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ANNO X.

BOLLETTINO

DELLA REGIA DEPUTAZIONE

STORIA PATRIA

PER L'UMBRIA

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VOLUME X.

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DION. D' ALICARN. Ant. Rom. I, 19.

PERUGIA
UNIONE TIPOGRAFICA COOPERATIVA
(PALAZZO PROVINCIALE)

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PREMIO PER UN LAVORO PETRARCHESCO

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Un signore forestiero ha avuto la generosa idea d’ offrire la

somma di Lire 2500 per un premio da conferirsi ad opera vera-
mente degna intorno al soggetto che qui si specifica :

FRANCESCO PETRARCA E LA TOSCANA.

Indagini e studii intorno a quanto riguarda le relazioni tra il Petrarca e la
regione che gli dié i natali e la lingua; movendosi dalla famiglia e dai genitori di
lui, e seguitandosi, anche oltre la morte sua, per tutto ciò che concerne la diffu-
sione, l’efficacia, i giudizi, dell’opera da lui compiuta, nei secoli dal XIV in poi.

A maggiore schiarimento si riportano le specificazioni che, rispetto al modo
di trattare il tema, sono state date, nell’ atto di offrire il premio, dal munifico si-
gnore che ne ebbe l’idea:

« La trattazione dovrebbe contenere ragguagli compiuti per tutto ciò che ri-
« congiunge il Poeta, in ogni tempo e in ogni modo, alla Toscana: la famiglia sua
« e della madre, la dimora all'Incisa, quella del padre a Pisa, il carteggio di Messer
« Francesco coi reggitori della città di Firenze,le offerte che da questa gli furono
« fatte, i benefizii che ebbe nella città di Pisa, le relazioni sue col Boccaccio, le
« visite di Toscani a lui, il carteggio suo con loro, i manoscritti delle opere sue e
« delle lettere sue e a lui che siano stati procacciati o esemplati da Toscani, le
« sculture, le pitture, le medaglie, i ritratti, che si fecero in Toscana ad onore di
« lui o per la sua efficacia civile, letteraria, artistica ».

È desiderabile che l’opera, mentre dovrà essere frutto di scienza, abbia le qua-
lità che si richiedono ad un libro destinato anche alla coltura generale. E per con-
tribuire alle spese di stampa, e segnatamente delle illustrazioni, onde sarà accom-
pagnato il testo, il donatore porrà a disposizione dell’ autore premiato una somma
supplementare di lire Mille.

La Compiistione giudicatrice per volontà del donatore è co-
stituita dai: sottoscritti.

.I lavori fü lingua italiana, inediti, manoseritti, oppure stam-
pati dion anteriormente al 1904, anonimi o recanti il nome del-
l’autore, .dovrghno esser indirizzati alla R. Biblioteca Medicea
Laurenziana in Firenze, non oltre il dì 8 Aprile 1905 (anniver-
sario della incoronazione del Petrarca in Campidoglio).

Qualora nessuno dei lavori presentati paresse meritevole del
premio, il concorso sarà rinnovato.

Firenze, 7 Aprile 1904.
GuIpo BIAGI
Guino MAZZONI
Pro RAJNA.

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DION. D' ALICARN. Art. Rom. I, 19.

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UNIONE TIPOGRAFICA COOPERATIVA
(PALAZZO PROVINCIALE)

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ADUNANZA DEL CONSIGLIO
del 17 gennaio 1903

Sono presenti i signori:

Fumi L. — BeLLUccI G. — AnsipEI V. — BELLUCCI ALESS. —
BLASI A. — DEGLI Azzi G. — FaLoci- PuLIGNANI M. — GUARDABASSI
F. — Sorpini G. — GIANNANTONI L.

Scusano la loro assenza i signori:

CAMPELLO DeLLA SPiNA P. — CuruRI T. — MAzZZaTINTI G. —
ScALVANTI 0. — SeNsI F. — TENNERONI A. — TOMMASINI-MATTEUCCI P.

Presiede il comm. L. Fumi ed è segretario il prof. L. GIANNANTONI.

Il presidente ringrazia anzitutto i coadunati per l'atte-
stato di stima e di fiducia che vollero dargli, col chiamarlo
di nuovo alla presidenza della R. Deputazione. Ricorda poi
con rammarico la morte recentemente avvenuta del prof. Gi-
rolamo Donati.

Ansidei V., già segretario, dà lettura del verbale della
precedente adunanza, che viene approvato.

Si passa quindi a trattare il primo oggetto posto all’ or-
dine del giorno: Congresso storico internazionale di Roma.
Richieste e deliberazioni.
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IV

Il presidente dichiara che saranno presentate le pubbli-
cazioni seguenti:

A. L'indice delle prime sette annate del Bollettino, a
partire dalla istituzione della Società.

B. La cronaca di Pietro Angelo di Giovanni, che fa se-
guito a quella già nota di Angelo dei Guarneglie, conosciuta
sotto il nome di cronaca del Graziani.

Questa cronaca sarà pubblicata nel fascicolo del Bollettino,
il quale dovrà portare sulla coperta una dedica speciale pel
Congresso; alcune copie della cronaca medesima saranno
estratte a parte.

. Il Consiglio delibera poi che la R. Deputazione sia rap-
presentata al Congresso dal presidente, dal vice-presidente
e dal segretario, più da quei soci che interverranno in Roma
per l'occasione.

2." Oggetto: Bollettino della R. Deputazione. — Prov-
vedimenti amministrativi.

Il vice-presidente Bellucci presenta alcune proposte al
riguardo, aprendosi una discussione a cui prendono parte i
soci Guardabassi, Sordini, Ansidei e Faloci- Pulignani.

3.° Completamento del Consiglio in seguito alla morte
del prof. Donati.

Per tale oggetto alcuni soci assenti hanno inviato le loro
proposte in lettera chiusa, in base all'art. 15 dello Statuto.

Soci presenti 10; soci che inviarono il loro voto 6; aperte
le schede segrete si hanno 14 voti per il prof. Luigi Lanzi,
1 voto per il dott. Briganti Francesco, 1 scheda bianca.

Dichiarato eletto il prof. L. Lanzi di Terni.

4.° Bibliografia di Città di Castello.

bi discute a lungo sulla pubblicazione di questa Biblio-
grafia e prendono parte alla discussione il presidente Fumi
ed i soci Faloci, Degli Azzi, Ansidei, Bellucci A., Sordini. Il
socio Tenneroni assente ha scritto in proposito una lettera,
di cui si dà comunicazione.

La R. Deputazione, allo scopo di concretare praticamente

“tu
V

la pubblicazione della Bibliografia storica dell’ Umbria, desi-
gna i seguenti soci per ciascun circondario, onde coordinare
il lavoro già fatto o preordinarlo se occorresse :

PERUGIA, Bellucci Aless. — ForiGNOo, Faloci Pulignani — TERNI,
Lanzi — RigrI, Sacchetti-Sassetti — SPoLETO, Sordini — ORVIETO, Tordi.

6.° Proposte e comunicazioni varie.

Bellucci Aless. propone la pubblicazione di una carta to-
pografica storica del territorio di Perugia, riproducendo quella
del Danti pubblicata la prima volta nel 1580. Chiede per tale
riproduzione un sussidio alla Società. Il presidente accetta
la proposta che tale riproduzione venga accolta nel nostro
Bollettino e propone di affidare al vice-presidente il man-
dato di prendere anzitutto cognizione della riproduzione di
tal carta topografica per quanto concerne l'esecuzione e
la parte amministrativa, regolando poi la quota di concorso,
secondo le spese preventive che saranno fissate.

Dopo ciò l'adunanza del Consiglio è sciolta.

ADUNANZA DEL CONSIGLIO
del 26 settembre 1903

Sono presenti i soci ordinari :

AwNsSIDEI V. — BeLLucci G. — BLASI A. — GIANNANTONI L. —

GUARDABASSI F. — Lanzi L. — MAGHERINI GRAZIANI G. — SCALVANTI
O. — Sorpini G. — TIBERI L.

Giustificano la loro assenza i soci ordinari:

CAMPELLO DELLA SPINA P. — Fumi L. — MAZZATINTI G. — SENSI
F. — TENNERONI A.
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Presiede il comm. G. BELLUCCI, vice-presidente, ed è segretario il pro-
fessore L. GIANNANTONI.

Il prof. L. Giannantoni segretario-economo dà lettura
del verbale della precedente adunanza del 17 gennaio 1903,

“che viene approvato.

Il vice-presidente riferisce anzitutto sulla proposta di
riproduzione dell'antica carta topografica del territorio pe-
rugino, opera d’ Ignazio Danti, riproduzione che il socio
Bellucci A. desiderava fosse fatta nel nostro Bollettino; esso

‘dichiara, che per il solo fatto di circostanze estranee alla

volontà del proponente e delle persone addette alla presi-
denza, la carta sopraindicata non potè vedere la luce nel
primo fascicolo del Bollettino.

Relativamente alla Bibliografia umbra, il socio Magherini
Graziani fa viva raccomandazione all’ ufficio di presidenza,
affinchè si dichiari, se la parte a lui affidata e riguardante
Città di Castello possa venire data alla stampa. Il socio An-
sidei fa osservare come questo lavoro della Bibliografia sia
rimasto, per dir così, pendente, appunto perché, egli dice, vi
sono di mezzo due gravi questioni che attendono ancora una
soluzione, e cioé l'estensione maggiore o minore che deve
darsi al lavoro e il metodo preciso da seguire. In seguito a
tali considerazioni e d'accordo con il socio Magherini Gra-
Ziani si conclude quanto segue:

« Il Consiglio esprime il voto che si venga, entro il più
breve termine possibile, ad una soluzione definitiva, in modo
che possa per lo meno stamparsi subito la parte che é già
preparata ».

Dopo ció si passa alla proposta di nomina di soci delle
varie categorie. Vengono presentati vari nomi, come agli
elenchi risultanti dal verbale dell'Assemblea generale qui
appresso riportato, i quali vengono ad unanimità o a grande
maggioranza approvati.

Viene data quindi lettura dal già segretario, conte dot-

PR
VII

tore cav. V. Ansidei, del Consuntivo 1902. Il prof. G. Bel-
lucci, in nome anche dellaltro sindacatore prof. A. Blasi, ri-
ferisce in proposito, dicendo che furono trovate esattamente
corrispondenti ai documenti tutte le partite d'introito e di
spesa. Tale dichiarazione viene pure confermata dal segre-
tario-economo prof. L. Giannantoni, il quale dichiara di
avere ricevuto dal conte Ansidei regolare consegna di quanto
riguarda la parte amministrativa.

I sindacatori inoltre propongono ed il Consiglio approva
che a cominciare dall anno 1904 il socio moroso per un
anno abbia sospeso il Bollettino, e se non si mette in regola
con i pagamenti, nell'anno susseguente sia radiato dalla So-
cietà.

Dal segretario - economo prof. Giannantoni viene pre-
sentato il bilancio preventivo per il 1904, ed anche questo
è approvato.

Il presidente poi proporrebbe un’ altra riforma intorno
all’officio di segreteria, nel senso di affidare ad un’ unica
persona responsabile tutte le incombenze relative a quel-
l'ufficio, mediante un corrispettivo annuo da stabilirsi.

Lo stesso presidente in fine dà lettura di una lettera
con cui il prof. L. Giannantoni si dimette dall’ officio di se-
gretario - economo, ed aggiunge di aver fatto inutilmente
i più premurosi offici al rinunciante, perchè desistesse dalla
presa risoluzione. In questo stato di cose è necessario pro-
cedere ad una nuova elezione per schede segrete. Fatto
lo serutinio il prof. Giannantoni viene riconfermato nell’ uf-
ficio ad unanimità, meno uno. Il Giannantoni porge i più
vivi ed affettuosi ringraziamenti ai colleghi per tale nuovo
attestato di stima, ma per le ragioni già esposte insiste, nel
modo più reciso, nelle sue dimissioni.

Il presidente, dolendosi di questa nuova insistenza, prega
i coadunati a voler portare sopra altra persona la loro ele-
zione, avvertendo che il nuovo eletto rimarrà in carica
per il biennio successivo, entrando in sostituzione del ri-
VIII

nunciante. Si passa quindi ad una seconda votazione ed il
risultato né é il seguente:

SCALVANTI Prof. O. . i i : voti 8
GIANNANTONI Prof. L. à : : secl
LANZI Prof. L. . È : : 5 Pose

È proclamato segretario - economo il prof. O. Scalvanti,
il quale dichiara di accettare l'ufficio e ringrazia i colleghi
per la fiducia addimostratagli.

ASSEMBLEA GENERALE
tenuta il 27 settembre 1903 alle ore 9

nella sala del Consiglio comunale di Perugia, gentilmente concessa

Presidenza del vice-presidente prof. comm. GIusEPPE BELLUCCI.

Presenti i soci:

AISA A. — ANGELINI L. — AnsIDEI V. — ANTONELLI M. — BEL-
LUCOI ALESS. — BLASI A. — BRIGANTI F. — Bnizi G. B. — DEGLI Azzi
G. — FANI A. — FepERICI S. — FeRRINI 0. — GALLENGA STUART R.
— GELMINI A. — GERALDINI B. — GIANNANTONI L. — GIGLIARELLI R. —
GuARDABASSI F. — LANzi L. — MAGHERINI GRAZIANI G. — MANASSEI
P. — MANCINELLI A. — MENICONI- BraccEscHI M. — MONTESPERELLI
Z. — MorRrETTI T. — Nicasi G. — RANIERI E. — Ricci E. — Rossi A. —
Rossi Scorrr L. — SaccHETTI SAsSETTI A. — SCALVANTI 0. — SoR-

DINI G. — Torpr D.

Al banco della presidenza unitamente al comm. Bellucci
G. siedono il conte Luciano Valentini, sindaco della città
ed il segretario - economo della R. Deputazione, ‘prof. L. Gian-
nantoni.

Si scusano a mezzo di lettere o di telegrammi di non
potere intervenire all'assemblea i soci: i

GAMURRINI F. (onorario) — CAMPELLO DELLA SPrNA P. — CuTURI T.
— FaLoci PuLignaNI M. — MazzaTrINTI G. — 'TENNERONI A. — Tom-
[E P THPPENS

IX

MASSINI MATTIUCCI P. -- SEwsI F. (ordinari) — edisoci SIMONETTI: A.
— 'TnABALZA C. — ZaMPIERI G. — DE STEFANO S. — PELISSIER G. —

Casanova E. — ZDEKAUER — MuwiCIPIO DI Assisi — MuwICIPIO DI Fo-
LIGNO — BELLUCCI Apa — SABATIER PAOLO.

Il presidente dell'Assemblea dichiara che il comm. Fumi,
presidente della R. Deputazione, trattenuto per doveri di uf-

fieio in Roma, non puó presiedere questa adunanza, e quindi

la presidenza resta affidata a chi ne tiene le veci. Si dà

lettura d'un telegramma del comm. Fumi ccsi concepito :

« Impedito di partecipare alle riunioni della R. Deputazione
e Società di Storia Patria dell'Umbria, invio ai Colleghi un
fraterno saluto, augurando lavoro fecondo e proficuo ai no-
stri studi ».

Dopo ciò il presidente dà la parola al sig. conte Valen-
tini, il quale porta agli adunati il saluto a nome di Perugia,
dichiarando che la città da lui rappresentata prende il più vivo
interesse ai lavori della R. Deputazione di Storia Patria e si
augura che questi sieno per riuscire utili alla scienza ed
alla patria.

Il vice-presidente Bellucci ringrazia il Sindaco, ben lieto
che la Rappresentanza municipale della nostra città abbia
con parole così cortesi salutato i convenuti della R. Depu-
tazione. Dà poi comunicazione verbale dei lavori dalla R. De.
putazione compiuti, facendo un breve riassunto di quanto fu
operato nell'anno 1902-1903, come dei lavori resi di publica
ragione dai soci della R. Deputazione e Società di Storia
Patria. :

Accenna anzitutto al Congresso internazionale di Roma,
al quale il nostro Istituto fu rappresentato dal presidente
comm. L. Fumi e dai membri ordinari Bellucci Aless. —

Degli Azzi G. — Mazzatinti G. — Tenneroni A. e dal socio
collaboratore, Gallenga Stuart R. — Aggiunge che la R. Depu-

tazione presentò in omaggio al Congresso suddetto l'indice
di tutti i lavori pubblicati nei Bollettini, a cominciare dalla
costituzione del nostro Istituto. Inoltre, fu presentata in omag-
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ne

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E e

(RSS RISI

X

gio la Cronaca perugina inedita, di Pietro Angelo di Giovanni,
in prosecuzione di quella di Angelo dei Guarneglie (già detta
del Graziani) dall’ anno 1450 al 1494, la cui pubblicazione
venne curata dal socio prof. O. Scalvanti.

In seguito, il presidente, riassumendo i lavori pubblicati
dai soci della R. Deputazione, cita, elogiandoli, quelli dei soci
ordinari Ansidei V., Giannantoni L., Sordini, Mazzatinti G.,
Lanzi, Scalvanti, Bellueci Aless. e del socio collaboratore mar-
chese Giov. Eroli.

Terminata questa esposizione, il presidente ragguaglia
l| Assemblea sullo stato finanziario della R. Deputazione e
Società, riflettendo anzitutto che egli parla in nome proprio
e del suo collega prof. A. Blasi, già eletti sindacatori per
l'esercizio precedente.

Il segretario-economo prof. L. Giannantoni dà quindi
lettura delle proposte del Consiglio per le diverse categorie
dei soci; verificandosi il seguente risultato :

Viene proclamato socio onorario il

March. Giov. EROLI.
Sono eletti soci collaboratori i signori:

Bniuz Dott. Gro: BATTISTA — GüGLIARELLI Dott. Cav. RANIERO —
FiLIipPINI Prof. ENRICO.

Si nominano soci aggregati i signori:

Avv. ALESSANDRO BrancHI — Conte Curzio Donini — Dott. Av-
Gusto De Dominicis — Dott. FRANCESCO FRANCESCHINI -- Dottore
Cav. AsronnE LuPATTELLI — Cav. RiNALDO MARINI — Rag. RoBERTO
MomETTINI — Dott. Giacomo MuzianELLI — Conte Dott. ANDREA
BaLDESCHI OppI — Dott. LuiGi PAGLIARI -- Magg. Cav. VINCENZO
Panis — Prof. Giuseppe Pascucci — Avv. ALBERTO TE: — Cav. Av-
vocato Giuseppe UBALDI — Conte Dott. LUCIANO VALENTINI.

Allelenco dei nuovi soci aggregati si dovrebbero ag-
giungere, secondo la proposta fatta dallo Scalvanti nell'adu-

Pa Qv

XI

nanza del Consiglio e dal Consiglio stesso approvata, i nomi
dei fratelli Angelini-Paroli e del conte Baldeschi-Cennini Lo-
dovico, i quali misero a disposizione degli studiosi i loro
archivi. L' Assemblea ad unanimità accoglie la proposta, re-
putando anche che possa concedersi a questi signori ed a
coloro che li imitassero nel favorire l' incremento degli studi
storici, particolari diplomi di benemerenza.

Vengono quindi nominati soci corrispondenti i signori :

BniaiuTI Cav. Prof. Dott. RomoLo — CorvisiprI Cav. ALESSANDRO
— Ricci Prof. Comm. ConnADo.

Dopo ciò, attesa l'ora tarda, viene rimandata la seduta
alle ore 15. Il sig. Sindaco unitamente all’ Assessore per la
pubblica istruzione, dott. prof. A. Fani, con gentile pensiero
ricevono i soci nelle sale della residenza comunale, accoglien-
doli con la più cordiale ospitalità ed offrendo loro un vino
d’onore.

SECONDA ASSEMBLEA GENERALE

Alle ore 15 i soci si trovano nuovamente riuniti nella
sala del Consiglio comunale per svolgere le comunicazioni,
proposte e voti, il cui elenco a stampa era stato in prece-
denza distribuito.

Comunicazioni.

1.° TRABALZA prof. cav. Ciro. — I vocabolari dialet-
tali considerati come fonti storici.

2.° IDEM. — Su Alfonso Ceccarelli.

Per assenza legittima del socio prof. Trabalza queste due

comunicazioni non ebbero luogo.

3. DEGLI AZZI dott. GIUSTINIANO. — Notizie sul rior-
dinamento di un ricco archivio privato e sulla pubblicazione
del relativo inventario.
Il socio Degli Azzi si riserva di publicare in un pros-
simo fascicolo del Bollettino l' inventario del ricco Archivio
privato di cui dà notizia questo oggi.

4.» SCALVANTI prof. OSCAR. — Sull Inventario - regesto
dell'archivio del signor conte Lodovico Baldeschi - Cennini.

Ebbi altra volta occasione di parlarvi dell’ archivio del
conte Lodovico Baldeschi di Perugia (1), ed ora che il
riordinamento delle carte in esso contenute è venuto a
termine, mi sembra di qualche interesse farvi una breve
comunicazione in proposito. Sono note ormai le ragioni,
per le quali le carte Baldiane più non si trovano nel-
l| archivio di famiglia, ed è per ciò che esso reca sol-
tanto delle copie autentiche di documenti di nobiltà o
di altri atti relativi al grande giureconsulto. Tuttavia,
il conte Lodovico 'Baldeschi s’è dato, come si darà, cura
di accrescere, più che gli sarà possibile, la collezione
delle carte di famiglia, estraendone copia da quei pub-
blici o privati archivi, dove esse si trovano.

Per queste ragioni la raccolta, qual'è attualmente,
assume notevole importanza solo per i documenti dei
secoli XV, XVI, XVII e seguenti. Ma poichè l’ archivio
particolare del Card. Federigo Baldeschi - Colonna of-
friva speciale interesse, così mi è parso di dover divi-
dere l’ inventario - regesto in due parti, assegnando
alla 1% le carte e mss. Baldeschi, e alla 2* quelle pro-
venienti dal Card. Colonna. E siccome in casa Balde-
schi per ragione di parentadi erano venuti a raccogliersi
anche i documenti di carattere storico e patrimoniale
appartenenti ad altre famiglie, come i della Cornia, i
Cennini, i Piccolomini - Tolomei, oppure molti atti, bolle
e processi riferentisi all’ archivio dell’ Ordine di Malta,
così io ho stimato utile, che di coteste piccole ma inte-
ressanti raccolte fosse fatta speciale menzione nell’ in-
ventario, e venissero collocate in buste separate per

rendere più pronte e facili le ricerche.

(1) Bollett. Vol. VIII, Fasc. I, Anno 1902.
WDZI COE EN

XIII

Pertanto nell' arehivio Baldeschi son degni di parti-
colare considerazione nella rubrica delle Memorie di
famiglia alcuni scritti intorno al castello della Biscina
e ad altri feudi dell’ Umbria, atti riguardanti conces-
sioni di privilegi, erezione di cappelle gentilizie, alberi
genealogici, atti di sponsali, testimonianze di nobiltà ;
nella serie dei Testamenti quelli di Ubaldo degli Ubaldi,
di Ascanio della Cornia, di alcuni della famiglia Orsini,
Piccolomini, Oddi, Cennini, Marabottini ecc.; nella serie
dei Ricordi di famiglie umbre o di altre parti d'Italia,
notevoli quelli su donna Olimpia Panfili, Perinelli, Sal-
vadori, Zeecadoro, Piecolomini, Sigismondo Pandolfo
Malatesta, Montalvi, Cardinali, Malaspina ed altri, che
sarebbe troppo lungo enumerare. Utili a consultarsi
sono le filze, che raccolgono le Memorie di Perugia per
alcuni racconti mss. sulla guerra del sale, per le Me-
morie del Macinara qua e là postillate e per la collezione
dei bandi, editti e notificazioni relative al governo di
Perugia. :

Nella sezione — Manoscritti — per le materie poli-
tiche s' ineontrano diffuse e interessanti relazioni sopra
alcuni conclavi, sui passaggi di eserciti in vari tempi,
e sui moti politici del secolo scorso e del precedente.
In questa serie si trova pure una raccolta di satire po-
litiche, di lettere riguardanti affari della Curia Romana
e Memoriali, che i cittadini di Perugia e di altre terre
dell’ Umbria inviavano ai Pontefici o ai Cardinali adu-
nati in conclave per denunciar loro il mal governo della
Chiesa. Alcuni di questi Memoriali appariscono corretti
e postillati da personaggi di casa Baldeschi. Da questi
documenti poi, che, per quanto io so, sono in gran
parte inediti, resulta, che i cittadini dello Stato ponti-
ficio assai per tempo si mostrarono desiderosi di civili
riforme. Inutile il dire, che le invocate novità, sebbene
la franca parola dei postulanti non suonasse ribellione
alla Chiesa, non ebbero accoglienza nella Curia Romana.

Nella serie dei Contratti ha particolare importanza

leleneo degli oggetti di valore artistico. Noto, ad es.,
XIV

che aneo in veechi inventari il celebre cartone (tuttora
esistente presso il conte Lodovico Baldeschi) che servi
al Pinturiechio per uno degli speechi nella Libreria di
Siena, venne attribuito al Sanzio. Interessanti sono le
carte Della Cornia per le ampie notizie che ci danno

sull'illustre famiglia e sui suoi parentadi, e quelle del-

l'Ordine di Malta non solo pei molti processi di nobiltà

riguardanti i Baldeschi ed altri membri della Religione
gerosolimitana, ma anche per gli estesi ragguagli sul
cospicuo patrimonio dell'Ordine. In questa raccolta poi
non mancano carte, da cui può desumersi la narrazione
di fatti insigni, come, ad es., quello della battaglia di
Lepanto, a cui prese parte Ascanio della Cornia. Vi
sono perfino delle relazioni sul numero e qualità delle
navi turchesche e sul modo col quale operarono durante il
terribile conflitto con quelle dei collegati. Vi s'incon-
trano del pari lunghe descrizioni sulla morte di Ascanio
della Cornia, avvenuta in Roma a causa dei gravi di-
sagi della guerra e sul solenne trasporto della sua
salma a Perugia.

Nei mazzi della Corrispondenza molte cose sarebbero
da notare, ma io accennerò solo a una ragguardevole
raccolta. di lettere di principi e ambasciatori dirette
ad Ascanio Baldeschi e ad altri della sua famiglia nei
secoli XVII e XVIII. Oltre a ciò questo carteggio, ve-
nendo ai tempi più vicini al nostro, dimostra che i
Baldeschi ebbero parte nei movimenti politici del secolo
passato, e ne fan prova i pubblici uffici sostenuti da al-
cuni membri della famiglia, le lettere di Giuseppe Rota
e quelle di Francesco Guardabassi dirette a Lodovico
Baldeschi nel 1832, e in una delle quali scrive — essergli
noto l' amore che il nobile Conte nutrì sempre per
la patria, avendone dato in ogni tempo non dubbie
prove —.

Rispetto all’ archivio Colonna dirò che merita spe-
ciale menzione la parte della Corrispondenza. Essa con-

tiene non solo il lungo carteggio diplomatico col Pas-
sarelli, intorno al quale ebbi l'onore d'intrattenervi

^
XV

nell'Assemblea tenuta in Rieti nel 1901, ma contiene
altresì una corrispondenza del Cardinale con Ugo Maf-
fei residente a Parigi nella corte di Luigi XIV, in cui
si trovano preziosi ricordi e giudizi su fatti di molto
interesse svoltisi in Francia a quel tempo. Di carattere
diplomatico son poi la maggior parte delle lettere indi-
rizzate al Cardinale da alti personaggi di ogni parte di
Europa.

Vi è inoltre una ricca corrispondenza, che il Co-
lonna ebbe con Re ed Imperatori o celebri Ministri.
Questo carteggio ora è di semplice cerimonia, come
quello avuto con Luigi XIV, Colbert, Louvois, Arnauld,
col re Giovanni Sobieski e la consorte Maria Casimira,
coi re d’ Inghilterra, coi granduchi di Toscana Ferdi-
nando II e Cosimo III, con Francesco II d'Este e col
principe Rinaldo di Modena ; ed ora assume importanza
politica come nelle lettere di Leopoldo I d'Austria (no-
tevolissima quella scritta al Colonna pel conclave da
tenersi dopo la morte di Alessandro VIII), in quella del-
l'Imperatriee Eleonora Maddalena Teresa, di Carlo II
di Spagna, della reggente Marianna d'Austria, di Maria
Luisa di Francia andata sposa a Carlo II, di Ranuccio
Farnese e di Filippo Guglielmo conte Palatino.

Nell’ archivio Baldeschi son poi tre tomi di corri-
spondenza tenuta dal cardinale Giulio Mazzarini coi
cardinali Grimaldi, Barberini, d' Est, coll’arcivescovo di
Aix, col marchese di S. Vito, col duca di Modena, con
Giannettino Giustiniani ed altri dagli anni 1647 al 1650.
Per le prime ricerche da me fatte, questa corrispon-
denza apparisce inedita, perchè nelle numerose colle-
zioni a stampa dell’ epistolario di Mazzarini mancano
appunto le lettere di cotesti anni, e per ora almeno non
sembra sieno venute in luce in riviste o altre pubbli-
cazioni periodiche. Nell’ inventario questo carteggio,
attesa la sua lunghezza, è sommariamente indicato, ma
quando venga accertato in modo positivo che si tratta
di cosa inedita, non mancherò di aggiungere al regesto
un’ appendice, che dia ragguaglio esatto di coteste let-
XVI

tere, che hanno nella massima parte carattere diplo-
matico.

Voi eomprendete che in tanta varietà di materia e
numero di manoscritti, quanti ne contengono 170 filze,
non si potevano rendere facili le ricerche senza un re-
pertorio alfabetico, che recasse non solo la indicazione
dei nomi, ma anche quella dei fatti piü importanti, a
cui le carte si riferiscono. E perciò io mi sono studiato
che questo repertorio riuscisse completo sotto ogni a-
spetto.

Innanzi poi di chiudere questa mia comunicazione,
mi rivolgo a quanti sono possessori di archivi in Italia,
affinchè vogliano farli noti ed aprirli ai fecondi studi
delle nostre memorie storiche. Certo è per loro titolo di
benemerenza pubblica aver sottratto all’ invidiosa opera
del tempo i ricordi preziosi del passato; ma altra e
maggiore ne acquisteranno offrendo agli studiosi nuova
e rieca messe di utili investigazioni, che sole possono

scortarei alla conquista della verità.

5. BELLUCCI prof. ALESSANDRO. — Architetti e maestri
di legname tedeschi e lombardi nell’ Umbria nei secoli XIV,

XV e XVI.

Il prof. Bellucci A. espone quanto appresso:

Avendo raccolto una buona serie di documenti per
i vari archivi dell’ Umbria sopra questo argomento, mi
è sembrato che valga la pena di pubblicarli raccolti ed
ordinati colla maggiore esattezza cronologica, e di illu-
strarli colla riproduzione delle più importanti opere di
questi artisti, avendo principalmente di mira il defi-
nire i caratteri dell’arte lombardesca ed oltramontana e
di rilevarne le differenze coll’arte italiana pura da in-
flussi estranei. Un saggio di questo lavoro ho già pub-
blicato in uno degli ultimi numeri della assegna d'Arte
di Milano ed altri ne usciranno prossimamente in altre
Riviste, mentre lo studio riassuntivo e di confronto col-
l’Arte Umbra, potrebbe prendere posto nel Bollettino
della nostra Deputazione. XVII.

6." BELLUCCI prof. ALESSANDRO. — Le antiche rappre-
sentazioni grafiche della pianta di Perugia.
L'argomento é svolto presso a poco nei termini seguenti:

Una attraente e singolarissima esposizione ci fu dato
di ammirare, in Roma, durante il recente Congresso
storico internazionale, nelle sale della Biblioteca Vit-
torio Emanuele, preparata e ordinata per cura dell’ il-
lustre Prefetto di essa, conte Domenico Gnoli e dei più
colti suoi dipendenti, fra i quali il nostro socio prof.
cav. Tenneroni: vale a dire, la mostra delle rappresen-
tazioni grafiche della pianta di Roma, da quella piü
vetusta, ricostruita con grande industria e con magi-
strale perizia dal comm. R. Lanciani, all' ultimo piano
regolatore.

Una esposizione assai meno copiosa, ma sempre di
grande importanza, si potrebbe preparare per Perugia
e pel suo territorio, e mostrarla quando avrà di nuovo
luogo in Perugia l'annuale nostro Congresso. Parecchie
rappresentazioni sono venuto raccogliendo: una di esse
è stata da me riprodotta ed illustrata recentemente
nel Bollettino della Società Geografica Italiana. Mi pro-
pongo di illustrare a fondo questo argomento con ri-
cerche storiche e con svariate riproduzioni ; e, col bene-
volo consentimento dei soci della Deputazione, proporrei
altresì di preparare questa mostra per uno dei prossimi

Congressi nostri.

7.° MAZZATINTI prof. GIUSEPPE e DEGLI AZZI dott. GIU-
STINIANO. — Pubblicazione di un Archivio storico del Risor-
gimento Umbro. i
Gli editori, avendo pubblicato un programma a parte,
subito dopo la presente comunicazione, e perchè è immi-
nente la pubblicazione del 1° fascicolo di questa importan-
tissima opera, ci vorranno dispensare dal riprodurre l'espo-
sizione fatta in seno alla Deputazione, che l'accolse con una-
nime plauso.
XVIII

8. BELLUCCI prof. GIUSEPPE. — Le corde portentose
e i nodi magici secondo le tradizioni popolari.

Questa comunicazione d'interesse storico e tradizionale
fu dall'A. esposta verbalmente all' Assemblea ; essa sarà publi-
cata in uno dei prossimi fascicoli del Bollettino.

9. RAGNOTTI-BELLUCCI Apa. — Illustrazione di due
tesoretti monetali del XV secolo rinvenuti in S. Francesco
di Perugia.

Questa comunicazione non ebbe luogo per assenza legit-
timata della egregia cultrice di studi di numismatica.

Proposte e Voti.

1.° DI CAMPELLO DELLA SPINA conte PAOLO. — Sulla
utilità di un provvedimento per impedire che vengano sop-
presse alle piazze ed alle strade i nomi d’ interesse storico.
Per l'assenza del conte di Campello si dette lettura della
seguente proposta da lui trasmessa per iscritto alla Presi
denza :

Voi, egregi cultori degli studi storici, che divertono
il pensiero dagli errori moderni con la ricerca di quelli
commessi nei secoli precedenti, avrete notato come in
ogni tempo vi siano stati tra i popoli tendenze contra-
dittorie. Sono esse una difficoltà per portare giudizio
sicuro sul carattere di quelli che han vissuto prima di
noi e sono una delle cagioni del disaccordo degli sto-
rici allorchè indagano gli stessi rivolgimenti.

In questo fortunato risveglio, in questo fecondo de-
siderio di ricercare ogni pietra, ogni pergamena, ogni
cimelio per ricostruire la storia vera e ben sovente glo-
riosa delle città nostre, una contradizione parmi vedere
nell’uso invalso di mutare i nomi delle piazze e delle
vie portati da secoli e taluni aventi un significato sto-
rico di maggiore o minore importanza.

L'esempio venne da Francia. La piazza Louis XV,

£7 ADDS MES LU. Li vd Le Me x ba
XIX

per dove Luigi XVI passava nel luglio 1789. accompa-
gnato da entusiastici applausi, venne chiamata piazza
della Rivoluzione ; e bene era scelto il nome, dappoichè
dopo tre anni e sei mesi, vi fu reciso il capo al me-
desimo sovrano. Moltissime contrade di Parigi cambia-
rono allora denominazione; tutti i nomi richiamanti il
ricordo della monarchia furono soppressi : una via tra
le altre fu detta rue des Sans-Culottes !

Per buona sorte l’Italia, nemmeno nel breve periodo
dell’ invasione repubblicana francese, segui gli stranieri
suggerimenti. Quelle soldatesche provarono ad intro-
durre tra noi non poche delle loro tirannie, ma non
seppero nemmen tradurle nella nostra lingua e meno
ancora seppero trasfonderle nel nostro spirito nazionale.
Nei successivi moti, non avevamo bisogno di far mostra
di patriottismo platonico ; si vestiva la divisa e si espo-
neva il petto alle palle tedesche o francesi. Roma nel
1848 e dopo il 1870, ha dato lodevolissimo esempio di
rispetto ad ogni nome delle vie d'interesse storico, o
notate nelle antiche piante topografiche, o registrate
negli antichi censimenti.

Si dirà che l' impianto della città permetteva onorare
avvenimenti patriottici e uomini celebrati per politica o
per servizi resi, anche con quel mezzo, senza uscire dai
quartieri nuovi; ma no, nella città antica furono sosti-
tuiti taluni nomi nuovi, quando dalla speciale commis-
sione storico -artistica, sedente in Campidoglio, si rico-
nosceva la nessuna importanza di quelli da cancellare.
Si pratica egualmente negli altri Comuni? Il più delle .
volte sono mediocrità intellettuali, che volendo far sen-
tire la propria voce nei pubblici Consigli, scelgono il
facile mezzo di farsi applaudire proponendo d' intito-
lare una piazza o una strada a personaggi ben affetti
alla maggioranza dei colleghi e agli spettatori delle tri-
bune. Il Consiglio approva e non di rado spensierata-
mente, e senz’ appello; cosi cancella dalle cantonate
del proprio paese una pagina di storia !

La mia proposta, per cosifatte considerazioni è que-
C avs ida

XX

sta: « esprimere un voto al Ministro della Pubblica
E Istruzione affinché trovi la maniera di sottoporre i mu-
um ^ tamenti di nome degli edifici, delle piazze e delle strade,
È all’ approvazione degli uffici regionali per la conser-
vazione dei monumenti ». Nessun altro criterio possa il
detto ufficio far prevalere nel concedere o negare l'ap-
provazione, che unicamente l'interesse storico. D'al-
tronde sotto questo rispetto, quali si siano i nomi che si
sostituiranno, essi saranno alla lor volta documenti ap-
prezzati dagli studiosi del secolo venturo. Se vi saranno
piazze o strade intitolate a Bebel o al Nietzsche, fa-
ranno fede ai posteri della nevrastenia sociale e filoso-
fica che noi traversiamo. A noi basti ottenere, che

sempre, ovunque e per intero venga tutelato il patri-

monio storico della nostra nazione.

Sullo stesso argomento ebbe poi la parola il socio Sordini.
«E indispensabile omai riconoscere, osservó questi, che se-
condo lo spirito che anima gli studi storici ai tempi nostri,
anche le vie, le piazze ed in genere tutti i più importanti
monumenti dei tempi che furono, hanno, per dir cosi, alla
pari dei singoli individui e delle singole famiglie, il loro
stato civile e che quindi non é lecito per mere ragioni d' in-
dole politica o per motivi di altro genere sostituire a questi
nomi, già riconosciuti ed approvati dalla coscienza popolare,
dei nomi nuovi. Inoltre, questi cambiamenti di nomi non solo
rappresentano un danno, che viene arrecato alla continuità
delle tradizioni storiche, ma possono ancora essere nocevoli
nei rapporti economici ed amministrativi ».

Dopo le parole del socio ordinario Sordini, 1 Assemblea
approva il voto proposto dal conte P. di Campello.

2. DEGLI Azzi dott. GIUSTINIANO. — Pubblicazione
negli atti della R. Deputazione di un regesto di documenti
per la storia delle. relazioni tra Firenze e l Umbria nel se-
colo XIV.

Il socio Degli Azzi rileva la penuria di documenti uffi-
STET

FENG

ficiali nell’ Archivio Decemvirale di Perugia, per un lungo
periodo storico, nel sec. XIV. A colmare il vuoto gioverebbe
assai raccogliere documenti fuori di Perugia, e, per prima
cosa i documenti dell’ Archivio di Firenze, cominciando dai
‘arteggi. Avendo egli esposto il suo pensiero all’ illustre
cav. uff. Alessandro Gherardi, direttore di quell’Archivio di
Stato, nostro socio, mostrò questi di compiacersene, e inco-
raggiò il riferente, dandogli facoltà di attendere ad un la-
voro così utile, subordinatamente ai doveri del suo ufficio,
come R. Sottoarchivista di Stato. Il relatore, rendendo ad
esso ampio conto del lavoro intrapreso, allargato anche al
carteggio con tutte le altre città umbre, spiega il metodo
analitico, tenuto da lui nella compilazione del regesto, che
si conforma alle pubblicazioni analoghe del Guasti, del Ghe-
rardi e del Fumi, dimostra quanto tesoro di fatti e di no-
tizie vi si raccolga per stabilire il collegamento della storia
di Perugia e dell' Umbria con quella della Toscana e della
parte guelfa d’Italia, e sopratutto si ferma a notare il ca-
'attere intimo del pensiero degli scriventi, tanto quando
prendono tutti gli accorgimenti diplomatici, tanto quando si
esprime nella loro individuale sincerità. Conclude, sottopo-
nendo all’ esame della Commissione per le pubblicazioni la
prima parte del suo lavoro, domandando, frattanto, un voto
della Deputazione.

L'Assemblea, udita la proposta, emette voto favorevole,
plaudendo al proponente.

9." GAMURRINI prof. comm. GIOV. FRANCESCO. — Rac-
colta dei calchi dei sigilli medioevali relativi alla provincia
dell’ Umbria.

Il socio Gamurrini a mezzo di lettera, propone che la
nostra Società inizi una raccolta di calchi dei sigilli me-
dioevali, relativi alla provincia dell’ Umbria, domandandone
per favore gli esemplari alle principali collezioni del regno.

Il socio Ansidei conte Vincenzo, in relazione alla propo-
sta Gamurrini, notifica ai convenuti il dono fatto dal profes-
XXII

sor Corrado Ricci alla Biblioteca Comunale di Perugia della
impronta di un sigillo appartenente al Vescovo di Perugia,
Ugolino da Monte Vibiano: questo Vescovo fu eletto nel 1330
e la sua elezione fu forse la prima origine delle discordie
fra i Baglioni e i Degli Oddi.

4.° GAMURRINI prof. comm. GIOV. FRANUEBOG. — Carta
topografica dell' Umbria antica.

Il medesimo prof. Gamurrini propone che si tenga
presso l ufficio della Deputazione una carta topografica del-
l Umbria, in cui si segnino i luoghi antichi, e le vestigia
loro, e le traccie delle antiche vie. Meglio ancora sarebbe
(molto più che il nostro istituto precipuamente si occupa
della storia medioevale) di segnarvi ancora le città e le ca-
stella esistenti in quell' epoca con le vie che vi conducevano.
La qual cosa, se sembra a primo aspetto difficile, riescirà
poi facile, quando si consegnino a coloro che si occupano
delle cose locali, quelle mappe topografiche che li riguar-
dano, così che essi non facciano che contrassegnare con
colori diversi tanto la parte antica quanto la medioevale.
Non è chi non vegga la grande utilità di tali carte istoriche
nella scala di quelle dello stato maggiore da 1: 50,000.

Occorrerebbe quindi acquistare due copie di tali carte
dell’ Umbria, una intera da rimanere nell’ufficio e l’altra da
spedirsi a seconda dei quadrati locali agli studiosi che ab-
biano modo ed agio di contrassegnarle : cioè ad Assisi, a
Spello, a Terni, a Rieti, a Todi, ad Orvieto, ecc.; perchè da
per tutto sono studiosi, che ne assumerebbero l’incarico. Se
non tutti, certo non pochi corrisponderebbero, e il lavoro
di ciascuno dovrebbe essere riportato nella carta generale
dell’ ufficio, dove a prima vista si paleserebbero quali sono
le parti già studiate e quelle da studiare.

L'Assemblea approva entrambe le proposte del socio
onorario comm. Gamurrini.

6.° GIANNANTONI prof. LUIGI. — Della opportunità di
XXIII

fare le ricerche storiche anche negli archivi privati dell’ Um-
bria, oltre che negli archivi pubblici.

Il segretario Giannantoni, riferendosi a quanto fu detto
dal socio Scalvanti, riconosce esso pure l'alta importanza
storica che da parecchi anni viene assumendo lo studio su-
gli archivi privati; questi non più si considerano ai tempi
nostri come documenti aventi un valore storico soltanto per
determinate famiglie, ma piuttosto come una preziosa mi-
niera per la ricostruzione del passato in base ai fonti delle
storia generale d' Italia.

Quindi fa voti che, come l’ egregio consocio prof. Scal-
vanti ha fatto per l'archivio di una delle più cospicue fami-
glie umbre, così altri soci si rivolgano alla cortesia dei pri-
vati per essere messi a studiare nei loro antichi archivi.

L'Assemblea esprime il voto proposto dal socio ordinario
Giannantoni.

1. BELLUCCI prof. comm. GIUSEPPE. — Museo storico
.e del Risorgimento.

Riferendosi alla comunicazione precedente fatta dai soci
Mazzatinti e Degli Azzi in ordine alla pubblicazione di un
Archivio storico del Risorgimento, Y oratore comunica all’ As-
semblea la proposta di istituire nella città di Perugia un
Museo speciale in cui si conservino gli oggetti e i ricordi
storici in generale, ed in particolare quelli relativi al no-
stro Risorgimento. Dimostra la convenienza e la necessità
di addivenire ora alla istituzione di questo Museo, per il
quale la Società di Storia Patria dovrebbe oggi esprimere
soltanto un parere favorevole.

Il socio prof. Leopoldo Tiberi, mentre approva la pro-
posta Bellucci, dubita nel tempo istesso che si possa riu-
scire a trovare un locale. adatto e sufficiente per questa rac-
colta.

Bellucci G. replicando, dice che bisogna contentarsi in-
tanto di esprimere .il voto, lasciando poi la raccolta dei
cimeli ed il loro coordinamento al tempo e all'ulteriore svi-
XXIV

luppo degli studi nostri. Conclude col non negare la difficoltà
della riuscita, ma questa difficoltà, soggiunge, sarà sempre
minore, quando vi concorra l'appoggio e l'approvazione della
R. Deputazione di Storia Patria.

L'Assemblea accoglie la proposta Bellucci G. ed esprime
su di essa un voto favorevole.

Visita ai monumenti di Spello.

L'annuale adunanza dei soci della R. Deputazione ter-
minó in quest' anno con una gita a Spello, avente lo scopo
di ammirare i numerosi monumenti e capolavori d'arte che
ivi sì conservano.

Favoriti da una magnifica giornata d’ autunno i gitanti
giunsero a Spello nella mattina del giorno 28; quivi erano
attesi dai soci conte P. Di Campello Della Spina, mons. M. Fa-
loci Pulignani, prof. G. Cristofani e prof. G. Urbini, il quale,
esimio cultore degli studi d’arte, fu di guida ai convenuti
in questa escursione artistica, facendo ad essi apprezzare i
pregi delle opere esimie di Spello, da lui egregiamente illu-
strate. Era stato distribuito un itinerario a stampa, desunto
da una particolareggiata monografia del prof. Urbini (1), por-
tante l indicazione dei principali monumenti che dovevano
richiamare l’attenzione dei visitatori. Sarebbe troppo lungo
enumerare tutti i tesori d’arte, che sono così gelosamente cu-
stoditi in quella storica città.

A cominciare dai maestosi avanzi dell'Anfiteatro romano
e proseguendo sino ai divini affreschi del Pintoricchio, Spello

(1) Prof. G. URBINI, Le opere d'arte a Spello : Roma, 1897, Edit. Danesi (pubbli-
cata prima nell'Archivio storico dell’arte, Serie 3", Vol. I-II). XXV

possiede una serie di opere insigni, che rappresentano degna-
mente le fasi gloriose dell’ arte nostra. E basti ricordare le
chiese di S. Claudio, S. Andrea, S. Lorenzo, La Rotonda,
S. Severino, la chiesa di Vallegloria, S. Barbara, S. Silvestro,
S. Girolamo, S. Maria in Paterno, S. Antonio e varie altre.
Ma quello che attrae sempre e maggiormente l’attenzione
degli studiosi è il tempio di S. Maria Maggiore, incominciato
a fabbricare nel 1197 con ampliamenti e modificazioni su-
bite nei secoli successivi. Quivi:si ammira uno dei capo-
lavori del Pintoriechio, la cappella Baglioni, dipinta nel 1501
con lautoritratto dell’ insigne maestro, avente la scritta:
BERNARDINUS PICTORICIUS PERUSINUS.

La peregrinazione artistica dei soci della Società Umbra
di Storia Patria si compié tra le piü cordiali accoglienze
della cittadinanza intiera. Una schiera di ciclisti, capitanata
dal gentile signor G. Dini, al confine del Comune di Spello
nella località chiamata Capitan Loreto, aveva già portato ai
soci della R. Deputazione il primo saluto dell ospitale città.

Il sindaco cav. Pietro Bocci, unitamente ad altri rap-
presentanti dell autorità comunale ed a vari cittadini, tra i
quali ricordiamo i signori dott. Minciotti, dott. Muziarelli,
prof. Peppoloni, onorarono della loro compagnia i gitanti,
invitandoli pure ad un Vermouth d'onore durante la visita
fatta alla sede Municipale. Nell’ atrio di questa si ammira
una pregevole collezione d’iscrizioni romane e nelle sale
della residenza comunale si conserva l Archivio antico, uni-
tamente alla Biblioteca ed a molti altri pregevoli ricordi
delle vicende cittadine.

Indimenticabile fu eziandio la squisita ospitalità con cui
vennero accolti i soci della R. Deputazione nella splendida
Villa Fidelia, ora del collegio Rosi; e qui si ripetono nuova-
mente i più vivi ringraziamenti all'egregio Rettore, cav. P.
Carmine Gioia, per le molte cortesie ricevute.

A questa simpatica gita pose termine un campestre
banchetto, offertoci dal fiore della cittadinanza di Spello nella
XXVI

Villa del Collegio, magnificamente organizzato e splendida-
mente servito tra la piü cordiale amicizia e la più manife-

sta letizia comune.

IL PRESIDENTE
L. FUMI

Il Segretario
L. GIANNANTONI.

—-BIG—_ MEMORIE E DOCUMENTI

PER LA STORIA
DELL’ ANTICO ARCHIVIO DEL COMUNE DI PERUGIA

II.
NOTIZIE E DOCUMENTI DAL SEC. XV AL SEC. XVI.

(Continuazione: vedi 1^ parte in vol. VIII, fasc. I, n. 21)

Un inventario de' libri della Cancelleria, registrato negli
Annali Decemvirali, sotto la data del 19 giugno 1421 (1), ci ap-
prende che in quell'officio, posto nel palazzo stesso de Priori, si
conservavano vari registri e carte di pubblico interesse, di cui
nel verbale di consegna, che pubblichiamo, é dato accurato elenco
descrilivo. Da esso apparisce che nella Cancelleria si tenevano
quei libri che pei bisogni del governo e dell' amministrazione occor-
reva spesso avere ira mano, come gli slatuli vigenti e quelli ante-
riorj, per gli opportuni raffronti e richiami, i libri de’ conti came-
rali e delle comunanze, i libri delle riformanze, i registri degli
officiali, e tutti quegli altri documenti che nei riguardi del diritto
pubblico costituivano la base giuridica de’ diritti del Comune od
attenevano alla sua gestione economica. Parte di questi, man
mano che col trascorrere del tempo divenivano fuori d’uso, doveano
passare all’ archivio («... quadraginta libri officialium .. in arma-
rium... mictendi... »), e parté per la loro importanza storica e po-
litica erano destinati a rimanere in Cancelleria, come il libro del-
l Eulistéa, i copiarî delle lettere pontificie, quelli degl’ istrumenti
ai alleanze e paci con altri stati, nonchè le copie dei più impor-
tanti privilegi dati al Comune dagl' Imperatori e dai Papi, alcune

(1) Ann. Decemv, ad ann. 1421, c. 158 r., App. Doc. n. VII.
AE ETERO Tres A snena da
de E "Si 4 bred tà: da n er T : D

2 G. DEGLI AZZI

delle quali, trascritte in grandi fogli membranacei, stavano appese
su due tavole di legno alle pareti dell’ officio del Cancelliere.
Altrettanto ci vien confermato dal successivo inventario di

consegna, molto più dettagliato del precedente, fatto li 3. ottobre
1424 (1), e da quello del 17 ottobre 1440 (2), dal raffronto de’
quali si possono agevolmente rilevare i registri e le carte che
dovevano rimanere di corredo alla Cancelleria e quelli che col
tempo venivano rimessi all’ Archivio. Importanza speciale hanno
questi inventari per l' identificazione e la distinzione degli Statuti,
trovandosi ivi indicati in modo da poter facilmente designarli e
ricostruirne la serie, oggi purtroppo incompleta, e molto più ampia
di quel che non credesse il Vermiglioli (3); e così pure sono di
gran giovamento per le notizie di registri che or più non esistono,
e del tempo in cui, probabilmente, andarono alcuni d’essi perduti
o distrutti, come il famoso codice dell’ Eulistéa ed alcuni volumi
della preziosissima collezione degli Annali Decemvirali, inesauri-
bile miniera così di memorie perugine ed umbre, come di quelle

che interessano l'intera storia d’Italia (4). Particolarità curiosa
è quella dell'inventario del 1440, nel quale, dopo registrati gli
arredi della camera del Cancelliere, è ricordo delle tavole o spec-
chi di legno, cui erano affisse, oltre le copie delle bolle portanti
i diritti del Comune sul Lago, anche altre che, pur essendo rico-
nosciute false, si tenevano tuttavia in mostra (5).

(1) Ann. Decemv. ad ann. 1424, c. 39 r. a 41 r.; App. Doc. n. VIII.

(2) Ann. Decemv. ad ann. 1440, c. 83 r. e seg.; App. Doc. n. IX.

(3) VERMIGLIOLI, Bibliografia storico-perugina. Perugia, Baduel, 1823, pagg. 155
e segg.

(4) Per le lacune, deplorevolissime, che si riscontrano in questa serie, vedi
VERMIGLIOLI, Op. cit., pagg. 9 e 10.

(5) È strano veramente che per l'appunto nell'officio di Cancelleria, da cui do-
veano rilasciarsi le fedi d' autenticità de' documenti sl privati, che pubblici, si te-
nessero esposte copie di bolle manifestamente false: ciò forse si faceva per mettere
in guardia gli officiali e i cittadini contro le falsificazioni di certi atti solenni, po-
nendo quelle riconosciute come tali alla vista di tutti perché agevolmente si po-
tessero fare gli opportuni raffronti ; od anche non é improbabile che quelle copie
sieno state tratte da privilegi inventati e fatti fraudolentemente dal:Comune istesso
per acquistare e tutelare diritti e pretese che non avrebbe in altro modo potuto
vantare e sostenere: cosa tutt'altro che rara, specialmente ne’ tempi più antichi,
in cui anche i luoghi pii, e sopratutto le Abbazie ed i conventi, non si peritavano
PER LA STORIA DELL' ANTICO ARCHIVIO DEL COMUNE DI PERUGIA 3

Nell’ intervallo di tempo che corse tra le redazioni di questi
due inventari, testé ricordati, e cioè nel primo bimestre del 1427,
dovendosi dall’ Archivio estrarre i documenti necessari per soste-
nere certe ragioni del Comune di Perugia contro le pretese di
quel di Siena, fu da’ Magistrati deliberato di « aprire la cassa
delle cinque chiavi, così delta quella che etiandio insino al pre-
sente nell’ Archivio pubblico si conserva; et per tòrre affatto ogni
sospilione dalle menti degli uomini (essendo in quella cassa scrit-
ture di molta importanza per la città), volsero che quando s'apriva
vi fosser cinque Camerlenghi e cinque Notai, che solamente furono
da^ Priori per quell' atto eletti, et ancora hoggi s' osserva... » (1).

Il qual provvedimento, del resto, sebbene forse non messo in
vigore sin all'epoca accennata dal Pellini, era stato peró delibe-
rato e approvato dai Decemviri fin dal 5 Febbraio del precedente
anno 1426 (2).

E che veramente tali timori di sottrazioni dolose, di altera-
zioni, dispersioni e contraffazioni di pubbliche carte non fossero

infondati, ci vien provato da una deliberazione del General Con-

siglio di Perugia, in data 27 novembre 1415, con cui si diè ai

di inventare di sana pianta concessioni e privilegi o di alterare e contraffare a lor
posta quelli veri nell’ interesse dell'ente. Non di rado poi, come nel caso nostro
può esser avvenuto, quegli atti, senza scrupolo, anzi con buone ed oneste inten-
zioni fabbricati, venivano sanati da nuove concessioni ed esenzioni pontificie ed
imperiali, o confermati senz'altro, come se il godimente di fatto per lungo periodo
di tempo avesse supplito alla mancante autenticità del titolo giuridico iniziale.

(1) PELLINI, Stor. di Per., vol. II, pag. 32].

(2) Ann. Decemv., ad ann., c. 81 t.: [m marg.] « Electio certorum camerariorum
et notariorum ad scruptandum pro iuribus Comunis in cassa quinque clavium.

Supradicti dd. Priores... volentes de juribus Comunis Perusij que habet in cla-
vibus et iuxta claves cum omni diligentia inquirere, et capsam quinque clavium,
existentem in armario librorum Comunis Perusij, in qua fere omnia jura dicti Co-
munis et etiam offitia recondita sunt, aperire: quod facere sine presentia et scientia
aliquorum civium non videtur honestum, considerato loco in quo dicta jura sunt,
et actenta quantitate et qualitate negotij: ideo, ad removendum suspitiones que in
auribus popularibus propter hec in futurum evenire possent: elegerunt infrascri-
ptos Camerarios et notarios fidos, videlicet (seguono i nomi de’ cinque Camerlenghi,
eletti uno per porta, e dei cinque notai): quibus commisserunt ut, una cum ser
Matteo de Interamne cancellario Comunis Perusij, et me Filippo notario infrascri-
pto, accederent ad dictum armarium, et in apperitione dicte capse adsisterent, ne
inde aliquid fraudetur et removeatur, et pro ipsis scripturis scruptarentur ».
T reum

TRI

4 ; G. DEGLI AZZI

magistrati amplissimo arbitrio di provvedere e rimediare al ri-
guardo (1).

.. L'usc poi di conservare i documenti in casse chiuse a chiave
doveva esser comune a molti uffici, poiché abbiamo ricordo che
nel 1444, a di 16 Giugno, i Conservatori della moneta, insieme
ai Priori, ritrovarono importanti registri relativi alla loro gestione
in una cassa rinvenuta per caso e di cui non si conosceva il con-
tenuto (2).

L'ultima riforma degli Statuti di Perugia, che fu quella pub-
blicata coi tipi del Cartolari tra il 1523 ed il 1528, reca molte-
pliei disposizioni relative all’ armario de’ libri del Comune, come
ivi è chiamato l' Archivio. V'eran preposti due cittadini, che do-
vevano essere « boni, idonei et legales », da eleggersi a sacchetto
di sei in sei mesi, coll'obbligo di far redigere in pergamena ed
in forma autentica da esperli notai un esatto inventario de' libri
loro affidati e di tenerli al corrente. In questo doveva esser
notato: il tenore di ciascun libro ed i nomi de’ magistrati al cui
officio appartenevano, coll’indicazione del tempo della loro carica.
Vietavasi, in massima, sotto gravi sanzioni, l’estrazione degli ori-
ginali degli atti d’archivio. Adibiti alle copie erano cinque notai
copisti, da retribuirsi con 2 soldi e 6 denari per ogni pagina di
copia, calcolando ogni pagina di 40 righe almeno. Le loro copie
poi per goder pubblica fede dovevano essere autenticate da uno dei
notai principali. Le serie più importanti de’ libri erano quelle delle
sentenze e de’ catasti, e le norme relative all' archivio riflettevano -
in gran parte gl’intenti fiscali, tra cui precipuo quello d’ evitar

(1) Ann. Decemv., ad ann., c. 143 t.: « ... Item cum in armario librorum Comu-
nis Perusij, videlicet in libris et scripturis ipsius Armarij per plurimos asseratur
multa fuisse indebite facta, et ordinamenta, statuta et modum honestum fuisse in
eo multipliciter prevaricatum, ... statuerunt... quod Priores et Camerarij Artium ...
habeant ... arbitrium ... et auctoritatem ... providendi, statuendi, ordinandi et re-
formandi circa dictum armarium », etc.

(2) Ann. Decemv., ad ann., c. 60 t.: « Infrascriptum est. inventarium librorum et
scripturarum repertarum in quadam cassa nucis clavi serrata, et aperta seu scavi-
gliata per Rainerium ser Nutij clavarium de Perusio, de mandato et licentia M. D. P.
et Conservatorum Monete... in qua cassa reperti fuerunt libri et quaternelli infra-
scripti: unus libellus de scontis Tobaldi Polionis; unus libellus de scontis Angeli
Bartolomei (segue l'indicazione d'altri 25 registri. Qui omnes libri, postquam visi
et percuntati fuerint, fuerunt repositi et remissi in eadem cassa ... », etc.
PER LA STORIA DELL’ ANTICO ARCHIVIO DEL COMUNE DI PERUGIA 5

frodi e false dichiarazioni per parte di condannati e di debitori
di pubbliche gravezze (1).

Oltre poi le norme generali offerte dallo statuto, | Archivio
aveva un proprio regolamento interno ((« constitutiones armarij
o super negocia archivi] perusini »), cne valeva per tutti i casi
non contemplati dalla legge generale (2).

Menzione speciale é fatta della cassa depositata nell' armario,
contenente privilegi, lettere ed istrumenti di capitale importanza
pel Comune, che probabilmente è quella stessa di cui si parlò
nella prima parte di questo lavoro: ed acciocchè non potesse igno-
rarsene il contenuto, mentre si stimava d'altronde pericoloso, forse,
porre que’ documenti importantissimi a portata di tutti, fu ordinato
di farne copie autentiche in registri membranacei onde si potesse
ad ogni occorrenza consultarli (3). Furono rinnovati severissimi
ordini perchè gli officiali dell’ Archivio, usciti di carica, e tutti gli.
altri, che per qualsiasi titolo detenessero registri o scritture, li re-
stiluissero entro otto giorni dalla promulgazione dello statuto (4),
e, contemporaneamente, perchè l’accumularsi di troppi materiali non
ingombrasse i locali dell’archivio, con danno de’ documenti ve-
ramente meritevoli di conservazione, si stabilì di deputare un
esperto cittadino, affinchè coll’aiuto degli officiali dell'armario pro-
cedesse alla cernita, o, com'oggi si dice in gergo archivistico, allo
spurgo de’ registri e delle carte inutili depositati da non più di 50
anni, per collocarli in altri locali dove si fossero potuti, senza in-
comodo del resto, conservare (5).

Dalle disposizioni dello statuto si rileva anche quali fossero

(1) Stat. Perus., vol. I, rubr. 97: « De electione et officio. officialium armarii
librorum Comunis Perusie ».

(2) Ibid., rubr. 98, « additio ».

(3) Ib., rubr. 127: « De privilegijs et litteris comunis existentibus in armario
exemplandis ». — « Cum in quadam cassa existenti in armario comunis Perusie multa
privilegia, littere et instrumenta reperiantur utilia et solemnia pro comuni Peru-
sie: que et eorum effectus a perusinis ignoratur et hoc redundat in preiudicium et
diminutionem jurisdictionis comunis Perusie : statuimus à. etc.

(4) Ib., rubr. 130: « De salario notariorum existentium in armario », etc. — Im-
portanti pure per la cognizione della tenuta de’ libri d’ archivio sono le rubriche
seguenti dalla 131 alla 141.

(5) Ibid., rubr. 142: « De electione et officio cuiusdam boni hominis supra scri-
pturis armarij revidendis et de ipso armario extrahendis ».
6 G. DEGLI AZZI

le serie più importanti de” pubblici documenti che doveano poi
passare ad arricchire l'Archivio, come quelle de’ registri degli ap-
palti delle comunanse e delle gabelle (1), de’ lasciti fatti e de’ sussidî
dati al Comune (2), delle: rappresaglie (3), degl'inventari d'armi
e masserizie esistenti nelle rocche del territorio perugino (4), dei
beni d'uso pubblico e de’ respettivi canoni (9), dell’entrata e uscita
del Comune (6), dell'Amministrazione de’ Conservatori della Mo-
neta (7), delle pene pecuniarie per condanne criminali (8), dei
raccolti del Chiugi (9), dell’Officio dell'Abbondanza (10), de’ credili
del Comune (11), del protocollo degli atti pubblici, tenuto da un
apposito officiale (12), delle Riformagioni de’ Priori (13), delle così-

(1) Ibid., rubr. 146: « Quod fiat unus liber... in quo scribantur forme venditio-
num comunantiarum et gabellarum... Comunis »; vedi pure in proposito la succes-
siva rubr. 147.

(2) Ib., rubr. 148: « De quodam libro fiendo... in quo scribantur omnia relicta...
Comuni ».

(3) Ibid., rubr. 177 : « De registro fiendo... de represaliis et de quantitatibus
exactis registrandis ». Vedi sull' argomento importantissimo delle rappresaglie il
mio lavoro « Le rappres. negli Statuti Perugini », Perugia, Tip. Coop., 1893; e la
rubr. 467 dello Statuto cit.

(4) Ibid., rubr. 192: « Quod castellani quarumdam roccharum reddant rationem
et inventarium faciant de rebus existentibus in eis ».

(5) Ibid., rubr. 267: « De libris faciendis pro comunantijs et gabellis »; e rubr.
359, 366.

(6) Ibid., rubr. 268 : « De libris faciendis in camera Conservatorum pro introi-
tibus et exitibus ».

(7) Ibid., rubr. 275: « Infra quantum tempus Conservatores Monete... teneantur
restituere... libros ».

(8) Ib., rubr. 330: « De registro faciendo de condennatis et condennandis in
Camera Massariorum »; dovea contenere gli annotamenti alriguardo fino dal De-
cembre 1375.

(9) Ibid., rubr. 488: « De registro faciendo anno quolibet de grano et blado re-
coligendo ex Clusio », etc.

(10) Ibid., rubr. 489: « De libris faciendis in Camera Abundantie pro introitibus
et exitibus »; e rubr. 494 e 500. |

(11) Ib., rubr. 490: « De registro faciendo de debitoribus preteritis et etiam de
debitoribus futuris in Cancellaria Comunis Perusie ».

(12) Ibid., rubr. 501: « De registro faciendo in Camera Conservatorum et Mas-
sariorum et de electione notarij super registris »: 8 ult. « ... dictus notarius super...
registris de omnibus scripturis que faciet in dictis registris... debeat librum facere
mittendum in Cancellaria... de anno in annum... ».

(13) Ib., rubr. 565: « Quod notarius dominorum Priorum debeat restituere li-
brum... integrum... et de registro flendo »: é questa l'importantissima serie detta
degli Annali Decemvirali, di cui diremo in appresso. PER LA STORIA DELL’ ANTICO ARCHIVIO DEL COMUNE DI PERUGIA T

delle. insinuazioni de’ testamenti e delle donazioni (1), de’ registri
delle sentenze pronunciate da’ Magistrati giudicanti (2), degli sta-
tuti generali e particolari del Comune (3); de’ libri de’ ribelli e
banditi, delle sommissioni de’ luoghi soggetti o raccomandati a
Perugia (4), ecc., ecc. Oltre la custodia dell’Armario, agli officiali
d'archivio spettavano anche attribuzioni, che potremo dire di regi-
strazione solenne d’atti, relativi specialmente alla proprietà, che
la legge stessa dichiarava della massima importanza ed efficacia,
‘onde l' inserzione di quelli ne’ libri pubblici era riservata a una
categoria speciale di funzionari, ai notat principali, cioè, che sta-
vano nel più alto grado della scala gerarchica del personale ar-
chivistico. Erano comprese tra questi atti le cassazioni delle con-
danne, di capitale interesse per stabilire la capacità civile e poli
tica dei cittadini e l’ idoneità alle pubbliche cariche; le allibrazioni
intese a far conoscere la consistenza economica e il movimento
della popolazione cittadina; e tutte le modificazioni di qualche ri-
lievo e i passaggi della ricchezza fondiaria e mobiliare, così agli
effetti fiscali come a quelli giuridici per garanzia dei diritti del
Comune e di quelli dei terzi (5).

Sugli affari poi dell'Archivio e sulla tenuta de’ libri s'aveva
un apposito officiale (« notarius super registris »), una specie di

(1) Ibid., rubr. 568: « Quod notarij insinuationum debeant sub compendio de-
notare in cancellaria productiones testamentorum et instrumentorum ».

(2) Libro III, rubr. 70: « Quot libros Potestas et Capitaneus fieri faciant de con-
demnationibus: et quod sententias possint ferre per Vicarios ».

(3) Ibid., rubr. 196: « Quod debeat fieri unus liber in cancellaria de dictis
statutis ».

(4) Libro IV, rubr. 68: « Quod promissiones et summissiones... registrentur et
in armario ponantur ».

(5) Libr. I, rubr. 502: « De modo retinendo per officiales armarij et eorum no-
tarios principales circa eorum officium exercendum ». I notai principali dovean, tra
l’altro, notare in apposito registro membranaceo, che andava poi a costituire una
serie speciale dell'Archivio, le seguenti cose « que sunt importantie et maxime ef-
ficacie: Cassationes quaruncumque condemnationum; Cassationes foculariorum ;
Allibrationes forensium seu comitatensium allibrandorum de novo inter cives seu
absentatos; Cassationes quorumcumque bonorum per alluvionem et impetum aqua-
rum; Cassationes et positiones extimationum pensionum seu rerum que pensionan-
iur », etc.
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p

pe TI
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8. G. DEGLI AZZI

soprintendente, retribuito con 40 fior. d'oro all'anno (1), che dava
pareri scritti al Cancelliere del Comune, ai notari, ai Conservatori
ed ai funzionari archivistici, e sorvegliava il servizio (2). Tale ca-
rica teneva, all’epoca della pubblicazione dello statuto, un ser
Nicolò di Egidio, cui per le benemerenze sue toccò l’onore d’es-
sere riconfermato in officio per disposizione statutaria (3).

Ad impedire la dispersione dei documenti cosi di. pubblico,
come di privato interesse, era a tutti vielalo sotto gravissime pene
di comprar carte di notai od altre carte pubbliche (4); chè anzi,
ad ovviare le frodi di chi avrebbe avuto interesse a distruggere
od occultare documenti, specie degli avvocati e procuratori, un
decreto del Legato apostolico, inserito come legge nello statuto,

(1) Libr. I, rubr. 305: « De salario solvendo notario super registris ». Questo
funzionario ebbe prima il nome più proprio di consultore del'armario, come rile-
vasi da un documento del 28 Genn. 1438 (Ann. Decemv. ad ann., c. 14 r.), nel quale
anno avendo rinunciata tale carica il dottor Bongio di Battista, i Priori, « conside-
rantes Comune Perusij detrimentum posse recipere ad officium armarij librorum »,
per la rinunzia di lui, gli sostituiscono subito « Benedictum ser Fei, juris utriusque
doctorem ».

(2) Ib., rubr. 278: « Quod Conservatore; et Massarij possint habere consilium »,
etc.

(3) Ib., rubr. 280: « Quod ser Nicolaus Egidij sit notarius super registris pro
tempore in eius electione contento ».

(4) Libr. III, rubr. 200: « Quod nullus possit emere aliquem librum publicum
alicuius notarij »; e già sin da prima s'era provveduto su questa delicata materia,
con una legge del 1415, Febbraio 26 (Ann. Decemv., ad ann., c. 17 t. del seguente
tenore:

« Ordinamentum super libris notariorum mortuorum.

In primis cum pro preterito, ut experientia manifestat, circha conservationem
librorum et scripturarum notariorum mortuorum sit malus ordo servatus et quo-
tidie conservetur, videlicet quod libri et scripture notariorum mortuorum veniunt
ad manus ignorantium mulierum seu aliorum, quod potest resultare et resultat in
maximum damnum et preiuaitium civium et comitatensium perusinorum et jurium
eorumdem: Et similiter quotidie dicti libri et scripture venduntur spetiariis pro
lacerando et lacerantur contra omnem debitum jus et in grave preiuditium et dam-
num habentium jura in dictis scripturis: volentes predictis obviare ne de cetero talia
commictantur et dare remedium salutare: Eapropter deliberatione prehabita », etc...
ordinano che chiunque detenga « penes se aliquos libros scripturas protocollos ba-
stardellos et generaliter quascumque alias scripturas contractuum. quorumcumque
notariorum mortuorum », entro un mese, pena 100 L., debba «assignare per inven-
tarium » detti libri e scritture a' Priori del Consorzio de' Notai, che dovevano farne
apposito registro, acciocché da tutti si potesse sapere dove venivano custoditi gli
atti, che non dovean esser tenuti che da un notaio. PER LA STORIA DELL' ANTICO ARCHIVIO DEL COMUNE DI PERUGIA 9

stabili rigorosissime norme circa il rilascio degli atti processuali
e d'ogni altro pubblico documento a privati (1). Alla tutela, del
reslo, delle scritture rogate da notai aventi pubblici offici aveva da
tempo provveduto un bando del Magistrato cittadino, emanato sin
dal 4 aprile 1441 (2).

(1) Libr. IV, rubr. 143: « Decretum Rev.mi domini F. Pitte de Pisis Prothono-
tarij apostolici vice legati ‘de processibus et aliis-scripturis non accomodandis nisi
sub certa forma ».

(2) Ann. Decemv., ad ann., c. 299: « Bando fatto pubblicar da’ Priori:

« Fasse comandamento per parte delli Signori Priori del popolo et Cità de Pe-
roscia che ciaschuno notario, che per lo passato sia stato overo notario dey signori
Priori o dey Diece o de qualunche arbitrio pertinente a la dicta Comunità de Pe-
roscia, debba per termene de tutto Aprile del presente anno et millesimo avere re-
messe tutte singule scripture in la Cancelleria del Comuno de Peroscia pertinente
à esso Comuno o a particulare persona d'ogne stato e conditione, sotto pena de
Cento libre de denare ; e per qualunche scriptura lassasse, cada in la medesima
pena, de la quale le doy parte sieno per aconcime e ornamento del palazo del Co-
muno predicto, e la terza dell’ uffitiale che farà la executione : la quale non la fa-
cendo, cada esso in pena de D. libr. de denare.

« Ancora che ogne notario, o dey Signori Priori overo dey Diece o dey Cinque
dello Arbitrio o de qualunque Arbitrio el quale per lo tempo a venire serà, debbia
sempre, intra termene de uno mese dal.di che finirà el suo offitio, remettere in la
Cancellaria del Comuno de Peroscia tutte et singule scripture pertinente cosy la
Comuno predicto come a particulare persone ; et nol facendo, incorra in pena de
Cento libre de denare per ogne volta et per qualunqua scriptura non ce remettesse.
Della quale pena la terza parte sia... », etc.
G. DEGLI AZZI

poc c7u:M —EIIN-EI

DOCUMENTO VII.

1421, giugno 19. — [a marg.] « Inventarium Cancellarie ».

Annali Decemvriali, 1421, c. 185 r.

« Die XVIIIJ dicti mensis Iunij.

Actum Perusij in cancellaria comunis Perusij sita
in palatio residentie dd. Priorum Artium diete Civita-
tis, presentibus Giliutio Tomassi de porta sanete Su-

sanne, Vicho Lippi de porta saneti Angeli, Matheo Be-

uu

| n i ov. nedicti de porta sancti Petri, Vico Herculani de porta
Iris : Eburnea, Civibus perusinis ad presens ex prioribus di-
ete Civitatis et ser Iohanne ser Petri de Panicali comi-
| ; | j si tatus Perusij, testibus ad infrascripta vocatis habitis et
La e 10 rogatis.

dS Hoc est inventarium librorum et scripturarum re-
pertarum et existentium in cancellaria comunis Perusij
decr consignatorum et restitutorum per egregium et eloquen-

tem virum ser Venantium Bruschini de Camerino, olim


[91]!

| cancellarium Comunis Perusij, prudenti et affabili viro
iH i ser Iacobo ser Butij de Perusio cancellario dicti comunis
noviter electo, prout inferius apparebit.

Imprimis: Primus liber statutorum dieti comunis

cum aliquibus adiunetis in fine, in cartis bonbicinis re-

D
(©)

galibus, sub copertis pecudinis ligatis, numero cartarum

.CLXXIJ. Item secundus liber statutorum in eisdem

dis ‘eartis, numero cartarum .XXXVIIJ.

t

| aem Item tertius liber dictorum. statutorum in cartis pe-

EI cudinis quatuor quaternorum eum copertis pecudinis.

| 25 . Item quartus liber dictorum statutorum in cartis
i
Moe bombicinis sub copertis pecudinis, numero cartarum

.XL., que sunt statuta ad presens vigentia.
PER LA STORIA DELL'ANTICO ARCHIVIO DEL COMUNE DI PERUGIA ll

30

40

45

[2]

e
M
Z

60

(er)
Gt

Item unus liber statutorum veterum dieti comunis
in eartis membranis, in viginti uno quinternis, inter
assides ligatus.

Item unus liber statutorum veterum in cartis pecu-
dinis inter assides ligatus.

Item alius liber statutorum veterum sub assidibus
ligatus.

Item unus liber statutorum veterum dicti comunis
cartarum pecudinarum inter assides ligatus.

Item unus liber statutorum veterum dicti comunis
in vulgari in cartis pecudinis inter assides ligatus.

Item regulationes veteres camerarum in cartis pe-
cudinis inter assides ligatus.
| Item duo registra cedularum ceomunantiarum in
cartis pecudinis inter assides ligata: unum copertum
corio rubeo, alterum cohopertum corio albo.

Item quadraginta tres libri reformationum, sub as-
sidibus ligati, in cartis pecudinis, scripti et publicati
manu diversorum notariorum, inter quos est unus liber
creditorum camere massariorum.

Item unus liber reformationum manu ser Giliutij,
in eartis pecudinis, sub assidibus ligatus.

Item.quinque registra officialium publicatorum de
saeculis dieti comunis, sub assidibus ligata, cohoperta
coriis diversorum colorum, in cartis edinis.

Item aliud registrum in cartis edinis in quo presen-

tialiter seribuntur dieti offieiales publici, intes assides

5 ligatum, eohopertum corio viridi cum armis domini.

Item unus liber condemnatorum dicti comunis, in
cartis pecudinis, inter assides ligatus.

Item registrum sive inventarium bonorum et rerum
comunis existentium in capsa magna in armario, in
cartis edinis, inter assides ligatum.

Item registrum literarum papalium et certarum alia-
rum seripturarum, in cartis edinis, sub assidibus ligatum.

Item registrum novum Reformationum in cartis edi-
nis, sub assidibus ligatum, in quo est scripta tantum

una reformatio manu ser Roberti Cole.
12

G. DEGLI AZZI

Item registrum reprehensaliarum, in cartis edinis,
sub assidibus ligatum.

Item registrum parvulum capitulorum pacis, in car-
tis edinis, sub assidibus ligatum.

70 Item registrum sive inventarium massaritiarum co-
munis, in cartis edinis, sub assidibus ligatum perfectum
scribi.

Item vigintinovem volumina reformationum in pa-

piro, sub copertis pecudinis ligata, manu diversorum

-
[9]!

seripta.

Item duo alij libri reformationum in papiro, cum
copertis pecudinis, quorum alter est cuiusdam processus
in romana curia agitati.

Item quidam coffinellus cum certis seripturis secre-
80 tis dicti comunis, in quo sunt capitula cum domino Rege.

Item multa squartabellamina posita in inferiori et
superiori capsula armarij viridis, in cartis bombicinis
et pecudinis.

Item unum registrum capitulorum pacis inite per

85 d. Archiepiscopum mediolanensem, Comune Florentie
et eorum colligatos, inter assides ligatum, copertum co-
rio rubeo.

Item regulationes veteres camere Conservatorum in
cartis pecudinis, inter assides ligate.

90 Item unus liber ordinamentorum Abundantie, car-
tarum edinarum, inter assides ligatus.

Item quinque libelli in papiro et alia squartabella-
mina in papiro.

Item tria instrumenta magna de juribus comunis.

95 Item unum registrum de debitoribus comunis in
cartis edinis, sub assidibus ligatum, cohopertum corio
viridi cum grifonibus octoneis.

Item liber Eulistei in cartis edinis, sub assidibus
ligatus.

100 Item registrum postarum Clusij in cartis pecudinis,
sub assidibus ligatum.

Item quatuor libri veteres mostrarum officialium.

Item unus novus in papiro, cum copertis pecudinis.
PER LA STORIA DELL'ANTICO ARCHIVIO DEL COMUNE DI PERUGIA 13

Item Registrum Civium forensium in cartis edinis,

105 sub assidibus ligatum.

Item quadraginta libri officialium dieti comunis sin-
dicandorum per maiorem sindicum, in armarium dicti
comunis mictendi, cum copertis pecudinis ligati.

Item tresdecim libri officialium sindicandorum, in

110 folio regali bombicino, sub copertis pecudinis ligati.

Item sex libelli parvi officialium sindicandorum, in
papiro, cum copertis pecudinis.

Item quidam quaterni et folia seperata /sîc/ viginti
officiorum prioratuum, in cartis pecudinis, manu diver-

115 sorum notariorum scripti.

Item eopie /spazio im bianco] bullarum Papalium et
Imperialium in membranis magnis, affixe in duabus ta-
bulis ligneis magnis in pariete dicte. cancellarie.

Item unus liber cartarum edinarum, inter assides

120ligatus, in quo sunt descripte copie et transumpta qua-
rumdam bullarum Papalium et Imperialium cum auto-
ritate Iudicis seripte et publicate manu supradicti ser
Venantij Bruschini de Camerino olim cancellarij dicti
comunis.

125 Quos quidem libros et scripturas supradictus ser
Jacobus cancellarius prefatus fuit confessus et conten-
tus habuisse et recepisse et penes se habere et sibi tra-
ditos et consignatos fore per supradictum ser Venantium
olim cancellarium prelibatum ».

DOCUMENTO VIII.

1424, ottobre 3. — [a marg.] « Inventarium librorum et re-
rum ewistentium in cancellaria, comunis Perusij ».

Ann. Decemv. 1424, c. 89 r. — 41 r.

« Die tertia mensis octobris.

In sala inferiori palatij magnificorum dd. Priorum
Artium civitatis Perusij, presentibus ipsis dd. Prioribus
videlieet Baliono de Balionibus porte saneti Petri. Me-
14

G. DEGLI AZZI

5 nechutio Andruccioli porte sanete Susanne. Francisco
Blaxioli et Ugolino Andruccioli Porte Eburnee. Nicolao
Andruccioli et Andrea Mathei porte Solis et Angelo Er-
manni porte saneti Angeli, magnificis Prioribus Artium
diete Civitatis. Ser Jacobus ser Butij de Perusio porte

10sancti Angeli, juxu et mandato omnium suprascripto-
rum dd. Priorum, dedit et consignavit venerabili viro
ser Matheo Vannoli de Interamne, Cancellario comunis
Perusij, presenti et acceptanti, per sanctissimum patrem
et d. nostrum d. Martinum summa Dei prudentia pa-

15 pam quintum ad dietum officium electo et deputato,
claves cancellarie dicti comunis in qua concorditer di-
xerunt et declaraverunt esse infrascriptos libros et res
specificatas et declaratas in infrascripto inventario, vide-
licet:

20 In primis Unus et primus liber statutorum in car-
tis regalibus bambacinis cartarum omnium septuaginta
duarum, qui incipit « Post Rubricam precedentem: Cum
ad conservandam rem publicam, etc. », cum quibusdam
addietionibus seu correctionibus in decem cartis rega-

25 libus, que incipiunt: « Circha refectionem sacchulorum »,
que carte non sunt signate.

Item secundus liber statutorum in cartis bambaci-
nis regalibus numero triginta octo, qui incipit: « quum
propter administrationem ».

30 Item tertius liber statutorum in cartis pecudinis
non signatis per numerum quatuor quaternorum qui
incipit: « in superiori libro ».

Item quartus liber statutorum numero cartarum
bombicinarum regalium quatraginta qui incipit: « quar-

35 tus huius voluminis ».

Item unus liber statutorum veterum in cartis pecu-
dinis, qui post Rubricas incipit: « hoc est volumen sta-
tutorum veterum », ligatus in tabulis.

Item unus alius liber statutorum veterum ligatus

40 in tabulis, in cartis pecudinis, qui post Rubricas simi-
liter incipit: « hoc est volumen statutorum Comunis et
populi Civitatis Perusij », ligatus in tabulis.
PER LA STORIA DELL’ ANTICO ARCHIVIO DEL COMUNE DI PERUGIA 15

45

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75

80

Item unus alius liber veterum statutorum in cartis
pecudinis, qui post Rubricas similiter incipit: « hoc est
volumen statutorum comunis », inter assides ligatus.

Item unus alius liber veterum statutorum in cartis
pecudinis, ligatus in tabulis, qui post Rubricas incipit:
« hoc est volumen statuti Comunis et Populi Civitatis
Perusij ».

Item unus alius liber veterum statutorum, in cartis
pecudinis, ligatus in tabulis, qui est vulgariter seriptus.

Item unus alius liber in cartis pecudinis, ligatus in
tabulis, in cuius Rubrica primo continetur: « In nomine
D.ni nostri Iehsu xpi. statutorum seu reformationum
novarum editorum et editarum super certis gabellis et
alijs comunantijs fructibus et redditibus debentibus rey-
publice perusine aliisque rebus ipsius Civitatis, regi-
mini et conservationi ac honori convenientibus anno
D.ni .MCCCLXXXVIIIJ ». — Et post Rubrum sequitur:
« de offitio conservatorum ».

Item unus liber seu Registrum cedularum in cartis
pecudinis qui incipit « Cedula venditionis fructuum et
proventuum Aque lacus », qui quidem liber est signatus
usque ad cartam 310. Relique carte que sunt in dicto
libro non sunt signate; inter assidibus ligatus, qui qui-
dem apparet cohopertus corio rubeo quamquam non bene
discernatur propter vetustatem.

Item aliud registrum comunantiarum, ligatum in
tabulis, cohopertum corio albo in cartis pecudinis, cuius
carte non sunt Signate per numerum, quod incipit:
« Vendase la comunanza overo gabella de la salaria,
ete. ».

Item quatraginta tres libri Reformationum, sub assi- '
dibus ligati, in cartis pecudinis, scripti et publicati manu
diversorum notariorum, inter quos est unus liber credi-
torum Camere massariorum qui incipit: « In nomine
D.ni Amen. Hie est liber sive quaternus continens in
se omnes et singulas registrationes », etc. Et sequitur
infra: « Dopnus Marinus prior ecclesie saneti Gostantij
tenetur recipere a Massarijs », etc.
16 G. DEGLI AZZI

Item unus alius liber reformationum, in cartis pecu-
dinis signatis usque ad cartam 382, una vero carta non
est signata in numero, qui incipit: « Quemadmodum so-
lares radij », scriptus et publicatus manu ser:Egidij

85 quondam Cyonis, etc.

Item quinque registra offitialium publicatorum de
sacchulo dieti Comunis sub assidibus ligata, scripta in
cartis pecudinis, cohoperta corijs diversorum colorum.

Item unum aliud registrum in cartis edinis, in quo

90 presentialiter scribuntur dicti offitiales publicati, inter
assides ligatum, cohopertum corio croceo cum armis
Bracci, qui incipit « In nomine D.ni Amen », etc.

Item unus liber sive registrum condepnatorum, in

cartis pecudinis, sub assidibus ligatus, qui incipit: « In
95 nomine D.ni Amen. Infrascriptum est registrum in se
continens nomina et prenomina », etc.

Item unus liber seu registrum sive inventariun
bonorum et rerum comunis et omnium jurium et scrip-
turarum comunis Perusij compendiosum existentium in

100 capsa magna in armario comunis; qui quidem liber
cohopertus est corio rubeo et in cartis pecudinis, qui
incipit: «In nomine sancte et individue trinitatis », etc.

Item unus liber sive registrum litterarum papalium
et quarumdam aliarum scripturarum, in cartis edinis,

105 ligatus in tabulis, qui incipit: « Al nome de Dio Amen.
Quisto he uno libro », etc.
Item unus liber sive registrum novum Reformatio-
num, in cartis edinis, sub assidibus ligatus, in quo est
scripta tantum una reformatio manu ser Roberti Cole, in
110 quo etiam nunc sunt scripta nomina et prenomina Rebel-
lium et Confinatorum Comunis Perusij; et in ipso libro
sunt duo folij cartarum bombicinarum in quibus sunt
deseripti ipsi Rebelles et confinati manu Ser Iohannis
Lelli de Perusio notarij, qui incipit: « In nomine D.ni
115 Amen », etc. Et deinde: « Consilio magnificorum dd. Prio-
rum », ete.

Item unus liber sive registrum reprensaliarum, sub

assidibus ligatus, in cartis edinis, qui incipit; « In no- PER LA STORIA DELL’ ANTICO ARCHIVIO DEL COMUNE DI PERUGIA 17

mine D.ni Amen », ete. — Deinde: « Antonius Sensy

120 de Perusio », etc.

Item unum aliud registrum parvulum, in cartis edi-
nis, sub assidibus ligatum, capitulorum pacis cum d.no
Rege Landislao, in quo etiam sunt registrata quedam
papalia littera [sic] et quedam decreta Bracci, quod inci-

125 pit: « In nomine D.ni Amen », etc.

Item unum aliud registrum sive inventarium, sub
assidibus ligatum, in cartis edinis perfectis scribi, quod
incipit: « In nomine D.ni Amen. Hie est liber comunis
Perusij continens introytus et exitus Massaritiarüm, ar-

130 nensium, superlectilum », etc.

Item viginti novem volumina Reformationum, in
papiro, sub copertis pecudinis, manu diversorum Can-
cellariorum.

Item duo libri cartarum bombicinarum, sub coper-

135 tis pecudinis ligati, quorum alter est quarumdam Refor-
mationum, et alter est cuiusdam processus in curia
Romana agitati, quorum liber Reformationum incipit :
« In nomine Dni Amen », ete. Deinde: « Convenientes
in cancellaria ». Liber vero processuum incipit: « In no-

140 mine D.ni Amen, Anno a nativitate eiusdem », etc.

Item quidam cofanellus cum certis scripturis secre-
tis dieti comunis in quo sunt capitula cum d.no Rege
et instrumentum sindieatus recomendationis Castri Ple-
bis et.aliqua alia seriptura.

145 ltem multa squartabellamina posita in inferiori et
superiori casulis armarij viridis, in cartis pecudinis et
bombicinis, etiam aliqua sub assidibus ligata.

Item unum registrum Capitulorum Pacis inite per
d. Archiepiscopum Mediolanensem cum Comune Floren-

150 tie et eorum colligatis, sub assidibus ligatum, cohoper-
tum corio rubeo, in eartis pecudinis, quod incipit: « Hec
est tabula capitulorum pacis », etc.

Item unus liber Regulationum veterum et statuto-
rum camere conservatorum, in cartis pecudinis, sub assi-

155 dibus ligatus, qui incipit: « In nomine D.ni Amen. Infra-
scripte sunt Rubrice libri offitij conservatorum ».

2
18

G. DEGLI AZZI

Item unus liber ordinamentorum seu reformationum
Habundantie, cartarum edinarum, inter assides ligatus,
qui incipit: « In nomine D.ni Amen. In volumine sta-

160 tutorum ». ci

Item quinque libelli in papiro, cohoperti cartis pecu-
dinis, quorum unus est bolleetinorum tempore d. Hono-
frij et sotiorum conservatorum. Alius tempore Francisci
Coppoli et sotiorum Massariorum. Alius ser Nicolai An-

165 geli in quo sunt ordinamenta d.ni Petri. Alius ordina-
mentorum dd. quinque commissariorum manu ser Jo-
hannis ser Angeli. Alius emptorum Poste Puzoli Clusij
Perusini manu ser Nofrij Johannis, et alia squartabel-
lamina in papiro.

170 Item tria instrumenta magna de juribus comunis.

Item unum registrum debitorum comunis, in cartis
edinis, sub assidibus ligatum, cohopertum corio viridi
cum Griffonibus octoneis, quod incipit: « In nomine
D.ni Amen. Hoc est speculum », ete.

175 Item unus liber Eulistei, in cartis edinis, sub assi-
dibus ligatus, cohopertus corio rubeo : « Quum in omni
speculatione », etc. (1).

Item unum registrum postarum Clusij, in cartis
pecudinis, sub assidibus ligatum, cohopertum corio albo,

180 quod incipit: « Al nome de Dio Amen. Questo he uno
libro nel quale se contengono e descripte sonno tucte le
poste e comunanze del Chiuscie ».

Item quatuor libri veteres monstrarum offitialium
et unus novus in papiro, qui incipit in tertia carta: « In

185 nomine Domini Amen. Anno D.ni .MCCCCXX. Indiet.
.XIIJ. », cum cohopertis pecudinis, ac etiam supradi-
cti quatuor libri mostrarum sunt in papiro, quorum
unus incipit in secunda carta: « .MCCCLXXXVJ. indict.
.VIIIJ. tempore d. Urbani pape sexti », etc. Alius vero:

190 « .MCCCCIIIJ. indicet. .XIJ. die .XXIJ. Novembris ».

Alius vero incipit in secunda carta: « In nomine D.ni

(1) Liber iste Eulistei modo non reperitur, in quo erant antiquitates civitatis. PER LA STORIA DELL’ ANTICO ARCHIVIO DEL COMUNE DI PERUGIA 19

Amen. Anno D.ni .MCCCLXXXXVTJ. indictione quinta
tempore sanct.mi in xpo patris et d. d. Bonifatij digna
dei propitiante clementia papa VIIIJ. die primo mensis

195 Augusti, etc. ». Alius vero incipit: « Sapienti et juri-

200

205

do
di
(—)

do

(Si

225

sperito viro D.no », etc.

Item unum registrum Civium forensium Perusino-
rum, in cartis edinis, sub assidibus ligatum, quod inci-
pit: « In nomine sanete et individue Trinitatis patris et
filij et spiritus sancti feliciter. Amen ».

Item quatraginta libri offitialium dicti comunis sin-
dicandorum per Maiorem Sindichum, et mictendi in ar-
mario dieti comunis in cartis pecudinis, cohoperti car-
tis pecudinis, manu diversorum notariorum seripti, quo-
rum viginti unus sunt conservatorum Monete et .XVIIIJ.
sunt Massariorum dieti Comunis; quorum .XVIIIJ. li-
brorum Massariorum tres libri continent in se simul
introytus et exitus .XVI. vero sunt seperati introytus
ab exitibus quamvis sint simul ligati. Librorum autem
conservatorum unus liber continet in se introytus et
exitus. Alij vero sunt divisi introytus ab exitibus quam-
vis sint simul ligati, ete.

ltem tresdecim libri offitialium comunis sindicando-
rum, in foliis regalibus bombicinis, sub copertis pecu-
dinis ligati.

Item sex libelli parvuli offitialium sindicandorum,
in papiro, cum copertis pecudinis, videlicet unus introy-
tus et exitus quinque camerariorum; unus Jasonis Ni-
colaj et Matteoli Angelutij offitialium ; unus intrate Regi-
stri de registro novo Erculani Benedicti cultoris, etc.
Unus offitialium super aconcimine Turris palatij d. po-
testatis. Unus qui incipit: « In nomine D.ni. Hie est
liber sive quaternus continens in se Massaritias et ar-
nensia comunis Perusij et omnes et singulas quantitates
florenorum auri et pecuniarum perventarum ad manus
Bartolomei Andruecioli et Nicolai Martini offitialis super
massaritias ; unus alius liber Gregorij ser Nofrij et Symo-
nis Luce offitialis Massaritiarum.

Item copie bullarum papalium et imperialium in
rc me a

G. DEGLI AZZI

230 membranis magnis, affixe in tribus tabulis ligneis in

parietibus magnis cancellarie affixis.
Item unus liber cartarum edinarum, inter assides
ligatus, in quo sunt seripte copie et transumpta qua-

rumdam bullarum papalium et imperialium cum aucto-

235 ritate Judicis seripte et publicate copie manu ser Ve-

240

nantij Bruschini de Camareno tune Cancellarij Civitatis
Perusij: in quo libro sunt quatuor carte quarti folij
bombicini, quarum due cum dimidia sunt scripte in to-
tum vel preparate que incipit: « In nomine D.ni amen,
etc. Frater Antonius de Aretio ordinis sancti Agustini »,
etc.

Item assignavit dietus ser Jacobus ser Butij, ultra
predieta, res infrascriptas videlicet: in primis unum

librum cartarum pecudinarum, sub assidibus ligatum,

245 Reformationum comunis Perusij editarum in quinque
! I

25)

205

260

annis videlicet .MCCCCXVIJ. XVIIJ. XVIIIJ. XX. et
XXJ. quem dixit esse compositum de quaternis XX.
offitiorum prioratuum manu diversorum notariorum sibi
in eius inventario consignatos et residuum dicti temporis
de quaternis sibi postmodum consignatis, qui liber inci-
pit: « In nomine D.ni Amen. Anno D.ni MCCCCXVIJ.
indietione X. Ecclesia Romana pastore vacante », ete.
Et finit: « MCCCCXXIJ. etc. Jacobus ser Butij Cancel-
larius subscripsi ».

Item XIIIJ. quaternos assignavit cartarum pecudi-
narum XIIIJ. offitiorum prioratuum Civitatis Perusij
preteritorum manu diversorum notariorum.

Item unum alium librum Reformationum Offitij Prio-
ratus comunis Perusij manu ser Nicolai Santis notarij
de Perusio.

Item unum librum sive registrum cedularum comu-
nantiarum et gabellarum comunis Perusij cartarum pecu-
dinarum, sub assidibus ligatum, cohopertum corio vividi

cum bullis octoneis, inceptum scribi, quod incipit: « In

200 nomine D.ni Amen. Hoc est registrum continens in se

omnes et singulas cedulas, etc.», numero cartarum du-
centum triginta octo. PER LA STORIA DELL’ ANTICO ARCHIVIO DEL COMUNE DI PERUGIA 21

270

29

(=)

295

300

305

Item duos libros mostrarum offitialium veterum,
cohopertos carte pecudine, scriptos in bambacinis.

Item tres libellos cartarum bombicinarum, cohoper-
tos cartis pecudinis, offitialium super Massaritijs comu-
nis Perusij sindicandorum, quorum unus est manu ser
Martini Bertuccioli notarij de Perusio: alius manu ser
Antonij Paulutij, et alius est manu Nicolai Herculani.

Item vigintiduos libros cartarum pecudinarum, quo-
rum viginti sunt cohoperti cartis pecudinis et duo sine
cohoperta de- quibus duodecim sunt conservatorum et
decem Massariorum sindicandorum, omnes mictendos in
armario comunis Perusij.

Item unum librum cartarum edinarum cohopertum
carta pecudina offitialium Habundantie sindicandorum,
seriptum et publicatum manu Blaxij Nicolai de Perusio
notarij.

Item unum librum unius quaterni cartarum edina-
rum, carta pecudina cohopertum, offitialium super muris
Civitatis Perusij sindieandorum, scriptum et publicatum
manu ser Nicolai ser Cole.

Item septem folia cartarum pecudinarüm, scripta
manu diversorum notariorum, de gestis in armario co-
munis Perusij similiter convoluta et complicata.

Item unum librum in bambacinis introytus et exitus
Hospitalis de Colle, cohopertum corio pecudino.

Item tres libros gabelle grosse, in bambacinis, coho-
pertos corio pecudino.

Item unum librum gabelle vini, manu ser Ciutij
Ugolini porte saneti Petri, in bambacinis, cohopertum
copertorio pecudino.

Item decem libros cartarum bombicinarum, coho-
pertos cartis pecudinis, certorum offitialium civitatis
Perusij sindicandorum.

Item quinque libellos scartabellorum et tres bastar-
dellos cartarum bombicinarum, continentes diversas
seripturas.

Item unum librum cartarum bombicinarum, coho-

pertum carta pecudina, correctionum gestorum manu
G. DEGLI AZZI

ser Egidij Cyonis, seriptum manu ser Filippi Matheutij
de Perusio notarij.

Item unum registrum bollectinorum, cartarum bom-
bicinarum, copertum carta pecudina.

310 Item unum libellum cartarum bombicinarum, coho-
pertum carta pecudina, exemptionum manu ser Barto-
lomei ser Iohannis et magistri Venantij de Camareno.

Item unum librum cartarum edinarum, cohopertum
carta pecudina, in quo continetur ligha facta cum Co-

315 mite Virtutum.

Item remotiones reprensaliarum inter Comune Pe-
rusij et Comune Urbisveteris.

Item quedam papalis bulla licet subrectitie inpe-
trata de loco Maiestatis Saneti Egidij de Colle.

320 Item invenetarium librorum quondam recolende me-
momorie d. Angeli de Balionibus existentium in domo
sapientie Perusine, scriptum in pergameno, manu ser
Ambrosij Cole de Perusio notarij (1).

Item unum librum cartarum pecudinarum, coho-

325 pertum carta pecudina, pactorum initorum super pace
inite inter sanctam Romanam Ecclesiam et comune Pe-
rusij manu ser Jacobi ser /spazio în bianco] de Amelia.

Item unam clavim mangnam capse magne existentis
in armario librorum comunis Perusij.

330 Item quatuor clavieulas quatuor cofanictorum exi-

stentium in dieto armario ».

DOCUMENTO IX.

1440, ottobre 17. — [a marg.] « Consignatio Clavium et In-

ventarij cancellarie D.no Tome Pontano cancellario ».

Annali Decemvirali, 1440, Ott. 17, c. 83 r.

« Die Lune XVIJ Octobris.

Constitutus coram prelibatis magnificis d.nis Prio-

(1) L'inventario di questa ricca biblioteca, lasciata dal munifico Baglioni al
Comune e da questo pássata alla Sapienza Vecchia, ed altre notizie ad essa relative
.Si leggono negli Annali Decemv., del 1422, c. 22: « Capitula quedam super libraria
Sapientie veteris »; e del 1423, cc. 43-45, 51, 52 e 03.
PER LA STORIA DELL’ ANTICO ARCHIVIO DEL COMUNE DI PERUGIA 3

ribus, existentibus omnibus decem collegialiter et in
unum congregatis in audientia ante capellam, superin-

5 frascriptus d.nus Tomas Pontanus, cancellarius dicti
comunis, ut super alias dixit ed obtulit, ita presentia-
liter aperuit et obtulit se paratum velle recipere posses-
sionem dicte cancellarie et subscipere curam librorum
et scripturarum et aliarum rerum existentium in dicta

10 cancellaria, cum sit a quibusdam suis occupationibus
expeditus et facere omnia spectantia ad dictum offitium
cancellarie. Qui d.ni Priores, auditis predictis, manda-
verunt ser Petro Paulo ser Nuti, penes quem erant cla-
ves diete cancellarie, ut presentialiter consignaret et

15 traderet claves dicte cancellarie dicto d. Tome et omnes
et singulos libros et omnes et singulas scripturas in
dieta cancellaria existentes, de ipsisque libris et scri-
pturis aliisque rebus ibidem persistentibus inventarium
conficiendo, ut decet, et ut consuetum extitit temporibus

20 retrohactis, dictumque inventarium fieri mandaverunt
in consignatione predicta per me notarium infrascri-
ptum: et sie, de mandato ipsorum, dictum inventarium
confeci, modo quo infra seriosius apparebit. Post cuius
quidem inventarij descriptionem dietus ser Petrus Pau-

25 lus dietos libros in dieta cancellaria existentes et seri-
pturas et alias quaseumque res ibidem repertas et in in-
fraseripto inventario descriptas eidem d. Tome integra-
liter consignavit, tradendo etiam eidem claves antedicte
cancellarie.

20 Inventarium rerum predictarum sequitur infrascri-
ptum, et est tale videlieet, seu res ibidem reperte sunt
infrascipte, videlicet :

In primis unus et primus liber statutorum in cartis
regalibus bombicinis qui incipit post rübricas: « Cum ad

35 conservandam rem publicam », etc., citm quibusdam ad-
ditionibus seu correptionibus in decem cartis regalibus,
que incipiunt : « Cireha refectionem sacculorum », ete.

Item seeundus liber statutorum in cartis bombicinis
regalibus numero .XXXVIIJ, qui incipit: « Quum pro-

40 pter administrationem », ete.
|
|
|

1
9

G. DEGLI AZZI

45 Item tertius liber statutorum in cartis pecudinis
quatuor quaternorum, qui incipit: « superiori libro »,
cum certis additionibus factis sub milles. COCCXXXIIIJ.
et die ultima mensis Aprilis, manu ser Angeli Angeli
tune notarij dd. Priorum.

50 Item quartus liber statutorum numero cartarum
bombicinarum regalium .XLJ., qui incipit: « quarto hu-
ius voluminis ».

Item unus liber statutorum veterum, in cartis pe-
cudinis, qui post rubricas incipit: « Hoc est volumen

55 statutorum », ligatus in tabulis.

Item unus alius liber statutorum veterum, ligatus
in tabulis, in cartis pecudinis, qui post rubricas simi-
liter incipit: « Hoc est volumen statutorum comunis et
populi Civitatis Perusij », ligatus in tabulis.

60 Item unus alius liber statutorum veterum, in cartis
pecudinis, qui post rubricas similiter incipit: « Hoc est
volumen statutorum Comunis et populi civitatis Peru-
sij », inter assides ligatus.

Item unus alius liber statutorum veterum, in cartis

e
ut

pecudinis, ligatus in tabulis, qui post rubricas incipit:
« Hoc est volumen comunis et populi civitatis Perusij ».

Item unus alius liber statutorum veterum, in cartis
peeudinis, ligatus in tabulis, vulgariter scriptus.

Item unus alius liber in cartis pecudinis, ligatus
70 in tabulis, in cuius rubrica primo continetur: « In no-
mine D.ni nostri yhesu xpi, statuta seu reformationes
nova et nove edita et edite super certis gabellis et aliis
comunantiis, fructibus et redditibus debentibus et perti-

nentibus reypublice perusine aliisque rebus ipsius civi-

-
[5]

tatis et regimini conservationi ac honori convenientibus
anno D.ni milles. CCCLXXXVIIIJ; » et post rubrum
sequitur: « de offitio Conservatorum ».

Item unus liber seu registrum cedularum, in cartis
pecudinis, qui incipit: « Cedula venditionis fructuum et
80 proventuum aque lacus » ; qui quidem liber est signa-
tus usque ad cartas CCOLXX ; relique carte que sunt
in dieto libro non sunt signate; copertus corio rubeo,
PER LA STORIA DELL’ ANTICO ARCHIVIO DEL COMUNE DI PERUGIA 25

inter assides ligatus, quamquam non bene discernatur
propter vetustatem.

85 Item alius liber seu registrum cedularum comunan-
tiarum, ligatus in tabulis corio albo copertis, in cartis
pecudinis, cuius carte non sunt signate per numerum ;
quod registrum incipit: « Vendase la comunanza overo
gabella de la salaria ».

90 Item quadraginta tres libri reformationum, sub assi-
dibus ligati, in cartis pecudinis, scripti et publicati manu
diversorum notariorum; inter quos est unus liber credi-
torum camere massariorum, qui incipit: « In nomine

D.ni Amen. Hic est liber sive quaternus continens in

ec
c

5 se omnes et singulas registrationes, etc. ».

Item unus alius liber reformationum, in cartis pecu-
dinis, signatus usque ad cartas .CCLXXXVI. qui inci-
pit: « Quemadmodum solares radij, » etc. ; scriptus seu
subscriptus et publicatus manu ser Egidij Cionis.

100 Item quinque registra offitialium publicatorum de
sacculis comunis Perusij, sub assidibus ligata, scripta in
cartis pecudinis copertis cartis diversorum colorum.

Item aliud registrum, in cartis edinis, et offitialium
publicatorum, cum armis Bracij, licet admodo parum
discernantur.

ce
Bri

Item unus liber sive registrum condepnatorum, in
cartis pecudinis, sub assidibus ligatus, qui incipit: « In
nomine dni Amen. Infrascriptum est registrum in se
continens nomina et prenomina », etc.

110 Item unus liber sive inventarium bonorum, rerum,
jurium et certarum seripturarum comunis Perusij exi-
stentium in armario comunis Perusij in cassa magna,
carte membrane, cum tabulis copertis corio rubeo, et
eum bullis, qui incipit: « In nomine sancte et individue

115 trinitatis ». Item unus liber licterarum papalium et qua-
rumdam aliarum. seripturarum, in cartis edinis, ligatus
in tabulis, qui incipit: « Al nome de Dio Amen. Questo
he uno livero », etc.

Item unus liber sive registrum novum reformatio-

120 num, in cartis edinis, sub assidibus ligatus, in quo est
i Pub: Si Ae al de r Sw. >
"
26 : G. DEGLI AZZI

scripta una reformatio manu ser Roberti Cole in quo
etiam scripta sunt nomina rebellium et confinatorum,
et in ipso sunt duo folia cartaram bombicinarum in quo
sunt descripti ipsi rebelles et confinati manu ser Johan-

125 nis Lelli, qui incipit: « In nomine D.ni Amen », et de-

inde: « Consilio Magnificoram Dominorum », etc.

Item unus liber represaliarum, sub assidibus liga-
tus in cartis edinis, qui incipit: «In nomine D.ni Amen »,
deinde: « Antonius Sensi de Perusio », etc.

130 Item unus liber parvulus, in cartis edinis, sub assi-

dibus ligatus, capitulorum pacis cum d.no Rege Landi-

slao in quo scripta sunt certa decreta Braccij et que-

dam lictera papalis, qui incipit: « In nomine D.ni Amen».
Item unus liber sive inventarium, sub assidibus
135 ligatus, in cartis edinis, perfectus, qui incipit: « In no-

mine D.ni Amen. Hic est liber comunis Perusij conti-

nens introytus et exitus massaritiarum, arnensium et

superleetilium », etc.
Item unum registrum capitulorum pacis inter d.
140 Archiepiscopum Mediolanensem cum Comune Florentie
et eorum colligatos, sub assidibus corio albo copertis,
in eartis pecudinis, quod incipit: « Hec est tabula capi-

tulorum pacis », etc.

Item unus liber regulationum statutorum camere
145 conservatorum, in cartis peeudinis, sub assidibus liga-

tus, qui incipit: « In nomine D.ni Amen ».

Item unus liber statutorum seu reformationum ha-
bundantie, cartarum edinarum, inter assides ligatus,
qui ineipit: « In nomine D.ni Amen. In volumine sta-

150 tutorum ».
Item quinque libri de papiro, coperti cartis pecudi-

nis, tempore d. Honofrij et sotiorum Conservatorum.

Alius tempore Francisci Coppoli et sotiorum massario-

rum. Alius tempore ser Nicolay Angeli. Alius emptio-

ET Ge m:

155 num poste Puzzoli Clusij, manu ser Nofrij Johannis.

e

Item tria instrumenta magna de iuribus Comunis

pes

f

Perusij.

rs

zl

Item unum registrum debitorum Comunis, coper-
PER LA STORIA DELL’ ANTICO ARCHIVIO DEL COMUNE DI PERUGIA 27

tum corio viridi cum griffonibus octonis, quod incipit:
160 « In nomine D.ni Amen. Hoc est speculum ».
Item liber Eulistey in cartis edinis, sub assidibus
ligatus, copertus corio rubeo, qui incipit: « Quum in
omni speculatione » (1).
Item unum registrum postarum clusij in cartis pecu-
165 dinis, sub assidibus ligatum, copertum corio albo, qui
incipit: « Al nome de Dio Amen. quisto e uno libro »,
ete.

Item quatuor libri veteres mostrarum et unus novus,
qui incipit in tertia carta: « In nomine D.ni Amen, anno

170 D.ni MCCCCXX die XIIJ », cum copertis pecudinis : ac
supradieti quatuor libri mostrarum in papiro.

Item unum registrum Civium forensium perusino-
rum, in cartis edinis, sub assidibus ligatum, quod inci-
pit: « In nomine sancte et individue trinitatis patris et

175 filij et spiritus saneti. Feliciter. Amen ».

Item unus liber eartarum edinarum, inter assides
ligatus, in quo scripte sunt copie et transumpta qua-
rumdam bullarum papalium et imperialium, cum aucto-
ritate Iudicis Scripte et publicate manu ser Venantij

180 Bruschini de Camareno tune cancellarij perusini, in
quo libro sunt quatuor carte quarti folij bombicini qua-
rum due eum dimidia sunt scripte in totum, que inci-
piunt: « Frater Antonius de Aretio Ordinis sancti Agu-
stini ». :

185 Item unus libellus cartarum bombicinarum, copertus
carta pecudina, exemptionum, manu ser Bartolomei ser
Iohannis et magistri Venantij de Camareno.

Item unus liber cartarum edinarum, copertus cartis

(1) [a marg., d'epoca posteriore] « Nota quod hic liber Eulistei continebat ge-
sta antiqua civitatis qui modo non reperitur ». — Di questo importantissimo codice,
circa alla storia del quale vedi quello che ne fu detto più innanzi nella nota 1
aln. 1059 del doc. III della parte I di questo lavoro e alla nota 2 della pag. 42 del
mio studio Un romanzo del sec. XIV sulle origini poetiche del? Umbria, trovo ricordo
in un inventario della Cancelleria del 1451. (Ago. 22), a c. 94 t. e 95 r. dell’Annale
Decemv. con queste parole: « ...In armario alto... Liber Eulistey in versibus in carta
edina, sub tabulis corio rubeo copertis, qui incipit: « Quum in omni speculatione »,
etc.
G. DEGLI AZZI

pecudinis, in quo continetur liga cum comite Virtutum.

190 Item quamplura squartabellamina.

Item inventarium librorum d. Angeli de Balionibus
existentium in domo sapientie Perusine.

Item una clavis casse magne existentis in armario
librorum comunis Perusij.

195 Item quatuor clavicelle quatuor cofanectorum exi-
stentium in armario perusino in quibus est sacculum
offitiorum.

Item una stampa de ferro cum griffone.

. ltem in armario viridi sunt infraseripte res: Centum

200 quadraginta volumina librorum in bombicinis et pecu-
dinis cartis prout etiam particulariter patet in quodam
veteri inventario.

Item quidam cofanectus in quo sunt quedam iura
Comunis Perusij.

205 Item in dieto armario viridi apparet quidam liber
habundantie manu mey Cipriani Gualterij, in cartis
bombicinis regalibus, copertus copertorio pecudino.

Item quinque alij libri de papiro coperti pecudinis
cartis.

210 Item introytus et exitus terratoriorum, cum duobus
alijs libris bombicinis, cum copertis pecudinis.

Super arcibancho :

Tresdecim volumina reformationum manu diverso-
rum notariorum, in cartis pecudinis, sub tabulis ligata,

215 videlicet à .MCCCCXVIJ. inclusive usque ad millesimum
.CCCOXXXVIIIJ. inclusive.

Item duo libri seu registra cedularum gabellarum
et comunantiarum, cartarum peeudinarum, quorum unus
est copertus sub tabulis copertis corio viridi, alter vero

220 de corio rubeo.

Item unum registrum capitulorum, decretorum, li-
cterarum et brevium apostolicorum, cartarum edinarum,
sub assidibus ligatum, copertum corio albo eum colum-
pna depicta ex parte.

225 Item aliud registrum ad dictum finem preparatum,

videlicet pro registrandis licteris, decretis et brevibus MÀ MÀ à arcata

PER LA STORIA DELL’ ANTICO ARCHIVIO DEL COMUNE DI PERUGIA 29

apostolicis, cartarum edinarum, sub assidibus ligatum,
copertum corio albo, cum bullis in quo pauce carte sunt
seripte.

230 Item primus liber statutorum comunis Perusij, car-
tarum edinarum, sub tabulis ligatus, copertus corio albo
cum bullis.

Item registrum in quo seribuntur nomina offitialium
publicatorum ex saeculis dieti comunis, sub tabulis liga-

235 tum, copertum corio rubeo.

Item liber offitij decem arbitrij editus millesimo
CCCCXXXJ; et certa statuta super refectione sacculo-
rum, manu ser Nicolay ser Bartolomey.

Item libri prioratuum presentis anni mill. CCCCXL.,

240 manu ser Marani Luce, cum certa parte manu ser The-
baldi Pauli, alius manu ser Mariocti ser Petri, alius
manu ser Periohannis ser Filippi et alius manu ser
Petri Pauli ser Nutij.

Item unum registrum novum, cartarum pecudina-

245 rum, sub assidibus ligatum, cum parte corij rubey de
retro, videlieet in ligaturis tabularum, in quo scribi et
registrari debent cedule coptumorum comunis Perusij
secundum provisionem noviter factam.

Item quidam liber manu ser Mathey Vanoli olim

250 cancellarij perusini a milles. CCCCXXIIIJ usque ad
milles. CCCCXXXVIIIJ.

Item unum registrum cartarum bombicinarum cum
copertorio pecudino, in quo seribuntur iuramenta et
promissiones dd. Priorum.

255 Item aliud registrum in quo scribuntur mostre offi-
tialium.

Item multe infilze diversorum offitiorum prioratuum.

Item unum candelabrum de ferro magnum ad reti-
nendum faculas seu tortitia.

260 Item duo capofoci de ferro pro igne qui stant ibi

ad caminum.
Item unum par moleaurum de ferro parvarum.
Item duo candelabra parva de octone ad retinen-
dum candelas.
38: ^ G. DEGLI AZZI

265 Item unus liber in peeudinis copertus carta pecudina
in quo sunt scripta certa statuta edita tempore predica-
tionum factarum per fratrem Bernardinum de Ordine
Sancti Francisci.

Item certe tabule cum copiis certarum bullarum Iu-

270 rium Comunis, videlicet super lacu Perusij, applicate seu
eonfiete ad murum versus palatium populi residentie d.
potestatis, et alia tabula in alio pariete cum copiis cer-
tarum bullarum falsarum ».

(Continua) G. DEgGL1 AZzI. 91

NOTIZIE UMBRE

tratte dai registri del Patrimonio di S. Pietro in Tuscia

PER CURA

dell avv. MERCURIO ANTONELLI

DOCUMENTI

(Vedi Memoria in questo Bollettino, Vol. IX, p. 469-506).

IX.

(Est.) Clem. VI. Patrimonii beati Petri in Tuscia introitus et

ds

exitus R. C. A. ab an. 1350 ad 1358. N. 264.

(Int.) [e. 14 t.] 2351, settembre 3. — Recepi (ego Angelus Taver-
nini eivis Viterbiensis thesaurarius Patrimonii b. Petri in Tuscia,
et terrarum et locorum rectoris ipsius Patrimonii regimini com-
missorum) a Sbato Minelli Cioli de Sancto Gemino pro composi-
tione faeta cum eo, quia dicebatur una cum Lello Morgagloni de
dieto loco (voluisse) prodere dietum castrum Sancti Gemini, et ip-
sum castrum tradere in manibus comunis Narniensis rebellis ec-
clesie — 70 flor.

2.[e. 17 t.] 2352, gennajo 4. — A Johanne Petri Vitalis de Stron-

chono fideiussore filiorum Macthelli de dicto loco pro compositione
250 lib. eorton. pro medietate 500 lib. denar. corton. pro pena sti-
pulata in instrumento pacis facto inter dictos filios Macthelli ex
una parte et Terrectum Jacoboni et eius filios de dieto loco ex
altera parte, quam penam dieti filii Macthelli incurrerunt eo quod

dietum Terrectum interfecerunt, 225 lib. cort. computato quolibet

floreno pro 4 lib. 2 sol. cort. secundum cursum dicti castri Stron-
choni — 55 flor.

.[c. 27 t.]. — Infrascripte sunt quantitates pecuniarum quas ego

Angelus thesaurarius supradictus recepi a ser Oddone Monaldueci
32 M. ANTONELLI

de Viterbio vicethesaurario comitatus Sabine, quas ipse exegerat
ab infrascriptis personis pro causis infrascriptis a die .XX. Junii
ann. dni. MCCCLI. usque in diem primam Julii ann. dni. MCCCLII.
prout inferius declaratur, pro medietate videlicet dictarum pecu-
niarum, eum reliqua medietas pertinuerit et eam receperit vice-
reetor dieti comitatus pro salariis officialium, et expensis eorum
et familie satisfaciendis.

4.[e. 31]. — A Cobucio Lorentii de Stimiliano pro medietate 2 flor.
pro compositione facta cum ipso, eo quod fregit et aperuit quod-
dam hostium existens in pariete domus sue iuxta foveas castri
predieti, propter quod poterat status dieti castri turbari — 7 flor.

5.— A Paulo magistri Jannis de Sancto Polo pro medietate 4 flor.
pro compositione faeta cum ipso, eo quod cum quibusdam aliis
levavit rumorem in consilio dicti castri, dum tractabatur dari po-

testaria dieti castri pro sex mensibus ecclesie romane — 2 flor.
6.[c. 32]. — A Lello Cecchi potestate castri Stimiliani pro medietate

2 flor. pro compositione faceta cum dicto comuni pro medietate ban-

norum et penarum quas dietum comune exegit a delinquentibus in

dieto castro pro uno anno proxime preterito — 7 flor.
7.[c. 59]. — Ego Angelus thesaurarius recepi a dno. Petro magistri -

Angeli de Gallexio vicario et vicethesaurario terrarum Arnulforum
quas ipse receperat a personis infrascriptis de fructibus proventibus

et emolumentis dictarum terrarum, et possessionum ecclesie Saneti
Erasmi, a die prima Octobris ann. dni. MCCCLII. usque in diem
primum Julii ann. dni. MCCCLIII. pecunias infrascriptas.

8.[e. 59 t.]. — Ab Angelo Philipponi de Podio pro compositione facta
cum eo occasione cuiusdam processus formati contra ipsum, eo
quod dicebatur favorem dedisse Petro Mannelli proditori castri
Podii Aguani — 3 lib. cort.

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—— 9

9.[e. 60]. — A Jacobicto Johannicti de Prucano compositionis nomine
occasione excessuum per ipsum perpetratorum pluribus et inter-
polatis vieibus de alendo exbanditis et proditoribus aliquibus de
dietis terris Arnulforum, et quia non revelavit certa revelanda et
notificanda curie de prodimentis ipsorum proditorum — 48 flor.

‘10.— A Mattiolo Angelelli, Jacobutio Johannicti et Andrea ser Phi-
lippi de Messenano pro compositione facta cum eis occasione cu-
iusdam inquisitionis formate contra ipsos, eo quod dicebantur vo-
luisse in preiudicium ecclesie dare dominium castri Messenani
Bindocio de dominis Vaschi — 27 flor.

11. — A Ciolo Ciantis de Macerino, Angelo Tini de Campo, Franciolo

*

“LE SEN.

LOL UR CS I bra afr CPUS RS vel ORARI GA.

nziriri

—— —
NOTIZIE UMBRE, ECC. 33

de Cerro, Symeono Jacobelli de dicto loco pro compositione facta i
cum eis occasione cuiusdam excessus commissi per ipsos de con-
temptu mandati,eo quod non assignaverunt certas res Cesanorum
rebellium — 8 flor.

12.[c. 60 t.] — A Johanne Raynerii de Prucano pro compositione
faeta cum eo pro Mancipto filio suo, qui tempore rebellionis Cesa-
norum moram traxit in castro Cesarum in ipsorum favorem contra
honorem ecclesie — 22 flor.

13. [c. 62]. — Comitatus Sabine — Salvatus Tani de civitate Ortana
administravit officium vicethesauratus comitatus predicti a die primo
Julii an. dni. MCCCLII. usque in diem .XXI. Januarii an. dni.
MCCCLIII. In quo quidem offieio propter guerram maximam, que
dieto tempore viguit in dieto comitatu, et quia omnes terre dicti
comitatus erant in rebellione, exceptis castris Turrii, Collisveteris
et Rocche de Antiquo modicum de proventibus dicti comitatus per
ipsum Salvatum dieto tempore perceptum fuit pro parte camere,
et illud modicum, quod dictus Salvatus percepit computat expen-
disse in nuntiis, exploratoribus, reparationibus, custodiis terrarum
et aliis expensis occursis et necessariis factis pro manutentione et
defensione dictorum castrorum fidelium. Et ideo de proventibus
dieti comitatus, cum nihil receperim a dieto Salvato pro dieto tem-
pore, nihil pono.

Ser Johannes Pucii de castro Spelli administravit officium vice-
thesauratus dicti comitatus a die. XXII. Jan. an. dni. MCCCLIII.
usque in diem. IT. Aug. dieti anni, quo tempore etiam viguit guerra
predieta in dieto comitatu. Ideo per dictum ser Johannem modicum
perceptum fuit. Qui quidem ser Johannes pro dieto tempore, de-
duetis expensis per ipsum factis supradietis de causis pro parte
camere de proventibus dieti comitatus per ipsum perceptis dieto tem-
pore, michi Angelo thesaurario supradicto assignavit — 40 flor. au.

14.[e. 90 t.]. — Infrascripte sunt quantitates pecuniarum, quas ego
A. thesaurarius supradictus recepi a Palica Petri de Sancto Polo
vicethesaurario comitatus Sabine, quas ipse exegerat ab infrascriptis
personis pro causis infrascriptis, a die. III. Aug. ann. dni. MCCCLIII.
usque in diem primum Octob. an. dni. MCCCLIV. prout inferius
declaratur, pro medietate videlicet etc.

15. [c. 91]. — A Pancratio Schiavi de Stimiliano pro medietate 35 flor.
pro compositione facta cum eo, eo quod dieebatur voluisse prodere
castrum Stimigliani — 47 flor. cum. dimid. ;

16.[e. 93]. — Da 22 persone di diversi luoghi, pro medietate 51 lib.

3
M. ANTONELLI

provisin. pro compositione cum eis facta, eo quod iverunt cum ;
See grassia ad civitatem Interampnensem rebellem eeclesie, contra for- a
: mam constitutionum dieti comitatus — 25 (ib. 10 sol. provisin. |

17.[c. 191]. — Infraseripte sunt quantitates pecuniarum, quas ego A.
thesaurarius supradictus recepi a Johanne Andree Vergati de Ta-
rano vicethesaurario comitatus Sabine quas ipse exegerat ete. a die
prima Oct. an. dni. MCCCLIV. usque in diem. XIV. Nov. an. dni.
MCCCLV. pront ete. ut supra.

18.[c. 123 t.]. — A Jacopo Angeloni de Silice pro medietate unius
flor. pro compositione facta cum eo, quia portavit panem et vinum
apud castrum Furani exbanditum dicte curie — med. flor.

19. [e. 124]. — A Pascucio Mancini de Tarano pro medietate4 lib. provis.
pro compositione faeta cum eo, quia dixit in castro Roeche Guicto-
nesche, vivat pars gebellina et moriatur pars guelfa — 2 lib. provis.

20. [c. 124 t.]. — A Poncello Cole, Andrea Jannis Castalli et Stephano
Pagliagrosse, pro medietate 9 lib. provis., eo quod fecerunt rumo-

rem in Roccha Guictonescha — 4 lb. 10 sol. provis.
21.[c. 125]. — A comuni castri Malleani pro medietate 500 flor. pro

compositione facta cum dieto comuni eo quod promiserunt non in-

tromittere aliquam gentem rebellem vel inimicam ecclesie in dictum

pU à! castrum, et intromiserunt, veniendo contra dictam promissionem
| — 250 flor.

22.[e. 137] 4555, luglio 27. — A Symone Faraonis, Symone Mannis,
Georgio et Petrueciolo Tinerii, Guidocio, Mathiucio eius filio, et
Petrucciolo Petrutii de Porelano pro compositione cum eis facta,
quia ipsi cum quibusdam eorum sociis fecerunt rissam cum Man-
nocio Ceccharelli, Ceccharello de Lugnano et certis aliis, et per-
cusserunt dietum Ceecarellum cum lapidibus in facie cum sangui-
nis effusione, et fecerunt tumultum in populo dicti castri Porclani

— 28 flor. !
(Simili eomposizioni con altri cinque di Porchiano).
23.[c. 138]. — A Bartholomeo Berardi, Andreutio Mannis et Salvatello

Mannis de Porclano pro comp. cum eis facta, eo quod fecerunt
rissam eum Giorgio Tinerii, et Petrucciolo Petrucii et certis aliis
de Porclano, et percusserunt dictum Petrucciolum in facie cum
quodam lapide cum sanguinis effusione, et fecerunt tumultum in
populo dicti castri, et dietus Bartholomeus percussit cum quodam
gladio Giorgium predietum in brachio sine sanguine, et dictus
Salvatellus receptavit in domo sua adunantiam et congregationem
non licitam — 30 flor.
— 75 flor.

ctum castrum -— 200 flor.

e prout ete.

95.[c. 146] 1356, febbraio 12.

Amelie pro comp. faeta cum dieto comuni super processu formato
contra dietum comune vigore visitationis generalis, et super pro-
E. cessu formato contra dietum comune, quia dicebantur sprevisse
p quodam:mandatum per officiales curie Patrimonii factum, quod ad

NOTIZIE UMBRE, ECC.

(Simili composizioni con altri nove di Porchiano).
j 24.[c. 142] novembre 11. — A magistro Petro Lelli de Amelia pro
p comp. facta cum eo super quodam processu formato contra eum,
T quia in pubblico consilio Amelie arengavit, quod quicumque de
Amelia vel eius districtu appellaverit, seu trasserit aliquem quo-
quomodo ad curiam Patrimonii, quacumque de causa, quod solve-
ret 500 lib. corton. comuni Amelie — 450 flor.

Ab officialibus et comuni civitatis

certam penam detinerent certam partem salarii Pucciarelli De la
serra olim vicarii diete civitatis, et generaliter de omnibus et sin-
gulis aliis eulpis, criminibus, excessibus, peccatis, delictis, contem-

ctum comune commissis et perpetratis usque in diem. V. Octob.

ptibus et negligentiis factis commissis et neglectis per dictum co-
mune ete. usque in diem. XXII. Nov. prox. preter. exceptis casi-
bus reservatis, de quibus non potest componi, et datione dominii
faeta dno. Iannocto de Alviano — 360 flor.

26.[c. 147 t.] marzo 6. — A comuni castri Lugnani pro generali com-
positione facta cum dicto comuni de omnibus et singulis per di-

prox. pret. exceptis casibus reservatis, de quibus non potest com-
poni, et dactione dominii per dictum comune dominis de Alviano

21. — A dieto comuni pro compositione facta cum eo, pro quibusdam
singularibus personis de dicto castro, que dicebantur dedisse pa-
nem et vinum dno. Petro de Vico et Francisco Prefecti prope di-

28.[c. 169]. — Hee sunt pecuniarum quantitates, quas ego A. thesau-

rarius supradictus recepi a ser Petro Johannis de Monteflascone
a vicethesaurario in terris Arnulforum, quas ipse exegerat ete. a die
i prima Aug. MCCCLV. usque in diem primum Aug. MCCCLVI.

29.[c. 170]. — A comuni Paganici pro compositione facta cum eo,

quia homines diete terre posuerunt insidias in tenimento dicte terre
| contra exititios Spoletanos, et quia aliqui homines dicte terre acces-
I serunt ad civitatem Spoleti sine licentia — 415 lib. 18 sol. cortom.
30. — [e. 171]. — A Ceccho Galgani solvente nomine comunis Casti-
d— — io Reps, € € - me ——— yw

36 M. ANTONELLI

glionis pro comp. facta cum dieto comuni, quia non permiserunt
intrare homines dicti castri Contem vicarium nune terrarum Ar-

nulforum — 4 flor.
31.[e. 172 t.]. — A comuni Prugani pro comp. facta cum eo quia non
miserunt ad parlamentum — med. flor.
(Simili composizioni dai comuni « castrorum Messennani, A-

retii et Florentie »).

39.[e. 173 t.]. — Infrascripte sunt quantitates pecuniarum, quas ego
A. thesaurarius supradictus recepi ab heredibus ser Venture de
Turrio olim vicethesaurarii comitatus Sabine, quas ipse exegerat
etc. a die .XXII. Nov. MCCCLV. usque in diem.... Oct. MCCCLVI.
prout etc. — wt supra.

33.[c. 118]. — A comuui Turrii pro medietate 2 flor. pro compositione
facta cum dieto comuni, quia non miserunt famulos ad custodien-

dum castrum Coptanelli, eum ibi erat exercitus Reatinus, et quia

comode ire non poterat — 4 flor.

34. [c. 187 t.] 2356, luglio 19. — A comuni castri Stronconi pro com-
positione generali facta cum dicto eomuni, quia dicebatur fuisse

remissum in tenendo sub fida custodia et nostre curie represen-
tando ser Angelum de Fano vicarium dicti castri, qui tenebatur
solvere camere dieti Patrimonii 45 flor. pro pretio fructuum dieti

vicariatus, et generaliter de omnibus et singulis processibus exban-

dimentis etc. in dieta curia latis et formatis contra dietum comune
usque in diem .XXVIII. preteriti mensis Junii, exceptis casibus

reservatis ete. — 100 flor.

35.[e. 208 t.] 2357, marzo 5. — A Mactheo Benedieti Nestasii et Jo-
hanne Minute Cerii de Utriculo pro comp. faeta cum eis quia dice-
bantur armatis armis, videlicet spedis et cultellis insultasse Anto-
nium Casellutii de Gallesio vicarium castri Utricoli, et dietum
Maetheum percussisse dictum Antonium cum dieto spedo duabus

pereussionibus, videlicet in oculo et alia in manu ipsius Antonii
cum sanguinis effusione, dantes dicti inquisiti unus alteri, ac alter
alteri ad invicem ad predicta auxilium consilium et favorem —
50 flor.

36.[c. 294]. — Hee sunt pecuniarum quantitates, quas ego A. thesau-
rarius supradietus recepi a ser Cecchino magistri Philippi de San-
eto Gemino vicethesaurario in terris Arnulforum, quas ipse exe-
gerat ete. a die prima Aug. MCCCLVI. usque in diem primum
Aug. MCCCLVII, prout ete.

METER
NOTIZIE UMBRE, ECC. 9t

87.— A Francia Palieti de Catinellis districtus Spoleti pro comp. fa- ,
cta cum eo, quia comune et singulares persone civitatis Spoleti et
eius comitatus sunt curie dictarum terrarum exbandite, occasione
excessus facti contra castrum Fogliani dietarum terrarum — 20 flor.

38.[c. 230 t.]. — Recepi a ser Angelo Leonardi de Balneoregio vice-
thesaurario comitatus Sabine, quas ipse exegerat etc. a die prima
Dec. MCCCLVI. usque in diem primum Mai. MCCCLVII. pecunias
infrascriptas.

39. [c. 233]. — A Ciucio et Lello Jannis Philippi de Turrio pro me-
dietate 100 flor. pro compositione facta cum eis, quia insultave-
runt cum armis, noctis tempore, Lellum et Jolum Petri Canere,
Jannoctum et Mactheum filios dicti Lelli de dieto loco, faciendo in
dieto castro rumorem et tumultum animo turbandi pacificum sta-

tum dicte terre — 50 flor.
40.[c. 349] 4357, ag. 20. — Recepi a comuni castri Sancti Gemini

pro generali compositione faeta cum dieto comuni et singularibus
personis dieti castri, quia dicebatur dictum comune excessisse in
quibusdam articulis inquisitionis generalis, et contempsisse quod-
dam mandatum dicto comuni factum pro parte dni. rectoris dicti
Patrimonii in quo continebatur, quod infra certum terminum de-
berent mittere iu exercitum faciendum per dictum dnm. rectorem
supra castrum Suriani certum numerum pavesariorum balistario-
rum et guastatorum, et generaliter de omnibus et singulis proces-
sibus sententiis etc. habitis contra comune et singulares personas
dicti castri, et de omnibus et singulis excessibus culpis ete. per
(ipsos) commissis et perpetratis... usque in diem .XX. Jun. prox.
pret. exceptis casibus reservatis, de quibus non potest componi,
et datione domini, et exceptis Gamnello, Benedicto Sunucii Ab-
brici, Ugulinuccio Pellini, Ceccarello genero Lelli Ambrosii et Be-
nedicto Petruccioli de dieto castro Sancti Gemini — 100 flor.
41.[c. 256] dicembre 17. — A comuni castri Focis pro comp. facta cum
dieto comuni, quia assumpserunt in eorum dominum et maiorem
dnm. Jannoctum de Alviano, contra formam constitutionum curie

dieti Patrimonii — 50 flor.
42. [c. 256 t.] dic. 22. — A comuni castri Saneti Gemini pro comp. |
facta cum dieto comuni, quia dicebatur eos assumpsisse in eorum
dominum et maiorem comune Perusii, et ipsius dominium et ma- i
ioritatem recepisse in dicto castro, et generaliter de omnibus et i
singulis processibus, exbandimentis ete. factis contra dictum .co- i
mune, et de omnibus et singulis excessibus, culpis ete. per dictum
essa

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38

43.

44.

45.

46.

M. ANTONELLI

comune commissis et perpetratis usque in diem . XXVII. Apr. prox.
pret. exceptis casibus reservatis — 425 flor.

[c. 257 t.] 4358, gennaio 5. — A Mannucio Pisciarelli de Amelia
condempnato in 50 flor. quia dixit et prorupit infrascripta verba,
videlicet, a dispecto et ad onta di Dio questa chiesia serrà scon-
fieta, e Jordano (1) ventre feecia non serrà piü capitano di questa
chiesia sconficta, detracta sibi quarta parte totius pene, quia solvit
infra quindecim dies post latam sententiam, secundum formam no-
varum constitutionum — 37 flor. cum. dimid.

[c. 305 t.| giugno 27. — A comuni civitatis Amelie pro comp. fa-
cta eum regimine officialibus consilio et comuni civitatis predicte,
quia dicebantur contra formam constitutionum curie Patrimonii fe-
cisse et constituisse certa ordinamenta continentia quod nullus de
dieta civitate deberet laborare sive laborari facere aliquas seu ali-
quam possessionem alicuius forensis existentem in tenimento civi-
tatis predicte, et ipsis ordinamentis usos fuisse non approbatis per
iudices et officiales curie dieti Patrimonii, prout in libris diete cu-
rie Patrimonii scriptis manu ser Artini de Viterbio plenius conti-
netur, sub anno dni. MCCCLVI. de mense Julii — 30 flor.

[c. 346 t.]. — Hec sunt peeuniarum quantitates, quas ego A. the-
saurarius supradictus recepi a ser Petro Bartholomei de Maliano
Sabinie vicethesaurario in terris Arnulforum, quas ipse exegerat
etc. a die prima Aug. .MCCCLVII. usque in diem primam Octob.
MCCCLVIII. prout etc.

[c. 356]. — A Ceccho Galgani de castro Castiglioni solvente pro
castellatu Castiglionis pro compositione facta cum eo de contem-
ptu mandati, eo quod non miserunt quatuor homines pro dicto ca-
stellatu coram vicario terrarum Arnulforum ad audiendum quedam
que dietus vicarius dicere eis intendebat pro statu provincie et
honore eeclesie — 40 sol. cort.

47.[c. 360 t.]. — Hec sunt pecuniarum quantitates, quas ego A. thesau-

rarius recepi a ser Corrado Petri de Avigliano, vicethesaurario
comitatus Sabine, quas ipse receperat ete. a die prima Jun.
MCCCLVIII. usque in diem primum Jun. MCCCLIX. ete.

48.[c. 361 t.]. — A comuni castri Castiglionis pro medietate 9 flor. de

condempnatione lata contra dietum comune in 12 flor. eo quod
tempore facti parlamenti per dnm. Andream de Bictonio vicarium

(1) Giordano Orsini rettore del Patrimonio.

VERI TL
dicti comitatus, non comparuerunt coram dieto dno. Andrea cum
publico syndicatu, per manus Petri Jannis de dieto loco, detracta
sibi quarta parte dicte condempnationis quia solvit infra termi-
num 15 dierum post latam sententiam, secundum formam novarum

constitutionum — 4 flor. cum dim.
(Simili condanne ai comuni di Torri, S. Polo, Rocchette, Ta-
rano, Aspra e Stimigliano).

49.[e. 363]. — A ser Nucio Bocii, ser Rico et Narducio eius filiis,
id Lello Cimini, Cimino Mathei, Capubiancho Jacobelli, Andrea Pe-
| trucoli, Bocio magistri Leonardi, Ceccholo Petrucoli, Nucio Zaghe
" et Clario Cerronis de Tarano condempnatis in 378 flor. eo quod
dieti ser Nucius, Narducius, ser Ricus et Lellus fregerunt confinia
eis et cuilibet ipsorum data et assignata per dnm. Dominicum de
Saneto Polo tunc vicarium curie Sabinensis per eos sponte recepta
| et iuramento firmata, sollempni stipulatione promissa, cum adie-
ctione pene. M. flor. ad hoc ut non devenirent ad arma, nec sta-
M. tus pacificus terre Tarani turbaretur, quorum confinia inferius de-
scribuntur, videlicet, primo quod non discederent de terra Tarani,
et quod non possent ascendere a turri campanilis Sancte Marie de
dieto loco, ut de ipsa assignatione ipsorum confinium constat in
actis dicte curie scriptis manu ser Guillelmi olim notarii diete cu-
d: rie, et dictam terram Tarani exiverunt, et confinia eis et cuilibet
ipsorum assignata ruperunt, et iverunt ad ecclesiam Sancti Fran-
cisci extra Taranum, etiam iverunt ad castrum Podii Episcopatus (!).
Et dieti Ciminus (et alii) in contemptum habuerunt mandatum et
preceptum eis et cuilibet ipsorum faetum per dnm. Andream de
Bictonio vicarium dicti comitatus, in quo mandato continebatur,
quod cum omni studio quo possent representarent coram eo et
eius curia Narducium filium ser Nucii Bocii, qui letaliter vulnera-
verat Ceecham uxorem Nucoli Jutii..., immo ipsum de Tarano re-
cedere permiserunt eumque associaverunt..., detracta eis quarta
parte ete. ut supra, 283 flor. cum dim., pro medietate dicte quan-

E titatis — 1/41 flor. cum 3 quartis.
TS 50.[c. 365 t.]. — A comuni castri Turrii pro medietate 100 flor. de

condempnatione lata contra dietum comune.., eo quod miserunt

È in ambaxiatorem Sancium Angeli de Urbe alias dictum Cayn tune

1 potestatem dieti castri Turrii quatuor vicibus, videlieet tribus vi-
cibus apud Taranum coram dno. Andrea comite Sabine, et una
vice apud civitatem Narnie ad magnificuut principem Jordanum de
filiis Ursi dieti Patrimonii rectorem... — 50 flor.

51.[c. 370]. — A comuni eastri Stimigliani pro medietate 20 flor. de

NOTIZIE UMBRE, ECC. cage

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TAS an

Com

E ATI M. ANTONELLI

compositione facta eum dicto comuni de condempnatione lata con-
tra comune predietum in 100 flor. quia dicebatur ipsum comune
elegisse in eius notarium et officialem magistrum Jannem Cagni
exbanditum generalis eurie Sabinensis oriundum de terra eéxban-
dita, videlicet de castro Montisasule — 15 flor.

X.

(Est.) Clem. VI. Patrimonii b. Petri in Tuscia exitus an.

1551 ad 1359. N. 266.

1.(Int.) [c. 1]. — Hic est liber..... continens expensas facetas per me

Angelum Tavernini civem Viterbiensem Patrimonii ete. thesaura-
rium generalem ..de pecuniis per me receptis da proventibus et
emolumentis camere Patrimonii ete. in uno anno incepto in kal.
Maii anni 1351 et finito in kal. Maii anni 1352, in quo anno a di-
ctis kal. Maii anni 1351, videlicet usque ad .XX. diem Februarii
inclusive tune proxime subsecuti anni 1352 magnifieus miles dns.
Jacobus de Gabrielibus de Eugubio rector extitit. et a dicta die.
XX. Februarii exclusive usque ad supradictas kal. Maii anní 1859
magnificus miles dns. Nicolaus de la Serra rector fuit.

2.[c. 39] 1352, febbraio 8. — Solvi ser Erasmo de Narnia misso per

rectorem apud Urbemveterem ad exquirendum de novitatibus ibi-
dem factis, de morte Benedicti dni. Boncontis, et eaptione Catalu-
tii de Bisentio et Benedicti dni. Hormanni, et utrum dietus rector

posset dictam civitatem pacificare, pro expensis — 8 flor.
3.[e. 40] marzo 8. — Solvi ser Jacobo de Parma ambaxiatori misso

apud Corbariam ad Hugolinum Petrucii Contis ad tractandum cum
dicto Hugolino pro parte rectoris concordiam inter intrinsecos et
extrinsecos Urbevetanos, ex qua concordia sequebatur status dicti
Patrimonii pro expen. — 4 flor.

4.[c. 41 t.] aprile 8. — Solvi Trovaticio de Monteflascone nuntio

misso per dnm. rectorem cum litteris suis apud castrum Sancti
Gemini confortando ipsum commune et homines dicti castri in
constantia fidelitatis ecclesie, et non dubitarent propter offensas,

quas Narnienses inferebant dieto castro, pro suo viagio — 2 flor.
9.[e. 42] apr. 23. — Solvi Menicutio Guerci de Priceno nuntio misso

per dnm. rectorem apud civitatem Florentie eum litteris dieti dni.
rectoris, que dirigebantur dno. nro. pape et dnis. cardinalibus, no-
tificando eis qualiter gentes dni. archiepiscopi Mediolanensis in-
——



(—Á

iem

10.

NOTIZIE UMBRE, ECC. 41

traverant civitatem Urbevetanam, ut diete littere de dicta civitate
Florentie per aliquem occurrentem nuntium destinarentur in cu-
riam, pro viagio suo — 8 flor.

— apr. 27. — Solvi Silvestro de Bononia nuntio misso per recto-
rem apud civitatem Florentie cum litteris ipsius rectoris que diri-
gebantur dno. pape, et cum protestatione facta pro parte ipsius
rectoris Tanucio Ugolini Tani de Carda per ser Baschum eius no-
tarium, qualiter dietus Tanucius deberet restituere ecclesie romane
civitatem Urbevetanam, cuius dominium assumpserat dietus Tanu-
cius pro dno. archiepiscopo Mediolanensi, cum ipsa civitas ad ro-
manam ecclesiam pertineret et quod nullum ius sibi aliquo modo
competere posset in dieta civitate, que littere deinde portate fue-
runt ad euriam romanam per quendam cursorem, pro viagio suo
— 8 flor.

[c. 42 t.] apr. 29. — Solvi ser Baschio Santii de Gomi ambascia-
tori misso per dnm. rectorem apud castrum Utriculi ad reforman-
dum statum dieti castri, cum ibi esset suspitio et divisio, quas
Narnienses rebelles eeclesie seminaverant inter homines dicti castri

ut ipsum castrum possent facilius occupare, pro expensis — 8 flor.
.[e. 56]. — Hie est liber continens in se expensas factas per me

Angelum ete. «4£ supra, in uno anno incepto in kal. Maii 1352, et
finito in kal. Maii 1353, in quo anno a dicetis kal. Maii usque ad
XXVI. diem Junii inclusive magnificus miles dns. Nicolaus de la
Serra extitit provincie Patrimonii rector, que a dieta die. XXVI.
Junii usque ad kal. Julii propter mortem dieti dni. Nicolay rectore
et gubernatore vacavit, et a dietis kal. Julii usque ad. VIII. diem
Septembris inclusive Rndus. díis. Pontius Episcopus Urbevetanus
alme Urbis viearius dietam provinciam gubernavit et ressit, adve-
niente die .X. Septembris magnifico viro Jordano de filiis Ursi Pa-
trimonii reetore ad regimen provincie, memorate.

[e. 78 t.] 2352, ottobre 19. — Solvi Bascho de Mosten stipendiario
equiti pro emenda unius equi quem equitabat Franciscus de Flo-
rentia, mortui per straccham, quando dietus Franciscus de mense
Aug. prox. pret. festine venit cum marescallo Patrimonii de Roma
in Sabinam ad recuperandum castrum Tarani noviter rebellatum
— 7 flor. cum. dimid.

— dicembre 11. — Solvi Gabriello de Parma conestabili equiti pro
emenda unius equi... mortui per straccham in itinere, quando de
mense Octob. prox. pret. dietus Gabriellus equitabat eum sua ban-
deria in Sabiniam pro facendo guastum una cum aliis stipendiariis



iode
M.

ANTONELLI

ecclesie supra eastrum 'Tarani quod erat rebellatum, et ad obe-
dientiam homines dieti castri nolebant reddire — 20 for.

11.— dic. 13. — Solvi (eidem) pro emenda unius equi... quem equi-
tabat Isber de Alamania... mortui per straccham, quando dictus
Isber cum aliis de banderia dicti Gabrielis de mense Nov. prox.
pret. equitavit supra castrum Tarani rebelle eeclesie — 8 flor.

12. [c. 79. — Solvi Perino de Lavatort stipendiario equiti de banderia
dieti Gabrielis pro emenda unius equi... mortui per straccham in
cavalcata facta una et eadem die supra castra Tarani, Montisboni
et Fiaianelli rebellium eeclesie de mense Oct. prox. pret. — 70 flor.

13.— 1353, febbraio 18. — Solvi dno. Petro de Gallexio vicario et
vieethesaurario terrarum Arnulforum, quos ipse solverat Artimanno
de Franco stipendiario equiti de banderia Philippi de Moret... pro
emenda unius sui equi, quem equitabat Aniz de Bomberch....
mortui per straccham, quando dictus Aniz fecit cavaleatam de pre-
senti mense Febr. una cum aliis stipendiariis ecclesie supra civi-

tatem Narniensem rebellem ecelesie — 70 flor.
14.[e. 92] 2352, giugno 7. — Solvi... missis de nocte per dnm. recto-

rem apud castrum Perii cum litteris ipsius dni. rectoris portandis
deinde apud castrum Sancti Gemini ad sciendum statum dicti ca-
stri, quod in subversione existere dicebatur, pro ipsorum viagio
— 30 sol. ppr.

15.[e. 94] Luglio 19. — Solvi de mandato dni. vicarii... nuntiis missis de
nocte apud civitatem Urbisveteris ad Tanucium capitaneum diete
civitatis ad investigandum et exquirendum novitates nuper exortas

in dieta civitate — 4 flor.

16.[c. 95] agosto 20. — Solvi Ceccarello de Orto misso per vicarium
apud castrum Rubellum.ad investigandum si Prefectus intraverat
civitatem Urbevetanam — 210 sol.

17.— ag. 21. — Solvi Bocche de Perusio nuntio misso per dnm. vi-

carium apud civitatem Perusii ad dnos. priores populi dicte civitatis
cum litteris suis continentibus, qualiter Prefectus Urbis intraverat
civitatem Urbevetanam, et quod super hoc festinanter obstando
provideant — 2 flor.

18.[c. 96] settembre 9. — Solvi Angelo et Cole de Bulseno missis de
nocte per dnm. vicarium pro guidis usque ad castrum Turris cum
ser Anthonio de Parma per dnm. vicarium misso ad filios Pepi de
Urbeveteri ad impediendum ne ipsi facerent concordiam cum Pre-
fecto — 2 lor.

19. [c. 97] ottobre 24. Solvi magistro Francisco magistri Bonaiuncte de
memi pimovm

———

acini iL

NOTIZIE UMBRE, ECC. 43

Monteflascone misso per rectorem apud Utriculum ad tractandum
cum hominibus dicti eastri, et eos inducendum ut ad fidelitatem
ecclesie reddirent, pro expensis — 2 flor.

90. — novembre 7. — Solvi Rubeo de Castello misso per dnm. recto-
rem apud Perusium ad me thesaurarium, ubi tunc eram pro qui-
busdam negotiis dieti Patrimonii procurandis, quod irem apud
Sanetum Geminum, et conducerem pedites pro custodia dieti castri,
eum esset ibi tractatus proditionis — 2 flor.

91.[e. 97 t.] nov. 7. — Solvi.. misso per rectorem in comitatum Sa-
bine ad Latinum de filiis Ursi capitaneum guerre in dicto comi-
tatu, notificando sibi qualiter ambaxiatores castri Tarani venerant
apud Montemflasconem pro concordia facienda, et quod observaret
treguam factam per ipsum dnm. rectorem cum comuni Tarani —
2 flor.

99. — nov. 9. — Solvi Caroso de Orto nuntio misso per dnm. rectorem
apud Sanetum Geminum notifieando comuni dicti castri, quod cum
de ipsius eastri proditione tractaretur, et ob hoc Prefectus coha-
dunet gentes, quod sibi caverent — 2 flor.

28.[c. 98 t.] nov. 27. — Solvi Ceccarello de Perusio misso per dnm.
rectorem cum litteris suis apud Perusium requirendo comune Pe-
rusii pro subsidio habendo contra Narnienses volentes facere ba-

etifolle contra Mirandam — 2 flor.
24.[c. 99 t.] dicembre 13. — Solvi Guidoni de Urbeveteri nuntio misso

per d. rectorem cum litteris suis in comitatum Sabine notificando
officialibus dieti comitatus, qualiter Narnienses conduxerant gentes
in Perusio pro offendendo in dicto comitatu, quod providerent sic
et taliter quod non possent lexionem recipere pro s. viagio —
1 flor.

25.[c. 100 t.] 2353, febbraio 12. — Solvi Dominico de Arti nuntio
misso per d. rectorem Tudertum ad dnm. Epm. cum litteris continen-
tibus, quod plaeeret sibi mittere gentes suas in subsidium castri
Mirande obsessi per Narnienses rebelles ecelesie pro s. v.'— 40 sol.

26. — feb. 8. — Solvi Lucerte de Perusio nun. mis. per d. rect. in
comitatum Sabine vicario dieti comitatus cum litteris suis conti-
nen. quod ad bonam custodiam intenderent, quia Narnienses gen-
tes congregant pro invadendo terras eeclesie — 40 sol.

(Uguale ambasceria al vicario delle terre degli Arnolfi, e al
marescallo del Patrimonio dimorante a Sangemini).

91. — feb. 18. — Solvi Riccio castaldo nun. mis. per d. reet. apud

Sanctum Geminum cum litteris suis comuni dieti castri continen.

qualiter Petrus de Vico exiverat de Viterbio et iverat versus Nar-

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M. ANTONELLI

niam cum gentibus equitibus et peditibus, et quod propterea
essent advisati, ne possent aliquam, lexionem recipere — 7 flor.
28. — feb. 19. — Solvi Guidoni de Urbeveteri castaldo nun. mis. per
d. rectorem Ortum cum litteris suis Cecchino dni. Andree de Nar-
nia continentibus, quod accederet in Sabinam cum gentibus equi-
tibus quas comune Perusii misit in servitium eeclesie pro guerra

facienda contra Narnienses rebelles — 28 sol.
29.— feb. 23. — Solvi Mathello cursori nun. mis. per d. rector. in

Sabinam cum litteris suis Raynaldo de Assisio vicecomiti dicti co-
mitatus continentibus, quod attenderent ad bonam custodiam castri
Collisveteris, quia dicebatur quod Narnienses habebant tractatus
proditionis in dieto castro — 40 sol.

30.— marzò 11. — Solvi Mathello predicto nun. mis. per d. rectorem
apud Galeriam cum litteris suis Cecchulo filio dicti d. rectoris con-
tinentibus, quod si congregaverat gentes pro ponendo in conflictu
exercitum positum per Narnienses rebelles ecclesie supra castrum
Mirande — 40 sol.

31.[c. 101] mar. 13. — Solvi Vannutio de Grietis nun. mis. per d. re-
ctorem (eidem) cum litteris continentibus, quod visis litteris veni-
ret, cum tota gente quam congregaverat, apud Stronchonum pro
levando exercitum positum per Narnienses rebelles ecclesie supra
castrum Mirande, quia illi de Miranda non poterant plus resistere
a gentibus dieti exercitus, sed volebant se reddere dietis Narnien-
sibus — 40 sol.

32.— mar. 20. — Solviser Bascho notario curie Patrimonii misso per
d. rectorem in Sabinam ad ordinandum cum gentibus ecclesie exi-
stentibus in Sabina de modo tenendi de conflictu faciendo de exer-
citu posito per Narnienses rebelles ecclesie supra castrum Mirande
ecclesie romane, et ad faciendum mostras de dictis gentibus, pro

expensis per eum faciendis — 5 flor.
93.[c. 101 t.] mar. 23. — Solvi Blaxio de Interanne nuntio misso per

d. rectorem: apud Perusium cum litteris suis prioribus dicte civi-
tatis continentibus, quod placeret eis mittere in servitium ecclesie
aliquas banderias equitum pro levando exercitum positum per
Narnienses rebelles ecclesie supra castrum Mirande eeclesie romane
— 1 flor. cum. dim.

94. — mar. 24. — Solvi Macthello de Amelia nun. mis. per d. recto-
rem apud Romam cum litteris suis Ceccholo filio suo continentibus,
quod veniret in Sabinam cum gentibus quas congregaverat pro
levando exercitum ete. ut supra — 2 flor.

35. [c. 102 t.] aprile 7. --- Solvi Lombardello de Brescia nun. mis. per
NOTIZIE UMBRE, ECC. 45 |

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È d. rectorem apud Perusium cum litteris suis prioribus dicte civi- 3
PC tatis continentibus, quod placeret eis mittere gentem equitum pro
succurrendo Mirandam obsessam a Narniensibus rebellibus eeclesie

È — 1 flor. cum. dim.

| (Aiuti sono pure richiesti ai priori delle Arti di Firenze: e

| Ceccolo Orsini che stava a Galera é sollecitato a venire in soc-

| corso colle genti che aveva all' uopo adunato). i
| 36.[c. 103] apr. 15. — Solvi Mathello de Amelia misso per dnm. re-

ctorem cum litteris suis in Sabinam ad sciendum veritatem et fa-
etum quomodo fuit de conflietu facto de exercitu posito supra ca- i
strum Mirande ecclesie romane — 4 flor.

(Il 18 aprile fu mandata ad annunziare al pontefice la scon-

fitta dell’ esercito narnese sopra Miranda).

37.— apr. 20. — Solvi Lombardello de Brescia nun. mis. per d. re-
ctorem apud castrum Cesarum cum litteris suis marescallo Patri-
monii ibidem moranti continentibus, quod offenderet civitati Nar-

| niensi rebelli eeclesie — 7 flor. i
b |
Í 38.— apr. 23. — Solvi Mathello de Amelia nun. mis. per d. rectorem H

in Sabinam cum litteris suis vicecomiti dieti comitatus continenti-
bus, quod omni die faceret offendi civitati Narniensi et eius comi-
| tatui, et quod ordinaret ubi gens Perusinorum, quam priores dicte
civitatis mittunt in servitium ecclesie, deberet stare ad offenden-

| dum dicte civitati Narniensi — 1 flor.
39. [c. 103 t.] apr. 24. — Solvi Picciolo de Rotellis nun. mis. per d.

rectorem apud Sanctum Geminum cum litteris suis comuni dicti
castri, quod deberet receptare gentes ecclesie quando irent ad of-
fendendum civitatem Narniensem rebellem ecclesie, et reddirent

cum offensis vel sine — 4 flor.

40.[c. 126] giugno 2. — Solvi Mathello de Amelia nuntio misso per d.
rectorem apud civitatem Perusii cum litteris sus ad priores dicte
civitatis continentibus, quod placeret eis non revocare gentes suas
armigeras, quas in servitium ecclesie in comitatu Sabine retinebant
— 1 flor. cum. dim.

41.[e. 126 t.] giu. 5. — Solvi Cole de Suriano nun. mis. ad d. recto-
rem per dnm. Ursum de filiis Ursi cum litteris continentibus, qua-
liter Petrus de Vico rebellis ecelesie fuerat expulsus de civitate M
Narnie -- 20 flor.

49. — giu. 6. — Solvi ser Anthonio de Parma ambaxiatori misso per

d. rectorem apud comitatum Sabinie, castra Stronchoni, etc. ad

ordinandum in eis bonam custodiam ne reciperent lexionem a sti-

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41. [c.

M. ANTONELLI

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pendiariis Petri de Vico existentibus in Sabinia, quia dicebatur

quod volebant facere magnam societatem — 5 flor. cum. dimid.
43.[e. 192| 2355, luglio 30. — Misso apud civitatem Eugubinam ad

dnm. legatum cum processu comunis et hominum civitatis Tuder-
tine, pro quo dietus d. legatus miserat — 7 lib.

44. [c. 196] 7356, febbraio 26. — Misso apud civitatem Ortanam ad

dnm. episcopum diete civitatis cum litteris dni. rectoris continen.
quod idem d. episcopus certificaret ipsum d. rectorem de cohadu-
natione gentium armorum que dicitur facta in civitate Interam-
pnensi — 20 sol.

45. [c. 232] agosto 9. — Ser Nicolao de Urbe ambaxiatori misso apud

civitatem Narnie comuni dicte civit. cum dictum comune inten-
deret facere novitatem contra castrum Utriculi romane ecclesie, ad

insistendum cum dicto com. quod non faceret fieri novitatem contra

dietum castrum, et si dictum com. Narnie haberet aliquid facere
cum comuni castri Utriculi predicti, quod deberent hostendere iura

ipsorum coram dicto d. rectore — 7 flor. cum dim.
46.[c. 235 t.] 1357, febbraio 8. — Misso per d. rectorem apud civita-

tem Tudertinam cum litteris d. rectoris comuni dicte civit. quod
caverent se a Claravallensibus, quia conduxerunt Johannem Ni-
grum ungarum conestabilem cum quadraginta ungaris pro offen-
dendo dicte eivitati — 40 sol.

270] giugno 7. — Ser Johanni de Scetonio misso in comitatum
Sabine per d. rectorem ad faciendum destrui muros castri Stimi-
gliani, et domos rebellium ecclesie de dicto castro... — 4 lib.

48.[c. 271 t.] ottobre 17. — Ser Jacobo Luce de Sancto Quirico am-

baxiatori misso per d. rectorem in Romandiola ad d. legatum ad
narrandum sibi qui fuerant culpabiles in novitate facta in civitate
Interampnis, et qualiter dictus d. rector processus contra delin-
quentes formaverat, et miserat gentes suas ad faciendum guerram
contra dietam civit. nisi ad mandata et obedientiam eeclesie deve-
niret, et quod idem d. legatus propterea mitteret de suis gentibus,
et scriberet Perusinis, Narniensibus et Tudertinis quod non fave-
rent dicte civit. immo assisterent prefato d. rectori auxiliis opor-
tunis... — 25 flor.

49.[e. 272] ott. 28. — Ser Johanni de Bictonio ambax. misso per d.

rectorem apud civitatem Tndertinam comuni diete civit. rogando
quod placeret dieto com. mittere unam banderiam equitum in ser-
vitium ecclesie pro exercitu fiendo contra castrum Stronconi — 5
lib. 2 sol.


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NOTIZIE UMBRE, ECC. 47

50.— Misso per d. rectorem ad dnm. abbatem Cluniacensem ap. sed.

legatum existentem in exercitu supra Forlivium cum responsione
quarundam litterarum ex parte dicti d. abbatis dieto d. rectori
missarum, continentium, quod cum ipse d. legatus velit licentiam
concedere Berardo Corradi de Urbeveteri veniendi ad Patrimonium
et terras vicinas - civitatis Urbevetane, quod ipse d. rector reci-
peret fideiussores a Berardo predicto de non intrando Urbemvete-
rem, quod dignaretur ipse d. legatus dictam licentiam prefato Be-
rardo non concedere, cum esset periculosa provincie et dampnosa
statui civitatis Urbevetane —.2 flor.

51.[c. 274 t.] 1358, aprile 1. — Ser Johanni ambax. misso ad terras

Vallislacus ad inducendum communitates ipsarum terrarum quod
mitterent apud civitatem Urbevetanam quinquaginta balistarios,
in qua suspitio exorta erat propter transitum gentium Senensium
per comitatum diete civit. in comitatum civitatis Perusii — 2 Ub.
14 sol.

52.[c. 302] ottobre 28. — Solvi dno. Fortunato dni. Raynaldi et Fran-

cho Mascioli de civitate Tuderti pro stipendiis ipsorum quinque
annorum inceptorum die. XV. apr. 1353 et finitorum die «XIV. apr.
anni presentis, quibus custodiverunt et custodiri fecerunt roccham
castri Cesarum recomendatam dudum dicto condam dno. Raynaldo
patri dieti dni. Fortunati et Francho per dnm. capitaneum Patri-
monii, post rebellionem hominum castri Cesarum predieti et obe-
dientiam factam per eos romane ecclesie... — 2765 flor.

53. [c. 313) agosto 17. — Francisco Naserii de Monteflascone ambax.

misso per rectorem ad terras Vallislacus ad excitandum officiales
ipsarum terrarum quod ad fortificationes reparationes et vigilem
custodiam ipsarum terrarum .attenderent, cum diceretur magnam

societatem esse in comitatu Urbisveteris... — 2 flor.
54. [c. 314] ag. 19. — Misso apud civitatem Amelie cum litteris dni.

rectoris directis officialibus dicte civit. continentibus, quod deberent
mittere viginti quinque famulos ad custodiam castri Lugnani, et
viginti quinque ad eustodiam castri Porclani, et litteris dni. rectoris
directis officialibus dictorum castrorum continen. quod attenderent
ad bonam custodiam, et quod facerent poni ignem in paleariis et
areis ipsorum — 20 sol.

D5.— settembre 21. -— Ser Thodino Vannutii de Corneto notario, quos

ipse solvit Decano notario auditoris dni. legati pro quatuor litteris
citatoriis factis contra quosdam de civitate Amelie qui appellave-
62. [c. 319] febbraio 15..— Misso in Romandiolam apud Cesenam cum

M. ANTONELLI

runt à quadam condempnatione lata contra eos in curia Patr. eo

quod in festo Corporis Christi fecerunt rumorem in dicta civitate,
in quo rumore fecerunt cadere in terram tabernaculum et scindi
heucaristia que erat in dieto tabernaculo, ad ipsius appellationis
causam prosequendam — 4 flor.

56. [c. 316] novembre 12. — Ser Bartholomeo Jutii de Aquapendenti

ambax. misso per d. rectorem ad civitatem Senarum ad supplicatio-
nem et instantiam comunis et officialium civitatis Urbisveteris ad
dnos. duodecim rectores dicte civit. ad rogandum eos ex parte
dieti d. rectoris quod placeret eis facere restitui bestias vaecinas
et pecudinas, quas gentes ipsorum levaverunt in territorio hospi-
talis Luci comitatus dicte eivit. Urbisveteris, et duxerunt in pre-
dam ad castrum Montisachielli, cum dietum territorium esset de

dieto comitatu Urbisveteris... — 6 flor.
57.[c. 317 t.] 2359, gennajo 7. — Misso de Viterbio apud castrum

Malleani eum litteris d. rectoris directis comuni dicti castri conti-
nen. mandatum ipsius rectoris quod non deberent receptare gentes
militie Urbis — 27 sol.

98.— genn. 11. — Misso Tuscanam noctis tempore cum litteris meis

direetis d. rectori tunc ibidem moranti continen. qualiter gentes
militie Urbis recepte erant per Maglianenses in castro Malleani,
et quod dignaretur mandare quid facturus essem: in predictis cum
minarentur alias terras ecclesie equitare, nisi venirent ad eorum
mandatum. — 20 sol.

99.[e. 318] genn. 13. — Misso per d. rectorem ad me apud Gallesium

cum litteris suis continen. qualiter concordia facta erat inter gen-
tes militie Urbis et Utriculanos pro modica quantitate — 74 sol.

60.[c. 318 t.] genn. 15. — Ser Nicole de Gualdo ambax. misso per d.

rectorem in comitatum Sabine ad vicarium et vicethesaurarium
dicti comitatus ad mandandum ex parte ipsius d. rectoris, quod in
casu quo gentes militie Urbis vellent homines et castrum Turrii in
aliquo offendere, mitterent in auxilium et favorem ipsorum aliquos
famulos de Tarano et aliis terris dicti comitatus vel alias, expensis

camere 2 flor.

61.— genn. 24. — Misso ad Urbemveterem cum litteris d. rectoris di-

rectis vicario pro ecclesia ibidem existenti continen. quod attende-
rent ad bonam custodiam civitatis et comitatus ipsius, cum sentiret
fidedignorum relationibus quamplurimis quod in partibus ultra flu-
men supervenerant sponte (sic) cirea .CC. famulos masnalderios —
18 sol.

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63.

NOTIZIE UMBRE, ECC. 49

litteris d. reetoris direetis d. legato ibidem existenti continen. quod

dignaretur destinare aliquas gentes armigeras iu provinciam Patr.
pro tuitione terrarum, cum magna societas esset prope Perusium
per quindecim miliaria, et diceretur ad dictam provinciam ventura...
— 4 flor. cum. dimid.

[e. 369 t.] febb. 26. — Misso apud Tudertum cum litteris d. recto-
ris directis prioribus civitatis Tuderti continen. quod attenderent
ad bonam custodiam dicte civit. cum Claravallenses fuissent ad

‘tractandum cum Prefecto de occupatione dicte civit. — 30 sol.
64.

[c. 391 t.] aprile 30. — Dno. Thome Guiducii de Fabriano iudici
ambax. misso ad Urbemveterem ad requirendum et excitandum
dnos. viearium et septem civitat. Urbevetane gubernatores quod
vigilarent ad bonam custodiam dicte civit .. ne possent (offendi) a
gentibus magne societatis que dicebantur esse in provincia Duca-
tus Spoletani... — 2 flor. ;

XI.

(Est. Innocent. VI. Stipendia militum et aliorum necessar.

pro guerra contra Johannem De Vico, an. 1353-1354.
N. 268.

1. [c. 1-7] Recepte — 1354, agosto 21. — (Recepi ego thes.) a dno.

Tano comite de Marsciano, qui pervenerunt ad manus suas de
summa ducentorum flor. per me dudum solutorum Petrutio Pepi
(exititio Urbevetano) pro captione castri Carnaiole, quod per Jaco-
butium de Urbeveteri sequacem Johannis de Vico detinebatur —
100 flor.

9. — 1355, gennajo 22. — A comuni civitatis Reatiney pro subsidio
LE a

duarum banderiarum equitum pro duobus mensibus, quas dno. le-
gato promiserant — 320 flor.

3.— genn. 20. — A comuni castri Utriculi pro compositione faeta

eum dieto comuni, quia adheserunt Johanni de Vico prefecto Ur-
bis tempore quo erat rebellis ecclesie — 200 flor.

4.[c. 193-195] Provisiones nobilium. — Solvi nob. viro Berardo Cor-

radi Urbevetano civi pro provisione sibi promissa et facta ut terras
suas, exponeret guerre contra civitatem Urbevetanam, Viterbium
et alias terras quas Johannes de Vico detinebat, et ipse se faceret
unum de principalibus contra dictum Jo. et ut melius posset tolerare
expensas equorum suorum et aliorum concurrentium in dicta briga,
ad rationem triginta flor. in mense (18 gen.-18 ago. 1354) — 210 flor.

4
50 M. ANTONELLI

9. — Nob. viris Boneonti Ugolini, Petrucio Pepi, Nerio Cole ser Ciucii
et Thomassio Monaldi civibus Urbevetanis exititiis pro provisione
eis faeta ut terras ipsorum exponerent etc. ut supra, ad rat. cen-
tum viginti quinque flor. quolibet mense inter omnes (18 gen.-18
giu.) — 625 flor.

6.— Nob. viro Benedicto dni. Hormanni civi Urbevetano pro provi-
sione ete. ut supra, ad rat. triginta flor. in mense (18 mag.-18 lug.)
— 60 flor.

1.[e. 195-196] Paghe duple — 1354 aprile 26. — Dno. Manfredo de
Paezis, Broecardo Salsefas, Georgio Burgundo, Franco de Ferigna,
Henrico de Biblo et Riccardo comiti de Duadula conestabil. equi-
tib. pro media paga eis debita pro quadraginta postis vivis, cum
quibus fuerunt ad ponendum in conflietu Johannem de Vico et
eius gentes in Petrorio prope civitatem Urbevetanam de mense
mar. 1354, ad ration. trium flor. cum dimid. pro posta, et qua-
tuordecim flor. pro conestab. quolibet — 224 flor.

8.— Francisco Zambonelli conestab. pediti pro media paga dupla
sibi debita pro se et vigintiquatuor famulis de eius banderia, cum
quibus fuit ete. uf supra, ad ration. unius flor. cum dimid. pro
quolibet famulo et trium flor. pro persona sua — 39 flor.

(Ugualmente a « ser Bondi » che partecipò all’ impresa con 24
fanti, a « ser Marco et Mannecte » con 31 fanti, a « Bonatio de
Aritio » con 23, a « Thomasso de Florentia » con 23, a Bartolino
Nicolay de Bazolano » con 24, a « Nanni de Faventia conestabili
balistariorum » con 21 balestrieri e due ragazzini).

9.[e. 203] Emende equorum — 1354, marzo 10. — Gentes ecclesie
una cum reetore Patr. aecesserunt ad expugnandum monasterium
Sancti Laurentii dominarum prope Urbemveterem, in quo erant
famuli Jo. de Vico, ubi postea factum fuit bactefolle... Dieta die
fuit factum. badalucchum inter dietas gentes eeclesie, et gentes Jo.
de Vico que exiverant de Urbeveteri... (Si emendano cinque cavalli
morti).

10. — aprile 14. — Solvi pro emenda unius equi... mortui... stracchati
die .XII. Mar. in conflictu et fugatione factis de Jo. de Vico et
eius gentibus in Petrorio prope Urbemveterem, quando... conesta-
biles et stipendiarii ecclesie accedebant pro scorta certarum salma-
rum, que portabantur pro fodero bactefollis — 25 flor.

11. [e. 211] giugno 3. — Banderia Sizz Iter accessit de bactifolle Ur-

bisveteris, de mandato Berardi Corradi capitanei dieti bactifollis,

Ue TRDSTMISTURDURRI

icr
13.

14.

15.

16.

NOTIZIE UMBRE, ECC. 51

versus inimicos qui civitatem Urbevetanam exiverant, preliando
cum eis prope dietam civitatem in strata Sancte Marie Valverdis...
(Si emendano cinque cavalli).

[c. 214] giu. 9. — Orta fuit rissa in Urbeveteri inter stipendiarios
Jo. de Vico et stipendiarios ecclesie... qui existebant ad nocturnam
custodiam persone legati et civitatis Urbisveteris, eo quod dicti
stipendiarii Johannis elamabant alta voce, vivat Johannes de Vico,
et stipendiarii ecelesie dubitabant ne dictus Jo. cum suis gentibus
existentibus in Urbeveteri vellet prodere et expellere de dicta civi-
tate dnm. legatum... (Si emendano sette cavalli morti nella rissa).
— giu. 25. — Sol. Aniz de Osterich... pro emenda unius equi mor-
tui die , XX. Jun. per straccham propter nimium magnum laborem
et frequentiam equitandi, cum ipse equitaret de civitate Urbisve-
teris ad civitat. Perusii in subsidium dicti comunis, mandato dni.
legati, cum pluribus stipendiariis ecclesie, contra magnam societa-
tem — 44 flor.

(Il 13 giugno vi erano andate altre cinque bandiere, cui si
emendano alcuni cavalli tolti dalla grande società).

(Da altre emende risulta che furono fatte cavalcate sopra Or-
vieto nell'agosto 1353 [c. 198], e il 31 gennaio 1354 [c. 201]; che nel-
l'apr. 1354 fu fatto un « avisamentum » coi nemici presso Monte-
giove nel comitato d' Orvieto [c. 208]; e che il 12 luglio il legato
partì da Orvieto per restituirsi a Montefiascone, nel qual viaggio
perirono cinque cavalli « propter festinam equitationem et calorem
fortem » [e. 216]).

(c. 220-223] Extraordinaria. — 1354, gennajo 18. — Solvi Jaco-
butio de castro Rebelli comitatus Vrbisveteris pro emenda certa-
rum balistarum sibi ablatarum dudum per gentes ecclesie ut in-
duceretur ad rebellandum se contra Jo. de Vico, qui civitatem
Urbevetanam detinebat, et ad rumpendum et faciendum brigam
contra dictam civitatem, ex eo quod dietum castrum est unum
bactifolle diere civitati, cum aliter rumpere nollet — 100 flor.

— giugno 8. — Presbitero Johanni Farde de Viterbio quos ipse
solvit vieturalibus qui portaverunt quinquaginta unam salmas pa-
nis de castro Vitorclani apud Monteflaseonem, et deinde portate
fuerunt ad civitatem Urbevetanam quando dnus. legatus eam in-
travit, quia propter offensionem quam dieta civitas passa fuerat

panis non reperiebatur in ea... — 85 flor. 14 sol.
— luglio 22. — Ser Cecchino de Urbeveteri yconomo et procuratori

monialium monasterii S. Laurentii prope civitatem Urbevetanam,

P eder m mmy tS en
M.

ANTONELLI

ubi faetum fuit bactifolle contra dietam civitatem,
satione innumerabilium: dampnorum dietis monialibus. et mona-
sterio illatorum et que passe sunt in captione dicti monasterii, et
in diruptione domorum aliquarum dicti. monasterii causa fortifi-
candi dietum bactifolle — 270 flor.

17. — lug. 16. — Sanctolino magistri Angeli de Monteflascone, Tucia-
rello magistri Cepti de Monteflascone, Symoni de Senis et Ciccie de
Viterbio, pro salario ipsorum quatuor dierum, quibus steterunt in
Urbeveteri ad divisandum roccham fiendam in Urbeveteri — 4 flor.

18.[e. 225] Nuntii et ambaziatores. — 1353, novembre 15. — Gallo de
Perusio nuntio misso de Perusio apud Montemflasconem cum lit-
teris dni. legati directis dno. rectori Patr. continentibus quod cum
tota gente sua armigera veniret ad castrum Plebis obvi
dno. legato. — 8 lib.

19.— dicembre 11. — Dno. Blaxio de Sancto Gemino iudici et spiri-
tuali curie Patr. de mandato legati misso apud Perusium ad pro-.
curandum cum comuni Perusino quod aliquas gentes suas mitte-
rent in servitium ecclesie in dictam provinciam Patr. contra Jo.
de Vico, et ad ordinandum, procurandum et tractandum cum dicto
comuni illa que occurrebant fieri cotidie per d. legatum eum dicto
comuni, et ad recipiendum certas pecunias cambiorum que in di-
cta civitate assignate fuerunt. — 168 flor.

am dicto

(Perugia mandò i conestabill di cavalleria, Enrico de Reversich S
Nicola Conte d'Urbino, Ghirigio, Grandiavolo, Medico de Risia,
Gomez Luffo, Appio e Fritz de Bellant [c. 190 e sgg.]).

20.[e. 229] 1354, genn. 28. — Misso apud Balneumregium et castrum
Rebelli Benedicto dni. Hormanni et Petrutio Jacobutii domino dicti
castri Rebelli notificando eis, qualiter Jo. de Vico cum suis genti-
bus accesserat apud Urbemveterem, et propterea adhiberent bonam
custodiam... — 24 sol.

21.[e. 236] aprile 14. — Ser Johanni magistri Angeli de Montefla-
scone misso ad terras Patrimonii ultra flumen ad sollieitandum co-
munitates dictarum terrarum quod parent fodera pro
contra Jo. de Vico et eius terras... — 410 ftor.

22. [e. 245] giugno 24.
ex parte dni.

exercitu fiendo

— Misso Senas ad dnm. episcopum Senensem

legati, quod mitterent magistros suffieientes ad divi-
sandum roccham fiendam in Urbeveteri... — med. flor.

23. [c. 247] luglio 18. — Misso ad rectorem Patr.

existente (sic) in exer-
citu supra Carenam comitatus Nar

nie eum litteris continen. quod

pro recompen-

Orr tyr
EE

E NOTIZIE UMBRE, ECC. 93

Lb haberet bonam et vigilem custodiam, quia fiebat cohadunatio gen-
tium in Civitacastellana — 30 sol.

EM

1

94.[c. 280 t. - 294] Expense bactifollis. — Solvi, pro fortificatione re- |

È paratione fuleimento et munimine monasterii S. Laurentii positi iz]

E prope civitatem Urbevetanam, in quo factum fuit bactifolle contra |

dictam civitatem quam detinet Jo. de Vico rebellis ecclesie, ut |

L- eausa dieti bactifollis dieta civitas facilius et citius recupereretur ; | |

pro eeelesia, ac pro grano farina pane vino aceto ordeo oleo sale |

E fabis et aliis rebus emptis pro victu et usu .CCXXIV. famulorum et

quinque equorum qui erant conestabilium dietorum famulorum posi-

torum et deputatorum per d. legatum tam ad custodiam dicti
bactifollis, quam ad inferendas iniurias offensas et cavalcatas ho-

E minibus dicte civitatis et gentibus dicti Johannis, que in dicta

civitate morabantur, qui steterunt in dicto bactifole uno mense
eum dimid. continuis, incepto die .X. Mar. et finito die .XXV.
Apr. 1354.

25.— aprile 25. — Pro pretio quatuor scalarum de ligno emptarum
causa capiendi dictum monasterium quod custodiebatur per gentes
supradicti Jo. de Vico — 2 flor.

26.— Pro pre. triginta quatuor petiorum tabularum pro faciendis
brecteschis in dicto bactifolle... — 23 lib. 16 sol.

21. — Pro salario magistrorum, carpentariorum, muratorum et cava-
torum ...qui serviverunt ad capiendum, fortificandum et reparandum
dietum bactif. in brecteschis, muris et aliis... — 34 flor.

28.— Magistris carpentariis qui serviverunt in dicto bactif. ad fa-

i ciendum stecchatum circumcirca dictum bactif. et brecthescas... — EB
î 19 flor. 66 lib. 18 sol. is
29. — apr. 26. — Cobutio de Porano et patri suo magistris cavatori-
bus, qui serviverunt ad fodendum et faciendum fossum circumcirca
dietum bactif. pro fortificatione dicti baetif... — 3 Jb.
(Seguono le paghe a 201 lavoranti in detto scavo).
30.— Manualibus qui fregerunt quandam voltam domus coniuncte
dieto bactif. ...pro fortificatione dicti bactif. — 2 flor. |
31. — Pro scarchatura cuiusdam parietis muri dicti bactif. pro fortifi- |
catione dicti bactif... — 8 Ub. |
32.— Covino de Suchano pro salario suo unius diei quo servivit cum
uno somario ad carriandum lapides de extra dictum bactif. intus
ipsum bactif. pro ponendo super muros dicti bactif. pro ipsius mu-
nimine et fortificatione — 46 sol.
33. — apr. 27. — Pro pretio duarum tabularum grossarum et octo li-
imm cosi

vo

*

(CT «1 È

M. ANTONELLI

gnorum pro faciendo duas levas pro carcando balistas grossas... —
5 lib. 16 sol.
34. — Pro pre. sex cignarum de filo pro ponendo in dictis levis... —
. 28 sol.
39. — Pro pre. decem librarum ferri pro faciendo uncinos cum quibus
baliste grosse carcantur — 20 sol.
36.— Pro pre. unius tabuloni de sorbo pro faciendo furcam unius ba-
liste grosse — 20 sol.
37.— Pro vectura duarum salmarum inter balistas et levas portata-
rum de Balneoregio apud dietum bactif... — 26 sol. 8 den.
38. — Pro pre. duarum librarum filati pro faciendo spagum pro li-
gando balistas grossas de turno... — 18 sol. 4 den.
39.— Pro pre. coraminis pro faciendis crocchis pro carcando balistas
grossas — 40 sol.
40.— Pro pre. unius funis grosse pro tirando lapides in muris dicti
baetif. pro defensione ipsius bactif. — 36 sol.
41.— Pro pre. unius miliaris pagnonum de sepo pro comburendo et
faciendo signa de nocte... — 26 lib. 13 sol. 4 den.
(Seguono le spese delle vettovaglie).
42. — Pro pre. sex librarum termentine pro comburendo portas burgi
et civitatis Urbisveteris — 8 Jib.
— Item pro pre. duarum librar. picis grece pro dicta causa — 22 sol.
— It. pro pre trium librar. salnitri pro dicta causa -— 12 sol.
— lt. pro pre. quinque librar. sulfuris pro simili causa — 20 sol.
43.— Quibusdam famulis qui deguastaverunt ligam molendini civi-
tatis Urbisveteris, ne homines dicte civitatis possent macinare —
30 sol. .
44. — Petro de Florentia pro provisione sibi facta pro se et duodecim
famulis qui fuerunt cum eo ad levandum et accipiendum campa-
nam de ecelesia S. Georgii prope civitatem Urbevetanam, ubi certi
famuli Johannis de Vico rebellis ecclesie morabantur in die ad fa-
ciendum ibidem custodiam personis dicte civitat. euntibus extra
dictam civitat. que campana pulsabatur per dictos famulos, quando
aliqua gens exibat de dicto bactif. ad offendendum hominibus
diete civitat. ut persone exeuntes dictam civitat. caverent eis a
dieta gente, et ad portandum eam ad dictum bactif. — 6 flor.
20 sol.

a oiirà di;

RE

——
————

Nemo

PEPPER

NOTIZIE UMBRE, ECC.

XII.

(Est. Liber thesaurar. Patrimonii B. Petri in Tuscia ab
an. 1359 ad an. 1364. Collectorie N. 241.

1.[e. 8] 4359, ottobre 26. — Recepi (ego Angelus Tavernini thesau-
rarius) a Petro... condempnato in... flor. cum per certos exititios et
rebelles eastri Stronconi tractaretur et... ordinaretur proditorio modo
intrare dietum castrum Stronconi, et bon(um et pacifi)cum statum
eiusdem castri subvertere et mutare, et occidere Andrielum.:., Ciap-
pelinum Lucii, Lucium Nicole, Diatellum Johannis, Marianum...
Jutii fideles et devotos sancte matris eeclesie, dictusque Petrus tra-
etatum conspiracionem et ordinamentum predicta scivit, et ad
ipsum fuit requisitus per dictos intrinsecos dicti castri, qui adesse
debebant predietis tractatui et conspirationi et prodimento, q(ui)
Petrus sciens dietum tractatum non revelavit rectori Patrimonii et
eius officialibus, nee officialibus dicti castri Stronconi, et per dictos
intrinsecos non stetit quin dietum tractatum produceretur ad effe-
etum, ae bonum et pacificum statum dicti castri subverteretur et
mutaretur in verecundiam dapnum et obprobrium sancte matris
ecelesie, dni. nri. pape, dni. legati, dni. capitanei et sue curie, co-
munis et hominum dieti eastri Stronconis, detracta quarta parte
totius pene propter beneficium solutionis infra .XV. dies post la-
tam sententiam, eum alia quarta pars fuerit sibi dimissa per iu-

dicem propter beneficium confessionis — 150 flor.
2.[c. 9 t.] dicembre 12. — Recepi a comuni castri Stronconi condem-

pnato in 37 flor. cum dimid. quia dictum comune miserunt ad
dnm. thesaurarium pro certis negotiis ipsius duos ambaxiatores,
videlicet Buzellum Cecchoni et Cecchonum Angelucii de dieto loco
contra formam: constitutionum curie Patrimonii, et non miserunt
puneta ambassiate scripta et sigillo dicti comunis munita, prout te-
nentur ex forma dietarum constitutionum, detracta, ete. vt supra

— 25 flor.

8.[c. 35]. — Recepi a ser Paulo Lelli de castro Collisveteris vice-
thesaurario in terris Arnulforum quas ipse exegerat ab infrascri-
ptis personis pro causis infrascriptis a die prima Sept. 1359 usque
in diem primam Mai. 1360 pecuniarum quantitates inferius decla-
ratas.

4.[e. 87 t.]. — A Vanne Gilii de Florenzola de bonis Palicti mare-

scalchi de Spoleto exbanditi et condempnati in confiscatione om-
M. ANTONELLI

nium bonorum suorum, quia ipse una cum pluribus aliis sociis per
vim et violentiam intravit castrum Aritii, et ibi moram trassit
frangendo et disrobando domos in dicto castro, et per eos non
stetit quin dietum castrum tenerent occupatum ad rebellionem san-
cte matris eeclesie, de parte contingente dicto Palieto de soccita
quarumdam pecudum quas dietus Vannes tenebat a dicto Palicto
ex causa soccite — 5 flor.

5. [c. 92] 2360, luglio 31. — Recepi a Colutia Rubei macellario de
Amelia condempnato in 4 flor. cum dimid. quia dixit verba iniu-
riosa dompno Andree presbitero ecclesie sancte Marie de Grottulo
videlicet, che prete sie tu, sie prete di merda e prete da comuni-

care vacche, detracta etc. — 3 flor. 21 sol. 9 den.
6. [e. 123 t.] 2360... — A Ceccho Galgani de Castigliono, condempn.

in 7 flor. cum dimid. eo quod fuit inventus portare arma offendi-
bilia, videlicet unam ensem noctis tempore per terram. Cesarum,
in qua curia residentiam facit, contra formam constitutionum, re-
missa etc. — 5 flor. cum. dim. et dim. quarto.

1.[e. 139] 2360... — A Lello Cirami de Tarano pro medietate 200 flor.
de condempnatione contra ipsum lata in 300 flor. eo quod ordinavit
et operam dedit cum frate Fatio de Silvadimini ordinis beati Fran-
cisci de Tarano, quod idem frater Fatius, percuteret et vulneraret
fratrem Johannem de Tarano guardianum dicti loci cum ense uno
vulnere in facie dicti fratris Johannis cum sanguinis effusione et
evidenti et perpetuo signo remansuro, quam ordinationem dictus
frater Fatius ad instantiam dicti Lelli executioni mandavit, detra-
eta ete. —. 100 flor.

8. [c. 189] 1360, aprile 22. — Solvi ser Nucio de Trevio ambaxiatori
misso per rectorem apud civitatem Tuderti cum litteris dni. recto-
ris directis dno. Jacobo de Gabriellibus de Eugubio capitaneo di-
cte civitatis continentibus, quod attenderent ad bonam et diligen-
tem custodiam ipsius civitatis, quia congregantur gentes equites et
pedites in civitate Perusii et in pluribus aliis locis pro occupando
dictam civitatem Tuderti — 80 sol. i

9.[c. 231] giugno 16. — Solvi Bartholomeo Lippi de Aritio misso in

comitatum Sabine apud castrum Tarani cum litteris dni. rectoris

vicario et vicethesaurario in dieto comitatu continentibus, quod in

terris dieti comitatus diligentem custodiam facerent adhiberi, ne a

gentibus Romanorum .possint recipere noxiam novitatem, pro eius

viagio — 24 sol.

nnm
Tum

NOTIZIE UMBRE, ECC. 91

10. [c. 225 t.] 4361, aprile 30. — Solvi.. nuntiis missis noctis tempore

apud civitatem Urbevetanam cum litteris (Henrici electi Esculani
cancellari dni. legati), et dni. rectoris, directis vicario dicte civitatis
continentibus, quod subito significaret eis si veritas erat quod trac-
tatus esset in dicta civitate de occupando eam, ct si expediens
erat quod gentes mitterentur ad custodiam dicte civitatis, pro eo-
rum viagio — 30 sol.

11.[c. 250 t.] giugno 29. — Solvi Francisco Santi de castro saneti

Petri nuntio misso de Ancona Viterbium cum litteris meis dno.
rectori directis continentibus, quod ambaxiatoribus comunis Urbis-
veteris super petitione quam faciunt, quod curia generalis Patri-
monii resideat in Urbeveteri, nullum absque mei presentia det
responsum vel donec ipsi dno. rectori loquar, et ipsum declarem

de voluntate dni. legati circa ista, pro eius viagio — 2 flor.
19. — luglio 8. — Solvi Henrico Francisci de Neapoli nuntio misso per

dnm. rectorem apud castrum Colcelli comitatus Amelie cum litteris
suis directis Compari de Civita et aliis stipendiariis eeclesie ibidem
existentibus ad faciendum guerram contra castra Canalis et Lacu-
sceli rebelles eeclesie, et apud Tudertum cum litteris ipsius dni.
rectoris directis prioribus dicte civitatis continentibus, quod cave-
rent sibi ne possent recipere lesionem ab inimicis, cum gentes ini-
micorum ultra 30 equites ungarorum transiverant per has partes,
pro eius viagio — 24 sol.

13.[e. 251 t.] agosto 31. — Solvi ser Blaxio de Aritio misso per dnm.

rectorem apud civitatem Amelie et castra Lugnani, Porclani, Fo-
cis et Sancti Gemini ad ordinandum quod mitterent apud castrum
Colcelli certum numerum famulorum pro offendendo personas exi-
stentes in castro Canalis rebelles eeclesie, pro expensis suis — 2 flor.

14. — settembre 10. — Solvi dno. Petro de Amatrice misso apud Tu-

dertum ad dnm. episcopum et officiales civitatis Tudertine ad noti-
fieandum eisdem tractatum quem Chiaravallenses in dicta civitate
dicuntur habere, causa ipsam occupandi, et propterea gentes con-

gregabantur occasione predieta, pro expensis suis — 8 lib. 14 sol.
15.[c. 253] 1362, warzo 96. — Solvi ser Antonio de Amatrice misso

apud castra Lugnani, Porclani et Focis ad ordinandum in dietis
terris de fortificatione ipsarum terrarum propter adventum socie-
tatis Anechini de Mongardo, pro expensis per eum factis in dicto

accessu — 35 sol.
16.— marzo 98. — Solvi.. misso apud civitatem Urbevetanam cum
litteris directis vieario diete civitatis continentibus, quod placeret
58

M. ANTONELLI

sibi facere disgommerari omnia loca debilia comitatus diete civita-

tis propter societatem predietam — 16 sol.
XIII.
(Est. Exitus Patrimonii DB. Petri in Tuscia, 1362-1364. N. 177
Collectorie.
[c. 5] 2362, maggio 24. — Solvi... misso apud Cesenam ad dnm.



h2

legatum eum litteris dnorum. cancellarii dicti dni. legati et rectoris
Patrimonii continentibus, qualiter vicarius civitatis Interampnis eis
seripserat quod in castro Luchy Reatine dioc. erant .CCC. ungari
conducti ad stipendia dni. Barnabonis rebellis eeclesie causa con-
tra terras ecclesie inferendi noxias novitates, ut idem dns. provi-

deat quid in talibus sit agendum — 2 flor:
.— [e. 5 t.]. — Sanscio Jacobi de Sancto Lepidio notario vicarii In-

terampnis, quos ipse solvit vigintiduobus famulis Interampnensibus
pro stipendiis ipsorum duorum dierum et duarum noctium. quibus
serviverunt ad eustodiendum stratas in tenimento Interampnis et
terrarum Arnulforum pro capiendo ambaxiatores dni. Bernabonis
predicti qui dicebantur accessisse apud Urbem, et de proximo de-
bere reddire — 74 lib. 13 sol. 4 den.

od

.[e. 6] giugno 7. — Solvi ser Johanni Guidotii de Monteflascone,

quos ipse solvit Paulino castaldo habitatore Montisflasconis misso
die .XXIIIJ. mai. prox. pret. de nocte cum litteris dnorum. cancel-
larii ac rectoris predictorum directis comunibus civitatis Amelie et
castrorùm Lugnani, Porclani, Sancti Gemini, Stronconis et Mirande
continentibus, quod mitterent ad custodiam civitatis Interampnis.
certum numerum famulorum propter gentes conductas per dnm.

. Bernabonem que dicebantur esse in castro Luchy dicte civitati prope

per quatuor miliaria, quodque circa diligentem custodiam terrarum
redderent se attentos -- 30 sol.

.[e. 7] giu. 13. — Ser Melchiono Nicolay de Bononia notario misso

die. XXVI. Mai. prox. pret. per dnos. cancellarium dni. legati et
rectoris Patr. de Monteflascone apud castrum Lughi Reatine dioc.
ad explorandum sagaciter si illic erant alique gentes conducte pro
dno. Barnabone, prout dictis dnis. notificatum erat per vicarium
Interampnensem ut, si verum esset, dicte gentes impedirentur ne
possent inferre novitates terris ecclesie — 50 sol. 8 den.

.[e. 7 t.] giu. 26. — Misso per me apud Urbemveterem ad signifi-

candum vicario Urbevetane civitatis quendam tractatum qui in ipsa
NOTIZIE UMBRE, ECC. 59

civitate tractabatur contra honorem eeclesie ut attenderet ad bonam
custodiam — 4 flor. 48 sol.

6.[c. 11 t.| 2363, apr. 10. — Misso apud Cesenam ad d. legatum ad
notifieandum eidem pro parte dni. rectoris de novitatibus civitatis
Narnie, et ad consulendum eundem dnm. de modis tenendis per
ipsum d. rectorem in ipsa civitate... — 32 flor. 40 sol.

7.[c. 13] 1363, febbraio 26. — Expense pro reparatione rocche castri
Canalis que distructa et diruta fuerat cum machinis exercitus
Tudertini, videlieet pro faciendo dno. tecta in palatiis, unum so-
lare, certas berteschas, reparando coquinam, murando unum boc-
tonum et certos merlos dicte rocche....

8.[c. 41] luglio 13. — Solvi... misso per d. rectorem apud Cesenam
cum litteris directis dno. legato continen. qualiter ipse d. rector
cum omnibus officialibus generalis curie Patrimonii venerat ad ci-

vitatem Urbevetanam, iuxta mandatum dicti dni. legati... — 2 flor.
cum dim.
9.[e. 44 t.] 1364, gennaio 17. — Misso de Viterbio apud Anconam

ad d. legatum cum litteris meis continen. qualiter societas Cap-
pelletti nuper ingressa est hane provinciam, et castrum ae roccham
Jovis occupavit... — 2 flor.

10.[e. 45] febbraio 17. — Misso apud Anconam cum litteris meis di-
rectis dno. legato continen. qualiter societas Cappelletti adhue
moratur in castro Jovis, et continue discurrit per territoria eccle-

sie, et dampna plurima fidelibus ecclesie inferunt, et ideo dignetur
adhibere remedium — 2 flor.
INVENTARI E REGESTI

—___—_—

I CODICI DELLE SOMMISSIONI
AL COMUNE DI PERUGIA

(Continuazione del Codice II segnato A, V. Vol. IX, pag. 115 -133).

CXXI. — 1250, Maggio 13. — Nell’ accampamento dell’eser-
cito perugino « inter castrum Plagarij et castrum Plebis
in loco qui dicitur Croce ». — Pepone sindaco di Ca-
stello della Pieve giura obbedienza al C. di P., c. 125 r.

Trovandosi Raniero « Bulgarelli » (1) Podestà di P. accam-
pato con mollissimi cavalieri perugini « inter castrum Plagarij
et castrum Plebis in loco qui dicitur Croce » in attesa del ge-
nerale esercito della città e del contado di P. « ad depopulatio-
nem faciendam de Castro Plebis », Pepone « Johannis Alberti »
sindaco e procuratore del C. e degli uomini di detto castello (2),
secondo apparisce da pubblico istromento di Angelo notaro veduto.
e letto da Gualcherino notaro, si presenta innanzi al Podestà Ra-
niero e in nome del castello medesimo giura sui santi Evangeli
di obbedire a qualsiasi comando di Raniero, che accetta l’alto di
omaggio in nome e per conto del.C. di P.

Test. — Benaudito vescovo perugino, Pietro « de Predio » ve-

(1) V. Doc. LXIII, ove in nota sono ricordati tutti gli altri documenti già com-
presi nel presente regesto relativi alla famiglia dei Bulgarelli conti di Marsciano.
(2) Del precedente atto, da cui resulta il mandato di procura, si ha altra copia

nel Cod. C. c. 17 r.
62 ANSIDEI E GIANNANTONI

scovo di Chiusi, Pietro prevosto di S. Mustiola, Benvenuto arciprete
perugino, Salvo arciprete della Pieve di S. Giovanni « infra mon-
tis (sic) plebis Corzani », Girardo Priore di S. Giacomo « de porta
Borgna », il signore Almerico giudice del C. di P., Bongiovanni
« Perri Marescotti » i signori Guido « Baruncij », Giovanni « Cop-
poli », Guido marchese, Tancredi « Homodei de Rossano », non-
chè Tommaso notaro, Oderisio « Coppoli » e molti altri.
Gualcherino « magistri Perri » not. (1).

CXXII. — 1250, Maggio 14. — Nell' accampamento dell’ e-
sercito perugino « in terreno castri Plebis in contrata
seu loco qui dicitur Ripa deingrota ». — Giuramento di
fedeltà al C. di P. prestato dagli uomini di Castel della
Pieve, c. 125 r.

Essendo il Podestà di P. Raniero « Bulgarelli » nel detto
luogo « cum generali exercitu civitatis el comilatus Perusij », si
presentano a lui molti abitanti di Castello della Pieve e innanzi
alla sua tenda « in pubblieo parlamento » giurano obbedienza as-
soluta e fedeltà al C. di P. « secundum tenorem contractus inter
civitatem Perusij... ex una parte... et comune dicli castri Plebis
ex altera antiquitus celebrati ». Seguono i 138 nomi di coloro che
prestarono il giuramento.

Test. — Benaudito vescovo perugino, Pietro « de Predio »
vescovo di,Chiusi, Pietro prevosto di S. Mustiola, Benvenuto ar-
ciprete perugino, Salvo arciprete della Pieve di S. Giovanni « in-
fra montis plebis Corzani », Guido priore di S. Giacomo « de
porta Burgna », il signore Almerico giudice del C. di P., Bon-
giovanni « Peri Marescotti », i signori Guido « Baruntij », Gio-
vanni « Coppuli », Guido marchese, Tancredi « Homodei de Ros-
sano », e Tommaso notaro, Oderisio « Coppoli » ed altri molti.

Gualcherino « magistri Petri » not. (2).

(1) Cfr. i documenti IIT, LVIT, LVIII, LIX, LXIV; in una nota al doc LIX fu-
rono già segnalati i duri patti di questa sottomissione.

E notevole il fatto che un Bernardino Bulgarelli il 3 dicembre 1188 sottomet-
tesse Castel della Pieve a P. e che appartenesse alla stessa famiglia quegli che ora
riceveva da P. l'incarico di riconfermare con la forza delle armi tale atto di sommis-
sione.

(2) V. Cod. C, c. 18 r., ove il presente atto é ripetuto.
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— ——————

I CODICI DELLE SOMMISSIONI AL COMUNE DI PERUGIA 63

CXXIII. — 1251, Febbraio 9. — Lione. — Innocenzo IV ra-
tifica le decisioni del C. di P. contro Raniero ed Andrea

« quondam Andree Jacobi », c. 114 r.

Il Pontefice Innocenzo IV, essendo stato interpellato dal Po-
testà e dal Consiglio di P. intorno alle deliberazioni prese dai
Perugini contro Raniero ed Andrea « filij quondam Andree Jacobj »,

i quali avevano streíto alleanza con i nemici della città e della ,
Chiesa, approva pienamente quanto dai Perugini stessi fu decre-
tato.

La pena che P. aveva inflitto a quesli due concittadini e che
per tal modo veniva ad ottenere la ratifica e la sanzione da parte
del Papa, consiste nel bando in perpetuo e nella confisca di

tutti i beni (4).

CXXIV. — 1251, Febbraio 9. — Lione. — Innocenzo IV ap-
prova la demolizione di Castiglione Ildebrando, c. 114 r.

Innocenzo IV, accogliendo benignamente le preghiere del Po-
testà, del Consiglio e del C. di P., affida al Legato apostolico
Cardinale P. di S. Giorgio « ad velum aureum » [Pietro Capocei]
il mandato di far procedere alla demolizione del castello di .Ca-
sliglione Ildebrando che i Perugini asserivano essere stato dagli
Eugubini costruito « contra conventionem habitam et firmatam

inter ipsos et eosdem Eugubinos ».

(1) Questa b.lla, di cui si conserva l’originale nell'Archivio de: emvirale con la
segnatura A 4, é*stata per intero pubblicata dal BARTOLI nella sua Storia di P.
(pag. 399). Non è però esatta la data del 2 febbraio 1250 che il Bartoli assegna al

documento.

In parecchi atti già regestati è fatta menzione dei severi provvedimenti adottati
dal C. di P. contro i figli di Andrea di Giacomo. Vedasi soprattutto cio che fu detto
in una nota apposta al documento XLIV.

Dal Codice Consilia var. an. saec. XIII (c. 5 t) resulta che il 19 aprile 1256
nel: Consiglio speciale e generale del C. di P. si proponeva la vendita dei diritti spet-
tanti al C. stesso sur beni: di Montegualandro, di Montalera e di Valiano, che un tenipo
avevano appartenuto' a Raniero di An:!rea di Giacomo; à c. 56 t. del Cod. D (1189-1339)
si rileva che nel 129 gli eredi e nepoti di Andrea di Giacomo avevano aricora delle

possideuze à Montalera.
^ ANSIDEI E GIANNANTONI

A tutti coloro che tentassero opporsi alla esecuzione di que-
slo mandato sia inflitta la censura ecclesiastica (1).

CXXV. — 1251, Febbraio 9. — Lione. — Innocenzo IV ap-
prova la vendita di Val di Marcola, c. 115 r.

Innocenzo IV approva e sanziona solennemente la vendita di
Val di Marcola nella diocesi di Gubbio, che i figli del fu Rai-
nuccio « Malguardi » avevano fatto a favore dei Perugini, deì
quali il Pontefice ricorda sempre con benevole parole la « devo-

tionis sinceritas (2) ».

CXXVI. — 1251, Aprile 17. — Lione. — Guglielmo Re dei
Romani conferma la cessione al C. di P. di Castiglione
del Chiugi, c. 148 r.

Guglielmo Re dei Romani (3), dopo aver lodato i Perugini per
la loro condotta verso la Chiesa, conferma la cessione loro fatta
: del castello di Castiglione del Chiugi « cum omnibus pertinentiis

(1) Che gli Eugubini non rispettassero le ingiunzioni del Pontefice lo prova il
doc. XLIII (1259, luglio 12), a proposito del quale fu già citato il pres»nte atto.

(2) Come è già noto, il 18 dicembre. 1235 Gregorio IX imponeva agli Eugubini
di consegnare'al Rettore del Ducato di Spoleto il Castello di Val di Marcola che i
cittadini di P. avevano ceduto alla Chiesa e il 26 agosto 1237 il € di Gubbio assumeva
di fronte a quello di P, l'impegno di demolire detto castello (V. documenti CXII e
CXIV).

Il possesso di questo castello che si era sottomesso a P. fin dal 1216 fu una
delle principali cause dei dissidi che per lungo tempo regnarono fra P. e Gubbio,
tanto: che anche nel 1259 i Perugini ne chiedevano agli Eugubini la restituzione.
(Doc. XLIII). hi

(3) Questo Guglielmo è il Conte di Olanda che il Papa Innocenzo IV nel 1247
nominò Re dei Romani con l'intendimento di contrapporlo all'Imperatore Fede-
rigo II. Cfr. MURATORI « Annali d'Italia.» (a. 1247 e 1251) nonché GREGOROVIUS « Sto-
ria della città di Roma nel medio evo » (Vol. V).

Sembra che questo atto di conferma della cessione di Castiglione del Chiugi
fatta ai Perugini non dovesse essere considerato come scevro d'importanza dal mo-
mento che il GREGOROVIUS consacra una nota speciale a tale conferma e alla ratifica
dei diritti spettanti a P. su Castel della Pieve. Notiamo altresì per i rapporti fra P,
la Sede Apostolica e Guglielmo come nel 1251 fosse presso di noi Legato del Papa il
Card. Pietro Capocci, che da Innocenzo era stato nel 1247 spedito in Germania per
la incoronazione dello stesso Guglielmo (cfr. doc. CX XIV).

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I CODICI DELLE SOMMISSIONI AL COMUNE DI PERUGIA 65

suis ». La cessione è fatta in perpetuo e senza alcuna restrizione,
nonchè con la minaccia di gravissime pene contro chiunque ten-
tasse di opporvisi (1).

CXXVII. — 1251, Aprile 17. — Lione. — Guglielmo Re dei
Romani conferma la cessione al C. di P. di Castel della
Pieve, c. 148 t.

Guglielmo Re dei Romani conferma la cessione di Castel
della Pieve fatta ai Perugini da Bernardino « Bulgarelli », dal
suo figlio Raniero e dai suoi nepoti Andrea e Uguccione.

E altresi fatta cessione agli stessi Perugini delle « condictio-
nes » e dei « servitia..... ab hominibus castri Montonis castel-
lane diocesis sponle promissa » (2).

Nel principio di questa carta, di mano della stessa epoca, leggonsi le parole
« incipiunt privilegia comunis ».

Di questo e di altri privilegi, taluni dei quali trovansi registrati anche nello
stesso Cod. A., si ha copia in un fascicolo membranaceo che fa parte della raccolta
delle Bolle, Brevi e Contratti (App. N. 2).

(1) Difatti il documento finisce con le parole seguenti: « Si quis autem hoc
aptemptare presumpserit, noverit se indingnationis nostre incursurum dispendium
ac centum librarum auri multam fisco ncstro irremissibiliter soluturum ».

(2) Come il precedente cosi anche questo atto si legge nel ricordato fascicolo
contenente privilegi del C. (App. N. 2), dove sotto la data del 20 gennaio 1249 trovasi
l'atto con il quale il Potestà di P. Zanerico « de Ripa » riceveva sotto la sua prote-
zione Fortebraccio di Oddo da Montone.

Il Potestà assumeva tale impegno « quia dictus Fortebrachia (sic) promisit eidem
domino Zanerico stipulanti pro comuni Perusij dare opus et studium toto posse qua-
liter castrum Montonis revertatur in fortiam et virtutem comunis Perusij et ad
servitium eius ut hactenus consuevit ». Fra gli obblighi cui il C. di P. dichiarava di
sottostare priucipale era questo, « quod si dictus Fortebrachia et alii sui amici de
sua parte expellerentur de dicta terra Montoni potentia Frederici Imperatoris vel
propter potentiam alterius partis terre Montoni que eos depelleret, quod comune Pe-
rusij manutenebit ipsum Fortebrachium et suos amicos et sequaces et receptabit et
eis alimenta prestabit secundum facultatem poderis comunis Perusij ».

Pochi giorni appresso, e precisamente il 25 gennaio, Fortebraccio, adempiendo
l’obbligo assunto, sottomise al C. di P. il castello di Montone.

Seguono a questi ora ricordati altri documenti relativi sempre a Montone, fra
i quali ci pare notevole specialmente Patto con cui il 21 dicembre 12:9 Bongiovanni
« Venture » Sindaco di detto castello cancella alcune disposizioni comprese nel vo-
lume degli statuti montonesi, « cum videatur esse et sint ipsa statuta contra honorem
et jurisdictionem comunis Perusij et contra submi:ssionem factam de comuni et ho-
Lr —Ó— P ——

N * JL

66 ANSIDEI E GIANNANTONI

CXXVIII. — 1251, Luglio 23. — Milano. — Conferma pon-
tificia di privilegi concessi a P. da Guglielmo Re dei
Romani, c. 113 r.

innocenzo IV conferma la cessione già falta ai Perugini di
Castel della Pieve da Bernardino « Bulgarelli », da Raniero suo
figlio, nonchè da Uguccione [ed Andrea] nepoti dello stesso Ber-
nardino, e convalida altresì i patti, coi quali eransi sottoposti a
P. gli uomini del Castello di Montone: tanto la sommissione di
Castel della Pieve quanto quella di Montone erano state sanzio-
nate da Guglielmo Re dei Romani « auctoritate regia », ma il
Pontefice, cedendo alle preghiere del C. di P., le conferma anche
« auctoritate apostolica », riportando per intero il diploma di Gu-
glielmo (4).

CXXIX. — 1251, Luglio 23. — Milano. — Innocenzo IV
conferma altri privilegi a P., c. 149 t.

Innocenzo IV con Bolla diretta « dilectis filiis potestati et
comuni perusino » conferma la concessione, che di Castiglione
del Chiugi « cum omnibus pertinentiis suis » aveva fatto a P. con
regale liberalità Guglielmo Re dei Romani. Il diploma del Re. è
riferito nella Bolla pontificia (2).

CXXX. — 1252, Ottobre 3. — P. — Privilegio concesso al
C. di P. dal Pontefice Innocenzo IV, c. 151 t.

Innocenzo 1V con una speciale Indulgenza dichiara al Pode-
stà, al Consiglio e al C. di P. che non potranno essere obbligati
a intervenire in giudizio fuori della città di P. « super aliquibus
causis communiter vel spetialiter », anche se vi fossero chia-

minibus castri Montonis ». Per la storia dei rapporti fra P. e Montone vedasi pure il
doc. X. — Del presente atto; che fu per intero pübblicato in appendice alle Cronache
perugine (Archivio Storico Italiano, Tomo XVI, Parte seconda, pagg. 482 e Seg.) con-
sei'vasi l'originale nella Raccolta delle Bolle e Diplomi, A 6.

(1) Lo stesso ducumento si legge a c. 66 r. del Cod. C. Sommissioni, nonché nella
citata Appendice n. 2 (Bolle e Diplomi).
(2) V. altra copia nella stessa App. n. 2;

auc uc.
in E ec.

CODICI DELLE SOMMISSfONI AL COMUNE DI PERUGIA 61

mati in forza di lettere della Sede Apostolica o dei suoi Legati, che
fossero slale ottenute o potessero in avvenire ollenersi contro di
loro e nelle quali di questa indulgenza non si facesse menzione (1);
questo favore accorda il Pontefice a P., volendo provvedere alla
tranquillità cittadina e perché. eragli noto che i Perugini « pro
fidei paritate atque devotionis sinceritate servanda erga romanam
Ecclesiam matrem nostram » avevano sostenuto « plurima labo-
rum et dolorum gravamina » (2).

OXXXI. — 1253, Settembre 1. — P., nel Palazzo del C.,
« in Consilio speciali et generali Comunis Perusij per
sonum campane et voce preconia more solito convo-
eato ». — Vendita al C. di P. di beni situati nella città
e contado di Foligno, c. 79 t.

Benvenuto « Carpelle » e Bevignate « Girardi » da Foligno,
avendo la procura dei signori Stelluto « Egidij Atti », Rainaldc
« Thome », Bartolo « Rainutij », Someo « Munaldi », Egidio « do-
mini Detaiti », Clea « domini Guidutij », Oderisio « Rodulfi Benen-

case », Rodolfo « domini Philippi », Egidio « domini Gualterij »,

Tommaso « domini Bernardi », Ranaldo « domini Rainaldi »,
Egidio « domini Petri », Detaiti « domini Ottonelli », Morico « do-
mini Egidij », Boncambio « domini Herculani », Ranuccio « Ro-
golglitti », Cittadino « domini Rainutij », Simarello « Jacobi »
Rainalduccio, Corrado e Matteo per vendere al Sindaco del C. di

(1) Di questo latissimo potere giurisdizionale ci sembra possa trovarsi una con-
ferma anche nella rubrica dello Statuto del 1279 intitolata « De officio potestatis et
suorum judicum et notariorum », ove è detto che il Podestà doveva « in omnibus qui-
buscumque querimoniis proponendis apud eum vel sucs judices in scriptis et sine
scriptis jus reddere. » (V. Raccolta delle Bolle A 8).

(2 Queste ultime parole contenute nel docume' to stanno a ricordare i gravi
danni che P. dové subire per mantenersi sempre fedele al guelfismo e alle sue tradi-
zioni storiche contro l’imperatore Federigo. Fin dai tempi del Pontefice Gregorio IX
la nostra città dette prove in varie circostanze, e anche con suo grave nocumento,
della sua schietta devozione al papato (V. MuRATORI, Az. passim) Ma i rapporti
di P. con la Chiesa divennero vieppiù cordiali, come è ben noto, sotto il pontificato
di Innocenzo IV, a testimonianza anche degli storici nostri Crispolti e Ciatti.

Tra le conseguenze dolorose che ebbe il guelfismo per P. segnaliamo la terribile
sconfitta che il 31 marzo 1246 i Perugini toccarono: nel tentativo da loro fatto insieme
agli Assisanî di recuperare Spoleto tenuto dalla parte imperiale.
68 ANSIDEI E GIANNANTONI

P. sino all'ammontare di 1600 libbre alcuni beni spettanti ai detti
signori, vendono « nomine predictorum et eorum nomine, jure
proprio in perpetuum et per alodium » al signor Angelo « Bona- i.
junte » sindaco del C. di P. la metà « pro indiviso » di tutti e sin- E
goli i beni ch’ essi e i nominati mandanti posseggono. L’alto di
procura veduto e letto dal notajo, innanzi al quale si compie la
presente vendita, era stato scritto per mano del notajo Bonapresso
« Carpelle » e portava la data del 15 agosto 1253. I beni ven-
duti consistono in case, torri, casalini, terreni, vigne, prati e mo-
lini situati nella città e nel contado e distretto di Foligno. Del
prezzo pattuito in 1600 libbre i detti procuratori rilasciano al sin-

ME

daco Angelo ampia e formale quietanza, rinunziando alla ecce-
zione « non habiti, soluli et recepti pretij » e ad ogni altro ajuto
di legge; promettono inoltre di lasciare pienamente libero il pos-
sesso delle cose vendute e « si predicle res melius essent pretio
dicto » vogliono che il maggior valore sia ceduto all' acquirente

per donazione fra vivi. S' impegnano anche i venditori a non ce- |

dere ad alcuno sulle cose vendute qualsiasi diritto od azione che

polesse nuocere al C. di P., e di conservar questo indenne da í

qualunque possibile molestia. |
I procuratori promettono altresì che i loro mandanti non con-

travverranno mai ai patti stabiliti, ed anzi confermeranno l'istru-

mento di vendita « prout de jure fuerit melius valiturum ». Si

obbligano da ultimo, vincolando i beni propri e di quelli che

hanno dato loro la procura, a pagare a titolo di pena, in caso di

inosservanza delle convenzioni stipulate, il doppio del prezzo pat-

tuito e di sborsare tante volte questa penale per quante i patti

fossero violati.

Test. — I signori Guido « de Monte Sperello », Guidalotto
Giudice, Bongiovanni « domine Massarie » giudice, Pietro « Be-
nencase », Salvatico, Ermanno « Suppolini » e Giovanni « Ar-

chipresbyteri ».
Monaldo « Jacobi » not.
* Andrea not. (1).

mem

(!) La copia autentica fu fatta dal notaio Andrea « tempore domini Bernardi
perusinorum Potestatis et domini Alberti de Pavanensibus Capitanei comunis et populi
perusini », cioé nell'anno 1261. È vero quanto afferma il MARIOTTI, Catalogo dei Po-
E

I CODICI DELLE SOMMISSIONI AL COMUNE DI PERUGIA 69

CXXXII. — 1254, Decembre 11, « tempore domini Inno-
centij Pape quarti ». — P., « in palatio comunis ». —
Nomina di un Sindaco per accettare i fidejussori da mae-
stro Bonomo proposti per i lavori dell'acquedotto, c. 129 t.

Nel pubblico Consiglio speciale e generale del C. di P., « in
quo fuerunt vocali centum viri per portam electi, rectores ar-
tium et bailitores sotietatum et omnes alij qui sunt vocandi
secundum formam eiusdem comunis Perusij statuti », Giacomo
« de Ponte » Proconsole dei Rómani e Podestà dei Perugini e
l’intero Consiglio eleggono in nome del detto C. Rustico « Bo-
najunture » sindaco e procuralore del C. stesso a ricevere dal
maestro Bonomo « Philippi » cittadino di Orte buoni e idonei fi-
dejussori di Todi e di Orte, i quali dovranno garantire che Bo-
nomo farà il condotto dell’acqua di Monte Pacciano secondo la
promessa da lui data a Frangipane « Vitalis » sindaco del C. di
P. e resultante da pubblico istrumento scritto per mano di Bona-
gura notaro. Promettono in fine il Podestà ‘e il Consiglio di avere
fin d'ora per ratificato « sub obligatione bonorum comunis »
quanto il nominato sindaco stimerà opportuno di fare « circa pre-
dicta el quodlibet predictorum » (1).

desti e Capitani del Popolo, che i nomi di questo Podestà e di questo Capitano sono
ricordati anche a cc. 153 t. e 155 t. del medesimo Cod. A, ma dal confronto delle varie
forme ci pare indubbiamente che il cognome del Capitano Alberto non debba leggersi,
come ha creduto il Mariotti, « de Puccianensibus alias de Paccanensibus ».

(1) G. BELFORTI che ha compilato le memorie istoriche della Fonte di Piazza,
ancora inedite (Ms. N. 1348 della Comunale di P.), scriveva che sin dal principio del
1254 gli antichi nostri magistrati determinarono in un Consiglio generale del popolo
che da Monte Pacciano, luogo circa tre miglia distante dalla città, si conducesse l'ac-
qua alla nuova fonte. Di studiare il miglior modo per la corduttura delle acque
fu dato incarico a frate Plenerio, e nel Consiglio generale tenuto il 20 aprile 1254
« cum frater Plenerius iverit iterum ad montem Pazzanum et viderit diligenter lo-
cum et aquas et ipse dicat et deliberaret (sic) quod aqua potest duci in plateam Pe-
rusij et dicat quod erit perpetuum opus », il Potestà chiese il parere dei consiglieri
sul da farsi.

Fra Pienerio, presente all'adunanza, espose che la distanza « a loco aquarum usque
ad plateam » era di 400 passi e che erano necessari cinque archi fra grandi e piccoli.

Dopo matura discussione fu determinato « quod opus incipiatur et... aque de
Monte Pacciano... conducantur in Perusium... et expense necessarie fiant de pecumiis
comunis ». :

A far fronte a tali spese fu decisa la vendita dei frutti del Chiugi per un anno
e per il momento si stabili di prendere a mutuo « nomine comunitatis trecentum li-
ANSIDEI E GIANNANTONI

Test. — I signori Andrea e Senso « Crispolti », Tancredo
Homodej », Andrea « Andree Tiberij », Blancardo « domini Ma-
gistri » ed altri molti.

Perugino not.

CXXXIII. — 1254, Decembre 25, tempore Innocentij Pape
quarti. — Orte, « in ecclesia Saneti Johannis de Pla-
tea ». — Fidejussione prestata da maestro Bonomo,
e d2i.r:

Maestro Bonomo « Philippi » cittadino di Orte, obbligando sè
e | suoi eredi « tanquam principalis » e il signore Uberto « Gui-
donis », Niccola di lui figlio, Giacomo « domini Girardi », Ra-
mazolo « Romej », Raniero « Rabartutij », Jacopuccio « Cincij
Jaconi », il signor Raniero « Bonefantis », Biagio « domini Mat-
tafelloni » colla presenza e col consenso del padre suo Mattafel-
lone, il signor Giglio « domini Fantis » e Taglialena « Taffuri »,
tutti cittadini di Orte, assumendo la stessa obbligazione come fide-
jussori del nominato maestro Bonomo e come principali obbligati
anch'essi, promettono a Rustico « Bonajunture » di P. sindaco
del C. di P. di fare e condurre a termine « bene et legaliter »
l'opera dell'acquedotto di Monte Pacciano, che lo stesso Bonome
prese a cottimo da Frangipane « Vitalis » sindaco del C. mede-
simo, come apparisce nell'istrumento del notaro Bonagura e di
osservare tutti i patti ivi stabiliti; dichiarano di non valersi dei
beneficî di legge che loro potessero competere, rinunziandovi così
nella curia ecclesiastica come nella secolare. Se per inosservanza

bras denariorum.., »; inoltre fu imposto agli abitanti dei castelli e delle ville l'obbligo
di dare uomini « ad faciendam cavam dicti operis ». î

Trascorsi alcuni mesi, si affidò il lavoro a maestro Bonomo di Filippo da Orte,
come risulta dal contratto che si conserva fra le pergamene dell'Arch. Decen.v. con la
segnatura AA. n. 37. Questa convenzione porta la data del 4 decembre 1254 e fu stipu-
lata nel Palazzo del C. di P. e l'atto fu rogato dal notaio Bonagura essendo testimoni,
Sinibaldo « domini Mathei » giudice, Giovanni « Coppoli », Raspullio « Ranerij Ba-
runcij » Avultrone « domini Uguitionis », Monaldo ed Uguccione « domini Bonifatij
Coppoli » e Oderisio « Bartholomei Ranaldi Coppoli ».

Nel fasc. membranaceo segnato n. 53 (Focolari 1278) a c. 3 r. si ha la « ratio pre-
stantiarum civitatis pro aqueductu montis Paciani ». — V, Inventario del 1792 c. 179 t.
e spoglio dell'Arch. compilato da ANSIDEI e GIANNANTONI, R. 10,

"——

m: I CODICI DELLE SOMMISSIONI AL COMUNE DI PERUGIA TI

dei patti fissati il C. di P. venisse a soffrire danni e spese, mae-
stro Bonomo e i suoi fidejussori lo indennizzeranno: alle conven-
zioni stabilite sarà dala esecuzione sotto pena del doppio della
somma palluita come prezzo di detta opera, la qual somma era
di 4000 libbre di denari.

Test. — Pietro « Benencase Corilij », maestro Janne me-
dico, Maestro Bonomo « Ugolini », Pietro « Usarie », Taffuro
« Luoie », Pietro « Jannis Blanze », Gregorio « Petri Gregorij »
e Guittone « Milie » cittadini di Orte e Maffeo da Todi.

Bernardino not. (1).

CXXXIV. — 1255. — Definizioni delle comunanze del C.
qd13P5»c.-159:T.

Queste definizioni, fatte al tempo di Ugolino « de Foliano » (2)
Podestà e di Guido « domini Tucimanni » Capitano del popolo
della città di P., furono ad essi indicate da alcuni uomini eletti a
norma degli Statuti del C. di P. « ad dictas comunantias diffi-
niendas, terminandas et reinveniendas », e di questi eletti sono
nel documento riportati i nomi.

I possedimenti del C. sono descritti con la massima diligenza
nel presente atto, dal quale si rileva che tali comunanze erano a

preferenza situate alla sinistra del Tevere sui confini di Assisi e

Bettona.

' (1) Notiamo che tanto questo atto quanto il precedente contengono come inte-
stazione la formula « tempore domini Innocentij pape quarti », mentre questo Ponte-
lice era già morto a Napoli fin dal 7 decembre e a lui era successo il 12 dello stesso
mese Alessandro IV.
È (2) Così interpetra il MARIOTTI nel suo Catalogo dei Podestà il nome di questo
È magistrato, che però, a quanto afferma il MARIOTTI stesso e a noi pure risulta per le
‘ indagini fatte nei documenti dell'Archivio, non è ricordato che nel presente atto. In
tali ricerche abbiamo preso in esame anche la raccolta delle Sentenze, il primo fasci-
colo delle quali porterebbe, secondo l' Inventario dell'Archivio del 1792, la data del
i 1255. Ma la data attribuita nell Inventario è evidentemente erronea: sebbene l'anno
È preciso non possa leggersi nel detto fascicolo, essendo la pergamena abrasa nel punto
ove l’anno stesso è registrato, pure dalla indizione e dal nome del Pontefice Clemente IV,
i nonché dal ricordo del Podestà Bernardino « de Anzola » e del Capitano del popolo
È Roberto « de Robertis », resulta che la data esatta da assegnarsi a quelle sentenze è del
1235 Del resto crediamo non inopportuno il notare che, stando alla forma grafica, po-
trebbe forse nell’atto qui regestato leggersi « de Folanensibus » anziché « de Foliano ».

= ricrea: ani fire manent ste
ANSIDEI E GIANNANTONI

I « diffinitores » nello stabilire i confini ricordano anzitutto i
luoghi assegnati a dimora delle lebbrose « prope Montem Gualdi »
e dei lebbrosi (1).

Bonaporto not. :

* Vitale giudice e not. (2).

CXXXV. — 1255, Decembre 29. — P., « in fondeco do-
mini Frangnepanis et fratris ». — Quietanza rilasciata da
Bonomo da Orte al sindaco del C. di P., c. 146 t.

Maestro Bonomo « Philippi » da Orte confessa di aver rice-
vulo dal signor « Frangne[sic] domini Vitalis » sindaco del C.
di P. in nome del C. medesimo 450 libbre di buoni denari rave-
guani in conto della somma di 4000 libbre di denari che lo stesso
sindaco gli ha promesso per il cottimo dell'aequedotto del C., e
delle 450 libbre rilascia quietanza.

Test. — Bonagiunta « Gilij », Bernardo « Benencase », U-
guccione « domini Vitalis », Ventura « Ugolini », Uguecione « Jo-
hannis » e Pietro « Buccoli ».

Bonagura not.

CXXXVI. — 1256, Febbraio 26. — Roma, Laterano. — Ales-
sandro IV ratifica i privilegi su Castello della Pieve e
Montone, c. 150 r.

Alessandro IV con sua Bolla diretta al Podestà e al C. di P.,

(1) A lato del documento leggonsi di carattere del secolo XVI le parole seguenti
« Oppinor dici posse civitatem perusinam ex inspectione presentis pagine habuisse
comunantias in campania que modo dicitur Assisij ».

(2) La copia autentica fu fatta « de mandato et auctoritate domini Brissiani de
‘Sal[is] Capitanei populi Perusij ». Il MARIOTTI, Catalogo cit., chiama questo Capitano
del popolo « Bernardus » o « Buxanus de Salis », ma in varie carte del codice
m Annal. variorum annorum 1266-1269, e precisamente a cc. 192 r., 237 r. e 239 r.
in deliberazioni del Consiglio speciale e generale che portano le date del 1° maggio
1268 e del 16 e 23 gennaio 1269 leggesi in modo chiaro « Briscianus » e « Brixanus >.
Dalle menzionate deliberazioni si deduce che il 1° maggio 1268 Brisciano « de Salis »
teneva in P. l' ufficio di Capitano del Popolo; sotto le due date successive, essendo
Capitano Amico « de Terzago », é nel Consiglio fatta menzione di Brisciano a propo-
sito di una scomunica decretata contro di lui dal Vescovo di P. per aver egli occu-
pato « voluntate consilij comunis et populi Perusij » il castello delle Portule.
S ISCRLAREUE ZIE E I MUI Ti: E

I CODICI DELLE SOMMISSIONI AL COMUNE DI PERUGIA 13

corrispondendo alla loro domanda, conferma le concessioni da
Guglielmo Re dei Romani fatte a P. a proposito di Castel della
Pieve e dei patti interceduti fra i Perugini e Bernardino « Bul-
garelli » e sanziona coll’autorità apostolica la spontanea sotto-
missione del castello di Montone a P., che Guglielmo aveva già
confermato « per lilleras regias »: queste lettere sono riportate
nella Bolla pontificia (1).

CXXXVII. — 1256, Febbraio 28. — Roma, Laterano. —
Conferma pontificia del possesso di Castiglione del Chiugi,
c. 142 t.

Alessandro IV conferma al Podestà e al C. di P. la conces-
sione che Guglielmo Re dei Romani ad essi aveva fatto « regali
liberalitate » di Castiglione del Chiugi venuto da lungo tempo nel
dominio dei Perugini. Le regie lettere date a Lione il 17 aprile
1951 sono riferite nel presente doeumento (2).

(1) Di questa sovranità del C. di P. su Castello della Pieve abbiamo una conferma
a c. 1 r. e segg. del Cod. « Consilia variorum annorum saec. XIII » (a. 1256, 1262,
1275), ove leggesi che îl Capitano del popolo Bo[nacolsa de Riva] il 26 marzo 1256, €
quindi appunto un mese dopo la spedizione della Bolla, chiedeva il parere del « con-
silium speciale et generale », dei « rectores artium » e dei « XX electi per portam »
sul tributo di cento libbre da imporsi agii uomini di detto castello « pro solucione
sallarij potestatis et capitanei ».

Nello stesso Cod. si hanno pure altre memorie sui rapporti fra P. e Castel della
Pieve. A c. 74 r. sotto la data 22 azosto 1262 si ha ricordo della domanda fatta dal Po-
destà di detto Castello per avere a proprie spese ambasciatori del*-C: di(10 gennaio 1275) parlasi di un'ambasceria da spedirsi alla città di Chiusi « ad scien-
dum utrum velint de novo facere et firmare compromissum inter ipsos et homines
castri Plebis sicut primo fecerunt ». Se i cittadini di Chiusi si rifiuteranno a rinno-
vare il compromesso, « Comune et homines castri Plebis auxilientur et defendantur
per Comune Perusij et ipsis Clusinis denuncietur quod adversus homines castri Plebis
nullam novitatem vel processum faciant ». Per la stessa vertenza furono inviati am-
basciatori a Castel della Pieve « ad tractandum cum ambaxatoribus Urbis veteris de
concordia inter homines Castri Plebis et Clusinos et de facto represaliarum inter u-
trumque comune decidendarum » (11 marzo 1275, c. 103 t. e 18 marzo 1275, c. 106 r.).

Del documento si ha altra copia nella citata raccolta delle Bolle e Brevi (App.
n. 2). :

(2) Cfr. i documenti n. CXXVI e n. CXXIX.

— iae —

_
- dei car i cune
14 ANSIDEI E GIANNANTONI

CXXXVIII. — 1256, Febbraio 28. — Roma, Laterano. —
.Privilegio accordato a P. da Alessandro IV, c. 152 r.

è Il Pontefice Alessandro 1V concede al Podestà, al Consiglio
e al C. di P. la facoltà di non esser chiamati in giudizio « extra
civitatem perusinam ». Là concessione è uguale a quella già ac-
cordata da Innocenzo IV con Bolla data a P. il 3 Ottobre 1253 (1).

CXXXIX. — 1257, Decembre 23. — Viterbo. — Alessan-
dro IV concede a P. per un quinquennio il contado eu-
gubino, c. 114 t.

Alessandro IV annuncia al Rettore della Marca Anconitana
di avere, annuendo alle preghiere del C. di P., inviato in questa
città, col consenso dei cardinali, maestro Uberto « de Cocanalo »
e di avergli dato disposizioni per la consegna del contado eugu-
bino « quod est Romane Ecclesie spetiale » al Sindaco del C. di
P. — La concessione dovrà avere la durata di un quinquennio a
partire dal 1 gennaio 1258 ed avverrà dietro il pagamento di un
censo e sotto determinale condizioni: comunica inoltre al Rettore di
aver dato incarico ad Uberto d’immettere il Sindaco del C. di P.
nel materiale possesso del delto contado e di ammonire il Pode-
stà e il C. di Gubbio, sotto pena di mille marche d'argento, af-
finchè « comitatum et alia supradicta eidem comuni perusino sine
difficultate restituant et ea ipsos pacifice possidere permittant »;.
e ciò, nonostante la concessione fatta al C. di Gubbio da Gio-
vanni eletto di Anagni, mentre era Rettore del Ducato di Spoleto,
la quale è stata sempre dal Pontefice ritenuta nulla e che tale
« auctoritate presentium » é di nuovo dichiarata. Ingiunge il Pon-
tefice al Rettore della Marca Anconitana di porgere soccorsi al
C. di P. e al cappellano Uberto quante volle ne fossse richiesto,

(1) Cfr. il doc. CXXX. — Al presente atto in questo Cod. A,c. 158 r. segue per

ordine crorologico la sommissione a P. di Frecco e Compresseto (29 agosto 1257), ma
di tale sommissione nonjsi fa qui il regesto, trovandosi essa anche fra gli atti del
Cod. 9B, doc. n. XXIX.

S EE EM I CODICI DELLE S2MMISSIONI AL COMUNE DI PERUGIA 15

conducendo anche in loro aiuto, se fosse d'uopo, il popolo della
Marca al suo governo affidata (1).

CXL. — 1257, Decembre 28. — Viterbo. — Alessandro IV
dà istruzioni al suo cappellano Uberto « de Cocanato »
sulla consegna del contado di Gubbio al C. di P., c. 116 r.

Alessandro IV espone a maesiro Uberto « de Cocanato » suo
cappellano la domanda dai Perugini avanzata alla Chiesa Romana
per avere « ad tempus sub censu annuo » il contado eugubino
« quod est predicte Ecclesie spetiale ». Non essendo peró suffi-
ciente all'uopo il mandato degli ambasciatori inviati dal GsdicP-
al Pontefice, questi manda il cappellano Uberto a P., affinchè,
« generali consilio prout in similibus fieri assolet congregato »,
si costituisca da questa assemblea un sindaco che abbia i neces-
sari poleri per ricevere in consegna il contado eugubino, e per
obbligare il C. di P. con giuramento e sotto pena di 10000 mar-
che d’argento alla osservanza dei patti.

Avvenuta la nomina del sindaco, il cappellano Uberto alla
presenza del Podestà, del Capitano, degli Anziani e di tutto il
Consiglio gli consegni il contado di Gubbio, che il C. di P. terrà

(1) Per i rapporti fra P. e Gubbio si vedano in questo Regesto i documenti II,
XI — XIII, XXV, XXXVIII — XLIIT, XCVIII, XCIX, CXII, CXIV e CXV.

Il documento XLIII, ch» è il lodo pronunciato il 14 Luglio 1259 dal sindaco di
Città di Castello, segna la fine delle vertenze fra P. e Gubbio di cui è cenno nei pre-
sente atto.

A tali vertenze aveva dato specialmente occasione il possesso di Castiglione, Il-
debrando e di Casucastalda: infatti nel Cod. Consilia variorum annorum saec. XIII,
sotto la data del 3 Maggio 1256, si ha ricordo del rifiuto opposto da Monaldo di Sup-
polino, cittadino di Gubbio, a restituire al C. di P, Casacastalda e della deliberazione
adottata nel Consiglio speciale e generale di P. di espellere il detto Monaldo, qualora
| persistesse nel suo diniego, « de civitate et comitatu Perusij absque mora (c. 9 t.) ».

A dimostrare però come P non potesse accampare veri e propri diritti su Ca-
sacastalda sta il fatto che il 10 Ottobre 1257 la città medesima acquistò la torre di
Casacastalda da Guido figlio del ricordato Monaldo al prezzo di 1050 libbre di denari
(doc. XXX); detta somma non era stata ancora pagata quando fu pronunciato il lodo.

Per ciò che si riferisce poi a Castiglione Ildebrando, nella stessa sentenza arbi-
trale era stabilito che dovesse radersi al suolo a spese del C. di P. quel fortilizio co-
strutto pochi anni innanzi dal C. di Gubbio « propter robatores qui derobabant
omnes homines qui ibant et rediebant per comitatum Eugubij » (Cod. cit. Consilia

var. ann., c. 16 r.).
'(6 ; ANSIDEI E GIANNANTONI

in nome della Chiesa per un quinquennio dal 1° gennaio 1258
« sub censu annuo ducentarum librarum senensium parvarum »
da pagarsi alla Camera apostolica. Il C. di P. a sua volta si
impegna a reeuperare e difendere il contado in parola da chiun-
que lo detenga, lo invada o lo molesti, di conservarlo e tenerlo
« in bono statu nomine Ecclesie supradicte » e di restituirlo, allo
spirare del termine fissato, alla Chiesa integro e libero da ogni
vincolo e con tutte le migliorìe fatte anche a spese del C. di P.,
il quale non potrà mai ripetere le-somme comunque impiegate
per il recupero, la difesa, la conservazione e qualsivoglia miglio-
ramento del delto contado.

Il cappellano Uberto a maggior sicurezza della osservanza di
queste condizioni potrà pretendere, qualora gli sembri opportuno,
il giuramento del Podestà, del Capitano e dei singoli componenti
il Consiglio, e i primi due « qui pro tempore fuerint infra quin-
quennium memoratum » dovranno rinnovare questo giuramento
al principio del loro regime. A quanto è sopra esposto non
sia di ostacolo la concessione che del contado in parola aveva
fatto al Podestà e al C. di Gubbio « motu proprie voluntatis »
maestro Giovanni Cappellano e Rettore del Ducato di Spoleto :
detta concessione, siccome verificatasi ad insaputa e senza l'auto-
rità del Pontefice, non ha valore alcuno. Ai Perugini nulla è da
negarsi di ciò che la Chiesa può liberamente concedere « quantun-
cunque sit grande », avendo questa « in suis aversitatibus »
sperimentato la loro costante fedeltà.

CXLI. — 1258, Gennaio 6. — P., « in domo Orlandini ubi
morabatur dominus Ubertus cappellanus ». — Uberto
notifica al Podestà e al Consiglio di Gubbio i poteri con-
feritigli da Alessandro IV per la cessione a P. del con-
tado eugubino, c. 89 r.

Maestro Uberto « de Cocanatu » suddiacono e cappellano del
Papa a mezzo di un ordine consegnato al cursore Bartolo « Jo-
hannis « al quale per la presentazione del detto ordine si presterà
fede « ac si de representatione huiusmodi representaret publi-
cum instrumentum » comunica a G. « Prendeparti » da Modena
Podestà, al Consiglio e al C. di Gubbio la Bolla con cui il Pon-

pt eg
^I CODICI DELLE SOMMISSIONI AL COMUNE DI PERUGIA

tefice Alessandro IV lo ha incaricato di fare al C. di P. la con-
segna del contado che a Gubbio era stato concesso senza l'auto-
rizzazione del Papa dal Rettore del Ducato di Spolelo (1), e in
adempimento delle ingiunzioni del Pontefice comanda agli Eugu-

bini « sub mille marcharum et excomunicalionis pena » che
non si oppongano al pacifico possesso di quel contado da parte
dei Perugini.

-Broeardo not.

CXLII. — 1258, Gennaio 9.— P., « in domo Orlandini, ubi
morabatur dominus cappellanus ». — Il Vescovo di P. è
incaricato dal cappellano Uberto della consegna del con-
tado dî Gubbio a P., c. 115 r.

Maestro Uberto « de Cocanato » suddiacono e cappellano del
Papa commette al Vescovo di P. di far le sue veci nel dare ese-
cuzione agli ordini del Papa relativi al contado da togliersi a Gub-
bio e da consegnarsi a P., non potendo per altri affari « ipsi ne-
gotio ad presens insistere ». Uberto esprime la fiducia che il Ve-
scovo si dimostrerà diligente nell’ eseguire il mandato affidatogli
e meriterà così non solo l'approvazione sua, ma anche quella del
Pontefice.

Test. — Frate Agura Priore provinciale dei frati eremitani
di S. Agostino, frate Gregorio Priore di S. Agoslino di P., frate
Guglielmo e frate Pietro dello stesso Ordine, D. Ottaviano Priore
dei Santi Apostoli di Firenze, Simeone e Bonagiunta di Terni.

Brocardo not.

CXLIIL — 1258, Marzo 14. — Viterbo. — Alessandro IV
ratifica l amichevole composizione interceduta fra il C.
di P. e il Capitolo della chiesa di S. Mustiola del Chiugi,
p. 113. t.

Alessandro IV, poiché « ea que juditio vel concordia termi-
nantur firma debent et illibata persistere et ne in recidive conten-

(1) La Bolla riportata per intero ha la data del 23 Decembre 1257 ed é per il
contenuto quasi uguale à quella diretta nel medesimo giorno al Rettore della Marca
Anconitana (v. Doc. CKXXIX).
"TE :

78 ANSIDEI E GIANNANTONI

.

tionis scrupulum relabantur apostolico convenit presidio commu-
niri », conferma con sua Bolla indirizzata al Podestà, al Capitano,

‘agli Anziani, al Consiglio e al C. di P. e in seguito a domanda

dai medesimi rivoltagli, l'amichevole composizione che aveva avuto
luogo per i buoni uffici di mediatori fra il C. di P. da una parte
e il Prevosto e il Capitolo della chiesa di S. Mustiola del Chiugi
dell’ Ordine di S. Agostino dall’ altra, e colla quale erasi chiusa
la vertenza su alcuni beni e possedimenti agitatasi innanzi al
Cardinal Diacono « Saneti Nicolai in carcere Tulliano » uditore
concesso alle parti dal Pontefice (1).

CXLIV. — 1258, Maggio 7. — P., « in domo domini Ca-
pitanei que fuit olim Ancelotti ». — Submissio Cocorani
et Biscine et Petrorij et Collis Alti et S. Stefani de Ar-
cellis, c. 78 r.

Il Conte Ugolino « domini Albertini de Cocorano » anche
come procuratore dei suoi fratelli Corrado, Bonconte e Rainaldo
(della quale procura, si ha testimonianza nell’ istrumento di Tri-
baldo notaro) e il conte Jacopo figlio « olim domini Ugolini de
Cocorano » soltomettono a Gallo « Horimbello » Capitano del
popolo perugino e Sindaco del C. di P. in nome proprio e dei
loro eredi i loro castelli di Coccorano, della Biscina e di Petrorio
nonchè Collalto e S. Stefano « de Arcellis » insieme alle famiglie
che in detti castelli e terre dimorano, ponendo gli uni e le altre

(1) La vertenza fra il C. di P. eil Capitolo di S. Mustiola durava da lungo tempo
quando avvenne questo accor.lo; infatti nel Consiglio generale e speciale dei Rettori
delle Arti e dei 20 eletti « per portam » tenuto nella chiesa di S. Severo il 18 mag-
gio 1256 il Capitano del Popolo « D. Bo[nacosa de Riva] peciit consilium sibi dari...
super peticione quam facit procurator ecclesie Sancte Mustiole quia vult denunciare
potestatem, capitaneum et comune excomunicatos pro questione quam habet comune
Perusij cum preposito Sancte Mustiole » e si delibero di portare la domanda al Con-
siglio maggiore (Consilia var. ann. saec. XIII, 1256, 1262, 1275, c. 13). — Per i rap-
porti fra i canonici di S. Mustiola e il C. di P. rammentiamo che nel Consiglio « C
virorum per portam, consulum a'cium et rectcrum arcium » del 23 Ottobre 1276 fu
nominato un sindaco, il quale doveva recarsi « ad acipiendum taurum a preposito
et canonicis Ecclesie Sancte Mustiule de Cluxio oc-axione ludi flendi in festo omnium
Sanctorum » (Annali Cod. L. 1 Maggio 1276 - 29 Aprile 1277). — Il Cardinale Diacono
del titolo di S. Niccolò « in carcere Tulliano » ricordato in questo documento è Gio-
vanni Orsini che era stato eletto Cardinale da In: ocenzo IV e che poi fu Papa col
nome di Niccolò III. — Altra copia della Bolla trovasi à c. 60 t. del, Cod. C Sommis-
sioni, e l'origina'e si conserva vella Raccolta delle Bolle, A 15.

" ore ee UR D BEEN SUAE S MESE tu T TITTEN m I CODICI DELLE SOMMISSIONI AL COMUNE DI PERUGIA 19
« sub protectione el ad defensionem comunis Perusij » e s'impe-
gnano a far pace e guerra per quanto si riferisce ai castelli e
possessi nominali « ad mandatum potestatis, Capitanei et comunis
Perusij ».

In correspettivo di tali concessioni Gallo « Horimbello » Ca-
pitano del popolo e, come risulta da istromento dello stesso notaio
che redige l'alto di sommissione, Sindaco del C. di P., promette
in nome di questo a Ugolino e a Jacopo di difenderli coi loro
beni da chicchesia, ma più specialmente dagli Eugubini, di re-
stituir loro, non appena sia finita la guerra con Gubbio, le terre
e i castelli, di cui ora si fa la temporanea cessione, e di non
concludere tregua o pace con Gubbio senza che Ugolino, i fratelli
suoi e Jacopo vi siano compresi o a patto che essi riconoscano la
giurisdizione degli Eugubini: questi dovranno, quando si venga
alla pace fra P. e Gubbio, risarcire i Signori di Coccorano da
ogni danno subito « occasione guerre »,.e dovranno altresi es-
ser tenuti alla restituzione delle seicento libbre di denari pa-
gati dai Conti di Coccorano per condanna, al rimborso delle
spese e al compenso dei danni dalla stessa condanna derivati.

Se a molivo della guerra Ugolino e gli altri suoi congiunti
non potessero percepire i frutti dei loro beni, assume l’obbligo
il C. di P. di dar loro del fruttato dei beni suoi « ita quod de
ipsis vivere valeant donec guerra durabit ». La pace o tregua
fra il C. di P. e quello di Gubbio è pur subordinata alla restitu-
zione che gli Eugubini saranno tenuti a fare ai Signori di Coc-
corano della sesta parte del castello di Glomisco, dopo aver di-
strutto « totam novitatem quam fecerunt in dicto castro in pre-
juditio eorum et. comunis Perusij ». — La pena, alla quale le
parti contraenti vogliono esser tenute in caso d' inosservanza dei
patti stabiliti, è di 1000 marche di buono e puro argento.
i Test. — Il signor Giovanni « Archipresbyteri », Raniero suo
- figlio, Maffeo « Pasquarelli », Giacomino « Bonaniunte Menazati »,
Benvenuto « Nicole Johannis Battelane » e Bevignate « Philippi
Sciphate » ed altri molti.

Niccolò « Rustici » not. (1).

(1) Questo atto di ‘sottomissione ebbe importanti conseguenze nelle relazioni fra
P. e Gubbio anche dopo lungo volger di tempo. Nel Co. D. degli Annali (1189 - 1339)

V e M —

È OMEN - 1 ca t i AS E
ANSIDEI E GIANNANTONI

CXLV. — 1258, Maggio 7. — P., « in palatio comunis Pe-
rusij », — Cessione di alcuni terreni nelle vicinanze di
Colle fatta dal C. di P. a Niccoluccio « de Portulis »,

110 r.

Gallo « Horimbello » Capitano del popolo e Sindaco del C. di
P. e gli Anziani signor Guidalotto giudice, signor Gianni « Ni-
cole », signor Rigone « Talglabovis », Senso « Bonjohannis »,
Giacomino « Bonajunte », Raniero « domini Ariverij », Benve-

nuto « Nicole », Conciolo « Girardini » e Bevignale « Philippi »,
alla presenza di Orlando « de Guidisbovibus » da Parma Pode-
stà dei Perugini e in forza dell'autorità loro concessa dal Consi-
glio della città di P., assegnano « sex bebulkarias terre et silve
posite in Colle » a Niccolucio « domini Andree de Portulis .»;

trovasi.a cc. 59 t, e segg. la copia di una riformanza del Consiglio eugubino « cen-
ium bonorum hominum summe majoris » che porta la data del 31 agosto 1292 e che
ia si riferisce ai conti di Coccorano. Avendo Gubbio stabilito che gli uomini « de curia
d castri Petrorij » fossero considerati come cittadini eugubini, il C. di P. mandó a Gub-
bio un'ambasceria per impedire una tal novità lesiva d-i diritti giurisdizionali dei
Signori di detto castello « federati et adherentes comunis Perusij »: a sostegr.o deila
tdomanda di P. l'ambasciatore richiamava il lodo pronunciato il 14 luglio 1259 da
Città di Castello (cf.il doc. n. XLIII) per il quale era stabilito che a Gubbio non spet-
tasse alcun diritto « adversus dietos comites aut in eorum castris Cocorano, Biscina
et Petrorio aut in eorundem villis », ricordava le convenzioni già da parecchi anni
stipulate fra j Signori di Coccorano « pro conservatio e suarum jurisdictionum in
tota sua descendentia usque in infinitum » e accennava al!a ferma intenzione dei me-
desimi Signori di restar sempre « fideles et boni cives etiam comunis Eugubij » e al
loro proposito di cedere a Gubbio la giurisdizione della villa di S. Stefano « de Ar-
i cellis ».
In seguito alle rimostranze dei Perugini il Corsiglio di Gubbio decideva « quod
nulla novitas fiat et quod factum est revocetur et retractetur in totum ».

Le convenzioni domestiche dei conti di Coccorano sopra ricordate e fatte allo
scopo di determinare i diritti che i diversi membri della famiglia « habebant et ha-
bent in castris Coccorani, Biscine, Petrorij et Codalis et in villis C: llalti et S. Stefani

| di ^vi parteciparono Bonconte, Corrado e Ranaldo figli del fu Albertiro da Coccorano,
Galeotto di Bonconte, Albertinello di Ranaldo, Uguccione e Ugolino del fu Ugoliro
figlio del detto Albertino, Giacomo da Coccorano e suo figlio Filippo, donna Agnese
dei conti di Coccorano moglie del fu Guido Marchese, donna Bona di Nicola della
Branca moglie di Contolo da Coccorano, donna Baconesca di Gentile da Camerino con-
: sorte di Giacomo da Coccorano, ed ebbero, come risulta dalla menzionata riformanza
Jis del Consiglio di Gubbio, la sanzione del C. di P. e del Pontefice Martino IV,
qub Il preseute atto di sommissione trovasi anche a c. 33 r, del Cod, C.

de Arcellis » Jeggonsi a cc. 62 r. e segg. del cit. Cod. D, e sono del 28 ottobre 1284; . I CODICI DELLE SQMMISSIONI AL COMUNE DI PERUGIA THE

questi terreni, dei quali ogni « bebulkaria » seminerà dodici
corbe di grano « ad corbem comunis Perusij », sono situati in
un luogo dello « Rancobarascione » ed hanno per confini la via
che conduce « ad castellaria Collis », l’altra via che attraversa la
selva e che va anch'essa « ad kastellaria Collis » e, fra queste due
strade, i possedimenti di Cinaglia e di altri privati da un lato e
quelli del C. di P, dall'altra; tale concessione è fatta al Signor delle
Portule « pro lerra de Portolis quam Nicolutius predictus dedit
in cambium dicto domino Capitaneo et sindaco Comunis Perusij ».

Test. — Pietro « Bonaiunte », i signori Uguceione « domini
Bonconlis », Paolo « Acerbi », Guiduccio « domini Peri Paga-
nelli », « Jentile Hermanni », Zeno « domini Boncontis » e Lu-
cardo notaio.

Niccola not. (1).

CXLVI. — 1258, Maggio 19. — P., « in Episcopatu ». —
Precetto inviato dal Vescovo di P. al Podestà di Gubbio
in ordine alla cessione del contado eugubino a P., c. 79 r.

Bernardo Vescovo perugino « exsecutor subdelegatus a di-
secreto viro domino Uberto: domini Pape Capellano a Sede Apo-
stolica exsecutore dato » crea suo procuratore Raniero « Gasdie »
coll’incarico di consegnare a G. « Prendeparti » da Modena Po-
destà degli Eugubini una sua lettera diretta allo stesso Podestà,
al Consiglio e al C. di Gubbio. In questa lettera Bernardo « sola
Dei palientia » Vescovo di P., dopo aver constatalo che gli Eu-
gubini non avevano eseguito gli ordini loro trasmessi dal Papa a
mezzo di Uberto e relalivi al contado assegnato a Gubbio da Gio-
vanni Rettore del Ducato di Spoleto, e che tale disubbidienza ve-
rificavasi « non sine juris et apostolice Sedis iniuria » dichiara

(1) Questa assegnazione di terre è in rapporto coi patti che pochi giorni innarzi,
cioè il 2 maggio 1258, erano stati stipulati fra gli stessi Nicco.uccio « de Portulis » e
Gallo « Horimbello » Capitano del popolo, e dei quali si ha il regesto ai documenti
n. XXXI e XXXII, Di tali documenti si riferisce in modo speciale al presente atto,
che trovasi anche a c. 35 t. del Cod. C; il secondo, registrato non solo a c. 90 r.
del Cod 44, ma eziandio a c. 76 r. del Cod. A e a c. 36 t. del Cod C.

Pochi anni appresso, cioé il 30 decembre 1262, Niccoluccio delle Portule di nuovo

si sottomise a P. (Cf. Doc. n. L).

ib 4 , -
VOI e Sete TN
a ; . ^ANSIDEI E GIANNANTONI

di volere che l'apostolico comando sia rispettato e, sebbene abbia
le più ample facoltà per procedere « de jure » contro gli Eugu-
bini, tuttavia, allo scopo di usare ad essi üna grazia speciale e
per vedere se in loro « obedientie. et devotionis Apostolice Sedi
alique reliquie remanserunt », rivolge loro preghiere, esortazioni
e da ultimo, in forza dell'autorità sua e con la minaecia della pena
di 1000 marche d'argento e della scomunica, ingiunzioni affinché
nel perentorio termine di cinque giorni « a receplione presen-
tium » restituiscano al Podestà e al C. di.P. il detto contado.
Della presentazione della lettera data a Perugia il 18 maggio 1258
farà fede, come se fosse attestata da pubblico atto, il giuramento
del nunzio e: procuratore Raniero.

Test. — Giovanni « Palmerij » chierico del Vescovo, Don
Benedetto Rettore della Chiesa di S. Stefano e Frate Peruscio
familiare del Vescovo.

Brocardo not. (1).

CXLVII. — 1258, Giugno 1. — P., « in palatio episcopa-

tus » — Consegna del precetto del Vescovo di P. al Po--

destà di Gubbio, c. 101 t.

Raniero « Gasdie » proeuratore del venerabile Padre B[ernardo]
Vescovo di P. dichiara alla presenza dello stesso Vescovo di es-
sersi recato a Gubbio e di avere nel giorno di lunedi 20 maggio
nell'atrio del palazzo del C. consegnato nelle mani del Podestà la
lettera indirizzata dal Vescovo al Podestà medesimo ‘La lettera,
della quale è riportato il. contenuto nel documento precedente, è
per intero riferita anche in quest’ atto.

Test. — Don Giovanni Arciprete « de Corzano », Frate Pe-
rusio Tudino e Cristiano familiari del Vescovo.

Brocardo ‘not.

CXLVIII. — 1258, Luglio 2. — [P.], « in domo domini
Capitanei que fuit.clim . Ancelotti » .— Castri sanctae
Cristinae submissio, c. 12 r.

Il signor Raniero « de Monte Julgano » confessa innanzi a

Gallo « Horimbello » Capitano del popolo perugino e Sindaco del

(1) L'atto é ripetuto anche a c. 100 t. dello stesso Codice A.
Sm

I CODICI DELLE SOMMISSIONI AL COMUNE DI PERUGIA 83

C. di P. di possedere in nome e per conto del C. medesimo il
castello di S. Cristina, cioè il cassaro, la torre e tutta la parte
che in detto castello hanno i Signori di S. Cristina ed obbliga sè
e i suoi eredi a consegnare tali possessi « in fortia potestatis,
capitanei, antianorum et comunis Perusij » ogni volta che piaccia
ai reggitori del C. medesimo, nonchè a far pace e guerra « ad
mandatum ipsorum ». A garanzia degl’ impegni assunti. promette

‘Raniero di pagare al C. di P., nel caso d'inosservanza, mille mar- .

che d'argento; interviene alla convenzione come fidejussore di
Raniero il signor Giacomo « Berardi de Ascagnano ».

Test. — Pietro « Gilij », Rainuecio « de Saneta Cristina »,
Giacomino « Bonajunte », il signor Guidalotto giudice, Rigone
« Talglabovis » e Bongiovanni « Peri Bonizi ».

Niccola « Rustici » not. (1).

OXLIX. — 1258, Agosto 8. — Apud plebem de Confignio. —
Locazione di Castiglione del Chiugi e dei terreni circo-
stanti fatta dal C. di P. a molti Cortonesi, c. 190 r.

Molti uomini di Cortona adunati « in platea ipsius plebis et
ante ipsam plebem » creano il signor Pare giudice un tempo di
Cortona loro sindaco e procuratore con facoltà di accettare dal
sindaco del C. di P. la locazione di Castiglione del Chiugi, ec-
cettuata la rocca « cum inuris et carbonariis que roccha semper
salva et precipua sine aliqua offensione el oppositione remaneat
dicto comuni Perusij demania », nonché dei possedimenti del C.
stesso situati « in vocabulo qui Clusium dicitur » (2). — Il sin-
daco dei detti uomini «olim de Cortona » ha facoltà di promettere

(1) Di questo atto di sommissione, che si legge anche a c. 36 r del Cod C, fanno
ricordo il PELLINI, parte prima, libro quarto, pag 266 e il BARTOLI, pag. 476. Raniero
fu, secondo il Bartoli, uno dei Signori che, mal tollerando le vessazioni cui erano
fatti segno da parte degli Eugubini, si posero durante la guerra fra P. e Gubbio sotto,
la protezione del Comune perugino. È i

(2) Della importanza che per il C. di P. aveva la r cca di Castiglione del Chiugi
ci fanno fede molti documenti; ricordiamo fra questi una deliberazione del Consiglio
speciale e generale tenuto il.31 Luglio 1256, colla quale fu stabilito che a spese dei
compratori dei frutti del Chiugi dovessero star sempre tre custodi sulle torri di Ca-
stiglione, cioé due « super turrim magistram » e il terzo « super turrim Sarcti Angeli »
(Consilia var. ann. saec. XIII, c 30r).
84 ANSIDEI E GIANNANTONI

in nome loro ch'essi abileranno e coltiveranno il dello castello e
le dette terre « gratis el sine aliqua pensione et mercede » per
due anni a partire dal 1° maggio 1259. Il sindaco di P. dovrà
promettere in nome del C. agli uomini di Cortona di difenderli con-
tro chiechesia e i delli uomini assumeranno l'impegno di pagare
ogni anno al C. di P. 1000 libbre « denariorum minutorum in
florinis ad rationem XII denariornm pro quolibet florino ». E
inoltre autorizzato il sindaco dei Cortonesi a promettere ch’ essi
custodiranno sempre il castello e le terre « ad honorem et utili-
tatem et salvamentum adque mandatum comunis Perusij », che
serviranno sempre il C. di P, « de exercitu generaliter omni eo-
rum posse, sine fraude et malitia » come son tenuti a fare tutti
gli altri Perugini, che non faranno alleanze o società con alcuno
senza espressa licenza del C. di P., e che eleggeranno sempre
dalla città di P. e non da altri luoghi i loro Podestà, Rettori e
Consoli. | detti uomini però non saranno mai costretti ad abitare
in Castiglione contro lor voglia e saranno tenuti al pagamento
del reddito annuo di 1000 libbre e ai servigi promessi soltanto
per il tempo, durante il quale coltiveranno i terreni ed abiteranno
il castello spontaneamente. Se frattanto accadesse ch'essi, o tutti
o per la maggior parte, tornassero « ad territoria propria », sian
tenuti « de exercitibus generalibus, de guerra et pace facienda
perpetuo », ma sieno esonerati da ogni altro obbligo e servizio:
coloro però che rimanessero dovranno esser soggetti al C. di P.
come gli altri’ Perugini. È data poi facoltà al sindaco dei Cortonesi
di promettere a titolo di pena al C. di P. il pagamento di 10000
marche di puro argento nel caso che i delli uomini « olim de
Coriona » non osservassero i palli stabiliti col C. medesimo; è
lo stesso sindaco autorizzato anche ad obbligare « jure pingnoris
et titulo ypothece » tutti i beni dell’ università dei Cortonesi per
l'adempimento dei patti in parola e a ricevere dal sindaco del C.
di P. sempre allo stesso scopo la promessa della penale e la ob-
bligazione dei beni del C. di P. i

Seguono i nomi di coloro che creano con questo atto il loro
procuratore e s'impegnano ad avere per fermo e ratificato tutto
ció che il mandatario crederà opportuno di fare nei limiti del man-
dato e nel loro interesse.
. Sono da ultimo indicati i confini delle terre date in loca-

SER I
I CODICI DELLE SOMMISSIONI AL COMUNE DI PERUGIA 85

zione, cioó « ab uno Clane et ab alio latere Perusium et fosa-

tum Pantani cum Tresa seu Moianum sicut apilastratum est cum
quercu Bellafantis ». »
Test. — Bartolo not., Giovanni « Bone », Guido not., Ma-
nente not., Martino « de Casale » e il signor Uguecio capitano.
Homiciolo figlio « Taxionis » not. (1).

CL. — 1259, Maggio 17. — P., « in palatio Comunis ». — |,
Patti fra il sindaco del C. di P. e i lucchesi Bonguidone
e Baroccolo per la coniazione della moneta, c. 111 t.

Fra il sindaco del C. di P. Bernardo « Benencase » da una
parie e Bonguidone « condam Girardini » e Baroccolo « Baroculi »
di Lueca dall'altra sono stabiliti « super facto monetarum facien-
darum » i patti seguenti (2):

1.» — Il C. di P., obbligando i suoi beni, s'impegna a

(1) Di questo atto è cenno nelle notizie che su Pieve di Confine, luogo poco di-
stante da Monte Gualandro, leggonsi nelle Memorie dei castelli perugini BELFORTI-
MARIOTTI (Porta S. Susanna).

(2) Di queste convenzioni si conservano, fra i contratti dell’ antico Archivio del
C. di P., l’originale con la segnatura AA 49 e un'altra copia (AA 48 bis), così autenticata.
« Ego Bartholus Benveniatis apostolice Sedis auctoritate notarius predicta ut inveni
in statuto comunis Perusij ita hic scripsi et exemplavi etc »; il documento fu pubbli-
cato dal VERMIGLIOLI nella sua opera sulla zecca perugina. Dopo non lungo tempo da
che i patti erano stati stipulati cominciarono a sorgere dei contrasti fra il C. di P. e
i due Lucchesi: da una pergamena del nostro Archivio (AA 80) si ha notizia del-
l’azione promossa da Bonafidanza Sindaco del C. cuntro Bonguidone e Barocco e ten-
dente ad ottenere il pagamento di 10000 marche d'argento « pro dampno et interesse
dicti Comunis » e di 1000 libbre di denari a titolo di pena perché i detti Bonguidone e
Barocco; non rispettando ciò che avevano promesso a Bernardo « Benencase », « non
servarunt omnia et singula supradicta promissa tam in non faciendo monetam auream
quam in non faciendo monetam argenteam crossam prout debuerunt et promiserunt
quam in non faciendo monetam parvam ». Questa pergamena non ha data, ma si può
con ogni fondamento attribuire al 1263 ; infatti il 6 settembre di detto anno Giovanni
« magistri Cristophani » sindaco del C. di P. si presentava in Orvieto a Riccardo
« Sancti Angeli » diacono Cardinale gindice delegato dal Papa a decidere sulla que-
stione vertente fra il C. di P. e gli aj paltatori della zecca e il 9 settembre lo stesso
Giovanni protestava innanzi al Pontefice Urbano IV dimorante appunto « in palatio
majoris Ecclesie civitatis Urbevetane » di esser pronto a rendere per il C. di P. ai
menzionati appaltatori « justitie complementum secundum pacta » (Contratti AA 82).

È certo che sin dall'Agosto 1262, se non prima, eransi sollevate controversie su
tali patti, e ciò rileviamo da una deliberazione con la quale il Consiglio del popolo
esigeva da Bonguidone e Barocolo richiedenti le cose necessarie « pro moneta fa-
cienda » la osservanza delle convenzioni stabilite « inter comune Perusij et dominos ,
monete » (Consilia, variorum annorum saec. XIII, c. 74). E il contrasto si spinse
mr o ee

^ =

86. ANSIDEI E GIANNANTONI

dare ai predetti Bonguidone e Baroccolo una casa adatta « pro

moneta operanda et operari facienda. :

92. — Lo stesso C. di P., e per esso il Podestà, il Capi-
tano, il Priore delle Arti e il Sindaco accorderanno a Bonguidone
e Baroccolo e ad ognuno di essi che voglia « sotium retinere ad
predictam monetam exercendam » piena facoltà di coniare e far

coniare moneta piccola e grossa d'argento « ad modum pouderis se

et lege comunis senensis que in presenti laboratur et in futuro
laborabitur » e moneta d’oro « ad modum ponderis et lege co-
munis florentini ».

3.° — Il C. di P. darà aiuto e favore perchè in tutta la

città di P. e nel suo distretto e giurisdizione sia spesa e rice-
vuta la delta moneta e, sentito il parere del Consiglio, saranno
inviati ambasciatori del C. « occasione dicte monete » ovunque a
Bonguidone e Baroccolo parrà opportuno.

4.° — Il C. di P. porrà due buoni e legali uomini « ad ju-
dicandum sagium et probam dictarum monetarum ». |

5,» — A Bonguidone ea Baroccolo e a tutti i loro lavora-
tori e a chiunque si rechi da loro per il fatto della moneta sarà

concessa la più ampia facoltà di venire nel territorio perugino,
dimorarvi e parlirne senza pagare « pedagium, guidam vel mal-
tolettum » e il C. di P. sarà tenuto a difenderli come se fossero
cittadini perugini « non obslante aliquo capitulo constituti facto
vel: faciendo super facto passadij exigendi » e non dovrà conce-

dere a chicchesia rappresaglie contro di loro.
6.» — I lavoranti nella zecca non saranno obbligati ad an-

dare « in aliquo exercitu vel cavalcata comunis Perusij » o a pa-
gare « dalum aut prestantiam vel pedagium ».

m

= 7.? — Sorgendo discordia fra i detti lavoranti, non deb-
to bano ingerirsene il Podestà, il Capitano od altri officiali del C.,

sino ai limiti estremi; da una pergamena segnata AA 84 e portante la data del 24 Ottobre
1263 si rileva che « Bonguidus et Barochus mercatores de Luca et superstites monete »
si rifiutaro: o alla presenza di Rolandino Podestà di P. e di Garsidonio Capitano del
| E popolo a dare fidejussori « de stando ad rationem sub potestate, capitaneo et comuni

Perusij et de representandis eorum personis secundum reformationem consilij », che
in seguito a questo rifiuto il Podestà fu d'avviso di porre Bonguidone e Barocolo « in
compedibus ut constringerentur secundum dictam. reformationem consilij » e che il
Capitano del popolo non aderi all'opinione manifestata da Rolandino non volendo in-
correre nella scomunica.
I CODICI DELLE SOMMISSIONI AL COMUNE DI PERUGIA 307

ma della vertenza sien giudici Bonguidone e Baroccolo, « delra-
clo homicidio et de membro debilitato ».

8.° L' impegno del C. durerà fino a 6 anni compiuti dalla
data della convenzione, e i conti fra il C. e gli appaltatori si fa-
ranno due volte all'anno, fatta eccezione pel primo anno, in cui
il conteggio avrà luogo una volta sola : detratte le spese, la terza
parte del guadagno spetterà al C. di P., e gli appaltatori riter-
ranno per loro le altre due parti.

9.0 — Il C. di P. stabilirà e ordinerà « in re parva et man-
gna argentum vel aurum sive bulzonem » e ferà sì che niuno
della città o del suo distretto lo porti fuori per venderlo se prima
non lo avrà offerto ai soprastanti della moneta pel caso che lo
vogliano acquistare «.pro convenienti pretio ».

10.0 — Il Podestà e il Capitano « cum consilio civitatis et
campsorum » dovranno a richiesta di Bonguidone e di Baroccolo
osservare e fare osservare tutto ciò che sa riterranno utile

« pro exercitio monete ».
11." — Questi patti saranno inseriti nello statuto e cosi
de statuto in statuto », e i Podestà che saranno in officio ne
giureranno la osservanza per il detto termine di sei anni (1).

19." — Sorgendo discordia fra i nominati Bonguidone e Ba-

roccolo da un canto e i designati dal C. « super ratione facienda

(1) Lo statuto del 1279 contiene due rubriche relative alle monete : nella prima,
« de monetis recipiendis a massario comunis », é stabilito che il massaro debba rice-

vere « pro quolibet introitu comunis bonos denarios perusinos et cortonenses et non

aliam monetam » e pagare « illas monetas quas recipiet offitialibus comunis Perusij
et omnibus aliis personis et non alias », e nella seconda, « de monetis portandis et de
penis contrafacientium », si leggono le seguenti disposizioni emanate dal C. in séguito
alla coniazione dei « paparini » fatta fare dal Pap& allo scopo d'impedire il corso
della moneta cattiva è di sostituirne una migliore: « Quecumque' civitas, universitas
vel homines vel specialis persona monetam deteriorem seu deteriorati valoris novam
ab hodie antea cudi fecerint quam sint paparini, illam protinus prohibemus quodin
civitate Perusij comitatuque: eius curia et districtu cursum habere non possit nec
expendi valeat ullo modo, sed eam ex nunc pro falsa manifestamus et judicamus,
penam contrafacienti taliter ordinantes quod quicumque inventus fuerit per fortiam
et districtum perusine civitatis ire cum bulzone, ferro, argento, plumbo vel ramo vel
alia re que ad monetam pertineat ad locum, in quo deterior haberetur, perdat ea que
portaverit, quarum rerum medietas sit comunis et alia accusatoris. Item [statuimus]
quod quicumque ad civitatem predictam aliam monetam novam portaverit quam papa-
rin s, que ab hodie antea ut superius dictum est bactaretur, ut falsarius puniatur, ».

c TL HEY LL can e RID B. "7
88 ANSIDEI E GIANNANTONI

de lucro diete monete » dall’ altro, ambedue le parti dovranno
stare alla sentenza che sarà per emanare il Podestà in carica.
13.° — Bonguidone e Baroecolo cureranno che vengano
nella città di P. buoni, idonei ed esperti lavoratori a batter mo-
neta « cum omnibus ferramentis necessariis ».
14.* — Sarà coniata moneta buona, idonea e legale dell’or-
dinario peso e valore e dell'accennata lega senza frode alcuna.
15.° — Saranno dai Consoli del Cambio eletti due buoni e
legali uomini che ricevano" e'custodiscano il tesoro destinato a
farne moneta e che poi prendano in consegna la moneta falta.
16.° — Il C. di P. potrà inviare ogni volta che gli piaccia
un suo sindaco a Lucca « ad recipiendos bonos et ydoneos fide-
jussores et principales » delle 1000 libbre che i detti Bonguidone
e Baroccolo promettono in garanzia dell’osservanza dei patti con-
venuti. Il sindaco del C. si obbliga alla stessa penale, il cui pa-
gamento dall'una o dall'altra parte nulla deve togliere alla vali-
dità della convenzioni; queste furono confermate da Rainaldo « de
Brunforte » Podestà del C. di P., da Stefano Capitano del popolo
e da Oderisio Priore del popolo insieme ai Consoli del Cambio.
Bonagiunta not.

(Continua). V. ANSIDEI E L. GIANNANTONI.
ASCANIO DELLA CORNIA

E LA SUA CONDOTTA NEGLI AVVENIMENTI DEL 1555-1556

La condotta di Ascanio della Cornia verso il Papa nel
1556, determinata dall'accusa di tradimento rivolta al capi-
tano perugino e dalle misure di rigore adottate contro di
lui, fu incidentalmente da noi presa in esame nell'appendice
di un lavoro su Paolo IV, alcuni anni or sono (1).

I resultati ai quali pervenimmo ci indussero ad esclu-
dere quasi il dubbio che vera fosse limputazione fatta al
Della Cornia; e noi cercammo, quindi, di stabilire, nella in-
certezza delle fonti contemporanee e degli storici successivi,
come precisamente fossero passate le cose e quali motivi
avessero spinto il Pontefice e i suoi consiglieri al provvedi-
mento gravissimo a danno del rinomato condottiero. Ora sti-
miamo opportuno ritornare di proposito sull'argomento, per
chiarire meglio alcuni punti della questione, convalidare di
nuovi ed importanti documenti le conclusioni d'allora, esten-
dere rapidamente le indagini a tutti i rapporti che. corsero
ira Ascanio e Paolo IV e il suo governo dall inizio del pon-
tificato al termine anzidetto.

Lo studio nostro non sarà, forse, privo di qualche inte-
resse, se, oltreché riuscire un capitolo meno incompleto della
biografia del Della Cornia, offrirà anche un piccolo contributo

(1) Coaaior4 (Giulio). Paolo IV e la capitolazione segreta di Cavi. Pistoia, 1900,
8°, pp. 20-26 dell'Appendice.
90 G. COGGIOLA

alla storia di quel papato, che attende ancora in molte sue
parti una definitiva illustrazione.

Quanto al nostro personaggio, è noto che ne discorse la
vita e le azioni con sufficiente larghezza e con amore di
compatriotta Ariodante Fabretti nelle sue J?ografte dei capi-
lani venturieri dell'Umbria (1). Egli riunì alle notizie degli
storici contemporanei, sulla famiglia di quel capitano, le te-
stimonianze e gli accenni di parecchi degli scrittori che nar-
rano, in generale, le tumultuose vicende alle quali fu teatro
l’Italia in quel funesto periodo; raccolse da fonti inedite
qualche altro particolare, muni di alcuni documenti il suo
racconto e presentò del forte soldato un ritratto, nelle sue
linee fondamentali, senza dubbio pregevole. Ma, pur lasciando
di fare appunto al Fabretti per la tendenza a idealizzare, in
certo modo, la figura del condottiero (tendenza che può tro-
vare una spiegazione nella forma stessa biografica da lui
adottata), quanto materiale storico venuto in luce più tardi,
e quanto maggior copia di inedito non converrebbe consul
tare per seguir passo passo la militare carriera di Ascanio
e veder chiaro in tutti i successivi suoi mutamenti di ban-
diera, che (per quanto consueti in quegli uomini d'arme del
'500) fecero stizzosamente applicare dal Guglielmotti al Della
Cornia l'appellativo di anfibio! (2)

Egli si trovò trascinato dagli eventi, con rapida alterna-
tiva, ora a servir Francia, ora a servir Spagna: spinto in
alto da un'ondata di fortuna, con l'esaltazione al pontificato
di Giulio III, suo zio, si vide ricacciato in basso nel nuovo
regno del Caraffa, per risollevarsi alquanto in appresso, du-
rante i papati successivi. Le vicende sue personali si intrec-

(1) FABRETTI (Ariodante). Biografie dei capitani venturieri dell Umbria. Mon-
tepulciano, 1846, 16°, voll. IV, V.

(2) GuaLIELMOTT. (Alberto). La guerra dei ‘pirati e la marina pontificia. Fi-
renze, 1875, 10^, vol. II, p. 282. Evidentemente al giudizio severo del benemerito il-
lustratore della marina pontificia contribul l'opinione che egli doveva avere della
colpevolezza di Ascanio negli avvenimenti del 1556.
ASCANIO DELLA CORNIA, ECC. 91

ciano siffattamente alla complessa trama dei fatti contempo-
ranei, che il richiamarle, con amore di esattezza e senza gravi
lacune, richiederebbe troppo frequenti e troppo larghe incur-
sioni nel campo generale degli avvenimenti: la vita di Ascanio
diverrebbe allora parte secondaria dello studio, la biografia
allargherebbe i suoi confini sino ad esserne snaturata. Quindi
è che il capitolo del Fabretti relativo ad Ascanio potrebbe
difficilmente venir oggi rifatto con un intento così speciale,
sebbene gli elementi nuovi (lo dicemmo) si abbiano con ab-
bondanza sottomano, e in note collezioni di archivio (1) e in
pregevoli raccolte a stampa: come quelle del Driiffel (2) e
delle Nuntiaturberichte aus Deutschland (3), nonché in studi
critici, quali la storia del De Leva (sempre per il periodo di
Giulio III); ed in un numero forse anche maggiore di opere
per gli avvenimenti dal 1565 al 1571, intorno a Malta e a
Lepanto (4).

(1) Per tutto il periodo antecedente a quello di cui ci occupiamo documenti
si trovano; p. e., in abbondanza nelle carte farnesiane, per le relazioni che Ascanio
ebbe con quei principi; per la parte rilevantissima che quei principi medesimi
ebbero negli avvenimenti del tempo.

(2) Briefe und Akten zur Geschichte des XVI Jahrhunderts. München, 1873-1896,
4 voll. in 8°.

(3) Nuntiaturberichte aus Deutschland (1537-1559) nebst erginzenden Akten-
stuche: B. IX. Nuntiatur des Verallo, 1546-1547. Gotha, 1899, pp. 310, 692. — B. XII.
Nuntiaturen des Pietro Bertani und Pietro Camaiano, 1550-1552, Berlin, 1901, pp. 19,
27, 94. — Qualche documento interessante il Della Cornia é pure pubblicato dal
PIEPER (Die püpstlichen Legaten und Nuntien in Deutschland, Franckreich una
Spanien, seit der Mitte des sechssehnten Jahrhunderts. I Theil: Die Legaten und
Nuntien Julius III, Marcellus II, und Paulus IV (1550-59), und ihre InstruRtionen.
Münster, 1897, 8°; un altro nelle Prose inedite del CARO pubblicate dal Cugnoni

(Imola; 1872), ecc. Nuovi elementi offrirà, poi, la pubblicazione delle Nunziature
dalla Francia, impresa che si prepara e che riuscirà di notevole aiuto agli studi
storici, se, come speriamo, sarà condotta con la stessa diligenza delle Nuntiatur-
berichte aus Deutschland.

(4) Per Lepanto, come è noto, c'è un'intiera biblioteca, fra narrazioni contem-
poranee ed opere critiche successive (V., per le prime sopratutto: POHLER, 2iblio-
theca, historico-militaris, vol. 1): quanto a Malta vogliamo ricordare il recentissimo
ed ampio lavoro del SANMINIATELLI-ZABARELLA (Lo assedio di Malta, Torino, 1902, 8°)
nel quale larga parte è naturalmente data all'opera di Ascanio della Cornia, e dove

pure si trova la bibliografia dell'argomento.
G. COGGIOLA

Pertanto una diligente revisione di quel processo che
costituisce, forse, l'episodio principale della vita del nostro
capitano e che gettó sul nome di lui un'ombra di ignominia,
non dissipata dalle tarde affermazioni di innocenza del Fa-
bretti (destituite come sono di prove sicure (1)) deve stimarsi
forse il mezzo migliore per giungere ad un giudizio sulla
condotta del Della Cornia, non solo nel caso speciale, ma in
tutto il corso non breve della sua vita soldatesca. E diciamo
vita soldatesca perchè non si deve da noi dissimulare, liberi
come siamo da qualsiasi intento preconcetto, che un’ altra

. accusa, di parecchi anni più tarda, pesa su di lui, accusa che,

purtroppo, non sembra del tutto infondata (come vuole il

Fabretti (2), e che agli occhi nostri può apparire di gran

lunga più grave. Ma la distinzione tra uomo e soldato è di
8a piu g

molta importanza per gente del secolo XVI; che va giudicata

con i criteri del suo tempo, non secondo gli attuali. Il crimine

9

di complicità, anche indiretta (3), in assassinio brutta per

(1) Il Fabretti, senza neppur discutere la questione, accetta addirittura le di-
chiarazioni contenute nella protesta di Ascanio della Cornia dell’agosto 1556, da lui
pubblicata nel vol. V dei Documenti con data non esatta. È chiaro che ad un giu-
dizio sicuro non può bastare la semplice discolpa dell' interessato.

(2) V., FABRETTI, opera citata, vol. IV, p. 261. Il Fabretti ricorda come, in prin-
cipio del 1565, Ascanio della Cornia fosse trattenuto prigione per grave accusa di
assassinio, la quale resultó poi infondata. Ciononostante Pio IV solo per grandis-
sima somma di danaro si sarebbe indotto a rilasciare Ascanio, citando la massima
che gli uomini grandi non si hanno a catturare, o, catturati, non si hanno a rila-
sciar vivi. Ma il Fabretti, il quale attinge le notizie ad una Vita anonima ms. del
Della Cornia, veniva qui tratto in errore sulla data del fatto e sugli apprezzamenti
di esso. Non nel 1565, prima della spedizione di Malta, ma nel 1566, dopo quell' im-
presa; non sotto Pio IV, ma nei primi mesi del pontificato di Pio V, avvenne il pro-
cesso, di cui si conservano frammenti nell’ Archivio di Stato di Roma (Archivio
criminale, vol. 105, 4, cc. 1209 e segg.).

(3) Ecco, sommariamente, quanto contengono quei frammenti, e quanto da
essi si può dedurre, secondo ci comunica l’amico nostro carissimo dott. Ferdinando
Neri, il quale volle per noi fare le ricerche all'Archivio romano, e compì il favore
dandoci indicazione e copia delle lettere barberiniane del Della Cornia che segui-
ranno piü oltre. :

Il « Processus contra illimum dom. Diomedem. Corneum sew de la penna [et]
ill.nvum. dom. Ascanium item Corneum et complices » comincia con la data 8 giu-
gno 1566, recando copia del breve di Pio V diretto a G. B. Brugnatello, in riguardo

rm perm n
errem ci

——

ASCANIO DELLA CORNIA, ECC. 93

noi di macchia indelebile chi se ne sia reso colpevole; ma
è pur d'uopo convenire che venisse giudicata più addietro
nella scala dei delitti che non il tradimento militare e poli-
tico, se vediamo il severo Paolo IV assolvere, con un breve,
da ogni più enorme peccato il nepote Carlo « intintosi di
sangue fino al gomito » (1), lo vediamo, per contro, mostrarsi
inflessibile, dinanzi al mondo, per una colpa (non vera) di

al tentato assassinio, nel Borgo di S. Pietro, del capitano Flaminio de Gratianis.
Alcuni malviventi avevano sparato delle archibugiate contro di lui, lasciandolo il-
leso per miracolo. Ora il Papa aveva saputo che ai sicari erano state fatte promesse
da Belisario Simoncello e Cesare della Cornia, per incarico di Diomede e Ascanio,
dei quali ultimi Diomede, fuggendo, aveva confermato i sospetti. — Al breve segue
una serie di interrogatori di persone perugine, che formano come una inchiesta
generale sulla condotta di Ascanio e del figlio adottivo; inchiesta determinata da
denunzie di molti dei medesimi perugini, lagnatisi di favoreggiamento di ribaldi
da parte del nostro capitano nelle sue terre di Castiglione e di Castel della Pieve,
e di atti di prepotenza ed arbitrio in Perugia. Le risposte degli esaminati si ripe-
tono e si assomigliano ; ma dal loro complesso par che la prova, per le azioni men
che corrette degli accusati, venga raggiunta. Quanto al tentato assassinio contro il
capitano Flaminio mancano qui precisamente gli atti dai quali dovevano resultare
chiari tutti gli avvenimenti che originarono il processo: mancano fra l’altro gli in-
terrogatori degli arrestati in Roma; ma vi é ciò che basta ad un giudizio assai
prossimo al vero. Una delle principali accuse di cui si discorre é l'uccisione del
soldato e bandito Turchetto, avvenuta a Castiglione per ordine di Diomede; poi-
ché quegli non aveva accettato di uccidere il capitano Flaminio. Il Turchetto ap-
parisce come un sicario che non era alle prime armi, avendo già pugnalato un
certo Luca Antonio del Broglio in Castel della Pieve. A tale uccisione, per indizi
fortissimi, Ascanio non sarebbe restato estraneo: nell’altra del Turchetto medesimo
e nel tentato assassinio del De Gratianis Diomede è concordemente indicato come
il macchinatore principale, ma la consapevolezza di Ascanio non può resultare
esclusa. .

(1) La frase é del Papa, che, secondo il padre Caracciolo (Vita di Paolo IV;
ms. che trovasi in gran numero di biblioteche: a Napoli (v. Volpicella nelle note a
NORES, p. 303 segg.), a Roma (Barberiniana, LIV, 47-48), à Venezia (Marciana, ital.,
V, 59), a Parma (ms. palatino n. 638) ecc.) l'avrebbe ripetuta ai ministri francesi
che, subito dopo la sua esaltazione, instavano perché facesse cardinale il nipote
Carlo. (Cfr. BROMATO, Storia di Paolo IV. Ravenna, 1753, libro IX, 3; DURUY, Le car-
dinal Carafa, Paris, 1882, pp. 23, 349). Il breve di assoluzione è riportato frammen-
tariamente dal Duruy nell'appendice del suo lavoro citato, ed é tolto dai frammenti
del processo Caraffa nell'Archivio criminale di Roma. Notevole la frase: « .. dictum
Carolum ab excessibus huiusmodi et quibusvis rapinis, sacrilegiis, furtibus, depre-
dationibus, vulnerum illationibus, percussionibus, membrorum mutilationibus, homi-
cidiis et quibuscunque ‘aliis criminibus et delictis et forsan praemissis majoribus...
plenissime absolvimus ».

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REF acd,

m 94. G. COGGIOLA

inganno politico al medesimo addossata (1). E Pio IV man-
derà, per essa principalmente, il Caraffa al patibolo (2), men-
tre il terribile Pio V rimetterà l’altra più volgare al Della
Cornia, giustificando il nostro asserto.

Ció posto, poiché il passaggio di Ascanio dai servizi del
Papa a quelli degli imperiali nel 56, avvenuto in circostanze
veramente straordinarie, è il fatto che, a differenza degli altri
anteriori e successivi, oscuró nella estimazione dei più il suo
nome, cui non basta a tergere una semplice protesta dell'in-
teressato, é chiaro che, se noi potremo rigettare ogni sospetto
di mancamento di fede nel capitano perugino, durante gli
eventi del 1556, contribuiremo non poco a rinverdire la fama
di lui, audace e valoroso soldato come tutti lo riconoscono.

Che il Collegio dei cardinali, durante la vacanza del
seggio pontificio, successiva alla morte di Marcello II, affi-
dasse lonorevole incarico di custode generale di Roma al
Della Cornia, come già nel conclave onde uscì eletto quel
Papa, afferma il Fabretti (5); ma non è esatto completamente.
Subito dopo la immatura fine del pio Marcello II i cardinali
riponevano nel Duca d'Urbino la tutela della città e la vi-
gilanza del prossimo conclave, secondo avvertiva a Cosimo
de’ Medici, il 1° di maggio 1555, il Serristori, suo ambascia-

(1) Cfr. il nostro studio citato su Paolo IV e la capitolazione di Cavi, dove
crediamo di aver assolutamente provato la innocenza del card. Caraffa per riguardo
al delitto di tradimento politico attribuitogli.

(2) Cfr. DuRUY, opera citata, p. 328 e nella Prefazione alla stessa opera, p. XV.

(3) Opera citata, IV, p. 253. Lo stesso dice Scipione ToLoMEI nella sua De-
scrittione della vita del sig. Ascanio della Cornia che é fra le Lettere di lui (Pe-
rugia, 1618, p. 720). Le lettere del Tolomei sono scritte parte in nome proprio, parte
a nome di parecchi personaggi della famiglia dei Della Cornia, e contengono qua e
là particolari di qualche interesse. La Descrittione della vita è di un paio di
pagine e scritta con intento evidentemente elogistico : non aggiunge certo nulla a
quanto per altre fonti si conosce.
ASCANIO DELLA CORNIA, ECC.

tore a Roma (1). Guidubaldo della Rovere aveva a tale scopo
il comando di 2000 fanti; e lo mantenne non solo fin che fu
eletto e coronato Paolo IV (2) ma anche nei mesi succes-
sivi, dacché le minaccie di una pronta rottura fra il Papa e
gli imperiali diventarono ogni giorno piü intense. Anzi il
Duca tenne il generalato sino al termine di ottobre (3), quando
vedendo che in corte non era più il suo luogo per vari mo- .
tivi, e principalmente per la naturale emulazione dei nipoti
del Caraffa, chiese ed ottenne di ritornare nel suo stato. A
lui, com'é noto, successe poco dopo appunto il Conte di Mon-
torio, il più anziano tra i nipoti del Papa (4). Che il capitano
perugino avesse una incombenza di minore importanza a noi
risulta non da documenti diretti, bensì da un cenno che rin-
veniamo in una lettera del Navagero, ambasciatore veneto
a Roma (5). Il Della Cornia stesso aveva enumerato un giorno
all’inviato della Signoria gli uffici ricoperti sino a quel tempo;

(1) Archivio di Stato in Firenze, Mediceo, 3274; Lettere a Cosimo I di Averardo
Serristori, Alessandro Strozzi e Nofri Camaiano. — Come é noto le Legazioni di
Averardo Serristori, pubblicate dal Canestrini (Firenze 1853), non contengono se non
i documenti di principale interesse, trascurando i minori.

(2) Archivio di Stato in Parma, Carteggio farnesiano ; lettera del Franchino,
di Roma, del 27 maggio 1555.

(3) Archivio di Firenze. Lettera del Serristori del 26 ottobre 1555. — Lettera
del Navagero del 26 ottobre alla Signoria di Venezia. Dei preziosissimi dispacci del
Navagero al Doge e al Senato, che costituiscono la raccolta forse più importante di
documenti sul pontificato di Paolo IV, gli originali andarono distrutti nel famoso
incendio del Palazzo Ducale del 1577; ma, per fortuna, si sono conservati alcuni co-
piari completi. Il migliore è certo quello del R. Archivio di Stato di Venezia in 4
registri (Senato — Dispacci, Roma), il quale contiene anche le lettere di carattere
riservatissimo scritte ai capi del Consiglio dei X (di queste si hanno pure nel me-
desimo archivio gli originali); ma un buon esemplare è anche quello della Biblio-
teca Universitaria di Pisa segnato 154 S. c. 2. In Marciana (mss. ital., VII, 1097)
vi é una copia di provenienza Contarini, la quale però giunge solo a tutto il 1556.
Noi abbiamo consultato e confrontato tutti e tre gli esemplari; ma citiamo il mar-
ciano che abitualmente possiamo tener sottocchio.

(4) Cfr. lettera del Navagero del 27 dicembre 1555. Cfr. anche una lettera del
Duca di Ferrara ad Ottavio Farnese del 31 dicembre 1555 (nel Carteggio farnesiano
dell'Archivio di Parma) che riporteremo per intero in appresso.

(5) Cfr. una lettera del Navagero del 21 dicembre 1555, di cui daremo in se-
guito trascritta gran parte.
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96 G. COGGIOLA

e il Navagero, riferendo il discorso, diceva: « Giulio (III) lo
fece custode generale di Roma con amplissima autorità. So-
lamente l'obbligava ad usarla con consenso del sig. Duca di
Urbino all'hora generale della Chiesa, con provisione di 4 mila
scudi l'anno, oltre quella ch'haveva come capitano della guar-
dia, il qual carico li fu confermato dal Sacro Collegio le due
ultime sedi vacanti.. ». Stando, dunque, alla stessa testimo-
nianza di Ascanio, alla quale non vi è ragione di negar fede,
egli nel maggio '55 avrebbe servito la S. Sede sotto gli or-

dini del Duca d'Urbino, con un incarico assai più modesto.

di quanto attesti il Fabretti. Nè tale incarico gli dovette
molto durare. |

Paolo IV, esaltato al sommo degli onori in virtù di un
ultimo compromesso tra la fazione francese e quella impe-
riale (nonostante il veto già opposto da Carlo V alla sua
persona in antecedenti conclavi (1)), aveva sino all’ estremo
avuto contro l intero nucleo dei cardinali giuliani, legati so.
pratutto al Duca di Firenze; i quali, fermi sul nome di Puteo,
non si erano arresi se non quando gli stessi capi, cedendo,
avevano dimostrata la necessità di accogliere il Teatino. Il
Cardinale di Perugia, fratello di Ascanio, era stato nel nu-
mero di quegli oppositori tenaci, anzi aveva provocato un
mezzo scandalo in conclave, questionando acerbamente con
S. Clemente per motivi di preminenza e di condotta poli-
tica (2). È facile, quindi, il capire come Paolo IV, se pure altre
cause d'inimicizia con l'intero partito imperiale non ci fossero
state per lui, non potesse dimenticare così presto 1 opera
avversa dei singoli membri del gruppo giuliano, e non po-
tesse, nel caso speciale, riguardare senza sospetto il Cardinale

(1) Cfr. in proposito il nostro studio: I Farnesi e il conclave di Paolo IV
pubblicato negli Studi Storici del 1900; e l’opera del SAEGMUELLER: Die Papst-
wahlbulle una das staatliches Recht der Exklusive, Tuebiengen, 1892.

(2) Trattiamo di tale questione nello studio citato, valendoci delle notizie di
una polizza fatta pervenire dal conclave al Serristori da Nofri Camaiano, il 19
maggio; e dal Serristori inviata a Cosimo /Mediceo, 3274).
-

ASCANIO DELLA CORNIA, ECC. 9T

di Perugia e l' intera. famiglia dei Della Cornia. D'altra parte
non bisogna dimenticare che, avendo questi esercitata in
corte una grande influenza sino a pochi giorni innanzi (poi-
ché Marcello II fu sul trono papale una semplice apparizione),
necessariamente trovavano adesso nei parenti del nuovo eletto
una istintiva ostilità, la quale doveva, alla sua volta, accre-
scere il malanimo del Pontefice, per quanto non ancora del.
tutto invaso dall'affetto nepotistico. Ma a queste ragioni in-
dividuali e di famiglia si aggiunsero, come antecipammo, le
circostanze politiche, che portarono il Papa a riconoscere in
ogni aderente, vero o presunto, al partito spagnolo un nemico

che convenisse invigilare e deprimere.

Come al risentimento di Paolo IV contro Carlo V,per i
soprusi in materia di benefici ecclesiastici subiti innanzi l'ele-
vazione al papato, si aggiungessero, a fomentare la completa
rottura delle relazioni, i primi avvenimenti del suo regno,
onde ne venne la rescissione della tregua di Vaucelles e la
famosa guerra del '56-57, è noto (1). Il gioco pericoloso ten-
tato dall'audace famiglia degli Sforza, lungi dal sortire un esito
a lei soddisfacente, non fece che porgere il pretesto al go-
verno papale di muoversi per propria difesa anche a danno
degli altri vassalli dei quali più forte temeva (2). Dopo l'af-
fare delle galere sottratte con violenza dal porto di Civita-
vecchia, dopo il conciliabolo in casa del Camerlengo, dopo
le minaccie per l’arresto del Lottino, Paolo IV ebbe motivi
a sufficienza per giustificare l'imprigionamento del Cardinal
di S. Fiora e di Camillo Colonna, per giustificare i provve-
dimenti gravissimi a danno di. Ascanio e di M. Antonio, pa-
renti di quest'ultimo. Una volta posto sulla via della severità,
era, poi, natürale che l'animoso Papa non si fermasse: la troppa

(1) Cfr. il NoRES, il PALLAVICINO, il BROMATO, il DuRUY; per non citare che gli
autori più importanti.

(2) Un notevole documento sulla resistenza opposta dagli Sforza al Pontefice
fu pubblicato nel BuMettino senese di storia patria del 1903 dal prof. Antonio Cap-
pelli, al quale fu comunicato da noi.
D n m

98 G. COGGIOLA

audacia dei baroni romani andava repressa, se il capo della
Chiesa non voleva vedersi vilipendere persino nella sua città,
dai suoi stessi sudditi; bisognava estirpare la mala pianta
dei vassalli ribelli, rimediare alla debolezza dei pontefici an-
teriori. Ed ecco come la fine di quest'anno 1555 alle misure
di rigore contro gli Sforza edi Colonna vide aggiunte quelle
contro il Conte di Bagno, il quale, più che la colpa dell’ as-
sassinamento di un corriere francese, sotto Giulio III, aveva
il torto di possedere dei feudi troppo accosto agli stati del
Duca di Firenze e troppo pericolosi per il territorio eccle-
siastico in quei movimenti di armi e di soldatesche.

Ma noi corriamo innanzi con gli avvenimenti qui ram-
mentati; chè alla spedizione contro il Conte di Bagno, Ascanio
della Cornia si trovava già momentaneamente reintegrato
nella grazia del Pontefice, dopo averne provato i rigori.

I rigori vennero assai presto, subito dopo il fatto degli
Sforza; e, se non furono così clamorosi come quelli che si
rivolsero a pregiudizio degli Sforza stessi e degli altri mag-
giori vassalli, non mancarono di danneggiare seriamente gli
interessi dell' intera casata.

Non ci risulta da prove certe se Paolo IV revocasse su-
bito l'ordine del Collegio, che affidava al Della Cornia il ca-
pitanato della guardia; ma non ci pare difficile il pensarlo,
quando vediamo taciuto affatto il suo nome in tutti i movi-
menti di soldatesche, che numerosi si verificano nei primi
mesi del pontificato, e quando già nell'agosto troviamo espres-
samente menzionati provvedimenti a carico suo e del fratello,
Cardinal di Perugia.

In una lettera di Vincenzo Buoncambi, oculato agente
dei Farnesi a Roma, al Duca Ottavio, datata del 22 agosto (1),
si rinvengono le notizie seguenti, di che manca traccia nei
carteggi degli altri principali ambasciatori di signori italiani
presso il Pontefice: « L'E. V. saperà che il sie. Cardinale

(1) Archivio di Stato in Parma, Carteggio farnesiano, ad diem.
e

ASCANIO DELLA CORNIA, ECC. 99

Farnese mandò di questi giorni a pigliar il possesso del Ve-
scovato di Spoleto per virtù del suo regresso, il quale è stato
trovato buono et con un breve di S. S. et con una lettera
del sig. Conte di Montorio al luogotenente: li fu dato subito
con infinita dimostratione di quella città, essendo andati i
Priori et gran parte del populo per assistere et favorire il
commissario del Cardinale, con suoni di trombe, tamburi et
di quante campane sono in quella città. Il Cardinal di Peru-
gia è venuto subito in poste et si va menando meglio che
può, ma si crede che non sia per fare più che tanto essendo
buono il regresso del Cardinale. Il signor Ascanio va tutto
smarrito provvedendosi tuttavvia contro di lui per levargli
Castel de la Pieve et Castiglione: per il Chiusi già è andato
a citar un cursore la signora sua madre, essendo in persona
sua, et certa quantità di grano che era in Castel de la Pieve
S. S. ha voluto che si conducessi in Perugia, ancora che fussi
promesso al Duca di Fiorenza, di modo che il sig. Ascanio
resta senza niente ».

Quanto all’affare del Cardinal di Perugia, l’atto di Paolo IV
era davvero sintomatico. Quello stesso pontefice che non tar-
derà molto a frenare nella maniera più rigorosa labuso dei
regressi (1), dei quali alcuni cardinali, come il Farnese, pos-
sedevano un numero addirittura enorme (2), detta ora un

(1) Cfr. Magnum Bullarium (Augustae Taurinorum, 1860, t. VI) Vedi la XX
constituzione: Sancita et declarationes super resignationibus publicandis infra
sex menses, nella quale si cita uno dei primi decreti del papato sulla medesima
materia, che manca nel Bollario. Il decreto é quello di cui fa cenno il Navagero nella
sua lettera del 7 dicembre: «... Propone anche il Papa di voler revocare tutti li re-
gressi che sono senza consenso delle parti, et provedere che più non si faccino, il
che pone gran confusione nelli reverendissimi cardinali i quali per il più hanno
regressi senza il consenso di quei che hanno i benefici, e principalmente li rev.mi
Farnese et Monte per l'autorità ch'hanno hauto con li passati ultimi pontefici. Per cose
che dicessero, pregando S.S. che provvedesse de futwris e non revocasse i già fatti,
il Pontefice non si mosse: ben disse che faria distendere la regola e stamparla in
tutto, alli rev.mi cardinali, ma che voleva che si havesse la data di quel giorno
che si haveva proposta...». ;

(2) Archivio di Stato in Parma, Carteggio farnesiano, fine settembre 1556. Nota
di tutti i regressi del card. Farnese, compilata dal medesimo cardinale per ottem- 100 G. COGGIOLA

breve per riconoscere valido il regresso appunto del Farnese
alla chiesa di Spoleto, e per dargli la facoltà di prendere la
possessione del vescovato, spogliandone il Cardinale della
Cornia. Come stesse la cosa è saputo (1). Vivo Paolo III, il
nipote aveva ottenuto il regresso alla chiesa spoletana, con
il consenso del vescovo di allora Fabio Vigile; ma, accaduta
la morte di questo nel 1553, durante il papato di Giulio III,
l’asserto diritto del Farnese non era stato riconosciuto e l'am-
ministrazione era stata affidata a Fulvio della Cornia.

Senz' entrare nel merito della controversia, ci limiteremo
ad osservare che se il Farnese, principale autore dell’elezione
del Caraffa, aveva scelto con accortezza il momento in cui
esercitava ancora in corte una specie di preminenza, perfino
sui nipoti del Papa (2), per rivendicare a sè i frutti di quella
mensa vescovile (3), d'altra parte il facile favore del Papa
si dimostra a prima giunta determinato, in gran parte, dal
sospetto verso la casata perugina, tanto più quando il breve
si vede andar congiunto ai procedimenti contro Ascanio per
privarlo dei suoi feudi.

Che il Papa cercasse di assicurarsi di quei luoghi, che
in mano di persone notoriamente legate al partito imperiale
costituivano, per ogni prossima evenienza, un pericolo allo
stato pontificio ed erano, già attualmente, punti di grande
importanza per la guerriglia di Val di Chiana, si spiega assai

perare al decreto papale, citato nella nota superiore. Le chiese, nonché i beneficî, sono
a centinaia.

(1) Cfr. UGHELLI, Italia sacra, Venetiis, 1717, I, col. 1269. Il MORONI (Dizionario
di erudizione storico-ecclesiastica, vol. LXIX, Venezia, 1854) si riferisce all’ Ughelli.

(2) Cfr. il nostro studio citato sul Conclave di Paolo IV. Rimandiamo anche il
lettore ad un lavoro che vedrà la luce entro l’anno nell'Archivio della Deputazione
parmense, su I Farnesi e il Ducato di Parma e Piacenza.

(3) Egli, del resto, non li godette a lungo. Dice l'Ughelli che il Farnese « cum
illam ecclesiam ad aliquot annos administrasset, eo munere libens volensque abi-
vit »; ma le questionf che furono provocate dalla disposizione .di Paolo IV, e delle
quali ampii ragguagli si trovano nel Carteggio farnesiano indussero il nostro car-
dinale a rinunciare a Spoleto.
ASCANIO DELLA CORNIA, ECC. 101

bene; ma non si potrebbe altrettanto bene giustificare, data
lassenza di un valido pretesto all'atto di rigore.

Se pur vogliamo, infatti, accettare per vera la notizia
(che un solo documento a noi noto ci offre (1)) della parte-
eipazione di Ascanio al conciliabolo radunato dal Camerlengo
in sua casa, ai primi d'agosto, potremmo tutt’ al più com-
prendere, come adeguata punizione di un simile intervento,
il divieto di lasciar Roma e l'obbligo di prestare una garanzia
in danaro; ma non altro. Invero, dato il numero rilevante
di personaggi imperiali che comparvero in quella assemblea
e non ebbero, infine, altro castigo che forti riprensioni e mi-
naccie; considerato, inoltre, che il Della Cornia non proce-
dette a successivi atti di ostilità, come gli Sforza ed i Colonna,
la privazione dei feudi impostagli apparirebbe, in ogni modo,
un provvedimento eccessivo.

Senonchè Paolo IV lo legittimava anche con le prescrizioni
di uno dei primi documenti del suo pontificato, il quale non ha
fin qui rivolta a sè l’attenzione degli storici di quel periodo
se non incidentalmente, mentre a parer nostro merita, per la
data che reca, speciale riguardo. Sotto il 14 luglio 1555 ve-
niva pubblicata la bolla « Iniunctum nobis » che reca nelle
raccolte il titolo: « Rescissio alienationum et locationum quo-
rumcunque bonorum ecclesiasticorum in damnum ecclesia-
rum vel non servatis iuris solemnitatibus aut alias nulliter

(1) Im un Ragguaglio dei successi della guerra fatta tra il papa Paolo IV e Fi-
lippo re di Spagna per le cose di Napoli Vanno 1555, di cui abbiam. copia tratta
dal ms. 468 palat. della R. Biblioteca di Parma, é detto che il Camerlengo tenne
« .. un'adunanza e colloquio in casa sua ove intervennero l'ambasciatore cesareo,
Marc'Antonio Colonna, Ascanio della Cornia, li cardinali Pacecco, Mendozza e 8.
Clemente ... » Nessuna altra fonte, tra le molte alle quali attingiamo, sia edite, sia
inedite, reca la notizia relativa ad Ascanio (sebbene gli altri personaggi vengano
in molte nominati); tuttavia non é lecito rigettarla senza altro. Ma il Ragguaglio
medesimo, opera di un anonimo favorevole al Pontefice, cerca, subito dopo, di di-
mostrare che Paolo IV non puni alcuni degli intervenuti se non in seguito a suc-
cessivi atti di fellonia.
— CR E E EE EE CE
î : F. Y

",

109 G. COGGIOLA

factarum » (1). Il Pontefice, premesso che il dovere del suo
ministero lo incitava di continuo a restituire alla sua legit-
tima proprietà i beni ecclesiastici usurpati da cieca cupidigia
degli uomini, e ricordati i divieti di ogni alienazione (all in-
fuori dei casi previsti dalle leggi apostoliche) di Simmaco e
di Paolo II, seguiva con osservare che, nonostante questi
divieti, da parecchi anni si andavano verificando, sotto pre-
testo di diverse alienazioni, possessi usurpatorî di città, ca-
stelli e terre ecclesiastiche, con danno sopratutto della dignità
del Romano Pastore; dacchè, mentr'egli « antea egenis et
miserabilibus personis, praesertim nobilibus ad hanc almam ur-
bem pro tempore confugientibus, alimenta abunde submini-
Strare consuevisset, Vix se et familiam suam substentare ne
dum aliis alimenta subministrare posset, in divinae Maiestatis
offensam et ordinis clericalis opprobrium ac plurimorum chri-
stifidelium schandalum ».

Pertanto il Pontefice, non potendo passar sopra con com-
plice occhio agli inconvenienti rammentati, infirmava, rescin-
deva, annullava tutte le alienazioni, e in enfiteusi, e a censo
perpetuo, e alla terza generazione od oltre, e a vita d'uomo;
nonché le locazioni, oltre il triennio, di qualsiasi luogo ec-
clesiastico, fatte, sia pure da antecedenti pontefici, a danno
della chiesa o senza le solennità di rito, decretando che i
possessori di tali luoghi fossero costretti a restituirli su sen-
tenza dei giudici a ciò abilitati: « quoscunque judices et com-
missarios quavis auctoritate fungentes, etiam causarum Palatii
apostolici auditores et ipsius romanae ecclesiae cardinales aut
eorum collegium in quavis causa et instantia judicare et de-
finire debere ».

Per quanto la bolla trovasse il suo plausibile motivo nel-
l'obbligo incombente- ad ogni papa di tutelare, al possibile, la
integrità del dominio temporale della chiesa, obbligo che cosi
frequentemente era stato postergato dai predecessori di

(1) Cfr. Magnum Bullarium, citato, bolla 2.
ASCANIO DELLA CORNIA, ECC. 103

Paolo IV, pure la bolla stessa non parrà meno animata da

‘un intento alquanto soggettivo, se vogliasi considerare, dal-

luna parte, la successiva facilità del Pontefice nell'investire
di feudi ecclesiastici i membri della famiglia, imponendo al
sacro Collegio la approvazione dei singoli atti; dall'altra parte,
il troppo mal dissimulato risentimento contro il partito im-
periale, cui appartenevano nella quasi totalità quegli ultimi
beneficati da Giulio III senza le solennità e le formule di
rito. Certo la bolla divenne subito un'arma pronta contro
vassalli, che, sebbene minuscoli, fossero sospettati nemici; e
un esempio assai eloquente è quello del Della Cornia, il quale
appunto a Giulio III doveva l’infeudazione fattagli brevi manu
dei rammentati castelli del Perugino.

Del resto, quale giudizio si recasse subito sui possibili
effetti del decreto papale, ci mostrano anche due notevoli
brani di lettere del card. Farnese, che non può, a questo
tempo, credersi troppo malevolo verso Paolo IV (1).

Il 10 agosto, alla Duchessa di Urbino (la sorella di lui
Vittoria Farnese), a proposito di una controversia per il pos-
sesso di Vetralla con il Marchese di Massa, egli scriveva:
« Dopo la rimessione fatta in V. E. della cosa di Vetralla.....
è uscita una bolla di N. S. sopra le cose alienate, la quale
è tale che, avanti che io mi risolva a questo partito con
S. Signoria, voglio vedere come S. S.* la faccia osservare con
eli altri. E perciò sarà contenta ancor ella sospendere il suo
giudizio, acciocchè io non mi trovassi intricato con la Ca-
mera ». Evidentemente il Farnese temeva che, dopo aver
pagato una notevole somma per una transazione col Mar-
chese, allo scopo di aver fuori di contrasto il possesso di
Vetralla, questo non gli venisse poi impedito in virtù della

(1) Nelle lettere del CARO a nome del Card. Farnese stampate la prima volta
dal Comino (Padova, 1765) e riprodotte nella edizione di Milano delle opere del me-
desimo autore.
104 G. COGGIOLA

bolla del 14 luglio (1). Ma in modo ancor piü chiaro espri-
meva il proprio parere il medesimo porporato in uno scritto
del 19 agosto al cardinal Savello, aderente, con tutta la fa-
miglia, al partito imperiale.. « La controversia che pende so- x
pra il eastello di Ronchifreddo tra la signora Cleopatra, figlia È
della signora Lucrezia di Alviano, da una parte, e il sig. Bru- I
noro Zampeschio cognato di V. S. Ill.ma, dall'altra, è di na-
tura che trattandosi davanti a ms. Paolo Tarano, come si fa
di presente, ella a giudizio mio si terminerà con poca sod-
disfazione di tutte due le parti, perché ms. Paolo avrà da
riferire a N. S., il quale, come intenderà che si tratta di beni
eeclesiastiei alienati, vorrà valersi della nuova bolla pubbli-
cata e si piglierà il castello per la Camera apostolica, dove
il sig. Brunoro sarà escluso... ». Non sappiamo che cosa av-
venisse precisamente del castello di Ronchifreddo, ma, quanto
al easo del Della Cornia, non vi é dubbio che l'atto di rigore
avesse il suo effetto, daeché Ascanio stesso afferma, nel suo
manifesto dellagosto 1556, che egli fu privato per sentenza
dell’auditore della Camera apostolica, e dacché lo vedremo
rivolgere poco più tardi nella mente l' opportunità di un ri- È
acquisto violento delle terre perdute, cui credette, in seguito, |
miglior partito rinunciare.

(1) Intorno alla controversia per Vetralla, di che si fa qui cenno, sarà opportuno
ricordare quanto dice il VIANI (Memorie della famiglia Cybo. Pisa, 1808) cui si attiene
lo STAFFETTI nel suo Innocenzo Cybo, dove ricorda incidentalmente la questione
(pag. 40. Firenze, 1894); e il BRANCHI nella sua Storia della Lunigiana feudale, vol.
III, 1898, pp. 799. Il Viani ricorda come Clemente VII avesse investito Lorenzo Cybo
della terra di Vetralla, per una somma imprestata già dal card. Innocenzo Cybo a
Leone X; e come Paolo III, nemico di quel cardinale, la togliesse a Lorenzo sotto
pretesto che fosse stata malamente alienata dalla Camera apostolica. Aggiunge
che la famiglia Cybo non poté mai più recuperare la terra né il danaro, dacché
quando Alberico I (marchese di Massa per esser figlio di Lorenzo e dell’ ultima
erede dei Malaspina di quel ramo) tentò presso Pio IV, già suo amico personale, di
riaverla, non ottenne che parole. Ma il nostro documento richiama particolari sfug-
giti al Viani e al Branchi, perché ci mostra che, essendo Vetralla stata da Paolo III
concessa al nipote, questi dovette entrare in controversia con Alberico e trattar
anche per un eventuale compenso pecuniario da darsi al Marchese di Massa. Proba- |
bilmente la bolla di Paolo 1V sospeseinegoziati, dei quali non troviamo più traccia |
nei nostri appunti, durante tutto il papato di Paolo IV.

———— — ATE GERET Gent

ASCANIO DELLA CORNIA, ECC. 105

Né Paolo IV si limitò alla privazione del vassallo, ché,
a guarentirsi appunto da ogni futuro tentativo di riconquista
armata, costrinse Ascanio, come altri feudatari, a prestare
grossissima garanzia in danaro. Il Fabretti accenna a 1500
ducati di sicurtà; ma la somma, secondo risulta da fonte
più attendibile, fu di gran lunga maggiore, e cioè di 15000
scudi (1). Il versamento dovette esserne sollecito, se già il
14 dicembre il Caraffa, nel noto memoriale dato ad Annibale
Rucellai per Francia (2), poteva soggiungere: « E similmente
il sig. Ascanio della Cornia e il sig. Giuliano (Cesarini) hanno
dato grossissima sicurtà ». Minor meraviglia produrrebbe
l’altro provvediniento cui accenna il Buoncambi, cioè la for-
zata condotta dei grani del Chiusi perugino a Perugia, invece
che negli stati del Duca di Firenze. Uno dei doveri .dei feuda-
tari era quello di concedere, a richiesta del signore, le tratte
dei grani per l'approvvigionamento in pericolo imminente di
guerra; e nel caso presente lordine papale non si rivolgeva
solo in aggravio dei suoi feudatari del partito imperiale, ma
anche di quelli che godevano i maggiori privilegi. Ricorde-
remo che pure di questi giorni i Farnesi erano, per i loro
stati di Castro e Ronciglione, afflitti da un commissario stra-
ordinario per l'abbondanza, e non riuscivano a liberarsene,
nonostante i piü vivi ed efficaci uffici presso il Papa. Anzi,
avendo Ottavio opposto difficoltà al medesimo commissario
ed essendo « comparse lettere che lui era stato impedito
da S. E. di esseguire la sua commissione.. N. S. é venuto
in tanta colera che non si può imaginar maggiore et mi
vien detto che la S. S. in quell'istante ha ordinato che se
eli mandi un monito et con altre parole tutte piene di sde-
gno... » (3). Il card. Caraffa, poi, di fronte alle istanze degli

(1) Cfr. nel Processo contro il Della Cornia del 1556 (Archivio di Stato in Roma,
Archivio criminale) l'interrogatorio di G. B. Grazino che esporremo più innanzi.

(2) Pubblicato nélle Opere del DELLA Casa (Milano, Classici, 1806) vol. IV, p. 27.

(3) Lettera del Buoncambi al Duca Ottavio, da Roma, del 9 agosto 1555, nel
Carteggio farnesiano di Parma.
106 G. COGGIOLA

agenti di Ottavio, rispondeva al Duca in tono meno violento
ma assai fermo: «... V. E. non si deve meravigliare della
spedition di questo huomo per lo stato suo, atteso che, sic-
come S. S. vuole in questo caso dell'abbondautia essere ob-
bedito esattamente da tutti i baroni et sudditi di S. Chiesa,
così gli par che convenga che V. E., così come è la prima
nella benevolentia di S. S. così la sia anche prima nel pre-
stargli ossequio et obedientia; et tanto la suplico con quel-
l'efficacia che posso maggiore a voler fare prontamente per
consolatione et mitigamento dell'animo di S. S., la quale non
è poco alterata per questa causa.... » (1).

Dunque la pretesa di Paolo IV che i grani del Chiusi
andassero a Perugia nei magazzini pontifici, anzichè nelle
mani del vigile nemico dei francesi ed avversario del Papa,
il Duca di Firenze, non rivestirebbe il carattere di una mi-
sura punitiva, se non in quanto si potesse determinare che
i grani stessi non venissero già pagati (sia pure ad un prezzo
inferiore al valore), ma addirittura sequestrati. Ora, mentre
il primo caso si verificò per i Farnesi (2), le parole del Buon-
cambi: « il sig. Ascanio resta senza niente » ci fanno in-
clinare a credere che il secondo si verificasse per il Della
Cornia, sebbene ce ne manchi notizia sicura.

Comunque ciò sia, il fatto è che il capitano perugino,
ridotto, alla stessa guisa di vassalli, anche più potenti, dello
stato romano, senza i propri feudi, e vincolato da una cau-

(1) Lettera originale del card. Caraffa al Duca Ottavio, da Roma, ai 9 agosto,
nel Carteggio farnesiano dell'Archivio di Parma.

(2) Lettere del Buoncambi del 5 agosto e 22 agosto 1555 nel Carteggio farne-
siano. Dalla lettera del 5 apprendiamo che il prezzo assegnato ai grani sarebbe
stato di 7 scudi al rubbio, somma già rilevante, ma non certo eccessiva, quando si
sappia che al principio del 1556, secondo il Navagero riferiva al Senato (lettera del
15 febbraio 1556), il grano valeva a Roma 8 scudi e mezzo d’oro il rubbio, misura
che non raggiungeva le tre staia veneziane. Naturalmente si tratta di cifre ecce-

zionali, derivate dai continui timori di guerra e dalle necessità di grossi approvvi-

gionamenti. Il Papa nell’agosto di quell’anno pretese che i Farnesi, Marcantonio Co-
lonna, Paolo Giordano Orsini, mandassero ciascuno 9000 rubbia di grano; e gli altri
vassalli in proporzione dei loro feudi.
——ÓÓ€ÓÓ—————

ASCANIO DELLA CORNIA, ECC. : 107

zione fortissima a non commettere atto alcuno ostile, che
sarebbe risultato unicamente pregiudizievole ai propri inte-
ressi, dovette far buon viso a cattivo giuoco, condursi tran-
quillamente e cercare di vincere i sospetti con una condotta
remissiva, in attesa degli eventi. Se i dispareri tra il Ponte-
fice e gli imperiali, come tutto pareva indicare, avessero
finalmente portato a un conflitto, nel quale con rinnovata
lena si fossero trovate di fronte, anche nel cuore d'Italia, le
due potenze che si contrastavano legemonia d'Europa, una
buona spada, quale era quella di Ascanio, non sarebbe rimasta
certo inoperosa e uno dei due casi si sarebbe senza dubbio
presentato a lui: o correre lo sbaraglio e offrire i suoi ser-
vizi all'Imperatore, con il miraggio di riguadagnare per forza
d'armi il perduto, o mettersi a disposizione dei francesi, al-
leati del Papa, e riconquistare con un servizio fedele e con
la valentia, che i francesi stessi più volte e ancora recente-
mente (1) avevano sperimentato, la fiducia di Paolo IV e i
suoi beni. Senonché, contrariamente alle previsioni, le cose
non precipitarono con quella celerità che per Ascanio sarebbe
ormai stata desiderabile. Paolo IV, ottenuta da parte dei piü
forti feudatari diretta o indiretta soddisfazione, ricevute dai
ministri imperiali e di Filippo II ampie assicurazioni della
mente pacifica dei rispettivi sovrani (2) non poteva ragio-
nevolmente venir agli estremi senza rappresentare la figura
del provocatore a tutti i costi, mentre ostentatamente si at-
teggiava a vittima dell'altrui prepotenza. Quindi, pur condu-

(1) Nel 1553 e nel 1554, durante la guerra di Siena. Il Della Cornia fu ferito a
Montalcino nel 1553, e fatto prigioniero sotto Chiusi dai francesi nel 1554, dopo una
ostinata resistenza. Vedasi il FABRETTI, IV, p. 249-250, e il SozziNI e gli altri autori
da lui citati; nonché i più recenti illustratori di quegli avvenimenti.

(2) Cfr. in proposito due notevoli serie di lettere dell'ambasciatore a Cosimo I,
per tutto settembre e ottobre (Archivio di Firenze, Mediceo 3274); le lettere degli
agenti farnesiani a Roma per lo stesso periodo; i primi dispacci del Navagero;
nonché le relazioni che dalla Corte di Bruxelles mandava a Venezia l'ambasciatore
Badoero, (Archivio di Stato in Venezia — Dispacci di Spagna, busta I^), e in special
modo una sua lettera del 20 ottobre 1555, nella quale riferiva alcune profferte fatte
à scopo di pace dagli imperiali al Papa.
108 G. COGGIOLA

cendo innanzi con i francesi le trattative segrete, che ebbero
per risultato la nota lega dell' ottobre, anzi forse anche per
temporeggiare in attesa della conclusione e ratifica definitiva
di quella, cominciò a seguire una curiosa politica di alto e
basso, un giorno minacciando e impartendo ordini di arma-
mento per tutto lo stato ecclesiastico, se appena un atto 0
una parola degli imperiali lo offendevano, un giorno revo-
cando gli ordini e predicando il suo sincero desiderio di
pace.

Di questa alternativa (destinata, oltre tutto, a tenere a
bada gli avversari e a dar saggio agli amici delle intenzioni
della corte papale e delle forze che avrebbe avute disponibili
per ogni evenienza) se già non dessero testimonio sufficiente
i documenti che sono a stampa, derivanti direttamente dal
governo papale (1), i più ampi ragguagli troverebbe il lettore
nei carteggi degli agenti a Roma dei vari principi, quali
quello del residente veneto, del fiorentino, dell'estense, del
farnesiano. Concluso, poi, il trattato di alleanza con Enrico II,
il Pontefice, non sospettando mai più l'imminenza di quella
tregua di Vaucelles, di cui nel febbraio '56 giunse come un
colpo di fulmine la notizia a Roma (2), credeva opportuno

(1) I principali di questi documenti sono compresi nelle lettere del Della Casa
a nome del card. Caraffa nelle Opere di quell'autore (Milano, Classici, 1806, vol. IV)
e formano il precipuo materiale dello studio del Duruy più volte citato. Ma il Du-
ruy non attinse, purtroppo, agli importantissimi carteggi che noi citiamo nel testo
e che, per determinare esattamente la politica del Pontefice, hanno un valore mag-
giore assai dei primi, come facilmente si capisce.

(2) La dolorosa meraviglia che produsse la tregua a Roma (quella tregua desti-
nata, in fatto, a scontentare molti e a produrre resultati assai scarsi) è chiaramente
manifestata nelle lettere che subito il Caraffa diresse al Duca di Somma in Francia
(DELLA CASA, Opere, vol. IV, p. 90, 97); ma il retroscena dei fatti è ben delineato nei
dispacci dell'ambasciatore Badoero al Senato di Venezia, da Bruxelles. Il Papa aveva
confermato al card. Polo; l'illustre intermediario tra i due grandi Monarchi, fran-
cese e spagnolo, l'incarico di trattare, anche a nome suo, la pace: forse meno allo
scopo che la pace seguisse davvero, che non a quello di comparire dinanzi al mondo
nella sua veste sacerdotale (lettera del Badoero dell» gennaio); ma un accordo du-
raturo si era mostrato assai difficile in quel momento, nonostante la venuta del-
LlAbate di S. Saluto, mandato dalla Regina Maria d'Inghilterra e dal card. Polo a
Carlo V e a Filippo II per la ripresa delle trattative. Intanto che l'abate anzidetto
ritornava in Inghilterra con delle controproposte, prima di compire l'altra parte

————————— Von MI A menn meme

ASCANIO DELLA CORNIA, ECC. 109

rimandare a primavera quell'azione decisiva contro gli odiati
spagnoli, che già si disegnava alla sua mente, in parte an-
che (vogliamo ammetterlo) con l'aspetto di una crociata per
la liberazione d'Italia (1); e limitava gli armamenti e dava
ordine ad Ottavio Farnese, designato generale della chiesa e
di Francia in Toscana, di licenziare le genti e di tornarsene
nel suo stato di Parma (2).

Questo ai primi di novembre, e nel novembre appunto
dobbiamo collocare quel progetto, già prima da noi enunziato,
di riconquista di Castiglione del Lago, che si presentó per
un istante al Della Cornia. Di tale progetto non ci é riuscito
di trovar traccia in alcuno degli abbondantissimi carteggi
citati (e la cosa si capisce facilmente); ma la notizia ed i
particolari ci vengono offerti da un importante documento
dellarchivio criminale di Roma, in cui si contiene il « Pro-
cessus proditionis et rebellionis contra Bernardinum Gratinum
et ill. dominum Ascanium della Corgna » (3).

della missione presso Enrico II, la tregua, per mezzo degli altri negoziatori, e so-
prattutto del Connestabile, si concludeva; e in essa non era nominato il papa se
non in quanto gli si lasciava facoltà di entrarvi. Ma in corte di Bruxelles era sulle
bocche di tutti che Paolo IV aveva fatto gli offici possibili perché la tregua non
seguisse (lettera del Badoero del 1° marzo); e, a conferma della voce, giungevano
poco appresso lettere d'Italia nelle quali era chiaramente detto che il Papa avea
udito malissimo la conclusione di quell'atto, sebbene dall'Arcivescovo di Consa fa-.
cesse subito esprimere il suo rallegramento all’ Imperatore e al Re (Dispaccio del
Badoero dei 7 marzo).

(1) Come si sa, questa idea della liberazione d'Italia, che sarebbe stata fissa
nella mente del Papa, ha subìto apprezzamenti diversi da parte dei vari critici.
Certo la frase è di Paolo IV che, secondo attesta il Navagero in molti dei suoi di-
spacci, la ripeteva frequentemente con grande enfasi; sicché gli storici benevoli
al Caraffa ne trassero argomento per esaltare la generosità del Papa, ripetitore del
famoso grido: « fuori i barbari ». Ma chi senza preconcetto voglia considerare tutta
la condotta politica di Paolo IV, é tratto a ridurre d'assai quel giudizio e a dubitare
della sincerità del proposito: che, senza dubbio, farebbe assolvere il Pontefice da
molte altre e non piccole colpe.

(2) Lettera del Serristori a Cosimo, dei 2 novembre 1555. Di quest'ordine e della
anzidetta alternativa trattiamo nel lavoro già citato su I Farnesi e il Ducato di
Parma di prossima pubblicazione. :

(3) Archivio di Stato in Roma, Archivio criminale, Processi, vol. 30, c. 658 e
segg. — Oltreché al dr. F. Neri. siamo grati al dr. Andrea Da Mosto, dell'Árchivio
di Roma, il quale a nostra istanza, volle rintracciare il processo del Della Cornia
nei volumi dell'archivio criminale.
110 G.. COGGIOLA

.
Bernardino Grazino di Firenze, segretario del nostro ca-
| pitano, si trovò nel febbraio '56 colpito da una accusa di
tradimento contro il governo papale, per aver trasmesso al
Conte di S. Fiora, generale imperiale in Toscana, notizie sulla
condizione del vettovagliamento di Perugia, all’ insaputa del È
Della Cornia. Sottoposto alla tortura perchè confessasse in È
proposito maggior numero di notizie di quante nei primi e- 3
sami aveva dichiarate, sia che più non avesse a dire, sia
che più non volesse dire, volse ad altro il discorso aggiun-
gendo: « Quello in che io posso solamente essere imputato

è questo, che come servitore del signor Ascanio ho cerco in
ES tutti i modi possibili di far l'ufficio di buon servitore ». E
iS B m. qui si mise à raccontare che egli aveva consigliato il pa-

p drone, mentre lira papale gravava su lui, a partirsi di Roma
x e fuggire i pericoli che gli potevano soprastare, finché non
i 0 avesse trovato via di rientrare in grazia al Pontefice. Ascanio
do pir aveva esitato un pezzo, poi aveva determinato di fuggirsi e
De di tentare con l'armi il ricupero di Castiglione del Lago « pen-
sando che se la guerra si fosse rotta egli harebbe potuto
havere conditioni honeste con gli imperiali ». Frattanto aveva
E mandato il Grazino a considerare con quali forze si tenesse
M la rocca di Castiglione e che probabilità di riuscita presen-
e tasse l'impresa. Il Grazino rispose che, a suo avviso, non
sarebbe stato difficile il compierla; e il medesimo replicò al
i capitano Troiano Vermiglioli che il Della Cornia gli aveva
Sn successivamente mandato a Castel della Pieve, per intendersi

———

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* SE ° ; dis

|

| |

| con maggior precisione sul numero di soldati e sulle moda-
aM lità che sarebbero state opportune per il tentativo. L’ accu-

|

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— Qa
um x -
LAE GNU]

sato esponeva, a questo punto, allesaminatore le varie dili-
Wes. genze e le molte indagini compiute a quell intento, facendo
| EN ^s i . anche menzione di una polizza del Duca di Firenze, avuta

is dagli imperiali di Roma, nella quale si diceva che, se Asca-
Are qe nio avesse occupato con l'armi Castiglione, ne avrebbe avuta
(BS | una giusta ricompensa. Al che il capitano perugino, per
n mezzo del medesimo Vermiglioli testé citato, spedito a Fi-
ASCANIO DELLA CORNIA, ECC. 111
*

renze, aveva opposto che l'atto gli avrebbe procurata la
perdita dei 15000 scudi di garanzia dati al governo papale
e di qualche altro migliaio in beni mobili e in bestiami. Il
Duca aveva dato riscontro evasivo, e nel frattempo, venuti i
primi indizi di un mutamento nelle disposizioni di Paolo IV
a riguardo di Ascanio, questi aveva lasciato cadere la pratica.
Nuovi schiarimenti dava il Grazino in un successivo inter-
rogatorio sugli accordi tra lui e il capitano Vermiglioli per
l'impresa ricordata; ma nulla aggiungeva che mutasse so-
stanzialmente il già detto.

In complesso, parecchi dei fatti attestati dal Grazino do-

^ yevano corrispondere alla verità, per quanto Ascanio stesso,

scolpandosi nell'agosto 1556 della nuova imputazione di tra-
dimento e ribattendo i vari capi del monitorio papale, in cui
anche il tentativo di Castiglione era richiamato, scrivesse: (1)
« Si dice prima nel monitorio che trattai nei mesi passati
di oceupare la rocca di Castiglione del Lago, della quale si
presume che io sia stato privato per sentenza dell uditore
della Camera apostolica, come non si sapesse cosa fosse la
roeca di Castiglione del Lago e si potesse credere che fosse
una fortezza da far pensiero di alzarsi con essa in mezzo
delle forze del Papa e darla in mano di altri che in quel
tempo ne avesse preso cura; che quando fosse stata tale piü
verisimile a credere saria che io avessi fatta resistenza di
uscirne, che, uscitone bonariamente per la porta, come io
feci, cercar poi di rientrarvi per le mura. Ma io non so
perché voglia affaticarmi intorno alla giustificazione di questo,
essendone stato processato con tutte le diligenze ed arti pos-
sibili e fino con aver dato infiniti tormenti e tratti di corda
ad un povero mio segretario, da che ognuno puó apertamente
conoscere se io ne rimasi innocente, aggiungendosi massi-
mamente che, dopo aver i ministri di S. S. fatta. anatomia
delle mie azioni cosi sopra questo mio particolare come il

(1) Cfr. FABRETTI, 0pera citata, vol. V. (Documenti p. 614).
112 G. COGGIOLA

resto della vita mia fin dal di che nacqui, mi diede S. S. il
carico di generale della cavalleria, il che non è da credere
che avesse fatto se si fosse trovato cosa contro di me per
la quale fosse potuto dubitarsi della fede e sincerità mia,
sebbene per sua benignità gli fosse parso di perdonarmi,
come si dice nel monitorio ».

Questa dichiarazione del Della Cornia non è in con-
trasto inconciliabile con i resultati dell'esame del Grazino;
ma può servire a determinare nei suoi giusti confini la ve-
rità. È indubitato che il Papa, anche dopo il processo del
febbraio '56, si indusse ad affidare un importantissimo carico
militare ad Ascanio; ed è pure indubitabile che per sola
benignità non sarebbe passato sopra ad una colpa di tradi-
mento; ma non è da dimenticarsi che poteva averlo reso
indulgente ad una condotta, che egli pur avesse giudicato
colpevole, per quanto leggermente, il fatto che in seguito a
quella condotta e prima del processo in cui essa era venuta
in chiaro, il capitano perugino aveva servito con valore e
con fedeltà il Pontefice nella spedizione contro il Conte di:
Bagno.

È innegabile, d'altronde, che il Grazino, sebbene parlasse
sotto lo spavento della tortura (istituzione che Paolo IV re-

golava con norme ancor più.rigorose del passato (1)), non
poteva di sana pianta aver inventato e il disegno dell’ im-
presa e tutti i particolari, minutamente esposti e in parte
controllabili. :

Sarà da ammettersi che egli, pur riversando sopra di
sé buona parte della responsabilità del tentativo, non ne
scaricasse abbastanza e secondo l'esatta verità il padrone;
ma più oltre non è lecito arrivare. Ascanio stesso, classifi-

-

(1) Cfr. la costituzione 7 registrata nel Bullarium Magnum « ... statuimus et
ordinamus ut nullus qui ex indiciis contra eum laborantibus iure torquendus veniat
seu de quo dubitatur, dum de indiciis huiusmodi an ad torturam sufficientes sint
disputatur, quousque per torturam indicia ipsa purgaverit... sub quavis cautione
a carcere relaxetur... ».
ASCANIO DELLA CORNIA, ECC. 113

cando per ridicola l’idea che egli potesse presumere di farsi
minaccioso in Castiglione in mezzo alle forze del Papa e nelle
condizioni di quel momento, esclude, tutt'al più, che il solo
ritorno della grazia del Pontefice gli facesse abbandonare il
pensiero, non già che esperisse qualche indagine conducente
alla conclusione accennata. Sicchè è probabile ritenere che
le cose passassero press'a poco cosi. Il segretario, forse con-
sigliato ed incitato dagli imperiali di Roma (con i quali man-
tenne le relazioni destinate a condurlo nel 1556 al processo),
sollecitó Ascanio a romperla addirittura con il Papa, rap-
presentandogli le circostanze già da noi accennate e facen-
dogli balenare la speranza di un forte appoggio da parte
appunto del Duca di Firenze e degli imperiali, nonostante
il momentaneo stato di tranquillità che nel novembre pareva
succeduto alle bellicose impazienze dei mesi trascorsi. Ascanio
dubitó un pezzo, perché, senza dire del pericolo di compro-
mettere irremissibilmente il futuro se l'impresa non fosse
riuscita, certa era intanto la perdita della grossa garanzia;
ma non seppe alla fine negare allo zelo del suo segretario
una preliminare ricognizione a Castiglione del Lago, la quale,
mentre poteva fornire elementi sicuri per una ulteriore de-
liberazione, in niun modo costituiva delitto di tradimento
verso quel pontefice che avea, senz'altro plausibile motivo
che il sospetto, trattato il Della Cornia da nemico dichiarato.
Il Grazino compì il suo ufficio di esplorazione e giudicò della
possibilità dell'impresa con un ottimismo naturale in lui, ma
non così facilmente trasfondibile nel padrone, più pratico del
mestiere e conscio non solo delle difficoltà di un colpo di
mano sulla rocca, ma anche, e forse più, di quelle del man-
tenimento dell'acquisto. Ond'é che Ascanio, poiché non gli
era concesso di uscir di Roma, affidó al capitano Vermiglioli,
uomo d'arme ed esperto, l'incarico di controllare gli asserti
del segretario e verificare quanto di vero e di solido ci fosse
nelle assicurazioni e nelle profferte del Duca Cosimo. Il Ver-
miglioli andó, vide lo stato delle cose, trattó con il Grazino,
114 G.

COGGIOLA

ebbe trattative con il Duca di Firenze e riferì al nostro ca-
pitano il suo parere, probabilmente favorevole all'impresa.

Ma questi non si lasció ancora indurre a tentarla, mal
credendo alle parole dell' accorto principe mediceo, che, men-
tre preparava le sue forze per far progressi in Val di Chiana E:
contro i francesi, dava assicurazioni e dimostrazioni di osse- a
quio al Papa, e protestava di non voler agire ostilmente a ;
danno dello stato della chiesa (1). Infine, siccome Cosimo
tergiversava e veniva così a mancare l'incentivo principale
alla mossa, Ascanio lasciò cadere l’idea, forse ancor prima
di sapere per cosa certa che il Papa si sarebbe valso di lui.

Questo, che è punto di qualche importanza, ci par re-
. sulti, oltrechè dal complesso delle ragioni più in alto allegate
(e specialmente dalla mancata incriminazione di Ascanio i
nel '56, in seguito agli esami del Grazino), anche indiretta- E
mente dal fatto che, prima del termine di decembre, quando
ancora Paolo IV non gli aveva dato l'ordine di marciare
contro il Conte di Bagno, il Della Cornia trattava con l am-
basciatore veneto per un eventuale passaggio al servizio dei
Veneziani, mostrandosi affatto disimpegnato da ogni altra
impresa.

Di una simile trattativa, che non procedette, per il suc-
cedersi ‘degli avvenimenti, oltre una prima «generale offerta
ed una pur generica accettazione, crediamo opportuno tra-
Scrivere i documenti rimastici, dei quali uno ha speciale in-
teresse per la breve autobiografia del Della Cornia che vi
si contiene.

Già il 7 dicembre il Navagero riferiva che Ascanio, nella
presunzione che solo una proposta di soldo militare a Vene-

(1) Cfr. una lettera del segretario Titio al Duca di Firenze degli 11 dicembre
(Archivio di Firenze, mediceo 3274); lettera del Navagero del 14 dicembre 1555, dove
riferisce che il Duca di Firenze, movendo gente alle frontiere per aleuna impresa
contro i francesi, aveva mandato ad avvertire il Papa che nulla intendeva fare
contro di lui; lettera dei 30 dicembre di Paolo Vitelli al Duca Ottavio Carteggio
farnesiano) nella quale da Città di Castello lo informava dell'arrivo dell'ambasceria
straordinaria mandata da Cosimo a Paolo IV.
| ASCANIO DELLA CORNIA, ECC. 115

zia avrebbe potuto indurre il Papa a scioglierlo dall’ obbligo
di residenza in Roma, aveva fatta a lui una domanda a quello
scopo (1). « ... È venuto (diceva) questi di a visitation mia
il sie. Ascanio dalla Cornia, et doppo li comuni officij pieni
di laude et di grandezza di quell’illlmo stado mi si offerse
tutto al servitio di V. S., dicendomi in questo proposito che,
se non haveva havuto altra heredità da papa Julio III suo
zio, haveva havuto almeno questa sua singolar divotione
verso V. S., alla qual quando piacese servirse dell’opera sua
se gli offeriva in ogni suo bisogno anco soldato et capetano
di soli 100 fanti volerla servir, sperando che V. S., come
prudente et savio Principe che è, vorria haver arico rispetto
all’ honor suo; et che, per parlar con me liberamente, mi
volea dir che, tentando col Pontefice di esser liberato di
poter, quando non piacese a sua Santità come a suo legit-
timo et natural patron et signor de tenerlo a suoi servitij,
andare con l' essercitio suo che sono le armi a procurar il vi-
vere et l’ honor, li era sta fato intender da alcuno delli confi- :
denti del Papa che difficilmente haveria licentia da sua San-
tità se non si rissolvesse andar ai servitij della Signoria di
Venetia. Il che, essendo quello che haveva sempre desiderato,
me lo haveva voluto far intendere a fine che con quel miglior
modo che potessi, havendo rispetto al’ honor suo, lo facesi
intender a V. S., come faccio ».

A. questa lettera il Senato, in data 14, faceva rispondere
cosl (2):

« Tra laltre cose che havemo veduto nelle lettere vo-
stre de 7 ultimamente ricepute è stato l'officio che havea
fatto con voi il sig. Ascanio Dalla Cornia pieno di riverente
affettione verso di noi et di desiderio di venir alli servitij
nostri; per la qual cosa havemo voluto farvi le presente
commettendovi col Senato che, datavi quell'occasione che vi

1

(1) Lettera del Navagero (Codice marciano, VII, 1097).
(2) Archivio di Stato in Venezia, Senato-secreta, vol LIX, 1554-1555.
»

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UR SR. 5

x

116 G. COGGIOLA

parerà opportuna di trovarvi seco, introducendo il parlar
Vostro dall'offerta dallui prontamente fattavi di volerse con-
dur a questo servitio, dobbiate intender, con modo conve-
niente, mostrando di farlo come da voi, quelle conditioni
con le quale veneria a servirne che siano honeste et conve-
nienti, il che da voi fatto ed essequito, secondo il solito vo-
stro, prudentemente et deligentemente ne darete notitia di
quanto che vi occorrerà. (De parte) 175 — (de non) 27 —
(non sinceri) 5 ».

E il Navagero, colta l opportunità secondo gli avvisi
del Senato, compiva la commissione e ne esponeva il 21 di-
cembre i resultati (1).

< .. Heri il sig. Ascanio dalla Cornia fu a visitation mia
et doppo che mi disse della sententia che ha havuto contra
delli suoi stati et frutti et che seben questo gli saria di molto
danno pur che più li dolea che S. S. lo tenesse qui impegnato
con la pieggiaria che li fece dar di non partir di Roma,
entrò a dir della riverentia che porta a V. Ser.tà et dell’a-
micitia che ha sempre havuto con li suoi ambasciatori, il
che mi diede opportuna occasione di esseguir quanto mi
commette V. Ser.tà, onde io dissi che volea accrescer questa
amicitia et che desiderava un giorno fargli qualche appiacer
et che me seria grato intender havendomessi già offerto tanto
prontamente con che conditioni esso veniria alli servitij di
V. Ser.tà quando fusse la occasione.

Rispose: signor Ambasciador è tanto il desiderio ch'io
ho come già dissi di servir quella - ser.ma signoria che in
un bisogno la servirei ad ogni fozza con cargo et senza per-
ché son italiano et conosco che quell' ill.mo Dominio è l'honor
d'Italia et anche perch'io son certissimo che quelli signori
sapientissimi et giustissimi, vedendo il mio buon animo, non
me mancheriano; ma per risponder a quello che la Sig.ria

(1) Lettere del Navagero, codice citato.

iOS po n i St

———
ASCANIO DELLA CORNIA, ECC. . 117

vostra m'ha proposto, et gli narrerò li carichi che ho havuti
et li manderò ancho le scritture autentiche che li compro-
berano et poi mi rimeterò al giudicio di vostra Sig.ria (per
dir le sue parole) et di quei signori ill.mi, perchè non posso
dubitar che non siano per aver rispetto all’ honor mio: et
qui disse che Papa Giulio III suo zio lo fece capitano della
guardia, il ser.mo Re de’ Romani lo condusse con m./ 3 scudi
all’anno in tempo di pace et in tempo di guerra con carico

‘di far m./ 4 fanti italiani over quei cavalli leggieri che fusse

besogno, da esser pagati secondo l'ordinario et alla persona
sua quell'augumento che fusse conveniente et che non fusse
ubligato obedir ad altro che a S. M. et al Ser.mo di Boemia;
fu poi alla guerra de Siena di commandamento del Re de' Ro-
mani et fu capitano general della fantaria italiana, il qual
carrico li fu dato dal Viceré di Napoli all’ hora general della
impresa et confermato dal Duca di Fiorenza con provision
di 300 scudi al mese per la sua persona et 200 per 20 lanze
spezzade; et ultimamente Papa Giulio lo fece custode gene-
ral di Roma con amplissima auttorità, solamente l'obligava
ad usarla con il consenso del sig. Duca d' Urbino, all’ hora
general della Chiesa, con provision di m./ 4 scudi l anno
oltre quella ch'havea come capitan della guarda, il qual
cargo gli fu confirmato dal sacro Collegio le due ultime sede
vacanti; concludendo infine che havendossi esso trovato in
molte imprese con carico de fanti ne conosceva infiniti et
era assai amato da loro, onde, se ben anco a cavallo spere-
ria non esser inutile, pur che il commandar a fanti li piace-
ria più, et disse che havea voluto nararmi le conditioni che
havea havute perché quelle dimandassero per lui a signori
giusti et savij: ché esso non voria esser stimato arrogante:
ben disse che quando V. Ser.tà si servisse della sua persona
spereria portarsi di modo per l'utile et honor suo che ella
si contenteria della sua servitü. Non vene ad altro particu-
lare, ma per quando io ho possuto comprender sua Sig.ria
vorria dimandar il capitaneato della fanteria... ».
i NE D

4

cri gr pen TOTTI

M

E MESES.

G. COGGIOLA

Fatte queste dichiarazioni, Ascanio avea confidentemente
aggiunto all’ambasciatore un suo giudizio sulle forze di Roma
in quel tempo, sulle difficoltà di provvedere ad una efficace
difesa della città, se mai gli imperiali avessero risoluto di
romper la guerra, e sugli altri principali argomenti del
giorno.

Licenziatosi, poi, con le solite proteste di riverenza, avea
mandato le sue patenti autentiche, dalle quali era risultato
verissimo quanto a voce aveva esposto dei carichi militari
coperti nel passato.

Quanto alla commissione data dalla Signoria al Nava-
gero di intavolar pratiche con il capitano perugino per con-
durlo ai servigi della Repubblica, non è difficile capire quali
considerazioni politiche l’ avessero suggerita.

Il nuovo fuoco, che minacciava di accendersi in Italia
per la partecipazione, ormai inevitabile, del Papa alla lotta,
la quale un po’ alla stracca durava tra francesi e spagnoli,
richiedeva, adesso più che mai, che Venezia provvedesse ad
una ben munita neutralità, unico mezzo atto a tenerla in

reputazione e a far di essa la potenza arbitra, quasi, della

situazione futura. Solo un poderoso apparato di forze poteva
metterla in grado di mantenersi in un sicuro isolamento per
qualunque eventualità e di ristabilire l'equilibrio in Italia fra
i due Re contendenti, se mai l'occasione fosse venuta. Ve-
nezia negherà più tardi di accedere a quella lega tra Chiesa
e Francia costituita con lo specioso titolo di alleanza per la
liberazione d'Italia; negherà ugualmente il suo appoggio
agli imperiali; e sarà tuttavia come il punto centrale a cui
convergeranno entrambi i contendenti, appunto per il ri-
spetto che incutevano ancora, oltrechè l’ abilissima sua po-
litica, le considerevoli forze che essa manteneva in terra e
in mare (1). Così si spiega come dal Navagero si facesse in-

(1) Interessantissimi, sotto questo riguardo, sono parecchi documenti dell'Ar-
chivio di Stato di Venezia, dai quali si ricava esattamente l'abilità della Repub-
ASCANIO DELLA CORNIA, ECC. s 119

terpellare il Della Cornia, capitano di grido, in seguito alla
sua offerta; così anche trovano giustificazione le voci, che in
quel tempo corsero, e che non erano del tutto insussistenti,
di una possibile condotta del Duca d'Urbino ai servigi della
Serenissima (1). Ma Guidubaldo della Rovere trovó piü con-
veniente iniziare, come i Farnesi, pratiche d'accordo con
eli imperiali, scontento del Papa e dei suoi alleati di Fran-
cia (2); Ascanio della Cornia fu costretto a non dar seguito
alla trattativa per la chiamata del Pontefice.

Questo mutamento delle disposizioni di Paolo IV verso
il nostro capitano non può, a prima giunta, non recare un po’
di maraviglia, per quanto il lettore sia già avvertito che,
nulla essendo trapelato del disegno di riconquista di Casti-
glion del Lago, il Della Cornia da parecchi. mesi doveva
comparire, e al Papa e alla corte, affatto sottomesso e rasse-
gnato; ma la meraviglia cessa, poi, del tutto d'aver luogo,

blica nel dar cortesi parole a gli uni e agli altri, evitando di continuo di impegnarsi
anche minimamente. Purtroppo una deplorevole lacuna della piccola importante
serie dei Commemoriales seu Pandectarum libri, proprio per gli anni 1556-°59, ci
toglie il mezzo di conoscere, persin nelle minuzie del gesto, l'esposizione che il
card. Caraffa fece nel 1556 della sua ambasceria alla Serenissima; ma nella parte
che di quei libri rimane, nelle Esposizioni Principi e nelle Deliberazioni segrete
del Senato c'è tanto da permettere di ricostruire l'esatta cronaca delle precedenti
ambascerie del Card. di Lorena e del Marchese di Montebello, chiedenti l’adesione
di Venezia alla lega; e così la minuta storia dei tentativi, in senso contrario, dei
ministri e inviati imperiali. Intorno a questi tentativi danno poi molta luce alcune
lettere cifrate del Badoero, di Bruxelles, scritte nel maggio '56, nelle quali trasmette
le profferte fattegli direttamente per un'alleanza difensiva da alcuni dei principali
membri del Consiglio segreto dell'Imperatore.

(1) Cfr. una lettera dei 30 novembre del Navagero, nella quale riferisce la
comunicazione, fattagli fare dal Duca d'Urbino, del suo partirsi dal servizio del Papa,
la qual cosa gli riusciva grata sopratutto per la facoltà che gli concedeva di pas-
sare eventualmente al servizio della Signoria. Cfr. anche il decifrato di una lettera
di Paolo Vitelli al Duca Ottavio, dei 20 dicembre, di Rimini (Carteggio farnesiano)
« Dice il Duca di Ferrara che se il Duca di Urbino non si accomoda con Venetiani,
il che potrebe non gli sucedere, che harà fatto cattiva risolutione... » Cfr. infine,
un dispaccio del Badoero del 22 febbraio 1556, in cui dava conto dei sospetti nati
in corte a Bruxelles sulle intenzioni della Repubblica « vedendo tanto più il trattar
che ella fa di condurre il Duca d'Urbino ai suoi servizi ».

(2) Cfr. in proposito: DuRuv, opera citata, p. 104, dove tratta della questione
valendosi di alcuni documenti inediti.
G. COGGIOLA

quando si considerino le circostanze che aecompagnarono e
determinarono il nuovo provvedimento.

Alla metà di dicembre Paolo IV, perseverando nel dise-
gno di abbassare i vassalli inchinevoli al partito imperiale
e da questo sorretti, mandava un monitorio al Conte Gio.
Francesco di Bagno (1), rimettendo in piedi una grave ac-
eusa che risaliva al tempo di Giulio III; e gli intimava di
andare a Roma a scolparsi. Si trattava di un assassinamento
per furto commesso nel suo territorio, da lui, a danno di al-
cuni francesi; cosa ancor piü comune a quei tempi che adesso
e che, in quel continuo movimento di indisciplinate soldate-
sche, passava spesso inosservata. Ma al fiero pontefice forni
un ottimo pretesto la prepotente azione del Conte per ini-
ziare una di quelle cause i cui effetti erano facilmente pre-
vedibili. Infatti, invece di presentarsi, il Conte di Bagno,
immaginando certa la condanna e temendo dell esecuzione,
aveva subito messo gente nelle sue castella « et chi dice
che son dello stato del Duca di Fiorenza et chi delli suoi vas-
salli medesimi » (2). Non ci voleva di più per destare tutta
lira di Paolo IV!

In attesa della venuta dell’ esercito francese, che En-
rico II, giusta i capitoli della lega, doveva mandare in Italia
per cacciarne gli spagnoli e compiervi (così credevano) una
vera trasformazione politica, ecco presentarsi l'occasione di
togliere i primi inciampi che forse si sarebbero opposti nel
territorio della chiesa al cammino di quelle, ecco quindi de-
cretata una forte spedizione militare contro il ribelle. Ma la
decisione richiedeva di essere accompagnata da speciali cau-
tele. Il provvedimento del governo papale contro il feuda-

tario coincideva con la partenza del Cardinal di Lorena da

(1) Cfr. tutti gli storici del periodo, quali l'ADRIANI, il PALLAVICINO, il Bno-
MATO, il Nonzs, per non citare le varie relazioni degli ambasciatori a Roma! dei
quali adoperiamo in questo studio i carteggi.

(2) Lettera citata di Paolo Vitelli ad Ottavio, dei 20 dicembre ‘55, da Rimini.
(Carteggio farnesiano).
TRIENNIO

ASCANIO DELLA CORNIA, ECC. cJ 121

Roma (1). Dati i rapporti anteriori tra il Pontefice e gliim-
periali, trà lui ed i ministri francesi, un osservatore, per
quanto poco accorto, sarebbe. stato naturalmente tratto a
stabilire una qualche relazione tra i due fatti contemporanei.
È vero che Paolo IV, adoperando le forze per espugnare i
castelli del conte, non faceva che punire uno dei suoi sud-
diti, il quale aveva calpestato la sua intimazione di presen-
tarsi al tribunale di Roma; ma certo, perché egli, dopo l’ in-
tesa con l'ambasciatore cesareo di deporre le armi (2), si
inducesse a spedire ai confini settentrionali un corpo di mi-
lizie, che, urtando eventualmente contro soldatesche spagnole
o del Duca di Firenze, avrebbero potuto facilmente dare
origine a nuovi dissensi, doveva aver avuto dall'inviato regio
assicurazione formale di pronti soccorsi in caso di bisogno.
Il semplice sospetto di un accordo simile, fatto balenare alla
corte di Bruxelles, era sufficiente a provocare di là un ordine
immediato al Viceré di Napoli ed ai capitani di Toscana di
muoversi decisamente su Roma, dove rimanevano ancor vivi
nella memoria di molti gli orrori del sacco del 1591 (3). Ora,
siccome l'adempimento, per parte di Enrico II, dei capitoli
della lega richiedeva un tempo assai più lungo che non la
raccolta delle truppe sempre in essere nel regno e attorno
a Siena, una sana prudenza suggeriva al governo papale
dall'una parte di togliere via, al possibile, tutti i dubbi che
le informazioni degli agenti di Roma avessero fatte o fos-

(1) Vedi lettera del Navagero degli 11 gennaio 1556, in cui annunzia alla Si-
gnoria l'imminente arrivo di Lorena; il quale veniva poi accolto in Venezia con le
solennità che ci sono descritte nel I vol. dei Cerimoniali del R. Archivio di Stato.
Cfr. anche una lettera del Montemerlo da Venezia al Duca Ottavio, dei 9 gennaio
1556 (Carteggio farnesiano).

(2) Cfr. lettera del 15 ottobre 1555, di Bartolomeo Cavalcanti al Duca Ottavio
nelle Lettere di lui, pubblicate dal Ronchini (Bologna, 1869, n. 48).

(3) Cfr. il già citato brano di lettera del Vitelli del 20 dicembre al Duca Otta-
vio: « Il Duca di Ferrara tiene che il Papa non possa più accordarsi con gl'impe-
riali e che il Re sia per farne a suo modo, e teme che gl'imperiali, conoscendo
questo, non levino le mani innanzi et facino qualche grave danno al Papa per la
banda di Perugia; nel medesimo modo parlano Lodeva e il card. di Ferrara ».

e
ME mimm mee Imm qme
" Y

ZZZ - TIL

199 G. COGGIOLA

lippo II (1), dall'altra di curare di sottomano una sollecita
ed efficace preparazione di mezzi militari. Al primo compito
soddisfaceva il card. Caraffa con una abilità da diplomatico
provetto, e pure nel disimpegnare il secondo dava saggio
delle sue attitudini di governo, meravigliose in quel soldato
di ventura di ieri.

Della sua accortezza politica nel cercar di dissipare i
sospetti è testimonio una importante lettera di lui all'Arci-
vescovo di Consa, nunzio pontificio presso Carlo V, dei primi
di gennaio. Il documento, che non ci dispiacerebbe attribuire
alla penna del Della Casa (2) è rimasto ignoto al Duruy ;

(1) Quasi tutti i dispacci del Badoero, di Bruxelles, di questo periodo fanno
cenno di una quantità di reclami mandati alla corte, non solo dai principali ministri
dell'Imperatore in Italia, ma anche da molti cardinali del partito spagnolo contro
la condotta di Paolo IV. Notevole in proposito un dispaccio del 5 dicembre 1555 in
cui l'ambasciatore veneto dà conto di lettere venute dalla Toscana e da Roma de-
nuncianti le pratiche del Papa con i francesi. In un dispaccio del 5 gennaio 1556 é
detto che in corte il Marchese di Sarria, ambasciatore di Carlo V al Papa, per il
suo costante ottimismo sulle intenzioni di Paolo IV, era stimato universalmente più
buono che abile.

(2) Notiamo che, essendo la lettera del'8 gennaio 1556, nessuna ragione crono-
logica osta alla attribuzione nostra; anzi, siccome tutti i documenti di questo pe-
riodo, datati da Roma, sono dovuti al Della Casa, nulla di più naturale che a lui
appartenga anche il presente. Se poi si domandasse come mai non si sia trovato in
alcuno dei mss. che servirono alle varie edizioni delle opere del Delia Casa, la ri-
sposta potrebbe essere la seguente. I registri originali della segreteria papale erano
evidentemente distinti a seconda della destinazione delle lettere e della qualità loro:
cioé registri di corrispondenza con la corte francese e con i ministri papali in
Francia, e registri di corrispondenza con la corte imperiale e con i ministri ponti-
fici in Bruxelles. Orai codici che servirono alle edizioni del Della Casa derivavano

solo dai primi registri; tanto é vero che, mentre dal documento nostro apparisce
che vi debbono essere altre lettere anteriori del Caraffa all'Arcivescovo di Consa,.

nelle stampe troviamo esclusivamente la corrispondenza con la Francia. Di qui una
lacuna abbastanza ampia, che potrà forse essere colmata quando i possessori dei
mss. del Della Casa si decideranno a soddisfare la legittima curiosità degli studiosi.
Alnostro ragionamento si obietterà che nelle edizioni rinveniamo pure una lettera
degli 11 agosto 1555 all'Arcivescovo di Consa; ma é da avvertire che essa porta la
nota seguente « questa parte della lettera non andò, ma N. S. commise che la let-
tera fosse inasprita, come si vede ». Si tratta, dunque, di un abbozzo e, per di più,

in principio di un volume. La nota annullava il documento, la cui ultima redazione,,
giacché nella raccolta a stampa non si trova, non appariva nel medesimo registro,

sero per far nascere nellanimo dell'Imperatore e di Fis
mm

STRAIT Vy UTR
» 2)

ASCANIO DELLA CORNIA, ECC. 123

ma merita di venir conosciuto come ricco di notizie atte ad
illustrare anche gli avvenimenti di che dobbiamo occuparci.
Esso nella prima parte ci fornisce chiara luce sulla venuta
dei due plenipotenzari francesi a Roma, il Tournon ed il
Lorena, dicendo nettamente la missione pubblica ed essi af-
fidata, che doveva servir di coperta agli incarichi segreti
ben conosciuti. Ma poi apprendiamo che, per dar maggior
colore di verità alla missione pacifica dei cardinali, il Papa
aveva fatto correre la voce di voler spedire alla corte di
Bruxelles il conte di Montorio (1), con incarico ufficiale di
trattare un definitivo accordo tra i due principi; notizia
sconosciuta affatto al Nores e al Duruy (2). Ma l'inizio di

usufruito per le lettere dirette in Francia, ma in un altro destinato a contenere la
corrispondenza con la corte dell'Imperatore. Ed a confermare con un'altra prova che
le lacune delle edizioni hanno la loro prima causa nella varietà dei registri originali,
possiamo dire che, mentre le edizioni limitano le lettere di ufficio del Della Casa
all'aprile ’56, ci consta, da una notizia del codice parmense palatino 653 esservi
stati, durante l'assenza del card. Caraffa in Francia, dal maggio all'agosto 1556, due
registri di lettere l'uno « inscritto Registro di lettere pubbliche scritte da mons.
Della Casa in nome del Duca di Paliano; l'altro intitolato « Registro di lettere e
scritture segrete scritte da mons. Della Casa etc. ». Così é lecito asserire che tutte
le lettere del Duca di Paliano al Caraffa del periodo citato, edite dal Duruy nell’ap-
pendice dell’ opera sua, sono dovute alla penna del Della Casa; e difatti esse nel
ms. XXVI, LV, della Casanatense formano un corpo solo con tutte le altre, scritte
a nome del card. Carlo dal Della Casa, fino all'aprile 1556.

(1) Notevole é che nei dispacci del Badoero, da Bruxelles, di questa promessa
spedizione del Conte di Montorio non é fatto cenno alcuno. Data l'accuratezza e la
minuziosità abituale dei resoconti del Badoero (come di tutti gli inviati dalla Re-
pubblica), l'assenza della notizia fa sospettare che solo in qualche lettera, prece-
dente quella da noi in parte trascritta, e fuggevolmente si annunziasse alla corte
il proposito di Paolo IV.

(2) Cfr. una lettera del Serristori a Cosimo I, da Roma, dei 23 novembre 1555
(Archivio di Firenze, mediceo 3274) « ...par che S. S. sia d' animo di voler mandare
alla corte cesarea il sig. Conte di Montorio, havendo detto al sig. Ferrante di San- .
guine che sia qui fra otto giorni, volendo che vadia seco, che quando questo fosse si
potria sperare che andassi con qualche buona resolutione di questi negotii... » Fer-
rante di Sanguine, parente del Papa, qui nominato dal Serristori, fu invero mandato
alla corte di Bruxelles, alla quale doveva ripetere le medesime assicurazioni che i
nipoti di Paolo IV facevano fare per mezzo del Nunzio. (Cfr. dispaccio del Badoero
del 15 gennaio 1556). Egli poi rimase fino al termine di maggio (Lettera del Badoero
del 23 maggio) e tornato in Italia, quando già le cose si disponevano ad aperta rot-
tura, servì spesso da intermediario tra il Papa ed il Viceré di Napoli.
124 G. COGGIOLA



simile trattativa va ricercato in precedenti lettere, giacchè
qui se ne parla come di cosa divenuta ormai impossibile
per il sopravvenire di nuove ciscostanze (1). « ... La venuta
del Conte di Montorio a S. M. era come ferma nella mente
di S. B., non per levare i sospetti, i quali sono frivoli e vani
e si levaranno per se medesimi, come quelli che non hanno
alcuna sostanza, ma per trattar la pace, la quale N. S.
desidera e procura inanzi ad ogni altra cosa. Ma poi havendo
il Duca d' Urbino chiesta licenza e movendo il Duca di Fio-
renza di nuovo guerra in Toscana con le forze anco di que-
sti signori del regno contro il volere di N. S., e vedendosi
anco la ribellione del Conte di Bagno, minimo vassallo della
sede apostolica, ma pur posto in terra di confini dove parea
che potesse esser sostentato da chi si sia, S. B. non ha
potuto fare di non perdere molto di quella speranza ch'havea
conceputo di poter fare frutto nel trattato della pace e
oltre a questo è stata costretta di sospettare delle sue terre
medesime vedendo andare attorno nuove armi. E così è stato
necessario fare generale il Conte in luogo del Duca e di so-
spendere la venuta di S. E. a loro Mà E per questi nuovi
moti d'arme siamo necessitati a sospendere e provedere di
nuove.fanterie per sicurezza e contento dei nostri popoli, la
qual cosa si è fatto con molto dispiacere di S. S. B. ma,
come V. S. può pensare, ma se altri piglia a sospetto le pa-
role ed i segni, ché non possiamo noi haver gelosia dei fatti?
Né perció abbiamo messo insieme tante forze che possino
mostrare altro dissegno che di difenderci e tenere i nostri
popoli contenti, come io ho detto che cosi par che ricerchi
la prudenza delli stati. Ho voluto dare tutto questo conto

(1) Difatti nel ms. XX, VI; 55 della Casanatense, citato dal Duruy (Notice sur
les sources, in principio della sua opera), troviamo cenno di lettere scritte al Nuncio
il 27 settembre e il 26 dicembre 1555. Ma altre certo ne furono scritte, anche se vo-
gliamo giudicare dalle frequenti menzioni che il Badoero fa di relazioni, eseguite
per incarico del governo papale, dell'Arcivescovo di Consa all'Imperatore e al Re
Filippo. Della lettera, citata or ora, del 26 dicembre si ha riscontro in uno scritto
del Badoero del 15 gennaio 1556.

t; ptem
v; Ptr term

ASCANIO DELLA CORNIA, ECC.

a V. S. per sodisfare al zelo ch'io veggo in lei di conser-
vare la buona corrispondenza che è fra N. S. e quelle M. e
non per altro effetto, certificandola che S. B. e tutta voltà
alla santa reformatione, pensiero tanto alieno anzi tanto con-
trario alla guerra quanto V. S. veramente conosce, che l'uno
non può stare con l’altra, e già ha cominciato a dar fuor
forma a sè medesimo annullando quasi in tutto ogni emolu-
mento che venisse a questa santa Sede per via del Datario,
la qual diminution di rendite può dar certezza che non si
pensa a guerra, massimamente con tanta povertà et inopia
della Camera apostolica quanta S. B. ha trovata per colpa
dei tempi passati. Disponghinsi pur loro M. di fare a prin-
cipi christiani a che Dio benedetto ha largito tanto della sua

‘grazia, che troveranno in S. B. quel paterno. zelo, ardente

verso di loro, che essi medesimi potranno desiderare mag-
giore. E questo è il vero e certo modo di rasserenare gli
animi tutti et levar via tutto et in perpetuo tutte l'ombre
che li spiriti maligni ministri di Satana vanno spargendo
e per questa e per quella corte derivandole dalle tenebre, che
loro vedranno nellanimo di N. S..piü lucido di ogni cri-
stallo sì come ella è stata et è usata sempre. Il sopradetto
Conte di Bagno have aspettata l'artiglieria prima che si sia
reso in Gathio, poi se n'é ito ad alcuni altri luoghi che tenea
dove non potrà fare molta difesa... » (1).

L’ accortezza del Caraffa, resa con arte assai fina dal
segretario, apparisce, a chi conosce il retroscena dei fatti, in
tutti i più minuti particolari.

Assai probabilmente la profferta stessa di mandare il
Conte, dopo che a Roma si era fatta la solenne sottoscri-
zione della lega, era null'altro che uno stratagemma. Ca-
raffa poteva benissimo sapere, al momento della promessa,
che l’effettuazione ne sarebbe stata impedita da avvenimenti
a provocare i quali egli aveva tutti i mezzi più adatti. Così,

(1) R. Biblioteca palatina di Parma. Ms. parmense 413.

———À Eee

gi —_ — on sa
G. COGGIOLA

intanto, senza compromettere la reputazione del Papa e la
persona del Conte, si addormentavano, almeno temporanea-
mente, i sospetti, e, per di più, si riusciva a gettar la colpa
di ogni futuro evento proprio su chi il governo papale co-
stringeva ad agire secondo i suoi intenti. Invero, quanto al
caso del Conte di Bagno, noi vedemmo che la sua ribellione
fu conseguenza assai naturale del processo intentatogli: or-
bene, non aveva il governo papale tanto in mano da provo-
care a suo grado quella ribellione? e provocatala non poteva
il Caraffa dire che essa era d'ostacolo alla partenza del
Conte? e un giorno non avrebbe potuto addurla come la
prima causa dell accordo fra il Papa ed i francesi? — Ma
non senza quella certa ammirazione che l'audacia suole pro-
durre in noi possiamo leggere l'ultima parte dello scritto,
ove l'autore, quasi pieno di nobile sdegno contro i calunnia-
tori e di santo zelo per la pace, protesta altamente che « S. S.
e tutta volta alla riformatione e che se la buona mente di
S. S. trovasse corrispondenza non vi potrebbe esser dubbio
che gli animi fossero rasserenati » (1). Ricorderemo appena
a contrapposto di tali proteste, che esse erano precedute
dall invio di Lansac in Francia, incaricato di far sottoscri-
vere la lega al Re ed instare per il pronto adempimento dei
patti; ed erano, à breve distanza, seguite dalla spedizione del
Duca di Somma, che il medesimo card. Caraffa, impaziente
di ogni indugio, mandava ad Enrico II, con espressa incom-
benza di adoperarsi affinchè le truppe francesi si mettessero
in cammino senza ritardo (2).

(1) Purtroppo, come avemmo occasione di anticipare, l'abilità del Caraffa non
poté bastare a togliere i sospetti o a metterlo in buona vista presso la corte : della
; poca stima che si faceva di lui, per essersi appunto conosciuta l’eccessiva doppiezza
della sua politica, son testimonio numerose lettere del Badoero, (una specialmente
‘del 19 novembre 1555); del perdurare, anzi dell’ accrescersi, dei sospetti reca espli-
cita conferma un altro dispaccio del 18 gennaio 1556, in cui é detto che molte per-
sone attendibili ripetevano essere intenzione dell’Imperatore, se la tregua tra lui
ed il Re di Francia si fosse conclusa, di prestare tutti i possibili aiuti al Duca di
Firenze contro il Papa.
(2) Vedi le istruzioni per costoro nelle Opere del DELLA CASA, vol. 4^.

TERA II ALTE



PONITUR REATI RC TUI SONIS
ASCANIO DELLA CORNIA, ECC. 121

Ma, come anticipammo, dalle parole, con le quali si cer-
cava di addormentare il vigile sospetto degli imperiali, non
doveva scompagnarsi una provvisione di forze, la quale, men-
tre potesse passare sotto nome dell'impresa contro il Conte
di Bagno, offrisse una certa garanzia per tutte le possibili
conseguenze di quell'atto. Come attesta anche il documento
riportato, il governo. papale si adoperó alacremente a questo
scopo, e se già prima della data della lettera al Vescovo di
Consa aveva posto assieme un certo numero di milizie, altre
e più ne mise in piede qualche giorno appresso, oltre il nu-
mero consueto e stabilito negli ultimi accordi (1).
| La chiamata del Della Cornia si ricollega appunto a tali
provvedimenti.

La necessità di un capitano di provato valore e di non
comune pratica nel mestiere, I opportunità di non lasciare
inoperoso e scontento un uomo che poteva di, giorno in giorno,
‘essere tentato dai nemici perchè si ribellasse apertamente
al suo naturale sovrano, suggerirono evidentemente a Paolo IV
‘e ai suoi consiglieri l'idea di prendere il tratto innanzi e
di vincere, con un atto di fiducia attuale e con tacita pro-
messa di futuri vantaggi, il rancore di chi era stato ormai
sufficientemente depresso per non dar piü soverchia gelosia.
Il disegno, poi, di destinare all’ impresa contro-il Conte
di Bagno il Della Cornia nacque quasi contemporaneamente,
se pur non vogliamo dire che il carico militare fosse a lui
precisamente affidato a quello scopo; e anche in ciò la scelta
era giustificata dalla convenienza di far le cose presto e

senza troppo rumore e di metter subito alla prova, sotto gli
ordini del nipote del Papa, il capitano perugino.

(1) Cfr. una lettera del Titio, segretario del Serristori, al Duca Cosimo, degli
11 dicembre, che dovremo anche in seguito citare (Archivio di Firenze, 3274) « S.
S. di continuo attende a spingere più cavalli alla volta di Viterbo et tuttavia manda
innanzi e indietro corrieri a queste battaglie per farle stare in ordine ». Vedi, poi,
un dispaccio del Navagero degli 11 gennaio 1556, in cui sono ricordati i provvedi-
menti militari successivi alla fuga di Donna Giovanna di Aragona ed alla cattura
di Giuliano Cesarini.
TELE

4

tem te cre oen PAM qum
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e aus

G. COGGIOLA

Sulla fine di decembre (così scriveva il Navagero alla

Signoria il 4 gennaio (1)) era stato da lui Ascanio per dirgli
che, eletto il Conte di Montorio generale della chiesa, questi

lo aveva chiamato e gli aveva significato l intenzione del
Papa di servirsi dell'opera sua. Il medesimo discorso gli avea

‘ripetuto il card. Caraffa. Ascanio, come vassallo naturale, non

aveva potuto rifiutarsi; e voleva darne subito avviso all’ am-
basciatore, dopo le pratiche passate qualche tempo innanzi

per unà eventuale condotta al soldo dei Veneziani. Il Nava-

gero aveva, naturalmente, risposto che il capitano era in per-
fetta regola e che niun ‘ostacolo potevano costituire le trat-
tative anteriori, iniziate in via affatto privata e senza impegno.
Aveva aggiunto il Della Cornia che da molti indizi gli era
parso lo si volesse impiegare contro il Conte di Bagno; e
lànnunzio era poi resultato vero, dacchè il 1° di gennaio
egli era partito per muovere l'artiglieria, mentre don Antonio
Caraffa, con 13 capitani, aveva preso la via di Bologna per
mettere in ordine colà 3000 fanti.

Ma qui dobbiamo tornare un passo indietro e vedere un
po’ più’ particolarmente gli apparecchi guerreschi fatti dal
Conte di Bagno, che rendevano necessari i considerevoli pre-
parativi del governo papale.

Accennammo sopra alla voce che subito corse, quando
il Conte anzidetto, per risposta alle intimazioni papali, co-

minció a munire le sue castella, che il Duca di Firenze gli

porgesse effettivo aiuto di soldatesche; e invero non pare si
possa escludere l'intervento di Cosimo nella questione, per
quanto egli facesse sméntire immediatamente la voce (2) e,
proprio di quei giorni, mandasse una ambasceria straordinaria
per prestare obbedienza al Papa (3). Ma, se non paressero

(1) Dispaccio del Navagero (Ms. marciano, VII, 1097).

(2) Cfr. un dispaccio del Navagero dei 4 gennaio 1556 (Ibidem.

(8) Cfr. la già citata lettera di Paolo Vitelli al Duca Ottavio dei 20 diceintitio
1555; e un dispaccio del Navagero del 24 gennaio 1556.

Ta MT y p se
TUN

ASCANIO DELLA CORNIA, ECC. 199

bastanti ad ‘accreditare il sospetto le ragioni prossime di di-
sgusto tra il Principe mediceo e Paolo IV (delle quali vivace
testimonio è, fra l’altro, una lettera del segretario del resi-
dente fiorentino a Roma (1), e le significative risposte date
alla orazione del Guicciardini, capo della citata ambasce-
ria (2), toglieranno ogni dubbio le informazioni che un com-
missario del Duca di Ferrara in Romagna trasmetteva il 30
dicembre al suo signore, e che questi mandava ad Ottavio
Farnese (3). Gli avvisi, attinti sul luogo e da persona fidata,
spiegano con sufficiente chiarezza quale fosse la situazione al
termine dell’ anno; sicchè noi lasciamo parlare senz'altro il
documento, dal quale non si vuole disgiungere l'accompagna-
toria di Ercole II, scritta tutta di suo pugno e non priva di
interesse.

« Ill.mo et Ecc.mo Sig. — Havendo havuto dal mio
commissario nella Romagna l'aviso che sarà qui incluso et
parehdomi di non poca consideratione, anzi che da questo,
principio possi dubitarsi ch'habbia da succederne qualche

(1) Vedi lettera già ricordata del Titio degli 11 dicembre 1555 (inserto cifrato):

«Il Papa in dui volte, da domenica in qua, sotto coperta et palesemente ancora,

dopo desinare et cena, ha parlato molto sinistramente di V. E. con tanto sdegno
che pareva che gli occhi buttassero foco, chiamandola tiranno et dolendosi di lei
et di quanti altri ministri imperiali in Italia, incolpandoli di esser voi quelli che
impedite la pace et che spera di potervi castigare, poi che impedite questa santa
opera, nella quale S. M. et il Re d'Inghilterra condiscendevano tanto volentieri:
nel che si distese con parole molto profuse et efficaci. V. E. intende il cervello di
questo vecchio e come le cose [vanno] che veramente si può dire che ritorni in-
dietro ».

(2) Cfr. Navagero, lettera citata dei 24 gennaio. Alla orazione del Guicciardini,
assai lodata e ricca di profferte e di assicurazioni, il Papa fece rispondere dal Bini,
segretario ai brevi, in maniera piuttosto secca, dicendo chiaramente che le parole
non bastavano; se non erano accompagnate dai fatti.

(3) Carteggio farnesiano dell’ Archivio di Parma. Dell'attività del Duca di Fi-
renze in favorire il conte di Bagno è, del resto, testimonio di importanza una let-
tera del Badoero, di Bruxelles, dei 10 gennaio, in cui avvertiva esser giunto alla
corte un uomo del card. di Burgos, governatore di Siena per S. M., con gli avvisi
dei moti del Papa contro il Conte di Bagno e degli aiuti dati a questo da Cosimo,
la qual cosa non era piaciuta alla corte. Si diceva colà che il Duca aveva agito im-
prudentemente, per aver dato egli pretesto al Papa di scoprirsi, forse prima del
tempo da lui designato.
130 G. COGGIOLA

gran fuoco in Italia ho voluto farne parte all E. V., come
conviene al desiderio che é in me di farle servitio in molto
maggior cosa di questa, secondo che farò anco nell’ avenire
quando intenderó cosa degna della notitia di lei; alla quale
non resteró di dir anche come son avisato dalli miei amba-
sciatori in Roma che N. S. ha eletto il sig. Conte di Mon-
torio per generale della chiesa in luoco dello ecc.mo sig.
Duca d'Urbino et che deve mandare a Bologna il sig. Don
Antonio nepote di S. S. forsi per dare ordine a quanto si.
harrà da fare per la essecuttione della privatione del conte
Gio. Francesco da Bagni, sicome V. E. potrà anco lei in-
tender da Roma piü particolarmente dalli ill.mi sig. Cardi-
nali fratelli di lei, alla quale bascio la mano et prego Dio
che li doni il complimento de suoi desideri. Di Ferrara l'ul-
timo del 1555. Di V. E. Il Duca di Ferrara >». |
[Accluso]

9

« Copia di lettera del conte Girolamo Horsanino commissario nella
Romagna del sig. Duca di Ferrara scritta a S. E. alli 30 dicembre 1555.

Havendo inteso che a Ghiacciuolo si faceva movimento di genti
et che le battaglie di s. madre chiesa di Cesena Forli et di altri luoghi
di Romagna havevano havuto commissione di caminare alla volta di
Gatia, castello del Conte Giov. Francesco di Bagni, mi risolsi di man-
darci persona per haver informatione del vero et per fare quello mi
pareva fosse mio debito, ritrovandomi in questo luogo, per ogni ri-
spetto il quale potesse occorrere, et del tutto ragguagliarne V. E.; onde
per quanto mi fa sapere il... [sic], per essere stato citato in Roma il
Conte Giov. Francesco per quei danari che furono tolti a quei francesi
già fanno molti mesi sopra Gattia, esso Conte pare che non voglia com- :
parire et che gli sia fatto spalle et fomento dal sig. Duca di Fiorenza,
il quale ha già mandato il capitano Bernardino da Cortona con cirea
100 soldati in Gattia et dui ingegnieri,i quali fanno una trincea attorno
a detta Gattia fuori delli fossi con li sue baloardi, per essere il luogo
picciolo et mutano la porta la quale guardava alla marina et la
fanno verso Savignano; et legenti dello stato del Conte ci lavorano
gagliardamente et hanno fornito esso luogo. di vettovaglia et di ogni
altra munitione. Poi il suddetto... mi accenna che se le cose vanno
innanzi vi cacciaranno dentro 10 celati perchè con tal luogo dissegnano
ASCANIO DELLA CORNIA, ECC. 131

battere la strada maestra da Cesena ad Arimini et da Arimini al Porto
‘cesenatico per la strada della marina, per esser quel luogo longi dalla
marina et dalla strada romea di Arimini un miglio et mezo: questa
Gattia è lontana da Cesena sette miglia et da Arimini quatordici; ma
di più intendo che il Conte Gio. Francesco vole diffendere Ghiacciuolo
ove al presente ci si ritrova et lavoraci con dissegno, occorrendo, dili
batter la strada la quale è verso Furlì, Faenza et altri luoghi di Ro-
magna, et parimenti vole diffendere Montebello il quale mastio si può
battere et pensa lavorarci, ancora che di poco lavoro ci sia bisogno:
questo luogo è confine allo stato del sig. Duca d' Urbino sul fiume Ma-
recchia, dal qual luogo dissegnano, accadendo, romper le strade verso
Pesaro et di qua di Arimini. Questo è quanto mi rifferisce il detto...
mio amicissimo et suddito strettissimo del Conte Giov. Francesco et mi
soggiunge esser questa l’ intentione del Conte rompendoli guerra la
S.tà di N. S.; et non gli mancando il sig. Duca di Fiorenza delle gran
promesse fatteli per difensione del suo stato: le battaglie di S. madre
chiesa si inviorono alla volta di Ariolo et della Preda, poi gli fu fatto
intendere che non si movessero senza novi ordini. Hora in Cesena,
Forlì et quelle altre terre di Romagna si fa buona guardia per questi
ragiramenti ».

Come dunque si vede, il Conte di Bagno, spalleggiato da
Cosimo I, aveva messo in istato di difesa tutte le sue ca-
stella, delle quali sopratutto Montebello era reputato, per il
luogo e per le fortificazioni, assai sicura e capace di soste-
‘nere qualunque assalto. In questo stato di cose si capisce
come le semplici battaglie, ossia le milizie territoriali dello
stato della chiesa, non venissero reputate sufficienti ed atte
all’ impresa, e come ad esse si lasciasse, sino all’ arrivo del
corpo d’esercito capitanato da Antonio Caraffa, la semplice
custodia dei paesi limitrofi ai luoghi del vassallo ribelle, il
quale pare prendesse, in certo modo, l'offensiva, scorrendo a
mano armata il territorio (1).

Intanto il nipote del Papa raccoglieva le sue compagnie;
ed Ascanio della Cornia, giunto ad Ancona, metteva all’ or-

(1) Questo scriveva anche il Navagero l'l1 gennaio 1556, riferendo avvisi che
erano giunti a Roma dai confini a nord, in quei.giorni.

2?
132 E G. COGGIOLA

dine l'artiglieria necessaria a battere le rocche del nemico.
Da Ancona appunto egli informava il card. Caraffa del pro-

prio operato, con la letterina che trascriviamo per intero e

che porta la data del 6 gennaio (1): « Questa sarà solo per

fare sapere a V. S. Ill.ma che per tutto dimani con l'aiuto di i
Dio saranno in ordine et s'imbarcheranno l’artigliarie et le

munitioni che di qua si possano levare, intorno ale quali si

è havuta molto difficultà perchè è stato di bisogno sfrerrare

le ruote vechie per ferrare dele nuove. V. S. Rev.ma può

pensare quanta fatica et tempo ci sia andato: da dimani in

là non s'aspettarà altro per aviarle si non che si volti un

poco di scirocco, regnando hora tramontana che è contraria

per fare quel viaggio. L'artigliarie ch'io ho messo in ordine

sono cinque cannoni, un quarto cannone et dui sacri: mezi

cannoni, colobrine et altri pezi simili non ne ho trovati in

ordine per poter portare. Le munitioni che si portaranno sa-
ranno quattro migliara di polvere, sette o otto migliara di sal-
nitri et cirea cinquanta palle per pezzo; V. 5S. Ill.ma non si

scordi di dare ordine che si rasettino l'artigliarie che sonno

rimaste qua, perché la certifico che vi sono rimasti pochi

pezzi da poter essere adoperati, et anco si raccordi di farvi

rimettere munitione et dele palle perchè altrimente questa
terra et questa forteza stanno molto male et è luogo di
quella importantia ch’ ella sa; et con questo a V. 5. Ill.ma
et Rev.ma humilmente bacio le mani ».

I venti contrari che impedivano il viaggio per mare
delle artiglierie da Ancona a Rimini non cessarono cosi pre-
sto, come il capitano perugino si augurava per il sollecito
resultato dell’ impresa; e mentre egli riusciva a condursi ‘a
Rimini, doveva attendere colà le altre barche con il mate-
riale guerresco per qualche giorno. Nel frattempo si rivol-
geva con un’altra lettera al Conte di Montorio, la quale ha

(1) Biblioteca vaticana, ms. barberiniano latino 5707, carte 46 (Vecchia segna-
tura barberiana LXI, 16).
dia iter

ASCANIO DELLA CORNIA, ECC. 133

un particolare interesse, in quanto il Della Cornia, richia-
mandosi a quelle promesse di prossimi favori, che dal go-
verno papale gli dovevano essere state fatte, secondo ac-
cennammo, raccomandava la propria causa al nipote del
Pontefice, poiché l'occasione di riacquistare la grazia di
questo si mostrava propizia. Egli scriveva il 12 cosi (1):
« .... Jo partei hieri matina d'Anchona et me ne venni a
Rimino per un poco di speranza ch'io presi del tempo che
quelle artiglierie potessero anchora loro venirsene, essendo
già in ordine et imbarchate tre o quattro di sono; ma presto
il traditor tempo che si è guasto, come V. E. può vedere se
a Roma è simile a quello che è qua, non solamente m'ha
levata quella speranza, ma mi fa temere che non possino
venire per qualche di; et bisogna haver patientia poi che non
vi è remedio; intanto, non si mancharà di fare l' altre pro-
visioni acció che le cose passano con quella sodisfatione et
reputatione di N. S. che si desidera; et io non dubito che
haranno presto et buon fine, se il Duca di Fiorenza non fa
altra risolutione di quella che mostra fino a hora: a me fa
pensare che bolla qualche cosa nel piguatto questa fuga della
sie. Donna Gioanna et la presa poi del sig. Giuliano Cesa-
rini: V. E. si riecordi che il sig. Don Antonio sia avisato
di tutto quello che va a torno, acciò che più sicuramente
possa pigliare i partiti et fare le sue delliberationi nelle cose
che ogni di potranno occorere ; et in tanti negotij et facende
di molta importanza, che V. E. si trova al presente, non si
scordi de suoi servitori et particolarmente di me, essendo
hora il tempo di potermi aiutare, come so ch'ella desidera;
et però non perda l’occasione, per che accade in un punto
quello che non accade poi in un anno.Io non mancherò, dal
canto mio, in tutto quello che potrò et saprò, portarmi in
modo che N. S. non m'habbia a giudicare indegno di gratie,
lasciando cura del resto all’E. V., alla quale humilmente ba-

(1) 2bidem, carte 148.
134 G. COGGIOLA

scio le mani, pregando N. S. Iddio che li conceda quanto
desidera.... ».

Qual era il punto favorevole a procurare il vantaggio
di Ascanio? Le parole di lui richiedono una breve illustra-
zione.

Ai primi di gennaio Paolo IV, giustificando con i so-
spetti che correvano i successivi rigori verso i vassalli, aveva
mandato un monitorio a Giovanna d’Aragona, moglie di Asca-
nio Colonna, anch’ essa costretta a non partirsi da Roma,
perchè si guardasse dal maritare, senza consenso del Papa,
le figlie (1). La voce era che il Pontefice volesse accasarle
con parenti suoi; e questa voce e l'intimazione, davvero esor-
bitante, accrebbero l'animo dell’ ardita dama, che, montata a
cavallo insieme con le figlie stesse, trasse in inganno con uno
stratagemma i custodi delle porte e si diede alla fuga, scor-
tata, a quanto pare, dal figliolo, il famoso Marcantonio, con
una schiera di cavalli. L'inseguimento fu vano. Le corag-
giose fuggiasche giunsero sane e salve a Tagliacozzo, com-
prando la libertà a prezzo delle intere sostanze, che avevano
dovuto lasciare nelle mani del governo papale a titolo di
garanzia. Naturalmente il fatto sollevò rumore e diede luogo
a nuovi e più severi provvedimenti. Giuliano Cesarini, so-
spettato complice dell’ audace impresa di Donna Giovanna,
venne chiamato dal Caraffa in Castello e quivi trattenuto
prigione, mentre lo si costringeva a consegnar le chiavi di
Rocca Sinibalda, suo feudo negli Abruzzi. Lo stesso giorno
fu intimato al Camerlengo di non versare alla moglie di
Marcantonio Colonna, che era sua nipote, il resto della dote
ancor rimasta in sua mano; e si misero guardie alla porte
di Camillo Colonna, e si mandó un-monitorio al medesimo
Marcantonio perchè si presentasse a giustificarsi. Una delle

(1) Per questo fatto, che narrano con larghezza di particolari tutti gli storici
di Paolo IV, dai più antichi al Duruy, noi teniamo. sottocchio la precisa relazione
che ne faceva il Navagero in una lettera, pure dell’ 11 gennaio '56, diversa da quella
poco più in alto citata.

TV AVE PENE AES AME PRIRERRI RARE FS ONTI®AE LUN ceto EEG AIC]

53
ASCANIO DELLA CORNIA, ECC. 135

Sere successive, poi, essendosi trovato presso il Pontefice
lambasciatore dell Imperatore e Garcilasso della Vega, in-
viato di Filippo II, per fare uffici in favore di Marcantonio
e chiedergli una risoluzione, Paolo IV si era terribilmente
incollerito, gridando, e accompagnando le voci con il suo
caratteristico gesticolare, di voler esser libero nei suoi stati:
al che i due ministri imperiali avevano risposto con forza
ed asprezza maggiori del consueto. Il di dopo nove capitani
e quindi altri cinque venivano nuovamente assoldati perché
ponessero assieme ancora 3000 fanti; e si pagavano le truppe
già in essere e si spediva a Don Antonio una somma di da-
naro, parte di più grosso soccorso francese all'erario pa-
pale, secondo le piü attendibili fonti (1).

Dati questi avvenimenti, le speranze di Ascanio non
sembreranno del tutto fuori di luogo. Mors tua vita mea
doveva pur dire il Della Cornia, con uno spiegabile egoismo,
di fronte alle succedentisi privazioni, da parte di Paolo IV,
di vassalli. Se il Pontefice ogni giorno scopriva nuovi nemici
e nuovi insidiatori, come non doveva cercare di gratificarsi
l'animo di quelli che lo servivano, per averli fedeli e ben

disposti ad adoperarsi a suo favore in un prossimo avvenire,

che si mostrava gravido di eventi minacciosi? O una resti-
tuzione dei feudi incamerati o un compenso equivalente, se
là revoca di quel provvedimento fosse adesso sembrata inop-
portuna o troppo sollecita, potevano esser mira alle aspira-
zioni del capitano perugino; certo potevano essere doman-
. date o almeno tenute presenti al vecchio pontefice, il cui
carattere impulsivo lo portava a rapidi mutamenti di giudi-
zio intorno a persone e a cose.
Ma stavolta il frutto della grazia papale era ancora un
poco acerbo, le prove di fedeltà e i servizi di Ascanio erano
tuttavia troppo scarsi per meritargli il favore bramato. Egli

(1) Cfr. lettera del Navagero degli 11 gennaio, più in alto citata.

x RI 4 E
CAD edi

— — Á—— 136 G. COGGIOLA

doveva raccomandarsi alle circostanze, perché gli procuras-
sero una maggior copia di titoli a conseguire l' intento.
Procedeva, pertanto, l'impresa contro il Conte di Bagno,
della cui buona riuscita il merito maggiore risale senza
dubbio al Della Cornia. Intorno ad essa ci mancano, se pur
ve ne furono, resoconti da parte del nostro capitano, ma non
ci mancano invece documenti ancor piü forse attendibili di
quelli direttamente emananti dai capi della spedizione. Dei
tre luoghi muniti dal vassallo ribelle, Gattia (l'odierno Gatteo,
a destra della strada da Rimini a Cesena) più popolato e più
ampio degli altri (1), ma in piano, e quindi meno capace di
sopportare l'urto, nonostante le recenti fortificazioni, non fece
molta resistenza e, senza attendere l’artiglieria, si arrese ai
pontificî. Il 18 gennaio la notizia era già a Roma, dove pur
si diceva che il Conte si fosse riparato a Firenze presso quel
duca (2). Così compiuta con insperata sollecitudine la prima
parte dell' impresa, potevano le forze affidate a Don Antonio
rivolgersi a Ghiacciolo (l’odierno Ghiajolo), situato in su nella
valle del Ronco presso Civitella di Romagna, in posizione
malagevole tanto più durante la stagione invernale. Una
lettera al Duca Ottavio Farnese del capitano Fioravante
Moresco (3), il quale faceva parte della spedizione, descrive
in una maniera vivace e con abbondanza di particolari le
peripezie della marcia e dell'acquisto anche di quel secondo
castello, il quale, per il poco coraggio di chi lo difendeva,
non sostenne neppure i primi attacchi degli assalitori, seb-
bene fossero questi stanchi ed avversati dalle intemperie.

Non sarà discaro al lettore aver dinanzi nella sua integrità. '

(1) V. l'AMaTI, Dizionario corografico dell’Italia. Milano, s. a., vol 4°, il quale
ha una piccola monografia su Gatteo, avendo ricevuto notizie documentali dal Mu-
nicipio stesso di quel paese.

(2) Cfr. una lettera del Navagero del 18 gennaio 1556.

(3) Archivio di Stato in Parma, Carteggio farnesiano. Siamo grati al Direttore
dell’Archivio di Parma il quale volle per noi far copiare le due lettere del More-
sco, di che avevamo soltanto, nei nostri spogli, i sommarii.

A519) ese Yo Sent

XM IAE
197

ASCANIO DELLA CORNIA, ECC.

il documento, tanto piü che di questi fatti, interessanti non
ostante la loro piccola entità militare, non si saprebbe altrove
rinvenire una notizia esatta e minuta.

Da Cesena, 1556, Gennaio 25.
Il.mo et Eec.mo Sig. mio padron oss.mo.

V. S. Ill.ma mi perdonarà se più presto non li ho scritto. Da poi
che mi parteti da Bollogna per andar a Gatia, loco del Conte Gio: Franc.?
da Bagno, gionta che fu la artigliaria s'aresse: dipoi cominciasimo a
caminar alla volta di Giazuollo, sin a Medula si condussero trei pezzi
de artigliaria, et per esser le strade sinistrose, et anchor per il mal
tempo, fu bisogno lasciar ivi quella colobrina meza da Ravena: con li dui
altri pezzi caminasimo sino alla volta di Giazuollo, a gran faticha giun-
gessimo in una valle chiamata il Mercatello, apresso a Giazuollo uno mi-
glia, che bisognava montar sempre, drieto una costa fastediosa, che
appena credo si haverebbe tirata la artigliaria, et per piü avantagio
se misse un temporal di vento et piogia, che duró duoi overo trei
di, che fece profondar quelle strade di tanto fango, che apena si poteva
uscir nè a piedi né a cavallo, quelli che eran dentro in Giazuollo ve-
dendoci a stentar eredo li venisse compasione, venne fuora il capo che
era dentro, et portò le chiave al Sig. Don Antonio. Era loco da farci
stentar un mese con quanta artigliaria si havesse saputa menar, eran
dentro vintiduoi fanti et avevan farina, vino et carne per star uno
anno et più: volendosi levar de li per andar alla volta di Montebello,
si è bisognato romper un canon grosso, per che non sarebbe mai
sta posibille tornarlo indrieto, da questi tempi; se fece afocar et
spezar, et si è messo sopra li carri et si è condutto qui. Hieri matina
che fu alli 24, se hebbe lettere da quelle trei compagnie de fanti che
traversorno le montagne per andar a Montebello, che erano andati
sotto a camparsi, et quelli di dentro havevano messa fuori una insegna,
et eridavan palle, palle, dentro s' intende esserli cirea 70 fanti ben mo-
nitionati cosi da magnar como de artigliaria minuta, et tiravano assai:
hieri matina pur alli 24 si partiil Sig. Ascanio dalla Cornia di Cesena
eon 4 compagnie di fanti per andar a Montebello, in questa matina il
Sig. Don Antonio se parte anchora lui, et va a disnar con il Conte
Baldesar Rangoni a Lonzan, et dipoi la sera andiamo ad allogiar a
St." Arcangello. Delli credero S. S. andarà a ricognoscer quel sito di
Montebello: fin hora si è movesta artigliaria nisuna per Montebello, qui

10
138 G. COGGIOLA
in Cesena ne sono ben dieci pezzi venuta da Ancona, et da Ravenna;
Montebello per quanto s'intende è loco, che potrebe darci dafar un
pezzo: al presente non saprei che dir altro, a Vostra Ex.tia humil-

mente bascio le honorate man, et me gli raccomando.
Di Cesena il 25 Gennaro M.D.LVI.

Di V. S. Ill.ma et Ex.ma Servitore.

Il Gubernator di Forlivo à fatto pigliar 25 o 30 fanti da Modena
che andavan per intrar in Montebello.
Fioravante Morescho.

[A tergo] Allo Ill.mo et Ex.mo Sig. et padron mio oss.mo il Sig.
Duca Oetavio Farnese Dùca di Parma, et di Piasenza. A Parma.

Da quanto resulta per la lettera del Moresco, non parrebbe
che il Della Cornia partecipasse alla presa di Ghiacciolo, e
potrebbe darsi che il ritardo nell'arrivo dell'artiglieria levata
da Ancona ne fosse la causa. Probabilmente i soli pezzi ve-
‘nuti da Ravenna furono trasportati su per la valle, e per la
stessa via rifecero poi ingloriosamente il viaggio di ritorno,
dacchè riusciva impossibile farli giungere traverso la mon-
tagna in linea dritta a Montebello, come le tre compagnie
di fanti, delle quali fa ricordo il Moresco.

Invece un completo spiegamento di forze si rese neces-
sario contro quest'ultimo luogo del Conte di Bagno, nel quale
le opere di difesa avevano con piü agio potuto essere con-
dotte a termine, e dove con munizioni e vettovaglie abbon-

danti si trovava un numero di soldati, per quei tempi, più

considerevole. Già nello scritto su riferito vediamo fatto
cenno delle difficoltà che la rocca avrebbe offerto agli asse-
dianti, ma le naturali risorse di difesa del castelluccio, si-
tuato su un sasso vivo tra S. Arcangelo e Longiano, ma più
in su nella montagna, sono largamente chiarite in una se-
conda lettera del 10 febbraio dallo stesso Moresco dirizzata
al Farnese (1). Il 24 gennaio da Cesena, dove si era fatto

(1) Carteggio farnesiano.

“preme erp

TSNRSENSSTET UNI

UB Eo n orm INEUUISR

ARRE II

ASCANIO DELLA CORNIA, ECC. ; 139

il punto di concentramento delle forze papali, Ascanio della

Cornia moveva con 4 compagnie di fanti alla volta di Mon-
tebello, seguito poco appresso da tutta l' artiglieria da lui
appunto radunata. Questa fu posta in posizione al riparo
di un argine e si mise a battere la cortina che guarniva
la terra, aprendovi una piccola breccia nella cintura, poi-
ché la scarpa aveva il massiccio della pietra a sostegno.
Nondimeno, il presidio cominciò a defezionare, e il capitano
che avea la guardia del luogo dovette ritrarsi nel rivellino
che congiungeva la terra alla rocca, per sloggiare poco
stante anche di là, vista la impossibilità di mantenervisi.
Questo prima degli otto di febbraio (1); ma la rocca
tenne sodo qualche poco di più, se ancora il 10 vi si affati-
cavano dattorno i pontificî, come attesta il Moresco, la cui
lettera poniamo qui a complemento necessario della prima.

Da Cesena, 1556, febbraio 10.
Il.mo et Ex.mo S.r mio oss.mo.

A li di pasati avisai V. E.tia de la presa di Gatia et Giazolo e
come eramo andati a Monte bello locho fortissimo; e tirata l’artelaria un
quarto de melio con argene se comenceti a bater una cortina de la tera
dove se fece un paso de bataria in però alto pocho mancho che una
picha per che sono de dentro tuto pieno de saso vivo: li dentro stava
il Capitano Antonio Maria da Parosa; li usetj fora jn duj voltj circha 60
fanti: lui remase con 16: vedendo questo se retirò in el revelino tra la
tera et la rocha qual è forte come la rocha: li nostri intreti nela tera
el capitano Antonio Maria in tempo de trej giorni tolse tempo 4 giorni
tanto chel mandava dal Conte Gioan Frane.° a jntendere se aveva

modo di darlj socorso, se non che li mandase un chambio che lui vo-

leva usir da quel revelino per che credeva de non poterlo tenir: man-
detj uno suo alfiero, torneti, et venerdì de note usetj fora e li nostri in-
treti: resta la rocha ala quale se bate duj fianchi che sono in uno to-
riono che daneza forte li nostrj: hora mai sono butato zoso et megio

S (1) Il Navagero, in un suo dispaccio degli 8, diceva appunto che i pontificii
avevano preso Montebello, ma non la rocca.
140 G. COGGIOLA

se van mozando apocho apocho. Sabato fece jntendere se li voleva dar
4 giorne de tempo tanto mandase dal Conte: le fu resposto che se fe-
nito el tempo de li 4 giorne voleva poi dar la rocha loro: non sepe
risolverse: jere domandeti tempo 4 giorne a renderse : non li ha volesto
dar: jo chredirò non pasa 4 giorne ho ad una via ho ne al'altra se
arriva; de dentro non son piü de 20 homeni con un Cap.* da Caliana
vasale del ducha de Fiorenza: la tera era fortiss."^, el revelito più la ro-
cha non ve dicho, de modo se le fuse stato dentro gente che làvese vo-
lesto vardar le seria stati de li afani: sono tuto el monte saso vivo
dove se fan le masne da molino; quando fuse levata tuta la muralia
li roman per tuto el saso vivo che le schale non li pol arivar e non si
pol andar se non da una banda: ora sono tanto ale streti che loro di
dentro non si pol afazar ala muralia, tiran li sasi fora e non si lasa
veder nienti e li nostre sono atachati ala muralia de la rocha : al pre-
sente non saprei che dir altro a V. E.tia umilmente li baso le mani et

me li recomando.
de Cisena al 10 febraio 1556

de V. E.tia Servitor.
Fioravante Moresco.

[A tergo] Al Ill.no et Ex.mo S.r ducha Ottavio Farnese ducha di
Parma [et Piace]nza et S.r mjo oss.mo. — A Parma.

A Roma si seguivano con attenzione i progressi del
piccolo corpo che operava ai confini dello stato; desiderando
vivamente il Pontefice che l'impresa si compisse con solleci-
tudine, per vari riguardi. Egli, prima di tutto, voleva che Don
Antonio fosse presto libero, affinché passasse a Ferrara e
concludesse con l| Estense le iniziate trattative, per far ac-
cettare al Duca il carico di generale della lega, e dileguasse
dall’animo di lui gli ultimi risentimenti per i rigori da
Paolo IV già usati al card. Ippolito, fratello di Ercole II (1).

(1) Non é qui il luogo di rifare la storia della rottura fra il Papa e il card. di
Ferrara, di cüi si possono trovare notizie, sebbene non molto complete, nel NORES
e nel Duruy. Da quanto si rileva principalmente dalle lettere del Vescovo di An-
glone, agente del Duca Ercole II a Roma (Archivio di Stato in Modena, Carteggio

(asc fini Pali rure

A eni aa rar ASCANIO DELLA CORNIA, ECC. 141

« N. S. aveva spedito un breve credenziale in persona di
Don Antonio (scriveva il 6 di febbraio al Card. di Lorena il
Caraffa (1)) con una piena istruzione di quanto-aveva da trat-
tare con il sig. Duca di Ferrara, ma essendo venuto avviso
che Don Antonio stringe Montebello, terra del Conte di Ba-
gno, ci è parso di soprastare a mandarlo, acciocchè quell’ im-

presa non patisca per l'assenza di Don Antonio; e si è scritto.

al detto Duca la causa perchè Don Antonio non va; e
spedita quella impresa, la quale crediamo che sia già spedita,
lo manderemo subito ».

In secondo luogo stava a cuore al Pontefice che le
truppe al comando del nipote fossero sbarazzate da ogni
altro impegno, per averle pronte e sottomano nei difficili
momenti che parevano di nuovo venirsi preparando (non
senza molta buona volontà da parte del suo governo) proprio
alla vigilia della notizia della tregua di Vaucelles. Infatti,
mentre ai 15 di febbraio troviamo la prima delle forti lettere
del Caraffa al Duca di Somma in Francia (2), esprimenti la
meraviglia per l'avviso, allora allora giunto dal Nunzio, della

ambasciatori estensi a Roma), pare che l'accusa principale fosse quella di pratiche
illecite per il papato, successive alla elezione di Paolo IV, oltre la colpa di vita
licenziosa (come dicono i due autori citati) e di opposizione fatta al Caraffa in Con-
clave. Il 20 settembre 1555 riferiva il Vescovo di Anglone che in concistoro, avendo
il Card. di Parigi fatto uffici in favore dell’ Estense, il Pontefice aveva dichiarato
che il delitto del Cardinale era di lesa maestà e assai più grave di quanto si po-
tesse credere; e si era mostrato per nulla disposto al perdono. Infatti, al principio
di ottobre, il Duca di Ferrara mandava a Roma anche Alfonso Rossetti con l'in-
carico speciale di mitigare l’ animo del Papa, che non aveva ancora ceduto. Ma é

- da credersi che solo l’ opportunità politica inducesse più tardi Paolo IV a lasciare

alquanto del suo rigore e ad offrire la remissione del peccato, sotto condizione di
riconoscimento, da parte dell’ interessato, del peccato medesimo. Senonché l' al-
tero prelato non vi si voleva indurre, secondo scriveva il Vitelli al Duca Ottavio
il 20 dicembre 1555. « Il card. di Ferrara fa quanto può per tornare a Roma, ma

Lodeva mi ha detto che il Papa vole che il cardinale confessi l'erore et che egli

piutosto si lascierebe scorticare ». Nella faccenda si venne poi a una specie di com
promesso, per salvare la dignità del Papa e l' amor proprio del cardinale; ma que-
sti, tuttavia, rimase durante il papato di Paolo IV sempré in disparte.

(1) Cfr. DELLA CASA, Opere, vol. 4°, p. 82.

(2) Ibidem, pag. 90.
G. COGGIOLA

trattativa conclusa, ancora il 6 vediamo in scritti al. Card.
di Lorena e al medesimo Duca (1) e, negli stessi giorni, in
relazioni di ambasciatori a Roma fatta chiara menzione di
uno stato di cose gravemente turbato e di provvisioni mili-
tari a complemento di quelle fatte in antecedenza. Una no-
tevolissima lettera del Navagero degli 8 riferiva al Senato
lunghi e calorosi discorsi di Paolo IV all'inviato della Si
gnoria, nei quali l'ardente pontefice, protestando di voler
aprire intero l'animo suo, aveva esposto alcune macchina-
zioni degli imperiali per toglier la vita a lui ed al nipote e
per attossicar le acque del Palazzo. Del disegno criminoso
le prove certe non mancavano: egli alla fine sarebbe stato
trascinato alla guerra, la quale chi sa che non fosse riuscita
una provvidenza divina per la liberazione d'Italia. Egli non
intendeva chiamare adesso a parte alcuna di pericolo la Se-
renissima; ma forse, avviate le cose, quella avrebbe pur vo-
luto adoperarsi per la parte sua alla grandezza d'Italia (2).
— Le medesime dichiarazioni aveva fatto il Caraffa al Na-
vagero, aggiungendovi particolari sugli ulteriori aumenti di
soldatesche, resi necessari dall’ ingrossare degli imperiali ai
confini, sulle condizioni di difesa di Roma, giudicate buone
da Piero Strozzi, sui processi che intendeva iniziare contro
i complici della trama accennata, perchè le corti ne aves-
sero ampia informazione.

Tutto ciò spiega come a Roma si stesse ‘attendendo,
non senza impazienza, l'esito dell'impresa di Montebello, per
quanto essa potesse dirsi avviata a buon termine in un pe-
riodo di tempo assai ristretto.

Ma, ancor prima di sapere che il successo fosse coro-

(1) Ibidem, pp. 82 e segg.
(2) A questa prima proposta il Papa altre ne fece seguire in appresso, non
sgomento delle successive repulse date dalla Signoria ad ogni tentativo simile. No
tevolissime furono le profferte fatte al Navagero nel luglio 1556, quando già molto
innanzi si era nella via della guerra; e di molto interesse é la lettera dell'amba-
sciatore dei 13 di quel mese con la quale ne informava il Senato.

TAXUPITVONMA SUP. + ASCANIO DELLA CORNIA, ECC. 143

nato dalla resa della rocca, il Caraffa scriveva a Don Anto-
nio, nella istruzione per Ercole II: « Abbiamo soprasseduto
di mandare questa spedizione a V. E. fin alli 12 di febbraio
per darle tempo di espugnare Montebello. Ora non è parso a
S. B. di tardar più, e V. E. usi diligenza in iscriver punto in
punto quello si fa nella detta spedizione di Montebello, e così

ordini che faccia il sig. Ascanio o altri che parerà a lei dopo :

la partita sua » (1). Però all’arrivo di quest’ ordine è presu-
mibile credere che la bandiera pontificia fosse già innalzata
sulle mura dell'ultimo maniero del Conte, se già il 14 Asca-
nio della Cornia era in Roma con la nuova, destinata a riem-
pire di soddisfazione l'animo di Paolo IV.

Il Pontefice, con quella vivezza di linguaggio che era
una delle più notevoli qualità del suo carattere di meridio-
nale, e che il Navagero ritrae per solito con inarrivabile fe-
deltà, non fu avaro di lodi al nostro capitano e di minaccie
contro i ribelli. « Vene il giorno avanti (scriveva l amba-
sciatore veneto il 15) il sig. Ascanio dalla Cornia con la
nova che la rocca di Montebello del Conte di Bagno si era
renduta; et atrovandosi a disnar S. S. ella disse: “ sia lau-
dato Idio che ha posto fine alla insollentia di colui; et certo
è stata opera di sua divina Maestà, perchè, come ne dice
questo nostro figliolo, mostrando il sig. Ascanio, quella rocca
era inespugnabile; ma per questo non sminuisce il valor
del sig. Ascanio nè de gli altri che sono stati mezi ad esse-
guir la volontà di Dio, il qualle speramo che farà simili mi-
racolli contra ogni uno che ci vorà molestare et travagliare
questa santa sede: siamo sbrigati da questo sed majus opus
moveo ; et noi lo dicemo senza misterio: quei tristarelli giurano
per il secondo sacco di Roma: se vorrano dar questo saco
li costerà tanto ,, et replicò più. volte tra i denti in colera
queste parolle * secondo sacco ,,; ma il Conte di Montorio
che era presente gli disse: “ padre santo, sono cose vecchie,

(1) Cfr. DELLA Casa, Opere, vol. 4°, p. 89.
Pero

144 G. COGGIOLA

non parllanno più in tal forma di parolle ,, et cosi fini il
ragionamento ».
Ma il discorso ricadde il giorno appresso sul medesimo
particolare; e un’altra volta il Papa, preso famigliarmente
M per mano il Navagero, gli replicó il suo contento per la de-
i ea pressione dell’ardito vassallo, esprimendo la fiducia che ser-
SE visse d'esempio ad ogni altro che avesse avuta intenzione
di non riconoscere l'autorità pontificia.

A questo punto vien naturale congettura il porre un
rifiorire delle speranze del capitano perugino, il quale doveva
essere indotto a farsi una qualche illusione sulla generosità 18
di Paolo IV dal considerare che questi già aveva destinato
al nipote, come premio della ben riuscita spedizione, le spo- d
glie del vinto (1). Una ricompensa, sia pur modesta, era ben 1
dovuta a chi aveva avuto il carico effettivo della parte più E-
ardua dell impresa: la gratificazione, che era stata negata E
anticipatamente, con qualche diritto poteva attendersi ad E.
opera compiuta. Senonché la sorte mostravasi decisamente
contraria ad Ascanio: proprio al suo ritorno dal campo, mentre
da una parte raccoglieva lapprovazione del Pontefice, dal-
l'altra si vedeva involto in una nuova rete di sospetti, per
colpa alla quale egli era del tutto estraneo.

Appunto il 14 di febbraio quello stesso Grazino, che
addietro menzionammo come segretario del Della Cornia,
veniva trattenuto prigioniero, sotto la imputazione di cui già i
si antecipò la notizia. Il Navagero, che dava subito conto del :
fatto al suo governo (2), aveva potuto sapere che l’ accusa
era per il Grazino di aver trasmesso, mentre si trovava in
Romagna con il suo signore, informazioni segrete al Conte
di S. Fiora: e che Ascanio, riconosciuta la scrittura del suo
dipendente, l'avea dato in mano alla giustizia, per mostrare

(1) Cfr. Istruzione del Caraffa al Duca di Somma del 22 gennaio 1556 nelle Opere
del DELLA Casa, vol. 4°, p. 69. Il Caraffa dà già per certa la infeudazione dello stato
del Conte di Bagno nel fratello Antonio.

(2) Lettera del 15 febbraio 1556.
ASCANIO DELLA CORNIA, ECC. 145

la innocenza propria: ma più precisi particolari l' ambascia-
tore veneto non riusciva a fornire. Questi si ricavano, invece,
da quella parte del processo che si è conservata all’ Archivio
criminale di Roma, e che basterà riferire qui sommariamente.
Il 14 febbraio stesso, dinanzi al luogotenente criminale, as-
sistito dal procuratore fiscale, il Grazino subiva un primo in-
terrogatorio, da cui vengono sufficientemente in chiaro tutti'
i fatti antecedenti.

Ascanio della Cornia, la mattina stessa del suo arrivo,
corre a Palazzo a recar la nuova di Montebello al Papa;
ma, fatta la commissione, il Card. Caraffa e il Conte di Mon-
torio discretamente lo avvertono di avere in mano una lettera
del Grazino al Conte di S. Fiora, intercettata per via. La let-
tera (unita agli atti processuali) era del 24 di gennaio, data
di Perugia. Il Grazino, giunto in quella città la sera innanzi,
per passarsene in Romagna dal sig. Ascanio suo padrone,
negoziando con il Governatore per alcuni interessi di questo,
era venuto a cognizione di un ordine del Card. Caraffa dei
19, in cui si disponeva la espropriazione di alcune quantità
di grano da raccogliersi in Perugia; e ciò faceva sapere
allo Sforza, aggiungendogli che l'ordine aveva suscitato na-
turale malcontento negli interessati. Prendeva, poi, il Gra-
zino argomento dalla prima notizia per informare il S. Fiora
delle speciali condizioni del vettovagliamento di Perugia e
terminava la lettera (che per mancanza di preambolo e per
lY intonazione generale par uno scritto che faccia seguito ad
altri) avvertendo che a Castel della Pieve era il capitano
Simeone Zaccagnini « stromento buono a farle saper sempre
qualche cosa, ed egli lo farà volentieri »; e che ottimo in-
termediario sarebbe stato il soldato Marco Zaccagnini.

Ascanio, veduta Ja scrittura, la riconosce per quella del
proprio segretario: esce e, imbattutosi in lui, gli chiede spie-
gazioni sulla lettera, vuol sapere se altre ne abbia dirette
al S. Fiora e per che scopo. Il Grazino risponde di averne
sì scritte altre, ma non in quel tempo nè da quelle parti: e
146 G. COGGIOLA

dichiara non esservi nulla nell'ultima ineriminata che potesse
costituire delitto: ma Ascanio lo investe con rimproveri e
con insulti, sicchè egli, alla fine, va a mettersi nelle mani
della giustizia.

Questi i particolari sostanziali che si ricavano dal prin-
cipio dell’ interrogatorio; ma è evidente che la costituzione
del Grazino, da lui fatta apparire spontanea, per avvalorare
lasserto di buona fede in tutta la faccenda, dovette venire
imposta subito dal Della Cornia, come accenna il Navagero.

- Nel seguito, poi, degli esami l'imputato rivelava agli
inquirenti quale scopo lo avesse animato ad agire in quel
modo. Aveva scritto al Conte per gratificarselo e per grati
ficarsi il Duca di Firenze, che aveva di lui cattiva opinione;
ma non era mai stato in animo suo di offendere il Papa con
l’offrire al capitano imperiale il mezzo di tenersi informato
delle mosse dei francesi: la sua lettera, rilettagli ora, era
stata, è vero, sconsiderata, ma nulla più.

Però il fiscale non era contento della deposizione: egli
voleva sapere le circostanze precise in cui la lettera era
stata scritta e la qualità e le funzioni di quello Zaccagnini,
indicato come corrispondente del Grazino. E questi a dare,
luna dopo l’altra, le notizie; e a scolparsi con gli argomenti
che meglio potevano impressionare i giudici. Senonchè non
bastava ancora: o si sospettasse l’esistenza di una macchi-
nazione di assai maggiore importanza, o si volesse in tutti
i modi accertarsi se il Della Cornia avesse avuta intelligenza
con il segretario, ecco il fiscale ricorrere all’ orribile istru-
mento alleato.

« Ellevari et torqueri » dice nella sua crudezza il do-
cumento; e registra i lamenti, i pianti, le supplicazioni del
Grazino perché lo traggan giù: cessi la tortura, egli dirà
tutto quello che sa. Lo calano; ma nessuna nuova rivela-
zione si ha da lui: lo riattaccano alla fune ed egli protesta
ancora, fra gli strazi, che con il S. Fiore non ha avuto pro-
prio altra pratica: nulla ha fatto né in parole né in atti con-
ASCANIO DELLA CORNIA, ECC. 147

tro il Papa; tutta la sua colpa (ma è cosa passata ormai
senza conseguenza) é laver, prima che Ascanio servisse il
Papa, consigliato al padrone la fuga da Roma e l'impresa
di Castiglione. E qui segue nel documento processuale tutto
il racconto già da noi addietro riferito in maniera sommaria
ma completa.

Il processo, come avviene in moltissimi dei volumi del
lArchivio criminale, non é per nulla compiuto: si tratta di
un semplice registro di istruzione al quale mancano, fra
l’altro, le conclusioni del fiscale e la sentenza; cosicchè noi
non possiamo sapere come se la passasse il Grazino in se-
guito alle confessioni fatte. Ma, lasciando di costruire ipotesi
sulla sorte toccata al segretario del Della Cornia (che forse
trovó qualche attenuante nel fatto che guerra dichiarata tra
il Papa, da una parte, e gli imperiali e il Duca di Firenze,
dall'altra, non c'era (1)) e considerando i possibili effetti del
processo nei riguardi del nostro capitano, é innegabile che
questi ne ritraeva un danno rilevante.

Certo egli usciva netto dal dubbio di connivenza nelle
relazioni tra il Grazino e lo Sforza, le quali, per esser con-
temporanee al suo servizio al soldo del Papa, avrebbero co-
stituito, se conosciute da Ascanio, una mancanza forse più
grave dell’altra resultante a suo carico; ma, come già di-
cemmo, anche questa (per quanto, a cosi dire, postuma) do-
veva lasciare nell'animo del Pontefice una spiacevolissima
impressione. Noi dobbiamo naturalmente ammettere che il
Della. Cornia, con vivi uffici di parola, cercasse di attenuare
la cosa e offrisse magari qualche prova a dimostrare quello
che già ponemmo, a suo luogo, come probabile resultato
delle nostre osservazioni sul disegno relativo a Castiglione;

(1) Ascanio della Cornia nel suo « Manifesto » dell'agosto 1556, che già avemmo
occasione di citare, ricorda soltanto che al segretario suo furono dati molti tratti
di corda; e questo potrebbe indicare che quegli o evitò del tutto una ulteriore pena
o la subì piccola e per tempo assai breve.
148 G. COGGIOLA

ma molto riterremo che conseguisse ottenendo da Paolo IV
quel perdono che il Pontefice ebbe poi un giorno a rinfac-
ciargli. |

In tal modo, purtroppo, i servigi prestati sotto Monte-
bello da Ascanio bastavano appena appena, nel giudizio di
Paolo IV, a bilanciare l'atto di benignità, qualora (s'intende)
nella bilancia, a favore del perugino, fosse stata posta la
paterna indulgenza del Sommo Pastore.

(Continua). Dott. GIULIO COGGIOLA.
VEIT RU ERO TETIEPTNI ORIS.

APPENDICE
AT,LOSSITHIDIO SULLA PROFEZIA

« Più volte nella mente so’ exforzato »

A pochi mesi di distanza dalla mia pubblicazione Una profezia
medioevale in versi, di origine probabilmente umbra (1), m’avvedo d'una
redazione di quel componimento, di cui avrei dovutò tener conto nello
studio bibliografico dei diversi codici che la contengono. Non avendone
avuto notizia a tempo, mi sia permesso di dirne qui in forma di po-
stilla quel tanto che mi è possibile e non tutto quel che vorrei, perchè
questa decima redazione è fuori d’Italia anch’essa come la II e la IX
già da me registrate (2).

Consultando per altre ragioni il Catalogo dei codici Canoniciani
italici della Bodleiana di Oxford compilato da A. MoRrTARA nel 1864,
ho letto che il cod. n. 263 cart. in folio, della fine del sec. XV, di carte
scritte 202, chiamato Zibaldone o Libro di cose diverse (senza un vero e
proprio titolo), contiene tra le carte 165-167 una Profezia di frate
Stopa. L'autore del Catalogo poi aggiunge: « È un serventese che
« incomincia: Più fiate mi ha la mia mente sforzato. Frate Stoppa che
« fu della nobil famiglia fiorentina de’ Bostichi, viveva intorno alla metà
« del sec. XIV, ed ha scritto non pochi versi del genere di questi ».
Evidentemente il Mortara attinge queste notizie biografiche dal Crescim-
beni o dal Carducci (3); ma anzichè fermarsi su questi particolari,
avrebbe fatto meglio ad illustrare di più il componimento profetico che
aveva dinanzi, riferendone per esempio anche l’ultimo verso, dandone
il numero delle strofe, dicendo della disposizione di queste nel codice.

(1) Cfr. Bollettino della R. Deputazione di Storia Patria per U Umbria, vol. IX
(1903), fasc. III.

(2) Cfr. Boll. ecc., pag. 422-423.
(3) Cfr. Boll. ecc., pag. 440.
150

Ora quello che, in mancanza d'altro, a me piü importa di osser-
vare, è che anche nel Cod. Canoniciano italico, n. 263 la profezia sud-
detta è attribuita a quello stesso autore, a cui l’ attribuiscono i con-
temporanei Perugino E. 40 e il Bolognese- Universitario 2845, nonchè
l’indice del Magliabechiano II, IV, 36 (1). Ma non per questo l'attri-
buzione a Frate Stoppa acquista, secondo me, credito maggiore: le
difficoltà ad ammetterla già da me accennate (2), restano tuttavia, e fino
a prova in contrario questo poeta, rispetto alla nostra profezia, è sem-
pre un prestanome involontario come l’Ab. Gioacchino, il mago Mer-
lino, e Jacopone da Todi.

Ho detto che questa redazione Canoniciana è contemporanea alla
Bolognese, che probabilmente risale alla metà del sec. XV (8): questo

fatto insieme con l’altro della comune attribuzione costituisce già un

elemento assai importante per istabilire una certa affinità tra le due
redazioni. Ma e’ è di più: anche la redazione Bolognese comincia col
v. Più fiate me à la mia mente sforzato; anzi fra le nove redazioni da
me prima raccolte nessuna all’infuori di questa ha la forma fiate, come
la Canoniciana, al posto di volte, mentre per la costruzione sintattica
di tutto il verso si potrebbero trovare anche altre relazioni (4). C'é
quindi da ritenere, anche senza l'esame diretto della redazione di Ox-
ford e fino a prova in contrario, che o essa e quella di Bologna deri-
vano da una fonte comune o l'una è figlia dell’ altra. Comunque però
si risolva il problema, questa decima trascrizione non avrebbe né l'an-
tichità né la completezza della Perugina, che io ho messo a base della
edizione critica dell'importante profezia (5).

(1) Cfr. Boll. ecc., pag. 438-439.

(2) Cfr. Boll. ecc., pag. 440.

(3) Cfr. Boll. ecc., pag. 425.

(4) Cfr. Boll. ecc., pag. 448 in nota.
(5) Cfr. Boll. ecc., pag. 423.

ENRICO FILIPPINI.
ANALECTA UMBRA

Acquasparta. — Per un Centenario glorioso, ossia per Federico
Cesi, il nostro socio cav. Luigi Lanzi ha pubblicato un opuscolo (Pe-
rugia, tip. Umbra, 1903; in 8, pp. 14 num. con illustrazioni) in cui la
memoria del fondatore dell’Accademia de’ Lincei è opportunamente
ravvivata, e di lui e delle virtù sue e del suo alto intelletto è degna-
mente narrato. Illustrano la succinta e geniale monografia le riprodu-
zioni dei palazzi bellissimi d'Acquasparta e Cantalupo: del primo son
riprodotte la facciata e la fronte interna. Non si dimentichi che il Cesi
ebbe a compagno nell’istituir quell’ Accademia Anastasio De Filiis
ternano.

Bevagna. — Per la psicologia d'un famoso falsario, cioè di Al-
fonso Ceccarelli, scrive il prof. Ciro Trabalza nel Fanfulla della Dome-
nica del 4 ottobre 1903 a proposito di pratiche fatte dal Ceccarelli stesso
per fare accettare dal conte Carlo Gabrielli documenti e notizie, abile
sua fattura, su questa nobile ed antica famiglia. Il carteggio del fal-
sario, che il Trabalza ha studiato, conservasi nell’ Archivio Armanni
presso la biblioteca Sperelliana di Gubbio.

Deruta. — Su Le coppe amatorie del secolo XVI nelle maioliche
di Deruta ha data un'ottima notizia il nostro socio dott. Francesco
Briganti, in elegante opuscolo (se ne vegga la recensione, con lo stesso
titolo, del prof. O. Scalvanti in Rassegna d'arte del marzo 1904) edito
per le nozze Bondi-Magnini (Perugia, Unione tip. coop., 1903; in 8,
pp. 16). La illustrano tre discrete riproduzioni di figure muliebri che
sono in tre frammenti di coppe amatorie. Il Briganti dichiara che sta
raccogliendo documenti per la storia delle maioliche derutesi e per
quella degli artefici : intanto ci rivela che il notissimo el Frate è certa-
mente Giacomo di Tommaso Mancini, dalla quale famiglia discesero
maiolicari fino alla seconda metà del Secolo XVIII. E venga presto,

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152 ANALECTA UMBRA

per sua opera diligente, la desiderata storia di quella fabbriea che di
maioliche superbe per colori e iridescenze forniva « le mense di tutta
Europa » e ne produceva sì da trasmetterne, per via di mercanti ve-
neti e d’Ancona, nella Grecia ed in Asia. E le ricerche non limiti
il Briganti agli archivi perugini e derutesi, ma ai musei nostri ed esteri
e alle private raccolte; e con sottile circospezione, senz’ affatto aver
per guida il Catalogo ecc. delle maioliche pesaresi dell' Antaldi, che
non é certo « illustrato con molta competenza » (pag. 7 nota), studi
quella rieca eollezione pesarese e vegga di ben constatare la male at-
tribuita provenienza di molte maioliche, dette pesaresi e*non, come si
dovrebbe, derutesi. Il Fortnum dà ricchezza di particolari intorno alle
maioliche, dipinte o con riflessi, conservate nel South Kensington Mu-
seum (A descriptive Catalogue ece,; London, 1873; pag. 425 e sbg.) e
ne riproduce le marche e le date. E attribuirebbe, ma non con certezza,
a una fabbrica derutese il piatto 1571, '56 dello stesso Museo, rappre-
sentatavi una danza, in tondo, di amorini (da disegno di Marcantonio);
ma il fregio del piatto rivela indubbiamente la fabbrica d’onde pro-
venne, e cioè una di Faenza: così è assolutamente necessario giudicare
finchè non siasi dimostrato che tra il 1520 e il '30 qualche decoratore
faentino di maioliche lavorò a Deruta, come altri pittori faentini di
piatti lavorarono a Gubbio nella officina di Mastro Giorgio. Trentacin-
que maioliche derutesi, o attribuite a Deruta, esistenti nel Museo di
Londra, il Fortnum descrisse; d’ altre in altre collezioni europee dié
indicazioni che al Briganti riusciranno singolarmente opportune. E il
B. vegga anche in Masolica, a historical treatise ecc. dello stesso Fort-
num (Oxford, 1896) il capitolo Diruta (pag. 226 e sgg.) e, nella serie
delle marche e dei monogrammi, i numeri 947 a 971, con fedelissime
riproduzioni (pag. 77 e sgg. della seconda parte del volume). Il Museo
Ashmolean di Oxford (vedine il Descriptive Catalogue: Oxford, Claren-
don, 1897) conserva due piatti (mezze maioliche), del primo decennio
del secolo XVI, attribuite a Deruta od a Pesaro (num. C. 423, 424);
un tondino con la sigla yhs nel centro e con belli riflessi, senza data,
ma 1510-20 (num. C. 422); ed un’ altra notevolissima maiolica, pur
senza data, ma 1520-30, e contrassegnata C. 463*. E non dimentichi
il B. di esaminar due grandi piatti (due, ci pare) con riflessi metallici,
esistenti nel Museo del Bargello di Firenze (raccolta Carrand) e da re-
stituirsi (assolutamente a parer nostro) a Deruta, Gubbio esclusa senza
ombra di esitazione.

Foligno. — Le Notizie sull’arte tipografica in Foligno durante
il XVI secolo che mons. M. Faloci Pulignani ha date nei vol. IV e V
ANALECTA UMBRA 153

della Bibliofilia (estr. in 4, pp. 42) riferisconsi alle edizioni di Luca
Bini mantovano (1541), dei fratelli Cantagalli di Foligno (1542-47), di
Antonio Blado (1562), di Agostino Colaldi da Città Ducale e di Vincenzo
Cantagalli (1563-67: di quest'anno è la rara edizione degli « Statuta
et iura municipalia antiquae urbis et populi civitatis Nucerij », e degli
Statuti di Foligno), di tipografo ignoto, tra il 1567 e il 1570 (i Capitoli
della Cancelleria di Cascia « exscussa fuerunt in civitata Fulginei per
N. excussorem »), di Vincenzo Cantagallo (1571-76; ma alcune edizioni
non recano l’anno), e finalmente dei Petrucci di Perugia che, secondo
lo Jacobilli, avrebbero impresso a Foligno nel 1598. Se l’asserzione
iacobilliana fosse vera, « la stampa del 1598 sarebbe l’ultimo saggio
della tipografia in Foligno nel Secolo XVI». Queste Notizie sono ricca-
mente illustrate da riproduzioni di frontespizi, incisioni in legno e let-
tere iniziali.

Gubbio. — Nella prima dispensa dell' Archivio storico italiano di
quest'anno (serie V, ‘tomo XXXIII; estr. in 8, pp. 12) il prof. Anto-
nio Messeri prende in esame tre de’ più recenti volumi dei Rerum
Italicarum Scriptores nella ristampa diretta da V. Fiorini e G. Carducci
coi tipi magmifici di Scipione Lapi; il primo dei tre è quel che con-
tiene la Cronaca di ser Guerriero da Gubbio. Il Messeri riferisce intorno
a questo volume con singolare competenza; ma i suoi desideri, cioè in
quale anno, precisamente, ser Guerriero cominciò a scriver la Cro-
naca; quali furono le fonti alle quali dové attingere; perchè la Cro-
naca resta interrotta al 1472 (e pur visse l'autore fino a circa l' 80),
razionali e giusti desideri, non potranno certo esser mai soddisfatti.
Chi curò l'edizione di questa Cronaca preferì di lasciar senza risposta
quelle possibili domande, anzichè adottare il sistema delle congetture
arrischiate.

xx Nella chiesa di S. Agostino di Gubbio è stato riscoperto (fu
nuovamente imbiancato, pare, nella prima metà del secolo XIX) un
grande affresco di Ottaviano di Martino di Nello, raffigurante il giu-
dizio universale: è tra le molte figure anche il ritratto dell'artista (fac-

cia di giovine biondo, ch' è pur riprodotta negli affreschi del coro della
stessa chiesa e in quelli della cappella Trinci in Foligno). Questa no-
tizia fu data con corredo di facile erudizione nel Giornale d' Italia del
7 novembre 1903 dall’ ingegnere Cesare Selvelli, non senza ripetere
errori vecchi e infondate asserzioni: a parer suo, quest’ affresco rivela
« l’ impronta caratteristica della scuola umbra eugubina che discende
direttamente dalla scuola dei miniatori di Gubbio del XIII secolo ».

11
154 ANALECTA UMBRA
Per affermare così bisognerebbe conoscere le miniature di Oderisi, e
poi sapere se e quali e quanti miniatori procedano dall'arte sua; e noi
tutto questo non giungeremo a saper mài! Che Martino « fu maestro
nell'arte » al figlio Ottaviano, è da dimostrare; anzi è da dimostrare
ch'egli fosse pittore: che Ottaviano « lavorò molto » a Perugia e in
Assisi non è proprio vero, almeno per quanto si può finora dedurre
dai documenti che illustrano la vita e le opere sue: in Assisi eseguì,
nella chiesa inferiore di S. Francesco, un modesto affresco; e a Peru-
gia, nel 1400, con due altri pittori, « l'arme a quartiere » del Duca di
Milano sopra la porta del palazzo de’ Priori. — Più larga, ma non di
maggior pregio, è la notizia che del medesimo affresco ha offerta il
sac. Pio Cenci nella Miscellanea di storia ecclesiastica (anno II, nüm. 3;
Roma, gennaio 1904; pag. 79-91): per lui è « venuta ora alla luce »
con quella pittura « una pagina delle più belle che illustrino le origini
della scuola pittorica umbra ». A proposito di origini, dico subito che
l'affresco fu eseguito, probabilmente, nel primo ventennio del secolo XV;
e che nel secolo XIV fiorirono a Gubbio (ma ne conosciamo poco più
dei nomi) i pittori Gallo di maestro Andrea di Giovanni, Guiduccio di
Palmeruccio, Angelo di Massolo, Donato di maestro Andrea di Gio-
vanni (forse fratello di Gallo), Giovanni [Pintali?], Nicolò di Angelo
di Massolo e un Petruccio di Luca. I documenti che ad essi riferisconsi
sono editi o indicati in Docum. per la storia delle arti a Gubbio nel-
l'Archivio storico per le Marche e l Umbria, a. 1886; i quali, se non
erro, il Cenci non deve conoscere (cfr. a pag. 84 dov'è fatto « risal-
tare » un « particolare del vero nome » di Ottaviano, notissimo già).
L'affresco, ho detto, è indubbiamente del pittore eugubino ; non in tutti
i particolari perfetto, anche perchè trattasi d’ un’ opera di vasta pro-
porzione: or bene, per concludere razionalmente così, il Cenci divaga
e il suo ragionamento dilaga e si diffonde in domande siffatte: l'af-
fresco è tutta opera sua ?; o pure, si valse egli « de’ suoi discepoli? » ;
« e, se mai, chi furono essi? » Di scolari dovette, a suo parere, ser-
virsi, chè « ne dà prova non dubbia il colorito delle carni in molte
figure, ben diverso da quello caratteristico del Nelli ; la tecnica impac-
ciata nel movimento dei muscoli e nella disposizione delle vesti; in una
parola, un risalto insolito in molti difetti ereditati dalla seuola, che
sono sconosciuti o appena sensibili nelle opere del Nelli, mentre si sen-
tono vivi nei lavori de’ suoi discepoli che composero una fiorente scuola
senza però elevarsi sopra il mediocre ». Lasciamo andare il colorito
delle carni dopo due, almeno, profanazioni d' imbiancature; ma parlar
di scuola d’Ottaviano ? e di scuola fiorente ? e di vivi difetti ne’ disce-
poli suoi, de’ quali non conosciamo alcun’ opera ? Di costoro, afferma
ANALECTA UMBRA 155

il Cenci, « restano ancora dipinti »: quali, io chiedo, di Giacomo di
Bedo (non Bedi) di Benedetto, di cui si conoscono solo documenti bio-
grafici dal 1432 al 75?: quali di Giovanni [Pintali ?], vissuto nel se-
colo XIV e probabile autore di affreschi nell'ospedale del Giunta, ora
distrutto ?; quali di Domenico di Cecco, delle cui pitture la più antica
notizia è del 1448 (l’affresco di S. Agostino è forse, ripeto, del primo

ventennio del secolo XV) e che da Ottaviano fu preso come in disce-

polo con atto del 22 decembre del ’41? E come, quindi, sarebbero pos-
sibili i « raffronti minuti » per determinare quali in quel grande affresco
« sono le figure originali «di Ottaviano » e nettamente distinguerle da
quelle « della sua scuola », cioè di quella scuola di cui non si conoscono
prodotti, e di cui anzi non è agevole stabilir l’esistenza? E discutere
se « fra i discepoli del nostro Ottaviano che lavorarono in S. Ago-
Stino » sia da porre Gentile da Fabriano e Giovanni Sanzio, vuol dire
fare inutili diseorsi, tanto per impinguare l'esile materia d'un articolo.
Certo, « sarebbe una fortuna se nelle ultime lacinie rinvenissimo un
nome, una data che confermasse la conclusione » del Cenci; il nome,
cioó, di Ottaviano e una data che corra dal 1400 a dopo il 15 (era egli
a Gubbio in quest'anno e, nei mesi di marzo ed aprile, console pel
quartier di S. Pietro); ma fortuna molto relativa, perché il critico d' arte
e il conoscitore scrupoloso della tecnica nelliana può, anche senza quei
due elementi, con sicurezza restituire a Ottaviano la grande opera ri-
masta finora sconosciuta. — Cogli stessi errori su l'origine della cosi
detta « scuola eugubina », una notizia su tali affreschi apparve anche
in Natura ed Arte, del 15 decembre 1903. :

#2 « Ad un poeta dalla vena facile ed arguta, ad Antonio Abati,
la cui fama, a giudicare dalle numerose edizioni ch’ebbero i suoi libri,
dovette un tempo correre popolarissima, non sono toccati l' onore e la
fortuna della biografia ». Vero; ed ha fatto bene, per ciò, il prof.
Luigi Mancini a dir di lui, spigolando da opere a stampa, dalle sue
poesie e dalle Frascherie (Antonio Abati e le sue satire nelle Frascherie :
nota. Sinigallia, tip. Puccini e Massa, 1904; in 16, pp. 21). Di queste,
o meglio, delle otto satire che vi son contenute, il Mancini dà « un
rapido cenno », ma bastevole per giudicarne del pregio. Di lui « con
sufficiente precisione ed ampiezza » aveva detto il Mazzuchelli. Ma di
certo, dopo le indagini del Mancini, questo si sa: che 1’ Abati nacque
a Gubbio ne’ primi anni del seicento ; che nel 1631 stampò un epita-
lamio per nozze romane; che fra il 34 e il 38, a Viterbo, conobbe Sal-
vator Rosa (questi dedusse la ispirazione delle proprie satire da quelle
dell'Abati, e specialmente dal Pegasino e dalla Guerra ?); che nel 38

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156 ANALECTA UMBRA

pubblieó pel Ghisolfi a Milano il Ragguaglio di Parnaso, che fu poi
per quattro anni alla corte di Leopoldo arciduca d'Austria, avaro (tale,
almeno, fu con lui) mecenate: che, partito da Vienna, viaggiò per la
Francia e le Fiandre, e fu quindi, come soprintendente dello Stato ec-
clesiastico, governatore delle Grotte, di Frascati, di Bagnaia e Reca-
nati. Visse in séguito alla Stelletta, presso Senigallia, in un podere di
eui Vittoria della Rovere, granduchessa di Toscana, gli avea concesso
l’usufrutto; e qui morì nell'ottobre del 1667. — Pochi dubbi: è attendi-
bile Cipriano Monente che nella Storia d'Orvieto fa discender gli Abati
di Gubbio dalla famiglia orvietana?: l'Ubaldo, arcivescovo di Ravenna
nel 1208, é della stessa famiglia?: e il Rainaldus Abbatis, podestà di
Gubbio nel 1211, ugualmente? Questo afferma il Lucarelli (Memorie e
guida storica di Gubbio, pag. 208, che il Mancini non deve forse cono-
scere), ma nella serie cronologica de’ podestà, consoli, ecc. ch'egli dà,
non trovo codesto Rinaldo sotto quell’anno (pag. 159), sì bene sotto
l’anno 1215. — Vivace e bizzarro ingegno: il « suo spirito è spesso
frivolo, troppo spesso è giuoco piccino di parole; la sua lingua è quasi
sempre strana »; originalissimo per questi « ed altri suoi difetti »: me-
ritevole quindi d'uno studio compiuto, come s'augura il Mancini.

Perugia. — Di Boncambio Boncambi (il « cavaliere di molto
pregio et honore » lo disse il Pellini; Storia di Perugia, II, 619) ha
ritessuta la vita il conte Vincenzo Ansidei con la scorta di documenti
nuovi e delle notizie che n’avea date il Vermiglioli. Era nato già nel
15 agosto 1401 (non è possibile determinar meglio la data); fu amba-
sciatore del Comune nel 21; eletto conte dell’ Impero nel 33 da Sigi-
smondo ; nel 35, per sospetto d’essere fautore de’ Raspanti, escluso coi
due fratelli dai pubblici uffici e poi confinato in Ancona, d’onde tornò
nel 36; Podestà di Firenze dal 45 al 46; riconfinato nel 48: possiam dire
— così l’Ansidei — « che la vita di Boneambio tutta si riassuma in
un'alternativa di persecuzioni e di trionfi; ma, doloroso a constatarsi,
le prime gli vennero dalla sua patria, i secondi da altre genti che, per
lepoca in cui visse, egli forse considerava quasi straniere ». ‘Tornato
in patria ne’ primi del 49 e riammesso agli uffici della città, fu eletto
Senatore in Roma: nell’ ottobre dell’anno successivo Stefano Porcari
ne sposò una figliuola, Anna, la quale restò presto vedova: il 9 gen-
naio del 53 Stefano, congiurato contro il papa, moriva sulla forca. Il
Boncambi era allora capo de’ Priori in Perugia. Ritiratosi a vita intima
e chiuso nel dolore per questa che fu l’ultima e la più tremenda scia-
gura, visse poco più d’un anno. La lode che ne disse Cesare Alessi

MEUM MUS ANALECTA UMBRA 151

non é certo adulatriee e soverchia; ond'é che opportunamente il conte
Vincenzo Ansidei ne ha ravvivata la memoria e lumeggiati i pregi sin-
golari. L'opuscolo (nitidamente edito coi tipi dell’ Unione Cooperativa
di Perugia, 22 ottobre 1903; in 8, pp. 33) reca il titolo di Memorie
sulla famiglia Boncambi; ed ha, infatti, copiose notizie genealogiche
a tutto il secolo XV, diligentemente dedotte dall’ Archivio notarile di
Perugia. Alla nobil famiglia de’ Pucci- Boncambi appartiene il conte
dottor Vittorio, a cui l'Ansidei ha dedicato queste memorie nel di dellè'
sue nozze con Maria Pia Gigliarelli.

4", Una lettera dell'Aurispa ad Antonio Panormita, scritta da Fi-
renze nel settembre del 1426, dimostra com’egli sperasse di ottener la
condotta in Perugia: « inclinat animus ut Perusiam petam ». Questa
lettera fu edita dal prof. Remigio Sabbadini nel Giorn. stor. della lett.
-ital., Supplemento 6, pag. 100. Nel 1440, egli avverte, tra i proposti a
conseguir la carica di cancelliere nel Comune perugino fu messo an-
che l'Aurispa: gli altri tre erano Francesco Filelfo, il Marrasio e Ra-
nuccio da Castiglione aretino.

45 Il Cenacolo di Foligno, che lo Schmarsow aveva indubbia-
mente dichiarato opera di Pietro Perugino, ha offerto a critici argo-
mento di studi e discussioni: taluni attribuirono l’affresco prezioso a
Raffaello ; ed altri ad altri artisti. Nel fascicolo agosto -settembre del
1903 la Miscellanea d'Arte ha pubblicati vari Disegni del Perugino per-il
Cenacolo di Foligno, i quali, cioè, servirono al pittore per quell’opera,
di cui ormai può con certezza determinarsi o circoscriversi l'età; vale
a dire tra il 1496 e il 1500.

4", Firenze, quando nel 1452 fu minacciata nuovamente di guerra
dal re di Napoli, ebbe cura di constatare se l'alleata Perugia le se-
rebbe rimasta fedele; e vi mandó con determinate istruzioni il Palmieri.
Con sì intensa efficacia questi parlò in favore di Firenze, a cui tanto
premeva, adesso, la ferma fede delle amiche città, che Perugia ricisa-
mente deliberò di non soccorrer di vettovaglie le milizie aragonesi, le
quali per lo stato pontificio, a traverso il territorio perugino, move-
vano su Firenze. I provvedimenti presi dai Priori perugini mentre il
Palmieri era a Perugia, gli atti di loro gentilezza verso l’ambasciatore
e di sincera amicizia per Firenze, e i doni che a lui offrirono, rac-
conta con documenti dedotti dagli Annali Decemvirali il prof. Agostino
Zanelli nell ArcA2vio storico italiano, disp. 1% del 1904.
158 ANALECTA UMBRA

Nella Nazione di Firenze del 25 dicembre 1903 il prof. Oscar Scal-
vanti dà notizia di Un autografo di Vittorio Alfieri in Perugia, cioè
della dedica che l'Astigiano fece d'un volume delle proprie tragedie
al marchese Diomede di Sorbello. Codesta dedica è in un ternario e
reca la data del 4 giugno 1802: il volume conservasi nella biblioteca
Sorbello. Ma, prima del prof. Scalvanti, n’ avea data notizia e n’ avea
riferiti i tre versi il prof. G. Mazzatinti nel vol. III del Giornale sto-
rico della letteratura italiana, pag. 343, trattando de Le carte alfierane
di Montpellier. Il Mazzatinti anzi (e ciò importa per la storia, ignota
ancora, delle relazioni tra il marchese perugino e l'Alfieri) indicò un
frammento di tragedia che il Di Sorbello inviò all’ Alfieri, probabil-
mente perchè gliene desse parere, ed oggi è tra le carte alfieriane di
Montpellier (fascicolo 18); e pure indicò quel suo sonetto in morte del-
l’Astigiano, ch'è tra le carte della contessa d'Albany (fascicolo 28 bis),
ed è copiato nel primo volume delle tragedie, che dall’ autore ebbe in
dono.

xfx Il nostro socio dottor Giustiniano Degli Azzi ha data nella
Bibliofilia (vol. V, disp. 7-8; estr. in 4, di pp. 8) notizia dei CZmeli co-
lombiani della Biblioteca Comunale di Perugia, cioè di tre copie della
lettera di Cristoforo a Raffaele Sanchez. Una non fu notata dall’ Hain
e dal Graesse, ma sì dal Brunet; e vari esemplari n'esistono in biblio-
teche italiane, e in quelle di Boston e di Londra. Ne eseguì, probabil-
mente, la stampa, il Plannek nel 1493 a Roma; e l’Harrisse ed il
Barlow la considerano princeps. Un'altra stampa è rarissima ( « im-
pressit Romae Eucharius Argenteus » nel 1493), nè resulta dalla dili-
gentissima notizia del Degli Azzi che altrí esemplari se ne conservino

in biblioteche italiane. La descrizione, severamente bibliografica, di '

queste copie preziose era necessaria, perché « a tutti rimasero scono-
sciute », anche quando fervidissime s' instituirono indagini colombiane
nella ricorrenza del IV centenario della scoperta dell'America. Dei tre
esemplari il Degli Azzi descrive due soltanto, perché i due contenuti
nei volumi miscellanei 23. 1400 e 5. 1400, sono identici.

4*4, Per le nozze Gigliarelli-Pucci Boncambi. e. Gigliarelli - Tei (22
ottobre 1903) vari amici del cav. Raniero Gigliarelli hanno pubblicati
in elegantissima edizione (Perugia, Unione tip. coop.; in 32, pp. 68)
vari Documenti per la storia della medicina im Perugia nei secoli XIII-
XIV con uno studio sui medici in Perugia negli stessi due secoli del
dottor Francesco: Briganti. I documenti comprendono gli anni 1260-1393.
In fine è l' indice cronologico dei medici che o l'arte esercitarono in

— T meruere S
NETT RC I EP T ENG I RE
ANALECTA UMBRA 159

Perugia o furon chiamati a insegnarvi nello Studio; tra essi sono da
segnalarsi gli umbri: Giacomo di Giovannello da Montefaleo, Ubaldo
di Bastiano e Matteo di Meo da Gubbio, Gentile da Foligno, Manno
di Filippuccio da Castello, Matteo d'Assisi, Francesco di Filippo da
Foligno, Giovanni di Berardo Bencivenne da Spello; Francesco degli
Ubaldi, Michele di Bonagiunta, Giovanni Matteo di Manno, Andrea
Morici, Durantolo di Giovanni di Durantolo, Gaudino di Bonaventura,
Musetto di Salomone, Pisolo di ser Luca, tutti perugini; Nicolò Cinzio:
. da Orvieto e Marino di Cola da Spello. — Il magister Baldus Bastiani
che, secondo questo elenco cronologico, nel 1321 fu nominato Lettore
in medicina, logica e metafisica nello studio perugino, potrà identifi-
carsi con Ubaldo di Bastiano, autore del Teleutelogio? (Cfr. Archivio
storico italiano, VII, 1881): forse a ciò si opporrebbe la scarsa notizia
che abbiamo degli studi suoi nella Università di Bologna, dove Gio-
vanni Andrea gli fu « praeceptor in scientia canonum », com'egli at-
testa nel cap. VI dell'ultimo libro del Teleutelogio?

Sabina. — Nella Rivista moderna politica e letteraria, a. VII,
serie II, num. 6, Antonio De Nino ha pubblicato un bello studio su
La Sabina nel dialetto e nei canti: larga notizia del poeta vernacolo
reatino Loreto Mattei (1622-1705) e canti copiosi della regione con uti-
lissimi raffronti. Il De Nino ha compilata una ricca raccolta di canti
popolari sabini, e l’ha pronta per la stampa: ma quale editore in Ita-
lia n'assumerà la cura della pubblicazione?

Spello. — Col titolo di Ricordo della visita fatta ai monumenti di
Spello dalla nostra Deputazione di Storia patria il 28 settembre 1903,
fu pubblicata in opuscolo una Guida sommaria dei monumenti stessi
(Perugia, tip. coop.; in 16, pp. 7). Le notizie furono dedotte dalla mo-
nografia del nostro socio prof. Giulio Urbini Le opere d’arte di Spello,
edita nell’ Archivio storico dell’arte del 1897.

Umbria. — Di Fra Serafino Razzi, di cui copiose notizie biogra-
fiche esistono nel ms. 37 della Palatina di Firenze, ha scritta e inserita
una diligentissima monografia nel Rosario Memorie domenicane del 1903
il p. Lodovico Ferretti (estratto in 8, pp. 52; Firenze, 1903). Visse il
dotto frate dal 1531 (nacque a Marradi il 13 decembre) al 1611 (8 ago-
sto); scrisse molte opere ascetiche (delle edite e delle inedite il p. Fer-

retti ha data un'ottima bibliografia); fu priore in S. Domenico d'Or-
vieto, a Foligno e a Perugia, dove contrasse relazione col p. Timoteo
Bottonio, e coi tipi di Andrea Bresciano e poi del Petrucci pubblicò
160 ANALECTA UMBRA

aleune opere. Nel 1590 pubblicò a Firenze e dedicò al p. Antonio Bran-
cuti, priore di S. Domenico di Perugia i « Cento brevi sermoni ». Noto,
tra le sue opere inedite, le lezioni bibliche dette dal 1569 al '72 in
S. Domenico di Foligno, le « Praelectiones 65 » e le « Lectiones in
Tobiam » dette a Perugia nel 1573 e 1583. Oltre che dal citato ms. pa-
latino, il p. Ferretti dedusse pel suo studio utili notizie da una rac-
colta di opere del Razzi, esistente nell'archivio domenicano di Fiesole
(num. 820).

x” Per la Storia dell'Umbria in relazione con quella del ducato
di Urbino sono da segnalare la prima parte dello studio di Roberto
Marcucci su Francesco Maria I della Rovere, la quale comprende gli
anni 1490 - 1527 (Senigaglia, Puccini e Massa, 1903; in 16, pp. 201); e
quanto ha molto opportunamente scritto Guido Zaccagnini su La prima
fonte Storica per la vita di Federico da Montefeltro in Le Marche, a. IV,
fasc. 1 (pag. 8-33).

x. La lettera del prof. Medardo Morici su Dante e il monte Catria
(cfr. questo Bollettino, fasc. III del 1903) è riprodotta nel Giornale dan-
tesco, a. XI, quaderno 11-12, e in Le Marche, a. IV, fasc. 1, pag. 49-51.
Cfr. anche Giornale Stor. della lett. ital., fasc. 127, pag. 144 e sg. —

4*4, Sui restauri di recente compiuti in Alcuni monumenti d'arte nel-
l'Umbria ha scritta una nota il prof. O. Scalvanti nella Rassegna d' Arte
del febbraio 1904, la quale ha singolar pregio per le nitide illustrazioni
(il palazzo de' Consoli di Gubbio; l'interno della chiesa di S. Fran-
cesco di Montefeltro: il Presepe del Pintoriechio a Spello ; il restaurato
palazzo del Popolo di Orvieto; l'angolo sud del presbiterio di S. Sal
vadore a Spoleto; e il palazzo comunale di Todi). Il prof. S. dice
« opera dell’eugubino Gattapone, 0, come altri vogliono, di Angelo da
Orvieto » il palazzo de’ Consoli di Gubbio (perchè vien qui riprodotto
da fotografia anteriore al restauro che fu compiuto due anni or sono
e pel quale furono razionalmente soppresse le due brutte mostre del-
l'orologio ?); e avverte in nota che tornerà su l'argomento della « di-
sputa, perchè se non sembrano sicuri i riscontri pei quali il palazzo
dovrebbe attribuirsi al noto architetto Gattapone, nemmeno ci paiono
decisivi gli argomenti di coloro che sostengono essere opera dell'artista
orvietano ». Auguriamoci che l'occasione a trattar della vessata que-
stione gli si offra non lontana: giovi intanto ricordare che non ha ra-
gion d'essere il suo desiderio « di leggere nella Relazione del conte
Sacconi un qualche commento alla scala rampante della parte. poste-
ANALECTA UMBRA

riore del palazzo, che metteva al portico elegantissimo ». E né pure
hanno ragion d'essere le domande: « Quella scala venne strappata per
ragioni di difesa o per comodità edilizie?: si dovrebbe ripristinarla o
pur no? » Ripeto quel che scrissi nel mio studio Su è palazzi del
Gonfaloniere, dei Consoli e del Podestà in Gubbio (nell Archivio storico
per le Marche e l' Umbria, IV, pag. 44): la scala, « non so perchè, non
fu mai eseguita »; però ne esiste il contratto (ed io lo pubblicai, vi,

pag. 41 e sgg.) del 28 agosto 1491 coi maestri Lorenzo di Vico e Gio-

vanni Antonio lombardo. — Con lo stesso titolo, e a proposito della
Relazione del Sacconi, il prof. Scalvanti inserì un altro articolo nella
stessa Rassegna del novembre scorso, corredato d' incisioni.

GIUSEPPE MAZZATINTI.

m a t

——
RECENSIONE BIBLIOGRAFICA

GALLENGA STUART R. A. — Cesare Caporali, La vita e le opere.
— Perugia, Stabilimento tip. G. Donnini, 1903.

V'ha oggi nel campo degli studi letterari e storici la tendenza a
prendere in attento esame non solo gli uomini e i fatti che in massimo
grado influirono sul tempo e sul paese in cui vissero e si verificarono,
ma altresile personalità e gli avvenimenti minori che da quegli uomini
e da quei fatti derivano. Tale tendenza, utile in sè siecome quella che
ha per iscopo di far conoscere più da vicino e più intimamente i varî
periodi storici, ha oggi, a nostro avviso, assunto esagerate proporzioni,
poichè troppo spesso vediamo studiosi anche valenti dedicarsi a minute
ricerche su figure e su aneddoti, certo non meritevoli di tanto onore.
Ciò non toglie però che sia giusto il desiderio di conoscere il nostro
passato non solo nelle linee principali, ma anche nei più interessanti
particolari, e deve quindi tributarsi ogni lode a coloro che si adoperano
ad illuminare con nuove ed accurate indagini quelle parti del grande
quadro storico che, sebbene degne di esser poste in evidenza, rima-
sero sino ad ora o interamente o quasi del tutto nell'ombra.

Questo encomio merita il dott. Romeo Gallenga Stuart, il quale
con intelligente amore si è occupato della vita e delle opere di Cesare
Caporali ed ha col suo studio raggiunto lo scopo che s'era prefisso,
di togliere cioè dall’ ingiusto oblio il poeta perugino.

Fra l' entusiasmo che i versi del Caporali destarono mentre egli
era ancora in vita e durante più che mezzo secolo dopo la sua morte
(dal 1574 al 1673 si fecero delle rime di lui 35 edizioni) e lo sprezzante
silenzio che sul poeta serbano molti manuali della nostra letteratura,
giunge opportuno un giudizio imparzialmente severo, che gli renda
giustizia, pur non proclamando eon Leandro Bovarini ch'egli

« ..rinato in Ciel divo immortale
S' asside fra gli altissimi poeti ».
INERTE LIZ

164 RECENSIONE BIBLIOGRAFICA

E tale giudizio lo dà il Gallenga scrivendo che il Caporali non
seppe spiccare il volo sulle ali del genio, seguì la corrente che deri-
vava dal gusto prevalente del suo secolo, ma ebbe doti tali che bisogna
assegnare a lui più nobile scanno fra i satirici e i burleschi che lo pre-
cedettero o imitarono.

La critica sulle opere del Caporali è nel volume, di cui discorriamo,
preceduta da copiose notizie sulla vita del poeta, a ritesser la quale
il Gallenga si è valso specialmente di quanto ne scrisse Vincenzo Ca-
vallueci, delle osservazioni che sulle rime dello zio ci lasciò Carlo Ca-
porali, nonchè dei cenni autobiografici che leggonsi nei due capitoli
della Corte. Ha poi avuto il nostro A.la fortuna di trovare uno scritto
inedito di Adamo Rossi, in cui, sulla base di documenti tratti dagli
Archivi perugini, quell’ erudito scrittore aveva portato alle notizie sul
Caporali molte aggiunte e correzioni, ed anche di questo scritto il
Gallenga ha fatto tesoro. Egli però non è di quelli che si dan l’aria
di palesar cose nuove facendo assegnamento sull’ignoranza altrui e
limitandosi a ripetere con parole diverse ciò che è stato già detto
da altri, ma coscienziosamente addita le fonti delle quali si serve, i
materiali che sono a sua disposizione fa oggetto, correggendoli ove
occorra, di opportune riflessioni ed aggiunge, col sussidio di documenti
nuovi cercati e studiati con amore, importanti notizie.

A prova di ciò notiamo i giusti riflessi, pei quali il Gallenga non
seguendo l’opinione del Rossi che nel citato ms. afferma il Caporali
esser nato nell'aprile del 1525, si attiene invece all'avviso del Cavallueci
e pone la nascita del poeta fra gli anni 1530 e 1531; ricordiamo al-
tresì le acute osservazioni tendenti a conciliare le memorie sull’ ori-
gine della famiglia Caporali da un Bartolomeo Bensari di Vicenza tra-
mandateci dallo stesso poeta (della sua stirpe egli afferma « Ch'ebbe
in Vicenza già l’antiche piante ») e dal nepote Carlo coi documenti
che senza dubbio fanno risalire l’origine dei Caporali in Perugia ad
un « Segnolus Johannis alias Caporale olim de Massa Lombardorum ».
Il metodo rigorosamente critico nulla toglie alla genialità della forma,
ed é con vero interesse che il lettore tien dietro alla narrazione fatta
dal Gallenga molto garbatamente delle vicende abbastanza fortunose
del poeta perugino, da quando questi rimase all'età di dieci anni orfano
di padre e di madre e si vide, per opera di uno zio che gli fu tutore,
ridotto nelle più dure strettezze, sino agli ultimi giorni della vita da
lui trascorsi fra gli agi e nei tranquilli ozi che gli erano procurati
dalla munificenza del marchese Ascanio della Cornia e che gl’ ispira-
rono Gl orti di Mecenate. Il disagio economico obbligò il Caporali
a farsi cortigiano, e lo troviamo prima alla corte del Cardinale Ful-
RECENSIONE BIBLIOGRAFICA 165

vio della Cornia, poi a quella del Cardinale Ferdinando dei Medici
e da ultimo presso il Cardinale Ottavio Acquaviva. Del primo signore
non ebbe a lodarsi, ma in compenso gli fu dato sperimentare la bene-
volenza e la generosità degli altri due, segnatamente dell' Acquaviva
che congiunse nell’

« avaro e frale
Secol due gran contrari....,
L'illustrissimo dico e '1 liberale »;

potrebbe quindi il nostro Cesare meritar quasi la taccia d'ingiusto e
d'ingrato, allorché lancia contro le corti i suoi strali più pungenti, ma
a scusarlo invoca l'A.il doloroso stato d'animo di chi si ricorda del
tempo felice nella miseria e, costretto a cercare un padrone, s'imbatte
per la prima volta in un uomo irascibile e di umor nero quale Fulvio
della Cornia. Nota inoltre giustamente il Gallenga che dell’Acquaviva
il Caporali non potè dirsi cortigiano, dappoichè il Cardinale gli affidò
due volte il governo di Atri e Giulianova, suoi feudi nell’Abruzzo : dice
il Contulo nell’ orazione funebre in onore del Caporali che questi, ab-
bandonando il commessogli officio, lasciò negli abitanti di quei luoghi
grande desiderio di sè, e tale affermazione ci spinge a pregare il Gal-
lenga che faccia nei paesi dove il Caporali fu governatore quelle ri-
cerche, che egli stesso dichiara utili ed opportune, e completi così le
‘notizie biografiche sul poeta da lui con tanto amorevole diligenza rae-
colte. i

L’indole di questo periodico non consente d’intrattenerci a lungo
sulla parte di critica letteraria che nel lavoro di cui ci occupiamo
si contiene ; solo accenneremo che l’egregio A. diffusamente discorre di
tutti gli scritti del Caporali, dai capitoli su La Corte che alcuni critici
hanno reputato la migliore delle sue opere, alla Vita di Mecenate che
fu tanto severamente giudicata dal Gaspary e nella quale davvero,

secondo la schietta confessione dello stesso poeta, lo

. stil giù per le scale
Sdrucciolando sen va ...

Bene a ragione il Gallenga fa poi rilevare l’importanza delle altre
opere intitolate Le esequie di Mecenate, Viaggio di Parnaso e Avvisi di
Parnaso, poichè con esse il Caporali diede origine a quella manifesta-
zione della nostra letteratura, che poi fu condotta a maggiore altezza
da Traiano Boccalini; dopo aver fatto cenno degli autori che seguirono

gi I Cae
166 RECENSIONE BIBLIOGRAFICA

nel seicento le orme dello scrittore di Loreto, il Gallenga conclude
ch’ essi « sono i frutti cresciuti sull’ alta pianta del Boccalini, ma il
seme da cui tutti derivano, conviene bene ricordarlo, fu gittato dal
nostro Caporali », da lui, che il Gallenga acutamente definisce « il
nonno burlone dei parnassologi ». Sì, burlone, ma di quei burloni che
hanno il riso sul labbro e un senso di tristezza nel cuore, e che fra
uno scherzo e l’altro pongono in vista le grandi e piccole miserie,
compagne indivisibili della umana esistenza.

Se pertanto ai concetti arguti e talora anche profondi avesse il
Caporali saputo dare una forma più elegante e corretta e se la facilità
nello serivere non lo avesse troppo spesso condotto a lungaggini vane,
egli meriterebbe rinomanza assai maggiore; comunque dobbiamo esser

grati al dott. Gallenga che ne ha ravvivato la memoria e che col suo

studio geniale è pienamente riuscito non solo a farlo apparire in de-
t=]
gna maniera fra i due scrittori perugini Lorenzo Spirito e Francesco
Coppetta, ma anche a rendergli nella storia della letteratura italiana
3 [o]
quell'onorevole posto che a buon dritto gli compete.

V. ANSIDEI.
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ANNO X. 5 EASGCIGOLO- Bb.

BOLLETTINO

DELLA REGIA DEPUTAZIONE

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VOLUME X.

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GLI STATUTI DELLA GOLLETTA DEL COMUNE D'ORVIETO

LO STATUTO DEL 1334

L'ordinamento economico, le condizioni sociali, le leggi,
la costituzione politica, i costumi, la religione, la scienza,
l’arte e la letteratura sono i fondamenti sui quali si eleva,
svariatissimo di forme e di colori, l' edificio della storia di
un popolo; e le vicende politiche derivano naturalmente
da ‘queste cagioni come scaturisce una fonte dalle acque
scorrenti nell'interno della terra. Ma quale parte maggiore
o minore abbiano negli avvenimenti i diversi fattori è diffi-
cile stabilire, perché si mescolano insieme e si confondono
in modo che è arduo discernere gli elementi costitutivi di
fenomeni così complessi. Perciò il problema della. casualità
ha affaticato ed affatica le menti dei pensatori: dei filosofi,
dei sociologhi, degli economisti, degli storici. Tuttavia le ul-
time ricerche scientifiche si accordano nel dare la premi-
nenza, tra i fattori dei fenomeni sociali, a quello economico,
il quale più potentemente sospinge le società umane sulle
vie del progresso e della civiltà, o ne impedisce i movi-
menti, o ne ritarda lo sviluppo. Ed oggi gli studiosi si ri-
volgono di preferenza a rintracciare le condizioni econo-
miche degli Stati scomparsi nell' ombra del passato, ‘per isco-
prire le scaturigini prime dei fenomeni storici.

L'economia politica medievale è uno tra i rami. dello
scibile più trascurati e quindi debbono ora gli studiosi col-
marne a poco a poco le vaste e frequenti lacune. E nel-

lassetto economico ha parte principalissima l'esazione delle

12
170 G. PARDI

imposte, fonte prima di ricchezza per i Comuni medievali.
Perciò, fin dal 1893 essendomi accinto ad indagare le vicende
politiche e la vita della città di Orvieto nel medioevo, ri-
volsi anzitutto la mia attenzione ai documenti della sua co-
stituzione economica: gli statuti delle gabelle e il catasto
del 1292; e da questo raccolsi tutti i dati che mi sembraron
più utili a comprendere le condizioni dei cittadini e la ripar-
tizione delle ricchezze, di quelli preparai la stampa, che ora
vede finalmente la luce. Ma sin dal '94 pubblicai un'intro-
duzione generale a questi statuti (vol. I del Boll. umbro di
sí. p.) e nel '98 il più antico di essi, che contiene soltanto i
dazi sullintroduzione e sull'estrazione delle vettovaglie e
delle merci (vol. IV del £0//.). Reputando adunque superflua
un'ampia introduzione, rimando i lettori a quei due an-
tecedenti lavori.

La colletta era un'imposta, la quale gravava sugli og-

getti introdotti in città o trattine fuori, sulla vendita al
minuto, sopra i molini, gli uffici, gl'impieghi, i cottimi, le
pensioni, i livelli, le misure, i pesi, il bestiame, le doti, i
testamenti e le industrie (manteniamo l ordine, in cui gli
statuti registrano le cose sottoposte alla colletta). Esisteva
già embrionalmente nel sec. XIII, ma fu meglio riordinata
nel 1304, essendo allora costretti i reggitori della repubblica
orvietana ad accrescere o ad estendere i dazî per le strettezze
dell’erario, impoverito dalla guerra con il conte Nello della
Pietra e dalle spese per l occupazione di terre del contado
aldobrandesco nella Maremma toscana. In quest'occasione
furono spedite persone competenti a studiare gli ordinamenti .
delle gabelle di Lucca e di Siena: sembrarono più adatti
ad attuarsi in Orvieto quelli della gabella di Siena, città
agricola ed in collina come Orvieto.

L'amministrazione era presieduta dal giudice della col-
letta, generalmente forestiero, che durava in carica sei mesi,
GLI STATUTI DELLA COLLETTA DEL COMUNE D'ORVIETO, ECC. 171

curava l'esecuzione degli ordinamenti statutari, faceva bandi
e imponeva multe e condanne a chi li trasgredisse.

L'amministrazione finanziaria era tenuta dal camarlingo,
il quale durava in ufficio sei mesi e riceveva tutti i proventi
della colletta, rendendone conto ogni due mesi e consegnando
al camarlingo del Comune le somme riscosse quando questi
ne lo richiedeva. Aveva facoltà di dar le paghe agli ufficiali
della colletta e di far tutte le spese necessarie per la sua
amministrazione; ma per altra qualsiasi doveva ottener l'au-
torizzazione dal Consiglio del Comune.

Gli esecutori della colletta eran quattro, uno per quar-
tiere, scelti tra i cittadini popolani (non nobili): duravano
anch'essi in carica sei mesi, con lo stipendio mensile di un
fiorino d’oro, eseguivano quanto era prescritto intorno alle
gabelle di ogni specie ed inquisivano gli accusati di frodi.

I notari, di cui non è fissato precisamente il numero,
andavano in cerca dei debitori e dei frodatori dell'amministra-
zione, facevano inquisizione su loro insieme con un birro
e ne riferivano al giudice; facevano prestar giuramento agli
esecutori, registravano le bestie da. macellare, le carni da
porre in vendita e tutto ciò che procacciasse introiti alla col-
letta, nei registri della quale dovevano scrivere essi soltanto.

I collettori esigevano i dazî alle porte o dai rivenditori
e consegnavano, il giorno dopo, le somme riscosse agli ese-
cutori, che alla loro volta le versavano al camarlingo.

Gli scrittori della colletta facevano le polizze delle ga-
belle pagate, ma non scrivevano nei registri dell'amministra-
zione..

I banditori, dipendenti dal giudice, citavano i morosi
al pagamento, eseguivano pignoramenti secondo gli ordini di
quello, e citavano a comparirgli dinanzi i contravventori
agli ordinamenti della colletta.

Gli ufficiali sopra le misure. sigillavano le misure dei
‘solidi e liquidi da vendere, esigendo una certa somma per
ciascuna. Gli ufficiali sopra i molini, in numero di quattro (uno
112 G. PARDI

per quartiere) facevano la stima di quelli esistenti nel ri-
spettivo quartiere, riferivano quali fossero affittati e quali
no, e cercavano di affittare quelli che non lo erano. Gli uf-
ficiali per correggere gli errori nel contado, in numero di
dodici (tre per quartiere), riparavano agli errori commessi
nel ripartire le tasse nel contado, tenendo conto della ric-
chezza delle famiglie e del numero de’ loro membri. I cu-
stodi segreti del vino vigilavano affinché non venissero com-
messe frodi contro gli ordinamenti che ne regolavano la
vendita all'ingrosso e al minuto. Finalmente le spie avean
l'obbligo di denunciare al giudice i contravventori agli sta:
tuti della colletta.

Tale sistema di amministrazione rivela il fiero senti
mento democratico dell'età dei Comuni e la saggezza eco-
nomica della Toscana, culla delle istituzioni finanziarie ita-
liane. Di fatto gli ufficiali dovevano essere scelti dalla classe
popolare, mai dalla nobilesca. Il giudice era generalmente
forestiero perchè, se fosse stato cittadino, non avrebbe agito
con rigore contro i conoscenti od amici. Tutti gli ufficiali,
che potevan commettere abusi maneggiando il danaro della
colletta, non restavano in carica più di sei mesi. GT introiti
del dazio alle porte della città erano consegnati, entro ven-
tiquatt'ore, dai collettori agli esecutori, che alla loro volta
li rimettevano sollecitamente al camarlingo. Questi poi era
tenuto a rendere, ogni due mesi, ragione del danaro incas-
sato, ed. a versarlo nelle mani del camarlingo del Comune
ad ogni richiesta di lui. Così non erano certamente facili
gli abusi e le frodi. Pertanto questo sistema, nei primordi
del sec. XIV, in cui le istituzioni finanziarie, sviluppatesi di
recente per i bisogni delle città fiorenti d'industrie e di com-
merci, erano ancora nello stadio di formazione, apparirà
ispirato a cautela, a saggezza, a rettitudine.

La colletta, onde abbiamo brevemente esposto l' organa-
mento amministrativo, comprendeva le seguenti imposizioni :
1.° L/odierno dazio d’introduzione degli oggetti in città,
GLI STATUTI DELLA COLLETTA DEL COMUNE D'ORVIETO, ECC. 178

aggravato dalla gabella sui medesimi alluscita dalle porte,
tolta più tardi quando cessò il terrore delle carestie, prima
frequenti, e si comprese qual danno arrecasse alle industrie
e quale ostacolo al commercio.

2." L'imposta sulla vendita, all'ingrosso e al minuto,
dei panni, del vino, delle carni, del legname e di altri oggetti.

3." La gabella dei molini, cioé sul macinato, imposta
sui mugnai e sui possessori di frantoi d'olive.

4^ La gabella del bestiame, che era molto complessa,
pagata dai venditori di bestie (il 2 per ?/, sul prezzo), dai pos-
-Ssessori di cavalli e muli domati, da chi teneva porci e giu-
. menti, da chi dava o aveva bestie a soccita, da chi le man-
dava a pascere in Maremma.

5." La tassa sui contratti, a cui sottostava chiunque
comprasse, vendesse, donasse o permutasse possessi, uffici o
rendite.

6." L'imposizione sulle pigioni delle case, gli affitti
delle terre e i livelli (generalmente il 4 per °/, del reddito
di questi).

7.° La gabella delle misure e dei pesi, la quale gravava
sui rivenditori che dovean far sigillare i pesi e le misure da
ufficiali appositi, non potendo adoperarne di non sigillati.

9." La tassa sulle doti, che era del 2 °/,, e del 4 per °/,
quando si trattava di restituzione di dote.

9.? La tassa sui testamenti, pagata da chi ereditava in
ragione del 4*per °/,: non gravava sui lasciti fatti a opere
pie, a società, a ospedali, a chiese, a ecclesiastici, a poveri.

10.° L/ imposta sui mestieri, a cui erano sottoposti mu-

ratori, vasai, tegolai, panettieri, pastai, calcinai, lavandai,
fattori, servitori.

11.° La taglia delle arti, ossia l'imposta annuale di
ciascuna corporazione artigiana in proporzione del numero
dei membri e dei redditi dell'industria esercitata. Perciò la
taglia era in effetto una tassa sulle industrie.

12.° L'imposta sui possessori di stufe, volte, cantine,
— sie Long pt mmi

MT. decus

»

174 G. PARDI

cisterne, ponti e volte sulle strade, balconi e giardinetti sulle
medesime, portici, banchi, logge, tende, navi sul Tevere, ecc.

13. La gabella sull'usura e sugli imprestiti, che gra-
vava, in proporzione delle somme imprestate, specialmente
sugli Ebrei e sui Lombardi, i quali davano danari a prestito
in Orvieto.

14.° L'imposta sugli impiegati del Comune, i quali
dovevano rilasciare un tanto per ogni lira di stipendio.

15. L'imposta sui cittadini che avevano ufficio di po-
destà, di castellano, di notaro e giudice del podestà in terre
e castella dipendenti dal: Comune.

Pertanto lo statuto della colletta orvietana contiene non .

soltanto le leggi che regolavano allora il dazio di consumo,
ma un complesso sistema d' imposizioni, che formava i prin-
cipali cespiti d' entrata per il Comune insieme con l impo-
sta fondiaria, basata sul catasto stabilito in Orvieto sin dal
1292, detta anche ra perché levata, ogni qual volta le
euerre, le carestie, le necessità pubbliche lo richiedessero,
sui beni ragguagliati alla lira cortonese, unità di misura
monetaria.

Soffermiamoci ora a considerare piü particolarmente al-

‘ cuné delle imposte sopra enumerate, per trarne luce sulle

condizioni e la vita di Orvieto nel Trecento. Esaminando le ta-
riffe del dazio di consumo, possiamo scorgere i cibi delle mense,
le vesti degli uomini e delle donne, la mobilia delle case.
Tra i cibi vediamo: delle biade, il frumento, la segala,
i ceci, le fave e l'orzo; delle carni, quelle di vacca, di bue,
di vitello, di porco, di pecora, d'agnello, di capretto, di gal-
lina, di cappone, di anatra e di oca; degli erbaggi, cipolle,
scalogni, agli, porri verdi e secchi, cavoli, spinaci, lattughe,
capitini, radici, zucche e cetrioli; delle frutta, fichi, pere,
mele, pesche, ciliege, sorbe, mandorle, nocelle, nocchie, noci,
aranci, limoni, lumie, cedri e fichi secchi; della selvaggina,
Cervi, cignali, lepri, volpi, piccoli bufali, caprioli, fagiani,
germani, folaghe, starne, palombe, tordi, merli, quaglie,
GLI STATUTI DELLA COLLETTA DEL COMUNE D'ORVIETO. ECC. 175

smerghi e grughe; dei pesci, tinche, lucci, anguille, arroni,
.calvi e calcini del lago di Bolsena, le anguille e le tinche e
le lasche del lago Trasimeno, i pesci dolci del Tevere, del
Paglia e del Chiani, il pesce di mare fresco e salato, an-
.guille salate, tonnina e sorre.

Dei vini, oltre il prelibato orvietano (di cui si soleva
anche allora far l'ammezzato o vinello, versando acqua sulle
vinacce donde era stato tolto il vino puro o primo), troviamo
ricordati il greco, il napoletano, il marchigiano e la vernac-
cia di Genova.

Le vesti dei ricchi erano di panno oltramontano, mila-
nese, fiorentino, pratese, senese e pisano; quelle della gente
di mediocre condizione erano di mezzalana di Verona, di
Firenze e di Acquapendente; dei piü poveri poi di panno
garfagnino e albagio, di boratti e bisci di Acquapendente,
di panno di stoppa e di panno confezionato in Orvieto stesso,
dove era una manifattura di tessuti denominati guarnelli (di
due colori: bianco e grigio). Le stoffe per le vesti delle si-
gnore erano la seta, il velluto, il drappo vergato o schietto
o dorato, la saia d'Irlanda e lo zendado.

Gli adornamenti consistevano in oggetti d'oro e d'ar-
gento, smalti, fregiature e bottoncini d'argento smaltati,
perne, sciarpe e borse e cordoni e fiette e ghirlande e bende
e velette di seta, bende e velette di bambagia, guanti di
seta e di camoscio, cappelli foderati di seta, berrette e sciu-
gatoi per il capo, di seta e di lino.

La mobilia delle case non doveva essere di lusso, es-
sendo Orvieto città agricola e posta in collina. Vediamo
ricordati: dei mobili, banchette per appoggiarvi i piedi (sup-
pedanei), casse per riporvi la biancheria o i cereali (arche-
mense), cofani e cofanetti (per le cose preziose), oggetti di
piombo e di stagno e d’acciaio e di rame e di ferro, fiasche
e vasetti di stagno, fiasche di cuoio, bacili (per la barba e
per dar acqua alle mani), oggetti di vetro lavorato, tappeti
da letto, coltelli, tovaglie per mensa ecc.

-—- LL ei.

DUET DIL
176 i G.. PARDI

Considerando in generale i dazi di consumo all'ingresso
della città, notasi agevolmente che il legislatore medievale
colpiva, con questi dazi, quasi tutti gli oggetti che ne erano
suscettibili. Ma se essi eran piü estesi, erano anche piu te-
nui specialmente per i generi piü necessari all' esistenza,
mentre gravemente tassate appaiono le cose di lusso. Anche
questo é un indizio del sentimento democratico dell' età co-
munale.

L'estensione dei dazi poi si deve attribuire alla facilità
della loro esazione, mentre difficile era la riscossione di altre
imposte.

La gabella della vendita al minuto gravava sui pauni,
la lana e la bambace, ma non su altri generi di mercanzia,
probabilmente perché quelli erano di consumo più generale
e davano un abbondante reddito all'erario, mentre gli altri
generi ne avrebbero prodotto uno esiguo e che forse appena

suffragava glincomodi e le spese dell'esazione. I mercanti

di panni e i lanaioli dovevano riferire al giudice della col-
letta, entro cinque giorni dalla vendita, la quantità di tessuti
di lana e di bambace smerciata, e pagare al camarlingo
quanto la gabella esigeva per ogni pezza di panno ed ogni
balla di lana e di bambace. Ma non essendovi un mezzo si-
curo di accertamento della vendita, questa imposta poteva
dar luogo a frodi. Però le rendevano men facili i sensali,
che dovean riferire al giudice sulle vendite procurate, ele
spie, di cui si capisce la necessità.

La stessa gabella gravava pure sulla vendita al minuto
del vino, della carne e del legname. Il vino era sottoposto
a parecchie tasse: alla raccolta (2 denari (1) a salma (2) se

(1) L'unità monetaria adoperata allora in Orvieto era la lira cortonese, corri-
spondente, secondo un calcolo fatto dal Cibrario, a lire 8.736 di nostra moneta. Di-
videvasi in 20 soldi e in 240 denari.

(2) La salma era una misura di quantità determinata, adoperata specialmente
in Sicilia pel frumento, pel vino e per le terre. Ad Orvieto corrispondeva al peso
di 400 libbre, come più volte é detto negli statuti della colletta.
GLI STATUTI DELLA COLLETTA DEL COMUNE D'ORVIETO, ECC. 177

era poi condotto in città e pagava il dazio, altrimenti il dop-
pio) all'introduzione in città (3 denari), all'estrazione da que-
sta e dal contado (2 e 4 soldi a salma rispettivamente) e al-
l'atto della vendita all’ ingrosso (2 denari per ogni lira di
prezzo) e al minuto (12 denari per lira di prezzo). Dunque
il vino formava uno dei cespiti principali d’ entrata per la
colletta. È naturale pertanto che numerose disposizioni sta-
tutarie ne regolassero il traffico. I tavernieri dovean tenere
misure sigillate dagli appositi ufficiali: un piccolo, un mezzo
piccolo, un terzo di piccolo e una foglietta. Avean l'obbligo
di vendere con quella misura, sigillata con sigillo del Co-
mune, che il compratore richiedesse, far colma la misura e
chiedere il prezzo giusto. Eran multati gravemente se ven-
devano un vino per un altro, o esigevano- più di 22 denari
a piccolo di qualsiasi specie di vino. Ogni qual volta vole-
vano vendere una botte di vino, dovean chiederne licenza
al giudice della colletta, che apponeva al recipiente, o faceva
apporre da un notaro, una polizza contenente il permesso
di vendere e il prezzo del vino in quello contenuto. Custodi
segreti, o meglio spie, vigilavano affinehé non venissero
commesse frodi.

Il bestiame pure costituiva un rilevante cespite d'en-
trata per la colletta, regolato da apposita tabella. Ma rientra
nella vendita degli oggetti all’ ingrosso e al minuto quella
delle bestie e delle carni macellate. Il venditore di una be-
stia, nella città o nel contado, doveva pagare alla colletta 2
denari per ogni lira di prezzo, ed i macellai, alla loro volta,
una certa quantità di danaro ogni lira (da 28 denari ad 1
soldo secondo la quantità della carne). Affinché i macellai
non defraudassero la gabella, per-ogni bestia doveano do-
mandar la licenza di vendere al notaro del giudice, che due
volte al giorno si recava al macello per accordare. tale
permesso e registrare il nome del macellaio, la qualità e
il peso della carne. Il prezzo poi di questa era fissato dai
quattro esecutori della colletta.
178 à. PARDI

Anche il legname sottostava a piü tasse: nell'atto della
vendita all ingrosso delle piante o di una selva (4 denari

^ oeni 20 soldi del prezzo); all'introduzione del legname in
g p 3 8

città, sia greggio (sterpi, ceppi, frasche), sia lavorato, sia
nello stato di carbone; quando avveniva la vendita al minuto
di legni e frasche alle fornaci di mattoni e alla fabbrica di
tessuti e di ogni specie di legname da ardere e lavorato.

La gabella dei molini corrispondeva al macinato nostro,
ed è stata sempre considerata, fino alla sua abolizione, come
disonesta perché colpiva il principale alimento. Era pagata
dai mugnai in proporzione di 2 denari ogni rasero (1) di
grano macinato. Inoltre questo e le altre biade eran gra-
vate di una tassa alla raccolta (da 8 a 4 denari ogni rasero
secondo la qualità, dal grano sino alla spelta) e sottoposte al
dazio d’introduzione alle porte della città. Se non venivano
introdotti in questa, allora la tassa all’atto della raccolta era
raddoppiata. Si noti finalmente che la gabella dei molini
comprendeva anche i frantoi (molini d'olive), il possessore
dei quali era tenuto a pagare alla colletta 20 soldi all'anno.

Della gabella del bestiame abbiamo accennato sopra: ag-
siungeremo soltanto che era una delle più rilevanti essendo
Orvieto un Comune agricolo, dove il bestiame era molto
numeroso e veniva quindi colpito da ogni specie di tasse.

Desta non lieve interesse la gabella dei mestieri, perché
giova a comprendere meglio un lato molto interessante della
vita di quel tempo.

— I muratori e i carpentieri, quando ricevevano qualche
lavoro a cottimo dal Comune o da persone particolari, do-
vean pagare 4 denari ogni lira del prezzo pattuito, ed avean
l'obbligo di denunciare questi cottimi entro dieci giorni ($ 47).

I vasai di ogni fornata di orcioli, pignatte ecc. pagavan
12 denari, di una fornata di vasetti, panate, ciotole dipinte

(1) Antica misura delle biade. Cfr. REZASCO, Dis. del ling. it st. e amm. alla
parola rasenga.
GLI STATUTI DELLA COLLETTA DEL COMUNE D'ORVIETO, ECC. 179

ecc. 5 soldi. E non potevano metter fuoco al forno prima
di aver soddisfatta la colletta (8 196 -27).

I fabbricanti di tegole, canali, mattoni, per ogni fornata
eran tassati di 10 soldi. E non potevano c. s. ($ 128).

I calcinai, per ogni fornata di calcina, di 5 soldi ($ 130).

I fornai cittadini per ogni forno, 5 soldi all'anno ($ 155),
quelli del contado di 3 soldi ($ 156). La stessa tassa che ai
fornai era imposta ai panettieri ($ 157).

Ogni servo pagava 4 soldi all'anno e 2 ogni serva
($ 170), i fattori 4 denari ogni lira di salario ($ 172).

Le lavandaie eran tassate annualmente di 3 soldi ($ 171).

Coloro, finalmente, che esercitavano un mestiere od una
industria ed erano uniti in corporazione artigiana, sottosta-
vano tutti insieme ad una taglia, che dai priori della mede-
sima era ripartita sui singoli membri: i fabbri pagavano per
la taglia ogni anno 36 lire, i sarti 50, i muratori e petraioli 40,
i funai 16, gli albergatori 25, i barbieri 15, i macinai 20. Di
altre arti non è indicato l'ammontare della taglia. Coloro poi,
che esercitavano un mestiere non uniti in corporazione (e
non compresi tra quelli sopra menzionati), erano variamente
tassati dal giudice della colletta, da 5 a 40 soldi, « conside-
ratis facultatibus et exercitio persone et etiam expensis et
exitu familie ».

Molte altre cose sarebbero degne di essere osservate;
ma ce ne dispensa l'introduzione generale innanzi pubbli-
cata.

Ci limiteremo a notare come il Comune orvietano, retto
da uomini popolari, aveva eura che il popolo non venisse
ingannato e defraudato da bottegai, artigiani e pubblici im-
piegati.

Ai pizzicagnoli e procaccianti era severamente vietato
di vendere un paio di pollastri più di 5 soldi, più di 22 de-
nari un paio di piccioni ($ 38); ai mugnai di prendere più
di !'/,, delle biade macinate (S 15); ai tavernieri di vender
un vino per un altro ($ 95); ai fabbricanti di calcina di ven-
180 G. PARDI

derla più di 7 soldi il rasero (avevano inoltre il dovere di
darla ben cotta e con la misura colma ($ 132); ai barbieri
di pretendere più di 2 soldi per rader la barba ($ 141); agli
ufficiali della colletta di esigere un dazio maggiore di quello
stabilito negli statuti (S 130) ecc. Questi intendimenti onesti
onorano altamente quei popolani, che reggevano le repub-
bliche dell'età comunale. Ma saranno essi riusciti ad impe-
dire le frodi dei rivenditori? Non sempre certamente, come
apprendiamo dai cronisti, ma in quella misura nella quale
le leggi valgono a tutelare i semplici e gl ignoranti dagli
inganni degli astuti (1).

Lucca, settembre 1901.

(1) Il codice, cKe contiene la statuto della colletta dell’ anno 1334, é stato scritto
in quest'anno, come indica un'aggiunta a c. 29 r: «In annis domini MCCCXXXIIII ».

Misura 0,35 per 0,23 1/s. Ha margini stretti: il superiore, in media, 0,03 e l'in-
feriore 0,06, il destro 0,05 e il sinistro 0,08. Consta di 36 carte, la prima e l'ultima
bianche. La pagina piena ha 39 righe.

E in pergamena, scritto elegantemente con carattere fine e serrato, completo
e ben conservato: soltanto le ultime carte sono un poco malandate.

Ha due numerazioni : l'una in cifre romane e l'altra in cifre arabiche. Le in-
testazioni dei capitoli sono in rosso. Alcune figure nel margine sinistro rappresen-
tano gli oggetti sottoposti a dazio.
AbBEEWEABLU RE

"

Nel trascrivere il codice della colletta del Comune d'Or-
vieto ho seguito il metodo approvato dal quinto congresso
storico italiano, il quale, nell'adunanza del 24 settembre 1892,
propose che « nella pubblicazione degli antichi documenti
sia conservato fedelmente tutto ció che s'attiene alla so-
stanza, alla lingua e alla grammatica, e tutti i fatti grafici
che costituiscono una legge » (1). Soltanto ho reso con ab-
breviature alcune parole e frasi, le quali ricorrono nel testo
molto frequentemente :

Civ. — Civitas, Civitatis ecc.

Com. — Comune

d. — denarius

dnus, dni ecc. — dominus, domini ecc.

fl. a. — florenus auri

l. — libra

]. d. e. — libra denariorum cortonensium
i. g. e. — in generali consilio

it. — item

p. à. — per artes

Ss. — soldus

s. d. e. — soldus denariorum cortonensium
solv. -- solvat (solvant)

sol. et solv. ten. — solvat (solvant) et solvere teneatur (teneantur)
stat. et ord. — statuerunt et ordinaverunt
Urb. — Urbisveteris

(1) Atti della Società ligure di storia patria, Genova, 1893, p. 217.

ea

TE =

ir e TT
STATUTO DELLA COLLETTA DI ORVIETO

à

Que collecte solvantur per potestates infrascriptarum terrarum:
Potestas castri Moiane (1).

It. stat. et ord. quod quieunque fuerit potestas
eastri Moiane solv. et solv. ten. pro colleeta singulis
sex mensibus — Tres l. d. ec. Et si haberet sala-
rium determinatum solv. pro qualibet l. sui sala-
rii — XII d. |

Potestas castri Scetone (2).

It. quieunque fuerit potestas castri Scetone solv.
et solv. ten. diete collecte pro offitio potestarie sex

(1) Nelanno 1279 Ventura, abate dell'abbazia della S. Trinità di Spineta, diocesi
di Chiusi, con il consenso dei suoi monaci, concesse in perpetuo al Comune di Or-
vieto il poggio di Moiana, presso il monastero di Spineta, per la costruzione del
castello detto Monte Orvietano. Il Comune doveva pagare ogni anno all'abate 40
soldi (L. FUMI, Codice diplomatico della città di Orvieto, Firenze, 1884, p. 320). Fu poi
stabilito nel 1308 che i podestà di Moiana, come quelli di Cetona, delle terre del
contado Aldobrandesco e di Lugnano, fossero « vere oriundi de civitate Urbisve-
teris vel eius comitatu » (Archivio comunale di Orvieto, Riformagioni ad an. c.8 t.).
I cittadini orvietani eletti per podestà di Moiana e degli altri castelli dovevano sod-
disfare la colletta ogni sei mesi, perché questa generalmente era la durata della
podesteria.

(2) Nel 1256 il conte Bernardino di Cetona cedette al Comune d'Orvieto la metà
del cassero e della torre, l’altra metà vendette al medesimo il Conte Aldobrandino,
figlio del primo, nel 1260. Cetona, forte castello un tempo ed ora grossa borgata,
sorge in elevata posizione, sur un poggio, in vicinanza di Chiusi. Quei del luogo
erano alquanto ostili agli Orvietani ed insofferenti delloro dominio: in una delibe-
razione del consiglio delle Riformagioni del 1295 (Rif. ad an. c. 134) si nota « ad-
versitatem et asperitatem hominum Scetonii et loci conditionem ». Perció il Comune
d'Orvieto prese, riguardo a questo castello, degli speciali provvedimenti registrati
nella Carta del popolo (FUMI, Cod. dipl., 9. 760).
184 i G. PARDI

mensium pro qualibet 1. sui salari — XII d. Et
tantundem solv. qui fuerit pro dieto tempore ca-
stellanus easseri dieti eastri. Quas quantitates solv.
etsolv. ten. dieti potestas et castellanus immediate
post acceptationem dieti offitii ante quam ineipiant
ipsa offitia exercere.

Potestas eastri Lugnani (1). HI
It. quicunque fuerit potestas castri Lugnani

solv. et solv. ten. singulis sex mensibus — Centum
3:20: 6.

Potestas castri Bulseni(2) et potesta- IV
tum electores. i. g. c.

It. stat. et ord. quod quicunque Urbevetanus
civis fuerit potestas castri Bulseni solv. et solv. ten.
pro eolleeta eamerario ipsius collecte pro anno —

(1) Un altro castello acquistato dal Comune d'Orvieto, per tremila marche d'ar-
gento, fu Lugnano. Nell'archivio comunale (Diplomatico all'anno 1222, febbraio 20)
si conserva l'atto con il quale i maggiorenti di quel luogo, in presenza del popolo
consenziente ed in suo nome, concedono a Roflredo, console romano e podestà
d'Orvieto, Lugnano con la sua tenuta e giurisdizione, con pieno diritto sulle cose
e sulle persone e con la facoltà di mandare nella terra un signore o rettore. Cosi
mentre altre città, nei primi tempi della libertà loro, ampliarono i propri possessi
con guerre contro i signori feudali della campagna, invece Orvieto, non essendo
situata in larghe e fertili pianure, ma tutta stretta intorno da forti castelli, piuttosto
che con le guerre estese il contado con patti e con acquisti: più con la forza del
denaro che con quella delle armi.

(2) I castelli di Bolsena, di san Lorenzo, delle Grotte, di Gradoli e di Latera,
detti terre di val di lago perché situati intorno al lago di Bolsena, furono lunga-
mente contesi dal Comune d'Orvieto alla Santa Sede. Poiché, mentre gli Orvietani
accampavano su di essi degli antichi diritti, gli abitanti si dichiararono dipen-
denti dalla Curia romana e dal capitano del Patrimonio. Quelli pertanto avanzarono
proteste presso Nicola III, Martino IIII, Onorio IIII e Nicola INI. Finalmente, alla
morte di quest'ultimo papa, occuparono violentemente le terre ricordate e furono
perciò scomunicati dalla Chiesa. Ma Bonifacio VIII, il quale voleva mantenersi amici
gli Orvietani, nel 1296 con una bolla del ?4 aprile, dopo averli assolti dalla scomu-
nica, concedeva loro di nuovo il possesso dei castelli di valle del lago, diritto di
persone e di cose e la facoltà d'inviarvi podestà. (Cfr. FuMI, Il palazzo Soliano o
de Papi, Roma, 1891).

Nr

PIANTE
ET SUNT
GLI STATUTI DELLA COLLETTA DEL COMUNE D'ORVIETO, ECC. 185

Decem fl. a. in principio sui offitii immediate post
acceptationem dicti offitii, ante quam exercere in-
eipiat offitium supradietum. Et electores potestatum
dieti eastri solv. et solv. ten. camere diete collecte
— Quinque fl. a. pro quolibet ipsorum.

Potestas castri saneti Laurentii et
potestatum electores.

It. stat. et ord. quod quicunque Urbevetanus
civis fuerit potestas castri saneti Laurentii quolibet
anno teneatur solvere diete collecte in principio sui
offitii — Tres fl. a. Et electores potestatum dieti
eastri solv. et solv. ten. diete ecolleete — Unum fl.
à. pro quolibet ipsorum.

Potestas castri Griptarum et pote-
statum electores.

It. quieunque Urbevetanus civis fuerit potestas
castri Griptarum solv. et solv. ten. dicte collecte
quolibet anno in prineipio sui offitii — Sex fl. a.
Et electores potestatum dieti castri solv. et solv.
ten. diete colleete pro quolibet ipsorum — Tres
fl. a.

Potestas castri Gradularum et pote-
statum electores.

It. quieunque Urbevetanus civis fuerit potestas
eastri Gradularum solv. et solv. ten. pro collecta
sue potestarie eamerario ipsius colleete — Duos fl.
a. Et quilibet electorum dieti potestatis solv. et solv.
ten. diete colleete — Unum fl. a.

Potestas castri Latere et potestatum
eleetores.

It. quicunque Urbevetanus civis fuerit potestas
castri Latere solv. et solv. ten. pro collecta sue
186 G. PARDI

potestarie camerario ipsius collecte — Quinque fl.
a. Et quilibet eleetorum dieti potestatis solv. et solv.
ten. eamerario diete collecte — Tres fl. a.

De collecta solvenda per vicecomites pleberiorum (1).

It. stat. et ord. quod quilibet vicecomes plebe-
riorum teneatur et debeat solvere quibuslibet sex
mensibus, in principio sui offitii, immediate postquam
dietum offitium acceptaverit camerario diete col-
leete — Sex d. pro qualibet l. eius quantitatis pe-
eunie quam mutuaverit sive solverit vel quam sol-
vere et mutuare consuev[er]it pro dieto vicecomi-
tatu. Et tantundem solv. pleberium quod reddemit
seu reddemerit suum vicecomitatum.

De collecta solvenda per cives et comitatenses Urb.
qui extra iurisdictionem Urb. ad aliqua regi
mina seu offitia eliguntur.

It. stat. et ord. quod quieunque noster civis vel
comitatensis fuerit electus ad aliquod offitium extra
iurisdietionem Urb. quod acceptaverit, solv. et solv.
‘ten.-dicte collecte ante quam vadat ad dietum of-
fitium exercendum — IIII d. pro qualibet 1. eius sa-
larii, contenti in syndicatu electionis ipsius, ita quod
iddem offitialis electus, ante acceptationem talis of-

(1) I visconti dei pivieri /vicecomites pleberiorum) avevano una giurisdizione
così penale come civile. Insieme con gli uomini del piviere correggevano gli sta-
tuti, ricorrendo a quello orvietano quando vi fosse discrepanza d'opinioni. Nei casi
di contravvenzione non contemplati dallo statuto potevano punire fino a dieci soldi
nel civile ed a quaranta nel penale. Avevano facoltà di esigere bandi, multe, pene
senza obbligo di pronunciar sentenza alcuna, e procedevano contro i colpevoli di
danni dati e di malefizi. Non potevano esercitare la carica di visconte se non uomini
del popolo ; perciò i nobili del contado non li vedevano di buon occhio: anzi nel 1295
impedirono che venissero eletti ed esercitassero I' ufficio loro (FUMI, Cod. dipl., p.
766, nota). Nella carta del popolo, al $ XXXIX è stabilito che essi non possano ri-
scuotere le multe inflitte se non entro il termine di due mesi, dal giorno in cui
uscivano di carica.
GLI STATUTI DELLA COLLETTA DEL COMUNE D'ORVIETO, ECC.

fitii, ad penam 4 l. d. c., teneatur et debeat presen-
tare iudici eollecte syndicatum electionis sibi presen-
tate cum quantitate salarii in eo contenti.

De collecta, solvenda per superstites castrorum, vil-
larum, viarum, fontium, pontium et aliorum
operum. ,

It. quicunque fuerit superstes castrorum, villa-
rum, viarum, fontium, pontium vel aliorum operum,
positus pro Com. Urbevetano, solv. et solv. ten. ca-
merario diete colleete pro qualibet 1. salarii — iti
Sex d. i

De collecta solvenda per collectores librarum et da- su n
tiorum.

It. stat. et ord. quod quieunque fuerit collector
Vi 3 librarum seu libre vel datiorum seu datii Com. Urb.

solv. et solv. ten. diete collecte — Sex d. pro qua-
libet l. salarii quod sibi determinatum fuerit a Com.
It. quod omnes et singuli offitiales supradicti et in-
frascripti teneantur et debeant solvere supradictas
pecunie .quantitates. eis impositas seu eis eontingen-

tes ante quam vadant ad eorum offitia exercenda
vel ea ineipiant exercere, ad penam XXV 1. pro
quolibet eontrafaeiente.

De collecta solvenda per infrascriptos offitiales Civ. xt

Stat. et ord. supradicti domini Septem et XII (1)
quod omnes et singuli offitiales infrascripti Urbe-

(1) Le libertà comunali di Orvieto, nonché degli altri Comuni del medioevo,
erano fondate sulle corporazioni delle arti. Queste eleggevano i propri consoli, due
per ciascun anno, i quali dovevan far osservare gli statuti delle arti e render ra-
gione, componendo le questioni che potessero sorgere fra i membri delle corpo-
razioni, Tra i consoli delle sette arti maggiori se ne estraevano sei a sorte, che
188 G. PARDI

vetani Com. et qui pro Urbevetano Com. ad ali-
quod offitium eligentur intra Civ. vel extra, si ipsum
offitium receperint, solv. et solv. ten. ante quam
ineipiant dietum offitium exercere, quantitates infra-
seriptas.

Imprimis quieunque fuerit camerarius Com. solv.
et solv. ten. diete collecte — XL s. d. c.

It. quilibet eonsul eurie iustitie (1) solv. et solv.

ten. diete colleete — XX s. d. e.

It. quilibet viarius seu partitor Com. solv. et
solv. ten. diete eolleete — XX s. d. e.

It. quilibet syndicus electus ad defendendum cau-
sas Com. solv. et solv. ten. diete collecte — XX
Sod:

It. quilibet eonestabilis militum solv. diete col-
leete — X s. d. c.

It. quilibet ratiocinator Com. solv. diete collecte
— Vs. d. e.

uniti ad una persona scelta tra i quaranta boni viri populares, costituenti insieme
con i consoli delle arti il Consiglio del Comune, governavano la città col nome di
Signori Sette. Ma nel 1334, in cui appunto fu fatto questo statuto, ai Sette erano
stati aggiunti i Dodici.

La città d'Orvieto era dapprima divisa tra le fazioni dei Monaldeschi e dei Fi-
lippeschi. Vinti questi ultimi nel 1313 e cacciati per sempre in esilio, sorsero di-
scordie tra i componenti la numerosa schiatta dei Monaldeschi, ogni ramo della
quale desiderava di raccogliere il frutto della vittoria sui nemici primeggiando
in patria. Le quattro famiglie principali dei Monaldeschi erano i Monaldeschi :del
Cervo, della Vipera, del Cane e dell'Aquila. I Monaldeschi del Cervo e della Vipera,
unitisi, uccisero Napoleonuccio di Pietro Novello, il più ricco trai Monaldeschi del
Cane. Allora il Consiglio orvietano decretò il bando dei potenti Monaldeschi per-
turbatori della quiete cittadina. Ma questi, troppo forti oramai per sottostare alle
leggi, adunarono tumultuariamente il popolo e fecero decretare l'elezione di dodici
buoni uomini, i quali dovessero governare la città insieme con i Sette. I Dodici,
essendo tutti o fautori dei Monaldeschi o compri da loro, poterono facilmente non
solo far revocare il bando di quelli, ma affermare la signoria di uno di loro, Manno
di Corrado (G. PARDI, Ermanno Monaldeschi signore d? Orvieto, Roma 1896).

(1) Da non confondersi con i consoli delle arti erano i consoli di giustizia. Uno
di essi è ricordato in un atto del 1223, dal quale appare che aveva per suo salario,
per il mese di marzo, 35 lire, dieci soldi e 11 denari: paga abbastanza ingente per
quei tempi (FumI, Cod. dipl., p. 107).
GLI STATUTI DELLA COLLETTA DEL COMUNE D' ORVIETO, ECC.

De collecta solvenda de offittis pertinentibus ad iudi- HB
ces et notarios.

Inprimis quieunque fuerit notarius curie maioris,
ante quam incipiat dietum offitium exercere imme-
diate post electionem, solv. et solv. ten. camerario
diete colleete — Duos fl. a.

It. notarius camerarii Com. solv. et solv. ten.
diete colleete — Duos fl. a.

It. notarius donationum solv. et solv. ten. diete
eolleete — Duos fl. a.

It. notarius curie iustitie solv. et solv. ten. diete
eolleete — XX s.

It. iudex et notarius viariorum et partitorum
Com. solv. et solv. ten. diete collecte pro quolibet
ipsorum — XX Ss.

It. notarii qui eliguntur ad civilia in curia domini
eapitanei solv. et solv. ten. pro collecta pro quolibet
ipsorum — Duos fl. a. (1)

De offitiis comitatus et districtus.

Inprimis notarius qui fuerit ad offitium castri

Abazie Saneti Salvatoris (2) solv. et solv. ten. pro
eolleeta camerario ipsius collecte — Centum s. d. e.

(1) A questo punto è stato aggiunto d'altra mano: «It. notarii syndici maioris
forensis ad scribendum acta appellationum deputati solv. et solv. ten. pro quolibet
eorum dicte collecte unum fl. a. Et de predictis infra caverunt et ord. in capitulo
quod incipit: It. quod sicut alii officiales etc. ».

(2) L'abbazia di S. Salvatore in Montamiata dipendeva dal Comune d' Orvieto,
per i patti stipulati nel 1213. In questi fu stabilito che gli uomini del castello di S. Sal-
vatore facessero oste, guerra e pace a beneplacito del Comune di Orvieto, pagas-
sero ogni anno, per la festa della Madonna d'agosto, tre marche d'argento e regalas-
sero un cero di 15 libbre per la cattedrale ecc. (FUMI, Cod. dipl., p. 67). Nel 1232, avendo
voluto gli Orvietani costringere l'abate di S. Salvatore a far guerra ai Senesi ed aven-
dolo condannato a pagar 400 lire senesi per essersi rifiutato a ciò, l’abate ricorse
a papa Gregorio IX ene ottenne una bolla in favor suo (ivi, p. 134). Pertanto,
come si capisce anche da tale fatto, il castello di S. Salvatore non era direttamente
dipendente dal Comune d'Orvieto come i castelli di Val di lago, e questo non aveva
190 G. PARDI

It. notarius qui fuerit ad offitium castri Scetone
solv. et solv. ten. pro eolleeta eamerario ipsius eol-
leete — Tres l. d. e.

It. notarius qui fuerit ad offitium eastri Sar-
tiani (1) solv. et solv. ten. pro eolleeta camerario
diete eolleete — Sex I. d. e.

It. notarius qui fuerit ad offitium castri Clan-
ciani (2) solv. et solv. ten. pro collecta camerario
ipsius collecte — Centum. s. d. c.

It. notarius qui fuerit ad offitium castri Moiane
solv. et solv. ten. pro eolleeta camerario ipsius col-
leete — XX Ss. d. c.

It. notarius qui fuerit ad offitium eastri Lugnani
solv. et solv. ten. pro eolleeta camerario ipsius col-
leete — XL s. d. e.

It. notarius qui fuerit ad offitium eastri Bulseni
solv. et solv. ten. pro eolleeta eamerario ipsius col-
leete — Centum s. d. ec.

It. notarius qui fuerit ad offitium castri saneti
XL s.

Laurentii vallis lacus solvat diete collecte
d.e.

il diritto d'inviarci dei podestà. Infatti, volendo nel 1314 riformare la terra, Orvieto
chiese al podestà, ai difensori e al consiglio dell'Abbazia che eleggessero per po-
destà dei cittadini orvietani per il solo spazio di cinque anni (ivi, p. 422). Ma final-
mente nella Carta del popolo del 1232 (8 CXIX) fu stabilito che tanto il podestà che
il vicario e il notaro dovessero venire scelti « de popularibus Civ. Urb ». Tuttavia,
per le frequenti mutazioni della Carta, non durò a lungo questo ordinamento e nel
1334, S. Salvatore non sceglieva tra i cittadini orvietani se non il notaro del podestà.

(1) Sartiano, forte castello sorgente in vicinanza di Chiusi, fu disputato per
lungo tempo ad Orvieto dai Senesi e tenuto da questi in soggezione con la forza.
Ma nel 1265 i rappresentanti degli uomini di Sartiano dichiararono « se esse subdi-
tos et fideles Com. Urb. », e di voler stare ai comandi di esso Comune, promisero
di soccorrerlo e difenderlo in pace e in guerra e di aiutarlo a ricuperare il castello
di Sartiano, e ruppero ogni patto giurato anteriormente al Comune di Siena od al
signor Guido Novello (Arch. com. d'Orvieto, pergamena del 7 settembre 1265).

(2) Chianciano sorge anch'esso in vicinanza di Chiusi sopra una collina. Es-
sendo l'ultima terra posseduta da quella parte dagli Orvietani, e volendo i Senesi
ghibellini ingrandire il proprio dominio a danno dei guelti — ed Orvieto fu detta
giustamente baluardo del guelfismo — gliela contesero a lungo, finché nel 1251 riu-
scirono ad inipadronirsene stabilmente (Cfr. L. FuMI, Gli statuti di Chianciano,
Orvieto, 1874, p. XCVI).
It. notarius qui fuerit ad offitium castri Gradu-
larum solv. et solv. ten. pro collecta camerario ip-
sius collecte — XL s. d. c.

It. notarius qui fuerit ad offitium castri Gripta-
rum solv. et solv. ten. pro collecta camerario ipsius
collecte — Tres l. d. e.

It. notarius qui fuerit ad offitium castri Latere
solv. et solv. ten. pro colleeta eamerario ipsius col-
lecte — Tres 1l. d. c.

De collecta solvenda per iudices et notarios ituros
ad offitium extra districtum Urb.

It. stat. et ord. quod quieunque iudex seu no-
tarius Civ. et comitatus Urb. fuerit ad offitium cum
aliquo potestate seu rectore vel cum quocunque alio,
quocunque nomine eenseatur, solv. et solv. ten. pro
colleeta eamerario ipsius collecte ante quam ad dic-
tum offitium vadat — Sex d. pro qualibet l. sui
salarii. Et intelligatur salarium iudicis esse XXV
l. d. e. ad minus pro salario sex mensium. Et ad
dietam rationem iudex colleete eos solvere conpel-
lere teneatur.

Quod per notarios Urbevetanos fiant contractus em-
ptionum, donationum, venditionum ut in capi-
tulo continetur.

It. stat. quod si qua persona Urbevetane Civ. et
burgorum aut comitatus emerit vel vendiderit aut
donabit vel permutabit seu in solutum dederit aut
obligabit aut iudicabit aliquam possessionem seu
offitium sive redditum vel libella, faciat inde fieri
abreviaturam a notariis Urbevetane Civ. et burgo-
rum aut comitatus et iurisdictioni ipsius Civ. subie-
etis et non ab aliis notariis; et si contrafecerit per-

(a dat omni vice 1. Centum et plus et minus ad volun-

tatem iudicis collecte, inspecta qualitate et quanti-

GLI STATUTI DELLA COLLETTA DEL COMUNE D' ORVIETO, ECC.

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192 G. PARDI

tate negotii; et illi contractus non teneant ullo modo
seu potius habeantur pro non facto vel factis, nisi
soluta foret colleeta de tali contractu infra duos

menses a die celebrationis ipsius.

Quod notarii Urbevetane Civ. et comitatus assi-
gnent eorum instrumenta.

It. stat. et ord. quod omnes notarii Urbevetane
Civ. et comitatus vel habitatores ipsius Civ. et co-
mitatus qui fecerint instrumenta de aliquibus dena-
riis, mercantiis vel aliis rebus, aliquibus mereatori-
bus vel aliis personis qui tenentur solvere aliquid
prediete collecte occasione dietorum denariorum,
mereantiarum vel rerum, teneantur ostendere pre-
dieta instrumenta offitialibus collecte ad eorum re-
quisitionem ad penam X librarum pro qualibet vice
et plus et minus arbitrio iudicis collecte, et quili-
bet possit eos aeeusare et habeat medietatem banni.
Et quod omnes et singuli notarii Urbevetane Civ.
burgorum et eius comitatus teneantur singulis duo-
bus mensibus in seriptis dare omnes contraetus
suos, quos fecerint, iudici colleete aut notario vel
alteri. quem iudex collecte micteret ad videndum
vel exemplandum, et etiam ostendere libros dieto
iudiei quotiens eidem iudiei videbitur, habendo VIII
S. d. de centenario eontraetuum, ad voluntatem dieti
iudieis dieta rogata ostendantur.

Que collecta solvi debeant de infrascriptis pannis,
merchanziis et rebus ad artem merchatorum
pertinentibus.

Inprimis de quolibet panno de ultramonte solva-
tur, ad introitum portarum — Tres s. d. c.

It. de qualibet salma pannorum florentinorum,
pisanorum, pratensium et senensium — XV s.

It. de quolibet panno de Mediolano — III s.

XVIII
GLI STATUTI DELLA COLLETTA DEL COMUNE D'ORVIETO, ECC. 193

It. de qualibet salma pannorum mezelane qui
veniunt de Verona, de Burgo vel de quocunque alio
loco quam de Florentia — III s.

It. de qualibet salma pannorum lini et canapis
— V s. Et sinon fuerit salma de qualibet petia —
Id:

It. de qualibet salma buraeciorum seu canapac-
ciorum — II s.

It. de qualibet salma albagiorum vel carfagnino-
rum seu biseiorum aquependentanorum (1) — IIII s.

It. queeunque persona detulerit ad Urbevetanam
Civ. aliquam petiam panni albascii, salvatici vel
eapezi solv. pro qualibet petia — VI d.

It. pro qualibet petia panni, stoppe vel tomenti
— I d. i

It. pro qualibet petia tacculinorum, lazzorum et
similium — III d.

It. de qualibet salma palioetorum et burdorum
— IIII s. Et si non esset salma pro qualibet petia
— VI d.

It. de qualibet salma pannorum veterorum —
V s. Et ab inde infra pro rata.

It. de qualibet salma celonarum, carpitarum et
similium — V s.

De collecta solvenda de bambasciis.

De qualibet salma bambaseie sode — V s.
It. de qualibet salma bambascie filate albe —
VIII s.

(1) Acquapendente, grossa e forte terra, posta ai confini dell'Umbria nella
odierna provincia di Roma. Ebbe dapprima guerra con Orvieto; le si sottomise nel
1171 e dopo altre contese di nuovo nel 1251. Tuttavia a malincuore quei di Acqua-
pendente si piegavano al dominio d'Orvieto. Perciò chiesero a papa Alessandro IV
che li prosciogliesse dal giuramento di sudditanza prestato agli Orvietani; ed il
pontefice, reputando illeciti e dannosi alla Chiesa tali giuramenti, ne li sciolse
con una bolla del 21 maggio 1255 (THEINER, Codex diplomaticus dominii temporalis
S. Sedis, I, p. 135). Ma gli Orvietani poco dopo ripresero Acquapendente (Fumi, Cod.
dipl., p. 354-857), e la costrinsero più volte alla loro obbedienza ad onta dei divieti
e delle scomuniche dei papi.
194 G. PARDI

It. de quolibet centenario ad pondus bambascie
filate tinte — III s.
De guarnellis (1). XXI
It. stat. et ord. quod quecunque persona miserit
vel extrasserit de Civ. Urbevetana aliquam salmam
guarnellorum alborum vel gregiorum solv. et solv.
ten. pro qualibet salma — IIII s. salvo quod de
guarnellis qui mietuntur ad curandum, qui sigillari
debeant sigillo Com. Urb. seu bulleeta ordinata per
dietum Com. ante quam mietantur ad curam, pro
qua quidem sigillatura solvi debeat pro qualibet

petia guarnelli pilosi — Unus d. Et pro qualibet
petia guarnelli duplieis rigati — II d. Aliter non

possit aliqua petia guarnelli mieti ad eurandum nisi
primo signata fuerit ut dictum est. Curator vero qui
euraverit aliquam petiam guarnelli sine signo solv.
pro qualibet vice, nomine pene pro qualibet petia
quam euraverit eontra formam predietam quinque
s. d. e. Et dominus ipsius guarnelli qui ipsum guar-
nellum sigillari non fecerit similem penam incurrat.
De pannis Urbevetanis qui mictuntur ad gualchan- A
dum et de aliis.

It. stantiaverunt et ord. quod omnes petie pan-
norum de lana, que fiunt vel fiant in posterum in

(1) È interessante per la storia del costume questo paragrafo, che tratta dei
guarnelli, tessuti di accia e di bambagia, fatti in Orvieto. Per i dazi che inceppa-
vano il commercio nell'età comunale, in cui quasi ogni città italiana col suo con-
tado formava uno Stato, sorsero, in molte terre, modeste industrie, che sopperivano
ai bisogni delle classi più povere. Tale quella dei guarnelli ad Orvieto. Erano di co-
lore bianco e grigio, semplici, doppi e rigati. Disgraziatamente i reggitori della
città, anzi che incoraggiare, oppressero quest'industria con tasse quando i tessuti
si portavano a imbiancare e a rassodare con la gualchiera, e quando si estraevano
dalla città. Apprendiamo dal s 28 che anche in Orvieto si tessevano panni di lana.
Ma l'industria tessile più notevole appare quella dei guarnelli, che servivano per
abiti e per fodere.
GLI STATUTI DELLA COLLETTA DEL COMUNE D’ ORVIETO, ECC. 195

Civ. Urbevetana, debeant assignari et scribi per
offitialem qui erit ad colligendam eolleetam ad portas
diete Civ. ante quam exeat de dieta porta et solv.
et solvere debeat unusquisque pro qualibet petia
dieti panni — VI d. Et nullus debeat gualeare ali-
quam petiam panni lane nisi que seripta et assignata

fuerit ut dietum est ad penam X s. pro qualibet
petia panni gualcati contra formam dieti ordina-
menti. Et dominus ipsius panni qui ipsum pannum
non feeerit assignari et seribi similem penam in-
eurat. Hoe tamen non intelligatur in pannis de lazo
stamis (?) quos cives aut comitatenses Urb. facerent
fieri pro indumentis eorum.

De pannis vero Urbevetanis consuetis et faetis,
qui mietantur extra Civ. alibi quam ad gualcandum

vel ad lavandum solvatur pro qualibet salma —
quinque s.

De venditione pannorum (1).

It. stat. et ord. quod quieunque mereator vendi-
derit aliquem pannum lane integrum solv. et solv.
ten. diete eolleete pro quolibet panno ultramontano
vel melanensi — III s.

It. pro quolibet panno florentino, senensi vel
pratensi integro vendito vel vendendo — II s.

It. pro quolibet alio panno lane integro vendito
vel vendendo — XII d.

It. de qualibet petia guarnelli duplieis — IIII d.

Et de qualibet petia guarnelli simplieis — II d.

(1) Questo ed i precedenti paragrafi sono interessanti, per la conoscenza dei
tessuti adoperati per le vesti: panni ultramontani (non italiani), fiorentini, pisani,
pratesi, senesi, milane-i, mezzelane di Verona e di altri luoghi, panni di lino e di
canapa, panni fatti di borra, cimatura e tosatura di panni lani (boratti), albagi
(sorta di panno grossolano che soleva esser bianco, onde il nome), carfagnini (panni
grossolani di colore scuro da carfagno-scuro) tessuti di Acquapendente detti bisci,
taccolini (panni assai rozzi), tessuti di capecchio, di stoppa e di pelo, guarnelli di
Orvieto ecc.
G. PARDI

It. quod lanaioli et omnes alii qui in dieta Civ.
vel eomitatu vendiderit de dietis pannis integris si-
militer solvere, ut predieitur, teneatur.

De venditione bambascie et lane. XXIII

It. queeunque- persona vendiderit bambaseiam
sive lanam sodam solv. pro qualibet balla — XVIII
d. Et predieta intelligantur si per eis pannis, bam-
baseiis et lanis non fuerit soluta collecta ad introi-
tum portarum.
It. quod omnes tales vendentes ipsas venditiones

assignare teneantur dieto iudiei et solvere intra

quinque dies post venditionem factam ad penam C s.

pro quolibet panno. Et quod omnes sensarii vendi-

tiones quas fieri fecerint de predietis assignare in-

fra dietum terminum teneatur ad dietam penam.

De pennis pro lecto. REM

De quolibet centenario ad pondus penne nove
pro leeto — III s. Et de veteri — II s.

De collecta solvenda de lanis ad introitum vel exi- VE b
tum portarum. È
De qualibet salma lane nostrate — IIII s. 8

» lane de Garbo — VIII s. È
» lane sardesche — III s. È
» «+. maechonis — IIII s. A
» cuiuslibet alterius lane non È

expresse superius — III s.
» stamis filati — VIII s.
» telarum — VIII s.
» acciarum — VIII s.

XXVII

Que collecta solvatur de infrascriptis rebus perti-
nentibus ad operandum artem lane. E

Imprimis pro quolibet quartengo rascine et gom-
me — XII d.
GLI STATUTI DELLA COLLETTA DEL COMUNE D'ORVIETO, ECC. 197

It. pro qualibet salma robbie grosse — XII d.

»

»

»

»

»

robbie trite — IIII s.
guati in panibus — XII d.
guati maeinati — II s.
oriseelli — IIII s.
pulveris oriscelli — VIIIs.
herbelozze, ginestrelle,
suvarelle et similium —
VIII d.

eennaris — VI d.

Pro lana vero, bambascia et seta, que extra ci-

vitatem mietuntur ad laborandum pro panno, guar-
nello vel sindone faciendo, nihil in redditu solvatur.

(Continua ).
INVENTARI E REGESTI

I CODICI DELLE SOMMISSIONI

AL COMUNE DI PERUGIA

(Continuazione del Codice II segnato A, V. Vol. X, pag. 61-88).

CLI. — 1259, Luglio 14. — Città di Castello, nella Chiesa
di S. Florido. — Il Sindaco del C.di P. chiede a quello
del C. di Gubbio il possesso di Fossato e la distruzione
di Castiglione Ildebrando, c. 72 t. (*).

In seguito al lodo pronunciato « de mandato et expressa li-
cenlia majoris consilij » di Città di Castello, presenti e consen-
zienti Bolgaruecio « domini Rainerij Bulgarelli » Podestà e Bianco
« Bonosmeri » Capitano del popolo della città medesima (1),

(* Nel dare alle stampe gli ultimi documenti del Cod. A, al regesto dei quali
porto il prezioso contributo dell' opera sua il prof. Luigi Giannantoni morto il 27
maggio 1904, mi sia consentito consacrare su queste pagine un pensiero di memore
rimpianto all’amico diletto e al valentissimo collaboratore — V. A.

(1) Nel Cod. é dato anche a Bianco il titolo. di Podestà, ma é questo, un errore
evidente, come ci prova l'altra copia dell'atto, che si legge a c. 38 r. del Cod. C e
dove Bianco « Bonosmeri » é detto Capitano del popolo. Piuttosto é a notarsi che,
mentre questo Capitano é nel presente documento e in quello del Cod. C (c. 38 r.)
chiamato « Blanchus Bonosmeri », fra i testimoni dell'atto stesso e nel lodo ha invece
il nome di « Blanchus Peri Todini » (cf. Cod. -} cc. 15 r. e 25 r., Cod. A, c. 8l r. e
Raccolta dei contratti, App. numero 10). Sul tergo di questa pergamena à scritto di
200 ANSIDEI E GIANNANTONI

da Tiberio « domini Ranaldi de Valcellis » sindaco di Città di
Castello sulle vertenze esistenti fra P. e Gubbio, Guidalotto giu-
dice e sindaco del C. di P. chiede a Tiberio « domini Ugonis »
sindaco del C. di Gubbio di essere immesso in nome e per conto

del C. perugino nel possesso del castello di Fossato; domanda

inoltre che « secundum tenorem et formam dicti laudi et arbitrij »
Castiglione Ildebrande sia dalle fondamenta distrutto e che il sin-
daco di Gubbio dia esecuzione a quanto nello stesso lodo é stato
disposto ; si dichiara da ultimo pronto a fare per sua parte « omnia
et singula que in dicto laudo et arbitrio continentur ». Al che
Tiberio sindaco del C. di Gubbio risponde rifiutandosi a dare a
Guidalotto il possesso del castello di Fossato.

Test. — Bolgaruccio Podestà di Città Castello, Albergetto suo
giudice, Egidio suo notaro, Bianco « Peri Tudini » Capitano del
popolo di Città di Castello, Ugo suo giudice, Costanzo suo notaro,
Longavita notaro e molti altri.

Bonagura not. (1).

CLII. — 1259, Luglio 15. — Città di Castello, nella Chiesa
di S. Florido. — Il Sindaco del C. di P. chiede al Con-
siglio, al Podestà e al Capitano del Popolo di Città di
Castello la consegna di Fossato e di Castiglione Ilde-
brando, c. 73 r.

‘Guidalotto giudice e sindaco del C. di P., presentandosi in-
nanzi al Consiglio maggiore del C. di Città di Castello, chiede al
Consiglio medesimo, al Podestà Bolgaruccio « domini Rainerij
Bulgarelli » e al Capitano del popolo Bianco « Peri Thudini »
che in esecuzione del lodo pronunciato da Tiberio « domini Rai-
naldi de Valcellis » sindaco di Città di Castello « dent et tradant
sibi pro comune Perusij possessionem castri Castilionis Aldro-

vandi ad discarcandum ipsum castrum Castilionis et incontinenti »;

mano del sec. XIV « Laudum latum per Castellanos inter comune Perusij et comune
Eugubij ex quo habetur Fossatum et alia ».

(1) Fra i documenti contenuti in questo Cod, A e anteriori per ordine cronolo-
gico al presente ne notiamo due del 19 giugno e un terzo del 27'giugno 1259, che
trovansi a cc. 71 r., 80 t. e 96 r. del Cod. medesimo, e che già furono compresi nel re-
gesto del Cod, 4- (Cf. documenti XXXVIII, XXXIX e XLII).
I CODICI DELLE SOMMISSIONI AL COMUNE DI PERUGIA 201

ciò domanda Guidalotto perchè Tiberio « domini Ugonis » sin-
daco del C. di Gubbio non aveva voluto consegnare i due castelli
e perché qualunque indugio nella consegna potrebbe avere perico-
lose conseguenze; il sindaco di P. protesta che tali conseguenze,
qualora il giudizio arbitrale relativo ai due castelli non avesse
immediata esecuzione, sarebbero da imputarsi al Consiglio e al
C. di Città di Castello, e non già al C. di P., essendo egli pronto
a prendere subito per conto di P. il possesso dei castelli mede-
simi. :

Test. — Rainaldo « de Brunforte » Podestà di P., Oderisio
« de Coppolis » Priore delle Arti del C. di P., Saraceno « do-
mini Nicole », Giacomo « domini Boncontis Coppoli », Blanciardo
« domini Magistri » ed altri molti.

Bonagura not. (1).

CLIII. — 1259, Luglio 15. — P., nel Palazzo del C. — Ele-
Zione di Pietro « Egidij » a Sindaco del C. di P. col
mandato di chiedere al C. di Gubbio la esecuzione del
lodo pronunciato dal Sindaco di Città di Castello ‘e spe-
cialmente la consegna di Fossato e la distruzione di Ca-
stiglione Ildebrando, c. 123 t.

« In speciali et generali consilio ac toto alio consilio civitatis
Perusij » Filippo e Armandino giudici di Ranaldo « de Brun-
forte » Podestà dei Perugini e Alberto giudice di Stefano « Lec-
cacorvi » Capitano del popolo di P. insieme a tutti i Consiglieri
nominano e costituiscono Pietro « Egidij » sindaco e procuratore
loro e del C. col mandato di chiedere al Podestà, al Capitano, al
Consiglio e al C. di Gubbio l'adempimento di tulto quanto era
slato stabilito nel lodo pronunciato dal sindaco di Città di Castello
e specialmente la consegna del castello di Fossato al C. di P. e
la distruzione « in totum et radicitus » di Castiglione Ildebrando:
è espressamente negata al sindaco ogni facoltà di fare o dire qual-
siasi cosa, che possa tornare « in prejudicium comunis Perusij »
e gli è ingiunto di protestare che P. è pronta alla piena osser-

(1) L'atto è ripetuto a c. 38 t. del Cod, C.

tis erit sten vm s eva SR ii
202 ANSIDHI E GIANNANTONI

vanza di tutto quanto è stabilito nel lodo medesimo. I mandanti
promettono « sub ypotheca bonorum dicli comunis Perusij » di
avere per fermo e ralificalo ció che il sindaco sia per compiere
nei limiti del mandato a lui affidato.

Test. — I signori Bartolomeo « Jacobi Virdiane », Bonconte
« Peri Odie », e Bartolomeo « Bonavinture », Giovannetto « Go-
soli » e Bonagiunta « Varcoli ».
Bovicello not.

CLIV. — 1259, Luglio 16 e 17. — Gubbio, nel Palazzo del
C. — Domanda del Sindaco del C. di P. al C. di Gubbio
perché sia data esecuzione al lodo del Sindaco di Città
di Castello e risposta del Podestà di Gubbio, c. 124 r.

Pietro « Egidij » sindaco e procuratore del C. di P., alla
presenza di Grimaldo « de Pitino » Podestà di Gubbio, domanda
che « secundum formam laudi et arbitrij inter comune Perusij et
comune Eugubij et eorum sindicos prolati et dicti per consilium,
comune sive sindicum comunis civitatis Castelli » sia restituito al
'C. di P. il castello di Fossato, sia distrutto Castiglione Ildebrando
e si mandino ad effetto tutte le disposizioni del menzionato lodo.
Il C. di P. è a sua volta pronto a fare ed osservare a vantaggio
del C. di Gubbio « omnia et singula que continentur in laudo
superius memorato ». Alle ingiunzioni del sindaco di P. il Pode-
stà di Gubbio risponde che farà Consiglio e che poi renderà mani-
festo ciò che al Consiglio stesso piaccia di decretare.

Nel giorno seguente 17 luglio, dopo sciolta l’ adunanza del
Consiglio, si riuniscono in seguito all’ invito del Podestà Grimaldo
i signori Oddone « de Fibinis », Sasso « domini Ranerij », Al-
berico « Guidonis » giudice e Benincasa « Bentevolie »; il giu-
dice Alberico per comando del Podestà sorge a rispondere « ad
ea que protestalus fuerat Perus Egidij nomine comunis Perusij »
e dichiara che il C. di Gubbio, non trovandosi in possesso dei
castelli di Fossato e di Castiglione Ildebrando, non può darli al
Sindaco di P.; la qual risposta è dal Podestà ratificata a nome
del C. di Gubbio.
Bovicello not.
I CODICI DELLE SOMMISSIONI AL COMUNE DI PERUGIA 203

CLV. — 1259, Luglio 20. — Fossato, nella rocca del ca-
stello. — Guidalotto Sindaco del C. di P. consegna il
castello di Fossato ad Uguccione « Ugolini Rusticelli »
perchè questi lo custodisca per il C. di P., c. 73 t.

Avendo Berardo sindaco di Città di Castello dato al giudice
Guidalotto sindaco del C. di P. il possesso del castello di Fossato,
lo stesso Guidalotto « de licentia et mandato nobilis viri domini
Rainaldi de Brunforte perusinorum laudabilis potestatis et domini
Uderisij de Coppolis prioris artium de Perusio » ne fa la consegna
ad Uguccione « Ugolini Rusticelli » incaricato di custodire come
capitano il castello medesimo, dandogli le chiavi « dicti castri,
gironis et roche et turrium ». Uguccione poi promette a Guida-
lotto di restituire il castello ad ogni richiesta ed incondizionata-
mente al C. di P. o a chi dal C. sia designato « sub pena X mi-
lium librarum et obligatione suorum bonorum ».

Test. — I signori Sarano « domini Nicole », Blanciardo « do-
mini Magistri « Lemosina « Benedictoli », Maffeo « domini Ufre-
dutij », Giacomo « domini Boncontis Coppoli » e Gianni « domini
Averardi ».

Bonagura not. (1).

CLVI. — 1259, Luglio 22. — « Ante portam castri Ca-
stilionis Aldebrandi ». — Berardo Sindaco di Città di
Castello consegna Castiglione Ildebrando a Guidalotto
Sindaco del C. di P., che ne affida la custodia ad Acco-
rimbono « Guidonis », c. 74 r.

Il giudice Guidalotto sindaco del C. di P. chiede a Berardo
sindaco di Città di Castello che gli consegni Castiglione Ilde-
brando « ad discarcandum radicitus » in conformità della sen-
tenza arbitrale emanata dal sindaco di Città di Castello. Guidalotto
fa questa domanda « cum magistros et discarcatores pro comuni

(1) Il documento è riportato a c. 39 r. del Cod. C. — Su Fossato; che era stato
venduto al C. di Gubbio da:la famiglia dei Bulgarelli sin dal 17 marzo 1251, cf. i do-
cumenti XXV, XLII e LXXXVII. 3
RT

seta

204. ANSIDEI E GIANNANTONI

Perusij ibidem habeat pro destruclione ipsius castri facienda » (1).
Berardo, dopo avere avuto la consegna di Castiglione dal capi-
tano e dai sergenti « qui ibi erant pro comuni Castelli » ne dà
le chiavi a Guidalotto, il quale a sua volta, col permesso di Rai-
naldo « de Brunforte » Podestà di P. e di Oderisio « de Cop-
polis » Priore delle Arti del C. perugino, affida le chiavi stesse
ad Accorimbono « Guidonis » camerlengo del C. di P. per porta
Eburnea.

Test. — I signori Giacomo « domini Boncontis Coppoli »,
Lemosina « Benedictoli », Blanciardo « domini Magistri », Gianni
« domini Averardi », Giacomo « domini Berardi » e Senso « do-
mini Hermanni ».

Bonagura not. (2).

(1) Di Castiglione Ildebrando, che i Perugini affermavano costruito contro i
patti interceduti fra loro e gli Eugubini, fu, ad istanza di P., solennemente decretata
la distruzione dal Pontefice Innocenzo IV con bolla del 9 febbraio 1251 (Cf. docu»
mento CXXIV). La importanza che P. annetteva al possesso di Fossato e di Casti-
glione Ildebrando ci è attestata anche da una deliberazione del 12 gennaio 1260; da
questa si h1 notizia che negli istrumenti di locazione della custodia dei detti castelli
era stabilito che ogni sergente, il quale non fosse stato trovato « ad custodiam ca-
stri » dai sorveglianti inviati dal Po:lestà e dal Capitano, dovesse pagare « qualibet
vice qua non inveniretur » una multa di 100 soldi, e che ad una penale di 25 libbre
dovesse per la stessa mancanza soggiacere il castellano. Fossato era custodito da un
castellano e da 20 sergenti (Atti del Consiglio maggiore 1259-1416, 106, Parte II, cc. 15 r.
16 e 17 r;).

(2) Con questo documento terminano nel Cod. A gli atti relativi ai rapporti fra
P. e Guhbio, rapporti che furono quasi sempre ostili. Alle controversie fra le due città
debbono certo aver molto contribuito la concessione di parte del contado eugubino
fatta a P. dal Pontefice Alessandro IV il 23 decembre 1257 e le misure coattive adot-
tate dalla Sede Apostolica perché la concessione medesima avesse effetto (cf. i docu-
menti CXXXIX - CXLII, CXLVI e CXLVII); ma che sin da prima le relazioni fra Gub-
bio e P. non fossero affatto cordiali ce lo prova un'ambasceria mandata a P. dal C.
di Gubbio. Nel Consiglio generale e speciale dei Rettori delle Arti e dei 20 eletti per
porta tenuto in P. il 3 maggio 1256 Sasso ambasciatore eugubino tenta di giustificare
la condotta di Gubbio; da quanto l’ambasciatore afferma sull'alleanza di questa. città
« cum illis de Sassoferrato », sulle relazioni con Somaregio, Gualdo e Casacastalda,
nonché sulla compra del castello di Fossato e la edificazione di quello di Castiglione,
fatte l una e l'altra da Gubbio non « ad iniuriam comunis Perusij », ma per neces-
sità di difesa, si traggono interessanti notizie sulle origini della discordia fra P. e
Gubbio. Di Castiglione l'ambasciatore eugubino afferma che non fu costruito « ultra
termiuos ordinatos inter comune Eugubij et comune Perusij » (Consilia variorum
annorum sec. XIII, 1256-75, c. 10 T.). — L'atto si trova anche a c. 39 t. del Cod. C.
I CODICI DELLE SOMMISSIONI AL COMUNE DI PERUGIA 205

CLVII. — 1259, Agosto 29. — Anagni. — Alessandro IV
ordina che contro il C. di P. e i suoi officiali non si pro-
nuncino dai giudici delegati dalla Sede Apostolica sen-
tenze di scomunica e d'interdetto, c. 149 r.

Avendo il Podestà, il Capitano, il Priore, il Consiglio e il C.
di P. inosso lamento per le sentenze o di scomunica o d'inter-
detto, colle quali li molestavano taluni giudici delegati dal Ponte-
fiee invocanti per la esecuzione degli ordini papali la forza del
C. medesimo, Alessandro IV accoglie la domanda rivolta ad ot-
tenere che « per Sedis Apostolice remedium » si tolga il pericolo
di un grave scandalo e, dirigendosi al Priore di S. Martino « de
collibus » della diocesi di P., gli dà ampio mandato perché im-
pedisca ai detti giudici di procedere per l'indicato motivo « contra
ipsos polestatem, capitaneum, priorem, consilium et comune ad
huiusmodi sententias » ed anzi faccia annullare od annulli « sine
difficultate qualibet juxta formam Ecclesie » quelle sentenze, cui
già si fosse proceduto (1).

CLVII. — 1261, Maggio 3. — P., nel palazzo del C. — Il
Consiglio maggiore crea Sindaco del C. di P. Andrea
« Negozoli » per la definitiva sistemazione di alcune ver-
tenze avute dal C. col Priore e i frati di S. Basilio di
Roma, c.:155 t.

Bernardo « de Castro novo » Podestà di P. e Alberto « de
Pavanensibus » Capitano del popolo della stessa città col con-

(1) Per i rapporti fra P. e il Pontefice é notevole una interpretazione data allo
Statuto. perugino dal maggior Consiglio il 26 gennaio 1260. Il Podestà Tommaso « de
Corzano », essendo stato dal C. di P. richiesto il pedaggio ad un ambasciatore del
Papa ed essendo disposto nello Statuto « quod non debet accipi pedagium romanis »,
domandò ai consiglieri se intendevano che il Papa fosse considerato come romano,
e dal Consiglio « interpretatum fuit dominum papam esse romanum » (Atti del Con-
siglio maggiore 1259-1416, 106, Parte II, cc. 23 t. e 24 r.). Circa il pedaggio che non
sì esigeva dai Romani, i quali transitassero per il territorio perugino v. Annali dal
1. maggio 1276 al 29 aprile 1977, c. 36 t. — Della indipendenza del C. di P. di fronte
ANSIDEI E GIANNANTONI

senso del Consiglio maggiore, nonché tutto il Consiglio medesimo
creano sindaco e procuratore generale del C. Andrea « Negozoli »,
che è presente ed accetta il mandato, « ad recipiendum a fratre
Ventura sindico prioris et fratrum et capituli adque conventus
ecclesie sancti Basilij de Urbe... finem, refutationem, remissio-
nem et absolutionem de iniuriis et dampnis datis et occupationibus
et apprehensionibus factis et illatis ab ipso comuni... de bonis et
rebus et in bonis et rebus hospitali plani Carpinis et ecclesie
Sancte Marie Rubee ».-

Il sindaco del C. di P. riceve lo stesso mandato anche per i
danni arrecati dal C. di P. ai beni posseduli « per fratrem Jaco-
bum Massoli olim preceptorem dicti hospitalis », fra i quali beni
sono specialmente ricordate alcune case e una torre. Questi beni
dell'ospedale del pian di Carpine, della chiesa di S. Maria Rossa
e di frate Giacomo « Massoli » erano stati occupati, invasi e sac-
cheggiati dal C. di P. al tempo di un maleficio commesso dallo
stesso frate Giacomo o dai familiari di lui « in quosdam. homines
de plano Carpinis ». Andrea « Negozoli » sindaco del C. di P.
assume l'incarico di restituire gli accennati beni a frate Ventura
procuratore del convento, della chiesa e dell'ospedale sopra ri-
cordati, promettendogli altresi che il C. di P. non solleverà mai
per il motivo predetto questione alcuna e dando in pegno i beni
del C. per la osservanza degli obblighi assunti.

Test. — I signori Baglione e Senso « Glutti » Paradiso e

Mainetto « trumbatores comunis » ed altri.

Giovanni « de Mexano » not. (1).

alla Curia romana si ha una prova anche in una deliberazione presa dal Consiglio
speciale e generale il 4 maggio 1260, colla quale si decise che « occasione citationis
facte comuni Perusij ad postulationem abbatis Capoleonis » duvesse differirsi l'invio

alla Curia di un sindaco del C. « donec alia citatio facta fuerit » (Cod. -- Avnal. var.
‘amn, 1266-69, cc. 6 t. e. 7 t.). — Nel 1259 era sindaco del C. di P. in curia domini

pape » un « dominus Bartolomeus » (Atti del Consiglio maggiore cit., c. 20 r.). — Cf.
il doc. XLIV « Comunis Perusij consilium pro quadam excomunicatione ». — La Bolla
è anche nella Raccolta delle pergamene, A 30.
(1) L’istrumento di sinlacato trovasi pure fra i contratti, AA 74.

ei MU E

—— NE
I CODICI DELLE SOMMISSIONI AL COMUNE DI PERUGIA 2017.

CLIX. — 1261, Maggio 4. — P., nel palazzo del C. — Il
Sindaco del Capitolo e Priorato di S. Basilio rilascia a
quello del C. di P. definitiva quietanza dei beni dell'Ospe-
dale del Pian di Carpine e della Chiesa di S. Maria Rossa
dal C. medesimo restituiti all'Ordine Basiliano, c. 153 t.

Frate Bonaventura sindaco e procuratore di frate Buterio priore
e rettore di S. Basilio « de Urbe », dei frati, del capitolo e di
tutto il priorato della stessa chiesa, come consta dall’ istrumento
di sindacato del 4 aprile 1261 fatto « per Angelum de Oderixiis
notarium », in nome proprio e dei detti frati di S. Basilio e del-
l'espedale di pian di Carpine, della chiesa di S. Maria Rossa e
delle altre chiese costituite « per prioratum sancti Basilij » fa ad
Andrea « Negozoli » sindaco e procuratore del Podestà, del Ca-
pitano e del C. di P. generale e definitiva quietanza di tutti i
danni ovunque e comunque arrecati dal C. medesimo ai beni del-
l'ospedale di pian di Carpine, della chiesa di S. Maria Rossa e
di frate Giacomo « Massoli », che un tempo era stato « precep-
tor dicti hospitalis ».

Quanto alle case e alla torré, che dicevasi avere appartenuto
al detto frate Giacomo e di cui erasi cominciato l'atterramento, è
data facoltà al C. di continuarne la demolizione e di prendere
« lapides et lingna predictarum domorum et turris ». Il sindaco
dei frati di S. Basilio promette al sindaco del C. di P. che i suoi
mandanti non muoveranno mai lite al C. « de predictis omnibus
vel eorum occasione » ima avranno sempre per fermo e ratificato
tutto quanto col presente atto viene stabilito. Riconosce e di-
chiara il sindaco dei frati di S. Basilio che tutti i possedimenti
che appartengono o appartenevano all'ospedale del pian di Car-
pine e alla chiesa di S. Maria Rossa o al nominato frate Gia-
como gli sono stati dal sindaco del C. di P. restituiti « integre
et sine defectu ». Frale Bonaventura s’ impegna in nome e per
conto del convento di S. Basilio all'osservanza di quanto sopra
« in pena et sub pena mille marcharum argenti puri et boni », la
qual pena potrà effettivamente esigersi tante volte quante si venga
meno all'osservanza stessa, fermi sempre restando i convenuti
patti. Frate Ventura « pro predictis omnibus et singulis apten-
dendis et inviolabiliter observandis » sottopone a pegno a favore
2085 ANSIDEI E GIANNANTONI

del C. di P. tutti i beni e diritti del convento di S. Basilio, del-
l'ospedale di pian di Carpine, della chiesa di S. Maria Rossa e
di tutte le altre chiese del priorato basiliano; dichiara però espres-
samenle che se gli officiali del C. di P. o persone « posite a
comune Perusij » od altri per loro avessero avuto qualche cosa
degli indieati beni e non l'avessero consegnala al C., intende ri-
servata. a sè e ai suoi mandanti la facoltà di rivendicare direlta-
mente dai detentori quella parte di beni, che al C. non fosse
pervenuta. ì i ;

Test. — I signori Uguecione « Jacobi de Brittis », Tomagino
« magistri Brunatij », Guidalotto, Raniero « Jacomini », Bona-
giuntura « Alberti », Raniero « Benvegnatis », Sinibaldo « ma-
gistri Mathei » giudici, Oderisio « de Coppolis », Libriotto « Bo-
najunture », Guglielmo « magistri Mathei e Andrea « domine
Margarite ».

Giovanni « de Mexano » not. (1).

CLX. — 1262, Marzo 24. — P., nel palazzo del C. — Il
Podestà, il Capitano del popolo e il Consiglio maggiore
del C. di P. creano Rustico « domine Pere » Sindaco del
C. allo scopo di ritirare dagli eredi di Bonomo da Orte
la somma di 1220 libbre di denari o costringerli al com-
pimento dell'acquedotto, c. 129 r.

Bernardo « de Castro novo » Podestà di P. e Pietro « Pa-
rentij » Proconsole dei Romani e Capitano del C. e del popolo di
P. col consenso del Consiglio maggiore creano sindaco e procu-

(1) Nelle Memorie sui castelli perugini compilate da BELFORTI e MARIOTTI è
detto che la « maestosa fabbrica quadrata con torrioni in tutti gli angoli » esistente
presso Magione fu forse l’ospedale del pian di Carpine, che nel XIII secolo apparte-
neva ai monaci Basiliani. Oltre al presente documento, al quale il M. attribuisce
per errore la data del 1262, sono nelle citate memorie ricordati due altri atti del 1209 e
del 1230 ; il primo è una donazione fatta ai Camaldolesi e porta la data « actum in
comitatu perusino non longe ab hospitali planiscarpini » e il secondo é un istru-
mento di alleanza fra Cortonesi e Perugini stipulato « in palatio hospitalis plani Car-
pini, Bonaventura preceptore dicti hospitalis ». Il luogo divenne proprietà dei cano-
nici regolari del Santo Sepolcro, e da ultimo dell'Ordine Gerosolimitano. Anche S. Ma-
ria Rossa passò ai cavalieri di Malta, — Questo atto di quietanza si legge ne'la stessa
pergamena, AA 74.
I CODICI DELLE SOMMISSIONI AL COMUNE DI PERUGIA 209

ratore loro e del C. Rustico « domine Pere » cittadino perugino
‘col mandato di chiedere agli eredi di maestro Bonomo « Philippi »
da Orte, ai possessori dei beni di lui, ai fideiussori che per lui
si obbligarono e ai loro eredi la restituzione di 1220 libbre di
denari minuti date allo stesso maestro Bonomo dal C. in acconto
della somma di 4000 libbre di denari promessegli in nome del C.
medesimo per l’opera dell’acquedotto di Montepacciano e di rila-
sciar quietanza della somma che fosse restituita. Se poi la detta
restituzione non avesse luogo è data al sindaco ogni facoltà per
obbligare i nominati eredi e fideiussori « ad perficiendum illud
opus secundum promissionem dicti magistri Bonomi ». Il sindaco
poi per conseguire o l’uno o l’altro degli accennati scopi è auto-
rizzato a stare in giudizio sia nella curia di Orte sia in qualsi-
voglia altra curia ecclesiastica e secolare, a contestare il giura-
mento « de calumpnia » e a prestar quello « de veritate dicenda »,
a produrre testimonianze e prove, ad ascoltare e confutare le ra-
gioni che fossero addotte dagli avversari, a fare insomma « om-
nia et singula que in predictis et circa predicta fuerint facienda ».
Qualunque cosa si faccia da Rustico « domine Pere » secondo i
poteri che ogni legittimo sindaco può esercitare, sarà in nome e
per conto del C. ratificata.

Test. — Andrea « Negozoli » e Mainetto e Maffuccio « trum-
batores comunis ».

Giovanni « de Mexano » not. (1).

(1) Cf. i doce. CXXXII, CXXXIII e CXXXV. — Diamo qui alcune notizie sull’ac-
quedotto tratte dagli Annali del sec. XIII, delle quali non é cenno nelle Memorie
istoriche della fonte di piazza compilate nell’ anno 1785 da G. BELFORTI (ms. nu-
mero 1348 della Comunale di P.), nelle Lettere pittoriche del MARIOTTI (Perugia,
Baduel, 1788, pagg. 22-32) e nel Ragionamento dell’ acquedotto e della fontana mag-
giore di Perugia del VERMIGLIOLI (Perugia, Baduel, 1827). — Il 26 marzo 1256 il
Consiglio speciale e generale di P. discute sul modo di provvedere i denari ne-
cessari « ad solvendum magistris qui debent facere laborerium de Monte Pazano »
(Consilia variorum annorum sec. XIII, cc. 1 t. e 2. — Maestro Bonomo doveva
il 27 gennaio 1260 esser già morto o avere abbandonato il lavoro dell’ acquedotto;
infatti, essendo il Podestà e il Capitano obbligati per uno Statuto a fare nel mese
di gennaio Consiglio « ad inveniendum magistrum pro opere Montis Pazani », il
Consiglio speciale e maggiore del C. di P. stabilisce in detto giorno « quod per
potestatem et capitaneum conipellantur omnes ilii qui aeceperunt ad cotimum de
opere Montis Paciani ad complendum illam partem dicti operis quod ipsi ad coptu-
mum accepe: unt » (Atti del Consiglio maggiore 1259-1416, 106, parte II, cc. 24 e 25 r.).
210 i ANSIDEI E GIANNANTONI

CLXI. — 1262, Novembre 24. — P., nel palazzo del C. —
Cencio « Stefani » romano dichiara di aver ricevuto in
restituzione dal Sindaco e dal Camerlengo del C. di P.
una somma da lui data in mutuo ad alcuni cittadini pe-
rugini, c. 110 t.

Il signor Cencio « Stephani » cittadino romano rilascia per
sè ed i suoi eredi al signor Filippo « Bernardini » giudice e sin-
daco del C. di P. e a Michele camerlengo slipulanti in nome e
per conto del C. stesso (1) definitiva quietanza di libbre 531 e

— Il 25 giugno 1262 il Consiglio speciale e generale, trattando della conduttura delle
fonti da farsi « de canaligiis Montis Pazani » decide che a quest'opera si dia esecu-
zione con la massima diligenza e sollecitudine; e il 9 luglio successivo delibera sui
materiali di costruzione che avevano servito e dovevano servire per l'acquedotto e le
fonti (Consilia cit., cc. 59, 60 r. e 64 r.) — Il VERMIGLIOLI nel suo Ragionamento,
dopo aver noverato fra gli architetti che diressero i lavori un frate Leonardo, dice
a pag. 24, nota 14, che di questo religioso si ha notizia soltanto per un atto regi-
strato negli Annali sotto la data del 12 maggio 1266 e che dopo non si trova più
menzione di lui. Lo stesso afferma il BELFORTI nelle menzionate Memorie, dove, ri-
cordando a pagg. 17 e 18 la citata deliberazione del 12 maggio 1266, non sa dirci se
maestro Bonomo in detto anno fosse già morto o avesse per altro motivo lasciato
l'impresa e soggiunge che di frate Leonardo gli antichi documenti tacciono l'istituto
e la patria. Al BELFORTI adunque sfuggì il documento del quale ci occupiamo e
che ci dà la notizia della morte di Bonomo avvenuta certamente prima del 24 marzo
1262; il documento però non fu ignoto al VERMIGLIOLI, che anzi in parte lo pubblicò
(Ragionamento cit., pag. 47). — Pochi giorni prima della scelta di frate Leonardo a
direttore dell'opera dell'acquedotto, cioé il 5 maggio 1266, il Consiglio discuteva sul
modo da tenersi perché in città si avesse « major habundantia aquarum » e decre-
tava che si costruissero a spese del C. cinque fonti, una per porta, e che per fare le
dette fonti il Podestà e il Capitano dovessero consigliarsi coi frati minori noti « in
illo opere de aqua conducenda » (Cod. T Annal. variorum annorum 1268. 69, c. 8).
— Abbiamo voluto riportare questa deliberazione perché sembraci se ne possa infe-
rire, con probabilità, se non con l'assoluta certezza di esser nel vero, che frate Leo-
nardo fosse dell’ Ordine dei minori. Quanto alla patria di lui, ci é dato venirne a co-
gnizione per gli atti del Consiglio generale e speciale del 4 e dell'8 maggio 1276;
ivi, a proposito dei provvedimenti sull’ acquedotto e sulle fonti da adottarsi dal Po-
destà, dal Capitano e dai Consoli insieme ai frati minori, predicatori e di S. Agostino,
é parola deilo statuto, per il quale il Podestà e il Capitano eran tenuti a fare ese-
guire l'acquedotto di Monte Pacciano « per consilium fratris Leonardi de Spoleto »
(Annali 1. maggio 1276-29 aprile 1277, cc.3 0., 4 t., 7 e 8).

(1) Nell’originale di questo documento che si conserva nella Raccolta dei con-
tratti (AA 75) si trova che la quietanza non fu rilasciata solo, come apparirebbe dal-
l'atto, quale si legge nel. Cod. A, al sindaco e al camerlengo del C., ma eziandio
« Bonafedanzie Andree, domino Jacobo Angelerij, Francisco Jacobi et Guidarello Ne-
goziantis stipulantibus pro eis et eorum heredibus ».
I CODICI DELLE SOMMISSIONI AL COMUNE DI PERUGIA 211

soldi 5 di buoni denari minuti perugini, la qual somma Bonafi-
danza « Andree Forzoli », il signor Giacomo « Angelerij », Fran-
cesco « Jacobi Massey », Guido « Negogiantis Carfaldi », tutti cit-
tadini di P., dovevano. allo stesso signor Cencio, come appariva
da istrumento e confessione di debito per mano del notaro Bona-
mente. Da tale obbligazione assunta di fronte a Cencio i nominati
cittadini sono rilevati indenni dal sindaco del C. di P. in con-
formità di un altro istrumento del notaro Silvestro. Cencio fa tale
dichiarazione, avendo ricevuto dal camerlengo Michele « de de-
nariis comunis » la detta somma, ed afferma « se de dictis dena-
riis et expensis el accessionibus factis adque usuris bene quietum
et solutum esse » ; promette altresì di rifare ogni danno e spesa
che il C. di P. e gli altri obbligati avessero a sostenere « in cu-
ria et extra curiam » e s' impegna, sottoponendosi alla pena del
doppio della indicata somma e obbligando i suoi beni, alla rigo-
rosa osservanza di tutto quanto è nel presente atto stabilito.

. Test. — I signori Raniero « Benvegnatis », Sinibaldo « ma-
gistri Mathei » Raniero « Jacomini » e Uguccione « Jacobi »
giudici, Pietro « Sinibaldi », Ugolino « Abadingi », Raniero « Jo-
hannis » e Rustico « domine Pere ».

Brocardo not.

CLXII. — 1262, Decembre 11. — P., nel palazzo del C. — Il
Podestà e il Consiglio speciale e generale di P. eleggono
Pietro « Sinibaldi » Sindaco del C. per riprendere da
Niecoluccio « de Portulis » il terreno di Colle, affittare
lo stesso terreno per 12 anni e ricevere la sommissione
del castello delle Portule, c. 103 t.

Pietro « Parentij » Proconsole dei Romani e Podestà di P.
e il Consiglio speciale e generale della stessa ciltà eleggono e
costituiscono Pietro « Sinibaldi » sindaco e procuratore del C. di
P., dandogli il mandato di ricevere da Niccoluccio « domini. An-
dree » il terreno di Colle, di affittare per un periodo di 12 anni
tutto lo stesso terreno, che un tempo il C. di P. aveva dato in
permuta a Niccoluccio « domini Andree de Portulis » con istru-
mento scritto per mano di Niccola notaro, e di vendere per il
tempo accennato tutti i frutti che da queste terre potranno per-
919 : ANSIDEI E GIANNANTONI

cepirsi. Il prezzo dei frutti è determinato in 700 libbre di denari
minuti e il sindaco del C. di P. ha l’incarico di riscuoterlo e di
pagare con esso in nome e per conto di Niccoluccio ciò che questi
deve ai suoi creditori perugini. Il sindaco riceverà dallo stesso
Niccoluccio « de diclo terreno de Colle novum instrumentum finis
et refutationis ac restitulionis ipsius jure proprio in perpetuum et
nomine permulationis cum terreno de Portulis » e tale istrumento
si riferirà anche a lutto quanto potesse Niccoluccio ripetere dal
C. di P. e specialmente alla somma di 1500 libbre di denari. Pie-
tro « Sinibaldi » accetterà poi la sommissione del castello delle
Portule, impegnandosi Niccoluccio per sè e pei suoi eredi a far
guerra e pace« ad mandatum comunis Perusij » contro chiunque
piaccia al C. medesimo e a non esigere alcun pedaggio o scorta
dai cittadini e dagli abitanti del contado di P., che debbano tran-
sitare « per Portulas et curiam Portularum ». — Il sindaco Pie-
tro ha inoltre facoltà di fare in nome del C. di P. a favore di
Niecoluccio un istrumento di quietanza, restituzione e permuta di
tutto il terreno esistente presso il castello delle Portule e già ce-
duto da Niccoluccio al C. di P. in forza d’ istrumento redatto dal
notaro Niccola, di vincolare i beni del C. « pro predictis obser-
vandis », e in genere di agire nel modo che a lui sembri nell’in-
teresse del C. di P. più cpportuno. Tutto ciò che il sindaco « in
predictis et circa predicta » stimasse doversi fare, promettere e
ricevere si avrà per fermo e ratificato « sub obligatione bonorum
dici comunis ».

Test. — I signori Giacomo e Gianni giudici del Podestà, Lo-
renzo suo notaro, i signori Maffeo « domini Uffredutij Jaconi »,
Bonaparte « Gualfredotti » ed Elemosina « domini Benedittoli
Guidutij », Bovicello « Vitelli » notaro e Maffuccio. « Leonardi ».

Brocardo not. (1).

CLXIII. — 1262, Decembre 30. — P., « in camera cano-
nice ». — Niccoluccio « de Portulis » fa quietanza al
Sindaco del C. di P. di 2000 libbre di denari, c. 105 r.

Niecoluccio « quondam domini Andree de Portulis » fa quie-

(1) L'originale di questo atto conservasi nella Raccolta dei contratti, AA 76,
I CODICI DELLE SOMMISSIONI AL COMUNE DI PERUGIA 213

tanza perpetua ed irrevocabile a Pietro « Sinibaldi » sindaco del
C. di P. di 2000 libbre di buoni denari minuti, che Bernardo « de
Castro novo » Podestà dei perugini e Alberto « de Pavanensi-
bus » Capitano del C. di P. (1) insieme con cinque buoni uomini
all'uopo eletti avevano per conto del C. concesso allo stesso Nic-
coluccio « pro dampnis passis et restitutione familiarum sicut per
instrumentum publicum manu Bartholomei Bonacursi Guidonis
Arpinelli civis romani. nolarij plenius continetur », nonché dei
frutti delle terre di Colle per dieci anni e delle famiglie ed uomini
delle Portule. Lo stesso Niccoluccio poi rilascia al detto sindaco
una dichiarazione « de non ullerius petendo » per ciò che egli o
altri per lui potesse chiedere al C. di P. per qualsiasi diritto e
motivo sino alla stipulazione del presente atto. Tale quietanza
Niccoluccio fa al sindaco del C., perchè questi a sua volta ne fa
a lui un'altra per il terreno delle Portule e per. ogni pretesa che
il C. di P. potesse comunque avanzare contro di lui, « salva sub-
missione castri Portularum ». Delia osservanza dei patti stabiliti
Nicoluccio assume l'obbligo sotto pena del doppio delle 2000 lib-
bre e col vincolo di tutti i suoi beni.

Test. — I signori Salvatico e Bonagiuntura « Alberti » giu-
diei, Bonagura « Johannis » e Angelo « Johannis » notari, Fo-
magio « Bonjohannis » e Giannino « Jacobi ».

Brocardo not. (2).

CLXIV. — 1262, Decembre 30. — P., « in camera Cano-
nice ». — Niccoluccio « de Portulis » dà al Sindaco del
C. di P. le terre poste in Colle e già dal C. permutate
con quelle delle Portule, e il Sindaco a sua volta resti-
tuisce a Niccoluccio le terre delle Portule, c. 106 t.

Niccoluccio « quondam domini Andree de Portulis » dà a
Pietro « Sinibaldi » sindaco del C. di P. stipulante in nome del C.

(1) La parola « Pavanensibus » si lezge in questo documento in modo cosi chiaro
da confermare senza dubbio alcuno la interpretazione che, dissentendo dal MARIOTTI,
Catalogo dei Podestà e Capitani del popolo, abbiamo dato al cognome di questo Ca-
pitano neila nota apposta al doc. CXXXI.

(2) Lo stesso atto trovasi nella Raccolta dei contratti con la segnatura AA 78;
nella pergamena il nome del Capitano è « Albertus de Paonensibus ».
214 3 ANSIDEI E GIANNANTONI

medesimo tutte le terre che il C. aveva già dato e concesso a
Niecoluecio « jure permutationis et cambij cum terreno de Por-
tulis », come risulta da istrumento fatto e scritto per mano del
notaro Niecola « Rustici ». Le terre che Niccoluccio riconsegna
a Pietro sono situate in Colle o nelle vicinanze di Colle, e su di
esse sono riconosciuti al C. di P. tutti i diritti inerenti alla pro-
prietà senza limitazione alcuna, « salvo et reservato quod licitum
sit ipsi Nicolutio libere et sine aliqua. contradietioné elevare et
elevari facere el ammoveri hedifitia domorum constructarum ab ipso
Nicolutio in dieto tenimento terre ».

Il sindaco del C. di P. dal canto suo dà, concede e restituisce
a Niccoluccio le terre poste « in pertinentiis castri Portularum »
e paga 700 libbre di denari per tacitare i creditori di Niccoluecio.
Questi promette di mantenere gl'impegni assunti, vincolando i
suoi beni e obbligandosi a pagare, qualora a tali impegni venisse
meno, 1000 libbre di denari.

Test. — 1 signori Salvatico e Bonagiuntura « Alberti » giu-
dici, Bonagura « Johannis », Angelo « Johannis » e Lucardo
« Bonoscagni » notari, Fomagio « Bonjohannis » e Giannino
« Jacobl ».

Brocardo not. (1).

CLXV. — 1263, Aprile 30. — P., « in foro comunis, ante
cameram Bonjohannis Peri Bonizi ». — Il Sindaco del
C. di P. vende per il tempo di 12 anni e per il prezzo
di 700 libbre di denari a Fomagio « Bonjohannis » i frutti
delle terre di Colle già concesse dal C. a Niccoluccio
« de Portulis », c. 157 r.

Pietro « Sinibaldi » sindaco del C. eletto e costituito « tam
a consilio populi quam etiam toto majori consilio comunis Peru-
Sij » vende per 700 libbre di denari in nome e per conto del C.
medesimo a Fomagio « Bonjohannis » i frutti che potranno ri-
trarsi « ad duodecim annos completos » dal terreno posto nelle
vicinanze di Colle e concesso un tempo dal C. a Niccoluceio delle
Portule; la vendita è fatta « salva semper proprietate et dominio

(1) L'originale del documento conservasi fra i contratti, AA 77.
I CODICI DELLE SOMMISSIONI AL COMUNE DI PERUGIA 215

totius dicti terreni comuni perusino ». Il sindaco Pietro garantisce a
Fomagio il libero uso di queste terre, promettendogli che il C. lo
difenderà da qualsivoglia molestia e lo indennizzerà di ogni spesa,
alla quale « in curia et extra curiam occasione predictorum » do-
vesse andare incontro. — Il sindaco del C. di P. confessa di
aver ricevuto da Fomagio la somma di 700 libbre di buoni denari
minuti perugini « pro solvendo creditoribus Nicolutij supradicti:
secundum reformationem consilij populi et comunis Perusij et
tenorem instrumenti sindicatus Peri predicti » e si dichiara pronto
8 pagare a titolo di pena per conto del C., nel caso che questo
non rispetti le obbligazioni assunte, 1700 libbre di denari.

Test. — Bertramuccio « Peri Bonizi », Bencevenne « Rai-
nerij Abuiamontis », Andrea » Johannis de Sancto Marco Jacobi »
e Lucardo « Bonoscagni ».

Brocardo not. (1).

CLXVI. — 1263, Maggio 18. — Orvieto. — Privilegio con-
cesso a P. dal Pontefice Urbano IV, c. 151 r.

Urbano IV con bolla indirizzata al Podestà, al Consiglio e
al C. di P., volendo, per quanto é in facoltà sua, liberarli da pesi
futuri, accorda loro « ad instar felicis recordationis Innocentij
pape » di non esser chiamati in giudizio fuori della città di P.
« super aliquibus causis communiter vel spetialiter » anche se
questo appello avesse luogo in virtù di lettere spedite dalla Sede
Apostolica o dai suoi Legati, nelle quali non fosse cenno di tale
indulgenza. — La concessione d'Innocenzo é da Urbano IV con-

fermala, perché i Perugini « pro fidei puritate adque devotionis

sinceritate servanda ergo romanam Ecclesiam » avevano soppor-
tato « plurima laborum et dolorum gravamina » (2).

(1) Questo e i tre atti precedenti si riferiscono in modo speciale ai docc. XXXII
e CXLV del 2 e 7 maggio 1258, coi quali fra il C. di P. e Niccoluccio delle Portule
ebbe luogo la permuta dei terreni situati alle Portule stesse e in Colle. I rapporti pot
fra Niccoluccio e P. si ricollegano alla guerra con Gubbio, ed infatti nel doc. XXXI
è detto che quei rapporti dovevano cambiare « expleta guerra inter Perusinos et Eu-
gubinos ». — L'atto trovasi anche fra i contratti, App. n. 14.

(2) Tanto di questo privilegio quanto degli altri due concessi a P. dai pontefici
Innocenzo IV e Alessandro IV (cf. i docc. CXXX e CXXXVIII) esiste nella Raccolta
dei.contratti, AA 62, una copia tratta dal Cod. A, come si rileva dalla seguente sot-
216 ANSIDEI E GIANNANTONI

CLXVII. — 1263, Agosto 3. — [P.] « in claustro domus
ubi moratur dominus Capitaneus ». — Monaldo » Supo-
lini » anche in nome dei suoi figli Guido ed Uguccio-
nello rilascia al Capitano del popolo e al Sindaco del C.
di P. quietanza di 1050 libbre di denari, prezzo pattuito
della torre e delle case e terre di Casacastalda, c. 93 t.

Il signor Monaldo « Supolini » cittadino di Gubbio in nome
proprio e, secondo apparisce da istromento del notaro Ventura
« Blasij » quale procuratore di Guido suo figlio emancipato, ob-
bligandosi anche per il detto Guido nonché per l'altro suo figlio
Uguccionello, rilascia a Graxendoneo « de Luvixinis » Capitano
del popolo e del C. di P. e al giudice Giovanni « magistri Chri-
stofori » sindaco del C. medesimo perpetua ed irrevocabile quie-
tanza di 1050 libbre di denari minuti in buoni fiorini di puro e
legale argento, computato ciascun fiorino per 12 denari minuti, e
di tutto ciò che egli ed i figli suoi potessero pretendere dal C. di
P. in relazione a detta somma. Questi denari erano stati promessi
a Guido figlio di Monaldo da Tagliabove « Bendefende » sindaco
del C. di P. e procuratore di Lucesa « Trasmundi », dai signori
Oddone « Egidij » Ildebrandino « domini Rainerij » e Rainuccio
« Boni » e da Villanuceio « domini Gualterij » e Giovanni « Pul-
zone » del castello di Gualdo, tutti solidalmente e principalmente
obbligati, e costituivano il prezzo convenuto della torre, dei feudi
e delle case, terre e vigne di Casacastalda, che il sindaco del C.
di P. aveva acquistato da Guido « sicut apparet de dictis denariis
instrumentum et confessio facta et scripta manu Brocardi notarij ».
Monaldo restituisce al Capitano del popolo questo istrumento di
confessione di debito, dichiarandolo di nessun valore, promettendo
che nè egli né i suoi figli moveranno mai in base all’ istrumento

toscrizione notarile che si legge in fine alla pergamena: « Et ego Tiverius Apostolice
Sedis notarius predicta privilegia prout inveni scripta et exemplata in registro co-
munis Perusij ita hic auctoritate domini Jacobi Oratoris. judicis Comunis Perusij
scripsi et exemplavi ». E che il registro, cui si accenna; sia appunto il Cod, A, ce lo
conferma il fatto che i tre documenti non hanno nella, pergamena l’ ordine cronolo-
gico, ma bensì vi sono trascritti come sono nel codice, dove é registrato per primo
il privilegio di Urbano, segue poi quello. di Innocenzo. e; trovasi terzo l'altro di Ales-
sandro.
I CODICI DELLE SOMMISSIONI AL COMUNE DI PERUGIA 2917.

medesimo. alcuna lite al C. di P. e ai nominati uomini di Gualdo
e impegnandosi a liberare cosi l'uno come gli altri da tutti i danni
che a motivo dell’accennato debito potesser loro venire.

Monaldo fa questa dichiarazione perchè dal C. di P. gli è
stata effettivamente pagata la detta somma, e rinuncia ad ogni
privilegio ed aiuto di legge e a tutte le difese ed eccezioni che a
lui e ai figli suoi competessero o potessero in futuro competere;

Oderisio « Bartholomei » e il signor Bucaro « domini Bon-
contis de Coppolis », obbligandosi in solido, si costituiscono fide-
iussori della piena osservanza di questi patti da parte di Monaldo
« Supolini », Guido ed Uguccionello e a tale garanzia s'impe-
gnano « süb pena dupli dictorum denariorum et suorum bonorum
omnium obligatione ».

Test. — I signori Guidalotto, Salvatico e Angelo « Suppo-
lini » giudici, « Lukese Bartholomei », Bovicello « Vitelli » no-
taro, il signor Egidio « Alberti » e Benedittolo « Bartholomei ».

Brocardzc not. (1).

(1) É questo il pagamento del prezzo convenuto nella vendita, che della torre
di Casacastalda, e di alcune case e terre fece al C. di P. Guido di Monaldo il 10 ot-
tobre 1257. Il detto pagamento era, per un ordine impartito al C dal Pontefice Ales-
sandro IV, subordinato alia definitiva risoluzione di una vertenza che al tempo della
vendita esisteva fra Monaldo di Suppolino e il Monastero di S. Maria di Valfabbrica:
é quindi lecito argomentare che la controversia avesse avuto termine prima del
3 agosto 1263 (Cf. i docc. XXX e XLIX). — Nella nota prima al doc. CXXXIX accen-
nammo che i diritti su Casacastalda portarono, insieme ad altre cause, al conflitto
fra P. e Gubbio, e facemmo ricordo della deliberazione adottata il 3 maggio 1256 dal
Consiglio del C. per espellere dalla città e dal contado di P. Monaldo di Suppolino,
qualora questi persistesse nel rifiuto di restituire a P. Casacastalda. Ora aggiungiamo
che la divergenza si riconnetteva ad un maleficio commesso « contra dominum Mo-
naldum et contra alios cives et comitatenses Eugubij » da un certo Contenacio, di
cui il C. di Gubbio chiedeva a P. la punizione (9 agosto 1256): pochi giorni dopo però,
cioé il 20 agosto, Monaldo « Supolini » si dichiarava invece pronto ad obbedire a
quanto gli era stato imposto dal Consiglio speciale e generale del C. di P., a restituire
cioè « partem castri Casagastaldi et jura domini Continacij et Barochi », € il Consiglio
decretava che a questo patto dovesse Monaldo esser liberato dalla pena del bando
senza pagamento alcuno; a tale condizione il Consiglio ne aggiungeva un'altra il 25
agosto, che cioè il C. di Gubbio facesse a sua volta « rebannire dominum Contina-
cium ». Il 4 seltembre successivo il Consiglio speciale e generale deliberava che fosse
presentata al Consiglio maggiore la proposta di ricevere « in comitatenses homines
de castro Casagastaldo ita quod sint comitatenses comunis Perusij », ma nella discus-
sione é ricordo delle ragioni che su Casacastalda avevano i signori Monaldo e Con-
tenacio (Consilia, variorum annorum sec. XIII, cc. 32, 44 r., 45 e 47 T.). — Al sicuro
possesso di Casacastalda teneva moltissimo il C. di P.; questo ci attestano due deli-,

15
218. ANSIDHI E GIANNANTONI

CLXVIIT. — 1263, Ottobre 30. — Orvieto. — Urbano IV
conferma una sentenza emanata dal C. di P., c. 153 r.

Il Pontefice Urbano IV con. sua Bolla diretta al Podestà, al
Capitano, al Consiglio e al C. di P., vivamente desiderando lo
stato pacifico di questa città (1), accoglie l'istanza che dal C.
medesimo gli era stata avanzata e con l'apostolica autorità con-
ferma la confisca dei beni decretata dal C. contro Ruspido e il
figlio di lui Niccola. Per questa condanna erasi punito l'omicidio
che « Nicolaus natus Ruspidi Franconis civis perusinus, eodem
Ruspido trattante et ad id opem et operam impendente », aveva
commesso nella persona di Pietro « Johannis lldebrandini » ca-
valiere e devoto alla Chiesa romana.

CLXIX. — 1266, Decembre 28. — [P.], « in campo prelij ».
— Il giudice del Capitano del popolo e i soprastanti al-
l’opera del muro di detto campo determinano i confini
fra la pubblica via e la proprietà del Priore di S. Fio-
renzo, c. 152 t.

Essendo Podestà Albertino « de Buscettis » e Capitano del
popolo Uguccione « de Auxellettis », per mandato dei soprastanti
all'opera del muro del campo di battaglia (2) e per ordine del signore

berazioni del Consiglio, l'una del.9 febbraio 1260 relativa alla guardia delle due torri
del castello, che doveva essere affidata a quattro custodi « qui sint de civitate Perusij
‘et boni et ydoney », e l'altra del 20 dello stesso mese « circa meliorationem Castilionis
‘Clusij et Castri novi et Cassacastaide et aliorum castrorum de confinibus comitatus
Perusij » (Atti del Consiglio maggiore 1959-1416, 106, parte 2a, cc. 29 r., 30 t, e 31 r.). —
Nel 1276 Casacastalda era sempre sotto la giurisdizione del C. di P. e vi era come
Podestà un «dominus Raynerius Benvegnatis » (Annali 1. Maggio 1976 - 29 Aprile 1977,
€. 105 r). — L'originale del documento è fra i contratti, AA 81.

(1) Del singolare affetto che Urbano IV portava a P. discorre anche il MARIOTTI
nel suo Saggio di memorie ‘storiche perugine (Perugia, Baduel, 1806, parte III, p. 440)
e ne adduce a prova l'assoluzione dalla scomunica accordata da questo Papa il 26
giugno 1263 al popolo di Cagli in seguito alle insistenti suppliche dei Perugini, che
nella Bolla assolutoria data da Orvieto son chiamati figli diletti e fedeli alla Chiesa e
al Pontefice.

(2) I soprastanti, che intervennero al presente atto, furono Giacomo « Ranaldi »
il signor Bartolomeo « Aldrebrandini », Maffeo « Centurarie », il signor Fi:ippo « Ni-
chole » giudice e Andrea « Guarneri] ».
Qr ucuacIE
Ca For Age

I CODICI DELLE SOMMISSIONI AL COMUNE DI PERUGIA 919.

Ugolino « de Sabactinis » giudice del Capitano del popolo si con-
stata per pubblico atto notarile « ut semper ad notitiam comunis sit
manifestum », che fuori del detto muro dal lato di porta S. Pietro
rimane la via pubblica del C. larga per tutta la sua lunghezza 12
piedi e misurata « ad pedem Comunis » dai detti giudice e sopra-
slanti. Se il Priore di S. Fiorenzo volesse dire che da questa
parte si é occupata la sua proprietà, ció non potrebbe negarsi,
ma altrettanto e più gli si è lasciato dall'altro canto della via an-
tica (1) ; inoltre tutta l'aecennata strada è ad utilità del C., del
muro e dello stesso Priore.

Test. — Senso « Boniohannis », Angelo « Michaelis », Ac-
corimbono « Mangami » e Bonaccorso « Stabilis ».

Baglione « Guilielmi » not. (2).

V. ANSIDEI-E L. GIANNANTONI.

(1) Anche attualmente esiste presso la chiesa di S. Fiorenzo una via chiamata
« Antica ».

(2) L'antichissima chiesa di S. Fiorenzo, che restava fuori delle mura della città,
appartenne in origine, secondo il SIEPI, Descrizione di Perugia, vol. I, pag. 344, ai
monaci Cluniacensi, poi Camaldolesi di Monte Acuto e quindi passó circa il 1220 ai
Cistercensi. É a notarsi però che nelle Memorie BELFORTI-MARIOTTI è detto che i mo-
naci Camaldolesi restarono nel Monastero di S. Salvatore di Monte Acuto (dal quale
dipendeva la chiesa di S. Fiorenzo) sino all'anno 1234, quando si stabilirono in quel-
l'abbazia i Cistercensi che vi restarono per tre secoli. Checché sia di ciò, egli è certo
che nel 1266 la chiesa di S. Fiorenzo era soggetta al Monastero di S. Salvatore del-
l'ordine Cistercense. Nelle cit. Memorie si legge una nota di mano del MARIOTTI, in
cui é ricordo di una Bolla d’ Innocenzo IV data « Perusij, II non. Julij, Pontificatus
anno decimo » [6 Luglio 1252] e diretta « dilectis filiis Abbati et conventui monasterij
S. Salvatoris de Monte Acuto cisterciensis ordinis ». Negli Annali Camaldolesi fra le
chiese soggette al monastero di S. Salvatore è sempre rammentata la « cella S. Flo-
rentij juxta murum civitatis perusinae ».
ASCANIO DELLA GORNIA

E LA SUA CONDOTTA NEGLI AVVENIMENTI DEL 1555-1556

(Continuazione. Vedi Vol. X, Fasc. I, n. 27)

Cessato in Roma il primo sbalordimento, onde era stato
causa l'improvviso annunzio della tregua di Vaucelles, l'ac-
corto maneggiatore della politica papale -non tardò a com-
prendere quale fosse la via da seguirsi per rimediare all’ in-
successo; e, consenziente il Pontefice al suo divisamento, si
faceva spedire di li a poco come ambasciatore straordinario
in Francia.

Per raggiungere l'intento due erano i mezzi possibili: o
farsi iniziatori presso l'una e l'altra Maestà di serie tratta-
tive per una pace definitiva, o rinfocolare i rancori, momen-
taneamente sopiti con la tregua, ed indurre Enrico II a man-
tenere le capitolazioni della lega, conclusa a Roma sulla fine
del 1555.

Mezzi all’ apparenza diametralmente opposti, ma che,
alla fine, erano atti a produrre effetti, se non simili, press'a
poco equivalenti. Invero, la conclusione di uno stabile ac-
cordo, dovuta all’ iniziativa pontificia, non avrebbe mancato
di recare notevoli vantaggi alla Sede apostolica, la quale
nei negoziati si sarebbe riservata quel posto importante che
le era sfuggito nel trattato di Vaucelles. Così una ripresa
delle ostilità e una guerra nell'Italia centrale e meridionale
contro l' esercito dell’ Imperatore doveva essere destinata a
procacciare, assieme alla vittoria dei Francesi, un aumento
di potenza e un ingrandimento dello Stato ecclesiastico. La
229

G. COGGIOLA

diversità fra i due risultati si coglie subito: il primo più
sicuro (dato il momentaneo prevalere alla Corte francese del
partito del Connestabile (1)), ma limitatamente fecondo di van-
taggi materiali; l'altro assai problematico, ma, nell’ evento
favorevole, ricco di accrescimenti territoriali e di privati
vantaggi per la famiglia del Papa. Da ciò quella specie di
equivalenza sopra accennata, essendo la scarsezza dell’ un
esito compensata dall'incertezza dell'altro, equivalenza la
quale avrebbe dovuto lasciar perplesso ciascuno che, sgom-
bro di prevenzione, fosse stato forzato alla scelta immediata.
Ma qui non era il caso: l'una via non escludeva totalmente
l’altra, come potrebbe sembrare a prima giunta: fra le due
strade correva più d’un sentiero traverso per cui era facile
passare da questa a quella secondo le circostanze e il biso-
gno. Una missione pubblica pacificatrice costituiva un ono-
revole pretesto all'invio del legato papale; e non impediva
che egli, trovando la Corte infiammabile da spirito di guerra
e non proprio salda nei propositi d'accordo duraturo, o
traendo argomento da nuovi possibili accidenti, si volgesse
a tutelare gli interessi della Sede apostolica nella più oppor-
tuna maniera.

Ed ecco perchè le istruzioni date da Paolo IV al Ca-
raffa (delle quali, se non il testo preciso, abbiamo da fonte
credibile la sostanza (2)) riguardavano due capi: il primo che

i

(1) Cfr. specialmente in proposito: DECRUE, Anna duc de Montmorency cone-
stable et pair de France. Paris, 1889, 8°, pp. 188 e segg.

(2) Cfr. NoRES, Storia della guerra di Paolo IV contro gli. spagnoli (Archivio
Storico Ital., T. XII, 1847) pag. 58-59. Veramente il Volpicella nelle note alla Storia
del Nores (pag. 315) mostrerebbe di aver veduto una copia proprio della istruzione
del Papa al Caraffa per Francia (« Nella Reale Libreria Brancacciana, per gentilezza
dell'egregio suo Bibliotecario, abbiamo letto l’ istruzione data al cardinale Caraffa
per Francia nel 1556 »); ma egli non pone quel documento nell’ Appendice, come
molti altri anche di minore importanza. Noi però crediamo che si tratti della
Istruzione di papa Paolo IV al Duca di Somma per negoziare con il Re Christia-
nissimo stampata nelle Opere del DELLA Casa (Milano, 1806, vol. IV), la quale in al-
cuni manoscritti va sotto il titolo di Instruzione data al cardinal Caraffa per
Francia 1556. Vedi per ciò il nostro lavoro su Paolo IV e la capitolazione segreta
ASCANIO DELLA CORNIA, ECC. © 223:

il Cardinale si sforzasse di tirare il Re alla pace con l Im-
peratore; il secondo che, escluso da questa speranza, si vol-
tasse tutto a disporre il Re a rompere la tregua e persistere
nella lega stabilita.

Sarebbe, però, errore il credere che il Papa bramasse
sinceramente l'effettuazione della pace e che solo si inducesse
al pensiero di nuova guerra se ogni pratica per uno stabile
componimento, condotta con la possibile efficacia, fosse riu-
scita indarno. Checché dicano gli scrittori ecclesiastici favo-
revoli al Pontefice, i quali addossano tutta la colpa della

d rottura della tregua al Cardinale, noi non possiamo neppure
È ritenere completamente esatto il giudizio del Duruy, per cui
4 il Caraffa, sebbene non colpevole di assoluto tradimento

4 verso lo zio, ben sarebbe stato un interprete poco scrupo-
E loso del pensiero di lui (1).

3 Alla corte di Bruxelles, ove da varie parti confluivano
D informazioni sugli avvenimenti d'Italia e dove con gelosa
cura si mirava agli atti della politica papale, notoriamente
avversa all’ Imperatore e a tutti suoi, era risaputo, senza
dubbio alcuno, che Paolo IV personalmente, dopo avere
ostacolato a suo potere (come accennammo) la conclusione
di quel trattato, aveva con torto occhio e non senza recri-
minazione ricevuta una lettera ufficiale dell’ ambasciatore
francese con l'avviso della tregua (2). Di lui si parlava in ter-
È mini assai gravi senza alcun riguardo; e non appena si co-

di Cavi, Appendice, pag. 7. Piuttosto crediamo opportuno segnalare che un som-
mario assai importante di quelle che dovettero essere le commissioni di Paolo IV
al nipote si trova in un Ristretto dell’ istruttione data a Caraffa da monsignor
Fantuccio, che fa parte di un manipolo di Notitie diverse delle cose di Paolo IV
poste assieme dal Nores stesso nel ms. ora Palatino di Parma 653, da noi identifi-
cato nel soprascritto lavoro. Quel ristretto non ha la data; ma si riferisce eviden-
temente alla legazione del Caraffa: il Nores anzi lo trasforma nella sua Storia (pa-
gina 116) in un discorso che avrebbe tenuto il Legato alla corte per stimolare il Re
alla rottura.

(1) Cfr. DuRrUY, Le card. Carlo Carafa. Paris, 1882, pag. 128.

(2) Cfr. dispacci del Badoero da Bruxelles del 1° marzo, del 9 e principalmente
del 22 (Archivio di Stato di Venezia, Senato-dispacci, Spagna, busta I).
'994 G. COGGIOLA

nobbe l'intenzione sua d'inviare i due legati con missione
pubblica pacifica si dichiarò che il Caraffa in Francia avrebbe
avuti incarichi affatto disformi da quelli palesemente enun-
ciati (1).

Né i ministri francesi la pensavano diversamente anche
intorno al Papa; e basterebbe leggere una interessante let-
tera del Vescovo di Lodeva, ambasciatore a Venezia, dell'11
maggio 1556, in cui avvertiva che S. S. e i nipoti avevano
certo in cuor loro pensieri alieni affatto dalla. quiete e che
solo per vergogna di confessarli avrebbero dovuto mostrare
un contegno alquanto diverso. Egli consigliava quindi il
Connestabile a cercare in tutti i modi, anziché la rottura della
tregua, la rescissione della famosa lega franco-papale-estense,
contratta a grave onere del Cristianissimo quando le faccende
generali di Europa parevano assai meno favorevoli a quella
Maestà (2).

Ma questa consonanza dei voleri del Pontefice con gli

(1) Cfr. dispaccio del Badoero di Bruxelles del 26 aprile 1556.

(2) Cfr. Correspondance politique de Dominique du Gabre (évéque de Lodève)
trésorier des armées à Ferrare (1552-1554) ambassadeur de France è Venise (1554-
1557) par A. Vitalis. Paris, 1903, 8°, p. 170. La pubblicazione della corrispondenza
del Vescovo di Lodéve, qui indicata, sarebbe riuscita impresa di grande utilità per
gli studi se fosse stata condotta con altra cura di quella che vi ha posto l'editore.
Noi vediamo assai lodato il volume anche in una recentissima notizia datane nel-
l'Archivio Veneto (1904, fasc. II) sopratutto per le notizie che offre in riguardo alla
politica della Repubblica; ma davvero le lodi non sono completamente meritate. In-
nanzi tutto osserveremo che l'editore non si é curato di estendere le indagini oltre
gli archivi di Modena e Venezia, la Biblioteca Nazionale di Parigi, e la Biblioteca di
Grenoble, mentre dai cenni stessi di molte lettere del Lodéve doveva essere guidato
a ricerche non infruttuose in altri depositi di documenti. Così gli sono sfuggite molte
lettere del suo personaggio dirette ai Farnesi e conservate nel Carteggio Farnesiano
di Parma, l'esistenza delle quali era facile sospettare, poiché si sa che il Lodéve era
pagatore dei presidii francesi del Ducato e sborsava ad Ottavio le provvisioni asse-
gnategli da Enrico II. Ma più grave ancora è l'assenza di cognizioni sicure sugli av-
venimenti del non lungo periodo storico che i documenti riguardano, onde avviene
che lettere, p. e , dei primi mesi del 1557, datate more veneto con il "56, sono me-
scolate, senza che l'editore se ne accorga, ad altre veramente del '50 e datate con
il sistema comune; onde avviene ancora che inesattezze frequenti e veri errori si
trovino nelle’ note e nella prefazione. Cionostante il materiale radunato può avere
per sé stesso un valore non spregevole se venga usufruito con le dovute cautele.
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ASCANIO DELLA CORNIA, ECC.

intenti del nipote (il quale doveva, poi, passare come unico
responsabile) non vuol qui da noi essere con maggiori prove
dimostrata, quando, anche in appresso, non mancherà di pre-
sentarcisi chiaramente, e quando la enunciazione di essa non
ad altro deve servire che a spiegarci il procedere parallelo
dell'azione del Caraffa, in Francia, per vincere le riluttanze
della Corte à imprendere nuova guerra, e dellazione di
Paolo IV e del Duca di Paliano, in Roma, per tener desto il
fuoco del dissidio e per preparare, così le occasioni dell in-
tervento francese, come i mezzi di cooperare a un' eventuale
impresa dell'esercito del Cristianissimo.

Peró linvio del Caraffa in Francia, sebbene deciso à
brevissima distanza dalla ratifica della tregua e avvenuto
poco dopo la solenne proclamazione fatta.in concistoro dei
due legati papali, fu preceduto da un altro tentativo, che
meriterebbe certo di venir rischiarato con maggior copia di
documenti di quelli che si hanno a stampa (1). Questo ten-
tativo (il quale, assieme agli accordi stabiliti con il Duca di
Ferrara e ad esso connessi, riempie cronologicamente il
corto intervallo tra il marzo e il maggio) non ebbe allora esito
soddisfacente; ma non venne per questo abbandonato dal-
l’intraprendente cardinale che aveva l'indispensabile arte
politica del saper attendere e rimandare a miglior tempo i
disegni che alla sua mente si presentavano come i più van-
taggiosi per sè e per la sua casata (2).

Un feudo per la famiglia Caraffa, costituito da Siena,
ora possesso imperiale, e da quelle piazze forti di Toscana
che ancora rimanevano ai Francesi dopo gli ultimi infelici
avvenimenti, fu: il ghiotto boccone appetito dai nipoti di

(1) Sappiamo che su questo argomento, da noi di proposito appena accennato,
sta raccogliendo notizie il signor R. Ancel, nostro nuovo collega in questi studi sul
pontificato del Caraffa, da cui attendiamo anche qualche altro saggio di ricerche
compiute,:che egli ci annunzia prossimo.

(2) Vedi in proposito anche il DecRUE (opera innanzi citata), il quale si rife-
risce alla corrispondenza del Vescovo di Lodéve ora messa in luce dal Vitalis.

229
296 G. COGGIOLA

Paolo IV, il compenso che osarono sperare sia dell’ affronto
fatto subire al Papa con la soscrizione del trattato di Vau-
celles, sia del futuro loro desistere da ogni pratica per la
rottura dell'accordo. Il « Discorso al card. Caraffa per im-
petrare dalla M. dell' Imperatore lo stato e dominio di Siena »,
discorso che va, senza data, tra le opere del Della Casa (1),
si riferisce appunto a questo periodo e contiene chiaramente
esplieato il piano dell'impresa, troppo ardito invero perché
Se ne potesse sperare la riuscita. A quel Discorso, che pur
non è una delle solite esercitazioni retoriche, non riesce facile
attribuire un qualche carattere ufficiale; ma ció non rileva,
ché il contenuto medesimo del documento, in una forma
press'a poco identica, si rinviene nella lettera del Caraffa al
Duca di Somma in Francia del 5 marzo: nuovo e piü efficace
atto di protesta per la conclusione della tregua, susseguente
all altro ricordato dei 15 febbraio (2). L'idea del Caraffa
era che Enrico IL giusta una proposta anteriormente fatta
al Pontefice (3), cedesse subito alcuni dei luoghi della Toscana
che Soubise aveva mantenuti non senza gravi sacrifici; e
fingesse, se non altro, di non esser alieno da una rescissione
della tregua. Intanto si sarebbe fatto andare a Roma Er-

(1) DELLA Casa, Opere. Milano, 1806, vol. IV, pp. 119-131.

(2) Ibidem, pag. 90 e segg.

(3) Il Caraffa nella lettera al Duca di Somma dei 15 febbraio ricorda una pro-
messa del cardinal di Lorena in proposito. Il DURUY parlando di questi fatti e
riportando il passo della lettera (pag. 117, nota 2) avverte che della promessa di
Lorena non vi é traccia in alcun luogo; ma che non è improbabile che quel Car.
dinale, già. partigiano della guerra, se la fosse lasciata carpire.

L'autore francese ignorava però un particolare di cui ci informa un dispaccio
dell'ambasciatore veneto Soranzo in Francia (Archivio di Venezia, Senato-dispacci,
Francia, 6 luglio 1555). Dopo la perdita di Portercole, nel giugno '55, quando gli af-
fari di Francia in Toscana avevano preso una brutta piega, Lansac venne spedito per
limitare l'autorità dello sfortunato maresciallo Strozzi e per provvedere alle piazze
pericolanti. Egli allora ebbe la commissione di proporre a S. S. che, volendo essa
impegnarsi a sostenere il Re, questi avrebbe posto nelle mani di alcuno dei parenti
del Papa, che gli fosse stato indicato, qualche luogo di Toscana. Evidentemente
Lorena, durahte la successiva sua permanenza a Roma, non poté che confermare
la possibilità di quel donativo.

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ASCANIO DELLA CORN!A, ECC. 227

cole II, con il quale notoriamente la Corte papale era in
continui maneggi (1), e si sarebbe data voce di qualche movi-
mento, sì che gli imperiali, impensieriti e timorosi di veder
sfumare la tregua tanto ad essi necessaria, si fossero indotti,
sia pure mediante un compenso, alla cessione di Siena.
Caraffa era così alieno dal giudicare inattuabile il pro-
getto, che avrebbe voluto recarsi subito egli stesso in Francià
a caldeggiarlo presso il Re; e se ne trattenne a stento, con-
sigliato sovratutto da Tournon, cui giustamente parve impru-
dente giocare così alla scoperta proprio pochi giorni dopo un
solenne trattato di sospensione delle ostilità (2). A noi, invece,
il disegno fa un'impressione alquanto diversa, sebbene dob-
biamo riconoscere che alcune delle premesse che si poneva
il Cardinale avevano riscontro nel vero. Innegabilmente a
Bruxelles, nonostante lo sdegno contro il Pontefice e il de-
siderio di infliggergli una dura lezione, grave inconveniente
doveva sembrare il riardere della guerra in Toscana, incon-
veniente da evitarsi anche a costo di qualche sacrificio.
Innegabile anche l'offerta anteriormente fatta dal Cristianis-
simo per mezzo di Lansac e di Lorena; innegabile, infine,
la buona disposizione dell’ Estense a prestarsi al gioco e ad
aiutare il conato del Papa, con l'esigere da Enrico II l'adem-
pimento degli speciali patti conclusi con lui (3). Ma senza

(1) Il lettore ricorda la missione affidata a Don Antonio presso il Duca di Fer-
rara subito dopo la presa di Montebello; e può vedere diversi documenti che si
riferiscono a quella trattativa nelle Opere del DELLA Casa. I brevi papali ad Er-
cole II, per insignirlo del grado di capitano generale della lega, si leggono, fra
l’altro, nel IV volume dell'edizione del DELLA Casa di Venezia, 1728, pag. 203 e segg.;
e sono raccolti, con altri interessanti documenti, nell'Archivio di Stato in Modena:
Brevi di Paolo IV ad Ercole II sopra diversi particolari 1556-1557.

(2) Cfr. lettera del cardinal Caraffa al Duca di Somma del 5 marzo 1556, in
DELLA CASA, Opere. Milano, 1806, IV, 107-108.

(3) A tale proposito ricorderemo che numerose lettere del Vescovo di Lodéve
precisamente di questa data riferiscono alla corte francese le pretese dell' Estense di
aver quelle provvisioni di danaro che gli erano state pattuite per il mantenimento
di un certo numero di soldatesche e per l’onorario suo. Vedi Correspondance poli-
tique..., lettere num. 122, 130, 131, 132 ecc. Il Duca poi mandava, nel marzo, il suo
figlio maggiore alla Corte francese perché di presenza instasse presso il Re per ot-
228 G. COGGIOLA

dubbio sbagliò il Caraffa nel credere che il sacrificio degli
imperiali potesse estendersi sino alla rinuncia di Siena, di
fronte ad una semplice parata od anche a serie minaccie;
sbagliò, inoltre, nel dimenticare che le condizioni del Re di
Francia erano da pochi mesi parecchio mutate; e che il do
ut des non era più tanto urgente per lui (1). Enrico II potrà
indursi a correre un grave rischio fra qualche tempo, allet-
tato dal miraggio di una conquista del reame di Napoli; ma
à quale scopo abbandonare adesso il possesso delle piazze
di Toscana, dove ormai l’armi erano posate e dove più forti
presidî avrebbero potuto adunarsi, prima della scadenza della

tenere soddisfazione alla richiesta. « Il Duca di Ferrara (scriveva il Tiburzio agente
dei Farnesi in Francia, il 12 aprile) si é doluto che non se gli osserva quello che
glie stato promesso: et si bene il Principe [figlio di Ercole II] doveva venir qui, é
venuto prima, per parlare di questo, che non haverebbe fatto ; et un giorno stette
per due hore con monsignor Conestabile, Guardasseo, Mortier, Marsciamonte et
l’imbassador di Ferrara a disputar sopra la capitolatione ; et par che vi sia qualche
articolo che si possa trarre a li sensi che il Re non sia tenuto per tempo di pace
et tregua dar tanto. Ma non posso sapere che cosa sia: pure io intendo di buon loco
che la cosa si modererà ». (Carteggio FarnesianoJ.

Rammenteremo anche che Ercole II mandava, a mezzo febbraio, un corriere
a Bruxelles con ordine all'ambasciatore suo di partirsi subito e di annunziare, come
di suo, ai due sovrani che credeva fosse il suo signore astretto a far cosa non certo
di servigio alle loro Maestà (Dispaccio del Badoero del 22 febbraio ’56. Archivio di
Venezia, Senato-dispacci, Spagna, busta I). Alla Corte l'improvvisa decisione del-
l’Estense fece nascere subito il sospetto che il Duca non solo avesse il sostegno
del Papa ma si fosse procurato anche assicurazioni dalla Signoria di Venezia; e si
tentò, quindi, l'animo dell'ambasciatore della Repubblica per chiarire il dubbio. Ma
che la revoca fosse nulla più che una finta dimostra il fatto che, nemmeno un mese
più tardi, l'agente estense riceveva lettere dal suo signore con le quali lo si avver-
tiva di non abbandonare il suo posto (Dispaccio del Badoero del 18 marzo); ed anzi
gli si dava incarico di domandare certi favori per mezzo di Ruy Gomez (Dispaccio
del Badoero del 22 marzo). Naturalmente opinione comune fu che il Duca si fosse
trovato ingannato nei partiti che maneggiava con i Francesi e con il Pontefice ;
ma noi, conoscendo il retroscena dell’episodio, non possiamo stare in dubbio sull’ef-
fettivo suo valore.

(1) Cfr. una notevole lettera del Vescovo di Lodéve dei 16 maggio, nella quale
il ministro francese, ostilissimo ad ogni tentativo di suscitar nuova guerra in Italia,
mette in evidenza i sacrifici fatti in passato dal Re, quella che egli chiamava in-
gordigia di danaro da parte dei principi italiani, infine l'opportunità di una poli-
tica francese strettamente egoistica, che compensasse in questo modo la scono-
scenza di tanti che dal Re cristianissimo erano stati beneficati (Correspondance de
Dominique Du Gabvre..., pag. 169 e segg.).

M EA
ASCANIO DELLA CORNIA, ECC. 229

tregua, e mantenervi con rinnovata fortuna la bandiera di
Francia? In sostanza, come accortamente faceva notare il
Vescovo di Lodeva alla corte (1), ormai le cose si erano messe
in modo assai diverso dal passato anche assai prossimo: « la
ligue du Pape et la cappitulacion de Ferrare on esté faictes
au temps de nostre necessité, et est impossible qu’ il n'y ait
quelque chose trop desadvantageuse pour le Roy, car nous
estions contrainctz de s'accomoder a toutes leurs complexions
[?] et voluntez, et maintenant, Dieu mercy, c’ est a eulx a
s'accomoder aulx vostres... ».

Dunque il disegno del Caraffa recava l impronta di una
fiducia un po’ troppo baldanzosa, e doveva incontrare scarsa
accoglienza sia presso gli amici sia presso i nemici, pur vo-
lendo ammettere che giungesse a questi ultimi per una qual-
che via diretta, il che non ci consta fin qui.

Ma se il Caraffa si fece, alla prima, illusione forse so-
verchia sul risultato del suo tentativo, emendò tosto il difetto
con il non insistere in quello e con il mettersi senza ritardo
per la strada più larga e più sicura che ricordammo in prin-
cipio di questo capitolo. Egli si accinse, pertanto, al viaggio
in Francia, che il suo entusiasmo, non scemato da piccoli
insuccessi, gli rappresentò certo come una marcia di facile
conquista: conquista della volontà del Re francese e delle
volontà dei suoi consiglieri, restii alla politica avventurosa
di grandi imprese italiane.

Però, prima di lasciar Roma, il nostro prelato volle ve-
dere che i fratelli avessero in mano un pegno del suo in-
teressamento, volle che la propria famiglia non restasse con
la vergogna di aver mendicato invano da altri un possesso
territoriale, volle, fors' anche, con la incamerazione dei beni
dei Colonnesi, procurare un buon pretesto di agitazione alle
frontiere dello Stato ecclesiastico per influire cosi con mag-
gior efficacia sull'animo del Monarca francese.

(1) Ibidem, pag. 170.
G. COGGIOLA

E il tutto gli riuscì appunto secondo le previsioni; e un
esito lusinghiero coronó la legazione, in cui l’ avventuriero,
divenuto a un tratto diplomatico, diede saggio sufficiente
delle sue attitudini, nonostante alcune inavvertenze di con-
dotta che poterono far sorridere i consumati ministri fran-
cesi ed imperiali (1).

Si capisce presto che uno stato di cose siffattamente
teso non poteva se non recare qualche effetto anche sulle
condizioni del nostro Ascanio della Cornia, riguardato non
senza un tenue sospetto dalla Corte papale dopo i resultati
dell’esame del Grazino, e privo già da parecchio tempo delle
sue principali risorse pecuniarie. La guerra aperta o lo sta-
dio preparatorio della guerra erano proprio quello che ci
voleva perchè al Perugino si offrisse spontanea l'opportunità
di riguadagnare molto terreno nell'animo del Papa, senza
industria e visibile sforzo da parte sua. Le qualità personali
di Ascanio acquistavano per il Pontefice un valore non ispre-
gevole sempre che un rumore d'armi si facesse udire anche
da lontano; acquistavano tanto maggior pregio adesso che
la Sede apostolica si trovava presso che isolata e disposta
a stuzzicare il nemico, prima di avere assicurato il potente
aiuto francese; anzi allo scopo di assicurarsi quell'ausilio per
impresa piü vasta.

Noi non sapremmo in verità asserire che il Della Cornia,
dopo la esperienza poco fortunata fatta con il Papa, deside-
rasse vivamente ritornare ai servizi di lui (anche con la
speranza lontana di una ricompensa di tutto il perduto) e
non piuttosto bramasse trovare onorevoli e convenienti patti
di soldo presso altro padrone, che pur non gli avesse potuto
offrire subito un feudo pari a Castiglione del Lago. Ma, co-

(1) Cfr. in proposito DURUv, opera più volte citata, pag. 172-173; e i dispacci
di Simon Renard da lui ricordati, che fanno parte della Collection de documents
inédits sur V histoire de France.

TI SELES II aa ARI ac Ro te DER SEA

TSE

RENE TOA

ee RR
ASCANIO DELLA CORNIA, ECC. 231

munque fosse, per passare agli stipendi di uno dei principi
che occupavano la scena di Europa, era necessario che si
verificasse, invece di uno stato di tregua, uno stato di osti-
lità, richiedente uno speciale armamento; e, d'altronde, se
riscoppiavano le ostilità appena appena sopite, in qual modo
poteva il Della Cornia sottrarsi alle eventuali domande del
Pontefice, tendenti forse ad affidargli un qualche carico mi-
litare?

Era, dunque, giocoforza per il nostro capitano rimettersi
completamente al caso e lasciar che questo gli indicasse la
linea di condotta da seguirsi durante il prevedibile ingros-
sare degli eventi. |

Intanto noi dobbiamo notare subito il coincidere di una
rinnovata famigliarità tra i nipoti del Papa e Ascanio con
quel breve periodo ricordato in cui il Caraffa gettó e ritiró
prontamente il disegno relativo a Siena.

Sono cenni fuggevoli nei documenti; ma non possono
venir trascurati anche perché tracciano un certo progresso
della fiducia verso Ascanio della Corte papale, che doveva
giungere fino a rimettere in lui il carico della custodia di
Velletri. Già alla fine di febbraio, cioé a piccolissima di-
stanza dal processo del Grazino, il Della Cornia ci appari-
rebbe rientrato in rapporti cordiali con la Corte, se voles-
simo dare ampia portata a un brano di un dispaccio del
Navagero del 22 di quel mese (1) Dopo aver riferito che
il Papa aveva data (ossia aveva disposto di dare, ché l'in-
vestitura venne piü tardi) lo Stato del Conte di Bagno al
nipote don Antonio, l' ambasciatore scriveva che questi non
sembrava contento del dono, temendo che gli precludesse la
via ad altro maggior acquisto. « Onde esso diede commis-
sione al signor Ascanio della Cornia che modestamente, in
nome suo, dicesse a S. S. che questa donatione non gli era

(1) Ms. marciano italiano, VII, 1097.
232 im G. COGGIOLA

di compita satisfatione; pur il Papa continua in opinione che
lo habbi ». :

Certo perché Ascanio si presentasse al Pontefice, sia
pure à perorare la causa di una persona che a Paolo IV
stava a cuore, bisognerebbe ammettere che avesse da lui
avuto un nuovo ed efficace incoraggiamento di atti e di pa-
role; ma, sebbene l'ultima riga del Navagero possa far cre-
dere che l'ufficio presso il Papa fosse fatto davvero, non
riteniamo necessario attribuirle quel valore, limitandoci a
reputare tutta la frase o l espressione di un semplice « si
dice » o la relazione di una notizia alquanto esagerata.
Strano parrebbe, in ogni modo, che l'intercessore fosse un
estraneo anziché il card. Caraffa, vero arbitro dell'animo
dello zio, mentre più naturale è forse lo stimare che don
Antonio manifestasse semplicemente al compagno dell’ im-
presa di Montebello la sua insoddisfazione per la ricompensa
che il Pontefice gli aveva destinato.

Ma, comunque sia di ciò, è un fatto che il frammento
di dispaccio innanzi recato indica un primo passo compiuto
da Ascanio nella grazia del suo naturale signore, dopo l’in-
cidente assai vicino del 14 febbraio.

Altri ne succederanno assai presto, assieme all’avvicen-
darsi degli avvenimenti.

Proprio il 21 febbraio il Navagero trasmetteva al Se-
nato il resoconto di una intervista con il Pontefice, seguita
durante un’udienza non chiesta ma fissata dal Papa; e di-
ceva, fra l’altro, che Paolo IV, dopo essersi fatto un merito
della conclusione della tregua, aveva soggiunto che, nono-
stante quella, voleva tenersi sempre apparecchiato, e che
credeva ottimo partito per la Serenissima il procacciarsi da
lei provvisione di danari e di forze. Facesse pur conto la
Signoria di aver sul seggio di S. Pietro un Papa veramente
italiano, che desiderava solo la grandezza dell Italia ; consi-
derasse come la tregua avesse posta in chiaro la condizione

m———
——

ASCANIO DELLA CORNIA, ECC. 233

degli imperiali, i quali per l innanzi pareva tenessero il
mondo nelle mani (1).

Era il solito audace grido di sfida contro gli odiati Spa-
gnoli che prorompeva irrefrenato; era la dichiarazione che
alla tregua si opponevano da parte del Sommo Pastore più
validi preparativi militari, nei limiti concessi dai mezzi, pur
troppo scarsi, della Sede apostolica. Lo stesso grido, ma più
fiero, risuonerà un mese o poco più dopo, quando, fallite
completamente o quasi le speranze poste nella realizzazione
del vagheggiato disegno di Siena, capiterà opportuno alla
politica papale l'impolitico atto del Marchese di Sarria, la-
sciato, nonostante la sua inettitudine, in una così difficile
carica.

La violenza esercitata dall'ambasciatore imperiale contro
i custodi di una delle porte di Roma riempi di cieca collera
il focoso vegliardo e lo affrettò a compiere quegli atti che
dal Caraffa accortamente erano stati preparati. Evitatosi a
stento dai nipoti del Pontefice l'arresto del Marchese, che,
con la massima disinvoltura, aveva deciso di presentarsi al-
l'udienza per reclamar lui contro l'offesa che presumeva esser-
eli stata fatta (2); protestatosi solennemente, e presso la Corte
imperiale e presso quella francese, contro il procedere del-
l'ambasciatore cesareo (3), ecco succedere, senza troppa cura
delle apparenze, la pubblicazione dei legati papali, sedicenti

(1) Quanto alla dichiarazione del Pontefice di aver contribuito al concludersi
della tregua, abbiamo già veduto che cosa se ne pensasse e se ne dicesse alla Corte
di Bruxelles; e avemmo assai addietro occasione di rilevare incidentalmente come
davvero il fatto passasse.

(2) I particolari dell'episodio il lettore troverà raccontati nelle lettere del 1°
aprile '56, dal Caraffa dirette al cardinal di Lorena e al Connestabile, oltreché nelle
corrispondenze dei principali ambasciatori a Roma: come il fiorentino (citato dal-
l'editore, in nota, alla pag. 55 del NonEs), del veneziano ecc. Vedasi anche il DURUY,
che racconta largamente di su alcuni dei rammentati documenti.

(3) Le lagnanze presso la Corte imperiale vennero fatte dal Nunzio di Bruxel-
les, secondo ci attesta il Badoero (Dispaccio del 12 aprile 50), il quale inoltre espone
il giudizio poco favorevole che in generale si faceva dell'atto del marchese di Sar-
ria, stimato poco prudente per aver fornito al Papa un pretesto specioso di recri-
minazioni.

16
234 G. COGGIOLA

banditori di pace. Già antecipammo che la nomina del Ca-
raffa era piuttosto preludio di rottura: il Motula, ambascia -
tore a Bruxelles, riuscì una semplice comparsa e non giunse
nemmeno a destinazione.

Il 9 aprile ci fu la proclamazione dei due legati (1); e
subito si pensò all’ ordinamento da darsi in Roma al governo
e alle milizie durante l’assenza del principale maneggiatore
del papato.

Il 18 il Navagero scriveva che « andando il rev.mo Ca-
raffa in Franza et subentrando al cargho di tutte le faccende
l’illlmo di Montorio, sustituerà suo loco tenente generale
D. Antonio suo fratello, et D. Antonio darà il generalato che
ha de cavalli al sig. Ascanio della Cornia » (2). La medesima
notizia, nei riguardi di Ascanio, era stata spedita qualche
giorno innanzi al duca Ottavio Farnese dal suo luogotenente
Paolo Vitelli, il quale però la dava come un semplice « si
dice ». « Si dice che ms. Giov. Antonio Taraldo è creato ge-
nerale della fanteria e Ascanio di Corgnia generale della
cavalleria della Chiesa... » (3). L'incertezza dell'annunzio del
Vitelli corrispose meglio alla verità, poichè il nostro capitano
solo più tardi ebbe un comando di cavalleria, mentre gene-
rale effettivo dell’esercito ecclesiastico, sebbene senza titolo,
divenne Camillo Orsini, soldato rinomato e prudente che

(1) Cfr. lettera di Paolo Vitelli al duca Ottavio Farnese dei 10 aprile (Carteggio
Farnesiano); e una del cardinal Farnese al suo agente Tiburzio in Francia, pure
dell’ 11 aprile (minuta nel Carteggio Farnesiano, ad diem): « Hieri in congrega-
tione generale furono creati da N. S. li legati per la pace: all Imperatore il car-
dinale di Motula, et al Re l’ill.mo Caraffa, il quale partirà presto et farà la via di
mare... ». — La minuta del Farnese. come altre rimaste nel Carteggio Farnesiano
anche dopo la selezione fatta dal RONCHINI per le sue Lettere di «omini illustri,
deve assai probabilmente attribuirsi alla penna del Caro, allora segretario del Car-
dinale.

(2) Ms. marciano italiano, VII, 1097.

(3) Lettera del Vitelli del 15 aprile '50, nel Carteggio Farnesiano. Giovanni
Antonio Taraldo o Toraldo, come é chiamato in altri documenti, veniva anch'esso
assoldato dal governo papale: il Duca di Paliano in una lettera al Caraffa in Fran-
cia del luglio '56 (DuRvv, Appendice, n. 34) scriveva di volerlo porre, con grosse
provvisioni, a guardia di Paliano.

"—
ASCANIO DELLA CORNIA, ECC. 235

evitò, in appresso, grossi guai al Papa e a Roma (1). Ma come
l’impiego del Perugino non seguisse subito e avvenisse solo
quando le notizie del legato dalla Francia mostrarono pros-
sima una risoluzione bellicosa, bisogna spiegare concordando
il contenuto di due documenti fra loro assai contradditorii.

. Il Duca di Paliano, in un notevolissimo discorso fatto
al segretario del Navagero, dopo la fuga di Ascanio al campo
nemico, alla fine del luglio 1556, e testualmente riferito dal-
l'ambasciatore veneto in uno dei suoi dispacci (2), dichiarava i
rapporti immediatamente preceduti tra lui con i fratelli, da
una parte, e il nostro condottiero dall'altra. Secondo questa
fonte Ascanio si sarebbe insinuato con tanta arte nella grazia
dei Caraffa « facendo lo sviscerato della Santa Sede » e in
particolare della famiglia del Papa, che il Duca stesso gli
avrebbe procurata una effettiva restituzione delle entrate
sequestrategli per la sentenza dell’ Uditore della Camera, ri-
manendo questa sentenza solo pro forma in vigore. Inoltre,
essendosi dal Della Cornia sollecitato carico ai servizi del
Papa, il Duca gli avrebbe offerto i cavalli; e, rifiutato il po-
sto da Ascanio per non esser sottoposto a D. Antonio, non
ancora marchese nè governatore, gli avrebbe profferto quello
di maestro di campo. Già il breve era spedito (aggiungeva
il nipote di Paolo IV); ma Ascanio, adducendo il pretesto
che la carica sarebbe stata vana, non facendosi massa di
esercito, pregò gli si desse occasione di mostrare il suo zelo;
ed ottenne il generalato della cavalleria. « Et quando li

(1) Chi voglia rendersi conto dell'importanza dell’ opera compiuta dall’ Orsini
in favore della S. Sede deve consultare, oltre che il GuGLIELMOTTI (Storia della ma-
rina pontificia, Vol. V. Le fortificazioni nella spiaggia romana, Roma, Tip. Vati-
cana, 1887, pag. 114) anche la recente pregevole pubblicazione del colonnello Roccni:
Le piante iconografiche di Roma del secolo XVI (Torino-Roma 1903, 8», e Atlante in
folio), dove un intero capitolo é dedicato ai lavori di fortificazione di Roma del
1556, i quali vengono anche tecnicamente esaminati dall’ autore. Alla trattazione
sono aggiunti anche i disegni originali relativi alle opere di difesa progettate e
compiute.

(2) Dispaccio del Navagero del 27 luglio 1556.

Sasa
TM

Mem

RT
236 G. COGGIOLA

diedi sagramento, Dio benedetto, che disse e che fece: mi
baciò per forza la mano, se ingenocchiò in terra, basciò il
crucifisso più volte, attestando et giurando che non volea
che alcuno il superasse di fede et di bona voluntà... ».

Non poco diversa suona, invece, la protesta pubblica
di Ascanio, posteriore di qualche giorno alla lettera citata
e stesa all’ unico scopo di respingere, per tutela del proprio
onore, le accuse contenute nel monitorio papale, che in. so-
stanza corrispondevano assai bene alle parole del Duca di
Paliano (1).

A seguito del brano che già si ebbe a riportare, relativo
al processo del Grazino, il Della Cornia afferma risoluta-
mente: « dopo la partita del rev.mo Caraffa... trovandomi io
allora spogliato di tutte le sostanze mie, consumandomi sulla
spesa et essendo stato menato longamente in parole dalli
ministri di S. S. di volermi restituire il mio et ristorare li
danni miei et servirsi di me, senza vederne mai effetto al-
cuno, anzi sendomi stato liberamente promesso dal sig. Duca
di Paliano il generalato della cavalleria per parte di S. D.,
mi fu poi revocato con manifesta offensione dell' honor mio
ad istanza del sig. Bonifatio Gaetano... ».

La smentita a tutte le asserzioni del Duca non potrebbe
esser più recisa se il manifesto di Ascanio fosse stato com-
pilato propriamente in risposta al discorso che il Navagero
trasmetteva alla Signoria; sicchè non riesce facile, nella
mancanza di testimonianze dirette e spassionate, il ristabi-
lire esattissimamente la verità. Però si può tentare di avvi-
cinarvisi per mezzo di alcune osservazioni che non mancano,
a parer nostro, di ragionevolezza.

Prima di tutto noi dobbiamo togliere ad entrambi i reso-
conti quel tanto di esagerato e di eccessivo che la diversa

(1) È il Manifesto et giustificatione fatte dal sig. Ascanio della Corgna a
papa Paolo IV, pubblicato anche dal FABRETTI nel volume dei Documenti, secondo
avvertimmo nella prima parte di questo studio.
ASCANIO DELLA CORNIA, ECC. 237

passione, onde erano animate le due parti, vi poneva senza
dubbio. Il Duca di Paliano, pieno di dispetto, come tutta la
Corte papale, per l'audace decisione di Ascanio, il quale
aveva sprezzato l'ordine pontificio di presentarsi a Roma e
avea, con tanto danno della Chiesa, fatto passaggio agli im-
periali, era naiuralmente tratto a mettere in evidenza e ad
ingrossare i benefici largiti al capitano, per aggravare la
colpa di tradimento imputatagli con la brutta macchia di
sconoscenza. Ascanio, d’altro canto, sollecito della propria
giustificazione e adirato per l'inconsulta offesa recatagli e
per la violenza cui a stento era riuscito a sfuggire, si tro-
vava indotto a giudicare con animo meno sereno tutti gli
E avvenimenti anteriori. Nel giusto mezzo è probabile si trovi,
anche questa volta, il vero.

Forse il Duca procurò ad Ascanio, che si « consumava
sulla spesa », qualche piccolo soccorso pecuniario, in via af-
fatto privata; ed ecco la gratificazione raggiungere per l’in-
tercessore i limiti postumi di una restituzione quasi com-
pleta dei beni del condottiero perugino; mentre questi non
la menziona neppure di fronte al mancato atto reintegrato-

rio dovutogli.

Quanto al grado militare, ritardato al Della Cornia per
la sua irresolutezza e le soverchie pretese (secondo il Duca),
o per malo animo della Corte (secondo l'interessato), bisogna
notare che non par molto verisimile che Ascanio rifiutasse
‘i cavalli per non star sottoposto a D. Antonio, quando ap-
fi punto agli ordini di lui aveva prima servito nell'impresa
i" j di Montebello senza sollevare una simile difficoltà gerarchica.
LE : D'altra parte non sembra neppure esatto che il grado di
LU generale venisse effettivamente revocato al nostro perso-
| naggio per far piacere al sig. Bonifacio Gaetano, quando,
invece, vedremo a un certo punto il Duca di Paliano ordi-
pare al Sermoneta, appunto, o di star all'ubbidienza di Asca-
dE nio o di lasciare il comando dei cento cavalli, che aveva alla
h stessa guisa di Camillo della Riccia. Ma questa animosità,
938 G. COGGIOLA

attestataci anche da altra fonte (1), spiega forse il perché del-
l'asserzione di Ascanio; e serve qualche poco a. chiarire
l andamento dei fatti, alla cui elucidazione non giova certo
lapparente incongruenza che vi è tra le varie frasi sia del-
l'uno sia dell'altro discorso. Pertanto, con i pochi documenti
a nostra disposizione, crediamo che si possa ricostruire cosi
l'accaduto.

Deciso il viaggio del Caraffa in Francia, il nome di
Ascanio dovette, per eoncorde testimonianza, essere pronun-
ziato subito, come quello di persona atta a sostenere nel go-
verno delle future imprese militari, che si vagheggiavano
in Roma, una parte assai notevole. Si pensó allora a quella
distribuzione dei carichi, nell'assenza del Cardinale, che il
Navagero riferiva al Senato; e si diedero speranze al Della
Cornia del generalato dei cavalli, che certo poteva bastare
alle sue esigenze. Ma la partenza del Legato non segui su-
bito; la cerimonia della concessione del governatorato della
Chiesa a D. Antonio si indugió sino al termine di giugno;
e, di conseguenza, anche la nomina del Perugino venne ag-
giornata. Ma evidentemente, pure in questo mezzo, il Sermo-
neta, che di mal occhio rimirava una possibile sua dipendenza
da Ascanio, per il fatto della compagnia di cavalli che avea
da qualche mese, fece manifesto il suo malumore a Corte:
e non è da escludersi che il Conte di Montorio, divenuto
nel frattempo Duca di Paliano (2), pensasse di rimediare al-

(1) Vedi una lettera del Navagero del 25 luglio 1556, di cui dovremo riportare
più innanzi un brano relativo ad Ascanio. « Li sigg. Bonifacio Sermoneta et Camillo
dalla Riccia, i quali hanno una compagnia per uno di 100 cavalli, si sono lassati
intendere che non vogliono obbedire esso sig. Ascanio... ». Questi due capitani
erano al soldo del Papa già nell'ottobre '55, quando sospetti e movimenti di guerra
erano numerosi in Roma, come avemmo occasione di ricordare. Anzi da principio
le loro compagnie costituivano tutto il presidio di cavalleria che si aveva” per la
città (Dispaccio del Navagero del 4 ottobre 1555).

(2) Ciò fu il 10 maggio, dopo la solenne privazione dei Colonnesi Vedi DURUY,
pag. 131; vedi anche una lettera del segretario Monterchi al duca Ottavio Farnese
dei 9 maggio. Il 15 il Duca stesso di Paliano dava comunicazione ai Farnesi della
sua nomina. Vedi le due lettere nel Carteggio Farnesiano.
ASCANIO DELLA CORNIA, ECC. 239.

lantagonismo, cercando di ridurre, ancora nel campo delle
profferte, il generalato ad un semplice comando di qualche
numero di cavalleria. Questo puó essere il precedente del
rifiuto da parte del Della Cornia, di che fa cenno la rela-
zione del Navagero, e della successiva idea nel Duca di
affidargli la carica di maestro di campo. Senza dubbio Asca-
nio, edotto della faccenda, cercò di sottrarsi al ripiego; e
riusci nell'intento, perché, presentatosi nel luglio il bisogno
dell'opera sua, efficace e provata, egli ottenne, alla fine, il
grado di generale della cavalleria, nonostante le opposizioni
e le recriminazioni degli emuli.

Naturalmente a tutti questi fatti successivi non si può
assegnare da noi una data precisa, nel limite abbastanza
ristretto di poco più che tre mesi; ma è chiaro che il ter-
giversare della Corte papale occupò quasi per intero il breve
periodo, se, come vedremo, solo alla fine di luglio il capitano
nostro fu davvero assoldato.

Anche ci sembra che tale ricostruzione tolga l'incon-
gruenza tra gli asserti del Duca di Paliano, per i quali
Ascanio prima avrebbe rifiutato i cavalli (parola che, detta
così, indica appunto il generalato), per poi accettare in gi-
nocchio l'investitura della medesima carica; tolga pure l'in-
congruenza che apparisce tra l'affermazione di Ascanio che
il generalato gli fosse revocato e l'altra, segnata poche ri-
ghe più sotto, cioè che egli prese il comando della cavalleria
pontificia. In sostanza fra le due parti si combattè ad. armi
cortesi una piccola scaramuccia di astuzie, che doveva finire
con una momentanea vittoria del nostro personaggio, presto
scontata con pericoli e incomodi non lievi. Il rancore, però,
che anima le due relazioni, da noi prese in esame, non ri-
specchia, come antecipammo, uno stato di cose preesistente
alla fuga di Ascanio: prima di quella, se non salda reciproca
benevolenza, una forma di accordo c'era sicuro, e avrebbe
potuto condurre a più stretta e cordiale intesa se una im-
re

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240 G. COGGIOLA

prudenza della Corte non ne avesse compromesso del tutto
il raggiungimento.

Ma per venire alla questione capitale che interessa il
Della Cornia é d'uopo tracciare il corso di altri eventi, che
esercitarono una influenza decisiva sulla politica della S. Sede.

Dopo la pubblicazione dei due legati trascorse più di un
mese innanzi che essi ricevessero la croce dalle mani del
Papa e si disponessero alla partenza. Anche stavolta pare che
alle esortazioni del Tournon si dovesse il ritardo (1), neces-
sario in tutti i modi per salvare le apparenze, dacchè non
rimase un mistero per nessuno che nel seno del manto car-
dinalizio si nascondeva la guerra, anzichè la pace e l'aecordo
definitivo fra i due sovrani. Ma l'indugio giovó anche a
regolare tutti i preparativi del viaggio, che il Caraffa si
propose di fare solenne, quale si conveniva a parente così
prossimo del Papa e a principale ministro, incaricato di por-
tare la rosa benedetta alla Regina e di esercitare le funzioni
di padrino del futuro rampollo di Enrico II (2). Egli dispose
che lo Strozzi lo accompagnasse (3), sia per giovarsi della par-
ticolare famigliarità che l'esule fiorentino manteneva con la
Regina e con il Connestabile e della pratica che avea della
Corte, sia per tentare di rimettere il capitano in grazia del
Re, dalla quale era assai scaduto in seguito all’ ultima sfor-
tunata impresa di Portercole.

Il Vescovo di Pola lo avrebbe pure seguito per l'ufficio
di segretario (4); e qualche altro personaggio, ancora, di parte

(1) Vedi la lettera del Tiburzio, agente dei Farnesi in Francia, da Amboise,
dei 12 aprile: « Il cardinale Caraffa desiderava di venir qui et si non fosse ER
Tornone sarebbe venuto, che lo consigliò a non andare così in furia per molti ri-
spetti... » (Carteggio Farnesiano). |

(2) Ibidem. « Il detto cardinale verrà qui con colore di tenere a batesimo a
nome del Papa il figlio che dovrà partorire la Regina... »

(3) Vedi una lettera di Paolo Vitelli degli 11 aprile, di Roma, al duca Ottavio
(Carteggio Farnesiano).

(4) Il Vescovo di Pola fu difatti compagno del Caraffa alla Corte; ma, mentre
il Legato andò Der, la via di mare, egli seguì il cammino di terra. Vedi lettera del
ASCANIO DELLA CORNIA, ECC. : 941.

francese, come Adriano Baglioni, sarebbe stato della comi-
tiva (1). Quattro galere mandate di Francia avrebbero servito
al passaggio dell'ambasceria (2) alla quale, per disposizioni
speciali del cardinale Farnese, una prima magnifica accoglienza
si preparava nella legazione di Avignone (3). Un successivo
disegno di viaggio terrestre, per cui pare si mandasse anche
il capitano Cencio Guasconi a chiedere al card. di Trento,
in Milano, un ampio salvacondotto, venne alla fine abban-
donato come meno conveniente per la celerità e la sicurezza
desiderate (4).

Tutto così disposto, non restò che affrettare l’atto priva-
torio contro i Colonna, apparecchiato fino da quando Mar-
cantonio era stato costretto, nel settembre 1555, a rifugiarsi
a Tagliacozzo (5); ma giustificato adesso dalla Corte con lo spe-

Monterchi dei 9 maggio: « ... come ho detto a V. E., Mons. di Pola passerà da Parma
et la medesima strada intendo che farà ancora il cardinale di Motula... » (Carteggio
Farnesiano). Del 19 maggio è poi una lettera del Duca di Paliano al Farnese, nella
quale commenda il Vescovo che, passando di Parma, aveva incarico di ossequiare
Ottavio. (Carteggio Farnesiano). Cfr. anche sull'andata del Pola in Francia l' opera
già citata del PIEPER, pag. 190.

(1) Vedi una lettera del Baglioni al duca Ottavio dei 15 aprile, nella quale do-
manda, anche a nome del Caraffa, di poter accompagnare il Legato, che di ciò lo
aveva richiesto (Carteggio Farnesiano).

(2) Cfr. la lettera già citata del Tiburzio al cardinal Farnese dei 12 aprile.

(3) Lettera dell’11 aprile del cardinale Farnese al Tiburzio (Carteggio Farne-
siano): « ... L'ill.mo Caraffa... partirà presto et farà la via di mare. Io ho dato or-
dine che sia ricevuto et honorato in Avignone et per tutta la legatione. Voi ancora
non mancate di presentarvigli a suo tempo ed essibirvigli in ogni sorta di servi-
iio.. ». Vedi anche una successiva lettera del Farnese al Vicelegato di Avignone
dei 14 maggio, in cui raccomanda di non badare a spese per il ricevimento. L'ac-
coglienza fu, poi, davvero assai cordiale se il Caraffa nella lettera del 6 giugno '56
al fratello, da Lione, (DURUY, Appendice, num. 30) la ricordava con parole di viva
compiacenza.

(4) Cfr. una lettera del cardinal Caraffa al duca Ottavio del 13 maggio (Car-
teggio Farnesiano). Lo prega di trattenere i cavalli che egli vuole per il suo viag-
gio in Francia, finché ritorni il capitano Cencio [Guasconi] con il salvacondotto del
cardinale di Trento da Milano.

(5) Cfr. le due notevoli lettere del Colonna al Duca d'Alva e a don Garzia di
Toledo, degli 8 settembre '55, di Tagliacozzo, che furono pubblicate (e son poco note)
nel 7° fascicolo delle Delizie delli eruditi bibliofili italiani (Firenze, 1865). Ne cono-
sciamo copia ms. nel codice 418 parmense della Biblioteca di Parma.
242 ; G. COGGIOLA

cioso pretesto dell’ inubbidienza di Marcantonio, appunto, al-
l’ultimo monitorio papale. La bolla di scomunica, che si può
leggere in appendice al Duruy (1), per quanto riguardasse solo
i rapporti tra Paolo IV e uno dei suoi feudatarî, non poteva,
per la gravità della sostanza e della forma, lasciare indiffe-
renti gli alti protettori del futuro eroe di Lepanto, i quali
vi scorgevano, senza dubbio, una gravissima provocazione a
loro diretta. Dello sdegno che accese a Bruxelles l' animo
dell'Imperatore e di tutta la Corte, vivace descrizione noi
abbiamo nei resoconti dell'ambasciatore veneto presso Carlo V,
frequentissimi e amplissimi in questo periodo. Già prima che
arrivasse la nuova della sentenza contro i Colonna, il Badoero
scriveva che la partenza dell' Imperatore per la Spagna,
sebbene decisa, sembrava potesse venir ritardata da mosse
ostili del Papa e del Re di Francia, la qual eosa era sti-
mata assai probabile, dacché i messi che giungevano da Roma
recavano sempre nuovo contributo sull'animo affatto avverso
di Paolo IV. Anzi più volte in Consiglio segreto si era di-
Scusso se non convenisse mostrare apertamente di conoscere
le nemiche intenzioni di lui (2).

In Corte, poi, si sarebbe persino stati tratti a pensare,
a un certo punto, che l'invio dei due legati fosse senz'altro
revocato, e che il Papa si disponesse, con l'aiuto francese,
a liberar Siena e a far poi l' impresa di Napoli (3).

Ma quando, circa il 23 maggio, pervenne l'annuncio della
privazione dei Colonna, il risentimento Scoppió violento e
manifesto. Ferrante di Sanguine spedito allora allora alla
volta di Roma, persuaso (per quanto poteva esserlo come
agente pontificio) a perorare la causa appunto del Colonna

(1) Cfr. DunUY, Appendice, num. 28. La bolla é tolta dalla Vita ms. di Paolo IV
del padre Caracciolo, di cui rammentammo altrove le copie principali che si trovano
nelle Biblioteche italiane.

(2) Cfr. un dispaecio del 17 maggio del Badoero da Bruxelles (Archivio di Stato
in Venezia, Senato-Dispacci, Spagna, busta I).

(3) Cfr. un dispaccio del Badoero del 21 maggio (Ibidem.

RS are iii da

E A rina

mne reca

prete

renna
e giustificare la condotta del Marchese di Sarria e chiedere
che S. S. moderasse gli atti poco amichevoli verso l' Impe-
ratore e il re Filippo, fu raggiunto per strada da un cor-
riero e fatto ritornare (1). Subito dopo si scrisse a Roma ai
ministri imperiali affinché avvertissero sollecitamente del-
| ulteriore procedere del Pontefice; e contemporaneamente
si cominciò a ventilare l’idea di prevenire l'avversario. e
di scoprirsi, nonostante l'incomodo che una tale risoluzione
avrebbe senza dubbio causato (2). Nè l’alternativa cessò così
presto fra i propositi del pazientare e dell’ attendere nuove
provocazioni e quelli di prendere risolutamente il tratto in-
nanzi. Due correnti di opinioni diverse agitavano il Consiglio
segreto (3): Carlo V propendeva per il partito più risoluto;
Filippo II si lasciava più facilmente indurre al partito remis-
sivo (4). Due volte (avvertiva il Badoero, il 27 di maggio) il
Consiglio si era radunato in pochi giorni ed aveva con in-
sistenza esaminato la opportunità di ordinare al Duca d' Alba
la marcia su Roma con numerose forze, per impedire la
fortificazione, già iniziata e alacremente condotta innanzi, di
Paliano e del rimanente stato di Marcantonio. I fautori della
immediata rottura avevano fatto notare che quella fortifica-

(1) Cfr. un dispaccio del Badoero del 23 maggio (Ibidem). Ferrante di Sanguine,
come vedremo anche più avanti, ritornò a Roma soltanto al principio di luglio ; e
allora la Corte seppe del richiamo di lui a Bruxelles mentre già era in viaggio. Il
Duca di Paliano ne avvertiva tosto il cardinale Caraffa in Francia, con una lettera
che é pubblicata dal Duruy (Appendice, num. 38). La lettera è senza data e il Duruy
non sa che assegnarla al luglio, senza precisare il giorno. Ma noi possiamo stabilire
che il documento è degli 11 o 12 luglio ; perché una lettera del Caraffa del 31 luglio,
inedita e non conosciuta dal Duruy (come vedremo fra poco), é detta risposta a
scritti successivi degli 11 e del 12, i quali avretbero contenute le notizie che appunto
si leggono nella lettera in questione del Duca di Paliano.

(2) Dispaccio citato del Badoero del 23 maggio.

(3) Chi volesse farsi un’ idea dei componenti il Consiglio imperiale e vederli
vivamente rappresentati nelle speciali loro qualità, deve ricorrere alla relazione
appunto del Badoero, fatta in Senato dopo il ritorno dalla sua ambasceria (Relazioni
Venete dell’ Albèri). Serie I, vol. 3°, p. 240 e segg.

(4) Vedi dispaccio del Badoero del 24 giugno '56, ove é chiaramente indicato
il contrasto fra il parere di Carlo V e del figliuolo.

ASCANIO DELLA CORNIA, ECC. 249 .
944. G. COGGIOLA

zione avrebbe costituito troppo ardita frontiera allo stato di
Napoli, e avevano consigliato, per misura di prudenza, che
il Duca iniziasse l impresa come di suo. Ma la maggioranza
aveva stabilito, in fine, che due oratori (e si era fatto il
nome dello Schizzo, reggente di Milano, e del Duca di Me-
dina Celi) si recassero a Roma, facessero. modesto richiamo
al Papa e cercassero di mitigarne lanimo: qualora il tenta-
tivo fosse riuscito indarno avessero annunziato che in tutti
gli stati di S. M. imperiale e cattolica sarebbe stata levata
lubbidienza al Pontefice e fatta con l'armi offesa per ogni
via. i

Questo nella assemblea ufficiale; ma nei crocchi di Corte P
i commenti erano infiniti e asprissimi nei riguardi del Papa, E
di cui si diceva che, per osar tanto e aver fatto duca di E
Paliano il nipote, ben doveva già molto essersi maneggiato a
con Francia e averne riportato assicurazioni formali (1).

Il giudizio non era esagerato in sé, per quanto non cor-
rispondesse forse esattamente ai fatti. L'audacia del Papa e b:
dei suoi preveniva, come accennammio, ogni deliberazione
del Re francese, il quale non si puó dire che fosse già vinto m
prima che combattuto dal Caraffa, quando noi lo vediamo, 3
ancora dopo aver ricevuto la notizia preliminare dell’ amba-
sceria del Cardinale, adoprarsi efficacemente per diminuire
al duca Ercole di Ferrara l'assegno che, per virtù degli ac-
cordi della lega, gli era stato fissato (2).

Ma la battaglia delle arti del Legato contro le deboli
resistenze di Enrico II era proprio in quei giorni imminente,
perchè il Caraffa lasciava Roma sulla metà del maggio e
giungeva rapidamente in Francia, non senza aver prima con
i propri occhi voluto assicurarsi, assieme al nuovo Duca di
Paliano, che questa terra e le altre dei Colonnesi si munis-

(1) Cfr. un dispaccio del Badoero del 27 maggio '50.
(2) Vedi una lettera già citata del Tiburzio dei 12 aprile '50 (Carteggio Farne-
siano); e lettere cel Vescovo di Lodeva di quel periodo.
ASCANIO DELLA CORNIA, ECC. 245

sero gagliardamente e si ponessero al sicuro da ogni sor-
presa (1).

Da Fontainebleau, a mezzo giugno, cominciano i reso-
conti che egli spedi poi con regolare frequenza al fratello e
che, uniti alle missive e ai riscontri del Duca, costituiscono
il principale nucleo di documenti relativi alla famosa lega-
zione (2). Notevole è il vicendevole nesso di tali lettere e la.
progressione dei fatti che vi si manifesta. Il Cardinale si
valeva, come di argomento efficace sull'animo del Re, delle
notizie di movimenti d’arme e delle minaccie da parte degli
imperiali che il fratello gli riferiva minutamente; questi, à

(1) V. il NoRES, pag. 67, citato anche dal DuRUY, pag. 132.

(2) Di questi documenti una parte si trova edita nell' Appendice del DuRUX in

. una forma non completa: alcuni sono tuttora inediti. A proposito di essi e della pub-
blicazione fattane dall'autore francese é opportuno notare quanto segue. Il Duruy,
durante la stesura del suo lavoro, non riusci a trovar traccia delle lettere del Legato
dalla Francia, nonostante che il PALLAVICINO, nel capitolo XIX del libro XIII, citasse
come esistenti fra le carte dei Borghesi per l'appunto quegli scritti e ne indicasse
la data. Così il Duruy, nel testo, non solo non si valeva del contenuto delle lettere
in parola, ma dichiarava: « Il n'a subsisté aucune trace des lettres qu' il [il Legato]
écrivit alors a Rome ». Senonché nell'Appendice noi troviamo cronologicamente di-
sposte a lor luogo, sotto i numeri 31, 33, 35, 36, lunghi frammenti proprio delle lettere
del Caraffa dei 13 e 20 giugno e del 17 e 24 luglio, tratti dal ms. 29, I, della Borghesiana,
di che nella Notice sur les sources non è fatta menzione. Evidentemente, condotta già
a termine la stampa di quella parte del testo,$il Duruy ebbe notizia del codice bor-
ghesiano che nelle anteriori indagini gli era sfuggito; e, non potendo ormai valer-
sene, si contentò di collocare alla fine del volume i documenti. Ma è strano che egli
non abbia sentita la necessità di avvertire in una nota i lettori della scoperta fatta,
e di rimediare con una aggiunta al difetto che derivava al capitolo sulla Legazione
del Caraffa dalla ignoranza degli importanti documenti. Ancora é da deplorarsi
che l autore francese, riproducendo le lettere con numerose lacune, non dichia-
rasse se quelle lacune dipendessero da incompletezza dei documenti o dal suo ar-
bitrio; e lasciasse dubbiosi i lettori sull'importanza delle parti mancanti. Noi in-
cliniamo a credere che veramente i mss. stessi borghesiani, appartenenti forse al
materiale radunato dal difensore del cardinal Caraffa nel '61, abbiano il carattere
di semplici estratti, dagli originali, di tutto quanto meglio servisse agli scopi della
difesa; ma, comunque sia, ci pare acquistino assai importanza le copie complete dei
documenti citati esistenti nel Codice 653 palat. della Biblioteca di Parma e dovute
alla diligenza del Nores. Su quelle copie sarebbe opportuno integrare la pubblica-
zione del Duruy, alla quale si potrebbero aggiungere periodi di notevole interesse
ed anche quelle intere lettere del Caraffa accennate dal Pallavicino e rimaste af-
fatto sconosciute fin qui.

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TA E mero d M °°
246 G. COGGIOLA

sua volta, prendeva ardire a ingrossare, a sua posta, gli in-
cidenti e le cause di dissapore con il nemico via via che il
Caraffa accennava ai risultati favorevoli del suo tentativo
presso il Monarca. Però ancor prima che si iniziasse lo scam-
bio di avvisi e di impressioni tra i due nipoti del Papa e
che l'annuire del Re ai concetti del focoso ambasciatore ve-
nisse a gravemente influire sul preesistente stato di cose,
parecchi passi innanzi si erano fatti dalle due parti.

Una decisa mossa della Corte imperiale per piegare la
ostentata neutralità della Repubblica veneta a favor proprio
ebbe luogo alla fine di maggio; ma, al solito, con esito af-
fatto negativo. Semplice lega difensiva si proponeva con le
più ampie offerte alla Signoria, svelandole, nella persona del
suo ambasciatore a Bruxelles, l’esistenza del trattato franco-
papale dell'ottobre '55; trattato che si diceva noto soltanto
alle due Maestà e ai membri del Consiglio segreto, ma che
a Venezia non era rimasto un mistero, sia per le relazioni
del Navagero da Roma, sia per le pratiche fatte dal Cardi-
nale di Lorena, personalmente, nel principio di quest'anno (1).

Il Badoero, pur rimettendosi al Senato, tolse addirittura
ogni speranza dell'intervento della Repubblica all’ eventuale
conflitto, limitandosi a dare formale promessa che mai dal
suo ‘governo sarebbe stato occupato quel luogo che nella lega
franco-papale dicevasi lasciato aperto alla Serenissima (2).

Ma nonostante la rinuncia, che appari subito doversi
fare, dell’ importantissimo aiuto di Venezia nelle cose d’ Ita-

(1) Quanto alle informazioni del Navagero, se esse non poterono forse esten-
dersi a una copia esatta del trattato franco-papale, ne indicarono la sostanza, come
si riscontra con l'esame dei dispacci del 21 ottobre, 16 novembre e, meglio, di quelli
del 7, 14, 28 dicembre 1555. Quanto ai negoziati di Lorena noi ne troviamo minute
indicazioni in vari documenti veneziani. Oltre le notizie del ricevimento che si tro-
vano, come ricordammo addietro, nei Cerimoniali, noi possiamo attingere al volume
superstite dei Commemoriales sew Pandectarum libri e ai Senato-Secreta dell’epoca
‘tutti i particolari delle proposte del Ministro francese e delle deliberazioni prese
in riguardo dalla Signoria; in senso affatto negativo.

(2) Dispaccio del 29 maggio del Badoero, tutto in cifra. Decifrati del Pasini,
uniti alla serie dei dispacci di Spagna.

Pi
ASCANIO DELLA CORNIA, ECC. 247.

lia, i propositi concilianti non ebbero più lunga prevalenza
a Bruxelles.

Se già il 28 maggio correva autorevolmente la notizia
che 14 galere di soldati fossero state inviate a Napoli (evi-
dentemente di Toscana o di Genova) per guardia di quel
regno, e che di Fiandra fossero partiti molti soldati per il
Piemonte (1) (mentre, a causa di difficoltà per lo scambio dei
prigionieri e il pagamento delle taglie, nuovi dissensi anda-
vano originandosi fra i negoziatori della tregua (2)), più sicuri
e più chiari indizi di un inasprirsi delle relazioni si hanno
poco appresso. Infatti, giunti proprio alla fine di maggio due
corrieri alla Corte, l'uno dal Re dei Romani, recante avviso
di un ideato concilio lateranense per procedere alla priva-
zione dell’ Imperatore e del Re, in seguito alla concessione
da loro fatta alla Germania di vivere secondo la. religione
augustana (3); l’altro dal Duca d'Alva, per avvertire dell’ar-
rivo nello stato di Napoli di commissari papali, evidentemente
inviati a dimostrare la sovranità feudale del Pontefice sul
Regno, Carlo V fece subito radunare il Consiglio e per prima
cosa annunciò di sospendere la partita sua per la Spagna e
quella di Filippo II per Inghilterra. Poi, nella medesima as-
semblea, si determinò di chiarire al Re di Francia che le
trattative per lo scambio e il riscatto dei prigionieri (fra i
quali importantissimo il figlio del Connestabile) avrebbero
proceduto se e in quanto S. M. non avesse dato alcun aiuto
a chi cercava a tutto potere di levar nuovo rumore di guerra.
Infine si discusse lungamente sugli ordini da spedirsi al Duca
d'Alva, perché potesse regolare la sua azione di fronte al

(1) Avvisi giunti a Venezia e trasmessi a Ottavio Farnese da Zefiro Zefiri, uno
dei corrispondenti del Duca da quella città (Carteggio Farnesiano).

(2) Cfr. in proposito la citata opera del DECRUE, Anna Duc de Montmorency,
pag. 179; gli avvisi anzidetti di Venezia; e, sui particolari della questione, inizia-
tasi subito dopo la tregua, anche la lettera del Tiburzio da Amboise dei 12 aprile
più volte ricordata.

(3) Vedi intorno a ciò anche il PIEPER (Die pàpstlichen Legaten.) pag. 85.
248 G. COGGIOLA

contegno provocante della Corte romana. Il partito più ri-
soluto urgeva a che si commettesse al Vicerè di rifiutare i
commissari e di impedire, anche con le armi, la fortificazione
di Paliano: i più prudenti consigliavano, ancora una; volta.
si desse seguito all’ invio dei due messi che sopra ricor-
dammo, o magari, per maggior solennità nel monito, si man-
dasse Mons. d’Arras.

Ma questi, per la sua condizione di alto ecclesiastico,
non poteva assumersi l'impegno di recar messaggi di pro-
testa e di minaccia al Pontefice: d’altra parte lo spirito bat-
tagliero dell’ Imperatore mal si adattava ormai a più lungo
pazientare e ad ulteriori esperimenti di concordia (1).

Pieno d'interesse è, a questo proposito, un dispaccio del
Badoero (2) che getta un ultimo raggio di simpatica luce sul-
linvitto capitano, che doveva fra poco, carico di fama e di
gloria, cercare l'oblio dei suoi trionfi e della sua fortuna
nel mistico ritiro di Yuste. L'Imperatore, il quale per il
passato trascurava di prendere visione delle lettere che da
ogni parte giungevano e persino dei sommari di esse, già
avendo rinunziato la corona di Spagna e gran parte dei suoi
poteri al figliuolo, adesso, preso da nuova grande passione
per le cose d'Italia, si faceva leggere ed ascoltava pazien-
tissimamente tutto ciò che riguardava il Papa e i suoi atti;
e s' infiammava al racconto e ricordava con forti parole in
quante imprese del suo lungo regno aveva fiaccato la tra-
cotanza di altri papi. Il religioso sovrano, che abbandonerà
il fasto della porpora per l’umile saio monastico e chiuderà
fra le più strette pratiche chiesastiche il magnifico ciclo
della sua vita, si leva fiero, in un ultimo gesto di sfida, con-
tro il supremo pastore della Chiesa che osa provocarlo.

Mirabile contraddizione, 0, piuttosto, vogliam dire, mi-
rabile conseguenza!

(1) Dispaccio del Badoero del 31 maggio ‘56.
(2) Dispaccio del Badoero dell’8 giugno ‘56.

Rupee imn nti

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E.
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E:
b.
»

TIT

ASCANIO DELLA CORNIA, ECC. 949 .

Il cattolico Monarca in Paolo IV non intende colpire il
supremo potere spirituale, al quale s'inchina venerando, ma
vuol colpire il sovrano che agli interessi spirituali pospone
gli ideali della religione, che, indulgendo al deplorevole af-
fetto nepotistico, giunge a desiderare e a procurare instante-
mente la rescissione di una tregua e il riaccendersi di nuovo
fuoco di guerra.

E a Carlo V si dovette se istruzioni precise furono spe-
dite al Duea d'Alva perché non assistesse oltre, passivo
spettatore, a tutti i preparativi del governo papale; mentre
Filippo II apertamente dissentiva dal padre e voleva che in
tutti i modi si evitasse la guerra (1). Il fatto è che, in seguito
agli ordini di Bruxelles (2), l'Alva, pur senza commettere alcun
atto ostile, cominció ad adunare verso la frontiera e dalla
parte di Paliano maggior copia di gente, tanto che il Duca
di Paliano, seriamente impensierito, accorse in fretta egli
stesso sui luoghi ov'era presumibile si volgesse la minaccia
dell’ esercito nemico, e provvide alla meglio a una più valida
difensiva. « La partita di Roma cosi all'improvisa (scriveva
il 18 giugno un agente dei Farnesi (3)) del sig. Ducha non fu
senza causa, et han scoperto che erano comparse tre inse-
gnie di spagnuoli alli confini per entrare in Paliano, dove
S. S. ha provisto et messovi dentro 600 huomini et manda-
tovi 14 pezi di artiglieria, et in Roma hanno expedito X ca-
pitanj per gente et concluso che in Roma vogliono sino ad

(1) Dispaccio del Badoero del 24 giugno, anteriormente citato.

(2) Cfr. dispaccio del Badoero del 14 e del 24 giugno. Vedi per gli effetti imme-
diati degli ordini di Bruxelles anche una assai importante lettera di Silvestro Aldo-
brandini al card. Caraffa del 21 giugno (Copia nel Ms. italiano marciano, XI, 125),
di cui trascriviamo il primo periodo: « ...Questa verrà in mano di V. S. Ill.ma du-
plicata: harà notitia per essa come per avvisi del Regno si é inteso hiersera che
dissegnano revocar di qua tutti li napoletani, la qual cosa alcuni interpretano per-
ché dissegnasse venire a una rottura aperta; et a me par piü che la intendesse es- :
seguire quella opinione che era stata in corte cesarea di levar l'ubidienza, contro
alla quale si é detto a N. S. che la triaca sarà revocare tutti i cardinali et altri pre-
lati et proceder contra de loro a privatione et altre pene essendo contumace... ».

(3) Lettera di Giov. Celso da Nepi al duca Ottavio nel Carteggio Farnesiano.

17
4 G. COGGIOLA

m/4 fanti; et il sig. Ducha procura danari per quelle vie
SÌ po: per quello si faccia non si può penetrare altro... ».
Il Duca stesso ripeteva i medesimi avvisi ad Ottavio (1) ed ag-
giungeva di aver provveduto a Nettuno e a Civitavecchia e
di temere altri movimenti per il richiamo, avvenuto da parte
del Viceré, di Marcantonio Colonna, mentre questi, avviato
alla Corte imperiale, già aveva toccato Venezia.

Invero Marcantonio, diretto a Bruxelles, dove sperava
o sapeva di ottenere un compenso agli stati perduti, era
stato fermato a Venezia da un corriere del Duca d’ Alva,
perchè vi attendesse un altro corriere dell’ Imperatore con
ordini per lui e provvisioni di danaro. Il 15 giugno, arrivato
il messo con polize di banco e lettere del Monarca, il capi-
tano, tolto un brigantino raguseo a dodici remi e ben armato,
aveva volto la prora a Pescara. « Si giudica che sabbato
(20 giugno) sarà in ogni modo a Pescara (scriveva un informa-
tore da Venezia (2)); si tiene per fermo gran guerra contro
Roma, e il Legato spedi subito un corriero da S. S. Hieri
venne un altro corriero imperiale, et subbito parti per il
regno: l'Ambasciatore del Re spedi un corriero hieri alle XXI

' (1) Lettera del Duca di Paliano dei 17 giugno ’56 (Carteggio Farnesiano/: « L' ha-
ver inteso che in Regno s'erano mandate genti da cavallo et da piede ai confini et che
ne facevano di nuove ha fatto deliberare N. S. che qui si faccino convenienti pro-
visioni; et perché si potea sospettar meritamente non fossero per tentar di impa-
tronirsi con qualche tratto di Paliano, non essendo ancor ridotta in perfetto essere
la fortificatione, é parso a S. S. che io vi mandi 1000 fanti et artiglieria a bastanza
havendosi ancor con questo certo avviso di nuovo apparecchio di galee che si fa-
ceva a Napoli ho proveduto a Nettuno et a Civitavecchia di maniera che la giuris-
dittione della Chiesa non pati offesa per quanto si può guardare; et mi son mosso
ad avvisare V. E. di tutto questo tanto per debito de la affettione mia verso lei
quanto per servirne S. B. che mel ha imposto. Saprà inoltre V. E. che andando il
S. Mare'Antonio Colonna in Fiandra l'hanno fatto fermar in Venetia le persuasioni
dell’Imb. dell'Imperatore a quella Signoria et gli ordini del Duca d'Alva, dandogli in-
tentionedi volerlo rimettere per forza in stato. Ma a tutto si rimediarà coll’ aiuto
di Dio, come a S. S. parerà che si convenghi. Bascio le mani di V. E. et mi racco-
mando insua bona gratia. Di Roma a li xvir di giugno del MDLVI. Di V. S. Ill.ma et
Ecc.ma servitor affectionato. — IL DUCA DI PALIANO ». ^

(2) Lettera di Zefiro Zefiri da Venezia al duca Ottavio, dei 18 giugno, nel Car-
teggio Farnesiano,

—€—BMÉ—
ASCANIO DELLA CORNIA, ECC. 291.

hore per Ferrara e questa mattina ho inteso che è partito in
persona per parlare con il Duca (1). A questi signori dispiace
questo tumulto infinitamente, et pensano che N. S. non potrà
esser sì presto in rifornirsi di soldati che più presto non li sia
adosso esercito imperiale et per Fiorenza et per Napoli... ».

Questo avrebbe forse potuto succedere se al comando
delle truppe imperiali in Italia vi fosse stata persona meno.
prudente e di più frettolosa iniziativa che non il Duca
d'Alva. Ma il capitano spagnolo, di cui diceva il Lodeva,
ripetendo un giudizio allora assai comune, che non aveva
« reputation d’estre fort resolu, ni gran guerroier », anche se
non ebbe limitate le proprie facoltà di romper guerra al solo
«caso « qu'on eut les forces et le moyen de donner prompte-

ment une bonne estrette au Pape, qui sont condition les-

quelles donnent bien a penser a ung ministre avant que se

pouvoir resouldre.. » (2), l'Alva, dicevamo, non potè certo

trascurare di rivolgere la mente alle possibili conseguenze di

un primo passo troppo deciso, di cui, alla fine, la responsa-

bilità sarebbe rimasta a lui solo. Egli, pertanto, fatta innanzi
allavversario mostra di forze per tenerlo in sospetto, indu-
È giò qualsiasi azione diretta, l'inizio della quale dobbiam cre-
| dere fosse stato rimesso in lui, data l'impossibilità di regolare
da Bruxelles le sue mosse giorno per giorno.

Ed è curioso notare come un altro celebre soldato di
Carlo V, al quale nelle faccende d'Italia non era da negarsi
una grande competenza, vedesse anch'egli piena di pericoli
l'adozione del parere bellicoso dell’ Imperatore.

(1) I1 Vescovo di Lodeva, invece, a quanto si rileva da una sua lettera del 21
giugno al Duca di Ferrara (Correspondance de Dominique dw Gabre..., p. 775), partì
[ alquanto più tardi per avere con Ercole II una intervista.

b. (2) Lettera del Vescovo di Lodeva del l° luglio 1556 (Correspondance..., pag. 176).
Si ricordi anche il giudizio, forse eccessivamente severo, che del Duca dava nella
sua Relazione il Badoero (pag. 278) « ...Nelle guerre ha mostrato in tutte le occa-
sioni timidità grande e così poca intelligenza che l’ Imperatore lontano della sua
persona mai gli ha dato carico, se ben lo faceva nominare capitan generale...». :

PTUS
weg:

G. COGGIOLA

Ferrante Gonzaga, che appartato in questo tempo dai
negozi, e non per suo volere (1), trascorreva nei propri feudi
guastallesi quelli che furono gli ultimi anni della sua avven-

turosa esistenza, dettava in Mantova, al principio di luglio, 3
un « Discorso al Re... sopra il romper la guerra al Papa », È.
discorso ampio e notevolissimo, che qui non è luogo di pubbli- L
care per intero o di analizzare minutamente (2). Basterà però È.

dire che egli, abbracciando tutta la portata di una generale
rinnovata guerra contro la Francia unita alla Chiesa, e re-
putando necessario un periodo piü lungo di ricostituzione
delle forze imperiali prima di un altro cimento, consigliava
di attendere sulla difensiva il progresso degli eventi, di evi-
tare a tutto potere ogni casus belli e apparecchiare, invece,
un ardito colpo per forzare la volontà del Collegio nell'even-
tualità della morte del Papa, che, per la sua grande vec-
chiezza, poteva da un giorno allaltro venire a mancare.
Ché se il lettore, correndo con la mente alle imprese mili-
tari dell'anno successivo, coronate dal successo di S. Quin-
tino, volesse cogliere in errore le previsioni pessimistiche
anche del Gonzaga, gli dovremo ricordare che il successo,
seguito ad uno sforzo veramente straordinario, si dovette,
oltreché a difetto di condotta militare dei nemici, anche, ed
in gran parte, alle fortissime provvisioni pecuniarie che nel
caso speciale poterono, sebbene con immensa industria, ra-
dunarsi in Ispagna mercé la fermezza e l'abilità di Carlo V,
e che allora, come e più di adesso, avevano influenza capi:

(1) Sul richiamo di D. Ferrante Gonzaga dal governo di Milano e sue conse-
guenze può il lettore consultare uno studio del dott. Arturo Segre pubblicato pro-
prio di questi giorni nelle Memorie della R. Accademia delle Scienze di Torino
(anno 1903-1904). Il Segre, sulla scorta di ricco materiale inedito, esamina con
Ill: la consueta diligenza l' ultimo periodo della avventurosa carriera del Gonzaga,
ves cercando di determinare le ragioni della condotta dell' Imperatore verso di lui ed
| ‘illustrando gli ultimi rapporti interceduti tra Carlo V e l'illustre capitano. Forse
qualche ricerca nell'Archivio Gonzaga conservato a Parma e nell'Archivio farne- È
siano gli avrebbe fornito altri documenti non inutili intorno a quelle relazioni. i
(2) Archivio di Stato in Parma, Carte Gonzaga, mazzo 44,
ASCANIO DELLA CORNIA, ECC. 953

tale nelle guerre (1). Ma senza addentrarci ora in un esame
non facile e di scarsissimo resultato sulla opportunità mag-
giore o minore che il Duca d'Alva seguisse, nell interesse
del suo Sovrano, una linea di condotta decisamente aggres-
siva, e sugli effetti probabili di essa, ci contenteremo di te-
ner dietro, in una rapida scorsa, all'incerto alternarsi degli
avvenimenti sino al ritorno dalla Francia del Caraffa.

Sulle vicende della legazione di costui dobbiamo quasi
completamente sorvolare, non certo perchè manchi la mate-
ria e l'interesse di un simile racconto (2), anzi perché l'uno e
l’altra, soverchiando, troppo ci allontanerebbero dall’ argo-
mento nostro cui bastano semplici cenni dell'esito di quella
ambasceria.

Il giorno stesso che le prime notizie importanti del Le-
gato giungevano a Roma e lasciavano sperar bene del se-
guito delle trattative, il Papa, in congregazione di cardinali,
privava solennemente il Conte di Bagno dei suoi stati e ne
investiva, con il titolo di marchese, don Antonio, aggiungen-
dogli la qualifica di baiulo e il governatorato generale delle
. genti della chiesa, con 5000 scudi l’anno di provvisione e
200 mensili « per intertenimento di capitani » (3).

(1) Cfr. MiaxET, Charles V. Son abdication, son sejour et sa mort... à Yuste
Paris, 1868, pp. 252 e segg.

(2) Già avemmo occasione di notare come il Duruy non solo non conobbe tutte
le lettere del Caraffa dalla sua legazione, ma neppure riuscì a valersi, nel testo, di
quelle da lui frammentariamente pubblicate. Oltre, poi, le lettere del Legato altri
documenti diretti e indiretti di non piccola importanza potrebbero venir messi a
profitto per illustrare ancora più largamente la missione straordinaria in Francia
del nipote del Pontefice; e noi dovremo ricordarne alcuno qua e là.

(3) Dispaccio del Navagero del 27 giugno 1556 (Manoscritto marciano italiano,
VII, 1097). Circa la coincidenza fra l'atto del Pontefice e l'arrivo di notizie della
Francia vedi una lettera di Gio. Antonio Facchinetti pure del 27 giugno, da Roma,
al card. Farnese: « Il Papa ha fatto hoggi d'improviso congregatione generale de
cardinali nella quale si leggeranno, come si dice per l'universale, le lettere del
Rev.mo Caraffa di Francia delli 18 e si darà al sig. Don Antonio lo stato ch'era del
Conte di Bagno e di più Castel S. Angiolo posseduto prima dal sig. Sforza Pallavi-
cino, Alcuni soggiungono anchora che consulterà se deve o come deve pigliar il
G. COGGIOLA

La nomina onorifica, da un pezzo indugiata, si mandò
probabilmente ad effetto ora perchè il nipote del Pontefice
potesse, con speciale decoro, presentarsi alla Signoria di Ve-
nezia, presso la quale doveva compiere una non agevole
missione.

Il Duca di Paliano pensò di impedire o di ritardare
ladunamento di truppe imperiali, che si dicevano spedite di
Germania in Italia, invocando dalla Repubblica il divieto di
passo per le sue terre a quelle soldatesche; e credette che
il fratello, nominato da poco con tutta la famiglia Caraffa
patrizio veneto dal compiacente governo della Serenissima (1),
avrebbe con maggior efficacia perorata la causa e ottenuta
lassai dubbia adesione.

Mal consigliata la scelta dell'ambasciatore dichiaró subito
il Cardinal legato, quando la seppe in Francia; perché a Ve-

censo che si paga pel regno di Napoli. Subito che sarà finita la congregatione, la qual
dura anchora; cercherò intender quanto si sarà fatto.. ». (Carteggio Farnesiano). Il Fac-
chinetti parla di lettere del 18, ma noi non abbiamo del Caraffa che una lettera del
20 giugno, pubblicata in parte dal Duruy (Appendice, n. 32) nella quale é ricordata
una sola antecedente del 17 giugno. Forse si tratta della lettera del 20 giugno, la
quale contiene davvero notizie assai interessanti, dacché il Cardinale era da qualche
giorno arrivato a Fontainebleau.

(1) Il 18 gennaio ’56 il Navagero trasmetteva alla Signoria i particolari di una
intervista da lui avuta con il Papa, nella quale gli aveva questi esposto il suo vivo
desiderio che tutti i nipoti venissero nominati, se non vi fossero state difficoltà,
gentiluomini veneziani, perché fossero tanto più disposti e pronti al servizio della
Repubblica, della quale erano sempre stati devotissimi. E aveva in proposito ricor-
dato il Pontefice che il Conte di Montorio, oltre essere onorato cavaliere, aveva anche
il suo stato sul mare Adriatico, cosa di non piccolo momento anche in riguardo agli
interessi della Repubblica. Il Navagero aveva dato per suo conto buone speranze; e scri-
vendo, raccomandava al suo governo di esaudire il desiderio di Paolo IV e di accre-
scere l’importanza della concessione con la sollecitudine. Anzi, in previsione di una fa-
vorevole accoglienza, dava notizie esatte sul numero e sul nome dei membri della
‘famiglia Caraffa. — La Signoria non andò per le lunghe: in pochi giorni il privilegio da
conferirsi ai nepoti del Papa fu approvato e spedito. Con lettera del 26 se ne avvertiva
il Navagero, che già il 1° febbraio riferiva al Pontefice e ai parenti di lui l'annuncio,
accolto con la più viva manifestazione di contentezza. (Dispaccio del Navagero del lo
febbraio). L'8 febbraio, poi, l'ambasciatore presentava l'autentico del privilegio di
nobiltà, munito della bolla d'oro, e ne riceveva in ricambio le più effuse grazie e
profferte da parte di tutti i beneficati. (Dispaccio del Navagero dell'8 febbraio).
ASCANIO DELLA CORNIA, ECC.

nezia avrebbe voluto si mandasse « un huomo che potesse
far più frutto e manco rumore » (1); e, invero, la missione del
nuovo marchese, la quale naturalmente si estendeva anche
a insistere sull’accessione della Repubblica alla lega, sorti
l'esito affatto negativo che si poteva prevedere (2).

Seria preoccupazione per il Duca, che a nuovi provve-
dimenti trovava ostacoli nella mancanza di risorse pecunia-
rie della S. Sede, nonostante gli espedienti studiati (3), e in
momentanei malumori con Tournon, plenipotenziario francese
a Roma, restio a versare le quote del deposito fissato nel trat-
tato della lega, senza speciale ordine del suo re (4). Ma ecco,

(1) Lettera del card. Caraffa al Duca di Paliano del luglio '56, pubblicata fram-
mentariamente dal DuruY (Appendice, n. 35).

(2) Come avvertimmo già, parlando del viaggio del Cardinal di Lorena a Ve-
nezia, i più abbondanti particolari sulla ambasceria del Marchese di Montebello si
rinvengono nei Commemoriales seu Pandectarum, libri e nei Senato - Secreta, del-
l'Archivio di Stato di Venezia, sotto la data. Da quei documenti la fine arte della
zepubblica per eludere le richieste del Papa risulta nella più perspicua maniera.

(3) Vedi fra l' altro la lettera di Silvestro Aldobrandini al card. Caraffa del 21
giugno '56, addietro citata (Ms. marciano italiano, XI, 125) « . . . Qui attendiamo
a fare la provisione del danaro con il venderne questo monte; et perché la cosa
pareva che se andasse differendo, S. E. ha dato tutta la cura a me; et io de già de
hieri in qua ho più de m/10 scudi presi senza danno della Camera, eccetto che a
Mons. de Calice se danno m/3 scudi: che haveva da havere, de quali ha tanto impe-
gno che li rinuoveremo et si puotranno servire in altri partiti, et lui compra scudi
m/22 di questo monte, de quali rihaveremo una buona partita questa settimana et
il resto l’altra... ». Della forte necessità di danaro in cui si trovava la Sede apo-
stolica è pure RETE la negata grazia al Farnese dell'annuo censo il quale saliva alla
somma di 4500 ducati per la sola Parma, essendo Piacenza ancora nelle mani degli
imperiali, Il censo si pagava alla fine di giugno appunto, e ne era stata promessa, per
il °56, la esenzione da Paolo IV, dopo la sua nomina, per favorire i Farnesi che
l'avevano eletto. Ma il 21 giugno, contrariamente alle speranze degli interessati,
il Duca di Paliano scriveva ad Ottavio: « Desideroso di far servitio a V. E. supli-
cai N. S. che le volesse far gratia del censo di quest’ anno, ma la necessità della
Camera, maggior che mai, é stata causa che S. S. se n'é iscusata... » (Carteggio
Farnesiano). Nè poterono giovare altre istanze degli agenti dei Farnesi. Il 26 il
Buoncambi, principale ministro a Roma di questi, doveva annunziare : « ..Il censo
di Parma, che per quest'anno si stava in speranza haverne gratia, si paga, 'et di già
sono trovati i danari, iscusandosi il sig. Duca di Paliano per la necessità di danari
nella quale si trova N. S.... ».

(4) Cfr. in proposito una assai risentita lettera del Vescovo di Lodeva del 1° lu-
glio '56 al Connestabile (Correspondance politique..., pag. 175) nella quale, deplo-
G. COGGIOLA

a togliere qualche poco di pensiero al nipote del Papa, giun-

gere non tanto la rallentata operosità del Vicerè quanto le

promesse della Francia, via via più esplicite e rassicuranti.

Né queste promesse riferiva soltanto nei suoi scritti il Ca-
raffa: il Re stesso pare non si facesse riguardo di esprimere
assai presto, anche ad altri che non fossero gli interessati,
il proposito nel quale era venuto di tutelare efficacemente
la S. Sede ed il Papa, se ancor prima del termine di giugno
poteva scrivere ad Ottavio Farnese con parole di questo ge-
nere (1): « Mon cousin, Pour ce que par les advertissement
que jay receus de Rome les Colonnoises font semblant, avec
quelque apparence, dentreprendre a faire du remuement

rando il trattamento inflitto a un personaggio della qualità di Tournon dal Papa,
insiste perché il Re pensi piuttosto ai casi suoi che ad aiutare i Caraffa. — Tra il
Pontefice e il Cardinale ci fu un giorno una vivacissima questione di parole, che il
Duca di Paliano riferiva subito al Legato in Francia, perché prevenisse le informa-
zioni del Tournon medesimo, attenuandone la gravità. La lettera del Duca é ripor-
tata frammentariamente dal Duruy nel n. 37 dell'Apgendice; e l'autore francese le
assegna la data del 19 luglio, che non può assolutamente essere la vera. Infatti il 19
luglio il Tournon era già da un pezzo lontano da Roma incamminato, per la via di
Bologna, verso il dominio veneto, dove disegnava starsene tranquillo al riparo dagli
iracondi scatti del Pontefice. (Cfr. una lettera del 27 luglio di Bernardo Aldobran-
dini al duca Ottavio, di Roma, nel Carteggio Farnesiano). La scena descritta dal
Duca di Paliano, e quindi la lettera sua al Caraffa vanno poste al 19 giugno, la qual
data concorda con quella della lettera del Vescovo di Lodeva citata e con quella
della pur citata lettera di Silvestro Aldobrandini dei 21 giugno, nella quale si fa-
ceva cenno anche dell'affare di Tournon: «...Et questi modi del Cardinale Tornon
pare che tirino a questo cammino, ma l'ambasciatore si porta honoratamente et
con molta affettione verso la sua ill.ma casa... ».

(1) Carteggio Farnesiano ; 1556, mazzo II, 29 giugno. Il Duca di Paliano, appunto
nella lettera del 19 giugno al fratello, di cui si parla nella nota superiore, aveva
chiesto che il Re ordinasse che la cavalleria e di Ferrara e di Parma si disponesse
a muovere alla volta di Roma: « ... che il Re dia commissione al Duca di Ferrara
et al duca di Parma che ci diano le cavallerie et ogni altro aiuto che ci potesse
bisognare... ». In seguito, poi, all'ordine trasmesso da Enrico II ad Ottavio, il mede-
simo Duca scriveva a questo il 18 luglio: « V. E. deve haver hauto ordine dal Re
Chris.mo e da questi S. S. suoi ministri di far de la sua cavaleria quello che N. S.
le ordinerà; et perché a S. B. occorre di servirsene di presente, mi ha commesso
che io scriva a V. E. la mente sua, la quale é che la sia. contenta di far inviare la
detta cavalleria subito per le bande di qua, dando aviso della levata loro, accioché
si possa mandar a far le provisioni necessarie per gli alloggiamenti, et benché io
sia certo che V. E. esseguirà prontamente l'ordine di S. M. Chris.ma, nondimeno
la prego ancor io quanto posso che le piaccia di farlo subito, come é detto sopra;
et le bacio la mano... » (Carteggio Farnesiano, originale).
ASCANIO DELLA CORNIA, ECC. d597:
contre notre s.' pere pour le recouvrement de leurs terres.
Et daultant que sourtout ie ne veulx faillyr de maintenir et
observer a notre d. s. pere la protection que je luj ay
promise pour luj et pour les siens, considerant aussi le peu
de moyen que jay de le secourir et ayder de gens de guerre
si promptement que paradventure le besoing le requirt, luj
ayant envoye par mer, in attendant que je puysse faire
mieulx, quelque nombre de mes bendes francoyses tant
vieilles que nouvelles levees, pour sen prevaloire et ayder
soit a Rome ou ailleurs ou il en aura a faire; A ceste
cause et que les d. bendes doibuent estre assistees et ac-
compaignee de quelque cavallerie je vous prie, surtout le
services que vous me desirez faire, vouloir envoyer ce que
vous en aurez a notre d. s. pere, avec commandement
et prier au chef qui en aura la charge et conduite hobeyr
et satisfaire a tout ce que luj sera ordonne et commande
de la part de sa sanctete et suivant ce que luj diront
de par moi mon cousin le cardinal de tournon et le s.
davanson mon ambassadeur a Rome, enquoi faisant vous
ferrez chose que nous sera tres agreable.. advisant que si
les affaires continuent de ce coste la je ne fauldray a y
avoir bien tost un force gajllard tant de gens de pied que
de cheval pour faire cougnoistre a ung.. que je ne veulx
espargner aucune chose que soit en ma pujssance pour
la protection ef deffence de nostre d. s. pere et de siens.
Et priant dieu, mon cousin, quel vous aye in sa sancte et
digne garde. Escript a fontaineblau le XXIX de juing 1556
HENRY - Duthier ».

Notevoli sopratutto le ultime frasi, nelle quali En-
rico II non dissimula affatto la sua opinione e, quasi di-
remo, il suo desiderio che le cose si avessero a volgere à
sollecita rottura. Cotanto in quella corte dove « tout se faisait
par secousse » (1) si era ridestato l'ardore battagliero e il

(1) DECRUE, Anna duc de Montmorency..., pag. 186.
258 G. COGGIOLA
desiderio di rischiose imprese per l' eloquenza del Legato,
eloquenza che, a prescindere dai lenocinî letterarî, di che
potevano ornarla gli abili consiglieri i quali stavano a fianco
del Cardinale, aveva certo la grande qualità di essere vee-
mente ed appassionata. La decisione del Monarca francese,
di eui espressione assai importante è nello scritto riferito,
venne presa all’arrivo in Francia della nuova del ritorno di
Marcantonio nel Regno e degli apparecchi che, lui instante,
si affrettavano, come del resto dal documento stesso risulta.

Ma le profferte e le assicurazioni vennero ribadite dopo
che il Caraffa ebbe innanzi al Consiglio del Re perorato, con
abbondanza di argomenti, ancora una volta la causa propria,
secondo si trova esposto in un lungo documento sulla cui
attendibilità sostanziale non crediamo sia possibile elevar
dubbio (1).

Ed eeco in seguito alle nuove garanzie ricevute il Caraffa
inviare Mons. di Sanfermo a Roma, a mezzo luglio, con
ampia relazione di tutto il negoziato, e affidare al messag-
gero una lettera in cui non solo è messa in evidenza la
vittoria ottenuta sul Connestabile, fautore ostinato dell’ ac-
cordo, ma anche è fatta chiara la cresciuta baldanza del
Legato, il quale par quasi mordere la soverchia trepidazione
del fratello (2): « Quanto ai sospetti, S. M. Chr." è disposta
in tutto di romper la tregua et mettere tutte le sue forze
et il regno contra ciascuno che cerchi offendere la sede
apostolica et la persona et l’haver di S. B.; et cosi vuol
ch'io dica a V. E. et chiunque si sia, et così ha detto libe-

(1) Replica del card. Caraffa al Re Chris.mo, luglio 1556, documento esistente
in copia nel ms. 468 della Palatina di Parma, di cui demmo un indice nell’ Apgez-
dice del nostro studio su Paolo IV e la capitolazione segreta di Cavi. Si tratta di
una orazione di considerevole ampiezza nella quale sono riassunti tutti gli argo-
menti destinati a vincere l'animo del Re e del suo Consiglio.

(2) Lettera del card. Caraffa del 17 luglio al Duca di Paliano. La lettera é fra
quelle edite dal Duruy (Appendice, n. 87); ma tutto il periodo che noi citiamo e
molti altri mancano. Lo trascriviamo dal 71s. palatino di Parma 653 più indietro
ricordato.

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ASCANIO DELLA CORNIA, ECO. 259 -

ramente Mons. Contestabile a nome del Re all’ ambasciatore
cesareo che è a questa corte, et scritto all’ambasciatore del

Re che è in Fiandra et in assicurare (?) S. M. Chri."* che in.

Germania non verrà gente che ella non lo sappia et non
provegga; si che sì può lasciar sfogare il veleno et la
rabbia di maligni diabolici con i loro discorsi et con le loro
parole, senza haver timore dell’ opre sue. Però V. E. non
si lasci metter spavento da ogni persona che scriva o che
mormori, et stia ben provista da non si lasciare ingannare,
mirando alle cose sustantiali, et di quelle mi dia aviso sola-
mente, perchè con effecto tante cose generano confusione et
si truova anco poi fra esse delle contrarietà; et non habbi
pensiero V. E. ch'io l'assicuro che non ci mancherà tutto
l’aiuto che noi sapremo desiderare... ».

Ma allarrivo della lettera, cui appartiene il frammento
riportato, già erano succeduti tali fatti che potevano dimo-
strare non esser state necessarie le ultime esortazioni del
Legato per infondere nellanimo del Duca di Paliano una
maggior confidenza nelle forze materiali e morali della Chiesa
e nei prossimi soccorsi francesi. Appunto nella prima quin-
dicina di luglio la bollente natura del Papa offriva al mondo
un'altra delle singolari sue manifestazioni con i successivi
imprigionamenti del Tassis, maestro delle poste imperiali,
di Garcilasso della Vega, ambasciatore di Filippo II, di Ip-
polito Capilupi, agente del Cardinal di Mantova. Di questi
avvenimenti e di quelli che li precedettero e li seguirono im-
mediatamente è necessario per noi stabilire esattamente tutte
le particolarità, perché queste assumono specialissima im-
portanza per giudicare gli ultimi rapporti del nostro Ascanio
della Cornia con il Pontefice e i suoi nepoti.

Ascanio dal momento della proclamazione dei due le-
gati papali a tutto giugno non aveva ottenuto, per quelle

cause che addietro potemmo stabilire, l'incarico militare al.

quale era stato preconizzato. Egli aveva ben assistito agli

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960 È. COGGIOLA

armamenti che dal Duca di Paliano successivamente erano.

stati disposti, alla nomina di varii capitani, all’ assoldarsi di
molte compagnie; aveva, proprio al termine del mese, veduto
collocarsi a capo delle fanterie papali Giulio Orsini (1); ma non
aveva veduto per sè alcun provvedimento che, senza offen-
dere la sua dignità in confronto di altri condottieri, gli fosse
per riuscire di qualche vantaggio. Buone parole forse non
mancarono, secondo innanzi avvertimmo; ma evidentemente in
Corte, a scanso di noie e di rivalità, si tenne il capitano pe-
rugino come un'ottima riserva per l'eventualità, assai prossi-
ma, di un grosso sforzo militare da parte della S. Sede. Ma dal-
l’altro lato si poteva ragionare così: se Paliano, Nettuno, Civi-
tavecchia ed altre piazze dello stato ecclesiastico erano state
fortificate e munite di soldatesche, come non si era trovato
il mezzo di conciliare l'interesse del governo papale con le
aspirazioni del Della Cornia, dopo aver lusingato costui con
l'affidamento del generalato dei cavalli? Se tutto ciò si con-
sideri, non parrà strano ad alcuno quanto Ascanio stesso
dichiarava più tardi: ch'egli, cioè, pensó non avesse più il
Papa volontà o bisogno di servirsi dell'opera sua; e che
consideró, quindi, lecito non negare ascolto a generiche pro-
poste di Garcilasso della Vega.

- Di che cosa si trattasse ci informa Ascanio stesso nel
più volte citato suo manifesto: « ... doppo la partita ... del Re-
verendissimo Caraffa il sig. Garcilasso della Viega mi fece
instanza più de una volta che io mi volessi mettere al ser-
vigio della M. dell’ Imperatore o del Re Filippo... Io ri-
sposi al sig. Garcilasso che poiché il Papa haveva puoca vo-
luntà et, secondo io mi immaginavo, puoco bisogno di me,
haverei servito voluntieri S. M., facendomi partito conveniente,
non reputando manco lecito à me che ad altri quello che a

(1) Lettera del Buoncambi al duca Ottavio del 1° luglio (Carteggio Farnesiano)

"« ... Il sig. Giulio Orsini é fatto generale delle fanterie di S. B. con c/3 ducati il

mese di provisione... ».

i
E

D
b.
ASCANIO DELLA CORNIA, ECC. 261

molti sudditi della Sede Apostolica è permesso appresso a di-
versi principi; ma gli dissi che se ne risolvesse presto per-
E ché se per caso se fosse dato principio, ancorché io non lo
E credevo, ad impiegarmi nelle cose di S. S., io non haverei
| 3 voluto né puotuto disciormene ; et non diede già orecchie per-
y ciò se non a servire ad un principe reputato christiano et ca-
tholico, in tempo che io mi trovavo senza ricapito et non
contra alla Sede Apostolica... la qual pratticha del sig. Gar-
cilasso non hebbe effetto perché io non hebbi ressolutione
prima che S. S. se risolvesse a volersi servire di me, che fu
doppo la cattura sua, che allora cessó in me ogni altro pen-
È siero e dissegno quando presi il carico della cavalleria di
i Seba:

È Certo sarebbe poco conforme a una rigorosa critica il
[ prestar fede a dichiarazioni della parte interessata, per quanto
9 verosimili; ma noi col riferire le parole del nostro capitano

È non abbiam voluto se non porle a riscontro di un'altra ver-
4 sione che si presenta senza dubbio attendibile.
E Le relazioni corse tra Ascanio e Garcilasso furono la

causa del grave provvedimento di Paolo IV, per cui egli
cercava di far con la forza prigioniero il Perugino e ne de-
terminava invece la clamorosa fuga al campo del Duca di
Alva: é ben naturale, quindi, che da noi si tenti di far su
di esse quella luce che indarno si cercherebbe nel racconto
di quanti storici hanno scritto sin qui sugli avvenimenti di
quei tempi. L'Adriani, il Nores, il Bromato, il Pallavicino, il
|: Duruy (1) raccontano tutti, con poca diversità di particolari, il
d passaggio di Ascanio della Cornia dal servizio del Papa a
E . quello degli spagnoli, le condanne inflitte poi da Paolo IV
‘all’intera casata perugina; ma gli antecedenti del fatto essi

(1) ADRIANI, Storia..., Venetia, 1583, pag. 957; NORES, opera citata, pag. 74 e
segg.; BROMATO, Storia di Paolo IV, Ravenna, 1748-1753, T. II, pag. 310; PALLAVICINO,
Storia del Concilio..., Roma, 1664, libro XIII, cap. 17; DURUY, opera citata, pagg. 136,
143 e segg., 181.
262 G. COGGIOLA

li ignorano, altro non dicendo se non che di Ascanio si trovò
menzione negli scritti sequestrati a Garcilasso e che il Pon-
tefice, insospettito, ne ordinò l'arresto: di più, siccome non
ristabiliscono rigorosamente le date dei singoli eventi, cosa
di estrema importanza per il loro giusto apprezzamento, ci
lasciano incerti se l’azione ultima del Della Cornia sia da
stimarsi un tradimento verso il suo naturale sovrano od un
legittimo espediente per sottrarsi ad un trattamento indegno
della sua qualità.

Ma ecco, invece, una larga testimonianza, destinata a
chiarire molte dubbiezze e a farci parer meno grave l’ as-
senza degli atti processuali relativi a Garcilasso, che pur
dovettero esser compilati (1).

Quando, tra la fine del 1557 e il principio del 1558, il
cardinale Caraffa, dopo la pace con Filippo II, fu ambascia-
tore a Bruxelles e cercò di ottenere vantaggi per sè e per
la famiglia, senza assumersi l'impegno di far restituire la
grazia papale a Marcantonio e ad Ascanio della Cornia, che
erano i principali fuorusciti dello stato ecclesiastico, egli rin-
novò le accuse di ribellione e tradimento contro quei due
capitani per mostrarli indegni di ogni remissione.

Allora Garcilasso della Vega, richiesto dal Perugino,
stese in favore di lui, una dichiarazione (di che possediamo
per avventura un copia (2)), nella quale richiamava i precisi
limiti delle sue trattative con il nostro capitano al principio
del luglio 1556. L'obiettività del documento ci par si possa
sufficientemente ritener stabilita per il fatto che Garcilasso

(1) L' istruzione penale contro Garcilasso non si rinviene nei volumi dell’Ar-
chivio criminale di Roma, donde sono tratte le notizie dei processi contro il Grazino
e Ascanio della Cornia, che abbiamo riferito e riferiremo in questo studio.

(2) Il documento che siamo per riportare appartiene al Carteggio Farnesiano
dell'Archivio di Parma, 1558, 15 gennaio; e fu già edito da noi nell’ Appendice al
lavoro su Paolo IV, secondo ricordammo nella prefazione. Quanto al viaggio del
Caraffa a Bruxelles ed ai suoi negoziati presso quella Corte dobbiamo rimandare il
lettore alla medesima nostra monografia.

TTMEIREPI T RENTE VNTESAIERIE IE S RN
ASCANIO DELLA CORNIA, ECC. 963 .

attestava sulla sua fede di cavaliere, e cavaliere onorato
quale egli fu, e che in quel momento mancavano per lui ra-
gioni tanto gravi da indurlo a mentire spudoratamente.

Se l'agente di Filippo II avesse avuta la coscienza che
delle pratiche sue con Ascanio alla Corte pontificia si fossero
posseduti documenti compromettenti, mai, ci sembra, si sa-
rebbe esposto al pericolo di vederseli rinfacciare dal Legato,
cui ricordi e materiale documentario, per influire allo scopo
desiderato sull'animo del Re cattolico, erano spediti di Roma
dal fratello, Duca di Paliano. Neppure ci sembra che Garci-
lasso sarebbe stato molto caldo alla difesa del Della Cornia,
E il quale due anni innanzi nel Manifesto aveva pubblicamente
ammesso l’idea che quegli, per timore della tortura, potesse
averlo accusato a torto (1), se proprio la giustizia della causa
non ve lo avesse indotto.

E questo senza aggiungere gli argomenti indiretti che
vengono a convalidare gli asserti concordanti di Ascanio e
di Garcilasso, e che saranno a suo luogo ricordati.

Ma trascriviamo, senza piü, la scrittura dello spagnolo,
4 piena di minuti particolari nella sua serietà di esame te-

| stimoniale. j

j « Yo Gacilasso /sic] de la Vega haviendo sido requerido
del S. Asc." de la Corna de declarar y hazer fee de quanto
trate en Roma con el de parte de FIIL"* y Ex."^ S." Duque
Er de Alva, attento que se entiende que algunos hablan dello
diversamente y no pudiendo como cavallero dexar de dezir
la verdad.

di Digo que estando yo en Roma en negocios del Empera-
; dor y Rey N. S.*', algunos dias antes de mi prison el Ts
y Ex." s; Duque de Alva me dio comission para que yo

(1) Vedi il Manifesto del Della Cornia «...altro non credo che habbia potuto
dire il sig. Garcilasso; ma quando altro havesse forse detto per timor di tormento
in qualsiasi altro modo, son certo che non potrà trovarsi come [coz ?] me che non
confessasse questa esser la pura verità nel modo che io asserisco e non altrimente,

et so che saria creduto da ogni persona di giuditio... ».
nu cr

264 G. COGGIOLA

hablasse al S." Ascanio de la Corna en el tenor que sarà
infrascripto y me dio una carta para el en mi crehengia, y
yo hize entender al s. Asc.° que queria hablalle y me pa-
regia que por buen respecto no fuesse publicamente; y vino
hablarme de noche en placia nagon delante la yglesia de
Santiazo de los espanolos, donde, primiero que le diesse la
carta, le pedé que me diesse su palabra de no tratar con
nadie ninguna cosa de las que yo comunicaria con el.

El S. Asc. de la Corna me respondio que me la dava,
peró que no queria le hablasse cosas en prezuizio del Papa,
yo le responde que no tenia de hablalle en cosa que toccasse
al Papa, si no a su persona y le dé la carta, la qual por ser E
de noche no pudé leer ni se curó dello diziendo que sin
ver carta ning. me creeria lo que yo le dixesse, y entomes [
le declare que el S. Duque de Alva le hazia saber como ;
Su M.° se queria servir de su persona y le daria cargo
conforme a su qualidad. El S. Asc. respondio que siendo
el servitor de Su M.", como yo sabia, y hallandose sin partido ;
ni acostamiento, como de presente se hallava, holgaria de yr 1
a servir a Su M. y que no era necessario tratar de cargo
ni de otrà condicion por que el yria a servir a Su M.^ como
el S." Duque d'Alva quisiesse, però que deseava que Su M." E
y el Duque de Alva tuniessen consideracion a que el te- í
nia sus cosas en el stado de la yglesia, porque se bien
entro Su M. y el Papa no havia rompimento de guerra,
parecia que havia algunas senales y podia zuzgarse que
entr ellos tuniesse poco amor, y a esta causa dudava de sus i
cosas yendo a servir a Su M.'. Yo le responde que Su M.'
lo sabia muy bien y que el S." Duque de Alva stava muy
bien informado y muy bien tenia considerado todo lo que
dezia, y que no creya ni se podia persuader que el Papa en m
ninguna manera procederia contro los que yban a servir a È
Su M.° como no lo hazia con los que yban a servir a otros
principes; però si a caso lo hiziesse el Duque le promettia y
assicurava que Su M.' le remuneraria todas sus perditas y
‘servicios. Entomes el S. Asc. de la Corna me dixe que

ASCANIO DELLA CORNIA, ECC.

estava aparezado para obedier y que yo le ordenasse donde
havia de yr y lo que havia de hazer, por que se queria par-

tir luego de Roma a causa de que el Papa entendiendolo no

lo impidiesse; y como yo no tenia comission del S. Duque
de Alva ni sabia quando queria que partiesse ni se havia de
yr al Piamonte o a otra parte a servir a Su M." lo rogue
que aguardasse solo .cinco dias para que pudiesse avisar al
dicho S. Duque de Alva de su voluntad y tuniesse respue-
sta del, lo qual el S." Asc.° no quiso hazer si non fuesse con
esta expressa condicion y pacto: que si el Papa entro destos
cincos dias se quisiesse servir del, que queria poder hazello
y no quedar obligado a la palabra que me havia dado, di-
ziendo que hallandose presente si a caso fuesse requerido de su
Principe natural en tiempo que no pudiesse responder de tener
otro partido, y ser con effecto obligado a otro principe, no
le parecia en ninguna manera poder rehusallo, de lo qual yo
me contento y despache al S. Duque un correo el qual fue
tomado da los ministros de Su Santitad, de manera que no
pudo llegar al S. Duque de Alva, y yo pocos dias despues
fuy preso, y por que esto es asy verdad y no de otra ma-
nera, he querido hazer esta declaracion y firmalla de mi
nombre.

Fecha en Brussellas, 15 de Hennero 1558 - Garcilasso ».

Dunque, secondo le dichiarazioni di Garcilasso, le pro-
poste ad Ascanio della Cornia, per nome del Duca d'Alva,
avrebbero avuto luogo quando non vi era ancora rottura di
guerra fra il Papa e gli imperiali, e quando, trovandosi il
Perugino libero da ogni impegno militare, poteva sembrare
lecito e il fare l'offerta e il prestarvi orecchio e l'aecettarla.
La data precisa non é indicata, ma la possiamo rintracciare.
Garcilasso dice che il resultato del colloquio veniva fatto
conoscere al Viceré con quel corriere il cui arresto, ope-
rato dai ministri pontifici, diede motivo alle susseguenti ri-
gorose misure del Papa. |

TE e TTE

TTD


266 G. COGGIOLA

Ora da varie parti ci consta indubitatamente (1) che il
corriere venne fermato sulla via di Terracina il 7 di luglio, e
che nello stesso giorno il Tassis, maestro delle poste impe-
riali, fu pure imprigionato. Pertanto l’abboccamento dei no-
stri due personaggi va posto al 5 o al 6 di luglio.

Il fissar questo punto non tanto importa per dimostrare
vero che a quell'epoca, nonostante le continue avvisaglie, le
cose non erano ancora giunte agli estremi, quanto per sta-
bilire l'inverosimile intervallo fra la cattura dei documenti
di Garcilasso e l’incriminazione di Ascanio.

Circa il contenuto dei documenti, e cioè circa la risposta
di Ascanio medesimo e le condizioni da lui messe, si può
ben dire che, anche intercettate e conosciute da Paolo IV,
non potevano costituire argomento di grave accusa per il
capitano perugino. È vero che proprio ai primi di luglio
era stato posto a stampa il bando che niun vassallo della
Chiesa potesse servire altri principi (2), ma, pur ammesso
che la pubblicazione del bando fosse effettuata uno o due
giorni innanzi il colloquio, si potrebbe veramente classificare
per reato quello di Ascanio quando egli, in sostanza, feu-
datario della chiesa aveva cessato di essere dal giorno in
che aveva perduto tutti i suoi beni?

Ma poi (e qui è l’essenziale) egli poneva per patto di
pon aver a servire contro la Chiesa e di rimanere libero,
anche nei cinque giorni necessarii per la risposta del Vicere,
di accettare carica militare dal Pontefice, se questi gliela
avesse voluta affidare, intendendo sciolto in tal caso ogni
impegno con il Re. Dunque tutta la colpa si riduceva all'in-
tenzione di lasciar Roma inavvertito, nel caso dell’accetta-
zione di soldo dai ministri del Re Cattolico, affinchè il Papa,

(1) Cfr. una lettera di Giov. Antonio Facchinetti al card. Farnese, degli 8 lu-
glio, da Roma (Carteggio Farnesiano); un dispaccio del Navagero del 9 luglio (Ms.
marciano italiano, VII, 1097); una lettera del Villamus al duca Ottavio dalla Sa-
moggia, del 12 luglio (Carteggio Farnesiano); ecc.

(2) Dispaccio del Navagero del 4 luglio ‘56.

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EITHER E ta RE air,
‘ che impediva, bensi, il passaggio dei vassalli al servizio di

ASCANIO DELLA CORNIA, ECC. 267”

altri principi, ma non dava a lui il mezzo di guadagnarsi il
vivere con il suo mestiere, non ostacolasse il disegno. Ma
anche questa colpa aveva una attenuante nel fatto che di-
chiarazione formale di guerra non esisteva ai primi di lu-
glio, ed anzi, con la venuta a Roma di Ferrante di Sanguine,
poteva credersi aperta una via di qualche accordo, almeno
temporaneo (1). Insomma che tra il Della Cornia e Garcilasso
si fosse ordito un tradimento tale da mettere in pericolo la
sicurezza dello Stato è da escludersi completamente: il primo
non aveva rigettato l’idea di servire gli imperiali, ma solo
con il suo braccio e per la speciale circostanza di non tro-
varsi assoldato dal Papa, l’altro non aveva chiesta se non
la cooperazione personale del condottiero -ai disegni del suo
Re, accettando la limitazione del servizio in altri luoghi che
non fossero il Regno.

L’accusa tardiva di comunicazioni da parte di Ascanio
a Garcilasso di deliberati del Consiglio di guerra del Papa
resulta, fin d’ora, una assurdità.

Garcilasso il 9 fu posto in Castello: a mezzo mese ebbe
ristretta la prigione per un tentativo che si disse fatto da
lui per evadere (2): consigli di guerra ai quali intervenisse
Ascanio non poterono esservene prima del 20 circa, prima
cioè che egli avesse il carico militare che vedremo: come
dunque avrebbe rivelato segreti tanto importanti alla sicu-
rezza dello Stato ecclesiastico ?

Ma procediamo ormai passo passo nel racconto.

(1) Cfr. una lettera del 10 luglio del Buoncambi al duca Ottavio (Carteggio Far-
nesiano): «...Hiersera arrivo qua da la Corte cesarea il sig. Ferrante di Sangue
mandato già da N. $.; per ancora non si sa quello che habbia portato... ». Vedi pure
una successiva lettera del 4 di G. A. Facchinetti al Cardinal Farnese (Carteggio
Farnesiano), dalla quale si ricava che l’incarico di Ferrante era quello di esortare
il Papa a sospendere la fortificazione di Paliano per non costringere il Re a pre-
stare aiuto a Marcantonio Colonna.

(2) Dispaccio del Navagero del 17 luglio ’56.

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G. COGGIOLA

Come dicemmo, il Tassis, maestro delle poste imperiali,
veniva carcerato il 7, in seguito alla cattura di un suo cor-
riere presso Terracina. Costui, andandosene in attitudine so-
spetta con la valigia della corrispondenza (1), aveva richiamato
l’attenzione dei pontificii, che, fermatolo, gli trovarono ad-
dosso, fra altro, tre lettere: una del maestro stesso delle
poste, che, in previsione di prossimi acquisti territoriali del
Duca d'Alva, chiedeva la commissaria di Terracina; un'altra
di Garcilasso cifrata e un’altra pur di Garcilasso a chiare
lettere, nella quale si esortava il Vicerè ad avanzarsi ardi-
tamente su Roma e si censurava come inetto il Marchese di
Sarria. Tanto almeno comunicava ufficialmente al Navagero
il Duca di Paliano, d'ordine del Papa, dopo l’arresto di Gar-
cilasso; e tanto si veniva anche pubblicamente a conoscere
in Roma poco dopo il fatto (2).

Nè, fin qui, si ha ragione di credere diversamente. Gar-
cilasso, infatti, forse anche stizzito dal contegno irresoluto
dell'ambasciatore imperiale, che alternava gradassate e atti
di soverchia remissione (3), si era con poca prudenza lasciato,

(1) Cfr. la lettera al duca Ottavio del Villamus, dalla Samoggia, ai 12 aprile,
già citata: « ... Il sig. Ambasciatore [Tournon] m'havea dato carrico rifferire a
V. E. l'affettione che egli ha allo servitio suo, con dargli ragguaglio di certe cose
in Roma nuovamente succedute, come della presa d'un corriero dell' Imperatore,
quale camminando a piede con la valigia sotto il braccio per andare a Napoli piü
secretamento fu preso vicino a Terracina... ».

(2) Vedi la lettera del Navagero del 9 luglio '56; quella del Facchinetti del-
1° 8; ecc. i 1
(3) Dopo la violenza e le scenate fatte dal Marchese al principio di aprile, per
l'impedimento postogli dai custodi di una delle porte di Roma ad uscirne, riesce
certo abbastanza strana la notizia di una lettera del Facchinetti dei 23 giugno
(Carteggio Farnesiano) « ...Qui si sta con molto timore: l'ambasciatore di Spagna
andò sabbato [21] da N. S., accompagnato nel andar e nel ritorno dal sig. Don An-
tonio. Il Cardinal S. Jacomo l’introduse : N. S. l'abbraccio et baciò et la accoglienza
et udienza fu pubblica e presenti sempre tutti i cardinali di segnatura, né si ra-
gionò di faccende.. ». Evidentemente si trattò di una specie di pubblica giustifica-
zione offerta dall'ambasciatore al Pontefice per l'atto appunto dell’ aprile; e certo
anche il contezno del Marchese di Sarria fu in seguito molto remissivo se il Papa
ne faceva quelle lodi che vedremo. L'ambasciatore chiese licenza di partire da
Roma proprio quando la sua presenza era divenuta incompatibile con i rapporti
fra la S. Sede e i suoi sovrani,
269

ASCANIO: DELLA CORNIA, ECC.

qualche giorno innanzi, uscir di bocca che fra un paio di
settimane nel Regno di Napoli tutto sarebbe stato all'ordine
per una punta su Roma dell'esercito imperiale, dacchè, oltre
i 4000 fanti spagnoli e là cavalleria già in essere, si prov-
vedeva alla formazione di 8000 fanti italiani (1).

Dunque é assai probabile che sentimenti bellicosi ma-
nifestasse al Duca d'Alva, e che avesse trasfuso anche in
altri agenti del suo signore la fiducia in un' impresa risoluta
del capitano spagnolo, nonostante le trattative iniziate da
Ferrante di Sanguine.

Naturalmente, in seguito alla scoperta, il primo colpito fu
il Tassis, contro il quale, ritenuto con tutta la sua famiglia,
si iniziò subito un rigoroso procedimento penale (2). Contro
Garcilasso si indugió per qualche po’ ogni azione, non certo
per riguardo al carattere suo di ambasciatore, ma per aver
maggior chiarezza dei suoi maneggi e del significato delle
lettere cifrate rinvenutesi. Si capisce pure che la ritenzione
si volle compiere con il minor strepito possibile, considerato
che in ogni modo una solerte vigilanza intorno a lui avrebbe
impedita la sua fuga. Intanto il Tassis, senza complimenti,
veniva sottoposto alla tortura e costretto a confessare quanto
sapesse (3).

I suoi esami non li conosciamo in una forma autentica,
ma, in quella vece, possediamo un « Sommario delle con-
fessioni di Giov. Antonio Tasso » che offre qualche interesse
e che par derivato da fonti attendibili (4). L'accusato avrebbe
risposto « Che il sig. Marcantonio Colonna è ritornato da
Venetia a Napoli e ch’ era venuto con lui il maestro di
campo Aldano, con ordine che fusse rimesso il detto s. Mar-
cantonio nel suo stato; e chel Duca d’Alva haveva fatto

(1) Dispaccio del Navagero del 4 luglio.

(2) Lettera del Facchinetti dell'8 luglio più volte citata.

(3) Dispaccio del Navagero del 9 luglio più volte citato.

(4) Ms. parmense di Miscellanea storica, 413, di cui vedi l'indice in Appendice
al nostro Paolo IV e la capitolazione segreta. di Cavi.

e

x

sE.
270 G. COGGIOLA

provisione di m/600 scudi, delli quali la Regina di Polonia
ne li dava m/300 e li altri m/300 li haveva pigliati da mer-
canti in Napoli; e che ad esso Gio. Antonio gli era stato
promesso di farlo commissario di Terracina, Velletri e Pi-
perno, caso che gl’ imperiali si fussero impadroniti di dette
terre: questo gli era stato promesso, cio è di agiutarlo, da
Garcilasso e da licentiato Baezzo, e che già ne havevano
scritto al s. Duca d’Alva; e si sono trovate lettere del detto
Gio. Antonio dirette a Napoli nelle quali domandava che gli
fusse fatta gratia di farlo commissario della maritima e di
Terracina e Velletri. Che Garcilaso e licentiato predetti gli
hanno detto che verrebbe un essercito di m/10 fanti per
campagna, m/34 /?/ fanti per l'Abruzzo e le galere imperiali
a Nettuno, le quali galere si doveano trovare alli X di questo
a Napoli e d’indi partire per questo effetto; e che le galere
erano da 35 in 40; e che gli dicevano che queste genti si
rimetteranno in Marino et in altri luoghi d'intorno e che
verriano fino alle porte di Roma, e che in Roma ancora, se
potessero; e che haveriano fatto prova di pigliar Paliano
S'havessero possuto, haveriano lasciato gente intorno a Pa-
liano e sariano venuti con l'altre genti su le porte di Roma;
et che havevano in essere 1600 cavalli leggeri e 350 huomini
d'arme. E che il Duca d’Alva haveva scritto al Marchese,
ambasciatore di S. M., et a Garcilasso et a licentiato prefati
et al cardinale S. Jacomo che si partissino di Roma in quel
modo che potevano, chel medesimo gli haveva mandato a
dire a bocca per un gentilhuomo, perchè non si poteva la-
sciar di rompere con S. S.; e chel Marchese non voleva par-
tir di Roma in conto aleuno sintanto che non haveva la rot-
tura. E chel detto Garzilas e licentiato Baezzo gli havevano
detto che quelle genti che venivano sulle galere pigliariano
Nettuno, correriano la maritima e pigliariano Piperno, Ter-
racina e Velletri; e che esso Giov. Antonio, il qual dice che
si volea partir ancor lui di Roma, all'hora saria stato com-
missario di detta maritima et di dette terre; et gli dicevano
Es " -

ASCANIO DELLA CÓRNIA, ECC. 211

che dette terre non erano forti et si pigliariano facilmente;
e chel Duca di Fiorenza era stato avvisato dal Duca d'Alva
che volesse stare in ordine, e chel medesimo aveva scritto
al cardinal di Burgos che sta in Siena: e chel Duca dovea
mandar la paga a quei soldati; e che Marcantonio Colonna
haveva a governare il detto essercito insieme col mastro di
campo Aldano. E che li detti Garzilas et licentiato Baezzo
havevano fatto mandare da esso Giov. Antonio piü pedoni
alla volta di Napoli con lettere, acció che le cose non si
scoprissero et non s'havesse a dimandar licentia di poter
uscire da Roma, essendo stato fatto un ordine che non
eschino corrieri o staffette senza licenza ».

Verificatosi, o meglio accertatosi, per l'interrogatorio
del maestro delle poste, che l'opera di Garcillasso si era
esercitata anche ad eccitare gli animi di quante persone
erano in Roma dipendenti dall’ Imperatore o dal Re catto-
lico, non si attese oltre a porre le mani anche su lui. E
l'occasione venne assai opportuna. Il 9 di luglio il Marchese
di Sarria, evidentemente per chieder ragione dell'atto papale
contro il Tassis, si recava alla Corte; e lo seguiva Garcilasso,
il quale forse ignorava ancora che l’ arresto del Tassis era
stato determinato da quello del corriere di Terracina; ma
non dovette meno far uso di notevole franchezza nel pre-
sentarsi a Paolo IV, dacchè era ovvio sospettare che qualche
grave motivo avesse influito sulla decisione del Papa.

Due: ore stette in colloquio con lui il Marchese, e non
sappiamo se dal Pontefice, abilissimo nel discorrere senza
nulla rivelare, riuscisse ad avere gli schiarimenti richiesti.
Alle ventun'ore veniva licenziato e scendeva dagli apparta-
menti papali per la lumaca di Belvedere assieme a Garcilasso;
ma ecco, d'un tratto, costui vien ritenuto e menato in Ca-
stello, mentre l'ambasciatore imperiale, dolorosamente stu-
pefatto, dovè, senza esperire altri tentativi, ritirarsi. E prima
ancora che si potesse riavere dalla impressione subita, e
disporre la distruzione di carte e di documenti, in qualsiasi
2792 G. COGGIOLA

modo compromettenti, del ministro di Filippo II, Paolo IV
mandava il governatore della città a casa del cardinal Pa-
cecco, ospite di Garcilasso e principalissimo aderente del par-
tito imperiale, a sequestrare tutte le scritture dell'agente spa-
gnolo (1). Ciò fatto, al termine dell’ ordinaria congregazione,
il Duca di Paliano dichiarava, in quella forma che poco in-
nanzi ricordammo, le ragioni dei provvedimenti al Navagero
e forse agli altri ministri che attendevano la udienza. È fa-
cile immaginare la meraviglia che la rivelazione dovette
produrre tra quei personaggi: essi vedevano arditamente
violato il principio della intangibilità di un ambasciatore (2);
e tutti dovevano pur calcolare le conseguenze di un simile
precedente, anche quelli che forse dell’ accidente capitato a
Garcilasso avevano interesse di rallegrarsi.

Senonchè ad accrescere la meraviglia si aggiungeva,
senza indugio, un altro atto di non minore importanza. La
mattina del 10 Ippolito Capilupi, agente del Cardinale di
Mantova, era a sua volta arrestato e condotto in Castello ;
e contemporaneamente era perquisita l'abitazione del Car-
dinal di Fano, anch'egli noto e principale fautore degli impe-
riali (3). Il caso del Capilupi sollevò commenti animatissimi ;
e il Navagero ci attesta che non solo dispiacque per la qua-
lità dell’uomo, apprezzato per il suo carattere e i suoi me-

(1) Tutta la narrazione da una lettera del Facchinetti, del 10 luglio, al Card.
Farnese (Carteggio Farnesiano).

(2) Il Duca d'Alva nella Istruzione al conte di S. Valentino per andare a Paolo IV,
del 24 luglio (NonEs, pag. 391; Duruy, pag. 138) si doleva fortemente di questa vio-
lazione degli usi diplomatici: «... Come S. S. molto bene può sapere, ó costume
ordinario che li vassalli et creati di Principi li quali si tengono alle corti per tale
effetto scrivano alli loro Re, et ministri ancora, ciò che alloro servitio giudicano
convenirsi. Et quando quelli sono tali che alli principi nelle cui corti sono non
contentino altro castigo non si suol dare che comandar che eschino dalla corte et
stati suoi et dolersi con li patroni loro delle cagioni che date li sono di risentirsi;
che si lascia di dir molte cose di gran consideratione per esser ben note a 8. S, ».
(3) Cfr. una lettera del Buoncambi degli 11 ad Ottavio Farnese, da Roma (Car-
teggio Farnesiano).

2 m— "uu
ASCANIO DELLA CORNIA, ECC.

riti reali, ma anche per l'esempio che parve non privo di
serii pericoli (1).

La determinante dell'arresto va senza dubbio ricercata
nella confessione del maestro delle poste, assai più ampia e
particolareggiata, com’è naturale, che non il sommario da
noi poco avanti. riprodotto; il motivo poi del mantenimento
della cattura nella consapevolezza che resultò a carico del
Capilupi dei disegni di Garcilasso e delle lettere da lui scritte
al Duca d'Alva (2).

« Ms. Hippolito Capilupi (dice la nostra fonte (3)) nell'es-
samine suo dice il medesimo che dice Gio. Antonio; e che
Garzilas ha fatto ancora con esso li medesimi raggionamenti
detti di sopra, e che di più Garzilas li disse che li pareva
facil cosa di pigliar Roma perché le forze dell’ Imperatore
li stimava molto maggiori che quelle di S. S. e che si poteva
assaltare da più bande, massimamente chel Re di Francia a
questi tempi non poteva darli soccorso così presto e che non
haveva in questa parte gente forastiera nè gente d’arme... ».

Tanto bastava per dar corpo allaccusa di complicità
del letterato mantovano nei maneggi dell’agente regio, ac-
cusa destinata, alla sua volta, a giustificare il lungo periodo
di prigionia cui andò incontro il Capilupi.

A questo proposito l’ultimo suo biografo narra dei par-
ticolari abbastanza interessanti, che però rimangono per noi
poco chiari e bisognosi di quella delucidazione che solo au-
tentici documenti, riportati per intero e giustamente valutati,
potrebbero dare. Dice l’ Intra (4) che gli sforzi degli alti pro-

(1) Dispaccio del Navagero pure degli 11 luglio.

(2) Cfr. in proposito lo studio dell' INTRA: Di Ippolito Capilupi e del suo tempo
(Archivio storico lombardo, XX, 1893) ove sono riportate lettere del Capilupi stesso,
del nipote di lui Alessandro, del Duca di Ferrara, ecc., dalle quali resulta la consa-
pevolezza dell'agente dei Gonzaga dei disegni di Garcilasso ed il suo zelo nell in-
formarne i padroni.

(3) Ms. parmense 413 citato: brano posto a seguito del Sommario della, con-
fessione di Gio. Antonio Tasso.

(4) INTRA, opera citata, pag. 95 e segg.

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914 G. COGGIOLA

tettori di Ippolito, subito fatti per procurare la sua libera.
zione, riuscivano indarno, quando si presentò a lui una pro-
pizia occasione per ingraziarsi il Pontefice. « Erano cadute
nelle mani del Papa alcune lettere scritte in cifra dal Gar-
cilasso al Duca d’Alba: premendo assai conoscere il conte-
nuto di quelle lettere, che si supponeva dovesse essere della
più grande importanza, e nessuno in Roma trovandosi in
grado di decifrarle, si pensò di ricorrere al Capilupi, abilis
simo in siffatta operazione, promettendogli il Pontefice non
solo la libertà ma anche di prenderlo al suo servizio e di
fargli altre grazie che potesse chiedergli. Il Capilupi, e per
riconquistare la libertà e per far cosa grata al Pontefice,
aderì all'invito e ottenuto subito tutto il necessario per scri-
vere, che fino allora gli era stato negato, si accinse alla de-
cifrazione, e in due giorni fini il difficile lavoro: ma da quelle
lettere appariva che tramavano in Roma ai danni del Pon-
tefice Camillo Colonna e Ascanio della Corna di concerto col
Duca; conosciuta la qual cosa da Paolo IV quei due genti
luomini sarebbero certamente stati presi e mandati al pati-
bolo; e il Capilupi, a evitare una tanta catastrofe, facendo
sfregio alla sua abilità di decifratore, disse che ad onta di
tutta la sua buona volontà non era riuscito a decifrare quelle
lettere, rinunciando così alla sua liberazione per non tradire
gli amici. Anzi fece di più: valendosi del necessario per scri-
vere che nascostamente si era trattenuto, riuscì a far sapere
a quei signori il loro pericolo, pregandoli a mettersi imme-
diatamente in salvo, come essi poi fecero. Bisogna dire che
il Pontefice non abbia creduto a questa asserita incapacità
del Capilupi a spiegare quelle lettere, perchè egli continuò
a mautenersi duro contro di lui e resistette sempre a tutte
le pressioni che da ogni parte gli si facevano perchè lo la-
sciasse in libertà. Rimase quindi il Capilupi recluso in Ca-
stel S. Angelo per 13 mesi, e solo potè uscirne nel settem-
bre del 1557, quando, cioè, essendosi conclusa la pace tra
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ASCANIO DELLA CORNIA, ECC. 275

Paolo IV e Carlo V, questi (1) chiese ed ottenne la sua scar-
cerazione ». L'autore attinge in tutto il suo studio a docu-
menti mantovani, e precisamente dell'Archivio privato Capi-
lupi e dell'Archivio Gonzaga; ma per quest ultimo brano né
riporta nè cita testimonianze. Ciò non vuol dire che non
ne abbia avute; ma a noi sembra di poter asserire che o i
documenti adoperati non lasciano fissare la verità esattissi-
mamente o il biografo ha dato loro una interpetrazione meno
curante dei minimi particolari.

Lasciamo pur da parte il fatto che, secondo i resultati
nostri, i rapporti fra Garcilasso ed Ascanio non assunsero
l'aspetto di trame ai danni della Sede apostolica; e conside-
riamo piuttosto alcune altre inverosimiglianze del racconto
riferito. Secondo si può ricavare dal contesto della narra-
zione dellIntra (poichè mancano date), l'invito rivolto al
Capilupi di interpetrare le lettere cifrate di Garcilasso sa-
rebbe avvenuto abbastanza tardi, cioè dopo replicati tenta-
tivi del Cardinal di Mantova e degli amici per ottenere la
sua liberazione. Anzi, a rigore, si dovrebbe ritenere che
l'invito stesso fosse fatto nell'agosto (2), cioè quando Ascanio
della Cornia era già al campo del Duca d’ Alva: e ciascun
vede che, se così fosse, cadrebbe tutto quanto è detto della
nobile azione dell’ agente mantovano. Ma pur ammesso, per
lincertezza dei dati cronologici, che l’ Intra intendesse rife-
rire quel brano della sua trattazione alla fine di luglio, non
apparisce molto più probabile la cosa. I dispacci a segni
convenzionali di Garcilasso erano nelle mani del Papa fin

(1) Qui all’ Intra é sfuggita una grossa svista: nel settembre 1557 Carlo V era
da più che un anno appartato affatto dai negozi nel suo monastero di Spagna. La
guerra contro il Papa e il successivo accordo furono, com’è noto, condotti esclusi-
vamente a nome di Filippo II.

(2) Il brano da noi citato viene materialmente dopo la narrazione dell’ arrivo
a Roma, nell'agosto, del segretario mantovano Arrivabene, mandato appunto per
chiedere la liberaziane del Capilupi; e anche logicamente parrebbe che l' invito a
questo si effettuasse dopo quella venuta, dicendosi, come a seguito del racconto:
« Ma quello che non ottenevano gli alti suoi protettori... ».
276 G. COGGIOLA
dal 7 di luglio, e, posto che non fossero decifrati subito,
dovevano pur eccitare grandemente la curiosità di Paolo IV
e dei suoi ministri. Pertanto, se il tentativo presso il Capilupi
ebbe luogo, non lo si capisce che immediatamente dopo l'ar-
resto di lui.

E d'altra parte, supponendo per un istante questo, poi-
chè il Capilupi avrebbe letto in tempo assai breve le lettere
cifrate ed avrebbe tosto avvertito gli interessati del pericolo
che li minacciava, come ammettere che Ascanio, reso ac-
corto fin dal 12 o 13 di luglio del pericolo che gli incom-
beva, non solo non si mettesse in salvo, ma accettasse, dopo
diversi giorni, un comando dal Pontefice? Ancora aggiunge
argomento alla dubbiezza nostra sul racconto dell’ Intra que-
st'altra considerazione. Il Capilupi doveva alle rivelazioni
del maestro delle poste la sua prigionia; in quanto costui,
posto alla tortura, non aveva saputo mantenere il segreto
sui varî personaggi che si erano trovati in nascoste tratta-
tive con Garcilasso. Ora perchè il Tassis non mise mai fuori
ìl nome di Ascanio assieme a quello dei complici? Eppure
ne dovette specificatamente venir richiesto, e per naturale
sospetto della Corte, e tanto più se fu vero che, dopo la cat-
tura di Garcilasso, il Perugino mostrasse al Duca di Paliano
una polizza in cui lo si avvertiva, in cattivo spagnolo, di
stare in guardia (1).

Non è difficile il credere che Ascanio, per tastar terreno
e forse per avviare una preventiva giustificazione della pro-
pria condotta, nel caso che il suo nome fosse comunque ap-
parso nelle scritture sequestrate, facesse un simile passo
presso il Duca; ma è altrettanto ovvio l’immaginare che
questi, rispondendo in maniera evasiva per non avere an-

(1) Vedi lettera del Navagero del 27 luglio '56 con la relazione del Duca di Pa-
liano sul caso del Della Cornia. « ... È ben vero che, quando fu preso Garcilasso,
[Ascanio] si vide smarrito et andar come fuor di sé; mi portò una poliza in spa-
gnolo con litera cativa ch'el dicea ch'el scorrea pericolo di esser ritenuto: li risposi
che attendesse a servir da homo da bene et non dubitasse... ».
ASCANIO DELLA CORNIA, ECC.

cora indizi contro il Della Cornia, cominciasse da quel mo-
mento a scrutare con raddoppiato zelo sulla possibile com-
partecipazione di lui ai disegni di Garcilasso. Ora, come
dicevamo, il fatto che il Tassis tacesse assolutamente di
Ascanio è una riprova che il nostro capitano non ebbe se
non quella intervista con l'inviato di Filippo II del 5 o 6
luglio, e si tenne estraneo a quei maneggi nei quali pur
qualche parte ebbe il Capilupi. E perciò crediamo di non
poter attribuire completa fede alla narrazione del biografo
di quest'ultimo, la quale contrasta con altri elementi di fatto
da noi raccolti e già parzialmente esposti. Ché se pur la
narrazione medesima ha, secondo antecipammo, base su te-
stimonianze documentali che non si citano, noi possiamo
pregiudizialmente infirmarne il valore, osservando che tutti
i particolari relativi alla generosa rinunzia del .Capilupi di
proeurare la propria libertà non poterono certo esser da lui
stesso trasmessi dal carcere e immediatamente ai. suoi pa-
droni o protettori; che, di conseguenza, o sono tardive remi-

niscenze poco sicure o, meglio ancora, creazione di qualche

amico o partigiano, per mettere in bella luce le qualità di
animo del ministro mantovano.

Invece su dati abbastanza numerosi e rigorosamente
.controllabili noi possiamo avanzare il nostro esame che ci
condurrà a risultati alquanto diversi e forse più prossimi al
vero.

L'11 di luglio, cioè il giorno successivo all’ arresto del
Capilupi, quando un primo esame già era stato fatto di tutti
e tre i principali detenuti, Paolo IV radunava congregazione
generale a Palazzo. « Hoggi a 20 hore (scriveva al duca Otta-
vio Farnese il Buoncambi (1)) è stata congregatione a Pa-
lazzo di tutti i cardinali con tutti gli ambasciatori di prin-

(1) Carteggio Farnesiamo. Con. la relazione del Buoncambi concorda affatto,
nella sostanza, un dispaccio del Navagero, pure degli 11, che però reca minor nu-
mero di particolari,
278 G. COGGIOLA

cipi, a li quali N. S. ha detto in sustanza che Garzilas no-
minatamente cercava di fare un grande assassinamento a
questa S. Sede et in tempo che da S. B. si procurava la
pace et la quiete pubblica, ma che insieme S. 5. sa che tutto
questo non é con partecipatione alcuna del sig. Marchese,
ambasciatore dell’ Imperatore, il quale ha fatti sempre boni
offitii per questa S. Sede da honoratissimo cavalier come
egli è et da buon servitore dei suoi principi: che la S. Sede
diputerà cardinali insieme con il sig. Duca di Paliano, i quali
habbino a veder tutto, dai quali poi intenderanno questo tra-
dimento et ne potranno poi dar conto alli principi loro pa-
droni; voltandosi poi con parole tutte piene di sdegno con
la casa Colonna, la quale è stata sempre infensissima a que-
sta S. Sede, affermando che S. B. non ha pensiero di offen-
der nessuno ma che si vuol provedere per non essere of-
feso... ».

Se già l' 11 il Pontefice poteva pubblicamente dichiarare
che il Marchese di Sarria era da ritenersi estraneo alla colpa
di Garcilasso, vuol dire, ci sembra, che i suoi fiscali avevano
radunato elementi sufficienti per un giudizio su quella specie
di complotto che si presumeva aver scoperto in Roma.

Ma certo altri progressi nell’ermeneutica delle cifre erano
compiuti alcuni giorni dopo, quando Paolo IV a tavola fie-
ramente rinnovava le minaccie contro tutti quelli che « a
danno di Roma havevano havuto intendimento col sig. Gra-
cillas » (1). Un atto di rigore contro Ascanio, per quanto in
ogni modo ingiustificabile, si spiegherebbe a questo punto;
perchè senza dubbio la risposta di lui alle profferte dell'a-
gente di Filippo II si conteneva nei documenti sequestrati
al corriere di Terracina, che prima di tutti gli altri dove-
vano richiamare l’attenzione del governo papale. Ma nulla
di tutto ciò si verifica: anzi passano ancora quattro o cinque

(1) Lettera del Facchinetti al cardinal Farnese del 15 luglio di Roma (Carteggio
Farnesiano).
ASCANIO DELLA CORNIA, ECC. FIR

giorni; ed ecco, invece di castigo, affidarsi al Della Cornia
il tanto indugiato impiego militare. Noi saremmo quindi
tratti a concludere che le rivelazioni delle lettere prese al
Tassis ed a Garcilasso, come non intaccavano l’onore di lui,
così non avessero determinato un intempestivo atto di se-
verità della Corte romana, la quale anzi, con abile dissimu-
lazione, avrebbe cercato di accaparrarsi amico un personaggio
che non giudicava tanto compromesso da doverlo trattar
senza più da nemico.

Senonchè il Duca di Paliano, nella solita sua dichiara-
zione al Navagero, attesta esplicitamente che quando Ascanio
era già partito di Roma per Velletri « dalle lettere di Gar-
cilasso decifrate et dalla sua confessione si intese che Asca-
nio era stato a ragionamento con lui, et prima che havesse
alcun grado et dopo haver... ». L'assoluta impossibilità che
quest'ultima asserzione fosse vera, per le ragioni cronologi-
che più volte enunziate, getterebbe l'ombra del dubbio anche
sulla prima, pur se non avessimo altri plausibili motivi di
negarle fede; ma infine si tratta di una questione secondaria.
Certo più riprovevole resulterebbe per la sua condotta la
Corte pontificia se dopo aver (come incliniamo a credere)
valutato nella giusta misura quella breve e non seguita trat-
tativa fra Ascanio e Garcilasso, avesse, per tarda resipiscenza
o per vedute meno decorose (secondo non si mancò di accen-
nare (1)), agito contro Ascanio, che ormai serviva fedelmente
la S. Sede: ma non sarebbe ugualmente lodevole se venuta
a cognizione dei rapporti non incriminabili fra i due perso-
naggi, quando il Della Cornia era a Velletri, avesse, con
procedimento poco leale ed aperto, cercato di averlo nelle
mani. L’ essenziale è però il vedere come si comportasse
Ascanio in tutta la faccenda, l'appurare se egli, esponendosi
a subire in seguito alla sua fuga il pubblico giudizio, natu-

(1) L'accusa fu raccolta, come vedremo, da Alessandro ANDREA nella sua Guerra
di Campagna di Roma. Venezia, 1560.
280 G. COGGIOLA

ralmente poco favorevole da parte dei più per la mancanza
di dati sicuri sui quali fondarlo, potesse con tranquilla co-
scienza dire di aver serbata la libertà e non perduto l'onore
di soldato.

Intanto nulla di men che corretto è da rinvenirsi nel-
l'accettazione da lui fatta di soldo militare dal Papa, perché
la parola data a Garcilasso non era assolutamente impegna-
tiva e passati i cinque giorni di attesa, senza che fosse giunta
conferma delle trattative dal Duca d'Alva, nessunissimo vin-
colo gli impediva di servire da onorato suddito il Pontefice.
E che fedelmente compisse il dover suo sono prova le atte-
stazioni del medesimo Duca di Paliano che non tarderemo a
riportare, come poi l’ esposizione dei particolari relativi al
suo precipitoso scampo a Gaeta, mostreranno, di per sè, che
Ascanio non aveva nè maturato nè abbozzato un disegno di
grosso tradimento, quale gli si volle attribuire.

Ma come ebbe il nostro capitano la cura di Velletri e in
quali circostanze e con quali incarichi? In breve spazio dob-
biamo riassumere queste ultime notizie.

Gli arresti clamorosi dei primi di luglio avevano per
conseguenza (più naturale di quanto a prima giunta non
sembrerebbe) prodotto una specie di apparente tregua nelle
minaccie e negli ostili movimenti delle due parti.

Il Papa non aveva interesse a spingersi troppo innanzi
con le provocazioni, sia per non esporre imprudentemente
la S. Sede e Roma ai pericoli di una subita avanzata delle
forze imperiali, sia per non venir meno alla politica (seguita
del resto poco scrupolosamente) dell’atteggiarsi a vittima.
D'altro canto il Duca d'Alva giocava allo stesso gioco; e,
sebbene si trovasse forse pronto un esercito sufficiente ad
impresa di qualche effetto, non desiderava, per un eventuale
vantaggio materiale, rinunciare al vantaggio morale derivante
da una pazienza condotta ai confini estremi. Invero tanta
longanimità si stenta a ben comprendere quando si consideri
d — m

r

ASCANIO DELLA CORNIA, ECC. 281

non solo la generica volontà di Carlo V di prevenire, piut-
tosto che attendere, le aggressioni papali; ma anche il di-
Scorrere di guerra che alla Corte francese si faceva ormai
senza mistero e l'imminenza colà dichiarata dell’ invio di
forti aiuti militari.

Però sempre nella natura circospetta e temporeggiatrice
del Viceré si deve ricercare la causa dell'eccessivo protrarsi
degli indugi, come nella profonda, per non dire ostentata,
sua riverenza allautorità della chiesa si deve trovar la ra-
gione delle proteste di devozione fatte poi al Collegio dei
cardinali nel suo primo avanzarsi nel territorio della S. Sede.

A mezzo luglio, dunque, noi assistiamo a speciose, per
quanto inutili, pratiche di accomodamento, e vediamo ini-
ziarsi un andirivieni di messaggeri tra Napoli e Roma con
proposte e .controproposte, intorno alle quali mostravasi di
seriamente discutere ancora quando le due forze nemiche
quasi si campeggiavano.

‘Paolo IV il 13 o 14 luglio nominava una solenne com-
missione composta dei cardinali Bellay, Carpi, Morone, Sa-
raceno, Savello, S. Fiore, assieme a tutti gli ambasciatori
dei principi e al Duca di Paliano, perché vedessero di com-
porre le differenze e trattassero di accordo (1). Il 14 stesso i
personaggi deputati si riunivano in casa del Decano e quivi,
propostasi da lui la questione, il Rev.mo di Carpi mise per
primo innanzi il parere che convenisse pregare il Duca d'Alva
di soprassedere a qualsiasi mossa d'armi, finché con azione
concorde da piü parti, si cercasse di togliere le speciali ra-
gioni di animosità fra l Imperatore e Re cattolico e il Papa.
Accettatasi con favore generale la proposta, l'ambasciatore
francese insistette nel far notare che intenzione del suo Re
era solo di difendere il Papa da offesa altrui; e, a sua volta,
il Marchese di Sarria proclamó che egli personalmente si

(1) Cfr. una lettera del Facchinetti al Card. Farnese, dei 15 luglio, nel Carteggio
Farnesiano.

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era sempre adoperato per la pace, che i suoi padroni non
avevano alcuna nimica disposizione contro il Papa ed i suoi,
che, infine, buon principio di una intesa sarebbe stata la li-
berazione del Tassis e di Garcilasso, l'arresto dei quali non
poteva che sinistramente impressionare i due sovrani (1).
La conclusione del primo colloquio si fu che Ferrante
di Sanguine parti il giorno stesso per Napoli a tentar l'animo
del Viceré, il figliuolo di lui fu spedito alla Corte dell'Impera-
tore (2), il Duca di Paliano s'ebbe ed accettó, quantunque poco
allegramente, l' incarico di esporre allo zio il desiderio che
i due prigionieri rammentati venissero riposti in libertà (3).
Ma il Papa da quell'orecchio non ci sentiva: non solo
ricusava assolutamente di rilasciare i detenuti, ma, per sal-
vaguardia della propria dignità, non permetteva neppure che
il Collegio dei cardinali scrivesse come corpo al Duca d’Alva
per fargli quelle esortazioni che nell'adunanza si erano com-
binate: scrivesse il Marchese di Sarria esponendo gli inten-
dimenti dell'assemblea e richiedendo delle assicurazioni (4). Di
più Paolo IV, revocando in maniera definitiva quello che era
stato privilegio mai contrastato da mezzo secolo agli amba-
sciatori dei principali sovrani (5), cioè il mantenere un proprio
maestro delle poste in Roma, stabiliva, appunto verso il 15
del mese, che rimanesse solo il maestro delle poste pontificie
ed imponeva a questo, per i maggiori proventi che dal prov-
vedimento gli derivavano, una tassa di 6,000 ducati da co-
stituire un’entrata per i cento cavalieri romani, istituiti a

(1) Tutti i particolari sono ricavati da un dispaccio del Navagero del 14 luglio
(Ms. marciano italiano, VII, 1097).

(2) La notizia, taciuta dal Navagero nel citato dispaccio, é invece fornita dal
Facchinetti nella lettera del 15 luglio, di che poco più in alto.

(3) Dispaccio del Navagero dei 14 luglio.

(4) Dispaccio del Navagero dei 17 luglio.

(5) Cfr. l'Istruzione del Duca d’Alva al Conte di S. Valentino, del 24 luglio '56,
pubblicata anche in Appendice al NonEs (pag. 391): « ... L'aggravio di haver levato
il maestro delle poste di Roma, il quale le loro M. M. et loro antecessori solevano
sopra la memoria di questo secolo tener in Roma... ».
283

ASCANIO DELLA CORNIA, ECC.

guardia particolare della persona del Papa (1). D'altra parte il
Duca d'Alva parlava molto rimessamente ma non era facile
a concessioni. Scrivendo al Duca di Paliano, ancor prima del
ritorno del Sanguine, ostentava di ignorare il nuovo titolo
del Conte di Montorio; e in modo evasivo diceva chei suoi
movimenti di truppa non erano per offesa ma per naturale
e contrapposto agli straordinari preparativi della Corte” di
[6 Roma (2). Rinviando poi Ferrante di Sanguine, che doveva
di poco precedere un altro più ufficiale messaggiero, il conte
di S. Valentino, lo incaricava, a quanto si seppe, di offrire
ricompensa di 20,000 ducati in Regno al Duca di Paliano,
purchè il Colonna riavesse quella piazza e il resto del suo
stato (3).

È facile supporre quale accoglienza . fosse destinata ad
incontrare adesso una proposta di quel genere, quando si
pensi che alla cessione di Paliano i Caraffa a stento, e solo
per una clausola segreta, si lascieranno indurre dopo una
disastrosa campagna che aveva stremato la Sede apostolica
e messo Roma nel più grave dei pericoli; ma tant è; cia-
scuno dei due contendenti, convinto appieno della inevitabi-
lità del conflitto, pretendeva illudere il mondo e forse sé
stesso di esser stato trascinato per forza alla guerra e di
avere offerto all'avversario tutti i più vantaggiosi patti di
accordo.

Intanto peró non ristavano gli armamenti; e questi, che
non potevano passar nascosti, erano la piü patente smentita
di ogni proclamato desiderio di pace (4).

(1) Cfr. una lettera del Buoncambi al duca Ottavio, del 15 luglio, nel Carteggio
Farnesiano.

(2) Dispaccio del Navagero dei 17 luglio, sopra citato.

(3) Cfr. una lettera del Facchinetti al Cardinal Farnese, del 22 luglio, nel Car-
teggio Farnesiano.

(4) Cfr. la citata lettera del Facchinetti del 22 luglio; una lettera del Buon-
cambi, pure del 22 luglio, al duca Ottavio (Carteggio Farnesiano); un dispaccio del
Navagero del 25, ecc.

III N DRITTA
to ce : ce ae er. ems
EE cinese stre args na
984. G. COGGIOLA

Le notizie che in Regno si continuava a far più soldati
di quello che sarebbe stato necessario a guardar le frontiere
diventavano più frequenti di giorno in giorno a Roma, 0,
per lo meno, venivano diffuse con intensità sempre maggiore;
si enumeravano le affrettate provvisioni « di danaro, di fan-
teria e di armata di mare », si diceva che fanteria e riparti
di cavalleria spagnola avessero sconfinato, specialmente dalla
parte degli Abruzzi (1), e dichiarata così, espressamente, la
guerra. Questi ultimi avvisi, forse artificiosamente accre-
sciuti, aumentavano lorgasmo della Corte: si cominciò a du-
bitare di una sorpresa: si cominciò a vedere nel riporto di
Ferrante di Sanguine una specie di ultimatum a breve sca-
denza. Ed ecco corrersi al rimedio dal Duca di Paliano con
nuove imposizioni di tributi, con nuovi e numerosi assolda-
menti di capitani e di gente d’arme (2). Il 18 luglio Camillo
Orsini, chiamato dalla fiducia del Papa, prendeva stanza in
Palazzo e subito il Pontefice decideva di offrirgli il governo
generale di Roma con le più ampie facoltà e con obbligo,
da parte anche dei nipoti, di prestargli obbedienza. L'Orsini,
con accorta modestia, accettava il carico ma non il titolo,
che lo avrebbe messo in antagonismo con i parenti favoriti
di Paolo IV, e tosto si dava con la più grande alacrità a
provvedere ai bisogni.

« Intendo che questa matina (scriveva un agente far-
nesiano il 22 (3)) ha orato in Campidoglio esortando i Romani

(1) Vedi l'Istruzione del Duca di Paliano a Nicola Dini e precisamente in un
periodo che noi riporteremo fra poco per intero, mancando esso nel testo lacunoso
datone dal Duruy. La copia nostra è dal codice 413 parmense della Biblioteca di
Parma.

(2) Cfr. una lettera del Buoncambi al duca Ottavio, del 22 luglio, diversa da
quella, pure del 22, citata sopra: « ... Ho inteso più distintamente che fra hieri et
hoggi si sono spediti 25 capitani et dategli danari et si sono mandati danari a ca-
pitani dove hanno inteso che ne siano di buoni. Gli imperiali danno anche loro
danari a tutta celerità et hanno risposto di far genti per mandare ai confini et non
per offendere... N. S. vole i frutti di un mese di tutti gli offitii... ».

(3) Cfr. la lettera del Buoncambi, del 22, citata tre note innanzi. Sulla chia-
mata dell’Orsini si vedano anche i dispacci del Navagero del 18 e del 25 luglio.
ASCANIO DELLA CORNIA, ECC. 285

di pigliar l'armi prontamente in ogni occasione, poiché per
benignità di Idio et per la prudentia di N. S. si è disco-
verta una tanta rovina ch'era preparata a questa città.
Lui si va affaticando assai nel rivedere le muraglie... ». Alla
fortificazione di Roma, appunto, il valente condottiero dedi-
cava, poi, la massima cura, ed in brevissimo tempo la ri-
duceva in istato da poter offrire una valida resistenza (1).

Contemporaneamente si richiamava in servizio il Della
Cornia e lo si poneva a capo di un corpo mobile di solda-
tesche, incaricato della tutela delle frontiere. « Occorse che
bisognó mandar a riveder Netuno (son parole del Duca di
Paliano nel solito documento dell'ambasciatore veneto (2)); el-
lessi per il più fedele et più pratico Ascanio della Cornia; vi andó
et tornato disse, quello che è in effetto, -che Netuno non si
potea diffender et che non basteriano m/100 scudi a for-
tificarlo; ben soggionse che Veletri era loco atto alla forti-
ficazione et si offeri con m/3 fanti et la cavalleria mante-
nerlo contra qual si voglia impeto, et, quando non potesse più,
abandonarlo et ritirar a mansalva la gente in Roma; si
consultò questo et opinion del sig. Camilo Orsini fu che
fusse ben tenerlo se si potrà, per esser loco grasso, abon-
dante di ogni cosa et vicino a Roma, che saria gran danno
cadendo in man delli inimici, et che Netuno si spianasse
per refarlo poi con comodità nel sito ove altre volte fu dis -
segnato. Subito finita la consulta Ascanio solecitò il partir;
hebbe artigliaria, munition et alquanti fanti [oltre la caval-
leria] et se ne andò... ».

Andò prima del 22 di luglio; e a Nettuno doveva esser
Stato non più che tre a quattro giorni innanzi (3). 1l Duca di

(1) Già citammo, intorno alle opere compiute dall’ Orsini in difesa di Roma,
il libro del Roccur. Ricorderemo qui anche che notizie, sebbene di non grande
entità, si possono rinvenire nella Vita dell’Orsini dell’ OroLoGI (Venezia, 1565).

(2) Ms. marciano italiano, VII, 1097.

(3) Cfr. la lettera del Buoncambi al duca Ottavio, del 22 luglio, ove già dice :
« ... Il sig. Ascanio l' hanno mandato a Velletri; et l'altro giorno v'andorno certi
pezzi d'artiglieria... » (Carteggio Farnesiano).
286 G. COGGIOLA



Paliano molto si riprometteva dell'opera di lui, tanto da di-
chiarare al Navagero, in quei giorni medesimi, poco impor-
targli ormai se gli imperiali avessero fatto i casi loro, dacchè
alla sicurezza di quella comoda e grande terra di Velletri
Ascanio si era assunto di provvedere: questi, poi, era lieto,
come capitano non neghittoso, di aver un'incombenza di
fiducia e di qualche entità. « Il qual sig. Ascanio ha detto
al secretario mio (così il Navagero (1)) ch’el va in loco dove
sarà il primo visitato dalli nemici, chè è loco aperto, abun-
dante et grasso che li farà venir voglia d’ andarvi quando
non la havessero, pur che non mancherà il debito suo et che
ha cara questa occasione per potersi far conoscere... ».

Ma al suo desiderio di mostrar subito qualche effetto
notevole in vantaggio della S. Sede parve un momento op-
porsi il malvolere di quei due capitani di cavalli che addie-
tro avemmo occasione di rammentare.

« Li sig. Bonifacio Sermoneta et Camilo dalla Riccia, i
quali hanno una compagnia per uno di 100'cavalli, si son
lassati intender che non vogliono obedir esso sig. Ascanio
et il Duea di Paliano ha risposto che faccino delle sue
persone quanto li piace ma che mandino le compagnie, per
che quelle sono del Papa... » (2). Pare che l'intimazione del
nipote del Pontefice fosse questa volta precisa, ad evitare
che dissensi e antagonismi personali si risolvessero in pre-
giudizio delle faccende militari affidaie alla esperienza di
Ascanio: certo ebbero per conseguenza che uno almeno dei
capitani abbandonasse il comando, pur senza fare regolare
consegna delle compagnie, come gli era stato imposto. Anzi
ad Ascanio in Velletri giungevano insieme una lettera del
Duca di Paliano (in cui evidentemente dava notizia dell'or-
dine impartito al Sermoneta e a Camillo della Riccia) e al-
cuni soldati, già sbandatisi, della compagnia di quest’ ultimo,

(1) Dispaccio del Navagero del 35 luglio già citato.
(2) Ibidem.
ACI MCI LIS RL A

ASCANIO DELLA CORNIA, ECC. 287 .

desiderosi di venir ancora arruolati. Onde il nostro condot-
tiero scriveva subito la lettera che riportiamo, per mettere

.in evidenza la opportunità di dare a quella gente, senza in-

dugio, un altro capo; e, nello stesso tempo, per informare
la Corte delle mosse dei nemici e dei provvedimenti che già
aveva cominciato a prendere a difesa della terra (1).

—.« Ill"? ‘et Ecce padron mio oss."°. Forsi due hore
prima che io havessi la lettera dell'ecc.^ v. erano venuti
da me tre o quattro soldati della Compagnia del s." Ca-
millo et mi havevano detto che quel luog." con quei pochi
soldati che ha veniva ad alloggiare questa sera in la Riccia,
et che diceva d'haver ordine di dar licenza a tutti: che
quando fusse vero a me pareria che il s." Camillo, con tutto
che havesse voluto lasciar la compagnia, se saria potuto
portar meglio per il servitio di suo padrone, per che il li-
centiar la compagnia di questa sorte senza aspettar che

le sia dato un altro capo non vuol dir altro se non che li

soldati si habbiano a dissolvere et sbandare ; nondimeno,
per quanto hanno detto quelli che hanno parlato con me,
li soldati desiderariano che li fusse dato un capo et servire:
et havendo inteso questo il Conte Napolione ha voluto che
io gli dia licentia per venir questa notte fino a Roma a ten-
tar la sua fortuna, il che ho fatto volentieri per che egli
possa procurare de adimpir il desiderio suo et per che mi
pare che saria servitio di V. Ecc.^ che quella compagnia
non se sbandasse in questi tempi, come credo certo che non
farà se prima che si licentij se le dà un capo; et sapendo
io ch'ella ama il Conte Napolione et ch'egli è un buon ser-
vitore glielo racomando. Io non ho voluto mandar a pigliar
quel luog." per non far rumore in la Riccia et anco per
che tornando in Roma, come dovrà tornare, si potrà farlo
gastigar dal Bargello.

(1) Biblioteca Vaticana. Ms. barberiniano latino 5707 (Vecchia segnatura bar-
beriniana LXI, 16).
G. COGGIOLA

To ho havuto hoggi un avviso che le fantarie fatte di
nuovo nel Regno si sono già cominciate a pagare et che in
Napoli si dice pubblicamente che non s'aspetta altro che le
galere che son fuor per comenciare l'impresa. Io attendo a
lavorar gagliardamente et se haverò tempo XIJ o XV di
spero di far quest’ osso duro, ancor che sia un sito disone-
sto et so della mia oppinione che i nemici non debbano la-
sciarsi questa terra adietro per venir a Roma; ma con
tutto questo se si potesse tener un forte verso la Marina,
come saria Ardia o Hostia o una cosa simile, io ne starei
molto contento et terrei che Roma in quel caso potesse star
sicurissima senza un fante per dubio de i nemici di fuore.

Per l'amor d'Iddio V. Ecc.” vi consideri un poco et lo di-
scorga /sic] con il sig. Camillo. Con che io le bacio humilmente
le mani pregandole ogni felicità. Da Velletri il di XXIJ di lu-
glio del LVI.
Di V. Ecc. oblig." ser.

Ascanio della Corgna.

(AlLIlL"^ et Ecc."^ s.°" mio padrone oss."". Il s.°" Duca di
Paliano, Cap.^ generale di S." Chiesa).

Lo scritto: del Della Cornia acquista importanza non solo
per il fatto che costituisce, con un altro più breve che rife-
riremo tra poco, quanto ci rimane della corrispondenza (del
resto limitatissima) da lui avuta con il Duca di Paliano; ma
anche perché le notizie contenutevi preludono ad altre piü
gravi di una successiva lettera, che non possediamo e che
il nipote del Papa citava ripetute volte nei documenti che
stiamo per esaminare, diretti in Francia. i

L'armata imperiale, la cui azione doveva procedere pa-
rallela a quella delle soldatesche di terra, pare desse segno
effettivo di muoversi subito dopo il 22; e il nostro capitano
ne dava rapida informazione al Duca, il quale già aveva
preparato l’invio in Francia di Nicola Dini, segretario di
i.
Hi

ASCANIO DELLA CORNIA, ECC.

Camillo Orsini, per dare un ultimo eccitamento al Legato e
al Re cristianissimo proprio mentre l’ambasceria volgeva al
termine. La notizia fornita da Ascanio, che, per venire da
un luogo avanzato verso il Regno, aveva anche maggiore
attendibilità, servì ottimamente agli scopi della Corte romana
e venne tosto introdotta nella istruzione rimessa al nuovo

inviato e nelle lettere accompagnatorie di lui. È

Anzi quell’avviso, appunto, conferiva un carattere di spe-
ciale urgenza alle richieste di sollecito aiuto, replicate a sa-
zietà; e il Duca di Paliano accortamente lo faceva rilevare
al Connestabile nello scritto che vogliamo qui trascrivere,
assieme al più importante brano della istruzione al Dini, che
manca precisamente nel testo lacunoso datone dal Duruy (1).

Nella istruzione, prendendosi le mosse dalla proposta
trasmessa da Ferrante di Sanguine al governo papale, di
rilasciare Paliano in cambio di altra terra nel Regno, e mo-
strando che l’ insistenza degli imperiali per riaver Paliano mal
nascondeva l’ intento di tener imbrigliata la Sede apostolica,
si diceva: « Che essi faccino questo giuditio di quello stato
l'hanno mandato a dire espressamente a N. S. per il sig. Fer-
rante di Sangro e si è veduto lanimo loro per l’ essamine
del Capilupi, del Garzillasso e di altri, per il detto dei quali
veggiamo ch’ il Duca d'Alva ha scritto ad alcuni personaggi
che fugghino di Roma perchè non si può più tardare la rot-
tura; oltre a questo si veggono le provisioni di danari, di
fantarie e d’armata di mare: et ultimamente hanno spinto
verso di noi fanterie spagnole e cavalleria, hanno preso huo-

(1) L'uno e l’altro documento noi attingiamo al ms. parmense 413 della Biblio -
teca di Parma. — Le lacune lasciate dal Duruy nella Istruzione a Nicola Dini (pa-
gina 874), poiché non paiono derivare da incompiutezza del ms., riescono assai
strane, in quanto due dei brani mancanti all'autore francese sono di non dubbia
importanza. Ma il fatto che in un punto del testo fanno difetto poche parole, in un
altro poche righe, e il fatto che il Duruy attesta nella Notice sur les sources che il
ms. di cui si serviva era di poco chiara scrittura ci fanno sospettare che la diffi-
coltà da lui inco ntrata nel leggere quei periodi che noi ricordiamo lo inducesse a
trascrivere imperfettamente il documento.
290 G. COGGIOLA

mini dello stato nostro e specialmente Ascolani, la qual cosa
è espressa rottura di guerra; e siamo avvisati, come la V. 5.
può vedere per la lettera del sig. Ascanio della Corgna, che
vengono sopra Nettuno con l' armata a costringerci a mu-
nire quel luogo con infinita spesa o spianarlo, poiché il mu-
nirlo porta lungo tempo; talchè vedendosi la causa della Ls
guerra.tanto potente e gli effetti conformi alla detta causa

non sappiamo che più aspettare a poter dire che la guerra 5
è rotta, se non vogliamo induggiare a dirlo fino a che ci 2
habbino fatto alcun notabile danno. V. S. si mostrerà dunque d
e si sforzerà di mostrare a S. M. et al Contestabile che la P
guerra è in essere come in effetto è ; e perchè molti essaltano È

la bontà del Re Filippo V. S. vede che non se n'é fatta an-
cora prova alcuna se non di parole; e quando pur fosse ot-
timo s' ha d' havere riguardo all' Imperatore, ch'é ancora in
essere, del quale non ci possiamo fidare, havendo S. M. hauto
sempre la persona di N. S. per inimico e quando 5. B. era
in cardinalato et anco prima, come s' è conosciuto nella crea-
tione di S. B., che per l'instruttione che fu data al Lottino
quando il Camerlengo e l Ambaseiatore cesareo lo mandò
a loro M. s'è veduto che havevano havuto pensiero di pu-
nire i cardinali della lor setta che erano concorsi alla detta

creatione... ».

Il Duea di Paliano, poi, rincarava la dose con il Conne-
stabile nella seguente notevolissima lettera, la quale porge,
fra l’altro, una incontestabile prova che quel disegno di in-
vocare l’aiuto dell’armata turchesca (destinato a formare uno
dei principali capi d’accusa contro il card. Caraffa nel fami-
gerato processo del '61) era ventilato e caldeggiato da Roma
proprio quando il Legato se ne trovava assente e la politica
della S. Sede era maneggiata, sotto la diretta sorveglianza E
del Pontefice, dall'altro suo nipote.

« N. S. ha spedito al Re Chris.mo M. Nicola Dini, se-
gretario dell'Ill.mo S. Camillo Orsini per le cause che V. E.
haverà vedute nelle lettere di S. M., le quali non replico
ASCANIO DELLA CORNIA, ECC. 291

per non dargli fatica di leggere il medesimo. Ben la sup-
plico che si degni di considerare che non si può più star senza
aperta guerra, né può essere guerra fra noi e questi di Regno
e di Toscana solamente lungo tempo; e peró pare neces-
sario che S. M. Chris.ma ripigli l'arme e ritorni in quello
che s'era deliberato e capitolato, il che quanto prima si
esseguisce tanto manco tempo si dà all inimici di prove-
dersi, alli quali inimici senza fallo si potrà far danno grande
con molto profitto del Re e di quella corona, come si é mo-
stro molte volte, sopra il qual profitto scriverei più a lungo
e piü diligentemente se non fosse che noi abbiamo per certo
che Mons. Ill.mo Carafa, mio fratello, habbia concluso con
S. M. e con V. E. tutto questo; e credo anco che si sia pen-
sato di farsi superiori alli inimici anco per mare per quelle
vie che si puó fare. E per che questo mi pare che sia d' in-
finito momento, desiderarei che, non s'essendo fatto, si scri-
vesse in Algieri e dove bisogna e similmente in Constanti-
nopoli per haver quell'armata ch'é fuori e potersene valer ora
e ritenerla quest' inverno etc., sopra che supplico V. E. che
interponga il consiglio, et opera et auttorità sua con la M.
Chris.ma e che perseveri, come son certissimo che la farà,
d'esser obbediente et ossequioso figliuolo di N. S. et avvo-
cato e protettore di noi altri suoi affettionatissimi servitori.
Havendo scritto fin qui sono avvisato che l’armata nemica
se ne veniva per pigliar Nettuno e mettere fanterie in terra,
come V. E. potrà vedere per le lettere del Sig. Ascanio della
Corgna ch'io le mando. Quel luogo*^non è tale che si possa
difendere né fortificare senza lungo tempo e spesa, peró se
l| inimiei saranno venuti con qualche forza lo piglieranno, il
che io dico acció che quando V. E. sentisse che fusse preso
non se ne pigli ammiratione né dispiacere ».

Non era forse ancora partito Nicola Dini quando giun-
geva a Roma la nuova che un piccolo corpo di soldati fran-
cesi era sbarcato a Civitavecchia, avanguardia di una prima
spedizione incaricata, intanto, di proteggere lo stato della
| G. COGGIOLA

Chiesa fino all'arrivo di più grosso esercito. « Questa notte
sono arrivate a Civita Vecchia otto galere di Francia con 600
guasconi; oggi espediscono un corriere al Re et per quanto
si crede il Rev.mo Caraffa non sarà qui se non a dieci di
agosto. Queste otto galee tornano subito in Corsica per ri-
portare altretanti guasconi i quali tutti N. S. vole per di
fesa di Roma... » (1).

La venuta delle truppe di Enrico II, per quanto si trat-
tasse per il momento di un numero assai ristretto di gente,
inanimi fuor di proporzione il Papa e la Corte; e a questo
fatto noi dobbiamo ricollegare la gravissima decisione di
Paolo IV di far proclamare senza piü dal procuratore fi-
scale, in concistoro, decaduto Filippo II dai diritti feudali
sul regno di Napoli, con la famosa « Protesta » letta il 21
di luglio. Invero un atto cosi ardito non si spiegherebbe da
parte dell'accorto Pontefice senza un eccitamento straordi-
nario, quale poteva derivare dalla notizia ricordata: il Du-
ruy, che ignora l'arrivo dei guasconi al 25, fatto accertato da
inoppugnabili documenti (2), ed anzi dice che ancora al prin-

(1) Lettera di Gio. Antonio Facchinetti al card. Farnese del 25 luglio, da Roma
(Carteggio Farnesiano). Lo stesso Facchinetti scriveva poi al Cardinale il 12 agosto
(Ibidem) : «... Le galere franzesi hanno, oltre ai primi, portato altri 800 guasconi a
Civitavecchia e subito se ne son ritornate per riportarne degli altri sino al numero
di tre millia... ».

(2) Se pur non si volesse prestar fede alla notizia attendibilissima, come sem-
pre, del Facchinetti, ogni dubbio dovrebbe esser tolto da una letterina di Giov.
Franc. Leone, famigliare dei Farnesi, spedita di Civitavecchia il 27 di luglio 1Car-
teggio Farnesiano). Il Leone mandato, a quanto pare, per vedere se il card. Far-
nese (che aveva intenzione di allontanarsi da Roma nella imminenza della dichia-
razione del Duca suo fratello a parte imperiale) avrebbe potuto sulle galere di Fran-
cia prendere passaggio per la sua legazione di Avignone, riferiva a ms. Titio Cher-
madio, altro personaggio della Corte dei Farnesi, il risultato della sua ambasceria.
Diceva innanzi tutto che i presenti mandati dal Cardinale ai capitani delle navi
erano stati accettissimi e convenienti. Poi seguiva: « .... Non hanno potuto [questi
signori] aspettare, per il servitio del Re et l'ordine dell’ Imbasciatore quale é stato
di andar subito in Corsica et tradurre qua due compagnie di soldati, in modo che
queste galere fra sei o otto giorni saranno qui et il patrone [il Cardinale] potrà
servirsene, et non solo di queste: ma ce ne saranno anchora fra X giorni molte
più che condurranno l’ill.®° card. Carrafa con nuova gente di Francia: questi sono
boni segni per la pace... ».
ASCANIO DELLA CORNIA, ECC. 293

cipio di agosto « deux mille Gascons expediés sous main
par Henry II pour veiller à la surété de Rome n'arrivaient
pas » (1), deve lasciare come un po'isolato e privo di una
causa prossima determinante quel provvedimento.

Ma noi crediamo, inoltre, non andar lungi dal vero nel
ritenere che la cresciuta baldanza del governo papale, per
la constatazione dell’ effettuale adempimento: delle promésse
francesi, influisse, per una certa parte, sull’ improvviso atto
di rigore contro il Della Cornia, determinando il rapido
incresciosissimo episodio che ci apprestiamo a ricostruire.

Dicemmo già che.non è possibile stabilire con dati do-
cumentali non sospetti se la Corte pontificia ignorasse sino
al giorno 23 di luglio, in cui il Duca di Paliano ordinava
ad Ascanio di ritornare a Roma, i rapporti interceduti già
al principio del mese tra il capitano perugino e Garcilasso,
o se, come parrebbe più verosimile, li conoscesse subito
dopo gli arresti successivi del Tassis, di Garcilasso e del
Capilupi. Il Duca di Paliano accreditò naturalmente, dopo il
fatto, la prima versione: gli argomenti di ragione e crono-
logici starebbero per la seconda; e concorderebbe con que-
sta la testimonianza di una fonte contemporanea, degna di
considerazione per quanto apertamente favorevole al Della
Cornia. Alessandro Andrea nella sua « Guerra di campagna
di Roma » (2), preziosa raccolta di notizie su tutta la parte
militare della. campagna del '56-51, stampata subito dopo gli
avvenimenti, toccando per incidenza la questione relativa
ad Ascanio, fa di lui, in una bella pagina, una vigorosa apo-

(1) Cfr. DunvY, opera citata, pag. 140.

(2) ANDREA (Alessandro). Della guerra di campagna di Roma et del regno di
Napoli nel pontificato di Paolo IIII Vanno MDLVI et LVII. Tre ragionamenti del
sig. Alessandro Andrea, nuovamente mandati in luce da Girolamo Ruscelli. In Ve-
netia, per Gio. Andrea Valvassori, MDLX, 4.9, pp. [14], 140 e indice. — Lo scritto é
dedicato a don Carlo di Guevara conte di Potenza e siniscalco del regno di Napoli.
L'autore é suddito imperiale e come tale propende alla causa dei suoi padroni;
ma, poiché narra piuttosto fatti militari che maneggi politici, la sua testimonianza
assume per quegli avvenimenti una speciale importanza.
294 G. COGGIOLA

logia. Premesso che Ascanio « nato et nodrito signorilmente
non aveva mai mostrato ombra nè segno, non che effetto,
di cosa indegna di vero et onoratissimo cavaliero, et al va-
lor aveva sempre mostrato di aver accompagnato la pru-
denza et la fede verso qualunque principe ch' egli avesse
servito », l'Andrea dichiara che le rivelazioni delle lettere
cifrate di Garcilasso relative ad Ascanio non avevano po-
tuto fornire materia di incriminazione, non si trovando scrit-
ture compromettenti di suo pugno; ma che i maligni si ado-
prarono a trovare i pretesti per un illegittimo procedere a
suo carico. « Et, fra l'altre operationi dei maligni, una gran
somma di danaro che Ascanio haveva in Roma et de grani
nel Ciusi di Perugia fecero aprire gli occhi a coloro che
governavano, parendo che fussero à proposito per aiuto della
guerra. Onde dato ordine a fargli torre quanto aveva, man-
darono a Velletri Papirio Capisucchi con tre compagnie di
fanti... ». L'accusa contro la Corte papale è chiara e solenne;
e fornirebbe ottima spiegazione dell'operato di essa, con que.
sto, per aggiunta di verisimiglianza, che proprio tra la fine
di luglio e il principio di agosto è un affannarsi continuo
del Pontefice per procurare d'ogni parte provvisioni di da-
naro (1).

Ma noi non la vogliamo accettare senz’ altro, nella sua
soverchia crudezza, per onore della S. Sede, che ci repugne-
rebbe supporre discesa a così indegni partiti. Piuttosto cre-
diamo non dover trascurare un'altra notizia dell’ Andrea, che
potrebbe forse essere il filo di guida nella controversia.

(1) Cfr. una lettera del Facchinetti al card. Farnese del 25 luglio (Carteggio
Farnesiano): « «.. N. S. vole che si finisca di fortificar Borgo et hieri et l’altro il
Rev.mo Mignanelli, il sig. Camillo [Orsini] et Mons. Bozzuto eletti sopra questa for-
tificatione tassarono tutte le case di Borgo, di quello mancherà tasseranno con
buona gratia del popolo le case di Roma... ». Cfr. anche un'altra lettera del Fac-
chinetti del 29 luglio (Ibidem): « ... N. S. vole una mesata degli uffiziali e due X°
dal clero dello stato ecclesiastico... »; un'altra dello stesso del 1° agosto; e infine
una del Buoncambi pure del 1» agosto: delle quali ultime riporteremo alcuni fram-
menti piü avanti.
ASCANIO DELLA CORNIA, ECC. 295

Dice dunque il nostro scrittore, subito innanzi il periodo
riportato, che vistosi in Roma di non aver elementi suffi-
cienti ad incolpare Ascanio « si voltarono alla via dell’ inqui-
sitione » e segretamente cominciarono a procedere contro
di lui. Se così fosse, ci parrebbe facile indirizzarci approssi-
mativamente al vero anche in questa parte congetturale delle
nostre ricerche; i dati contraddittorii si verrebbero a conci-
liare. Rimarrebbe, intanto, ammesso che la Corte avesse avuto
conoscenza delle trattative fra Garcilasso e Ascanio prima
dell'incarico militare a questo affidato; rimarrebbe, d’ altra
parte, escluso che solo per un colpo di testa e per ignobili
mire intimasse d'un tratto ad Ascanio, come ad un reo, di
presentarsi per discolpa.

Rimesso al tribunale inquisitoriale il proseguimento delle
indagini riguardanti Ascanio e, forse, altri sudditi ecclesia-
stici, nulla di più probabile che i calunniatori, sicuri della
immunità e del segreto, lavorassero alacremente; e che, ad
un certo punto, la Corte papale, abbandonando i criterii di
indispensabile prudenza nei rapporti assai delicati con una
persona che si trovava nelle condizioni del Della Cornia,
volesse, con confronto di presenza e con esami, constatare
la sostanza dei nuovi crimini addossati ad Ascanio.

E qui potrebbero, come motivi concomitanti della deci-
sione, collocarsi e l’arrivo delle truppe francesi (secondo an-
tecipammo) e il bisogno di denari in che si trovava la Sede
apostolica. A Roma, cioè, si sarebbe pensato che una even-
tuale perdita dell’opera del condottiero nostro minor pregiu-
dizio avrebbe prodotto adesso che e soldati e rinomati ca-
pitani di Enrico II stavano per giungere; che, nella peg-
giore ipotesi, la rinunzia ad un uomo, per quanto esperto e
valente, avrebbe trovato compenso nella grossa somma di
denaro, deposta presso banchieri di Roma, che al Perugino
rimaneva ancora dopo la spogliazione dei feudi.

Detto questo non possiamo avventurarci a più precise
supposizioni; ma non lasceremo di dire che il complesso
296 G. COGGIOLA

degli avvenimenti già narrati e di quelli che seguiranno ci
pare giustifichi bene il propendere nostro ad un giudizio
sulle probabili cause della decisione papale come è quello
tracciato sopra.

Il fatto ad ogni modo è questo: che in tre soli giorni,
dal 23 al 26, succedeva con straordinaria rapidità e l' in-
giunzione del Duca di Paliano ad Ascanio di recarsi a Roma,
e la risposta evasiva di lui, e l'invio immediato di Papirio
Capizucchi a Velletri, e la fuga del Perugino a Nettuno e
‘al campo del Duca d’Alva. Anzi, se dovessimo stare alla te-
stimonianza del Duca di Paliano, non una volta unicamente
egli avrebbe scritto in quel breve intervallo al Della Cornia,
né una sola risposta ne avrebbe avuta; ma vi sarebbero
state due missive e due lettere responsive. Ad un primo in-
vito Ascanio avrebbe evitato di ubbidire, col pretesto di do-
ver, nonostante la febbre che lo molestava, andare in fretta
con tutta la cavalleria a Nettuno, per un preannunciato av-
vicinarsi della flotta imperiale: al secondo invito di presen-
tarsi, appena ultimata la ricognizione su quella terra, avrebbe
replicato di non poter muoversi per essergli cresciuto il ma-
lessere. Allora la spedizione del Capizucchi era stata imme-
diatamente decisa.

Non neghiamo la possibilità di un tanto numeroso scam-
bio di corrispondenze nel termine non estensibile di tre
giorni; ma lo riteniamo, per lo meno, uno straordinario esem-
pio di celerità, pur considerata la relativa vicinanza di ,Vel-
letri a Roma. Dalla sola lettera di Ascanio che ci rimane,
e che sarebbe stata, se mai, l’ultima, non si ricavano ele-
menti sufficienti per convalidare o infirmare l'asserto del
Duca; ma ben per quella, oltre che per la solita relazione
del Duca di Paliano al Navagero, si stabilisce che l'ordine
trasmesso dovette essere affatto indeterminato e, appunto
perciò, più atto a suscitare il sospetto di chi era stato troppe
volte scottato per non star di continuo vigilante e all'erta.
« A gran fatiga mi son condotto in Velletri (scriveva Asca-
ASCANIO DELLA CORNIA, ECC. 297

nio il 24 (1)) havendo rotte et fracassate le rene et la testa di
cento pezzi, etin somma io sto male di sorte che non posso
venire per hora a Roma et obbedire all' E. V. come haverei
desiderato, et Dio voglia Sig." mio che ben vada per me,
pur faccia Dio la volontà sua. Il maggior dispiacere che io
habbia è che mi accaschi in tempo che io haverei voluto do-
ventar Orlando per servir quel buon vecchio et mostrare la
gratitudine dell'animo mio all'Ecc.^ V. Patienza poi che que-
sto deve esser volontà d'Iddio; l'Ece.^ V. si ricordi di spe-
dire il Conte Napolione che di qua fa assai la persona sua;
et se fusse comparso il colonello Cesar della Corgna al
quale io scrissi che venisse quando mi parti di Roma per
amor di Dio raccolghilo e facciagli buon partito, che è huomo
che merita, et mandelo subito qua, che con la venuta sua
non se conoscerà che io sia amalato; et a V. Ecc.^ humil-
mente bacio le mani pregandola che mi tenghi in sua buona
gratia.
Di Velletri li 24 di luglio 1556.
Obblig."^ s." — Asc. della Corgna.

« Poscritta: questi soldati non hanno un granello di
polver né di corde et sono la maggior parte archibugieri;
però V. Ecc." ci faccia dare ordine acciò se li mandi subito
perché potria venir il bisogno di operarla presto ».

Non é al tutto fuori della probabilità che una effettiva
indisposizione affliggesse in quel momento il nostro capitano:
peró non siamo alieni dal credere che egli, accortosi delle
intenzioni della Corte, potesse anche averla simulata o, quanto
meno, ingrandita al suo speciale scopo; come riteniamo poste
ad arte da lui le frasi di ossequio e le ordinarie informa-
zioni, destinate a mostrare che niun dubbio aveva concepito.

Ma come si negherà la giustificazione del Della Cornia

(1) Biblioteca Vaticana. Ms. barberiniano latino 5707 (Vecchia segnatura bar-
beriniana: LXI, 16), cc. 52-54. Il poscritto é in un foglietto annesso alla lettera e le
appartiene evidentemente per la scrittura e per l’ inchiostro.

20
298 G. COGGIOLA

quando si consideri che egli, con la coscienza di non aver
macchinato ai danni della S. Sede prima dell’arresto di Gar-
cilasso, di non aver, dopo l'arresto di quello, commesso cosa
in pregiudizio della Chiesa e del Pontefice, anzi di aver co-
minciato ad adoprarsi attivamente al servizio di lui, si ve-
deva trattato come persona che bisognasse aver nelle mani
prima di accusare? Non aveva data Ascanio chiara prova
di ricambiare la franchezza con la lealtà nell'affare del Gra-
zino, quando spontaneamente aveva consegnato. al procura-
tore fiscale il segretario perchè venisse in luce la propria
innocenza? Perchè adesso lo si perseguiva con una diffidenza
indegna di cavaliere onorato, quando, tutt'al più, voci calun-
niose o semplici indizi, non prove schiaccianti, avevano po-
tuto resultare a suo carico? Perché volere si grossamente
compromettere la sua reputazione con il richiamarlo a Roma,
proprio nel momento che l'avvicinarsi del nemico era noto-
rio e che la partenza avrebbe, quindi, suscitato i più sva-
riati e sfavorevoli commenti? Infine non poteva, magari per-
sonalmente, il Duca di Paliano, senza dar luogo ad alcuna
supposizione di quel genere, venir a certificarsi di tutto
quanto appariva a carico del Della Cornia, mentre restava
a Roma, quasi non trascurabile cauzione di lui, un grosso
capitale, là cui permanenza presso pubblici banchieri avrebbe
dovuto essere un'altra prova a favore del Perugino?

A Roma, insomma, se altro non vogliamo dire, si agi
con tanta precipitazione nei riguardi di Ascanio, da mostrar
quasi di voler a bella posta indurlo a quella risoluzione che
tanta fiera collera eccitò nel Pontefice e nei suoi.

Il colmo era poi raggiunto con linvio di Papirio, non
preceduto da alcuna intimazione formale.

Come poteva mai supporsi, nonchè pretendersi, a mezzo
il secolo XVI e con gli ordinamenti militari del tempo, che
un capitano della rinomanza di Ascanio si lasciasse tra i suoi
soldati catturare indifferentemente da un altro minore di

È
ASCANIO DELLA CORNIA, ECC. 999.
grado, giusti o non giusti che fossero i motivi dell'ordine di
arresto ?

A meno di una sorpresa, cosi immediata che avesse
reso vana ogni arte e ogni mezzo difensivo, un conflitto,
una temporanea resistenza, una fuga erano pure da atten
dersi inevitabilmente da parte di chiunque avesse, anche
nella piü tenue misura, sentito il decoro del mestiere delle
armi.

Ció posto, si potrebbe a stretto diritto ritenere reo di
lesa maestà Ascanio se, di fronte all inconsulto procedere
del Papa, vedendosi capitare addosso, invece di un regolare
monitorio, un corpo di soldati, cercasse di sottrarsi al vio-
lento atto del Pontefice? Ma nei particolari della fuga altre
attenuanti si rinverranno ai fatto specifico del passaggio del
capitano al campo imperiale, lasciata da parte qualsiasi altra
considerazione sulla accusa, apparsa insussistente, di ante-
riore complotto con gli spagnoli.

Quanto a tali particolari, alcune piccole divergenze si
notano tra le fonti a stampa. Il Nores ed il Pallavicino rac-
contano che, avvertito Ascanio dal fratello, Cardinal di Pe-
rugia, del pericolo, mentre Papirio entrava da una porta egli
fuggiva dall'altra alla volta di Nettuno; e che, essendo da
quelli della terra riconosciuto ed obbedito, con il dar loro
ad intendere che gli inseguitori erano soldati ribelli e dove-
vano trattenersi riusci ad entrare in una nave e a guada-
enar Gaeta. L' Adriani narra il fatto con qualche differenza
che rende la sua versione piü prossima a quella minuta e
concorde di alcuni nostri importanti documenti. Questi sono
tre e meritano di venir posti a confronto per la loro diversa
origine: uno emanava dal Duca di Paliano; l'altro da Asca-
nio; il terzo rappresenta, in certo modo, la versione divulgata.

Ed è notevole che l’ultimo è forse più grave del primo
nei riguardi di Ascanio, incolpando lui di aver diffuso la falsa
nuova della morte del Papa, su che tace affatto il Duca di
Paliano, nella sua prima relazione. Cominciamo, pertanto, dal
300 Nr x G. COGGIOLA

trascrivere quest'ultimo documento, allegato ad una lettera di
Giov. Antonio Facchinetti, illustre famigliare dei Farnesi (1).

« Venuto N. S. in sospetto d'Ascanio da la Cornia che
era a Veletri per fortificarlo, lo mandó a chiamare a Roma;
egli si finse amalato e mandó a domandare una letica per
venire. Accresciuta da questa scusa la sospitione di N. S. il
sig. Duca di Paliano spedi la notte delli 25 il cap. Papirio Ca-
pisucco con 700 [sic] per condurlo prigione a Roma. Ascanio
per la giunta del cap. Papirio e soldati a Veletri cominciò
subito a temere; et andati gli homini di Veletri a lamentarsi
a jui di quei soldati li disse che erano li senza sua comis-
sione et che li dovessero tagliare a pezzi; e cosi messo alle
mani i soldati e il popolo di Veletri fra tanto egli si fugi so-
pra un roncino con un servitore che havea a mano una cavalla
turca lasciandosi dietro un trombetta con ordine, se egli era
seguitato, che dovesse dar nella tromba. Il trombetta fu so-
pragionto e preso da cavalli leggeri che seguivano, talche
non poiè dar segno alcuno. Uno di detti cavalli leggeri corse
tanto che arrivò Ascanio, il quale vedendosi appressato smontò
dal roncino e sali su la cavalla; et fra tanto gionto detto ca-
val leggero piglió le redine della cavalla. Ma Ascanio lo feri

su una mano e con la cavalla che era fresca se ne scapó a

Neptuno, dove entrato disse che il Papa era morto e come
quel che era conosciuto per generale entrò in rocca e scac-
ciò il capitano e messovi entro quindici soldati e fatili giu-
rare fideltà a sè grido Zmperio, imperio; e subito prese uno
schiffo e si fece portare a Gaietta. Contra di lui che appa-
riscono son tre cose. L'una, una pollice trovata nelle scrit.
ture di Gracilas nelle quale obligava la fede sua a servire
gli imperiali se essi fra tanto termine dichiaravano di volersi
servire di lui. Questa pollice e termine era bene inanzi che

(1) Lettera del Facchinetti del 29 luglio, già citata, nel Carteggio Farnesiano.
«... Con questa sarà incluso l'avviso del caso di Ascanio della Cornia come io l'ho
inteso... ».
ASCANIO DELLA CORNIA, ECC. SOL

esso fosse fatto generale; non di meno nel medesimo tempo
nel quale egli si trovava obligato la fede sua agli imperiali
egli come consigliere interveniva a consigli segreti della
guerra del sig. Duca di Paliano. La seconda, che ha preso
la rocca di Nettuno facendo gridare 2mperio. La terza, che
egli conscio di tutti i segreti della guerra se n'è fugito ai
nemici: i quali son casi tutti di lesa maestà. Di danari ton-
tanti e grani suoi la Camera ha pigliato di già scudi trenta
millia e tutta la confiscatione si stima centomillia. Il sig. Duca
di Somma fu mandato per la recuperatione della fortezza di
Neptuno; se n’ havuto et è in potere del Duca di Paliano ».
È inutile notare, a riscontro del primo capo d'accusa
citato sopra, quello che già antecipammo: cioè non esser
vero che, mentre Ascanio aveva obbligata la sua fede, in-
tervenisse ai consigli di guerra; perchè noi conosciamo i li-

miti dell'impegno assunto da lui, perché consigli di guerra

ai quali partecipasse il nostro condottiero non potevano es
E sere ai primi di luglio, perché, poi, tra il colloquio suo con
1 Garcilasso e lo sciogliersi dell impegno, contemporaneo na-
: turalmente all’arresto del corriere imperiale, passò forse un

sol giorno, vale a dire dal 5 al 7. Quanto al secondo e terzo
capo di accusa basterà dire che, ammessa la legittimità, se
non la legalità, del primo passo compiuto da Ascanio, tutto
il resto ne è logica conseguenza: è naturale espediente di
difesa, non tentativo di offesa, la quale ben altrimenti avrebbe
potuto essere organizzata, se ve ne fosse stata la intenzione.
Ma sentiamo il Duca di Paliano, il cui riferto offre un inte-
m resse senza dubbio maggiore. A seguito della narrazione

^ fatta al segretario del Navagero, che a piccoli brani siamo
LE venuti riportando, egli diceva (1):

(1) Tutto il lunghissimo brano di questa lettera relativo al caso di Ascanio
della Cornia, e cosi quelli di altri dispacci successivi del Navagero mancano affatto
RE nel vol. VI, 1, (London, 1877) dei Calendars of State Papers and manuscripts rela-
ting to english affairs existents in the Archives and collections of Venice, ove si con-
tengono i documenti di questi anni, e. precisamente gran parte dei dispacci del
G. COGGIOLA

.. Vedendo io che ’1 [Ascanio] non volea venir, mandai

Papirio Capizucco con due compagnie, ét li diedi lettere di

mia mano a tutti quelli capitani et alli homini di Veletri
che l'obediseno; et ordinai a Papirio che o per bontà o per
forza facesse entrar Ascanio in una lettica, che li diedi, et
condur a Roma.

Intendendo Ascanio che la gente si avicinava, la qual

vi andó con li suoi buoni tamburi, a bandiere spiegate, fece

dar allarme con voce che fossero imperiali che andasero a
robbar quel loco: la terra si armò et li fanti similmente; et
a Papirio che s'era spinto inanti con alquanti soldati si fe-
cero incontro con le picche basse; ma conosciuto per capi-
tano della Chiesa et havute le lettere andorno alla casa di
Ascanio, la qual era vicina ad una porta guardata dalli suoi;
trovorno che era fuggito sopra un ronzino che io li haveva
donato et facea :condur a mano una cavalla velocissima do-
natali dal Marchese mio fratello, havendo detto alla porta
ad uno che me lo refferisce che esso mi era stato bon amico
ma che mi saria altro tanto et maggior inimico. Li cavalli
lo seguirono, ma ritardati da un ponte che trovorno tagliato
diedero allui tempo di allontanarsi, il qual si haveva lasciato
adietro un regaccio et un trombeta con ordine che, sendo
sopragionti, tocasse una volta la trombeta; et il sig. San."

Navagero, del Badoero, del Soranzo ecc. — La grande collezione inglese, condotta
con tanta larghezza di mezzi dal governo britannico, ha il difetto essenziale di
aver trascurato, per un discutibile vantaggio nazionale, l'interesse generale degli
studi storici. Invero, mentre si é compiuto il lavoro rilevantissimo di riprodurre,
quasi complete, intere serie di documenti (come, nel caso nostro, le serie dei di-
spacci citati) per aver trascurato alcune parti dei medesimi atti, non riguardanti
direttamente o indirettamente gli affari inglesi, si è fatto sì che lo studioso di storia
italiana debba ricorrere sempre agli originali, nel dubbio che altre notizie per lui
interessanti siano in questi comprese. Un secondo grave inconveniente é la tradu-
zione fatta dei documenti ed il transunto di alcuni di essi, per cui non sempre la
citazione può farsi con piena sicurezza che il testo italiano sia stato esattamente
interpretato. Assai più commendevoli dal lato scientifico sono perciò le. raccolte
condotte sull'esempio delle Nuntiaturberiehte aus Deutschland, nelle quali le fonti
storiche sono riprodotte integralmente nel loro idioma, con vantaggio universale
dei ricercatori.
ASCANIO DELLA CORNIA, ECC. 303

della Rovere et il suo locotenente gionsse il trombeta, il qual
ispaurito non toccò’ la trombeta, onde passatolo arivorno
Ascanio, qual vistoseli alle spalle smontò del ronzino et nel
voler montar la cavalla quel locotenente li diede di man alla
briglia; ma esso, che haveva già nudata la spada, li menò
sopra le mani et se ben il colpo andò di piato pur li fece
abandonar la briglia, et esso che è molto gagliardo saltò a
cavallo et in un momento se li levò di vista; corse in Ne-
tuno con la spada nuda in mano cridando: arme, arme, che
Veletri si è ribelata et ancho parte della cavallaria, talchè a
pena ne son fugito ; corsero fuori tutti li soldati et esso spinse
alquanti archibusieri avanti con ordine che non havessero
lingua con alcuno ma tirassero a caduno che giungesse; poi
li mandò apreso la compagnia di Caccialupo, comandandoli
che stesse in bataglia poco lontano dalli archibusieri per
poterli soccorer; ordinò al conte Mariano che venisse a Roma
a dimandar socorso; et esso entró nella rocca della quale
fatto uscir il castellano vi pose alcuni suoi, facendosi giurar
fedeltà et che la teniriano a sua instantia; fra tanto fatta
metter in ordine una fregata se inbarchò et andò al camino de
Napoli, havendo fatto cridar nella rocca imperio et Spagna. Li

soldati avedutosi del tradimento andorno sotto la rocca; coloro

si diffesero; hanno dato principio a tagliarla et io li ho man-
dato il Duca di.... [s?c] [Somma] con fanti et artigliaria: spero
di bene perchè ognuno dice che la non si può tenir. Mi in-
cresce che costui habbi fatto questa vergogna alla natione
et mi dole del mio poco giuditio che me ne sia fidato, ma
non sapea quello che mi è stato dito hora, che sede vaccante
di Paulo III esso haveva dissegnato non reuscendo papa suo
zio occupar Ancona et farsi tributario del Turcho quando li
principi christiani non lo havesero voluto aiutar; et peggio
che alla morte di Giulio III havea tratato col sig. Baldovino
di robbar Camerino alla chiesa et mantenirlo con le spalle
del Duca di Fiorenza per il sig. Fabianino, il qual volea me-
nar con lui et poi amazarlo per restarne esso patrone; et
304 G. COGGIOLA

me l’ha detto persona che l’ha di bocca sua. Dio l'ha casti-
gato perchè spero che non havrà ricapito in alcuna parte
del mondo, et di qui il Papa li darà quel castigo che potrà;
et io se mi capiterà nelle mani li farò quel che merita. Ho
mandato a dar conto di questo fatto alli duchi di Urbino et
Parma, detto all’ambasciator di Ferrara che lo scrivi al suo
et il sig. Ambasciator vostro mi farà servitio scriverne a
Sua Sublimità, ch'io ancho manderò una lettera per il signor
Marchese mio fratello, che deve essere in quella città, perchè
parti di Ferrara alli 22; et soggionse: il Papa mi ha ordi-
nata la lettera per il Presidente di Romagna che lassino
passar li corrieri pur che habbino fede della sanità, che loro
et tutte le lettere che haverano non siano suspete, nel che
S. S. prega la Sig." Ill." che facci usar della solita sua dili-
gentia (1). Sono sta retenuti il secretario del sig. Ascanio dalla
Cornia, il contin Naupalione che haveva la compagnia in
Veletri, il capettanio Ceraone et alcuni altri soldati perugini ;
et questa matina, che è stato concistoro, prima ch'el Papa
entrasse ha fatto metter in Castello il Cardinal di Perosa;
nel qual concistoro doppo haver dato alcune chiese il Pon-
tefice, come suole, con molta forza parló contro li suoi tra-
ditori, non nominando alcun particolarmente; disse non ha-
veria rispetto a qualsivoglia sorte di persone, né ancho a
cardinali; mostrò in tutti i movimenti del corpo et della faza
una mirabil alteratione... ».

Lo sdegno contro il Della Cornia e i propositi di inflig-
gergli tutti i possibili danni e castighi non ci fanno certo
meravigliare, come non ci fa meravigliare la facilità del
Duca di Paliano di accogliere malevoli informazioni sul Pe.
rugino, riguardanti il periodo del pontificato anteriore (in-
formazioni meritevoli, s'intende, della conferma di sicuri

(1) Infieriva allora nell'Alta Italia e specialmente nello Stato veneto la peste,
di cui si trova frequente menzione nei carteggi di quel tempo; p. e. in aleune let-
tere del Vescovo di Lodeva, il quale appunto per il contagio era uscito di Venezia.
ASCANIO DELLA CORNIA, ECC. 305

documenti); ma non senza qualche stupore vediamo il nipote
del Papa scandalizzarsi altamente delle trattative che in que-
gli anni sarebbero passate tra Ascanio e i Turchi, quando di
lui appunto abbiamo trascritto, poco innanzi, una lettera non
certo piena di ribrezzo peri rinnegati nemici della fede. Ma,
lasciato da parte tutto ció, che esce dal fatto particolare che
qui si esamina, ecco quanto Ascanio adduceva abbastanza
sobriamente a tutela del proprio onore (1):

« Hor mentre che io attendevo al serviggio di S. S. for-
tificando Velletri et provedendo con quella diligenza et sol-
licitudine.che si sa, senza posar mai né di né notte, con
speranza che si dovesse una volta riconoscere in parte quanto
havevo per il passato sofferto et speso et alle caldezze del-
l'animo con che fidelmente servivo et havevo servito, come
si sa, contra il Conte de Bagno, in cambio de remuneratione

fu mandato il capitan Papirio Capisucco con apparecchi de

gente per pigliarmi et menarmi priggione come uno assas-
sino; ma Dio et la giustitia vuolse che egli non potè et non
seppe o forse non ardi metermi le mani adosso prima che
io ne fossi avvisato et avvertito, trovandomi alieno et fuor de
ogni pensiero. de tal cosa et stando in letto indisposto et per
entrare in una letiga, la quale era venuta circa due hore
inanzi mandatami dal rev."" cardinal Mignanello per con-
durmi a Roma, che questo anche doveria fare iuditio del-
linnocenza mia; et se in quel punto, facendo della necessità
virtü, saltai fuora del letto et concitai quelli soldati che io

(1) Avvertimmo già replicatamente che il Manifesto del Della Cornia si trova
edito tra i Documenti del FABRETTI. Ricorderemo qui che una copia ms. se ne con-
serva in Marciana (Ital., IX, 125) ed una in Barberiniana (Ms. barberiniano vaticano
latino 5367, cc. 208-210), dove é pure (Ibidem, cc. 96-97) la lettera di Ascanio al Car-
dinal di Perugia del 17 dicembre 1570: « Sono molti dì ...», annoverata dal Mazza-
TINTI nel suo catalogo dei mss. fiorentini (Cataloghi di biblioteche italiane, vol. IX).
Il MAZZATINTI cita poi nell'indice di uno dei mss. della Biblioteca di Arezzo (vol.
VI dei ricordati Cataloghi) un Discorso di Ascanio della Cornia sopra la Lega con
tro il Turco, 1570. — Quanto al testo del Manifesto noi ci atteniamo al ms. mar-
ciano, per il fatto che il FABRETTI evidentemente offre una lezione meno genuina.
306 G. COGGIOLA

potei et la medesima terra contra Papirio fu per potermi
salvare et. defender, né credo che mi si possa ascriver à
peccato o a seditione, come si dice nel monitorio, essendo
la difesa di se stesso a ciascuno lecita. Montai finalmente a
cavallo con le forze che Dio mi concesse in tanto bisogno
et presi la via di Nettuno, non pensando che fosse possibile
di salvarmi per altra strada havendo tutta la cavalleria alle
spalle et essendo già stato arrivato da corritori fra quali
mi trovai a piede e disarmato fuor che della spada; et con
l’aiuto di quella rimontai a cavallo et gli uscii di mano et
mi condussi a Nettuno, dove ringratio Dio che mi diede in
quella necessità tant’ arte et tra quei soldati tanto credito
che con loro istessi tenni adietro la furia dei cavalli; et se
nel medesimo tempo entrai nella rocca et ne cavai anco il
castellano, mettendo sei otto o dieci huomini miei conoscenti,
lo feci medesimamente per mia sicurezza non essendo certo
de poter subbito trovar barcha da partirmi et non ritrovan-
dola et quando anco ritrovata l'havesse o che dal tempo o
de altro evidente accidente fusse stato impedito o costretto
de ritornare indietro era mia cautella di collocare qualche
speranza in quella rocca, acciocchè in ogni caso mi fosse
concesso il poter più presto morire honoratamente là dentro
che venir vivo in mano di chi a torto con tanto mio ob-
brobrio cercava la mia rovina; né manco doveva io à chi

scoprire l'animo mio per il male che si havesse possuto re-
sultare (1). Ma se quella rocca fosse stata tale cle io vi fosse
possuto entrare con animo di ritenerla et defenderla et l' ha-

vessi tenuta vorrei sapere se havesse fatto atto biasmevole,
come si pretende nel monitorio, à vendicarmi in tal coniet-
tura del torto ricevuto. In nell’accettare il peso delli cavalli
diedi il mio giuramento, il quale deve avere in sè recipro-

(1) Il FABRETTI corregge questo periodo poco chiaro così: «... né manco doveva
io scuoprire a chi vi lasciavo il mio animo, per il male che mi fosse potüto resul-
tare »; ma non sappiamo se il senso ne sia veramente spiegato.
ASCANIO DELLA CORNIA, ECC.

camente espressa o almeno tacita conditione d’essermi bene
corrisposto dal padrone a chi giurai di servire fidelmente
et non di farmi senza causa impreggionare et crucifigere,
non obstante che fu ordinato che fussi preso et che si venne
all’atto prosimo non si può dire convenevolmente che io mi
tenessi ancora per libero (1) come mi tenni et mi tengo et che
non possa con ogni mezzo senza tante considerationi pròce-

der non solamerte a difendermi ma ad offendere quando mi

fosse presentata l'occasione di poterlo fare. Piacque poi alla
buona sorte che salito in una. barchetta de pescatori mi con-
dussi a Gaeta, dove trovandosi il sig. Marcantonio Colonna
mi raccolse cortesamente; et io stimo che ognuno haveria
accettato più voluntieri le sue carezze che quelle di Papirio
Capizucco; né tra il sig. Marcantonio et me passorno altri-
menti raggionamenti de assaltare et invadere le cose della
chiesa nè di palesar secreti et consegli, come nel monitorio
si va dicendo, perchè con lui non accadeva, col quale ben
potevo io parlare nel modo che altri parlano. Mi condussi
finalmente a Napoli dove sono stato ricevuto dall E. del-
l’Ecc."° sig. Duca di Alva tanto honoratamente che puotrà
ancora essere inditio del torto che mi è stato fatto, essendo
questo un sig. appresso del quale non si sa che trovassero
mai luogo gli huomini tristi; et io non puotrei haver fatta
tristitia o trattato cosa col sig. Garcilasso che S. E. non
l| havesse saputa et non lo sapesse et conseguentemente fa-
cesse di me quel conto che si suol fare a chi non viene meno
a se stesso et al desiderio suo. Questo è quanto per hora
mi occorre di far sapere al mondo per mia giustificatione
et diffesa solamente dell’ honore, chè la perdita delle facoltà,
essendo beni di fortuna, mi dà manco fastidio... ».

(1) Il FARRETTI legge (e questa volta ricava meglio il senso del periodo): « ... et
in quell’ istante che fu ordinato che io fossi qui preso e che si veniva all'atto pros-
simo non si può dire convenevolmente che non potessi ancora io tenermi per libero
come mi tenni e mi tengo... ».

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TITULAIRES

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308 G. COGGIOLA

La perorazione del Della Cornia ha una vivezza e una
efficacia che non si possono disconoscere. L' accusa di aver
l'animo avvelenato, come diceva il Duca, e di aver per
esso concepito un disegno.di alto tradimento, ancor prima
di lasciar Roma, e di averlo poi maturato è facilmente
combattuta da lui con argomenti di una grande evidenza.
Invero, poiché da tutte le fonti resulta che Papirio trovo
a Velletri cosi impreparato Ascanio da giungere a un pelo
dal catturarlo; poichè resulta pure che la piccola e breve
resistenza di Nettuno non ebbe fomento dal Duca d'Alva,
mentre che potesse averlo dimostra il timore stesso che
ne ebbe la Corte romana, per cui inviava colà addirittura
il Duca di Somma (1), come non si dovrebbe dire che nes-
suna intelligenza passò tra il Viceré e il nostro condottiero,
e che tutto l'aecaduto si dovette alla subita istintiva risolu-
zione di quest’ ultimo, per evitare ad ogni costo di cadere
nelle mani di chi lo perseguitava ?

Come vedremo, il processo intentato contro Ascanio
parla replicatamente di complici nel delitto rebellionis et pro-
ditionis; ma, iu effetto, complici pare che non se ne rinve-
nissero, se non forse si volesse chiamar cosi il Cardinal di
Perugia, del quale, sebbene manchino riscontri precisi, si
può supporre che, venuto all ultimo momento a conoscere
la spedizione segreta di Papirio, ne facesse avvertito il fra-
tello, secondo attestano il Nores e il Pallavicino.

Certo, colpevole o no cbe fosse quel porporato di un
atto tanto conforme a natura, quanto è quello di porgere soc-
corso, in caso di bisogno, a persona strettamente consangui-
nea, egli ebbe a provare (come si vide nel documento del-
lambasciatore veneto) l'immediato rigore del Pontefice. La
carcerazione del Cardinale avvenne il 27 mattina (2); ma già
il 26 il Pontefice, mentre a Velletri si svolgeva l'episodio

(1) V. la lettera del Facchinetti del 29 luglio citata. V. anche I ADRIANI, pa-
gina 857.
(2) Tale appunto é a data della lettera del Navagero.
ASCANIO DELLA CORNIA, ECC. 309

della fuga di Ascanio, aveva dato, con uno dei suoi scatti
tanto caratteristici, segno evidente delle ostili intenzioni
verso il prelato. La scena è descritta con la solita vivezza
dalla penna esperta del Navagero; e merita di essere ripro-
dotta (1).

| « Hieri matina il Pontefice alla tavola che haveano
mangiato con S. S. li rev." Perosa, Saraceno, Trani, et A-
riano, disse che ogni giorno se scopriano piü li tradimenti
de imperiali et quelli che intervenivano in essi, che ve ne
erano de romani et anco de li cardinali, dicendo : qui inten-
git mecum manum în parapside hic me traditurus est; ma che
li trataria come meritavano, discardinaleria et faria tagliar
teste, però che chi haveva il figato guasto considerase i casi
suoi; che quanto dicea lo facea per sua urbanità et per la
benignità della sua natura che non voria incrudelir; et di
più molti che erano presenti notorno che dandoli il Cardinal
de Perosa la tovaglia da sugar le mani il Papa la pigliò con
impeto et con sdegno; levato da tavola andò nella libraria
a dir l’officio, havendo lassati nella camera dell’ audientia li
sopradetti cardinali et l’ambasciator di Portogallo che era
sopragionto. Tornò finito l'offitio in quella camera con volto
assai alegro; ma sendoseli accostato l'ambasciator di Porto-
gallo et detto che volea espedir un corriere al Re suo, et però
era andato a sua Santità per intender se potea dar qualche
bona nuova al Re che è germano dell’ Imperatore, che sua
santità havesse perdonato ad esso Imperator et al figliolo et
sì fosse reconciliata ; il Pontefice non lo lasciò finir, ma ti-
ratosi la manica et il rochetto a mezzo il braccio et vibran-
dolo come è solito a far quando si accende disse: signor
ambasciator, non si parli di pace più ma di guerra; hoimó non
sapete l’ impietà et tradimenti di questi tristi, eretici scelerati,

là daremo tanta guerra quanto vorrano ; Carlo è stato sempre

(1) Il brano che riportiamo forma la prima parte della lettera del Navagero
del 27, testé citata.
/

310 G. COGGIOLA

scismatico et Filippo rapace, l'uno et l'altro indegni delle tante
gratie che hanno ricevuto dalla bontà di Dio: continuando nella
loro natura voleano assassinarne, come han falto altre volte :
li priveremo delli stati et della dignità et li farer:o il peggio
che potremo, et speramo in Dio che li farà conoscer quanto è
possente il sant."? bracio suo: non sono costoro del sangue del
Re catolico nè della Regina Isabella: moverne guerra, che vol
dir moverla a Christo, senza una causa al mondo, cercar de
assassinarne, lo haverano fatto con suo gran danno. L'amba-
sciator vedendola tanto alterata si parti senza negotiare al
cuna delle cose per le quali vi era andato: li quatro cardi
nali stetero suspeso assai discorrendo sopra chi potea cader
il ragionamento fatto alla tavola; ma questa matina ogn'uno
se n'é chiarito che fu sopra il rev."^ Perosa, sendo venuto
nova che suo fratello il sig. Ascanio della Cornia è fuggito
da Veletri a Netuno, ha posto gente in la roccha et fatto
eridar imperio et Spagna... >.

Le minaccie contro l'Imperatore e il Re Filippo assun-
sero, il giorno successivo, quella gravissima forma, già ri-
cordata, della « Protesta » del fiscale, di cui fu conseguenza
la domanda subito fatta dal Marchese di Sarria di esser la-
sciato libero di partire, non essendo « più honor suo » a
restar in Roma (1).

Intanto, senza perder tempo, si procedeva a carico del
nostro capitano in contumacia e si assicuravano al fisco, a
questo scopo, varie persone che con Ascanio avevano, avuto
rapporti di dipendenza, per sottoporle ad esame e ricavarne
tutti i possibili elementi di condanna e legittimare la già
decisa confisca dei beni. Di tali testimonianze, e precisa-
mente di tutta la istruzione del processo, è conservata me-
moria nei volumi dell’archivio criminale di Roma, che già

(1) Cfr. la lettera del Facchinetti al Cardinal Farnese del 29 luglio: « ... L' am-
basciatore dell’ Imperatore fu hieri al Papa e domandolli licenzia di partire, non

TUE
ASCANIO DELLA CORNIA, ECC. 311

ci sono venuti in aiuto nella prima parte di questo studio (1);
e non sarà privo di interesse il riferirne in modo affatto
sommario il contenuto.

Gli interrogatorii si svolgono e in Roma e sul luogo
stesso degli avvenimenti; e nella maggior parte si rassomi-
gliano, in quanto non escono dall'imbito del fatto materiale
della fuga; ma alcuni particolari ne risultano pure, di che
non si trova traccia negli altri documenti indiretti. Il Pro-
cessus coram rev. d. alme Urbis Gubernatore factus pro fisco
contra illmum dom. Ascanium della Corgna et complices si
apre con l'esame (28 luglio) di Giovan Ferrante di Ra-
gona, quegli che era castellano di Nettuno e che da Ascanio
veniva cavato dalla rocca e sostituito da persone a lui fidate.
Dice che venne per dichiarare di faccia: sua al sig. Duca di
Paliano, suo padrone, come le cose sono passate e per di-
mostrare che nessuno che viva lo può imputare di vigliac-
cheria.

venendo a particolare alcuno, ma dicendo solo che non era honor suo a restar
qui... ». Il resultato della domanda del Marchese di Sarria ci è riferito dal mede-
simo Facchinetti in una successiva lettera del 5 agosto: «... N. S. domenica alli 2
di questo diede pranso ai cardinali della inquisitione et oltra quei a sei altri car-
dinali cioè Rev.mi Pazecho, Morone, Mignanello, Saracino, Savello, Simoncello et
all'Ambasciator di Spagna et al sig. Duca di Paliano. Dopo pranso subito fece una
congregatione dove l'Ambasciatore di Spagna, il quale havendo domandato prima
licenza era stato rimesso a quel dì per la risposta, ridomandò detta licentia et N. S.
gli la diede. Tutti quei cardinali pregarono il Papa che gli la negasse ; N. S. rispose
che non poteva tenere alcuno a suo dispetto e commandò al cardinal Puteo che
annotasse su ‘1 libro della cancelleria questa licentia domandata. Disse ben S. S.tà
all’Ambasciatore che gli faria piacere a non partirse e che presente qui era per
fare maggior servitio a suoi principi che stando absente. Del medesimo lo prega-
rono tutti i cardinali: detto Ambasciatore il di seguente con il Rev."? S. Jacomo
ritornò al Papa a basciargli i piedi dicendo che non voleva come inimico partire
ma andare a Siena per servizio dei principi suoi... ». — Partiva infatti il Marchese
alla volta di Siena ii 7 agosto (Lettere del Facchinetti e del Buoncambi degli 8, nel
Carteggio Farmnesiano); e questa energica decisione, un po’ strana in un personag-
gio di tanta remissività come egli si era mostrato, accreditò persin la voce che
« fosse partito per ordine di N. S. per tentar acomodamento con lo stato di Siena,
a che dicano che sarà agiutato ancho dal sig. Duca di Fiorenza... » (Lettera citata
del Buoncambi). ;

(1) Archivio di Stato in Roma. Archivio criminale: Processi, vol. 30, Cc. 701 e

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G. COGGIOLA

La domenica era giunto a Nettuno Ascanio, solo con
un servitore, a cavallo: egli era uscito dalla rocca ad osse-
quiarlo, riconoscendolo quale generale del Papa; ma il Pe-
rugino l'aveva trattenuto, laveva consegnato ad alcuni dei,
soldati dando loro singolarmente istruzioni che non aveva
potuto udire; poi s'era fatto consegnare le chiavi della rocca.
Ciò fatto Ascanio aveva preso imbarco su una fregata con
pochi soldati, mentre gli altri, da lui istruiti, costringevano
Ferrante stesso e i rimanenti ad allontanarsi. Indarno erano
riusciti i tentativi per rientrare nella rocca: allora il castel-
lano aveva stimato unico partito correre a Roma a denun-
ziare l'accaduto.

Affatto conforme alla testimonianza del capo della cit-
tadella risulta l'esame di quattro altre persone di Nettuno;
e precisamente di quattro soldati della medesima rocca, del
numero di quelli che, al pari di Giov. Ferrante, ne erano
stati esclusi da Ascanio. Essi sono Tommaso Paganetto, An-
tonio di Giacomo Dondelino, Antonio fu Giov. Battista di
Eboli, Pietro Antonio Buratto.

Gli interrogatorii di costoro sono poi completati, sempre
per quello che si riferisce a Nettuno, da altri seguíti nel
paese medesimo alcuni giorni più tardi; e cioè all'ultimo di
luglio e al primo e al due di agosto, quando la facile im-
presa di riconquista affidata al Duca di Somma era com-
piuta. Si tratta ancora di soldati e poi di uomini della terra,
come un Bartolomeo Vacone aromatarius, un Bartolomeo di
Gualdo e altri. Poco si cava di nuovo, se ne togliamo una
lista dei soldati messi da Ascanio a mantenere il castello,
mentre egli si allontanava in mare (i quali appariscono es-
ser di Castel della Pieve, già feudo del Della Cornia, e quindi
a lui devoti) e la dichiarazione di alcuni dei citati terraz-
zani che, per scansare anche il lontano e insussistente pe-
ricolo di esser puniti per il semplice fatto di aver assistito
agli avvenimenti, cercano di mostrare che in loro sarebbe
stato l'animo di inseguire con barche e catturare il capitano
ASCANIO DELLA CORNIA, ECC. 313

fuggito, ma che le barche erano tutte, purtroppo, sotto la
rocca e proprio a tiro di quelli che la difendevano.

Un’ altra serie di esami e in Roma e fuori di Roma si
aggira intorno al momento precedente dell’ episodio, cioè in-
torno all’accaduto in Velletri.

Interessante è l'esposizione fatta da un Girolamo di Marco
Antonio perugino, arrestato fuori di Roma in un'osteria dove
egli si trovava con « due ceste o casse da campo con gli
argenti del sig. Ascanio ». Il teste fa professione di raccon-
tare appuntino le cose, come erano passate, e narra che
stava a Velletri e faceva parte della compagnia del conte
Napulione quando. una mattina senti dare all arme e corse,
come si trovava, sotto la propria insegna. La compagnia ebbe
ordine di montare a cavallo e di disporsi ad uscire. Fuori
della porta trovarono con 8 o 10 cavalli Ascanio che spro-
nava e faceva andar di buon passo un cavallino che aveva
sotto. Lo seguirono per quattro o cinque miglia, quando sen-
tirono venir dietro di galoppo certi cavalleggeri, all' appres-
sarsi dei quali Ascanio, rimontato sopra un cavallo fresco
che aveva seco, prese a fuggire più veloce verso Nettuno.
La scorta, nella impossibilità di tenerglisi ai fianchi, rallentó
e infine si voltó al ritorno alla spicciolata. Cammin facendo
egli si imbatté nel segretario di Ascanio, che a sua volta era
uscito di Velletri a cavallo; e da costui fu pregato di ae-
compagnarlo fino a Roma e di dargli mano a salvare gli
argenti di Ascanio. Lo segui, infatti, con due altri cavalli, e
tutti giunsero all'osteria ove si trovava già radunata la roba;
ma poi à uno a uno i due commilitoni (Pelino e Contacio)
si dileguarono: il segretario pure usci e non si fece piü ve-
dere. Egli rimase solo presso quelle casse di argenteria e
così fu arrestato. Solo per udito dire, sapeva che Ascanio si
era impadronito della rocca di Nettuno facendovi gridare
imperio e Spagna. |

Su questo particolare delle casse nulla più si ricava dal
processo e nulla da altri documenti; ma non è difficile in-

21
- Ascanio. Dell'affare delle casse di argenteria non parla; e il si-

‘alcuno degli interrogatorii citati venisse posta in opera la

314 G. COGGIOLA

dovinare quello che manca al racconto del soldato perugino.
Evidentemente il fratello di Ascanio (del quale dicemmo che
potè forse conoscere, prima che fosse eseguito, il provvedi-
mento decretato dal Papa contro il capitano, e avvertirne
questo appena appena qualche minuto innanzi l’arrivo del
Capizucchi) pensò subito di salvare, se non i capitali depo-
sitati presso banchieri, almeno gli oggetti preziosi che il
Della Cornia teneva in Roma presso la famiglia. Quindi trovò
il mezzo di farli uscire dalla città ed indicò preventivamente
il luogo del deposito al medesimo corriere spacciato in gran
fretta a Velletri. Così si spiega come il segretario di Ascanio,
subito dopo la fuga del padrone, sapesse indirizzarsi all’osteria
designata, per tentare l'asportazione delle argenterie, in quel
momento di trambusto e di confusione. Ma, a quanto pare,
a Roma si poté seguir la traccia del ricco bottino e, prima
che le casse sparissero, si riuscì a porvi sopra le mani.

Il segretario di Ascanio, che, forse presentito l’arrivo
del fisco, aveva cercato di guadagnare il largo, fini per ca-
dere anch'egli in potere dei pontificii; perchè lo vediamo
interrogato pochi giorni dopo nel processo e gli sentiamo ri-
petere, con poche varianti, la narrazione solita della fuga di

lenzio si può spiegare o con l’ammettere anteriori interro-
gatori di lui, che manchino nel volume, o con il supporre
che egli, ignaro dell'arresto e delle confessioni del soldato Gi-
rolamo di Perugia, si tenesse da principio nell' istruzione sulle
generali. Dal documento nostro non apparisce, infatti, che per

tortura.

Orfeo d’ Antonio di Porcino, esaminato pur lui sul fatto
di Velletri, offre qualche interesse più ch'altro per la circo-
stanza che egli pare accreditare la notizia della indisposi-
zione di Ascanio, e che può identificarsi con quella persona
che al Duca di Paliano avrebbe riferito l ultima frase mi-
nacciosa di Ascanio. Invero egli, appunto dopo aver narrato


ASCANIO DELLA CORNIA, ECC. 315

che, all'arrivo della lettiga che doveva portare a Roma il
Della Cornia, questi si rifiutò di partire, aggiunge che il ca-
pitano, alzatosi, diventò tutto pallido e smorto « ...et disse
ancora queste parole formale: se perderanno uno servitore et
haveranno uno inimico di più ». Tutti i rimanenti testimoni,
e di Roma e di Velletri, sono affatto digiuni di informazioni
importanti, e si succedono deponendo le medesime cose con
diversità insignificanti.

Ma non va passato sotto silenzio un interrogatorio di
esito assai più soddisfacente per la Corte romana: quello
cioè di Roberto Ubaldini, merchator et bancherius florentinus,
chiamato alla curia per fornire schiarimenti di tutt'altra na-
tura che non gli anteriori. Depone egli « tanto in nome suo
quanto nella sua ragione del bancho » .e palesa che nei libri
dell'azienda é notato sotto il nome di Ascanio partitamente
e chiaramente tutto ció che lo riguarda.

Nullaltro vi è sotto nessuna forma che appartenga al
Perugino: la somma a lui intestata può arrivare a 15000
scudi, « compreso una partita di scudi cinque millia..., che

‘si trovano a Leone su il deposito generale del Re Chr."^ » (1).

Il restante è in Roma; e il banchiere specifica i conti par-
ziali che conducono a un totale di 9000 scudi risultante da
una cedola di sua mano.

Qui si arrestano le notizie del documento degne di con-
siderazione, né le seguono quelle relative alla chiusa del
processo, alle pene applicate, alle confische seguite. Ma quel
che manca nei frammentari atti di istruzione criminale si

(1) Secondo l'attestazione del Soranzo (Relazione dalla Francia, pag. 420) l'en-
trate di quel regno erano tali da coprire e superare le spese; «ma non si riscotono
ogni anno interamente le entrate e rubandosi anche assai per l' ordinario dalli te-
sorieri e facendo S. M. di continovo guerra gli: é necessario di ricorrere a modi
straordinarii di trovar danari, e questi sono di due sorte, ovvero imponendo maggior
gravezza alli popoli, ovvero pigliando denari a interesse... ». A questa seconda ca-
tegoria di provvedimenti era, come é evidente, dovuta la formazione in Lione (la
città commerciale e bancaria per eccellenza) di una banca-deposito per le necessità
militari che urgevano di continuo.

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316 G. COGGIOLA

| riesce a stabilire con discreta esattezza mediante l uso di
altre fonti. Quantunque dalle deposizioni di tanti testimoni
de visu, pochissimo interessati a tutelare l'onore e la sostanza
di Ascanio, risultasse con notevole concordia riprovata la
MN subitaneità del fatto di Velletri, l'assenza di una complice
I Ih intesa fra il capitano e il Viceré di Napoli, non meno solle-
i | cita e grave cadde sul fuggitivo la punizione. Un monitorio
| | u assai fiero, che indarno abbiamo ricercato nel suo testo ge-
d Ì nuino, fu lanciato contro di lui, richiamandovisi non solo gli

ultimi avvenimenti, ma anche altri sui quali la Corte romana
aveva ostentato di gettare a suo tempo il velo della dimen-
ticanza e che ora rinfacciava per accrescere la colpa del
laccusato. Parliamo di quel disegno concepito nel '55 da
| Ascanio (ma neppur cominciato ad eseguirsi da lui) di ricu-
I i-i | perare Castiglione del Lago, intorno al qual disegno si ebbe
| occasione di discorrere nella prima parte del nostro studio.
Naturalmente il monitorio terminava con l'ingiunzione al

Della Cornia di presentarsi al tribunale romano per render
conto ‘delle sue azioni e sentirsi applicare la condanna.
ti Senonché contemporaneamente alle ingiunzioni si compi-

TB vano contro il Perugino tutti gli atti di spogliazione e di

i sN . vilipendio, che avrebbero dovuto essere indugiati sino a che
|) egli avesse o accolto o respinto il documento papale.
Questo fatto, che per molti riscontri non puó mettersi
in dubbio, doveva pur confermare nel partito di starsene in
contumacia chiunque avesse avuto anche una sincera inten-
zione di cercare un qualche accomodamento, dopo maturo
giudizio sul proprio operato; tanto più doveva persuadere

ii (ll dell'opportunità di rimanere lontano da Roma Ascanio, che
DA. per speciali motivi era in ogni modo indotto a preferire si-
E 4 mile decisione. « Ho. veduto la copia del monitorio (diceva
| | i: egli nel Manifesto di risposta scritto in Napoli ai 10 di ago-
pl sto) per il quale sonno citato a dover comparire a Roma et
dover purgarmi di molti peccati eccesi delitti prodittione et
ribellione che si pretende che io abbia commessi; et perchè
ASCANIO DELLA CORNIA, ECC. 317

io non giudico l'eccesso sicuro havendo veduto prima procedere
alla cattura et allessecutione che alle citationi, et non solo
contra la persona mia, ma, per quanto intendo, contra mia
madre, moglie et fratello, parenti et amici di necessità in-
nocentissimi, mi son risoluto di voler incorrere in contumatia
et aspettar tempo di poter essere inteso da giudici senza pas-
sione; et per hora contentarmi della candidezza della co-
scientia mia et della sodisfattione che io stimo che haverà il
mondo delle sempre mie honorate attioni; et intanto ho vo-
luto con questo mio manifesto notificare a quanti si conten-
teranno di leggere tutto quello che passa, acció possano
conoscere quanto ingiustamente mi si diano cosi fatte ca-
lunnie et cosi fatte imputationi, lontane dalla vera et honesta
et lodata raggione... ».

Ma ecco, senz'altro, con le parole di persone attendibili
e residenti in Roma, posto in chiaro il procedere della Corte
papale, che forse ad Ascanio neppure il 10 agosto era del
tutto conosciuto. Al cardinal Farnese il 31 luglio un suo
agente romano (1) scriveva fra l'altro alcune notizie, attinte,
come é evidente, a Palazzo, le quali rispecchiano assai pro-
babilmente una poco favorevole opinione di lui verso la ca-
sata perugina: in tutti i casi, poi, erano congegnate in modo
da poter affrontare la censura pontificia, che aveva preso il
vezzo di dissigillare gli scritti degli ambasciatori e di altri
corrispondenti di principi, sia in arrivo a Roma, sia in par-

tenza, adesso che le poste erano tutte in sua mano (2). « ... Di

novo non ce altro di poi la bella opera fatta per Ascanio

(1) Lettera di Gio. Celso da Nepi, al cardinal Farnese nel Carteggio Farnesiano.

(2) Notevole, in proposito, un brano di lettera del Facchinetti al card. Farnese,
dei 15 agosto (Carteggio Farnesiano) : « ... Le lettere di V. S. Ill.ma delli 4 e delli 7
all’Ill.mo S. Angiolo furono aperte e poi risigillate, ma in modo che ci fu facile ave-
dersi dell'apertura..; e questo ci ricorda e certifica che non bisogna nelle lettere
che si mandano per via ordinaria scrivere cosa che, risapendosi, rilievi... ». Il Facchi-
netti poteva questa volta tanto chiaramente esporre la cosa dacché la lettera del
15, invece di essere affidata alla posta, giungeva a destinazione per mano di Gio.
Domenico dell'Orsa, uno dei segretari del duca Ottavio.
318 G. COGGIOLA

della Corgnia, su di che il sig. Camillo Collonna et l’ arcive-
scovo son prigioni in Castello; et per quanto intendo in
Banchi il caso suo le periculoso. Contra il sig. Ascanio si pro-
cede con gran furia sì contra l’honore, che già in Capidoglio
se publicato infame et serà depinto per uno traditore, come
contro li beni li quali arrivano ad una notabile somma. Il
cardinale sta prigione; et oltre quello che imputato vengono
infinite querele da Norscia et de Ascoli; quando andò pri-
gione per quanto intendo mostrò viltà grandissima fino a
piangere. Le cose della guerra si vanno indulcendo ; et questo
è causato della venuta di uno conte napoletano chiamato
conte di S. Martino mandato da Ducha di Alba per trattare
la pace, et mostra che tutti questi tradenti scoperti siano
passati tutti senza saputa di S. M. et della ex. del Ducha
di Alba; et per quanto intendo N. S. l'ascolta volentieri. Im-
però per questo non si manca di far quelle provisioni fossero
necessarie, et S. S. non vole esser scorto... ».

Non facilmente controllabili sono le notizie relative alla
maggior o minor dose di fermezza mostrata dal Cardinal di
Perugia all’atto dell’arresto. Quanto alle querele provenienti
da Norcia e da Ascoli (1) chi vorrà meravigliarsene anche se
ingiuste? Sul caduto, si sa, si accumulano presto le contu-
melie e i sassi della folla spettatrice.

Certo è invece l'atto infamante a danno di Ascanio,
certo l'inizio della sua spogliazione, accompagnato ad una
poco sincera mostra del Papa di prestar orecchio alle giu-.
stificazioni del Duca d'Alba e a nuovi ragionamenti d'accordo.

Poco sincera mostra abbiam detto, perché mentre il
conte di S. Valentino (non di S. Martino, come diceva l'altro
informatore) veniva trattenuto a parole, a Napoli si appli-
cava la scomunica papale, e a Roma si continuavano grosse
provvisioni d'ogni genere. « N. S. (sono notizie del 1° agosto (2))

(1) Evidentemente le querele delle due città, qui ricordate, si riferiscono al
governo anteriore del Cardinal di Perugia, durante il papato di Giulio III.
(2) Lettera del Facchinetti al card. Farnese nel Carteggio Farnesiano.
ASCANIO DELLA CORNIA, ECC. 319

ha fatto l inclusa bolla nella quale dà facoltà al Thesoriere
di vender tutti i notariati criminali delle terre della sede
apostolica inserendo i capitoli ch’ hanno da osservare e ne
caverà da 20/m e più. Qui s’' attende a fortificar Borgo,
a munire il Castello S. Angiolo e ‘Paliano... A Napoli N. S.
ha fatto publicare in tutte le chiese l’ interdetto, e quel po-
polo, come intendo, sostiene di malissima voglia questa” ex-
comunica... I 600 guasconi portati dalle galere di Francia son
venuti qua... ». E un altro agente farnesiano lo stesso giorno
scriveva (1): « ...Qui vengono tuttavvia genti pagate fatte
di fuori, si fortifica il Borgo con molta diligentia et si risco-
tono da S. Pietro et da tutti i palazzi che sono in quel ri-
stretto 14/m ducati per la fortificatione: si vive con gran-
dissimo sospetto, et hieri dal mezo giorno fino alla sera non
fu lasciata uscir persona fuori de le porte. L’ imperiali in-
grossano et si accostano alli confini». Figuriamoci poi quale
dovesse essere l’ardore e l'impazienza di troncare gli indugi
alcuni giorni più tardi, quando dalla Francia giungevano
animose lettere del Caraffa, della fine di luglio, che davano
per sicuri altri e più validi aiuti del Cristianissimo, oltre a
quelli già inviati e che si disponevano a partire con il Le-
gato medesimo (2).

(1) Lettera del Boncambi al duca Ottavio nel Carteggio Farnesiano.

(2) « Ho... inteso il modo che tenevano gli imperiali (scriveva il 31 luglio il
Caraffa), che sono conforme a quello che hanno usato sempre; et però ho mostro
a S. M. che non ci possiamo fidare a modo alcuno e per noi non é tregua; et però
non ci sarà mancato degli aiuti necessarii. Ho chiesto, dopo queste lettere, oltre
l'assicurazione del deposito, qualche numero d'huomini d'arme che venghino di
presente e che stia in ordine m/VI o m/VII Svizzeri, perché possino incaminarsi a
ogni nostra richiesta, et la contributione di tutto quello che ci bisognerà spendere
in fanti et in cavalli per nostra sicurezza, secondo che si contiene nella capitula-
tione della lega, presuponendo io che sia rotta la tregua, come in effetto é, contro
di noi; et ho domandato poi quel che bisogna d'avvantaggio; et mi par vedere che
S..M. voglia in. ogni modo che S. B. habbia a star sicura et ben contenta, si bene
in questa mia richiesta da qualcuno di questi ministri é trovata difficoltà, per il
che mi bisogna soprastar fin che io sia risoluto: di che fo tutta la istanza possi-
bile: et subito che io sia spedito sopra ciò me ne verrò: intanto prego V. E. che
si sforzi di non lasciar haver travagli a S. S., la qual so bene che non bisogna che
gli sia fatto animo; et nondimeno si può assicurarla che noi non saremo così op-
G. COGGIOLA

Ma seguiamo le vicende della persecuzione contro Asca-
nio, e non ci mancheranno negli stessi documenti che rife-
riremo frequenti cenni di un così anormale stato di cose.
Una lettera del Navagero, sempre del 1° agosto (1), è per noi
una fonte di notevole importanza non solo per le cifre, assai
specificatamente indicate, del primo spoglio, ma anche per-
ché ci mostra che non tutti in Roma, nonostante l'assenza
di imparziali resoconti sul caso del Della Cornia, si induce-
vano ad assoluta condanna di lui. « La matina seguente
alle ultime mie del 27 del passato venne nova che la roccha
di Nettuno all appresentarsi dell artigliaria si rese; et il
Duca di Paliano donò cento scudi a chi li portò l’aviso, per
che sendo esso stato il principal favore /fautore?/.di Ascanio
della Cornia ogni incommodo che di qui havesse potuto haver
la chiesa over il pontefice parea che li potesse esser ragio-
nevolmente imputato; dice S. E. che perdonerà a tutti li
soldati che erano dentro, per che furono ingannati, che Asca-
nio li diede ad intender che era morto papa et perciò Ve-
letri ribelata, onde alcuno lo diffende et dice che 'l pigliar
della roccha fu consiglio di necessità, per haver commodità
di fuggire, et ch’ el fuggir è stato per suspetto de ragiona-
menti havuti con imperiali al tempo che li era sta levato il
stato et prima che fusse ritornato in gratia con questi signori;
et a molti par dura cosa di credere che un soldato di qual-
che credito come era esso et avaro come è sta sempre giu-
dieato habbia voluto perder l' honor et la robba ad un tratto
senza far effetto di importantia. Il giorno che si intese qui
la sua fuga mandono a Perosa Mathio mistro delle poste

pressi come desiderano i nostri nemici... ». Il brano riportato fa parte di un più
lungo scritto, il quale costituisce, a sua volta, una specie di appendice ad una let-
tera del 24 (o 27?) luglio del Caraffa. Tutto il documento, di notevole importanza, è
inedito, e rimase sconosciuto al DuRUY, che pur trovò (come avvertimmo) frammenti
di lettere anteriori del Legato. La copia nostra è dal codice alat. 653 della R. Bi-
blioteca di Parma.

(1) Ms. marciano italiano, VII, 1097.
ASCANIO DELLA CORNIA, ECC. 321

di S. S. per far ritenir, come fece, Hercule della Penna suo
cognato et doi altri capitani soi dipendenti, et tolto in nota
li suoi beni mobelli, dice che ne farà dar al Pontefice m/30
ducati; et de qui hanno trovato fra contanti et crediti circa
m/25 scudi, et di più la città di Perosa ne offerisce dar a
S. S. m/50 et che li sia restituito il loco di Chiusi che esso
possedea. S°' intende che è andato a Gaieta ove è stato ac-
carezzato et ben veduto dal sig. Marcantonio Colonna. Il
Pontefice continua a ragionarne alla tavola et dolersi de
questi traditori, con dir che ne sono delli altri... ».

Curioso contrapposto al giudizio riferito, e forse in parte
condiviso, dall'ambasciatore veneto sono le replicate e vivaci
proteste del Papa; pur dal Navagero trascritte in altra let-
tera di ugual data (1), mediante le quali il Pontefice veniva,
ad arte o no, a coprire di speciosi e non necessarî pretesti
i suoi rigori contro il capitano e l odio sempre crescente
contro gli Spagnoli.

« Se ben non haveva negotii publici da trattar con S. S.
pur non ho voluto restar in questa importantia di tempi di
farli dimandar audientia, la qual mi deputó hoggi alle 20
hore; et perché mi haveva fatto aspettar circa un' hora, che
ella riposava, subito che entrai mi disse: mag. Ambassator
habbiateci per iscusato, perchè non dormimo la notte, onde à forza
che il giorno ne ripossiamo : il caldo et li travagli nostri per la
malignità di questi traditori sono tanti et così importanti che ne
levano il sono della notte. Se Dio non ne aiutava questo dalla Cor-
nia ne la faceva a man salva: era il maggior tradimento che
non solamente sia sta fatto ma ne anche immaginato perchè ne
seguiva la mutation del stato ; et forse che non haveva cargo
et era in loco che lo potea far, ma il diavolo che ha in corpo
l'ha condotto a tal termine che sarà peggio che morto, ha perso
la robba et l'honor ad un tratto. Li nostri se ne fidavano non con
molta nostra satisfattion et dicevano che bisognava vincerlo con

(1) Ms. marciano italiano, VII, 1097.
3:58
ERI

322 G. COGGIOLA

beneficii: Dio laudato che si è scoperto con poco danno ; e quella
roccha di Netuno si recuperò subito per la dilligentia che si usò
in mandarvi gente et artiglieria. Hormai sì sono scoperte le loro
insidie et tradimenti: furono giustitiati quelli venefici, sono ri-
tenuti questi altri assassini et Ascanio ha sigillato il tutto : sì
po ben esser chiari che quel mal che non fanno procede perchè
NON POSSONO... ».

Paolo IV, che noi vediamo qui mettere in pratica la
massima in ogni caso poco lodevole (che applicherà poi con
assai più gravi effetti e con maggior sua vergogna un paio
d'anni più tardi) dello scaricare sui suoi consiglieri la colpa
di fatti che impegnavano la sua responsabilità, comunque
si fosse, insiste sull’ idea di un complotto, che noi dovemmo
sfatare per la mancanza di prove positive e per l'abbondanza
di argomenti che indirettamente lo negano.

Ma la collera e i concitati discorsi del Pontefice riusci-
vano a far passare in seconda linea una frase che ha in-
vece principale importanza, secondo dicemmo: « ha perso la
robba et l honor ad un tratto »; riuscivano a troncare i com-
menti che l’iniziarsi degli atti punitivi avrebbe suscitato
presso i poco benevoli del governo papale, che in Roma
erano senza dubbio già numerosi.

Circa lentità complessiva della confisca compiuta con-
tro il Della Cornia non si può stabilire una cifra esatta, non
solo per l’ incertezza di alcune somme di danaro liquido, ma
anche, e più ancora, per l'impossibilità di valutare una
quantità di beni immobili e mobili sprovvisti di ogni indi-
cazione di valore. Già vedemmo i conti approssimativi con-
tenuti nella lettera del Navagero; e ad essi possiamo ancora
porre a riscontro altre notizie che risultano da una lettera
del Boncambi al duca Ottavio (1) dei cinque agosto; ma gli uni
e le altre non possono avere carattere ufficiale: quest'ultime

(1) Carteggio Farnesiano.
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Ll guasa ADSL Ei LC

ASCANIO DELLA CORNIA, ECC. 393

poi conducono a un complesso che apparisce a prima vista
alquanto esagerato.

« Il suo spoglio /di Ascanio] si accerta che importi, fra
danari, argenti, mobili, che rilevano assai, bestiami et grani,
con la perdita del Chiusi (1), del quale la Comunità di Perugia
offerisce pagare alla mano m/30 ducati et altri m/3 ogni
anno di censo perpetuo alla Camera appostolica, talmente
dico che il suo spoglio puó ascendere a m/200 ducati; et
per peggio se gli mandavano dalli suoi c,viii ducati: è stato
preso quello che li portava et li danari sono venuti in mano
del sig. Duca di Paliano... ».

Se nella somma di 200000 ducati non è compresa la ca-
pitalizzazione del censo perpetuo offerto dalla Comunità di
Perugia, si stenta certo ad arrivarvi con gli elementi noti;
ma anche supposto che si dovesse scendere, tutto compreso,
al disotto della metà, non è chi non veda quale ingentissima
cifra si raggiunga in moneta nostra, quando si consideri il
valore intrinseco del ducato a mezzo il 500 e il suo valore
relativo, triplo all’ incirca dell’ attuale. |

Intanto veramente controllabili. sono alcune partite,
mercè l'esistenza di documenti diretti che qui vogliono es-
sere ricordati.

Prima di tutto bisogna porre quel capitale depositato
presso il banco di Roberto Ubaldini, il quale, come si capi-
sce, dovette senza indugio passare nell erario pontificio, as-
sieme alle. casse di oggetti preziosi che vedemmo sequestrate
nell'osteria delle vicinanze di Roma. Quel capitale raggiun-
geva i 15000 scudi: le casse dovevano pur rappresentare un
forte valore se con tanta sollecitudine erano state trafugate
dai possessori e con tanta cura ricercate dal fisco.

Questo nella sola città e nei riguardi personali di Asca-
nio: fuori di Roma e sempre nei riguardi del solo nostro
condottiero i dati ufficiali non sono inferiori.

(1) Si tratta qui, naturalmente, di possessioni private di Ascanio: la privazione
dei suoi beni feudali era avvenuta, come il lettore ricorda, assai prima, nel 1555.
cetra

G. COGGIOLA

Dai Registri della Tesoreria apostolica di Perugia e del.
l'Umbria, conservati nel R. Archivio di Roma e inventariati
e spogliati in questo stesso Bollettino (1) risultano delle infor-
mazioni interessanti e curiose.

Al numero IX della busta 34 si hanno i « Cunti quali
da mons. il Vescovo di Gaiazzo dell'entrata et uscita della
confiscatione di Peruggia del s." Ascanio della Cornia, te-
nuti per mano di ms. Bernardo Machiavelli thesorero di
Peruggia, di comissione sua, come appresso si vede ». L'en-
trata è rappresentata da ducati 14403,13, provenienti dalla
confisca e spettanti alla Chiesa, meno le grossissime percen-
tuali riservate al Governatore, al Tesoriere e al Fiscale.

Esse vengono indicate cosi, al conto dell' uscita, com-
preso nella busta 35, numero 2, cc. 21: « Ducati tremila
ottocento quaranta, b LXXXIV di moneta, tanti sono per
il nostro terzo [del tesoriere] di ducati 11522, b. 51 simili
che s'é ritratto al netto della confiscatione del sig. Ascanio
della Corgna, fatta in Perugia per mons. di Gaiazzo gover-
natore, in somma di ducati 14403, b. 15, ché li restanti du-
cati 2880, b. 62 sono per li XV per cento del rev."* Legato
et V per cento del fiscale etc. ».

Certo a Roma della cospicua somma di danaro giunse
relativamente poco; ma non si potrebbe asserire, del resto,
che i resultati della confisca in provincia non fossero più
ampli di quanto si è visto. Anzi vi è tutta la ragione di cre-
derlo giacchè il fascicolo di 11 pagine, intitolato nel modo
che vedemmo: « Cunti i quali da mons. Vescovo di Ga-
iazzo... », è cosa affatto diversa da un altro grosso inserto
di 28 pagine di fitta scrittura, posto pure al n. IX della bu-
sta 34 e indicato con il titolo: « Inventario delle robbe del
sig. Ascanio della Cornia ». Esso riguarda i crediti liquidi

(1) Inventario e spoglio dei registri della tesoreria apostolica di Perugia e Um-
bria, del R. Archivio di Stato in Roma per L. FuMmI, Perugia, 1901, 8° (II Supple-
mento al Bollettino della R. Deputazione Umbra di Storia Patria).
ASCANIO DELLA CORNIA, ECC. 325

in favore di Ascanio, i materiali da costruzione e le derrate
esistenti a Castiglione del Lago, le armi e le munizioni di
quella rocca, i mobili, gli utensili da cucina, da cantina, da
scuderia ecc. appartenenti al capitano ed esistenti in Casti-
glione stesso e in altri luoghi finitimi. La valutazione di ciò
è resa impossibile dalla mancanza delle attribuzioni di prezzo
ai singoli oggetti: il documento d’altronde è troppo prolisso
per esser qui adesso riprodotto.

Ma se noi consideriamo che, oltre a Castiglione del Lago,
le indagini del fisco si estesero a Castello della Pieve, come
ci è indicato da un conto di 28 ducati spettante a ms. Bino,
maestro delle poste, per la sua andata, il 10 agosto ’56 « da
Perugia a Castello della Pieve per la confiscatione del si-
gnor Ascanio della Cornia » (1); se, infine, avvertiamo che,
per l'imputazione di complicità fatta al Cardinal di Perugia,
la Corte di Roma procedette contro lui anche negli averi,
dovremo giungere a concludere che il guadagno del governo
papale, se pur non si innalzò alle cifre esposte dagli infor-
matori da noi citati, fu, in effetto, per quello assai soddisfa-
cente.

‘Anzi la stessa entità dello spoglio eseguito e il conse-
guente desiderio di evitare, in qualunque occasione e di
fronte a qualunque intercessore, un, anche parziale, atto re-
stitutivo. resero, a parer nostro, più tenace ed aggressiva l'a-
zione della Curia avverso il nostro capitano durante tutto il
resto del papato di Paolo IV, come accenneremo a brevis-
simi tratti, per condurre al suo natural termine il già lungo
nostro studio.

Disposta ed avviata con tutte le cautele la privazione
del fuggiasco, la Corte pontificia, mentre faceva mostra di
generosità con i complici non necessarî di Ascanio, liberando

(1) Inventamio. e spoglio..... citato, Busta 34, n. VI, 1556-1559, « Conto delle poste
di ms. Bino perugino maestro,di poste a tempo di ms. Francesco Ciardi fiorentino,
tesoriere, e di mons. di Gaiazzo governatore ».

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326 G. COGGIOLA

dopo brevissima prigionia anche quel conte Napulione che
vedemmo tanto raccomandato dal Perugino in una delle sue
lettere e che era caduto a Velletri nelle mani di Papirio Ca-
pizucchi (1), perseguitava il principale imputato senza dargli
quartiere. Il Conte di S. Valentino, inviato dal Duca d'Alva,
secondo vedemmo, chiedeva, ai primi di agosto, che venisse
tolto l interdetto lanciato dal Papa contro Napoli per il ri-
fugio ivi concesso a M. Antonio Colonna, dacchè questi era
ormai uscito dalla città; ma Paolo IV rifiutó, nonostante ogni
argomento in contrario, di acconsentire, pretendendo che
adesso si mandasse fuori Ascanio (2). Ma come il Duca d'Alva,
in opposizione alle brame del Pontefice, aecordava al Della
Cornia quella protezione che già aveva largita a M. Antonio,
a Roma si trovavano in ció, se pur ve ne era bisogno, nuovi
pretesti per venir piü sollecitamente alla rottura, attesa con
tanta impazienza.

L’ambasciatore del Viceré, prima di accingersi a far la
strada del ritorno, era riuscito a visitare singolarmente i
cardinali, parlando « in via di aperta querela e di coperta
protesta » (3); e, a riscontro, il Papa, nell'atto di concedere li-
cenza di.partirsi al poco fortunato Marchese di Sarria, espo-
neya in concistoro « la risposta che voleva dare al conte di
S. Valentino, la quale insoma tendea che il Papa è giudice
dell'Imperatore e Re e di tutti, libero di render conto delle
sue attioni a nessun altro che a Dio; ché le querele ben son
frivole, accennando la debolezza et iniustitia di dette que-

rele... » (4).

(1) Lettera del Boncambi al duca Ottavio, dei 5 agosto, nel Carteggio Farne-
siano : « Il Contino venne prigione da Velletri per non haver ubbidito al principio
al cap. Papirio; ma essendosi giustificato è libero: la sua compagnia di c/3 fanti
l'hanno data al sig. Marchese di Cavi, figliolo del sig. Duca di Paliano... ».

(2) V. la medesima lettera del Boncambi citata alla nota superiore.

(3) Lettera del Facchinetti al card. Farnese, del 5 agosto '50 (Carteggio Far-
nesiano). — Circa la licenza accordata al Marchese di Sarria e le formalità che l'ac-
compagnarono già dicemmo qualcosa in una delle precedenti note.

(4) Lettera del Facchinetti al card. Farnese, dell'8 agosto, nel Carteggio Far-

nesiano.
ASCANIO DELLA CORNIA, ECC. 327

E questa è appunto la sostanza vera anche della istru-
zione data l’11 agosto a Domenico del Nero (mandato, alla
sua volta, come messo pontificio al Duca d'Alva), per quanto
in essa si possa rilevare una ostentata moderazione di lin- .
guaggio (1). D'altro canto si continuavano e si replicavano con
speciale insistenza gli eccitamenti al Re francese, facendogli
apparire (il che non era certo difficile) come il contegno de-
gli imperiali diventasse ogni giorno più minaccioso e provo-
cante.

Curioso è il modo che la Corte papale avrebbe tenuto
nel far conoscere ad Enrico II l'affare di Nettuno, se dob-
biamo dar fede alla relazione dell'ambasciatore di Filippo II
in Francia, Simon Renard, personaggio accorto e per solito
assai bene informato di quanto succedeva a lui dintorno (2).

« Sire (scriveva egli l'11 agosto) le jour d'hier arrivast
ung corrier de Rome à Hennet qui apporta lectres du pape
au légat Caraffa, par lesquelles il ladvertist comme, aiant
ses jours passez envoyé Ascanio de la Corne au porte de
Neptune, place de l'estat de Marc’ Antoine Colonne, en inten-
tion de la fortifier, ceulx de la ville on crié: Zmperio! et
n'ont voulu admectre ledict Ascanio; et sy a esté contrainct
ledict Ascanio s'en retourner meuz /?/ lesdicts de Port-Neptune
par les pratiques dudict Colonne et imperiaulx, comme l’ on
escript. S'estant sur ce delibéré le pape faire la guerre celle
part et occuper la dicte place par force, mandant au dict
Caraffa faire part de ceste nouvelle au Roy de France, con-
clure la lighe et conféderation pourjectée et pourparlée et
sen retourner incontenent pour entendre a la dicte expugna-
tion. Auleungs m'ont dit que ledict. Ascanio de la Corne se

(1) Vedi 1' Istruzione, pubblicata nell'Appendice al NORES, n. XVII, pag. 394 e
segg.

(2) Papiers d?Etat du Cardinal de Gramvele.. publiés sous la direction de
m.Ch. Weiss; vol. IV, pag. 659. Paris, 1843. (Collection. de documents inédits sur Uhi-
stoire de France). — Lettera dell’ ambasciatore Renard al Re di Spagna dell 11
agosto.
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E GRE. i

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328 G. COGGIOLA

soit declaré pour votre majesté et aye lui meme crié: Im-
perio, dont je n'ay information. Comme qu'il en soit ledict
legat part pour Fontainebleau ou il doit donner la rose a la
Reine, puys prandra la poste pour son retour, sans attendre
ledict roy de France aiant, comme j' entend, résolu avec
ledict S.r roy de France guerre offensive et defensive contre
vostre majesté... ».

Evidentemente la prima versione, attribuita alla lettera
pontificia, sarebbe stata destinata a stabilire l'inizio, da parte
degli Spagnoli, della campagna offensiva contro lo Stato della
Chiesa, e a mostrare l'impellente necessità di tutti gli aiuti
francesi; ma astuzia sarebbe stata questa ove si fosse potuto
ammettere che d'altro canto la notizia esatta degli avveni-
menti non avesse fatto il suo arrivo presso il Cristianissimo.
Ma, poiché ‘ciò a Roma non si poteva certo supporre, noi
incliniamo a credere che questa volta il Renard non riuscisse
ad avere informazione esatta del contenuto della lettera pa-
pale ch'egli citava al suo Re. Una esposizione genuina del-
l'accaduto (genuina, s'intende, alla stregua degli apprezza-
menti datine in pubblico a Roma dal governo pontificio)
valeva, alla fine, altrettanto allo. scopo quanto l' architettata
finzione esposta dall'ambasciatore di Filippo II; dacché po-
teva agevolmente volgersi anch' essa a dimostrare l'effettuale
ed illecito intervento delle forze imperiali nello Stato della
Chiesa. In ogni modo alla lettera ricordata dal Renard (che
noi non conosciamo nel testo originale) seguiva assai presto,
da parte del Duca di Paliano, un nuovo urgente appello al
Cristianissimo, giustificato dallo stato di cose venuto a for-
marsi dopo gli ultimi eventi.

Il documento, che, per la sua notevole importanza, merita
bene di venir qui trascritto (1), non si limita a una richiesta
generica di soccorso, ma accenna ad un piano di azione mi

(1) Togliamo il documento, inedito e ignoto al DuRvv, dal ms. parmense 413,
che già ci ha offerto l'altra lettera del Duca di Paliano al Connestabile, del 25 luglio.
ASCANIO DELLA CORNIA, ECC. 329

litare assai vasto, che cadrà ancora in discussione allorquando
il Duca di Guisa sarà per scendere con le sue truppe dal-
l’alta Italia nel territorio romano. Il disegno di allargare il
nuovo fuoco di guerra anche nello Stato di Milano e di far
divergere colà una parte delle forze spagnole, mentre le
| altre fossero impegnate nella campagna di Roma, avrebbe
E certo risposto all'opportunità del momento, e, attuato, avrebbe*
potuto raggiungere gli effetti voluti, qualora si fosse riusciti .
a mettere in campo un rilevante esercito e a prevenire
E l’assetto difensivo degli imperiali.
| Ma il soccorso francese fu lento nel raggiungere un or-
3 ganizzamento sufficiente e mancó, non solo in questi primi
1 mesi, ma anche piü tardi, all'epoca della maggiore spedizione,
à di quell'ardore che avrebbe dovuto far riscontro all entu-
3 siasmo di tutta la Corte pontificia. Si capisce, quindi, come
E. il piano caldeggiato dal nipote di Paolo IV fosse a suo tempo
messo in disparte e come l'insuccesso finisse per gravare
E sulla alleanza franco-papale, risultata alla prova poco concorde
È e coesiva (1). Certo però non immaginava adesso l'eventualità
di una capitolazione di Cavi, nè il cardinal Legato, il quale,
1 pieno di speranza, si accingeva al viaggio di ritorno dalla
È Francia, né il fratello, il quale, mentre dettava la lettera
che siamo per riferire, si disponeva a uno sforzo con le ri-
sorse del solo Stato della Chiesa per tener testa, intanto, al
nemico imminente.

« La M. V. (scriveva il 16 agosto) potrà vedere per
lavvisi che se hanno da diverse bande, quasi tutti conformi

(1) Basta far qui appena cenno degli antagonismi, che non tardarono a verifi-
carsi, fra il Duca di Guisa, da una parte, ed.il governo papale in genere e i nipoti
di Paolo IV, personalmente, dall'altra e che ritardarono molte imprese e molte ne
fecero andare a male. E noto che il capitano di Francia accolse come vera libera-
zione, da un peso divenutogli gravissimo, il proprio richiamo, in seguito alla scon-
fitta dei Francesi a S. Quintino; è pure noto che la prima causa della disgrazia del
card. Caraffa e dei fratelli si attribuisce comunemente a certa frase di dispetto e di
amaro risentimento lasciatasi sfuggire dal Guisa prima della partenza da Roma.
Vedi in proposito anche il nostro studio su Paolo IV e la capitolazione di Cavi.

‘22
330 G. COGGIOLA

in una sentenza medesima, che li nemici comuni s'apprestino
di venire alla volta nostra, havendo da diversi mandati a
Napoli che egli havevano cavato 20 o 25 pezzi d'artiglierie
e facevano gran forza di provedere di vettovaglie, havendo
indotto tutte le maestranze vicino a Napoli e fin dentro a
quella città e li vicini, e facevano gran preparamento di
barche per gettar ponti, facevano pure gran numero di scale
e altri simili lavori necessarii per la guerra. Erano comparse
le galere di Cicilia che havevano portati 3500 fanti tra spa-
gnuoli e Ciciliani. Havevano commandato a tutta la nobiltà di
baroni, che per raggione di vassallaggio pretendono di poter
stringere, et il Duca d’Alva deve uscire, secondo si ritrahe,
al più lungo alli 20 di questo; et in somma si vede ‘che non
bissogna più dubbitare se vogliono romper la guerra o no,
poichè oltre tutte queste provisioni e spese pagano le fante-
rie e ne fanno delle nuove, et hanno cavato da 1200 spa-
enuoli dalle frontiere di Piemonte, li quali si sono congionti
con una banda di soldati fatti in Toscana sotto il nome del
Duca d’Alva ma veramente dal Duca di Fiorenza, il quale
si ha voluto far fare scusa meco con dire non sapere a quel
che l'habbino a servire, ma solo che sa o che se ne servirà
in Toscana, in quei luoghi del Senese, o che s' imbarcheranno
alle Spetie insieme con quelli spagnoli per congiungersi con
gli altri. Per il che, vedendo quanto pericolo soprastea a
questo stato, s'è fatta questa mattina üna nuova speditione
di 5000 fanti e si vanno sollecitando tutte le provisioni ne-
cessarie per difendersi; ma si considera dalla banda nostra
ch'essendo costoro tanto superiori di cavalleria et havendo
pure una grossa banda di fanteria vecchia, se non sono oc-
cupati altrove che intorno allo stato di S. S., attal che pos-
sino spendere tutte le forze loro in questo luogo solo, non
possiamo dire se. non ch'haveremo gran difficoltà a far quello
che noi vorremo e di diffendere questo stato, il qual perso,
puó vedere la M. V. in che grado si troverebbono tutte le
cose di quella in Italia. Onde N. S. desidera infinitamente
ASCANIO DELLA CORNIA, ECC. 331

che, poiché ella ha preso in protettione l honor di Dio, la
chiesa sua et il suo vicario, con tutta la famiglia nostra,
si degni farcene quest' altro evidentissimo segno di dar
commissione a Mons. di Termes, non essendo in Piemonte
Mons. di Brissac, che, ogni volta che sentisse veramente che
gli inimici nostri havessero messo gli piedi in questo stato e
cosi rotta loro la guerra, che ella fusse contenta di com-
mandare che, senza aspettare nuovo ordine, rompessero nello
stato di Milano; e s'é possibile V. M. facesse fare il mede-
simo in ogni altro luogo dove ella havesse commodità di
farlo, acció che eglino habbino da tener impegnata piü gente
e valersene altrove che in queste bande; e si ricorderebbe
con riverenza alla M. V. che, non essendo stato dato ordine
al principe di Salerno che se ne venisse con coteste galere,
che se gli desse, perché si giudica che mettendosi in terra
in mezzo delle due sue provincie haverebbe facilmente modo
di mettere insieme otto o nove millia fanti dei suoi mede-
simi, con i quali potrebbe fare una gagliarda diversione senza
un pericolo e con pochissima spesa. Peró di tutto ho voluto
humilmente supplicare alla M. V. in nome mio e pregarla
bene et efficacemente in nome di S. S., tornando a ricordarle
quello che io sono e sono stato ricordato da mons. ill.®° Le-
gato: che se la puó spingere in questo stato fino a 400 lanze
e qualche numero di cavalli leggieri penseremo che le cose
di qua dovessero passar bene; e poichè mons. ill.^ Legato ne
dà avviso che la M. V. haveva dato ordine di fare una le-
vata di X/m svizzeri le ricordiamo che, al volere che pos-
sino venire in tempo che faccino quel frutto che si spera,
bisognerebbe farli comminciar subbito; che é quello quanto
per il presente mi occorre, oltre a baciarle con ogni rive-
renza le mani e pregar N. S. Iddio che guarde la gloriosa
persona della M. V. ».

Per il riscontro di altri documenti, anche di data ante-
cedente, si mostrano veritiere le notizie del Duca di Paliano,
sia riguardanti gli armamenti del Viceré, sia riguardanti
392 G. COGGIOLA

quelli pontificî; ma difficile riesce forse stabilire la dipen-
denza dei secondi dai primi che il nepote di Paolo IV si
industria di porre in evidenza.

« Paga hoggi N. S. m/13 c/5 fanti (scriveva il 15 ago-
sto il Boncambi (1)), dico fanti et non paghe, et che S. B. ne
farà fino al numero di m/15... ».

« Il numero dei fanti in Roma moltiplica ogni giorno... »
aggiungeva dal canto suo, il medesimo giorno, il Facchi-
netti (2); e chiariva le sue parole poco appresso (8 agosto) no-
tando (3): « Gli imperiali hanno da m/10 fanti a Sora, 1000
cavalli leggieri e 400 lanze tra Capua et Aversa. Di Napoli
hanno cavato 25 pezzi d’artigliaria grossa. N. S. ha da 13/m
a 14/m fanti, computandovi 2 milia i quali si aspettano
d’ hora in hora dallo stato di Urbino et i quali 2 milia
N. S. ha voluto che siano stati fatti da capitani deputati dal
Duca d’Urbino... ».

Così pure, se da un lato (come attestava anche il Duca
di Paliano) « a Napoli si intendevano gran preparamenti et
che si erano resignati a Capua 1500 cavalli et che si era
dato ordine farne de l'altri con gran preparamento di ponti
et altre cose necessarie alla guerra...» (4), dall'altro c'erano
avvisi in Roma che le galere francesi con un secondo viag-
gio dalla Corsica avevano sbarcato ancora 800 guasconi,
oltre la prima mandata, e si apparecchiavano a trasportarne
altri 3000 (5) e che stava per giungere con i duemila fanti del
Duea d'Urbino il capitano Aurelio Fregoso, cui dovevano
affidarsi « cento cavalli, i quali doveva fare il sig. Ascanio

(1) Lettera già citata, nel Carteggio Farnesiano.

(2) Lettera già citata, nel Carteggio Farnesiano.

(3) Lettera già citata, nel Carteggio Farnesiano.

(4) Lettera del Boncambi al duca Ottavio, dell 8 agosto, nel Carteggio Farne-
siano.

(5) Lettera del Facchinetti al card. Farnese, del 12 agosto, nel Carteggio Far-
Aesiamo.
ASCANIO DELLA CORNIA, ECC. 333

de la Corgna, riservandosi il luogo di capitano generale di
cavalli al sig. Paulo Giordano [Orsini]... » (1).

Ma, a tagliar corto una volta agli indugi e alle incer-
tezze, ecco il Duca d'Alva, dopo l'invio fatto alla fine di
agosto di un altro parlamentare al Papa nella persona di
Pirro di Loffredo (2), uscire inaspettatamente di Napoli il
primo di settembre e marciare alla volta di S. Germano con
tutto l'esercito, forte di buona gente d'arme e guidato, nei
singoli reparti, da ottimi capitani.

Ascanio della Cornia ci apparisce maestro di campo ge-
nerale (3); e l'onorevole incarico era quasi una risposta del
Viceré alla richiesta di Paolo IV, per cui il Perugino avrebbe
dovuto pure dal Regno venire espulso. Del resto il Duca
anche per iscritto, nella istruzione al Loffredo, aveva prote-
stato solennemente contro il monitorio steso ai danni del
nostro capitano, nel quale si dichiaravano nemici della
S. Sede coloro presso i quali Ascanio si era rifugiato.

E la difesa formale, oltre la protezione materiale e le
provvisioni assegnategli, non si limitó a tanto, come ben

tosto vedremo. Giacché noi non vogliamo seguir passo passo
le operazioni militari dei due contendenti e nemmeno ripeter
qui ciò che da numerose e attendibili fonti edite si ricava
della parte avuta nella campagna di quest' anno, e poi del

successivo, dal nostro personaggio: noi, sorvolando sui rapidi
successi dell’ esercito invasore, vogliamo senz’ altro fermarci
alle prime trattative di un accordo, nelle quali il nome del
Della Cornia ha il suo luogo importante.

(1) Lettera del Boncambi al duca Ottavio, del 12 agosto, nel Carteggio Farne-
siano.

(2) V. la Istruzione del duca d'Alva per lui nell’Apperndice al NORES, n. XIX,
pag. 400. Pirro di Loffredo, rimasto in Roma oltre il termine fissatogli dalle sue
commissioni, e sorpreso, prima della partenza, dalla uscita in campagna del Viceré,
fu fatto prigione dal governo papale.

(3) Cfr. in proposito l’ANDREA nell'opera citata, pag. 11; il NoRES, pag. 122, e
le principali fonti manoscritte per questo periodo.
G. COGGIOLA

Preso Pontecorvo, Frosinone, Piperno, Terracina e infine
Anagni (che andò a sacco) il Vicerè avanzava con grande
celerità, senza incontrare gravi ostacoli sulla via ed incutendo
fin dentro a Roma notevole spavento. Quivi ‘il ritorno del
Caraffa era venuto finalmente a soddisfare la generale aspet-
tazione (1); ma né l'attività e l'iniziativa di lui né un nuovo
ausilio di pochi soldati francesi potevano rimediare alla effet-
tiva inferiorità numerica e qualitativa dell'esercito papale:
d'altronde nella città erano troppo vivi i ricordi del'27 per-
ché non si pensasse con il massimo terrore alla possibilità
del rinnovarsi di quell'evento, nonostante l'ossequio che il
Duca d'Alva ostentava verso il sacro Collegio, in nome del
quale dava voce di prendere possesso delle terre che volon-

tarie o forzate gli si arrendevano (2). In questa condizione di
cose ben si capisce come giustamente si facessero interpreti
dell'universale sentimento della cittadinanza alcuni fra i piü
influenti cardinali, che suggerirono al Pontefice e caldeggia-
rono con tutte le loro forze un tentativo di pacificazione, il
quale non avesse pregiudicato alla dignità del Sommo Pa-
store.

Il Decano del Collegio aveva fatto al Viceré serie rimo-
stranze per la sua condotta nei riguardi del corpo cardinali-
zio, cui aveva quegli mostrato di creder capace di negare al
Pontefice la dovuta solidarietà; e il capitano spagnolo aveva
con molta remissione accettato il rimprovero e pregato che

(1) V. i Summarii dele cose notabili successe dal principio d'aprile 1556 a
tutto giugno 1557, nell’ Appendice al NoRES, n. I, pag. 359. « La notte delli 7 [set-
tembre] entrò in Roma il Cardinal Caraffa con mons. Monluch, di Lansach, il Car-
dinal di Motula... ».

(2) Vedi in proposito la lettera del Duca d'Alva al Collegio dei Cardinali, del
21 agosto ‘56, pubblicata nell'Appendice al NorES, n. XX, nella quale dava appunto
garanzia sulla condotta che avrebbe tenuta nei riguardi delle terre ecclesiastiche
che fossero cadute in sue mani. Per questa lettera si confronti anche il SUMMONTE,
Istoria della città e regno di Napoli. Napoli, 1075, pag. 129.
ASCANIO DELLA CORNIA, ECC. 335.

i cardinali stessi si adoperassero a mutare i propositi ostili
del Papa. verso l' Imperatore e il Re (1).

Qual miglior appiglio di questo a nuove pratiche, men-
tre il rumore della guerra era appena sollevato e offriva
minor difficoltà ad essere attutito? Qual miglior occasione di
quella offerta dagli scritti stessi del nemico per ricercare
patti, ancora convenienti, di accordo, con il minor detrimento
della Sede apostolica ? Paolo IV non trovò modo di rifiutare
la propria adesione; ed ecco il 16 settembre il padre Tom-
maso Manriquez trasferirsi da Roma al campo per stabilire
i preliminari, in qualità di messo speciale dell’ intero Col-
legio. Perché il Duca si mostra disposto a far discutere da
un proprio ambasciatore e da una commissione di alti pre-
lati le clausule dell'eventuale trattato (2), vengono eletti dal
Pontefice a suoi rappresentanti sette fra i piü insigni por-
porati, innanzi ai quali don Francesco Pacecco, segretario
dell'Alva, reca i patti da questo offerti per la cessazione
delle ostilità.

Il documento, conosciuto solo attraverso il sunto datone

dal Nores, é stato da noi rintracciato nel testo originale; e
suona cosi (3):

(1) Vedi la lettera del Decano del Collegio in Appendice al NoRES, n. XXI,
pag. 405; e la risposta del Viceré trascritta parte nella Apgendice al NonES, n. XXII,
e parte nel testo medesimo, pag. 129.

(2) Il NoRES (pag. 132) dice che il Manriquez tornò il 17 senza conclusione al-
cuna, e che egli stesso suggerì di nominare una commissione, alla quale il Viceré
avrebbe forse acconsentito di deferire l'esame della questione. Ma il Nores igno-
rava una lettera del Duca d’Alva del 16 di settembre, datata dal campo di Anagni
e diretta al Pontefice, la quale dovette essere portata dal Manriquez. In essa il
capitano spagnolo move appunto la proposta attribuita all'ambasciatore:« Haviendo
venido a qui fray Thomas Manrique a lo que V. S.^ pienso que tiene entendido no
he querido perder la occasion de scrivir esta hechandome a los pieis de V.S.4 y
supplicandole sea servida que se tomen alcunos buenos medios para apagar el
fuego encendido, de los quales siendo V. S. servida que se trate me puodrà mandar
embiar las personas que para ello le parascieren aptas, que veniendo se mostrarà
a V. S.* y al mundo el santo zelo de la Mag.! del Rey mi senor... ». Il documento
noi attingiamo al Ms. marciano italiano, XI, 125.

(3) Ms. marciano italiano, XI, 125. — Di questi documenti in spagnolo, a noi
offerti da copie naturalmente assai inesatte, conserviamo, come miglior partito, la
grafia data dal manoscritto, tranne in casi di errori che guastino il senso.

i e

+ MESE


e E, ——

G. COGGIOLA

« Copia de los capitolos y demanda hecha del s.°* Duque
de Alva, los quales traxe Don Francesco Paccecho.

Que S. S." reconosca a Su Mag.' por obediente hijo y se
le muestre tam affetionado padre come se muestre alos otros
principes y admitta a Su Mag.' y a sus subditos por ygual
a los favores y gracias que a los otros reyes y naciones.

Que S. S.° en ningun tiempo mueva guerra ny offenda
a Su Mag.° en sus estados ni de favor ny ayuda a ningun
principe ny otras personas que la queran muover come re-
ciprocamente Su Mag." lo hara con S. S."

Que S. S.^ mande soltar los presos y alce las segurida-
des a todos servedores da Su Mag.' assy alos Rev." Cardinales
come alas otras personas de quien la tiene tomadas, hazien-
doles perdon general de todo lo hasta al dia de la data de
la capitulacion, travendoles alos officios beneficios que solean
tener por quietar qualquiera occasion de turbacion o desabri-
miento, pues que consta que lo principal por que han sido
mal tractados que ha sido por ser servidores de Su Mag.,
offresciendo Su Mag." todo favor y servicio para castigar los
que en futuro lo offenderan.

Que S. S.' reciba in su gratia Ascanio y Marcantonio
Colonna, come a buenos vassallos y restituir a dicho Marcan-
tonio todo suo stado come al presente se halla, por que sin
esto no puede hazer quietud ni... que se pueda tener por
firmo por las causas tam evidentes ‘que no ay para que
expressallas, y por que no puedo satisfazer Su Mag.
ctoritad sin ello, haviendo sido privado el dicho s." Marcan-
tonio por ser su servidor.

Que S. S." no mande a fortificar en ninguna tierra a los
confines del Reyno sino quelas dexara come estan al presente.

Que recibira in su gratia Ascanio della Cornia y le tor-

a su au-

nera la hacienda y ropa /?/ que se le ha tomado.

Que S. S.° de seguridad bastante a satisfacion de Su Mag.
para que esto se exercitara y observerà complidamente ».
Come il lettore vede, la reintegrazione nel pristino stato
ASCANIO DELLA CORNIA, ECC. 337

dei vassalli spodestati della Chiesa forma la sostanza della
richiesta del Vicerè, il quale, continuando la politica già
iniziata, e voluta dai suoi sovrani, si astiene da qualsiasi im-
posizione che possa rivelare un, anche lontano, desiderio di
ingrandimenti territoriali del regno di Napoli ai danni dello
Stato ecclesiastico.

La protezione degli aderenti al partito imperiale, atto
tanto più, nell’apparenza e nel fatto, lodevole in quanto co-
storo erano o incolpevoli o rei verso la S. Sede di colpe che
solo una esagerata passione politica aveva ingrandito a de-
litti di lesa maestà, costituisce il compito precipuo del ca-
pitano spagnolo, e sarà da lui esercitata anche dopo che egli,
per speciali vedute e ragioni, avrà mostrato, nel famoso trat-
tato di Cavi, di rinunciarvi, almeno nei riguardi dei princi-
pali personaggi perseguitati.

Ma appunto questa protezione era assai piü ostica al
governo papale di qualsiasi altra pretesa del vincitore, per
il pregiudizio che recava alla dignità pontificia; e non c’è
quindi da meravigliarsi se ne vedremo negato adesso e sem-
pre il riconoscimento, nonostante ogni piü critica condizione
degli affari della Chiesa.

Cosi, nel caso attuale, la commissione cardinalizia, desti-
nata a prendere in esame le proposte del Viceré, ad ese-
guimento di quella che era assoluta volontà di Paolo IV, de-
cideva di rispondere: che avrebbe preso impegno di fare
accettare al Pontefice i primi paragrafi della scrittura del
Duca, tutti quelli, cioè, che non riguardavano i sudditi della
Sede apostolica, ma che non avrebbe neppure osato sotto-
porre al Papa gli altri. « ...Responden que quanto toca a
los personeros subditos de su M.° que ellos procuraran con
su S. que lo tienga por bien, mas que quanto toca alos
otros personieros vassallos de su S." que, sendo sus vassallos
y haviendo commettido porque ser presos y no se haviendo
tenido respetto en haver sido causa de su prison el ser af-
fieionados y servedores de su Mag.', que no lo osaran pro-
338 G. COGGIOLA

poner a su S. pues puede su S.° hazer y disponer de sus
vassallos sin dar cuenta a otro nadie. — Quanto al 4° y 6°
capitulos: que siendo la causa de la privacion del s." Mar-
eantonio Colonna ny Ascanio de la Corgna el ser servedores
de sus MM.?5, como paresce por la sententia, y siendo vas
sallos de su S., que no les paresce cosa questa che V. E.
los tome tam a pecho que por ellos se dixo de hazer de paz,
ny se atreveran a imponellos a su S.%.. » (1).

Con tale documento ritornava al campo spagnolo il pa-
dre Tomaso Manriquez; ma trovava fermo il Duca d'Alva
nel suo punto e non affatto disposto a rinunciare ad alcuna
delle clausole proposte. In un memoriale assai laconico, conse-
enato al medesimo latore della risposta (2), egli si compiaceva
dello zelo mostrato dai cardinali deputati per cercare il rag-
giungimento di un accordo; ma, poichè i suoi patti erano
la condizione indispensabile per ottenere una stabile pace,
si lusingava che « personas de tam grandes qualitades y
auttoridad.. guardaran :y sabran usar enel tiempo que vean
el animo de su S.° disposto a conceder los articulos neces-
sarios a tanto bien... ».

Evidentissimo era che ormai il tentativo sarebbe riu-
scito indarno, per l' irreducibilità dell'una e dell'altra parte:
pure non negó il governo papale (ad arte, senza dubbio) di
aderire a un convegno da tenersi a Grottaferrata il 26 (3) di
settembre, fra il Duca d'Alva e il cardinal Caraffa e quel di
San Giacomo.

(1) Ms. marciano italiano, XI, 125. Anche di questo scritto il NoRES (pag. 133)
dà un sunto assai preciso, il quale mostra che l'autore aveva dinanzi una copia com-
pleta del documento.

(2) Ibidem. Il transunto è pure offerto dal NoRES, luogo citato testé.

(3) Il NORES (pag. 134) dice veramente che l'intervista a Grottaferrata avrebbe
dovuto aver luogo il 24. Però la lettera del Duca di Alva al card. di Santiago,
scritta, come dice la prima riga di essa, il giorno dopo il mancato convegno, reca,
nella copia da noi posseduta, la data del 27 settembre (Ms. marciano italiano, XI,
125). Strano è che il NonEs conosce quella lettera; ma forse nel suo esemplare esi-

steva una piccola differenza di data.

E ASCANIO DELLA CORNIA, ECC. 339

Il giorno stabilito, però, qualunque ne fosse la causa, al
luogo di appuntamento si trovava il solo Vicerè: attese que-
sti un pezzo l’arrivo degli altri plenipotenziarii, e, riuscita
vana l'aspettazione, ritornò al campo presso Valmontone,
gravemente corrucciato per il poco conveniente procedere
a suo riguardo della Corte di Roma. E il corruccio sfogò
con molta dignità, scrivendo al Caraffa e al cardinal di San-
tiago lettere transunte dal Nores, delle quali la seconda ab-
biamo pur rinvenuto in copia completa (1).

Naturalmente al mancato incontro segui la ripresa delle
ostilità, che si condussero con sempre crescente vantaggio
degli imperiali fino ad una nuova trattativa del novembre
96, terminata con una tregua di 10 giorni, che si estese,
poi, a 40. |

Ascanio non stette in tali circostanze inoperoso; e ba-
sterà che noi ricordiamo di passata la parte da lui presa
alla conquista di Vicovaro, alla occupazione di Ardea e Por-
cigliano, al soccorso mandato dal Vicerè ai Nettunesi (che,
ribellatisi al Papa, erano stati assediati dai pontificii e da
alcune galere francesi), infine alla espugnazione di Ostia, che
riuscì forse l'impresa più notevole di questa prima fase
della campagna (2).

Infatti la caduta di Ostia, la quale era stata preceduta
da audaci scorrerie degli imperiali fin sotto le mura di Roma,
determinó una tale depressione degli animi in questa città
che il maneggio dei cardinali di S. Giacomo e di S. Fiora (3)

(1) NORES, pag. 135. La lettera é quella citata nella nota superiore.

(2) Per queste notizie di carattere militare si confronti l'ANDREA, l'ADRIANI e
il NORES, che le offrono abbondanti e precise.

(3) Vedasi una lettera del Camerlengo al duca Ottavio, appunto del 20 novem-
bre, nel Carteggio Farnesiano: « Havendomi l' Ecc.m° sig. Duca d’Alba indrizato
uno spaccio per la Corte di S. M. il Re, nel quale era l'incluso pacchetto a V. E.,
mi é parso debito mio, inviandoglielo, scriverli questi due versi con li quali la sa-
pia che, essendo piacciuto a N. S. et all'Ill.^» Car. Caraffa che io mi intromettessi
fra S. S. e S. M., si é, doppo molti ragionamenti, conclusa una tregua di X giorni,
secondo deve il detto signore ragguagliare V. E.; e mentre durarà si potrà commo-
340 G. COGGIOLA

per una temporanea sospensione delle armi (necessaria an-
che, e grandemente, all’esercito del Duca d’Alva) fu secon-
dato con molta soddisfazione e pubblicamente accolto. Un
armistizio di 10 giorni fu segnato il dì successivo alla resa
di Ostia, e diede mezzo al Caraffa e al Vicerè di trovarsi a
Fiumicino, per gittar le basi di un più stabile accomoda-
mento (1).

I primi effetti della trattativa furono la prorogazione a
tutto dicembre della tregua: ma con questa entrarono in
discussione gli eventuali patti della pace, giusta un breve
di plenipotenza rilasciato da Paolo IV al nipote (2).

damente venire a qualche altro particolare, con il quale si potrebbe, con l'aiuto di
Dio, quietare ogni cosa; nel che mi affaticherò con ogni mio potere: fra tanto ho
voluto farli sapere questo con scusarmi se non entro più oltre, perché e non posso
e non ci è tempo; con il qual fine di cuore me li raccomando. Di Roma alli XX di
novembre 1556. Di V. E. serv. e fratello Il CARD. CAMERLENGO ».

(1) A questo proposito ci piace riportare la seguente lettera scritta il 20 no-
vembre dal Duca d’Alva al duca Ottavio Farnese, la quale ci par documento di qual-
che interesse per gli avvenimenti che ricordiamo nel testo: /(Carteg. Farnes.).

« Algunos dias ha que el R."» senor card.! Sancta Flor trae platicas comigo
delos medios que se podian torvar para que las pazes entre su S. y su M.' se hi-
Ziessen; y sabiendo yo quanto su M.' lo dessea y que su fin no es otro que acre-
scentar la sancta fee y servir y reverenciar la sede app.*^, aunque es muy notorio
se me han dato causas para poder pensar que era tratar de cosa sin ninguna fir-
meza, despues de algunas demandas y respuestas que a havido, no obstante que con
manifiesto danno de las cosas qui tengo entre manos y empresas que havria podido
hazer, por acabar de mostrar a todo el mundo que no se pretiende si no el bien
comune me he contentado que la tregua se haga por diez dias, haviendossme pe-
dido assi, lo qual se ha concluido da la manera que'V. E. vera per la copia de la
capitulacion que va con esta; doi aviso dello para que sepa enel estado que aqui
quedan las cosas come le dare delo que adelante subcediere. Alos 17 se tomo esta
roca despues de haverla batida tres dias; hase hallado hartomas fuerte de lo que
se pensava: dentro de dos dias spero verme con los card.! Garraffa y Sancta Flor;
plega Nostro Senor que desto abocamento se saque el fructo que la chriandad ha
menester y gide y acresciente la Ill.ma y Ex."^ persona de V. E. como se dessea.
Del campo en Ostia, 20 de noviembre 1556; El DUQUE DE ALVA ».

(2) Di questo breve, di cui fa cenno il NonEs (pag. 154), chiara menzione si
trova nella lettera del Fantucci al card. Caraffa del 13 febbraio '58, da Bruxelles,
che dovremo anche in appresso ricordare: «... narrai [a Ruy Gomez] come quando
V. S. Il.» [fu] persuasa ad abboccarsi con il Duca [d'Alva] che sempre gli fu detto e
presuposto che il Duca teneva complimento di stabilire seco la pace; et così per
questo presuposito che ella andò con un breve del Papa, che io sempre tenerò ap-
presso di me, con amplissima facoltà di poter compier et pacificar come gli fusse
piaciuto ...» (Ms. marciano italiano, XI, 125).
ASCANIO DELLA CORNIA, ECC. 341

Della pratica ben poco trapelò in pubblico e ben poco
di determinato si trova nei documenti che sono a nostra
notizia; ma par certo che il Caraffa rimettesse in campo il
disegno, già altre volte mancatogli, di ottener Siena per la
famiglia in cambio di Paliano. Tutti gli altri luoghi dello
Stato ecclesiastico, occupati dal Vicerè, sarebbero stati re-
stituiti; il Caraffa, dopo l'accordo, si sarebbe recato a Bru-
xelles per dar personale garanzia alla Corte (1).

Il repentino mutamento di condotta del Cardinale, per
cui egli avrebbe rinunciato alle magnifiche speranze di qual-
che mese avanti, riesce senza dubbio un enigma, nonostante
l| importanza della concessione domandata e lungamente
ambita, e le momentanee condizioni della S. Sede. Ma forse,
senza architettarvi sopra inutili supposti (2), deve reputarsi
nulla più che un’ abile finta per guadagnare tempo e attu-
tire l'impeto dell'avanzata nemica, mentre si compieva il
viaggio dell’ esercito francese di soccorso. Infatti, appena
mons. di Guisa, alla testa di un sufficiente nerbo di truppe,
si avanza dal Piemonte verso la Lombardia e il Ducato di
Ferrara, la proposta del Caraffa, da lui dichiarata estranea
affatto alla consapevolezza del Pontefice (3), non viene più
mantenuta, a malgrado di riscontri incoraggianti della Corte
imperiale trasmessi dal Duca d'Alva.

Quest'ultimo fatto della generica adesione della Corte e

(1) Cfr. il NonES, luogo testé citato; e il DuRUv, che si attiene strettamente al
NoREs. Vedi poi, per la restituzione dei luoghi ecclesiastici, l'Istrusione del Ca-
raffa al Fantucci nell'Appendice al NoRES, pag. 412; e, per la questione dell'andata
del card. Caraffa in Fiandra, la lettera pur testé citata del Fantucci del 13 febbraio,
che ampiamente ne tratta.

(2) Il DURUY, pag. 201 e segg., per spiegarsi l'enigma si estende in una analisi
psicologica del Caraffa, la quale, come facilmente si capisce, non conduce a nessun
resultato soddisfacente.

(3) Si confronti, per questo particolare, l'ultima frase della lettera del Viceré
al Caraffa del 25 gennaio '58, che riferiremo tra poco. Naturalmente anche qui, come
nel caso della capitolazione segreta di Cavi, noi possiamo con molta probabilità
ritenere che la presunta ignoranza del trattato, da parte del Pontefice, non esi-
stesse affatto.
wen —-——

342 G. COGGIOLA

del proseguimento della trattativa è in contrasto con l'espli-
cito asserto del Nores (1), che è forse la principale fonte edita
intorno agli avvenimenti politici del periodo che adesso
consideriamo; ma a noi é attestato da documenti che il No-
res non conobbe; e poiché non puo, quindi, cadere in dubbio,
vale, come dicemmo, a richiarare il problematico procedere
del nipote di Paolo IV nell intervista di Fiumicino.

Il Duca d'Alva colto, se non sprovveduto, certo non
bene preparato dalle esigenze dell'avversario, sebbene avesse
carta bianca per combinare ogni forma di accordo (2), negò
risolutamente e costantemente di possedere facoltà per impe-
gnare il Re in affare di entità; e allora fu convenuto che
andrebbero a Bruxelles il segretario Pacecco, per la parte

del Vicerè, e mons. Fantucci, uomo di fiducia del Caraffa, E.

a proporre la cosa e a sentire la risposta. P
La istruzione del Fantucci era breve (3) e stava sulle 1

generali, non facendovisi menzione di nessun partito che ri- E

guardasse particolarmente la famiglia Caraffa; ma natural
mente fu completata da raccomandazioni orali: prima di
tutte quella di non darsi troppa fretta per via, allo scopo È
di vantaggiarsi con il tempo. 3

Invero il Monsignore (a farlo apposta) si ammaló per

(1) Cfr. NORES, pag. 166. È veramente strano che al nostro storico, il quale mo- fi. i
stra nel suo racconto, per tutto questo periodo, una diretta conoscenza delle fonti È
(da noi per fortunata circostanza trovate unite, in copia del secolo XVI, nel ms.
marciano italiano, XI, 125) sia rimasta sconosciuta la lettera del Duca d'Alva, che
ci autorizza a scagionare il Viceré dal sospetto che egli avesse con inganno impe-
dito l'accomodamento tra il Re e il Papa. Ma più strano è che il Nonzs affermi con
tale sicurezza da far credere che avesse qualche esplicito documento a base. del-

l’asserto.

(2) Vedasi la lettera del Fantucci del 13 febbraio, già citata, nella quale rife-
risce, come avuta da Ruy Gomez, la notizia certa che il Duca d'Alva aveva dal Re
la facoltà piena ed illimitata di concludere qualsiasi forma di accordo. L'antagonismo
fra il Viceré e il consigliere fidato di Filippo II aveva indotto questo a far la con-
fessione della cosa, atta a creare imbarazzi al capitano spagnolo.

(3) Vedasi in Appendice al NORES, pag. 412. Già dovemmo poco innanzi ri-
cordarla.
ASCANIO DELLA CORNIA, ECC. 348

strada (1) e giunse a Corte parecchio dopo l’arrivo del Pa-
cecco; tanto che solo a febbraio del ’57 poteva cominciare
le sue relazioni al Cardinale (2), quando già l'altro inviato
era di ritorno in Italia.

Ora, appunto da una delle lettere del Fantucci, che ci
rimane, ricaviamo elementi sufficienti per documentare la
verità degli avvisi che l'Alva trasmetteva al Caraffa, subito
dopo la venuta del suo segretario, riguardanti la disposizione
del Re alle concessioni domandate. Pare, dunque, che Fi-
lippo II non fosse alieno stavolta di condiscendere, più o
meno largamente, alle brame dell'ambizioso porporato: forse
egli intravedeva la possibilità di guadagnarlo a sé con fa-
vori personali e di far, cosi, potente breccia nella compagine
della alleanza franco-papale. E in questo senso si spiega una
frase misteriosa che chiude il ricordato scritto del Fantucci :
« ..Hora se io potessi essere con V. S. Ill."* a dirli quello
che io sento in questo negotio [delle trattative d'accordo]
tengo una opinione: che se a me toccasse giocare il gioco
crederei di giocarlo per raggione; ma perché son fuori di
gioco voglio essere saettatore dove io non sono domandato,
solo voglio dirle questo che ella avvertisca bene che ella ha
un buon gioco nelle mani et nel quale é forza che vinca se:
ella saprà giocare allo sicuro; et se ella non me intende
piglia esempio da quelli del suo stato che hanno fatto bene
li casi suoi in simili giochi, che subito me haverà inteso ;
et se ella vorrà che io parli più largo aprimi la bocca che
non solo parlarò ma canterò di Orlando, se bisognerà che io
canti... ». :

(1) La notizia ci è data dal Fantucci stesso nella sua lettera del 13 febbraio:
« ..Soggiunsi che S. S. Ill.ma [Ruy Gomez] sapeva bene che quando io amalai per
strada subito le scrissi dolendomi per rispetto del tempo; et che giunto qui sa bene
esso et S. M. che li dissi che per amor di Dio facessero presto, perché io sapeva
certo che francesi volevan rompere ... ». Naturalmente lo zelo del messo del Caraffa
era tutto postumo..

(2) Dalle prime righe della solita lettera del Fantucci ricaviamo che le prime
informazioni erano da lui state inviate pochi giorni innanzi.
344 G. COGGIOLA

Pure a quel senso, poi, si volgono le ultime dichiarazioni
della lettera del Vicerè al Caraffa, del 25 gennaio, che qui
riferiamo (1):

« Yo he estando sperando con gran deseo la venida de
V. S. IlL?* en Roma para saber del y hazerle entender tam-
bien lo que con la llegada dell s." Francesco Pacecco teniva
de nuovo della corte. Embio a V. S. Ill." Alvis della Marra
con esta carta para hazerle saber como su Mag." se havia
contentado de los apuntiamentos que entre V. S. y my se
concertaron. Doy muchas gratias a Dios que el negotio se
ha reducido al termino que la xptianidad ha menester y
que syllevamos algunos malos ratos de fico en aquella isla
aya subiecido [?] dellos fruto de tan gran importancia y V. S.
Il"* se las deve dar de haver sido ministro de obra tan
santa; rescribire .. en que V. S. IL" me haga saber el
dia que sera in Roma y me embie un salvoconduto per don
Francesco Pacecco a tal que el mismo dia que V. S. II
llegare a Roma se halle alli y puede platticar con NUS LH. mo
adunque quiere que nos veamos para poner en essecution
lo que su Mag. me embia a mandar se haga en lo de las
tierras de la Iglesia occupadas y en de mas que apuntamos.
No he querido hazer saber a su S.° nada desto teniendo siem-
pre el respiecto que he tenido de parerme que era descatia-
miento trattar con su Beat. hasta verle desenganado de mi
y que aya entendido que deseo mas servirle que darle fa-

stidio ... ».
Come questa lettera si concilii con l’ affermazione del

(1) Ms. marciano italiano, XI, 125. Questo codice, raccolta importantissima
di documenti sul pontificato di Paolo IV, che ci proponiamo di mettere a profitto
larzamente in altra occasione, é di provenienza Jacopo Morelli. Come tale trovasi
enumerato nell'elenco (autografo dell’ illustre bibliotecario) dei manoscritti da lui
lasciati alla Marciana (Ms. riservato 136 della medesima Biblioteca); ma senza al-
cun speciale indizio della derivazione originaria. Solo é detto che é del sec. XVI.
Neppure indicazioni utili in proposito si rinvengono nelle schede del Morelli e
del Valentinelli, che costituiscono il ms. riservato 153, illustrative dei codici mo-
relliani.

MEIST
ASCANIO DELLA CORNIA, ECC.

Nores che il Duca « spirata la tregua e riprese le armi re-
putó opportuno consiglio troncare totalmente questa pratica...
onde non solamente sospese poi gli ordini venutogli dal Re
con il ritorno del segretario Pacecco e v'interpose difficoltà,
ma n'avvisó il Duca Cosimo... », come si concilii, dicevamo,
il lettore vede di per sé; ma il fatto sta che le trattative
non Sopravvissero utilmente dopo lo spirare della tregua dei
40 giorni. Il Caraffa (e si rileva anche dalle prime frasi del
documento testé riportato) non era alla fine di gennaio an-
cora ritornato a Roma da un viaggio di straordinaria mis-
sione alla Repubblica di Venezia, per il quale il Papa gli
aveva conferito il titolo di Legato a tutti i principi e stati
della Cristianità « ut qui de auxiliis sedi apostolicae praestan-
dis vel aliis de rebus acturus est... » (1).

Il pretesto dell'invio era stato il desiderio di ringraziare
la Repubblica per la parte da essa avuta, con la spedizione a
Roma di un messo speciale (2), nel temporaneo accordo; ma
la ragione vera era espressa nel breve papale ricordato, letto

solennemente in congregazione generale alcuni giorni dopo
la partenza del porporato. Ora il soggiorno di questo fuori
di Roma si protrasse per tutti e due i primi mesi del 1551;
e, sebbene non avesse per risultato l'aecessione della Sere-

(1) Cfr. NoRES, pag. 157.

(3) Cfr. una lettera del Buoncambi al duca Ottavio, del 14 ottobre, nel Carteg-
gio Farnesiano: « ...quel secretario di Venetia ritornò dal sig. Duca d'Alva; ma
non par che habbia portato cosa che di qua satisfaccia molto, havendo risposto,
per quanto intendo, N. S. che haveva bisogno di agiuto et non del consiglio di quella
Signoria: il secretario sta aspettando la risposta da Venetia, intanto si trattiene
di qua ... ».

Certo una tale risposta del Papa non era indizio di molta gratitudine; ma chi
conosca un poco la natura del Pontefice si convince presto che dovette trattarsi di
uno dei soliti suoi scatti, in un momento di dispetto. — Sulla pratica di questo se-
gretario della Repubblica, il cui invio fa riscontro a quello del Franceschi nel 1557,
più minuti particolari si rintracciano nelle lettere del Navagero di quel periodo.
Sull'ambasceria poi del Caraffa alla Signoria già abbiamo avuto occasione di indi-
care in altra parte del lavoro le fonti documentali, specialmente dell'Archivio di
Venezia, oltre il racconto del Nores e del Duruy. Qui non occorre ripetere quelle
notizie, tanto più che sull’argomento dobbiamo sorvolare. i

23
346 G. COGGIOLA

nissima alla lega, pure riuscì per ‘altri motivi a rendere
alieno affatto l'animo del nipote del Papa dal proseguimento
di ogni trattativa con il Vicerè. Invero la lettera del Duca
d'Alva, dato che da Roma raggiungesse il Caraffa nell’ alta
Italia, lo trovava nel punto in che egli si disponeva a in-
contrare l’esercito francese che, al comando del Duca di
Guisa, valicate le Alpi, si avanzava per la valle del Po.

Come non avrebbe l’accorto prelato fatto rinuncia a
qualunque concessione di Filippo II, se pur con serio pro-
posito richiesta aleun tempo innanzi, ora che un capitano
di grido assieme a una bella schiera di valenti condottieri
e a un esercito, dichiarato magnifico dagli intendenti (1), si
accingeva, con la baldanza francese, a una passeggiata di
conquista attraverso la penisola?

Il prudente, prudentissimo governo veneziano aveva vo-
luto, nonostante ogni sforzo del diplomatico papale, star
chiuso nello stretto cerchio della sua neutralità, concedendo
all’uno e all'altro degli avversari passo di milizie per il pro-
. prio stato, rifiutando la grassa ma troppo futura preda della
Puglia, rifiutando il pegno attuale di Cervia e Ravenna. Che

monta ormai?

I progressi della occupazione franco-papale nei territori
imperiali del Regno, e magari di Toscana e d'altrove, pro-
gressi sicuri e prossimi, cadranno in beneficio di due soli,
anzichè di tre, confederati; e tanto meglio per i nipoti del

(1) Cfr. una lettera di Pacifico Arditi (residente toscano a Parma) al duca Co-
simo, dell’ 8 febbraio '57. Egli era andato a Piacenza a trovare il capitano Paolo
Vitelli, luogotenente del Farnese e condottiero tra i migliori di quel tempo ; e nel
viaggio aveva veduto la rassegna delle truppe francesi, che parevano in ottimo
stato. La cavalleria, poi, a detta del Vitelli, era così bella che da molto tempo non
si era vista l'uguale. — La lettera dell'Arditi fa parte della sua preziosa corrispon-
denza, da Parma, con il duca Cosimo, dal principio del '57 alla metà del ’58 (Archi-
vio di Stato di Firenze, Mediceo, 2868). Il residente, mandato per seguire, appunto,
giorno per giorno le mosse dell’esercito francese e riferirne, dà minutissimi quo-
tidiani ragguagli di tutto quanto poteva interessare il proprio principe; ed offre
così una miniera di notizie che invano si cercherebbero altrove.
ASCANIO DELLA CORNIA, ECC. 347

Pontefice che non avranno più ragione d'invidia verso i
Farnesi o verso altri anche più antichi parenti di Papi.
Questi i pensieri del Caraffa mentre, presso Reggio, la-
sciato il manto di Legato e travestito, assisteva alla rassegna
passata alle truppe francesi, unitesi ormai a quelle del ducato
estense, da Ercole II, generale della lega (1): x
«... Il Duca di Ferrara cavalcó tutto ornato, fuor che la
testa, con una sopravesta di veluto verde, ricamata di cor-
doncini d'argento, havendo et nel petto et nelle spalle una
gran croce bianca, et tre paggi vestiti alla medesima livrea:
l'uno dei quali portava la cornetta ch'era di cendado bianco
et da un canto haveva le chiavi apostoliche incrocicchiate,
dall'altra tre gigli d'oro. Gli altri due portavano due lancie
5 con certe rotelle alle spalle e con due “celate in capo... »
Mirabile vista, senza dubbio, quella dello sfarzoso- Prin-
cipe, della sua Corte, della bene assettata gente d’arme: spet-
tacolo capace di esaltare al massimo grado la fiducia di chi
lo riguardava con occhio un po’ offuscato dalla passione,
pieno l'animo da brame di dominio, di ricchezze e di onori!
Ma gli stessi valenti cavalieri e gentiluomini di Fran-
cia, che alle guerre in Italia scendevano, per tradizione,
come a una partita d’arme in steccato, non si peritavano
di chiamar pazzo il Pontefice nei privati colloqui; e qual-
cuno rammentava, non senza spirito, un aneddoto del Con-
nestabile, che, intimamente avverso all'impresa fino all ul-
timo, nel partire delle truppe le segnava con una croce,
quasi a dire che buona parte di esse non sarebbe tornata (2).
La triste previsione non resultò poi del tutto mendace.
L'esercito francese, indugiatosi oltre ogni bisogno nello
E stato del Duca di Ferrara (mentre fra i capi duravano i di-

INVE:


M ADIDAS

TT

(1) Avvisi di Reggio del 14 febbr aio, nella corrispondenza dell’ Arditi al duca
Cosimo (Mediceo, 2868).
(2) Lettera dell'Arditi a Cosimo pure del 14 febbraio (1bidem). L'aneddotto del

Connestabile era stato riferito al card. Farnese da parecchi gentiluomini' francesi
passati da Parma.
948 G. COGGIOLA

spareri, e l'uno voleva cominciare l impresa dal territorio .
di Milano, l'altro da quello dei Farnesi, voltisi a parte impe-
riale, l'altro, infine, dal Regno di Napoli (1)) perdette un tempo
veramente prezioso e lasció agio al Duca d'Alva di rinsal-
darsi in molti dei luoghi acquistati, di munir meglio alcuni
paesi di frontiera, di preparare, insomma, tutti i mezzi di
resistere al nuovo urto e mantenersi nella via del successo.

E quando, infine, cedendo alle istanze del Caraffa e agli
ordini del Re, che prescrivevano l'ubbidienza ai voleri della
Corte papale, il Duca di Guisa faceva scendere le sue truppe
a difesa dello Stato ecclesiastico, lasciato il duca Ercole a
tutelare il proprio e a godersi il titolo e le provvisioni as-
segnategli da Enrico II, la pluralità del comando in Roma,
gli attriti derivatine e la conseguente malavoglia del capi-
tano francese fecero il resto e cooperarono alla vittoria del
Viceré, che ben avrebbe ridotto a mal partito la Chiesa se
fosse stata proseguita e sfruttata.

Ma su questa campagna del ‘57. noi non dobbiamo né
vogliamo intrattenerci piü che tanto: noi ci contenteremo
di non perder di vista anche. in questo periodo il nostro
Ascanio della Cornia, di seguirlo per l Abruzzo (ove nel-
laprile l'aveva mandato il Duca d'Alva a riconoscere e for-
tificare con la massima fretta iluoghi bisognosi d'esser pre-
sidiati (2), di accompagnarlo, dopo la delusione del trattato
di Cavi, alla Corte di Bruxelles, per lasciarlo quivi a solleci-

(1) La cosa è nota per essere accennata da tutte le principali fonti edite. Ri-
corderemo, ad ogni modo, alcune importanti lettere dell'Arditi e specialmente due :
quella del 14 febbraio citata, ed una del 16, nelle quali egli si estende a diversi
particolari. Guisa voleva rimanere nell'Alta Italia dove maggiore, invero, si pre-
sentava la probabilità di ottenere qualche successo militare : il Caraffa instava per
far discendere tutta la massa dell'esercito a difesa di Roma, e poi alla conquista
del Regno ; Ercole II, fiero avversario del Farnese per ragioni di vicinato, celava
sotto lo specioso pretesto del non doversi lasciare alle spalle un nemico, il desi-
derio di infliggere una dura lezione a Ottavio e forse di arrotondare meglio il pro-
prio Stato a danno dello stato contiguo.

(2) Vedi specialmente l'ANDREA, pag. 83 e segg.
ASCANIO DELLA CORNIA, ECC. 349

tare quella reintegrazione nel possesso dei suoi feudi e delle
sue sostanze che solo la morte di Paolo IV e la catastrofe
dei Caraffa gli concesse piü tardi.

Siamo, dunque, alle ultime vicende dei rapporti fra il
capitano perugino e la Corte di Roma, vicende poco nume-
rose e poco notevoli, dacchè l'esule si apparecchia a lasciar
l'Italia e ad accrescere, nelle aule di Filippo II, il novero
degli implacabili nemici di Paolo IV.

Diremo di S. Quintino, del precipitoso richiamo del Duca
di Guisa in Francia, della immediata partenza di lui, del-
l'improvviso isolamento in cui si trovò la S. Sede, della ne-
cessità per essa di venire a patti con il nemico, vincitore in
Fiandra, vincitore in Italia; minaccioso e imminente?

Son fatti notissimi i primi, noti i secondi, e già da noi
altra volta considerati e chiariti. In un nostro studio, a pro-
posito della capitolazione segreta di Cavi, abbiamo posto in
evidenza la larghezza dei patti conceduti dal Viceré di Na-
poli al governo papale nel settembre ’57, ed abbiamo cercato
di spiegare la cosa con la religiosità del Duca e di Filippo II,
con la volontà loro di mostrar, fino all'ultimo, non provocata
ma subita la guerra contro il sovrano, rappresentante la su-
prema autorità spirituale, con l'intento di guadagnare, per
piü lontane vedute politiche, l'animo dei parenti del Ponte-
fice e quello del Papa stesso impulsivo e mutabile.

Certo solo con un complesso di simili ragioni si giunge
à comprendere come i patti palesi di Cavi fossero con tanta
indennità della Sede apostolica da mostrare lei riuscita piut-
tosto superiore che inferiore nella prova dell'armi; come si
consentisse dal Duca di lasciare fuori della generale e reci-
proca remissione delle pene personaggi principali, aderenti
al partito spagnolo, ottenendosi soltanto, per clausole segrete,
nominalmente ignote a Paolo IV, un futuro rilascio al Re
dei feudi già confiscati al Colonna.

Infatti il capitolo sesto del trattato pubblico stabiliva
che a tutti i sudditi imperiali sarebbero rimesse le pene spi-
300 G. COGGIOLA

rituali e temporali, eccettuati M. Antonio Colonna, Ascanio
della Cornia e il Conte di Bagno; e il quarto del trattato
segreto poneva che, accettatasi la ricompensa di Paliano
dal nipote del Papa, la piazza si dovesse cedere a chi S. M.
dicesse, eccettuate le persone nemiche del Papa o della S. Sede
e ribelli, se prima non avessero ottenuto perdono (1). Con-
venzioni simili a queste, ad onta dello spiraglio lasciato alla
reintegrazione anche dei ribelli, qualora per essi si fosse
potuto, con l'andar del tempo, ottenere il perdono, destano
assai giustificabile meraviglia; ma, a parziale scusa del
Duca d'Alva, oltre i motivi innanzi accennati, si deve ricor-
dare che egli insistette lungamente innanzi che sacrificare
i principali suoi collaboratori perseguitati dal Pontefice; e
in modo speciale Marcantonio Colonna, che fu, come dice il
Pallavicino, l'osso del trattato (2). Solo allora che si mostró
impossibile l'accoglimento da parte del Papa di condizioni di
pace che non contemplassero, in qualsiasi modo, un abban-
dono alla sua esclusiva giurisdizione dei vassalli castigati e
banditi, il Viceré cedette, ad evitare il pericolo di sembrare
(per quanto legittimo) sopraffattore.

Anzi, a questo proposito, non é forse noto un partico-
lare resultante dalle informazioni dell'ambasciatore veneto à
Roma; cioè che una prima redazione del trattato doveva

esser priva del capitolo ostile ai tre feudatarii ecclesiastici.
Il Navagero, infatti, scriveva il 18 settembre in una
sua lunga lettera al Senato (3):

(1) Vedansi le convenzioni nel NonEs, nel DURUY e nel nostro studio citato,
dove, ricorrendo a copie complete manoscritte di quei trattati, abbiamo rimediato
ad alcune lacune del Duruy che erano di conseguenza per la narrazione degli av-
venimenti successivi.

(2) Cfr. PALLAVICINO, Storia del Concilio..., Roma, 1664; lib. XIV, cap. IV, pa-
ragrafo I.

(3) Archivio di Stato in Venezia, Senato-Dispacci, Roma: Dispacci del Nava-
gero, vol. III, ad diem. La copia della capitolazione ricordata dal Navagero non é
acclusa, poiché i dispacci non sono qui' negli originali, andati distrutti nel 1577, ma
in copiarì contemporanei, completi.
data dal rev."^ Vitelli ... conforme quasi in tutte le parti a
quella che fu mandata col corriero che portò la nuova della
pace. V'é in questa di più una espressa exceptione di Mar-
cantonio Colonna e Ascanio de la Corgna e il breve dell’au-
torità del Pontefice al card. Caraffa... ». à
Ora, quando si sappia che il card. Vitelli giunse a Roma
per recare il testo anche della seconda capitolazione segreta,
e che l'aveva preceduto il Vescovo di Pola, venuto a sotto-
porre al beneplacito papale i patti palesi, si capisce subito
che quest'ultimo prelato era stato latore della redazione piü
mite, combinata fra il Caraffa e il Viceré (1); che Paolo IV
non l'approvó, a malgrado del breve di plenipotenza già dato
al nipote; che allora si incluse nel testo della convenzione il
periodo relativo ai tre capitani (2), e che, nella nuova forma,
la scrittura ritornó a Roma con il card. Vitelli, quando il
duplice patto era definitivamente stipulato.
p Come rimanessero dolorosamente stupiti e malcontenti
E quei personaggi che, cooperando attivamente ai successi del-
M l’esercito imperiale, avevano accarezzata la speranza di riac-
quistare alla fine tutto il perduto, oltreché aver meritata la
grazia e i favori del Re cattolico, è più facile immaginare
che desumere dagli scarsi documenti. Certo non poterono con

(1) Vedasi, per la data esatta di questi avvenimenti, il nostro Paolo IV e la ca-
pitolazione di Cavi nel primo capitolo.

(2) Il Conte di Bagno, che dopo il racconto dell’impresa di Montebello non ab-
biamo più avuto occasione di ricordare, si era dapprima rifugiato presso il Duca di
Firenze, e, passato poi decisamente agli imperiali, era stato posto a capo di un ri-
parto di milizie. Vedasi in proposito una lettera inedita del Caraffa, del 24 luglio ‘56,
che già avemmo occasione assai addietro di citare (Js. 653 pal. della Biblioteca di
Parma). «... Quel partito che fanno gli imperiali di m/300 scudi et il far genti pub-
blicamente in Napoli a nome di M. A. Colonna mi pare indicio molto manifesto che
la loro intentione sia di rompere; et anche quel generalato di Gio. Francesco di
Bagno, benché lui sia poltrone et da poco, potrebbe però dar disturbo in Roma-
gna ... » Infatti il Conte partecipò alle operazioni militari del Duca d'Alva al pari
di Ascanio della Cornia e di M. Antonio Colonna.

*

ASCANIO DELLA CORNIA, ECC. 351

« ..Qui acclusa sarà la copia della capitulatione, man-

gii. o ——— =

Y
A

sa ali 359 G. COGGIOLA

lieto animo vedere il duce spagnolo, il quale avrebbe avuta
facoltà di entrare in Roma da trionfatore, penetrarvi furti-
tivamente e andare in ginocchio dal Papa a presentare le
più umili scuse per la campagna condotta contro la S. Sede
e a ricevere il perdono implorato: certo non poterono chia-
marsi soddisfatti della necessità, che loro incombeva ormai,
di lasciar l'Italia e di andare, con il fardello delle loro que-
rimonie, presso il Sovrano, a rappresentare la parte ingrata
di quotidiani sollecitatori di beneficii.

Ma, nonostante tutto questo, è pur d'uopo ammettere
che il naturale risentimento verso il Duca d'Alva non assu-
messe, per una ragionevole prudenza degli interessati, la for-
ma di aperto conflitto; e che venissero accolte per buone le
assicurazioni e le promesse che il capitano spagnolo non le-
sinó senza dubbio dopo il fatto, e che attenne poco più tardi,
sostenendo e caldeggiando innanzi a Filippo II la causa de-
gli esuli.

Intanto, però, depostesi le armi e festeggiatasi solenne-
mente in Roma la conclusione della pace, si presentava ur-
gente al nostro capitano, come agli altri, il viaggio alla Corte.

Per l'ultimo articolo del trattato segreto il card. Caraffa
doveva, entro quaranta giorni, recarsi a Bruxelles a dar pe-
eno delle mutate intenzioni del governo papale a riguardo
del Monarca spagnolo: a questo scopo, e per tener celata la
conoscenza che Paolo IV aveva di quel trattato, il Pontefice
proclamava subito il desiderio di inviare alle corti nemiche
due legati straordinarii, e destinava in Fiandra il nipote. Ben
era necessario prevenire l’arrivo di quello spirito inquieto e
intraprendente che era il Cardinale, capace di tutto osare a
beneficio proprio e della famiglia e a danno degli altri, os-
sequiente agli ordini, senza dubbio perentorii, del Papa, di
render vano ogni conato e ogni speranza dei vassalli puniti.
Ed ecco accingersi alla partita il piccolo nucleo di signori
spodestati; ed ecco unirsi a loro Garcilasso della Vega, agente
di Filippo II, esperto, per un intero anno di soggiorno, delle
ASCANIO DELLA CORNIA, ECC. 353

prigioni papali in Castel S. Angelo (1); ed ecco seguirli i
voti di quanti il rigore del Pontefice aveva colpiti e perse-
guitati.

Sulla data del viaggio di costoro notizie assai precise
possiamo ricavare da fonte sicura. Nelle lettere del residente
toscano in Parma al duca Cosimo é indicato, volta per volta,
il passaggio dei varii personaggi che, precedendo o seguendo
a breve distanza il card. Caraffa, giungevano in quella città,
posta sulla via e diventata ormai, per il nuovo orientamento
politico dei Farnesi, un centro imperiale d’ importanza nel-
l'Alta Italia.

E in quegli scritti vediamo, al sei novembre (2), fatta
menzione dell'arrivo del Della Cornia, il quale si proponeva di
attendere la imminente venuta del card. Caraffa, già conge-
datosi dal Duca di Firenze e in cammino per Val di Magra
e Val di Taro. Senonché il giorno dopo, nel momento pro-
prio in che il Legato entrava da una parte, Ascanio usciva
dall'altra: si fosse egli stesso convinto della inutilità di una
intervista con il nipote di Paolo IV, o si fosse Ottavio deciso
a non dar luogo nella sua città ad incontri che potessero
d'un tratto generare spiacevoli questioni (3).

Invece, contemporaneamente al Caraffa ma non insieme
con lui, come ben si capisce, arrivava a Parma, il 7, Garci-
lasso della Vega; e ne ripartiva alla sua volta prima che il
Legato si allontanasse, dacchè, questi, a non perder l’ occa-
sione, faceva una breve fermata per trattative di parentado,
che poi non gli riuscirono fruttuose.

(1) Vedasi, sulla liberazione di Garcilasso (la quale fu contemporanea a quella
degli altri personaggi, imprigionati da Paolo IV all’inizio della guerra per sospetto
di tradimento e per altre ragioni), un dispaccio del Navagero al Senato del 21 set-
tembre '57 (Archivio di Venezia, Senato-Dispacci; Navagero, vol. III); e sulle dichia-
razioni dallo spagnolo fatte circa il trattamento avuto nella carcere, un dispaccio
riservato dello stesso Navagero ai Capi del Consiglio dei X, del 25 settembre '57
(Archivio di Stato in Venezia, Dispacci del Navagero, vol. IV. Ai Capi del Consiglio
dei X).

(2) Lettera dell'Arditi a Cosimo del 6 novembre (Mediceo, 2868).

(3) Lettera dell'Arditi a Cosimo del 7 novembre '57 (Ibidem).

M ————
354 G. COGGIOLA

Alquanto piü tardi, ma sempre a tempo per non la-
sciarsi preceder troppo dall'inviato papale, Marcantonio Co-
lonna aveva ospitalità dai Farnesi (1); e pure sui primi di di-
cembre doveva incamminarsi il Conte di Bagno, che non
troviamo menzionato dall’agente mediceo, ma che troveremo
a Bruxelles, ben tosto, con gli altri postulanti (2).

Pertanto, prima che il Nunzio pontificio facesse il suo
solenne ingresso alla Corte di Filippo II, ben si industria-
vano i fuorusciti dello stato ecclesiastico di preparargli un
terreno poco favorevole; e certo senza troppo grande loro
fatica, così forte era l'astio di tutti i consiglieri del Re Cat-
tolico contro il Papa e qualunque suo rappresentante.

« Il Rev."° di Trento è qui (scriveva il 28 novembre il
Suriano (3), successo al Badoero come ambasciatore a Bruxel-
les) per cose sue particullari che stanno tutte in questo: di
havere da S. M. premio di honori et di mercedi per li ser-
vitii fatti: il medesimo tentano il Conte di Populi (4) et il sig.
Ascanio della Cornia, li quali et publicamente et segreta-
mente dicono tanto mal del Pontefice et del Rev."* Caraffa
che si mettono in mala consideratione loro stessi, et massime
il Conte di Populi, che, per esser nipote di S. S., doveria
piuttosto scusarla et difenderla et almanco parlar modera-
tamente di lui. Et Garcilasso della Vega, gionto due giorni
sono, fa li medesimi officii; et tutti questi dicono che il
Ser." Re faria bene a non lasciar piü partir di qua il Rev."^
Jaraffa, per assicurarsi in questo modo del Pontefice; et
se questa cosa sarà andata alle orecchie di quel cardinale

(1) Lettera dell'Arditi a Cosimo del 3 dicembre ‘57.

(2) Che anche il Conte di Bagno passasse da Parma sulla fine del novembre
attestano due lettere del Card. Farnese, accompagnatorie di lui al Principe Ales-
sandro e al Reggente Schizzo; in CARO, Lettere farnesiane, III, 160, 161.

(3) Archivio di Stato in Venezia, Senato-Dispacci, Spagna: deciferati.

(4) Sulle cause per le quali il Conte di Popoli, parente del Pontefice, fu allon-
tanato dalla Corte di Roma, cfr. l'ApRIANI, pag. 924; sul concorso da lui prestato al
Duca d'Alva durante la guerra del'56-57 veggansi, al solito, l'ANDREA, il NORES, ecc.
passim.

AER ANT PE STR CERI A oe P CAII d ASCANIO DELLA CORNIA, ECC. 955

potria forse farlo pentire di seguire il suo viaggio... ». Non
devon farne meraviglia gli apprezzamenti dellagente della
Repubblica, piü riservato e guardingo nei giudizii che non
il Badoero (quale ci apparisce anche nella sua Relazione),
giunto da non molto alla Corte e non stato già testimonio
dell'origine della scissura tra il Re spagnolo e il Pontefice, e
degli ostili propositi contro Paolo IV. della maggioranza dei
consiglieri di Filippo II.

Il severo patrizio veneto, sollecito soltanto della corret-
tezza diplomatica, non poteva dare la sua approvazione a
nessuna eccessività di linguaggio; e non si rendeva forse
sufficiente conto del risentimento che doveva animare per-
sone private dei loro averi, escluse dal beneficio di una pace
che rimetteva ad ogni altro pene spirituali e temporali, per-
seguitate dalla vigile animosità e vendetta papale. Anche
deve dirsi che non avrebbe avuto una esattissima visione
dello stato delle cose se mai egli avesse attribuito a tutti i
personaggi della Corte il sentimento di qualcuno, non tanto
favorevole al Papa ed ai suoi, quanto avverso al Duca d'Alva
e ad altri ministri spagnoli in Italia: accenniamo, per esem-
pio, a Ruy Gomez (1).

Senza dubbio il Sovrano cattolico, pur non essendo di-
sposto a mettere in esecuzione il troppo radicale consiglio
di arrestare il card. Caraffa, era preparatissimo a respingere
ogni pretesa del Legato, e non aveva tanto delicato orecchio
da essere offeso per poco lusinghiere parole che sentisse
all'indirizzo dei suoi avversari di ieri. Nella questione di
Paliano tenne duro a volere che la piazza si restituisse, no-
nostante tutti gli sforzi in contrario del Cardinale (2); e se

(1) Già poco addietro facemmo cenno dell'antagonismo fra Ruy Gomez e il Duca
d'Alva. Qui citeremo la Relazione del Badoero (pag. 240 e segg.), dove l'ambascia-
lore, facendo un vivo ritratto del favorito di Filippo II, discorre sottilmente gli in-
trighi e le animosità fra i varii personaggi più in vista della Corte di Bruxelles.

(2) Tutti i principali documenti relativi alla riconsegna di Paliano pretesa dal
Re, le citazioni e gli atti legali, ordinati da questo per costituire il card. Caraffa e

as ara apto UON

n=

e e — na
356 G. COGGIOLA

lasciò, alla fine, trascorrere il termine perentorio della con-
segna senza ricorrere alla forza e solo limitandosi a proteste
e intimazioni legali, se anche non agì con straordinaria ef-
ficacia in favore degli esuli, è opportuno avvertire che la
longanimità e la scarsa attività furono forse determinate, in |
parte, anche dalla aspettazione di un mutamento di pontifi- )

cato, più volte e autorevolmente dichiarato, in quel torno di
tempo, imminente per le condizioni del Papa; inoltre dal
erave fatto, sopravvenuto di poi, della privazione dei nipoti
i di Paolo IV, che fece ritenere necessario e prossimo un no-
W tevole rivolgimento di tutto il governo papale. Ma, del resto, |
180 ottima testimonianza di quanto diciamo sta,in ciò: che il i
4| Legato venne trattenuto a parole finché non fu giunto alla 4
1] Corte, di ritorno dall Italia, anche il Duca d'Alva; e che
Filippo Ii conformó la sua condotta ai suggerimenti del Ca-
pitano, bramoso ormai di. prendersi una rivincita, nell as-
sestamento degli interessi privati della casa Caraffa, dei
| troppo larghi patti concessi al Papa e al suo plenipotenziario.
(N Il Duca d’Alva partiva da Milano il 29 dicembre (1), un
il mese dopo che il Cardinale era giunto a Bruxelles; e non
poteva esser quivi che alla metà di gennaio. Nel frattempo

si svolgeva assai frequente la corrispondenza epistolare fra

BEI la Corte di Roma e il Nunzio straordinario; e nel frattempo,
i appunto, appariva in una lettera del Duca di Paliano un ca-
| pitolo specialmente dedicato al nostro Ascanio e al Conte di
i di WE Bagno, divenuti, da nemici che erano stati sotto Montebello
| ii e Ghiacciolo, colleghi di fortuna e d'esilio.

MELI « S'intende (scriveva il Duca il 3 di gennaio (2)) che
iu Ascanio della Cornia et il Conte di Bagno sono costi e va-
dano cercando d'esser reintegrati sotto certi colori che non
sono fitti /?/] né veri, per vigore della capitulatione della

. C

Rr. Maca

M il Governo papale contravventori alle condizioni dei due trattati del settembre '57, se
tl | noi troviamo riuniti nel solito ms. marciano, XI, 125.

(1) Vedi il nostro Paolo IV e la capitolazione... di Cavi, pag. 83, nota 2.
(2) Ibidem, a proposito della data e della composizione del documento.

Me

rei sii v
E 4
ASCANIO DELLA CORNIA, ECC.

pace. Mi par per questo, se ben so che V. S. Ill" non ha
bisogno di ricordo, di scriverle che nè l'uno né l’altro sono
stati spogliati di fatto per conto della guerra, ma per loro
demeriti innanzi il tempo dell’armi, con tutte le ragioni del
mondo, per il che non devono esser intesi in modo alcuno... ».

senza dubbio la commissione venne eseguita immedia-
tamente dopo l’arrivo della lettera; e tosto ne dovette tra-
pelare fuori la notizia, se il 15 di gennaio, per riscontro ai
ricordi e alle affermazioni della Corte romana, Ascanio della
Cornia otteneva da Garcilasso della Vega quella testimo-
nianza (intorno alle pratiche passate in Roma tra loro due
ne] luglio 1556) che riportammo per intero e commentammo
parecchio addietro, laddove appunto si presero in esame tutti
i fatti anteriori alla fuga del Perugino al campo del Duca
d' Alva.

Il documento, che dicemmo veridico, per varie ragioni,
nella sostanza, per quanto fosse dettato da un avversario
dichiarato della Sede apostolica, non puó qui venir ricon-

dotto in campo se non come indizio del lavorio continuo e
appassionato che si faceva attorno al Monarca spagnolo per
preoccuparne e tenerne preoccupato l'animo di fronte alle
arti e alle armi dell'ambasciatore pontificio, agguerrito or-
mai a ogni genere di lotta diplomatica.

E che il Sovrano non restasse sordo alle voci che d'ogni
parte si levavano a lui, contro gli audaci desideri di Casa
Caraffa, ci vorrebbe far credere una notizia proveniente da
Bruxelles, proprio il 16 gennaio (1) per la quale si diceva
pensata e quasi disposta da Filippo II la nomina a duce di
10,000 fanti italiani di uno dei due capitani: Ascanio della
Cornia o Mareantonio Colonna, in occasione di nuovi e ga-
gliardi armamenti contro la Francia.

Qualora si volesse ammettere senz'altro la voce, biso-

(1) Lettera di Giulio Serangeli da Bruxelles al Conte Landi (Archivio di Stato
in Parma, Carteggio Farnesiano).

gi — on

ni
358 G. COGGIOLA

gnerebbe convenire che la risposta al monito del Legato,
contenuto in quel capitolo di lettera trascritto sopra, non
avrebbe potuto essere più chiara ed esplicita.

Ma la notizia, che noi attingiamo a fonte non di prima
importanza, non è confermata da altre informazioni autore-
voli e non ha la riprova nel fatto: però sarà prudente star
paghi ad alcuni avvisi del Suriano, che possono ottenere in-
condizionata fiducia e che pur mostrano non messa. total-
mente da parte, alla Corte di Bruxelles, la tutela di chi
aveva ben meritato del Re e della sua causa.

Arrivato in Fiandra, prima della fine di gennaio, il Duca
d'Alva, mentre protestava al Sovrano d'esser vecchio e bi-
sognoso di riposo (astuta mossa per parare i colpi degli av-
versarî che di mal occhio lo vedevano ricomparso) si pren-
deva premura di rammentare che prima delle brame dei
Caraffa dovevano esser soddisfatti i giusti desiderî dei suoi
coadiutori, purtroppo sacrificati, per forza di cose, nella pace
del settembre ’57. « Assai apertamente ha promesso al si-
gnor Marcantonio Colonna et al sig. Ascanio della Cornia et
al Conte di Bagno di farli restituire il suo; ma il Rev."
Cardinale [Caraffa] si mostra di contraria opinione et mas-
sime nelle cose del sig. Ascanio; et non so come si accomo-
deranno questi dispareri; et fin hora il Duca non è stato a
visitare il Rev."° Legato, sì ben due giorni, un dopo l'altro,
ha mandato a dirle che vi andaria; et S. S. Ill." lo ha aspet-
tato, ma non vi andò, onde ella si trova affrontata... » Così
scriveva il 26, il Suriano (1); ed altri particolari interessanti
sull'atteggiamento ostile del Duca d'Alva verso il Cardinale
e sulla protezione un po' tardiva del nostro capitano, dà
quello assunta, porgeva in uno scritto successivo del 13 feb-
braio (2). « ...Scrissi nelle mie ultime quello che era successo
fra l'IlL"^ Legato et il sig. Duca d' Alva: da poi $. SE B a

(1) Archivio di Stato in Venezia, Senato - Dispacci, Spagna.
(2) Ibidem.

T Ei
ASCANIO DELLA CORNIA, ECC. 359

fu con il Ser."° Re, il quale li usò tanto amorevoli et affet-
tuose parole che ella restò molto contenta e satisfatta; e
mi disse che quando ben non la havrà da S. M. quello che
la desidera e che li è stato promesso, si chiamerà però sem-
pre contenta della benignità sua; il che è alquanto diverso
da quello che mi haveva detto li giorni passati, et può essere
che dica così per honor suo, dubitandosi di haver da S. M.
molto minor ricompensa di quella che ella aspettava; per-
chè ho inteso che è stato trattato questi giorni et concluso
hieri sera di non darli Bari né altro loco di fortezza né a
marina, forse perché la volontà di S. S. et di S. S. Ill" è
ancor sospetta: et oltre di questo il Duca d'Alva et don
Giovan Manrich hanno assicurato il sig. Ascanio della. Cornia
che nellaccordo che si farà con S. S; Il” il Ser.®° Re
vorrà metter questa conditione: che, se esso sig. Ascanio
non Sarà reintegrato del suo, l'aecordo non habbia niun
effetto... ».

Invero da queste varie affermazioni parrebbe doversi
ricavare che gli affari del Della Cornia si incamminassero
per una buona via, mercé il concorde volere di Filippo II
e di due personaggi ai quali il Re prestava Speciale defe-
renza, come il Manriquez, abile diplomatico, già ambasciatore
al Papa prima dell' inetto Marchese di Sarria, e l'Alva, uomo
di guerra e di consiglio, accetto, per simiglianza di carattere
al figliolo di Carlo V, nonostante l'invidia e le censure de-
gli emuli. Senonché, alla fine, le previsioni di un felice ac-
comodamento degli interessi del Perugino vennero a cadere,
per quella mancanza di continuata fermezza che aveva in
ogni circostanza caratterizzato il nuovo regno di Filippo.

Ad onta delle ottime disposizioni del Monarca, ad onta
dei primi atti di energia nei riguardi del Legato, i quali
| parevano prometterne altri e più importanti, nulla di con-
creto si concluse in favore del Colonna, di Ascanio e del
Conte di Bagno; dacchè il Caraffa, quando cominciò a ve-
dersi posto alle strette nella questione della ricompensa di

— GI a
360 G. COGGIOLA

Paliano e in tutte le altre concomitanti, allegò la mancanza
di plenipotenza, e mantenne l’asserto, rifiutando di assumere
impegni prima di aver consultato il Pontefice.

Non si può, quindi, aver causa di stupore rilevando,

qualche poco più tardi, in certi discorsi del nostro capitano,
riferiti sempre dal Suriano, l amarezza che quegli doveva
avere nell'animo, e lo sconforto che ormai si era imposses-
sato di lui. Scrivendo l'ambasciatore sulla trattazione di pace
fra S. M. e il Duca di Ferrara (dopo una ingloriosa guerra
condotta da Ottavio Farnese contro l Estense per ordine del
Cattolico, e assopita per le arti di Cosimo, astutissimo nego-
ziatore (1)) diceva fra l’altro: « Il sig. Ascanio della Cornia,
il quale sta alloggiato in casa dell'ambasciatore del Duca
di Firenze, dove sta anchora il Concino (2), cenando meco
hiersera mi disse che non era meraviglia se questa cosa si
tardava tanto a risolvere, perchè le cose che non piacciono
si fanno mal volentieri; et non è ancor da maravigliarsi se
passava così segreta, perchè è troppo vergognosa per questo
Re; et soggiunse che il Duca di Ferrara aveva guadagnato
assai perchè ha scoperto la debolezza di questo Re, dal quale
solo poteva temere di essere offeso... ».
. . La debolezza: ecco il fondo del carattere del Sovrano
che da Carlo V aveva ricevuto in retaggio uno dei piü vasti
dominii che la storia moderna registri: debolezza di mente
e di animo, per cui piuttosto si faceva trascinare dagli eventi
che prevenirli, per cui nei negoziati si induceva a rinun-
ziare talvolta a condizioni che il diritto dell'armi gli avrebbe
consentito pienamente.

(1) Di questa guerra ci occuperemo, ricavando le notizie da abbondante ma-
teriale documentario, a seguito di uno studio, ora in corso di stampa, su I Farnesi
e il Ducato di Parma e Piacenza, durante il pontificato di Paolo IV.

(2) Il Concino, segretario del Duca di Firenze, fu l'intermediario della pace
tra Cosimo ed Ercole II, e del matrimonio fra il Principe di Ferrara e una delle
figlie del Duca mediceo. Tutti i documenti di queste pratiche sono raccolti parte
nell'Archivio di Firenze, parte nell'Archivio di Stato di Modena.
ASCANIO DELLA CORNIA, ECC. 961

I casi di Ascanio della Cornia e di Marcantonio Co-
lonna e degli altri proscritti son certo di portata ristretta;
ma costituiscono una prova di più di quella contradizione
fra il volere e il non saper volere che informava le azioni
anche maggiori del Re.3Noi non v'abbiamo ad insistere,
paghi di avere, con l'accenno alla delusione toccata al no-
Stro personaggio da parte di chi egli si figurava suo efficace
rivendicatore, segnato il termine delle relazioni tra Ascanio
e la Corte papale durante il pontificato di Paolo IV.

Infatti, se non vogliamo far ricordo di una missione affi-
data da Filippo II al Della Cornia per il Duca di Savoia nel
luglio 1558, dopo la battaglia tra francesi e spagnoli che fini
con la prigionia di Mons. di Termes (1), (missione estranea af-

fatto ai rapporti che formano l'oggetto dello studio presente),

noi dobbiamo trascorrere, senza trovar più nei documenti
importante richiamo al Della Cornia, i mesi che passano
dalla metà del '58 alla metà o poco più del '59, quando
Paolo IV, cedendo all'età e ai dispiaceri cagionategli dalla
rottura completa con i nipoti, lasciava vuoto il seggio ponti-
ficale, occupato per un breve ma ricordevole periodo di
anni. Allora Ascanio, nell'interregno, fecondo sempre di tu-
multi e talora anche di violenti atti militari, ricompare sulla
scena, e con la forza conquista e rifà sue le castella confi-
scategli; che però non gli resteranno subito in pacifico pos-
sesso nemmeno sotto quel Pio IV che (come suol sempre
avvenire) cominciava il suo regno col demolire, in sostanza,
l'opera del pontificato anteriore, disfacendosi ben presto e
tragicamente del Caraffa, che a quell’ opera avea portato il
principale contributo (2).

E così il valente condottiero, delle cui fortunose vicende
siam venuti sin qui esaminando uno dei meno noti periodi,
non quietava ancora.

(1) Cfr. un dispaccio del Suriano, del 15 luglio 1558, al Senato (Archivio di Stato
in Venezia, Senato-Dispacci, Spagna).
(2) Cfr. ADRIANI, pag. 1145 e segg.

BÀ rn te E

BE app
— ES

nm

ATL

G. COGGIOLA

Ma uomo d'armi della tempra di quei capitani del se-
colo XVI, che trascorrevano la vita fra il tumulto. e gli ec-
cessi soldateschi, passando da una guerra all'altra senza
interruzione e senza rinfoderare la spada, nullaltro certo
poteva pesargli se non la perdita dei feudi e dei beni e, piü
che tutto, il sospetto che il mondo avesse di un suo manca-
mento contro l' onore.

Noi, a tanta distanza di tempo, quando ormai del Della
Cornia e di altri molti, più e meno insigni di lui, s'è fatto
fioco il ricordo, ci troviamo a rendergli, sul fondamento di
prove numerose e vagliate, qualche poco di postuma giu-
stizia. —

Come preannunziammo all'inizio del lavoro qui ripetia-
mo: non si tratta per noi di misurare la moralità di Ascanio,
come di qualunque altro capitano del suo tempo, con quel
calibro che oggidi adoperiamo per gli uomini che vanno sen-
z'elmo e senza corazza e senza le forti musculature che la
sostenevano : in epoca dove tutto, pur scendendo di grado in
grado, è conquista e dominio, è già qualcosa che una specie
di idealità si coltivi nel concetto dell’ onore soldatesco, quan-
d'anche lo si faccia consistere, prescindendo da violenze
magari estreme verso persone e cose, nel servire senza tra-
dimento un padrone, finchè duri il patto con lui. E se a
tale stregua valutiamo la condotta del Della Cornia, non ci
pare di ingannarci tornando ad asserire, al termine del no-
stro esame critico, che la fama del signore perugino ne esce
illesa e rinverdita.

Dott. G. COGGIOLA,
363

ANALECTA UMBRA

Umbria. — Ottima, perchè ricchissima (consta di 2056 numeri)
e singolarmente esatta, la Bibliografia araldica e genealogica d’ Italia,
compilata da Giustino Colaneri (Roma, Loescher, 1904; in 8, pp. XIX-
153). Segnalo, per ciò che riguarda l'Umbria, le famiglie di Todi (Atti,
num. 45; Monticastri, num. 46), Perugia (Antaldi e Ansidei, num. 70
e sg.; Meniconi, num. 290; Ranieri, num. 1687 ; Danzetta, num. 1738),
Campello (Campello della Spina, num. 277), Gubbio (Cantalmaggi,
num. 291; e le molti delle quali diè notizia il Lucarelli, num. 935),
Foligno (Trinci, num. 615), Montone (Fortebracci, num. 822, 1739),
Spoleto (Arroni, num. 1015), Norcia (famiglie nobili, num. 1591), Um-
bria (fam. Castelli, num. 2049). In un'Appendice il Colaneri registrer
anche la memoria del conte Emanuele Ranieri su La famiglia del pon-
tefice Pasquale II ed i conti Ranieri di Perugia (edita nella Rivista del
Collegio Araldico, maggio 1904), d’onde si deduce che il papa fu « na-
tivo veramente di Bieda presso Viterbo e derivato dal ceppo comune
ai Ranieri di Perugia e di Orvieto, i quali ne’ documenti vengono sem-
pre denominati de Rayneriis ». Sta contro tale asserzione la risposta
di Antonio Gheno (nella stessa Rivista del giugno), dalla quale « pare
di poter conchiudere che gli oppositori potranno toccare con mano e
saranno costretti a confessare che Pasquale II non fu di Bieda, città
della Toscana pontificia, mà di Bleda, castello già esistente nella Con-
tea di Galeata, sui monti della Romagna toscana ». È disputa, in-
somma, ancora insoluta, tra due nobili famiglie; la Ranieri di Perugia
e la Raineri di Forlì, signora un tempo di Bleda e poi di Calboli.

«^4 Segnaliamo il vol. I de Z/art dans l’ Italie méridionale di Emilio
Bertaux (Paris, Fontemoing, 1904: Dalla fine dell’ impero romano alla
conquista di Carlo d'Anjou) per le relazioni d'arte col Piceno e col
ducato di Spoleto, costituenti la contea aprutina, e più particolarmente ‘
per l’arte bizantina nel secolo IX che il B. fa derivare dai marmorai
di Spoleto e di Roma.
ANALECTA UMBRA

«5 Il Filippini continua la documentazione della sua memoria:
La II legazione del card. Albornoz in Italia (1358-1367) nel vol XIII,
fase. I degli Studi Storici, e pubblica i segg. documenti riferentisi al-
Umbria: 2: Egidio approva i patti promessi da Blasco
di Belviro, rettore del ducato di Spoleto, al C. di Cerreto e ad Andrea
signore della rocca di Cerreto (vol. VII, 197, p. 220); n. 31 — 6 mar.
1363 : Richiede con istanza al C. di Foligno Trincia de’ Trinei con una
comitiva di armati, per muovere verso Bologna (Ivi, 245, 267); n. 36 —
12 apr. 1363: Ordina a Giovanni vescovo d’Orvieto e Vicario spirituale
in Roma, collettore della camera, di assegnare al tesoriere generale
tutte le somme da lui raccolte, fra cui il denaro della composizione da
lui fatta dei beni del fu vescovo di Foligno col cav. Trincia Trinci suo
nepote (Ivi, 288, p. 298); n. 49 — 17 gen. 1364: Scrive al card. Avignose
circa la castellania di Terni offerta dal pontefice a Latino di Buro (Ivi,
513, p. 319); n. 55 — 18 mar. 1364: Scrive ad Urbano V perchè procuri
la nomina di una persona fedele per l'abbazia di S. M. di Trevi (Ivi,
921, p. 326).

Francescana. — Una nuova Vita di S. Francesco d' Assisi è stata
pubblicata da F. Tarducci (Mantova, S. Mondovì, 1904) con l’ intendi-
mento « di presentar Francesco quale esce spontaneo dai documenti,
e nulla più »; e nell’ottima rivista « Le Marche », il suo direttore,
l'egregio dott. Giulio Grimaldi (an. IV, fasc. III-IV), ne parla ampia-

mente e magistralmente, rilevandone i pregi e i difetti storico-critici.

Rieti. — La vita e l'opera di Tommaso Morroni (non Moroni) da
Rieti ha narrate ed esposte in una diligente monografia il dott. Rodolfo
Mieaechi (Rieti, Trinchi, 1904; in 16, pp. 67). Ma la copiosa bibliogra-
fia degli scritti sul nostro diplomatico e scrittore è in assoluta contrad-
dizione con le ultime parole del testo; là, cioè, dove l'autore augura
pel Morroni uno « storico sereno ed onestó che lo tolga all’immeritato
oblio ». Nessun altro umanista umbro è stato'con larghezza studiato
quanto il Reatino.

Città di Castello. — Dei due archivi Graziani e Magherini-Gra-

ziani di Città di Castello ha reso conto Giuseppe Mazzatinti nel primo

fascicolo del volume IV de G4 Archivi della Storia d’Italia (Rocca S.
Casciano, Cappelli, 1904). Il primo, costituito dagli scritti e dai carteggi

di monsignore Anton Maria Graziani e d’ altri di sua famiglia, è di

singolarissimo valore per la storia civile ed ecclesiastica degli stati
europei e per quella del Concilio Tridentino: relativi alla storia di
ANALEC'TA UMBRA 365

Città di Castello sono i numeri 380-388. Le pergamene cominciano dal
1232 con una bolla di Gregorio IX. — Il secondo, messo assieme dal
cav. Giovanni Magherini, è formato da documenti di storia castellana
dal secolo XIII; collezione preziosa che coll’ Archivio de’ Marchesi Bu-
falini si deve giudicare la maggior fonte della storia locale ed umbra.
.Di questo Archivio ha pubblicato nello stesso fascicolo un ottimo ca-
talogo il nostro socio dott. Giustiniano degli Azzi, ricordandóne le
vicende e determinandone l'altissimo valore. Consta di 190 buste; il
diplomatico, di molte pergamene dal secolo XII. Notevolissime nella
busta 81 dodiei lettere del cardinal Mazzarino. Il riordinamento del-
l'Archivio, di cui i marchesi Bufalini hanno permessa a benefizio degli
studiosi la pubblicazione del catalogo, è dovuto allo stesso dott. Degli
Azzi. — Nei successivi fascicoli ‘del volume IV de Gli Archivi citati ap-
pariranno gl’ inventari degli archivi di Narni e di Rieti, dove, com’ è
noto, è ricchissimo di pergamene, quello del Capitolo: l'uno e l'altro
sono stati già compilati da G. Mazzatinti. |

«^4, Malgrado la scarsità dei documenti e la mancanza di elenchi
ufficiali, il cav. Giuseppe Amicizia è riuscito a compilare un diligente
catalogo dei Tifernati che presero parte come volontari alle guerre per
l’Indipendenza italiana dal 1821 al 67 (Città di Castello, Grifani-Donati,
1904 ; in 32). Qualche nome ha illustrazione storico-biografica. Il cata-
logo è corredato dalle iscrizioni patriottiche della città.

Foligno. — Le Quattro lettere di Sante Ferroni che, come contri-
buto alla storia dei poeti estemporanei italiani, il prof. Enrico Filip-
pini ha pubblicate in L'Umbria (anno VI, num. 21 e sg.: estratto in
16, di pp. 14; Perugia, tip. Umbra, 1904), giovano a determinare non
trascurabili notizie biografiche del poeta, che il prof. F. ha con molta
cura esposte nella prefazione. Sono indirizzate a Giuseppe Bernardoni
consigliere aulico imperiale in Milano, probabilmente tra il 1793 e il
'94. Piacemi ricordare che lo stesso prof. Filippini scrisse fin dal 1901
su La morte di S. Ferroni (Gazzetta di Foligno del 15 giugno); e di
lui e dell'opera sua aveva detto nel 1899 in Z'Umbria (15 luglio: Fer-
roniana; e 15 agosto: Ancora del Ferroni) e nella Rassegna critica della
letteratura italiana (a. VII, num. 5-8).

Il padre Serafino Razzi asserì nell’ Istoria degli huomini illustri
che il Frezzi « compose i quattro libri de i Re in versi leggiadri vol-
gari » : la notizia in un altro punto dell'opera stessa è dichiarata, di-
versamente, cosi; « traportó » quei quattro libri « in versi volgari
eleganti ». Egli voleva, evidentemente, alludere al Quadriregio. D'onde

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366 ANALECTA UMBRA

un errore si grave?: certo dalle fonti a cui attinse lo Jacobilli, il quale
affermó che il Frezzi era autore anche di « quatuor libros Regum idio-
mate italico ». Così, e giustamente, il prof. Filippini (nella Gazzetta di
Foligno, maggio 1904), che del Frezzi e del suo poema raccolse utili
notizie dalla corrispondenza di L. A. Muratori coll’abate Canneti, edita
ora nell’Epistolario per cura del Campori (Gazzetta citata, giugno 1904).

Perugia. — Notizie storiche artistiche dall’archivio del Collegio del
Cambio ha tratte il nostro socio dott. Giustiniano Degli Azzi e insieme
disposte sì da costituirne una ricca, sia pur succinta, monografia (Pe-
rugia, Terese; è la terza puntata della Perugia illustrata). In un capi-
tolo sono raccolte le Notizie relative a Pietro Vannucci; ne’ successivi
quelle che riferisconsi ai Pittori dal secolo XIV ai primi del XVI (An-
drea di Rodolfo, Cristoforo di Antonio, Nicolò del Priore, Giovanni di
Tommaso, Giovanni Fantasia, ecc.), ai Pittori del secolo XVI (sono nu-
merosissimi), ai Maestri di pietra e legname, agli Orefici (Matteo di ser
Cambio é il primo), ed ai Vasa? e cartolari. È questo un contributo
notevolissimo per la storia dell’ arte in Perugia e per la illustrazione
biografica degli artisti.

4*4, Bernardo Berenson nel suo recente catalogo (Londra, Murray,
1903 ; in 2 volumi), d’ onde Gustavo Frizzoni dedusse materia per lo
studio su L'arte toscana studiata nei disegni dei maestri antichi (in Ras-
segna d’arte, luglio 1904), afferma con ragione che il grazioso tondo
del museo Poldi, rappresentativi la Vergine e il figlio che benedice
s. Giovannino, non è del Pinturicchio, ma probabilmente di Raffaellino
Capponi. — Una tavola di Bartolomeo Caporali (la Vergine col bam-
bino, circondata da angeli) è stata di recente acquistata dal prof. Cor-
rado Ricci per la Galleria degli Uffizi: è « di una conservazione per-
fetta e d’ un’ armonia di colore vaghissima ». Com’ è noto, le opere
del Caporali « sono altrettanto rare quanto soavi e interessanti per la
fusione che in esse si vede dell’arte monumentale fiorentina coll’ intimo
sentimento dell'arte umbra » (efr. Rassegna cit.).

«^. IL Marzocco nel num. 22 dà la gradita notizia che qui ripro-
duciamo : « La Pinacoteca di Perugia non è solamente, come dice il
Bourget, la più sentimentale del mondo, ma è anche importantissima

"dal lato storico, perchè nelle sue diciassette sale si può seguire, passo

passo, dalle origini alla decadenza, tutto lo svolgimento della scuola
pittorica umbra, che, con la fiorentina e la veneziana, è generalmente
considerata comé una delle tre più originali e gloriose del Risorgimento.
_

ANALECTA UMBRA 361

Ma di questa Pinacoteca finora non s'é mai avuta un'illustrazione
che corrisponda ai progressi della critica d'arte e al desiderio e al bi-
sogno degli studiosi. Onde a questo utilissimo lavoro si è accinto da
qualche tempo, con gli auspicî di quel Municipio, il prof. Giulio Ur-
bini che dell’ arte umbra s' è già occupato in diverse pubblicazioni e
ultimamente anche in un’ applaudita conferenza tenuta qui in Firenze
per invito della « Pro-Cultura ». Egli intende di dare un lavoro ampio
e compiuto. Comincerà da un proemio sulla formazione, le vicende,
l’importanza della Pinacoteca e sui caratteri generali della scuola um-
bra, a cui seguiranno concise ma compiute notizie biografiche e biblio-
grafiche di tutti gli artisti; poi raggrupperà, per quanto sia possibile,
cronologicamente, in speciali capitoli, tutte le opere di ciascun autore,
e di ogni quadro darà una particolareggiata descrizione, dichiarandone
e illustrandone il soggetto, facendone un’ analisi stilistica e tecnica,
precisandone la provenienza e le successive vicende e indicandone o
ricereandone l'autore, secondo memorie e documenti autentici, o tradi-
zioni criticamente vagliate e molteplici e caute osservazioni compara-
tive, a cui aggiungerà la discussione dei più notevoli giudizi di storici
che se ne siano particolarmente occupati e una diligente bibliografia,
indici analitici eec. ».

4*4, Nel num. 18 del Bollettino Storico Monterubbianese si parla
della Tavola della Trinità in S. Francesco di Perugia opera di Vincenzo
Pagani con notizie tratte dal Mariotti, dal Lanzi e dal Rieci.

«5 Il p. Placido Lugano nella sua bellissima edizione dello ,Sp?-
cilegium Montolivetense, pubblicando il Chronicon di Antonio da Barga
(1313-1450), annota gli atti dell’ ab. XV, facendo menzione fra i
varii monaci di origine umbri, di fr. Filippo da Perugia, pittore. Egli
viveva negli anni 1386 e 1387 nel monastero di Santa Margherita di
Cortona, e fu quello il tempo in cui il detto luogo pervenne all’ordine
Olivetano (1385-1390).

Stroncone. — Il Bullettino della Società filologica romana, n. VI
(Roma, palazzo Sora, 1904) riproducendo i verbali dell’ adunanza 8 feb-
braio 1908, ci interessa con la comunicazione del prof. Federici: Il ri-
cordo del consolato nella datazione di carte private, dove egli prende ad
esame un altro. esempio di tale ricordo, che si manifesta in un testa-
mento col quale Giovanni di ser Ciro da Città di Castello, volendosi
far monaco, lascia eredi universali il fratello Pietro e la sorella Angela

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368 ANALECTA UMBRA

eon l'obbligo di dare, per quest'ultima, al testatore tre libbre di denari
correnti per aequisti di libri. L'atto rogato a Terni nel palazzo dei
canonici della chiesa maggiore, ai 23 settembre 1329, è conservato in
copia autentica del 1332, ai 12 giugno, in Stroncone, in casa di Nicoluccio
dal notaio Guglielmo Jacobueci di Stroncone, il quale nella autentica
che precede l'invocazione dell’ atto, adopera ancora la formula che ri-
corda l'uso di datare le carte private con l'anno del consolato o del
post consulatum nella frase: Hec est copia cujusdam testamenti seu pub-
blici instrumenti cum die et consule etc. « Sarebbe interessante (conclude)
spiegare questa sopravvivenza della formola antichissima che proba-
bilmente tornò in fiore, così trasformata, attraverso i formulari notarili
dei secoli XIII e XIV ».

GIUSEPPE MAZZATINTI.

Montone. — Nel numero unico 18 settembre 1904, Montone a
Giuseppe Polidori (Città di Castello, Lapi, 1904) si ha un articolo di
« Cenni storici su Montone » dove si parla della « lettera storico-
genealogica della famiglia Fortebracci » di Giobbe Fortebracci, stam-
pata a Bologna nel 1689 da Giacomo Monti, e rarissima.

Orvieto. — La Rassegna Numismatica diretta da F. Lenzi, nel
suo primo numero, fra gli altri articoli importanti, ha quello del com-
mendatore Alessandro Lisini Sulla vera epoca in cui Orvieto ha battuto
moneta. Dice il ch. scrittore: « Il primo a dar notizia agli studiosi della
numismatica, che anche la città di Orvieto nei tempi della sua libertà
comunale aveva avuto un’ officina monetaria propria, fu il cavaliere An-
nibale Abati Olivieri di Pesaro; e gliene offerse occasione il dono fat-
togli da un suo amico e concittadino, il sacerdote Giuseppe Sadarghi,
di quel prezioso sigillo degli zecchieri orvietani, primo e forse unico,
degli esercenti di quell’arte tra i sigilli medioevali conosciuti.

L'Olivieri, prendendo ad illustrare quel piccolo cimelio nell'opera
di Guido Antonio Zanetti sulle monete d'Italia, venne, com’ era natu-
‘ale, anche a trattare delle monete uscite da quella officina nummaria,
benché allora le monete di quella zecca fossero affatto sconosciute da-
gli studiosi.

Quindi, volendone provare l’esistenza, dovette citare alcune me-
morie che desunse da vecchie cronache e da antichi atti pubblici di
quella città, le quali appunto si riferivano alla moneta. Ma è d'uopo

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ANALECTA UMBRA 369

dire che dalle memorie da esso citate ben poco si ricava di positivo,
specialmente sull’epoca precisa in cui la zecca orvietana rimase aperta.
E l’affermazione contenuta nei poco autorevoli commentari del Monal-
deschi, che Orvieto nel 1308 coniava moneta, non trova conferma in
nessun documento del tempo. Nè maggior luce portano alla questione.
le deliberazioni del Consiglio dei Consoli delle Arti, l’una del dì 8 gen-
naio 1323 e l'altra del 15 marzo 1325, riferite dall’ Olivieri; poichè se
queste trattano invero di monete da battere in Orvieto, non provano
poi che vi sieno state allora effettivamente battute. Anzi un’altra de-
liberazione del 1332, citata dallo stesso Olivieri, ripetendo le stesse di-
sposizioni contenute nelle due precedenti, sta a dimostrare che quelle
deliberazioni non ebbero effetto.

Se la esistenza del sigillo dei monetieri dava sicuro indizio che
per qualche tempo Orvieto aveva battuto moneta, e verisimilmente al-
l'epoca stessa a cui rimontava il sigillo, non si può menar buono al-
l’Olivieri che il sigillo debba assegnarsi alla metà del secolo XIV, per
il fatto che vi si vede rappresentata l’ officina monetaria con colonne
ad archi tondi e non di sesto acuto.

Non persuade affatto la ragione che egli allega a sostegno della
sua tesi, cioé, che alla metà appunto di quel secolo cominciarono in qual-
che luogo a lasciarsi gli archi a sesto acuto, e che di ciò in Orvieto
avevasi qualche saggio nella facciata del Duomo, il quale stava a di-
mostrare che anche prima di quell’ epoca vi era incominciato a tornare

il buon gusto. Questa ragione, com’ è facile dimostrare, non ha alcun
valore, e non regge alla critica della storia e dell’arte.

Non attribuiremo poi maggior peso ad un’altra supposizione messa
fuori dallo Zanetti in una nota alla illustrazione dell’ Olivieri, vale a
dire che Orvieto non abbia battuto moneta col proprio nome, ma che
abbia coniato quelle monete di lega con la croce e la leggenda Patri-
monium da una parte, e Beati Petri e le chiavi incrociate dall’ altra.
Queste monete dovettero invece uscire da una zecca aperta alla metà
del Duecento in Acquapendente o in Montefiascone, che furono vera-
mente i capoluoghi del Patrimonio di S. Pietro, c non da Viterbo come
si ostinano d’ ascriverle erroneamente quasi tutti i collettori delle mo-
nete medioevali italiane. Tuttavia la supposizione dello Zanetti, pur
non ammettendola, può esser sempre giustificata, non conoscendosi in
quel tempo veruna moneta col nome di Orvieto.

Molti anni dopo all’Olivieri, tornò a scrivere sulla moneta orvietana
il marchese Filippo Antonio Gualterio nell’Appendice alla Cronaca del
Montemarte da lui messa alle stampe nel 1846. Egli riassumendo le
cose dette dal precedente scrittore, dovette notare che neppure la de-
NAT IR

910 '" ANALECTA UMBRA

liberazione dei Consoli delle Arti, presa nel 1332, era stata eseguita,
trovandosene dieci anni dopo un’altra del medesimo tenore. Suppose
quindi che soltanto dal 1341 al 1354, e cioè negli ultimi tredici anni
della sua indipendenza, Orvieto avesse tenuta aperta la zecca. Ma non
essendo apparsa neppure allora una: moneta che si potesse ascrivere
senza discussione a quell’officina, e da altra parte volendogliene asse-
gnare qualcuna, fu d’opinione che vi fossero battute monete al conio
perugino 2» foggia quasi di falsi monetari. Cosa pressochè inammissi-
bile, se si tien conto che a quei tempi tra zecca e zecca non si tolle-
ravano neppure le imitazioni.e per conseguenza tanto meno permet-
tevansi le contraffazioni dei coni respettivi: e nel caso poi d’ Orvieto
non troveremo neppure la ragione perchè vi si dovesse coniar moneta
col nome d’un’ altra città.

Tralasciando anche questa supposizione, si può intanto ritenere,
fino a prova in contrario, e finchè non si scopra qualche nuovo conio di
moneta orvietana, che durante il secolo XIV, compresi gli ultimi anni
della sua libertà, Orvieto non potè battere moneta. Specialmente gli
ultimi anni vi corsero troppo tristi per guerre civili e sedizioni conti-
nue, e quindi furono certamente poco propizi per coniare moneta.

Ma a togliere di mezzo tutte le strane congetture intorno alla
moneta orvietana, venne finalmente opportuna la pubblicazione fatta
dallo Schweitzer di quel denaro di Orvieto con VnBs vETVS e il V nel
diritto, e S.cà MARIA e croce nel rovescio che è altresì l'unico tipo fin
qui conosciuto.

Appunto su questa moneta ci piace di richiamare l’attenzione dei
numismatici, poichè essi, giudicandola un bolognino, seguitano ad as-
segnarla, sulle affermazioni del Gualterio, alla metà del secolo XIV
(1341-1354), mentre, a ben considerarla, altro non è che una moneta di
lega della specie dei denari detti provenigini o provisini simili a quelli
coniati dalle zecche di Roma, di Perugia, di Viterbo, di Cortona, di
Arezzo e di Siena: denari che in numero di 240 formavano la lira. La
memoria di questi danari orvietani, battuti appunto nella metà del se-
colo XIII, si ha in più documenti senesi degli anni 1257 e 1258 (Cfr.
Fumi, Cod. dipl. di Orvieto, Firenze, 1884): in essi è specificatamente
fatto ricordo de denariis Urbevetanis. E da una quietanza rilasciata da
m. Bernardo Rossi da Parma al Comune di Orvieto, il 28 gennaio 1265,
per la somma di lire 1000 dovutagli a titolo di salario dell’ ufficio di
potestà da lui esercitato in quel Comune, si rileva che quella somma
gli fu pagata in buoni denari orvietani ed aretini piccoli, usuali. Di
modo che si deve supporre che la officina monetaria d’ Orvieto abbia
lavorato almeno dal 1256 al 1265.

mE
ANALHOTA UMBRA

311

Di fronte a questa inoppugnabile testimonianza è quindi oppor-

tuno che i numismatici facciano risalire la zecca di Orvieto non più
alla metà del 300, bensì alla metà del 200, come stanno a dimostrarlo

il tipo stesso della moneta oggi conosciuta e i sopra riferiti ricordi
dell’epoca ».

Denaro orvietano in argento.

Esemplare rarissimo donato a S. M. il Re V. E. III da LUIGI FUMI.

Il dott. Diomede Toni di Orvieto, ordinario della Società filo-
logica Romana, si propone di pubblicare integralmente il Cod. della
V. E. 528, Laudario orvietano (sec. XIV), di cui furono pubblicati saggi
dai nostri soci prof. C. Pontani, P. Sabatier, E. Monaci e C. Cerretti.

LuIGI Fuwr.

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ANNO X.

FascicoLo III.

BOLLETTINO

DELLA REGIA p EPUTAZIONE

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PER L'UMBRIA

VOLUME X.

MISCELLANEA STORICA FOLIGNATE -
in occasione delle adunanze della R. Deputazione in Foligno (18 e 19 settembre 1904)

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DION. D' ALICARN. Az. Rom. I, 19.

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(PALAZZO PROVINCIALE)

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DI UNA PERGAMENA APOCRIFA

SULLA LEGA DEL 1215 FRA TERNI E FOLIGNO

Nel desiderio di recare il mio modesto contributo alla
pubblicazione del volume specialmente consacrato alla storia
della città di Foligno, mi diedi a ricercare se mai qualche
documento interessante ed inedito aspettasse la luce negli
armadi del nostro archivio comunale.

Le tradizioni di antiche alleanze e di durate simpatie
fra Terni e Foligno incominciano colla costituzione dei co-
muni, se pur non si voglia tener conto che, nel diffondersi
del cristianesimo per l'Umbria, il fulginate vescovo Feliciano
ordinava pastore della diocesi interamnense il diacono Va-
lentino, ambedue venerati poi come patroni dell' una. e. del- -
l'altra città.

Coteste prove di antico amichevole interessamento giun-
gono fino ai di nostri (1); purtroppo, peró,le piü remote, che
sono veramente le più nobili e generose, non sono per Terni
confortate da documenti, ma semplicemente affidate alla tra-
dizione.

(1) Le ultime-traccie di queste cordiali relazioni le troviamo appunto nello
scambio che le due città si fecero delle reliquie dei loro patroni. Il Comune e il
clero di Foligno nel 1698 ottenevano dal Magistrato di Terni una reliquia di S. Va-
lentino; e nel 1739 i Priori e i Canonici di Terni chiedevano alla città di Foligno il
ricambio con una di S. Feliciano. — Cfr. L. SILVESTRI: Colles. di inem. stor. della
città di Terni, 1850, lib. IV, 8 256; XVH cent. di S. Feliciano, Foligno, Salvati, 24°
marzo 1901, n. 27.
914 L. LANZI

Cito ad esempio uno degli episodi piü noti e salienti
della nostra storia municipale.

Cristiano di Magonza nel 1174 aveva, pel Barbarossa,
distrutta la città, e Narni e Spoleto erano piombate a divi-
dersene le rovine fumanti. Pochi ternani, o per amore del
natio loco, o per là speranza della riscossa, o per l' assieme
di questi sentimenti che un sacerdote generoso riscaldava
nei loro petti, eransi raccolti ad abitare alcune casupole
presso la parrocchia di S. Tommaso. Il prete Pietro (tale è
il nome del venerando che la tradizione ci ha tramandato)
confortava nei vinti la fiducia, procacciando ad essi, con se-
greti messaggi, gli aiuti dei todini e dei folignati; e quando,
poco di poi, scoppiò la rivolta per la ribellione di un fabbro
contro un gabellotto che per Narni e Spoleto recavasi a
riscuotere dagli esausti ternani gravosi tributi, il soccorso
degli alleati fu pronto, per esso i vinti scossero il giogo dei
vincitori, che furono ricacciati nei loro confini, e Terni risorse
dalle sue rovine acclamando col nome di Liberotto il valo-
roso magnano.
| Nessun documento sincrono autentica la verità storica
di questa bellissima pagina; ricordano soltanto tale episodio
un marmo alquanto tardo (se io non l'ho male interpretato)
e l'impresa effigiata sullo stemma dei Liberotti (1).

Data tale remota relazione di alleanza e di simpatia, io
sperava che il nostro archivio avesse offerta alle mie ricer-
che piü larga messe, tanto piü che gli storici locali, Angeloni
e Silvestri, non sembra che abbiano dedicato sufficiente studio
à questa antica tradizione di amicizia fra le due città; ma
non vi rinvenni che due soli documenti.

Uno, in data 11 febbraio 1422, contiene l'atto di quie-
tanza che il magnifico ed eccelso signore Corrado Trinci fa

(1) F. ANGELONI, Storia di Terni, Pisa, Nistri, 1878, nota 18, pag. 495. — L.
:LANZI. Sopra un altorilievo esistente nella basilica di S. Valentino. Alterocca, Terni,
1897; Araldica di Terni, numeri 82 e 3!4.
DI UNA PERGAMENA APOCRIFA, ECC. 915

per sé e suoi eredi al comune di Terni per fiorini d'oro
221 /, residuo di maggiore somma che gli era dal comune
stesso dovuta; e questa pergamena mi parve di cosi limitata

importanza che non ritenni prezzo dell'opera l’occuparmene:

oltre il darne notizia.

L'altro, in data 8 aprile 1215, reca un atto col quale
Paolo giudice, Bonifazio vicario del podestà e Bernardo ca-
merario della città di Foligno, in nome della città stessa, col
consenso dei capitani, dei consoli e dell'intero popolo fulgi-
nate, colle consuete formole solenni, promettono e giurano
che non avrebbero fatta colla città di Spoleto nè fine nè
tregua senza il consenso dei consoli, del consiglio e del
popolo di Terni, che anzi avrebbero fatta guerra a loro ri-
chiesta; e se mai, per comune accordo, fosse fatta con Spo-
leto la pace o la tregua e se poscia di nuovo ne fosse risorta
la guerra contro i ternani, i folignati, entro 15 giorni dal-
l'appello dei loro amici, avrebbero riprese le ostilità contro
Spoleto, le sue persone e le loro cose.

Questo patto di alleanza doversi rifirmare ogni dieci
anni e se ai ternani fosse occorso, i folignati avrebbero ad

essi inviati i loro soldati più prontamente che fosse stato
possibile.

Garantivasi inoltre ad essi, come fossero cittadini di Fo-
ligno, securtà delle persone e delle cose in quel territorio,
e questi patti sarebbero stati tutti sinceramente osservati,
salva la fedeltà verso il papa, il popolo romano, I imperatore
cattolico e i todini, e salva la facoltà di accrescere o dimi-
nuire tutto quello che tornasse ad utile ed onore di ambedue
le città e dei due popoli confederati.

L'atto è rogato da Giacomo, notaro imperiale, e v'in-
tervengono come testimoni Bonguadagno giudice, Rodolfo di
Oderisio, Greco di Landrino, Rodolfo Benincasa, Accurimbone
Greci per la città di Foligno; Matteo Zebbedim, Paolo giudice,
Sinibaldo di Nicolò di Anastasio Paradisi per la città di
Terni.

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L. LANZI

Di questa alleanza fanno appena un cenno fugace lo
Jacobili e l Angeloni: il primo negli annali dell Umbria
scrive: Passando buona intelligenza tra Folignati e Ternani,
fanno insieme convenzione che non si possa venire a pace o tregua
con spoletini se non di comune consenso, per rogito di Giacomo
notaro della camera imperiale (Instr. in Arch. Cancell. Con-
ventus S. Fran.ci Interamnae) (1).

L'Angeloni dà la notizia senza accennarne la fonte e la
fa seguire da queste parole: Ma nè questo sarà, per avven-
tura, stato il primo officio di vicendevole cortesia seguìto fra
Ternani e Folignati, parendo più inveterata fra di essi la buona
corrispondenza; perocchè per molto prima e dappoi trovansi
memorie di varii Podestà e Hettori dati în più tempi dalla città
di Foligno al comune di Terni; come altresì questo somministrò
buon numero dei suoi cittadini negli stessi carichi a quello di
Foligno (2).

Mi diedi quindi a trascrivere la pergamena, ma, a mano
a mano che procedevo nel lavoro, si andava nella mia mente
affermando il sospetto che questo documento non fosse au-
tentico.

La grafia, l'inchiostro, talune abbreviature talora inusi-
tate, talora difformi l’una dall’altra, mi fecero ricordare che

‘il Ceccarelli era Umbro... che aveva inquinati tanti dei nostri

archivi... che il cav. Tarquinio Gregori da Terni era stato
suo confidente ed aiutante (3). Fui quindi prima tentato di
abbandonare la trascrizione, poi mi decisi a mostrare il do-
cumento a qualche studioso che avesse avuto maggior pra-
tica della materia e, senza esporgli i miei dubbî, mi rivolsi
all'egregio nostro collega dott. Felice Tonetti, il quale, dopo

(1) IACOBILLI, Ann. dell’ Umbria, ms. c. 131 r.

(2) ANGELONI, 0p. cit., pag. 139.

(3) L. FUMI, L’opera di falsificazione di Alfonso Ceccaretli. In Boll. della R. De-
putaz. di Storia Patria per l'Umbria, vol. VIII, 1902, pag. 255. — La epigrafe « GREGO-
RIANA FIDES » che leggesi sotto lo stemma della casa Gregori (Cfr. mia nota nel
Bollett. citato pag. 579) mi pare che ricordi il «GRACA-FIDES » degli antichi, e forse
il sarcasmo derivò appunto da questa famosa complicità,
DI UNA PERGAMENA APOCRIFA, ECC. 377

aver fatta una sagace e minuta analisi della pergamena, la
ritenne apocrifa per il suo aspetto così nel diritto come nel
rovescio, per la rigatura, per la incostanza delle forme pa-
leografiche, peri segni di tabellionato, per l' inchiostro e per
il tipo generale del carattere, concludendo che la ragione
del falsofdoveva forse ricercarsi nel nome dei testimoni e
più probabilmente in quel /Simibaldo di Nicolò di Anastasio
Paradisi, la cui mercè la famiglia predetta avea forse voluto
guadagnare circa un secolo di antichità.

Accettai volentieri queste conclusioni che collimavano
col mio pensiero e, poco dipoi, un’altra sorpresa mi attendeva
su questo stesso argomento.

Capitatimi a caso alcuni cenni genealogici di varie fa-
miglie di Terni, compilati, come apparisce dalla scrittura, da
quel cap. Francesco Simonetta (Alitofido Mathialito) che le
glorie di molti nobili della nostra città sfrondò senza riguardi
e senza timori, rilevai che, parlando ivi dei Paradisi, egli
accenna al documento in esame dicendo: Questa Pergamena
da me ricognosciuta per modernissima, mi fa sospender la cre-
denza alle 4 (nel documento sarebbero invece 3) mendicate
generazioni riferite in quelle parole... a pie d'un istrumento
del...

Dunque questo documento era già stato letto e citato
forse in qualche processo od apologia nobiliare?

Dunque il Simonetta, vissuto ai tempi del Sir di Ber-
gerac e, come lui, uomo d’arme e di lettere, antiquario, aral-
dista, persecutore dei nobili che per la gloria del loro blasone
andavano alterando le verità degli archivi (1), aveva esami-
nata questa pergamena e l’aveva giudicata apocrifa?

(1) Nelle lunghe ricerche sull’Araldica di Terni, mi era spesso occorso il nome

- del cap. Francesco Simonetta (Alitofido Mathialito) ma non potevo ancora precisare
quale fosse stata veramente l'opera di lui.

Recentementefil ch. conte Manassei si compiacque di mostrarmi un foglio

— recante 48 targhe, colla indicazione: « Notula familiarum Patritij Ordinis Inte-

ramn. ecc. » sottoscritto cosi: Alitofidus Mattialitus Antiquarius scripsi ».
Questo era finalmente un autografo del Simonetta, che mi giovò per farmi
4

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L. LANZI

Le mie diffidenze eran dunque giustificate, e il Tonetti
non poteva esser veramente piü felice nello intuire, oltre ai
difetti paleografici, la ragione intima della falsificazione.

Nel secolo XVII divamparono infatti acerbe lotte di
preminenza fra i patrizi di Terni; forse il malo esempio si
parti dai Castelli che abrasero perfino alcune lettere in un
pubblico monumento per far credere che ivi si leggesse il
loro nome e per conquistare così, nel patriziato interamnate,
qualche secolo di anzianità (1). I Paradisi, a loro volta,
avranno probabilmente seguito l'esempio degli altri, e, per
non restarsene indietro, il mezzo piü semplice, piü spedito,
più innocuo era ben quello di entrare per testimoni in un
atto pubblico come quello che teniamo in esame (2). |

Il documento dunque é apocrifo, ma se lo é nella forma
e nel nome o nelle agnazioni del testimonio, assolutamente
non credo che lo sia nella sostanza dell’ atto; ritengo anzi
che dall'archivio del Comune sia stata a suo tempo sottratta
la pergamena autentica, che sia stata trascritta colle aggiunte
riferibili al teste Sinibaldo dei Paradisi e che questa sia stata
sostituita all'antica.

L'alleanza del 1215 fra Terni e Foligno deve essere si-

curamente vera ed autentica, sia perchè, nel nostro caso,

non sarebbe stato prudente d'inventare un episodio storico,
ma tornava invece d'indiscutihile utilità il poter collocare il
falso sopra una base di verità inoppugnabile; quindi la via

conoscere la scrittura e la maniera del disegno di lui, e valse a convincermi che
tutto quanto si è oggi a caso e sparsamente rinvenuto e raccolto per ricostruire il
Blasone della città é dovuto soltanto all'opera di lui.

Egli pubblicò anche cinque scritti d'indole polemica, che riflettono esclusi-
vamente questioni nobiliari, e vanno dal 1640 al 1665.

(V. Album ricordo di Terni, 1886, pag. 80).

(1) ALITOFIDO MATHIALITO, Apologia... con la quale si mantiene il foglio stam-
pato a Ronciglione, intitolato « Giustificatione di molti Nobili e Cittadini di Terni,
ecc. », Messina, 1644, pag. 234. — F. ANGELONI. Op. cit., pag. 134.

(2) Nel « costituto di A. Ceccarelli » leggesi fra le altre confessioni: « Li pri-
« vilegi che ebbe il cav. Tarquinio... lo mandai al sig. Gio: Giorgio Cesarino, perché
« ci avevo messo per testimonio un Cesarino Cesarini » L. FUMI, /uogo cit., pag. 254.
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DI UNA PERGAMENA APOCRIFA, ECC. 379

più semplice e più sicura era la fedele trascrizione di un
documento coll’aggiunta di quel tanto che fosse stato neces-
sario a conseguire lo scopo.

Ed infatti nel documento di cui ci occupiamo, tutti i
difetti che si rilevano sono d’indole materiale, ossia si rife-
riscono alla semplice sua trascrizione (genere della perga-

mena e dell'inchiostro, rigatura e anomalie paleografiche);

«nulla v'ha che discordi in quanto alla forma sostanziale

dell'atto.

Le ragioni poi che giustificano la necessità di una Lega
fra le due nostre città contro Spoleto, si debbono ritrovare
nel fatto che quest'ultima, riavutasi appena dallo sgomento
e dal danno patito per le armi del Barbarossa, spinta tanto
dal bisogno di ristorar le sue forze, quanto dalle tradizioni
dell'antica preminenza, intendeva ad allargare la sua ege-
monia così verso la valle di Foligno come verso quella di
Terni, anelando alla occupazione dei luoghi e dei castelli dal
Clitunno al.Topino per una parte, dalle Terre Arnolfe alla
Valnerina per l'altra.

Questa tendenza la teneva perció in conflitto coi ternani
come coi folignati e doveva necessariamente legare costoro
per la difesa dei rispettivi interessi.

Delle relazioni con Terni feci cenno piü Sopra, e non
è forse fuor di luogo il ricordare a questo riguardo che alle
inimicizie per ragioni di territorio si aggiungeva ancora che
in questo turno di tempo i ternani si agitavano più fervi-
damente che mai per rivendicare la loro sede vescovile, il
che, per decreto di papa Onorio, segui 3 anni dopo (1218) (1).

Da parte di Foligno, senza riandare a date più remote
e per mantenerci più che sia possibile a contatto col docu-
mento che forma il tema della presente nota, ricorderó come
nel marzo del 1180 si acuissero le inimicizie fra spoletini
e folignati perchè i primi avevano ottenuta la sottomissione

(1) F. ANGELONI, 0p. cit., pagg. 144, 588 e segg.

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380 L. LANZI

di Coecorene (Montefaleo) ad onta dei diritti vantati dai se-
condi e, di qui minaccie ed intrighi d'ogni genere per rito-
gliersi l'un l'altro la preda. Nel 1200 troviamo gli spoletini,
sorretti dagli spellani, portare le armi contro Foligno ponendo
il campo a Filetto. Nel 1213 Spoleto accoglie sotto la sua
protezione i figli di Vico, e nella formula della sottomissione
impone anche il patto quod non facient treguam neque pacem
cum fulgineatibus neque cum aliquo inimico Spoleti.

Nel seguente 1214 Otricoli e Stroncone oppresse dai pa-
terini di. Narni prendono le armi; Terni, Amelia e Todi si
apprestano all’ aiuto dei deboli; Spoleto accorre allora in
favor dei narnesi per trovarsi di fronte ai ternani, mentre
Foligno soccorre i ternani per trovarsi a fronte di Spoleto (1).

A questo punto viene la nostra lega del 1215, e mi pare
che vi sia così larga e precisa concomitanza di condizioni
da giustificare ampliamente l'autenticità sostanziale dell'atto
che abbiamo preso ad esame.

Per completare finalmente la illustrazione di-questo do-
cumento, io non vorrei azzardare troppo colle ipotesi, ma
giacchè nel tema attuale si deve perseguire la verità per
valore d'indizi, sto per credere di averla completamente
raggiunta e di essere in grado di dire quali fossero i per-
sonaggi che realmente intervennero all’ atto autentico della
Lega.

Durante Dorio, riferito dal Jacobilli negli Annali del-
l'Umbria (2), sotto l'anno 1218, a di 11 agosto, registra la
notizia di un'altra lega fra Todi, Perugia, Foligno, Spoleto,
Terni e Gubbio, della quale non rinvengo altrove alcuna
traccia e che potrebbe ben essere una confusione fatta dal
citato autore colla lega guelfa del 1237 (3).

A questo atto dice il Dorio che furono deputati: per
Terni, Matteo Gebedini, M. Paolo giudice, Sinibaldo di Nicoló

(1) Conf. A. SANSI, Storia del Comune di Spoleto, Sgariglia, 1879, pag. 61.
(2) DorIUS, pag. 17, lib. 3. .
(3) Cfr. A. SANSI, OD. cit., pag. 61.
ed Anastasio di Giacomo; per Foligno, M. Bonguadagno giu-
dice, Ridolfo di Oderisio, Gregorio di Gerardino, Ridolfo di
Benincasa ed Accorsio di Bonagreca, e che l'atto fu rogato

da Giacomo, notaro della camera imperiale, in Terni. Ma

degli altri deputati egli tace.

Come ognun vede, in questa notizia del Dorio v'ha al
certo un equivoco, perché non é assolutamente ammissibile
che ad un atto di siffatta importanza potessero mancare i
rappresentanti delle altre città, e se vi fossero stati, egli non
poteva avere alcuna ragione di ricordare soltanto quelli di
Terni e di Foligno, trascurando imperdonabilmente quelli
degli altri comuni. È poi inverosimile che l'istromento ve-
nisse stipulato a Terni, che era la piü eccentrica e non
certo la più importante delle città collegate; più inverosimile
ancora che per Terni e Foligno v'intervenissero gli stessi
personaggi che intervennero alla lega del 1215, che vi fos-
sero anche registrati nello stesso ordine e che l'atto fosse
rogato dallo stesso notaro.

I nomi dati dal Dorio non confrontano invero rigorosa-
mente con quelli dati da noi, ma ció é derivato da diversa
interpretazione della paleografia, im tutti meno che in uno,
come è dimostrato dal confronto delle due note qui appresso
trascritte: |

Nota del Dorio Nota mostra

Per Foligno:

M. Bonguadagno giudice | Bonguadagno giudice
Ridolfo di Oderisio | Rodolfo"di Oderisio
Gregorio di Gerardino | Greco di Landrino
Ridolfo di Benincasa Rodolfo Benincasa

Accorsio di Bonagreca. Accurrimboni Greci.

Per Terni:

Matteo Gebedini Matteo Zebbedim
M. Paolo giudice M. Paolo giudice
Sinibaldo di Nicolò Sinibaldo dij Nicolò di Anasta-

. Anastasio di Giacomo sio Paradisi.

DI UNA PERGAMENA APOCRIFA, ECC. 381
L. LANZI

Da quanto abbiamo sopra esposto risulta quindi evidente
che il documento esaminato dal Dorio e da lui poscia con-
fuso con qualche altro, era proprio questo di cui ci stiamo

‘occupando, che egli vide probabilmente sopra una copia fe-

delmente tratta dall’autentico originale, e che il falsificatore,
per riuscire al suo scopo, fuse in un solo personaggio due
testimoni, segnando S?enibaldo di Nicolò di Anastasio Paradisi,
dove erano invece i nomi distinti di Sénibaldo di Nicolò e di
Anastasio di Giacomo, che effettivamente devono essere stati
presenti alla stipulazione del rogito.

Ed ora ecco l'atto, secondo l’ apocrifa trascrizione, che
diamo anche riprodotta nella tavola unita, N. 1:

Ya In nomine sancte et individue trinitatis anno domini M. CC. XV
se | xto idus aprilis, indictione tertia, tempore domini Innocentii pape III.
Nos | Paulus iudex communitatis Fulginei et Bonifatius vica | rius do-
mini Papetii Fulginei potestatis e& Bernardus cammerarius ejus | dem
civitatis, conscilio et consensu militum consulum, seilicet Ascarelli |
monachi Oderisii domine Golitie et Bartholi et Hermanni Passari | et
totius conscilii eiusdem civitatis et Nos totus populus fulginas, qui ad
hoc | breve iuramentum per sancta Dei evangelia et promittimus et
sacramento firmamus | vobis populo Interamnense, quod cum Spoleto
non faciemus finem vel treuguam sine | comuni concordia consulis vel
consulum Interamnensium et consciliariorum qui pro tempora eruní |
in ipsa civitate et populi eiusdem loci et ammodo faciemus Spoletanis
guer | ram ad véstram compellationem «infra XV dies postea, et si con-
tigueret quod com | muni concordia vestrum et nostrum, finem vel treu-

guam cum Spoleto fecerimus | et postea iterum guerra oriretur vobis .

cum Spoletanis, similiter non faciemus | finem vel treuguam cum Spo-
letanis sine communi concordia consulis vel consu | lum et conscilia-
riorum Interamnensium qui per tempora (1) erunt in ipsa civitate et
populo In | teramnense, et infra XV dies post vestram compellationem
faciemus Spoletanis guer | ram et dannabimus (2) eos in personis et
rebus eorum, pro posse nostro et hec omnia | faciemus iurare et ob-
servare consuli vel consulibus, qui per tempora erunt communita | tis
nostre omni anno et hane societatem semper rifirmabimus in capite |

(1) topa abbr. errata per tpa.
(2) Chi ritoccò la pergamena aveva corretto « dantiabimus ».

A
DI UNA PERGAMENA APOCRIFA, ECC. 388

X annorum. Si vos primo infra hoc tempus refirmare voluitis (sic) quod
facie | mus ad vestrum compellum, et si necesse fuerit ut mittamus ad
vos de nostris | militibus vel peditibus post quam requisiti a vobis fue-
rimus, mittemus | vobis quam citius poterimus sine fraude et permane-
bunt vobiseum apud | Interannam per XV dies, post quam Interanne
erunt si vobis placuerit et cum nostris | expensis et cum nostris pedi-
tibus. Item promittimus et damus vobis integram | securitatem in, per-
sonis et rebus vestris per totum nostrum [territorium]... sicut civi |
fulginensi et non auferemus vobis passadium nisi... fulginei | et hee
omnia observabimus sine frande salva fidelitate domini pape, et populi
| Romani et imperatoris catholici et exceptis tudertinis reservata po-
te | state addendi vel minuendi, in his rebus que fuerint ad honorem
et bo | num civitatis Interanne et populi interannensi et civitate et
populi fulginiensi, consuli vel| consulibus qui pro tempora erunt in

civitate Interanne et in civitate Fulginei, quatenus ipsi | communi con-
cordia eorum addiderint vel minuerint et secundum quod ipsi ad | di-
derint vel minuerint tenamur observare. — Dominus Matheus Zebbedim,
dominus Paulus iudex, Senebaldus Ni | colai Anestasii Paradisi, cives
interannenses et Bonguadagnus iudex et | Rodulfus Oderisii et Grecus

Landrini et Rodulfus Benencase et Ac |currimbona Greci cives Ful-
ginei interfuerunt et huius rei rogati sunt | testes.

Ego Jacobus imperialis aule notarius interfui et iussu predictorum
domini | Pauli iudicis et Bonifatii vicarii et Bernardi camerarii et con-
sulum | militum et totius conscilii « et populi » civitatis Fulginei |
Segno di tabellionato v.

'Terni.

L. LANZI.
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I CODICI DEL < QUADRIREGIO >

Quando gli accademici Rinvigoriti di Foligno ci dettero,
quasi due secoli addietro, l'edizione critica del Quadriregio,
che tutti conoscono, essi fecero opera per quei tempi pre-
gevolissima e veramente rara. I due grossi volumi editi da
Pompeo Campana nel 1725 raccolgono quanto di meglio sep-
pero con lunghi e pazienti studi indagare e pensare intorno
al poema frezziano le ben nutrite menti del Canneti, del-
l'Artegiani, del Pagliarini e del Boccolini. Dopo d’allora nes-
suna importante fatica si è più esercitata sul cosidetto Libro
dei Regni, che si possa anche lontanamente paragonare al
monumento storico-letterario da essi innalzato al poeta foli-
gnate con quella edizione: par quasi, a vedere tanta scar-
sezza di studi intorno al Frezzi e al suo poema, che i ri-
cordati illustratori abbiano fatto opera compiuta oltrechè
rara, e che alle loro ricerche e alle loro osservazioni non
ci sia altro da aggiungere. Ma non è così.

Lo studioso moderno non può più accontentarsi di una
edizione, il cui testo fu fondato sulla collazione di quattro
codici che non sappiamo neanche se siano i migliori (1), men-

(1) Il CANNETI, che come mostrerò più innanzi, dovette essere il collazionatore
principale di questi codici, afferma che si valse anche della prima edizione del
poema fatta a Perugia nel 1481 (Cfr. la sua Dissertazione Apologetica intorno al
Poema de’ Quattro Regni ecc. pubblicata prima in opuscolo pei tipi del Campana
nel 1723 e poi inserita nel Vol. II del Quadriregio edito nel 1725, cap. XLIII). Ma
pare che a quella edizione servisse di base uno dei codici utilizzati nel 1725. (Cfr.

il cap. X della stessa Dissertazione nell'edizione del 1725, alla quale qui sempre mi
riferisco).

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386 E. FILIPPINI

tre il numero dei testi a penna del Quadriregio che ancora si
conservano nelle biblioteche italiane e straniere è di molto
maggiore. Alla imperfezione del testo corrisponde natural-
mente la deficienza delle illustrazioni, le quali non di rado
sono da rifare di sana pianta, spessissimo da completare e da
allargare (1). Quindi una nuova edizione critica del poema
che agevoli ogni specie di esame su di esso e metta in ri-
lievo l’importanza che ha fra gli altri componimenti del ge-
nere, s'impone da sé; ma questa non può fare a meno della
conoscenza e del confronto, se non di tutti i codici perve-
nuti fino a noi, della maggior parte possibile di essi e soprat-
tutto di quelli che, dopo opportune e mature ricerche, risul-
tino essere i più attendibili sotto tutti i punti di vista.

A rendere più spedito il cammino a chi vorrà sottoporsi
a questa non lieve fatica, pubblico ora una rassegna storico-
bibliografica di tutti i codici frezziani, di cui ho potuto avere
notizia fin qui. Già il Canneti, oltre i quattro utilizzati nel
1725, ne descrisse nella sua Dissertazione due altri che però
non furono allora messi a profitto (2). Il Faloci Pulignani nel
1888 raccoglieva da diversi cataloghi a stampa l’ indicazione
di un’altra diecina di mss. dello stesso genere ma senza di-
lungarsi in troppi particolari, e concludeva col dire: « Cer-
« cando, se ne troveranno certo molti altri» (3). Io pertanto
ho cercato, e la ricerca non è stata, come il lettore vedrà,
senza frutto (4); ma dovendo parlare dei codici non osservati

(1) Dei difetti organici dell'ediz. del 1725 mi occuperò in un lavoro speciale,
pel quale ho già raccolto un discreto materiale.

(2) Cfr. Diss., capp. VII e XI.

(3) Cfr. Le lettere e le arti alla Corte dei Trinci. Ricerche storiche del sac. MI-
CHELE FALOCI-PULIGNANI. — (Foligno, Salvati, 1888), pagg. 127-128.

(4) Non presumo però d'aver fatto una ricerca esauriente, e tengo a dichiarare
che, oltre ai cataloghi accennati nelle note, ne furono da me consultati, ma invano,
moltissimi altri antichi e recenti, e che oltre alle biblioteche qua e là ricordate,
furono frugate, con esito negativo, la Casanatense, la Corsiniana e la Chigiana di
Roma, l'Ambrosiana e la Braidense di Milano, la Marucelliana di Firenze, la Nazio-:
nale di Napoli, l'Universitariae la Civica di Padova, l' Universitaria di Genova e di
Pisa, la. Comunale di Arezzo, la Queriniana di Brescia, e parecchie raccolte pri-


I CODICI DEL « QUADRIREGIO » 387

o non ricordati dal Canneti o dal Faloci-Pulignani, era neces-
sario, per avere una rassegna ordinata, registrare anche gli
altri, ed è così che ho potuto mettere insieme la descrizione
di ben 29 mss. tra interi e non interi, tra visibili e invisibili.

Questa descrizione non rileva che i caratteri esterni dei
codici, o indicati dai cataloghi o notati direttamente da me
su quei pochi esemplari che ho potuto esaminare: l’esame in-
terno dei testi spetterà al futuro editore del Quadriregio. Per
quanto poi io mi sia studiato di raccogliere intorno a cia-
scun codice il maggior numero di notizie possibile, tutta-
via la descrizione è riuscita ineguale, e non poteva av-
venire diversamente: i testi da me visti sono descritti più
largamente degli altri e tra essi vanno notati alcuni, che
solo ora escono dall'indicazione pura e semplice dell opera
e dell’autore (1). Alla descrizione segue, quando mi è stato
permesso di farla, una breve storia del codice dal tempo in
cui fu scritto fino a noi; ma pochi sono realmente i codici
di cui si sappiano tutte le vicende che essi hanno attra-
versato.

La rassegna è ordinata cronologicamente. Ma non ho
frammischiato ai testi di data certa quelli dei quali si co-
nosce soltanto il secolo a cui appartengono e non l’anno
preciso. Finchè lo studio dei caratteri interni di questi non ci
avrà scoperto i vincoli di parentela che li lega cogli altri (2),
ogni tentativo di avvicinamento potrebbe essere un passo
falso. Perciò tutti i mss. del secolo XV di data ignota for-
meranno qui un gruppo a parte, nel quale saranno distinti
soltanto quelli ora appartenenti a biblioteche italiane da quei
pochi che invece si trovano all’estero.

vate. Dal Bibliotecario della Barberiniana di Roma, a cui mi sono ripetutamente
rivolto allo stesso scopo, non mi é riuscito di poter avere alcuna notizia. A tutti
quegli egregi signori, nominati e non nominati nel presente lavoro, che mi aiuta-
rono in qualunque modo a compierlo, siano qui rese pubbliche grazie.

(1) Qualcuno viene ora anche annunziato per la prima volta.

(2) A questo proposito; ho creduto opportuno di accennare qua e là in nota alle
somiglianze che i codici, esaminati esternamente, presentano tra loro.

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Questi sono i criteri a eui ho informato la presente ras
segna di codici frezziani. La quale vorrei fosse tale da de-
stare in qualcuno il desiderio di affrontare quel maggiore e
assai più faticoso lavoro che il Quadriregio aspetta da tanto
tempo.

1. — Il più antico codice frezziano, di data certa, che
si conosca è il cod. La Valliére, cosi denominato dalla bi-
blioteca privata a cui apparteneva verso la metà del se-
colo XVIII. Ne traduco la descrizione dal De Bure (1):

Manoscritto del XV secolo, in carta, in folio, rile-
gato in cartone, contenente 81 foglietti. Titolo : Liber
de Regnis ad magnificum dominum Ugolinum de Trin-
ciis de Fulgineo, diuisus in quatuor libris, quorum pri-
mus tractat de regnis Cupidinis Dei amoris, secundus de
regnis Sathanae, tertius de Regnis uitiorum, quartus de
Regnis uirtutum. — È scritto in lettere tonde e su due
colonne; i sommari sono scritti in rosso. — In fine si
legge: Iste Liber scriptus fuit in ciuitate Castelli, par-
tim per me Neinfranchis dum eram potans prefate ciuitatis
et partim. per Bartolomeum de fulgineo militem | socium

anno Mccce°.xxj die iij mens. Nouembris.

Dànno speciale importanza a questo codice il tempo ed
il luogo in cui fu scritto (2). Ma è noto che la biblioteca del
duca De la Valliére, pregevole per molti manoscritti e libri
italiani rarissimi, andó dispersa per la vendita che se ne
fece in più volte e a diversi compratori: del codice frez-

(1) V. il suo Catalogue de la Bibliothèque de feu M. Le Duc de la Valliére, ecc.
— (Paris, 1783), Vol. II, pag. 510, n. 3619.

(2) Lo dice anche il FALOCI-PULIGNANI, che riporta in parte la descrizione del
De Bure. V. op. cit., pag, 128, n. 1.
I CODICI DEL « QUADRIREGIO » 389

ziano, come di tanti altri appartenenti a quella copiosa col-
lezione, non s'è avuto più notizia.

2.° — Una sorte e una fama molto diverse ebbe invece
il cod. 989 della biblioteca Universitaria di Bologna (1). Il
Canneti, che lo esaminò attentamente, dedicò alla parte este-
riore di questo esame un intero capitolo della sua Disserta-
zione (il XXVII), da cui stralcio qui le notizie e le indica-
zioni più importanti.

. Codice di carta ordinaria in foglio, di carattere del
XV secolo... Porta in principio il titolo segnente : Inci-
pit Liber de Regnis ad Magnificum Dominum Ugolinum
de Trintys de Fulgenio Compositum per Dominum Nico-
laum de Malpiglis de bon. scriptorem apostolicum divisus
in quatuor libris quorum primus tractat de Regnis Cu-
pidinis dei amoris. Secundus de Regno Sathane. Tertius
de Regnis vitiorum. Quartus vero de Regnis virtutum ...
Nel testo è molto scorretto (2). Alla fine poi di questo
codice si legge: Qui finisse il libro chiamato Malpiglio
composto per lo valente poeta Meser Nicholo Malpiglio
citadino di Bolognia. Scritto per mi tomaso figliolo di
Jachomo lione della nobile Cita di bolognia questo di VIII
di Agosto sotto gli anni Domini MCCCCXXX in tempore
populi... Accanto a questa didascalia poi se ne trova
un'altra più recente così concepita: Nel principio di
questo Libro tratta dell’ Amore, il qual’è primo principio,
e cagione d! inducer l’Uomo nella via de’ Vizi: e questo
tratta in figura di Cupido - Dio d' Amore, a dare ad in-
tendere come molto sono fallaci le sue promesse. Nel se-
condo tratta delle pene naturali e morali, che sostengono
le genti, poiché i Vizi usciron d’ Inferno, e venneno al

mondo; e questo è assimigliato all’ Inferno. Nel terzo

(1) La segnatura mi viene gentilmente comunicata per lettera dal Bibliotecario
sig. Lod. Frati, dal quale apprendo anche che questo è l'unico codice frezziano pos-
seduto da quella Biblioteca.

(2) Cfr. il cap. XLIII della Diss.

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tratta di ciaschedun Vizio, cioè superbia, avarizia, invi-
dia, accidia, ira, gola e lussuria. Nel quarto tratta delle
sette Virtù; Cardinali, cioè Temperanza, Fortezza, Pru-
denza, e Giustizia, e tre Teologiche, cioè Fede, Speranza
e Carità (1). Da ultimo si osservano le lettere del nome
e cognone del Montalbani, nonchè l’arme del suo ca-
sato (2).

La diversa attribuzione del poema in questo codice non
poteva non destare intorno ad esso una grande curiosità da
parte degli studiosi. E quando Ovidio Montalbani che lo pos-
sedeva, ne diede nel 1660 il primo annunzio, fu un coro di
compiacenti adesioni e conferme in favore del Malpigli nelle
opere letterarie del tempo (3), finché morto il Montalbani e
venuto il codice in possesso del dott. Jacopo Bartolomeo Bec-
cari, questi con cortesia speciale lo diè a esaminare all’abate
Canneti che voleva trattare la questione della paternità frez-
ziana del Quadriregio (4). Il Canneti, prevenendo il Bottaz-
zoni (5) e confutando il Montalbani e tutti i suoi seguaci,
potè provare in modo esauriente la falsità dell’ attribuzione
malpigliana e rivendicare al Frezzi il suo poema. Io non
starò qui ad enumerare i copiosi e validi argomenti esposti

‘a tal uopo dal dotto Camaldolese e costituenti la parte più

(1) Questa lunga didascalia non é riferità dal CANNETI nel cap. XXVII. ma nel
XLV della sua Diss., ed é notevole che egli inclini a ritenerla opera del Malpigli,
il quale « vaghissimo della volgar poesia, ben può credersi che facesse i suoi studi
« sopra questo poema, di cui accesa e grande era la fama, siccome quegli che so-
« pravvisse al Vescovo Frezzi ».

(2) L'ORLANDI (Notizie degli scrittori bolognesi. — Bologna, Pisarri, 1714, — pag. 216)
dice anche che in principio del codice si vede l'arme miniata del Leoni, e nella
prima lettera del poema il ritratto del Malpigli. — Il FANTUZZI: (Scrittori bolognesi.
— Bologna, 1786, — Vol. V, pag. 62), aggiunge che la copia del Leoni é molto bella ed
ha tutti quei fregi (e non pregi, come malamente scrisse il FRATI: Nicolò Malpigli
e le sue rime, in « Giorn. stor., » ecc., vol. XXII, pag. 818) che lo stesso Orlandi
minutamente descrisse.

(3) V. L. FRATI, 07. e I. citt.

(4) V. l’Avvertenza a pag. 361 del Vol. I del Quadr. del 1725.

(5) V. ORLANDI (07. cit., pag. 217), e FANTUZZI (0p. cit., vol. II, pag
I CODICI DEL « QUADRIREGIO > 391

interessante della sua Dissertazione Apologetica (1); ma non
devo omettere che la prova più luminosa da lui fornita della
frode del codicista si trova nel codice stesso e consiste nel-
l'aver egli sostituito ai due versi:

Dicendo : ve’, quello è Maestro Gentile

E gloria e fama acquista il mio Folegno (2)

che si leggono in tutti gli altri codici, i seguenti:

Dicendo ve Nicolò da la Fava gentile

Gloria e fama acquista il mio figliuolo,

dei quali il primo è metricamente sbagliato, ed il secondo
non rima con nessun altro verso.
Nè sono soltanto queste le varianti del codice bolognese:
il Canneti stesso vi notò molte altre lezioni diverse e, non
avendone potuto tener conto nella ristampa del poema per
quello che ho detto sopra, ne fece un lungo elenco e lo ag-
giunse in fine al I volume (3), rendendo così un grande ser-
vigio al futuro editore del Quadriregio. È notevole inoltre che
mentre il Canneti (4) e il Fantuzzi (5) attribuiscono la frode
al Leoni che, secondo l’ Orlandi, si era spacciato anche autore
del P?ore di Virtà, il Frati osserva: « Se codesto codice...
« è appartenuto al Montalbani, degno continuatore delle im-
« posture letterarie del Ceccarelli, non può sembrare troppo
arrischiato nè irriverente immaginare che l'attribuzione al
Malpigli del Quadriregio fosse tutta opera sua, fatta col
palese intendimento di dare a credere per fatica di un
Bolognese il quadripartito poema del vescovo di Foli-

(1) V. i capitoli XX-XXXVI.

(2) V. Quadr., 1. 1V, cap. IX, vv. 101 e 110.

(3) V. le pagg. 361-367, dove le varianti sono accompagnate dai rispettivi ri-
chiami alle pagine, alle linee ed alle parole del testo stampato che precede.

(4) V. Diss., capp. XXVIII-XXXII.

(5) V. op. cit., vol. V, pag. 61 e vol. III., pag. 310.
",

— PR eee scali lana

Sr saio”

392 E. FILIPPINI

« gno (1) ». Ma la questione vuol essere esaminata attenta-
mente, nè so se possa avere una soluzione: ad ogni modo
me ne occuperò a miglior tempo.

3.° — Assai meno conosciuto dei due precedenti è il
codice che si trova nella biblioteca Nazionale Centrale di
Firenze con la segnatura: Mss. Conventi C. 1. 505 e che cosi
mi viene gentilmente descritto dal sig. Eugenio Rossi per
incarico avutone da quel Bibliotecario:

Cod. cart., Sec. XV (0,185 x 0,275) di e. 142 n. num.
(tranne la 2* e la 142^: quindi sono in realtà 141),
Scritto a una colonna di numero vario di versi, legato
in assi e pergamena. Manca la prima carta, col titolo
e i versi del l. I da 1 a 76, sostituiti da mano del se-
colo XVIII sull’ediz. di Perugia, 1481. Il cod. comincia
quindi al recto della c. segnata 2, col v.: La selva e ben
di belle nimphe piena. In rosso le rubriche dei capitoli,
e in rosso e bleu le iniziali dei medesimi. Mutila nella
parte inferiore la carta sul cui recto è il principio del
l. III. Finisce al verso della e. 142 con la didascalia:
Sic finiscie el libro de Reami (2) facto et conposto per lo
venerabile Maestro Federico da foligni dell’ ordine Sacro
de frati predicatori del glorioso patriarcha San Domeni-
cho In Sacra theologia eximio doctore già provinciale
della prouincia Romana et puoy per la dio gratia Ve-
scouo de Foligno. Scripto et recopiato per me Bartolomeo
Siluestrato di Matheo di sco dantrea de Coterucci da
Rieti. Incominciato el secondo di de marco et fornito l'ul-
timo di del predicto mese essendo Io predicatore Nel con-
uento de Beuagna 1449.

Questo codice adunque ha, insieme con quello De la Val-
liére già illustrato, il pregio di essere stato scritto da mano
umbra e in un paese vicinissimo alla patria del Frezzi. Ma

(1) V. Za. cit., pagg. 318-319 del « Giorn, stor., » ecc.

(2) Feci già cenno di questo titolo nel mio articolo: Federico Fressi e Sera-
fino Razzi in « Gazzetta di Foligno » del 7 maggio 1904.
I CODICI DEL « QUADRIREGIO » 393

della sua storia non sappiamo altro se non che esso provenne
alla Centrale di Firenze dal soppresso convento di S. Maria
Novella.

4. — Fin qui i eodici frezziani appartenenti alla prima
metà del ‘400. Vediamo ora quelli della seconda ed anzitutto
l'Ashburnhamiano 565 (già 496).

Cod. cartac. in quarto, sec. XV, di fogli 187, con
lettere fregiate e colorate, legato in cartone e perga-
mena, ben conservato sebbene qua e là macchiato. A
principio .non ha alcuna intestazione ; comincia addi-
rittura dalla terzina :

La dea ch el terzo cel uolgendo moue
auie concorde seco ogni pianeto
congiunto al sole e al suo padre joue.

Il primo libro contiene 18 canti non numerati nè
intestati ; il secondo, distinto dal primo, soltanto per uno
spazio maggiore che tra canto e canto, ne contiene 19,
dei quali sono numerati e intestati quelli che vanno
dal 7° all'ultimo ; dopo si legge: Finito è secondo li-
bro de regni di cupido e satan. Qui comincia il terzo li-
bro de regni de sette vitij et prima de la superbia, il quale
contiene 17 capitoli anch’ essi numerati e intestati; fra
il terzo e il quarto libro si legge: nito i terzo libro.
Comincia il quarto ultimo libro de regni delle uirtudi,
in 20 capitoli regolarmente numerati e intestati (1). Le
intestazioni sono tutte in volgare e molto brevi. Il poe-
ma a e. 160 v. manca d’una terzina (2), sostituita da
tre serie di puntini, e termina coi vv.

Con gli ochi lacrimosi e sospirando

io mi ricordo di quey luoghi adornj

el uolto alzando al cielo, io dico quando
Sara dio mio il di che a tte ritornj.

(1) Questa divisione non risponde a quella più comune che assegna 15 capitoli
all. IH e 22 al IV.
(2) È la terzina 48* del c. XII del l. IV sec. l'ediz. 1725.
E. FILIPPINI

A questi versi nella c. 186 v. segue la parola « fi- b
1B nis » e il motto « Etternus quo cruciat | Momentaneus 4

LAI quo delectat | Ierominus ad Eustochium ». A c. 187 r. 7

I

dO poi si legge in rosso questa epigrafe : « Finito è àl libro
l
i

{ii de quatro reami fatto et composto per lo venerabile Mae-

i

d ti stro Maestro (sic) federigo da Foligno dell'ordine sacro de
HI | | | frati predicatori de sancto domenicho in sacra theologia
| il eximio doctore, gia provinciale della prouincia. romana,
| Ul et poy per la dio grazia vescovo di foligno (1). Deo gra-
Ni tias amen. Segue il motto « Spes bona det vires » e i
II sotto sono le parole: Mynus de celsa bonsignoris filius i
JM | Rome commorans manu propria scripsit. MCCCCIxj » (2). i
| È | Secondo il Delisle, questo codice, prima del 1840, doveva :
n IN essere proprietà del march. Pucci di Firenze, dal quale lo
| it il avrebbe acquistato quel Guglielmo Libri che poi lo vendette
| Il al bibliofilo inglese il conte Ashburnham (8). Morto questo )
i nel 1878, il suo erede comprese il nostro nella vendita dei |
TI codici italiani fatta venti anni or sono al Governo d'Italia,
iN | che lo destinó con tutta la collezione alla Biblioteca Mediceo-

Laurenziana di Firenze. Se n'ebbe un primo accenno stam-
pato nella Aelazione sul prezioso acquisto che in quella oc-
easione fu presentata alla Camera dei Deputati italiani (4).
Il codice che, non so come, sfuggì all'attenzione del Faloci-
Pulignani, aspettava una completa descrizione nel Catalogo
dei Manoscritti Ashburnhamiani incominciata nel 1887 dal
prof. C. Paoli per cura del Ministero della P. I; ma quella
pubblicazione arrivata col fasc. IV del Vol. I al cod. 200

(1) Questa epigrafe è quasi identica a quella del cod. C. 1, 505 della Nazionale
di Firenze (v. n. 3 di questo studio).
(2) Il motto e l'epigrafe finale si trovano ripetute da altra mano nella stessa 3
pagina del codice. A questa mano si deve anche qualche chiosa, come a e. 34 r. e 09 r.
(3) Cfr. Sui Manoscritti del fondo Libri ceduti dal conte Ashburnham all'Italia, E
M traduzione di G. Ottino in « Bollettino Ufficiale del Ministero d. P. I. » (novembre 3
BER FEHILIM 1836), pag. 1293 e segg. E
MT: (4) V. la suddetta Relazione ecc., stampata in Roma nel 1884, pag. 31, n. 496
dell'elenco.
I CODICI DEL « QUADRIREGIO >

(277-209), non ebbe più seguito. Io ne chiesi prima la de-
scrizione al Bibliotecario della Mediceo-Laurenziana e ne ebbi
per lettera soltanto qualche notizia in più di quelle poche
fornitemi dalla citata Jelazione; ma la maggior parte delle
indicazioni da me date, é il frutto di un esame diretto che
io ho poi fatto di questo e d'altri codici frezziani, di cui
parleró nelle pagine seguenti. :

5. — Appartiene anche alla seconda metà del sec. XV
il eod. Capponiano n. 70, che fu già illustrato da F. Palermo
sotto l'indicazione di cod. Palatino 438 (1) e che L. Gentile
non comprese fra i Palatini (2).

Cart. in folio, del sec. XV, di carte 177, con rubri-
che rosse dalla prima carta alla 103% e dalla 111° alla
fine, e con spazi vuoti al posto delle altre: con grandi
iniziali turchine e la prima dorata e arabescata. A mar-
gine sono aleune parole anche in rosso, nomi o titoli
di quel che è trattato ne’ versi; e qua e là alcune ma-
nine che accennano sentenze morali principalmente.
Titolo: Incomincia el libro de’ regni, mandato al magni-
fico et excelso singniore Ugolino de’ Trinci di Fuligno,
diviso in quattro libri (3).

La Dea ch'el terzo ciel volvendo move

Ave' concorde seco ogni pianeto,

Congiunto al sole et al suo padre Giove.
In fine si legge : Qui finisce il quarto e ultimo libro de
regni 1464. XXIV. Kal. Decembris. Per Andrea de’ Me-
dici. vol. XV.

Il Palermo aggiunge che « il codicista fiorentino lasció
« nel codice parole e idiotismi suoi propri, cavandone fuori

(\) Cfr. I Manoscritti Palatini di Firenze ord. ed esp. da FRANCESCO PALERMO
(Firenze, 1853), Vol. II, pag. 264, n. 6:5.

(2) Cfr. I Codici Palatini della R. Biblioteca Nazionale di Firenze in « Indici
e Cataloghi pubbl. per cura del Ministero della P. I. » — (Roma, 1886), Vol. I, pag. 592.

(3) Il cod, manca, come quello illustrato al n. 1, del nome dell'autore.

Li amc 57

Lan
gr — =——
"YA n

396 E. FILIPPINI

« il dialetto dell'autore ». Vedremo che, per questo, il Cap- d
poniano 70 ha relazione con un altro codice del Quadriregio,
Tu di cui sarà discorso piü innanzi.

LEE 6.» — Segue in ordine di tempo il cod, Ashburnhamiano
n. 312 (già 304).

Cartac. in folio, di c. 209, del sec. XV, in inchio-
stro rosso e nero, legato in pelle e legno. Nella prima È

carta si legge: Incominca (sic) el libro de regni, man-
dato al Magnifico et exelso (sic) signore Ugolino de trinci,
di Fulingno diviso in IIII libri. El primo tratta de re-
gno di Cupido dio dell’ amore, el II del regno di Satan,
el III de regno di vitii, el quarto et ultimo del regno delle

| sette virtudi (1). Segue la rubrica del cap. I del 1. I, in
| il ^ volgare e poi la terzina:

|
È
z
SE T La ddea che 1 terzo ciel uoluendo muove
YE Ri!
| Aue choncorde secho ogni pianeto
i
Chongunta al sole et al suo padre goue.

Il primo libro contiene 18 capitoli con le rispettive

nara rubriche e termina a c. 48 v. con le parole: Finisce el
| | primo libro de regni di Cupido dio d «more. Seguono
i | | nello stesso luogo queste altre parole: Incominca il 3
iti Iu secondo libro dove si tratta de regni di Satan et dello |

stato di questo mondo per comparatione allo nferno pro-
EE UH vando che le pene di questo mondo sono simile alle pene
I | d inferno secondo l’openione de antichi poeti. Il secondo
libro contiene 19 capitoli tutti rubricati e termina a
e. 103 r. con le parole: Finito el secondo libro de regni
di Satan nel quale s è trattato dello stato di questo mondo
per comparazio allo inferno. Nel v. della stessa carta si
LICIA legge: Incominca el terzo libro doue si descriue de vengni
| il LU i de sette peccati mortali e prima della superbia. Il libro

MUT terzo contiene [5 capitoli rubricati, eccetto il VII, il X e
il XII, e si chiude con le parole: nito el terzo libro
de regni delli septe vitii et delle loro spetie (c. 146 v.).

(1) Anche questo codice, come i nn. | e 5, é adespota.
I CODICI DEL « QUADRIREGIO » 397

Più giù si legge: Qui cominca el quarto et vltimo libro
de regni delle septe virtv. Il libro quarto contiene 22 ca-
capitoli e finisce coi vv.
Cogli occhi lacrimosi, et sospirando
io mi ricordo di quti (sic) luoghi adorni,
el uolto alzamo al cielo io dico o quando
Sarà dio mio el di che ad te ritornj.

Segue a c. 209 r., l'epigrafe finale: Qu finisce el quarto

et ultimo libro de regni mandato allo illustrissimo et exelso
signore Vgolino de Trinci da Folingno anno domini, ab
eiusdem. salutifera incarnatione MCCCCLXVIILI. kl. (?)
Novembris. — Le rubriche sono tutte in rosso, e cosi
anche le iniziali dei canti e dei libri. A margine si nota
qualche terzina omessa nel testo come a c. 93 r. e 122 v.
Il codice è scorretto, ma scritto con caratteri chiarissimi

e ben conservato.

Per quanto | Ashburn. 372 non contenga il nome del
codicista, pure vedremo che anch'esso dovette essere scritto
da quell'Andrea de Medici che trovammo firmato nel Cap-
poniano 70. Nulla si sa delle vicende di questo codice fino
al giorno in cui il Governo italiano poté farlo ritornare a
noi per la stessa via che ci ridonó l Ashburn. 565. Fu ci-
tato, come quest’ ultimo, dal Relatore parlamentare del
1884 (1) e ricordato dal Faloci-Pulignani (2) ma aspettava
anch'esso un'ampia illustrazione dal Ministero della P. L,
prima che io potessi sfogliarlo nella Laurenziana di Fi-
renze (3).

1. — Pochi anni dopo si scriveva in Toscana il codice
Magliabechiano che si conserva nella Nazionale di Firenze
con la segnatura II. IT. 35 (già Cl. VII, num. 1016). Fu de-
scritto anche recentemente dal Mazzatinti (4); ma io mi at-

LI

(1) V. Relas. cit., pag. 24, n. 304.

(2) V. il giornale di Foligno « Il Topino », anno I, n. 17, p. 132; v. anche og. cit.
del FALOCI PULIGNANI, pag. 128.

(3) V. sopra al n. 4 di questa rassegna.

(4) V. Inventari ecc., Vol. VIII, pag. 146.
Fi 398 E. FILIPPINI

| terrò più che altro alla descrizione più ampia che ne avea

(RUN già fatta il Bartoli, cambiandone soltanto l'ordine delle parti )
Tan e integrandola in qualche luogo. 1
(UNI Cart. in 4°, sec. XV: 29 X 19: di c. 187 numerate 0

più una bianca in principio e un'altra nella fine non
numerata: leg. in pelle: proven. dalla Libr. Strozziana
col num. 865 nell'anno 1786. Contiene integralmente il |
in Mi | poema da c. 1 r. a c. 186 v. — Incomincia el libro de

i regni mandato al Magnifico et Excelso Signore Ugolino

il de trinci di fuligno, diviso in quattro libri.

Comincia :

if La Dea che 1 terzo ciel volvendo move
(BET havea concorde seco ogni pianeto
i congiunta al sole et al suo padre giove.

BO La sua influentia tutto il mondo lieto

esser facea et d aspecto benigno j

i
il da caldo et freddo et da venti quieto. :
È Finisce :

il Et perche il corpo l anima fa grave

EE EM non molto stetti che pel suo comando

It | in terra fui posato lieve lieve.

WEE Cogli occhi lagrimosi et sospirando

MN | ILA io mi ricordo di quei luoghi adorni

| il et volto alzando al cielo io dico o quando

iti ii : Sara dio mio il di che ad te ritorni.

1 t T In ultimo si legge: « Seripto per me Niccolaio di Do-
| nn rotea fioregli mot. fior. al castellaccio di valdipesa. Inco-

| minciato a di primo d'octobre MCCCCLXXIIII et finito a

IN ii H di XXX di decto mese d'octobre di decto ammo (1).

EEE

|

|

ARTI | Anche in questo codice, come si vede, il poema non ha
TEUER nome d'autore (2): ció lo avvicina al Capponiano già regi-
strato, col quale ha anche in comune tutta l'intestazione. E

(1) V. I manoscritti italiani della bibl. Nas. di Firenze (Firenze, 1879), vol. I, 4
pag. 321. Di sul BARTOLI questo cod. fu anche citato sommariamente dal FALOCI-PU-
LIGNANI (V. 0f. e I. citt.).

(2) V. sopra al n. 5 di questa rassegna.
I CODICI DEL « QUADRIREGIO + 399

8.° — Parimente adespota è il cod. Classense n. 124, già
descritto dal Canneti (1), dal Cappi (2) e dal Mazzatinti (3),
e recentemente da me esaminato.

Cartac., in 4°, del sec. XV, di ff. 166 n. num., mm.
139 X 206. Precede nel r. della prima c. una lunga nota

del Canneti sulla provenienza e importanza del codice (4).

Nel v. della stessa c., in alto, si legge: .« Gregori Mar-
« tinelli .... epilogatione carmen » e sotto quattro esa-
metri latini sul contenuto del poema e un « eiusdem
ad Cumanum carmen » che occupa tutta la pagina. Nel
r. della seconda c. si legge: Incomincia el libro di Regni
al Magnifico et excelso Signor Ugolino de Trinci di Fu-
ligno in quatro libri. El primo tracta del Reame de Cu-

pido dio del’ amore, el secundo di regni di Sathan, el terzo
di regni de vicii, el quarto di regni de la virtude. Segue
immediatamente: Capitolo primo del primo Libro con la
sua particolare intestazione, mentre manca l’ intestazione
del libro: dopo di che comincia il testo poetico con la
terzina:
La Dea che "1 terzo cielo uoluendo moue

Hauea concorde seco ogni pianeto

Congionta al sole et al suo padre Ione.
Il I libro contiene 18 capitoli rubricati, ma il 13° non
appare, poichè il copista dopo il v. 96 del 12° salta, senza
badare alla interruzione delle rime, al v. 73 del 13° for-
mando così di due canti un canto solo e sopprimendo
139 versi. In fine del I libro è detto: Qui finise el primo
libro de li regni de Cupido Dio de l’amore, e nella c. di
fronte, in alto: Incomenza li secunda parte de questo li-'
bro; Nel qual se tracta del Regno di Sathanasso. Il II

(1) €fr. Diss., capp. X e XLIII, nonché l'avvertenza che precede il poema nel-
l'ediz. del 1725, vol. I.

(2) La Biblioteca Classense illustrata etc. (Rimini, 1847) pag. 17.

(3) V. Inventari etc., Vol. IV, pag. 177.

(4) Questa nota dichiara che il cod. proviene dalla Bibl. Estense e servi
diz. di Foligno del 1725.
4

ee M ÀÀ I À e

a us, ld

E. FILIPPINI

libro contiene 19 capp. rubricati e termina con le parole:
Qui finise el secundo libro che tracta de Sathan. Comenza
el terzo libro intitula di vicij, in 17 capp. anch'essi ru-
bricati, ma il cap. 5° ha un verso incompleto. Alla fine
del III libro è detto: Qui finise el terzo libro de Regni.
Incomintia el quarto et ultimo libro de Regni de la vertu,
in 21 capp. secondo la numerazione ms., ma effettiva-
mente in 20 (1). Il poema si chiude coi versi seguenti :
Con gli occhi lagrimosi: e sospirando
Io me ricordo de quei luochi adorni
El volto al Cielo io dico o quando
Sera dio mio el di cha te ritorni.
e con le parole del codicista: Qui finise el quarto et ul-
timo libro de Regni: a laude de la Santissima Trinitade.
Escripto et acopiato per me Francisco da Imolisi nodaro
publico Ferrarese. Correndo li anni del N. S. messer Iesu
Christo 1476 a di X de septembre.

Il Canneti, dopo d’aver descritto codesto codice, afferma
che esso fu tratto da un altro più antico, a cui si riferisce
tuttociò che è detto nel v. della prima c. (2). Di questo mi
occuperò in seguito: qui occorre ricordarè che il primo ad
annunziarci l’esistenza del Classense 124 fu il Muratori, che
credette anche lui di poter attribuire il poema al Malpigli (3),
tanto più che siffatto esemplare allora posseduto dalla Biblio-
teca Estense era senza nome d’autore (4). E quando più tardi il
Canneti gliene richiese il prestito per l’edizione critica del
Quadriregio che stavan preparando gli accademici di Foli-
gno, il Muratori fu ben lieto di poterlo accontentare serven-
dosi di un amico che glielo portò a mano da Modena a Ra-

(1) Questa distribuzione di capitoli corrisponde a quella dell’ Ashburn. 565, di
cui v. al n. 4.

(2) Cfr. Diss., cap. X.

(3) V. sopra al n. 2 di questa rassegna.

(4) Cfr. Della perfetta poesia italiana (Modena, Soliani, 1706), T. I, 1. I, cap. III,
pagg. 27-28.
I CODICI DEL « QUADRIREGIO » 401

venna (1). Il destinatario lo ricevette non senza un grande
ritardo, ciò che procurò qualche preoccupazione all’ illustre
poligrafo (2). Non so se, dopo che il Canneti si fu lungamente
servito di codesto codice, lo rimandasse, com'era suo dovere,
a Modena; egli invece nella lunga nota opposta sul r. della
prima carta del cod., dopo aver detto che esso « fu altre
« volte della Libreria Estense dichiara che: « passato’ poi
«alla biblioteca di Classe » servi a lui per la nota ristampa.
Ma comunque si voglia intendere quel « passato », é certo
che nel 1725 il ms. non era ancora proprietà della Classense,
poiché il Canneti in piü luoghi dell'edizione di Foligno (3)
lo ricorda sempre come testo a penna della Estense (4).

9." — Accennerò da ultimo ad un ms. del Quadriregio,
redatto nel 1493, di cui conosciamo soltanto l'epigrafe finale,
perché la troviamo riportata da un codicista del sec. XVI.
Ma, per evitare una ripetizione, rimando il lettore che voglia
esaminarla, al n. 26 di questa rassegna. Il codice, del resto,
non fu mai segnalato da alcun bibliografo e molto proba-
bilmente andò distrutto.

Oltre ai codici frezziani finora descritti se ne conoscono.
anche altri del sec. XV; ma questi o non hanno in sé la
data della loro trascrizione o scomparvero prima che i ca
taloghisti potessero esaminarli completamente e darne le no-
tizie più importanti. Li illustro qui prima di passare alle poche

(1) Cfr. Epistolario di L. A. Muratori, edito e curato da M. CAÀmpPorI (Modena,
1901-1903), Vol. IV, pagg. 1390 e 1404, lett. 1185 e 1199 del 21 settembre e del 14 ago-
sto 1711. Cfr. anche il mio articolo: Il Quadriregio e il suo autore in alcune lettere
del Muratori in « Gazzetta di Foligno » del 4 e dell l1 giugno 1904.

(2) Cfr. Epist., Vol. e lett. 1199 citt., e lett. 1206 dell’ 11 novembre 1711 a pag. 1410
dello stesso Vol.

(3) Cfr. l'avvertenza al benigno lettore, del Vol. I e la Diss., cap. X.

(4) Il cod. fu citato, per la dedica del poema, anche dal FALOCI PULIGNANI (v. 09,
cit., pag. 127). 2
402 E. FILIPPINI

redazioni dei secoli seguenti, sebbene riconosca che qualcuno
di essi ha delle ragioni di precedenza rispetto a qualche
altro di data certa dello stesso secolo.

10.° — Dò la precedenza al cod. Ottoboniano 2862, che È
si conserva nella biblioteca Vaticana, e che mi viene così È
gentilmente descritto da quel ch. sig. Prefetto:

Cod. cart., di ff. 206, del sec. XV, di mm. 273x200.
È senza titolo: comincia col primo verso « La Dea che
il terzo ciel, volendo, move ». Contiene per intero i
quattro libri, del poema, divisi il primo in 18 capitoli,
il secondo in 19, il terzo in 17 e il quarto in 20 (1). Al
f. 201 v. si legge: Te)os: Explicit liber de quattuor re-
gnis (2) per Dominum Federicum foeliciter episcopum 3
Fulginatum per M. B. M. D. C. Nei ff. 202-206 segue
in prosa volgare l'indice degli argomenti, mancante
della prima parte.

Questa descrizione corrisponde perfettamente a quella
che il Canneti (3) fa di un codice che si credeva ormai per-
duto, perché dopo di lui nessuno ne ha piü parlato. Il dotto |
abate di Classe non dice di averlo veduto, ma dichiara di ;
averne avuto soltanto notizia dal Fontanini mentre stava
‘per pubblicare la sua Dissertazione; tuttavia lo chiama
« esemplare assai distinto e considerabile » e pronunzia sulla
sua antichità un giudizio che, per la importanza che ha,
vale la pena di riportare qui integralmente sebbene sia un
po’ lungo. Dopo aver osservato che « l’inchiostro (del codice)
« 6 bianchiecio e il carattere uguale e franco » aggiunge
che esso « dimostra essere stato trascritto avanti la metà
« del sec. XV si per la maniera di scrivere orgoglo, voglo,
« sayi, clento, altruy, tucto, decto, tracto ecc., invece di 0rgo-

(1) Su questa divisione in capitoli vedi i nn. 4 e 8 del presente studio.

(2) Questa denominazione, che non si trova in nessun altro ms. del poema frez-
ziano, é quella da cui par derivata direttamente la forma Quatriregio- Quadriregio.
(3) V. Diss., cap. XI.
I CODICI DEL « QUADRIREGIO » 403

glio, voglio, sassi, contento, altrui, tutto, detto, tratto, ecc., sì
anche per la qualità della carta sottile e non grossa quale
usavasi intorno alla fine di detto secolo XV. — Ma un'altra
osservazione persuade che l’antichità di tal codice arrivi al
tempo stesso del Vescovado del Frezzi, vale a dire che sia
stato scritto pochi anni dopo il millequattrocento. Risulta
ciò dalle parole poste appiè del medesimo libro, sopra ri-
ferite e segnatamente dall'avere il copista chiamato l' Au-
tore Dominum, non sembrando aver lui potuto dargli allora
tal titolo di SIGNORE se non per cagione di onorevolezza,
vivendo 2 Vescovo tuttavia nella sua dignità, in tempo che
il copista stesso M. B. M. D. C. (forse da Cortona) finì di
trascrivere il codice (1). Più fondatamente poi viene sta-
bilita la nostra riflessione dalla formola FELICITER (scritta
ivi foeliciter) la quale segue appresso, preposta alla voce
EPISCOPUM, essendo cosa chiarissima, che questa è una
lieta acclamazione all'Autore vivente, e non già al compi-
mento materiale della semplice copia del codice: siccome
per altro fin dai tempi di S. Girolamo (ad Marcellam) fre-
quentemente costumarono i copisti di scrivere in fine dei
codici da loro trascritti: explicit feliciter. Intorno all’ uso
di tal formola possono consultarsi il Ducange nel Glossario
Latinobarbaro alla voce Feliciter e Barnaba Brissonio de
formul et sollemnib. Po. Ro. verb. nel lib. VITI. Ma più par-
ticolarmente veggasi Francesco Bernardino Ferrari nel li-
bro VI de Veterum Acclamationib. a cap. XIII, dove notasi
che l’acclamazione feliciter applicavasi ai vivi, boni ominis
causa come corrispondente a quest'altra: quae res bene vor-
tat: che in sostanza vuol dire nel caso nostro: qui finisce

il libro dei Quattro Regni, composto da monsignor Federico

Frezzi Vescovo di Foligno, che Dio lungamente conservi (2) ».

(1) Vedremo però che questo titolo vien dato al Frezzi anche in codici indub-
biamente posteriori alla morte del poeta.
(2) V. op. e 0. citt.
4

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404 E. FILIPPINI

Comunque sia, ignota è la storia del codice dalla sua
origine fino ai tempi del Canneti, quando il Fontanini lo av-
visava « di avere scorso e minutamente osservato un codice
« Ms. del Libro de’ Regni presso il Barone Filippo Stoschio
« Prussiano, a cui da Napoli venne a Roma dalla libreria
« del Duca di Torre Maggiore ». Questi i primi possessori
del codice finora conosciuti: il terzo dovette essere il cardi-
nale Pietro Ottoboni, grande mecenate delle lettere ed ap-
passionato raccoglitore di manoscritti e libri rari, che mori
nel 1740 durante il conclave che elesse Benedetto XIV (1).
È noto poi che questo Pontefice annesse la ricchissima rac-
colta Ottoboniana alla Vaticana, che già si era accresciuta
d'altre importanti collezioni di codici: è quindi più di un
secolo e mezzo che questa importante redazione del Qua-
driregio si trova depositata nella maggiore biblioteca del
mondo (2), dove un « Index alphabeticus » di quel Fondo
lo indica agli studiosi con le seguenti parole che sono un
riflesso della questione della paternità dell'opera, sorta nel
secolo XVII (3): « Frezzi Federico Domenico (per Dome-
« nicano) Vescovo di Foligno, Poema intitolato il Quadriregio
« malamente attribuito da Bolognisi (sic) a Nicolò Mal-
« pigli (4) ».

11.° — Un altro codice del Quadriregio giudicato anti-
chissimo e perciò molto importante è il Palatino 343 (376-
21-2) della Nazionale Centrale di Firenze.

Cod. cartac. in fol., del sec. XV, mm. 0,290 X 0,217,
legato in assi, di carte 175 anticamente numerate per

(1) È strano però che questo codice non si trovi registrato nel catalogo della
raccolta Ottoboniana pubblicato l'anno prima dal MoNTFAUCON nella sua Bibliotheca
bibliothecarum manuscriptorum nova (Parigi, 1739).

(2) Ricerche accurate fatte per me dal prof. G. Castellani negli indici della
Vaticana hanno dato per risultato che quella Biblioteca non possiede altri codici
frezziani.

(3) V. sopra al n. 2 di questa rassegna.

(4) Devo questa notizia alla cortesia del nominato prof. G, Castellani.
già citato).

(1) È questa la prima volta che incontriamo un simile titolo nei codici del
poema frezziano. A proposito, il CANNETI (v. Diss., cap. XLV), osservava che mai que-
sto titolo si rinveniva nei codici (v. il mio art. Federico Frezzi e Serafino Razzi

I CODICI DEL « QUADRIREGIO » 405

184, perchè la numerazione salta da 79 a 90, omette di
contare una carta dopo la 772 e un'altra dopo la 1722 e
ripete in 2 carte di seguito il num. 168: presentemente
poi mancano due carte, quella che portava il num. 9,
verosimilmente bianca, e quella che portava il num. 015
con la perdita della quale s’ è avuta una lacuna nel
testo. S' intitola : Liber primus Federici - hic incipit liber
Federici episcopi Fulginati, qui dividitur in 4° regna :
alle quali parole segue immediatamente l’ indicazione
del libro I e l'argomento del capitolo I in latino. A
margine si legge: Incomenza el libro intitulato quatri-
regio (1) del decursu della vita humana, de messer Fe-
derico frate dell'ordine de san domenico, eximio maestro
in sacra theologia, et già veschouo della città de Folignie.
Diuidese in quattro libri partiali, secundo quattro regni
ete. A margine le rubriche sono ripetute in volgare. Il
cap. I eom.: i i

La dea ch' el terzo celo volendo move

Avea concorde seco ogne pianeto
Coniuncto al so!e e al so patre Iove.

Le rubriche e le grandi iniziali sono in rosso, come an-
che la prima iniziale di ciascuna terzina. Fin.:

Serrà, dio mio, el dì che ad te retorni?
Il testo del poema è intero, salvo che, per la perdita
della carta 91, nel libro II il canto o capitolo XV fi-
nisce al verso 108, e il seguente capitolo XVI comin-
cia al verso 13. Contiene qualche rara postilla o vol-
gare o latina, d'altra mano assai posteriore. A tergo
delle carte 4 e 6 leggesi: « Io Romano de iacomo Cru-
ciani de Perusia »; e questo Romano Cruciani ha Sgor-
biato più luoghi del volume, scrivendoci a lettere gros-
solane certe spese da lui fatte stando in prigione. Nella

prima pagina, un'altra mano del sec. XVI ha scritto : « Al

i

È

e Áo bae us.

4

e e 0s

E. FILIPPINI

molto magnifico fratello carissimo mio messer Bennato
Bennati da Montefalcho ». In un cartellino intagliato a
modo di scudo e incollato esternamente sulla coperta
anteriore, oltre alle iniziali del nominato Cruciani, erano
scritti altri 2 nomi di possessori (1). Dentro alla coperta
v'è un rigo di scrittura recente, stata poi raschiata,
ma par quasi certo che dicesse: « Memoria. Questo Ms.
ho trovato in Foligno, patria dell'Autore » (2).

Vedremo tra breve a chi si devono attribuire queste
ultime parole. Intanto, se non è possibile completare la serie
dei diversi possessori che ebbe codesto codice, è permesso
però accertare il nome di uno di essi, che finora era rimasto
oscuro e che noi dobbiamo considerare come il principale.
Il Gentile in uno dei due nomi che sono scritti nel cartel-
lino esterno della coperta anteriore aveva creduto di leggere
Giambattista Baglioni (3); ma un esame più attento della
scrittura consiglierebbe a chiunque di leggere: G. B. Bocco-
lini (4). Questi è il noto Segretario dell’Accademia folignate
dei Ainvigoriti e il non meno noto autore delle Dichiarazioni
di alcune voci del Quadriregio che si leggono nel Vol. II del-
l'edizione del 1725 (5). E che il Boccolini possedesse un codice
del poema frezziano risulta anche dalla Dissertazione del Can-
neti; anzi da questa si apprende che il codice Boccoliniano
servi a preparare la suddetta edizione del Quadràregio (6). Ma

(M Il primo nome non si legge chiaro; il secondo é stato finora male inter-
petrato, come dirò in seguito.

(2) Cfr. 1. — I Manoscritti Palatini di Firenze ordinati ed esposti da FRANCESCO
PALERMO già citati, Vol I, pag. 598 e segg.; 2. — I Codici Palatini della Bibl. Naz: di
Firenze per LuIGI GENTILE già citati, pagg. 540 - 547. Lo ricorda di sul GENTILE an-
che il FALOCI-PULIGNANI, 07. e Il. citt. Il PALERMO, dopo la descrizione del codice,
si dilunga in molte osservazioni storiche e letterarie sul poema frezziano, di cui
terrò altrove il conto che meritano.

(3) V. op. e t. citt.

(4) In questo é d'accordo con me anche il sig. B. Podestà della Bibl. Naz. di
Firenze.

(5) Intorno alla sua vita vedi quel poco che ne dice G. BRAGAZZI nel suo Com-
pendio della Storia di Fuligno (Foligno, Tomassini, 1858-59', pag. 73.

(6) V. Diss., cap. X, e avvertenza al benigno lettore contenuta nel vol, I. del-
l' ediz. 1725.
SITE RENON TAI spre ur EE rm
FIR POSE SAPONI i 3

I CODICI DEL « QUADRIREGIO » 407

nessuno fino ad ora aveva pensato a una possibile identità
tra il Boccoliniano e il Palatino 545, e piuttosto si riteneva il
primo come perduto o irreperibile. L’ identificazione dei due
codici mi balenò subito alla mente non appena lessi la de-
scrizione del Canneti in confronto con quelle del Palermo e
del Gentile (1); ma poichè poteva essere anche avvenuto
che l'un codice fosse la copia dell'altro, volli attendere -una
prova più decisiva e l'ebbi precisamente dalla rettifica del
nome e cognome d’uno dei possessori scritto nel cartellino.
Ora di questa identità non è più possibile dubitare, e solo
resta a sapere come e quando il cod. già acquistato e pos-
seduto da G. B. Boccolini (2), sia passato dalla sua biblioteca
privata (3) alla Palatina di Firenze, poichè chi ha fatto la
storia di quella preziosa collezione di mss. non ne parla
punto (4); è certo però che esso non usci da Foligno prima
del 1727, anno della morte del ch. Accademico Anvigorito (5).

Quanto allantichità del codice, giova qui ricordare che
il Canneti, il quale l' ebbe lungamente fra’ mano e ne studiò
tutte le varianti per l'edizione critica del poema (6), lo ri-

(1 Nella descrizione del CANNETI manca soltanto la didascalia in volgare: I7-
comenza etc. che egli forse dovette credere aggiunta posteriormente alla trascri-
zione del codice, mentre c'é di piü l'argomento in latino del libro I e del cap. I,
e l'Explicit Federicus, che ho trovato ciascuno a suo posto nel ms.

(2) V. le ultime parole della descrizione del GENTILE.

(3) Sull' importanza di questa biblioteca v. il catalogo di libri e ms. di G. B.
Boccolini inserito da lui stesso nell'ed. 1725 del Quadriregio, vol.1I, pag. 342 e segg.
I codici ivi registrati sono dieci, ma essi non possono essere che una parte di quelli

«posseduti dal B., che volle citare qui soltanto i mss. utilizzati nelle sue Dichiara-
I I

zioni. Un cenno a questa biblioteca si legge in Le Accademie di Foligno di S. FREN-
FANELLI-CIBO, lettera inserita nella strenna « Fulginia », edita a Foligno nel 1900,
pag. 15; ma il FRENFANELLI dimentica di citare fra gli altri mss. preziosi del B. il
cod. frezziano.

(4 V. GENTILE, 02. cit., prefazione.

(5) V. BRAGAZZI, 0p. e l. citt.

(6) I1 lavoro di collazione dei codiei per l'ediz. folignate del 1725 fu certamente
opera del CANNETI. Ciò risulta da vari indizi, ma specialmente dalla citata corrispon-
denza col MURATORI e da parecchi luoghi della Dissertazione. Le varianti poi del
cod. Boccoliniano-Palatino sono riferite nell'edizione accennata a fianco del testo
del poema.
408

E.

FILIPPINI

tenne precedente a quello che io illustreró nel paragrato se-
guente e che sembra anch'esso molto antico. Quanto poi alla
sua importanza basta dire che dovette servire alla prima edi-
zione del poema fatta a Perugia da Stefano Arns nel 1481,
come risulta dall’uguaglianza delle rubriche in volgare e dal
fatto che il più antico possessore fu un Perugino, e come
pare credesse anche il Canneti (1).

12.° — Passo ora al codice Classense n. 231, che servi,
come il Palatino 343, alla ristampa del 1725; Anch'esso, dopo
essere stato brevemente descritto dal Canneti (2) e dal Maz-
zatinti (3), fu da me esaminato di fresco a Ravenna insieme
col Classense 124 (4...

Cod. cartac. in foglio, sec. XV, mm. 167 X 231,
ff. 206 n. num. : di buon carattere, abbastanza correíto
e legato in pelle e oro. Nella prima pagina si legge una
nota del Canneti sulla provenienza del codice e sull'uso
che egli ne fece perl’edizione del 1725. Nel r. della seconda
c. si vede qualche fregio, una L miniata e uno stemma
con ai lati le iniziali A. N. Vi si legge anche questo ti-
tolo: Incomincia el libro di regni al magnifico et excel-
lente Signore Ugolino de trinci de fulingno diuiso in quat-
tro libri per lo Reuerendissimo (5) maestro in sacra theo-
logia Phederico per la diuina gratia episcopo de folingno :
e nel primo libro tratta de rengni di cupido dio dell'a-
more: Nel secondo dei rengni di Sathan: Nel terzo del

regno di uicij: Nel quarto dei regni de uertute. Segue

(1) V. la n. 1 di questa rassegna. Di questi riscontri mi occupero meglio nello
studio annunziato nella n. 2.

(2) V. Diss., capp. X e XXVIII e l'avvertenza nel vol. I del Quadriregio del 1725.

(3) V. Inventari ecc., Vol. IV, pag. 198.

(4) V. sopra al n. 8 di questa rassegna.

(3) A proposito di questo titolo il MuRATORI dice che esso « non prova nulla,
perché anche dopo al 1500 non si dava che del Rev.mo ai Cardinali, non che ai ve-
scovi » (V. Epist. e vol. citt., pag 137), lett. 1165.

TS TON
i CODICI DEL « QUADRIREGIO » 409

l'argomento in volgare del cap. 1° che comincia con la
terzina un po’ avariata:
La dea che lterzo ciel uoliendo moue
... COrde seco ogne pianeto
.... fa al sole e al suo patre ioue.
Il 1. I contiene 18 capp. numerati, rubricati e colo-
rati nella lettera iniziale, meno il 5°, che manca di,som-

mario e lettera a colori; in fino si legge: Finito el primo
libro di rengni de cupido dio d'amore, e dopo mezza pa-
gina bianca: Incomincia el secondo libro de rengni di Sa-
than nel qual se tratta dello stato de questo mondo per
comparatione all'onferno prouando che le pene de questo
mondo sonno simile a le pene enfernale secondo le opi-

nioni delli antiqui propheti (1). Questo libro è in 19 capp.,
di cui solo i primi due non sono rubricati, e si chiude
con le parole: Finito el secondo libro. Dopo una pagina
e mezza in bianco comincia il l. IIT, ma senza le ru-
briche generale e speciale del cap. 1°: gli altri 16 capp.
sono tutti rubricati. Dal 1. III al IV si passa, dopo mezza
pagina in bianco, con le parole: Incomincia el quarto e
ultimo libro di regni delle uirtù; questo contiene 20 capp.
rubricati (2) e termina coi vv.:
Cogli occhi lagrimosi e sospirando
io me ricordo de quei luochi adorni

OT

e luolto alzando al cielo io dico o quando
Serra dio mio el di che tte retorni.

e con le parole: Amen - Finito el quarto e ultimo libro

UY rneeneo

di regni de uirtü. Dice poi il Canneti che ai tempi suoi

DE

si leggeva ancora alla fine del volume, su pergamena e

in caratteri che cominciavano a smarrirsi ed a fuggire,

"ECCO

la memoria seguente; « In Xpti nomine amen. Anno Cir-

cumcisionis eiusdem millesimo quadringentesimo octuage-

simo nono indictione septima die..... gesimo nono mensis

Januarii Antonius Coradi de Bononia huius.... poss... ».

D

(1) A questa didascalia fa riscontro quella del cod. Ashburn 37
par. 6 della presente rassegna.
(2) Su questa divisione dei libri in capitoli v. la n. (1) a pag. 402.

2 illustrato al
HE

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a € À—ÓÀ

410 E. FILIPPINI

Evidentemente in queste ultime parole abbiamo il nome

di chi nel 1489 entró in possesso del codice, e invano cer-

chiamo d'indovinare chi, dove, e quando lo scrisse. Il Faloci-

Pulignani congettura che anche questo cod. sia stato « scritto

« mentre il poeta viveva ancora » (1); ma il Canneti vera-

mente nell’accennare alla sua antichità non si permette una

simile supposizione (2); anzi noi sappiamo che egli prima
del luglio 1711 lo riteneva posteriore al 1476, e che da
questa idea lo dissuase poi il Muratori (3). Il quale fu anche
uno dei possessori del codice, avendolo egli acquistato, non
sappiamo né da chi né in quale città, nel 1711, (4), cioé due
secoli dopo che il ms. era stato posseduto dal bolognese Cor-
radi. In seguito il codice ebbe le stesse vicende del Clas-
sense n. 124 (5); ma men