi con il pedaggio che ai mer-
canti della città, cui appartiene il debitore, sarà imposto quando
vogliano recarsi nell’ altra; l'ammontare di questo pedaggio sarà
di due soldi « pro qualibet salma si summa totius debiti fuerit
librarum centum », e di 12 denari « per salmam per centenarum
debiti, si ultra centum libras usque ad quingentas libras ».

Nessun altro pedaggio potrà respellivamente esigersi dalle
I CODICI DELLE SOMMISSIONI AL COMUNE DI PERUGIA 123

due città « pro Comuni neque pro alia qualibet persona vel loco
neque pro sotietate militum »; per mutui o per altri contratti, cui
si potesse dar vita in avvenire, non sieno i cittadini dei due Co-
muni convenuti se non dall’altra parte contraente, e ciò in omag-
gio al detto volgare « cui datum fuerit ab eo requiratur ».

Le sentenze emanate dagli arbitri o da qualunque altro giu-
dice « super preteritis et futuris negotiis » dovranno da ciasche-
duno dei due Podestà esser mandate ad effetto entro 10 giorni;
il debitore insolvente sarà bandito « ad voluntatem creditoris ».
Gli arbitri dovranno immettere l'attore nel possesso dei beni del
convenuto per un valore tre volte maggiore rispetto al debito nel
caso che il convenuto stesso o non si presenti o non accetti la
sentenza arbitrale ; il possessore avrà diritto di far suoi tutti i
frutti, e il Podestà potrà soddisfare il creditore col ritratto dalla
vendita dei detti beni.

Tutte le cose tolte per effetto di rappresaglie dovranno es-
sere a vicenda restituite, salvo il diritto dei creditori di ritenere
le cose medesime sino all'ammontare del credito.

Gli arbitri potranno ritenere sei denari per ogni libbra a ca-
rico del reo che rimanga soccombente nella lite.

È riconosciuto il principio che l’attore debba attenersi al giu-
dizio emesso dagli arbitri del C., al quale appartenga il conve-
nuto.

Che se il conflitto accada fra uno dei Comuni da una parte e
i privati cittadini dell'altro C. dall’ altra, il giudizio dovrà esser
pronunciato dagli arbitri delle due città riuniti collegialmente « in
certo et comuni loco ».

I Podestà dovranno osservare i patti sopra enumerati e farli
inserire « in constituto utriusque civitatis et sic de constituto in
conslituto », salvo in loro il diritto di aggiungere o togliere o in-
novare in qualche parte con l'approvazione del Consiglio generale
dei due Comuni.

Loterengo e Rustico per il C. di Firenze e Bartolomeo Po-
destà per quello di P. promettono solennemente di rispettare a
vicenda le stipulate convenzioni.

Test. — Bendefende « Fuge », Andrea « Rubeus. », Gianni
« Carletti », Taddeo « Petri », Simone « Quintavalli », Capriolo
« Bertraimi », Gennaro « Rugerij », Rainaldo « de Montone »
124 ANSIDEI E GIANNANTONI

cittadini di P., Ruggerino « de l'amistade », Donato « Coriscani »,
Ugo, « Falconerij », Migliorello « Mazij », Silulanco « Bertilotti »
e Berlingerio « Iacobi » fiorentini.

Bovarino not: (1).

CX. — 1235, Settembre 17. — Todi, nel Palazzo del C. —
Fideiussione del C. di P. a favore di Todi, c. 69 t.

Nel Consiglio speciale e generale del C. di Todi Bartolo « Rai-
nulij » giudice e vicario di Ugolino « Ugolini » Podestà del detto
C. e tutti i consiglieri conferiscono il mandato ad Egidio « Villani »
giudice di comunicare al Sommo Pontefice, o a chiunque fosse da
lui incaricato, i nomi dei debitori principali e fideiussori che per
Ugolino Podestà si sarebbero di fronte allo stesso Pontefice obbli-
gati, nonchè di promettere ai detti fideiussori e debitori, così di
P. come di altre città, di ritenere indenni loro, i loro eredi e lo
stesso C. di P. « de dicta fideiussione et obligalione ».

Pest. Scangno « Deodati », Ugo notaro, Bonagiunta « Ben-
cevengne », Diotisalvi « Raynaldi » notaro, Giacomo « Massei Sa-
limbene » baiulo, Niccola « Rugerij » ed altri.

Giacomo « de Collazone » not. (2).

CXI. — 1235, Settembre 21. — Assisi, nella Chiesa di S. Ru-
fino. — Promessa da parte del C. di Todi di liberare il

(1) Gli storici perugini sono concordi nell’ affermare che in quest'epoca fra P.
e Firenze esistessero i più cordiali rapporti. Infatti il PELLINI, dopo aver brevemente
accennato a qualche danno arrecato dai Fiorentini ai Perugini durante la guerra
che i primi ebbero nel 1228 coi Senesi e dopo avere fatto menzione di dissensi sorti
fra le due città « per cagione di alcuni loro mercanti », discorre di queste con-
venzioni del 1235, notando come fra i due Comuni « per la conformità delle parti si
conservasse ordinariamente buona et fedele amicitia » (op. cit., Parte I, pagg. 247
e 251). Nel BarToLI pure, che pubblica testualmente il documento, trovasi una
simile osservazione a proposito dei ripetuti e continui rapporti di P. con Firenze
« per cagione di commercio e di arti », rapporti che fecero sentire il bisogno di
uno speciale trattato « onde ne’ respettivi territori fossero rispettate le convenzioni
fatte in ciascuno di essi e reciprocamente obbediti gli ordini dei magistrati » (0p.
cit., pagg. 358 e 415).

(2) Lo stesso atto si legge a c. 26 r. del Cod. C. I CODICI DELLE. SOMM!SSIONI AL COMUNE DI PERUGIA 125

C. di P. dalle obbligazioni assunte di fronte al Pontefice,
9:69:10

Egidio « Villani » giudice, cittadino di Todi, a nome e per
mandato della sua città promette a Recabene notaro Sindaco del
C. di P. di liberare il C. stesso e tutti 1 debitori principali e fide-
jussori, che si erano di fronte al Pontefice Gregorio IX obbligati
per Ugolino « Ugolini » Podestà di Todi « in mille marchis pu-
ri argenti ». I nomi di questi debitori principali e fidejussori sono
i seguenti: Benvenuto « Johannis Aldrovandi », Michele « Ducis »,
Nicola « Ugonis Rivelli », Bendefende « Fuge », Ermanno « Co-
milis », Bonconte « Peri Alamanne », Struffuzio « Uffredutij », Rai-
naldo « Constantij », Fomagio « Plubelle », Oprinello « Ciprij »,
Uguccione « de Monte Ubiano », Raniero « Jacobi », Rustico
« Palmerij », Pietro « Seroscoli », Jacopo « Guidonis Donoli »,
Gualfreduccio « Benveniatis Rogulgli », Giovanni giudice « de
Fratta », Uffreduccio « Roscij », Paolo « Stephani » e Andrea
« Constanlij ».

Lo stesso Egidio dichiara di rinunziare al beneficio delle ec-
cezioni di qualunque genere e di osservare fedelmente la pro-
messa « sub pena dupli ».

Test. — Il Signor Napoleone « de Hermenzano », Bongio-
vanni « Lombardi », Uffreduccio « domini Guidutij », Pietro « Va-
liantis », il Signor Vivia giudice, Rufino « Mathei », Simone
« Constantie », Quintavalle « Marzij », Salomone « Martini »,
Giorgio « Grazie », Niccola « Addanagonis », Rainuccio « Ardo-
vini » ed altri. :

Jacopo « de Collazone » not. (1).

(1) Questa malleveria del C. di P. a favore di Todi si ricollega ad avvenimenti
storicamente inportanti svoltisi nella regione nostra e che si riferiscono non solo
ai rapporti di P. e di altre città dell'Umbria con il Pontefice in ispecie, ma altresi
alle relazioni del Papato con l'Impero in genere.

Infatti il PELLINI (op. cit., Parte I, pag. 251) narra che l' imperatore Federigo,
tornando da Gerusalemme, riconquistò in Puglia alcune delle sue terre che si erano
date alla Chiesa e quindi, dopo avere invano tentato di occupar Roma, andò a Todi,
donde discacciò la parte della Chiesa: passò poscia nel territorio perugino e, dopo
essersi accampato presso Sansoste, non osando attaccare Perugia, mosse, attraver-
sando la Toscana, verso la Lombardia.

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126 'ANSIDEI E GIANNANTONI

CXII — 1235, Decembre 18. — Viterbo. — Ingiunzione
fatta da Gregorio IX agli Eugubini per la consegna del
castello di Val di Marcola al Rettore del Ducato di Spo-
leto;-c. T6l Tr:

Il Pontefice Gregorio IX notifica al Podestà e al Consiglio di
Gubbio quanto segue: Il castello di Valle di Marcola che i citta-
dini perugini « pro reformanda pace inler eos » avevano affidato
alla Chiesa Romana, era passato illegittimamente nelle mani de-
gli Eugubini. Il Papa aveva ordinato che entro un termine stabi-
lito o si restituisse il castello medesimo o si inviassero alcuni
come rappresentanti della città alla corte pontificia, in modo che
potesse rendersi agli offesi piena giustizia.

Gli Eugubini non vollero osservare né luno nè l’altro pre-
cetto e cosi pure si rifiutarono di obbedire all’ ingiunzione fatta
loro di restituire il castello.

Impone quindi il Pontefice al C. di Gubbio che nel termine di
otto «giorni il detto castello sia consegnato in mano di Alatrino
suddiacono e cappellano e rettore del Ducato di Spoleto: e ciò
sotto la minaccia di tali pene spirituali e temporali da indurre gli
Eugubini a comprendere « quam temerarium sit apostolicis jus-
sionibus contraire ».

Fa seguito al documento l’ordine che il Pontefice nello stesso
giorno invia da Viterbo ad Alatrino perchè riceva in consegna
dal C. di Gubbio il castello di Val di Marcola e lo tenga e lo cu-
stodisca in nome della Chiesa Romana.

Paolo « Johannis Brixiani » not. (1).

I Perugini, dopo la partenza dell’ Imperatore, rimisero in Todi con l'aiuto di
Spoleto ed Orvieto la parte ecclesiastica.

Al conflitto fra Gregorio IX e Federigo II accenna anche il MARIOTTI nel suo
Saggio di memorie storiche (Parte III, pagg. 431-32) ove dice che il Papa « persegui-
tato dal Senato e popolo romano se ne tornò a Perugia l'anno 1234, ove si trattenne
ben tre anni» Cfr. anche BARTOLI (op. cit., pag. 366). Il documento è ripetuto a c. 25
del Cod. C.

(1) Per quanto riguarda i rapporti fra P. e Gubbio si vedano i documenti già
da noi pubblicati II, XI, XII e XIII, che portano respettivamente le seguenti datez
1183 Febbrajo 28 e 1217 Agosto 8, Settembre 6 e Decembre 31.

Vedasi pure il doc. XCVI che si riferisce alla sommissione di Valle di Marcola
al C. di P. avvenuta il 10 Febbraio 1216. Di detta sommissione si ha altra copia anche
nella raccolta dei contratti (AA. 5).

came cime

I CODICI DELLE SOMMISSIONI AL COMUNE DI PERUGIA 127

CXIII. — 1237, Luglio 28. — Todi, nel palazzo del C. —
Promessa del C. di Todi di considerare come suoi gl’'in-
pegni che P. assumerà con Foligno ed altri Comuni,
(5 T90T.

Andrea « Jacobi », cittadino di P. e Podestà di Todi, con
l'approvazione del Consiglio della stessa città, presta a Sensio no-
taro, che accetta per conto del C. e del Podestà di P., il consenso
a che i perugini abbiano facoltà « faciendi et contrahendi sotieta-
tem cum Fulginatibus et aliis communitatibus quibus volent ».

Gl'impegni che assumerà P. varranno anche per il C. di
Todi a norma delle convenzioni stipulate da Egidio notaro. Restano
fermi i giuramenti e i vincoli sociali contratti fra i Perugini e i
Todini, tranne per quella parte che formerà oggetto dei patti da
rinnovarsi.

Test. — Rustico e Montanario notari di Andrea Podestà.

Salomone not.

* Senso not. (1).

CXIV. — 1237, Agosto 26. — P., nel Palazzo del C. — Il
C. di Gubbio conferma a quello di P. la promessa di
demolire il castello di Val di Marcola, c. 67 r.

Stanziolo « Petri » e Onesto « Jacobi » Sindaci e Procuratori
del C. di Gubbio promettono a Giovanni « de Fratta » Giudice e
Sindaco del C. di P. di demolire interamente a spese del C. di
Gubbio il castello di Val di Marcola e tutti gli edifici compresi
entro il fossato, e cioè le mura del castello medesimo e la torre,
ad eccezione della Chiesa. Assumono però l'impegno di conservare
soltanto la detta Chiesa e il campanile nello stato in cui attual-
mente si trovano e di non ricostruirli o restaurarli e di non per-
mettere che altri lo faccia in caso di rovina.

Questa promessa è fatta in osservanza di quanto erasi con-
venuto fin da quando doveva concludersi l' alleanza tra P. e Gub-

(1) Cf. BARTOLI, op. cit., pag. 370, ove è richiamato questo documento, con la
data però del 26 Luglio, anzichè con quella del 28 che l’atto effettivamente porta.

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128 ANSIDEI E GIANNANTONI

bio, ed è solennemente rinnovata per vieppiù rafforzare la pace e
la concordia fra i due Comuni.

Coloro che hanno dei possedimenti fuori della cerchia del ca-
stello potranno fissare in essi la propria dimora. La penale, in
caso d’inadempimento degli obblighi assunti, è determinata in 1000
marche di puro argento.

Test. — Il Sig Andrea « Montanari] », Bevignate « Pauli de
Fulgineo », Salomone « Terrerie de Tuderto », il Sig. Negro ca-
valiere di Enrico Podestà di P., Ambrogio « de Mediolano » no-
taro del C. di P. e Senso notaro di P.

Segue l’elenco dei componenti il Consiglio speciale dis P.
nonché quello dei Consiglieri di Gubbio, che prestarono giura-
mento per l'osservanza dei patti conclusi.

Deotajuti not. (1).

CXV. — 1237, Novembre 16. — P., nel Palazzo del C. —
Societas inter Tudertinos, Fulginates, Spoletanos et Eugu-
binos, c. 122 r.

Gregorio « Egidij » Sindaco e Procuratore del C. di Spoleto
promette a Giovanni « de Fratta » Sindaco del C. di P., a Ga-
riofolo Giudice e Sindaco del C. di Todi e a Pietro « Jacobi » Sin-
daco del C. di Gubbio, stipulanti anche nell'interesse del C. di
Foligno, di mantener ferma l'alleanza conchiusa fra il C. di Spoleto

e gli altri Comuni menzionati (2).
Tutti gli alleati si obbligano a prestarsi vicendevole ajuto
e a difendere reciprocamente i loro possessi presenti e futuri.

(1) Di questo documento si ha a c. 26 t. e segg. del Codice C copia autentica
per mano del notaio Niccola « Jannis Carlecti ».

(2) Reputiamo opportuno, per porre in evidenza i rapporti fra P. ed alcune
delle città di cui si fa menzione nel presente documento, ricordare quanto appresso:

Come resulta dal doc. LXXXV del nostro Regesto, P. contrasse il 23 Giugno
1208 con Todi un' alleanza da rinnovarsi di 10 in 10 anni; di fatto si ha il documento
della rinnovazione di quest'alleanza in data 3 Settembre 1218 a c. 63 t. del Cod, C.
Sommissioni.

In occasione della venuta dell'imperatore Federico II in Pisa (1228) i Folignati
fecero a lui atto solenne di devozione e uniti ai Viterbesi gli promisero anche di
adoperarsi per ottenergli l'appoggio dei popoli loro vicini. V. PELLINI, parte I,
pag. 246,
I CODICI DELLE SOMMISSIONI AL COMUNE DI PERUGIA 129

Si fanno però alcune eccezioni: il C. di P. non sarà mai costretto
in virtù di questi patti ad opporsi alla Chiesa Romana, alla città
di Roma, a Nocera, a Città di Castello, a Cortona, a Gualdo e a
Cagli, ma per ogni vertenza o già sorta o che sia per sorgere
fra Gubbio e Cagli P. avrà facoltà di intromettersi come arbitra,
purchè il Castello di Colle della Pergola sempre rimanga per in-
tiero al C. di Gubbio; Todi fa eccezione per Roma, Terni, Amelia
e Trevi; Foligno per Terni, Camerino e Trevi; Gubbio per As-
sisi, Fano e Città di Castello; Spoleto per Roma, Narni, S. Ge-
mini, Amelia, Rieti, Nocera, Terni e Trevi; tulte le città alleate
inoltre dichiarano, al pari di P., di restar sempre nei rapporti
colla Chiesa Romana, indipendenti dagli obblighi imposti dalla
lega.

Se altri Comuni vorranno far parte della lega stessa, lo po-
tranno quando ne abbiano avuto notizia i collegati, e vi saranno
ammessi anche senza l'approvazione di questi, purchè giurino
senza alcuna restrizione la piena osservanza dei patti. Quando
taluna delle città alleate abbia prestato ajuto ad un'altra che si
trovi in guerra, la pace dovrà esser fatta anche nell'interesse
delle città collegate, nè potrà esser conclusa senza il consenso
delle medesime. In caso di discordia fra Comuni alleati, tutti gli
altri che alla contesa sono estranei potranno e dovranno adope-
rarsi per farla cessare in modo che i buoni rapporti sieno nel
termine di due mesi ristabiliti e le parti contendenti dovranno at-
tenersi a quanto loro verrà ingiunto dai pacieri.

I Comuni, a favore dei quali è stata fatta riserva nei patti
della lega, non potranno di questa entrare a far parte senza il
consenso delle città che fecero per essi eccezione; Orvieto, Narni
e S. Gemini non potranno considerarsi come alleati se non previa
approvazione dei Comuni di P., Foligno e Todi, e Cagli ugual-
mente non lo potrà senza il beneplacito di P. e di Gubbio (1);
l'alleanza dovrà ogni dieci anni rinnovarsi con giuramento, e tutti
i Comuni che vi parlecipano avranno l'obbligo di imporne l'intera

(1) Cf. doc. XVI (30 Maggio 1219), ove fra i patti contenuti nella sommissione
di Cagli a P. è detto che l' aiuto di Cagli è promesso ai Perugini specialmente con-
tro gli Eugubini e i Castellani.
180 ANSIDEI E GIANNANTONI

osservanza nei loro Statuti. La penale è fissata nella somma di
mille marche di puro argento.

Test. — I Sigg. Enrico « de Castilione de Mediolano » Po-
destà di P. e Milano « de Mediolano » suo giudice, Ambrogio
« de Mediolano » notaro del C. di P., i signori Filippo « Egidij »,
Ranaldo giudice, Andrea « Jannis » e Andrea « Petri Cerronis
de Spoleto » giudici del C. di P., il Sig. Suppolino « Ugolini de
Presbytero », il Sig. Leorso « Beccarij » e Bongiovanni « Lom-
bardi » perugini, Bonagiunta notaro di Gubbio, Diotisalvi notaro
di Todi, Jacopino di Spoleto notaro ed altri.

Senso not. (1).

CXVI. — 1237, Decembre 16. — P. nel Palazzo del C. —
Concessione fatta a Franco da Lucca medico, c. 135 r.

« In eonsilio comunis Perusij speciali et generali et centum
hominum per portam et rectorum arlium et bailitorum sotietatum »
è accolta la proposta di Benvenuto « Johannis » di dare una casa e
una vigna con altri terreni per il valore di 500 libbre di denari
a maestro Franco da Lucca medico, a condizione che questi in
ogni anno dimori per sei mesi in P. (2).

CXVII. — 1237, Decembre 22. — P. nel Palazzo del C. —
Nomina di cinque commissari per la concessione a Franco
da Lucca, c. 185 t.

Il Consiglio speciale e generale delibera che a designare e
stimare le case da darsi al medico Franco da Lucca, come dal

(1) Di questo documento si occupano, rilevandone concordi la speciale impor-
tanza, i nostri storici. V. PELLINI (Parte I, 253), BARTOLI (pag. 370 e sgg.) e BONAZZI
(Vol. I, pag. 289).

Il BARTOLI poi pubblica per intero il documento, del quale si hanno altre due
copie, l'una autenticata dal notaio Nicola « Jannis Carlecti » a c. 28 t. del Cod. C.
e l'altra nella raccolta dei contratti (AA. 13).

(2) Tale deliberazione fu trascritta in questo cod. A dal notaio Ambrogio « de
Buxoro » Cancelliere del C. di P. per ordine del Podestà Enrico « de Castilione »
da Milano il 3 Gennaio 1238; testimoni all'autenticazione della copia furòno il signore
Jacopo « de Casgiago » di Milano, Vitale « Patreniani », Rusticello « Johàánnis »,
Angelo trombettiere e Bontempo fornajo di Perugia. e m LJ «T7 xiu E ^ —- di
- : E: £. SANE 1 90 98 NEST. AE bx

I CODICI DELLE SOMMISSIONI AL COMUNE DI PERUGIA 131

documento precedente, siano eletti cinque commissari, cioè uno
per porta (1); questi vengono subito nominati nelle persone di
Simone « Thebaldutij » per porta S. Pietro, Rainaldo « Munaldi »
per porta Eburnea, Rainaldo « Episcopi » per porta S. Susanna,
Negogante « Scalfaldi » per porta S. Angelo e Bonconte « Peri
Hodie » per porta Sole (2).

CXVIII. — 1238, Agosto 21. — Il Podestà di P. trasferisce
i poteri del suo ufficio al proprio figlio, che deve giurare
la osservanza dello Statuto Perugino, c. 133 r.

Oddone. « Petri Gregorij » Senatore di Roma e Podestà di P.
alla presenza di Donadeo cancelliere e di altri testimonî nomina

(AMA d. ode SS X

il proprio figlio Pietro suo vicario « ad portandum et exercendum
regimen et guidamentum perusinorum..... el ad jurandum consli-

LA UT

W cie cuim,

tulum ipsius civitatis perusinorum.... et ad servandum et facien-
dum omnia et singula capitula que in ipso constituto continen-

tur » (2). Il giuramento dovrà esser prestato da Pietro senza al-
cuna dilazione o eccezione « ad voluntatem et arbitrium consilij

|
1
4

civitatis » e Oddone si obbliga ad avere per ratificato. tutto ciò

ita

che il figlio farà in nome suo (4).

1) Il BARTOLI, Op. cit., pagg. 377-78, accennando alle varie supposizioni fatte
, , tt] ,

X LE eI oe utt mar:

intorno all'origine dello Studio perugino, cita anche questo documento e il prece-
dente, e con valide ragioni si accinge a dimostrare come Maestro Francesco da
Lucca fosse chiamato in Perugia per insegnare, anziché per l'esercizio -dell’ arte
medica.

(2) Anche di questo atto la copia autentica fu fatta nel presente Cod. A il 3
Gennajo 1238 dallo stesso notajo e con l'intervento degli stessi testimoni che si
trovano citati nel documento CXVI.

(3) V. la prefazione del BoNAINI alla parte la delle Cronache e storie inedite
della. città di Perugia pubblicate nel tomo XVI dell'ArcA. stor. ital.

Questo scrittore a pag. XXXIII e segg. discorre dell' epoca in cui probabil-
mente P. cominciò ad avere i suoi Statuti, i quali, come del resto avveniva in tutti
gli altri Comuni, « secondo i mutati bisogni di tempo in tempo si rinnovellavano,
comecché poi altro non fossero che la formula legale onde i Consoli prima, i Pote-
stà dappoi, nell’ entrare in ufficio giuravano d'amministrare la giustizia ai cittadini ».

Ci sembra che il presente atto, di cui il BoNAINI non fa ricordo, possa aggiun-
gersi ai molti altri notevoli documenti da lui citati per dimostrare che P. aveva
Statuti suoi propri anteriori di molto a quello che ci è pervenuto del 1279.

(4) È opinione del BARTOLI (op. cit., pag. 379) che questo Oddone senatore, Po-
destà di P., fosse richiamato a Roma dalle cure senatoriali a causa delle lotte che
si agitavano fra la Chiesa e l'Impero.
152 ANSIDEI E GIANNANTONI

Test. — Giovanni Beccario giudice, Matteo cancelliere, Gio-
vanni « Petri Basilis » e Goffredo « de Montorio ».

Donadeo « Petri Rabiei Sancte Romane Ecclesie scrinia-
rius ».

CXVIII. — 1244, Giugno 27. — Consegna di un destriero,
c. 146 r.

Pietro, già Podestà di P. (1), nomina suo procuratore Monal-
duccio « Rainerij Bertraimi » perugino per riprender la consegna
del suo destriero lasciato al Podestà Pietro « Anibaldi », rimetten-
done ricevuta al C. di P.

Test. — Il Signor Raniero « Curtese », Romano « Castel-
lani », Angelo « Johannis Bertratij », Paolo cancelliere e Paoletto.

Egidio « Sacri Romani Imperij scriniarius ».

CXX..— 1250, Maggio 12. — Castello della Pieve « in ec-

clesia saneti Cervasci ». — Castel della Pieve nomina un
Sindaco per la rinnovazione dei patti con il C. di P.,
ce. 145 t.

Ansaldino « Bonfiglolij », Benvenuto « Mathei », Riccabene
« Johannis », « consules sotietalis Aquile de Burgo intrinseco », il
Signor Alvarino « Lasati », Benincasa « Bentiveni » e Pietro
« Oddonis », « consules sotietatis veteris de Casalino », Giovanni
calzolaio, Rainuccio « Rusignoli », Giordano « Jordampnis », lacopo
« Peponis Guidutie », « consules sotietatis cerdonum », Martino
« Ranuzale », Angelo « Penguardi », Pandolfo « Petri », Ascevolo
e Migliore « Letuli », « consules sotietatis veteris de Castello »,
Pietro « Petri », Claro, Giovanni « Pepucij » e Leonardo « Jacobi »,
« consules solietalis baizane », Montanario « Genuensis », Tribaldo
« Bontalenti », Bartolomeo « Mathej » e Buccolo « Letuli », « consu-
les sotietatis nove de Castello », Ranuccio « Johannis Cannelle »
e Jacopo « Mandone », « consules solietalis ferantis », Perugino

(1) II MARIOTTI (Catalogo dei Podestà etc., pag. 205) ricorda per l'anno 1243, come
Podestà di P., « Dominus Petrus Parentius romanus ». Ed

I CODICI DELLE SOMMISSIONI AL COMUNE DI PERUGIA 133

« Ranerij » e Martino « Orlandi », « consules sotietatis mercatorum »
per loro e per gli uomini tutti delle dette società e per tutti gli
abitanti di Castel della Pieve nominano e costituiscono il notaio
Pepone « Johannis Alberti » sindaco e procuratore loro e del C.
a confermare e, ove sia necessario, a rinnovare i patti esistenti
fra il C. di P. e quello di Castel della Pieve già stipulati per mano
di Atto notaio (1).

Gli si conferisce pure il mandato di giurare la osservanza di
quanto sarà per ordinare il Podestà di P. Raniero « Bulgarelli »
ed in genere di assumere tutti gl'impegni e di adempire tutte le
formalità che dalla conferma delle convenzioni potranno derivare.

Test. — Il Signor Monaco giudice, Federico « Letuli », Ra-
niero « Tenuti » e Rustico « Bernardini Burguli ».

Angelo not.

(1) I patti già esistenti fra P. e Castel della Pieve, di cui si fa qui menzione,
sono evidentemente quelli conchiusi il 3 Decembre 1188 (V. Documenti III e LXIV),

li
1

Bat Is me

E.

E ord oc aii mar:
iai

Analecta Bollandiana (Tom. XXI, Fasc. III, IV e Tom. XXII, Fase. 19).
Archivio storico italiano (Disp. II-IV del 1902). — Indice della Disp. IV :
N. RopoLico, Note statistiche sulla popolazione fiorentina nel

XIV Sec. — F. BRANDILEONE, Note sull'origine di alcune istitu-
zioni giuridiche in Sardegna durante il Medio Evo. — P. Gau-

THIEZ, Nuovi documenti intorno a Giovanni de' Medici, detto delle
Bande Nere.
Archivio storico lombardo (Serie III, Fase. 35°, 36°). — Indice del Fase. 36» :
F. E. ComanI, Sui domini di Regina della Scala e dei suoi
figli. Indagini critiche. — A. SEGRE, Lodovico Sforza detto il Moro
e la Repubblica di Venezia dall’ autunno 1494 alla primavera 1495.
— G. GALLAVRESI, F. LuranI, L'invasione francese in Milano
(1796). Da memorie inedite di d. Francesco Nava.
Archivio storico per le provincie napoletane (Anno XXVII, Fase. 3», 49). —
Sommario del Fasc. 4e: M. ScHIPA, Il regno di Napoli al tempo di

Carlo di Borbone. — F. CEnowE, La politica orientale di Alfonso
d’Aragona. — Diario napoletano dal 1799 al 1825.

Atti della R. Accademia delle Scienze di Torino (Vol. XXXVII, Disp. 11° e
159).

Atti e memorie della R. Deputazione di Storia Patria per le provincie
di Romagna (Serie III, Vol. XX, Fasc. 4», 6°): P. AmapuccI, Guido
del Duca e la famiglia Mainardi. — L. A. GANDINI, Lucrezia
Jorgia nell' imminenza delle sue nozze con Alfonso d' Este. —
A. ParurERI, Gli antichi vicariati dell'Appennino Bolognese e la
costituzione amministrativa moderna.

Bollettino del. Museo Civico di Padova, diretto da A. MoscugTTI (Anno V,
n:1,58).

Bollettino della Società Africana d^ Italia (Anno XXI, Fasc. 7°, 10»).

Bollettino della Società Pavese di Storia Patria (Anno II, Fasc. 3°, 49);

A. CoLomBo, Vigevano e la Repubblica Ambrosiana nella lotta

contro Francesco Sforza (agosto 1447-giugno 1449). — A. DAMIANI,

PERSO: C

a —— Ln

A M
136 PERIODICI IN CAMBIO 0 IN DONO -- OMAGGIO DI PUBBLICAZIONI

La giurisdizione dei Consoli del collegio dei mercanti in Pavia. —
G. Romano, Una bolla dell’ antipapa Clemente VII, relativa alla

fondazione della Certosa di Pavia. — A. FERRETTO, Giusdicenti
pavesi in Genova (1184-1484). — T. TARAMBLLI, Dell’antico corso

naturale del fiume Olona. — A. CAVAGNA-SANGIULIANI, Lotta tra il
comune di Monteregale e i Marchesi di Malaspina nel XVI Sec. —
E. MENGHINI, Indici del Bollettino storico pavese e delle me-
morie e documenti per la storia di Pavia e del suo principato.

Bollettino storico Monterubbianese diretto da L. CENTANNI (Anno I, n. 1).

Bullettin historique du Diocèse de Lyon (Anno III, n. 18 — Anno IV, n. 19).

Bullettino dell’ Istituto storico italiano (n. 24): C. CipoLLa e F. PEL-
LEGRINI, Poesie minori riguardanti gli Scaligeri. — Necrologia di
E. DüMMLER

Bullettino storico pistoiese (Anno IV, Fasc. 49): L. ZDEKAUER, Un inven-
tario della Libreria Capitolare di Pistoia del secolo XV. — S. Zac-
CAGNINI, Tre lettere inedite di illustri ad Enrico Binni. — L. CurAP-
PELLI, Una lettera inedita di F. D. Guerrazzi a N. Puccini.

Civiltà Cattolica (La) (Serie XVIII, Quad. 1256-1262).

Giornale Dantesco, diretto da G. L. PAssERINI (Anno X, Fase. 10», 12»
— Anno XI, Fase. 1°).

Giornale storico e letterario della Liguria diretto da AcHILLE NERI e da
UBALDO MAZZINI (Anno III, Fase. 8°, 109).

Mélanges d'Archéologie et d' histoire (Anno XXII, Fase. 4°, 5°).

Memorie della R. Accademia delle Scienze di Torino (Serie II, Tomo LII).
— Classe di Scienze morali-storiche e filologiche : G. CamRONI, Del

movimento per il divorzio in Italia. — P. UBALDI, La Sinodo
« ad quercum » dell’anno 403. — R. BoBBa, Esame storico-critico

della teoria delle idee-immagini attribuito da B. Haurèau a S. Tom-
maso nell’ opera intitolata: Sengularités historiques et littéraires —
A. SEGRE, Carlo II di Savoia, le sue relazioni con Francia e Spa-
gna e le guerre piemontesi dal 1536 al 1545. — M. RIiccA-BARBERIS,
Il « contratto per altri » nella sua formazione storica e nella sua

funzione economica-giuridica odierna. — G. Borrrro, Intorno alla
« quaestio de aqua et terra » attribuito a Dante. — G. ALLIEVO,

La pedagogia di Emanuele Kant.

Memorie della R. Accademia di scienze lettere ed arti degli Zelanti di
Aci-Reale (Serie III, Vol. I).

Memorie del R. Istituto lombardo di scienze e lettere (Vol. XXI, Fasc. 49):
A. RATTI, A Milano nel 1266, da inedito documento originale del-
l'Archiv. Segr. Vat., ossia giuramento di obbedienza dei Milanesi
alla S. Sede con duemila e più nomi di cittadini. PERIODICI IN CAMBIO O IN DONO -- OMAGGIO DI PUBBLICAZIONI 137

Minerva, Rivista delle Riviste diretta da F. GARLANDA (Vol. XXII nu»
meri 49-52 e Vol. XXIII, n. 1 e 2).
Miscellanea storica della Valdelza (Anno X, Fasc. 2») : M. Croxr, Il palazzo

vicariale di Certaldo. — C. O. Tosr, Capitoli sopra l'arte della
Carta a Colle. — A. GHERARDI, Spigolature Sangemignanesi.

Napoli nobilissima, rivista di topografia e d' arte napoletana. (Vol. XI,
Fasc. 9°-11°, Vol. XII, Fasc. 1e, 2°).

Nuovo Archivio Veneto, pubblicazione periodica della R. Deputazione Vee
neta di storia patria (n. 46, 47).

Opuscules de critique historique (Fasc. 1-5) — Fasc. I : P. SABATIRR, Regula
antiqua fratrum et sororum de poenitentia. — Fasc. II: P. SABATIER,
Description du manuscrit franciscain de Liegnitz (antiqua legenda

s. Francisci) — Fasc. III: P. SABATIER, S. Francisci legendae ve»
teris fragmenta quaedam. — Fase. IV: P. MADoNNET, Les Régles

et le Gouvernement de l'ordo de poenitentia au XIII siécle. —
Fase. V: A. G. LrrrLE, Description du manuserit canonici mie
scell. 525 de la Biblioteque Bodleienne.

Quellen und Forschungen aus Italienischen Archiven und bibliotheken Hes
rausgegeben vom Koenigl. Preussischen Historischen Institut in Rom.
(Band V, Heft 1).

Rassegna d’Arte diretta da C. Ricci. (Anno II, Fase. 8°, 12°, Anno III,
Fasc. 1°).

Rassegna biliografica, diretta dal dott. G. BrAar (Vol. XIV, n. 1).

Reale Istituto Lombardo di Scienze e Lettere « Rendiconti » (Serie II,
Vol. XXXV, Fasc. 16°, 20°). — Indice generale dei lavori dal 1889
al 1900.

Rendiconti della R. Accademia dei Lincei, (Vol. XI, Fase. 7°, 109).

Rivista d’Artiglieria e Genio (Anno XIX, Vol. 3, 4 — Anno XX Vol. 1).

Rivista di Storia, Arte e Archeologia della provincia di Alessandria, di-
rettore prof. S. GAsPAROLO (Anno XI, Fase. 7°, 89). — Indice tri-
partito dei Fascicoli editi dal 1892, anno di fondazione della Rivie
sta, a tutto il 1901.

Rivista delle Biblioteche, diretta dal dott. G. BraGI (Vol. XIV, n. 1).

Rivista storica calabrese (Anno X, Fasc. 9°, 10°, Anno XI, Fase. 1°, 2°).

Rivista di storia antica, periodico trimestrale di antichità classica, diretto
da G. TroprA (Anno VI, Fasc. 34°; Anno VII, Fase. 1°).

Rivista storica italiana, pubblicazione trimestrale, diretta dal prof. G.
RrNAUDO (Anno XIX, Vol. I, Fase. 3°).

Studi e documenti di storia e diritto, pubblicazione periodica dell’ Acca=
demia di conferenze storico-giuridiche (Anno XXIII, Fase. 3°, 4»).

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198 PERIODICI IN CAMBIO 0 IN DONO -- OMAGGIO DI PUBBLICAZIONI

Studi Sassaresi pubblicati per cura di aleuni professori dell’ Università di
Sassari (Anno II, sez. I, Fasc. 2°).

Amicizia G. — Città di Castello nel Sec. XIX. — Città di Castello,

1902.

-ANSIDEI V. — Nuovi appunti per la storia delle famiglie perugine Ba-
glioni e Degli Oddi « Nozze Manzoni Ansidei-Manzoni » — Peru-
gia, 1902.

Barpuzzi D. — Di talune moderne vicende dello studio senese. —
Siena, 1903. i

BeLLUccI G. — In morte di Maria Alinda Bonacci-Brunamonti. —

. Estratto dal giornale l' Unione Liberale del 6 febbraio 1903.

Conferenze in occasione del XXII Centenario della formazione della.

i Cascata delle Marmore: — BeLLuccI G., Le ultime pagine della
Storia e della Scienza, specialmente in riguardo alla potenza idrau-
liea della Cascata delle Marmore. — GrovaGNOLI R., La Cascata
delle Marmore. — Terni, 1902.

BeLTRAMI L. — Leonardo ed il porto di Cesenatico. — 14 settembre
MCII-MCMII, Milano, 1902.

Cururi T. — Dei manoscritti d'Angelo degli Ubaldi in Firenze. —
Estratto dall'Arch. St. Ital., Tomo XXIX, Anno 1902.

DeGLI Azzi G. — Gli Archivi della Storia d'Italia del prof. G. Maz-
zatinti. — Estratto dall'Arch. St. Ital., Tomo XXX, Anno 1909.

De STEFANO S. — La basilica abbaziale di S. Pietro in Perugia. Guida
illustrata. — Perugia, 1902.

DowaAmI G. — Fasti biblici illustrati da Domenico Bruschi nell'oratorio
della nobile confraternita della SS. Annunziata in Perugia. —
Perugia, 1902.

EnoLr G. — Delle due iscrizioni sul celebre Ponte-rotto detto di Au-
gusto presso Narni. — Modena, 1902.

FeEDERICI S. — Note alla Divina Commedia. — Perugia, 1902.

FENAROLI G. — Il primo secolo dell'Ateneo di Brescia (1809-1902). —
Brescia, 1902.

Lupi C. — Ordinamento e inventario delle Provvisioni e Consigli degli
Anziani del Popolo in Pisa. — Pisa, 1901.

MERKEL C. — L’opuscolo « De insulis nuper inventis » del messinese

Niccolò Scillacio. — Milano, 1901.

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PERIODICI IN CAMBIO O IN DONO -- OMAGGIO DI PUBBLICAZIONI 139

MoscHETTI A. La funzione odierna dei Musei Civici nella vita Munici-
pale Italiana. — Padova, 1903.
NicoLETTI L. — Di Pergola e dei suoi dintorni (puntate 71-83).

VALENTINI A. — Il palazzo di Broletto in Brescia. — Brescia, 1902.
ZANOBIO B. F. — Le origini degli italiani e di altri popoli europei ri-
velate dalla critica naturale. — Montevarchi, 1902.
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141

CRONACA PERUGINA INEDITA

DI

PIETRO ANGELO DI GIOVANNI

(GIÀ DETTA DEL GRAZIANI)

(V. fascicolo precedente, pag. 21-113, Vol. IX)

—————————

1478 — A di 3 de genaio e tutto questo ano passato el grano
al più valse s. 85 in 90, l'orso s. 50, la spelta s. 40, l'olio l. 4
in 5 e '| vino l. 5 in 6.

A di 13 de Genaio vene qui el capello.a Perogia a lo Arci-
vescovo de Ricanati, nepote del Papa, el quale abitava in casa
de felippo de Perinello de P. S. P. Recò el detto cappello el cugniato
del nostro Teseuriero, parente del Papa, e incontro cie cavalcaro
molti nostri cettadini e gentilomene per farli la scorta, e il nostro
Comuno cie mandó la fameglia del palazzo, e fecero sonare a le
legrezze le canpene del Comuno (1).

A di 13 de Genaio menó moglie Cesaro de Gostantino de li
Oddi la figliola de meser Baglione.

E a di ditto Ridolfo de li Oddi menò la figlia de meser Ga-
briello... (2). E Giovannello Bontempi menò la figliola de meser
Pietro de Baglione.

E a di 15 ditto menó moglie Cornelio de Tiseo da Corgnie la
figliola de Semone de li Oddi, la quale fece la via per piazza,
dove lo acompagniava meser Mateo francesco de meser Giovagnie
de meser Antonio de Giliotto de li Acerbi e molti altri genti-
lomeni.

A di 24 de febraio fo menato francesco de Oddo de P. S. An-
gegli ne la rocca de Oddo. Lo menaro 2 conestavole del Papa,
cioiè Riccardo de Terne e il Chroia. La cagione se disse, che era
per lo interesse del trattato per il Conte Carlo, per la qual cosa

(1) Si parla qui di Girolamo Basso della Rovere, nipote dal lato materno di
Sisto IV, e da lui creato cardinale nel concistoro del 10 dicembre 1477.
(2) Lacuna del ms.

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149 O. SCALVANTI

detto francesco era stato condenato in pecunia, e non volea pa-
gare, perché dicea che lui non avea errato.

E a dilto fo tratto fora lo stendardo e fatte le forche e sonata
la campana doj volte per impiccare el Boldrino da Pacciano, fa-

meglio de P°. giapeco de li Armani, e poi fo canpato, e fo tenuta

una brulta cosa.

E a di 27 ditto revene in Perogia francesco de Oddo, el quale

a questi [di] passati fo menato a Tode.

E a di 29 de Genaio fo uciso Antonio de Ercolano del for-

liere di P. Soli. Lo amazzò francesco di lodovico de Boldro dei
Barsi, perchè detto Antonio, quando fo insaccolatore, non avea
dato certo uffitio al detto francesco, e fo tenuta brutta cosa da
ognie persona.

E a dì 20 de febraio morì el R.do padre maestro Ercolano
da Perogia, frate de S. Agustino, quale morì a Nargne. Se disse,
che lui andasse a Roma per fare un sermone, e se dice, che lui
fo atosicato. E a dì 23 ditto revenne el suo corpo qui a Perogia.
Lo recaro li frate de S. Agustino.

E a di 24 ditto fo sepelito e fatto un bello uffitio, dove cie fo
detto un bello sermone, e cie for tutti li ordeni de questa città e
quasi ogni persona el piange.

E a di... (1) de Maggio partirono li Amba: nostri, quali an-
davono a fiorenzza per refermare la lega coi fiorentini. Li Amba :
for questi :

Meser Mateo francesco de meser Gio: petruccio da M. Spe-
rello e Ser Francesco de meser Giapeco, quale menaro a ció che
se rogasse de la della lega infra perogini e fiorenlini.

E a di 20 ditto tornaro li detti Ambasciatori da fiorenzza, e
dissero, come la lega era capitolata e formata con fiorentini (2).

E a di 18 de Aprile in lunedì a sera for date doj ferite a

(1) Lacuna del ms.

(2; I fiorentini, con questa lega, miravano a fronteggiare il papa e Ferdinando
re di Napoli, che, per mezzo della congiura dei Pazzi, volevano distruggere la po-
tenza dei Medici. Certo deve essere argomento d’ orgoglio pei perugini il sapere,
che la loro repubblica, pur ligia al papa, sapeva ad ora ad ora prender parte a
leghe contro la chiesa, e che da Lorenzo dei Medici venne ricercata di alleanza.

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CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 143

Silvestro de Baldo dei Baldeschi in casa sua, quando lui tornava,

e che entró in casa e non se sa chi sia stato.

A dì 18 ditto fo apiccato el nepote de Berardino de Buti-
glione. Se chiamava l’omo, el quale avea fatti moltissimi furti
maxime de grano e avea molti compagni.

A dì ditto for forniti de venciere sc. 1000 dal nostro Comuno
per lo capitolo de S. Domenico, del quale è Generale maestro
leonardo da San Buchetto, nostro perugino, e li fo fatto molto
onore; erano 1200 frate.

E a dì 27 de Aprile for messi a partito sc. 400 per fare el
presente a la donna del Prefetto e figliola del Duca de Urbino,
onde che for molte volte perduti. Per la qual cosa Sforzza de li
Oddi entrò ne la capella de li Sig: Priore, e fece remettere
un’altra volta el partito, e disse: voglio vedere chi mette la fava

nera. E lui recolse el partito, e fo vento, benchè fo tenuta una.

disonesta cosa.

A quesli dì de Aprile fo scoperto un trattato, quale se facia
in fiorenzza, dove cie fo ociso Giuliano de Cosmo e ferito lorenzzo
de Cosmo dei Medici suo fratello (1). Et cusì subito se levò la
parte de la casata dei Medici, e ucisero moltissime persone. Et
impiccaro in tra li altri tutta la fameglia del Cardinale.... (2) al
presente nostro legato, el quale se trovava in fiorenzza, e non ne
canpò se non la sua persona, perchè se disse che era in sul
detto trattato, e cie fo uciso Meser Antonio, Meser Gentile e
Pietro e Pavol pietro e Berardino dei Gratiani, nostri cettadini,

(1) Quì il cronista accenna alla congiura dei Pazzi, ordita, per opera di Sisto
IV, contro la casa dei Medici. Infatti Francesco dei Pazzi ebbe compagni nel trat-
tato il Salviati, vescovo di Pisa, e Raffaello Riario, di cui pure fa menzione il cro-
nista, e che ebbe dal papa ordine di uniformarsi in tutto e per tutto a ciò, che il
Salviati avrebbe fatto o consigliato. Di più Gian Francesco da Tolentino, capitano
delle schiere pontificie, ebbe da Sisto IV incarico di accostarsi con 2000 fanti alla
città per sostenere le ragioni dei congiurati. È noto, che la sollevazione del popolo
in favore di Lorenzo dei Medici mandò a monte la congiura, e che l' arcivescovo di
Pisa fu impiccato insieme a Francesco e ad altri di casa Pazzi.

(2) Il cardinale Riario, che venne custodito sotto buona guardia come sospetto
di essere stato a parte della congiura dei Pazzi. Scrivono gli storici, che, sebbene
ci fosse motivo a ritenere che il cardinale avesse preso parte al trattato contro i

‘Medici, pure venne rimesso in libertà per n0n eccitare maggiormente il papa.

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144 O. SCALVANTI

li quali volsero pigliare el palazzo (1), e dissese, cbe erano in
sul detto trattato, lo quale se facia a stantia dei Pazzi de fio-
renza, e lo Arcive: de Pisa de casa dei Salviati, e che anco cie
tenevono le mano molti altri.

E a dì 3 de Maggio vene in Perogia la figliola del Duca de
Urbino, la quale va a marito al Perfetto in Roma. E venne bene
acompagniata con molti signiori, e fo apresentata dal nostro Co-
muno, cioiè tazzi e boccali de argento de valuta de sc. 400; e a
dì 4 se partì.

E a dì 7.ditto el nostro Vecelegato andò a fiorenzza per ca-
gione del predetto trattato (2).

E a dì ditto cie andaro li Amba: mandati dal nostro Comuno.
Se disse che andaro per la detta cagione, e li Amba: son questi:
Meser Baglione de Golino Baglioncello de P. S. P. Pietro, gia-
peco de meser Baldassare de li Armanni e Alberto dei Baglione
con 4 cavalli per ciascuno, e così andaro a fiorenzza.

E a dì 8 de Maggio fo fatto un terrato denante a la porta
del palazzo dei Sig: Priore per solevare la campana del Comuno
novamente fatta, la quale fece Agnielo de Chrescienbene e li
fratelli caldarari de P. Soli; e fo tenuta una bella campana, de
la quale ne ebbero solo per loro manefatura sc. 95. Fo sopre-
stante a farla fare P.° mateo dei Cavaceppi de P. Soli e Mariotto
de Nastagio, orfo, e fo levata alto detta canpana circa 3 piede,
perchè sonasse, però che lì fecero un terrato per mostrare lo anello
de la nostra donna, e fo fatto soprestante a fare sonare la detta
canpana Ghiberto de Bartolomeo de Mascio Ghiberti de P. S. P.
e francesco de pietro detto el Grassello de P. borgnie e P.° de
francesco de Agnielo de P. Soli.

E a 10 de Maggio che fo la domenecha de pasqua andó la
processione da S. Domenico a S. Agustino. Li frate del detto
loco fecero una bella colatione ne la piazzuola del detto convento,

(1) Pare, che questi perugini militassero allora nella compagnia, che il Salviati,
arcivescovo di Pisa, aveva condotto a Firenze per impadronirsi del palazzo della
Signoria, mentre nella cattedrale si sarebbe consumata la strage di Giuliano e di
Lorenzo dei Medici.

(2) Il vicelegato perugino si interponeva presso Lorenzo dei Medici a favore
del cardinale Riario, legato di Perugia, che la repubbica di Firenze teneva prigione»: vii

CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 145

la quale era tutta adornata de panni e arazzi con portone e fonte
in detta piazzuola, e da S. Agustino perfino a S. Agnielo fo fatta
una bella selva, e questo fo fatto subitamente tale che fo acetta
ad ogni persona.

A dì dilto fo mozza una gamba quasi netta a uno offitiale del
Podestà da un soldato fante de Andrea da Norscia li da la piaz-

zola del Mercato, onde che subito fo gridato: ai sassi ai sassi, e

molto popolo li corse addosso, ma esso fuggì ne la Sapienzza
vecchia. Dove che quasi subito ce andaro li Priore con tutta la
fameglia, e Monsi: e lo auditore e il Capitan del Popolo con ‘tutta
la fameglia e parte de li omeni de lo stato de Perogia con mol-
tissimo popolo ce andarono, e si lo presero ne la detta Sapienzza,
e poi lo menaro legato nel Palazzo dei Sig: Priore, quali lo man-
daro al Capitan del Popolo, a ció lo facesse impiccare. Pure per
quel subito la cosa fu quietata.

E a dì 22 ditto retornaro li nostri Amba: da fiorenzza.

E a di ditto retornò el nostro Vecelegato pure da fiorenzza,
el quale andò per el Cardinale nostro legato, fratello del Conte
Girolamo, perché era retenuto in fiorenzza, e non lo podde reme-
nare; la cagione non se sa.

E a di 25 detto in lunedi fo mozzo el capo a quel fante de
Andrea da Norscia sensa legersi condenagione, perché così dicea
el bando.

E a di 25 de Maggio fo morto in giostra un camoriere del
Protonotario de Milano da un altro pure suo camoriere, perochè
erano venuti in contesa insieme, e d'acordo giostrarono nel de-
stretto de Colle, e auto ch’ebbe el colpo de lancia ne l’ochio non
parlò mai più, e poco stette che morì.

A dì 12 de Giugnio vene in questa città meser lorenzzo da
Castello, lo quale venia da Roma, e subito fece comandare 500
fante del nostro contado per comissione del Papa, cioiè 100 fante
per porta, li quali se dovessero trovare el dì venente tutti a la
fratta, e portassero le spese per 4 dì, e così fo fatto. Quello che
se ne volesse fare non se sapeva per la brigata, benchè se pre-
sumia se facesse per le cose de Montone (1).

(1) Questo Lorenzo da Città di Castello aveva tenuto le parti del pontefice con-
tro i fiorentini. La repubblica di Perugia, in forza della lega coi fiorentini, si era

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146 O. SCALVANTI

El detto meser lorenzzo smontò a casa de Ridolfo de li Oddi
con circa 30 cavalli bene in ordine, e a dì ditto andò a Palazzo
de Monsi: e menò ditto Ridolfo in compagnia, dove stettero lì
cirva 3 ore, e poi se revenero in piazza, el in sua compagnia
venia Mariano dei Baglione, Averardo de Guido Morello e Gio-
vanne de Sinibaldo. Della qual cosa molto ne parve male alla
brigata, e quasi la magior parte de li nostri cettadini se partirono
de piazza, considerando la legha quale avemo coi fiorentini, e
per li bandimenti fatti e capitoli, che detto meser lorenzzo non po-
tesse venire ‘nè esser racettato in Perogia anzi preso, se possibil
fosse.

E a dì 11 ditto el nostro Vecelegato se partì da Perogia con
circa 60 fanti bene armate, e andò a Montone. La cagione non
se sapea (1).

E a dì ditto fo fatto un bandimento che tutti li muratori e
fachini, che sono in Perogia, che tutti se dovessero mettere in
ordine, e anche tutti li Albanesi per termine de una ora se deb-
bino apresentare denante a Sua Seg: sotto pena de 10 sc. e
4 tratte de corda, e così subito tutti andarono de mala voglia,
perchè li mandava a scarcare Montone.

E a dì 24 de Giugnio retornò el nostro Vecelegato a Perogia,
el quale era stato a Montone per farlo scarcare, e così fo scar-
cato Montone, e tutte le case del Mag: Conte Carlo dei forte-
bracci, e tutti li ditti guastatori se retornaro a Perugia de mano
in mano.

E a dì 24 de Giugnio vene in Perogia la ambasciaria de
fiorenzza, che tornava da Roma, e subito che fo gionta quì ne

obbligata a impedirgli il passo, ma egli, tenendo altre vie, si era recato a Firenze.
In seguito, nominato commissario del Papa a Montone, venne a Perugia Il Pellini
si meraviglia, che egli fosse ricevuto con tanto onore dai perugini, ma il cronista
narra invece, che, ‘considerando la lega tra Perugia e i Medici, le accoglienze fatte
a Lorenzo parvero male a la maggior parte dei cittadini. Egli ci informa poi, che
a Perugia erano stati emanati bandi e capitoli contro Lorenzo, e quindi tanto più
doveva spiacere ai cittadini il favore, con cui il Vicelegato e alcuni gentiluomini lo
avevano accolto, mentre si disponeva a partire per Montone.

(1) La cagione é detta subito dopo dallo stesso cronista. L' andata di Lorenzo
a Montone aveva per fine di distruggere colà le case di Carlo Fortebracci e di sman-
tellare le mura della città.
reina

CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 147

la città el nostro Vecelegato li mandò a dire, che se andasser

con dio. Per la qual cosa li nostri cettadini tutti stavono de mala

voglia, perchè consideravono, che questo si fece per rompere la
legha fatta fra fiorentini e noj, e Dio ce aiuti, perchè alchuni de

li nostri ribaldi cettadini vorieno che si ronpesse detta lega (1).

E a di ditto vene qui a Perogia un breve dal Papa, quale

‘comandava al nostro comuno che debbia mandare li Amba: a

fiorenzza a fare la disditta de la legha intra loro e noi. Et il no-

‘stro Vecelegato, ch'è al presente Vescovo di Modrusa (2), volea fare

bandire come detta legha era rotta tra noj e fiorentini. Per la

qnal cosa subito se adunaro molli nostri cettadini in palazzo, e a

la fine fo determinato, che, se lui volea fare el detto bando, che lo
facesse fare per parte sua e non per parte del comuno. In con-

‘elusione non fo bandito altro per alora. Non so quello che ne
seguirà de questa cosa.

A dì primo de luglio el Duca de Calabria aloggiò in quel de
Marsciano con parechie squadre de cavalli e bene in ordine (3).
A a di 2 ditto el nostro Comuno cie mandaro 2 comissari al

detto Duca, racomandandose, che lui facesse mancho danno che

che fosse possibile a li nostri biadi. Li comissari foro questi:

Mariano dei Baglioni, P. S. P.

Gentile dei Signiorelli, P. borgnie.

Relornaro, e se disse che avevon aula bona risposta.

E a di 3 ditto el nostro Comuno mandò a presentare al detto
Duca de Calabria al mercato de M. biano.

A di 4 de luglio el Duca de Urbino andò aloggiare al Pianello
con certe squadre de cavalli. Se dicea che se dovea adunare
insieme con le gente del Re in sul chiuscie, e non se sa quello
abbino a fare.

A di 6 detlo se parti el Duca de Urbino dal Pianello, e posese

(1) Non può sfuggire al lettore la importanza di questo racconto circa il di-
sparere tra la curia romana e il Comune di Perugia rispetto alla lega coi fioren-
tini. Il cronista evidentemente teneva dalla parte di coloro, che volevano serbar
fede al trattato di alleanza colla repubblica di Firenze.

(2) O Modruss, piccola città della Morlacchia. i

(3) Alfonso duca di Calabria, che insieme a Federigo, duca di Urbino, coman-
dava le armi del papa e del re Ferdinando contro i fiorentini.

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148 0. SCALVANTI

a le fratte sempre facendose grandissimo danno a li biadi e a li
bestiame.

A di ditto el nostro Comuno [mandó] a presentare el Duca
de Urbino a le fratte de pane, cera e confetti e vino.

A di 8 de luglio el Sig. Gostanzzo da Pesaro se puse al Pia-
nello con circa 4 squadre de cavalli e molti balestiere e fante bene
in ordine a stantia de fiorentine.

A di ditto el Campo del Duca de Urbino e il Campo del Duca
de Calabria se adunarono insieme con molti altri signiore nel
Chiusci.

A dì ditto el Duca de Urbino con il Campo de la Chiesa levò
il campo dal chiusci, e passò le chiane.

A dì 8 de luglio el Mag: Sig: Roberto da Rimine aloggiò
nel destretto de Antria bene in ordine, con circa 12 squadre de
cavalli e molti fante, quale venia in aiuto dei fiorentine.

A dì 13 de luglio mori Galiotto de Cesaro, el quale se amalò
al Piegaio. Se disse che era morto de peste.

A dì ditto comenzzò la peste un’altra volta in questa città,
perchè moriro in pochi dì molte persone, e chi dicia ch’eran morte
de peste, e chi dicea de no; pure se comenzzassono a partire per-
sone assai e andavono fora a le lor possessione. |

A dì 20 de luglio el nostro Vecelegato andò a stare a Tor-
sciano, per paura de la morìa, la quale comenzava a toccare forte
nela città de Perogia, e di continuo se partivono cettadini assai
de modo che pochi cie ne remasero in Perogia.

A dì 4 de luglio venero qui in Perogia li Amba: de la Mag:
Città de fiorenzza, cioiè meser Guidantonio Vespucci, el quale
venne con lettere de chredenzza al nostro Comuno, esponendo la
ambasciata, e pregando questo Comuno, che volesse rifermare. la
lega coi fiorentini, dicendo anco al nostro Comuno, come el Re
de Francia avea mandato al Comuno de fiorenzza e a lorenzzo de
Cosmo dei Medici 3 amba: in favore de essi, quali sono li più
cari e favoriti omeni, che avesse el Re ne la sua corte, oferendo
al Comuno de fiorenza ogni sua possanzza in aiutorio e favore de
essi. Apresso fecero noto al nostro Comuno, come doj de li detti
Amba: del Re erano andati in compagnia de lo Amba: de fio-
renzza a la S. de nostro Seg: Sisto, a! quale portavono tale am-
basciata da parte del prefato Re de francia, pregando Sua San- CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 149

tità, che li piaccia levar l’arme e le censure, e punire quelli che
che avessero errato; e che quando questo non lo facesse, li me-
nacciava de levare del reame suo la primalicha obedienzza e anco
lo citava al Concilio (1).

A dì 29 de luglio el nostro Vecelegato tornò in Perugia, cioiè
vene a S. Pietro, e mandò subeto per li Mag: Sig: Priore e per
altri nostri cettadini, e li fece leggere un breve, quale venia dal
Papa al Vecelegato, quale era de questo tenore, cioiè: che dava
arbitrio a Sua Sig: R.ma, che per rispetto de la peste, quale è
in Perogia, e perchè la città è remasta denudata de persone, che
esso Vecelegato possa suspendere l’ufitio del Podestà e del Capi-
tano, e del lor salario se ne dovessero pagare li fanti, cioié, comise
a li Mag: Sig: Priore che li facessero e tenessoro a la guardia
de la piazza, e poi se ritornò el medesimo dì a Torsciano (2).

A dì ditto mori Gostantino de meser Agamenone de peste.

A dì 5 de Agosto el nostro Vecelegato mandó una lista di
100 fanti cettadini, li quali dovessero entrare a la guardia de la
piazza, de li quali fece conestavole Giapeco de Tomasso de Teo
de P. Soli.

A dì 6 de Agosto el nostro Vecelegato mandò qui in Perogia
per suo locotenente meser Pietro da Spello, che anche fosse col-
laterale in civile e chriminale, e mandò 2 notari e X fameglie
per li malefici e li esegutori.

A dì 7 ditto passò per lo contado de Perogia lo Amba: del
Re de francia e li Amba: dei fiorentini, li quali venivano dal
Papa e tornavono verso fiorenzza. Se disse che se erano partiti
dal Papa in discordia.

A dì ditto vennero lettere da la Sig: de fiorenzza al comuno
nostro, dicendo che se volevono mantenere la legha con loro, che
noi non dessimo passo nè vettovaria a le gente de la Chiesa, e

(1) Dopo la congiura dei Pazzi, Luigi XI, re di Francia, si dichiarò in favore
dei fiorentini, e, come scrive il Muratori, pario alto contro il papa. Lo stesso fecero
la reggenza di Milano, i Veneziani, Ercole duca di Ferrara, Roberto Malatesta di
Rimini ed altri.

(2) Anche avuto riguardo alle condizioni, in cui versava Perugia, a causa della
pestilenza, il provvedimento del papa era assai grave, perché sospendeva le funzioni
dei magistrati reggitori della repubblica.

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che noi pigliassimo uno de li 2 partiti, cioiè: o che noi servas-
simo la volontà del Papa, overo che oservassirno e mantenessimo
la legha con loro, però che il Papa li facea guerra nefandissima (1).

A di 8 de Agosto vene una lettera del Castellano e locote-
nente de Montone, el quale schrivia al nostro Vecelegato, come
a ditto dì a ora di terzza meser Nicolò Vitelli era venuto a Campo
a Castello, e che avea data la bataglia a la città, e dato el fuoco
a la porta del Prato, e avea con seco ben 3000 persone, e ave-
von preso e ferito a morte el Sig: Giovan francesco dal Piano, e
che molte altre persone cie erano stale ferile.

A. di ditto el Conte Berardino da Montone abrugió un palazzo
nel destretto de Castello per vendelta, dove cie abrugió 3 persone
dentro.

A di 9 de Agosto el nostro Vecelegeto se parli da Torsciano,
e schrisse qui in Perogia, che per parte sua se comandassi a li
Capitani del Contado, che andassero verso la fratta con piü gente
che podevono, e cosi schrisse a tutti li cettadini principali, che
radunassero più gente, che essi polesseno, per andare a socor-
rere Castello per la S. Chiesa, e che andassero verso la fratta
con tutte le gente, perché farano al Papa cosa gratissima.

A a di... de Agosto morì Gualmario de Mariotto dei Baglione.

A a dì 17 de Agosto vene la nova qui in Perogia, come el
Campo de la Chiesa avea preso a patte la Castellina e salvatoli
la robba e la persona.

E a di ditto tornò el Mag: Braccio dei Baglione da la città
di Castello e revenne in Perogia.

E a dì 18 de Agosto Carlo de Cesaro de meser Agamennone
fuggì del cassero de Tode, però che stava pregione lì a stanzza
del Papa, e subito se ne venne al Ponte de Pattolo, dove li se
tolse circa 3 ore, e poi se ne andò al Borgho de Santo Sepolero.

E a dì 19 detto el Sig: de Camerino passò pel nostro contado,
però che andava a Castello, onde che per viaggio foro asaltati dal
Corso con certi cavalli, e per. poco manchò, che non lo pigliaro,
perchè el ditto Seg: da Camerino andava in favore del Papa.

(1) Tutto ciò che narra il cronista, rispetto alla lega, dimostra che in Perugia
prevaleva l’idea di osservar fede ai patti ‘con la repubblica di Firenze, e ciò ad
onta delle ire del pontefice e delle minaccie del vicelegato. re seen aree"

CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 151

E a dì 28 de Agosto in venerdi morì el nobile omo Oddo de
Carlo Baglione, quale era nel campo de la chiesa, che stava a
campo a Montelupo del Contado de fiorenzza, e daendose la bata-
glia al detto Castello glie colse una spingharda in una ancha, e
passollo da un canto e l'altro. E a di ultemo del ditto in lunedi
fo recato el corpo suo in Perogia e fo sepelito a S. francesco del
Convento. |

E a di 13 de 7bre mori Ridolfo de Guido de li Oddi de una
febre acuta.

E a di 22 ditto mori meser Gregorio de meser Rugiere.

E a questo dì de 7bre fo aperto da li fanti el fondico del
Priore de Roma sforzatamente per stare dentro, peró che face-
vono la guardia in piazza.

E a di 29 de 7bre in martedi fo fatto el Conseglio sotto S.
fortunato in S. Maria de fonte.

E a di 7 de 8bre in mercoldi passó per el nostro Contado el Sig:
Gostanzzo Sforzzescho con poca gente, el quale tornava a Pesaro,
perchè era stato ferito in canpo in una scaramuccia; e poi pas-
sarono 6 overo 8 some de spingarde del detto Sig: Gostanzzo,
quale le aveva comparate esso in canpo e mandavale a Pesaro.

E a di 8 ditto in giovedi mori Madona francesca, moglie de
Ridolfo de baglione a Deruta de febre.

E a questi di passati mori Cherubino de brunello de li Scotti.

E a di 2 de 9bre fo comandato uno omo per foco nel nostro
conlado per parte de Monsi: li quali andassero in campo contro
dei fiorentini.

E a questi di de 9bre el campo de la Chiesa presero el Monte
de S. Savino quale era dei fiorentini, cioié se rese a patte, che
cie era el Duca de Urbino.

Nel predetto ano el grano al piü valse s. 45 in 50 min. l'orso

s. 95 in 30 m. la spelta s. 20 e 25 m. l'olio l. 4 in 5 e 11 vino

2
]. 4 soma.

Dipoi el grano comenzó a callare e valea s. 25 m. l'orzzo
s. 20 e la spelta... (1).

1479 — E a di 21 de febraio vene in Perogia la Ambascia-
ria dei fiorentini e la Ambasciaria del Marchese de Ferrara con

(1) Lacuna del ms.


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152 O. SCALVANTI

parechi cavalli molto onoratamente, li quali aloggiarono ne l'o-
staria de S. Marco.

A di 22 ditto, che fo in lunedi, lo Amba: dei fiorentini andò
a visitare li nostri Mag: Sig: Priore, el quale fo acompagniato da
molti nostri cettadini, e dice, che se oferse molto a li nostri Ma-
gnifiei Sig: Priore da parte del Comuno de fiorenzza.

E a dì 22 de febraio foro apresentate l'uno e l’altro Amba-
seiatore dal nostro Comune, cioié 16 scatole de confetti, 8 torte de
marzapane, e 50 l. di cera, e fecero acordare l’osteria (1).

E a di 7 de Marzzo se fece un bando in piazza da parte de
lo Audetore del Vecelegato, che qualunque persona avesse mula
da vendere, andasse li dal bando del Grassello a pagarse, e cia-
schuno li menó denate al palazzo del Governa: e li fo fatta la
stima per mezzo de lo Auditore de Monsi: el quale tenea li a
stimarli el Braccescho Marescalcho e Pavolo de Marino a con-
trattare li prezi de la valuta de detti muli, e a di per di se ne
vendevono assai, e se conprano a stanzza del Papa overo del
Conte Girolamo.

E a di 22 de Aprile el Mag: Conte Carlo dei fortebraeci gi
in fiorenzza, però che li fiorentini lo volevon fare capitano ge-
nerale de la legha, e avea menati con seco circa 50 cavalli, fra
li quali era con esso el Sig: Diofebo e molti altri condottieri. Se
disse che le sue gente deveno venire de mano in mano, e esso
fo molto ben visto e onorato da li fiorentini.

E a dì 28 de Aprile foro straginate le bandiere, però che era
morto el Mag: omo Sforzza de li Oddi, cioiè 18 bandiere, e fo-
ron portate a S. francesco del Convento.

E a di 3 de Maggio in lunedi venne in questa città uno amba:
dei fiorentini al nostro Comuno, che se chiama per nome meser
Antonio Malgonelli, e avea in sua compagnia circa 18 cavalli
bene in ordine, e aloggió in casa de li erede de Antonio de A-
pennino.

E a di 4 del detto el detto Amba: andò in palazzo per parlare
a li Mag: Sig: Priore, el quale fo acompagniato da molti nostri
cettadini.

(1) Acordare V osteria nel senso di pagare lo scotto per le persone, che vi si
trovavano.
1-3 e

CRONACA PERUGINA INEDITA; ECC. “158

E a dì ditto fo apresentato el detto Amba: da parte del nostro -

Comuno de queste cose, 4 torte de marzapane, 12 scatole de con-
fetti, 20 pari de caponi, 20 fiaschi de vino, 26 sachole de biada,
40 l. de cera.

E a di 14 de Maggio el nostro Comuno mandò li Amba: a
Roma al Papa per volere refermare la lega in fra noi e li fio-
rentini (1). Li Amba: son questi :

Meser Antonio de Giliotto de li Acerbi.

Meser Baldo de meser Agnielo de Periglio.

Li quali andaro con 10 cavalli in compagnia e 2 muli da por-
tare li lor vestimenti e altre cose.

E a dì 16 de Maggio in domenica lo Amba: dei fiorentini
partì da Perogia, e andò verso fiorenzza subito che lui ebbe man-
giato, inperochè era venuto un cavalaio dai fiorentini con lettera,
che, subito veduta la presente lettera, lui dovesse tornare, e quella
mattina mangiava con li nostri Sig: Priore e mangiato che lui
ebbe cavalcò (2).

A questi dì de Maggio la Sig: de fiorenzza aveva fatto un
grosso canpo, e avevono asoldato moltissima gente per defenderse
dal Papa e responderli bisogniando, nel qual campo foro. nume-
rate 180 squadre de cavalli, e li condottieri de detti fiorentini son
questi, cioiè:

El Sig: Marchese de ferrara . . 3 Squadre 30
El conte Carlo fortebracci (3) . : 3 » 7
El Sig: Diofebo (4) . i è à è » 2
El Sig: Giovanconte . i : 2 » 30
El Sig: Marchese dal Monte . 3 : » 4
El Conte Ugo da S. Severino . i » 3

(1) L' Ammirato scrive, che i perugini disdissero allora la lega fatta con Fi-
renze; ma dalla narrazione del cronista resulta, che la repubblica di Perugia ogni
mezzo adoperò per tener fede ai fiorentini, e aiutarli nel grave momento che attra-
versavano.

(2) L' ambasciatore tornava in fretta a Firenze minacciata dalle armi ponti-
ficie e napoletane. ;

(3) Attesa la inimicizia tra Carlo Fortebracci e il papa non deve far meraviglia
trovare lo stesso Carlo nel campo dei fiorentini, come formidabile avversario delle
armi pontificie.

(4) Deifobo, flglio di Jacopo Piccinino, il quale insieme a Carlo Fortebracci,
comandava le schiere braccesche, inviate dalla repubblica veneta in aiuto dei fio-
rentini (Cfr. FABRETTI. Biog. dei cap. ventur. ecc. Tomo II).

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154 O. SCALVANTI
El Marchese de Mantua . È : ; Squadre 22
El Conte Berardino fortebracci . ; : » 9
El Conte Nicolo da Pitigliano . È » 4
El Sig: da Coreggio . È > È : » 9)
Berardino da Tode . : È j i » 3
El Sig: Ridolfo da Mantua . . » 3
Meser Nicolo Vitelli . : i ; i; » 4
Un Sig: del Reame . : È : » 4
El Sig: Gostanzzo Sforzzesco . È » 12
El Sig: da ferzza . ; 3 : . » 6
El Sig: Brancaleone. é i È » 2
EI figlio del Conte Cola . ; : : » 10
El Mag: Roberto da Rimine . : è » 12
Antonello da furlì. . È ; i » 6
El Sig: Gio: bentivogli . : È » 7
El Sig: de la Sassetta . . ; : e » 4

Et erano tutti una bella e fiorita gente con boni cavalli e
moltissima fantaria bene in ordine (1).

A di primo de Giugnio in martedi vene in Perogia el Gover-
natore novo chiamato el Savello, el quale vene bene in ordine e
acompagnialo da molti gentilomeni.

E a di ditto tornaro li nostri Amba: dal Papa e vennero in-
sieme con lo nostro governatore nuovo.

E a dì de Giugno in martedì a sera de notte venero le gente

del Conte Carlo nel nostro contado, benché la persona sua non

era nel campo, ma ce era el Conte Berardino suo figliolo e il
Mag. Roberto da Rimine e il Sig: Gostanzzo e il Gentilomo de
li Arceprete con circa 16 squadre de cavalli e fantaria assai. Se
disse che detto dì se erano partiti da Camoccja, e la detta notte
posero el campo a Passignano, quale lo presero a patti, e la detta
notte verso la mane vennero a le porte de Perogia con una parte

(1) L’AmmIRATO nelle sue Istorie fiorentine menziona tra i condottieri soltanto
Galeotto Pico della Mirandola, Giovanni Antonio Scariotto, il duca di Milano, Gio-

‘vanni Jacopo Trivulzio, Giovanni Conti (ricordato pure dal nostro cronista) e Al-

berto Visconti. Però lo stesso storico accenna ad — « altri capitani, che i fioren-
tini stessi avevano condotti; dei quali ogni di alcuno compariva » — e son quelli
nominati dal cronista. e

CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 15

de dette squadre, cioiè a la porta del cassero de P. S. Agnielo,
ne la qual porta el Conte. Berardino cie roppe una lancia come
per solazzo, e subito le dette gente portaro fascine e botticelli e
altri legni per dare el fuoco a la detta porta. Onde che il Mag:

Braccio Baglione fece provedimento a tal cosa, de modo che quelli

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de fuora non poddero fare niente. Li quali vedendo questo tor-
naro inderieto, fecero preda e pregione assai con grandissimo
danno.

E a di 10 de Giugnio le gente del Conte Carlo fortebracci
pigliaro el Monte fontegiano, Monte Cologniela; la Magione de
Pian de Carpene, la Rocca de meser Piccinino e altre fortezze e
castelli e di continuo atendevono a predare el bestiame, per la
qual cosa el Mag: Braccio dei baglioni e molti. altri nostri gen-
tilomeni atendevano a provedere per la città, dove che bisogniava
una gran solecitudine, e de di e de notte sempre erano a cavallo
facendo bona guardia, e fecero portare su in P. S. Agnielo de
molte spingarde, e travono a quelli del Campo de fuore e il detto
Braccio fece venire fanterie assai da Spello, e da altri luochi per
lo abisognio de la città.

E a di 10 de Giugnio le gente del Conte Carlo presero Preg-

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gio e Castel Righone, e poi lo sachegiaro, dove cie fo perduta
de molta robba.

E a dì del detto venero le gente de la chiesa e del Re per
soccorrere la città de Perogia e suo contado con moltissime squa-
dre de cavalli e moltissimi fanti.

E a di ditto fecero Ja mostra tutti li omeni de arme, ch'erano
ne la città de Perogie li in piede de la piazza, tutti bene adornali,
fra li quali era el Mag: Braccio dei Baglione e in capo de la
piazza cie era Pietro giapeco de li Armanni, pure con li suoi
omeni de arme bene in ordine, e poi se mosse detto P. giapeco
con tutti li suoi e andaro correndo fino li in piede de la piazza,
dove parlò alquanto col Mag: Braccio, e poi ciaschuno retornò
a la sua stanzza e per quello di non fo fatto altro.

E a di ditto retornó in Perogia Pielro de Oddo da la Bancha,
el quale era suto mandato a confine a monte Vibiano, e subito
che esso gionse andó a parlare col Governatore.

A di ditto vene la nuova qui in Perogia come el Conte Carlo
non era venuto personalmente nel nostro contado, benché se sia
Ubi

156 O. SCALVANTI

detto a questi dì passate, che lui ce era venuto con tutte le sue
gente, ma che lui sta a Cortona gravemente amalato. Pure non
se sapea la certezza se era vero o no (1).

A quesli di de Giugnio se diceva cerlo, che in questa città
se faceva el trattato per mettere dentro le gente del Conte Carlo,
e quelli che facevono detto trattato se parlava che erano questi:
Pietro de felice de Barciglio, Bartolomeo de Mariotto de meser
Agamenone, Agnielo de lodovico Spitiale, Biagiantonio de To-
masso de P. S. A., Mincintello de Giapeco de P. S. A., Agnielo
de P. da Monte albano, Bernardino e Marcantonio de Giovagne
de Meser Agamenone,

Li quali tutti se erano partiti a di 10 ditto, e tutti se fermaro
a Pietramelina e Spello. Mandavono a fare loro scusa, dicendo,
che essi se erono partiti per suspelto, e non per mancamentc, e
li se stettero per alchuni di Si gli è vero o no non se sa certo.

E a di 12 ditto le gente del Conte Carlo presero Mantigniana,
Antria e Capocavallo.

E: a di ditto el Duca de Urbino e il Duca de Calabria con le
gente loro e de la chiesa repigliaro el Monte de S. Savino del
laco, zocho e la Magione.

E a di 13 del ditto le ditte gente de la chiesa repigliaro Man-
tigniana, Antria, Capocavallo, Monte Cologniela, lo qual M. Colo-
gniela lo miseno a sacco, dove cie for morle e ferite molle per-
sone, e feceno dano assai, e feceno pregioni e molle stratie de
omene e donne.

E a di dilto se partiro tutti li soldati, che erano a Perogia,
e andaro nel campo del Duca de Urbino e del Duca de Calabria
tutti bene in ordine.

E a di 13 de Giugno el campo del Conte Carlo se strensero
tutti insieme in sul la val de Pierle e li se fermoro tutti.

(1) Il Fabretti nella Biografia di Carlo Fortebracci nota, che le azioni di questo
condottiero contro Perugia e il suo contado derivavano dai suggerimenti dei fio-
rentini, desiderosi di vendicarsi del nostro Comune, che non aveva rinnovato la
lega. A me sembra però, che Carlo, già da tempo, avesse fermato il proposito di
insignorirsi della città di Perugia, e perciò non aveva d' uopo delle istigazioni di
Firenze per condurre innanzi, insieme a Deifobo Piccinini, l'impresa di occupare
la patria sua, e stabilirvi il nucleo della sua potenza. Dopo la morte di Carlo può
veramente supporsi, che la guerra contro Perugia, per opera del conte Bernardino,
venisse ispirata dai fiorentini.
CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 157

E a di ditto el nostro Comuno mandò a presentare el Duca
de Urbino e il Duca de Calabria, cioiè lane, vino, cera e confetti.

E a di 14 de Giugnio el Campo de la Chiesa riebbe tutti li
nostri Castelli eccetto Passignano e Monte Gualandro se disse.

E a dì 15 de Giugno passò per el nostro contado el Sig:
Mateo da Capua con 7 squadre de cavalli e balestriere assai e
pochi fanti, che andava nel campo de la Chiesa.

E a di 16 ditto le gente de la Chiesa repigliaro Passignano
a patti per mezzanità de certi frate de S. francesco del Monte, e
a di ditto forniro de riavere tutti li castelli e fortezze, che avevono
presi le gente del Conte Carlo nel contado de Perogia, escielto
la torre del Borghetto, che non se podde riavere.

A dì ditto el campo del Conte Carlo retornò inderieto verso
Cortona, dove essi volevono andare, e quello che essi volesseno
fare non se sa: pure usciro del nostro contado dove erano stale.

A dì 17 ditto passò per Perogia meser felippo da Gobbio con
molta fantaria, e à una grossa squadra e bene in ordine. El
quale andava nel campo de la Chiesa, che sta a la Casa del Pia-
no perfino alla Torreciella, e era un grosso canpo.

E a di ditto el campo del Conte Carlo stava a la zeppa de
Valiano, e se dice che deve partire e andare al Monte Imperiale.

E a dì ditto vene la nuova in Perogia, come el Conte Carlo
sta pure in Cortona e è vivo, benchè stà gravemente amalato.

E a dì 19 de Giugnio vene la nuova in Perogia di certo,
come el Conte Carlo era morto in Cortona, e che gli era morto a
di 17 ditto ne la chiesa de S. Agustino, e fo sepelito in detta chiesa
con grandissimo onore.

E a di ditto in Perogia fu fatto un bandimento per parte de
li Mag: Sig: Priore e de li 20 de lo Arbetrio, che qualunque
sbandito desse vivo alchun ribello della detta città a lor Signiorie
possa remellere 4 sbandite per la vita, e quello che lo amazzasse
ne possa remettere 2 per ciaschuno.

E a di 20 de Giugnio le gente del perfeto aloggiaro al Ponte
S. Gianne, e fecero danno assai a li grani e ad altri biadi; le
quale gente givono nel campo de la chiesa.

E a di 21 de giugnio se levaro le dette gente ela sera alog-
giaro a lo Spedale de fontigniano e a Pietrafitta e fecero simil-
mente dano assai.

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158 O. SCALVANTI

E a dì ditto el Campo del Conte Carlo, cioiè el Conte Berar-
dino (1) retornaro con le gente a Passignano, dove cie pusero el
campo, per la qual cosa la notte venente qui in Perogia foro fatte
gran guardie. i

E a dì 22 ditto el Campo del Conte Carlo, cioiè le gente dei
fiorentini, miseno a sacco Vernazzano, e poi lo abrusciaro, e fe-
cero molto danno a li biadi e a quello che essi podero.

A di 28 ditto li 20 de lo Arbitrio mandaro vitovaglie a Pas-
signano, cioié pane e farina e 2 spingarde.

E a di ditto el Mag: Braccio dei Baglione fece retornare

assai fanti da Spello, li quali conpariro in piazza bene in ordine

gridando: Braccio Braccio e Chiesa Chiesa, e continuo per la
città el dì e la notte se facevano bone guardie.

E. e dì ditto le gente dei fiorentini repigliaro el Monte fon-
tegiano e Zocco, e miserli a sacco, e a ditto misero a sacco S.
Filciano, e fecero assai danno.

E a di ditto venne la nuova qui in Perogia, come il campo

de li némici, cioiè le gente dei fiorentini e il Conte Berardino del
Conte Carlo avevan condutta una bombarda a Passignano, e a
ditto dettero bataglia al ditto castello.

E a di 24 de Giugnio li 20 de lo Arbitrio fecero comandare
per lo nostro contado uno omo per foco per mandare contro el
campo de li nemici, e cosi andaro via li loro capitani per coman-
dare li detti fanti.

; a di 25 ditto Bernardo de meser Conte delle una ferita nel
viso a Piergaleotto de la Bancha, dove che fo un brutto fregio,
ed in capo de 3 di mori.

E a di 27 de Giugno el Sig: Pino da Furli e il Sig: Gio:
francesco da Bagnio con le lor gente se parliro dal Ponte S.
Gianne, e passarono per Perogia, che erano 7 squadre bene in
ordine e fanti assai. Se disse che andavano per asaltare li ne-
mici a Passigniano. |

E a di ditto vene la nuova qui in Perogia, come le gente
del Papa, cioiè el Sig: da Camerino e il Sig: Mateo da Capua,

(1) Il conte Bernardino Fortebracci da Montone, che dopo la morte di Carlo,
prese il comando dell’armata braccesca,

2 ge CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 159

avevon fatta un’imboscata con le lor gente, de modo che pigliaro
circa 60 cavalli de li nemici, li quali erano andati per vitovaglie
alla torreciella.

E a di 28 de Giugnio fo rotto el campo de la chiesa dal
campo dei fiorentini nel piano de Monte Sperello in questo modo,

cioié: da una parte era el campo de la Chiesa, dove che valoro-
samente: per asaltare li nemici for messi in ordine tutti li suoi
conduttieri, fra li quali ne erano quesli infraschritti:

ll Perfetto de Roma, (1), el Sig: Giulio da Camerino, el Sig:
Mateo da Capua, el Sig: Giovan francesco da bagnio, el Sig:
Pino da Furlì (2).

Et altri conduttieri li quali con le lor gente bene in ordine
foro messi in battaglia.

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Da l'altra parte el campo dei fiorentini con molti conduttieri
ordinavono le lor gente per azuffarsi col campo de la chiesa, non
tenendo paura de li lor nemici. Onde che con si gran furia cia-
schuno.de li campi se mosse, che pareva proprio, che il mondo
finisse, e cosi combattendo gran pezzo al fine fo forzza al Campo
de la Chiesa darsi in rotta, e così molti cavalli e fanti a piè re-
storo morti e ferite. Et in ultimo el campo de la chiesa se dette

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in fugha, dove che a di ditto tutti li conduttiere de la chiesa se

venero in Perogia, e le lor gente le lassaro fora de le mura per

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minor danno de la ciltà. Et il campo dei fiorentini entraro ne li

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loggiamenti del campo de la chiesa. Se disse che avevono gua-
dagniato li */, de li cariaggi (3).

E a di ultimo de Giugno el campo dei fiorentini se levò da
campo de Passigniano, e andò per trovare l’altro campo dei fio-
rentini, che stava al Monte Imperiale in quel de fiorenzza, per
soccorerli, però che li faceva guerra un altro campo de la chiesa,
cioiè el Duca de Urbino et il Duca de Calabria, e poi retornaro
in derieto, e non andaro. La cagione non se sapea.

E a dì ditto tornaro li nostri Amba: da fiorenzza, quali for

(1) Leggi, Prefetto di Roma, che era a quel tempo Giovanni della Rovere.

(2) Pino degli Ordelafti, signore di Forlì.

(3) Questo fatto d'armi è narrato dal cronista con maggiori particolari di
quelli, che si incontrano negli storici.
160 O. SCALVANTI

mandati per refermare la legha fra noi e li fiorentini (1). Cie an-
daro questi infraschritti.

Meser Pietro felippo da Corgnie, Biordo de li Oddi, e non se
conchluse niente.

E a di primo de luglio le gente de la chiesa se levaro de
quello de Bettona, e puserse alla Magione, cioiè, el Sig: da Ca-
merino e il Sig: Mateo da Capua e il Sig: Giovan francesco da
Bagnio e altri condottiere. Se disse che avevono reloccato da-
nari per cagione de la rotta, benchè ebbero pochi danari.

E a ditto vene la nuova che la gente de la chiesa avevon
sachegiate un castello in quello de fiorenza, dove avevon guada-

gniato molta robba.

A di 2 de luglio le gente dei fiorentini fecero una preda in
quel de monte leone e de Monte Gabbione scurrendo molto paese,
e venero perfino al nostro Chiusci, sì che guadagnaro molto bene.

E a di 3 ditto el Seg: de Camerino tornò in Perogia con
poca gente, e smontò al palazzo del Governatore, e poco se fermò,
che retornò nel campo de la chiesa.

E a dì 3 ditto fo mandato vituaria a Passignano, cioiè some
80 de farina, la quale fo acattata da particulare persone.

A di 5 de luglio recomenzò la peste a far gran danno in
Perogia.

A di 7 de luglio la Santità de nostro Seg: mandó qui in Pe-
rogia una soma de denare per li soldati. Se disse che erano 17000
ducati, li quali foro deposilate al banco del Grassello, overo erede
de Nicolo de ser Giapeco, tutti in carline.

E a di 8 ditto el campo dei fiorentini se Jevaro de quello de
Cortona, e andaro in quello de Panicale e de Paciano, e per lo

Chiusci, li quali fecero gran preda e pregione assai, e poi se
fermaro a Castiglion Chiusino e per lo chiusci, e di continuo aten-
devono a far mietere e battere el grano del chiusci, e poi lo
mandaro in quel de Cortona.

A di detto fo apiccato in Perogia uno, che facea un certo
trattato a Panicale, e portava lettere de li nemici nel campo dei
fiorentini.

(1) La lega non si poté concludere, ma il fatto di questa nuova ambasceria
dei perugini dimostra che essi desideravano rimanere in lega con Firenze.
CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 161

Per tutto el mese de luglio la morìa à fatto qualche poco de
danno per la città de Perogia e le persone dubiteno de andare a

ab Bir SU

stare fuore a le lor posessione per suspetto de li nemici, pure la
brigata di continuo se parte.
A questi dì de luglio fo comenzato a refare el cassero de P.

—— «P

S. Angegli, e fortificavono tutta la città per ordine del Governa-
tore nostro Savello, e de continuo se atende a lavorare, benché
molti dicono, che questi nostri gentilomene non lo lasserano for-
nire. Pure a tutta via se lavora.


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A dì 23 de luglio for mandati li Amba: a Roma, li quali
dovessero retornare per tempo de otto dì. Cie andò meser Ba-
glione de li Nobili da M. Vibiano.

E a dì 17 de Agosto el campo dei fiorentini entrò nel nostro
destretto, cioiè entrò per la valle de Pierla, e se pusero nel de-
stretto de la fralta, e erano molte squadre de cavalli e fantaria
assai, per la qual cosa in Perogia la brigata stava molto sospesa
e de mala voglia. i

E a dì 18 de Agosto el campo dei fiorentini pigliaro Pietra
Melina a patte, e anco pigliaro S. Patingniano e Colle de Tavo-
lena, e arsero Valchapraia, e sachegiaro Solfagniano e amazzaro
molte persone.

E. a di 19 detto el campo dei fiorentini se retiró in derieto
verso la fratta, e fermossi in sul Nicone.

A di detto vene ne la città de Perogia el Corso già condut-
tiere del Conte Carlo, el quale se era partito dal campo dei fio-
rentini, e è venuto, perchè se aconció con la chiesa, cioiè che li
dà al tempo de guerra 6000 duc. l’anno, e 4000 al tempo de pace (1).
E a dì ditto el nostro Teseuriero li dette al detto Corso 2000 du-
cati nel palazzo del nostro Governatore. Se dice che questo Corso
avea atosicato el Conte Carlo (2).

A dì 23 de Agosto el campo de li fiorentini se levò del Nicone
e revoltò verso la fratta.

A dì ditto el campo dei fiorentini presero Migianello, e poi lo

(1) ll Corso era stato uno dei principali capitani di Carlo Fortebracci da Mon-
tone, e solo da pochi mesi si trovava al soldo della repubblica fiorentina.

(2) Tale circostanza fu assolutamente ignorata dal Pellini e dagli altri cronisti
di Perugia.
162 O. SCALVANTI

sachegiavono e amazzavono omeni e donne e mamoli da collo (1),
e poi li straginavono per quello campo, e lassavali mangiare dai
cani, sì che non fo mai veduta la magior chrudeltà de la ucci-
sione, che facevono, sì che per tal cosa in Perogia si sta de mala
voglia.

E a dì 27 de Agosto el Duca de Urbino e il Duca di Calabria
son retornate in qua con parte del campo de la Chiesa, e se son
fermati ale Chiane, li quali son venuti de quel de fiorenzza, cioiè
dal monte Imperiale.

E a dì 80 ditto el nostro Comuno mandò a presentare el
Duca de Urbino e il Duca de Calabria sul Chiuscie. Li mandaro
scatole de torte, marzapane, vino e cera e altre cose.

E a dì primo de 7bre el campo de la Chiesa se levò dal no-
stro Chiusci, e tornò verso Siena, la cagione non se sa.

A di 3 de 7bre el nostro Comuno de Perogia mandò li Amba:
nel campo dei fiorentini per refermare la lega, che a questi dì
passati fo eschlusa. Li amba: for questi:

Meser pielro felippo da Corgnie e Golino Chrespolti.

E a dì 4 ditto la sera al tardo tornaro li nostri Amba: li
quali erano andate per refermare la detta legha, e stettero a gran
parlamento, ma non fo conchluso niente.

E a dì de 7bre el campo de li nemici tornaro in qua, e po-
serse nel Piano de Monte Melino.

E a dì 8 detto venero a Strozzacaponi, e si lo abrugiaro, e
poi abrugiaro Boneggio e un palazzo de li erede de felcino de li
Ermanni, e poi venero a S. Martino de la fica, dove posero el
campo, e cie asediaro dentro el Corso. Il quale prima era condut-
tiero del Conte Carlo, come più inanze avemo detto, che se era
fuggito «dal campo dei fiorentini, perochè, avendo detto Corso a
questi dì passati atosicato el Conte Carlo, se ne fuggì nel campo
e aconciossi col campo de la chiesa, dal quale ebbe 6000 ducate
l'anno de condutta al tempo de guerra e 4000 al tempo de pace,
come prima dicemmo.

E a dì ditto el campo dei fiorentini prese el dilto castello de
S. Martino de la fica in mercordì a sera a le 23 ore, e dentro
cie pigliaro el detto Corso alevato del Conte Carlo, el quale era

(1) Mamoli da collo per indicare i bambini ancora lattanti.
su“. poi a DI a SE t 9s E n e

CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 163

à

stato messo a la guardia del detto Castello. E a di ditto abru-
Sciaro molte altre case e palazzi, in fra li quali cie arsero el pa-
lazzo de Carlo de Cinaglia e de continuo atendevono a fare ogni
male.

A di 8 de 7bre usciro fora molti nostri cettadini bene in or-
dine. Usciro fora de Perogia per scaramucciare có li nemici.

E a di 9 ditto el Conte Berardino del Conte Carlo e le gente
dei fiorentini fecero apiecare el sopredetto Corso in un pero li
apresso al Castello de S. Martino de la fica, e a di ditto fo por-
tato el corpo suo a Perogia, e lo miseno in S. lorenzzo, dove li
fo fatto onore assai da li soldati e da li nostre gentilomeni (1).

A di ditto el popolo de Perogia se levó tutto in arme, perché

se dicea, che li nemici erano a la porta de P. S. P*. e non fo

vero.

E a di ditto el campo dei nemici se levó da S. Martino de
la fica de continuo abrusciando case e palazzi e castelli a com-
piacenzza del Conte Berardino, e facendo grande preda e pregione,
e nel detto canpo ce erano molti nostre rebelli, e il Conte Berar-
dino vene a conpagniare le done de S. Martino de la fica infino
a S. Gostanzzo, peró che dello Castello fo abrugiato e quella sera
el detto campo dei nemici andò al Ponte de Pattolo, e li se fer-
maro.

E a di ditto vene la nova qui in Perogia, come el campo de
la chiesa avea preso el Monte Imperiale de fiorenzza, dove cie
for presi alchuni signiori e capi de squadre, e guadagniaro molto
bene; per la qual cosa for sonate in Perogia le campane del Co-
muno per alegrezza e for fatti faloni assai (2).

E a di 10 7bre se levò el campo dei nemici dal Ponte de
pattolo, e arsero case e palazze assai, e passarono per la. valle
de Pierla cavalcando molto in furia, però che andavono al soc-

(1) La strage di Pier Andrea Corso operata dai fiorentini sta ad avvalorare
il sospetto, di cui ripetutamente ci parla il cronista, che il Corso avesse propinato
un veleno a Carlo Fortebracci.

(2) Tali festeggiamenti per la rotta dei fiorentini a Poggio Imperiale non erano
certo l’espressione della libera volontà dei cittadini inclinati sempre all’ amicizia
della loro antica ‘alleata. Ma Perugia era ormai soggetta alla chiesa, e ciò spiega
il suono delle campane e i fuochi di allegria per la vittoria riportata dalle armi
pontificie contro Firenze.

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Ane. eo as de-
(E

164 O. SCALVANTI

corso del Monte Imperiale, overo de le gente che stavono a la
guardia del detto Monte.

A di 11 7bre fo apiccato un forestiere, el quale era andato a
la fratta per spione a stantia del Conte Berardino del Conte Carlo
dà Montone.

E a dì ditto la magior parte del campo de la chiesa se partì
de qui, e andò verso el Monte Imperiale per socorrere l’ altro
canpo de la chiesa, che stavono là al detto Monte.

A dì ditto vene la nova qui in Perogia come el Sig: Roberto
da S. Severino e il Sig: lodovico figliolo del Duca francesco
Sforza rentrò in Milano chiamato da la Duchessa d'acordo. La
cagione non se sa (1).

A dì 15 de 7bre se partiro da Perogia certe squadre de ca-
valli, che stavono a la guardia de la città, e ahdaro nel campo
de la chiesa.

A di ultemo de 7bre el Sig: Mariano Savelli con molti nostri
cettadini fecero una correria in quello de Cortona, dove predarono
bestiame assai, e arsero molte case e palazzi, e fecero grandis-
simo danno nel nostro contado.

A di 2 de 8bre venne la nuova qui in Perogia, come era
suto riauto Lisciano per mezzo de Mariotto del Protonotario e de
certi fanti de la chiesa; e dentro cie fo preso Bartolomeo de
Gostantino de li Arceprete e Biagiantonio de Massolo de P. S.
Agnielo con doj altri compagni.

E a dì 6 detto for menati legati qui in Perogia e messi ne
le mani de la corte. E a dì ditto fo preso Pietre de Antonio de
Pacciolo, il quale era stato scoperto dal detto Biagiantonio e dai
compagni per conto de lo stato.

E a di 11 de 8bre in lunedì partì de questa città Monsi: di
Milano, el quale era stato in Perogia e a confine, e al presente
avea riauto lo stato suo e messo in libertà, onde che lui ritornava
a Milano con una bona compagnia, cioiè; prima con la sua corte,

(1) Il Corio scrive, che Lodovico Sforza il 7 settembre giunse a Milano ed entrò
nel Castello, dove fu ricevuto con grande umanità dal duca e dalla duchessa Bona ;
ma non ricorda, che a Milano si recasse del pari Roberto da S. Severino, anzi dice
espressamente, che Lodovico per portarsi dal Duca lasciò l’esercito in custodia al
S. Severino.

HO
CRONACA PERUGINA INEDITA; ECC. 165

e anco cie andò el nostro Governa: Savello con molti nostri gen-
tilomeni e cettadini con tutti li nostre trombetti del Palazzo, e la
partita sua molto renchrescieva a tutti li nostri .cettadini, perochè
lui metteva molti dinari nella nostra città e molto fu amato da
tutti.

A dì 16 de 8bre foro appiccati 2 nostri cettadini, cioiè Barto-
lomeo de Gostantino de meser Agamenone e Biagiantonio de P.
S. Agnielo e un fameglio del Conte Berardino e un sartore de la
concha, li quali foro presi a Lisciano per conto de stato, e for
fatte le forche denante a la prigione in sopremuro. A dì ditto fo
menalo prigione Agnielo de lodovico spitiale de P. S. Agnielo,
el quale fo preso dai vilani a la pieve de lo Vescovo, che venia
da Corlona per slare a ragione qui e al paragone, peró che a
questi di passati el detto Agnielo se partì per sospetto.

A questi di de Sbre Guido Baglione e il Seg: Mariano Sa-
vello fecero una bella cavalcata con parechi cavalli, e predarono in
quel de Corlona de molto bestiame, e fecero molti pregione si che
fecero gran danno e fecero una curraria fino a Castiglione Aretino.

E a dì 18 de 8bre li predetti fecero un’altra curraria in quel
de Cortona, e andaro a scaramucciare infino a le porte de Cortona,
e presero molti pregioni e alquanto de bestiame.

E a dì 20 de 9bre fo apiccato Agnielo de lodovico spetiale,
perché aveva fatti alchuni ragionamenti per fare trattati contro
del nostro comuno, e fo appicato in sopremuro denante a la fer-
rata de la pregione.

E adi 8 de Xbre in mercoldi a sera mori el Mag: Braccio
de Malatesta dei Baglione. Se disse che era morto de sciesa (1),
del quale ne fo grandissimo danno a la nostra città, perochè esso
era omo de gran fama, e era conosciuto e amato da gran pren-
cipi e segnori, e fo sepelito a S. Francesco. E a dì 11 detto in
sabato fo fatto el corotto per la morte sua lì in pie de la piazza,
e se vestiro de nero circa 60 infra suoi destretti e famiglie di

(1) Gli altri cronisti e storici dicono semplicemente, che Braccio Baglioni mori
di febbre, ma il cronista nostro ci riferisce che morì de sciesa, e sciesa, nel vernacolo
perugino, significa fleminone. Dunque è chiaro che Braccio non aveva potuto libe-
rarsi interamente della malattia incontrata a Pesaro, come abbiamo. visto sotto
l'anno 1470.

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166 O. SCALVANTI
casa e anco molti altri gentilomeni e cettadini suoi amici se ve-
stiro de nero.

Di questo ano el grano al più valse s. 22.25 e 32 min.,
l'orso s. 20, la spelta s. 12, el vino l. 6!/,, l'olio l. 6.
1480. — E a di 8 de Genaio per la morte del Mag: Braccio

fo straginate per la città de Perogia 37 bandiere e 7 stendardi,

quali for posto in S. M. de Servi, però che ce foro. sotterrati li
interiori suoi e fo grande scorita a vedere (1).

E a dì 11 de febraio fo apiccato Mateo de Arcolano dal P.
de Pattolo.

E a dì 7 de Marzzo in martedì a sera morì Carlo de Baldas-
sare de li Armani. E a dì 8 detto fo fatto el corotto, e sepelito
a S. francesco.

A dì 18 de Marzzo vene un cavalaio dal comun de fiorenzza
qui in Perogia al nostro comuno con la palma della uliva sulla
testa del cavallo, e subeto andò nel palazzo dei Sig: Priori.

E a dì de Maggio vene la nuova in Perugia, come era stato
fatto Cardinale meser Guasparre de li Savelli, de la qual cosa se
ne fece grande alegrezza per questa città (2).

A dì 11 ditto vene la nuova qui in Perogia, come era fatto
legha in tra la Chiesa e Venetiane, de la qual cosa ne for fatti
bandimenti e faloni e grande alegrezze.

A di 25 de Maggio vene in Perugia el Duca de Urbino Gon-
faloniero e General Capitano de la Chiesa, el quale era stato al-
chuni mesi per stanza a Viterbo, onde che qui li fo fatto molto

(1) Il corpo di Braccio Baglioni fu seppellito a S. Francesco. L'equivoco in cui
é caduto il Fabretti (Biog. dei Cap. venturieri ecc.), il quale narra, che Braccio fu
inumato a S. Maria dei Servi, é spiegato dal cronista, il quale ci dice che in detta
chiesa fu sepolta solo una parte della salma dell'illustre cittadino.

(2) La notizia dell' assunzione al cardinalato di un Gaspare Savelli era falsa,
perché Sisto IV creó vari cardinali nel maggio del 1480, ma fra questi si trova
Giambattista Savelli, già segretamente creato cardinale da Paolo II nel 1468. Vi é
dunque errore nel nome del nuovo porporato, che nella Legazione di Perugia si
era acquistato l'affetto e la stima dei cittadini, per modo, che venuta la notizia
della sua assunzione al sacro collegio dei cardinali, e saputosi, che egli intendeva
chiamarsi — cardinal di Perugia, — il magistrato gli concesse, con deliberazione
presa a voti unanimi, di portare le armi della città, e gli donò vasi e tazze di ar-
gento e altri oggetti preziosi. In seguito però la condotta del Savelli in Perugia
non fu sempre tale da corrispondere alle onoranze fattegli dalla repubblica.
A n 1

CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 161

onore, e glie cavaleó incontro el nostro Governatore Savello e
molti nostri gentilomeni e cittadini, e la persona sua smontò al
palazzo del Governatore, e tutta la sua corte fo aloggiata per le
case de particular persone, e fo apresentato dal nostro Comuno.

E a dì 26 ditto se partì da Perogia el nostro Governatore, e
tutti li nostri gentilomeni e celtadini andaro a farli compagnia,
perché el detto Duca tornava a Agobbio.

A di 5 de Giugnio passaro per questa città 12 some de saet-
tume de la Santità de nostro Sig:, el quale fo levato da Siena e
mandavalo a fano per andare al canpo a Pesaro, se disse.

A dì 27 de Giugnio in martedì venne la nuova, come il Duca
di Calabria era andato a Siena e avea remesso li usciti e cac-
ciali quelli dentro (1).

A dì 27 de Giugnio morì la moglie de Ascanio de Severe de
Alfano de peste, e così de continuo la morìa fa danno, e la brigata
de mano in manc se parte, e vanno fora a le lor possessione.

A dì primo de luglio vene in. Perogia el nuovo podestà del
popolo, che è da Agobbio, e è venuto bene in ordine.

A di ditto tornò el Mag.° omo Pietro giapeco de li Armanni
da Homa.

A quesli di de Agosto venne la nuova come el gran turco
era entrato nel reame de Napole, e al primo asalto fo nel porto
de... (2) e fece gran curraria e grandissimo danno, e avea prese
molte persone e mandate in Turchia.

E a di 15 de 7bre in venerdi a le 18 ore in circa venne una
gran lenpesta de vento con granischia grossissima, e in quello
stante venne una volveola in molti luochi del nostro contado, la
quale bultò a terra molte case e assai ne scoperse, e anco rovinò
moltissimi arbori, e amazzó molte persone, per tanto che non si

(1) A ragione il Pellini scrive, che il duca Alfonso non fu faíto.arbitro per
sedare le discordie cittadine, che agitavano Siena, ma aiutato da una parte, incru-
deli contro l’ altra.

(2) Lac. del ms. I turchi avevano occupato Otranto, la qual città resisté eroi-
camente alle armi loro fino al 21 agosto. Per questa ragione, il duca di Calabria,
che, come abbiamo visto nella Nota precedente, trovavasi in Siena, tornò con sol-
lecitudine nel reame per opporsi al potente nemico, che minacciava di invadere
tutta l'Italia.

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168 O. SCALVANTI

ricorda mai che fosse a li nostri tempi magior rovina de tempe-
sta, e disfece tutte le vignie dove detta volveola colse (1).

A dì 18 de 8bre el nostro legato Savello, essendo lui a questi
dì passati andato a Roma, retornò e venne a Castello, e poi andò
a Bettona, dove che là molti nostri gentilomeni e altri cettadini
l’andaro a visitare. E a dì 22 ditto se partì da Bettona, e andò
a Asese, perochè andava per la legatione facendo la visita.

E à dì 23 de 8bre li nostri savi de lo studio andaro a parlare
al detto nostro legato in Asese per fare li condutti (2), li quali
son questi, cioiè uno omo per porta:

Guido de Malatesta dei baglione, P. borgnie.

Semone de li Oddi, P. Susane

Francesco de Necolo de Tomasso, P. Soli.

Lorenzzo de Mariolto del bisochetto, P. S. A.

Piergaliotto de Valariano, P. S. P.

E a di 5 de 9bre el Collegio de li Mag: Sig: Priore, quali
sono al presente, e il Collegio de li Camorlenghi essendo radunati
in capella mandaro per Ser Ercolano de Bartolo da Montenero,
el quale fo notario de li priore. passati, e perché detto Ser Er-
colano se fece mettere 3 volte s. 30 per una citerna (3) di Moni-
stievole, e fo sempre perduto el partito benchè, essendo una volta
39 camorlenghe, fo perduto per una fava, per la qual cosa ve-
dendo detto Ser Arcolano non podere otenere el partito, fece una
suplica e mandolla al nostro legato, sensa saputa de li priori.

Così otenne, che il partito valesse, e che se intendesse essere
vento, e entrò in ufilio sensa licenzza de li Sig: Priore, e fece
passare el bollettino subito. Onde che li Priore e camorlenghi
mandaro per el detto Ser Ercolano, e lo fecero renunzare al detto
Uffitio, e ne fo molto de questa cosa represo.

Dipoi a di 22 de 9bre el detto Ser Arcolano andò a trovare
el legato Cardinale Savello, che stava alora a Norscia, dal quale
otene una lettera, che giva a li Sig: Priori, dicendo che lo doves-
sero remeltere nel suo offitio una con li chiamati per lor Signiori.

{l1) Volveola da volgere; intendi mulinello o giro vorticoso di vento o di acqua.
(2) I savi erano incaricati di proporre i nomi dei dottori, che dovevano leggere
nello Studio.
(3) Citerna per cisterna.
CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 169

E detto Ser Ercolano apresentato ch'ebbe la lettera se ne andava
per piazza quasi beffandosi del Collegio dei camorlenghi; per la
qual cosa detto collegio mandaro uno Amba: al detto nostro Go-
vernatore, narrando a pieno el tutto. Onde che a dì 25 de 9bre
tornò el detto Amba: el quale portò 2 lettere, cioiè una al suo
locotenente e l’ altra al collegio dei camorlenghi molto piacevole,
dicendo che volea glie se facesse quanto comportasse la ragione,
e l’altra al locotenente, al quale comandava che lui dovesse re-
tenere el ditto Ser Ercolano, e così subito veduta la presente,
mandó per el detto Ser Ercolano, e fecelo renunzare a la detta
cosa de Munistievole, e poi el detto locotenente. comandò al po-
destà, che facesse al detto Ser Arcolano quanto inporta la ragione.
E cosi fece comenzando a esaminare li consoli e Camorlenghi
sopre el caso predetto per condurre a penitenzza el detto Ser
Arcolano, onde che a di 8 de Xbre ditto Ser Arcolano andò a
chiedere perdonanzza al Collegio de li Camorlenghi, e se ingini-
chiò in terra, dove che cie stette un pezzo dimandandoli perdo-
nanzza per l'amor de dio. In ullemo ebbe resposta, che cie se
volevono pensare a responderli, e così se partì de mala voglia.

E a dì 14 de Xbre el Collegio dei Camorlenghi perdonò al
detto Ser Arcolano però che prima li avevono perdonato li consoli
e suschritti in uno schritto, e però circa 18 o 20 Camorlenghi li
perdonoro ne la capella de li Sig: Priore, dove che un’altra volta
se inginochiò in terra domandandoli perdonanzza per l’ amor de
dio (1).

A questi dì passati el nostro R.do Monsi: legato Cardinale
Savello partì da Norscia, e andò a Tode, e poi partì da Tode e
andò a Roma.

E a dì 24 de Xbre in domenica a sera retornò qui in Pero-
gia el nostro Cardinale legato Savello, el quale venia da Roma,
e il dì seguente andò a S. lorenzzo a l’ufitio, dove lo acompa-
gnaro molti nostri cettadini, e retornando poi in palazzo li nostri
Sig: Priore li portaro el baldachino per fino a l’uscire de la log-
gia, e poi lo portaro li consoli e li camorlenghi.

E a dì 26 detto el nostro legato domandò el conseglio nel

(1) Anche questo fatto sta a dimostrare, che il comune non piegava così facil-
mente alle ingiunzioni della autorità ecclesiastica.

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170 O. SCALVANTI

suo palazzo, dove cie andaro li nostri Sig: Priori e camorlenghi
e molti altri cettadini, dove che adunato che fo el conseglio, mo-
strò 3 brevi del Papa, e il primo dicea, che se rendesse lo anello
de la vergine Maria a li senesi, l’altro che se pagasse un duc.
per fuoco (1), e il terzzo che noj pigliassimo el sale, che volea
mettere sua Santità per li compratori novi de la salaria, che era
meser Nicolo de Manno da la cità de Castello e li suoi compa-
gni (2). Onde che, udita la proposta, tutti li nostri cittadini sta-
vono sospesi e di mala voglia. In ultimo li fu resposto. E primo
se levò su francesco de Ranaldo, primo de li priori, perochè era
la sua settimana, il 2 fu Berardo de lamberto (3) capo de Uffitio,
el terzzo fo Venciolo de Berardo da Corgnie primo consolo, el
4° meser Mateo francesco de meser Giovagnie, el 5° meser Mateo
de Giliotto de li Acerbi, li quali quasi tutti resposeno in sul ge-
nerale, per la qual cosa el cardinale disse de volere la resposta
la mattina seguente in buona forma.

A di 26 Xbre in martedì el legato disse, come esso avea
otenuto da nostro Sig: che Cesaro de li Arceprete fosse alargato,
e che lui podesse andare per tutto Castel S. Angegli, daendo pri-
ma bone ricolte, però che prima stava a destretto in detto Caste)
S. Angegli, dove cie era stalo pregione perfino a ora piü de 3
anni (4).

A di 27 detto fo fatto el conseglio per dare resposta al nostro
legato per interesso de li 3 brevi del papa predetto. In ultimo fo
determinato, che andassero al papa 20 cettadini, cioié 20 camor-
lenghi, li quali suplicassero el Papa, pregando quello, che al pre-
sente non cie recercasse de tale gravezza, atento l'impossibilità
de questa città si de lo interesso de un duc. per fuoco e del sale,

.

(1) Questa sovraimposta veniva ordinata da Sisto IV perzle spese di guerra
contro il turco.

(2) I perugini, da molto tempo, si provvedevano del sale a Pago, o Paganorum
insula, nella Dalmazia veneta, che possedeva delle ricche saline. Il papa voleva
invece obbligarli a valersi del sale di Ostia, e così costituire un vero monopolio
a beneficio della Camera apostolica.

(3) Berardo della Cornia, capo dell’ultimo magistrato dell’anno 1480.

(4) ll lettore ricorderà che il cronista, sotto la data del 18 ottobre 1477 ci ha
narrato il drammatico commiato di Cesare degli Arcipreti da’ suoi concittadini,
dicendo loro di 707% aver mai peccato, e che perciò li pregava a operare e pregare
per mi.
CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 101

e de anco del rendere lo Anello de la V. Maria, per la qual cosa -

essendose inteso li detti 3 brevi de gravezze insieme tutto el
popolo ne stè de malissima voglia portandone grandissimo odio al
nostro Governatore Savello. Onde che per bono aspetto questo
comuno prega sua Santità, voglia dilatare tale gravezza, e tanto
fo prima resposto al nostro legato, el quale remase molto sati-
sfatto oferendose de operare in bona forma per questa città. Li
cettadini chiamati fo Venunciolo de berardo da Corgnie consolo e
altri camorlenghi (1).

Nel predetto anno fo fatto lo Spedale de li amorbati. El fece
Mastro Antonio da Macerata, frate de l'ordine de S. Agustino.

Nel predetto anno el.grano à valuto in piazza s. 17 e 20,
25 m., l'orzo s. 16, la spelta s. 10 e 12, l'olio l. 5, el vino l. 6,
soma.

1481 — A di 3 de Genaio el nostro legato Cardinale Savello
se partì, e andò verso Genova per una comissione del Papa.

E a di 17 detto el nostro Comuno mandó li Amba: a Roma
per fare composilione col Papa per vigore de li 3 brevi predetti,
el primo per replicare de non volere rendere lo anello de la no-
stra donna. Secondario, per narrare la impossibilità de non po-
dere pagare un duc. per fuoco: terzzo fare compositione de la
decima, e non acetare che il sale venisse de quello del papa.

A questi di de febraio retornaro li nostre Amba: da Roma.

A quesli di de febraio Cesaro de li Arceprete mandó una let-
lera da Castel S. Agnielo de Roma a li nostri Mag: Sig: Priori
e a li nostri camorlenghi, quale umilmente se racomendava a
tutti. E fu letta nel conseglio, dove che primo se levò su meser
Baldassarre de Baglione primo consolo, e disse che vedendose
che lui non avesse errato contra S. Chiesa, né contro lo stato,
e podendose farli bene alehuno e' saria de parere che li se fa-
cesse. Et in ultimo non fo veruno, che sopre de ció parlasse in
tal cosa.

A di ditto se disse, che detto Cesaro avea schritte certe let-
tere ad alchuni nostri primi gentilomeni, e il tenore de le dette
lettere non se sa dal vulgo.

(1) Cfr. PELLINI Hist. P. II, Lib. XV.

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172 O. SCALVANTI

Anco a questi dì del detto passò per el nostro contado felippo
de Golino de li Oddi, Pietro de felice, Giovagnie de Antonio de
Tomasso e un altro, li quali aloggiaro a la Resena, e andavono
verso Roma sconosciutamente e travestite con certi papafichi, per

la qual cosa in questa città cieschuno se ne*maravigliava forte-

mente, atento che essi erano rebelli de la nostra città, e se disse
che avevono amazzato el Sig: de furli (1).



Anco in questi di de febraio vene in questa città un Vescovo
comissario del Papa, el quale recó un breve per parte de sua
Santità, comandando al nostro Comuno che se dovesse pagare un
ducato per fuoco per fare la guerra contro del granturco, per la
qual eosa se ne fecero consegli assai. In ultimo fo conchluso e

fallo pontamento con lo delto comissario de acordo, che noi do-
vessimo pagare 3000 fior. conpulati in essi la decima de li Uff.

E a quesli di de febraio vene là nuova qui, come felippo de
Golino e Pietro de felice vennero a Isola de S. Polo, e li cie ar-
bergaro una notte. Se disse, che cie andó la sua dona del detto
felice per parlare ad esso Pietro de felippo, de la qual cosa molto

la brigata se ne maravigliava. Dipoi per tal cagione foro retenuti
certi contadini dal detto castello da S. Polo, e poi foro relassati.
La cagione non se sa, per che sieno relassati, pure cie ne rima-
[- seno retenuti alchuni (2).
| Anco a questi di de febraio fo delerminato, che li detti 3000
fior. che se avevono da pagare al Papa se ne dovessero cavare
2000 dal salario del Capitano del Popolo, e del resto non se n'é
anco presa deliberatione.

A di 7 de Marzzo, che fo el primo di de quaresima, fo fatta
una giostra in piazza, quale la ordinaro e fecero certi giovani de
la città, e foro 13 giostratori, li quali miseno ducali 1 per cia-
schuno per comprare br. 10 de raso verde. Li giostratori son
questi infraschritli :

Oratio de Ridolfo detto Boldrino dei Baglione, 'b's p
Michalagnielo dal Pantano. ODER US

(1) Di questo fatto non é cenno alcuno in Pellini e nei cronisti perugini cono-
sciuti fin quì.

(2) Gli storici e gli altri cronisti non hanno il minimo cenno di questo fatto.
CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 173

Chirione de meser Mateo, franc. Sperelli, Ma- )
riotto del Sotio, Cherubino dei Cavaceppi, Giapeco > P. Soli.
antonio dei Cavaceppi, Tiseo de Giapeco Tei. |
Agnielo de Bartolomeo de Mariozzo, felice de :
i P. borgnie.
Giovagnie da Orvieto.

Gostantino de meser Trencie dei Coppoli, fran- | PSA

cesco de Pacciolo da Catiano.

L’onore de la giostra e il premio l’ ebbe Chirione de meser
Mateo francesco sopredetto.

A dì 11 de Aprile vennero in Perugia certe qualità de chri-
stiane, quali erano state recomparate da una religione de Spagnia
da’ Turchi, e andavono per Perogia con 2 bandiere una denante
con la tromba e un altra derieto pure con un altra tromba, e de-
nate e derieto a li detti stendardi andavono certi frati vestiti de
uno abito strano con longhi capelli e grande barbe, e andavono
a la fila uno derieto a l’altro, domandando la elemosina, e chi li
dava 32 denari aveva el perdono de colpa e de pena, del quale
ne avevono la Bolla dal Papa (1).

A questi dì de Aprile foro eletti da li nostri Mag: Signori
Priori 13 regolatori, con volontà de li Sig: Camorlenghi, li quali
son questi infraschritti, cioié:

Guido dei Baglioni, al presente capo de Uff. fabritio Signo-
relli, P. borgnie.

Rusteco del Saracino M. Melino.

Ridolfo e Mariano dei Baglione, Meser Baglione | PSP
de Golino Baglioncello. stu n

Berardino de Raniere Averardo da M. Sperello, P. Soli.

Bartolomeo e Pietro Giapeco de li Armanj, P. S. A.

Semone de li Oddi e Venciolo da Corgnie, Bior-

do de li Oddi,
Li quali 13 regulatori ebbero grande arbitrio col consenso

P. Susane.

del locotenente del nostro legato.

(1) Il ponteficie Sisto IV, Ferdinando re di Napoli, Mattia Corvino re di Unghe-
ria, il duca di Milano e quel di Ferrara, i marchesi di Mantova e di Monferrato,
le repubbliche di Genova, di Firenze, di Siena, di Lucca e i bolognesi avevono fatto
lega contro il turco, e inviato dovunque compagnie, che, con la promessa di in-
dulgenze, riuscissero ad adunare i mezzi necessari a condurre quell’ impresa.

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174 O. SCALVANTI

A dì primo de Maggio in P. S. A. for fatte molte magnifiche
feste per ordine de la casata de li Armanni, dove cie for fatte porte
e selve posticcie e maggie assai, e ne la Conca similmente e di
continuo davano da fare colatione a chi passava. Poi ne la me-
desima sera, in fra dì e notte, cie andò Malatesta de Ridolfo dei
Baglione con certi giovani, li quali entraro ne la Conca: parte de
sopre verso la porta del Borgho, e parte sotto al renbocco de la
tresanda de la conca, e tutti in un ponto gridaro: Malatesta Ma-
latesta, e poi sempre gridaro: Conca Conca, onde che quelli
concaioli subito apiccarono un gran fuoco e molte facole, e li fe-
cero una bella colatione alegramenle, li quali tutti portavono ne
la berretta certe banderuole, ne le quale cie era penta una conca
e un cuore infrizzato. Da poi partendose el delto Malatesta li fe-
cero compagnia con circa 30 facole, e a la tornata li detti conca-
ioli andaro tutti per le donne de la casa de li Armanni, le quale
stavono in casa de Antonio de Vico in P. S. A., e le menaro ne
la conca facendoli compagnia con le dette torce apiccate sempre
gridando: Conca Conca, e subito gionte le dette donne pusero
giù le veste, e comenzaro a ballare con gran festa e alegrezza.

A di 4 de Maggio venne in questa città lo Amba: del Re de
francia, quale venia da Roma con molli cavalli e storzieri (1), e
aloggiaro a lo albergo de S. Marco, e a di 5 ditto se parti.

A di 24 de Maggio Ridolfo dei Baglioni fece fare una giostra
in piazza, dove cie giostraro 8 giovani, e detto Ridolfo mise el
premio, cioiè 10 braccia de velluto: li giostratori son questi, cioié :

Mariotto de P^. de bevegniate d'Asese, P. S. P.

Pe. Antonio detto Gozzaio de Ridolfo da Catiano, P. Soli.

Benedetto de Ser francesco de Ser Giapeco, P. Soli.

lodovico detto Gambone de Cavaceppe, P. Soli.

Guaspare del Cecolaio, P. Susane.

francesco dei fumagioli, P. borgne.

Nicolo detto Pontarella de felice, P. borgne.

(1) Gli storzieri non erano propriamente i saccomanni o saccardi, ossia gl' inca-
ricati di condurre dietro gli eserciti le vettovaglie e gli arnesi di guerra, ma erano
militi ordinati ad agevolare il sentiero spinoso e boschivo alla cavalleria, e ad illu-
minarlo durante la notte con fiaccole. Difatti gli storzieri ricordati dal cronista
venivano con molti cavalli.
e

CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 11

‘Nicolo de Giovagnie da Orvieto, P. borgne.

El premio e onore de la detta giostra l'ebbe el predetto Pietro
antonio detto el Ghonzaio, el quale se portò molto bene ne la
detta giostra.

A dì 80 de Maggio fo mozzo el capo a Andrea de la Biagia,
e arsa la sua sorella carnale, però che avevono usato insieme,
cioiè la prima volta la sforzzò, e poi lo facevono d'acordo.

A questi dì de Giugnio vene la novella, come el gran turco
era morto in Gostantinopoli, e li suoi figlioli stavono in arme,
perchè ciaschuno de essi voleva el dominio de lo stato suo. Se
disse che morì a dì 5 de Maggio passato (1).

A dì 12 de Giugno el nostro Comuno mandò uno Amba: a

> deo i RAM

Roma al papa. Cie andò meser Baglione de Golino Baglioncello.
La cagione non se sapea (2).
A dì ditto el nostro Comuno fece bandire come volevon far

Aa

fare una giostra per la venuta del Conte Girolamo, nepote del
Papa, peró che detto Conte deve venire fra pochi di a Perogia (3).
Dapoi li nostri Sig: Priori e Camorlenghi vensero s. 2000

mE I.

per spendere per fare onore al sopredetto Conte Girolamo.

A questi di del detto mori Cornelio de Tiseo da Corgnie de
peste, del che molto renchrescié ai popolari.

A di 4 de luglio venne in questa città el Sig: da Camerino,
el quale smontò in casa de Guido de Malatesta dei Baglione.

A di ditto fo coperto de canavaccio li in capo de la piazza
verso P. S. Agnielo per fare onore al Conte Girolamo.

E a dì ditto fo posto un maggio denante a la casa de Cesaro

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de li Arceprete, e in cima de esso fo posta la arme del detto Ce-
sauro e insieme con essa l'arme de’ Raniere, cioiè, cie fu messa
la Penna e a piede la detta casa cier for poste certe broccole con

(1) Maometto II morì, secondo la maggior parte degli storici, il 3 maggio del
1481, chi disse per veleno e chi per un flemmone. Anche il cronista fa cenno delle
discordie insorte fra Baiazet e Zizim, figli del sultano, e ambedue pretendenti al
trono.

(2) La ragione dell’ ambascieria fu di chiedere al papa, che confermasse la no-
mina dei 13 ricordatori revocando il breve, con cui aveva ordinato, che tal nomina
non avesse effetto fino al ritorno del legato pontificio, il quale si trovava a Genova.

(3) Il conte Girolamo Riario si portava a Venezia, dove giunse nel mese di
agosto, onoratissimo dalla repubblica.
scesi.

176 O. SCALVANTI

]- op: la penna e certe con l'arme dei Raniere e di Averardo da M.
Los Sperello, per la qual cosa se ne fece conseglio e caso assai de
[s : ; xd
| tale demostratione, e questo fo fatto per ordine de Carlo dei Ra-

É il | niere aiutate da molte amice del detto Cesaro, e ordinavono ancora
i il Se de farcie una porta posticcia, lassando sempre dire a chi volea (1)
INA, 5 E a di ditto for fatte molte porte posticcie in P. S. P. e in
MI P. S. A. e altri luochi.

Il SR A dì 6 de luglio in venerdì a ora de pranzzo vene in questa
I | | città el Conte Girolamo nepote de papa Sisto 4°, e con esso venne

la sua moglie con 4 baroni romani, e menaro una bella cavalleria

molto bene in ordine, e smontaro al palazzo de Monsi: nostro
legato, e li barone smontaro a casa de li baglione, e li altri a li

|| i) di luochi deputati. Ma prima for fatte le compagnie de le porte, cioiè
Er P. S. A., P. borgnie, P. S. P., P. Soli e P. Susanne, li quali
1 tutti li se fecero incontro sempre facendo festa e gridando: Imola

i 6 Imola (2), e quasi tutti ballando perfino li al palazzo de Monsi:
E anco li se fecero incontro molti nostri gentilomeni e cettadini

con molte tronbe del palazzo nostro.

4 i; m A di 7 ditto fo fatta la giostra denante al palazzo de li Mag:
Il | Sig: Priore, e il detto Conte Girolamo e la sua donna andaro a
Ur | vedere nel palazzo de li Sig: Priori, e anco cie andaro li suoi
baroni e il Sig: de Camerino. Li giostranti foro:

francesco Antonio dei Gratiani.

' Alisandro de Giovagnie de meser Alex.°
Tl. E DIS Felcino de Gagliazzo de felcino.

3 Federigo dei Bontempi.

; Res Giuliano de Giovagnie detto Strappa.
SL Giuliano de lionello del Miccia.

Hg Agniol felice de meser Mansueto.
TIT ss Alberto de lieva de P. S. A.
WM DE Sandro de francesco Bigazzino.

(1) Il cronista racconta che dei festeggiamenti fatti in onore di Cesare degli
Arcipreti si tenne parola nei pubblici consigli. E di vero i Ranieri e i Montespe-
relli con. quella dimostrazione intendevano dar biasimo al governo pontificio per
la condanna inflitta a Cesare, che infatti dal 1477 si trovava prigioniero in Castel
S. Angelo.

(2) Come é noto, Girolamo Riario era signore di Imola e di Forli.
CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 170

P.°. giovagnie de P.° Giovagnie.

Carlo da Camerino.

felippo da Milano, omo de arme dei Baglioni.

Casa matta, omo de arme de Rede de Sforzza.

E for messi 2 premj ne la detta giostra, cioiè br. 24 de chre-
mosi e br. 20 de raso alesandrino. Et ebbe el primo premio Giu-
liano Strappa e il 2° Sandro de francesco Bigazzino.

E a dì 8 de luglio se partì el Conte Girolamo a 7 ore de
notte, e andò a Gobbio, el quale fo acompagniato da moltissimi
nostri gentilomeni e cettadini e da tutte le compagnie de le porte,
le quali portaro moltissime facole de modo che parea fosse di
chiaro.

E a dì ditto la badia de lo Abate de li Arceprete fece grande
onore al Conte Girolamo de confetione polli e altre cose, e trovar-
cese molti loro amici, li quali presto fecero fare una frascata per
il sole, onde che fo una cosa molto acetta a tutti.

A dì 9 de luglio tutti 4 le compagnie de le porte fecero la
colatione in capo de la piazza e invitaro le donne de le porte, dove
che cie venero molte gentildone e de le altre e ogni compagnia
menò la squadra de le donne de la sua porta; e venece el locote-
nente del nostro legato e meser Bernardo del Savello e molti
dottori e gentilomeni, e a 21 ore comenzaro a ballare omene e
donne, e durò perfino a 23 ore incirca. Dipoi vene la colatione
con tronbe e bifari, tanburi e ceccole, e le confetione se partiro dal
palazzo de li Sig: Priore con grandissima festa, ma non foro d'a-
vanzzo le dette refetione al popolo grande che cie fo.

A dì 22 de luglio la notte morì el nobile omo meser Baldas-
sare dei Baglione de malatia de una gamba, e il dì venente fo
fatto el corotto in piazza lì a capo al suo renbocco, e fo portato
a S. francesco.

E a dì 27 de luglio Gentile de felcino de li Armani ebbe pa-
role con Giuliano figlio bastardo de lionello de li Oddi, perchè
dice, che detto Gentile avea delto ad uno, che detto Giuliano era
briaco, per la qual cosa ciaschuna de le parte menava parechie
loro amici armati in piazza piazegiando l'una e l'altra parte. Pure
a di ditto fecero la pace nel fondecho de Ghiberto.

E a di 4 de Agosto Gostantino de meser Trencie con certi

altri ucisero un notario del Podestà la notte.
178 O. SCALVANTI

E a di 25 de Agosto la nobil donna Gostanzza, figlia, del no-
bile omo Cesaro de li Arceprete, andò a fiorenzza con 3 cavalli
per visitare el suo fratello Carlo, el quale stava a fiorenzza ama-
lato gravemente.

E a dì 6 de 7bre tornò meser Stefano cavaliero del nostro
Comuno da Roma, el quale partì de questa città questo genaio
passato, insieme col nostro legato Savello, che andaro a Genova,
e poi retornaro a Roma e a di ditto venne in questa cillà. E a
di 7 del detto retornó a Roma al legato.

E a di 14 ditto fo cavato de pregione meser Bartolomeo, el
quale cie era stato murato circa 7 anni e mese, e cosi fo cavato
de la pregione del Podestà, però che a di detto fo trovato morto
in essa pregione, e fo sepelito a S. francesco.

E a di 18 de 7bre a 22 ore retornó el nostro R.mo legato
Savello, el quale venia da Roma, e era stato a Genova, e li an-
daro incontro tutti gli ordeni de religiosi in processione e frater-
nile con gran quantità de mamoglie (1), tutti con la palma in
mano gridando: Savello Savello, e anco li andaro incontro molti no-
stri gentilomeni e altri cettadini, e li nostri Mag: Sig: Priori li an-
daro incontro sino a piè de la piazza, el quale a tutti toccò la
mano, e poi smontó a S. lorenzo con el baldachino, e for sonate
le canpane del comuno per alegrezza, peró che era aspettato dal
popolo con grande stantia per rispetto del mal vivere, che era in
questa città.

E a ditto el nostro comuno mandó a presentare el nostro
legato de cera, confetti, fiaschi de vino e biada de valuta de sc. 30
in tutti, e de detto presente ne accettó solamente un terzo, e 2
scalole e il resto fece riportare in palazzo de li Seg: Priori.

E a di ditto meser Baglione Amba: del nostro Comuno tornó
da Roma col R.° legato, e a di ditto el preditto meser Baglione
baglioncello fece el presente al ditto nostro legato de 19 sacole
de biada, una stangata de polli, de fiaschi de vino e cera.

E a di ditto el nostro R.° legato Savello fece adunare el con-
seglio nel suo palazzo per conferire alchune cose da parte del
Papa. Al quale conseglio cie fece chiamare molti genlilomeni, e
in effetto propose 3 cose nel detto conseglio; e prima disse, come

(1) Mamoglie per mamimoli, ossia fanciulli.
CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 179

el Papa vole venire a stare in questa città questo agosto che viene,
e che sarà bene de fare aconciare le stanzze a la bisognia ; se-
condario, che de li beni confiscate de li ribelli e da confiscarsi a
Ja Camora apostolica se ne debbia aconciare el palazzo del go-
vernatore; terlio, che li Mag: Sig: Priori con li detti gentilomeni
debbino ragionare e resolvere el modo de refare el nuovo sacco,
e che il di seguente se dovesse referire quanto essi arano resoluto.

E a di 20 fo fatto el detto conseglio nel palazzo de li Sig:
Priori, dove cie foro circa 120 a consegliare per resolvere el modo
che se dovesse refare el detto sacco. In effetto cie foro diversi
parere, ma li più dissero, che dovesse passare el detto sacco per
le mano del R.mo legato.

E a di 21 ditto li nostri Mag: Sig: Priori andaro nel palazzo
de Monsi: a reportare el parere et il modo se dovesse refare el
dello sacco. j

E a di 23 de 7bre la nobil donna Innocentia, moglie del Mag:
omo Cesaro de li Arceprete, tornó dal Ponte de Pattolo per par-
lare al nostro legato. E a dì 24 detto la predetta donna Inocentia
andò nel palazzo del legato, la quale menò appresso di le) diece
amici de casa in sua compagnia. Et ebbe gratissima audienzza.
E prima li recomandò Cesaro suo marito, e poi per lo interesso
del sacco li recomandò tutti li amici de casa loro, e partisse molto
satisfatta.

E a dì 28 de 7bre fo fatto un conseglio, cioiè un ragiona-
mento per conto del sacco e per chiamare li omeni capaci. Onde
che alchuni de detti gentilomeni, quali erano al detto conseglio,
intendendo che il nostro legato volea che li insacolatori per le
porte se vencessero a bossole e fave, subito se levò su Guido dei
Baglione e Semone de li Oddi e partironse del conseglio e andarse
con dio, per la qual cosa quasi alora tutti li altri foro alicentiati
e non fecero niente. E pure a dì ditto foro molti ragionamenti
per alchune diferentie, che erano in fra li gentilomeni, per che
ciaschuno volea ia parte sua, maximamente in fra li Baglione e
la casa dei Raniere, perchè la casa dei Baglione volea che felippo
loro e Giapeco de Tomasso de Teio avesseno uno insacolatore per
porta Soli, e Berardino dei Raniere non volea. Per tanto che li
Baglioni e li Ranieri ciaschuno fece gran tumulto e parole assai
e la case dei Baglioni fecero venire fante assai da le terre loro.

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RICE TATTO

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180 O. SCALVANTI

E a dì 25 de 7bre fo fatto un conseglio nel palazzo del legato,
dove cie foro molti cettadini e in efetto fo ragionato de alchuni
interessi de la città e maxime per interesso de li registri, e dopo
molti. ragionamenti per essere l'ora tarda, el legato disse, che
per interesso del sacco non li parea, che per quella sera cie fosse
più tempo a ragionarne, perchè lui sapea, che loro non erano
d’ accordo; ma che loro avessino tenpo 2 dì ad acordarse insieme,
altramente provederia esso, e cosi a tutti dette licenzza (1).

E.a di 26 de 7bre fo fatto el conseglio nel palazzo de li Sig:
Priori, e ragionaro el modo per refare el sacco, e in efetto se
levò su Biordo de li Oddi, quale consegliò, che se remetessi ne
le mani del legato.

E a di ditto la notte se armaro molte persone de P. S. A.,
e andaro in casa de li Armanni. La cagione non se sapeva, pure
molto ne parve male a la brigata.

E a dì ditto fo apiccato Berardino de fa la meschia, grandis-
simo ladro lì in capo de la piaggia del canpo, perchè avea fatti
moltissimi furti.

E a di 27 ditto fo mozza una mano a lo Schiavello de P. S.
P., perchè esso avea mozza una mano ad un altro e fatti altri
errori, e poi che li fo mozza detta mano la pigliò con l'altra e
basciolla, e poi la pose giù.

E a ditto forono chiamati 5 omeni, cioiè uno per porta, li
li quali avesseno a ragionare e acordare quelli che non son d'a-
cordo per interesso del sacco:

Piero de Raniero P. S. A., Christiano de bevegniate, P. Su-
sane, francesco de P. detto el grassello, P. borg., Pietro Gentile
de lorenzzo bello, P. S. P.... (2) P. Soli.

E a dì 28 de 7bre la casa de li Baglione e la casa de li Ra-
nieri ciaschuna radunaro brigala assai de li amici loro e arme in
quantità per tanto cae il popolo ne sta di mala voglia.

E a dì ditto Guido dei Baglione e Berardino dei Raniere
usciro del palazzo del legato insieme, e fecero una piazzata, e pui
ciaschuno andò a casa sua. Se disse che Monsi: legato trattava

(1) Tutta questa lunga pratica relativa alle borse dei magistrati è narrata
dal cronista con particolari fin quì sconosciuti.
(2) Lacuna del ms.
nn

CRONO RIERITGINA INI. BR. T8

acondo im frm lox. Pure D loto andi de ceyrünmucm sin pee

dui.

E a di diufko lii Baglione eli IRamniane mexmisene cgi Ino dr
fimenza mal legalo Savllio la sera a llo 2 ute, © Subio aras
delle licenzza ai lii loro amizii e fami, die tenenamo im casa, lane
hè in casa die lli aglione Ge era magior minato de gemi.

A di ullemo de 7ibre fib fallo um xor gn © nell prias Heal le

"CRON (IT mcn orevattan cio weedloes di noitn i]
palo Savalio, mell «qn nalle IO) tagionalo ciel Modo de risale Gi SQQ.

e im efeiito mom foro d’acattio, perché oe foro venale parete. I

lla qual cosa ell nostro legalo re questa cosa lim messer d

ev

(erem de

die lh mobili da M. Vilbiamo,

Qe ava prowir-

I È 7 M ne . (7* =
ro Monsi : rdimale Ser

ZII

velllo la mattina per iiempo mandò im palazzo de In mesi Mag:

cioiè per meser Piccinino dei

X
Iu

li

non se seppe, Mateo de mese

Sinibaldo, P. Susane, Rusteco de S ino da M. Me
dei Signorelli, Cesaro de P. Chrespolti, P. borgne.

Mariano dei bag glior ne, Meser Pietro de Baldo, Meser È

de Golino Baglioncello, P. S. P., Berardino dei Raniere, Averardo
da M. Sperelli, felippo de Braccio, quale se partì, perchè non eie
era nisuno dei baglione e il resto de li dettì insaeolatori non eie
andaro. La cagione nou se disse.
E a di ditto, essendo alchuni de li nostri gentilomeni andati
> e

la mane a bona ora ne la audienzza de la Mercantia per
nare quanto era stato fatto nel palazzo de Monsi: per interesso del
sacco, e avendo inleso, che le cose nostre non erano passate come
essi EARS NBI subito se levaro su e dissero, che ogni omo pi-
gliassi l'arme, maxime Ridolfo dei Rene e Giulio Cesaro de
li Armanni. E cosi fo fatto, per la qual cosa in uno istante se
levò un grandissimo romore per tutta la città, e continuamente

(1) Lacuna del ms.

euh, uen A ARE b ua Sus

Po:
v]
Î
| i

21

Lal part aman
O. SCALVANTI

correa la gente armata in casa de li Baglione e de li Raniere, li
quali fortemente se fortificoro e similmente li altri gentilomeni e
continuamente de dì e de notte le gente entravono nela città, sì
che ogni persona stava de mala voglia, e dicevase, che mai più
fo visto in Perogia simile tumulto de popolo in arme (1).

E a di 6 de 8bre in sabelo ne l'ora del pranzo se levó un'al-
ira volta el romore grandissimo per tutta la città. Se dubitava
fortemente de qualche: grande occisione, però che li stomachi
erano pieni. Se disse che tale romore se levò, perché Monsi:
nostro legato non volea acontentare li nostri gentilomeni de fare
li insacolatori al modo loro. Per la qual cosa di continuo meser
Baglione di Golino baglioncello e meser Stefano canceliere del no-
stro Comuno andavono da una parle a l'altra, cioié da Monsi:
Savelli e da li nostri gentilomeni per concordarli insieme, per
tanto che a di ditto a 20 ore incirca detto Monsi: nostro legato
aconsentì che se refacesse el detto sacco per li Priori e Camor-
lenghi, e cosi segnió una suplicatione, de la qual cosa molto ne
remase solisfatta ogni persona, e molto cie se afatigò el Priore
de Roma e il Teseuriero per concordare tal cosa. Dipoi quasi su-
bito la casa de li Baglione fece fare la mostra de tutte le gente,
che essi avevono, e similmente la casa de li Raniere, e simil-
mente la casa de li Oddi gridando tutti: Chiesa Chiesa, Savello
Savello, e poi ognie persona pose giù le arme.

E a dì ditto li Mag: Sig: Priore fecero chiamare li Camor-
lenghi e radunate che foro, fecero chiamare li insaccolatori nuovi

‘a piacimento de li gentilomeni per quietare ogni sturbo e scan-
o

dolo che ne polesse succedere. Li quali son questi infraschritti :
Malatesta de Ridolfo Baglione.
meser Baglione de Golino baglioncello, Mariano dei Baglioni,
Carlo Cinaglia, P. S. P.
Berardino de Gostantino dei Raniere, Averardo
da M. Sperello, felippo de Braccio, Barso de lodovico > P. Soli.
per casa de li Ranieri. y
P." giapeco de meser Baldassarre de li Armanni, Meser Pic-
cinino dei Piecinine per la casa de li Arceprete, Bovarino de... (2).

(1) Di questi tumulti non si fa menzione dagli storici e altri cronisti della città.
(2) Lacuna del ms. Questi cittadini appartenevano alla Porta S. Angelo.
de

CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 183

Semone de li Oddi, meser P.» felippo da Cor- )

; P dure . t P. Susane.
gnie, Ponpeo de lione de li Oddi, Biordo de li Oddi. í
Guido de Malatesta dei Baglioni, Ridolfuccio '

dei Signorelli, Rusteco del Saracino da M. Melino, P. borgnie.

Nello de sulpitio.

E a dì 7 de 8bre in domenica a mattina li Mag: Sig: Priore
mandaro per li detti insacolatore novamente eletti, li quali venero
tutte nel loro palazzo acompagniate da la fameglia del detto pa-
lazzo, ecetto Ridolfuccio Signorelli, che non cie volse andare, però
che se lamentava, dicendo, che non era stato. fatto el debito a la
casa sua de avere 2 insacolatori, come avevano auto li suoi an-
tecessori.

E a di 8 del ditto fo preso el ditto Ridolfuccio dei Signorelli
per refare el sacco, e fo acordato benché il modo non se disse,
pure lui andava de mala voglia. E per tutto el di prima ogni
persona podde parlare a li ditti insaccolatori nel palazzo de li
Sig: Priori. Pure la brigata dubita fortemente che el nostro Go-
vernatore Cardinal Savello non opre col papa de farli cassare per
vendicarse de la ingiuria a lui fatta da li nostri gentilomeni per
conto del sacco, benchè molte persone dicono che lui cie abbia
messa qualche ragione per avere tenula la cosa suspesa, e avendo
ditto di continuo a li dì passati a li nostri gentilomeni, che se
acordassero in fra loro, e che lui è contento de quanto essi fa-
ranno, e poi se vedea operare per il contrario.

In questo li amici de la casa de li Arceprete de continuo ve-
nivono in capo de la piazza armati con licenzza del nostro Monsi:
Savello, e mandarono a dire a sua Sig : e oferirse, che tutti quelli
erano al servitio de sua S. R., la qual cosa molto li piaque, e li
detti amici de li Arceprete sempre se intendevono con Berardino
de Gostantino dei Raniere, li quali stettero un pezzo lì in capo
de la piazza, e pigliaro el monte de P. Soli, e fo tenuto che detto
Berardino avesse una bella compagnia.

A dì 10 de 8bre venero 2 brevi dal Papa, cioiè uno a Monsi:
Savello e l’altro a li nostri Mag: Sig: Priori. Quello de Monsi:
non se seppe quello che contenea, ma quello de li Priori conte-
nea, qualmente sua Santità avea inteso, che in Perogia era stato
un certo tumulto per interesso del sacco, per la qual cosa ne

sero li io

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184 O. SCALVANTI

avea dispiacere assai, e che volea e comandava, che se facesse
la volontà del legato (1).

E a di 11 detto se partì el nostro Governatore, cioiè el Car:
Savello legato. Se disse che andava a Castello, e non ebbe al-
chun gentilomo che lo acompagniasse, ecetto che Giapeco de Ro-
sciolo e certe altre particolari mercatante nostri cettadini in piccolo
numero.

E a ditto se partì la Inocentia moglie de Cesaro de li Arce-
prete, la quale andò al P. de Pattolo subito che se partì el legato
nostro Savello.

E a di 15 de 8bre se disse, che li insaccolatore non erano

d'accordo, maxime quelli de P. S. A. peroché meser Piccinino

voléa satisfare in qualche parte P.^ giapeco de li Armani, e li
altri volevono che avessero la parte loro similmente, e cosi erano
poco d'accordo.

E a di 18 ditto la sera al tardo se adunaro certi Camorlenghi
nel palazzo de li Sig: Priori confortando li insacolatori, che espe-
dissero el sacco. Meser P.° Giapeco de li Armanni non vole es-
sere d'acordo e similmente Cherubino suo nepote e meser Picci-
nino dei Piccinini. Et il resto for tutti d'aecordo; pure se dubita
che la cosa non averà efetto, e che la città non inovi altro.

A di 23 de 8bre tornò meser Stefano, cancelliero del nostro
comuno da Castello, quale cie fo mandato per interesso del sacco
al nostro legato, e insieme con lui cie tornò Giulio Cesaro de li
Armanni. Cie era andato ancor lui per la detta cagione, perochè
li insacolatori de P. S. A. erano d’accordo, perchè P.° Iacopo de
li Armanni vuole la parte del compagnio. Et in effetto il detto
meser Stefano venne con lettere de chredenza a li detti insacco-
latori da parte del legato, come esso se contentava che ogni in-
sacolatore facesse la rata sua, e non se inpacciasse de l'altro.

E a di detto la sera de notte fo fatto un conseglio per il so-
predetto interesso nel palazzo de li Sig: Priori con quelli cettadini,
che se poddero avere e con quelli che se retrovaro a confortare
li insacolatore a la espeditione del detto sacco.

E a ditto tornò la nobile dona Innocentia, moglie de Cesaro
de li Arceprete, dal P. de. Pattolo per interesso del sopredetto

(1) Anche questa circostanza fu ignorata dal Pellini e dagli altri cronisti.
m
CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 185

sacco a piacimento de la casa sua, li quali volevono che essa cie '

se relrovassi personalmente (1).

E a dì 24 ditto el nobile omo Ridolfo de li Baglione andò a
parlare a la detta donna Innocentia, dicendoli che lei remettesi
li interessi de la rata sua del sacco ne le mano de Guido, zeo de
essa, e che lei se reposassi ne le mano loro, e levassese da le
mano de Berardino dei Ranieri, el quale s’era portato sempre
molto amorevole de la casa de li Arceprete, per la qual cosa detta
donna Inocentia respose al ditto Ridolfo molto. prudentemente, e
disse come lei non cie vede l’onor suo al presente, atento che il
detto Berardino sempre se era operato con ogni suo sforzzo alle
occorrentie sue, e così li dette parole generale.

A di 25 de Sbre meser Piccinino dei Piccinini e Bovarino
de... (2) insaccolatore per P. S. A. cavalcaro la mane a bona ora
verso Castello per conferire con il Car: Savello nostro legato le
diferentie, che erano in fra loro insaccolatori, pregando sua San-
lità perchè li volesse dare asetto, come li paresse. Per la qual
cosa a dì 26 de 8bre sua Seg: retornó a Perogia, entrando per
P. S. A., e vene sensa compagnia deli nostri celtadini, però che
li fo andato incontro per P. Soli, e solo cie vene con S. Segnoria
meser Piccinino e Bovarino predetto de li nostri, li quali subito
rientraro nel palazzo de li Sig: Priori con li altri insaccolatori.

E a dì 27 ditto in sabeto a mattina andaro a S. S. Ra. que-
sti infraschritti insaccolatori, cioiè meser P°. felippo da Corgnie,
meser Baglione de Golino Baglioncello, Rusteco de Saracino M.
Melini e Carlo Cinaglia (8).

Se disse che cie andavono per le diferenzze, quale erano in
fra loro, maxime per quelli de P. S. A. e stettero con S. Sig:
sino a mezzodì. Quello che determinaro non se disse di certo.

(1) E notevole quest’ invito fatto a una gentildonna di assistere personalmente
alle operazioni degl’ insaccolatori. Dal seguito del racconto resulta, che Innocenza
degli Arcipreti fu donna astuta, prudente e desiderosa di custodire i diritti della
sua famiglia.

(2) Lacuna del ms.

(3) Il Pellini, dopo aver narrato le prime differenze insorte fra il governatore
Savelli e il Comune rispetto alla formazione delle borse, passa a raccontarci la
partenza del legato per Todi, non facendo alcun cenno delle pratiche, che ebbero
luogo fra i magistrati e il Savelli, quand'egli si trovava a Città di Castello.
186 O. SCALVANTI

E a dì 30 de 8bre la mattina per tempo cie andò Berardino
dei Raniere e P.° giapeco de li Armanni imbasciatore similmente
per ragionare col detto nostro legato de le diferenzze di P. S. A.
La conclusione non se disse. i

E a di ditto eie andaro 18 insacolatore per ragionare con S.
Sig: de lo interesso del sacco e maxime che P.° giapeco volea
certi Priori de la parte de la casa de li Arceprete e Berardino
non volea aconsentire, per la qual cosa Monsi: disse la sua vo-
lontà et il suo parere, e apresso S. Sig: disse volere trare una
pallotta a saputa a sua satisfalione, e li detti insacolatori non
volsero aconsentire, ecetto che Sua Sig: non autenticasse el sacco,
la quale cosa Monsi: non volse fare, e cos) remase la cosa su-
spesa.

E a di ultimo detto el Cardinale Savello nostro legato se
partì da Perugia, e con esso meser Berardo suo nipote. Se disse
che andava a Roma, el quale se partì poco satisfatto de questi
nostri gentilomeni. Li fece compagnia Ridolfo dei Baglione e lulio
Cesaro de li Armanni e pochi altri cettadini lo acompagnioro poco
fora de la città. Per la qual partita remase suspesa tulta la città
dubitando, che non se abbia a seguitare qualche male.

E a dì ultimo de 8bre la sera al tardo foro fatte le cassette
de li Uffiti del Palazzo de li Sig: Priori e portate nel palazzo del
Podestà, e in compagnia de le dette cassette cie andaro li Sig:
Priori e li insaccolatori, e così foro publicati li Mag: Sig: Priori
novi, quali son questi :

Giliotto de Galiazzo de meser Bobio de li Ubaldi, P. S. P.

Gostanzzo, detto Mazzetta, fabro.

P°. giovagnie de Mateo de Peruzzolo, P. Soli.

Orliviere de Giovagnie da Nocera.

Baldino de Baldino de li Arceprete, Garofano
A Bo SA:
de Christofano.
Ruberto de Carlo detto labiamonte, Nicolo de
; P. Susane.
Marinello.

Betto de... (1) spetiale, Lucaberto de Antonio, P. borgnie.
E subito che foro tratti li detti Sig: Priori li insaccolatori

(1) Lacuna del ms.
CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 187

rientraro nel palazzo al loco loro, però che ancora non avevono
fornito de fare li uffiti. Se disse che erano poco d’acordo fra loro
maxime P. S. Angegli.

A dì primo de 9bre li Priori nuovi entraro in palazzo, e non
foro se non 7, però che li altri erano fuori per la vendegnia, e
non se recorda persona, che mai più la vendegnia fosse sì tarda,
e quasi tutta la brigata dubilava che delto sacco non avesse loco,
o che non avessero el salario. Pure dio facerà quello che è il
meglio.

E a dì ditto Berardino de Raniere e Barso de lodovico stiero
la detta mane a messa a S. lorenzzo, e poi relornaro in palazzo
per fornire detto sacco, ma Bovarino non cie volea retornare più,
se non che fo molto pregato, però che P^. giapeco de li Armannj
volea parte de li Uffiti de la casa de li Arceprele e li altri insac-
colatori non volevono, maxime Berardino dei Raniere, quale sem-
pre tenne e non volea che l'avesse.

E a dì ditto la mane a bona ora for poste certe arme con
la penna e con lo scalandrone in capo lì in piede de la piazza,
quale subito che lo seppe Berardino dei Ranieri le «fece levare.

A dì 2 de 9bre la sera a le 5 ore de notte fu uciso francesco
Antonio dei Gratiane da Marcantonio dei Bontempi in P. Susane.

E a dì 8 ditto usciro del palazzo de li Sig: Priore 3 insac-
colatori, cioiè P.° giapeco de li Armanni, meser Piccinino de li
Piccinini e Cherubino de felcino, li quali se partiro in servitio
del detto P.» giapeco de li Armanni, però che detto P.° giapeco
volea la parte de Cesare de li Arceprete e Berardino dei Ranieri
non volea; per la qual cosa li detti 3 insaccolatori non volevono
tornare in palazzo a fornire el detto sacco. Li altri insaccolatori
erano tutti d’acordo, e stavano in palazzo, facendo pregare li
ditti che volessero retornare.

E a dì 4 de 9bre la sera a 2 ore de notte usciro de Palazzo
li insaccolatori, tutti d’acordo, benchè remasero a fare certi Uf-
fibi de quelli de meser Piccinino, li quali forono remessi in mano
de uno de li detti insaccolatori, però che detto meser Piccinino
volea dare certi Uffiti a li amici de la casa de li Armanni e non
a li amici de li Arceprete. A la qual cosa Berardiho de li Ra-
niere non cie volea aconsentire, nè manco la magior parte de li
altri insacolatori.

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188 O. SCALVANTI

E a lì 5 de 9bre fo inibito a li arfeti (1) forostiere lanari,
quali son venuti a la fiera, che essi non possano retagliare se
non 2 dì, la qual cosa molto despiaque a la brigata, però che era
stato prima fatto el bando, che la fiera fosse libera, onde che de
tal cosa li forestieri molto se ne gravavono.

E a dì ditto li insacolatori se adunaro ne la audienzza de li
Consoli per fornire el resto de li Uffiti de meser Piccinino, e lì
fecero gran parlamento.

E a dì 6 ditto se radunaro li detti insaccolatori nel palazzo de
li Sig: Priori, dove lì fecero pure gran parlamento per interesso,
che meser Piccinino volea dare li ofici a certe persone de la casa
de li Armanni e Berardino dei Raniere non volea aconsenlire,
che se dessero se non a li amici de Cesare de li Arceprete. Cosi
non erano d'acordo. In ultemo remase la cosa suspesa, e la di-
ferenzza fo remessa ne le mano del Mag: omo Guido de Mala-
testa dei Baglione e del Mag: Semone de li Oddi.

E a di 6 de 9bre tornó meser Guarniere e meser Stefano
canceliere del nostro comune, quale erano siale mandate a Tode
al nostro legato, e avevono otenuto, che li Mag: Sig: Priori nuovi
podessero avere fior. 50 per le spese, e l'altre cose volea che stes-
sero suspese, e dissero che sua Sig: H. volea autenticare el
nuovo sacco.

E a di 7 ditto el nostro vecelegato andó a Tode a parlare al
legato. Andó con 3 cavalli.

E a di ditto li lanari forestieri ebbero licenzza de potere re-
tagliare per 2 di, e fo delongata la fiera per un di, perché prima
li era stato inibito che non polessero vendere a menuto se non
panni integri.

E a dì 10 de 9bre fo fornito el sacco, e fo portata la cassetta
al luoco usato con le trombe e bifari, e fo acompagniata da li in-
saccolatori, come è consueto. Se disse che maj fo fatto sacco più
in discordia e disordine che questo, e prima perchè ogni persona
li podea parlare, l'altra che quando se renchiusero nel palazzo
li detti insaccolatori se retornavono la sera a casa loro, e molti
altri disordine, quali molto dispiaquero ad ogni persona, e così



(1) Arfeti per artefici.
CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 189

la cosa andò mal governata e con poco onore de li detti insaco-
latori essendo durato a farse el sacco . :

MAR DUE ; . (5.

E a di 11 detto andaro a Tode al R.* legato questi infra-
schritti, cioiè meser Pietro felippo da Corgnie, Berardino dei
Ranieri, Ponpeo de lione de li Oddi, Rusteco del Saracino da
Monte Melino ; li quali andaro per fare autenticare el saccco. In
efetto el legato non ne volse fare niente, e a tutti fece bona aco-
glienzza e bon viso, salvo che per lo interesso del sacco, che
non se ne volea inpacciare.

E a di 11 detto tornaro li sopredetti, ecetto Berardino dei
Raniere, el quale se era fermato in Torsciano.

E a dì 14 de 9bre tornò in Perogia el nostro Vecelegato da
Tode dal nostro Vecelegato (2) la sera al tardo.

E a dì 15 ditto avendose a tagliare la testa a Giovagnie de
Agniolino di P. Soli e a Arcolano suo nipote, prima fo fatto un
bandimento per parte del Vecelegato, che veruna persona ardisse
de molestare, nè impedire la giustitia sotto pena de la forcha e
de rebellione; e poi fo letto la condenagione, dicendo, come li
supredetti avevono amazzata una loro sorella più tempo fa, e poi
la avevono solerrata in una lor grotta. Anco che avevono amaz-
zato in Roma più dì sono el figliolo de Martino de la Cherubina.
Anco avevono atosicata la moglie del fratello del detto Ser Giova-
gnie e la figliola in Roma, e volsero atosicare meser Piero pro-
curatore suo fratello in Roma, e non li vene fatto. Anco che ave-
vono furato a Riete denare e altre cose. In efetto ogni persona
desiderava che essi morisseno, benchè li Sig: Priore non avevon
potuto otenere li 3 dì, che dal nostro statuto [Sondati] per delongarli
la vita e darli tempo a producere ogni loro ragione, e questo lo
fecero li Priore in oservatione de lo statuto nostro. Per la qual
cosa el vecelegato fece un bollettino al Podestà che spedisse tale
giustitia, e che non volea amettere li detti 3 di, e che intendea

(1) Lacuna del ms. Il cronista, narrando i molti disordini compiuti in questo
tempo per la formazione del sacco degli Uffizi, ne segnala uno in verità gravissimo.
Infatti resulta che gl'insaccolatori non osservarono la disposizione statutaria, che
li obbligava a non uscire dal Palazzo, finché non fossero compiute le operazioni
loro affidate.

(2) Il cronista avrebbe dovuto scrivere — dal nostro Legato.

13

à
190 O. SCALVANTI

che li Sig: Priori non erano veri Priori, perchè non erano au-

tentichati; per tanto che li insacolatori passati menaro al detto
locotenente certi dottori mostrando le lor ragione, e non podder
mai otener niente, e così subito fo abreviata la giustitia, e feceli
mozzare el capo a dì ditto lì a piè de le scale del palazzo del
Podestà con li ferri a li piede; e molto ne parve male a la bri-
gala, che non fossero mandate a giustitiare a li luochi deputati (1).

A di 19 de 9bre venne un breve a li nostri Mag: Sig: Priori
da la S. de nostro Sig: '| quale contenea, qualmente el novo
sacco fosse confirmato e autenticato con la sua beneditione, per
la qual cosa li Sig: Priore fecero sonare detta sera la canpana
del comuno a la alegrezza (2).

E a di ditto menò moglie Severe de Ascanio de Alfano la
figliola de Ascanio de Baglione la sera al tardo, a la quale fo
fatta una onorata parata da li vicini de la ditta zitola, e ebboro
quanto domandavono, et il Mag: omo Guido dei Baglione e Se-
mone .de li Oddi con molti altri gentilomeni menaro la detta zitola
a casa del detto Severe suo marito, el quale la delta sera fece
un bello convito a molte persone.

E a di ditto el Cardinale Savello nostro legato parli da Tode,
e andò a Roma, el quale sempre era stato li poi che esso partì
da Perogia. Se disse che andava molto in fretta.

A di 22 de 9bre in giovedi el Mag: omo Guido dei Baglione
andò a Roma con parechie cavalli, e menò seco lodovico de Re-
dolfo suo nepote e Carlo de Cinaglia.

E a di 24 ditto vene una lettera dal nostro legato Monsi:
Savello a li nostri Mag: Sig: Priore, ne la quale contiene, qual-
mente esso conferma el sacco, e vole che loro abbino el loro
salario, benché. a questi di passati non avea voluto che avessero
danari.

(1) Mentre da un lato è notevole la resistenza, che i magistrati cittadini oppo-
nevano agli arbitri del Legato e del Vicelegato, e degno di lode, che spesso nei
conflitti tra le due autorità i Priori cercassero di addurre le loro ragioni nella
forma più corretta, é duopo convenire, che ormai la Chiesa intendeva esercitare in
Perugia il sommo potere, violando le leggi della città.

(2) La sollecita approvazione e conferma delle borse formate dal magistrato
cittadino deve interpretarsi come un mezzo adottato dal pontefice per sedare gli
animi dei cittadini eccitati dal fatto della violazione degli statuti. CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC, 191

E a dì 7 de Xbre comenzaro a gire in favore del cavaliere
del Podestà e del Capitano alchuni gentilomeni, cioiè uno per
sera a la cerca, e detti gentilomeni menavono apresso de sè
molta brigata, e bene in ordine, e questo fo fatto a ciò che non
fosse impedita la corte, perchè era el vivere molto scorretto.

E a dì Il de Xbre li Ufitiali del Cap.° del Popolo la notte
amazzaro uno scolaro de la Sapienzza vechia, chiamato meser
Domenico romano e 2 altri feriti, li quali for trovati che rompe-
vono la pregione per retogliere uno scolaro de detta Sapienzza,
e u di 12 ditto fo falto el corotto e portato a S. Domenico. Lo
acompagnioro li Mag: Sig: Priori e molti dottori e scolari, e cosi
li fo fatio grande onore. :

E a di 18 ditto tornó da Roma el Mag: omo Guido dei Ba-
glione. Se disse che lui avea auta gratissima audienzza dal Papa
e dai Cardinali (1).

E a di 24 de Xbre el Mag; omo Berardino dei Raniere e
Averardo da M. Sperello andaro a la badia de S. Maria de Val
de Ponte, e con essi cie andaro molle persone per fare la caccia
de Casale e de la Venthia. Se partiro che il tempo era turbato (2).

E a di 26 detto fecero la detta caccia de Casale e de la
Venthia in un di, benché il tempo fosse strano de neve e de vento
con grandissimo freddo, che' se podde mal cacciare. Pure for
presi 40 razzi fra grossi e menuti, e la sera se retornaro a la
della badia, dove che li era venuta molta vitovaria da Variate
castello lì dintorno e da altre particolare persone, e molta ne fo
portata ne la caccia de la Venthia per li detti cacciatori per tanto
che ne avanzzó assai maxime de pane e de vino.

E a di 27 ditto Berardino e Averardo preditti retornaro a
Perogia con tutta la brigata da la caccia de la badia de l'Abate
de li Arceprete, e ciascun cacciatore portava el suo razzo, li
quali fecero la via per P. Soli, e giro a capo a piè de sopremuro,
e entroro in piazza per il rembocco de la salsa, gridando parte

(1) Pellini e gli altri cronisti non parlano di questa missione di Guido Baglioni
presso il pontefice.

(2) La espressione — caccia del Casale e della, Ventia — si riferisce alla loca
lità, in cui si svolgeva la caccia. La Ventia infatti è un torrente, che scorre vicino
a S. Maria di Val di Ponte, e Casale é il nome di un monte in territorio di Gubbio.

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192 O. SCALVANTI

de essi: Penna Penna, e così andaro a casa del Mag: omo Ce-
saro de li Arceprete, e lì lassaro tutti li razzi, e fecero colatione,
e poi andaro a casa del detto Berardino dei Raniere.

E a dì 28 de Xbre la nobile dona Inocentia mandò quasi
tutti li detti razzi a Roma a Cesaro suo marito nel cassero de
Castel S. Agnielo, che foro 2 muli carchi, cioiè 11 caprioli, un
cervio, 26 lepri, però che detto Cesaro ancora stava pregione in
Castel S. Agnielo.

A di delto venne una lettera dal Conte Girolamo a Guido
Baglione e Semone de li Oddi e Berardino dei Raniere e P.°
giapeco de li Armanni e a li lor seguaci. Se disse che mandó
per quesli per interesso de Golino de ]i Oddi, ma lo efetto non
se sa, se non nel segreto.

E a di 30 ditto el Mag: omo Guido dei Baglione e Semone
de li Oddi andaro a fare la caccia del Chiusci e de le Chiane con
molti loro amici.

Nel predetto ano el grano al più valse in piazza s. 17, 22, 25
la mina, l' orso s. 17. e 20, la spelta s. 15. l'olio I. 80 in 85, e
'—] vino l. 4 e 4 !/, la soma.

El duc. de Venetia vale l. 7. e '| duc. largo del Papa I. 6.
sol. 17 in mercantia.

14829 — A di 3 de Genaro tornaro da caccia Semone de li Oddi
e suoi nepoti e Guido dei Baglione, li quali avevon fatta la caccia
del Chiusci, e avevon presi 28 razzi, cioié 24 caprioli e 4 cervie
e 2 lupi, e avevon messi due razzi per bestia. Andaro da capo
a piede la piazza con le tronbe inanzze, e poi li scarcaro a casa
de li Oddi.

E a di 10 de genaio revenne da caccia el nobile omo Mala-
testa de Ridolfo dei Baglione, el quale era stata a cacciare al
Piegaio, e andó da capo a pie' la piazza con 12 porci salvatichi,
quali avevon presi. Ne avevon posti 2 per bestia con le trombe
inanzze e il tamburo, e poi andaro a casa.

A di ditto entró meser Pavolo de Fabriano per nostro Cap.?
del Popolo, e piglió el giuramento da li nostri Mag: Sig: Priori.

E a di 22 ditto Michelagnielo de Mucciarello avea messo a
le poste li ufitiale per fare pigliare Baldo de Vico de Baldo per
cerle denari, che esso avea d'avere, onde che acorgendose detto
baldo de la Corte mandó per Mariano de li Baglione, che li fa-
CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 193

cesse compagnia, onde che detti Ufitiale non lo volsero pigliare,
per la qual cosa Tadeo de Gostanzzo, suo fratello, disse a Ma-
riano: voi non facete bene de impedire la corte; sì che al pre-
sente se vive male, e chi amazza e chi asalta e chi feriscie e chi
cerca favore, e così la ragione non cie vale.

A dì 25 de genaio se adunaro nel fondecho de luca de Nanne
el Mag: omo Guido e Ridolfo dei Baglione e Berardino de Go-
stantino dei Raniere e Semone de li Oddi e P°. giapeco de li Ar-
mannj, però che per ogni persona quasi se dicea, che intra loro
nel segreto ce era poco amore, e che un dì se sariano amazzale
insieme, maxime intra li Baglione e Berardino dei Raniere; ma
essi a ciò che la brigata non pensassi tal cosa fecero detta de-
mostratione, mostrandose uno con l’altro cordiale amici ciancian-
dose insieme come fratelli amorevoli.

E a dì ultimo de Genaio morì francesco de Giovagne de Bal-
dino de infirmità, e a dì primo de febraio se fece el corotto in
piazza, al quale cie foro molti omeni e donne da bene, e fo sepelito
in S. francesco.

A di 8 de febraio fo ferito in una tempia Guido overo Guida-
rello, feglio bastardo de Berardino de Gostantino dei Raniere, da
Astorre de Guido dei Baglione e da felippo de Braccio, de notte
tempo in P. S. P. lì a capo al rembocco de pianta rosa.

E a dì 10 de febraio li Mag: Sig: Priori mandaro meser

Stefano Canceliere del Comuno per Amba: al Papa. La cagione
non se disse.

E a ditto vene la nuova qui in Perogia, come la parte Vite-
leschi vano a Roma al Papa, perochè a questi dì passati el nostro
legato Cardinale Savello glie avea remessi in Castello (1). Dipoi
meser lorenzzo da Castello con il favore del Conte Girolamo avea
otenuto un Breve papale, che tutta la parte Vitelescha se dovessi
cacciare fuora, e per questo andavono a Roma. Onde che la S.
de nostro Signiore remise tal diferenzza ne la mano del R°.
Cardinale de S. P. in vincola e del nostro legato Cardinale Sa-
vello.

A dì ditto li Mag: Sig: Priori fecer chiamare 10 cettadini

(1) Non si comprende come il Pellini non abbia fatto cenno alcuno di quest

avvenimenti.

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194 | 0. SCALVANTI

per ragionare lo acordo e pace in fra li Baglione e la casa de li
Ranieri, perchè a questi dì passati Astorre de Guido dei Baglione
e felippo de Braccio andandose a spasso una notte con certi altre
compagni se scontraro a caso con Guido de Gostantino dei Ra-
nieri in P. S. P. a capo al rembocco de pianta rosa, e feriro el
detto Guido, e'l modo e il perchè non se disse. Li cettadini chia-
mate per trattare detta pacg son questi:

Meser Baglione de Golino da M. biano, Alberto
dei Baglione.

Meser Pavolo de Tanchreduccio dei Ranieri,

P. S.P.

P. Soli.
Meser Periteo da M. Sperelli. dn

Bartolomeo de li Armanni, francesco de Oddo, P. S. A.
Semone de li Oddi, Antonio de Mateo, P. Susane.
Meser Antonio de Giliotto de li Acerbi, Golino )
de Chrespolte.
A questi dì de febraio vene la nuova come el Mag: Roberto

P. borgne.

da S. Severino era fuggito da Milano con 6 o 7 cavalli, e andato
. in Siena, e a pena scampò da le mano del Sig: Gostanzzo da Pe-
saro, el quale lo avea asediato nel. ; ; ; ; (by:

E a di 21 de febraio Mariotto de Semone de li Oddi dette 4
ferite a Ser Golino de Ser Mateo da Mantigniana, cioiè li fece
dare da 2 fameglie, che erano con esso Mariotto lì a la via nuova.

Se disse che li dette perchè detto Ser Golino era andato per
Vicario da Chrociano de volontà dei Baglione, e li Oddi non se
ne contentavono.

E al presente se vive molto scorrettamente, però che ogni
persona porta l'arme de di e de notte, e li sbanditi vano per la
città, e non se atende se non a ferire e amazzare. Per la qual

(1) Lacuna del ms. Il cronista non ha saputo indicarci il castello, nel quale
Costanzo Sforza di Pesaro avrebbe assediato Roberto da S. Severino. Veramente
gli storici narrano il fatto in modo alquanto diverso. Contro Roberto, inutilmente
ammonito dal duca di Milano, andò Costanzo Sforza; ma Roberto non fu assediato,
bensi sconfitto insieme a Obietto dal Fiesco, che era accorso in suo aiuto. Allora
il 3 febbraio egli partì con pochi de’ suoi veterani per la Liguria, e quindi, come
scrive il cronista, si portò a Siena. L'Ammirato poi ci narra, che il S. Severino
spiegò ai fiorentini il motivo del suo allontanamento dal duca di Milano, dicendo,
non essere soddisfatto degli stipendi; onde i magistrati di Firenze, entrati in so-
spetto, licenziarono il figliuolo di lui, Giovan Francesco, stato fino a quel tempo
Joro condottiero. Roberto poco stante entrò ai servigi della repubblica veneta.
——__—__tr_—<——&

CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 195

cosa se dubita, che non seguischa qualche male. E cosi ogni per-
sona sta de mala voglia, perchè la ragione non cie vale, e li
mercatanti e arfeti fanno poche facende, e questo vivere è durato
alehun tempo, e è per durare, se dio non cie provede.

A di ultimo de febraio in giovedì a sera, quando andava el
lume de S. Arcolano (1), Lodovico figliol bastardo del nobile omo
Ridolfo dei Baglione con certi altri fomeglie amazzaro Naldino
bastaio da Chrociano, e feriro el figliolo lì apresso a lo Spedale
de Ja Misericordia, quali erano amici de li Oddi, ‘onde che li Odde,
sentendo tal cosa, subito prima che detto lume finisse de andare,
curse el nobile omo Ponpeo de lione de li Oddi con certi suoi
compagni e fameglie, e lì denante al palazzo de li Priori trovaro
Iacopo de Tomasso de Teo de P. Soli, quale andava al lume, e
era molto amico de li Baglione, e li le dettero molte ferite mortale,
tanto che a pena fuggì detto giapeco ne la gabella grossa; per
la qual cosa subito fo lassato el lume, e ogni omo correva per
l'arme, e andavono a le case de li gentilomene, per tanto che se
dubitava che la città andasse sotto sopre. E de li a un poco la
casa de li Baglione con li loro amici tutte bene armate andaro
per el dello Iacomo de Tomasso de Teo li da la gabella. grossa,
e lo fecero portare in casa de Antonio de ls lioncina suo cugniato
lì apiecato con la casa de li detti Baglione, el quale lacomo visse
3 di e poi mori, e fo sepelito in S. Maria dei Servi, al quale co-
rollo cie fo molto popolo, e li Baglione li fecero onore assai, e
mostraro che molto li dolesse la morte sua.

E a di ditto el Vescovo de Asese andó a casa de li Baglione
e de li Oddi e de li Ranieri da l'uno a l’altro con gran solecitu-
dine, per tanto che fecero la trieva la mane a ora de terzza.

E a di 2 de Marzzo in sabeto da poi che fu fatta la detta
trieva venero in piazza li Baglione e li Oddi, ciascuna de le parte

bene armate e con cavalli bardati bene in ponto, cioiè prima ve-

nero su li baglione, li quali andaro perfino li sotto al palazzo de
li Sig: Priore e inanzze era Astorre de Guido dei Baglione, e
poi rentrorono in piazza. In questo venero su li Oddi, li quali

(1) Era la vigilia della festa in onore di S. Ercolano, e i magistrati con gli
artieri si recavano alla chiesa del Santo martire per fare la consueta offerta delle

candele.

CE
196 O. SCALVANTI

anco essi comparirono in piazza, e così subito gionti, ciaschuna de
le parte furiosamente posero mano a le arme, e ataccaro la sca-
ramuccia e azuffarse insieme. E la casa dei Raniere e de li Ar-
manni e Averardo da M. Sperello insieme con li Ranieri se fe-
cero forte lì in capo de la piazza tutti d’acordo; e li stettero saldi
per fino a tanto che la scaramuccia fo staccata, la quale durò
circa 2 ore, e fu una teribile cosa a vedere, però che andava l’uno
contro l’altro, come cani arabbiati, e se non fusse che felippo de
Ansideo venne giù con tutti li frate del Monte con un Chrocefisso
grande, li quali se cacciaro in mezzo gridando: Misericordia
Misericordia, pace pace, cie sarien morte moltissimi omeni da
una parte e l'altra, e similmente el Vescovo de Asese se operò
fortemente per fino a tanto che la cosa fo rebassata, onde che el
Mag: Guido de li Baglione, essendo li a cavallo, andò abracciare
el detto Chrocefisso, e disse: Sig: mio, con manco mortalità de
omeni che sia possibile (1), e in ultemo ciaschuna de le parte se
retiraro da canto, dove che cie ne erano moltissimi feriti de l’una
e l’altra parte, tra li quali cie fo ferito Astorre de Guido baglioni,
el quale se portò molto valorosamente come un Cesaro, cioiè fo
ferito da un verrettone in una gamba, e Mariotto de Semone de
li Oddi de una partegiana, al quale li dette el detto Astorre. E
subito che fo rebassato el romore, ciascuna de le dette parte de
continuo facevono venir fante forestiere, e così ciascuno stava ben
provisto.

E a dì 3 del ditto fo fatta la trieva in fra li Baglione e Odde
e li Ranieri e li Sperelli, e for dati per ricolte 8 cettadini per
porta e sc. 10000 per ciaschuna parte per tempo fino a la ottava
de Pasqua de la resurexione proxema da venire, de la quale ne
foro rogati più notari.

E a di ditto forono eletti li infraschritti cettadini per ragio-
nare e reparare, che non seguischa altro scandolo in fra li Ba-
glione e li Oddi, e che vedessero de pacificarli insiene, li quali
son questi, cioiè :

Meser Baglione de Golino da M.biano Ps p
meser Pietro de Baldo PENE

(1) Questo fatto dell’aiuto prestato a favor della pace dai frati del Monte e da
Filippo Ansidei, come le parole pronunziate da Guido Baglioni, non sono notati dal
Pellini,

-—————22B___--
CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC.

Meser Periteo da M. Sperello * p Soli
Meser P. pavolo de Tanchreduccio !' ' j
Meser Bartolomeo de meser Baldassarre
de li Armanni i dii Di SN.
Meser P. giapeco de li Armanni |
Meser P. felippo da Corgnie
Antonio de Mateo de francesco de Oddo
Meser Antonio de Giliotto de li Acerbi |
Ridolfuccio dei Signorelli j
A di 9 de Marzzo in sabeto venne in questa città el Vescovo
di Lerra, comissario del Papa, el quale avea mandato el Papa

P. Susanna.

P. borgnie.

- per pacificare li Baglione e li Oddi.

E a di 10 detto fo fatto un conseglio nel palazzo de Mon:
denate al detto comissario, el quale fece leggere el breve de la
commissione, che lui avea, e poi molto fo ragionato del mal vivere
de questa città, atento che di continuo se porta l'arme, e che pra-
ticono per la città e per piazza sbandite omicidiale, e che non cie
se fa provisione alchuna, e che saria bene de pacificare li Baglione
e Oddi.

E a di 11 de Marzzo nel palazzo deli Magnifiei Sig: Priore
fo letta una bolla mandata del Papa, e in essa contenea la au-
torità, che sua Santità avea data al sopradetto Comissa: per lo
interesso de l’ ocorso in fra li Baglione e Oddi, e che qualunque
mancasse o che non obedisse detto commissario li possa mettere
per rebelli de S. Chiesa.

E a di 11 detto fo fatto un bandimento per parte del detto
Commissario del Papa, Vescovo de Lerra (1) con 4 tronbe, che
qualunque sbandito da la città de Perogia de pena capitale debbia
per tempo de tutto domane, cioiè del di seguente 12 avere sgom-
brato la città e contado sotto pena de rebellione e confiscatione
de tutti li soj bene. Anco che tutti li forostiere, che stano ne la
città de Perogia a beneplacito de questi nostri gentilomeni per
interesso de le cose occorse a questi dì passati in questa città
debbino partirse de qui per spatio de detto termine sotto pena de

(1) Il Pellini scrive — vescovo di Iurca — forse per Yorck ; ma il cronista chia-
ramente e ripetutamente scrive Lerra o Lerre, volendo indicare o la città di Leer
nell’ Annover o Leray del Berry.

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Prete AI

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Lc

ux

iue AE en qma
198 : O. SCALVANTI

la vita. E che qualunque persona desse recetto a alchuno de li
diti sbanditi cascano ne la medesima pena che sarano detti sban-
diti.

E a di ditto el detto Comissario comise al detto Podestà, che
alendesse avere informatione de le cose occorse per il passato
de li omicidi e altri malefiti, de li quali ne facessi li processi in
bona forma e chi avesse errato fosse punito.

E a dì 13 de Marzzo el Comi: predetto mandò per il Mag:
omo Semone de li Oddi, che li andasse a parlare, quale stava nel
palazzo del Vescovato e andò subito. Se disse che avea mandato,
perchè volea che facessino la pace li Oddi e Baglioni.

E a dì 14 ditto mandò per il Mag: omo Guido dei Baglioni
per far fare la pace predetta e andò e parlò un pezzo con esso.

E a di 15 ditto el Mag: Guido e Semone de li Oddi essendo
andato ciaschuno da per sè denante al detto Comissario li fece
aboccare insieme piacevolmente denante a sua Signoria.

E a dì 15 detto venne la nuova come el Sig: Ruberto da S.
Severino ier sera era entrato in Chiusci con circa 70 cavalli, el
quale se disse che venia da Siena.

E a dì dilto se ne venne a la Panicaiola, e era con luj un
comissario de Venetiani e il Vescovo de Orvieto con circa 70
cavalli. i

E a di 16 de Marzzo el detto Sig: Ruberto venne in Perogia
con tutta la sua brigata, e entrò per P. Susane, al quale li se fece
incontro el Comissario del Papa e il locotenente e il Podestà de
Perogia e il Mag: Ridolfo dei Baglione e Po. lacomo de li Ar-
manni con molti altri nostri gentilomeni, e smontò al palazzo de
Monsi: e poi andò aloggiare a la ostaria de S. Marco sempre con
li sopredetti in compagnia.

E a di 17 de Marzzo li nostri Mag: Sig: Priori mandaro a
presentare el detto Sig: Roberto, ma esso era montato a cavallo
per andare via, onde che per mezzo del vescovo de Orvieto lo fece
aspettare li a S. P. e andò el detto presente. In efetto sua Seg:
non volse pigliare se non una torta marzapane e le scatole, e
l’altre cose le remandò in derieto.

A di ditto vene un breve dal Papa al Comissario suo che ora

sta in Perogia, el quale breve citava a Roma questi infraschritti
nostri gentilomeni cioie :
CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 199
Guido de Malatesta Baglione.

Orliviere bastardo de Carlo Baglione.

Berardino de Gostantino. dei Raniere e Averardo da M.

Sperelli.

P°. Giapeco de meser Baldassarre de li Armanni, Semone de
li Oddi e meser Fabritio suo figlio bastardo.

Mariotto figlio bastardo del protonolario de li Oddi.

E a di 18 del detto venne un breve a Guido detto Guidarello
figlio bastardo de Gostantino dei Raniere, che lui ancora dovesse
andare a Roma al papa.

E a dì 20 de Marzzo el Mag: Guido dei Baglione e il Mag:
Semone de li Oddi andaro in palazzo del Vescovo a parlare al
Comissario del Papa per interesso del detto breve, e ciaschuno
andò da per sè, dove che stettero li circa 5 ore col detto Comis-
sa: ragionando de la pace. In efetto non foro d’acordo, perchè
disse detto Guido, che li Oddi li avevono amazzato Iacomo de
Tomasso de Teo, magior amico che avesse la casa dei Baglione,
e Semone de li Oddi disse, che li Baglione li avevono amazzato
Naldino, magiore amico che avesse la casa de li Oddi, e così non
se ne fece niente; per la qual cosa ditto Comissa: de novo fece
comandamento a li ditti che andassero a Roma.

A dì ditto tornò a Perogia el Mag: omo Berardino de Go-
stantino dei Raniere dal Duca de Urbino. Cie era andato a questi
di passati. Onde che essendoli notificato el detto breve del Papa
tornò subito a Perogia.

A dì 21 de Marzzo in giovedì a mattina per tempo cavalcò
el Mag: Guido dei Baglione verso Roma al Papa per vigore del
detto breve e per obedirli al Papa.

E
Carlo Baglione, e andava pure a Roma per vigore del breve detto.

a dì ditto a ora de terzza cavalcò Orliviere, bastardo de

E a dì ditto fo conchlusa e fatta la pace in fra li Baglione e
Oddi per mezzo del Comisario del Papa nel palazzo del vescovato;
e anco la pace in fra li Oddi e figlioli de Iacomo de Teio, e for
fatti li capitoli de lo acordo per mano de Ser P. Pavolo e S. Bar-
tolomeo de P. Soli e de Ser Mateo.

E a dì ditto andò a Roma el Mag: Berardino dei Raniere e
Averardo da M. Sperello e Guido bastardo de Gostantino dei Ra-
niere, perochè ebbero un breve per uno, che li citava a Roma
200 O. SCALVANTI

al Papa. E a dì ditto andò a Roma el Mag: Semone de li Oddi
e meser fabritio, suo figlio bastardo, e Mariotto del protonotario
de li Oddi pure bastardo, li quali erano stati citati tutti per breve
del Papa.

E a dì 21 de Marzzo el sopredetto Comissa: del Papa fece
comandamento a meser Bertoldo de lione de li Oddi, per parte del
Papa, che lui andasse a Roma a Sua Santità, perchè dice, che
lui non vole aconsentire, che Ponpeo suo fratello sia messo in
bando, e li Baglione domandano che li sia fatto quello che in-
porta la ragione.

E a dì ditto fo fatto un bando a 4 tronbe per parte del nostro
legato, che nisuna persona de la città o contado de Perogia ardisca
nè presuma de aconciarse con nisun nemico de S. Chiesa sotto
pena de 1000 ducati da aplicarse per la metà a la Camora apo-
stolica e l'altra a l'acusatore e executore. /íem che nisuna per-
sona della città o contado ardisca de vendere nè far vendere
cavallo alehuno a li predetti nemici a la pena de 200 duc. Ztem
che chi volesse aconciarse per soldato debbia parlare con il loco-
tenente de la città de Perogia, che li darà aviamento.

A dì 23 de Marzzo andò a Roma P.° lacomo de li Armanni
per vigore de la citatione del predetto breve del Papa.

E a dì 27 ditto fo falto bando a 4 tronbe da parte del Co-
missa: del Papa, Vescovo di Lerra, che non sia persona che
presuma de portare arme alchuna da ofendere quanto da difen-
dere, e sia de quale stato o conditione se sia sotto pena de 5 e 4
tratti de corda, e che dopo el suono de la campana del comuno,
che sarà a un'ora de notte, se radoppie la pena.

E a di 29 detto vene un breve dal Papa a meser Brettoldo
de Lione de li Oddi, che lui dovesse andare a Roma al Papa.

E a questi di de Aprile fo fatta la chresima in S. Lorenzo
per mano del Vescovo de Lerre, comissario del Papa, e duró 8
di, dove che se chresimó molta brigata.

Anco a questi dì de Aprile fo uciso a Roma el fratello del
Cardi: Colonda e con esso certe altre persone. Li ocise la casata
de S. Croce, a li quali li fo scarcata la casa per comissione del
Papa. Et il protonotario de li colondesi se fece forte sotto Roma
in un castello chiamato Marino con fanti e cavalli. Se disse che
lui avea falta Ja curreria fin presso a Roma, e fece preda de molto

—— M77 ie ET

CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 201

bestiame, e se disse, che fece questo per vendicare la morte del
fratello e dubitase, che facci questo con le spalle del Re di Na-
pole (1). |

E a di 18 de Aprile tornó da Roma Orliviero de Carlo ba-
glioni. Se disse, che lui se era aconcio al soldo del Conte Giro-
lamo.

E a di 19 ditto tornó da Roma Mariotto del protonotario de
li Oddi, e avea asettate le cose sue.

E a dì 20 de Aprile vene la nuova qui, come el Cardinale,
figliolo del Re de Napole, era partito da Roma la notte e andato
a Marino sotto Roma, per la qual cosa ne fo presa amiratione
assai, perchè li c'era el protonotario dei Colondesi.

E a dì 21 de Aprile fo canonizato S. Bonaventura, cardinale
de l’ordine de S. francesco (2).

E a dì 23 de Aprile vene un breve dal Papa al nostro loco-
tenente, el quale comandava che lui facesse cassare el processo
de la rebellione del nobile omo Golino de li Oddi e dei suoi fi-
glioli e de P.° de felice de li Arceprete; per la qual cosa a dì
ditto ne fo fatto conseglio e proposta denate a li Mag: Sig: Priori,
qualmente avevono inteso, che il detto locotenente avea coman-
dato a li notari de lo Armario, che li portassero el libro de li
ribelli, onde che per detta cagione fo adunato el detto conseglio,
nel quale fo determinato e conchluso de mandare al detto loco-
tenente per intendere la cagione, perchè esso avea mandato per
il detto libro dei rebelli, e che essi se ne maravigliavono, che
S. Sig: voglia trare detto libro de lo armario, atento che non fu
mai visitato, e in efetto cie for mandati questi sottoscritti per in-

(1) Il cronista ha ragione, perché evidentemente i colonnesi tenevano per il
re di Napoli e per Alfonso, duca di Calabria, contro gli Orsini, che stavano per il
pontefice Sisto IV.

(2) Il cronista scrive, che il 21 aprile fu canonizzato S. Bonaventura; perciò
nei dubbi avanzati circa la data di quella canonizzazione il perugino scrittore viene
confortando l' opinione di coloro, che riferiscono il memorabile avvenimento all’ a-
prile del 1482, Infatti alcuni sostennero, che S. Bonaventura fu canonizzato nel 29
aprile di quell’anno, altri nel giorno dell’ Ascensione, che cadeva il 15 maggio, e
altri infine lo posero al 14 aprile, in cui correva la domenica în Albis. Il cronista
dà notizia del fatto, come avvenuto nel 21 aprile, ma può darsi, che egli abbia
errato confondendo il giorno della canonizzazione con quello della notizia, che ne
giunse in Perugia. Ad ogni modo le altre ipotesi sono completamente escluse.

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il A TON PT RES
202 O. SCALVANTI

tendere la resposta del detto locotenente e reportarla al predetto
conseglio (1).

Meser P.° felippo da Corgnie, dottore.

Meser Baglion de Golino da M. biano, dottore.

Meser Periteo da M. Sperelli, dottore.

E la resposta del Sig: locotenente fo, che esso volea che se
cassasseno quelli prenominati, de li quali ne avea auto coman-
damento dal Papa, e così comandò a li notari de lo Armario,
che portassero li detti libri, e cassassono li sopredetti sotto pena
de 1000 due. per ciascuno. Onde che essendose reportata la re-
sposta nel conseglio da li predetti dottori non fo nisuno che par-
lasse o replicasse in contrario, e così ciascuno se levò da Con-
seglio, e andaro a le lor facende, benchè fo piccolo numero de
persone al detto conseglio.

E a dì ditto la sera al tardo furo portati li detti libri de le
rebellione de li usciti denanti a la S. del locotenente, cioiè por-
tati per li nostri notari de lo armario, quali avien casse e scan-
cellate le rebellione de Golino de li Oddi e dei suoi figlioli e de
P.* de felice de li Arceprete, per la qual cosa alchun nostro cet-
tadino ne stava de mala voglia. Pure ebbero pacientia.

A di 24 de Aprile el nobile omo Carlo de Cesaro de li Ar-
ceprele se aconciò con il Duca de Urbino con la condotta de
22 lancie e fante.

E a di 25 ditto tornó da Roma el Mag: Semone de li Oddi
con bona licenza del Papa.

E a di 26 detto venne in Perogia meser Piero de Gino Caponi
Amba: de fiorentine, el quale andava al Re de Napoli con pa-
rechi cavalli, e aloggió a l'osteria de S. Marco (2).

(1) Dobbiamo noi ascrivere la fiera risposta del magistrato perugino al desi-
derio di mantenere, più che fosse possibile, il reggimento interno della repubblica
indipendente dalla Chiesa, o al timore di vedere il legato pontificio giudicare seve-
ramente le liste di proscrizione fatte contro tanti cittadini ? Leggendo più innanzi
a noi par facile argomentare, che l'opposizione dei cittadini derivasse dal senti-
mento di respingere l’ingerenza della curia in ciò che si riferiva allo stato della
repubblica.

(2) Di questa ambascieria non vi é memoria nell'Ammirato, a meno che ad essa
non debba riferirsi quella generica menzione di amobasciatori, che si incontra nel
Lib. XXV delle Ist. fior.

PIE 1 ait car HAE SMS CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 203

E a dì 27 ditto andò detto Amba: a parlare a li Mag: Sig:
Priori.

la 5

E a dillo vene la nova come el Duca de Urbino se partì da
Gobbio a dì 24 ditto, e andava verso Napoli, e prese la via verso
| fiorenzza, al quale li andò incontro Lorenzzo de Cosmo Medici.

,E a questi de Aprile parti da Perogia el vescovo de Lerra,
Comissa: del Papa e tornava a Roma.

Mer I su

E a di ullemo de Aprile venne per locotenente de Perogia el
Vescovo de Viterbo. E

E a di 3 de Maggio retornó a Roma el Mag: Guido de Ma-
latesta dei Baglione.

ner Lingue

as

E a di ditto in venerdi tornò in Perogia el nobile omo Golino

de li Oddi e felippo suo figliolo, li quali erano stati rebelli de

S. Chiesa, e a questi di passati fo cassa la loro rebellione per

comandamento del Papa, a li quali se fecero incontro molti loro

amici a piede e a cavallo, e subito che forono smontati a casa

loro andaro con li sperone in piede a casa de Semone de li Oddi

per visitarlo, e cosi detto Golino e felippo con la berretta in mano

abracciaro detto Semone e con benignie parole se oferiro a lui;

dicendo, volere essere suoi obedienti figlioli e Semone respose,

| acettarli per figlioli e fratelli recordandoli, che sempre fossero

boni figlioli de S. Chiesa; e poi andaro a casa loro con molti amici
in compagnia.

A dì ditto tornò da Roma el nobile omo Averardo da M. Spe-
rello e Guidarello de Gostantino dei Raniere con bona licenzza
del papa.

E a di 5 ditto retornò in Perogia Pietro de felice de li Arce-
prete, el quale era stato rebelle de S. Chiesa per interesso del
Conte Carlo. Entrò per P. S. A. dove che li mandaro incontro
molti amici de la casa de li Arceprete a pie’ e a cavallo, e smon-
lato che fo a casa sua, fece una piazzata con felippo de Golino
de Ji Oddi, e molte persone li toccaro la mano, e poi subito tornò
a casa sua, e andò a visitare la nobile donna Innocentia moglie
del Mag: Cesare de li Arceprete.

E a dì 11 de Maggio venne la nuova qui come la Sig: de
Venetia avea fatto bandire la guerra contro el Marchese de fer-
rara, e che in quel medesimo dì avea fatta una curraria nel

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204 O. SCALVANTI

detto destretto, cioiè a Bagnio cavallo, dove cie avevon fatta una
certa preda (1).

E a di 18 de Maggio fo uciso un forestiere denante a la porta
del palazzo del Capitano del popolo. Lo ucise un altro forestiere,
el quale fuggi in casa de li Baglione, e cosi de continuo se atende
a mal vivere, e portase l'arme el di e la notte.

E a di 20 de Maggio venne la nuova qui come le gente de

la Sig: de Venetia fan dano assai in quel del Marchese de fer-
‘rara, e anno presi certi castelli e passi (2).

E a di 21 detto in lunedi, che fo el di de S. Berardino, passó
per il nostro contado el figliolo del Sig: Roberto da S Severino
eon parechie squadre de cavalli bene in ordine e 1 squadra passó
per questa città. Se disse che andavono in Romagnia in aiuto de
le gente de la Sig: de Venetia (3).

E a di 22 de Maggio vene in questa ciltà el generale de l'o-
dine de S. Agustino per fare el capitolo, el quale venne a cavallo
con molti maestre teologi e altri frate del detto ordine. Entrò per
P. S. P. e passò longo la piazza, e a dì 25 detto fecero el capi-
tolo, e fo confermato el detto generale. Cie foro 1400 frate e molti
più cie ne sarien venuti, se non per la suspetione de la moria in
questa città, che cie erano morte alchuni e anco per sospetto de
guerra; pure el capitolo fo molto bello e onorato.

(1) Fu appunto nel maggio del 1482 che la repubblica di Venezia, alleatasi con
Sisto IV, diede principio alla guerra contro il duca di Ferrara, sebbene questi avesse
tentato ogni via per evitarla. Una delle prime fazioni di questa guerra, secondo il
cronista, si sarebbe svolta a Bagnacavallo (Tiberiacum). Grave é il giudizio dato
dagli storici sulla condotta di Sisto IV, il quale «invece di interessarsi, come padre
comune, per frastornare questo movimento d’ armi, e massimamente trattandosi di
un principe suo vassallo, vi saltò dentro a piè pari, sedotto, come si può credere,
dal conte Girolamo suo nipote (Murat. Annali) ». Infatti il pontefice Sisto IV dava
mano all'aggressione dei veneziani contro Ercole, duca di Ferrara, non già per
favorire la repubblica Serenissima, ma per dar modo al conte Girolamo di rendersi
signore di quello Stato.

(2) Il duca Ercole di Ferrara, per essere in altre guerre occupati coloro, che
avevano lega con lui, come il re di Napoli, Lodovico il Moro, il Marchese di Man-
tova ecc. non poté resistere alle armi di Venezia, e quindi in breve tratto di tempo
vide il potente nemico impadronirsi di Rovigo, di Comacchio, di Lendinara, della

- Badia, di Adria e giungere fino alle porte di Ferrara.

(3) Ciò non deve intendersi nel senso, che i veneziani avessero in quel mo-
mento d'uopo di soccorso; ma nel senso, che le squadre condotte dal figlio del
San Severino andavano a congiungersi con quelle, che, sotto gli ordini di Roberto,
combattevano a favore della repubblica veneta.
CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 205

Et il nostro Mag: Comuno mandò a presentare el detto Ca-
pitolo de 14 scatole e 12 torte de marzapane e parecchie libre de
cera, e andò al detto presente el cancelier del Comuno con tutta
la fameglia del palazzo, e poi de continuo cie andavano li presenti
dei cettadini, castelli e comunanzze, e foro ben visti e volentieri.

E a dì 27 de Maggio andaro in processione a S.. Domenico,
e fo cantata la messa grande in piazza denante a S. Lorenzzo, e
for fatti li altari e cantate le messe denanti alli fondichi. E poi
li fo fatta la colatione da la fraternita de S. Domenico publica- .
mente, e a la tornata de la processione fo mostrato lo anello de

la nostra donna in piazza per le mano del generale de S. Ago-
stino, dove fu gran popolo.

E a dì 28 de Maggio andò la processione del detto capitolo
a S. francesco, e andaro da capo a piè de Ja piazza, e for cantate
molte messe in piazza similmente denanti a li fondichi con belli
Uffiti e fu predicato. E li frate de S. francesco li fecero anco essi
la colatione. :

A di ditto fo sposata la figliola del Mag: omo Cesaro de li
Arceprete, chiamata Luchretia, al nobile omo Semiramis de Go- -

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4

lino de li Oddi, e a lo sposalitio cie for convitate poche persone,
e non cie for fatte le cose molto sontuose per più onestà, però

Midi am^

che Cesaro suo padre stava in Castel S. Agnielo pregione.
E a questi dì de Maggio mori de peste Malatesta de P°. an-

Fitz,

tonio dei Gratiani, e fo sepelito de notte in S. Domenico.

A di 6 de Giugnio papa Sisto fece retenere in palazzo de
Roma el Cardi: Savello ell Cardi: Colonda e il Sig: Mariano Co-
londa, e mandolli pregione in Castel S. Angegli. Se disse per so-
spelto de la guerra, che avea el papa con lo Re de Napoli, peró ;
che el Duca de Calabria ogni di scorreva con li cavalli sino a le |
porte de Roma (1).

(1) Questo fatto della prigionia del card. Savelli é cosa assai notevole. I bio-
grafi dell'illustre prelato narrano, che la prigionia duró otto mesi, e che gli fu
inflitta per sospetto di infedeltà al papa, come se ‘tenesse segreta intelligenza con
"erdinando re di Napoli, ma da altre fonti, quale ad es. il racconto del nostro
cronista, è facile rilevare, che il card. Savelli parteggiasse pei colonnesi, in favor
dei quali si levò, per ordine del padre, Alfonso, duca di Calabria. Il Savelli ebbe
poi a sopportare nuovi oltraggi dal papa Alessandro VI, che lo spogliò del cardina-
lato come nemico del duca Valentino, al quale onore venne poi restituito dallo

stesso Borgia.

14
O. SCALVANTI

A questi dì de Giugnio Malatesta de Ridolfo dei Baglione
andò al soldo de la Chiesa, e bene in ordine.

A dì 14 de Giugnio el nobile omo Averardo da M. Sperello
andò ancor esso a soldo de la chiesa bene in ordine.

E a dì 15 detto vene la nova certa qui in Perogia, come era
morto el Mag: Cesaro de li Arceprete. Se disse che lui mori a di
9 ditto in Castel S. A. de Roma de infirmità, al quale fo fatto
grande onore, e molto dispiaque a li cardinali e altri prelati, che
lui fosse stato tenuto tanto tempo in Castel S. A. non se verifi-
cando, che lui avesse errato, però che lui era stato menato pre-
gione a Roma a dì 18 de 8bre 1477, che son 4 anni 3 mesi e

3 dì (1).

E a dì 17 de Giugnio el papa tolse la legatione de questa
città al Cardinale Savello, e fo data per alora al vescovo de Vi-
terbo, che al presente era nostro locotenente, e poi el papa mandò
el Patriarca per nostro legato.

E a dì ditto tornò dal P. de Paitolo la nobil dona Innocentia
moglie già de Cesaro de li Arceprete sopredetto. Gionse in Pero-
gia a 2 ore de notte con un tempo molto strano de piova e vento.
Se disse che tornava per vestirse de bruno. E a dì 18 ditto se
vestì de bruno a le 22 ore con pani vedovili, e for visitati da molti
loro amici e parenti tutti condolendose assai de tal caso.

E a di 19 de Giugnio el campo dei fiorentine andò a Castello,
e era principale el Sig: Gostanzzo de Pesaro con molte squadre
de cavalli, e erace meser Nicolò Vitelli, e acamparse dal canto de
qua verso noj e pigliaro li passi (2).

E a dì 20 ditto el detto canpo dei fiorentini e meser Nicolò
Vitelli dettero uno asalto a Castello, e la parte li dette una porta.
E così rientrò in Castello detto meser Nicolò gridando sempre:
viva la Chiesa, ma ancora non avevono potuto avere la rocca.

E a ditto el Sig: Giovan franc. da Tolentino aloggiò al Busco
del Baco con 8 squadre de cavalli e fante assai, el quale venia
da Imola, e andava a Roma, ma volea socorrere Castello. Se non
che seppe che era perso. i

(1) Questo fu il triste epilogo della agitata esistenza dell’ illustre personaggio
perugino. ;

(2) Costanzo Sforza, licenziato dal signor di Faenza, venne da' fiorentini in-
viato a Città di Castello per favorire Nicolò Vitelli. For

CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 201

E a di ditto el Duca de Calabria piglió Ostia porto de Roma.

E a questi di de Giugnio for fatti fanti e mandati a Montone
a stantia de questa città, però che se dubitava assai de le gente
entrate in Castello.

E anco se disse a questi di che Cortona avea fatto fare bando
contro la Chiesa.

E a dì 23 de Giugnio in domenica vene la nuova, come el
Mag: omo Berardino de Gostantino dei Raniere e Guido suo fra-
tello bastardo se eran fuggite la notte de la rocca de Vetralla
per sospetto; li quali stavono lì per castelani de la detta rocca,
e vennero in quel di a Manligniana, e il medesimo di cie venne
li el nobile omo Rugiero e Carlo suoi fratelli, e andarsene tutti
insieme.

E a dì primo de luglio Berardino dei Raniere schrisse una
lettera a li Mag: Sig: Priori, e avisava che lui se era partito da
la rocca de Vetralla e la ragione e il perché. Onde che pregava
lor Sig: che ne avisassero li omene de lo Stato, li quali pregas-
sero el Patriarca nostro legato, che lo recomandasse al Papa di-
cendoli, qualmente esso non se è partito per non essere bon fi-
gliolo de S. Chiesa. Per la qual cosa subito che fo veduta la detta
lettera fo fatto el conseglio, e elessero lo Amba: per mandarlo al
Patriarca nostro legato pregando S. Sig: se voglia contentare de
lassare tornare el detto Berardino e suo fratello in questa città
de Perogia.

E a dì 2 de luglio fo mandato el detto Ambasciatore, cioie
Bartolomeo de li Armanni dal nostro Comuno al Patriarca per
racomandare Berardino dei Raniere e Guido suo fratello bastardo.

E a dì 8 de luglio tornò el ditto Amba: dal Patriarca, e recò
un salvacondotto, quale avea otenuto da esso, che detto Berardino
potesse andare siguro denante al legato, el quale sta a la fratta.
Per la qual cosa subito ne fo fatto conseglio, e mandaro a noti-
ficare el tutto al detto Berardino.

E a dì 4 ditto el detto Berardino andò a la fratta al Patriarca
nostro legato, quale era li col canpo, e con detto, Berardino cie
andaro questi nostre gentilomeni, cioiè el Mag: Ridolfo dei. Ba-
glione, Semone de li Oddi e P.° giapeco de li Armanni e alchuni
altri; e gionti che foro denante al detto Patriarca, Berardino in-
sieme con li detti gentilomene insieme parlarono con sua Sig:, e

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O. SCALVANTI

così li perdonò, e esso Berardino a dì dilto se revene a Perogia
con li altri gentilomeni.

E a di 5 de luglio fo fatto un conseglio in palazzo de li Sig:
Priori, nel quale fo ragionato de fare fanti per mandarli in canpo
in aiulo de la Chiesa contro Castello.

E a di 11 de luglio el canpo de la Chiesa aravve Montemi-
giana de quel de Castello, e poi la sachegiaro e arsero e la rocca
l'ebbero a patti.

E a dì 13 luglio vene la nuova chiara, come el canpo dei
fiorentini avevon presa la rocca de Castello a patti.

A di 17 detto mori Agnielo de Buontempo de peste, e cosi
la moria va facendo danno per tutta la città.

E a di 23 di luglio mori Lodovico dei Baglione a. Papiano, e
fo recato a Perogia.

A questi dì de luglio passò el Conte Agnielo, figlio del Conte
Iacomo de Nicolo Piccinino, a fuligne con parecchie squadre de
cavalli.

A di ultimo de luglio mori Galiotto de lello dei Baglione.

A questi di de Agosto el Mag: Ridolfo dei Baglione e il no-
bile omo Venciolo. da Corgnie andaro a parlare al Mag: omo
Carlo de Cesaro de li Arceprete alle portole nel nostro confine,
onde che se abracciaro insieme, e ebbero lungo ragionamento; e
poi detto Ridolfo e Venciolo retornar detto di a Perogia. Onde
che subito che for tornati li predetti, fo fatto un conseglio nel pa-
lazzo de li Sig: Priori, nel qeale fo ragionato, che saria bene de

remettere tutti li ribelli maxime el Mag: Gentilomo e il Mag:.

Carlo e Agamenone de li Arceprete. E in efetto fu conchluso, però
che ogni gentilomo se ne contenlava, che dovessero tornare, e fo
data la comessione al Mag: Ridolfo dei Baglione e Venciolo da
Corgnie, li quali avessero a ragionare. con il Patriarca nostro le-
gato, e così fo fatto. La resposta del detto Patriarca si fo, che
disse volerne dare prima aviso al Papa, e che lui pensava, che .il
Papa se contentaria de quello che se contentano li gentilomeni de
questa città, e cosi remase la cosa suspesa. Dipoi el detto Patriarca
se contentò, e fu mandato a dire per parte del Patriarca e de li
Sig: Priori al Mag: Gentilomo e Carlo e Agamenone de li Arce-
prete in Agobbio e per parte de tutto lo stato de Perogia, che lor
tutti son contenti che essi possano tornare nel nostro contado de
Pr

CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 209

Perogia salvi e sicuri, ma non ne la città, cioiè el Gentilomo per-
fino al Ponte de Pattolo, e Carlo e Agamenone perfino a la Badìa

«de S. Maria de Val de ponte, e in segnio de ciò e per più cau-

tela loro li schrissero una lettera Ji Mag: Sig: Priori per parte
del Patriarca e loro e de li omeni de lo Stato, che essi tornassero
salvi e siguri nel nostro contado di Perogia come de sopre è detto,
e essi gentilomene promisero per loro de farli sempre siguri.

E a dì detto li sopredetti se partiro, cioiè el gentilomo vene
perfino a le portole nel nostro confine, e Carlo e Agamenone ve-
nero perfino a sopre Monte l' Abate.

E de l'altro di el Gentilomo predetto revene amalato al Ponte
de Pattolo, al quale se fecero incontro molti amici maxime de
conladini, e fo portato da loro.sino al Ponte assai gravato, e era
stato amalato lungo tempo.

Da poi revene el Mag: Carlo e Agamenone a la badia d: S.
Maria de val de Ponte con molti cavalli e bene in ordine. Se
disse che venivono ben proviste per piü lor cautela, e subito che
essi for gionti li tutti li castelli de la Teverina sonorono ad un
tempo le campane, e travono le spingarde per grande alegrezza
de la tornata loro, tanto che non se potea far più, e quasi ogni
persona se ne maravigliava de lanta demostratione non solo da
li amici loro, ma generalmente da ogni persona. Erano stale re-
belli parechie anni e mesi, e al presente venivono da Gobbio.

Et in quelli di el sopredetto Carlo e Agamenone forono visi
tate da tutti li castelli amici loro, tutti bene in ordine oferendosi
a loro magnificenzza, come è solito, dicendo essere pronti ad ogni
lor bisognio; e essi acettorono, e dissero che stessero in ordine,
e che besognando lo farano intendere, e de continuo ne tenevono
apresso de loro 100 e 200 de di e de notte, e facevase fare bone
e sufitiente guardie a lor cautela, e di continuo dì per di a ora
per ora tutti li amici loro li andavono a visitare tanto li amici da
longe, quanto quelli da presso, e forono si grau numero, che mai
persona lo averia pensato né chreduto.

Et in quello di del detto el Mag: Ridolfo dei Baglione e
Venciolo da Corgnie:andaro a la badia de Val de Ponte a parlare
al Mag: Carlo e Agamenone, e poi andaro al Ponte: de Pattolo
a parlare al Mag: Gentilomo de li Arceprete, quali li confortaro
tutti, dicendoli che fra pochi di Monsi: nostro legato e li Sig:

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210 O. SCALVANTI

Priori e li Gentilomeni li chiameranno, che se retornano in Pe-
rogia a casa loro, e poi el sopredetto Ridolfo e Venciolo se retor-
narono in Perogia.

Dipoi el Mag: omo Berardino dei Raniere andò ancor lui a
visitare el Mag: Carlo e Agamenone de li Arceprete a la badia
de Val de Ponte, e li mangiaro insieme e stettero un pezzo a par-
lamento detto Berardino e Carlo, e poi detto Berardino se parti, e
andó a visitare el Gentilomo de li Arceprete al P. de Pattolo, el
quale era amalato, e poi se ne andó a la Colomella.

Anco a questi di de Agosto vene la nova qui come el Campo
dei fiorentine se fan-forte a Citerna (1).

A dì 24 (2) de Agosto fu rotto el campo del Duca di Calabria
e presi molti suoi signori e condottieri dal campo de la Chiesa.

A questi dì de Agosto revene in Perogia lo Abate de li Ar-
ceprete, al quale se fecero incontro molti loro amici, e subito che
smontò da cavallo fo visitato generalmente da ogni persona. Tor-
nava da Roma, però che era stato là circa 5 anni, che non era
mai tornato a Perogia.

A di 25 ditto el Patriarca nostro legato, li Mag: Sig: Priori
e li omeni de lo Stato mandaro al P. de Pattolo al Mag: Genti-
lomomo a dirli, che lui se retornasse a Perogia salvo e siguro, e
così a dì ditto se revene, cioiè fo recato da li contadini, e li an-
daro incontro moltissimi de li loro amici, e da poi fo questo vi-
sitato da li suoi amici e da li omene de lo stato e da altre parti-
colar persone, e così ogni omo se mostrava contento de la sua
tornata.

E a questi dì Agosto el Mag: Carlo de li Arceprete per co-

mandamento del Patriarca se partì da la badia e andò a Antria,.

(1) I fiorentini, appreso che Roberto Malatesta anziché recarsi a Città di Ca-

stello contro Bartolomeo Pucci, commissario delle armi di Firenze, si portava a

Roma, liberi da ogni timore, comandarono che si espugnasse Citerna.

(2) Anche qui il cronista confonde la data del fatto con quella del giorno, in
cui ne giunse nuova a Perugia. Infatti l’ aspra battaglia di Campomorto in quel di
Velletri fra le genti del Conte Girolamo unite a quelle di Roberto Malatesta e le
milizie del duca di Calabria avvenne non il 24, ma il 21 agosto. Si combatté acca-
unitamente da ambe le parti per oltre sei ore, ma alfine la vittoria arrise alle armi
della Chiesa, che fecero prigioni ben trecento militi avversari, e misero in fuga lo
stesso Alfonso, che riparò con soli cento cavalli a Terracina, o, come altri scrive,
à Nettuno. :
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———

CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 211

dove cie stette un di, e poi se ne andò al Piegaio, e poi che
lui gionse al detto castello li se fecero incontro tutti li omene
grande e piccoli gridando: Penna Penna e Carlo Carlo, e quasi
‘ogniuno piangea per alegrezza, come se lui ne fosse stato signore,
e lutti li fecero onore assai. Da poi el di seguente se partì e andò
a Antria.

A di 3 de 7bre retornaro in Perugia el Mag: Carlo e Aga-
menone de Cesaro de li Arceprete, li quali forono rimessi con
volontà del Papa, e foro chiamate da li omeni de lo Stato unita-
mente e generalmente da ogni persona. Li quali erano state re-
belli de S. Chiesa, e li se fecero incontro gran numero de li loro
amici, gridando: Patriarca Paíriarca, Chiesa Chiesa, e subeto
smontaro al palazzo de Monsi: dove che li ce era el Patriarca
nostro legato, li Mag: Sig: Priori e li omene de lo stato, e gionti
che foro li se inginocchiaro denante al Patriarca, quale li abbraciò
benignamente, e così li abbracciaro li S. Priori, e poi toccaro la
mano a tutti li gentilomeni. Da poi fatto questo el Patriarca co-
menzò a parlare, e disse al sopredetto Carlo e a Agamenone la
obligatione, che essi avevono prima con li Priori passati e con li
Priori presenti e a li omeni de lo stato, che ciascuno de essi erano
stati soleciti e pronti a pregare S. S. che se avesse a operare
con il Papa per la loro tornata in Perogia. Per la qual cosa e
per pace e quiete e unione de questa città el Papa li perdonava,
benché a sua cautela e a ció che egli fosseno obediente a S. Chiesa
volea li sottoscritti gentilomeni promettessero tutti, come diremo
de sotto. Inteso el detto Carlo e Agamenone la proposta del R.mo
Patriarca e legato se levò in piede molto benigniamente, al quale
respose e disse: Monsi: nostro R.mo, avendo inteso la sua ri-
sposta dirò con licenzza di quella 10 parole: dico aver perpetua
obligatione con il Papa, atento che quella se è umiliata a perdo-
narci e così ne rengratio V. S. R.ma, che se è degniato de pre-
gare e erortare Sua Santità con ogni sua industria, del che
ne è conseguita l'opera, che al presente se vede, de averci remessi
in Perogia in casa nostra. Tertio e ultimo rengratio questi Mag :
Sig: Priori e questi nostri onorandi gentilomeni de lo Stato e
generalmente ogni persona, quali son state vigilante e soleciti a
negotiar con V. S. R.ma lo interesso nostro, per li qual preghi
quello se è mosso per sua benignità ad intercedere gratia al Papa,

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212 O. SCALVANTI

che cie abbia da perdonare e remetterci in casa nostra scancellando
da noj ogni rebellione, come per effetto al presente se vede.

E similmente se levò poi Agamenone, suo fratello, e. disse
ancor esso simil parole ringratiando tutti, e fo tenuta ciaschuna
bella resposta. Alorché ebbero fornita la resposta, el Patriarca
fece leggere el Breve, che avea mandalo nostro Sig: per lo detto
interesso, nel qual contenea, come S. Santità perdonava a li pre-
detti. Ulterius, che S. Santità intendeva, essi aver fatto parentado
insieme, cioiè la Mag: de Ridolfo dei Baglione con Agamenone
de Cesaro de li Arceprete, del che ne avea satisfatione assai, e
che vole similmente che il parentado, quale fo fatto più tempo fa,
infra la figliola del Mag: Gentilomo e Cherubino de felcino de li
Armanni vole che tenghi, e che seguite; e poi, letto che fo el detto
breve e replicato per il R.mo Patriarca, se levò su in piede Ri-
dolfo, e disse, esser contento e remettere in S. Sig: R.ma, e così
respose Agamenone similmente. E perchè il Gentilomo non se
trovò li presente volse el Patriarca, che Carlo e Agamennone pro-
mettessero per il detto Gentilomo a ciò lui aconsentisse ad ogni
cosa, e così fo fatto, e il ditto Patriarca de comandamento del
Papa volse per loro ricolta questi infraschritti Gentilomeni a cau-
tela de nostro Sig: Sisto 4°:

Ridolfo dei Baglione promise per sè e per Guido suo fratello,
el quale non era lì presente. Semone de li Oddi, P°. giapeco de
li Armanni promise per sè e per Bartolomeo suo fratello, el quale
non era presente.

Meser P», pavolo dei Raniere promise per sè e per Berar-
dino de Gostantino, el quale non era presente.

Meser Periteo da M. Sperello promise per sé e per Averardo,
il quale non era presente.

Venciolo da Corgnie, .Rusteco da M. Melino, Biordo de li
Oddi.

Anton de Mateo de Alisandro.

E poi volse per ricolta de li sopredetti per più cautela questi
infraschritti, loro amorevoli e parenti, come apare in cancellaria
de li S. Priori, li quali son questi:

Meser Mateo frane. de Meser Giovagnie.

Bonifatio de mesér Ibo dei Coppoli.

Dionige de meser Nicola.
CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 218

Orlando de lorenzzo fabene.

Inocentio de felice de li Arcipreti.

lodovico da. Civitella.

franc. de Baldassarre de Petrino.

Ckrescienbiene de Semone.

Mateo dal Nero.

Li quali tutti for ricolte de li sopredetti per più cautela del
Patriarca, e così ogni cosa andò in pace e unione, che Dio cie la
conservi.

E a di 16 de 7bre mori in Roma el Mag: Roberto da Ri-
mine, capitano degnissimo de la Sig: de Venetia, e glie fo fatto
grande onore. Et il corpo suo fo reportato in Rimine molto bene
acompagniato (1).

E a questi di de 7bre vene la nuova come a questi di passati
era morto el duca de Urbino in Bolognia (2).

E anco vene la nuova, come era morto el Sig: Roberto da
S. Severino, e poi vene che non era vero.

A di ultimo de 7bre in domenica el di de S. Agnielo venne
in questa città el Conte Agnielo, figliolo del Conte Iacomo Picci-
nino, e smontó a lo albergo de S.: Marcho, e subito che fo smon-
tato Guido e hidolfo dei Baglione el menaro aloggiare in casa
loro. Se disse che venia da Roma, e che avea parechie squadre
de cavalli, quali le avea lassate a Sassoferrato. Entrò in Perogia
con pochi cavalli per fonte nova la sera al tardo.

E a di primo de 8bre molti nostri gentilomene e altri parti-
chular celtadini andaro a visitare el detto Conte Agnielo, el quale
a tutti con benignità fece gran carezze.

les

a dì 2 de 8bre li nostre Mag: Sig: Priori dettero cena al
detto Conte Agnielo e ad alchuni altri gentilomene in sua com-
pagnia.

(1) Roberto Malatesta, dopo la vittoria di Campomorto, si recò a Roma per vi-
sitare il pontefice, e vi morì, secondo alcuni, il di 10 o 11 di settembre del 1482, e,
secondo il cronista, il di 16 dello stesso mese. Si credette che morisse. di veleno
propignatogli dal conte Girolamo o per invidia o per desiderio di succedergli nella
Signoria di Rimini, in quanto il prode Malatesta non lasciasse che un figlio natu-
rale, Pandolfo, che regnò dopo il padre, ma non ne ebbe le virtù.

(2) Il grande condottiero Federigo da Urbino morì il 10 settembre 1482, e gli
succedette il figlio Guidobaldo.

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914 O. SCALVANTI

E a di 3 de 8bre el detto Conte Agnielo parli de qui e andò
a la rocca loro, la qual tenea meser Piccinino loro. Se disse che
lui andava a pigliare la possessione de la ditta rocha per sé e
per lo fratello, peró che se tenea per la chiesa, ma al presente
avea otenuto un breve dal Papa, che li concedea e vendevali la
possessione de tutte le cose, che essi avevono prima. Del che
ogni nostro celtadino se ne ralegra.

E a di 6 de 8bre revene ed detto Conte Agnielo in Perogia,
quale venia da la sua Rocca, e smontó in P. S. A. in casa de
meser Piccinino loro, e li era visitato spesso da molte persone.

E a di 6 de 8bre el Conte Girolamo, nepote del Papa, capi-
tano delalegha gionse in quel de Tode, e menava seco 23 squa-
dre de cavalli. Dove che lui voglia andare non se sa, e venia da
Roma.

E a di ditto fo fatto el conseglio nel palazzo de Monsig: e li
fo exposto per ditto Monsi: come el ditto Conte Girolamo doman-
dava a questi nostri gentilomeni, che ciaschuno de essi facesse
magior numero de amici, che possano, e con essi retrovarse a la
fratta per defensione de lo stato Echlesiastico, li quali tutti re-
sposeno de farlo volentiere.

E a di 8 de 8bre el nostro legato R.mo patriarca andò in-
contro al Conte Girolamo a Colazzone, dove era aloggiato.

E a dì 9 ditto revene el ditto patriarca dal detto Conte Gi-
rolamo.

E a dì ditto el preditto Conte Girolamo aloggiò al Busco del
baco con circa 14 squadre de cavalli. Se disse che lui aspettava
molte altre gente de arme.

A dì ditto el nostro: Comuno mandò a presentare el ditto
Conte Girolamo al Busco del Baco de cera, scatole e biada, de
spesa de sc. 50.

E a dì ditto el patriarca nostro Governa: andò a parlare al
Conte Girolamo al Busco, e a dì 10 ditto se partì dal Busco, e
andò a la fratta per comissione del detto Conte. La cagione non
se disse (1).

(1) Evidentemente il conte Girolamo si apparecchiava a nuove imprese guer-
resche, contro le quali vane riuscivano le proteste di molti cardinali e degli amba-
sciatori della lega a Roma. i

se
CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 215

E a di 10 de 8bre el nostro Comuno mandò a presentare el
Conte Agnielo del Conte Iacomo. Li mandaro a donare 11 tazze
de argento de valuta de sc. 100, e fo posto detto presente in casa,
che fo de Braccio, però che lì era aloggiato el detto Conte Agnelo,
e molto piaque a tutto el popolo, che li fosse fatto el detto pre-
sente.

A dì 11 ditto el Conte Girolamo se partì dal Buscho, cioiè la
persona sua propria, e andò a Montone con pochi cavalli, e a dì
ditto retornò al Buscho nel suo canpo.

E a dì 11 de 8bre el Conte Agnielo del Conte lacomo se
partì da Perogia in venerdì a mane per tempo. Se disse che an-
dava a Venetia.

A di ditto il Mag: Gentilomo et il Mag: Carlo e Agamenone
de Cesaro de li Arceprete andaro a visitare il Conte Girolamo al
Buscho, e andaro con loro a farli compagnia molti omeni da bene

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loro amici a cavallo e a piede. Recevero molte carezze dal detto

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Conte, e poi rechiese el detto conte Carlo per suo soldato, e
esso li promise di andare, e con esso ebbe longo parlamento, e
poi pigliaro licenzza, e tornaro qui in Perogia molto satisfatti.

E a di 13 de 8bre se partì el Conte Girolamo dal Busco con
tutte le sue gente, e andò in quel de Gualdo, e continuamente
ingrossava el campo, e giongono soldati assai, e non se sa dove

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se voglia andare nè quillo se voglia fare.

E a dì 15 de 8bre el Conte Girolamo se levò de quel de
Gualdo col campo de la Chiesa, e se pose in quel de Sassoferrato.

E a dì ditto el Mag: Carlo de Cesaro de li Arceprete se
partì, e andò nel campo de la chiesa per soldato del conte Girolamo,
e menava seco 6 omeni de arme. La condotta sua non è ferma, però
che lui se é remesso ne le mano del detto conte e del patriarca
nostro legato, e il dì prima el Conte li mandò denare, cioiè 125
duc. e che gionto che lui sarà in campo lo averia contentato.

E a dì 22 de 8bre in martedì fo fatto un bandimento per
parte del nostro legato e de li nostri Mag: Sig: Priori, che ogni
persona possa venire salva e sigura per tutta questa fiera de On-_
nisante, cioiè 8 dì innanze a la detta festa e 8 dì da poi, e che
ogni persona possa mettere de ogni ragione mercantia, maxime
li pani forestieri in questo modo, cioiè, che nisuno forestiere
possa vendere pani a menuto per 12 dì e li 4 di ultimi de la fiera | —

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216 O. SCALVANTI

possano vendere a menuto, o come. voglieno, e che, passato el
delto termine, non possano vendere più senza licenzza del nostro
Governatore. El qual bando andò a 3 tronbe.

A dì 24 de 8bre el Mag: omo Guido e Ridolfo de Malatesta
dei Baglione se partiro da Perogia, e andaro a la fratta con certi
omeni de arme e 14 balestriere a cavallo.

E a di 25 de 8bre se conventò meser Vincentio de Golino de
li nobeli da M. Vibiano, e fece una bella collatione a molti gen-
tilomeni e cettadini in S. Lorenzo (1).

E a questi dì de 9bre fo fatto un conseglio in palazzo de
Monsi: denante al Patriarca nostro legato per daro ordine al
ben vivere de la città, però che se viveva scorrettamente. In ul-
timo fo ragionato e conchluso, che se dovesse far fare li bandi,
che ogni persona dovesse porre giù l’arme, e che li sbandite e
condennati se dovessero andare con dio, e che se atendesse al
buon vivere.

E a dì 16 de 9bre in sabeto fo fatto el detto bando a 6 tronbe
per parte del nostro legato e de li Mag: Sig: Priori, come de
sopre se contò. Da poi fo fatto per la seconda volta el sopredetto
bando per cagione del ben vivere de la ciltà, e così ogni persona
pose giù l'arme, e li sbanditi e condenati se partiro tutti da la
città, che dio cie conceda la gratia che se conservi così, però
che per un pezzo se è visso assai male.

A dì 28 de 9bre vene la nova quì come in Roma al Papa
sono andate le ambascierie, quasi de tutte le potentie de Italia,
e di continuo stano in ragionamento de pace per pacificare e con-
cordare tutta Italia.

E a questi dì de Xbre fu bandita qui in Perugia la pace de
tutta la Italia con 6 tronbe e pifari, che iddio ce la conservi in
sempiterno, e il dì seguente ne for fatte grandissime alegrezze de
campane, falone e processione per tutta la città (2).

(1) Conventarsi si diceva di chi. era ammesso nel collegio dei dottori dell'Ate-
neo, Questo avvenne, secondo il cronista, per Vincenzo di Ugolino dei Vibi nell'ot-
tobre del 1482. In seguito, con Breve del pontefice Innocenzo VII, egli ebbe una
cattedra di diritto civile nella nostra Università, e ciò fu nel 1487.

(2) La pace fu conclusa nel 12 dicembre dell' anno 1482, e, secondo T' opinione
di molti storici, si dovette all' influenza che gli ambasciatori esercitarono sull'animo
del conte Girolamo promettendogli, che lo avrebbero aiutato a insignorirsi del do-
minio di Ravenna e di Cervia.

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sE:

CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 211

E a di 19 de Xbre el Mag: Carlo de Cesaro de li Arceprete,
essendo retornato in Perogia, entrò ne l'arte de la Mercaniia, e
la vegilia de natale fece una bella colatione, a la quale cié invitó
quasi tutti li omeni da bene de questa città de numero 170 del
circa.

Nel predetto anno el grano al più valse s. 87 in 40 m.
l'orso 30 e 32, la spelta s. 20 e 22, e il grano el meno prezzo
s. 22 m., l'orso s. 20, la spelta s. 12, l'olio l. 5 e il vino l. 4.

1483 — A di 18 de Genaio se partiro de questa città el Mag:
Ridolfo dei Baglione e Carlo de Cesaro de li Arceprete per an-
dare a Roma. Partir la mattina per tempo e bene in ordine. La
cagione non se sa (1).

A di 21 ditto menó moglie Giapeco de Nicolo de Ser Giapeco
la figliola del nobile omo Averardo da M. Sperello, a la quale fo
falta una bella parata ordinata da Ridolfo de Nere da M. Sperello
e da Guido de Gostantino dei Raniere con 63 omene armate bene
in ordine. Fra li quali cie erano 4 a cavallo drieto a li detti ar-
mali a la guardia de certe ninfe e certi cupidi.

E a di 29 de Genaio fo data la fede e conchluso el parentado,
che il Mag: Gentilomo de li Arceprete promise dare la sua figliola
donna Giovana al nobile omo Cherubino de felcino de li. Armani
per sua moglie, benché piü teinpo fa che liela inpromise, ma in
fra loro naque diferenzza.

E a di 30 ditto in giovedi a sera a le 3 ore de notte el detto
Cherubino sposó la figlia del detto Gentilomo, e ne fo rogato Ser
Gentile de Semone de Tancio de P. S. A. Se trovaro poche per-
sone al detto sposarilio per onestà per la morte de Cesaro, e anco
perché detto Gentilomo era amalato.

E a questi di del detto venne un breve dal Papa, quale do-
manda la decima de li Uffiti.

E a di 7 de febraio retornó in Perogia Ridolfo dei Baglione
da Roma. Se disse che avea aula gratissima audienzza dal Papa
e dal Conte Girolamo.

E a di 8 de febraio retornó da Roma Carlo de Cesaro de li

(1) Per ciò che si riferisce a Carlo di Cesare degli Arcipreti, il cronista, sotto
la data del di otto febbraio, indica la ragione dell'udienza domandata al pontefice.
Egli voleva pregare Sisto IV a restituirgli il feudo della Penna.

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3
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218 O. SCALVANTI

Arceprete. Se disse che esso ancora avea aula gratissima au-

dienzza dal Papa e dal Conte Girolamo. Se disse ancora che il

Papa li avea promesso de renderli la Penna.

A questi dì de continuo se atende a mal vivere, e se tiene
poca ragione, e comenzano a usare sbandite e portare arme per
piazza e ferire e bastonegiare, e fare ogni male, la qual cosa
molto despiace a li artegiani e mercatanti che voglien ben vi-
vere (1).

E a dì 9 de febraio fo fatta una bella colatione ne l' orto già
del Mag: Braccio per ordene de Andreano de Guido Baglione con
circa 60 o 70 giovane lutti mascarate con certe camiscie bianche.
A la quale colatione cie foro invitate molte donne; parte cie an-
daro e parle non cie volsero andare. La colatione se parti da la
chiesa de S. Arcolano, e andó al detto orto con le bifare inanzze.

A questi dì de febraio revene da Roma meser Stefano cance-
liere del nostro Comuno, el quale fo mandato per Amba: al Papa
Sisto 4°, e recò una bolla papale, la quale contenea, che refermava
tutti li statuti nostri, e che ogni causa e lite se dovesserc deman-
dare a li banchi ordinari de l'arte, e fo tenuta una utile cosa per
la città, peró che tulle le cause se trovano in palazzo del nostro
Governatore.

E a questi di del detto venne un altro breve del Papa, che
se si reservó alchuno. Esso vole la decima de li Uffiti e la quinta
parte de decima dai prete, per la qual cosa ne fo fatto conseglio
in palazzo de li S. Priori, nel quale fo determinato che per niente
se debbia pagare la delta decima, e cosi d'acordo li Mag: S. Priori
e li camorlenghi e tutti li cettadini determinaro de andare denante
al Patriarca nostro legato, e andaro tutti, pregando S. S. volesse
pregare el Conte Girolamo, che. voglia pregare el papa, che voglia
asolverci de questa gravezza, atenta la inpossibilità nostra. E in
efetto, inteso la volontà de tutti, el detto Patriarca respose, che
questo li parea segnio de rebellione. Onde che inteso le dette pa-
role, resposeno tutti d'acordo de non volere pagare, e il patriarca,
intesa lor risposta, se mosse de proposito, e disse, che luj con

(1) Pur troppo il continuo stato di guerra recava danni gravissimi all'esercizio
della mercatura, e perciò dovevano dal ceto degli artigiani e dei mercanti essere
vivamente deplorate le cittadine discordie.
de”

PO

CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 219

ogni suo ingegnio se sforzarà de fare e fare pregare per quoe
città de bonissima voglia.

E a questi di de febraio for fatte più conseglie per remediare
al mal vivere de la città nostra, peró che di continuo ogni omo
porta l'arme per piazza e ner tutto, e atendase a ferire e a basto-
negiere e amazzare, non stimando più bandimenti fatti nè cosa
alehuna, e praticono sbandite condenate sensa suspetto nè timore
del Governa: ne de altra persona. Per la qual cosa li Mag: Sig:
Priore e Camorlenghi e gentilomene tutte d'acordo a una col Pa-
triarca nostro legato determinaro, che nisuna persona, de quale
stalo o conditione ne sia, non porte arme, e che tutti li sbanditi
o condenati se debbino mandar via fora de la città e del contado,
e che ogniuno alendesse a ben vivere. E cosi tutti li nostre gen-
tilomeni promisero de non favorire nè manco pregare per nisuno,
che contrafacesse a quanto se è ordinato con molte cautele.

A questi di de febraio vene un breve a Pietro giapeco e a
Giulio Cesaro e a meser Margaritone de li Armanni, che essi
debbino andare a Roma al Papa.

Anco a questi di de febraio fo fatto un bandimento per parte
del patriarca nostro legato e de li Mag: S. Priori e Camorlenghi
e de li gentilomeni de questa città, che nisuna persona ardisca
de portare arme, e che tutti li sbandite e condenati se debbino
partire da la città e dal contado, tanto quelli che avessero auto
licenzza dal nostro legato quanto li altri, che da ora in poi se
inlenda essere tollo ogni arbitrio e licenzza che li avesse data.

E a dì primo de Marzzo fo determinato per li S. Priori e
camorlenghi e per li omene de lo stato, che per niente non se
pagasse la decima, la quale al presente se dimanda da la S. de
nostro Sig: e questo fo fatto, perchè li Camorlenghi el dì prima
ne fecero adunanzza con li lor giurati e propuseno denante a essi,
che se dovessero contentare, che detta decima se abbia da pa-
gare (1). Onde che da tutti fo resposto che non. Per la qual cosa

(1) Come abbiamo visto, nel febbraio del 1483, i perugini pregarono il Patriarca
di Antiochia, loro legato, ad interporre il Conte Girolamo Riario presso il papa,
affinchè questi li esonerasse dal pagamento della decima degli Uffizi. Il Pellinj
narra il fatto, e aggiunge, che il patriarca tenne la parola data, di fare cioè ogri
opera col. Conte et con chi fosse stato oportuno, affinché la città di Perugia re-
stasse del papa sodisfatta. E di vero, aggiunge lo storico, 20% si legge che la decima
220 O. SCALVANTI

li detti camorlenghi ne fecero rogare li lor notari, e così rapor-
taro la resposta in publica forma in cancellaria, e dette adunanzze
for fatte, come è detto, a dì primo de Marzzo la sera de S. Ar-
colano.

A di 2 de Marzzo mori Brunoro de Golino Chrispolte de pe-
ste in domenica a notte.

E a di 2 detto revene un altro breve del Papa, che di novo
vole che se paga la decima de li Uffiti sensa reservo alchuno.

A questi di venero più comandamente da parte del Patriarca
nostro legato a P.» Iacomo de li Armanni, che lui dovesse andare
a Roma al Papa. La cagione non se disse.

E a dì 16 de Marzzo el ditto P.° giapeco de li Armanni se
partì da Perogia per andare a Roma per vigor del breve.

E a di 18 ditto se parti el Patriarca. nostro legato per andare
a Roma. A la mattina andó a mangiare al Piegaio con Agame-

none de Cesaro de li Arceprete, e dopo mangiare andò verso."

Roma.

E a di 19 de Marzzo for levate le provisione a Mariano dei
baglione e a la casa de li Armanni, la qual provisione avieno dal
Papa Sisto 4*. La cagione non se dicea.

A di 28 detto se parti el nobile omo Mariano dei baglione per
andare a Roma per cagione de la provisione, che li avea retolto
el Papa. E a questi di del detto se parü meser Margaritone de
feleino de li Armani per andare a Roma, perché a questi di pas-
sali fo citato per un breve del papa (1).

E a di ultimo detto fo fatta la chresima in S. lorenzzo per
mano del nostro Vescovo.

*

E a di primo de Aprile entrò el Podestà novo in Perogia,
quale era da furli, e vene bene in ordine.

E a di 3 de Aprile el Mag: omo Carlo de li Arceprete, es-
sendo soldato de la Chiesa, li fo chresciuta conditione, cioiè 15

si pagasse. Ora abbiamo dal cronista, che nel marzo successivo, i camerlenghi, in
una loro adunanza, proposero di pagare la decima, e che la loro proposta venne
respinta, Duravano dunque le pratiche fra il Patriarca o i cittadini, come durava
la resistenza di essi contro le pretese della Camera apostolica,

(1) Evidentemente tutte queste citazioni inviate dal papa avevano per iscopo
di ridurre all' obbedienza i cittadini di Perugia, che in ogni incontro fomentavano
atti di ribellione contro la curia romana.

——— drm —

-—

CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 221

omeni de arme più de quelli che esso avea, e stimavase che più
ne averia aute.

E a dì 3 de Aprile se partì el nobile omo Giulio Cesaro de
li Armanni per andare a Roma per il breve auto a questi dì pas-
sati dal Papa.

A dì 10 ditto in giovedì a ore 5 de notte mori meser Ra-
niere Berardo da Corgnie, arciprete de S. lorenzzo, quale era
omo antico de anni forse... (1).

A dì ditto quasi subito dopo la morte sua fu fatto Arceprete
meser Troilo de Ridolfo dei Baglioni, el quale fo chiamato e
vento da tutti li canonaci di S. lorenzzo, e subito li miseno el
rochetto con tutte le cerimonie, che se rechiedeno, e poi detto
meser Troilo se partì da S. lorenzzo, e andò a casa sua accompa-
gniato da tutti li canonici e da moltissimi loro amici, e perchè se
avea dubitatione, che altre persone non volesseno pigliare detto
benefilio, guardavono li amici loro S. lorenzzo e la casa de lo ar-
ceprele, e fecero adunare in favore de li Baglione molti loro amiei.

E a di 12 detto fo fatto el corotto per detto meser Haniere
da Corgnie, arceprete de S. lorenzzo, el quale fo sepelito ne la
detta chiesa de S. lorenzzo, e li fo fatto onore assai.

E a di 19 de Aprile in sabeto fo mozzo el capo a Torroncello
de P. S. Angegli e a la sua moglie e a la figliola, li quali for
presi a di ultimo de Marzzo proximo passalo, perché avevono
strozzato el marito de la detta figliola de Torroncello predetto la
aotte quando dormiva. E la medesima notte lo soterraro in S.
mateo de fora de P. S. Angegli, e il di venente se andaro tutti a
comunicare in S. Agnielo, e, per abreviare, quando poi foro me-
nale a la giustitia, che foro li in piazza, se levó in quello stante
il romore fra li Armanni e li Arceprete per tanto che li detti,
quali andavono a la giustitia, remaseno in piazza quasi soli, pe-
rochè li birri tutti fuggiro dubitando che il detto romore fosse per
relorglieli. In efetto foro remenate in palazzo del Capitano, e lì li
fo mozzo el capo a tutli tre.

E a di 19 de Aprile, come sopre avemo detto, se levó un ro
more e slelle a gran pericolo de azuffarse la casata de li Arce-
prete con la casata de li Armanni in questo modo, cioiè, che lo

(1) Lacuna del ms.

i MRI ce acis cr

D TD
222 O. SCALVANTI

infra
li quali cie se trovò uno alevato de P. de Raniere de P. S. A.,
e detto Piero molto se operò che facesseno la pace. Pure la mat-

di inanzze era stata fatta una meschia tra certi de P. S. A.

tina seguente, che fo a di ditto, per mezzo del nobile omo Aga- |
menone de li Arceprete e de Cherubino de li Armani fo fatto la
pace in S. lorenzzo, li quali promisero per una parte e per l'altra.
Di poi fo fatta la detta pace. Ma venendo detto Piero in piazza, lodo-

o-

vico de felcino lo chiamò inverso casa loro, e prese detto Piero
per lo mantello, e detteli in su la faccia con lo pomo del pugniale
e detto Piero subito fuggì nel palazzo de li S. Priori. Et inteso

VISSE SI PERE

tal cosa el Mag: Carlo de li Arceprete e Agamenone suo fratello,
inteso questo, se armoro con tutti li lora amici, e andarono per-
fino lì denate a casa de li detti Armanni per volere azzuffarse
con loro; ma li detti Armanni se rentroro in casa con quelli po-
chi amici che essi avevono, e non usciro mai fuori. Et la casa |
de Arceprete a tulta volta se forlificava de amici, e molti genti- |
lomeni se scopriro in lor favore, e prima li Baglione, anco Go-
lino de li Oddi e lionello de li Oddi e Averardo da M. Sperello e
molti altri cettadini, che ncn se pensava. Per la qual cosa cie P
andò el locotenente e molti altri gentilomeni e cettadini a pregare !
li detti Arceprete in casa loro che non volessero andare più oltre.
Onde che il detto Carlo per li preghi del locotenente e de li altri
gentilomeni fecero ponere giù l'arme a tutti, e maxime che detto
Piero de Raniere sempre pregava Carlo, che per suo amore non
ne reconosciesse niente, e cosi per mezzo de li detti gentilomeni
alora fecero la pace li Armani con detto Piero, e cosi remase la
cosa in pace, benché a molte ne parve male, che detto lodovico
de feleino avesse fatto un tale errore. E quando prima se levò
el remore e che Carlo de li Arceprete andava con li suoi amici
verso casa de li Armanni per azuffarse con loro, cie se scontró
el Gentilomo de li Arceprete a cavallo, el quale era amalato, e
sempre fece el possibile per remediare e per far cessare el romore.

A di 20 de Aprile vene un altro breve da la S. de nostro
Sig: per ragione de la predetta decima per la qual cosa subito
ne fo fatto conseglio.

A questi di de Aprile vene la nova in questa ciltà come Siena
avea fatte molte novetà, e che an mozzo el capo a molti lor gen-
tilomene per ordine del popolo de detta città de Siena, e che an
— — —Ó

— À

CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. . 223

bugliato per le fenestre del palazzo loro ancho alchuni gentilomene,
e che di continuo atendono ad amazzare e a cacciar li tiranni e
li sospetti (1).

E a dì 20 ditto vene la nuova come P. giapeco e Giulio Ce-
sare e Margaritone de li Armanni avevono auto comandamento
dal Papa, che non se partissero da Roma. La cagione non se
dicea.

; a dì ditto el Mag: omo Cesaro de li Arceprete ebbe la
prestanzza dal Conte Girolamo de duc. 518 in grossi, quali for
levati dal bancho de li eredi de Nicolo de Ser Giapeco e com-
pagni.

E a di 22 de Aprile fo fatto un altro conseglio da li Sig: Priori
e camorlenghi e gentilomeni per interesse de la decima per vi-
gore de una lettera, che avea mandato el Patriarca da Roma, ne
la quale avisava che il Papa sensa reservo alcuno vole, che se
paga detta decima. Et in efetto fo conchluso, che per niente vo-
glieno aconsentire a tal cosa, e maxime che prima fo resposto
per Oddo de Gualfreduccio de li Oddi con molte replicatione, che
non se dovesse aconsenlire mai, e cosi fo confirmato per tutti li
camorlenghi. E levosse el conseglio, peroché cie era alcun no-
stro gentilomo, che comenzzava a mollare, per ragionare el modo
che se potesse trovare per pagare detta decima, e inteso questo
li camorlenghi se levar de seggio e andarse con dio.

A di dello vene la nova come el nobile omo Mariano dei
baglione e meser fabritio de Semone de li Oddi avevono auto
comandamento de non se partire da Roma. La cagione non se sa.

A di 27 de Aprile vene comandamento da Roma, cioié un
breve dal Papa a questi nostri cettadini infraschritti, che dovessero
andare a Roma a sua sanlità, e non se sapea la cagione a quale
efello el Papa li avesse fatte citare, per la qual cosa ne siavono
tutti suspesi. Li cittadini citati son questi, cioiè :

Guido de Malatesta dei Baglioni, P. S. P.

El Gentilomo e Carlo de Cesaro de li Arceprete de P. S. A.

Semone meser Brettoldo e Biordo de li Oddi, P. Susane.

lodovico e Gentile de li Armanni, P. S..A.

(1) Anche il Pellini, sebbene più succintamente, narra questi tumulti avvenuti
nella città di Siena.

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E te ama:
224 O. SCALVANTI

Venciolo da Corgnie e Averardo de Guido da M. Sperello.

Mateo de Meser Gregorio de P. Susane.

Gentile dei Signorelli, P. borgnie.

Meser P.° pavolo de Tanchreduccio, P. Soli.

Cesaro de P.° Chrespolti, P. borgnie.

Pietro de Oddo de la Banca, P. S. P.

franc. de Nicolo de Tomasso, P. Soli.

Piero de raniere del grasso, P. S. A. (1).

A dì 28 de Aprile morì donna Luchretia moglie de meser
Periteo da M. Sperello. E a dì 29 detto fo fatto el corotto con
molte omene e donne da bene. Fo sepolta a S franc.

E a di 29 detto fo scarcata la casa a Giovagnie maestro de
legniame de P. S. P. e abrusciata parte de la sua robba in piazza,
peroché esso volse amazzare frate Giapeco da S. Nere priore de
S. Agustino, quando andava el lume de S. P. martire a S. Do-
menico.

E a di primo de Maggio andó a marito donna Ipolita, figlia
de Ridolfo de Malatesta dei Baglione; va per moglie al nobile
Giovangatto da Viterbo.

E a dì 3 de Maggio fo ferito maestro P.° de maestro Ga-
liotto de P. Susane da Orelio de maestro Semone, al quale dette
molte ferite, però che avea voluto togliere per moglie la Galante
sua madre.

E a questi dì de maggio fo fatto bando e publicato, come el
Sig: Nicolo Viteglie da Castello fosse interditto e scomunicato
esso, sua generatione e suoi aderenti e seguace per parte del
Papa Sisto 4° (2).

Anco a questi dì de Maggio el Papa mandò una littera a
quelli nostri cettadini, che for citate a questi dì passati a Roma,

i (1) Dal seguito del racconto può rilevarsi, che la causa della chiamata a Roma
di tanti notabili cittadini fu di indurli a piegar l'animo in favor della curia e deli-
berare il pagamento della decima.

(2) Il pontefice, per mezzo dei fiorentini, coi quali, dopo tanti contrasti, era
entrato in lega, aveva cercato di indurre Nicolò Vitelli a restituire Città di Castello
alla Chiesa. A tale effetto la repubblica fiorentina aveva inviato al Vitelli Dionigi
Pucci, e sembra, che le condizioni della resa proposte dal pontefice non fossero
gravi; ma né i castellani né Nicolò vollero prestare ascolto alle esortazioni del-
l'ambasciatore di Firenze. Allora Sisto IV, come narra il cronista, fulminò 1° inter-
detto contro il Vitelli.
CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 225

dicendo, che non dovesseno andare per al presente a Roma, pe-
rochè fra pochi di Sua Santità remanderia a Perogia el Patriarca
nostro legato, e che da lui entenderano la sua volontà.

E a questi dì del detto morì maestro Pietro de maestro Ga-
liotto medico, el quale era stato ferilo a questi di passate da Orelio
de maestro Semone.

E a questi dì de Maggio de continuo in Tode se atende a

stare in arme, cioiè la parte catalanese e la parte Chiaravallese, '

però che la parte Chiaravallese (1) regge e sta dentro in Tode,
e la parte chiaravallese sta lì di fora a certi lor castelli, e così
de continuo scaramucciono insieme, e se feriscono l’un con l’altro,
se amazzano e se rescuoteno pregione da mortale inimicj.

A dì 15 de Maggio retornò da Roma el Patriarca nostro le-
gato, e la sera inante era aloggiato a Cerqueto con Mariano dei
Baglione. E a dì ditto retornò da Roma el nobile omo Mariano
dei Baglione, el quale venne col Patriarca nostro legato.

E a dì ditto retornò da Roma el nobile omo Pietro iacomo e
Iulio Cesaro de li Armannj.

E a di 29 de Maggio venne la nova, come el Conte Girolamo
nepote del Papa era venulo da Roma e era aloggiato a Spolete (2).

E a di ditto el Patriarca li andó incontro a Spolete.

E a di ultimo de Maggio el detto Conte Girolamo venne in
folignio, e il di seguente fece la via per Sigillo, e andó verso
forli, e il nostro Patriarca revene a Perogia.

E a di 7 de Giugnio venne la nuova che le gente de la chiesa
avevono riauto un castello de quello de Tode chiamato Camorate
a patte, el qual castello lo avevon preso li usciti de Tode.

E a di ditto tornó da Roma Gentile dei Signorelli, el quale

ce era andato per li interessi de la Mercantia.

E a di ditto vene nova come el Cardinale Savello e il Gar:

(1) Leggi — Catalanese, perché questa fazione aveva da molti anni cacciato da
Todi la fazione dei Chiaravattesi, la quale con correrie e prede infestava il contado,
e minacciava la quiete e la sicurezza della città.

(2) Il Conte Girolamo, per ordine del Pontefice, si recava nel territorio di
Todi per tenere a freno i fuorusciti ribelli. Il cronista narra, che invece il Riario
tenne la via di Foligno e Sigillo portandosi a Forlì. È certo però, che uno dei
campi della Chiesa si recò nel todino, recuperando dalle mani dei fuorusciti alcuni
castelli.

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926 O. SCALVANTI

Colonda erano state aliberate e alargate, e che possano andare
per Castello S. Agnielo. Se stima che fra pochi di uscirano fora.

E a di 9 de Giugnio el campo de la chiesa se levó da quello
de Tode, che avevono arpresi li castelli a patti, e venero a Pan-
talla.

E a di 10 detto se ne venero nel contado de Bettona, li quali
erano circa 8 squadre de cavalli e circa 600 fanti.

E a di 11 detto le sopredette gente venero e aloggiaro infra
la Resena e S. Bartolomeo. Se disse che andavono verso Castello
e a li dani del suo contado.

E a di 12 de Giugnio el Patriarca nostro legato se partì da
questa città, e andò verso el campo de la chiesa, e a di detto
prima andó a la fratta a dare alchuno ordine e mandare gente
nel campo de la Chiesa.

E a di 13 detto se levó el detto campo dalla Resena, e andó
in sul confine fra noi e Castello. Li principali Capitani del detto
campo de la Chiesa erano questi, cioiè: el Sig: Iacomo Conte, el
Sig: Giordano Ursini e il nobile omo meser Lorenzo da Castello,
e per alloggiare le dette gente nel nostro contado fo fatto comis-
sario francesco de Oddo, el quale avesse a provedere alloggia-
mente e vitovaglie (1).

E a di 14 de Giugnio se parli da Perogia con le sue gente
el Mag: Carlo de Cesaro de li Arceprete, ed andó nel campo de
la Chiesa in quello de Castello molto bene in ordine.

E a di ditto vene la nova come le dette gente de la chiesa
avevono auto d'acordo certe castelli de Città de Castello.

E a di ditto el Mag: omo Carlo de Cesaro de li Arceprete
fece aloggiare le sue gente sopra la Resena per alchuni di e la
persona sua retornó in Perogia. La cagione non se sapea, pure
se disse nel segreto, che li foroscili de Siena avevono scritto al
detto Carlo, e pregandolo, che si esso vole essere con loro che
essi li voglieno dare el doppio più soldo, che non glie dà il Papa,

(1) Giacomo Conti, Giordano Orsini e Lorenzo Giustini erano capitani della
Chiesa. Essi, insieme al Conte Girolamo, avevano ordine di operare contro Città di
Castello e contro i fuoruseiti di Todi. Il Pellini nota, che vi è grande incertezza
nella narrazione di questi fatti secondo gli scrittori a penna, ma a noi sembra, che
il racconto del nostro cronista descriva con precisione cotali avvenimenti.

v — ————
CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 227

e che essi voglieno essere de mezzo con il Papa e fare che li
darìa bona licenzza.

E a dì 15 de Giugnio vene la nova come le gente de la
Chiesa avean presi quasi tutti li Castelli del contado de Castello.

E a dì ditto fo fatto un bandimento in Perogia per parte del
locotenente, che qualunque persona volesse andare per grano o
altro biado in quello de Castello vadi salvo e siguro, e porta
falcie, sacco e mena bestie che non sarano molestati da nisuno.

E a di ditto Carlo de Cesaro tornò a le sue gente, e andò in
quel de Castello.

E a dì 16 de Giugnio vene la nova qui come le gente de la
Chiesa atendano de continuo a fare el guasto nel contado de
Castello.

E a dì 19 detto se levò el campo de la Chiesa, e andò dal
canto de sopre in tra Castello e il Borgo de Santo Sepolchro, dove
che ancor li fecero el guasto a li biadi. E a di ditto vene la nova,

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che le gente dei genovese an presi cerli castelli dei fiorentini.

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Aj. ARPA Ge _

E a ditto vene una lettera dei senesi al nostro Comuno ofe-
rendosi molto umanamente a ogni nostro bisogno, e fo resposto
per li nostri Sig: Priori ringratiandoli e oferendosi similmente a
essi (1). i

E a dì 21 de Giugno se partì de questa città Guido de Mala-
testa dei Baglione con 2 suoi figlioli per andare nel campo de la

Chiesa in quello de Castello, e le gente sue se levaro dal. Busco
del Baco, e andaro via bene in ponto.

E a dì 29 de Giugnio in domenecha menò moglie el nobile
omo Cherubino de felcino de li Armanni donna Giovana figlia
del Mag: omo Gentilomo de li Arceprete; andò la sera fra le 21

e 22 ore, e fo acompagniata da molti nostri gentilomeni, e era
una bella giovene.

A di primo de luglio essendo el campo de la chiesa acampato
apresso a Castello finsero de partirse, e parte del campo abru-
sciaro li alloggiamenti, e se misero in aguaito, cioiè el Sig: Iacomo

(1) Il Pellini narra, che il magistrato di Perugia per mezzo di un’ ambasciata
offrì il suo aiuto alla repubblica di Siena, ma sta in fatto, che fu lo stato senese,
il quale pel primo offrì i suoi servigi al Comune di Perugia per mezzo di lettere;
a cui il magistrato rispose in termini cordiali.
228 ‘0. SCALVANTI

Conte fece una inbuscata, onde che quelli de la Città de Ca-
stello, vedendo che detto campo era andato via, usciro fora molte
persone de la Città de Castello, cioiè cettadini e soldati, de la
qual cosa subito ne ebbe aviso el detto S. Iacomo Conte, e così
se mise in ordine con le dette gente sue, e in efetto pigliaro circa
150 pregione, cioiè 80 da taglia e il resto soldate, e ebbero del
bestiame assai (1).

A questi di passate, essendo li forosciti de Tode, cioiè li Chia-
ravallese, li nel contado de Tode, una notte se miseno in ordine
e andarsene verso la città, e abrusciaro una porta de Tode, ma
non poddero entrare dentro perchè la parte dentro se ne accorse
e remediaro. E li detti usciti se retornaro a le stanzze loro nel
detto contado.

A di 5 de luglio el campo de la chiesa andò a campo a Pri-
magno. Se disse che avea preso termine 4 di a respondere, se
essi se avevono a rendere o no, peró che volevono mandare ne
la città de Castello per sapere quello avesseno a fare.

A quesli di de luglio li Mag: Sig: Priori chiamaro li Uffi-
tiali de l' abundantia, cioié 2 camorlenghi per porta e 2 cettadini
per porta per ragionare de dare qualche ordine, che il grano no
se porte fore de la città per vendere. Li quali son questi: Ven-
ciolo da Corgnie e lionello del Miccia per la Mercantia, P. Susane,
Carlo de Nicolo de Ulisse e Giovanbatiste dei Fiumagioli, P. borgnie.

Ruberto de la Camilla e..... (2) P. S. P.

Berardino Cavaceppe e lodovico de Cesario, P. Soli.

Mateo del Nero e Giapeco de lorenzo fabene, P. S. Angegli.

Li cettadini son questi :

Ridolfo de Malatesta dei Baglioni, !P.S. P

Meser Baglione de Golino da M. Vibiano, | ' "' '

Berardino dei Raniere e Averardo da M. Sperello, P. Soli.

Carlo de Cesaro de li Arceprete,

Pietro Giapeco de li Armani,

Semone de li Uddi, meser P.° felippo da Corgne, P. Susane.

POS A]

(1) Di questo, come di altri avvenimento svoltisi nella guerra tra la Chiesa e
Città di Castello, non si fa menzione dagli storici e dagli altri cronisti di Perugia.
(2) Lacuna del ms.

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| CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 229

(1).... Rusteco de Saracino da M. Melino, P. borgne.

E a di 12 ditto fo fatto el bando per parte de li S. Priori e
Sig: Camorlenghi e de li Uffiziali de la abudanzza a 4 tronbe,
che qualunque persona de qualunque stato o grado o conditione
se sia, che ardisca né presuma trare, né far trare nisuna ragione
de biado a la pena de la perdita del biado e in pechunia de la
perdeta del detto biado e de 3 tratte de corda per ciaschuna volta,
che contrafacesse al detto bando.

E a 12 de luglio vene la nova come el mag: Gentilomo era
morto in pisa, el quale era andato a li bagni. Recó la nova Bati-
ste de Antonio de Pacciolo, quale era andato con lui.

E a di 13 ditto fo fatto lo sconpiglio per il detto morto in
capo de la piazza con la bara e drapellone, come se ce fosse
el morto li al presente, e vennero tutte le donne, dove se vestì
la Santia sua moglie per mano de li Sig: Priori, e le done andaro
fino a casa de li Armanni. Cie forono assai scapigliale in gran
numero, e la cassa andó a S. franc. dove cie andaro a compa-
gniarla tutti li omene da bene de la città, e tutti li amici de la
casa andarono derieto a la bara, overo cassa, dolendose grande-
mente, e meser lo Abate loro, come fo a S. frane., se remasi lì, e
poi se ne andò per la scalella a cavallo a casa sua, perochè non
podea caminare perchè avea le podagre, e de la morte sua gene-
ralmente ne renchreve a ogni persona.

E a dì 20 de luglio vene la nova come el Sig: Gostanzzo da
Pesaro era morto in Pesaro. Se disse de toscho (2).

E a dì 21 ditto. vene la nova, come Castello se era acordato
con el Papa.

E a dì 22 de luglio li Uffitiale de la abundanzza, cioiéè li Ca-
morlenghi deputati e li dieci gentilomene principali offitiali a la
detta abondanzza, andaro a casa de Giulio de Giapecone coiaio de
P. Soli per pigliarlo, el quale avea tratto el grano contra bandi,
e quando non se trovasse lì se dovesse scarcar la casa e torgli

(1) Lacuna del ms. Il solo nostro cronista rende conto di questi provvedimenti
annonari.

(2) Il Muratori ed altri storici non accennano al fatto, che Costanzo Sforza mo-
risse di veleno. Dicono solo, che egli. dopo essere da poco passato al soldo dei ve-
neziani, morl lasciando fama di valoroso capitano e di splendidissimo signore.

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30 O. SCALVANTI

la robba, onde che derieto a li detti Uffitiale cie andava molto
popolo. E non lo trovaro a casa, onde alora li comenzaro a sco-
prire la casa sua, e schrissero la robba. In questo vene a li delti
uffitiale Benedetto de Massero e Ermilio suo fratello, li quali
promisero de rapresentare el detto Giulio a lor termine e peti-
tone. Li detti Uffitiale avevon con loro el Cavaliere del Podestà e
el Cavaliere del Capitano con tutta la lor conpagnia. Da poi do-
vevono andare li detti Uffitiale a casa de Giovagniolo de Mateo
de Giere, el quale venne in persona in quello stante denante a li
detti Uffitiale, e essi lo mandaro a li Sig: Priori, che lo doves-
sero mandare al Podestà a purgare la fama sua, e cosi fo fatto.

A di 22 de luglio se levó el canpo de la chiesa da la città
de Castello, el quale se era acordato con la chiesa.

E a di 23 de luglio retornò del canpo el Patriarca nostro le-
gato, el quale era stato al governo del delto canpo, e cosi se re-
tornò a Perogia. Benchè di continuo in questa nostra città se
atende a mal vivere, amazzare e ferire e andar con l’ arme pub-
blicamente per piazza e per tutta la città, e questo è durato assai
tempo, de la qual cosa la brigata ne sta de mala voglia, e non è
persona che cie remedia.

E a di 27 de luglio meser lorenzzo de Castello passó per
questa città con una parte del canpo de la Chiesa, quale venia da
Castello, e le gente suoj aloggiaro per la teverina. Se disse che
andavono in quel de Tode per cacciare li forosciti de Tode, li
quali stavono in un castello chiamato Camorate.

E a di 28 del detto el Patriarca nostro legato se partì da
Perogia. Se disse che andava a Tode con dette gente de la chiesa.

E a di ditto se parti con le sue gente el Mag: Carlo de Ce-
saro per andare in quello de Tode (1).

E a di primo de Agosto el Mag: Ridolfo dei Baglione e Carlo
de li Arceprete e Averardo da M. Sperello se sono aconciali con
li forosciti de Siena con bona conditione, per la qual cosa ne fo
fatto gran caso ne la nostra città pensando, che ne abbia a con-
seguire qualche male per respetto de la Sig: de fiorenzza, che se
reputerano essere loro interesso.

(1) Non sappiamo, come il Pellini non faccia veruna menzione di queste nuove
azioni di guerra per causa dei fuorusciti di Todi.

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CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 281

E a di ditto vene la nuova come el S. Mariano Savello se era
fuggito de Castel S. Agnielo e'l modo se disse... (1).

E a dì 6 de Agosto venne una lettera dal Papa, el quale co-
manda al nostro. Comuno, che tutti 1 forosciti in termine de 2 di
li debbano mandare in fora de la città e del contado, benché detta
lettera fo fatta dal Patriarca nostro legato, quale comandava da
parte del Papa, e cosi el di venente fo fatto el bando al detto
efello, come apare in cancellaria de li Mag: Sig: Priori.

E a di 6 detto vene la nova, come el Mag: Ridolfo dei Ba-
glione e Carlo de li Arceprete e Averardo da M. Sperello aten-
dono de continuo a fare soldati in quantità a cavallo ea piede in
Perogia.

E a di 7 ditto vene un breve dal Patriarca nostro legato
mandato dal Papa, el quale comandava espressamente, che ve-

runo de li nostre gentilomene andasse al soldo de li forosciti de
Siena a la pena de rebellione, benché sempre se considerava, che
non volessero obedire, perochè li ditti avevon presi denari assai,
e avevon soldato molta gente.

E a di ditto la sera al tardo se partì la magior parte de la
gente soldata da li sopredetti per gire contro Siena, e cosi de ora
in ora se parteno, e tutti se fermono a le Tavernelle.

E a di ditto se parti el Mag: Carlo de Cesaro e Averardo da
M. Sperello con poche persone con loro.

E a di 10 ditto se parti el Mag: Ridolfo de li Baglione per
gire conlro Siena.

E a di 19 de Agosto lo Arceprete de S. lorenzzo meser Troilo
de Baglione fece un bello mangiare a S. lorenzzo al Vescovo e

a molte prete e dottore, e questo fo tenuto un bello e onorato
mangiare.

E a dì 28 de Agosto retornò Guido de li Baglione e li suoj
figlioli, li quali venivono del canpo de la Chiesa. Se disse che
loro avevono acordato la città de Castello, e poi avevono descac-
eialo li forosciti de Tode. El modo non se disse.

A di ditto in sabeto retornò in Perogia el Mag: Ridolfo dei
Baglione, Carlo de Cesaro de li Arceprete, quali erano andate al
soldo de li forosciti de Siena per remettere detti forosciti in Siena,

L

(1) Lacuna del ms.
292

O. SCALVANTI

benchè non se partiro mai del contado nostro, perochè trovaro lo
scontro de li senesi con molta gente, onde che de volontà de li
detti usciti de Siena li nostri se retornoro a casa, perochè venne
la nuova, che Siena se era remessa ne le mano. del Papa Sisto,
e'l modo non se disse, e a dì ditto retornò Averardo da Monte
Sperello (1).

A dì ditto fo fatto un conseglio nel palazzo de li Sig: Priori,

nel quale for ragionale molte cose sì per interesso del grano,
quale de continuo rencarava, sì anco per remediare al mal vivere
de la città. E fo conchluso, che se remettesse in 2 gentilomene
per porta, li quali avessero a provedere a tal cosa.

E a di 24 de Agosto fo falto un conseglio ne la audientia de
la Mercantia da li 10 omeni eletti per reparare a li bisogni de la
città maxime per interesso del grano e del mal vivere de la città,
li quali ragionarono insieme, come se avesse a fare per reparare
a le dette cose.

E a dì ditto vene la nova come se erano levate da Ancona
le galee armate del Re, e dove vadano non se sa.

E a dì 30 ditto vene la nuova come la armata de la Sig: de
Venetia era passata scontro Ancona. Se disse che era una grande
armata de galee, galeazze e nave, e che givono per trovare la ar-
mata del Re, che il dì inanzze se erano partite dal porto de
Ancona.

E a dì'6 de 7bre vedendose, che de continuo se atende a mal
vivere, perochè se porta l’arme per la città, se feriscie, se amazza,
li sbandite usano per la città, e fassi ogni male e non se pò
tenere ragione, de modo che ogni persona sta de mala voglia, e
molte mercante anno alentato de fare, per la qual cosa a di ditto
fo fatto aspro bandimento a 4 tronbe per piazza e per tutte le

(1) Parmi che il ritorno di Ridolfo Baglioni, di Carlo degli Arcipreti e di Ave-
rardo Montesperelli non debba attribuirsi interamente ai motivi addotti dal cronista.
Infatti si sa, che, essendo tornati amichevoli irapporti fra senesi e perugini, questi
non potevano vedere di buon grado, che alcuni dei loro andassero a sostenere i
fuorusciti di Siena, e tanto piü allora, che, come accenna il cronista, la toscana
repubblica se era remessa ne le mano del Papa Sisto. Pertanto il magistrato peru-
gino, e, dal canto suo, il Patriarca avevano assicurato i senesi, che a quei tre con-
dottieri sarebbe stato vietato di andare contro Siena. E probabile quindi, che i
capitani perugini si arrendessero all'invito dei magistrati di deporre le armi.
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CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 233

porte per parte de Monsi: e de li Mag: Si: Priori e de li dieci
gentilomeni eletti per remediare al mal vivere. El qual bando fo
fallo a morte e a destrutione de li sbanditi omecidiali, a descac-
ciarli de la città e del contado, e conchludendo, che qualunque
gentilomo inpedisse la ragione e il buon vivere o altri cettadini,
che essi fossero, quali se debbino pubblicare per sturbatore de la
nostra ciltà: onde che fatti che foro li detti bandimenti in capo de
la piazza, inante che fornisse detto bando e per reducere la città
al buon vivere, el Mag: Ridolfo dei Baglione li in piede de la
piazza prese Ciacio de Trencholo, il quale era omo de mala vita,
e, preso che l'ebbe, se fecero inanzze la magior parte de li 10
gentilomene eletti per remediare al mal vivere, e si lo menaro in
palazzo del Capitano del Popolo, e li fecero subito dare la corda,
de la qual cosa ogni persona molto laudava Ridolfo, che avesse
dalo tale principio insieme con li detti altri gentilomeni demo-
strando, che essi desiderano la ragione e la giustitia.

E a dì 6 de 7bre li detti 10 eletti comandarono a chi pareva
a loro, che mettessero el grano in piazza.

E a dì 9 de 7bre in martedì a notte fo rotto meser lorenzzo
e meser Amadio de Iustini uscite de Castello conduttiere de le
gente de la chiesa. For rotti da li figli de meser Nicolo Vitelli da
Castello, una col popolo de la detta città cirea un miglio lontano
da Castello, de módo che non se retrovava l'un con l'altro, e la
magior parte fuggiro scalze, e perdettero ogni cosa, e molte ne
foro presi pregioni, e detto meser lorenzzo fuggì, e a pena scampò
via e andó in Celle (1).

E a di 10 de 7bre venendo la nova de la detta rotta in Pe-
rogia, subito Carlo de Cesaro de li Arceprete se partì da Perogia,
e menó con seco molti suoi amici e per la valle de Tevere li an-
dó derieto molta fantaria e tulte le sue gente per dare soccorso al
detto meser lorenzzo. E a di ditto andó a la fratta, e a di 13 re-
tornó, e meser lorenzzo remase in Celle.

E adi 11 de 7bre mori Giovanbatiste de Alfano, el quale

(1) 4 ragione il Pellini, contro alcuni storici, sostiene che questo fatto d'armi
avvenne nel mese di settembre 1483. È strano però, che, dopo stabilitosi nel luglio
dello stesso anno l'accordo fra il Vitelli e la Chiesa, nel settembre si riprendessero
le ostilità tra i figli di lui e Lorenzo di Giustino.
234 O. SCALVANTI

cadde a dì ditto de un terrato de casa sua in piazza, la quale
facea aconciare. E a dì 12 ditto fo sepelito in S. francesco, e ge-
neraimente a ogni persona renchreve la morte sua, perchè era
omo da bene e deritta persona.

E a dì 12 ditto fo fatto un bandimento per parte del locote-
nente e de li nostri Sig: Priori, che qualunque persona pigliassi
alehuno condennato de la vita non avendo la pace da li suoi aver-
sari, e mettendolo ne le mano de la corte possa fare rebandire una
persona, quale piacerà a lui sensa pagare pena alchuna, e ancho
che detto condenato possa essere amazzalo sensa pena, e che
ogni arfeto debbia tenere la forcella (1) ne la sua bottegha, e
quando vedessino in piazza alchuno de li detti condenati o sban-
diti, overo che altre persone facessero brigha insieme spartire con
dette forcelle; e si a caso alchuno de li detti arfeti ferisse alechuno
de detti condennati o conbattenti non caschi in pena de cosa al-
chuna; e fo fatto detto bandimento con molti altri capituli come
in cancellaria apare.

E a dì 14 de 7bre retornó in Perogia el Patriarca nostro
legato da Roma, e vene amalato da bastreche (2).

E a dì ditto lione da Montesecco andò con una squadretta de
balestriere a cavallo in aiutorio de meser lorenzo in quello de
Castello, bene in ordine.

E a dì ditto retornò in Perogia el Mag: Guido dei Baglione,
il quale era andato in soccorso de meser lorenzo, e andò perfino
al piano de Ranzano, e poi se tornò a le suoi stanzze con la sua
fantaria e suoi omeni de arme.

E a dì 25 de 8bre el Conte Girolamo, nepote del Papa Sisto,
aloggiò in Deruta, e il dì inanzze era aloggiato in Agobbio, e
venìa da le terre suoi. Se disse che andava a Roma.

E a di ditto fo apresentato dal nostro Comuno e visitato da
li nostri gentilomeni e da altri cettadini, e poi el di seguente
andò verso Roma.

E a dì 8 de 9bre in lunedì a sera retornò la moglie del nobile
omo Piergentile de francesco chiamata donna Benedetta, figliola
de Antonio Bechuti, la quale venia da Cosenza acompagniata da

(1) La forcella era un tridente astato, atto a dividere i rissanti.
(2) Nel vernacolo bastreca vale petecchia.
* m è X x E al P LOU "6 S Te e uo
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CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 235

11 cavalli, e gionseno el dì inanzze a Deruta; e li foro molto ono-
rate, e li in Deruta li andaro inconiro circa 12 gioveni figlioli de
gentilomeni nostri. E poi quando for gionti qui a la porta li se
fecero incontro molti nostri gentilomeni de li primi de la città, li
quali aconpagniarono detta dona fino a casa, e a tutti fu fatta una
onorata colatione, e poi la sera fece.una bella cena con suoni,
balli e canti con gran festa e alegrezza.

E a di 15 de 9bre foro aliberate e uscir fuora de Castel S.
Agnielo el Car: Savello e il Car: Colonda, li quali erano state
pregione del Papa. E a di ditto vene la nova qui come erano
state chreate e pubblicate in Roma 4 Cardinale cioiè:

El Sig: Batiste Ursino, lo Arcevescovo de Conte, el Vescovo
de Parma e un frate de' S. francesco in francia (1).

A questi di de Xbre a mezza notte fo preso Camillo de meser
Nicolo Viteglie con circa 18 conpagni in un certo Castello de la
città de Castello chiamato Cilaba, e for presi per via de un certo
trattato doppio (2).

E a di 21 de Xbre for publicati li Mag: Sig: Priori novi, li
quali son questi :

Bartolomeo de Ranaldo de meser Sante,

Mateo del Nero, [A

P.

fabritio de meser Tindaro, Coda, Sus
felice Antonio de Bartolomeo de biella,
Guasparre de Chuccolo, l P Bo
Ruberto de P.° Andrea de Mateo, ) ' Fog
Sebastiano de Pi pavolo de Goro, | P. S. P.
Antonio de Valariano, |

Pietro pavolo de Barnabeo, ) P. Soli.

Maestro Corado dal Vetrio,
Ser Berardino de Ser Agnielo, notario, de P. S. Agnielo.
E a di 21 de Xbre vene la nova come meser Nicolo da Ca-

(1 Giambattista Orsini, che fu tenuto prigione da Alessandro VI, Giovanni
Conti arcivescovo di Conza, Giangiacomo Sclafenati di Milano, vescovo di Parma, ed
Elia de Bourdeille, religioso francescano. Il cronista non ha dato il nome del quinto
porporato, che fu Giovanni Moles de Margarita, nobile spagnuolo.

(2) Lorenzo Giustini cacciato da Città di Castello per opera di Nicolò Vitelli,
cercò di occupare il castello Cilaba, che era affidato alla custodia di Camillo figlio
di Nicolo, e si vuole che vi riuscisse per mezzo di un tradimento.
*

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236 'O. SCALVANTI

stello era andato a campo a Cilaba, e ogni di li venia più gente,
e de continuo soldava gente (1).

E a dì 28 ditto vene a Perugia el vecelegato nuovo chiamato
meser Giovane .de Alemanni, prolonotario de Nigris bene in
ordine. :

A questi di de Xbre se partì da Perogia el Mag: Guido dei
Baglione, e andò per le sue gente, e andava verso la fratta per
soccorrere Cilaba. E a di ditto se partì el Mag: omo Carlo de
Cesaro de li Arceprete per soccorrere el detto Castello. Poi se
parti el vecelegato novo, el quale andò a la fratta per dare ordene
al bisognio per soccorrere el predetto Castello Cilaba, e poi detto
vecelegato tornò a Perogia per fare provisione de vitovaglia per
le dette gente e per comandar fante.

A questi di de Xbre venne un breve qui in Perogia dal Papa,
el quale comandava a questa nostra comunità, che dovesse fare
comandare uno omo per foco per soccorrere Cilaba, e anco pre-
gava questi nostri cettadini infraschritti, che cie dovessero andare
a ogni loro sforzzo per soccorrere detto Castello, li quali cetta-
dini son questi:

Guido de Ridolfo dei Baglioni, Semone de li Oddi, Carlo de
Cesaro de li Arceprete, Berardino de Gostantino dei Ranieri.

E ciascuno de essi fo figliolo de obedienzza, e tutti mandaro
gente, benchè parte de loro andarono personalmente.

A questi dì del detto venne una lettera a li nostri Sig: Priori
da parte del Conte Girolamo, che lione de Monte sacco deve an-
dare al soccorso de Cillaba, per la qual cosa se dovesse provedere
per vitovaglie al bisogno.

Di poi a questi dì del detto venne la nuova qui, come le
gente de la chiesa avevon soccorso Cillaba, e avevon pregione
Camillo de meser Nicolo Vitelli con certi altri, e li menavon pre-
gione al Papa, e la cosa passò bene per ordine de meser lorenzzo
da Castello e del Mag: Guido Baglione e de Carlo de Cesaro de
li Arceprete, quale trattavono la cosa diligentemente (2).

(1) Nicolò Vitelli, conosciuto che il proprio figlio era prigioniero di Lorenzo
Giustini, accorse a Cilaba, e la cinse di assedio. Di qui la necessità che si formasse
un nuovo campo in-aiuto del Giustini.

(2) Il Pellini ha errato dicendo, che il breve. pontificio, col quale si. ordinava
che Perugia mandasse un uomo per focolare, aveva per iscopo di impedire che
CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 237

E a questi di de Xbre le gente de la chiesa comenzaro a
tornaro in derieto, maxime Guido dei Baglione e detto Carlo de
li Arceprete con la loro vitovaria.

Nel detto ano el grano al più valse s. 65 in 70 m. l’orzo 38
in 40, la spelta s. 22, l'olio 1. 5 e ’1 vino l. 6.

El due. venetiano l. 7 e '| duc. largo sc. 6, c. 18 grave in
meno.

1484 — A di 10 de genaio fu fatto un conseglio nel palazzo
de Monsi: nostro una con li Mag: Si: Priori e molti altri cet-
tadini, nel quale fo proposto per il nostro locotenente, overo Ve-
celegato, molti desordine de questa città, maxime de li omecidi,
robbarie, del portare arme, dove che ne fo molto parlato. In ul-
timo fo conchluso per il Mag: Guido de li Baglione, che il di
seguente essi farano un altro conseglio con li Sig: Priore insieme
con li gentilomeni detti nel nostro palazzo, e che se responderà
a S. Sig. li modi e ordeni, che resolverano detti cettadini, e cosi
fo conchluso.

A di 11 de genaio fo fatto el conseglio nel palazzo de li Sig:
Priori, al quale cie for chiamati li diece, che foro eletti sopre lo
interesso del mal vivere. In fine fo conchluso, che li Sig: Priore
dovessero reportare al locotenente, pregandolo che se osservas-
sero li nostri statuti, e non dovesse far nisuna coss nova; e cosi
fo fatto, onde che li mag: Sig: Priori andaro a raportare al loco-
tenente quanto per lo conseglio era stato deliberato sopre lo in-
teresse del bono vivere, pregando S. Sig: li piacesse fare oser-
vare li nostri Statuti, e lui respose nel civile volerli oservare, ma
che nel chriminale esso volea fare a suo modo, e sopre de questa
cosa cie foro fatti assai ragionamenti, poi se remase cusì (1).

E a dì 14 de genaio el locotente fece priore un figliolo de
Biello de Ser Bartolomeo de P. Susane per sustituto de suo fra-

Camillo Vitelli ed altri diciotto capitani, ormai caduti nelle mani di Lorenzo Giu-
stini, del Baglioni e dell'Areipreti, venissero liberati da Nicolò. Il cronista distingue
bene i due fatti, narrandoci che il breve riguardava l'impresa da farsi in favore
di Lorenzo stretto di assedio in Cibala, e che in seguito a tale impresa i capitani
della Chiesa riuscissero a impadronirsi dei prigionieri per condurli a Roma.

(1) Le continue violazioni degli statuti, che si commettevano dalla curia pon-
tificia, ormai avevano determinato i perugini a una fiera opposizione, che si mani-
festa negli avvenimenti narrati dal nostro cronista.

16
ri CARE

238 O. SCALVANTI

tello, el quale non era in paese, e venuta la suplicatione al Can-
celiere del nostro Comuno la notificó a li Sig: Priori, li quali su-
bito ne fecero conseglio de li cettadini nel lor palazzo dicendo,
che a tal cosa non se debbia consentire, peró che non fu mai
usitato far sustituto, quando è vivo quello, che è publicato, onde
che li S. Priori andaro dal locotenente a pregare, che non volesse
fare tal cosa, e luj li fece un precetto, che loro non potessero far
cosa sensa el numero de le 9 fave, perchè non erano se non 8
priore, e li priore retornaro nel loro palazzo, e non poddero fare
niente, perché non erano se non 8 priore si come è detto, e el
locotenente remase ancor esso poco salisfatto, e remase tal cosa
suspesa.

E a di 17 de genaio li S. Priori non voglieno acettare lioneo
de biello de P. Susane per Priore sustituto in loco del fratello (1).

A di 25 dilto vene un breve dal Papa al nostro Comuno, che,
sollo pena de scomunicalione, non se possa maj dare né vencere
l'arme del nostro Comuno a Podestà nè a Capitano sensa espressa
licenzza del Governatore (2).

E a di 26 de genaio Camillo de meser Nicolò Vitelli da Ca-
stello fo menato pregione a Roma per ordine de meser lorenzzo
da Castello, e fo menato a cavallo legato per le cosse (3).

E a dì ditto el nostro Vecelegato per dimostrare qualche se-
gnio de giuslitia volle fare apiccare Sciamanna di P. S. P. amico
de lione de li Oddi, el quale Sciamanna era stato preso per ladro,
benché non se trova che lui avesse robbato in più volte tanto
che asciendesse a la somma de 7 se. Infine se adunaro li molti
nostri gentilomeni de li principali, e deliberarono che il detto non
morisse. E cosi andaro tutti al detto Vecelegato, pregandolo che
non lo facesse morire, e cosi ne ebbero gratia, che fosse frustato
e bollato, e molto cie fo operato per lo scampo suo.

(1) Il lettore noti anche quest’ altro punto di contenzione fra i magistrati e il
luogotenente pontificio circa l' osservanza degli Statuti comunali.

(2) Abbiamo visto, che in qualche occasione si concedeva a illustri personaggi
di fregiarsi dell’ arme perugina. Ora, come si volle impedire, che i magistrati con-
sentissero di fare ai Podestà l'offerta di un vessillo in guiderdone dell’ ufficio lo-
devolmente esercitato, così si trovò conveniente impedire anche la concessione
dello stemma della città.

(3) Questo Camillo Vitelli, come vedremo nel seguito della cronaca, sposò
Lucrezia figlia di Rodolfo dei Baglioni.
EM

CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. -239

E a di 20 de febraio fo fatto un conseglio nel palazzo del
Governa: nel quale fo ragionato per interesso del buon vivere
a morte e destrutione de li omecidiali e de li ladri; e in detto
conseglio cie andaro li Sig: Priori e tutti li camorlenghi e li X
cettadini eletti, dove che fo conchluso, che se dovesse schrivere
al Papa e al nostro legato in Roma, domandandoli un bargello
con 50 o 60 fanti, e così fo scritto da li Sig: Priori e da li ca-
merlenghi.

E a questi di de febraio fo fatto un conseglio nel palazzo de
Monsi: nel quale cie fece chiamare li nostri: Sig: Priori e X.
Camorlenghi e li 2 omeni per porta, li quali erano nostri gentilo-
meni de li principali; e in efelto detto Governa: dette el giura-
mento a tutti li preditti, che li dicessero, secondo la conoscienzza
loro, quale fosse più suficiente capellano del Comuno o meser
Andrea frate de S. Maria dei Servi o meser Galiotto canonico de
S. lorenzzo, e così respose ciaschuno el suo parere ; e S. S. schri-
veva segretamente el tutto. Da poi comandò a li detti Sig: Priore,
che dovessero mettere a partito detto meser Andrea e meser Ga-
liotto, e lui cie fè un dechreto, cha se vencesse in fra li Priori
per le 7 fave, e in fra li camorlenghi, el quale de loro avesse più
fave. E così la sera fo messo a partito per el Capo de Uff. pe-
rochè el Priore de li Priori se era la sera partito, perchè 3 priore
non avevono voluto essere al mettere de detto partito.

«E a dì 22 de febraio la mane dopo mangiare li S. Priori fecer
sonare la campana per chiamare li camorlenghi per refare el
capellano nuovo, e, adunati che foro in capella, 6 de li Seg: Priore
non volsero andare in seggio, e questo fecero, perché pochi di
prima, avendo chiamati li camorlenghi e essendo li in capella,
non volsero mettere a partito el capellano. Per la qual cosa cie
forono molte parole, et in quello stante venne un comandamento
da parte del locotenente comandando per parte del Papa, che detti
Priore dovessero andare al seggio e mettere el detto partito. E in
efetto li detti 6 Priore, inteso el detto comandamento, respose cia-
scuno el suo parere, e non cie volsero andare, e così remase in
detto dì la cosa inresoluta.

E a dì 11 de Marzzo fo rotta la pregione del canpo, dove che
se ne andaro 8 pregione, e 4 cie ne remaseno, che non se ne
volseno andare.
O. SCALVANTI

E.a questi dì de Marzzo fo fatto Protonotario meser Alovige
nepote del Conte Girolamo in S. lorenzzo, e fo acompagniato da
tutta la casata dei Baglioni e molti loro amici.

E a dì 6 de Aprile vene la nova qui, come meser Nicolo
Vitelli se era acordato con Papa Sisto, e che lui dovea andare a
Roma.

E a dì 7 ditto meser Nicolo preditto vene a la fratta, e alog-
giò con il Mag: Rogiere dei Raniere, con il quale meser Nicolo
era un Comissario del Papa. Se dice che vano a Roma (1).

E a dì 8 del detto el predetto meser Nicolo se partì da la
fratta, e aloggiò la sera a Deruta, e a dì 9 se partì da Deruta, e
andò verso Roma per fare la obedienza del Papa.

E a dì primo de Giugnio vene la nova in Perogia, come in
Roma va ogni cosa solto arme per una deferenzza, che è in tra
la parte Orsina e la casa Colondese, quale stanno de ora in ora
per azuffarsi insieme. Se dubita che ne uscirà qualche gran cosa (2).

E a dì ditto felippo de Braccio, cioiè bastardo de Braccio dei
Baglione con certi amici suoi fece la festa de S. fiorenzo, dove
cie fecero certe porte posticcie, e poi fecero un ballo le done de-
nante a la porta de S. fiorenzzo, e poi fecero una colatione ale
dette done, e poi foro poste ne le dette porte l' arme dei baglione
e l arme corgniesche, e spesso gridavono: baglione baglione.

E a di 5 de giugnio vene la nova qui, come la parte orsina
avea asediata la parte colondese in Roma in casa loro con l’adiu-
torio del Conte Girolamo, e in casa loro pigliaro el Protonotario
colonda, e poi lo apresentaro al Papa, e subito fo messo in Castel
S. Agnielo, e anco in quello stante fo robbata e arsa la casa dei
colondese e certe altre case de li loro ‘amici e de l'una e de
l’altra parte ne foro assai ferite e morte (3).

A questi di del detto el Mag: omo Carlo de Cesaro de li
Arcepretle andò a Roma con tutte le sue gente bene in ordine in
aiutorio de la Chiesa.

(1) Di questi avvenimenti non è cenno alcuno nel Pellini e negli altri cronisti.

(2) Queste discordie, di cui si ebbe sentore in Perugia il primo giorno di giu-
gno, divamparono il 29 del mese precedente.

(3) Il protonotario Lodovico Colonna fu assediato in casa propria. Preso dalle
armi degli Orsini, favoriti dal Conte Girolamo Riario, fu condotto a Castel S. Angelo
e aspramente torturato.
—- wu

CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 241

Anco a questi di del delto andó a Roma el Mag: Guido Ba-
glione, perché avea mandalo per lui el Conte Girolamo, ma prima
se ne andò a la Bastia per metterse in ordine con le sue gente.

A di 10 de Giugnio vene la nova qui, come la parte colon-
dese avevon rotto cerle squadre de quelle del Papa a Marino lor
forlezza, dove cie fo ociso Lione da Monte Secho e preso un
altro capitano.

A di 18 de Giugno se parli de questa città meser Giovani de
Alexandro de Nigris nostro vecelegato. Se disse che tornava a
Roma, perché avea fornito el ‘suo offitio, benchè esso fece un offi-
tio assai mezano, perchè sempre se è visso molto male e con poca
ragione, e de continuo se alende a amazzare, ferire e portare arme
e a carezzare li ladri e omecidiali; e li sbandite praticono per
piazza e per tutta la città, de modo che quelli che vorebbero el
bon vivere stano de mala voglia, e il grano se manda fora da
questa città.

E a ditto vene a Perogia el vecelegato novo, el Vescovo de
fossonbruno, che dio li presti gratia che faccia megliore offitio de
l’altro passato.

E a dì 18 de Giugnio vene in Perogia el S. Pietro Colonda
con una squadretta de cavalli. Se disse che andava ne la Marca
a la guardia de le terre del Conte Girolamo.

A di 20 de Giugnio in domenica a mattina el Mag: Berardino
de Gostantino dei Ranieri andò a Pretola con tutti li amici suoi
una con li amici de Averardo da M. Sperello e de li fratelli, e
gionti che foro fecero lì molti belli alogiamenti forniti de pani e
de razzi adornali; de modo che ogni persona se ne maravigliava,
e poi la sera tornaro a Perugia, e fecero la via per sopremuro e
entraro per il renbocco de la salsa, e innanzze avevono da 40 in
50 cavalli tutti coperti con tapeti bene ordinale, e derieto venia el
detto Berardino con tutti li amici suoi, quali erano circa 400 per-
sone, e fu tenuto un bello ordene e uno bello solazzo de com-
pagnia.

A di 22 de Giugnio certe rede andaro per comparare la fa-
rina del comuno, e non ne poddero avere, per tanto che se ne
andaro in sopremuro, e comenzaro a togliere el pane a le spizi-
carelle, e cosi fo messo a sacco manno tulto el pane de piazza, e
poi se ne andaro a li forni, e similmente sachegiaro quanto pane
249 O. SCALVANTI

trovavono; e sempre cie conchurreva più gente, e poi andarono
per piazza gridando: Pane Pane, Divitia Divitia, per la qual
cosa molte persone stavono de mala voglia, e comenzavono tutte
a remetere le robbe loro e nascondere li grani stando con gran
sospetto, dubitando che no se levasse el romore.

E a ditto fo bandito a 4 tronbe da parte del Vecelegato, che
nisuna persona de quale stato o conditione se sia ardisca de por-
tare arme alchuna ne de di nè de notte, e che non possano usare
li sbandite per la città.

E a dì 27 de Giugnio vene la nuova in Perogia, come in mare
erano state presi 3 nostri cettadini, quali andavono a Venetia, e
li pigliaro li Catalani, e li tolsero circa 2000 sc., e poi:-li miseno
in galea, e poi foro relassate e retornaro in Perogia.

E a questi dì de Giugnio vene la nova qui come era stato
amazzato Pinchanello de li Oddi a Passigniano. Lo amazzò Ciecco
Mandria.

E a questi dì passati fo amazzato Mazzochio de lorenzzo de
lacobbe da federigo de Semone de federigo. Se disse che l’avea
fatto fare franc. de Oddo per un capitanato de contado.

A dì 16 de Agosto mori Papa Sisto in Roma (1). Et il Conte
Girolamo entró in Castel S. Agnielo, e tenevolo a pelitione de la
Ohiesa. De la morte sua non ne fo fatto troppa demostratione in
Roma, e qui for sonate tutte le canpane a morto per luj.

E a di ultemo de Agosto fo chreato Papa Inocentio 8° ge-
novese nobile e degnio pontefice, del quale ne fo fatta qui in Pe-
rogia una grande alegrezza maxime da la casa de li Oddi (2).

E a questi di del detto vene la nova, come era stato amazzalo
Maestro Agnieluceio de Maestro Antonio.de Agnieluccio de Go-
stantino de meser Trencio in Roma.

A questi di de 7bre andando li Mag: Sig: Priori con il Ve-
celegato e col Podestà viddero un forestiero, quale era sbandito,

(1) Il Muratori e il Panvinio pongono la morte di Sisto IV al 12 agosto, altri
al 13; ma nella iscrizione sepolcrale della basilica Vaticana si legge la data del 13
agosto a ore 5 di notte. E ciò spiega come alcuni scrittori l'abbiano riferita al 12
anziché al 13. Erra dunque il cronista scrivendo, che Sisto IV mancò di vita il dì 16
agosto.

(2) Anche per la elezione di Innocenzo VII non è accordo tra il cronista e gli
storici. Questi infatti pongono la elezione di Gianbattista Cibo al 29 agosto, mentre
il cronista Ja pone al 31 dello Stesso mese.
CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 243

e era amico de Giuliano de lionello del Micca, onde che dissero
al cavaliere che l'andassero a pigliare. In questo vene Giulian del
Mieca con molti ruffiani, e volevon artogliere el detto pregione,
e comenzaro a voler dare a li Priori e al Governatore; per la
qual cosa se levó el popolo à romore e tutta la plazza giva in
arme, e cosi foro c9cciali li delti ruffiani, e li Si: Priori rentroro
in palazzo, e fecer fare un bandimento, che chi podesse pigliare
alehuno de detti ruffiani guadagniasse s. 50, e cosi ne fo preso
uno, che se chiamava Alfonso, el quale fo subito menato nel pa-
lazzo de li Mag: Si: Priori, e fo subito bugliato per le fenestre
del detto palazzo, e mori de fatto, e li altri foro messi in bando,
fra li quali cie era el detto Giuliano del Micca, Bartolomeo de P.
Carlo, Antonio de la lucia e li altri.

E a di.. (1) de 7bre mori el Mag: omo Carlo de Cesaro de
li Arceprete, quale era stato male circa un mese, e era valentis-
simo omo con l'arme e de ingegnio, e morì molto devotamente,
e lassò molti legati, e li fo fatto grande onore.

A di primo de 9bre vene a Perogia el nostro legato onora-
tissimamente con molti vescovi, e li for fatti molti presenti.

E a di 29 de 9bre mori un nepote del Papa in S. P.°, il quale
era monacho de detta chiesa.
a di 11 de 9bre fo mozzo el capo a Ciecho del Mandria,

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[C3

perchè esso avea ociso a questi di passati Pinchanello de li Oddi.
Li fo mozza la mane inanzze di, per tanto che la brigata se ne
fece grande maraveglia.

Ne] predetto ano el grano al più valse s. uno m. l'orzzo s.
40, la-spelta s. 25, l'olio I. 4'/, e '| vino I. 4 soma.

1485 — E a di 3 de Genaio se parli da Perogia el nostro
legato, quale stava male. Se fece portare in una lettigha coperta
de rosato, e inanzze che lui se partisse fo mostrato lo Anello de
la Vergene Maria lì denanzze al palazzo per suo amore, e poi se
parli con pochi cavalli.

E a di 22 detto fo canonizato S. leopardo Todesco, zeo de

federigho imperatore (2).

(1) Lacuna del ms.
(2 La canonizzazione di Leopoldo, detto il Pio, IV marchese d'Austria e ma-
rito di Agnese, figlia dell'imperatore Enrico IV, avvenne il 6 gennaio 1485.

nie ira

EL
944 i | 0. SCALVANTI

E a dì 17 de febraio morì Pavoluecio de Agnielo malsachetto,
mercatante. i

E a dì 25 de febraio fo comenzala la piazza sotto le botteghe
de l'ospedale de la misericordia.

E a di 28 de Marzzo. è : j : : vy

E a di 8 de Aprile vene in questa città el Mag: omo meser
Giovani Bentivoglio, gentilomo e cavaliere de bolognia con 150
cavalli e 4 cavaliere spron d'oro, e fra li detti cavalieri cie era
el Sig: de Coreggio e molti altri gentilomene bologniese, tutti ve-
stiti a una livrea, cioié de bigio biancho per voto fatto dal detto
meser Gio: bentivoglio. Venivono da S. Maria da Loreto, e an-
davono a Roma pure per voto. Glie se fece incontro el nobile
omo Ridolfo de Malatesta dei Baglioni e molti nostri gentilomeni,
e aloggiò nel palazzo del governatore, e li fo fatto grande onore.
E a dì 9 del detto se partì, e li fo fatta la scorta da molti nostri
gentilomeni e cettadini.

E a dì 28 de Aprile fo mozzo el capo a Natio de Semone de
Pavolo de P. S. P., perchè avea fatta la moneta falsa, cioiè gros-
soni e anconitani falsi. Se. disse, che avea confessato, che lui
avea cotta la vergene Maria in una pigniatta de cecere e avea
arsa la figura de christo e avea falto omecidio e molte altre re-
baldarie. Li fo mozzo [el capo] li in piazza nova.

E a dì 3 de Maggio revene a Perogia frate Berardino da
Montefeltro, famosissimo predicatore, frate de l'ordine de S. franc.
del Monte. Venia de lombardia e avea predicato in Perogia l'ano
passato (2), e fece gran frutto, e fece moderare el vestire de le
donne, cioiè fece mozzare li stragini a le veste, e fece moderare
li scollate a le done, e inoltre altre bone opere fece fare, e era
tenuto santa persona.

(1) Lacuna del ms.

(2) Il padre Lodovico De Besse nell’ insigne opera dal titolo — « Le Bienhereux
Bernardin de Feltre » — non parla della predicazione del sant’ uomo in Perugia
nel 1484, Quanto alla sua predicazione nel 1485, il cronista non ci narra affatto delle

. difficoltà che Bernardino avrebbe incontrato per predicare in S. Lorenzo, come af-

ferma il padre De Besse ; anzi nota, che, giunto il 3 maggio a Perugia, incominciò
la sua predicazione a $, Francesco, ma poi la continuò nella basilica laurenziana.
Il padre De Besse riferisce invece, che in quell’anno Bernardino fu costretto a
bandire la sua parola in altre chiese.
CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 245

E a dì 6 de Maggio detto fra Berardino predicò in S. francé-

pi sco grande, e fece una bellissima predica, a la quale cie fo gran-:
È dissimo popolo, e poi de continuo atese a predicare in S. lorenzzo,
; e avéa grandissimo concorso, e molla genle per le sue prediche.

se confessava e comunicava.

E a di 14 ditto se disse, che detto fra Berardino dovea gire
a predicare a S. Domenico, e li detti frati de S. Domenico non |
volsero (1). |

1486 (2) — A questi di de Maggio vene in questa ciltà lo
Amba: del Re de francia e lo Amba: del Re de Spagnia. Se disse
che sndavono a Roma al Papa Inocentio per ragionare lo acordo
in tra il Papa e il Re e li Orsini, e non se potendo fare detto |
acordo oferire al Papa ogni lor forzza e potere. |

E a di ditto li predetti Amba: andaro a vedere lo anello de |

la nostra dona nel palazzo de li Si: Priori molto suntuosamente.

E a di ditto se partiro li dilli Amba: andaro verso Roma
al Papa.
E a questi di de Maggio se comenzaro a fare le processione

per tutte le porte molto devole per cagione de la peste, dove che . KE

cie andava tutto el popolo de la città, e molte done cie andavono |

È vestite de biancho con grandissima devotione per comandamento
del detto frate Berardino nostro predicatore. d
| E a dì 3 de Giugnio se disse, come el R.mo meser Iacomo — 2
b. felippo, Abate de li Arceprete, era morto, ma non se sapea de ;
cerlo, perchè se ne tene segreto. is

E a dì 13 de Giugnio fo. fatto el corotto per la morte del detto

Abate de li Arceprete, al quale cie fo el R.mo Vescovo nostro, e ‘l :

H.mo meser Troilo, Arceprete de S. lorenzzo, li nostri Mag: E

Sig: Priori e molti gentilomene e molti amici de casa loro, e foro

vestiti de bruno tutti quelli de casa de li Arceprete, cioiè done e

omene e 12 fameglie, et il corotto prima fo fatto denante a casa

sua in P. Susane, e poi un’altra volta in piazza denante al Ve-

scovalo, e poi se levó la cassa, la quale la portaro li dottori. Se

(1) Anche questa circostanza della vita di Bernardino da Feltre non viene

notata dal padre De Besse (Op. cit.).
ì (2) Evidentemente i fatti narrati sotto il 1486 appartengono a quest'anno.
Quindi é d'uopo ritenere, che nel ms. originale fosse una lacuna dal maggio del

1485 al maggio dell’anno successivo.
246 O. SCALVANTI

retornoro in casa de Iacomo felippo loro abbate predetto, el quale
‘fo omo da bene e onorata persona. Se disse che mori a di
3 ditto.

E a di 13 de Giugno se levò el romore in P. S. Agnielo,
perciò che erano venuti in discordia li Staffeschi e li Penneschi,
cioiè la casata de li Armanni con la casata de li Arceprete. La
cagione si fo questa; che il Prete de S. fortunato sonava a morto
a di ditto per la morte del predetto Abbate de li Arceprete, e li
Armani conpariro giü e presero la chiesa de S. fortunato, e non
volevono che se sonasse. Per la qual cosa li amici de li Arceprete
se armarono e conpariro anco essi li, e poi se ne venero in piazza,
dove se comenzaro ataccare insieme, e poi se rentraro una parte
e l'alira per mezzo de Guido de Baglione. In efetto retornaro poi
su li Armanni, li quali venivono da S. fortunato, e gionti che foro
in piazza retaccaro la scaramuccia, e in questo mezzo venne li
fra Berardino, nostro predicatore, con certi altri frate de S. franc.
del monte, el quale fra Bernardino avea una | grande in mano,
e lise mise in mezzo, e andava da una parle e da l’altra, sempre
gridando: pace, pace, e anco cie sopregionse Guido Baglione e
Semone de li Oddi, quali molto se intermiseno fra una parte e
l’altra; de modo che ciaschuna de le parte se retraro inderieto.
In efetto in detta zuffa cie fo ferito la S. de lo Auditore de Monsi:
e molti altri da una parte e da l'altra. Dipoi vene el nostro Ve-
celegalo in S. lorenzzo, e mandó per una parte e l'altra, cioiè per
meser Agamenone de li Arceprete e per tutti li Armani, e così el
Vecelegato insieme con il predicatore sempre con la T in mano e
con li ditti frati, se operaro tanto che li fecero fare la pace a una
parte e l'altra, e for fatte sonare a morto le delte canpane de
S. fortunato, onde che in quello se calmaro tutti, e ciaschuna de
le parte stavono ben proviste per tanto che se dubilava che non
se facesse peggio.

A di ditto vene in Perogia Gio: Iacomo figlio del conte Iacomo
Piecinino, el quale era stato pregione a Napoli (1).

(1) Il Fabretti nella biografia del conte Jacopo Piccinini non ricorda Giovanni
Jacopo come prigioniero in Napoli insieme al padre. Dice solo, che tal prigionia
ebbe laltro figlio Francesco e Brocardo Persico. Vedremo, a suo luogo, che tra i
prigionieri fu anche il nipote di Jacopo, di nome Nicolò, figlio di Francesco.

a DET.

—— ge

- n " 497
CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 247

A a dì 17 de giugnio la casa de li Armani fece gran provi-
sione de arme. Se disse che dubitavono de la casa de li Arce-
prete.

E ancho a di ditto la casa de li Arceprete fecero similmente
provisione de arme, e fecero revenire parte de li loro amici, li
quali stavono a guardare la Badia de S. Petrignano, peró che
agamenone cie avea messe le guardie.

E a dì 18 de Giugnio se pacificoro li Arceprete e li Ar-
manni in S. lorenzzo per mezzo de Monsi: R.? Gio: Rosa nostro
Vecelegato e del Vescovo nostro e de questi infraschritti genti-
lomene: Guido dei Baglione, Semone de li Oddi, meser Baldo de
Ser Cola Bartolini, meser Baglione de Golino Baglioncello, meser
P.° pavolo dei Raniere. E la pace fo fatta in questo modo, che se
refermava el contratto fatto a li dì passati, e fo sogionto, che il
Mag: omo Agamenone da una parte promettea per sé e per li
suoi destretti e li suoi amici, e da l'altra parte el Mag: Barto-
lomeo de li Armanni con suoi fratelli e nepoli promiseno per
loro. e lor destretti e amici de non ofendere nè fare ofendere sotto
nisun quisito colore. E poi fecero un altro contratto, e promiseno
10 loro amici per parte per tempo de sei mesi a la pena de
10000 duc. che nisuna de le delle parte se moverano per nisun
modo a ofendere né loro, né loro amici, del qual contralto ne fo
rogato Ser Benedetto de P.° chiavaio de P. borgnie e li cettadini
che promiseno son quesli . E : : : : : (1).

A di 18 de Giugnio in domenica frate Berardino da Monte-
feltro, nostro predicatore, predicò in piazza, come el più de le
volte solea predicare, e ne la ditta predica disse molto del peccato
del giocho e anco del mascherare e de molte altre vanità e de li
capelli morti, che portano le donne e loro striscie e de molti altri
peccati de li omecidi e de le inimicitie, dove che trascorse per la
pace fatta in fra li Arceprete e li Armanni, oferendo che qualun-
que de essi non oservasse la delta pace fatta, che dio lie ne daria
grande punitione. E prima avea fatto venire un castello de le-
gniame fatto a uso de un padiglione, e fecelo mettere in capo de
la piazza denate a la porta de S. lorenzzo, el quale era amantato
tutto con cerli canavacci, el quale castello era assai alto, e intorno

(1) Lacuna del ms.

adus use te25d an V Mis
248 O. SCALVANTI

intorno ce erano ordinate certe gradoni, e erano piene intorno in-
torno de cose lascivie, come direm de sotto, e, fornita che fu la
detta predicha, el detto frate berardino comandò che se scoprisse
el detto castello. E subito for levati li detti canavacci, onde che
ne la cima del detto castello cie era un gran diavolo con le corna
in capo, e in mezzo de esso castello cie erano doj spadaccini con
le spade e brochiere in mano, e atorno atorno li detti gradoni
erano pieni de libri. de nigromantie, libri de inamoramenti, de
carte da giocare, tavoliere e un numero grandissimo de dadi, fac-
cie da mascherare e capelli morte, overo postieci, che portavono
le donne, ampolle de striscio, e poi fece dar foco al detto castello,
el quale subito se acese, perché dentro cie era de la polvere de
bonbarda e fasci de lena, e cosi arse tutto, e perfino che quello
ardea sempre detto predicatore venia biasimando li sopredelti
peccati e il mal vivere de spadacini, e a la predica cie fo gran-
dissimo popolo.

A. di 20 de Giugnio el nostro Mag: Comuno mandó a pre-
senlare'el mag: omo Giovan Iacomo figlio del Conte Iacomo Pic-
cinino, cioiè 12 tazze de argento e 2 de dette lazze erano piene
de grossoni tanto che in fra le tazze e denare valevano sc. 200.
Cie andó col detto presente meser Stefano cancelliere del comuno
con tutta la fameglia de li S. Priori in casa sua in P. S. A. e
esso mostrò averlo molto acetto.

A questi di vene la nuova, come el canpo del duca de Ca-
labria se era levato da campo da la rocca. de Montorio in quel
de Orvieto, el quale era stato li alehun tempo. Se disse che erano
circa 60 squadre de cavalli o più, tutti bene in ordine e fanti
assai (1).

E a di ditto se disse che il canpo del detto Duca de Calabria
era andato a canpo a l'anguillara con tutte le sne genti (2).

E a questi dì de Giugnio vene la nova che il canpo del Si:
Roberto da S. Severino capitano de la chiesa se era levato da

(1) Alfonso, duca di Calabria, mirando ad occ upare gli stati dei baroni di Na-
poli, aveva fatto nel 1485 imprigionare il conte di Montoro insieme alla moglie,
adduc endo false ragioni per usurpargli il territorio di Aquila.

(2) Di questi passaggi delle soldatesche del duca di Calabria e di Roberto da
Sanseverino il Pellini non fa menzione alcuna.

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is TEN. CN OWLZPREEANEE n 6; X EFT DE Reda

CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 249

Porcieno con circa 35 squadre de cavalli e 5000 fanti; e andò al
laco de piè de lugo.

A questi dì del detto se levò el canpo del Duca de Calabria
da l'Anguillara, inimico de S. Chiesa, e andò a la Storta 6 miglia
longi da Roma.

E a questi dì el canpo del Sig: Roberto aloggiò con le gente
sue al laco de Vicho, e poi vene la nova che il S. Roberto era
andato in posto a Roma con circa 8 cavalli, e entrò de notte
tenpo. Pure la cosa sta molto cheta; se dice che tratta l'acordo,
cioiè la pace.

A questi dì de giugnio vene la nova come el R.° cardinale
S. P.° in Vincola era in Genova, e che li aspettava el duca de
loreno con un grande esercito, el quale dovea venire a la guerra
del reame a beneplacito de Papa Inocentio 8° (1).

E a di 22 de Giugno se parti da Perogia el mag: Gio: Ia-
como Piccinino. Se disse che andava a Camerino, e fo aconpa-
gniato da molti nostri gentilomeni con li tronbetti inanze, e sempre
da capo a pié la piazza andó con la beretta in mano.

E a questi di la moria va pizzichando per alchun loco per la:

cillà, e fa gran dano per alchun castello del nostro contado.

E a di 23 de Giugnio vene la nova in Perogia, come era stato
amazzato Oratio detto el Boldrino de Ridolfo dei Baglione. Se
disse che era stato uciso nel reame a Benevento.

E a di 25 detto fo fatto l'ossequio per la morte del. predetto
Oratio over Boldrino in S. francesco grande in P. Susane, e fo
tenuto un bello obsequio, e meser francesco Matarazzo fece el
sermone. Cie andaro tutti questi infraschritti, cioié: el Vescovo
de Perugia, el Vescovo de Camerino, lo auditore de Monsi: li
nostri mag: Sig: Priori, el Conte Giovane de la Mirandola e molt
nostre gentilomeni, e tutte le prime case de questa città. L'ordine
de questo obsequio passó per mano de molli loro amici, e in
efello se armarono molti loro amici cautamente, e andavono chi
denanzze e chi derieto, e chi da canto, e tutti li fondichi e bot-
teghe chi era serrato e chi non tresse fore mercantie, e fornito el
delto obsequio tutti apriro e tresser fora le robbe.

(1) Il duca Renato di Lorena spedito da Carlo VIII, re di Francia, in aiuto del
pontefice contro Ferdinando, re di Napoli.
250 O. SCALVANTI

E a dì 27 de giugnio fo falto un conseglio nel palazzo de
Monsi: nostro legato, e lì foro letti 2 brevi; nel primo contenea,
che non se dovesse ragionare de lo interesso del sacco novo da
farse, peròche il Papa el vole refare esso; e che quando el tempo
passasse per qualche dì el Vecelegato debbia fare una palotta a
saputa, e che poi sua Santità provederà. Ne l’altro breve. conte-
nea, che non fosse persona alchuna che tenesse, nè desse recetto
alehuno a sbandito, e che nisuna persona ardisse de portare arme
sotto pena de rebellione. Dapoi disse el R.° Vecelegato nel con-
seglio detto, come esso avia 3 altri brevi, quali vanno a privati
celtadini, quali non oservassero né obedissino quanto il Papa co-
manda in detti brevi (1).

A di 28 de Giugnio el nostro Teseuriero retene tutta la pro-
visione a meser felippo da Corgnie, la quale solea avere dal Papa.
La cagione se disse, perché tenea in casa e avea tenuto sbandili.

A di ditto el nostro Vecelegato fece comandamento a meser
fabritio de li Oddi, che andasse a Roma al Papa per tenpo de 3
di sotto pena de rebellione.

A di 29 giugnio vene la nova qui, come l'Aquila avea fatto
novità, e fo gridato: viva la chiesa, e avevon amazzati li nepoti
del Conte de Monlorio, cioiè Androvando e Riccardo e francesco
Piccinello in casa del Conte da Montorio, e il conte e la contessa
se fuggiro fuore. Detti foro amazzati dal popolo. La cagione non
se sa (2).

E a dì 29 de giugnio vene la nova qui come el Papa avea
donato al Duca de Calabria in canpo de li nemici certa quantità
de vetovaglie. Se disse che ne avea de besognio (3).

E a di ditto in giovedì il di de S. P.° e Pavolo fra Berardino
da Montefeltro nostro predicatore predicò in piazza, e ne la detta
predica disse; come S. P.° ebbe autorità da Christo de tenere le
chiave del paradiso, e per qual cagione, e poi de continuo biasi-

(1) Evidentemente l'amanuense ha omesso qualche. parola relativa alle pene,
nelle quali i cittadini sarebbero incorsi non osservando gli ordini contenuti nei
Brevi.

(2) Cfr. MURATORI, Ann. 1486.

(3) Potrebbe parere strano, che il pontefice Innocenzo VIII donasse vettovaglie
al figliuolo del suo acerrimo nemico, ma è da ricordare, che nel 1486, per opera
specialmente di Lorenzo dei Medici, era stata conclusa la pace tra la Chiesa e il re
di Napoli.

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CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 251

mava certe sorte de pechati. Et el di de le feste continuamente
predicava in piazza con gran popolo.

. E a dì 2 de luglio detto frate Berardino predicò de la visita-
tione de S. Elisabetta, e che se era falto conseglio in cielo de
qual sorta de penitenzza se dovesse dare al popolo de Perogia per
li lor pechati, o guerra o carestia o pestilenzza, e che se era re-
soluta Pestilenzza, de modo che lassó ogni persona mal contenta.

A di 9 de luglio fra Berardino predicó pure in piazza de la
pace, e che ogni persona se dovesse unire, e che se perdonassero
le ingiurie l'uno a l'altro, e biasimando molto li spadacini : e disse
a li arfeti, che atendessero a le lor facende e far bene, e che non
pigliassero le arme per persona alchuna, e anco disse che saria
bene, che per lo interesso de la peste far qualche riparo, cioié de
prete a paroffia a paroffia e medici porta per porta, quale fosse
al bisognio (1).

A questi di vene un breve dal Papa al nostro fra Berardino
da Montefeltro, el quale comanda che non se debbia partire de
questa città, e detto breve lo fecero venire li nostri Mag: Sig:
Priori.

A dì 15 de luglio in sabeto se partì el mag: omo Agamenone
de li Arceprete per andare a Roma.

A dì 16 detto in domenica fra Berardino nostro predicatore
predicando in piazza, quando fo nel mezzo de la predica, se mise
foco ne la sagrestia de la Capella de li Sig: Priore, onde che la
brigata vedendo fumare se comenzò a partire, et fra Berardino,
vedendo questo, lassò el predicare per quel giorno.

E a dì 22 de luglio el detto fra Berardino, predicando in piazza,
confortò ogni persona, che dovesse andare al perdono de S. Maria
de li Angeli, e poi se voltó al nostro Vecelegato e a li nostri
Mag: Sig: Priori, a li quali domandò gratia, che cie lasseno an-
dare ogni persona, e anco domanda licenzza per sè medesimo, e
così fo concesso a lui e a ogni altra persona. Poi el dì seguente
se partì, e andò a predicare a Bettona (2).

(1) Di questi provvedimenti intesi a soccorrere gli appestati, e suggeriti da
Bernardino da Feltre, non si fa parola nella cit. op. del padre De Besse.

(2) Della: partenza di Bernardino per Bettona, il padre De Besse non parla.
Narra invece, che egli diresse il pellegrinaggio alla Portiunceuta di S. Maria degli
Angeli nel 2 agosto; ma il cronista ci dice invece, che egli partì per Bettona.

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O. SCALVANTI

E a dì 24 de luglio andò el bando per Perogia da parte del.
Vecelegato e de li Mag: S. Priori e de li Uffitiale de la moria,
che nisuna persona ardisca né presuma de andare al perdono de
S. Maria de li Angioli sotto pena de 25 se. e non possa tornare
perfino a 40 di, e cosi non fo obedito el predicatore.

E a dì 2 de Agosto li Mag: S. Priori, de li quali era capo
de Uff. Cesaro Chrespolti, fecero pigliare Mateo de Alex.° perchè
avea fatto uno anello con l'arme del comuno, cioiè col Griffone,
però che li S. Priori lo fecero chiamare, e esso non volse obedire,
e così fo preso da la lor fameglia e menato strettamente, e volselo
retogliere francesco suo fratello. Da poi se fece inanzze Golino de li
Oddi, e sì lo fece alarghare, e si andò con luj sino a la porta del
palazzo de li Priori, e, subito che fo gionto su, li Priori lo man-
daro al Podestà che lo tenesse pregione.

E a dì 3 detto el detto Mateo de Alex.° fo privato de la au-
torità del suo uff.° da li Mag: S. Priori e Camorlenghi, che non
lo possa più esercitare.

E a dì 6 de Agosto vene la nuova a Perogia come el figliolo
del Sig: da Camerino e il Sig: da Monte lechha e il Sig: Gio:
Iacomo Piccinino con molte altre persone erano aloggiate a Sasso-
ferrato in una osteria, e in efetto la mattina verso el dì cadde la
detta osteria, e sì cie colse dentro li predetti, onde che cie morì
el Sig: de Matellica e il canceliere del Sig: da Camerino con
molti altri e il Sig: Giovan Iacomo Piccinino e il figlio del Sig:
da Camerino erano tulti amachati, di modo che fo gran miracholo
che canpassero, e anco cie moriro circa 16 cavalli grossi.

E a dì 16 de Agosto venne un cavalaio da la Sig: de fiorenzza
ali nostri Sig: Priori notificando qualmente era fatta la pace in
fra il Papa e il Duca de Milano e la Maestà del Re di..... (1)
con la Seg: de fiorenzza e li Baroni del Reame e Orsini, e 'l
modo non è anco chiarito.

(1) Lacuna del ms. Si parla qui di re Ferdinando di Napoli. Si era conclusa e
Sottoscritta la pace nel dì 11 agosto, ma quando ne giunse notizia a Perugia, pur
troppo l'Aragonese ne aveva incominciato a violare le condizioni. Infatti egli aveva
promesso una piena remissione di ogni colpa ai baroni del regno, e due giorni
dopo la conclusione della pace fece prendere a tradimento Francesco Coppola conte
di Sarno, Antonello di Aversa con due suoi figliuoli, i conti di Carinola e Policastro,
Anello da Arcamone e i suoi famigliari. Ad alcuni fece mozzare il capo, ad altri
confiscò i feudi!

1
CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 253

E a dì 19 del detto fo fatto un conseglio con molti cettadini
nel palazzo de li S. Priori, nel quale fo proposto, che se dovesse
mettere per rebello meser Agnielo de meser Alex.° dei Baldeschi
con 2 suoi figlioli, e così fo consegliato e resoluto che se doves-
seno rebellare. In efetto determinaro de andare al vecelegato per
il consenso, e cosi cie andò tutto el conseglio, e esso aconsenli
che essi fosseno aribellati; e poi fo fatto comandamento a li pre-
detti, che in termine de 3 dì avessero sgombrato la città.e il con-
tado, sotto pena de la vita. La cagione fo che esso avea cerchato
alchune cose con li dottori (1).

A dì 20 de Agosto fra Berardino da feltre nostro predicatore
predicò de la pace e unione anuntiando male a chi non la facea,
de modo che quasi ogni persona era sbigottita, e poi comandò a
le done, che andassero in S. lorenzzo a dire 5 paternostri e 5
avemarie, e li omeni a la Maestà de le volte, aciò che iddio re-
vocasse ogni giuditio, che aveva ordinato contro di noi (2).

A dì 21 de Agosto se parli meser Agnielo de meser Alex.° e
meser Domenecho e Alex.° suoi figlioli, li quali avevono auto co-
mandamento da li.Seg: Priori e dal Vecelegato e da tutto lo stato,
che dovessero sgombrare la città e contado 2 dì prima, e in efetto
cavalcaro la sera a le 22 ore, e andaro così a cavallo al palazzo
de Monsi: dove che cie era il conseglio de li Sig: Priori e parte
de li omeni de lo stato, e lì fo molto ragionato del fatto loro, e fo
conchluso che se dovessero cacciare secondo Raspante e pocho
amorevole de questo stato, benchè detto meser Agnielo e li figlioli
eran tornate parechie agnie prima, e pochi di avessino usato per
la città. E veduto el Vecelegato non avere poduto replicare a li
S. Priori e a li omeni de lo stato molto se ne turbava, che non
voleva che se partissero. Per la qual cosa li Si: Priori subito se
partiro poco d’acordo, e poi cie mandaro meser Stefano lor can-
celliere, che se dovessino partire, e così indutiaro al partire fino
a le 2 ore de notte, e andaro per la porta de li funari, e li feceno
conpagnia 3 de li S. Priori insino a la detta porta con tutta la

(1) Così scrive il cronista, ma la frase é oscura, e non se ne può afferrare il
senso. Però circa le cause del nuovo esiglio dato al Baldeschi si veda più innanzi.

(2) Anche di questo fatto e del ritorno a Perugia di Bernardino da Feltre negli
ultimi di agosto non é menzione nell'opera del padre De Besse.

11

VPI SIRENA

ELTE. o I

sota

dac
954. O. SCALVANTI

famiglia del palazzo con le facole in mano, e della nolle se ne
andaro a Bettona. La cagione perché for cacciate se disse, che
detto meser Agnielo avea cercato de. volere essere nel numero del
collegio dei dottori, e cercava la condutta, e a li dottori non piacea.
E così tra una parte e l’altra naque de molto odio ancora per la
disonestà de Alex.° suo figliolo, el quale era odiato da ogni per-
sona, e venero a questo alto che foro cacciate come de sopre
avem delto, benchè detto meser Agnielo Baldescho fosse omo an-
tiquo e gran valente omo, e avea renduto molto onore a la nostra
città (1).

A dì ditto Agamenone de li Arceprete se partì per andare a
Roma per recercare la badia de S. Maria de Val de Ponte, la
quale fo de l’abate loro passato.

E a dì 24 de Agosto el Sig: Roberto da S. Severino aloggiò

(1) Angelo Baldeschi, nipote di Angelo I fratello del gran Baldo, e figlio di
Alessandro e di una sorella di Biordo Michelotti, ebbe comuni coll’ avo la dottrina,
il nome e le sventure. Il Bini ritiene giustamente, che Angelo II insegnasse nel
patrio ateneo, e che poi passasse a Padova e a Ferrara. Se non che lo storico della
Università perugina si mostra dubbioso nell’ accettare quel che narra il Pellini, e
‘cioè che Angelo e la sua famiglia tornassero in patria nel 1486, avendo passato
‘nell’ esilio ben sessanta anni. Certo il racconto del Pellini non è in tutto conforme
al vero, ma ciò che narra il nostro cronista vale a togliere i dubbi avanzati dal
Bini. Infatti il cronista dice, che i Baldeschi erano tornati parecchi anni prima,
sebbene nella città avessero usato solo da pochi giorni. Questo fatto non deve me-
ravigliare, perché talvolta avveniva che si revocasse il bando per il territorio del
contado, mantenendolo fermo per la città. Sotto l'anno 1482 abbiamo visto, che
una eguale disposizione fu data per Gentilomo, Carlo e Agamennone degli Arcipreti,
confinati a Gubbio, ai quali fu consentito di andar liberi e sicuri pel contado, seb-
bene entro certi confini, ma non in Perugia. Angelo degli Ubaldi dunque era tor-
nato da parecchi anni nel territorio del contado, e quindi é naturale che di lui si
faccia menzione in un pubblico atto del 1485 citato dal Bini, ma solo da pochi
giorni, come nota il cronista, egli si trovava nella città. Chiaro apparisce intanto,
che Angelo fu una prima volta condannato al bando, e come Angelo suo avo, si
recò ad insegnare in altri atenei. Quindi tornato in patria è verisimile, che si desse
attorno per riprendere nell’ Università perugina la cattedra di gius civile, che gli erà
stata assegnata nel 1461. Ciò non poteva piacere ai dottori, alquanto ligi al governo
dei gentiluomini; ma nemmeno è da credere, che questa fosse la ragion vera del
nuovo esiglio, a cui l'illustre giurista e tutti i suoi furono nel 1486 condannati.
questa ragione va cercata nelle altre parole del cronista, quando dice, che — « /0
conchluso se dovessero cacciare secondo Raspante e pocho amorevole de questo stato »
— I Baldeschi appartennero sempre, più o meno palesamente, al partito dei Za-
spanti, e trattandosi di persone autorevoli è naturale che fossero veduti di ma-
l occhio dai Nobili, che erano allora al reggimento della repubblica.
x -

CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 255

de qua dal ponte novo in su la teverina con circa 30 squadre de
cavalli e fanti assai, quale era stato Capitan generale de le gente
del Papa a la guerra, quale è stata fatta a li Ursini, e per in-
contro auto col Duca de Calabria; in efelto el ditto Sig: Roberto
se è partito poco amorevole de la Chiesa e con poco onore, e per
sospetto guastò la fiera de Torsciano.

E a dì 25 de Agosto el Duca de Calabria aloggiò con le sue
gente in que] de Tode (1).

E a di 26 ditto aloggiò a la Pagliola nel nostro confine, cioiè
fra no) e quel de Tode con circa 38 squadre de cavalli e fanti
1500, e con esso c'era el Sig: Verginio Ursino e l'Arcevescovo de
Cusenzza nepote del Papa.

E a dì ditto se partì el Sig: Roberto, e posese al Palazzo de
le Pulcie longho la Teverina. Se dice che van facendo danni.

E a dì ditto el nostro Comuno mandò li Amba: al Duca de
Calabria. Cie andò Malatesta de Ridolfo dei Baglione e meser Ba-
glione de Baglione de Golino baglioncello Vibiane.

E a di 28 de Agoslo el nostro Comuno mandò el presente al
Duca de Calabria, al R.mo Arcevescovo de Cusenzza, al Sig: Vir-
ginio Ursino, al Conte de Pitigliano e a meser Iacomo da Trivigie.
El presente fo di confetti, cera, biada, paglia e vino, e fo mandato

al Ponte S. Gianne, dove el detto Duca con le sue gente era

aloggiato.

E a di ditto vene in Perogia lo Arce: de Cusenzza, nepote
del Papa, e aloggiò al palazzo de Monsi: nostro Governatore.

E a di ditto el Sig: Roberto se levò con le sue gente, e po-
sese in sul faldo de là da la fratta.

E a ditto molti nostre gentilomene andaro al Ponte S. Gianne
a visitare el Duca de Calabria e quelli altri signiori.

E di 29 de Agosto molti nostre gentilomene [andaro] apre-
sentar el Duca de Calabria e li altri Sig: de confetti, cera e biada

(1) Si parla qui dell’ inseguimento fatto dal Duca di Calabria contro Roberto
di Sanseverino, il quale, vedendosi minacciato dal nemico, che disponeva di mag-
giori milizie, fuggì lasciando la maggior parte delle sue genti coll’ ordine che si
unissero alle schiere del duca. Ciò dimostra, che il Sanseverino si era ormai di-
sgustato col pontefice, il quale non gli aveva nascosto il suo sdegno pel modo, con
cui la guerra era stata condotta.
O. SCALVANTI

e vino e paglia, maxime la casata dei baglione, e li apresentar
assai più che gli altri e ogni persona li laudava grandemente.

E a ditto lo eccellente dottore meser Baldo de Ser Cola bar-
tolino apresentò el duca de Calabria de biada, cera e vino e altre
cose.

E a dì ditto se levò dal P. S. Gianne el canpo del Duca de
Calabria, e pusese intra el Pian de Ranzano e la Resena con
circa 59 squadre de cavalli e 1500 fante vel circa.

E a dì ditto lo Arcevescovo de Cusenzza se partì da Perogia,
e andò in canpo del Duca de Calabria, e fo aconpagniato da molti
nostri gentilomeni. E a dì ditto meser Baldo de Ser Cola dei Bar-
tolini andò nel campo del Duca de Calabria per visitare detto Duca
e li altri signiori, e andò bene acompagniato, e fo ben visto da
tutti quelli signiori.

E a dì ditto el nostro Comuno mandò a presentare el Gene-
rale de S. Agustino de 4 saccole de biada, 6 scatole de confetti,
4 torte de marzapane e 25 lib. de cera. Cie andò el canceliere
del Comuno con tutta la fameglia del palazzo.

E a dì 2 de 7bre in sabeto, essendo alchune diferentie infra
el nobile omo Malatesta de meser Polidoro e il nobile omo el Mic-
cia de lionello de li Oddi per parole aute in più volte in tra loro,
onde che se rechiesero de combattere insieme a cavallo con la
lancia in mano e ferro polito, e così venero d’acordo per mezzo
del Duca de Calabria e del Sig: Virginio Orsino e del Conte da
Pitigliano e de meser Iacomo da Trivigie con alchuni altri si-
.gniori. Cioiè passando li detti Seg: per el nostro contado, che ve-
nivono da la guerra de Roma, el detto Malatesta et il Miccia
ciaschun de loro andaro a parlare a li delti segniori sopre la
Resena a una chiesa chiamata S. Barlolomeo, e li fo presa deli-
beratione che cie avesseno a fare in questo modo, cioié, che lo
Duca de Calabria ordinó che dovessen combattere in tra la Città
de Castello et el Borgho de S. Sepolchro, dove fece fare uno stec-
cato con molte squadre armate e fantaria assai, a ciò che non
fosse persona alenuna che se movesse a favorire nisuna de le
parte. Poi gionti che foro li nel canpo fece mettere 2 padiglione
uno da un lato e l'altro da l’altro, e dentro cie stavono certi si-
gniori, li quali armorono li predetti conbattenti. Poi fo fatto el
bando con molte tronbe, che non fusse persona alchuna, che se
ir nt

CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 257

movesse per dare favore a nisuna de le parte a la pena de la
forcha. E poi li detti conbattenti montaro a cavallo, eiaschuno
con la lancia in su la cossa, e sonata la tronba ciaschuno a ca-
vallo se mosse con gran furia. Vero è che '| cavallo de Malate-
sta se piantò a mezzo el corso, e lui aspettò animosamente ; 0
che il cavallo non volesse o lui, non se sa. In efetto el Miccia
dette un colpo a Malatesta, poi subito dettero di mano a li stochi
e menarsi molti colpi e stoccate. In ultimo el Duca de Calabria
buttò una bachelta in lo steccato a quelli signiori, e così li fecero
fare la. pace, e basciarse insieme e ciaschuno relornó al suo pa-
diglione; l'onore fo stimato che fosse de... (1).

E a di 4 de 7bre fo fatto un conseglio ne la audienzza de la
Mercantia, e in efetto meser P.° dei Baldeschi propose per parte
de tutta la casata loro qualmente pregavono tutti quelli gentilomeni,
che li piacesse fare a loro tanta gratia, che se volesseno conten-
tare de fare revenire in Perogia meser Agnielo de meser Alex.?
dei Baldeschi e li figli, dicendo che esso non fo mai nemico de
lo stato e molte altre scusatione. El inteso la protesta del detto
meser P.° dei Baldeschi, francesco suo confermò quel medesimo,
e poi se ne andaro. Dopo el loro partire fo ragionato molto de
questo interesso, e se disse el pro’ e | contro. In conchlusione
se remase la cosa sensa conchlusione o resolutione, come era
prima senza pigliar partito alchuno, e tutte se levar su e andarse
con dio.

E a dì 6 de 7bre se fece un conseglio nel palazzo de li Si:
Priori una con li camorlenghi per cagione de alchuno spendio del
Comuno, e, uditi lì partiti messi per li Sig: Priori, fo resposto per
li camorlenghi, che a loro pare al presente se dovesse ragionare
per interesso del sacco e pigliar partito de refarlo, e che quando
lor Sig: non cie provedessero essi intendono volere refare li Ca-
morlenghi. E inteso questo li Si: Priori dissero de voler prima
ragionare con li gentilomeni de lo Stato, e farne conseglio e poi
li renderieno resposta.

E a di 7 de 7bre se fece un altro conseglio: nel palazzo de
li Si: Priori, al quale cie foro una parte de li cettadini, e fo pro-
posto prima che se dovesse ragionare el modo de refare el sacco ;

(1) Lacuna del ms.
598 O. SCALVANTI

secondario che se resolvesse e determinasse qual partito se abbia
a pigliare per lo interesse de meser Agnielo de meser Alex.° Bal-
desco e de li figlioli. Onde che fo resposto più pareri. In ultimo
fo conchluso, che per lo interesso del sacco, li Si: Priori doves-
sero chiamare 2 omeni per porta e intendere se cie fosse alchuno
errore, a ciò che li ciaschun de li gentilomene avesse la parte sua,
e circa lo interesso de meser Agnielo e dei figlioli ne fo molto
poco parlato, e la cosa rimase come prima.

E a dì ditto vene un breve al nostro Vecelegato da parte del
Papa, per la qual cosa subito gionto detto breve fo fatto un con-
seglio nel palazzo del Governatore, dove cie fè chiamare li S.
Priori e tutti li cettadini, e, adunato che fo el conseglio, lesse el
detto breve, el quale comandava, sotto pena de scomunicatione
lata sententia, che non fosse persona alchuna, che ragionasse più
de refare el sacco, e subito, letto che fo el detto breve, ogni per-
sona se partì e andò a suo viaggio. E Monsi: vedendo che le
persone se partivono, subito comandò a la pena de 100 duc. che
non fosse persona alchuna, de quale stato o conditione se sia, che
non debbia ragionare de lo interesso del sacco.

E a dì detto vene una lettera del Papa a li nostri Mag: Sig:
Priori e a tutto lo stato dei gentilomene de la città de Perogia, e
apresentata che fo la lettera, ne fo fatto conseglio, e fo letta la
lettera, dove che schrivea el Papa, qualmente esso avia inteso,
che era stato cacciato da Perogia meser Agnielo Baldescho e li
suoi figli, e che S. San: volea entendere la cagione perché eran
stati cacciati. De la qual cosa se dovesse notificare al nostro le-
gato, e da lui ne volea aviso; onde che per, cagione de questa
lettera quasi tutti li cettadini ne fecero grande renbollito.

E a di 8 de 7bre el Mag: Berardino dei Raniere e Averardo
da M. Sperello se partiro per gire a Roma per cagione del sacco
se avea a refare, e andarono lutti 2 insieme la mane a bona ora.

E a di 14 de 7bre vene la nova come el Cardi: de S P.» in
vincola è ritornato in Roma quale era stato a Genova.

E a dì 20 de 7bre Guido dei Baglione se partì per andare a
Roma per interesso del sacco.

E a dì detto vene la nova come li usciti de Siena sono rien-
irali in Siena. 2

E a di 21 detto in giovedi vene un breve dal Papa in Pero-

-
CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 259

gia al nostro vecelegato Giovan Rosa, al quale comettea, che lui
comandasse a questi celtadini infraschritti, che per. termine de 6
di loro se debbino retrovare in Roma denate a S. San: sotto
pena de scomunicatione; li quali celtadini son questi, cioié: per
P. S. P. se presume per molti che sien citate per refare el sac-
co :
franc. de Baldo dei Baldeschi, Ridolfo dei Ba- '
glione, Amico dei Gratiani, Mariano dei Baglione, i
P.» de Oddo da M. Vibiano, Baglion Silvio dei Ba-
glione. i
Berardino de Gostantino dei Ranieri, franc. de )
Nicolo de Tomasso, Averardo da M. Sperello, Nicolo ; P.' Soli.
da Galiotto de lello, Meser Mateo franc. Sperello.
Agamenone de li Arceprete, Meser Ibo
|
)

de Bonifatio dei Coppole, P.» giapeco de li Armanni

Bartolomeo de Ranaldo de meser Sante, franc. de NOR
Oddo de giapeco de Oddo.
El Mag: Semone de li Oddi, Nicolo de meser
P. Susane.

Grigorio, Ponpeo de li Oddi, Gio: de Sinibaldo, Meser
P.» felippo da Corgnie.

Guido dei Baglione, Meser Antonio de li Acerbi,
Rusteco del Saracino M. Melino, Cesaro dei Chri- > P. borgnie.
spolte, fabritio de Signiorello. )

Et li sopredetti cettadini citate dal Papa la magior parte de
essi sono in Roma.

E a questi di tutti li preditti andaro a Roma per vigore del
predetto breve mandato dal Papa.

E a di 24 de 7bre parti el mag: omo Malatesta dei Baglione
per gire a Roma per interesso del sacco.

E a dì 27 de 7bre el nostro Comuno de Perogia mandò li
Amba: al Papa per interesso del sacco pregando S. San: che li
piaccia de lassare refare el sacco in Perogia. Li Amba: son que-

sti: cioiè, Bartolomeo de li Armanni e lodovico de felcino de li

Armanni con 8 cavalli.

A dì ditto se partì el nostro predicatore fra Berardino da M.
feltro, e andava a Roma chiamato dal Papa.

E a 5 de 8bre venero 2 brevi papali comissori al Podestà e
al Capitano che dovessero tenere ragione e giustitia in Perogia, e
260 O. SCALVANTI

che mandassero a la cercha el dì e la notte. Li quali dovessero
pigliare sbanditi e condennati in casa de gentilomene o dove fos-
sero, e si alchuno contrafacesse non facesseno contesa alchuna ;
ma che subito ne dessino aviso a sua San: notificandoli el nome
de quelli che se oporrano contro de essi.

A di 7 de 8bre vene la nova come a di 5 del detto li nostri
gentilomene, quali for chiamati a Roma da la S. de nostro Seg:
aveon auto audienzza dal Papa, ne la quale audienzza el Papa pro-
pose 2 cose, e prima che lui se maravigliava, che dopo la sua
chreatione non se era mai tenuto ragione ne la città de Perogia
né giustitia; secondario, che esso vole che il sacco se refacci in
Roma. Et intesa la proposta de sua San: se levaro su li nostri
gentilomeni, e ciaschuno disse el suo parere, e prima se levó su
Guido dei Baglione, pregando Sua San: che il sacco se debba re-
fare in Perogia, alegando molte ragione, e che circa la giustitia
e bon vivere è ben vero che ne la nostra città non se è tenuto
ragione nè giustilia, e che da lui né da la casa sua non mancava.
Dipoi se levó su meser Mateo franc. da M. Sperello, e disse;
essere vero quello che dicea sua San: che in Perogia non se tene
ragion nè giustitia, e che questo depende e procede per lo inte-
resso del sacco, onde che per questo chrede e saria de parere,
che saria meglio che li Uff. non ce fossero alegando al suo detto
molte belle ragione.

Dipoi se levó su meser Maletesta dei Baglione, e disse tutto
el contrario de meser Mateo franc. alegando molte ragione, e con-
firmò el detto de Guido, e quasi tutti li altri confirmoro el detto
de meser Mateo franc. E cosi ebbero una gratissima audienzza.
In efetto inteso la S. de nostro Sig: el parere de li nostri gen-
tilomeni respose alchuna cosa, e poi comise al Cardi: de Milano
al presente nostro legato, che li desse audienzza e che li spedisse,
dicendoli che si dovesseno acordare e pigliare resolutione, e che
non si debbino partire sensa sua licenzza, e cosi a dì per di li
meser gentilomene per aligerire la spesa remandavono assai ca-
valli, e dopo la sopredetta audienzza tutti quelli nostri cittadini
andarono a baciare el piede al Papa, e ebbero la beneditione e
forono gran numero.

E a dì 17 de 8bre vene la nova, come che l'Aquila avea fatto
novità, e cie era rentrato el Duca de Calabria, el quale avea fatto
id

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CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 261

amazzare lo Arcidiacono de la detta città e fatto assai re-
belli (1). |»

E a di 21 de 8bre in sabeto for publicati li Si: Priori venuti
a saputa da Roma dal Papa, e for publicati nel palazzo del le-
gato per mano del nostro Vecelegato Giovan Rosa da Terracina
in presenzza de li Si: Priori e cettadini, quali son questi: Biordo
de li Oddi, Franc. de Sinibaldo da Ramazzano, P. Susane; Brac-
ciolo dei Fumagioli, Nicolo del Meo, P. borgnie; Salvestro de
Baldo dei Baldeschi, Giovacchino de Mateo da Castiglione, P. S.
P.; Bartolomeo de meser Bartolomeo dei Ranieri, Tomasso di... (2)
ditto del Soriano, P. Soli; Inocentio de felice de li Arcepreti,
Tomasso de Giovagnie dai pagnie vechie, P. S. A.; Ser Semone
de Giovagnie del Ceccolino de P. Susane notario.

E a di 22 del detto el nostro vecelegato fece fare comanda-
mento a tutti li camorlenghi, che per tutto questo di debbino por-
lare le lor matricole denanti a S. Sig.

E a dì detto revenne in questa città la nobile madonna Pan-
dolfina moglie del Mag: Conte Berardino del Conte Carlo da
Montone, quale venia da Vicenzza, e li andaro incontro 2 figlioli
di lione de li Oddi con molti cavalli e Alberto dei Baglione con
circa 14 cavalli, e smontó a casa de Ridolfo de Guido de li Oddi,
e molte persone cie andaro a di detto a visitarla.

E a di 23 de 8bre vene la nova come meser Baglione de
Golino baglioncello Vibiane era stato condutto dal Papa in Roma
a leggere la prima letione con provisione de 500 duc. l'anno, e
ebbe 100 duc. perché comenzasse a leggere (3).

(1) Il fatto di Aquila avvenne nel 12 ottobre. Pei patti della pace stipulata I'll
agosto la città di Aquila doveva restare libera. Invece nell'ottobre il conte di Mon-
torio, divenuto amico e alleato del duca di Calabria, vi entró colle soldatesche di
quest'ultimo, e, ucciso l'arcidiacono, che la teneva per conto del papa colla pro-
messa di essere creato cardinale, fece tornare la città all'obbedienza del re di
Napoli.

(2) Lacuna del ms.

(3) Baglione di Ugolino Vibi fu chiaro giurista, insegnante nel patrio ateneo
fin dal 1454, quando contava appena 23 anni. Calisto III, in considerazione dei meriti
particolari di questo legista, decretò un aumento sul suo stipendio. Prese parte a

‘ molte ambascerie presso la curia romana, e in specie per la grave disputa del S.

Anello. Nel 1469 l’imperatore Federico lo dichiarò cavaliere e conte palatino. Si
recò a Firenze, come ambasciatore per la repubblica perugina all’ oggetto di con-
dolersi con Lorenzo il Magnifico dell’ attentato, di cui restò vittima Giuliano dei
262 O. SCALVANTI

E a dì detto vene una lettera dal Papa, e avisava el nostro
Comuno, cine S. San: vole levare via tutti li Uffiti, quali non se
esercitano, e che vole durar fatiga a refare el sacco una con lo
nostro legato, e che questo lo vol fare, perchè li nostre gentilo-
mene, che sono in Roma, non son d’acordo, e così del tutto
acusavan li nostri Priori.

A di 25 de 8bre in mercordi meser- Stefano canceliere de li
Mag: S. Priore andò a Roma, e portò tutte le matricole per refare
el saeco novo.

A questi di la ragione se comenzzò alquanto a tenere; li spa-
daecini non pralicheno tanlo per la città, né manco li rebelli.

A di 26 de 8bre fo fatto un bando a 4 tronbe per parte del
nostro Vecelegato e de li nostre Mag: Si: Priori, che dovesseno
andare 3 dì le processione per la città con tutti li religiosi, e che
nisuno persona dovea aprire bottega nè lavorare manualmente,
perfino che non sono andate le dette processione e detto l’ofitio a
la pena de sc. 20: e dette processione foro ordinate a ciò che
Dio cie scanpi da la peste, e metta in pace, se discordia fosse, ne
la città, però che questo anno la peste à fatto e fa qualche poco
de danno.

E a dì 29 detto vene la nova come in Roma el nostro legato
à fatto congregare a dì 24 de questo tutti li nostre gentilomene,
quali for chiamate in Roma per cagion del sacco, e così el legato
nostro disse a li nostri gentilomeni per parte del Papa che S.
San: vole avere el pensiero de refare el sacco, dapoi che loro non
sono d'acordo de refarlo essi medesimi. Anco disse, che il Papa
era ben disposto a fare cosa, che a loro piacerà, e ciaschun d'essi
faccia el suo taglione, e che faccino li priori e altri Uffi. tutti
omeni da bene, altramente che S. San: stracierà li fogli, e non
farà cosa che essi voglieno.

E a di ultimo de 8bre vene un breve dal Papa, come esso
vole mandare a Perogia 10 squadre de cavalli, onde che subito

Medici. Il Bini, valendosi della cronaca di Angelo dei Veghi sostiene, che Baglione
Vibi fu insegnante a Roma, la qual cosa gli storici della Università romana sem-
brano ignorare. Ora la pubblicazione della cronaca di Pietro Angelo di Giovanni
viene a confortare il racconto del de’ Veghi e a stabilire, che il Vibi fu veramente
onorato della nomina di professore a Roma dal pontefice Innocenzo VIII. Tornò poi

ad insegnare in patria, e a prestare l’opera sua in pubblici uffici. i

————2»9—————*
e

CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 263

à

for chiamati dal nostro Comuno X gentilomene, cioié 2 per porta
per provedere le stantie per le dette gente.

E a di ditto vene la nova come meser Astorre de Guido Ba-
glione se aconció con il Duca de Calabria.

E a di ditio vene una littera comissoria dal nostro legato al
nostro vecelegato, come el Papa è venuto a notitia, che lodovico
figlio bastardo de Ridolfo Beglione tenea ingiustamente certa quan-
tità de tereni in Marsciano, Voc. Caiano, quale tereno è de P.°
Antonio de Nichesello. Per la qual cosa li fa comandamento, che
sotto pena de rebellione li debba rendere al detto P.° Antonio, e
così li rese.

sE a dì 2 9bre el nostro Vecelegato fece comandamento da
parte del Papa a questi infraschritti, che sotto pena de rebellione
in tra iermine de 6 dì debbino essere in Roma denante al legato,
e for questi, cioiè:

El brunello de batiste camorlengho.

Benedetto de P.° pavolo dal Pantano camorl:

Ghiberto de Bartolomeo de Mascio, ciascuno de P. S. P. e fe-
lice de Oddo detto Cotozzo di P. Susane. La cagione non se sa,
ma andaro a Roma.

A di 3 de 9bre la S. de nostro Sig: ebbe tutti li stratti e
taglione de li Uffiti da li nostri gentilomeni per refare el nostro
sacco, e vedendo che li nostri gentilomeni in Roma non se sono
acordati inanzze S. San: mandó per el nostro legato, e meser
Antonio de Giliotto de li Acerbi una con meser Stefano canceliere
del nostro Comuno per refare el nostro sacco. Se dice che se lieva
una parte de li Uff., e che se sgravono assai li salarj, e chi à un
modo e chi à l'altro.

E a di 5 del detto mori Acerbo de lodovico de Giliotto de li
Acerbi, giovene de 20 anni da bene. Fo sepelito a S. Domenico
con grande onore. |

A di 18 de 9bre andaro alehuni scolari consegliere al nostro
Vecelegato, dicendo che, essendo andato a Roma meser P.? felippo
da Corgnie (1), à lassato. per suo sustituto a leggere la sua letione

(1) Non si deve intendere che Filippo della Corgna andasse lettore in Roma ;
sibbene vi si recò per qualche incarico ricevuto dal pontefice Innocenzo VIII. L' illustre
giurista perugino, onorato nella sua città e dai pontefici Calisto III, Pio II, Paolo II,

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264 O. SCALVANTI : E

uno scolaro, el quale non é suficiente a leggere, e dopo longo
ragionamento detto Vecelegato e detti consiglieri ragionaro de far
rettore meser Corrado da la Magina, e così dopo el ragionamento
andaro per lo detto meser Corrado e menarlo denante al Vecele-
gato, onde che S. Sig: lo confirmò, e poi li fece conpagnia per 2
piazzate, e poi lo remenaro a casa lì nel renbocho de la salsa.

E a dì 20 de 9bre la Sapienzza vecchia e la nova con altre
scolare de la ‘Università e alchuni de li sopredetti conseglieri se
levaro su e fecero un tumulto, e tutti se adunaro in S Maria del
Mercato, e fecero un altro novo rechtore chiamato meser Gisberto
de Sicilia; e questo fecero perchè non se erano relrovale a fare
el primo rettore, e così ciaschuna de le parte stano de mala
voglia.

A questi dì de Xbre retornaro in Perogia tutti li nostri gen-
tilomeni, quali erano state a Roma per interesso de refare el |

sacco de li Uff. li quali son questi, cioiè tornaro a uno a uno co- |
me son schrilti : |

Méser Nicolo de meser Gregorio, dopo Pietro de Oddo, Nicolo |
de Galiotto de lello, Semone de li Oddi, Meser Ibo de bonifatio
Coppoli.

Giovagnie de Sinibaldo da Ramazano.

Pompeio de li Oddi, meser P.° felippo da Corgnie. |

Berardino de Gostanlino dei Raniere. |

Averardo da M. Sperello.

E poi el nostro predicatore fra Berardino da M. feltro (1),
Cesaro dei Chrespolte, meser Mateo franc. de meser Gio: petruccio |
sperello. |

Li quali gentilomene, benchè fossero state chiamate dal Papa |
per refare el detto sacco, tamen nisuno de essi se empacciò niente
a refarlo, ecetto meser Antonio de li Acerbi, Lorenzzo de Mariotto
del Bisochetto e meser Stefano canceliere del Comuno.

Sisto IV e Innocenzo, insegnò nel patrio ateneo, indi a Ferrara. Nel 1472 tornò in I
Perugia, ma, sulle istanze di Lorenzo il Magnifico, si recò a insegnare nell’ Univer- |
sità di Pisa. Poi fece ritorno in patria, da cui non volle più allontanarsi. i

(1) Di questo incarico dato a Bernardino da Feltre, di accompagnare cioé a
Roma i cittadini di Perugia, che dovevano conferire col pontefice per la formazione

delle nuove borse per gli uffici, non é menzione nell'opera del padre De Besse. ,
CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 265

A di 13 de Xbre el dì de S. lucia la nobile dona Drusolin&,
moglie del nobile omo Berardino de Gostantino dei Raniere e fi-
gliola del Mag: Braccio dei Baglione, andando a S. Lucia sua
parochia vide certi bendoni posti ne la detta chiesa con l'arme
dei Baglione, per la qual cosa fece chiamare el prete de la detta
parochia, e disseli chi li avea comandato, che lui ponesse detti
bendoni ne la detta parochia, dicendoli assai parole minacciose,
e feceli levare li detti bendoni con le dette arme; e quella mane cie
era molta gente.

A dì ditto comenzaro a venire in questa città assai fante
iandate dal Papa. Se dice che. ne vengano assai più per stare
in questa città. La cagione non se sa.

A dì 17 detto tornò da Roma el brunello del batiste de P.
S. P.°, el quale fo citato dal Papa a questi dì passate.

A dì 22 detto se partì da Perogia meser Giovan Rosa da
Terracina nostro vecelegato. Se disse che tornava a Roma, e che
non revenìa più.

A questi dì se è comenzato a retenere ragione, perchè il Papa
vole che ogni omo se possa godere el suo.

A dì 27 de Xbre in mercordì revene in Perogia el sacco no-
stro fatto a Roma per ordine de Papa Inocentio 8, del qual sacco
se dice che se son levate tutti li Uff: che non se esercitono e le-
vata la metà de li salari a li altri Uff. e li Priore son tutti per
tempo de 3 mesi per 3 mesi, sensa nisun salario, ecetto le spese,
come per la bolla qui de sotto dechiareremo, e detto sacco lo re-
caro qui in Perogia lo Arcevescovo da Cusenzza e il Vescovo di
Castello, el quale è venuto al presente per nostro Vecelegato.

E a dì ditto tornò da Roma el Mag: Guido Baglione, el Mag:
P. giapeco de li Armanni e frane. de Oddo, quali erano stati a
Roma per interesso del sacco.
© a dì 28 de Xbre for publicati li Uff. del sacco novamente
recato da Roma e refatto per mano del Papa, e non cie se trovò

i

a refarlo altra persona, che meser Giliotto de li Acerbi e lorenzzo
del Bisochetto e meser Stefano cancelier del nostro Comuno; e fo
letta la bolla del. Papa del modo del sacco, e in efetto chiari come
erano levati tutti li Uffitiali sensa salario, e levata una parte de li
salari de li altri Uff., e che li Mag: Sig: se fano per tempo de
3 mesi per l'Uffitio de Priorato sensa salario reservate le spese. E
5 uA EE day

266 O. SCALVANTI

ancho molte altre cose contenevono ne la detta bolla, e for publi-
cati li Priori e letta la detta bolla in S. lorenzzo, e lì presente cie
fo el Vescovo de Cusenzza e il Vescovo de Castello, nostro Vece-
legato, e li S. Priore e Camorlenghi e anco un grandissimo po-
polo per intendere li capitoli de la detta bolla, li quali capitoli e
quelli che ne la bolla contiene appare ne la cancellaria, e li Si:
Priore e camorlenghi publicati son questi:

Li Priore.

Pietro de Oddo capo de Uff., Giapeco de P.° P. S. P.

Giovagnie de Ansideo, Pollio de Nofrio, P. Soli.

Cipriano de Mariotto del Bisochetto, Pietro pavolo de Agnielo
de la nonna, P. S. A.

Carlo de Christofano detto del Liberotto.

Stefano de Ser franc., P. Susane.

P.° felippo de Ser Ambrogio, Semone de fumagioli, P. borgnie.

Ser Arcolano del Ranfo, notaro.

Camorlenghi.

Meser Mateo franc. Sperelli, consolo.

lorenzzo de Mariotto del Bisochetto, P. S. A.

Ascanio de Severo de li Alfani, P. Susane.

fioramonte de meser boncambio, P. borgnie.

Tomasso detto Massaria per l’arte dei Calzolari per P. Soli e
li ecmpagni.

A dì ultimo de Xbre el R.mo Arceve: de Cusenzza dette el
giuramento a tutti questi infraschritti omeni nostri cettadini del
conseglio eletti e chiamati dal Papa, quali son 115, come nella
bolla apare, e li detti debbino andare ogni volta che saran chia-
mate a conseglio. Per el nostro palazzo è chiamato el conseglio
Echlesiasticho, li quali omeni son questi cioiè:

P. Soli.

Meser Mateo franc. de Meser Giovani M. Melini.
Rugiere Berardino Carlo dei Raniere.

SIRIO


=_=

ada ci

CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC.

Averardo Meser Periteo Ridolfo de... (1) da M. Sperello. -

franc. Guido Sineduccio de... (2) da M. Melino.
Meser P.? pavolo dei Raniere.

Nicolo de Galiotto de lello.

Barlolomeo de meser Bartolomeo.

Barso dei Barsi.

felippo de Borgaruccio.

Vicho de Tanchreduccio.

P. giovagnie de la Michilina.

Giapeco de P. Antonio de Monaldo.

Pie Sia

Agamenone de li Arceprete.

Bartolomeo e ligiere de P.° iacomo.
Giulio Cesare e Cherubino de li Armanni,
Meser Ibo Alberto de Bonifatio.

franc. de Oddo.

‘ felippo de Pellino.

Daniello e Berardino del Brunello.
Bartolomeo de Ranaldo.
lorenzzo del Bisochetto.
Pellino de Pavolo.

meser Piccinino dei Piccinini.
Armanno de lorenzzo.

feleino de Galiazzo.

P.» di Raniere del Grasso.
Carlo del Bisochetto.

Meser Gismondo de Baldo.
Bovarino dei Bovarine.

P. Susane.

Semone de li Oddi.
meser P.? felippo da Corgnie.

(1) Lacuna del ms.
(2) Lacuna del ms.
268

^
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O. SCALVANTI

meser Bertoldo de lione de li Oddi.
Golino de li Odde.

Tiseo da Corgnie.

Biordo de li Oddi.

Gostantino de li Oddi.

Nicolo de meser Gregorio.
Giovagnie de Sinibaldo.

. lionello de li Oddi.

Berardo de Venciolo da Corgnie.
felice de franc. de Mateo.
Aniballe de Antonio de Mateo.
franc. de Alisandro.

Berardo de lamberto da Corgnie.
franc. de Digazzino.

Alex. da M. Sperello.

lodovico da M. Sperello.
Christiano de Bevegniale.

Mateo del Cepolla.

Bonanno de Sirio.

franc. de Schiatto.

Gualfreduccio de li Oddi.

P.° franc. de Bertoldo.

P.» gentile de Camillo.
Bartolomeo de Ciardolino.

felice de Oddo detto Cotozzo.

P. borgnie.

Guido dei Baglione.

fabritio e Gentile Signorelli.
Teveruccio e Ridolfo Signorelli.
Signorello Signorelli.

Camillo dei baglione.

Malatesta de meser Polidoro.

- Rustecho del Saracino e Batiste de Ranaldo M. Melini.

Cesare e fabritio Chrespolti.
Carlo de Golino Chrespolti.
Meser Antonio e lodovico de li Acerbi.
CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 269

Meser Baldo Perigli.

meser Baldo de Ser Cola Bartolini.
Nicolo da M. Sperello.

Carlo de Nicolo de Ulisse.
Nicolo de P.° pavolo.

Agniel felice dei Mansueti.
franc. de Piede Nibio.

Nello de Sulvitio.

Valerio de Pier de felippo.
Arcagnielo de Piero dei Randoli.
Giapeco de P.° de felippo.

IP SC UD:

Ridolfo de Malatesta Baglione.
Mariano e Alberto de Mariotto dei baglione.

NE :
mem, ure

Ascanio dei baglione.

Meser baglione de Ugolino baglioncello.

P.° de Oddo da M. Vibiano.

Meser P.? de baldo france. de Baldo dei baldeschi.
Silvestro de Baldo.

Meser Ridolfo da M. Vibiano.

Golino dei Gratiani

Amico dei Gratiani.

Nello dei Gratiani.

Mateo Nicolo de meser P.° de lodovico.

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Baglione de Silvio.

frane. de lodovicho.

Antonio de Valariano.

Carlo de Cinaglia.

Giberto de Bartolomeo.

Giuliotto de Galeazzo.

E a di ultimo de Xbre la casata de li Oddi fecero un bello
presente a lo Arcevescovo de Cusenzza, e esso demostró averlo

acetto.

Nel predetto ano el grano al più valse in piazza s. 30 e 35
m. l'orso s. 20, la spelta s. 15, l'olio 1. 4'/, e "1 vino 1. 7 e 8
soma.

18
270 O. SCALVANTI

1487 — A dì primo de Genaio la casata dei Baglioni mandò
‘a presentare lo Arcevescovo de Cusenzza de molta caciagione,
confetti e cera, biada, polli e fiaschi de vino, e fo uno onorevole
presente.

A dì 2 de Genaio revene da Roma el mag: Agamenone de
li Arceprete, el quale andò a Roma per conto del sacco, e non era
anco tornato.

A dì ditto se partì da Perogia lo Arceves: de Cusenzza, e li
fecero conpagnia molti nostri gentilomeni, e prima che esso par-
tisse li fo mostrato lo anello della Ver: Maria, perchè la mane non
lo podde vedere, che non se podde avere la chiave de la cassa
del detto Anello, che l'avea Alberto dei baglioni, e non volse che
se mostrassi per una certa schisilà (1), che esso avea auto con li
S. Priori, de la qual cosa se ne fece grande renbollito per la città.
Poi dopo mangare meser Mateo francesco da M. Sperello, primo
console, andò con molte camorlenghi a pregare el detto Arceves:
che non voglia avere a sdegnio, e che li piacia de volerlo vedere,
e così acettò, e li fo mostrato con molta solenità.

A dì 14 detto vene a perogia el breve de la prima condutta,
che abbia auta el Mag: Girolamo de Cesaro de li Arceprete, el
qual breve venia da Papa Inocentio 8°, e in esso conteneva come
S. San: dava al detto Girolamo 300 duc. l’anno per sua provi-
sione, e confortavolo con amorevole parole, dicendo che lui aten-
desse a essere valente omo, perochè detto Girolamo era giovenetto
de 14 anni in circa (2).

A questi dì de Genaio Ser Semone de Giovagnie de la Cec-
colina se partì de questa città, perchè ebbe comandamento a questi
dì passate da lo Arcevescovo de Cusenzza, che sotto pena de re-
bellione per tempo de 10 dì esso se debbia retrovare denante al Pa-
pa, e questo fo perchè detto Ser Semone, essendo nel palazzo del
Governa:, puse una certa suplicatione denante a S. Sig:, ne la
quale pregava S. Sig:, che pregasse el Papa che volesse reme-
-diare a lo interesso del sacco, e quando, no designiava la cosa
non essere ben fatta, e che portava pericolo non se facesse qual-

(1) Schisità in senso di differenza.
(2 Il Pellini accenna alla giovine età di Girolamo di Cesare degli Arcipreti,
ma non dice quanti anni avesse, quando Innocenzo VIII lo elesse alla prima condotta,


CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 271

che novità; e detta suplicetione non la pose in mano del detto
Arceves: ma la pose in certo bancho cautamente, e non se sapea
chi l'avesse fatta. Se no che detto Ser Semone porgendoli un di
una sua suplicatione, S. Signoria recogniobbe la lettera sua con-
frontandola con quella de prima.

E a dì 25 del detto el predetto Ser Semone de Giovagnie fo
messo pregione in Castel S. Agnielo in Roma.

E a dì 26 detto Bartolomeo de meser Bartolomeo dei Raniere
prese 9 lepre in Isola polvese, li quali lepri cie li aveva fatti
mettere Ridolfo de Malatesta dei Baglione più tempo fa.

E a dì ditto el predetto Bartolomeo lieli mandò al sopredetto
Ridolfo in sur uno asino, e detto Ridolfo lieli remandò, e non li
volse accettare.

E a di 28 de Genaio morì meser Iacomo Vescovo de Perogia, ;.
el quale era da Cortona. Morì a la Pieve del Vescovo, e fo re-
cato el corpo suo qui e posto in S. Bernardino, e avea renuntiato
el Vescovato a meser Dionige suo nepote.

E a di 29 ditto revene da Roma el nobile omo Malatesta de
iidolfo dei Baglione, quale cie era andato per interesso del sacco.

E a di 80 detto el corpo de detto meser Iacomo nostro Ve-
scovo fo recato in S. Lorenzzo, e li fo fatto grandissimo onore,
e prima la cassa dove era el detto corpo la levò su meser Baldo
de Ser Cola Bartolini e meser P.» de baldo e meser P.° felippo
da Corgnie e meser Batiste medico, e messa sotto al baldachino
assaj bene ornato; e denanzze a la delta cassa, overo bara, cie
era un numero grandissimo de torchie accesi e 30 mamoli vestiti
de bianco, pure tutti con li torchietti a spese del detto Vescovo, e
cie for tutti li conventi de questa città, prete e frate, li Mag: S.
Priori e molti gentilomene e quasi tutti li dottore de la città e
molti popolari, e cie fo fatto un bello Uffitio e un bel sermone
da Meser Carlo de Antonio de Mateo, e fo vestita la sua fameglia
al modo dei romani e altre cose, sì che cie fo fatta una grande
spesa.

A dì ditto andò a marito dona lodovica, figlia del famosissimo
dottore meser Baldo de Ser Cola Bartolini, maritata a Cipriano
de Mariotto del Bisochetto. Glie fecero compagnia certi nostri gen-
tilomeni de li principali e molti altri cittadini, a li quali fo fatta
una bella colatione.
x
n2

O. SCALVANTI

A di ditto menò moglie Astorre de P.° Antonio de P.° dei
Gratiani una figliola de Venciolo da Corgnie, e andó a marito
molto onoratamente.

E a di ultimo detto foro pubblicati li massari de lo Studio e
prima Ridolfo de Malatesta Baglione, P. S. P.; Berardino de... (1)
Raniere, P. Soli; P.° giapeco de li Armannj, P. S. A.; Guido de
Malatesta Baglione, P. borgnie; Meser Bertoldo de lione de li
Oddi, P. Susane.

A di ditto for pubblicati li Capitani del contado per li 6 mesi
da venire:

Agamenone de li Arceprete P. S. A.; Christiano de bevegnate,
P. Susane; Batiste de Ranaldo da M. Melini, P. borgnie; Amico
dei Gratiani, P. S. P.; P.° giovagnie de Mateo de Peruzzolo, P. Soli.

è a di ditto fo pubblicata la legha fatta in fra Papa Inocentio
ela Seg: de Venetia, la quale fo bandita a 4 trombe per tutta
la città, e ne for fatti faloni per alegrezza (2).

E.a di ditto fo bandito per parte del nostro vece-legato, che
tutti li ordini de religiosi e fraternite el di de S. Maria Candelo-
ria debbino andare in processione, che sarà a di primo de febraio,
e pregar dio che faccia conservare la detta legha.

E a di 4 de febraio in domenica menó moglie el nobile omo
Vine.° de meser Pietro de Baldo dei Baldeschi una figliola del
Mag: Genlilomo de li Arceprete, che ebbe nome Richabella, e fo
una bellissima zita. Onde che a di ditto el mag: homo Girolamo
de Cesaro de li Arceprete ordinó una beilissima parata, e prima
era ordinato un bello carro, el quale era menato da 4 cavalli
bianchi, sopre el quale carro eminentemente sedea un Re rica-
mente adornato con molle legiadre ninfe intorno e un mamolo con
uno arco in mano, el quale disse alchune stantie molto al pro-
posito, e lì dintorno cie erano tutti gli omeni de la parata, e circa

(1) Lacuna del ms. .

(2) Non si trattò veramente di una nuova lega, ma piuttosto del rinnovamento
di quella già conclusa tra la Chiesa e Marco Barbarigo doge di Venezia, a cui era
succeduto il fratello Agostino. La lega veniva confermata in specie per il pericolo
derivante dalle imprese dei turchi e dalle gesta di Boccolino, che dalla condizione
di privato cittadino levandosi a quella di tiranno, aveva ribellato Osimo alla Chiesa
e atteso a fortificarla. Di qui l'invio del cardinal Giuliano della Rovere con un eser-

cito, che per più mesi cinse d'assedio la città ribelle. E
CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 218

80 armati de tutte arme, e il Mag: omo Girolamo sopredetto an-
dava a cavallo tutto armato, accompagniato a cavallo da Bartolo-
meo de Mariotto de li Arceprete pure tutto armato, e tutto l'ordine
de questa parata fo ordinato in S.° Agostino, e de li se partiro,
e como foro denante a casa de li erede del Gentilomo, el pre-
detto Girolamo smontó da cavallo e andò su in casa, e subito fo
sposata la zita, dove che meser Baldo de Ser Cola Bartolini fece
la diceria, e lì cie foro tutti li gentilomene de questa città. For-
nito che fo el detto sposalitio, fecero la colatione, e poj ditto Gi-
rolamo e Ercole del Gentilomo pigliaro per mano la zita, e sì la
dettero in mano de meser P.° de li Baldeschi. Poi lì in piazza
denante a S. Lorenzzo in un certo montone de terraccio la notte
prima fo ordinato e fatto un boscho, nel quale stavano ascosi
certi omeni salvatici, e nel passare del detto carro lì fo cantato e
recitato alchune belle cose. In questo usciro fora del detto boscho
quelli omeni salvatechi, e rappirono quelle ninfe; e quelli omeni
armali corsero al romore e retolsero le predette ninfe, benché
cie fossa fatta una grossa scaramuccia. In ultimo for presi li
detti omeni salvatichi da li detti omeni armati, e tutti li incate-
naro, e cosi li menavano con le catene al collo, e ogni cosa andó
con bonissimo ordine, e il sopredetto Girolamo se afatigó molto
con gran solecitudine, de modo che ogni persona se ne maravi-
gliava, considerato il poco tempo che esso avea, che era de 14
anni vel circa. Se disse che mai fo fatta la più bella parata, e
meglio ordinata de questa. Li capi de la detta parata for questi:

Galiotto de Oddo, Ursino de Bonifatio, Bartolomeo de Mariotto
de li Arceprete, Ciecco de Ser Pietro, e detto Girolamo cie spese
de molti duc. per delta parata.

E a di 9 de febraio in venerdi el nostro Vecelegato disse la
messa in S. lorenzzo, onde che essendo a la delta messa meser
Baldo de Ser Cola Bartolini, famosissimo dottore (1), cie venne a
la detta messa meser Raniere de meser P.° pavolo de Tanchre-
duccio, il quale se volse mettere inante al detto meser Baldo e

(1 Baldo Bartolini di Ser Cola, nato nel 1408 contava allora 79 anni. Inse-
gnante nell' ateneo patrio fino dal 1438, si recò a Siena nel 1469; fu lettore a Pisa
nel 1476, indi a Perugia, dove tenne l'insegnamento del diritto civile, ed esercito
uffici pubblici di grande importanza. Mancò ai vivi nel 1490.

— sto f

Moe. Me d n t:
274. O. SCALVANTI

procederli al luoco, però che anco esso era dottore, onde che
detto meser Baldo se levò su e partirse, e quando se levava detto
meser Raniere lo spense (1) fecelo cadere; per la qual cosa el
detto meser Baldo se ne andó denante al Vecelegato, e disseli el
caso, si che Monsig: li fece fare comandamento, che se partisse
de la chiesa, e cosi ditto meser Raniere se ne andò con dio, e
per questa cagione stette vacante lo Studio per alchuni di; e detto
meser Raniere fo molto inputato de tal cosa, e Monsig: lo ebbe
molto a male de esso, e per questo fo citato per un breve a Roma.

A di 10 de febraio in sabeto li canoneci de S. lorenzzo fero
levare el Corpo pE Santo Encurawo in S. lorenzzo, el quale stava
sotto a l'altare grande, e fo posto sotto a l'altare grande fatto de
novo. E li cie fo presente il nostro Vecelegato e il Vescovo de
Perogia, e detto corpo era intero e sano, come quando era vivo;
e el nostro Vecelegato li taglió certi capilli per grande devotione,
e fo sentito che il detto corpo santo rendeva grande odore, e cie
fo fatto un bello Uffitio.

E a di ditto venero in questa città 4 breve dal Papa derizate
al nostro Vecelegato. El primo contenea, che se dovesse cancellare
la rebellione del Conte Berardino, figlio già del Conte Carlo da
Montone; l'altro contenea che se lassasse tornare meser Agnielo
de meser Alesandro dei Baldeschi e li figlioli Raspante. L'altro
breve comandava a meser Raniere de meser P.° pavolo dei Ra-
niere, che andasse a Roma, e il 4° breve comandava a meser
Agamenone de li Arceprete, che lui dovesse restituire tutte le spolie,
che foro del loro Abate e darle a li figlioli del detto Abate.

E a dì 19 detto cavalcò per gire a Roma el nobile omo meser
P.° pavolo de Tanchreduccio dei Raniere dottore. Se disse che
andava per cagione de meser Raniere suo figliolo pure dottore, el
quale fo citato per un breve a questi dì passate per comanda-
mento del Papa (2).

(1) Spense per spinse.

(2) Questa notizia è interessantissima per la istoria della nostra Università.
Infatti il Bini cita un Jacopo di Tancreduccio Ranieri come insegnante di diritto
civile fino dal 1444, e non ricorda poi che assai vagamente un Pietro Paolo Ra-
nieri, che avrebbe insegnato solo dal 1486. Ora il cronista avverte, che un Ranieri
di Pietro Paolo di Tancreduccio, dottore egli stesso dello Studio, fece una grave in-
giuria in S. Lorenzo al venerando Baldo Bartolini di Ser Cola. Questo Ranieri fu

, Li
>

CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 275

E a dì 10 de Marzo vene in Perogia el nobile omo Giovagnie
de meser Nicolo Vitelli da Castello con circa 12 cavalli, e alog-
giò in casa de li baglione, quali lie fecero grande onore, e partì
el dì seguente per andare a Roma.
E a dì 11 de marzo venero tre breve in questa città da parte
del Papa, el primo al nobile omo Marcantonio del Mag: Guido
dei Baglione, el 2° a Agnielo de la Pia dei Baglione e l’altro a
lodovico, figlio bastardo de Ridolfo Baglione. La causa non se
dicea.
A dì 20 ditto for publicati li Mag: Sig: Priore novi per li
mesi da venire, li quali for pubblicate nel palazzo del podestà,
dove cie fo el nostro vecelegato, e esso pigliò la palotta. Se disse
che erano prima a saputa, perochè ancora cie sono certe altre
palotte segniate e magior de le altre. Li quali priore for questi
infraschritti.
P.S. A., Agamenone de li Arceprete, capo.
Agnielo de Ser Pietro.

P. Susane, Aniballe de Antonio de Mateo.
Inocentio de...... (1).

P. borgnie, franc. de Piede Nibbio.
Bartolomeo de Mariozzo.

P. S. P, Alberto de Antonio de Marcho.
Alovige de...... (2) Spetiale.

P. Soli, Marco de la bettola calzolaio.
Giovachino de Giapeco calzolaio.

P. S. A., Ser Mateo de Nardo notaro.

E a di ditto for publicati li dirittori, e foro:

P.° de Oddo da la Bancha, Batiste de Ranaldo, felippo de
Ansideo.

A questi di de Marzzo el Marchese dal Monte da S. Maria
tolse per moglie la figliola de Semone de li Oddi. Avea nome .... (3).

dunque figlio di Pietro Paolo (di Tancreduccio), e questi fratello di Iacopo. E cosi noi
abbiamo nel secolo XV tre dottori usciti dalla nobile famiglia Ranieri, e cioé Ja-
copo, Pietro Paolo di Tancreduccio e Ranieri di Pietro Paolo.

(1) Lacuna del ms.

(2) Lacuna del ms.

(3) Lacuna del ms.
276 O. SCALVANTI

A questi dì de Marzzo el Mag: omo Agamenone de Cesaro
de li Arceprete prese per moglie una figliola de Sforzza de li
Oddi, e a di ditto la sposò, e '| suo nome è. ..... (455

A questi di de Marzzo vene in Perogia Lorenzino de P.° fran-
cesco dei Medici da fiorenzza bene acompagniato, e andava a
piede lui con tutta la sua compagnia tutti vestiti. de cilestro. Se

-—? disse che andava a la madona de loreto per voto, e la sera alog-
gió a l'ostaria de S. Marco.

A di 4 de Aprile se partì de questa città el Mag: Malatesta
de Ridolfo dei Baglione. Se disse che andava verso Venetia a le
stantie, però che era soldato dei Venetiane.

E a dì 20 ditto fo vento lo Amba: per li bisogni de la comu-
nità, cioiè Petrino de Baldassarre de Petrino mercatante, el quale
dovesse andare con 3 cavalli. Ne fo fatto gran renbollito, perchè
alchun nostro gentilomo non volea che lui andasse.

E poi fo fatto conseglio nel palazzo de Monsig: nostro legato
per dare li ponti e foron venti.

A questi dì del detto andò a Roma meser Raniere de meser
P.° pavolo dei Raniere per un breve auto a questi dì passati dal
Papa per el caso ocorso con meser Baldo de Ser Cola Bartolini,
come dicemmo.

A questi dì de Aprile se partì de qui fra Berardino da M.
feltro nostro predicatore de l'ordine de S. francesco del monte,

el quale avea predicato longho tempo a Perugia, e remosse molto
el popolo dal mal fare, e l' ultima predica, che esso fece, predicò
in piazza; a la qual predica cie fo gran popolo, come era con-
suelo, di omene e done assai, e ad ogni persona lassò un recordo
a grado per grado, e poi prese licenzza, e dimandò perdono a
tutti, e prima per molte sue prediche avea detto che questa no-
stra città stava in gran pericolo di sangue e di peslilenza, e che
questo li lo avea revelato un santo omo de li lor frate, el quale
era morto pocho tempo fà. Se disse che lui andava a Tode (2).

(1) Lacuna del ms. Nemmeno il Pellini dà i nomi delle fanciulle, che andarono
spose al marchese del Monte di S. Maria e ad Agamennone di Cesare degli Arci-
preti.

(2) Bernardino era státo a Todi anche prima della sua predicazione in Perugia
per la quaresima del 1487.

— CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC... 277

E a di 25 detto se parti de questa città madona Pandolfina,
moglie del Mag. Conte Berardino del Conte Carlo da Montone.
Se disse che andava a trovare el Conte Berardino suo marito, e
fo molto bene acompagniata maxime da tutti li giovane de li Ba-
glione e tutti li Oddi con li tronbetti inanzze, e cie andaro in
compagnia Mariano dei Baglione. Se disse che detto Mariano glie
avea renduta la casa loro, quale teneva luj con questo patto, che
lej li debbia rendere el costo de dette case e refarlo de le bonifi-
catione, che asciende a la somma de sc. 1500 con patto e condi-
tione di lassà le recoglie per tempo de 1 anno, e se non le reco-
glie per detto spatio remangano al detto Mariano.

A di 5 de Meggio se disse, come Pielro de felice de li Arce-
prete altramente detto P.» de la Casandra era stato preso in Roma
e messo in Castel S. Agnielo. La cagione non se sa.

E

meser Mateo de meser francesco: lo feri nel viso, e fo un gran

i

a di 26 detto fo ferito meser Vincentio de meser Antonio da

fregio. La cagione se disse, perché era stalo messo per suo con-
corrente ad una letione, e prima ne facea questione denante al
vecelegato, onde che d'alora in poi sempre fo chiamato meser
Vincentio dal fregio, e fo un famosissimo dottore (1).

A dì 9 de Giugno vene la nova come el campo de la Chiesa
andava a canpo a Osimo contro de Boccalino, el quale se era
rebellato a la Chiesa, e avea cacciato tutti li cettadini de la terra,
cioié quelli che non erano al suo proposito, e anco cie aveva
amazzale molte persone, e non se è voluto mai convenire a lo
acordo, e dice che luj vole aspettare animosamente.

A di 20 ditto foro pubblicati li Mag: Sig. Priori per via ordi-
naria e non a sapula, come le altre 2 pallotte prima, e fo mani-
festato dal Cancelliere del comuno che non cie son più pallotte a
saputa. Li priori novi son questi infraschritti :

Meser Agnielo de lionello de li Oddi, Primo
Consule, > P. Susane.

Gio: pavolo de Mariotto de Ricciere del Piasta,

(1) Questo Vincenzo di messer Antonio, che non può confondersi con Vincenzo
di Ugolino Vibi,non apparisce essere stato insegnante, e nemmeno Matteo di messer
Francesco, che ebbe col primo la disputa accennata dal cronista.

Kis. 50 N

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— dien: E

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OUR
278 O. SCALVANTI l

Berardino de meser Conte, Coda,

dM v je.
Ranaldo de franc. de maestro Giapeco IBIS

Carlo de Cinaglia, ou |
Tomasso de P.° pavolo del Battista, TOTO |
Guidantonio de Semone, ; |

E) P. Soli. |
lorenzzo de Giovagnie da pagnie vechie, i

feleino de Galiazzo . ..
Giovagne de Menecho
Ser Prospero de Galiotto da Mongiovino, notaro. |
A di 20 ditto foro publicati li conservatori; cioiè :

El mag: omo Girolamo de Cesaro de li Arceprete.

Benedetto de Cinello da scagniano.

rM DS A

Guasparre de Aniballe dei Tassi.

Meser Agnielo de meser Mateo de li Ubaldi, consultore.

Ser Agnielo de tomasso del faeno, Ser Giapeco de Pavolino
notarij.

A di 28 de Giugno vene la nova qui, come el nobile omo Gio:

Vitello de meser Nicolo da Castello era stato morto a Osimo da
una spingarda a un certo baslione, el quale era nel campo de la
chiesa, e se era portato molto valentemente contro de Bocholino (2). '
E a di 24 ditto venne la nova qui come la Sig: de fiorenzza
avea riauto Serazzano, quale lie avean tolta li genovesi (3). M
E a di 25 detto mori frate Giapeco de Oddo frate de S. franc.
del Monte, e li fo fatto un bello Uff., al quale cie fo francesco e
Galiotto de Oddo, e tutti li loro, e era tenuto bona persona.
A di 8 de luglio fo fatto un conseglio nel palazzo de Monsig:
al quale cie foro li Sig: Priore e Sig: Camorlenghi e li cettadini
del conseglio, dove for letti 3 brevi; el primo venia a la Sig:

del nostro vecelegato da parte del Papa, el quale breve dicea,

(1) Lacuna del ms.

(2) Giovanni Vitelli militava nelle schiere della Chiesa condotte da Giuliano
della Rovere. :

(3) La repubblica di Firenze da assai tempo desiderava ricuperare Sarzana, e
a questo effetto, in ispecie sotto il gonfalonierato di Averardo Serristori, fece co-
struire tre bastioni intorno alla città per meglio cingerla di assedio. Il 21 di giugno
si deliberò di dare l'assalto a Sarzana, ma gli assediati nel giorno appresso, ve-
dendo di non poter resistere alle forze degli assalitori, senza altrimenti far prova i
della, fortuna, si resero liberamente (AMMIRATO — Ist. fior.). Fu questo il fatto, di
cui, come scrive il cronista, venne nuova a Perugia nel dì 24 dello stesso mese.

"
ra

CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 279

avere inteso che qua in Perogia se ragionava per qualchuno, che

‘el sacco era mal fatto, e che se andava suburnando questo e

quello altro, per la qual cosa se comandò per parte de Sua Santità,
che non sia persona, cbe ardisca de ragionarne nè dire, el sacco
essere mal fatto, sotto pena de scomunicatione lata sententia.
L'altro breve venia a li Mag: Sig: Priori, a li quali comanda,
che debbino fare registrare el sopredetto breve in Cancellaria: e
l'altro breve venia al nostro podestà, al quale comandava, che ne
facesse exegutione contra quelli, che non volesseno obedire.

Poi letti li detti brevi se levò su el podestà, e confortò ogni
persona a essere contenta de quanto è stato fatto, e quando non,
che lui facea sua scusa con ogni uno, perochè per il primo, che
li verrà ne le mano, che lo puniscierà de modo che persona nol
pensa, e poi chiarì de farli mozzare la testa. Apresso fo letto un
altro breve, che non fosse persona nè gentilomo nè persona al-
chuna, che andasse a pregare nisun superiore a nisuno tribunale
sedente, eccetto li avocati e procuratori. Sì che sia rengratiato
dio che se liene assai bona ragione perfino a oggie che semo a
dì X de luglio, cioiè comenzò alora che tornaro li nostre cetta-
dini da Roma per cagion del sacco, e son scacciati via quasi tutti

li sbanditi, e non sono mai più andate per la città pubblicamente

come prima con l’arme, de modo che molto piace a quelli vo-
glieno ben vivere.

A dì detto vene una lettera per parte de meser Alex. de Ba-
tiste de Venciolo fatta in Tagliacozzo, per la quale dava aviso a
Batiste suo padre, come el dì de S. P.° e de S. Paulo, che fo a
l’ultimo del passato, in Tagliacozzo venne una volveola, e pioveva
el sangue vivo per spatio de 3 balestrate in circa, de modo che
ogni persona ne stava molto admirativa e stupefatta.

E a questi dì passati venne in Perogia un comissario del
Papa con autorità per rebandire li condennati.

A dì 10 de luglio fo fatto un bandimento in Perogia per parte
del Papa a 4 tronbe, che qualunque persona tanto maschi che fe-
mine, che ragionasse de quanto è stato fatto e fatto fare del sacco
fatto, caggia in pena de scomunicatione lata sententia, e non se
possa rebenedire se-non per bocca de Sua Santità, ecetto in pe-
ricolo de morte, e così chi l'odisse ragionare, che non lo avisa,
casca in quella medesima pena. :
art
Riso

280 O. SCALVANTI

A dì 22 de luglio a 8 ore de notte rentraro li forosciti de
Siena per trattato, e amazzaro molte de quelli de la parte dentro.

"A di 23 detto vene un breve dal Papa a li nostri Mag: Sig:
Priori e una lettera de lo Arcevescovo de Cusenzza, pregando que-
sta comunità, che voglieno fare fante per mandarli a Osimo contro
de Boccolino da Osimo, quale se era rebellato da la chiesa.

A di 24 del detto for letti li predetti brevi e la lettera, e for
venti fior. 1000 per la Santità de nostro Sig: da li Sig: Priore e
da li omeni del conseglio.

A di 26 ditto for messi a partito li detti fior. 1000 a benepla-
cito de la Santità de nostro Sig: per la guerra contro Osimo. For
messi a parlito denante a li Sig: Camorlenghi 2 volte, e sempre
for. perduti.

E a di 27 de luglio revene a Perogia el nobile omo Nicolò
Piccinino 3° (1), nepote de la ecellenza del Conte Iacomo, el quale
era stato pregione del Re ne la rocca de Gaeta circa 20 anni,
cioiè fo fatto pregione al tempo del Conte Iacomo. Se disse che da
circa anni 2 fo liberato, e al presente è venuto da Roma assai me-
zanamente in ordine, e rentrò per P. S. P. e andò a casa loro in
P. S. A., e quasi tutti li gentilomene e altri popolari lo veddero
molto volentieri.

A dì 29 ditto menò moglie el nobile omo P.° pavolo de meser
P.° felippo da Corgnie, la quale ebbe nome Chriese, figlia del
Mag: omo Ridolfo dei Baglione, e quando la zita venia li andaro
molte done incontro ballando perfino lì da la chiochena (2) de piazza,
le quale done se ne eran partite da casa de meser P.° felippo li

(1) Il Pellini lo chiama Nicolò secondo, ma l’errore é evidente, perché Nicolò I
morì nel 1444, e Nicolò II, figlio di Jacopo, morì nel 1464. Questo Nicolò, di cui ci
parla il cronista, fu nipote ex avo del grande condottiere Jacopo, e figlio di France-
sco. Gli storici e i biografi di Jacopo Piccinino, narrando la prigionia di lui presso
il re di Napoli, dicono che fu chiuso col padre in Castel nuovo il figlio Francesco;
ma, a quanto narra il cronista, ebbe la stessa sorte il nipote Nicolò, il quale sa-

rebbe stato in prigionia per 20 anni. E difatti fu nel 1465, ai 24 di giugno, che Ja-

copo Piccinino, stato per molti anni condottiero di Francesco Sforza, venne fatto
prigione da re Ferdinando; e dal 1465 al 1487 corrono appunto 22 anni, e il cronista
ci dice, che Nicolò III Piccinino da 2 anni era stato liberato dal carcere. Dunque
sarebbe esatta la notizia circa la lunga prigionìa sofferta da Nicolò per lo spazio
di quattro lustri.

(2) Chiochena per chiavica o fogna.
CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 281

denanzze al palazzo de li Sig: Priore, e poi fecero una cena assai
suntuosa.

A dì primo de Agosto Gio: del nobile omo Gentilomo de li
Arceprete retolse Agnielo da Pietramelina, detto Ragnio oste, lì
dal nostro canpo de la bataglia a la corte, cioiè al bargello, e
era preso per la vita.

A dì ditto for mandate da questa comunità fior. 1000 a bene-
placito de la Santità de nostro Sig: per la expugniatione de Osi-
mo, quali foro derizzate a lo Arcevescovo de Cusenzza. Li portò
Eliseo de Baldassarre de Petrino, depositario del nostro Comuno,
li quali 1000 fior. for venti per dechreta. Se disse che de ragione
non erano ben venti, perchè li camorlenghi non li volsero vencere.

A di 4 de Agosto Giovagnie del Mag: Gentilomo de li Arce-
prete retolse Carlo fameglio de Piero de Raniere del Grasso da
le mani dei birri, e feri 2 de li detti birri li in capo de la piazza.

E a di detto (1) detto Giovagnie del Gentilomo fo messo per
ribello, lui con li altri suoi seguaci, perché retolse Ragnie da
Pietramelina al bargello li al campo de la batalia, e lo avevon
preso a la Resena ne la Osleria de li rede del Gentilomo. La
quale rebellione fo bandita per piazza a 4 trombe.

E a dì 5 de Agosto li nostri Mag: Sig: Priore dettero la
mattina a mangare a Nicolo Piccinino lerzzo, e come ebbe man-
gato, li donaro 50 scudi d’oro, e poi lo fecero aconpagniare da li
famegli del palazzo fino a casa sua in P. S. A.

E a ditto el detto Nicolo Piccinino terzzo de notte tempo tolse
la rocca a meser Piccinino quasi per forzza. Se disse che gliela
avea tolta, perchè non la tenea molto in ordine; de modochè ad
ognie persona piaque assai che le l’avesse retolta.

A dì otto de Agosto vene la nova quì come Bocholino da
Osimo avea renduto Osimo a Papa Inocentio, e lui se andò con
dio e tutti li suoi seguace, e il papa li pagò tutti li suoi bene con

(1) Da questa data a quella del 16 luglio 1491, la cronaca venne stampata per
cura del Bonaini, del Polidori e del Fabretti nell'Archivio storico italiano (Tomo XVI),
valendosi dell’ esemplare, che si custodisce nell’ Archivio del comune di Perugia.
Ma poiché il nostro esemplare prosegue fino al 3 febbraio 1494, e anche nel tratto
già edito si avvertono fra i due mss. delle varianti degne di essere rilevate e inoltre
anche in questo passo di cronaca inserito nell'Archivio st. ital. s'incontrano delle
lacune, colmate dal ms. nostro, perciò si è stimato conveniente riprodurre anche
la parte stampata, onde non sia interrotto il filo della narrazione.

PARA EA TAI

ICM UMP DA

2
e —————— d

: 989 O. SCALVANTI .

questa conditione, che lui non cie rentrassi più in Osmo, e questo
acordo se fé per mezzo de la ambascieria de fiorenzza ; e per la San-
tità de nostro Signiore prese la possessione lo Arcevescovo de Co-
senzza e m. Domenico da Orio. Se disse ch'el papa cie facea fare
la rocca, e detto Boccolino andò a fiorenzza, ed ebbe onore assai.

E a di ditto la comunità de folignio ordinó de mandare contro
li spellanr per una certa diferenzza, quale avevono insieme per
cerle lor confine; sichè a di ditto venero li folignate nel destrelto
de Spello, e li fecero insieme una scaramucia, la quale duró circa
doj ore in verso la notte, dove che cie foro ferite de l'una e del-
l’altra parte, ma più spellani.

A dì ditto vene una lettera a li nostri Mag: S: Priore da lo
Arcevescovo de Cosenzza con molte rengratiamente e molte oferte
per li fio. 1000, che avevon mandate per la espugniatione de
Osmo, benchè non sien bisognate, e dicendo che non farìa manco
necesità de subvenire la Santità de nostro Signiore al presente,
perchè vuol fare una rocca in Osmo; onde che intesa la detta
lettera ‘se adunó el conseglio, e non foro el numero; e quelli che
se adunaro non ne parlaro molto; de modo che non ne fo preso
partito alchuno.

A dì 16 de Agosto in giovedì for fatte le forche e letta la
condanatione per impiccare pirro del Dainese de P. Soli per la-
dro dala corte del Podestà chiamato meser Polidoro dei Tiberti da
Cesena, el quale, letta che fo la condenatione, se levò su dal seg-
gio e disse: popol mio, io voglio che ad ognie persona sia noto ;
e mostrò una lettera del nostro legato e un bollettino del vece-legato
dicendo al detto Podestà, che lui facesse sopra sedere la giustitia.
Per la qual cosa detto Podestà fece sua scusa, e disse che lui non
podea fare ragione nè giustitia, e poi comandò, che il detto pirro
fosse remesso in palazzo ne la pregione, e molto dispiaque a
ognie persona, che lui non potesse gastigare lo rebaldo, perchè
questi di passali avea giustitiate molte ladre e malfatore.

E a di 17 de Agosto for venti fior. 16 a soldi 90 fiorino per
apresentare lo arcevescovo de Cusenzza, però che se dice, che
deve venire in questa città, quale era stato a la impresa de Osmo.

A dì 17 de Agosto vene la nova quì, come a dì ditto, a ore
13, lo Ill: Sig: Virgilio Orsini rientrò in Roma con circa 25 ca-
valli bene in ordine; e come esso fo gionto a la croce de Monte
CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. n 283

Mario, comandò a tutti li suoi soldati, che nisuno gridasse: Orso,
Orso, e così entrò quietamente, el quale era stato rebello de S.
Chiesa, e redusse el fatto suo con grande reputatione.

E a dì ditto vene in questa città lo arcevescovo de Cusenzza,
el quale venia da Osmo, e glie se fecero incontro molti nostre
gentilomene, e smontò al palazzo del nostro legato. E a di ditto
la nostra Comunità lo fece apresentare de confetti, cera, polli e
biada de valuta de fior. 16 a s. 90 fiorino. E a dì 20 ditto el pre-
detto arcevescovo de Cusenzza se parli per andare a Roma, e
quella sera andò a stare a Spello, terra dei Baglione, al quale
fecero compagnia molti nostre gentilomene, e quì in Perogia fece
un gran segniare suplicationi a beneplacito che questi nostri gen-
tilomeni. E gionto che fo in Spello comenzzò a ragionare lo acordo
intra li foligniati e spellani, perochè tuttavia una parte e l’altra
stavono in arme.

E a dì 22 de Agosto vene la nova in questa città, come el
Mag: Malatesta de Ridolfo dei Baglione era morto nela rotta, che
avevono auto li venetiani da li todeschi. Se disse che lui se era
annegato in un fiume in terra todescha; nela qual guerra la Si-
gnoria de Venetia ebbe una gran rotta; a la quale cie moriro un
numero grandissimo de persone da una parte e l'altra, ma molto
più de le gente dei Venetiane; fra li quali cie morì el Sig: Ro-
berto da S. Severino e molti altri signiori e conduttiere (1).

E a di 24 ditto se parti da Spello (2) lo Arcevescovo de Cu-
senzza, e andò a Spoleto e non podde conchludere acordo alchuno
fra Spellani e folegniate, rna comandó a l'una e l'altra parte, che
mandassero 2 over 4 per parte a Spolete; pure in tra questo
mezzo ciaschuna de le parte sta in arme.

A di primo de 7bre se è detto, che a questi di passati venero

(1) Secondo la notizia data dal cronista, Malatesta di Ridolfo Baglioni, che
combatteva nell'esercito dei veneziani, fu tra quelli ehe incontrarono la morte nel-
l'Adige. Il fatto d'armi fra le genti di Sigismondo duca di Austria e Roberto Sanse-
verino, comandante le forze della repubblica veneta, avvenne il 9 agosto. La rotta
dei veneziani fu completa. Molte schiere vennero uccise, molte annegarono nel-
l'Adige per essersi rotto il ponte, sul quale transitavano. Lo stesso Roberto da San-
severino morì combattendo valorosamente alla testa de’ suoi compagni d' arme.

(2) La. cronaca a stampa dice che l'arcivescovo di Cosenza partì da Foligno,
ma ciò non concorda con quanto scrive il cronista: alla data del 17 agosto, in cui
registra la partenza dell'arcivescovo per Spello e non per Foligno.
284 O. SCALVANTI

2.brevi, cioiè, uno al nostro vecelegato, e l’altro al teseuriero da
parte del Papa, qualmente li inibiva come essi non possano se-
gniare più suplicatione de omicidi e de ladri, e che non se possa
più rebandire persona, se prima non è slato X anni fora, nè
manco se possa rebandire sensa 4 cettadini del conseglio una con
li Mag: Sig: Priori.

E a di 5 detto andaro molti amici de li Baglioni in aiuto de”
Spellani assai bene in ordine, perchè se intendea, che e’ fuligniate
facevon gente de arme assai. E a dì ditto fecero una scaramuccia
li presso a folignie vicino a certe fornace fora de le vignie, e de
l'una e l'altra parte ne for ferite assai e morto un de Spello. E
a dì ditto qui in Perogia fo fatto conseglio nel palazzo de li Mag:
Sig: Priore, nel quale fo ragionato, che se dovesse far legha in
tra noi e fiorentini con li capitoli, che ci eron prima, e anco a-
gionti 2 capitoli in satisfalione del Papa; cioiè, uno che essi non
possano receptare nè tenere nisun rebello de questa comunità,
nè manco possano receptare nisun sbandito de la vita apresso a
X miglia; e fo ordinato e vento, che cie avesse andare per es-
serne rogato Ser Agnielo del Conte. E li detti ragionamenti for
fatti con lo ambasciatore dei fiorentini in Roma per mezzo de m.
Antonio de Giliotto de li Acerbi, come procuratore de la nostra
comunità.

A di 7 de 7bre fo fatto ambasciatore e comissario m. P.° fe-
lippo da Corgnie, che andasse a folignio per parte de questa co-
munità per intendere e concordare le diferentie, che sono in tra
Spello e folignie, e per sua compagnia li fo dato el nobile omo
meser Baglione de Golino Baglioncello, e ciaschuno ebbe grande
autorità dal nostro Comuno de prometere per ciaschuna de le
parte, aciochè la cosa abbi efetto, e che restano boni amici in-
sieme; e così andaro li Amba: a Spello e a folignie con 6 ca-
valli per uno.

A di 8 ditto el nobile omo m. Pierfelippo e Berardo de lan-
berto da Corgnie andaro in adiutorio de la casa dei Baglione a
Spello con parecchie fante. E a di ditto cie andó el nobile omo
Cherubino de feleino de li Armanni in aiuto de la casa dei Ba-
glione con circa 40 fante e 3 cavalli.

E a dì 11 de 7bre fo fatto l'acordo in fra li spellani e foli-
gniate, benchè con fatigha se conveniro al detto acordo.
CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 285

E a di ditto retornaro li nostri Amba: perchè avevon fattò el
detto acordo; e anco retornò Cherubino de felcino de li Armanni
con tutta la sua compagnia, e quando foro in piazza gridaro:
Staffa, Staffa, con la tronba inanzze, e anco tornò P.° Pavolo e
Bernardo da Corgnie e tutti li altri perugini, che cie erano andati.

E a di 12 detto fo ordinato el Conseglio nel palazzo de li Si-
gniori Priori per intendere li Amba: mandati per le deferentie de
Spello e de folignie, e proposero la cosa come era seguita e tutti
li ragionamenti ocorsi; ma prima propuse m. P.° felippo e m. Ba-
glione confirmó el suo detto: e cosi per il capo de Uffitio foro
rengratiate de quanto avevon fatto. E per narrare la cosa del
ditto acordo, come era passato, fo in questo modo: cioié prima li
nostri Ambasciatori volsero intender bene ciaschuna de le parti, e
cosi ciaschuna de le parli promisero distintamente remettere ogni
lor deferentia ne li detti Amba: e subito fo fatta la pace unita-
mente in questo modo, cioié: che la detta pace se facea per tempo
de 10 anni con un mese de disditta, e questa nostra città pro-
mettea per una parte e per l’altra, de modo che ciaschuna de le
parle remase satisfatta, e poi li detti Amba: sententiaro, che la
comunilà de folignie pagassi de gabella de li lor bene fior. 14 a
soldi 21 de moneta de marca per questo anno e similmente per
lo avenire, per sino a tanto che non se dà altra sententia per la
nostra Comunità de Perogia.

A di 17 de 7bre vene in Perogia lo Amba: de folignie a li

nostri Amba: Sig: Priori rengratiandoli de la operatione, quale

avevon falla intra loro e la comunità de Spello, e anco parlò detto
Amba: al vecelegato.

E a dì ditto dopo la visitatione andò el detto Amba: al banco
de li Alfani, e fece el deposito del datio, che li fo imposto, che
avessero a pagare per li tereni ch'hanno nel destretto de Spello,
come per li nostri Amba: fo sententiato.

E a di 18 del detto se parti el detto Ambasciatore, el quale
era aloggiato a lo arbergo de S. Marco, e la nostra comunità fece
acordare l'oste a -le loro spese (1).

(1) Le pratiche per un accordo fra folignati e spellani sono brevemente ac-
cennate dal Pellini, Senza. che egli faccia menzione di ciò; che si riferiva al paga-
mento della gabella.

19
286 O. SCALVANTI

A dì 19 de 7bre fo fatto un bando per parte de Monsi: a 4
tronbe, che nisuna persona de quale stato o conditione se sia,
che ardisca nè presuma de fare alchuna donatione a nisun gen-
tilomo stando in lettige (1), e non stando, a la pena de 100 du-
cati, e che notario alehuno non ne possa essere rogato sotto ala
detta pena e così ali testimoni che cie se trovassero; e oltre a
questo el detto notario se intenda essere casso dela matricola de
fatto; e anco che nisun giudece de palazzo non ne possa dar sen-
tentia, se prima non conferisse la detta lite con el podestà, overo
con lo primo collaterale sotto la detta pena e dela privatione delo
uffitio del detto giudece.

A dì ditto el Mag: Guido Baglione scrisse una lettera qui ali
Sig. Priore, e avisava qualmente 2 foligniate avevon ferite 2 spel-
lane, per la qual cosa pregava questa comunità che cie volesse
reparare (2).

3 E a dì 21 de 7bre morì in questa città el vescovo de Castello
al presente nostro vecelegato, e fo sepelito in S. Pietro onorata-
mente. Se disse che avea lassati assai denare.

A dì 25 detto vene in questa città el vescovo de Viterbo per
vecelegato.

A dì primo de otobre el famosissimo dottore meser Baldo de
Ser Cola Bartolini andò verso Roma, e con esso menava meser

Berardo e meser Mariano, suoi figlioli, e subito gionto che fo in
Roma aconciò el detto m. Berardo con il Cardinale de Napole, e
poi retornaro in Perogia.

A dì 16 de otobre vene la nova quì come m. Lorenzzo da
Castello era stato amazzato presso a Roma da Pavolo de m. Ni-
colo Vitelli da Castello con certi altri; e robbarlo fino alla cami-
scia, e dice che oltre le ferite gli avevon mozzo el capo, e poe
fo reportato a Roma in sur un mulo; e dela morte sua ne
dolse a poche persone de questa città, però che fo sempre poco
amorevole de questa comunità in ognie facoltà ch'esso mai podde.

(1) Lettige per litigio. È facile comprendere, che in una città, in cui pur troppo
era ardua cosa render giustizia, il maggior sospetto di possibile. corruzione dei
magistrati pesava sui gentiluomini divenuti potentissimi.

(2) Pur troppo la pace conclusa pochi giorni innanzi fra folignati e spellani
non aveva recato i frutti, che i perugini se ne attendevano.

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CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 287

A dì 20 detto retornò in Perogia el Mag: Guido Baglione e
Ridolfo suo fratello con 4 lor figlioli, li quali tornavono dale terre
loro, e lì cie erano state (1) per la guerra che fecero con foli-
gniate, che anco non erano mai tornate. E venero de notte per
cagione dela morte de Malatesta, e venero per mettere in ordine
e per fare el corotto de detto Malatesta e de Oralio detto el Bol-
drino, figliolo del predetto Ridolfo dei Baglione, perochè se aspetta
de di in di che sien recati li corpi overo le ossa loro. A di ditto
in sabeto foro recate le corpe over l'ossa. del detto Malatesta e

de Oratio detto el Boldrino, figlioli del Mag: Ridolfo dei Baglione ;.

cioiè detto Malatesta fo recato dalle terre della Sig: de Venetia,
il quale se anegò in un fiume, quando ebbero la rotta li Vene-
tiani là in confine deli Todeschi. Et Oratio detto el Boldrino fo
ociso nel Reame a la guerra de Benevento, el quale era soldato
del prefetto. Se disse che era morto valentemente più tempo sono,
onde che li detti corpi foro messi la detta sera in Monte luce in
certe casse. E a di ditto venero in casa deli Baglione molte am-
basciarie per condolersi dela morte deli detti figlioli del Mag:
Ridolfo ; cioiè lo Amba: del Cardinale de Conte, e dela Comunità
de Spolete, de Trieve, de folignie, de Montefalco, de Asese, de
Coldemancio, de Gualdo, de Tode, e dele lor terre; e li Amba :
de li figlioli de m. Nicolo da Castello, del conte Nicola da Piti-
gliano e del Sig : di S. fiore e de molti castelli de questa ciltà ;
e tutti steltero in casa che fo del Mag: Braccio dei Baglione, e
for molto ben vedute dala casa loro.

A dì ditto for mandati li Amba: ala Sig: de fiorenzza da
parte del nostro comuno per relegrarse dela lega fatta intra el
nostro comuno e fiorentini; cie andò el nobile omo Giulio Cesaro
deli Armani e el nobil omo Ridolfuccio dei Signorelli con 8 cavalli
per uno in loro compagnia (2).

Adi 21 de 8bre fo fatto el corotto per la morte de Malatesta
e de Oratio detto el boldrino sopradetto lì in piè della piazza, cioiè
prima se partiro da S.8 Maria M. Luce con tutte 2 le casse con
li corpi dentro, e denante ale dette casse venivono 2 stendardi con
l'arme dei Baglione e 16 bandiere, tutte a cavallo straginandole

(1) La cronaca a stampa aggiunge — più di sonno —.
(2) La lega fu rinnovata in Roma,

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LAO ve LÀ ey amm:
988 O. SCALVANTI

per terra, e poi derieto ale dette casse molti loro amice andavan
gridando e piangendo. E quando for gionti lì in piè dela piazza
posar giù le dette casse, e lì fo fatto un bel corotto e un grande
sconpiglio de done e de omene; e poi andarono in S. domenico,
e lì fo fatto un altro seonpiglio, e poi for sepeliti li detti 2 corpi
nele lor sepolture novamente fatte, e poi fo fatto in detta chiesa
un bel sermone in esaltatione dela casa dei Baglione e dele vertù
del detto Malatesta e del Boldrino, qual sermone lo fece m. Carlo
de Antonio de Mateo, e cie fo gran popolo. |

— ám

A di 30 de 8bre retornaro li nostri Amba: da fiorenzza e a |
di ultimo del detto fo ordinato el conseglio del palazzo deli Magni- |
fici Sig: Priori, al quale cie andaro li predetti Amba ; e li repor-
laro come eran state ben veduti dala Seg: de fiorenzza demo- !
strando grande alegrezza, e che molto eran contenti dela legha |
fatta tra no] e loro. E dissero, come erano state apresentati dal
dello comuno de fiorenzza, e anco dal Mag: lorenzzo de Cosmo
dei Medici, e dissero come el Comuno de fiorenzza ne voleva far
fare.alegrezza per tutte le terre loro (1).

E a dì primo de 9bre fo fatta in questa città la alegrezza de
faloni, e sonar le campane per la lega fatta tra noi e fiorentini.

E a dì 8 ditto vene la nova quì, come el Cardinale de Mi-
lano nostro legato à renunziata la legatione de questa città, e che
era falto governalore de questa città el Protonotario de Nigris.

A dì 12 ditto fo fatto un bandimento a 6 trombe per parte
del nostro vecelegato e de li Mag: Sig: Priori, che qualunque
persona avesse comprato tereni da contadini overo da. cittadini
rusticali, debbino fare la libra a loro spese per tempo de tutto el
presente mese, e quello che non lo farà, recaggia (2) la metà de
quello tereno alo Spedale de la misericordia e l'altra metà ala
capella del palazzo dei Sig: Priori, e questo fo fatto per le fraude
che se facevono contro la camera.

A di 29 detto la notte fo fatta una gran bataglia alli uffitiale
del Podestà e del Bargello in piazza, li denante al Palazzo de li

(1) Questo racconto sta a dimostrare, come la repubblica di Firenze e Lorenzo
il Magnifico tenessero in gran pregio il nostro Comune, e le feste fatte in Perugia
per la conclusione della lega provano il costante desiderio dei perugini di man- » i
tenersi in buoni rapporti colla loro antica alleata.
(2) Recaggia per ricada.
— meÜ€

CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 289

Sig: Priori, e duró cirea mezza ora, e cie for tratte balestre e
scopielle, e per suspetione se armaro tutta la casata de li Oddi,
e alchun altro, perché dubitavano che la balaglia non seguisse
peggio.

E a di 28 de 9bre el nostro vecelegato fece chiamare certi
gentilomene per condolersi dela battaglia fatta la notte passata ali
uffitiale. Li quali genlilomene resposero, essere stato grande er-
rore. In efetto fo determinato, che chi avesse fatto el male fosse
gastigato. Nel presente mese e parte dell'altro se son fatti molti
asalti e ferite persone assai, per tanto che la brigata sta de mala
voglia, pensandose che la città fosse asaltata, e or se dubita che
non torni alo stato de prima.

A questi di de 9bre vene la nova per lettere in questa città
come el Sig: Lodovico moro, zeo del duca de Milano, era mor-
to (1). Anco a questi dì del detto vene la nova che Monsig: Asca-
nio (2) tornò in Milano, e è partito de notte con pochi cavalli da
Roma. A dì 29 ditto vene la nova come la Signoria de Venetia à
fatto pace con li Todeschi.

Adì primo de Xbre in sabeto li nostri Mag: Sig : Priore fecer
consiglio per cagione de lo Amba: de folignie e de lo Amba: de
Spello per cagione de li lor confine. In efetto li spellani doman-
dano, che se debbino mettere li termine, e li foligniate dicono
esser contenti, ma che voglieno che l’ abbia a terminare tutto el
consiglio de Perogia, e li spellani dicano, che se debba chiamare
m. P.° felippo da Corgnie e m. Baglione de Golino baglioncello
de li nobeli da M. Vibiano, li quali for fatti Amba: prima per le
dette diferenze. In efelto per el detto conseglio non fo determi-
nato niente, ma remasero, che se vedesse de ragione.

A dì 2 detto in domenica el nobilomo e dottore m. Mariano
de m. Baldo de Ser Cola Bartolini fece una disputa publica nel

(1) La notizia era falsa, perché Lodovico il Moro mancò di vita nel 1508. Otto
anni prima aveva occupato Novara, combattendo eroicamente contro i francesi; ma,
per opera del tradimento ordito dagli uffiziali svizzeri, fu costretto ad uscirne, e,
caduto nelle mani del nemico, fu tradotto in Francia e confinato nel castello di
Loches nel Berry.

(2) Ascanio Sforza, che era stato per lungo tempo in esilio a Perugia, e che
nel 1500, fatto prigioniero dai francesi, venne custodito nella torre di Borges, e li-
berato solo quando Giulio II succedette a Pio IIT.
290 O. SCALVANTI

palazzo de Monsig: ala quale cie foro moltissimi scolari e gran
numero de altre persone in presenzza del Vecelegato e de molti
nobeli, e fo tenuta una bella disputa, onde che quasi ogni persona
tene, che detto m. Mariano fosse un valente dottore, e che se lui
cie vivisse saria esciessivo non mancho ch'el suo padre (1).

A di 13 de Xbre for publicati li capitani del contado e sono
questi:

Gentile dei Signorelli, P. Borgnie; francesco de Baldo, P.
S. P; Rugiero de Gostantini Raniere, P. Soli; Cipriano de ma-
riotto bisochetto, P. S. A.; francesco de Alexandro, P. Susane.

E a di 15 ditto for brigiolate nel palazzo de Monsi: per ma-
no de sua Signioria, e toccò P. S. P. a Rugiere dei Raniere; P.
Soli a francesco de Alexandro; P. S. A. a Cipriano de Mariotto;
P. Susane a Gentile dei Signorelli; P. Borgnie a francesco de
Baldo.

E a di 20 de Xbre for publicati li Mag: Sig: Priore:

Berardo de lanberto da Corgnie, capo de Uffitio,

Gualfreduccio de Oddo deli Oddi,

Betto del Gratioso, Severe de Guasparre,

Giulio de P.° Antonio dei Gratiani,

Tomasso de Spogliachristo,

Golino de m. Giapecho,

Orliviere da Nocera, Oddone de Iacobbe orfo,

Ser Mariotto de Giovagnie, notaro ditto del calcina.

E a di ultimo de Xbre fo protestato a la Sig: de lo auditore,
che non desse el giuramento a 3 deli priori predetti, cioiè a Be-
rardo e a Gualfreduccio e a Giulio sopradetti per parte del Te-
sauriere, perchè chiaschuno deli 3 avevono certe condenagione;

e non entraro nel detto Uffitio, per fino che non ebbero casse le

(1) Il cronista non si ingannò, perché Mariano di Baldo Bartolini continuò
l'eccellente fama del padre, insegnando nel patrio Studio e ricoprendo onorevoli
uffici nella giudicatura e nelle ambascerie. Nacque egli nel 1465, ma, da quanto
Scrive il cronista, non apparisce, che egli si laureasse all'età di 14 anni, come
vorrebbe il Bini, perché la prova da lui fatta nel 1487, e della quale ci dà ragguaglio
il cronista, era appunto quella, che facevano i giovani scolari dopo l'esame pri-
vato di-laurea. Quindi Mariano si laureò all'età di 22 anni.. Come vedremo in se-
guito, egli fu ammesso nel Collegio dei dottori l'anno 1489. '

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——— VSS

CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 291

lor condenagione ; e prima che li cassassero se ne andarono per
la città publicamente come li altri cettadini.

A questi dì de Xbre se partì el nostro Vecelegalo, vescovo
de Viterbo, el quale avea fornito el tempo del suo offitio.

Anco a questi dì de dicembre certi spadaccini dela città an-
davono publicamente con le spade in mano per piazza, e piaz-
zeggiando andavono sino a le scale del palazzo del Podestà, e
erano circa venti insieme. Se disse che eran quelli che ne derono
alli Uffitiale del podestà a questi dì passati, la qual cosa dispia-
que molto a ogniuno.

Anco a questi dì de Xbre fo bandito per la città, che qua-
lunque persona dovesse avere cosa alchuna da lodovico bacialla
vada denante ala Signorìa del Capitano, che sarìa-satisfatto; e
questo se fece, perchè detto lodovico era stato retenuto in Roma
per cagione de molte querele, che erano state fatte contro de lui.

Nel predetto anno el grano al più valse s. 37 e 40 la m.,
l'orso s. 28 e 30, la spelta s. 16 e 18, l'olio l. 5 soma, el vino
9 e 10.

1488 — A di 2 Genaio fo ordinato de fare l'osequio per la
morte de m. Giovagnie Todescho studente; el quale fo amazzato
a questi di passate da Mario da Catrano; per la qual cosa se ra-
dunaro tutti li nobelisti e studenti de questa città, e ancho cie foro
li Sig: Priore e tutti li dottori e gentilomeni de Perogia con molti
altri cettadini e tutti li ordeni de’ religiosi. E quando for per le-
var la cassa in S. Maria dei Servi nacque diferenzza infra li Sco-
lari; cioiè in fra la università e la sapienzza vechia et nova pel
procedere, e comenzoe a volersi dare insieme, de modo che la
della cassa non se podde levare, e li Sig: Priore se andaro in
palazzo e ciachuno se parli. Dapoi a di 5 ditto volendo fare un'al-
tra volta el detto obsequio, e perché di continuo li detti scolari
stavono in mal despositione, e quasi tutti erano in arme, fo fatto
un bando per parte delo Auditore de Monsi: e deli Mag: Sig:
Priori, che ciaschuno dovesse poner giù l'arme a la pena de 25
dn. e 3 tratti de corda, e che non se dovesse fare el detto ose-
quio fino a tanto che non viene altro dal Papa Inocentio. A questi
dì de genaio vene in questa città el Sig. Piero, figliolo del Mar-
chese del Monte de S. Maria, el quale viene a sposare la figliola
de Semone deli Oddi, e smontò a casa de detto Semone deli Oddi,
299 O. SCALVANTI

e così la sposò; al quale sposalitio cie andaro molti nostri gen-
tilomeni e cettadini.

A questi dì de Genaio li scolari de l'università con tutti li
nobelisti de questa città levaro el corpo de m. Giovagnie Todesco
da S. Maria del Mercato, e portarlo a S. Maria dei Servi sensa
frate, e fo fatto un sermone e l'osequio; e questo lo fecero la
mane per tempo a l'alba del di sensa torcie e sensa lume, e an-
daro tutti armate, e questo fo fatto, perché non volsero, che nisun
dele parie sapienziane cie se retrovassero. Se disse che ala sa-
pienzza nova se armaro tutti, e che stavono in segrelo per favo-
rire l'università, se bisogniasse, contro la sapienzza vechia.

A questi di de Genaio el Mag: Ridolfo dei baglione mandó
a marito la sua figliola chiamata luchretia maritata a Camillo de
m. Nicolo Vitelli da Castello, e non cie for fatte nozze per cagione
dela morte de Malatesta e de Oralio detto el Boldrino suoi fra-
telli; e poi la mattina seguente andó a marito con circa 24 cavalli
de quelli del marito, e lei andò tutta vestita de nero con un ca-
pelettò con un pennacchio, e molti amici deli baglione a cavallo
li fecero compagnia.

A dì 29 detto menò moglie Silvestro de baldo dei baldesche
una senese, la quale vene a cavallo tutta vestita de broccato d’oro,
ala quale se fero incontro molti nostre gentilomene e altri cetta-
dini. E a dì ditto menò moglie Gio: Piero de m. Baldo dei Bar-
tolini una figliola de Pavoluccio de Agnielo Sotii, e andò a marito
corottosa, perchè a questi dì passati era morta la sua madre, e
andò acompagniala da molti gentilomeni.

A di 19 de febbraio, che fo el dì de Carnovale, e anco molti
dì prima se comensaro a fare li mascari e continuamente se por-
tava larme publicamente, cioè, arnia in aste e balestre e ogni
altra sorte de arme, de modo che non se ricorda persona, che maj
fosse fatta tal cosa; e così li sbanditi se vedevono andare publi-
camente per piazza, la qual cosa molto dispiaceva a quelli che
voglieno ben vivere maximamente ali mercatanti (1).

A di 22 de febraio vene in questa città el Mag: omo M.

(1 Su questo. punto il cronista ha piü volte insistito nell'opera sua, e con
molta ragione, giacché, per le pessime condizioni di sicurezza interna ed esterna*

molte arti, già fiorentissime, volgevano ormai a rapida decadenza.
LI

————— €
A 9 x

CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 293

Mauritio da Genova fratello del papa (1) per nostro governatore, al
quale li andaro incontro molti nostri cettadini. E a di 23 ditto el
nostro Comuno mandó a presentare el detto M. Maurizio, cioié
un bacino e un boccale d'ariento de valuta de fior. 75, e anco cie
era confetti e biada de valuta de fiorini 25, el quale bacino e boc-
cale non volse acettare, che lo rimandó al comuno, e retene
l'altre cose.

E a di detto fo fatto un bandimento per parte del nostro go-
vernatore a 4 tronbe, che non fosse persona de quale stato o
condilione se sia, tanto privilegiate quanto li altri, che non ar-
disca de portare arme de veruna sorle ala pena de 4 fior. e 4
tratti de corda, intendendose dal detto bando in derieto, e la notte
se intende reduplicata la detta pena.

E a di 29 de febraio fo apiccato felippo de Pagliarino da Vi-
colo ale fenestre del palazzo del Podestà, perché avea amazzato
... (2) de Giapeco de Pacciolo .. (3). Onde che tornato che fo in
questa città fo preso in P. S. P., che se radea, e, subito gionto
che fo in palazzo, sonaro la campana de la giustilia, e apiccarlo
a la fenestra del Podestà, e stroncò el capestro, e cadde in piazza
e poi fo reportato nel palazzo del Podestà, perchè non era fornito
de morire; e fo apeso un’altra volta nela medesima fenestra, e
così stette doj dì (4); e per la qual cosa stelle a gran pericolo
che la città non andasse a romore, perchè li frastate dela frater-
nita non volevono che fosse più apeso la seconda volta, de modo
che se comenzzò a fare ali sassi, e molta brigata se andò a ar-
mare.

A questi dì de febraio vene la nova, come in Siena era sco-
perto un trattato, cioiè che certi popolari dovevono amazzare cerlì
genlilomene, e se scoperse in questo modo, cioiè, che uno de
detti cettadini lo notoficò ala Signoria, e per questa cagione el
detto cettadino fo fatto cavaliere spron d’oro dala Sig. de Siena;

(1) In altro luogo .della cronaca, e precisamente sotto la data del 15 novembre
1488, il cronista chiama Maurizio nipote del pontefice; ma da documenti esistenti
nello stesso AvcAhivio del comune di Perugia, resulta, che Maurizio fu fratello di
Innocenzo VIII.

(2) Lacuna del ms. La cronaca a stampa ha — el figliolo —.

(3) Lacuna del ms.

(4) La cronaca a stampa aggiunge — e poi fo levato —.
294 O. SCALVANTI )

anco li donaro una bella collana d’oro, una bella veste, doi cento
ducati e un podere, e fo fatto de Conseglio dala Sig. de Siena,
sichè la sera era povero cettadino, e la maltina fo ricco.

A dì ultimo de febraio vene la nova, come el Mag: Lorenzzo
de cosmo dei Medici da fiorenzza era venuto a Arezzo, e che lì

—————————————— M PRAE ÜÜÓ

aspellava certi Sig:, e di poi li eie vene in Arezzo el conte da !
Pitigliano e el Sig: Ranuccio farnese per parlare al detto lorenz-

zo dei Medici. Se stima che essi voglieno fare qualche guerra. |
E a di 9 de Marzzo passò per el nostro contado el Sig. Virgilio
orsino, e aloggió ala Magione de Pian de Carpene, el qual pure
andava in Arezzo per parlare al detto lorenzzo (1).

A di 19 de Marzzo el di de S. Giosefe fo comenzato a guar-
dare la delta festa de S.° GiosEFE, e che prima non se guardava,
e cie fo fatta una processione e lume con tutti li chierici e fra-
ternite, e li Sig: Priore e camorlenghe tutti con la cera dela comu-
nità de valuta de fior. 30, e se partiro da S. lorenzzo, e andar in
S. Maria de Servi, e poi retornaro in S. lorenzzo ala capella de
S. Gioseffe, e tulti cie lassaro la cera ala detta capella, e derieto
al detto lume cie andar molte done; e la detta festa fo guardata

per la città e per lo contado che prima non se ne facea mentione
alehuna, e questo fo fatto per ordene de frate Michele lonbardo &
frate de S. francesco del monte (2) nostro predicatore, el quale

era gran littirato e avea gran chredito (3).

(1) Di questo convegno in Arezzo fra Lorenzo dei Medici, il conte di Pitigliano,
Ranuccio Farnese e Virgilio Orsini nessun cenno è nell’/st. for. dell’ Ammirato.

(2) Il nome di S. Giuseppe é notato in antichissimi martirologi al 19 marzo. I
sirì e icopti riguardano la sua festa il 20 luglio. Nella chiesa romana la solennità in
onore del Santo Patriarca fu introdotta dopo Sisto IV, che fu papa sino al 1484, Gre-
gorio XV nel 1621 e Urbano VIII nel 1642 la resero di precetto. Quindi le parole del
cronista debbono intendersi nel senso, che dal 1488 soltanto si cominciò a guardare,
ossia osservare la festa in onore di S. Giuseppe, la quale soltanto molto più tardi
diveniva festa di precetto. Sembra, che questo culto in Perugia sorgesse anzi
d tutto per opera di Bernardino da Feltre, che 1486 avrebbe promosso la erezione di
una cappella in onore di S. Giuseppe nella chiesa metropolitana, e nel 1488 vi fondò
la Compagnia in onore del Santo registrando di propria mano il suo nome nel ruolo
dei fratelli. Quel frate Michele poi, che pochi mesi dopo avrebbe istigato i perugini ad
osservare la festa del S. Patriarca, se io non m' inganno, é quello stesso fra Michele
da Milano, che pochi anni prima, predicando in Perugia, aveva consigliato la isti- "n
tuzione del Monte di Pietà

ee

(3) Nella cronaca a stampa si aggiunge, che frate Michele era soccotante, e la
nota dichiara, come sarebbe questo uno dei più antichi esempi di tale denomina-

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nia

CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 295

A dì 10 de Aprile fenì el suo offitio m. Polidoro dei Tiberti
da Cesena nostro Podestà, el quale cie era stato uno anno, e fece
un bello Uffitio, e ebbe lo stendardo, e fece de molte giustitie, e
fo scientecato e fo asoluto.

E a di ditto entró in Uffitio per nostro Podestà m. ... (1) de
Gubbio, e vene bene in ordine.

A dì 15 de Aprile fo uciso Bernardino de Pietro da Cortona
oste nel Versaio; lo ucise Giovan Piero de Batiste de lo Spir-
tato de P. Susane; per la qual cosa el nostro Legato mandò a
cercare tutte li fachini, che si trovavono, e poi sua Signiorìa e li
Seg: Priori con el bargello e tutti li Uffitiali andaro e fecero scar-
care la casa del detto Gio: Piero. Cie andò molla gente a vedere.

A dì 17 de Aprile vene la nova in Perogia come era stato
uciso el conte Girolamo, nepote de papa Sisto (2).

A dì de Maggio m. Mauritio nostro legato andò a Tode per-
chè el Papa li avea agionto Tode nela legatione.

E a dì 21 ditto li Sig: Conservatori de questa città, cioiè fe-
lippo de m. Benedetto e Gio: Piero de m. Baldo Bartolini fecer
bandire le poste del Chiusci come era consueto. In questa se fe-
cero innanzze Gismondo de Guido Baglione, Girolamo de Cesaro
deli Arcipreti, Gostantino de Berardino dei Raniere e Gentile de
feleino deli Armanni, e dissero che non debbino più bandire le
dette poste del Chiusci, perchè le voglieno essi ; e così turbaro el
bandire, e non fo più bandito; dela quale cosa ne fo fatto gran
caso maximamente ala Signoria del Tesauriere.

A dì 22 ditto 4 deli sopradetti gentilomene pigliaro 4 dele
poste del Chiusci.

A di 24 ditto vene una bolla, che l'omo non se potesse apel-
lare se non una volta ala pena de scomunicatione e pena pecu-
niare, come apare in cancellaria.

Adì 28 ditto venero in Perugia 2 breve del papa; uno doman-
dava, che non fosse persona alchuna che desse aiutorio nè favore

^a Spello né a folignie, e che quello che non obediscirà al detto

zione. Noi osserviamo che in questo luogo dell’ esemplare nostro quella parola
manca, ma vi si incontra più innanzi.

(1) Lacuna del ms.

(2) La morte del conte Girolamo avvenne il 14 aprile in Forlì.
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296 O. SCALVANTI

breve, se intenda essere inimico e rebello ala S. chiesa, e così
fece comandare a Asese, Montefalcho, Spolete, Trieve; e l'altro
comandava al Tesauriere, che sensa mancho alchuno esso debba
fare bandire le poste del Chiusci, e che si persona alchuna l'im-
pedisse lo notificasse a sua sanlilà, e esso provederia.

Adi 29 de Maggio foro publicati li Capitani del nostro Con-
tado per li 6 mesi da venire e per prima P. Susane.

Nicolo de Sforzza deli Oddi, P. Susane; Carlo de Nicolo de
Ulisse, P. borgnie; Giliotto dei Baldeschi, P. S. P.; Giapeco de
P.° Antonio morto, P. Soli; Gentile de felcino deli Armani, P. S. A.

E a questi di foro inpallotati secondo l'ordine dato, e toccò
entrare per P. Susane e per la P. de borgnie Nicolo de Sforzza,
P. Borgnie; per P. Soli Carlo di Nicolo de Ulisse, P. S. P.; entró
per P. S. A. Giuliotto dei Baldeschi, P. Soli; entró Mario de Bene-
detto per P. S. P. in scambio de Giapeco sopradetto (1).

A questi di del ditto la ragione è andata al basso e da al-
chuni mesi passati fino al presente si è visto malamente, e tutta
volta va de male in peggio, e li omicidiali usano per la città e
stano in casa deli nostri gentilomeni, de modo che ognie persona
sta de mala voglia.

A dì ultimo detto venne un breve dal Papa al nostro vecele-
gato, el quale dicea che lui dovesse comandare a questi gentilo-
mene infraschritti, che andassero a Roma denante a S. Santità
per tempo de 8 dì sotto pena de la sua disgratia. Li quali son
questi :

Guido dei Baglione, Ridolfo suo fratello, Gismondo de Guido
dei Baglione, Semone e Ponpeo deli Oddi, Agamenone e Girolamo
deli Arceprete, Bartolomeo e Giulio cesaro e Gentile deli Armanne,
Berardino de Gostantino dei Raniere e Gostantino suo figliolo.

E a dì ditto fo bandito a 4 tronbe, che nisuna persona tanto
celladino, quanto contadino, de qualunque stato o conditione se
sia, ardisca nè presuma de andare, nè mandare aiutorio nè favore
a Spello, nè a folignie ala pena de rebellione.

A dì detto vene un breve dal papa ali nostri Sig: Priore, ali
quali concedea fior. 20 a soldi 90 per salario a ciaschuno priore,

(1) Non vi é accordo su questo punto delle cariche tra i due esemplari ; ma a
me sembra, che il nostro riesca piü preciso nella designazione dei nomi.
e

CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 297

deli quali fior. 20 li detti Sig: Priori ne debbino fare una veste,
overo mantello de granosino (1) per ciaschuno longo sino al collo
del piè, e che durante lo offitio loro non se debbino partire mai
de palazzo sotto pena de scomunicatione lata sententia, intenden-
dosi per quelli che sono in Uffitio al presente e per quelli che
ano a venire.

E a di ditto vene qui un comissario del Papa con un breve
de S. Santità, quale comandava a Chiese e spedale e fraternite
la decima sotto pena de scomunicatione lata sententia, e questo
dice che Sua santità facea, perchè il Turcho è venuto con certe
vele ala Velona.

A di 3 de Giugnio Ponpeo deli Oddi e Giulio Cesaro deli Ar-
manni andaro a Roma per la citatione auta dal Papa a questi di
passali; li altri non volsero andare per ancora.

A di 7 de Giugnio vene la nova a Perogia come era stato
uciso el Sig: de faenzza da un suo camoriero a stanzza de m.
Giovan bentivoglio da bolognia (2). E a di 8 detto el predetto m.
Gio: bentivoglio era andato in Cesena e gridato: Duca, Duca,
cioié preso che ebbe la terra menò dentro certe gente de arme,
e parle ne lassó for dela terra. E a di detto venero 2000 vilani
del detto contado dela Val de Lamona, e andaro nela detta terra,
e entraro dentro e amazzaro m. Bergamino condultiere dele dette
gente del Duca de Milano, e pigliaro e feriro el detto m. Gio:
bentivoglio gridando: JMarsocco, Marsocco, e trovandose li un
comissario dei fiorentini lo levaro dale mano deli detti villani, e
mandarlo pregione a fiorenzza.

E a di 8 de Giugnio menó moglie Berardo de Venciolo da

(1) Gli annotatori della cronaca a stampa scrissero, che con questa parola

voleva intendersi il panno cremosino o granatino. Noi osserviamo, che il granatino

indica un color bruno picchiettato; e quindi deve la parola — granosino — inten-
dersi per panno o velluto color cremisi, ossia di quel color rosso nobile, di cui si
facevano appunto i lucchi pei magistrati.

(2) Galeotto Manfredi fu spento il 31 di maggio 1488 in Faenza per opera della
moglie Francesca. Qualche storico ha registrato che Giovanni Bentivoglio, suocero
di Manfredi, non fosse estraneo alla morte del Signore di Faenza. Gli annotatori
della cronaca a stampa dicono, che tal voce /w posta ad arte dai fiorentini per
politiche ragioni, ma come conciliare questa supposizione colla. notizia, che della
complicità di Giovanni Bentivoglio ebbe il cronista soli sette giorni dopo la morte
di Manfredi ?
298 O. SCALVANTI

Corgnie la figliola de Cesaro deli Arcepreti; avea nome Panta-
silea.

A di 9 del detto menó moglie el mag: Agamenone de Cesaro
deli Arceprete la figliola de sforzza deli Oddi.

A di 12 de Giugnio molti nostri gentilomeni se unirono in-
sieme, cioiè el Mag: Ridolfo dei Baglione, la casa de li Oddi, el
Mag: Agamenone deli Arceprete, el Mag: Bernardino de Gostan-
tino dei Raniere, el Mag: Bartolomeo deli Armani, li quali fecero
molta pratica e unione insieme; de modo che ogni persona se ne
maravigliava, perchè erano state assai tempo poco benevoli in-
sieme. La cagione se disse per lo interesse del breve citatorio,
che avevono auto a questi dì passati. E a dì ditto determinaro de
mandare Bernardino dei Raniere a Roma per el detto interesso.

A dì 17 ditto Bernardino dei Raniere andò a Roma a papa
Inocentio.

A di 20 de Giugnio fo fatto uno conseglio nel palazzo de
Monsi: nostro Governatore, al quale cie andaro li nostri Sig:
Priore per ragionare delo interesse del mal vivere, imperochè non
se conoscie più ragione, e molte omicidiale e sbandite van per
piazza publicamente con le spade sotto, facendo le piazzate, e la
corte non cie pol provedere; et ogni dì se fa qualche asalto de
ferire o fare qualche omicidio. In efetto nel detto conseglio fo
molto biasimato el mal vivere de questa nostra città; onde che
fo conchlusa e giurata la morte e destrutione ali spadaccini e o-
micidiale e rebelli, e far ch'essi non possano stare in questa no-
stra città, e che li spadaccini non abbino a portare arme; e essere
una con la S. del vecelegato, e andare a pigliarli in casa de cet-
tadini o de li gentilomeni, o dove fusseno nela città. E così cia-
schuno parlò largamente con molte promessione (1).

A dì 21 de Giugnio, in sabeto, fo fatto el bandimento a 4
tronbe per parte dela S. del vecelegato e deli Mag: Sig: Priore
e deli omeni del Conseglio, che nisuna persona de qualunque
stato o conditione ardisca de porlare arme sotto pena deli bandi-
menti fatti a questi di passati. Zfem, che tutti li sbanditi e rebelli
de questa città debbino avere sgombrato la città e el contado per

(1) Il nostro esemplare non ha le seguenti parole, che si leggono nella cro-
naca a stampa — « Che Dio sia quello che provveda al bisogno nostro » —.

il
7
fe»

CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 299

tempo de un di. /tem, che tutti li condenati debbino avere s&om-
brato la città e contado per tempo de 4 di sotto la pena, che se
contiene nelo statuto, e che ciaschuno se guardi de non errare,
però che sarà gastigato sensa respetto.

E quando m. Baldo de ser Cola Bartolini prese el giuramento,
disse: io giuro questa essere una pappolata, quasi volesse dire
che quelli giuramenti non se oserveranno. :

A di 29 de Giugnio fo fatto conseglio pure nel palazzo del
Governatore, al quale cie andaro li nostri Mag: Sig: Priore e li
omeni del conseglio, et in efetto fo ragionato, che il bandimento
e giuramenti fatti ali dì passati poco frutto avea fatto, onde che,
fornito el detto conseglio, la sera ale 23 ore, la S. del vecelegato,
li Sig: Priore e li omeni del conseglio echlesiastico, la S. del po-
destà et il bargello con tutti li Uffitiale andaro per la piazza e
per sopremuro, e non pigliare nisuno, e fo tenuta che fosse cosa
legiera, e per spatio de poche ore li spadacini furono in campo (1).

A dì 4 de Luglio se levò el rumore in piazza per cagione,
che 2 se volseno dare insieme, li in capo dela piazza, per la qual-
cosa li nostri gentilomene se armarono, e stavono tutti ben pro-
visti, avendo ciaschuno de essi sospetto, e così non sapendo loro
quello che se fosse, curseno tutti con li loro amici in piazza. E
questo comenzzò la sera infra dì e notte, de modo che durò el
detto romore per sino ala mattina. Al quale romore certi spa-
daccini andaro gridando: Muotano li quindeci, per la quale su-
spetione se partirono molti nostri gentilomeni, e stavono de mala
voglia una parte che ne restorono in Peroga ; e così de continuo
se alende al mal vivere, e portase l'arme quasi publicamente, e
ogni di va la cosa de male in peggio (2).

A di 7 de Luglio vene la nova in Perogia, come el Sig. fran-
ceschetto, figlio legitimo de Papa Inocentio, era aloggato in Pas-
signiano, el quale venia da fiorenzza con parechi cavalli e fanti,
per la qual cosa a dì detto el nostro comuno elessero 2 amba-
sciatori, cioiè Ciesaro de P.° Chrespolti e Rustego de Saracino

(1) Anche qui il nostro esemplare manca delle seguenti parole — « Che Dio ce
proveda lui, poi che li superiori non ce provedano » — le quali parole si incon-
trano nella cronaca a stampa.

(3) La cronaca a stampa ha queste altre parole — « si dio non ce provede » —.

3
PERE.

—— à
300

O. SCALVANTI

da M. Melino, quali li mandaro per onorare el detto S. france-

schetto in Passigniano, e li for venti fior. 30 per onorarlo (1).
A di 8 detto li predetti Amba : avisorono el nostro comuno,

chome el Sig. franceschetto vole venire per stare qualche di in

Perogia.

A di ditto questi. nostri infraschritti gentilomeni andaro in-
contro al detto Sig: franceschetto, cioiè el Mag: Ridolfo dei ba-

glione, el Mag:

Girolamo deli Arceprete, el Mag: Genti'e deli

Armanni, e ciaschuno de essi andò bene in ordine, maximamente
Ridolfo dei Baglione, quale andò onoratamente ; e anco cie andò
el Mag: Gismondo de Guido Baglione, tutti de una compagnia.
E a dì ditto se dette grande ordine in questa città per onorare
il Sig: franceschelto, e foro fatti li preveditori inperochè se aspetta
de ora in ora che venghi sua Signioria in Perogia.

A di ditto el Mag: Agamenone deli Arcepreti eil Mag: Pie-
tro Jacomo deli Armanni se partiro de questa città; se disse che
se erano parlite per suspelione; la cagione non se disse. A di
ditto se disse, che se erano asentale e partite certi altri genlilo-
meni de mezza quadra; e per sino a di ditto pare seguila el mal

vivere, e sempre

la notte se sta in arme, e de continuo li spa-

daccini e omeni de mal sorte van con l'arme per piazza e per '

tutta la città.

A di 8 de luglio venne in questa città el Sig. franceschetto,
figlio legittimo de Papa Inocentio, e presso de lui menava m. Gior-
gio da S. Croce e m. Girolamo figlio del Cardinale de Rovana ;
e con circa 80 cavalli, fra li quali eie era una squadretta de ba-
lestiere a cavallo. E molti nostri gentilomeni li andaro incontro,
e smontò al palazzo del nostro Governatore, e tutti quelli genti-
lomene che se erano partiti parte tornaro con sua Signioria e

parte da poi.

A di 9 de luglio molti nostri mercatante e arfeti andaro a
biasimarse al detto Sig: franceschetto del male vivere de questa
cillà, dicendo che qui non se conoscie piü ragione né giustitia,

(1) Franceschetto Cibo, figlio di papa Innocenzo, veniva a Perugia per far ces-
sare il mal vivere della città. Vedi Nota di Ariodante "Fabretti alla eronaca edita

nell’Aren. stor.
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CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 301

pregando sua Signoria, cie voglia provedere; onde che Sua Si-
gnoria rispose animatamente ala proposta, e disse, che stassero
de bona voglia, che per lo spatio de 3 di esso vole avere reme-
diato e proveduto ala bisognia de tal cosa, e cosi se partiro de
bona voglia.

A di detto ala venuta del detto Sig: franceschetto molti spa-
daccini an posta giù l’arme, e molte se son partite de questa
città per sospetto de la sua venuta. E a dì ditto el predetto Sig.
franceschetto cavalcò per la città, e andò a spasso per P. S. P.°
sensa altri gentilomene; poi al tornare in su li fece compagnia
el Mag: Ridolfo de Malatesta dei Baglione e Astorre de Guido
dei Baglione.

A dì 10 de luglio el Sig: franceschetto volse el Conseglio deli
nostri gentilomeni deli primi, e foro questi, cioiè: Ridolfo dei Ba-
glione, Semone deli Oddi, Agamenone deli Arceprete, Bartolomeo
de P.° Giapeco deli Armanni e Berardino de Gostantino Raniere.
Quello essi vogliano fare non se sa. Di poi detto Sig: fece una
piazzata per piazza e anco per sopremuro, e poi retornò in palazzo.

A dì detto for venti dal nostro comuno fior. 300 per apresen-
tare al Sig: franceschetto e un bacino e un boccale d'ariento,
cioiè quello che non volse acettare m. Mauritio nostro legato, e
così li fo mandato el ditto presente, e se dice che esso spende 50
fior. el dì a spese del nostro Comuno.

A dì 12 de luglio el Mag. Guido dei Baglione tornò da Spello,
el quale cie era stato là molti di, chi dice per sospetione de’ foli-
gniate, e chi dice per sospelione del Papa, perocché non avea
obedito al comandamento, che lui ebbe di andare a Roma, e visi-
tato che lui ebbe il Sig: franceschelto se ritornò a Spello.

A di 13 ditto tutti li principale gentilomene de questa città se
radunaro nela audienzza della Mercantia. Se disse, che ragionaro
de unirse e de essersi amici e benevoli tra loro insieme, e che
anco ragionaro lo asetto della cettà, e pare che se debbia tenere
ragione; e dice che chiamaro 5 omene popolari, quali abbino da
intendere la ragione de l’uno e de l’altro. Li detti omeni son
questi, e cioiè per la casa dei Baglione Pietro de Baldassarre
Coglie, per la casa dei Raniere Giapeco de Rosciolo, per la casa
deli Arceprete Chrescienbene de Semone, per la casa deli Oddi
302 O. SCALVANTI

Ritilio de.... (1), per la casa deli Armanni, Bernardino de
m. Buongiovagnie.

A dì 14 de luglio se partì de questa città el Mag: Sig: fran-
ceschetto, e andò a Asese. Se disse che dovea tornar presto per
lo asetto dela nostra città. Adi 15 ditto el Sig: franceschetto se
partì de Asese, e andò a folignie per asettare le cose de folignie
e Spello. i

A di 16 detto Andreano del Mag: Guido baglione andò in
Toscana, perchè avea auta la condutta dal Sig: Virgilio Orsini
col as (2) omene de arme, e partì da Spello molto bene in

ordine. A di detto fo messo a partito la seconda volta fior. 200 per

suplimento del Sig: franceschetto, el quale deve tornare in questa
città, E fo perduto el partito, e fo ragionato, che se lui torna sarìa
bene che se facci le spese da lui medesimo (3).

A dì 28 de luglio retornò el Sig: franceschetto in Perogia, el
quale venia da Spoleto; se disse ch'è venuto per cagione de lo
asettamento dela nostra città. E a di ditto vene la nova qui, come
eran venuli al ponte novo 4 squadre de cavalli del Sig: france-
schetto: la cagione non se sapea, perchè fossero venute, ma se
presume che starano ala guardia de questa città.

A dì 24 de luglio el Sig: franceschetto andò a cena col Mag:
Ridolfo dei Baglione in S. Agnielo de P. S. A., e spesso anda-
vano insieme a spasso per la città.

A dì 26 de luglio in sabeto comenzaro a venire in Perogia
fante assai bene in ordine. Se dice che son venute per stare per
favore dela ragione; e anco se ne aspellono più. A questi di de

luglio de continuo se ragiona, e ordina de vedere se se potesse

fare lo acordo in fra le case de questi nostri gentilomene: cioiè
dele cinque prime case, benchè «se dubita che non se ne farà
niente.

A di 26 del detto venero in questa città li Amba : de foligniate,
perochè questo di se deve dare la sentenzza dela diferenzza, quale
è fra loro e Spellani per ordine del Sig: franceschetto figlio del
Papa.

(1) Lacuna del ms.
(2) Lacuna del ms.
(3) Non può sfuggire al lettore l’arguta osservazione del cronista, il quale ri-
corda, che l'arrivo di Franceschetto fu di grave danno pecuniarió per il Comune.

— M
———

CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 303

A di 26 dillo venero li amba: deli Spellani al Sig: frdnce-
schetto per odire la sentenzza, che si deve dare fra loro e foli-
gniate.

A di ditto, el Sig: franceschetto fece fare un conseglio nel
palazzo del nostro Governatore. In efetto se aspettava, che lui
desse la senlenzza. de fuligniate e .de Spellani; e disse volerla
dare a Tode, e che ciaschuna dele parle fosse amonita de portare
là el mandato e le ragione loro; e a l'ultimo del conseglio do-
mandó licenzza ala nostra Comunità, e ringratiò quelli de quanto
li era stato fatto. E cosi li fo resposto al bisognio; che se non li
era slato fatto quanto sua Signoria averia meritato, li avesse però
scusati pregandolo, che Sua Signoria volesse sopresedere per al-
chuni dì più per rasettare le cose de questa città. E fornito che
fo el conseglio, el detto Sig: franceschetto uscì de palazzo, e
quando fo lì in piè dela piazza vedde un ruffiano con l'arme, e
subito lo fece pigliare dali suoi fanti, e Sua Signioria personal-
mente li andò derieto, e mandollo in palazzo, e feceli dar la corda,
de modo che spaventò molti spadaccini, che portavon l' arme

A di delto tornò in questa: città fra Bernardino nostro predi-
catore de l'ordine dei Zoccolante de S. francesco del Monte, e
fece alchune prediche in piazza, e sempre predicava dela unione
e dela pace, e conforló molto li nostri gentilomene ala unione, e
che se amassero insieme e dela unione de tutta la città.

A di 27 de luglio la casa dei Baglione fece un bel presente al
Sig: franceschetto de biada, poglie, cera e confetti e cascio; cioiè
30 some de biada, 5 stangate de polli e papari, 50 some de cera,
20 scatole de confetti, 8 torte de marzapane, e 6 forme grande de
cascio parmegiano, e fo tenuto bello presente.

A dì 28 ditto for bugliate per piazza certe polizzuoli (1).

A dì dello se parli de questa città el Sig. franceschetto; se
disse che tornava a Roma, e aloggiò la sera a Deruta.

A dì detto, el nobile omo Gismondo de Guido Baglione e il
nobile omo Gentile de Felcino deli Armani andaro col Sig: fran-
ceschetto a Roma, perchè ebbero el comandamento dal Papa per
cagione, perchè avevono prese le poste del Chiusci. Che dio li dia
bon viaggio.

(1) Polizuoli o piccole carte contenenti motti satirici.
304 O. SCALVANTI

A dì 28 de Agosto morì Orliviere de Carlo Baglione in casa
sua de infirmità, cioiè visse 8 dì, et in spalio de 4 di perse el
parlare (1).

A dì 9 de 7bre se levò il rumore in Passigniano del laco intra
la parte deli Oddi e la parte dela Corgnia. La cagione e il prin-
cipio si fo per 2 che giocavono, e venero a questione, dove cie
for ferite molte persone, maxime dela parte de quelli da Corgnie;
e cie fo uciso el nipote de Boccaglia, quale lo amazzó Guido de
lione deli Oddi. E fornita che fo la scaramuccia, se ne andarono
con dio molte fameglie dela parte da Corgnie, perchè la parte deli
Odde eie avvero certi fanti forestiere; e poi cie for robbate certe
case dela parte da Corgnie. Se dubitava che la cosa fosse fatta
aposta da quelli deli Oddi, benchè ala detta scaramuccia cie fo
ferito el detto Guido de lione deli Oddi.

A di 10 de 7bre el Mag: omo Guido dei Baglione andó verso
Roma al Papa; e fra pochi di cie andó Pietro pavolo e m. Pier-
felippo da Corgnie, quali avevono auto comandamento dal Papa.

A di 20 de 7bre for publicati li Sig: Priori quali son questi:

Giulio Cesaro deli Armani, capo, Antonio de Agnielo dela
Macenaia, P. S. A.; Bartolomeo del Cardolino (2), Alfano de Dia-
mante, P. Susane; lodovico de Giliotto, Guasparre de Giovagnie,
P. borgnie; Severe de Bartolomeo, Pietro Paolo dela Giliola,
P. S. P; Nicolo de Pavoluccio, Corado de maestro Domenico dal
Piegaio, P. Soli; Ser Antonio de P. S. A., notaro.

A di 4 de 8bre certi spadaccini dela parte dei Raniere fecero
uno asalto con quelli dela parte dela Staffa; pure non se fecero
male. E questo àvene per la poca ragione che se tiene in questa
ciltà.

A di 5 ditto se levò el romore in Peroga (3), dove che se ar-
maro tutti Ji amici e partegiani dei gentilomeni. La cagione si fo,
perchè li amici deli Raniere se azuffaro con quelli dela Staffa,
overo deli Armanni lì in capo dela piazza, e batagliaro circa una

(1) È da osservare, che il cronista ormai nota, come eccezione, la morte
de’ suoi concittadini incontrata per infermità. Pur troppo, in ispecie trattandosi
dei principali della città, la regola era, che dovessero morire di morte violenta.

(2) La cronaca a stampa ha — Ciardolino —.

(3) La cronaca a stampa invece di avere le parole — « in Per rogia» — ha que-
ste altre più espressive, ossia — « în questa povera città » —.

eye

Temi

/——
CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 305

ora; dove che alfine restoro ferite circa 16 fra l una e l’altra
parte. Poi se levaro su molti gentilomene e cettadini, quale entraro
de mezzo; de modo che fo fatta la trieva per 3 mese.

A di 13 de 8bre revene da Roma el Mag: Guido dei Baglione
e Gismondo suo figliolo, quale subito che lui gionse, andò a visi-
tare el Vecelegato. Et a di detto tornò pur da Roma el nobile
Pietro Pavolo de m. P.? felippo da Corgnie.

A di dillo vene la nova come era morlo in Roma el nobile
omo m. Pavolo de Boncambie, el quale era Senatore de Roma.
Se disse che lui mori a di 11 del ditto; al quale fo fatto grande
onore.

Anco a di 15 del ditio vene aviso in Perogia, come el gran
Turco avea auto una gran rotta dal Soldano. de babilonia, dove
cie morì de molta gente del turco; se disse circa 5000 persone,
e questo fo nel golfo dela grecia (1).

A di 24 de 8bre se levò el romore in Passigniano fra la parte
deli Oddi e la parte Corgniesca.

A di ditto fo fatto un conseglio nel palazzo del Governatore,
al quale cie andaro li Mag: Sig: Priore e alchun altro cettadino.
In efetto fo proposto el romore de Passigniano, e il mal vivere
de questa nostra città, peroché de continuo se atende a portare
l'arme publicamente, onde che molte parlarono, e dissero el lor
parere, fra le quale se levó su Giulio Cesaro deli Armani, quale
era capo de Uffitio de li Priore, e disse: io non parlarò come
priore, ma come Giulio Cesaro: e in efetto disse, che lutto el
male, che avea questa città, procedea dal Papa ; e che si sua San-
lità non provedea, saria bene, che el popolo provedesse lui, come
an fatto alchune città nostre vicine. Pure ad ogni modo de con-
tinuo se atende a viver male e a portar l’ arme, maxime la casa
deli Baglione e deli Oddi e deli Corgnieschi ; e molte inimicitie de
particulari cettadini cie sono per la città, quali tutti praticono la
piazza con l’arme publicamente, e quelli che voglieno ben vivere
stano de mala voglia, vedendo che il Papa non cura come questa

cillà se vada.

(1) La rotta dei turchi avvenne ai 14 di agosto; ma i particolari dati dal Ma-
lipiero, e cioè, che vi perdessero la vita ben 40.000 turchi, non sono rispondenti al
vero, Il cronista invece, con maggiore esattezza, pone le perdite dei turchi a soli
5.000 combattenti.
306 O. SCALVANTI

A dì 24 de 8bre, una parte dela casata deli Oddi non prati-
caro la piazza, maxime li figlioli de lione deli Oddi, perchè ave-
vono inteso, che loro dovevono essere amazzati dala casata deli
Baglione. Per la quale cosa a dì ditto madona Leandra, moglie de
Semone deli Oddi, e dona Isabella, già moglie de Sforzza deli Oddi
e figliola de Guido dei Baglione andaro a vedere ale case dei Ba-
glione, si a loro erano venute fante forestiere; perochè la casa
deli Oddi dubita forte de non essere ofesa dali detti Baglione; e
così non cie trovaro nisun forestiere. Pure la cosa va sospetta
per una. parte e l'altra.

A dì 26 detto retornò el mag: Guido dei Baglione da Spello,
e intendendo esso che la casa deli Oddi stavono ben proviste, per
suspetione mandò per certi fanti forestiere.

A di 28 detto se levò el romore in piazza (1), dove cie corse
molta gente armata, e subito se attaccò la parte dei Baglione con
la parte deli Oddi, e anco cie sopragionse la casata da Corgnie ;
e li sotto el palazzo deli Sig: Priori, a capo la strada, che va in
P. Susane, cie fo fatta una grossa scaramuccia, nela quale cie
for ferite molte persone de una parte e l'altra; e cie fo morto de
una spingarda Giuliano de Giovan Poltrone, quale era dala parte
dei Baglione, e dala parte deli Oddi cie ne for morte 2; e fo arsa
la casa de Pavolo de Tancio, perché in essa cie erano entrate certi
fanti de quelli deli Oddi. In questa gionse lì Guido dei Baglione
sensa arme con uno bastone in mano, e se mise in mezzo lì
de modo che fece trare in drieto li suoi amici, tanto che fece ces-
sare la scaramuccia, benchè con fatiga li facesse distaccare. E
così in ultimo fece fare acordo in fra la casa deli Oddi e li Cor-
gnieschi; e fo fatto trieva per uno anno; però che una parte e
l’altra remiseno in detto Guido ogni lor diferenzza. Onde che a dì
ditto, atachata che fo la detta scaramuccia, come de sopre avem
detto, el Mag. Agamenone deli Arceprete, insieme con Girolamo
suo fratello, se miseno in ordine a far ripari denante a casa loro
con bottecelle e tavole, e de continuo atendevono a mandare per
li loro amice. Poi la notte el detto Agamenone parló al predetto
Girolamo suo fratello e ala Inocentia sua madre, e disse: Gíro-

(1) Là cronaca a stampa ha il seguente inciso — « per cagione che doj cettadini
aveano auto parole li in piei dela piazza » —.

re

esa” —
CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 307

lamo, io vorrei sapere da voi la intentione vostra, però ch io

voglio aiutare la casa deli Oddi mei parenti. E Girolamo respose:

e io voglio aiutare li Baglione, perchè me son zeie, e sono più li
Baglione a me che li Oddi a voi. E qui naque diferenzza assai
fra loro. In efetto ditto Agamenone disse a Girolamo: abbiate
tempo a pensare e a resolverve (1) per spatio de una ora; e esso
acettò. Sì che la resposta fo questa, cioié: che la Innocentia, sua
madre, andò subito in S. Antonio da Padova, e Girolamo pre-
detto parlò con cerli suoi amici, e poi se mise in ordine, e andò
in S. Lorenzzo in defensione dela casa dei Baglione e per sua
salule; e li cie fece portare certe code de spingarde (2).

Da l'altra parte a di ditto Gostantino de Berardino dei Ra-
niere e Averardo de Guido Morello erano insieme con lo detto
Agamenone, quale de continuo atendevono a fortificarse nelo monte
de P. Soli per aiutare la casa deli Oddi. E a dì 29 delto Giulio
Cesaro deli Armani mise nel palazzo deli Sig: Priore circa 40
fanti bene armate. E così tutto quel di una parte e l’altra forte-
mente se aiularo, stando ciaschuna dele parte con grandissimo
sospetto, benché Guido Baglione molto se operasse, sempre te-
mendo e reparando che non se atacasse la scaramuccia. Et li
Oddi tutta via se aiutaveno a fare le sbarrate, e a piantare spin-
garde. Pure ad ogni modo el Mag. Guido remediava, e fece tanto
che refermó lo acordo in fra li Oddi e li Corgnieschi; e ogni cosa
fo remessa nele mani del detto Guido Baglione con la trieva de
uno anno; ma non fo nienle, perché remase pendente la defe-
renzza, quale era fra Agamenone e Girolamo suo fratello, che
Agamenone non volea che Girolamo andasse a casa sua con gente,
sì non con li amici della casa, se prima non partisse con lui. E
cosi per quella sera Girolamo tornò in casa de Guido Baglione;
Siché per questa cagione fu sturbato ogni acordo.

Poi a di 30 de 8bre in giovedì a mattina tutta la parte dei
Baglione vene in piazza, e parte in sopramuro e parte nela Cupa.
In questo el Mag. omo Ridolfo dei Baglione tornò dale terre suoi,

(1) La cronaca a stampa ha la parola — « vesolverme » — ma il senso reca la
parola « resolverve » — quale é scritta nel nostro esemplare.

(2) Coda di spingarda, secondo uno degli annotatori della cronaca a stampa,
sembra significare una sorta di spingarda più corta dell'ordinario.
A 2:

308 O. SCALVANTI

e vene in Perogia con molta fantaria, e apresso de sé menava
Troilo de Bevagnia, Conestavole de fanti, el quale subito che esso
gionse, el detto Ridolfo lo mise in S. Lorenzzo con molle fante.

A di dello se ataccò la scaramuccia inlra la parte dei Ba-
glione e deli Oddi in doj lochi, cioiè prima nela piazzola deli
Arati, dove che li se azuffaro, de modo che cie ne for ferite as-
sai e prese maxime de quelli dela parte deli Oddi, e anco cie ar-
sero la Chiesa de S. Maria del Versaio e certe case dela parte deli
Oddi. Da l'altra parle se ataccò una altra scaramuccia nela Cupa,
dove che li foro prese per forzza le sbarre, che avevono falle li
Oddi, e li cie ne for ferite e morte de una parle e l'altra, e tutta
via li Baglione stanno armate in piazza, e di continuo li gionge
gente in lor favore, e cosi a tutti Ji altri gentilomeni.

A di detto la sera ale 22 ore vene in questa città el Mag :
Sig. Mauritio, fratello del Papa nostro legato, e passando tutte
quelle gente armate gridavono: Chiesa, Chiesa, e fo acompa-
gniato dal Mag: Guido e da Ridolfo de Malatesta dei Baglione e
da Griffonetto di Griffone de Braccio dei Baglione, perfino ale
scale del palazzo. E al tornare che fecero in giù Guido facea tor-
nare le sue gente verso pié dela piazza, sperando per mezzo del
Sig: Maurilio dovere acordare ; ma quando essi forono li scontro
al palazzo deli Sig: Priori, forono geltale dal detto palazzo certe
pietre per ferire Guido e Ridolfo sopradetti; onde che veduto que-
slo incitò la parte de Guido de volere de novo alaccare la: sca-
ramuccia con magior impeto e forzza, de modo che se la notte
non venia, se presumia che li Oddi andassero a rovina. Pure,
essendo venuta la nolte, foro acesi in piazza molti fuochi e re-
cale molte torchie dala parte dei Baglione con animo de voler
dar dentro, e rovinare e cacciare la parte deli Oddi lor nemici.
Da l’altra parte li Oddi, vedendo fare tale preparamento, e. ve-
dendo che ali Baglione era venuta molta gente da le lor terre la
mattina innanzze a l'alba, tutti li ditti Oddi fuggirono e andarse
con dio ; e anco se ne fuggì el Mag: Giulio Cesare deli Armanni,
Averardo de Guido Morello, el Mag. Gostantino de Bernardino dei
Raniere ; e tutti li sopradetti gentilomene menaro assai parlegiani
loro. E la mattina detta fo restituito el palazzo dei Si: Priori al
Mag: Guido Baglione, e di poi molti partegiani deli detti baglione
andaro ale case deli partegiani deli: Oddi in P. Susane, e robba-

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CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. : 309

rono molte dele dette case, benché cie andavono contro ala vo-
lontà deli detti baglione; onde che essi per obviare de questo rob-
bare fecero fare 2 para de forche, in capo dela piazza e l'altra
denante a casa de Semone deli Oddi. Poi fo bandito per parte del
Sig. Mauritio e delo Stato, che nisuna persona ardisse de robbare
cosa alchuna dele case deli Oddi nè de li lor seguace ala pena
dela forcha, e così tutto quel di se stette, con l'arma in piazza e
per la città; e alchuni non temeno paura de le forche, e pure se
va robbando, la qual cosa molto dispiace ala brigata.

A dì primo de 9bre foro scarcerate a gran furore lutti li pre-
gione in bando del capo.

A di primo de 9bre li Sig: Camorlenghi insieme con molte
popolane amici dei baglione andaro con gran furore ala Cassa,
dove stava el sacco fatto a Roma, e sì ne cavarno tulle 4 le casse
deli Uffiti, e poi le portaro in piazza denante a la fonte, e poi
abrusciaro tutto el detto sacco deli Uffitiale sempre gridando: ba-
glione, baglione. i

A dì 2 de 9bre for publicati li Mag: Sig: Priore a sapula, li
quali subito entraro in Uffitio, e li vechie non avevono fornito el
loro Uffitio, e son questi: i

Carubino deli Armani capo, Giulio de Mela volta, P. S. A.;
Berardo de Venciolo da Corgnie, Mateo de Giovagnie de la Cipolla,
P. Susane; Tomasso de P.° Andrea, Arcangniolo dei Randoli,
P. Borgnie; lorenzzo de Ser Cipriano detto Spirlo, Pier francesco
de.... (1) detto Pagliccio, P. S. P.; Agnielo de Cesario, Piermateo
da Cieeco, P. Soli; Ser Gentile de Semone de Tancio, notaio.

A di 3 de 9bre tornò in Perogia el Mag: omo Berardino de
Gostantino dei Raniere, el quale non se trovò a questi di passati
ala novità. Se disse che lui non cie volse tornare per non se im-
paciare infra li baglione e li Oddi.

Anco a di ditio tornaro molti gentilomene e altri cettadini, li
quali si eran partiti la notte prima dela novità, e tornaro de vo-
lontà dela casa dei Baglione e delo Stato, e son questi, cioié:
m. Periteo e Averardo da M. Sperello, Giapeco Rosciolo, Chri-
stiano de’ Bevignati, francesco de Sinibaldo con molti lor parte-
giani e altri cettadini, li quali tutti, come foro tornati, andaro a

(1) Lacuna del ms.
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310 O. SCALVANTI

visitare li Baglione, e a parlare con essi, li quali a tutti davono
bone parole.

A dì ditto el figliol del Conte Jacomo de Nicolò Piccinino re-
pigliò Sterpeto, che già era de lor padre.

A dì 4 de 9bre for fatti li diece dela guerra overo delo Ar-
betrio, e for fatti dali Sig: Priori e Camorlenghi, con autorità che
li detti X possano disponere de ogni facultà del comuno de Pe-
rogia per lo stato dei Baglione, li quali son questi:

Guido de Malatesta dei Baglione, Ridolfuccio dei Signorelli,
P. borgnie; Ridolfo de Malatesta dei Baglione, m. Vincentio. de
Golino M. Vibiano, P. S. P.°; Berardino dei Raniere, francesco
de Nicolò de Tomasso, P. Soli; Girolamo dela Penna de li Arce-
prete, Bartolomeo deli Armani, P. S. A.; el conte Agnielo del
Conte Iacomo Piccinino, m. P. felippo da Corgrie, P. Susane;
Ser Antonio de Don Nicola notaro.

Ali quali X delo Arbitrio for venti dali sopredetti Sig: Priore
et Camorlenghi fior. 25 mila per mantenimento e bisognio delo
Stalo per essi aquistato.

A di ditto for fatti li Amba: per mandarli al Papa, li quali
son questi, cioié :

M. Vincentio de Golino Vibiane detto m. Vincentio gobbo,
Batiste de Ranaldo de Rusteco, quali for fatti per notificare al
Papa la novità successa in questa città.

A di ditto fo fatto el depositario del Comuno a saputa; e fo
fatto Francesco de Galiotto de Oddo de P. S. A. (1).

A di 5 de 9bre andò el campo de questa città ala sconfitta e
destrutione dei forosciti, che stavono a Castiglion del laco, dove
erano tutti li Oddi. Li caporali for questi: Ridolfo dei Baglione,
Girolamo de li Arceprete, lodovico deli Armani, Giulio Cesaro de
m. P.° felippo, Averardo da M. Sperello, e molti altre cettadini;
e era un bel campo, e fecero alto ala torre del Borghetto, la quale
se tenea per li Oddi, e subito l’ebbero. Poi parte del canpo andò
ala Panicaiola. Et in Perogia per fino a dì ditto sempre se atende

(1) La cronaca a stampa ha per, anziché de porta ;S. Angelo, ma evidentemente
per un errore dell'amanuense.

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er

--—————

CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 311

a robbare in P. Susane le case deli amici deli Oddi, qual molto
dispiace al popolo, ma non se puó fare altro (1).

A di 6 de 9bre el Conte da Pitigliano, capitano de fiorentini,
andó nel campo delo stato de Perogia per ragionare lo acordo in
fra li Baglione e el Campo deli Oddi, quali stanno in Castiglione
nela rocca, dove che con una parte e l'altra fece gran parlamento.

A di 7 ditto se disse, come el conte da Pitigliano avea acor-

dato tutti li Oddi con el campo deli Baglione, e fo capitolato in
questo modo: cioiè, che li Oddi dovesser lassare Castiglione e le-
varse de li, e che tutta la robba mobile, che se trovasse deli detti
Oddi, e lor seguace o loro amice fossero salve e segure, e che lo
stabile se remetta nele mani del papa Inocentio 8 con molti altri
Capitoli. Pure sino a di ditto molte case sono state robbate e ro-

vinate in P. Susane, maxime tutte le case deli Bontempi.
A di 12 de 9bre retornó da Castiglion del laco el Mag: Ri-
dolfo dei Baglione e li altre gentilomeni con li lor seguaci, e

smonlaro li al palazzo deli Sig: Priore, e li racontaro quanto era
successo, e come avevono cacciate li Oddi da Castiglion Chiugino,
e capitolato per mezzo del conte da Pitigliano, benchè se disse,

a

che la rocca de Castiglione predetta la facea guardare el predetto
conte 8 caulela de li Oddi e per cagione che le promissione se
oservassero.

A di 14 de 9bre el nobile omo Mariano dei Baglione andó a

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fiorenzza ala Signoria mandato dal nostro Comuno; la cagione,

perchè essi non dessero recetto ali forosciti.

A dì 15 detto for fatti 2 Amba: e mandati incontro al nostro
novo legato, el quale se aspetta che venga domane, perochè m.
Mauritio, nepote del Papa, se era partito de questa città per le
sopredette discordie. Li Amba: son questi: m. Baldo de m. A-
gnielo, e Ghiberto de Bartolomeo.

A dì ditto vene a Deruta el Reverendo Cardinale de Siena
per nostro legato, dove el nostro comuno li fece onore assai (2).

(1) La cronaca a stampa reca invece le seguenti parole — « pure non se puoi
Più » —.

(2) È questi Francesco Todeschini di Siena, cui Pio II Piccolomini, suo zio,
diede il proprio cognome e l'arme di famiglia, creandolo cardinale diacono di S.
Eustachio nel concistoro del 5 marzo 1460. Da Paolo II nel 1471 fu mandato in
qualità di Legato all'imperatore Federigo, in presenza del quale e dei principi di
312 O. SCALVANTI

A dì 16 ditto vene in Perogia, al quale andaro incontro molte
nostre celladini; li andaro incontro fino li in piede dela piazza, e
vene sotto el baldachino, e quando fo scontro al palazzo dei Priori
subito smontò da cavallo, e andò a piede in S.° lorenzzo, e de lì
andò nel palazzo del Governatore.

A dì ditto el nostro Comuno mandò a presentare el detto
novo legato de biada, cera, confetti, fiaschi de vino e polli.

A dì ditto vene la nova, come el Sig. franceschetto avea man-
dato un suo comissario nel Chiusci con circa 40 fante e certe
balestriere a cavallo. Se disse che pigliavono la possessione del
Chiusci per sua Signoria.

A dì 17 de 9bre el Mag: Ridolfo Baglione ordinò un bello
mangare, dove cie fece convitare 33 persone, tutti omene de qua.
lità, e questo mangare lo fece in casa de Griffonetto de Griffone
del Mag: Braccio de baglione, e fo uno onorato pranzzo.

A dì detto el nostro legato fece adunare el conseglio nel suo
palazzo, al quale cie andaro li priore e camorlenghi e li diece
delo ‘Arbitrio e assai altri celtadini. In efetto... (1).

A di 19 de 9bre tornò in Perogia el nobile omo Gentile deli
Armanni, e a dì 20 la mattina, come uscì de casa, andò a visitare
li baglione in casa loro.

A di 20 de 9bre vene in Perogia Camillo Vitelli da Castello,
el quale smontò a casa deli baglione. Ebbe carezze assai (2).

A di 22 ditto el predetto Camillo mandò a presentare el no-
stro legato de biada, cera e confetti, e il detto presente se partì
da casa de Luttiere de Pietro Pavolo de squarlera, e fo bel pre-
sente.

A dì detto fo fatta la mostra de 2000 fanti forestiere fatti per

Germania perorò efficacemente a favore della religione nella Dieta di Ratisbona.
Innocenzo VIII lo mandò nell’Umbria, come scrivono gli storici, per mettere in
pace gli animi dei cittadini sconvolti dalle fazioni. Egli era stato in Perugia per
lo studio delle umane lettere e del diritto, e assunse la laurea dottorale nella no-
stra Università. Fu elevato al soglio pontificio nel 1503, e prese il nome del suo
benefattore chiamandosi Pio III. Eletto nel 22 settembre del predetto anno morì
nel 18 ottobre successivo.

(1) Lacuna del ms. Cfr. per gli oggetti discussi nell'adunanza del nuovo legato
cardinale Todeschini Piccolomini di Siena, la Hist. del Pellini, Parte II, pag. 856.

(2) La cronaca a stampa contiene quest’ altra espressione — « et lì fu ben ve-
duto » —,
a

CRONACA PERUGINA INEDITA; ECC. 313

la guardia de la piazza, e era una fiorita compagnia. Capo de
essi era Troilo da Bevagnia.

A di 20 de 9bre se disse ch'el nostro legato avea falto co-
mandamento a Giovan Iacomo e al conte Agnielo figlioli del conte
lacomo, che sotto pena de rebellione debbino rendere e restituire
Sterpeto, el quale a questi di passati avevon tolto al conte de
Sterpeto con le spalle e aiutorio deli baglione.

A di 22 de 9bre retornó in Perogia el nobile omo Gostantino
de Berardino dei Raniere, el quale se partì la notte de la novità
deli Oddi, insieme con li detti Oddi, e subito che gionse, andó à
casa deli baglione, come li altri forosciti, che se erano partite per
la detta novità.

E continovamente tutti li gentilomene dela nostra città, tanto
quelli che son contenti quanto quelli che son mal contenti, tutti
vano a cortegiare e far coda a li baglione, maxime a Guido e
Ridolfo.

A di 26 de 9bre el nobile omo Andreano de Guido baglione

tornò del soldo del Sig: Virgilio Ursino.

A dì 3 de Xbre venne la nova come m. Giovan Bentivoglio
da Bolognia avea fatto amazzare assai persone in bolognia maxi-
me dela casa dei Malvezzi (1).

A dì 4 detto se refermaro li capitoli con la Comunità de Ca-
stello dela Pieve; e questo fo fatto, perchè detta comunità de
Castello dela Pieve avevon presa la rocca, quando fo la novità
de questa ciltà fra li Oddi e baglione. El modo deli capitoli fo
questo:

Che el comuno de Perogia non possa inpedire grano a quello
de Castel dela Pieve volendolo cavare per loro besognio dela città
o del contado; e che possano mettere li lor panni bigi per el
contado nostro de Perogia, e li fo fatto gralia de cinque paghe,
quale pagavono per la rocca.

A di ditto fo fatto castelano del cassero de Castel dela Pieve
Tiseo de Giapecho de Tomasso de Tej, e fo fatto a saputa.

A di 6 de Xbre retornó da fiorenzza el nobile omo Mariano

(1) Si accenna alla congiura contro Giovanni Bentivoglio scoperta sul finir di
novembre, e che costò la vita a molti (Cfr. GHIRARDACCI, St. di Bologna, Lib. XXXVI,
Vol. III, e Cron. di Ferrara, T. XXIV, in Rer. italic. seript.).
314 O. SCALVANTI

dei baglione, el quale era andato per Amba: del nostro Comuno
ala Signoria de fiorenzza per fare levare li nostri forosciti, che non
stessero nel contado fiorentino.

A questi di de Xbre li fanti soldati per la guardia de la
piazza entroro in guardia nel palazzo deli Sig: Priore, e ogni dì
mulavono la guardia per la notte facendo la mostra in piazza.

A dì 12 de Xbre vene la nova come el nobile omo Giulio Ce-
saro deli Armanni foroscito (1) con li Oddi avea presa la torre
Bechatiquillo, per la qual cosa li X delo Arbitrio a di per di se
reirovano in palazzo deli Sig: Priore per ragionare la bisognia
delo Stato loro con bona solecitudine.

A di 13 de Xbre quasi la maggior parie deli Oddi sono in
Roma al Papa per defendere la lor ragione denante a Sua San-
tilà per la deferenzza stata in fra loro e li Baglione.

A di detto vene la nova, come in Tode la parte Catelanescha
avea falto novità contro la parte Chiaravallese, dove cie fo amaz-
zato Golino de Ghinolfo e M. francesco de Medico e molte ferili,
e cacciate fora assai dela parte Chiaravallese.

A di 24 ditto se parti da Perogia Camillo Vitelli da Castello,
el quale era stato molti di in casa deli baglione.

A di 27 de Xbre for publicati li S. Priore a sapula falli per
li omeni delo stato, e son questi:

ll Mag: Gismondo de Guido baglione, capo, )

Girolamo de francesco per l’arte del macello. (

Bacciolo de P.» fumagiclo, coda, )

Arcolano de benedetto per l'arte dei calzolai. f

Carlo de Cenaglia, Cambio,

Roberto de Agniolo.

Ruberto de Giapeco Tei per l'arte de lana, |

Ranaldo de fabritio Ranfo per li banbacari. !

Giulio de francesco de Tancio per l'arte de' maestre de' le-
gniame [P. S. A.].

Mateo del Nero per l'arte dei cestari e corbari, P. S. A.

Ser Valerio e P.* de. bartolo notaro, P. S. A.

V

P. Susane.
P. borgnie.
(P. S. P.

P. Soli.

(1) La cronaca a stampa, attesa la mancanza di una carta nel codice della

Comunale di Perugia, non ha il tratto, che segue fino all'elenco dei camerlenghi,
sotto la data del 27 dicembre.
CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 315

‘A dì ditto for publicati li capitani del Contado a saputa, li quali
sun questi:

Mateo Nicola dei Coppoli, P. S. P.; felippo de braccio, P.
Soli; Girolamo de Cesaro deli Arcepreti, P. S. A.; Berardo de
lanberto da Corgnie, P. Susane; Andreano de Guido baglione,
P. borgnie.

A dì 27 de Xbre for publicati li Camorlenghi a saputa, li quali
son questi:

Rusteco de Saracino primo Consolo, P. borgnie; P.» de bal-
dassarre Coglie, P. S. P.; Berardino de Cinello, P. Soli; Agnielo
Tito, P. S. A.; P. francesco de bretoldo auditore, P. Susane;
latino de m. Nicola bariga, P. borgnie; Gentile de francesco dei
Baglione, per l'arte dei Calzolai; Semone de Antonio fumagioli,
per l'arte de sartori; Arcagnielo de P.» Randoli per l'arte della
lana; P.° Pavolo dei bartolucci per l'arte de maestre de pietra e
legname; Girolamo de Giordano per l'arte dei fabre; Gostanzzo
de Giorgio per l'arte del macello ; Ridolfo de Roberto per l'arte
dela Taverna; Gio: mariotto de maestro Rosato, per l'arte de Spe-
tiali; Piero de Bartolo, per l’arte de banbagio; Bartolomeo de Ma-
riotto, per l'arte dei ‘pagni vecchi; P.? Nicolo de mariotto, per
l'arte dei spizzicarelli; Vestro de P.» de’ Cieccarino, per l'arte
dei pesciaioli; Bartolomeo de mariano, per l'arte dei porcaciari ;
Bino de Pietro orfo, dei barbieri; Salvadore de Rosato, dei te-
golai; (1) Nicolo de Ser Cipriano, dei Seudellari; Fabio de Gual-
mario, dei Bovattiere; Ambrogio de Gostanzzo, dei Vasari; Van-
geliste de Giovane, dei capelli de lana; Berardino de Bartolomeo,
de’ battelana ; Mariotto de Bartolomeo, de’ matarazzai; Pellino de
Piero, de’ merciai dela tascha; francesco de Salvuccio, de’ petti-
tinari; Giacomo de Mariotto, de’ ciabattiere; Giapeco de Antonio,
de’ zoccari; P.° de Meo, de’ pollaioli; Tomasso de Renzzo, de’
capelle de lino; Mariotto de Andrea, de’ spadari; Andrea de fio-
renzzo, de’ ferrari; Modesto de agnielo, de’ cartolari; latantio de
Giovagnie, de’ pentori; P.° de Antonio de Pacciolo, de’ petraioli;
Gerolamo de Menechuccio, funaro; francesco de Sciro, detto Sci-
rello, de’ cestari e corbari; Bonifatio de Christofano, pellicciaio;
P.° Mateo de Marco, dei pellari; Ansideo de Giuliano, dei for-

(1) Fin qui la lacuna della cronaca a stampa.
316 O. SCALVANTI

nari; Semone de... (1) cimatore; Mariotto de Nestagio, orfo;
lodovico de felippo, cimatore; Girolamo de Giovagnie, miniatore.

Nel predetto anno el grano valse al più s. 45 e 50 la mina,
l'orzo s. 35 in 37, la spelta s. 20,22, l'olio 1. 90 e 95, et el vino
9 la soma.

1489 — A di 3 de Genaio vene lo aviso in questa città, come
de novo se era principiata la guerra in tra spellani e fulignate,
perchè ‘certe folignate avevon ferito uno spellano, de modo che
ognie persona se ne meravigliava pensandose, che li detti foli-
gnale volessero renovare la nemecitia, quale prima avevono in-
sieme per cagione deli confini; che più volte anno litigate e com-
battute sopra li quali cie era stata data la sentenzza terminata.
E a dì 4 del ditto li spellani avevono amazzato un foligniato, per
la qual cosa ciascuna dele parte sta in sospelto, e una parte e
l’altra se mette in ordine.

A di ditto el Mag: Ridolfo Baglione andò in aiuto de’ Spel-
lani, benché de qui parti con poca gente dela città.

A dì 5 de genaio li folignate venero apresso Spello, e feriro
cerli spellani, e fecero alquanto de guasto in quello de Spello, e
. arsero una certa villa sopra Spello.

A di 6 ditto el Mag: Ridolfo Baglione andó in quello de fo-
lignie, e arse certe loro ville, e fece danno assai; cioié fece gran
guasto ali lor biene, e prese certe pregione; e da uua parte e
l’altra eie ne moriro assai, benchè li folignate ne ebbero el peggio
con molta lor vergognia.

A di 7 detto li spellani presero una torre, e arsero molte
case nele ville de' folignate; nela qual torre cie presero 12 fante,
deli quali a 2 tagliaro la testa, e poi li posero ala porta de Spello,
e li altri li amazzaro.

A di ditto li nostri Mag: Sig: Priore andaro al nostro legato,
pregando sua Signoria per parte de questa comunità e delo stato
di essa, che facessi ribelli li nostri forosciti: onde che sua Si-
gnioria respose, per ora non li parere de atendere a far ribelli;
e così li menava a longo. Pure, a dì per di li Mag: X delo Ar-
bitrio se trovavono denante ali Sig: Priore per ragionare lo abi-
sognio dela città e delo stato con grande solecitudine; e anco

(1) Lacuna del ms.
CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. - 911

spesso vanno al R. nostro legato Cardinale de Siena solecitandolo,
che lui dovesse fare ribelli li nostri forosciti.

A dì ditto vene in Perogia Camillo Vitelli da Castello con
certa quantità de cavalli e fanti per lo abisognio de Spello, contro
la comunità de folignie.

A dì 9 de Genaio el nostro legato mandò un comissario del
Papa e insieme col delto Comissa: cie andò Camillo Vitello per
iraltare pace, overo trieva tra foligniate e spellani: onde che su-
bito che gionsero li detti comissari, li foligniate e spellani levaro
le ofese una parte e l’altra; e così se atende a ragionare lo a-
cordo, benchè de una parte e l’altra cie ne son morte assai, ma
assai più de’ fuligniate.

A dì 10 de genaio vene la nova come parte deli nostri foro-
sciti erano andate in Agobbio per consultarse insieme e a fare
parlamento, però che là cie stava el Mag: Agamenone deli Arce-
prete, fra li quali cie andò m. Bretoldo deli Oddi e certi altri.
La cagione non se sapea. Per la qual cosa de continuo in questa
città se atende a fare bone guardie per la piazza e per le terre.
E pure di continuo li X delo Arbitrio vanno a sollecitare el le-
gato e li Sig: Priore per fare rebellare e confinare li nostri foro-
scili. Pure se intende che el legato non vole aconsetire de aribel-
larli, ma solo a volerli confinare.

A dì 18 de genaio m. Sinolfo da Castello Lutiere, chierco de
camera, e Camillo Vitello comissari per acordare li foligniate e
spellani tornaro in Perogia, e dissero; qualmente avevon fatto
fare trieva ale sopradette comunità per tempo de 3 mesi con la di-
sditta de 7 dì, e anco dissero el dano grande, quale era stato
fatto da una parte e l’altra e deli morti assai e ferite maxime dei
foligniate, e come erano state portate le teste de l'una e l'altra
parte in-cima dele lancie.

| A dì 18 de genaio tornó in Perogia Averardo da m. Sperello,
el quale se era partito da Perogia pochi di sono. Se disse per
sospetto per non essere amazzato.

A di 19 de génaio venne in Perogia el conte da Pitigliano,
capitano dele gente dei fiorentini, e il Sig: Ranuccio Farnese, li
quali venivono da Roma, e foro onorate e ben viste da questa
comunità, e aloggaro in casa de m. P.° felippo da Corgnie.

A di 20 detto tornó in Perogia el Mag: omo Berardino de

21
318 O. SCALVANTI

Gostantino dei Raniere, el quale se era partito a questi di pas-
sati insieme con Averardo da M. Sperello per suspetione, e tornò
da Schifanoia.

A dì 21 detto fu asigurato el detto Berardino e Averardo dali
baglione, per mezzo del nostro legato e del conte da Pitigliano e
del Sig. Ranuccio Farnese, del comissario del Sig. de fiorenzza,
del comissario del duca de Urbino, e de Camillo Vitelli; e così
ne fo fatto contratto per mano de Ser Antonio de don Cola per
la detta suspetione. E li Baglione promisero de non impedire la
parte del sacco del detto Berardino e Averardo, nè nisuno loro
castello, dove essi avessero interesse del loro stato.

A di 22 ditto li nostri Mag: Sig: Priore e li Magnifici X delo
Arbitrio andaro in palazzo al nostro legato Cardinale de Siena,
pregando Sua Signoria che voglia confinare li nostri forosciti,
onde che esso intendendo la lor proposta respose assai parole
amorevolmente verso questa città. E in efetto disse, che prima
che esso voglia segniare cosa alchuna, volea prima la obedienzza
dela' città, e prima volea che se levasse li fanti fatti per lo stato,
e che esso cie volea mettere 200 fante a sue spese, e vole ancora
che se partano tutti li sbanditi, e che se giura de fare mantenere
ragione e giustitia, e non impedire a essa e che non debbino re-
cettare sbandite. E così fo da tutti li gentilomene delo stato giu-
rato nel messale in mano del legato, e promesso de oservare
quanto de sopra è stato detto. E dopo questo, sua Signioria se-
gniò la suplicatione predetta, e consentì a tutte queste cose infra-
sehrilte, cioié; prima consentì che se facessino li confinate, quali
nominaremo de sotto per tempo de 5 anni. Confirmò che li Priore
se possino fare a saputa, e che se podesse fare el sacco al modo
antico, e che se possano fare li 10 delo Arbitrio per 6 mese e da
quello in poi a beneplacito del Papa, e afermò ogni cosa che fosse
stata fatta.

Li confinati fatti per li Mag: Sig: Priore e dali X delo Ar-
bitrio, confirmati dal legato, son questi; cioié :

Semone de Guido deli Oddi \ Confinate a Tolenti-
Mariotto suo figliolo no overo a Came-
Nicolo e rino a loro ele-

Carlo de Sforzza deli Oddi. tione.

— 9
3

CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 319

Pompeo e Guido e francesco e Pietro ; Confinate al Monte de
Martire de lione deli Oddi. ! S. Maria in Gallo.

Lionello de Agnielo del Miccia deli Oddi con Confinate a
tutti li suoi figli legittimi e bastardi e nepoti. |

Gostantino de felippo de li Oddi e li suoi
figlioli e nepoti legittimi e bastardi e simil- ( Confinate in Poppi
mente Mariotto del Protonotario deli Oddi \ nel Casentino.

Ascole.

e suoi figlioli.

Gualfreduccio, francesco, lodovico e Diomede
de Oddo deli Oddi, Ridolfo de Ridolfo deli Oddi e ) in Ancona.
lorenzo Maria suo figliolo.

Giulio Cesaro deli Armani, in faenzza ; Agamenone de Cesaro
deli Arceprete, in fiorenzza ; Pietro de Oddo e Carlo suo figliolo,
a Riete; Giovannello de Nicolo, con 4 suoi figli, dei Bontempi,
federigo de Nicolo e li suoi figli e Marcantonio dei Bontempi,
Vincentio, Camillo e Pavolo de Agnielo dei Bontempi, a Civita
nova ; lorenzzo de Mariotto del bisochetto con 5 figlioli, a Norscia;
Alexandro de m. Agnielo deli Ubaldi, a... (1), Benedetto de m.
Tanchredo con 2 figlioli, a Norcia. Li quali confinate son fatii
per spatio de 5 anni, e che da lì in su a beneplacito del Papa;
e quando essi non osservassero li lor confini si debbino li lor
bene confiscare ala camera apostolica.

E tutti li predetti confinate e lor confine e altre cose aparte-
nente a lo stato foro praticate, ordinate, e conchluse dali sotto-
schritti Amba :, comissari, quali son questi :

M. Dolce da Spolete Amba: del duca de Urbino, m. Sante
Amba : del Sig: Virgilio Orsino, m. Nicolo da Fiorenzza Amba:
de lorenzzo dei Medici e Camillo de m. Nicolo Vitelli da Castello,
tutti omeni de grande autorità e de nobilissimo sangue, li quali
conchluso che ebbero el detto ordine insieme con el R.° legato e
con li gentilomene delo stato, foro convitate tutti dali Mag: Sig:
Priore, e a essi dato un magnifico e onorevole pasto con molte
oferte, come è solito, dali prefati Sig: Priore. Se alicentiaro: poi,
e ogniuno ale sue case tornò.

A dì 25 de Genaio vene in questa città m. Gasparre biondo,
Chierco de Camera, comissario de certe gente de arme e fanti,

(1) Lacuna del ms.
O. SCALVANTI

quali compartì in Asese, parte in folignie, e parle a Tode. La ca-
gione non se dicea; pure lo stato de questa città ne à preso
qualche sospetto.

A di ditto vene la nova come Gualdo de Catana avea fatto
romore, dove cie erano slate amazzate cerle persone dela parte
Guelfa.

A di ditto in Peroga for comandate 250 fanie cioè per lo con-
tado, 50 per porta, per cautela delo stato.

A dì 27 de Genaio for cavati li Uffitiali a saputa, quali son
questi :

Li offitiali de la guardia, li conservatore, li Massari del co-
muno, el Podestà de Panicale, el Podestà de Castiglione, el: Po-
destà de Marsciano, el Podestà de Segillo, e li uffitiale de parte
Guelfa, el reveditore dela Mostre, el Fancello deli fuochi.

Li offitiale dela guardia son questi, cioiè: Guido de Tiseo da
Corgnie, P. Susane; Carlo de Nicolo de Ulisse, P. Borgnie; Ma-
riotto de Alberto dei Baglione, P. S. P.; Diomede de m. Mateo
francesco Sperello, P. Soli; Orsino de Bonifatio dei Coppoli [per
P. S. AJ; ser Berardino de Ser Gio: Batista lor notaro.

Li conservalori son questi infrascritti: Silvio delo Abate deli
Arceprele, P. S. Agnielo; Piergentile de Camillo de Gelomia, P.
Susane; lacomo de Pietro da Santanea (1), P. S. P.

Li massari del comuno son questi: Giovan Mariotto de mae-
stro Rosato, Mateo de Semone, meser Mariotto dei Boncambie,
maestro consullore de P. S. S.; Ser Rubino de Giapeco lor nota-
rio de P. Borgnie; Bartolomeo de Giovagnie de Davite de P. Bor-
gnie; Podestà de Panicale; Giovagnie de Antonio detto campanile
de P. S. P.; Podestà de Castiglione, Leonardo del Roscietto
de.... (2) Podestà de Marsciano; Salvuccio de francesco de... (3)
de P. Soli, Podestà de Sogello.

Ufitiale dela parte Guelfa: Griffonetto de Griffone dei Ba-
glione, P. S. P.; felippo de Berardino dei Raniere, P. Soli; Ercole
del Gentilomo deli Arceprete, P. S. A.; Ottaviano da Venciolo da

(1) Leggi — Sant Enea —.
(2) Lacuna del ms.
(3) Lacuna del ms,

MM
CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 321

Corgnie, P. Susane; Pierantonio de Cesaro Crespolti, P. borgnie;
m. Marco de Ranaldo Consultore, Ser Antonio de Gio: notario.

Reveditore dele mostre; Giovagnie de Antonello, Ser Giapeco
de Pavolino notaro, lorenzzo de Agnielo, fancello deli fuochi.

A di primo de febraio li nostri Mag: Sig: Priore eli X delo
Arbitrio mandaro la notificatione dele confine ale case deli nostri
foroscili, e una ne fo posta ala porta de S. lorenzzo, e l'altra ala
porta del palazzo del Podestà.

E a di 8 ditto for mandate le notificalione in persona ali nostri
forosciti per li bailie del comuno; cioiè Ciconya, bailio, fo prima
derizzalo a Agamenone deli Arceprete, el quale stava a Casti-
glioncello neli confine del duca de Urbino in quello de Agobbio.
E in efetto quando el detto bailio gionse lì ala stantia sua, e che
fo entrato in casa, el detto Agamenore fece serrare l'uscio dela
detta casa, e poi cacciò mano a uno coltello, e disse a detto Cico-
nya: io te metto doy partite inanzze; o tu volt mangare la detta
cedola, o tu voli che io te amazzi, onde che li convenne de man-
gare la detta cedola over precetto, e poi li fece toglier tutte le altre
cedole che esso avea, quali andavano ali altri, perochè la magior
parte de essi forosciti stavono in Agobbio. In efetto el detto. Ce-
chonia bailio se retornò in Perogia, e riportò ali Mag: Sig: Priore
tutto el sucesso de quanto li era stato fatto da Agamenone, dela
quale cosa se ne fece caso assai.

A di 10 detto se partì m. francesco Casale nostro teseuriero,
el quale era stato in questa città circa anni... (4).

E a dì 12 detto vene el teseuriere novo.

A dì 27 de febraio for publicate li Mag: Sig: Priore a saputa,
e mandò le pallotte el nostro legato Cardinal de Siena, nepote de
Papa Pio, quale palotta la mandò nel palazzo del Podestà. Li
quali son questi infraschritti: ;

P.° Pavolo de m. P.° felippo da Corgnie, capo, Bartolomeo de
Ser Saturno per l'arte dei Banbachari, P. Susane; Valerio de
Piero de felippo, coda, Carlo de Bartolomeo, arte fornari, P. Bor-
gnie; Baglione de Silvio Baglione, canbio; felippo de antonio
Boncambie, arte dela tenta, P. S. P.; Ridolfo de Mateo de Go-

(1) Lacuna del ms.
O. SCALVANTI

stanzzo, arte dela lana; Giapeco de Antonio de Tomasso, arte zoc-
cari, P. Soli; Daniello de Brunello Scotti, arte bovattiere; Silvio
deli Arceprete, arte merciari dela tasca, P. S. A.; Ser Semone
de Giovagnie dela Cieccolina, notaro.

A dì ditto la notte se partiro de Chiusci una parte deli Odde
con certa quantità de fante, e andaro per entrare in Panicale, pe-
rochè ce avevono dentro el trattato, e non le revene el tratto, e
poi se tornaro indrieto vedendo non poder far niente.

A di 3 de Marzzo li detti Oddi la notte andaro a Pacciano per
pigliarlo, peroché ancora li cie avevono el trattato de quelli den-
tro, e lì fo rotto el muro e dentro ce misero certe fante de quello
de Siena, e ne fo capo felippo deli Oddi.

A di 5 ditto Agamennone deli Arceprete piglió Pietra Melina.

A di 6 detto Agamennone pigliò Civitella Benezone.

A di 8 detto Agamenone detto e m. Bretoldo deli Oddi pigliaro
Castiglione delo Abate, e corseno con li fanti sino ala fratta.

Adi detto vene la nova qui come li baglione con molte fante
e con li loro amice erano andate a Paciano a canpo, e in favore
deli detti Baglione cie gionsero certe gente dei fiorentini, cioiè el
Sig: Ranuccio farnese et Camillo Vitelli con fanti e cavalli e il
conte Ranuccio de Marsciano e molti altri.

A dì ditto vene un breve dal Papa al nostro legato, el quale
comandava ali nostri forosciti che debbino andare ai confine sotto
pena de rebellione.

A dì 9 de Marzzo el nostro legato mandò li comandamenti a
tutti li nostri forosciti, che, veduta la presente, debbino avere
sgombrato el contado dela città de Perogia, sotto pena de rebel-
lione; se disse che loro non volsero obedire, e che resposero che
essi volevon tornare a casa loro.

A di ditio vene aviso qui come Berardino de Gostantino dei
Raniere se era partito da Schifanoia, e era andato al Duca de
Urbino, perchè esso avea mandato per lui, e che detto Berardino
ce era andato de volontà del nostro legato e dei baglione.

A dì ditto fo mandato per comissario ala Colomella Monaldo
Boncambie per provedere el campo da farse per andare a Civi-
tella contro li nostri forosciti. A dì ditto se partì de Peroga Pavolo
de m. Nicolo Vitelli per far gente per andare a campo ala Co-
lomella e a Civitella benezone contro li nostri forosciti.


CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 323

A di 10 detto Gismondo de Guido Baglione andò ala Colomella
nel campo bene in ordine contro ali detti forosciti.

A dì dello vene la nova in Peroga come ad Agamennone deli
Arceprete de mano in mano li van fante in suo favore, e de con-
tinuo se fortifica a Civitella benezone e a Pietra Melina, dove che
cie sta m. Brettoldo deli. Oddi, Giulio Cesaro deli Armanni e m.
Agnielo del Miccia deli Oddi.

A dì 11 de Marzzo el canpo dei baglione se levò dala Co-
lomella, e andò a Solfagniano, e ebbero el Castello a patte, benchè
cie sia morto Patugniano de lippo dal Ponte de Pattolo, el quale
ragionava l'acordo del detto castello con quelli del canpo. Lo
amazzò un da Solfagniano, quando stava al parlamento con una
verretta nel petto.

A di detto el predetto canpo dei baglione se disse che avevon
guasto certe molini dela Venthya e certi altri molini apresso Civi-
tella benezone. A di ditto el canpo quale stava a Paciano, a stanza
deli baglione, andò al canpo alla Torre de Beccatequillo, quale
l'avea presa a questi di passate Giulio Cesaro deli Armanni, e
subito la asediaro, e li cie menaro molti guastadori e fachini per
farla scarcare o tagliare, e li cie portaro molta arteglieria.

A di 13 detto ebbero la detta torre a paite; se disse che cie
erano dentro 4 persone, che la tenevono a slanzza deli forosciti.

A di 14 detto li forosciti pigliaro S.» Patrigniano, e li eie
tolsero del molto grano e portarlo via.

A di ditto vene la nova come el Sig: de Matellica era entrato
in Civitella benezone con certi cavalli e fante in aiutorio dei fo-
roscili. |

A di ditto m. Sinolfo comissario del Papa andò a Civitella
benezone per parlare ai forosciti.

A dì 15 detto el detto m. Sinolfo andò a Paciano per parlare
ali forosciti, e confortarli che se debbino partire da Paciano e an-
dare ali lor confine. E essi resposeno, che volevon tempo 5 dì a
respondere, perochè volevono avisare li lor seguace; onde che a
dì 17 ditto detto m. Sinolfo tornò in Perogia, e reportó quanto
era stato resposto dali forosciti. Per la qual cosa de continuo li
X delo Arbitrio vanno in palazzo deli Sig: Priore per dare or-
dine, che si caccieno li detti forosciti dal nostro contado.

A dì ditto Giovan pavolo de Golino deli O:ldi venne nel campo
324 O. SCALVANTI

dei baglione col salvocondotto del detto canpo, e entró in Paciano
per ragionare con quelli dentro l’acordo. La conchlusione che
essi facessero non se disse.

A di 18 ditto m. Sinolfo comissario del Papa se parti di Pe-

rogia, e andó a folignie per ragionare lo acordo tra folignie e

Spello.

A di 20 ditto felippo de Golino deli Oddi e federigho Bon-
tempe andaro a Civitella benezone per parlare a Agamennone e
a Giulio Cesaro.e a li altri seguaci: e così se partiro da Paciano,
e andaro col salvacondutto del canpo dei baglione e del comuno
de Perogia, e parlato che ebbero, subito retornaro a Paciano,
perché li detti forosciti resposeno, che essi non se voglieno par-

‘ tire de. Paciano, e che essi voglieno vedere quello che ne deve

uscire; e cosi conforlaro tutti li lor seguaci, che se tenessero va-
lorosamente da valente omeni.

A dì 21 ditto fo apiccato Baldassare da Paciano in Panicale,
el quale era omo d’arme de Giulio Cesaro deli Armanni, perchè
se disse che avea fatto el trattato a Paciano, quando li Oddi lo
pigliaro.

A dì ditto fo apiccato Nardo de Antonio da Panicale, pure
perchè avea voluto mettere li forosciti in Panicale, e fo apiccato
a una fenestra, dove lui volle mettere li detti usciti. Anco fo apic-
cato Semone de Piero Giotto da S.» Patrigniano, perchè avea
messo Agamenone deli Arcepreti in Patrigniano, e .fece togliere
certe quantità de grano de francesco de Galiotto de Oddo.

A dì 22 de Marzzo el canpo dela città de Perogia, overo deli
baglione, el quale stava ala Panicarola, andò a Paciano, onde che
quelli dentro uscir fora, e fecero una scaramuccia con quelli de fora.

A di ditto vene in Perogia Camillo Vitelli da Castello, el
quale venia del canpo da Paciano, e parló col nostro legato a lon-
gho, e la notte seguente retornò nel campo li fora de Paciano,
peroché li forosciti stavono dentro nel castello. A di 22 detto el
canpo de questa città se partì da Solfagniano, e andò verso l|'A-
sino e fermossi li. |

E a di ditto vene la nova quì come li forosciti se fan forte
a Civitella benezone con animo de volere conbattere.

A di ditto la bonbarda grossa da Cortona venne a Paciano
in aiuto del canpo de questa città per bonbardare Paciano.

” D

CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 325

A dì 24 detto venne la bonbarda de Tode pure per bonbar-
dare Paciano.

A di 25 de Marzzo felippo de Golino e Giuliano de lionello
deli Oddi, la sera de notte venero a monte Murcino, peroché fororo
asigurate dal canpo de questa città; venivon da Paciano, e in lor
cempagnia cie vene el Conte Ranuccio da Marsciano, Camillo Vi-
telli, e la notte erano state in Paciano per ragionare qualche
acordo.

A di 26 detto la mallina a bona ora el nostro legato andò a
monte Murcino, perochè li avea fatte congregare felippo deli Odde
e Giuliano de lionello e alchuni altri forosciti per ragionare lo
acordo; e li cie fece anco venire alchuni deli baglione, cioiè el
Mag. Ridolfo Baglione e m. P.» felippo da Corgnie e m. Vin-
centio de Golino baglioncello da M. Vibiano, e così li fecero aboc-
care insieme, e stettero a parlamento circa 6 ore. E Monsig: tene
de continuo la guardia al Monte, peroché non volea, che li po-
tesse parlare altra persona ali detti forosciti.

E a di ditto, dopo mangare, el predetto felippo de Golino Oddi
e Giuliano de lionello deli Oddi se partiro da Monte Murcino, e
eon essi cie andó Camillo Vitelli. Se disse, che andavono a Civi-
tella benezone per ragionare lo acordo con Agamenone deli Arce-
prete e con Giulio Cesaro deli Armanni e altri lor seguaci, li
quali sono in Civitella.

A di 27 de Marzzo el nostro legato se parli da Perogia, e
andò a Civitella benezone per parlare ali nostri forosciti, e poi se
partì da Civitella, e andò al Ponte de Pattolo con li detti. forosciti
per ragionare lo acordo fra essi e li Baglione; e cosi poi subito
mandó a Perogia per el Mag: Guido Baglione e per m. P.? fe-
lippo da Corgnie e per m. Vincentio de Golino baglioncello. Li
quali andaro pure al Ponte de Pattolo molto bene in ordine, acom-
pagniate da fante, e così fo molto ragionato el detto acordo per
mezzo del delto legato e de Camillo de m. Nicolo Vitelli. A dì
detto tornò a Perogia el nostro legato, e con esso vene Giuliano
de lionello deli Oddi bastardo; e smontato che fo el legato, detto
Giuliano se ne andò via a Paciano, e con lui andò sempre Ca-
millo Vitelli, e non. parlò mai a persona. A dì ditto tornò dal
Ponte de Pattolo el Mag: Ridolfo Baglione con li conpagni suoi,
cioiè lutti venero in compagnia con il legato. A di ditio vene la
=

326 O. SCALVANTI

nova in Perogia come m. Fabritio de Semone deli Oddi era in
folignie, e che avea una bona condutta co’ foligniate.

A dì detto morì Bartolomeo de Ser Saturno, el quale era uno
deli Mag: Sig: Priori cavato a saputa. i

A di 28 de Marzzo el nostro legato la mattina andò in canpo
li da Paciano, per ragionar l' acordo con quelli forosciti, che stanno
in Paciano, e vedere che andassero a confine. El modo non se
sa; pure sua Sig: ce atende con grande solecitudine,

A dì ditto Giulio Cesaro deli Armanni e felippo de Golino deli
Oddi se partì da Civitella benezone per andare a Paciano al nostro
legato, perochè esso avea mandato per loro per ragionare el detto
acordo.

A dì 29 de Marzzo Giovagnie del Gentilomo fo preso e messo
pregione nela rocca dela Bastia dei baglione, e fo preso in que-
sto modo, cioiè: andando a spasso lo Arceprete deli Baglione (1)
a cavallo per la città, e il sopradetto Giovagnie andava pure a
cavallo insieme con lui in compagnia, e quando foro al ponte de
S. Gianne detto Arceprete lo consegniò nele mano de certi suoi
fante, e la notte lo fece menare nela rocca dela Bastia. E stette
la cosa segreta per fino al’ altro dì, onde che quando se seppe la
cosa qui, la brigata molto se ne maravigliava de l'atto. La ca-
gione non se sapea.

A dì 30 ditto vene aviso in questa città dal nostro legato,
come s’ era riauto Paciano per ordene de S. Sig: d'acordo per
ordine de certe promissione fatte ali nostre forosciti. El modo
ancora non è noto.

A dì ultimi del ditto el canpo dela città, quale stava a Pa-
ciano, se partì, e andaro a canpo a Civitella benezone, e fermosse
a Solfagniano, dove che li cie stava l' altro canpo pure dela nostra
città. E a dì ditto retornò in Peroga el nostro legato, el quale
venia da Paciano, perochè lo avea reauto d’acordo dali nostri
foroscili.

A di ditto m. Fabritio deli Oddi fece una certa quantità de
fante in folignie, e andava molto bene acompagniato da foligniate.

A di primo di Aprile lo Arceprete dei Baglione se partì da

(1) Troilo Baglioni, che, come ci ha già narrato il cronista, era stato nominato
arciprete di S. Lorenzo.

IR

ne

mes |
CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 327

PIU POVONA

Perogia, e andò ala Bastia loro, e tornò la mane seguente a

bona ora.

A dì fo preso Alexandro dei Buoncambie, e fo preso sotto (1)
Bagniolo per la via del Ponte de Pattolo. Lo pigliaro certi fanti
deli nostri forosciti, quali lo menaro pregione a Civitella bene-
zone. Se disse che il detto Alexandro andava al Ponle predetto,
el quale facea portare una soma de pescio e confetti per onorare it
Camillo de m. Nicolo Vitelli, perochè dovea venire aloggare lì
con cavalli e fante. Ogni cosa li fo tolto e portato a Civitella bene-
zone, e anco li tolsero 300 fior., quale portava per pagare le gente
deli baglione, che stavono al Ponte de Patto!o. E quelli che lo
pigliaro erano circa 20 fante, li quali non passarono per il ponte,
ma passarono il Tevere sotto la chiusa del molino.

A ai 2 de Aprile m. Sinolfo comissario del Papa andò a Civi-
tella benezone per ragionare l'acordo con li nostri forosciti, e che

se abbino a partire e andare ai confini.

A dì detto el nostro legato fece certe parole de reprensione
con Guido e con Ridolfo Baglione, cioiè li represe per cagione
dela cosa sucessa per la presa de Giovanne del Gentilomo, quale

dispiaque a tutte le persone de Perogia.

i A di 2 ditto se asentò alchuno nostro cettadino per la presa
TOS de Giovane del Gentilomo.

li A di 3 ditto fo fatto un bandimento a 4 tronbe per parte del
pc nostro legato e deli Mag: Sig: Priore e deli X delo Arbitrio:
che qualunque persona se fosse asentata per sospetto de aver par-
lato overo praticato con li nostri foroscili, e non avesse maligniato
contro el presente stato dela città de Perogia, debbia tornare per
tempo de 6 dì; e non tornando infra el detto termine se debbia
tenere per sospetto. A dì detto se parti de questa città el Mag:
Ridolfo dei Baglione. Se disse che andava a Bevagnia per aset-
tare una certa diferentia. A dì detto vene nova quì, come Agha-
menone deli Arceprete e.suoi seguace se trovano in Civitella, e
continovamente se fortificono de gente e de quello bisognia.

A dì 4 de aprile el nostro legato andò a Civitella benezone
E con tulta quella gente, che stava a Paciano, per ragionare lo acordo
/ con Agamenone deli Arceprete e suoi seguace. In efetto, dopo

!

|

(1) La cronaca a stampa ha « Monte Bagnolo ». |
)

|
328 O. SCALVANTI

lungho ragionamento, ditto Agamennone e li altri dettero Civitella
a patti al detto legato; cioiè fecero li capitoli; come a tutti quelli
dentro lì se salvava l’avere e la persona, e che lutto ‘el mobile
deli detti forosciti li si dovesse rendere. E cosi ditto Agamenone
se parli da Civitella benezone, e con lui andò m. Sinolfo comis-
sario del Papa per darglie la possessione de Pietra Melina, sal-
vandoli similmente l’ avere e le persone. E cosi reseno el detto
castello ne le mano del detto legato; e poi detto Agamenone se
ne andò a Agobbio; e tuli li altri forosciti se erano partiti prima.

A dì ditto venne l’aviso come foligniate e spellane avevono
rotta la trieva; cioiè, è proceduta da foligniate, perchè mozzaro
certe vignie e feriro certe spellane. A dì 6 de Aprile se parli da
Solfagniano Camillo e Pavolo de m. Nicolo Vitelli da Castello con
tutto el loro esercito, quale avevon menato in favore dela casa
dei Baglione, e fecero grande demostratione in favore dela detta
casa e sempre de bona voglia.

A di 8 de Aprile el nostro legato ebbe certe parole con li X
delo Arbitrio, perché essi non volevono rendere el mobile ali fo-
rosciti, maxime li denari de Giulio Cesaro deli Armanni, quali
erano deposte al bancho de Ciecco de Salvuccio, perochè li diece
dicevono, che prima volevono che li detti forosciti andassero ali
lor confini.

A di 9 ditto el nostro legato andò a folignie per rasettare le
cose de foligniate e deli spellani. E quando esso partiva, pioveva.
Se disse che non dovea più tornare a Perogia, e che cie dovea
venire un altro legato.

A di ditto el nostro comuno fece deli molti cettadini del no-
stro contado, e.questo lo fecero fare li Baglione per avere denare
dal comuno.

A di 10 de Aprile el nostro comuno mandò Rusteco de Sa-
racino da M. Melino per Amba: ala comunità de Siena, pregando
quella, che voglia discacciare li nostri forosciti del lor contado.

‘A dì 12 detto el nostro Comuno mandò per Amba: Teveruc-
cio de Giulio dei Signorelli al Duca de Urbino, pregando Sua
Signioria, voglia discacciare li nostri forosciti del suo territorio e
contado.

A dì dilto vene in Perogia Camillo Vitelli, e aloggiò in casa
deli baglione, e a di 13 detto se partì, e andò a folignie al nostro

i
TERE

CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 329

legato per ragionare lo acordo fra fuligniate e spellani, onde che
il nostro legato se operò tanto, che refermaro la trieva per tutto
questo mese.

A di 13 ditto Agamenone deli Arceprete se partì da Agobbio,
e andò a folignie a trovare el nostro legato.

A dì 14 ditto fo fatto bando da parte deli Mag: Sig: Priore
e deli X delo Arbitrio dela città de Perogia, che nisuna persona
ardisca de andare de notte con arme nè sensa, e che non se
possa gire la notte sensa lume ala pena de fior. 10 e 4 tratti de
corda.

A di 16 ditto tornó Teveruccio dei Signorelli, quale era an-
dato per Amba: al Duca de Urbino, per descaciare Agamenone e
suoi seguaci dele terre e contado del Duca de Urbino. In efetto
el Duca respose, essere contento che detti forosciti non possano
stare in Agobbio e suo contado, ma che li vole confinare a monte
feltro sotto Urbino.

A dì 20 de Aprile tornò Rusteco del Saracino M. Melino,
quale era stato Amba: a Siena, e la Signìoria de Siena respose,
non volere discacciare li nostri forosciti, ma che farà ch'essi non
possano venire nè stare apresso ali confini dela città de Perogia
a 15 miglia.

A dì 21 ditto el nostro Comuno mandò per Amba: m. Vin-
centio de Golino baglioncello al nostro legato in folignie per ra-
gionare lo acordo de folignie e Spello.

A dì ditto tornò Gismondo de Guido baglione da Solfagniano
con circa 20 cavalli, tutti nostri cettadini, e là avea lassata una
squadretta de balestriere a cavallo, quali erano del Sig: Virginio
Orsini, cioiè in Solfagniano, e il dì seguente cie ritornò.

A dì 22 de Aprile li Sig: Priore e Camorlenghe vensero 20
del nostro contado per nostri cettadini per fare denare per abi-
sognio delo stato, intendendo quelli contadini che pagassero da
fior. 4 in su, e pagano a ragione de fior. 100 per chi paga fior. 5;
e da quello in su pagasse per rata de quello più; con questa in-
tentione, che quelli'che non volessero essere per tutto lo Uffitio de
questo Priorato, non possano essere da poi per li Priori novi da ve-
nire. E foro 35 Camorlenghi che li vensero, e tutte foro fave bian-
che, quali for venti con onoribus et oneribus consuetis, cioiè che
ciaschuno fosse obligato a fare la tazza d’argento e la colatione.
330 O. SCALVANTI

A dì 23 de Aprile Agamenone deli Arceprete andò a fulignie
per parlare al nostro legato Cardinale de Siena, perochè detto
Agamenone avea auto comandamento dal Duca de Urbino de non
potere stare in Agobbio e suo contado.

E a questi dì de continuo se intende, che la comunanzza de
Civitella benezone e del Castello de Castiglioncello fano bonissime
guardie ;-e, per sospetto, non cie lassano endrare dentro persona,
e dicono che tengono detto Castello a stantia del legato de Pero-
gia Cardinale de Siena.

A questi dì del detto, Gentile de felcino deli Armanni se
partì da Perogia per andare a Roma.

A dì 25 detto Agamennone deli Arceprete se partì da folignie,
e andò a Castello. Se disse che smontò a casa deli figli de m.
Nicolo Vitelli, e che li fecero molte carezze, e che sempre anda-
vono insieme detti m. Agamenone e Pavolo Vitelli.

A questi di del detto in Perogia se vive con poca ragione, e,
dapoi che fo la novità nostra, de continuo li spadaccini an segui-
tato ‘de portare le arme publicamente per la città, e li sbandite
vanno per piazza e dove a loro piace. Per la qual cosa la brigata,
che vorria fare bene, sta de mala voglia, maxime spesso se fa
qualche omicidio, e non ci è chi repara a cosa alchuna.

A dì 27 de Aprile andò a folignie per Amba: m. Christofano
de Piermateo al nostro legato.

A di ditto mori Girolamo de Biagiolo, el quale fo ferito a
questi dì passate da lario de Galiotto de Ser lario, da Girolamo
de fabritio Chrispolte e da Severe dela Sabba li a piè dele scale
del palazzo del Podestà.

A di ultimo de Aprile se partirono da Chiusei tutti li Oddi e
Giulio Cesaro. deli Armanni, e andaro a S. Chierco in quel de
Siena, peroché i senesi li fecero fare comandamento, che non po-
lessero stare in Chiusci. A di ditto li foligniate e spellane refer-
maro la trieva sino a mezzo maggio per mezzo del nostro legato
Cardinal de Siena, el quale con gran solecitudine spesso cavalca
da folignie e Spello e per li lor confini; e sta a longho parla-
mento con Ridolfo baglione per vedere se si può fare pace, e
rasettare le dette deferentie.

A di 11 de Maggio la Gostanzza dona del Mag: Agamenone
deli Arceprete se partì da Gobbio, e andò a stare a Castello in-
CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 331

sieme con Agamenone suo marito, lassando il suo figliolo a baila
in Agobbio. A dì 14 detto vene la nova quì come el Conte da
Pitigliano avea comandato per una sua lettera a Campanile, po-
destà de Castiglione del laco, che se dovesse partire da Casti-
glione, perchè el detto Campanile avea el Castello in nome deli
Baglione e deli Oddi, persino a tanto che essi se acordano.

A di 15 detto venero 2 massari da Civitella benezone ali
Mag: Sig: Priori e ali X delo Arbitrio, e venero perché li avea
fatti asigurare el Mag: Girolamo deli Arceprete. E in efetto li
detti Sig: Priore e X delo Arbitrio molto li represero deli loro
errore, de esserse rebellati a questo stato, e de avere receltato
Agamenone e suoi seguace in Civitella. Ultimamente li fo pro-
messo de perdonarli se essi mandavono 8 deli loro per staggi in
Perogia, e che anche debbiano pagare le loro fazzone come prima,
per la qual cosa li detti massari pigliaro tempo, de volere repor-
tare ali omene del Castello, e dissero voler sempre essere servi-
tore dela casa deli Arcepreti, come sempre son state, e non de
altre gentilomene; e per sino in ora non se son mai asegurate de
uscir fora del Castello a lavorare li lor tereni e possessione. E
questo lo facevono per sospetto del Mag: Gismondo de Guido
Baglione, el quale sta ale stantie a Solfagniano con le sue gente
e con bone guardie. Adi 18 detto fo fatta la pace infra foligniate
e spellane per mezzo del Cardinale de Siena, nostro legato, el
quale se operò grandemente con ogni sua diligenzza e solecitudine
e con esso Camillo Vitelli.

A dì 19 de Maggio Civitella benezone, Pietra Melina e Ca-
stiglioncello se intende che fano bone guardie, e non se voglieno
arendere a questa comunità, e stanno in sospetto, e non se fidano
niente de Gismondo baglione, quale sta a Solfagniano con circa
60 cavalli, E detti contadini non lavorano li lor tereni, ma stanno
tutti suspesi e de mala voglia, e dicono volere stare a obedienzza
del cardinale, legato nostro, e domandano, li se oservono le loro
esenlione falte per lo detto cardinale.

A dì 22 ditto el nostro comuno mandò m. Vincentio de Golino:

baglioncello per amba : al nostro legato in folignie, prima per rin-
graliarlo per parte dela nostra comunità dela bona opera dela
pace fatta infra folignate e spellane, l' altra per pregarlo che se
degni de tornare per alchuni dì in Perogia. A dì ditto fo fatta la

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392 O. SCALVANTI

alegrezza per la pace fatta fra folignie e Spello de faloni, sonar
campane. Ai preghi e a conpiacenza del legato fo fatta tale alegrezza.

A questi dì spesso li X delo Arbitrio vanno in palazzo deli
Sig: Priori per ragionare e solecitare li abisogni delo Stato, e
solecitare el pagare del fuocho dela città.

A dì 27 ditto venne in Perogia el governatore novo, cioiè lo
Arcevescovo de Messina bene acompagniato, maxime dali Baglione.

A di 5 de giugnio revene Camillo Vitello da Spello, però che
era stato a ragionare e conchludere lo acordo fra folignie e Spello
insieme con il legato.

A dì 6 detto el predetto Camillo Vitelli se partì, e tornò a
Castello, e li Baglione parte li fecero conpagnia 4 miglia, e parte
de loro andaro sino a Castello, i

A questo dì detto donna Leandra, moglie de Semone deli Oddi
se partì da Perogia. Se disse che andava ali bagni a parlare a
Semone, suo marito.

. A dì 8.de giugno venne ale Tavernelle Iacomo Conte. Se
disse che era soldato de fiorentini, e fo apresentato dal nostro
comuno.

A di 9 detto se dettero le ricolte per li nostre gentilomene;
nela città de Castello le dettero alchuni mercatante de là, ed essi
venero poi in Perogia per essere conservate senza danno dali
nostre mercante de fiorini 4000, per la robba tolta ali Oddi.

A dì ditto se disse che Agamennone deli Arceprete partì da
Castello con la sua moglie, bene acompagniato da cavalli e fanti,
e andò alla Verna in quel del Borgo de San Sepolchro (1).

A dì 12 de giugnio el nostro governatore mandò per tutti
quelli che avevon tolte le robbe dei forosciti, e a tutti delle giu-
ramento, che debbino dire e revelare tutte le robbe tolte ali Oddi
e ali altri forosciti, e asegniò el termine de arendere le dette
robbe, perchè el Papa vole che se rendeno.

A di 13 ditto for fatti li bandi a 4 tronbe 2 volte per parte
del nostro governatore ; che tutti li lavoratore deli Oddi, deli Ar-
ceprete e deli Armanni debbino per tempo de tutto domane con-
parire denanti a Sua Signioria a intendere la sua volontà e in-
tentione sotto pena dela sua desgralia.

(1) L'Atvernia è nel territorio di Arezzo.
CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 333

dd

A dì 15 de giugnio vene la nova qui come el Papa facea
scarcare la Rocca de Sterpeto per ordine de m. Linolfo commis-
sario suo.

A dì 21 ditto Gismondo de Guido Baglione se levò dal ca-
stello de Solfagnano con il resto dele sue gente, quale era stato
li, da poi che Agamenone andò a pigliare Civitella benazone.

A di 22 ditto el Conte da Pitigliano fo fatto Capitano dela
chiesa, e prese il bastone.

A dì ditto el nostro governatore fece retornare d’acordo over
obedienzza dela città tutti li Castelli, che se erano rebellati a essa,
e dissero volere essere boni figlioli de questa Comunità, e dettero
bone ricolte, e a loro fo perdonato per mezzo del predetto gover-
natore.

A dì detto se conventò m. Mariano de m. Baldo de Ser Cola
Bartolini, dove cie foro invitate tutti li gentilomene de questa città,
e fo tenuta una bella cosa. Se disse che a un tempo fa che non
se conventò el più valente giovane, e stimase che sarà un altro
m. Baldo. E a dì 28 ditto fece una bella publica, dove cie foro
tutti li gentilomeni de questa città e altri cettadini ala colatione,
e fo tenuto molto valente e letterato omo.

A dì ditto for publicati li Capitani del contado dala signoria
del nostro governatore nel suo palazzo, per la qual cosa se ne
fece gran renbollito per la città, maxime dali X delo Arbitrio, e
alchuni dicono che li detti X non vogliono, che li ditti capitani
esercitono el loro uffitio, e son questi:

Berardino de Gostantino dei Raniere, P. Soli; felippo de m.
Benedetto Capra, P. S. A.; Bevegnate de P.° Pavolo, P. Susane;
Teveruccio de Guido Signorelli, P. borgnie; Mariano dei Baglione,
be S.P.

Se disse che li diti Capitani erano fatti prima, e che li avea
fatti el cardinate legato da Siena già nostro legato.

A questi dì del ditto Berardino de Gostantino dei Raniere
renunzó el suo capitanalo ali Sig. Priore e ali X delo Arbitrio,
e disse, che ne facessero quello che a lor piacesse, e cosi ne
fece rogare el notario.

A di ultimi de Giugno li Mag. Sig. Priore e li X delo Arbi-
trio pusero le prestanzze ali cettadini, cioié fecero comandamento
TNT STI Ze ER IRZZOI

334 O. SCALVANTI

a questi cettadini infraschritti, che dovessero prestare a questa
comunità certa quantità de denare, cioiè:

Monaldo de Antonio dei Bomcambie, fior. 100

Francesco de Grigorio de Ser Nofrio » 100

felippo de m. Benedetto, capitano . » 300 de moneta pe-
roscina, cioè a bolognini 40 fiorino

Benedetto de Ceriello da Scagniano . » 100

Bevegniate de P. Pavolo, capitano . » 200

A di 2 de luglio se disse, che Monaldo, Benedetto e Fran-
cesco sopradetto anno pagato la sopradetta quantità a parole,
peroché se dubita che per loro abbino dato il nome, e che sia
una cosa falta a mano.

A di 5 detto se disse, che Bevegnate predetto avea renun-
zalo el suo capilanato, e pagó fior. 200 per la prestanzza.

A dì 3 de luglio felippo de m. Benedetto fo retenuto in palazzo
deli Sig. Priori, perché non volea pagare li fior. 300 de prestanzza,
e fo messo pregione nel palazzo del Podestà.

A di 7 de luglio retornó in Perogia Nicolo de m. Gregorio,
el quale se ne fuggi quando se ne fuggiro li Oddi, e era stato a
Antogniolla, e subito che giorfse andò a visitare li baglione, cioiè
quando vene andò a smontare a casa de Guido e Ridolfo dei
Baglione.

A di 9 detto el mag: Guido e Ridolfo Baglione andaro a vi-
sitare el sig. Virgilio Orsino, el quale era venuto in quello de
Tode con circa 10 squadre de cavalli. Se disse, che era partito
dal soldo dei fiorentini, e andava a Bracciano.

A questi dì del detto m. Mariano de m. Baldo Bartolini fo
vento per consultore ne l’arte dei calzolari, dove era stato prima
m. Baldo suo padre, e m. Baldo in quel ponto fo vento nela
mercantia.

A dì 11 ditto el Sig. Virgilio partì de quel de Tode, e andò
verso Bracciano, e li mag. Guido e Ridolfo dei Baglione tornaro
quì in Perogia.

A di ditto for poste le prestanzze a 4 altri nostri cettadini, cioiè :

Betto dela Gratiosa, P. borgnie, fior. 200

Agnielo de Ser Venturino, » 150
Berardino de Piergiovagne, » 100
Menecone de Anton de Cola, » 150

mora” ca
CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 395

"I

E tutti son retenuti nel palazzo deli Sig. Priore, e dicono,
che non hanno comodità de poler pagare; pure non se chrede,
e besognia che pagano, perché lo stato vole cosi.

A di 22 ditio vene in Perogia un Amba: dei fiorentini, el
quale andava al Papa e al re de Napoli, e aloggó a l'osteria de
Fruoseno; e a dì 23 ditto andò a visitare li nostri Sig: Priore, e
lo acompagniaro assai nostri gentilomene e cettadini.

A dì ditto la nostra comunità li fece apresentare biada, cera,
confetti e polli.

A dì 24 ditto se partì e andò verso Roma.

A di 2 de Agosto vene in Perogia la Mag: dona, moglie del
Sig. Mauritio fratello del Papa Inocentio, e quando vene li andaro
incontro tutte le donne dei baglione, e smontò in casa del Teseu-
riere.

A dì 3 ditto la detta madona andò in casa de Griffonetto dei
Baglione, e li fo fatta una bella colatione, e assai balli e suoni se
fecero.

A dì 4 detto la detta madona fo apresentata dal nostro co-
muno, e a dì 5 ditto se partì da Perogia, e li fo fatta bella scorta
dali baglione giovene.

A dì 9 detto el nostro governatore mandò le cedole a tutte
le donne dei foresciti, che vadano a mostrare le lor date per
tempo de 3 dì.

A dì 18 detto, cioiè la notte passata, foro in questa città 2 car-
dinale, el cardinale Orsino et il Cardi: de S. Giorgio, quali venero
sconosciutamente, e parlaro a longho con Ridolfo baglione, e la
mattina se partiro per tempo.

A di ditto el Cardinale de S. P.° in Vincola, cioiè la notte
passata, passò lì a Deruta con circa 70 cavalli.

A dì 18 de Agosto Ridolfo baglione andò a parlare al conte.

da Pitigliano, el quale era venuto in quello de Tode con pochi
chavalli, e venia da Roma, perchè era capitano dela chiesa. Se dice
che il detto conte lì fe gran carezze, e che fecero gran parlamento
insieme de segreto, e poi se partiro de lì insieme, e poi el detto
conte andò a S. Gismondo a una certa badia, che era del Priore
de Roma, per parlare al Cardinal San Giorgio e al Cardi : Orsino;
e poi el detto conte andò a Tode, e Ridolfo dei baglione se revene
a Deruta.
O. SCALVANTI

A dì ditto fo tolto el cavallo a m. Mateo francesco, quando
el mandava a beverare; se disse che l’avea fatto togliere Giovan
pavolo de Ridolfo baglione. La causa non se sa.

A dì 18 ditto se partì m. Christofano de P.° Mateo, quale an-
dò per Amba: a fiorenzza per abisognio delo stato.

A dì 19 detto el Conte de Piligliano, Capitano dela Chiesa fece
ardere Gualdo de Catania e sachegiare, e anco cie fece amazzare
cerle persone, e alchuni li fece menare pregione in Tode.

A dì 23 ditto la notte fo messo foco in casa dei figlio!i de
Galiotto de lello dei baglione, e non se sapea chi fosse stato. E
a dì 24 ditto fo fatto el bandimento; che qualunque persona reve-
lasse chi fosse stato avesse fior. 100 (1).

A dì 25 detto venero certe breve, uno al governatore e l’altro
ali Sig: Priore. Se dice che contengano in esse, come el Papa
comanda, che per tempo de 6 dì se debbia rendere la robba, el
mobile e lo stabile cioiè per tempo de tutto questo presente mese;
ali nostri forosciti . : : ; i È ì 3 :

s : : 3 à : : i ; ; : (2);

A dì ultimo detto foro tratti li Mag: Sig: Priore a saputa, li
li quali son questi, cioiè:

Felippo de braccio baglione, capo; francesco de Agnielo de
Tono, P. Soli; francesco de Baldassare de Petrino, fiorenzzo de...
Calzolaio, P. S. A.; Teseo da Corgnie, lodovico Bacialla, P. Su-
sane; Agnielo de m. Baldo Periglie, Giordano de Baldassarre, P.
Borgnie; Antonio de Valariano, el Brunello de Batista, P. S. P.;
Ser Bartolomeo de Ser Ruberto, notaro.

A di ditto el Conte de Pitigliano, Capitano dela Chiesa, andó a
canpo a un castello chiamato Giove, con circa 10 squadre de ca-
valli e 200 fante.

A di 24 de 7bre vene la nova come m. Antonio de Giliotto
deli Acerbi era morto in Roma, el quale era segretario del Papa,
e era repulato omo (3). Se disse che mori adi 22 detto, e che la
fameglia del Papa fece grande corotto e onore al corpo suo.

(1) La cronaca a stampa ha anche queste parole — « e pagare de conte » —
ossia pagare senza indugio alcuno. :
(2) Lacuna del ms.

(3) In significato di uomo di conto.

"secre


CRONACA PERUGINA IN£DITA, ECC. 337

A dì 24 de 8bre li Sig: Priore e Camorlenghi avevon venli
a questi dì passati, che tutti li catrasti de questa città e del con-
tado se debbino arfare de nuovo e reliverare (1) e stimare tutti
li tereni con tutti li vocaboli.

A di ultimo de 8bre fo fatto el bando a 4 tronbe per parte
del governatore e deli Sig: Priore e deli X delo Arbitrio; che
nisuna persona ardischa de portare arme alchuna tanto de defen-
dere, quanto de ofendere, tanto de di, quanto de notte, sotto pena
di fior. 6 e 6 tratte de corda; e questo se fece per la poca ragione
che se tenea, e li spadaccini vano per la città de continuo facendo
soperchiaria ora a questo e ora a quello altro.

A di ditto fo fatto un altro bando a 4 tronbe per parte deli
Sig: Priore e deli X delo Arbitrio, qualmente se era determinato,
che se refacessero li catrasti, onde che se notifica ad ogni per-
sona, che fosse rechiesta da loro, li prestassero obedienzza a que-
sto bisognio, li quali son deputati sopra de ciò, nolificando che a
questi dì anderano fori li mesuralori.

A dì ditto for tratti e publicati li Sig: Priori fatti a saputa,
quali son questi:

Gerolamo de Cesaro deli Arceprete, Agnielo de Serpiero de
Tancio, P. S. A.; Alfano de Diamante deli Alfani, felippo de An-
tonio Ciencie, P. Susane; Lattino de m. Nicola barigiani, Ranaldo
de francesco de m. Giapeco, P. Borgnie; Monte de Gniagnione,
Vestro de Cieccarino, P. S. P.; Antonio de Mateo de Rugiere,
francesco de mastro Stefano, detto dela Misericordia, P. Soli; Ser
Ruberto de Ser Nicola notaro, P. S. A.

A di 7 de 9bre andaro fore li mesuratore per remesurare tutti
li tereni del nostro contado.

A di 22 detto vene aviso qui, come era slato uciso a Cortona
Carlo de Giovane del Cepolla dei Baglione da certe cortonesi; e
la notte fo recato el corpo suo qui, e fo sepollo in S. francesco.

A di 5 de Xbre el nobile omo Giovanpavolo de Ridolfo dei
Baglione fece una adunanzza nela chiesa de S. Berardino, dove
che li se radunaro tutti li giovani de P. Susane. E in efetto Gio.

(1) Reliverare per allibrare nuovamente. È questa una notizia importantis-
sima per comprendere le mutazioni avvenute nei Libri catastali, che si trovano
nell'Arch. della Comun. di Perugia.
338 O. SCALVANTI

Pavolo li pregó che facessero la compagnia, perché lui vole me-
nare donna, onde che tutti resposeno del si e de bona voglia, e
così, auta la resposta, se revene in piazza, e quelli de P. Susane
fecero detta compagnia.

A di 6 detto Simonetto de Ridolfo Baglione fece una adu-
nanzza in S. Domenico, dove cie andaro tutti li gioveni de P. S. P.;
e detto Semonetto rechiese de voler fare la compagnia per ono-
rare Gio. Pavolo suo fratello, peroché volea menar donna, e li
detti gioveni tutti resposeno de bona voglia.

A di 7 detto el Mag: Guido Baglione fece fare una adunanzza
de tutta la porta de Borgnie in S. Maria dei Servi, e li propose,
e pregó li omeni dela Porta, che li piacesse de fare la compagnia
per onorare Giovanpavolo detto, quando menerà donna, e tutti
resposeno de farlo volentiere.

A di 21 de Xbre se partì lo Arcevescovo de Messina nostro
governatore, molto in fretta. Se disse che el Papa avea mandato
per lui. La cagione non se sapea. Li fece compagnia Guido Ba-
gliorie per sino a S. Gostanzzo.

A di 22 detto foro bandite tutte le dunanzze de Consoli, audi-
tore e Camorlenghi, che il di seguente tulli se debbino trovare
ale loro audienzze deputate, e questo fo fatto perchè la ragione
non se conoscie, e ogni di se amazza e robba, e guai a chi mancho
cie puoi! e non se atende se non a dare conditione ali spadaccini
e omicidiale.

A di 23 detto for fatte le dette dunanzze generale da tutti li
Camorlenghi ali lor lochi deputati, onde che per la Signioria dei
Camorlenghi fo proposto, che conciosiacosa che quando se andaro
con Dio li nostri forosciti pigliaro la rocca e il Castello de Casti-
glion Chiusino, cie andó el campo de questa comunità per ordine
del Mag: Ridolfo Baglione; e in efetto el Conte da Pitigliano cie
se trovò e fo fatto l' acordo con questi capitoli: che tutte le robbe,
che foro tolle overo robbate ali delli forosciti, se debbino resti-
tuire e rendere a essi, e che fra questo mezzo la detta rocca la
dovesse tenere el detto Conte da Pitigliano, e che, renduta la
della rocca, el ditto Conte dovesse rendere la delta rocca ala nostra
Comunità de Perogia; onde che per questo s'é auto più volte
comandamento da‘ parte del Papa, che la robba mobile e stabile
tutta se debbia rendere ali detti forosciti. E pure a questi dì pas-
CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 339

sati el detto conte ebbe un breve dal Papa; che quando fosse stata
renduta la robba ali forosciti, esso dovesse rendere la detta rocca
ala comunità de Perogia, per la qual cosa questa comunità mandò
Ghiberto de Bartolomeo de Mascio al detto Conte de Pitigliano.
Et esso respose, avere auto un altro breve dal Papa, che esso
sopresedesse per sino a tanto che Sua Santità li darà altro aviso,
e veduto questo, li Camorlenghi propusero, che saria bene de

-schrivere a S. Santità, che li piaccia de fare restituire la detta

rocca a questa comunità; e così fo resposto e conchluso, che se
dovesse schrivere, a ciò questa povera città se reposi, perochè a
dì per dì se amazza e feriscie questo e quell’ altro, e se fa ogni
male e non se conoscie più ragione.

A dì ultimo de Xbre for publicati li Mag: Sig: Priore novi a
saputa, e son questi:

Batiste de Ranaldo da M. Melino, capo, lodovico de Ser
Ambrogio de arte Calzolai, P. Borgnie; Berardo de Vico de Baldo,
coda, Bartolomeo de Mariano, P. S. P.; Mariotto de Costantino
de Vico de Baldo, canbio, Mariotto de francesco detto del Sotio,

.P. Soli; Agnielo de lorenzzo banbacaio, felcino de Galiazzo, arte

Calzolai, P. S. Agnieli; Antonio del Peruscino, detto Antonio
Pulito, Berardino de Bocco, calzolaio, P. Susane; Ser Berardino
de m. Gio. Batiste.

E foro ancor publicati li Sig: Camorlenghi a saputa.

1490 — A di 7 de Genaio retornò el nostro Reverendissimo
governatore da Roma. S

A dì 10 de Genaio entrò el Podestà novo, chiamato m. Al-
berto dei Maghalotti da Orvieto.

A questi dì de continuo se amazza e ferisce questo e quello
altro, e atendese a robbare e a vivere male, e la ragione poco se
conoscie, onde che per li cettadini che voglieno ben vivere se sta
de mala voglia.

A di 13 de febraio fo fatto bando a 4 tronbe per parte deli
Sig: Priore e deli X delo Arbitrio, che ogni persona ponesse giù
l'arine, e che ron sia persona alchuna che ardisca nè presuma
de portare arme de veruna sorte, tanto da difendere quanto da
ofendere, tanto de di quanto de notte, sotto pena de libre 25 e 2
tratte de corda da aplicarse, la metà ala nostra comunità e l'al-
tra metà ali exegutori, e che el di seguente la fameglia deli Priore

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Ree Ie Li.

TE

340 O. SCALVANTI

saria andata ala cerca. Tamen la brigata, vedendo el vivere tanto
cattivo, non anno fede che la città se raselli. /fem, se fece bando,
che qualunque persona tanto cettadino quanto contadino, ali quali
fosse stato mesurato el suo tereno dali mesuratore, debbia aver
pagato soldi 16, cioié ciaschuno per lo suo tereno; e, non pagando
nel detto tempo concesso, debbia pagare el doppio. E questo se
paga per la sua libera novamente a farse.

A di 14 delto fo fatto novo bando per parte deli Mag: Sig:
Priore e deli X delo Arbitrio e deli Gentilomene del presente stato;
che nisuna persona de qualunque condilione se fosse, che ardisca
de portare arme né de di né de notte ala pena de libre 20 e 2
tratte de corda, da aplicarse la metà dela detta pena ala comu-
nità e l’altra metà ali esegutori.

A di ditto el cavaliere del Podestà andò ala cerca per l’arme,
e con esso cie andò la fameglia deli Sig: Priori, e l'arme fo co-
munemente posta giù (1). E perfino a dì ditto non se sono fatte
mascari per el Carnovale, ma vanno li giovene per la città con el
viso ‘scoperto bugliando le melarancie ale done ale fenestre (2).

A dì 21 detto se levò el romore per la città la sera al tardo,
de modo che ogni persona prese l'arme, perochè dicevono che li
forosciti volevon tornare in Perogia, e cosi tutta la notte se stette
armati, e facevase gran guardie per tutta la città. Per la qual
cosa li X delo Arbitrio vanno spesso al conseglio nel palazzo deli
Sig: Priore, benché poco conferiscano con essi, e pare che poco
se fidano; e lo stato dimostra stare con gran sospeliune.

A di 23 del detto ale 5 ore de notte Camillo e Pavolo Vitelli
vennero in Perogia alo inproviso con assai cavalli e fante, quale
erano lor gente; de modo che ogni persona se ne maravigliava,
considerando essere gran sospello: e smontaro a casa deli Ba-
glione, e le lor gente aloggaro al Ponte S. Gianne

A dì 24 de febraio vene l’aviso quì come Pavolo Orsino era
venuto ala Magione (3), e andò con molti cavalli e fanti, e con
esso cie andò Camillo e Pavolo Vitelli, che parlarono un gran

(1) La cronaca a stampa aggiunge — « Che Dio sia pregato che abi a durare » —.
(2) Giustamente il Bonaini nella cronaca a stampa nota, che questo giuoco do-
veva farsi specialmente dai giovani dello Studio.

(3) Qui la cronaca a stampa ha una lacuna per lacerazione di una metà del
foglio.

separa A trum
an ene Aaa
cn!

CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 9341

pezzo con el ditto Pavolo Ursino, e poi se partiro, e andaro a
Agello a aloggare con la lor compagnia. E Guido a di ditto tornò
a Perogia, e lassó li Camillo e Pavolo Vitelli e venne de notte
per un cattivo tempo.

A di 24 detto li X delo Arbitrio mandaro per alchuni cetta-
dini, e voglieno che prestano denari alo stato, siché noi sliamo
male, se dio non cie aiuta (1).

Adi detto li Baglione alicentiaro alchuni fanti forostieri, ben-
chè ancora stanno in sospetto, e ogni notte per ordine se fanno
le guardie. E la rocca, overo el Cassero de S. Agnielo, pure se
guarda e tiene per il Papa, e non se voglieno rendere alo Stato.
Se dice che son ben fornite de artigliaria e de vitovaria; e non
cie lassano entrare nisuno.

A dì 26 detto foro apresentate dal nostro comuno el Sig. Pa-
volo Orsini in la Magione, el Mag: Camillo e Pavolo Vitelli in
Agello de confetti, polli e pane, cera.

A dì 27 ditto la mattina per tempo andaro questi nostri gen-
tilomene a Chrociano, dove avevono ordinato de fare un parla-
mento (2) segreto con il Sig: Pavolo Urbino, quale al presente
stava ala Magione, e col Mag: Camillo e Pavolo Vitelli, quali
erano allogati a Agello. E così tutti a di ditto debbino trovarse a
Chrociano. Li quali nostri gentilomeni son questi: Guido e Ri-
dolfo Baglione, Girolamo deli Arceprete, Cherubino deli Armanni,
m. Pierfelippo da Corgnie, m. Vincentio de Golino baglioncello,
el conte Agnielo, Ridolfino dei Signorelli; onde che a di ditto fe-
cero el dello parlamento segreto in Chrociano nela chiesa de S.
Maria. La qualità del parlamento al presente ncn se sa (3).

A di ultimo de febraio foro publicati li Mag: Sig: Priore novi
a sapula, quali son questi, cioié:

Ridolfo de Nere da M. Sperello, francesco de barso, P. Soli ;
Agnielo di Tito, Ibo de... (4) lanaio, P. S. A.; Nicolo de Sciro,
Agnielo de Antonio de Mateo, P. Susane; Mateo de Sere, Ma-
riano de Bernardo de Golino, P. Borgnie; Pietro pavolo de Mas-

(1) A questo punto cessa la lacuna della cronaca a stampa.

(2) Altra lacuna della cronaca a stampa per lacerazione di una metà del foglio.
(3) Cessa la lacuna della cronaca a stampa.

(4) Lacuna del ms.

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O e de
—— P À

3492 O. SCALVANTI

solo, sartore, Agnielo de Partegiano, P. S. P.°; Ser Ruberto de
Arcolano del frolliere de P. Soli.

A di 4 de marzzo vene in questa città un comissario dei fio-
rentini (1), el quale se disse, che era sopre le gente de arme dei
fiorentine. Aloggò (2) a S. Marco.

A dì 5 ditto venero a Perogia 200 fante vel circa dale terre
dei baglione (3). Se disse che parle ne tornarono inderieto a casa
loro e parte ne remasero quì in Perogia. La cagione de la lor
venuta non se sapea.

E a questi di de continno li X delo Arbetrio vano a fare con-
seglio nel palazzo deli Sig: Priore; e neli lor consigli non cie
vano li Sig: Priore, anzi se partono dala loro audienzza e dale
lor camore, perché vedano che li delli X non se fidano; e quasi
a tutte l'ore li detti X stano in casa deli Baglione, e quando li
delli Baglione escono de casa, sempre li fanno coda insieme con
altri gentilomeni, e cettadini e menano inanze bone guardie (4).

A di 6 detto vene in Perogia un altro Comissa: dei fioren-
tini; chiamato P.° felippo Pandolfini (5), e in sua compagnia cie
vene el Sig: Pavolo Ursini e Camillo e Pavolo Vilelli. Se disse
che andava a Roma, e smontó in casa de federigo dei Baglione,
e li se fece incontro Ridolfo Baglione con molti altri cettadini. A
di 7 el predetto Amba: la mattina per tempo andó a visitare el
nostro governatore e li Mag: Sig: Priore.

A di ditto el nostro comuno fece apresentare el detto Amba:
de biada, polli, cera e confetti. A dì 8 ditto se partì el detto Amba :
de fiorenzza, quale andava a Roma al Papa per interesse dela
nostra città.

A dì 9 de marzzo fo fatto el Priore delo Spedale dela Miseri-
cordia, chiamato fra Giapeco de l’ordine de S. Agustino, ed ebbe 182

(1) Sforza Bettini, che ebbe molte ambascerie dalla repubblica di Firenze.

(2) La cronaca a stampa ha anche le seguenti parole — « Lì allo arbergo » —.

(3) Nella cronaca a stampa si incontrano le seguenti parole, che mancano nel
nostro esemplare — « ... tutti bene in ordine: intraro per Fonte Nuovo, et anda-
rono a casa deli Baglioni » —.

(4) Grande era divenuto il potere dei X dello Arbitrio, per modo da sover-
chiare l'autorità- degli stessi Priori delle arti. Il passo del cronista ci rivela poi,
che i X erano ormai dipendenti dai Baglioni, e in loro nome governavano lo stato.
(5) Pier Filippo di Giannozzo Pandolfini.
E

om

CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 343

fave bianche; li visitatore for questi, cioiè: Girolamo Priore de S.
Severe e il Priore de S. M. deli Angioli deli fossi (1). Li laici son
quelli, che erano prima, perchè non avevono anco fornito lo uffitio
loro. Li visitatori son questi, cioié: Amico de Pavolo dei Gra-
tiani, Cesaro Chrespolti e Christiano de Benignate.

A di detto el Sig. Pavolo Ursino se partì con tutte le sue
gente, perché stava ale stantie nele ville del Castello de Antivo,
e tornò in quello de fiorenzza ale loro stanzze.

A di ditto se parti Camillo e Pavolo Vitelli, quale erano alog-
gale con le lor gente a Agello, e retornaro pure ale loro stantie
deputate in quello de fiorenzza. A ditto Ridolfo Baglione andò a
parlare al conte da Pitigliano.

A dì 23 de Marzzo vene l’aviso quì, come Semone deli Oddi
se era partito da Pienzza de quel Siena, e era andato a Roma.

A dì ditto venne un breve dal Papa al nostro governatore,
nel quale contiene, che esso debba comandare a tutti li forosciti
dela città de Perogia, che debbino andare ali lor soliti confini,
quali a loro più tempo fa per el legato nostro passato Car: de
Siena li for consegniate; e anche comandava, che se debbino cac-
ciare tutti li spadaccini e quelli che non voglieno ben vivere, pe-
rochè de continuo vano publicamente per la piazza con le spade
nude. E ognie dì vano soperchiando (2) ora questo ora quell’al-
tro. Et a dì detto el nostro governatore mandò per li X delo
Arbetrio e per molli altri cettadini. In efetto li propose el tenore
del breve, e come el Papa à comandato, che esso facesse notifi-
care ali forosciti de questa città, che andassero ali lor deputate
confine a beneplacito de S. Santità; e quando essi non obedissero
intra termine de 15 di, dopo la notificatione, se intendono essere
rebelli de S. Chiesa, e li lor biene confiscate ala Camera aposto-
lica. Jtem, che per quele e pace dela città de Perogia se debbino
scacciare tutti li spadaccini; e perchè la Santità de nostro Si-
gniore avea auto notitia, che in Perogia se vivia mollo scorretta-
mente, e chi amazza e chi feriscce, e praticano per piazza o dove

(1) La cronaca a stampa non ha la parole — « de li fossi» —.
(2) Nella cronaca a stampa, il Polidori nota, che l’ esemplare della Comunale
ha là voce — superando — che deve essere intesa per — soverchiando —. Il nostro

esemplare ha invece quest' ultima parola.
944 O. SCALVANTI

a lor pare, e li contadini che voglieno fare omecidio vengano e)
più delle volte in questa città ad amazzare; onde che, intesa la
proposta et il tenore del breve, tutti quelli che se trovoro li pre-
sente dissero, essere ben fatto maxime de mantenere la ragione
e la giuslitia.

A dì 25 detto el nostro governatore mandò 4 cavali ali no-
stri forosciti, ali quali comandava per parte del Papa, che per
tempo de 15 dì, dopo la presente notificatione, debbino essere an-
date ali lor confini, altramente se intendono essere rebelli de S.
Chiesa, e li lor bene confiscate ala camera apostolica.

A dì ditto vene in Perogia el comissario dei fiorentini, e con
esso Camillo Vitello. Se disse, che venieno da Castello, e veni-
vono molto in furia per un tempo assai strano; e il lor venire e
la cagione non se sapea.

A dì 27 ditto tornaro li cavalari, quali andaro a portare Je

.cedule dela notificatione deli confini a una parte deli Oddi, quale

stavono a Chiusci. Se disse che non avevon voluto acettare li con-
fini, e fecero assai parole con li detti cavalari, de modo che du-
bitaro, che non li facessero amazzare per la via, e venero con
grandissimo sospetto.

A di 28 del detto se parti Camillo Vitello de Perogia per un
cativo tempo. E a di detto se partì el Comissario dei fiorentini, e
tornò verso Fiorenzza.

E a dì 29 detto el Duca de Urbino se partì da Gobbio per un
cattivo tempo con parechie .cavalli e fante, e andò verso Roma;
non se sa la cagione (1). E a dì ditto andò con lui Berardino de

Raniere e Gostantino suo figliolo e Averardo da Monte Sperello

e Gio: orso, suo figliolo.

A di 2 de Aprile fo rotta la prigione del canpo dela bataglia
la notte, e fuggiro via tutti li pregione, che cie erano dentro. Se
disse, che fo rotta per ‘ordene de Aurelio de mastro Semone, pe-

(1) È probabile, nota il Polidori nella cronaca a stampa, che il Duca di Urbino
partisse da Gubbio a causa della nascita di Francesco Maria della Rovere, suo ni-
pote, che nacque appunto nel 25 marzo 1490, e che doveva succedergli nel dominio
di Urbino. Ma la-cronaca sotto la data del 21 aprile narra, che il duca di Urbino
tornò da Roma; dunque egli parti da Gubbio, non a causa della nascita di France-
sco Maria, ma per recarsi a Roma dal papa Innoeenzo VIII.
CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 345

rochè cie era un suo fameglio, quale lo fece pigliare Lodovico da
Caravaggio, figliol bastardo de Ridolfo baglione.

A dì detto fo preso detto Eurelio in S. Fiorenzzo da certe
fante, e fo menato nel palazzo dei Sig. Priore. Se disse, che l'a-.
vevono falto pigliare li X delo Arbitrio per cagione dela detta pre-
gione.

A di 3 ditto fo fatto el bando a 4 tronbe per parte del nostro
governatore e deli Mag: Sig: Priore e deli X delo Arbitrio; che
ognie persona dovesse por giü l'arme sotto pena de fior. 5 e doj
tratte de corda.

— A dì 5 ditto vene l’aviso, che li nostri forosciti stavono a
Chiusci, e anno auto comandamento dala comunità de Siena, che
se debbino partire da Chiusci, e che non possano stare apresso
ali confini de Perogia a 15 miglia. Se dice, che persino a ora se
son partiti quasi tutti, e sono andate più dentro verso Siena.

A dì ditto fo fatto bando un’altra volta per parte del nostro,
governatore e deli Mag: Sig: Priore e deli X delo Arbitrio; che
ogni persona, cettadino o contadino, debba poner giù l'arme sotto
pena de 25 libre e doj tratte de corda, e stare un mese pregione.
Item che non se possa andare de notte sotto la detta pena por-
tando arme. Et così la fameglia del Podestà insieme con 4 fame-
glie deli Sig: Priore vanno a la cerca per la città, e fo posta giù
l'arme.

A di ditto la mattina a bona ora se partiro la magior parte
deli fante, che stavono in Perogia, e se fermaro a S. M. deli An-
gioli de Asese, e lì de continuo cie ne giungevono più; e lì con
essi ce era el Mag: Ridolfo Baglione, e non se sa que efelto se
abbino a fare.

A dì 6 de Aprile se partì el Conte Agnielo del Conte Iacomo
armato de tutta arme, con el cavallo bardato, e andò verso el P.
S. Gianne. Se dice che iva a trovare li detti fanti.

A dì 8 detto retornaro in Perogia tutti li caporali dei detti
fanti, con tutti quelli fanti, che si erano partiti; e anco tornò el
conte Agnielo. Se disse che non li era tornato el lor desegnio.

A dì 12 detto el Mag. omo Agamenone deli Arceprete se parti
da Castello, e andò a Agobbio; e a di detto se partì da Gobbio, e
andó verso Roma ale confine a lui concesse per el Papa, e lassó
‘la Gostanzza sua moglie insieme con m. Nicolo Vitelli.

ut

Diritto
CEDE TT
346 O. SCALVANTI

A dì 21 ditto vene aviso, che el Duca de Urbino era partito
da Roma, e tornava ale sue terre. Se disse che il Papa li fece
assai carezze

A dì 22 detto tornò el Mag. Berardino dei Raniere, el quale
era venuto da Roma col duca de Urbino, e andò con lui in A-
gobbio.

A di 29 detto se parli de questa città el mag. Ridolfo dei Ba-
glione per andare a Roma con parechie cavalle e fante. Se disse
che era partito a ponto de strologia, e andò con lui Giovanpavolo
suo figlio (1).

A dì ditto for publicate li Mag: Sig: Priore novi a sapula, e
for questi: Pietro de Baldassare Coglie, capo, Giuliano de Go-
Slanzzo, detto mazzetta, P. S. P.; Silvio de Cinello dei Cinelli,
Luttiere de Pietro pavolo, P. Soli; Galiotto de Oddo, lodovico de
Anzelino, P. S. A.; Giovanbatista de Ser Martino, Pietropaolo de
Mateo Gulielmo de Vico, P. Susane; Berardino de Giapeco, Vin-
centio de Giovagnie, P. Borgnie; Ser Mateo de Coradini lor no-
laro de P. S. P.»

A di 4 de maggio fo fatto el bando per parte del governatore
e deli Sig. Priore e deli X delo Arbetrio, che non se portasse
arme.

A di ditto fo fatto un altro bando; che nisuna persona ardi-
sca de dare impedimento alchuno a nisuno offitiale sotto pena de
9 tratti de corda e dela pena, che se contiene neli nostri statuti.

A quesli di de continuo li X delo Arbetrio stano in palazzo
deli Sig. Priore, e fanno conseglie; e quando voglieno ragionare
cose segrete, dan licenzza ali Sig. Priore, che vadano per el pa-
lazzo, e essi remangano nele lor camore perfino, che anno spedito
quello che anno a fare.

A di 12 de maggio fo apeso Stefano da Preggio, el quale
avea amazzato molte omene. Lo apiccaro ale fenestre del palazzo
del bargello.

A di 18 fo riauta la rocca de Castiglione Chiusino per la comu-
nità. Se disse, che se reebbe per ordine de Ridolfo Baglione; (2)

(1) Secondo il Crispolti, Rodolfo Baglioni si recò a Roma con 25 cavalli, a isti-
gazione del commissario -fiorentino, per rendere obbedienza al papa, sotto la parola
e con la guarentigia di Lorenzo dei Medici.

(2) Il Crispolti scrive, che la rocca, per ordine del Papa, doveva essere conse-

SCA
. " -

CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 941

Pi

e a dì 19 del detto fo fatta la alegrezza de falone, sonar canpane
per delta rocca.

A di 3 de giugnio dona Gostanzza, moglie del Mag. Aga-
menone deli Arceprete, se partì da Castello, e andò a Gobbio con
tutte le sue robbe.

A dì 7 ditto vene lo aviso, come Agamenone deli Arceprete e
Iulio Cesaro deli Armanni e m. Bretoldo deli Oddi eron fuggiti
de Roma. i

A di 13 detto fo smurata una pietra dela parete, over facciata
del palazzo deli Sig. Priore denanzze verso piazza, dove se pe-
gnieva l'arme del Papa, nela qual pietra cie son scritte queste
lettere infraschritte (1).

Carolus imperator, perusini status amator,
Has gratias dono egit, quas lapis ista tegit.

E dentro nelo dello muro stava una cassetta de pionbo, nela
quale cie erano le bolle del lacho e del Chiusci col pendente d'oro,
el quale oro l'ebbe Guido Baglione; e anco cie erano molte altre
bolle e patente (2), e queste le fecero smurare li Sig: Priore e li
X delo Arbetrio per ordine deli Baglione per vedere certe bolle
e schritture, e il dì seguente cie. fo remessa la detta cassetta e
remurata la detta pietra.

A di 14 delto el nostro comuno mandó un bello e onorato
presente al Mag. lorenzzo dei Medici ala Zeppa de Valiano,
quando esso tornava dali bagni de S. felippo in quel de Siena.

A di 15 ditto el nostro comuno mandó uno Amba: al detto
lorenzzo. Cie andò m. Vincentio baglioncello Vibiano. La causa
non se disse.

A di ditto Taviano (3) de Guido Baglione andò a la Zeppa de
Valiano a parlare al detto lorenzzo de Cosmo Medici.

A di 21 de Giugnio tornò da Roma el Mag: Ridolfo baglione,

gnata a Roberto Tei per il comune di Perugia; ma l’ ebbe invece Rodolfo Baglioni,
per l'autorità di Lorenzo il Magnifico.

(1) La pietra colla iscrizione esiste anc'oggi, ma non si trova nella parete volta
verso la piazza, bensi sulla porta, che guarda il Corso.

(2 Erano le bolle concesse da Carlo IV imperatore a Pisa, sulle istanze del
celebre giureconsulto Bartolo. Una di esse riguardava il nostro Ateneo.

(3) Taviano per Ottaviano.
O. SCALVANTI

el quale era andato per Amba: del nostro comuno al Papa (1).
Se disse, che avea auta una grata audienzza, e anco otenuto molte
gratie dal Papa, tra le quale cavò Pietro de felice, quale stava
pregione in Castel S. Agnielo, e menollo con lui in Perogia, e
menò la dona de Giovanpavolo suo figliolo, e lassolla a Graffi-
gniano, e tornò qui dello Giovanpavolo con Ridolfo ditto suo pa-
dre. Se disse, che non se era ancora adunato (2), e che presto
dovea menare la moglie in questa città.

A di detto tornò Pietro de felice deli Arceprete da Roma, el
quale era stato pregione 37 mesi in Castel S. Agnielo. Se disse
che pagava duc. 500 de carline, cioiè a ragione da carline 10 per
duc. e fo sua ricolta (3) Bacciolo fumagiolo.

A di 26 de giugnio retornò in. Perogia Averardo da Monte
Sperello, el quale era stato assai tempo, che non avea voluto tor-
nare, perchè avea sospelione, e come fo gionto qui, andò a par-
lare con el Mag: Guido e Ridolfo Baglione.

A di 28 dello vene un breve dal Papa al nostro governatore,
el quale comandava, che dovesse publicare li Sig : Priore fatti per
sua Santità. E a di ditto for publicate dal nostro governatore nel
suo palazzo in questo modo; cioié, mandó per loro, e quelli che
cie erano, aceltarono, e son questi:

Rusteco de Saracino, capo, Gentile de francesco, P. Borgnie;
Vincentio de m. Pietro, Bartolomeo de francesco del broglia, P. S. P.;
francesco de Nicolo de Tomasso, Bartolomeo de Nicolo de Ser

(1) Intorno a questa ambasceria, Innocenzo VIII scrisse ai Priori una lettera,
che si custodisce nell’Archivio della Comunale di Perugia.

(3) Secondo il Polidori, uno degli annotatori della cronaca a stampa, adunarsi
vale come il congredi dei latini. Per questo matrimonio di Giovanpaolo Baglioni
vedi la cronaca sotto il dì 30 luglio dell'anno presente. La moglie di Giovanpaolo,
di nome Ippolita, era figlia di Giacomo di Conti nobile romano.

(3) Il Fabretti nella cronaca a stampa annota, che la parole ricotta qui, più
chiaramente che altrove, è usata per sicurtà. Però é da osservare, che ricolta, nel
suo proprio significato, denota chi raccoglie o ritira, e mentre in questo passo della
cronaca potrebbe essere stata adoperata quella parola nel senso, che Bacciolo Fu-
magiolo si obbligava a ritirare da Pietro degli Arcipreti i 500 ducati per versarli
nella cassa del Comune o a pagare detta somma per lui, non si saprebbe applicarla
ai casi, non infrequenti, in cui la ricotta si dava non per il pagamento di danari,
ma per l'adempimento di altre condizioni imposte al fuoruscito. Vuol dire, che la
parola ricolta, usata in senso proprio per malleveria di una somma, passò poi a si-
gnificare genericamente, guarentigia per ogni obbligazione.
Ere

is

Seco

CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 349

Nofrio, P. Soli; Luca de Ser Nicolo, Inocentio de felice deli Ar-
ceprete, P. S. Agnielo; Bartolomeo de Antonio del Ciardolino,
Piergentile de Bartolomeo, P. Susane; Ser Mariano de Petruccio
notario.

A dì 29 ditto for publicate li Camorlenghi novi fatti a saputa
per lo stato, quali son questi:

Berardo de Lamberto da Corgnie primo consolo, Tiseo de m.
Baldo de Ser Cola, Tarquinio de felippo Perinelli, Brunono de
Antogniuccio, Carlo de lorenzo de... (1), francesco de Salvuccio
auditore de Canbio, Antonio de m. Baldo, fiorenzzo de Ciancione,
Giovanpavolo de Mariotto de Ricciere, Carlo de m. Agnielo da
Passigniano, Cristofano de Domeneco, felice de Nanne detto Co-
tozzo, Pierlione de Biordo deli Oddi, Bartolino de Vico Spetiale,
Barnabeo de Barnabeo detto il Tato (2), felippo de Valentino detto
el Monachia, Marco de Antonio, Giovan Batista de Antonio fuma-
giolo, Giovagnie de Ranaldo, ferrazzo de Mariotto dei ferrazzuoli,
Guglielmo de Nicolo barbiere, lorenzzo de Giapeco Roscio, Gen-
tile de Sulpitio, Nicolo de Bartolomeo detto el Paino (3), Vincen-
tio de Giovan Poltrone, Mideo de Carlo de m. Bobio, Marsilio de
Alegrino Alegrini, Mateo Nicola dei Coppoli, Piergentile de Bar-
tolomeo de Puccio, Antonio da Casalina, Giapeco de Nicola de
fracassa, Ruberto de Agnielo, Guido de Ser Tadeo, Pio de P.°
Pavolo tronbetta, Pier Giovagnie de Piergiovagnie, Semone dela
Paciola, Golino de m. Giapeco, Roberto de Mariotto, Ruberto del
Boccio, Antonio de Rugiere, Mariotto de Ciecco, felice de Bene-
detto, Galiotto de Nicolo, Giovagnie de Ser Grigorio, Christofano
de P.° Pavolo, Pietro de Semone, Buonacorso de felice, Martino
del fattore. | i

A dì 6 de luglio se repose el fuoco nuovo in questo modo,
cioiè: li Mag: Sig: Priore andaro nel palazzo del Podestà, e
sedero al banco, e fecero proponere dal collaterale del Podestà, e
fo letto el breve mandato dal Papa, quale dicea, che parea a S.

(1) Lacuna del manoscritto. La cronaca a stampa ha le parole — « primo au-
ditore » —.

(2) Evidentemente questa parola nel linguaggio perugino, come in altri dia-
letti, significa fanciullo.

(3) Paino nel linguaggio perugino, come si ha da altri documenti, ha il signi»
ficato di giovine galante. Tal voce però è comune anche in Roma e in Toscana.

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LE 350 O. SCALVANTI

Sanlità, che. se dovesse reponere el delto fuoco. In efetto consi-
glió Gostaniino de m. Andrea detto Lurcio, cartolaio de P. Bor-
gnie; e disse, in nome del popolo: che se dovesse fare uno scien-
ticho del comuno, quale fo fatto alora, a ciò non se impedisse el
refare del detto fuoco. E fecero seientico Ser Antonio de Don
Nicola al presente notaro deli X delo Arbitrio, e cosi fo reposto
el detto fuoco con li ordeni, che comanda el nostro statuto, e fo

. sonata la campana del comuno e bandito el conseglio, come se
rechiede.

A di X de luglio venero 2 breve dal Papa al nostro gover-
nalore. Uno contenea, che qualunque persona dovesse avere al-
chuna cosa dali nostri forosciti lo facesse salisfare e pagare de
tutti li debeti loro; l'altro breve contenea che esso governatore

avesse autorità de potere rebandire tutti li condennati dela vita e
in pecunia de ogni malefitio, comesso da doj anni in là, Aabiía
pace (1), segniando la suplicatione per quel tanto che pareva al
detto nostro governatore e al Teseuriero.

À di 11 detto fo fatto comandamento a tutti li lavoratore deli
nostri forosciti per parte del nostro governatore e deli Mag: Sig:
Priore e deli X delo Arbitrio; che non dovessero rendere nisuno

frutto deli lor bene sotto pena de 200 duc., e andaro a fare detto
comandamento li tronbetti del palazzo deli Sig: Priore.

A di 18 de luglio for fatte le dunanzze per fare ragionamenti
per fare la conpagnia dele porte, per quando menarà moglie Gio-
vanpavolo. de Ridolfo Baglione, e per porta S. Pietro fo fatta la
adunanzza in S. Arcolano, per P. Susane in S. M. dei Servi; e
così tutte le altre porte nele lor chiese, e tutti fero li. uffitiali, e
per P. S. P. pagano fior. 3 per omo per li offiliale inanzze tratto.

A di 19 ditto fo fatto el bando per parte del nostro governa-
lore e deli Sig: Priore e deli X delo Arbitrio: che qualunque con-
denato dela vita o in pecunia, che volesse rebandirsi, avendo la
pace, vada al detto Governatore con la suplicatione, e sarà reban-
dito. E questo se intenda per quelli condenati prima dela novità.

A di ditto fo fatto bando, che nisuna persona ardisca de por-

(') Come abbiamo: visto in molte altre parti della nostra cronaca, il ribandi-
mento di un condannato, per lo più, non poteva decretarsi, se egli non aveva otte-
nuto la pace dalla parte offesa.
CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 351

tare arme de nisuna sorte, nè di né nolle, sotto pena de libre 25
e doi tratte de corda, e stare un mese pregione. E a di ditto fo
fatto el bando, che tutti li condenati dala novità deli Oddi in quà
se debbino partire dala città in termine de 3 dì ; e quelli de prima
debbino cercare pace o trieva per asettare el bando loro. E così
fo dato principio a tenere ragione. E la casa deli Baglione dice-
vono pubblicamente, che se debbia mutare vivere, e che non se
abbia a seguitare el mal fare, perchè è stato troppo (1).

A di 22 detto fo mandato uno Amba: ala comunità de fiorenzza.
Cie andó m. Vincentio (2) da M. Biano con 7 cavalli. La cagione
non se sapea. Pure li X delo Arbitrio li dettero li ponti, e li
Sig. Priore non seppero niente (3). E a di ditto tornó el detto
Amba: da fiorenzza. Se disse che cie era andato per interesso
delo stato, e molto fo onorato dai fiorentini.

A di 30 ditto fo bandito per parte deli Sig. Priore, che el
Palio, ehe se dovea correre per ogniesante per onorare la comu-
nità, è stato ordinato, che se debbi giostrare a dì 22 de Agosto,
e sarà de prezzo de fior. 55 con questi capitoli, cioiè: che sia
leceto giostrare detto palio ad ogni celtadino perugino e a ognie
homo d’arme foresliere e non ad altre persone. i

A dì 80 se fece la dunanza per P. S. A. in S. Agustino, e
fo proposto per li gentilomene dela porta, come erano state re-
chieste dali Baglione, che' le volesse fare la compagnia una con
le altre porte, quando menerà moglie Giovanpavolo de Ridolfo
Baglione, che sarà a di 25 de agosto (4). In efetto per li detti omene
dela porta fo resposto, che essi se remettevono nele mano dela
casa deli Arceprete e deli Armanni, e che loro facessero eletione
deli omene, secondo che a lor pare.

A dì ultimo luglio foro apiccate 3 da Fermo, quale avevono
amazzato uno al P. S. Gianne. Se disse, che erano state 5 fra-

(1) La cronaca a stampa ha le seguenti parole — « perchè è stato tanto el mal
vivere, che è troppo-» —.

(3) Vincenzo de Golino, come reca la cronaca a stampa.

(3)L'ambasceria ebbe luogo in seguito ad alcune lettere di Lorenzo dei
Medici e della Signoria, colle quali si richiamavano i perugini a vita più ordinata
e. tranquilla.

(4) Vedi per l'ingresso in Perugia della moglie di Giovanpaolo Baglioni la pre-
sente cronaca alla data del 21 dicembre del 1491.
352 O. SCALVANTI

telli, cioè 3 carnali e 2 consobrini; 3 ne foro apiccate, e 2 fug-
girono; uno fo apiccalo al cantone del palazzo del Podestà e 2
al P. S. Gianne. Se disse che l'avevono amazzato per una certa
nemicilia, che avevon fra loro.

A di 10 de agosto vene l'aviso in questa città de Tode dal
figlio del conte da Pitigliano, come el Papa era morto, per la
qual eosa tutta la notte se fecero bone guardie per la città ; e a
di 11 ditto vene l'aviso che il Papa era vivo, onde che tutta la
brigata stava suspesa.

E per questa cagione li X delo Arbitrio mandaro per il ca-
slelano dela roeca de S. Agnielo, e si lo relenero nel palazzo deli
Sig. Priore, peroché lo stato dei Baglione revolea la possessione
dela detta rocca, ma non la poddero riavere; e il di seguente el
lassaro andare, perché vene la nova chiara, che il Papa era vivo.

A di 16 detto vene in Perogia un Comissa : de fiorentini chia-
mato m. Nicolo, e aloggó alo albergo de S. Marco. Se disse che
venia per interesso delo stato dei Baglione. A di 17 andó a visi-
tare li Sig. Priore, e per lui cie andó tutla la fameglia del pa-
lazzo, e lì espose la sua ambasciata, e poi subito andò a visitare
el nostro governatore (1).

A di 21 de agosto el ncstro comuno e li X delo Arbitrio, per
ordine delo stato dei Baglione, mandaro per molti massari deli
nostri castelli per voler li staggi deli detti castelli per loro sicurtà.

A di 27 detto fo riauto liberamente Castiglioncello de lo Ab-
bate, el quale era stato sempre rebello, dapoi che se partiro li
nostri forosciti; cioiè se aresero a patte al nostro comuno, dela
quale impresa ne fo comissa: Ghiberto de Bartolomeo... (2), e
forcie prese 14 pregione, quali pregione a dì 28 ditto foro menate
quì.

A dì ultimo detto for pubblicate li Mag: Sig: Priore a sa-
puta, e fo mandata la pallotta dal nostro governatore, li quali son
questi :

(1) Forse questa ambasceria si collega col fatto del pagamento di alcuni de-
biti, che il Comune perugino avevà verso i Medici. Perciò, come vedremo fra poco,
furono poste le prestanze a carico dei cittadini di Perugia. (Cfr. la presente Cro-
naca Sotto la data del 18 settembre di questo anno).

(2) Lacuna del ms.
^

CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 988

Teveruccio de... (1) dei Signiorelli, capo, Pierantonio da Scar-
latino, P. Borgnie; Giberto de Bartolomeo de... (2) canbio, lo-
renzzo de lana, P. S. P.°; Giapeco de lodovico cavaceppe, coda,
Tomaso de Ulisse, P. Soli; Arcolano de Ser Guasparre, Martino
del fattore, P. S. A.; Antonio detto Pennacchio, el Mancinello de
Ser Bartolo, P. Susane; Ser Agnielo del conte, notario de P.
Borgnie.

A di 1 de 7bre el nostro comuno e li X delo Arbitrio man-
daro un comissario a fare scarcare Castiglionello delo Abate per
comissione delo stato dei Baglione. Cie andó Mateo Nicola dei
Coppoli, e menó parecchie fante de questa città, e assai cie ne
andaro dele terre dei Baglione; e Camillo Vitelli cie andó con 40
cavalli.

A di 2 detto vene certa nova, che li forosciti erano andate
per socorrere Castiglioncello, e non fo vero. Per la qual cosa cie
andó Mareantonio de Guido Baglione e Girolamo deli Arceprete,
e solecitaro lo scarcare.

E a dì 4 detto tornò detto Marcantonio dei Baglione e Giro-
lamo deli Arceprete e tutti li fante, perochè avevono scarcato tutto
el castello. Se disse che fo scarcato, perchè li suoi contadini non
avevono voluto obedire alo stalo.

A dì detto for poste le prestanzze ad alchuno cettadino (3)
ricco e ad alchuno cettadino rusticale, e alchuno fo messo pre-
gione, perchè dicevono de. non poter pagare. E questo fo falto
per ordine delo stato dei Baglione.

A di 6 detto for trovate per piazza molte boletine, quali di-
cevono: moreno li tirani, che cie dano cotanto afanni.

A di 18 detto alchuni de quelli contadini, che li fo posta la
prestanzza, pagaro la loro inposta molto de mala voglia ; la quale
fo imposta secondo la possibilità de le persone ; e li fo detto, che
sarieno state refatti dal comuno col tempo. Se dice che questi
denari se acattano per renderli a Lorenzzo dei Medici.

A di 23 dello morì Ser Cola Bartolini, el quale era tenuto,

(1) Lacuna del ms.

(2) Lacuna del ms.

(3) La cronaca a stampa reca la parola contadino, ma a me sembra, che debba
intendersi — cittadino — perché gli abitanti del contado sono indicati dal cronista
colle parole — cittadini rusticali —.
354 O. SCALVANTI

che fosse uno deli primi e più valenti omeni de Italia in legge.
E molti celtadini se condolevono dela morte sua, dicendo essere
gran danno ala nostra città. Era omo vechio, e stette pochi di ama-
lato, e li fo fatto grande onore. Fo portato dali dottore sotto al
baldachino e dali scolari, e fo sepelito in S. Maria dei Servi.

A quesli di foro rotte molte boteghe dali ladri; le rompevano
con li tenevelli la notte, per la qual cosa la magior parte dele
persone, quelli che anno le botteghe in piazza, ve stano a dormire
per sospelto deli detti ladri dai tenevelli. ;

A questi di de 8bre la casa dei Baglione de continuo fanno
venire fantj assai dal nostro contado e balestriere assai. La ca-
gione non se dice, pure se presume che se faccia a cautela delo
stato, perchè se dice che el Papa sta molto male (1).

A dì 23 detto fo ociso de una balestra nel petto Berardino de
Semone. de Michiluccio setaiolo de P. S. A. in questo modo, cioiè:
li figlioli de m. Baldo de m. Agnielo Perigli ataccaro una certa
brigha lì in piè dela piazza con li figli de Valerio de Piero de
felippo Tei, onde che detto Berardino uscì dela bottega per vedere
la detta brigha, e fo deserrata una balestra per trare al figliolo
de m. Baldo, e colse el ditto Berardino.

A dì 25 detto el Collegio dei Cardinali fecero alecentiare tutti
li soldati che stavono nel nostro contado perugino, perchè il Papa
stava male. -

A dì 29 de 9bre fo preso Mariotto bastaio de P. Susane, el
quale avea rotte molte botteghe con li tenevelli (2). E a dì 11 de
decembre ditto Mariotto fo apicato lì in capo dela piaggia del
campo.

A di 20 ditto se partì de Perogia la figliola de Ridolfo Ba-
glione moglie de Camillo Vitelli, e tornò a Castello, quale era
slata qui circa 2 mesi.

A dì 21 ditto for publicati li Mag. Sig. Priori novi a saputa,
e son quesli:

Orsino de Bonifatio dei Coppoli, capo, Agnielo de fantozze,

(1) Queste voci, che si erano sparse in Italia circa la morte di Innocenzo VIII,
derivavano dal fatto, che il papa, di gracile costituzione, fu angustiato da lunghe
infermità.

(2) Tenevello nel dialetto umbro-sabino signifca trivello.
CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 355

P

calzolaio; P. S. A.; Ascanio de Severe deli Alfani, Carlo de m.
Agnielo de Passigniano, P. Susane; francesco de Pietro dei Ran-
doli, Ciancio de Pietro dela Goha, P. Borgnie; Mariotto de Golino
detto del Cancia, Baldassare de Ser Pietro, spetiale, P. S. P.0;
Giovagnie de Benedetto delto del Pagliola, banbacare, P.? antonio
de masseria detto el lavorante de P. Soli; Ser Andrea dela Verde
lor notaro de P. S. A.

Li camorlenghi novi son questi:

M. Mateo francesco de... (1) P.° console, Pellino de Pavolo
de lodovico, console fabritio de m. Tindaro, Cornelio de... (2)
Randoli, console, Carlo de Cinaglia, Pier Mateo Cavaceppi au-
ditore i È : ; : : : à : : (0);

A dì 24 de Xbre foro aperte le porte de S. lorenzzo, quale
erano state serrate per sospetto, e cie stavono sempre fante, come
se intorno avessero lo asedio.

Nel predetto anno el grano al più valse s. 30 in 35 la mina,
l'orso s. 20 e 22, la spella s. 14 e 15, l'olio l. 4 e 4!/, el me-
zolino, el vino l. 7 la soma.

1491 — A di 11 de genaio fo ferito el Vescovo de Casciano
li presso a S. Maria dei Servi denante a casa de Rusteco dei
Saracini da M. Melino; el quale vescovo era mascherato. Lo feri
Cesaro de Giapecho de Tomasso de Teio con certi suoi amici, e
andó ferito in casa de Guido Baglione. La cagione se disse, che
fo per un benefitio, che detto Vescovo avea otenuto dal Papa, pe-
roché era parente de S. Santità, el quale benefitio fo de uno zeio
del detto Cesaro. E a di 13 ditto mori el detto Vescovo de Ca-
sciano, parente del Papa, nela casa de Guido Baglione.

E a di 14 detto fo scarcata una parte dela detta casa del
dello Cesaro per la morte del detto Vescovo.

E a di ditto fo portato el corpo de detto Vescovo in S. lo-
renzzo a una ora de nolle con molte facole; e fo levato il corpo
de S. Silvestro.

A di 15 ditto fo fatto uno onorato ossequio per el detto Ve-

(1) Lacuna del ms.
(2) Lacuna del ms.
(3) Lacuna del ms.
URIIZNPO UTEIDCPHEiICIEW LI DETTI Pi ap ans

356 O. SCALVANTI

seovo de Casciano in questo modo; cioiè, prima fo levato el corpo
de S. lorenzzo e portato in S. Maria dei Servi, e per dolente (1)
cie andaro la Signioria delo Arceprete (2) Marcantonio de Guido
Baglione e Giovanpavolo de Ridolfo Baglione vestiti tutti de nero,
i rettori dela Sapienzza vechia e nova, el capellano del Vescovo e
8 suoi familiari de casa, el nostro governatore, el nostro Vescovo,
el nostro teseuriero, e tutti li gentilomene de Perogia. E el corpo
lo portaro li dottori sotto al baldachino, e intorno tutti li torchi
de questa città; e anco cie foro li nostri Mag: Sig: Priori, Con-
soli e auditori, e inanzze andavono tutt li studenti e scolari. In
efetto fo una cosa molto onorata, e poi cie fo fatto un bel sermone
in sua lode in S. Maria dei Servi.

A questi dì de genaio uscì de pregione Giovagnie del genti-
lomo deli Arceprete, quale stava nela rocca de Asese.

A dì 28 de Marzzo fo preso per sospetto Alexandro de m.
Agnielo Baldeschi, detto Alexandro Cavo. Fo preso a S. Maria
deli Angioli, e anco cie fo ferito. Se disse che lo fece pigliare
Marcantonio de Guido Baglione, e in questa città lo menó pre-
gione el cavaliere del Podestà per mezzo dela piazza, e poi lo
mise in pregione nel palazzo del Podestà.

A di ditto anco for presi per sospetto delo stato dei Baglione
Berardino dei Bontempi, Giapeco Antonio de fustino, e Mariotto
detto el Savello, barbiere de P. S. A.

A dì ditto vene in Peroga el Sig: Pavolo Orsini, e smontò a
casa dei Baglione, e poi andò a visitare el nostro governatore e
li Sig. Priore. Se disse che venia dala Magione. E a dì dilto se
partì, e andò ala Magione, al quale fece compagnia Ridolfo dei
Baglione con molti cavalli.

A di 9 de Aprile morì el nostro vescovo de Perogia, chia-
mato m. Dionige da Cortona (3), quale era tenuto bona persona,
e molto renchreve la morte sua al popolo de Perogia. La tenuta

(1) Dolente, per dolenti, vuol denotare le persone, che accompagnavano un
mortorio.

(2) Troilo Baglioni.

(3) Dionigi Vannucci, succeduto nel vescovato a suo zio Jacopo, quando fu
trasferito all’episcopato di Nicea.
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CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 307

del vescovato e deli suoi benefiti la pigliaro li Baglione, e al corpo
suo fo falto molto onore, e fo sepolto in S. lorenzzo (1).

A dì 19 ditto fo fatto Vescovo de Perogia m. Girolamo Bar- »
bano da lucca, quale al presente é segretario del Papa.

A di 24 de Aprile for publicati li Sig: Priore novi a saputa,
e son questi:

Lorenzo Maria de m. Baldassare deli Armanni, capo, Anto-
nio de Agnielo de Meo, P. S. A.; fabritio de m. Tindaro (2),
coda, luecido del Caccia, P. Susane; Nicolo de P.° pavolo de Male
Spirito, Nicolo de Bartolomeo, detto el Paino, P. Borgnie; P.°
Nicolo de francesco de lucarello, P.» dela Bella mastro da legniame,
P. S. P.; Vincentio de Nicolo, detto dela Casandra, Bevegniate
de... (3) orfo,' P. Soli; Ser fioravante de Ser Piero de Tancio,
nolaro de P. S. A.

A di 8 de Maggio vene a Perogia un comissario de fiorenzza
per stare alchuni di. :

A di 15 ditto, perchè se dicea che molta brigata facea el trat-
tato contro lo stato dei Baglione, molti cettadini de Perogia andaro
a casa deli Baglioni delli a domandare misericordia: che per
avere essi inleso, che per la città se parlava del trattato, e non
lo avevono revelato ali Baglione e a tutti quelli che cie andaro a
domandare perdono, fo perdonato (4).

A di 17 detto la notte fo fatta una grande guardia, ala quale
cie fo in persona Ridolfo Baglione con tutti li suoi figlioli e nepoti
e Girolamo de li Arceprete e Cherubino deli Armanni e la Cor-
gnia e molti altri. gentilomeni, quali tutti conpariro con li loro
amici in ordine, e la mattina tutti se adunaro in piè dela piazza,
e lì fecero un bataglione, e poi se ne andaro in P. S. A. e poi
in P. S. P. e poi tornaro per P. Borgnie, e andaro in P. Susane,
e poi lornaro e passaro denanzze a casa deli Oddi, e venero per

(1) Il Crispolti narra, che, a causa della morte del vescovo Dionigi Vannucci,
sorse disputa tra Guido e Ridolfo Baglioni; perché il primo voleva il vescovado per
il figlio Gentile, chierico di camera, e Ridolfo desiderava cotal carica per il figlio
Troilo, che, come sappiamo, era arciprete della Cattedrale.

(2) La cronaca a stampa ha le seguenti parole « secondo mercante ».

(3) Lacuna del ms. i

(4) Intorno a questa congiura scrive il Crispolti nelle sue Storie.
358 O. SCALVANTI

la maestà dela Volta, e rentrarono in piazza, sempre in ordinanzza,
e poi se fermaro lì in piè dela piazza; e tutti quelli che erano a
cavallo cursero tutti ad una squadra insieme da capo a piè la
piazza, e così ciaschuno se tornò a casa con li suoi amici. E fo
tenuta una superba cosa a vedere, perchè fo una grande armata
a piede e a cavallo, e tutti bene armate come si avessero a com-
battere. Se dice che fecero questo per suspetto deli forosciti e del
trattato.

A dì 18 de Maggio se fecero grandissime guardie per la città,
e de continuo se fano el dì e la notte. Se stima che cie sieno
più de 6000 fante forostiere, senza quelli dela città, e non se
apreno botteghe, e de continuo ciascuno sta armato, per la qual
cosa la brigata sta de mala voglia, maxime vedendo el gran peri-
colo, nel quale erano state per el trattato, quale era ordinato. Se
dice che cie erano un gran numero de persone a far detto trat-
Lalo.

A di 19 ditto tutta la notte se stette in arme, e anco il di,
perché se dicea che li forosciti erano a folignie con molta gente
de arme.

A dì 21 ditto vene in Perogia Camillo Vitello, e smontò a:

casa deli Baglione. Se disse che venia da Castiglion del laco,
dove stava ale stantie.

A dì 22 dilto fo fatta la mostra per tutte le porte de questa
città per ordine de Ridolfo Baglione, e tutte erano molto bene
armate a piede e a cavallo, e tutti andarono in piazza, e poi anda-
rono nel frontone de P. S. P., e lì se miseno in bataglia, squadra
per squadra, come se avessero a conbattere con li nemici. E poi
se ne vennero in piazza in ordinanzza, e poi andaro in P. Susane,
e andarono per la strada vechia, e tornaro in piazza, e lì se fer-
maro circa una ora, e nela detta mostra non se armaro nisuno
deli amici de Berardino de Raniere. E fo una bella mostra de
circa 2000 persone, e poi ciaschuno tornò a casa sua.

A di 30 ditto fo preso Ser Golino de Mateo de Mantigniana
per comissione delo stato dei Baglione. La cagione non se sapea,
e subito ebbe la corda dal Bargello del Popolo.

A di ullimo detto a ore 13 in martedì fo tagliata la testa a
Giapeco Antonio de fustino spitiale de P. S. P. e a Berardino de
Bartolomeo de Buontempo, lì in capo dela piazza, perchè avevono
CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 359

»

ordinato el trattato per remettere li usciti in questa città, e for
lassali stare cosi morti per fino a mezzo di, e poi for portati a
S. Domenico solamente con li omene dela fraternita.

A di 6 de giugnio in lunedi a mattina rientraro parte deli
noslri forosciti in Perogia per la porta dele voltole in P. S. A.,
cioié: m. fabritio de Semone deli Odde, m. Brettoldo de lione deli
Oddi e Gostantino dello el Toso de Berardino dei Raniere e Ru-
berto dela leva... (1), li quali se erano partiti da Agobbio con
circa 150 fante venuti la detta notte, e, entrate che forono, sub-
beto sene andarono nel Monte de Porta Soli, dove che lì cie
amazzaro Troilo da Bevagnia, el quale era capitano dela piazza,
che stava ala guardia del detto Monte, e anco cie amazzaro Mar-
cello da Roma, conestabele de fante con .molti altri fante, che
stavono ala guardia del detto Monte, e subito che ebbero preso
el detto Monte, m. Piermateo deli Oddi subeto andò in P. S. A.
gridando: chiesa chiesa, evviva el popolo, solecitando molto la
brigata, che andasse su; ma ciaschuno stava in casa sua, e nun
se movea persona, dicendo: que gente sete voj?, e esso dicea
essere numero assai, e che era gionto el socorso ale porte, e de
continuo venivono. Pure le brigate se stavono a casa loro, e non
se movea nisuno. Dal'altra parte m. Fabritio e m. Brettoldo su-
bito andaro in casa de Girolamo de Cesaro deli Arceprete, quale
lo trovaro in letto. E dissero: con chi vole tu essere? e Girolamo
respose: voglio essere con voi; e presto se levò del letto, e ve-
slissi, e fecese armare, e disse: io voglio andare a trovare li
amici miei, e an molte dì che ve ò aspettato, e voglio che noi a-
mazziamo questi tiranni traditore deli Baglione. E uscì per l'u-
scio derieto a casa sua, e menò seco lione de Giulio de Malavolta
de P. S. A., e andò verso la porta de frate Raniere, e voltò verso
P. Soli, e andò a trovare li Baglione, Guido e Ridolfo, che erano
cursi in camiscia lì in piè dela piazza, però che avevon sentito el
romore, non sapendo que cosa fosse, maxime che essi non sta-
vono più in sospetto, per avere presi quelli che scopriro el trattato.
In efetto subito che li Baglione viddero el detto Girolamo lo abrac-
ciorono facendoli molte carezze, e molto li chrebbe lo animo. E

(1) Lacuna del ms.

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360 O. SCALVANTI

subito deliberaro de andare verso el detto Monte, e animosamente
se mossero, gridando: amazza, questi traditore: e presenlarse su
molto vigorosamente, cioié: Guido e Ridolfo Baglione, benchè
Guido andava inanzze, e gionsero in casa de Girolamo sopredetto;
dove cie trovaro m. Brettoldo deli Oddi, e lì cie fo fatta una gran
bataglia, e pigliaro la delta casa a lor dispetto, e cie amazzaro
detto m. Brettoldo e Mateo de Antonio de P. S. A. E poi stren-
sero su el monte con tutti li figlioli de Guido e de Ridolfo sopre-

detti, e Girolamo deli Arceprete; chi con le imbracciatore e chi

con le lancie sempre inanzze come paladini continuo conbattendo
con m. Fabritio de Semone deli Oddi e sue gente. Ullimamente

pigliaro el detto monte, e amazzarcie detto m. Fabritio con molti

altri, el quale m. Fabritio avea asediato in S. Severe Antonello
da Bevagnia con 200 fante spellane, benchè tutti fuggirono. Re-
mase solo con 3, quale for questi: Scoccia da Spello e Giovagnie
Antonio de Pier Tomasso da Bevagnia. E avero la bataglia a l'u-
scio dela chiesa, e tenero la porta, che mai se volsero arendere

per fino a tanto che li gionse el soccorso, quale fo Averardo da
monte Sperello e Semonetto de Ridolfo Baglione. Ne la quale ba-
taglia ne foro presi e morti deli nostri forosciti -molti e molti,
quali usciti tennero el detto monte circa 2 ore, e sempre conbat-
tero animosamente. E m. Brettoldo e m. Fabritio deli Oddi foro
straginate con molti altri e posti nela piazza, cioié m. Brettoldo e
m. Fabrilio foro messi li scontro a S. Maria del Mercato, e parte
deli altri scontro al palazzo deli Priore, e parte scontro al palazzo
del Podestà. E molle ne remasero morte nel delto monte, per li
orti e per le case. In tutto ne foro ucisi circa 60 e presi 42, El
nome de quelli, che se seppe deli nostri forosciti son questi, cioiè :
m. Fabritio de Semone -deli Oddi uciso nel monte; m. Brettoldo
de lione deli Oddi uciso in casa de Girolamo de Cesaro deli Ar-
ceprete, Mateo de Antonio de P. S. A. in casa de detto Girola-
mo, Alisandro de m. Agnielo de Baldo e Pavolo del Gambetta
de P. S. A. for li primi buttati per le fenestre deli Sig: Priore,
benchè detto Alexandro era stato pregione circa 3 mesi, quale el
fece. pigliare Marcantonio de Guido Baglioni a S. Maria deli An-
geli de Asese. El preite de Baccio bastaio de P. S. A. fu uciso,
Agnielo dela Nina de P. S. A. apeso ale fenestre del palazzo,
Giapeco de Piergaleotto de P. Susane apeso al palazzo, Semone

m. d
CRONACA PERUGINA INEDITA; ECC. 361

»

dela Gioliva de P. Susane apeso ale dette fenestre, Carlo de Gio-
vagnie de Tino de P. Soli apeso ale dette fenestre, Eorelio de
maestro Semone de P. S. P.° apeso ale lumiere dei Priore, Bar-
tolomeo de Ser Cipriano de P. Susane apeso ale fenestre del pa-
lazzo del Capitano.

E anco cie foro apesi altri nostri cettadini e certi nostri con-

tadini e molti fanti, quali quì non sono nominate. In efetto se
aferma, essere stati in fra li apesi e ucisi e bugliati per le fene-
stre in numero de più de 130 persone, e Antonio de leva de P. S. A. 22
fo apeso ale dette fenestre del palazzo deli Sig: Priori.
In questo vene el soccorso grande deli usciti, in fra li quali
vene Agamenone deli Arceprete, Giulio Cesaro deli Armanni,
Pompeo deli Oddi e parte del resto deli Oddi con molti cavalli e

fante, quali venieno de Chiusci da quello de Siena; e venero ala

porta de P. S. A., ma la trovaro chiusa, e non ce poddero en-

trare, e drieto a essi venivono da quel de Siena molta quantità
, q

de fante. In efetto se retornaro in derieto, e andaro in quello de
Agobbio ale nostre confine; e Giulio Cesaro sopredetto, quando se
apresentó ala porta de Perogia, cie fo ferito in un braccio da un
balestriere de Andreano de Guido Baglione.

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1
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». A. di ditto fo preso Gostantino detto il Toso de Berardino dei

haniere in Valiano, el quale avea guasto un piede, però che,

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quando la mattina li Baglione amazzaro m. Fabritio e m. Bret-

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toldo deli Odde, detto Gostantino dei Raniere fuggì, e saltò li dale
mura de S. Margarita, e guastosse un piede. Onde che meglio
che esso podde, fuggi per Valiano, ma non potea caminare. In
questo lo trovò Andrea de Petrino vasaio, e lo prese; e Ridolfo

Baglione cie cavalchó, e poi sel mise in groppa, e poi lo examinó,
e, examinato che l'ebbe, fo menato nel palazzo deli Sig: Priori,
e fo poi menato per l' uscio de mezzo per lo palazzo del podestà,
e si lo menaro in capo ale botteghe del detto palazzo del Pode-
stà, dove li fo fatto un cerchio de lancie. Cioié; fo messo in mezzo
de un grande cerchio de omene armate, fra le quale erano tutti
li gentilomene de questa città, e per ordene deli Baglione a uno

a uno li dettero un colpo; et el primo che li dette fu Averardo

da M. Sperello, che era suo zio carnale, el quale li dette una stoc-

m

cala, che lo passò da un canto al’ altro; e subito cascó in terra,
e li ciascuno li dava el suo colpo, salvo Girolamo deli Arceprete,
= DTT SIIT NZ ZETA MZ |

2 O. SCALVANTI .

che non li volse dare. E poi ditto Gostantino fo traginato in mezzo
ala piazza apresso m. Fabritio e m. Brettoldo deli Odde, e li lo
lassaro stare.

A di 8 de Giugno for levate via tutti li apesi e tutti li ucisi,
che stavono in piazza, e for portate alo Spedale dela Misericor-
dia, e messi li in certe forme.

A di ditto fo mandato Camillo Vitello, el Sig: Pavolo Ursino
e li figlioli de Guido e de Ridolfo dei Baglione, con cavalli e
fanti a Schifanoia de Berardino dei Raniere, li quali, gionte che
foro, la sachegiaro e la scarcaro, e arserla. E poi se parliro, e
andaro aloggare a Ripa e ala Resena con un cattivo tempo.

E a di 10 ditto se partiro, e andaro a Civitella de Berardino
dei Raniere, e similmente la sachegiaro, arsero e scarcaro; e poi
cie inpiecaro Balistaccio de S. Agata a un torione de Schifanoia.

A di detto in Perogia fu bugliato per le fenestre del Podestà
un foroscito da Gualdo.

A di 11 de giugnio retornó el campo dela città de Perogia ;
cioió, el Sig. Pavolo Orsino, Camillo Vitelli e il conte lodovico
da Marsciano, Andreano e Gismondo de Guido Baglione e Gio-
vanpavolo de Ridolfo Baglione con cavalli e fanti.

A di ditto fo fatto un bandimento a 4 tronbe per parte deli
Sig. Priore e deli X delo Arbitrio del presente stato; che qualun-
que persona amazzasse alchuno foroscito deli principale, come
Pompeo e felippo deli. Oddi, Pietro Giapeco e Giulio Cesaro deli
Armanni o Agamenone deli Arceprete o Berardino dei Raniere,
abbia ducati 200; e chi li desse vivi ducati 300, quali son depo-
sitati al banco del Grassello, e anche che possa remettere un fo-
roscito a sua eletione, overo un condennato. Per la qual cosa
cerli se uniro insieme, e andaro in Agobbio per amazzare Berar-
dino dei Raniere, ma, come volse Dio, foro scoperte, presi e
squartate.

E a di detto fo fatto un bandimento pure a 4 tronbe per parte
deli Sig: Priore e deli X delo Arbitrio: che qualumque persona
parlasse overo schrivesse a alchuno deli forosciti o lor seguace
casca in pena de rebellione e dela perdita de tutti li suoi bene
da aplicarla al nostro comuno.

A dì ditto for bugliate 4 per le fenestre del palazzo dei Priori,
CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 363

cioiè 4 schiavo, (1) 2 da Matelica e 1 alevato de Giulio Cesaro
deli Armanni.

A di ditto vene la nova come el Duca de Urbino avea fatto
bandire, che tutti li nostri forosciti sgombrassero la città de A-
gobbio e el contado per tempo de 3 di. Se disse che tutti se par-
tiro. E a di ditto se disse, che Berardino dei Raniere era partito
da Agobbio e andato a Orbino per stare.

A di 12 de Giugnio vene in questa città el conte Nicolo da
Pitigliano, capitano generale dela Chiesa, e aloggió in casa de m.
Pierfelippo da Corgnie; e vene con circa 40 cavalli (2) mandato
dal Papa Inocentio 8. per asettare le cose de Perogia, e a di ditto
se ne andó per fare scarcare le mura de Agello; e a di ditto tornó
in Perogia. Se disse, che avea fatto smantellare el detto Castello,
e menó con lui 17 omeni del detto Castello per ostaggi, quali fe-
cero dare le ricolte alo stato.

A di ditto se partì de questa città Camillo Vitelli, e andò ale
stantie suoi a Castiglione del laco.

A dì 12 detto se partì da questa città donna Penelope, figlia
de Guido Baglione e moglie de Giulio Cesaro deli Armani, al
presente foroscito. La cacciò lo stato (3).

A dì 18 de giugnio fo fatto bando per parte deli Sig. Priore
e deli X delo Arbetrio, che qualunque persona avesse o tenesse
alchuna scala de X gradone in su apresso ala città doj miglia, la
debbia portare ala città sotto pena de X ducati e 4 tratte de corda
sensa replicatione. alchuna; perchè li forosciti avevon mandato a
dire, che volevon tornare in Perogia.

A dì ditto for fatte venire li fante del nostro contado, cioiè
le balestriere per farle stare nela città. A dì detto for fatte gran-

(1) Il Polidori, uno degli annotatori della cronaca a stampa, osserva, che questa
parola — schiavo — sul finire del secolo XVI interessa assai la istoria della schia-
vitù fra i cristiani. Ma é facile rilevare, che in questo luogo la parola suddetta deve
aversi in significato generale di servo. Infatti, se a questi tempi fosse durato in
Perugia l'istituto della schiavitù, come mai il cronista non avrebbe fatto menzione
di ciò e usato più di frequente quella parola ?

(2) Bene a ragione il Fabretti, uno degli annotatori della cronaca a stampa,
osserva, che Innocenzo VIII invano pretendeva con un così tenue presidio ricon-
durre la calma in una città, nella quale era scoppiata la più atroce guerra civile.

(3) Nelle gare cittadinesche, ormai disfrenantisi in Perugia, nemmeno le donne
erano risparmiate !

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364 O. SCALVANTI

dissime guardie, e comenzaro a chiudere tulte le catene dela città,
sì perchè eie era el detto conte da Pitigliano, sì anco perchè se
ebbe nova, che li nostre forosciti erano a Sassoferrato e parte a
Montechie nela Marcha, e che facevono fante assai oltre quelli
che aveono. E con essi cie era el fratello del vescovo de Casciano,
el quale venia per fare le vendette del fratello.

A di ditto foro eletti 5 scientichi, cioiè 5 cettadini uno per
porta, quali facessero li inventari de tutte le robbe de quelli, che
venero con li forosciti, e che detti biene se debbino pigliare per
la nostra comunità. Li eletti son questi:

Vestro de Ceccarino de... (1), P. S. P.°; Giapeco dela Mise-
ricordia, P. Soli; Agnielo de Ser Piero de Tancio, P. S. A.; An-
tonio detto Pennacchio, P. Susane; P.* francesco de Pagliccio,
P. Borgnie; Ser Mateo de Coradino, notario de P. S. P.°

A di 21 de giugnio se parti de Perogia el conte da Piliglia-
no. Se disse che tornava a Tode, e dopo la sua partita for remu-
rate molte porte dela città, e fra le altre la portecella de S. Ago-
stino. A di ditto se partì el Comissa: dei fiorentini: gi a fio-
renzza (2).

A di ditto fo fatto el bando per parte deli Sig. Priore e deli
X delo Arbitrio, che non fosse persona alchuna, che ardisse de
andar fora de casa dopo el terzzo suono con lume nè sensa ala
pena de 10 ducati e 5 tratte de corda.

A questi di de giugno for eletti 4 gentilomene deputate per
ponere le prestanzze ali cettadini, quali gentilomene son questi:

Mariano dei Baglione, Teveruccio dei Signiorelli, Berardo de
Venciolo da Corgnie, Rusteco del Saracino da M. Melino.

A dì ditto for publicati li capitani del contado a saputa, nel
palazzo del governatore per uno anno, e son questi:

Per li primi 6 mesi... (3) de P. S. P., lodovico de Ridolfo
Baglione, Cherubino deli Armani, Gismondo de Guido Baglione,
Rusteco del Saracino M. Melino.

Capitani del contado per li secondi 6 mesi... (4) de P. S. P.,

(1) Lacuna del ms.
(2) La cronaca a stampa ha le parole — « Se disse che tornava a Firenze». —
(3) Lacuna del ms. Per porta S. Pietro fu eletto Orlandino di. Monte Vibiano.
(4) Lacuna del ms. Leggi — « Vincenzo di Pietro Baldeschi ». —
CRONACA PERUGINA INEDITA; ECC. 365

francesco de Borso, P. Soli; Girolamo deli Arceprete, P. S. A.;
Pietropavolo de m. Pietro felippo da Corgnie, P. Susane; m. Ce-
saro Chrespolti, P. Borgnie.

A dì 27 detto for dette molte messe in piazza per rebenedirla; e:
e for fatte 8 di ala fila le processione. Se fecero in piazza 95
altare, e dette molte messe solenemente, e durò 3 dì el dire dele HA
messe e il gire le processione. La piazza fo rebenedelta dali frate 1 !
de S. Domenico.

A di ditto vene la nova come li nostre forosciti, cioiè una
parte deli Oddi sono ala torre de Pandolfo de... (1) in quello de
Orvieto, una parte a Chiusci, e una parte a Matellicha dela Mar-
cha. E dicese che ancor tengono dei fante assai.

A di ultimo de giugnio for publicati li Mag: Sig: Priore fatti

a saputa, e son questi: !

Ridolfo de Ridolfo Signiorelli capo, P. Borgnie; Semone de
fumiagiolo, P. Borgnie; Tarquinio de felippo Perinelli, Teveruccio |
de Andrea, P. S. P.; Averardo da M. Sperello, Barnabeo dei
Barzetti bastardo, P. Soli; Baldassare de Legiere deli Armanni, |
Gentile de Cociliano, spitiale, P. S. A.; Giovan francesco detto el
Pignataio, Girolamo de Ser Giovagnie dal’ ochio, P. Susane; Ser

Agnielo de Ser Antonio de Puccio notario.
A dì 14 de luglio for messi a partito 2500 fior. per mante-
nere lo stato baglionesco, e for venti con gran mormoratione. E

ipu PNOINMNENE Rin

ciò fo fatto per lo meglio.

A di 16 detto (2) fo fatto renunzare ali conpradori deli fuochi
vechi, quali avevon comprato l'anno passato per fior. 3400. Se
disse, che detti fochi montavono fior. 1600 a sol. 90. Li detti com-
pratori son questi eioié: prima (3) renunzaro li X delo Arbitrio,

TOP.

quali cie erano per un terzzo, e li altri son questi: Carlo de Ci-
naglia, francesco de Oddo, Bacciolo fumagioli, Monaldo de Antonio,
lodovico de Bacialla, Rusteco de Saracino, Mariotto de Antonio de.

(1) Lacuna del ms.

(2) Adamo Rossi pubblicò nel 1879 un quadernuccio della presente cronaca da
lui trovato presso un salumaio, ed esso contiene il tratto dal 16 giugno al? settem-
bre 1491. Tale pubblicazione fu fatta in occasione delle nozze Fumi-Cambi. i

(3) A questo punto finisce il ms. della Comunale, e continua il nostro fino
all'anno 1494,

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| RIT RIETI TITTI E TE RISTTT O s DITE s LITI. COMER AR Rs PIU tt —————

366 : O. SCALVANTI

Ser lorenzzo, Bernardino de Giovagnie da Orvieto, la quale re-
nuntiatione fo fatta per ordine e solecitudine de Andreano de Guido
Baglione. E tutti li detti renunzaro ali Sig. Priore receventi per
la comunità; la qual cosa molto piaque al popolo, che li detti
fuochi remanessero al comuno; si anco perchè, quando li com-
pararo, fo fatta la vendita nel palazzo deli Sig: Priore, e non for
mai banditi li detti fuochi.

A di 4 de Agosto fo scoperto un trattato contro dela comu-
nilà, cioiè che la casa dei Baglione volea dare Peroga al.re de
Napoli, e il detto Re lo fece intendere al Papa. E per questo
non fo adempita la volontà deli delli Baglione, per la qual cosa
essi stanno in gran paura, perché tutti quelli che li favorieno se
son retirate indrieto.

A dì 6 de Agosto for fatte gran guardie per sospetto deli fo-
rosciti, perchè se dicea, che el Duca de Urbino se intendea con
loro, per cagione che li Baglione avevono amazzato el Toso de
Berardino dei Raniere, el quale era suo parente, e avevono scar-
cata e guasta Civitella e Schifanoia, che erano suoi recomendate.

A questi dì de Agosto el campo dela Chiesa andò a Ufida
dela Marcha, e pigliarla e sachegiarla.

A questi dì de 7bre el detto canpo dela Chiesa se acampò a
Ascole; cie andò col detto campo el Cardi: de Balve (1) e el conte
da Pitigliano; e di continuo el campo se ingrossa.

A dì 16 detto el Sig. Virgilio Ursini passò el Tronto con le
gente del Re, e asaltò el campo dela Chiesa. Pure non fecero
niente. Se disse che le dette gente venivono per soccorrere monte
Brandone, ma non fecero a tempo, perchè el campo dela Chiesa
lo aveva auto.

A di 23 detto vene la nova che le gente del Re se erano re-
tirate in derieto, e avevon fatto trieva per cinque di col campo
dela Chiesa.

(1) Giovanni Balve, francese di oscura origine, nato nel ducato di Angiò, in
Verdun 0, secondo altri, in Poitiers, creato cardinale da Paolo II nel concistoro
del 18 settembre 1467. Fu più che sacerdote uomo d'armi, di modo che poco o
punto si occupò degli affari delle sue diocesi di Angers e di Evreux. Soffrì la lunga
prigionia di undici anni come reo di tradimento contro Luigi XI re di Francia, Morì
nel 1491 ai 5 di ottobre in Ripatransone nella età di 70 anni, dicono gli storici, odiato
da tutti per la sua alterigia, crudeltà e rea condotta.
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CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 361

A di 24 ditto vene in Perogia el conte Ranuccio da Mar-
sciano, e menó una squadra de balestriere a cavallo, e aloggió in
casa de francesco de lodovico dei Baglione; el quale conte era
soldato dei fiorentini. E a di detto andò ale stantie nel nostro
contado con circa 35 cavalli al ponte de Pattolo, al ponte felcino
e a Pretola, al ponte S. Gianne. La cagione non se dicea, ma
se presume che fosse per sospetto dei forosciti.

A questi dì de 8bre vene la nova che era morto el Cardinale
de Balve, che era governatore del campo ‘dela Chiesa. Morì in
campo de infirmità, e il corpo suo fo portato in Roma da molte
persone. Ne fo grandissimo danno ala Chiesa Romana dela sua
morte.

A di 10 de 9bre vene in Perogia maestro Mariano da Ver-
nazzano, frate de S. Agustino, famosissimo predicatore; e! quale
fece 3 prediche; e a l'ultima predica disse el vivere cattivo dela
città e del contado. In conchlusione disse, che presto avemo da
avere la rovina nostra, maxime quelli che governano, e che lui
sarà l’ultimo che cie l'abbi a notificare. E questo lo disse aper-
tamente, e che sarà presto. Pure dio sia pregato, che non guardi
ali nostri peccati, perochè questa città è piena de bestemie de dio
e de sanli, piena de robbarie, omicidi e altri mali pessimi; e
quelli che voglieno atendere a ben vivere non possono. E a di
detto andó a S. Pietro, e li fece una predichetta, e poi se parti,
e andò verso Roma.

A di 21 de Xbre menò moglie el nobile omo Giovanpavolo de
Ridolfo Baglione, benché la detta donna era stata in Spello piü
tempo fa; dove che Giovanpavolo ditto se era adunato, e alo en-
trare che essa fece in Perogia glie se fecero incontro tutti li gen-
tilomene e molli cettadini. Entró per la porta de Fonte Nova, e
vene per la strada mozza, e us^l in capo dela piazza con tronbe
e befare inanzze. La quale donna era vestita de broccato d'oro, e
avea el balzo in testa, e questo fo el di de S. Tomasso, e fo un
cattivo tempo, perochè tutto quel di piovve.

A dì ditto la ditla zita fo apresentata da queste terre infra-
schritte e da molti castelli del nostro contado dì per dì e prima,
lo Ambasciatore de Spoleto donò... (1).

(1) Lacuna del ms.

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di PTT ei VS LL Y.
368 O. SCALVANTI

Lo ambasciatore de fulignie donò... (1).
Lo ambasciatore de . ; È : È : : - È
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A dì 29 de Xbre fo preso el podestà, el collaterale e li giu-
deci e il cavaliere, perchè sene erano fuggiti 2 pregione, che sta-
vono per la vita, quale avevon robbato. Fra li quale cie era un
frate de S. M. dei Servi.

Nel predetto, el grano al più valse s. 25 e 30 la mina, l'orso
s. 20, la spelta s. 14 e 16, l'olio l. 90 el mezolino, ‘el vino l. 6 e
7 la soma.

1492 — A di 19 de Genaio se parti de Perogia el Mag. omo
Griffonetto de Griffone Baglione, el quale andava a trovare el
Duca de Urbino, perché se era aconcio con lui, e andó bene acom-
pagniato.

A questi di de Genaio li Baglione fecero alchuni ragionamenti
con li'altri gentilomene per dare ordene de refare el sacco del
regimento dela città e atendere e dare ordene in casa loro, per la
qual cosa a questi di molte persone entravono nele arte.

A di 18 de febraio entraro li insaccolatori nel palazzo del go-
vernatore per refare el sacco, li quali son questi, cioiè: Ridolfo
de Malatesta Baglione, m. Vincentio de Golino da M. biano, Al-
berto dei Baglione, Pietro de Baldassare Coglie, P. S. P.0; m.
Periteo de Guido Morello, felippo de braccio Baglione, francesco
de Nicolo de Tomasso, baldo de Berardino fornaciaio, P. Soli; Gi-
rolamo deli Arceprete, Cherubino deli Armanni, Ercole del genti-
lomo deli Arceprete, Gio: Berardino de Bartolomeo deli Armanni,
P. S. A.; Gismondo de Guido Baglione, Gio: Pavolo de Ridolfo
Baglione, P." Pavolo de m. P.° felippo da Corgnie, Mateo de Gio-
vagnie dela Cepolla, P. Susane; Guido Baglione, Ridolfino de
Ridolfo dei Signiorelli,. Batista de Ranaldo da M. Melino, Tomasso
de P.* Andrea, P. Borgnie.

Se disse che chi volea offitio alchuno offeriva ali Baglione.

A di ultimo de febraio for publicati li Sig. Priore del sacco
novo a saputa, quali son questi, cioié :

Carlo de Nicolo de Ulisse, ferazze dei ferrazuoli, P. Bor-

(1) Lacuna del ms.
(2) Lacuna del ms.

———— PC o: 8 ABIRE
& sà —

CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 369

gnie; Agnielo de Aniballe, Matiolo de Beo tegolaio, P. Si P0;
Pier Mateo Cavaceppi, Antonio de P.° Giovagnie da Catrano, P.
Soli; Bartolomeo de Mariotto deli Arcepreti, francesco de Pietro
P. Susane; Ser Pierlorenzzo de Bartolomeo del Caporale, notaro.

A di 6 de Marzzo el di de Carnovale usciro tutti li insacco-
latore del palazzo del governatore, quali erano state a refare el
sacco; e fecero portare doj cassetti onoratamente al luoco depu-
tale con le tronbe innanzze, e fo un sacho, che quasi tutti li uffi-
tiale se sapevono inanzze che fossero publicate, e detti insacco-
latori, la magior parte de essi, uscivono fora del palazzo.a lor
posta e se mascheravono.

E persino a di ditto for fatte 5 comissari sopra el vivere dela
città, maxime nel civile e chriminale, a ciò che le cause se spe-
discono. Li quali comissari foro eletti da tutto lo stato, e son
questi infraschritti :

Andreano de Guido Baglione, Gio: Pavolo de Ridolfo Ba-
glione, m. Vincentio de Golino da M. biano, Cherubino deli Ar-
manni, Redolfino dei Signiorelli, Alberto de. Sante lor. notaro.

A di 6 de Marzzo el di de Carnovale fo fatta una giostra, la
quale la fece fare la nostra comunità. El premio si fu el palio,
che se dovea currere el di de S. Arcolano braccia 12 de velluto
pavonazzo. E li giostratori for questi, cioié: Giovanpavolo de Ri-
dolfo Baglione e Semonetto suo fratello, Carlo de Oddo dei Ba-
glione, Giulio Cesaro de m. P.* felippo da Corgnie, Giovan orso
da Averardo da M. Sperello, Nicolo de Lamberto da Corgnie,
Vincentio de Teveruccio dei Signiorelli, Giovanluca de Benedetto
da M. biano, Tomasso de Giapeco Teie, Scipione de Piero de Ser
Bartolo, biagio de Pavoluccio.

Ebbe l'onore e il premio dela detta giostra Giovanpavolo Ba-
glione, e fo mezzana giostra. E fo giostrato a colpe ala tela (1).

. A di 12 de Marzzo foro venti 12000 fior. per lo stato baglio-
nesco, e per prima ne for venti 2200 e poi 2500 e un'altra volta
2500, che foro in tutti fior. 7200 sensa li balzelli e le prestanzze
che se ponevono.

A di 8 de Aprile vene la nova, come era morto lorenzzo de

(1) Tela, ossia méta prefissa ai giostranti.

_—r—__T—
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ELEGIT

SRI III III INIZIA

370 i O. SCALVANTI

Piero de Cosmo dei Medici de fiorenzza, quale era stato omo de
gran conditione (1).

A di 17 detto for mandati li Amba: a fiorenzza per dolerse dela
morte de detto lorenzzo, quali menaro parecchi cavalli; li Amba-
sciatori son questi: el Protonotario de Ridolfo dei Baglione e m.
.Vincentio de Golino da M. biano, li quali Amba: andaro tutti ve-
sliti de nero e il nostro comuno cie spese de molti fiorini per li
detti Amba: e retornaro da fiorenzza ala entrata de Maggio, e
foro onorati assai dal comuno de fiorenzza.

A di 22 detto se partì el nostro governatore, quale fece molto
mal governo, perochè cie stesse per un segnio.

A di 7 de Giugnio nela città for fette grandissime guardie
per sospetto deli forosciti, li quali stavono verso Chiusci, e a questi
di passati ano tolto a Camillo Vitelli 18 cavalli.

A di 16 ditto vene un breve citatorio da Roma dal Papa, el
quale comandava ad alchuni gentilomene che andassero a Homa,
fra li quali cie era Camillo Vitelli, Averardo da Asese e Guido e
Ridolfo Baglione con molti altri.

A di 4 de luglio li Baglione fecero grande preparamento per
difenderse, maxime in S. lorenzzo, peroché a Roma se fa molla
gente per venire in su, e non se sa quello se abbia a essere.

A di 9 de luglio mori la Inocentia, moglie che fo de Cesaro
deli Arceprete, e fo sepelita in S. francesco e lassó (2) e fo ve-
stta de detto ordine.

A. di 27 ditto vene la nova in Perogia come era morto papa
Inocentio (3). Se disse che mori iere, che fo a di 26 detto a ore
18, e avea lassato in Castel S. Agniolo un gran tesoro. Anco
cie lassó pregione el Gran Turco (4), el quale fo preso in una

(1) Lorenzo mori il 7 aprile, lasciando tre figli, Piero che fu confermato negli
onori del padre, Giovanni cardinale, che fu poi papa Leone X, e Giuliano.

(2) Intendi, che « lasciò detto di voler esser vestita coll’abito francescano » co-
me era l'usanza di quel tempo. i

(3) Innocenzo mori nella notte dal 25 al 26 luglio, in età di anni 60, dopo un
pontificato di.7 anni, 10 mesi e 27 giorni. :

(4) Zizim, fratello di Bajazet II, aveva riparato in Rodi, dove il gran maestro
dei cavalieri, poi chiamati di Malta, lo fece prigioniero. Il papa nel 1488 richiese
Zizim al maestro Pietro d'Aubusson, e questi glie lo invio. Il principe maomettano
fece il suo solenne ingresso in Roma nel 13 marzo del 1489, e il papa gli destino
per abitazione una parte del Vaticano, dove lo teneva sotto buona guardia. In se-


CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 911

guerra del Gran maestro de Rode, e esso lo mandó pregione a

S. Santità.

A di 11 de Agosto vene la nova, come era chreato per novo
pontefice, Alexandro sesto (1), el quale è da Valenzza in Spagnia,
e era stato Cardinale 40 anni in circa, benchè a questi di passate
che fo a dì 4 ditto li nostri Mag: Sig: Priori mandaro a tutti li
conventi de questa città, li quali dovessero pregare iddio, che se
chreasse un Papa secondo la volontà deli Baglione.

A di 19 ditto papa Alexandro 6 fo iricoronato in Roma in
domenica a mattina con gran trionfo e spendio.

A questi di de Agosto vene la nova in Perogia come el no-
bile Golino deli Oddi era morto a Chiusci.

A questi di de Agosto lo arceprete deli Baglione andò a Roma
con parechie cavalli in sua compagnia. Anco a questi di de Ago-
sto andò a Roma Mariano de li Baglione per fare refermare dal
Papa la sua provisione.

A di 20 ditto andò a Roma el Mag: Guido dei Baglione e
Gismondo suo figlio molto bene in ordine, e menaro 37 cavalli e
16 fanti a pie. b

A di 23 ditto andaro a Roma li Amba: mandati dal nostro
comuno per visitare e far reverentia al Papa Alexandro 6. Li
Amba: son quesli: Marcantonio de Guido Baglione, P. Borgnie;
m. Vincentio da M. biano, P. S. P.°; Cherubino deli Armanni,
P. S. A.; P.° Pavolo de m. P.° felippo da Corgnie, P. Susane ;
Cesaro de P.° Chrespolti, P. Soli.

A di primo de 7bre in sabeto fo una gran tempesta de gran-
dene, pioggia e vento al Ponte de Pattolo, quale mandó a terra
molli arbore e molte muraglie del delto Castello e guaste molte
vigne.

A di 25 ditto tornó da Roma Guido dei Baglione e Gismondo
suo figlio.

guito il pontefice lo fece custodire in Castel S. Angelo. Zizim mori nel 1495 in modo
assai misterioso. Fino a quell'anno egli era rimasto in Roma, quando Alessandro VI
lo concedette a Carlo VIII. Or mentre il resi avviava al regno di Napoli, per via, Zi-
zim, colpito da fiero malore, cessò di vivere. Ritiensi lo facesse avvelenare il papa.

(1) Rodrigo Borgia fu infatti eletto pontefice il di 11 agosto 1492. Però quanto
alla data della sua incoronazione non vi é accordo tra il nostro cronista, che la
pone al 19 agosto e altri scrittori, che ne parlano sotto la data del 26.
9312 O. SCALVANTI

A di ultimo de 7bre venne per governatore in Perogia m.
Orso deli Orsini, nepote del Cardi: Savello. Se disse, che venia
con animo de far tenere ragione. Era omo molto vechio, pure
anche esso cie stette per un segnio.

A dì 14 de 9bre nel palazzo dei Priore de Asese fo amazzato
Averardo de Asese e el suo fratello carnale, e m. Galiotto lor fra-
tello fo ferito. Se disse che li avea amazzate Cesaro de Girolamo
Spitiale con certe compagnie, e subeto che li ebbero ammazzate
se levò el rumore in Asese, onde che la parte de sotto e la parte
de sopra tutti se ne miseno in arme per azuffarse insieme.

A di 15 ditto Giovanpavolo de Ridolfo Baglione e Carlo de
Oddo dei Baglione andaro al soccorso della parte de sopra, per-
chè stavono ala Bastia con fante assai; quali subito ataccaro la
bataglia per entrare dentro. Anco a dì ditto cie andò Marcantonio
de Guido Baglione con fanti assai. In efetto in quel dì entraro in
Asese, e cacciarono la parte de sotto, quali fuggiro per la porticella
de S. francesco, dove cie moriro molte persone. Et detto Giovan-
pavolo con le sue gente robbarono tutte le case; cioiè la robba
de quelli dela parte de sotto, e abrusciaro le porte dela Chiesa
de S. francesco, e misero a sacco la detta Chiesa, imperocchè
nela detta chiesa cie era moltissima robba de gran valuta, quale
era stata reposla in della chiesa; e anco sachegiaro la magior
parte de Asese, e poi cie arsero 14 case vel circa.

A di 19 detto mori maestro P.° felippo da Corgnie, e a di 21
fo fatto el corotto in piazza e portato a sepelire a S. francesco
con grande onore (1).

A di 22 detto andò in Asese el conte da Pitigliano, capitano
dela chiesa e el vescovo de Cosenzza e Mariano Savelli con molti
cavalli, e aconciaro la cosa mal fatta meglio che essi poddero.

(1) Pier Filippo di Berardo della Corgna nacque nel 1420. Fu esimio docente
nella Università di Perugia, da cui si allontanò nel 1469 per recarsi a leggere nello
Studio di Ferrara. Fu richiamato in patria dal pontefice Sisto IV, sulle istanze dei
magistrati perugini. Ciò avvenne nel 1472; ma furono così vive le premure di Lo-
renzo dei Medici per avere il della Corgna nello Studio di Pisa, che i perugini lo
videro con profondo rammarico partire. Tornò a Perugia nel 1477, assumendo nuo-
vamente nella Università la cattedra in Gius civile, da lui tanto illustrata. Molte
furono le opinioni circa la data della sua morte. Il Pellini fu nel vero attribuendola
al novembre del 1492; ed ora il cronista ci dà la prova, che il grande giureconsulto
perugino mori il 19 di quel mese.

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CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 373

A dì 29 detto in Perogia foro fatte gran guardie per respetto
dele gente che stavono in Asese.

A dì 5 de Xbre fo preso el castelano de la rocca de Asese, e
fo mandato a Roma legato con bona guardia.

A di 28 detto morì el Vescovo de Perogia in Roma; e a di
ultimo ditto vene la nova, come era fatto Vescovo de Perogia el
Datario del Papa, quale era Spagniolo. Fo poi fatto Cardinale, e
domandavase el Card: Lopes e facea per arme un lupo (1).

1493 — A di 8 de Genaio vene la nova come el Cardinale
de S. Pietro in Vincula era fuggito da Roma, e andó a Ostia.
Se disse che era poco amorevole del Papa. Pure la cagione non
se sa.

A di ditto li Baglione fecero venire molte fante ala guardia
de Perogia.

A di 27 ditto tornò in Perogia el Mag: Astorre de Guido
Baglione, el quale era stato 7 anni in circa soldato del re. Entró
per P. Soli con molti cavalli dela città e altri cavalli, che avea
menato esso, tutti in ordine.

A di ditto menò moglie Alfano de Diamante deli Alfani una
figliola de Mariano dei Baglione, ala quale le fo fatta una bella
parata, con un carro, nel quale cie erano de molti suoni e canti ;
e in ultimo cie fo fatta una bella colatione. Se disse che esso fece
molto belle nozze.

A di 16 de febraio in sabeto fo mozzo el capo a Giannello
de Nicolo Cibo parente del Papa Inocentio perché avea asasinato
doj ala strada.

A di 6 de Marzzo mori Baglione de Silvio Baglione, e a di
detto fo sepelito in S. francesco.

A di 24 de Aprile vene un breve dal Papa, quale comandava
al nostro governatore, che dovesse far publicare la legha fatta,
cioié ; prima el Papa, la Signioria de Venetia, el Duca de Milano
con lor seguaci (2).

(1) Giovanni Lopez di Valenza, stato segretario di Rodrigo Borgia mentre era
cardinale, fu eletto vescovo di Perugia nel 1492, e nel 21 gennaio del 1496 insignito
della porpora col titolo di S. Maria in Trastevere. Mori in Roma nel 1501 con so-
spetto di veleno, datogli dal duca Valentino il quale non poteva soffrire, che il Lopez
godesse la confidenza del pontefice.

(2) Questa lega fu opera del cardinale Ascanio Sforza, fratello di Lodovico, il
quale avendo, più di ogni altro, procurato l' inalzamento alla tiara di Alessandro VI:
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Sb o O. SCALVANTI

A dì 25 ditto fo ditta la messa delo Spirito santo in S. lo-
renzzo e publicato in pergolo. E a dì ditto andò la processione,
e for fatti li faloni per alegrezza.

A dì ditto fo preso Tintinasse de Antonio de P. S. A. amico
dela casa deli Arceprete. Lo fece. pigliare Gio: Pavolo Baglione
da Vico de Agnielo del Broglia e da Vico del Bastaio, li quale
erano in.bando dela città in presentia del detto Gio: Pavolo, e
menarlo nel palazzo del Podestà.

A di 29 ditto li Baglione fecero venire molte gente, e de con-
tinuo fano bone guardie, e sempre stanno armale, e ale botteghe
non se fa niente.

A questi di de Maggio passò a Fossato el Sig: Giovagnie
da Pesaro con 9 squadre de gente, cioè 6 squadre de omene de
arme, e 3 squadre de stradiotti, tuti bene in ordine. Se disse, che
andavono a Roma in aiuto del Papa contro el Sig: Virgilio Ur-
sino (1).

Anco a questi di de Maggio passò el Sig: Fracassa del
Sig : Roberto da S. Severino a Fossato con molte squadre de
gente. Se disse che andava a Roma soldato del Papa per fare
guerra al Sig: Virgilio Orsino.

A dì 20 ditto li Baglione fecer fare el conseglio, e volevono
che se vivesse bene, ma non volevono, che se ponesse giù l’arme
nè che se partissero li sbanditi.

A questi dì de luglio el Duca de Urbino mandò in campo
certe squadre de gente. Se disse, che andavono in aiuto del Papa.
El primo dì aloggaro in quel de Gualdo ala Gaifana. De poi se
fermaro a Valfabrica, e van facendo pur danno ali grani e ale
altre cose.

era riuscito a persuadere il papa a stringere alleanza col duca di Milano e con la
repubblica di Venezia. La conclusione della lega avvenne il 21 aprile, e ne giunse
nuova a Perugia tre giorni dopo. L’ Infessura ci dice, che tale alleanza fu solenne-
mente pubblicata a Venezia nella festa di S. Marco. Il cronista narra, che ad essa
presero parte anche i seguaci del papa, dei veneziani e del duca di Milano. Gli storici
affermano però, che il papa. non tenne alcuna parola della lega né col re Ferdi-
nando né coi fiorentini, quantunque fossero alleati del duca. di Milano.

(1) Questa contesa tra il papa Alessandro e Virgilio Orsini ebbe origine dal
fatto, che l’ Orsini aveva comprato, senza licenza del pontefice, le castella di Fran-
ceschetto Cibo.

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CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 919

A di 12 de luglio tornò da Roma el nostro Tesauriere, cioiè
m. Gulielmo, el quale vene bene acompagniato. Se disse che avea
recate certe breve, e la publicatione deli Capitani del Contado,
overo dele porte, quale son questi :

Fabio de Gualmario dei Baglione, P. S. P.^; Chione de m.
Mateo, francesco Sperelli, P. Soli ; lorenzzo Maria de m. Baldas-
sare deli Armanni, P. S. A.; Biordo deli Oddi, P. Susanne ; Gi-
rolamo de Arcangelo, P Borgnie. Tutti li detti Capi: del contado
ebbero comandamento dalo stato de Perogia, che non entrassero
in uffitio, perochè li volevon refare loro e non volevono che li
refacesse el Papa, e subito lo stato mandó ambasciatori al Papa.

A questi di del detto li detti Capitani ebbero licenzza che en-
trassero in uffitio per questa volta, ma che per lo tempo da venire
li vogliono refare essi.

A di 5 de Agosto tornó m. Baglione Vibiane, el quale era
stato a Roma molli anni a leggere in Studio, ma perché esso ve-

nisse stette alchuni di a Monte Vibiano per deschretione, però che.

in Roma cie era la peste (1).

A di 8 ditto vene la nova come el Papa avea fatto pace con
el Sig: Virgilio Orsino. El modo deli Capitoli al presente non se
sanno perchè ancora non son publicate.

A di 9 de Agosto mori lamberto de Berardo da Corgnie in
casa de Mariotto del protonotario deli Oddi, e lassó che la detta
casa fusse restituita alo slato, peró che detto Berardo avea te-
nuta (2) la tenuta dela delta casa, quando se ne fuggiro li Oddi,
e vedendo de (3) podder tenere con bona conoscienzza, lassó come
di sopre è detto; e a di 40 ditto fo sepelito a S. francesco.

(1) Baglione di Ugolino Vibi, nato nel 1431, fu esimio giureconsulto. Appar- .

tenne come insegnante alla perugina Università fin dal 1454. Ebbe a sostenere
importanti ambascerie, e in specie si adoperò a vantaggio di Perugia per l'ardua
questione del Santo Anello. Innocenzo VIII lo chiamò a Roma, affidandogli una cat-
tedra nello Studio collo stipendio di 500 scudi all’ anno. I suoi concittadini vollero
richiamarlo in patria nel 1489, ma egli rimase a Roma, ora insegnando, ora eserci-
tando pubblici uffici. Il Bini scrive, che Baglione Vibi fece ritorno in Perugia nel
1494, ma noi apprendiamo dal nostro cronista, che l'illustre giureconsulto tornò ad
insegnare in Perugia nell’agosto del 1493.

(2) Tenuta forse per ottenuta.

(3) Ci sembra, che il senso rechi — « e vedendo de [non] podder tenere ecc. » —.
AE

E
——

DIMISE ON TEMPE

SITI

316 O. SCALVANTI

A dì 10 ditto le gente del Duca de Urbino se levaro da Val-
fabrica in quello de Asese, e andaro a loggare nel piano de Bet-
tona. Se disse che andavono in aiutorio dei foligniate contra de
Gualdo de Catanio; però che li foligniate lo avevon comprato da
Papa Alexandro 6, e li detti gualdesi non volevono stare sotto il
Governo dei foligniate, nè essere subditi loro.

A dì 21 detto fo mozzo el capo a Agnielo delto Tintinasse de
Antonio de P. S. A. nel palazzo del podestà, e fo letta la conde-
nagione sensa tronba; e lo stendardo fo posto nela fenestra su
alto sopra la porta del palazzo predetto, e il podestà mostrava
grande sospelione. Se disse che avea suspetto de Girolamo deli
Arceprete. La cagione perchè li fo mozza, se disse, secondo la
condenagione, perchè lui se è trovato quando fo amazzato... (1), e
quando se leggeva la della condenagione sempre disse animosa-
mente non esser vero, e che non se troverà mai tal cosa, e che
quando lui gionse li, trovò che lui era morto, e non cie fece

. niente.

A di dello le gente dela Chiesa se acamparono a Gualdo de
Catanio, cioié, le gente del Duca de Urbino e Fracassa con le sue
genle; cie li fece andare el Papa in favore dei foligniate.

A di 23 detto venero 7 squadre de cavalli del conte da Pi-
tigliano, capitano dela Chiesa, ale stantie nel nostro contado.

A di detto se disse, che la casa dei Baglione avevon man-
date fante in aiutorio de Gualdo de Catanio contro i fuligniate.

A di 25 dello li gualdesi, mandaro un comissario nel campo
dela Chiesa per ragionare lo acordo.

A di ultimo de Agosto vene in Perogia frate Berardino pi-
cholello lombardo, de l'ordine de S. francesco (2), el quale à circa
3 anni che se parli, che pure stelte a predicare e molte cose cie
anuntió nele sue prediche, che cie son tornate vere, onde che per
la sua venuta molto se ne ralegró questa cillà, e il di seguente

gran quantità de persone lo andaro a visitare a S. francesco del
Monte.

(1) Lacuna del ms.
(2) Il padre Lodovico de Besse nella sua opera magistrale, già citata, scrive,
che Bernardino da Feltre, tornato in Perugia nel 1493 vi incontrò gravi amarezze ;

e ciò non corrisponde perfettamente a quanto narra il cronista nostro sotto la data
dell’ 8 settembre di questo anno.

T—— as
mne

——— _

CRONACA PERUGINA INEDITA, ECO. 371

A di primo de 7bre fo apresentato dal nostro comuno e dala
fraternita de S. Gioseppe e da altre particolar persone.

A dì 2 de 7bre detto frate Berardino fece una nobile predica
in piede dela piazza, e predichò del bene dela republica, e molto
biasimava el mal vivere di essa e dele ocisione fatte. E più volte
cie recordó quelle cose, le quali cie aveva anuntiate e predicate
in qualche sua predica del passato, quale cie sono avenute, e
molto confortava quelli, ali quali apartiene el governo, e che si
non se repara cascherà el giuditio contro de loro. E poi se voltó
al popolo, e disse: che ogni persona governasse la casa sua, e
chi non poi fare altro, guardi sé medesimo, e facci bene, altra-
mente el giuditio de Dio cascherà sopra di loro, e cosi confortava
ogni persona a far bene, e molto disse che se non se mutava
modo al vivere dela città, che noi dovemo aver peggio, che non
avemo auto e presto. E.questa fu la 7* predica che lui facesse.

A di 8 detto se parti fra Berardino la mattina per tempo; e
in piazza se aspettava che lui venisse a predicare, perochè era
sonata la campana de S. lorenzzo ala predica, e esso non avea
domandato licenzza. In efetto gran popolo era venuto ala predica,
come era consueto, e 7 prediche che esso avea fatte in piazza,
onde che intendendose lui essere partito senza licenzza, e. pen-
sando la brigata ale cose, quale esso avea preditte, ciaschuno
remase de mala. voglia (1).

A di 13 detto francesco de Oddo andó per Amba: del nostro
Comune al Papa. Se disse che andava a pregarlo che li piacesse
de refermare el presente nostro governatore a beneplacito delo
stato de questa città; ma fece poco frutto, che non otene. cosa
alchuna che domandava.

A di 20 ditto se partì de Perogia m. Orso deli Orsini, nostro

(1) Date le condizioni della città e l'onnipotenza della casa dei Baglioni, si
comprende, che un predicatore, il quale, come narra il cronista, voleva ricondurre
nella retta via i reggitori di Perugia, ricevesse ordine di allontanarsi all' improviso
dalla città. Però dalla nostra cronaca non risultano quei fatti, che il padre De Besse
narra nella Vita del beato Bernardino, e che rappresenterebbero delle selvaggie
manifestazioni di odio verso di lui. Nulla poté far credere ai perugini, che il loro
ammirato predicatore sarebbe stato cacciato dalla città, tanto che si meravigliarono
di non vederlo apparire sul pulpito, da cui bandiva la sua eloquente parola.

rna n mms

1
&
318 O. SCALVANTI

governalore, quale avea fornito el tempo del suo ofitio, e andó
verso Roma.

A di 4 de 8bre vene l'aviso qui, come el mag : Semonetto de
Ridolfo Baglione avea preso Nuntio da folignie con certi altr;
compagni denante ala posta de Bevagnia, e le tolse certe vituva-
ria, che portavono a Gualdo.

A questi dì detto molte persone dela nostra città andarono a
campo a Gualdo, e pigliaro li passi aciochè non possa entrare
vitovaria nè fante in Gualdo de Catanio.

A questi di del detto el Mag: Girolamo deli Arceprete andò
a Gualdo con una bella compagnia e bene in ordene a compia-
cenzza deli Baglione.

A dì 15 de 8bre venero in Perogia due brevi da parte del
Papa, uno ala nostra comunità, e l'altro a Guido e a Ridolfo
Baglione, quale comandava, che non se. impaccassero dele cose
de Gualdo con assai brusche parole.

A dì 20 detto retornaro tulti quelli, che erano andate a guar-
dare'li passi de Gualdo per comandamento del Papa.

A questi di de 8bre se partì el Papa da Roma, e andò a
Nepe. Se disse che se era partito per sospetto dela moria, quale
faceva danno assai in Roma. Di poi se partì da Nepe, e andò a
Viterbo, e da Viterbo a Toscanella.

A dì 7 de 9bre vene in Perogia per nostro governatore lo
Arcevescovo de Trane, chiamato per nome m. Giovane Casello.

A dì primo de Xbre Papa Alexandro andò a Orvieto con
molti cardinale in sua compagnia.

A di 3 ditto il comuno nostro mandò li Amba: al Papa. La
cagione non se dicea. Cie andò m. Baglione da M. Biano e Se-
monetto de Ridolfo Baglione.

A dì detto el nostro comuno mandò a presentare el Papa de
cera libre 50, scatole de confetti 100, torte de marzepane 100,
pari de caponi 100, biada some 15.

A dì ditto el nostro comuno mandò la nave de ariento del
palazzo a donarla al figliolo del Papa, quale era Cardinale (1).

(1) Il cronista ci riferisce che il dono della nave di argento (che era uno dei
principali ornamenti dell'abitazione dei Priori) al figlio del papa fw cosa biasimata.
dai cittadini. E difatti, questo cardinale non era altri che Cesare Borgia, inalzato
alla porpora dal proprio padre Alessandro VI nel concistoro del 21 settembre 1493.
"———ÀÁ

CRONACA PERUGINA INEDITA, ECC. 379

La mandaro a compiacenzza deli Baglione segretamente, onde
che quando se seppe per la città molto fo biasimata tale cosa,
e essere stato mal fatto.

A questi dì detto el Mag: Astorre de Guido Baglione andò
per soldato de’ Norscini contro li forosciti de Norscia.

A questi di de 9bre el nostro governatore fece apiccare molti
ladri e malfatori, de modo che per gratia de dio se comenzza a
conosciere la ragione, la quale è molto tempo che è stata nascosta ;
e li spadaccini non portano più arme, e molte brigate anno sgom-
brato la città, e [sono] andate via.

Nel predetto anno el grano al più valse in piazza s. 20 e 25
la mina, l'orzzo s. 17 e 18, la spelta s. 12 e 13, l'olio I. 5 el
mezolino, el vino l. 10 soma.

1494 — A di 25 de Genaio in sabeto a matina a bona ora
for tolte balle 25 de seta nela gabella grossa, la quale era de' ge-
novesi, e fo rotta la detta gabella con un tavenello, e subito fo
carcata la detta seta e mandata a fiorenzza. La cagione perchè
fo tolta si fu, che un genovese corsaro asaltó una nave in mare
apresso el porto de Ancona, quale venia de levante. El patrone
de della nave si era Mariotto de francesco Sotie, e quelli che an
tolte le dette balle de seta son quelli che avevon perdute le lor
robbe nela detta nave.

A di ditto el Podestà publicó tutti quelli che se erano trovate
a torre le dette balle de seta e li lor seguace, e mise li nomi
de tutti loro in schritto denante ala porta del Podestà nel pergolo,
notificando che dovessero comparire personalmente per tempo de
tutto quel dì per defendere ogni lor ragione; altrimenti saranno
messi in bando dele forche per comandamento del nostro gover-
natore.

A dì 29 ditto fo preso fra Giovan Batista perugino, frate de
l’ordine de S. Agustino. Li fo aposto che lui avea parlato con li
forosciti, per la qual cosa fo messo nel fondo dela rocca dela ba-
stia, e fo examinato, e non fo trovato in peccato alchuno; ma fo
bene in dano del delto convento de fior. 25.

A dì 80 ditto vene la nova in Perogia come Ferrando re de
Napoli era morto, e dicese che fo molto micidiale, e morì in
grande stato.

E di poi vene lo aviso che el Duca de Calabria, figliolo del
|
|

III MITI ZEN

380 O. SCALVANTI

ISANTIZIT PERIZIA I COAT ANZIO

re Alfonso, bastardo, avea preso el reame, e chiamase el re Al-
fonso, e è persona molto teribile, e è guercio, e fo molto temuto È
e reverito (1). 1

A di 3 de febraio vene la nova, come era morto el Gran Turco
de peste questo mese passato ala festa de Natale (2).

A di 9 ditto Astorre de Guido Baglione fece fare una bella e
nobile colatione in P. S. P.°, ala quale cie foro numerate 300 donne
ballarine dele più belle de Perogia, e anco cie andaro li Mag:
Sig: Priore, dove cie foro fatte molte feste con 3 carri e diverse
balli. La colatione se partì de casa del ditto Guido Baglione, e fo
tenuta una bella colatione.

| Prof. OscAR SCALVANTI.

(1) Morto nel 25 gennaio del 1494 il re Ferdinando, gli succedette nel regno
Alfonso, duca di Calabria, suo primogenito.

(2) Questa voce era falsa, perché Bajazet II visse fino al 1512; e Zizim suo
fratello, come abbiamo visto, mori di veleno nel 1495.
TAPA ST ASIN

381

MEMORIE E COMUNICAZIONI

NOTIZIE UMBRE

tratte dal registri del Patrimonio di $. Pietro in Tuscia

Dai registri camerali del Ducato spoletino del secolo XIV,
che si conservano nell’ Archivio Vaticano, il Fumi ha pub-
blicato in questo Bollettino copiosi estratti a sussidio della
storia regionale umbra, ossia tutte le notizie interessanti il
movimento politico di un luogo o di un altro, e in generale
la rappresentazione della vita pubblica in un periodo di anni
pieno di agitazioni e di turbolenze (1). A completare il lavoro
del Fumi reputo conveniente, cogli stessi criteri, pubblicare
dai registri del Patrimonio le notizie riferentisi ad una vasta
parte del territorio umbro che nel secolo XIV era soggetta
alla giurisdizione del rettore del Patrimonio, e della quale
infatti nei registri del Ducato non è che qualche raro ricordo.
Comprendeva essa le città di Orvieto, Todi, Amelia, Narni,
Terni e Rieti, intramezzate da terre e rocche importanti
come San Gemini, Miranda, Stroncone, Otricoli, e le due
speciali divisioni amministrative distinte coi nomi di comi-
tato di Sabina e terre degli Arnolfi, ciascuna delle quali aveva
speciale governo dipendente da quello centrale della provin-
cia. I detti registri abbracciano, con parecchie lacune, quasi
l’intero periodo avignonese. Non in tutti abbiamo notizie di
qualche rilievo per la storia dei luoghi suddetti, ma quelle

(1) Vol. III, pag. 499.
382 M. ANTONELLI

che abbiamo qui raccolte da alcuni non ci sembrano trascu-
rabile contributo alla medesima.

Nel dare un rapido sguardo ai medesimi ciò che più ne
colpisce è la frequenza delle ribellioni all’ autorità politicz
della Chiesa, dei contrasti fra questa e le autorità locali per
l esercizio della giurisdizione. È una condizione di cose che
caratterizza tutto il periodo avignonese nello stato ecclesia-
Stico, e si fa più accentuata nei paesi della nostra regione,
dove alle cause generali che la determinarono una tutta spe-
ciale ne va aggiunta d’ indole amministrativa, il contendersi
cioè da alcuni dei maggiori comuni di far parte del Patri-
monio, e il legittimarsi quindi in qualche modo l’inobbedienza
all’ autorità governativa di questo. Così principalmente Narni,
Rieti e Todi (1). Della tenace opposizione di Todi ha discorso
da par suo il nostro Fumi nel suo lavoro Ereticî e ribelli
nell: Umbria, pubblicato in questo Bollettino, vol. IV e segg.
Qui ne viene alla luce qualch’ altro particolare. Non si per-
mette in Todi la pubblicazione delle lettere della vicerettoria
di Filippo di Cambarlhac: si arresta e imprigiona un notaro
della curia mandato ivi dal rettore Ugo d’ Augerio per la
pubblicazione di certe altre lettere. Alle proteste e agli ap-
pelli dei todini sulla soggezione gli officiali del Patrimonio
oppongono prove quante più possono: l'atto solenne del 1267
col quale essi dichiarano di appartenere al Patrimonio, ed
essere tenuti a tutti gli obblighi dei patrimoniali: due sen-
tenze del rettore, l una in: una causa in appello a loro con-
traria, l' altra d'interdetto, dal rettore stesso pubblicata in
Todi, dalle quali apparisce l effettivo esercizio della giuri-
sdizione patrimoniale sulla medesima. Ma i todini si fan sem-
pre forti dell esenzione ottenuta da Bonifacio VIII; ed in
tutto il periodo da noi esaminato non risulta che mai abbiano

(1) Cf. M. ANTONELLI, Una relazione del vicario del Patrimonio a Giovanni XXII
in Avignone, in Archivio della R. Società Romana di Storia patria, XVIII, p. 456
e seg.
NOTIZIE UMBRE, ECC. 385

sofferto diminuzione alcuna alla loro piena libertà e indipen-
denza, nè che d’ altra parte la curia abbia mai ricorso alle
armi a costringerveli, come soleva fare coi deboli. Dei con-
tinui maltrattamenti subiti anche a Narni e Rieti dagli offi-
ciali del Patrimonio ci è prova il fatto che nel 1324 nessuno
osó andarvi per la pubblicazione delle sentenze pontificie
contro Ludovico il Bavaro (1). Provatisi poco dopo alcuni
messi a recarsi a Rieti per invitare il comune al parlamento
del rettore Pietro d’ Artois furono gravemente ingiuriati, ed
ebbero a stento a salvarsi fuggendo (2).

Nel 1526, anno in cui s' incominciano ad avere notizie
dei nostri luoghi, la guerra è accesa fra la Chiesa e Narni
ribelle. Anche di questa il Fumi ha scritto con abbondanza
di documenti. Qui possiamo precisare meglio. 1 epoca della
sottomissione, che fu a mezzo Aprile 1321. Il 16 ne fu man-
data notizia al pontefice. Poco dopo il tesoriere del Patri-

monio andò in Assisi a fare indagini nei registri della camera
conservati nella sagrestia del S. Francesco sui diritti della
Chiesa nel Patrimonio, e specialmente nella città e nel con-
tado di Narni, relativamente al quale molto rinvenne d'im-
portante circa le ragioni della Chiesa sopra Miranda, oggetto
di gran contesa fra essa e Narni, pel passato e per l'avve-
nire (3). Alla venuta del Bavaro Narni. non deviò. Il rettore
del Patrimonio la richiese d’ aiuti per ritogliere la Sabina a
Tebaldo di S. Eustachio che colle genti del Bavaro l’ aveva
quasi tutta occupata, e felicemente potè compiere l im-
presa (4).

(1) Arch. Vatic. Instr. Miscell. 10 dicembre 1324 « Relatio dni capitanei et co-
mitis ac rectoris in Patrimonio b. Petri in Tuscia, comitatu Sabine et terra Arnul-
forum». Vi si dice anche che uno dei castaldi già colà inviato e tornato in dietro,
e.poi nuovamente costretto ad andare, fu ucciso dagli usciti di Spoleto nella strada
presso la Nera, sotto la rocca di Accarino.

(2) FUMI, Eretici ecc., vol. 1V, p. 459. :

(3) I documenti relativi furono trascritti nel « Registrum curie Patrimonii b.
Petri in Tuscia » che fu poco dopo composto. Vedine lo spoglio nei Mèlanges d'aw-
chéeologie et d? histoire, an. IX, fasc. III-V.

(4 Tra i luoghi rimasti fedeli nella Sabina, nonostante gl'innumerevoli
=

M. ANTONELLI

/ Todi e Amelia invece, alla calata del tedesco impera-
| tore, ribellarono con entusiasmo mai più visto, nella ribel-

lione trascinando anche le terre circostanti. Ma fu ardore
che presto affievoli. Cesi e San Gemini, state sempre sog-
gette alla loro influenza, tornarono presto a riverire l auto-
rità pontificia. Agli ultimi di Novembre 1350 entró in San
Gemini il vicario delle terre Arnolfe, e poco dopo il rettore
del Patrimonio che la prosciolse dall’ interdetto, vi rimise gli
usciti, fece le paci, e vi pose a podestà un Farnese, guelfo
devotissimo, Cola d’ Ancarano. Solo le due città continuarono
ribelli. Contro Amelia si cavalcò nell’ agosto 1331; si chiesero
aiuti a Corneto; si acquartierarono genti in Lugnano perchè
offendessero senza posa; e si ebbe anche l'ingenuità di man-
dare ai todini che nen le dessero appoggio. I quali per con-
tro cogli amerini stessi si posero a cospirare per ritogliere
alla: Chiesa San Gemini, e cacciarla anche da Laguscello,
testè pervenutole per la terza parte per legato d'Ildibran-
dino Annibaldi; ma videro frustrati i loro sforzi dalla buona
custodia che vi si faceva, specie a San Gemini, ove fu posta
guardia nelle case che Stefano Colonna aveva testè ereditate

danni, fu Torri, che, in compenso, richiese al pontefice alcuni importanti privi-
legi, come al Breve seguente:

« Rectori Patrimonii — Dilecti filii potestas comune et homines castri Turris
« Sabinen. dioc. dampna innumera que, tempore quo ille Sathane filius Ludovicus
« de Bavaria hereticus et scismaticus manifestus erat in illis partibus, propter eo-
«rum fidelitatem quam ad nos et romanam gesserunt.et gerunt ecclesiam se su-
« stinuisse asserunt, nobis per eorum litteras intimarunt, humiliter supplicantes
« ut eis, quod per curiam Patrimonii generalem non procedatur in aliquibus male-
« ficiis cum per potestatem sen vicarium dicti castri fuerit in procedendo preventa,
« et quod cum aliquis de universitate ipsius castri in civili vel criminali iudicio et
«in quacumque parte iudicii dixerit se gravari per dictam curiam, teneatur ea-
« dem curia dare gravato ad ipsius expensas aliquem probum virum non suspectum
qui iudicium terminet memoratum, quodque contra aliquem ex eis nequeat per
« privatam inquisitionem procedi, nisi nomen denunciantis appareat, qui in proba-
« tione deficiens puniatur pena talionis, de benignitate aplica dignaremur. Nos
« itaque de premissis notitiam non habentes, discretioni tue per aplica scripta man-
« damus quatenus super hiis etc.; te plenius informare procurans, nobis quid in
« premissis expedire tibi fore videbitur referre fideliter non omittas. Datum XVII
Kal. Aug. an. XVI » (Arch. Vatic. Reg. Secret. Johann, XXII, VIII, c. 335 t.

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NOTIZIE UMBRE, ECC. 5980

da un tal Egidio, e che più tardi la Chiesa, per consolidare
il suo dominio sulla terra, dallo stesso Colonna acquistó e
fortificò (1).

Per la riaccesa ribellione di Viterbo essendo impegnate
contro questa città le maggiori forze della curia, le offese
contro Amelia si erano rese sempre più fiacche e inter-
mittenti, quando un terribile eccesso da essa compiuto le
richiamò nuovamente, rinforzate da quelle dei baroni e dei
comuni, ai suoi danni. Sui primi di luglio 1532 Foce era
stato dagli amerini saccheggiato ed arso. Il rettore stesso

capitanò l’esercito contro di loro, che, sgomenti per i grandi

guasti, si affrettarono a chiedergli venia, e il 19 luglio lo,

accolsero nella loro città. Vide il rettore il momento op-
portuno per imporre ad essi quella soggezione, alla quale
avevano sempre recalcitrato, e ne scrisse al pontefice, ag-
giungendo anche che ordinasse loro di rifabbricar Foce,
e pagare alla camera una penale di almeno 5000 fiorini.
Ma il pontefice consigliò moderazione: si chiedesse sì il ri-
facimento dei danni, e l'indennizzo delle spese dell esercito,
ma quanto alla pena si soprassedesse (2). Credeva con ció
indurli a più sincera obbedienza, e non faceva invece che
rianimarne gli spiriti ribelli. Essi infatti, dopo aver rimbor-
sato la camera delle dette spese, nullaltro curarono fare,
anzi oppressero con nuovi gravami i disgraziati focesi, tanto
che lo stesso pontefice credette opportuno rompere egl'indugi,
e dare ordine ai suoi officiali di riassumere ed eseguire i
processi contro di loro, e costringerli colla forza all emenda
dei danni (3). Nel marzo 1555 si procedette all’ esecuzione,
ed anche questa volta la città si arrese senza oppor resi-
stenza, ma lo fece con più sincerità d'intenti, e si obbligò
di pagare per-tutti gli eccessi una composizione di 1520 fio-

(1) V. Secret Johann, XXII, VII, c. 336. Doc. 27 Mar. 1332.
(2) FUMI; ivi, V, p. 40, 44.
(3) Secret. Johann. XXII, VIII, c. 275. Lettere del 15 Marzo e 15 Aprile 1334.

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DOOR M. ANTONELLI

rini. A meglio assicurar Foce gli officiali del Patrimonio lo
dichiararono esente da ogni giurisdizione d’ Amelia, e deli-
berarono di costruirvi una rocca col contributo degli abi-
tanti; ma indarno si aspettò la conferma pontificia dell’ e-
senzione, ed anche la rocca rimase allo stato di progetto.
Non fu, come Amelia, ugualmente possibile’ ridur Todi. E
sì che le sue colpe non eran da meno. Aveva occupato, con
grandi guasti, Messennano nelle terre Arnolfe, ed ottenutane
la soggezione. Anche da altri comuni si era fatto portare il
pallio. Il pontefice instava per l esecuzione dei processi (1),
ma agli officiali della curia era tropp’ osso duro da rodere. Ed
essa continuava a far conquiste. Nel novembre 1333 erano
tanti i castelli occupati che gli officiali stessi ne scrissero al
papa, chiedendogli anche l ordine di andarli a ricuperare,
quasi che senza di questo non lo potessero. Ma nessuno mai
.si mosse. Tre anni dopo il rettore del Patrimonio invitò il
podestà e il vescovo ad un abboccamento in San Gemini per
trattare della riduzione della città: non sappiamo se si ri-
spondesse allinvito, o forse la risposta fu l'arresto di un
notaro della curia andato di li à póco a Todi à pubblicarvi
certe lettere della medesima. Questi ed altri insulti si tolle-
rarono in pace dalla città fiera della libertà sua e tenace
nella sua fede ghibellina, che continuó per tal modo a im-
baldanzire sempre più, ed espandere, libera da ogni freno,
la sua potenza. Solo nel 1339 il pontefice scrisse a Roma,
Firenze, Siena, Perugia e Spoleto che si unissero al rettore
del Patrimonio a combatterla (2). Essa invero in quell anno,
varcati nuovamente i confini, si accingeva ad occupare AI-
viano, offendere Narni, Amelia, San Gemini (2). Alviano era
terra immediatamente soggetta alla Chiesa, ma ghibellini in
eran parte i signori che da essa si nominavano, ed a Todi

(1) Secret. Johann. XXII, VII, doc. 1488. Lettera al tesoriere del 23 Giugno 1332.
(2) Secret Bened. XII, V, doc. 146-155.
(3) THEINER, Cod. dipl. dom. tempor. S. Sedis, II, doc. 69.


NOTIZIE UMBRE, ECC. 387

amici e devoti. Se Amelia aveva aderito al Bavaro, agli AI-
viano e ai todini erasi dovuto principalmente (1). Tornata che
fu alla Chiesa si adoperarono di nuovo per distaccarnela, e
vi riuscirono. Infatti nel dicembre di quell’anno 1339 Gian-
notto d'Alviano la rioccupò e tenne in ribellione, mettendo
a soqquadro anche la cattedrale e l episcopio, per vendetta
certo dell'esserne stato espulso il proprio congiunto, l'eretico
frate Nicola, già vescovo dellantipapa Nicolò V. Sospesa
ogni azione contro Todi, gli officiali del Patrimonio si volsero
nuovamente contro Amelia, con grande sforzo di trabucchi,
assinelle e altre macchine guerresche, e turbe di guastatori
per tagliare alberi e vigne. Più ardua era questa volta l’im-
presa per i validi sussidi che ad Amelia non sarebbero man-
cati: si richiese quindi e si ottenne l'aiuto potentissimo di
Perugia, ed il comando dell’ esercito si diede al prode Pone
di Guasta di Radicofani. Dopo quindici giorni di combatti-
menti, nel giugno 1340, la città si arrese; e s'intavolarono
subito con essa trattative di concordia, per le quali fu chia-
mato da Corneto il saggio Manfredo Vitelleschi.

La ribellione intanto erasi propagata fino a Terni, ove però .

non si lasciò a lungo divampare. La guerra per domarla fu sì
più micidiale e desolatrice: vi restò ferito e preso lo stesso
maresciallo del Patrimonio. Il quartier generale della Chiesa
era stato posto a San Gemini. Da Cesi, Stroncone e altri luoghi
attorno si scendeva di e notte alla devastazione; mentre dal-
l'alto di Miranda un grosso cero faceva i segnali di difesa e
di offesa. Si custodirono con molta cura le strade onde la
città non venisse vettovagliata: si sequestrarono i beni dei
ternani esistenti nelle terre della Chiesa per indurli piü fa-
cilmente all’ obbedienza. Il 20 ottobre finalmente un procu-
ratore del comune si presentó al rettore Guigo di San Ger-
mano implorando grazia e misericordia, e promettendo rico-

(1) FUMI, ivi, p. 20 e segg.
388 M. ANTONELLI

noscerlo unico giudice degli appelli, e tornare a pagare al
tesoriere di Sabina il solito censo di 120 libbre di cortonesi (1).

Dal 1342 al 1346 i nostri registri mancano del tutto,
essendo andati perduti nel tumulto che segul in Orvieto nel-
lagosto 1345, in cui fu saccheggiata anche l'abitazione del
rettore del Patrimonio, che allora in Orvieto risiedeva, e
messo a ruba denaro e scritture (2). Furono peró anni rela-
tivamente tranquilli, se si eccettuino le nuove intollerabili
offese di Todi contro San Gemini, che costrinsero questa
terra ad una nuova sottomissione alla potente vicina, ed il
papa ad energici provvedimenti contro di questa (3).

Segue il periodo del rapido innalzarsi della potenza di
Giovanni di Vico, dilatatasi in breve anche oltre i confini
del Patrimonio. Narni, Terni, Orvieto, Otricoli e altri paesi
della Sabina si staccarono, quale prima, quale poi, dalla Chiesa
per aderire a lui: nella Sabina non restarono obbedienti che
Torri, Collevecchio e Rocca Antica. Il di Vico entró in Or-
vieto il 19 agosto 1352 (4). Pietro, di lui fratello, a Narni,
sembra, nel febbraio successivo; dopo di che la: guerra già
mossa dai narnesi contro l ambita Miranda prese novello vi-
gore, ed era per finire colla resa della rocca, quando un
forte esercito, raccolto da ogni parte dal rettore, irruppe con
grande impeto sugli assedianti, e li pose in fuga. Si profittó
della tregua vigente con Giovanni di Vico per continuare le
ostilità contro Narni. Da Cesi il maresciallo del Patrimonio,
dai paesi della Sabina il vicario di questa dovevano far of-

(1) THEINER, ivi, doc. 113.

(2) GUALTERIO, Cronaca etc. di F. Montemarte, II, p. 161, in nota. Di ciò è
cenno anche nei registri del Ducato « Propter admissionem librorum factam in Ur-
beveteri non potuit haberi notitia omnium introituum » (FUMI, I registri del Ducato
di Spoleto, vol. VII, p. 116 di questo Bollettino)

(3) Secret. Clem. VI, III, doc. 510, 924, 025 ; IV, doc. 152, Contro gli ordini pon
tifici mandati per l' esecuzione al vescovo di Todi, i todini appellarono adducendo
il solito motivo dell’ essere stati i medesimi provocati in modo orrettizio e surret
tizio (Arch. Vatic. Instr. Miscell. Agosto-Settembre 1940),

(4) GUALTERIO, Op. Cit., I, p. 151,

———
— =

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NOTIZIE UMBRE, ECC. 389

fendere la città ogni giorno; San Gemini dar ricetto agli
offensori. Alla fine quel che si sperava avvenne. Pietro di
Vico coi suoi seguaci fu espulso da Narni (5 giugno), dove
entrò poco dopo il rettore del Patrimonio, Giordano Orsini.
Ne dovette però subito ripartire, chiamato a Montefiascone
per la ripresa delle ostilità contro il prefetto.

Tra queste ebbe importanza notevole la guerra contro Or-
vieto, che i nostri registri illustrano di nuovi particolari. Agli
usciti Monaldeschi fu data una provvigione mensile perchè fa-
cessero partecipare alla guerra le proprie terre, ed essi fossero
dei principali nella medesima: a Giacomuccio di Castel Ru-
bello furono emendate certe baliste toltegli dalle genti della
Chiesa per indurlo a ribellare al prefetto, ed offendere la città
di cui quel castello era un battifolle. Ciò nel gennaio 1354,
quando Orvieto, a detta del cronista, era stretta talmente
che non poteva uscirne persona, la quale non fosse presa (1).
Salvata per allora dall accorrere in suo aiuto dello stesso di
Vico fu, più duramente ancora, assediata nel marzo, dopo
che le genti della Chiesa; espugnato il monastero di S. Lo-
renzo delle Donne (în Vineis) lo ebbero ridotto a battifolle
contro di essa. Il 12, Giovanni di Vico toccò una solenne
sconfitta a Petrojo, presso il monastero, dopo la quale si ri-
dusse nella città senza piü uscirne. Quotidiane eran le offese.
Si tentó dagli assedianti di entrare di notte tempo in Orvieto
guardie accortesene li posero in

te

bruciandone le porte, ma le
fuga. Si guastó la lega di un mulino per impedire agli orvie-
tani di macinare. Si andò persino a tór via la campana
dalla chiesa di S. Giorgio presso la città, ove stavano
certi fanti per suonarla quando uscivano soldati dal bat-
tifolle, ed avvertire così i cittadini ch’ eran fuori a porsi
in salvo. Il 3. giugno avendo gli assediati fatto una sor-
tita, Berardo di Corrado Monaldeschi, capitano del batti-
folle, li fece attaccare sulla strada di S. Maria di Valverde.

(1) Ivi, p, 104,
390 M. ANTONELLI

La città era ormai ridotta agli estremi. Quando, pochi giorni
dopo, si arrese all’ Albornoz, mancava affatto di pane. L/'AI-
bornoz la ricevette in obbedienza, e decise subito fabbricarvi
una rocca, per disegnare la quale chiamò da più parti idonei
maestri, ma i lavori non ebbero principio che dieci anni dopo.

Alla restaurazione albornoziana succede in tutto lo stato
ecclesiastico un periodo di ordine e di tranquillità, e l'au-
torità della Chiesa vi é generalmente riverita. Orvieto, Amelia,
Narni, Terni, Rieti concedono all’ Albornoz e a Innocenzo VI
il civico regime a vita. Ma l'avversione all’ autorità rettorale
del Patrimonio perdura sempre. Per le sue vessazioni questa
erasi invisa a tutti, e n'erano andati continuamente ad Avi-
gnone doglianze e reclami. A far ragione ai quali Benedetto
XII aveva deputato fin dal 13956 l'arcivescovo di Embrun,
che molti ebbe ad esaminarne, specie delle terre Arnolfe.
Ma l’opera sua di riformatore era rimasta sterile di buoni
risultati. Dalle stesse terre Arnolfe si levarono pochi anni
dopo nuovi gridi di dolore contro gli officiali, che, preposti
al governo delle medesime col patto di ritenersi parte dei
proventi camerali, commettevano soprusi ed estorsioni inau-
dite, per il che molti abitanti trasferirono altrove la propria
dimora. Dovette Clemente VI intervenire per far cessare
l abuso (1). Uno dei detti officiali, il vicario Cante Gabrielli

(1) Ecco quanto ne scrisse in proposito al rettore del Patrimonio, Bernardo
vescovo di Viterbo:

« Nuper nobis exhibita pro parte dilectorum filiorum hominum et habitato-
«rum Terre Arnulforum nobis et ecclesie romane immediate subiecte petitio con-
« tinebat, quod ipsi nostri et ipsius ecclesie fideles et subditi ex eo contra iustitiam
« oppressi fuerunt hactenus et opprimuntur etiam incessanter, quia illi quibus re-
« gimen ac redditus et proventus dicte Terre sub firma tanquam plus offerentibus
« per te traduntur seu venduntur interdum et aliquotiens etiam commendantur, con .
« ventione facta cum eis quod certam partem. ipsorum proventuum sibi retineant
« et aplicent, et aliam partem residuam assignare nostre camere teneantur, magis
« lucris propriis quam cultui iustitie inhiantes, ad inferenda eisdem hominibus et
« habitatoribus diversa indebita gravamina, ut ab ipsis. bona sua extorqueant et
« sibi aplicent, extenderunt preteritis temporibus et extendunt continue avidas
« manus suas, que quidem gravamina sustinere quamplures dicte Terre habitatores

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NOTIZIE UMBRE, ECC. 391

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si vide chiudere in faccia le porte dagli uomini di Castiglione,
i quali, invitati più tardi all'udienza da un altro vicario, non
obbedirono. Nel consiglio d'Amelia si propose che chiunque
appellasse, o traesse in qualunque altro modo altri avanti la
curia del Patrimonio, dovesse pagare al comune 500 libbre
di cortonesi: — contro il rettore Giordano Orsini un altro
amerino scagliò parole oltraggiose: — in ispreto alle costitu-
zioni della curia si fecero nella città stessa ordinamenti, e
senza la debita approvazione si eseguirono. Orvieto che, per
ragione d'utilità economica, aveva chiesto e per qualche
tempo ottenuto che vi si trasferisse la curia, non volle tut-
tavia sentirne di soggezione a questa, ed anzi si procuró dal
pontefice Urbano V un esplicito breve di esenzione (1).

La restaurazione suddetta si compié, come si sa, colla
convocazione di un generale parlamento di prelati, baroni e
‘appresentanti dei comuni nella rocca di Montefiascone,. nel
quale l'Albornoz, dopo accurato esame, richiamò in vita i
diritti della Chiesa durante la lunga assenza papale meno-
mati o andati in dissuetudine, ponendo fine così a innume-
revoli contestazioni e litigi, e dando al rinnovato ordine di
cose stabilità e sicurezza. Indagini parziali sui diritti della
Chiesa nei diversi luoghi erano state fatte anche prima, e

« et incole non valentes, eadem terra dimissa, se ad partes alias transtulerunt.
« Nostre igitur provisionis remedio super hiis humiliter implorato, nos, qui subdi-
« torum gravamina non modicum abhorremus, discretioni tue per aplica scripta
mandamus, quatenus, ad obviandum huiusmodi et similibus gravaminibus, perso-
nam fidelem et ydoneam, que nullam partem dictorum reddituum et proventuum
ad nos et ecclesiam memoratam in eadem Terra spectantium sibi retinere vel
applicare habeat, sed de illis per eam colligendis exigendis et recipiendis ratione
reddita legittima integraliter camere respondeat supradicte, de qua congruum
stipendium pro labore suo recipiat, deputare procures, tam personam ipsam quam
alios ofliciales dicte Terre in fine sui regiminis secundum iustitiam et morem pa-
trie, ut queque indebita tollantur inde gravamina, faciens nichilominus sindicari, te
taliter super hiis habiturus, quod iura nostra ét ecclesie predicte super hiis ob-
serventur illesa, et prefati habitatores et homines a quibusvis gravaminibus inde-
bitis releventur — Dat. Avinion. IV Non. Jun. an. III. » (Secret. Clem. VI, P. II,
doc. 32.
(1) FUMI, Cod. diplom. d’Orvieto, doc. 684.

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392 M. ANTONELLI

noi già accennammo alla compilazione del Aegistrum curie
Patrimoni B. Petri in Tuscia con atti rinvenuti in gran parte
in Assisi, che l'Albornoz fece poi trascrivere e corredare di
nuovi documenti. Altre indagini si erano andate facendo negli
stessi luoghi più soggetti a contestazione, come Miranda,
Stroncone ed Otricoli, sui quali Narni vantava pretese, ed in
tutte le terre Arnolfe che Todi voleva a sè soggette, ed ove
il vicario Tommaso di Bevagna nel 1334 fece un’ inquisizione
generale e particolare di tutti i diritti della Chiesa e degli
obblighi degli abitanti, di che nei registri camerali non era
traccia, e la ridusse in pubblica forma perchè se ne avesse
perpetua memoria. Oltre al succitato /'egistrum, lY Albornoz
fece compilare per i bisogni giornalieri dell’ amministrazione
un succinto repertorio dei diritti della Chiesa, che fu pubbli.
cato dal Fabre nel vol. VII dei Melanges d'archéologie et
d'histoire col titolo Un registre caméral du card. Albornoz en
1364. Fra i luoghi ivi enumerati secondo l' ordine geografico
sono due castelli, Lacuscello e Canale, che solo nel periodo
di tempo da noi esaminato vennero in potere della Chiesa;
non lo sono due altri, Perticaria e Carleo, che appunto in
questo periodo di tempo cessarono di appartenerle. Ecco in
proposito quanto si apprende dai nostri registri.

Lacuscello, fra Todi e Amelia, fu legato per la terza parte
alla Chiesa, come già si accennò, da Ildibrandino Annibaldi,
e l'8 marzo 1332 il tesoriere Stefano Lascoutz si recò a
prenderne possesso. Ben tosto amerini e todini si posero a
cospirare con Bertoldo nipote del testatore per impadronir-
sene, ma la buona guardia postavi frustrò le loro mene. Dopo

“di che si trattò di acquistare anche la parte spettante agli

altri condomini per fare di Lacuscello un valido baluardo
contro Todi (1), ma non si riuscì a possederne mai più della
metà (2). Canale pure, in diocesi di Todi, apparteneva in

(1) FUMI, Eretici etc., loc. cit., p. 19.
(2) V. Un registre camèral du card. Albornoz, cit.

EIIOATUTÓOURES
n

NOTIZIE UMBRE, ECC. 393
L]

origime a Ildibrandino Annibaldi, che lo lasció per testamento
a certi nipoti col patto di non mai alienarlo, altrimenti do-
vesse devolversi alla Chiesa. Avendolo essi alienato, e per
di più ad un ribelle, qual era un Chiaravalle, uscito todino,
il papa scrisse il 27 marzo 1356 allegato e al rettore di an- '
darlo ad occupare, a Perugia e Todi di dare ajuti (1). Canale,
ben munito, resistendo, si posero stipendiari nel vicino Col-
cello per fargli continua guerra, e s'intimó anche ai comuni
vicini di mandare un certo numero di fanti all' offesa. Ció de
cise della sua sorte: quassato dalle macchine degli assedianti
alla fine cedette, ed accolse fra le sue mura il castellano pon-
tificio. Le rocche di Perticaria e Carleo si custodivano per la
Chiesa, quando i narnesi, dicendole a sé appartenere, fecero
domanda al papa per la restituzione, al che Terni si oppo- .
neva con tutte le forze insistendo perché invece si demolis-
sero. Giovanni XXII commise I' esame della questione al car-
dinale legato Giovanni Gaetano Orsini (2), che la decise a
favore dei narnesi, contraddicendo al rettore del Patrimonio
che appelló dalla sentenza. L' appello si trascinò per le lunghe,
e frattanto il legato effettuó la restituzione, con grande scan-
dalo del pontefice, sovratutto per Perticaria, che gli ordinò
di ridurre nuovamente in mano della Chiesa fino alla deci-
sione dell appello (3). La quale tuttavia dovette essere ai nar-
nesi favorevole, non trovandosi quelle rocche possedute più per
la camera, ma essendo invece memoria di un pagamento di
circa 2000 fiorini fatto dal comune di Narni alla camera
stessa per la precedente manutenzione e custodia delle me-
desime.

A. contrastare alla giurisdizione della Chiesa, oltre ai
comuni e baroni della contrada, si univa, in nome dei suoi
antichi diritti sul territorio dell’ antico ducato, il comune di

(1) Secret. Innoc. VI, t. IV, c. 40, 41.
(2) FumI, ivi, IV, p. 452.
(3) Secret. Johann. XXII, P. VIII, doc. 1498.
394 M. ANTONELLI

Roma. Già il Pardi pubblicò in questo stesso Bollettino (1,
p. 585) l interessante documento dell’ archivio amerino con-
tenente i capitoli della soggezione di Amelia a Roma stipu-
lati probabilmente nel 1307. Contro i comuni che rifiutavano
le prestazioni e i servigi richiesti andavano le milizie a fare
esecuzione. Nel gennaio 1959 erano esse a Magliano in Sa-
bina, quantunque il rettore del Patrimonio avesse intimato a
quel comune di non ricettarle. Con Otricoli, pur ribelle, com-
posero senza troppo aggravarlo. Da li minacciarono le terre
vicine, e specialmente Torri che il rettore si affrettó a pre-
munire, ed altri luoghi nell’ anno successivo, dei quali pure
si provvide in tempo alla diligente custodia.

Oltreché sui rapporti dei comuni colla Chiesa, sulle
interne agitazioni dei comuni ci dan copia di notizie i nostri
registri, conciossiachè officio dell autorità provinciale fosse
linterporsi per calmarle, e, non riuscendovi, punirne gli
eccessi. Diamone qui un rapido cenno. Nell aprile 1329 il
tesoriere riammise gli estrinseci a Magliano. Ugualmente fece
nell’anno successivo il rettore a San Gemini ristabilendovi
la pace: ma qui più profonda era la scissura fra i partiti, e
l'intervento degli officiali fu nuovamente necessario nel di.
cembre 1331, nel gennaio 1332 e nell aprile 13395. A Por-
chiano si fecero rumori e tumulti nel 1337 e nel 1555. Ad
Otricoli nel 1331 e nel 1349, in cui per sedare le novità fra
guelfi e ghibellini fu mandato maestro Francesco di Bona-
giunta di Montefiascone, ma con poco successo, le discordie
essendovi fomentate dai narnesi bramosi di dominarvi, tanto
che fu necessario poco dopo l’ invio di un nuovo riformatore.

Guelfi e ghibellini imperversarono. fino in piccoli castelli,

come Cesi e Rocca Guittonesca. Gravi discordie di famiglia
furono a Stroncone e a Tarano dove se ne confinarono i capi.

Fra le maggiori città primeggiarono per accanimento di
lotte faziose Amelia ed Orvieto. Appena entrato in Amelia,
nel luglio 1332 il rettore Pietro d’ Artois si adoperò molto
per farle cessare, ma esse tornarono a scoppiare con più
NOTIZIE UMBRE, ECC. 395

LJ

violenza appena si fu partito: i ghibellini furono espulsi dai
guelfi, ed espulso anche Matteo Orsini che vi reggeva: si
venne alle mani, e molti caddero uccisi: rettore, tesoriere e
legato dovettero collaborare d'accordo per riformare lo stato
della città; il legato anzi vi resse per qualche tempo: segui-
rono in curia processi e condanne, finché il vescovo Manno,
fratello di uno dei capi-parte e complice nelle uccisioni,
pagò pel comune, per tutti gli eccessi, una composizione di
1200 fiorini. Di nuovi rumori in Amelia si ha notizia nel
1358, in cui, durante la processione del Corpus Domini, nel
tumulto cadde a terra il tabernacolo e s' infranse l’ eucaristia.
— Son note le fiere lotte intestine che lacerarono Orvieto
per tutto il secolo XIV. Dopo l uccisione di Napoleuccio
Monaldeschi vi si recarono rettore e tesoriere per metter
pace. Il papa da Avignone instò per la concordia fra i Mo-
naldeschi, colonne del guelfismo (1), ma non fu ascoltato.
Prevalso alfine Ermanno su tutti gli altri, e rottasi la guerra
da costui contro Guido Orsini conte palatino per il riacqui-
sto della Marittima al comune, gli stessi officiali s'interpo-
sero per la pace fra i contendenti, e dopo lunghe pratiche
ottennero che finalmente si concludesse. Ermanno, coll’ ap-
poggio del fratello Tramo vescovo, signoreggiò per qual-
che tempo in Orvieto, e la sua fedeltà al guelfismo e alla
Chiesa fece si che che il pontefice chiudesse un occhio
sugli abusi del suo potere. Morto lui, si riaccesero più fiere
le discordie, e il pontefice nominò a riformatore della città
il rettore Guigo di S. Germano. Ma quelle non cessarono:
gli usciti figli di Ermanno dai loro castelli fecero aspra
guerra ad Orvieto: sbanditi dalla curia, il rettore ne fece
occupare per qualche tempo i castelli di Allerona, S. Venanzo,
Montefreddo e Sermognano. Alla fine, intermediario il nuovo
rettore Bernardo di Lago, la pace fu conclusa. Anche nelle
discordie del 1352, quando fu ucciso Benedetto di Bonconte,

(1) Secret. Johann. XXII, i. IX, doc. 1449 e sgg.
396 M. ANTONELLI

il rettore intervenne, e mandò un ambasciatore ad Ugolino
di Pietruccio a Corbara a trattare la concordia fra interni
ed usciti, dalla quale diceva dipendere il tranquillo stato di
tutto il Patrimonio. Ma il partito dominante non ne volle
sapere delle ingerenze della curia, e si affidò piuttosto, per
rinforzarsi, all’ arcivescovo di Milano, Giovanni Visconti, che
mandò un suo vicario ad assumere la signoria della città,
provocando le proteste della curia stessa che diceva Orvieto
appartenere alla Chiesa, e niun diritto competere sovr’ essa
al rappresentante dell’ arcivescovo, che però doveva alla
Chiesa restituirla: egli invece la cedette al Di Vico.

Gli speciali governi del comitato di Sabina e delle terre
degli Arnolfi rispecchiavano nella loro costituzione quello
generale del Patrimonio da cui dipendevano. Si compone-
vano di un vicario, di un vicetesoriere, di giudici, notari e
altri officiali minori. Quello delle terre Arnolfe aveva sua
sede ora a Portaria, ora a Poggio Azzuano e Cesi. Fra Por-
taria e Poggio Azzuano, in posto eminente, s' innalzavano le
forche, simbolo della punitiva giustizia (1). Gli obblighi degli
abitanti erano identici a quelli di tutti gli altri patrimoniali:
intervenire agli eserciti; mandare sindici ai parlamenti;
pagare il focatico, la commestio alla venuta di ogni nuovo
vicario, le solite offerte di cacciagione o d'altro a Natale e
Pasqua.

Molti delle terre Arnolfe furono condannati nel 1332 per
non essersi presentati alla mostra dell’ esercito contro Ame-
lia; nell’anno seguente furono chiamati all’ esercito sopra
Orchia, presso Vetralla. — I parlamenti si tenevano di solito
alla venuta dei nuovi vicari, e qui si ricordano quelli del
vicario Andrea di Bettona tenutosi nel luglio 1332 al Colle
d'Aiano, di Grazia di Bologna nell’ agosto 1333 all’ Eremita
presso Cesi, di Tommaso di Bevagna nel settembre 1334, e

(1) Anche attorno a Montefiascone, residenza del rettore del Patrimonio, sor-
gevano in più punti le forche.
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NOTIZIE UMBRE, ECC. A JT

di Raimondo de Ramis nel settembre 1335. Andrea di Bet-
tona fu anche vicario in Sabina, e vi tenne parlamento nel
1358. — Quanto alla commestio, essa già al tempo de’ vicari
mentovati si trova convertita in una prestazione pecuniaria
di venticinque libbre di cortonesi per ciascuno dei cinque
castellati, in cui erano divise le dette terre, cioè Cesi, Por-
taria, Macerino, Castiglione e Gallicetoli. — Il fuocatico si pa-
gava una volta all anno in ragione di- ventisei denari per
famiglia. Da un registro del medesimo del 1332 apprendiamo
il numero delle famiglie nei diversi luoghi. Cesi e Portaria,
i più popolati, ne contavano, il primo 140, il secondo 122:
dopo questi, Poggio Azzuano e Paganico avevano 41 e 43

famiglie: tutti gli altri ne contavano circa 30 ciascuno, e

taluni pochi appena 20. Il numero totale era di 765 famiglie.

Al dominio delle terre Arnolfe aspirava non solo Todi,
come si vide, ma anche Spoleto. Di ció le diffuse notizie nei
registri del Ducato: ma anche nei nostri n'é qualcuna non
priva d'interesse. Cosi sappiamo di inibizioni de' vicari agli
abitanti delle terre di andare a Spoleto senza licenza: della
sottomissione fatta a questa città dal comune di Castiglione,
uno dei più refrattari al dominio della Chiesa: dell usurpa-
zione da parte di Spoleto delle terre di S. Severo, e di un'am-
basceria in proposito del vicario Grazia al comune: di ec-
cessi commessi dagli spoletini in danno di Fogliano, terra
del castellato di Macerino. Quando si trattó per altro di por
freno a Todi, non disdegnó la curia di valersi anche degli
aiuti di Spoleto, come fece nel 1332 per la difesa di Mes-
sennano e Florentia.

Di altre città e terre del Ducato nei nostri registri non
è menzione che per richieste di aiuti in circostanze di guerra.
Le maggiori istanze venivano fatte naturalmente alla guelfa
e potente Perugia, che di buon grado le accoglieva. Per la
guerra contro Viterbo, nel 1329, mandò al rettore Berardino

di Marsciano con bella compagnia. Altri aiuti considerevoli

gli prestò contro Amelia nel 1340, contro Narni nel 1353; ed

26
398 M. ANTONELLI

a combattere Giovanni Di Vico in questo stesso anno gli
mandó otto de’ suoi migliori conestabili. Ne riceveva in com-
penso aiuti nelle sue imprese militari, come nel 1355 contro
Pietro Saccone e gli aretini che sconfisse alla Fratta; e nei
bisogni della difesa, come nel giugno 1354 contro gli attac-
chi della grande compagnia. si compiaceva poi de’ suoi mag-
giori successi informare prontamente il rettore stesso, come
fece nell aprile 1335 per l espugnazione di San Sepolcro, e
nell’ ottobre successivo per quella di Città di Castello.

Con ció abbiamo succintamente esposto quanto di piü
rilevante è nella nostra modesta pubblicazione. L'indice det-
tagliato dei nomi di persone e di luoghi che le tien dietro
varrà, spero, ad accrescerne il pregio e l utile per eli stu-
diosi delle patrie memorie, ai quali principalmente si racco-
mandano lavori di questa natura.

( Continua ).

M. ANTONELLI.

———-—-* o€-——-

LUI
uc

VISTITA ag e

PER LA BIOGRAFIA DI COSTANTINO BONELLI
VESCOVO DI CITTÀ DI CASTELLO

(con documenti inediti)

Quando Pio IV convocò nuovamente a Trento il Concilio, con
breve del 12 agosto 1561 (1) invitava ad intervenirvi Costantino
Bonelli (2), Vescovo di Città di Castello. Alla sede umbra 1’ in-
signe prelato era pervenuto dalla sua nativa rocca Sammari-
nese (3), dove già da molti secoli godeva pregio di antica nobiltà
la sua famiglia. Egli era nato nel 1525, e di sedici anni mandato
a Perugia perchè vi studiasse giurisprudenza, vi stette fino al 26
febbraio 1545. Andò poi a Roma, e gli appunti autobiografici la-
sciatici da lui in un suo codicetto, conservato dai suoi discendenti,
ei danno un esatto ragguaglio di tutte le sue mosse d'allora in
poi. Altre notizie possono ricavarsi e dalla raccolta Bonelli (in
cui si notano lettere officiosissime del Cardinale Vitelli, carte ri-
guardanti il vescovato di Città di Castello, le sue rendite ete.,
lettere dei fratelli e parenti, dei colleghi ed amici di monsignor
Costantino), e dalla serie dei carteggi della Reggenza, conservati
nell’archivio governativo di S. Marino. In questa serie, oltre ad
aleune lettere del Vitelli (4) e del Cardinale di Carpi, si trovano

(1) Vedilo in appendice, Doc. n. II.

(2) La nobile famiglia Bonelli fiorisce ancora cospicua e numerosa in San Ma-
rino, e conserva in parte presso di sé, in parte nell' Archivio della Repubblica, le
carte di mgr. Costantino, che io ho potuto esaminare e trascrivere, per cortese
concessione sl del serenissimo Governo, che del nobile Comm. Avv. Menotto Bonelli.

(3) V. in appendice, Doc. I, un saggio del codicetto autobiografico di mgr. Co-
stantino.

(4) Da S. Angelo in Vado: 12 Dic. 1545, lettera officiosa di profferta e di grati-
tudine alla Repubblica, firmata « come fratello Alexandro Vitello »; da Roma 30
marzo 1557, per ringraziare delle cortesie usategli.dai Sanmarinesi per mezzo di
Costantino Bonelli, nell'occasione dell'innalzamento a « questa mia noua dignità »;
ed altre di minor conto.
FIT DITTE RG I DLE M ania A A LIA EI t VD EE REESE S EE

400 AMY A. BERNARDY

aneora altre lettere del Bonelli, dirette alla Reggenza della sua
nativa Repubblica. Il diploma di laurea in diritto canonico e ci-
vile, conseguìto dal Bonelli 1’ 8 aprile 1550 sotto il pontificato di
Giulio III, si conserva presso la famiglia: è di pergamena scritto
in nero e oro, su cui restano tracce di ornamentazione verde:
manca il fregio, evidentemente tagliato. Pure in pergamena, e
privo del sigillo, è il documento del 18 febbraio 1557, relativo alla
tonsura e al carattere clericale allora assunto dal Bonelli. Era
papa Paolo IV. Tre anni più tardi, il 17 aprile 1560, il Cardinale
Vitelli, che gli portava singolare affezione, gli conferiva il vesco-
vato di Città di Castello, dopo avere scritto ai Capitani della Re-
pubblica una lettera cortesissima in elogio del suo diletto auditore
« ornato di così rara scienza, et temperati costumi che di lui non
si dovea aspettare altra riuscita che quella eh'egli ha fatto » (1).
Il 13 luglio del medesimo anno lo autorizzava ad investire altri
di beneficii religiosi, nominandolo altresì luogotenente e soprin-
tendente generale alle cause civili e criminali (2).

Ossequente all’ invito del Pontefice, monsignor Costantino si
trovò a Trento il 2 aprile 1561; se ne allontanò di nuovo poco
dopo per tornare alla sua sede, e fu allora che il Cardinale Bor-
romeo nipote del Papa e noto poi nei fasti della chiesa col nome
di San Carlo Borromeo, gli serisse invitandolo a tornare al Con-
cilio per non dispiacere al Pontefice che di lui faceva grande
stima; e continuò anche negli anni successivi la corrispondenza
così incominciata. Dice il Delfico che un parere di mgr. Costan-
tino circa l'articolo proposto al Concilio sulla residenza dei ve-
seovi e dei parroci fu accolto eon gran favore dall’ assemblea, che
delegò il proponente a stendere il relativo decreto, il quale man-
dato a Roma per mano del Vescovo di Viterbo, ottenne la piena

(1) Roma 2 marzo 1560.

(2) A questo periodo appartengono alcune interessanti lettere del Bonelli: ma
da Roma (17 dic. 1552) in cui, dopo aver alla Reggenza raccomandato una lite pen-
dente fra i suoi fratelli e certi suoi vicini, aggiunge: « altro non mi occorre scri-
uerli, eccetto che tutta Roma s'arma, per rispetto di spagnoli et soldati dil Regno,
quali s'intende esser partiti da Napoli con il Vecere, et uengano uerso Roma per
andare alla uolta di Siena, et hanno fatto intendere a S. S., che. uogliano passare
qui, et sonno di numero 150000'0 circa ».

Altre lettere sono del 2 marzo 1555 e del 21 febbraio 1560; del 6 luglio 1566,
10 gennaio e 6 febbraio 1507, aprile 1508.

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PER LA BIOGRAFIA DI COSTANTINO BONELLI 401

;
pontificia approvazione. E lo Sforza Pallavicino narra di una lunga
orazione di mgr. Costantino sulla indissolubilità del matrimonio.

Ma terminato il Coneilio e ridottosi l'insigne prelato in San
Marino, ove attendeva alla fondazione di un eonvento, fu chiamato
a Roma a seolparsi di certe accuse (1) mossegli da taluni oppo-
sitori di Città di Castello, e a Roma mori e fu ivi sepolto. Fino
a pochi anni fa si conservava in casa Bonelli un suo ritratto:
lunga e magra la faccia quasi contratta, e.adorna di pizzo bianeo
secondo l’uso del tempo: la persona avvolta nel paludamento ve-
scovile. Il ritratto andò guasto o disperso: ma a noi non è diffi-
cile ricostruire la figura del prelato insigne nella sua veste « pa-
vonazza con la mozzetta », in una stanza del palazzo episcopale
umbro dal semplice e quasi rude arredamento, curvo sopra uno
dei grandi volumi che trovarono nella sua biblioteca i tesorieri
pontificii, quando, dopo la sua morte, vennero a redigere l’ inven-
tario della modesta e austera dimora.

AMY A. BERNARDY.

(1) Ad esse allude la lettera del 10 giugno 1571 da Roma in cui il Bonelli rin-
grazia i Reggenti del dispiacere « che loro hanno preso di questa mia ingiusta per-
secutione » e della cortesia usatagli « in questa mia aduersità, la quale mi è successa
fuor di ragione, e di equità christiana per man d'huomini iniqui: non dimeno
spero in Dio, che mi darà patientia a sopportare, secondo si conviene al grado che
io tengo, e mi darà aiuto a liberarmene per mia giustitia, la quale spero pur alfine
di conseguire contra la uolontà de’ persecutori; e doue potrò seruire in publico et
in priuato quella patria, non mancarò mai al debito mio uerso lei... ».
402 AMY A. BERNARDY

DOCUMENTI

dalla raccolta Bonelli.

[Codicetto di ce. 23 numerate, coperto in pergamena, con note mar-
ginali ed interlineari, e rubriche rosse. Sul verso della copertina, di
mano posteriore è scritto :

« In questo libro si contiene quasi la vita e cose più notabili di
« Constantino Bonelli cioè, quando se parti da casa e tutto quello che
« fece infino all'ultimo] ».

Appunti autobiografici di Costantino Bonelli.

[egt

Alli 18 di marzo del 1542.

Io Costantino Bonelli partetti da san Marino et andai in Perugia
a studiare in legge et mi fermai in casa di m. Gio. Carlo Sperelli,
doue, studiando, stetti insino alli 26 di febraro del 1545, et di poi andai
à Roma et in fra un mese ritornai a casa, doue mi stetti in sin' alli
24 di settembre del detto anno, et di poi ritornai in Roma, doue mi
fermai in casa di m. Camillo, esimio procuratore et li stetti sin alli 8
d’aprile del 1546, et de li andai a stare in casa del Sig. Girolamo Pas-
samonti, et li stetti sin alli 5 di settembre, et di poi andai in casa di
m.ro Frane. da Lucha, medico, et li stetti sin alli 5 di decembre del
1546, et di li andai a stare in casa del Vescouo Collonna, doue stetti
sin alli 13 di nouembre del 1547, et da li partendo, andai a stare in
casa di M. Ant. Gabrielli, aduocato Concistoriale et Fiscale, et stetti
in easa sua sin alli 17 di settembre del 1548, et poi andai in Perugia
con li suoi figlioli, et stetti sin alli 19 di decembre del 1549, et poi
mtornai in Roma, sede uacanze, et li stetti sin alli 12 d' aprile del 1150,
et de li ritornai a Perugia con loro, et li stetti sin alli 5 di agosto del
1551; el di poi ritornardo con essi alla uolta di Roma, ce fermassimo
in Narni per un mese; et poi alli 7 di settembre arrivai in Roma con
LARE Sq. Mc ALI KA ue de,
E a Sn Par mur aU moie
PER LA BIOGRAFIA DI COSTANTINO BONELLI 403

,
loro, et stando in casa sua, alli 5 di ottobre del dett anno, m. Fabri-
tio, uno delli figlioli, rese l' anima a Iddio.

Doppoi incominciai a legere a Mario una letione di legge, la quale
continuai per insino a li 7 di luglio del 1154, et poi andai a casa doue
stetti sin alli 25 di settembre del detto anno et ritornai pur in Roma
in casa sua, seguitando detta lettione.

Et continuai la letura sin alli 11 di giugno del 1556; nel qual di
io mi partì di casa de’ Gabriellj, et andaj a seruire Mons. Vitellozzo
Vitelli, chierico di Camera, per auditore.

Il qual alli 15 di marzo del 1557 fu fatto cardinale, et allj 4 di
ottobre del detto anno, fuj fatto secondo Collaterale di Campidoglio, et
alli 23 di nouembre dil 1558 fuj fatto primo Collaterale et locotenente
dil Senatore; doue stetti fin allj 15 di marzo dil 1559, nel qual tempo
si mutorno tuttj li officiali, et così nel detto tempo mi partì di Campi-
doglio e riturnaj in casa del Cardinal Vitello, il qual io haueua seruito
sempre mentre ch’ era stato Collaterale, dal qual io hebbi moltj fauorj
et particularmente allj di 7 di febraro dil 1560: nel qual di S. S.ria
Ill.ma mi ressignò il Vescovato di Città di Castello: et cosi allj 7 di
detto mese di febraro del 60 fui eletto Vescouo de Castello, et allj 30
et 31 di marzo dil detto anno, et allj 7 et allj 15 d' aprile, similmente
dil detto anno, presi gl’ ordini sacrj dal Vesc. di Bobio, deputato del
Ill.mo Senello Vicario dil Papa per uigore della suplica ottenuta dalla
signatura, insieme con Menotto mio fratello, il qual si ordinò meco;
et alli 17 detto mese mi consecraj come Vescouo per manj del Sacrista
dil Papa in Capella di Sisto; et adi ultimo dil detto mese di aprile mi
parti di Roma, et alli 5 di maggio dil 1560 arriuaj in Trento, essen-
domi prima fermato molti giorni in Bologna.

Allj 4 di decembre del 1563 si chiuse il Concilio di Trento, et allj
$ dil detto mese mi son partito da Trento et andato a Venezia, doue
mi son fermato 5 giorni et di li partendo, arriuai a casa la uigilia di
Natale, et dopo aleuni giorni andai alla Chiesa di Castello et de li a
Roma, doue stetti dui mesi, et poi alla fine di marzo del 1564 ritornai
alla residentia in Castello (1).

(1) Qui comincia un'altra mano:
dove stetti continuamente, eccetto doi istate che io tornai a casa; il resto del tempo
sempre alla residentia, doue essendo stato dal 1504 insino al 1570, i maligni huomini
di quella cità mi levarono una congiura, e una persecutione contra, dove m" enan-
dai a Roma, e dopo hauer (egli în margine): patito molti disagi e molti torti, e in-
giustitie s'amalò, e a di 5 di aprile del 1572, il sabbato santo a matina, in santo
Agustino, rese l' anima a Iddio.

Et sic Roma fuit sepulcrum eius.
404 AMY A. BERNARDY

HE
1561, ag. 12.

Breve di Pio IV che chiama il Bonelli al Concilio.
(a tergo) Venerabili fratri nostro Episcopo Civitatis Castelli.
Plus BP. COTE

Venerabilis frater, salutem, et apostolicam benedictionem. Sublatis
iam Dei benignitate, et pio regum studio, ac nostra solicitudine dif-
fieultatibus quibusdam, quae indieti concilij celebrationem ad hoc tem-
pus retardarunt, monendum esse duximus Fraternitatem tuam, sicut
alios quoque przlatos distriete monuimus, ut, omni excusatione omissa,
nee ulla alia admonitione expectata, Tridentum te quam primum con-
feras, superni fauoris auxilio una cum ceteris patribus, qui ex omni-
bus Christiani nominis prouincijs eo propediem conuenturi sunt, Deo
et uniuersali Eeclesi: debitam operam nauaturus. Datum Rome, apud
Sanetum Marcum, sub annulo Piscatoris, die XII Augusti. M. D. LXI.
Pontificatus nostri Secundo.

ANT. FLOREBELLUS LAVELLINUS.

III.
1563, mag. 4.

Lettera del Card. Borremeo al Bonelli per sollecitarlo al Concilio.

(a tergo) al molto Reverendo Signor come fratello Monsignore
il Vescovo di Città de Castello etc.

Molto Reuerendo s. come fratello, V. S. che sà il desiderio che N.
S. ha di uedere presto il buon fine del Concilio può facilmente credere
che non se li può far cosa più grata che assistere, et prestar ogni pos-
sibil aiuto à quel s. negocio. Però io non ho uoluto restar di dire a
V. S. che sarà gratissimo a S. S. che se ne torni prima a Trento, doue
già si trouano li dui nuoui Legati, et con la gratia del s. Dio si atten-
derà senza perdita alcuna di tempo a risoluere, et stabilire le materie
proposte, et a dare, quanto piü presto sarà possibile, a quel che resta
il fine desiderato. Al quale fine, come è ragioneuole che essa hauerà
caro di trouarsi, essendosi trouata agli altri atti, cosi la certifico che
=

sirene = TTT

PER LA BIOGRAFIA DI COSTANTINO BONELLI 405

,
la S. sua, per la stima che fa di lei, si promette de la presenza sua là
ogni buon seruitio et tenerà sempre grata memoria de la prontezza di
questo suo ossequio come, al incontro, sua B.ne resterebbe grauemente
offesa, quando V. S. stimando il suo commodo particulare piü che il
beneficio uniuersale, si mostrasse poco obsequente in questo si gran
bisogno di S. Chiesa. Il che io non uoglio credere in modo alcuno. Et
peró non mi estenderó in altro, che in offerirmele, et raccamandarmele,
come fo di buon core.
Di Roma ali IIII di maggio del M.D.L XIII di V. S. R.

Come fratello
IL CARDINALE BORROMEO.

1564, mag. 31.

Lettera del Card. Borromeo al Bonelli che acconipagna gli or-
dini in favore della giurisdizione episcopale di Città di Ca-
stello al Governatore.

(a tergo) Al molto Rever. S. come fratello Mons., il Vesc. di
Città di Castello.

‘Molto Reuerendo signor come fratello.

Hauendo inteso quanto V. S. R. desidera che si scriua al gouer-
natore di cotesta Città per conto de la coseruatione dela sua Iurisdi-
lione et anco per l'osseruanza de’ decreti del Concilio di Trento, Le
rispondo come io l'ho fatto largamente con l' alligata lettera mia, di-
cendo ad esso gouernatore, che solo non impedisca V. S. R. in l'uno,
nè in l'altro capo, ma li presti il braccio, aiuto et fauor suo, sempre
che sarà bisogno, conforme a la mente di S. S. et al desiderio di la
S. V. a la quale, sì come io porto particular affettione per i meriti de
la uirtü et bontà sua, così sia certa, che doue potrò impiegarme a be-
nefitio et comodo suo, lo farò sempre uolentieri. Et con tal fine, me le
offero di core.

Di Roma a li XXXI di maggio M.V.LXIIII.

Dit5V; S.A.

Jome fratello
IL CARDINALE Borromeo.
406 AMY A. BERNABDY

Vi
1564, nov. 11.

Molto Reuerendo S. come fratello.

Anchora che il Gouernatore di costi mi scriua d' hauer preuenuto
nela eausa del lebreo, et che ui si sia intromesso come in causa mista,
et esser solito, che nel suo foro si uedino simil cause, io nondimeno
ho seritto ad esso gouernatore che sopraseda di proceder piü oltre, et
che tratanto m'informi meglio dele sue ragioni, et mandi fede autentica
di quanto egli pretende in fauor suo, come dice che uoleua fare, et
come sarà stato scritto ala S. V. da mons. Ill.mo Cardinale Vitello acciò
si possa pigliare sopració quella risolutione, che sarà conforme ala
giustitia, ali Decreti del Concilio Tridentino, et con tal fine mi offero
ala S: Vi«di- core.

Di Roma ali XI di nouembre 1564.

Divas. /R.

Come fratello
: IL CARDINALE BORROMEO.

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SULLA ZECCA DI TERNI

NOSVESA

Nella circostanza in cui la Regia Deputazione di Storia Patria per
] Umbria teneva nello scorso Settembre le sue adunanze nella città di
Terni, io raccoglieva in un articolo i documenti e le notizie che aveva
potuto rinvenire intorno alla zecca di codesta città, ed illustrava le
poche e rare monete ch'essa aveva coniato nel breve periodo della
sua attività (1).

Mi era sembrato opportuno occuparmi di queste indagini, e ren-
derne noto il risultato, sia per proseguire lo studio già da me iniziato
sulle zecche dell’ Umbria, sia perchè la zecca della città di Terni offriva,
per il concorso di molteplici circostanze, una singolare importanza.

Per mezzo cortese mi feci un dovere di presentare una copia del
mio tenue lavoro a S. M. il Re, che con tanta dottrina ed amore si
occupa degli studi numismatici ed attende alla raccolta e conservazione
di quei cimeli, che sono tanta parte nella Storia del nostro paese.
S. M. si compiacque non solo di accogliere benignamente la mia modesta
offerta, ma si degnò inviarmi in dono una « murajola da bajocchi
quattro », che è la più interessante moneta tra quelle uscite dalla zecca
di Terni, ed appunto quella che concorre principalmente a far desi-
gnare codesta zecca tra le rarissime d’Italia. S. M. volle ancora ag-
giungere al dono, alcune notizie riferentisi al rinvenimento di tale
moneta ed alle particolarità del suo conio.

Nella mia nota precedente aveva indicato, come si conoscessero
esistenti in Italia, in raccolte pubbliche e private, solo tre esemplari di
questa monetina; uno posseduto dall'Archivio comunale di Terni, (dal
quale fu rilevato il disegno che figura al numero 4 nella Tavola an-
nessa al mio articolo); un secondo esemplare dal Museo Bottacin in

(1) LA ZECCA DI TERNI; Perugia, Unione Tip. Coop. 1902; con una tavola.
408 ADA BELLUCCI RAGNOTTI

Padova, ed un terzo infine, già esistente nella raccolta Marignoli,
riteneva dovesse trovarsi nella collezione posseduta da S. M. il Re.
Oggi, per il dono di cui sono stata onorata, posso confermare quest'ul-
timo asserto e devo modificare quanto prima scriveva, riguardo agli
esemplari conosciuti di questa rara moneta, il di cui numero si limita
pertanto a quattro.

Il quarto esemplare « avuto da S. M. per caso insieme ad altre
perugine, ed acquistato nel 1882 a Campo dei Fiori in Roma, è perfet-
tamente uguale a quello della raccolta Marignoli, perfettamente uguale
anche nelle asperità del circolo, che comprende le leggende ».

Ho reputato opportuno aggiungere questa piccola nota al mio pre-
cedente articolo, sia per modificare quanto in esso riferiva, sia per di-
mostrare pubblicamente i sentimenti della maggiore gratitudine verso
S. M. il Re, che si degnò di arricchire la mia collezione di un esem-
plare di una moneta rarissima, coniata in una delle zecche della nostra
Umbria.

Perugia, 20 Marzo 1903.

ADA BELLUCCI RAGNOTTI.

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TIZIO

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ANTI

409
RECENSIONE BIBLIOGRAFICA
GiUSEPPE AMICIZIA. — Città di Castello nel secolo XIX — Id., S.

Lapi, 1909.

L' Autore, già meritamente noto per altre pubblicazioni storiche,
colle quali, mettendo sempre a profitto il materiale dell’ archivio pae-
sano, è riuscito a tessere buone monografie su Città di Castello, ora
pubblica questo nuovo volume, che, pure non uscendo dall’ ambito
ristretto di una piccola città, è di qualche interesse anche per la mo-
derna storia d'Italia.

Nelle poche parole che servono di prefazione, l' A. dice di avere
raccolto « di questo secolo... con assidua e diuturna fatica le notizie
paesane degne di memoria. » Chiarito così lo scopo dell’ opera, si può
affermare che egli lo abbia raggiunto. Forse alcuni avrebbero potuto
desiderare che il chiaro A. fosse stato più parco nel riportare queste
« notizie », perené la fatica di colui che ricerca e raccoglie i docu-
menti deve esser diversa dall’ opera di colui che, dopo maturo esame,
li presenta agli studiosi. Ma i pareri di questi, nel giudicare del « ne
quid nimis », sono, naturalmente, così diversi, che spesso ciò che a
uno sembra superfluo interessa altri; e questo valga a scusare quella
certa sproporzione che si nota parecchie volte scorrendo il volume, il
quale però, giova dirlo, è frutto di lungo studio e di grande amore.
Notevole quanto il volume è il fatto che di esso si presenta come
conseguenza certa; che cioè assai difficili diverranno, cosa di cui so-
vente abbiamo a dolerci, la manomissione e la dispersione dei docu-
menti nell’ archivio moderno di Città di Castello, saggiamente riordi-
nato; la qual cosa torna ad onore del signor Amicizia, che questo rior-
dinamento ha compiuto, e dell’ on. Municipio che lo ha promosso.

Il volume, ricca miniera di fatti, insieme alle molte notizie locali,
ne contiene, come ho detto, molte altre che interessano la storia gene-
rale, come quelle che si riferiseono al periodo napoleonico e al risor-
gimento nazionale; e la storia e la fortuna dei prodotti dell’ arte vi
trovano un posto notevole, specialmente per Raffaello e per il Signorelli,
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410 RECENSIONE BIBLIOGRAFICA

i quali, vissuti a lungo, come è noto, in Città di Castello, vi stampa-
rono orme immortali del loro genio.

La natura del nostro Bollettino, destinato in particolar modo agli
studî storici dell’ Umbria nei primi secoli, non mi permette di tratte-
nermi a lungo su questo volume; ma tuttavia non voglio tralasciar di
notare che esso è tale da meritar lode, e che mostra nel signor Ami-
cizia più che una buona attitudine alle ricerche storiche.

P. TOMMASINI MATTIUCCI.

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411

ANALECTA UMBRA

Città di Castello. — Alla villa di Fabbrecce, operatisi scavi, si

rinvennero dapprima un'acerra di straordinaria importanza per la sua
affinità di lavorazione, di provenienza e di stile con i bronzi dell’ Etruria
meridionale e specialmente con quelli di Vetulonia, poi una figurina di
centauro in bronzo del tipo delle rappresentazioni arcaiche greco-etrusche
del Centauro, specialissima per essere avvolta in una veste o chitone
strettamente aderente alla persona e lunga fino ai piedi, quasi a rap-
presentare una centauressa, un elmo, una cesta od ampio bacino, vasi
e terrecotte (.Hendiconti della R. Accademia dei Lincei, cl. di sc. morali,
ece., S IV, vol. XI, fasc. 19-29).

Deruta. — Nella Rassegna d' Arte (An. II - fasc. 9) il signor A. Pi-
celler di Perugia, amatore e studioso di arti belle, annuncia la sco-
perta fatta in Deruta di vari frammenti di un antico pavimento in
maiolica, attribuendolo indiscutibilmente al figulo Caselli (o meglio
secondo noi Grazia) suocero di Bernardino di Betto. Dalle incisioni
riprodotte nel giornale appare evidente l'importanza della scoperta,
presentando gli ornati e le figure una finezza e una perfezione di di-
segno che non sempre si riscontra negli esemplari delle fabbriche De-
rutesi. L’opera è sicuramente della prima metà del Sec. XVI. L'asser-
zione del Piceller è convalidata dal fatto che Grazia di Niccolò da Mo-
dena, moglie del Pinturiechio, si crede della stessa famiglia Grazia,
che si recó in Deruta per esercitare l'arte figulinaria: la figlia Fau-
stina ebbe per marito Filippo di Paolo da Deruta, e quindi puó giusta-
mente argomentarsi, che vi sia stata in questo lavoro l' ispirazione del
Pinturicchio.

Orvieto. — Nel n. 2-9, Anno III, della Rassegna d'Arte, Guido
Cagnola discorre degli affreschi scoperti in S. Giovenale d'Orvieto, i
quali rimontano per la maggior parte al secolo XIV, e manifesta l'opi-
nione che ne siano autori i senesi Bartolo di maestro Fredi e Andrea
Vanni.

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APRI ANALECTA UMBRA

Perugia. — Al P. Silvano De Stefano O. S. B., che ora è Abate
Ordinario a Cava de’ Tirreni, dobbiamo una Guida 2llustrata della
Basilica Abbaziale dei PP. Benedettini di S. Pietro in Perugia (Perugia,
Unione tipografica cooperativa, 1902) ; della pubblieazione saranno grati
all'Abate De Stefano quanti hanno a cuore le nostre glorie artistiche
e vogliono che queste sieno ben conosciute e degnamente apprezzate.
Molto e da molti si é scritto sulla Basiliea di S. Pietro, ma le vecchie
descrizioni o non corrispondono più allo stato attuale dell’ insigne mo-
numento o difficilmente possono andar per le mani dei colti forestieri;
merita quindi ogni lode l'Abate De Stefano, che ha consacrato le sue
amorevoli cure a descrivere, brevemente si, ma con ogni diligenza, la
bellissima Chiesa e i tesori d’arte che vi sono raccolti. A dare dell’una
e degli altri un’idea abbastanza esatta anche a chi non fosse in grado
di visitarli, l'elegante opuscolo ne presenta alcune riproduzioni in fo-
totipia, fra le quali offre speciale interesse quella di una stampa raffi-
gurante l'Abazia come era nel secolo XVI.

Il prof. O. Scalvanti in un articolo nella assegna d' Arte del
luglio 1902, intitolato: Il serto di rose negli Angeli di Benedetto Bon-
figli, notando la particolare caratteristica di questo pittore del se-
colo XV di adornare gli angeli di un serto di rose disposto sui
biondi capelli in forma elittica, che è « come una sigla che fa rico-
noscere quasi tutti i dipinti di carattere sacro usciti dalla fantasia
e dal pennello del grande artefice », non si dimostra persuaso dell’ 0-
pinione del p. Ettore Ricci che nella Storia della B. Colomba di Rieti
dice che il Bonfigli non abbia ideato cotesto adornamento, ma che gli
sia stato suggerito dalla detta santa donna, « che voleva (come un
contemporaneo scrisse) veder sempre incoronate di rose le imagini sa-
cre della sua cappella ». Il prof. Scalvanti dimostra con lo studio sulle
opere del pittore, che l’arte del Bonfigli fu gentile, pura, ideale anche
nelle sue prime manifestazioni, quando nessuna influenza su lui po-
teva avere esercitato la B. Colomba.

Il dott. Giustiniano Degli Azzi, che ha con diligente amore atteso
al riordinamento dell’ Archivio del Nob. Collegio del Cambio, ne ha
tratte molte notizie relative alla storia dell’arte in Perugia, e le ha pub-
blieate nei fascicoli 5-8 e 11-12, Anno V, del periodico L’ Umbria.
Dette notizie si riferiscono a Pietro Perugino, ad altri pittori dal se-
colo XIV ai primi del secolo XVI, ai maestri di pietra e legname, agli
orefici ed ai vasai.

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ANALECTA UMBRA 3 413

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Della scoperta che nella Chiesa di S. Maria Assunta in Castel-
nuovo di Porto presso Roma si è fatta di un dipinto di Pietro Vannucci
s'intrattiene nella stessa rivista L’ Umbria (Anno V, n. 1-8) e nel
periodico ZL' Arte (Anno V, fase. I-II e V-VI) il prof. Alessandro Bel-
lucci: va data lode a lui, che ha segnalato all'attenzione degli studiosi
e degli artisti la bella tavola del Perugino rappresentante il Salvatore
seduto e in atto di benedire.

La Riunione artistica perugina, cui sta- a cuore tutto quanto
si attiene al culto dei nostri gloriosi ricordi, nominava qualche tempo
fa nel proprio seno due commissioni, l’una per la ricerca dei resti
mortali di Pietro Vannucci, che la costante tradizione vuole sieno
nella piccola Chiesa dell’ Annunziata in Fontignano, e l'altra per la
tutela dei nostri monumenti; sui lavori delle due commissioni hanno
riferito, per la prima il prof. Alessandro Bellucci e per la seconda il
dott. Romeo Gallenga-Stuart. La relazione del prof. Bellucci sulle so-
lerti e minute indagini, che senza dubbio hanno avvalorato la tradi-
zione, fu stampata nel fascicolo 9-10, Anno V, dell’ Umbria; e quella
del dott. Gallenga nel successivo fascicolo 23-24 dello stesso periodico;
le premurose cure degli incaricati della unione artistica si rivolsero
specialmente alla mirabile fontana scolpita dai Pisani e agli affreschi
di S. Elisabetta, dei quali il maggiore fu distaccato e trasferito nella

Pinacoteca comunale.

In una seconda memoria presentata all’ Accademia Reale delle
Scienze di Torino Intorno alla « Quaestio de aqua et terra » attribuita a
Dante, il P. Giuseppe Boffito ha ripubblicato il testo della Quaestio,
dottamente illustrandola e commentandola. Per la ristampa il Boffito
si è valso specialmente della editio princeps del 1508, che si trova nella
Biblioteca comunale di Perugia: il pregevolissimo opuscolo, del quale
si conoscono pochi esemplari, è dal Boffitto descritto esattamente nella

sua memoria.

Ha veduto da poco tempo la luce l’opera di Corrado Ricci sul
Pintoricchio: dello splendido volume, di cui l'autore ha donato una
copia alla città di Perugia, patria del grande artista, si tratterà diffu-
samente in un prossimo numero di questo Bollettino.

Il dott. Eugenio Sol, recatosi in Perugia allo scopo di far degli
studi sulla famiglia Baglioni, ha dato alle stampe coi tipi dell’ Unione
cooperativa (Perugia, 1902) un inventario-regesto dell’ archivio della

27
414 ANALECTA UMBRA

famiglia Oddi-Baglioni. Nell'intendimento dell'abate Sol questo opuscolo
dovrebbe essere il primo in una serie di pubblicazioni sulle raccolte
di documenti umbri, delle quali il nostro prof. Mazzatinti, tanto bene-
merito per i suoi Archivi della Storia d'Italia non ha potuto (appunto
per la vastità del concetto, cui quella collezione s’informa) che dar
brevi cenni. Facciamo plauso all’ utile proposito del valente studioso
francese, che sta ora attendendo ad un secondo fascicolo sull’ Archivio
arcivescovile di Perugia e che così contribuirà ad accrescere i risultati
delle pazienti indagini, cui già diedero opera altri eruditi della nostra
regione.

Paolo D'Ancona nel suo lavoro Le rappresentazioni allegoriche
delle arti liberali nel Medio Evo e nel Rinascimento, pubblicato nei
fascicoli V- XII, Anno V, del periodico L’Arfe, discorre delle allegorie
delle Arti che si vedono nella fontana di Perugia, opera di Nicola e
Giovanni da Pisa, nonchè degli affreschi del Pinturicchio rappresen-
tanti il Trivio e il Quadrivio nelle sale Borgia: tanto gli anaglifi della
fonte di Perugia quanto i dipinti di Bernardino di Betto sono ripro-
dotti in fototipia ad illustrazione dell’articolo del D'Ancona.

Il nostro socio prof. Torquato Cuturi nell’ Archivio Storico italiano
(Serie V, tomo XXIX, dispensa 2° del 1902) dà l'elenco dei mss. di
Angelo degli Ubaldi che si conservano nelle Biblioteche Nazionale e
Laurenziana e nell'Archivio di Stato di Firenze e pubblica, traendolo
dal detto Archivio (Voti degli Assessori del Comune .dal 1378 al 1404,
p. 297), l'ultimo Consiglio pronunciato da Angelo in Firenze nel Lu-
glio 1399. Riferendosi il Consiglio al bando di Bianco Tinelli da Prato,
il Cuturi vi prepone un dotto studio sul bando contro i contumaci a
comparire in giudizio criminale e sulla condizione giuridiea dei ban-
diti nei secoli XIV e XV. In un'appendiee di tale studio accenna poi
il Prof. Cuturi al notevole contributo che alla dottrina del bando dei
contumaci portarono Bartolo, Baldo ed altri giureconsulti della scuola
di Perugia.

Sassovivo. — Il prof. Kehr nei suoi Otia diplomatica, pag. 268,
pubblica e illustra il documento del 4 Novembre 1209 che è il diploma
di Ottone IV dato da Assisi ad istanza di Nicola abate di Sassovivo
per prendere sotto la sua protezione la chiesa di S. Liberato nel ter-
ritorio del castello di Muggiano coi suoi possessi e beni, ordinando ad
Enrico tedesco, castellano di detto castello, che lo difenda e protegga:
in suo nome.
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ANALECTA UMBRA 415
LI
Spoleto. — Di un palazzo della Signoria a Spoleto il nostro socio

cav. Sordini dà la pianta, la sezione, la veduta delle sostruzioni e
l'interno del 2° piano, tessendo la storia dell’edificio fondato da Pietro
Pianciani, che se compiuto, sarebbe stato de’ più grandiosi dell'Umbria,
sia che venisse costruito di getto nel secolo XIV, sia che fosse condotto
a termine nel secolo XV, in luogo amenissimo e quasi a guardia della
valle di Spoleto (v. Rassegna d'arte, an. III, n. 1).

Su Giovanni Gioviano Pontano e Carlo VILI, E. Oreste Mastrojanni
(Napoli, Margheri, 1901, in 8° di pp. 28) porta nuovi argomenti defini-
tivi intorno al Dia molto discusso dell’ orazione, negando fede
intiera al Guicciardini.

Terni. Le feste ternane, con le quali si commemorò il XXII
Centenario della formazione della Cascata delle Marmore e che si chiu-
sero nel Settembre decorso col Congresso della nostra R. Deputazione,
erano state inaugurate nel Maggio 1902 con due discorsi tenuti dal
prof. Raffaello Giovagnoli e dal prof. Giuseppe Bellucci. Il Giovagnoli
nella sua conferenza storico-estetica su La Cascata delle Marmore rie-
vocò con elegante e calda parola la bella figura di Manio Curio Den-
tato, che aveva concepito ed eseguito la grandiosa opera bonificatrice
dell’ agro reatino, ed enumerò, ispirandosi a sensi altamente patriottici,
le grandi benemerenze della razza latina e specialmente della nostra
Italia nel campo della civiltà. Il Bellucci, che alla cerimonia inaugu-
rale rappresentava questa Deputazione, d Intredteno sull' argomento
Le ultime pagine della storia e della scienza specialmente in riguardo alla
potenza idraulica della Cascata delle Marmore : 1a sua conferenza fu una
sintetica, mirabile esposizione dei progressi della scienza, nonchè delle
molteplici applicazioni che, sopratutto nell’ultimo quarto del secolo XIX,
si fecero delle verità scientifiche; da tale rassegna il dotto conferen-
ziere trasse argomento ad inneggiare con fervido entusiasmo al pro-
gresso degli studi e ai benefici che all'umanità ne son derivati e ne
deriveranno.

Le due conferenze furono nella circostanza del Congresso della
R. Deputazione umbra di Storia patria pubblicate a cura del Collegio
degli ingegneri iniziatore delle feste centenarie, ed offerte in dono cor-
tese ai soci della Deputazione stessa

Todi. — Si scoprirono alcuni avanzi di antico edificio, probabil-
mente le terme romane, presso la porta della Valle, nella località detta
416 ANALECTA UMBRA

appunto Termini (Rendiconto della R. Accad. dei Lincei, cl. di sc. mo-
rali ecc., s. IV, vol. XI, fasc. 10-20).

Studî francescani. — Nel tomo XXI, fase. III-IV, pag. 372 e
segg. dell’ Analecta Bollandiana il P. Van Ortroy pubblica una nota
sull’ Indulgenza della Porziuncola, nella quale, a proposito del Trattato
di fra Francesco Bartoli su detta indulgenza edito dal Sabatier, di-
chiara che in base ai monumenti scritti non si sente completamente
rassicurato nè sul rifiuto che si oppone al silenzio dei primi biografi
di S. Francesco, nè sul valore che possono avere atti officiali posteriori
di un mezzo secolo all’ avvenimento, e conclude che la storia primitiva
dell’indulgenza non è ancora posta in piena luce.

Il 3 Ottobre del decorso anno Mons. Michele Faloci - Pulignani
lesse al Circolo S. Feliciano di Foligno una sua conferenza su S. Fran-
cesco di Assisi secondo Paolo Sabatier: la conferenza, che fu pubblicata
a Foligno dalla tipografia degli Artigianelli, è stata poi riprodotta nella
Miscellanea Francescana (Vol. IX, Fasc. III).

Nella stessa Miscellanea Francescana si dà notizia della lettera
autografa di S. Francesco a fra Leone, che fino al 1860 era stata cu-
stodita nel Convento di S. Simone dei Minori Conventuali di Spoleto e
che, passata dopo varie vicende nelle mani di S. S. Leone XIII, fu
fu testè generosamente restituita dal Pontefice alla città di Spoleto.

Sui tomi V e VI del Bullarium franciscanum compilato dal p. Cor-
rado Eubel (Romae, typis Vaticanis, 1898-1902) si legge nella vista
Storica italiana del Rinaudo (Anno XX, 3% S., vol. II, fase. I) una lunga
recensione del prof. Carlo Cipolla: del materiale edito dall’ Eubel che
comprende cirea 2600 bolle e va dalla elezione di Benedetto XI (1303)
alla morte di Gregorio XI (1377) segnala il Cipolla la grande impor-
tanza per la storia dello sviluppo degli ordini francescani e di « quel
periodo fortunosissimo, che è contrassegnato dalla dimora dei papi in
Avignone, dai tumulti e dalle eresie sconvolgenti furiosamente l’ Italia ».

Il Consiglio d' Amministrazione della Società internazionale di studî
francescani in Assisi ha testè pubblicato un opuscolo (Assisi, tipogra-
fia Metastasio, 1902), nel quale « ha voluto fermare in una fedelissima
sintesi il ricordo delle origini e della costituzione sociale »: vi si leg-
gono i discorsi che il 1° giugno 1902, quando fu costituita la società,
pronunciarono il Presidente del Comitato provvisorio canonico D. Lu-

T—




ANALECTA UMBRA 411

2

ciano Zampa, il Sindaco di Assisi conte Alessandro Fiumi e i signori
Rawnsley e Paolo Sabatier.

Umbria. — Il prof. Enrico Filippini nella rivista L’Umbria (Anno V,

n. 13-14) si occupa, per la parte che ha riguardo alla nostra regione, -

del ms. esistente nella Biblioteca civica di Bergamo e intitolato Viaggio
da Bergamo a Roma fatto e descritto da don G. B. Rota bergamasco
nel 1760.

A cura del Ministero della pubblica istruzione è stata stampata
la relazione che il comm. Carlo Fiorilli ha presentato a S. E. il Mini-
stro sull’ amministrazione delle antichità e belle arti in Italia dal Luglio
1901 al Giugno 1902. Di lavori o eseguiti o da eseguirsi nella provin-
cia umbra è cenno da pag. 104 a pag. 110 del volume.

Pubblicazioni nuziali. — Nozze Bellucci Ada - Ragnotti dott.
Giuseppe. — In un bellissimo scritto adorno di gentilissime incisioni e
stupendamente stampato dalla Unione Tipografica Cooperativa di Peru-
gia, l' egregio prof. Scalvanti discorre de /’ antica imagine della Madonna
delle Grazie nel Duomo di Perugia più ampiamente che nella Rassegna
d’ arte (III, 1), rifacendone la storia e contraddicendo al Mariotti che
disse essere l'attuale imagine restaurata e ridipinta, all' Orsini che
credeva l’ antico affresco andato in frantumi e al p. Ricci che la fa
risalire a tempo antico; sostiene lo Scalvanti ragionevolmente che non
può risalire a oltre la metà del secolo XVI, e che l’antica già esi-
stente nel duomo è la stessa che ora trovasi nella chiesa di San-
t' Angelo.

— Il conte Luigi Manzoni pubblica sopra Lautizio di Bartolo-
meo dei Rotelli di Perugia orefice incisore ed intagliatore di caratteri
da stampa (Perugia, Unione Tip. Coop.) un breve di Leone X del 9
settembre 1516 da Roma, « mandans [Lautitium et| Cesarinum auri
fabrum non amoveri a zeccha » per dimostrare che Lautizio fu socio a
Cesarino detto il Roscetto nella zecca perugina e fu intagliatore di ca-

ratteri.

— Il compianto prof. G. Donati dava « brevi ricordi Indo-Iranici »
commentando e traducendo alcune strofe dello Yarna LVIII, 8-12, che
sono versetti aggiunti all’inno nuziale (Perugia, Unione Tip. Coop.).
418 ANALECTA UMBRA

— Con altro opuscolo edito dalla Unione Tip. Coop. alcuni colleghi
della R. Deputazione hanno voluto augurare alla gentile e colta scrit-
trice signorina Bellueci nel giorno delle sue nozze « lunga felicità unita
al sorriso degli studî prediletti ». In questa miscellanea il prof. L.

‘ Lanzi pubblica sotto il titolo di Monita salutis, da un’ autobiografia ms.

di D. Dom. Salvati, una tavola di ammaestramenti, che potrebbe chia-
marsi « la paginetta del senno antico » ; il dottor G. Degli Azzi rias-
sume le disposizioni statutarie perugine vigenti nel secolo XVI circa
le cerimonie nuziali; il prof. G. Mazzatinti dà alle stampe alcune ottave
tratte dalla Camilla d’ Amore composta per Cesare Dondolelli dal B[orgo
S. S[epolero] » (Cod. II, XI, 57 della Biblioteca nazionale di Firenze);
il comm. L. Fumi discorre de La moda del vestire im Lucca dal se-
colo XIV al XIX, pubblicando a corredo della dotta dissertazione alcuni
documenti che vanno dal 1370 al 1772; il dott. V. Ansidei dà alcune
notizie sul ritratto dello storico ed erudito perugino Annibale Mariotti,
che si conserva nelle sale del Palazzo Comunale di Perugia.
Le em SEE. cr tp P nr gi Sg
419

PRAIODICI IN. CAMBIO 0 IN DONO — PUBBLICAZIONI IN OMAGGIO
Archivio storico messinese (Anno III). — La ubicazione dell’ « “A gyevvov

az00v » tolemaico (Ptol. III, 4-9) e la origine delle specificazioni d;
Agrò (Agryllae, Agrillae, Agrille) in certe denominazioni di loca-
lità nella provincia di Messina. — Macri G., La leggenda della b.
Eustochia da Messina (Smeralda Calefati Colonna) scritta da suor
Iacopa Pollicino sua prima compagna ; testo a penna del Sec. XV.
— Testi L., Capitoli di concordia fra l' Università di Longi e il
bar. Francesco Lanza (1570). — PEnRONI-GRANDE L., Per una cele-
bre avvelenatrice siciliana del sec. XVII e pei manoscritti del prof.
G. Cuneo. — LA Corre-CAILLER G., Andrea Calamech scultore ed
architetto del Sec. XVI. — Rossi S., Catalogo dei Codici greci del-
l’antico monastero del SS. Salvatore, che si conservano nella
Biblioteca universitaria di Messina. — Dri Marzo G., Di Antonello
d’ Antonio da Messina. Primi documenti messinesi.

Atti della Imp. R. Accademia di scienze, lettere ed arti degli Agiati in
Rovereto (Serie III, Vol. VIII, fasc. 3°, 49). PeRrINI Q., Contributo

al « corpus nummorum italicorum ». — P. GIOVANNI DA VERONA
(ANDREA Bonuzzi), Canzoniere mariano. — PeEDROLLI S., Il barone

G. B. Todeschi e l'invasione francese a Rovereto del 1796. —
RizzoLi L., Di un sigillo in uso a Trento durante il dominio Bava-
rese (1806-1809).

Bibliografia Dantesca, Rassegna bibliografica degli studi intorno a Dante,
al 300 e a cose Francescane, direttore compilatore L. SuTTINA (An.
I, q. 1-6).

Bollettino della Società di Storia Patria Anton Ludovico Antinori negli
Abruzzi, (Anno XIV, Serie II, Punt. III).

Bollettino storico Monterubbianese (Anno I, n. 2).

Bulletin historique du Diocése de Lyon (Anno IV, n. 20).

Dullettino della Società Dantesca italiana (Nuova serie, Vol. X, fasci-
eoli 19, 29). |

Bullettino Senese di Storia Patria (Anno IX, fasc. 3°) ZpEKAUER L.,
La bottega di un orefice del Dugento, maestro Pace di Valentino
ed isuoi lavori per la sagrestia dei belli arredi (1265-1290). — Lu-
GANO P., Origine e primordi dell'ordine di Monte Oliveto. — MARZI
WS LE ATI

490 PERIODICI IN CAMBIO O IN DONO -- PUBBLICAZIONI IN OMAGGIO

C., Il breve dell’arte degli Albergatori in Siena compilato nel 1355.

Civiltà Cattolica (la) (quad. 1263-1265).

Giornale Dantesco diretto da G. L. PassERINI, (An. XI, q. 2°).

La Favilla, Rivista dell’ Umbria e delle Marche, diretta da LEOPOLDO
TiseRrI, (Fasc. XI-XII, Annata XXI), Sordello nella divina Com-
media nella storia, S. TRILLINI. — Le audacie nella letteratura,
C. Rosa. — F. Italo Giuffré, V. MeLIssarI. — La Filli di Sciro di
Guidobaldo Bonarelli, E. SpApoLIni. — La Scala della vita, F.
LrALO GiurFRÈ. — Discorrendo di critica, Il CONTE DI WARLENS. —
Saggi di un Commento alla divina Commedia da un codice dan-
tesco del Sec. XIV, G. DEGLI AZZI.

Giornale storico e letterario della Liguria, diretto da A. NERI e U. MAZ-
ZiNI (An. III, fasc. 119-12»).

Minerva, Rivista delle Riviste, diretta da F. GARLANDA, (An. XXIII,
n. 3-13.

Napoli nobilissima (Vol. XII, fasc. 2°).

Quellen und Forschungen aus Italienischen Archiven und Bibliotheken
herausgegeben vom Koenigl. Preussischen Historiscen Institut in Rom.
(Band. V, Heft. 2).

Rassegna d' Arte, diretta da C. Ricci (An. III, fase. 29-39).

Rassegna bibliografica della letteratura italiana, direttori A. D’ANCONA e
F. FLAMINI (Anno X, fasc. 8°-11°; Anno XI, fasc. 19).

Reale Istituto Lombardo di Scienze e Lettere (Serie IL, Vol. XXXVI,
fasc. 40).

Reale Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti. — E. CASTELNUOVO,
Intorno a due scritture finanziarie della Repubblica Veneta nel
Secolo XVIII. — F. ZAMBALDI, I nomi di persona. — E. CATELLANI,
I « Settlements » europei e i privilegi degli stranieri nell’ estremo
oriente. — B. BRuar, I papiri greci d' Egitto e la storia del Diritto
romano. — N. Tamassia, La leggenda dei due amanti.

Rendiconti della R. Accedemia dei Lincei, classe di Scienze Morali, Sto-
riche e Filologiche (Serie V, Vol. XI).

Rivista delle Biblioteche e degli Archivi, diretta dal dott. G. BrAGI (An. XX,
Vol. XIV, n. 2).

Rivista Storica Italiana, diretta dal prof. C. RixAuDOo (Anno XX, Vol. II,
fasc. 1°).

Società Storica per la provincia e antica diocesi di Como, INDICI (Vol. I-IV).

Fumi L. — Il R. Archivio di Stato in Lucca nel 1903: omaggio al
congresso internazionale di Scienze storiche in Roma. Pescia, 1903.

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UNA PROFEZIA MEDIEVALE IN VERSI

DI ORIGINE PROBABILMENTE UMBRA

Tra le numerose profezie poetiche a cui dettero luogo
gli avvenimenti del sec. XIV in Italia, non è senza impor-
tanza quella che finora è stata comunemente indicata col
verso iniziale « Più volte nella mia mente ho forzato », e che
parve già a più d'uno opera di qualche poeta umbro. Im-
portanza storica, intendo, non letteraria, poichè sebbene que-
sta profezia sia in un codice qualificata come « pulcherrima »,
pure nella forma non si scosta affatto dagli altri componi-
menti profetici di quell’ epoca, scritti in genere senza alcun
sentimento d’arte. Dall’ altro canto il profeta medievale coi
suoi aspri rimproveri a chi ha fatto tanto male, con le sue
religiose paure e con le sue speranze in un avvenire migliore,
ritrae le tendenze dell’opinione pubblica dominanti nel tempo
in cui si fa divulgatore delle sue idee in mezzo al popolo,
e così l’opera sua non può non avere un certo valore poli-
tico e morale.

L'accennata profezia, pervenuta fino a noi manoscritta
in parecchi codici, ma variamente guasta per opera degli
amanuensi, fu già pubblicata per intero due volte di su re-
dazioni diverse - dal 1884 in qua, e dette anche luogo a
qualche osservazione e studio speciale. Ma qualunque giudi-
zio intorno ad essa parve, ed a ragione, prematuro finchè o
non se ne fosse trovato l'originale o non si fosse minuta-
mente esaminato un maggior numero di trascrizioni poste-
422 E. FILIPPINI

riori. Ora avendo io raccolto e ravvicinato otto esemplari
diversi della suddetta profezia ne darò qui il miglior testo
che mi è stato possibile di costituire, e in pari tempo cer-
cherò d’illustrarla esternamente ed internamente trattando
tutte le questioni più importanti che ad essa si collegano.
Sarò ben lieto se il mio modesto lavoro potrà riuscire un
contributo qualsiasi alla storia, non peranco scritta, della
copiosa letteratura profetica italiana in particolare, e della
nostra poesia storico-politica in genere (1).

Cominceró dal presentare le varie redazioni venute a
mia conoscenza. Ma prima di descriverle minutamente, credo
opportuno riunire qui le indicazioni principali di ciascuna,
contrassegnata da una lettera alfabetica che ne renderà in
seguito più spedita la citazione.

Red. A in Cod. Perugino E. 40, cart., dei secoli XIV e XV
(cc. 31-r..- 32 v.)
[» B in Cod. Trivulzio- Trotti 91, cart. del sec. XV (cc. 1
Te D-b9.]
» Q in Cod. Marciano, cl. XI, 58, cart., del sec. XV (ec. 5
I 7-8 Vis
» D in Cod. Magliabechiano II, IV, 36, cart., del sec. XV
(cc. 116 v. - 120 v.).
» E in Cod. Bolognese- Universitario 2845, membran., del
sec. XV (cc. 388-391).
» Fin Cod. Napoletano-Nazionale V. H. 274, cart., del
sec. XV (ec. 214 r. - 215 r.).

(1) Ne abbiamo però intanto due ottimi saggi nella Prolusione del prof. V.
CIAN su « La poesia’ storico-politica italiana e il suo metodo di trattazione » (Torino,
Clausen, 1893) e nella Prelezione del prof. A. MEDIN sui « Caratteri e forme della
poesia storico-politica italiana sino a tutto il secolo XVI (Padova, Gallina, 1897).

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UNA PROFEZIA MEDIEVALE IN VERSI, ECC. 423

Red. G in Cod. Vaticano 4872, cart, dei sec. XV e XVI
(ec. 112- 115 r.).
» H in Cod. Marciano cl. XI 124, cart. del sec. XVI
(cc. 28. v. - 30 v.).
» I in Cod. Mazariniano 3898, cart., del sec. XVI (cc. 79
y..- 84 r.).

Il codice di cui fa parte la red. A, è una. piccola mi-
scellanea di visioni e profezie in latino e in volgare, in prosa
e in poesia, ed appartiene al vecchio fondo della « Comu-
nale » di Perugia. Quell'egr. Bibliotecario mi disse infatti
che esso é notato in un catalogo redatto nel sec. XVIII e
anteriormente al 1787, quando cioè non erano ancora per-
venuti alla « Comunale » i libri e i mss. delle soppresse
orporazioni religiose (1). La grafia del codice è doppia;
poichè fino a c. 30 v. è del sec. XIV, dopo è del sec. XV.
La nostra profezia si trova in questa seconda parte e pro-
babilmente vi fu redatta nei primi anni del 400. Essa é pre-
ceduta dal titolo « Profetia fratris Stoppe de Florentia ordi-
nis minorum », è scritta a due colonne per pagina senza
cpostille, consta di 65 strofe composte di tre endecasillab
monorimi ed un verso più breve rimato cogli endecasillabi
seguenti, ha la str. XXXXVI col terzo verso troncato a
mezzo, e contiene parecchie forme del dialetto umbro.

Quanto alla red. B, premetto che non ho potuto vederla.
Quel codice, assieme con molti altri della collezione Trivul-
zio- Trotti, fu venduto dall’ Hoepli (2) in America nel 1887.
Ma il prof. Novati che ebbe la fortuna di vedere i 100 e
più mss. prima che prendessero il volo per il nuovo mondo,
ce n'ha lasciata una minuta relazione (2), di cui dobbiamo

(1) V. del resto il Catalogo dei Mss. della, Comunale di Perugia pubbl. dal prof.
A. BELLUCCI in Mventari ecc. a cura del prof. MAZZATINTI, vol. V, p. 112.

(2) Interpellato da me, l' editore milanese non ha potuto dirmi chi sia il pos-
sessore di questo codice.

(3) V. I Codici Trivulsio- Trotti in « Giornale Storico della letteratura italiana »
vol. IX, p. 181.
4924 E. FILIPPINI

essergli in verità molto grati. Il cod. 91, che contiene la
profezia, è dei primi anni del sec. XV. Sul margine supe-
riore del r. della prima carta si legge « J»frascripta è un
astrologia o Iudicio che dura cento anni che fo pred'cata », le
quali parole però sono scritte da mano diversa da quella che
ricopiò il documento. Inoltre la red. B consta di 653 strofe
uguali a quelle della red. A e di esse il Novati riferisce le
prime quattro e l'ultima (1). La lettura n'é difficile, ma, a
quanto ne sembra da quelle strofe, la scrittura non è delle
piü scorrette e alterate da dialettismi.

La red. € è preceduta dal titolo « Profezia dell’abatto (sic)
Zoachino » ed appartiene alla prima metà del sec. XV: essa
infatti si trova fra il « Lamento di Pisa ai Principi d'Italia
‘composto nel 1400 » e « L'Acerba di Cecco d'Ascoli », co-
piata nel codice da Giovanni da Mosto in Fiandra l'anno 1445,
secondo la didascalia che l'accompagna. Consta di 65 strofe
uguali a quelle delle redazioni precedenti, e disposte nello
stesso ordine della red. A, ma piene di errori e dialettismi
veneti: anche le varianti sono poche.

Anepigrafa e adespota è invece la red. D; se non che è
noto che il codice in cui essa si trova, fu scritto prima del
1434 (2), e quindi anch’essa appartiene alla prima metà del
400, come dimostra anche il carattere del codicista. Compo-
sta di 63 strofe, uguali a quelle delle redazioni precedenti,
questa copia manca delle XIX e LXV A, C. Inoltre le strofe
hanno subito uno spostamento notevole dopo la 23, poiché
seguono le XXXVII- XXXXVIII A, C con la sostituzione
scambievole delle XXXXIV e XXXXV A, C. Alcune strofe
come le 1, 7, 12 e 60, hanno anche semplici versi spostati e

(1) Non si sa quali siano le due strofe mancanti rispetto alla red. A ; ma é certo
che esse dovevano mancare nel corpo della profezia, perché quelle riferite dal No-
vati corrispondono perfettamente alle prime quattro e all'ultima della A.

(2) V. I manoscritti italiani della Bibl. Naz. di Firenze, descritti da una so-
cietà di studiosi sotto la direzione del prof. A. Bartoli. — Sez. I, Codd. Magliabe-
chiani: Serie I, Poesia, Tomo IV, (Firenze, 1885), p. 11.
UNA PROFEZIA MEDIEVALE IN VERSI, ECC. 425

rimaneggiati. Scritta in un carattere non sempre chiaro, la
red. D non accenna a forme dialettali della Liguria, donde
pare provenga il codice che la contiene (1): per la lingua
si accosta piuttosto alla red. A.

La stessa attribuzione di questa ha invece la red. E, cui
precede la didascalia « Prophetia fratris stupe pulcherima >
(sic). L'epoca della trascrizione che non è indicata nè in prin-
cipio nè in fine del componimento, si può rilevare approssi-
mativamente dalla prima carta del codice, dove sono alcune
notizie storiche che vanno dal gennaio 1443 al 1471: proba-
bilmente adunque questa redazione potè farsi verso il mezzo
del sec. XV. Il carattere è minutissimo, e difficile n° è la let-
tura. Pare, secondo l'abate Trombelli, l'antico possessore del
codice, che questo sia stato scritto per intero da un frate
Predicatore ferrarese o dimorante in Ferrara: ma nulla di
certo intorno all'origine di questo cod. membr. proveniente
dal Monastero di S. Salvatore in Bologna a quella Biblioteca
Universitaria. Questo per la storia della redazione E, la quale
consta di 64 strofe della struttura già notata mancando della
XXXX® A, C e contiene alcune postille latine. La lingua
è alterata da sdoppiamenti e addolcimenti veneti.

Una diversa didascalia e un diverso principio ci offre il cod.
V. H. 214 della « Nazionale » di Napoli. La red. F s'intitola
« Prophetia fratris Mucii de Perusio » e consta di 62 strofe,
che sono uguali nella struttura a quelle delle altre redazioni:
mancano le str. I, VII e XIII A, C. Il carattere anche qui
è minuto e ineguale, le divisioni metriche non sono state
sempre osservate, abbondano le scorrezioni e vicino a luoghi
alquanto oscuri non mancano espressioni prive di significato.
Vi si sente in mezzo la rude semplicità del dialetto umbro,
sebbene la « Nazionale » di Napoli abbia ereditato il codice
suddetto da un convento dell'Abruzzo. La trascrizione della

(1) Infatti si sa che il codice fu trovato in certe navi di Genovesi naufragati a
Reggio nel 1434 e di più nella strofa 34 si legge gienovesi in luogo di anglesi.
426 E. FILIPPINI

profezia vi fu fatta forse a mezzo il sec. XV, secondo può
attestare la data del 1454, che porta un documento conte-
nuto nelle ultime pagine del codice (1). Del resto essa è già
nota per le stampe avendone io fatta un'edizione diplomatica
undici anni or sono (2).

Più fortunata di codesta fu certamente la red. G, di cui
dettero prima alcuni saggi il D'Ancona (3) ed il Mazzatinti (4),
e che poi pubblicò per intero lo stesso prof. D'Ancona (5). Essa
ha per titolo « Prophetia Fratris Iacoponi edita in M:CCC'L », e
si compone di 64 strofe formate al solito modo e scritte in un
carattere nitidissimo: quella che manca è la XXXXI A, C.
Noto qui che, secondo l'edizione del D'Ancona, l'ultima strofa
mancherebbe del versetto finale; ma chi consultasse il cod.
Vat. 4872 s'accorgerebbe che questo invece ce la dà com-
pleta. Il quinario « Ad tucte l' ore » si trova infatti confuso
con la 4? ottava del componimento seguente che è scritto a
due colonne, mentre la nostra profezia è redatta in una sola
col verso più breve di fronte al secondo d’ogni strofa. Così
dovrei rettificare la lezione di altre parole che nell’edizione
del D'Ancona non sono conformi in tutto alla redazione G:
ma non è questo il luogo adatto a simili correzioni. Piuttosto
osservo che la redazione G contiene uno spostamento di strofe
simile, a quello della D, poichè alle strofe XIX - XXXIX A,
C subentrano le XXXX e XXXXII- LX A, C, a cui quelle

(1) Per qualsiasi altra notizia su questo codice v. Le Scritture in volgare dei
primi tre secoli della lingua, ricercate nei codici della Biblioteca Nazionale di Na-
poti da ALFONSO MIOLA. (Bologna, tip. Fava e Garagnani, 1878), vol. I, p. 94.

(2) V. la mia « Prophetia fratris Mucii de Perusio » estratta da un codice na-
poletano del sec. XV ed illustrata ecc. (Fabriano, Gentile, 1892). Lo stesso studio pub-
blicato in pochi esemplari per nozze riapparve quasi contemporaneamente nella
« Miscellanea Francescana » dir. dal Faloci-Pulignani, vol. V, fasc. IV, p. 137, sotto
il titolo di « Muzio da Perugia e la sua profezia ».

(3) V. il suo Jacopone da Todi giullare di Dio del sec. XIII. in « Nuova Antolo-
gia », vol XXI, p. 464. *

(4) V. Un-profeta «nnbro del sec. XIV in « Propugnatore » del 1882, tomo XV,
parte IT, p. 36.

(5) V. 'appendice al suo Jacopone da Todi ristampato in « Studi sulla Lettera.
tura Italiana dei primi secoli » (Milano, Treves, 1884), pp. 95-101.
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DUM pa ru i L MM A
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UNA PROFEZIA MEDIEVALE IN VERSI, ECC. 427

Li

sono posposte, con detrimento della concatenazione dei pen-
sieri e delle rime. Inoltre la G, sebbene meno rude della F,
contiene forme idiomatiche che accennano al dialetto umbro.
Non si hanno notizie precise intorno all'anno in cui fu fatta:
solo dalla forma dei caratteri è lecito arguire che appartenga
ai primi anni del sec. XVI, sebbene il codice contenga dei
documenti che per la grafia possono risalire a più d’un se-
colo addietro.

Si deve anche attribuire al sec. XVI la red. H che è se-
guita dalle epigrafi « Questa prophecia sì fece Merlin et fu
compita zoe schrita de MCCCCXXVI, adi III del Mexe de Zu-
gno - Laus deo honor et gloria finit » e, a poca distanza « Ad
VI april del MCCCCCIII di Zuoba a hora XVIII e meza -
al ponte di la Tore a copiato di uno libro antico ». Di qui si
scorge chiaramente che il copista, di cui non si conosce il
nome, ha trasportato da un codice all’altro i componimenti
contenuti nelle prime 30 carte del Marc. XI, 124, facendoli
precedere o seguire dalle didascalie e dalle epigrafi che essi
avevano in quello più antico del sec. XV. Ma che la trascri-
zione sia avvenuta a principio del 1500 mi pare non si possa
dubitare, sia per la seconda delle date surriferite che è come
il suggello di tutta la prima parte del codice, sia per la forma
esile ed allungata del carattere che è uguale in tutte le 30
carte, e sia ancora perchè il primo componimento della se-
conda parte del codice porta in fronte la data del 1503. Del
resto la redazione H, il cui originale faceva autore della pro-
fezia Merlino, si compone di 65 strofe formate al solito modo
e ordinate regolarmente come le A, C. E con questa ha co-
muni ancora parecchi venetismi, ma non tutte le scorrezioni.

Della redazione I, che ho registrato in coda a tutte le
altre per la ragione che dirò appresso, c'informó pel primo
in Italia il Mazzatinti (1). Io non avendo potuto averne copia

da Parigi, chiesi il prestito del codice, che cosi potei esami-

(1) V. Inventario dei Mss. ital delle Bilioteche di Francia, vol. HI, p. 171.

T

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4
= tere ctn re PE, uso
428 , E. FILIPPINI

nare per tutto ciò che poteva occorrermi. Il codice Mazari-
niano, sebbene sia di piccole dimensioni e acefalo per la
mancanza delle prime 56 carte, pure è una ricca miscella-
nea di profezie latine e italiane, in prosa e in versi. Scritto
in bel carattere mezzano, appartiene al sec. XVI e forse alla
metà del 500, poiché a c. 65 v. si legge la data 1441. La
nostra profezia, redatta senza alcuna didascalia od epigrafe,
non manca di qualche postilla segnata a sinistra dell' unica
colonna che formano in ogni pagina le strofe. Le quali, in
numero di 61 e uguali nella struttura a quelle delle altre
redazioni, non serbano neanche l' ordine delle redazioni mi-
gliori; mancano le strofe III, XIII, XXXIII e XXXV-XXXVII
delle A, C, H: inoltre le 18-36 I corrispondono alle XXXVIII-
LVI A, C, H, le 37-39 I alle XXX-XXXII A, C, H,la 40I
alla XXXIV A, C, H, le 41-50 I alle XX-XXIX A, €, H.
Infine le 60-61 I non appaiono nelle altre redazioni, di cui
peró ricordano qualche strofa mancante. A parte alcuni
sdoppiamenti consonantici, la red. I conserva tracce del dia-
letto umbro.

Dopo questa esposizione è chiaro che nessuna delle reda-
zioni registrate è autografa e che quindi ci manca I origi-
nale della profezia. Abbiamo però gli elementi necessari per
costituire il festo critico di essa; vediamo quindi di stabilire
anzitutto il grado di autorità che possono avere le varie reda-
zioni studiate nelle loro reciproche affinità e raccolte in
gruppi, e poi faremo la scelta della lezione migliore.

Premetto che, trattandosi d'un breve componimento
contenuto in codici più ampi, non è il caso di tener conto
dei loro caratteri esterni. Giova anche avvertire fln d'ora
che in questo esame non mi occuperò della red. B, della
quale conosciamo troppo poco per poter giudicare di tutta
la sua importanza (1).

(1) Nei pochi versi che il Novati ci ha conservati, la red. B presenta qualche
somiglianza col testo della E. Il Novati poi aggiunge che essa è un rimaneggiamento
UNA PROFEZIA MEDIEVALE IN VERSI, ECC. 429

L]

Ho già detto come delle altre otto redazioni alcune
(A, C, D) appartengano alla prima metà del Quattrocento,
due (E, F) a mezzo il secolo XV, due altre (G, H) al. prin-
cipio del Cinquecento ed una (I) alla metà dello stesso secolo.
Nell’ ordine progressivo, poi, in cui le ho registrate, tra le
redazioni della stessa parte di secolo ho dato la precedenza
a quella che per la sua speciale grafia mi pareva anteriore.
Quindi la questione si riduce a vedere se una redazione de-
rivi da una di quelle precedenti o da più di una o da altra
che potrebbe essere andata perduta.

Ora, per accertare il meglio possibile queste derivazioni,
mi varrò di quegli indizi che mi sembrano i più decisivi.
Ed anzitutto trarrò profitto dalle omissioni d’ intere strofe e
dagli spostamenti di gruppi di strofe, che si trovano in
parecchie redazioni e che io ho già notato caso per caso (1).
È reso chiaro da questi indizi rispettivi che

la red. E non può derivare dalla red. D.

» F » » dalle redd. D, E.

» G » » » D, E, F.

» iut » » » p; Beba
» I » » » D, E, F, G, H.

e che resta a vedere soltanto se la red. C derivi dalla red.
A o da altra perduta e se le redd. D, E, F, G, H, I deri-

della red. G; ma egli non sapeva allora che la G era alla sua volta un rimaneggia- -
mento della forma originale; è probabile quindi che la B si accosti più della G a
questa forma, pur avendo una strofa di meno.

(1) È da notare qui che non tutte queste alterazioni subite dalle diverse reda-
zioni si avvertono alla prima lettura, poiché se c'é interruzione di rime tra le
strofe 18-19, 23-24, 35-36; 47-48 della red. D, tra le 39-40 della red. E, tra le 18-19, 19-20,
59-60 della red. G, tra le 2-3, 17-18, 39-40 delle red. I, non si può dire che avvenga lo
stesso fra le strofe 30-31, 31-32, 32-33 della red. D, né fra le 5-6, 12-13 della red. F, né
fra le 38-39 della red. G, né fra le 11-12, 36-37, 40-41, 50-51 della red. I, in cui il ver-
setto intermedio o è stato adattato alle esigenze della strofa seguente, o ha ce-
duto il posto a quello della strofa perduta o spostata, oppure si é conservato tal
quale perché la strofa seguente, per caso, cominciava con la stessa rima.
430 E. FILIPPINI

vino dalla .red. C o dalla red. A o da entrambe o anche
da altre che non si conoscono.

E qui occorre esaminare le otto redazioni nei punti cri-
tici più importanti. Questi per me sono:

il v. 10 che dà luogo a quattro lezioni differenti

» 15 » » due » »
» 41 » » due » »
» 49 » » due » »
» re » » tre » »
» 86 » » tre » »
» 89 » » tre » »
» 101 » » due » »

Ora la red. C si accorda con la red. A solo in tre di
questi luoghi (vv. 41, 86, 101); la red. D si accorda con la
red. A in quattro luoghi (vv. 13, 41, 49, 101) e con la red.
C in nessuno ed ha tre lezioni proprie (vv. 10, 86, 89); la
red. E si accorda con la red. A in cinque (vv. 41, 49, 74,
86, 101), con la red. € negli altri tre; la red. F si accorda
con la red. A in due (vv. 13, 89), con la red. C in uno (49)
e negli altri ha lezioni proprie; la red. G si accorda con la
red. A in sei (vv. 10, 13; 41, 49, 89, 101), con la red. C in
uno (v. 86) e con la red. F in uno (v. 86); la red. H si
accorda con la red. A in cinque luoghi (vv. 41, 49, 74, 86,
108), con là red. C negli altri tre; la red. I con la red. A
in tre (vv. 10, 13, 89), eon la red. D in uno (v. 86), con la
red; F in tre (vv. 41, 14, 101):

Inoltre si deve osservare che due dei luoghi in cui la

red. G si accosta alla red. A (vv. 41, 101), e tre di quelli

in cui le redd. E ed H si accordano con la stessa red. A

(vv. 41, 86, 101), sono comuni alla red. C, come anche due

di quelli in eui la red. I si accosta alla red. A (vv. 13 e 89)
sono comuni alla red. F. Sicchè si può stabilire con suffi-
UNA PROFEZIA MEDIEVALE IN VERSI, ECC. 431

ciente fondamento che la red. C non deriva direttamente
dalla red. A, che la red. F non deriva né dalla red. A nè
dalla red. C e che tutte e tre restano distinte con caratteri
propri ben delineati nelle principali varianti; delle altre poi
le redd. D e G hanno più stretta relazione con la red. A,
e la red. I con la red. F. Così di tutte le otto redazioni si
vengono a formare tre gruppi, che trovano la loro con-
ferma nelle altre ragioni critiche che si possono invocare
in simili casi e che io ho già richiamato all’ attenzione del
lettore, meno che nell’ attribuzione della profezia ad uno
piuttostoché ad un altro autore, poiché la red. E che l'attri-
buisce allo stesso profeta della red. A mostra invece di ap-
partenere ad un’altra famiglia; ma si sa che in fatto di
attribuzione, più che in altre cose, il copista si atteneva alla
tradizione del suo paese, e per questo non è da dare grande
importanza alla diversa paternità assegnata ad un componi-
mento antico da manoscritti affini. È possibile anche, del
resto, che l'amanuense nell atto di trascrivere la profezia
abbia tenuto presenti due o piü copie differenti di essa: ció
puó spiegare non solo la scelta d'un'altra paternità, ma an-
che e soprattutto la diversità di alcuni punt? critici in reda-
zioni appartenenti alla stessa famiglia. La quale diversità alle
volte puó dipendere anche da facili errori d'interpretazione
commessi dallo stesso copista: cosi io credo per es. che le le-
zioni proprie della red. D non siano altro che correzioni del
testo della red. A, e per questo non esito ad aggregarla alla
sua famiglia. Né dobbiamo dimenticare che se la red. I é
in istrettissima parentela con la red. F, non puó essere già
una sua discendente diretta, poiché, come ho detto poc'anzi,
contiene delle strofe che a questa mancano interamente : é
molto probabile invece che tutte e due derivino da una fonte
comune che non si conosce e che io chiamerò x. Se quindi
indichiamo anche con z l'originale delle profezia e vogliamo
dare una forma rappresentativa ai vari legami che uniscono
le otto redazioni fra di loro, io credo si possa, senza timore
432 à E. FILIPPINI

di allontanarsi troppo dal vero, comporre il seguente albero
genealogico :

|
|
A (5 x
[ |
D G E H

[role
H

Per ben valutare ora il grado di autorità di ciascuno
di questi gruppi di redazioni, bisogna vedere quale doveva
essere la forma vera dell’ originale deducendolo dal loro
confronto. Io non starò qui a ripetere osservazioni già fatte
quando ho descritto ciascuna redazione; ma occorre ri-
eordare che se tutte le redazioni si accordano nel dare alla
profezia lo schema metrico d'un séreentese caudato semplice,
le cui strofe sono composte di tre endecasillabi minorimi e
d'un verso più breve che per lo più è un quinario e che dà
la rima alla serie seguente (1), molto discordi, invece, esse
si mostrano nel numero delle strofe e nell’ ordine in cui
queste dovevano succedersi. Su otto redazioni infatti una ne
conta 61, una 62, una 65, due 64 e tre 65; e mentre in
quest’ ultime si osserva una esatta corrispondenza strofica
e una continuità metrica e logica mai interrotta dal princi-
pio alla fine (2), mentre in due la mancanza di qualche
strofa non produce grave danno, nelle altre tre invece ac-
cade a chiunque di notare verso il mezzo una grande con-
fusione causata o da smania di rimaneggiare il componi-
mento o da negligenza nel trascriverlo. Poca importanza
hanno quindi per noi le redazioni che si trovano in questo
stato e che sono D, G, I, una assai maggiore ne hanno in-
vece le redd. E, F, sebbene non intere, e fino a prova in

(1) È noto che questa é una delle principali forme metriche della profezia me-
dievale.

(2) Dico ciò, sebbene l'ignoranza dei copisti abbia alterato la misura e la rima 1
di molti versi anche in queste tre redd., e sebbene per ragioni facilmente spiega- [
bili il copista della red. A abbia lasciato a mezzo il v. 183.
UNA PROFEZIA MEDIEVALE IN VERSI, ECC. 433

L]

contrario si deve ritenere che la forma piü genuina della
profezia o meglio la più corrispondente alloriginale sia data
dalle tre redd. A, C, H, che nel giro del maggior numero
di strofe, cioè nel giro di 260 versi, si mostrano le più
complete. E poiché la red. H è, come ho già detto, una tarda
discendente della red. C, le redd. A e € restano i due esem-
plari più autorevoli del nostro componimento. Ma la scelta del
testo per l'edizione critica, com’è evidente, non può cadere
che sulla red. A, sia perchè essa si dimostra un po’ più an-
tica della red. C ed è probabile quindi che si accosti anche
di più all'originale nella lezione del contenuto, sia perchè
essa è molto meno scorretta dell’ altra e mostra di aver con:
servato meglio la forma dialettale in cui la profezia fu con-
cepita e che traspare anche sotto la veste nuova méssale
indosso dal copista veneziano. Per queste ragioni e per altre
che avrò occasione di spiegare in seguito, io credo di non
avere errato nel fondare l'edizione critica del componimento
profetico di cui mi occupo, sulla redazione perugina, non
senza aver ricorso però, dove era necessario sanarla, alle al-
tre redazioni più importanti (1).

(1) Dò qui le avvertenze principali sulle norme da me segulte nell’ edizione
critica della profezia. - 1.° Ho creduto bene di distinguere gli v dai v. - 2.° Ho sosti-
tuito le lettere maiuscole alle minuscole dov'erano richieste. - 3.° Ho messo accenti,
apostrofi e segni d'interpunzione dove mancavano e mi sembravan necessari. - 4.° Ho
separato le parole aggruppate, e riunito quelle sillabe che non potevano stare stac-
cate. - 5.° In qualche strofa ho fatto inversioni di parole, che materialmente davano
suono migliore. - 6.° Ho chiuso in parentesi curve le parole, le sillabe e le lettere
che mi sembravan superflue. - 7.° Ho chiuso in parentesi quadre le parole, le sillabe
e le lettere aggiunte per aggiustare i versi incompleti, e tolte dalle altre redazioni. -
8.° Ho scritto in corsivo le parole, le sillabe e le lettere che la collazione delle va-
rianti suggeriva di sostituire alle forme corrispondenti della red. A, ed ho traspor-
tato queste nelle note. - 9.° Ho messo in nota, verso per verso, le varianti di senso
più notevoli, con le rispettive indicazioni della strofa e del verso a cui apparten-
gono in ciascuna redazione. - 10.» Ho separato da queste note che chiamerò critiche,
quelle storiche e letterarie.

Inoltre avverto che non ho creduto necessario aggiustare le rime dei vv. 64-67,
e 76-79, né mi son permesso di ridurre a una forma unica i versetti finali di ciascuna
strofa se non dove era possibile. E noto a questo proposito che nei sirventesi il
verso più breve non é sempre della stessa misura: nel nostro la sola red. A ci dà
E. FILIPPINI

II.

Diamo ora un rapido sguardo al contenuto della profezia
nella forma dataci dalla redazione prescelta, che, come abbiam
visto, è la più completa e naturale. Il componimento si può
dividere in cinque parti. Nella prima il poeta fa la sua presen-

tazione profetica e determina il periodo di tempo in cui si svol-
gono i dolorosi avvenimenti a cui dovrà accennare in seguito
(str. III). Dopo, entra in argomento, cominciando a predire
sciagure a Perugia e minacciando i signori di Milano, Verona,
Padova, Ferrara, Mantova, Ravenna, Rimini, i quali non pre-
vedono che saranno sopraffatti da un uomo molto astuto e
finto: poi si volge alla Toscana e accenna ai pericoli che
corrono Firenze, Siena, Pisa, e alla venuta d'un principe te-
desco: presagisce una sconfitta alla repubblica di Venezia e
accenna alle stragi di cui si macchierà la stessa Roma (str.
IV-XXX). Nella terza parte il profeta fa un quadro deso-
lante delle condizioni di tutta l'Italia in questo periodo: guerre
fratricide, violenze d’ogni specie, ministri di Dio corrotti,
prelati avidi di denaro e giustamente perseguitati, milizie
straniere in lotta fra di loro: dappertutto sangue, lutto, mi-
seria e paura del finimondo (str. XXXI-XXXXIX). Ma dopo
questa tremenda bufera, verrà anche per l'Italia il sereno,
cioè la pace portata da un monarca provvidenziale, padrone
di tutto il mondo e secondo salvatore dell umanità. Roma

una coda di tre sole sillabe (v. 156) vicino ad un altra di otto (v. 72), sei di sei (vv. 8,
12, 72, 96, 128, 220) vicino a ventuno di quattro (vv. 28, 44, 60, 80, 84, 104, 108, 124, 140, 144,
160, 168, 176, 180, 200, 204, 208, 216, 228, 244) e tutte le altre che sono trentasette, di
cinque sillabe. Si può quindi dire che la forma più comune di coda del nostro sir-
ventese doveva essere il quinario, ed io ho cercato, con l’aiuto delle altre reda-
zioni, di ristabilirlo là dove il copista mi pareva lo avesse alterato: ho lasciato però
intatti i quaternari 84, 160, 168, 200, 216 e 244 che la collazione dei codici non mi au-
torizzava a toccare.

Avverto infine che mi sono attenuto alla red. A anche nel lasciare i versi più
brevi a sinistra piuttostoché portarli a destra, perché così sono disposti anche nelle
redd. D, E, F, I.
UNA PROFEZIA MEDIEVALE IN VERSI, ECC. 435
L]

ritornerà tranquilla e allargherà il suo dominio: la vita rifluirà
dappertutto sicura, comoda, libera da ogni pensiero di guerra,
allietata da un fraterno accordo generale (str. L LXIIT). Fi-
nalmente, dopo aver raccomandato a tutti di non montare in
superbia per tanta felicità, il profeta termina col lodare Iddio
che lo ha ispirato (str. LXIV-LXV).

Ora se puó sembrar naturale che un componimento sif-
fatto, pià che astrologia o ?udicio come pur si trova qualifi-
‘ato nella red. B, si chiami profezia, è certo però che di
veramente profetico in esso, e cosi anche tutti gli altri com;
ponimenti del genere, non c'é che la vecchia speranza in
un avvenire migliore mercè l intervento d'un veltro che ri-
stori le disgraziate sorti d'Italia. Tutto il resto è troppo de-
terminato perché si possa crederlo come non avvenuto prima
che il profeta scrivesse e divulgasse il suo sirventese. E del
resto si sa che lo.scopo di queste profezie politiche, morale
o satirico che fosse, non si poteva meglio raggiungere che
fingendole scritte in precedenza ai fatti in esse indicate (1).
Quando adunque e da chi si puó ritenere che sia stata scritta
la nostra profezia? Nellindagare l'epoca della sua compo-
sizione, non possiamo tener conto della didascalia della red.
B, la quale con le parole « che dura cento anni che fo’ predi-
cata » la riporterebbe al principio del sec. XIV; né tampoco
di quella della red. F, che la fissa senz altro nel 1350. La
divergenza stessa dei due codicisti è prova della nessuna
attendibilità di queste indicazioni, e dell’ interesse manifesto
che allora si avea di far credere più antichi che fosse possibile
codesti componimenti profetici. Cosi non possiamo credere che
la data del 9 giugno 1426 posta in fondo alla red. H, si
riferisca alla composizione della profezia, e ciò per diverse
ragioni, tra le quali principalissima ed esauriente, mi pare,
questa, che sarebbe venuto a mancare lo scopo di un siffatto
componimento qualora si fosse pubblicato non solo l’anno,

(1) V. la precit. prelez. del MEDIN, p. 27.

y 5079)

OAM
pra Ml o gl a matt
436 E. FILIPPINI E^

ma anche il mese e il giorno della sua prima apparizione.
Quella data, evidentemente, ricorda soltanto il tempo in cui
avvenne la trascrizione del sirventese nel codice, assai più
antico, che l'amanuense cinquecentista ebbe fra mano e dice
di aver copiato. Noi quindi, più che affidarci alle didascalie
non sempre esatte che accompagnano le diverse redazioni,
dobbiamo ricercar l' origine della profezia nella profezia

- istessa. Ed invero, quando in un componimento come questo
mancassero altre indicazioni precise, vi son sempre gli ac-
cenni storici che riordinati cronologicamente ci danno il
modo di stabilire un limite di tempo, prima del quale è im-
possibile porre la sua fattura. Ma nella nostra profezia noi
troviamo una strofa che dovrebbe avere un’ importanza ca-
pitale per questa ricerca, ed è la terza, in cui è detto entro
quali anni si aggirano le sciagure che colpiranno le diverse
città italiane e l'Italia intera. E se in questa determinazione
sì trovassero d'accordo tutte le nove redazioni esaminate,
avremmo certamente la chiave del problema. Ma purtroppo
invece non c'è discrepanza maggiore, poiché non vi sono
due redazioni che si accordino nel fissare l'uno e l'altro li-
mite, e c'é anche di peggio. La red. I, intanto, manca af-
fatto di tutta la strofa terza; la H indica il primo limite
soltanto ed anche imperfettamente; la E trasporta addirittura
i fatti alla fine del sec. XV commettendo così un gravissimo
anacronismo, anzi un complesso di anacronismi; le redd. C,
D, F, G si contentano di fissare gli anni senza il secolo; la
B spinge il secondo limite fino allanno 1400; e la A sola
accenna chiaramente a due limiti probabili. E così abbiamo
che la red. G fa accader tutto entro un anno, la D entro un
È biennio, la F entro un quinquennio, la A in poco più d'un
Wil decennio, la C in un ventennio e la B giunge fino al tren-
4 tennio.

Kj In mezzo a tanta divergenza noi non possiamo far altro,
T ee per ora, che lasciar da parte la strofa terza ed interrogare n
| quelle altre in cui sono adombrati dei fatti storici. Ma sa-
UNA PROFEZIA MEDIEVALE IN VERSI, ECC. 437

2

rebbe inutile qui esaminarle tutte una per una, tanto più
che io ho cercato d’ illustrarle il più brevemente ed il me-
glio che mi era possibile in una serie di note a parte che
terranno dietro alle varianti. Basterà che io dica quale mi
sembra l'avvenimento storico meno antico che sia adom-
brato nella profezia. Ora, se io non erro, questo elemento
ci è fornito dalla strofa XXIV, in cui il poeta, dopo aver
parlato della guerra tra i Fiorentini e Gian Galeazzo e del-
l'aequisto che questi fece di Pisa e Siena, accenna alla ve-
nuta di Roberto di Baviera in Italia, per cui il Visconti si
trovò impegnato in una nuova guerra. Il poeta aggiunge
che la discesa di Roberto fu accompagnata in Italia da un
senso di sbigottimento generale: ed invero nessuno avrebbe
potuto prevedere le conseguenze d’una guerra tra il poten-
tissimo Gian Galeazzo ed il nuovo imperatore di Germania,
che fiancheggiato da un grosso esercito tedesco e aiutato da
una lega italiana scendeva tra noi (ottobre 1401) dopo aver
annullato tutti i diplomi concessi dal suo predecessore Ven-
ceslao e dopo avere sfidato lo stesso Visconti rifiutandogli
anche il nome di duca o di signore (1). Ma nella profezia non
sì fa alcun cenno del modo energico in cui Gian Galeazzo
sì preparò a questa guerra, nè della sorte di essa, che si
decise presso Brescia e fu completamente sfavorevole a Ro-
berto, nè della sua immediata partenza verso Trento, sebbene
tutto ciò si sia svolto in un tempo brevissimo prima del no-
vembre di quell’anno. Per questo mi pare evidente che la
profezia sia stata scritta tra il 1400 e il 1401 e che essa do-
veva, secondo il concetto dell’autore, comprendere nella prima
parte gli avvenimenti di quel periodo tanto agitato, per tutta
l'Italia, che fu l'ultimo trentennio del trecento. Così cadono
tutte le date che ci dànno le diverse redazioni eccetto quella
offertaci dalla red. B, nella quale noi non dobbiamo far altro
che aggiungere l'indicazione del secolo decimoquarto alla pri-

(1) V. €. CIPOLLA, Storia delle signorie, p. 281.

Á
Mps

dr amm
438 E. FILIPPINI

ma cifra affinché l' intervallo di tempo sia pressochè esatto di
fronte ai nostri resultamenti. Ed é per questo che io mi son
permesso di correggere il secondo numero di quella strofa.
nella red. A col numero indicato dalla red. D, che serve ad
aggiustare anche la misura del verso per se stesso troppo
lungo.

Vediamo ora chi potè essere l'autore della profezia.
Giova ricordare intanto che le tre redazioni B, D, I dànno
il componimento come adespota: delle altre la A e la E lo
attribuiscono a frate Stoppa de’ Bostichi, la C all abate Gioac-
chino, la F ad un tal Muzio da Perugia, la Ga Iacopone da
Todi, la H al famoso mago Merlino. Cominciamo dall’ esclu-
dere quei nomi che evidentemente furono apposti dai copisti
per dare maggior credito alla profezia, secondo l uso del
tempo, come Merlino (1), l' abate Gioacchino (2), e Iacopone
vissuti molto tempo innanzi. Quest’ ultima attribuzione, vera-
mente, fu sostenuta anche dallo Sbaraglia che credette di
rimediare all anacronismo derivante dalla distanza tra l’anno
della morte del poeta (1506) e quello della intestazione della
red. G (1350) affermando che la « Prophetia Fratris Iaco-
poni edita est anno 1505, non 1350, numeris transpositis » ; (3)
ma egli cosi dicendo, non s'accorgeva che, mentre cercava
di far rientrare la composizione della profezia nella vita di
Iacopone rendeva più incredibile la cosa, perché nel 1305
meno ancora che nel 1350 si poteva presagire con tanta
precisione ciò che sarebbe avvenuto nella seconda metà di
quel secolo. Ben a ragione quindi il D' Ancona fino dal
1880 (4) dichiarò falsa l'attribuzione iacoponiana e senza pe-
ranco sapere, forse, che altre redazioni della profezia avevano
altri nomi al posto di quello del « giullare di Dio », pensó

(1) V. La storia di Merlino di P. PiERI edita e illustrata da I. Sanesi (Bergamo
1898) pp. XXI-XXVI.

(2) V. L’eresia nel Medio-Evo di F. Tocco, (Firenze, Sansoni, 1884), p. 261 e segg.

(3) V. Supplementum, ad scriptores trium ordinum. S. Francisci, p. 300, col, 2°.
(4) V. il suo studio su Jacopone da Todi, nella prima ed. già da me citata.

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NRE INA
Tz

Stoppa francescano.

UNA PROFEZIA MEDIEVALE IN VERSI, ECC. 439
Li

che « chi la scrisse... fu probabilmente un fraticello che per
« darle maggiore autorità si giovó della fama, tuttavia su-
« perstite fra le plebi, di Iacopone » (1).

Ci resta a parlare di frate Stoppa e di frate Muzio. Al-
l'accordo di due redazioni importanti nell ammettere il pri-
mo come autore del nostro componimento, si aggiunge la
recisa affermazione di chi compiló l'indice del cod. Magl. in
cui si trova la red. D; quivi dopo la registrazione al n. 2
d'un componimento intestato a frate Stoppa si registra al
n. 5 la nostra profezia adespota con le parole « quamvis
« auctoris nomen haud prae se ferat, eidem procul dubio
« tribuenda videtur ». Di più, è noto che egli oltre ad essere
stato frate minore dell'ordine di S. Francesco (2) fu dono

(1) V. lo stesso lavoro nel vol. degli Studi, anch'essi già da me citati, pag. 85
(nota). E qui va notato come già nel 1882 il MazzariNTI nell'articolo Ua profeta um-
bro ecc. avea dichiarato: « Noi e perché (questa profezia) fu edita appunto nel pe-
« riodo in cui correvano, avidamente raccolte, per la bocca del popolo italiano e
« più specialmente umbro le profezie del frate di Foligno (Tommaso Unzio) e par
« modellata, tanto si rassomig iano fra di loro, sugli altri carmi fatidici attribuiti
« allo stesso profeta, non saremmo lontani dal crederla fattura di Tommasuccio,
« negatagli e per mera ignoranza attribuita a Iacopone dall’ inesperto amanuense
« del codice Vaticano ». Ma a distruggere questa ingegnosa congettura basta il solo
fatto che il b. Tommasuecio mori nel 1377, cioé molti anni prima della composizione
della nostra profezia. Dirò di più che questa ha parecchi punti di contatto con la
frottola « Vuol la mia fantasia » la quale dal Trucchi in qua é stata attribuita allo
stesso frate folignate, senza che gli possa appartenere perché vi si parla di fatti
posteriori alla sua morte, e del resto si trova assegnata anche ad altri come nel
cod. Magl. II. IV. 36. Ma sarebbe molto arrischiato fondare la ricerca della paternità
d'un componimento su tali argomenti, poiché come ben disse il MEpiN « tutte le
profezie andavano sopra uno stesso stampo ». (V. recensione in Rivista critica d.
lett. ital., anno V, n. 4).

(2) Veramente il Sercambi (Croriche, vol. VII, p. 274) ne fa « uno converso de’
frati di santo Agustino ». Ma io credo che questo sia un altro frate Stoppa vissuto
nella prima metà del sec. XVI. Infatti a lui lo stesso Sercambi attribuisce la frot-
lola « Se la fortuna e "1 mondo », che sarebbe stata cantata sulla piazza di Lucca
tra il 1815 e il 1328, mentre prima che si pubblicassero quelle Croziche (1893) si ritc-
neva che essa appartenesse al principio del sec. XV. (V. nota del Bongi a pag. 415
della stessa opera: V..anche Giornale storico d. lett. ital., (vol XXII, p. 291). Di più
il Sercambi dice che il frate Stoppa agostiniano era un signore decaduto e molto
istruito, mentre il Iacobilli (Vite de? Santi e Beati del Umbria ecc. Foligno, Alte-
rii, 1647, tomo I, p. 159) afferma che il frate Stoppa francescano era stato un fornaio
di umile condizione. La questione merita di essere studiata più a fondo; ma credo
non vi sia bisogno di modificare, sull'attestazione del Sercambi, la cronologia dello
440 E. FILIPPINI

spiritus prophetici insignis e lo dimostró soprattutto nel sirven-
tese in 45 ottave che comincia col v. « apri le labbra mie,
dolce Signore » (1) ed in cui sono indicati avvenimenti del-
l'ultimo quarto del trecento (2). Anzi, quanto all'epoca in cui
sarebbe vissuto frate Stoppa, il Faloci-Pulignani, basandosi su
‘autorevoli testimonianze, sostiene che egli mori nel 1415 (3),
contro l opinione del Crescimbeni (4) e del Carducci (5), che
cioé fiorisse intorno al 1347. Ma contro questo cumulo di cir-
costanze favorevoli all'attribuzione della nostra profezia a
frate Stoppa urtano due fatti di non lieve importanza: 1.° che,
secondo il Iacobilli (6), frate Stoppa dopo il 1377 sarebbe
vissuto sempre eremita e fuori d'Italia, ció che non poteva
rendergli agevole di parlare delle condizioni del nostro paese;
2.° che è troppo differente lo stile delle due profezie per po-
terle giudicare entrambe come opere dello stesso autore e
la nostra si scosta di molto anche per la lingua dall altra,
che si manifesta addirittura elaborata da un trecentista to-
scano qual era il Bostichi.

Maggior diritto, invece, ad essere ritenuto autore del
nostro sirventese mi pare che abbia frate Muzio da Perugia,
sebbene egli non sia altrimenti noto. Le cronache serafiche
del Wadding e dello Sbaraglia non citano mai un minorita
cosi nominato né lo ricordano gli storici migliori dell Um-
bria, tra i quali il Pellini, il Iacobilli e il Vermiglioli, mentre
il nome di Muzio è piutttosto comune fra i secolari dell’ Um-
bria nel tre e quattrocento. Fra gli altri sembra si chiamasse
così anche il poeta perugino Stramazzo, che conobbe il Pe-

(1) V. Rime di M. Cino da Pistoia e d'altri del sec. XIV, ord. da G. CARDUCCI
(Firenze, Barbera, 1862) p. 264 e segg. i

(2) V. La Ballata della Fortuna, di A. MEDIN, in « Propugnatore » del 1889
fasc. I, p. 106.

(3) V. Le profezie del B. Tommasuccio da Foligno (Foligno, Campitelli, 1887)
pp. 16-17.

(4) V. Storia della volgar poesia, (Venezia, 1730), vol. II, parte II, p. 148.

(5) V. 0p. cit., p. LIII.

(6) V. op. cit., p. 160-161.

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UNA PROFEZIA MEDIEVALE IN VERSI, ECC. 441

trarca e gli diresse due sonetti: ed é per questa doppia co-
incidenza del nome e dell'arte poetica, soprattutto, che io
nel 1892 credetti di poterlo identificare col profeta (1). Ma
in verità lo Stramazzo non era frate minore, né poteva vi-
vere tant'oltre quanto la composizione della profezia richiede,
se nel 1341 era già vecchio, come lo stesso Petrarca rac-
conta (2). Abbandonando quindi la mia vecchia congettura,
io mi domando se si possa tuttavia negare la personalità
storica del misterioso profeta Muzio da Perugia per il solo
fatto che non ne abbiamo altre prove all'infuori di quella
offertaci dalla red. F, e se si debba addirittura respingere
l'attribuzione del codice napoletano come una gratuita in-
venzione del copista. Ma non s'inventa un nome senza uno
scopo o almeno una ragione; e quale scopo avrebbe potuto
avere codesta invenzione? Non certo quello di dare maggior
credito e autorità alla profezia, perchè se alla metà del quat-
trocento i nomi di Merlino, Gioacchino, Iacopone, Tomma-
succio, Stoppa ed altri siffatti profeti erano tanto popolari, che
noi li troviamo spesso nei codici del tempo in testa a pro-
fezie che questi non si sognarono mai di scrivere, il nome
del frate perugino doveva essere quasi del tutto ignoto anche
ai contemporanei, e forse non sarebbe pervenuto fino a noi
se non avesse avuto la fortuna di esser appena ricordato dal-
l'amanuense abruzzese. Il quale, inventando, non poteva avere
neanche l'intenzione di nascondere semplicemente il nome
del vero autore, perchè allora sarebbe ricorso a un’ attribu-
zione più comune e autorevole insieme. E avrebbe, forse,
fatto lo stesso anche se si fosse trovato nella condizione di
non sapere chi realmente avesse dettato la profezia ; nel
qual caso, del resto, niente impediva che egli, anzichè attri-
buirla ad un: poeta immaginario, la lasciasse adespota come
lavevan lasciata adespota, nè sappiamo perchè, altri tre

(1) V. l'opuscolo cit., pp. 10-12.
(2) V. Lettere senili trad. dal FRACASSETTI; vol. II, 1. XVI, lett. VII.
B.

FILIPPINI

redattori. È probabile quindi che qui non si tratti punto d'in-
venzione: piuttosto giova supporre che il copista o abbia letto
il nome di frate Muzio da Perugia nel codice da cui trasse
la sua redazione e che quasi certamente è andato perduto,
o sapesse altrimenti che codesto era il vero autore del sir-
ventese. Ma la prima congettura fa pensare che egli forse
non sarebbe stato solo a conservare l’ attribuzione al frate
perugino; ad ogni modo mi pare più plausibile la seconda.
Se infatti il codicista non avesse inteso d’indicare in quel
modo la paternità reale del componimento, perchè sarebbe
ricorso ad un nome così oscuro, mentre c'era invece la
tendenza opposta ? Dall’ altro canto egli poteva credere
che, dopoché la profezia durante mezzo secolo era stata più
volte trascritta ed era corsa sulla bocca di molti come opera
di profeti famosi, fosse ormai tempo di restituirla al suo
vero autore, sicuro che quella menzogna la quale prima
aveva avuto la sua ragione d’essere, ora non fosse più ne-
cessaria, anzi fosse del tutto inutile. Io perciò inclino a cre-
dere che Muzio da Perugia sia l oscuro fraticello intravisto
dal d' Ancona sotto l'impossibile attribuzione iacoponiana e
rimasto per tanto tempo ignorato compositore della nostr:
profezia. E a chi obiettasse che, se questo fosse vero, proba-
bilmente il redattore perugino non avrebbe sostituito al nome
di lui quello di frate Stoppa, io risponderei al solito che, an-
che ammessa nel codicista la conoscenza della verità in ar-
gomento (ciò che noi non sappiamo), egli poteva non aver
trovato conveniente, data la nota tendenza, intestare all i-
gnoto autore una delle prime redazioni del suo sirventese.

Del resto, che questo fosse opera d' un frate francescano
pare confermato anche dalla tradizione, per cui noi vediamo
che su sei redazioni intestate, ben quattro lo attribuiscono a
personaggi di quell Ordine; che poi questo frate fosse um-
bro, se non bastassero a provarlo le ragioni linguistiche e
lattribuzione determinata del codice napoletano, concorre
molto a ritenerlo anche il fatto che gli accenni storici nella
MONS Ce e RIME iE ur
? AVA, SIIT ea e : Pi: CLE 1 . » Gui "
ii Audit. ne n gi O ou

UNA PROFEZIA MEDIEVALE IN VERSI, ECC. 443

profezia cominciano appunto da una città dell’ Umbria, anzi
dalla stessa Perugia (1). Ora da questo al giudicare che l'au-
tore del componimento sia proprio frate Muzio da Perugia,
il passo non puó sembrare, dopo quanto é stato detto su
tutte le sue attribuzioni, né troppo lungo né arrischiato. Io
stesso peró, che presento e sostengo tale congettura, non
nascondo di essere il primo a desiderare che essa sia in
seguito confermata da qualche altra testimonianza storica.

EEE

Ma chiunque fosse il nostro pseudo -profeta, esso ha, ol-
tre quelli già rilevati, altri lati caratteristici notevoli, perchè
in questi consiste gran parte del valore di questa profezia.

Il poeta non è un artista, come non sono artisti tutti
gli altri che si dedicarono a questo genere di poesia politica.
Molti sono infatti nel nostro sirventese i luoghi comuni dello
stile profetico del tempo, molte le ripetizioni di vocaboli, di
forme verbali e di frasi intere, molte le incertezze metriche
e armoniche. Inoltre vi si fa spesso uso di rime troppo fa-
cili; e queste si trovano ripetute anche in più d'una strofa,
ciò che ha prodotto forse parecchi di quegli spostamenti di
parti che abbiamo già osservato in diverse redazioni (2).
Ma sarebbe ingiusto biasimare il poeta per questi difetti,
che trovano soprattutto la loro spiegazione nell indole e
nello scopo della poesia popolare, come sarebbe ingiusto rim-
proverargli l'essere riuscito spesso oscuro, perchè una delle
caratteristiche principali della profezia era appunto quella
di essere enigmatica. Se dunque egli non riuscì un artista,

(1) V. str. IV-VI, e nota storica relativa.

(2) Noto a questo proposito che in 65 strofe l'autore ha adoperato non più di 43
ordini di rime diversi, e di questi solo 31 appaiono una volta, e degli altri 8 si ri-
petono due volte, mentre l'ordine in ati ricorre nelle strofe XV, XXXXII e XXXXIX,
quello in ente nelle IT, LII, LXII e LXV, quello in are nella VI, XXXIII, XXXVII,
XXXXVII, LXIV, e finalmente quello in «£o (rima comunissima) nelle I, XXX, LI,
LV, LXII, LXIII. :
IXUMUERTÁ ASSET CES VES - NSEPCEIOT v V 307 v2 » Eo
PAIA TE S x n li ee: ciale ui. carità È - au pue
into ieri tape rette reist ama ae - - — - Mete

PIÙ N T» vat
aa

444 E. FILIPPINI

non fu forse tutta colpa sua; ma se egli non mostrò di avere
il magistero della lingua e della poesia, non si può dire per
questo che egli fosse un ignorante e che non sia riuscito ad
esprimere il suo pensiero generale ed a mostrarci la sua
coscienza d'uomo destinato a vivere in un’ epoca storica
così importante; chè anzi io credo che pochi componimenti
possano come questo farci conoscere l' animo dell'autore, le
sue qualità morali e le sue idee politiche e religiose.

Leggendo le 65 strofe profetiche noi c'immaginiamo di
vedere un uomo ormai attempato, dalla larga esperienza;
che ha visto molte cose, che conosce bene la storia di casa
sua, e s'interessa alle vicende d'ogni parte d'Italia. Ha fa-
cile la vena poetica e, dopo aver osservato tante miserie,
scrive quel che il cuore gli detta dentro. La sua coscienza
è pura e non può fare a meno di insorgere davanti al triste
spettacolo di tante guerre fratricide. Vede il male dapper-
tutto, ne indaga le cause e desidera eliminar queste per
troncare la continuazione di quello. Il suo cuore è pieno di
carità fraterna, vuole il bene di tutti, invoca la pace gene-
rale. E dopo avere scritto un sirventese informato a tali
sentimenti, è bello veder questo popolare banditore della ve-
rità raccomandare altrui l umiltà dichiarando se stesso uomo
« da niente ».

In politica, egli è contrario a ogni forma di tirannide,
ma mentre disapprova acerbamente la condotta di Bernabò
Visconti, pare che abbia delle simpatie per Gian Galeazzo,
di cui riferisce volentieri più d’un trionfo. La sua simpatia
però non va fino al punto di crederlo destinato a restaurare
la grandezza dell’ Italia, come pur credettero molti abba-
gliati della sua energia e potenza (1). Le idee del poeta su
questa importante questione sono abbastanza chiare: l'Italia
che egli nomina tre volte nel suo componimento (2), e per

(1) V. A. CIPOLLA — Storia delle Signorie, pp. 234-235.
(2) V. le str. II, XXXVI, LIII.
auci SE Ln ene gn M ND
UNA PROFEZIA MEDIEVALE IN VERSI, ECC. 445

cui è animato da vero affetto filiale, non può essere salvata
che da un imperatore tedesco, cristiano, superiore a tutte
le basse passioni di questa terra, amante del giusto e della
pace, monarca universale. È l’idea ghibellina del Veltro, che
cominciata con Dante continuò a brillare dinanzi alla mente
di tanti poeti posteriori, circonfusa sempre da quella miste-
riosa indeterminatezza che; come osserva il Medin, è il ca-
rattere distintivo e fondamentale di tutte le profezie me-
dievali (1). E col Veltro dantesco questo del nostro profeta
ha anche più stretta relazione in quanto anch’ esso prima
di guidare gli uomini alla felicità terrena « non ciberà terra
nè peltro », anch’ esso non avrà più nulla da desiderare es-
sendo signore di tutto il mondo, e vincerà negli altri la cu:
pidigia del denaro, prima fonte di discordie e di sciagure,
anzi « la caccerà per ogni villa-fin chè l'avrà rimessa nel-
l inferno » (2). Anche il profeta umbro crede che, senza
l’ intervento di questo uomo provvidenziale, Roma non possa
tornare « in suo stato », cioè sede del Papato e centro della
cristianità dopo una sì lunga e disastrosa assenza del pon-
tefice dall’ Italia, di quel pontefice che deve soprattutto oc-
cuparsi di ravvivare la fede negli animi raffreddati e poi
guidarli alla beatitudine celeste, per mezzo dei suoi mi-
nistri (3). E così l' autore della nostra profezia fa opera assai
più importante d'un altro profeta umbro, il B. Tommasuccio
da Foligno, il quale nella sua nota frottola, dopo aver par-
lato delle tristi condizioni dell’ Italia al tempo suo, si limita
ad augurarsi che venga finalmente « un uom che rinnovelle,
il mondo in altra forma » senza dir come (4).

(1) V. quello che egli dice in proposito nella sua pregevole Nota dantesca « La
profezia del Veltro », p. 5.

(2) V. str. LII. — V. anche la Nota ora citata del MEDIN, p. ll.

(3) V. str. LVII.

(4) Anche il Mazzzatinti nello studio citato si domanaò se il B. Tommasuccio
con quelle parole non avesse voluto alludere « al vecchio ideale del rinnovato im-
pero » sognato dal nostro.
446 E. FILIPPINI

In religione, il poeta è un fervente cattolico, come si
desume dai frequenti richiami a Dio, a Cristo, ad ‘atti di
devozione e a sentimenti profondamente pietosi. Ma questo
non gl’ impedisce di augurare il male a chi ne ha fatto, -
perchè tutti i disonesti devono essere puniti, siano essi an-
che signori di città o ministri della Chiesa. Egli non si sca-
glia contro nessun papa determinato, né nomina alcuno dei
suoi legati, che abusarono tanto del loro potere: ma li col-
pisce tutti in fascio e li colpisce a sangue. Non risparmia
nessuna classe di sacerdoti, neppure i frati, verso cui ra-
gioni facilmente spiegabili (se anch’ egli fu un fraticello, come
io credo) avrebbero potuto consigliargli di adoperare un lin-
guaggio meno severo; ma anch'essi, specialmente i france-
scani, si erano abbandonati a vizi e ad atti indegni di com-
passione, ed egli non può avere riguardi per i suoi fratelli.
Questa imparzialità del resto non è nuova. nell’ Ordine fon-
dato da S. Francesco.

Ma quanto ai signori di città italiane, il suo linguaggio
è ancora più fiero e più vibrato. Egli, nominando le princi-
pali famiglie dominanti, ha per ciascuna di esse prima una
frase profondamente ironica relativa alle sue colpe, e poi
una sentenza, non. meno terribile nella sua ironia, riguar-
dante la sorte che l'aspetta. E dopo aver fatto una tale
rassegna, torna a colpire tutti insieme i tiranni d' Italia con
un marchio che contiene in sé, si direbbe, la nota domi-
nante di tutto il sirventese, il marchio cioé dell avarizia,
dalla quale essi non potranno avere alcun aiuto nelle loro
strettezze e nella loro morte (1).

Cosi questa profezia politica non è l'opera d'un asceta
lontano dal mondo e scontento di tuttoció che accade sulla
terra, ma é in gran parte satira viva fatta da un uomo che
assiste agli avvenimenti, è satira morale e civile scritta da
un poeta popolare che riassume l'opinione pubblica, é satirà
TTC

UNA PROFEZIA MEDIEVALE IN VERSI, ECC. 447

L]

nazionale pensata e voluta da un umile cittadino d'Italia
che guarda con doloroso pessimismo al presente e si con-
forta con la visione d'una patria meno infelice nel lontano
avvenire. Anche questo é effetto dello studio di Dante, da
cui il profeta medievale non ha preso soltanto l’idea d'un
veltroimperatore, come ho detto dianzi, ma anche altri con-
cetti ed espressioni che saranno illustrati nelle note storiche
e letterarie. Se la sua lingua è aspra e rude, essa non na-
sconde l'alto pensiero che informa la profezia e che è so-
pratutto dantesco. Si direbbe che anche qui, come nella nota
frottola « O pellegrina Italia » (1) aleggia lo spirito di Dante
dal principio alla fine. E in dolce armonia con esso aleggia
in questa profezia, come nelle laudi di Iacopone e nelle frot-
tole attribuite al B. Tommasuccio, la grande anima di
S. Francesco d'Assisi. Ma soprattutto in questi versi così
disadorni e pur talvolta cosi forti palpita l'anima del popolo
italiano allora oppresso: dalla tirannide, stremato dalla rapine
e dai saccheggi, disgustato da tanti infami delitti, scandaliz-
zato dalla corruzione del clero, avvilito dalle compagnie di
ventura, e soprattutto bisognoso di pace e desideroso di
tempi meno torbidi e tristi.

Tale è la profezia che ora presento in edizione critica
al giudizio del benigno lettore. Possa io averla illustrata
come essa, nel suo alto significato, meritava! (2).

(1) V. V. CIAN. — Una profezia politica in versi del Trecento, in Fanfulla della
Domenica (2 marzo 1902).

(2) Nel licenziare alle stampe il mio modesto lavoro sento il dovere di ringra-
ziare qui pubblicamente tutti coloro che giudicarono assai benevolmente il mio opu-
scolo del 1892, nonché i sigg. conte V. Ansidei di Perugia, conte A. Medin di Pa-
dova, dott. L. Frati di Bologna, prof. De Simone-Brouwer di Napoli, prof. G. Mazza-
tinti del R, Liceo di Forlì, che mi furono larghi di consigli e di aiuti preziosi nel-
l’uso del materiale raccolto per la presente edizione. Sono anche molto grato per
le stesse ragioni alla cara memoria del prof. C. Castellani già Bibliotecario della
« Marciana » di Venezia, e a quella di Mons. I. Carini già Bibliotecario della « Va-
ticana ».

ENRICO FILIPPINI.

a MA.

E une tei tma TIRI

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448

LH:

IIT

IV.

E. FILIPPINI

«EL ECO RIS IA

Piü volte nella mente so' exforzato,

Et pur me dice non tener celato

Quel(lo) che Dio vole (che) sia manifestato

Ad totta gente.

Sì ch'io ó ymaginato n’ a mia mente 5

De dire aleona cosa brevemente

Et fo principio ad Ytalia dolente

Et (ad) suoy tirampni.

; Et ad ció che tu crede (che io) non t' enganni
Da M.CCC sexantanove anni 10

Perfine ad quattrocento molti affanni

A(ve)rà el paese.

Voltome ad quella che perderà Assese,

Che alla fine non (li) varrà defese,

[Che] per certo lo popolo et 1’ arnese 15

Serrà deserto.

l. — B.1.1:«... il voler mio m' ha ... ». —

€.1.1: « ... m' ha la mia volia ...». —
D. 1.1 :« ...la mia voglia à ... ». —
E. I. E « ... Più fiate me à la mia
mente... ». — G. 1. 1: « ... nella mia
mente ho forzato ». — H. I. E: « ...
mi ha la mia mente ... ». —L r1:
« .. mia voglia é sforzata »

— In D. id. questo verso é posposto

al 3.

— D. id. 4: « a nulla giente ».

— B. II. 2: « ... alquante cose ...». —
G. 11, 2: « ... veramente ».

— B. id. 3: « ... de l'Italia possente ».

10. — B. 111. 2: « ....doppo li setanta anni ».

— Colt; XEHSIID: 2:2:«-; s ne] 710 3
D. nr. 2: « ... nelli settanta nove
anni ». — E. II. 2: « Dico nel mille
quattrocento setant'anni ». — F. rr.
2: «.. alle 70 più sey anni ». — G.
III. 2: « ... ne' sexantanove anni ».

15.

. — Il ms. ha: nel settantanove, — B. id.

3: « Finendo le mille quattrocento...
— C. id. 3: « Finito lo 90 ... ». — D.
id. 3: « Perfino alli ottanta... ». — E.
id. 3: « Finiti li novanta nove anni... ».
— F. id. 3: « Et alli 80... ». — G. id.
3: « Fine in sexantanove .. ». — H.
III, 3: « Facendogli molti affanni ».
(V. nello studio critico la ragione di
questa correzione).

. — G. id. 4: « Haran i paesi ».
. — B. €. E H Iv. E «... che sta appres-

so... ». — Il ms. poi ha: Asisce. — La
red. E ha qui una postilla marginale:
Perusium.

. — Il ms. ha: defesa.

— Il che aggiunto si trova in tutte le
redd. fuorchè in A. F. I: in queste due
ultime invece di per certo si legge
« et perderà ».
E ^ » z = "X 5 " *. ^ b E
Si 5 pei £g id P us x Ek - . 5 ipe
On le arcis gn DE os
; :
I;
i UNA PROFEZIA MEDIEVALE IN VERSI, ECC. 449
L]
M Non l' abbia ad ciance, ma l' abbia per certo

Che le peccata antiche averà merto,

Et totto el senno ch' ebbe Re Roberto

No 'l può campare. 20
VE Ved(e)rai sonare tamburri et bambare,

Campane ad martello et gente gridare ;

(0) quanti sonno che non toccharà bare

Alla sua morte! (1)

18. — D. V. 2: Che loantico avere e merito tamburi e ciramelle ». — G. vr. l: i;
per cierto » (?). — H. v. 2: « Che lo « Udirai sonare tammure e trom-
antico peccato lo haveran a mente » bette ».

20. — Il ms. ha: Non li camparà; ma que- 22. — C, H. id. 2: « campane a martello
sta é una corruzione evidente per la martellare ». — D. id. 2: «e campane
rima che segue. Del resto, C. v. 4: a martello sonare ». — E id. 2:
« Non li può campare ». — D. id. 4: « Trombe et campane et martelli
« Nollo porria campare » — E. v 4: sonare ». — F. id. 2: « Oderay sonare
« Nol potrà campare ». — F. 1v. 4: campane a martello ». — G. id. 2:
« Non camperà illi ». — G. v. 4: « Non «.. et cridare in frette ». — I. id. 2:
li camperà aperte ». — H. id 4: « Non « Aldirisi trombette et campane a
gli poterrà scampare ». — I. Iv. 4: martello ».

« Non camperia elle ». 23. — E. id. 3: « ...lamare ». — E, I. id. 3:

21. — C, H. vr. l: « ... tamburi e trom- « quanti seran divisi de castello,
bette sonare ». — D. VI. I: « .... tam- (coltello) ». — G. id. 3: « Quanti sa-
buri el nobile toccare ». — E. vi. I: ranno che non portiran berette ».

« ... tamburi e nachare portare ». — 24. — F. id. 4: « per morte fugire ». — I.
] F, I. v. I: « Oderay (ald:risi) sonare id. 4: « per dare morto ».

(1) — (Str. IV-VIJ. — L'autore allude ai Perugini, che nel 1367
perdettero il dominio sulla città di Assisi datasi spontaneamente al-
l’ Albornoz, e che nel 1369 entrarono in guerra col papa Urbano V.
Ma l’anno appresso si riconciliarono con la Chiesa, la quale in seguito
al trattato di Bologna affermò il suo dominio su Perugia e vi mandò
(1372) a governarla un legato pontificio. Passarono cinque anni di ves-
sazioni continue da parte dell'abate di Montemaggiore; alla fine il po-
polo stanco insorse furioso e lo cacciò dalla città con tutte le sue mi-
lizie francesi (1376), ma senza spargimento di sangue. Allora presero
il sopravvento i nobili ghibellini, contro cui non poterono nulla gli
sforzi di Urbano VI, finchè il nuovo papa Bonifacio IX venne perso-
d nalmente in Perugia e fece pace tra i nobili e i Raspanti loro nemiei
: (1393). Ma nello stesso anno risorse la lotta fra i due partiti, e Pan-
dolfo Baglioni, capo della fazione ghibellina, fu ucciso mentre tornava

dal palazzo di giustizia, e alla sua morte segui una copiosa strage di
parenti ed amici: lo stesso pontefice, testimonio di questi orrori, fuggì
immediatamente in Assisi « per la gran paura che aveva del tumulto »
(v. Supplem. IV alla Cronaca del Graziani, pubbl. ed illustr. dal Fa-
É bretti, « in Arch. storico italiano », Tomo XVI, p. I, 258).
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E. FILIPPINI

ARE O Milanese, che te teni sì forte 25
Et eridi star defeso con tua scorte,
Tu lassaray le palaza et le porte
Per [via] fugire (1).
VIII. O Dalla Scala, convente soffrire
L'asp(e)ra vendetta del erudel martire, 30
Et al perfine te conven(e) morire
Con toi sequace.
IX. Non te iovarà dire: Io volgio pace,
Perchè è acceso el focho n° a fornace
Per metter dentro omme lopo rapace 35

Che ha carpito (2).

5. — Questo verso manca in D. vil., che 33. — F. vir. E: « Che dire non te valerà :

25
comincia col 26. faciamo pace ». — I. VII ): « Che

26. — Il codice ha arte. — C. VII. 2: « ... con dire non te udirai: Faciamo pace ».
tue forze ». — D. vir. l., H. VII. 2: 34. — C. Ix. 2: « ché I' é apresso el f alla
«... con tue scorte ». — E. VII. 2: f. ». — D. Ix. 2: « ché or é il f. alla
« .. cum toe scorte ». — G. VII. 2 f. ». — E. IX. 2: perché za é aprexo
«..campare cum lo tuoe sorte ». — il f. in la f. ». — H. 1x. 2: Perché sei
I. vr. 2: « cum toe sorte ». apresso el f. ne-la f. ». — I. id. 2:

27. — D. id. 3: « e saperatti molto duro e « poi che lo f. è apresso a la f. ».
forte ». — H. id. 3: « ... con le porte ». 35. — G. IX. 9: « Per voler vendicare, lupo
— I. id. 3: € palazi, case et "Due ». rapace ».

28. — C, H. id. 4: « per via fuzire ». — I. 36. — C. id. 4: « chi a gr apito' ». — F,I. id.
id. 4: « per morte fugare ». 4: « ...rapito ». — G. id. 4: « Chi hai

30. — C. VIII. 2: « ... e "1 crudel martire ». CH:

— D. VIII, 2: «... e "1 letto del mar-
tire ».— F. VI. 2: « ... morte de cru-
dele martiri ». x

(1) — (Str. VII). — Si allude alla fine di Bernabò Visconti, che
dopo aver combattuto lungamente contro Urbano V e Gregorio XI
riportando varie sconfitte, dopo aver commesso molte malvagità e aver
disegnato, forse, di liberarsi del nipote Gian Galeazzo, cadde, come è
noto, nelle reti di questo, che recandosi da Pavia a Varese e passando
fuori di Milano lo fece uscire di qui col pretesto di volerlo salutare,
lo dichiarò prigioniero e lo mandò a morir di veleno nel castello di
Trezzo (1385). Il secondo verso allude forse ai molti fortilizi e alle
numerose milizie di cui si era circondato. Chissà poi che il terzo e il
quarto verso non contengano un'allusione a quel tentativo di fuge
dal castello di Trezzo, a cui si allude in qualehe lamento popolare del
tempo e che è stato così bene illustrato nel pregevole studio del Me-
DIN — I Visconti nella poesia contemporanea (V. Arch. Stor. lomb., 1891,
pag. 754 e segg.

(2) — (Str. VIII IX). — Queste due strofe paiono dedicate ad Tinto:
nio Dalla Scala, figlio naturale di Cansignorio, che avuta dal padre
la signoria di Verona nel 1875, fece crivellar di ferite il fratello Bar-
Si E.

AETERNE

UNA PROFEZIA MEDIEVALE IN VERSI, ECC. 451

1 X. O Paduan(o), che te tèni sì ardito,
5e non te avedi del crudel invito,

^

Or non fugire, ché (tu) serrai ponito
Ad questa volta (1). 40

d 31. — F. vir. 1: « O Padua che ey cussi ar- lo convito ». — G. x. 2: « ... del eru-
ES dita ». — H. x. 1: « ... che tu vien... ». del invito ». — I. id. 2: « Et non crere
I — I.1x. l: «....che.tu.se' .;..». che ordini al convito ». ll ms. ha a-
[i 38. — C. x. 2: « Enon te avedi del crudel diute e convito.

invito » — D. x. 2: E non te avedi 39. — F. id. 3: « non porray fugire, che’
dentro del convito ». — E. x., H. id. serray punita ». — I. id. 3: « che tu
2: « E non t'avedi d. c. c. ». — F. id. non porai fugire, serai punito ».

2: « Che non te aday che ordine é ad

Rd

AME.

tolomeo mentre usciva dalla casa d'un' amica, e accusata poi questa
del delitto, fece martoriare e poi morire lei ed aleuni suoi parenti, nel
1381 (V. MunATORI, Ann., pag. 243). Vinto alle Brentelle e a Castel-
baldo di Castagnaro, perdette Verona per il suo malgoverno e per
opera dell’esercito visconteo collegato coi suoi numerosi nemici (1387).
Ad evitare ciò non gli valse l’ interposizione di Venceslao Re de’ Ro-
mani per aver quella pace che prima aveva per due volte sdegnosa-
mente rifiutato : dovette lasciar la città umiliato, andar ramingo, per
l’Italia, finchè morì, credesi, avvelenato sulle montagne tra Faenza
e Forlì (1388). « Così quasi in un momento, — son parole del Muratori

« (op. cit., pag. 276), — venne a mancare la signoria della famosa e po-
« tente famiglia Dalla Scala per la pazza condotta d' Antonio e nella
« cui caduta e morte parve al pubblico di riconoscere i giudizi di Dio
« per l'assassinio da lui fatto al fratello ».

(1) — (Str. X). — Il Paduano è Francesco da Carrara seniore che
avea dato braccio forte al Visconti per abbattere gli Scaligeri. Inimi-

catosi con Gian Galeazzo per la presa di Vicenza, entrò in lotta con
lui; ma non potendo contare sull’ aiuto di nessuno, perchè tutti si
erano alleati col suo nemico, si vide ben presto perduto. Rinunziò
quindi Padova al figlio Francesco Novello e si ritirò a Treviso; ma
‘mentre Padova cadeva in potere del Visconti, egli riceveva il march.

Spinetta Malaspina che lo consigliava ad affidarsi alla bontà di Gian
Galeazzo (1388). Padre e figlio accettarono l'invito senza prevedere il
i tradimento; ma se n'accorsero appena entrati nel territorio lombar-
do. Portati come prigionieri in un castello dell'Astigiano, solo France-
sco Novello riusci à fuggire a Firenze e in Germania, ma il padre
mori prigioniero a Como nel 1363 (V. CrPOLLA, op. cit., pag. 925-996).
— Non credo che il poeta si possa riferire con questi versi a France-
sco Novello, perchè se questi potè fuggire, dovette alla fuga la sua
salvezza e la riconquista di Padova (1390). :
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E. FILIPPINI

XI. O da Ferrara, una parola ascolta,
Tu ch(e) ‘ay adunata la pecunia molta,
[Ma] tosto sonarai a la racolta
Con gran[de] fretta (1).
XII. Ancora tu, da Mantua, t' aspecta 45
Che vaccio te serrà data la strecta,
Cha li toi peccati gridano vendetta
Denanzi ad Cristo (2).
XIII. Anchi tu, da Ravenna, entendi quisto,
Che vaccio perderai ciò ch’ ay conquisto 50
Et anchi verrà chi te farrà tristo
Della persona (3).

XIV. Ora te alegra, Lombardia non bona,

4l. — F. ix. l:-« Tu da Ravenna... ». — I. 48. — E. xir. 4: « Dinaria Christo ». — F,
x. l:« Et tu da R.... ». I. id. 4: « La tua persona ».

42, — H. xr. 29: « Cha hai donato ... ». 49. — C. xir. 1: « Anchora tu da Vero-

43. — C, D, G, H. xr. 3: « Ma tosto... ». I. 135:
id. 3: « Che tosto... ». 50. — E, G. xir. 2 hanno aquisto e acque-

44. — I. id. 4 « Cum grande freta ». sto.

45. — D. xi. 1: « A misera tu... ». 51. — Il ms. ha vive e cosi anche C. G. id.

40. — F. x. 2: « Che vaccio te sorrà dato 3; ma D, E, H. xn1. 3 hanno verra,
de la setta » (?). ; virà e vegnierà.

47. — F. id. 3: « Ca erra tosto che tristo 53. — H. xiv. l: « ... Lombardia bella e
remitta ». — I. xr. 3: « Che converà bona ». — I. xir. Il: « O Italia L. non
che trista se remetta ». bona ».

(1) — (Str. XI). — Niccolò II d' Este, detto il Zoppo (1361-1388),
dopo essere stato lungamente in lotta con Barnabò Visconti, cominciò
a temere la potenza di Gian Galeazzo e per due anni di seguito « at-
« tese a fortificare le terre sue et a procacciare .... di mettere insieme

bi

« danari sì per esser formidabile a’ nemici, come per servirsene nel
« punto della necessità » (V. G. B. PiGNA, Historie de’ Principi di Este,
ecce. Venezia, 1572 — 1. V., p. 403).

(2) — (Str. XII). — Credo che l’autore alluda a Francesco Gon-
zaga, uccisore della moglie Agnese Visconti e del suo segretario. E noto
che egli ebbe poi guerra con Gian Galeazzo, che tentó prima di de-
viare il corso del Mincio e poi, non assendogli riuscito questo colpo,
mandò all’ improvviso contro il Serraglio due eserciti e lo fece saccheg-
giare (1397). Così si spiega /a stretta.

(3) — (Str. XIII). — Guido da Polenta, Vicario della Chiesa in
Ravenna, essendosi messo slealmente coi ribelli nel 1376 e avendo per-
duto Cervia, fu seomunicato e privato del dominio nel 1383. Sei anni
dopo, tre suoi figli lo chiusero in una prigione e ve lo lasciarono mo-
rire.
UNA PROFEZIA MEDIEVALE IN VERSI, ECC. 453

Perchè de te tanto ben[e] se sona,
Cha ben Aarai poi che Dio te perdona DD

Li toi peccati (1).

XV. O Malateste che avete sforzati
Li popoli [che] avete (sempre) dominati,
Ora (te) aspecta[ti]che serran pagati

[Li] vostri pari. 60
XVI. O voi tirapni et homini advari,

Che avete sparto el sangue per denari,

Dicate mo’ che ve facia repari

Al gran besogno (2).
XVII. Ora me intenda ciaschun quel che agongio 65

Et stiate molto certi ch' io non songio;

za non favello ungaro nè borgongio

Che non sia inteso

na >.

55. — Il ms. ha vay e così anche C. H. id.
3; ma, 5 G, id. 3 hanno araj DALAI,

F. xr. . id. 3 « ...staray si Cristo...

E. id. s « Toa giesta può dir che Dio

li perdona ».
56. — D. id. 4: « Il tuo peccato ».

57. — D. xv. I: « O Malatesta che aj isfor-

zato ».
98. — C, G, H.

p. c. a. signorezati ». — F. xir.

« li p. c. ‘havete tyrannati ». — I.

XIII.2: «li p. c. a. ty rannizati ».

59. — C. id. 3: ora aspettati che EOS pe ».

— D. id. 3: « Ben verrà il tempo d'es-
sere p. ». — E. id. i «ora SESRO ali
che seran p. ». — F. I. id. 3: « Poco

exspectando sarrete hi »— @ id. 3:

« ..., ché PAD Lib; ». — H. id. 3: «

che seraj p. — Il Bobo codice

ha d Trete.

60. — C, E. id. 4: « i vostri pec bati»,.— D;
5s id. 4: « li vostri pari ». — F,I. id.

4: « de vostri denari ».

62. — G. xvi. 2:« Che avite sforzati altri

p. d. ».

54. — C. xiv. 2; H. id. 2: « ... si raxona ».
—iD: G. xiv. .2:,'«. Poi che di tanto
bene si ragiona (rasona). — E. xIV.
2: « Poi che t tanti beni de ti si raxo-

. 2: «li populi che aveti
dominati Do — ‘DI id. 2:« E li gran
p. a. domaniato ». — E. xv. 2:«li

63.

64.

65.

66.

cs
c
-ÀL

— C. XVI 3: « direti che vi faziamo a-
desso riparo ». — E. xv. 3: « Direti
adesso che 'l se fazi repari ». — F.
XII. 3: « hora direte Che quelli ve
sia reparo ». — G. id. « Dicati ad
chi che sia, faccia ropatt ». — H. XVI.
3: « Direte adesso che ivi fazan re-
pari ». — I. xIV. 3: « diceti mo che
quelli ve sia repari ».
— F. id. 4: « in vostro b. ». — I. id. 4:
« in vostro SDiSOgnD ».
— C. XVII. “ben ziaschadun che
JatonisaYoga ». Quero XVII. l: ...« ch'io
non sgogno ». — F. xIv. 1: « ‘Ciasche-
suno che é savio scolte e stringe lu
pugno ». — G. xVII. l: « Or ben in-
tendete quel ch'io ve agiongo ». —
H. xvi. l: « ... ziaschun che ago-
gno ». — I. xv. l: « Ciascuno ch' é
sagio scolti et stringa lo pugno ».
— È. id. 2: « or sapiati ziemte che jo
non me insonno ». — D. XVII. 2: « e
siate giente cierta... ». — E. id. 2:
« Siate gente certe... ». — F.- id.
« SL si homo sia certo che non mi
S. ». — G. id. 2: « Et siate certi... ». —
H d. RE € Siate ru zente, ch io
non asogno ». — I. id. 2: » et a tuta
gente certe cha no SRM ».

. — E. id. 3: Né non... ». Ex id. 3: « che

f in vulgare et non mi vergongio ». —
I. id. 3: « ch' i non sum... ».

(1) — (Str. XIV). — La Lombardia qui é detta non bona forse per i
delitti di cui si macchiarono i Visconti e per le guerre fatte da questi

alla Chiesa.

(2) — Str. XV-XVI). — E noto che i Malatesta, signori. di Rimini,
avevano imposto enormi tasse ai Riminesi durante la prima metà del
XIV, e tentarono più volte di estendere il loro dominio, ma non

trovarono sempre la via facile.
454.

XVIII.

XX.

69.

74.

(Storia d. Italiani, Torino, Palomba, 1854;
« SMONDI aggiunge: « Ma più che delle

«

Et poi dirrò per melgio essere

E. FILIPPINI

'nteso,

Che tal(e) se crede re[gno] avere preso, 10
Che quando se ved(e)rà esser defeso
A(ve)rà (troppo) ben faeto.

Non è verum che se acorga del gatto,

Che vene (come) amico per dar(e) melgio el tratto,

Et qual(e) se vede in arme esser piü acto
A(ve)rà paura (1).
O tu, Fiorenza, cho stai in [grande] altura

-1
Q

Or te apparechia con bona armadura,
Perchè te dico che t'e gionta l’ ora

De ][o] perilgio.

— C, E, H, xvii. 1: « Ma pur... ». —
F. xv. l:«... compreso ». — I. XVI.
l: « ... rimpreso ».

—C. KE 2:« che malsi crede rigname
à. p. ». — D. xvin. 2., H. id. 2: « ... si
crede. 'el reame a. p. ». — E. id.

« che tal si crede regname a. p. ». —
F. I. id. 2: « che tal si crede lu re-
gno à. p. ». — G. xvit. 2: « che tal
se: crede e crederà a p. ». — Il ms.
ha crederà.

. — €, H. id. 3: « AUAndO si medesimo

averà d. ». — D. e « che se me-
desimo averà d. ». — JE. id. 3: « ... se
medesimo avrà vi ». — F, I. id. 3:
'«... se stesso haverà d.

— OC, D. id. 4: «tropo arà fatto. ». — E.
id. A: « asai EE f. >. — F. I. id. 4:
« hàverà b. f. ». — G. id. 4: « harà
assai f. ». — H. ‘id, 4: « tropo have-
TA (5.

. — Il ms. ha vero, e cosi anche G. XXXIX.

l. Ma C, H. xIx. 1: « Non Z'é niuno
che ... ». — E. xix. 1: « Non ci é niuno
che acorza ... ». — F. xvi. 1., I. XVII.
1: « Non e veruno o che s'adia... ».
— 24 id. 2: «... per mellio far patto ». —
. id. 2: « como sia forte, aspro, sa-
gio ed atto». — G. ERI 2: «...pér
far pacto ». — H. id 2: . per me,

7

5.

80.

80

fare el tracto ». — I. id. 2: come sia
forte aspero et atto ».

— C. id. 3: « qual si crede in a. e. p.
ardito e adatto ». — .F. id. 3: « che
ciascheduno darà scac matto »: — G.
id. 3: « Alcun se (iode haverne, et
esser p. a. ». — I. id. 3: « che ad cia-
scuno darà scacco uo ».

— F. id. 4: « ad Ytalia scura ». — G.
id. 4: « che haverà p.». — I. id. 4:
« à 1 (QIIEAA »,

.— E. yid ) 59/5: a (15:53 07559 1999 6-6. 4 (95: U-

^ ,
Cn TA Sératidó a. >. — G. XXXX. l:
«.. in alte mura ».

. — Il ms. ha axmadora, ma tutte le al-

tre redd hanno armadura o arma-
tura.

. — C, H. xx. 3: « per fare difesa quamdo

sarà hora ». — D. XiX. 3: « per fare
difensa ché dex è l'ora ». — E,
G. id. 3: « Per far difexa ché a ti è
Mi T ora ». — F. id. 3: « ché è
giunta mo’ la tu' Sciaura ». — I.
XXXXI. 2: « a fare difese ché gionta
é tua hora ». Nessuna redaz. hà wra.
— C, H. id. 4: « de tuo p. ». — D. id. 4:
« de lo p. ». — E. id. 4: « del gran
p ». — F. id. 4: « cascare per quil-

» — I. id, 4: « Che serà per
quello ».

(1) — (Str. XVIII- XIX). — Credo si alluda all'aecorta ed astuta
politica di Gian Galeazzo Visconti, che aspirando al dominio di tutta
l'Italia fece moltissime guerre « senza avventurar mai — come dice
il CANTÙ — nè la propria persona né l’esercito a battaglia decisiva »

taggio dalle negoziazioni,

tomo IV, p. 361). E il St-
armi, il Visconti ottenea van-

perciocchè aveva l’arte di dividere e di

« sciogliere le leghe che si andavano formando contro di lui, e di ad-
« dormentare con false promesse e con vane lusinghe d'amicizia coloro
«y UND La ?y È dona. E
RR 23.06 d t» rx e was kA E. e ge Mur dd E ok euet
UNA PROFEZIA MEDIEVALE IN VERSI, ECC. 455
à
XXI. Non te ioverà el tuo savio consilgio,

Che per certo per terra anderà el gilgio,
Chi piangerà el fratello et chi lo filgio
Dopo el botto.
XXII. El to grosso trappello serrà rotto 85
Dalli Alamanni con lor segnor dotto ;
Possia con l' altri adcorderà lo scotto
Ch(e)' altri non pensa (1).

88. — C. xxr 3, I. xxxxi1. 3: « Chi p lo pa- 2: « Da la man di Coloro s. d. ». —
tre ... ». — F. xVHI 3: « C p. fratel- In E. id. 2, invece di dotto, si legge
li, chi parecchi figlio » otto.

84. — C id. 4: « da po’ lo invito», — F. id. — 87. — C. xxir., F. id 3: « . . accorderai ... >:
4: « De cussi crudel bot ». — I. xxx- H id. 3: « .. acorderano ... ». — D.
XII. 4: « De crudele botto ». id. 3: « E poi altrimenti ...». — I id.

85, — E. xxi. E: « Il tuo grosso campo ... ». 3: « Poi altri .. ».

— H. xxi. l:« El tuo grasso tripelo ». 88. — D. id. 4: « Ch'altrui pensa ». — E. id.

86. — In F. xix. 2si ha: « Della Magna ... » 4: « Che non s' il pensa ». — F. id. 4:
e in G. xxxii 2: « Da la Magna quello « Che altro non pensa » — H. id. 4:
segnor dotto; ma in D. xxi. 2 si ha: « Che altrui non penserà », — I. id.
« Delle mani di l. s. d. » e in I. xxXxHII. 4: « Che non se pensa ».

« che voleva attaecare ». (Storia d. repubbl. ital , Milano, 1851, vol. III,
pp. 148-149).

(1) — (Str. XX-XXII). — Il poeta raccomanda a Firenze di tenersi
pronta alla guerra con Gian Galeazzo Visconti (1390-1392). Infatti dopo
la sfida lanciatale da questo nell'aprile del 1390, il pericolo esterno per
Firenze, che s'era appena quietata dai tumulti interni, era grandissimo.
Per questo ella fece dispendiosi apparecchi : assoldò l'Aguto con la sua
compagnia inglese, sollecitò aiuti da Bologna e da Padova e chiamò
dalla Francia il conte d'Armagnac e dalla Germania Stefano duca di
Baviera. L'esercito fiorentino mosse verso la Lombardia e sul principio
ebbe qualche buon successo per opera dell' Aguto ; ma poi toccò un grave
disastro ad Alessandria, dove il conte d' Armagnac fu abilmente fatto
prigioniero e le sue soldatesche furono accerchiate e decimate dal fa-
moso eapitano visconteo Iacopo Dal Verme (25 luglio 1391). L' Aguo
dovette quindi ritirarsi nella Toscana, e Gian Galeazzo trovó oppor-
tuno conchiudere la pace, che un arbitrato propose e fece firmare a Ge-
nova il 18 febbraio 1392. — Nella str. XXII sembra che il poeta alluda
al tradimento di Stefano di Baviera, che oltre ad esser venuto con forze
minori delle pattuite e troppo tardi, non fece nulla per i Fiorentini e

indusse questi a sospettare che egli fosse stato corrotto da Gian Ga-

leazzo. (V. a questo proposito il bello studio del prof. G. RoMANO —
Gian Galeazzo e gli eredi di Bernabò Visconti — in « Arch. stor. lomb. »
(1891), pp. 30-57). Ma non c’è corrispondenza storica tra il primo e il
secondo verso, perchè è noto che alla battaglia di Alessandria non pre-
1
|
|
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|
|
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|
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d E È 1
Il |
m
2 | 456 E. FILIPPINI 4
AE IR d
EH XXIII. Ad Sena et Pisia non varrà defe[n]sa :
"M Ii Tanta serrà de lui la forza immensa ; 90
ELE :
I O bon lettore, infra te stesso pensa
Ed. È
a 131 Che de’ seguire! (1).
IR -
" t XXIV. Ché de la Magna vederai venire
s.| Il Un(o) homo forte con sì grande ardire )
: ELI Che con (la) sua ombra farrà sbagotire 95
22 404 | E e. .
si (El) qual(e) è più ardito (2).
2.14 XXV. Ancor(a) tu, Arezo, serrai al convito
"m Con li vicini toi aturno a[l] sito,
bal Ma troverayte co» melgior partito
Alcona cosa (3). 100
|]
|
M 89. — C. xxI. 1: « A Pixa né a Luca ... » —. XXII ROUXXISG.XXXXIV; DL oXXXV20:2
D. xxr. 1: « O Siena, che apresso ti hanno forte. E, H. xxiv. 2 hanno fe-
pare esser d. ». — E. xxu. 1: « A Pisa roce.
e a Lucha ... ». — G. xxxxHI.l: «Ahi 95. — E. xx1v. 8: «Che in ogni parte f. s. ».
Pisa! ahi Siena! già non harà difen- 97. — D. xxxvI. l: « E ttu, Arezzo, saraj a
sa ». — H. xxi. 1l: « A Pixa e Lucha tal convito ». — F. xxII. l. « 0, A., s.
non haverà d. ». dentro al c. ». — H. xxv. l: « E tu,
90. — Il ms ha animosa, ma E, G. id. 2 d' Arezzo... ».
hanno immensa. Delle altre D. id. 2 98. — Il ms. ha dito, e così anche G. xxx-
ha attesa e H. id. 2 ha schwxa: in C. xv.2; ma C, H. xxv. 2e D. id. 2 hanno
id. 2 si legge: « Tamto ae in lui suo sito. Del resto E. xxv. 2 ha « Cum toi
frescha comtesa >: in F. xx. 2: « Che v. che stanno allo strito »: F. id. 9:
tanto pensano alla loro offensa »: in « Colli v. che returni allo reo ossci-
I. XXXxIV. 2: « Che tanto possa con- to(2)»: I. XXXXVI. 2: « Eli v. che re-
tro loro offensa ». torni a lo to sito ». )
91. — H. id. 3:«... rectore ... ». — I. id. 3: 99. — F,G,I. id. 3, hanno rispettivamente i
... doctore ... ». tornaray, tornirai. turnarà. — Quan- b
92. — Il ms. ha fugire ; ma C, E, F, G, H. to alla correzione, il ms. ha ad, ma
id. 4 hanno seguire. D. id. 4 ha: « Quol tutte le altre redd. hanno cum 0 con
che ne seguita »: I. id. 4: « Cum gran- meno F,in cui il verso finisce con à
de sapere ». le parole: « como lione partito ».

94. — Il ms. ha s? facto, ma C. xxiv, D.

sero parte milizie tedesche; quindi o al primo verso bisogna dare un
significato diverso da quello più ovvio, o il secondo è guasto. |

(1) — (Str. XXIII). — Dopo la battaglia d'Alessandria, è noto che i
Gian Galeazzo fece vari tentativi per restringere sempre più la potenza
della repubblica fiorentina e per allargare il suo dominio nell’ Italia D
centrale. Dopo parecchie scorrerie e maneggi politici Siena, Pisa e Lucca /
caddero nelle sue mani (1400), e Firenze rimase attonita e spaventata

davanti a tali avvenimenti, ma non si perdé di coraggio. i

(2) — (Str. XXIV). — Il profeta che aveva chiuso la strofa prece- i

dente lasciando prevedere una grande guerra, ora accenna alla discesa ,

. di Roberto di Baviera. (V. quello che ho aggiunto su tale argomento È

nello studio critico). È
(3) — (Str. XXV). — Mentre le altre città più importanti della To- d

scana, alleandosi in questa guerra col Visconti, avean lasciato in un
XXVI.

XXVII.

XXVIII.

101.

102.

UNA PROFEZIA MEDIEVALE IN VERSI, ECC.

451

Voltome alla citta[de] gloriosa,

(Ad) quella che su "na marina (se) reposa,
Che [tosto] tornarà molto angosciosa

Nel suo letto.

Che tosto perderà omme delecto,

105

Totte le dopne con grande sospecto

Se straciaranno con le mani el pecto

Pe [lo] dolore (1).

Nanzi che sia purgato nostro errore ;

(0) ad quanti homini creperà lo ‘cuore

110

Però pregamo Dio nostro Segnore

Che ne defenda.

— F. xxII. Ll: « Retorno alla cità
vanagloriosa ». — I. xxxxVII. l:« Tor-
nemo a la citade vanagloriosa ».

— F. id. 2: « che ella é mamma et
sempre se r. ». — I. id. 2: « Quale é
in. mare et sompre se r. ».

108.

F. xxIV. 3: « stratciandose lo capo
con lo p. ». — I. id. 3: « et straziando
loro capo et p. ».

— C. id. 4: « Per lor d. ». — F. id. 4:
« per grande d. ». — G. xxxxvil. 4:
« Di d. ». — H. xxvit. 4: « Per lo d. ».

103. — G, H. xxvI. 3: « Che tosto si trove- — I id. 4: « cum grande d. ». :
rà... ». — E. XXVI. 3: « Che tosto tor- . 109. — C. xxvii. l: « O q. h. creperano in
nera... ». — F. id. 3: « Che ja rema- nel c. » — F. xxv. E « Ad quanta

105.

106.

nerà ... ». — G. xxxxvI. 8: che tor-
narà molto gratiosa ». — id: :8:
« Che remarrà tropo angosciosa ».
— C. xxvi., D. xxxvii. 1: hanno
« perderai ».

— D. id 2: «... co molto dispetto ». —
I. xxxxvII. 2: «.. cum grande de-
specto ».

110.

gente crepa lo c. ».

— C. id. 2: «... el vero e. ». — E. Xx vii.
2: « Convien chel s. p. il mio e. ». —
F.id.2:« .. lo nuovo e. ». — H. xXVIHI.
2: « ... punito .,. ».

. — F. id. 3: « et tutti pregaranno D.

santo s. ». — I. xxXxxxIx. 3 » et pregarà
D. grande s. ».

107. — E. xxVII. 39: « ..il vixo e il p. ». — 2. — I. id. 4: « c. li d. ».

penoso isolamento i Fiorentini, di Arezzo non si parla ; c' è da supporre

quindi che Arezzo, la quale era stata comperata dai Fiorentini per 40000
i fiorini fino dal novembre 1384, restasse loro fedele in tale circostanza,
| ed é probabile che il poeta la lodi per questo.

(1) — (Str. XXVI-XXVII). — Una postilla alla prima di queste
strofe, nella red. E, dice « Civitas gloriosa vel Neapolim ». Pare in-
fatti di leggere fra quei versi un' allusione alla morte della regina di
Napoli Giovanna I, che secondo una tradizione fu soffocata in un letto
di piume dal cugino Carlo di Durazzo (1382). Ma è più probabile, per
le indicazioni contenute nella seconda strofa, che il poeta accenni a
È Venezia, il cui ammiraglio Vettor Pisani riportò a Pola nel 1379 tale
$ una sconfitta da parte dei Genovesi,

da esporre a serio pericolo l'esi-
) d stenza stessa della « Serenissima » e da infondere per questo un gran-

dissimo sgomento nell'animo dei Veneziani.
458 . E. FILIPPINI

XXIX. Or ad cui piace, el mio parlare intenda,
Et chi ha offiso ad Dio, ad lui se renda,
Et sia ben certo che se non se menda 115
Serrà pagato.
XXX. Tornamo ad quella che fo già in stato,
Che tosto purgarà el gran peccato :
De molti corpi et sangue si è ’ncearcato

Lo largo fiume (1). 120
XXXI. Trapasso qui per non far gran volume

Et per poderne dare cqui più lume,
Et vederai levar(e) novo costume
[In] nel paése.
XXXII. Vederai armarse l’ omo ad l’ ang(e)lese, 125
(Et) l'uno fratel(lo) con l’ altro far contese
Et lance con bendoni per (far) defese
Ved(e)rai portare (2).

113. — F. xxvI. si « ... Vera parola i. ». 2: « Ma per poderte ancora dir p. l. ».
115. — F. id. I. 3: « confesse lo peccato — H. xxxi. 2: « Ma poder meglio
et' più non tenda ». darvi p. l. ». — I. xxxvi. 2: « a per

116. — F. id., I. L. 4: « serrà perdonato ». potere seguire e d. maiore l.

li. — F. xxVII. l: « Retorno ad quelli c he 123. — i5 id. 3: « v. remanere uno e ‘de n.
fuerno in grande s. ». — I. XXXVII. C. ». — D. id. 3: « ora v. mutare nuevo
I: « Poi torno ad quella che foro in C d — F xxvii. 3: « vederete 1l. di-
grande s x vise con novi costumi ». — I. id. 3

118. — F, I. id. ... loro grande pecca- « vedereti l. diverse et nove quistio-
to ». ne ».

119. — Il cod. ha ’ncarnato. — C. xxx. 3: 124. — F. id. 4: « su nel pagese ». — H. id.
CREE carigato ». — D. XXxxI. 3: « di 4: « In el p. ». — I. id. 4: « in ne lo
molto s. à tutto charicato ». — E. xxx. p. ».

3: « ... Serà cargato ». — F. id. 3: « de 126. — Il ms. ha contesa.

multo s. é lo core turbato ». — G. L. 127. — Invece di bendoni le redd, C. xxXxII.,
3: « ... insanguinato ». — H. xxx. 3: D. xxxxIII., E. xxir,, F. xxix. 8: hanno
« De molto s. i corpi serrà pagato ». pennoni, penoni e pennwni. G. LIH.
— [. id. 3: « de molto s. esser lavato r 3: « Et l'arme ad pennonzelli per di-

120. — C. id. 4: « in largo f. ». — D. id. fese ». — H. XXXII. 3: « La nocte con
«a largo f. ». — F. id. 4: « alto lo t * penoni far diffese ». — I. xxiX. 8:
— G. id. 4: « Apresso el f. ». — I. id. « Lanze longhe cum penoni a far de-
4: « como al f. ». fese » — Il ms. ha in fine defesa.

122. — C. xxxI. 2: « ai versi, per podere d. 128. — C. id. 4: « v. per terra p. ». — I. id.
p. veraze l. «. — D. xxxxi. 2: « per 4: « V. portate ».
poter dire: ho poco l. ». — E xxxi.

(1) — (Str. XXX). — Si allude a Roma, come avverte anche il

postillatore della red. E, il quale dice: « Civitas que in statu fuit vel
Roma ». Ma più che alla Roma di Cola di Rienzo il quale avea pro-
clamato il ristabilimento del « buono stato », io credo che il poeta si
riferisca a Roma già sede del pontefice, ed ora da esso abbandonata :
il « gran peccato » mi pare non possa essere altro che l'errore, nei
papi, d’averle per tanti anni preferito Avignone, lasciandola in balia
dei partiti e in mezzo ai tumulti e alle rivoluzioni.

(2) — (Str. XXXII). -- Si allude alle compagnie di ventura e pre-
$ &c DT i - ua + SE
PR Tad ve e DE ic. MRI LM ut

UNA PROFEZIA MEDIEVALE IN VERSI, ECC. 459
L]
XXXIII. Terrasse ricco chi porrà trovare
Un’ armadora per poderse armare; 130

Or vedera[i| (bel) fugire et encalzare
In ongni parte.
XXXIV. Vederai vitturiare l' impio Marte,
Con molte crudeltà usar sua arte,
Et in molti modi mandarà sua carte 135
Ensanguenate (1).
XXXV. Vederay dompne ad brono seapelgiate,
Et de ongni lor dilecto esser private ;
Da genti strane serrà soperchiate

Con [gran] desdegno. 140
129. — D. xxxxrIv. l: « ... c. p. portare ». 135 — C, H. id. 3: « ...lesuo membre ispar-
130. — C, E, H, xxxMI., F. xxx. 2: « bona te». — D. id. 3: « ... e per ogni parte ».
». D. id. 2: « buone a... ». — E. id 3: «... lesoe membra sporte ».
131. — C. id. 3: « vederaj bem f ... ». — D. — F. id 3: « .. voltare carti ». — G.
id. 3: « vedrai f... ». — E. id. 3 « ... et id. 3: «... mandar scorte ». — I. id 3:
inalzare ». — F. id. 3: « videray multi « .. voltar so arte »
dS Y 136 — F. id 4: « Ingannati ». — I. id. 4:
133. — C, E, H. xxxiv. l: « V. tornare . . ». « Contro natura ».
— D. xxxxv. l: « V. ritornare... ». — 137. — D xxxxvi. E: « V. d. brune s. ».
F. xxxI. l: « V. victoria avere ... ». — 138. — F xxxir. 2: « Da gente stranea ser-
G. LIV. l: « V. renovare el campo ranno spogliate ».
Marte ». 140. — D. id 4: « Di d ». — F. id. 4: « In
134. — D. id. 2: « Con grande altorità vol- gran desdigno ». — H. xxxv. 4: « Con
tare s.a. ». — I. xxxx 2: « Cum molte gran peccati e d. ».

membra exparte ».

cisamente a quella dell' inglese Giovanni Hawkood (Aguto), nonchè agli
usi militari introdotti da questa in Italia sulla fine del sec. XIV quando
cioè si costituirono le prime compagnie di venturieri italiani. Dice a
questo proposito il Cantù (op. cóf., t. IV, p. 349). « L'Acuto, superiore
« d'aecorgimenti e di militare maestria ai capi antecedenti, primo in-
« trodusse qui di contare i cavalieri per /ancie, ognuna delle quali
« componevasi di tre uomini, con cotte di maglia, petti d’acciaio, di
« ferro gli schinieri, l'elmo, i bracciali, grande spada e daga, e una
« lunga lancia che sostenevano tra due ». I bendoni poi dovevano essere
strisce pendenti dalla lancia: i pennoni invece erano stendardi propri
della cavalleria, e, i pennomncelli stendardi più piccoli e più propria-
mente banderuole.

(1) — (Str. XXXIV). — Vitturiare vale « riportar vittoria » : si
trova anche nel v. « vittoriando viverai con fede » del sirventese in
ottave di frate Stoppa (v. str. 26).

€:

Y
460

XXXVI.

XXXVII.

XXXVIII.

14l.

E. FILIPPINI

Vederay perdoto lo ytaliano ingengno

Et contrastare rengno con[tra] rengno,
Fin che verrà quel che serrà degno

De far[e] pace.

Vederai molta gente esser fallace, 145

Et omme prete esser lupo rapace;
Vederai (allora) l' opere de Dio verace

Abbandonare (1).

Vederay molti insemi [sè] adunare,

Et veder modi che possa robbare 150
Per poder possia melgio lossuriare

Ad la sfrenata (2).

— C. XXXVI. l: «... senno ». — E. XXXVI.
l: « ... lo italicho segno ». — F_xxxII.

147

. — €. id. 3: « Vederaj le lor opere dio
verace ». E. id. 3: « V. le lor opere

l: « V. all’ Italiani perdere lo senno ». d. D. v. ». — FK. id 3: « V. da loro la
— H. xxxvi. l: « V. p. lor talian se- verità. — G id 3:« V. a. le porte d.
gno ». D. v. ».

142. — D. xxxvm.. F. id. 9: « ... chontra re- 149. — C. xxxvii. l: « V. le molte insegnie
gno ». — E. id. 2: « E contrastarono à.». — E. xxxvii. E: « V. de molta
T. cum r. ». — G. LVI. 2: « ... Reami gente insieme usare ». — G. LVII. li
cori regno ». V. molti exerciti ragunare ». — H.

144. — C, D, F. id. 4: « D. fare p. ». xxxVHl l: « V. m. preti i. a. ».

146. — Il ms. invece di essere ha et frate. 150. — F. xxxv. 2: « Cercarà lumundo per

— C. XXXVII. 2: « E de bonj prete esser
l r. ». — D. xxiv. 2: « De omnj pena
essere l. r. ». — E. xxxVII. 2: « E molti
preti esser l r.». — F. xxxiv. 2: « On-
ne preite forse l. r. >». — G_LVII 2:
« Et ogne preti esser l r. ». —H xxxVII.
9: « E di ogni prete esser l. r. ».

poter r. ». — I. xvrir. 2: « Et cercarà
partito. de poter arobare ».

. — F. id. 3: « Ad ciò che possa pur lu-

xiviare ».

52. — C. id. 4: « Alla inspianata ». — F.

id. 4: « A l'affrenata ». — H. XXXVIII.
4: « A la fernata ».

(1) — (Str. XXXVII). — L'espressione « lupo rapace » applieata

a ministri di Dio, è dantesca (V. Paradiso, XXVII, v. 55). Del resto,
col significato generico di tiranno, doveva esser popolare nell'Umbria,
poichè la troviama adoperata anche da Pierangelo Bucciolimi di Foli-
gno nella sua « Leggenda di S. Feliciano » scritta in ottave intorno
al 1406, là dove parla del ghibellino Corrado d'Anastasio, signore di
quella città (V. l'ed. curata dal prof. A. MANCINELLI nel « Propugna-
tore », vol. XV, ottava 156).

(2) — (Str. XXXVIII). — Lossuriare vale « darsi alla lussuria » e
si trova adoperato due volte anche nei citato sirventese di fr. Stoppa
(V. Str. 11 e 37).
UNA PROFEZIA MEDIEVALE IN VERSI, ECC. 461
XXXIX. Ved(e)ray la fede en totto abandonata,
Anco(ra) la carità emprigionata,
La vettualgia essere encarata 155
Sei [co]tanto (1).
XXXX. Ved(e)rai fugire molta gente en sancto,
Pregare Dio con grandissimo pianto,
Ché crederà ch’ el mondo totto quanto

Venga meno (2). 160
XXXXI. Vederai molti frati senza freno
Portar tractati et tradimenti in seno,
De simonia et pessimo veneno
Esser carcati.
XXXXII. Ancora vederay li gran prelati 165
Tenere ad lor guardia molti soldati:
Commetterò grandissimi peccati
Per denari (3).
153. — F. xxxvI. IE: « V. 1. f. in tanto anno- no» — D. xxv1I1 2: « P. tradimenti
minata ». e tratti meno ». — F. xxxvi. 2: « P.
154. — F. id. 2: « La santa c esser man- de multi tradimenti in seno ».
cata». — I. xix. 2:« La c essere man- 164. — C. xxxxi. 4: « E. congregati ».

chata ».
— G. LIx. 3:« La luce eterna offusca-
ta ».

. — €. xxxix 4: « Sej cotamte ». — D.

XXVI. 4: « S. cotanti ». — E. xxxIx. 4:

5. — Il ms. ha « Vederay ancora» — I.

xxi. l: « V. sciochi li g, p. »

— C. xxxxII. 2: « Venire ad guardia de
m. S. » — D. xxix 2:« A loro guida
tené' giente armata »

Septe cotanto ». — F. id. 4: « Se can- 1607. — « Commetteró', » per « commette-
ta ». — G.id. 4: « S. cotanto ». — H. ronno» (commetteranno)é forma ver-
XXXIX 4: « Assai cotanto ». bale tuttora viva nell'Umbria. — C.
157. — D.xxvII.l:«...] santi». — F. XXXVII. id., E. xxxxr., H. xxxxir. 3: hanno « co-

160.

l: « ... instanctá » (2).
— H. xxxx 4: « Vegni a meno ».

metterano » e « cometerano »: D.
id. 3 ha « comettendo » — F xxxIx.,

3. XX ,I. xx 1 3 hanno « committere »

161. — E.xxxx. E: « V. m. preti et frati ... ».
e « commettere ».

162. — G. xxxxI. 2: « P. tradimento in se-

(1) — (Str. XXXIX). — Il poeta allude alla carestia che piü volte
afflisse l’Italia nella seconda metà del sec. XIV.

(2) — (Str. XXXX). — En sancto vale « in chiesa »: l’ usa anche
Fazio degli Uberti nella frottola « O pellegrina Italia » (v. 156). Del
resto il poeta accenna a quel risveglio del fanatismo religioso che si
manifestò con processioni e canti alla fine del trecento e precisamente
nel 1399, quando, come dice il SIsMoNDI (op. cit., vol. III, pag. 162)
« le grandi calamità che affliggevano l'Europa, facevano credere vicina.
« la fine del mondo, e tremare i cristiani dinanzi all'ira di Dio », e
quando stava per rinnovarsi il famoso Giubileo di Bonifacio XIII.

(8) — (Str. XXXXII). — Senza parlare delle grandi milizie che
cireondavano i cardinal e i legati pontifici più battaglieri dell’ epoca,
basta ricordare, a spiegazione dei primi due versi, quello che i cronisti
i —— ——— +

462 E. FILIPPINI

XXXXIII. . Li pastori ved(e)ray facti beecari
Et totti deventar(e) erudeli avari; 170
Poi li vederay in man(o) de pelliciari
Con alte grida (1).

XXXXNIV. O gran miseria de lo avaro Mida
Et totti quelgli che ha presa sua guida,
Per cui excempio conven che se grida ! 175
Dice Danti (2).

169. — Il ms. ha « Vederay li pastori ». — C. ch'é apresso s. g. ». — E. id. 2: « ...toa
XXXXIII. ] «..f. bem car) ». — F. xxxx. g. ». — F. id., I. id. 2: « Justitia et
l:« Li p. v. esser b. ». razon disscatciata.». — G. id. 2: « Con

170. — I. xxIM. 2: « .. pessimi avari ». t. q. c. han p. s. g. ». — H. id. 2: « Con

171. — E. xxxxII. 3: « E diventerano c. et t. q. c. apreso ti g. ».

a. ». 175. — C. id. 8: « p. lo c. esempio se c. c.

172. — D. xxx. 4: « Con gran pianto ». — F. scrida ». — D. id. 3: « p. c. ischampo
I. id. 4: « Con grande gridata » (cri- c. C. si guida ». — E. id. 3: « p. que-
data) ' i sto exemplo c c.si creda ». — F. id.

173. — C. xxxxiv. l: « Averano m. della a- 3:« grazia é sbandita, misericordia
vara invidia ». — E. xxxxilt. l: « Ve- privata ». — G. id. 3: « ... ognuno g. ».
derai m. de l'a. homicida ». — F. — I. id. 3: « gratia sbandita, miseri-
XXXXI., I. xxIiV. : « O g. m. d'avari cordia inserrata ».
odiata ». — G. xxu, l: « O g. m. della 176. — C. id. 4: « Zo dixe D. ». — D. id. 4:
nave (?), grida ». — H. xxxxIv. l: « Ha- « per pagura ». — E. id. 4: « zo é dicto
veraj mixura di l'a. homicida ». davanti ». — F, I. id. 4: « Ad ‘talia .

174. — C. id. 2: « Com t. q. che aprexo li quanti ». — H. d. 4: « Como disse D. »;
g. ». — D. xxx. 2: « Chon t. li avari in margine: « desse Danti ».

di Perugia raccontano dell' abate Gherardo de Suy, da me già nomi-
nato nella nota alle str. IV-VI. Non riferirò qui il lungo brano che
potrei trarre dal supplemento terzo alla Cronaca del GRAZIANI già citata
(v. l. cit., pagg. 217-224), dove si parla delle grandiose e costosissime
fortifieazioni con cui l'abate si era assicurato il dominio di Perugia a
nome del Papa: diró solo col cronista che quando il legato pontifieio
fu eaeciato dal popolo perugino fuori della sua cittadella, usci con lui
« ogni altra gente da cavallo e da piedi, li quali erano in numero più
di 1500, la maggior parte da combattere ». Non é improbabile che il
poeta, serivendo questa strofa, pensasse a ciò.

(1) — (Str. XXXXIII). — Il profeta ha certo presenti qui le orribili
stragi di Faenza (1376-1377) ordinate dal famoso cardinale di Ginevra,
a cui qualche cronista ghibellino attribuisce anche le parole: « Sangue
sangue io voglio: morte a tutti » (V. SISMONDI, op. e l. cit., p. 40). —
Anche qui noto che l'autore folignate della « Leggenda di S. Feli-
ciano », sparlando dei Perugini dice :

Fanno la beccheria dei cristiani

(V. l’ottava 62, del componimento citato nella nota 19).
(2) — Str. XXXXIV). — Dopo aver accennato agli altri mali che
travagliavano la Chiesa, l’autore si ferma a lamentare la grande avarizia

——— o
RIT

IS - * w^ ls. PW "d ^ T oe 2 s n h: "4, Ù &
an € EN r4 m s " R : dis KA LE an Pa 3i È ^ cc. Vn 7 at - EI m
UNA PROFEZIA MEDIEVALE IN VERSI, ECC. 463
a
XXXXV. Vederai qui lassar(e) cavalgli ambianti
te)

Et molti vestimenti et denar tanti,

Ombrarse la chiericha totti quanti

Per [gran] paura (1). 180
XXXXVI. — Vederay desarmar(e) molta armador:

Et corpi morti senza sepoltura, :

Vederai quelgli [che per Maria iura]

Sangue pissiare.
XXXXNVII. Vederai l'anglisi ad mal modo tractare 185

Gente todesca et ongari talgiare;

Beato quello che porrà scampare

Che non sia morto ! (2)

177. — D. xxxI. 1: « O quanti c. e lanze ». — quelli che per Maria iura ». — G.
G.-xxin; li «SV. cho staffaran c. a. ». XXIV 3: « V. quel che per sua alma
178. — F. xxxxII. 2: « li m. v. et quanti ». iura ». — H. xxxxvI. 3: « V. quelle do-
179. — C. xxxxv. 8: « Chopriraxe le chiesi- ne per Maria, iura » (?). — I. id. 3:
che ... ». — D. G. id. 3: «E choprira- « saperallo quelni che per mare
nnosi le cheriche ... ». — E. xxxxIv. jura ».
3: « Copriranse le chieriche.... ». — 184. — C. id. 4: « s. lasare » — D. id. 4:
F. id. 3: « Et coperarse le recchie ... ». « per iscampare ». — E, G. id. 4: « s.
— H. xxxxv. 3: « Coprirse la codega... ». versare ». — F. id. 4:«s lavare ». —
— I. xxv. 3: « Copriranse l'orecchie... ». H. id. 4: « s. lassare ». — I. id. 4:
180. — D. id 4&:«elassarelor guida ». — « in s. lavare ».
F. id. 4: « p. gran p. ». — I. id. 4: « p. 185. — C. xxxxvii. 1: « V. Inglesi al mondo
grande p ». t. ». — D. xxxIV. li « V. li Gienovesi
181. — D. xxxMI. l: « V. d. molti per na- a m. m. t. ». — E. xxxxvI. 1: « V. lo
tura » — F. xxxxur li « Multa a va- inglexe... ». — F. xxxxIV. l: « Angli-
stare vederay ». — I. xxVI. li « V. sci chi che sia v. menare ». — G.
guastare de m a. ». XXV. l:« V. lo 'nghelese... ». — H.
182, — E. xxxxv. 2: « E c. molti s. s. ». XXXXVII. l:« V. Inglesi a m. m. ta-
183, — Questo v. nellared.A éincompleto. giare ». — I. xxvi. 1: « V, A. doi
— €. XXXXVI 3: « v. cholà dove per che scia menare ».
marina schura » (?). — D. id 3: « chi 186. — C. id. 2: «zemte t. o. t. ». — F. id:
dirà per Dio grida, per Dio grida ». 2:«g. t ungare t. » — H. id. 3.
— E. id. 3: « v. q. che l'anima soa « Zente t. o. pigliare >». — I. id. 2:
giura ». — F. id. 3: « sepelliralli «m 1 0 3:65.

dei suoi ministri. E tutta la strofa è un'eco non molto lontana di quella
che Dante fa pronunziare a Ugo Capeto nel XX del Purg. (vv. 106-108),
quando dice che gli spiriti di quel girone ripetono diversi esempi di
avarizia

E la miseria dell'avaro Mida

Che seguì a la sua dimanda ingorda

Per la qual sempre convien che si rida.

(1) — (Str. XXXXV). — Ambiante da ambiare, lat. « ambulare ».
L'ambio serve ad indicare quell'andatura dei cavalli, per cui essi muo-
vono insieme le gambe d'un lato, poi quelle dell'altro, e così alterna-
tivamente, e differisce dal trotto per minore prestezza.

(2) — (Str. XXXXVII). — Anche qui si allude alle milizie merce-
narie straniere a cui il poeta aveva accennato nella str. XXXII.

aX

uU VPEDIMbETT n

Ma. i

at x.

d
Ju
464 i E. FILIPPINI

XXXXVIII. Convenme nel mio dire essere scorto
Et ad breviare perchè ’1 tempo è corto ; 190

Ved(e)rai collor(o) ch(e)”
Esser pagati.
XXXXIX.

ha[n] fatto tanto torto

Vederay ad quel modo esser tractati

Quando li Ciciliani furo vendicati,

Che da gente francesca
Fòro molt(i) anni (1).

soperchiati 195

L. Poi serrà consomati li tirampni
E li preti (de)scaciati con lor dapni,
Verrà collui che en terra d’ Alamanni

S’ è allevato (2).

200

LI. Costoi serrà d'ongni vertü ornato,

Promesso nella legge et

profetato,

Della casa de (Re) David [serrà] nato

Certamente.

189. — E. xxxxvil. l: « ... accorto ». — F.
xxxxv. 1: « Convene l' omo docto e. et
scorto ». — G. xxvi. 1: « C. nel mio 199.
core e. S. ».

190. — C. XXXXVIII. 2: « a. p. el t. é zomto ».
— G. id. 2: « Et spacciarme cha 'l t.
é troppo c. ».

191. — F. id. 3: « V. quelli che hanno fa-
cto l'orto ».

192. — C. id. 4: « sarà p. ». — E. id. 4:
« Ben e. p. ». — F. id. 4: « tosto p. ».

193. — C. xxxxix. !: « V. a mal m. e. t. ». 200.
— Dp. XXXXVIII. 1: « V. jn che m. elli
saran paghati ». — E. xxxxvir. l. « V.
ache m. seranno f ». — F. xxxxvIl. 201.
l::«4A quello m. e. pagati ». — I.

xxIx. l: V. a quello m. e. menati ».

194. — D. id. 2: « chome li C. v. ». — H.
XXXXIX. 2: « Q. i C. fono impagati ».

196. — C. id. 4: « zioe fo m. a. ». — D. id. 4:
« per m. a. ». — E id.4: « za m. a. ». 202.
— F. I. id. 4: « in m. a. ». — G. id. 4:
« Fa or m. a. ». — H. id. 4: « Co fo
m. a. ».

197. — C, H, L, E. xxxxIx l: « Poi che c.
sarano li t. » — D. xxxxIx l: « Poi
che sarano c. li t. ». — F. xxxxvtt. 1:
«Da poy che serranno destructi li
t.». — G. xxvur. 1: « Da poi che se- 203.
ranno structi li t ». — I. xxx. 1: « Poi
che destructi serà li t. ».

198, — C. id. 2: «e li peccati schazati ». ».

(1) — (Str. XXXXIX). — E' quasi
richiama al Vespro Siciliano del 1282.

— EF. id. 2: « E p. e frati cazati cum
malanj ».

— €. id. 31« vederai c. che (e) de ter-
ra... ». —D. id. 3: «. . della Mangna ».
— E id. 3: « Verà quelo che ne l'A-

lemagna ». — F. id. 3: « vederay c.
che sta infra Almangia ». — G. id. 3;
«... di terra di lor mani » — H. id.

3: « Vederaj c. c. intrarà da Alimanj ».
— I id.3: « vederai Colui che sta infra
'lamanj ».

— €. id. 4: « sarà nato ». — D. E. G. id.
4: « sarà a. ». — F. id. 4 « et. calma-
to »(?). — I. id. 4: « cavalcato » (?).
— C. LI. 1: « C s. degnio de honj —
honorato » — D r.)::«O€ d'o v. s.
allevato ». — F. xxxxvit. 1: « Quisto
s d'onne doloo ». — G. xxix. 1: « C.
s. d'o v. coronato ». — I. xxxr. 1l:
« Questo s. d'o dono o. ».

— C. F. id., H. LI 2: « promesso in la
lege profetizato ». — D. id. 2: « pro-
messo in ella leggie operato »(?). —
F.L 2:« Promesso ne la leze et p ». —
G. id. 2: « Promesso n. terra et con-

fetato ». — I. id. 9: « che promesso
é in la lege et prophetizato » — Il

ms. ha « Premesso nella gente ... ».
— Il ms. ha Priamo, ma tutte le altre
redd. hanno David, Davit. —In H LI.
3 si legge « elevato » Invece di nato.

inutile dire che qui il poeta si

(2) — (Str. L e segg.). — L'autore svolge qui l'argomento della

redenzione d'Italia, a cui del resto aveva già fugacemente accennato
PA db MAI E LT e
UNA PROFEZIA MEDIEVALE IN VERSI, ECC. 465
: ,
LII. Costoi non cercarà thesoro niente, 205
Anchi desea[ecia]rà chi ne consente;
Poi li caciarà con [e]l gran serpente
[In] nel profondo (1).
LIII. Costoi serrà segnor de totto el mondo
Facendo derectora el quatro e ’1 tondo, 210
Sposo d(e)' Ytalia, questo non (ve) nascondo,
Imperadore (2).
LIV. Costoy serrà el più dretto segnore
Che may nascesse de po’ ’1 Salvatore;
Renderà a Dio gloria et honore 215
Del suo stato. i
LV. Costui farrà far pace in ong[n]i lato
Descaciando del mondo ongni peccato ;
Non se trovarà chi sia soperchiato
Da(lli)' soi vicini. 220
205. — D. Lr. 1: « C. n. c. jstormenti ». — F. per q. e per t. ». — F. r. 2: « farrà

XXXXIX.l1: « Qui n. valerà t. ingente ».
Gi XXX. 15« t. certamente ». — H.
LI: 1?5«i05n.curerà di 0; ni »5— L
XXXII. 1: « Questo n. vorà t. n. ».
206. — C. LII. 2: « anzi deschazerà c. el c. ».
— D. id. 2: « anzi dischaccierà ... ». —
E. LI. 2: « Ancho descazarà c.lo c ».
F. id. 2: « ancora de' scanzare chi
de zo sente ». — G. id. 2: « Discac-
ciarà c. non é cognoscente ». — H.
id. 2: « Anzi desfarà chi lc. ». — I.
id. 2: « anche descaciarà che de ciò
se sente ».
— C. id. 3: « p. metterà quel g..s. ». —
D. id. 3: « e p. li toccherà c. g. s. ».
— E. id. 3: « E p. meterà il g. s. ». —
G. id. 3: « Da po' lu e. c. grande
Spente ». — H. id 3: « P. el metterà
el g. s. ». — I. id. 3: « p. lo mandarò,
cum lo s. ».
— C. F. id. 4: « Inn p. ». — H. id. 4:
« In el p. ». — I. id 4:« in ne lo p. ».
210, — C. LUI. 2: « faziamdo bem drettura
quadro e in t. ». — D. Lit. 2: « f. d. a.
tondo a tondo », — E. LI. 2: « f. d.

207.

208.

tutto lo drytto allo rotundo ». — G.
XXXI. 2: « f. della terra el q. e lt. ».
— H. Lit. 2: « f. d. q. e. t, ». — I. xx-
xur. 2; « farà diritto lo q. et lo t. ».

211. — C, H. id., G. xxx . 3: « s. del, q. non
aschondo ». — D id. 3: « sarà d' I. e
q. n. ascondo ». — F. id. 3: « de que
sto più non ascondo ». — I. id. 3:
« questo più non nascondo ».

212. — F. I. id. 4: « lo imperatore ».

215. —C. LIV. 3: « e r. grazia a D. et h. ».

. LIV. 3: « R. a D. gracia et h. ».

216. — C.. id. 4: « Nel s. s. ».

217. — C. Lv. I: « Chussì farà... ». — D.
LIV. l:«... da 0 l».—H.rv.1L:«C.
farrà gran p. in o. l. ».

218. — I. xxxv. 2: « descaciarà da l’ho-
mo... ». — F. rir. 2: « desfarà del... ».

219. — D. id. 3: « che n. s. t. homo s. ».
F. id. 3: « n. serrà alcuno piü super-
biato ».

220. — C. id., E. LIV., G. xxxrir., H. id. 4: « dal
suo vicino ». — D. id. 4: « dallo vi-
cino ». — F. I. id. 4: « da suo vici-
no ».

nella str. XXXVI. Rinunzio all'indagine della personalità di questo
veltro, che somiglia tanto a quello di Dante e di altri pseudo-profeti.
(1) — (Str. LII). — Confronta questa strofa coi vv. 109-111 del

Canto I dell' Inferno dantesco.

(2) — (Str. LIII. — La parola derectora sta per « dirittura-drit-
tura » adoperata anche da Dante (Par., c. XX, v. 121) e da altri scrit-
tori trecentisti nel senso di « rettitudine ».
TTETER...

WIL

e e SM

466 E. FILIPPINI

LVI. Converterà ad la fede y Saracini
Et Tartari con totti in que(l)” camini;
Poi intrarà in queli lochi divini

Sanctificato (1).

LVII. Poi torna[ta se]rà Roma in [suo] stato 225
Et totto quanto el mo[n]do repusato,
Li sancti preti de novello stato

Predicaranno,

LVIII. Tutti l' infideli converteranno,
Vestiti totti d' un aspero panno, 230

Et sempre senza proprio viveranno

In povertade (2).

92]. — C. H. LVI, D, E. Lv., I. xxxvi. 1:
« elSaracino ». — F. rit. l: « ... Sara-
cinia». — G. xxxIV. li « Costui c. a
la f., Saracino ». .

222. — C. id. 2: « e tornerà chompito quel
camino ». — D. id. 2: «.. con tutto
quel chamino ». — E. G. H. id. 2: « E
Tartaria cum tuto quel camino ». —
F. id. 2: « et Tartaria et tutto quello
catnmino » — I. ld. 2: « Tartari, ca-
thacumini et tuto quello camino ».

223. — C. id 3: « p. tornerà a quel locho
divino» — D. E. F. H. I. id 3: « .. in
quel loco divino ». — G. id. 3: « ... ad
quil luoco divino ».

224. — G. id. 4: « sacrificato ».

225. — C. rvir., E. LVI. l:« E quando t.,
sarà R... ». — D. LVI. l: « Poi t. e sarà
in chorte repusato ». — F. LIV. 1: « P.
che tornata R. scia in suo stato ». —
G. xxxv. 1: « P. t. R. nel suo stato ».
— H. LVII. I: « E quando tornato serà

226. — C. id. 29: « e t. il mondo r. ». — D. id.
2: « de t. q il mondo jnchoronato ».
— E. H. id. 2: « E t. q. il mondo r. ».
— F. id. 2: « t. el mondo scia r. ». —
G.id.2: « de t. q. el mondo r. ». —
I. id. 2: « Et t. lo mundo serà pacifi-
cato ».

227. — D. id, 3: « e li p. di quello tutto
unos.».— E, id. 3: « Eis p et frati
del nuovo S. ».

228. — Il cod. ha predicazdo, come F. id.
4: « predicarando » e I. id, 4: « zirerà
predicando »; ma C. D. E. G. H. id. 4:
« predicaranno ».

229. — C. LVII. l: « T. li fedeli ... ». — D.
LVI. l:«... chonvertirà ad aspro pan-
no ». — F. Lv,, I. ru. 1: « Et t. li fe-
deli predicaranno ».

230. — C. id. 2: «t. v. de uno proprio p. ».
— D.id.2: « t. v. d'uno cholore pan-
no ». — I. id. 2: «... de uno asperis-
simo p. ».

R.ins.». — I. LI, l:« Poiché tornato — 232. — F. id. 4: «in grande p. ».
sera R. in so s. »

(1) — (Str. LVI). — E noto come alla fine del sec. XIV andassero
già acquistando in Europa una grande potenza i Turchi Ottomani, che
sotto Baiazette Ilderim vinsero a Nicopoli Sigismondo re d' Ungheria e
tutto il suo fiorente esercito combattenti in nome della religione di Cri-
sto (1396). È noto anche come alle spalle di Baiazette s'avanzasse in
quei tempi il tremendo Tamerlano alla testa dei Mongoli e minaeciasse
d'invadere le sue conquiste asiatiche.

(2) — Str. LVII-LVIII) — L'autore parla della riforma degli or-
dini religiosi e piü specialmente, forse, di quello francescano. E per
questo. sarebbe stato meglio combiare preti in frati nel v. 226, come
mi consigliava à fare la red. E; ma credo che l'espressione qui abbia
lo stesso valore.
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deg ilc o Tak ard s eui. S i
UNA PROFEZIA MEDIEVALE IN VERSI, ECC. 467

LIX. Rebannita serrà la caritade,
Enfra ongni homo [serà] ferma admistade,
Serranno ben secure totte strade 235
Con l’ oro in mano.
LX. Or[a] t(e)' alegra, populo romano,
Cha segnoregiarai in loco lontano
Et anchi quello avete proximano,
Sensa travalgia. 240
LXI. Non serrà mai al mondo piü battalgia,
Serrà nascoso ongni ferro et malgia,
Non serrà may piü cara vittualgia
Certamente.
LXII. Remarrà sopra terra pocha gente, 245
(Et) omme spiritual serrà gaudente :
Pregamo Dio che conduca ongni gente
Ad quello stato (1).
233. — C. LIx. 1: « Et sbamdita s. l. c. ». honi f. di m. ». — D. Lx. 2: farà ri-
234. — C. id , D. Lvarr., H. LIX. 2: « infra o. probo o. mala voglia ». — E rx. 2:
h.sarà f. a. ». — E. Lvnir. 1: « Et infra «S rimesso ... » — F. Lvur. 2: « in
tuti serà buona a ». — F. Lvi.. I. LUI. odio s f.et m. ». — G. Lx. 2: « s. n.
2: « o. h. serrà in perfetta maiestate ». acciaio, f. et m. ». — I. Lv. 29: « sem-
— G. xxxV.l. 2: « Infra ciascuno serà pre s. in odio f. et m. ». :
onestade ». 243. — C. id. 3: « non se troverà arme che
235. — C id.3:«s. s. tutte le chontrade ». vallia ».
— D. id.3: « e porassi andare per tutta 245. — D. LI. E: « R. in t. g. p. SES AIO ».
la strada ». — F. I. id. 3: « franche s. 246. Il cod. ha spetiale. — C- LXII. 2: « ho-
le vie et le str ». ni inspirituale s. g. ». — D. Lx. ?9: «e
237. — Tutte le redd. meno € hanno ora. ominj spirituali sarà ogni giente ».
238. — F. LVII. 2: < Cho sengiornaray .». — E, G Lxi, F. Lix, H. LXII, I. Lvi.
— G. XXXVIII. . l. assai l. ». — I. 2: « et omne spirituale S. g. ».
LIV. 2: « che Bipnore seraj in 1. l. ». 247. — C. id 3:« pregerà. e DI Td 8:
239. — F. id. 3: « et queili che é proximali « p. o che chonservi o. g.». — F.
alla, tua mano ». — I. id. 3: « et chi se id. 3: «.. che ce c. allo presente ».
aproximarà a la tua mano ». i id. 3: p. che ce c. al presente ».
— D. LIx. 4: (AGRA V.» — E. LIx. 4: — I id. 3: « p. Cristo che ce c. a lo
"« C. g. balla». — F. I. id. 4: « sensa presente ».
travaglia». — G. id 4: 4 cum g. barat- 248. — C E. id. 4: « a questo s. ». — D. id.
to». — Il ms. ha « con gran Volvia ». 4: « in buono s. ».
242. — C. LXI., H. LXI. 2: « sara(no) riprobio
(1) — (Str. LXII). — Nel secondo verso di questa strofa non si sa
che cosa abbia inteso di dire l'autore. Io credo che invece di spetiale
egli avesse scritto spirituale, con la quale parola si alludeva alla setta
dello spérito di libertà, formatasi specialmente nel seno dell'ordine mi-

noritieo durante il sec. XIV e molto diffusa anche nell’ Umbria, dove
suscitò scandali e processi clamorosi (V. L. Fumi — Zretici e ribelli nel»
U Umbria ecc. —, in « Boll. d. R. Deput. di Storia Patria per l' Umbria »
Anni III-V). Ma perché il profeta moralista dovrebbe dire che questi
scandalosi spirituali avranno a godere in quell'epoca di pace che egli
sogna? Per ironia forse ?
TIRI sE ri ii €— —

am RAM

468 E. FILIPPINI
LXIII. (El) cane et (l')orso serrà pacificato,
El lupo con l’ ang[n]ello adeompagnato, 250

Et lu.serpente starà nel fossato

Ad manecare.

LXIV. Or odi se te piace el mio parlare,

Et per richeza non alteregrare

Perchè convene nostra volgia acordare

Col co[n]venente.

Qt

DO
[3

LXV. Chi ha profetizato [6] da niente,

[E] da Dio fo spirato fermamente;
Esso laudato sia devotamente

Ad totte l' ore.

249. — C. LXHI 1: « C. con lupos. p. ». —
H. LXHI |: « El c. con el lupo s. p. ».
— I. rLvu.l:« El c. e lo lupo s. p. ».

250. — F. LX. 2: « lo 1. coll'ayno adormen-
tato ». — G. LxI. 2: « El I. et l'angello
accordato ». — I. id. 2; « L cum l'a-
gnello adormentato ».

251. — C. id. 3: « e lo s. starano in nel f. »
— D. Lxn. 3:« e lo s. sarà n. f ».
— FK. id. 3: « jacerasse lo s. n. f. » —
G. id 3: « El s. serà fossato ». — I.
id 3: « jacerà los n f. ».

252. — F. id. 4: «per mannecare ». — G. id.
4: « senza fallare » — I. id. 4: « per
manzare ».

953. — C, H. LXxiv , E LXuI. l:« Or nota... ».
— D, G. Lxmr. l: « E nota ... ». — F.
LXI., I. Lvri, « Hora nota... ».

254. — C.id.2: « ... n. te alterare ». — D.
id. 2: « ...n. ti alto rezzare ». — E,
H. 2: « ... n. ti alterizzare ». — F. id. 2:
« se ay recchie non te ne allegrare ».

+, id. 2: « ... n. ti ralegrare ». —
I. id. 2: «apre toe orechie, et non te
ne alegrare »

255. — C. id. 3: « p. el c.in volta comtare ».
— D. id. 3: « e al n. v. sempre ripo-
sare ». — F, I. id. 8:« cha te c l'oste
à ». — G. id. 3: « p. c. nostre vo-
glie abandonare ». — H. id. 3: « p. non
vien n. v. a ».

256. — C. id. 4: « con inconveniente ». —
E. id. 4: « ae presente ». — F. id. 4: « co
lo impotente ». — G. id. 4: « incon-
tenente ». — I. id. 4: « col omnipo-

— (x

tente »
257. — B. xir. 1: « Quel che del mondo
have a prophetizare ». — C. Lxv. ]

« ..da niente ». — E. Lxiv. 1: «.. de
mente ». — F, rLxr. l: « C. questo ha
p. é da niente ». — G. Lxiv. 1: « Che

260

azo p.de presente ». — H. rxv. l:
« ... di niente ». — I. rix. 1: « C. questo
have p. é da — » (incompleto). — Il
ms ha de.

258. — DB, C, H. id. 2: primamente ». — F, I.
id 2: «.. certamente ». — G. id. 2:
« Da D. fui s. propriamente ».

259. — B. id 3: « El nome so s. 1 d. ». —
E. id. 3: « E lui s. ] sempre sempre ».
— F. id. 3: « che bene dicto s. d. »
— G.id 3: « Ete ne s. l. veramente ».
— H. id. 3: « E quel ne s. l. d ». —
I id 3: «et voio che s. manifestato
a tuta gente » Quest' ultima variante
é presa dalla prima strofa.

260. — B. id. 4: « dicendo: Amen ». — C. id.
4. « e la sua maiestade ». — E. id. 4:
« Amen ». — F. id. 4: « che ne di-
gno ». — II. id. 4: « Dio eterno amen ».
— I. id. 4: « che ce ne ha bisogno ».
La red. F. termina con le parole:
« explicit prophetia, | beneditta sit
virgo Maria, | amen » addossate al-
l'ultima strofa. — La red. H. aggiunge
a brevissima distanza: « Scrita e fe-
nita la. profecia laudata | Sia laudata
la dolce Versene Maria | Madre de
Dio onnipotente ». — La red. I. in-
vece attacca alla precedente altre due
strofe rimaneggianti concetti e frasi
già note Credo opportuno riferirle
qui in nota:

« Acciò che credi che non dico menzogna,
« et acerto et dico, perché non sogno,
« che quello ch’ é prophetizato si ha
« che venga certamente. [bisogna

« Preghemo Cristo omnipotente
« che ce conducha a lo presente,
« et alegrare ce possiamo certamente
« de lo novelo stato ».

Amen.
469

NOTIZIE UMBRE

tratte dai registri del Patrimonio di S. Pietro in Tuscia
PER CURA

dell’ avv. MERCURIO ANTONELLI

(Vedi Memoria in questo Bollettino, Vol. IX, p. 381-398).

E

(Est.) Introitus et exitus Patrim. B. Petri, Sabinae et Terre

4.

Arnulphorum, an. 1327, 1328, 1329, 1330, et 1331. N. 175
Collectorie.

.[e. 1]. — Hie est liber introituum etc. Patrimonii b. Petri in Tuscia

Comitatus Sabine et Terrarum Arnulphorum, et quorundam alio-
rum locorum, qui pervenerunt ad manus mei Petri de Artisio cano-
niei ecclesie saneti Frontonis Petragoricensis in dictis provinciis
thesaurarii, et expensarum per me ibidem factarum per sex menses,
videlieet a kal. Novembris 1326 usque ad kal. Maii 1327, prout
infra per ordinem describuntur. È

.[e. 11 t.] 4327, mar. 26. — A Pontio de Monteiardino quadrilherio

quorumdam nostrorum militum qui acceperant predam hominum
et salmeriorum de castro Colliscipuli de comitatu Narniensi tune
eeclesie rebellium, recepi pro tertia parte cameram contingente —
10 ducat. au.

.— nov. 26. — Tradidi magistro Raymundo de Cardona notario domi-

ni capitanei, qui fuit missus per ipsum dnm. capitaneum de Interam-
pne ad Urbem ad inducendum nobiles romanos ut subvenirent
contra Narnienses rebelles, et expendit in octo diebus, quibus stetit
— 6 lib. 7 sol. ppr.

[c. 28 t.] 1327, mar. 29. — Tradidi Talhavento castaldo qui de

Monteflascone portavit litteras vicarii dno. capitaneo aput Pertica-
e

31
470 M. ANTONELLI

riam ubi erat in exercitu, significando sibi quod 60 milites tran-

siverant per territorium Viterbii euntes versus Narniam — 20 sol.
5.— apr. 2. — Tradidi Clementi castaldo qui fuit missus per dietum

vicarium de Monteflascone aput Narniam cum litteris significando
| dno. capitaneo quod Humbertus redierat de curia cum litteris dni,

nri. pape super facto Narnie — 5 sol. ppr. )
i 6. — apr. 19. — Ego Petrus thesaurarius, de mandato dni. capitanei, |

accessi de Narnia ad civitatem Assisii ad perquirendum regestra
eeclesie romane, et ad inveniendum iura et debita que dicta eccle-
sia habet in Patrimonio et specialiter in civitate et comitatu Nar-
niensi, ubi steti eundo stando et redeundo decem diebus continuis,
et expendi ultra stipendia mea tam pro expensis mei, familie et
septem equorum, quam etiam pro salario trium notariorum de As-

i sisio, quos per quinque dies tenui ad seribendum multas scriptu-
E ras necessarias et utiles, quas inde pro iuribus ecelesie reportavi |
| — 15 flor. auri. |
H ; 1.[e. 31]. apr. 16. — Ego Petrus etc. de mandato dni. rectoris tradidi |
i et solvi Johanni Roqueti clerico eius familiari, quem misit ad cu- |
riam romanam dno. nro. summo pontifici eum litteris, in quibus |
signifieabatur quomodo civitas Narniensis fuerat ad obedientiam |

il^ sancte matris eeclesie reducta, et per quem modum, necnon signi- |
ficando statum totius Patrimoni, pro expensis ete. — 20 fl. au.
ue [e. 62]. — Infrascripti sunt introitus etc. et etiam expense ete. a
| MI kal. Mai. usque ad kal. Nov. 1328.
BIB Hi V nà . . mun . . ^ . |
| 8.[c. 86] giu. 2. — Dominus rector misit Nicolutium de Senis nun- |

tium eum cursoribus dni. nri. pape Perusium et ad alia loca singula
Spoletani Ducatus, ut reportaret dieto dno. rectori responsivas com-.
munitatum quibus scripserat dns. noster papa pro subsidio impen- |
dendo in Patrimonio (1), cui solvi ex pacto prius facto cum eo pro |
salario et expensis — 2 fl. au. |

n [e. 93]. — Infrascripti sunt introitus etc. et expense ete. a kal.

| i _ Nov. 1328 usque ad kal. Nov. 1329.

| 9.[c. 104] 1329, apr. 19. — A Cola dni. Gregorii de Utriculo, pro
compositione ipsius super processibus et exbannimentis personali-
bus contra eum. latis, quia dicebatur castrum Utriculi posuisse in
rebellione sancte matris ecclesie et dni. rectoris Patrimonii, — 40
flor. au.

(1) S' intende, contro il Bavaro,
NOTIZIE UMBRE, ECC. 471
E [-4 J . . Br:
10.[e. 135 t.] apr. 6. — Accessit dns. thesaurarius, mandato dni. rec-

toris, ad comitatum Sabine et ad castrum Malleani, in quo rein-
troduxit exititios, et ibidem stetit, videlicet tam eundo et stando
quam redeundo ad Montemflasconem usque ad diem 23 dicti men-
sis, et expendit ultra stipendia sua, 24 flor. 9 sol. 9 den. ppr. de
quibus comune civitatis Narnie sibi de gratia speciali subvenit
in 15 flor. au. pro relevandis expensis, restant — 9 flor. au. 9
sol. 9 den. ppr.

11.[e. 136] aprile. — "Tradidit et solvit Passarino de Tuderto qui per

dnos. (rectorem et thesaurarium) fuit missus Perusium bis ad re-
quirendum commune Perusii quod subveniret de gente armigera
pro exercitu (contra Viterbium), et obtinuit quod mitterent Berar-
dinum de Marsciano cum pulchra societate, qui expendit in dua-
bus vicibus. — 419 lib. 4 sol. ppr.

Sussidi di gente furono pur chiesti al rettore del Ducato, a
Narni, e a Orvieto che li mando.

12.[c. 138] settembre. — Quia Urbevetani fuerant in guerra Viterbiensi

cum dno. reetore, mandato ipsius accessit dns. thesaurarius ad Ur-
bemveterem ad singnificandum eis tractatum pacis et concordie, et
ut coneluderentur (sic) in pace predicta, et fieret de consensu eo-
rum, quod fuit concordatum in consilio ipsorum, et stetit eundo
stando et redeundo quinque diebus, quibus expendit ultra stipen-
dia sua — 8 fl. au.

13.[e. 108]. — Infrascripti sunt introitus comitatus Sabine, quos assi-

gnavit dno. thesaurario Guillelmus de Folcarolis vicarius ipsius co-
mitatus de sequentibus mensibus initiatis a kal. Mai. et finitis in
kal. Dee. 1328. — In primis facta ratione de 28 flor. au. quos rece-
perat de fructibus predictis ante dictum tempus a ser Helia de
Spoleto tune vicethesaurario dieti comitatus, et de 386 flor. et 31
sol. et 4 den. provisin. per ipsum Guillelmum perceptis dictis septem
mensibus, tam de predis et cavalcatis factis contra rebelles, quam
de aliis proventibus comitatus eiusdem, deductis inde 393 flor. au.
quos solverat stipendiaris qui steterunt dictis septem mensibus in
comitatu predieto ad stipendium pro recuperatione castrorum et
iurium dicti comitatus occupatorum per Theobaldum de, Sancto
Eustachio de Urbe cum potentia gentis Bavari tune in illis partibus
exeuntis, recepit dietus dns. thesaurarius a dicto Guillelmo resi-

duum, silicet — 27 fl. au. et 31 sol. 4 d. prov.
[c. 148] — Infrascripti sunt introitus etc. et expense ete. a kal.

nov. 1329 usque ad kal. nov. 1330.

MENNENENNÉENNNENNP river eri oneEu i LAALALiiiil1ll11——.—i——— ccce <=————_-—_—— VIE d

aut

^om c ON
472 M. ANTONELLI

14.[e. 160 t.] 4350, ott. 15. — A fratre Fulcone, fratre hospitalis sanete
Marie de Urbeveteri, solvente pro fratre Lello fratris Bartholomei
pro quodam processu contra eum spiritualiter habito, quia diceba-
tur conspirationem fecisse contra rectorem dieti hospitalis, et que-
dam alia in dieto processu contenta, ex causa compositionis recepi
— 5 fl. au.

15.[e. 175] marzo 12. — "Tradidit Lotto castaldo quem misit Portariam
ad dnm. Manentem iudicem ad sciendum de traetatu qui habebatur
per Cesanos, quia exercitus paratus (est) contra eos — 4/0 sol. ppr.

16.[e. 176] giugno 9. — Dedit Manno Berardi famulo, per quem misit
litteras apostolicas clausas, que dirigebantur inquisitori heretice
pravitatis in provincia Patrimonii, ut mitteret processus per eum
factos contra Tudertinos, qui quidem tune temporis Perusii resi-
debat — 43 sol. 4 den. ppr.

17.[e. 176] giugno 28. — Tradidit Ianni magistri Johannis de Turrio
nuntio, qui portaverat litteras requisitionis comuni Reatino, ut sa-
tisfacerent de censu plurium annorum in quo tenentur — 40 sol. ppr.

18.[e. 177] luglio 17. — Tradidit Catalutio famulo, qui fuit missus ad
explorandum in comitatu Amelie. ut possit ordinari offensa, quia
erant rebelles — 3 lib. 11 sol. ppr.

19. luglio 28. — Tradidit Blondello famulo quem misit Spoletum cum
litteris suis ad dnm. Manentem iudicem (Patrimonii), eo quod citatus
erat dietus dns. vicerector (Petrus de Artisio) per dnm. legatum
super questione Perticare et Karlei ed instantiam Narniensium
— 10 sol. ppr.

20. — agosto 27. — "Tradidit ser Peponi magistri Bonaiuncte de Monte-
flascone, quem misit ad civitatem Reatinam ad comparendum coram
dno. legato predicto super citatione facta per eundem dnm. legatum
de dieto dno vicerectore pro restitutione roccharum predictarum

facienda Narniensibus predictis — 2 flor. au.
21.[c. 177 t.] ott. 18. — Tradidit Jutio Vannis castaldo, qui fuit missus

cum litteris suis comuni Narniensi, ut gentem armigeram quam
mittere debebat dictum comune dicto dno. vicerectori contra Thebal-
dum de Saneto Eustachio non mitterent, donec eisdem rescriberet
— 6 sol. 8 den. ppr.

22. — ott. 29. — "Tradidit Tuctio Boccafore castaldo quem misit cum
litteris suis ad dictum comune, ut mitterent gentem predietam in
continenti — 6 sol. 8 den. ppr.

[c. 182]. — Infrascripti sunt introitus ete. et expense ete. a kal.
nov, 1330 usque ad kal. Mai. 1381.

È © forni ————À————M——————Àà*
ge

NOTIZIE UMBRE, ECC. 473
23.[c. 190 t.| 4551, aprile 12. — A comuni castri Utriculi, per manus

magistri Raymundi de Cardona vicarii dicti castri, de quodam pro-
cessu contra dictum comune habito super eo quod rumorem et
scandalum posuerunt in terra eorum, ex causa compositionis rece-
pit (dns. reetor et thesaurarius) — 50 flor. au.

24.[c. 191] aprile. — A comuni castri Sancti Gemini pro generali com”

positione per eos firmata super omnibus processibus et sententiis
contra eos latis et habitis, et quibuscumque excessibus per eos
commissis usque ad tempus obedientie facte per eos quod fuit de
mense novembris proxime preteriti — 500 flor. au.

25.[c. 191 t.] aprile. — Pro parte nobilis viri Thebaldi de Sancto Eu-

stachio de Urbe pro quibusdam processibus et sententiis contra
eum latis et habitis occasione rebellionis et adherentie per eum
faete Bavaro et genti sue in multis offensis, que ipso procurante
facte fuerunt officialibus comitatus Sabine et terris fidelibus ipsius
comitatus, quia ipsum comitatum quasi totum cum potentia gentis

predieti Bavari occupaverit, ex causa compositionis recepit — 600
flor. au.
26.[c. 193] marzo 8. — Recepit a comuni civitatis Narnie de expensis

faetis per ipsum rectorem et thesaurarium pro custodia et repara-
tione roecharum Perticarie (1) et Karlei a tempore quo ad manus
eeclesie pervenerunt, quas dns. noster summus pontifex ad deci-
dendum causam inter ipsos dnm. rectorem et Narnienses vertentem
coram reverendo patre dno. Johanne Sancti Theodori diacono car-
dinali ap. sed. legato super rocchis predictis, in manibus ipsius
dni. legati assignari mandavit, de summa premissorum — 7500
flor. au.

27. — maggio 19. — A dicto comuni per manus Vannis Ursucii de Mon-

teflascone potestatis dicte civitatis solventis pro dieto comuni pro
residuo dictarum expensarum, deductis de totali summa predicta-
rum expensarum fructibus perceptis de castro Perticarie tempore
supradieto, recepit -- 467 flor. au. 14 sol. 2 d. ppr.

28.[c. 205] 2330, nov. 28. — Tradidit (dictus dns. rector et thesaura-

rius) euidam nuntio quem miserat ser Cellus de Gualdo vicarius
terrarum Arnulphorum ed eum ad singnificandum sibi introytum
suum in castro Sancti Gemini — 78 sol. 4 den. ppr.

29. — Tradidit magistro Alexandro notario suo quem misit ad dnm.

legatum apud Spoletum ad singnifieandum sibi ea que tractata et
ordinata erant per eum de castro Sancti Gemini — 6 lib. 10 sol. ppr.

(1) Il testo ha erroneamente « Mirande ».
= = kv
T _ - "3
—————————————————————

n i E r *
414 M. ANTONELLI
30.[e. 205 t.] dic. 4. — "Tradidit Bertrando famulo suo quem misit de

Saneto Gemino ad Montemflasconem pro quibusdam litteris bul-
latis necessariis sibi ad relaxationem interdicti castri Saneti Ge-
mini, pro expensis suis

5 sol. ppr.

91. — dic. 17. — "Tradidit Johannecto de Monte Urbiano dni. nri. pape
cursori, eui tradidit litteras suas, quibus singnificabat dno. nro.
pape predieto, quomodo reintromiserat exititios castri Sancti Ge-
mini, et pacem factam inter eos, pro expensis — 4 flor. au.

32.— Dedit Jutio castaldo quem misit cum litteris suis ad nobilem
virum Colam de Ancarana ex dnis. de Farneto pro potestaria ca-
stri predieti Saneti Gemini, quam deliberaverat sibi dare — 20 sol.

33. — dic. 26. — Tradidit Bertrando famulo quem misit de Sancto Gemi-
no ad cívitatem Balneoregii pro quodam iudice ut veniret ibidem ad
exercendum vicariatum potestarie dicti castri donec veniret Cola
potestas predietus — 6 sol. 8 den. ppr.

94. 1351, gen. 14. — Tradidit Colutio castaldo quem misit cum litteris
suis ad Colam de Ancarana ut festinaret accessum suum ad ca-
strum predictum Sancti Gemini pro potestate, eo quod ipse domi-

hus recesserat de dieto loco — 5 sol. ppr.
II.
(Est.) Joannis XXII — Patrimonii B. Petri in Tuscia, comi-

tatus Sabine, terrarum Arnulphorum etc. introitus et exitus
R. Cam. Ap. an. 1331, N. 110. (Il Registro è dei soli in-
troiti e va fino al 1336).

1.(Int.) [c. 1]. — In nomine dni. amen. Anno nativitatis eiusdem 1331,
indicet. XIV, pontificatus sanctissimi patris et dni. nri. dni. Johannis
div. prov. pape XXII anno XV. Infrascripti sunt introytus redditus
et proventus Patrimonii b. Petri in Tuscia, comitatus Sabine ac
terrarum Arnulphorum et aliorum locorum rectoris ipsius Patri-
monii regimini commissorum recepti et habiti per me Stephanum
Lascoutz canonicum eeclesie sancte Marie Maioris Pictavensis the-

,saurarium in dieto Patrimonio et aliis predictis terris per supra- .

dietum dnm. nrm. papam specialiter deputatum, a die septimo men-
sis Maii anni predieti quo die incepi exercere dietum thesaurarie
officium in antea ut sequitur.

2.[e. 32] 2332, dicembre 30. — A domino Manno episcopo civitatis
Ameliensis solvente pro compositione faeta per comune diete civi-
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NOTIZIE UMBRE, ECC. 475

a

tatis de quodam processu facto contra comune officiales et singu-
los de dicta civitate quia occiderant Lucium dni. Petri, dnm. Mar-
chum de dieta civitate et quosdam alios, et de omnibus aliis exces-
sibus dieti comunis, preter combustione et destruxione castri Focis,
qui excessus non venit in presenti compositione — 7200 flor.

— Item ab codem Episcopo pro peioramento dictorum florenorum,
quorum maior pars fuit ad pondus Urbevetanum — 217 flor.

.[e. 91] 4335, giugno 12. --- A Jussio condam mascistri Oddonis de
Pe D D

civitate Ortana pro compositione facta per eum de quodam exban-
dimento facto de ipso quia dicebatur fuisse ad occupandum civi-
tatem Amelie — 47 flor.

9. [e. 95] ottobre 14. — A Colutia Scolarii de dominis castri Polimartii

pro comp. facta per ipsum de quodam exbandim. facto de ipso in
avere et persona quia dicebatur fuisse ad occupandum civitatem

Amelie, et ipsam voluisse occupare 10 flor.
.— A Vannicello Noccii de Polimartio ete. pro dicta causa — 5 flor.
.[e. 98 t.] 4336, febbraio 28. — A comune civitatis Amelie pro

comp. facta per comune et speciales personas ac officiales ipsius

civitatis, exceptis quibusdam specialibus personis, ratione erema- | //**

tionis et destruxionis castri Focis, et generaliter de omnibus exces-
sibus per eos commissis usque in diem 29 Mar. an. 1335, quo die

fuit firmata dieta compositio, in diversis solutionibus — 7320 flor.
[c. 15 t.] 23531, agosto 16. — Ab Arnaldo de Verneto stipendiario

ac cadrellario pro tertia parte contingente cameram de quadam
preda bovum et pecudum faeta per gentes armorum curie Patri-
monii mandato rectoris et mei in tenimento civitatis Ameliensis,
ubi fecerunt cavaleatain, quia erant rebelles et exbanditi curie pre-
diete — 75 flor. 19 sol. ppr.

[c. 38] 1332-1335. — Recepi a comune civitatis Amelie pro sati-
sfactione expensarum factarum per me de pecunia camere ratione
exercitus facti contra ipsam civitatem per dnm. Petrum (de Artisio)
rectorem, ratione combustionis et destruxionis castri Focis peculia-
ris ecelesie per ipsos Amelienses concremati et destructi, pro qui-
bus expensis eomposuerunt mecum de voluntate dicti rectoris, tra-
ctante Rndo. patre in Xpo. dno. Johanne ap. sed. legato, in diversis
solutionibus per eos mihi factis — 7575 flor. au.

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476

M. ANTONELLI

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(Est. Joannis XXII et Benedicti XII, Patrimonii B. Petri in

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Tuscia solutiones stipendiariorum et aliorum notabilium
ad R. Cam. Ap. spectantium ab anno 1331 ad 1336. N. 118.

(Int.) [c. 1. — In nomine dni. amen. Anno nativ. eiusdem 1331,
indict. XIV, pontif. sanctiss. patr. dni. nri. dni. Johannis div. prov.
pape XXII, ego Stephanus Lascoutz canonicus eeclesie sanete Ma-
rie Maioris Pictavensis, thesaurarius Patrim. B. P. in Tuscia et
aliarum terrarum rectoris eiusdem regimini commissarum, incepi
exercere. officium thesaurarie predicte, et ex tune feci expensas
infrascriptas de proventibus dicti officii per me receptis, causis et
rationibus inferius declaratis.

.[e. 10 t.] dicembre. — Solvi Arnaldo de Manasio conestabili pro

stipendiis dieti mensis, qui fuit missus per rectorem cum sociis

suis infrascriptis ad castrum Sancti Gemini pro custodia ipsius ,

castri propter suspitiones que habebantur de Tudeatinis, et etiam
quia populares ipsius castri guelphi et gibelini erant divisi inter
se... 26 flor. au.

.[c. 16] 2352. — Solvi Saccheto de Castro novo quem rector et ego

posuimus ad custodiam castri Sancti Gemini ac domorum quondam
dni. Egidii de dieto castro cum duodecim clientibus, propter vehe-
mentes suspitiones quas habebamus de Tudertinis et Ameliensibus
rebellibus tune eeclesie ac curie Patrimonii, qui obloquebantur di-
ctum castrum velle auferre et furari ecclesie... pro custodia facta
per ipsum... a eal. Febr. 1332 usque ad cal. Mai. anni predieti
— 1382 lib. ppr.

.[c. 16 t.] 7332. — Solvi ser Matheo de Cesis quem rector et ego

posuimus ad custodiam et regimen castri Lacuscelli pro parte eon-
tingente romanam ecclesiam, quando pervenit ad dominium romane
ecclesie ex legato facto eidem ecclesie per dnm. Ildribandinum de
Anibaldis... a die nono Mar. usque ad cal. Mai... cum certo nu-
mero clientum sibi assignato, propter suspitionem Bertoldi de Ani-
baldis nepotis dieti dni. Ildribandini, ac etiam Tudertinorum et
Ameliensium qui obloquebantur quia pars dieti castri pervenerat

ad dominium eeclesie, facta ratione cum ipso — 40 lib. ppr.
5.[e. 20] 4331, maggio 20. — Ego thesaurarius accessi ad civitatem

Urbevetanam pro recipiendo 1419 flor. in quibus Narnienses tene-
bantur camere Patrimonii, quos portaverant in dieta civitate, quia
20 Te

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NOTIZIE UMBRE, ECC. 3 477

,
non audebant venire ad Montemflasconem propter pericula viarum,
et expendidi tam pro tela ad faciendum saccos pro reponendo di-
ctam pecuniam, que ut plurimum erat in argento, tam pro bucil-
lotis ad sigillandum dietam pecuniam, quam etiam pro expensis

meis ultra mea stipendia 3 lib. 6 sol. 8 den. ppr.

6.— mag. 24. — Solvi Jacobutio famulo de Reate quem magister
Johannes de Pontecurvo procurator misit de Urbe cum litteris
missis reetori et michi, quia dns. legatus pronunciaverat castra Per-
ticarie et Karley fore restituenda Narniensibus, per quem famulum
misimus sibi procuratorium, quod a dieta pronuntiatione appellaret,
et etiam appellationem dietatam — 30 sol. ppr.

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[e. 20 t.] giugno 30. .—— Solvi Ganfrido de Pristinio familiari meo
quem misi Stronchoni, Utriculi et Mirande pro informando me de
statu illorum castrorum et iurium ecclesie, ut possem melius arren-
dare, et qualis custodia fiebat in dicto castro Mirande pro expensis
factis per ipsum in octo diebus quibus ivit stetit et rediit cum uno
socio equestri et duobus famulis — 5 Jb. 8 den. ppr.

(0 0

.[e. 21] luglio 22. — Solvi Johannoto de Insula famulo dni. legati
per quem magister Dominieus de Amandola procurator substitutus
per magistrum Johannem de Pontecurvo procuratorem in caus:
Perticarie et Karley seripserat rectori et michi quod mitteremus
sibi informationem et processum in dicta causa, per quem famulum
reseripsimus sibi quod nolebamus causam ipsam prosequi, et revo-
'avimus ipsum a procuratione, et misimus sibi instrumentum re-
vocationis, et scripsimus dno. legato quod ipse prosequeretur ipsam
causam, pro expensis et salario — 40 sol. ppr.

9.— lug. — Solvi ser Spoletino notario curie quem rector misit Cor-
netum pro subsidio gentium armorum pro faciendo executionem
contra Amelienses rebelles curie Patrimonii, pro expensis ete. —
30 sol. 4 d. ppr.

10. — agosto 27. — Solvi Peyroto de Peyra et Fobucio famulis per
quos rector seripsit Rogerio de Marcafana et aliis gentibus armo-
rum curie Patrimonii qui stabant in castro Lugnhani pro offen-
dendo Amelienses rebelles dicte curie, quod facerent bonam custo-
diam quia Amelienses fecerant cohadunationem gentium armorum,

11.— ag. 29. — Solvi ser Spoletino notario eurie per quem rector
seripsit et mandavit Tudertinis ne prestarent favorem seu auxilium
dietis Ameliensibus, contra quos fiebat exequtio per curiam Patri-
monii, pro expen. — 47 sol. 8 den. ppr.

12.[c. 23 t.) 1332, gennaio. — Expendidi ego thesaurarius in castro

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478 M. ANTONELLI

Sancti Gemini ubi steti duodecim diebus cum rectore pro dispo-
nendo de statu dieti castri, quia guelphi et gibelini ipsius castri
erant in ruptura.et divisione inter se, ultra mea stipendia. — 4 flor.
et med.

13.[e. 24] marzo 8. -- Ego thesaurarius accessi ad castrum Lacuscelli
pro adhipiscenda possessione tertie paris ipsius castri legate ro-
mane eeclesie per dnm. Ildribandinum de Anibaldis, et expendidi
cum uno notario et aliis qui mecum erant ultra stipendia mea. —
2 flor. au.

14. [c. 24 t.) mar. 16. — Solvi Passo castaldo quem rector et ego misi-
mus Narnie pro intimando dno. Jordano nepoti dni. legati Tuscie,
qui venerat ibi pro restituendo castrum Perticarie Narniensibus,
appellationem factam per dietum rectorem et me, ne dicta restitu-
tio fieret. — 72 sol. ppr.

15. [e. 25] aprile 5. — Dedi et solvi dno. Orlando de Peyrusio iudici et
ser Petro de Plebe notario curie Patrimonii, quos rector et ego
misimus Tudertum pro rogando et requirendo comune Tuderti,
quod compellerent nobiles de Baschio ad desistendum ab iniuriis
et gravaminibus que inferebant continue fidelibus habitantibus in

tatem Urbevetanam.... pro recuperandis bonis que fuerant dni.
Monaldi archiepiscopi Beneventani condam, que bona erant penes
episcopum Urbevetanum, Mannum Corradi et nonnullos alios de
Urbeveteri,... et etiam pro requirendo subsidium comunis Urbis-
veteris contra Tudertinos, qui faciebant exercitum contra castrum
Messennani terrarum Arnulphorum, peculiaris et fidelis romane ec-
ecelesie... — 10 flor. au.

Sussidi furono pure richiesti ai nobili di Radicofani, ai signori
di Corbara e ai Farnese (Ivi).

17.[c. 80 t.] 13532, maggio. — Quia Tudertini faciebant exercitum con-
tra castrum Messennani in terris Arnulphorum, et ipsum castrum
tenebant obsessum, rector volens accedere in succursum dicti castri
fecit seribi infrascriptos equites in augmentum gentium armorum...

18. [e. 32 t.] luglio. — ... Multi stipendiarii fuerunt recepti per rectorem
et me pro faciendo exercitum contra civitatem Amelie, cuius cives

x coneremaverant castrum Focis peculiare ecclesie...

19. [c. 33 t.] lug. — De voluntate et mandato rectoris dedi dno. Orlando

de Peyrusio iudici eurie Patrimonii pro dando stipendiariis de Pey-

castro Lugnhani peculiaris curie Patrimonii, pro expen. — 12 lib.
6 ppr.
16. — aprile 27. — Ego thesaurarius accessi una cum rectore ad civi-

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rusio in suceursum contra dietam civitatem Amelie, pro aliquali

NOTIZIE UMBRE, ECC.

relevationè expensarum ipsorum stipendiariorum. — 9 flor. au.
.[e. 46| luglio 19. — Rector et ego cum exfortio eeclesie intravimus

in civitatem Amelie, contra quam feceramus exercitum propter
ipsius inhobedientias, pro qua causa magister Durantus notarius
meus fecit in palatio Montisflasconis supra turrim ignem in signum
victorie et gaudii, ut est moris, et expendidit pro panetis de cepo

ex quibus dietus ignis fit — 6 sol. 8 den. ppr.
(c. 48 t.] 2332, giugno 2. — Solvi Justo famulo per quem rector

scripsit consilio et comuni civitatis Reate, ut venirent ad solven-
dum reddagia debita per ipsos de focaticis et talliis, e£ ad compo-
nendum de ipsorum exbandimentis et maleficiis — 32 sol. ppr.

.[e. 49] Luglio 1. — Dedi Scanho castaldo misso cum litteris rectoris

consilio et comuni civitatis Urbisveteris directis, ut mitterent suc-
cursum gentium armorum contra Amelienses, qui faciebant exer-
citum contra castrum Focis peculiare romane ecclesie — 5 sol. ppr.
— lug. 11. — Dedi Fanto castaldo misso cum litteris rectoris populo
Romano et dno. Stephano de Columpna, dno. Neapoleoni militi, et
comiti Francisco de Anguillaria, quod placeret eis prestare suc-
cursum et auxilium contra dictam civitatem, contra quam fiebat
exercitus per ipsum rectorem, quia destruxerat castrum Focis —
30 sol. ppr.

(Altri ajuti furono chiesti ai comuni di Narni, Orte, Lugnano,
Sangemini, Perugia e nuovamente a Orvieto dove andó apposita-
mente il tesoriere. Si citarono a venire all'esercito i signori di Ra-
dieofani e di Campiglia, i Farnese, Vanne di Galasso e Cataluccio
di Bisenzo. Si pregó Andrea, padre del vescovo di Todi, d'impe-
dire che i todini ajutassero gli amerini. In Orte stettero due ca-
staldi « pro faciendis exequtionibus contra illos qui recusarent ve-
nire ad exercitum » — Iw).

[c. 50] (ug. — Ego thesaurarius una cum rectore steti tam in ci-
vitate Ortana pro faciendo dictum exercitum, quam in civitate
Ameliensi, postquam venit ad hobedientiam sexdecim diebus, et

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expendidi ultra mea stipendia — 22 flor. et med.
.— agosto 3. — Dedi Angelucio de Bulseno castaldo misso cum lit-

teris citatoriis ad civitatem Interampnensem contra consilium et
comune ipsius civitatis, quia non miserant suecursum.in dicto ex-
ercitu — 127 sol. ppr.

.— «ag. 6. — Solvi Arnaldo Segnerii quem misi ad curiam cum lit-

teris et informatione plena et verissima super hiis que cesta fuerant
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M. ANTONELLI

in reductione Amelie, et quod dns. noster papa mandaret rectori
quod retineret ipsam civitatem sub libero dominio ecclesie, et quod
faceret refficere castrum Focis per ipsos Amelienses extirpatum, et
quod ad minus haberentur ab ipsis Ameliensibus pro dicto excessu
quinque millia floreni auri, et aliis multis faetum ipsum tangen-
tibus, pro expen. — 24 flor.

21.[e. 50 t.] settembre 11. — Dedi Johanni de Figuineo habitatori Mon-
tisalti accedenti ad curiam, per quem rector et ego scripsimus dno.
nro. pape super statu Amelie, de qua fuerant noviter eiecti gebelini
per guelphos civitatis eiusdem, et etiam dns. Matheus de filiis Ursi,

qui in ea regebat, erat expulsus — 4 flor.
8. — sett. 16. — Ego thesaur. accessi eum rectore ad Urbemveterem

pro tractando et loquendo cum reverendo patre in Christo dno, Jo-
hanne ap. sed. legato de negotiis et statu civitatis Amelie, et ex-
pendidi ete. — 6 ftr. au.

29.— sett. 21. — Accessi cum dicto rectore ad civitatem Balneoregii,
ubi dictus dns. legatus venerat et mandaverat pro nobis, pro dictis
tractatibus, et expendidi ete. — 8 flor. 9 sol. 4 den. ppr.

30.+ sett. 30. — Dedi ser Petro Raynerii notario de Monteflascone,
quem rector misit ad civitatem Amelie pro indegando et explorando
secrete quid fiebat ibidem, et quid traetabatur per supradictum dnm.
legatum, qui erat in dicta civitate — 7 flor.

31.[e. 51] ottobre 6. — Dedi Salamee infanti manicharum, quem rector
et ego misimus Senas ubi erat Johannotus nepos rectoris qui ac-
cedebat ad curiam, et misimus sibi quasdam litteras directas dno.
nro. pape super statu civitatis Amelie, et qualiter dns. legatus Tu-

scie regebat ibidem, pro expensis — 40 sol. ppr.
32. — ottobre 17. — Dedi Tuscino castaldo misso ad civitatem Amelie

cum litteris reetoris, per quas rector citabat sindicum ipsius comu-
nis ut veniret infra triduum ad audiendum sententiam et laudum,
quos volebat ferre super compositione ipsorum facienda cum camera
'atione excessus commissi per ipsos in demolitione castri Focis,
super quo promiserant stare ordinationi ipsius rectoris. — 8 sol. 8
den. ppr. i

33. [e. 52] 1333, febbraio 11. — Ego thesaur. accessi ad Urbemvete-

rem de voluntate rectoris pro tractando cum reverendo patre dno.
Johanne ap. sed. legato de expensis factis per me de camera dni.
nri. pape in exercitu facto per reetorem contra civitatem Amelie
ratione demolitionis castri Focis, quas expensas recuperavi ab ipsis
Ameliensibus, secundum ordinationem ipsius dni. legati, et expen-
didi ultra mea stipendia. — 2 flor. au.

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NOTIZIE UMBRE, ECC. 481

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34.[c. 52 t.) marzo 13. — Ego thesaur. accessi cum rectore ad Urbem-
veterem pro loquendo dno. legato Tuscie super firmanda composi-
tione tractata per me cum Ameliensibus de restitutione expensa-

rum factarum per me de camera ratione exercitus ete. wt sup. et
pro faciendo compositionem cum ipsis de facienda restitutione dam- mu
pnorum illatorum dictis Focianis, et pro recipiendis ab ipsis Ame-

liensibus fideiussoribus pro premissis, et expendidi ete. — 2 flor. È i
et med. te
35.— aprile 24. — Dedi Ciolino castaldo misso cum litteris rectoris i
Petro de Radicoffano potestati castri Sancti Gemini ut accederet B

ad dietum castrum quod erat in ruptura, et assisteret michi qui
dieto die accessi ad dictum castrum pro dicta causa. — 8 sol. 4
den. ppr.

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(Il tesoriere stette in Sangemini nove giorni per restaurarvi la
pace — Iv c. 53).

36.[c. 19] maggio 17. — Dedi Mancho famulo dni. Andree de Campo-
floris accedenti ad curiam, per quem dns. Philippus (de-Cambarlhae)
vicerector et ego scripsimus dno. nro. pape super novitatibus patrie
et qualiter Tudertini non permiserant publieari in Tuderto litteras

vicerectorie dni. Philippi. — 7 flor. au. ^

31.[e. 19 t.] giugno 6.-— Dedi Petro Odorisii famulo de manicis quem

dietus vicerector et ego misimus Peyrusium cum nostris litteris di-
rectis dno. nro. pape cum copia sindicatus reperti in regestris curie Hi
Patrimonii, qualiter Tudertini tempore dni. Clementis pape IV con- | id
fessi fuerunt se esse et esse debere de Patrimonio, quos sindica- Bec
tum et litteras misimus fratri Andree ordinis sancti Augustini de

Peyrusio qui accedebat ad curiam, ut portaret dno. nro. — 22 sol.
ppr.
38. — giugno 12. — Dedi Thoro famulo dni. legati Tuscie accedenti ad
| euriam, per quem misimus dno. nro. dictum sindicatum et submis-
sionem Tudertinorum, et quasdam litteras clausas, quia dictus fra-
ter Andreas nondum recesserat. — 4 flor.
39.[e. 80 t.] settembre 3. — Dedi Scanho castaldo misso cum litteris
dni. Bartholomei iudicis curie ad citandum Cantutium de Egudio

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'apitaneum civitatis Urbisveteris, quia abstulerat arma Petruciolo
4 castaldo, et Bartuciolo manicharum. — 5 sol. ppr. |

40.[e. 81 t.] novembre 12. — Dedi fratri Augustino de Peyrusio ordi-
nis saneti Augustini, per quem rector et ego scripsimus dno. nro.
pape, qualiter Tudertini occupabant multa castra in terris Arnul-
phorum peculiarium ecclesie, et quod scriberet rectori quod intens
deret ad recuperationem, et rectori Ducatus quod daret favorem et
TZ

———

41.

43.

45.

M. ANTONELLI

auxilium, et quod etiam mitteretur sub bulla confirmatio sententie
late per dnm. Petrum de Artisio olim rectorem super exemptione
castri Focis ab Ameliensibus, pro expensis. — 70 flor. au.

[e. 105] 2354, maggio 8. — Dedi Justo famulo misso per rectorem
cum litteris suis missis ad dnm. Neapoleonem militem in castro
Monhani, ne se intromitteret accedere ad Urbemveterem ratione
mortis Neapolucii. — 6 sol. 8 den. ppr.

.— Dedi Petrucciolo castaldo misso cum litteris rectoris Andreutio

de Rocha et Cheeco Balhonis, quod venirent pro associando eum
in Urbemveterem ubi volebat aecedere propter novitates que ibi

erant ratione dicte mortis. — 8 sol. 4 den. ppr.
— maggio 16. — Dedi Ramundo Lascoutz per quem rector et ego

seripsimus dno. nro. pape de morte Neapolucii de Urbevetori et de
statu civitatis ipsius, et quod mitteret nobis comissionem quod pos-
semus exequi exbandimentum latum contra Amelienses ratione cre-
mationis eastri Focis, et etiam confirmationem exemptionis dieti
castri ab omni iurisdietione ipsorum Ameliensium secundum pro-
nuntiationem factam per dnm. Petrum de Artisio tunc rectorem,
etc. ete.

.[e. 105 t]. maggio. — (Ego thesaur.) accessi eum rectore ad Urbem-

veterem propter discordiam, et expendidi in quatuor diebus qui-
bus stetimus ultra mea stipendia. — 8 flor.

(c. 106] giugno 29. — Dedi Caselle castaldo misso cum litteris rec-
toris ad citandum dompnum Johannem archipresbiterum de Lun-

hano et dnm. Raynaldum iudicem de dicto loco qui dicebantur ve-

46.

41.

48.

xare homines castri Focis cum quibusdam litteris falsis per comune
Amelie impetratis. — 3 sol. 4 den. ppr.

— agosto 6. — Dedi Angelutio Peponis mercatori de Urbeveteri,
quem rector et ego fecimus venire ad Montemflasconem pro deli-
berando cum eo de moneta fienda, sicut habueramus in mandatis
a dno. nro. papa, qui Angelutius erat expertus in talibus, pro labore
suo et expensis. — 7 flor.

[e. 106 t.] settembre 3. — De voluntate rectoris accessi ad civitatem
Urbevetanam pro tractando cum comune ipsius civitatis, et cum
Manno dni. Corradi de pace et concordia seu treuga fiendis inter
ipsos et comitem Guidonem ac dnos. de Farneto, et ad castrum
Focis pro ordinando quod fieret ibi quedam rocha pro ecclesia, et
quod comune dicti castri contribueret in dicta rocha fienda de pe-

cunia quam debebat habere ab Ameliensibus, et expendidi. — 8
flor: au. i i
[c. 108 t.] 1335, marzo 24. — Dedi Guinutino correrio de Urbe

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NOTIZIE UMBRE, ECC. 483

accedenti ad curiam, per quem rector et ego scripsimus dno. nro.
pape, qualiter intendebamus ad executionem contra Amelienses. —
1 flor.

.— aprile 4. — Solvi dno. Raynaldo iudici et ser Paulo notario cu-
rie Patrimonii pro expensis factis per ipsos in civitate Ortana pro
faciendo executionem contra civitatem Amelie exbanditam ratione
cremationis castri Focis. — 7 flor.

.— aprile 5. — Solvi Johanni Bombar correrio per quem rector et
ego scripsimus dno. nro. pape de compositione facta nobiscum per
Amelienses, et de pace facta inter Urbevetanos et comitem Guido-

nem, et aliis novitatibus et statu provincie. — 12 flor. au.
. [c. 109]. aprile 24. — De mandato supradicti rectoris dedi Ange-

lello Vilani numptio misso per comune civitatis Peyrusii eum lit-
teris directis ipsi rectori ad significandum gaudium de expugna-
tione ae vietoria terre et roche Sancti Sepuleri faeta per dictum
comune Peyrusii. — 7 flor.

.[c. 113 t| 43535, maggio. — Solvi Arnaldo de Manasio misso per
rectorem et me in servitium comunis Peyrusii in succursum ipsius
comunis contra dnm. Petrum Sacconis et Aretinos, cum quibus
habebant guerram, cum uua banderia militum.... — 54 flor.

.— Solvi Aymerico de Rocaforti stipendiario pro emenda cuiusdam
equi sui... quem perdidit ad castrum Fracte, cum staret in servi-
tium Perusinorum, propter stracham habitam in conflictu facto per
ipsos Peyrusinos contra dnm. Petrum Sacchonis et Aretinos. — 18
ftor.

. [e. 116] luglio. — Solvi Guilhoneto conestabili pro se et aliis vi-
ginti septem sociis, quos rector et ego misimus rectori Ducatus
Spoletani, qui faciebat guerram contra dnm. Hugolinum de Fulgi-
neo, qui oceupaverat castrum Montisfalconis, pro qua causa stete-

runt viginti diebus.... — 30 flor.
.[e. 132 t.] 4335, ottobre 9. — Dedi Arculano de Peyrusio et socio

suo missis per comune Peyrusii cum litteris directis rectori et michi
continentibus gaudium, qualiter acquisiverant per potentiam armo-
rum Civitatem Castelle — 47 flor. et 20 sol. ppr.

. — novembre 21. — Dedi Paulucio castaldo misso cum litteris rectoris

missis communitatibus Amelie et Lacuscelli quod facerent bonam
custodiam, et quod ipsi Amelienses venirent ad solvendum ipsorum
compositionem — 8 sol. ppr.

. — nov. 27. — Dedi Mirande castaldo misso cum litteris rectoris
di

- A84

M. ANTONELLI

comuni Narnie, quod solverent censum anni proxime preteriti —
6 sol. 8 den. ppr.

58[c. 133] 1336, gennaio. —- Ego thesaur. accessi duabus vicibus ad

59.

60.

Urbemveterem cum viginti hominibus armorum, et aliis familiari-
bus et notario pro adhipiscendo possessionem cuiusdam poderis
romane ecclesie existentis in civitate Urbisveteris et extra civita-
tem, quod fuerat posessum per reverendum in Christo patrem dnm.
Johannem Sancti Theodori diac. card. ap. sed. legatum, quod
podere incipiebant ocupare comune et speciales quidam de dieta

civitate, et expendidi ete... — 20 flor. au.

[e. 133 t.] marzo 12. — Ego thesaur. accessi cum dno Hugone
(Augerii) rectore ad Urbemveterem pro visitando, et pro tractando
de reductione exititiorum in ipsa civitate, et expendidi ete. — 7
flor. au.

— aprile 6. — Ego thesaur. accessi ad Urbemveterem, et duxi

mecum magistrum Ceptum et alios magistros pro videndo repara-
rationes fiendas necessario in molendinis et domibus que habet
camera in Urbeveteri et extra, que tenuit bo: me: dns. Johannes

Saneti Theodori diae. card. et expendidi ete. -- 8 flor. 26 sol. ppr.
61.[c. 153] giugno 19. — Dedi magistro Ramundo de Cardona quem

62.

63.

64.

rector misit Peyrusium ad faciendum exeusam comuni et prioribus
civitatis Peyrusii, quod non poterat eis mittere sucursum gentium
armorum, quem petebant, contra Aretinos, pro suis expensis —
2 flor. au.

[c. 153 t.] ottobre 8. — Dedi castaldo misso cum litteris rectoris
episcopo et potestati Tuderti, quod venirent ad loquendum ipsi rec-
tori in castro Saneti Gemini super quibusdam tractatibus de reduc-
tione civitatis Tuderti — 6 sol. 8 den. ppr.

[e. 154| dicembre 1. — Dedi ser Galassio de Ferraria notario curie
quem rector misit ad civitatem Tuderti pro publicando quasdam
litteras ipsius rectoris in ipsa civitate, qui notarius fuit captus per
comune dicte civitatis, et detentus quinque diebus cum uno socio
equite quem ducebat, qui habuit pro expensis per eum factis —
3 flor. au. 36 sol. 8 den. ppr.

[c. 155]. — De mense Octobris, quando dns. rector et ego. fuimus
in visitatione, invenimus in civitate Interampne penes Angelutium
Francisce de dieta civitate duo instrumenta publica continentia
quandam sententiam latam per rectorem Patrimonii in quadam causa
appellationis contra Tudertinos, et quoddam interdictum latum in
civitate Tuderti per dictum rectorem, que instrumenta faciebant
ca

NOTIZIE UMBRE, ECC. 485

multum pro iurisdictione ecclesie, quam habet in ipsa civitate, et
fuerunt regestrata in regestro curie Patrimonii, pro quibus solvi
dicto Angelutio de mandato rectoris, quia aliter non poterant haberi.
— 10 flor. au.

IV.

(Est. Johannes XXII. Sabinen. Comitat. Introit. et exitus R.

15

C. A. ab an. 1331 ad 1336. N. 51 (c. 89).

(Int.) In dei nomine amen. Hic est liber sive quaternus omnium
introituum et proventuum ac etiam expensarum comitatus Sabi-
nensis habitorum perventorum et receptorum per manus mei Johan-
nis Francisci de Montegranario Firmane dioc. in dicto comitatu
vicethesaurario per ven. dnm. dnm. Stephanum Lascoutz in Patri-
monio b. Petri in Thussia, comitatu Sabineusis, terris Arnulforum
ac etiam in aliis civitatibus et terris rectori ipsius Patrimonii com-
missis regimini thesaurarium generalem per sanctam romanam ec-
clesiam deputato, tempore infrascriptorum vicariorum, videlicet no-
bilium et sapientum virorum dni. Actonis de Interamni, dni. Mac-
chabei Tontii de Viterbio, dni. Aymerici Gabiani et dni. Nicolay de
Balneoregio in dieto comitatu vicariorum pro temporibus annis et
mensibus inferius declaratis per rndos. dnos. dnm. Petrum de Artisio
et dnm. Phylippum de Cambarlhaeo in dietis provinciis et terris
generales rectores, inceptus sub annis dni. 1331, indict. XIV, ...et

99

finitus in cal. mens. Decembris anni dni, 1334, ind. prima.

.[c. 31]. — Expense secundi anni. — Solvi Petroserelo qui ivit de

mandato vieari ad signifieandum dominis (rectori et thesaurario)
quedam innovata per castrum Tarani — 47 sol.

.[e. 41 t.] 2334, giugno. — Recepi a comune Malleani pro generali

compositione faeta cum ipso comuni pro quadam inquisitione facta
contra ipsum comune, quia dicebatur fuisse negligentem in capiendo
homicidiarios qui interfecerunt archipresbiterum de dieto castro
— 20 flor.

.[e. 69] 2333, dicembre 16. — Dns. thesaurarius prefatus misit qua-

sdam litteras ad me ut ego mitterem ad civitatem Reatinam et fa-
cerem presentare vicario episeopi Reatini, que littere continebant
excommunicationem fiendam et publicandam contra illas personas
que recusaverant solvere legata faeta camere sancte romane eccle-

32

IRE RARI BAIRO, ALE PISO INDEM TIT REA E NEMO SOT

a
486 M. ANTONELLI

sie, pro quibus portandis dedi Rotendebo de Trevio, qui propter
nives in montaneis non potuit ita cito redire — 74 sol. provis.
5.— 1334, gennaio 15. — Quia vicarius episcopi Reatini rescripserat
dno. thesaurario quod propter timorem quorumdam nobilium de
dicta civitate non poterat dietas litteras publicare, dictus dns. the-
saurarius mandavit mihi quod personaliter aecederem et accessi
cum ser Petro de Celleno notario qui faceret instrumentum, et
eum quatuor famulis pro securitate, et stetimus quinque diebus,
et dietas litteras publicavimus, ut mihi mandatum fuit; expendi-

mus omnibus computatis — 3 flor. 22 sol.
6.[e. 70] agosto. — De mandato dnorum. capitanei et thesaurarii ac-

eessi ad Montemflasconem propter quasdam interrogationes fiendas
super quibusdam castris que repetebat comune Tarani,.. expendid.
— 3 lib. 5 sol. provis.
1.[e. 871] — Expense facte pro camera (agosto-dicembre 1336).
In primis dedi Tuculo de Siliee pro reparatione domus quam
habet curia Sabinensis in foro in qua facit residentiam ad ius red-
dendum in die Sabbati in foro — 20 sol.

8:— Item eidem Tuculo pro stechato facto ante dictam domum —

. 35 sol.

9. — It. in una congitella de rame et una rugitella de ligno appor-
tatis ab Urbe ad mensuram Urbis quia in Sabinia diete mensure
erant corrupte, et quod omnes communitates starent ipsi mensure
et acciperent dietam mensuram... expen. — 47 sol.

10. — It. in uno armario de ligno facto ad reponendum libros camere,
quia multe carte perdebantur —- 77 sol.

11. — It. in quibusdam camerechandis positis ante banchum, quia
dum erat pluvia venerat super libris — 77 sol. 9 den.

Vs

(Est.) Joan. XXII. Ecclesie S. Erasmi de Civitella districtus
castr. Caesar. et alior. introit. S. R. E. ex Terris Arnul.
phorum an. 13931 ad 15396. N. 113.

1.(Int.) [e. 1]. — In nomine dni. amen. Hie est liber continens in se
introitus et proventus ecclesie Sancti Erasmi de Civitella districtus

castri Cesarum terre Arnulphorum, et etiam introitus ecclesie ro-
mane perceptos et habitos per me Junctam de Radicofano notarium
vicethesaurarium terre Arnulphorum per reverendum virum et do-
n2

v

NOTIZIE UMBRE, ECC. 487

à
minum Stephanum Lascoutz sancte Marie maioris ecclesie Picta-
vensis canonieum Patrimonii beati Petri in Tuscia, comitatus Sabine
et ipsius terre Arnulphorum per sanctam romanam ecclesiem the-
saurarium generalem.

Et primo. Tempore prudentis viri dni. Manentis dni. Johannis
de Spoleto collateralis iudieis dni. capitanei Patrimonii et ipsius
terre Arnulphorum vicarii generalis per reverendum virum dnm. Pe-
trum de Artisio canonicum Pietavensem Patrimonii b. Petri in Tu-
scia, comitatus Sabine et memorate terre Arnulphorum per eamdem
romanam eeclesiam generalem capitaneum comitem et rectorem. Ad
quem dnm. Manentem medietas pervenerat introituum curie diete
terre. Sub anno dni. millesimo CCCXXXI indictione XIIII, tempore
dni. Johannis pape XXII. Et temporibus subsequentium vicar.
diete terre.

Et subsequenter continet introitus et proventus tam dicte ec-
clesie quam eurie terre Arnulphorum, temporibus vicariorum terre
Arnulphorum infrascriptorum, infraseriptis mensibus et diebus.

Continet etiam expensas tam dicte ecelesie sancti Erasmi, quam
curie diete terre Arnulphorum.

(Il Registro comincia cogl' « Introitus eeclesie Saneti Erasmi »
[c. 2-12], dal 21 luglio 1331 al 21 dicembre 1336, consistenti in ren-
dite di terreni. La somma totale è fiorini 272, lib. 3, sol. 3, den. 6
corton. Prosegue cogl’ « Introitus curie terre Arnulphorum pro me-
dietate cameram romane ecclesie contingente, salvo quod de pretiis
grani et spelte et alterius blade »).

.[e. 15 t.] agosto, 4. — A Lellutio Cioli de Portaria solvente pro

Bartholino Angelieci, Lucarino et Gilietto de Stoppio pro comp.
faeta cum eis per dnm. Manentem viearium... pro sententia lata con-
tra eos et ipsorum quemlibet in C. libr. tempore Galeardi de Sele-
ris olim rectoris terre Arnulphorum pro insultu facto cum armis
et cavalcata in territorium Mesennani, et captione in personam filii
Johannieti dompni Jacobi, pro medietate cameram eontingente. —
4 flor. 42 sol. 6 den.

.[e..34. t.] 2332, marzo. — Infrascripti sunt denarii percepti a ba-

iulis infraseriptorum castrorum et villarum terre Arnulphorum pro
foeularibus annis singulis debitis romane ecclesie, silieet XXVI.
den. pro quolibet foculari.

(Macerino e Colle. Aiano pagano insieme, per 61 focolari, 3 lib.
6 sol. 1 den.
Cesi, per 140 focolari, 7 lib. 11 sol. 8 den.
488

M. ANTONELLI

Castiglione, per 18 focolari, 19 sol. 6 den.
Appeccano, Acquapalomba e Laviano, insieme, per 61 focolari,

3 lib. 6 sol. 1 den.

Rivosecco, Poggio Lavarine e Villa formi insieme, per 56 fo-

colari, 3 lib. 8 den.

4.

6.

a

Polinaco, per 24 focolari, 26 sol.

Fogliano, per 28 focolari. 80 sol. 4. den.
Campo, per 36 focolari, 39 sol.

Arecio, per 33 focolari, 85 sol. 9 den.

Castel Florentie per 27 focolari, 29 sol. 3 den.
Pruzano, per 21 focolari, 29 sol. 9 den.

Poggio Azzuano, per 41 focolari, 44 sol. 5 den.
Mesennano, per 23 focolari, 24 sol. 11 den.
Stoppio Pignano, per 31 focolari, 33 sol. 7 den.
Portaria, per 122 focolari, 6 lib. 18 sol.
Paganico, per 43 focolari, 46 sol. 8 den.
(Somma totale, per la metà spettante alla camera, lib. 42, sol.

3, den. 9 — Somma di tutti i focolari, 778.
[e. 36] aprile 8. — Ego Juneta vicethesaurarius prefatus habui et

recepi a Ghyrario Jacoponis et Piciocho Palini de Cesis solventi-
bus vice et nomine communis castri Cesarum, et de ipsius com-
munis pecunia pro compositione condempnationis late contra ser
Jaeobum rectorem, consilium et commune dieti castri per ser Mat-
theum presentem vicarium terre Arnulphorum, quia idem. rector
accepit in preiudicium iurisdictionis ecclesie a Nichola Johannucii
pene nomine X. sol. et quia idem rector cepit et ligavit Triccian-
tem Guidieii de Cesis, pro parte camere — 17 flor. et med.

[c. 36 t.] apr. 20. — Ab infrascriptis personis, silicet, Bicocho et
Covono Giori, Massiolo et Coletta Manni, Juzarono et Matthiolo
Symucii de Castro Florentie pro inquisitione habita contra eos,
quia prestiterunt favorem. hominibus de Eremita exbannitis curie,
et se eis adheserunt tempore cavalcate per eos (facte) in districtum
Castri Florentie — 75 flor. et med.

[e. 37 t.] maggio 5. — A Mogio Jacoponis de Cesis pro composi-
tione faeta cum eo pro inquisitione habita contra eum, quia eques
cucurrit per castrum Cesarum clamando, viva la parte ghybellina
e muoia la parte guelfa, pro parte camere — 8 flor.

[e. 38 t.] mag. 28. — A Covino Raynerii, Johannicto Paulitti, Jo-
hanne Albasie, Johanne Gilioni, dno. Filippo Filippi, Thommassicto
Andriani, Matthiolo Menutine, Picciolo Sabellecte, Romanono Sca-
gnani de castro Mesennani et Ciuccio Jacoppi de castro Florentie
NOTIZIE UMBRE, ECC. 489

:
pro comp. facta cum eis super inquisitionibus habitis contra eos
pro eo quod oceupaverunt et detinuerunt domos et turres quorum-
dam olim de dieto castro habitatorum castri Montis Sancte Marie
publicatas romane ecclesie pro quibusdam excessibus — 6 flor.
8.[e. 39] mag. 31. -— A Matthiolo Raynerii de Mesennano solvente
pro communi et specialibus hominibus castri Mesennani pro omni-
bus et singulis maleficiis excessibus culpis negligentiis et delictis
commissis per dictum commune et speciales personas dicti castri
usque in presentem diem, salvo quod in hac compositione non in-
cludatur submissio facta Tudertinis — 70 flor. -
9.[e. 40] giugno 10. — A Mattheutio Symucii camerario Castri Flo-
rentie solvente pro dieto communi et ipsius communis pecunia pro Xx
comp. habita cum communi predicto de omnibus maleficiis et exces-
sibus et inhobedientiis commissis et perpetratis per dietum commu-
ne et singulares personas dicti castri usque in presentem diem, non
incluso tamen facto Tudertinorum in dieta comp. — flor. 10.

10.[e. 42 t.]. — Infraseripti sunt introitus recepti et habiti per me
Junetam de Radicofano vicethesaurarium terre Arnulphorum post
depositum et finitum offieium vicariatus dni. Manentis de Spoleto,
tempore vicariatus mei Juncte vicarii terre Arnulphorum usque
ad. XIII. diem mensis Julii, indict. XV., et subsequenter tempore
vieariatus dni. Andree de Bictonio sub anno dni. millesimo. CCC.
XXXII, tempore dni. Johannis pape XXII, et partim sub M. CCC.
XXXIII, indicet. prima.

11.[e. 44] luglio 20. — Habui et recepi ab infrascriptis personis, sili-

cet, ab Angelono et Francono Petroni, heredibus Marani, Mascio
Massaroni, Massaro Seagnani, Andriono Riccii, Coltrella Crugoni,
Johanne Piechianelle, Janne Berardi, heredibus Symaroni, Rigutio
Johannoni, Raynaldo Jannis, Poccio Symaronis, Pornicciono Jon-
taroni, et quampluribus aliis de villis (sic) Paganica quia non
fuerunt ad monstram factam apud monasterium saneti Gregorii,
pro exercitu Amelie — 20 sol.

(Per lo stesso motivo pagano altri di Poggio, di Poggio Lava-
rine, Mesennano, Castel Florentie, Stoppio ecc.).

12.[e. 46] agosto 2. — A baiulis castellatus Castellionis solventibus
pro eommunitatibus dieti castellatus quia non fuerunt ad parla-
mentum faetum apud Collem Aiani. — 6 lib.

13.— A baiulo Stopperi solvente pro communi et hominibus Stoppii,
quia non miserunt foderum apud Mesenanum. — 3 b.
490

M. ANTONELLI

(Per lo stesso motivo paga anche Castel Florentie).

14.[e. 51] settembre 30. — A Juccio Johannieti camerario Castri Flo-

15

16

17

rentie dante et solvente pro communi dieti eastri pro parte summe
4 flor. pro compositione facta cum dieto communi, quia portari
fecit pallium communi Tuderti contra mandatum sibi faetum per

dnm. eapitaneum. — /8 flor.
.[c. 52. t.] ottobre. — Ego Iuneta vieethesaurarius prefatus habni a

Chiatana de Cesis solvente pro communi et castellatu Cesarum pro
quinta parte dictum commune et castellatum solvere contingente
pro commestione novi rectoris silieet dni. Andree de Bictonio pre-
sentis. — 5 lib. cort.

(Per lo stesso motivo pagano, ciascuno 5 lib. i castellati di
Macerino, composto dei comuni, di Macerino, Colle Aiano, Fogliano,
Villa Campi, e degli uomini delle Ville Paganici; Portaria, com-
posto dei comuni di Portaria, e Poggio; Castiglione, composto dei
comuni di Castiglione e sue ville, Pruzano, Poggio Lavarina, Rivo-
‘secco, Appecano, Acquapalomba e Polenaeo; Gallicetoli, composto
dei comuni di Mesennano, Castel Florentie, Arecio e Stoppio Pi-

gnano).

.[c. 62] 2333, gennaio 23. — Habui et recepi ab infrascriptis per-

sonis (sono 11 di Cesi, e 4 di Portaria) quia iuraverunt per corpus
et sanguinem et alia membra Dei, contra bannum et mandatum

factum per dnm. Andream vicarium. — 49 sol. 12 den.

.[c. 71] aprile 30. — A Gregorio Oddonis de Portaria solvente pro

magistro Jahanne Filippi de dieto loco, quia dixit verba iniuriosa
et fecit rumorem et minas contra ser Mattheum de Spoleto tunc
vicarium dni. Manentis rectoris terre Arnulphorum et contra alios
offieiales, pro dimidia cameram contingente, tempore dieti dni. Ma-
nentis. — 9 flor.

18.[e. 12] maggio 12. — A Cecho et Lello dni. Marini, Cecho Gherii et

Andriutio et Ciardo Bucii dni. Egidii de Interampne pro parte com-
positionis CLXXV lib. et IV sol. pro condempnatione ipsorum quia
accesserunt ad castrum Cesarum et fecerunt insultum contra Van-
nellum Nichglay de Interampne et ipsum percusserunt causa occi-
dendi eundem, et propter rumorem propterea exortum in castro
Cesarum, et pro percussionibus factis per dietum Cechum dni. Ma-
rini in manibus Sciarretto Pissioni de Cesis dimidiantis in rixa. —

41 flor.
19.

NOTIZIE UMBRE, ECC. 491
[c. 79 t.] — Infrascripti sunt introitus recepti per me Junctam vice-

thesaurarium suprascriptum tempore vicariatus sapientis viri dni.
xratie de Bononia iudicis et vicarii terre Arnulphorum pro romana
ecclesia, qui venit ad officium die XVIII mensis Augusti sub
MCCCXXXIII, indicet. prima, tempore dni. Johannis pape XXII,
dumtaxat ipsorum introituum pro dimidia parte cameram contin-
gente, cum reliqua medietas concessa fuerit dieto dno. Gratie per
dnos. Filippum vicerectorem et Stephanum Lascoutz thesaurarium
Patrimonii b. Petri et terre Arnulphorum..

.[c. 80] agosto 21. — Habui a consiliariis et syndico villarum Paga-

niei quia non fuerunt cito ad parlamentum factum apud Eremitam.
— 4 S0l. 6. den.

21.— A consiliariis et syndico castri Stoppii, pro dieta causa. -— 7

sol. 6 den.

.— A Gemino baiulo Aquepalumbi, pro dicta causa. — 2 sol. 6 den.
.[e. 81] agosto 30. — A tribus rectoribus et consiliariis tribus com-

munis Macerini quia venerunt ad parlamentum factum apud Ere-
mitam, dieto celebrato parlamento. — 7 lib. 10 sol.

.[e. 88] novembre 18. — A Mascio Alberti, Bartholino Mascii, Lello

Mascii, Picciolo et Nichola Mazesis de Aquasparta comitatus 'Tu-
derti, pro eo quod fregerunt pedagium strate Castri Florentie ro-
mane eeclesie et in preiudicium curie terre Arnulphorum, facta
compositione eum eis super inquisitione habita contra eos, pro

parte camere. — 2 flor.
25. [c. 105]. — Hic est liber expensarum curie terre Arnulphorum fa-

26.

ee ro o”

ctarum per me Junctam de Radicofano vicethesaurarium terre Ar-
nulphorum per reverendum virum et dnm. Stephannm Lascoutz ete.
thesaurarium generalem sub anno dni. millesimo CCCXXXI, XXXII,
et XXXIII partim, indiet. XIII, XV, et prima partim, temporibus
sanctissimi patris et dni. dni. Johannis pape XXII, infraseriptis

mensibus et diebus. La

(Comincia colle « Expense pro ecclesia Sancti Erasmi » [c. 105-
112 t.] dal 21 luglio 1331 al 21 dicembre 1336, consistenti in spese
di eulto, salari del eappellano e del vieetesoriere stesso come am-
ministratore dei beni di detta chiesa, spese riguardanti 1’ ammini-
strazione dei detti beni. La somma totale è, fior 6, lib. 282, sol. 17,
den. 10. Prosegue colle « Expense facte pro factis ecclesie romane
sive camere eiusdem »).
[c. 117 t.] settembre 15. — Pro carnibus et vino emptis quando duxi

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2t.

28.

29.

30.

91.

M. ANTONELLI

magistrum Andream muratorem, presbiterum Petrum de Portaria
et Marchettam Gerardi de Portaria ad videndum opportunum ad
reparationem rocche Cesarum et sancti Erasmi pro parte camere.
— 16 den.

(Seguono le spese, relative tutte alla riparazione della torre e
del forno della rocca di Cesi).
[c. 120 t.] 1332, maggio 1. -— Expendi pro expensis meis apud
Tudertum pro ambassiata dni. capitanei pro facto exercitus quem
Tudertini fecerant contra castra Mesennani et Florentie, et cum
ivi Spoletum pro suecursu implorando a Spoletanis ad defensam

dietorum castrorum. — 4 lib.
[c. 122 t.] Zuglio 2. — Dedi Ceccarello de Interampne pro suo sa-

lario quia misi ipsum ad Montemflasconem cum litteris ad dnos.
capitaneum et thesaurarium ad significandum eisdem, qualiter ho-

mines Castri Florentie miserunt palium Tudertinis. — 20 sol.
[c. 123] luglio 9. — Dedi cuidam famulo Sachecti castellani Collis-

casalis pro suo viatico et labore, quem misi ete. ut supra, quali-
ter Tudertini disposuerant facere exercitum contra castrum Mese-
nani, eo quod non portaverant homines dieti castri pallium Tuder-
tinis, et cum litteris communis Tuderti directis communi Mesenani
predieto, cum propter estatem alium numptium habere non potui.
— 30 sol.

— Alteri numptio dicto die ad dictos dnos. capit. et thes. ad noti-
fieandum eisdem minas et apparatus celeres Tudertinorum contra
castrum Mesenani. — 27 sol.

[c. 132] 1353, giugno 22. .-- Dedi et solvi magistro Andree de Cesis
cementario pro VI diebus et media opera quibus fuit ad reparan-
dum domos filiorum Massarelli Presceli de Podio Azuano in qui-
bus curia venit ad habitandum die lune VII mensis Junii presen-
tis, videlicet ad rumpendum muros dietarum domorum et Noccii de
dieto castro causa faciendi in eis hostia et locum privatum, et alia

- necessaria ad reparationem dictarum domorum. — 8 lib.
[c. 134. t.] settembre 24. — Dedi filio Pellegrini de Castro Florentie

32.

39.

94.

destinato per dnm. Gratiam de Viterbio ad terras Arnulphorum
mandato dnorum. capitanei et thesaurarii cum litteris apparatus
oxercitus super Orclam — 6 sol.

— Gentilono de castro Podii Azuani destinato ad dictos capitaneum
et thesaurarium pro litteris executionis sententie late contra Cesanos
— 8 sol.-

— ottobre 6. — Ser Cecho. de Gradulis qui ivit cum dno. Gratia,
mandato dnorum. capitanei et thesaurarii ad dnm. ducem et com-

e TERR
sd

NOTIZIE UMBRE, ECC. 493

mune Spoleti pro recuperatione terrarum ecclesie quas detinet co-
mune Spoleti, pro expensis ipsorum et familie quam duxerunt —
3 lib. 14 sol. 2 den.

35. [c. 135] ott. 10. — Habui dedi et solvi Sachecto de Castronovo cu-

stodi domorum condam dni. Egidii de Sancto Gemino pro romana
ecclesia pro residuo LXXX lib. cort. quas tenebatur recipere a
camera romane ecclesie pro reparatione et acconcimine turris et
domorum predictarum, secundum continentiam litterarum dni. the-
saurarii. — 68 lib. 12 sol.

36. — ott. 12. — Dedi Quatrochi de Podio numptio misso ad dnos.

9T

38

39

40

capit. et thes. cum litteris responsionis ambassiate facte per dnm.
Gratiam ad dnm. ducem Ducatus Spoleti et comune Spoleti pro
facto terrarum terzerii Sancti Severi que sunt romane ecclesie quas
detinent Spoletani... — 6 sol.

.[e. 135 t.]. — Dedi et solvi in castro Portarie pro expensis factis pro

dno. capitaneo et thesaurario, et de ipsorum licentia et mandato,
quando venerunt ad terras Arnulphorum, pro carnibus vino pane
annona et aliis rebus necessariis, secundum seripturam factam per
ser Cechum de Gradulis notarium curie terre Arnulphorum, qui fuit
super dictis expensis faciendis. — 23 lib. 11 sol. 4 dem.

.[c. 138] 2334, aprile 15. — Gentilono de Quatrellis habitatori Podii

pro suo viatico quando ivit ad Montemflasconem cum copia pro-
cessus et testium receptorum contra magistram Petrum Jannis de
Cesis super declaratione facta de ipso processu per dnos. iudices

Patrimonii, silicet per dnos. Bartholomeum et Raynaldum — 8 sol.
4 den.
.[e. 140] luglio 16. — Ciuccio Catacci de Portaria quem misimus

dns. Gratia videlicet et ego ad Montemflasconem cum litteris ad
dnos capit. et thes. cum litteris nostris (sic) et processu et sententia
latis contra homines castri Podii et comune Mesenani pro impe-
tranda remissione executionis ipsorum. — 210 sol.

.[e. 142] settembre 20. — Dedi magistro Blasio medico de Sancto Ge-

mino pro uno barili vini, quod dedi bibere hominibus venientibus
ad parlamentum quod fecit dns. Thomas vicarius in principio sui
offieii — 28 sol.

41.[e. 143] novembre 6. — Pro pretio sex quaternorum cartarum pecu-

dinarum in quibus facio scribi inquisitionem iurisdictionis quam
habet romana ecclesia in terris Arnulphorum, qui fuerunt empti in
civitate Spoleti per ser Mattheum Francie — 42 sol.

49. — nov. 13. — (Quatuor hominibus) de castro Cesarum pro vicibus

— oreet ICONES DNE PIE

quas accreverunt ad ineantum super tractatu venditionis usus pe-

MES udo nen

è
ri

494

43.

4.

M. ANTONELLI

dagii strate castri Cesarum et Vallonice, Portarie et Podii pro uno
anno incipiendo die. XVII. presentis mensis — 44 sol.

— mov 20. — Pro vino exibito famulis qui iverunt cum ser Dando
notario eurie ad capiendum exbannitos de Monte Sancte Marie, et
pro expensis quas feci quando ivi Cesas ad vendendum passagium.
— 6 sol. 6 den.

[c. 144 t.] 2355, gennaio 4. — Dedi et solvi dno. Thome de Me-
vanea pro parte sui laboris et scripture, quam fecit de inquisitione
Arnulphorum, in qua continentur generaliter et particulariter omnia
iura romane ecclesie, et que Arnulphy facere tenentur eidem eccle-
sie, cum penes cameram romane ecclesie nichil inveniatur de iu-
ribus. predietis, quam scripturam redigi ordinate feci in quaternis
in publicam formam ut perpetua habeatur memoria de predictis —
8 lib.

45. [c. 145] aprile 28. — Cuidam numptio misso per dum. Andream de

46.

- 4.

48.

49.

50.

Cerreto iudicem Patrimonii de Tuderto ad castrum Portarie cum
litteris dni. eapitanei Patrimonii pro facto novitatum Tudertinorum
— 8 sol.

[e. 148 t.] settembre 2. — Pro vino empto apud Sanctum Gemi-
num. causa dandi potum hominibus venientibus ad parlamentum
quod fieri debet per Raymundum de Ramis vicarium terre Arnul-
phorum — 50 sol.

[c. 149 t.] novembre 19. — (Quinque hominibus) de castro Cesarum
pro vicibus seu promissionibus quas fecerant in parlamento homi-
num dieti castri, dum incantari feci passagium et olivas Sancti
Erasmi ut melius venderentur, et pro expensis factis in dicto ca-

stro pro me et notario et famulo dieto tempore — 4 Ub. 12 sol.
6 den.
[e. 150] dicembre 18. — Lello magistri Johannis de Portaria reci-

pienti pro heredibus Offredutii dne. Clare de Aquasparta pro pen-
sione domus sue posite in Portaria in qua vicarius et officiales terre
Arnulphorum resident ad ius redendum et carcer tenetur — 4 lib.
[e. 151] 2556, febbraio 16. — Ser Bando notario curie terre Ar-
nulphorum pro. VI. diebus quibus ivit ad Montemflaseonem cum
processu et sententia latis et habitis contra commune Castellionis
quia submisit se communi Spoleti, ad defendendam causam . dieto-

rum processus et sententie, pro expensis suis ete. — 4 lib. cort.
— feb. 25. — Solvi michi Juncte vieethesaurario pro VIII diebus

continuis quibus fui in Monteflascone.... pro facto apprehensionis
tenute eeclesie Saneti Erasmi per ser Oddonem Sabe dé Utriculo,
et pro defensione querelarum latarum datarum per quosdam Ar-

Un
NU ILU TUS

DI.

NOTIZIE UMBRE, ECC. 495

nulphos contra offieiales terre Arnulphorum coram dno. archiepi-
scopo (Ebredunensi). — 7 Ub. 9 sol. cor.
[e. 153] giugno 30. — Dedi Defendolo de Podio et quibusdam aliis
pro lignis causa faciendi furcas tempore Raymundi vicarii, et pro
magisterio ipsarum positarum in collonis inter castrum Portarie et
Podii Azuani — 25 sol.

Somma totale delle spese. fior. 1797, lib. 3, sol. 11, den. 6.

VI.

(Est.) Bened. XII. Patrimonii beati Petri in Tuscia introitus

1.

n2

et exitus R. C. A. ann. 1336 — 1340, N. 154.

(Int.) [e. 19] 1337, gennaio 2. — Recepi (ego Hugo Cornuti deca-
nus Rupefortensis thesaurarius in Patrimonio b. Petri in Tuscia,
comitatu Sabinie et terris Arnulforum, et aliis locis rectoris ipsius
Patrimonii regimini commissis, per dnm. nrm. Benedictum papam
XII specialiter deputatus) a comuni civitatis Amelie pro generali
compositione facta per ipsum commune de omnibus excessibus com-
missis per ipsum commune et clericos et laycos dicte civitatis, ex-
cepto Angelutio Petri de Fonte, qui tanquam proditor non venit
in dicta compositione; et de quodam processu faeto contra illos de
castro Sancti Ficetoli eomitatus diete civitatis, qui dicebantur fe-
cisse iniurias Raymundo de Ramis castellano castri Lacuscelli; et
de quodam alio exbandimento lato contra Landum Mactaliani de
Lacuscello et Petrum Tienerii de Sancto Fetollo quia dicebantur

fuisse ad oecupandum civitatem Amelie — 80 flor.
[c. 29! marzo 10. — A dno. Matheo de filiis Ursi de Urbe solvente

pro communi et singularibus personis civitatis Amelie pro quadam
compositione faeta usque in diem presentem de omnibus commis-
sis per commune et speciales personas dicte civitatis, exceptis do-
minis de Alviano, et hominibus dieti loci Alviani, judeis, Angelu-
tio de castro Focis proditore, et tribus aliis exceptis, ut in proces-
sibus continetur. — 100 flor.

.[e. 29) giugno 8. — A dno. Petro magistri Johannis de Montefla-

scone solvente pro Ceccarello Pontii, Guidone Corolli, Pacetto Cor-
toni, Bartucio Barti, Paulutio eius filio, Bartholomeo Berardi, Cec-
carello nepote Butii Spalle. Ceccarello Bartutii, Testa Junotii, Pa-
rasaeco Lelli, Petro Jannutii, Thinerio Cintii. Rubertucio Cardi.
Maneo Johannis et Nicelao Bertaldutii de castro Porclani, pro com-
TRE am i Gri ttiam ini :

E:

496

4.

M. ANTONELLI

positione faeta per eos de quibusdam processibus et exbandimentis
factis contra eos quia dicebantur fecisse tumultum et rumorem in
dieto castro, et percussisse Mancinum de dicto loco, et etiam dero-
basse quendam de Florentia aliquos predictorum. — 75 flor.

[c. 61 t.] 4335, marzo 10. — A Vannutio Petrocchiale, Augustino
Manni, Cola Paulutii Guictucii, Lello Ferrini, Lugerio Gentilutii,
Ghieno Tellis, Ventura Jacoboni, Vannicello Ferrini, Jutio Corsoli,
Gregorio Lambertine, Cola Mactilie, Lello Meliorati, Ferrino, Ninoso
et Petro Tocchi de Porclano et Bernardo de Lugnano pro compo-
sitione exbandimenti facti contra ipsos quia accomandaverunt Jan-

nocto de Alviano exbandito curie. — 20 flor.
VII.
(Est. Bened. XII — Patrimonii b. Petri in Tuscia exitus.

1.

2.

An. 1340-1341. N. 186.

(Int.) [c. 1]. — In nomine dni. amen. Hic est liber continens in
se expensas facetas per me Jacobum Gambefortis, vicethesaurarium
Patrimonii b. Petri in Tuscia, comitatus Sabine et terre Arnul-
phorum et aliarum terrarum rectoris eiusdem Patrimonii regimini
commissarum, ex commissione michi facta per rndum. in xpo. patrem
et dum. dnm. Guigonem de sancto Germano, prepositum eeclesie
Aniciensis dni. nri. pape notarium, et eorum Patrimonii, comitatus
et terrarum per sanctam romanam ecclesiam rectorem et capita-
neum super spiritualibus et temporalibus generalem, vacante offi-
cio thesaurarie per obitum ven. viri dni. Hugonis Cornuti decani
Rupefortensis... olim thesaurarii, a die sexta mensis Junii sub annó
dni. 1340 indict. octava, in antea, prout infra sequitur et particu-
lariter declaratur, qua die incepi meum vicethesaurariatus officium
exercere.

.[c. 9 t.] 1840, luglio. — Solvi Johanni Bayle olim castellano roc-

che Saneti Gemini pro expensis per eum factis de mense Decem-
bris prox. pret. famulis venientibus de terris Arnulphorum una
cum ser Johanne de Radicofano vicethesaurario dictarum terrarum
Arnulphorum, et pluribus aliis vieibus in subsidium dicti castellani
et pro custodia diete rocche, tempore quo Jannoetus de Alviano et
alii rebelles eeclesie occupaverunt civitatem Amelie, qua de causa
in eastro Saneti Gemini et aliis terris ecclesie suspitio maxima est
exorta — 5 lib. 4 sol. ppr.

— Item dedi et solvi (eidem) pro expensis per eum factis in repa-
reato gusti iesus NS

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NOTIZIE UMBRE, ECC. - 491

2
ratione magne porte et porte false dicte rocche Sancti Gemini —
29 sol. 8 den. ppr.

3.[e. 10 t.]. — Dedi et solvi Jacobutio de Marchia pro residuo sex
libr. et oeto sol. ppr. quos a camera habere et recipere tenebatur
pro suis stipendiis unius mensis et decem octo dierum quibus ste-
ti& mandato dni. Guigonis eapitanei et dni. Hugonis Cornuti the-
saurarii Patrimonii ad custodiam castri Allerone comitatus Urbis-
veteris de mense Mar. et Apr. prox. pret. quod castrum fuerat
occupatum per extrinsecos Urbevetanos — 13 lib. 16 sol. ppr.

(Seguono le paghe per ugual tempo ai custodi di S. Venanzo
e Montefreddo, e per quindiei giorni al custode di Sermognano,
pur del comitato d' Orvieto, occupati dagli estrinseci).

a

.[e. 32] 1541, gennaio 28. — Solvi infrascriptis stipendiariis equi-
tibus missis per dnm. capitaneum ad custodiam terre Saneti Ge-
mini, eum esset in suspicione, una cum dno. Andrea de Bictonio
iudice curie generalis Patrimonii... (Sono in numero di nove).

Q

.[e. 69| 2540, giugno 13. — Dedi et solvi nobili viro dno. Hugoni
de Manso militi et marescalcho curie Patrimonii, et ser Vanni de
Bietonio notario curie ambassiatoribus missis ad comune Perusii
ad implorandum et postulandum ab eorum comuni auxilium super
exercitu faciendo per dnm. rectorem contra civitatem Amelie re-
bellem ecclesie, et portaverunt litteras apostolicas, qui fuerunt
missi et iverunt mandato dieti dni. capitanei de mense Mar. prox.
pret. pro expen. ipsorum..., ultra duodecim flor. eisdem datos de
dieto mense Mar. per dum. Hugonem olim thesaurarium Patr. —
9 flor. 20 sol.

.— Ser Vanni (predicto) misso ad comune Perusii tertia vice de


c.

mense Maii prox. pret. de residuo suorum stipendiorum viginti-
quinque dierum quibus continue fuit in civitate Perusii ad condu-
cendum milites pro subsidio et favore exercitus civitatis Amelie,
pro expen..., ultra sex flor. quos recepit, etc. ut supra — 4 flor.

.[e. 69 t.] giu. 16. — Ser Bartholomeo Vannis Ursucii de Montefla-
scone posito per presentem dnm. rectorem ad mittendum numptios
et exploratores ad civitatem 'Tuderti et ad alias terras vicinas ci-

-1

vitatis Amelie rebellis eeclesie ad investigandum condictiones re-
bellium diete civitatis — 83 sol. 4 den. ppr.

8.[e. 10] giug. 23. — Dno. Andree de Bictonio iudici Patr. et ser
Petro de Chayraco et ser Francisco de Sancto Quirico notariis cu-

rie ambaxiatoribus missis per presentem dnm. capitaneum ad co-
mune civitatis Urbisveteris, ne attemptarent executionem quam
IE
) | Si P
i sE

498

M. ANTONELLI

facere intendebant in personis quorundam de castro Sancti Ve-
nantii detemptis in carceribus dicti comunis — 7 (ib. 18 den.

9.[e. 71] luglio 15. — Solvi misso cum litteris mandatorum dni. rec-

10.

1L

12.

13.

14.

15.

16.

toris comuni Urbisveteris, Hugolino dni. Boncontis et Petro comiti
de Montemartha, quod personaliter compareant coram ipso dno. rec-
tore super tractatu pacis intrinsecorum Urbisveteris — 6 sol. 8 den.
— Misso.Cornetum ad Manfredum (de Vitellensibus) ut veniret ad
dnm. capitaneum causa tractandi concordiam civitatis Amelie —
2 flor.

[e. 71 t.] ug. 20. — Ser Monaldo de Urbeveteri notario misso per
dnm. Hugonem Cornuti olim thesaurarium Patr. pluribus vicibus
ad inquirendum et in scriptis redigendum de bonis filiorum dni.
Ormanni et dni. Bernardi de Monaldensibus de Urbeveteri exban-
ditorum curie Patr. mandato dni. Guigonis presentis rectoris Patr.
— 4 flor.

[c. 72] agosto 10. — Ser Francisco de Sancto Quirico notario curie
ambaxiatori misso per dnm. Guigonem presentem rectorem Patr.
ad comune Perusii super tractatu pacis Urbevetanorum — 4 flor.
[e. 12 t.] ag. 16. — Magistro Angelucio de Perusio misso cum lit-
teris dni. rectoris ad castra Stronconis et Mirande pro novitatibus
discordiarum exortarum inter homines dictorum castrorum — 7 sol.
[e. 73 t.] settembre 2. — Ser Peponi de Monteflascone notario curie
generalis ambaxiatori misso de mense Mar. prox. pret. per presen-
tem dnm. rectorem Patr. una cum Lemmo guida curie ad acci-
piendum tenutam castrorum Sermognani, Sancti Venantii et Alle-
rone et aliorum castrorum civitatis Urbisveteris, que fuerant occu-
pata per extrinsecos Urbevetanos, ad ponendum custodes in dictis

locis sive castris, pro expensis... — 6 lib.
[e. 79] 434.1, gennaio 28. — Dno. Andree de Bictonio iudici et ser

Petro de Pontecurvo notario missis per dnm. capitaneum ad ca-
strum Sancti Gemini, eo quod gentes equites et pedites accesserant
ad civitatem Interampnis, et dubitabatur ne attemptarent modo
proditorio vel alio occupare castrum Sancti Gemini, pro expen-
sis... per tresdecim dies quibus fuerunt ad custodiam dicti castri
— 21 flor.

fe. 87-94 t.] — In nomine dni. amen. Hic est liber sive quaternus
continens in se expensas factas occasione exercitus facti contra
civitatem Amelie per rndum. patrem et dnm. dnm. Guigonem de
Sancto Germano rectorem Patrimonii b. Petri in Tuscia ex delibe-

epe

Lig qp aca Lara
17

-.

NOTIZIE UMBRE, ECC. 499
a

ratione et provisione dudum facta et habita de dieto exercitu fa-
ciendo supra dictam civitatem Amelie per ven. viros, dnm. Hugo-
nem Augerii olim rectorem Patr. et dnm. Hugonem Cornuti olim
thesaurarium Patr. supradicti propter inobedientiam et rebellionem
hominum dicte civitatis, que expense facte fuerunt per me Jaco-
bum Gambefortis vicethesaurarium Patr. supradicti ex commis-
sione et expresso mandato michi factis per eundem d. Guigonem...
sub anno dni. 1340, indict. VIII. tempore dni. Benedieti XII, prout
inferius particulariter describuntur.

.— giugno 6. — Magistro Angelo de Monteflascone posito per rec-

torem super opere trabucorum portandorum in exercitu civitatis
Amelie et supra castrum Civitelle, pro octo operariis habitis ad
trahendum foras trabucos de domo curie (Montisflasconis) uno die...

— 24 sol. ppr.

.— Eidem pro sex pieconibus de ferro causa portandi in exercitu

ad destruendum muros... — 4 lib. 4 sol.

.— Pro sex ligonibus ferreis causa portandi in exercitu pro expla-

nando vias trabucorum... — 8 ib. 6 sol.

.-- Pro octo circulis de ferro pro rotis causa faeiendi assinellam

‘causa. fodiendi muros castri Civitelle, ponderis 46 libr... — 3 Jb.

n2
n2

23.

98.

16 sol. 8 dem.

— (Sex hominibus qui serviverunt) eum bubalis et curribus causa
( I

portandi trabueos et alia edificia in exercitu... — 84 lib.

2.— Magistro Johanni magistri Cepti pro suis stipendiis quindecim

dierum, quibus fuit in exercitu cum dno. capitaneo ad serviendum
super facto papilionum et trabueorum et alia necessaria in arte
carpentarie... — 9 lib.

— Pro sindone causa faciendi duas banderias ad arma et insignia
ecclesie et pro factura ipsarum. — 7 Ub. 19 sol.

.— Pro sex seeuribus et ferramentis actis ad destruendum arbores

et vineas hominum civitatis Amelie... — 3 (b. 15 sol.

.— Pro oetingentis panetis de sepo ad faciendum luminaria... —

8 lib. 10 sol.

.— Pro factura duorum pennuncellorum de armis eeclesie — 5 Jb.

12 sol.

.— Pro expensis factis in dieto exercitu pro nunciis missis ad plura

loca videlieet civitates et castra ad investigandum novitates, et pro
mittendo exploratores ad investigandum que fiebant per intrinse-
cos civitatis Amelie rebellis ecelesie — 472 (ib. 7 sol.

Magistro Andree medico de Monteflascone pro suis stipendiis
quindecim dierum quibus fuit in exercitu... ad curandum infirmos
RIESI

500

29.

30.

91.

32.

33.

24.

35.

36.

M. ANTONELLI

et percussos seu vulneratos per hostes... et expensis factis per eum

in dieto exercitu cum duobus equis — 477 flor.
— giu. 27. — Nobili viro Pono dni. Guaste de Radicofano capita-

neo guerre et exercitus romane ecclesie supra civitatem Amelie
rebellem eeclesie, super suis stipendiis et salario tam officii capita-
neatus, quam vigintiquinque equitum quos dictus Ponus habuit et
tenuit in dieto exercitu et in dieta civitate postquam devenit ad
obedientiam ecclesie et dieti dni. rectoris pro tempore unius men-
sis et dimidii... — 250 flor.
— Fatiolo laneeario de Viterbio pro pretio duo decim millia quadrel-
lorum emptorum ab eo,... e£ pro tribus paribus cestarum in quibus
portati fuerunt de Viterbio ad Montemflasconem — 30 flor. 18 sol.
— Duobus famulis de terris Arnulphorum missis per dnm. capi-
taneum de exercitu ad civitatem Tuderti, causa explorandi novi-
tates... — 26 sol. 8 den.

(Anche in altri luoghi furono mandati esploratori).
— Magistro Angelo de Foce pro solvendo balisteriis positis ad cu-
stodiam dieti castri Focis tempore exercitus... — 4/2 flor.

— Pro milleducentis panetis de sepo pro faciendo luminaria in
exercitu tempore noctis — 12 lib. 10 sol.
— Magistro Johanni magistri Cepti de Monteflascone carpentario

pro expensis per eum factis... victuariis portantibus pavilgliones
sagettamenta et alia fornimenta camere pro exercitu opportuna,
que fuerunt portata ad civitatem Orti usque ad dictum exercitum
— 6 lib. 6 sol. 6 dem.
— Cole Trialarchi de Amelia, causa faciendi et reparandi hostia
eeclesie et episcopatus Amelie que erant totaliter destructa et disi-
pata propter ructuram et guerram diete civitatis — 2 flor.
(Seguono le spese per l'aequisto di 141 salme di grano e la
fattura del pane « pro fuleiendo exercitum, ut in ipso exercitu
fertilitas haberetur, cum aliter fieri non potuisset propter validam
et pestiferam famem et caristiam que in regione vigebat »; e le
paghe a sette stipendiari a cavallo, e otto a piedi, assunti straor-
dinariamente al servizio).
Summa universalis expensarum factarum occasione dicti exer-
citus... capit et est — 7074 flor. 13 sol. 5 den. ppr.

[c. 95-115]. — Exercitus civitatis Interampnensis — In nomine dni.
amen. Ego Jacobus vicethesaurarius supradictus ex commissione
et mandato michi facto per... dnm. Guigonem de Sancto Germano
presentem rectorem Patrimonii b. Petri in Tuscia pro executione
45,

46,

4T.

38.

40.

41.

44.

NOTIZIE UMBRE, ECC. 501

et occasione executionis faciende sententie late per eundem d. re-
ctorem contra comune et homines civitatis Interampnensis rebelles
et emulos diete ecelesie et dni. rectoris, solvi et feci infrascriptas
expensas... sub anno dni. 1340 indict. VIII... de mense Octobris et
alis mensibus subsequentibus, prout infra patet, pro exercitu.

. — ottobre 4. — Dedi Bertrando messagerio pro dando victurariis

sexdecim, qui portaverunt papiliones et sagittamenta et alia ad
exercitum oportuna... — 4 flor.

— Eidem, pro expensis per eum factis in quadam letteria quam
fecit fieri causa portandi super ea dnm. Hugonem marescallum qui
fuerat captus et vulneratus apud Interampnem, et pro portatione
ipsius letterie ab Interampne usque ad castrum Sancti Gemini —
16 sol. 8 dem.

.— ott. 6. — Faciolo laneeario de Viterbio, pro pretio mille qua-

drellorum de ferro... et pro duabus cistis in quibus fuerunt portati
de Viterbio apud Montemflasconem, pro fulciendo exercitum... —
19 lib. 16 sol.

— ott. 13. — Eidem, pro pretio sex miliariorum quadrellorum de
maiori forma... et uno pari cistarum ete. — 39 lib.

— ott. 15. — Fustino magistri Jannis Morelli lanceario de Viterbio
pro pretio novem miliariorum quadrellorum... — 57 lib. 17 sol.

.— ott. 10. — Magistro Matheo Collutii medico de Viterbio misso

mandato dni. eapitanei in exercitu supra Interampnem pro egro-
tantibus et pereussis medendis, super suis stipendiis — 5 lor.

.— Feminelle mercatori de Monteflascone pro pretio 656 panatorum

de sepo causa mittendi in exercitum causa faciendi luminaria apud
pavilgliones capitanei guerre et dni. rectoris... — 415 lib. 19 den.
— Faciolo lanceario qui portavit quoddam edificium de ferro quod
vocatur tromba marina, causa mittendi in exercitum, causa pro-
bandi dietam trombam, pro expensis ipsius venientis cum ea de
Viterbio ad Montemflasconem — 6 sol.

— Eidem, pro pretio duarum tubarum marinarum seu bombarda-
rum de ferro... et vigintiquatuor quadrellis — 4 lor.
— ott. 7. — Numptio venienti de comitatu Sabine cum litteris dni.
Nicole de Balneoregio vicarii dieti comitatus directis dno. capita-
neo in quibus continebatur qualiter exititii civitatis Narnie capti
(sic) eo quod -volebant occupare castrum Tarani romane eeclesie
— 26 sol. 8 den.

— ott. 14. — Magistro Petro Dentilia misso per d. capitaneum ad
castrum Mirande et Strunconem, causa faciendi fieri guerram per
homines dietorum castrorum contra civitatem Interampnis — 7 flor.

33

1
3
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3
E
502 . M. ANTONELLI

48.— Dno. Andree de Bictonio iudici Patr. ambaxiatori misso per d.
capitaneum pluribus vicibus ad civitatem Narnie ad petendum sub-
sidium gentium pro exercitu,... existente dicto d. capitaneo in terra.
Saneti Gemini — 4 flor.

49. — ott. 15. — Geminello de Sancto Gemino qui ivit Tudertum ad
videndum quid dicebatur et quid fiebat in Tuderto, et si subsidium
volebat dare contra ecclesiam civitati Interampn. — 4 flor.

50. — Nunctio de Spoleto, quando fuerunt sibi dati aliqui socii quod
‘corrumperent territorium civitatis Interampn. dictosque Interam-
pnen. in bonis et rebus offenderent — 3 flor.

51. — ott. 18. — Dno. Angelo de Cesis... ut solveret famulis facienti-
bus guerram civitati Interampn. — 5 flor.

52.— Misso ad dnm. Matheum de filiis Ursi, ut cito veniret cum suo
exfortio in exercitu — 26 sol. 8 den.

53. — Misso ad comune Perusii ad postulandum subsidium gentium
armorum... — 2 flor.

54. — ott. 22. — Ser Peponi misso... ad civitatem Interampn. ad reci-

piendum instrumenta renovationis fidelitatis ecclesie, quam facere
intendebant dicti Interampnen. dno. capitaneo nomine romane ec-
clesie — 4 flor.

55. — Fulcio et Pitto filio suo tubatoribus et Petrucio nacarario de
Viterbio pro tempore quo fuerunt in exercitu... — 9 flor.

(Si pagano inoltre i « tubatores » di Guido conte palatino, e
dei nobili Pone di Guasta di Radicofani, e Tommaso di Ugolino
d'Alviano, che furono con essi nell'esercito).

56. — Peponi Petruccioli de dominis de Alviano pro expensis factis
per eum in faciendo mederi Contutium dni. Neapolionis de Alviano,
qui fuit percussus et captus per Interampnen... quando fuit captus
dns. Hugo marescallus curie Patr. — 5 lor.

57.— Gnortio carpentario de Balneoregio super opere trabucorum pro
suis stipendiis viginti duorum dierum, quibus servivit curie in San-
cto Gemino, dum fiebat apparatus exercitus... et in ipso exercitu...
— 17 lib. 12 sol.

58. — ott. 30. — Dno. Andree de Dictonio iudici Patr. pro expensis
faciendis per eum in mittendo exploratores et nuntios causa inve-
stigandi condictionem rebellium Interampnis et civitatis Tuderti —
6 flor.

59. — Eidem, pro expen. factis per eum pro captivis quos duxit de
comitatu Sabine ad curiam palatii Montisflasconis, qui fuerunt ca-
pti apud roccham Tarani, eo quod volebant occupare castrum Ta-
rani — 56 sol. 8 den.
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NOTIZIE UMBRE, ECC. 508

60. — Ser Petro de Pontecurvo notario curie pro expen. per eum fa-

ctis tempore guerre et exercitus... videlicet pro expen. suis, unius
famuli et unius equi, quos secum habuit et tenuit pro viginti quin-
que diebus quibus fuit in Sancto Gemino, dum d. capitaneus im
dieto castro faciebat fieri apparatus exercitus... et in dicto postea
exercitu facto, et in civitate Interampn. postquam pervenit ad
manus ecclesie, quem ser Petrum dns. Guigo capitaneus consti-
tuerat pro camera ad solvendum stipendia equitibus et peditibus,

et faeiendum alias expensas oportunas etc. — 32 lb. 6 sol: 8 den.
61.— Eidem, quando ivit ad confiscandum bona Interampnen. rebel-

lium eeclesie pro expensis suis, equi et octo famulorum quos se-
cum duxit, pro decem diebus quibus fuit cum dictis famulis ad
faciendum sequestrationem dictorum bonorum Interampnen. exi-
stentium in terris romane ecclesie, ut dicti Interampnen. reduce-
rentur ad obedientiam ecelesie memorate... — 9 flor. 40 sol.

62.— mov. 4. — Laurentio Pepi de Viterbio mereatori pro vigintiqua-
tuor pavesibus emptis per eum occasione exercitus... — 17 lib.

(Seguono le paghe a 173 fanti e 7 conestabili, e a 29 cavalieri

e un conestabile).

63. — Pro quindecim baldreriis pro carcando balistas... — 77 lib. 5 sol.

64. — Pro balistis, baldreriis et cordis ipsorum balistrorum emptis in
civitate Narnie... — 8 lib. 18 sol. 8 den.

65.— Pro duobus milibus panectorun de sepo emptis (ibidem)... —

21 lib. 6 sol. 8 den.

66.— Pro acutis ferreis pro faciendo guastum in territorio Interampa.
— 43 sol. 10 den.

61.— Ser Petro de Pontecurvo notario curie Patr. generalis pro ex-

pen. suis et unius famuli et equi, quos secum duxit et tenuit per
quadraginta dies in eastro Saneti Gemini, dum fiebat apparatus
super exercitu faciendo, et dum fuit Mirande, Stronconi et Cesa-
rum ad faciendum fieri guerras et cavaleatas per fideles eeclesie
contra dietam civitatem, et ad faciendum passus custodiri pro ca-
piendo et detinendo portatores... — 47 flor.

68. — Infrascripte sunt expense facte per magistrum Franciscum de
Lugnano castellanum castri et rocche Mirande pro guerra facienda
hominibus civitatis Interampn.... per cavaleatas et alios modos
quibus guerra fieri consueverat... de mens Oct. et Nov. 1340.

69. — In primis expendit pro quodam cereo empto pro faciendo inter-
signa gentibus ecclesie existentibus in eastro Saneti Gemini et
alis terris ecclesie cireumstantibus diete civitati Interampn. tam
AR era n

si

de ATE.

ADR erat:

504

M. ANTONELLI

pro custodia et cautela dictarum gentium, quam pro offensa homi-
num dicte civitatis, qui cereus fuit ponderis trium lib. et dimid.
cere — 27 sol.

710. — Item dedit famulis peditibus armorum quos mittebat ad facien-

11

19

-

13

14

15

16

dum guerram de die et de nocte in districtnm civitatis Interampn.
et ad ceomburendum domos et campanias et capiendum homines, et
alias faciendum ex offensis — 5 (ib. 1 sol. 4 den.

.— It. quibusdam exploratoribus et nunciis per ipsum missis... ad
dictam eivitatem et extra ad explorandum conditiones et gesta re-
bellium tempore brighe — 7 Ub. 18 sol. 8 den. |

. — It. euidam mulieri de Miranda misse pro nuncia et exploratrice
condictionum rebellium in castro Papigni... — 22 sol. 8 den.

.— It. duobus famulis quos misit ad civitatem Reatinam ad scien-
dum si Reatini intendebant mittere subsidium Interampen. contra
ecclesiam — 42 sol. 8 den.

.— It. cuidam nuncio quem misit Interampnem ad investigandum
si Interampnenses intendebant mittere ambaxiatam ad Tudertinos
contra d. capitaneum — 476 sol.

.— It. magistro Bernardo de Tholosa quem dietus magister Fran-
ciseus misit ad dietum capitaneum apud Sanctum Geminum ad
seiendum a dno. capitaneo quid ipse magister Franciseus haberet
facere ex quo Interampnenes redierant ad obedientiam ecelesie —
55 sol. 4 den.

.— Expendi et solvi (ego vicethesaurarius) nobili viro Petro Fran-
cisci Johannucii de civitate Interampnis, pro expensis per eum
factis in reedificatione et reparatione cuiusdam palatii dieti Petri
positi in comitatu et tenuta dicte civitatis destructi per gentes ec-
clesie... eo quod tempore destructionis et dirutionis dieti palatii
erat facta treugua et promissio de non offendendo inter ipsum d.
capitaneum et homines diete civitatis, tamen, dicto d. capitaneo
ingnorante, aliqua pars gentis dicte ecclesie que erat in castris
circeumpositis dicte civitatis, cavaleatam fecit in dietum comitatum,
et dictum palatium destruxerunt, et feci dictas expensas exequendo
formam provisionis facte per dictam d. capitaneum et suos iudices
quod dictum palatium deberet refiei expensis camere, ut fides pro-

missa hostibus servaretur... — 90 flor. 44 sol.

TU

18.[e. 153] aprile 18. — Misso cum litteris d. capitanei ad dnm. Ber-

.[e. 150 t.] 2341, marzo 7. — Dno. Andree de Bictonio pro expen-
sis suis et ser Hugonis de Fulgineo notarii curie quando iverunt
ad eapiendum proditores castri Lugnani — 8 flor.

— ——— ar i

NOTIZIE UMBRE, ECC. 505

;
tuldum de filiis Ursi occasione occupationis facte per eum de ca-
stro Mimoie comitatus Amelie — sol.

(9.— [e. 154:t.] maggio 27. — Misso per d. capit. cum litteris directis
Hugolino dni. Boncontis et fratribus quod accederent coram eo su-
per tractatu pacis Urbevetanorum — 6 sol.

80. — [c. 155] giugno 11. — Misso cum litteris d. capitanei ad Urbem-

veterem ad citandum regimina consilium et comune civitatis Urbi-

sveteris super processu facto contra eos pretextu represaliarum
quibus utuntur contra homines civitatis Balneoregii, et cum litte-
ris directis dno. episcopo Urbevetano quod denunciari faceret Hu-
golinum dni. Boncontis et Petrum comitem de Montemarte super
tractatibus pacis Urbisveteris — 6 sol.

81.[e. 156 t.] luglio 1. — Ser Ceccho de Gradolis notario misso (per
d. capitaneum) super custodia castri Lugnani ad querelam et postu-
lationem comunis et hominum dieti castri dubitantium multum de
dominis de Baschio inimicis comunis et hominum dicti castri, super
suis expensis — 4 lib.

VIII.

(Est.) Clem. VI Patrim. b. Petri in Tuscia introitus et exitus
an. 1341 ad 1350, N. 253.

1.(Int). In nomine etc. Hie est liber sive quaternus expensarum fa-
etarum et solutarum per me Berengarium Blasini rectorem ecclesie
de Grivano Biterrensis dioe. Patrimonii b. Petri in Tuscia thesau-
rarium generalem... a die prima Decembris an. 1347, ind. XV, quo
incepi thesaurarie predicte offieium exercere, tune existente vice-
rectore dicti Patr. ven. viro dno. Petro de Pinu clerico Caturcen.
dioc. usque in diem XIII dicti mensis, quo magnificus vir dns.
Guischardus de Comborino rector Patr. supradicti ad ipsius Patr.
regimen venit... in quo regimine fuit usque in diem. XVI. mens.
Jul. an. 1348, quo die extitit vita functus, subrogato in dicto of-
ficio post eius mortem magnifico milite dno. Jacobo de Gabrielibus
de Eugubio etc.

2.[c. 60] maggio 18. — Ser Angelo Tavernini misso apud civitates
Narniensem, Interampnensem, ac in comitatum Sabinie ad sollici-
tandum dietas communitates quod resisterent et se pararent contra
magnam societatem, et ad ordinandum de resistentia predicta cum

dictis communitatibus... — 4 flor.
3.[e. 62] ottobre 3. — Eidem misso apud Urbemveterem ad accipien-
506

4.

5.

6.

M. ANTONELLI

dum obbligationem Monaldi dui. Hermanni de Urbeveteri infirman-
tis de 150 flor. in quibus composuerat, et ad videndum et venden-
dum fructus molendini eeclesie romane ibidem siti... — 37 sol.

[c. 197] 4349, marzo 8. — Pro emenda unius equi, quem equi-
tabat Perroctus ultramontanus mortui per straccham in itinere
quando equitavit cum d. rectore apud civitatem Ortanam ad ob-

viandum Narniensibus gebelinis — 472 flor.
[c. 147] 2349, gennaio 5. — Magistro Francisco magistri Bona-

iuncte de Monteflascone misso apud Utriculum ad investigandum
novitates exortas in dicto loco inter guelfos et ad sedandum novi-
tates predictas, pro expen. factis per eum... — 4 flor.

[c. 156] giugno 18. — Angelo cimatori pro pretio quinque brachio-
rum panni coloris bladi, de quo fuit facta tunica et caputteus
Vannilo nuntio misso per comune civitatis Interamnis signifi-
cando pacem factam inter extrinsecos et intrinsecos dicte civitatis
— 8 lib. 5 sol.

(Continua).

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501

COMUNICATO

INTORNO ALLE FERRIERE DI MONTELEONE NELL'UMBRIA

Sull'alto bacino del Corno, affluente sinistro del Nera, si di-
stende una serie di montagne, le quali formano quasi la. parte
mediana di una catena che a distesa d'occhio va dal Terminillo
al Vettore. Il seno di tali montagne, e di quelle specialmente che
sorgono intorno al sito dove è fabbricato Monteleone di Cascia, è
ricco di stallammiti ferruginose mammellonate e di ematite bruna,
in modo che se ne trasse profitto in una magona fatta edificare
dal Papa Urbano VIII nel 1641.

Alcuni sostengono che tali giacimenti ferrosi siano stati noti
in antico; ma, oltrechè 1’ affermazione è di dubbia autenticità, non
se ne trasse certo alcun profitto fino a quando non ne prese a
cuore l’ estrazione e la lavorazione Papa Barberini; questo Papa
che, ricordando sul trono con raro affetto i luoghi da arcivescovo
di Spoleto attraversati, volle continuamente e con munifici atti
illustrarli e benefiearli. E debbono essergli grate queste montagne,
sempre oscure e sempre neglette, dalle quali egli seppe trarre in
breve tempo uomini eminenti come il cardinal Poli da Cascia, e
ricchezze considerevoli come il ferro dalle miniere di Monteleone.

I lavori per la costruzione della magona furono intrapresi
verso il 1630, e già nel 1634 si era giunti a costruire una via
comoda ed ampia per l’ esportazione del ferro. Due epigrafi latine,
ora perdute, ricordavano il compimento di tali lavori: e per la
storia giova qui traseriverle come ci sono state tramandate: L'una
diceva: Urbanus VIII Pont. Max. — Viam hanc fodinarum usui
— Et publice commoditati aperuit et stravit — Ac Montem Leonem.
Cassiam et Nursiam protendit — Anno salutis MDCXXXIV. L'al-

1
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ve nih tei ima

Cb 1
508° A. MORINI

tra più ampiamente ricordava: Urbanus VIII — Inventis et re-
clusis in Umbriae finibus prope Montem Leonem ferri fodinis
— Aedificium et fornacem ad ercoquendam materiam. — Et fer-
rum fundendum excitavit — Pontem extrurit ac viam exporta-
tioni idoneam — Stravit — Anno salutis MDCXXXIV Pontifi-

catus XI. L'opificio però fu inaugurato nel 1641, nel quale anno

fu coniata una medaglia commemorativa in bronzo del diametro
di mm. 54 e dello spessore di mm. 1,5, sul cui recto era effigiato
il Pontefice circondato da una corona di alloro, con intorno la
scritta: Urbanus VIII Pon. Max. A. XVIII; e sul verso una
scena di operai fonditori, circondata d'alloro, eon la seritta: Ferr
fodinis apertis, e nell’ esergo: MDCXXXXI Roma (1).

Il fabbricato fu eretto a. circa 500 metri lungi da Monteleone
sulla riva destra del fiume Corno, da cui con un canale lungo
circa 200 m. era deviata l’acqua per la fusione e la ventilazione
del ferro. Dai ruderi che oggi se ne vedono si desume la non
lieve importanza . dell’ opificio, che misurava una lunghezza di
circa 70 m. ed una larghezza di circa 38.

La magona, unica in que’ tempi in tutto lo Stato Ececlesia-
stico, raggiunse un discreto sviluppo massime sotto il pontificato
di Clemente XI che si servì del ferro di Monteleone per cingere
il Pantheon con que’ cancelli (2), che nel 1882 furon poi tolti dal
ministro Baccelli. L’ esercizio durò quindi con esito felice e con
gran vantaggio della Camera Apostolica fino al 1730, nel qual
anno un violento terremoto danneggiò 1’ edificio e distrusse il ca-
nale sul fiume Corno (3). I lavori restarono così sospesi, e vennero
riattivati nel 1790 per opera di Pio VI, il quale propose al cardinal
Filippo Carandini di riprendere la lavorazione. La miniera fu
conceduta in enfiteusi con rescritto pontificio del 10 novembre 1790
a firma F. EKufus Tesor. Gen. al Municipio di Monteleone; con-
cessione riconfermata con iscrizione ipotecaria del 7 dicembre 1865.

(1) Se ne conserva un esemplare nel Municipio di Monteleone, donato dall'ono-
revole avv. Lorenzo Franceschini di Cascia,

(2) Breislak, relazione delle miniere di ferro di Monteleone, e Ferriera di
Terni — Poggioli, Anno VI Rep, pag. 14. — In una prolusione del prof. A. Batelli si
dice che anche i cancelli vaticani furon fatti con ferro proveniente dalle fodine di
Monteleone (Annuario della Universita di Perugia p. l'anno 1888-89, p. 26).

(3) Marchesi, Galleria dell’ onore, parte II, pag. 104.

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ii.

INTORNO ALLE FERRIERE DI MONTELEONE NELL’ UMBRIA : 509

Il eardinal Carandini rimise in esereizio la magona prepo-
nendovi l'ingegnere Giovan Gualberto Guema di Genova, ed in-
viandovi operai bergamaschi per il lavoro. Ma occorrendo nuove
spese e restauri per circa quattromila scudi, dopo brevi trattative
con un tal Landueei di Cascia, il Cardinale trovò più conveniente
verso la metà dell’ aprile 1794 affittare l' opifieio al marchese Mar-
cello Sciamanna, dedicandosi interamente alle miniere di Guercino
assai più vantaggiose (1), e costruendo ‘una nuova ferriera in
Terni come si legge nella seguente epigrafe posta sur uno dei più
vecchi muri di quest’ opificio fino a pochi mesi fa ancora in eser-

cizio: Ex auctoritate — D. N. Pii VI Pont. Max. — Philippus
Carandinus V. E. Diac. Card. — Praefectus Cong. Boni Regim.
— Ferrariam ad Montem Leonem quae in usu desierat — Magno
consilio et grandi impensa flandoque — Domum cum instrumento
omni suo apud Interamn. — A solo aedificavit. CIOIOCCXCIIII
— Cura agente Marcello Sciamanna — Marchione et totius operis
mancipe.

Lo Sciamanna rivolse però le sue maggiori cure all’ opificio
di Terni, e lasciò quasi in abbandono quel di Monteleone (2), che
così non avendo i necessarii restauri deperì sempre più fino a che
nel 24 novembre 1798 una piena del fiume Corno ruppe i ripari
costruiti per la presa di acqua, e ne impedì più oltre il funzio-
namento (3).

Al tempo della dominazione francese, la Consulta che, come
scrisse il Botta nella sua storia d'Italia, sî sforzava di consolare
l’afflitta Roma, pose assidua opera per la riattivazione della ma-
gona (4), inviando sul posto l’ illustre geologo Scipione Breislak (5)

(1) Lettere quindici del cardinal Carandini dirette al signor Antonio Rotondi
suo rappresentante in Monteleone. Si conservano presso la famiglia Rotondi.

(2) Breislak nella sua relazione dice anzi che sotto Pio VI « uomini esteri allet-
tati dalla sola sete del denaro diressero il lavoro: provvidero al proprio interesse
e non alla saggia direzione di opera tanto utile; perciò la miniera restò sepolta fra
poco tempo nella sua antica oscurità ». Giudizio severo, ma perciò appunto abba
stanza vero.

(3) Marco Franceschini, Memorie storiche di Cascia, vol. II, inedite.

(4) Carlo Botta, Storia dei Popoli Italiani, tomo V, pag. 224, Livorno, Vi-
gnozzi 1826.

(5) N. a Roma nel 1748, m. a Milano il 25 febbraio 1826. Fu dapprima profes-
sore di fisica e matematica nel Collegio Nazareno a Roma, poscia a Napoli nel
Reale collegio militare. Recatosi a Parigi nel 1789 fu intimo di Fourcroix, di Cha-
510 A. MORINI

che delle miniere monteleonesi fece un'aeeurata ed erudita rela-
zione. Ma poco stante caduto il governo francese, e per le varie
contingenze politiche lo stesso Breislak trasferitosi a Milano, non
vennero più eseguiti i progetti di restauro; € l’opificio abbando-
nato a se stesso, nè più curato nemmeno dopo la restaurazione sotto
il pontificato di Pio VII, cominciò a cadere e andare in ruina.
Oggidì se ne vedono i ruderi abbastanza grandiosi sui quali le
ingiurie del tempo hanno ormai impressa una melanconica fiso-
nomia.

Verso il 1830 facendosi la prova in Terni di un forno fusorio
si adoperò il minerale di Monteleone concesso dal Governo pontificio
con solenne stipolato alla Società Romana delle miniere di ferro,
insieme con le altre di Gavelli, di Tolfa e di Gualdo Tadino; ma
i risultati non furono soddisfacenti specialmente per il grave di-
spendio dei trasporti lungo strade difficili ed inospiti, come nelle
Memorie storiche di Terni scriveva il Silvestri (1), il quale, pro-
pugnando sin d’allora la costruzione della strada Valnerina, par-
lava dei grandi vantaggi che essa avrebbe apportati a Monteleone
per le sue ricche miniere di ferro (2).

Il 25 settembre 1881 la Società di Lione Lan Yon et Frech
magnificava le miniere di Monteleone e ne proponeva l’ estrazione
specialmente dal lato economico (3). Il Municipio monteleonese ha
pure cercato sempre d’invogliare Società per riattivare tale indu-
stria del ferro, ed a tal uopo commetteva nel febbraio dell’ 82
all'ingegnere agronomo Antonio Rotondi di redigere una relazione
storico-geologica. Forse il movimento iniziato non ebbe fautori
perchè la località mancava sino a pochi anni or sono di strade
carrabili. Ora però che una comoda strada provinciale artistica-
mente attraversa le gole del Corno ad otto o dieci metri di di-
stanza dall’ antica magona unendo Monteleone da un lato con Ca-
scia e la Valnerina, e dall’ altro con Leonessa-Piediluco e Terni,

ptal, di Cuvier e di altri. Nel 1802 ritornato in Italia ebbe cariche onorifiche nella

Repubblica Cisalpina e fu iscritto membro in varie società scientifiche di Londra,

Edimburgo, Berlino, Monaco e Torino. Con Monti, Giordani e Perticari nel 1816

fondò la Biblioteca italiana. — V. Configliacchi, Memorie di S. Breislar, Padova 1827.
(1) Ludovico Silvestri, Memorie storiche di Terni, Rieti 1856, pag. 118.

(2) Id. pagg. 156, 157.

(3) Relazione dell’ ing. Antonio Rotondi sulle miniere di Monteleone, inedita.

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INTORNO ALLE FERRIERE DI MONTELEONE NELL’ UMBRIA : 511

non sembrerebbe piü improbabile che l'industria metallurgiea
della Manchester italiana potesse attingere alle miniere monteleo-
nesi la materia prima.

Perchè infine è bene notare che queste miniere di ferro
sono di facilissimo scavo, e giacenti aleune in fondo ad antichi
bacini d’acqua stagnante, costituendo appunto il così detto fer des
marais dei geologi. I luoghi nei quali si ritrova il minerale sono
nei vocaboli Terrargo, Campofoglio, Cornüvole, La Cupa, Cerescia,
Opecchia, al monte di Cascia ed al monte di Gavelli. Le più ric-
che miniere son però quelle di Terrargo al sud del monte Birbone,
lungi da Monteleone circa quattro chilometri. In esse il minerale
si trova tra gli scogli calcari in masse isolate formanti grandi
geode ferruginose. La scogliera è lunga sessanta metri, alta venti,
ed ha sei aperture che immettono nelle gallerie scavate nel pas-
sato, tutte comunicanti tra di loro. Il ferro di questa località è
chiamato oligisto — a differenza del fer des marais che si ritrova
piuttosto nelle località di Cornuvole e Ruscio —, avente ora il
letto ed ora il tetto di argilla ferruginosa, come nella ganga or-
dinaria. I filoni del fer des marais sono più sottili alla superficie
del suolo e più alti nel massimo punto di profondità, ove il mi-
nerale si trova configurato in stallagmiti ferrugginose mammello-
nate: l'estrazione quindi si fa a cava aperta ed è facilissima e di
lieve spesa. I caratteri esterni di questo ferro sono il colore bruno,
la frattura liscia ma non lucente e la fusibilità: i caratteri intrin-
seci sono una squisita dolcezza e malleabilità che ne formano un
ottimo prodotto (1).

Il sistema adottato per la fusione nelle ferriere di Monteleone
purtroppo non fu dei migliori perchè se ne potesse avere buon
vantaggio economico. Probabilmente si usarono i forni alla ca-
talana, i quali, se da un lato sono di metodo pronto e facile e
produeono ferro ottimo e malleabile, dall'altro esigono minerali
assai riechi e fusibilissimi, e grande eonsumo di combustibile. Nel
minerale di Monteleone la abbondante ganga è costituita da ar-
gilla, materia per se stessa quasi infusibile. Col metodo catalano
quindi, — per il quale la miniera si riscalda a contatto del carbone

(1) Breislak citato.

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D12 A. MORINI i È

e la ganga si combina con una porzione dell’ ossido di ferro pre-
servato dalla riduzione formandosi un silicato doppio d’ allumina
e di protossido di ferro senza grande alzamento di temperatura,
— si ottiene bensì il ferro senza farlo passare allo stato di ghisa
battendo semplicemente il metallo spugnoso col martello per ren-
derlo compatto e spremerne la scorie, ma si perde di necessità
una porzione di ossido di ferro tanto più notevole quanto mag-
giore è la ganga della miniera. Non è conveniente perciò tal me-
todo per le miniere di Monteleone, e forse l'adozione di esso ne
ha allontanato gli speculatori.

Assai più preferibile, e 1’ unico adatto per la qualità locale,
è il metodo moderno degli alti forni, col quale si estrae tutto il
ferro della miniera facendolo passare o allo stato di ghisa, o in
iscorie. L’ altissima temperatura necessaria potrebbe esser mante-
nuta assai economicamente usando per combustibile la lignite, di
eui nel territorio di Monteleone ve ne sono ricchi giacimenti a
poca: distanza dalle miniere. La natura è stata qui davvero prov-
vida !

Certo che ora con l'avvenuta apertura della nuova strada |

provinciale, non sarebbe affare dispregevole riattivare una lavo-
razione, che eseguita con criteri moderni e razionali, come di volo r
si è accennato, potrebbe dare notevoli guadagni a questa parte
della montagna umbra e vantaggi immensi all' industria siderur-
gica ternana.

Cascia, giugno 1903.

Dorr. ApoLro MORINI.

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CIELLCENSED

513

RECENSION!]

£r

ConRADO RICCI, Pintoricchio (Bernardino di Betto of Perugia):
his life, work and time...: from the italian by Florence
Simmonds... London, W. Heinemann, 1902.

Sono passati sedici anni da quando la nostra Alinda Bonacci
Brunamonti, che non era solo un’insigne poetessa ma anche una
scrittrice di cose d'arte piena di genialità e di finezza, pronun-
ziando all’ Accademia di Belle Arti in Perugia un applaudito di-
scorso su « Pietro Perugino e l'arte umbra », notava che « ita-
liani e stranieri ‘resero di rado giustizia al Pinturicchio. Comin-
ciarono le scortesie col Vasari. Gli naequero forse in principio
l indole modesta e timida e i difetti fisici della persona. Per cui
dovette in seguito contentarsi sempre del secondo posto, potendo
stare alla pari col Vannucci ». Ma « oggi — ribatteva giusta-
mente il Renier nel « (Giornale storico della Letteratura ita-
liana » (1898) — non sarebbe più giusto rappresentare il Pintu-
ricchio come una specie di perseguitato dalla critica ». E forse
non era più giusto rappresentarlo così neppure quando la Bruna-
monti pronunziò il suo magnifico discorso; poichè se parecchi
storici dell'arte lo trattarono anche peggio del Vasari (il quale,
del resto, se non gli fu benevolo, neppure ebbe intenzione di de-
nigrarlo), è anche vero che i lavori speciali di ricerca erudita e
d’ illustrazione e di critica intorno alla sua vita e alle sue opere
cominciarono assai prima che rifiorissero un po’ tra noi gli studi
di storia dell’ arte. Anche lasciando da parte le poche ricerche del
Mariotti nelle sue Lettere pittoriche (1788), e 1’ Elogio: storico che
ne pubblicò a Roma nel 1837 Francesco Fabi Montani, merita di
esser ricordato il volume di Memorie che intorno a lui raccolse e
pubblicò, nello stesso anno, G. B. Vermiglioli, « con appendice

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sr umm"
514 RECENSIONI ; 1

di documenti in buona parte inediti ». I1 Vermiglioli, dotto e in-
fatieabile areheologo ed erudito, sebbene serivesse anche una mo-
nografia sulla eelebre Fontana di Perugia e su qualche altra opera
artistica, non era veramente un critico d'arte; ma dal lato dell’ e-
splorazione archivistica e della ricerca storica gettò pur qualche |
luce sulla vita e le opere del Maestro. Della disamina stilistica poi È
e del valore delle sue opere si occuparono più tardi il Crowe e il
Cavalcaselle in molte e molte pagine della loro celebrata Storia
della Pittura in Italia, pubblicata in inglese nel 1866. Anch’ essi
veramente non furono molto benevoli col nostro pittore, al quale,
per es., seguitarono a contestare col Lanzi, col Rumohr, col Passa-
vant ed altri il merito esclusivo dei famosi affreschi di Siena; ma
in ogni modo lo seppero considerare, dopo i lavori della Sistina,
come un artista indipendente, e con la loro analisi accurata, mi-
nuziosa e forse, com’ è stato osservato, eccessiva, richiamarono
autorevolmente su lui l’attenzione degl’ intendenti e dei critici.
Gettate così le basi principali, si vennero moltiplicando gli
studi e le ricerche speciali su questo o quel ciclo di opere, in
questa o quella città, su questo o quel problema della ricca e va-

ria operosità del Maestro, che, come osservava il Vasari, « sodi-
sfece assai a molti principi e signori, perchè dava presto 1’ opere |
finite, siecome desiderano... ». E per due ragioni massimamente 4
doveva sempre più guadagnare nella stima comune: perchè si
dovè finalmente escludere, con argomenti positivi, validissimi e
accettati in tutto da critici quali, per es., il Burekhardt, il Bode 1
e il Morelli, la presunta collaborazione di Raffaello negli affreschi I
di Siena, e perché, dopo tanto tempo, furono restituiti all'ammira-
zione del pubblico, con benintesi restauri, commessi da Leone XIII
a Lud. Seitz, gl'importantissimi affreschi delle Sale Borgia in
Vaticano, che a buon dritto sono stati giudicati la più bella de-
corazione profana di quel secolo d’ eleganza gioconda e libera.
Così la fama del Pintoriechio poteva levarsi alta su quella degli
altri pittori umbri, e dello stesso Perugino, non solo pel numero
grande e il pregio non piccolo delle opere sue, che a mano a
mano si venivano scoprendo e identificando e illustrando, ma più

specialmente per tre grandi e interessantissimi cieli di pitture mu-
‘ali: quelli di Roma, di Spello e di Siena; ciascuno dei quali era e:
stato o fu argomento di ricerche e di studi particolari. Per Siena,
PINTORICCHIO, ECC. 515

oltre i Documenti pubblieati dal Milanesi e dai suoi continuatori,
si ebbe la monografia di Augusto Schmarsow (Aaphael und Pin-
turicchio in Siena. Stuttgart, 1880); per Roma il lavoro dello
stesso Sehmarsow (Pint. in Rom. Stuttgart, 1882), il libro del p.
Ehrle e dello Stevenson (Gli affreschi del Pint. nell'appartamento
Borgia, Roma, 1897; — 2» ediz. frane. '99) e gli articoli del Ven-
turi e d'altri; per Spello l'opuscolo di A. H. Layard (The Fre-
scoes by B. P. in the coll. church of S. Maria Magg. at Sp. London,
1858) e quanto serisse Giulio Urbini nella sua illustrazione de Le
opere d'arte di Spello (Roma 1897). Per altre città e altri luoghi,
ove pur sono opere sue, si occuparono molti eruditi, come il Fumi,
il Sansi, il Servanzi Collio, il Magherini Graziani, il Manzoni, lo
Staffetti ecc. Oltre a ciò, del Pintoriechio si venivano intanto oc-
cupando, in opere d’ indole più generale, parecchi critici, spe-
cialmente stranieri, quali il Berenson (Te Central Italian Pa-
inters of the Renaissance, 1899), Selwyn Brinton (Masters of Um-
brian Art, 1900), J. Destrée (Sur quelques Peintres des Marches et
de l’Ombrie, 1900), e altri, tra cui naturalmente eccelle per le sue
importanti analisi critiche (Kunstkritische Studien über italienische
Malerei, 1893, e altrove) il nostro Morelli, « maestro di colcr
ehe sanno », anche se spesso, trascurando troppo le indagini sto-
riche, troppo si affidava al suo acutissimo intuito.

Così da molte parti e in diversi modi. si veniva apparec-
chiando una grande ricchezza di materiali, di analisi, di osserva-
zioni per chi avesse voluto accingersi a una completa opera sin-
tetica. Alla quale infatti si misero, a breve distanza di tempe,
alcuni critici stranieri. Primo un tedesco, E. Steinmann, in un
libro (Pintoricchio; Leipzig, 1898), accreditato, specialmente nella
sua nazione, ma non forse d’ ugual valore in ogni sua parte; se-
condo un inglese, E. M. Phillips, il cui libro (Pintoricchio ; Lon-
don, 1901), più che altro divulgativo, è piuttosto superficiale; terzo
un francese, Boyer d'Agen, con L'oeuvre du Pintoricchio, 1902,
a cui va innanzi, in un volume separato, un’ampia introduzione
(Le peintre des Borgia: Pinturicchio ete.; Paris, 1901): opera ve-
'amente magnifica pel numero e il pregio delle illustrazioni, a cui
però non corrisponde degnamente il testo, non scevro di super-
fluità, di divagazioni, di esagerazioni.

Onde, riassumendo, si aspettava ancora un’opera che alla
516 RECENSIONI

compiutezza ed esattezza dell' informazione erudita accoppiasse la
diligente e fina analisi stilistica e una geniale sintesi estetica; che
alla ricchezza e bellezza delle illustrazioni facesse corrispondere
l'esposizione rigorosa insieme e attraente; scientifica, come si
dice, ed elegantemente letteraria. È certo che l’ equa contempe-
ranza di queste doti è propria più che altro dell’ ingegno italiano;
ond’ era, più che desiderabile, doveroso che un italiano si ponesse
finalmente a quest’ opera. E l'opera in fatti è venuta, e pochi
certo avrebbero avuto, come Corrado Rieei, i pregi necessari a
farla così splendidamente.

I grande e magnifico volume si compone di nove capitoli.
Nel primo l’illustre autore dà uno sguardo generale ai pittori
umbri e specialmente a quel, secondo noi, ancor problematico
Fiorenzo di Lorenzo che passa pel fondatore della scuola peru-
gina; delinea la bellezza della regione e parla di Perugia nella
seconda metà del secolo XV e delle opere giovanili del Pintu-
riechio. Nel secondo e terzo capitolo tratta delle pitture della Cap-
pella Sistina in Vaticano e della Cappella Bufalini nella chiesa
d’ Araceli a Roma: nel quarto degli affreschi del Belvedere in
Vaticano, delle decorazioni del Palazzo Colonna e del Palazzo dei
Penitenzieri e dei sistemi d'ornamentazione e delle grottesche :
nel quinto, delle immagini della Madonna e dei ritratti (la S. Ca-
terina nella Galleria nazionale di Londra, la Madonna della Pace,
la M. di Città di Castello, la M. dei Borgia, la M. dei eonti Spal-
letti, la M. del terremoto) e degli affreschi nelle cappelle di S.
Maria del Popolo a Roma e nella Cattedrale d' Orvieto. Nel sesto,
fatta la storia delle famose Sale Borgia in Vatieano, e detto degli
antiehi e dei nuovi restauri, analizza e illustra le rappresenta-
zioni delle varie sale (la sala dei Misteri, la sala dei Santi, la
sala delle Arti liberali, la sala del Credo, la sala delle Sibille):
nel settimo si occupa del ritorno del Maestro nell’ Umbria, delle
opere degli scolari, delle nuove opere in Vaticano e in Castel S.
Angelo e delle pitture del periodo umbro, tra cui notevolissimi
gli affreschi della Cappella Baglioni in S. Maria Maggiore di Spello:
nell’ ottavo studia il Pinturicchio a Siena, e nell’ ultimo discorre
degli ultimi anni e delle ultime opere del Maestro, della sua fa-
miglia, del suo carattere, della sua triste fine.

Il Rieei non ha separato, come, per esempio, il Phillips, la
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PINTORICCHIO, ECC. 517

narrazione della vita dallo studio delle opere; ma l’una e l’altro
‘s'intrecciano continuamente e s'illuminano a vicenda, componendo
un quadro ordinato, nitido e attraente, dei tempi e delle vicende
del Pittore, della sua derivazione ed educazione artistica, dei pregi
‘e dei difetti delle sue moltissime opere, che gli meritano, anche
senza gli esagerati entusiasmi del Boyer d’ Agen, un posto assai
onorevole nella storia dell’ arte italiana. Crescono pregio al volume
gl’ indici analitici e le tante e bellissime illustrazioni, a pagina
intera o intercalate nel testo e prese da fotografie degli Alinari,
del Tamme, dell’ Anderson, del Lombardi, dello Hanfstaengl, oltre
alle quali vi sono, fuori del testo, sei finissime tavole in fotoin-
cisione e quindici magnifiche tavole a colori.

Fra i molti pregi del Ricci, critico d’arte, uno dei meno ap-
pariscenti, ma non meno solidi e utili, è quello che diremo sem-
plieemente il suo gran buon senso italiano: egli, sebbene abbia
dovuto pubblicare il suo libro all'estero, non è fortunatamente di
quelli ehe eredono che la critica e la storia dell’ arte si debbano
quasi tutte agli stranieri; i quali (e più specialmente quelli del
nord) oggi amano troppo le tesi paradossali, che levano rumore
e si prestano a molto sfoggio d'ingegnosità e a molta pirotecnica
d'ipotesi sbalorditoie e fumose. Essi cominciano a essere, in ge-
nere, troppo poco rispettosi della tradizione, che pur non nasce
dal nulla, e troppo fidenti invece nei loro occhiali e nella loro al-
chimia stilistica; essi amano troppo le attribuzioni nuove e inaspet-
tate; mentre il Ricci, al contrario, ama di proceder cauto, ponde-
rato e sicuro; e non si ferma solo alle questioni storiche e tecni-
che, ma è dei pochi eletti che vogliono ricercare l’ animo dell’ar-
tista nell' opera d'arte; che vogliono fare insieme opera di storici
e di filosofi, di critici e d'artisti. Al che gli giova l’ essere non
solo un esercitato critico d’arte e direttore operosissimo di una
delle più importanti pinacoteche d’Italia, ma anche un’anima di
poeta, un elegante letterato: onde i suoi libri, non solo hanno
grande valore per la critica e la storia dell’arte, ma sono anche
concepiti e scritti con vero intelletto d’ artista. Egli si prepara ai
suoi lavori con pazienza e diligenza d’erudito; nulla gli sfugge
di quanto è stato scritto sull’ argomento; ma la grave materia
sotto alla sua penna si anima e avviva in una forma facile, colo-
rita e attraente. Qui dovrei scendere a qualche particolare, addi-

31
518 RECENSIONI

tando, per es., che nuovi contributi abbia recato il Ricci al suo
importantissimo argomento e a che risultati sia giunto in certe
difficili e discusse questioni o a proposito di attribuzioni d' opere
su cui manchi un’attendibile testimonianza scritta, o una costante
tradizione, o una piena concordia d’intendenti; ma a me basti,
per ora, aver richiamato l'attenzione dei dotti lettori di questo
Bollettino sopra un’ opera che interessa tanto la regione umbra e
che onora così altamente la critica italiana. Peccato che que-
st’ opera, uscita contemporaneamente in francese a Parigi e in
inglese a Londra e a Filadelfia, non sia anche uscita nè forse sia
per uscir mai in italiano, tanto sono misere da noi le condizioni
librarie, tanto è scarso ancora il pubblico italiano che s’ interessi
di questi studi geniali intorno alla nostra arte, che pur costituisce
il nostro massimo titolo di gloria!

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ANALECTA UMBRA

Assisi. — Delle pergamene dell Archivio. Comunale antico di Assisi
avea dato l'elenco, ma non oltre il Secolo XIV, il prof. Pardi, pubbli-
cando taluni documenti di maggior pregio (Perugia, tip. Boncompagni,
1895; in 8, pp. 36); ein questo Bollettino (I, 629 e sg.) ne fu dato conto
con qualche lieve. osservazione. Ora, per cura di Alfonso Brizi, viene
in luce il completo Catalogo delle pergamene e degli antichi autografi
dello stesso Archivio (Assisi, 1903; in 8, pp. 86). Francesco Antonio
Frondini, eruditissimo nella storia assisana, esaminò tutte codeste per-
gamene, e a tergo d'ognuna scrisse succintamente il contenuto : tali
note costituiscono il Catalogo edito dal Brizi. La classificazione dei do-
cumenti, come il Frondini la fissó, 6 stata conservata per la buona
'agione che « non sorgessero confusioni quando occorresse riscontrare
qualche documento citato da scrittori a noi precedenti » ; ma l' ineon-
veniente della disposizione delle pergamene d' uno stesso secolo in serie
disparate rimane, e non è lieve. Per esempio, i documenti del secolo XIII
sono nelle serie I e VII; del XIV nelle serie II e VIII. Insomma, le
pergamene sono distribuite cronologicamente, dal Secolo XIII in poi,
in due gruppi, cioè nelle serie I- VI e VII- XIX. Notisi, inoltre, che
d'ogni atto è dato soltanto l'anno; nè è dichiarato che l'inventario
delle pergamene fino a tutta la prima metà del secolo XIV ci era stato
offerto dal Pardi, e che talune della serie I, num. 1, 2, 3, 4, 5, 6, 14,
erano state da lui, ma non senza errori, integralmente pubblicate. —
Gli autografi (corrispondenze epistolari) non sono anteriori al 1400. —
L'inventario sommario del Pardi e questo Catalogo, che viene in luce
sotto gli auspici della Società internazionale di studi Francescani, ci
danno, completandosi a vicenda, una giusta idea del singolar valore
dell' Arcehivio Comunale di Assisi.

Cascia. — Il recente volume di Nicola Mattioli su Fra Giovanni
da Salerno e le sue opere volgari inedite (Roma, tip. Salesiana; in 8,
pp. 332: efr. Giornale stor. della lett. ital., XL, 217 e sgg.) ha interesse
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590 ANALECTA UMBRA

per noi, ché il modesto ed oscuro religioso fu « discepolo devoto e vol-
garizzatore delle dottrine di un uomo ch' ebbe ben altra levatura d'in-
telletto, del beato Simone Fidati da Cascia ». Giovi qui ricordare che
sul Fidati e gli scritti suoi editi e ignoti pubblicò il Mattioli fin dal 1898
un volume (Roma, tip. del Campidoglio ; in 8, pp. 524), di cui Alfredo
Galletti rese conto con ampiezza e severità di giudizi nel Giornale stor.
cit., XXXIV, 213 e sgg., insieme a quello di Lorenzo Franceschini Fra
Simone da Cascia e il Cavalca; studi critico-letterari sull’ Umbria nel
secolo XIV (Parte I: Roma, Cuggiani, 1897; in 8, pp. 207).

Città di Castello. — Coll intendimento d’ illustrare la storia de-
gli antichi vescovi, Fedele Savio ha raccolte notizie intorno a quindici
d’essi, de'quali i nomi son dichiarati nell’ Apologia contro gli Ariani
di s. Atanasio ; e codeste notizie ha pubblicate nel fasc. 34 dell’ Archi-
vio stor. lombardo (pag. 234 e sgg.: Una lista di vescovi italiani presso
s. Atanasio). A proposito del sesto vescovo, secondo l’ ordine del cata-
logo atanasiano, cioè di Sperantius, o Esuperanzio, ricorda il Savio un
Esuperanzio venerato con s. Crescenziano in Città di Castello e con
altri. santi, i nomi de’ quali Angelo de’ Conti, nei suoi « Fiori della
Chiesa di Tiferno », dedusse da un antico calendario (« Sanctorum
Crescentiani, Justini, Griciniani, Viriani, Orphiti, Exuperantii, Bene-
dicti, Eutropii atque Fortunati »). E congettura che tale raggruppa-
mento di nomi sia « un resto degli antichissimi dittici della chiesa
Tifernate. Nella quale ipotesi, e posto ch'essi siano scritti secondo
l ordine cronologico, noi potremmo vedervi la lista (ora mancante) dei
vescovi di Città di Castello ». Ma per la incertezza della congettura
« e per il fatto che Città di Castello non apparteneva alla diocesi
d'Italia » (i vescovi nominati da s. Atanasio sono collocati « in canali
Italiae », cioè nell'Italia superiore), il Savio non insiste su quella
identifieazione, nó, escluso il s. Esuperanzio di Città di Castello, si
ferma sul s. Esuperanzio di Todi « del quale è incerta la stessa di-
gnità vescovile »: peró la congettura e le notizie, da lui espresse con
giusta cautela, potranno servire ad altri « e specialmente a chi si oc-
cupa di storie municipali, come addentellato per nuove proposte e
nuovi resultati » per giungere alla compilazione d'un critico elenco
degli antichi vescovi italiani.

Foligno. — A complemento delle sconosciute edizioni impresse
in Aquila da Lepido Facij, il dottor G. Pansa (Brevi aggiunte al sag-
gio critico sulle stamperie abruzzesi; Aquila, tip. Aternina, 1902) ricorda
la Rappresentazione di S. Maria Maddalena (Aquila, 1595; in 8°), di
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ANALECTA UMBRA 521

.
cui è autore Giov. Maria Benassai di Foligno, dell’ ord. eremitario di
s. Agostino. — Ricordisi che con Faccio Facij e Marcantonio Facij fu
stampatore in Aquila nel secolo XVII anche Giuliano Vantini di Pe-
rugia.

Fonte Avellana. — La monografia di Luigi Nicoletti Dante al
monastero di Fonte Avellana (Pesaro, Federici, 1903; in 8, pp. 61) con-
sta della riproduzione, quasi integra, del bello studio di Medardo Mo-
rici su Dante e il monastero di F. A. (Pistoia, Flori, 1899), e della sua
confutazione, non sorretta da validità d’ argomenti. Il Morici conclu-
deva che la tradizione della visita di Dante nell’ A. è letteraria e lo
negava ogni valore; il Nieóletti invece conclude : non è letteraria quella
tradizione; « esattissipíe sono le indicazioni dateci dall Alighieri in
riguardo al Catria e fall’ Avellana; il Catria non è neppur visibile dal-
l| abbazia di Classe; il poeta ebbe « la piena conoscenza delle cose
dell’ Avellana e dei luoghi vicini » : dunque « non rimane che credere
alla dimora » sua nel monastero. Ma tutto questo è, secondo noi, da
dimostrare. E conforme al nostro è il giudizio che sulla monografia del
N. esprime la Rassegna bibliografica della lett. ital., XI, 185 e seg.: « tutti
gli argomenti addotti non giovano a render maggiormente credibile la
tradizione .. Può anche essere che nell’ errabonda sua vita l’ esule poeta
sia stato ospitato dai benedettini dell’ Avellana, e proprio nelle stanze
che portano il:suo nome: è più difficile l' ammettere, se anche non sia
impossibile, che ivi scrivesse 20» minimam. partem della Commedia ».
Chi espresse questo giudizio rimase dubbioso tra le due recise e con-
trarie asserzioni del Morici e del Nicoletti; l' uno dichiarando che il
gibbo sia stato veduto dal poeta dalla badia di Classe fuori; e l'altro
sostenendo che da Classe il Catria « non si vede, assolutamente non si
vede, e nessuno ha mai potuto vederlo ». A questa affermazione, fatta,
a dir vero, con deplorevole leggerezza, il Morici, in una lettera al prof.
A. D' Ancona, edita nella Nazcone del 16 luglio, contrappone le testi-
monianze del prof. Ostermann, del prof. Mori e del capitano del porto
di Ravenna, tutti concordi nel confermare che il Catria è mirabilmente
visibile da Classe; tanto visibile, anzi, che proprio da Classe se ne può
far nitidamente lo schizzo. Ma se i marinai locali sanno per pratica il
Catria, il Titano e i monti della Carpegna!: sanno e chiaramente di-
scernono da Classe quello che il Nicoletti non sa e non vuol che si
discerna! Ed egli anche non sa (lo sorprese in questi errori il Morici
nella citata lettera al prof. D' Ancona) che il verus dell’ iscrizione avel-
lanense è un comparativo (trattandolo per un positivo, come fece I' Am-
pére, reca offesa alla storia), e che il Catria fa parte dell' Appennino.

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529 ANALECTA UMBRA

Ancora: la tradizione della dimora di Dante nel monastero dell' Avel-
lana è, secondo il Nicoletti, anteriore a quella della sua andata a Gub-
bio, dove Bosone de’ Raffaelli l' avrebbe accolto in sua casa: invece la
verità è che il notissimo sonetto, ricordante la visita del poeta a Col-
mollaro e la sua amicizia con Bosone e l’ aver egli insegnato « greco
e franceseo » ai figli dell’ eugubino, è, come il Mazzatinti ha dimo-
strato, del 1508; e l’iscrizione avellanense fu fatta collocare nel 1557.
Con sì fatta sincerità e fedeltà alla storia raccomanda il Nicoletti al
Ministro di pubblica istruzione il monumento perch’ egli lo dichiari
nazionale !

Panicale. — Il prof. Luigi Piccioni, che studia la vita e l'opera
di Francesco Uberti, umanista e poeta cesenate, ha fatte indagini accu-
ratissime intorno a Michelangelo da Panicale e ne ha reso conto nel
Cittadino di Cesena (a. XIV, num. 41) in un articolo per Un maestro
perugino a Cesena nel secolo XV (estr. in 16, pp. 15: Cesena, tip. Bia-
sini Tonti, 1902). Il Bini asserisce che il Panicalesio insegnò l'arte
oratoria e poetica nello Studio perugino dal 1463 al '64; che di lui
nulla si sa per gli anni anteriori; e che nel 68 teneva scuola a Rimini.
È certo che Michelangelo fu maestro all’ Uberti; ma è pur certo che
non è possibile determinare se e quando 1’ Uberti dimoró e studiò nella
patria di Baldo: questo — nota il Piccioni — è « per sè stesso assai
strano, data specialmente la fecondità del poeta e la sua spiccata ten-
denza a parlar di sè, de’ suoi maestri, de’ suoi compagni di studio.
Ci restano, è vero, carmi dell’ Uberti, diretti a personaggi che nacquero
‘© vissero più o meno lungamente in Perugia; ma nulla può impedirci
di supporre che costoro il poeta li abbia conosciuti in altri tempi o
altrove che in quella città ». Dell’ Uberti sono superstiti due carmi e
un' epistola al Panicalesio, precettor suo; ma da codesti componimenti
non è lecito dedurre il luogo dov’ egli studiò. Le riformanze del Con-
siglio di Cesena chiariscono il punto dubbio: nel 1456 il Comune cese-
nate elesse a « magistrum scholarum » Michelangelo « de Perusio »,
che restò in carica, pare, fino all’ anno successivo, quando chiese d' ab-
bandonar la scuola per l'infierir della peste. Ma «se fuggì da Cesena,
vi tornò: scorrendo le Riformanze degli anni che seguono, si vede di
nuovo comparire il nome del maestro — che qua e là è chiamato pure

rector scholarum — sia per le conferme annuali nell’ ufficio suo, per

provvedimenti riguardanti alla inesigibilità delle quote che al maestro
spettavano, assai probabilmente, dalle famiglie degli scolari, e per le
quali gli Anziani aveano avuto speciali facoltà dal Consiglio ». Non
dunque per certezza assoluta, ma con tutta probabilità, quel maestro

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ANALECTA UMBRA i 523

:
Michelangelo « de Perusio » puó essere identificato col maestro Miche-
langelo da Panicale, che fino al '62 insegnò a Cesena, e poi, dopo
quest'anno, come attesta il Bini, a Perugia. Il Masini, biografo del-
l’ Uberti, credè che questi avesse dimorato in Perugia e quivi cono-
sciuto il maestro : oggi codesta congettura è tutta priva d’ ogni valore,
chè, grazie alle indagini del Piccioni, si può determinare l'insegna-
mento e il tempo di tale insegnamento del precettore umbro in Ce-
sena.

Montone. — Si sa che l'edizione aquilana della storia De bello
Bracciano, apparsa per l’editore Giuseppe Cacchio nel 1580, è oggi ir-
reperibile. Torna su questo argomento il dott. G. Pausa nelle Brevi
aggiunte al saggio critico sulle stamperie abruzzesi (nell’ opuscolo Una:
ignota edizione quattrocentina degli Statuti suntuarii di Aquila; Aquila,
tip. Aternina, 1902) e ricorda che quella sconosciuta edizione fu vista
dall'Antinori e che Francesco Vivio la riprodusse nelle sue Silvae. Di
questa storia di Braccio da Montone, scritta da Angelo Fonticulano,
non fu, come asserì il Dragonetti, fatta la ristampa nel 1630; nè il
Burmann, che la ripubblicò, ebbe sott'occhio l'esemplare del 1580.

Perugia. — Notizie storiche sulle confraternite perugine de? Disci-
plinati di s. Francesco, s. Agostino:e s. Domenico furono pubblicate (le
raccolse il dott. G. Degli Azzi) in appendice al Acorso al RH. Prefetto
del? Umbria contro la proposta del loro concentramento nella Congre-
gazione di Carità di Perugia (a pag. 37 e sgg.: Perugia, Donnini,
1902; in 4). Fa seguito il breve di Urbano VIII, 11 agosto 1632, che
afferma l'autonomia loro, la quale poi non fu turbata dal governo na-
poleonico, dai decreti del Pepoli su le opere pie (1860), e dalla legge
del 7 luglio 1866.

4", Per le nozze Tommasini -Broun (21 giugno 1902) il conte L.
Manzoni ha pubblicato due corredi nuziali, curiosi e importanti docu-
menti per la storia del costume, trattili dall’ archivio della nobil fami-
glia perugina de’ conti Ansidei. Appartenne il primo alla contessa
Francesca Arrigucci, sposa del conte Fabrizio di Fulvio Ansidei (27
aprile 1725); e il secondo al conte Torquato d’ Antonio Brancaleoni,
signore di Piobbico, prozio della contessa Arrigucci (ultimo di d’ ago-
sto, 1600). Ma qualche nome di stoffa poteva esser corredato d'una
breve nota illustrativa (Perugia, Unione tip. coop. ; in 8 oblungo, pp. 8).

fa D' un’ Iscrizione che non è un’ Iscrizione; ricerche d’ arte, che
lo stesso conte Manzoni pubblicò e dedicò al prof. Ernesto Monaci, a
594 ANALECTA UMBRA

commemorare il 25° anno del suo insegnamento nell’ Università di
Roma, sarebbe meglio tacere. Spiegata (!) « la parte filologica e la gra-
fica » dell'iscrizione che leggevasi sotto l'affresco del Perugino in Cer-
queto (la riprodusse così malamente l'Orsini e così malamente la ri-
stampa il Manzoni), l' A. scopre (!) che l'iscrizione è «l'ottava di una
laude popolare in onore di s. Maria Maddalena (è una stanza sempli-
cissima che dichiara la ragione della pittura) e dà ragione delle maiu-
scole « che senza ordine aleuno ora si trovano a principio, ora a metà,
ora al fine di ogni verso ». E la dà cosi: « Mi venne vaghezza di far
cantare ad una contadina tal (!) strofa con la cadenza dei (!) stornelli,
e qual.non fu la mia meraviglia allorchè vidi (!!) che la cantante ove
fermava la cadenza, ove poneva un aecento, ove allargava la nota
musicale era proprio dove si trovavano le lettere maiuscole dell’ ot-
tava? Mi figurai subito che Pietro avesse seritto quell’ ottava cantan-
dola, e così ho avuta la spiegazione di quelle lettere maiuscole qua e
là poste senza alcun ordine come a caso poste ». Se questo non si leg-
gesse a pag. 11 e sg. dell’ opuscolo, non ci si crederebbe. Nè meno
incredibili (nessuno ne immaginerebbe di più grottesche) sono le note
della « parte filologica ». Dice l’ iscrizione : « Cusì gli piaccia CuqHV
operare » ; e la nota dice: « Cuque operare si dovrebbe leggere coun-
que operare, ma anche qui fu scritto come le parole si pronunciavano
nel cantarle ». Ma ben poco ci voleva a capire che deve leggersi « cum
yHV », e che l’ Orsini seambiò I' y con un q. La iscrizione continua :.
« che mu E sempne Abbia Ad scampare »; e le note dicono: « Mu
in luogo di mo, cioè ora, è modo costante nel dialetto perugino ed
umbro, e nella valle del Tevere o nell’ Orvietano assai di frequente in
simil voce l'o è cambiato in 4 ». Falso! — « Sempne cioè sempre. Ecco
un altro esempio della soppressione delle consonanti aspre ». Spieghia-
moci; più su è detto che nella iscrizione leggesi uscì per riwscì, e che
« la dolcezza della pronuncia umbra non accoglie nel canto una lettera
aspra e viene soppressa la r. Chi ha sentito i contadini umbri dire i(!)
stornelli al mieter del grano sa che tal regola è costantemente seguita,.
onde nelle canzoni popolari e nelle laudi umbre difficilmente si trovan
parole aspre a principio del verso e generalmente vengon sostituite da
lettere dolci ». Ma come non pensare a leggere sempre me? — « Ad
scampare. Vi sono delle esigenze foniche nel canto di cui non è facile
dar (!) spiegazione. Qui il cantarino aveva bisogno di riposare la voce
e finire la cadenza del canto, e lo fa con allungare più che può la
parola finale, ottenendo nel finire un prolungamento di suono ». Ripeto :
se l' opuscolo non fosse stampato e pubblicato (Perugia, Unione tip.
coop., 1902; in 8 oblungo, pp. 12), non si crederebbe che tali cose fos-

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ANALECTA UMBRA 595.

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sero neppur pensate, nonché scritte sul serio e dedicate a un. illustre
come Ernesto Monaci!

4*4 L'antico rilievo topografico del ‘territorio perugino misurato e
disegnato da Ignazio Danti è stato ora integralmente riprodotto in una
grande tavola dal prof. Alessandro Bellucci che l'ha opportunamente
corredato di notizie d’altre rassegne di ville e castelli perugini. La.
carta fu disegnata dal Danti nel 1577 e il Cartari la incise nel 1580:
oggi ne son rarissimi gli esemplari, nè in buono stato (« anneriti dal
tempo, manchevoli e corrosi ») quelli che n'esistono; onde merita ogni
lode il prof. Bellucci per averla così fedelmente riprodotta. Vólte le
accurate ricerche intorno alla topografia antica del territorio perugino,
egli dichiara adesso il valore (ne farà poi argomento di studio spe-
ciale) delle singole rassegne, da quella, ch’ è la più remota, del 1305
e rappresenta « una scelta di luoghi difendibili », fatta soltanto per
ragioni di guerre. Una vera e propria descrizione dei castelli fu deli-
berata dai Priori perugini nel 1380: quelle del 1428 e dell’anno suc-
cessivo non segnano tutti i luoghi (e perciò rappresentano « un terri-
torio meno certo »), chè furono compilate coll’intento « di stabilire il
territorio giurisdizionale dei cinque Capitani del contado e il contributo
di ogni terra verso il Comune di Perugia ». Migliore e più ampia è
l’altra che il Belforti compiè, e di tanto copiose notizie storiche di luo-
ghi arricchì; dovremmo, anzi, dire che codesta voluminosa rassegna
può esser definita « una raccolta di materiali per compilar la storia del
territorio » perugino. Il Bellucci ne ha dedotto il catalogo delle ville e.
dei castelli e lo ha qui pubblicato: in tutti, sono 252, cioè 50 di Porta
s. Pietro, 56 di Porta Sole, 63 di Porta s. Angelo, 45 di Porta s. Su-
sanna, 38 di Porta Eburnea. Da questa, ch'ó opera di severa prepara-
zione, siamo indotti a giudicare della bontà e utilità assoluta del defi-
nitivo lavoro, che il Bellucci promette, sulla topografia ed onomastica
del vasto territorio. La nota che illustra la carta del Danti è inserita
nel Boll. della Società geografica italiana, fasc. 4-5 di quest'anno (estr.
in 8, di pp. 19).

Rieti. — Notizie di architetti lombardi a Rieti dal 1439 al 1458 dà
il prof. Alessandro Bellucci nella Rassegna d'Arte del maggio scorso:
dal 1439; ma se l'Archivio comunale reatino non avesse lacune, notizie
di codesti architetti avremmo forse pel tempo anteriore. Da quell’anno
e per opera di Jacopo da Varese (che identificheremo con Giacomo di
Pietro, fratello d'Ambrogio), di Simone e Giovanni d'Antonio da Be-
naco, di Cristoforo di Giovanni da Cuma, e dei maestri Giacomo e
TT

526 ANALECTA UMBRA

Giovanni fratelli, furono eseguite le costruzioni del Cassero e delle
mura, e fu rifatta la Porta Conca. Il Cassero fu totalmente demolito
vent'anni or sono, ma le mura e la porta sono state razionalmente
restaurate: di questa e del Cassero il prof. Bellucci offre due ripro-
duzioni fotografiche. Il contributo che l’A. offre alla storia degli archi-
tetti lombardi nell’ Umbria è ottimo, se non copioso, perchè rigidamente
fondato su ricerche d'archivio; maggiore e migliore potrebbe divenire
agevolmente, chè la presenza di tali magistri lapidum in alcune città

nostre é confermata da molti documenti, specialmente degli archivi di

Gubbio, d'Assisi e, come lo stesso Bellucci nota, di Perugia. Il Maz-
zatinti, ad esempio, studiando la vita e l'opera di mastro Giorgio, ha
segnalati molti artisti che nella seconda metà del sec. XV emigrarono
dalla Lombardia a Gubbio: taluni, anzi, vi lavorarono in quel mira-
bile edificio ch'è il palazzo de’ Consoli.

Terni. — Il socio cav. Luigi Lanzi c'invia quest'ottima nota su
la cappella Paradisi di Terni. — « A. Bassermann nel libro Orme di
Dante in Italia, tradotto dal Gorra e pubblicato pel Zanichelli in Bo-
logna, parla anche della Cappella Paradisi di Terni, e alla nota 10,
pag. 662, dice: « I freschi della cappella a destra del coro furono mi-
nutamente descritti dal Lupattelli, La chiesa di S. Francesco e gli affre-
schi del secolo XIV nella cappella Paradisi ecc.; Terni, 1892. Solamente
è da notare che l'autore è troppo precipitoso nell’ ammettere rapporti
fra gli affreschi e la Divina Commedia. Bene ha obbiettato U. Cosmo
in Giornale dantesco, III, 114 sgg. La pittura è assai mediocre, ma tra-
disce nel raggruppamento delle figure e nella trattazione dell'anatomia
un'età alquanto tarda. In ogni caso la data che forma la chiusa del-
l'iscrizione nella cornice inferiore del Paradiso (m ceci, non eccl, come
Cosmo legge) non é decisiva. Essa non si riferisce manifestamente agli
affreschi che ricoprono oggi le pareti della cappella, sibbene ad una
pittura anteriore. E che questa abbia esistito si vede chiaramente sulla
parete dell’ altare. Quivi nella striscia ornamentale, che separa la lu-
netta dal quadro prineipale, una parte considerevole dell’intonaco è
‘caduta, e dietro appaiono parti ornamentali che sono, per forma e co-
loriti, interamente grottesche (sic), e quivi appunto, proprio alla destra,
accanto all'imposta dell’ arco pure dietro all’ intonaco, in colorito ab-
bastanza fresco, appare la parte superiore del capo (occhi, capelli biondi,
corona e aureola) di una santa più grande del naturale. A questa pri-
ma pittura spettava manifestamente la data insieme con tutta l'iseri-
zione. Questa, quando si compì la seconda pittura, dovette probabil-
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ANALECTA UMBRA 527

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mente essere risparmiata, poiché essa fa il nome dei proprietarii della
cappella. Ma l'imbianeatore, il quale ha tracciato l'orlo violetto, ha
col pennello ricoperto le ultime cifre della data. Il Burkhardt, Cicerone,
II, 531, pone la data della composizione intorno al 1400. Forse si può
scendere anche più giù e supporre col Cosmo che gli affreschi sovra-
dipinti siano contemporanei al restauro della chiesa avvenuto nell’ anno
1445 ».

Or non è qui il caso di discutere se il Carattoli, dalle schede del
quale fu desunta la conferenza del Lupattelli, sia stato troppo precipi-
toso nell’ ammettere rapporti fra la pittura e il poema, e se il Cosmo
abbia bene obbiettato negandoli: io modestamente -m' imbranco con
coloro che nella ispirazione dei quadri di questa cappella hanno cre-
duto di riconoscere un’ eco dell’ altissimo canto; e altrove ne dissi
quanto mi sembró necessario a dimostrarlo. (Guida di Terni, 1899. —
Note e ricordi sulla chiesa di s. Francesco, 1902).

Il B. dice che la pittura è mediocre e di età tarda : io credo che,
innanzi tutto, non possa essere accolto questo giudizio, poichè se il
nostro affresco non è invero un bel saggio di arte pittorica, ciò deriva
appunto dal fatto che esso appartiene a quei primi tentativi della rina-
scenza che recano tutti i difetti di un’ arte timida, impacciata e bam-
bina, per quanto in alcuni particolari, come, ad esempio, nel gruppo
della discesa di Cristo al Limbo, il pittore abbia lavorato con maniera
abbastanza libera, con disegno piano e corretto e con forte colorito.
Ma è un ancor più grave errore di fatto che io intendo qui di rilevare
nell’ interesse della storia e per difendere l’ antichità e la importanza
del nostro monumento.

L'A., citando, come abbiam visto, anche il Cosmo, giudica che
la data scritta a piè dell’ affresco non sia decisiva, ed appartenga enani-
festamente ad una pittura anteriore. La leggenda, invece, è perfetta-
mente completa, nè l’imbiancatore ha ricoperta, come egli opina, alcuna
cifra; anzi, nello applicare nuovo intonaco sopra due spazi simmetrici
lateralmente alla mensa dell’ altare, questi lo ha con ogni diligenza
condotto fino al bordo dell’ affresco, rispettando scrupolosamente le let-
tere della leggenda; che, se fosse monca, non campeggerebbe più nel
bel mezzo della cornice, nè ci darebbe, come ci dà, il senso chiaro e
compiuto, poichè, per la simmetria dello scomparto, dovrebbe manear

qualche lettera o qualche parola anche nella parte opposta alla data.

Più evidente ancora è l’ equivoco che la epigrafe si riferisca alla. pit-
tura giottesca (nel testo, forse per errore, è stampato grottesca) che
intravedesi in alcuni punti sotto 1’ intonaco dell’ affresco attuale; poi-
chè, anche all'esame dell’ ocehio meno esperto, risulta chiaro ed asso-
528 ANALECTA UMBRA

lutamente non discutibile che essa riguarda il dipinto sovrapposto e
non il più antico. Basta osservare l’ intonaco per persuadersene !

‘Il B., da ultimo, si associa al Cosmo per concludere che gli affre-
schi della nostra cappella sono contemporanei ad un restauro della.
chiesa, che, seguendo forse una vaga affermazione del Guardabassi,
non confortata da alcun documento, vien determinato nell’anno 1445.
La sola opera, che certamente sia stata compiuta in quell’ anno, fu il
bel campanile di Antonio da Orvieto, e forse dalla lapide infissa nel-
l’interno della torre il Guardabassi trasse la data che, senza esitare,
attribuì addirittura all’ ampliamento del tempio.

Concludendo, l’annotazione del B. sulla cappella. Paradisi di Terni
è completamente errata. Che i nostri affreschi siano stati giudicati alla.
stregua della piccola pittura votiva (è a sinistra dell'arco d'ingresso
della cappella) che reca un S. Antonio abate, e può essere opera della
fine del XV secolo? Che il B. effettivamente non abbia mai visitata
la chiesa di s. Francesco in Terni?

4", Di preziose antichità scoperte sulla via provinciale da Terni
a Rieti ha data relazione il prof. Luigi Lanzi nel fasc. 6 delle Notizie
degli Scavi, a. 1902: cioè d'una tomba a tegoloni anepigrafi, e d'un
tribulus di bronzo nella villa dell'avv. Fongoli; di avanzi d' una fonte
romana (con un mascherone in terracotta, opera grossolana di figulino
etrusco, dipinto di rosso e di verde) sulla via che mena al castello di
Miranda; e di resti, probabilmente, di una grande piscina romana.
presso l’ex-convento del Colle dell’ Oro (frammenti di tegole anepi-
grafi e il fondo d’un’anfora).

4% Ricorrendo il quarto centenario della disfida di Barletta (18
febbraio 1508), il capitano Filippo Abignente ha pubblicato su codesto
celebre avvenimento (Trani, Vecchi) un’ampia monografia critica, nella.
quale Lodovico Aminale è dichiarato « Lodovico Abenavolo di Capua ».
C'é chi lo dice capuano, chi di Teano e chi campano ; di Terni, e Ami-
nale, lo dice il Guicciardini. Fu signore di feudi presso Teano, dove.
forse morì, vecchio, « dopo aver baciata la mano all’ Imperatore in Ca-
pua, dal quale ebbe la tenuta di Lucignano e Trentola ». Di un Abe-
navolo capuano « abbondano documenti sicuri »: il suo scudo recava
«campo partito per linea orizzontale d'oro carico di rastrello azzurro
a tre piedi nel disopra, ed a quattro fasce, due vermiglie e due d’ ar-
gento di sotto ». Cfr. Emporium, febbraio 1903, pag. 123 e sgg. —
Lodovico di Abenayolo fu (cfr. Raffaele De Cesare, La disfida di Bar-

c2 CUM JL UNDA. Ds. di PANI I TEN - "aprano n tn

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S».

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ANALECTA UMBRA 599

letta, nella Nuova Antologia del 1° marzo) « di Teano, dove mori, se-
condo ogni probabilità, il 1528. Il Jannelli ne rifece l'albero genealo-
gico, pubblicato nell’ Archivio storico Campano. Come il Guicciardini
mutasse il d'Abenavolo in Aminale, e Terni in Teano, anzi in Tiano,
come si diceva allora, si potrebbe anche attribuire alla non felice inter-
petrazione delle abbreviature dei caratteri aragonesi, e cosi pure le
altre storpiature di nomi proprii ». — Non cosi il nostro socio Luigi
Lanzi, di eui giovi riferire la miglior parte d'un articolo su codesto
argomento, inserito ne L'Unione liberale di Terni, 14-15 febbraio 1908.
«Il bibliotecario Ettore Sconocchia, nel 1863, su questo stesso giornale
risollevó la questione e tenne fronte ad un cittadino di Teano, che so-
steneva l'inesistenza di Lodovico Aminale e la sostituzione di Lodovico
Abenavoli al posto di lui nella lista dei tredici. L' autorità del Guic-
ciardini ; la certezza che a lui fossero comunicate le gesta della disfida
dallo stesso Francesco Salamone durante l'assedio di Parma, nel 1525;

.la fede oculata del D'Azeglio nel dare la preferenza a questa piuttosto

che ad altra lista dei combattenti; il fatto che in una pergamena del
1944 si trova già registrato tra i Consiglieri del Comune di Terni un
Petro Aminade; le frequenti richieste che i Colonnesi rivolgevano in
quei tempi ai Priori e ai Banderari nostri per aver da loro soldati bene
agguerriti e bene armati; questi ed altri furono gli argomenti opportu-
namente addotti dallo Seonocchia, per difendere questa gloria cittadina.
Ma essi non valsero a dissipare del tutto il dubbio istillato dall'Ange-
loni e mantenuto dalle lacune che purtroppo, per le subite devastazioni
dei passati tempi, si riscontrano nei nostri archivi, e la inesistenza di
documenti e di notizie sulla easa degli Aminale fu ancora l'arma piü
Sieura dei contradittori per sopraffare la nostra causa. In seguito a
piü recenti investigazioni, io potei finalmente, da documenti irrefraga-
bili, raccogliere il contrario, e trovai che un Antonio Aminale da Terni
nel 1465 fu da Paolo II creato vescovo di Nocera nell’ Umbria, ed il
suo nome occupa infatti il XLII posto nella serie dei pastori di quella
diocesi; forse un po’ prima di entrare nell’ episcopato scrisse le Vite
dei santi Interamnati, e di lui e del suo lavoro, che andette disperso,
parlò Giacomo Lauro nella sua Historia e pianta di Terni: il 22 lu-
glio del 1468 concedette a fr. Bartolomeo di Pietro di edificare un ora-
torio sotto il titolo del b. Angelo da Gualdo Tadino e sembra morto
nel 1470, ossiano 33 anni prima della disfida. Un altro Aminale fu cap-
puccino col nome di fr. Valentino da Terni, e scrisse le Historie di
Terni, che non ebbero miglior fortuna delle Vite sopra ricordate. Di
lui, fino ad ora, non mi fu dato di rintracciar maggiori notizie, ma
probabilmente, prima di vestire le sacre lane, fu notaio e morì verso
530 ANALECTA UMBRA

la metà del 1600. Ecco dunque provato che la famiglia onde uscì questo
glorioso soldato era effettivamente Ternana ».

«x Col titolo Un centenario glorioso, cioè il terzo della fondazione
dell’Accademia dei Lincei, è commemorato Anastasio De Filis, conte
palatino e linceo, nell’ Unione liberale di Terni del 15-16 agosto; a
canto al quale dev’ esser non meno degnamente ricordato Federico Cesi,
duca d’Acquasparta, che col De Filis fu uno de’ fondatori della nobi-
lissima Accademia. Le degne parole di commemorazione son dovute,
se non erriamo, al nostro socio cav. L. Lanzi.

Umbria. — Altre volte abbiamo in questo Bollettino segnalata la
pubblicazione di memorie e documenti relativi alla storia del ducato
d’ Urbino, per ciò che relazioni intime corsero tra l' Umbria e quella
potente signoria. Ora d'una signora gentilissima di Pesaro dobbiamo
annunciare una monografia, ch’ è un. bell’ esempio di critica storica e
insieme di geniale narrazione ; di Sveva Montefeltro Sforza, di cui Dino
Feliciangeli ha studiate con singolare amore le disgraziate vicende. Fu
sposa ad Alessandro Sforza nel gennaio del 1448; poi accusata di in-
fedeltà e di partecipazione a una congiura ordita contro il marito nel
57, e condannata alla monacazione, prese il nome di suor Serafina:
Benedetto XIV nel 1754 la beatificò (Sulla monacazione di Sveva Mon-
tefeltro Sforza, signora di Pesaro; Pistoia, Flori, 1903: in 8, pp. 84). —
Allo stesso prof. Feliciangeli dobbiamo la illustrazione di Alcuni docu-
menti relativi all'adolescenza di Battista e Costanzo Sforza (in Giornale
stor. della lett. ital., XLI, 304 e sgg.), cioè d’una lettera del medico
Benedetto Reguardati da Norcia e d' una di Matteo Collenuccio da Sas-
soferrato ad Angelo da Rieti: diligentissima la nota biografica sul Re-
guardati a pag. 312 e sgg.
x^. Nel Marzocco dell'8 marzo è data notizia d'un articolo di G.
Lipparini (in Mondo cattolico illustrato) sugli Affreschi di s. Giovanni
Battista in Urbino e la pittura umbra primitiva, « documento dell’ ec-
cellenza a cui la scuola umbra era arrivata nei primi anni del 1400 ».

Per codeste pitture, Jacopo e Lorenzo Sanseverino, che le eseguirono
nel 1412 «in un piccolo oratorio semisconosciuto », meritando « un bel
posto nella storia dell'arte umbra e vanno considerati come degni pre-
gursori del Perugino che da loro derivò ricchezza d'immaginazione,
sentimento anedottico e tendenza al realismo ». Ecco: Egidio Calzini
ne aveva già discorso in un breve capitolo del suo volume Urbino e à

suoi monumenti (Rocca S. Casciano, Capelli, 1897; pag. 77 e sgg.), ri-

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ANALECTA UMBRA 531

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producendo le due scene della partenza della Vergine da s. Elisabetta
e da Zaccaria, e della Crocifissione: e pur « non volendo assegnare
un posto troppo umile nella storia dell'arte agli autori degli affreschi »,
avea notato che molto esagerò chi credette che a tali pitture il Sanzio
s’inspirasse e che i due artisti fossero « poveri ricercatori tentennanti
del secolo XV ». Semisconosciuto, dunque, quest’ oratorio, no: basti ri-
cordare che ben lo conobbero e ne dissero giustamente il Crowe e il
Cavaleaselle, e, ancor prima del Calzini, il Servanzi Collio nel 1883;
questi, anzi, descrisse minutamente ogni episodio della grandiosa rap-
presentazione ; errò soltanto nell’ assomigliarne la maniera a quella di
Giotto.

nell’ arte pittorica toscana ed umbra da Giotto al Sanzio (Die Land-

4" Nella splendida opera di Giovanni Guthmann sul paesaggio

schaftsmalerei der toskanischen und umbrischen Kunst von Giotto bis
Rafael: Leipzig, Karl W. Hiersemann, 1902; in 8, pp. VIII-456) è da
segnalarsi per noi il capitolo IV in cui largamente è trattato della
scuola perugina con riproduzioni d' opere di Fiorenzo di Lorenzo (pag.
263, 267), del Vannucci (pag. 273, 275, 279) e del Pinturicchio (pag.
980, 284, 287). Un dipinto d’ ignoto umbro del secolo XV (il Guthmann
ne fissa il tempo a circa il 1450), rappresentante la nascita di Cristo,
è riprodotto a pag. 296: ne esiste l’ originale nella pinacoteca ai
Karlsruhe, e il Guthmann l’ha dato di su una copia a colori del Bruck-
mann. Sul piano verde e fiorito, a canto al bue ed all’ asino che van
pascolando, è il bambino, adorato dalla madre genuflessa: dietro a lei
è Giuseppe, seduto e in atto di dormire, poggiata la testa sulla destra:
folte piante rameggiano in verde cupo da un lato, e nel mezzo cel
piano sorge una palma. Oltre il piano, il mare (o un lago ?), circo-
scritto in fondo, per breve spazio, da case e da vele latine. In alto,
due gruppi d'angeli, con l' ali aperte e diritte, cantano inginocchiati
su le nubi e svolgono due cartelle che recano scritto il Gloria in execlI-
sis. La ragione onde il G. attribuisce quest'opera ad un umbrischer
Meister non è possibile determinare; se bene a pag. 258 leggasi che
ne’ paesaggi umbri, posteriori al tempo di Giovanni Boccati, l' aperto
e vasto mare è rappresentato circoscritto in graziose insenature e per-
fino in fiume che lentamente scorre e nelle cui acque si specchiano
alberi e città. E in nota osserva che, mentre questa pittura d’ ignoto
ricorda nelle figure la scuola fiorentina e le opere di Giuliano Peselli,
di Francesco Pesellino e del Baldovinetti, il paesaggio e l’ effetto della
luce notturna sono da attribuir soltanto ad un maestro educato nel-
]' Umbria (pag. 295).

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ANALECTA UMBRA

+" Emilio Calvi, addetto alla Biblioteca Alessandrina di Roma,
giustamente convinto della necessità e utilità dei repertori speciali di
bibliografie, ha con singolar diligenza compilata la Biblioteca di biblio=

grafia storica italiana, ch’ è un catalogo tripartito delle bibliografie

finora pubblicate sulla storia generale e particolare d' Italia. L’ opera
è costituita dalle bibliografie di storie a stampa, di storie mss. e docu-
menti storici, e degli statuti: questa e il copioso supplemento hanno
indiei che agevolano efficacemente le ricerche degli studiosi. Per la
nostra regione sono segnalati la bibliografia storica e artistica di Gub-
bio nelle « Memorie e guida di Gubbio » di O. Lucarelli (dov'é pur
quella delle Tavole eugubine, se bene imperfetta); il « Catalogo di
vari libri e opuscoli stampati o mss. riguardanti la città di Orvieto,
raccolti da Giuseppe Bracci Testasecca » (Orvieto, 1889); la bibliogra-
fia spoletina ch’ è nelle « Memorie istorico-diplomatiche riguardanti la
storia e la topografia dei tempi di mezzo del ducato di Spoleto » (Ca-
merino, Gori, 1801); « Degli storici perugini » ecc. di Annibale Ma-
riotti, e la Bibliografia storica perugina del Vermiglioli ; la Bibliografia
dello Stato pontificio del Ranghiasci; l' « Elenco di varie monografie »
di storia di Terni, compilato da Luigi Lanzi in « Ricordo di Terni »
(Terni, Possenti, 1886); le note bibliografiche da noi date in questo
Bollettino ; il catalogo dei « Documenti e memorie riguardanti la storia
del Risorgimento » esposti dalla città di Foligno a Torino nell’ aprile
del 1884; e gl’ Indici generali delle sette annate del nostro Bollettino.
Il paziente catalogo del Calvi, ch’ è uno de’ più affettuosi e indefessi
cultori degli studi bibliografici, vien presentato agli studiosi italiani e
di storia italiana « come un nuovo indispensabile strumento di lavoro »
dal barone Alberto Lumbroso, dotto veramente e geniale scrittore: e
in quelle poche parole è compendiata la miglior lode per il libro del
Calvi.

4*4, Nella Pinacoteca di Brera, razionalmente e con tante cure
ordinata e arricchita dal dottor Corrado Ricci, che n’ è Direttore, sono
oggi, nella sala della scuola umbra, ammirevoli, fra 1’ altre, due nostre
bellissime opere d' arte, che prima erano scomposte e n’ erano disperse
le parti. L' una è il polittico di Nicolò da Foligno, del quale « due
parti erano nel depositorio, quattro in una sala esposte sotto il nome
generico d' opere di scuola toscana, due in un'altra sala, tre in altra
sotto il giusto nome di Nicolò; oggi la ricomposizione delle sparse
membra è cosa fatta e non attende che la grande cornice a intagli da
eseguirsi sul disegno del prof. Lodovico Pogliaghi ». L'altra è un
quadro del Fantone di Norcia (prima metà del secolo XVI) che il Ricci
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ANALECTA UMBRA 533

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trovò a Incino d'Erba, ma senza la lunetta : questa fu rinvenuta

presso i .Cappuccini a Porta Monteforte di Milano, e rimessa al suo
posto. Il quadro rappresenta la Vergine seduta col bambino in grembo,
fra i santi Francesco, Pietro, Bernardino e Antonio da Padova: la
Deposizione di Cristo nella tomba, che ammirasi nella lunetta, è «.da
sola una composizione piena di contenuto dolore e di fede ». Cfr. la
relazione della Pinacoteca, inserita dal dott. Malaguzzi Valeri nel
num. 97 dell’ Emporium.

4", Per le illustri Nozze Papadopoli-Potenziani il prof. Giuseppe
Castellani ha pubblicato un editto del 20 febbraio 1800 di Antonio De
Cavallari imperiale e regio Commissario civile, relativo alla coniaziore
delle monete in corso. Ricordisi che la giurisdizione di codesto Com-
missario estendevasi a tutto lo Stato pontificio, e che gli editti suoi, di
conseguenza, aveano virtù di legge in tutte le provincie della Marc:
e dell’ Umbria. L' editto parve, e con ragione, « importante » all’ eru-
dito editore, perchè v'è espressa l’ accusa al sedicente Governo Repub-
blieano d’ aver falsata la moneta: « se dall’ un canto ne proibiva con
legge mentita l’ ulteriore coniazione, ne faceva però in effetto batter
dall’ altro un così enorme quantitativo, che ne furon le provincie inon-
date ad un tratto; e per poter meglio imporre negli animi malaccorti,
usava in questa opera, tutta degna della sua lealtà, le impronte e le
date del Pontificio Governo, su cui voleva rifuso tutto 1’ odio di questa
sua indegna manovra ». Al Castellani sembrò « d’aver trovato in que-
sto editto la risposta al quesito » ch’ egli formulò pubblicando in que-
sto Bullettino alcuni documenti, a proposito dello studio della signora
Ada Bellucci, Ultimo periodo della zecca perugina (a. VI, pag. 1 e 343);
e « di fronte a due documenti contradittorii » egli si domandava:
« Chi è nel vero, l’ Amministrazione Centrale che chiama falsificazione
I avvenuta riconiazione (dei Sampietrini in Madonnine), o l' Ammini-
strazione Dispartimentale che a legalizzare tale operazione invoca l’ în-
telligenza dei Generali francesi? Riflettendo meglio, pensa il C. che la
quistione non possa ancora definitivamente sciogliersi; tanto più che
« vera anarchia monetaria » regnò sul finir del secolo. XVIII. Atten-
diamo che altri documenti sul fatto vengano alla luce; ed è, intanto,
ottimo contributo questo che il Castellani ci ha dato. — L’ elegante e
raro opuscolo fu pubblicato a Santarcangelo di Romagna, coi tipi dei
fratelli Giorgetti, il 21 febbraio 1903 (in 16, pp. 15).

4 Col titolo Una Castiglia italiana il prof. Pietro Sensini ha pub-
blicato nella Rassegna Nazionale di Firenze (a. XXIV, fase. 511) uno

35

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534 ANALECTA UMBRA

studio geniale e ricco di acute osservazioni tra l' Umbria e quella parte
della Castiglia nella provincia di Ciudad Real, nota col nome di Man-
cha. Il parallelo fra le due regioni si fonda su l'affinità della figura
loro e sui loro caratteri psichici, che il Sensini raggruppa in tre classi
(religione, milizia e belle arti): le differenze che l'una e l'altra pre-
sentano « possono spiegarsi colla differente origine antropologica; le
analogie colla grande rassomiglianza morfologica dei due territori ».
Lo studio del Sensini ha carattere di novità e nulla ha di comune con
la conferenza su l' Umbria, che l'on. Pompilj disse, ammiratissima, a
Roma e poi comunicò alla Nuova Antologia. Lo seritto del dotto geo-
grafo rappresenta le indagini d' un severo scienziato, anzichè le impres-
sioni di un’ artista.

5, Di Giovan Francesco da Rimini aveva detto il dott. Corrado
Ricci nella Rassegna d'Arte del settembre 1902, dichiarando che l'arte
sua di pittore « fredda, accurata, d’una finezza estrema » procede si-
curamente dalla scuola umbra della seconda metà del quattrocento,
anzi da Benedetto Bonfigli. Ora, nel numero del maggio della stessa
Rassegna, il Ricci, dando notizia di altre due opere sue (ne offre an-
che due nitide riproduzioni), conferma quel giudizio : pittore mediocre,
ma notevole per « certa dolcezza e nobiltà di forme e finezza tecnica,

attinte alla scuola umbra ».

«5, Della Relazione dell’ Ufficio regionale per la conservazione dei
monumenti delle Marche e dell'Umbria (1891-92, 1900-1901) dell’ archi-
tetto conte E. Sacconi, ha data recentemente notizia anche A. Avena
nella Rivista d'Italia. Lo splendido volume è corredato di nitidissime
riproduzioni de’ monumenti restaurati, di progetti e studi di restauri
e ricostruzioni, e di particolari costruttivi e decorativi, disegnati in
gran parte dall’ architetto Benvenuti. I migliori monumenti qui ripro-
dotti ammiransi a Perugia (guglia di s. Giuliana ; portico di Braccio ;
coro di s. Maria Nuova e di s. Domenico ; s. Maria in Monteluce), in
Assisi (s. Francesco), a Foligno (castello di s. Eraclio e palazzo Trinei),
a Gualdo (trittico dell’Alunno), a Gualdo (antico teatro e palazzo dei
Consoli), a Lugnano in Teverina (chiesa dell’ Assunta), a Montefalco
(s. Francesco), a Montebuono Sabino (palazzo di Agrippa), a Narni
(arco del ponte d'Augusto), in Orvieto (Duomo e palazzi Soliano e del
Popolo), a Panicale (santuario di Mongiovino), a Rieti (torre della Cat-
tedrale), a Spello (s. Maria Maggiore e affresco del Pinturicchio nella
cappella Baglioni), a Spoleto (Duomo), ed a Todi (palazzo del Popolo
e tempio della Consolazione).
ANALECTA UMBRA 535

4" Nella raccolta di poesie popolari italiane (Jtalzenische Volksro-
manzen) compilata dall’ Ulrich e testè pubblicata a Lipsia, sono inse-
riti vari canti umbri, dedotti dal vol. di Canti popolari editi da G.
Mazzatinti nel 1883 (Bologna, Zanichelli).

4 Delle « Tradizioni popolari italiane » ha cominciato la illu-
strazione il prof. Giuseppe Bellucci con una prima puntata su La
grandine nell" Umbria (Perugia, Unione tip. coop., 1903; in 16, pp. 136),
frutto d’accuratissime e severe indagini sue e di comunicazioni perve-
nutegli. I concetti tradizionali sul fenomeno, le credenze su la causa

e la formazione della grandine, le pratiche per iscongiurarne le con- -

seguenze funeste, le denominazioni e le forme delle nubi grandinifere,
e i mezzi diretti per allontanare o arrestare la caduta della grandine,
sono esposti con ricchezza di notizie e particolari di tradizioni curio-
sissime e preziose. Da segnalarsi fra le riproduzioni, gli amuleti che
hanno singolari virtù contro la grandine e i pani sacri che il volgo
reputa forniti della stessa virtù. Il pregio di questa monografia, ch’ è
un vero modello del genere, sarebbe superfluo dichiarare agli studiosi :
non cosi peró determinare la originalità e il valore assoluto dell'ultimo
capitolo in cui il Bellucci ricerca e fissa la derivazione storica (di ta-
lune è pagana) di quelle credenze popolari.

4“ Il De Rossi asserì che « una scuola speciale architettonica
cristiana, conservante ed imitante le forme classiche, ha fiorito ed ha
più o meno lungamente durato nel centro dell’ Umbria »: codesta
scuola — soggiunse il padre Grisar — decadde e si spense nel secolo
XIII « senza punto lasciar continuatori ». Pensa invece mons. Faloci-
Pulignani, che nel IV secolo e probabilmente anche nel successivo esi-
stè nell’ Umbria una scuola artistica decorativa, la quale poi non diè
più frutti: tornò a rifiorire l'antica tradizione e le antiche forme per-
fette rimisero in onore gli artisti nostri tra l' undecimo e il dodicesimo
secolo. Un gruppo di tali artisti designa mons. F. P. in una bella e
illustrata Pagina d'arte umbra: Binello e Rodolfo, de’ quali leggonsi
i nomi sulla porta di s. Michele in Bevagna, e della chiesa stessa fu-
rono, a quanto pare (fecerunt hec opera, dice l'inserizione), scultori,
architetti, muratori; Atto, che a Bovara sua destra templum fecitque
fenestram ; Binello, che scolpì il nome proprio sulla porta di s. Silve-
stro di Bevagna (dovrà, naturalmente, essere identificato coll’ archi-
tetto di s. Michele nella stessa città); Filippo, ch'esegui le sculture
nella porta di s. Giovanni Profiamma, presso Foligno, e nella cripta
del duomo di Ancona; un ignoto, della stessa scuola d'onde proven-

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596 ANALECTA UMBRA

gono i due portali di Bevagna, a cui è da attribuirsi la scultura della
porta di s. Maria di Spello. « Riepilogando: abbiamo cinque edificii o
sculture o porte, del 1200 circa; due senza data, una del 1195, una
del 1201, una del 1231. Di cinque, due non hanno nome di artefici ;
una nomina il solo Binello : una il Binello col suo compagno Rodolfo;
una Filippo. Queste circostanze cronologiche, il territorio piccolissimo
nel quale tali monumenti furono edificati, un po’ di buon gusto, di
pratica, di confronti artistici, faranno sorgere in tutti l'opinione, che
un solo studio, un solo cantiere, una sola scuola di marmorarii dové
esser quella che produsse così belli e pur così sconosciuti lavori ».
Ancora: siccome alla stessa scuola ed allo stesso tempo deve riportarsi
il portale bellissimo della facciata minore del duomo di Foligno (fierz
fecit Anselmo vescovo di Foligno e di Nocera), e siecome quest’ opera
è la maggiore e migliore di quelle citate, così è da credere che quel
gruppo di artisti fu folignate. — Tra le sculture in s. Michele di Be-
vagna è rappresentato un imperatore coronato; certo uno Svevo (la
chiesa di s. Silvestro, che a quella di s. Michele è di fronte, fu costruita
Errico imperatore regnante): come pure d'un imperatore Svevo e d'An-
selmo vescovo sono le due figure scolpite nella porta del duomo di
Foligno. — Lo studio di mons. F. P., illustrato dai facsimili di due
iscrizioni e dell’ antico sigillo di Foligno, e da sei nitide riproduzioni
di monumenti, fu pubblicato in occasione di nozze (Trabalza - Rosa)
presso la Società poligrafica Salvati in Foligno (in 4, pp. 33).

Note di storia Francescana. — Fr. Van Ortroy, Saint Francoi
d'Assise et frére Élie de Cortone in Analecta Bollandiana, tomo 22, fa-
scicolo 2, pag. 195 e sgg. A proposito dello studio biografico del dott.
Ed. Lempp, Frère Élie de Cortone (Paris, 1901) tomo III della Collection
d'études et de documents sur l'histoire religieuse et littéraire du moyen
age. E efr. su lo stesso argomento la nota di E. Laudry negli Annales
de la faculté des Lettres de Bordeaux, II, 5 e sgg. — Felder p. Hila-
rin, Jacopones Marienminne. Ein essay : Stans, A. von Matt, 1903 ; in 8,
pp. 22. — Germain Alphonse, L’ influence de s. Francois d'Assise sur
la civilisation et les arts; Paris, Blond, 1903 ; in 24, pp. 64. — Società
internazionale di studi francescani in Assisi. Origine e costituzione ; As-
sisi, 1902; in 8, pp. 78. — Sabatier Paul, Description du Speculum
beati Francisci et sociorum eius (edizione del 1584) ; Paris, 1908 ; num. 6
degli Opuscules de critique historique. — Fioretti del glorioso messere
santo Francesco e de’ suoi frati, a cura di G. L. Passerini, secondo la
lezione del cod. 1670 della Riecardiana : Firenze, Sansoni, 1903. —
Tocco F., Primi tempi e studi francescani, in Il Giornale d’Italia, a. II,

ritenne
ANALECTA UMBRA 59

:]

num. 283: a proposito degli studi di C. Paladini su s. Francesco nel-
l'arte e nella storia lucchese; del p. Marcellino da Civezza su s. Franc.
oriundo dai Moriconi di Lucca ; e dell'Ortroy, del Tilemann, del Lem-
men, del Mandonnet e del Sabatier. — Henry Paul, S. Francois d'As-
sise et som école d’après les documents originaux; Paris, Téqui, 1903 ;
pp. XX-208. La prima parte del vol. é relativa a s. Francesco, di cui
l’A. stesso dichiara di non aver voluto tessere una biografia, ma sem-
plicemente delineare un ritratto. « Parmi les nombreux travaux de
vulgarisation qui ont paru ces derniéres années sur s. Fr., celui-ci oc-
cupera un poste d' honneur »: cosi la Revue historique, marzo - aprile
1903, pag. 447. — La Description du ms. Canonici miscell. 525 de la
bibliothèque Bodléienne di Oxford, che contiene una importante serie di
documenti Francescani, è dovuta ad A. G. Little, e costituisce il fasc. V
degli Opuscules de critique historique editi dal Fischbacher (Paris, 1903 ;
in 8, pp. 48). Non di tutti gli elementi ond' è formata l'opera di Pietro
di Trau, francescano dalmata, ha potuto il Little rintracciare le fonti:
l'opuscolo, a ogni modo, dà contributo pregevole alla storia delle fonti
francescane.

GIUSEPPE MAZZATINTI.
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539

NECROLOGI

Il nostro profondo dolore per la morte di

MARIA ALINDA BONACGI BRUNAMONTI

si manifesta dopo che chiari scrittori e critici eruditi cele-
brarono degnamente le virtù della donna esemplare e i pregi
della grande poetessa; per ciò le nostre parole non potranno
esser altro che Ja modesta espressione di un rimpianto an-
goscioso, senza pretesa di tessere con efficacia le lodi del-
l’estinta e di illustrarne le opere insigni.

Vogliamo qui solo notare come assai di rado I ammira-
zione d'Italia si tributó mai ad alcuno con si unanime fer-
vore, così equamente temprato dalla stima per le doti della
mente e dall'affetto per la squisita bontà dell' animo.

Questo avvenne perchè mentre i pregi artistici onde si
abbellisce più sovente il femmineo ingegno, accrescono sol-
tanto i pregi della donna, le qualità dell’ intelletto della Bru-
namonti, i suoi studî, la coltura sua sublimarono il suo genio,
aggregandola al coro dei forti poett ; e nello stesso tempo,
la più pura modestia si univa al vasto sapere, e gentilezza
tanto delicata e soave sempre guidava i moti della intelli-
genza nobilissima, bene atta ora a sorprendere i men palesi
rapporti delle idee e delle realtà, vuoi con la rapida intui-
zione, vuoi con la sottile disamina, ora ad assurgere alle
più impervie regioni dell'Arte e della Scienza.

Così nell’opera di lei, dalle prime concezioni dell’ adole-
scenza alla raccolta dei sonetti dal titolo di « Flora », ap-
pare costante un vivido spirito di poesia sempre orientato
alla luce del Bello e del Vero e con sempre crescente vigore

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540 NECROLOGI

alimentato dagli afflati divini della Musa e dalle severe medi-
tazioni dello studio.

E la casta e limpida parola sua fu per tali cause espres-
sione fedele del pensiero più nobile d'Italia, o se vogliamo
ancor meglio distinguere, fu manifestazione di atteggiamento
e di aspirazioni particolari del pensiero italiano, non umbro
soltanto, come con esagerato amore della nostra regione, con
critica di mala vista, si è troppo spesso ripetuto.

Il crudele malore che, fiaccate le forze del suo corpo e
del suo spirito, doveva condurla al sepolcro, non le permise
di appartenere al nostro Istituto, ma noi vogliamo ricordare
la sagacia della indagine storica che nei suoi scritti di cri-
tica d’arte si palesa. — Nè il lungo studio che dedicava al-
l'esame dei fatti e dei documenti Essa esponeva con la mo-
lesta sicumera di alcuni eruditi, ma or scultoria, or vivida
di colore, la parola elettissima riassumeva ponderate letture,
faticose ricerche. I più notevoli esempi di questo merito
sono, a nostro avviso, rappresentati dagli scritti su « Pietro
Perugino e l’arte umbra » e sopra « Il Duomo d'Orvieto. e le

Cattedrali del Medio Evo ».

L'Italia tutta pianse alla dipartita di Lei dalla terra
col cordoglio che suscitano le profonde commozioni, e la
voce di dolore di Margherita di Savoia, che ricordava il
glorioso cammino percorso nell'arte dalla Brunamonti, si uni

.al lamento dei poveri di Perugia ai quali mancava il soc-

corso della signora Linda .....
Qual gloria più pura?

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SCIPIONE LAPI

AII età di 56 anni è mancato, improvvisamente il 3 set-
tembre 1903, all'arte e agl'amici l' ing. Scipione Lapi, nostro
socio, già professore nella Scuola Reale e nella Tecnica di
Città di Castello, ardito quanto intelligente editore di opere
letterarie egregie, stampate nel suo Stabilimento tipografico,
che in pochi anni egli seppe elevare, in fama meritata, fra.
i primi d'Italia. Monumento stupendo di scienza storica ri-
gorosa e di perfezione tipografica, noi dobbiamo qui ram-
mentare la nuova edizione del Muratori, diretta e curata da
Vittorio Fiorini, pur esso nostro socio, che dell'amico suo,
spento anzi tempo, rispecchia la tenace costanza nei forti
propositi, l'assiduità nel lavoro grave e complesso, oltre alla
dolcezza delle maniere e all' intima bontà dell'animo. Il Lapi
sì era tutto consecrato a questo grande fine, che oltre a ri-
darci l'edizione del Muratori, raggruppa intorno all opera
del padre della storia quanto di piü utile in questo campo
si è raccolto dalla critica moderna. Assicurarne la perfetta
attuazione, era ormai l’unico scopo della sua operosità, onde
valendosi del nome onorato e delle larghe aderenze nel
mondo della cultura, e mercé anche di quella grande sim-
patia personale con cui sapeva conquistare subito la fiducia
e la stima, egli si era dato a girare dappertutto, senza posa,
né requie, per raggiungere l' intento e senza alcun vantag-
gio suo, ma totalmente per il nobile ideale della patria e per
il bene dei suoi operai. Egli, solo al mondo, senza famiglia,
senza affetti domestici, non aveva altro pensiero che le sorti
future del suo opificio e della sua famiglia operaia. Aveva.
549 NECROLOGI

già fermo nell'animo e disposto per testamento, che gli ope-
rai fossero: eredi del suo patrimonio industriale e i conti-
nuatori dell’ opera sua. A questo pensava il giorno, mentre
il suo capo si ergeva ancor fiero in mezzo al fervido tur-
binar delle macchine: a questo pensava la sera, mentre,
nella silente dimora, la fronte si curvava sotto il peso di
memorie dolorose !

Se ora egli riposa nella morte, ferve il moto di vita che
egli impresse dintorno a sé; che, fecondo di bene, diffonde
la luce della italiana cultura, continuando l' onore di un
nome a cui si associano le più alte e le più pure idealità

del lavoratore.
F.

TED
543

PERIODICI IN CAMBIO B. IN DONO — PUBBLICAZIONI IN OMAGGIO

Analecta. Bollandiana (Tom. XXII, fase. 3°).

Archivio della R. Società Romana di Storia Patria (Vol. XXV, fasc. 3° e
4°) L. SCHIAPPARELLI, Le carte antiche dell'Arch. Capitolare di S.
Pietro in Vaticano. — M. ANTONELLI, Vicende della dominazione
pontifieia nel patrimonio di S. Pietro in Tuscia, dalla traslazione
della sede alla restaurazione dell’ Albornoz. — I. Gronar, Il trattato
di pace e d'alleanza del 1165-1166 fra Roma e Genova. — V. FEDE-
RICI, Di una iscrizione che ricorda la chiesa di S. Cecilia a Monte-

W-—

Ld:
IM II IRR, un

giordano. — P. Earpr, L'abazia sublacense, e la signoria di Tuscolo.
i Archivio Storico Italiano (Disp. I, II, III del 1903) Indice della disp. III:
P. KeHR, Le Bolle pontificie che si conservano nell Archiv. diplo-
matico di Firenze. — P. SANTINI, Studi sull’antica costituzione del
comune di Firenze. — C. Lupi, La Casa pisana e i suoi annessi
| nel Medio Evo. — P. PiccoLOMINI, Il pontificato di Pio III secondo
la testimonianza di una fonte contemporanea (con documenti ine-
diti del R. Arch. di Stato in Siena). — L. ViLLari, Una nuova
storia universale inglese. — A. TALLONE, Le ostilità fra la Pro-
venza e il Delfinato nel sec. XIV, secondo nuovi documenti.
Archivio Storico Lombardo (Serie III, 319-389) Indice del fasc. 389: A.
SEPOLCRI, I papiri della Basilica di Monza e le reliquie inviate da
Roma. — A. RaTrrr, Quarantadue lettere originali di Pio II, rela-
tive alla guerra per la suecessione nel Reame di Napoli (1460-1463).
— 0. GIARDINI, Nuove indagini sulla vita e le condotte di Andrea

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| Alciato, con un'appendice di Epistole inedite tratte dagli autografi
i di Basilea. — E. Motto, Atto pontificio del '500 (1555-1591), illu-
| strato da corrispondenze trivulziane.
è Archivio Storico Messinese (Anno IV, fasc. 19-9») G. Macnr, La leggenda

| -della B. Eustochia da Messina (Smeralda Calefati-Colonna) scritta
da suora Jacopa Pallicino sua prima compagna ; testo a penna del
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544 PERIODICI IN CAMBIO E IN DONO -- PUBBLICAZIONI IN OMAGGIO

sec. XV. — G. Rizzo, Iscrizione tauromenitane. — S. Rossr, Ca-
talogo dei Codici Greci dell’ antico monastero del SS. Salvatore,
che si conservano nella Biblioteca universitaria di Messina. — A.
SERVI, Il dominio mamertino nella Sicilia.

Archivio storico per le provincie napoletane (Anno XXVIII, fase. 19-2»)
Indice del fase. 2»: M. ScHIPA, Il Regno di Napoli al tempo di Carlo

Borbone. — B. Croce, La missione a Vienna del Gen. D'Ambro-
gio nel 1815. — B., Le disgrazie del Card. D’ Aragona vicerè di

Napoli. — Diario Napoletano dal 1799 al 1825.

Atti della I. R. Accademia di Scienze Lett. ed Art. degli Agiati in Ro-
vereto (Vol. IX, fase. 1°-2°) Indice del fase. 2°: G. Zaxzr, Il Canopo
nella villa « Aelia Hadriana tiburtina » in relazione al culto delle

divinità alessandrine nel mondo greco -romano. — S. PREDROLLI,
Un periodo di storia roveretana (1770-1801). — Q. PERINI, Il Con-

gresso internazionale di Scienze storiche in Roma.

Atti della R. Accademia dei Lincei. Rendiconto della adunanza solenne
del 7 giugno 1903.

Atti della R. Accademia delle Scienze di Torino (Vol, XXXVIII, Di-
spensa 12-152).

Atti della Società Ligure di Storia Patria (Vol. XXXI, fasc. 20).

Atti e memorie della R. Deputazione di Storia Patria per le provincie
modenesi (Serie V, Vol. II) G. FERnERO, Canti popolari reggiani.

— C. Frati, Una lettera inedita di V. Gioberti. — F. CERETTI,
D. Ferrante Gonzaga nella Corte di Spagna. — E. C. CARRERI,
Memorie storiche dei Diritti e delle Giurisdizioni dell’ abbazia di
S. Pietro in Modena fino al sec. XIV. — V. SANTI, Alessandro
Tassoni e il card. A. Colonna. — G. FERRARI, Contro l'esclusione
del nome di Reggio nell’ Emilia dalla iscrizione posta sul monu-
mento della Lega Lombarda, eretto in Legnano. — G. Juxa, La
città di Luna e il suo territorio. — G. Srorza, Le prime statisti-

che della Popolazione di Carrara.
Atti e memorie della R. Deputazione di Storia Patria per le provincie di
Romagna (Serie III, Vol. XXI, fase. 19-3») A. SoRBELLI, Regesti

degli Atti notarili di Giovanni Albinelli. — L. FnATI, Galeazzo Ma-
rescotti de’ Calvi nella vita pubblica e privata. — G. PELLEGRINI,

Di alcuni vasi con rappresentazioni di Amazzoni trovati in Bologna.

Atti e memorie della Società Siciliana per la Storia Patria (Anno XXVII,
fasc. 3°-4°) S. Romano, Di alcune eccellenti figure in Legno, scol-
pite dal trapanese Matera verso il 1700, e che ora trovansi a Mo-
naco nel Museo Nazionale Bavarese. — F. MaLtESE, Memorie ,sto-
riche sull’origine di Rosolini.



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PERIODICI IN CAMBIO E IN DONO -- PUBBLICAZIONI IN OMAGGIO 545

Bollettino della Società pavese di Storia Patria (Anno II, fasc. 19-29) In-
dice del fasc. 2»: F. GABOTTO, Contributo alla storia delle relazioni
fra Amedeo VIII di Savoja e Filippo Maria Visconti (1411 - 1422).
— G. Bustico, I teatri musicali di Pavia. — F. GRIGGI, Un arco
interrato del ponte Ticino. — M. Mamraxr, La laurea in leggi di
Giasone del Maino. — C. Marozzi, Notizie su Bissone, i Pietra e
Regina della Scala.

Bollettino della Società Africana d’Italia (Anno XXII, fase. 39 - 69).

Bollettino storico-bibliografico subalpino diretto da F. GABOTTO (Anno VII,
num. 5-6 e Anno VIII, num. 1,2 e 5) Indice del num. 5, Anno VIII:

B. BAup: DI VEsM®R — I. L'origine romana del comitato Longo-
bardo e Franco. — II. I Registri Pontifici Vaticani. — III. Ot-

tone II conte di Mandienne.

Bollettino del Museo civico di Padova diretto da A. MOscHETTI (An-
no V, num. 11-12 e Anno VI, num. 1-6).

Bollettino storico monterubbianese diretto da L. CENTANNI (Anno I, nu-
meri 39-89).

Bollettino della Società di Storia Patria Anton Lodovico Antinori negli
Abruzzi (Anno XV, Punt. IV) G. PansA, Otto lettere inedite del ce-
lebre umanista Mariangelo Accursio, relative all’ Ambasciata a
Carlo V in Germania e nuova critica al diploma Fridericiano di
fondazione dell'Aquila. — G. Rivera, Catalogo delle seritture appar-
tenenti alla confraternita di S. Maria della Pietà dell'Aquila. — P. '
PrgTROPAOLI, Ettore Fieramosca nelle sue relazioni cogli Abruzzi.

Bulletin Historique du Diocèse de Lyon (Anno IV, num. 21-93).

Bullettino Senese di Storia Patria (Anno X, fasc. 19-2») Indice del fasc. 9»;
G. ZANICHELLI, Lettere di Bettino Ricasoli a G. Campiani. — P.
PELLEGRINI, Per l'arrivo di Cosimo I a Siena (1560). — A. Vzm-
DIANI-BANDI, I castelli della Val d'Orcia e la Repubblica di Siena,
documenti. — P. LuGANO, Origine e primordi dell'ordine di Monte
Oliveto. — L. ZDEKAUER, « Aque et ignis interdictio » nell' antico
diritto senese.

Bullettino della Società Dantesca Italiana diretta da M. BARBI (Vol. X,
fasc. 39-119).

Bullettino storico Pistoiese (Anno V, fasc. 19-3»).

Civiltà (la) Cattolica (Anno LIV, Quad. 1267-1276).

Commentari dell’Atenéo di Brescia per l’anno 1902.

Giornale Araldico-Genealogico-Diplomatico, pubblicato per cura della R.
Accademia Araldica Italiana, diretto da G. DI CROLLALANZA (An-
no XXVII, Num. supplementare 1900).

Giornale Dantesco diretto da G. L. PassERrINI (Vol. XI, num. 8-6).

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546: PERIODICI IN CAMBIO E IN DONO -- PUBBLICAZIONI IN OMAGGIO

Giornale Storico e Letterario della Liguria diretto da A. NERI e da U.
Mazzini (Anno IV, fase. 19-39).

Istituto Storico Italiano ; Fonti per la Storia d’ Italia (num. 33-84): Il
Chronicon Farfense di Gregorio di Catino, precedono la « constru-
ctio farfensis » e gli scritti di Ugo di Farfa a cura di U. BALZANI
(Vol. I-II). i

Marche (le) illustrate nella Storia, nelle Lettere e nelle Arti, rivista bi-
mestrale, direttore, dott. G. GRIMALDI.

Mélanges d'Archeologie et d' Histoire (Anno XXIII, fase. 19-39).

Minerva, Rivista delle Riviste, diretta da F. GARLANDA (Vol. XXIII,
num. 14-38).

Miscellanea Storica della Valdelza (Anno X, fase. 3°; Anno XI, fase. 19)
Indice del fasc. 1»: C. CarissE, Gli studi storici locali e l’ ufficio
moderno della storia. — G. TRAvERSARI, Di Mattia Lupi (1380-
1468) e dei suoi « annales Geminianenses ».

Napoli nobilissima, Rivista di topografia e d'arte napoletana (Anno XII,
fase. 39-80).

Nuovo Archivio Veneto, pubblicazione periodica della R. Deputazione ve-
neta di Storia Patria (Num. 49-50).

Opuscules de critique historique (An. 1903, fasc. 6") P. SABATIER, De»

scription du speculum vitae beati Francisci et sociorum eius.

Rassegna d'Arte, diretta da C. Ricci (Anno III, fasc. 40-80),

Rassegna bibliografica della letteratura italiana, direttori A. D' ANCONA
e F. FLAMINI (Anno XI, fase. 20-70),

Reale Istituto Lombardo di Scienze e Lettere. Rendiconti (Serie II, Vo»
lume XXXVI, fasc. 609-169).

Rendiconto delle R. Accademie dei Lincei « Classe di scienze morali,
storiche e filologiche » (Serie V, Vol. XII, fasc. 19-69).

Rendiconti e Memorie della R. Accademia di Scienze, Lettere ed Arti de-
gli Zelanti in Acireale (Serie III, Vol. I, 1901-1902) « Memorie della
Classe di Scienze ».

Rivista d’Artiglieria e Genio (Anno XX, Vol. 29-3»).

Rivista delle Biblioteche e degli Archivi, periodico di biblioteconomia e
di bibliografia, di paleografia e archivistica, diretto dal dott. Guipo
BraGI (Vol. XIV, num. 39-8).

Rwista Storica Calabrese (Anno XI, fase. 39-8»).

Rivista di Storia Antica « periodico trimestrale di antichità classica »
direttore G. 'TRoPEA (Anno VI, fase. 20-80),

Iivista di Storia italiana, pubblicazione trimestrale diretta dal prof. C.
RinAuDo (Anno XX, vol. II, fase. 2°).

Rivista Storica Salentina, diretta da P. PALUMBO (Maggio 1908).

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PERIODICI IN CAMBIO E IN DONO -- PUBBLICAZIONI IN OMAGGIO 547

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Rivista di Storia d'Arte e d' Archeologia della prov. d' Alessandria, diret-
tore prof. F. GAsPAROLO (Anno XII, fase. 9»-10»).

KR. Deputazione sovra gli studi di Storia patria per le antiche provincie
e la Lombardia « Miscellanea di Storia Italiana » (Serie III,
Tom. VIII, 39 della raccolta).

Studi e documenti di Storia e diritto, pubblicazione periodica dell’ Acca-
demia di conferenze storico-giuridiche (Anno XXIV, fasc. 19-2»).

Studi Sassarest pubblicati per cura di alcuni professori dell’ Università
di Sassari (Anno III, Sez. I, fasc. 19).

Studi Storici « periodico trimestrale diretto da A. CRIVELLUCCI »
(Vol. XII, fasc. 1°): F. E. ComanI, Il terzo autore del chronicon
regense. — F. BALDASSERONI, La guerra tra Firenze e Giovanni
Visconti con documenti inediti.

Società Storica per la Provincia ed antica Diocesi di Como « Periodico »
(fase. 559).

R. Università degli studi di Sassari « Annuario per l'anno scolastico
1902-1903 » (Anno 341, dalla fondazione della Università).

BeLLuccI G., La grandine nell’ Umbria con note esplicative e compa-
rative e con illustrazioni. — Perugia, 1903.

FinaLI G., Il 27 Aprile 1859 e la politica unitaria nell'Italia Centrale.
— Roma, 1903.

FioRINI V., Dei lavori preparatori alla nuova ediz. dei Rerum Italica-
rum Scriptores, Comunicazione al Congresso Internazionale di
Scienze Storiche, (Roma 2-9 aprile 1903). — Città di Castello, 1903.

JATTA ANT., L’opera della Commissione provineiale di Archeologia e
storia patria di Bari nel ventennio 1882-1902. — Relazione letta
dal presidente cav. ANT. JATTA nella tornata del 24 marzo 1903. —
Bari, 1908.

NiconETTI L., Dante al Monastero di Fonte Avellana. — Pesaro, 1903.

ManTIN ABBE I. B., M. le Chanoine Ulysse Chevalier. — Lyon, 1903.

PICINELLI G., Cenni storici sui privilegi e sulle prerogative della città

e dei consiglieri di Cagliari nel sec. XIV. — Cagliari, 1903.
PassERINI G. L., I Fioretti del glorioso messere santo Francesco e dei
suoi frati. — Firenze, 1903.

Quaternus de excadenciis et revocatis capitinatae de mandato imperialis
majestatis Frederici secundi nune primum ex codice casinensi cura
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548 PERIODICI IN CAMBIO E IN DONO -- PUBBLICAZIONI IN OMAGGIO

et studio Monachorum ordinis S. Benedicti archicoenobii Montis

Cassini in lucem profertur. — Monte Cassino, 1908.

SOCIETÀ INTERNAZIONALE DI STUDI FRANCESCANI IN ASSISI, Origine e
Costituzione. — Assisi, 1902.

IpnEM, Catalogo delle pergamene e degli antichi autografi dell'Archi-
vio Comunale di Assisi, compilato da A. Bmrzr. — Assisi, 1903.

VzRGA E., La corporazione delle industrie tessili in Milano, loro rap-
porti e conflitti nei sec. XVI-XVIII. — Milano, 1903.
ZACCARIA A., I due primi re dell’Italia unita. — Bologna, 1903.
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TATULA. DUI

ANDREA VANNI e Bartolo di
Fredi, pittori senesi, 411.

ANSIDET, Fabrizio di Fulvio, 523;
ANSIDEI V., Girolamo Donati, ne-
crologio, XXXIII e sgg.; Sul ri-
tratto di Annibale Mariotti; 418;
ANSIDEI V. e GIANNANTONI L.,
I codici delle Sommissioni al
Comune di Perugia, 115 e sgg.

ANTONELLI M., Notizie umbre
tratte dai registri del Patrimo-
nio di S. Pietro in Tuscia, 9381;
Notizie Umbre ecc., documenti,
469.

Assisr, Catalogo delle perga-
mene e degli antichi autografi
dell'Archivio comunale, 519.

Azzi (degli), Notizie del Collegio
del Cambio di Perugia, 412 ; Sulle
cerimonie nuziali in Perugia

nel sec. XVI, 418, 523.

B^rpo degli Ubaldi, 1 e seg.

BARTOLO di Fredi e Andrea
Vanni, pittori senesi, 411.

BENASSAICG.M.daFoligno, 521.

BoNACOI DBRUNAMONTI M.

Alinda, necrologio di F. G., 539.

949

NOME DE PERSONE E DI LUOGI

BELLUCCI-RAGNOTTI ADA,
Sulla zecca di. Terni, nota, 407.
BeLLUCCI A., Indica una ta-
vola del Perugino, 413; Rife-
risce sulle indagini dei resti
mortali del Perugino, 413 ; Del-
l’antico rilievo topografico del
territorio perugino di E. Danti,
525; Notizie di architetti lom-
bardi a Rieti dal 1439 al 1458,
525.
BELLUCCI G., I primi abitatori
di Val Ternana, conferenza, XV
e sgg.; Sua conferenza sulla Ca-
scata delle Marmore, 415; Sulle
tradizioni popolari, e della gran-
dine nell’ Umbria, 535.
BERNARDY Amy A. Per la
biografia di Costantino Bonelli
vescovo di Città di Castello, con
documenti inediti, 399.
BoFFITO p. G., 413.
BoNFIGLI BENEDETTO, 412.
Braccio DA MONTONE, 523.
3RIZI A., Catalogo delle perga-
mene e degli antichi autografi
dell’Archivio comunale d'Assisi,
519.

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CAGNOLA GU1pDO, 411,

CALVI EMILIO, Sua biblioteca
di bibliografia’ storica italiana,
532.

Cascra, Simone Fidati da, 519.

CASTELLANI G., Un editto di
Antonio de Cavallari per la co-
niazione delle monete, 533.

CIPOLLA C. 416.

CITTÀ DI CASTELLO , Città
di Castello nel secolo XIX, di
Giuseppe Amicizia, 409; Scavi
alla villa di Fabbrecce, 411 ;
Suoi vescovi, 520.

COLLEGIO DEL CAMBIO, 412.

CuTURI T., Un Coisiglio di An-
gelo degli Ubaldi in Firenze,
414.

D'ANcOoNA P., Su le rappresen -
tazioni allegoriche delle arti li-
berali nel medioevo e nel rina-
scimento, 414.

DANrTI L, Suo antico rilievo to-
pografico del territorio peru-
gino, 525.

DERUTA, Frammenti ivi scoperti
di un antico pavimento in Ma-
iolica, 411.

DONATI G., XXXIII e see. 417.

DO‘)

EUBEL:C., 416.

FALOCI-PULIGNANI M., 416;
Sua pagina di arte umbra, 535.

550 TAVOLA DEI NOMI DI PERSONE E DI LUOGHI

FANTONR DA NORCIA, pit-
tore, 532.

FELICIANGELI D., 530.

FibtiPPINI E., 417; Una profe-
zia medievale in versi di ori-
gine probabilmente Umbra, 421.

FIORENZO DI LORENZO, pit-
tore, 581.

Eromrr ui C, 417.

FoLIiGNO, G. M. Benassai da

921; Niccolò, pittore da, 539.

1

FONTE AVELLANA, 521.

FONTICOLANO A., Autore della
storia de bello bracciano, 523.

FRANCESCANISTUDI, Indul-
genza della Porziuncola, 416;
S. Francesco d’ Assisi secondo
P. Sabatier, 416; Delle lettere
di S. Francesco a fra Leone,
416; Bollarium francescanum
ed. da C. Eubel, 416; Società
internazionale di studi france-
scani in Assisi, 416, 519, 536, 537.

FRANCESCHINI L., 590.

FRONDINI F., 519.

Fumi L., Sulla moda del vestire
in Lucca dal secolo XIV al XIX,
418.

F[umi L.], Scipione Lapi, necro-
logio, 541.

GALLENGA STUAT L., Rife-
risce su i monumenti d'arte, 413.

GIANNANTONI L. e ANSI-
DEI V., I Codici delle Sommis-
sioni al Comune di Perugia,
115 e sgg.
TAVOLA DEI NOMI DI

GIOVAGNOLI R., sua confe-
renza sulla cascata delle Mar-
more, 415.

GIOVANNI e NICOLA pisani,
scultori, 414.

G[UARDABASSI] F., Bonacci
Brunamonti M. A., necrol. 539.

KEHRP., 414.

LANZI L., 418; nota sulla Cap-
pella Paradisi in Terni, 526, 530.

LAPIS., cenno necrologico di F.,
041.

Li1PPARINI G., 590.

MANZONI L., 417, 523, 524.
MASTROIANNI O,, 415.
MATTIOLI N., 519.
MAZZATINTI G., pubblica ot-
tave di Cesare Dondolelli dal
B[orgo S. Sepolcro], 418; Ana-
lecta Umbra, 519.
MONTONE, Braccio da, 523.
MoRINIA., Intorno alle ferriere

di Monteleone nell’ Umbria, 507.

NIiccoLò da Foligno, pittore,
532:

NICOLA e GIOVANNI pisani,
scultori, 414.

NicoLETTI L., sua monografia
su Dante al Monastero di Fonte
Avellana, 521.

PERSONE E DI LUOGHI 551

NORCIA, Reguardati medico da,
930; Fantone pittore da, 532.

ORTROY VAN P., 416.
ORVIETO, affreschi in S. Gio-
venale, 411.

PANICALE, Michelangelo da,
022.

PERUGIA, Vantini G. da, stam-
patore in Aquila del sec. XVII ;
27 e sgg.; 115 e sgg., 141; ba-
silica abbaziale di S. Pietro e
sua guida, dell'ab. Silvano De
Stefano, 419; Benedetto Bonfi-
gli, 412; Collegio del Cambio,
412; Pietro Vannucci; 413 ; Pin-
turicchio, 413; Archivio Oddi
Baglioni, 414; Fontana di Pe-
rugia, 414; Angelo degli U-
baldi, 414; Imagine della M.
delle Grazie del duomo, 417;
Cerimonie nuziali in Perugia
nel sec. XVI, 418, sul ritratto
di Annibale Mariotti, 418; Di-
sciplinati di S. Francesco, di S.
Agostino e di S. Domenico, 523 ;
Famiglia Ansidei, 523.

Prviowri L., 522.

PICELLER A. di Perugia, 411.

PrETRO ANGELO DI Gio-
VANNI, Cronaca inedita peru-
gina, già detta del Graziani,
pubblicata da O. Scalvanti,
pag. 27-113, 141-380.

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59 TAVOLA DEI NOMI DI

e

PINTURICCHIO, (Bernardino di
Betto), 411, 414, 531.

Pontano Grov. GIOVIANO,
415.

Ricci C., sua opera sul Pintu-
ricchio, 413; Pintoricchio, his
life Work ece., recensione di
(Urbini G.), 513; Sua relazione
della Pinacoteca, 532; suo giu-
dizio su Giov. Francesco da Ri-
mini, pittore umbro, 534.

RIETI, Architetti iombardi, 525:
Angelo da, 530.

REGUARDATI B., Medico, 530.

RoTtELLI Lautizio di Bartolo-
meo, orafo, incisore ed intaglia-
tore di caratteri, 417.

SACCONI, E., 534.
SANSEVERINOJACOPOeLoO-
RENZO, pittori umbri, 530.
SFORZA MONTEFELTROSVE-
vo, 530; Battista e Costanzo,
530.

SASSOFERRATO, Matteo Col-
lenuccio da, 530.

SASSOVIVO, Abbazia, 414.

Savio F., 590.

SCALVANTI O., Il giuramento
di Baldo degli Ubaldi a Urbano
VI per la ‘concessione del feudo
della Biscina, 1 e sgg.; Cronaca
perugina inedita di Pietro An-
gelo di Giovanni (già detta del
Graziani), parte II (anni 1461-

PERSONE E DI LUOGHI

1494), 27 e sgg., 141 e sgg.; Suo
articolo sul serto di rose negli
Angeli di Benedetto Bonfigli,
412 ; e dell'antica imagine della
M. delle Grazie nel Duomo di
Perugia, 417.

Sor E., Ed. dell’ inventario rege -
sto dell’ archivio Oddi-Baglioni,
413.

SORDINI G., Scrive sul palazzo
della Signoria in Spoleto, 415.

SPOLETO, Palazzo della Signo-
rla 415: Pontano Giov. Giovia-
no, 415.

STEFANO (de)S., Guida illustrata
della basilica abbaziale dei pp.
Benedettini di S. Pietro in Pe-

rugia, 412.

TERNI, XV e sgg.; Cascata delle
Marmore, 415 ; La cappella Pa-
radisi, nota di L. Lanzi, 526;
Antichità scopertevi, 528; Ami-
nale Ludovico da, 528; Anasta-
sio de Felisis e Federico Cesi,
fondatore dei Lincei, 550.

TODI, Scoperta di terme, 413.

TowxMASINI MATTEUCCI P.,
Città di Castello nel secolo XIX
di Giuseppe Amieizia, recen-
sione, 409.

UMBRIA 417; Pittura umbra pri-
mitiva su gli affreschi di S. Gio-
vanni Battista in Urbino, 530 ;

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TAVOLA DEI NOMI DI

Paesaggio nell'arte pittorica to-
scana e umbra, 531; Bibliogra-
fia storica, 532 ; Sala della scuo-
la umbra nella Pinacoteca di
Brera, 532; Zecca, 533 ; Paral-
lelo fra l'Umbria e la provincia
di Castiglia, 534; Gian Fran-
cesco da Rimini, pittore umbro,
5034; Relazione dell’ Ufficio re-

gionale per la conservazione dei

PERSONE E DI LUOGHI : 553

monumenti delle Marche e del-
l'Umbria, 534; Canti umbri, 535;

"Tradizioni popolari, e la gra-

dine nell'Umbria, 535 ; Una pa-
gina d'arte Umbra, 535; (il Pe-
rugino), notizie, 412; Sua ta-
vola in Castelnuovo di Porto,
413; Suoi resti mortali, 413 ;
Iserizione nell'affresco di Cer-
queto, 524, 531.

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NEHME INDICE DEL NONO VOLUME

Atti della Regia Deputazione.

Adunanza del Consiglio tenuta il 27 marzo 1902 nella sede
delle R. Deputazione, presso la Biblioteca Comunale di
Perùgia":: e 5. £n ag I e D a

Inaugurazione delle adunanze tenute dalla R. Deputazione
in Terni nei giorni 21, 22 e 23 settembre 1902. . . .

Adunanze del Consiglio tenute nella sala maggiore del Con-
vitto Comunale Umberto I, gentilmente concessa, nei
eiorni.21.e 22 settembré 1902: —— eroe

Memorie e Comunicazioni.

Conferenza su « I primi abitatori di Val Ternana » (G. BEL-
BUCO: ANON c.n Re sue cuida
Il giuramento di Baldo degli Ubaldi a Urbano VI per la
concessione del feudo della Biscina (O. SCALVANTI) .
Cronaca perugina inedita di Pietro Angelo di Giovanni, già
detta del Graziani, parte II — anni 1461-1494 (0. ScAr-
VANI SSR CONOR e eT de Donee cue S Pte
Notizie Umbre tratte dai registri del Patricio di S. Pietro
in Tuscia (M. ANTONBLLI) .-. . . . . . . Pagine
Per la biografia di Costantino Bonelli, vescovo di Città di Ca-
stello (con documenti inediti) (Awv A. BERNARDY). . .
Sulla zecca di Terni, Nota (ApA BELLUOCCI-RAGNOTTI) . .
Una profezia medioevale in versi di origine probabilmente
umbra (E. FIBIPPINI) Site ne È oi
Intorno alle ferrieré di Monteleone nell’ UTHDEA a. MORD

Documenti.

I Codici delle Sommissioni al Comune di Perugia (V. AnsI-
DER Li GIANNANDOND RSI T TIR SL
INDICE DEL NONO VOLUME
Bibliografia.

G. Amicizia, Città di Castello nel sec. XIX (P. TOMMASINI
MATPIQCOI) Po RE rt . ;
C. Ricci, Pintoricchio (Bernardino di Betto of Perugia) his
life, work and time... from the italian by Florence Sim-
monds (G. U.)

Necrologi.

Girolamo Donati (V. ANSIDEI) SCRITTE : XXXIII
Maria Alinda Bonacci Brunamonti (F. TO 539
Scipione Lapi (L. F.) ; 541

Analeeta Umbra. (x). i2 65e vex uk Ead. 411
Idem. (GL MAZZATINIID) t o ror ip gi 519

Periodiei in cambio e in dono. — Pubblicazioni in omag-

BIOS Dav GN V ced VI pU M Pagine 135, 419,

Tavola dei nomi di persone e di luoghi. . SA Sa . Pag.

Indice del volume.

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