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I Il tributo d'onore che la memoria di Giuseppe Mazza-
tinti s'attende dalla nostra Deputazione, di cui fu uno dei
fondatori ed uno de’ Soci più operosi e zelanti, sarà reso
più degnamente e in modo più compiuto da quello de’ no-
stri che di lui farà la solenne commemorazione nell' annuale
convegno in Assisi,

Noi ci appaghiamo per ora di pubblicar qui la bibliogra-
fia degli scritti di lui, la quale costituirà senza fallo il mo-
numento più decoroso ch’ei preparava al suo nome con
quella sorprendente instancabile attività, di cui molti frutti
s'ebbe questo Bollettino nostro, da lui — insieme ad altri di
noi — per tanti anni e con tanto amore e competenza di-
retto (1). E quale attestazione d'animo grato a chi volle con-

(1) A complemento della bio-bibliografia del Mazzatinti, crediamo opportuno qui
riferire le nomine, distinzioni onorifiche e incarichi cui fu designato per parte del
R. Governo e di vari Istituti ed Accademie scientifiche d' Italia e dell'estero:

Socio corrispondente dellIstituto Archeologico Germanico [10 Dec. 1881].

Socio corrispondente della Società Storica Lombarda [30 Dee. 1883].

Socio corrispondente della R. Deputazione di Storia Patria per le provincie
della Toscana, dell'Umbria e delle Marche [28 Feb. 1884].

Socio corrispondente della R. Deputazione di Storia Patria per le Marche [28
Ott. 1885].

Socio, per la parte letteraria, dell’Accademia Filarmonico-Letteraria di Alba
[29 Mar. 1885].

Socio onorario dell'Accademia dei Liberi di Città di Castello [20 Gen. 1891].

Accademico ordinario dell’Accademia Rossini in Pesaro [5 Mar. 1892].

Membro corrispondente-ordinario dell'Istituto Araldico Italiano [15 Apr. 1894].

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dividere il nostro lutto e il nostro cordoglio per l'amara per
dita del Collega carissimo, vogliamo ricordar brevemente le
affettuose dimostrazioni di universale stima e rimpianto che
egli ebbe da tutti i buoni, da tutti gli onesti e sinceri ama-
tori della virtü e degli studi. :

Sin dal giorno nefasto della sua morte i piü diffusi pe-
riodici d'ogni parte d'Italia dedicarono a lui articoli di re-
verente ammirazione, di non mentito entusiastico . elogio.
Ricordiamo rapidamente tra i molti, quelli pubblicati dal
Giornale d'Italia (n. 108 del 18 aprile 1906), dalla Critica
‘Cittadina di Forli (n. 79 del 19 apr.), dalla Nazione di Firenze
(n. 108 del 18 apr.), dal Popolo Romano (n. 107 del 19 apr.), dal
Ravennate, corriere di Romagna (n. 87 e 89 dei 17 e 19 apr.),
dal Resto del Carlino di Bologna (n. 106 e 107 dei 17 e 18
apr.), dal Messaggero di Roma (n. 115 del 25 apr.), dall’ Unione
Liberale di Perugia (n. 87-88 e 90 de' 17-21 apr.) e da quella di

Socio corrispondente dell’Accademia Properziana del Subasio di Assisi [1894].

Socio corrispondenle dell’Accademia « La Nuova Fenice » di Orvieto [4 Mar.
1895].

Socio effettivo della R. Deputazione di Storia Patria per le provincie di Roma-
gna [R. Decreto 2 Feb. 1896].

Socio ordinario della R. Deputazione di Storia Patria per l'Umbria [25 Mar.
1897].

Socio corrispondente della R. Accademia « Raffaello » di Urbino [20 Gen. 1898].

Socio onorario della Società Filopedica Tifernate di Città di Castello [2 Sett.
1900].

Membro della R. Commissione per la conservazione dei monumenti per la pro-
vincia di Forlì [16 Ott. 1902: il relativo R. decreto è però in data 7 Mag. 1899].

Decorato del diploma di benemerenza della Società Dante Alighieri, rilasciato-
gli dal Consiglio Centrale di Roma [20 Gen. 19)3].

Accademico d’onore dell’Accademia di Belle Arti di Perugia [30 Set. 1903].

Decorato del diploma di benemerenza dal Comitato dell'Esposizione regionale
Romagnola di Ravenna, come Giurato nella sezione della Mostra storica del Risor-
gimento [1904].

Decorato del diploma di benemerenza dal Comitato suddetto per l'opuscolo su
« Leonardo da Vinci ed il porto di Cesenatico », presentato fuori concorso nella Se-
zione Marittima [Ravenna: 1904].

Accademico d'onore della R. Accademia di Belle Arti di Bologna [7 Gen. 1905],

Eletto dal Comitato Esecutivo del primo Congresso Storico del Risorgimento
Italiano e della Mostra Storica del Risorgimento in Milano Delegato regionale per
le provincie di Romagna [Gen. 1906].

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Terni, dal Campanone di Gubbio (n. 8 del 29 apr.), dalla Pro-
vincia dell'Umbria (n. 16 del 19 apr.), dal Popolo di Perugia

à (n. 265 del 21 apr.), dall’ Unione Sarda di Cagliari (n. 108 del

21 apr., dalla Corrente di Milano (n. 16 del 25 apr.), dall A-
vanti (n. 3310 del 17 apr. dall’ /dea Socialista di Forli (n. 15
dal 22 apr., dalla Gazzetta di Foligno (n. 16 del 21 apr.),

.dalla XKévendécazione di Città di Castello (n. 186 del 21 apr.),
dal Cittadino di Cesena (n. 16 del 22 apr.), dall’ Alto Tevere

di Città di Castello (n. 159 del 22 apr.), dal Marzocco di Fi-
renze (n. 17 del 29 apr.), dalla Tribuna di-«Roma (n. 108, 110

e 111 del 18-21 apr.), dal Pensiero Romagnolo n. 16 del 22

apr.) ecc.

Parlarono ampiamente del Mazzatinti anche molte delle
più autorevoli Riviste, come la assegna bibliografica dell’ Arte
Italiana diretta da E. CALZINI (an. IX, n. 3-5, pp. 94-96), il

Bollettino Ufficiale del Comitato per il 1° Congresso e Mostra

Storica del Risorgimento nazionale all’ Esposizione di Milano,
n. 3,) L'Arte diretta da A. VENTURI (an. IX, fasc. III), la A-
vista Stor. Italiana diretta dal RIiNAUDO (vol. V, fasc. II a-
prile- giugno 1906), Le Marche (nuova ser. an. VI, vol. I,
fasc. D, l' Augusta Perusia diretta da C. TRABALZA (an. I,
n. 4), Vl Archivio Storico del Risorgimento Umbro diretto da
G. DEGLI AZZI ed -A. FANI (an. II, fasc. II, pp. VIX), gli
Atti deu Accademia Properziana del Subasio in Assisi, vol. II,
n. 14), gli Atti della Società « Dante Alighieri » di Roma,

Bollettino trimestrale (n. 23, giugno 1906), La Favilla di- -
retta da L. TiBERI (an. XXV genn.-giugno 1906, fasc. I-II)

il Bollettino delle Pubblicazioni Italiane, (n. 64 dell'aprile), ecc.
ecc.;.e altri articoli bio-bibliografici sappiamo che pubbliche-

“ranno quanto prima l’ Archivio Storico Italiano, la Revue Na-

poléonienne, la Rivista d’Italia, la Rassegna Bibliografica della
Letteratura Italiana, il Giornale Storico della Letteratura Ita-

. liana, ed altre ancora, che vantarono tra i loro migliori e.

più stimati collaboratori il Mazzatinti.
In onore di lui furono pur tenute solenni. commemora-

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zioni, con gran numero di cospicue adesioni e molto concorso
di popolo: l’una da Alessandro Luzio a Forlì (13 maggio u. s.);
l’altra il 17 giugno u. s., nel Civico Teatro di Gubbio, da chi
scrive queste parole: ambedue i discorsi commemorativi
hanno già veduto la luce per cura de’ Comitati forlivese ed
eugubino, costituitisi all'uopo (1). Ad iniziativa lodevolissima
poi del Comitato eugubino si è aperta con ottimi risultati
sinora (e giova esprimer l'augurio che molti, i quali non
labbian fatto peranco, si affrettino a dare il loro obolo alla
bella impresa) una pubblica sottoscrizione per erigere un ri-
cordo marmoreo al Mazzatinti nella sua diletta città nativa,
che con premura materna volle anche recuperare e conser-
vare tra le sue mura la spoglia mortale di quell' illustre suo
figlio.

L'ospitale Forli, che il Nostro si compiaceva considerare
come patria sua d'adozione, volendo a sua volta eternata la
memoria di lui, apri subito una sottoscrizione a mezzo del
periodico La Critica Cittadina per apporre una lapide nella
sala di lettura della Biblioteca Comunale dal Mazzatinti per
circa 20 anni diretta, e di cui illustrò a decoro e gloria della
Romagna i più preziosi documenti. E con pari slancio di de-
vota ammirazione, il Consiglio dei Professori di quel R. Liceo,
— plaudenti con lettere nobilissime il Ministero della P. I.
e il R. Provveditore agli Studi, — ha preso l' iniziativa per un
altro ricordo marmoreo da collocarsi nel Liceo stesso, colle
adesioni non solo dei Colleghi, ma di tutti gli alunni che
ebber l'onore d’avere il Nostro a insegnante dal 1887 fino
alla sua morte. :

E in occasione delle funebri esequie pronunziarono pure
commosse ed affettuose parole, a Forlì il consigliere-delegato
cav. Starone per il Prefetto, l'assessore avv. Bonavita pel
Municipio, il preside del Liceo prof. Menghini pei colleghi

(1) Pe’ tipi, rispettivamente, del Bordandini di Forli e dello Stabilimento Lapi
di Città di Castello.
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PER GIUSEPPE MAZZATINTI 157

e discepoli, l'avv. Casati per la Deputazione Provinciale, il
capitano Moretti per le Loggie Massoniche romagnole, 1 as-
sessore dott. Antonucci per la città di Gubbio e l'avv. V an-
taggi per la democrazia eugubina; e poi à Gubbio, dove fu
esposta la salma nel gran salone del palazzo dei Consoli
trasformato in camera ardente: Y assessore dott. Antonucci
pel Municipio, l'on. Gaudenzi pel Comune di Forli, il prof.
Pergoli per gl'insegnanti e studenti forlivesi, il prof. O. Scal-
vanti per il Comune di Perugia e per la R.* Deputazione
di Storia Patria, il prof. Trabalza per il Provveditore agli
studi della provincia di Perugia, Giuliano Mambelli per la
Massoneria, il prof. Manetti per il Ginnasio di Gubbio, il
maestro Clementi per gli amici, Flavio Nardi per gli stu-
denti secondari eugubini.

Firenze, 28 luglio 1906.

G. DEGLI AZZI.

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BIBLIOGRAFIA

degli scritti del prof. GIUSEPPE MAZZATINTI

A. — Storia.

. — Sulla leggenda della visita fatta da Nicolò V al corpo di
S. Francesco. — Miscellanea Francescana, ece., vol. I, fase. 1.
— Foligno, gennaio-febbraio 1886. (Documenti nuovamente

[en

editi con varianti).
. — Un’antica leggenda di S. Francesco. — Miscellanea Fran-

b

cescana, vol. I, fase. 3. — Foligno, maggio-giugno, 1886.

| 3. — Note per la storia della città di Alba. — Alba, eredi Sansoldi,

? 1887; in 8*.

4. — Lettere politiche di Vineenzo Armanni, dal 1642 al 1644. Con
prefazione. — Archivio Storico Italiano, ser. IV», vol. XIX,
disp. II^. — Firenze, Cellini, 1887; in 8°, pp. 186.

5. — Appendici alla Cronaca di ser Guerriero dei Campioni da
Gubbio. — Archivio Storico per le Marche e l° Umbria, vol. III,
fase. 9-10, pp. 199-205. — Foligno, Salvati, 1888.

6. — I palazzi del Gonfaloniere, dei Consoli e del Podestà in
Gubbio. — Archivio Storico per le Marche e U' Umbria, vol. IV.
(Estratti in numero di soli 25 esemplari). — Foligno, Salvati,
1888.

1. — Il cardinale Albornoz nell’ Umbria e nelle Marche. Appunti.
— Archivio Storico per le Marche e U" Umbria, vol. IV, fasci
colo 15-16, pp. 467-493. — Foligno, Salvati, 1889.

T Ì AVVERTENZA. — Non convenendo ad una razionale bibliografia del Mazszatinti
m l'esclusivo ed assoluto criterio cronologico, ho creduto bene dividere in piü
gruppi — corrispondenti alle discipline cui Egli applicò principalmente l’ in-
gegno — i lavori di Lui. Ho posto in fine le recensioni più notevoli e gli
scritti rimasti inediti od incompiuti. G. DEGLI AZZI.

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G. DEGLI AZZI

— $8. Bernardino da Siena a Gubbio. — Miscellanea France-
scana, vol. IV, fase. 5. — Foligno, settembre, 1889.

— S. Bernardino da Siena a Forlì. — Miscellanea Fran-
cescana, vol. V, fase. 2. — Foligno, marzo-aprile, 1890.

— S. Francesco d'Assisi e Federico Spadalunga a Gubbio.
— Miscellanea Francescana, vol. V, fase. 3. — Foligno, mag-
gio-giugno, 1890.

— La mente e il cuore di Aurelio Saffi (X aprile 1890). — Zac-
colta di scritti in onore di A. Saffi, a cura di G. Mazzatinti e
P. Squadrani. — Forli, Bordandini, 1891; in 8°, pp. 190.
— Nozze di Annibale Bentivoglio da Bologna (dalla Cronae:
di Bernardo di Francesco Novacula; ms. 221 della Comu-
nale di Forli; fol. 107 e segg.). (Per nozze Mauri-Brandi). —-
Forli, Croppi, 1891; in 4°, pp. 6.

— Episodio tratto dalla « Storia della città di Forli » di G. Cal-
letti, autografa e inedita nella Biblioteea Comunale di Forli.
(Per nozze Saffi-Fortis). — Forli, Bordandini, 1892; in 4°, pp. 18.
— « Molte fogie de vestimenti fate per Italia », 1494. — Dalla
Cronaca del Novacula, autografa nella Biblioteca Comunale
di Forlì (fol. 281 e segg.). (Per la nascita d’una figlia del
professor Pergoli). — Forlì, Bordandini, 1892; in 8°, pp. 9.
— Documenti tratti dalla raccolta delle Riformagioni eugu-
bine del 1341-42 riguardo alla guerra tra Fiorentini e Pisani

pel possesso di Lucca. (Per nozze Benzoni-Martini). — Forlì,
Bordandini, 1893; in 4°, pp. 21.

? ? ?
— Sulle relazioni tra Gubbio e Firenze. — Notizia. — Bol-

lettino della Ik. Deputazione di Storia Patria per U Umbria,
vol. I, pp. 162. — Perugia, 1894.

— Tre brevi aggiunte al libro di Teodoro Gottlieb: « Ueber
mittelalterliche Biblioteken ». (Per nozze Simonsfeld-Pullieh). —
Forlì, Bordandini, 1894; in 8°, pp. 13.

— L'Obituario del Convento di S. Agostino di Padova. —
« Miscellanea » della R. Deputazione Veneta di Storia Patria,
ser. II, tom. II. — Venezia, Visentini, 1894; in 8°, pp. 45.
— Gubbio dal 1515 al 1522. — Da documenti inediti dell’ Ar-
chivio Comunale di Gubbio. — Bollettino della Società Um-
bra di Storia Patria, vol. I, fasc. 1, n. 1. — Perugia, 1895;
in 8°, pp. 87-105.

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PRETE NITTI

BIBLIOGRAFIA DEGLI SCRITTI DI G. MAZZATINTI 161
us Rn Eus È 7
20. — Lettere del Ministro Giovita Lazzarini sulla Repubblica Ro- y"
mana del 1849. — Con introduzione. — In Rivista Storica del d A

Risorgimento Italiano, vol. I, fase. 1. — Torino, Roux - Fras-
sati; 1895; in 8°, pp. 27.

21. — Analecta Umbra [Nel Bollettino della Società Umbra di Sto-
ria Patria, poi R. Deputazione di Storia Patria: anni 1895-
1906].

22. — Di Bonifazio da Verona, autore dell’ Eulistea. — Bollettino

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della R. Deputazione di Storia Patria per U' Umbria, vol. II,

E x pp. 557-561. — Perugia, 1895.

23. — La lezenda de frà Rainero Faxano. — Bollettino della R.
Deputazione di Storia Patria per U' Umbria, vol. II, pp. 561-

Na 563. — Perugia, 1895.

NC 24. — Il principato di Pino III Ordelaffi secondo un frammento

inedito della Cronaca di Leone Cobelli. — Atti e Memorie della
R. Deputazione di Storia Patria per le Provincie di Roma-
gna, serie III, vol. XIII. — Bologna, Fava e Garagnani,
1895; in 8°, pp. 58.

25. — Cronache forlivesi di Andrea Bernardi (Novacula), dal 1476

P al 1517; — con prefazione. — Monumenti storici pertinenti alle

n provincie di Romagna, ser. III, vol. I (par. I e II) e vol. II.
— Bologna, 1895-97.

26. — Statuti della città di Predappio, della prima metà del sec. XV;
tratti da un codice della Comunale di Forlì. (Per nozze Mam-
belli-Cossa). — Forlì, Bordandini, 1896; in 8°, pp. 15.

27. — La Biblioteca dei Re ‘d’ Aragona in Napoli. — Rocca S. Ca-
sciano, Cappelli, 1897; in 8°, pp. CLVII-200.

28. — Di alcune leggi suntuarie eugubine dal XIV al XVI sec.
— Bollettino della R. Deputazione di Storia Patria per U' Um-
bria, vol. III, an. III, fase. 2, n. 7. — Perugia, Unione Tip.
Coop., 1897; pp. 15.

29. — I moti del 1831 a Forli. — Rivista Storica del Risorgimento
Italiano, an. II, vol. II, fase. 3 e 4. — Torino, Frassati e C.,
1891; in::8°, pp. 16.

30. — Leone Cobelli e la sua Cronaca. — Ati e Memorie della

9 R. Deputazione di Storia Patria per le provincie di Ioma-

: gna; serie III, vol. XVI. — Bologna, Garagnani, 1898.
31. — Diario epistolare di Giovita Lazzarini, ministro di Grazia

m.
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41. — L'« Italia e Popolo » in Gubbio nel 1853. — Archivio

G. DEGLI AZZI

e.Giustizia nella Repubbliea Romana. — Con prefazione. —
Biblioteca del Risorgimento Italiano, ser. II, n. 1. — Roma,
Soc. Ed. Dante Alighieri, 1899; in 16°, pp. 255..

32. — Il Museo del Risorgimento in Forlì. — Rivista Storica del
Risorgimento Italiano, an. III, vol. III, fasc. 6. — Torino,
Frassati, 1899; in 8°, pp. 19.

33. — « Organizzazione della milizia cittadina e del piano di
rivolta nell’ insurrezione del 1831 a Forlì ». — Documento

tratto da una miscellanea del Calletti presso la Biblioteca Co-
munale di Forlì. (Per nozze Albicini-Binelli). — Forlì, Bordan-
dini, 1900; in 8°, pp. 7.

34. — Cronaca di ser Guerriero da Gubbio, dall’ anno MCCCL

all'anno MCCCCLXXII; con appendice di altre Cronache eu-
gubine. — (Nella nuova edizione dei Rerum Italicarum. Scri-
ptores del Muratori, diretta da G. Carducci e V. Fiorini. —
Tom. XXI, par. IV). — Città di Castello, Lapi, 1902.

35. — Per Piero Maroncelli. — Rivista d" Italia, vol. I, fase. 5,

maggio 1902; pp. 794-809.

36. — In una « Città del Silenzio ». — Illustrazione di un pe-

riodo di storia perugina a proposito dei sonetti di G. D'An-
nunzio Le Città del Silenzio. — Rivista d’Italia, an. VI,
fasc. 3-4, del marzo-aprile 1903; pp. 536-548.

— Annales Foroliv. ab origine urbis usque ad annum
MCCCCLXXIII. — (Nella nuova edizione dei Rerum Itali-
carum Scriptores del Muratori, diretta da G. Carducci e V.
Fiorini. Tom. XXII, par. II). — Città di Castello, Lapi, 1903.
— Gioacchino Murat a Forlì. — Note e documenti. — Pub-
blicato da A. Lumbroso come prefazione al vol. I dell’opera
L'agonia d’un Regno. — Roma, Bocca, 1904; pp. 109.

39. — Forlì nella storia del Risorgimento. — Serie di conferenze

per la sezione locale della Dante Alighieri. — Forlì, Tip.
Sociale, 1904; in 8°, fascicoli 4.

40. — Per la storia della Giovine Italia. — Un episodio del 1833

narrato e illustrato con documenti inediti. — Miscellanea di
lettere, scritti, ecc., riguardanti uomini e fatti del Risorgimento
Italiano. — Firenze, Bertelli, 1905; in 8°, pp. 32.

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42.

43.

44.

46.

4T.

48.

49.

50.

52.

BIBLIOGRAFIA DEGLI SCRITTI DI G. MAZZATINTI 163
Storico del Risorgimento Umbro, an. I, pp. 212-215. — Città di

Castello, Lapi, 1905.

— Contributo alla storia del 1859. — ‘Archivio Storico del
Risorgimento Umbro, an. I, pp. 68-81. — Città di Castello, Lapi,
1905.

— Contributo alla storia della Campagna del 1867. — Archi-
vio Storico del Risorgimento Umbro, an. I, pp. 273-287. — Città
di Castello, Lapi, 1905. i

— Dall’ autobiografia del canonico Domenico Salvati (1796-

1815). — Archivio Storico del Risorgimento Umbro, an. I,
pp. 83-119. — Città di Castello, Lapi, 1905.

— Il Museo del Risorgimento in Foligno. — Archivio Sto-
rico del Risorgimento Umbro, an. I, pp. 129-131. — Città di
Castello, Lapi, 1905.

— In una Corte romagnola del Quattrocento. — Rivista d’I-

talia, an. 1905, Mar., fasc. 3, pp. 416-435.

— I manoscritti delle Cronache forlivesi. — Archivio Mura-
toriano, diretto da V. Fiorini, vol. I, fase. 3, pp. 129-141.
— Città di Castello, Lapi, 1906.

B. — Letteratura.
— La Fiorita di Armannino giudice. — Giornale di Filologia

romanza, n. 6, tom. III, fase. 1-2, 1880.

— Annotazioni alle stanze scelte della Gerusalemme Liberata,
ad uso delle scuole. (In collaborazione con G. Padovan). —
Torino, Loescher, 1880.

— I Diseiplinati di Gubbio e i loro Uffizi drammatici. — Gior-
nale di Filologia Romanza, n. 6, tom. III, fase. 1-2, gennaio
1880, pp. 85-102.

Dodici lettere inedite di Ludovico Antonio Muratori; con av-
vertenza preliminare. (In collaborazione col prof. Oreste Fer-
rini). — Perugia, Santucci, 1881; in 16°, pp. 24.

— Il Teleutelogio di Ubaldo da Sebastiano da Gubbio, opera
inedita del secolo XIV. — Archivio Storico Italiano, serie IV,
tom. VII, an. 1881, pp. 263-276. (Estratto di pp. 16; Firenze,
Tip. Galileiana).

— Una lettera inedita del Metastasio (tratta dall’ Archivio
della famiglia Tei di Gubbio, e pubblicata con breve illu-

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164

54.

G. DEGLI AZZI

strazione). Cronaca Bizantina, an. I, n. 11. — Roma, 15 no-
vembre 1881.

— Un nuovo amore di Ugo Foscolo. — Cronaca Bizantina,
anno I, n. 12. — Roma, 30 novembre 1881.

— Poesie religiose del sec. XIV pubblicate secondo un codice
eugubino; eon prefazione. — Scelta di curiosità letterarie ine-
dite o rare dal sec. XIII al XVII, disp. 179. — Bologna, Ro-
magnoli, 1881; in 16°, pp. VIII-103. — Edizione di soli 202
esemplari.

— Fantasia. — Versi. — Foggia, tipografia del giornale « L'U-
nione », 1882.

— Un profeta umbro del sec. XIV. — Tommasuccio da Foli-
gno. — Studio. — Propugnatore, vol. XV, 1882; in 8; pp. 40;

Bologna, Fava e Garagnani.

— Canti Umbri (per nozze Samuelli-Giraldini, in collabora-
zione con E. Tirsi e D. Bresciani); Foggia, 1882.

— Critiea nova. (Per un eritieo pseudonimo del Giornale na-
poletano della Domenica). — Cronaca Bizantina, an. II, n. 4.
— Roma, 16 febbraio 1882.

— Serenate Umbre. (Per nozze Padovan-Massopust). — Alba,
Marengo; 1883; in 8^, pp. 15.

— Canti popolari Umbri. — Bologna, Zanichelli, 1883; in 16°,
pp. 323.

— La commedia italiana alla.Corte di Francia nei secoli XVI
e XVII. (A proposito del libro di Armando Baschet « Les
Comédiens italiens à la Cour de France, ete.; Paris, Plon,
1882). Cronaca Bizantina, an. III, n. 8. — Roma, 16 aprile 1883.
— Rime di Francesco Petrarea, scelte ed annotate ad uso delle
scuole secondarie classiche. (In collaborazione con G. Pado-

van). —- Torino, Loescher, 1884.

— Bosone da Gubbio e le sue opere. — Stud di Filologia Ro-
manza, vol. I, fase. 2, pp. 277-334. — Roma, 1884. i
— Le carte Alfieriane di Montpellier. — Giornale Storico della

Letteratura Italiana, vol. III, fase. 7 e 9, e vol. IV, fase. 10-11,
an. II, 1884.
— Galeazzo di Tarsia e Vittoria Colonna. (A proposito di

una pubblicazione di G. Padovan sull’ amore di Galeazzo di
67. — Rimatori napoletani del Quattrocento.

68.

69.

11.

'(5.

BIBLIOGRAFIA DEGLI SCRITTI DI G. MAZZATINTI 165
Tarsia per V. Colonna). — Napoli letteraria. — Napoli, 6
poll,

aprile 1884, n. 8.

Con prefazione
e note di M. Mandalari. — Dal cod. 1035 della Biblioteca Na-
zionale di Parigi, per cura dei dott. G. Mazzatinti ed A.
Ive. — In appendice: Per Alfonso I d' Aragona. — Lettera di
G. Mazzatinti al prof. Mandalari. (Illustrazione d'un canto
ad Alfonso I). — Caserta, Jaselli, 1885; in 8', pp. XL-198.

— Canti popolari umbri. — Alba, Sansoldi, 1885, 16^, pp. 8.
— (Per nozze Marchetti- Rolando). — [Un esemplare di que-
sta rarissima pubblicazione è nella Biblioteca Nazionale di Fi-
renze].

— Alcuni codici delle rime di Jacopone da Todi. — Mi-
scellanea Francescana, an. I, fase. 2, ann. 1886. — Foligno,
Campi- telli. — Estratti: edizione di 25 esemplari.

— Ancora delle carte Alfieriane di Montpellier. — Giornale
Storico della Letteratura Italiana, vol. IX, fasc. 25-26, an. V,
1887.

— Il Fiore. — (Ristampa del cod. H. 438 della Biblioteca della
Facoltà di Medicina di Montpellier; in Manoscritti Italiani
delle Biblioteche di Francia, vol. III, appendice II, prece-
duta da uno studio di E. Gorra). — Firenze-Roma, Bencini,
1888.

— Un Bestiario moralizzato, tratto da un manoscritto eugu-
bino del see. XIV. — Con note, osservazioni ed appendice di
E. Monaci. — Rendiconti della R. Accademia dei Lincei; classe
di Seienze morali, storiche e filologiche; vol. V, primo se-
mestre, fasc. 10 e 12, 1889; pp. 26.

— Canzone di maestro Bartolomeo da Castel della Pieve. —
Foligno, Sgariglia, 1889; edizione di soli 12 esemplari.

— Laudi dei Disciplinati di Gubbio. — Propugnatare, nuov:
serie, vol. II, par. I, fase. 7-8. — Bologna, Zanichelli, 1889;

in 8°, pp. 54.
— « Qaneon di maestro Appollonio ischermidore et pulito
seriptore di messali da Ymola o di quei paesi fu. — Cancona
per questa medesima fatta dal Maestro ppollonio da Camerino ».
— Dal eod. Marucelliano C, 152, fol. 67-68, del see.. XV. (Per
nozze Pergoli-Cagli). — Forli, Bordandini, 1891, in 8*.

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78.

19.

80.

81.

82.

84.

85. — Canzonetta per il prodigioso movimento degli occhi dell'an-.

166

G. DEGLI AZZI

— Lettere inedite di C. I. Frugoni a mons. Angelo Fabroni.
(Per nozze Bruzzo-Farina). — Forlì, Bordandini, 1892; in 8°,
pp. 14.

— Canzone di Gregorio d’Arezzo. — « Ne l’alba messaggiera
d'un bel giorno ». — Dal cod. Ashburnham. 478. (Per nozze
Saffi-Fortis). — Forlì, Bordandini, 1892.

— Lettera inedita di Alessandro Manzoni all'abate Antonio
Cesari dell'Oratorio di Verona. (Per nozze Cagli-Ceroni). —
Forli Bordandini, 1893. i

— Oostituzioni dei Diseiplinati di S. Andrea di Perugia. (Per
nozze Cassin-D' Ancona). — Forli, Bordandini, 1893; in de
pp. 14.

— Frammenti di lettere di Paolo Frisi a mons. Angelo Fa-
broni, dal 10 novembre 1773 al 20 agosto 1784. — Dal ma-
noscritto 345 "* della Comunale di Forli. (Per nozze Manno-
Davieo di Quittengo). — Forlì, Bordandini, 1894; in 4°,
pp. 14.

— Rispetti (36) di Angelo Poliziano, editi sul manoscritto già
posseduto dal prof. Giuliano Vanzolini; preceduti dall illu-
strazione del Codice. (Per nozze Morpurgo - Franchetti). —
Forlì, Bordandini, 1895; in 8°, pp. 14.

— Camilla d' Amore. — Dal cod. II, XI, 57 della Biblioteca
Nazionale di Firenze. (Per nozze Bellucci-Ragnotti). — Pe-
rugia, Unione Tip. Coop., 1902; pp. 27-31.

— Brieciehe Alfieriane. (Già edito in parte per nozze Spe-
rati-Taglioni. — Forlì, Bordandini, 1890). — Rivista d'I-
talia, an. 1908, fasc. di ottobre; pp. 13.

— bibliografia Alfieriana. — Rivista d’Italia, an. VI, fase. di
ottobre e dieembre 1903; pp. 1072-1085.

tichissima statua di Maria SS. de’ Bianchi in Gubbio (12 luglio
1796). — Archivio Storico del Risorgimento Umbro, an. I
pp. 304-306. — Città di Castello, Lapi, 1905.

)

86. — Canzonetta in lode di Maria Vergine per i stupendi prodigi

operati nella città di Gubbio l'anno 1796. — Archivio Sto-
rico del Risorgimento Umbro, an. I, pp. 300-308. — Città di
Castello, Lapi, 1905.

è
f
H
; BIBLIOGRAFIA DEGLI SCRITTI DI G. MAZZATINTI 167
| : C. — Arte.

87. — Documenti per la storia delle Arti a Gubbio. — Archivio

Storico per le Marche e l'Umbria; vol III, fase. 9-10. —
Foligno, Sgariglia, 1886; in 8°, pp. 4T.

88. — Guida di Forlì. (In collaborazione eon E. Calzini). — Forli,
Bordandini, 1893; in 16°.
89. — Miniature in un offizio della Comunale di Forlì. — JBwul-

lettino della Società fra gli Amici dell’ Arte per la provincia
di Forl, an. I, n. 6, 1895.

90. — Un orefiee forlivese del sec. XV. — Bullettino della So-
cietà fra gli Amici dell’ Arte per la provincia di. Forlì, an. I,
n. 10. — Forlì, 1895.

91. — Arredi del Tempio Malatestiano, nel 1476. — Bullettino

della Società fra gli Amici dell’ Arte per la provincia di Forlì,
| an. I, n. 7-8,:1895.
92. — Un’opera di Antonio Rossellino in Forli. — Bullettino della

pata Società fra gli Amici dell’ Arte per la provincia diForl, an. I,

| 2c on-4: — Forlì; 1895.
| 93. — Il monumento di Barbara Manfredi. — Bullettino della
Società fra gli Amici dell’ Arte per la provincia di Forlì, an. I,

n. 2. — Forlì, 1895.
94. — Notizie inedite di Marco Melozzo. — Bullettino della So-

Totem GW”

cietà fra gli Amici dell’ Arte per la provincia di Forlì, an. I,

È n. 3. — Forlì, 1895.

95. — Inventario degli arredi di S. Mercuriale di Forlì. — Con
illustrazione. — Bullettino della Società fra gli Amici del-
l'Arte per la provincia di Forlì, an. I, n. 1. — Forlì, 1895.

96. — Il sarcofago del B. Salomoni. — Bullettino della Società
fra gli Amici dell’ Arte per la provincia di Forlì, an. I,
n. 5. — Forlì, 1895.

97. — Mastro Giorgio Andreoli (nel IV centenario). — vista
d’ Italia, vol. II, fasc. 6, del 15 maggio 1898; in 8°, pp. 15.

98. — Per Mastro Giorgio. — Documenti illustrati. — assegna
Bibliografica dell’ Arte Italiana, an. I, 15 maggio 1898. —

e Rocca S. Casciano, Cappelli, 1898; in 8°, pp. 11.

E 99. — La Mostra delle opere di Mastro Giorgio in Gubbio. —

| Rivista d’ Italia, vol. II, fase. 6, del 1898; in 8°, pp. 8.
168 G. DEGLI AZZI

100. — Statuto e matricola. dell’ Arte dei Pittori in Perugia. —
Con notizie e descrizione del codice. — Rassegna Bibliogra-
fica dell’ Arte Italiana, an. II, n. 7-10. — Forlì, 1899.

101. — L'architetto del Palazzo dei Consoli in Gubbio. — Zas-
segna d'Arte, an. I, n. 12. — Milano, 1901.

102. — Per Leonardo da Vinci. — Conferenza. — Rassegna Bi-

bliografica dell'Arte Italiana; an. V, fase. 7-9. — Ascoli Pi-
ceno, Tip. Economica, 1902; in 8°, pp. 16.

103. — A proposito dell’ affresco di Ottaviano Nelli nella chiesa di
S. Agostino a Gubbio. — Rassegna Bibliografica dell’Arte Ita-
liana, an. VII, n. 10-12. — Ascoli Piceno, ottobre-dicembre

. 1904.

D. — Inventari ed Archivi.

104. — Inventario dei codici della Biblioteca Visconteo-Sforzesca
[redatto da ser Faeino da Fabriano, nel 1459-1469]. — Gior-
nale Storico della Letteratura Italiana; vol. I, fasc. I. — To-
rino, 1883.

105. — I manoscritti della Biblioteca vescovile di Nocera. — Ar-
chivio Storico per le Marche e l’ Umbria, vol. I, fase. 9,
pp. 541-556. — Foligno, 1884.

106. — Inventario delle carte dell’ Archivio Sforzesco, contenute
nei codici italiani 1594-1596 della Biblioteca Nazionale di Pa-
rigi. — Archivio Storico Lombardo, vol. XII, fasc. 4 — Mi-
lano, 31 dicembre 1885.

107. — Inventarî degli arredi e della Biblioteca del Monastero di
S. Agostino di Gubbio [1341-1374]. — Archivio Storico per le
Marche e U' Umbria, vol. III, fase. 9-12, pp. 568-590. — Foli-
gno, 1886.

108. — Alcuni codici latini Visconteo -Sforzeschi della Biblioteca
Naz. di Parigi. — Archivio storico Lombardo, vol. XVIII,
fasc. 1. — Milano, 21 marzo 1886.

109. — Inventarî dei manoscritti italiani delle Biblioteche di Fran-
cia. — Appendice all’ Inventario dei mss. italiani della Bi-

blioteca Nazionale di Parigi. — Indici e Cataloghi editi a

— cura del Ministero della Pubblica Istruzione, vol. III, in 8°,
— Firenze-Roma, Bencini, 1886-'88.
Bw——

110.

111.

112.

113.

114.

116

120.

121.

BIBLIOGRAFIA DEGLI SCRITTI DI G. MAZZATINTI 169

— I manoscritti Francescani di aleune Biblioteche d'Italia,
— Miscellanea francescana, vol. III, fase. 1. — Foligno, gen-
naio-febbraio, 1888.

— I manoscritti storici della Biblioteca Comunale di Forli.
— Comunicazione. — Rivista Storica Italiana, vol. VI, pp. 658-
661. — Torino, Bocca, 1889.

— Inventarî dei manoscritti delle Biblioteche d'Italia. (Vo-
lumi 12 già pubblicati; il vol. 13° è in corso di stampa). —
Forlì, Bordandini, 1891-1905; in 4.9

— Inventarî dei manoscritti dell’ Archivio e della Biblioteca
ex-Capitolare di Cividale del Friuli. (In collaborazione con
Alvise Zorzi). — Forlì, Bordandini, 1893; in 4°, pp. 16.

— Inventarî di manoscritti della Biblioteca del Convento di
S. Francesco d’Assisi (mss. 123, 558, 588) e della Biblioteca
Vaticana (ms. 9658). (Per nozze Simonsfeld-Pullich). — Forlì,
Bordandini, 1894; in 8°, pp. 13.

— Gli Archivi della Storia d'Italia. (Volumi 3 pubblicati;
il 4° è in corso di stampa). — Rocca S. Casciano, Cappelli,
1899-1905.

— La Biblioteca di S. Francesco [Tempio Malatestiano] in
Rimini. — Scritti vari di Filologia, per il XXV anniversario
dell’ insegnamento di Ernesto Monaci, raccolti dai suoi scolari.
— Roma, tip. del Senato, 1901; in 8°, pp. 345-352.

E. — Epistolari.

— Lettere edite ed inedite di Vittorio Alfieri. — Torino,
Roux e C., 1890; in 8°, pp. XIV-431.

— Lettere inedite e rare di G. Rossini. — Imola, Galeati,
1892; in 8°, pp. IX-207.

— Lettere inedite e sparse di Vincenzo Monti, raccolte, or-

dinate ed illustrate da A. Bertoldi e G. Mazzatinti. — To-
rino, Roux e €., 1893-'96; in 2 volumi.

— Lettere di G. Rossini, raccolte e annotate per cura di G.
Mazzatinti e di F. e G. Manis. — Firenze, Barbera, 1902; in
8°, pp. 363.

— Lettere di G. Mazzini a Federico Campanella. — Rivista
d'Italia, an. 1905, fase. di giugno, pp. 49 (1043-1090).

12

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Ma 170

122.

F. — Recensioni.
123. — Un nuovo libro di Amedeo Roux. — La littérature con-
temporaine en Italie, Paris, Plon, 1883. — Cronaca Bizantina,
an. III, n. 2, 16 gennaio 1883. — Roma, 1883.
124. — Guerrini A., Storia della terra di Fratta, ora Umbertide,.

G. DEGLI AZZI

— Lettere di G. Mazzini ad Aurelio Saffi e alla famiglia
Craufurd (1850-1872). — Roma, Soc. Ed. Dante Alighieri,
1905; in 8°, pp. 397. i

dalla sua origine fino al 1845, completata da Genesio Peru-
gini, Umbertide, 1883. — Arch. Stor. per le Marche e U' Um-
bria, vol. II, fase. 5; pp. 160-164.

. — Santi A., Storia del Comune di Spoleto dal sec. XII al

XVII. — Foligno, 1879-1884. — Archivio Storico per le Mar-

che e l'Umbria, vol. I, fasc. 4, pp. 757-763. — Foligno, 1884.
126. — Mattoli E., La patria di Properzio e il Torti rivendi-

127.

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130.
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132.

cato, Città di Castello, 1886. — Arch. Stor. per le Marche e
LU Umbria, vol. III, fase. 11-12, pp. 737-739. — Foligno, 1886.
— Eroli Giovanni, Alcune prose e versi, Roma, 1885. —
Archivio Storico per le Marche e U' Umbria, vol. III, fasc. 9-10,
pp. 223-226. — Foligno, 1886.

— Giampaoli, S. Ubaldo, canonico regolare lateranense; ve-
scovo, patrono e cittadino di Gubbio. — Rocca S. Casciano, 1885.
— Archivio Storico per le Marche e V Umbria, vol. III, fase.
9-10, pp. 226-233. — Foligno, 1886.

. — D' Aneona Alessandro, IZ Regno d’ Adria: disegno di se-

colarizzazione degli Stati pontificì nel sec. XIV. — Archivio
Storico per le Marche e l'Umbria, vol. III, fase. 9-10, pp. 218-
223. — Foligno, 1886.

— Lucarelli O., Guida storica di Gubbio, Città di Castello,
1886. — Archivio Storico per le Marche e l'Umbria, vol. III,
fase. 9-10, pp. 232-237. — Foligno, 1886.

— Mestiea E., Varino Favorino Camerte; saggio storico-
critico. — Ancona, 1888. — Archivio Storico per le Marche
e l'Umbria, vol. IV, fasc. 13-14. — Foligno, 1888.

— Fabretti A., Cronache della città di Perugia, Torino, 1888.

è;

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BIBLIOGRAFIA DEGLI SCRITTI DI G. MAZZATINTI 171

— Archivio Storico per le Marche e V Umbria, vol. IV, fasei-
eoli.13-14. — Foligno, 1888.

133. — Gianandrea A., Il palazzo del Comune di Iesi. — Iesi, 1887.
— Archivio Storico per le Marche e U' Umbria, vol. IV, fasci-
coli 18-14. — Foligno, 1888.

134. — Campori e Solerti Luigi, Lucrezia e Leonora d' Este. — To-
rino, 1888. — Archivio Storico per le Marche e l’ Umbria,
vol. IV, fasc. 13-14. — Foligno, 1888.

135. — Cavalcaselle e Crowe, Storia della pittura in Italia, vo-
lume IV. — Firenze, 1887. — Archivio Storico per le Marche e
L'Umbria; vol. IV, fasc. 15-16, pp. 681-685. — Foligno, 1889.

136. — Bruzzo Giuseppe, Francesco Morosini nella guerra di Can-
dia e nella conquista della Morea. — Forlì, Bordandini, 1890.
— Rivista Storica Italiana, vol. VII. — Torino, 1890.

137. — Pinzi Cesare, Storia della città di Viterbo. — Roma, 1887-

1888, vol. III. — Rivista Storica Italiana, vol. VIII. — To-
rino, 1891.

138. — Federico di Montefeltro duca d’ Urbino. — Cronaca di
Giovanni Santi. — Nach dem Cod. Vat. Ottob. 1305 zum
ersten Male herausgeg. von D. H. Holtzinger; Stuttgart, 1893.
— Rivista Storica Italiana, vol. XI, fase. 4, 1894.

139. — Benadducci "G., Della Signoria di Francesco Sforza sulla
Marca e peculiarmente in Tolentino. — Tolentino, tip. Filelfo,
1892. — Rivista Storica Italiana, vol. XI, fasc. 1. — Roma,

: 1894.

140. — Panza Giovanni, IZ Chronicon Casauriense e le vicende del-
l' insigne Monastero benedettino di 8. Clemente alla Pescara.
— Lanciano, Carabba, 1893. — Rivista Storica Italiana, volu-
"me XII, fasc. 1, 1895. |

141. — De- Mauri, L'amatore di maioliche e porcellane. — Milano,
Hoepli, 1899. — Bollettino della R. Deputazione di Storia Pa-
tria per lUmbria, vol. V, an. V, fasc. 1, n. 12. — Perugia,
1898. |

G. — Lavori inediti e in preparazione.

142. — Bibliografia Leopardiana. (In collaborazione con M. Men. .

ghini). — Lavoro premiato al concorso internazionale per il

centenario del Leopardi.

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143

146.

147.

148.

149.
150.

151.

. — Carteggio tra Mazzini e il Pianeiani. (Per l'Archvio Sto-

G. DEGLI AZZI

. — Epistolario di Giuseppe Verdi. (In collaborazione con A.
Luzio).

. — Epistolario di Giuseppe Garibaldi, illustrato con docu-
menti inediti.

rico del Risorgimento Umbro).

— Recensione del volume di A. Della Torre, La giovinezza
di G. Boccaccio. — Città di Castello, Lapi, 1905.

— Silloge di iscrizioni patriottiche della città di Narni. (Per
l'Archivio Storico del Risorgimento Umbro).

— Carteggio fra Giuseppe Mazzini e il patriota Federico Fra-
tini di Terni. (Per Vl Archivio suddetto).

— Nicola Ricciotti a Gubbio [1842]. (Per l'Archivio suddetto).
— L'Associazione Liberale in Gubbio nel 1862. (Per l'Archi-

vio suddetto).
— I Civici volontari di Gubbio nella guerra del 1848. (Per
l'Archivio suddetto).
DELLE CHIESE DELLA CITTÀ E DIOCESI DI FOLIGNO

NEL SECOLO XIII

(Continuazione vedi Vol. X, fasc. III, pag. 435, n. 29).

V.
Del presente lavoro e del suo metodo di compilazione.

Nella prefazione premessa a questo modesto lavoro, abbiamo
discorso di Lodovico Jacobilli e delle sue compilazioni storiche,
della diffusione del Cristianesimo nell’ Umbria, dei primi vescovi e
e dei primi vescovati, della sentenza del card. Capocei contenente
le chiese soggette al vescovato di Foligno nel 1239, e della Libra
compilata negli anni 1295 e 1296: resta ora a dire qual profitto
abbiamo intenzione di trarre da tutte queste discussioni, per la
pubblicazione che abbiamo tra le mani.

Prima di tutto, è da premettere che avendo già dilucidato
varie questioni nella prefazione, non ci fermeremo più a parlare
minutamente di esse. Di una cosa sola vogliamo premunito il let-
tore, perchè non abbia ad illudersi del nostro lavoro; che, cioè,
qui non è tessuta la storia di tutte le chiese della città e diocesi
di Foligno nel secolo XIII, ma è soltanto tracciata una guida che
non potrà mancare di qualche utilità, per coloro che nati in Fo-
gno, e studiosi della storia folignate, pratichi de visu di ogni luogo
e profondamente versati negli usi e costumi della loro regione,
volessero fare un'opera. degna di loro. Questo io dico, non per
iscusa del poco che ho fatto, essendo ospite folienate soltanto da
114 ^^ P. LUGANO

pochi mesi, ma perchè tale è la verità. Da un estraneo, sia pure
amante e versato nella storia generale, è presunzione aspettarsi
un lavoro di gran lena nella storia regionale, e più che regionale,
locale e propria di una sola città.

Questo lavoro si divide in quattro parti, modellato, com’ è,
sulla Libra del 1295-96. Parte prima: Sexterium Episcopatus ;
Parte seconda: Libra Sexterii Canonice; Parte terza: Seaterium
Monasterii Sarivivi, e Parte quarta: Libra Universitatis. Tutte le
chiese sono disposte con quell'ordine medesimo che hanno nella
Libra, compilata da Ugo di Simone. Ognuna di esse porta radu-
nate tutte quelle notizie che ei fu possibile di poter raecogliere.
E se la chiesa è una di quelle scomparse, vi abbiamo raccolto
intorno le prime e le ultime memorie; mentre se è una di quelle
tuttora esistenti, ne abbiamo cercato le origini e ne abbiamo se-
guito la storia sino alla fine del secolo XIII. Qui ci siamo fer-
mati: il futuro storico potrà proseguire a suo talento.

E poichè la Libra ci servi di modello, oltre alle notizie sto-
riche, abbiamo sempre raggruppato insieme tutti i nomi di loca-
lità ove erano situati i possessi di ciascuna chiesa, come risulta
dal testo della Libra stessa. Così dal lavoro nostro potrà togliere
un po’ di profitto anche la filologia. E per questo è inutile dire,
che ei siamo scrupolosamente attenuti alla dizione del testo. Lo
studioso e il filologo faranno quanto rimane a fare, tenendo conto
e del dialetto e delle varie vicende fonetiche a cui andò soggetto.

Delle chiese, rammentate nella sentenza del 1239 e che più
non trovano riscontro nella Libra del 1295, non abbiamo parlato
a parte, come per le altre. Qualche cosa ne abbiamo detto in
nota nella prefazione e qualche altro accenno esse avranno nel
testo, là dove, per la vicinanza dei luoghi, sarà più opportuno.

Così, questo lavoro non riguarda specificatamente che le chiese:

della Libra. Se da altri documenti ci sarà dato di raccogliere no-
tizie di un buon gruppo di chiese, qui non rammentate, nè illu-
strate, faremo seguire, quandochessia, un’ appendice sulle chiese
del XIII, note per altre fonti.

È quasi superfluo far noto che non avremmo pubblicato nes-
sun documento, sia nella prefazione che nel testo, se non avessimo
avuto l’agio di trarlo dall’originale o da copia autenticata. E ciò
perchè le edizioni dell’ Ughelli e del Cappelletti, non sono di al-

creep re

+
DELLE CHIESE DELLA CITTÀ E DIOCESI DI FOLIGNO, ECC. 115
cuna utilità agli studiosi, per la poca o niuna esattezza, segnata-
mente, nei nomi locali. :
Qui sul finire, non possiamo far.a meno di render pubbliche
azioni di grazie a mons. Michele Faloci-Pulignani, a cui si deve
l’idea di questo lavoro, il quale volle esserci largo di ogni aiuto,
di consiglio, d’indirizzo e di opere rare riguardanti la storia ec-
clesiastica di Foligno. Se questo seritto potrà esser di qualche
vantaggio, gli studiosi dovranno saperne grado a lui, che forte-

mente lo volle e generosamente l’aiutò.

RENT in
116 P. LUGANO

PARTE PRIMA

|

LE GHIESE DEL " SEXSTERIVM EPISCOPATVS ,,

CO ELITSE d5yV)

I. — Ecclesia sancte Marie forisportam.

E questa una delle chiese più antiche della città di Foligno, e
nella Libra si trova segnata, prima di tutte le altre, nel Sexterium Epi
scopatus.

Mettendo da parte alcune asserzioni tradizionali circa l'origine quasi
apostolica della ehiesa di S. Maria foris portam, ci possiamo fermare

. alla memoria più antica di essa, che rimonta al 1087. « In quest'anno,

— scrive l’accurato storico di Foligno, mons. Faloci Pulignani, — in
un documento citato dal Jacobilli, viene rammentato l’ Hospitale di
Santa Maria fuori della porta di Foligno (1). Il testo latino dovea dire
cosi: hospitale sanctae Mariae foris-portam, le quali parole ci insegnano
che attiguo o vicino alla chiesa doveva esistere uno spedale, e che essa,
come dice la sua appellazione foris-portam, doveva esser collocata fuori
della città. Oggi la chiesa non si chiama più Santa Maria Foris-portam,
ma Santa Maria Infra-portas, e di questa mutazione che dovette acca-
dere nel XIV o XV secolo, si dà una ragione che crediamo erronea.
Fino alla fine del secolo XIII, questa chiesa stava presso una porta
della città, e fuori di essa, quindi veniva bene chiamata foris-portam.
Circa però quell’epoca, la cinta della città essendo stata ingrandita, e
la chiesa venendo così a trovarsi nell’interno della nuova periferia,
fra le antiche e le nuove mura, fra l’antica e la nuova porta, fra due
porte, così si vuole avesse origine l’appellazione infra-portas. Ma questa
spiegazione non regge, imperocchè lasciando stare che anche nel se-

(1) L. JACOBILLI, Cronica della chiesa e monastero di Sassovivo, in Foligno, 1658,
pag. 19.

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degno.

DELLE CHIESE DELLA CITTÀ E DIOCESI DI FOLIGNO, ECC. riri
colo XIV, cioè dopo l'ingrandimento della città, la chiesa proseguiva
a chiamarsi foris-portam (1): la proposizione infra non ha voluto mai
dire fra, ma sibbene, sotto, vicino, sicchè conviene ricorrere ad altra
spiegazione.

« Sul principio del XIII secolo trovasi nominato un Corrado, priore

di Santa Maria Infra-portas, che il Jacobilli, forse in mancanza di una

data esatta, pone precisamente al principio del secolo, cioé all'anno
1300 (2), e il Dorio che lo fa appartenere alla famiglia Trinci, fa ri-
salire al 1200 (3). Noi peró troviamo che la nostra chiesa aveva certa-
mente il suo Priore nel 1212, e riteniamo che sia lo stesso Corrado qui
nominato, sebbene nel documento che rechiamo se ne faccia il nome.
Nella relazione contemporanea sulla traslazione del corpo di San Rufino
vescovo di Assisi, fatta in quella città nel 1212, fra i vari miracoli oc-
corsi in quell’ occasione, narrasi la guarigione di una nobile giovane
della città di Foligno nomine Bevegnate, filia cujusdam Dominae nomine
Albeguerre, la quale recatasi in Assisi al sepolero del santo Martire con
la madre e con gli amici, rimase sanata: sicut — narra lo scrittore —
a Matre ipsius puellae, et a Priore Sanctae Mariae Fulginei, foris portae,
avunculo ejusdem et a multis aliis accepimus (4). Un documento del 1239
nomina la Canonica Sanctae Mariae foris portam (5), e benché la parola
Canonica possa limitarsi anche alla residenza del solo rettore della
chiesa, pure, nel easo nostro, Canonica vuol dire residenza di canonici,
peroeché trovo che nel 1255 viveva un Domino Aegidio de Oppello, Ca-
nonico ecclesiae S. Mariae foris Portas (6). Dunque nel XIII secolo la
chiesa di Santa Maria foris-portam aveva il suo Priore ed i suoi cano-
nici, i quali peró, quanti fossero, noi non sapremmo dire. Nel mede-
simo secolo, cioè nell'anno 1226, l'altra chiesa collegiata urbana di
San Salvatore ne avea quattro (7), e tale era forse prossimamente il

(1) Antonius Venturae Canonicus Ecclesiae sancte mariae Foris-Portam si
legge in istrumenti del 1321 del Vescovato, esistenti nella cancelleria vescovile.
S. Maria foris-portam è detta in un documento del 1336, ed in uno del 1407. — Bibli0-
teca Jacobilli del Seminario, cod. C. II. 18, c. 34, 121.

(2) Uomini illustri di Foligno, pag. 308. Ms. della Biblioteca del Seminario.

(3) Istoria della Famiglia Trinci, in Foligno, 1633, in fine del Sommario.

(4) OCTAVIUS A SANCTO FRANCISCO, Assisiensis Ecclesiae prima quatuor lumina-
ria, Fulginei, MDCCXV, pag. 55.

(5) Archivio di Sassovivo (Nel Palazzo arcivescovile di Spoleto), num. 1103, 13.
— Cf. Cronica di Sassovivo, pag. 92.

(0) S. Francesco di Foligno, Ricordanee storiche, Roma, 1856, pag. 253.

(7) Da un documento del 1226 fu estratta questa particella: D. Rodulfus Prior,
D. Angelarius Gualterii, D. Oderisius, D. Golitiae, D. Benencasa et D. Dio ti salvi

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m «Cristianesimo nel territorio fulignate.

118 P. LUGANO

numero dei canonici della nostra chiesa. Crediamo inutile di proseguire

‘con altre notizie più recenti, e aggiungeremo solo che in quei secoli

la piazza di San Domenico, allora di Santa Maria 2nfra-portas o foris-
portam, secondo l'epoca, pare che fosse la piü interessante della città,
sia per l'ampiezza, sia per altra ragione. Presso quella piazza e quella
chiesa, nel XII secolo, si andava a combattere a duello in un campo
che si diceva di Francalancia (1); forse era il luogo ove si facevano i
cosi detti giudizi di Dio: nel secolo seguente vi si facevano quelle sacre
rappresentazioni tanto famigliari agli antiehi popoli umbri, onde la
beata Angela ci raeconta di essersi trovata presente in quella piazza,
quande vi si rappresentò la passione di Cristo (2). Più tardi, cioè nella
prima metà del secolo XV, era questa la piazza nella quale in tempo
di colera soleva il popolo assistere ai divini offiei, che si celebravano
in un altare fatto erigere da Girolamo Ludovisi fuori della porta della
chiesa di san Domenico (3). E bastino queste notizie. L' unica conclu-
sione che si può trarre dalle riferite notizie, è che la chiesa esisteva
nell'XI secolo, ed era collegiata nel XII e XIII. Notizie più antiche
non se ne conoscono (4) ».

Tra le memorie tradizionali di questa chiesa, non è da passare
sotto silenzio quella che si connette con la cappella dell’ Assunta, quivi
eretta probabilmente nel secolo VIII. In essa avrebbero celebrato S. Pie-
tro e S. Paolo, come attesta una recente iscrizione posta sulla porta.
Ma di questa tradizione non esiste alcun monumento o documento si-
curo: gli avanzi frammentari di sculture che tuttavia si possono osser-
vare, non sono tali da portarci a qualche ragionata conclusione; nè
forse andò lungi dal vero mons. Faloci Pulignani, congetturando che
le tre camere qui esistenti nel 1200 circa, non fossero altro che una
parte dell’antico Aospitale Sanctae Mariae foris-portam, ricordato nel

1087 (5).

Canonici ecclesiae S. Salvatoris de Fulg. — Ser Accorambonus Not. — Biblioteca del
Seminario, Cod. A. V. 5, 114 t.

(1) D. DorIO, Op. cit., pag. 103.

(2) B. ANGELAE FULGINATIS, Vita et opuscula, Fulginiae, MDCCXIV, pag. 101.

(3) D. DORIO, Op. cit., pag. 246. Si conserva traccia di quest’ altare, dove il Lu-
dovisi fece scolpire il suo stemma simile ai Ludovisi di Bologna.

(4) M. FALOCI PuLIGNANI, Le Memorie dei SS. Apostoli Pietro e Paolo nel vil-
laggio di Cancelli e Le origini del Cristianesimo nel territorio di Foligno, Foligno,

‘Tip. Artigianelli, 1894, pag. 31-34. Cf. Idem, Ricerche storico artistiche sulla Basilica

di S. Maria Infra-portas, Foligno, Stab. Tomassini, 1876.
(5) M. FALOCI PULIGNANI, Le Memorie ecc., pag. 46. In quest'opera, con finis-
simo discernimento critico, sono trattate tutte le cose riguardanti la diffusione del

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DELLE CHIESE DELLA CITTÀ E DIOCESI DI FOLIGNO, ECC. 179

I beni che formavano il patrimonio di S. Maria foris portam, giusta
l'estimazione fatta nella Libra, ascendevano alla somma di 3772 libre
e 1 soldi. I terreni ed i casali erano sparsi un po’ dappertutto. Per an-
tiche designazioni topografiche, sono da ricordare due vigne « 2» con-
trata de Magretis », un terreno « 2n contrata Bovani », « juxta cow-
bonariam veterem », « în contrata sancti Manni », « in filecto », « in
Carraria », « în contrata Aquesparte », « in contrata alvei », « în con-
trata herculi », « în contrata Canniti », « in contrata luguiati », in
contrata Montoroni », un casale « Zw villa aquesparte », « in lugu-
iati », « în contrata pontis cavalli », « in novo civitatis fulgin. » (1).

II. — Ecclesia sancte Margarite de Fulgin.

Questa chiesa, secondo il tenore della sentenza del 1239, faceva
parte della Pieve Favonica : ond’ è a credersi anteriore al secolo XIII,
quantunque non se n’abbia altra e più antica menzione.

La chiesa di S. Margherita «avea nel 1295, un patrimonio di 439
libre e 10 soldi: i terreni erano posti « în spinetis », « in campuval-
glole », « in plagiis sancti Sebastiani », « in serranis de Galglole », « in
carraia », « in campo frigido », « în salecto vaccarii » (2).

Più tardi, cioè, nel 1399, è fama che la B. Margherita da Foli-
gno, discepola della B. Angelina, edificasse un monastero, che dal
nome di lei, fu detto delle Margaritole, ma che forse era annesso a
quest’ antica chiesa di S. Margherita (3), la quale era stata edificata
nel 1208 dal vescovo di Foligno, Egidio degli Atti (4).

III. — Ecclesia sancti Leonardi de Fulgin.

Di questa chiesa di S. Leonardo, più nota ai moderni Folignati
sotto il titolo di Madonna del Pianto, per la Confraternita omonima ivi
eretta, si ha qualche notizia anteriore al 1296. Durante Dorio da Leo-
nessa, che nei primi lustri del secolo XVII era cancelliere della Curia
Vescovile di Foligno, asserisce che la chiesa di S. Leonardo fu edifi-
cata dai Trinci (5); ma egli non corrobora la sua asserzione con nes-
sun documento. Per congettura, si potrebbe aggiungere, come osserva

(1) Libra, fol. V-VI.

(2) Libra, fol. VII.

(3) L. JACOBILLI, Historia delle chiese, Cod. A. VI, 12, c. 128.
(4) L. JACOBILLI, Annali, ad an. 1200.

(5) D. DORIO, Istoria della Famiglia Trinci, in Foligno, A. Alterii, 1638, pag. 285.

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E 180 P. LUGANO

mons. Faloci Pulignani (1), ch'essa venisse edificata, piuttosto che dai
Trinci, dalla famiglia dei Conti di Postignano, ricchi e potenti signori

HA di Foligno, che discendevano dallo stesso ramo ond’uscirono i Trinci.
1 Prescindendo ora da chi può aver edificata la nostra chiesa, è
certo ch’ essa si trova già nominata nel 1212. Il vescovo di Foligno,
Egidio degli Atti, volendo far cosa grata al monastero di S. Stefano
di Gallano, presso Fondi, mosso da spirito di pietà e per remissione
de’ suoi peccati, con atto regolare del 3 marzo di tale anno, cedé la
chiesa di S. Leonardo a Giovanni, abate di quel monastero. La ces-
sione s'estendeva anche ai beni della chiesa di S. Leonardo, ed il ve-
BUE scovo si riservava il solo jus episcopale e l'offerta annuale di due libre
di cera per la festa di S. Feliciano (2).

Peró non pare che la cessione del 1212 avesse il suo effetto, poi-
ché nella controversia mossa dinanzi al Cardinal Ranieri Capocci nel
1239, la chiesa sancti Leonardi è nominata fra quelle specialiter perti-
nentes al vescovo di Foligno.

Nulla era immutato nel 1261, quando Alessandro IV, con suo
breve del 18 maggio, confermava integralmente la sentenza arbitrale
del card. Capocci.

Nel 1296 la chiesa di S. Leonardo spettava ancora al vescovo di

|: | Foligno, e l'atto del 1212 non avea ancora avuto vigore, perchè nella

Libra, essa è segnata tra le chiese de sexterio Episcopatus (3). Nella
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donazione del 1212, il vescovo di Foligno faceva eccezione per un orto
situato presso la chiesa (excepto orto, qui est prope dictam. ecclesiam),

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il quale non doveva cedersi colla chiesa all'abate di Gallano ; ma nella
jesse Libra del 1296, non si fa alcuna menzione di quest'orto. Anzi è da
notare che la nostra chiesa è tra le pochissime che non aveano patri-

ll : (1) M. FALOCI PULIGNANI, Brevi. Notizie della chiesa di S. Leonardo e della
| Confraternita della Madonna del Pianto, Foligno, Tip. S. Carlo, 1900, pag. 9.

(2) L'originale di quest' atto non fu ancora trovato. Ludovico Jacobilli (Crorica
del monastero di Sassovivo, pag. 240; Cod. A. V. 6, fol. 52 in Bibl. del Seminario) in- d
dica l'istrumento come esistente nell'archivio di Sassovivo, in un libro di Registri,
segnato colla (4), al foglio 331. Nell'inventario di quest’ Archivio fatto compilare
dall'abate Comm. Card. Girolamo Rusticucci, é detto che l'istrumento originale in
pergamena era notato col n. 2266, e rogato da un notaio di nome Alberto. Mons. Fa-
lh loci Pulignani che ha potuto esaminare l’ Inventario del Card. Rusticucci e i nume-
ll rosi fasci di pergamene spettanti a Sassovivo, non trovo la pergamena del 1212, se- !
| gnata col n. 2266. Quindi egli, nel già citato opuscolo (Brevi notizie della chiesa di
| S. Leonardo, ecc., pag. 9-11), pubbliea l'atto da una copia del Jacobilli (Cod. C. VI. È
| ; ll, fol. 331 ; Cod. B. VI. 8, fol. 43 in Bibl. del Seminario), confrontandolo colla copia M"
| di Durante Dorio.
(3) Libra, fol. VII t.

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DELLE CHIESE DELLA CITTÀ E DIOCESI DI FOLIGNO, ECC. 18t

monio immobile: onde si potrebbe sospettare che la sua erezione non
rimontasse tanto in alto. L' unica rendita di S. Leonardo é quella di
38 soldi di denari, a titolo di oblazione, di primizia, di decima e fu-
neri.

Si puó aggiungere che nel 1239 la chiesa di S. Leonardo, secondo
la sentenza del card. Capoeci, faceva parte della Pieve Favonica.

IV. — Ecclesia sancti Johannis de pugillis.

La loealità detta de'pugilli (de pugillis) sorgeva sulla riva del
fiume Topino, e fu chiamata poi, corrottamente, delle Poelle. :

Di questa chiesa « de pugillis », che era dedicata a S. Giovanni
Battista, forse si ha la prima e piü antica menzione nella Libra. Qui
essa appare col patrimonio immobile di un orto posto « 2n pugillis,
iuxta ipsam. ecclesiam. », del valore di 20 libre, e con 20 soldi di obla-
zioni (1). Era beneficio semplice, e nel 1314 fu concesso ai PP. del
Convento di S. Giacomo (2).

V. — Ecclesia sancti Angeli de Gricta.

La chiesa di S. Angelo « de Gricta » corrisponde a quella vol-
garmente.detta di S. Angelo delle Grotte. Ludovico Jacobilli asserisce
ch'essa fu edificata dal conte Offredo, figlio del. conte Monaldo, e che
fu unita nel 1063 al monastero di S. Salvatore di Acqua Pagana nella
Diocesi di Spoleto, membro dell'abazia di S. Romualdo della Valle di
Castro nella diocesi di Camerino (3).

Difatto, nella Libra sono segnati vari terreni che si dicevano vol-
garmente appartenenti a S. Angelo delle Grotti, mentre erano stati af-
fittati « a monasterio Aque pagane »; per la qual cosa gli affittuari
nulla rispondevano direttamente alla chiesa delle Grotte. Altri terreni
erano posti « în Turri », che era territorio eircondante il castello omo-
nimo, situato appiè della Rocca, detta oggi di Turri, o de’ Conti, dal
nome della famiglia che n'era padrona. È ricordato pure un terreno
posto « in palude turris »; dalla quale espressione si rileva che in quel
territorio si estendeva nel secolo XIII una palude (4).

La chiesa delle Grotti era di juspatronato di messer Trasimondo

(1) Libra, fol. VII t.
(2) L. JACOBILLI, Historia delle Chiese, Cod. A. VI, 12, C. 18.

(3) L. JACOBILLI, Cronica del Monastero di Sassovivo, pag. T2.
(4) Libra, fol. VIILIX.

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182. ^P. LUGANO

Conti, figlio di Bonconte d’Offreduccio, acquistato. per Marsubilia sua
moglie, ch’era figlia di Gualteruccio, figlio di Gentile di Nallo di Gual-
terillo di Messer Gualtiere del conte Gualtiero d'Uppello (1). I beni, di
cui era dotata, nel 1295, costituivano un patrimonio di 1867 libbre e 9
soldi. Ora questa chiesa, raggruppata colla Madonna del Riparo é com-
presa. nell'ambito della parroechia dello Scandolaro.

Secondo la sentenza del card. Capocci, nel 1239, questa chiesa
faceva parte della Pieve Favonica.

VI. — Ecclesia sancti Egidii de Uppello.

Il villaggio di « Oppello » od « Uppello » aveva anticamente piü
chiese. Una era questa di S. Egidio. Nulla si sa della sua posizione:
ma dall'elenco delle sue possessioni si puó facilmente argomentare che
forse nel secolo XIII questa era la chiesa principale di tutto il vil-
laggio.

I terreni, che formavano il patrimonio della chiesa di S. Egidio,
(ascendente a 222 libre e 11 soldi), eran posti « în contrata Uppelli »,
« in contrata de fontanellis », « in contrata fontis », « in contrata Gra-
vingnani », « in contrata de clavassis », ed « in monte Oppelli » (9).

Questa chiesa di Uppello che, nel 1239, stava nella circoscrizione
plebana della Pieve Favonica, è detta, nella sentenza del card. Capocci,
« S. Egidii de Opplello ».

VII. — Ecclesia sancti Eutitii de Frangnano.

La chiesa di S. Eutizio, o corrottamente, di S. Eugutizio di Fra-
gnano aveva un patrimonio ascendente a 70 libre e 10 soldi, il quale
risultava di terreni posti « n Geis », « n frangnano », « in carpenetis »,
« sub pennis, juxta flumen Guesie », e intorno alla chiesa stessa (3).

Fragnano, o Frangnano, é vocabolo derivato certamente da Fla-
mignano e da Flaminia, per la vicinanza di questa via, che percorreva
quasi tutto il territorio di Foligno, e, dalla sentenza del eard. Capocci,
si rileva che la chiesa di questa villa denominavasi, nel 1939, di San
Titii, donde poi venne l' Zutitii, che probabilmente in origine non si
risolve che nel S. Tito, discepolo di S. Paolo. Fragnano fu già appel-
lazione della villa di Belfiore (4).

(1) L. JACOBILLI, Cronica del monastero di Sassovivo, pag. 72.
(2) Libra, fol. X t.

(3) Libra, fol. X t.

(4) L. JACOBILLI, Cronica del monastero di Sassovivo, pag. 198.

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DELLE CHIESE DELLA CITTÀ E DIOCESI DI FOLIGNO, ECC. 183
VIII. — Heclesia sancti Petri de Cava.

È memoria, secondo Ludovico Jacobilli, che la chiesa di S. Pietro:
de Cava, ora Cave, era un benefizio senza cura, dipendente dall'abazia
di Sassovivo, fin dalla prima metà del secolo XIII (1). Ma, nella Libra,
e nella sentenza del card. Capocci, essa fa parte del Sexterium Episco-
patus, ed il suo patrimonio ascende a 260 libre e 6 soldi. I suoi ter-
reni erano posti 2n contrata Gurguni, in contrata sancti Petri ed in con-
trata fossati Oppelli (2). Faceva parte della pieve Favonica.

IX. — Ecclesia sancti Venantii de Colle.

Probabilmente questa chiesa è la madre della moderna parrocchiale
di S. Venanzo di Oppello. Nel testo della-Libra è detta: Sancti Venantà
de colle Serre. Presso Ludovico Jacobilli si ha ricordanza di questa
chiesa tra i benefizi senza cura, che fin dal secolo XIII dipendevano
dall’abazia di Sassovivo (8). Il patrimonio ascendeva ad 82 libre e 11
soldi: i beni eran tutti situati 2m colle de Serra presso i possedimenti
del monastero di Sassovivo (4). È registrata fra le chiese del Sexterium
Episcopatus, e, secondo la sentenza del card. Capocci, era compresa

nella circoscrizione della Pieve Favonica.
X. — Ecclesia sancti Pauli de sancto Polo.

Nel secolo XVII, per tradizione raccolta da Ludovico Jacobilli (5),
si riteneva che nella Valtopina fosse stato S. Paolo, vi avesse. predicato,
e che, a ricordare questo apostolato, si fosse eretto un villaggio ed
una chiesa nella sommità di un poggio vicino. Veramente, sulla cima
del monte sorge un gruppo di poche e povere case, chiamato oggi Santo

(1) L. JACOBILLI, Cronica del Monastero di Sassovivo, pag. 12.

(2) Libra, fol. X.

.(3) L. JacoBiLLI, Cronica del monastero di Sassovivo, pag. 12.

(4) Libra, fol. XI t.

(5) « Gli antichi abitatori di Foligno eressero ad honore del loro primo pro-
mulgatore dell’ Evangelo S. Paolo, due Chiese, et un villaggio, vicino a Foligno,
cioé un miglio distante dalla città, che ancora é in piedi, fuori della Porta che con-
duce alla Santa Casa di Loreto: et un altra con un villaggio, detto sin hora la villa
di S. Paolo, dove si tiene, che anche in esso villaggio predicasse esso S. Apostolo ».
L. JACORILLI, Cod. A III. 16 fol. 7 (Bibliot. del Seminario). 1l brano surriferito é ri-
portato anche da mons. M. FALOCI PULIGNANI, Le memorie dei SS. Apostoli Pietro e

Paolo, ecc., pag. 68.

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184 P. LUGANO

Paolo, anticamente San Polo, tra le quali, un tempo, sorgeva una chiesa
denominata sancti Pauli de sancto Polo. Questa è già ricordata in do-
cumenti del 1214, del 1261 e del 1293 (1). « Sembra dunque innegabile
— conchiude mons. Faloci Pulignani — una relazione speciale fra
lapostolo S. Paolo e queste popolazioni, e sebbene questa relazione
venga ricordata assai tardi, non sappiamo quale difficoltà possa sorgere
per negare un fatto che ha tutte le apparenze della probabilità. Se la
chiesa si chiamava Sancti Pauli de sancto Polo, deve certo ritenersi an-
teriore il villaggio, posteriore la chiesa: e se il villaggio si chiamó
S. Paolo o S. Polo, senza che ivi sorgesse alcun edificio sacro, ci sem-
bra troppo ragionevole il supporre una relazione speciale, locale, fra
questi luoghi e questo apostolo, relazione che due secoli fa si spiegava
asserendo che ivi S. Paolo avesse annunziata la religione eristiana (2) ».

La chiesa del secolo XIII non esiste più da molto tempo; ma nella
Libra se ne descrivono i beni ch'erano situati juxta pontem geminum,
in campurinali, juxta voltam sancti Pauli, prope dictam ecclesiam sancti
Pauli, in casuri, in fossa ceca, în plagiis de civitaveccla, e che ascen-
devano a 421 libra e 4 soldi (3).

XI. — Ecclesia sancti Johannis de Tregiobovi.

La località detta Tregiobovi, e più tardi solamente 7reggio, corri-
sponde a Vaiano, presso S. Sebastiano. La chiesa di S. Giovanni de
Treioboni o Treiobovi è già ricordata nella sentenza del card. Capocci
(1939) e riconosceva per sua matrice la Pieve Favonica.

Il suo patrimonio ascendeva a 204 libre e 8 soldi, e risultava di
beni situati 2 contrata dicte ecclesie, in contrata arquate ed în campo-
lungo (4).

XII, — Ecclesia sancte Marie de Cava.

Delle chiese di Cave, una aveva il titolo di S. Maria. Il suo pa-
trimonio di 288 libre, era costituito da terreni posti 2m villamova, in
Gualdu, in Ursinis, iuxta dictam. ecclesiam; da un claustrum positum
post ecclesiam. supradictam, e da una cella et curtina dicte ecclesie (5).

(1) M. FALOCI PULIGNANI, Le memorie dei SS. Apostoli Pietro e Paolo, ecc.,
pag. 80.

(2) M. FALOCI PULIGNANI, Op. cit., pag. 80-82.

(3) Libra, fol. XII.

(4) Libra, fol. XII t.
(5) Libra, fol. XIII.
DELLE CHIESE DELLA CITTÀ E DIOCESI DI FOLIGNO, ECC. 185

XIII. — Ecclesia sancti Angeli de Cava.

\ i La chiesa di S. Angelo, ora S. Michele Arcangelo, di Cave, era
" dotata d'un patrimonio di 186 libre e 12 soldi. I suoi beni giacevano
I in Gualdu, in contrata de fossis, în alveo, in palude. Aveva pure un

po’ d'orto posto ?wata ipsam ecclesiam, con una curtina (1). Questa
chiesa e la precedente di S. Maria, già ricordate nella sentenza del
1939, erano comprese nella circoscrizione ecclesiastica della Canonica
di S. Maria foris portam, mentre quella di S. Pietro dipendeva dalla
Pieve Favonica.

XIV. — Ecclesia sancti Herami de Aquasparta.

S. Erasmo, detto anche corrottamente S. Eramo, di Acquasparta,
godeva un patrimonio di 223 libre e 10 soldi. Avea terreni posti 2 tre-
| ville, in contrata insulelle juocta fluvium topini, in fovea venazaria, in
| puteo maiori, in contrata de clusis, e la curtina della chiesa (2).

La chiesa di S. Erasmo e l'altra di S. Paolo di Acquasparta,
È giusta la sentenza del card. Capocci (1239), dipendevano dalla Canonica
| di S. Maria foris portam.

XV. — Hoclesia sancti Pauli de Aquasparta.

i La chiesa di S. Paolo di Acquasparta, identificata da mons. Fa-
loci-Pulignani (8), colla chiesa del miglio di S. Paolo, è già ricordata
in una bolla fel 1239 (4). Il suo patrimonio, sul finire del secolo XIII,
ascendeva a 390 libre e 10 soldi, ed era costituito da terreni situati 2»
contrata paludis, in trivio cazati, în contrata renaiu, in contrata cluse,

in contrata arengi, in contrata Treville, în contrata Aquesparte, în con-
trata Gualdi. La chiesa aveva anche una curtina ed una cella (5).

XVI. — Ecclesia sancti Jacobi de Villanova.

Anche questa chiesa è già ricordata nella sentenza del 1239 e da
l essa appare soggetta alla Canonica di S. Maria foris portam.

(1) ZXbra, fol. XIM t.
(2) Libra, fol. XIII
(3) M. FALOCI PULIGNANI, Le memorie dei SS. Apostoli Pietro e Paolo, ecc.,

Foligno, 1894, pag. 70.

(4) Biblioteca Jacobilli del-Seminario, Cod. B. VI 8, fol. (61.

(5) Libra, fol. XIII t.

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2-5.

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S. Giacomo di Villanova aveva un patrimonio di 175 libre e 6
soldi, il quale risultava di terreni posti im fovea venazaria, in Spina-
zoccu, in Treville, in Gualdu e del circuito, o curtina della chiesa

stessa (1).
XVII. — Heclesia sancti Petri de Mathocciis.

Benchè la chiesa di S. Pietro de Mathocciis sia già nominata nella
sentenza.del card. Capocci (1939), tuttavia pare che nel secolo XIII
essa non avesse ancora acquistato molta importanza, perché nel 1295
aveva un patrimonio di poche terre situate presso la chiesa,.e di una

vigna posta « iuxta flamineam » che ascendeva a. 171 libre e 8 soldi (2).
XVIII. — Ecclesia Sancti Egidii de Burronibus.

Ai Burroni esisteva, anche anticamente, piü d'una chiesa. Una
di queste s'intitolava a S. Egidio ed aveva il cospicuo patrimonio di
464 libre e 6 soldi, che risultava di terre poste in contrata Burroni o
de Burronibus, in contrata Bigage, im contrata. de sodoris o sodorem, in
contrata sancti Angeli de Sterpetis, in contrata lunteriù ed in contrata
septimilglini (3).

Ambedue le chiese dei Burroni, questa di S. Egidio e quella di
S. Bartolomeo, già ricordate nella sentenza del 1239, erano comprese
nella circoscrizione della Canonica di S. Maria foris portam.

XIX. — Ecclesia sancti Bartholomei de Burronibus.

LI

L'altra chiesa antica dei Burroni è quella di S. Bartolomeo. Que-
sta godeva un patrimonio di 273 libre e 14 soldi, e constava di terreni
posti “urta cortinam dicte ecclesie, in contrata dicte ecclesie, in contrata
passani, in aqua torta e contrata Aque torte, in palude, in sodoris ed in
campo maiori (4).

XX. — Ecclesia sancti Nicolay de Luginati.

" Una delle chiese di Luginate era dedicata a S. Nicolò: Essa avea
il cospicuo patrimonio di 606 libre e 15 soldi, formato da terreni posti

(1) Libra, fol. XV.

(2) Libra, fol. XV t.
(3) Libra, fol. XVI.
(4) Libra, fol. XVII.

T —À—

— MM

——————e. DELLE CHIESE DELLA CITTÀ E DIOCESI DI FOLIGNO, ECC. 187

in contrata Rusciti, juxta flumineam Rusciti, în vocabulo Canniti, in
contrata: aque sparte, in contrata de Luguiati, in villa sancti Christofori,
in villa de Luguiati, da un orto presso la chiesa e dalla curtina e cella
della chiesa stessa (1). Nella sentenza del 1239 essa è detta de Lon-

| gotati.
XXI. — HFcclesia sancti Antonii de Luguiati.

. S. Antonio de Luguiati era una chiesa posta nella villa omonima;
Du l'una e l'altra ricordate nella Libra. Essa aveva un patrimonio di 303
libre, risultante di un casale posto in vicinanza della chiesa, di terreni
posti în contrata sancti Antonii que dicitur prantalis, in contrata putei
maioris, ed în villa sancti Antonii colla curtina e cella delle chiese (2).

La villa di Luguiati o Longoiati va forse identificata con Leggiana.

E XXII. — Ecclesia sancti Laurentii de Spina.

La chiesa di S. Lorenzo de Spina, situata, come sembra, nelle
: vicinanze della città di Foligno, aveva un patrimonio di 272 libre e 10
| soldi, il quale constava di terre poste 2?» Marckyscellis, in. fossa mem-
brata, in burronibus, in sodoris, e della curtina della chiesa (3). Questa

^ è ricordata già nella sentenza del card. Capocci (1239) come soggetta
1 alla canonica di S. Maria foris portam.

XXIII. — Hoclesia sancti Angeli de Scaphalibus.

Una chiesa degli Scafali era intitolata a S. Angelo.
Essa aveva un patrimonio di 408 libre e 8 soldi. Questo risultava

di terre poste presso la chiesa colla relativa curtina e cella, e di altre

situate in villa custini, in villa scaphalium, in contrata putei magni, in
| contrata vie late, im contrata Renarti, in campo grande ed in fonta-
po mellis (4).

Forse la chiesa non era anteriore al secolo XI. È certo però che

} ‘essa appare già in una bolla di Onorio III (19 febbraio 1216) tra le
chiese soggette per qualche diritto all'abate di Sassovivo (5). Il qual

(1) Libra, fol. XVII t., XVIII.
(2) Libra, fol. XVIII t.

(3) Libra, fol. XIX.

(4) Libra, fol. XIX t.

(5) L. JACOBILLI, Cronica del monastero di Sassovivo, pag.

Bum puiX S rent 188 P. LUGANO

diritto ebbe origine dalla donazione di questa chiesa all'abate, fatta
nel marzo del 1120, da Capoccio di Girolamo, Scafale di Berardo, Pas-
saro di Tommaso, Riccardo di Bonfigliuolo, Ugolino, Mizzolo, Stefano,
Bonaventura, Simone e Dolce di Pietro, tutti della villa degli Sca-
fali (1).

Cionondimeno, nella sentenza del card. Capocci (1239) e nella Libra
essa è ricordata tra le chiese del Sexterium Episcopatus.

XXIV. — Ecclesia sancte Marie de Tenne.

S. Maria di Tenne, nella contrada omonima, aveva un patrimonio
di 585 libre e 10 soldi, risultante da terreni posti 2» contrata:de Tenne,
in contrata puzi faralli, in contrata de limite, in contrata de solglis, in
contrata de puteis ed in contrata custini (2). Nella sentenza del card.
Capocci (1239), ov'essa trova forse la sua più antica menzione, è ap-
pellata de Tennis.

XXV. — Ecclesia sancti Laurentii de Flamingnano.

La chiesa di S. Lorenzo di Flamignano o Flamingnano, vocabolo
originato senza dubbio dalla via Flaminia, aveva un patrimonio di 236
libre e 18 soldi. I suoi beni erano posti in flamingnamno, in via Tor-
reska, in contrata putei sicci o puzzi sicci o in puteo sicco, in maceis, in
canapinis ed in magretis (3).

È questa una delle chiese più antiche della diocesi folignate, e
quantunque, prima della fondazione dell’abbazia di Sassovivo, non se
n'abbia veruna memoria, si può ritenere ch'essa rimonti al di là del
secolo IX. Era situata sotto la villa di S. Stefano, sul tracciato del-
l'antica via Flaminia, dove un gruppo di case aveva nome Flamignano.
Le prime memorie di tale chiesa sono strettamente legate colla storia
dell'abbazia di Sassovivo. Però in una bolla di Onorio III, del 19 feb-
braio 1216, in favore di Sassovivo, essa porta il titolo di S. Pietro, ed
è annoverata tra le chiese di iuspatronato dell’abbazia (4). Il che po-

trebbe far pensare che nella località detta Flamignano, sorgessero due

chiese, l'una dedicata a S. Pietro e l'altra a S. Lorenzo. Due cose però

(1) L. JACOBILLI, Cronica cit., pag. 35. Egli riporta la notizia da un volume
dell’ Archivio di Sassovivo (Liber -, fol. 101).
(2) Libra, fol. XX.
(3) Libra, fol. XX t.
(4) L. JACOBILLI, Cronica del monastero di Sassovivo, pag. 310.
Lidia imei

DELLE CHIESE DELLA CITTÀ E DIOCESI DI FOLIGNO, ECC. 189

sembran certe: che nella sentenza del card. Capocci (1239) e nella Z;-
bra, l’unica chiesa di Flamignano porta il titolo di S. Lorenzo e non
di S. Pietro, e che, all'infuori della sentenza e della Libra, nessun
altro documento ricorda la chiesa di S. Lorenzo, mentre di quella di
S. Pietro, ehe era probabilmente la chiesa parrocchiale di Flamignano
si sa che venne trasferita, nel secolo XV, col titolo e con la cura, nel
vicino castello di S. Eraclio. Di questa si ha sempre memoria in tutti i
rieorsi che ebbero luogo per la lunga controversia tra i parroci di
S. Eraclio e i monaci di S. Maria in Campis (1).

XXVI. — Ecclesia sancte Marie de Phylecto.

La chiesa, colla relativa curtina, di S. Maria di Filetto, nella con-
trada omonima, aveva un patrimonio di 124 libre, che risultava di ter-
reni posti in Grume, in contrata vie stricte ed in contrata Phylecti (2).

Di questo luogo detto Jetto, corrispondente all’ attuale Fiam-
menga o Fiamegna, così scrive Lodovico Jacobilli ne’ suoi Az nal: « Li
spoletini e spellani con li loro seguaci vengono [nel 1200] a dannificare
il territorio di Foligno, ponendo il campo a Filetto: ed in questa con-
fusione di notte vengono in aiuto de' Folignati alcuni nobili della Marea
ed in particolare li conti di S. Angelo in Pontano, della diocesi di
Fermo, figli di Gerardo del conte di Vignole di Foligno, per nome Bon-
conte, Offredo, Napoleone, e Gerardo II; per il che li Folignati, posto
all'ordine un esercito, vanno contro li Spoletini sotto la guida di mes-
ser Berardo da Todi, podestà di questa città di Foligno, e fanno un
gran danno nel loro territorio, come fecero anche li Spoletini nel Fo-
lignato. Per cui, a contemplazione d'amici, sono le loro differenze com-
promesse nelli eonsoli di Perugia, li quali erano Buoninsegna degli
Abbati, Raimondo Ranieri, Capitone Beceari ed altri, li quali stabili-
rono nel principio del futuro anno 1201, che li consoli di Spoleto e di
Foligno, per le loro università e città, facessero un borgo di case, in-
torno la detta villa di Filetto, e che in quello li Spoletini ponessero ad
abitare cinquanta famiglie del distretto loro o di Spello, ed altrettante
promisero li Folignati del loro territorio, o che li consoli di Foligno
concedessero la metà d'un canale d’argento del fiume Topino, acciò si
potesse condurre a detto borgo, e che quelli ch'erano stati in favor dei

(1) Veggasi la storia della controversia nei volumi della Cancelleria vescovile
di Foligno (Lettere di Congregazioni) e negli estratti che si consevano nell’ Archi-
vio parrocchiale di Sant’ Eraclio (Materie diverse).
(2) Libra, fol. XXI.

arnie eten

e I REP CERE .Spoletini e de’ Spellani dovessero pagare, ogn'anno, nella festa di

‘sero, sotto pena di mille marche d'argento. Fu il laudo accettato dalle

190 P. LUGANO

san Feliciano, alla città di Foligno, una torcia di cera bianca di quat-
tro libre, e che tra essi si rimettesser tutte l'ingiurie e danni patiti per
le discordie ch'erano fra di loro, e che per l'avvenire non s'offendes-

parti, e ne fu stipolato publico istrumento a di 1. di luglio 1201, per
per mano di Giacobino, notaro di Perugia. Questo borgo di case si
tiene siano quelle abitazioni appresso la detta. villa di Filetto, che per
star contigue alla strada Flaminia, tutta la villa di Filetto e l’altre ag-
giunte si chiamano sotto un titolo della villa Flaminia, e volgarmente
chiamata la Fiamegna, e la chiesa vicina si denomina la Madonna della
Fiamegna, nella quale in tutte le Domeniche del mese di maggio, è
tradizione inveterata che vi sieno indulgenze amplissime, e però la
maggior parte del popolo di Foligno in queste Domeniche, sino al pre-
sente, va a visitarla » (1).

XXVII. — Ecclesia sancti Christofori de Luguiati.

A Luguiati era anche una chiesa intitolata a S. Cristoforo. Essa,
colla relativa curtina, aveva un patrimonio. di 226 libre, il quale con-
stava di terreni situati 2» contrata barchi, im puteo maiori ed in fovea

x
4

barchi (2). E ricordata eziandio nella sentenza del card. Capocci (1239). /
XXVIII. — Ecclesia sancti Pauli de Scaphalibus.

Forse la chiesa più antica degli Scafali era questa intitolata a
S. Paolo: essa era certamente anteriore a quella di S. Angelo, già ri-

cordata nel 1216 (3). Il suo patrimonio ascendeva a 265 libre e 7 soldi,
e constava di terre situate presso la chiesa, dov'era anche la curtina,
in contrata Arvolte, in curtis, în contrata berteske, in contrata vie late,
în campogrande ed in contrata iectati (4). Nella sentenza del 1939, an-
che questa chiesa degli Scafali è posta sotto la giurisdizione della ca-
nonica di S. Maria foris portam.

(1) L. JACOBILLI, Annali, ad an. 1200; cfr. La cronaca di Bonaventura di Ben-
venuto in Archivio Stor. per le Marche e per V Umbria, vol. II, 1855, pag. 324 ; DORIO,
Historia della famiglia Trinci, pag. 141; A. SANSI, Storia, del Comune di Spoleto, Fo-
ligno, 1879, parte I, pag. 33.

(2) Libra, fol. XXI t.

(3) L. JACOBILLI, Cronica del monastero di Sassovivo, pag. 309.

(4) Libra, fol. XXII. |
DELLE CHIESE DELLA CITTÀ E DIOCESI DI FOLIGNO, ECC. 191
XXIX. — Ecclesia sancti Stephany de Ramponisckys.

| La chiesa di S. Stefano de’ Ramponeschi avea l’ esiguo patrimonio
di 63 libre, che risultava di pochi terreni posti ne’ dintorni della chiesa
stessa, compresa la curtina (1). Nella sentenza del 1239, essa è detta

de Rampionescka.
XXX. — Ecclesia sancti Martini de Passano.

S. Martino di Passano, nella contrada omonima, godeva un pa-
monio di 405 libre. I suoi beni erano tutti situati presso la chiesa ed
« în passano » (2). Questa villa è chiamata ora Pasciana. La sua chiesa
è ricordata forse la prima volta nella sentenza del 1239.

XXXI. — Ecclesia sancti Blasii de Baculinis.

Il patrimonio, colla curtina e cella di S. Biagio de Baculinis, ascen-
deva a 217 libre e 4 soldi,.e constava di terre poste 2m aqua torta, n
sodara, în via fulingnata, im petralva, in contrata sancti angeli de ster-
petis ed in curtina sancti Blasi? (3). La chiesa e l’ appellativo de Bacu-
linis si trovano già nella sentenza del card. Capocci (1239).

XXXII. — Ecclesia sancti Savini de Valle.

S. Savino de valle avea un patrimonio che ascendeva a 348 libre
e 10 soldi, e che risultava di terreni posti în valle, in contrata vie blance,
in pulvisiano, in palude vallis, in contrata insule filiorum Leonardi, in
motmonzone, ed in collevivoli (4). La chiesa e già rammentata nella sen-

tenza del card. Capocci (1239).

XXXIII. — Ecclesia sancti Salvatoris de Uppello.

‘ Una delle chiese di Uppello era intitotata al Salvatore. Il suo pa-

trimonio ascendeva ad 83 libre ed era formato da terreni posti 2n bul-
"ignano, in valle monasterii, în magrano e da due piante d'olivo poste

(1) Libra, fol. XXII t.
(2) Libra, fol. XXIII.
(3) Libra, fol. XXIII t.
(4) Libra, fol. XXIII.

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in terra comitis de Uppello (1). Anche questa chiesa si trova già nel-
l'elenco della sentenza del 1239.

XXXIV. — Heclesia sancte Marie da Campugrassi.

Forse la sua memoria piü antica si ha nella sentenza del eardi-
nale Capocci (1239).

Essa aveva un patrimonio ascendente a 456 libre e 6 soldi. I suoi
beni consistevano in terre, la maggior parte coltivate a vite, poste 27
magretis, in turri, in sazoki, in via torreska, in pastinis, în asio turris
ed in econtrata sancti Johannis Treiubovi (2).

XXXV. — Ecclesia sancti Stephany de villa Turris.

Delle due chiese esistenti a villa di Turri, una s'intitolava a S. Ste-
fano. Avea un patrimonio di 315 libre e 16 soldi, che constava di terre
e vigne poste 2» ortalibus turris, in contrata Henaccii, in magretis, in
puzzo sicco, în via alba, in campo lungo, di qualehe oliveto e della cur-
tina della chiesa (3). Anche questa chiesa, con quella di S. Silvestro
della medesima villa, è già ricordata nella sentenza del card. Capocci
(1239).

XXXVI. — Ecclesia sancti Silvestri de villa Turris.

La chiesa di S. Silvestro de Turri, o de villa Turris (4), avea un
patrimonio che ascendeva a 603 libre e 7 soldi. I suoi beni eran situati
in contrata dicte ville, in scandurario, in villa turris, in magretis, in

contrata bovani, in maceis, in casura, inter vias juxta furcas Bovani ed
in montoronibus (5).

XXXVII. — Ecclesia sancti Andree de Casale.

La Chiesa di S. Andrea di Casale, fin dal principio del secolo XIII,

appare unitamente alla sua cura, come dipendente dall'abate di Sasso-

(1) Libra, fol. XXIII t.

(2) Libra, fol. XXV-XXXI.

(3) Libra, fol. XXVI t.

(4) Il primo titolo è quello dell'indice premesso alla Lébra Seaterti episcopatus >
il secondo, quello del corpo.
(5) Libra, fol. XXVII,

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Re

DALLE CHIESE DELLA CITTÀ E DIOCESI DI FOLIGNO, ECC. 198

vivo (1). Il suo patrimonio ascendeva a 106 libre e 6 soldi, e constava
di terre poste 2» casalenis, in molmentis, in casale, in Castro casale, in
sepe collis, in forcatura e super lacum (2).

Quantunque dipendente dall'abate di Sassovivo, nella sentenza
del 1239, questa chiesa è tra quelle del sexterium Episcopatus, come

‘ancora risulta nella Libra del 1295.

XXXVIII. — Ecclesia sancti Johannis de franca.

Di questa chiesa si sa che avea un patrimonio di 52 libre e 17
soldi, risultante da terre poste in contrata crucis de franca, in capite
vallis pisenti, in villa de franca, in plano leti, in plano pesenti, in con-
trata vulturis de colle ed in contrata sistini in vallecornu (3). Nella men-
zione che si ha di questa chiesa nell'elenco della sentenza del 1239,

essa è detta erroneamente de stanca.
XXXIX. — Ecclesia sante Christine.

Dal cospicuo patrimonio di questa chiesa è lecito argomentare della
sua importanza ed antichità. Infatti, essa è già ricordata nella Bolla
di Innocenzo II (1138) tra le chiese confermate al vescovo di Foligno,
Benedetto (4). Il suo patrimonio, sul fine del secolo XIII, ascendeva a
1945 libre e 7 soldi, e constava di terreni posti « în stazamo », « staz-
zano », in contrada fovee huminis mortui », « in vingnale », « în aqua-
viva », « in Guadotto », « în Contrata Sancte Christine », « în cupa »,
e in casalenis », in contrata sac », « in contrata canalium. », « in clu-

sis », im contrata de fontanellis », « in lamis » , in contrata de provalis »,

« in monte celli », « im valle laci », « in valle mosole », « mosiole »,
« în lavacellis », « in eontrata vallonice », « in valle oppi », « in luni-
cis », « in valle nucis », « în Boctaciis », « in vocabulo de Nucikys »,
« in noctaciis », « in Rancora », « în curtina podii », « im bissinati »,
« în cerretis », « in cuzia sancte Christine », « in plagiis sante Chri-

stine », « in castello veteri », « in plano sancte Christine », « in meza-

nello », davanti e intorno alla chiesa stessa (5).

(1) Cfr. L. JACOBILLI, Cronica del monastero di Sassovivo, pag. 10.
(2) Libra, fol. XXVIII.

(3) Libra, fol. XXVIII t.

(4) CAPPELLETTI, Le chiese d? Italia, vol. IV, pag. 408.

(5) Libra, fol. XXIX-XX XI.

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P. LUGANO

Secondo il testo della sentenza del card. Capocci (1239), la chiesa
di S. Cristina avea sotto di sè le cappelle di S. Silvestro e di S. Lo-
renzo di Stazzano e quella di S. Donato de Insula.

XL. — Ecclesia sancti Silvestri de Stazzano.

A Stazzano erano due chiese: una delle quali dedicata a S. Sil-
vestro. Questa avea un patrimonio di 164 libre e 5 soldi in terreni posti
« in curia stazzani », « in podio Amadoris Rainaldi de Nucerio », « n
serrone de fontanellis », « in vallis Oppi », « in boctariis dc Morecenis »,
« in morecenis », « in contrata de cerisola » ed « în contrata calcine » (1).

XLI. — Heclesie sancti Laurentii de Stazzano.

La chiesa di S. Lorenzo di Stazzano, forse perchè edificata da
poco tempo, non avea che l’esiguo patrimonio di 42 libre in due pezzi
di terra posti « în stazzano » (2).

Si questa chiesa di S. Lorenzo, che quella di S. Silvestro, sono
già ricordate nella sentenza del 1939; né queste erano le sole chiese
di quella villa, poiché nella medesima sentenza, tra le chiese dipen-
denti dalla canonica di S. Paterniano di Collebucino, si trova un'altra
chiesa, senza titolo, de stanzano.

XLII. — Ecclesie sancti Donati de Ynsula.

S. Donato all' Isola risale a qualche secolo prima del 1295. Il suo
patrimonio ascendeva, sul finire del secolo XIII, a 118 libre e 4 soldi.
Era composto di terreni situati « m colle asino de Insula », « N gmn-
sula », « in Molgla », « în peretis », « infra formas jnsule », » in
plano sancti Petri de Serra », ed « în podio Bovazani » (3). Dell esi- .
stenza di questa chiesa prima del 1995 si ha una prova evidente nella
sentenza del card. Capocci (1239), dove appare tra le chiese dipendenti

-da S. Cristina.

XLIII. — Ecclesia sancti Blasii de Salvino.

Nel castello di Salvino esisteva una chiesa intitolata a S. Biagio.

Sul finire del secolo XIII, essa avea 1751 libra e 30 denari di patrimo-

(1) Libra, fol. XXXI t.
(2) Libra, fol. XXXII.
(3) Libra, fol. XXXII t. XXXIII.
iem

==

DELLE CHIESE: DELLA CITTÀ E DIOCESI DI FOLIGNO, ECC. 195

nio, risultante da una quantità di terreni, in gran parte incolti, o messi

a bosco. Questi eran posti « în barrasia », « in plano barrasie », « in
barrasie in stirpitu », « in cesa longa », « in capudacqua »; « în con-
trata orcli », « in fagettis », « in valle vallorki », « in plano Tesine »,
juata ipsam. ecclesiam, in monte et plano Salvini », « in plano montis
lavacelli », « in monte lavacelli », « in montorone », « in saxo vallium »,
« a valle franconi », in valcostanti », « in ponpegnaia », « in campo la-
donioni », « im vingnale », « in montaronis barrasie », « a cerqua del-
laia »,.« in colle veteri», « in colle buski », « in valleneza »,.« in lisi-
lis », « in loppo vallisfranconi », « plagie vallis neccie », « în carpene-
lis » ed « în (Genistrito » (1). à :

Nella Bolla di Innocenzo II (1138) si ha un monasterium de Sal-
vini, e nella sentenza del 1239, notiamo la canonica -Satvini: sì l uno
che l'altra corrispondono a questo luogo. Di qui è facile spiegare la
cospicuità del patrimonio.

XLIV. — Ecclesia sancti Petri... de barrasia.

La chiesa di S. Pietro de barrasia, esistente nella località omoni-
ma, allora di poca importanza, avea un patrimonio di terre poste «m
barrasia » e «in monte Salvini », che rendevano 51 libra (2). Era questa
una semplice Cappella sotto la canonica di S. Biagio de’ Salvini. La
villa è detta ora Barrascia di Sustino.

XLV. — Ecclesia sancte Marie plebis F'enonice.

« Risalendo il corso del Fiume Topino, dopo parecchi chilometri
di strada montuosa, si entra in quella parte del territorio di Foligno,
che si chiama la Valtopina. Ivi in posizione solitaria, sorge una chiesa
antichissima che si chiama la chiesa della Pieve Fanonica, ma che do-
vrebbe meglio chiamarsi la Pieve Favonica, perchè ivi abitò una di-
strutta popolazione che Plinio ricordò, quando, descrivendo l’ Umbria e

parlando della città di Nocera, che è prossima alla Pieve, chiamò i No-

cerini col duplice nome di Nucerini Camellarii, e Nucerini Favonienses.
Ora,i Nucerini Favonenses, e la Pieve Fanonica, data la vicinanza dei
luoghi, sono, a parer nostro una cosa sola, e fanno conchiudere che la

(1) Libra, fol. XXXIII t., XXXV t.
(2) Libra, fol. XXXVI.

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Pieve Fanonica debba chiamarsi rettamente col nome di Pieve Favo-
nica (1).

Essa è situata in vicinanza del tracciato dell'antica via Flaminia,
e fu costrutta con grandi blocchi di edifizi romani, sulla riva del Fiu-
me Topino (2). Innocenzo II, nella sua bolla del 1138, tra le pievi con-
fermate al vescovo di Foligno, enumera già la plebem. S. Mariae de fel-
lonica cum possessionibus et ecclesiis (3). E dal cospicuo patrimonio di
3833 libre e 14 soldi, ch'essa godeva sul finire del secolo XIII, si può
asserire senza tema d'andar errati, che la Pieve Favonica è una delle
più antiche chiese di tutto il territorio folignate.

Questo patrimonio risultava principalmente di beni immobili, di
terreni colti ed incolti. Essi eran posti « în oliveto », « în petaccio »
« in carpinetis », « juxta pastina posita a pede ville monasterii », « in
podio rotangnani », « în pasiana fulgin. », « in contrata musulei »
« in pasiana ubi dicitur prantu », « in pasano », « în senaldesca »,
« n valvinera », « in Tyiano », « in castangna » ed « în contrata ca-
stangne », « in villa capralia » ed « in capralica », « in molglis », « in
castanea », « în capudacqua », « în villa aqui », « în pede petaccii »,
« in campo Rizutu », « în contrata ville monasterii », « in Cornello »;
« prope dictam ecclesiam supra stratam, antiquam », « in territorio
Spelli », « în contrata de senaldessca », « in colle benedicturo », «in pe-
peria », « in contrata collis bucini », « in lenza » ed « în contrata or-
cli ». Godeva pure i mulini presso la chiesa. Avea anche l’entrata di
4 libre « servitiorum, que recipit dicta plebs annuatim ab eius cappel-
lis » (4).

XLVI. — Ecclesia sancti Angeli de Castanea.

Nella località detta « im castanea », « în castangna » ed « in con-
trata Castangne », v'avea pure una chiesa intitolata a S. Angelo.

Il suo patrimonio ascendeva a 557 libre, 17 soldi e 6 denari, ed i
suoi terreni erano situati » im villa Castanee », « in. contrata pasani
sew plano podii », « în villa pasani », « a fonte baruccii », « în. sodo-
ris », « în ventusura », « in Rancoris », « in sentino », «in bacerano a,

(1) M. FALOCI PULIGNANI, Le Memorie dei SS. Apostoli Pietro e Paolo, ecc., 1894
pag. 77.

(2) Le iscrizioni romane qui rinvenute si hanno anche nel BORMANN, Corpus
Inscript. Latinarum, vol. XI, n. 5231, 5238.

(3) G. CAPPELLETTI, Le chiese d’ Italia, vol. IV, pag. 408.
(4) Libra, fol. XXXVI t., XXXIX t. i

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——— 07

DELLE CHIESE DELLA CITTÀ E DIOCESI DI FOLIGNO, ECC. 191

« in contrata ripe blance », « in capralica » ed « în contrata Tryiami » (A).
Come si rileva dalla sentenza del card. Capocci (1239), questa chiesa
era una semplice cappella (cappella Sancti Angeli de Castaneis), sotto

la Pieve Favonica.
‘XLVII. — Ecclesia sante Crucis de Capralica.

A Capralica, ora Capranica, esisteva un tempo la chiesa di S. Cro-
ce, già ricordata nella sentenza del card. Capocei (1239). Il suo patri-
monio ascendeva a 142 libre, 12 soldi e 6 denari, e risultava di terreni,
tutti situati « im capralica », all'infuori di uno, chera posto « in con-
trata castanee » e d'un altro, posto « in lanna » (2).

Ora alla chiesa di S. Croce é succeduta quella di S. Andrea Apo-

stolo, che è filiale della parrocchia di Passano.
XLVIII. — Ecclesia sancti Johannis de Valvinera.

Anche nella località detta « Valvinera », sorgeva. una chiesuola
intitolata a S. Giovanni. Avea un patrimonio di 191 libre, 7 soldi e 8
denari, formato da un terreno posto « in capralice contrata » e da va-
rie terre, colte, incolte ed a bosco, che erano intorno alla chiesa e con-
finavano col Tronto, col fossato « extra RHokectam, versus Capralicam »,
e col torrentello Vaiano (8). Se n’ ha la prima menzione nella sentenza

del card. Capocci (1239).
XLIX. — Ecclesia sancti Silvestri de Pasano.

L'unica chiesa di Pasano, detta anche « de Pefaccio » 0 « de Pe-
tazzio », era intitolata a S. Silvestro. I suoi beni erano situati nella
località omonima « in pasano » ed « 2m petaccio », « in monte a fonte
francucii » ed « im Tyiano », e formavano un patrimonio di 105 libre
e 10 soldi (4). Ora la chiesa parrocchiale di Pasano è dedicata a S. Mi-
chele Arcangelo.

L. — Ecclesia sancti Angeli de ponte centisimi.

Al Ponte Centesimo, dove si veggono le reliquie d'un ponte ro-
mano, così chiamato probabilmente dal compiersi in questo luogo la

(1) Libra, fol. XL-XLI t.
(2) Libra, fol. XLII-KLH b.
(3) Libra, fol. XLIII.

(4) Libra, fol. XLII i.

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FRITTO Me vL

ORESTE
198 P P. LUGANO

distanza di cento miglia da: Roma, era, anticamente una chiesa, inti-
tolata a S. Angelo, in luogo forse dell’ attuale dedicata a S. Giuseppe
e filiale della Pieve Favonica. Con alcuni terreni ch'erano intorno alla
chiesa, presso il Topino, e « in contrata que dicitur Cese » le fu costi-
tuito un patrimonio di 120 libre e 6 soldi (1).

Nella sentenza del card. Capocci (1239) questa chiesa è detta Cap-
pella de centesima.

LI. — Ecclesia sancti Xisti de Gallano.

La chiesa di S. Sisto di Gallano, unica delle tante chiese esistenti
in quel luogo nel secolo XIII, avea un patrimonio di 77 libre, in ter-
reni posti « 2$ Gallano » ed « in Rigo Marmo » (2). Per una confer-
ma di Alessandro III (22 dic. 1172), questa chiesa fu assoggettata al
monastero di S. Stefano di Gallano (3). Essa tuttavia, nella. Libra del
1295, è collocata tra quelle del sexferium. Episcopatus. Un'altra chiesa
intitolata a S. Sisto e soggetta al monastero di Gallano, seppure non
si tratta di una chiesa sola, appare nella Libra Universitatis.

LII. — Ecclesia sancti Cristofori de Cerqua.

La parrocchia, detta ora Valtopina, era anticamente denominata
« cerqua »; dalla località ove sorgeva la sua chiesa intitolata a S. Cri-
stoforo. Avea un patrimonio che ascendeva a 153 libre e 11 soldi e
che risultava di terreni posti « în contrata lanni, inxta fossatum. lanni » ;
« in contrata capralice », « în contrata Rotunduri » ed « in vocabulo
serre » (4). Se n'ha menzione anche nella sentenza del card. Capocci
(1239).

LIII. — Ecclesia sancti Christofori de Sentino.

Nella villa di Sentino era anticamente la chiesa di S. Cristoforo,
la quale avea un patrimonio di 168 libre e 14 soldi, in terreni posti .
nella villa omonima e nella « contrata Rancurie » (5). La prima e più
antica menzione di questa chiesa, compresa nella circoscrizione della
Pieve Favonica, è forse quella della sentenza del card. Capocci (1239).

(1) Libra, fol. XLIIII.
(2) Libra, fol. LVIIII t.
(3) L. JACOBILLI, Cronaca del monastero di Sassovivo, pag. 238.
(4) Libra, fol. XLV.

(5) Libra, fol. XLVI-XVII.
peas

ROREM

LIV. — Ecclesia sancti Johannis de Jove.

A Giove, titolo che fu dato ad un tratto del monte e della valle

‘bagnata dal. Topino, esisteva un'antiea chiesa sotto il vocabolo di

S. Giovanni. Il suo patrimonio ascendeva a 91 libra, soldi 2 e 6 denari,.
e constava di terre poste « im valle jovis », «in monte jovis », « in ma-
culis », « în fontanellis » ed « a sancto Andrea » (1). Appare già an-
che nella sentenza del 1239.

LV. — Ecclesia ..... de ponte Giliuzzi.

Della chiesa esistente al ponte Giliuzzi si ha menzione nell'elenco
delle chiese della Libra sexteriî Episcopatus, premesso. al testo; ma poi
fu omessa, se pure non si debba argomentare ch’essa venisse descritta
al fol. XLII del codice, che fu reciso. Nell’ indice suddetto è posta fra
la chiesa di S. Giovanni di Valvinera e quella di S. Silvestro di Pa-
sano. Però la prima menzione di questa chiesa è quella del 1239, che
si ha nella sentenza del card. Capocci, ove è detta Cappella de ponte
Gelutii. Stava sotto la Pieve Favonica.

(1) Libra, fol. XLVI t.

DELLE CHIESE DELLA CITTÀ E DIOCESI DI FOLIGNO, ECC. 199.

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LUGANO

PARTE SECONDA

LE GHIESE DELLA " LIBRA SEXTERII CANONIGE ,,

(CHIESE e V)

I. — Ecclesia beati Feliciani de F'ulgin.

E questa la chiesa cattedrale della città di Foligno. La scarsità
dei documenti ci vieta di dilungarci, come vorremmo e secondo il me-
rito, sulla primitiva storia di questa chiesa. Tuttavia notiamo che verso
la metà del secolo XI, essa dovrebbe esser ricordata in documenti del
vescovo Enrico, eletto intorno al 1047, per alcune donazioni ch'egli le
avrebbe fatto e che poscia furon confermate da Innocenzo III, colle
seguenti parole: « Omnes pensiones et bona, quae vobis donavit re-
colendae memoriae Henricus Fulginensis episcopus confirmamus » (1).

Essendo poi la chiesa dedicata a. S. Feliciano, che è il titolo del
vescovo di Foligno, avviene che nei primi documenti, essa sia ram-
mentata col nome del santo. Cosi nella donazione fatta dal vescovo
Bonfiglio il 3 novembre 1078 al capitolo canonicale di Foligno, egli, il
vescovo, è detto Mulginensis Ecclesiae episcopus : la quale ecclesia Pul-
ginensis è, senza dubbio, quella di S. Feliciano (2). In questo stesso do-
cumento é rammentato il Castrum ejusdem. ecclesiae.

Più tardi, il vescovo Marco eletto nel 1193, pose mano alla fac-
ciata principale della chiesa di S. Feliciano, e ne fece incidere la me-

(1) CAPPELLETTI, Le Chiese d’ Italia, vol. IV, pag. 402.
(2) CAPPELLETTI, Op. cit., vol. IV, pagg. 403, 405.
T

DELLE CHIESE DELLA CITTÀ E DIOCESI DI FOLIGNO, ECC. 201

TE RITA

E
SE

moria in una lunga iscrizione in versi latini, posta nella superfieie
della facciata stessa, che suona cosi:

ANNO MILLENO CENTENO TER MONO DENO

HEC DOMVS ALMA PATRIS CVM SANCTO FLAMINE NATI

TEMPESTATE FAMIS NIMIE CEPIT RENOVARI

A DOMINO FACTO CALIXTO PRESVLE MARCO

EXTITIT VIR MAGNVS LOTHOMVS ACTO CHOMARCVS

QVOS XPISTVS SALVET BENEDICAT ADIVVET AMEN (1). i

L'iscrizione, abbastanza barbara, è così spiegata e commentata da
mons. Faloci Pulignani: « Quell' anno era un anno di carestia, era
papa Callisto, era vescovo di Foligno Marco, era capo dei Consoli, o
altrimenti, il più importante magistrato della città un Vir magnus, che
si chiamò Lothomus, ed eravi un Acto, che è detto Comarchus, cioè,
secondo il Ducange, capo di Conti o di Baroni. Altri crede che l’Acto
sia nome dell’architetto, ma poichè Innocenzo III nel 1138 ricorda fra
i benefattori di questa chiesa un Acto Comes, filius Luponis (2), non è |
audace fare dell'Acto Comarchus della iscrizione e dell’ Acto Comes del |
documento una sola ed identica persona. |

e Resta la data, che nella pietra è indicata dalla forma: Anno It
milleno centeno ter mono deno, e che non dà elementi chiarissimi per |
essere decifrata.

« Ricordiamo quei quattro nomi, un Dominus Calixtus, un Prae-
sul Marcus, un Vir magnus Lothomus, e un Comarchus Acto. Poichè
Praesul vuol dire vescovo, è manifesto che il nome che lo precede è
quello del Papa di nome Calisto. Poiché Acto comarchus non può es-
sere che l'Acto Comes ricordato nel 1138, e poichè di Papi chiamati
Calisto, nel medio evo non vi fu che Callisto II, il quale governò dal
1119 al 1124, conviene trovare la data del monumento fra queste due
date. Siccome però il milleno centeno ter nono deno, vuol dire 1133, e
in quell’anno papa Calisto era morto, così l'iscrizione dovrebbe indi-
care due cose: cioè, l'anno in cui fu incominciata la Domus, cioè dopo
l'elezione del Papa, facto Calixto, il che accadde nel 1119, e l'anno in du "
cui fu posta l'iscrizione o compiuta la facciata, cioè nel 1133 » (3).

(1) È pubblicata anche dal CAPPELLETTI, Op. cit., vol. IV, pag. 407: ma con qual-
che inesattezza. Meglio di lui la pubblicò il prof. A. RossI (Memorie sulla cattedrale
di Foligno in Giornale di erudizione artistica di Perugia, vol. VI, 1877, pag. 337).

(2) CAPPELLETTI, Op. cit., vol. IV, pag. 409.

(3) M. FALOCI PULIGNANI, nel periodico Decimo settimo centenario di S. Felicia- HI
no, n. 4, 24 aprile 1902, Foligno, F. Salvati, pag. 26.

14

Er OTO: METER A 203 : P. LUGANO

Piü di mezzo secolo corre dalla data della facciata principale di.

S. Feliciano a quella della facciata minore. Questa non fu costruita
che nel 1201, come si legge nella iscrizione, al sommo dell' arco del
magnifico portale, fra alcuni segni astronomici, così disposta :

ANNO SIDA : SOL
DNI LVNA - MO
M: STRAT
CCI SVA
M - IV TPA
NII PVRA

La quale iscrizione (Anno Domini MCCI, mense Junii . Sidera
Sol . Luna . monstrant sua tempora pura) collega coll' altra, in cui ci
è tramandato il nome del vescovo che pose mano al lavoro, la quale.
suona cosi:

ELMVS FVLGINENSIS ET NUCER . ECCLESIE EPS
HOC OPVS FIERI FECIT (1).

Per opera quindi di Anselmo, vescovo di Foligno e di Nocera, la
chiesa di S. Feliciano veniva decorata d'una seconda facciata. E que-
sta doveva certamente chiudere la serie di lavori, iniziata dal vescovo
Marco, intorno alla nostra chiesa, che veniva, per tali opere, ad assu-

mere un aspetto, al tutto nuovo, severo e grandioso, come l’ indole

dei tempi e la pietà de' committenti, richiedevano.

Peró l'interno delta chiesa doveva esser già compiuto molti anni
prima, poiché il 10 marzo del 1146 il card. Giulio del titolo di S. Mar-
cello, legato apostolieo nell' Italia, dopo avervi tenuto concilio, la con-
sacrava, ponendo negli altari le reliquie di S. Feliciano, di S. Floren-
zio e di S. Giovanni Battista. Della cerimonia solennissima e del con-
corso straordinario che vi presero i vescovi limitrofi 6 ricordo imperi-
turo in un atto dello stesso Cardinale, dato in Foligno e scritto dal
notaio Ranerio (2).

Sul finire del secolo XIII la chiesa di S. Feliciano avea il cospi-
cuo patrimonio di 34422 libre, 3 soldi e 6 denari, il quale constava ex

(1) Cfr. M. FALOCI PULIGNANI, Una pagina di Arte Umbra (Nozze Trabalza
Rosa), Foligno, Salvati, 1903, pag. 14. — A. Rossi in Giornale di erudizione artistica
di Perugia, vol. VI, 1877, pag. 338.

(2) Pubblicato dal CAPPELLETTI, Le chiese. d? Italia, vol. IV, pag. 410-412,

Hei
DELLE CHIESE DELLA CITTÀ E DIOCESI DI FOLIGNO, ECC. 203

redditibus ecclesiarum. quas annuatim potest percipere (13 libre), di 250
libre denariorum quas dicta ecclesia annuatim potest percipere ex scriptis

ipsius, di sei botteghe — apothece Canonice posite juxta ecclesiam. beati
feliciani in strata sancti Jacobi ab aqua, di altre dieci botteghe — apo-

thece palatii Canonice posite im platea veteris Comunis Fulgin., di vigne
poste « im campo maiori », « juxta ecclesiam. sancti abundii », « prope
Fulgineum in rectitudine sancti Claudii in contrata Grangnani », « in
macretis », e di terreni situati « 2» carpello », « in filecto sive in campo
abbatisse », « în Capernaco et socina », « in sterpetis et cozano », « în
passano », « a sancto Laurentio », « ante ecclesiam sancte Marie de
Tenne », « in Grangnano », « in flaminea supra viam », « in contrata
vallis », « a sancto Constantio et prope: turrim stancam », « in abbatia,
juxrta flumen Topini », « in butino », « a mankysellis », « a. sancto
Martino », « in ovellano », « in Carellis », « in Vingnalibus », « in Ca-
naviole », « in bissina Raconum », « in botenecte », « in vaccaria » ed
« in bissinali » (1).

A completare le notizie sulla chiesa di S. Feliciano, non sarà fuori
di luogo aggiungere le disposizioni di un atto capitolare del 1293, l’unice
forse di quei tempi, giunto fino a noi.

H4 IN NOMINE DOMINI . AMEN. — Bone rei dare consilium et pre-
sentis vite habetur subsidium et eterne remunerationis premium merito
expectatur. Ac ecclesiarum vulvaribus tune vite consulitur cum nu-
merus personarum Domino famulantium in eisdem juxta ipsarum insti-
tuuntur facultates. Nos [ergo?] Iohannes prior, Thomas archidiaconus,
Mattheus, Andreas, Corradus, Gerardus, Bartholus, Nicolaus, Allevus,
Rannus, Naldus et Fulignus canonici ecclesie fulginatis, more solito
ad capitulum congregati, ad ea per que status eiusdem fulginatis ec-
eclesie reformatur, nostros prout decet oculos erigentes, deliberatione
insimul prehabita diligenti, et attendentes quod facultates diete nostre

ecclesie fulginatis sunt adeo tenues et exiles quod vix duodenarius ca-

nonicorum numerus, computato priore, potest ex eis secundum honori-
ficentiam et decorem eiusdem ecclesie commode substentari, ac volentes
eidem ecclesie ne ipsam ultra suarum exigentiam facultatum institu-
tione seu receptione canonicorum ac prebendariorum seu stipendiario
rum propter importunitatem petentium gravari contingat. Et ne ipsius

(1) Libra, fol. XLVIII-XLVIIII t.

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104 P. LUGANO

eeclesie status debitus et antiquus per alicuius astutiam vel insolen-
tiam subvertatur, de oportune provisionis remedio providere duodena-
rium canonicorum numerum, me computato priore, et qui pro tempore
fuerit actenus et antiquitus in eadem ecelesia statutum et observatum
ac duorum prebendariorum seu stipendiarorum numerum tantum, qui
prebendarii sint et esse debeant sacerdotes, presenti seripto, delibera-
tione provida, unanimiter et concorditer duximus renovandum, statuen-
dum et faciendum, et statuimus inibi perpetüis temporibus inviolabiliter
observandum, ita quod ipsa ecclesia huiusmodi numero de cetero sit
contenta, nisi post statutum huiusmodi adeo eius excreverint faculta-
tes, quod merito illum exigant augmentari. Promittentes ac decernen-
tes expresse nos inviolabiliter observare, nullum deinceps in dicta ec-
lesia, quousque nostrum collegium redactum fuerit ad numerum pre-
taxatum, et post ultra ipsum numerum in canonicum seu prebenda-
rium recipere, ammittere, seu quomodolibet acceptare. Loca vero cano-
niearum vacantium ultra numerum supradictum, si qua sunt et proven-
tus et iura dietorum locorum in communem usum prioris et capituli
exnunc plenarie reducentes et etiam devolventes. Ceterum providere
volentes ut predieto numero iam statuto perpetuo gaudeat eclesia me-
morata nec a quoquam infringi valeat vel mutari infrascriptam pre-
bendarum distinctionem facultatum ipsius ecclesie juxta predictorum
et canonicorum numerum pretaxatum, provisione plenaria ac debita
equalitate servata, presenti pagina faciendam duximus ac etiam ordi-
nandam, videlieet quod dietus dominus Johannes prior, et qui pro tem-
pore fuerit, cum sit maior et dignior et maiori debeat prerogativa gau-
dere pro sua prebenda distincta habeat, teneat, possideat atque fruc-
tet terras et possessiones infrascriptas :

Staia 8, meno due pug. di terra 2m vaccaria juxta fossatum. —

Staiall e 2 pug. di terra în eodem loco. — Staia 10 e 1 pug. di terra
in vaccaria, juxta semitam. — Staia 5 e 6 pug. di terra 2n eodem. loco.

— Stata 11 e 1 pug. di terra m eodem, loco, juota viam. et semitam. —
Staia 7 !;, di terra in eodem loco (Summa: V modioli et tria staria et
tria pugilla). — Staia 4 !/, di terra in vaccaria, juxta fossatum. — Staia
3 e 6 pug. di terra 2n eodem loco, juxta fossatum. et semitam. — Staia
4 meno 1 pug. di terra, 2» vaccaria, ultra fossatum et juxta fossatum.
— Staia 3 e 6 pug. di terra în vaccaria juxta semitam. — Staia 6 e 1
pug. în eod. loc. — Staia 11 di terra m eod. loco. — Staia 4 e 4 pug.
di terra 2n vaccaria, juxta viam et semitam. — Staia 5 !/|, im eod. loc.
juxta semitam a duobus lateribus. — Staia 8 e 9 pug. di terra 2n boto-
necte juxta palliarellum (Summa: V modioli et VII pugilla).

do a
DELLE CHIESE DELLA CITTÀ E DIOCESI DI FOLIGNO, ECC. 205

Prebenda domni Thome Archidiaconi (diaconalis).

Staia 4 e 6 pug. di terra n ocellano, juxta semitam. — Staia 5 !/,
di terra in predicto loco, jucta predictam. terram. et semitam. — Staia 6
e 3 pug. di terra 2m. vignalibus, juxta viam semitam. — Staia 4 e 3
pug. di terra in eod. loc. juxta predictam. terram. et semitam. — Staia
8 e 1 pug. di terra 2n eod. loc. — Staia 3 e 5 oncie di terra zm eod.
loc. juxta viam semitam. — Staia 6 meno 1 pug. di terra. zm eod. loc.
jucta viam. — Staia 3 e 2 pug. di terra 2n eod. loc. jurta predictam.
terram. (Summa: tria modiola, octo staria et IX pugilla ).

TENUIT biciec:

Prebenda domni Mathei (Subdiaconalis).

Staia 91 e 8 pug. di terra prope sanctum Laurentium, juxta viam.
— Staia 10 supra viam. vaccarie et jurta viam a capite et a pede. —
Staia 4 e 7 pug. in eod. loc. juxta viam. — Staia 9 Zn botenecte, juxta
fossatum. sive semitam (Summa: quattuor modiola, V staria et V pu-

gilla).
Prebenda domni Andree (Presbiteralis).

i Staia 6 e !/, di terra Zn eod. loc. — Staia 1 e !|, juxta abbatem
È bevenutum pro canonica. — Staia 8 e 3 pug. in eod. loc. — Staia 5 e
n 2 pug. e !/, 2n vignalibus, juxta semitam. — Staia 3 e 4 pug. e !/,, 2n
1 eod. loc. juxta semitam. — Staia 9 in vignalibus. — Staia 7 e 4 pug.
| in vignalibus, juxta viam. — Staia 2 e 4 pug. e '/,, in vignalibus juxrta
i magistrum Egydium pro alodio. — Staia 5 in eod. loc. jucta semitam. —

Staia 3 e 7 pug. Zn eod. loc. — Staia 3 e 1 pug. e '/, in vignalibus juxta

semitam (Summa: LXI staria-et V pugilla).

Prebenda domni Corradi (Subdiaconalis).

Staia 32 di terra in carellis, juxta vias a tribus lateribus. — Staia:
6 e 2 pug. in ocellano, juxta viam et semitam. — Staia 9 e 7 pug. in
D t i]

| ocellano, jurta viam a duobus lateribus (Summa: tria modiola et VILII
H staria et VII pugilla).

Prebenda domni Gerardi (Diaconalis).

Staia 11 e !/, di terra 2m vaccaria, juxta fossatum sive semitam et

aliam semitam. — Staia 13 im eod. loc. juxta viam et semitam. — Staia.

Duo paye FRI a Dna Vor ee oce A

A

Prep aar rc ua ti NEIN Qi arnie i LUN TOS SR nei
206 P. LUGANO

11 meno 2 pug., i» eod. loc. — Staia 6 e 3 pug. e '/, in vaccaria juxta
fossatum sive semitam. — Staia 6 e 6 pug. Zn eod. loc. juxta viam

(Summa: quattuor modiola et VIII staria et duo pugilla).
Prebenda domni Bartholi (Subdiaconalis).

Staia 5 e !/, di terra 2n botonecte. — Staia 8 e 2 pug. în eod. loc.
Juxrta predictam terram. — Staia 21 e 3 pug. în eod. loc. — Staia 4 e !/,
im botonecte. — Staia 13 e 4 pug. 2n botonecte (Summa: LVII staria et
duo pugilla).

Prebenda domni Nicolai (Presbiteralis).

Staia 7 di terra în passano, silicet a capite juxta viam. — Staia 3
e 4 pug. 2n vaccaria, juxta viam. — Staia 7 e 6 pug. £n eod. loc., juxta
viam superiorem. — Staia 5 e 8 pug. Zn eod. loc. — Staia 3 Zn eod. loc.
juxta predictam terram. — Staia 5 în vaccaria juxta viam. — Staia 11
e 8 pug. 2n eod. loc. juxta predictam terram (Summa: XLIII staria e
VI pugilla).

Prebenda domni Allevi (Presbiteralis).



Staia 8 e 7 pug. e !/, di terra 2n vaccaria. — Staia 9 în eod. loc.
juxta predictam terram. — Staia 8 e 8 pug. Zn vaccaria. — Staia 4 e
( pug. Zn eod. loc. juxta semitam. — Staia ( e 2 pug. în vaccaria juxta

semitam. — Staia 6 e 3: pug. 2n eod. loc. — Staia 2 e 7 pug. m vac-
caria (Summa: IIII modiola et VII staria et IIII pugilla).

Prebenda domni Ranni (Subdiaconalis).

Staia 3 e !/, di terra i» angulo de vignalibus, juxta viam. — Staia

4 e 1 pug. Zn vignalibus, juxta predictam. terram. — Pug. 18 în eod.
loc. juxta viam. — Staia 4 e 4 pug. în eod. loc. — Staia 5 e 2 pug.
e '/, in vignalibus. — Staia 9 meno 2 pug. Zn eod. loc. juxta predictam
terram. — Staia 16 e '/, in vignalibus, juxta semitam. — Staia 8 e 1
pug. 2m eod. loc. juxta predictam terram. — Staia 4 e ’/, in eod. loc. —
Staia 9 de campo. — Staia 6 meno 2 pug. 2m vignalibus, juxta semi-

tam (Summa: LXIIII staria et VII pugilla).
Prebenda domni Raynaldi (Diaconalis).

Staia 15 di terra juxta flumen Topini. — Staia 18 e 7 pug. juxta

PIER II
Silio, "e

DELLE CHIESE DELLA CITTÀ E DIOCESI DI FOLIGNO, ECC. 207
fiamineam viam. — Staia 9 e 3 pug. juxta flumineam. — Staia 10 e 5

pug. in contrata abbatie, juxta viam (Summa: LII staria et V pugilla).
Prebenda domni Fulingni (Presbiteralis).

Staia 3 e 2 pug. e ?/, di terra Zn ocellano, jwxta viam. — Staia 8
e 3 pug., juvta viam. — Staia 11 e 7 pug. juxta predictam. terram. —

Staia 5 e 5 pug. Zn eod. loc. jurta semitam. — Staia 2 im eod. loc. —

Pug. 5 im eod. loc. juxta semitam. — Staia 2 !/, juxta viam. — Pug. 11

in eod. loc. juxta semitam. — Staia 2 e 6 pug. jurta viam et semitam
(Summa: LIII modiola et VII staria).

Alle suddette divisioni dei beni prebendali tengono dietro le di-
sposizioni capitolari seguenti :

Ceteras quoque possessiones, molendina, fructus et redditus et pro-
ventus ipsorum, ac singulos alios redditus, proventus et obventiones
quascumque dicte ecclesie, deputamus comuni mense, vel alias depu-
tandos, distribuendos seu dividendos prout priori et capitulo videbitur
expedire.

Volumus autem quod que superius dieta sunt de fructibus, pro-
ventibus et redditibus deputatis vel deputandis predicte mense comuni,
vel alias distribuendis, prout priori et capitulo videretur, prout superius
est expressum, ad prebendarios ipsius ecclesie presentes vel futuros,
vel qui nune sunt et in posterum fuerint, nullatenus extendantur, nec
eis vel alicui ipsorum proficiant vel possint proficere in futurum, set
sua tantum sint portione contenti prout fieri consuevit, quam consue-
tudinem interpretari et declarari volumus per priorem et capitulum me-
moratos.

Providere etiam quoque volentes ut eiusdem eeclesie status. de
bono semper in melius reformetur, nostro nostrorumque. successorum

nomine statuimus et firmamus quod in domibus dicte ecclesie, vel sal-

tem in civitate Fulginei, ad minus per sex menses in anno, continue
vel divisim, teneamur residentiam facere personalem. Et si aliquis ex
nobis, unus vel plures, residentiam. eandem non fecerit, quod fructus
sue prebende illius anni, que illi vel illis possent competere, deputen-
tur comuni mense, vel aliter, prout toti capitulo vel maiori parti ipsius
visum fuerit expedire. Et quod licitum sit ipsi capitulo fructus huiu-
smodi non residentium, unius vel plurium, apprehendere, capere, ap-
prehendi et capi facere, auctoritate propria, qua hora sibi videbitur
expedire, contradietione. cuiusquam nequaquam obstante, deputandos,

aporia o) DAD Var b mp occi A

E

Base TO FEO LUN TOSS Sn cnm d.
208 P. LUGANO

distribuendos vel dividendos prout superius est expressum. Et quod
quicumque nostrum non residentiam, vel alias contra constitutionem
hane quomodolibet veniendo, fructus ipsos acceperit seu accipi fecerit
vel mandaverit, per se vel alium, periurii reatum ipso facto incurrat, et
fruetus ipsius ab eo per ipsum capitulum protinus repetantur et acci-
piantur, et tota portione fructuum prebende sue proximi sequentis anni
quo serviverit, vel predietam residentiam fecerit, nichilonimus sit pri-
vatus. i

Predictas autem prebendarum distinetiones et portiones terrarum
unieuique predictorum nostrorum prioris et canonicorum superius de-
putatas et assignatas, acceptamus, ratificamus et approbamus et sub
pena subscripti iuramenti prestiti a nobis unanimiter promittimus et fir-
mamus, alter alterum in portione sive prebenda sua non turbare, vel
quomodolibet molestare, set portione sua sibi superius assignata qui-
libet sit contentus. Dantes et concedentes unicuique nostrum plena-
riam potestatem et licentiam intrandi, capiendi, et apprehendendi au-
ctoritate propria tenutam et possessionem prebende sue, ac locandi
eam, fructandi et de fructibus quietandi prout sibi videbitur expedire.
Ac revocantes expresse omnes et singulas locationes actenus comuniter
factas per priores et capitulum memoratos de supradictis terris. Et
quod si aliquis nostrum prebendam sive portionem suam de predictis
terris habere non posset absque litigio, quod comunibus expensis Ca-
pituli iuvetur et defendatur.

Nolumus autem quod aliquis nostrum et successorum nostrorum,
pretextu juramenti subscripti, compellatur vel teneatur predictam resi-
dentiam facere in domibus predicte ecclesie vel in civitate Fulginei :
si residere noluerit; set si non residendo, ut superius dictum est, fru-
etus prebende sue acceperit vel accipi fecerit, penam et penas fructuum
et periurii tantum incurat, prout superius est expressum.

Item statuimus, ordinamus et presenti scripto firmamus quod fru-
ctus prebende sive beneficii canonici cedentis vel decedentis sequentis
anni converti debeant in utilitatem et commodum canonice Fulginatis.

Item quod nullus recipiatur in canonicum et in fratrem nisi sit
constitutus in sacris.

Item quod supervenientes tam priores quam canonici astringantur
sacramento ad observanda omnia et singula supradicta, et aliter non
recipiatur vel etiam ammittatur. Et etiam predicta omnia et singula
amplioris roboris vinculo roborentur. Nec prefati Joannes prior, Tho-
mas, Matheus, Andreas, Corradus, Gerardus, Bartholus, Nicolaus, AI-
levus, Rannus, Naldus et Fulingnus Canonici suprascripti statuta, ordi-
namenta prefata et omnia et singula suprascripta in singulis capitulis

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e = vg: dea

DELLE CHIESE DELLA CITTÀ E DIOCESI DI FOLIGNO, ECC. 209

comprehensa, nostro nostrorumque successorum nomine, iuramus cor-
poraliter tactis sacrosanctis evangeliis, nos perpetuo servaturos.

In quorum omnium testimonium et evidentiam pleniorem predicta.
omnia et singula redigi fecimus per Fulingnum predictum nostrum
concanonicum et eiusdem ecelesie notarium in publicum documentum
et sigilli nostri capituli appensione muniri. Qui domini Johannes prior,
et omnes et singuli canonici suprascripti pro predictis omnibus et sin-
gulis attendendis et perpetuo observandis, sacramentum, tactis sacro-
sanctis evangeliis, coram me Notarium et testibus infrascriptis, corpo-
raliter prestiterunt, prout superius est expressum.

Actum in eammera dicti domni Thome Archidiaconi sita iuxta dic-
tam ecclesiam Fulginatem. Sub. annis Domini. millesimo COCLXXXXIII®,
Jndietione VII», apostolica sede pastore vacante, post obitum felicis
recordationis domini Nicolai pape quarti, die iovis XVII* mensis de-
cembris. Presentibus dompno Salvo Melioris operario dicte ecclesie,
Puccitto Nicole offieiali, Vangio Massuri clerico ministrali eiusdem ec-
clesie, magistro Anibaldo Petri notario, magistro Andrea Massey cle-
rico eeclesie sancti Petri de Pusterula, Bernarduro Frederici et Paga-
nello Symaronis testibus inde rogatis.

Confirmatio omnium predietorum venerabilis patris domni Berardi

Dei gratia episcopi Fulginatis.

Pastea vero eisdem anno, Indictione, dieta apostolica sede pastore
vacante, et die et mense: prefati domini prior et canonici et capitulum
diete ecelesie Fulginatis, coram venerabili patre domino Berardo Dei
gratia episcopo Fulginati, personaliter constituti, sibi humiliter suppli-
carunt ut prescripta statuta, ordinationem et reductionem predictorum
locorum, prebendarum distinctiones, et omnia et singula in singulis su-
praseriptis capitulis comprehensa faeta et ordinata ac etiam iuramento
firmata per ipsos, dignaretur auctoritate ordinaria ratificare ac etiam

confirmare, et eisdem omnibus et singulis suam auctoritatem interpo-

nere atque: decretum. Qui dominus Episcopus super predictis omnibus
consideratione prehabita diligenti, attendens premissa omnia et singula

per ipsos priorem et canonieos seu capitulum provide esse facta, ipsa.

omnia et singula, prout sunt expressa et ordinata, ex certa scientia
ratificavit, approbavit et confirmavit. Et predictis omnibus et singulis
suam auctoritatem interposuit at decretum. In euius rei testimonium

per me Fulingnum Canonicum et notarium predietum hane confirmatio-

nem et ratificationem redigi fecit idem dominus episcopus in publicum
documentum. Actum in palatio dicti episcopatus, presentibus magistro

eir S PRIORA RIS I Uo e aci

SA 210 P. LUGANO

Ugone Simonis Notario dicti domini episcopi, Criscio Carbonelli, pre-
sbitero Johanne Raynaldi, Pucuro Johannis acceptantis familiaribus
dicti domini episcopi, et pluribus aliis testibus inde rogatis, et sui si-
gilli appensione muniri.

Yz Et ego Fulingnus Miliani canonieus eiusdem Fulginatis eccle-
sie suprascriptus imperiali auctoritate notarius, ommibus et singulis
suprascriptis una cum prescriptis priore et canonicis, presens interfui
et consensi et de mandato ipsorum prioris et canonicorum et dieti do-
mini episcopi, ea omnia et singula seripsi et publicavi.

Ma l'atto capitolare del 17 dicembre 1293 non termina qui: segue
la designazione del patrimonio applicato alla. mensa della chiesa di Fo-
ligno, con questo principio: I» nomine Domini. Amen. Hec sunt terre,
vinee et possessiones alie deputate et applicate communi mense ecclesie
Fulginatis per priorem et canonicos, seu capitulum. eiusdem. ecclesie su-
prascriptos, scripte per me Fulingnum predictum, anno domini et indic-
tione et die prescriptis.

Questi possedimenti erano situati ix PuvrEcTO (campus abbatisse
in via calcaria — in Phylecto sive Grume — in Aquatino juxta viam);
IN GRAGNANO (1); IN FrAMiINEA (Subtus viam. flaminee, silicet in angulo
iurta ipsam flamineam — jurta stratam); EXTRA PORTAM ABBATIE
(jwcta stratam sive Viam); iN Bumwo (urta viam — iuxta vias a tribus
lateribus) ; IN Passano ((urta viam); IN CONTRATA SANTE MARIE DE
TENNE (ante sanctam mariam de Tenne — in pretalva); 1N CORONIS
(jucta viam — in biscina Raconis juxta viam); 1N CANNAVIOLE (Quarta
vias a tribus lateribus — juxta viam); 1N STERPETIS (juxta viam — in
agello); in CoccANO; IN CUSANO SIVE VALLE (in valle iurta viam a
duobus lateribus — iuxta viam); IN CARPELLO (iurta viam, fossatum
— gjuxta vias); in PETIA LonGa (7urta petiam longam — juxta viam);
IN CONTRATA SANCTI CONSTANTII (juxta viam — juxta vias); IN CONTRATA
TURRIS STANCHE (prope turrim. stancham juxta viam); 1N MARCHISELLIS
(iuxta viam) ; IN MACRETIS (Sive prope fonte viole); IN CONTRATA SANCTE

MARIE IN CAMPIS (jurta viam. — in catasta molendinorum comunis Ful-
ginei — de bissinali juxta vias — de Renartis juxta viam — de sancto

claudio jwxta vias).

Qui ha termine l'atto capitolare del 17 decembre 1293; ma 6 da
notare che non passó all'osservanza nella sua totale integrità, poiché

(1) Tra i confinanti di un pezzo di terra posto iz»? gragnano, si ha un maestro
Andrea medico juxta magistrum Andream medicum).

Wes:

=_= —

DET

————— m

DELLE CHIESE DELLA CITTÀ E DIOCESI DI FOLIGNO, ECC. 211

in una copia di esso, esemplata dallo stesso: notaio Folingno, proba-
bilmente nello stesso anno, e fors’ anche nello stesso mese e giorno,
troviamo che i beni qui applicati alla mensa della chiesa di Foligno,

sono ripartiti tra le varie prebende canonicali, come aggiunte al pa-

trimonio già costituito (1).

Nè si deve passar sotto silenzio l’alto onore che alle suddette di-
sposizioni capitolari di S. Feliciano, fece il vescovo Bartolomeo nel
1297, non comprendendole tra le disposizioni capitolari di Foligno, cas-
sate per decreto delle sue costituzioni sinodali. Il qual privilegio scritto
dallo stesso notaro Fulingno, subito appresso l’atto capitolare del 17
decembre 1293, è del tenore seguente:

In nomine domini amen. Anno Domini M.»CCEXXXXVII.» In-
dictione X. tempore domni Bonifatii pape VIII die XIIII mensis Ja-
nuarii. Venerabilis pater domnus Bartholomeus Dei gratia episcopus
Fulginas lieet in constitutionibus suis nuper editis cassaverit et revo-
caverit omnes constitutiones factas, editas per priores et capitula ec-
clesiarum civitatis et diocesis fulginatis, tamen attendens et conside-
'ans Constitutiones et prebendarum distinctiones factas et editas per
priorem et capituli ecelesie fulginatis esse laudabiles et honestas, con-
stitutionem cassationis et revocationis huiusmodi per ipsum, ut premit-
titur, editam quantum ad eandem ecclesiam fulginatem revocavit, cas-
savit et irritavit, constitutiones et prebendarum distinetiones huiusmodi
que sunt in eadem ecclesia fulginate nichilominus confirmando. Actum
in curia sita juxta capellam sancti Angeli in dieto episcopatu, presen-
tibus domno Thoma archidiacono, domno Mattheo et domno Jocobo

canonicis fulginatibus.

Il fascicolo, che contiene l'atto capitolare del 1293, si chiude con
due altri atti capitolari. Il primo, che è del 18 luglio 1298, considerando
che la chiesa di Foligno éndiget ornamentis, stabilisce che ogni nuovo
canonico, dentro il termine d’un mese dalla sua ammissione, deve con-
segnare al priore e capitolo unum pluviale valoris XX libr. denar., de-
putandum ad divini nominis cultum in ecclesia memorata. Il rifiuto con-
sterebbe la sospensione dalla prebenda fino all’ esecuzione della dispo-

(1) Questa copia, perfettamente identica, consta di nove carte pergamenacee,
delle quali sono lacere le quattro ultime. Alla prebenda di ogni canonico tien die-
tro un'aggiunta col titolo, e.-gr. possessiones abiuncte supradicti domni Thome ar-
chidiaconi, ove s'aggiungono al patrimonio primo aleune terre della mensa comune.

Jer Puacys e RS 0 20) 1612 Vi b Zap sci A. 919 i P. LUGANO

*

sizione. Il secondo atto, che è del 1303, stabilisce che questo pluviale
sia del valore di XXV Ulbre (1).

II. — Ecclesia sancti Appolenaris de Fulgin.

La chiesa di S. Apollinare di Foligno, ora della compagnia della
Morte, avea un patrimonio di 198 libre, che risultava di offerte e di
una vigna posta « in Campuvalglole » (2).

La chiesa di S. Apollinare, assoggettata all'abate di Sassovivo da.
Pasquale II (1 apr. 1116) era situata presso il fiume Sambro (3). Di
quella di Foligno si fa menzione anche nella sentenza del card. Ca-
pocci (1239).

III. — Ecclesia sancti Andree de Fulgin.

La chiesa di S. Andrea avea un patrimonio di 146 libre, prove-
nienti da oblazioni, e da terreni posti « Zm bertogna » ed «m contrata
sancti Angeli de Sterpetis » (4). E già ricordata nella sentenza del car-
dinal Capocci (1239). Il Jacobilli poco o nulla seppe di questa chiesa,
dentro Foligno, ancora esistente al suo tempo : aggiunse solamente tro-
varsene memoria in istrumenti del 1293 (5).

IV. — Ecclesia sancte Marie Magdalene de Fulgin.

La chiesa di S. Maria Maddalena di Foligno non avea che 440 li-
bre di patrimonio provenienti da 22 libre di oblazioni (6). È già ricor-
cordata nella sentenza del card. Capocci (1239).

Di essa scrive il Jacobilli: « Nelii secoli passati questa chiesa era
contigua alla porta della città, denominata della Croce, per la quale
si andava a Roma, e per dove passò Decio Imperatore con s. Feli-

(1) I suddetti atti capitolari si hanno in un fascicolo pergamenaceo di 12 carte,

l’ultima delle quali é lacera. In principio dell’atto del 9 dicembre 1293 si ha un di-
segno a penna rappresentante un vescovo (S. Feliciano).

(2) Livra, fol. 4.

(3) L. JACOBILLI, Cronaca del monastero di Sassovivo, pag. 33.

(4) Libra, fol. L.

(5) L. JACOBILLI, Historia delle Chiese, Cod. A. VI, 12, c. 106, ov
intitolato: della chiesa di S. Andrea. Egli vi nota l'elenco delle reliquie, che an-
cora vi si conservavano, qui collocate nel 1458 da D. Simone Santini, rettore della

'

é un capitolo

medesima chiesa.
(6) Libra, fol. L.
DELLE CHIESE DELLA CITTÀ E DIOCESI DI FOLIGNO, ECC. 213

ciano, et hoggi ne appariscono solamente alcune vestigie, tra la porta
piccola di questa Chiesa e le muraglie dell'horto del monastero di s.
Anna: ma nel 1291, che fu finita d'ampliare la città, fu la detta porta
posta dentro le mura nuove. — Questa é una delle sette chiese, per
dove vanno le processioni pubbliche, e le persone alle perdonanze della
città. Contiene cinque cappelle, offieiate dal Rettore della chiesa con
quattro cappellani. È anche parrocchiale, havendo sotto la sua cura
sessantatre famiglie, le quali contengono ducento sessantasei anime,
fra grandi e piccoli. Si conservano in essa l’ infrascritte reliquie :

Di S. Fede, Speranza e Carità.

Di S. Giuliano martire.

Di S. Palmatio Console.

Di S. Antonino martire.

Di S. Jreneo martire.

Di S. Marino martire.

Di S. Eleuterio martire.

D'un compagno di S. Placido martire.

Di S. Marco martire.

Di S. Antonio martire.

Di S. Modesto martire » (1).

La chiesa di S. Maria Maddalena venne demolita in seguito ai
terremoti del 1831-32.

V. — Ecclesia sancti Petri de Pusterula de Fulg.

La chiesa di S. Pietro de Pusterula, detta anche in Pusterna, den-
tro Foligno, occupava l’area di quella parte dell’odierno Istituto S. Carlo
che fa angolo fra le due strade della Misericordia e di S. Carlo.

Ludovico Jacobilli asserì che S. Crispoldo, vescovo di Foligno,
convertito al Cristianesimo dal Principe degli Apostoli, « eresse ancora
un'altra chiesa dentro la medesima città di Foligno, ad onore di S. Pie-
tro Apostolo, suo maestro, il quale pochi anni avanti era stato marti-
rizzato in Roma: e fu denominata S. Pietro in Pusterna: dopo l’ anno
1614 fu diruta et unita con il convento di S. Carlo a sè contiguo (2) ».

Alla prima asserzione del Jacobilli, cioè, alla edificazione, per
parte di S. Crispoldo, della chiesa di S. Pietro de Pusterula non è fa-
cile prestar fede, e perchè S. Crispoldo non potè essere discepolo di

(1) L. JAGOBILLI, Historia delle chiese, Cod. A. VI, 12, c. 22.
(2) L. JACOBILLI, Vite dei Santi e Beati det" Umbria, Foligno, 1647, tom. I, pag. 487.

E IA ET f

"
914 i -— P. LUGANO

S. Pietro, né erigere in di lui onore una chiesa poco dopo la sua morte,
e per varie altre difficoltà di cronologia e di storia (1). Né il nome di
posterula a cui va unita la nostra chiesa, nome usitatissimo nel basso
medio evo ed indicante genericamente una delle piccole porte di città,
può far rimontare la chiesa di S. Pietro ad altra antichità. Poichè seb-
bene il nome sia antico, non è certo che egualmente antica ne sia la.
chiesa. La quale, per esser costrutta vicino ad una porta, tolse il titolo
de Pusterula. Chè anzi, dall'esiguo patrimonio, ch'essa godeva in sul
finire del secolo XIII, di sole 266 libre, provenienti da terre poste « in
campo maiori », « in passano », « in butino » ed « im Rosario » (2),
ben difficilmente si potrà farne rimontare l'esistenza fino al secolo X.
Tuttavia la più antica menzione sembra quella che se ne ha nella.
sentenza del 1239, riportata in una bolla pontificia del 1261 (3). Su un
tratto di muro lungo la via della Misericordia si scoprirono traccie di
affreschi del secolo XV, e nell'interno, nel sommo d'una volta, uno
stemma del vescovo folignate Luca Cibo (1489-1523): segno evidente
che in questi tempi la nostra chiesa aveva ancora qualche importanza.
Della sua fine scrive il Jacobilli: « Essendo l'anno 1612 stati introdotti
in Foligno li Chierici Regolari della Congregazione di S. Paolo Decol-
lato cognominati Barnabiti, diedero essi principio @ di 28 di Luglio
1613 (al convento) in un luogo in mezzo della città « hauto dalli Con-
fratri della Compagnia della Misericordia e dal Rettore della Chiesa di
S. Pietro in Pusterna, che fu perciò diruta » (4). Nel 1618 ebbe fine
adunque la chiesa de Pusterula, detta corrottamente anche de Pusterna,
di cui si ha un ricordo vivente nel titolo di un beneficio ecclesiastico
della Cattedrale, qui trasferito quando la chiesa venne a cessare.
Intorno al 1346 si eresse contiguo alla chiesa di S. Pietro di Pu-
sterna o delle Ferrate, da messer Francesco dottore di Foligno, uno
spedale per gli infermi, sotto il titolo di Fraternita di S. Francesco (5).

VI. — Ecclesia sancti Johannis ab Aqua de Fulg.

La chiesa di S. Giovanni dell'Aequa, di cui forse si ha la prima

(1) M. FALOCI PULIGNANI, Le memorie dei SS. Apostoli Pietro e Paolo, ece., 1894,
pag. 29, 65.

(2) Libra, fol. L t.

(3) Biblioteca del Seminario: Cod. B. VI. 8, fol. 81; Cfr. M. FALOCI PULIGNANI,
Le Memorie cit., 1894, pag. 66.

(4) Historia delle Chiese e sacre relique che sono nella città e Diocesi di Fol-
gno, Cod. A. VI 12, fol. 19in Biblioteca Jacobilli del Seminario. Il brano surriferito è
riportato da Mons. M. FALOCI PULIGNANI, Le memorie cit., 1894, pag. 66-67.
(5) L. JACOBILLI, Annali, ad an. 1346.

NETTA

UR
DELLE CHIESE DELLA CITTÀ E DIOCESI DI FOLIGNO, ECC. 215.
menzione nella sentenza del 1239, aveva un patrimonio di 493 libre e
6 soldi, proveniente da terre poste « 2m corsiano », « in contrata. filecti
juxta flamineam », « în contrata flaminee », « în cognano » e da un
casale posto « im civitate fulgin. in contrata Cyppiscorum » (1).

Secondo il parere di Lodovico Jacobilli, questa chiesa fu cogno-
minata dell’Acqua « per passar quivi vicino una forma d’aqua del fiume
Topino, che serve per bellezza e comodità della città et in beneficio di
due molini da grano et uno da olio.. Quasi contigua a questa chiesa
era situata una porta antica di Foligno, (di cui) ancora si vedono le
vestigia, e nominavasi la Porta Spataria, 0 della Spada, ovvero di
S. Claudio, essendo ad essa vicina una chiesa di tal nome (2) ».

VII. — Ecclesia sancti Appolenaris de Carpello.

Tra le chiese dipendenti dalla parrocchia di S. Maria in Campis ed
esistenti nell’ambito della sua antica circoscrizione plebana, si trova an-
che quella di S. Apollinare di Carpello. Questo borgo consta, e con-
stava anche anticamente di poche case, poste qua e là sul declivio
d’una diramazione dell’ Appennino, e quasi in una insenatura, alquanto
elevata, da cui l'oechio domina egualmente il castello di S. Eraclio,
Montefalco, S. Maria in Campis e l' immensa vallata che da Foligno si
distende verso Assisi e Perugia.

Serive Lodovico Jacobilli che la chiesa di S. Apollinare di Car-
pello « fu edificata circa l' anno 1100 dal detto conte Gualtiere conte
d'Oppello, padre di questo conte Berardo e del soppranominato Ridolfo 6°
abate di questo Monastero (di Sassovivo). L' edificò in un luogo circa
un miglio lontano da Foligno, dove egli aveva molte case e beni; e
per esservi poi habitati molti scarpellini, che squadravano e ripolivano
le pietre, ch'erano in una cava vicina ad un monte, detto Montarone,
per fabbricar le nuove mura della città di Foligno, fu denominato Scar-
pello, e poi si è detto corrottamente Carpello. Appresso la fontana di
Carpello, santa Chiara d'Assisi, edificò l’anno 1216 un monastero del
suo ordine, sotto la regola di S. Benedetto, lasciandovi per abbadessa
la B. Christiana sua discepola (3). Vicino a Carpello, colle elemosine
di messer Benvenuto, dottore di questa villa, venne edificato anche un
ospedale che fu affidato alle cure dei monaci di Sassovivo (4).

(1) ) Libra, fol. LI.

‘ (2) L. JACOBILLI, Historia delle chiese, Cod. A. VI. 12, c. 105.

(3) L. JACOBILLI, Cronica-del Monastero di Sassovivo, pag. 52-53.
(4) L. JACOBILLI, Op. cit., pag. 9.

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PYNMCHTIUECINE TT VCO SIP ETC IUNCTI

216 P. LUGANO

Sul finire del secolo XIII la chiesa di Carpello avea un patrimonio
di 93 libre e 16 soldi, proveniente da terreni posti « im Carpello », « a
Byssina filiorum Negonzuri » ed « in contrata Montoronum » (1).

VIII. — Ecclesia sancti Constantii.

La chiesa di S. Costanzo fuori le mura di Foligno (extra muros
fulginates) è già ricordata nella Bolla di-papa Innocenzo II, del 1138 (2),
e, sul finire del secolo XIII, avea un patrimonio di 137 libre, pro-
veniente da terre poste « în colle de Serra », « juxta ipsam ecclesiam
et jurta vias a tribus lateribus » e dai casali « casalena quatuor carce-
rum positorum juxta dictam ecclesiam » (3). Se ne fa menzione anche
nella sentenza del card. Capocci (1239).

IX. — Ecclesia sancti Habundii (Abundii).

Ludovico Jacobilli nella — Vita de’ SS. Carpoforo et Abundio Mar-
tiri — scrive che ad « honore di questo santo Abondio, fu, nel terri-
torio di Foligno, appresso il castello di S. Eraclio, da molti secoli in
quà, eretta una chiesa » (4). Essa, infatti, si trova già ricordata nella
Bolla del vescovo Bonfiglio (1078), in quella d’ Innocenzo II (1138) (5),
e nella sentenza del 1339, ma forse non ebbe mai più d’ una mediocre
importanza, poichè, sul finire del secolo XIII, il suo patrimonio era
costituito da una pezza di terra posta « 2m contrata ipsius ecclesie » del
valore di 95 libre (6). :

La Bolla d'Innocenzo II (1138) ricorda anche un Campum
S. Abundii de Fiberto, che probabilmente va collegato alla nostra chiesa (1).

X. — Ecclesia sancti Angeli de Sterpetis.

La chiesa di S. Angelo, ora di S. Michele Arcangelo, di Sterpete,
è più antica di quel che si possa credere a primo aspetto. La sua prima

(1) Libra, fol. LI t. Nell'indice premesso al testo della Libra sexterii Canonice
(fol. XLVIII) non appare elencata la ecclesia sancti Apollenaris DE CARPELLO; ma in
sua vece é segnata quella sazcti Apollenaris DE VALLE. — Cfr. P. LUGANO, L’abazia
Parrocchiale di Santa Maria in Campis a Foligno, Foligno, Tip, Artigianelli, 1904,
pagg. 23, 117.

(2) G. CAPPELLETTI, Le chiese d? Italia, vol. IV, pag 408.

(3) Libra, fol. LII.

(4) L. JACOBILLI, Cronica del monastero di Sassovivo, pag. 290.

(5) G. CAPPELLETTI, Le chiese d? Italia, vol. IV, pag. 484, 408.
(6) Libra, fol. LII.
(7) G. CAPPELLETTI, Op. cit., pag. 409.

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DELLE CHIESE DELLA CITTÀ E DIOCESI DI FOLIGNO, ECC. 911

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menzione si trova nella sentenza del 1239; ma nella Libra è la notizia
di una pezza di terra posta « in contrate de Sterpetis, ubi fuit olim
ecclesia supradicta, que non colitur propter lapides ipsius ecclesie, juxta E
viam a duobus lateribus ». .
Di qui si vede chiaramente che nel 1295 la chiesa di S. Angelo

era già sueceduta ad un’altra chiesa più antica e distrutta.

Il suo patrimonio escendeva a 145 libre e proveniva da terre po-
ste « in partirapu », « în byssinis draconum », « prope sanctum Bar-
tholomeum de Burronibus », « in contrata de sterpetis », « in contrata
Aquetorte » ed « in contrata vie fulingnate » (1).

XI. — Ecclesia santi Petri de Curvia (Corvia).

La chiesa di S. Pietro di Corvia avea un patrimonio di 251 libra,
proveniente da terre poste « 2m corvia » ed « zm cogstrata corvie » ed
« in palude Borronis » (2). Se n’ ha forse il primo ricordo nella sen-

tenza del card. Capocci (1239).

XII. — Ecclesia sancti Antymi de Custino. |
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La chiesa di S. Antimo di Custino appare già nella Bolla del ve-

scovo Bonfiglio (1078) tra le chiese donate al capitolo canonicale di
S. Feliciano (3). Sul finire del secolo XIII, avea un patrimonio di 368
libre, proveniente da terre poste presso la chiesa, « 2» contrata putei fa-
ralli », « in contrata Montoroni » ed « in contrata Molglarum » (4).

XIII. — Ecclesia sancti Angeli de Maceratura.

A Maceratola, prima Maceratura, esiteva una chiesa intitolata a
S. Angelo. Avea un patrimonio di 315 libre e 4 soldi, proveniente da
terre poste presso la chiesa, « im villa dicti sanct Angeli », « în con-
trata prati », « în contrata flaminee », « în contrata pasiane », « im
contrata castri pasiane », « im contrata carrarie », ed -« im villa Mace-



rature » (5). E ricordata anche nella sentenza del 1239.

(1) Libra, fol. LII t.

(2) Libra, fol. LIII.

i (3) G. CAPPELLETTI, Le chiese d? Italia, vol. IV, pag. 404.
(4) Libra, fol. LIII t.

(5) Libra, fol. LIIII.
918 | P. LUGANO

XIV. — Ecclesia sancti Stephany de Butino.

L'antica chiesa di Butino, ora Budino, era dedicata a 5. Stefano.

Il suo patrimonio ascendeva a 162 libre e 4 soldi, e proveniva da ter- ..

reni situati presso la chiesa, « in butino », « in contrata Aquatini seu
gramazage » ed « în territorio Spelli » (1).

Però la primitiva pieve di Butino era intitolata a S. Felieiano ed
è già ricordata nella bolla d'Innocenzo II (1138), colle altre pievi no-
minatamente confermate al vescovo di Foligno (2). Della chiesa di S. Ste-
fano si ha forse il ricordo più antico nella sentenza del card. Capocci

(1939).
XV. — Fcclesia sancti Johannis de Phylecto.

La località detta Philecto, o filetto, o fileto, era, secondo le desi-
gnazioni che più volte s'incontrano nella Libra, sopra e sotto il trae--
ciato dell’ antica Via Flaminia (3). Corrisponde all’attuale Fiammenga,
la cui chiesa è tuttora dedicata a S. Giovanni.

La pieve de fileto, è già ricordata nella Bolla del vescovo Bonfi-
‘glio (1078), e, verso la fine del secolo XIII, essa godeva un patrimonio
di 463 libre e 10 soldi, proveniente da terre poste presso la chiesa, « in
filecto », « in via stricta », « in contrata cupe >, « in contrata |. Monto-
roni », « im via Calcaria », « în contrata cese », « in contrata Musu-
ley », « în contrata flaminee », « în contrata Macerature » ed. « in.con-
trata Cocky » (4).

In questo luogo era pure un'altra chiesa, dedicata a S. Pietro, e
detta Saneti Petri de Filectis, ma forse se n'ha un solo ricordo nella

sentenza del card. Capocci (1239).
XVI. — Ecclesia sancte Marie in Campis.

Una tradizione, probabilmente esagerata, raecolta anche da Lu-
dovico Jacobilli, fa risalire la chiesa di S. Maria in Campis, fuori di

porta romana, ai primi tempi del cristianesimo (5). La qual voce nac-

(1) Libra, fol. LIII t.

(2) G. CAPPELLETTI, Le Chiese d? Italia, vol. IV, pag. 408.

(3) Libra, fol. II: « in filecto extra flamineam: — in filecto citra ftamt-
neam », etc.

(4) Libra, fol. LII.

(5) L. JACOBILLI, Cronica della chiesa e monastero di S. Maria in Campis, Foli

gno, A. Alterii, 1653, pag. 2.

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DELLE CHIESE DELLA CITTÀ E DIOCESI DI FOLIGNO, ECC. 219

que forse e si divulgó, dopoché nei pressi di questa chiesa furon rin-
venuti aleuni ruderi di edifizi romani che attestavano l'alta antichità
del luogo. Più tardi, verso la metà del secolo XVIII, l'abate Pier An-.
tonio Orselli fece incidere la cosa in una iscrizione, così pubblicata dal
Bragazzi: — Hoc. In. Umbria. Primum. omnium. Beatissimae. Mariae Vir-
gini. Templum. erectum. Multas. Iam. temporum. Jniurias. Passum. In.
meliorem. Formam. Hedegit. Et. Exornavit.. Reverendissimus. Petrus. An-
tonius. Orselli. De Fulgineo. Abbas. Ex. Visitatoribus. Anno Domini.
1740 (1).

Checchè sia delle origini di questa chiesa, più ampiamente illu-
strata altrove (2), è certo che la chiesa di S. Maria in Campis è con-
fermata al vescovo di Foligno, Egidio degli Atti, da Innocenzo III, ai
10 d’aprile del 1216 (3). Nel Breve di questo Pontefice è detto : Plebem
S. Mariae in Campis cum Cappellis et pertinentiis suis. Col medesimo
titolo di Pieve (Plebem) è nominata dal card. Raniero Capocci, legato
di papa Gregorio IX, in un suo privilegio del 14 maggio 1239, con-
fermato poco appresso dallo stesso Pontefice (4).

Alessandro IV confermando il 18 maggio 1261 la medesima sen-
tenza data dal card. Capocci ai 14 maggio 1239, stabiliva che metà
della chiesa di S. Maria in Campis spettasse al vescovo di Foligno
e P altra metà al Capitolo e al Priore di S. Feliciano. Infatti, nella
Libra, essa è l’ultima delle 16 chiese segnate nel Sexterium | Canonice,
coll’aggiunta pro medietate (5). Di qui si rileva ch'essa, sul finire del
secolo XIII, aveva un patrimonio di 300 libre, in terre poste « in con-
trata dicte ecclesie sancte Marie >, « in Carpenetis », « in fossatura »,
« in via stricta », « in contrata Gurguni +, « in contrata Saxi », « in
contrata dicte [ecclesie] sancte Marie in campis », « in bovelglano », «in
contrata sancti Venantii », ed in una casa posta in Foligno « zn con-

trata crucis » (6).

(1) BRAGAZZI, Compendio della Storia di Fuligno, Fuligno, 1858-59, pag. 79, n. 1:
efr. M. FALOCI PULIGNANI, Le Memorie dei SS. Apostoli Pietro e Paolo ecc., 1894,
pag. 45.
(2) P. LUGANO, L'abasia Parrocchiale di S. Maria in Campis a Foligno, Cenni
storici, Foligno, Tip. artigianelli, 1904, pag. 10 segg. :

(3) L. JACOBILLI, Cronica cit., pag. 3.

(4) L. JACOBILLI, Cronica cit., pag. 3.
(5) Libra, fol. XLVIII.
(6) Libra, fol. LV] t.

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220 P. LUGANO

PARTE TERZA

LE GHIESE DEL ^ SEXTERIVM MONASTERII SAXIVIVI ,

CCHIESE VII)

I. — Ecclesia sancti Nicolai de F'ulgin.

Nella sentenza del card. Capocci (1239) la chiesa di San Nicolò
di Foligno è la prima di quelle comprese nel sexterjwm monasterii Sa-
rivivi. Questa chiesa fu donata all'abate.di Sassovivo, che vi costruì
poi un monastero, dal vescovo di Foligno, Andrea (t 1123). Reggeva
questo monastero un Priore (1). Fu sempre confermata a Sassovivo da
tutti i pontefici che concessero privilegi a quell'amplissimo cenobio.
Però più tardi essa ritornò nuovamente al vescovo di Foligno.

« L’anno 1281, a 25 di gennaio, M. Angelo di Mercato, canonieo
di Foligno, attore e procuratore di F. Paparone Paparoni, romano del
l| Ordine dei predicatori, vescovo di Foligno, per permuta concesse al
al P. D. Benedetto di Guido, da Foligno, monaco, sindico e procura-
tore del monastero di Sassovivo e del P. D. Angelo, abate di esso, tutte
le ragioni, et attioni spirituali, che esso, vescovo et il vescovado di
Foligno haveva, e poteva pretendere nelle chiese di S. Lucia di Pale,
e di S. Andrea di Gricciano nella diocesi di Foligno, e nelle loro Par-
rocchie e pertinenze, riserbando solamente per detto vescovato la quarta
de morti parrocchiani di dette chiese, e la metà delle decime di detti
parroechiani. Et all'incontro il detto D. Benedetto, sindaco e procura-
tore speciale del monastero di Sassovivo, concesse a detto Angelo, pro-

curatore per il vescovado di Foligno, la chiesa di S. Nicolò e la metà

della chiesa di S. Tomaso, esistenti dentro la città di Foligno, con tutte
le loro ragioni e senza alcuna riserva; come per istrumento fatto nel
monastero di S. Maria e di S. Giorgio di Foligno, oggi chiamato il
palazzo dell' abbazia di S. Croce di Sassovivo, e la chiesa di S. Giorgio,

(1) L. JACOBILLI, Cronaca del monastero di Sassovivo, pag. 86.
) : , 5

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DELLE CHIESE DELLA CITTÀ E DIOCESI DI FOLIGNO, ECC. 221
in presenza di D. Guidantio di Benintende, camerlengo di questo mo-
nastero di Sassovivo » (1).

Da ultimo, fu nuovamente concesso ad una Congregazione Bene-
dettina (2). Ne parliamo ancora nella Libra Universitatis.

II. — Ecclesia sancti Thomae de F'ulgin.

Questa chiesa, eretta nel 1190, dal vescovo Anselmo degli Atti,
dipendeva per una metà dall'abate di Sassovivo, come si rileva dalla
sentenza del card. Capocci (1939). Nel 1218, segui la sorte della chiesa
di S. Nicolò, e fece ritorno al vescovo di Foligno (3). Riportiamo l'iseri-
zione del 1190 nella Libra Universitatis.

III. — Fcclesia sancti Nicolai de Guesia.

Questa chiesa di S. Nicolò de Guesia, oggi di Belfiore, fu donata
all'abate di Sassovivo da quello stesso vescovo Andrea ( 1123), che,
insieme con essa, avea donato anche la chiesa di S. Nicolò di Foligno.
Anche qui venne costituito un monastero, che fu retto da un priore,
il quale negli anni 1194-1197, si chiamava Don Pietro. Vi dimorava
un altro monaco sacerdote e curato con un converso. Già ab antico era
chiesa parrocchiale, con cura sopra una parte della Villa della Vescia,
sopra tutto Belfiore, e tutti gli abitanti delle ville di Scanzano, di

S. Vittore, di Lieo, di Ravignano e di Carpineto (4).
IV. — Heclesia sancti Johannis de Colle.

Se ne fa menzione nella bolla di Onorio III (1216), che conferma
all abate di Sassovivo le sue chiese e le loro dipendenze. E la ehiesa

della villa ehiamata'Colle di S. Giovanni pro fiamma (5).

(1) L. JacoBiLLI, Op. cit., pag. 96-97.

(2) Fu concesso ai monaci olivetani. Cfr. P. LuGANO, Origine e Primordi del-
ULOrdine di Montoliveto (Spicilegium. Montolivetense, vol. II), MCMIII, pag. 115-117,
ov' è pubblicato un documento di non lieve importanza per la topografia della città
di Foligno.

(3) L. JACOBILLI, Cronaca del monastero di Sassovivo, pag. 96-97.

(4) L. JACOBILLI, Cronaca del monastero di Sassovivo, pag. 36, 42, 58, 67, 92, 103,
140, 149, 160, 174, 194, 197. ,
(5) L. JACORILLI, Cronaca. del monastero di Sassovivo, pag. 67, 309, ecc.

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iù ; V. — Ecclesia sancte Marie de Capernacu.

Intorno a Capernaco i monaci di Sassovivo avevano di molti beni.
Anche la chiesa dipendeva da quell'abbazia, e la troviamo già confer- *
[^ 2 mata da Onorio III, nel 1216 (1). Era un benefizio semplice, conferito, i

I anche più tardi, dall'abate commendatario di Sassovivo.

VI. — Ecclesia sancti Venantii. f

E questa la chiesa di S. Venanzo di Serra, o d'Uppello. Appare ;
già soggetta all'abate di Sassovivo nella bolla di Onorio III, del 1216.

Però in essa si parla solamente del jus che i monaci di quell’ abbazia

avevano in ecclesia sanctii Venantii; onde nella sentenza del card. Ca-
pocci (1239) si dice soltanto: ET MEDIETATE ecclesie sancti Venantii. Era
chiesa parrocchiale, conferita, anche di poi, dall' abate commendata-
rio (2).

li s VII. — Ecclesia sancti Sixti de Lunguiati.

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Questa chiesa che, nella bolla di Onorio III (1216), 6 detta sem-

STI i plicemente ecclesiam S. Sixti, nella sentenza del Card. Capocci (1239), ha
l'aggiunta: de Lunguiati. Lodovico Jacobilli la identifica colla chiesa V

di S. Sisto di Gallano (3). i

dl) e :(1) L. JACOBILLI, Cronaca del monastero di Sassovivo, pag. 67, 92, 309.
* (2) L. JACOBILLI, Cronaca del monastero di Sassovivo, pag. 67, 92, 258, 309.

(3) L. JACOBILLI, Cronaca del monastero di Sassovivo, pag. 92.

(Continua). , P. Lugano. -

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rienza

Un viaggiatore perugino del secolo XVI

Innanzi tutto credo opportuno di avvertire che il titolo
da me dato a questa breve comunicazione non è molto. ap-
propriato.

Dicendo viaggiatore del secolo XVI, viene subito in mente,
senza risalire a Marco Polo, quella schiera di mercanti fio-
rentini, come il Sassetti, il Pigafetta, il Carletti e tanti altri,
che appunto in quel secolo aprirono nuove vie al commer:
cio paesano in lontane regioni, lasciando, in lettere e in re-
lazioni, copiose notizie sui costumi, sulla religione, sulla lin-
gua di quelle.

Rispetto al Nostro non può dirsi altrettanto: à lui con-
verrebbe piuttosto il nome di towriste, che quello di viaggia-
tore. Invero egli si recó in diversi luoghi, mà quasi sempre
per diletto.

Il ricordo dei suoi vari viaggi ci è conservato in un co-
dicetto autografo, di mia proprietà. Il primo, del 1588, fu
a S. Jacopo di Compostella; il secondo, sempre del 1588, a
Firenze; a Roma del 1592, del 1597 e del 1599; del 1598
nello Stato d' Urbino; e del 1606 a Loreto.

Fabrizio Ballerini, tale è il nome del. nostro. viaggiatore,
un sabbato sera, il 14 maggio 1588, attendeva in Corciano
due suoi concittadini, Silverio Rettaluni e Simone di Biagio,
jn compagnia dei quali si mosse, sempre a piedi, verso Li
vorno, città nella quale dovevano imbarcarsi per là Spagna.

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294 P. TOMMASINI MATTIUCCI

Prendendo la strada di Passignano, e passando per Casti-
glione, Montervarchi, S. Giovanni, Figline, giunsero dopo tre
giorni, il 17 maggio, ‘a Firenze, dove « andarno a visitare
la Benedetta Anunciata, cosa di grandissima devotione, la
Chiesa di santo Giovanni, il Duomo et altre chiese princi-
pale ». Dopo due giorni, per Montelupo ed Empoli, furono a
Pisa; poi, il venti, a Livorno, di dove salparono il ventitrè
« jn una delle galere del Gran Duca di Toscana, detta di
S. Giovanni, e di qui la notte seguente se partirno le galere
di n. otto; quattro del Gran Duca et quattro della Signoria
di Genova ». Girarono l'isola di Corsica, ma una delle ga-
lere granducali, a nome S. Maria, il 27 mattina « si sfoderò
allo sperone et perciò dette a fondo et bisognó disarmarla et
votarla tutta et rasettarla, il che fu di gran disturbo et con-
fusione ».

A questo punto il nostro viaggiatore ci dà un breve rag-
guaglio sulle condizioni agricole della Corsica: « È molto ste-
rile e scogliosa e solo soprabonda di carne e vino; el pane
vi ne è molto poco, et la maior parte si semina a orzo, del
quale, quando là passarno, ce ne era metuto parte: è molto
selvatica et di belli boschi dove vi sono de cervii et porci
cignali assai, et le selve la magior parte sono mortella, tra-
semarino, elcie e saccina..., è molto asciutta, con tutto ciò
vi fanno in certi luoghi scelti apresso al mare hortaggi di
cepolle e insalate... » Costeggiando poi l'isola, approdarono in
Sardegna « dove fecero provisione di carne fresca e de pol-
lami » e poi all'Asinara, « tutta inculta et molto copiosa di
animali silvestri e boscosa ». Come Dio volle, dopo un viag-
gio ricco di peripezie, il 15 giugno, cioè dopo trentadue
giorni da che erano partiti, arrivarono a Barcellona, dove,
per malattia d'uno dei gitanti, si fermarono sino al 9 luglio.

Il 26, procedendo sempre a piedi, giunsero a S. Domingo,
poi a Burgos, « città grande, nella quale la maggior parte le
case sono tutte di terra e legname, et le porte delle case
sono grandi quanto la facciata della casa ».

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NA

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UN VIAGGIATORE PERUGINO DEL SECOLO XVI 225

Reputo superfluo seguire i nostri pellegrini attraverso
il loro viaggio, del quale rendono conto così minutamente,
che i copiosi particolari e le brevi descrizioni, gettate giù
alla buona, senza la minima pretesa d’arte, ricordano da un
lato la prolissa relazione del viaggio compiuto da Michele
di Montaigne attraverso l Italia, senza tuttavia avere lim-
pronta originale del grande scrittore francese.

Dopo due mesi e venticinque giorni da che erano partiti,
giunsero a S. Jacopo di Compostella, « città piccola e brutta »,
la cui unica attrattiva era data dal tempio, che il nostro viag-
giatore descrive minuziosamente. i

Sciolto il voto e adempiuti tutti quegli offici che il sen-
timento religioso vivissimo richiedeva, partirono alla volta
di Valladolid, « villa... in piano, circondata da monti; et è
civile e nobile e bella, nella quale vi sono bellissime eccle-
sie, case bellissime, porte di altezza tutte a un livello, come
anche sono le fenestre e ferrate con facciate... rosse, et fanno
bellissimo vedere; sotto le quale vi sono botteghe di tutte
le sorte, di gran valore, et in essa vi si sta assai polita-
mente ed è abundante de ogni cosa, e vi passa un fiume
vicino a essa ». Ho voluto riferire questo breve brano del
viaggio, per notare come il nostro Fabrizio non portasse la
sua attenzione al di là del sensibile; e come-la forma stessa
indichi che egli, più che stendere una vera relazione, si
limitasse a notare man mano le cose e i fatti, forse per esclu-
sivo ricordo personale.

Visitano I Escuriale, di cui il Ballerini descrive le corti,
i giardini, i parchi; e si fermano poi a Madrid, dove rice-
vettero « gran cortesia nel palazzo del Nuntio del Papa,
ove avemmo lemosina de denari e de magniare. Apresso
avemmo gran cortesia dal signor Giovammaria... de Contoli
perugino, mercante di lana nella piazza di Madrid, et la do-
menica, che funno li 28 del detto (mese), ci diede un pranzo
honoratamente et ci -prestò scudi dieci, cioè reali cento ».

. Ma nello stesso giorno i nostri tre viaggiatori ebbero

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uno di quegli incontri tutt'altro che rari in que’ tempi: fu-

oro mente non fu costretta a escogitare un di que’ mezzi fa-

Passano per Monaco, Genova, Massa, Lueca, Firenze; e il 28

226 : P. TOMMASINI MATTIUCCI

rono, cioè, presi dai birri e messi in prigione « con ferri
a piedi », e vi rimasero tutta notte. Fortuna volle che la

mosi di fuga, messi in opera da quegli spiriti bizzarri e a- M
nimosi di Benvenuto Cellini e di Giacomo Casanova. « La mat- d
tina poi, al far della visita, fummo dall’ Aleade maggiore libe- | |
rati e relassati senza pagar danari ». Fortunati pellegrini! ma
temendo « non tornar di nuovo in prigione », avute commen
datizie dal Contoli, partono di Madrid, più che di fuga, ma
sempre a piedi; il 17 settembre sono di nuovo a Barcellona,
e il 21 ne partono, in una tartana stracarica di mercanzia
e di venti passeggeri. Approdano, dopo varie peripezie, à
Marsiglia; e nella tartana si aggiunge loro un alfiere di casa

Jacobilli, che da Nizza andava a Milano a comprar cavalli.

di ottobre sono di nuovo a Corciano.

Mi sia permesso di citare una delle ultime pagine del.
viaggio, la: quale ne ricorda la fresca schiettezza trecentesca: j
« havendo compro del pescio de tutte le sorte ed un paro
de polastri, giungemmo al suon del avemaria in Corciano,
dove era tutta la famiglia sotto la pergola avante | uscio,

che era aperto, assieme con Madonna Filena di messer Marco

Doni; ragionavano di noi, e mia Madre diceva: dove dove-
ranno essere. adesso li nostri pellegrini? et uno de’ presenti,
vedendoci di assai lontano, disse: eccoli; et con gran festa
ci vennero incontro, e sparsa la voce, in un tratto concorse
tutto il Castello a visitarci, et ogni uno si meravigliava di
tanta prestezza quanto al ritorno ». Prestezza, sia pure; ma
erano già scorsi cinque mesi e mezzo!

Quale importanza si deve riconoscere a questa narra-

«zione di un viaggio in Ispagna, di un italiano del secolo XVI?

Modesta, senza dubbio; tuttavia il fino ad ora ignoto autore u T4
merita di essere ricordato tra coloro i quali contribuirono a |
cementare quelle relazioni di vita politica, commerciale e di
Me ET. ^h
MAN

UN VIAGGIATORE PERUGINO DEL SECOLO XVI 257921

pensiero, che, assai prima che colla Francia, furono vivis-
sime tra la Spagna e l'Italia. Basti ricordare la vexata quae-
siio dello spagnolismo e secentismo, la quale, non ostante le
ricerche e gli studi magistrali del D'Ancona, del Flamini, del
Cian, del Graf, del Belloni, aspetta ancora l'ultimo solutore.

Benedetto Croce, in varie memorie, notevolissime tutte,
all'Accademia Pontaniana, delle quali citeró soltanto: « Primi
contatti fra Spagna e Italia », e « La lingua spagnola in Ita-
lia » ; Arturo Farinelli, in altre memorie, che tutte portano
la sua impronta acutissima e originale, hanno compiuto ri-
cerche importanti sulle relazioni tra le due sorelle latine;
ma ancora il lavoro comprensivo, riassuntivo, esauriente
manca. In questo il nostro Ballerini non dovrebbe esser di-
menticato, come uno di coloro i quali, osservando in diversi
luoghi le varie costumanze ed esaminandone la lingua, pro-
mossero e cementarono l unione che fatalmente duró per.
secoli tra Spagna e Italia, non so piü se nella letteratura o
nella politica.

Arturo Farinelli, in uno studio sui viaggiatori italiani in
Ispagna, ricercò quale influenza essi esercitassero in patria
per la conoscenza della lingua spagnuola; ma il nome del
nostro perugino gli rimase ignoto; mentre egli, in fine del
suo Viaggio non mancò di lasciarci un vocabolarietto di voci
spagnuole con le corrispondenti italiane; e dato questo spe-
cimen lessicale, non è forse fuori di luogo immaginare che
altre modeste esercitazioni linguistiche avrà egli fatte in
patria, valendosi della memoria, tra i suoi parenti e gli amici,
cooperando, sia pure in minima parte, alla conoscenza della
lingua iberica in Italia.

Come ho detto di sopra, il nostro Ballerini andò a Fi-
renze nel 1588, per la celebrazione delle nozze tra il Duca
Ferdinando e Cristina di Lorena, nipote di Caterina de’ Me-
dici, regina di Francia. « ... Essendosi publicato doverse far
le nozze il mese di maggio 1588 et in detto tempo doverla
menare in Fiorenza, per le qual cose doversi fare apparati,

6.

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228 P. TOMMASINI MATTIUCCI

tornei, giostre et altre cose belle; desideroso di veder cose
nuove e belle », partì alla volta di Firenze, in compagnia
di suo fratello Lorenzo, di messer Berardino Doni « nostro |
parente », di messer Evangelista Danzetta « fratello cugino E
di detto m. Berardino », di messer Cesare Rossi « mio vicino
in Porta Burnea » e di messer Vincenzio di Andrea « scrit-

ad

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tore al Bancho ».

Passando per Corciano, Turrita, Asciano, Siena, di cui:
descrive il duomo e la piazza, per Staggiano, Poggio Impe-
riale, Poggibonsi, Barberino, le Tavernelle e 5S. Casciano, ar-
rivarono per le poste a Firenze, all’ avemaria del giorno 21
aprile.

La mattina dopo si dettero a girovagare per la città,
ammirando tutto quello che i magnifici cittadini avevano al-
lestito per onorare gli sposi.

Il 30 maggio, da Porta del Prato, entrò in Firenze Cri-
stina, preceduta da numerosa cavalleria di Ferdinando, del
Duca di Modena, di Pietro de’ Medici, di Virginio Orsini, del
Marchese di Priano, e da cento uomini d’arme al comando 5

di messer Gio: Vincenzio Vitelli da Città di Castello; « et
fece bellissimo vedere si per aver belli e superbi cavalli si
ancho per veder bellissime e bianchissime arme che li ca-
valieri e cavalli avevano in dosso ».
Subito dopo « comparve la gran Duchessa, quale era
sotto il baldacchino di broccato di oro bianco, a cavallo in
candida ghinea e in veste in rosso e gualdrappa al cavallo Î
bianca. Il baldacchino era portato da sedici giovani, quali

facevano le mute per esser di n. cinquanta, vestiti tutti di i
drappi bianchi con colletti del istesso e calze sane bianche, i

tutte listate con trine di oro, con berrette alla spagniola,
tutte raccamate di perle. Li altri poi che non portavano,
stavano chi innanzi e chi sotto il baldacchino vicino la Du-

chessa, quale era vestita alla francese con busti imbottiti di |
bambagio alle spalle ».

Subito dopo seguivano cinque compagnie di cavalleg-
— —

UN VIAGGIATORE PERUGINO DEL SECOLO XVI

gieri « con casacche di diversi colori », e l'ultima. era del
« Signor Capitano Francesco Coppuli perugino nostro pa-
drone ».

La sposa smontò in S. Maria del Fiore, dove « era una
bellissima Festa fatta tutta di Fioroni e festoni di tele e carte
nuove con quadri bellissimi », e di là andò al palazzo del
Gran Duca nella Piazza.

Lungo sarebbe seguire il nostro Ballerini nelle minute e
vivaci descrizioni che ci ha lasciate delle innumerevoli feste
che per piü giorni furono fatte in Firenze, in onore degli
sposi. Tuttavia credo non inutile accennare ad'alcune di esse,
colle stesse parole del nostro viaggiatore.

« Nella Piazza di Santa Croce, alla quale intorno intorno
erano palchi grandissimi, fu fatto el calcie, et erano da qua-
ranta homini per parte, vestiti una parte di raso turchino,
euarniti di oro, e l’altra parte di raso incarnato, guarniti di
oro con l'insegnie, tra quali da una parte era don Pietro
de Medici e dall’altra messer Virginio Ursini. »

Dopo il giuoco del calcio (1), « in detta piazza si fece
la caccia della bufola, e di poi la caccia de ogni sorta de
animali con cani, et vi furo lepri gatti golpe [volpe] lupi ci-
enali tassi capri e listrici di gran somma, a quali animali
erano addosso brachi liverieri corsi e pardi, et si viddero
di belle baruffe tra lupi e cani, e cigniali e cani, pardi e
capri; la qual finita, si mandò via ogni uno della piazza et
vi fu messo un toro et doi orsi e doi leoni... ».

Il giorno di poi fu portato in processione il corpo di
sant'Antonino, che, « tornato in san Marco, fu messo nella
'apella delli Salviati, quale era finita di nuovo, et é capella
bella et di grossa spesa... » (2).

(1) P. GORI, IZ giuoco del calcio e le signorie festeggianti — Notizie storiche. Fi-
renze, Lumachi.

(2) Averardo e Antonio Salviati, che appunto la eressero nel 1588, spendendovi
centomila scudi. L'architettura e la statua del Santo sono, come é noto, del Giam-
bologna, le altre sei statue del Francavilla; i freschi della volta sono del Poccetti,
e quelli laterali del Passignano, che vi lasciò i ritratti dei due Salviati.

ta ru Ripi S a Vo ire ri (A 230 P. ‘TOMMASINI MATTIUCCI

Di maggiore importanza puó riuscire per lo studioso

delle lettere e del costume la memoria che il nostro Balle-

rini ci ha lasciata di alcune rappresentazioni sceniche e mu-

sicali, che furono fatte in quella lieta circostanza.

« Apresso fu fatta doi volte la Comedia, la quale fu
tantò miracolosa, che sarebbe impossibile raccontarla. Nella
quale si facevano sette intermedi, et ad ogni intermedio si
mutava scena, et in un batter d'occhio; et tra le ammirande

cose si vidde in uno intermedio la gloria del Paradiso et si
videro in un tratto tra suoni e canti novanta persone vestiti
sontuosissimamente, et era di tanta consolatione il sentirli,
che pareva di esser fuor di sé e proprio in Paradiso. Nella

. qual Commedia, per farla, tra li recitanti musici cantori et

sente che intervenivano nelli intermedi e quelli che maneg-
giavano gli ordegni sotto le scene nel palco si diceva inter-
venirvi 380 huomini, quali stavano tutti a spese del Gran
Duca. In essa si viddero quattro ballare in aria, si vidde
venir dal cielo una nuvola senza che cosa alcuna la tenesse;
la quale apertasi, dentro vi era una donna, la qual sonava
un leuto e cantava tanto dolcemente, che rendeva ognuno
stupido e maravigliato. Si vidde anco passar per aria sopra
il palco un carro pieno di musici, tirato da quattro draghi,
nè si vedea sopra che caminasse se non che erano in aria,
et fu di tanta bellezza, che fece stupire ogni uno et se in-

tese che il Gran Duca vi spese ben duecento mila scudi » (1).

Il Ballerini passa poi a descrivere il giuoco « della
sbarra », fatto nel cortile del palazzo Pitti, e di cui furono
« mantenitori » il Duca di Mantova e don Pietro de Medici;
e in ultimo, con grande ricchezza di particolari, una festa
e una battaglia navale, tenute nello stesso cortile, che fu
riempito di acqua cosi « che dava alla gola à un uomo ».

Per mezzo di questi brani si puó rilevare che il Balle-

(1) Vedi: A. SOLERTI, Musica, ballo e drsmmatica alla Corte Medicea dal 1600
al 1687. Firenze, Bemporad, 1995.


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GI, come non trascurò nulla di quanto meritasse di - esser
‘veduto, così non mancò di lasciarne memoria,

Per averne sicura conferma, basterebbe confrontare la
sua relazione. con quelle che sugli stessi fatti ci hanno la-
sciato scrittori contemporanei e gli storici del granducato di
Toscana; ad esempio il Gualterotti (1), Niccola de Cardi (2),
il Galluzzi (3). Questo mi pare che basti per potere affer-
mare ché la relazione del nostro viaggiatore perugino, il

quale racconta con precisione fatti da lui stesso veduti, ha

un valore non trascurabile per la storia del costume in Fi-
renze, nella fine del secolo decimosesto.

Dieci anni dopo, cioè nel 1598, il Ballerini si recò nello
Stato d'Urbino, e ci descrive il viaggio fatto attraverso di
questo da Clemente VIII, lasciandoci particolari minuti e
curiosi, specialmente sul soggiorno del papa in Sinigaglia.

Tre volte fu a Roma, e cioè nel 1592, nel 97 e nel 99.

La prima, « essendo stato appiccato Mariotto di Baco
di Bartoccio da Corciano », andò a Roma per chiedere alla
Sacra Consulta che messer Curtio Doni e la sua famiglia
non « fossero molestati per la recettazione di Mariotto pre-
detto ». Giunto in Roma, smontò « in casa di Agostino pe-
rugino a l'insegna del Griffone vicino a lOrso (4), dove
prese camera a un paulo il giorno ed obbligo di cucinarmi
e darmi la biancheria ».

Si trattenne in Roma dieci giorni, raggiungendo il fine
per cui vi s'era recato. « Vidde cose nuove e belle fatte da
papa Sisto quinto. Coperta la Cuppola di San Pietro, e di

(1) GUALTEROTTI R., Descrizione delle nosse di Cristina di -Lorena. Firenze,

Padovani, 1589.

(2) Venuta della Serenissima Cristina di Lorena in Italia al seggio ducale di
Fiorenza del suo Serenissimo Sposo Don Ferdinando Medici Gran Duca Terzo di To-
scana. Raccolta in ‘ottava rima da M. PIETRO NICCOLA DE CARDI cittadino fiorentino
1589. — Firenze, G. Marescotti, MDXC.

(3) GALLUZZI, Istoria del Granducato di Toscana sotto il governo della Cusa
Medici. Ediz. 2*. Firenze, Cambiagi, 1781; pag. 36-48.

(4) Vedi: A. D'ANCONA, L: Italia Gua fine del secolo XVI. — Giornale del Viaggio
di M.-De Montaigne in Italia nel 1580 e 1581. Città di Castello, S. Lapi, 1889: pag. 195.

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232 P. TOMMASINI MATTIUCCI

pietra e anco di piombo, spesa incredibile e cosa da non
credere che con tanta prestezza fosse finita. » Ammirò inol-
ire quattro obelischi (guglie), inalzate in Piazza S. Pietro, a
| Porta del Popolo, a S. Giovanni, a S. Maria Maggiore; il
Dice Palazzo Lateranense « finito di tutto punto con mirande pit-
aM : ture et altre cose nobilissime »; il Palazzo di Monte Cavallo
| « et una strada dritta dalla Trinità de' Monti sino a 5. Gio-
vanni, cosa stupenda, bella e molto comoda per veder 10ma ».

Tornò nell'alma città nel 1597, in compagnia di Rotilio
Qesàri; e alloggiarono in casa di messer Noro Pignatelli

dal Piegaro, « homo ricco, cortesissimo », il quale li spesó
per « doi mesi continui honoratamente ». Mentre stavano in
I E Roma, papa Clemente andò a Civitavecchia, di cui era go-
MI [e p vernatore Cesare della Corgna, perugino. Questi « invitó
fs tutti i perugini che erano in Roma che volessero andare
aiutarlo e favorirlo; e così ancor noi andammo in carrozza
in compagnia del S. Pompeo Gratiani e del S. Hipollito Ane-
stagi; dove giunti, ci fü comandato che dovessimo preparare
le tavole per le sale e camere del Palazzo e quattro tavole
nella piazza, di capacità di cinquanta persone per tavola ».
| pos Il nostro Ballerini cosi descrive il Convito papale: « Il
| i i Papa magnò solo a un tavolino ..., e a una tavola spiccata dal
I; tavolino magniavano li Cardinali. Alle quattro tavole della
RES E piazza a una magniaro li staffieri di prelati, l'altra li Todeschi,
È l’altra li Cavalliggeri e l'altra li vetturini; le quale furo pro-
viste di pasticci, confettioni, lessi, arostj e vivande esquisite,
iB e cosi pubblicamente tutti quattro in un tempo magnaro. Li
ABER rilievi da noi si conservavano in canestre grande da pani e
| fommo padroni in tre pasti che fur fatti di tanta carne e
Il: pretiose vivande che mai più mi trovarà in tale abundan-

[E tia... Monsignore spese da cinque in sei mila scudi, e se
Io bene tardi li fu fatto sapere detto invito, nondimeno si portò
così bene in favorire N. S. Clemente octavo, che acquistò
gran nome e gloria, credendosi che per ciò il Papa lo debba
UN VIAGGIATORE PERUGINO DEL SECOLO XVI 2990

fare Cardinale, che Iddio glie ne conceda, essendo signore:

‘ gentilissimo e cortesissimo ».

Il Ballerini si recò a Roma un'altra volta ancora nel
1599, in « compagnia di messer Propertio Simonetti notaro
Perugino, eletti e deputati dal Collegio de Notarij per difen-
dere gli offitij che da notarij si godeno per il publico sacco

della città di Perugia, pretendendo un Pietro Alberti apalta-

tore delle cancellarie civili doverli godere come compresi e
annexi a dette Cancellerie ».

Queste ultime .parole del nostro viaggiatore ci dicono
chiaramente che egli fu uomo di legge; l'unica notizia bio-

grafica, aggiunta quella che egli abitava nel rione di Porta

DO
Eburnea, che abbiamo su di lui. I momenti d’ozio che il

suo ufficio gli consentiva, occupò nel visitare nazioni e città,
e de’ suoi numerosi viaggi lasciò brevi relazioni, che, scritte
per unico scopo di ricordo personale, conservano intera l' im-

pronta della verità. Più estese e minute quelle sulla Spagna:

e su Firenze in un determinato periodo di tempo, merite-
rebbero che fossero rese note nella loro interezza, ponen-
dole a confronto, la prima coi numerosi Viagg? attraverso la
Spagna, che Arturo Farinelli conobbe e da par .suo-illustrò ;
la seconda colle memorie del tempo.

P. TOMMASINI MATTIUCCI.

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| GHIBELLINI DI AMELIA

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Edilberto Rosa in un breve scritto inserito nelle Note
storiche Amerine (N.° 2) ci ha informato intorno ad un’ epi-
grafe storica del secolo XIV, in cui si fa menzione dell’im-
peratore Lodovico il Bavaro — « Incisa in pietra con rozzi
caratteri semi-gotici e grafia del tempo, questa iscrizione esi-
steva, giacchè ora è stata trasportata in Amelia, in Guardea
infissa nel muro di un cortile a molti visibile ma da nessuno
avvertita per il suo contenuto ». — Questo, a dir vero, osserva
il Rosa, non è gran fatto importante, ma ricorda ad ogni
modo il più grande evento del secolo XIV per l'Italia cen-
trale, la discesa in armi del più acerrimo nemico del papato,
e le agitazioni che l’accompagnarono nelle città più o meno
soggette all'influenza del pontefice.

L'iscrizione è del seguente tenore:

A.D.M-.€ O0 X XX II REGNANTE - SERENISSI-
MO - PRINCIPE: ET: DNO: DNO: LODOVICO - ROMANORVM
IMPERATORE - ET - SEMPER - AVGVSTO.

Il Rosa ricercando a quale avvenimento può riferirsi
cotesta epigrafe, ritiene, che essendo storicamente accertato
il passaggio dell'imperatore Lodovico da quella contrada,
non è inutile ricordare in proposito che la denominazione
della località « Guardea » provenga, come altre congeneri
parole italiane, da vote tedesca, avente il significato di guar-
dia, vedetta, torrione, e quindi apparisce probabile che il Bavaro

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236 2 O. SCALVANTI

appunto avesse fatto costruire colà un fortilizio. La ipotesi sa-
rebbe avvalorata dall'arme del comune di Guardea, che rap-

presenta una piccola torre di guardia su tre monti. — « Il fortili-
zio medesimo, avverte il Rosa, sarebbe stato utile in generale
per l'idea di conquista che l'imperatore maturava, e così la
scritta lapidea poteva ricordarne l'erezione. Aggiungasi che il
Bavaro stesso nel compiere l'occupazione di Todi, dopo essersi
assicurato l’appoggio del.comune di Amelia, lasciava di neces-

oo

sità a tergo Orvieto, allora guelfa, procedendo egli dal vi-

terbese. Era quindi conveniente, se non necessario, collocare
a guardia del passaggio del Tevere un distaccamento mili-
tare per impedire che gli orvietani lo cogliessero di sprov-
vista alle spalle » —.

Tale opinione é certo sostenibile, ma a me sembra che
non manchino motivi gravi per adottarne una alquanto di-
versa.

Anzitutto nel 1332 (data certissima della iscrizione) il
Bavaro si trovava in Germania, a cui aveva fatto ritorno
nel 1329 per non più discendere in Italia. Il fortilizio poteva,
è vero, essere stato edificato al tempo della venuta dell' im-
peratore e del suo soggiorno nell’ Italia centrale, e durante
l' impresa di Todi per la quale, scrive il Sansi, egli si procurò
fama obbrobriosa coi guasti commessi dalle sue milizie nel.
ducato spoletino, e colla spogliazione chel’ antipapa, di lui
compagno, fece del magnifico tempio di S. Fortunato in Todi;
o anche durante la progettata occupazione del Reame. E di
vero nel 1328 Lodovico si disponeva a tale conquista, così che
il re Roberto (confermato da Giovanni XXII nella carica di
vicario, alla quale lo aveva eletto il papa Clemente V, e poi
nominato capitano generale della Chiesa) avutone sentore,
spedi il duca di Calabria ai confini del Reame — « sebbene
poco ne temesse, perché havea già fortificato tutti i passi et
tutte le terre per le quali egli havrebbe havuto a passare » (1).

(1) PELLINI, Hist. Perug. P. T, a. 1328.
I GHIBELLINI DI AMELIA, ECC. 931

Ora.poteva bene dal canto suo il Bavaro aver munito i luo-
ghi, già venuti nel suo dominio, contro il nemico che si ap-

prestava a combattere, tanto piü che nelle vicinanze di quel

punto, denominato o in tempo piü antico o allora Gwardea
da guardia, si ebbe nello stesso anno una battaglia aspris-
sima fra le soldatesche del Bavaro e quelle dei collegati
a favore della Chiesa e del re Roberto. Gli storici nar-
rano che il vicario imperiale, malgrado la vantata sua sicu-
rezza (che non doveva poi esser molta), domandò aiuto alle
città collegate, e in ispecie a Perugia, che inviò nel 29
maggio 1328 trecento scelti cavalli con Becello di M. Gual-
freduccio Baglioni, i quali, uniti alle altre milizie, tennero la
via di Narni, ove furono raggiunti da quattrocento cavalli e
millecinquecento fanti del Bavaro, che, secondo narra il Vil-
lani, muovendo da Todi si dirigevano verso Roma o San Ge-
mini. GI' imperiali vennero sconfitti e inseguiti fino a Todi
(ove intendevano riparare) passando per Amelia e la terra
di Guardea. E di luoghi ben muniti lungo le vie che attra-
versava, l'imperatore dovette sentir bisogno per le continue
scorrerie che faceva tra Roma, Velletri, Viterbo, Todi, Be-
vagna, Foligno, Corneto, ecc.

Ma come mai di un simile fatto, svoltosi nel 1328, si sa-
rebbe assicurata la memoria nel 1332? Ciò apparisce assai
inesplicabile.

Ricordiamo intanto che il cronista perugino sotto la data
del 29 settembre 1327 annotava — « che il Bavaro era ele-
cto imperatore da certe re de la Mangna, et che veniva
contro la voluntà della Chiesa » (1). — A Lodovico mancava

la solenne consacrazione del suo titolo, e venuto in Italia,

dopo avere assunto la corona ferrea in Milano, cinse quella
imperiale a Roma. Ora è appunto a Roma, che noi dobbiamo
dirigere le prime indagini intorno allo spirito ghibellino, che

(1) Arch. st. £t., T. XVI, P. I, pag. 96.

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agitava quel popolo, e considerarlo sia in sé medesimo, sia
nell’ influenza che, come vedremo a suo luogo, può avere
esercitato sopra altri popoli d'Italia soggetti alla Chiesa.
Quando nel 1327 Giovanni della Morea per ordine di re
Roberto e coll'intendimento di opporsi al Bavaro o di forti
ficare i luoghi che questi disegnava occupare, volle fare il
suo ingresso in Roma, il popolo non si piegò ad accoglierlo. Al
lora cinque galee di genovesi, al servizio del re, presero
Ostia dandola a fuoco. Di qui odio novello nei romani, i
quali chiudono le porte in faccia al cardinale Orsini legato
in Firenze, che accorreva per metter pace, come scrive con
qualche ingenuità il Muratori, ma in effetto per disporre i
romani a far buon viso a Giovanni della Morea e apparec-
chiarli a respingere il Bavaro. Si viene alle armi: il legato,
insieme a Giovanni occupano S. Pietro e la Città Leonina;
il popolo insorge, e l'indomani caccia l' uno e l'altro dalle
contrade che erano cadute nelle loro mani (1). E se i romani
guardavano con occhio diffidente ogni sostenitore del papa,
ne avevario ben ragione, perchè ad essi fortemente spiaceva
che la sedia pontificale fosse stata trasferita ad Avignone.
Infatti, proprio in quell’anno, essi rinnuovarono fervide
istanze al papa, perchè facesse ritorno in Italia. Questi si
scusò adducendo pretesti (2), e intanto eccitò il popolo ad
opporsi energicamente al Bavaro e a stare in buon accordo
col re Roberto. Invece Sciarra Colonna, potentissimo capo
dei ghibellini, si prepara insieme agli altri nobili di parte
sua, ad accogliere degnamente l’imperatore Lodovico, il quale,
mentre si dirige a Roma, è ricevuto con solenni onoranze

(1) Vedi Cron. perug. in Arch. st. it., Tomo XVI, P. I pag. 95. Il cronista
dice che nella cacciata del principe di Morea caddero circa 500 romani.

(2) Anche gli scrittori più inclinati a favore di Giovanni XXII non negano, che
il Bavaro fosse chiamato a Roma dal popolo offeso, perché il papa non si era tra-
sferito in Italia, come essi ne lo avevano pregato (Cfr. MURAT, Annali; NOVAES,

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I GHIBELLINI DI AMELIA, ECC. - : 239

da Silvestro dei Gatti a Viterbo. I romani inviano ambascia-
tori al Bavaro, che con Sciarra e altri principi giunge a Roma,
vi assume la corona imperiale, e senza indugio vi pubblica
tre decreti suggeritigli dal bisogno che aveva di cattivarsi
in tutto la fiducia dei cittadini e del clero. Il primo decreto
riguardava la conservazione della fede cattolica, il secondo
la riverenza dovuta agli ecclesiastici, il terzo la tutela delle
vedove e dei pupilli. Con ciò egli intendeva mostrare di non
essere un eretico e di volere assumere anzi la parte di cam-
pione della fede e di difensore del clero, mentre coll’ultimo
decreto lusingava lo spirito popolare sempre disposto ad ac-
cogliere con favore le opere di pietà verso i deboli. Il po-
polo frattanto lo elegge senatore e capitano di Roma, e gli
otfre appoggio in ogni altra novità che voglia introdurre
nello Stato. È memorabile il parlamento tenuto nell aprile
del 1328 nella piazza di S. Pietro. Alla domanda se vi era
qualcuno che volesse difendere Jacopo da Caorsa (chè così
chiamavasi con aria di disprezzo il pontefice Giovanni XXII)
nessuno fiatò. Il quale silenzio non è da attribuire a viltà,
ma ad un accordo fatto, per mezzo dei capi di parte ghi-
bellina, collimperatore, di pubblicare poco appresso una
legge, per cui i papi da eleggersi in avvenire dovessero avere
la lor sede in Roma, né se ne potessero allontanare che per
soli tre mesi. Non sappiamo quanto sinceramente Lodovico
il Bavaro aderisse a questa condizione. Forse egli ritenne di
potere aver sempre parte diretta nell'elezione dei pontefici
in modo da mantenersi amica e soggetta l'alta autorità della
Chiesa; e in tal caso gli conveniva che Roma tornasse ad
essere la sede del pontificato, in cui avrebbe trovato un co-
stante e fedele appoggio alle ragioni dell'impero nell Urbe
e in tutta l'Italia. Ad ogni modo o fosse per calcolo della
sua mente (e a cui male avrebbero corrisposto i fatti) o per
ipocrita scaltrezza, il Bavaro, aderendo a questo vivo desi-
derio dei romani, ne conquistava la fiducia intera e un etfi-

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cace concorso al sogno di gloria e di potenza che lo agi-

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E altra prova di deferenza, essendo in Roma, diede a
quei principi (che insieme.a Castruccio Castracane ne lo
pregavano) liberando dalla prigionia Galeazzo Visconti. Ne
basta: ché quando poco dopo Lodovico fece il disegno della
spedizione nel Reame, e non poté condurre l'impresa per
l esercito male apparecchiato e per essergli venuto meno
l'aiuto di Federigo re di Sicilia, pure, scrivono gli storici,
unito coi romani potè fare qualche guerra a Roberto. Certo il

‘popolo romano aveva molto sperato in lui, e lo assisteva

con premura in ogni sogno dellambiziosa sua mente; ma
questa speranza si fondava sull opinione che egli avesse
animo pari al cimento. Or quando, all’ avvicinarsi di re Ro-
berto, Lodovico parte come un vinto trascinandosi dietro il
suo antipapa, ed esponendo così i romani alle rappresaglie
del re e dei ministri pontifici, non è meraviglia che il po-
polo dell' Urbe sonoramente lo fischiasse inseguendolo mentre
a grandi giornate si dirigeva a Viterbo (2). Questo fu l'ultimo
tracollo dato alla bilancia del suo potere in Roma che pure
tanta festa aveva mostrato di lui, e dico — l’ultimo tracollo —

(1) Questa legge fu pubblicata in Roma il 23 di aprile del 1328. A. migliore in-
telligenza della narrazione contenuta nel testo, riferiamo qui le principali date del
soggiorno di Lodovico in Roma. Vi giunse nel 7 gennaio 1328: nel 17 dello stesso
mese venne incoronato in S. Pietro, insieme alla. moglie Margherita, e pubblicò 1

tre decreti, di cui é stata fatta parola: indi creò senatore e suo vicario in Roma

Castruccio: nel 14 aprile emanò varie leggi contro gli eretici e i rei di lesa maestà
contro l’imperatore: nel 18 successivo tenne il grande Parlamento nella piazza di
S. Pietro, ove fu pronunziata la deposizione di papa Giovanni XXII dal pontificato :
nel 23 dello stesso mese pubblicò la legge perché Roma tornasse ad essere la sede

. dei pontefici: nel 12 maggio fece eleggere papa Pietro da Corvara abruzzese dell'or-

dine dei minori, che assunse il nome di Nicolò V: nel 4 agosto partì da Roma.

: (2) Parve anche al rettore d'Artois che ormai non si potesse aver più timore
del Bavaro. Infatti annunziando al papa la partenza di Lodovico da Roma, scrive
il 14 agosto del 1328 — « ex eo quod dampnatus Bavarus cum tota gente eius reliquit.

' Urbem, que modo per fideles Ecclesie domatur, ducalis provincia erat solito secu-

rior, ut credebam ... » — Credebam ! E aveva ragione di scrivere così, perché nel
15 settembre dello stesso anno sorgono nuovi sospetti nella provincia de adventu
Bavari (FUMI, I Reg. del ducato di Spoleto, in Boll..Vol. HI, pagg. 545-546, Doce. 301-303)
I GHIBELLINI DI AMELIA, ECC. 241

perchè già nei primi di quello stesso anno 1328 un certo
malumore contro di lui serpeggiava in Roma. per le novità
commesse, e che esponevano molti cittadini laici ed ecele-

siastici alle ire del pontefice. Il cronista perugino scrive che

nel gennaio 1328: — « se partirono de Roma molte chiercie
et religiose per la excomunicatione che glie fece contra Papa
Giovagnie, cioiè contra de lui [Bavaro] et suoie seguace »(1) —.

Ma nondimeno molti restarono fedeli a Lodovico, onde
a ragione il Muratori narra che — «le tante bestialità di lui
in arrogarsi l' autorità di deporre un papa legittimo e di
eleggerne un altro contro i riti e canoni della. Chiesa catto-
lica, stomacarono forte allora chiunque portava buona co-
scienza e lume di ragione; e solamente piacquero a molti
eretici e scismatici, tanto religiosi che secolari, dei quali era piena
la corte di esso Bavaro, e coi consigli dei quali soli egli si re-
golava » (2) —.

Se non che la fuga di Lodovico, come dissi, doveva ir-
ritare gli animi dei romani, che dall'autorità del re ghibel-
lino attendevano un rimedio ai gravissimi mali che cagio-
nava a Roma l assenza dei pontefici (3). Roma, partito il Ba-

(1) Veramente tra la notizia del cronista, di solito così bene informato, e quella
registrata dagli storici si avverte una qualche difformità. Giovanni XXI fulminò
contro il Bavaro anatema solenne il 15 luglio 1324 dopoché l’imperatore ebbe as-
sunto la difesa degli eretici in Germania: tornò a scomunicarlo nel 20 ottobre 1327
come nemico della Chiesa ed apostata, e una terza volta nel 1328 znsieme all’anti-
pupa Nicolò V. Ora la scomunica, a cui si riferisce il cronista perugino, non può
essere quest'ultima, perché egli ne parla nel gennaio del 1328 mentre la elezione di
Nicolò avvenne nel maggio di quell’anno. È probabile che si tratti o di una nuova
scomunica contro gli ecclesiastici fautori della illegittima consacrazione dell impe-
ratore, o di quella scagliata contro di lui e suoi seguaci nell'ottobre del 1327. Fra
le due ipotesi mi sembra da preferire la prima, perché nel 1327 il papa non poteva
comprendere fra gli scomunicati i chierici e religiosi di Roma, che non avevano an-
cora ricevuto e onorato il nuovo imperatore, e mentre anzi sperava lo discacciassero ;
e poi perché è verosimile che Giovanni XXII tornasse a fulminare di bel nuovo
l anatema contro il Bavaro e i suoi favoreggiatori (senza attendere che venisse e-
letto l'antipapa) non appena l’imperatore andò a occupare Roma.

,(3) Ann. d^ Italia, a. 1928.

(3) Le frasi poi alquanto vivaci che il cronista perugino usò in più luoghi del
suo racconto verso il Bavaro non possono recar meraviglia. Perugia, pel suo guel-
fismo e forse per un più felice intuito de’ suoi uomini di governo, non aveva volu-

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A 242 O. SCALVANTI

varo, fu occupata dai partigiani del Papa in nome di Gio-
vanni XXII, mentre ne uscivano i ghibellini Jacopo Savelli
e Sciarra Colonna seguaci di Lodovico (1). Ma, ad onta delle
preghiere inviate dai romani al pontefice, e ad onta degli
atti di filiale sottomissione -che verso di lui vollero compiuti,
lo spirito pubblico del popolo di Roma non mutò sostanzial-
mente in ciò che si riferiva alle vicende politiche, tanto che
nell’anno 1329, colta occasione dalla carestia, i romani in-
sorsero contro Guglielmo d’ Eboli vicario di re Roberto e
allora coll’ appoggio dei guelfi eletto senatore di Roma, e
vituperosamente lo cacciarono dalla città creando senatori
Stefano Colonna e Ponciello degli Orsini.

È inutile narrare le ulteriori vicende della fallita im-
presa di Lodovico. Fuggito da Roma, si reca a Pisa, indi a
Pavia, a Cremona e a Parma, dove matura il disegno di oc-
cupare Bologna. Ma il legato pontificio vegliava, e così fie-
ramente gli si oppose che egli dovette riparare a Pavia; e
di là far ritorno in Germania, di dove non venne mai più in
Italia.

Non era ancora estinto in Roma e in tutta Italia lo spi-
rito ghibellino, il quale per la venuta del Bavaro aveva così
fortemente operato, che entrava nella scena politica Giovanni
re di Boemia. Il Bavaro lo sceglie, insieme ad altri principi
che crede a sè devoti, per comporre le sue vertenze col
papa, dichiarandosi pronto a cassare ogni suo atto purché
gli si conservi l'autorità imperiale. Il papa non consente.
Intanto la lotta tra le due fazioni manda qua e là in Italia

to parteggiare per l’imperatore, e si era serbata fedele alla causa del pontefice e
di re Roberto..Tanto é vero, che quando il legato bolognese cardinal Beltrando Dal
Poggetto (non men tristo del Bavaro) nel 1329 volle opporsi all’acquisto di. Bologna,
che era negl’intendimenti di Lodovico, ebbe ricorso ai fiorentini ed ai perugini, i
quali gli mandarono duecento cavalli capitanati da Bernardino Conte di Marsciano,
mentre della stessa spedizione facevano parte Cucco e Filippuccio dei Baglioni,
Tinto dei Michelotti, Agnolello del Riccio, Andruccio di Ghocciolo, Pellolo di Lapo
e Ranaldo di Nino. Ma di ciò meglio diremo, a suo luogo, nel testo.

(1) Sciarra Colonna mori poco tempo dopo (MuRATORI, Ann, 1328).

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I GHIBELLINI DI AMELIA, ECC. 245

tristi bagliori di guerra civile, e ai ghibellini sembra che per
ristorare la parte loro giunga in buon punto Giovanni di
Boemia. E qui gli scrittori si fermano a considerare che la
venuta di lui in Italia diede allora e dà tuttavia da strolo- '
gare ai politici e agli storici (1). In verità il punto storico, come
dice il Muratori, non è facile a decifrarsi. Le domande si
affollano alla mente: Giovanni di Boemia, come molto attac-
cato a Lodovico, venne in Italia per sostenere i ghibellini ?
Fu vicario del Bavaro? Quali rapporti ebbe realmente col
pontefice? A queste domande parmi si possa rispondere, che
certo il Raynaldo ha ragione di credere, che Giovanni rap-
presentasse nei principî della sua impresa il partito ghibel-
lino in Italia, perchè ciò gli assicurava l'appoggio del Ba-
varo e la fedeltà di molti signori e popoli italiani che tene-
rano le parti dell'impero e che erano potentissimi (2). A
nulla monta che il Bavaro segretamente se la intendesse con
Giovanni XXII. Alla indagine storica basta questo segreto
accordo sebbene non positivamente accertato. E di vero, a
che scopo si sarebbe fatto un mistero degli accordi interve-
nuti fra il pontefice e Giovanni, se questi, almeno apparen-
temente, non avesse cercato di rappresentare il partito dei
ghibellini? Il teatro era pronto, e bisognava recitarvi una
commedia. Giovanni di Boemia, di fronte al Bavaro, afferma
i suoi intendimenti ghibellini, e fa mostra di voler restau-
rare in Italia l'imperiale autorità. Con ciò soddisfa al Ba-
varo, da cui non poco doveva temere avendolo nemico (co
me si vide di poi), e piace insieme a tutti coloro che avevano
seguito la fortuna dell'impero. Questo era ciò che doveva
apparire, e che formava, a dir cosi, la ragione di essere del-
l'intervento di Giovanni nelle cose d'Italia. Quindi i maneggi,
se ve ne furono, col papa, dovevano, come attestano gli sto-
rici, rimanere segreti. Il Muratori poi, secondo me, ha dato

(1) MURAT, Ann. d^ It., a. 1331.
(2) RAYNALDUS in Az Eccles. ad ann. 1330, n. 39.
244 O. SCALVANTI

nel segno supponendo che Giovaani XXII non avesse mano
alcuna nel chiamare in Italia il re boemo, giacchè non pare
verosimile che il papa giuocasse una partita di tanto rischio
favorendo l'impresa di chi era o almeno si mostrava amico
del Bavaro e seguace o capo della fazione ghibellina; e che
solo, come ammette il Villani (1), lo secondasse e favorisse
dopo la sua venuta in Italia, compiacendosi della di lui gran-
dezza, perchè sempre più veniva a tener lontano dall Italia l'odiato
Bavaro. L'unico in buona fede (pare impossibile, ma forse è
cosi) era l'imperatore Lodovico, il quale si lusingava per dav-
vero che Giovanni di Boemia ad altro non pensasse, né altro
volesse che il trionfo dell' impero sulla fazione guelfa. Inoltre
il grande storico ha ragione di sostenere che il pontefice fosse
indotto a serbare il segreto circa i suoi rapporti col Boemo
anche per non disgustare il re Roberto aspirante al regno
italico.

Intanto Giovanni ‘astutamente si accinge ad un’opera di
pace, e ne riceve lodi dovunque. Egli mostra di essere il
rappresentante di un impero, che voleva pace, giustizia, con-
cordia e prosperità nelle travagliate terre d’Italia. Perciò è
molto verosimile che egli, non essendo imperatore, si affer-
masse vicario dell'impero, come altri storici ritengono.

Così siamo giunti all'anno. 1331, in cui il Boemo recita
la sua parte di paciere, mentre pensa all’ esclusivo dominio
d’Italia. Qual fede gli aggiustarono i principi, i popoli ita-
liani e lo stesso Lodovico? La maschera cadde presto dal
volto di re Giovanni, e proprio in quell’anno si vide cosa

che, secondo gli storici, destò uno stupore generale, e cioè

che guelfi e ghibellini divenissero ad un tratto uniti per ab-
bassare il re di Boemia. Stupirne! E perchè? I ghibellini
compresero di essere ingannati da lui coi trattati del 16 e
17 aprile tenuti in Castelfranco e in Piumazzo tra lo stesso

Giovanni, il conte di Savoia e Beltrando Dal Poggetto. Si

(1) Cronache, lib. X, e. 173.

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diio PS S

| GHIBELLINI DI AMELIA, ECC. 245

cercò, è vero, di non far trapelare. nulla di quanto era pas-
sato in quei colloqui, ma per illuminare i ghibellini bastava il
fatto che un vicario dell impero venisse a patti col legato pon-
tificio. La qual cosa doveva disgustare. anche i guelfi stanchi
delle: frodi, dei maneggi e delle prepotenze del terribile pre-
lato. Era naturale quindi, e non cosa da stupire, che si facesse
una levata di scudi contro chi si mostrava infido verso tutti.
All’urlo di indignazione dei popoli italiani si unì Lodovico il
Bavaro, e anche questo è degnissimo di nota. O che i ghi-
bellini avessero direttamente o indirettamente ricorso per
aiuto all'imperatore, o che questi senza bisogno di esservi
eccitato volesse dimostrare il proprio sdegno verso il Boemo,
che oltre fargli tradimento, non aveva temuto di stabilire
accordi col legato Dal Poggetto, suo fiero ed implacabile ne-
mico, il fatto sta che nello stesso anno egli stimola i re di

a

Polonia e di Ungheria e il duca d’ Austria contro Giovanni .

di Boemia, i quali gli muovono aspra guerra recando im-
mensi danni ai suoi possedimenti di Germania. Intanto il
legato Beltrando accresce ogni di più la sua potenza. Creato
conte della Romagna e marchese della Marca di Ancona egli
minaccia guerra e rovina agli Estensi, ai fiorentini e a chiun-
que si dichiari avverso a lui e a Giovanni di Boemia suo
collegato: tiene parlamento generale a Faeuza: prende pos-
sesso di Forli: fa prigioni i maggiorenti di Bologna, e tutto
ció opera mentre il Boemo, dismesse le ipocrisie, si reca ad
Avignone per abboccarsi col papa, sfidando, ora che poteva
farlo senza pericolo, la sospettosa e antica gelosia del re
Roberto di Napoli. E il papa con sottile accorgimento con-
tinua i raggiri e gli inganni mostrando disapprovare le con-
quiste del Boemo, ma godendone in cuor suo. In chi dove-
vano oramai riporre fiducia i ghibellini, dal momento che
trionfavano le armi del legato e del re traditore? E non si
trattava di semplici protettorati, di supremazie, di libertà à
mezzo soppresse e a mezzo consentite: si trattava di vere
tirannidi che il Dal Poggetto fondava qua e là o per proprio

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TRE 946 O. SCALVANTI

conto o per conto del re. È ovvio quindi che i ghibellini si
sentissero indotti a riconoscere ancora integra ed intatta
l'autorità imperiale del Bavaro, prima perchè, sebbene ille-
gittimamente consacrato, Lodovico era pur sempre l'impe-
ratore, e poi perché, malgrado i suoi errori, le sue intem-
peranze e le sue crudeltà, egli aveva serbato fede alla parte
ghibellina rompendola col papa, opponendosi alla potenza del
fraudolento legato e guerreggiando contro i loro sostenitori.
Tutti questi avvenimenti si svolgevano (lo noti il lettore) nel
1332, ossia nell’anno a cui appartiene l'epigrafe che ha dato
occasione a questo scritto. A Roma poi la indignazione con-
tro il pontefice tanto più doveva divampare in quanto per
lassenza di lui infierivano le maledette discordie tra i Co-
lonna e gli Orsini, e lo spirito pubblico doveva sempre piü
volgersi alla parte ghibellina, giacchè mai si era veduta per
tutta Italia tanta fiamma d’incendio, tanto crollo di libertà,
tanto abominio di governi. Si osservi poi che un anno dopo
nel 1333, in Roma furono uccisi a tradimento Bernardo e
Francesco Orsini; e gli storici narrano (1) che autore della
strage fu Stefano di Sciarra Colonna, il figlio cioè del capo
dei ghibellini romani, che, come vedemmo, nel gennaio del
1328 accompagnò a Roma festante Lodovico il Bavaro, e ne
usci nell'agosto dello stesso anno dopo la fuga dell’ impera-
tore. Adunque nel 1333 Stefano di Sciarra Colonna lottava
contro gli Orsini attirandosi le ire del legato apostolico Gio-
vanni.

Ora se una qualche autorità manteneva il Bavaro in
Italia anche dopo il suo ritorno in Germania, a più forte ra-
gione doveva averla conservata in Amelia e nelle terre cir-
costanti, che si erano mostrate per non dubbie prove acer-
rime nemiche della Chiesa e del guelfismo. È noto che le
loro ribellioni, come tutte le altre che si ebbero in Italia
durante la prima metà del secolo XIV, furono alimentate da

(1) VILLANI, Cronache, Lib. X, c
I GHIBELLINI DI AMELIA, ECC. 247

due ordini di ragioni, che noi possiamo distinguere ma non
separare, perchè sono e saranno sempre collegate fra loro,
cioè la ragion religiosa e la ragion politica. Il Fumi, nella
stupenda ricostruzione che egli ha fatto di questo fortunoso '
periodo di storia (1), acutamente osserva: — « Di sotto all'ar-
ruffio delle dispute scolastiche si affacciava una questione
molto più seria che imponeva i limiti alla podestà pontificia,
oltre la quale si invocava l autorità della Chiesa, del Con-
cilio (2) e dell’ imperatore. Era insomma il contrasto d'idee
e di principî, cui corrisponde contro la violenza dei signo-
rotti l'affermarsi di ordini ringiovaniti e fatti gagliardi dal
concetto giuridico che si affacciava allora della democrazia;
ed è appunto il concetto democratico che vien fuori dalla
contesa fra il Bavaro e Giovanni XXII; è il principio della
sovranità popolare come vera teorica ». — Questa teorica, nei
tempi oggetto del nostro studio, doveva metter capo alla
recisa affermazione di Bartolo da Sassoferrato — Civitas peru-
sina non subsit Ecclesie nec imperio — avviluppata ancora nelle
sottigliezze del formalismo scolastico (3), ed alla proclama-
zione sicura, efficace, eloquente del grande discepolo, Baldo
degli Ubaldi, intorno alla sovranità popolare. Commentando
egli il fr. 7 Dig. De iustitia et iure, così insegnava: — « Populi
ergo aut vivunt communibus legibus aut propriis statutis,
vel propriis consuetudinibus... Mox restat videre numquid in
tali statuto requiratur auctoritas superioris. Videtur, quod
non; quia populi sunt de iure gentium, ergo regimen populi

(1) Vedi l'Opera Eretici e ribelli nell Umbria in Bollett. di Storia Patria per
Umbria, Vol. HI, pag. 260. j

(2) Per citare un solo esempio di quell'epoea storica, é noto che durante le
prime avvisaglie tra il Bavaro e Giovanni XXII, l’imperatore nel 1324 si appello dal
papa al Concilio.

(3) Infatti il Bartolo giunge a tale affermazione con questo ragionamento : « Et
si dicas quiequid non subest Imperio est sub Ecclesia, concedo; nisi Civitas aliqua
non subsit Ecclesiae ex privilegio concesso, sed Perusina est huiusmodi, nam Impe-
rator donavit eam Ecclesiae, seu permutavit cum ea, et ex privilegio Ecclesia libe-
ravit eam » (Cfr. SCALVANTI, Un’ opinione del Bartolo sulla libertà perugina, in
Boll. della Società umbra di St. Patr., Vol. II, pag. 59.

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48. O. SCALVANTI

est de iure gentium ; sed regimen non potest esse sine le-

gibus et statutis; ergo eo ipso quod populus habet esse, habet

per consequens. regimen in suo esse sicut omne animal re-
gitur a suo spiritu proprio et anima, et si bene se regit non
potest superior se impedire ; quia propter bene viventes non
sunt factae leges prohibitoriae sed propter errantes, nam si na-

turaliter ea quae legis sunt faciunt, ipsi sibi sunt lex, et sanis

non opus est extranea medicina. Si ergo statuta sunt bona
secundum exigentiam et conservationem publicam illius loci,
non indigent alio directore, quia confirmata sunt ex propria
naturali iustitia... Praeterea quantum unumquodque habet de
forma essentiali, tantum habet de virtute activa. Sed populus
habet formam ex se, ergo et exercitium conservandi se in esse
suo et in forma propria ». — È facile osservare che dall’ em-
pirismo legale del Bartolo laboriosamente stillato dalle forme

“contrattuali del gius comune, si è giunti col Baldo ad una

concezione organica, veramente scientifica della sovranità na-

zionale. In ispecie nel passo sulla legge — Omnes populi —
da noi riferito debbono notarsi le frasi — on opus est ex-
tranea medicina — e — statuta non indigent alio directore —

che sono dirette a colpire qualunque ingerenza di imperatore

o di papa nell attività legislativa del popolo, il quale quanto

ha. di forma essenziale e tanto deve avere di virti attiva.
^ Questo nell’ ordine del pensiero. In quello dei fatti 1° ac-
cennata teoria doveva metter capo all'audace tentativo di
Cola di Rienzo, accolto con favore dalle città del Dominio,
anche di parte guelfa, e poi cosi presto e miseramente fallito.
Ma se in tutta Italia discernevasi cosi chiaramente la
influenza di quelle dottrine di carattere religioso e politico,
tanto più doveva essa avvertirsi nelle terre soggette alla
Chiesa, perché qui acquistavano entrambe un particolare
valore.
Se non che, nell ambiente storico, quanto piü ormai lo
Spirito di libertà non trovava modo di organizzarsi forte-
mente per il dilagare delle tirannidi, e tanto più esso cer-

———
ti

ri

I GHIBELLINI DI AMELIA, ECC. 249

cava nell'impero una forza ed un' autorità che valesse a
difenderlo dalle intemperanze della Chiesa romana sì nel
campo religioso che nel politico. Onde vien naturalmente di-
segnandosi nel quadro della storia di questi tempi I improv-
viso risorgere della fazione ghibellina, la quale, malgrado i
suoi traviamenti, rappresentava nell'orbita delle idee la eman-
cipazione del pensiero dalle oscure ambagi del freddo do-
gmatismo scolastico, e nell’ orbita politica esprimeva la so-
gnata libertà da un potere civile, che unito al maestrato
sacro, sembrava ed era di danno irreparabile alla grandezza
e purità della Chiesa (1) e alla pace dei popoli. E quando
il Fumi ci parla di un nuovo e trionfante concetto giuridico
della democrazia a quel tempo, dice cosa verissima, testi-
moniata cioè da documenti, come vedremo nel seguito di

(1) È noto, e qui vogliamo solo ricordarlo, che a quei dì sorse fra i domeni-
cani e i minori di S. Francesco di Assisi la celebre disputa sulla povertà di Cristo
e degli Apostoli. Allora il pontefice Giovanni nel 1323 dichiarò che la Costituzione
con eui Nicolò IV (e non Nicolò III, come si legge presso molti scrittori), aveva con-
cesso ai minori francescani l’uso delle cose, il dominio delle quali riserbava alla
Chiesa romana (Cap. Exiit, Lib V, Tit. XII, De verb. signific. in VI Decr.), illustrata
poi e confermata da Clemente V (Cap. Ewivií de paradiso, Lib. V, Tit. XI, De verb.
signific. in Clement.) non si doveva riferire a quelle cose, che si consumano col-
l'uso (ExrRav. Cap. Ad conditorem, Tit. XIV), soggiungendo che coloro, i quali affer-
massero che Cristo e gli Apostoli non possedettero cosa alcuna né in comune né in
privato fossero annoverati fra gli eretici (Ex'rRAV. Cum. inter nonnullos, Tit. XIV,
Cap. IV). Né bastandogli questa Costituzione, Giovanni vi torno sopra nel 1324 (Ex-
TRAV. Quia quorundam, eod. tit., Cap. V). E se si ricorda ancora, che sotto Clemente V
i Fraticelli, i Dolcinisti, ecc. in fine delle fini si erano levati contro la Chiesa accu-
sandola di avarizia e di simonia, ognuno deve esser persuaso, che il soverchio attac-
camento ai beni mondani già era uno dei motizi della fiera ribellione, che in ispe-
cie aleuni ordini religiosi minacciavano contro il papato. E quel Michele da Cesena,
che non volle piegare alla Costituzione di Giovanni XXII del 1324, dianzi citata,
non era che il Ministro generale dell'Ordine dei minori di S. Francesco. Ebbene
questi, che si dicevano eretici, alla lor volta tacciavano il papa d'eretico e simo-
niaco, e associando la religione alla politica, si davano a favorire il Bavaro, il quale,
li proteggeva non euranco i fulmini del pontefice. E cosi, mentre i papi infierivano
contro l'imperatore taeciandolo di eresia perché seguiva gli errori dei Fraticelli,
l imperatore dal canto suo proseguiva il suo fine politico, ed entrava risolutamente
nel campo religioso profittando di Giovanni Gianduno da Perugia e di Marsilio di
Menandro da Padova perché volessero infirmare gli atti e la stessa elezione del
papa.

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950 : O. SCALVANTI

questo scritto parlando dei fatti di Amelia alla venuta di Lo-
dovico il Bavaro.

I ribelli trovavano dunque ragione a combattere nel
papa la dispotica podestà e insieme quello che a lor sem-
brava eresia, e non è da stupire che a (Giovanni XXII si
dessero gli spregievoli appellativi di anticristo, erestarca e
dragone a sette teste dell’ Apocalisse (1). Tali ribelli perciò, non
uscivano solamente dal campo degli spiritualisti, ma anche
da quello dei ghibellini, cui premeva si mantenesse alto il
prestigio dell’ impero, affinchè temperasse la soverchiante au-
torità della Chiesa. È certo del pari che essi vennero in-
fervorandosi alla contesa anche per l'assenza della Curia
da Roma, poichè tornava loro facile acquistare nuovi parti-
giani persuadendoli (e non ve n'era poi troppo bisogno) che
il papa coll abbandonare l'Italia aveva mancato al suo uf-
ficio di moderazione e di pace. Onde poco più innanzi lo
stesso Fumi associando i due concetti scrive che — « lo
spirito di libertà entrato nelle questioni religiose si faceva
strada in mezzo ai ghibellini » — per opera di uomini dotti,
che volevano adoperarsi colle armi della persuasione, mentre
altri attendeva a prevalere nel dominio con quelle della
guerra. Infatti quando alcuni scrittori sostennero — « quod
beatus Petrus apostolus non plus auctoritatis habuerit quam
alii apostoli habuerunt, nec aliorum apostolorum fuit caput,
quodque Christus nullum caput dimisit ecclesiae nec aliquem

vicarium suum fecit » — e che — « ad imperatorem spectat
papam instituere et destituere ac punire » — essi giovavano

alla causa della libertà religiosa e alla causa ghibellina, tanto

(1) Se si tien conto di questi titoli dispregiativi dati dal popolo al papa ed
alla Chiesa, spesso chiamata simoriaca e donna da bordello, è facile considerare
che essi venivano suggeriti alle plebi dagli stessi ecclesiastici ribelli. Per es. quel
chiamare il pontefice — dragone « sette teste — torna spontaneo alla nostra mente
il'versetto dell'Apocalisse — « Et vidi mulierem sedentem super bestiam coccineam,
plenam nominibus blasphemiae, habentem capita septem et cornua decem. Et mu-
lier erat circumdata purpura, et coccino et inaurato auro, et lapide pretioso etc.
(Cap. XVII, v. 3 e 4) » —.
I GHIBELLINI DI AMELIA, ECC.. 9251

che non é meraviglia che cotali opinioni si trovino riassunte
nell'A/fo procuratorio di Lodovico il Bavaro del 28 ottobre
1333 (1).
Intanto lo stato di rivolta si stabiliva minaccioso nel-
l'Italia centrale. Spoleto nel 1319 inalza il vessillo della in-
'surrezione, e si leva fieramente a combattere, tirandosi dietro
tutta l'Umbria in una fiamma di risorte speranze ghibelline
per opera di Federico da Montefeltro. E al movimento po-
litico prendon parte gli eretici, ossia i seguaci di Federigo,
da Giovanni XXII scomunicato e chiamato perfido, idola-
tra, pubblico nemico di Dio e rabbioso persecutore della
Chiesa sua sposa (2). Ormai le ribelli città dell’antico do-
minio non si contano più. Gualdo di Nocera, Foligno, Gub-
bio, Norcia, Bettona, Bevagna, Cannara, Spello, Trevi, As-
sisi, Spoleto, Gualdo Cattaneo, Castel Litaldo, Rocca S. Giu-
liano, Cascia, Pomonte, Montefalco, Monticolo, Giano, Ca-
stelbono, tutte insorgono, quale rifiutando i tributi, quale
sequestrando le milizie papali, quale apertamente dispre-
giando i fulminati interdetti, quale rifiutando il concorso
delle armi in favore della Chiesa, quale scendendo a guerra
aperta, e quale favorendo e ricettando il conte di Montefel-
tro (3). E la vasta congiura si stringe entro il lasso di poco
più di quattro anni! In questo intrecciarsi di idee e di cor-
renti politiche e religiose e in questo cozzo di armi, solo Pe-
rugia rimane fedele al guelfismo; e sebbene io non creda,
come è parso ad uno storico illustre, che se Perugia: non

(1) Cfr. FUMI, Op. cit. in Boll., Vol. III, pag. 269 e nota 3. L' atto procuratorio
di Lodovico è tracciato sulle idee espresse da Gianduno da Perugia e Marsilio da
Padova nel libro — Defensoriwvm pacis — che essi nel 1320 dedicarono a Lodovico
il Bavaro. Tratta esso della imperiale ed ecclesiastica giurisdizione, e fu solenne-
mente eondannato dal pontefice con Bolla riferitaci dal Raynaldo (Az. eccles., anno

1327, n. 28 e segg.). Cfr. BALUZIO, Tomo VII, Miscell., pag. 311; ALVARO PELAGIO, De

planctu Eccl.,lib. 7 e cap. 68; NATALE ALESSANDRO, Hist. Eccles., Sec. XIII e XIV, cap.
3, art. 13, Tomo VIII, ecc.

(2) FUMI, Op. cit., in Bott. Vol. III, pag. 435.

(3) FUMI, Op. cit. pag. 247.

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avesse tenuto alta l'insegna delle chiavi, il partito ghibellino,

sollevatosi con tanto sforzo, non sarebbe caduto cosi presto,

pure é indubitato che essa molto contribui nel ridurre gran
parte dei ribelli all'obbedienza verso la Chiesa.

Di questo favore dato da Perugia alla parte guelfa nei
tempi, di cui trattiamo, si hanno, oltre i fatti più noti, altre
irrefragabili prove. Nel 1319 il rettore del Patrimonio ricorre
ai perugini perchè trattino la composizione tra la Chiesa e
Gualdo di Nocera (1), al quale negozio attesero Francesco
da Perugia, legum doctor (2), e Grazia pure giureconsulto della
stessa città. Pochi anni appresso, nel 1324, il pontefice scri-
vendo a Giovanni di Amelio, tesoriere del Ducato, dopo
aver fatto cenno della perfidia degli spoletini — « qui con-
tra deum nos et romanam ecclesiam suosque concives Eccle-
sie romane fideles varia scelera detestanda et orrenda facinora
preter dampnande rebellionis audaciam contra nos et Eccle-
siam eandem presumptam commisse, seque per actus suos
execrabiles et dampnatos, qui longe narrationis seriem exi-
gerent, si recitarentur singulariter, exorbitare a catholice fidei
veritate monstrasse noscuntur, vim armorum cum in suis sint
indurati malitiis et nequitiis hostinati, fore adhibendam » —
volgendosi ai perugini, di cui gli è necessario il soccorso, li
chiama — « Dei et Ecclesie strenuos et pugiles et athletas (3) ».

Apparisce inoltre che Perugia fino dal 1324 aveva fa-
vorito col suo consiglio la repressione contra inlrinsecos spo-
letanos (4). Continui poi sono i rapporti fra il rettore e Pe-
rugia per queste gravissime contese fra la Curia e Spoleto (5).
E il grande attaccamento dei perugini agl'interessi della

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(1) FUMI, I registri del ducato di Spoleto, in Boll. di St. Patr., Vol. III, pag. 504.
(2) Francesco di Odduccio, insegnante della ragion civile nell’ Ateneo di Peru-
gia. Figura tra i dottori dello Studio dall'anno 1310.
(3) FUMI, Op. cit. Vol. III, pag. 515.
(4) FUMI, V. nota preced. (Cfr. anche pag. 516, Doc. 118 dell'a. 1323,
pag. 517. Doc. 125 e pag. 521, Doc. 151).
(5) FUMI, Op. cit., Vol. III, pag. 521, Doc. 152-153.
= ——

I GHIBELLINI DI AMELIA, ECC.

Chiesa fece si che nel 1326 quei di Spoleto non volessero
accogliere per podestà Becellio dei Baglioni (1) Alla sua
volta il rettore del Patrimonio esercita un ufficio di prote-

zione verso lalleata città, come nel 1325 per le differenze

insorte tra Firenze e Perugia (2); che fa riscontro ai servigi
di uomini e di danari, che egli le domanda nelle piü gravi
contingenze di guerra (3), e alle frequenti e richieste in-
tromissioni dei perugini nelle faccende politiche del Pa-
pato (4).

Chiediamo venia al lettore di questa breve digressione,
e tornando al nostro argomento osserviamo che se si abban-
dona per un poco l'osservazione dei fatti più drammatici di
questo periodo di storia, e si investiga lo spirito popolare an-
che là dove sembrava domata la furia delle fazioni e restaurato
l'ordine e la pace, è facile persuaderci che il ghibellinismo
aveva ormai gettato profonde radici. Fra i molti fatti che si
potrebbero allegare ci contenteremo di due soli, perché certi e
sicuri. Risulta che anche quando il papa avignonese si mostrò

(1) Fumi, Op. cit., Vol. III, pag. 322, Doc. 22
(2) FUMI, Op. cit., Vol. VI, pag. 39, Doc. 1

(3) FUMI, Op. cit., Vol. VI, pag. 41, Doc. 23 e 26.

(4) Nel 1333 fu convocato un grande partamento in Spello — «d requisitionem

27 e 228.


3.
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perusinorum, quod cum eisdem perusinis fieret liga et societas in honorem S. M. E.
Certo anche nell'epoca, di cui si parla, qualche discordia puo essere insorta fra
Perugia e la Chiesa, perché la prudente repubblica mirava a non esagerare di
troppo la sua potenza verso i ghibellini di altre temute città dell'Umbria. E giacché
si è parlato dell'intervento dei perugini nei torbidi fra la Curia e Spoleto, si rileva
da documenti, che i magistrati di Perugia diedero alquanto a pensare al rettore,
quando nel 1324 si erano assunti l'obbligo di adoperarsi come arbitri — « pro ne-
gotio et pace Spoletanorum » — e non pareva che ad esso intendessero col dovuto
zelo soddisfare (Vedi FumI, 7 registri del ducato di Spoleto, Vol. HI, pag. 522, Do-
cumento 155, e ANSIDEI, Sw alcuni rapporti fra Perugia e Spoleto nel secolo XIV in
Boll. di St. Patr. per U Umbria, Vol. III, pag. 550; ed è notevole che fra i capitoli
dell'accordo approvati in Perugia il 23 settembre 1323 e dall’ Ansidei pubblicati,
fu posta dal Vice-rettore del Ducato e dal legato la condizione di introdurre in Spo-
leto — ultra gentem armigeram quam habent ad stipendium Ecclesie, CC milites
armigeros perusinos). Altra ragione di qualche risentimento si ebbe fra ll retto-
rato e Perugia per la designazione del podestà spoletino fatta dai perugini (FUMI,
op. cit., Vol. III, pag. 521, Doc. 152 e pag. 524, Doc. 173. Vedi per altre differenze a

pag. 526, Doc. 189 e 190, e pag. 539, Doc. 203, 266 ecc.).

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^ 951 : O. SCALVANTI

‘disposto ad accogliere le domande dei popoli del suo dominio,

questi osarono travisare i fatti per aver motivo di riprendere
più accaniti la lotta e correre agli eccessi, come è proprio di
tutte le fazioni e in ispecie di quelle che non sortirono la for-
tuna di un capo scaltro, prudente e coraggioso. È noto che nel
1532 i ghibellini fecero strage dei guelfi a Collerisciano. Il
massacro immane gridava vendetta. Ma essi dichiararono che
quello : scoppio di indignazione, di odio e di rabbia non era
altro che la conseguenza del contegno burbanzoso e violento
del papa verso gli ambasciatori speditigli dai ghibellini. E
non era vero, e giustizia vuole, come ha notato il Fumi, si

riconosca essersi il papa diportato in quella occasione con
particolare benignità. Giovanni XXII rispose solamente ai

legati: volere esser certo della sincerità dei loro animi, e che
non si trattasse di simulata sottomissione ai suoi voleri. Cosi
diede incarico a messer Ademaro Farga di verificare — « quod
rebellionis atque perfidie spreto contagio et fermento malicie
veteri expurgato, se et res et bona eorum, dictamque terram,
territorium et districtum ipsius restituendo pwre submittant
et libere nostris et predicte Romane Ecclesie solitis benepla-
citis et mandatis; et si verba sic rebus convenient, quod illis
facta equaliter recompensent, statim predictam terram cum
eius territorio et districtu nomine nostro et eiusdem Romane
Eeclesie in vestris recipere manibus, et ad nostrum ac Ro-
mane ipsius Ecclesie pristinum revocare dominium stu-
deat» —. Evidentemente il papa non dava fede alle proteste
degli spoletini, ma ne aveva ben ragione, perché essi all'og-
getto di placarne l animo tendevano a fargli credere che Ja

cacciata dei guelfi non era stata fatta in odio alla Chiesa, ma

per amore della pubblica quiete, che questi turbavano aspi-
rando alla tirannia della città (1). Ora la verità era questa,

che le violenze contro i guelfi avevano carattere di lotte di

(1) Cfr. FUMI, Eretici e ribelli nell’ Umbria, in Boll. Vol. III, pagg. 458 e 460,
Nota 1.

Mr
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I GHIBELLINI DI AMELIA, ECC. 255

partito, e non é da stupire che gl'infingimenti degli spoletini
fossero noti al pontefice, il quale parla di un vecchio fermento
di malizia, che in quei popoli ad ora ad ora si manifestava.
Lo che dimostra vie più che i ribelli, pur destreggiandosi*
con varia fortuna, non abbandonavano mai il loro program-
ma di libertà politica. Potevano tutt'al più velare con la si-
mulazione, talvolta abilmente intessuta, i loro sentimenti, ma
sradicarli dall'animo, no. Cosi mentre gli spoletini tentavano
di ingannare il pontefice con parole, che non rispondevano
né ai loro convincimenti né ai fatti, prendevano occasione
dai giusti sospetti di lui per infierire contro i.guelfi di cui
si desiderava l'esterminio.

E della persistenza che i ghibellini dell'Italia centrale
mostrarono nel promuovere il trionfo delle loro idee, altro
esempio si ha negli effetti riportati dal cardinale Albornoz
durante il suo governo nell Umbria. Parvero allora, ma so-
lamente parvero, quietate le ire di parte. Orvieto, Amelia,
Narni, Terni e Rieti concedettero a lui e a Innocenzo VI il
regime delle loro città, ma l’avversione all’autorità rettorale
del Patrimonio durò sempre (1).

Questo in genere della vivace contesa tra i ghibellini e
la Chiesa nell'Umbria. Veniamo ora particolarmente ad Ame-
lia. Che nel 1339 questa potente città si distaccasse dalla
Chiesa per opera specialmente dei todini e degli Alviano può
essere; ma che fosse all’ influenza loro dovuto in ogni tempo
il fervore degli amerini per la causa ghibellina ci pare smen-
tito dalle testimonianze degli storici e dai documenti. Resulta
infatti che alla discesa dell'imperatore tedesco Amelia si
ribellò alla Chiesa con entusiasmo non più veduto, trasci-
nando (giova notarlo) mella ribellione anche le terre circo-
stanti (2). — « In Amelia, scrive il Fumi, le passioni religiose

(1) ANTONELLI, Notizie umbre tratte dai vegistri del Patrimonio di S. Pietro
in. Tuscia (Bollett. di St. Patria per 1 Umbria, Vol. IX, pag. 384).
(2) ANTONELLI, Op. cit. pag. 384.

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li 256 O. SCALVANTI

e politiche bruciavano » —. Venuto il Bavaro, fu uno scoppio
di frenesia ghibellina e anche, diciamolo pure, di plebee in-
vettive contro il papa e la Chiesa. Meglio delle narrazioni
degli storici servono alla verità i documenti relativi al pro-
cesso formato, per denuncia di Manno vescovo di Amelia,
nei mesi di ottobre e novembre del 1329 in Perugia contra
Amelienses. Da queste carte (1) si rileva che le grida emesse
in Amelia per la venuta di Lodovico furono l espressione

del più feroce ghibellinismo. Si grida — moriatur Ecclesia
romana — il pontefice Giovanni si chiama in tono dispre-

giativo Jacobus de Chaors o Chathors, e gli si affibbiano i ti-
toli di paterenus, sive hereticus, Johannes canis, sodomita, falsus
papa etc. La Chiesa romana è detta puctana, bordelaria, si-
moniaca. E naturalmente per spirito di parte non potevano
essere dimenticati i seguaci del papa, i guelfi, e cosi si urla
morte a Jacopo di Chaors e a tutti -coloro, che sib adherent.
Si sa inoltre che al giungere della notizia dell' incoronazione
di Lodovico, molti amerini, fra i quali l'abbate di S. Bene-
detto, il Priore di S. Giovanni, l'Abbate di S. Secondiano e
il Priore di S. Pietro, — « fecerunt rotam et cohortem, et
ludebant per terram clamantes et dicentes — Viva etc.» —
I testi poi dicono essere publicum et notorium in civitate Ame-
lie, che al momento in cui il Bavaro entrò in Roma — « ma-
gna (notisi bene) multitudine ameliensium adunata, in loco dicte
civitatis, quod dicitur spiazo, unum saccum plebis impleverunt,
et nominabant eum pp. Johannem, et ipsum postmodum com-

buxerunt ». — Il teste aggiunge che passando di là il giorno
dopo udi un tale che disse: — « Hic fuit combustus pp. Jo-
hannes ». — L'odio non ha più freno, e si legge, che — « in

eodem Civitate multi amelienses vocabant quandam canem
nomine summi pontificis, scilicet papa Johagne, et postmodum
in eius despectum suffocaverunt eam in latibulo seu ceno (2) ».

(1) FUMI, Eret. e ribelli ecc. in Boll. Vol. V. Doc. pagg. 340 a 349. Su questo pro-
cesso vedi anche la lettera pontificia diretta all’ Inquisitore (pag. 256).
(2) Cfr. deposizione del vescovo Manno resa il 5 nov. 1329.
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I GHIBELLINI DI AMELIA, ECC.

E mentre si giungeva a questi eccessi di furore ghibellino
gridando morte al papa e alla Chiesa, si levavano a cielo
lantipapa Nicola e l’imperatore chiamandolo Sanctus (1).
Dai documenti si raccoglie ancora che gli amerini si ap- :
prestarono a dare aiuti al Bavaro (2, e a volere un vescovo
ordinato dall'antipapa, che subito li contentó eleggendo frate
Nicolao di Alviano (3). E mentre questi tornava da Viterbo
per prendere possesso dell’ episcopio, fu udito il figlio di Gian-
notto di Alviano con insigne vanteria esclamare: — « Ha-
bemus episcopum Amelie contra voluntatem cuiuscumque
nolentis ». —

Ora se si riflette che a tale manifesta e violentissima
ribellione trascese magna multitudo Ameliensium, e che il
popolo vi prese parte con pubbliche attestazioni di gioia,
convien dire che, pur facendo ragione delle intemperanze
commesse e solite ad avvenire nellimpeto delle passioni
politiche, in Amelia e nei luoghi circonvicini profondo era
il lievito delle tendenze ghibelline e dell'odio al guelfi-
smo. Lo che é dimostrato anche dal fatto che quando poco
dipoi Cesi e San Gemini prestarono di nuovo obbedienza al
papa, Amelia e Todi tennero fermo, e continuarono ad esser
ribelli. Mossa loro guerra non cedono, anzi procurano di
riprendere alla Chiesa San Gemini e toglierle Laguscello.

E venendo piü vicini al tempo, a cui la epigrafe di
Guardea si riferisce, ossia al 1332, noi troviamo che in que-
stanno Amelia diede in nuovi e più gravi eccessi contro la
parte guelfa.

Già si è fatta parola del processo del 1329 subito da
vari cittadini di Amelia per le offese e contumelie scagliate
contro il pontefice e la Chiesa. Ora si trova che nel febbraio

(1) Deposizione di Cecco di Ugolino, di Bertoldo di Matteo, di Lello di Cuzio
e di Glorio di Angeluzio (Fumi, Eret. e rib. in Boll. vol. V, pag. 342).

(2) Deposizione di Cecco di Ugolino e di Glorio di Andreuzio (Fuur, Ibid. pag. 343
e 347). S :
(3) Vedi pag. 343, Ibid.

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1531 si instaura un altro processo (1) — « adversus nonnullos,
qui viris illis perfidis Ludovico de Bavaria et Petro de Cor-
baria hereticis et scismaticis faverunt ac ipsorum vel eorum-
dem complices, defensores, consiliatores, adherentes et sequa-
ces fuerunt ». — Si trattava dunque di citare gl imputati
suspectos seu respersos de heresi et scismate davanti all’ inquisi-
tore, ma era assai difficile il farlo non essendo sicuro I in-
gresso nelle terre ribellate. E il papa Giovanni XXII dopo
aver constatato che — « nec ad ipsos in terris rebellium
Dei et E. tutus pateat aditus pro citationibus ratioue cri-
minum huiusmodi faciendis » — delibera che tali citazioni
Si eseguiscano per mezzo di editto da pubblicarsi 2» locis
solemnibus (2) » —. A tanto era dunque arrivata la oltraco-
tanza degli amerini da rendere impossibile o pericoloso l'ac-
cesso degli ufficiali della Chiesa nel loro territorio. Nell a-
gosto poi del medesimo auno 1331 si nota, che il rettore del
Patrimonio, Pietro d'Artois (che potrebbe chiamarsi il Dal
Poggetto dell Italia centrale) invia con lettere due famigliari
a Ruggero di Marcafana e ad altre genti d' arme della Curia
romana, che stavano nel castello di Lugnano, allo scopo di
recare offesa agli amerini, e ad ogni modo di far buona
guardia contro di loro — .« quia fecerant cohadunationem
gentium armorum (3) » —. Si apparecchiava il Comune di
Amelia all'impresa di Foce, oppure stando in sospetto delle
armi guelfe non voleva farsi cogliere alla sprovvista? Co-
munque sia, all'approssimarsi dell'anno 1332, Amelia è sem-
pre in armi per sostenere la parte ghibellina, ed é ancora
obbediente all' Impero.

Finalmente compie la impresa di Foce togliendolo alla

«Chiesa e infierendo contro i guelfi. L' importante castello

(1) Penso si tratti di un processo del tutto nuovo, prima perché l'altro del 1329
doveva essere stato già condotto a termine, e poi perché in quello formato due
anni dopo si tratta unicamente di reato dl eresia.

(2) FUMI, Boll. Vol. V, pag. 256.

(3) ANTONELLI, Op.-cit., Boll. Vol. IX, pag. 477, III, Doc. 10.

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I GHIBELLINI DI AMELIA, ECC. 259

cede alle loro armi: lo stesso castellano famigliare di Pietro
D'Artois sostenitore accannito di parte guelfa, vien fatto pri-
gione: molti cittadini rimasti fedeli a lui sono miseramente

uccisi: il cassero distrutto col fuoco (1) Questo fatto im- '

mane doveva essere senza indugia punito. — « Excessuum
predictorum enormitas exemplaris vindicte esigit ultionem » —
scriveva allo stesso rettore papa Giovanni XXII (2). Il D'Ar-
tois non pone tempo in mezzo per adunare milizie e do-
mandare soccorsi (3). Dal canto suo cerca saccheggiare le
terre di Amelia, ma, a quel che sembra, con poca fortuna,

giacchè di tali depredazioni pervenne alla Camera apostolica.

per la sua terza parte la non ingente somma di 15 fiorini (4).
I ghibellini di Amelia; vedendosi da varie parti assaliti e
stretti di assedio capitolano, ossia danno a credere che avreb-
bero capitolato. Intanto il rettore ai 19 di luglio entra in
Amelia, mentre un notaro Durante — « fecit in palatio Mon-
tisflasconis supra turrim ignem in signum victorie et gau-
dii (D) ». Né sulla resa almeno apparente della città non
cade dubbio che avvenisse in quel mese, perché in altro
documento dello stesso luglio si parla di Amelia come tor-
nata sotto il dominio della Chiesa (6). Pietro D'Artois non
dovette però trattenersi a lungo tempo in Amelia, terreno

(1) Dalla lettera di Giovanni XXII diretta a Pietro d'Artois nel 24 novembre del
1332, resulta essergli stata fatta relazione, che gli amerini — « hostiliter invaserunt
Castrum Focis in Patrimonio Nostro b. Petri in Tuscia... et nonnullis hominibus
eiusdem Castri in ore gladii trucidatis, castrum ipsum ignis incendio concremarunt,
gentes tuas et quosdam alios dicti castri incolas ad civitatem prefatam ducentes,
nichilominus ignominiose et miserabiliter captivatos etc. » — (FUMI, Op. cit. VIENE
pag. 40. Cfr. ancora altra lettera di Giovanni XXII a pag. 42).

(2) V. nota precedente.

(3) Cfr. ANTONELLI, Op. cit. in Boll. Vol. IX, pag. 478, III, Doc. 18, 19; e pag. 419,
doc. 23 e 24. Dai pagamenti eseguiti per i soccorsi avuti da varie parti resulta che
i perugini sostennero il Legato nella sua lotta contro Amelia. Il doc. 23 reca che le
domande di aiuto furono rivolte anche al popolo romano, a Stefano Colonna, a Na-
poleone Orsini, a Francesco dell'Anguillara ecc.

(4) ANTONELLI, Op. cit., pag. 475, II, Doc. 8.

(b) ANTONELLI, Op. cit. pag. 479, IIT, Doc. 20.

(6) Ibid., III, Doc. 24.

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260 O. SCALVANTI

‘scottante per lui. Infatti il suo tesoriere ci ha lasciato scritto

che la sua dimora -col rettore in Orte pro faciendo dictum
exercitum, e in Amelia postquam venit ad obedientiam fu di
soli sedici giorni (1).

E poichè non manca di interesse seguire a grado a grado
lo svolgimento delle vicende incontrate da quel Comune per
| audace impresa del castello di Foce, notiamo che ai primi
di agosto dello stesso anno 1332 venne fatta al papa infor-
mazione piena e verissima su tutto ciò, che era stato operato
in reductione Amelie. Il documento prova una volta di più
quanto il rettore ritenesse difficile assoggettare gli amerini
e indurli a fare in tutto la sua volontà. Infatti scrivendo al
papa, egli, com'è naturale, parla dell’ obbligo che Amelia
aveva di ricostruire il castello incendiato, ma aggiunge che
almeno si costringa a pagare pro dicto excessu cinquemila
fiorini d’ oro (2).

Intanto, non appena partito il rettore, le ire si accesero
di bel nuovo, e si versò sangue cittadino. E qui è da notare
la ragion della strage. Pietro d’Artois aveva presentato i ca-
pitoli dell'accordo, ma sorse contesa tra i ghibellini stessi,
se dovessero oppur no accettarsi. Orso Vati, più ardenle de-
gli altri, agitó il popolo contro l'accordo, a cui invece parve
piegasse Lucio di messer Pietro, ghibellino anch’ egli e ri-
belle. Orso, che non voleva scendere a transazioni col d'Ar-
tois e col papa, affrontó Lucio e lo uccise (5). Quest’ atto
criminoso dovette però risolversi a danno della fazione che
il Vati dirigeva, onde avvenne che i guelfi, profittando del
malcontento e della pubblica indignazione per la morte di
Lucio, e stimolati dal timore di nuove guerre, cacciarono
dalla città i ghibellini e lo stesso Matteo Orsini, qui im ea

regebat (4). Malgrado questi errori e questi eccessi, Amelia

(1) Vedi nota antecedente.
' (2) ANTONELLI, Op. cit. pag. 479, III, Doc. 26.
(3) FUMI, Eret. e ribelli, in Boll., Vol. V, pag. 22.
(4) ANTONELLI, Op. cit., III, Doc. 27, pag. 480, e testo a pag. 395.
I GHIBELLINI DI AMELIA, ECC. 261

ora colle armi, ora colle astuzie temporeggia pur di serbarsi
ad ogni evento libera dalla supremazia e dal dominio papale.
Per questa ragione noi vediamo che nel settembre 1332 (1)
e nellottobre successivo si discute ancora intorno ai patti '
della resa (2), e dai documenti resulta che il rettore del
Patrimonio non si stancava di mandare in giro le spie per
indagare ed esplorare segretamente ció che si passava in Ame-
lia. Finalmente nello stesso mese di ottobre il rettore, in se-
guito ad una lettera del pontefice in data del 24 settembre,
in cui si stabilivano le basi dell'accordo, venne a capo di
formulare un lodo, e citò il sindico di Amelia a comparirgli
innanzi per concordare la progettata composizione super quo
promiserat stare ordinationi ipsius rectoris (3). Cedono forse gli
amerini alle ingiunzioni del rettore? No: essi tergiversano
e non si accordano, tanto che il papa negli ultimi giorni di
ottobre, constatato che i cittadini di Amelia si erano per
frivoli motivi appellati dal lodo del rettore, ordina a que-
st'ultimo di procedere senz'altro ad aggravationem penarum
(4. E sui raggiri del comune di Amelia il papa insiste an-
che nella lettera del primo novembre, in cui mette in rilievo
verborum et animorum. duppliciatem gentium illarum partium,
parlando di doppiezza e di slealtà, mentre si trattava vera-
mente di fine astuzia e destrezza politica (5). Cosi si giunge
al mese di dicembre, nel quale si dà effetto ad una compo-
sizione di 1200 fiorini, che il vescovo Manno paga alla Ca-
mera per conto del Comune di Amelia in relazione alla strage
di Lucio di Pietro; ma si é cauti peró di avvertire che in
tale composizione non entra affatto ció che la città deve dare

(1) ANTONELLI, Op. cit. III, Doc. 28, 29, 30, pag. 480.

(2) Ibid., IIT, Doc. 3l.

(3) Ibid., III, Doc. del 17 ottobre, n. 32.

(4) Vedi la già citata lettera di Giovanni XXII in data 30 ottobre al rettore di
Artois (FumI, Op. cit., in Boll. Vol. V, pag. 42), e l'altra lettera al legato del 29 stesso
mese (pag. 43). :

(5) Vedi cit. lett. in FUMI, Boll, Vol. V, pag. 44.

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h 262 O. SCALVANTI

pro combustione et destruxione castri Focis (1). Si direbbe che
gli amerini nella lotta col papa intendevano cedere il terreno
palmo a palmo. Infatti un altro pagamento essi fanno nel

febbraio del 1333 per alcune spese incontrate dal rettore del -

Patrimonio in exercitu facto contra civitatem Amelie ratione de-
molitionis castri Focis (2), ma il nodo della questione è tuttora
insoluto. La composizione definitiva si tratta ancora nel marzo
del 1333 .(3).

Fra queste ambagi e strattagemmi passa anche l anno
1334, durante il quale si pone mano ai bandimenti: contro
eli amerini pei fatti di Foce (4) ed è notevole che nel mag-
gio di cotesto anno Amelia continuava ad avere giurisdi-
zione su quel castello, tanto che dal governo del Patrimonio
si chiede al papa confirmationem exemptionis dicti castri ab
omni iurisdictione ipsorum Ameliensium secundum | pronuntia-
tionem factam per dominum Petrum de Artisio (D). Insomma
la composizione pei fatti di Foce ebbe luogo soltanto nel
29 marzo 1335 — « quo die fuit firmata dicta compositio ».
La somnia fu di 1320 fiorini (6) da pagarsi alla Camera in

rate (im diversis solutionibus); ed il leltore ricorda, che nel-

lagosto del 1332 si richiedevano quinque millia florenos auri !
L/abile e coraggioso temporeggiare aveva in effetto giovato (7).
La pace era dunque fatta, ma appena quattro anni dopo
Amelia insorgeva nuovamente, ed accoglieva Giannotto d’Al-
viano (a. 1339), opponendo strenua quanto sfortunata resi-
stenza alla Chiesa, che ne ebbe ragione con un fiorito eser-
cito di perugini condotti da Pone di Guasta da Radicofani.

(1) ANTONELLI, Ibid. II, Doc. 2, pag. 475.

(2) Ibid., III, Doc. 33, pag. 480.

(3) Ibid., Doc. 34, pag. 481.

(4) Ibid., Dec. 43-48, pag. 482, e Doc. 49, pag. 483.

(5) Ibid., Doc. 43, pag. 482.

(6) Ibid., II, Doe. 7, pag. 475. Cfr. anche III, Doc. 50 a pag. 483.

-(7) Sulle composizioni che si facevano per gli eccessi contro città 0 castelli

parla Fumi (I registri del Ducato di Spoleto, im Boll. pag. 497 e 498) avvertendo che

per composttio si intendeva una transazione per conseguire una somma minore di
quella dovuta. La terza parte, in ogni caso, era devoluta alla Curia rettorale.
I GHIBELLINI DI AMELIA, ECC. ; 263

Ora se noi pensiamo all'eroica lotta della città di Amelia
contro il papa durante il 1332, è facile ammettere che la iscri-
zione, segnalataci dal Rosa, fosse apposta nel territorio ame-

rino per ricordare qualche fortilizio edificato nell’ occasione

di quelle guerre, o qualche altro pubblico edificio. Certo è che
nella terra, ove l'epigrafe fu rinvenuta, e nei circostanti
paesi, la fazione ghibellina doveva essere potentissima e
vittoriosa. Che importava ai ghibellini che Lodovico il Ba-
varo da più anni avesse fatto ritorno in Germania? Non
teneva egli ancora il vessillo dell'Impero? Non era in suo
nome che poteva combattersi contro la Chiesa? Per quei di
Amelia e di tutta l'Umbria (fatta eccezione di Perugia) egli era
ancora lI Imperator semper augustus. Il qual fatto è reso an-
che più evidente dal considerare che la potenza di Lodovico il
Bavaro duró quanto la sua vita. N'é prova il tentativo fatto da
Benedetto XII, nel 1335, per aver pace con lui: il timore che
n'ebbero i veneziani, quando nel 1339 Mastino Della Scala
volendo guadagnarli alla sua causa vinse le loro esitazioni
spargendo voce che Lodovico sarebbe sceso in Italia con
seimila barbute: ne è prova ancora la fiera resistenza, che
nel 1343 i principi tedeschi, strettisi intorno al trono del
Bavaro, fecero alle strane ed esorbitanti pretese di Cle-
mente VI, e finalmente il fatto che solo alla morte di quel.
l imperatore, avvenuta nell’ ottobre del 1347, venne prospe-
rando la fortuna del boemo, re dei romani, onde un grande
storico accortamente scrisse — « che la morte di Lodovico
fu .la vita di Carlo IV » —

Ma un’altra osservazione ci sembra utile di fare. Ve-
demmo già che Roma, durante la venuta del Bavaro e an-
che di poi, si mostrò fieramente avversa alla Curia romana e
animata da spirito ghibellino. Ora è dimostrato che il Comune
di Amelia si trovava allora in ottimi rapporti politici col po-
polo romano, in quanto, a consolidare la sua potenza, avesse
‘cercato ed ottenuto -di accomendarsi a Roma. Il Pardi non
crede confortata da sufficienti prove l'affermazione di alcuni

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i 264 O. SCALVANTI

storici, che fanno rimontare al 1301 la sommissione di Amelia
al popolo romano (1), perchè il documento da lui stesso pub-
blicato è privo di data. Parmi fuor di dubbio però che la som-
missione debba essere avvenuta nei principî del secolo XIV.

Pertanto nell Atto di sommissione si legge: — « In no-
mine Domini populus et syndicus civitatis Amelie dedit pote-
statem dicte civitatis in perpetuum populo senatuique romano,
liberam, absolutam, absque jugo capitaneatus dicte civitatis vel
defensoris seu rectoris vel cuiuscunque alterius offitialis, quo-
cunque nomine censeatur vel censeri possit, per cuius offi-
cium, potestariam seu officium potestarie vel potestatis do-
minii vel quomodo quolibet impediri [possint], ita quod
semper in perpetuo dicta potestaria libera remaneat, et sit
senatus et populi romani » — Né si creda che quest'ob-
bligo avesse breve durata, come per altri comuni intervenne.

Il Pardi ha già osservato, che Roma inviò ad Amelia
per lungo tempo i podestà scelti nelle piü nobili famiglie, e
ci ha dato notizia di essi dal 1313, intrattenendosi special-
mente a notare, che spesso venivano destinati a tale ufficio
personaggi di casa Colonna. Ricorre di frequente il nome del
— magnificus vir Stephanus de Columpna — che fu nel 1326
eletto ancora — in guardianum et defensorem civitatis Ame-
lie — Nelle Riformanze del 3 agosto 1329 si parla di aiuti
chiesti da Stefano al Comune di Amelia. Si fa la proposta
in Consiglio — « quid placet dicto Consilio providere super

litteris missis pro parte domini Stephani de Columpna super.

auxilio faciendo eidem » — Ora questo Stefano Colonna è
precisamente colui che nel 1329 fu elevato alla. dignità se-
natoria dal popolo romano dopo che questi ebbe cacciato via
Guglielmo di Eboli, vicario del re Roberto, partigiano e so-
stenitore dei guelfi. E gli aiuti chiesti ad Amelia consiste-

(1) PARDI G., Relaz. di Amelia col Comune di Roma ecc. in Bollett. di St. Pa-
tria per l'Umbria, Vol. I, pag. 579.
1 GHIBELLINI DI AMELIA, ECC. 265

vano forse in danaro o granaglie necessarie a combattere la
carestia, da cui Roma era desolata.

Dunque, anche nei rapporti col Popolo e col Senato ro-
mano Amelia attingeva forza e coraggio ad alimentare il suo
spirito ghibellino, pel quale tante lotte aveva sostenute, tante
sciagure incontrate.

O. SCALVANTI.

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DEI SEGNI NUMERICI

usati attualmente dai contadini della Valle di Morra nel territorio di Gittà di Castello (‘)

I mugnai ed, in genere, i contadini analfabeti della valle
del Nestoro e convalli, nel comune di Città di Castello, da
tempo immemorabile, per rappresentare numeri adoperano,
in luogo di cifre arabiche, segni speciali, che mi permetto
sottoporre all'esame degl illustri componenti la Regia De-
putazione di Storia Patria dell'Umbria.

Quando i contadini e, più specialmente, i mugnai della
valle del Nestoro (detta valle di Morra) e delle valli limitrofe
vogliono servirsi di detti segni, procedono così: Con carbone,
o con istromento qualsiasi, tracciano sopra un sacco pieno,
sul muro, o sopra qualsivoglia altro oggetto, una linea retta
orizzontale, che è sempre la base indispensabile dei loro ca-
ratteri aritmetici, e, a destra di questa linea e fuori della
medesima, tracciano tante piccole linee rette verticali, quante
sono le unità semplici che vogliono scrivere. Per esempio

questi segni: —1 | n equivalgono alla cifra arabica 4. Per
indicare le diecine, di un numero, invece, tagliano ad an-
golo retto, cominciando da destra, detta linea orizzontale
con tante piccole linee rette verticali, quante sono le diecine

del numero che vogliono rappresentare. Esempio: il

equivale a 40. Per scrivere poi le centinaia di un numero
qualsiasi, invece di servirsi delle piccole linee rette verti-

(1) Questa interessante Memoria formò oggetto di una Comunicazione nell'As-
semblea tenuta dalla R. Deputazione in Terni nel 1902.

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268 : G. NICASI

cali, intersecantisi ad angolo retto con la linea orizzontale, .

tagliano questa linea con tante piccole linee curve (la cui
convessità é rivolta verso sinistra) quante sono le centinaia

occorrenti. Esempio: 558 equivale a 400. Le migliaia

di un numero le indicano con i medesimi segni delle centi-
naia, voltati peró in senso opposto; ossia con la convessità

verso destra. Esempio: ESSE equivale a 4000. Se vo-

eliono rappresentare un numero contenente unità, diecine,
centinaia ed unità di migliaia, riuniscono in una sola linea
orizzontale tutti i componenti detto numero, cominciando
dalle migliaia e proseguendo, dalla sinistra verso destra,

fino alle unità semplici. Per esempio: 366p vuole

dire 1242. Tanto poi il segno delle diecine, quanto i segni delle
centinaia e delle migliaia, si suddividono ciascuno in due parti
uguali, quella al di sopra della linea orizzontale e quella al di
sotto, clie vale la metà del segno intero corrispondente. Così: il

segno gr che è la metà del segno p equivalente a
10, indica 5; il segno, —={g7 metà del segno -£- uguale
a 100, equivale a 50 e =7= vuol dire 500, perché é la

metà del segno -9- che equivale a 1000. Quindi, 1665 si

Scrive Rete e 2772 si scrive così: Hat:

Non ho mai trovato scritto il segno del 10000, perchè .

questi numeri grossi ai nostri contadini nelle loro ordinarie
aziende non occorrono quasi mai; ma, da interrogazioni da
me fatte ad un vecchio contadino praticissimo della materia,
ho saputo con certezza che il 10000 si serive con il segno del
mille raddoppiato, o per meglio esprimermi, con il segno del
— — P

DEI SEGNI NUMERICI, ECC. : 269

mille contenente nel suo interno un segno simile più piccolo,

cosi: Tee e, quindi, il cinquemila con la sua metà 7 .

In quanto al 100000 non ho potuto avere alcuna certa
indicazione, ma, seguendo, dirò così, l'andamento generale
dei segni numerici da noi presi in esame, mi sembra che il
segno del 100000 dovrebbe essere, molto probabilmente, il

segno del mille triplicato: ossia: >= e la sua metà

z59J- dovrebbe rappresentare il 50000; però, ripeto, non

ho aleun dato positivo per potere ció affermare con sicurezza.
Ora é certo che, se noi esaminiamo attentamente tutti

i sopra riprodotti segni numerici, usati dai contadini mor- .

reggiani, riscontriamo tali simiglianze tra quei segni e le

‘ lettere, adoperate dagli antichi Romani per rappresentare i

numeri, da fare ritenere identiche le due numerazioni. In-
fatti se noi scomponiamo nelle sue parti costitutive il se-

guente segno Htr che indica 35, avremo =la + Pr

che non è altro, evidentemente, che una rozza copia del
A : : "a . zr
XXXV romano ; come il segno URS EE , equivalente a 155,

decomposto ci dà C pr simile al CLV romano; il

segno dot. uguale a 1600, diventa = ossia
C12 100 , in parte capovolto; cosi: emo equiva-
e ri

lente a 10700, si scompone in £*==7 CC, quasi identico

al COIOS [ICC romano. Lo stesso può dirsi di tutti gli
altri segni.

Però mi si affaccia un dubbio! Ho sempre letto, e, fino
da quando

ocra O in N

frequentavo il ginnasio, mi è stato insegnato che

ni RA 7 alga Xs un 5 SIIT i

rici

M

-9*.

B
E
E RA
E:
EM
E UY
B

L4 270 G. NICASI

i caratteri numerici romani non erano originariamente let-
tere, ma segni convenzionali che, con l'andare del tempo,
presero la forma di lettere. E domando a me stesso: Questa
scrittura numerica adoperata dai contadini della valle di
Morra (e che io per brevità chiamerò scrittura morreggiana)
è una modificazione della scrittura monumentale romana per
lettere, oppure è un resto della numerazione arcaica per
segni, dalla quale le classi colte romane derivarono, per simi-
glianza di forme, la numerazione monumentale per lettere?

Non ho cognizioni sufficienti per potere rispondere a
questa domanda, ma, desideroso di attingere alla illuminata
competenza de’ miei colleghi le cognizioni che, pur troppo!
anche in questa materia mi mancano, non posso rattenermi
dal manifestar loro in proposito la modestissima mia opinione,
basata solamente sull'esame della conformazione grafica dei
caratteri aritmetici dei contadini morreggiani.

A me sembra poco verosimile che le masse incolte della
plebe romana, specialmente le popolazioni rurali, abituate
fino ab antiquo a leggere chiaramente, per il lungo uso fat-
tone, gli arcaici semplicissimi segni aritmetici, abbandonas-
sero quelli per sostituirli con delle lettere, molto più diffi-
cilmente imitabili e decifrabili, per tornare poi a convertire
quelle lettere in altri nuovi segni convenzionali, non molto
dalle lettere dissimili, ma molto differentemente collegati, le
cui traccie sarebbero giunte fino a noi. Ritengo, invece, più
probabile che il grosso del popolo e la plebe romana antic:
(poco curandosi della sostituzione che le ciassi colte avevano
fatto dei vecchi segni aritmetici con lettere) abbiano sempre
persistito nel loro uso quotidiano ad adoperare gli antichis-
simi segni (i soli che, a prima vista e senza studio e cultura,
omai nettamente leggevano) e, tenacemente conservandoli,
li abbiano di generazione in generazione fino a noi traman-
dati, anche (specialmente in questi ultimi secoli) per mezzo
delle stadere che, ereditate di padre in figlio e difficilmente
i
|
!

DEI SEGNI NUMERICI, ECC. 211

modificabili, conservarono, fino ad oggi quasi inalterati, i
vecchi segni.

Ed. a confermarmi in tale opinione contribuisce l'avere
riscontrata una quasi perfetta somiglianza tra i segni nume-
rici morreggiani e le forme intermedie, che assunsero i segni
arcaici nella loro trasformazione in lettere.

Nella numerazione romana, prima che il mille fosse in-
dicato con la M, era rappresentato da due C abbraccianti
una piccola linea retta verticale; ossia dal seguente segno:
C19. al quale poi, per somiglianza, venne sostituita la M;
come pure, per identica ragione, fu sostituita la D al segno
19: rappresentante il 500. Ma per qual ragione il segno CIJ
avrebbe dovuto rappresentare il 1000? Se i segni aritmetici
arcaici presero con il tempo la forma di lettere, è certo che
queste lettere dovevano avere una conformazione, tanto s0-
migliante agli antichi segni, da permettere, quasi insensibil-
mente, il passaggio da una forma allaltra. Quindi, se il
segno CIO e la sua metà il segno l3: furono adoperati ad
indicare l'uno il 1000 e l'altro il 500, vuol dire che, in an-
tecedenza, il 1000 e il 500 erano rappresentati da segni
molto simiglianti a quelli. Orbene: come rappresentano il

1000 i contadini morreggiani? Cosi: I Scomponiamo

P
7

questo segno nelle sue parti costitutive ed avremo Di

raddrizziamo questa figura, ed ecco il segno 619 ; ossia i
due € abbraccianti un'asta, forma intermedia che assunse,
come abbiamo visto, il vecchio segno del 1000 prima di
essere rappresentato con la M. Lo stesso dicasi della let-
tera D, uguale a 500, la cui forma intermedia fu 19: e la

forma primitiva probabile s gri ossia il segno che adope-

rano attualmente i contadini morreggiani.

Se portiamo poi il nostro esame sopra il segno adope- .

rato dai contadini morreggiani per indicare il 10000, e, con-

us dl

O rc iran dii

pai o 2o 11a ian ion

I

— GG f i ue rami li UE TON PTUS, SOIT ». ,

y!

&
iBS)
E
i 2792 G. NICASI

seguentemente, sopra la sua metà, indicante il 5000, più forti
ragioni vengono ad appoggiare la mia ipotesi.

Infatti i Romani scrivevano il 10000 così: CCI99 Per-
chè un’ asta in mezzo a quattro C rappresentava il 10000?
Perchè il primitivo segno, rappresentante il 10000, era pro-

babilmente — ; ossia quello che ora adoperano i con-
en —Y
tadini morreggiani, il quale segno si modificò poi in =="

-

e quindi divenne CC[99 ; come la sua metà T 500,

divenne === e definitivamente 199: Il medesimo ragio-
SS

namento potrebbe farsi con il 100000, qualora fosse vero
(ed io, come ho detto, non l'ho potuto costatare) che i con-

tadini morreggiani lo scrivano così: EX—

Da tutto ció mi sembra potersi ritenere come probabile
che la numerazione attuale dei contadini morreggiani sia
un resto della numerazione arcaica per segni, la quale andó
lentamente modificandosi in numerazione latina per lettere.

Troppe cognizioni mi mancano per potere verificare se
questa ipotesi possa avere un qualsiasi appoggio scientifico ;
ma, nella speranza che altri fra i miei egregi e culti consoci,
voglia fornirmi argomenti inoppugnabili, sia in favore, sia
contro questa mia, più che opinione, impressione, richiamo
l'attenzione degli studiosi sul Dizionario di Abbreviature latine ed.
italiane di A. Cappelli, dal quale, nell'apposito capitolo della

Numerazione Romana, apprendo che il segno rh ed: il se:

gno A adoperati il primo per 1000 ed il secondo per 10000
dai contadini morreggiani, come pure il loro derivato il se-
gno RD per 100000, si trovano in iscrizioni lapidarie an-

che dei primi secoli. Nell’Epigrafia latina, poi, di Serafino
Ricci trovo riprodotto un frammento della colonna onoraria
a C. Duilio, vincitore di Mile (260 a c.) nel qual frammento,
DEI SEGNI NUMERICI, ECC. 273
in caratteri arcaici, si trova il 1000 rappresentato con il se-
gno (D: ed il 100000 con il segno (9 quasi identici ai se-

eni che abbiamo preso in esame. Inoltre, nell' Appendice
della detta Epigrafia latina del Ricci, trovo che «le epigrafi
« latine dell’ultimo quarto del V e durante il VI e VII se-
« colo di Roma attestano l'uso di un alfabeto arcaico, da
« cui si sviluppò la scriptura quadrata o lapidaria dei monu-
« menti Romani. Vi rimase però sempre accanto un alfabeto
« corsivo per gli usi privati, più o meno diverso dal monumen-
« tale e dall'originale calcidico, alternandosi man mano e cri-
« stallizzandosi poi in forme tutte speciali, che dall’ arcaicismo
« latino ripetono le origini e continuano anche in tempi mon
« arcaici... ». Chi ci dice che di questo alfabeto corsivo per
gli usi privati non facesse parte anche la numerazione ar-
caica per segni, conservata poi dalle classi incolte (per quella
meravigliosa proprietà che ha il popolo di conservare tena-
cemente le antiche usanze) e tramandata di generazione in
generazione fino e noi?

Intanto noi apprendiamo dalla riportata iscrizione a C.
Duilio che, in caratteri arcaici il 1000 era rappresentato dal

segno D ed il 100000 dal segno O) e quindi, molto pro-

babilmente, il 10000 era rappresentato dal segno (D con

questi segni e con la scorta degli altri segni del medesimo
tipo, trovati in varie iscrizioni antiche Romane (e riprodotti
sul, già da me citato, Dizionario del Cappelli) potremo se-
guire passo, passo, alcune delle principali variazioni di forma,
che i segni numerali arcaici insensibilmente subirono, prima
di divenire lettere dell'alfabeto romano. :

Infatti il segno (D uguale a 1000, si modificò nei se-

eni TI del medesimo valore, e la metà del detto segno V

E
E
E
B
n i
CC
i

EZ

sort paye ANTON o: b sati.

i 974 G. NICASI

indicó 500; il segno (D uguale a 10000, si trasformò nei se-

gni Jb, NP dS A d' identico valore, e le loro metà b. Nh

furono adoperate ad indicare il 5000; il segno D uguale a

100000, divenne wl, & e la sua metà bk rappre-
sentò il 50000.

Ora ognun vede che tutti questi segni sono per. forma
e per valore identici a quelli adoperati oggi dai contadini
morreggiani, la sola variante consiste nella linea retta di
base che mentre nei qui riprodotti segni è verticale, nei se-
gni morreggiani, invece, è orizzontale; ma tra poco vedremo
la ragione anche di questa lieve diversità.

I sopradetti segni (che, per meglio intenderci, chiamerò
di seconda formazione) mentre passarono, di generazione in
generazione, quasi inalterati nell'uso popolare fino a noi,
vennero, invece, alla loro volta surrogati dalle classi colte ro-
mane con lettere che avevano forme simili ai detti segni. Cosi :

i segni LD uguali a 1000 divennero Clo. cI9 SLM

e la loro metà si evolse in 19.D uguali a 500; il se:

gno (D che si era cambiato in JN A.X di-

venne HI CCl99 uguali a 10000 e la loro metà cor-
j

rispondente V si trasformò in 199 D uguali a 5000; il
3
segno D) che aveva assunto le forme "7 y diven
a:
ne CCCI329. uguale a 100000 e la sua metà diven-

ne b 1999,D uguale a 50000.

te

1

DEI SEGNI NUMERICI, ECC. 2

Dopo ció mi sembra di potere asserire, con molta pro-
babilità di affermare il vero, che, come accanto all’ alfabeto
arcaico, da cui si sviluppò la scriptura quadrata o lapidaria
dei monumenti romani, rimase un alfabeto corsivo per gli
usi privati che si cristallizzò in forme tutte speciali, originate
dall’arcaicismo latino e che continuó anche in tempi non
arcaici, così la serie dei segni arcaici numerali, mentre dette
origine alla numerazione per lettere delle classi colte ro-
mane, si cristallizzò invece tra le classi meno colte in forme
tanto poco differenti dalle originarie, che (passate poi di ge-
nerazione in generazione specialmente per mezzo delle sta-
dere) sono giunte in parte fino a noi, conservando evidentis-
simo il tipo primitivo.

Ma qui si potrebbe domandare: Se la numerazione at-
tuale dei contadini morreggiani è la numerazione arcaica
romana, perchè delle tante forme dei segni arcaici, solo al-
cune sono arrivate fino a noi? Rispondo: Perchè la nume-
razione arcaica essendo stata fino a noi tramandata, più che
con altro, per mezzo delle stadere, solamente i segni più
semplici, e quindi più facili ad essere riprodotti dai rozzi
artefici di quelle, potevano fino a noi pervenire. Infatti, è
certo che, tra i segni rappresentanti, per es. il 1000, il più facile
ad essere inciso da un rozzo artista sul metallo della stadera

era il segno dh perchè (potendosi sostituire con la costa

della stadera la piccola asta di mezzo del segno suddetto),
all'artista bastava d'incidere una piccola linea curva, ta-
gliante la cresta superiore della stadera per rendere leggi-

bile il suo segno: così dicasi del 10000 e del 100000 che, il

primo con due ed il secondo con tre sole piccole curve,
potevano essere rappresentati. Lo stesso ragionamento può
ripetersi per tutti gli altri segni, giunti fino a noi, i quali
o con una piccola linea retta, o con una piccola linea curva,

‘volta ora a destra ora a sinistra, potevano essere intelligi-

bilmente riprodotti. Anzi aggiungo che, per me, la linea oriz-

x (UP ERO PT TNCS XX raise

Apoc PRESA to 2) 112 Vo: nw n f

Jem 276 G. NICASI

zzontale di base della numerazione dei contadini morreggiani
non è altro che la rappresentazione grafica dell'asta di una
antica stadera con i segni numerici relativi in caratteri

x

arcaici: e questa è la ragione per la quale i segni numerici

dei contadini morreggiani, invece che essere verticali, come i loro
simili arcaici, sono orizzontali.

G. NICASI.
Me cree, S MEBERUREEEUIEONUSINM

INVENTARI E REGESTI

I CODICI DELLE SOMMISSIONI
AL COMUNE DI PERUGIA
(Continuazione V. Vol. X, pag. 199-219).
Codice III segnato B
Dal 1184, Gennaio al 1237, Maggio 17

Cod. membr. in foglio, legato in assi coperte di cuoio, di
cc. 54 num. — La scrittura è di mano del secolo XIII.

Il volume non ha indice, nè, a quanto sembra, lo ha mai
avuto.

La c. 32 è in bianco. Sul margine inferiore della c. 1 r. si
legge: « Nota quod iste liber concordatur usque ad XXV cartas
cum libro signato per C usque ad cartas XVII ». I 27 documenti
dal Gennaio 1184 al 6 Settembre 1217 e i due documenti del
14 Marzo 1234 e del 2 Marzo 1235, trovandosi o nel Cod. rà o
nel cod. A od anche in ambedue, furono già regestati (cfr. i nu-

“meri Dl-a VI, VIII, X a XII, LXII, LXIV; LXV, EXIX; LXXI,

LXXII, LXXIV a LXXVIII, LXXXIIHI, LXXXVIII, XC, XCI,
XCIII, XCIV, CVIII e CIX).

A c. 43 t. del presente codice è scritto: « Usque huc con-
cordal iste liber cum alio registro signato per litteram A »; in-
fatti i documenti che leggonsi da c. 1 r. a c. 43 r. di questo
volume :B sono gli stessi che trovansi da c. 1 r. a c. 34 r. del
Cod. A e si seguono nel medesimo ordine, non cronologico, ma

. di cartolatura.

CLXX. — 1231, Gennaio 27. — [P.], nella Chiesa di S. Lo-

renzo. — Pagamento di debiti del C. di P., c. 44 t.

Dieci cittadini di P. « positi super debilis comunis Perusij
acaptandis » fanno il conteggio dei debili stessi e dei frutti rela-

An e
E E SRI |

Pm =
is SAR iris No La Vo my rn A

n È RS Me è e EU
NI ERE ai Bai ca ia o0 1 JUS rcr c CB ER COME

a MESE P s mp A8 OR FINDER IR 3 tei E 3 ur 278 V. ANSIDEI

tivi coi creditori, e pagano a questi le somme, per le quali il C.
erasi obbligato.

Bonoscagno e Jamroncione ricevono 1471 libbre e 10 soldi,
la qual somma è costituita da 1445 libbre di capitale, da 20 libbre
in rimborso di spese, da 100 soldi « pro guiderdone » e da 30 soldi
prestati a Gualfreduccio « Herri » e a Bongiovanni « Tedesce ».

Angelo « Cibagrue » riscuote per sé e per il suo fratello An-
drea 845 libbre e 10 soldi, cioè 500 libbre per sorte, 304 libbre
per interessi e 41 libbre e 10 soldi per le spese.

Pietro « Martini » per sè e per Giacomo « domini Tome »
e per Romano suo fratello riceve 1006 libbre meno 5 soldi, della
qual somma 750 libbre costituiscono il capitale, 214 libbre i frutti
e 42 libbre meno 5 soldi le spese. |

Pietro « Leonis » in nome e per conto del signor Gismondo
percepisce 1162 libbre e 10 soldi, cioè 800 libbre di capitale, 320
libbre d'interessi, 42 libbre e 10 soldi di spese.

I nominati Bonoscagno, Angelo, Pietro « Martini » e Pietro
« Leonis » riconoscono giusto insieme. ai dieci delegati del C.
di P. il conteggio, del quale é data lettura nel Consiglio speciale
e generale del C. medesimo « presentibus dictis Romanis ».

Ugo not.

* Bonaccorso « Thomasij » not.

CLXXI. — 1231, Gennaio 29. — P., nel palazzo del C. —
Pagamento come sopra, c. DI r.

Alla presenza del Consiglio generale e speciale della città An-

gelo « Cibagrue » cittadino romano confessa per sé e per il suo

fratello Andrea di aver ricevuto da Giovanni « Guidutij Archipre-
sbyteri » sindaco del C. di P. in nome e per conto dello stesso

. C. e di qualsiasi particolare persona, che per il C. fosse obbligata,

500 libbre di buoni denari lucchesi e i relativi interessi e spese,
dichiarando di avere avuto « pro accessionibus sive muneribus »
304 libbre e « pro expensis » 41 libbre e 10 soldi. Promette inol-
tre Angelo al sindaco Giovanni di non muovere o far muovere
al C. di P. o a chiunque fosse per il C. tenuto, lite, molestia o
causa « de dictis denariis, tam de capitali, usuris seu accessio-
I CODICI DELLE SOMMISSIONI AL COMUNE DI PERUGIA 279

nibus vel expensis seu interesse », nonchè a motivo di qualsiasi
altro credito che i medesimi Angelo ed Andrea « Cibagrue » po-
tessero vantare di fronle al C. di P.; delle enunciate somme An-
gelo rilascia definitiva ed irrevocabile quietanza, affermando che
tanto da parte sua quanto da parte del suo fratello Andrea non
è stata fatta alcuna cessione dei diritti e delle azioni spettanti loro
contro il C. di P., ed assumendo l’impegno, se qualche cessione
avesse per avventura avuto luogo, di rendere indenne il C. dalle
molestie e spese, che da tale cessione al C. stesso derivassero.
Andrea « Cibagrue » ratificherà le obbligazioni che il fratello,
sotto la pena del doppio dell’accennata somma e col vincolo di
tutti i suoi beni, ha assunto. Le dette 500 libbre di moneta luc-
chese dovevano esser pagate dal C. di P. in restituzione di
250 libbre di moneta senese che Andrea aveva dato in mutuo a
Monaldo « Guastaferro », a Giovanni « Archipresbyteri » e ad
Ermanno « Tribaldi », i quali avevano contratto questo debito
per conto del C. di P., come risultava da istrumento scritto « ab
Johanne Leonis sancte Romane Ecclesie scriniario » il 9 Otto-
bre 1224 (1).

Test. — I Signori Oddo « Petri Gregorij » Console romano
e Podestà di P. e Giovanni e Bernardo giudici, Uffreduccio « Bo-
nifacij » camerlengo, Simone « Tebalducii », Pietro « domine
Diambre », Raniero « Corbini », Enrico notaro, Ugo « Prioris »,
Ugo « Mafei Aghine », Bongiovanni « Lombardi », Diotesalve
« Gilij Marri », Raniero « Mariani » ed altri.

Bonaccorso not.

* Bonaccorso « Thomasij » not.

CLXXII. — 1231, Gennaio 29. — P., nel palazzo del C. —
Pagamento come sopra, c. 52 r.

Pietro « Martini » cittadino romano confessa a Giovanni » Ar-
chipresbyteri » sindaco del C. di P. di essere stato rimborsato
tanto per sé quanto per il suo socio Giacomo « domini. Thome

(1 Nel documento é. scritto « 1233 », ma trattasi evidentemente di un errore;
essendo nella data fatto ricordo del Papa Onorio III e della indizione 12^, l'anno è a
correggersi iu 1224.

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25 J
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45 1 280 V. ANSIDEI

Papazurus » (1) e per il suo fratello Romano di tutte le spese che
potessero ripetere a causa delle 800 libbre lucchesi, che essi do-
vevano ricevere dal C. di P. — Inoltre dichiara di avere ottenuto
‘il rimborso delle spese da lui per la venuta a P., nonché per il
ritorno a Roma sostenute a motivo delle 250 libbre e delle 100
libbre, delle quali il C. medesimo era debitore, quanto alle prime
del signor Cencio « Malabranca » e quanto alle seconde del si-
gnor Falcone. S'impegna da ultimo Pietro « Martini » per sé e
per i nominati Giacomo, Romano, Cencio e Falcone di nulla piü
ripetere o dal C. o dai privati cittadini di P. per le dette spese.

Test. — Simone « Tebalducij », Bongiovanni « Lombardi »,
Francesco « Latini », Piero « domine Diambre » ed altri.

Bonaccorso not.

* Bonaccorso « Thomasij » not.

CLXXIII — [1231], Gennajo 30. — P., nel palazzo del C.
— Pagamento come sopra, c. 52 t.

Pietro « Martini » cittadino romano in nome proprio e come
proeuratore del signor Tommaso « Papazurus » e del figlio di lui
Giacomo e di Romano suo fratello dichiara di aver ricevuto da
Giovanni « Guidutij » sindaco del C. di P. 750 libbre di denari
lucchesi e tutte le spese e tutti gl'interessi relativi. ll mutuo era
stato fatto a Raniero « Christofori », al signor Botalitto, a Bon-
giovanni « Rainerij » e a Bonamancia « Peri Dominici » amba-
sciatori del C. di P., secondo risulta in un istrumento scritto da
Luca seriniario il 3 di Giugno dell'anno 1227; Pietro « Martini »
rilascia a favore del sindaco del C. di P. quietanza irrevocabile
dell'aecennata somma, nonché « de usuris, muneribus et interes-

‘se », dichiarandosi tacitato con 1006 libbre meno 5 soldi.

Test. — I signori Oddo Podestà e Giovanni e Bernardo giu-

dici, maestro Matteo e i signori Pietro « domini Hominisdei »

Guido giudice, Simone e Rainaldo e Panevino notaro, Rigone, Ugo
nolaro, Bongiovanni « Lombardi e molti altri.

Bonaccorso not.

Bonaccorso « Thomasij » not.

(1) 1 Papazurri sono ricordati dal GREGOROVIUS, Storia della città di Roma nel
Medio Evo, Vol. IV, pag. 527 (Venezia, Antonelli, 1873) fra le case di Trastevere « len-
tamente sorte dal ceto della media cittadinanza ».
I CODICI DELLE SOMMISSIONI AL COMUNE DI PERUGIA 981

CLXXIV. — 1231, Febbraio 10. — « Apud sanctum Basi-
lium de Urbe ». — Pagamento come sopra, c. 45 r.

Gismondo « Ricardi Belmontis » rilascia a Giovanni « Gui-
ducii » sindaco del C. di P. ricevuta di 1158 libbre di denari luc-
chesi, dei quali 800 libbre sono per la sorte e le altre per le usure
e le spese; questa somma doveva avere Gismondo per cessione
di diritti a lui fatta da Donna Agnese moglie del fu Gregorio
« Vultuscantonis » ava e tutrice di Maria sua nepote e figlia del
fu Giovanni « Ottaviani », da Niccola « Guidonis Seguatario »,
da Stefano « Porcario » e da Romano « Porcario », come dall’istru-
mento di detta cessione scritto da Pietro « Bone Gentis » scri-
niario della santa Romana Chiesa. Gismondo doveva avere detta
somma come parte delle 2300 libbre lucchesi che Bendifende
« Fuge » ebbe in muluo « pro comunilate militum perusinorum »
da Romano « Porcario » e da Giovanni « Ottaviani Seguatario »
cilladini e mercanti romani e da Stefano « Pettinario » e da Nic-
cola « Guidonis Seguatario ». L'istrumento del debito contratto da
Bendifende era stato rogato da Oddone « Marciainventre » scri-
niario della santa Chiesa Romana. Gismondo dichiara al sindaco,
accettante per il C. di P. e « pro comunitate militum vel pedi-
tum » che né per conto proprio nè per conto degli altri credi-
tori sopra nominati avanzerà in avvenire alcuna pretesa e pro-
mette di rilevare indenni così il C. come i privati cittadini di P.
da ogni eventuale molestia (1). :

Test. — Il signor Oddone « de Franco », Giovanni suo figlio,

frate Luterio camerlengo di S. Basilio, Uguccione « Ruberti »,

(1) Il BONAINI nella prefazione alle cronache perugine pubblicate nel tomo XVI
dell'Archivio storico italiano, afferma a pagg. XXXV e XXXVI che alle sette dei Ghi-
bellini e dei Guelfi si rannodavano la setta dei nobili (pars militum) e l'altra dei
popolari (pars peditum). « Pel cozzare continuo dei due ordini (cosi scrive il Bonaini)
gli aderenti-ad essi provarono necessità di stringersi insieme, e di vincolarsi per
giuramenti, e di formulare, come credo, anche loro propri statuti ». A prova di ciò
è nella citata prefazione ricordo del patto che i « capitanei militum et priores de
parte militum » fecero il 21 Giugno 1223 con Città di Castello. Noi crediamo che anche
gl'impegni finanziari, dei quali si fa cenno in questo e in altri documenti, stiano a
provare che le due fazioni erano perfettamente organizzate. Per le concessioni fatte
ai cavalieri perugini da Enrico VI il 7 Agosto 1186 v. il documento LXIII.

19

Ces rs pauc ys MS S An DI

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ra a ERES rims alc), A X con ==

-9*. 282 : l V. ANSIDEI

Ricomanno notaro perugino, Pietro « domine Diambre », Simone
« Varcoli » e Benvenuto « Bonijohannis domine Tedesce ».
Bonaccorso not.
*. Bonaccorso « Thomasij » not. (1).

CLXXV. — 1231, Febbrajo 10. — « Apud S. Basilium de

Urbe ». — Pagamento come sopra, c. 46 r.

Pietro « Cincij » e Giovanni « Ronzonis » cittadini romani
confessano di aver ricevuto da Giovanni « Guiducii » sindaco del
C. di P. 1445 libbre di denari lucchesi, dei quali erano creditori
verso il C. di. P. e la parte popolare della stessa città. Dei detti
crediti una parte per 1110 libbre risulta da un istrumento di Ro-
dolfo notaro, ove si legge che Michele « Bernardi Britti » sin-
daco del C. di P. « pro parte populli Perusij », in seguito ad
autorizzazione del signor Pietro « Altomanni » Vicario del Re
Giovanni (2) e a deliberazione del Consiglio aveva ricevuto sempre
per la detta parte popolare, da Giovanni, « Rontionis de Monte »
l’accennata somma; quanto a 80 libbre lucchesi, le avevano prese
a mutuo da Giovanni medesimo, secondo l'istrumento seritto da
Donadeo giudice e scriniario del sacro romano Impero, i signori
Suppolino e Bongiovanni « Teudesche » per conto della città di P.;
il nominato Giovanni aveva po: mutuato altre 50 libbre ad Andrea
« Tiberij » e a Oderisio « Peri Gregorij », come risulta da un
atto rogato da Oddone; 3 libbre eransi impiegate a pagare l’istru-
mento scritto da Rodolfo e 8 erano state da Giovanni prestate a
Bongiovanni « Tedesce » e a Gualfreduccio « Rainucii Bubulei »
ambasciatori del C. di P. Il resto della somma, della quale col

- (1) Prima di questo documento si legge: « Hoc est exemplum rogationum sive
rogitorum factorum a Bonacorso notario sic incipientium ». Nelle parole riferite si ac-
cenna alla copia del presente atto e dei 13 che seguono compresa da c. 45 T. a C, 53 r.
del codice. ;

(2 Giovanni di Brienne Re di Gerusalemme sarebbe stato Podestà di Perugia
negli anni 1227 e 1228 (cf. MARIOTTI, Saggio di memorie istoriche, civili ed ecclesiastiche
della città di Perugia, Tomo I, parte II, pag. 200). Il Bonaini nella citata prefazione,
pagg. XL e XLI, dopo avere espresso i suoi dubbi sulla autenticità dei ricordi relativi
all’officio di Podestà tenuto da Re Giovanni, conclude « essere verosimile che questo
Re governasse Perugia per un vicario da lui speditovi ». Il presente atto toglie ogni
incertezza.
PERE FIOR:

iz, = SIN

I CODICI DELLE SOMMISSIONI AL COMUNE: DI PERUGIA 283.

presente atto si rilascia qnielanza, è dovuto a titolo di frutti. sugli
accennati crediti. La ricevuta è fatta amplissima ed irrevocabile non
solamente per la sorte, ma anche « de usuris et penis et inte-
resse et sumptibus et de omni alio debito seu de eo omni quod
ipsi comunitati Perusij seu comunitati partis militum vel, peditum
quondam Perusij seu alicui speciali homini » i creditori potessero
comunque richiedere. Dichiarano inoltre i creditori medesimi di
non avere ceduto ad alcuno diritti od azioni da intentarsi in qual-
siasi modo contro il C. di P. o contro le dette parti, e si obbli-
gano a indennizzare da ogni eventuale molestia coloro che hanno
soddisfatto il loro debito; assumono tutti questi impegni « sub
pena dupli diete pecunie » e offrendo in garanzia tutti i loro beni
mobili ed immobili.

Test. — Il Sig. Oddone « Franconis Cavelluti », Giovanni suo
figlio, Gregorio « Lamdulfi » scriniario, Niccola « Oddonis », Ben-

defende « Fuge », il signor Pietro « domine Diambre », Bono-

2
scagno perugino, Bosone e Simone « Varcoli » ed altri.
Bonaccorso not.

* Bonaccorso « Thomasij » not.

CLXXVI — [1231], Febbrajo 12. — Roma, « in contrata
sancti Apostoli, ante domum domini Thome ». — Paga-
mento come sopra, c. 53 r.

Il signor Tommaso « Papazurus » e suo figlio, obbligandosi
in solido, fanno come Pielro « Martini » quietanza di 750 libbre
e dei relativi interessi e penalità.

Test. — Il signor Gianni « Fusci Berte », Gianni « Roncio-
nis », Pietro. « Jannis Saracini », il signor Gianni « Renzi »,

Stefano « Papazure », Stefano « Fronzi », il signor Pietro giu- .

dice, Spargolo ed altri.
Bonaccorso not.
* Bonaccorso « Thomasij » not.

CLXXVII. — [1231], Febbraio 18. — [Roma], « in palatio.

Campitolli ». — Pagamento come sopra, c. 53 r.

Andrea fratello di Angelo « Zibagrue » approva la detta

quielanza e, come il fratello, si dichiara soddisfatto sia di fronte

"M usocc puc yw o O Bap ac AN

zy.

DEI, SOT: hn i ree, or 9284 V. ANSIDEI

al C. di P., sia verso la parte « militum vel peditum », sia da
ultimo verso qualunque persona, che per il C. medesimo o per
una delle dette parti si fosse obbligata.

Test. — Il signor Giacomo « Jannis Grassi », Tedaldo » Ot-

taviani Tedaldi, il signor Bartolomeo « Petri judicis », il signor
Raniero », Giacomo « Oddonis » e il signor Pietro « domine
Diambre » giudice.

Bonaccorso not.

* Bonaccorso « Thomasij » not.

CLXXVII. — [1231, Febbrajo] 19. — [Roma], « ante domum
. Luce scriniarij ». — Approvazione e conferma di quie-
tanza, c. 53 r.

Angelo « Herrici » cittadino romano approva e conferma la
ricevuta fatta da Pietro « Martini », e nello stesso modo si ob-
bliga sotto la detla pena per sè e per gli stessi Pietro e Ro-
mano e loro eredi.

Test. — Luca scriniario, Enrico « Azziaronis », Bartolomeo
« Petri Nicolai », Bonoscagno e il signor Pietro giudice.

Bonaccorso not. i

* Bonaccorso « Thomasij » not. (1).

CLXXIX. — 1231, Marzo 13. — Roma, « in quadam camera

S. Basilij ». — Pagamento come sopra, c. 47 r.

Falcone « Petri Falconis » cittadino romano confessa di aver
ricevuto da Giovanni « Guidutij Archipresbyteri » sindaco del C.
di P. 131 libbre di buoni denari lucchesi, della qual somma 100
libbre sono in restituzione di sorte, 29 libbre per interessi e 40
soldi per le spese. Raniero « Christofori », Barlitto, Bongio-
vanni « Rainerij Acetantis », Bonamancia « Peri Dominici » e
Salvatico notaro, tutti perugini avevano preso a mutuo per la città

(1) Dopo questo atto, a c. 53 r. del codice si legge: « Ego Bonacorsus Thomasij
imperiali auctoritate notarius superiora XIlIII vogationes seu protocolla scripta a
Bonacorso notario ut continentur in superioribus octo follis et in hac presenti
pagina trasscripsi et fideliter exemplavi in anno domini MCCXXXVJ indictione nona,
tempore potestarie domini Marcovaldi nobilis civis Lucensis perusinorum potestatis ».
I CODICI DELLE SOMMISSIONI AL COMUNE DI PERUGIA 985

di P. la detta somma di 100 libbre da Luca scriniario procuratore
del nominato. Falcone, secondo risultava da istrumento fatto per
mano dello stesso Luca. — Tale quietanza è rilasciata tanto a fa-

vore del C. di P., quanto a favore della parle dei cavalieri o di^

quella dei fanti e di qualsivoglia persona particolare, da cui si fosse
contratto comunque un impegno di fronte al detto Falcone. Questi
dichiara di non avere ceduto ad alcuno i diritti che a lui per il
citato istrumento spettavano, e si obbliga a indennizzare il C. di P.,
le ricordate parti e le singole persone da ogni eventuale molestia,
e ciò sotto pena del doppio della somma medesima e coll’ obbliga-
zione di tutti i suoi beni mobili ed immobili.

Test. — Pietro « domine Diambre », Guardanfrancia, Amerigo
di lui fratello, Perdigiotto, Oddone « Prioris », Benvenuto « Bo-
nijohannis domine Teudesce », Simone « Varcoli », Andrea « Gre-
gorij Bonzii », Oddone « Brocardi » e Bongiovanni « Benoli Gui-
dutij ».

Bonaccorso not.

* Bonaecorso « Thomasij » not.

CLXXX. — [1231], Marzo 14. — Roma, «in quadam camera
S. Basilij ». — Pagamento come sopra, c. 48 r.

Cencio « Malabranche » cittadino romano dichiara di aver
ricevuto da Giovanni « Guidutij » sindaco del C. di P. 325 libbré
e 10 soldi di buoni denari lucchesi, dei quali 250 libbre a titolo
di sorle, 73 libbre per interessi e 50 soldi per le spese. I signori
Raniero « Christofori », Barlitto giudice, Bongiovanni « Rainerij
Acetantis » Bonamancia » Peri Dominici » e Salvatico notaro
avevano preso a muluo la detta somma di 250 libre da Luca
scriniario e procuratore del detto Cencio mutuante, come apparisce
dall’ istrumento scritto dal medesimo Luca.

Test. — Il signor Pietro « domine Diambre », Jacopino no-
taro, Bonoscagno « Perusij », Oddone « Brocardi », Guelfuceio
« Bononsigne », Simone « Varcoli », Bosone e Bongiovanni « Be-
noli » ed altri.

Bonaccorso not.
* Bonaecorso « Thomasij » not.

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286 V. ANSIDEI

CLXXXI. — [1231], Marzo 17. — [Roma], « apud sanctum
Basilium ». — Pagamento come sopra, c. 48 r.

Bulgamino « Stefani » e Giacomo e Porcarolo « quondam Ro-
mani Porcarij » e Nicola « Guidonis » Seguatario nepote ed erede
di Giovanni « Ottaviani » e Stefano Pettinario rilasciano a Giovanni
« Guidutij » sindaco del C. di P. ricevuta per la somma di 726
libbre di buoni denari luechesi, di cui 500 libbre per sorte, 200
libbre per interessi e 26 libbre a titolo di spese. La detta somma
era il residuo delle 2300 libbre luechesi, che Bendefende « Fuge »
aveva ricevulo in prestito da Romano Porcario e da Giovanni
detto Seguatano cittadini romani e da Stefano Pettinario e da
Niccolò « Guidonis Seguatani », come da istrumento scritto da
Oddone « Marciainventre ». Dichiarano inoltre che non avanze-
ranno mai per l'accennsto titolo alcuna pretesa di fronte al C. di
P., alle parti dei cavalieri e dei fanti perugini, ai singoli cittadini
di P. e al nominato Bendefende, ed assumono anzi l'obbligo di
renderli indenni da ogni molestia procurata loro eventualmente a
causa dell'obbligazione, la quale viene ad essere per l’ effettuato
pagamento del tutto annullata. Per la osservanza di tali impegni
Bulgamino e gli altri si sottopongono alla penale del doppio della
somma di cui si tratta e vincolano tutti i loro beni.

Test. — ll signor Pietro « domine Diambre », Pietro e Gianni
« Cavelluto », Jacopino nolaro, Beccario » lohannis Turpini »,
Oddone « Brocardi » e Benvenulo « Bonijohannis »

Bonaccorso not.

* Bonaccorso « Thomasij » not.

CLXXXII. — 1231, Marzo 17. — Roma, « apud sanctum
Basilium », Pagamento come sopra, c. 49 r.

Bolgamino « Stefani » e Giacomo e Porcarolo « quondam Ro-
mani Porcarij » dichiarano di aver ricevuto: da Giovanni « Gui-
dulij » sindaco del C. di P. 412 libbre di denari lucchesi, quanto
a 340 libbre per sorte, a 60 libbre per interessi e a 12 libbre per

le spese. La delta somma di 340 libbre era stata data a mutuo
da Bulgamino e da Romano Porcario a Jacopo « Casioli », il quale

l'aveva ricevuta « cum Consilio civitatis Perusij » per la stessa

imum co ep

Yen
I CODICI DELLE SOMMISSIONI AL COMUNE DI PERUGIA 281

città, come risulta da istrumenlo rogato da Fortebraccio seriniario.
Gli stessi Bolgamino, Giacomo e Porcarolo rinunziano ad avan-
zare qualsiasi pretesa per l’accennato titolo o per qualunque altro,
e rilasciano ampia e finale quietanza dell'aecennata somma.

Test. — Il signor Pietro « domine Diambre », Pietro é Gianni
« Cavelluto », Jacopino notaro, Beccario « Johannis Turpini »,
Oddone » Brocardi » e Benvenuto « Bonijohannis ».

ita TE die
; ME rA

* Bonaccorso not.
Bonaccorso » Thomasij » not.

CLXXXIII. — 1231, Marzo 17. — Roma, « apud sanctum
Basilium ». — Pagamento come sopra, c. 49 t.

Pietro Cavelluto e Giovanni Cavelluto figli « domini Od-
donis Franconis » come procuratori del padre loro rilasciano a
Giovanni « Guidutij » sindaco del C. di P. quietanza della somma
di 1434 libbre di denari lucchesi. Di questi denari, 1000 libbre
sono di sorte, 400 d'interessi e 34 di spese; le 1000 libbre son
parte delle 2300 libbre, che Bendefende « Fuge » aveva preso a
mutuo pei cavalieri perugini da Romano « Porcario », Giovanni

« Ottaviani », Stefano « Pettinario », e Niccola « Guidonis Segua-

tarii », come da istrumento scritto da Oddone « Marciainventre »;
il credito poi di 1000 libbre era stato per istrumento di Pietro
È « Bonegentis » ceduto ai nominati Pietro Cavelluto e Giovanni
Cavelluto dalla signora Angela tutrice di Maria figlia di Giovanni
« Ottaviani », da Stefano Pettinario, da Romano Porcario e da

.Niecola « Guidonis Seguatani ». S' impegnano quindi i due figli -

di Oddone « .Franconis », non solo per sè e per il detto Od-
done, ma eziandio per tutti coloro, dai quali avevano avuto in

cessione il credito, a non ripeter nulla né dal C. di P., nè dalla -

parte dei cavalieri perugini, nè da qualsiasi persona particolare,
e. tale impegno assumono, obbligando in solido e in proprio i loro

tese A

beni e, come procuratori, quelli del padre.

fee Test. — Deotacomando « Christiani », Bonoscagno « Mincia-

relli », il signor Pietro « domine Diambre », lacopino notaro,

Guardainfrancia e suo fratello Amerigo, Oddone « Brocardi »,

Bongiovanni « Benoli », Simone « Varcoli » ed altri.
Bonaccorso not.

Bonaccorso « Thomasij » not.

ri droni 288 V. ANSIDEI

CLXXXIV. — 1231, Marzo l7. — [Roma], « ante domum re-
flut [ationum] ». — Pagamento come sopra, c. 50 t.

Uguecione « Cortabrache » cittadino Romano e il figlio suo
Cortabr&che (1) emettono quietanza a favore di Giovanni « Guidu-
tij » sindaco del C. di P. per la somma di 158 libbre e 13 soldi
di buoni denari senesi, dei quali 125 libbre per sorte, 33 libbre
per interessi e 18 soldi [per le spese?] (2). Raniero « Christo-
fori », il signor Barletto, Bongiovanni « Raineri) Acetantis », Bo-
namancia » Peri Dominici » e Salvatico notaro avevano preso a
mutuo da Uguccione la detta somma di 125 libbre, come è pro-
vato dall’ istrumento scritto da Egidio scriniario.

Test. — Pietro « Gregorij », Giacomo « Petri Johannis » Ni-
cola Macellario, Andrea « Johannis Pauli Cavalune », il signor
Pietro « domine Diambre », Jacopino notaro ed Egidio nolaro.

Bonaccorso not.

Bonaccorso « Thomasij » not. (3).

CLXXXV. — 1236, Decembre 5. — Todi, nel palazzo del
C. — Giuramento prestato dal Podestà del C. di P. « co-
ram domino Alatrino domini Pape subdiacono capellano »,
e Dos:

« Ad honorem Dei omnipotentis Patris el Filij et Spiritus San-
cti, beate Marie Virginis el beatorum Apostolorum Petri et Pauli
omniumque sanctorum, ad honorem quoque sancte Romane Ecele-
sie ac domini Pape » M. [arcovaldo] podestà, sindaco e procura-

(1) Come i Papazurri, cosi i Curtabraca, dei quali è cenno in questo atto, e i
Bulgamini, il cui nome apparisce nei documenti CLXXXI e CLXXXII, sono ricordati
dal Gregorovius (op. cit., vol. IV, pag. 527),

(2) Nel codice si riscontra una piccola lacuna.

(3) A proposito della estinzione dei debiti noverati in questo e nei precedenti atti
é a notarsi che i nostri maggiori avevano sommamente a cuore che il Comune non
fosse gravato di passività; di queste cure solerti fa solenne testimonianza la iscri-
zione, che porta la data del 1234 (tre anni soltanto dopo i pagamenti qui ricordati)
e che si vede tuttora, intagliata in pietra, sulla parete esterna del nostro Duomo,
verso il Corso Vannucci. In quella lapide, che é detta « Petra justitie », si legge:
« Certum sit omnibus quod totum debitum Communis Perusij de tempore transacto
est ab ipso Communi plene satisfactum, adeo quod nemo inde a modo audiatur ».

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1 CODICI DELLE SOMMISSIONI AL COMUNE DI PERUGIA 289

tore del C. di P. in nome e per mandato del C. e della città di
P. giura e promette di porgere aiuto e difesa « ad retinendum,
conservandum, manutenendum et defendendum patrimonium beati
Petri in Tuscia et ducatum spoletanum in devotione, subiectione
ac fidelitate sancte Romane Ecclesie ac domini Pape spiritualiter
et lemporaliter ». Questi impegni assume il Podestà a condizione
che siano salvi i privilegi, i diritti, le consuetudini, le giurisdizioni,
le libertà e i possessi, dei quali il C. di P. ha goduto e gode.
Test. — Il signor Raniero « Orlandi Ursi », Raniero notaro
« de Cortonio », i signori Giovanni « de Fracta » e Giovanni « Ar-
chipresbyleri » perugini e il signor Marcovaldo nepote del Podestà.
Simone not. (1).

CLXXXVI. — 1237, Aprile 15. — P., « ante palatium Co-
munis ». — Pagamento di una chiusa costruita fuori di
Porta Eburnea ed obbligo di manutenzione della chiusa
stessa, c. 53 t.

Matteo « quondam Bifolei » e maestro Diotesalvi « quondam
Nichole », i quali sono « de porta Burni », promettono a Marco-
valdo Podestà del C. di P. stipulante a nome del C. medesimo
che essi e i loro eredi manterranno in buono stato per il tempo
di dodici anni prossimi futuri la chiusa che è fuori dell'accennata
porta e che da loro è stata fatta a cottimo nel presente anno.
Tutte le volte che entro i dodici anni la detta opera avrà comun-
que bisogno di riparazioni essi la riatteranno a loro spese nel
termine di un mese dall'avvenuto guasto; tale obbligazione è as-
sunta da Matteo e da Diotesalve per sè e per i loro eredi « ad
penam XXV librarum » perchè hanno ricevuto « pro ipso facto
opere et dicto mantenimento » 19 libbre e 5 soldi di buoni denari.

Test. — Il signor Ubertino giudice, Enrico notaro e Taglia-
bove camerlengo.

Iacopo « Tholomei » giudice not.

(Continua) V. ANSIDEI.

(1) L'atto è testualmente riprudotto in « Alcune notizie sui rapporti fra Roma
e Perugia nel secolo XII] » da me pubblicate in questo stesso Bollettino, Vol. I,

pag. 591.

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COMUNICATO

UNA ISPEZIONE AGLI ARCHIVI CIVILI DI GUBBIO

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Nell'ottobre 1900 essendo l'amministrazione comunale di Gub-
bio diretta da un regio Commissario, fui messo a parte del falto
della vendita di carte pubbliche ritenute di spettanza dell'archivio
comunale e dei provvedimenti dal medesimo adottati per impe-
dire la totale dispersione delle carte medesime. Richiesi di vedere
il materiale d'archivio ; esaminai alcune carte del materiale aspor-
tato, mi procurai le notizie esalte dell'accaduto e mi convinsi
che gli inconvenienti lamentati non ricadevano a danno dell'ar-
chivio comunale, ma a pregiudizio di atti governativi che furono
in deposito presso l'archivio notarile mandamentale.

Accenno brevemente all’ origine della cosa. Nel 1894 l'ammi-
nistrazione comunale provvide al riordinamento dell'archivio man-
damentale. Questo si trovava, come attualmente, nel palazzo detto
de’ Consoli, nel piano terreno. Allora però occupava tre ambienti,
e conteneva : 4.° la serie dei protocolli de’ contratti ; 2.° la serie
degli atti civili; 8.° la serie dei documenti di corredo agli atti
civili, ossia le giustificazioni (iustificationes et jura) e 4.° le dop-
pie copie dei contratti. L' opera del riordinamento fu praticata so-
lamente sulle filze e su i registri della 1* e 2* serie e non com-
pletamente; cioè furono inventariati i registri dei protocolli notarili
e disposti nella grande corsia centrale; furono confusamente e
alla meglio adattati nella piccola sala adiacente i registri della
2a serie e in altro ambiente si depositarono, sempre alla rinfusa,
tutte le altre carte.

Ora avvenne net gennaio di quell’anno, che dalla stanza,

ove giacevano le carte della 3* e della 4* serie, il municipio avesse

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bisogno per favorirne un sodalizio, e le carte che la ingombra-
vano, considerate come inutili, si vendettero a vilissimo prezzo.
L’ acquirente, certo Creonte Angeletti, asportò circa venti quin-
tali di registri, filze e altro materiale, e per trarne il maggior
vantaggio, cominciò a separare autografi, pergamene e altri atti
che potevano interessare i collettori di sfragistica e di altre cu-
riosità storiche, da tutta l’altra massa. Vendé poi circa a 20,000
istrumenti della serie 4^.

Il regio Commissario, non appena venne in Gubbio, diffidò
il detto Angeletti, a cui rimase, così, interdetta la vendita, e a
me concesse tutto l' agio di esaminare la gran massa delle carte.
Essa si componeva di filze, in gran parte ancora intiere, delle giu-
stificazioni agli atti civili, agitati coram Praetore, o coram Locum-
tenente, di polizze e di apoche. Inseriti nelle filze, e anche separati
da queste, trovavansi rescritti governativi tanto dei duchi di Urbino,
quanto dei legati, vicelegati e luogolenenti pontifici, muniti delle
firme autografe o dei sigilli, istrumenti pubblici, atti civili, man-
dati della camera apostolica o della segnatura pontificia. Raro
era il caso di trovare cose di provenienza comunale, come un ba-
stardello, in forma di minutario, di adunanze consigliari del 1521 ;
o di provenienza dell'archivio de’ notari propriamente detto, come
un minutario di protocollo notarile del 1523 e 1524.

Quindi è da ritenere che tutto, o, per lo meno, il maggior
contingente di quel materiale appartenesse ad atti civili e gover-
nativi.

Da accurate ricerche fatte negli archivi di Gubbio, oltre che
sulla massa delle carte vendute, potei raccogliere la storia della
costituzione dell'archivio pubblico in Gubbio, e stimo opportuno
qui riassumerla.

Durante il governo ducale, Gubbio non ebbe un archivio pub-
blico. Divenuta la S. Sede padrona di quella importante e ricca
città, pensavasi tosto a costituire un archivio, dove i notari non
solo dovessero depositare i loro rogiti comuni, ma anche, in sede
separata, gli atti dai vari notari della legazione o della luogote-
nenza rilasciati come cancellieri governativi. Le prime pratiche
trovai che si concludessero nell’anno 1630: e con un primo bando
del 25 luglio 1637 ne fu dato avviso ai notari. Un bando suc-
cessivo, del 1° luglio 1638, a nome del vicelegato mons. Grimaldi,

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UNA ISPEZIONE AGLI ARCHIVI CIVILI DI GUBBIO 293

del luogotenente apostolico e del gonfaloniere, ordinava quanto
appresso :

1." che tutti i notari, i parrochi ed altre persone che rite-
nessero scritture, istrumenti e testamenti rogati, e anche istru-
menti e libri di notari morti, dovessero portarli in termine di
15 giorni nel nuovo archivio, pena 200 scudi d'oro:

2.° che vi fossero ugualmente obbligati i notari di arcive-
scovi, vescovi, abati e priori, ancorchè privilegiati :

8.° che i notari della legazione, innanzi di partirsi, fossero
obbligati a lasciare i loro protocolli:

4." che tutte le polizze e tutti gli scritti stampati si doves-
sero, in termine di 15 giorni, archiviare: i

5.° che tutte le polizze non prodotte nel tempo suddetto
fossero nulle (Arch. Com. Rif. ad an. 1638, c. 292 f.).

I notari non vedevano di buon occhio la istituzione dell’ ar-
chivio: si mostravano reluttanti a depositare gli atti; mettevano
in mezzo il pretesto del locale incomodo e tiravano in lungo per
la scelta di un locale diverso. Dapprima era stato designato quello
dell’Armeria, poi quello del Monte di pietà, sotto la cappella vec-
chia del palazzo pubblico, poi la stessa Cappella, per la cui per-
muta esiste una bolla di Urbano VIII del 2 febbraio 1639. Nono-
stante ciò, si tornò a chiedere che la cappella rimanesse nel suo
stato e si adattasse, invece, il Monte sotto alle loggie. E così la
stanza del Monte di pietà fu sgomberata per servizio dell’archi-
vio, il Monte passò in un granaio accanto a quello dell'Abbon-
danza, l'Abbondanza passò dove era la Gabella, la Gabella nella
Depositeria, la Depositeria nel Registro (Arch. d. Rif. ad an. 1638,
c. 2, 12; d639, c. 281, 27 t., 28, 20 t., 44 t., 53, 56 t., 59).

Il nuovo istituto sorse finalmente nel 1640. Agostino Marini,
canonico di Gubbio, figlio del fu notaro Michelangelo Marini, co-
minciò il 23 aprile di quell’anno a fare i primi depositi dei libri
d’istrumenti dal 1588 al 1638, e, a sè, di nove libri di atti ci-
vili, parte de’ quali coram praetore e parte coram Locumtenente
dal 1589 al 1620. Di seguito al Marini, vennero tutti gli altri, i
quali continuarono per varii mesi, e negli anni snecessivi, a de-
porre, con protocolli di contratti, anche libri e filze del Cicile,

riunendo cosi rogiti di ogni specie di notari e di cancellieri ec-

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clesiastici, in unione a giudizi delle due curie, del pretore e del
luogotenente.

Conosciuta l'origine dell'archivio pubblico di Gubbio, e la
natura degli atti ivi raccolti, non era dubbio se le carte di cor-
redo al Civile, asportate da quell’ archivio, fossero di pertinenza
diretta o indiretta del Comune, o di pertinenza del Governo, come
costituenti la parle più importante de’ giudizi civili, a cominciare
dal governo del duca Francesco Maria l. (1508) a finire al pon-
tificato di Leone XII (1823-1829).

Rimanendo ciò assodato, il r. Commissario, al quale riferii
il risultamento delle mie indagini, sospese ogni azione, che sa-
rebbe stata di sua competenza, qualora si fosse trattato, come
si credeva, di sperpero di atti comunali, e attese che il Ministero,
fatto consapevole dello stato delle cose, provvedesse come avesse
creduto più spediente.

Intanto, a me incombeva anche l’ufficio di visitare gli altri
archivi civili di Gubbio, e questo ufficio adempiei con premura
attenta e minuziosa, per quanto ciò potesse farsi in una sola set-

timana di indagini quotidiane dalle prime ore del giorno, protratte

fino alle più tarde ore della notte.
1. — Archivio Notarile.

Ho già accennato come questo archivio fondato nel 1640,
riordinato nel 1894 solamente in parte, avesse bisogno di ricevere
il completo ordinamento nella parte degli Atti Civili. Sono suf-
ficienti gli scaffali, come è sufficiente la stanza; ma occorre dare
aria e luce a questa, che non ha finestre, e ciò può farsi me-
diante una porta d'enirata munita di bussola a vetrina. Se le
carte vendute dovessero recuperarsi e tornare alla loro sede, do-
vrebbe anche disporsi per il ritorno del locale recentemente ce-
duto, e in esso adattare le carte che si rivendicassero La stessa
persona che ordinasse i protocolli può avere l’incarico di questo
nuovo lavoro, e per la esperienza fatta di delta persona, che è

un impiegato del Municipio, si può ragionevolmente sperare del-

l'ottima riuscita dell'incarico, in cui serie difficoltà. si presente-
ranno soltanto nel riassumere tutto lo scarto alienato.

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UNA ISPEZIONE AGLI ARCHIVI CIVILI DI GUBBIO

2. — Archivio della Pretura.

‘Il Mazzatinti ne’ suoi Archivi per la storia d’Italia (I, pa-

gina 32) avvertiva nel 1887 che era in disordine e senza inven;

tario e che conteneva registri dal 1311. Si deve dire invece che

i registri cominciano dal 1411, essendosi erroneamente letta la

data del 1311 dove è scritto 1411. A facilitare a quell’ egregio.

cancelliere la compilazione dell’ inventario, detti un ordine a tutti

i registri del secolo XV, dei quali feci l' inventario, come qui ap-

CAUSE CIVILI AVANTI AL PopESTÀ.

Registri in forma di bastardelli.

(cartacei con copertina membr.)

Registro dal 1 marzo 1390 al 24 ag." 1390.

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» 2 sett. 1392 al 13 febr. 1392.

» 9 febr. 1411 al 28 febr. 1412.

» 16 nov. 1420 al 9 febr. 1422.

» 19 mag. 1427 al I6 gen. 1430.
(Fa da copertina una pergamena del... marzo 1328
che contiene l'atto di condotta di Giovanni Astolfo
conestabile tedesco, fatta dal Comune di Sanse-
verino come stipendiario, con 14 cavalieri, 15 ca-
valli armigeri e 8 ronzini per sei mesi).

» 2 giug. 1434 al genn. 1435.

» » nov. 1437 al febr. 1438.

» 16 sett. 41443 al 15 febr. 1444.
(Fa da copertina una bolla di Bonifacio IX alla
Abbazia dell'Avellana del 23 dicembre 1396).

» 26 marzo 1444 al marzo 1445.

(Nel foglio di guardia una pergamena a note mu- -

sicali scritte nel secolo XII, e nella copertina una
pergamena del 9 marzo 1438, contenente una no-
mina ad arbitri).

»' 24 sett. 1456 all 8 gen. 1457. +

» 16 sett. 1457 al 19 ag. 1458.

» 2 sett. 1458 al 28 febr. 1459

(E coperto con pergamena contenente un contratto -

di Soccita del 22 agosto. 1433).

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13. Registro dal 14 settembre 1461 al 15 marzo 1462.
(E coperto da una pergamena che contiene un atto
di vendita del 6 maggio 1958).

14. » » 15 luglio 1482 all' agosto 1483.
(E coperto da un foglio membr. appartenente al-
l'Archivio Camerale di Gubbio).

: 15. » » 23 maggio al dicembre 1496.

(Vi é registrato l'atto di possesso della chiesa
cattedrale di Gubbio fatto da Francesco della Ro-
vere il 23 maggio 1492, presenti Guidobaldo, Ot-
taviano e due fratelli del Vescovo).

16. » » 24 sett. 1493 al 2 febr. 1498.

3. — Archivio del Comune.

E collocato in due stanze, l'una quasi a contatto dell'altra,
nel secondo piano del palazzo Comunale, e non ha custode proprio.
L'inventario fu redatto dal sig. Francesco Arduini, egregio se-
gretario del Comune, che fece opera, per molli riguardi, commen-
devole, ma non imitabile per il metodo di ordinamento, né com-
pleta. Se possiamo esser cerli che registri e codici abbiano ciascuno
una indicazione con un numero di riscontro all'inventario, non
cosi possiamo dire di tutte le pergamene e di tutti gli atti sciolti.
Mi eapitarono preziosissime pergamene, fra le quali bolle di In-
nocenzo II e di Celestino III anche per il contenuto interessan-
tissime. Esse non erano state inventariate. Le ho collocate ac-
canto alle più antiche nella prima busta, ne ho lasciato il regesto
e le ho diligentemente trascritte. Frugando poi in una filza di
carte varie, vi ho rinvenuto una pergamena del 7065, la quale ci
dà il nome di un vescovo, che è ignoto al recente storico Lucarelli
compilatore diligente della serie de’ vescovi gubbini, e quindi anche
al Gams e all' Eubel sconosciuto. Carte dal 1081 in poi ho pur ve-
dute, a caso, e prive di regesto, né inventariate, nella Sperel/tana.

Una parte dell'archivio storico si trova anche nell'archivio
moderno. Vi si trovano lettere ducali e varii atti amministrativi
antichi.

È necessario riunire tutte le carte comunali, mantenendo la
distinzione di queste da quelle provenute dai conventi soppressi che
il Governo vi tiene in deposito. Anche queste carte dei conventi
li Oria

(UNA ISPEZIONE AGLI ARCHIVI CIVILI DI GUBBIO - 297

soppressi sono molte e preziose, ma disordinatamente raccolte ac-
canto alle comunali. E necessario che delle une e delle altre si
rediga un inventario, fatto con precisione ,e non con indetermina-

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tezze per non dar luogo a scambi e sostituzioni artificiali. E

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quindi, essendo molte e confuse, per trovarsi tutte ‘sciolte, ri-

chiedono la cura diligente e ponderata di un uomo colto e co-
scienzioso, il quale può impiegarvi, lavorando di buona Jena, un
paio di mesi di tempo, e dell’inventario far due copie, una per il
Municipio, l'altra per il Ministero se si vuole veramente esercitare
un’azione di controllo sul patrimonio storico posseduto dai comuni:

4. — Archivio della Congregazione di carità.

Una parte di questo archivio, quella delle pergamene, é rac-
chiusa in un armadio a tanti scomparti quante sono le carte. Ogni
scomparto ha il suo nome che risponde ad un inventario redatto
da un signor Tondi. Tutto il restante è in disordine. L'armadio,
collocato nella sala del presidente, è ben custodito e chiuso da
sportelli di vetro; ma l'inventario è redatto da persona imperita
che non conosceva nemmeno gli elementi della storia, della. cro-
nologia e molto meno della paleografia. L' inventario è classificato

in dieci titoli cosi: Privilegi — Salari — Atti civili — Testamenti
— Donazioni — Dotazioni — Compre e vendite -— Depositi e
mutui — Diritti diversi. Raramente le indicazioni danno l'idea

meno imperfetta. del contenuto dell'atto. Spesso vi si trovano er- -

rori eronologici, equivoci di nomi, scambi di senso. Da ün esame
superficiale delle pergamene ho potuto constatare l'importanza
storica di molte di esse. Vi ho rinvenuto una epistola dei Fra-
ticelli dell'opinione senza data certa, ma da attribuirsi fra il 1353
e il 1355, indirizzata al podestà di Narni, interessantissima per
chi studia il movimento francescano foriero della riforma, e scritta
per difendersi dagli attacchi degli avversari. E un opuscolo che
può testimoniare dello stato delle opinioni religiose, come della
coltura del tempo, e può chiarire molti punti controversi, oltre
che ci fa sapere la condizione creata, in quel tempo, nell’Umbria,
ai seguaci dei Fraticelli. Il documento, tuttochè di lettura non dif-
ficile, era stato definito per un elogio ai benefattori di ospedali!
Fu da me tutto trascritto in tre quinterni e ne riferii nel presente
Bollettino, (vol. VII, pag. 353).

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Dunque, anche questo archivio vuole un nuovo inventario;
ma oltre a questo, si riehiedono pure nuovi ambienti per i registri,
per le filze e per le buste che si trovano in disordine, affastellate in
una stanza letteralmente ingombra di materiali d'archivio, che è
impossibile nsufruire per gli stessi bisogni d’ufficio. Sarebbe da
consigliare una separazione della parte antica dalla parte moderna,
limitando l’antico a tutto il secolo XVII; mantenere, anche, la
partizione per materie, poichè è fatta, ma riprenderla tutta in
mano, riscontrarla, correggerla, dispurla meglio che si può in un
locale meno angusto e meno incomodo.

Una visita fugace feci agli archivi ecclesiastici che altra
volta aveva ammirati per rarità e per ricchezza di documenti, per
buona custodia. Nulla ho riscontrato che accennasse ad incuria,
ad abusi, onde potesse temersi per la cultura storica, di cui ser-
bano monumenti preclarissimi. Da speciali confidenze ho potuto
raccogliere che grande parte degli archivi di conventi soppressi
o di luoghi pii è passata, da molto tempo, in mani private, e in
tanta copia e varietà, da poter servire. alla ricostruzione storica
dei luoghi religiosi non solo della città, ma della vasta sua giu-
risdizione anlica, che si estendeva fino a racchiudervi |’ abbazia
celebre dell’Avellana. E da augurare che quel fato che incombe
su moltissime famiglie antiche di Gubbio, dove si possedevano
cimelî importanti per diritti d’eredità e molti più se ne acqui-
stavano, via via, per desiderio di cose peregrine, non prose-
gua qualche moderno raccoglitore che per sola vaghezza. di
cultura intende a rivendicare, da mani avide, antiche scritture.
Nè tornerebbe inopportuno qui esprimere un desiderio, che cioè
il Governo, vigile custode del patrimonio storico nazionale, tenesse
d'occhio coteste collezioni private, falte a spese delle collezioni
che furono pubbliche, e adoperando quella influenza che sa di
poter far valere, studiasse di far si, che ciò che fu raccolto per
amor di coltura eletta non venisse un giorno sfruttato per avi-
dità di eredi. Il caso del marchese Ranghiasci è troppo recente
perchè non sia ancora nella memoria di molti la immensa iattura
che le arti e la storia ebbero a soffrire per la inconsulta e dis-
sennata vendita e dispersione delle belle e singolari collezioni di

quel patrizio gubbino.
L. FUMI,

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IL VICARIATO DI NICOLÒ FORTEBRACCIO

A BORGO S. SEPOLCRO

La storia registra che Nicolò Fortebraccio, nella sua vita
di condottiere, mirò sopra tutto alla signoria di Città di Ca-
stello. Vi pone su gli occhi fino dal 1429; ed è ingenuità di
storico alquanto saperficiale il credere, che egli si rimuovesse
allora dall’impresa per le sollecitazioni e le preghiere dei
messi perugini. A quel tempo egli preferì tentare la fortuna
delle armi contro il Guinigi di Lucca. La verità è questa.
Pure egli torna a molestare il contado di Città di Castello
nel 1431, spingendosi in quel di Gubbio in odio a Guidan-
tonio da Moltefeltro, che aveva assunto la signoria di Città
di Castello.
* A Era pontefice Eugenio IV, che, anche secondo gli storici
più benigni, diede prova di un attaccamento soverchio al
temporale dominio cercando con ogni mezzo di ricuperare i
beni della Chiesa. A lui doveva essere noto, che Nicolò mi-
rava, con persistente audacia, ad occupare Città di Castello
o qualche altro importante Comune, che viveva sotto il pro-
tettorato del Papa. Cerca quindi di allontanarlo dall’ impresa
chiamandolo ai suoi servigi. Nicolò non rifiuta, ma nel giu-
gno del 1432 tenta di nuovo la fortuna, sperando che il Papa
— dicono storici e cronisti — non volesse oggimai opporsi
alle sue brame di dominio. Ma Eugenio lo distorna ancora

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una volta dai suoi disegni inviandolo a Vetralla, che si era

’ribellata. Non solo la questione del soldo (1), ma anche am-

bizione di regno spinse Nicolò a chiedere al Papa: come

guiderdone dell'impresa felicemente riuscita un sicuro. do.

minio in qualche ragguardevole città che fosse sotto la giu-
risdizione della Chiesa. Che domandò, che ottenne. l ambi-
zioso veuturiero? Credo non andar lontano dal vero pen-
sando, che egli insistesse presso il pontefice per ottenere
lambita signoria di Città di Castello; ma il papa volle, non
molto accortamente, soddisfarlo col semplice Vicariato di
Borgo S. Sepolcro.

E dico — non molto accortamente — perchè il dominio di
S. Sepolcro poteva diventare, e diventò di fatti, un av via-
mento alla maggior signoria di Città di Castello, che, per-
duta da Guidantonio di Urbino, fu occupata da Nicolò. For-
tebraccio.

Ora il documento, che ho rinvenuto nell’ archivio del
conte Marco Oddi Baglioni a Perugia (2) è appunto la bolla
di investitura del Vicariato di Borgo S. Sepolcro a favore
del Fortebraccio. Essa è del settembre 1432, e merita di es-
sere conosciuta per le seguenti ragioni.

Prima di tutto dalla bolla traspare che Eugenio IV non

riteneva Nicolò molto sicuro nella fede al papato; ad ogni

modo la fiducia. che il pontefice in lui riponeva era di data
recente, e non se ne fa mistero. Infatti di solito nelle cons
cessioni di feudi, di vicariati, di qualsiasi giurisdizione, si

(1) Che questo fosse il motivo della domandata signoria di qualche importante
città o castello lo credette il cronista perugino, che nel mese di agosto 1432 scrive
— « A questi di se disse che el papa avea dato e.concesso a Nicolo de la Stella el
Borgo de S. Sepolchro per denare che devia avere el dieto Nicolò de la sua con-
dutta, et del mese de setembre proximo dicto Nicolo pigliò la tenuta, cioié ce mandò
200 fante » (Cron. perug., detta del Graziani in Arch. St. it., Vol. XVI, P.I, pag. 363)
— Da questa narrazione resulta, che della concessione del Vicariato corse voce in
Perugia prima che fosse pubblicata la Bolla del pontefice.

(2) Debbo tributare pubblici ringraziamenti. all’ esimio Conte per avermi con
esemplare cortesia consentito la pubblicazione di questo documento. Esso é in per-
gamena e in stato. di.assai buona conservazione.

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1L VICARIATO DI NICOLÒ FORTEBRACCIO - 301

tiene a rilevare i servigi fedeli da molto tempo resi al signore
del feudo dal concessionario di esso; e così ricorrono le frasi
— « Devotionis sinceritas ac probata et constans fidelitas » —
oppure si ricordano — « grata et accepta servitia que san-
cte ecclesie hactenus impendit et adhuc impendere sollicitis
studiis non desistit » — Nella bolla di Eugenio IV invece
sul passato si tira un pietoso velo; e quando vi si parla del-
l'affectum devotionis non si usa la espressione, che — sem-
per ad nos et eamdem Ecclesiam gessisti, — ma si vien senz'altro
al presente, che si spera migliore del. passato, e si usa. la
parola geris senza tante amplicazioni. |
La Bolla poi prescrive che il Vicariato di Nicolò duri

dieci anni e non più, e che in esso il Fortebraccio abbia il .

mero e misto imperio con notevoli restrizioni, quali la giu-
risdizione penale in materia di eresia, di lesa maestà e di
falsità delle lettere apostoliche, e la podestà di decidere in
erado di appello si nel civile che nel criminale, cose tutte
che si riservano al pontefice.

Il Vicario non potrà inoltre alienare. ad alcuno i di-
ritti del Comune. E in ciò, come in altre disposizioni che se-
guono, comuni a molte bolle e diplomi, è da vedere un ul-
timo atto di ossequio che i principi prestavano alle antiche

libertà comunali. Ed invero nella Bolla di Eugenio IV si trova

fatto obbligo al Vicario di rispettare gli statuti e le consue-
tudini di Borgo S. Sepolcro, e di non porre ostacoli alla
convocazione dei parlamenti generali (ad parlamenta generalia
accedere), e finalmente si esige che il Vicario non possa mai,
per veruna circostanza, istituire un capo alla città o magi-
strati sine expressa licentia domini pape.

La concessione è fatta per il canone annuo di 500 fiorini
d’oro di Camera. La Bolla contiene poi consigli di modera-

zione per l'amministrazione della giustizia e per quella parte

di cittadino governo, che, in seguito alla concessione, pas-
sava nel Vicario; ma io credo di non dovermi fermare su ciò,

perchè al suono delle parole per lo più non corrispondevano

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i fatti e nemmeno la intenzione di chi concedeva e di chi
accettava l'investitura. i

Ad ogni modo il documento è importante anche perchè
dal suo contesto è dato qua e là rilevare quali fossero le
“condizioni di Borgo S. Sepolcro a quel tempo.

O. SCALVANTI.

Eugenius episcopus servus servorum dei dilecto filio Nobili viro
Nicolao de Fortebraccis Domicello perusine diocesis in terra nostra Burgi
Saneti Sepuleri pro nobis et Romana ecclesia in temporalibus vicario
generali salutem et apostolicam benedictionem. Inter varias multipli-
cesque curas quibus assidue premimur illa precipue pulsat et excitat
mentem nostram ut ad regimen et gubernationem terrarum vel locorum
nobis et Romane ecclesie immediate subiectorum viros deputemus ydo-
neos fide preclaros, providentia cireumspectos, rectitudine iustos, experien-
tia doctos et sollicitudine vigiles, qui statum et honorem nostrum et dicte
ecclesie diligant, pacem ament concordiam, subditos non gravent et sine
personarum acceptione iustitiam administrent, et sic prudenter atque iuste
populos gubernent et rezant quod jidem populi subiecti nostri laudabi-
les se recepisse Rectores et Gubernatores merito glorientur. Sane atten
dentes sincere devotionis affectum, quem ad nos et eandem ecclesiam
geris nec non cireumspectionis industriam et strenuitatem persone tue
aliasque multiplices virtutes quibus dominus earum largitor perso-
nam tuam multipliciter insignivit. ac volentes aliquibus ex nostris su-
bditis de utili et provido Gubernatore providere ac sperantes indubie
quod ea que tuo sagaci studio duxerimus comictenda promptis affectibus
et exacta diligentia exequeris, te in Terra nostra Burgi Saneti sepulcri
cum eius fortelitijs, territorio ac pertinentijs ad nos et Romanam ecele-
siam immediate pertinentibus usque ad decem annos a data presentium
computandos in temporalibus vicarium generalem auctoritate apostolica
tenore presentium facimus, constituimus et etiam deputamus tibique re-
gimen et administrationem terre atque gubernationem fortellitiorum ter-
ritorij et pertinentiarum predictorum per te vel alium seu alios huiu-
smodi tempore durante cum illis mero et mixto imperio ac omnimoda
iurisdictione temporali, que mihi per dictam ecclesiam seu per officiales
per eandem ecclesiam deputatos de iure aut privilegio vel consuetudine
exercere consueverunt ad honorem nostrum et eiusdem ecelesie statum-
que pacifieum et tranquillum diete terre, territorij et incolarum predi-
etorum nec non custodiam fortellitiorum, que in eadem sunt plenarie

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IL VICARIATO DI NICOLÓ FORTEBRACCIO 303

commictentes tibique in predieto casu durante vicariatu huiusmodi per te
vel alium seu alios mihi quoscunque potestates, iudices et officiales ydo-
neos qui possint et debeant questiones quaslibet tam civiles quam crimi-
nales et alias cuiuseumque spetiei vel generis motas vel movendas
exceptis eriminibus heresis vel lese maiestatis et falsitatis litterarum apo-
stoliearum audire, et previa ratione. congnoscere easque sine debito ter-
minare et executioni debite demandare constituendi quoque creandi et
faciendi, removendi et destruendi, destituendi et alios ad illa quotiens
tibi placuerit deputandi nec non colligendi, habendi, exigendi et perci-
piendi, et durante huiusmodi vicariatu tuis usibus applicandi omnes et
singulos fructus, redditus et proventus ac omnia et singula emolumenta
et introitus quocumque nomine censeantur in terra, territorio predictis in
quibus es vicarius ut premictitur deputatus, de quibus nullam reddere
rationem ad nos et dietam ecclesiam pertinentia, ita tamen quod ex hec
universitates, singulares persone terre et territorij predictorum absque
ipsorum expressa voluntate ultra consuetum modum non graventur et
de ipsis omnibus et singulis debitis, pedagijs, emolumentis et introitibus
durante huiusmodi vicariatu prout tibi videbitur disponendi alienatione
tamen bonorum et iurium ipsius ecclesie tibi penitus interdicta ac per
te vel alium seu alios quibus tu commiseris huiusmodi vieariatu durante
merum et mixtum imperium et omnimodam iurisdictionem in predicta
preterquam in casibus expressis superius et exceptis exercendi, nec non
contradictores quoslibet et rebelles quotiens expedierit temporali distinetio-
ne qua convenit compescendi ac omnia alia et singula que honori nostro
et eiusdem ecclesie ac pro statu pacifico et tranquillo terre et territorij
predictorum in quibus, ut premissum est, te vicarinm deputavimus ac
habitatorum et incolarum eorundem expedire congnoveris, faciendi sta-
tuendi, ordinandi, mandandi, corrigendi, puniendi, diffiniendi et exequendi
concedentes auctoritate predicta plenariam facultatem. Ita tamen quod
de huiusmodi consuetis et debitis fructibus, redditibus et proventibus ac
introitibus et aliis quibuscunque emolumentis tenearis terram fortillitia et
territorium ac pertinentias huiusmodi ut premietitur in vicariatum tibi
concessa tuis sumptibus et expensis diligenter et fideliter reparare, manu-
tenere, conservare et defendere ac etiam custodire et omnia alia ipsorum
onera supportare absque eo quod dicta ecclesia tibi pro huiusmodi vica-
riatu, rectoria, gubernatione, reparatione, refectione, conservatione, defen-
sione, custodia et oneribus supportandis subvenire in aliquo teneatur seu
pro expensis que in premissis seu premissorum aliquo seu alias quomo-
dolibet seu eorum occasione facte sint vel quorum fieri contigeret in
futurum aliquid ab eadem ecclesia exigi seu peti possit seu etiam vica-
riatu finito restitutio terre et territorij huiusmodi retardari valeat seu

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quomodolibet impediri. Et nichilominus pro omnibus et singulis intro-

itibus, redditibus et proventibus terre et territorij predictorum nomine ca-

nonis seu census nobis et romane ecclesie seu camere apostolice in urbe

vel ubi nos et suecessores nostri canonice intrantes residebimus aut ro-
mana curia fuerit quingentos florenos auri de camera seu ad pondus ca-
mere annis singulis huiusmodi vicariatu durante in festo beatorum Petri
et Pauli Apestolorum quod est de mense junij tuis periculis, fortuna
sumptibus et expensis dare, assignare ac solvere realiter tenearis. Volumus
etiam et retinemus ae spetialiter et expresse reservamus quod dicto vi-
cariatu durante legati, reetores seu Gubernatores provincie nostre ducatus

Spoletani seu civitatis nostre Perusij qui nune et pro tempore erunt... (1)

locumtenentes et curie generales ipsorum rectorum in causis appella-
tionum quarumlibet tam civilium quam criminalium et alijs ad ipsas
curias de iure vel de consuetudine seu alias legitime deferendis cum
.... (2) examinatione et congnitione decidendis ab eis eo iure plene li-
bere et pacifice in terra et territorio supradictis et contra ipsorum incolas
et habitatores congnoscant et utantur sieut in terris et locis alijs que
immediate pro dicta reguntur eeclesia salvis tamen et reservatis in hac qui-

buslibet privilegijs et indultis terre et territorij predictorum in hae parte

competentibus si qua forent quibus propterea non intendimus derogare.
Volumus insuper et huiusmodi vicariatus constitutioni adicimus per pre-
sentes quod incole et habitatores predicti ad parlamenta generalia acce-
dere ac exercitus et cavalcatas more solito, sicut alij de dicta provincia
facere consueverunt, facere teneantur quodque tu per te et officiales tuos
quos ad hoc duxeris deputandos terram et territorium predicta in quibus
es, ut premietitur, vicarius deputatus ac incolas et habitatores eorundem
huiusmodi vicariatu durante iuste. legitime regas et gubernes secundum
jura, consuetudines et statuta terre et territorij predictorum, ac habitatores
et incolas predietos nullatenus opprimes vel gravabis ymo in bona iu-
stitia manutenebis et fovebis ad bonum statum pacificum et tranquillum
eorundem, et quod omnia statuta si qua essent in eisdem terra et terri-
torio contra romanam ecclesiam officium inquisitionis heretice pravitatis
libertatem ecclesiasticam sive ecclesiasticas personas casses de libris et
capitularibus eorundem nec ea serves seu servari permictas nec receptes
manifestos vel occultos hostes inimicos rebelles vel bannitos eiusdem
ecclesie seu alíos eriminosos de Terris ecclesie ad illa coufugientes nec
directe vel indirecte facias per alios plubice (sic) vel occulte receptari
nee eis vel eorum alicui ausilium consilium vel favoren dari aut prestari

(1) lacuna dovuta al gnasto della pergamena.
(2). Vedi nota precedente.


IL VICARIATO DI NICOLÓ FORTEBRACCIO : 305

nullo modo permietas, quin potius quoscumque ex eis in tuam perve-

nientes potestatem quotiens super hoc a legato apostolice sedis vel Re-

ctore provincie predicte aut alijs diete Ecclesie officialibus ad quos ratione
offieiorum suorum id pertinet requisieris extiteris bona fide capi facias
et ad huiusmodi requirentes sub fida. custodia destinari. Mandamus

quoque dilectis filijs distrietus terre et territorij predictorum Universita- -

tibus ae singularibus personis incolisque et habitatoribus prelibatis qua-
tinus te tamquam vicarium nostrum et reetorem eorum benigne recipiant
et honeste pertractent, et tibi tanquam ipsorum Rectori et alijs offieialibus
tuis quos ad terre et territorij eorundem regimen duxeris deputandos in

omnibus, que ad vicariatus et rectorie huiusmodi spectant officium nostro |

et diete ecclesie ac successorum nostrorum nomine huiusmodi vicariatu
durante iuxta presentis constitutionis nostre tenorem plene intendere
studeant et efficaciter obedire. Tu igitur Terram et Territorium prefata
huiusmodi vieariatu durante sie in tranquilitatis et pacis dulcedine ac
iustitie suavitate fideliter solicite ac prudenter gubernare ac regere stu-
deas, et proeures quod persone, incole et habitatores predicti utili Gu-
bernatori et Rectori provido gaudeant se commissos. Tuque apud deum
et homines exinde possis merito comendari ac nostram et ecclesie predicte
benedietionem et gratiam uberius consequi merearis forma autem iura.
menti, quod tu ratione huiusmodi nobis prestitisti, presentibus fecimus an-
notari que talis est — Ego Nicolaus de fortebraccis domicellus Perusine
diocesis in Terra Burgi Sancti sepuleri eiusque territorio ac pertinentijs
pro Sanctissimo. in Cristo patre et domino nostro domino Eugenio divina
providentia pp. Quarto et Saneta Romana Ecelesia in temporalibus - vi-
carius generalis deputatus ab hac hora in antea fidelis et obediens ero
beato Petro Apostolorum Principi et eidem domino nostro Eugenio pp.
Quarto et successoribus suis romanis pontificibus canonice intrantibus; non
ero in consilio, auxilio, opere seu faeto quod dictus dominus noster Eu-
genius Quartus vel successores sui vitam perdant aut membrum vel ca-
piantur malacaptione, consilium vero quod michi singnificaverint vel
comittent per se vel nuntios suos sive litteras sine eorum licentia ad
ipsorum dampnum scieuter nemini pandam vel manifestabo, et nunquam
ero verbo vel facto consilio vel consensu directe vel indirecte per me vel
alium seu alios publice vel occulte seu quovis modo contra romanam ec-
clesiam vel dominum nostrum summum pontifieem qui nune est vel pro
tempore erit, sed semper ero adiutor ad conservandum, retinendum, defen-
dendum ac recuperandum Civitates, terras, Castra, villas, rocchas, et Bastias
vel Fortillitia ac omnia jura sanete romane ecclesie etiam male alienata
vel per quoseumque homines occupata vel tirannice detenta adiuvabo
pro posse recuperare vel recuperata defendere et in eo suo pleno dominio,

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a utilitatibus et honoribus conservare dietam romanam ecelesiam et dictum

dominum nostrum summum pontificem qui nunc est vel pro tempore erit
ac Vicarios legatos et Officiales ipsius etiam contra omnes et singulos
hereticos et scismaticos eorum culpis et notorijs demeritis exigentibus
sententialiter condempnatos seu condennandos et contra eorum sequaces ac
dantes eis vel eorum alicui consilium, auxilium vel favorem cuiuscunque
fuerint preheminentie ordinis dignitatis religionis conditionis aut status
etiam si Pontificali aut Episcopali seu Reginali vel quavis alia prefulgeant
dignitate et etiam si fuerint dicte romane ecclesie Cardinules, et contra
alios quoseumque per ecclesiam denotatos vel imposterum denotandos
quandiu extra gratiam et comunioneni dicte ecclesie permanebunt nec
eis vel alicui eorum dabo quovis modo per me vel alium seu alios directe
vel indirecte publice vel occulte auxilium, consilium vel favorem nec ab
alijs quantum in me erit et impedire potero prestari seu dari permictam,
sed eos pro pósso impediam donec reducantur ad gratiam sancte romane
eeclesie ac obedientiam prefati domini Eugenij pp. Quarti vel eius suc-
cessorum iuxta tenorem processuum apostolicarum et prout iustum fuerit
prefatos dampnatos, excomunicatos et filios perdictionis pro posse perse-
quar et invadam ac prosequi et invadi faciam etiam contra omnes ho-
mines iuxta meum posse bona fide et nunquam ero verbo vel facto con-
silio vel consensu ut aliquis Imperator Rex, dux vel marchio seu quivis
alius nobilis, Universitas, Comunitas seu Colleginm alicuius Civitatis Terre
vel loci eligantur, nominentur seu etiam assumantur in dominum vel
Rectorem terre, territorij et pertinentiarum predictorum aut alicuius eorum
sine expressa licentia dicti domini pp. qui nunc est vel pro tempore erit
seu legatorum eius et Constitutiones papales et maxime pie memorie Io-
hannis XXIJ Clementis VJ et Innocentis VJ summorum pontificum lo-
quentium de hac materia pro posse et totis viribus observabo. Et si con-
tigeret quod aliquis nominaretur vel eligeretur aut assumeretur in do-
minum offieialem vel rectorem in terra territorio et pertinentijs predictis
sine expressa licentia dieti domini nostri aut legatorum seu vicariorum
eius non prestabo eis consilium auxilium vel favorem publice vel occulte
seu pro viribus in quantum potero repugnabo et quod reverenter ac ho-
norifice juxta posse meum in dictis terra territorio et pertinentijs dictum
dominum nostrum Eugenium papam Quartum et successores suos Roma-
nos pontifices canonice intrantes ac legatos uuntios vicarios et officiales
eorundem qui pro tempore erunt quotiens ad partes illas accesserint re-
verenter humiliter recipiant ac pro posse honorifice pertractabo ac in
fidelitate et obedientia ipsius Romane ecclesie et dicti domini nostri pp.
et successorum suorum Romanorum pontificum canonice intrantium ac
legatorum vicariorum et officialium suorum perpetuo et inviolabiliter per-

varare
IL VICARIATO DI NICOLÒ FORTEBRACCIO 307

manebo et quod nunquam contra prefatam romanam ecclesiam et dictum
dominum nostrum Eugenium papam quartum seu successores suos romanos
pontifices canonice intrantes aut contra Officiales ipsorum rebellabo nec
rebellantibus adherebo quoquomodo nec auxilium consilium vel favorem
pubblice vel occulte ipsis rebellantibus dabo set preceptis munitionibus
et iussionibus (lac. del ms.) romane ecclesie summorum pontificum pa-
rebo et reverenter obediam cum effectu cavalcatas offensiones invasiones
aut dissentiones non faciam nec fieri procurabo contra al (lac. del ms.)
ecclesie fidelis subditos devotos et obedientes nisi in quantum dietus do-
minus noster pp. permiserit et de sua processerit voluntate neque ipsos
invadam nec etiam dampnificabo per me vel alium seu alios nec ipsos
invadere aut dampnificare attemptantibus seu volentibus quoquomodo
prestabo vel dabo consilium vel favorem nullam comminationem conspi-
rationem sue ligam faciam contra dictum dominum nostrum Eugenium
papam Quartum eiusque successores predietos vel Romanam ecclesiam aut
officiales diete eeclesie seu aliquem ipsorum faciam vel fieri procurabo
seu consentiam directe vel indirecte publice vel occulte. Et quod omnia
et singula predicta inviolabiliter observabo. Sie me deus adiuvet et hec
saneta dei evangelia. Datum Rome apud Sanetum petrum, Anno In-
carnationis dominice Millesimo quadringentesimo tricesimo secundo. IIIJ
Id. Septembris Pontificatus nostri Anno Secundo.

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ANALECTA UMBRA

Città di Castello. — La Biblioteca di Città di Castello è stata
di recente trasportata dal convento di S. Filippo, dove in due stanze,
che la scarsa luce e l’umidità facevano accidiose, giaceva fin dal 1876,
nel severo palazzo Bufalini: gli studiosi che ora la possono frequentare
con agio e profitto, ne constateranno la ricchezza ed il pregio. La costitui
un primo fondo di libri che nel giugno del 1761 avea lasciati per te-
stamento l'avvocato Lorenzo Smirli-Mori ; l'arricehirono nel 1821 Giuseppe
Segapeli, nel 1833 Giuseppe Raffaele Machi (il maire di Castello dal 1810
al 14) e il gonfaloniere Francesco Lignani coll’ acquisto della. libreria
dell’avvocato Pietro Guiducci; le dierono ordinamento e cure il conte
Vincenzo Pierleoni, eleggendone a bibliotecario don Camillo Piombanti,
e poi don Giambattista Rigucci, Antonio Sediari, Leovigildo Tommasini
Mattiucci, uno dei valorosi difensori di Malghera; nuovi incrementi ebbe
nel 1860 colle soppressioni dei conventi. :

Traece copiose di cultura tifernate in essa si riscontrano, dall'edi-
zione romana, per cura del Silber, del 1491, dell’opuscolo De viris ilu-
stribus Romanorum, dedicato ad Alessandro di Lorenzo Giustini, cospi-
cuo cittadino Castellano e Senatore di Roma, alle edizioni del cinque-
cento, al Rosario del Guelfucci, alle rime della Bufalini, alle opere dei
giureconsulti Guazzini e Marchesani, agli scritti del Certini, del Lazzari,
di Felice Mariottini, di Luigi Brami, del Segapeli, dell'abate Alessandro
Buratti, e d’altri più recenti eruditi e raccoglitori amorosi di memorie
locali. Delle vicende della Biblioteca e del suo intrinseco valore ha trat-
teggiata la storia l'avvocato V. Corbucci in un forbito discorso, letto
quando sotto gli auspici della fiorente accademia dei Liberi essa fu col-
locata nella nuova e degnissima sede (Per Za Biblioteca Comunale di
C. di. C., Casa S. Lapi, 1905; in 8°, pp. 69); accompagnano quel discorso
la geniale presentazione dell’oratore ai colti intervenuti, fatta dal prof.
Tommasini Mattiucci, ed una lettera di Eugenio Allain su Plinio il gio-
vine e il suo Templum Foelicitatis, comunicata dal R. Commissario dott.
Piero Gotti. Il Corbucci espresse (e possano avverarsi!) alcuni voti, con-
cludendo la storica esposizione sulla Biblioteca; che cioè vi si costituisca

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310 ANALECTA UMBRA

una sezione tifernate (ed a formarla gioverà la bibliografia cittadina che
il nostro Presidente G. Magherini Graziani ha già pronta per la stampa);
sia continuata la Collezione Pliniana, e sian distinte dalle altre molte di
varia cultura le opere di storia e letteratura francescana. Ancora: che
la Biblioteca « sia frequente occasione di ripristinare la Lectura Dantis,
in omaggio e osservanza di quanto il Magistrato Supremo degli Otto,
vera sapienza civile, ebbe a statuire, richiamando in patria, fin dal 1452,
a tale ufficio, l' insigne umanista Lilio Libelli ».

Foligno. — Il Quadriregio del Frezzi non è stato ancora argo-
mento di studio critico, né, malgrado le varie edizioni, è ancor noto
come merita: del fatto è probabilmente da cercarsi la ragione nella man-
canza d'una diligente e larga analisi del poema dottrinale. Il Ginguené,
l'Emiliani-Giudici, 1’ Invernizzi, il Gaspary ed il Volpi nelle loro storie
della letteratura, e il Fornaciari in una breve monografia, ne scrissero
ma non con la necessaria sufficienza; d’onde l’opportunità d’una espo-
sizione dell’opera. E questa ci vien data dal nostro socio Enrico Filippini
che a La materia del Quadriregio dichiarata per ogni canto aggiunse
giuste osservazioni proprie su l’importanza del poema, su la strut-
tura dei singoli Regni e su la cronologia del viaggio immaginato dal
poeta, « argomenti affatto nuovi di critica frezziana ». Tale studio ana-
litico fu in parte pubblicato ne L'Umobria, 1902-3; ora è apparso in opu-

scolo (Menaggio, Baragiola, 1905; in 89, pp. 87).

Gubbio. — Curioso, se non singolarmente importante, il Corredo
nuziale eugubino che il prof. Cito Trabalza ha tratto da un codice Can-
talmaggi e con gentile pensiero ha pubblicato per le nozze perugine
Montesperelli-Ricciarelli (Tipografia Perugina, 1905: edizione di 51 esem-
plari). Le « robbe che si danno a l’Herminia » il 3. giugno del 1570,
costituiscono, presso a poco, il solito corredo da sposa: tre vesti, una di
raso bianco con trina d’oro, una di « panno morello guarnita con trine
di seta bianca, pavonazza e rancia », ed una « di statino zalla »; poi
camice « oprate », « davanzali, panegelli, scuffie, scarpini », ecc. Notevoli,
per la storia del costume, un vezzo di perle, di tre fili, « per metter in
testa per cambio di bendelle », un paio d’orecchini (« pendenti ») d'oro
« co’ zoie verde [e] li aneletti d'oro »; poi « li coralli per le mani non
troppo grossi », « doi cassettini, uno di crestallo, l'altro messo a oro »,
una scatola con forbici « messe a oro », con due pettini d'avorio e di
bosso, col ditale d’argento e con « un acoraiuolo ». E ricordo ancora
«un Agnusdeo de gristallo di montagna, da l'altra banda il retratto de
Pio V d'oro, il cerchio ancora d'oro e smalto ». Sono aggiunti al cor-

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ANALECTA UMBRA 911

redo i ricordi « de le robbe » che la sposa donó e che furono « date
per l'impagliatura »; ma trattasi di modestissimi doni di fazzoletti, di
« panegeletti », di tela e di guanciali.
F
Monteleone. — G. B. Compagnoni Natali ha pubblicato nella Ri-
vista abruzzese (novembre 1905) una parte dello studio su La biga di
Monteleone di Cascia in relazione alle origini e all’arte arcaica italica :
venduta a un privato per mitissimo prezzo, rifiutatone — a quanto
pare — l'aequisto dal Governo, ora acquistata per 250 mila lire, è nel
Metropolitan Museum of art di New-York. Per ora l’autore si limita a
domandare: « Sarà, o no, greco-arcaica la maniera d’arte della biga,
non che il mito eracleo-laomedontiaco, che si ritiene essere rappresentato
nelle figure che la ornano? » Torneremo su l'argomento quando avremo
il seguito della monografia.

Perugia. — Nella monografia su San Gimignano (Bergamo, Arti
grafiche, 1904; pag. 55 e seg.) R. Pàntini ha riprodotta la bellissima ta-
vola del Pinturicchio, esistente in quella Pinacoteca Comunale e rappre-
sentante l’assunzione della Vergine al cielo. « Parrebbe un’opera giova-
nile di Raffaello e per freschezza di colori e per disegno »; anzi, che
sia opera del Pinturicchio, come il Gaye fermamente credette, taluno
dubitò « per lo stile troppo miniato ». Se non che Corrado Ricci, nel
suo recente libro sul Betti, ha dimostrato che « questi non allargò il
suo stile, piuttosto lo restrinse sempre più nelle forme di pratica ». Del
resto, i documenti dati in luce dal Nomi attestano che il Betti dipinse
questa gemma di tavola nel 1511.

x*x Ottimo contributo all'opera poetica del Beccuti ci dà il pro-
fessor Salza nelle Spigolature Coppettiane, inserite nel Giornale Storico
della letteratura ital., fasc. 138: sono utilissime aggiunte alla biblio-
grafia che segue al suo studio sul poeta perugino (Supplemento 3° del
Giornale cit.). I codici ch'egli ora designa, perchè contengono rime del
B., sono: il 243 e il 251 degl’ italiani della Bibl. di Monaco di Baviera;

il 2620 della Universitaria di Bologna; un cod. posseduto dal Cilotti di

S. Miniato; il XII, C, 43 della Nazionale di Napoli; e i fiorentini II, IX,
45 e II, IV, 223 della Nazionale, e 273 del fondo Palatino. Il prof. Salza,
inoltre, ricorda altre rime del B. in edizioni rare del secolo XVI.

x*x De L'antico Comune della Spina ha raccolti e pubblicati i
Cenni storici dalle origini al secolo XVII il nostro socio dott. F. Bri-
ganti (Perugia, tip. Umbra, 1904), con sette fototipie. All'ottima mono-

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grafia fan seguito le biografie degli uomini illustri e le notizie .di tutti
‘i castelli ch'erano sotto la giurisdizione di quel Comune.

a*& Nell’Archiv für Strafrecht und Strafprozess (a. 52, disp. 3-4:
Berlin, 1905) il nostro socio dott. Giustiniano degli Azzi insieme al pro-
fessor Kolér pubblica alcuni documenti giudiziari del secolo XIII, traiti
da un antichissimo registro Tifernate, esistente nell'Archivio di Stato
di Firenze. E noto che il dott. Degli Azzi dié di questo registro, e d'un
altro sincrono di deliberazioni, ampia notizia nel presente Bollettino.

5*4 Nel vol. 44 (fasc. 136 e seg.) del Giornale storico della lette-
ratura italiana il prof. Salza prende in rassegna la monografia del dott.
R. Gallenga Stuart su Cesare Caporali (Perugia, Donnini, 1902) ; qui se-
gnaliamo quest’ accurata rassegna per ciò che notevolmente s'avvantag-
giò sul libro per correzioni e per giunte. Integrato l'albero genealogico

. del poeta perugino, e illustratolo di note, il Salza riferisce il testamento
- di Camillo Caporali, canonico e padre di Cesare, « a chiarire o a rendere

meno oscuri i pochi particolari della giovinezza del poeta »: in questo
testamento egli « suos heredes universales instituit, ore proprio nomi-
navit equali portione Cesarem et Affricanum eius filios naturales et per
eum legitimatos ». — A proposito dei sonetti in lode di un’ Aurora, amata,
secondo il G., dal Caporali, il Salza è invece d'avviso « che si tratti di
rime puramente encomiastiche e che quell’Aurora fosse una comica, can-
tata, forse per amore, da un M. Antonio Gallo, comico anch'esso e in
relazioni amichevoli col Nostro » — Delle principali opere del Caporali
« forse la cronologia può stabilirsi più approssimativamente che il G.S.
non abbia fatto »: inoltre, un maggior profitto poteva esser tratto dai
manoscritti perugini; il che manifestamente è provato da un passo, in
due redazioni messe a confronto, della Vita di Mecenate. — Alla biblio-
grafia dei manoscritti il Salza ne agginnge uno di Perugia (Comunale,
H, 35), due fiorentini (Riccardiano 2834; e della Nazionale IX, 45) ed
uno del Museo Britannico; due ne aggiunge a quella delle stampe, e
cioè la edizione ferrarese, 1586, delle Rime (è la quarta), e la parmense,
1605 (ma eseguita nell'anno prima), della Vita et Horti di Mecenate con
la giunta di altre sue rime, dedicata a Pomponio Torelli, conte di Mon-

techiarugolo.

Rieti. — Il Cantalicio (è più noto con tal nome che con quello di

Giambattista Valentini) è uno di quei molti umanisti, insegnanti allo sti-
pendio di Comuni, che in tante città dierono lezioni, tanti studiosi e colti
conobbero, della benevola amicizia e del favore di tante nobili famiglie fu-

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ANALECTA UMBRA

313

rono onorati o si vantarono, tanti carmi scrissero spiccioli o d’occasione, die -
tro sè, dovunque passarono, lasciando bel nome di eruditi e desiderio di loro

dottrina, che non è agevole dir di lui e di loro con pienezza e della,

molteplice opera loro. Del Cantalicio in S. Gimignano ha garbatamente
e con larghezza di ricerche narrato il prof. Medardo Morici (nella Mi-
scellanea storica della Valdelsa, fasc. 1), giovandosi d’un opuscolo raro,

benché noto all'Ughelli e al Vermiglioli. Nacque a Cantalice (d'onde il .

suo nome), castello reatino: insegnò grammatica e retorica nel 1470 a
Roma, dove aveva studiato, poi a Siena, indi a Pavia, e nel 72 a S. Gi-
mignano con lo stipendio di 80 fiorini. È stato asserito ch'ei fu presente
al sacco di Volterra nel giugno del 72; ma al Morici non pare, e con
ragione, così: il sacco gli offerse argomento alla nota elegia indirizzata
a Lorenzo il Magnifico, e vidi ego ripetè due volte, quasi a far credere
che al fatto fu testimone; ma senza dubbio egli la dové comporre a
S. Gimignano, descrivendone i particolari con singolare vivacità e verità
come se realmente fossero successi sotto a’ suoi occhi Da S. Gimignano,
dove insegnò per cinque anni, si recò a Perugia e Spoleto; e sì bella
fama s'era ormai procacciata d’ insegnante e poeta, che d'ogni parte gli
offrivan cattedre, dalla Toscana, da Cesena, da Zara, da Terni, d'Amelia
e da Narni, E nell’ 88, lasciata la scuola di Foligno, andò a Rieti, chia-
matovi per un triennnio come maestro. Nel 1503 fu nominato vescovo
d’Atri e Penne; nel 14 morì. Moltissimi furono gli eruditi coi quali
contrasse amicizia; copiosissima la sua produzione letteraria e poetica;
ond'è che, non essendo ancora ben noto e studiato tutto questo, non è
oggi possibile un adeguato giudizio su lui, scrittore e pedagogo. Ma ad
affrettare codesto giudizio ha contribuito ora, con la presente pubblica-
zione, l’amico Morici.

Terni. — Una prima illustrazione della cattedrale di Terni fu
presentata dal cav. Luigi Lanzi alla nostra Deputazione nel 1902 (efr.
questo Bollettino, VIII); torna egli adesso su lo stesso soggetto, trat-
tando dell’antichità della cripta, della tomba di S. Anastasio, dei mosaici,
dei molti frammenti (iscrizioni, colonne, un bassorilievo romano, ecc.)
che vi furon trovati, e del paliotto dell’altare di S. Anastasio, in cui fu,
nel secolo XVI, rappresentato il fatto della insurrezione della città contro
la tirannia del Barbarossa. Così, e ragionevolmente, interpreta il Lanzi
quella storica scultura. — L’opuscolo Ancora sull’antica cripta della
Cattedrale di Terni è estratto da L'Italia moderna, a. VIII, fasc. 8
(Roma, Centenari, 1905; in 8°, pp. 15), e lo illustrano una bella fototipia
e due disegni dal vero del compianto architetto Benvenuti.

GIUSEPPE MAZZATINTI.

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314 ANALECTA UMBRA

Prendendo la penna per questa rubrica del nostro Bollettino, nom

possiamo non ripensare, ancora una volta, con amaro rimpianto alla

perdita del nostro bravo Mazzatinti. E non meno la deplorerà il lettore,
scorrendo le righe di queste Analecta, rubrica cui il'Mazzatinti fu sem-
pre liberale del suo tesoro di coltura e della sua sicurezza di giudizio.

Anche in questo numero (ahi! l’ultimo) compaiono in questa ru-
brica alcune note preziose, le quali testimoniano della sua attività e del
suo amore per il nostro periodico. E si stringe il cuore pensando che
anche negli ultimi giorni della sua vita travagliata e operosissima volle
essere liberale a colleghi e amici de’ suoi tesori di coltura, acquistati con
diuturna fatica, che tanto doveva nuocere alla sua salute.

Il compianto che seguì alla morte di lui non accenna (omaggio a
un merito vero!) a diminuire. i

Dopo le due belle commemorazioni tenute, una -da A. Luzio, suo
compagno di lavoro, a Forlì, pubblicata dal Bordandini, l/ altra da G. De-
gli Azzi, a Gubbio, e che vedrà presto la luce per i tipi del Lapi; lo
o dott. G. Degli Azzi ne pubblicò una commovente Memoria, seguita
a Bibliografia, nel penultimo fascicolo dell Archivio Storico

stess
da una ricc
Umbro del Risorgimento.

Nel Giornale Storico della Letteratura italiana il prof. R. Remier,

al Mazzatinti legato da antica fidata amicizia, ne ha tessute le lodi €
ricordati i meriti.

E così conclude il venerando senatore A. D' Ancona in una sua com-
movente Necrologia (Rass. bibl. d. Lett. it., XIV, 249-44): « Il buon
Mazzatinti è venuto meno come un gagliardo mietitore, che sul campo
ove già ha colto abbondante messe, cade oppresso dalla fatica, proten-
dendo ancora lo sguardo a quella che avrebbe coronato l’opera sua la-
boriosa ». Parole tanto giuste, quanto acerba, cruda la realtà !

Assisi. — Sembra che per S. Francesco deva avvenire, se non è

già avvenuto, quello che gli studiosi di Dante non a torto lamentano da

tempo; che cioè, tra tante e svariate opinioni, troppo Spesso discordi,
riesce difficile l'orizzontarsi a chi voglia scernere il .vero dal falso.

In questa brevissima nota non intendíamo, per ora, di neppure ac-
cennare a tutto quanto si riferisce all'interessante argomento, ché in
tanto fervore di studi francescani non è agevol cosa.

Testè il Faloci-Pulignani, ripetendo alcune parole del padre d'Alen-
con, ebbe a intitolare un suo articolo in un giornale quotidiano (Gior-

iron
ANALECTA UMBRA 315

nale d' Italia, t luglio 1906): « S. Francesco d'Assisi è esistito? ». Gli
rispose, nello stesso, Giulio Bertoni dell' Università di Friburgo (3 ago-
sto), cui replicò il Faloci- Pulignani (4 agosto).

LI
*

L'ambito della dotta discussione è rimasto circoscritto quasi per

intero alla fede che si deve portare alle due note Biografie di Tom-
maso da Celano. Secondo il Faloci, chi vuole il vero San Francesco
* deve cercarlo nel San Francesco delle tradizioni, basato sul Celano »;
mentre per il Bertoni « l'opera di Tomaso da Celano va scolorando »,
e « acquista sempre più valore lo Speculum perfectionis ». Nè ciò sol-
tanto, ma anche la « Legenda Trium Sociorum », non ostante che la
autenticità di questa sia stata negata dal P. Van Ortroy negli Annali
dei Bollandisti (1900). Ad alcune obiezioni del Faloci, che lo Speculum
ci fa conoscere un San Francesco che non è « umile e grande », il Ber-
toni risponde che « la critica sta appunto ora occupata a vagliare la
parte genuina dell’ insigne monumento francescano dalle scorie che vi
furono aggiunte col tempo >».

La disputa sul maggiore valore da attribuirsi allo Speculum o al
Celanense é stata riaccesa, se pur ce n'era bisogno, da un recentissimo
volume del prof. Nino Tamassia (S. Francesco d' Assisi e la sua leggenda,
Padova, Drucher, 1906), nel quale il dotto professore dell'Università di
Padova, oltre negare ogni valore alla Legenda, ha inferto colpi abba-
stanza gravi all'autorità del Celanense.

Noi non vogliamo per ora pronunziare giudizi, perché adhuc sub.

iudice lis est; e i giudici sono uomini valentissimi, specialmente versati
sull'argomento: il Sabatier, il Faloci-Pulignani, il Tamassia, il Bertoni,
il Della Giovanna e altri.

Accenniamo soltanto ad altre pubblicazioni francescane:

1. A. Gorrin, La légende franciscaine dans U art primitif italien.
Bruxelles, 1905. — 2 e 3. P. MiscraTTELLI, Spiritualismo umbro; Chiara
d'Assisi. Roma, Forzani, 1909. — 4. OTTO von Tauber, Fioretti di San
Francesco. Iena, Diederichs, 1903. — 5. DuBo1s, Saint Francis of Assisi,
social reformer. Washington, 1904.

E, diciamo pur troppo, della serafica figura del poverello d’Assisi
s' impossessano il romanzo, con Ciro Alvi (S. Franc. d’ Ass. — Città di

Castello, S. Lapi, 1906). e il dramma, con Valerico Laccetti (Casa editr.-
- Nazionale, 1906). Il primo, nella mente dell’A., doveva riescire un r0

manzo storico, ma non è che una profanazione della dolce figura. del
poverello e di Elia, insieme a una falsa rievocazione del tempo: solo: il
paesaggio umbro, sempre vario e ricco, è dipinto con colori vivi e tal-
volta veri. Del dramma citato preferiamo non tener parola.

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| 316 ANALECTA UMBRA

5*4 Nel fasc. 1° dell'annata IX de L'Arte (Le vele d'Assisi) Adolfo
Venturi combatte l'opinione tradizionale che fino ad ora aveva attribuito
a Giotto gli affreschi della volta mediana nella crociera della basilica in-
feriore di S. Francesco in Assisi; e crede che devano invece esser resti-
tuiti al pennello dei discepoli di lui.

Questa nuova ardita attribuzione del Venturi non mancherà di sol-

levare dispute vivaci.

4*4 A cura e spese della Società internazionale degli studi fran-
cescani il nostro socio prof. Leto Alessandri Bibliotecario della Comunale
assisana ha pubblicato !'inventario dell’ antica Biblioteca del S. Con-
vento di S. Francesco in Assisi compilato nel 1381, dottamente illu-
strando l' inventario medesimo e ponendolo a raffronto coi codici, che
tuttora nella Biblioteca di quel Comune conservausi. .

Della interessantissima pubblicazione daremo conto piü largamente

nel prossimo fascicolo.

Città di Castello. — G. URBINI, di cui è testé uscita alla luce il
2° vol. della sua pregevole Storia dell'Arte; in uno scritto che ha ve-
duto la luce in più numeri dell’Augusta Perusia, e nel quale tutta si
rivela la rara e soda dottrina dell'Autore, e spira intenso l'amore per
l’arte; propende a credere col Berenson, che lo stendardo, il quale una
volta apparteneva alla Confraternita della Trinità in Città di Castello,
ora nella Pinacoteca, in vece che a Raffaello, come vuole la tradizione,
vada attribuito a Eusebio da S. Giorgio. L'Urbini, detto quale sia l' opi-
nione dei critici d'arte conclude: « Comunque. sia, questo fatto, che i
maggiori critici si sian trovati cosi spesso incerti tra Raffaello e il
nostro Eusebio, è il più grande elogio che si possa fare di lui ».

Foligno. — Nel fasc. 140-41 del Giornale storico d. lett. it. il pro-
fessor Enrico Filippini pubblica un sonetto già attribuito a Federico
Frezzi, all'autore cioè del Quadriregio, traendolo da una raccolta secente-
sca del folignate Lodovico Jacobilli.

Il Filippini crede non si possa attribuire con sicurezza al Frezzi,
e conclude: « L'autore ci sfugge, perchè forse non sarà un poeta molto
noto: tutte le mie ricerche in proposito sono finora riuscite vane. Ma
se altri sapesse ritrovarlo, non creda, comunicandone il nome, di far
cosa del tutto inutile, poiché si tratta, per lo meno, dell’autore d’un
sonetto che ha avuto non piccola fortuna ».

Ma, a proposito del Frezzi, perchè il prof. Filippini non ci dà an-
cora la desiderata edizione critica del Quadriregio, e insieme uno studio

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ANALECTA UMBRA 311

definitivo su di questo, che valga a precisare e a determinare quale va-
lore si deva veramente attribire al Frezzi come poeta originale e come
imitatore di Dante?

Orvieto. — Il fasc. 43 dei nuovi Rerum Italicarum Scriptores con-
tiene la prima parte dell'Appendice alle Ephemerides Urbevetanae, che
Luigi Fumi pubblicò nel fase. 16° della stessa raccolta muratoriana.

In questa prima parte il Fumi pubblica il Zegesto di Atti originali
per le giurisdizioni del Comune, compilato nel 1339 e proseguito fino
alla metà del sec. XIV; gli Annales Urbevetani, la Cronica Urbevetana.

In un altro fascicolo il Fumi darà luogo a Gli avvenimenti del
conte Francesco di Montemarte (1333-1400), alla Cronaca di Ser Matteo
di Cataluccio (1423-1458) e al Diario di Ser Tommaso di Silvestro cano-
nico e notaro (1482-1514).

Così avremo, edito criticamente, tutto ciò che ci è rimasto dei
documenti cronistici orvietani, dal 1168 al 1514.

Anche questo secondo fascicolo è condotto coi criteri che guidarono
l ilustre editore nel primo, di cui il nostro Bollettino rese conto a pa-
gina 386 dell’a. XI.

Il Regesto è conservato nell'Archivio storico di Orvieto. Gli Annales
sono costituiti da più documenti, primo la Cronica antiqua, già edita
dal Gualterio e dal Pertz; dalla Cronica Potestatum, che il Gamurrini
stampò « inesattamente », e che il famigerato Ceccarelli aveva attribuita
a uno storico di nome Selini.

Il Fumi, nelle note ricchissime e piene di peregrina dottrina, di-
mostra, faceudo giustizia degli errori del Monaldeschi e delle falsifica_
zioni del Ceccarelli, che la Cronica Potestatum « risulta evidentemente
scritta in più tempi e da diversi ». Infatti, come il Fumi avverte, nella
seconda, nella terza e nella quarta parte della Cronica sono spesso ri-
petuti gli stessi nomi e gli stessi fatti « con dizione diversa dalla prima >;
o sono riferite « esattamente le notizie.... che nell'altra parte non sono
date che confuse ed errate ».

Il Fumi, come già nelle Ephemerides di Antonio da Orvieto, segue
il testo passo passo, ponendolo sempre a confronto con i documenti ori-
ginali d’archivio, che egli pubblica o cita in gran copia nelle note. No-
tizie importantissime sono date su Bonifacio VIII, sui Paterini, sul Pa-
lazzo del Papa in Orvieto, sul Ceccarelli, su Perugia, su Firenze.

« Lo scempio che il Ceccarelli fece delle scritture e della storia di
Orvieto richiede che ogni cosa orvietana non si possa pubblicare se non
vagliata alla critica e confrontata diligentemente colle memorie originali
dell’archivio pubblico ».

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y? piamente i due poemetti astrologici de! Pontano, l' Urania e le Meteore.

ANALECTA UMBRA

Cosi seriveva Luigi Fumi nella sua prefazione alle Ephemerides;
e si può con tutta sicurezza affermare che egli, assoluto padrone della
materia che ha preso a trattare, ha ristabilito appieno la verità, fin nei
più minuti particolari.

Potessero tutte le altre città dell'Umbria nostra gloriarsi di un ma-
teriale-cronistico e archivistico edito completamente e criticamente come
ora ha Orvieto, mercè le cure del comm. Fumi, nella insigne raccolta
muratoriana diretta dal Carducci e dal Fiorini.

Perugia. — Nel fasc. 138 del Giornale storico d. letteratura italiana
il prof. Abd-el-Kader Salza pubblica alcune « comunicazioni ed appunti »,
in aggiunta all'Appendice bibliografica del suo studio su Francesco Cop-
petta de’ Beccuti, che vide la luce nel 3° supplemento dello stesso Gior-
nale. Cita codici e stampe rare, e di su un codice della Nazionale di
Firenze (II, IX, 43) pubblica un capitolo burlesco, inedito, su un tale
Martino detto Sozio, che il Salza, mi pare con troppa sicurezza, ascrive

alla famiglia Sozi di Perugia. Invece, forse, Sozio è semplice corruzione

dal latino socius, compagno.

Rieti. — Su Tomasso Morroni da Rieti, che il prof. A. Sacchetti-
Sassetti ha fatto oggetto di una sua monografia, pubblicata nell'ultimo
numero:del nostro Bollettino, è utile vedere una lettera inedita, da Fran-
ceseo Filelfo indirizzata ad Antonio Pessina. La pubblica il Sabbadini,
togliendola da un codice dell'Ambrosiana, nelle sue « Briciole Umani-
stiche » (Giorn. storico d. lett. it., fasc. 139).

Secondo questa lettera, il Morroni, « soldato, umanista, poeta e
diplomatico del secolo XV, fu ospite del Filelfo in Siena nel 1438, « re-
duce da una legazione a Renato d'Angió ».

Il Sabbadini pubblica anche il prineipio, che solo è rimasto, di un
epitalamio latino che il Morroni scrisse per Drusiana Visconti; e dà
altre importanti notizie.

Lettera ed epitalamio rimasero sconosciuti al Sacchetti-Sassetti.

Spoleto. — Il dott. Benedetto Soldati, che nel 1902 (Firenze, Bar-
béra) diede a luce una pregiata edizione critica dei Carmi di Giovanni
Pontano, alla quale tra poco seguirà un commento letterario e storico di
essi; in un volume che appartiene alla. Biblioteca Storica del Risorgi-
mento diretta da F. P. Luiso, pubblica un volume (La poesia astrologica
nel Quattrocento. Firenze, Sansoni, 1906), nel quale sono illustrati am-

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ANALECTA UMBRA : 819

Todi. — Il 95 dicembre di quest'anno, secondo la data « ormai
invalsa », ricorre il sesto centenario, che.la marzia Todi s'appresta a ce-
lebrare, dalla morte di frà Jacopone, « il gran padre della lirica religiosa
italiana, il gagliardo e sentenzioso poeta dei Minori, austeramente ascé-
tico nel chiostro, e partecipe nel mondo ai vivaci affetti del popolo ».

Queste parole traggo da uno scritto garbato e dotto, che Annibale
'Tenneroni pubblica nella Nuova Antologia (16 giugno 1906) su « Le

‘laude e Jacopone da Todi ».

Cotesto scritto farà da Introduzione al Lessico di Laudi e d’altre

‘poesie religiose italiane, con Quadro dei Codici che le CODE ngano, il

quale vedrà la luce prossimamente a cura del Tenneroni.

Il Lessico, secondo avverte l’A. stesso, sarà alfabetico e formato
sul materiale laudario fornito da 172 codici, « i quali vanno dalla quarta
decade del secolo XIII al principio del XVI..., con ispeciale riguardo al
materiale più antico e a quello Jacoponico, seguendo l'ordine approssi-
mativo della scrittura dei codici, per quanto fu possibile in mezzo alle

dubbiezze e difficoltà inerenti a simili lunghi ordinamenti paleografici ».

Basta leggere le seguenti parole con le quali il Tenneroni dà ra-
gione dell’opera sua, per conoscere quale utilità ritrarranno da essa gli
OLI e per affrettarne davvero col desiderio la pubblicazione.

« Il lessico comprende non meno di 2600 capiversi, o meglio. inizii
di poesie, consistenti assai volte, a fin di schivare ambiguità ed incer-
tezze, nei primi due o tre versi; addita, per numeri e lettere in succes-
sione di tempo... i codici che li contengono, i nomi degli autori a cui
vi sono ascritti, e le notevoli stampe in che vider la luce ».

In tanto grave confusione di attribuzioni, per il tempo, per il:
luogo, per il nome degli autori, in cui giace l' immenso materiale delle
laudi e delle poesie religiose e morali, il Lessico del Tenneroni sarà faro
benefico, come a chi navighi in alto mare, durante una notte tempestosa.

E tanto piü, quando si pensi alla singolare perizia che in questo
genere di studi ha mostrato il Tenneroni di possedere, per mezzo di
pubblicazioni notevolissime, a partire dal volumetto, ora rarissimo, su
« Lo Stabat-mater e Donna del paradiso » (Todi, 1881).

Non ei tratteniamo sull'odierno scritto del Tenneroni, chè ci riser-
biamo di farlo allorquando l’ intero volume sarà edito. Diremo soltanto
che in esso, con sintesi robusta, egli rifà brevemente la storia della poesia
religiosa, dalle sequentiae al Belcari; e finiamo con accennare ad alcuni
fatti particolari esposti dal TTenneroni.

Egli, seguendo l'Ozanam, non crede « interamente auteutica » la
nota invettiva di Jacopone contro Bonifazio VIII, che anche il. Monaci,
attribuendogliela, pubblicò nella sua Crestomazia. Vom er

ANALECTA UMBRA

Afferma essere « improprio, anzi ingiusto si continui a crederlo

[Jacopone] e intitolarlo un giullare di Dio, tanto più che le note parole
insinuatesi nello Speculum perfectionis (1) « Nos sumus joculatores Do-

mini », donde a lui codesto basso appellativo di cantimpanco, non furon
mai profferite dal Padre dei Minori, bensi, in merito ai semplici, da un
monaco di Germania ».

Inoltre non crede che il nome di Jacopone fosse, nei tempi del Tu-
derte, sentito come un acerescitivo, e tanto meno « formato, per ischer-
nirlo, dalla ragazzaglia, secondo pur vorrebbe la leggenda »; ma sib-
bene « foggiatosi per analogia ai nomi della terza declinazione, non al-
trimenti che Bernardone, Benedettone, Bizocone, ecc. ».

Finiamo coll'aecennare che lo scritto del Tenneroni, notevolissimo
per molti fatti e giudizi nuovi, è abbellito da due illustrazioni, di cui
la prima riproduce l’effigie che di Jacopone si conserva in un affresco
del Duomo di Prato, e la seconda il panorama di Todi, alla cui vista,
mentre l'oechio fissa in disparte il tempio che l'arte serena del Bra-
mante elevó alla Madre Dolorosa,

« .. l'inno del Minor si rinnovella:
Amor ainor lo cor si me se spezza!
Amor amor tramme la tua beilezza! » (2)

Umbria. — Uscito or ora alla luce, presentemente accenniamo sol-
tanto a uno studio che Giuseppe Galli pubblica nel 9» Supplemento al
Giornale storico della letteratura italiana, e che porta il titolo: « I di-
seiplinati dell'Umbria del 1260 e le loro laudi ».

Per mezzo di una rapida scorsa saltuaria, ci siamo convinti della
importanza di questo Studio; ma perché vi si affermano fatti dedu-
cendone conseguenze, le quali contradicono a più di una delle opinioni
universalmente accettate sulla materia, crediamo doveroso tornarne a
parlare dopo maturo esame.

(1) Anche il Tenneroni rifiuta recisamente, dando pienamente ragione al Faloci
e al Tamassia contro il Sabatier, l'autenticità delio Speculum.

(2) Una sola osservazioncella avremo da fare al valente A. Egli, ricordando che
per mantenere le laude dilette al popolo, « si sposarono alle arie più in voga delle
canzoni a ballo », aggiunge: « Laici devoti, cui faccva il popolo bordone, intonavanle
a modo proprio dinanzi le sacre imagini e maestà dei borghi e dei trivi, e nomina-
ronsi perciò Lavdesi ». Quest’ ultimo periodo, o noi erriamo, non è troppo chiaro;
ma, sia pure, non è certo un néo che offuschi la bellezza dello scritto preso in esame.

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ANALECTA UMBRA 391

4*4 A. D' ANCONA, nella 2° edizione della sua classica monografia
su La poesia popolare italiana pubblica per intero il codice C, 43 della
Comunale di Perugia, il quale, come é noto, contiene centoventicinque
rispetti umbri, dei quali P. Tommasini-Mattiucci pubblicò due, alcuni
anni fa, per nozze Luzi-Corneli.

Questa importante pubblicazione ha un grande interesse per gli
studi storici e del costume.

5*4 Nella bella collezioncina di « Testi romanzi per uso delle scuole
a cura di E. Monaci », l' insigne professore dell'Università Romana pub-
blica (E. Loescher, 1905; n. 19) quarantaquattro sonetti « Dai Poeti an-
tichi perugini del cod. già Barberino XLV-130, ora Vaticano 4036 ». I
sonetti che il Monaci n'estrae appartengono a Marino Ceccoli (n. 9), a
Marfagnone (1), a Manfredino (2), a Cecco Nuccoli (7), a Nerio Moscoli (18),
a Manuel Giudeo (1), a Ottaviano (1), a Ridolfo (2), a Gillio Lelli (1) e
a Cucco Gualfreducci (2); in tutti, quarantaquattro.

Come si vede, i più appartengono a Nerio Moscoli, su cui. Pietro
Tommasini-Mattiueei scrisse una monografia, pubblicata nel nostro Bol-
lettino (a. 1897); e ciò è naturale, perchè il Moscoli, se non altro per il
numero delle sue poesie, tiene nel codice il primo posto.

Questa piccola silloge ci accresce il desiderio, vivissimo, di veder
quanto prima pubblicato per intero il prezioso codice dei Poeti perugini
per le dotte cure dell’ insigne professore romano; e ci auguriamo che
egli vorrà quanto prima render pago il desiderio di tutti gli studiosi.
(Dallo stesso codice pubblicò due sonetti di Marino Ceccoli il Tenneroni
nel 1903, per nozze Paparini Balestra; e molti, di Nerio Moscoli e di
altri, il Tommasini-Mattiucci nella citata monografia).

x x

splendida edizione di sole cento copie, pubblica, di su un codice inedito
della Riccardiana di Firenze, la Favola di Orfeo e Aristeo.

Come osserva il Mazzoni, questa nuova Favola, o rappresentazione
pastorale, deriva dall'Orfeo del Poliziano; e, quantunque l’autore di essa
non sia « nè felice scrittore né, tanto meno, bel poeta », tuttavia « è
notevole per qualche rispetto in quell’età e in quelle speciali condizioni
di drammaturgo », e il suo linguaggio « permette di determinarne la
patria nella regione umbra, a mezzogiorno-oriente di Siena ».

x*x Giorgio Bernardini ha testé pubblicato una nuova monografia
su « Le Pinacoteche comunali dell'Umbria ».
Su questo volume, la cui importanza è accresciuta dal fatto che

Perugia si prepara animosamente e con serietà d' intenti, all' Esposizione

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| 892 ANALECTA UMBRA

d'arte umbra antica, riferiamo il giudizio datone dal Marzocco, il geniale
e autorevole periodico fiorentino: « In alcune pagine d’ introduzione sono
descritti i caratteri della primitiva pittura umbra, dalla scuola eugubina
alla fabrianese, da Oderisi celebrato da Dante ad Allegretto lodato iu
quel famoso sonetto dedicato a Vittore Pisano, e da Allegretto, gentil
fiore toscano in terra umbra, al fecondo Ottaviano Nelli. Dallo studio di

questi artisti, lo scrittore ci conduce gradatamente alla presenza d’uno i

fra i maggiori maestri del Rinascimento: Gentile da Fabriano. Nelle

ultime pagine del suo proemio, il Bernardini accenna alla presenza in,

Umbria, nella prima metà del secolo decimoquinto, di Domenico Vene-

ziano, Piero della Francesca e Melozzo, e ci fa successivamente assistere

all’arrivo di Benozzo da Firenze e all'apparire nella divina terra umbra
di Fiorenzo di Lorenzo e di Pietro Perugino. Poi passa ad esaminare,
una dopo l’altra, le principali raccolte pittoriche, da quella grande e
ricchissima di Perugia alla piccola collezione di Bettona; e l' indagine,

condotta con sani criteri d’osservazione e con un rigoroso metodo com-

parativo, non può non riuscire utilissima a quanti amano di trovar rias-
sunti in un piccolo volume, con la maggior precisione, i risultati degli
studi sulla nostra antica pittura e non correre il pericolo di vedere un

‘quadro attribuito ad un maestro che non l’ha mai dipinto. La serie delle

monografie del Bernardini, non ancora compiuta, è il lavoro. paziente
ed acuto. d’uno studioso che ha speso i suoi migliori anni a osser-
vare i quadri delle chiese e delle pinacoteche d'Italia e di quasi tutta
Europa. È un lavoro un po’ arido e spesso un po’ troppo enumerativo,

ma che tuttavia rivela l'ardore d'uno che di queste ricerche ha fatto il

compito della sua vita, e alle quali dedicherà siuo all'ultima ora tutto
il suo avvenire ».

Avevamo già stese queste poche righe sul nuovo lavoro del Ber-
nardini, quando ci é pervenuto il « Supplemento al n. 29 del Bollettino
Ufficiale del Ministero dell'I. P. », nel quale é appunto pubblicato il
detto lavoro.

Le Gallerie Comunali prese in esame sono quelle di Perugia, Foli.
gno, Assisi, Fabriano, San Severino, Gualdo 'ladino, Gubbio, Trevi,
Spoleto, Montefalco, Città di Castello, Arezzo, Borgo Sansepolcro, Terni,
Orvieto, Narni, Bettona.

Abbiamo segnato a bella posta in corsivo i nomi di Fabriano, San
Severino, Arezzo e Borgo San Sepolcro, perchè ci è sembrato criterio non
buono quello seguito dal chiaro A., di volere aggregare, per quanto si
riferisce all'arte, queste quattro città all’ Umbria. E, se non erro, lA.
dà torto a sè stesso là dove dice che « nel linguaggio artistico il du-
cato di Urbino, almeno nella più gran parte, si è sempre ritenuto unito

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ANALECTA UMBRA : 323

all'Umbria propriamente detta », e che « i fratelli San Severino », i
« massimi artisti, che vi fiorirono e vi eseguirono opere nel secolo XV »,
sentirono l]'influenza degli « eugubini e fabrianesi ». Allora, perché non
includere anche Urbino nel numero delle città umbre? E che cosa viol
significare quest’altra espressione dell’A.: « Gubbio poi, sia per le abi-
tudini, sia per il dialetto. mi sembra più affine all Umbria »?

La zona poi, come l’A. la chiama, di Arezzo e di Borgo San Se-
polero appartiene, direi quasi esclusivamente, all'arte toscana. Quasi al-
trettanto si potrebbe ripetere per Città di Castello, dove, se ne eccettui
il grande Urbinate, dipinsero di preferenza il Signorelli e Pier della
Francesca.

Riguardo a quest’ultima città il Bernardini scrive: « La Galleria
comunale è collocata nella ex chiesa di S. Filippo, nel convento attiguo
alla scuola elementare [?]. I locali in cui trovasi non sono forse i più
adatti, ma siamo in una piccola città e non si può avere di meglio ».

Ma davvero non si può avere di meglio a Città di Castello, che, a
tacere di altri molti, conta ben cinque palazzi dei Vitelli, i quali edifici
conservano in gran parte lo splendore del Rinascimento?

A. farlo apposta, la Pinacoteca sarà quanto prima, a cura del Mu-
nicipio, trasferita in uno dei celebri palazzi Vitelli, in quello detto della
Cannoniera, ricco di affreschi preziosi; che, acquistato dal pittore Elia
Volpi, è stato da lui donato alla città per questo scopo.

5*4 Adolfo Venturi, della sua opera monumentale, la Storia del- .

l'Arte italiana, pubblica il quarto. volume, dedicato a La scultura del
Trecento e le sue origini.

Di questo, che non è inferiore per mole e per importanza agli altri
tre editi antecedentemente, ci limitiamo soltanto a dar brevissima notizia
per quello che si riferisce all'arte nella nostra regione.

A proposito di Nicola d'Apulia (il fino a qui da tutti concordemente.
creduto pisano), il Venturi riporta e commenta la celebre iscrizione che

si legge sulla fontana maggiore di piazza S. Lorenzo in Perugia, sulla
quale fino dal 1834 il nostro Vermiglioli compose un'opera con disegni
e incisioni di S. Massari.

Il Venturi continua a credere, col Berteaux, che Nicola fosse pu-
gliese, contro il Supino e il Polaezek, che tengono fede alla tradizione
che lo volle pisano; e, a proposito della citata iscrizione, continua a leg-
gere itu pisani, riferendo queste parole a Nicola e a Giovanni (Vedi
L’ Arte, VIII, 152).

Il Venturi si trattiene anche a lungo su Arnolfo di Cambio, disce-

polo di Nicola, e che in S. Domenico d’Orvieto eresse il noto sepolero

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Port AB i A M t e 324 ANALECTA UMBRA

al Cardinale di Braye; e su Lorenzo Maitani (discepolo di Giovanni), il
principale autore dei bassorilievi che ornano la parte più bassa della
facciata del Duomo di Orvieto.

x La nostra regione conserva ancora numerosi castelli feudali.
A preferenza delle città, trasformate (spesso, quanto malamente!) dalle
esigenze e dalle insanie della civiltà, essi presentano quasi intatta l’ im-
pronta della varia e ricca vita medievale, costituita da questi tre fattori
principali: armi, religione, arte. Dalla valle spoletana ai monti di Um-
bertide, alla pianura di Città di Castello, fino ai montuosi confini colla
Toscana; numerosi castelli, quali ridotti a'^ville signorili, quali a piccoli
comuni o a pievanie, aspettano aneora (cosi é stato fatto e bene, per
quelli di Valle d'Aosta, del Biellese, del Trentino) chi ne rievochi l'an-
tiche lotte, gli antichi splendori; chi ne faccia riudire lo spento fragor
dell'arme, e ne additi e riveli le bellezze panoramiche e artistiche.

In molto « bella e ben nutrita prosa », eomparsa nell'ultimo nu-
mero (7-8) della dotta e geniale Augusta Perusia del Trabalza, il pro-
fessor Alessandro Bellucci ha molto lodevolmente iniziato questo lavoro,
serivendo del castello di Co/dimancio. E diciamo così, con parole che
vogliono esprimere desiderio e speranza, giacchè da questo buon saggio
se ne induce che nessuno meglio del prof. A. Bellucci potrebbe compirlo,
con valentia di storico e di artista.

Il castello di Coldimancio è situato in un’altura, non lungi da
Cannara, sulla strada fra Bettona e Bevagna. « Fu valido arnese di
guerra, sostenne assalti e vide fughe, accolse principeschi cortei a festa
e tripudio, e risonò del rullo del tamburo marziale, mentre dalle sue
bertesche si disperdeva per le valli la voce delle sue spingarde e si le-
vava dal cassero la fumata minacciosa delle sue bombarde ».

Fin dal sec. XIII si resse liberamente a Comune, e la più antica
testimonianza di questo ci è conservata in una carta del 1293; il cui
palazzo, « baluardo e palladio della libertà comunale, armonico e severo
accanto alla chiesa, colla sua scala esterna sul davanti, sopra tre mas-
sicci archivolti », è tuttora ben conservato. Dai primi del secolo XV
sino all'anno 1648 appartenne, attraverso varie vicende, alla potente
famiglia dei Baglioni, che « lo tenne per lungo tempo avvinto alle
proprie fortune ».

Venuta meno e dispersa la potente razza baglionesca nel suo ul-
timo discendente, l' imbelle Malatesta V, vescovo di Pesaro; il castello
di Coldimancio fu aggregato a Bettona; poi, sui primi del secolo XIX,
fu restaurato il Comune; finchè, verso il 1870, « malinconicamente, abo-
lito anche il Comune, calate giù a Cannara le tre ultime spingarde con
ANALECTA UMBRA 395

certe rotte casse di vecchi moschetti, anche l'ultima traccia del passato
fu cancellata e dispersa dalla prepotenza degli eventi, adeguatrice di
tutte le umane parvenze ».

Ma se la fortuna delle armi è per Coldimancio distrutta per sém-
pre, permangono il castello e la chiesa, col suo campanile, ad attestarne
l'antico splendore. E riluce e vigoreggia tuttora per mezzo di affreschi
preziosi, ne' quali sono rappresentati i tre periodi della scuola umbra,
l’Eugubino (forse con Ottaviano Nelli), il Folignate (forse con Pieran-
tonio Mezastris), il Perugino (forse con Domenico Alfani). Gli affreschi
ci danno tre tipi di Madonne, il Battesimo, S. Antonio Abate e altri
santi. Di tutti questi affreschi l'A. ci offre belle incisioni, che, aggiunte
a quelle del cassero, del castello e del Palazzo del Podestà, aggiungono
valore allo Studio del Bellucci, ricco di notizie storiche e artistiche.

Esso avrebbe dovuto esser presentato due anni fa, insieme ad altri,
come comunicazione al Congresso tenuto dalla R. Deputazione in Foli-
gno, se il Bellucci, per imperiose ragioni, non avesse dovuto assentarsi;
ma possiamo dire che Ja detta illustrazione nulla ha sofferto dell’ indugio,
che è riuscita ricca di fatti, artisticamente esposti.

E facciamo nostro il desiderio del prof. Bellucci: che i preziosi af-
freschi di Coldimancio siano protetti dalle ingiurie del tempo, e gelo-

samente custoditi !
PigrRo TOMMASINI MATTIUCCI.

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TELA Ki VÀ

BOLLETTINO. DELLA REGIA DEPUTAZIONE DI STORIA PMI

ESXEUET ID SU MB ERTA

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INDICHI

DEL PRESENTE FASCICOLO

Per Giuseppe Mazzatinti (G. DeGLI Azzi) . . . 0... . . Pag.
Bibliografia degli scritti del prof. Giuseppe Mazzatinti (G. Dz-
GLISAZZI\ SANTA CAR RI D bt Eh. »

Memorie e Documenti.

Delle chiese della città e diocesi di Foligno nel secolo XIII
(BS DBUGANO) 355 SATIRO UOS Qd c So Qt edis
Un viaggiatore perugino del secolo XVI (P. TomMmasINI MAT-
TIUOOD) 9 02:06 09 I OLI UO SARONIO
I Ghibellini di Amelia e Lodovico il Bavaro (0. SCALVANTI) »
Dei segni numerici usati attualmente dai contadini della
Valle di Morra nel territorio di Città di Castello (G. Ni-

GARDENS ITA SII COSO To p AO TE »
‘I Codici delle sommissioni al Comune di Perugia (V. ANsi-
DED "(uere oU iRUI EE qu MERITA PD rois. »
Comunicati.
Una ispezione agli archivi civili di Gubbio (L. Fumi). . . »

‘ Il vicariato di Nicolò Fortebraccio a Borgo San Sepolcro

(OFSSOARVANAT) 93! RIO II EI O LE »

Analecta umbra (G. MAZZATINTI, P. TowMasiNI MaTTIUOCI). »

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che si vendono anche separatamente presso la medesima

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' Inventario e spoglio dei Registri della Tesoreria Apostolica di Città di

- Castello, dal R. Archivio di Stato in Roma (a cura di L. Ftmi).
Perugia, Unione Tipografica Cooperativa, 1900. Un vol. in carta a
mago di pagg. XIV-80.- 71.4 NR

Inventario e spoglio dei Registri della Tesoreria Apostoliea di Perugia
' e Umbria, dal R. Archivio di Stato in Roma (a cura di L. Fumi).
Perugia, Unione Tip. Coop., 1901. Un vol. in carta a mano di

pagg. LXVIII-400 : : i à ; : soU 212:D0

.I Registri del-Ducato di Spoleto della serie « Introitus et exitus »

della Camera Apostolica presso l'Archivio Segreto Vaticano, Excer-
| pta e documenti per la storia civile, politica ed economica della

provincia del Ducato di Spoleto (a cura di L. Fumi). Perugia,
Unione Tip. Coop., 1901. Un vol. di pagg. 350 . .L 8—

Indici del Bollettino della R. Deputazione Umbra di Storia Patria, dal-

l| anno-1895 all’ anno 1901 (a cura di L. Fumi e G. Mazzatinti).
"Perugia, Unione Tip. Coop., 1903. Un vol. in carta a mano, di
| pagg. XXV-114 ; : RI È . Li DI
"Cronaca inedita ‘Perugina di Pietro Anseló di lave in continua»
zione di quella di Antonio di Guarneglie, già detta del Graziani

(a cura del prof. O. Scalvanti). Perugia, Unione Tip. Coop., 1903.
Un vol. di pagg. XV-162; VI-919 |. ^. L. 10,50

Le Relazioni tra la Repubblica di Firenze e l' Umbria nel secolo XIV

secondo i documenti del. R. Archivio di Stato di Firenze (a cura

di G. Degli Azzi-Vitelleschi), Vol. I — Dai Carteggi, un vol. di
pagg. 327. Perugia, Unione Tip. Coop., 1904 . i oc DA 490

Di prossima pubblicazione il II vol. delle Relazioni tra la Repubblica

di Firenze e V Umbria nel sec. XIV, a cura di G. Degli Azzi.

-* Um annata del Bollettino È. : i : UM pa
' Un fascicolo separato . 1 ; ; ni 2553: e
TUNE A SOCI cc e M c ue too 2 id * s »

Rivolgere le domande al Segretario-Economo sig. prof. OscaR Scal-

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