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ANNO XIX. Fascicolo I (n. 47).

BOLLETTINO

DELLA REGIA DEPUTAZIONE

DI

STORIA. PATRES

PER L'UMBRIA

VOLUME XIX.
MISCELLANEA STORICA TUDERTE

a ricordo delle adunanze della R. Deputazione in Todi
(21-22 settembre 1912)

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Memorie e Documenti.

La regione di Todi prima della storia (G. BELLUCCI)

Sulle relazioni fra Todi e Sangemini nel secolo XIV (M. AN-
TONELLI) : ; i i È }

Un informatore mediceo in a [Gaspare da Todi] (G.
DEGLI AZZI). ; : :

La teologia di fra Jacopone da Todi (A. ANTE.

Un condottiero tuderte al servizio dei fiorentini [Bernardino
da Todi] (G. DEGLI Azzi) . : s ;

Note biografiche e bibliografiche intorno a Paolo Rolli con
appendice di sei lettere sue al Muratori (A.: SALZA)

Il testàmento di Paolo Rolli (S. FassiN1) 2d :

La Chiesa di S. Maria delle Grazie in Todi (G. PENSI)

Una biblioteca umbra a Iesi (C. ANNIBALDI) .

Analecta.

Analecta Tudertina (G. DeGLI Azzi)

Pag.

103
161
167
188

19t
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AVVERTENZA.

Per non ritardare più oltre la pubblicazione di questa Mi-
scellanea 2» onore della città di Todi, deliberata sin dal 1912,
si è stabilito di divider il volume XIX del nostro Bollettino in
due parti: la prima, che ora viene in luce, costituita di mono-
grafie singole di storia tuderte; e la seconda, che apparirà
entro l anno corrente e conterrà alcuni fonti storici tudertini
(Cronache, Bibliografia, Regesti di documenti), già im corso di

stampa a cura dei. socì dott. F. Briganti, prof. G. Ceci, dott. G.
Degli Azzi, dott. G. Pensi, dott. A. Amato e dott. G. Nicasi.

LA DIREZIONE.
ANNO XIX.

Fascicolo I (n. 47).

BOLLETTINO

DELLA REGIA DEPUTAZIONE

STORIA PATRIA

PER L'UMBRIA

VoLuME XIX.
MISCELLANEA STORICA TUDERTE

a ricordo delle adunanze della R. Deputazione in Todi
(21-22 settembre 1912)

PARTE I.*

"OpBotxol.... Tò &9vog.... mdvo péva te
nai &pxatoy.
DION. D' ALICARN. AZ. Rom. I, 19.

PERUGIA

CNIONE TIPOGRAFICA. COOPERATIVA
(PALAZZO PROVINCIALE)

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ADUNANZA DI CONSIGLIO
tenuta in Todi il 21 settembre 1912
nella Sala Consigliare del Civico Palazzo alle ore 16

Presenti i soci ordinari :

SCALVANTI prof. cav. OSCAR, Presidente — ANSIDEI conte dott.
cav. ViNCENZO — BELLUCCI prof. comm. Giuseppe — Faroci Puri-
GNANI mons. MICHELE - MAGHERINI GRAZIANI comm. GIOVANNI — Sac-
CHETTI-SASSETTI prof. ANGELO — SorpInI cav. GrUsgPPE — TENNE-
RONI cav. ANNIBALE — Tommasini-MATTIUCCI prof. cav. PieTRO, Con-

siglieri — BRIGANTI dott. FRANCESCO, Segretario.

bi da lettura del Verbale delle precedenti adunanze te-.

nute in Perugia il di 11 febbraio corr. anno, che vengono
approvati all’ unanimità.

È scusata l'assenza dei soci ordinari: Degli Azzi dottor
Giustiniano, che per telegramma ha partecipato di non
poter intervenire per gravi condizioni di salute; e con let-
tera dei signori: Bellucci prof. Alessandro, Tiberi prof. Leo-
poldo, Blasi prof. Angelo, Di Campello della Spina conte
Paolo.

Il Consiglio delidera di inviare al Vice-Presidente dot-
tor Giustiniano Degli Azzi un telegramma esprimendo l’ au-
gurio di pronta e completa guarigione.

Comunicazioni della Presidenza :

a) Sussidio Governativo. — Il Presidente comunica che
il Governo mercè i buoni uffici dell'on. comm. Ciuffelli ha
concesso in quest'anno un sussidio straordinario di L. 500.
VI

Si propone e si approva di chiedere al Governo che vo-
glia convertire in ordinario il sussidio straordinario, il quale
verrebbe in tal modo portato alla somma di L. 1500.

b) Contratto con la Tipografia. — Il Presidente comu-
nica che fin dallo scorso anno é stato fatto un nuovo con-
tratto con l’ Unione Tipografica Cooperativa per la stampa
del nostro Bollettino. Il contratto avrebbe dovuto avere la
sua decorrenza dal 1° gennaio 1912; dopo questa epoca
sono stati stampati i fascicoli arretrati II e III, che do-
vrebbero essere pagati con la vecchia tariffa, mentre i ti.
pografi chiedono che anche per quest'ultimo valga il nuovo
contratto.

Su proposta del socio conte Ansidei si delibera che il
II fascicolo dell'annata suddetta verga pagato con la vecchia
tariffa, il III con la nuova.

c) Pubblicazione del Bollettino. — Il Presidente fa os-
servare come da qualche tempo abbia prevalso la tendenza
di pubblicare nel Bollettino lavori di mole eccessiva alteran-
done il primitivo carattere, e chiede perció che venga au-
torizzata la direzione a rifiutare, ove lo creda del caso, scritti
soverchiamente lunghi, ed in ispecie articoli che vengano
presentati non in istato definitivo e quindi possano eventual-
mente risultare di proporzioni assai maggiori di quelle in
principio preventivate.

Tale proposta, in seguito anche ad osservazioni dei soci
G. Bellucci ed A. Tenneroni, è approvata.

A suggerimento del socio G. Magherini-Graziani si deli-
berano la pubblicazione di una Cronaca Tifernate, e Y inser-
zione, in ciascun volume del Bollettino, dell'elenco dei soci,
nonché di quello delle pubblicazioni inviate in dono alla De-
putazione.

d) Regesti di documenti del R. Archivio di Stato fioren-
tino sulle relazioni tra Firenze e U' Umbria nel secolo XV, a cura
dei soci dott. G. Degli Azzi e G. Nicasi. — Si dà incarico al D
EN
DI

VII

socio Degli Azzi di presentare un rapporto sull’ importanza
storica e sul metodo di compilazione del progettato volume.

e) Regesto dei documenti del secolo XIII esistenti nell Ar-
chivio Comunale di Perugia. — Si approvano il saggio di
stampa e i preventivi di mole e di spesa presentati dal so-
cio V. Ansidei, al quale si dà ampio mandato per la solle-
cita pubblicazione del primo volume di questa importantis-
sima raccolta.

f) Statuto volgare di Perugia del 1342. — Si prende
atto della pubblicazione del primo volume curata dal socio
G. Degli Azzi nel « Corpus Statutorum Italicorum ». diretto
dal prof. Pietro Sella, e si esprime il voto che sia presto
condotta a termine nella stessa raccolta e sotto gli auspicî
della nostra Deputazione la stampa del secondo volume di
questo statuto, preparata già dallo stesso Degli Azzi, e del.
l'altro statuto, pure prezioso, del 1279 a cura del socio F.
Briganti. :

Dopo discussa e approvata la gestione amministrativa,
l'adunanza è sciolta.

IL PRESIDENTE
QU SQ ATITVANTI

Il Segretario
F. BRIGANTI.

ASSEMBLEA GENERALE
tenuta in Todi il 22 settembre 1912
nella sala del Palazzo Comunale, gentilmente concessa, alle ore 10

Presidenza del prof. O. SCALVANTI.

Sono presenti i soci :

ANSIDEI V. — ANTONELLI M. — BELLUCCI GiUsEPPE — BONELLI
Rexzo — S. E. on. CruFFELLI — CorBucci V. — FALOCI PULIGNANI M.
— LUPATTELLI A. — MaaHERINI GRAaZIANI G. — ManriNORI E. — Ma-

TURO ANTONIO — MorINI ApoLro — Nicasi Giuseppe — Pensi GiULIO

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VIII

— Pesci F. — Pirri Pietro — SAccHETTI-SASSETTI A. — SoRrDINI G.
— 'TENNERONI A. — TonwMasiNr-MamTTIUOCCI P. — VIVIANI D.

Il segretario dà lettura delle adesioni pervenute dai si-
gnori :

On. MoRANDI — On. Fani — On. GALLENGA — Cav. BUFFETTI-
BERARDI, Presidente della Deputazione provinciale dell'Umbria — Av-
vocato comm. FRATELLINI, Presidente del Consiglio provinciale del-
Il Umbria — Cav. uff. DEGLI Azzi, Vice-Presidente della nostra Depu-
tazione — Conte R. Pucci-BoncamBI — Prof. A. BeLLUCCI — Prof. A.
BLASI — Prof. L. TisERI — Conte P. Dr CAMPELLO — BANDINI C. —
LAZZARI S. — ORFINI E. — Cenci B. — LeonaRDI E. — Archiginnasio
di Bologna — R. Deputazione di storia patria per le Marche — R. De-
putazione Modenese di storia patria — R. Deputazione di storia Fer-
rarese — CipoLLa C., dell’ Università di Torino — Comm. GaBoTTO,
per la Società storica Subalpina — R. Deputazione di storia patria per
la Romagna — Barone A. Manno — Municipio di Foligno e vari altri.

Dichiarata aperta la seduta, il Presidente fa dar letture:
del verbale della precedente adunanza, che viene approvato;
e prima di procedere allo svolgimento dell’ordine del giorno,
saluta gli intervenuti pronunciando il seguente discorso :

Eccellenza, illustri. Signori, Colleghi egregi e Signore
gentili,

Dovevamo esser venuti prima a salutare una delle
più antiche culle della libertà comunale nell’ Umbria,
la città che ebbe fama di potente e di saggia così da
meritare si stimasse da cospicui personaggi sommo
onore il reggerne le sorti coll’ufficio di Podestà.

È il secolo XIII il meriggio della sua gloria e della
sua potenza. Lo dice più del libro dell’ istoria il gran
libro di pietra, in cui quelle gigantesche democrazie
scrissero colla punta dell’ industre scalpello i tratti più
belli e più memorandi della loro vita.

Un legame, non misterioso, unisce il risveglio po-

litico, sociale, economico di una gente allo sfarzo del-
l'arte sua, de' suoi palagi, dei suoi templi. Se vi accade
visitare una città, divenuta assai modesta in questa
tumultuosa espansione della vita cittadina dei grandi
centri, osservate i suoi palazzi, le sue mura, le sue
chiese. Finchè si costruirono coteste meraviglie germo-
gliate dal genic di un popolo, più che da quello di un
artefice, dite che l’erario pubblico era fiorente, che la
prontezza di danaro, come avrebbe detto il Guicciar-
dini, era tanta a trasformare in realtà anche i sogni di
grandezza e di gloria, e dite che lo spirito pubblico
era penetrato di quei sentimenti che fanno grande un
popolo, gloriosa una terra. E se dei secoli venuti di
poi nulla vi ferisce l’occhio, dite che allora cominciò
l'éra della decadenza.

Il libro di pietra ha parlato, esso fu per voi il fron-
tespizio della storia che poi indagherete, e troverete
allora le ragioni di quel decadimento, e giudicherete
se più si dovette al servaggio politico spesso preceduto
da cittadine discordie, o ad altro motivo. Ma il conto,
crediatelo, nelle sue conclusioni finali tornerà.

Ed ecco Todi che nel dugento edifica il Palazzo del
Capitano e quello del Popolo, e nel XIV il Palazzo dei
Priori, tre libri aperti che narrano il risveglio delle li-
bertà democratiche dal letargo della barbarie, il trionfo
di idee nuove, di una civiltà nuova sulle ferree istitu-
zioni della feudalità, violenta, feroce spesso, sempre su-
perstiziosa, ignorante. Là la custodia dei diritti del po-
polo, cui veglia un Magistrato scelto dalle Corporazioni;
qua l’arringo dei cittadini, qua ancora la vigile dire-
zione del governo affidata ai Priori. Tre meraviglie di
architettura civile. E perchè meraviglie? Perchè esse
hanno l'anima delle cose, perchè esse esprimono.quello
che debbono esprimere. Ah non e’ è caso che uno di
questi palagi bruni, ferrigni, solidamente piantati a sfi-
dare i secoli (e li hanno sfidati e li hanno vinti!) non
dica al primo sguardo il perchè della sua vita. Che di-
vario con qualche mole moderna che può credersi tanto

un palagio pubblico, quanto un Kur'saal fastoso e vi-

IX
zioso! Gli manca la fisonomia, è bello, è brutto, se-
condo i gusti, ma tutti son concordi nel dire che è
muto. E forse con ragione, perchè spesso non ha nulla
da raccontare che sia veramente un’ idea grande od una
sublime aspirazione. Ecco perchè l'antico palagio che
fu fatto con pensiero e sentimento profondo di qualche
cosa che pulsava forte nell’anima del popolo, sta là se-
rio, composto nel suo ammanto di pietra scura, e non
ride, non ride mai. Avete voglia di agghindarlo a festa,
insinuare nelle sue eleganti cornici le lampadine elet-
triche, far sventolare dalle sue torri, dalle sue trifore i
vessilli fiammeggianti: esso non si allegra, ammonisce
anche allora, anche allora par che minacci.

E il vostro trecento fu un’apoteosi di bellezza arti-
stica ; la cattedrale maestosa iniziata nell’ XI trovò in
quel secolo il suo compimento; S. Fortunato, la mira-
bile chiesa dugentesca, fu nel secolo XIV, e fino agl' i-
nizi del XV, oggetto delle cure sollecite dei cittadini. Il
convento francescano dove visse per alcuni anni il vo-
stro poeta Jacopone, si arriechì in quel tempo di pre-
ziose opere d’arte. Ed io noto che anche qui la vita
intellettuale, la potenza politica, la saggezza degli or-
dini si svolsero armonicamente. Se Todi ebbe nell’ èra
antica la lirica di quel poeta precursore, più tardi si
fece celebre nelle armi per opera di Bartolomeo. d’ Al-
viano, diede origine alla famiglia di Federigo Cesi, il
geniale creatore dell’ Accademia dei Lincei, ed al ve-
scovo Angelo della stessa illustre casa, che per la sua
munificenza puó dirsi un vero mecenate del comune
Todino.

Fiorivano dunque le armi, le lettere, e fioriva la
sapienza dei vostri statutarî, i quali dovettero essere
profondi nelle discipline giuridiche se riuscirono a com-
porre quello statuto del secolo XIII, che rivela l’assiduo
ed illuminato confronto tra le norme del diritto romano
e quelle .che la mutata ragione dei tempi ormai rendeva
necessarie. E se è vero che nel secolo XIV anche Todi

ebbe periodi fortunosi di storia, soggiacque alle prepo-

* OM RT AO UMS 5») :7 1
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tenze dei dominatori, nè vide più il sole della libertà
repubblicana, è anche vero che nel '500 continua per
questa città un’éra gloriosa per la sua coltura e per
l’arte che sfolgora nel magnifico tempio della Consola-
zione, cui di recente furono dall’ ufficio regionale del-
l Umbria eseguiti lavori di completamento assai pre-
gevoli. Di queste glorie sempre vi prendeste cura; il
Leonij fu il vostro storico coscienzioso e dotto, Pirro
Alvi serisse degnamente di Jacopone, Annibale Tenne-
roni ilustrò memorie todine con rara competenza e squi-
sito stile, il Pensi ed il Ceci pubblicarono l’antico Sta-
tuto del Comune; l’Alvi e Girolamo Dominici raccolsero
antichi cimelî d’arte e di storia, donando al pubblico
museo rari esemplari.

E quando gli antichi palagi ebbero d’ uopo di im-
portanti lavori di restauro e di ripristino, trovaste fra
voi, »ell'esimio ing. Agostino Lami, un degno e valido
cooperatore degli architetti Sacconi e Viviani, che di
quelle opere ebbero l’alta direzione.

Le tradizioni di cultura, l’amore all’ arte continua-
rono e continuano fra voi, fra i vostri concittadini e fra
coloro, cui piacque farsi di Todi la loro patria di
adozione; onde aveste ed avete valenti pittori, come
il Sabatini, il Fattorini e il Francisci, che col no-
stro Francesco Moretti degnamente lavorarono nella
pittura su vetro ; o illustri scultori come Enrico Quat-
trini; letterati di gran fama come Luigi Morandi, il
Caporali; giovani valenti o nelle lettere, come Ciro Alvi,
o nella storia civile o dell’ arte, come Giuseppe Zuc-
chetti e Angelo Angelucci. Nè debbo tacere di Augusto
Ciuffelli, insigne uomo parlamentare, salito più volte al
fastigio della suprema amministrazione della pubblica
cosa, il quale nell’esercizio de’ suoi alti uffici proseguì
con tenacia e vigoria di propositi gl’ interessi della sua
città, che glie n’ è memore e grata.

Era naturale quindi che la R. Deputazione, date le
condizioni storiche del vostro Comune e lo stato della

vostra cultura, desiderasse portarvi il suo saluto. E que-

XI
1547

XII

sto vogliate notare, che nelle Comunicazioni di indole
scientifica, che si svolgeranno nel Congresso odierno,
Todi ha notevole parte di onore.

A Voi, signor Sindaco, che in parole cortesi ci re-
caste il cordiale saluto della cittadinanza Todina, espri-
mo i più vivi ringraziamenti per la gentile ospitalità
offertaci. In questa terra così sorrisa dalla natura e così
ricca di memorie storiche, le liete e festose accoglienze
ci dicono tutto il fervore vostro verso un Istituto, il
quale è fiero, orgoglioso di vedere raccolti sotto la sua
bandiera tutti gli umbri amanti degli studi sereni, che

svelando il passato ammoniscono per l’avvenire.

Terminato il discorso del Presidente, accolto da un
plauso unanime, il Segretario commemora gli egregi consoci

defunti conte Gian Francesco Cipriani, comm. gen. Claudio
Cherubini e prof. Leto Alessandri, dei quali vengono ricor-
date le benemerenze verso la nostra Deputazione.

Dopo di
giorno.

che si passa allo svolgimento dell’ ordine del

1.° Relazione della Presidenza sui lavori della R. Depu-
tazione nel 1911-12 :

Elevato contro ogni mio merito e solo per la beni-
gnità vostra, onorandi Colleghi, all’onore di presiedere
la R. Deputazione Umbra di Storia Patria, mancherei
non solo ad uno stretto dovere, ma al voto più sincero
della mia coscienza, se nell’ atto di riferirvi intorno ai
recenti lavori del nostro sodalizio scientifico, non ricor-
dassi con parole di sentito encomio chi mi precedette
in questo ufficio. E come parlare dell’ opera della
R. Deputazione senza che ricorra all’ anima memore e
riconoscente il nome di Luigi Fumi fondatore del nostro
Istituto, storico illustre, ricercatore indefesso e sapiente
di preziosi documenti; di Luigi Fumi che non solo
diede tutto il suo zelo alla creazione di questa Società

benemerita degli studi storici nell’ Umbria, ma fu il arreca

primo a presiederla, a guidarla coll’autorevole consiglio
e coll’opera efficace nei primi passi, a dirigerne insieme
a Giuseppe Mazzatinti la pubblicazione periodica; di
Luigi Fumi che trovò sempre, anche in mezzo a gravi
occupazioni di ufficio, il tempo per collaborare assiduo
nel nostro Bollettino ?

Ed era aspirazione di tutti noi che, rinnovandosi il
seggio della Presidenza, egli tornasse a capo della
R. Deputazione, a vigilarne le sorti, a migliorarne l’ indi-
rizzo, a darle maggiore incremento. Ma egli non volle
perchè gli sembrò che le cure del suo ufficio e la lon-
tananza dall’ Umbria gli vietassero di dedicarsi, come
avrebbe voluto e come fece in passato, alla suprema
direzione del nostro Sodalizio. A lui che ebbe il merito
di guadagnare alla regione umbra un istituto autonomo
per gli studi storici, il mio ed il vostro saluto riverente
e commosso,

Nè dimentico Paolo Campello della Spina, che se-
gui al Fumi nella Presidenza della R. Deputazione, cosi
sollecito dell’ avanzamento delle ricerche di storia, cui
diede impulso cogli scritti propri così dotti e così lim-
pidamente sereni come l’anima del gentiluomo dalle
convinzioni salde e sicure. Chi di noi ha seguìto con
diligenza le nostre assemblee sa che egli non mancava
mai di recarci ogni anno il prezioso contributo de’ suoi

studi e delle sue indagini ora profondamente erudite,

ora geniali, eleganti sempre per la forbitezza del dire.

Lasciate poi che io presti l'omaggio di sentita ami-
cizia e di ammirazione al comm. Magherini-Graziani, il
quale illustrò l’alto ufficio colle sue magnifiche pubbli-
cazioni sull’Arfe e sulla Storia di Città di Castello. An-
che di lui il Bollettino nostro vide costantemente l'as-
sidua collaborazione, il fecondo lavoro delle investiga-
zioni storiche nelle più varie manifestazioni della vita
medievale e della Rinascenza.

E ricordando questi nomi cari all' Umbria, all’ Italia,
tutta io provo la soddisfazione di un dovere compiuto,

ma provo altresì il naturale sgomento di sentirmi troppo

XIII
XIV

ad essi inferiore nell'esereizio di un ufficio cosi elevato
e da me non ambito.
Ed ora nel darvi conto dell' opera spiegata dalla

R. Deputazione nel decorso anno, permettetemi che io

ringrazi l'on. Augusto Ciuffelli, nostro socio benemerito,
del valido, assiduo patrocinio accordato alla R. Depu-
tazione per assicurarle un annuo sussidio straordinario
dal Governo. L'opera dell'on. Ciuffelli rivela il suo vivo
interessamento per ció che attiene alla cultura italiana
e in ispecie alle dottrine storiche nella sua regione.
Come Sotto-Segretario di Stato alla Pubblica Istruzione,
come Ministro, come vostro rappresentante politico in
Parlamento, egli ci fu largo sempre di aiuto efficace, e
noi glie ne attestiamo qui la nostra profonda gratitu-
dine.

Rispetto alle pubblicazioni del Bollettiuo nel 1911,
un semplice ricordo perché voi già le conoscete.

Oltre la prosecuzione dei lavori del Filippini, del
Colasanti e del Nicasi, dei quali ebbi occasione di par-
lare altra volta, il Bollettino diede in luce una Memo-
ria del prof. Giuseppe Bellucci sull’ Ipogeo della fami-
glia Rufia, una delle più organiche e interessanti rac-
colte del nostro Museo Universitario. Questa Memoria,
che ricevette i più meritati encomi di valenti archeo-
logi, comparve nella nostra pubblicazione conveniente-
mente illustrata, e può stimarsi uno studio dotto ed
esauriente intorno alla raccolta stessa. Avemmo poi fra
gli altri uno scritto biografico del Giulini su Anastasia
Baglioni da documenti inediti dell’ Archivio di Stato a
Milano e quello del Degli Azzi sopra uno sconosciuto
lavoro di oreficeria umbra. Oltre modo interessanti il
documento edito da Raffaele Belforti sulla libreria di
due dottori in legge nel secolo XV, e il lavoro di Fran-
cesco Briganti, Le case del Pinturicchio in Perugia. Vit-
torio Corbucci ci diede un pregevole ricordo Sopra un
ignorato pittore in vetro. Alla storia letteraria poi ap-

partiene la Monografia della prof." Bice Boralevi Sugli ENS

scritti inediti di Tommaso Morroni da Rieti, lavoro con-
dotto con molte cura su documenti inediti.

Ricco fu il contributo di quegli egregi che atten-
dono alla rassegna delle opere e riviste di argomento
umbro nella parte del Bollettino riservata alle Analecta
ed alle Recensioni. E così avemmo dall'egregio Direttore
Tommasini-Mattiucci un diligente studio sull’ opera di
Luigi Fumi, L/Inquisizione romana e lo Stato di Milano;
da Faloci-Pulignani un esteso cenno della Storia di Città
di Castello del Magherini-Graziani, e dal conte Ansidei
una recensione della Guida di Pensi e Comez su Todi.

Ma io non debbo tacere di altri poderosi lavori già
iniziati per la pubblicazione dei ont storici, non più
vaga promessa o nobile aspirazione delle menti nostre,
ma viva realtà. Si é infatti cominciata la stampa in de-
corosa ed elegante edizione del Regesto delle Rifor-

manze del Comune di Perugia del secolo XIII, ch’ è do-

. vuto alle diligenti investigazioni dell'erudito conte An-

sidei; e nella Raccolta degli Statuti Italiani, sotto gli
auspicî della R. Deputazione e per opera del socio De-
gli Azzi, vede la luce lo Statuto volgare di Perugia del
1342, documento importantissimo non solo dal punto di
vista storico e giuridico, ma anche dal punto di vista
filologico. L' una e l’altra di queste pubblicazioni con-
steranno di più volumi, coi quali si dà principio alla
divulgazione di preziosi documenti storici dell’ Umbria.

E non basta. Secondo il mio avviso, nelle ricerche
della storia medioevale hanno particolare interesse e
valore quelle che indagano i rapporti tra città e città,
tra terra e terra dell’ Italia, allora divisa e suddivisa in
piccoli governi più o meno autonomi. Da quei docu-
menti, che talvolta appariscono freddi come cose morte,
balza invece tutta intera la vita di quei tempi; vi si
scoprono i primi tentativi di una regolata e feconda
espansione al di là del muro e del vallo che circoscri-
vevano il piccolo stato. L° arcigno signore del feudo,
ormai sorpassato dall’ aura nuova che rinfrescava le

menti e ingentiliva i cuori, si chiude nell’avito castello,
XVI

e eontro ogni rapporto esteriore che non sia di guerra
o di violenza, alza il ponte levatoio. Ma la città, il Co-
mune libero, sotto l' impulso di nuovi bisogni e di nuove
feconde aspirazioni, si apre alla vita ed esce dal chiuso
delle sue mura al sole raggiante di una nuova civiltà.
Ed ecco allora regolarsi con discipline di giustizia e di
equità rapporti di indole politica; ecco sancirsi fra terra
e terra leggi comuni sui commerci, norme protettive
delle mercanzie, dei mercanti, e delle industrie fioren-
tissime, destinate a dominare nei più remoti mercati
stranieri; ecco i trattati per conquistare alle Università
celebri insegnanti; ecco insomma il cuore di una gente
che comincia a confondersi col cuore di un’altra gente
politicamente diversa, ma che si riuniranno un giorno
in una famiglia sola, l' Italia.

Or bene, non ho ragione di dire che chi dirige l'a-
cume del suo talento di storico a questi fini, e si piega
sulle antiche carte per vedere come quell'anima ha ob-
bedito ad un salutare movimento di espansione, ed ha
cominciato a tessere sulla trama di una vita comune le
prime fila sottili ma tenaci, si rende particolarmente be-
nemerito della storia? E se è così, io debbo segnalarvi
che non solo noi avemmo già stampate in due volumi
le Relazioni fra Perugia e la repubblica fiorentina nel se-
colo XIII e XIV, ma che per la diligenza e lo zelo dei
soci Degli Azzi e Nicasi si è già raccolto un nuovo e
ricchissimo materiale sulle Relazioni fra Firenze e V Um-
bria nel secolo XV.

Com’ è naturale, la messe dei documenti in cotesto
secolo è cresciuta per l'intensificarsi dei rapporti poli-
tici e commerciali. E va notata altresì la particolare im-
portanza di questa serie sotto il rapporto letterario, per-
chè nei documenti di carattere epistolare si riscontra
spesso o il più puro latino o il più squisito volgare dei
dotti cancellieri fiorentini e dei loro corrispondenti dal-
l Umbria.

Un altro collega nostro, il prof. Alessandro Bellucci
dell’ Istituto Tecnico di Roma, dopo avere raccolto molte.

— M D:

E:

AS

notizie intorno alle famiglie degli Orsini, dei Colonna
e Savelli, sta ora completandole in modo che si vegga
quali rapporti si crearono fra Roma e I' Umbria attra-
verso la storia e la genealogia di quelle illustri case ;
e ciò per un lungo spazio di tempo, cioè dal secolo
XIII al XVI.

La Presidenza non ha mancato poi di eseguire con
ogni sollecitudine i voti del Consiglio e della nostra As-
semblea tenuta nel decorso anno. E cosi fece pratiche
col Ministero della P. I. per un concorso dello Stato
sugli urgenti restauri dello storico palazzo Cesi in Acqua-
sparta, ed io penso che anche voi di buon grado vor-
rete rinnovare cotesti voti, affinchè l’ insigne e artistico
monumento, in cui si formò da Federigo Cesi il disegno
dell’ Accademia dei Lincei, sia sottratto al deperimento
in cui oggi si trova. Per ora le assicurazioni sono al-
quanto vaghe, ma nondimeno l' illustre Corrado Ricci
ha gentilmente risposto alla Regia Deputazione che il
Ministero concorrerà alla spesa di quel restauro. È poco,
ma la Regia Deputazione opina che cotesta opera, nella
quale è impegnato il decoro della nazione, possa con-
dursi ad effetto in piena armonia colle tradizioni che a
quell’edifizio si collegano. Però circa il modo da tenere,
permettetemi che oggi io non faccia parola.

Era stato segnalato nel decorso anno dall’egregio
conte Ansidei, e confermato dal dott. Degli Azzi, il pe-
ricolo di un grave danneggiamento delle carte che com-
pongono l’Archivio Delegatizio di Perugia mal custo-
dito, sebben riordinato, nei fondi della Prefettura. E la
Regia Deputazione ha potuto ottenere che prontamente
quei documenti preziosi, molti dei quali risalgono al
secolo XVI, vengano depositati in altri ambienti asciutti
e sani. Essa ha poi provveduto, in seguito ad un voto da
me modestamente formulato nell'Assemblea di Terni, a
rintracciare la interessante corrispondenza che Leone
Pascoli ebbe verso la metà del secolo XVIII coi ministri
di Sardegna marchese Del Borgo e Carlo Francesco
d’Ormea; e furono fatte ricerche nell’ Archivio di Stato

XVII
dr dea KIRA Br

zn XVIII

i | a Torino e negli archivi privati di quelle famiglie, dalle
: 5j Mes quali indagini si potè trarre la indicazione che cotesta
ca | corrispondenza trovasi nell'Archivio Vaticano, dove ora
il si sta ricercando.
Come vedete, l’opera della R. Deputazione si svolge
non senza utilità e decoro degli studi storici; ed io con-
. fido che il Governo di fronte a tanta attività di ricer-
che, a tanta fioritura di pregevoli pubblicazioni, a
Ili tanto (e si puó dirlo a voce alta) disinteresse dei no-
stri soci collaboratori, si risolverà ad aumentarci il
| troppo tenue sussidio ordinario, il quale non basta più

alla naturale espansione della nostra missione scientifica.

Nient'altro domandiamo : che ci sia permesso con
mezzi adeguati di attendere ai nostri studi e di rendere
più intenso il nostro lavoro. Unico, ma ambito compenso
è per noi quello che le gentili città dell’ Umbria, colle
loro liete accoglienze, concedettero sempre al nostro
zelo, al nostro buon volere ed al fervore col quale cer-

chiamo raggiungere un alto fine di cultura.

1 2.° Comunicazioni del Resoconto finanziari» 1911.

ie Il Segretario comunica le risultanze sommarie del reso-
! conto finanziario 1911, raccomandando ai soci di essere più
4i puntuali nel pagamento delle quote sociali e facendo voti
che il Governo aumenti i sussidi annuali.

ES : 3.° Elezione dei soci delle varie categorie.

x Su proposta del Consiglio sono acclamati a soci colla-
boratori i signori :

DomiNICI prof. GiroLaMo — GUERRIERI dott. RUGGERO — MORINI
dott. ApoLro — PENSI avv. GIULIO — ZUCCHETTI prof. GIROLAMO ;

a soci aggregati i signori :

Li
sh ARMEI prof. MELCHIADE — ALVI avv. Ciro — BRANZANI prof. LUIGI
4

J
| — BiancHINI avv. Giuseppe — CASTELLUCCI can. ANTONIO — Capo-
il RALI prof. ENRICO — CoMEZ ARNALDO — CEROwI can. GELINDO — CoRr-
XIX

CIANI DUILIO — FRANCISCI conte dott. Luigi — GIANNINI dott. Luriar —

Lanri conte ing. Lopovico — MERCANTINI avv. CARLO — MISSERE
avv. ALBERTO — OLIVI avv. GUGLIELMO — PiAsTRELLI don Lurar —
PrrZoRNO prof. BENVENUTO -— VASSALLI prof. FiLiPPO — ZANNETTI

prof. ZENO.

Dopo di che si intraprende lo svolgimento delle comu-
nicazioni d' indole storica :

1. — Tenneroni A. — Di un nuovo antico Codice tudertino delle
poesie di Jacopone da Todi.

2. — Scalvanti O. — Giudizio di Alberigo Gentile sulla scolaresca
del suo tempo (a proposito di un aneddoto occorso a un celebre inse-
gnante di leggi a Perugia nel secolo XVI).

8. — Pirri P. — I Signori di Alviano feudatarî della Montagna
Spoletina.

4. — Viviani D. — Chiesa di S. Giuliano delle Pignatte presso
Monte Corona.

5. — Id-m. — Chiesa di S. Crescentino in Morra presso Città di
Castello.

6. — Peràli P. — La storia del teatro in Orvieto.

€. — Idem. — L'aequedotto medioevale orvietano.

8. — Pensi G. — Lettere di Legati e Commissari del Papa in

Perugia, di Capitani e di illustri personaggi ai Priori del Comune di
Todi negli ultimi del secolo XV e primi del XVI.

9. — Maturo A. — La patria di Giovanni di Santuccio architetto
della faeciata di S. Fortunato di Todi, e un trittico di Matteo da Gualdo.

10. — Idem. — La scoperta di un ipogeo nel territorio di Todi.

11. — Antonelli M. — Sul conflitto giurisdizionale fra la Chiesa
e Todi per Sangemini.

12. — Corbucci V. — Sul P. Sebastiano Castelli promotore del
Monte di Pietà di Todi.

13. — Bellucci G. — La regione di Todi prima della storia.

14. — Briganti F. — Relazioni tra Perugia e Todi nel secolo XIII.

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LA REGIONE DI TODI
PRIMA DEELA STORIA

I progressi raggiunti nello studio di quel periodo lun-
ghissimo di tempo, che precedette la Storia, designato perciò
col nome di preistorico, rendono indispensabile oggidi, che
ogni lavoro complessivo interessante la storia di una regione,
di una città, di un luogo memorabile per antiche vicende,
abbia principio con quelle indicazioni, che possono aversi
dal periodo preistorico relativo.

Questa necessità fu da alcuni storici di già avvertita;
per la storia generale d’Italia può citarsi l' opera di Mode-
stow; per le storie parziali di alcune città dell’ Umbria, pos-
sono citarsi i lavori del Magherini Graziani, per la storia di
Città di Castello; del Lucarelli, per la storia di Gubbio.

Trovandosi oggi la Regia Deputazione e Società di Sto-

ria patria per l' Umbria, riunita a Congresso in Todi, la ve-
tustissima 3027] V 71, e procurando ciascuno de’ Soci di
arrecare qualche elemento informativo sulle vicende verifi-
catesi nella città e nella regione vicina, dagli antichissimi
tempi ad oggi, mi ha sembrato opportuno raccogliere bre-
vemente quei dati, che sulla preistoria della regione tuderte
sono venuti in possesso degli studiosi.

Dopoché la gran valle dell’ Umbria si vuotò, attraverso
la frattura naturale, che oggi costituisce la gola del Forello,
delle acque che tanto estesamente la ricuoprivano, costi-
tuendo nell’ epoca geologica pliocenica il grande lago um-
bro, l'uomo penetrò nella regione posta in secco; e sebbene
menasse vita randagia e penosa, pure riuscì con lenta ma

1

» oa 3
DPI . E ede e NEZ um Y AMET

2 G. BELLUCCI

‘costante penetrazione ad invadere le terre abbandonate dalle
acque, e quelle, che nel periodo precedente di regime la-
custre, emergevano come isole d’ impossibile o difficile ap-.
prodo. Fra queste ultime va notato il territorio di Todi, al-
meno in gran parte, sul culmine del quale sorse dipoi, e
sorge tuttora, la vetusta città.

La febbre ansiosa delle ricerche ha messo in luce signi-
ficanti monumenti, che attestano la presenza dell’ uomo in
quel periodo lontanissimo di tempo. Non sono monumenti
scritti o figurati, ma poveri utensili, modeste armi di pie-
tra, che servirono all'uomo nelle più urgenti necessità della
vita, abbandonati dipoi o perduti alla superficie del suolo.
Non importano sempre alla storia dell'umanità, le tradizioni
orali od i documenti scritti; a ricomporne il tessuto, bastano
spesso le opere mute della mano industre, che sapeva fog-
giarle, della mente sagace, che ne dirigeva l’impiego. E
volle fortuna, che gli utensili e le armi nei primissimi tempi
fossero di pietra, e di una qualità di pietra, la selce, che
si distingue sulle altre per la sua durezza, per l'acutezza
de’ suoi spigoli, per la sua notevole inalterabilità. Chi sa
quanti altri strumenti, quali altre armi antichissime, lavo-
rate ed usate dall’uomo primitivo, andarono irremissibil-
mente perdute, perchè ottenute dal legno, dalle ossa, dalle
corna, da pietre tenere, che non resisterono all’opera distrug-
gitrice, lenta ma continua, del tempo trascorso!

Il conte Mauro Faina di Orvieto, il capitano Angelo An-
gelucci di Todi, il cav. Mariano Guardabassi di Perugia, il
conte Francesco Toni di Spoleto, tutti scomparsi, furono i
primi a curare con zelo ed amore la raccolta degli sparsi
monumenti dell’età della pietra nel territorio di Todi. I mu-
sei di Torino e di Perugia, le collezioni private in Orvieto
ed in Spoleto, conservano oggidi i monumenti raccolti da
quei volonterosi, umbri di nascita, umbri di sentimenti.

Benchè arrivato più tardi, sono riuscito ancor io a ra-
dunare tra i numerosi avanzi litici dell’ Umbria nostra, molti LA REGIONE DI TODI, PRIMA DELLA STORIA 3

ciméli della regione di Todi e del suo territorio; ciméli che
oggi fanno bella mostra nella mia collezione privata, e che
ora passerò ad illustrare. Tuttochè sommarie, le mie indi-
cazioni saranno sufficienti, per dimostrare l' alto interesse,
che ciméli siffatti, una volta non curati o negletti, perchè
non compresi, possono avere per la storia dell’ umanità,
quando, attraverso ostacoli di ogni maniera, l’uomo ascendeva
i primi gradini dello incivilimento.

Nel dare queste indicazioni non sorpasserò i limiti di
tempo dell’età della pietra, anzitutto per non eccedere nella
mia esposizione, in secondo luogo perchè i monumenti sus-
seguenti, che caratterizzano i periodi di tempo segnati dalle
prime applieazioni dei metalli, richiederebbero uno svolgi-
mento notevole e l'aiuto di necessarie illustrazioni. Le scale
non Si salgono che un gradino per volta, ed oggi mi sia
permesso di ascenderne il primo, e di soffermarmi su di esso,
per considerarne i particolari che lo caratterizzano.

La regione circostante Todi, e segnatamente le località
designate col nome di Ilci (da élex, elce), Torri, Monticelli,
fornirono in copia armi ed utensili dell'età della pietra, cosi
rappresentati :

1. Raschiatoi.

2. Coltelli.

3. Accette levigate in pietra verde.

4. Cuspidi di freccia.

5. Cuspidi di giavellotto.

6. Cuspidi di pugnale.

Non descriverò minutamente i singoli oggetti rinvenuti,
anzitutto perchè richiamano i tipi comuni e conosciuti; in se-
condo luogo, perchè per attestare l’esistenza dell’età della pie-
tra nel territorio di Todi è sufficiente la semplice indicazione
delle armi e degli utensili venuti in luce. Dirò solo, che i

" raschiatoi, i coltelli, le accette levigate risultarono comuni;

che le cuspidi di giavellotto e di pugnale furono molto rare.
Delle cuspidi litiche di pugnale, ne conosco soltanto tre e si
4 G. BELLUCCI

conservano nella mia Collezione; hanno particolari cosi in-
teressanti, sia per le dimensioni, sia per la tecnica della la-
vorazione, sia per i caratteri specifici inerenti alla qualità
della pietra con cui furono formati, che non posso tratte-
nermi dal darne una breve descrizione.

1. Il primo pugnale è di quarzite biancastra; per i suoi
caratteri rivela un’ origine lontana dall’ Umbria, e per quanto
può giudicarsi, proviene dalle regioni meridionali d’Italia.
Dev'essere stato importato nella regione di Todi o per lenta
penetrazione commerciale, ad esempio per via di scambi
successivi, o perchè posseduto da persona, che immigrò da
sud. Ha la forma di un lungo triangolo isoscele con gambo,
che ne assicurava l' inserzione nel manico. Misura attual-
mente mm. 164 di lunghezza totale, ma se fosse ancora prov-
visto della punta, di cui é mancante, avrebbe misurato
mm. 175; la larghezza massima alla base del triangolo della
lama è di mm. 40. È quindi di dimensioni eccezionali; i suoi
margini furono resi finamente taglienti, mercè accurata scheg-
giatura e la punta mancante accenna ad una frattura antica,
di carattere eccezionale, corrispondente a quelle che sonosi
verificate in altri pugnali, infranti appositamente, prima di
collocarli nelle tombe; costumanza singolare, che le genti
neolitiche introdussero per le prime, non solo in Italia, ma
anche in altre parti di Europa.

2. La seconda cuspide di pugnale è in selce rossastra,
avente caratteri di selce locale. Ancor essa è in forma di
triangolo isoscele con largo peduncolo; la lunghezza totale è
di mm. 150, ma la lama del pugnale, che doveva trovarsi
fuori dell'immanicatura, misura soltanto mm. 75 e la base,
larghissima, mm. 47. Rappresentava quindi un pugnale a
lama corta, l'impiego della quale doveva procurare ferite
non tanto profonde, ma micidiali per lo squarcio, che produ-
cevano.

5. La terza cuspide di pugnale ha meno interesse delle
altre due. La sua lama é stata più volte riaggiustata per -

LA REGIONE DI TODI, PRIMA DELLA STORIA 9

rotture avvenute nella punta, e perció trovasi oggi notevol-
mente ridotta dalla lunghezza primitiva, che doveva pre-
sentare. Misura mm. 83 di lunghezza ed offre una frattura
antica dal lato della base. La qualità della selce, la tecnica
della lavorazione, accennano anche per questa cuspide di
pugnale, ad una provenienza dall Italia meridionale; altra
prova di antichi scambi commerciali o di primitive immi-
grazioni da sud a nord.

Il luogo di rinvenimento preciso di codeste tre cuspidi
di pugnale della regione di Todi, non si conosce. Con tutta
probabilità peraltro devono essersi trovati in tombe primi-
tive, sconvolte e distrutte dai lavori campestri, tombe che
si trovavano sempre a debole profondità dalla superficie.
Era costume, segnatamente sul finire del periodo neolitico
dell'età della pietra, di deporre presso i cadaveri armi da
getto (frecce) ed armi di stocco (pugnali), ed i tre esemplari
descritti dovevano far parte di codesta suppellettile fune-
raria, che la pietà dei superstiti compose a fianco dei defunti,
perché il loro spirito potesse giovarsene nell'eventuali oc-
correnze della vita futura.

L'insieme delle armi e degli utensili litici enunciati o
descritti, provenienti dalla regione circostante Todi, presenta
caratteri propri di quel periodo di tempo dell'età della pie-
tra, che fu detto neolitico. Non mi è noto che nella regione
medesima siensi discoperti monumenti litici, che valgano
ad indicare la presenza dell'uomo nel periodo più remoto
dell'età della pietra, designato col nome di paleolitico. Dubito
che ció sia avvenuto, e che possa avvenire, perché i costumi,
che l'uomo seguiva in quel periodo di tempo remotissimo,
vivendo nomade lungo il corso de’ fiumi, o là dove per con-
dizioni naturali affioravano giacimenti di rocce silicee, esclu-
dono a priori la permanenza dell'uomo nel territorio di Todi
nel più lontano periodo dell'età della pietra.

GiusEPPE BELLUCCI.

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E

di
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SULLE RELAZIONI FRA TODI E SANGEMINI

NEL SECOLO XIV

Continue furono, al tempo del suo maggior fiorire, le
aspirazioni del Comune tuderte sopra Sangemini, « castrum
bonum et forte », come lo chiamò il rettore del Patrimonio,
Guitto Farnese, nella sua relazione a Giovanni XXII, domi-
nante le terre degli Arnolfi, a confine delle. potenti repub-
bliche di Amelia, Narni e Terni. Ma per le stesse ragioni ne
stava a cuore alla Chiesa il libero dominio, senza concorrenza
di estranei. Donde il conflitto che duró a lungo, si acui du-
rante il periodo avignonese, e non volse al termine che
quando restaurata dallAlbornoz su più salde basi l' autorità
della Chiesa, quella del Comune cominció a declinare.

Della fase di esso al tempo di Ludovico il Bavaro fu
detto altrove (1). Riusci allora alla Chiesa riaffermare sopra
Sangemini il suo potere; e si studió poi con ogni cura di
mantenervelo. Ma le minacce di Todi non cessarono mai:
finché nel 1345, quando fu generale il risveglio della parte
ghibellina, e comuni e signori cercarono ingrandirsi in danno
della Chiesa, il comune di Todi mandó un esercito alla ri-
conquista dell'ambito castello. Scrisse il papa al rettore Ber-

(1) FUMI, Eretict e ribelli nell’ Umbria, in questo Bollettino, V, 17 e sgg. — AN-
q

TONELLI, Vicende della dominasione pontificia nel Patrimonio, in Archivio della

Soc. Romana di Storia patria, XXV, 271 e sgg.
|

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8 M. ANTONELLI

nardo di Lago per la difesa de' suoi temporali diritti: ai
fedeli del Patrimonio di assisterlo con tutte le forze (1). La
provincia era tutta in subbuglio; gravi avvenimenti si matu-
ravano; ma Bernardo, rettore rapace ed imbelle, lasciava
andare tutto in rovina. Ad Avignone giungevano notizie
sempre peggiori. Molteplici le offese dei todini contro Sange-
gemini, donde aveano tolto ostaggi, e presso cui tenevano
continuamente macchine e battifolli. Si ricorse al solito pal-
liativo di nominare legati e riformatori con ampie facoltà di
provvedere; e questi furono i cardinali Bertrando di S. Marco,
ben edotto ormai delle condizioni della provincia per il cui
governo aveva emanato nuove costituzioni, e Guido di S. Ce-
cilia. Costoro si sarebbero recati anche a Todi; ne avrebbero
udito le ragioni, e sentenziato secondo giustizia. Frattanto
mandava Clemente VI a quel vescovo Ranuccio d'ingiungere
formalmente ai todini la restituzione degli. statichi, la rimo:
zione dei battifolli, la cessazione da ogni novità contro San-
gemini (2). La lettera pontificia scritta il 13 febbraio 1346

(1) ANTONELLI, ivi, XXVI, 311, doc. in nota.

(2) « Ven. fratri episcopo Tudertino — Fidedignis licet infestis percepto rela-
tibus, quod priores, officiales et comune civitatis Tudertine nos et ecclesiam roma-
nam graviter offendere, seque periculis et penis non levibus subicere non verentes,
castrum Sancti Gemini, nobis et ecclesie memorate immediate subiectum, ac habi-
tatores ipsius molestare ae offendere multipliciter moliti sunt hactenus et etiam
moliuntur, ad oceupationem ipsius castri ac oppressionem habitatorum ips.rum
violenter in nostrum et ecclesie predicte contemptum et preiudicium aspirantes, et,
detentis per ipsos priores officiales et comune quibusdam obsidibus dicti castri, pro
expugnatione. illius machinas seu batifolla tenere ibidem continue non verentur,
excommunicationis et alias spirituales penas et sententias per constitutiones fe. re.
Iohannis pape XXII predecessoris nostri adversus talia perpetrantes inflictas incur-
rere, seque illis periculose involvere, minime formidantes. Cum itaque dilecti filii
nostri Bertrandus s. Marchi et Guido s. Cecilie presbiteri cardinales cum plene le-
gationis offlcio et potestate reformandi ea que in terris eidem ecelesie romane im-
mediate subiectis reformationis remedio repererint indigere ad paries illas in pro-
ximo sint ituri, fraternitati tue per apostolica scripta mandamus, quatenus prefatos
priores offlciales et comune pro parte nostra moneas et requiras, eis sub excom-
municationis in personas singulares ipsorum, et interdicti in civitatem predictam
penis et sententiis, quas, nisi tue monitioni et requisitioni huiusmodi cum effectu
paruerint, proferas districtius iniungendo, ut infra decem dierum spatium post mo-
nitionem et requisitionem huiusmodi computandum obsides predictos liberent, bacti-

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SULLE RELAZIONI FRA TODI E SANGEMINI 9

non fu presentata al vescovo che il 18 agosto, forse perchè
prima di quell' epoca i legati non avrebbero potuto occuparsi
del negozio. Intanto la situazione si era aggravata. Sotto la
pressura incessante delle armi todine, i sangeminesi avevano
fatto atto di sottomissione al comune di Todi; ed invano il
papa aveva invitato il rettore a revocar questa e aiutare gli
oppressi (1).

Ricevuta il vescovo Ranuccio la lettera pontificia, il 26
agosto fece la formale ingiunzione al podestà, al capitano,
ai priori e ai quattro anteposti, eletti « super facto brighe
et discordie exorte inter comune Tuderti et universitatem
hominum castri Sancti Gemini et aliis pertractandis inter

follaque predicta removeant, et nichilominus usque ad adventum dictorum cardi-
nalium ad partes ipsas nullas contra dictum castrum et habitatores ipsius faciant
vel attemptent quomodolibet noxias novitates. Volumus autem quod pref;ti cardi-
nales, quibus huiusmodi negotium est commissum, vel alter ipsorum, dum dante
Domino in partibus illis erunt, auditis predictorum prior. official. et comun. ac
aliorum quorum interest rationibus, super eodem negotio, quod eis iustum et equum
videbitur, ordinent et disponant, quodque tu, frater, de hiis que super premissis
feceris et inde quomodolibet subsequentur, nos e vestigio per tuas litteras et car-
dinales predictos vel eorum alterum, cum illuc declinaverint, efficere studeas cer-
tiores. Dat. Avinion. id. februar. pont. nostri a. IV ». (Arch. Vatic. Regest. n. 139,
doc. 924).

(1) « Ven. fratri Bernardo episcopo Viterbiensi rectori Patrimonii. Ad nostri
apostolatus auditum relatio fidedigna licet infesta perduxit quod cives et universitas
civitatis Tudertine (debito) subiectionis et reverentie quibus nobis et ecclesie romane
tenentur astrieti calcato, nos et ipsam ecclesiam graviter offendere non verentes,
multis sibi adunatis complicibus, dilectos filios homines et universitatem castri
Sancti Gemini ad nos et eandem eeclesiam pertinentes nostros et ipsius ecclesie
subditos et fideles diversis obsidionibus adversus ipsos et castrum predictum positis,
aliisque variis gravaminibus oppresserunt multipliciter hactenus et opprimere in
nostrum et ipsius ecclesie contemptum et opprobrium temerariis et presumptuosis
ausibus satagunt incessanter, et nichilominus quamdam submissionem ab. eisdem
hominibus et universitate castri Sancti Gemini extorserunt. Quocirca fraternitati tue
per apostolica scripta mandamus, quatenus prelibatis hominibus etc. contra sevitiam
Tudertinorum suorumque in hac parte complicium predictorum procedendo spiritua-
liter et temporaliter prout fuerit rationis et videris expedire consiliis auxiliis et
favoribus oportunis assistens, si vocatis evocandis submissionem predictam in no-
strum et eiusdem ecclesie preiudicium ut premittitur repereris attemptatam, eam
revocare procures, contradictores spirituali et temporali districtione appellatione
postposita compescendo. Dat. apud Villamnovam XVII kal. iul. a. V. (Regest. n. 140,
doc. 152).
5I de ©? —3 EXEC 2 RES

il 10 M. ANTONELLI

d. ae predictos comune et universitatem », di rilasciare entro dieci
SU giorni gli ostaggi, sotto pena di scomunica e d’interdetto, e
| (ES fare quanto in essa veniva ordinato (1).
sà uH. Ma la scappatoia era bella e trovata. I todini, maestri
it BEE di sottigliezze, notificarono a loro volta, il 30 agosto, al ve-
il IE scovo Ranuccio un atto d’appello alla Sede apostolica, che
| | E nella sua pregiudiziale motivazione lascierebbe quasi supporre
i IS una tacita intesa col medesimo vescovo per procrastinare la
(SE soluzione della vertenza. Il mandato pontificio era giunto a
id Todi, come si disse, il 18 agosto, e il monitorio vescovile no-
| tifieato al comune soltanto il 26. Or bene, del ritardo, forse
voluto, si era giovato il comune per prevenire il monitorio
È RE . con un primo atto d'appello presentato il 24 agosto a frate
i LO Giovanni vicario del convento de’ Servi in S. Marco e a
ii frate Giacomo priore degli Eremitani di S. Prassede, in cui,
li mostrandosi piena conoscenza delle lettere apostoliche giunte
| al vescovo, di cui si riporta il contenuto, si dice essere state
| le medesime da false informazioni provocate; e quindi il pon-
Il tefice non averle concesse, se fosse stato edotto della verità,
che era questa. Fra Todi e Sangemini esistere convenzioni
(il | lecite e trattati per publici istromenti, che autorizzavano
^ pienamente il comune di Todi a fare ció che fece: non esser
il vero nè linvio di macchine nè la costruzione di. battifolli,
| non avendo mai inteso i todini di espugnare Sangemini :
P pre esser essi innocenti in tutto delle odiose accuse riferite al
SN pontefice, dalle quali non furono nemmeno chiamati a scol-
| | parsi prima di prendere provvedimenti a loro carico.
Questi stessi motivi riprodussero nell’ appello dal moni-
torio del vescovo, aggiungendovi la pregiudiziale che, per
effetto del precedente appello a lui pure notificato, era ces-

(1) Arch. Vatic. Instr. Miscellan. an. 1346. Lunga pergamena origin. contenente
il breve pontificio a Ranuccio e l'atto di presentazione del medesimo : la nomina di
due nunzi fatta. dal vescovo per presentare al comune il monitorio: l'atto di pre-
sentazione e il contenuto di questo: i diversi appelli interposti dai todini. Il tutto
scritto di mano del notaro Giacomo del fu Egidio di Benvegnate di Todi.
SULLE RELAZIONI FRA ''ODI E SANGEMINI 11

sata ogni sua giurisdizione in proposito, e quindi il suo mo-
nitorio doversi ritenere irrito e nullo e come non fatto (1).

(1) Eccone il testo: « Coram vobis riido in Christo patre et diio, diio Raynutio
episcopo Tudertino, Bartholinus Philippi syndicus et procurator diorum potestatis,
priorum, et comunis Tuderti sentiens se nominibus quibus supra et predictos quo-
rum syndicus et procurator est et uhiversitatem et singulares personas dicti comu-
nis et iura ipsius comunis gravatos et gravata, et in posterum ledi et gravari posse
non modicum a quibusdam litteris pro parte vestra transmissis ... et a requisitionibus
monitionibus mandatis et sententiis contentis in eis, quarum omnium tenor noscitur
esse talis ... ab ij.sis litteris, monitionibus etc. ad diium Clementem papam sextum
eiusque audientiam et sedem apostolicam ... in hiis scriptis provocat et appellat pro-
testans nominibus quibus supra quod huiusmodi appellatione pendente nulla contra
dietos diios potestatem, capitaneum etc. pretextu dictarum litterarum . . fiat novitas
vel processus. Et pro causis gravaminum iniquitatis et nullitatis si quas assignare
tenetur in hiis scriptis inserit et assignat infrascriptas.

. In primis quia ante dictas requisitionem et monitionem factam eisdem prioribus
etc. ex parte vestra vigore dictarum litterarum apostolicarum ... facta et interposita
erat appellatio per ipsum syndicum a dictis litteris ap.licis et contentis et commi-
natis et expressis in eis, et ab eis dependentibus et connexis etc. et a quolibet
gravamine dictis prioribus etc. pretextu dictarum litterarum illato et quomodolibet
inferendo per quamcumque monitionem vel alium actum, et dicte appellationis prius
facte ... facta erat vobis notificatio et intimatio, cuius rei causa abdicata erat vobis
omnis i"risdictio et potestas dicte requisitionis et monitionis fiende vigore dictarum
litterarum apostolicarum ob precedentem appellationem predictam et intimationem
vobis factam, quibus pendentibus dicta vestra requisitio et monitio pro vestra parte
facta fuit et est etiam ipso iure nulla et nullius valoris vel momenti, immo de iure
robur iuris non sortitur, et perinde debet haberi de iure ac si facta non esset, ma-
xime predictis pendentibus.

Item quia dicte littere apostolice et earum impetratio et obtentus emanaverunt
modo illicito et subreptitie, et tacita et suppressa veritate et expressa falsitate im-
petrate et concesse fuerunt.

Item quia talia fuerunt tacita et s.ppressa, que si fuissent expressa prefatus
dns summus pontifex dictas litteras minime concessisset, maxime ex eo quod iura
comunis civitatis Tuderti, que inter ipsum com. Tuderti et com. dicti castri Sancti
Gemini licitis pactis condictionibus et conventionibus hactenus firmata fuerint per
publicum instrumentum, propter que prefatum com. Tuderti licite facere potuit
quiequid fecit, fuerunt tacita et suppressa.

Item quia falso fuit expressum in impetratione dictarum litterarum quod pre-
fatum e m. Tuderti pro expugnatione dieti castri Sancti Gemini machinas seu ba-
tifolla ibidem continuo retinebat, quod fuit et est ab omni veritate remotum, cum
dietum com. et homines dicte civitatis Tuderti nunquam intenderint ad dictum ca-
strum expugnandum vel vincendum, nec aliqua bactifolla fecerint vel machinas te-
nuerint pro expugnatione ipsius.

Item quia dicte littere concesse fuerunt et emanaverunt ex arrupto per infestos
et falsos relatus et non veras querelas sine cause cognitione, dicto com. Tuderti et
suis hominibus et civibus et dictis officialibus et prioribus contemptis et nullatenus
citatis vel aliqualiter requisitis et insontibus de contentis et expressis in dictis iniquis

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12 M. ANTONELLI

Il vescovo non menò buoni naturalmente tali motivi, e
il 9 settembre presentò a Bartolino di Filippo procuratore
del comune gli atti del processo da proseguirsi contro il me-
desimo. Ma Bartolino non volle riceverli, ed anzi a viva voce
appellò anche da tale oblazione (1). Ed altro non sappiamo
in proposito: se, cioè, e avanti a chi l'appello fu proseguito ;
se, e malgrado esso, i riformatori adempirono il loro mandato.

L’opera di costoro del resto riuscì affatto sterile di ri-
sultati. Molte cose promisero i ribelli e gli usurpatori senza
attenderne niuna. Il pontefice, burlato, scrisse ancora a Ber-
nardo di agire con ogni energia per reprimerne la superbia
e conculcarne la malizia (2). Ma ormai tutto era in sfacelo
lo Stato della Chiesa: e solo l’opera di un Egidio Albornoz,
mirabil tempra di guerriero e di statista, potrà salvarlo dal-

l’ultima rovina.

et odiosis relatibus et in dietis litteris, et nullo iuris ordin» servato, salvis aliis ra-
tionibus et causis.gravaminum ... suo loco proponendis, assignandis et probandis,
quas protestatur ... salvas fore, et iuravit ad sancta Dei evangelia corporaliter tactis
scripturis in animabus predictorum, quorum nomine appellat, predictas rationes et
causas esse veras, et se credere eas posse probare, non abstringens se quo supra
nomine per predictos, quorum nomine appellat ad omnes eas probandum, sed tantum
ad eas vel alteram earum que sibi quo supra nomine probare sufficiant ad victoriam
appellationis huiusmodi consequendam ».

(1) «... episcopus ... eisdem appellationibus utpote frivolis et nullis, cum iura
non deferant, nec idem ipse detulit, et ... eidem ser Bartholino tunc obtulit manua-
liter acta processus huiusmodi universa, que quidem dictus ser B. recipere recusa-
vit, viva voce ab oblatione appellando predicta ».

(2) « Ven. fratri Bernardo episcopo Viterbiensi rectori Patrimonii. Percepto di-
splicibiliter qualiter illi rebelles Patrimonii b. Petri in Tuscia, cuius rector existis,
nobis et ecclesie romane terga vertentes non faciem, sueque infidelitatis et nequitie
venena concepta velut in sensum dati reprobum evomentes, nichil de iis, que in
presentia dilecti filii nostri Bertrandi tit. S. Marchi apostolice sedis legati promiserant,
complere vel attendere curaverunt, quin potius ad peiora in sue dampnationis cu-
mulum obstinatis mentibus se disponant, volumus et tue fraternitati mandamus,
quatenus, quamquam aliqui eonfingere dictos rebelles fore reconciliatos nostre gratie
satagant, sicut fertur, tu tamen, quousque a nobis specialiter aliud receperis super
hiis in mandatis, cum tua et fidelium nostrorum ... potentia circa manutenenda et
recuperanda bona et iura nostra ... in eodem Patrimonio, et ipsorum rebellium con-
terendam superbiam et malitiam conculcandam, potenter et viriliter te gerere non
| dE postponas, sciturus quod tibi non deficiet nostri favoris auxilium in hac parte. Dat.
i d ze I Avin. VI kal. februar. a. V ». (Regest. n. 140, doc. 942).
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SULLE RELAZIONI FRA TODI E SANGEMINI 13

Debeilati i tiranni e sottomesse le città ribelli, fu opera
lunga ed ardua quella di ripristinare nei diversi comuni i
diritti giurisdizionali della Chiesa, in qualcuno non più eser-
citati da tanto tempo, e vari da luogo a luogo. Nel Registro
Camerale del 1364, che n'è come un riassunto, si dice di
Sangemini che è immediatamente soggetto alla Chiesa, la
quale vi ha la piena giurisdizione ed il mero e misto impero,
e vi possiede una rócca in cui dal rettore e dal tesoriere
del Patrimonio si pone il castellano: si enumerano i diversi
obblighi del comune verso la curia: niun accenno si. fa alle
pretese giurisdizionali todine (1). Le quali tuttavia non è a
dire che si fossero lasciate cadere in dissuetudine. Ancora
nel 1368, pur essendo vicario in Todi un parente del ponte-
fice Urbano V, Guglielmo de Grisaco, i priori richiesero a
Sangemini il tributo del pallio e del cavallo falerato di scar-
latto, simbolo dell’ antica sudditanza, da prestarsi per la festà
di S. Fortunato sulla piazza del comune; e richiesero ancora,
per il giorno della vigilia, la prestazione di altrettanti pallii
e cavalli, quanti erano gli anni in cui l'obbligo non era stato
adempiuto, sotto minaccia di novità. I sangeminesi ne recla-
marono a Urbano V, che proibì loro qualunque prestazione,
siccome contraria, oltre che al loro stesso interesse, alla fe-
deltà che doveano al pontefice, unico loro sovrano; e scrisse
ai todini di nulla attentare contro di essi nella prossima festa,
ma le loro ragioni, se ne avessero, proseguire avanti la Sede
apostolica (2). Uguale divieto mandò anche alle terre di Fi-

(4) FABRE, Un Registre Cameral du card. Albornoz en 1364, in Melanges d’ar-
cheologie et d? histoire, vol. VII.

(2) « Dil. filio nob. viro Guillelmo de Grisaco domicello Mimatensis dioc. vicario,
necnon prioribus civitatis Tudertine nostre et ecclesie romane fidelibus. — Pro parte
dilectorum filiorum comunis castri nostri Sancti Gemini fuit nobis expositum cum
querela quod unum pallium et unum equum foderatum seu copertum de scarleto
presentari per eos ut dicitis debitum annis singulis in festo beati Fortunati, ac alia
pallia et equos similiter d-faleratos, si preteritis temporibus in yresentatione hu-
iusmodi defecissent, in die precedenti dictum festum in platea civitatis Tudertine
more solito debeant infallibiliter presentare, quod nisi implere procurent, minati
fuistis eis facere novitatem. Super quibus prefati homines et comune reputantes
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14 M. ANTONELLI

renzuola, Messennano e Poggio Azzuano, cui pure la richiesta
del pallio era stata fatta.

Così dopo trentasette anni si rinnovavano le inibitorie
pontificie contro ogni supremazia di Todi su Sangemini e le
Terre Arnolfe (1); ma questa volta certo con più efficacia.
Allora era il pontefice lontano, la cui voce avea perduto
ogni virtù coercitiva sugli usurpatori e i ribelli: ora è il
pontefice presente nello stato ricuperatogli dall’ Albornoz, che
dalla rócca di Montefiascone, donde questi mosse alla ricon-
quista, li tiene a freno, e governa e vigila con equità e con
fermezza: finchè la nostalgia della terra nativa non lo richia-
merà nella sua Francia diletta, lasciando le province italiane
in balia dei mali pastori e degli avidi legati, che ne faranno
scempio. Ma le antiche supremazie comunali non riprende-
ranno più vita.

M. ANTONELLI.

se gravari indebite et iniuste, et offerentes se stare iustitie, ad nostrum refugium
recurrerunt. Nos itaque etc. Dat. apud Montemflasconem VII kal. iul. a. VII ». (Re
gest. n. 249, car. 119). :

Seguono le lettere a Sangemini e alle Terre Arnolfe.

(1) Cf. FUMI, op. cit. ivi, p. 18, doc. in nota.
15

UN INFORMATORE MEDICEO IN ROMAGNA.
[GASPARE DA TODI)

Tra i numerosi informatori e corrispondenti che, pei
fini tortuosi della loro scaltra politica, i Medici tenevano —
anche prima che usurpassero il principato — sparsi per
tutta Italia, uno dei più attivi e fidati fu Gaspare da Todi,
del quale pubblichiamo qui appresso alcune lettere indiriz-
zate a vari membri di quella potentissima famiglia fiorentina.

Nato — a quanto egli stesso ci narra in una graziosis-
sima lettera autoapologetica (1) — dalla nobile schiatta de-

Conti di Villanova, per l’ occupazione dell’ avito castello e
degli altri beni de’ suoi maggiori, fatta dalla prepotenza di
Francesco Sforza, s'era ridotto ad umile condizione; e, per
campare la vita, aveva dovuto applicarsi all’ esercizio della
« cancelleria volgare » presso i condottieri di ventura che,
al pari de’ Principi, tenean corte e tiranneggiavano allora
per mezza Italia.

Nei primi del 1435 — epoca in cui comincia il suo
carteggio coi Medici — lo troviamo in Bologna nella carica
di « praeses Bullectarum civitatis », ossia di soprastante
all’ Ufficio delle Bollette de’ Forestieri: ufficio a cui era ri-

(1) Doc. n. 26. — Curiosa é in questa lettera la citazione della sentenza di Se-
neca, che — in armonia collo stile altezzoso di tutto il documento — dimostra la
boria pretenziosa del nobile decaduto e le velleità umanistiche del burocratico di
mezzana cultura.
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16 G. DEGLI AZZI
servata — a quanto rilevasi dagli statuti di quella magi-
stratura che se ne conservano nell'Archivio di Stato bolo-
enese — la vigilanza sui forestieri che entravano e usci-
vano dalla città, con ampi poteri inquisitorî, nonchè la sor-

veglianza « super lupanari, meretricibus et lenonibus » (1).

Le occupazioni però di questo ufficio quasi poliziesco
non gl'impedivano di maneggiare intrighi politici nell'inte-
resse di Cosimo de’ Medici e de’ congiunti di lui, ai quali
dal principio del 1435 in poi mandava frequenti e preziose
informazioni sull'andamento degli affari di Roma, sull’ a-
zione diplomatica degli agenti ed emissarî de’ Potentati
italiani che transitavano per Bologna o vi risiedevano, e sui
movimenti delle Compagnie di ventura e de’ lor condottieri.

La sua carica — che, del resto, non doveva esser di
ultimo rango e di condizione vile se il suo titolare poteva
contemporaneamente insignirsi delle pompose qualifiche di
« familiaris domini nostri Papae » e di « scutifer honora-
rius » del Pontefice stesso (2) — favoriva anzi mirabilmente
il suo spionaggio politico, coll'arbitrio che gli conferiva di
perquisire i forestieri e arrestarli, di intercettarne e seque-
strarne la corrispondenza, di raccogliere in via confidenziale
e per dovere d'ufficio notizie riservate e segreti d'ogni ge-
nere. E sotto questo riguardo appunto il suo carteggio è
particolarmente prezioso per la storia politica e per la cro-
naca minuta del tempo.

Per le mansioni poi che aveva avute presso i condottieri,
il nostro Cancelliere godeva la confidenza e l'amicizia dei
più reputati tra essi; e delle loro intenzioni, dei loro progetti,
dei loro piani, abilmente penetrati o rivelatigli in amichevoli
conversari dai suoi ex-colleghi rimasti al servizio de' ven-

(1 Debbo questa notizia alla dotta cortesia del valoroso Soprintendente del
R. Archivio di Stato in Bologna, il ch. cav. uff. Giovanni Livi, cui le gravi cure del-
l'alto ufficio non impediscono di mantener in onore la bella tradizione di liberalità
verso gli studiosi, che un tempo fu già nobile vanto degli Archivi italiani.

(2) Doc. n. 9, 17 e 21.
UN INFORMATORE MEDICEO IN ROMAGNA 17

turieri, egli ragguagliava con scrupoloso zelo il despota fio-
rentino, che ne faceva tesoro per le ‘macchinazioni sottili
delle sue tiranniche mire di signoria; per le sue ambiziose
trame liberticide.

Gli accenni infatti al Piccinino, allo Sforza, a Niccolò
dalla Stella, a Gattamelata da Narni, ai Malatesta e a quasi
tutti i principali capitani del tempo ricorrono frequentissimi,
assumendo talvolta l’importanza di vere e proprie rivelazioni
d’alta politica, tal’ altra scendendo persino al pettegolezzo
alimentato dalle chiacchiere che i Cancellieri dei venturieri
e d'altri signori non si peritavano di fare col loro antico
camerata ed amico.

Il quale pure avea in piü occasioni dimostrate preziose
e non comuni attitudini d'uomo di governo, come quando
il Cardinal di Fermo, legato papale in Romagna, dovendo
d'ordine del Papa recarsi al campo in Bologna, lo aveva
lasciato al reggimento di Forli, che per lungo tempo il nostro
seppe tenere con plauso universale.

Questi carteggi, infine, pur così utili allo studio della
politica e della vita italiana nel secolo XV, di cui servono
mirabilmente a svelarci il retroscena e le intimità più riposte,
non son affatto privi anche d’ un certo pregio letterario, come
quelli ch’eran dettati in schietto volgare da un uomo assai
colto, il quale, pur non avendo diritto — per non esser mai
stato notaio — al titolo di « sere », che tuttavia gli veniva
abitualmente attribuito (com'egli stesso c’ informa), ne aveva
nondimeno, per le sue mansioni presso i Capitani di ventura
e presso il Comune di Bologna, disimpegnate funzioni egual-
mente delicate e importanti.

Sul contenuto storico di queste lettere, che interessa di
preferenza la Romagna nei suoi rapporti collo Stato papale
e col resto d’Italia, non ci soffermiamo altrimenti, lascian-
done la cura agli studiosi delle vicende di quella regione,
paghi del modesto contributo biografico e anedottico che i
nostri documenti portano su personaggi e su cose dell'Umbria.

2
18 G. DEGLI AZZI

Delle ragioni poi dell'attaccamento del nostro Gaspare al
potente oligarca fiorentino le lettere stesse ci parlano can-
didamente: il desiderio cioè di assicurarsi colla protezione
dei Medici e col sussidio della loro influenza in Corte di
Roma, in cambio de suoi servizievoli uffici e delle sue pre-
murose informazioni, cariche sempre piü lucrose e onorevoli,
e specialmente il governo della città di Forli in cui con
abile tattica e insinuanti maniere cercava di soppiantare il
suo concittadino ed amico Lorenzo da Todi.

GIUSTINIANO DEGLI AZZI.
UN INFORMATORE MEDICEO IN. ROMAGNA

1r

[Med. av. Pr. XI, 158]. Bologna, 1485, Feb. 15.

- Magnifico viro Cosimo de Medicis ex dominis. X. Balie Mag.ce Comuni-
tatis Flor. domino meo.

Magnifice vir dominabilis mihi — post recomendationem. —

Ha uno vostro et mio amico ha [sic] dal Danese conduttiero de
Nicolò. p. [Piccinino], el primo et più fidato habi Nicolò, che fo heri dì
.XIIII. qua, che Nicolò. p. deba partire de quest'altra septimana per
andare a Lucha [per] la via che fé el conte Francesco che restié in Val
de Lima et va ad Lucha. Né altro da nuovo.

Ex Bononia, die XV Febr. 1435. hore XVI.
Vester
Guaspar de Tuderto etc.

2:-— [Med. av. Pr. XI, 159]. Bologna, 1435, Feb. 16.

Magnifico viro Cosimo de Medicis ex dominis. X. Balie excelze Comuni-
tatis Flor. etc., domino meo. — In Ferraria, etc.

Magnifice vir, etc. — Ho responsiva vostra a la mia de quanto
havete rasonato cum lo Rev.mo nostro mons. S. Arcivescovo de’ mei
bisogni, et l'usata et gratiosa sua resposta, come sperava. Non dubito
che la sua R.ma S. et la Magnificentia vostra ce darà bono modo et
cum bona maniera: così ve ne prego.

El potestà che è quà in Bologna, che fo ad Perosa potestà, me
dice de la thexoreria de Perosa: si optenere questa paresse più facile
a mons. S. et a voi paresse, io me contenteria.

De quà non c’è da nuovo si non che pure se conferma che Ni-
colò. P. deba partire de questa futura septimana, et alcuni, che qui
erano per comperare cavalli, tucti vanno via domatina....

Uno che vene da Gualdo de Nocera al presente dize che Taliano
et Nicolò. p. erano in campo a la Muccia, et che se dicea dovevano
20: G. DEGLI AZZI

venire verso Siena. Del venire verso Siena non credo, ché lasserebono
molto scoperto Camerino, salvo Nicolò. p. non volesse pure venire a
Lucha per assaltare Fiorenze da più luochi.
Ex Bononia, die XVI Febr. 1438. hore XXII.
Vesfer servitor
Guaspar de Tuderto, etc.

"n

3. — [Med. av. Pr. XII, 441]. Cesena, 1435, lug. 24.

Magnifico et spectabili viris (sic) Cosimo Iohannis et Bernardo Antonii
de Medicis de Florentia benefattoribus meis.

Magnifice et spectabilis vir — Post recomendationem.

Dapoi heri ve scripssi de quà non è altro da nuovo si non che
heri se levò Nicolò .p. et venne ad Villafranca presso Forli. Questo ma-
gnifico Conte ne stima più cose: o ch'el faza, in questo trattare de
paze, che voglia mostrare essere venuto verso esso Conte, overo per fare
stare el Conte desto che non mandi gente nel Patrimonio in succurso
de li sui per la presa de Lione, overo per dare modo al passare el fi-
gliuolo dellà cum gente per fare più forte Nicolò da la Stella. Niente-
meno esso Conte sta desto et el governatore et Ulixe stanno in persua-
dere de non attacharse cum lui et guardare el nostro. — Datum Ce-
sene die 24 julii 1435.

Ulixe se recomenda a voi et a Lorenzo et despiazeli non poter
fare compagnia in Musciello ad Lorenzo.
Vester
Guaspar de Tuderto

4. — [Med. av. Pr. XII, 48]. Cesena, 1435, set. 11.

Magnifico viro Cosimo de Medicis de Florentia honorando mihi...

Vir magnifice. Ho da vostra parte recomendato al Conte et al S.
miser Sigismondo Piero Antonio da Tode: ciascuno ha resposto ch'io
vegia loro registri, et quelli offitii che prima vachino, et che più me
piaza, li farà fare le lettere oportune per contemplatione vostra. Solli-
citerò havere le lettere.

El dieto illustre Conte se despone per obidire nostro .S. che, preso
haverà el governatore la tenuta de Ymola et retirate che fiano quelle
ducale genti dellà da Ymola, venire cum questo felice pontificale exer-
eito suso el fiume de Favenza per exeguire quanto per la .S.tà de no-
stro .S. li sirà ordenato. Dixili da vostra parte del beneplacito : regra-

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Mis

UN INFORMATORE MEDICEO IN ROMAGNA 21

tiavi et dice esser desposto continuamente seguire vostri recordi como
de padre. |

Gattamelata ve regratia de le vostre bone parole, et spera in voi
fermamente che al tempo farete li fatti, et a voi se recomenda.

Io ve recordo cum el tempo el fatto mio de Bologna.

El .S. miser Sigismondo realmente se despone ad obidire nostro
.S. senza alcuna piega, et così è paruto al governatore ch’io li habi li-
berato li fiorini quatromilia, et così ho fatto.

Nostro .S. me commise, quando me parti’ de costà, ch'io recerchasse
Gattamelata d'arestituirli Castelfra[nco]: semo stati mons. .S. lo gover-
natore et io cum el dicto Gattamelata: respondeze como per questa
in[elusa] poterete comprehendere. Nè altro da nuovo. Recomendomi a
voi, Lorenzo, Bernardo et Angelo da la Stufa.

Cesene die XJ sept. 1435 hore 20.
Vester
Guaspar de Tuderto, etc.

5. — [Med. av. Pr. XII, 63]. Imola, 1435, sett. 17.

Magnifico viro Cosimo de Medicis... Florentia benefattori meo... [hono-
r]ando.

Magnifice vir — post recomendationem —.

Ho hauto la vostra de di .XIIII. a la parte de ser Piero Antonio:
solliciterò le lettere como el Conte sia suso el fiume de Favenza, che
sarà dominica o lunidi prossimo al più. Heri ve scripssi che a di .XVI.
fo hauto la tenuta libera de Ymola et de la forteza: et nui heri cum
el governatore fommo in Ymola et bene rezeputi, et trovamo tutti bene
desposti a lo stato de nostro .S.

Al facto de Gattamelata nostro .S. me ha resposto è contento l' una
et l'altra parte faza el banco ad Venetia, et che le rasoni vegia de
jure et equitate el Marchese de Mantua, et isto interim restituisca Ca-
stelfranco. Ho seripto a Gattamelata mandi qua uno suo fidato ché li
dirimo el governatore et io la resposta de nostro .S.

Al Conte Francisco ha scripto el governatore et io in bona forma
che proveda cum Taliano et cum li fratelli che obidisca el governatore
de Perosa in omne cosa et che remova li usciti de Perosa de quillo
campo: et invero quando el Conte mandò el figliuolo de Rayneri, el
mandò contra Nicolò da la Stella como inimico comune: dapoi penzo
el Conte non habi penzato più nanti, chè tutte quelle genti che mandò
se stanno pure dellà, ma se provederà presto.
G. DEGLI AZZI

So' certo harete ad recordo el fatto mio di Bologna, como cosa
vostra. Li Ambaxatori di Bologna siranno costà, segondo se senta de
qua, domanderanno cose assai; in fine deba venire miser Galeotto cum
la conclusione che, essendo assecurato Battista de ogn'altra cosa, se
faza la volontà de nostro .S.

De le nove me advisate ve regratio: desidereria sentire como
siano remaso el borgo e la ciptà de Castello et el S. de Foligni et
quello credete de Assisi.

Doleme le materìe de li figluoli del Cap. guasti li fatti loro: pure
ve li recomendo per amore del padre.

Sacramor da Parma si è ad Conselece, casso dal Duca: desidera
esser cum nostro .S.; el governatore et io ne scrivemo al papa; si ve-
dete faza per la sua S:tà, lo possete confortare: [el simi]le cerca Nicolò
da Pisa che sia al fine de la ferma cum Venetiani. Altro non c’è da
nuovo. Recomendomi a voi, a Lorenzo, Bernardo, Antonio da Pescia et
Angelo da la Stufa.

Imole die XVII sept. 1435.

Vester servitor
.Guaspar de Tuderto, etc.
6. — [Med. av. Pr. XII, 59]. Bologna, 1435, ott. 1.
Magnifico viro Cosimo de Medicis de Florentia benefattori et dominabili
meo.

Magnifice vir. Per freza scrivo breve. Per onne modo siate cum
nostro .S. et vedete quanto li scrivo et provedete oportunamente: si
non che zó che é fatto torna in zero. Simele parlerete a miser Biondo.

Bononie die primo ottubr. 1435. hore tre de nocte.

Vester
Guaspar de Tuderto preses Bull. Bononie

4. — [Med- av. Pr. XII, 119]. Bologna, 1435, ott. 5.

: Magnifico viro Cosimo de Medicis de Florintia benefa[ctori] meo.

Magnifice vir — post recomendationem.
Per la venuta del Conte .XII. miglia presso Bologna, dove dovea
tirare indirieto, è generato grande sospecto in questo popolo; per lo
quale mitigare, più fiate so’ gito da Bologna al Conte; et in fine el
Conte mandó meco Accatabriga, Fiasco et ser Iohanni, proferendo a li
UN INFORMATORE MEDICEO IN ROMAGNA DI

magnifici Antiani per parte del Conte el fratello et altri stagi per loro
securtà, simele a Battista; per la quale proferta se mitigarono et con-
clusero ch'erano contenti el Conte stesse dove è per pochi di, ma che »
°1 .S. miser Sigismondo non pasasse Ymola: erano contenti che mons.
S. lo Thex[oriere] intrasse ad pigliare la tenuta et che li magnifici An-
tiani se li farebono incontro cum numero de ciptadini et porterebonoli
le chiavi, et che mandasse prima li fanti dentro nel palazo, et esso
Thex[oriere] poi, adeompagnato da li dieti et dal clero Bolognese, cum
la sua fameglia et cum la croze innanti, senza armati, verrebe al pa-
lazo; et poi li fosse, manderebe li Conestabili a la custodia del ponte
et deputerebe la guardia del palazo, et poi lo dì seguente, et quando li |
piazesse, farebe prima tornare el Conte aderieto, et el .S. miser Sigi- |
smondo poterebe venire nanti et in Bologna como li piazesse; et poi |
omne dí cum bona pace trare et mectere chi li piaze. Et si questo non jj
piazesse al 'Thex[oriere], mandi prima via el Conte et poi intri al |
modo per prima rasonato, ch'era como prima scrippsi a nostro .S., che |
eredo vedeste. De questi dui partiti el Conte conforta el primo per piü
quiete; et così el governatore de Romagna; penzo mons. S. lo Thex. se |
lassirà consigliare et governerassi cum el tempo. Io trovo ogni dì Bat- |
tista mancho sospecto et parla largo liberamente essersi dato ne le
braza del nostro .S., quantunque da altri sia molto stimulato in contrario.
Domani seremo a la prova; et como sequirà, vi adviserò, che penzo
sequirà bene.
Datum Bononie die .V. octebris 1435.
Vester
Guaspar de Tuderto, preses Bullectarum Bononie, etc.

8. — [Med. av. Princ. XII, 120). Bologna, 1435, ott. 6.

Magniffico viro Cosme de Medicis de Florentia et Bernardo Antoni de ii
Medicis. il

Vir magniffice — post recomendationem —.

Avixone che ozi a di .VJ. del presente a hore .XVIIJ. intrónno
trecento fanti in el palazo de la Santità del nostro .S. et a hore .XXIJ.
intró lo Thex[oriere] e Governatore de Bologna acompagnato da tutto
el Clero de Bologna e da li magnifici Antiani, li quali fuora de la porta
li presentarno le Chiave, cum infinito numero de ciptadini e nel dicto
palazo, cum tanta alegreza universalmente de tucti quanto dire se po-
tesse. E Baptista de Canetollo prima questa matina hora de terza andò
al decto Governatore, ch’ era a li Croxati fuori de la porta mezo miglo,
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94 G. DEGLI AZZI

a farli debita reverentia et singulari offerte; et in el vero, segondo el
mio juditio, va in questo in facto liberamente. Apresso v'avixo che
demane mandemo li castellani a Castello san Piero et a Castello Bolo-
gnexe, ché cusi ha ordenato el Ducha.
Datum Bononie die VJ octobris MCCCCXXXV.
Vester

Guaspar de Tuderto, preses Bulettarum Civitatis Bononie.

9. — [Med. av. Pr. XII, 194]. Bologna, 1435, ott. 8.

Viro magnifico Cosimo de Medicis et Bernardo Antonii de Florentia be-
nefattoribus meis honorandis.

Magnifice vir. — Post recomendationem.
Ad vestram consolationem ve adviso che el governatore di Bologna
ha fornito tucte le porte de fanti et costoro se contentano vegna el .S.
miser Sigismondo et quelle genti che piaze al governatore: et tucto
questo popolo mostra essere tanto ben contento che più non se poterìa
dire. Simele Battista da Cannetolo procede in questo fatto tanto real-
mente quanto dire se potesse, sì che ogni cosa passa quietamente et
bene. Nè altro da nuovo. Piazavi recomendarmi a la .S.tà de nostro .S.

Bononie die VIII. octubr. 1435.
Vester
Guaspar de Tuderto.

(.S. d. n. familiaris et preses Bullectarum civitatis Bononie)

10; — [Med. av. Pr. XII, 133]. Bologna, 1433, ott. 11.

Magnifico viro Cosimo de Medicis de Florentia benefattori meo hono-
rando.

Magnifice vir — post recomendationem.

Vederete quanto scrivo a nostro .S. et poi la farete sigillare et
dare a la sua Santtità. Nè altro da nuovo. Recomendomi a voi, a Lo-
renzo, Bernardo, Antonio da Pescia et Angilo nostro da la Stufa. Quando
ve occurrerà che non ve sia troppo tedio, recomendatime per vostra let-
tera a questo governatore de Bologna azò che sappia che so vostro.

Bononie die XI octubr. 1485.

Vester

Guaspar de Tuderto, preses Bullect. Bononie etc.

SIT ITAOZANTCI BUSI
UN INFORMATORE MEDICEO IN ROMAGNA

11. — [Med. av. Pr. XII, 134]. Bologna, 1435, ott. 12.

Magnifico viro Cosimo de Medicis et Bernardo Antonii de Florentia be-
nefattoribus meis honorandis.

Magnifice vir dominabílis mihi — post recomendationem.

È venuto qua mastro Loysi cobieulario de nostro .S. et ha par-
lato eum Battista, el quale lo trova pronto presto et obidiente ad quanto
despone nostro .S. et in mandare via le genti sue et da pe' et da ca-
vallo et fare tanto quanto piaze a nostro .S., et ogni dilo trovo piü fe-
dele et più perfecto.

Da poi parlo cum li magnifici Antiani, simele li trova’ liberissimi
in tutte le debite obidientie quanto dire se potesse. Nè altro da nuovo.
Pregovi fate dire a uno vostro garzone presenti queste mei lettere a ser
Michele d' Arezo Canzelliere, che fo del Capitanio. Recomendomi a Lo-
renzo, Antonio da Pescia et Angelo da la Stufa nostro.

Bononie die .XII. ottubr. 1435, hore dui de nocte.

Bernardo, advisatime si Iohanni è ben guarito.

Vester
Guaspar de Tuderto, preses Bullett. Bononie etc.

12. — [Med. av. Pr. XII, 433]. Bologna, [1435], ott. 14.
Magnifico viro Cosimo de Medicis de Florentia et Bernardo Antonii de
Medicis.

Magnifice vir, hogi hore 22 de di .IX. é partito Battista da Can-
netolo sotto colore de adeompagnare Baltaxar suo nepote che se andava
cum quelle genti de Guaspare: ha tenuta la via de la montagna verso
Modena. Quà se attenderà ad reformare lo stato de nostro .S.: penzo,
segondo mio judicio, sia partito per sospecto più che per alcuna altra
cosa. Non posso scrivere più steso per la freza.

Bononie die XIIIJ. ottubris hore 22.

Vester
Guaspar de Tuderto ete.

13. — [Med. av. Pr. XII, 429]. Bologna, [1435], ott. 17.
Magnifico viro Cosimo de Medicis et Bernardo Antonii de Medicis de Flo-

rentia, etc.

Vir magnifice — post recomendationem.

De la partita de Battista ad pieno ve scripssi: et invero trovo la
sua partita sia solo per tore de qua sospitione per la quale lo havesse
fr Y

fe Pt — E ME MESS UT.

96 G. DEGLI AZZI È

4. potuto mectere ad partito; ma quanto a lo stato de nostro .S., lo trovo
" OI ii "i intigro, et chi dizesse el eontrario penzo sia male informato. Dapoi la
E dl : | hes sua partita, sono partiti de qua de Bologna homini più che .CCCC.: però
AI Il de legiera conditione, pure per sospecto et non per fallo nuovo fatto. |
318 d il La Comunità reposa bene et sta benissime desposta et starà omne di :
ed bene et meglio si nostro .S. non ce remecte nuovi tiranni; et tueti quelli 1
che vogliono ben vivere dicono che nostro .S. non deba remectere in
all i | Bologna miser Antonio de’ Bentivoglio, né Zambecbari, né quello vechio
AP de' Grifoni, et che el Papa li pó provedere altrove. Io so' de quello pa-
"s rere si el Papa vole godere Bologna.

A le cose de Battista nè de alcuno da Cannetolo non è fatta no-
vità alcuna si non che sono scripti loro bieni mobili, perchè questi sol-
dati non li tollino, che già alcuni voleano comenzare si non fosse ch'io
fezi cum el governatore che tosto provedecte: et anche per vedere como
se governa Battista cum nostro .S. Confortate miser Galeotto in con-
fortare Battista se voglia persuadere la gratia de nostro .S che sia la
meglio via possa tenere. Cosimo, io ho trovato Battista tanto necto
et sano verso lo stato del Papa al presente, che mi pare debito dire le
cose li siano honore et utile, et così ve lo recomendo. .

El Papa ha fatto dire al .S. Sigismondo vadi ne lo Reame cum

mons. S. lo patriarcha: penzo che fosse molto più utile tenerlo in Bo-
logna per stato. de nostro .S., et ne lo Reame mandare homini più pra-
tichi al mistiero che non tema tanto quanto se reguarderia costui, et
moltre altre rasoni ce seriano che per brevità le obmecto.
Ho da più fidedigni et de conditione che ’1 Duca ha dato in se-
iii lil ; creto sua figluola a lo Infante di Ragona, el quale deba venire ad Mi-
ll lano, et legatose cum lo Re de Ragona et cum tucti li signori de lo
Sil E Reame presi, et lo Re de Ragona deba tornare a la imprese (sic) de
lo Reame: si ve pare advisarne nostro.S., poterete. Né altro da nuovo.
\Al fatto vostro sto adtento: si nulla sentirò, ne serete advisati. El pa-
il i rente vostro fezi adcompagnare da dui famegli del .S. miser Sigi-
A i | smondo.

B en Ex Bononia die 17 ottubr. i

3 ! Vester i

» Met Guaspar de Tuderto etc. i

vio Me Ba. è andato verso Lucha: tenese de qua che vadi ad Siena.

jt If T È

d n ll ;

ab Mud 14. — [Med. av. Pr. XII, 427]. Bologna, [1435], ott. 18.
dii : È
il | | Magnifico viro Cosimo de Medicis et spectabili Bernardo Antonii de Me- i
[i Tt dicis de Florentia, dominabili meo. I
THES 1
Bic Magnifice vir — post recomendationem.
UN INFORMATORE MEDICEO IN ROMAGNA 27

^

Vederete quanto scrivo a mastro Loysi, la quale letta, farite sigil-
lare, et poi ve piaza farla presentare al decto. Io anderó domani nel
campo del Conte Francisco ad ordenare che se levi et vadi nel terreno
de Forli como dellà ce fia ordenato; et che Tadeo Marchese remagna
tra Butri et Medecina cum la sua condutta: et poi tornerò ad Bologna.
Né altro da nuovo poi ch'io vi scripssi. De quà se vive bene fine in mò.

Datum Bononie die XVIIJ. ottubris hore tre de notte.

Vester servitor
Guaspar de Tuderto

15. — [Med. av. Pr. XII, 148]. Bologna, 1435, Ott. 19.

Magnifico viro Cosimo de Medicis et Bernardo Antonii [de Me]dicis de
Florentia, dominabilibus etc.

Magniflce vir — post recomendationem —.

Dapoi io ve scripssi non c’è altro da nuovo. Questa ciptà di Bo-
logna posa bene fine in mó, e da li iminieati in fora gran numero ne
sono tornati et tornano de quelli che prima erano de fuore, et pure
quietamente et senza scandolo, et in verità questo governatore ce piglia
bona maniera.

Il Conte non havendo da potere servire ser Piero Antonio da Tode,
per vostra contemplatione, prima serive a li .S. priori de Racanati in
forma ch'elegano per potestà de Racanati el dieto ser Piero Antonio:
la lettera del Conte sopre tale fazenda ve mando.

Hora passó de quà uno Canzeliere de Nicoló .p. che vene.da Mi-
lano et va ad Imola: examinato sopre più cose, me dize che el Duca
ha liberato lo Re de Navarra, el quale va per fare adsegnare le for-
.teze de Napoli et tutte le altre forteze che tene lo Re de Ragona al
Duca, zoè le forteze de lo Reame: et ha liberato Menecuzo da l’ Aquila,
el Duxa de Sexe et el Principe de Taranto, et remaso d' acordo cum loro.

Per altra via secreta sento el Duca ha fatto parenteza cum lo Re
de Ragona, zoè che '1 Duca dà sua figluola a lo Infante, el quale In-
fante deba venire ad Milano, et venuto sia, lo Re de Ragona torna a
la impresa comenzata, et sia in lega el dieto Duca cum lo Re de Ragona
et cum li decti .S. de lo Reame presi et mo’ liberati. Questo ho in se-
creto da homo de conditione.

Recomendomi a Lorenzo, Antonio da Pescia, Bernardo et Angilo
nostro da la Stufa.

Bononie, die XVIIII. Ottubr. 1435.

Vester servitor
Guaspar de Tuderto, preses Bulleet. Bononie, etc.
- EV ARI OMS 3 —— dor
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i id 98 G. DEGLI AZZI 1

16. — [Med. av. Pr. XII, 160]. Bologna, 1435, Ott. 29.

Magnifico et spectabili (sic) viris Cosimo et Bernardo de Medicis de Flo-
rentia hon. mihi.

Magnifice vir — post recomendationem —.

Fui qua in Bologna heri de di .XXVIII. del presente, hore .XVIII.:
tutto exposi al governatore de Bologna quanto a me ordenó la Santtità
de nostro .S. et inter cetera che fesse soprasedere al venire costà questi
| i ambaxatori bolognisi fine ad tanto che la sua Santtità lo addvisasse, etc.
El dieto Governatore responde che l'altro di forono cum lui li ma- i
gnifici Antiani et li capi de tutte le Arte, et strenzerlo per forma che
li concedecte licentia libera a li dicti Ambaxatori del venire: costà, et ;
debano partire Marte o Miercore prossimo, et che non vede poterli fare
sopresedere piü. Advisatene, si ve pare, lo Rev.mo mons. .S. lo Camor- i
lengo, a cui devotissimamente me recomendo.

Haverete sentito che Battista da Cannetolo cum tutti sui nepoti
et genti d'arme da pe’ et da cavallo essere andato ad Milano, chiamato È
dal Duca. |

Dizeme el mio fameglio, ch'io lassai qua a le bollecte, che jovedi
prossimo passato passó de qua uno fameglio de miser Raynaldo de gli |
Albizi che veniva da Milano et, cereandolo si havesse lettere, nulla li
trovó. Domandandolo che andava fazendo, resposili andava per sue fa- |
zende. Si retorna piü de quà, io ho ordenato cum el fameglio mio che
non se li faza bollectino si non parlo cum lui prima: io lo examineró
per modo che saperó que va tramando.

Ex Bononia die .XXVIIIJ. Ottobr. 1485.

Vester Servitor !
Guaspar de Tuderto, preses Bullect. Bononie, etc. Ì

17. — [Med. ay. Pr. XX, 59]. Arezzo, 1437, feb. 22.
Mag. viro Laurentio de Medicis de Florentia dominabili meo.

Magnifice vir — Ho rezeputo dui lettere: una de mons. .S. de È
Tragura, l'altra vostra de di XXI del presente: l'una et l'altra bene È
intesa. Quando ve paresse, penzo fosse bene reattachare la pratica cum
Kit Iohanni, et volenno lui venire a le cose rasoneveli et fermesi per modo
Il che stia saldo, ne poteremo et la vostra magnificentia et mi advisarne
il la S.tà de nostro .S.; ch'io non poteria fermare per la lettera li scripssi
| del pinziero de Johanni ch'era de non. Et parendovi cosi, possete man-

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neuem
UN INFORMATORE MEDICEO IN ROMAGNA 29

dare uno vostro fidato al dieto Iohanni subito rezeputo questa, et io
verrò costà, sì che lunidi ce siró per ogni modo o prima.
Si Johanni me havesse fatto adsapere questo suo ultimo penziero
1 como ve dixe de fare tornare, io haveria mandato derieto a quello ul-
3 timo fante per modo che lo haveramo (sic!) fatto tornare in dirieto:
ma nulla ne ho sentito si non al presente per vostra lettera.
Recomendomi al magnifico Cosimo, a voi et a Bernardo nostro. Si N
nulla scrivete ad Fiorenze et deliberate mandare a Johanni per reat- |
tachare questa pratica, piazavi advisarni mons. S. de Tragura et a la
È sua R.ma S. per vostra lettera recomendarmi.
; Datum Aretii die XXIJ. febr. 1437, hore XXII.
: Vester in omnibus
Guaspar de Tuderto S. d. n. Pape scutifer hon. etc.
Si mons. S. de Tragura respondesse per l'ultimo fante che portó
le vostre et mei lettere, aprerite la mia lettera et tenetela voi, ché lu- |
nidi sirò costà, et provedete segondo quella. LM

18. — [Med. av. Pr. XI, 162]. Dologna, 1438, feb. 23. Lm

Magnifico Cosimo de Medicis de numero Magnificorum .X. Balie exc.
Com. Flor. dominabili suo; Ferrarie.

TIRI TREE O

Magnifice vir domine mi. Sarà in questa una lettera alla .M. vo-
É stra, la quale manda Bernardo de Antonio de’ Medici per fante proprio
; qui a me.
È Ulterius si sente da Parma come Nico. Pic. ristringe tucte le bri-
gate insieme a Parma, et hae mandato fantaria a Chastigloni di Carfa-
Î gnana in grande numero, et, per uno che il sa, hae havuto il dicto Ni-
eoló aviso come sono arrivati a Chastigloni salvi tucti. Et più dice che

È hae comandato che le brighate si fornischino per octo dì cominciando
: questo giorno 23 ferraio. Altro per ora non si sente...
î Datum Bononie die .XXIII. februarii 1438.

Vester servitor
Guaspar de Tuderto, etc.

TRANI ueer

: 19. — [Strozz. I* ser., III, c. 53]. Bologna, 1488, mar. 81. |
» i
E . . . . . . .

E. Magnifico viro Cosme de Medicis maiori nostro honorando. — Feranie.

[ Magnifiee vir. Abbiamo sentito essere morto a Roma l’ Arcivescovo |

de Pisa: per la quale cosa abbiamo scripto all’ Arciveschovo de Firenze
deba el vero sentire, che Nicoló .p., spazato harà el piano de Brescia,

30 G. DEGLI AZZI

gli piaccia sì efficacemente operare che messer Giovanni vostro abbi
una pieve de quelle lui tenea in diversi luoghi, et maximamente quella
tenea in quello de Cortona. Pregamove quanto possiemo ve piaccia pre-

garne l'Arciveschovo acciochè voi che sete stato chasgione N. S. gli 1
abbi data questa dignità, anche voi siate ora chasgione abbi questo ac- ^

cioché possa un pocho alleviare la casa, chè non ànno piccole spese.
Et in questo mezzo verrà el tempo suo delli emolumenti del cherichato.
Pregaremmovi assai, ma sappiamo non bisognia, chè, non pregato, sempre
ve siamo stati rachomandati. Et però, come a nostro. S. et protectore, non
ce reguardiamo gravarvi confidentemente in qualunche nostra cosa cie
schade. Aparecchiati in avere et in persone a’ comandi vostri.....

Ex Bononia, die II martii 1488.

20. — [Med. av. Pr., XI, 178]. Firenze, 1488, ago. 6.
Magg. viris Cosimo, Laurentio et Bernardo de Medicis dominis meis.

Mag.ci viri — Heri sera venne quà Grabiele da Cantiano, et penzo
venardi verrà ad parlare cum voi per prendere vostri consigli, como de
sui benefattori.

Ser Jacomo, Canzeliere de Cristofano et de Johanni, questa matina |
è venuto ad mi et dectomi molte cose: et vene ancora per scotere :
certi pegni de li ditti. Dizeme che ha da uno degno de fè, et che ne

che penza lo spaeci presto, che esso Nicoló se deriga de quà a li
dampni del Conte Francesco, etc. Io ho confortato ser Jacomo vegna a
voi, Cosimo. Dizeme lo farà: et diràvi de molte nove. 1
Ex Florentia die .VI. Augusti 1438. i
Servitor ]

Guaspar de Tuderto, S. D. n. Pape Scutifer.

21. — [Med. av. Pr. XI, 439]. 1440, ago. 12. È
Magg. dominis meis Cosimo et Laurentio de Medicis etc.

Magnifici domini mei. — Da poi fossemo quà presso Fiumana
contra Forli, é stato posto Fiumana ad sachomanno et hauto per accordo
due altri castellecti. Penzo ce faremo più presso Forlì. Questi
.S. Malatesti hanno mandato quà, et lo S. miser Malatesta lassa le terre
tucte in governo del S. miser Sigismondo, et lui cum cavalli 300 se ne
va a li servitii del Duca de Milano, et da hogi in poi de le terre de’
UN INFORMATORE MEDICEO IN ROMAGNA 31

Malatesti se harà vittualie. Né altro da nuovo. — Recomendomi a le

Magnificentie vostre et a Bechazino Alemanni et Bernardo de’ Medici:

pregovi, si aleuno piazere spero mai havere da voi, ve sforziate io habi

quella resposta da lo illustre Conte de sì o de non, perchè essendo de

non, me sirà bisogno prendere partito per altra via al facto che sapete,
che non può star così: non ve sia tedio avisarmene.

Ex felicibus castris S. d. n. Pape die XII augusti 1440.

Vester servitor

Guaspar de Tuderto, S. d. n. Pape Scutifer honor.

22. — [Med. av. Pr. XI, 498]. Venezia, 1441, set. 3.

Mag. domino meo Cosimo de Medicis ex Decem Balie Com. Flor. etc.

Magnifice domine mi. —

Da poi ve scripssi responsiva a le vostre, non c'è da nuovo si non
che costoro hanno fatto liberamente el compromesso nel Conte, et a di
dui Troyalo parti de qua et andó al Duca per trare ogni possibile. Et
como Alberto Orlandi ve dirà tutto, el Conte non vole nè biasemo nè
loda de questo fatto significatovi tucto per una lectera, et poi el dicto
Alberto ve dirà. El Conte lascia prendere el partito a voi. Io judico
che la paze faza per voi per ogni modo.

Heri matina magnò el Conte cum el Camorlengo, et el Conte se
despone suo amico et fare per lo suo patriarchato ogni possibile.

Ex Venetiis 3 septem. 1441.

Servitor
Guaspar de Tuderto, etc.

23. — [Med. av. Pr. XI, 498]. Venezia, 1441, set. 10.

Mag. d. meo Cosimo de Medicis ex DD. Decem Balie Com. Flor.

Magnifice domine mi. —

Ho hauto vostra de di .V. responsiva a la mia et ho visto quello
scrivite a la Excellentia del Conte: et perchè la sua Excellentia a le
parte ve responde, non curo replicare altro si non che ve fo certissimo
che '] Conte cercha per ogni via levarvi de’ sospecti et adattare che
habiate paze cum ogni vostra securtà possibile, et che non fa mancho
estima del vostro stato che del suo proprio, et al facto di Faenza cercha
. per bona via adattarsi a cose a voi grate; et Battista da Montevechio
39 G. DEGLI AZZI

v'é bono amico et ama veramente stato vostro. Et de quisto ha già
parlato Battista cum N. p. (Nicolò Piecinino) in bona forma etc.
Si nulla e’ è da fare, comandateme.
Ex Venetiis die X* Septem. 1441,
Servitor
Guaspar de Tuderto, etc.

,24. — [Med. av. Pr. VIII, 89]. Firenze, 1450, feb. 98.

[M]agnifico viro Johanni... o de Medicis de...... a... dominabili meo.

Magnifice vir... Ho intexo quanto scriviti a Vugo(?) circa la parte
adpertenente a mi: so certissimo me reputate tanto vostro quanto ve-
ramente io so, ché circa lo apetito mio havete facto vostro possibile, et
cosi reputo el farete quando ve parerà che a mi sia utele et honore:
et cosi fermamente spero.

Dal mag.co S. miser Sigismondo, poy de qua parteste, nulla ho
hauto. Écci Antonio de Sacramorre per executione del denaro cum
miser Johannozo, el quale é confortato al fare suo debito et da Cosimo
et da Piero, che s'è offerto suplire lui la absentia vostra: per ancora
non ve posso dire fondamento alcuno.

Heri sera 27 de febr. Niecodemo hebe lectere dal Conte in effecto
continente el Conte essere ad Vimercato cum li sui et quelli de’ Ve-
netia a pe' del monte de Briansi in quelle colline: et segondo quelle let-
tere del Conte, non ardiscono Marchischi intrare nel piano: el perchè
vittualie non vanno ad Milano: et fame li preme in tanto che quelle
lettere concludono che fra poco tempo el Conte harà el desiderato fine
del facto de Milano. Questo medesimo ho io d’ alcuni armigeri intelli-
genti [che] vengono da quelle parti; poy da uno homo d’arme che fo
del Conte Dolce; da Venetia se ha per contrario che se possa soccor-
rere, etc. Io eredo la prima parte.

Harei caro sentire, per potere advisare el signor miser Sigismondo
vostro compare, quello sentite de Simonecto, si fia cum Re recondocto o
cum el Papa o sia in sua libertà.

Ex Florentia die ultima Febr. 1450.

Vestre Magnificentie Servitor
Guaspar de Tuderto etc.
UN INFORMATORE MEDICEO IN ROMAGNA 98

25. — [Med. av. Pr., XIV. 25]. Firenze, 1450, ago. 15.

a

[Ma]gnifico Piero de.... [C]osimo dominabili meo. — In Volterra.

Magnifice vir, domine mi. Ho facto più fiate demandare Cosimo
si havete hauto resposta del facto del .S. miser Sigismondo: respon-
deme Bernardo che Cosimo li diee che nulla sente de queste cose: si
ch'io delibero per questo non aspectare più quà, ché non e’ è bono es-
sere. Vo ad Arezo dove se sta bene. Si resposta ne harete, poterete
mandarla al Capitano de' fanti del palazo de' Signori che me la mandi
ad Arezo: ed io seguiró quanto me comandarete. Ho demandato Nico-
demo: dice anche lui che nulla ne sente: el perchè fò retracto, o che le
vostre lettere non siano andate overo, nanti el Duca responda, vorrà
udire el signore miser Alexandro: perché per mano vostre non vorrà
vadino le cose si non nectamente. Si ve paresse da nuovo scriverne al
Duca, possete mandare le lettere a Nicodemo che le manderà et farà
ne harete resposta: tanto ve dico che '| signore miser Sigismondo dà
più eredeto a la cosa [se] passasse per vostri mani et de’ vostri che de ni-
suno altro: governatela mo’ como ve pare et piaze, chè meglio inten-
dete queste materie che non posso intendere io. Harò caro sentire quello
io debo respondere al signore per vostra excusatione et mio debito,
perchè me li feste scrivere che havete scripto al Duca.

El dieto signore s'é composto cum el Papa de’ censi per fiorini
cinquemila et remasto in bona gratia cum la sua Santità: et più me
dice Johanni Francesco suo fameglio, che è venuto quà et andato al
vostro Iohanni, che.li faza el banco in Corte de fiorini 3000; che '1 Signor
Sigismondo ha che ’1 .S. miser Alexandro domandò al Papa molte cose
contra lui et che a nulla el Papa adconsenti: a l’ una de le parti, si così
è, el Papa dice una [cosa] per un' altra o è decto le bosie al signor Sigi-
smondo,

Recomendomi a la .S. vostra.

Ex Florentia die .XV. Augusti 1450.

V. Magnificentie servitor
Guaspar de Tuderto.

26. — [Med. av. Princ., XI, 316]. Bologna, ..... mar. T.

Magnifice vir, domine mi. Post recomendationem. Ho rezeputo la
vostra et cirea el fatto de Nicoló .p. le vostre rasoni sono optime, ma
io so de parere che si l'accordo del Conte eum el Duca non segue, che
qua se dice de non, et Troyalo sia partito dal Duca malcontento, che
94 G. DEGLI AZZI

,N. p. farà prova passare in Toscana. Martedi se mosse per vedere le
genti sue, et per le aeque grosse che sono, che le strade ne sono tucte
piene, non sentimo fine in questa hora abia preso altro viagio: le no-
stre spie ce sono; et quando ne haveró certeza, ne serete subito advi-
sati. Simele sirà Lorenzo ad Fiorenze.

A la parte del faeto mio, che lo Rev.mo mons. S. de Fiorenze ne
habi desiderio, como mi ne so' certo per sua solita benignità verso de
mi, che li parà la cosa dificele, non che la mia che è piccola cosa a
tanti .S. quanto é la sua Rev.ma S. et voi; ma sia quale se vole gran-
dissima, la mandarete ad effecto, et massime essendo questa cosa segondo
mi, si non me inganda l'apetito, atta et fattibele. Et prima mi pare
che essendo Lorenzo da Tode, che é mó ad Forli, pratico nel mestiero
de le arme, come è, non deba dubitare nostro .S. che ponendolo in mio
luoco qua, che lo farà diligentemente; et quanto a lo essere qua lui,
non ce ha alcuna inimicitia: ch'io sapete so' odiato da Cannetolo,
Zambechari et Bentivoglio: et questo sapete bene voi che è così, che
più fiate me ne havete admonito.

In Forlì io so’ ben voluto in particulari et in generali quanto dire
se possa; et so loro natura; et quando mons. S. cardenale de Fermo,
ch' era ad quillo tempo governatore de Romagna, papa Martino lo mandó
ad campo ad Bologna, tucto el peso de Forli remase. ad mi; et per la
gratia de Dio.la retrovò ben governata quando tornò.

Lorenzo da Tode è in superlativo grado odiato da li .S. Malatesti :
non poterebe da loro havere uno minimo subsidio bisognando: io ho
contraria conditione cum Malatesti, che farebono ogni gran fatto per
mi. Lorenzo non è amato da la excelsa Comunità de Fiorenze, et sa
Lorenzo vostro, quando fo qua, ch'ebe lectere da li .S. dicti de la
Balia che suplicasse nostro .S. che levasse Renzo da Tode dal governo
de Forlì: et io lo pregai che non lo fesse dicando [sic] che l’ Arcive-
scovo nostro mantenea el dicto Renzo da Tode in Forli: et così Lo-
renzo vostro non seguì l’ ambasciata. Et quantunque « qui genus jattat
suum, aliena laudat », et « nobilitas sit clara virtus », segondo Seneca,
pure dirò cha [sc] dal tempo de papa Bonifatio in qua casa mia fo
fatti conti de Villanova, che è nostro castello, quantunque mo lo oc-
cupi el conte Francesco; et perchè io sia chiamato « sere », non fui
mai notaro, ma per vivere fore de casa mia me decti a lo exercitio
cum li capitani d'arme in cancellaria volgare.

Renzo da Tode se allevò piccolino garzone de Ysacha mio con-
sorto, et tanto io lo reputo in più honore che per virtù sia venuto in
grado honorato. Conosco ho parlato superfluo: tucto ho decto perchè
al desiderio mio ce serebono de le vie cum stato de nostro .S. Nien-

TUS
abba a dd

"—"

UN INFORMATORE MEDICEO IN ROMAGNA 35

temeno, la vita mia et l'essere mio lo remecto liberamente nel [piac]ere
de la Santtetà de nostro .S. e de lo Rev.mo mons. S. Arcivescovo de
Fiorenze, che [me dJeputino dove li piaze: chè quando fosse possibele
milli volte morire et renascere, cum libero animo el sosteneria, essendo
de loro piazere: et ad questa via so’ in tutto desposto. Nè ve darò piü
tedio per hora.

Piazave strectissimamente recomendarmi a lo Reverendissimo
mons. S. Cardenale de Fiorenze, el quale so me ama como bono ser-
vitore.

Ex Bononia die VII martij hor. XV.

vester servitor
Guaspar de Tuderto, etc.

20. — [Med. av. Pr. XI, 609]. Bologna, .... mar. 9.

Mag. d. meo Cosimo de Medicis oratori excelse Com. Flor. ad S. d. m.
Papam.

Magnifice vir, domine mi.

Ho hauto la vostra responsiva a la mia in Ferrara a di 8. Vegio
havete operato el possibele cum quelli R.mi signuri et la bona despo-
sitione de tutti: Dio per mi, che po' tutto, ve ne renda debiti meriti:
si ve parerà sollicitarlo, ve ne prego cum li tempi expedienti. Regra-
tiovi de le nove me scriviti.

Questa sera de di 9, hore 24, è tornato una de le spie de Pietro
Jampaulo: dize che per casone de le grande acque Nicolò .p. non è
levato; ma che si el tempo se ferma, se deba levare fra 4 o 5 di et che
deba fare la via de qua. Aviserónne Lorenzo ad Firenze per lo primo
occurrente che ogni dì occurre.

Datum Bononie die .VIIII. martii hore .IJ. de nocte.

Vester servitor
Guaspar de Tuderto, etc.

28. — [Med; av. Pr. XI, 592]. Bologna, .... mar. 10.

Mag. viro Cosimo de Medicis de Flor. oratori excelse Com. Flor. apud
S.m D. nostrum.

Magnifice vir, domine mi. i
Mandovi la copia de quanto ce scrive el .S. miser Malatesta. La
originale ho mandato questa nocte a Lorenzo ad Fiorenze. Io mi pare
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36 G. DEGLI AZZI

vedere che le bocte comenzerà cum nui, segondo li signali; et havendo
el Duca Bologna, haverà Ymola et Forlì et la porta da poter battere
la Lega in più luochi. Li remedii a nui possibili li fazemo, et si non
havemo ad combattere dentro, da quelli de fuora ce defenderemo, si
chi deve, ce la tene deritta.
Ex Bononia, die X Martii hora .X. noctis.
Vester
Guaspar de Tuderto etc.
LA TEOLOGIA DI FRA JAGOPONE DA TODI

Mentre nel secolo XIII, per quasi tutta l’Italia fioriva
la poesia profana, nella Lombardia, nel Veneto e nell’ Um-
bria splendeva una poesia di prevalente carattere religioso.
Buonvesin da Riva, Pietro di Bescapè, fra Giacomino da Ve-
rona, Gherardo Pateg cremonese da una parte, Francesco
di Assisi e frate Jacopone da Todi dall’ altra. L' Ozanam par-
lando del roveto di spine di Assisi, che si coprì di rose
quando S. Francesco vi si precipitò nel furore della peni-
tenza, dice: « In quel roveto io riconobbi la immagine della
lingua italiana di quel tempo, tutta irta e spinosa, la quale
non ebbe bisogno che di essere toccata dall'alito della fede
per germinare e fiorire ».

Bella immagine e bello evento, perchè fu proprio sul
labbro dei poeti francescani dell’ Umbria che, insieme con
la nuova lingua, spuntarono i primi fiori di quella poesia re-
ligiosa, che doveva poi intrecciare così nobili e immortali
corone per virtù di poeti dal Dante al Petrarca, dal Tasso
al Manzoni.

Ora, tra quei primi campioni, il più noto e famoso è Ja-
copo de Benedetti, « il tipo piü perfetto del sacro poeta po-
polare » secondo il d'Ancona. Egli nella maniera di poetare
restó sempre essenzialmente umbro e scrisse Satire, Odi,
Cantici morali e amorosi, Inni ed altre liriche per lo più senza
arte, ma piene di sentimento religioso in varie manifesta-

a
38 A. AMATO

zioni, secondo i diversi momenti della sua vita non sempre
placida, nè sempre tempestosa.

Egli è un asceta che geme, prega, spera, ama: è un
asceta che si sente uomo e ‘colpito dai vizi della natura
umana; quindi, conoscendo i pericoli del vizio per la salva-
zione dell anima, biasima i viziosi e si scaglia contro i pec-
catori. Ma la sua censura non è però benevola nè blanda:
egli, convinto che i peccatori sono tali per propria volontà,
vibra satire che sono come lama di coltello affilato che ta-
glia senza pietà.

Nel fervore del suo ascetismo, egli non vede che l’ ob-
brobriosa caduta del vizio e il glorioso trionfo della virtù: si
calpesti ogni vizio e resti in trono la sola virtù.

L'uomo non fu fatto a vivere come bruto, ma per se-
guire la virtù (1) perchè creato perfettibile, concetto che
Dante esporrà altamente

... per sentir più dilettanza
Bene: operando, l'uom di giorno in giorno
S'aecorge che la sua virtude avanza. (2)

Una tale aspirazione continua al perfetto fu l' ansia che

agita sempre l'anima di Jacopone, che, :

mosso di santa pazzia (3)

volle narrare la sua vita, per dire come detestó il secolo e
la sua vanità, come si volle far frate, e quindi scrisse

Udite nova pazzia. (4)

Qui. pare che nellanima bollente del Terziario france-
scano cominci quel lavorio di trasformazione pel quale si
aprono nuovi orizzonti all'intelletto suo, quasi gli si squarci
un velame che gli riveli arcane cose.

Di quei di, i pellegrinaggi e le processioni dei flagellanti

(1) DANTE, Inferno XXV], 118.
(2) Id., Paradiso XVIII, 58.
(3) JACOPONE, Libro IV, 38.

(4) Id.., Satira 1^.

——
LA TEOLOGIA, ECC. 39

erano grandi correnti di vera fede: a che meravigliare dun-
que se il nostro Dottore in legge di un giorno abbia sentito
rinascere e risvegliare il.suo spirito, dopo la morte della
nobil donna sua, ed abbia esclamato

Insegnatemi Jesu Christo
É Che lo voglio ritrovare?

Era il fiore che, chinato e chiuso dal gelo della vita se-
colaresca, si levava diritto verso l'alto, poiché il sole della
meditazione della morte l'irraggiava, imbiancandolo col per-
dono che l' anima a Dio rimarita.

Loto, non t! insuperbire,
Cener, non ti gloriare;
Vermicel, che dei morire;
Feno, che ti dei seccare.
Morte ti farà mostrare
La tua vil conditione,
Come la carne ha ragione
D'esser tanto superbiosa.

Molto é da lodar la morte,
Che giustizia tal mantiene;
Che ad ogni huom rende sua sorte
Si del mal come del bene.

. ] pentire e il confessare
E' un'ottima fontana
Che ti lava cura e sana
E ti fa l'alma gioiosa.

Se pensate ...

Non farete mai peccato
Ma piuttosto penitentia

| Tale, che per la sententia
Sarà molto fruttuosa.

Il poeta — strano impasto di teologo, di mistico, di su-
perstizioso, di eroe cristiano — un giorno si sentì uomo del
40 A. AMATO

popolo, compagno degli oppressi e dei vinti, anelanti a con-
quistare un posto perduto o sognato, e perció assunse un
tono apocalittico, si acconció alla comune tendenza di flagel:
lare i disordini di ogni genere, sia pure per rivolgere eli
strali contro la persona dei Pontefici. Quindi il mistico frate
ci si rivela innanzi tutto come un ribelle nei canti di odio,
ed anche in quelli di amore.

Nella foga di questi canti e nell' entusiasmo delle visioni
egli dimenticó moite volte la lana del Poverello di Assisi per
far cadere in mezzo al popolo strofe salutarmente flagella-
trici, come aroma preservatore di corruzione; quindi col fla-
gello delle satire colpisce a sangue donne vane (1) ed uo-
mini ipocriti (2), frati arroganti (3) e lupaccini vestiti da a-
gnelli (4) superbi (5) ed impuri (6); e leva la voce sino a
papa Celestino V (con la satira che comincia: « Che farai

Pier da Morrone? ») (7) per dargli suggerimenti ed avvisi af-

finchè ben governi la Chiesa. Tale voce tonò anche contro
papa Bonifazio .VIII, ma questi lo fece chiudere in prigione
per l’ odio da lui mostratogli nella satira:

O papa Bonifatio

Quanto ay giocato al mondo

Pensome che giocondo

Non te poteray partire.

Ma l'odio di Jacopone non fu contro il Vicario di Cristo,
perchè egli era fervido credente, ma contro il sovrano di
Roma.

Però, se temeva del papa, come ministro di Dio, per la .

dannazione dell'anima sua e supplicava l'absolveto, vuolsi
tuttavia che egli nemmeno nel carcere mutasse sentimento

(1) JAcoP., Satira 6.
2) Td. 1d: 718;

3) Id. id. 10-18.
) Id. 1d; 19;
)E-- Id; id; 14.
Ea E 1d... 8.
)2:sId. i 15.
LA TEOLOGIA, ECC, 41

verso papa Bonifacio, perchè raccontasi che quel pontefice
un giorno gli domandasse: « O Jacopo, quando s'esce dunque di
carcere? » ed il frate: « Padre Santo, quando vi entrerete voi! ».

La cattività di Anagni cangiò la profezia in realtà.

Quando poi dal campo aperto di battaglia Jacopone rien-
trava nella penombra dei misteri cristiani, e vi si sprofon-
dava tutto intenerendosi ed accendendosi di santo amore,
allora si addolciva tanto che egli appariva un altro, e la sua
musa rude e fiera non aveva che note soavi di semplice,
sincera, intensa devozione.

In ciò egli seguiva quel suo temperamento che tendeva
ad esagerare in ogni ‘cosa, nell'amore, nella penitenza, nel
disprezzo . dei piaceri, nell’ umiliazione di sé stesso, ma se-
guiva anche lo; spirito dei tempi, come segui, per rispetto
alla forma, l’uso di frapporre nel testo delle laudi versi o
strofe latine, non voci foggiate alla latina o sulla latina, ma
voci e frasi totalmente latine.

A mo’ d'esempio, nel canto XXI del libro 2°, scrivendo a
fra Giovanni de l'Averna, la seconda strofa è tutta latina: « Ma-
gnum reputavi, et reputo ecc. »; nella lirica VII del libro 3°,
narrando la natività di Cristo, gli angeli cantano: « In ex-
celsis gloria al Padre, et in terra alla sua Madre» ; nella li-
rica XXI dello stesso libro, i serafini mutano i Zoro dolci
versi in Sanctus, Sanctus, Sancta, Sancta; e nella XXX, pre-
gando la Vergine dice: « Audi me ». In pari modo nel canto
V del libro 6°, che è la parafrasi del Pater moster, e nel X
dello stesso libro, sono sempre delle frasi latine.

Quello però che è stato sempre un enigma sono le pa-
role che egli pone sulle labbra degli Apostoli:

Glos chinaschi simbergoth
Zans vse eycha eyglest
Zamina marchi est tartin
Ziens zerazie chertaymon (1)

(1) Jacop., Libro III, 18,
42 A. AMATO

come sono enigmi il linguaggio di Pluto e di Nembrot in
Dante.

Ma, tralasciando la parte accessoria e formale, ed i par-
ticolari della vita di Jacopone e l'aecidente terribile che gli
turbò e sconvolse l’anima profondamente, mi fermo alla
parte sostanziale delle sue liriche, riguardo al sentimento
religioso, e più specialmente riguardo alle dottrine teolo-
giche.

Che Jacopone sia stato un uomo strano, tutti lo sanno;
e tutti sanno che egli fu poeta religiosissimo: ma tale reli-
eione ebbe anche un carattere ed una contenenza teologica:
fino a qual punto? e di qual valore?

Nel periodo storico del Nostro, la religione era, onnipo-
tente, non ostante le molteplici correnti di:eresie — delle
quali ha parlato il Tocco — la. superstizione stessa apriva
vasto campo alla poesia, in ispecial modo nell’ Umbria verde,
dove « da le montagne digradanti in cerchio » pareva scen-
desse negli animi un'ombra grigia di mistero: « a pie’ dei
monti e de le querce a l'ombra » era il «fonte dei carmi »
ma carmi ispirati dal sacro terrore della morte misto alle
curiosità dell’ enigma; le macabre danze dei morti, le « ridde
paurose », le strane compagnie « tra i bianchi templi spo-
gliati e i colonnati infranti » lente « in neri sacchi avvolte |
litaniando », tutto era favorevole ambiente alle devote liri-
che di Jacopone, favorevolissimo a quel carattere teologico
apocalittico ond’esse in qualche parte apparivano rivestite
od ispirate.

Ma qual valore ebbe quel carattere?

Ben presto, fuori della cerchia dei monti e per il ridente
dorso dell'Appennino etrusco, Amore, Fama e Fede ci si an-
nunzieranno come i tre ideali luminosi del rinnovellato pe-
riodo storico: per Dante l’ Amore sarà

Amor che a cor gentil ratto s'apprende

Amor che a nullo amato amar perdona.

RITIRATI IM

" Ede PME RMAN
CHR eue apo

LA TEOLOGIA, ECC.

la Fede
Luce intellettual piena d' amore;

per il Petrarca, l'Amore dominerà la vita umana, ma sarà
dominato a sua volta dalla Castità; la Fama, pur trionfando
della Morte, rispetto al Tempo ed alla Divinità, è ombra e
vano suono:

O ciechi il tanto affaticar che giova ?
e quindi la sola Fede salva eternamente.

Per Jacopone, la Fede fu soltanto devozione profonda
mista ad ebbro dissolvimento e ad abiezione, per il terrore
della vita oltramondana? No. Il primo poeta francescano ebbe
anche lui canzoni di amore, di gloria, di fede.

Acceso d’amore per il bene dei suoi simili, fiducioso
nella gloria della. purificazione dello spirito, egli per calore
di fede, venne battendo l'orgoglio dei superbi, che per loro
sufficienza di letteratura (1) o per loro ambizione, sì arrogavano
più degli altri (2); quindi tutti i suoi canti furono profumo
d’incenso bruciato al Dio Uno Trino, alla Vergine, a Gesù,
alle Virtù cardinali e teologali, per le quali si giunge a Bea-
titudine: la Teoria del Divino Amore (3), i Cantici spirituali
amatorii (4) e i Segreti spirituali (D) furono gli accordi vari
della sua fede amorosa rivestita di note teologiche, accordi or
dolci, ora forti, ora appassionati, ora affannosi, rivelanti i mi-
steri della vita e della morte, la paura del castigo e l' inno del
ringraziamento, il turbinio della preghiera e la calma della pace.

Il sentimento religioso era il sostrato, l’amore manife-
stazione, la teologia superiore affermazione dell’ intelletto ed
ispirazione che aleggiava sulla poesia stessa e le dava un
carattere di profonda convinzione.

Per riguardo al sentimento, se, in generale, nelle com-
posizioni umbre mancava l’arte, come dice il Torraca, si può
(1) JACOP., Satira 14.

Gud. 14:5 10-18.
(3) Id. Libro V.
(4)

4) Id. IQ VI
(5) Id. jd 3 VII.

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44 A. AMATO

però ripetere con lui che « il sacrifizio incosciente dell'arte
allo scopo religioso conserva ... l'ingenuità dell' espressione,
la naturalezza e la freschezza del sentimento ». Cosi nel no-
Stro poeta: egli é tanto pieno d'amore che lo rivela, si puó
dire, in ogni lirica, in cui chiaramente dimostra come l'a-
nima sua di poeta è colma di sentimento religioso a cui egli
di continuo s' ispira. :

Egli immagina certe delicatezze nell'amore di Maria
verso Gesü, di Maria e di Gesü verso di noi, dell'anima
verso Dio, e via, da rivelarci pienamente tutta la soave e !
mite delicatezza della sua anima buona. i

Nel descrivere, ad esempio, il Natalizio del « dolce no- È
stro fratellino » egli ritesse col più vivo compiacimento tutti
gli attucci, le graziette del « mammolino » posto tra «1 bu’
e l'asinetto », le labbrucce che si appressano alle poppe ma-
terne, e il suo « sgambettar tra il fieno ».

Nel fien giacea infasciato
‘Quel giglio luminoso

Che sentivi Maria
i | Quando il latte suggia
E Si gran figliuol divino? (1);

descrive il suo giubilo e invita tutti a fare canti per il Na-
3 i tale di Lui (2), il Cantico di tutti gli esseri (3), e l'ammira- È

WI (1) JacoP., Libro VI, 3.
a (2) 1d., id, ^ Laudiam l'Amor divino
Bl

Il tuo figliuol Maria

Fatto ha l'anima mia
Ebbra d'un caldo vino

Correte innamorati I
Da Dio illuminati
Co li cori enfocati
Laudan.o un piccolino.
HEBES NEUES

LA TEOLOGIA, ECC. 45

zione per la sua umiliazione, il mistero della Circoncisione (1),
la Epifania con cui si manifesta ai popoli (2) il suo Nome

divino (3), o i diversi titoli con i quali è chiamato (4).

La vita del grande Riparatore del fallo primiero è da
lui pennelleggiata non una, ma molte volte (5), segno d'in-
domato amore e d'inestinguibil odio per i Giudei, martirio
solenne, sacrificio di amore (6) sopra cui piange la Madre
sino al giorno in cui il « Possente con segni di vittoria in-
coronato » (7) risorge a vita novella (8). E parimenti l’amore
mistico verso Dio appare in Jacopone come amore di ca-
ritate :

Amor dolce languire,
Amor mio desioso
Amor mio delettoso
Annegami in amor.

E lestasi sale tanto alto, e lo trasforma con tanta vee-
menza, che ei si lamenta dell'ardore eccessivo che lo strugge,

(1) JAcoP., Libro III, 9. O novella passione

L'Amor tanto lo stringea
Che per pena non potea
Tralassar quel che volea
Operar per l’ huom salvare.
Oggi '1 nome a lui é dato
Che di ciel gli fu portato,
E a la Madre dichiarato
Ne la Circoncisione.

(2): Id; id. III, 10: Ogni huom di cor si rallegri

apparve una splendente stella
Alli tre Magi con gran chiaritate
Et portò a lor così dolce novella
Che era nato il Re di veritate.
(3). Id. id. VI, 25: Faccio lamento.
(4) Id. id. VI, 26: Tutt'or dicendo ... Jesu, Jesu, Jesu, dolce ad amare.
(5) Id. id. II, 16: Vita di Jesu Christo.

Id. id. III, 11: Fiorito é Christo nella carne pura.
(6) Id. id. 12: Donna del Paradiso.
Id. id. 15: Or si comincia lo duro pianto.

(7) DANTE, Inferno IV, 53.
(8) Jacop., Libro III, 15: Cantiam tutti allegramente.
ER TARE Ope
r

Y

46 A. AMATO

sente angoscia dove cerca gioia, muore per dilettanza, amore
langueo e vive senza cuore, vivo ego iam non ego:

Ch'io moro in dilettanza,
E vivo senza core.

Per questo amore d'estasi, quasi smarrisce la ragione,
s'abbraccia al Cristo, e la sua vita pare un'antitesi continua,
una lotta perenne: :

Seppi parlare or son fatto muto;
Vedevo, e mo son cieco diventato ;

Sì grande abisso non fu mai veduto :
Tacendo parlo; fuggo e son ligato ;
Scendendo salgo, tengo e son tenuto;
Di for so e dentro ; caccio e son cacciato.

Ma qual fu la sua Teologia?

La teologia del Medio Evo, la teologia dell’asceta cri-
stiano nella umiliazione ed abnegazione volontaria.

La sua giulleria non fu un mestiere, ma una missione.

Né egli era, come i veri giullari, un uomo del volgo, od
un intelletto d'infimo ordine: ma, per abnegazione di vo-
lontà, per religioso entusiasmo, fu il poeta teologo, o il teo-
logo poeta. Sempre teologo e poeta, o che, trovatore appas-
sionato, sprigioni dalla sua lira le note piü soavi in lode del
Signore, della Vergine, di Gesü, dello Spirito Santo e delle
Virtù; o che, austero riformatore, flagelli col verso rude mol-
lezza di religiosi, vanità di donne o credute colpe di Pontefici
non ritenuti legittimi: ascetismo e teologismo che a taluni
è potuto sembrare eccessivo e dannoso.

Il fondamento della sua teologia può dirsi costituito da
una fede profonda e intera, ravvivata da un’aspirazione con-
tinua al perfetto e da una entusiastica ammirazione per la
virtù, esplicantesi in una censura acre dei vizi.

— mr
T

47

LA TEOLOGIA, ECC.

Pare uno strano connubio, quasi un paradosso; eppure
è così: in quello sconfinamento dei veri e rigidi caratteri
della teologia, è proprio la Teologia di Jacopone. Strano
l’uomo, strano il suo intelletto, strana la forma del poetare,
strana la lingua e strano anche come la dottrina teologica
si frammischia e disposa al sentimento lirico e religioso.

Le sue satire, le sue odi, i suoi canti penitenziari, le
liriche morali e le amorose, la teoria del divino amore e i
secreti spirituali sono la dimostrazione del mio asserto.

Professione esplicita di dottrine teologiche, a di vero,
noi non troviamo in Jacopone che in pochissimi luoghi ; ma,
‘sia nella teologia naturale e nella morale, sia nella teologia
dogmatica, egli pur non discutendo e non internandosi nella
trattazione dei principii, assegna però degli attributi o rico-
nosce dei caratteri, i quali ci dimostrano implicitamente
quale è la sua dottrina teologica.

Studiamolo adunque in tale manifestazione, per poterne
accertare il valore.

Ma è bene intendersi, innanzi tutto, sul significato spe-
ciale delle varie parti della Teologia, tenendo a guida trat-
tatisti anteriori e posteriori al nostro Jacopone; dichiarazione
non vana, giacchè molte cose che riscontreremo in Jacopone,
non parranno proprio della Teologia comunemente intesa,
e pure, come si vedrà, ne fanno parte.

La Teologia, adunque, dobbiamo considerarla principal:
mente divisa in naturale o teodicea, dogmatica, morale o etica.

La naturale 6 quella che discorre di Dio non già con
l’aiuto della divina rivelazione, ma col solo lume della ra-
gione; quella che dà « cognoscibilia lumine naturalis ratio-
nis », e quindi ci fa conoscere Dio in modo diverso da quello
della teologia dogmatica, giacchè — lo dice S. Tommaso
stesso (I, 1-2 ad 2) — « diversa ratio cognoscibilis diversitatem
scientiarum inducit ». Nella teologia naturale o teodicea. en-
tra anche il « rerum naturalium testimonium ».

La teologia rivelata o dogmatica, propriamente detta,
48 A. AMATO

« ex revelatis principiis comparatur » o, meglio, « ex divi-
nitus revelatis veritatibus institui potest ». Le cose rivelate
in teologia sono soltanto quelle « quas Prophetae et Apo-
stoli vel scripto vel verbis posteris mandarunt », e lo con
fermó S. Paolo: « fideles superaedificatos esse super funda-
mentum Apostolorum et Prophetarum, ipso summo angulari
lapide Christo Iesu ». Di fatto, « quum ea sit Theologiae na
tura, ut res divinas ex revelatis veritatibus deducat, nemo
unus fortasse inficiaturus erat, Christum Dei filium et Apo-
stolos primos fuisse huiusmodi scientiae doctores ».

Si noti che le verità rivelate costituiscono l'insegna-
mento tradizionale e costante della Chiesa, confermato dai
Concilii. ecumenici e particolari, dalle decretali dei pontefici
e dagli scritti dei dottori: queste fonti diconsi Luoghi Teolo-
gici; primo la Sacra Scrittura.

Finalmente la teologia. morale o etica insegna i doveri
che derivano dai dogmi.

Secondo i Padri greci, poi, teologia sono tutti i dogmi ri.
guardanti Dio in sè stesso: quelli che si riferiscono ai mi-
steri dell'Incarnazione e della Redenzione diconsi propria-
mente Economia.

Ció potrebbe bastare al nostro assunto, ma non possiamo
tralasciare un'altra specie di teologia, la mistica, a poter stu-
diare interamente le liriche iacoponiche. Tale specie di teo-
logia, oltre che le leggi canoniche, studia le cerimonie del
culto e le relazioni fra Dio e la creatura.

Ció posto é necessario, prima di prendere in esame gli
scritti di Jacopone per trovare fra essi quelli in cui mag-
giormente abbondano di frasi e di attributi teologici, dire
come il nostro poeta non si allontanò dalla via dei Padri
della Chiesa, i quali, mantenendosi devoti al senso letterale
delle Sacre carte, si rivolsero più al sentimento che alla ra-
gione: possiamo, quindi, sin d’ora, chiamarlo un platonico
nella manifestazione delle sue dottrine teologiche.
LA TEOLOGIA, ECC. 49

Per ció che riguarda Dio, la teologia di Jacopone ci dà
ben poco. Egli ha una fede profonda ed intera in ;

Quell'Uno e Due e Tre che sempre vive
E regna sempre in Tre e Due e Uno,
Non circoscritto, e tutto circoscrive », (1)

fede che egli conferma e professa in vari rincontri. Nel de-
scrivere il giudizio universale, egli dice: « La veduta di Dio
mi circonda ». In altro luogo chiama Dio

« + . . «. . tanto Onnipotente
Signore dolce piano e sofferente » ; (2)

attributi, tranne quello dell' onnipotenza, di un credente, non
di un teologo. Riguardo peró al fatto di dare dei nomi a Dio,
Jacopone é in pieno consentimento teologico, perché S. Tom-
maso riconosce che si possono dare a Dio nomi, prenomi ecc. i
senza che egli perda della sua semplicità, e già S. Agostino | n
(cap. VI Joan.) aveva affermato che « omnia possunt dici de i il |
Deo ». È l'essenza di Dio che si rivela al credente, indivi- il
dualmente e collettivamente secondo quel tale aspetto: negli |

attributi quindi dolce, piano e sofferente — attributi non teo- | E
logici, ma giustificati dalla teologia — noi riscontriamo lo A

stile proprio di Jacopone.

Jacopone dice: « O alto Dio » (3) e « alto Signor ve-
race » (4) attributi pienamente teologici, come quello del. Hs
l'onnipotenza. Difatti S. Tommaso (I, 16,5 ecc.) dimostra che ill
Dio è verità; (I, 25, 3 ecc.) è onnipotente e di lui « nihil me- il
lius nec maius », mentre anche S. Bonaventura (Quaest. XX, | |
art. IV, Dub. 2) afferma che « solamente Dio è onnipo: n
tente ».

I

|

|

{
(1) DANTE, Paradiso XIV, 28. | jt
(2) JACOP., Libro IV, 16. | I
(3) Id. id. i
(4) Id. id. à
A. AMATO

Nella medesima lirica Jacopone supplica:

O alto Dio, condunne a quella gloria
Et danne senno e diritta memoria
Che ti serviamo senza vanagloria
Col cor e con la mente.

Danne di nostre colpe esser dolenti,
E a tuoi comandi sempre obbedienti,
Com' a te par, e piace.

Porgine aiuto, alto Signor verace

E danne penitentia sì verace
Che in Ciel possiam venire a quella pace

Dove in eterno regni. (1)

ed altrove dice ancora:
O santo nodo d'amore
Ligar l'huom col Creatore,
Et aver col suo Fattore
Un voler in ogni affare. (2)
Ora, nel riconoscere in Dio la facoltà di muovere la vo:
lontà, Jacopone è in piena concessione teologica, come tro-
viamo più volte dichiarato in S. Tommaso (I, 2, 9, 6, ecc.,
I, 2, 10, 4 ecc.).
E niente altro di Dio.

Dello Spirito Santo ancne poco ci dà Jacopone rispetto

alla teologia. Egli lo chiama « Spirito Santo, — Infiamma
noi » e « Signor ... dicesti ... che noi infiammeresti, — di

Spirito Santo in guisa di lumera » (8). Ora in teologia lo
Spirito Santo é proprio: « lumen supernaturale intellectus,
idest intellectus qui ponitur donum Spiritus Saneti ».
Jacopone parla per bocca degli Apostoli, e, « fanne
virtuosi — Che andiamo a predicar per l'universo », e « In:

(1) JacoP., Libro IV, 16.
(9) Id. id. 11, 30.
(8): 1d; id. III, 18.
LA TEOLOGIA, ECC. DI

segnane a parlare ogni linguaggio ... -— Da poi che siamo

accesi — Dal fuoco apparso » e « In forma di linguette —
Lo Spirito Santo ... mandato ». Ora S. Tommaso (I, 2, 106,
4 ecc.) ci avverte che lo Spirito Santo insegnò agli Apo-
stoli tutte le verità necessarie per conseguire la salute,
che (I, 57, 5, 3) le parole degli apostoli furono rivela.
zioni dello Spirito Santo, e infine (I, 47, 1, 6 ecc.) che la
discesa dello Spirito Santo avvenne in forma di lingue
di fuoco e che dette agli apostoli la virtù di parlare in
tutte lingue « dedit scientiam ... omnium linguarum », men-
tre S. Gregorio (Hom. Si quis dilig.) aggiunge: « Spiritus San-
ctus in linguis ligneis apparuit, qui omnes quos replevit, ar-
dentes pariter et loquents fecit ».

Lo Spirito Santo non falla perché è « vertade » in quanto
Dio, certamente, giacchè « Deus est summa, maxima et prima
veritas »; é fontana d'amore, e San Tommaso (I, 31, 1, 0)
dice appunto che lo Spirito Santo é amore, come ripete an-
cora in altro luogo (II, 2, 11, 15:6.)

Gli-apostoli pregano « Fallo per charitade » e, secondo
i Teologi « Spiritus Sanctus operatur secundum propriam
rationem charitatis » e S. Agostino (de Trinit. 1. 15 cap. VIII)
aveva appunto affermato che lo Spirito Santo è amore ed
ancora che bisogna usare la carità ed amare la carità per
ricevere i doni dello Spirito e poter giungere a godere la
vita eterna (Serm. 188 de temp).

Di Cristo Jacopone ci dà più larga messe di studio.
Egli fa a dire a Gesù:

Tutto ’1 debito, ch'ane (l’uomo)
Io si lo pagheraggio

Et infra Dio e l’huomo

Pace vi metteraggio

Et si la fermeraggio

Che non si dee guastare. (1)

(1) JacoP.. Libro IV, 5

d
|
59 A. AMATO

‘Questa pace che Cristo vollere mettere tra Dio e l'uomo
che Lo aveva ofteso col peccato e di cui Jacopone ci parla
in questa lirica fu da Gesù fatta a prezzo del suo sangue e
della sua vita, e la sua morte in croce era, dice l'Aquinate,
Punico mezzo per la salvezza del mondo (III, 46, 4, 0) e
perchè l' uomo, mediante l' effusione del sangue di Cristo,
scrive S. Paolo (Epist. ad Ephesos I), ottenne la remissione
dei suoi peccati. Di questa morte e degli immensi benefizi
che da essa l umanità ne ha ricavato troviamo molti ri-
scontri nelle sacre scritture e nelle opere lasciateci dai
dottori e dai padri della Chiesa. m basta ricordare qui
S. Paolo (Epist. ad Rom. VIII, 32) $5 . Agostino (Man. cap.
XXII) e S. Bonaventura (Quaest. XVIII, art. 10, dub. 2).

Nella stessa lirica Jacopone fa dire a Cristo:

Io son libro di vita
Segnato a sette signi

e nell'Apocalisse (in più luoghi e particolarmente nel cap. 5)
si legge: « Et vidi in dextera sedentis super tronum librum
scriptum intus.et foris, signatum sigillis septem ».

Nell'ode 14, libro III, Jacopone dice :

Come per lo pomo dolze

Che da l’arbore discese

La sua morte l’huomo colse,
E ’1 suo Dio mangiando offese,
Così un arbore ci volse

Il Signor nostro cortese,

Per scampar l’anime, prese
Da sì grande lor tristanza.

Ora dalla sacra scrittura « Comedisti de ligno » e da
ciò che affermano i teologi in generale, tra i quali S. Tom-
maso (III, 46, 4, 0) si sa che per aver Adamo peccato a
cagione del frutto dell’albero, Cristo volle proprio morire
sull’albero, cioè sul legno della Croce.
ETEIZCO4-,.

LA TEULOGIA, ECC.

Nella lirica 22 del libro VI Jacopone dice :
Ogni. huom si sforzi bene
La sua mente ordinare
Per poter abbracciare
L'Agnel di Dio che viene
espressione che ricorda perfettamente il biblico: « Ecce
Agnus Dei, ecce qui tollit peccata mundi ».

Nella lirica 16 libro III « Laudiamo Jesu Christo » il
nostro poeta parla della resurrezione di Cristo e delle sue
sei apparizioni, oltre quella dell’ Angelo, apparizioni tante
quante si trovano nella sacra scrittura, e da S. Tommaso
sappiamo: « Christus post resurrectionem suam apparuit
pluries, ut ostenderet veritatem resurrectionis », Cosa che
ripete ancora in altri luoghi (III, 55, 9; 0). e-(IIT,- 55,6, 0).

Maria Maddalena

presto ... s' invia
a li suoi pie’, che gli volea baciare.
Egli a lei: « Non toccare »

come precisamente rileviamo dal vangelo di Giovanni (ca-
pit. XX).

Apparendo a Tommaso Cristo dice :

Ecco le mani e i pie’, toccami il lato

e il citato evangelo ci dice: « Affer manum tuam, et mitte
in latus meum ».

Cristo dice ancora a Tommaso :

Hai creduto al mio resurrexire
Col senso ...

ed è il biblico: « Quia vidisti me, Thoma, credidisti », ed in
ultimo Cristo aggiunge :

A chiunque crederà senza vedere,
Farollo gaudere
Et a la vita eterna il manderaggio
54 A. AMATO
ed é la traduzione del biblico: « Beati qui non viderunt et
crediderunt » (1). :

Nelle liriche 15 e 16 del libro IV Jacopone parla del

giudizio universale. Egli dice:

Surgete morti, venite al Giudizio
Qual è la voce, che fa risentire
Tutte le genti per ogni contrata?
Sorgete genti, venite ad udire

La gran sentenza, che de’ esser data
Verrà la forza di Dio onnipotente

A giudicar il mondo e tutta gente

Et tutti i morti vedrai suscitare
Avanti al Tribunal di Christo andare.

Ora S. Tommaso (S. Quaest. 89, Art. 5, 6, 7) sostiene ap-
punto che « omnes homines in judicium comparebunt », e
« boni et mali in judicio judicabuntur », come già avevano
prima di lui detto S. Giovanni (Apoc. 20, ID e S. Paolo
(Epist. ad Corint. IL, 5).

Il modo come Jacopone rappresenta Cristo giudice nel
giudizio universale. corrisponde alla questione teologica so-
stenuta da S. Tommaso circa l'Avvento di Cristo sotto forma
umana (S. Quaest. XC, art. 1, 2, 3).

I giudicandi

Una insegna innanti vederanno :

è la Croce di Cristo, secondo S. Matteo (Vang. cap. 24), anzi
tutta la terribile descrizione degli avvenimenti, corrisponde
in gran parte a quella che ce ne ha lasciato S. Matteo (ibid),
con qualche riferimento al vangelo di S. Luca (cap. 21) e

(1) A tutta la lirica fa riscontro la seguente asserzione di S. Gregorio (super-
Mattheum): « Illis (discipulis) dubitantibus resurrectio multis argumentis monstra
tur, quia et comedit, et se oculis videndum, et manibus palpandum, et contrectan-
dum praebuit; quod de solo sp ritu esse non potest, minus Mariae Magdalenae
praestitit, quae statim credidit, quam Thomas, qui diu dubitavit ».
LA TEOLOGIA, ECC. 55

alle profezie di Isaia (XIII-9, XIX-6, XXX-21, 28) e di S. Ma-
lachia (III, 5).

Dio onnipotente starà « con suoi guerrieri a lati » e
Cristo starà con « suoi ministri da lato », dice Jacopone, ed
Isaia (III, 14): « Dominus ad iudicium veniet cum senibus
populi sui, et principibus eius », e chiama ancora Dio « Do.
minus exercituum ».

Parlando dell'umanità di Cristo (lib. V, 10, che é quasi
una ripetizione della lirica 16 del lib. IT) Jacopone dice:

Umanità perfetta

Fecesi soggetta

Ad umana natura
ne lassando l'altura
Vesti umanitade,

volendo con ció significare come allorché Cristo si fece uomo
non lasciò di essere Dio, ma riunì in sè nel medesimo
tempo la doppia natura umana e divina, e questa sua as-
serzione ricorda quanto chiaramente ed esplicitamente dissero
5. Leone (Serm. 7, De Nativitate), S. Agostino (Trattato 78.
In Ioan, super Epist. ad Romanos, e « cont. Faust. »); San
Gregorio (Mor. 18) e più specialmente Fulgenzio (Lib. III ad
Trasim.) che dice: « Christi humanitas sine peccato per-

mansit, quia eam in unitate personae Divinitas accepit, quae

naturaliter peccare non potuit ».
Al biblico « Ipse est qui operatur omnia in omnibus »
corrispondono le due citate liriche, specialmente la seconda
Mostronmi in veritate
Ch'egli é l'operatore
D'ogni virtù d' Amore
Formata in Charitate (1)

che anzi le altre due parti della strofetta nona, insieme con .

i quattro versetti riferiti, si possono dire ispirate al nostro

(1) JacoP., Lib. V, 10.

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56 A. AMATO

dalle seguenti parole di S. Leone (ib.): « Causa reparationis
nostrae non est nisi Misericordia Dei: quam non diligeremus,
nisi prius nos ipsae diligeret, et tenebras ignorantiae nostrae

t suae veritatis luce discuteret ». È
TIE Jacopone in tutte le due liriche non fa che rivolgersi a

Ill} Cristo come ad uno specchio, e specie nella prima ripete |
RUNE sovente, com’ è suo stile : |
I

| Guardando in quello speechio, i

ora lo stesso S. Leone dice: « In nobis, quasi in quodam
speculo, divinae benignitatis forma resplendet » e cos] per
entro alle due liriche si trova una continua ispirazione alle
parole dello stesso pontefice e alla sentenza di 5. Tommaso:
il « In Deo est perfectissime et maxime vita » (I, 18, 3, 0).
Wc Nella lirica 30 del libro II Jacopone dice:

Non fu si mai acceso
Petto da sete preso
Come io sono inteso

| A voler donare "
| ed è il biblico: « si quis sitit, veniat ad me et bibat » come 1
| pure al biblico: « Ego sum panis vitae, qui manducat hunc
4 s panem, vivet in aeternum », corrispondono i seguenti versi
MI. del nostro poeta :

Questo é il pan, che eterna vita

|

| ID

| TH s Dona all'huomo a la partita,

| Onde allor per tale aita

| | Nulla il può impaurare,

| | e così ancora al biblico: « Induimini Dominum Iesum Chri-
AE stum » corrisponde |

Colui è ben ammanito

Che di Christo sia vestito

HT LAS Questo ligame è si forte
Che non si scioglie per morte;
4l Nè mai pene son si forte,

Che lo posson disnodare,
LA TEOLOGIA, ECC. : DI

come aveva avvertito S. Paolo: « Neque mors, neque vita,
.. neque instantia, neque futura, neque fortitudo, neque al-
titudo, neque profundum, neque creatura aliqua poterit nos
separare a charitate Dei, quae est in Christi Iesu Domino
nostro ».

Parimenti al « Petite et dabitur vobis, ec. » corrisponde:

Cerca, se tu vuoi trovare,
Et persevera in orare;
Grida, et non allentare,
Che vuol prova di te fare

ed ancora al:

Colui ha più libertane
Che di Christo più si hane

il biblico: « Ubi spiritus Domini, ibi libertas ».
Continuando l'esame di detta lirica noi troviamo come
al versetto « Surgens imperat, ventis et mari, et fit tranquil-

litas magna » (S. Matteo. Vang. VIII, 26) corrispondono i se
guenti versi di Jacopone:

Tal virtute uscir devere
Da colui, al cui volere
Obedisce il vanto e il mare
Et tranquilla il mosso mare

e come ancora il biblico « Omnia nuda et aperta sunt ocu-

lis eius » si riferiscono i seguenti :
Solo Christo é che vede
Qualunque atto onde procede,
Tutte prove vede nude
Egli, che le sta a mirare.

Il « Sine me nihil potestis facere » è il

... Christo dice
Non lo puoi senza me fare,
98

e ricorda ancora lEcclesiaste (Cap. I b.) « Omnia flumina
intrant in mare, et mare non reduntat, ec » nel

f OMNE. 27. 43 E Nui EET

A. AMATO

. nessun fiume rimane
Che non renda l'aequa al mare
Non riposan mai di gire,
Nè si possono tenire,
Finchè tornino a finire
Onde vennero, al suo mare.

Anche S. Bernardo (Super Cant. Serm. 16) disse: « Si.
cut mare est origo omnium fluminum, sic Christus omnium
virtutum ».

Nella lirica il del libro III « Fiorito è Christo nella
carne pura », Jacopone chiama Cristo fior di puritade, nato
nel campo di virginitade, giglio de l'umanitade, secondo il bi.
blico: « Ego flos campi et lilium convallium ».

Isaia profeta aveva detto: « Virga Jesse floruit» e Ja-

copone
Fiore .
della Virga di Jesse pullulare
Volle.

E in piena teologia, per la tradizione delle sacre carte
e per la riconferma di tutti i Padri della Chiesa, è Jacopone,
quando dice :
Amor immenso e charità infinita
M'ha dimostrato Christo la mia vita

L'umanità prese in deitate unita
Gioia compita m'haggio e grande onore.

In tutta la lirica spira uno straordinario senso di gen-
tilezza: Cristo ci si manifesta sotto un profumo di fiore

di suavitate e di perfetto odore,

odore divino, perché disceso Cristo dal giardino celeste: in-
somma Jacopone non lo dice apertamente, ma dal modo
come ci parla di Cristo e dalle qualità che gli attribuisce
si mostra pienamente consapevole dell'assunto teologico di
9. Tommaso: « Natura humana in Christo est nobilior quam
in aliis, ratione unionis ad Verbum, non autem essentialiter »
(III, 2, 2, 2) e (III, 2, 5, 2), che trova maggior riconferma
nella strofa 24 e seguenti (specialmente nella 28) del can-
tico 2 libro II « L' Huom fu già creato virtuoso ».

Alle dimostrazioni teologiche di S. Tommaso (II. 1:2,
OQ ID. 15-30; IIb 154; 0;-HT; 1,55, 0) te quali tutte ten-
dono a mettere in evidenza come era stata necessaria per
la redenzione del genere umano l incarnazione del figlio di
Dio specialmente per togliere il peccato d' origine, corri-
sponde il contenuto delle liriche 2 del libro II, delle 22 e
27 del libro VI, e delle 3, 4, 5, 7 e 8 del libro III.

In Cristo (strofa 26, lirica 2 del libro ID sono tutti i
sette doni dello Spirito santo, e ció corrisponde esattamente
alla predizione di Isaia (11 a) e alla dimostrazione teologica
di S. Tommaso: « Christus habuit plenissime septem dona
Spiritus Saneti » (III, 7, 5, 0).

Quando parla della natività di Cristo, Jacopone esclama:

Guarda a questo profondo
Quel che nol cape il mondo
Chiude un fanciul giocondo,
E non sa ancor parlare.

Se pensi el nascimento

E' fuor d' intendimento

E se ’1 concepimento

Nè manco è naturale.
Questa rosa vermiglia da
Da alta virtù piglia

Onde concepe e figlia

Il verbo che mandò ne.

Ora, secondo i teologi: « Christus conceptus est miracu-
lose », e S. Ambrogio (Contr. Hier.) più particolarmente dice
che è impossibile conoscere il mistero della generazione per-
ché esso è al di sopra di ogni intelligenza e non è quindi
lecito discutere sul come Cristo sia nato, e ripetendo le pa-

role di Isaia profeta, aggiunge che il mistero della genera-

2, sadi

LA TEOLOGIA, ECC. 59

3

Kor Him i re e S m a B

E x

ari
y
60 A. AMATO

zione eccede i limiti del sapere e dell’ intelletto umano, la
ragione non può arrivare a comprenderlo, e resta perciò
sola ed esplicita professione di fede.

Finalmente, allorchè il nostro poeta parla della Circon-
cisione del Signore, osservando che ciò fu fatto per la no-
stra salvazione e che Cristo va onorato per il nome di
Jesù, si trova in corrispondenza di ciò che dice S. Luca
(Vang. II, 21) e di ciò che dice S. Bernardo (Serm. I De
Circum.):.di fatti Jacopone:

Oggi imprende il buon Jesu ne

Il Santo Sangue a versare
E nostra salute oprare
Con questo sì aspro martiro

Oggi ’1 nome a Lui è dato
Che di ciel gli fu portato

Nome di salvatione
Fu imposto al buon Jesu ne
La salute ci arreco ne.

E veniamo alla Vergine.

S. Tommaso (III, 27, 1, O e III, 27, 2, 2) aveva affer-
mato: « Maria fuit sanctificata prius quam nata ex utero .»,
ed anche S. Bernardo (Epist) « Maria ante sancta quam
nata ».

Ora di tale convenzione è pieno tanto Jacopone, che la
manifesta, oltre che in vari luoghi, in tutta la lirica 6 del
libro III

Vergine piü che femina
Santa Maria beata

Piü che femina dico ;
Ogni huom nasce nemico,
Per la scrittura esplico,
Santa.se' pria che nata

mem
ETE A A 71)

fini, lume dei Cherubini, poiché « exaltata super choros an-

LA TEOLOGIA, ECC.

Stando nel ventre chiusa,
Poi l'alma ci fu infusa,
Potenza virtuosa

Si t'ha santificata

e cosi di seguito.

Tutta la lirica anzi pare che risponda alle seguenti di-
mostrazioni di S. Tommaso: « Maria habuit triplicem per-
fectionem gratiae, scilicet in eius glorificatione: tertia est
potior secunda, et secunda quam prima + (IDE :2/5:5;-2)5
« In prima perfectione gratiae, Maria mundata fuit a culpa
originali » (III, 27, 1, 3); « Maria fuit semper immunis ab
omni peccato attuali » (IIL,.27, 4, O e III, 27, 6, 1).

Difatto

D'ogni contagioue
Rimanesti illibata

Niun peccato mortale
In tuo voler non sale,
Et de lo veniale

Tu sola immaculata.

Il mondo n' é stupito
Conceper per audito
Il corpo star polito

A non esser toccata.

Il poeta si volge alla Vergine Diva come all’ Ancora
della speranza verace, con invocazione nella quale tutta ci
si rivela la vera e genuina nobiltà del suo affetto. Egli
chiama Maria piena luna novella, secondo la scrittura « Pul-
chra ut luna » (Cant. 6) e « Sicut luna perfecta » (Ps. 88);
la chiama fruttiferosa oliva, ad immagine di S. Paolo (Co-
rint. 2); la chiama scala e porta del ' Paradiso, secondo le
immagini della Chiesa « Scala Paradisi, Porta coeli » e
S. Bernardo (de avvent, Dom. Serm. ID disse: « Accessum
ad Deum habemus per Mariam »; la dice specchio dei Sera
tear Jr.
"
Y

62 A. AMATO

-

gelorum », e S. Tommaso (III, 30, 2, 1): « Maria est super
omnes ordines angelorum » ; la chiama fontana viva, e S. Ber-
nardo (In nativ. Beat. Mar.) disse appunto: « Maria aquae

Hd ductus est ».
CREE È :
uU Riguardo al paragone con Eva e alle altre qualità suc-

cennate, ricordiamo di Jacopone la strofa 17 della lirica 2

MM | O terra senza tribulo nè spina,

QUIS Germinatrice del perfetto frutto

i Et di tutte virtudi, et gratie piena

| di Ponesti fine al nostro amaro lutto

ir | Li quai per lo peccato erano in pena
| | D'Eva, la qual mangió il vietato frutto :
t) PE Restauratrice di nostra ruina

LAM : Se' Vergine Maria Beata in tutto,

|
EIE
M. del libro III

M | | riguardo al quale paragone con Eva Jacopone ci richiama a
ciò che disse specialmente S. Agostino: (Serm. de Assumpt.)
il « Auctrix peccati, Eva, auctrix meriti, Maria: Eva occidendo
iù obfuit, Maria vivificando profuit : illa percussit, ista sanavit ».
E L’ideale cristiano della Vergine prima e senza esempio,
LIE Madre figlia del suo Figlio, ad Jacopone da Todi brilló come
| raggio di straordinaria grandezza in Colei che egli salutò
Md Vergine più che femina (1).

Egli rivolgendosi alla Donna del Paradiso (2), intona un
inno alato per glorificare la regina celeste nelle sue gioie,
nei suoi dolori, nella sua missione.

Nella sua gioia, ed ecco che, rapito in dolce amore nel
contemplare il Bambino Gesù tra le braccia. della Vergine,

ill scrisse :

Il il Per li tuoi gran valori
| Is O Vergine Maria
Hrs Che ci hai fatto un Bambino
Che è la vita mia; (3)

(1) JacoP., Libro III, 6.
(2) Id. id.
(3) Id. id Zi
LA TEOLOGIA, ECC. 63

dalla. Madre scende al figiio; da questo assorge di nuovo
alla Madre : :

Fiorito è Christo ne la carne pura

Nato nel campo di Verginitade
Esso è lo giglio de l’umanitade
Di suavitade e di perfetto odore. (1)

Ma ecco che la rosa rossa per caritade rimuta colore e
si fa pel poeta viola di viltade e di penalitade (2); e viene

fuori il grido del dolore quale gemere di corda d'arpa pian E
sente nel pianto di Maria sulla passione del Figlio: UR
I
|
i

Sentito haggio il coltello
Che mi fu profetato,
Percosso ha figlio e Matre

€ in un colpo atterrata
Troveransi abbracciata
Matre e Figlio annegata, (3)

col quale si disposa il pianto della Vergine su eli strazi del
corpo e sulla ferita del cuore di Cristo, onde il poeta :

Or si comincia lo duro pianto
Che fa la Matre di Christo tanto,
Or intendete l'amaro canto :

Fu crocifisso quel corpo santo.

Piangia la Matre, figlio che faccio? (4)

In ció é pienamente seguace, il poeta, della tradizione il
secondo la Sacra Scrittura.
L'arpa gemente addiviene armoniosa, e tra i Canti gioiosi NU.
e dolce melodia « tutti gridarono all'umile Maria » : m.
L'umile Maria sopra li Cieli é gita
L'angel fa festa, eu quella eterna vita. (5)

ni
(1) JACOP., Libro III, 11. EM
(2) Id. id. E
(3 . Id. id. 12. sui A
(4) Id. id. 13. |

(5 1d. id. 12.
A. AMATO

Jacopone, alcune volte, salutò la Madonna aiuto dei pec:
catori (1); altre volte la pose mediatrice del peccatore presso
Gesü Cristo (2); e, andando sempre avanti nei suoi desideri
pieni di speranza, pregò la Vergine di dargli Gesù (5), ed
arriva al punto di chiedere la morte per andare a godere
la madre bella di Jesù in Paradiso (4).

Quasi a lui non bastasse tanto slancio di amore confi.

dente volle inviarle, in soave e dolce lirica il suo saluto:

Ave Maria gratia plena,
Teco è il Signore:
Benedetta in fra le Donne
A tutte l'ore,

Benedetto il frutto e il fiore
Del tuo ventre pretioso. (5)

E qui un'eterna domanda: Jacopone è egli l'autore
dello Stabat Mater? Molti lo affermano, molti lo negano di-
cendone autore Innocenzo III: ad ogni modo la bellezza di
quest'inno sta non già nel misticismo o nel teologismo, ma
nell’affetto, nella sua rispondenza col sentir popolare. Di
quest'inno, che fu giudicato « il monumento piü notevole
della poesia spirituale del secolo XIII », a noi pare presu-
mibile. autore il nostro Jacopone.

Il Carducci scrisse: « L'anima cristiana puó bene in-
nanzi ai suoi fantasmi prorompere in un grido di terrore,
di pietà, di adorazione; puó con i suoi fantasmi profondersi
in sé stessa e sublimarsi negli spazi dell’ infinito ; può col

(1) JacoP.,Libro 22: Maria, sei tanto amorosa.
Id. id. IV, 30: © regina cortese.

(2) Id. id. 19: Christo speranza mia.
(3) Id. id. V, 27: Sopra ogni amore é il mio ben sapere.
Id. id. 36: Dolce Vergine Maria.

Id. id. VI, 27: Pregatelo per amor Madonna, Jesu mio.
(4 ^ Id. id. III, 30:

Vergine Polzella per merzé

Vergine cortese e bella

Nova Donna, audi me.
III, 1.
pensiero sfrenato, nella solitudine, nel vuoto, rigirarsi sopra
sè stessa quasi con tanti mulinelli sino alla vertigine ; ecco
il cantico, la visione, la meditazione; ecco il Dies irae di
Tommaso da Celano, lo Stabat Mater di Jacopone da Todi,
il Pange lingua di Tommaso d'Aquino, le tre più grandi odi
cristiane ».

« La lyturgie catholique — dice l' Ozanam — n'a rien
de plus touchant que cette complainte si triste, dont le stro-
phes monotones tombent comme des larmes; si douce qu'on
y reconnait bien une douler tout divine et consolée par les
anges; si simple enfin dans son latin populaire, que les
femmes et les enfants en comprennent la moitié par les mots,
lautre moitié par le chant et par le coeur »,

Nel campo della teologia dommatica noi ci troviamo an-
cora principalmente nella trattazione dei sacramenti e delle
virtü, con qualche scorsa nella teologia morale.

Per ciò che concerne il Battesimo, la Chiesa lo chiamò
* Lavacrum regenerationis et renovationis » e S. Agostino
(de. salute docum.) disse: « Baptismus secundus est fons
lacrymarum » e (Epist. 500) « Baptismus omnia peccata
mundat ».

Ora Jacopone dice:

Un bagno bello, e molto pretioso
Haggio ordinato con sommo sapere;
Che siasi quanto vuol l'huom salavoso,
Candido piü che neve il fa parere
Questo é il battesimo santo glorioso,
Che d'ogni mal si fa l'huomo guarire:
Chi se ne lava, sarà gratioso ;

Se non ricade per lo suo fallire. (1)

Per il sacramento della Cresima Jacopone sta piena-

(1) JAcoP., Libro II, 23.

LA TEOLOGIA, ECC, 65
66 A. AMATO

Ugo mente a ciò che dice S. Tommaso: « Confirmatio datur ec »
i.e (III, 72,9, 0 e III, 72, 11, 3). Difatti la Giustizia (1) dice:

ILE TRORIE Io voglio che conosca la fallanza,
AES Et che giamai gli esca de la mente;

E segno porti in fronte in rimembranza
e Quanto il peccato si mi é dispiacente.

TU L/ Uomo risponde :

| ib Messere io volentieri ne porto segno,
HH Che io riformato sono a tua figura,

i Le Vedendomi segnato lo malegno

AM r | Vincer non mi potrà con sua fortura.

TEILE E allora Cristo aggiunge:

Ed io nella tua fronte croce segno
SUINI Di Crismate, salute a tua valura;
i |] î Confortati, e combatti, ch’io do il regno
A quello che in mia schiera ben adura

id In A proposito dell' Eucarestia Jacopone fa. esplicita dichia:
EN razione di fede secondo la teologia rivelata. Il fatto per sé
stesso, il fatto quale si presenta dinanzi agli occhi suoi, ha
tanto poco valore, da non tenerne conto; ma esso acquista
vera e grande importanza soltanto per la luce di cui la fede

lo irradia :

Con gli oechi c'haggio nel capo
Veggio ’1 divin Sacramento ;
Et quei ch'io veggio all'Altare,

Si é pane in vedimento ;

Ma la luce della Fede

Altro mi.fa mostramento

Ad altri occhi miei, c'ho dentro

In mente rationata.

(1) JacoP., Libro II, 23.
LA TEOLOGIA, ECC. 61

A lui pare che sarebbe un avvilire e restringere la po-
tenza divina, a volerla scrutare col lume della ragione; è
tanto pieno il senso della sua fede, che egli non si permette
qualsiasi tentativo per la spiegazione dei dogmi :

Veder vorria per ragione
L'alta potentia divina
Sommetterete a ragione?

Qual farete voi teuzone

In tal sua ... operata?

A lo invisibile il cieco

Vien con baston di credenza:
Al divin Sacramento

Vienci con ferma fidanza.

9. Tommaso a tal proposito ci dice: « Corpus Christi in
hoc sacramento non potest videri oculo corporali » (III, 76,
7,0 e III, 76, 8, c) e S. Bernardo: (Epist. « Sacramentum
Dei altissimi suscipiendum est, non discutiendum, veneran-
dum non diiudicandum: fide fortium non innatum traditione
sancitum, non ratione adiuvendum » e lo stesso pensiero
troviamo ancora svolto oltre che dallo stesso S. Tommaso
(opusc. de Sacr. VII) anche da S. Domenico (lib. IV, cap. XIV,
art. fidei).
Riferendosi al biblico: « fides ex auditu: auditus autem
per verbum Christi », Jacopone dice:
Li quattro sensi dicono
Questo si & pur vero pane
Solo Audito resisteci, (1)
e poi aggiunge ancora:
Christo, che li stassi occulto
Datti sua benevolenza;

Et qui si fa parentenza
De la sua gratia data.

(1) JacoP., Libro III, 19.

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68 A. AMATO

A proposito degli effetti del Sacramento dell'Eucarestia,
Jacopone nota che nasce nellanima un intenso amore verso
il Dio invisibile, nascosto in esso: e da tale amore nascono
due effetti meravigliosi, dei quali egli non sa la cagione, ma
Ki che ben li sente ed esperimenta. Conseguenza del primo ef-
Js —. fetto è che l'uomo si dispiace di ogni cosa rea, accompa-
gnando tal dispiacere col pianto della vita passata, col pro-
d ponimento della penitenza, col dolore delle colpe come de
ill | formatrici dell'anima e come offensive della bontà divina ;
! ul : dal secondo effetto ne deriva che l' uomo si sente innamo:
| rato di ogni opera buona, sicché, cessando di essere reo e
lasciando tutti i vizi, si fa buono ed adorno di tutte le virtù.
TOUR Dal sacramento dellEucarestia nasce nellanima il sen-
i I timento della Carità, della Povertà, dell'Amore del prossimo,
Ì | della Pazienza, della Riformazione dei sensi:

il sl Or vedete maraviglia

| H Che mo il senso kaggio ordinato,
il | L'Audito, il Viso, il Gusto
DUAL Con il Tatto e l'Odorato

Vd e Ciascun par santificato, ecc.,

Wl meravigliosa operazione di cui troviamo esplicita ed ampia
Ù | dichiarazione negli scritti di due insigni e dottissimi padri
il Ù della Chiesa: voglio dire S. Crisostomo (hom. XLV in Joan.)
e S. Ambrogio (In orat. ante Missam dicendi).

Riguardo sempre allo stesso sacramento sentiamo an-
cora il nostro poeta nella citata lirica 2 del libro II strofa 41,
che si può ritenere, considerandola per sè sola, come il vero
vangelo teologico di Jacopone :

Pi T : Misericordia allor, che anco era astante
IH | | Disse: Messer, tanto ha l’ huom digiunato
BIBLE 4 Che se alcun cibo non gli pongo avante
Da debolezza fia già consumato

a cui Cristo risponde :

iti Et io li do lo mio corpo avenante
E ’1 mio sangue istesso, che usio dal mio lato ;
LA TEOLOGIA, ECC.

Pane con vino in Sacramento stante
Quel che dal Prete sarà consacrato.

Nel fervore della sua fede Jacopone traduce del Van-
gelo proprio le parole di Cristo: « Ego sum via, veritas
et vita

O vita mia
Verità e via
Chi mi farà salvato? (1)

Quest'ode si puó dire ispirata dal salmo 137: « In con-
spectu Angelorum psallam tibi, adorabo ad templum sanctum
tuum ».

Gli angeli santi
Stanno davanti
Al corpo glorificato ecc.

Dalla trattazione del sacramento della Penitenza Jaco-
pone non si diparte di una linea dalla piü rigida dottrina
teologica.

La penitenza, secondo S. Tommaso: « Sacramentum poé-
nitentiae habet partes » (IIL 90, 1, O) e « Partes eius ma-
teriales sunt tres: contritio, confessio et satisfactio (III, 90,
2, 0). Ora nella lirica 2 del libro II Jacopone mettendo in
azione la penitenza a vantaggio dell uomo dice che essa
manda il suo corriere, e questo é appunto la contrizione che
fa da messaggera (str. 5) poi viene la confessione (str. 7),
quindi in ultimo la soddisfazione (str. 55), cosa che ricon-
ferma nella lirica 35 del libro IV (str. 2, 20) e più ancora
nella 38 dello stesso libro « Mosso da santa pazzia » dove
parla appunto della grande soddisfazione che egli prova per
essersi contrito ed aver fatto vera penitenza

Ebbi io contrition vera
Confession pura e sincera,
Satisfei tosto a l’entiera
Come allor- si conveniva.

(1) JacoP., Libro III, 20.
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A. AMATO

Cristo dice:
Già ordinato gli ho per medicina
La penitenza ...
Se mai lo ripigliasse la malina
Ricorra a lei, averà sanitate,

come dice S. Crisostomo : (De poenit: Hom, 5) « Poenitentia
medicamentum est, peccatum exstinguens ».

La Contrizione, messaggera della penitenza, come ab-
biamo veduto, (str. 5) mette nell'uomo al cor purgare il ti-
more e la conoscenza di pudore (str. 6); e S. Gregorio (super
I Reg.) dice appunto: « Compunctionis principalia sunt, ti-
mor et amor ».

Nelle liriche 25, 26, 27, 28, 29, 30, 31 e in. quella fa-
mosa 32 « O signor per cortesia — Mandami la malsania »
del libro IV, Jacopone esprime tutto il rimpianto, la contri-
zione e lo stato di rammarico e di struggimento di un pec-
catore che ha offeso Dio, in tutto rispondente a ció che dice
S. Tommaso (III, 84, 8, 0; IIL, 84, 9, 0; III, 85, 1,0). Ora
Jacopone :

La vita non mi basta

A farne penitenza (1)

Tanto haggio offeso il mio santo Signore

Che dolente deggio esser a tutte l’ore (2)
aan :

Si mi duri questa vita

Et poi alla sceverita

Dura morte mi si dia. (3)

Rispetto alla divisione della contrizione Jacopone ce ne
dà una piena conferma nella strofa 7° della succennata lirica
2 del libro II. Tutto il contenuto di questa medesima lirica, |
che cioè l'uomo acquista misericordia da Dio per mezzo ap- I

(1) JAcoP., Libro IV, 25.
(2) Id. id. 99.
(3) Id. id. 32.
LA TEOLOGIA, ECC. 71

punto della penitenza, trova riscontro proprio in ciò che più
specialmente lasciò scritto S. Ambrogio (lib. II de Poenit.).
Per il sacramento dell’Estrema unzione S. Tommaso dice:
« Remittit peccatum ... fortificando subiectum » (ILL, 65. 1, o)
e « In extrema unctione confertur perfecta sanitas spiritua-
lis » (III, 84, 1, 1). Ora il nostro poeta, a tal proposito dice
che :
. la misericordia vedendo
La battaglia esser dura nel finire
Che i tre nemici (1) ensieme convenendo
Ciascun si la briga di ferire,
dice a Cristo :
Messer, danne tu aiuto difendendo,
Che l'uomo se ne possa ben schernire;
e Cristo risponde:
Se d’olio santo nel extremo ungendo
Il suo nemico no ’1 potrà tenire.
Circa il sacramento dell'Ordine sacro Jacopone nella 35
del libro IV dice:

I santi sacerdoti

In riverentia avire
Percioche son pastori
Per l’anime salvare

in corrispondenza del biblico: (act. apost. 20 d) « Attendite
vobis et universo greggi, ecc. ».
Nella 2 del libro II, strofa 47, Jacopone ci dice ancora
per bocca di Cristo:
Autoritate si do copiosa
Al Prete, che lo deggia amministrare

Et di poter assolvere e licare
p 8

Ora Pietro Lombardo, nelle sentenze commentate da

Tommaso d'Aquino (Lib. IV; Distin. XVIII, Quaest. 1? art. I5

(1) Mondo, senso, demonio.
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2) dice appunto quanto il nostro poeta ha parafrasato nei
suddetti versetti, come anche la medesima cosa ci dice
S. Ambrogio, cosa che vien riconfermata anche dallo stesso
S. Tommaso (S. 37, 4, c).

Nella stessa strofa 41 Jacopone accenna al

e queste sette scale per le quali deve salire il prete, sono
i sette ordini, come dice S. Tommaso (S. 37, 2, c).
Riguardo, finalmente, all'ultimo sacramento, il Matrimo-
nio, Jacopone considera prima di tutto la debolezza della
carne umana, e fa quindi che la misericordia considerando
che l'uomo é vestito di carne

invoca da Cristo che gli dia rimedio, e Cristo risponde :

9

^

Quindi la Giustizia osserva:

E dopo che l' uomo protesta che egli si guarderà dalla
concupiscenza, la Misericordia intercede per lui e quindi
Cristo promette :

Per quello appunto che riguarda la concupiscenza e la È

(1) JAcoP., Libro II, 2, str. 45, 40, 47.

-— —— ÉL Tee
X i

A. AMATO

... Prete salga sette scale,

Et ne la carne pate grande arsura,

Moglie a marito insieme s’accompagna
E si useranno insieme con paura

Che in lor la concupiscentia non cagne
Lo intelletto de la mente pura.

Messer se ’l1 matrimonio ben si usa
Con quella temperanza ch'é virtute
L'alma dell'huomo non sarà confusa 7
Et scamperà di molte ree cadute. [

Autoritate si do copiosa E

Al prete, che lo deggia amministrare E.
Et benedire l’huomo e la sua sposa. (1)
LA TEOLOGIA, ECC. 13

castità sembra quasi che Jacopone siasi attenuto a quanto
scrissero S. Agostino e S. Anselmo (1).

È L'ultima parte del presente studio sulle opere del poeta
i . di Todi è dedicato alle Virtù, intorno alle quali egli molto
ha scritto, ed in maniera, talvolta, tutta nuova, tutta ori-
ginale.
Per il poeta le virtù si uniscono in connubio con i sa-
cramenti.

Le sacramenta insieme convenute
Con le virtude hanno fermato il patto
Di stare insieme, et non mai dividute
Et la Giustitia se ne fa ’1 contratto.

Ma la giustizia vuole che l’ esplicamento delle virtù sia i
intero, e la Misericordia se ne affligge perchè ciò non può i)
avvenire senza far patto con i Doni, il che avviene per sov-
venzione di Cristo, e quindi per Jacopone le tre virtù teo-
logali

Fede, speme et caritate
Gli tre Ciel pon figurare. (2)
L'albero però della perfezione

Nella fede è radicato
giacchè

EZRA

La Fede è fondamento
Di tutte le virtudi. (3)

La speranza entra come essenza della fede, giacchè
5. Paolo aveva definita la fede: « Sperandorum substantia
rerum, argumentum non appareutium », onde Dante poi dirà:

BE. Fede è sustanzia di cose sperate
D Ed argomento delle non parventi (4)

(1) Il primo disse: « Bene utitur malo, concupiscentiam restingues connubio »,
e il secondo: « Castitas coniugatorum donum Dei est »..
(2) JAGOP., Libro II, 26.
(3) 1d. id. II, 31.
(4) DANTE, Parad., XXIV, 64.
Uf ———— MET am —-
ZU,

'(4 A. AMATO

ed il nostro ci avverte che

La Fede e la Speranza

Son d'una concordanza
E d'una volontade

Quel ch’hanno a dispensare
D’aver communitade
Con tutte le virtudi

La Fede e la Speranza

Poi menano a certanza

Del grado dell'amore. (1
5

Ecco perchè Jacopone, nella perfezione che si ha della

| Fede, vede
HR l'arbor vermiglia

Che a speranza rassomiglia,

UR speranza di premio eterno, speranza di celeste beatitudine,
NATA ricompensa .certa ai buoni, ricompensa a tutti coloro che

avranno saputo veramente amare Dio.
E sentiamo anche qui Dante, il quale ci dice che quella

speranza è
uno attender certo

Della gloria futura, il qual produce
Grazia divina e precedente merto (2)

giacchè « spes est certa expectatio futurae beatitudinis ve-
niens ex Dei gratia et ex meritis precedentibus », come,
prima di Dante, aveva scritto Pietro Lombardo (sentent.
III, 26).

Il poeta, quindi, spera

Nel suo patre lo vedisse
Nella eterna claritate.

Egli fa delle tre virtù tre stazioni simboleggianti un al-

(1) JacoP., Libro II, 31.
(2) DANTE, Parad., XXV, 67.
LA TEOLOGIA, ECC. (5

bero a nove rami, quali sono i nove cori degli spiriti beati,
stazioni che Dante un giorno venne raffigurando nelle tre
donzelle che

. in giro, dalla destra rota,
Venian danzando: l'una tanto rossa,
Ch'a pena fora, dentro al foco, nota ;
L'altra era come se le carni e l'ossa
Fossero state di smeraldo fatte;

La terza parea neve testè mossa. (1)

Tale concetto dell'albero, come simbolo delle virtü, non
è affatto nuovo nei Padri della Chiesa, e negli scrittori che
ne parlarono di proposito; mi basterà accennare al « De
virtutibus et scientiis vulgarizzatis » del bolognese Bartolo-
meo dei Bartoli, del quale ci dette notizia Vittorio Rossi.

Come sussidio alle quali virtü, Jacopone mette le altre
che sono cardine in cui s'imperniano la Prudenza, /ume
dell'intelletto, la Giustizia, che esercita Tl'affetto, la Fortezza,
contro l’avverso affetto, la Temperanza, contro van delettato (2).

In questi doni che Jacopone assegna alle virtù teologali
e cardinali noi vediamo una grande differenza da quelli at-
tribuiti dagli altri teologi, specialmente da S. Bonaventura.

A due sole virtù troviamo un corrispondente dono con
la teologia di S. Bonaventura: alla prima virtù teologale
della Carità, corrisponde il dono della Sapienza; alla se
conda virtù cardinale della Prudenza, corrisponde il donò
della Scienza; ma nell’ assegnare i doni alle altre virtù, il
nostro poeta è partito da un concetto affatto originale, pro-
fondamente diverso da quello di S. Bonaventura e degli altri
teologi scolastici.

Difatti, mentre alla virtü teologale della Speranza era
stato assegnato il dono del Consiglio, Jacopone assegna in.
vece quello dell’ Intelletto, e viceversa, mentre alla virtù

(1) DANTE, Purgatorio XXIX, 121.
(3) JacoP., Libro II, 22.

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16 | A. AMATO
teologale della Fede veniva assegnato il dono dell'Intelletto,
egli assegnó invece quello del Consiglio. Riguardo alle ri-
manenti virtù cardinali, mentre dai teologi antecedenti era
stato assegnato il dono del Timore alla Temperanza, egli
assegna invece quello della Pietà, cosi alla Giustizia, invece
della Pietà, assegna la Fortezza, e alla Fortezza, invece della
Fortezza, assegna il Timore.

E dà di tale novella attribuzione chiaro conto :

A ben exercitar la Charitate

Lo don di Sapientia c’è dato ;

Et la Speranza, ch'è d'alta amistate,
Lo don de l' Intelletto e’ è donato.
La Fede, che le sfere ha penetrate,
Lo don de lo Consiglio c’è albergato ;
Li doni et le virtute congregate
Ensemora hanno fatto parentato.

Perchè Giustizia possa exercitare

Gli uffici suoi, Fortezza se li dona,

Ma la Prudenza bella non ci pare

Se nel don di Scientia non risona :

La Temperanza non può bene stare

Se la Pietà, ch’ è dono, non gli è prona ;
Et la Fortezza non puo ben andare

Se il Timore non le faccia intorno zona. (1)

Da tali correlazioni che il poeta giustifica pienamente,
derivano di conseguenza: la Pace dell'Amore dal connubio
della Carità col dono della Sapienza ; la Mondizia del cuore
dal connubio della Speranza col dono dello Intelletto; la
Povertà di spirito dal connubio della Fede col Consiglio;
la Misericordia dalla Temperanza con la Pietà; la Giustizia
dalla Prudenza con la Scienza; il Lutto (per effetto del ca-
stigo e della pena) dalla Giustizia con la Fortezza; e la
Mansuetudine e il Disprezzo del mondo dal connubio della
Fede col dono del Timore. :

(1) JacoP., Libro II, 2, str. 52 e seg.
LA TEOLOGIA, ECC. UL

Le quattro virtù cardinali, in ispecie, sono descritte dal
poeta (1) come quelle che sono il cardine di ogni bene del-
l'anima :

Come l'uscio si posa
Sopra il suo cardinile
Cosi la vita umana

In tal quadrato stile.

La prima é la Prudenza, che é guida e maestra di tutte
le altre; poi viene la Giustizia, come quella che costringe
ad amare il Signore ed il prossimo ; poi la Fortezza, a re-
sistere nei contrasti dell'amore verso il prossimo

che in amare il prossimo
é gran desualianza

in ultimo la Temperanza, la quale infrena il corpo nutrito da

pessimo appetito ;

sicché l'anima dell' uomo, adorna delle quattro virtü cardi-
nali e delle tre teologali, si perfeziona in modo da poter un
giorno arrivare a godere quella gloria celeste

Là ’ù è l'amor beato.

Anche le tre virtù. teologali sono trattate di proposito
dal nostro poeta (2), secondo l'ordine chiesastico: « Fides,
Spes, Charitas », esponendo di ciascuna la proprietà, la ne-
cessità e gli effetti che l'una opera nell'altra e nella salute
dell’uomo. Accompagna poi alla Fede l'Amore e 1’ Umiltà ;
alla Speranza la Pazienza nelle offese; alla Carità, poi, ac-
compagna tutte le virtù, perchè essa ne è la madre di tutte :

La Charità da forma a le virtudi

E ordena l’huomo a la perfetione,
E ciascun cor, che n’ arde, par che muti.

(1) JAcop., Libro II, 22.
(2) Id. 1d; s 1I:21,

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80 A. AMATO 5

i Profeti, gli Apostoli, i Dottori, i Martiri, i Confessori, le
Vergini, i Prelati, tutti gioiosamente si faranno a ricevere
un'anima cosi abbellita dalle virtü.

Ad una vera e perfetta servitü verso Dio bastano peró
le virtù del Pensamento, ossia della meditazione, l'Umiltà, il
sapere usare i doni ricevuti, la Carità, l'Abnegazione di sè,
| la Mortificazione, l' interno raccoglimento di sé stesso, la Di-
| dl | ligenza, la Sollecitudine, il dolore dei peccati, e la perseve-

MEE ranza nel ben pensare (1).

Il modo come Jacopone ci rappresenta la Giustizia non
è diverso dal modo come ce la definisce S. Anselmo (Cur
fi | Deus ec. 1.) così come per la Misericordia non pare che si
lere sia partito da precetti e definizioni date da molti scrittori a
| lui precedenti e in particolar modo da Cassiodoro (In epist.),
(E da S. Gregorio (Moral. 2), da S. Leone papa (In Serm. Appar.)
o e da S. Agostino (de finit:).

Anzi nel modo come Jacopone ci ha mostrato congiunte
| insieme la Misericordia e la Giustizia, ci ricordiamo subito
il si di ciò che lasciò scritto S. Crisostomo: (super Sup. Matth.)
I RES « Justitia sine misericordia non est justitia, sed crudelitas, sicut
et Misericordia sine justitia non est justitia, sed fatuitas ».

Il quarto libro delle liriche jacoponiche, cioè i Cantici
penitenziali, si può definire un intreccio di molte di quelle
verità che sono il sostrato fondamentale di quella Teologia
che ho chiamata mistica.

Il gemito di Cristo, che invita il peccatore a penitenza (2),
la durezza del peccatore chiamato (3), la sua cecità (4) i
danni del peccato (5), la conversione di un peccatore in

(1) JacoP., Libro II, 18:

Chi ha intelletto dee pensare

Quel ch'ha fatto, e quel c'ha a fare.
(2) Id. 1d. 1V;- 1:18,
(825 Td Id, 8.
(4 Id. id. 20. a
(5) 01d. 95 1d; 22. È
LA TEOLOGIA, ECC. . 81

punto di morte (1), il lamento del pentito (2), la preghiera
del perdono (3), la lotta tra la carne e lo spirito (4) sono il
passaggio dalle cadute dell'amore disordinato al risorgimento
dell'amore puro e santificato. E Jacopone, che avverte in sé
tale risorgimento, grida :

O coscientia mia, grande mi dai mo riposo (5)

grido dell'anima purificata, già vinta dal dolore, or risolle-
vata in un amore che non teme tempeste ; amore, che egli,
peró, non si stanca d' invocare:

Iesu Christo, Dio mio, quando ec. (6)

Correndo in cerca di tal amore, egli trova la virtü de-
gli amori (7), il vero amatore, il vero amato (8), 'amor ce-
lato, l'amore scoverto (9), e, indovinata la via dell'amore (10),
sente Dio nella sua anima in un quintuplice stato timoroso,
medicaroso, amoroso, paternoso e disponsato (11) ; si eleva ai ra-
pimenti amorosi (12), e, tutto pieno dello amore che in mente
gli ragiona, grida:

O voi che avete fama dell'amore. (13)

Seguirlo in questa corsa rapida, vertiginosa, a scatti, è
quasi impossibile, tanto è l'impeto con cui corre il suo Spi-

(1) JacoP., Libro IV, 25.
)

(2 Id. id. 26, 31.
(3) Id. id. 27.
(4) Id. id. 33.
(5) Id. id. 39.
(6) Id. id. 40.
(7) Id. idis Vos
(8) Id. id. 4.
(9) Id. id. 5.
(10) Id. id. 9.
(11) Id. id. ll.

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82 A. AMATO

rito a Dio, tanto vari gli affetti, tanto mutabili le sue aspi-
razioni, dall’ epitalamio spirituale del

tuo bacio Amore

degnami di baciare, (1)

al desiderio di morire crocifisso

O dolce amore ch'hai morto l'Amore; (2)

dal desiderio di entrare nel talamo della sua grazia

Aprimi, Jesù, vita mia, aprimi, figliuol di Maria (3)

fino alla preghiera confidente del viatore
Alto Padre nui te pregamo (4)
In sette modi. (5)

Nel quale turbinio di affetti, volendo ottenere la trasfor-
mazione dell'amore, trema innanzi al pensiero del giudizio
finale (6), ricorda i segni paurosi che distingueranno ed ac-
compagneranno il segno dell’anticristo (7), predica il per-
dono ai nemici (8), annunzia il segno della croce e la sua
influenza nelle diverse epoche della vita dell’uomo (9), dà
le regole per amare Gesù Cristo (10), ama la povertà e la
loda (11), sinnamora di S. Francesco (12), di S. Fortunato (13),
di S. Chiara (14); e finalmente prega il Signore che gli sia
propizio con le Litanie dei Santi

Jesü lodiamo figliuol di Maria. (15)

Id. id. 29.
Id: eld: 4.
(D) Se Id S6 407 5 II 17.
|ovrds (dd. IV; 18; 15.
Mesia id. 14.
(8) 5:115 1d.-: IT, 28. -
(9) Id. id. I,9e libro V, 17.
1-10; 5 1d: SEV, 40:
):6:5Idos. id TIE -19;/20:
(12): 1d; 7. -id. 23, 24, 25.
)
)
)

(1)

(eta side VI, 18.
)
)

Id. id. 20.
Id. id. 27.
Id. id. 29.
LA TEOLOGIA, ECC. 83

In questa corsa instancabile di affetto e di sentimento
verso Dio, Cristo, la Vergine, i Santi, in questa perenne,
viva e profonda effusione di tenerezza manifestata mille volte,
e con quasi monotona cadenza, noi troviamo affermazioni di
5. Tommaso e di S. Agostino, frammiste a luoghi della Santa
Scrittura, come nelle laudi a S. Francesco e a S. Chiara tro-
viamo il cantore delle glorie principali del suo ordine mo-
nastico.

Ora non ci resta che parlare di un giudizio di Alessan-
dro d'Ancona, il quale a proposito dell' Ozanam, che con-
sideró Jacopone come precursore di Dante tanto come poeta
teologico quanto come poeta satirico, crede che il paragone
fra i due non sia possibile.

Anche noi la pensiamo come l'illustre critico nostro,
ma dobbiamo osservare che, avendo Jacopone attinto dai
teologi, padri della Chiesa, e specialmente da S. Tommaso,
tranne le modificazioni che il suo cervello gli dettò, può
darci dei punti di simiglianza con Dante. Quindi siamo pie-
namente d'accordo con l'Ozanam quando egli dà del nostro
poeta questo giudizio:

« Comme poéte théologique, Jacopone osa, le premier
des modernes, demander à la metaphisique chrétienne, non
des vérités seulement pour instruire les hommes, mais des
bontés pour les ravir; non plus des lecons, mais des chants.
Au premier abord, rien ne parait plus téméraire. Il semble
qu'introduire un principe scientifique dans la poésie, ce soit
y jeter un souffle glacé. La science reste froide, en effet,
tant qu'elle demeure en présence du connu. Mais tót ou tard,
il faut bien qu'elle arrive à l'iaconnu à des mystéres qui
la tourmentent, et qui par conséquent l'echauffent. En re
montant le cours des vérités secondaires, elle s'achemine
vers la source premiére du vrai, oü est aussi la source du
beau ». Ma non possiamo esser d'accordo con l'Ozanam,
quando dice: « Jacopone connait ces chemins, il a exploré
f x

p. eden o cere NE > m EET (o
Y pal
i i

84 A. AMATO

les abimes et les hauteurs de l'infini. Soit qu' il nous donne
tout le-spectacle de la damnation dans une àme couplable,
soit qu'il décrive les cieux mystiques, et qu' il les traverse
pour aller s'anéantir devant l’Incrée, que faitil sinon de
frayer à Dante lés routes de l'Infer et du Ciel? Il a touché |
d'avance aux grands problémes religieux que son succes- ?
seur souléve à chaque pas, et qu'on lui reproche injuste-
ment, comme si ce n'était pas un effort du génie d'avoir
construit ce paradis tout spirituel, dont la première bèati-
tude est de connaitre et la seconde d'aimer ».

No, Jacopone non preparó niente a Dante, né Inferno
né Paradiso. L' Inferno di Jacopone é l'inferno tradizionale,
linferno creduto dal volgo, neanche l'inferno di fra Gia-
comino da Verona, e cosi il Paradiso: volerlo, anche da lon-
tano, paragonare alle grandiose ed immortali architetture |
Wir dantesche é un far violenza. No, non si tratta di un « effort
Md du génie » paragonabile alla sublime visione dell' Alighieri,
Wl * . perche, se il paradiso di Jacopone ha, per prima beatitudine |
| il conoscere, per seconda l' amore, questa costruzione corri. ?
sponde ad un ordine di virtù morali frammiste in parte a
virtù teologali o a cardinali le quali menano dirittamente a
Dio.

In ogni libro di religione troviamo le cosi dette Prati-
| che spirituali per salvarsi l'anima: a tali pratiche possiamo
li paragonare la scala che guida al paradiso di Jacopone. Lo
i | stesso santo connubio della Povertà con S. Francesco (1)
|

pare a noi non abbia ispirato proprio nulla a Dante per il
t UE sublime canto XI del Paradiso.

IT - In conclusione, tale fu quale l' Ozanam l'ha descritta |
| | nella parte da noi accettata, la teologia di quest' uomo che
Î lc. non fu mai uno di quegli. asceti. che, tutti raccolti in Dio,
| macerano il corpo con digiuni e penitenze, quasi morti. alle
gioie ed ai dolori della vita socievole, ma un uomo che sen-

| mE

(1) JAcoP., Libro III, 24.
ug — DIRSI E

parla di Dio alle sue creature: due fiamme dello stesso fuoco

‘vedrà sempre troneggiare la figura del grande francescano

LA TEOLOGIA, ECC. 85

tiva di essere cittadino riformatore dei costumi, e prendeva
gran parte all’azione della società in cui viveva, volendo il
trionfo della giustizia che punisce.

Tali, ad un dipresso, furono gl'ideali e la teologia che
Dante Alighieri incarnò nel suo poema, e che Caterina da
Siena eternó nelle sue lettere, sacro monumento della pu-
rezza del Cristianesimo.

Eppure, come spesso avviene, ognuno volle giudicare il
frate francescano secondo le proprie tendenze: chi lo levò
ai cieli, chi lo profondò negli abissi.

E se, come abbiamo detto, vi fu l'Ozanam che lo disse
ispiratore e precursore di Dante, vi fu, per lo contrario, chi
disse che l'Alighieri ignoró affatto le liriche iacoponiche;
alcuni lo chiamarono l asceta e il filosofo della fede, altri
lo dissero il giullare di Dio nel secolo XIII. Ora la sua dot-
trina fu detta filosofia mistica, ora teologia apocalittica; in-
fine tendenza al buddismo, al nirvana, all’ annientamento, ed
ultimamente si è svisata la fisonomia del nostro frate, af-
fermando di lui cose che Jacopone non aveva mai predicato.

Il povero frate pieno di fede si nascose sotto le sprege-
voli sembianze del matto, ma fu innanzi tutto poeta teologo:
poeta, per chi sa che poesia è più che altro fervida effusione
di cuore; teologo, per chi afferma che teologia è scienza che

divino, che cingono la fronte di lui rugosa ed adusta. ili ! |

E chi ripensi alla fiorente primavera di lirica religiosa, ]
che germoglió nei primordi della nostra letteratura, sotto
il eielo azzurro e per il verde intenso delle umbre vallate,

di Todi, e potrà dire che il suo vanto non é di quelli che
soffrono eclissi, perchè è gloria verace di chi onoró con la
fede e con l'arte la Religione e la Patria.

AMEDEO AMATO.
aber i ur. -— Tc e M Ire eodem OS o
$? E od "SUR * A ARCEM, 1 E ) Xu

86

BIBLIOGRAFIA.

D' ANCONA ALESSANDRO — Studi sulla letteratura.

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87

UN CONDOTTIERO TUDERTE

AL SERVIZIO DEI FIORENTINI

DERNARDINO DA TOJD!

Nel ricchissimo carteggio dei Medici avanti il loro
Principato (1) si trovano moltissimi documenti relativi a
Capitani venturieri dell’ Umbria, che potrebbero servire
egregiamente ad integrare la classica opera del nostro Fa-
bretti (2), specialmente per quel che concerne i minori astri
dell’ arte militare, de’ quali pure non sarebbe senz interesse
compilare la biografia.

All'intento di recar un qualche contributo a chi impren-
desse uno studio siffatto, pubblichiamo qui alcune lettere
scritte ai Medici e al Governo fiorentino da un valoroso
condottiero umbro, Bernardino da Todi, insieme ad altre di
vari personaggi cha a lui e alle sue gesta si riferiscono.

Ben scarse notizie ci riuscì trovare su lui, oltre quelle
forniteci da questi carteggi.

Carissimo per la sua fedeltà e per la sua bravura alla
famiglia de’ Medici ed ai Fiorentini, militò per oltre dieci
anni sotto le loro bandiere, e per loro conto, nel 1467, ri-
portò presso Imola una sanguinosa vittoria sulle truppe di
Bartolomeo Colleoni, toccandone otto ferite.

(1) Si conserva nel R. Archivio di Stato in Firenze, come appendice dell’Archivio
della Repubblica.
(2) FABRETTI ARIODANTE, Biografie dei Capitani venturieri dell? Umbria.

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88 G. DEGLI AZZI

Nel 1472, recatosi in Todi per visitarvi la sposa, si
rendeva benemerito del patrio Comune recuperandogli alcuni
castelli occupati dai nemici e guadagnandosene gran plauso
da’ concittadini, che ufficialmente di lui si lodarono presso
il Magnifico.

Nel giugno del 1474, difendendo la sua città contro le
milizie papali, cadeva in mano di Sforza degli Oddi, che lo
consegnava prigioniero al Legato pontificio, da cui soltanto
nel settembre successivo otteneva d'esser rimesso in libertà,
per le premure vivissime de' Fiorentini, che ne avevano
interessata anche la Corte d'Urbino.

Nelle lotte civili del suo paese Bernardino tenne per
la fazione degli Atti (alla cui famiglia probabilmente appar-
teneva) contro a’ Chiaravallesi, contrastando fieramente alle
invadenti pretese dell’egemonia pontificia sull’ Umbria.

Tra i fatti d’arme più segnalati di lui merita d'essere
ricordato quello dell'agosto 1478 in cui, dopo avere infestati
per conto de’- Fiorentini i-territori di Siena e di Città di
Castello, sconfiggeva in battaglia campale Gianfrancesco da
Piandimeleto, traendolo prigioniero e gravemente ferito al
Borgo Sansepolcro.

Quattro anni appresso sembra però che il nostro, disgu-
stato della scarsa premura che, malgrado il lungo e fedele
servizio, dimostrava per lui il Magnifico, ne abbandonasse
la causa, e passasse — lusingato forse da più lauti compensi
— ai nemici, sotto le bandiere de’ quali militava appunto
quando Niccolò Vitelli, il 24 ottobre 1482, lo faceva prigio-
niero in un combattimento avvenuto nei dintorni di Città
di Castello (1).

Ma, oltre clie per le notizie di carattere militare e po-
litico, riferite con rude ma efficace vivacità, queste lettere

(1) Doc. 28, del quale debbo la comunicazione alla cortesia dell'amico dott. Giu-
seppe Nicasi, l’infaticabile e valente illustratore della storia tifernate in genere,
e di quella della famosa schiatta de’ Vitelli, in ispecie.

er. a

TOS
UN CONDOTTIERO TUDERTE, ECC. 89

sono anche assai utili a farci conoscere la vita, i costumi,
le abitudini e l'indole stessa di quei soldati di ventura che
ebbero tanta parte nelle vicende italiane del secolo XV.
La soldatesca franchezza, con cui il nostro rimprovera
al Magnifico la sua ingratitudine, la eloquente descrizione
ch'egli fa de' patimenti e delle miserie de' suoi dipendenti
campeggianti sotto Valiana, in luoghi insalubri e deserti, sen-
Z' aver più « né cavalli ferrati, nè calze in gamma, né scarpe.
in piedi », l'ardita difesa che tenta d' un suo amico colpevole
d'omicidio, ma commesso « da soldato et soldato », lo sde-
gno di cui s'aecende per la violazione delle consuetudini
militaresche, sono altrettanti tócchi vivaci che illuminano di
nuova luce le figure di quei violenti guerrieri, e ci permet-
tono di penetrarne e studiarne la psiche, meglio che non
facciano le spesso artificiose narrazioni dei cronisti contem-
poranei o i trattatisti dell'arte militare.

Perciò vogliamo augurarci che questo modestissimo
saggio possa invogliare altri a dedicarsi piü di proposito ad
un sì fiorito e geniale argomento.

. DEGLI AZZI.
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90 G. DEGLI AZZI

1. — [Med. av. Pr. XVII, 602]. Imola, 1467, lug. 25.

Bernardino da Todi a Pietro di Cosimo de’ Medici, uno de’ Dieci di
Balìa.

« Magnifice vir, etc.

« Acade a li dì passati, 17 del presente mese, che de nocte doe fiade
fui asaltato da quaranta zurati de Bartolomio Coglono; et poi. sopra-
zonseno altri 160 fanti per volerme amazare et destrugerme cum tutta
la compagnia: et oltra le ascolte del campo io, desideroso e amatore del
vostro bono stato, faceva fare ongne nocte le ascolte et bone guardie: et
in quella ora che fui in campo asaltato, me retrovai essere armato et
vigilante: ma non havi tempo et non modo de montare a cavallo, et in
quello asalto me forono tolti tutti li cavagli, arme et mia roba tutta: et
vedendome in mala dispositione, io cum la compagnia ce messemo a de-
fesa et armegiàmo uno grande pezo, intanto che cum gratia de Dio li
roppemo et remaseno XI morti de loro li, et più de quaranta de loro
forono feriti, de li quali dapoi sonno alcuni morti, et tolsemoli tutte le
arme, intanto che se andarono senza armi como pultruni, et recuperàmo
li nostri cavagli, arme et tutte le nostre robe, intanto che io et la com-
pagnia non havemo perduto uno puntale de strenga: et in quello arme-
giare me forono date otto ferite, de le quale doe fonno molto teribele
et fadigose a mi, e per caxone de le quale so' stato molto male, ma per
la gratia de Dio benigno et per bono governo guarischo : et oltra le fe-
rite a me date, forono feriti septe de li miei, li quali sonno tutti guariti :
et per diete casune de farce medicare et per lo nostro vivere per scham-
pare havemo speso più che non havevamo, intanto che semo tutti in ne-
cessitate. Sì che devotissime supplico a la V. S. che vui inseme cum
li altri Magnifici de li Diece ve dignate per vostre summe clementie et
benignitade volere provedere a le nostre necessitade et darce modo che
potiamo vivere et stare comodamente a li vostri servicii cum la com-
pagnia, ché cussì ho disposto fare perfino che la vita me basta, como
fidelissimo servitore de la V. M. S. et de quello mag.co populo: et pro-
vedendo, come spero, ce inanimaremo et sforzaremo essere sempre
pronti et soliciti a tutte le cose concernente bono stato et honore a la

mee

— UN CONDOTTIERO TUDERTE, ECC. 91

V. M. S. et a quella ill.ma Comunità, le quale el nostro benigno Si-
gnore Dio mantenga et acresca in prospero et felice stato: al vostro vo-
Ieres:ec0.:;.- 35

Bernardinus de Tuderto, etc.
2. —'[Med. av. Pr. XXIII, 2926]. Modigliana, 1468, nov. 22.

Bernardino da Todi a Lorenzo ([de' Medici].

*

3 « Per chasgone che io sono servitore de la vostra S. e’ 1’ è disave-

nuto uno chaso a Mudigliana ched è stato tolto uno ragazzo a uno NI

Boneforte da Pavia dal castelano de Mudigliana; e sendo andato il pa- IL

trone per [il] ragazzo, e lui avergli risposto ungni volta che l’ à tolto per ju

la vostra S. e a petigione de la vostra S. lo tiene: si che esendo vero, BLA

io per modo niuno non ne parlaría e non me ne travaglaria; ma none |

esendo vero, io l' aricommandaria a la vostra S. e che non volesse che
| sotto l'onbra di vostra S. chustui toglesse questo ragazzo a questo po-
| vero homo. Ma quando la S. vostra volesse questo ragazzo, da mo' io
m'oferescho e cusì vi presemto che il padrone proprio ve lo menarà E
fino a chasa e doneràvelo di buona vogla, e paràgli d' haverlo in sin-
gulare gratia che la S. vostra l' acetti; e sirà molto meglio d' averlo dal - iti
à padrone che da altri persone. E ancho aviso la vostra S. che l'é uno

homo valente e homo dabene e vostro servitore: sì che per questo io

mi muovo a ricommandarlo a la vostra S.

s^.» D,

Bernardinus de Tuderto, etc. | f
| d. — [Med. av. Pr. XXVII, 563]. Modigliana, 1471, dic. 19.
Bernardino da Todi a Lorenzo [de' Medici]. : Ù

Lo avverte che « el signore de Fagenza à da novo comandato uno
| homo per fuocho tucti bene in ponto: no sapemo la casone ». Protesta "sarl
| d'avergli dato questo avviso perché, sintanto che gli duri la vita, vuol |
dimostrarsi devoto e « hobrigato » verso Lorenzo.

4. — [Med. av. Pr. XXVIII, 94]. Todi, 1472, mag. 12.

Magnifico viro Laurentio de Medicis de Florentia uti fratri nostro hono-
randissimo, etc.

COAT BEL et

[ A tergo: « Dal Comune de Todi, a di .XVIIIJ. de maggio »].
« Magnifice vir maior noster honorande: commendatione premissa. —
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92 G. DEGLI AZZI

Bernardino nostro ciptadino el quale è a li servitii de la M[agnifica] et
excelsa cummunità vostra, havendo donna narrata et venendo ad ve-
derla, deliberammo una co li parenti soi la menasse: et mentre era-
vamo in questo proposito, oceurse che li nostri adversarii occuparo circha
ad sei de li nostri castelli: et essendo esso Bernardino qui et vedendo
la roina de questa ciptà et del nostro stato devotissimo de la excelsa
Casa Ursina affectionatissima a la V. M. S., per recuperatione d’esso è
stato qui alquanti iurni, et veramente lo star suo è stato recuparatione
d’esso stato: et tornando al presente per la novità facta ad Vulterra, fa-
cemo la scuscusa (s7c) sua et recomandamolo ad V. M. S.; et tucta quella
gratitudene a llui se mostrarà, reputarimo essere facta ad noi: et si pos-
sibel fosse che ne preghiamo V. M. S., ela honestità el patesse, ce siría
singularissima gratia ad reaverlo per qualche iorno perché ne resta a
ppiglare dui castellicti li quali di proximo speriamo, Domino concedente,
reaverli: li quali havuti, Berardino poterà tornare: et besognando per
lo stato de V. M. S. nelle parte de qua faciamo niente, advisate ché
farimo vuluntieri.
Tuderti die XII maii 1472.
Priores populi et Comunis civitatis Tuderti ».

5. — [Med. av. Pr. XXIX, 584]. Castiglione Aretino, 1443, ago. 1.

A Lorenzo de’ Medici

Gli raccomanda vivamente un uomo d'arme di « messer France-
seo da Xassatello », di nome Nofrio Calderone, ch'era stato arrestato
dal Capitano di Cortona e che si proclamava « molto servidore » del
« Questo Nofrio admazzó uno homo d' arme del Re circa ad
cinqui anni fa, et foglie forza perchè colui andò ad trovare el decto
Nofrio per admazarlo, et essendo Nofrio colli sui famigli, se difese et per
una minima ferita admazò lui ». Perciò, « essendo da soldato et soldato »,
e. perchè egli sapeva esser il Magnifico « fontana de misiricordia », lo
supplica ad adoperarsi per « questo povero gintilomo... che è abban-
donato da ogniuno ». Gli partecipa che « el Rev.mo Mons. de San Xisto,
legato, è stato ad Todi, et per una certa novità che fo facta in questa
Pasqua rosata ha pigliati trenta ciptadini, vinti de’ Chiaravallisi et
dieci de’ nostri, cioè della parte mia, et stimase che ne mozarà el capo
ad una grande parte. Partisse da Todi venardi et andò verso Asisy, et
dicese certissimo che torna ad Todi mercurdì o per adconciare o per
guastare quella terra: sì che siene adviso ad la V. S... ».

Magnifico.

Bernardinus de Tuderto, ete.
UN CONDOTTIERO TUDERTE, ECC. 93

6. — [Med. av. Pr. XXX, 569]. Perugia, 1474, giu. 12.

Simone, Sforza e Rodolfo degli Oddi a Lorenzo de’ Medici.

[Nel poscritto della lettera:] « Io Sforza so’ tornato in questo
ponto da Todi. Sonno presi et messi ne la roccha circa .XX., tra li
quali è Bernardino et lo Riecio di Bechetto, et mutato castellano et re-
ducto la cità a obedientia; et mercordi ne andremo a Spoleto, et credo

se metteranno in le.mano del Legato, et presteranno obedientia.
(1. — [Signori — Carteggio Missive, Min. di Cancelleria, X, c. 121].
Firenze, 1474, giugno 13.

La Signoria di Firenze al Cardinale « Sancti Petri ad. Vincula Legato
Pontificis ».

Lo felicitano di avere potuto facilmente riavere Todi, e lo pre-
gano a volere rilasciare Bernardino che non ebbe occasione di promuo-
vere il tumulto perchè in principio non era presente ; e quando giunse,
si adoperò per sedare il movimento. Protestano di amare immensamente
il detto Bernardino per la fedeltà con cui li ha serviti, e quindi ne im-
plorano la liberazione perchè, anche se qualche cosa possa aver com-
messa, è in parte seusabile per averlo fatto quando la sua patria er:
in tumulto.

Con altra lettera al medesimo del 20 Giugno, stesso anno, insistono
per ottenere la liberazione di messer Bernardino da Todi in nome del-
l'amicizia che sempre è corsa tra Firenze ed il Cardinale di San Pie-
tro ad Vincula.

8. — [Signori — Carteggio Missive, Min. di Cancelleria, X, 158].

Firenze, 1474, ago. 20.
Comiti. Urbini

Non essendo ancora riusciti ad ottenere dal reverendissimo Legato
la liberazione di Berardino da Todi, lo pregano a volersi interporre
presso il Papa, o presso chi eredesse più opportuno, per la liberazione
del detto Berardino, tanto caro alla Repubblica per la sua fedeltà verso
di essa.
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94 G. DEGLI AZZI
9. — [Signori — Carteggio Missive, Registri di Cancelleria, XLVII, 2].

Firenze, 1474, ago. 20.
Federico duci Urbini ete.

Lo pregano a volere interporsi presso il Papa per ottenere la li-

berazione di Bernardino da Todi, che essi per la sua fedeltà amano ed 9
hanno caro.

10. — [Med. av. Pr. XXX, 878]. Arezzo, 1474, set. 17.

Gerio di Giuliano dei Pescarini di Arezzo a Lorenzo dei Medici.

« .... La chasgione et il perchè mi muovo a serivere a V. M.* si
è che lunedì passato per vigore di le littere potentissime di V. M." la
Santità de nostro Signore concedè la liberatione di Berrardino da Todi

jl a lo illustrissimo Ducha d' Urbino, et niente resta se non di pagare
i ducati 50 per le spese che ha facto il chastellano: i quali in brevi di

haremo providuti, et poi riaremo il preditto Berrardino, quale è servo
if di V. M. et di' comandamenti di quella non vole uscire. Et per questo
a me à commesso. che io seriva a V. M. quale si vogli degnare riscri-
vermi, per lo exibitore di la presente, si in la liberatione di dicto Ber-

Pe

rardino V. M. è di parere che lui venghi isubito a Firenze o quello
che lui ha a fare, che per omni modo se è disposto siquire i comanda-
menti di V. M.: quale prego, exorto, li piacci in questo darmi notitia,
aciò Berrardino sappi quello ha da fare: il quale s'aricomanda a V. M.
infinite volte. Nee plura. Commendo me semper M. D. V., eui Deus
felieiter exaltet ... ».

11. — [Med. av. Pr. XXX, 1041]. Varneta (Todi), 1474, nov. 10.

« Biasino nepote de Beradino da Tode » a Lorenzo de’ Medici.

« Magnifice domine domine et benefactor mi precipue, humili com-
mendatione premissa etc. Quanto la V. Signoria habia operato per Be-
radino da Tode, oratoris barba et vostro fedelissimo servidore, non siria
possibile né llo potesse narrare, né arengratiare quella: ma Dio ve
arengratij per noi; che noi non siremo mai da tanto che potessimo "
rendarve debite gratye, perché l'avete cavato da morte ad vita: et cusi
noi lo reputamo ; ma io spero che lui sirà fora da quà ad quatro o sei
di mediante la vostra operatione; et lui et io venerimo ad rengratiare
UN CONDOTTIERO TUDERTE, ECC. 95

la V. Signoria personnalemente et offrire la vita, come per lo tempo pas-
sato havete hauta, cusì per l'avinire possiate desponere, etc. Io araco-
mando a la vostra Signoria lo adportatore de questa, el quale è meser
Thyberio da Tosis de Serra Sancti Quirici, el quale per miee ortatiuni
vene ad Pisa ad studiare: et solo perché lui haveva qualche pratica con
meco, perché io ancho studio nello vostro Studio de Pisa, come sa V.
Signoria, et perché io sempre desidero che vada da bene in meglio, se
advido (sic) de li scolari et massime quelli che sonno homini da bene,
come è custui: perochè lo Studio n’ è honorato da tali homini: si che
io lo arecommando ad V. Signoria; et aracommando me sempre »

12.. — [Med. av. Pr. XXX, 1079] Roma, 1474, dec. 24.
H. de Ursinis, Archiespiscopus florentinus, magnifico Laurentio de Me-
dicis, affini et tamquam fratri honorando.

« Magnifiee affinis et tamquam frater honorande. — Bernardino
nostro da Tode, quale io con tutto el core amo sì per le sue virtù,
come per l'antiqua benevolentia luy ha hauta sempre a la nostra Casa
et ad me, vene a la M. V., la quale quanto piü posso prego che in
omne sua faccenda li diate tal favore che luy cognosca nuy amarlo
come ho dieto. Quisti de quà cercavano con instantia indirizarlo al-
trove; ma luy, senza altra persuasione, torna volonteri dove ha amore
et è ben veduto. Non altro ... ».

13. — [Signori — Carteggio Missive, Min. di Cancelleria, X, 216].
Firenze, 1475, mar. 30.
Domino Loysio de Guicciardinis
Lo avvisano che il Duca di Ferrara ha mandato a Firenze un
ambasciatore per avvertirli che si è recato da lui « uno Ser Francesco
da Todi mandato da Bartholomeo Colioni a chiedere passo: et, per
quanto ha potuto intendere, vuole venire in Toscana ».
14. — [Med. av. Pr. XXXIV, 43]. Castiglione Aretino, 1475, set. 1.
A Lorenzo [de' Medici]

«L'aportatore di questa serà tanto ardito ad el quale é commesso
sia colla M. V. et quella preghie che de quilli denari i quali mi prestò
la M. V. non me sia adretinuto niente di questa pagha, perchè la V. M.
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96 G. DEGLI AZZI

sa nel disordine che io sonno; ma de queste altre paghe faró el bancho,
harà suo devere, che ne verró paganno o el terzo o la mità o quello

parrà ad V. M. .... »
Bernardinus de Tuderto, ete.

15. — [Med. av. Pr. XXXVL 634]. Ex Castiglioni, 1478, mar. 26.

A Lorenzo de’ Medici

« ... Intendo che V. M. è stato casgione de ricondurme con questa

M. S.: per la quale cosa io rengratio mille volte VM. Bene prego
quella se voglia degnare a farme quello che sempre V. M. à fatto, ch'io
possa havere una squadra per modo [che], bisognando, possa dimon-
strare la fedeltà mia ad V. M.: le quale cose desidero de fare piü che
tutte l’ altre cose de questo mondo. Anche prego quella se voglia de-
gnare vengha fine ad Firenze perchè ò necessità esser con vostra M ...».
Bernardinus de Tuderto, etc.

16. — [Dieci di Balìa — Carteggio Missive, IV, 101].

Firenze, 1478, lug. 31.
Potestati et Commissario Aretii

Tra breve giungerà in Arezzo Nicoló Vitelli con alcune commis-
sioni dategli da essi Dieci, e che dovrà loro partecipare. Ordinano ad
ambedue di coadiuvarlo nella esecuzione delle dette commissioni in
modo che tutte possano essere eseguite; e di tenere ad ordine Bernar-
dino da Todi, Nicolò da Carpi e gli altri connestabili che sono in Arezzo,
acciocchè possano, non appena siano richiesti, esser pronti con le loro
genti. Faranno tutto con diligenza « et con meno demostratione che si
può », e non comunicheranno ad alcuno nè la venuta di Nicolò Vitelli
in Arezzo, nè le commissioni che egli deve eseguire.

17: — [Med. av. Pr. XXXI, 72]. Valiana, 1478, ago. 3.

A Lorenzo [de' Medici]

«... Parme che la V. S. se sia scordata di me, chè è tre misi che
mai havemo hauto denari, et questo è stato per darme merito della mia
fedeltà verso la V. S. haverme mandato nella guerra nella fame et nel
borbo (sic); et V. S. sa che Alfonso Spagnolo, Lorenzo dal Borgo et
Jacopo d’ Agnari se nne sonno andati, che non ci sono voluti stare: et io
con losinghe et con promesse apena ò tenuti quisti poveri homini d’arme
UN CONDOTTIERO TUDERTE, ECC. 97

ad Valiana, che non [hanno] ogimai cavagli ferrati nè calze in gamma
nè scarpe in piedi: et si V. S. delibera che io stia a questo modo,
V. S. me llo scriva a ciò io possa dar lo’ licenza che se vadano con
Dio. Et tucto el male et el bene che quella mi farà, el farà ad fede-
lissimo servitore di quella più che V. S. havesse mai: et fatime el pegio

che possete, chè sempre sarò ad V. S. quel Berardino so’ stato. Mando
questa lectera al mio Cancillieri che la dia ad V. S. ...
Ex Valiana die 3 augusti 1478 ».
Bernardinus de Tuderto, etc.

18. — [Dieci di Balia — Carteggio Responsive XXIV, 189].

Borgo Sansepolcro, 1478, ago. 8.
Giuliano Corsellini capitano e Commissario fiorentino ai Dieci.

« Per lettera de dì dua restai advisato di quanto havevo a ffare e
tutto ordinai in buon modo, none stante che pocho fructo si sia facto
et pocha battaglia vi si fe’ tra che il popolo era tutto unito, et apresso
perchè la maggior parte delle gente che haveva messer Nicholo [Vitelli]
erano disutile. Tornandosi indrieto di questi che erano andati, havevano
circha 12 prigioni et dua paia di buoy et circha a nove tra chavalli et
asini, e' quali ò ritenuti qui et preso e’ nomi di coloro che gli menavano,
e scrisse a messer Nicholo per intendere l’ ordine che n’ aveva: fecemene
risposta la quale vi mando inclusa in questa. Le S. V. mi dieno aviso
che terminazione se n’ abbia a pighiare. Bernardino da Todi questa sera
m'à menato il Signor Giovan Francesco di Pian di Meleto fedito gra-
vemente, il quale ho a tenire ad sua richiesta o insino a tanto che io
n'abbia aviso dalle S. V. Per ultima mia v'avisai di quanto havevo
delle genti d'arme che erano nella Marcha; et per ancora non è pas-
sato se none i figliuoli d' Antonello dal Borgho e Matusello con tre
squadre di eavagli: passorono a pié di Bevagno addi due di questo ».

19. — [Dieci dì Balìa — Carteggio Missive, IV, 142].
Firenze, 1478, ago. 10.

Comanissariis in castris.

« .... A noi occorre dare notitia a voi delle cose di messer Nicolò
Vitelli: et acciò n'abiate vera notitia vi mandiamo copia di una sua al
capitano del Borgho, ricevuta questa mattina; et sarà in questa. Et
più ei avisa decto Capitano, per la sua de di 8, come Bernardino da
Todi quella sera ha menato al Borgho il Signor Giovanfrancesco di

Piandimeleto ferito gravemente. Potete comprehendere, non aducendo
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98 G. DEGLI AZZI

altro, sieno venuti alle mani: et standovi, si puó comprehendere vi sta

o con qualche speranza, o di venire a suoi disegni, 0 di dare loro delle
brighe. Valete ».
20. — [Dieci di Balìa — Carteggio Responsive, XXIV, 231].

Dal campo, 1478, ago. 18.

Bernardino Fortebracci, Bernardino da Todi, Nicolò da Carpi,
Corso e Niccolò Vitelli, cavaliere Castellano, ai Dieci.

Li avvisano di avere in quel momento saputo come il Signor di
Camerino era alloggiato « a Ponte, a horo », tre miglia sotto Città di
Castello, « con quattro squadre di cavalli, ottanta fanti e trenta o tren-
tacinque balestrieri a cavallo ». Faranno il possibile per tenersi a buona
guardia e lasciarsi libera la ritirata, come è stato loro imposto.

21. — [Dieci di Balìa — Carteggio Missive, IV, 154].
Firenze, 1478, ago. 22.

Capitaneo Burgi Sancti Sepuleri

« Noi seriviamo a Messer Nicholo [Vitelli] da Castello che quanto
piü tosto possa colla fanteria sua ne venga in qua per transferirsi in
campo per le.ragioni che a lui assegnamo. Messer Nicholò da Carpi,
Bernardino da Todi et il figliolo di detto messer Nicholo [Vitelli] colle
loro genti d'arme voliamo restino di costà et che li distribuischa fra
costi, Anghiari et Monterchi, come ti parrà, pure che sieno in luogo
sicuro et da potersene valere quando niente occorresse di costà. Il
conte Bernardino et il Corso colle loro genti d'arme voliamo mandi al
Monte a San Sovino; et l' Anghiarino colla sua compagnia vogliamo
ne venga, insieme con messer Nicholò [Vitelli], per essere in campo.
Metti diligentia in quanto ti commettiamo, et per le cose che vanno
attorno di costà, attendi a diligentissima guardia ».

29. — [Dieci di Balla — Carteggio Missive, IV, 154].
Firenze, 1478, ago. 22.
Domino Nicholao Vitello

« Intendendo per le vostre lettere come per lo meglio vi siate ri-
docto con le genti d'arme et fanterie che havate con voi al Borgo [San-
sepolero], giudichiamo sia per hora stato il migliore partito, considerato,
per il progresso del campo inimicho et per le scorrerie ;et danni che
ogni di ci fa, non potere minuire il campo nostro, anzi esserci neees-
sario ingrossarlo et mettere tucte le genti nostre insieme, per vedere

————————BBBBÜÓÓ

———
UN CONDOTTIERO TUDERTE, ECC. Uc

se una volta possiamo mostrare il viso a’ nimici. Et però ci pare che
subitamente, alla hauta di questa, con tutte le fanterie, la Vostra Ma-
gnificentia si debbe transferire di qua, per essere in campo, lasciando
di costà la gente d’arme a cavallo. Et se Dio ci dà gratia che le nostre
terminino bene come spe...... come habbiamo, potremo prosequi......
favore attendere alla vostra difesa....... Parci dobbiate lasciare costi, tra
il Borgho....... messer Nicholò da Carpi, Bernardino da....... con le gente
loro, el Conte Bernardino....... loro al Monte a San Savino, et l' An-
ghiarino....... menate col loro, con voi. (1)

28. — [Med. av. Pr. XXXI, 306]. Borgo San Sepolcro, [1478], set. 10.
Bevnardino da Todi a Lorenzo de’ Medici.

« ... Mando da V. S. questi tre balestrieri et el mio Cancillieri
per uno grande torto è stato facto loro et ad me ad quisti dì dal Ca-
pitano del Borgo. Il caso è questo: currendo io ad Ciptà di Castello, al
tornare che feci indirietro, quisti balestrieri me mmandarono uno fa-
miglio currendo dirietro che se volevano fugire dal Signore de Came-
rino et io gli sicurasse perchè s’ era facto tra nui soldati che io po-
fesse sicurare et fare salviconducti: et io detti ad loro famiglio la fede
mia che loro venessero salvi et sicuri: dellì ad octo di, chavalchando io
anchora da novo, constoro capitarono lì con loro cavagli corazzine et
balestra: per adbriviare, il Capitano del Borgo glie mise in prescione et
tolse loro i cavagli et l'arme et ogni cosa et rimandóle al Signore de
Cammerino: per la qual cosa ad me à facto grande vergogna e ad le
S. V. à facto grande danno perché se nne fugivano novi altri che erano
suffizienti ogni di [a] dannigiargli et svergognarli. Ancho i ciptadini del
Borgo n'ànno facto uno grande caso et par loro che il Capitano habi
faeto male, et anchora ad lui gli pare havergli facto loro grande torto.
Prego la S. V. voglia essere cascione che riabbino le robbe loro, sibene
le dovesse pagare il Capitano: si nó, adviso la S. V. che non me nne
parrà bene nisuno che simile torto me sia stato facto: delibero che per
ogni modo et per ogni via che il Capitano li paghi perché sé medesimo
si dà contra, et delibero non patire che simele torto me sia facto. Ancho
adviso la S. V. che l'arme et i cavagli et le balestra erano le loro et
non del Signore de Canmerino, ché dal Signore de Canmerino non hanno
hauto si nó sette duchati per uno, et handolo [sic] servito uno mese, et
ancho hanno ad havere denari de dui cavalchate, che l'à in mano el
Signore de Canmerino ».

Bernardinus de Tuderto, ete.

(1) Le parole nel testo mancano perché il foglio è lacerato.
100 G. DEGLI AZZI

24. — [Med. av. Pr. XXXVI, 1077]. Ex Foiano, 1478, set. 28.

Bernardino da Todi a Lorenzo de' Medici

Si duole con lui e invoca giustizia contro il « Capitano del Borgo »
che aveva fatto togliere ai suoi balestrieri alcuni cavalli, corrazzine e
balestre prese da essi come legittimo bottino di guerra dopo la « rotta »
data pochi giorni innanzi ai Senesi. Si lagna che il detto Capitano
abbia fatto scrivere alla Signoria di Firenze solo delle « busgie » su
questo particolare; e reclama le robe spettanti ai suoi soldati che espon-
gono « la vita e le robbe » loro per servire Firenze.
Bernardinus de Tuderto, ete.

25. — [Med. av. Pr. XXXVI, 1118]. Ex Fogiano, 1478, ott. 1.

Bernardino da Todi a Lorenzo de’ Medici

« Magnifice domine mi, etc.

Perchè forse già uno mese fa mandai uno mio famiglio in campo
de’ nemici, che s’acconciasse con qualche valente homo, et cierchasse
per ogni modo menargli via qualche buono cavallo, martedì, che fuommo
a di sei del presente, lui montò ad cavallo su in uno cavallo bagio, il
quale è buono cavallo, et venivasene verso Fogiano: quando fuò ap-
presso ad Marciano, i nimici se scopersero et dièrgli la caccia bene
mezzo miglio, tanto che recuverò ad la porta de Marciano. Adrebas-
sata la furia, volse venir via con el cavallo: il che el Commissario,
cioè ser Antonio da Montepulciano, gliel tolse, et disse: « Fate che
me scriva una lettera il Commissario di Fogiano, et io subito tel ren-
derò. Et perchè nui havevamo facto andare uno bando, d’ accordo il
Commissario et tutti nui, che chi fugiesse dal canto di là et venisse
dal canto di quà, fosse salvo et sicuro, oltra che costui è mio fameglio
et mandato ad posta, . sichè prego la S. V. voliate essere contento scri-
vere una lettera al detto ser Antonio da Montepulciano, Commissario
di Marciano, che mi voglia rendere el mio cavallo, et scrivala di
bono inchiostro. Sapete non ò altra speranza in questo mondo che in

VAS. El Cancellieri mio e il detto fameglio informino la S. V. più
ad pieno ad bocca, etc. Et per dare adviso ad V. S. di cosa so pia-

cerà ad V. S. grandemente, Lunidi, che fuommo a di cinqui del presente,
io haveva facto velectare tre di la scorta de’ nemici et el bestiame de
Lucignano et d'Asinalungha: et tornando le mie velecte, et trovo in

€—
í——————

UN CONDOTTIERO TUDERTE, ECC. 101

su el fosso di Fuogiano che gli faciva adlargare, vennero con una
grande furia et disse[ro]: « Berardino, montate ad cavallo presto, ché
delle tre squadre della scorta se n'ó partita una». Subito montammo
ad cavallo senza penzare altrimenti ed andammo prima et togliemmo su
il bestiame. Da puoi costoro galgliardamente vennero ad trovarci et nui
ci votammo galgliardamente; et, come piacque a Dio, gli rompemmo,
che mai non debe essere, et pigliammone una brigata di loro. Gli
avemo impauriti per modo che hora mandano continovo 14 squadre ad
la scorta et spartonle in dui o tre luoghi: 5 squadre sotto ad Luci-
gnano, 5 sotto ad Asinalungha et 4 sotto ad Serofiano. Spero in Dio
che spesso spesso farimo sentire buone novelle ad le S. V. ... ».

Dice d'avergli fatta recapitare a mezzo di Dionisi Pucci una let-
tera circa il fatto di Marciano: e lo prega a voler provvedere presto
in proposito, « perchè se fa per le V. S. ».

26, — Med. av. Pr. XXXVI, 1207. Ex Foiano, 1478, ott. 13.
Bernardino da Todi a Lorenzo di Piero de! Medici

« So certo che V. M. sentirà quello che nui habbiamo facto lunedì
a dì XII del presente: advengha che la Domenica innanzi eravamo an-
dati intra Lucignano et Asinalonga per asaltare la scorta et le ve-
ctuarie, et mai non se volsoro atacchare cum nui: come ho decto di
sopra, lunedì andammo fora a bona hora et andammo ad asaltare una
altra scorta la quale stava tra el monte di Sansavino et Lucignano. Li
nostri balestrieri a cavallo andarono per fine tra loro, et pare che el
diavolo voglia che mai vogliano escire ad ataccarse: pure, quello che se
sia, imbactisse questo signore Cola Gaietano in campagnia cum cinque
cavagli et atachósse con certi nostri fanti et certi balestrieri a cavallo
de li mei; sentendo el rimore, andárgli a trovare et così se dirizzò là
tucta la fila. Di che achadè che uno mio gli decte de una saecta nel
pecto; uno del Corso giogne li et anchora lui el martella; uno del Conte
di Pitigliano gli fere de una giannecta nella coscia dello cavallo: ogni
homo voleva che fosse suo pregione. Havendo lui amicitia col Corso
per li tempi passati, se rendé a lui. Né el Corso né Giovanni da Na-
poli né io non eravamo apresso ad uno mezzo miglio.

Per non dar tedio ad V. M., non serivaró più in là. Stia V. M.
de bona voglia. Ogni di ve havemo faeto sentire cose nove: et cosi
continuo faremo per l'avenire ».

Bernardinus de Tuderto, etc.

\
102 G. DEGLI AZZI
27. — [Med. av. Pr. XXXVI, 1210]. Foiano, 1478, nov. 16.

« Bernardinus de Tuderto, armorum etc. », a Lorenzo de’ Medici.

Lo prega a volersi adoperare perchè gli « venga spacciato uno
| mandato » di credito verso la Signoria di Firenze, di cui da più di un
mese avea chiesta la liquidazione ricevendone solo buone parole. Dice
meravigliarsene assai, « perchè non mi pare servire nè ancho esserme
portato sì male che meriti esser tenuto adirietro: chè usarò questa pro-
sunzione, che le V. S. non hanno tanto soldato per la qualità mia che
habbia fatto quell’ onore et utile alle S. V. ch’ò fatto io, nè ancho fa-
ciesse per la V. S. quello farìa io ... ».

sie Servitor

Bernardinus de Tuderto, armorum, ete.

28. — [Med. av. Pr. XXXVIII, 551]. Città di Castello, 1482, ott. 26.

| Niccolò Vitelli a Lorenzo de’ Medici.

| | « Magnifice vir ac mihi domine precipue, etc.

T Ad mia satisfactione mi è parso, quantunche mi renda certo da
ser Andrea mio V. M.tia intenderà più diffusamente, notificarli come
giovedì .XXIIII. del presente, a hore tre:di nocte, ne fu facto segni
da li nostri castella, secondo l'ordine dato, che certe monitioni de fa- |
rina et artigliarie, preparate a la Fracta per mandarle a Celle, erano |
in camino. Et non havendo altramente chiarezza dí la scórta ce fusse, |

mi mossi subito cum Jovanni et Camillo et circa trecento fanti de la
| terra, et andai a certo passo per impedire, sperando havere spalle da'
pep nostri fanti, [che] erano in el piano di sotta, et anche da' provisionati
| Sh de Torre. Li fanti non possettoro havere l’ adito per essere il Tevere

ingrossato, et quelli da Torre non vennero a tempo; chè, statim arri-

| vassimo al luoco, scontrammo li nimici, et fu necessario essere a le
eS n mani eum loro. Et primo ingressu li rebuttassimo, et cum la gratia de
| | Dio, che non abbandona la iustitia, le dessimo in piega in modo che
de loro non se siria hauto altro che le spalle. Rimasero pregioni Berar-
dino da Todi cum tre homini d'arme et sei overo otto de li altri: da
li quali intendendo pur li nimici essere grossi et de’ cavalli et de'
fanti, mi parse tenere la briglia in mano, perché de faeili ne hava-
rieno possuto fare danno et vergogna, essendo noi deboli, et precipue
di homini d'arme, che sono distribuiti per comodità et guardia di di-
versi luochi, et pochi se trováro in sul facto », etc.
NOTE BIOGRAFICHE E BIBLIOGRAFICHE

INTORNO

a PAOLO ROLLI

CON APPENDICE DI SEI LETTERE SUE AL MURATORI

Paolo Rolli (1) nacque, com’è risaputo, a Roma il 13 |
giugno 1687 da Filippo, originario della Borgogna, e. da i;
Marta Arnaldi di Torre Ceccona nella diocesi di Todi; e |
nellingegno suo di poeta si temprò l idillico sentimento
umbro con l’arguzia francese. Dopo i primi studi letterari,
ebbe maestro il Gravina, che lo istrui nelle lingue classiche,
specialmente nel latino, e l'ebbe carissimo, prima del Meta-
stasio, e lo presentò, improvvisatore, ai letterati che affol-
lavano Roma: fu iscritto all’ Arcadia, col nome pastorale di
Eulibio Berentiatico, e a quella dei Quirini. A questo periodo

(1) La fonte più antica, se non la principale, per la vita del Rolli sono ancora DE
le Memorie dell’ab. G. B. Tondini, premesse alla raccolta de’ suoi epigrammi: Mar- HERE
ziale in Albion di PAoLo RoLLI ecc., Firenze, Moücke, 1776. Da esse esclusivamente
attinse il Carducci nella prefazione ai Poeti erotici del sec. XVIII (Firenze, Barbéra,
1868), e ne derivò parecchi errori rimasti a lungo nella biografia del Rolli. In questi
ultimi anni s'é avuto un nuovo fervore di studi rolliani, per merito del prof. SESTO
FASSINI, il quale del Rolli s' é occupato in diversi lavori eccellenti e conclusivi, che
citerò nei luoghi opportuni; e della sig. IDA LuIsI, la. quale ha pubblicato solo un
saggio delle sue ricerche sul poeta settecentesco (Un poeta editore del Settecento,
nella Miscellanea di studi crit. pubbl. in onore di Guido Mazzoni, Firenze, tip. Ga-
lileiana, 1907, II, 235 sgg.). Queste mie modeste note rolliane, messe insieme ad illu-
strazione di ciò che del Rolli lirico discorsi nel mio vol. sulla Lirica (Milano, Val-
lardi, in corso di pubbl.), eran già distese, prima che venisse in luce l'articolo della
Luisi; ma ciò che vi ho raccolto mi pare conservi ancora il suo interesse, e però
mi sono indotto a inserirle in questo volume, che la R. Deputazione umbra dedica
alla città materna del R«lli. RED e e E
; A r5 dA, :
A ————M— M "Pl. We

104 A. SALZA

romano, e alle relazioni letterarie del Rolli, si riferiscono
En aleune sue poesie di soggetto accademico ed encomiastico.
| In quei tempi frequentò lo Zappi, verso la vedova del quale,
la famosa Faustina Maratti, serbò per molti anni cordiale
{Ness amicizia; e gareggiò di versi estemporanei con la giovinetta
i musa del Metastasio, per il quale sin d'allora dovette con-
cepire quel sentimento, cui non sapremmo dare altro nome
: che d'invidia, ch'egli provó costantemente e che andó au-
ill mentando col passar degli anni, mentre la fama del poeta
cesareo cresceva e si diffondeva maggiormente. Oscuri del
i resto, così pel Rolli come pel Metastasio, sono i particolari 3
| della giovinezza trascorsa a Roma, e per qualche tempo

| forse anche a Napoli.

MSS Come e per quali cause il Rolli.si decidesse ad emi-
USI grare dalla patria non sappiamo: amor del nuovo e spe-

cq ranza di migliorar la sua fortuna forse ve lo indussero, seb-
| bene egli andasse a Londra senza una occupazione rimune-
rativa assicurata. L'idea di sceglier l Inghilterra per sua
| dimora dovette essergli suggerita da qualche inglese, da lui
| | i I conosciuto a Roma, dove molti ne convenivano allora, e sup-
| | 028 (nr ‘poniamo da Lord Steers Sembuck, che lo condusse a Lon-
| e dra e per alcuni mesi lo ospitó splendidamente, finché non

tcs lo presentó a Corte.

I Il nome di Lord Sembuck (1) é fatto dal Tondini; ma
| noi lo accettiamo con le debite riserve, non tacendo che se-
condo altri (2) il Rolli seguì a Londra il principe di Boling-
broke, e, secondo un altro contemporaneo di lui, Lodovico
Coltellini (3), egli andò in Inghilterra con Lord Pembroke.
Ond'é a noi più volte balenato il sospetto che il cognome
Sembuek sia errore di stampa (le Memorie del Tondini ne

(1) Non « Serbruck » come trovo nel Manuale D' Ancona Bacci.
(2) Vedi la Biographie Didot.
(3) Nel citato Marziale, dopo le Memorie del Tondini, a p. 59.
NOTE BIOGRAFICHE E BIBLIOGRAFICHE, ECC. 105

abbondano) in luogo di Pembroke (1) Non e questione che
noi possiamo .definire; ma giova intanto notare che nelle
poesie del Rolli non v'é ricordo alcuno di un Lord Sembuck,
mentre da esse risultano molte delle relazioni del poeta con
patrizi italiani e inglesi, e abbiamo invece un sonetto alla
contessa di Pembroke, Maria How, lodata perché imita « il
glorioso esempio »

Dell' immortal consorte, al cui superno
Merto fér l'arti e le scienze un tempio (2).

In che anno il Rolli andó in Inghilterra? Verso il 1115,
dice il Carducci; infatti del 1716 sono, stampate a Londra,
la sua edizione delle minori poesie volgari dell’ Ariosto e
una canzone per un arciduca d'Austria, il tanto atteso erede
di Carlo VI e dell'imperatrice Elisabetta, non destinato a
succedere al padre. Una maggior precisione cronologica ci
consente l'agente estense, ab. Giuseppe Riva, del cui carteg-
gio ci serviremo più oltre, scrivendo al Muratori da Londra
il 31 gennaio del 1716: « È qui giunto da Roma col fratello

(1) Non meravigli il lettore la nostra supposizione: nelle citate Memorie una
lettera del Frugoni é sempre detta di un ab. Dragoni! La sig. LuIsi (Op. cit.,
p. 239) fa senz'altro il nome di lord Pembroke, e aggiunge che il Rolli si fermò
alcun tempo a Parigi, presso i! conte di Dalrymple, ambasciatore del re d'Inghil-
terra.

(2) All’ Eccellenza di Maria How Herbert, contessa di Pembroke e dama d'onore
di S. M. Britannica, fu dedicato il seguente libretto del nostro: David e Bersabea |
Oratorio | di | PAOLO ROLLI F. R. S. | Composto da | Nicolò Porpora | Per la Nobiltà
Britannica | Londra: | Per Sam. Aris .MDCCXXXIV. Quest’ oratorio non é compreso
fra quelli raccolti nel primo volume (il solo pubblicato) dei Componimenti | poetici |
in vario genere | di | PaoLo ROLLI | Compagno della Reale Società | in Londra. | Nuova
edizione | accresciuta di molte cose inedite | e divisa in quattro Tomi.|In Verona
MDCCXLIV | Per Giannalberto Tumermani; ma doveva trovar posto nel II vol., come
appare dall’ elenco che é nel volume citato. Alla contessa di Pembroke il libretto
del David è offerto con un debole sonetto laudativo, che non fu più ristampato dal
Rolli, e che comincia:

Amore, il cieco Amor, ne’ lacci suoi
Trasse in trionfo anime grandi, è vero ...

(Vedilo ora riprodotto da Sesto FassiNr, nelle sue belle ricerche Il melodramma
italiano a Londra nella prima metà del Settecento, Torino, Bocca, 1914, p. 109).
106 A. SALZA

di Lord Stairs l'abate Rolli, bravo poeta e meraviglioso im-
provvisatore, che io conosceva molto bene a Roma, onde
ambedue siamo stati ben contenti di qui ritrovarci » (1).
Questa lettera del Riva ei permette di asserire che il Rolli
giunse a Londra nel gennaio 1716 o poco prima.

Dal nobile inglese, che l'aveva condotto a Londra, il
Rolli fu presentato a Corte. Nel 1714 era morta, compianta
da tutto un popolo che l'adorava, l'ultima degli Stuardi, la
regina Anna, dopo un regno di dodici anni. Sicchè essa non
potè in alcun modo essere protettrice del Rolli, come affermò
il Carducci e dopo di lui non pochi altri. Era succeduta la
Casa di Brunswik (Hannover) con Giorgio I (1660-1727), non
bella figura d’uomo, in discordia col figlio, crudele castiga-
tore della moglie Sofia Dorotea, principessa di Lüneburg-
Zell, dalla quale aveva divorziato per voci, che si dissero
calunniose, sparse sul suo conto, dopo aver fatto assassinare
il conte svedese di Kónigsmark, sospettato di esser l'amante
di lei. E l'infelice principessa visse relegata nel castello di
Alden (ducato di Zell) e vi mori, dopo trentadue anni di
clausura, nel 1726, pochi mesi prima di Giorgio I.

Ma a tempo del Rolli la Corte d' Inghilterra era rallegrata
dalla presenza della bella e intellettuale Carolina Guglielmina
di Anspach, moglie del principe Giorgio di Galles (2), che suc-
cedette al padre col nome di Giorgio II:. essa fu donna di
singolari doti d' animo e d'ingegno, e con Sir Robert Wal-
pole fu costante e acuta consigliera del marito fino alla
morte sua immatura avvenuta il 20 novembre 1737. Dalle
nozze del principe di Galles e di Carolina d'Anspach nac-
quero diversi figli, tra cui Federico Luigi, principe eredita-

(1) Nelle ricerche del Sola, che citiamo piü innanzi, p. 308. Secondo la LUISsI
(p. 239), il Rolli partì dall’Italia nell’ estate del 1715; ma poiché egli si fermò un po’
di tempo a Parigi, è ben probabile che sia giunto a Londra non prima della fine di
quell’ anno. Lo Stairs (o Stair?) ricordato dal Riva era, come credo, un Dalrymple.
(2) Era figlia di Giovanni-Federico, margravio di Brandeburgo-Anspach. Suo
marito (poi Giorgio IT), nato nel 1683, ammogliato nel 1705, mori nel 1760.
NOTE BIOGRAFICHE E BIBLIOGRAFICHE, ECC. 107
rio (1), e Giorgio e alcune principesse: il principe ereditario
fu in gravi discordie con Giorgio IT, come 2c questi con
Giorgio I.

Della giovine famiglia di Giorgio IT, fin da quando que-
sti era soltanto principe, il Rolli fu maestro di lingua ita-
liana. E godette il favore particolarmente di Carolina d'An-
Spach e del principe Federico. A questo dedicó, come ve-
dremo, la traduzione del Paradiso Perduto; e alla madre di
lui, quand'essa divenne regina (1721), dev'esser diretto un
sonetto del Rolli:

Alla gran Donna che al britanno trono

Guidan del pari il proprio merto e il fato:
ella ha protetto in lui le itale muse, che le rendon grazie
di carmi:

Cortese Ella v’accolse, e in nobil dono

Dievvi in oro il suo volto effigiato :

Don simile a chi ’1 dié, chè tutte sono

Le doti eccelse nel metal pregiato (2).

Dell'insegnamento della nostra lingua alla Corte inglese,
del metodo seguito (un suo metodo parallelo, facile e pro-
gressivo) il Rolli parla nella lettera (11 ottobre 1749) al Fru-
goni, che lo aveva interpellato se avrebbe accettato di dar
quello stesso insegnamento alla ducale famiglia dei Borboni
di Parma; al che il Rolli non si mostrò avverso, purchè gli
sì desse un onorario di trecento scudi annui. In Inghilterra,
sappiamo ancora da lui, aveva 400 scudi (3), e gli fu con-

(1) Nato nel 1706, premori al padre nel I751. Il Riva lo designava al Muratori
(1729) come: « un angelo di faccia e di costumi ».

(2) Stampato forse primamente nell’edizione 1753 delle Rime del Rolli, II, p. 81.
Il Rolli dedicò, a Carolina, ancorà « Principessa di Vallia », un suo melodramma
(Alessandro | Drama | di | PAoLO RoLLI. | Londra: | By Thomas Edlin ecc. 1726), che
fu musicato dal Hündel, e ristampato dal Rolli nella citata edizione del 1744. Degli
altri melodrammi del Rolli, quasi tutti dedicati a gentildonne inglesi, il Muzio
Scevola fu dedicato a re Giorgio I, e il Floridante - ACE di Galles (che fu
Giorgio II). Cfr. per l’Alessandro, FASSINI, Op. cit., p.

(3) & dir la verità, nella lettera al Frugoni si Blk di 100 scudi (fee dedte in
Albion, p. 73), secondo la stampa che ne abbiamo; ma il Tondini, attingendo da
essa, nelle Me»iorie dice appunto 400. e noi crediamo ad un errore nella prima

Ts ET

cogli SR

»

n
hi

X 108 A. SALZA

cesso di arrotondare questa non lauta somma con lezioni di
| lingua italiana nelle nobili famiglie, e co' suoi melodrammi,
| DI che gli furon pagati dugento scudi l'uno, oltre il ricavo della
| | vendita dei libretti. È da'aggiungere che un utile non indif-
ferente dovettero dargli anche le sue traduzioni e le edizioni

tRNS di autori italiani.
in s Sicchè e per l'ufficio ch'egli ebbe e per le relazioni e È
| mf per l'opera sua di divulgatore instancabile, nella lontana In-
ghilterra, della lingua e della letteratura nostra, al Rolli
spetta un merito particolare, finora non riconosciutogli quanto
si dovrebbe, quello di iniziatore quasi e grande fautore, nel
secolo XVIII, degli scambi letterari fra l'Italia e la Gran
Bretagna (1).

Quel che nel campo puramente letterario faceva il Rolli,
in altro campo in quei medesimi anni faceva l'ab. Antonio
È Conti, spirito coltissimo, intermediario fra la scienza e la fi-
losofia inglese e tedesca e quella italiana. Recatosi in In-
ill | ghilterra nella primavera del 1715, quasi contemporanea- i
| E I | mente al Rolli, il Conti conobbe il Newton, e dalla favorita
B d di Giorgio I, la contessa di Kielmansegge, fu presentato a
HB d Corte: Corte colta e filosofeggiante, dove tutti, segnatamente
| Il EE I la principessa di Galles, la futura protettrice del Rolli, si
IH davan l'aria di intenditori di filosofia, e nella quale trion-
fava il grande Newton, sovrano della scienza. Dotato di col-
SR tura enciclopedica, fresco delle questioni dibattute nella. so-
cietà francese, il Conti ebbe liete accoglienze e godette la

| | | ML cifra. Il Rolli nella sua lettera dice che sperava tornar in Inghilterra, quando fosse

| re il Principe di Galles (Federico-Luigi), per istruire, con stipendio triplicato, la

Ti | famiglia di lui. Ma Federico-Luigi mori, come vedemmo, nel 1751 e suo erede fu il

il | futuro Giorgio III (1738-1820). Una minuzia: presso il Tondini la data della lettera

TH cit.,à il 4 ottobre 1749: la correzione 11 ottobre é sicura, per le ricerche della

sig. LUISI (p. 241 n.).

| | (1) Rimando su questo argomento al volume di A.GRAF, L'anglomanta e Vin-
i | : flusso inglese in Italia nel sec. XVIII, Torino, Loescher, 1911, dove il nome del Rolli

| HER occorre più volte e specie a p. 56 sgg., 203 sgg. Cfr. anche la recensione di E. PER-

|

|

|

i

Jl

copo a questo vol. (nella Rassegna crit. della lett. ital., 1913), e, col citato studio
del Fassin', l'artic. della sig. LUISI, p. 240 sgg. D.
NOTE BIOGRAFICHE E BIBLIOGRAFICHE, ECC. 109

famigliarità del re e della principessa, presso i quali in-
darno il Leibniz tentó di metterlo in cattiva luce. Era que-
sto uno dei vantaggi derivati all’abate padovano dalla sua
mediazione tra i due inventori del calcolo differenziale (1),

Al Rolli e al Conti, nella storia delle relazioni letterarie
fra l'Italia e l'Inghilterra, spetta un posto principalissimo :
essi sono degni antecessori di Giuseppe Baretti, che per
questo rispetto continuerà degnamente l'opera del Rolli. Noi
non intendiamo di dare qui à questo tema interessantissimo
tutto lo svolgimento che merita; solo raccoglieremo le notizie
che l'esame delle opere rolliane ci offre, e metteremo in
luce le singolari benemerenze del nostro. Delle quali non
ultima, e di recente studiata, é quella d'aver unito l'Italia
e l'Inghilterra, nei grandi nomi di T. Tasso e di G. Milton,
difendendo, precursore di Aristarco Scannabue anche in que-
Sto, contro l'animosità parziale del Voltaire, l' opera loro
di poeti; e non minore l’altra d'aver giudicato con cri-
terio diritto e libero dai preconcetti, che il Conti ebbe an-
cora in parte, il dramma dello Shakespeare, di cui, sempre
con intenzione avversa al Voltaire, tradusse il soliloquio
d'Amleto, come vedremo piü oltre. Di queste sue beneme-
renze l'Inghilterra ricompensava il Rolli, oltre che con i
guadagni pecuniari che gli permisero poi, tornato in patria,
di terminare in tranquilla agiatezza i suoi giorni laboriosi,
aggregandolo, come Compagno, alla Società Reale di Lon-
dra (2) cui appartennero- allora anche altri illustri italiani.

Utili informazioni sugli italiani in Inghilterra, durante
il regno di Giorgio I e Giorgio II, ci dà l'agente estense
ab. Giuseppe Riva, già citato, nel suo carteggio col Mura-

(1 Mi permetto di rinviare, per quel che riguarda il Conti, al mio volume
L'ab. Antonio Conti e le sue tragedie, Pisa, Nistri, 1898, pp. 20-27.

(2) Il che avvenne, secondo la List (p. 257) nel 1728 o '29. Dell' autorità e delle
benemerenze del Rolli è conferma il fatto che a lui si rivolgevano studiosi inglesi
di cose nostre: così per consigli si rivolse a lui Gionata Richardson, prima di pub-
blicare un sonetto di Raffaello da lui trovato a Londra (v. G. VANZOLINI, nella Ras-
segna bibliogr. dell’arte italiana, V, 43 (1902).

'
110 A. SALZA

tori (D, che ci fa rimpiangere che l'importanza dell’ episto-
lario del grande storico, con tanta liberalità raccolto e pub-
blicato dal marchese Matteo Campori, non sia stata arric-
chita (in quale misura puó giudicarsi da questo solo esem-
pio) con gli estratti più o meno diffusi delle lettere de’ suoi
corrispondenti. Nelle sue lettere il Riva, che è un mirabile
corrispondente, dà una quantità di informazioni, che ben do-
vevano soddisfare la curiosità del Muratori, il quale per me-
rito della sua attivissima corrispondenza epistolare fu, può
dirsi, l'uomo d'allora più informato delle cose grandi e pic-
cine del tempo suo. Da Londra il Riva lo informa nel 1716
dell’arrivo del Rolli, come s’ è visto; e gli parla inoltre del-
lab. Conti, favorito dal re e dalla principessa di Galles, e
ascritto in quell'anno alla Società Reale, certo su proposta
del suo grande amico il Newton, al quale spetta il merito
d'aver proposto al dotto consesso anche il Muratori (2): vi
apparteneva già, con altri italiani, il Vallisnieri. Il Muratori
rispondeva al Riva (27 giugno 1716): « Ben sapeva io del
felicissimo talento del sig. Rolli, che faceva miracoli in Roma
nellimprovvisare. Ne ho ora avuto sotto gli occhi un bel-
lissimo attestato nel sonetto suo sopra il vascello del signor
Duca di Savoia, ma specialmente nella spiritosissima can-
zone sopra la nascita dell’ Arciduca ». E alludendo anche al
Conti, concludeva: « Di questi ingegni straordinari in Lon-

(1) Le togliamo da un interessantissimo articolo, rimasto poco conosciuto, di
ERCOLE SuLA, Curiosità storico-artistiche-letterarie tratte dal carteggio dell’ inviato
estense Giuseppe Riva con -L. A. Muratori (negli Atti e Mem. d. RR. Deputas. di st.
patria per le prov. modenesi e parmensi, Serie III, vol. IV, Modena, Vincenzi, 1886).
La ricca miniera del carteggio muratoriano non fu adoperata dal Graf nel racco-
gliere la materia del suo volume citato.

(2) SoLA, Op. cit., p. 311. Il Muratori seppe dal Conti la sua elezione alla So-
cietà Reale e ne ringrazio il Newton che la presiedeva (Epistolario di L. A. MURA-
TORI edito e curato da M. Campori, Modena, 1903, V, p. 1774 sg.) con lettera che ha
la data 4 gennaio 1716. Ma crediamo errata la data, e che invece si tratti del giu-

gno, perché il 12 marzo, scrivendo al Riva (V, p. 1789), il Muratori non era ancora

Compagno, e solo del 1 giugno 1716 è la lettera con cui ringrazia il Conti (V, 1809 sg.)
e del 12 giugno l’altra con cui partecipa la notizia al Vallisnieri (V, p. 1812).
NOTE BIOGRAFICHE E BIBLIOGRAPICHE, ECC. 111

dra due soli bastano a far onore a tutta la nostra nazione.
E viva, e viva (1) ». Il 15 maggio 1716 infatti il Riva aveva
mandato al Muratori un sonetto del Rolli, augurale per una
nave sabauda varata a Londra, che non è inutile riferire,
poiché non fu mai ch'io sappia, pubblicato dall'autore (2):

1 AL VASCELLO VITTORIO.

——À

Nel Tamigi real scendi sull’ onde .
Col nome del tuo Re, guerrier naviglio,
Ma non pensar d’abbandonar le sponde
Natie, senza varcar molto periglio.

Non bastan cheti flutti, aure seconde
Al bel ritorno d’ogni lungo esiglio ;
Chè su le calme ancor Marte diffonde
Tutto l'orror del suo temuto artiglio.

Forse fortuna con avverse chiome
Vedrai talvolta inferocir suoi sdegni;

Ma non temer, ché serva ella è al tuo nome:
Nome che dentro agli onorati impegni

^ Le opposte forze rese amiche o dome,
| Cresce in mezzo ai perigli e acquista i regni.
| A questo sonetto, che celebrava il novello regno sa-

baudo, il Riva faceva seguir degli schiarimenti: « Il signor
Rolli ultimamente venuto da Roma ha fatto il presente so-
netto nell’ occasione di essere stato messo all’ acqua un va-
E scello di 64 pezzi che il Duca di Savoia ha qui fatto fare.
| Il sonetto è nato in pochi minuti e può dirsi estemporaneo.
Quest'onorato, dotto e spiritoso giovine vuole che io l’ intro-
duca alla cognizione di V. S. Illma che stima ed onora
quanto Ella merita. Egli ha fatti alcuni endecasillabi ed al-
cune elegie sul gusto di Catullo che sono di un sapore in-
finito. Me ne farò scrivere una e gliela manderò » (2). E per
la canzone austriacante, il 28 maggio 1716 il Riva al Mura-

————

(1) Epistolario cit. V, p. 1816.
(2) Lo pubblicò il Sora, p. 313.
(3) SOLA, p. 313 sg.
fe Pe—— e — A

112 A. SALZA \

tori: « Il nostro garbato Rolli manda a V. S. Ill.ma per mio
mezzo linchiusa canzone, e, ricordandole il suo rispetto, La
Jj | prega del di Lei autorevole giudizio sopra di essa. Il parto
il H è nato nella mia stanza un dopo pranzo e quasi improvvi-
samente. Egli chiama questa canzone una chisciottata ed
una corsa o volo de’ cento cavalli del Guidi. Qui è piaciuta
BRE infinitamente per certe immagini greche e latine che vi sono,
ll |j e particolarmente da (sic) M.r Addison autore della tragedia |

| il Catone, che ha fatto tanto strepito in questo paese e |
fuori » (1) Le sue rime il Rolli pubblicò nel 1717 e una |
delle prime copie di esse riserbó al Muratori (2).

Il Rolli non doveva ancora aver risolto il problema eco-
nomico nell'ottobre 1716, se il 9 di quel mese il Riva pro-
poneva al Muratori di fare in modo che lo stampatore S0-
liani di Modena affidasse al Rolli lo smercio delle opere di
| sua edizione da lui spedite a Londra (3). Il Rolli aveva,
2 ii come vedremo, stretta relazione col Conti, che forse potè
LI aiutarlo, giovandosi delle sue aderenze a Corte, a trovarvi
| un impiego, e che lo esortó a pubblicare il Lucrezio del Mar-
Ih chetti. Il Conti, dopo una grave malattia, s'era recato nel
ll 1716 in Olanda, per consiglio dei medici (4) e di là era an-
| | dato ad Hannover per vedere il Leibniz, essendo allora più
a] I che mai vive le dispute tra il grande scienziato tedesco e
| il Newton (5. Ma il Leibniz era morto giusto allora, e il

——

HI (2) Ce ne informa al solito il Riva, in una lettera che il Sola stampa come del
UH 4 maggio 1715, ma che invece dev'essere del 1717 o 1718: « Il signor Rolli, ritornato
.dalla campágna, ha già stampate le sue rime, che non son molte, ma scelte e con :
aleuni nuovi metri che ben fanao conoscere la dolcezza della nostra lingua che
HILL può servire a tanti e tanto fra loro diversi argomenti. Il libro non é ancor fuori,

| ! f perché aspetta il ritorno dalla villa del Mylord, al quale l’ ha dedicato. V. S, Ill.ma

| l'avrà de' primi che egli spedirà in Italia, ed avrà oceasione di ammirare lo spirito
(23 .di questo libero e felice ingegno ».

BS i (3) SOLA, p. 319.

E (4) SOLA, p. 320.

| iI (5) Per le quali rimando ancora al citato mio volume sul Conti. Le relazioni
js l | ‘tra il Leibniz e il Muratori furono studiate sulla loro corrispondenza da MATTEO
NR : -CAMPORI, Corrispondenza fra L. A. Muratori e G. G. Leibniz conservata nella R.
Bibl. di Hannover ed in altri istituti, Modena, Società tipografica, 1892.

4
MB 2 2 x - ps
LITI (1) SoLA, p. 314. Di questa canzone si tornerà a discorrere più oltre.
| .
Ì
|
NOTE BIOGRAFICHE E BIBLIOGRAFICHE, ECC. 113

Conti tornó in Inghilterra, sempre piü favorito dalla princi-
pessa di Galles e da re Giorgio I, coi quali si recava a vil-
leggiare a Kensington e ad Hamptoneourt: questo favore era
forse in parte un riflesso dell'amicizia dell' abate padovano
colla baronessa di Kielmansegge, alla quale parrebbe che
egli facesse un po' di corte, nonostante l'asma che lo tor-
mentava, se c'é, come pare, un po' di malignità in quel che
il Riva scrive al Muratori: che, essendo morto il barone di
Kielmansegge (nel 1717 o nei primi giorni del 1718), il
Conti, che era sulle mosse per tornare in Francia, s'era fer-
mato ancora a Londra per consolare la vedova (1).

Di quegli anni la letteratura italiana aveva molti ammi-
ratori in Inghilterra. Alcuni ragguagli particolari vedremo
piü oltre, a proposito delle edizioni di autori nostri, fatte a
Londra dal Rolli. Il Riva nel 1717 scriveva a questo ri-
guardo al Muratori, che « non si potrebbe credere quante
persone letterate di buon gusto per i libri italiani siano in
questo paese » (2). E accennava (3) alla ricca biblioteca di
Lord Sunderland, che aveva pagato 40 ghinee un Decameron
del 1527. E nel 1723 lodava la contessa di Darlington che
« legge ed intende Dante » (4).

Abbiam visto che il Soliani di Modena aveva a Londra
un deposito de’ suoi libri. Dall’ epistolario muratoriano ap-
prendiamo che le opere letterarie e morali dello storiografo
estense avevano invidiabile fortuna colà. E il Muratori pro-
curò di diffondervi anche le sue opere storiche, dedicando
a Giorgio I la raccolta Delle antichità estensi ed italiane (5),

(1) SOLA, p. 329 sg.

(2) SOLA, p. 329.

(3) SOLA, dvi e p. 337.

(4) SOLA, p. 342.

(5) La dedica della parte prima delle Antichità estensi ha la data di Modena
25 agosto 1717 (In Modena, nella Stamperia Ducale, MDCCXVII). La seconda parte
(Modena, Stamperia Ducale, 1740) fu dal Muratori dedicata a Francesco III duca di
Modena. Per i mancati compensi, v. MURATORI, Epistolario, V, pp. 1939 sg., 1955 sg.
e 1986.
114 A. SALZA

di cui la dedica gli fruttò molto modestamente. Nel 1726 (5
ottobre) il Riva informava il Muratori: « Qui ha fatto gran
rumore la storia di Napoli del Giannone, che è stimata al
pari di quella del Concilio di Trento di fra Paolo, con quel
diffaleo che si dee dare ad un giureconsulto paragonandolo
ad uno storico » (1). Anche il rivale del Muratori, il mar-
chese Scipione Maffei, aveva molti ammiratori a Londra,
dov'era già celebre da anni per la sua fortunatissima Me.
rope: nel 1728 in un sol giorno si smerciarono cinquanta
copie d’una prima spedizione della sua Arte critica diploma-
tica (2). Nel 1728 non poche feste riceveva a Londra anche
Luigi Riccoboni (Lelio), venuto per presentare a Carolina
d'Anspach, già regina (la regina « filosofessa » come amava
dirsi) (3) la sua dissertazione Sul teatro francese, a lei dedi-
cata colla Storia del teatro italiano (4). Il Riva godeva del
successo del comico modenese, e ne metteva a parte il
buon Muratori.

Nel 1723 un altro italiano, giovane già illustre, era a
Londra molto festeggiato: Antonio Cocchi, matematico, me-
dico, filosofo, conoscitore di sei lingue viventi e delle clas-
siche e dell’ ebraico, come dice al Muratori il Riva (5), pre-
conizzando in lui un « luminare » dell’Italia. Nell’estate del
1724 il Cocchi villeggiava a Kensington, « compagnia dolce
ed erudita » di re Giorgio I, e v'era il Riva e probabilmente

(1) SOLA, p. 347.

(2) SoLa, p. 352.

(3) SOLA, p. 262. ! ì

(4) SoLA, p. 350 sg. Lettera del 23 aprile. Così propriamente il Riva. Forse il
Riccoboni presentò a Carolina anche i Dell’ arte rappresentativa capitoli sei (Lon-
dra, 1728), in terzine, dedicati con lettera di Londra 16 marzo 1728 a Mylord Che-
sterfield. La sua Histotre du théátre italien etc. fu primamente edita a Parigi nel 1728,
ed ha la dedica a Carolina d' Inghilterra. Nella dedica il Riccoboni dice che aveva
pensato di far l'opera in italiano (in italiano è la dedica stessa), sapendo che la
regina intendeva a perfezione e parlava la lingua nostra, ma poi mutò idea e
la scrisse in francese per darle maggior diffusione. È illustrata da 18 bei rami di ma-
schere italiane. :
(5) SOLA, p. 341 sg. Lettera del 7 ottobre 1723.

(—
NOTE BIOGRAFICHE E BIBLIOGRAFICHE, ECC. 115

il Rolli, che già da qualche anno doveva essere istitutore
dei principi reali (1). In quello stesso anno, mentre il Rolli
attendeva alla ristampa fedelissima del Decameron giuntino
del 1527, il Cocchi traduceva in latino il romanzo di Seno-
fonte Efesio, gli Amori di Abrocome ed Anzia, per istamparlo
col testo greco (2) Sul finire del 1726 il Cocchi era già tor-
nato in Italia, lasciando a Londra ottima memoria di sé (3).

Quelle che abbiamo fin qui raccolte sono spigolature
in un campo ben piü vasto e ricco. Spigolature sono anche
le poche che scguiranno, a compimento delle informazioni
offerteci dal Riva: riguardano la fortuna del melodramma
italiano in Inghilterra nel secolo XVIII, una storia curiosa,
che recentemente é stata indagata con resultati assai note-
voli e abbondanti. In questa storia il Rolli primeggia, per
modo di dire, poichè, per migliorare le sue non agiate
condizioni finanziarie, egli con alacrità instancabile com-
pose molti melodrammi, che non valgono certo, nel no-
stro giudizio, ad accrescergli fama. In una lettera del 18
aprile 1721 (4) l'informatore del Muratori e nostro, il Riva,
scriveva che il Rolli aveva composto un dramma per musica,
il Muzio Scevola, che si sarebbe rappresentato fra pochi gior-
ni, e lo giudicava buono per quanto era possibile, dato il
modo di scriver drammi musicali in Inghilterra. Quest’ ul-
timo giudizio ci viene da lui stesso chiarito in altra lettera
del 7 settembre 1725: « Le opere che si fanno in Inghilterra,
quanto belle sono per la musica e per le voci, altrettanto
sono storpiate per la poesia. Il nostro Rolli, che, nel prin-

(1) SOLA, p. 844. Lettera del 10 agosto 1724.

(2) SOLA, p. 345 sg. Lettera del 18 ottobre 1724.

(3) SoLA, p. 348. Il Cocchi trattò del suo soggiorno inglese nel suo Diario, che
sì conserva ms. nella Biblioteca medica dell'Istituto di Studi superiori in Firenze,
dove poté consultarlo — ma forse senza trarne tutto il profitto possibile — la
sig. Lurst (p. 236 n.). Di quegli anni un altro illustre italiano soggiornò in Inghil-
terra, il Maffei: cfr. A. SPAGNOLO, Scipione Maffei e il suo viaggio all’estero (1732-6),
in Atti e memorie dell’Accademia di Verona, vol. 78. i
(4) SoLA, p. 339.
116 A. SALZA

cipio della formazione della presente R. Accademia, ebbe
l'incombenza di comporle, ne fece due assai buone (1), ma
essendosi poi imbrogliato coi direttori (2), questi presero al
loro servizio un tal Haym (3) romano, suonatore di violon-
cello, uomo nelle belle lettere affatto idiota, e dall' orche-
stra passando arditamente in Parnaso, sono già tre anni che
egli accomoda o, per meglio dire, fa peggiori i libretti vec-
chi già ordinariamente cattivi, de' quali si servono i maestri
di capella (sc) che compongono le opere, alla riserva del
nostro Bononcino (4) il quale ha fatte venire le sue da Roma
composte da alcuni scolari del Gravina (5) ». E il 3 otto-
bre 1725 così dissuadeva un seccatore, che s'era fatto rac-
comandar a lui dal Muratori, dal recarsi a Londra per col-
locarvi un suo dramma: « Per un altr' anno sarà pure dif-
ficile di farla accettare, perchè l'Accademia ha il proprio

(1) Una é il Muzio Scevola (del 1721), e l'altra sarà probabilmente il Nwmátore
(del 1720). Cfr. FASSINI, Op. cit., pp. 45 e 55.

(2 Accenna verosimilmente alle rivalità fra maestri di musica e fra i vari
teatri d'opera di Londra: una storia, che il Fassini ci ha fatto meglio conoscere,
nella quale emerge l’ Hàndel e in cui hanno parte diversi italiani, e tra essi il Rolli.

(3) Si trattadi Nicola Francesco Haym, nato il 1679 a Roma di genitori tedeschi,
morto l’11 agosto 1730, come dice la Biographie Didot, correggendo il FETIS (IV,
272), che dà la data erronea 1720. Tipo curioso di mezzo venturiero, era andato
a Londra per fondarvi una banca, poi mutò idea e si diede ad adattar libretti e
opere musicali italiane. La venuta del Hándel lo rovinò, sicché passò in Olanda:
donde tornato si associò al grande compositore, pel quale scrisse alcuni libretti. Fu
anche compositore musicale di qualche merito. Tentò pure la tragedia con una
Merope e una Demodice. Acquisto nuove benemerenze pubblicando a Londra una
bella edizione della Gerusalemme Liberata. Poi fu numismatico, descrivendo in
italiano e in francese Il tesoro britannico delle medaglie antiche (Londra, 1719-20,
2 voll. in 4); e infine bibliografo, pubblicando le Notizie de’ libri rari nella lingua
italiana (Londra, 1726), che ebbero assai ristampe e accrescimenti successivi. Voleva
scrivere anche una storia della musica, ma gli mancarono le sottoscrizioni e la
vita. Sicché non possiamo non dire ingiusto il giudizio del Riva, che nasconde forse
qualche animosità personale: all’ Haym invece spetta un posto notevole in quel pe-
riodo di scambi letterari e artistici tra l'Italia e l'Inghilterra, come risulta dalle
indagini, più volte citate, del Fassini, sul nostro melodramma a Londra.

(4) È il maestro modenese Giovanni Bononcini (nato nel 1672), il quale a
Londra' fu favorito dal Duca di Marlborough e dalla figlia di lui, che lo stipendiò
con 500 sterline annue, e vi compose più opere. Nel 1721 dedicò a Giorgio I certe
sue Cantate e duetti.

(9) SOLA, p. 296 sg.
NOTE BIOGRAFICHE E BIBLIOGRAFICHE, ECC. 117

poeta e le opere che vengono d’Italia non ponno servire
per questo teatro. Bisogna riformarle o per meglio dire dif
formarie per renderle in istato da incontrar favore. Pochi
versi di recitativo e molte arie qui vogliono e questa è la
ragione che alcuna delle migliori opere del sig. Apostolo (1)
non si sono mai potuto fare (sic) e che le due bellissime del
Metastasio, cioè la Didone ed il Siroe, hanno dovuto correre
la medesima sorte. Qui per altro vi sono piü poeti che non
bisogna. Oltre quello dell’ Accademia (2), vi è Rolli ed un
tal Brillanti Pistoiese (8), che fa assai bene, e tutti gli altri
restano oziosi, onde il viaggio dell'amico suo (del Muratori)
sarebbe dispendioso ed inutile » (4). Pur sapendo l’ inten-
zione del Riva nello scrivere questa lettera (5), non pos-
siamo non riconoscere per veridiche le informazioni, che egli
dà sullo scempio a cui i melodrammi italiani dovevano sot-
tostare per adattarsi al gusto del pubblico inglese. Non man-
cano altre simili attestazioni (6), e la conferma migliore ci
viene appunto dalla lettura dei melodrammi del Rolli. Pa-
ragonati a quelli del Metastasio, essi ci appaiono come ab-
bozzi o scheletri di melodrammi: senza sviluppo di caratteri,
senza compiutezza nello svolgimento dell’ intreccio, e bre-
vissimi, per esservi sacrificati quasi per intiero i recitativi.

Ma intanto il Rolli, con altre più pregevoli produzioni
poetiche e con numerose fatiche erudite e letterarie, pro-

(1) S'intende lo Zeno.

(2) Cioè l'Haym, di cui abbiam discorso prima. S

(3 Non ho notizie particolari su questo scrittore di melodrammi.

(4) SOLA, p. 298.

(5) Fu il Muratori stesso che esortò il Riva a scrivere in modo da togliere
ogni speranza al poeta, che voleva correre la ventura di un viaggio fino a Londra:
e l'onestà del fine ci fa perdonare al buon Muratori il sotterfugio epistolare. Cfr.
MURATORI, Epistolario, VI, p. 2459 (10 agosto 1725), e p. 2576 sgg. (7 settembre 1726).
Il poeta era un tal Jacopo Martinenghi di Piacenza.

(6) Così nelle Notéste letterarie oltramontane, II, p. 1^, 1743, pp. 124-127 : donde
sappiamo che l'opera italiana perdette via via favore a Londra per la cattiva poesia,
che prima fu tutta italiana, poi inglese nei recitativi e italiana nelle ariette, e poi
tutta inglese. Se gli artisti erano italiani e inglesi, ciascuno usava la propria lingua.
si Lo ce Ie PRE

t xvi

118 A. SALZA

cacciando a sè rinomanza, favoriva la conoscenza della no-
stra lingua e della nostra letteratura presso le classi più

| ll elevate e colte d’Inghilterra.
| II.

Ii Delle varie edizioni delle Rime originali del Rolli ci oc-
| cuperemo nel capitolo seguente. Qui, tralasciando anche di
|a | discorrere dei numerosi componimenti melodrammatici del
| Rolli, che sono stati diligentemente rintracciati e studiati dal
Fassini, vogliamo soltanto dare quante più notizie potremo
B sulle altre pubblicazioni letterarie del nostro autore.

È il La prima opera italiana pubblicata dal Rolli in Inghil-
ci terra furon le Satire e le Rime dell'Ariosto, che videro la luce
a Londra nel 1716, pochi mesi dopo l’arrivo del Rolli colà,
e furono da lui dedicate a Lord Giovanni Dalrymple. Do-
| vettero avere smercio discreto, e in Inghilterra e in Italia,
id Gili | dove il Rolli ne mandò un certo numero di copie, come sap-
id piamo da una delle sue lettere al Muratori; e nel 1724 il
lE) Rolli si rivolgeva al Muratori per aver notizie o cose ine-
i dite dell' Ariosto, di cui aveva speranza di pubblicare pre-
lli I sto una seconda edizione. Ma questa seconda edizione non
B potè esser fatta prima del 1131, nel qual anno le Satire e le
TM Rime ariostesche furono ristampate di nuovo, e smerciate
ii l anche con la data di Amburgo, 1132 (1). Chiara e nitida

(1) Di quest'ultima e iizione (pp. 212 in 8) abbiamo visto un esemplare nella
Nazionale di Torino: Delle | Satire e rime | del divino | Lupovico ARIOSTO | Libri II. |
Con le Annotazioni | di PAOLO ROLLI, | Compagno della Società Reate, | Nuovamente
dal medesimo accresciute e corrette. | Amburgo, | Presso Abramo Vandenhoek. |
MDCCXXXII. Ma in fine si ha l'identico frontispizio con la data « Londra presso
Abramo Vandenhoek MDCCXXXI ». Anche questa edizione é dedicata AU’ Eccellenza
di Lord Giovanni Dalrymple, conte di Stair ecc. Il Rolli compose anche un'ode pel
barone Giorgio Dalrymple, parente del precedente (ediz. 1733 delle Rime, p. 24 sg.).
| Dell'edizione ariostesca del 1716, curata dal Rolli, vedi quel che dico piü oltre, in
Al (tl una delle note seguenti. Cfr. anche G. TAMBARA (nell' introduzione alla sua ediz,

M li delle Satire dell'Ariosto, Livorno, Giusti, 1903, p. 33 sg.), il quale ha visto un esem-
I plare con la data di « Londra, 1731 » nel frontespizio, e da cui sappiamo che que-
sta fatica ariostesca del Rolli ebbe un'altra edizione a « Londra, per Oliviero Payne,
nel 1735 ».
NOTE BIOGRAFIOHE E BIBLIOGRAFICHE, ECC. 119

è la stampa di questo Ariosto, di scarso valore sono il testo
e le note del Rolli, che non sappiamo se ricevesse le comu-
nicazioni promessegli dal Muratori.

Il 26 giugno 1716 l'ab. Riva, il quale ci ha già offerte
interessanti notizie sul Rolli e su altri italiani emigrati in
Inghilterra, scriveva al Muratori, dandogli notizia di una
nuova impresa letteraria, anche piü meritoria della prece-
dente, a cui attendeva il poeta romano, la stampa della tra-
duzione di Lucrezio fatta da Alessandro Marchetti e rimasta
inedita in Italia: « Il nostro bravo Rolli, per insinuazione
del Sig. Abate Conti e di tutti i letterati più distinti di que-
Sto paese, stampa in 4° grande la famosa traduzione di Lu-
crezio fatta in versi sciolti dal celebre Marchetti... ». Il
Rolli aveva intenzione di dedicar l'opera al Duca di Mo-
dena, e il Riva caldeggiava questa proposta presso il Mura-
tori, di cui chiedeva il parere, concludendo: « Ella sa poi
che vi vorrebbe un regalo a Rolli » (1). Ma la cosa non ap-
prodò, per gli scrupoli religiosi del Duca d' Este, del quale il
Muratori (24 luglio 1716) si faceva interprete scrivendo al Riva:
il Duca si scusava dicendo che quella dedica, di che sarebbe
pure stato gratissimo al Rolli, non gli sarebbe di troppo
onore, perchè in Italia il libro verrebbe subito proibito (2).
Inutilmente il Rolli insistè con la sua lettera del 3 agosto,
da noi pubblicata in appendice, che pervenne al Muratori
insieme ad altra del Riva (3); fallito il tentativo presso il
Duca di Modena, ed essendo nell’ottobre di quell’anno già
ben avviata la stampa del poema, dovette pensare ad altro
principe, e trovò più benigno Eugenio di Savoia (4), il grande
capitano esaltato dal Rolli anche in un’ode e in un sonetto.
Così si adempiva il desiderio dell’ab. Antonio Conti, libero

(1) SoLA, Op. cit., p. 315 sg.

(2) MURATORI, Epistolario, V, 1821 sg., dove il nome del. Rolli è stampato per
errore Rossi; e vedi anche a pp. 1838, 1849.
(3) SOLA, p. 817.
(4) SOLA, p. 319.
190 A. SALZA

e ardito ingegno, e di molti altri letterati e pensatori. L'e-
dizione (adorna di un rame che rappresenta, traendo il sog-
getto dall’ invocazione del poema, Marte adagiato presso Ve-
nere) uscì nel 1717, con prefazione del Rolli, che v’ assunse
lo pseudonimo di P. Antinoo Rullo (1). L'editore dice di
avervi posto ogni cura, e incontrato qualche incertezza non
lieve, « benchè oltre una copia venutami d'Italia, io ne abbia
qui trovata un’altra migliore somministratami dall’ Illustris-
simo Signor Giovanni Molesworth (2), il quale poc' anni sono
fu inviato di questa Regia Corte all’ A. R. del Gran Duca di
Toscana oggi regnante ».

La pubblicazione del Lucrezio fu allora, come ognun sa,
impresa audace; delle possibili obbiezioni di qualche spirito
troppo timorato, il Rolli si difendeva, oltre che nella lettera
al Muratori del 3 agosto, nella prefazione, con queste parole:
« Simili letture non debbono aver per loro meta la religione
e la fede, ma l'erudizione solo di quel che pensarono gli an-
tichi et il diletto d'ammirare il bello dell’ opre loro, per
trarne con diligente scelta il dolce dall’ amaro, e farsene un
proprio tesoro ». Ma il Lucrezio fu proibito, e il buon Mura-
tori, scrivendone all'ab. Riva (9 marzo 1719), chiedeva: « Che
ne avrà detto il signor Rolli? » (3).

(1) Di Tiro LUCREZIO CARO | Della Natura delle cose | Libri sei | Tradotti | da
ALESSANDRO MARCHETTI | Lettore di Filosofia e Mattematiche (sic) | Nell’Università di
Pisa | et | Accademico della Crusca. | Prima edizione. | Londra | Per Giovanni Pickard.
MDCCXVII. Cfr. G. CARDUCCI, Opere, Bologna, Zanichelli, 1889, II, p. 250, cui sfuggi-
rono le informazioni date dal Riva. L’edizione é in-8 (forse se ne trassero anche
copie in-4), e fu poi falsificata, come avvisa il Carducci. Ne abbiamo veduto una
copia autentica nella Nazionale di Torino. La dedica al principe Eugenio é datata:
4l 19 del 1717.

(2) Lo stesso per le nozze del quale il Rolli aveva scritto un sonetto (Rime,
Verona, 1733, p. 114).

(3) MURATORI, Epistolario, V, p. 1975. Sappiamo dal BoNo1 (Annali di G. Giolito,
Roma, 1890-3, I, 284 n. 3) che l'Ariosto rolliano del 1716 e il Lucrezio del 1717 si cre-
dettero stampe clandestine di Napoli. Il Bongi riferisce un passo d’una lettera ined.
di A. F. Marmi (19 giugno 1717) al p. Berti di Lucca, ove si dice che il Lucrezio era
già stato proibito a Venezia, e se n'aspettava la proibizione a Roma: « Apparisce
stampato a Londra; ma io so di buon luogo che l'ediz. è di Napoli; così quella
delle Satire dell'Ariosto ».
NOTE BIOGRAFICHE E BIBLIOGRAFICHE, ECC. 121

Nel 1718 fu la volta del Pastor Fido del Guarini, di cui
il Rolli pensava di dare una nuova edizione con bei rami,
fin dal 1717, secondo quel che ci dicono due delle lettere
al Muratori da noi pubblicate in appendice. Risulta anche
da esse che il Rolli pensava di dedicare al Guarini due vo-
lumi, uno per il dramma e per le rime scelte, un altro per
le prose; e richiese al Muratori notizie biografiche e cose
inedite per meglio compire l'impresa. Purtroppo il non
aver potuto vedere questa edizione del Pastor Fido (1) ci
impedisce di dire se essa si limitò alla tragicommedia gua-
riniana o serbò le proporzioni dapprima disegnate dal Rolli,
e se la vita del Guarini scritta da lui si arricchi delle let-
tere inedite del cinquecentista, che il Muratori aveva offerte
all'amico di Londra.

Quindi il Rolli si diede ad un’impresa anche più grave,
ristampando i berneschi italiani e il capolavoro di Giovanni
Boccaccio. Nel 1721 infatti pubblicava, sempre in bella edi-
zione, sulle due stampe giuntine del 1548 e 1552 curate dal
Lasca, il primo volume delle poesie bernesche (2), dedican-
dole a Tommaso Coke di Norfolk, già da lui conosciuto in
Italia, e facendole seguire (pp. 439 549) da molte note sue e
di Antinoo Nivalsi, nel quale è da ravvisare, nel facile ana-
gramma, Anton Maria Salvini (3). Il secondo volume, che
riproduceva la raccolta giuntina del Lasca del 1555, uscì nel

(1) Cfr. per essa l’indicazione bibliografica data da V. Rossi, B. Guarini e il
Pastor Fido, Torino, Loescher, 1880, p. 316, e anche p. 3 in nota.

(2) Il primo libro | delle | Opere burlesche | di M. FRANCESCO BERNI, | dî M. Gio.
DELLA CASA, del VARCHI, | del MAURO, | del Bino, | det MoLza, del DOLCE, | e del FIREN-
ZUOLA. | Londra, per Giovanni Pickard, MDCCXXI. Per questa edizione bernesca,

| Cfr. A. VIRGILI, Francesco Berni, Firenze, 1881, p. 131 sg. e p. 525 sg.

(3 Le note del Salvini sono contrassegnate da asterisco, e. non sono le meno
importanti. Tutte poi hanno un qualche valore, pur tra errori e notizie comuni.
Non conobbe queste note del Salvini il recente studioso di lui (Corparo C., Anton
Maria Salvini, Piacenza, Favari, 1906). Della minuzia erudita del Salvini il Riva
s' era riso con i dotti inglesi (SoLA, Op. cit., p. 345). Nel 1723, a cura del Rolli, si
pubblicò una delle tante traduzioni salviniane: SENOFONTE EFESIO, Degli amori di
Abrocome ed Anzio, libri V, trad. da A. M. Salvini, Londra, Pickard, 1723, in-12: il

Rolli la dedicó all' inglese Enrico Davenant da cui ebbe il ms.

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122 AL SALZA

1724 (1), dedicato a Gualtiero Plumer, membro del Parla-
mento inglese, che il Rolli aveva conosciuto a Napoli, e dal
quale aveva avuto le rare edizioni giuntine: esse facevan
parte della biblioteca del signore inglese, assai ricca di rare
stampe, molte delle quali acquistate a Napoli nella ven-
dita della « celebre » biblioteca « dell’illustre letterato Val.
letta » (2). Il Simposio (o I Beon?) del Magnifico, che chiude
il secondo volume, e che il Lasca aveva pubblicato con la-
| cune, fu dal Rolli riveduto su un manoscritto laurenziano (3).
= ili Di questa sua collezione il Rolli aveva promesso un terzo
| volume di rime bernesche d'autori meno antichi e moderni,

I ma non lo pubblicò.

i Guidi Nel 1725, con riscontro quasi centenario, il Rolli ristam-
iro pava il Decameron giuntino del. 1527 (4). L'opera, in ricca
edizione in 4° grande, fu fatta per sottoscrizioni, a capo
BU ul delle quali troviamo, tra molti nomi illustri, italiani e stra-
VITRE nieri, quello di Eugenio di Savoia. La dedica è ad Antonio
| Si | Rambaldo di Collalto, personaggio di gran nome nell'impero
I I I | austriaco e patrizio veneto, quello stesso a cui il Muratori
il Si aveva, una ventina d'anni innanzi, dedicato il suo Petrarca.
ABB EA Il Rolli in questa ristampa impiegò cure diligenti e lunghe,
| non. solo riproducendo integralmente, pur nell’ ortografia, pa-
gina per pagina e riga per riga, l'edizione giuntina (5), ma

(1) I1 secondo libro | delle | Opere burlesche | di M. FRANCESCO BERNI, || del MOLZA,
di M. Bino, di M. LuDovico | MARTELLI, dî MATTIO FRANZESI, | dá P. ARETINO e d’al-
(LETI tri | autori. | Con aggiunta in fine | del Simposio | det Magnifico | LORENZO DE' ME-
Il | il Dici. | Londra, per Giovanni Pickard .MDCCXXIV.

MITI (2) Giuseppe Valletta, sul quale vedi; A. BORZELLI, Accuse în G. Valletta, Na-
poli, Cosmi, 1891.

(3) Anche in questo volume abbiamo le note del Rolli e del Salvini (pp. 435 491).

Nello stesso anno 1724 il Rolli tradusse la commedia The conscious Lovers (Gli
amanti interni, Londra, 1724) di Riccardo Steele : di questa traduzione conosco
BS solo la notizia che ne diede A. GRAF, L’Anglomania ecc., p. 204.
B Ilii | (4) IL| Decameron | di Messer | GiovaNNI Boccaccio | Del MDXXVII. La Bio-
| 4 Id graphie Didot ci informa, nell'articolo sul Rolli, che un'altra edizione, in-12 e in
iE M due volumi, ne fu fatta, sempre a Londra, nel 1737. Che la stampa si facesse nel
| 1725 risulta dalla polemica, di cui parliamo più oltre nel testo.

(5) Così informa il Riva in una lettera al Muratori, fin dal 18 ottobre 1724
(SoLA, p. 345). :
NOTE BIOGRAFICHE E BIBLIOGRAFICHE, ECC. 133

premettendovi un'assai dotta prefazione sulle stampe e sui
manoscritti del capolavoro boccaccesco. E al Decameron fece
seguire note di qualche importanza, anche perché in esse
Si giovó di un manoscritto di Tommaso Coke di Norfolk (1),
e una curiosa appendice in cui, precorrendo certe quasi
inutili ricerche moderne, raccolse ben 662 endecasillabi da
lui trovati per entro la prosa rotonda del Centonovelle.
Intorno alla riproduzione del Boccaccio si accese una
polemica tra il Rolli e un suo recensente. Nel 1726 si pub-
blicó a Parigi una lettera a non sappiamo qual signore (2),
nella quale pur lodando l' esattezza della riproduzione del
testo del 1527, si censuravano, non senza ragione, le Osser-
vazioni del Rolli, che, seguendo vieti preconcetti critici, aveva
ritrovato e denunciato nel capolavoro boccaccesco « parole
superflue », « periodi oscuri e senza costruzione » e altri simili
difetti. Anzi l'arguto recensente metteva il Rolli in un mazzo
con gli altri « correggitori, o guastatori » toccati al Decame-
ron nel 500, e lo diceva seguace delle « pedate del Ruscelli ».
Non manca anche qualche malignità personale, quando inci-
dentalmente (p. 19) si trattano con un certo dispregio le rime
del Rolli pubblicate nel 1717. Autore di questa critica era
un tal Buonamici toscano, al quale il Rolli non tardò a ri-
spondere. Infatti sui primi del 1728 (l'approvazione dei cen-
sori è della fine del 1727) si pubblicò a Parigi un volumetto
riproducente la lettera del Buonamici, nel 1726 stampata

(1) Il nobile inglese, lo stesso a cui il Rolli dedicò il secondo volume delle
rime bernesche, aveva acquistato questo codice con molt’ altre antichità e opere
d’arte a Reggio di Modena dal Luogo Pio di S. Spirito. Non so se questo codice sia
quello che ora fa parte della ricchissima collezione inglese dei Leicester (di famiglia
Coke) a Holkham-Hall, di cui la più parte sono manoscritti acquistati in Italia nella
prima metà del secolo XVIII. Ne ha promesso il catalogo Léon Dorez (v. Archivio
storico lombardo, Serie IV, fasc. XII, p. 581 sg.).

(2) Lettera | sopra | it Decameron | del Boccaccio. | Det MDCCXXVI. A proposito
di questo opuscolo, APosroLo ZkNO (Lettere, Venezia, 1785, IV, p. 200) scriveva nel
1727: « Ho quella scrittura dell'anonimo fiorentino sopra l'ediz. del Decamerone del
Boccaccio in Londra, e non so come vorrà o soprà adeguatamente rispondergli il
Rolli ».
194 A. SALZA

senza nome d'autore, con la replica del Rolli (1). Questi si
difende eruditamente e talora in modo esauriente, sebbene
con linguaggio qua e là aspro verso il suo censore, e nega
d'aver avuto intenzioni contrarie al Boccaccio. Siecome il
Buonamici aveva riso dei versi rintracciati dal Rolli nel De-
cameron, dimostrando che ve n'erano anche nella dedica da
lui premessa alla ristampa, il nostro autore si diverte a tro-
var quelli della lettera del Buonamici. Il quale replicò (2),
dilungandosi non utilmente nella polemica, fuorché in certe
utili note che riguardan la fortuna del Boccaccio nel 700.
Gia da più anni, come prova la lettera al Muratori del
15 ottobre 1117, il laborioso Rolli aveva posto mano ad una
fatica, che gli avrebbe arrecato non piccoli vantaggi, la tra-
duzione del Paradiso Perduto. Il 1° novembre 1722 l'ab. Riva
tornava a scriverne al grande storico: « Il Rolli sta tradu-
cendo in versi sciolti il famoso poema inglese il Paradiso
Perduto di Milton, opera che gli farà molto onore e gli darà
non poco utile » (3). Nel 1726 erano compiuti sei canti e il
Rolli li aveva letti agli amici, tra cui era il Cocchi, dal quale,
come il Tondini informa, apprese il greco, o forse vi si per-
fezionó: e il Cocchi, dice il Riva (4), « che può esser buon
giudice », aveva ammirato l’opera del coraggioso traduttore.
E ancora il Riva al Muratori, il 3 del 1727: « Il Rolli colla

(1) Lettera critica | del | Sig. BUONAMICI | sulle Osservazioni aggiunte all’ Edi-
zione | Del Decamerone del Boccaccio | Fatta in Londra nel MDCCXXV | Esattissi-
mamente simile | Pagina per pagina e linea per linea | Alla rarissima edizione dei
Giunta | in Firenze del MDXXV |e| Lettera rispondente | del | Sig. RoLLi. | In Pa-
rigi per Giovanni Battista Coignar | nella strada di San Giacomo al Libro d'Oro, |
MDCCXXVIII. La lettera del Rolli pare si pubblicasse prima a Londra.

(2) Replica | alla | Lettera rispondente | del | Signor Rolli | Sulle osservazioni
da lui fatte sopra il Decameron | del Boccaccio. | In Parigi, | Appresso la vedova
Pissot, alla scesa del Ponte | Nuovo, all’Insegna della Croce d’oro. | MDCCXXIX.
Tutti e tre gli opuscoli relativi a questa polemica, rarissimi, abbiamo rintracciato
nella Marciana (segn. 83. C. 51). Di questa stessa polemica s'è occupato più diffusa-
mente il FAssINI (IZ Decameron e una bega letteraria settecentesca, nella Rivista
d’Italia del dicembre 1913, pp. 871-9). Io ho aggiunto alcuni particolari.
(3) SOLA, Op. cít., p. 339..

(4) SOLA, p. 348. Lettera dell'ottobre 1720.
NOTE BIOGRAFICHE E BIBLIOGRAFICHE, ECC. 125

sua Musa feroce lavora alla traduzione di Milton e pensa di
lasciare una lacuna là dove il poeta inglese parla dell'In-
dulgenze e della Trinità, perché il libro non sia proibito in
Italia; ma sopra ció non ha risoluto, né io saprei consigliarlo,
perchè non si può essere buon cattolico ed insieme esatto
traduttore » (1). Il 26 ottobre 1728 il Rolli aveva finito l'ot-
tavo canto e pensava di mandar la traduzione al Muratori
per averne un giudizio (2). Nella primavera del 1729 il Riva
lasciò Londra e passò, sempre per il suo principe, a Vienna;
donde.il 24 marzo 1730 scriveva al Muratori avvisandolo
che il Rolli l'aveva informato d'aver mandato allo storico
estense una copia del suo Milton. E poichè il Rolli era ben
lontano, il Riva si permetteva un giudizio, non certo favo-
revole, di quella traduzione, dicendo che il poeta romano
aveva in essa gareggiato in aridità e secchezza col buon
Salvini, che traduceva e traduceva, senza riuscire a serbar
nella sua lingua toscana alcuna delle bellezze degli originali
antichi. Riguardo poi all’originale inglese, il Riva diceva al
Muratori che, a suo avviso, i poeti inglesi non la possono
coi nostri, « e che se Rolli lo ha loro (agl inglesi) fatto
credere, ha pensato al lucro del pane e a fare il suo ne-
gozio > (3).

Nel 1729 infatti il Rolli aveva pubblicato a Londra i
primi sei libri del Paradiso Perduto da lui tradotto, con de-
dica al card. Andrea Ercole de Fleury (4). Sei anni dopo,

(1) SOLA, p. 349.

(2) SOLA, p. 851.

(3) SOLA, p. 360. A questo punto, nel carteggio del Riva, che c'é stato così utile
fonte, cessa ogni ragguaglio sul Rolli. L' inviato estense, passato a Vienna, strinse
amicizia coll'emulo del Rolli, il Metastasio, la cui stella stava allora ascendendo, e
fu di lui col Muratori intermediario, come già era stato col traduttore di Milton.
Nell’Epistotario muratoriano, dopo il Riva, corrispondente del grande storiografo
da Londra fu G. G. Zamboni, e in molte lettere ad esso il Muratori manda a salu-
tare il Rolli.

(4) Dopo aver ricevuto la traduzione del Milton, il Muratori, scrivendo allo
Zamboni (Epistolario, VII, p. 2999), in data 4 settembre 1731, diceva tra l'altro:
« Vi prego de’ miei rispetti al sig. Rolli, a cui direte in confidenza essersi sparsa
voce in Firenze, che la traduzione del Milton sia opera del fu sig. abate Salvini,

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196 A. SALZA

tenendo conto delle osservazioni fatte a quel saggio della
RU sua traduzione, egli pubblicò in una splendida edizione 2n
li i folio (1), adorna di due bei ritratti in rame, del Milton e di
Si ill lui stesso, tutti i dodici canti del Paradiso. La nuova dedica
(ch è in versi - sciolti e mira più in alto, perchè è indirizzata
« all'Altezza Reale di Frederico Prencipe Reale di Vallia e
Prencipe elettore d'Hanover », a quel primogenito del re
Giorgio II, che era stato certamente discepolo del Rolli nello
studio della lingua italiana. Questa dedica merita di essere
in parte riferita. Comincia celebrando il principe:

Gran germe di Britannici Regnanti,
Frederico Real, presidio illustre

De’ sacri ingegni e dolce lor decoro ;
Tributarie al tuo piè l’Itale Muse

| i Portan la lor forse maggior fatica

li In questa aurea, per te, felice etade.

Altra or già non cred' io, se non la nostra
Tromba melodiosa al par che altera

| | | Seguir potea con adeguato carme
L'estro divino del Britanno Omero.
La poca modestia, che il Rolli dimostra in questi versi
tutt'altro che belli, fu un difetto suo, che forse gli alieno
molte simpatie fra i contemporanei, e fece si ch’ egli finisse
poco men che dimenticato in Todi, la piccola città umbra.
La dedica prosegue rilevando che la lingua inglese non è
conosciuta nel mondo come il glorioso vessillo, che le sue
navi vittoriose fanno sventolar sui mari:

confidata da lui ad esso sig. Rolli. Lo scrivo, affinchè esso possa distruggere questa
favolosa invenzione ». Dopo questa volta il Muratori, nelle sue lettere allo Zamboni,
non fa più ricordo del Rolli, se ho visto bene: che questi si fosse offeso per la
maligna invenzione a suo danno, comunicatagli dal Muratori ?

(1) Det | Paradiso Perduto | Poema ‘inglese | di | GIOVANNI MILTON | Traduzzione
(sic) | di | PAOLO ROLLI | Compagno della Reale Società | in Londra | L° Acclamato nel- È
UP Accademia, degl’ Intronati | in Siena | e Pastor Arcade | in Roma. || Londra | Presso
Carlo Bennet. M.DCC.XXXV. L’esemplare da noi veduto nella Nazionale di Torino
(F. I. 42*) ha la dedica autografa del Rolli al Maffei: « Paolo Rolli al suo stimatis-
simo amico marchese Scipione Maffei in Londra nel Maggio del MDCCXXXVI ».
Non abbiamo potuto vedere l'edizione parziale del 1729.
NOTE BIOGRAFICHE E BIBLIOGRAFICHE, ECC.

Aspra talor, ma d' involate spoglie
Rieca ognor piü, legislatrice e grave, I
Faconda nel Senato, alta su ’1 Trono, li
Atta alla tromba alla sampogna al plettro,
Pomposa in folto e libero corteggio

D'arti e scienze indagatrici esperte

Delle occulte finor vie di natura,

In chiaro suon scorre i Britanni regni;
Ma se move oltre più, tace smarrita.

Sì vasto fiume che a ricolme sponde
Volve le rinomate acque alla foce, i
Dell’ ocean dentro all’ immenso seno

Disperde il corso e vi smarrisce il nome.

Sieché poco men che ignoto era all’ Europa, e all’ Italia
in particolare, il grande poema inglese.

Io del fulgor della più nobil figlia
Della romana altisuonante lingua,
Ch'appo il Sole stendea leggi et impero,
Cinto ó l'estro maggior che la celeste
Musa ispirasse ad intelletto umano.

Si all'Ausonia e all' intiero orbe sentita
Fia risuonar, qual su i nativi lidi,

| In chiaro suon la Miltoniana tromba.

Superbo dell'opera sua, il Rolli spera che essa, nel nome B
augusto del principe, conoscitore, nelle lingue loro,

Del pio Trojan, del forsennato Orlando,

e cultore esso stesso delle Muse, venga favorevolmente ac-
colta e tramandata alle più lontane generazioni.

Del Milton non molte erano allora le traduzioni: una la-
tina ne aveva fatto lo scozzese Guglielmo Hogaeo (Londra, d
1690), ma il Rolli asseriva di avervi indarno ricorso tutte it
le volte che s'era imbattuto in un passo di dubbia interpre-
tazione. Non aveva veduto una traduzione tedesca in verso,
| di che aveva notizia, ignorandone la lingua; ma errata, non
E che libera, aveva riscontrata quella francese in prosa del
198 A. SALZA

Saint Maur (1). Sicchè chiudeva la sua Vita del Milton, dicendo
che la sua traduzione era superiore a tutte le altre e lette-
rale, e si lusingava d’aver serbate le bellezze dell’originale.
Lusinga certo eccessiva; ma non contraria al vero l'altra
affermazione. Non intendiamo addentrarci in un esame mi-
nuto di questa traduzione, che sarebbe superfluo in questo
nostro sommario ragguaglio delle opere rolliane, e non ci
darebbe conclusioni diverse da quella a cui siam venuti in
un esame non profondo nè compiuto. Non aveva torto il
Riva di dir salviniana questa traduzione: letterale essa mo
stra di essere, ma a tutto scapito della poesia e dell'eleganza.
Per allora tuttavia, e per molto tempo dopo, rimase la mi-
gliore di tutte quelle toccate al Milton, ed ebbe alcune altre
edizioni, che ci attestano la sua fortuna (2), finchè non com-

(1) Prima della traduzione latina di Guglielmo Hogaeo (Londra 1690), se n’ erano
fatte alcune parziali (una, Londra, 1686), e, sempre in latino, si ebbero poi quelle del
"Trapp (Londra, 1740-44) e del Dobson (1740-44). La traduzione tedesca, a cui il Rolli
allude, é; forse quella di Ernesto Amedeo von Berger (Das verlustige Paradeis,
Zerbst 1682), a cui ne seguirono non poche altre. La traduzione francese del Dupré
de Saint-Maur (Nicolas-Francois, 1695-1774), preceduta dalla Vie de Milton (Paris, 1729,
in 3 vol), fu ritenuta da taluno opera dell’ ab. de Boismorand. La traduzione del
Rolli rimase per oltre sessant' anni la sola italiana. Poi si ebbero molti altri tra-
duttori: Felice Mariottini (Londra, 1796), Gerol. Silvio Martinengo (Venezia, 1801),
L. A. Corner (Venezia, 1803), il Papi (Lucca, 1811), Gaetano Polidori (Londra, 1812, se-
condo il Graesse), Michele Leoni (Pisa, 1817), Gio. Franc. Cuneo (Roma, 1822), il Sorelli
(Londra, 1832), Lorenzo Mancini (Firenze, 1842), Domenico Arnaldi (Genova, 1852), An
tonio Bellati (Torino, 1856), e il Maffei (1857); ed alcuni del Paradiso perduto tra-
dussero solo alcune parti: Lorenzo Magalotti, Alessandro Pepoli, Ranieri de' Calsa-
bigi (1774), Davide Bertolotti, Ugo Foscolo, Carlo Tirelli (1811). Questa lista, certo
non compiuta, ci é offerta in parte da uno dei traduttori, il Bellati | Paradiso perduto,
2a ediz., Torino, Unione tip. editr., 1850, p. 33), che dà anche un elenco incompiuto
dei traduttori del Milton in altre lingue, e le cui notizie abbiamo accresciuto ricor-
rendo al Graesse e ad un utile saggio di AUGUSTO SERENA (Alessandro Pope e i tra-
duttori veneti dall’ inglese nel sec. XVIII, ne'suoi Appunti letterari, Roma, Forzani,
1903, p. 81 sgg.). Cfr. anche lo studio di ETTORE ALLODOLI, Giovanni Milton e U Italia,
Prato, 1907, dove si parla del Rolli, pp. 92-8 e 140-3. Del Milton rolliano non conosce
tutte le edizioni: cita (p. 98 n. 2) una lettera (23 giugno 1733) di G. P. Zanotti al
Rolli, per ringraziarlo del dono del Paradiso tradotto (in Raccolta di: prose e lettere
del sec. XVIII, Milano 1830, I, p. 175).

(2) Nelle bibliografie troviamo le seguenti edizioni: Parigi, 1740, in due voll.
in-12, e Verona, 1742, 4» fol. Quest'ultima deve aver ricevuto anche la data di Pa-
rigi, perché abbiamo ritrovato ‘un esemplare con questo frontespizio: Il Paradiso |
NOTE BIOGRAFICHE E BIBLIOGRAFICHE, ECC. 129

parve quella, migliore ma non forse più fedele, di Lazzaro
Papi (1811). E, pur dopo la traduzione del Papi e dopo
quella di Andrea Maffei (1857), al Rolli spetta il merito di
aver fatto conoscere all'Italia, e dovunque era nota la no-
stra lingua, questo capolavoro della letteratura inglese.
Al quale egli premise una lunga Vita del Milton, che non
è certo cosa peregrina, ma per i tempi è senza dubbio no-
tevole, ed anche oggi degna di esser consultata, perchè il
Rolli cercò di mettervi in evidenza la relazioni che il poeta
ebbe con l'Italia e con gl'Italiani. Nè vi manca qualche
aneddoto non privo di curiosità: un de' quali torna ad onore
della regina Carolina e riguarda una delle figlie del Milton,
.la quale visse fino al 1727 senza sostegno d'aleuno; « ma
discoperta nell'ultimo della sua vita esser figlia di Milton
da persona che conosceva il di lei paterno merito, e pale-
sata alla presente clementissima Regina e a molte nobili

Perduto | Poema inglese | di GIOVANNI MILTON | Del quale non si erano publicati se
non i| primi sei Canti | Tradotto in verso sciolto dal | Signor PaoLo Roi.LI | Compa-
gno della Reale Società in Londra | L? Acclamato nell’Accademia degl Intronati in
Stena | e Pastore Arcade in Roma. | Con la vita del Poeta e con le annotazioni |
Sopra tutto il Poema | di G. Addison | Aggiunie alcune osservazioni critiche. [| In
Parigi, MDCCXLII. | A spese di Giannalberto Tumermani Stamp. Veron. Edizione 47
folio, meno elegante della londinese. Ad ogni canto precedono e seguono quasi a
tutti dei rami. La traduzione é preceduta da una lettera (1° del 1730), con la quale
il Rolli manda a Scipione Maffei la prima parte della sua traduzione e la risposta
al Voltaire. Avanti al primo canto é riprodotta la dedica dei primi sei canti, fatta
dal Rolli ad « Andrea Ercole di Fleury Cardinale ministro e secretario di stato di
S. Maestà Cristianissima », c nella quale il Paradiso Perduto é dal traduttore con
manifesta esagerazione detto « il più divino il più sublime e forse il maggior poema
che mente umana dettasse ». Alla traduzione seguono: la Vita del Milton scritta
dal Rolli, le Note sopra i dodeci libri del P. P. Spettatore Primo ecc. (fino al XVIII)
dell'Addison (pp. 15 sgg.), e poi (pp. 71-96) le Osservazioni del Rolli al Voltaire, tra-
dotte in italiano. L' ediz. del 1740 ha il seguente frontespizio: Il Paradiso | Perduto |
Poema inglese | di GIOVANNI MILTON | Del quale non si erano pubblicati se non i |
primi sei canti, | Tradotto in verso sciolto dal | Signor. PAOLO ROLLI | Con ia vita
del Poeta e con le Annotazioni | sopra tutto il Poema | dà G. Addison | aggiunte
alcune osservazioni critiche. | In Parigi .MDCCXL. | A spese di Giovanni Alberto Tu-
.mermani | Libraio e stampator Veronese. Vedi anche S. FassiNI, Di un passo del
« Paradiso perduto.» nella traduz. di Paolo Rolli, nella Rivista d? Italia, settem-
bre 1908.

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130 A. SALZA,

persone, n'ebbe generose assistenze, onde agiatamente mori ».
Essa aveva nel viso i tratti della fisonomia paterna (1).

In quegli anni, in che il Rolli attendeva a tradurre Mil-
ton, la poesia inglese era poco men che ignota da noi: dei
primi a farla conoscere furon appunto il Rolli e l'ab. Conti;
onde il Muratori, già molto inoltrato negli anni, si dava a
studiar la lingua del Tamigi per poter gustare qualche passo
dell'originale Paradiso perduto, e si rivolgeva al Riva e al
Rolli, perchè gl’indicassero il miglior dizionario italo-inglese.
Più tardi, e specialmente nella seconda metà del secolo XVIII,
la letteratura d’oltre Manica avrà singolar fortuna da noi, e
Pope, Gray, Thomson, Young, Addison e molti altri scrittori
inglesi acquisteranno in Italia una certa notorietà, prima an-
cora del più grande poeta loro connazionale (2).

Iniziatori di questi scambi letterari fra l’Italia e I' In-
ghilterra furon dunque il Conti e il Rolli; i quali sono dei
primi a proclamare all'Italia e all’ Europa acclamante il tea-
tro tragico francese, la grandezza dello Shakespeare. Del
drammaturgo inglese il Rolli, certamente assai più del Conti,
riconobbe il genio (3).

Nella Vita del Milton, tracciando la storia dell’ endeca-
sillabo in Italia e in Inghilterra, il Rolli viene a parlar an-
che dello Shakespeare, del quale dà un giudizio che va ri-

(1) La figliuola del Milton di cui parla il Rolli è Deborah, il cui ritrovamento
fece chiasso allora in Londra e fuori. Di essa e dell'aneddoto della sua vita, ricor-
dato dal Rolli, discorre DAVID Masson, The life of John Milton, London, Macmillan
and Co., 1880, vol. VI, p. 751 sgg.

(2) Vedi l'opera cit. del GRAF, L’anglomania ecc.

(3) Sulla fortuna dello Shakespeare in Italia abbiamo il libro del MORANDI, Vol-
taire contro Shakespeare, Baretti contro Voltaire, Città di Castello, Lapi, 1884 e
l’ articolo di M. SCHERILLO, Ammiratori ed imitatori dello Shak. prima del Manzoni
(nella Nuova Antologia, 16 nov. 1892), ai quali è da aggiungere una lunga nota di
E. BERTANA (nel Supplemento 49 del Giorn. stor. d. lett. ital., p. 73 sgg.). Niuno
dei tre parla del Rolli e del suo merito come riconoscitore della grandezza del tra.
gico inglese. Non sappiamo se ne dica nulla G. ScHIAVELLO, La fama dello Shak,
nel sec. XVIII, Camerino, Savini, 1904. Vedi anche GRAF, L’ angiomania. cit.,
cap. XIII, e per il Rolli, lodatore di Shakespeare, p. 318 sg.: a p. 327, trattando delle
prime tardive traduzioni italiane di Shakespeare, non parla affatto del Rolli.
NOTE BIOGRAFICHE E BIBLIOGRAFICHE, ECC. 131

ferito: « Questo prodigioso ingegno; e tanto piü tale, quanto ;
dicesi che non fosse stato educato per le scienze, anzi che
neppure sapesse la latina lingua, il che io non credo; scrisse

alcune tragedie, che io chiamerei istoriche, poichè rappresen-

tano tratti istorici de i Re e Patrizi illustri della sua nazione; ed

in queste i fatti ed i caratteri de’ personaggi interlocutori sono

così viva e poeticamente e con adattatissimo stile espressi, che

nulla più. Esempio ch'io ben vorrei che nelle altre nazioni

fosse seguito, perchè siccome una e la migliore intenzione del

teatro è quella d’istruire, così parmi che nulla istruzzione (sic)

al popolo sia da preferirsi a quella della istoria propria, e de'
caratteri de’ loro Sovrani e più illustri antenati: onde il tea-

tro sia reso loro scuola d’imitazione della virtù e d'abbor-
rimento al vizio, tanto più efficace, quanto più evidentemente
farebbe osservare nelle loro proprie genti l'una premiata e

l'altro gastigato e depresso ». A questo giudizio, che nulla

ha d'eccessivo, se non nell'ideale drammatico educativo,

che non era solo del Rolli, ma ben radicato nel tempo suo,

non sarà inutile aggiungere alcune considerazioni che il Rolli

fa seguire ad esso: « Primo, io fermamente asserisco che

tutto quello che nelle sue stampate opere leggesi o non su-

blime o inelegante o disdicevole; insomma tutto quello ove

non si scorge Shakespear; non é altrimenti suo, ma de' suoi
contemporanei commedianti che v'aggiungeano del loro pro-

prio quel che stimavano o per esperienza sapeano recar di-

letto alle turbe; secondo, che di lui dico quel che asserisco

del Dante, cioé ch'egli due soli (sic) mi fanno altamente me-
ravigliare d'averi primi tanto sublimemente poetato nella loro

lingua, onde gli altri facilmente poi calcassero il sentiero già

fatto ». Al poeta delle canzonette, del Solitario bosco ombroso,

che il Goethe fanciullo apprese dalla bocca e dal canto di

sua madre, al poeta degli amoretti tra arcadici e anacreon- "
tici e catulliani, al poeta dei brindisi, la storia letteraria, |
come di altre nobili iniziative, deve tener conto e far me-

rito distinto di questa sua alta meraviglia, fatta di venera-

GIOR Do caras
fee 2e e —— RÀ I

f Y

132 A. SALZA

is | Wi zione e d'intelletto artistico, per la grandezza del genio di

sl | WIDE Dante e dello Shakespeare; e di Dante convien sapere al-

ti tresì che, in quell’età in cui appena se ne pispigliava, egli

MILI affermava, ancora nella Vita del Milton, che lo riteneva supe-

il i riore allo Shakespeare, non per parzialità nazionale, ma per.
|

O chè l’autore della Commedia divina non ebbe antecessori e
| IE precursori grandi, come il tragedo inglese ebbe.

È i ill Verso lo Shakespeare il Rolli non ha soltanto i meriti
iL veduti fin qui. Non abbiamo discorso della polemica ch'egli
Il i ps ebbe nel 1728 col Voltaire, e che lo fa precursore degno
A i di Giuseppe Baretti, perchè altri se n'é occupato di propo-
GU sito e bene, recentemente (1). Ma a quel che se n'é detto vo-
gliamo far un’aggiunta interessante, poichè ci presenta il
Rolli come il primo dei nostri scrittori che tentasse tradurre
Shakespeare. Non che gli passasse mai per la mente di tra-
durre qualehe dramma del grande poeta, almeno per quanto
ne sappiamo; ma nel 1739, pubblicando la sua traduzione
di Anacreonte, di cui parleremo, faceva seguire ad essa,
oltre alcune sue poesie originali, due traduzioni dall’ inglese.
L'una (p. 101 sg.) è versione di un passo d’ Elisabetta Rowe;
« gentildonna inglese, come dice il Rolli, poetessa riguarde-
vole, morta tre anni fa: Ella intendeva perfettamente le lin-
I gue italiana e francese, e conoscevane i più distinti autori:
i come può scorgersi in vari lor tratti o riferiti o tradotti nelle
| li sue bell'opre, edite in Londra in due volumi in que-
MN st'anno » (2). L'altra (pp. 91-99) é il famoso soliloquio d'Am-

RU (1) SESTO FASSINI, Paolo Rolli contro il Voltaire (nel Giorn. stor. d. lett. ital.,

AA XLIX, 82 sgg.). Il Riva scriveva al Muratori da Londra, il 23 aprile 1728: « Rolli sta
componendo una risposta inglese ad un trattatello in questa lingua composto da
M.r Voltaire autore dell’ Henriade; o sia La Ligue sopra il poema epico. Zamboni
(crediamo Giovan Giacomo Zamboni corrispondente del Muratori) ed io l'abbiamo
assistito e V. S. Ill. vedrà che si difende l' onore della nostra poesia (SOLA, Op. cît.,
p. 350).

(2) Elizabeth Singer (1674-1737), che fu moglie di Thomas Rowe. Notizie su di
lei, che ebbe un momento di voga in Inghilterra, per la sua bellezza e conversa-
zione e per le sue poesie, sono unite alle sue Miscellaneous Works (London, 1737,
2 voll. in-8), a cui allude il Rolli. Raccolte a cura di Isaac Watts, meriterebbero
NOTE BIOGRAFICHE E BIBLIOGRAFICHE, ECC. 133

leto (Atto III, sc. 2°); e ad essa il Rolli fa precedere que-
st'avvertenza, che a lui, già confutatore del Voltaire, porge
occasione di dare all'enciclopedista francese una nuova sfer-
zata, in anticipazione di quelle più solenni del Baretti: « Mon-
sieur de Voltaire, in una delle sue lettere sovra la nazione
britannica, ragionando del famoso tragico Shakespear, per
darne qualche saggio, tradusse il soliloquio nella tragedia
d’ Hamleto Prencipe di Danimarca. Questa litteral traduzzione
(sic) mostrerà quant'egli deviò da’ sentimenti e dallo stile
di quell'originalmente sublime Poeta » (1). E ai lettori non
dispiacerà aver qui riprodotto questo primo tentativo di tra-
duzione italiana dallo Shakespeare, che è tutt'altro che in-
felice, e che, perduto in una non comune edizione, il Rolli

non ristampò, nè altri dopo di lui, nella raccolta de’ suoi i
versi: Hi

Essere o no, la gran questione è questa:
Qual nella mente è forte più? Soffrire
Colpi e saette d’oltraggiosa sorte ;
O prender l’armi contra un mar d’affanni,
E dar loro, in opporsi, a un tratto il fine?
Morir! Dormire: altro non è. Nel sonno,
Dicon che fine avrà il cordoglio, e mille,
Retaggio della carne, altre sciagure:
Consumazion, d'avida brama oggetto !
Morir! Dormir! Dormir? forse sognar! Ah
Qui è l’ intoppo! Chè in quel sonno di morte |
Quai sogni possan venir, poi che avremo
Scossa alla fin questa mortale spoglia,
Sospeudon i'alma. Eeco il riflesso ond' ànno
Nostre calamità si lunga vita.
Altrimenti, chi mai soffrir le atroci
Del suo tempo vorria sferzate e scherni,
Torti d'oppressione, onte d'orgoglio,

I
il

una notizia più ampia, per le relazioni, segnalate dal Rolli, che esse debbono avere
con la poesia nostra.

(1) E aggiunge: « I versi originali sono XXXII; i tradotti XXXIX » (p. 96). Di
aggiunto vi son tre parole, che si stampano in corsivo. Ue e NE —— ni
H i

f Y

i

| Il il Ias 134 i A. SALZA

| Fiere agonie di disprezzato amore,
Mee Leggi indugiate, autorità insolente,
| | E quei che il merto paziente oppresso
| s Aspri riceve dal demerto oltraggi ;
li | Quando ei dar si potesse alta quiete
| Con la punta d’un ago? E chi la grave

Soma portar vorrìa; chi sotto a stanca
Vita gemer, sudar; senza il terrore

Di spaventevol cosa appo la morte?
Quelle contrade incognite, dal cui

|
|
| | | : Confine mai viaggiator non torna,
Ii | | i La volontà sgomentano, e ci fanno
| il Piuttosto i mali sostener presenti,
| tt | Che sciorre ad altri sconosciuti il volo.
il | Coscienza cosi di tutti noi
TIR Tanti codardi fa: così ’1 nativo
Suo robusto color Risoluzione
Smarrisce in pensierosa pallidezza:

E le imprese di grande auge e momento

. Arrestate da un tal riguardo, svolgono
Lor corrente, e d'Azzion (sic) perdono il nome.

Non è traduzione tutta bella, anzi qua e là aspra e non
sempre chiara; ma non disadatta alla profondità psicologica
del concetto shakesperiano è quella. sua rapida, incisiva elo. È
ili cuzione, nella quale del resto il Rolli non s'era prefissa l'e-
ili il leganza, ma la fedeltà al sublime originale.

I il i Questa traduzione, s'é detto, si pubblicò con la versione
M Il delle odi d' Anacreonte (1) nel 1739. Anacreonte aveva già
il il allettato non pochi traduttori (2); a noi basti citar qui la
Il ill serie di traduzioni pubblicate a Venezia, dal Piacentini, nel

(1) Delle ode | d^ | ANACREONTE TEIO | Traduzzione | di | PAOLO ROLLI. || Londra
MDCCXIL, in-8. Alla traduzione il Rolli fa precedere una frase che il Fontenelle in
uno de’ suoi Dialoghi (il 1V) fa dire da Anacreonte ad Aristotile: « Je suis sùr qu'il
y a moins de philosophie dans beaucoup de livres qui font profession d'en parler,
que dans quelques-unes de ces chansonettes que. vous meprisez tant ».

(2) Rimando ancora, per le traduzioni d'Anacreonte, alla mia Lirica dal Avca-
dia ai tempi presenti, in corso di pubblicazione presso la casa editrice Francesco
Vallardi di Milano, p. 140 sgg.
NOTE BIOGRAFICHE E BIBLIOGRAFICHE, ECC. - 135

17836, in un volume che comprende, col testo greco, la ver-
sione latina dell'inglese Giosuè Barnes, più fedele di quella
di Enrico Stefano, e alcune versioni italiane: quella di Bar-
tolomeo Corsini, già pubblicata ad istanza di Lorenzo Ma-
galotti a Parigi nel 1672 dall’ab. Regnier Des Marais, al
al quale pareva, come è, « anzi parafrasi, che traduzione »,
quella del Regnier Des Marais stesso, quella di Alessandro
Marchetti, che vide prima la luce nel 1707 (1), le due, ugual-
mente infelici, di A. M. Salvini, e una collettiva, ne' cui
vari autori non é difficile ravvisare alcuni pastori arcadi
del tempo. Il Rolli conosceva certo questa raccolta, ma nes-
suna traduzione gli pareva degna dell’originale, veramente
difficilissimo: « Chi lo ha troppo spogliato: chi lo ha troppo
vestito: niuno ha tradottone la delicatezza e la poesia ». Al
Rolli aveva appreso il greco, più che la scuola del Gravina,
l'amicizia di Antonio Cocchi, quando questi fu in Inghilterra,
come già abbiam desunto dal Tondini; ma nel tradurre il
melico greco egli tenne presenti le versioni latine letterali
del Barnes e del Mataire. A nostro avviso la traduzione del
Rolli, non perfetta, è tale tuttavia che regge il confronto con
qualunque di quelle precedenti; e alcune odi nella versione
rolliana hanno anche oggi la miglior veste italiana che sia
loro toccata.

Nell'anno stesso in cui pubblicava 1’ Anacreonte, e due
anni innanzi, il nostro infaticabile autore era tornato al-
l'Ariosto, ristampandone successivamente i Swppositi, la. Sco-
lastica e la Lena (2): non mi risulta che a queste aggiun-

(1) Lucca, Venturini. Cfr. per questa versione G. CARDUCCI, Opere, Bologna,
Zanichelli, 1889, II, p. 264 sgg.

(2) De i Suppositi | Commedia | Del | Divino LuDovico ARIOSTO | Nuova edizione |
Dedicata | All’illustrissima Signora | Caterina Edwin. || Londra: | Appresso Tommaso
Edlin, MDCCXXXVII. È un'elegante edizioncina in-24° senza alcuna prefazione, che
indichi il nome di chi l’ha curata: v'é solo una citazione, in lode dell'Ariosto, di
G. B. Guarini, poeta familiare al Rolli. — La Lena | Comedia | di |M: Lupovico
ARIOSTO | Dedicata | All’Illustrissima Signora | Maria Gilbert. | Londra | Appresso Tom-
maso Edlin, M.DCC.XXXIX. Formato uguale alla precedente ristampa, senza indica-
zione dell’ editore. L'edizione londinese dei Suppositi è sfuggita ai bibliografi del-
136 A. SALZA

gesse anche la ristampa delle altre commedie di messer Lu-
dovico.

Qualche tempo dopo l'Anacreonte, il Rolli pubblicava una
traduzione non peregrina, in versi sciolti, della bucolica vir-
giliana ela dedieava ad un altro figlio del re d'Inghilterra,
il principe Giorgio (1).

Anche dopo il suo ritorno in Italia il Rolli continuó
l'ingrata opera di traduttore. Nel 1754 pubblicava una tra-
duzione, in versi sciolti endecasillabi misti a. settenari, del-
l’Atalia (2), la tragedia biblica del Racine che ebbe da noi
parecchie versioni: la faceva precedere da un Compendio
della vita del Racine, e la dedicava « Agl illustri Signori
della Reale Accademia d'Iscrizioni e belle lettere in Parigi ».
Nel 1755 tradusse anche 1’ Esther dello stesso: autore (3).

E tre anni dopo si pubblicava una sua traduzione di
quattro dissertazioni teologiche latine del Minorita Fr. Do-
menico Antonio Baldassari (4). Dello stesso anno trovo indi-

l’Ariosto: il Polidori, oltre la Lena, cita da Alessandro Torri « La Scolastica, Londra
presso Tommaso Edlin, 1737, in-24, con note di Paolo Rolli ». Io ho veduto nella
Bibl. Nazionale di Torino) solo le prime due commedie, e ritengo probabilissimo
che siano state curate dal Rolli, come la Scolastica.

(1) La | Bucolica | di PuBLIO VIRGILIO | MARONE | AQ" altezza Serenissima | di |
Giorgio | Prencipe della Gran Britannia | da | PaoLo ROLLI | Compagno della Reale
Società. | Londra MDCCXLII. Ediz. in-8 di pp. 73, senz’ altre indicazioni tipografiche,
e senza prefazione. A quasi tutte le eg!ioghe seguono alcune note. La traduzione
d’Anacreonte e quella di Virgilio furono dal Rolli ristompate nel I volume dell'edi-
zione complessiva delle sue poesie, da lui curata nel 1753. Al Rolli attribuiva una
traduzione di Teocrito, Mosco e Bione, senza però averla. veduta, CESARE LUCGHESINI,
Della illustrazione delle lingue antiche e moderne ecc. procurata nel sec. XVIII
dagl' Italiani, Lucca, Baroni, 1819, I, p. 119.

(2) Dell’ | Atalia | Tragedia | Del celebre Francese Poeta | GIOVANNI RACINE |
Traduzione | di PAOLO ROLLI. | In Roma MDCCLIV. | Nella stamperia di Pallade |
Appresso Nicolò, e Marco Pagliarini. Pagine 124 in 8. Ne conosciamo un esemplare
della Casanatense di Roma.

(3) Questa traduzione io non l'ho potuta vedere. La sig. Luis: (p. 259) ci fa sa-
pere che se ne ha notizia in una lettera del Rolli del 1759: e da lei derivo anche
la data 1755 della versione rolliana.

(4) Fr. DOMINICI ANTONI | BALDASSARI | Minoritae Conventuatis ! Dissertationes |
ad ampliorem usum | Italice | A PAULLO ROLLI | Translatae. | Venetiis MDCCLVII. |
Ex Typographia Radiciana, Ne abbiam veduto un esemplare della Casanatense. Alla
traduzione precede il testo latino. Ecco i titoli delle quattro dissertazioni: I, Dé
NOTE BIOGRAFICHE E BIBLIOGRAFICHE, ECC. 191

cata una sua edizione, e forse traduzione, della Cronologia
del grande Newton (1) E suppongo che queste siano le ul-
time fatiche letterarie del. Rolli.

TE

Non inutile cosa, a terminare la biografia delle opere
del Rolli, ci sembra il dare una notizia bibliografica, possi-
bilmente compiuta, dalle liriche di lui, poichè non poche delle
edizioni di esse non son facili a trovarsi. Potremo così sta-
bilire cronologicamente la composizione delle varie liriche
del nostro settecentista, rintracciarne più d'una ch' egli ri-
fiutò in seguito, e verificare con quanto studio di lima e se-
verità critica egli le venne quasi tutte, nelle successive ri-
stampe, correggendo e ripulendo.

Troviamo per la prima volta il nome del Rolli tra i
poeti, in una raccolta di poesie arcadiche del 1711, in onore
d'un principe romano di casa Ruspoli (2). Il che ci prova che
in quell'anno il Rolli era ancora tra gli Arcadi, dai quali,
pensiamo, dovette staccarsi insieme col Gravina intorno a
quel tempo, si che lo vediamo nel 1714 dirsi non piu Ar-

cade, ma .accademico Quirino. A Roma, dopo d'essersi

Adamo il primo di tutti gli uomini ; II, Della virtù del'albero della vita; Ill, Del
cibo degli antidiluviani uomini; IV, Della universalità del diluvio.

(1) Questa indicazione mi è data dalla Biographie Didot col titolo francese La
Cronologie, Londres 1757,,in-8. Dal Trésor del Graesse traggo il titolo, che nella
Biographie Didot non è preciso, di un’altra dotta pubblicazione del Rolli: Degli
avanzi dell’ antica Roma. Opera postuma di BONAVENTURA OVERBEEK tradotta e
con varie osservazioni critiche riflessive accresciuta da PAoLo RorLr, Londra 1739,
in-8. L’opera di B. van Overbeek (1660-1706), Reliquiae antiquae urbis Romae ete.,
era stata pubblicata postuma dal nipote di lui (Amsterdam, 1707-9). Nel 1745 il Rolli
iniziò a Todi la pubblicazione di una Gazzetta, di cui uscì qualche numero; oggi
irreperibile (v. S. FASSINI, Paolo Rolli giornalista? nella Rivista d? Italia, maggio
1913, pp. 790-2).

(2) Componimenti | poetici | di diversi pastori Arcadi | al?Ilustrissimo, et Ec-
cellentissimo Signore | Il Signor | D. Francesco Maria | Ruspoli | Principe di Cerve-
teri etc. | Tra gli Arcadi Olinto Arsenio. | Raccolti | da PAU(O ANTONIO RoLLI | Fra
gli Arcadi Eulibio Brentiatico. | In Roma, Per Antonio de’ Rossi alla Piazza di Ceri,
1711. Abbiam veduto l'esemplare della Vittorio Emanuele5 di Roma (Mise, 34. 5. F. 4).

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i i 1709 e

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1

-— io caes

" = 138 A. SALZA

istruito presso il Gravina, e aver acquistato fama d'improv-
visatore, fece pratica di leggi presso Giambattista Zappi,
oltre che famoso poeta, celebre avvocato. Questo particolare
ci è affermato dal Rolli stesso in una delle lettere al Mura-
tori pubblicate in appendice, e ci spiega l’amichevole rela-
zione che il Rolli ebbe con Faustina Maratti, la bellissima
moglie di 7rsi Leucasio, e la grata memoria che di questo
serbó (1).

Nella lettera dedicatoria della raccolta, il Rolli dice che
essa é fatta in omaggio al principe amico degli Arcadi, che
nel carnevale passato aveva fatto rappresentare nel teatro
del. suo palazzo una tragedia Attilio. Regolo, in cui recitarono
i suoi figli, e due drammi musicali. La raccolta si apre (p. 7)
con un sonetto del Rolli:

A te, Signor, cui giunge grato il suono
Delle nostre incerate umili avene,
Offre Eulibio pastor di fiori un dono
Colti d'Alfeo su le feconde arene.

begue buon numero di epigrammi latini, e poi (p. 24) un
sonetto di T. L. (Tirsi Leucasio ?), che esorta il principe ro-
mano a dar nuova degna sede agli Arcadi. Poi seguono altre
poesie in volgare, tra le quali segnaliamo un madrigale (St
gnor, quando l’Italia ardea di querra) di Faustina Maratti
(p. 30), un sonetto del Crescimbeni, Magnanimo Signor la cui
mercede (p. 31), e un sonetto della Maratti stessa a D. Maria
Isabella Cesi Ruspoli, Inclita illustre Donna, or ch'io ravviso
(p. 32). Troviamo poi un’oda del Rolli, di stile pindarico ma
di schema petrarchesco, cominciante (p. 53 sgg.) con enfasi
degna del Guidi, che il Rolli mostra di imitare:

(1) Di questo primo periodo romano della vita del Rolli ritengo il sonetto a
Donna Faustina, che è tra le rime di lui (a p.122 dell'ediz. di Verona, 1733, ricor-
retto a p. 86 del II vol. dell'edizione del 1753) e comincia Due crudeli nemiche In-
vidia e Sorte, allusivo alle maldicenze che amareggiarono, come da più indizi ci
risulta, la vita coniugale di Aglauro Cidonia.
NOTE BIOGRAFICHE E BIBLIOGRAFICHE, ECC.

Musa, che il giovenil mio cuore accendi
A cantar cose dall'oblio sicure,
Spogliati ’1 pastoral rustico vello,
De’ miei pensier sopra la cima ascendi,
Quivi delle castalie acque più pure
Spargerai de’ nostr' inni il fior più bello...

Brutti versi, e poco chiari. Nè migliori son quelli di un’altra
oda del Rolli, che chiude il volumetto (p. 62 sgg.): è pro-
priamente un capitolo ternario in ottonari, in cui il poeta
esalta il figlio del Ruspoli, che nella tragedia Attilio Regolo
aveva fatto la parte del figlio del grande romano. Comincia:

Avvezzai la cetra mia
Coll’avene dei pastori
A far umile armonia.

Spesse volte: Aglauro e Dori
E la candida Nerea
Me la cinsero di fiori.

Nessuna di queste poesie giovanili fu in seguito ristam-
pata dal Rolli: e fece bene.

Nel 1714 il Rolli con tutta probabilità doveva essere a
Napoli, dov'egli ci fa sapere di aver soggiornato. Concorre
a rafforzare la nostra sapposizione una Serenata stampata
appunto a Napoli in quell’anno. Essa è propriamente dram-
matica, ma a discorrerne a questo proposito c’ induce, più
che la sua rarità, l'occasione per cui fu composta, cioè il na-
talizio dell’ Imperatrice Elisabetta d’ Austria, per la quale il
Rolli, come vedemmo, compose a Londra una canzone, di
cui discorreremo ancora. A comporre la Serenata il Rolli fu
forse invitato dall'inviato cesareo, uomo di spirito muni-
fico (1), che pare ambisse per i suoi padroni l'elogio dei
giovani poeti italiani, avendo egli medesimo alla celebra-
zione di casa d’ Austria consigliato anche il Metastasio (2).

(1) Il Rolli gli dedicò una sua ode (la II dell'ediz. 1733 delle Rime, p. 9 sg.).
(2) Alludiamo alle ottave sul Convito degti dei (1714), nelle quali il Metastasio
augurava un erede a Carlo VI e all'imperatrice Elisabetta. f

WU SERÁ e

v

Xp NS Tum

A. SALZA

Il Sacrificio a Venere, (1) di cui non conosciamo ristampa,
é un recitativo alternato da parecchie arie tra Eurilla, Dori,
Timeta, Alceo, con un coro di pescatrici e pescatori: una
specie di egloga drammatica d' argomento marinaresco, per
musica. Due pescatrici, Eurilla e Dori, fanno un sacrificio
alla dea dell'amore. Eurilla ama Timeta, giovane schivo
d’amore; Alceo e Dori si corrispondono in affetto. Il dibattito
tra questi personaggi mira a piegar Timeta al giogo della
Dea. Ecco un esempio delle arie. Canta Timeta:

Rido di quegli amanti

Che credono in amor,
Come le gioie, ancor

Godano pur costanti
Fra pene e fra sospir,
Ch'io non vo’ mai gioir,
Le pene care. S’ò da penare.

E Dori invece:

Peno anch'io, ma son contenta,
Perchè so che la speranza
Menzognera non sarà.

E il dolor, che mi tormenta,
Per mercè della costanza,

In piacer si cangerà.

Del resto la resistenza di Timeta è molto fragile, e di-
pende, più che da altro, dal timore di non esser amato da
Eurilla; quando invece sa ch'essa lo ama, si unisce agli
altri nell'inneggiare a Venere. L'inno, che tutti cantano al-
ternamente, è sul principio traduzione dell'invocazione lu-
creziana; poi alla Dea si chiede che doni fecondità all'im-
peratrice Elisabetta, ed Eurilla conchiude:

O dolee Madre del romano impero,
Alma Venere bella,
Deh rendi omai feconda

(1) Sacrificio | a Venere | Serenata | Fatta cantare nel felicissimo giorno Nata-
lizio | Della, S. C. R. C. M.|dell' | Augustissima imperatrice | Elisabetta | Cristina |
Dall’IMustriss. ed Eccellentiss. Sig. | IL Sig. Conte | Gio. Vinceslao | di Gallasso | Am-
basciador Cesareo, e Cattolico in Roma. | Poesia. del Signor PAOLO ANTONIO ROLLI
Accademico Quirino. |In Napoli per Camillo Cavalli, 1714. Sono 16 pagine in-8. A
Roma posseggono il Sacrificio la Vittorio Emanuele e la Casanatense. Cfr. A. MARI,
Paolo Rolli e 4l suo inno a Venére, nella Rivista abruzzese, 1898.
NOTE BIOGRAFICHE E BIBLIOGRAFICHE, ECC.

La bellissima ELISA,

E veggia CaRLo il grande,
Frutto de' nostri voti,
Suoi figli e suoi nepoti.

Alla nascita (1716) dell'erede di Carlo VI, l'arciduca
Leopoldo d'Austria, premorto poi al padre, il Rolli dedicó
all'imperatrice la canzone Bel Genio di cantar la lode altrui (1),
tra lo stile del Petrarca e quello del Guidi, riprodotta da
lui in varie edizioni delle sue rime.

Passiamo ora alla prima raccolta delle liriche del Rolli.
Essa é quella di Londra del 1717 (2) dedicata a Mylord Ba-
thurst, certamente un protettore del poeta, di cui non pos-
sediamo particolari notizie. In essa abbiamo in primo luogo
quattordici endecasillabi, di metro catulliano, dei quali nel-
l'edizione definitiva del 1753, di Venezia, curata dall’ au-
tore, quelli riprodotti hanno i seguenti numeri d'ordine (3):
DG IECGXIV) LIT (ID), IV (IV) V (Vy VI (VD, VH. (XID),
VIII (XIII. Non furono invece ristampati quelli che comin-
ciano :

Questo poetico picciol volume (4) (II),
Damo fa il nobile il ricco il bello (VII),
Bella ferocia temuto ardire (5) (VIII),
Deh se t'accrescano vecchia gentile (IX),
Or che siam liberi, che siam soletti (X),
Il lino candido la mensa copre (XI).

(1) All’Augusta Imperadrice | Elisabetta Cristina | Canzone. | Dedicata all’ Eccel-
lenza del Signor | Conte Cristoforo Volkra, | Inviato straordinario Cesareo | Al Re
della Gran Britannia | du | PaoLo ANTONIO ROLLI. | In Londra per Giovanni Darby,
l'anno | M.DCC.XVI. Abbiamo trovato questa stampa (pp. 6 in-4) nell’ Estense di Mo-
dena (Misc. 60. H. 11), ed é forse l'esemplare avuto dal Muratori.

(2) Rime | di | PAoLO ANTONIO ROLLI | dedicate | dal medesimo | all’ Eccellenza di |
My Lord Bathurst. | Londra. | Per Giovanni Pickard, MDCCXVII.

(3) Fra parentesi pongo in cifra romana il numero che essi hanno nella stampa
del 1717.

(4) Fu ristampato da un plagiario del Rolli, come vedremo. Sono stampati in
corsivo tutti i capoversi delle poesie, che il Rolli non ristampò nell’ edizione vene-
ziana del 1753.

(5) Questo endecasillabo è diretto al colonnello Molesworth.
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"i et

A. SALZA

Agli endecasillabi seguono dieci odi, che nell'edizione 1753
ebbero i seguenti numeri: I (D, II (III), IV (ID, V (X), VI
CE (IX), VII (IV), VIII (VD, IX (VIII), X (VII), XI (V); e nove
i elegie ripetute nello stesso ordine tutte anche nella stampa
Ani del 1753. Poi abbiamo alcuni sonetti, di cui quelli ristam-
pati nell'edizione definitiva ebbero i numeri d'ordine: II (I),
II (ID, VII (V) VII (ID, XIV (VD, XV (IX), XVII (Xx),
mentre non furono in essa ripubblicati i seguenti :

Md SÌ tu dèi con gentil bella consorte (1) (IV),
| il Bella amorosa bocca porporina (VII),
{KI * Com? augellin che volontario esiglio (VIII).

E infine dodici canzonette, di cui dieci furono ristam-
pate nel 1753: I (ID, II (III), III (IV), VI (V), VII (VIII, per
MU errore IX) IX (IX, per errore X), XI (canz. non numerata,
Nn ill ij Aflitto pastor, che è propriamente la XII) XVIII (VI, per er-
aus rore VID, XIX (VII, per errore VIID, e Ode amorosa I (I
| iù Bu i " : canzonetta del 1717). Due rimasero fuori, quelle che comin-
| f BREUI ciano :

x

Sì, m' è caro un fido amore (X, per errore XI),
Sì, beviam, vezzosa Dori (XI, per errore XII).

Dieci anni dopo, nel 1727, il Rolli pubblicò un altro vo-
lumetto di rime (2), ventiquattro canzonette e venticinque
il cantate. Alle ventiquattro canzonette seguono, assai interes-
B i O santi e degne di studio da parte dei cultori della storia mu-

(IT i sicale del 700, le arie di ciascuna di esse, in ventiquattro
pagine. Il volumetto è dall'autore dedicato alla contessa di

ih | IS (1) È indirizzato al sig. Giovan :i Molesworth, già inviato della Gran Brettagna
I | al Granduca di Toscana: lo stesso. che diede al Rolli la copia del Lucrezio tradotto
CIS dal Marchetti.
VE (2) Di | Canzonette | e di | Cantate | Libri due | di | PAoLO Roi.LI.:|| Londra | Presso
(INCH Tommaso Edlin, MDCCXXVII. Sono pp. 124 in-8, esclusa la musica, precedute da
i il ; un'incisione, la stessa che precede la ristampa, già veduta, del Decameron. L'esem-
[ti plare da noi consultato è della Vittorio Emanuele di Roma.
NOTE BIOGRAFICHE E BIBLIOGRAFICHE, ECC. 143

Pembroke, dama cortesissima e geniale (1) da cui il poeta
sperava buone accoglienze al suo « nuovo libro d'italiana
poesia, adattata e adattabile alla musica vocale: i compo-
nimenti del quale àn prima di venire in luce, incontrato il
cortese gradimento delle gentilissime dame inglesi ».

Nell'edizione del 1727 il Rolli ristampó cinque delle can-
zonette del 1717: :

III (X): Della noiosa Estate, (2)

V (VD: . Beviam, o Dori, godiam chè il giorno,
VIII (XID): Dorilla e che sarà,

IX (XVI): Dell'alme nostre Amor,

XI (XIV): Si beviam, vezzosa Dori,

escludendone le altre sette (3). Le venticinque cantate del
1727 furon riprodotte tutte nel 1753, meno la XXV: Piramo e
Tisbe. E vi furono incluse anche diciotto delle canzonette (4)
tralasciando le sei seguenti:

»

La bionda Eurilla d'azzurri lumi (IV),
Lo splendor del primo sguardo (V),
Si, beviam, vezzosa Dori (5) (XIV),

x

(1) A S. E. Maria How contessa di Pembroke il Rolli dedicò un sonetto, stam-
pato dapprima tra le sue rime nel 1733 (p. 13)), dove il nome della dama inglese é
per errore Horve, e ristampato nel 1753 (II, p. 82). Nel sonetto il Rolli loda anche
« l'immortal consorte » della contessa, « al cui superno »

Merto fér l'Arti e le Scienze un tempio.
Alla contessa di Pembroke il Rolli dedicó, come s'é detto prima, l' oratorio David e
Bersabea (1735) con un sonetto laudativo. Intorno al 1727, certo dopo il 1726, il mu-
sicista Pier Giuseppe Sandoni, che allora era a Londra, dedicava alla Pembroke
le sue Cantate da camera e sonate (6 cantate e tre sonate), e la celebrava protet-
trice sua e della sua famiglia. Cfr. GASPARI-CADOLINI, Catalogo della Bibl. del Liceo
musicale di Bologna, vol. IV, Bologna, Merlani, 1905, p. 225.

(2) Il primo numero é quello progressivo dell'edizione 1717, il secondo tra pa-
rentesi quello dell'edizione 1727.

(3) Cioè la I, II, IV, VI, VII, X, XII.

(4) Alcune tra le canzonette ebbero i numeri II (X), IV (1); V (II), VI (VI), VII
(XII), VIII (XIII, IX (XVI), X (XVIII), XIII (XVII), XIV (XIX), XV (XXII); e le altre
fra le Odi amorose furono la III (II, IV (VIII), V (XI), VI (XX), XII (VII), XIII (IX),
XIV (XXIII). Tra parentesi é il numero progressivo che le canzonette hanno nel-
l'edizione 1727.

(5) Non è indicata in corsivo, perché già segnata addietro, a proposito dell'edi-
zione 1717, dalla quale passò in quella del. 1727.

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ME — x exp

N

144 A. SALZA

Due grand’ uomini già furo (XV),
No, mia bella, il sol diletto (XXI),
Deh placati, Amor (XXIV). i .

Oltre questa stampa delle Canzonette e Cantate, nel 1727
abbiamo ragione di supporne un'altra, che finora ci sfugge,
e nella quale il Rolli dovette unire le sue rime stampate
nel 1717 e:nello stesso anno 1727, aggiungendovene altre ine-
dite in buon numero. L'esistenza di questa irreperibile edi-
zione del 1727 ci è attestata dalla edizione delle rime rol-
liane, fatta a Verona nel 1733, che si dice esplicitamente
condotta su quella del 1727, con aggiunta di alcuni pochi
specificati componimenti nuovi. Stando a quest'affermazione,
e di sull'edizione del 1733, alla quale verremo or ora, ri-
costruendo idealmente l'edizione maggiore del 1727 che ci
sfugge, a questa dobbiamo attribuire la seguente materia:

1.° Tutti gli endecasillabi del 1717 meno quattro: VIII
(Bella ferocia), IX (Deh se t'acerescano), X (Or che siam liberi),
XI (Il lino candido), che furon tralasciati anche nel I527 |

2. Tutte le od? del 1717;

3. Tutte le elegie del 1711; | :

4." Tutti i sonetti del 1717;

0." Tutte le canzonette del 1717 (1), e le diciannove can-
zonette nuove comprese nell’edizione precedente del 1727;

6.° Tutte le 25 cantate della prima edizione del 1727.

Se questa seconda edizione del 1727, più compiuta delle
due stampe precedenti, fu realmente fatta, essa fu probabil-
mente resa necessaria da un ladro, che dovette sottrarre al
Rolli una parte delle copie delle Canzonette e Cantate del 1727
stesso, per divulgarle poi, mutato il frontespizio, col proprio
nome. Il Rolli, che ebbe non pochi imitatori, e qualcuno,
straniero, indiscreto a tal segno da tradurre quasi alla let-

(1) Quelle sette canzonette del 1717 che non erano state incluse nella prima
edizione del 1727, ebbero il numero che indichiamo fra parentesi: I (X XV), II (XXVI)
IV (XXVII), VI (XXVIII), VII (XXIX), X (XXX), XXII (XXXI).
NOTE BIOGRAFICHE E BIBLIOGRAFICHE, ECC. 145

tera alcune sue poesie (1) fu vittima di uno sfrontato pla-
giario. Il Tondini riferisce (2) in proposito un brano d’una
interessante lettera di mons. G. de’ Cavalieri, nunzio apo-
stolico a Colonia, che il 25 luglio 1730 scriveva al Rolli, in
risposta ad una sua: « Ho letto certamente con isdegno il
racconto, ch'ella si è compiaciuta di farmi col suo ultimo
foglio, di quanto si è operato dal noto impostore Boccardi,
il quale, se capiterà in queste parti, non troverà quel cre-
dito, ch’ egli ha trovato all’ Haye. Suppongo che più sensi-
bile della perdita del denaro le sia riuscita V ingratitudine
dal medesimo dimostratale; ma sopra tutto l'ingiustizia fat-
tale nell’appropriarsi l'opere del suo ingegno con mutar
frontespizio al di lei libro di canzonette e cantate, dedican-
dole all'Inviato di Baviera. Or come questi é mio parzialis-
simo amico, non manco con le lettere di oggi di svelargli il
ladro, tanto piü ch'Ella mi dimostra essere ben contenta
che gli faccia palese la lettera scrittami in tal proposito per
prevenire altre imposture di quel vagabondo. Non lascio
intanto di accertarla del mio compatimento nell'incontro
d'un uomo di tal sorte, che fa professione d' ingannare il
mondo ».

Avendo noi rintracciata una copia di questa mistifica-
Zione letteraria, possiamo aggiungere qualche interessante
particolare. L'autore di essa é precisamente il cavaliere Mi-
chel Angelo Boccardi di Mazzéra « patrizio torinese » : quanto
di vero sia in questi titoli gentilizi, a noi non è riuscito tro-
vare; e forse si tratta di un'impostura, perchè il Boccardi
nella lettera del Cavalieri ci é dipinto come uno di quei
cavalieri d'industria italiani, che nel 700 cercavano lor

(1) É il francese Nicola Gilbert (1751-1780). Di aleune sue imitazioni, e quasi
traduzioni di qualche canzonetta rolliana (Solitario bosco ombroso; Beviamo, o
Dori; Ruscelletto a far soggiorno) ha dato notizia A. FAGGI (Un traduttore francese
del Rolli, nel Giornale stor. d. lett. ital., XLVII, p. 455 sgg.).

(2) Marziale | in Albion | di | PaoLo RoLLI| gremessevi le memorie della vita
dell'autore | compilate | dall’ab. GIAMBATISTA TONDINI ecc. || In Firenze MDCCLXXVI. |
Nella Stamperia di Francesco Moücke, p. 50 sg.

10
146 A. SALZA

ventura viaggiando l'Europa. Il Boccardi non fece altro
che sostituir il primo foglio dell’ edizione rolliana di Canzo-
nette e Cantate del 1727 con un foglio di stampa più grosso-
lana, fatta all'Aia nel 1730. La falsificazione del frontespizio
risulta a qualunque osservatore un po’ attento (1): esso non
reca nome di città, ma solo la data 1730, che è smentita da
quella di « Londra il 1727 », che occorre a p. 59 sotto il
titolo speciale Libro II delle Cantate. Segue una goffa dedica
al signor di Gausinot, ambasciatore Bavarese all’ Aia, con
la data « Aia 21 maggio 1730 », dopo la quale sono gli en-
decasillabi rolliani Questo poetico picciol volume, facenti parte
della raccolta del 1717 (2). E dopo questi abbiamo cert’altri
ridicoli e sgangherati endecasillabi, Ai critici ragionatori, che
finiscono trivialmente: questi saran proprio parto della fan-
tasia poetica del Boccardi, chè al Rolli non è nemmen da
pensare. Lo sfacciato plagiario, se ci richiamiamo a mente
la lettera citata più sopra, non dovette goder a lungo della
fama usurpata, che il bel mazzo di liriche anacreontiche non
sue gli avrà procurato in Olanda.

Riprendiamo la storia delle edizioni delle liriche rolliane.
Nel 1733 usciva pei tipi del Tumermani a Verona la più
compiuta edizione, per allora, di esse (3); nella quale, avverte
l'editore, « oltre alle poesie contenute nella edizione di Lon-
dra dell’anno 1727 », se ne contengono alcune altre e pre-
cisamente :

(1) Di | Canzoni | e | Cantate | Libri due. | Del Signor Cavagliere Michel Angiolo
Boc- | cardi di Mazzéra Patrizio Torinese. | Dedicate | All'Illustrissimo Signore | Il Si-
gnor | di Gausinot, | Inviato straordinario | Delle Loro Altezze Serenissime Elettorali |
Di Baviera, Cologna, Palatina ecc. | MDCCXXX.

(2) Questi endecasillabi son ristampati quali occorrono nell’ edizione del 1717,
fatta eccezione di due che furono sostituiti da un solo.

(3) Rime | di | PAoLo ROLLI | Compagno della Reale Società | in Londra | L? Ac-
clamato nell'Accademia | degl’Intronati in Siena | Accademico Quirino e Pastor Ar-
cade | in Roma. | In Verona MDCCXXXIII | Per Giovanni Alberto Tumermani Librajo.
NOTE BIOGRAFICHE E BIBLIOGRAFICHE, ECC. 147

1.° Nel I libro le odi XI (1) (nel 1753, XII) XII (nel
1753,. XIV), e la canz. Bel Genio di cantar la lode altrui
(p. 37 sgg.) per la nascita dall'Arciduca d’Austria (2). i

2.° Nel III libro le tre elegie X (nel 1753, X), XI (nel
1753, XI), XII (nel 1753, XII), che però debbono essere tutte
anteriori all'andata del Rolli a Londra, e di cui la XII, sul
Natale, ha la data del 1714 (3).

9

3.° Nel IV libro, sedici sonetti, che non furon tutti ri-
pubblicati nell’ edizione del 1753 (4):

XI: In sull’ ora del mattino (XVI),

XII: Due crudeli nemiche, Invidia e Sorte (XI),
XIII: O il volo al desir mio reggon gli Dei (IV),
XIV: O parte dell'antica Libertade,

XV: Dal vasto sen d'orrida valle bruna (I),
XVI: Lasciano, o Tebro, la tua manca sponda,
XVII: Montagna in mar che la selvosa testa (IX),
XVIII: Più che lo scaccio, più mi torna in fronte,
XIX: Alla gran Donna che al britanno trono (V),
XX: Nacque solo per far numero al mondo (VI),
XXI: Torna il sentier degli anni a quel momento (X),
XXII: Angeli che ministri di pietate,

XXIII: Ite a Seymour U infante, al vago figlio,
XXIV: Scelto a splendidi natali, (5)

(1) Per errore a p. 32 indicata .col numero IX. Nell'ediz. 1753 (II, p. 28) si dice
mandata agl’ Intronati di S'ena pel natalizio della Granduchessa di Toscana, Vio-
lante di Baviera.

(2) Nell'ediz. 1753 a p. 34 sgg. del tomo II.

(3) La X é in lode del card. Gius. Renato Imperiali, la XI alla Principessa
Isabella Santacroce, in morte d'un suo bambinello. Nell’ ediz. 1753, oltre questa
elegia, vi son due sonetti alla Santacroce (II, p. 84), e il secondo accenna alle sven-
ture di lei. Il 1° era già nell'edizione 1717 (p. 103); il 20 appare nell’ edizione 1733
(p. 127).

(4) Il primo numero é quello d'ordine che i sonetti hanno nell'ediz. 1733; quello
fra parentesi, il loro numero progressivo della ristampa del 1753. Gli altri dieci
sonetti, di che qui non parlo, ricomparsi nella stampa 1733, son quelli che eran già
pubblicati con alcuni altri nel 1717. Sorio al solito in corsivo i capoversi dei sonetti
non ristampati dall’autore nell'edizione definitiva del 1753. È

(5) Dei sonetti non ristampati nel 1753, il XIV é pel Doge di Genova Francesco
Maria Imperiali (p. 124), il XVI per due figlie monache del principe Marcantonio
Borghese (p. 126), il XVIII è una disperata amorosa, il XXII è per S. E. Francesca.

— =
- Aims
ui: se ME X ASSAI

A. SALZA

XXV: Cessan le pioggie i venti e il verno algente (XII),
XXVI: Siegui oggi Amor la tua materna stella (XIII).

«4° Cinque canzonette, che nel V libro occupano i numeri
dal XXXII al XXXVI:
XXXII: Degli Amori con la schiera (Canzonetta (XVII) (1),
XXXIII:O già penato, erudel brunetta (Canzonetta XVI),
XXXIV: Giacea | Di Cipro sovra il lido (Canzonetta XII),

XXXV : Pastorello semplicetto (Ode amorosa II),
XXXVI: Donne, l'Amore (Canzonetta XX) (2).

Degli esemplari di questa edizione del 1733 una parte
ebbe dall’ autore divulgazione nel 1735 con frontespizio mu-
tato (3), e con un sonetto inedito con cui la raccolta è de-
dicata « all’ Altezza Serenissima di Francesco d’Este Pren-
cipe ereditario di Modena ». Il sonetto comincia:

Germe sovran dell’alta pianta augusta,
g

| e non fu ristampato nel 1753.

RE Nuovo arricchimento all’ opera sua poetica apportò il
EE Rolli nel 1739: in aggiunta alla traduzione d’ Anacreonte,
già veduta, egli pubblicò sei Odi amorose, ristampate tutte,
meno la V, nell'edizione del 1753 (4).

I: Tutta vezzi è Lesbia vaga (p. 13 sgg.),

II: Da quel guardo si amoroso (p. 76 sg.),
III: Bella man, mano amorosa (p. 78 sg.),

IV: Quel « non voglio » con feroce (p. 80 sg.),

| Thyne contessa d'Hertford, della quale invoca dal Cielo la guarigione, il XXIII é,
| come forse il XXIV, per un neonato di casa Seymour, figlio d'una dama, a cui il
| Rolli dà il nome poetico di Delta, e che é cantata anche nel son. XXV.
(1) Come al solito fra- parentesi indico il posto preso da ciascuna poesia nella
ristampa definitiva del 1753.
(2) Nell'ediz. del 1733 il 2° libro é composto dagli endecasilltabi, quelli già editi,
e il 6° libro dalle 25 cantate già note.
(3) Rime | di | PAoLo ROLLI | Patrizio Tudertino | Compagno della Società Reale
in Londra | L'Acclamato fra gl’ Intronati in Siena | Pastore Arcade in Roma | e |
Accademico Fiorentino. | Londra : | Per Carlo Bennet. M.DCC.XXXV.
(4) Tra le Odi amorose del 1753 furono rispettivamente la VII, VIII, IX, X, XI.
tandomi, o belle » (p. 103 sgg.) (3), un sonetto in morte di

Tevernin, 1753. Nel I tomo sono ristampate le traduzioni della Bucolica virgiliana e

NOTE BIOGRAFICHE E BIBLIOGRAFICHE, ECC.

Vi Voi bell'alme che ascoltate (p. 82 sg.) (1) ;
VI: Sonnolenta un’ ape ascosa (p. 84 sg);

e sei endecasillabi catulliani (2):

I: Brillanti limpidi cristalli chiari (p. 86 sg.),

II: In marmo pario greco scalpello (p. 88 sg.),
III : Gentile, morbida, leggiadra mano (p. 90),

IV: Sede alle Grazie, nido agli Amori (p. 91 sg.),
V: Deh! Fissa, o Lesbia, tutto amoroso (p. 93),
VI: Sul verde margine di lago o fiume (p. 94 sg.)

A queste poesie, nelle quali è celebrata una Lesbia, se-
guono due traduzioni non più ristampate dal Rolli: quella
dall’ Amleto, da noi riferita innanzi, e un’altra di alcuni versi
d'Elisabetta Rowe (p. 101 sg.) e alcune altre poesie ripub-
blicate nel 1753: un'ode, che comincia « Troppo già segui.

ecu.

donna Flaminia Borghese Odescalchi duchessa di Bracciano
(p. 107) e un epitaffio per la stessa (p. 108) (4).

Finalmente si ebbe l'edizione complessiva del 1753 (5),
in tre volumi a cura dell' autore; dalla quale il Rolli, come
abbiamo fin qui veduto, escluse non poche sue rime e poe-
sie varie, e in cui quelle che ristampó corresse e rimutó
con lima attivissima. Vi incluse anche delle poesie nuove:
1.° Nel volume II, l'ode seria III sui giuochi olimpici (6), il

] e
ici

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SI

(1) Supponiamo cae il Rolli la scartasse per la molta somiglianza d'argomento
che essa ha con l'Ode amorosa XII dell'ediz. 1753.
(2) Tutte terzine, meno il III e il V, che sono ezdecasillabi sciolti. Tutti e sei
questi endecasillabi del 1739 furono ristampati nel 1753 rispettivamente coi numeri
IX, X (tomo II, p. 74), XI, XII, XIII, XIV.
(3) Nel 1753 fra le odi serie ebbe il n. XIII.
(4) Nel 1753 il sonetto ebbe il n. XVIII e l’epitaffio fu stampato subito dopo di
esso (II, p. 91). A donna Flaminia Borghese, nelle sue nozze col duca di Bracciano,
D. Baldassarre Odescalchi, il Rolli dedicò un’ode in terzine d’endecasillabi catulliani.
stampata nella raccolta del 1717 (Endecas. XII, a p. 23 sgg.) e nell'edizione 1753
(Endecas. VII, vol. II, p. 63 sgg.). Non ho tentato di rintracciar tutte le raccolte
poetiche miscellanee, nelle quali il Rolli può aver pubblicato poesie d’occasione.
(5) De’ Poetici | Componimenti | del. Signor | Paoro RoLLI [voll. tre]|| Venezia, :

L


5 dali

di Anacreonte, e le Elegte.
(8) Comincia Questo è agli Arcadi pastori. 150 A. SALZA

preambolo in endecasillabi catulliani (1) (p. 38 sgg.), le nove
odi giocose intitolate Le Meriboniane, in cui è il ricordo del
tempo passato dal poeta con gli allegri amici di Londra, e
trenta Epigrammi (2); 2. tutta la materia del III volume:
un’ epistola a Faustina Maratti, (3) 8 odi di vario metro (al-
| cune barbare) (4), un madrigale, due endecasillabi nuziali, una
| canzonetta e due sonetti, oltre tre componimenti dramma-
| tici: L'eroe pastore (David), Teti e Peleo e un’ Egloga dram-
| : matica a tre personaggi.

Delle edizioni che le poesie del Rolli ebbero ancora nel
| sec. XVIII, una la diede nel 1761 l’Occhi di Venezia, e
B un'altra vide la luce a Nizza nel 1782 (5). Quest’ ultima ebbe
| maggiore e meritata divulgazione, perchè, pur essendo esem-
plata su quelle del 1753 e del 1761, della prima non ha gli
eccessivi errori di stampa. Ha inoltre alcune aggiunte, che
si riducono a cinque canzonette nel I volume (La bionda Eu-
rilla d'azzurri lumi, Lo splendor del primo sguardo, Sì beviam
vezzosa Dori, Due grand’uomini già furo, Deh placati Amor),
e alla cantata Piramo e Tisbe.

Chi ha avuto la pazienza di seguirci fin qui vede che
gli editori di Nizza hanno lasciato ancor fuori dalla propria
ristampa non poche poesie del Rolli, sparse nelle varie edi-
zioni da noi esaminate, e precisamente:

1.° Sei endecasillabi (dalla raccolta del 1717);
2.° Tre canzonette: Sì, m'è caro un fido amore, nell'ediz.

(1) Comincia No, non richiedono questi miei scherzi.

(2) Ristampati con molt'altri, dopo la morte del Rolli, nel Marziale in Albion.

(3) Con la risposta di lei, e innanzi al volume un sonetto del Custo le d'Arcadia,
l’ab. Morei.

(4) Tia queste una (p. 21 sg.) é in morte della Maratti Zappi. Sono tutte d'oc-
casione: al card. Neri Corsini (p. 17), al march. Girolamo Teodoli romano (p. 19),
alla march. Violante Crescenzi di Ferrara (pp. 25, 27), in morte del patrizio macera-
tese Giuseppe Alaleona, prof-ssore di Ragion Civile nell'Università di Padova (p. 28),
al co. Paris Pallotta di Macerata (p. 31) al nob. maceratese Ignazio Compagnoni
(p. 33).

(5) De* Poetici Componimenti del signor PaoLo ROLLI divisi in tre libri con
aggiunte, In Nizza presso la Società Tipografica, 1782. Precede, riassunta, la vita
del Rolli scritta dal Tondini.
NOTE BIOGRAFICHE E BIBLIOGRAFICHE, ECC. 151

del 1717; No, mia bella, il sol diletto, in quella del 1727; e Voi,
bell’alme, ch'ascollate, nella traduzione d'Anacreonte del 1739;
3.° Nove sonetti (dall'edizione del 1717 e da quella del
1133);
4. Le due traduzioni dall'Am/eto dello Shakespeare, e
da Elisabetta Rowe (nell'Anacreonte del 1739) (1).

Ci rimarrebbe da dimostrare con citazioni quante mo-
dificazioni sostanziali e formali il Rolli apportò nella ristampa
del 1753 alle sue poesie già edite: altro ingrato e inameno
lavoro, che noi abbiam fatto minutamente, ma che rispar-
miamo al lettore, lieti se esso sulla nostra parola si persua-
derà che l’anacreontico settecentista dimostrò una lodevolis-
sima coscienza d'artista nella intelligente revisione di quelle
sue rime, alle quali nella prima metà del secolo XVIII per
leggiadria di forme e per vivezza di rappresentazione del-
l’indole de’ tempi, poche altre possono essere paragonate.

ABDELKADER SALZA.

(1) Chi penserà a darci una buona edizione delle rime del Rolli, che non ne
sarebbe davvero immeritevole, dovrà includervi, oltre le poesie da me ricordate
innanzi, quelle giovanili della raccolta (1711) in lode del principe Ruspoli, alcuni
sonetti di dedica di qualche melodramma, segnalati e ristampati, dal FAssiNI (Il me-
lodramma ital. a Londra ecc., passim), e due poesie inedite indicate dalla Lust
(p. 238 n. 2, e 254 n. 1), cioè un capitolo a G. P. Zanotti, e un'epistola all’ ab. Riva.
Qualche cosa di nuovo potrà forse trovarsi ancora in qualche non esplorato ms. del
sec. XVIII: molte rime del Rolli contiene un codice (n. 2) della Biblioteca del mar-
chese Luigi Benveduti di Gubbio (pp. 395-551), per il quale efr. MAZZATINTI, Inven-
tari, II, 246; ma non so se vi sia nulla d'inedito.
A. SALZA

APPENDICE

Lettere di Paolo Rolli a Ludovico Antonio Muratori (1).

Ill.mo Sig.re e P.ne Sing.mo,

Ch'io già vi conoscessi più che per fama n’ è testimonio l'avvocato
Zappi, nella cui libreria, ch'io frequentavo in Roma per la molta ami-
cizia ch’ era fra noi, ho letto tutto il vostro libro della Volgar Poesia,
e gran parte delle illustrazioni vostre al Petrarca ristampato. Ora mi
conviene contrar con voi un'attual servitü, mentre qui il Sig.r Abbate
Riva. mio parziale amico, àmmene fatto venir da voi obbligantissimi
motivi, per li quali essendovi infinitamente tenuto desidero occasioni
di mostrarvene grato animo. Sappiate peró che quanto il sig. Riva àmmi
obbligato in procacciarmi così pregiabile amicizia, altrettanto mi ha dato
dispiacere nel rivelarvi al tempo stesso un secreto; e iersera, leggen-
domi la vostra cortesissima, manifestommi l’errore. Venutomi appena il
pensiero di stampar qui la traduzzione (sic) di Lucrezio, la quale è un
lume letterario d’Italia, pensai alla dedica, e senza nepure (sc) esitare
un punto deliberai di dedicarla al Serenissimo di Modena, perché tanto

(I) Il Muratori ebbe relazioni epistolari anche con altri italiani dimoranti in
Inghilterra: il suo epistolario ha parecchie lettere al Conti, e non poche altre allo
Zamboni, oltre le numerose dirette all’ab. Riva. Debbo la trascrizione delle lettere
del Rolli (conservate nella Bibl. Estense: Archivio Soli Muratori) alla cortesia del
collega Umberto Renda, che qui vivamente ringrazio. Altre leitere rolliane furono
pubblicate, in più volte, dal Fassini.

(2) Il Riva aveva sollecitato il Muratori, perché facesse in modo che il Duca
di Modena accettasse la dedica del Lucrezio del Marchetti, di cui il Rolli preparava
la stampa. Il Muratori rispondendogli (24 luglio 1716: Epistolario, V, 1821 sg.) lo in-
formò che il Duca, dapprima favorevole all'idea, era poi stato vinto dagli scrupoli
religiosi, prevedendo che l’opera sarebbe stata proibita. Il Rolli insisté con questa
lettera, ma senza resultato. Avverto che nell'Epistolario del Muratori invece di ab.
Rolli si legge spesso ab. Rossi. Non abbiamo nessuna lettera del Muratori al Rolli,
sebbene sappiamo che gliene scrisse parecchie. A questa prima lettera del Rolli,
lo storico estense allude scrivendo al Riva il 4 settembre 1716, e ancora il 4 feb-
braio 1717.
Vasusibidad

NOTE BIOGRAFICHE E BIBLIOGRAFICHE, ECC. 153

bella e grand'opera per obbligo è dovuta alla sola famiglia sovrana
d'Italia ch'é stata l'asilo delle lettere, e ben se lo scorge la desolata
Ferrara, che muore d' invidia di veder nella sua vicina risorgere e con-
correre i moderni piü chiari ingegni simili a quelli che un tempo ella
nutriva, quando non era serva. Comunicai dunque questa mia delibe-
razione al Sig. Riva ed egli, per quel ch'ora m'avveggio, ve ne scrisse
per troppo affetto del mio vantaggio, ed ha fatto quel che dicesi delle

.Seimie, che spesso per troppo amore stringono tanto i loro teneri figli

che li uccidono. Aveva ben io già pensato che il libro con tutta la pro-
testa del traduttore sarebbe stato proibito con più ragione ch’ altri
forse lo siano stati, ma non già che cotesta proibizione avesse avuto
ad apportar briga veruna al Serenissimo Duca, quasi che egli non di-
fendendolo avessevi avuto a perder nulla. Mentrechè, senza ch’ io faccia
considerare, che in oggi assai maggiori intrighi con la corte di Roma
nulla scemino allo splendore de’ Sovrani come pur troppo si vede, basta
il pensare che di due libri proibiti in capite l'uno che è l’Adone è de-
dicato alla Regina Maria di Francia, l’altro che è il Machiavello è de-
dicato ad un Pontefice, a Clemente VII. So bene che voi passate sopra
a quel che non passerà forse quel cavaliere erudito di cui parlate senza
nomarlo nella vostra; ma comprendo ancora che la giusta facilità di
questo soprapasso non è, come dovrebbe essere, facilmente altrui per-
suadibile. Avendo perciò tutto in pronto per cominciar la stampa, ora
che ho la notizia della vostra lettera mi trovo tra l’incude e il mar-
tello. Se prosieguo il mio disegno, temo d' incorrere nella taccia di di-
subidiente; se desisto, defraudo l'opera di quel che merita. L' opera è
grande non solamente perchè è una divina traduzzione (sc) d’un ori-
ginale divino (carmina divini nunquam peritura Lucreti), ma perchè di
più buona parte delle cose filosofiche sono con aggiunta di più chiarezza
dal traduttore spiegate. Sicchè merita certamente d'esser consecrata ad
un Sovrano, il che tenterò di far io in versi sciolti, Lucreziani al più
che mi sarà possibile. Or qual è quel sovrano nel mondo che protegga,
che ami le lettere dal Serenissimo vostro Duca in fuori? Qual è? Ad-
ditatemi in oggi un vero letterato vo come i beneficato dal Sovrano.
Forse qualche impertinente scrittore d'Amazonidi premiato perchè ca-
lunnia altrui? e scrive cose che anima nata non leggerà mai? E questo
è proteggere le lettere? Or dunque consigliatemi voi. E se vi basta l’a-
nimo, scegliete per me un altro degno oggetto.

Vi do notizia poi che sto quasi alla fine delle mie annotazioni alle
Rime e Satire dell'Ariosto, le quali in tutto settembre saranno stampate
con ogni perfezzione (sc) Ne manderò due esemplari a Modena, uno
per voi ed un altro per il Sig.r Marchese Orsi, di cui ho quella vene-
154 A. SALZA E

razione che tutti i letterati hanno come d'un loro padre (1). Nel tempo
ch'io passai per Modena niuno di voi due v'era, perché stavate in villa,
come pur anche la Serenissima Corte; sicchè restai deluso del desiderio
che avevo di vedervi e d’inchinarvi. Qui finchè vi starà il Sig. Abbate
Riva, non vi sarei che superfluo ; pure se a nulla potessi servirvi, siate
certo che mi stimo onorato molto nelle occasioni di mostrarmi in effetto
ad un vostro pari
Londra il 3 d'Agosto 1716.
Um.° ed ubb.mo servidore
Paolo Ant.° Rolli.

TE

Ill.mo Sig. e Padrone Col.mo,

La settimana scorsa, in una nave che sciolse per Venezia, inviai una
cassa con 200 copie della traduzzione (sc) di Lucrezio e 50 delle Satire
e Rime dell'Ariosto. Per altra mandata a V. S. Ill.ma per mezzo del
Sig. Segretario Riva, Ella avrà già inteso che mi prendevo l’ ardire
mandar di ciascuno degli esemplari uno legato qui al Suo Serenissimo
Sovrano. Ne invio pure a V. S. Ill.ma ed all’ Ill.mo Sig.r Marchese Orsi,
ma disciolti per mancanza di tempo: nè una mediocre legatura sarebbe
stata al caso. Dovrà Ella a suo tempo far recapito in Venezia dal Sig.
Andrea Gislanzoni, cittadino veneziano ben cognito. Facil cosa sarà farli
pervenire costà per il corriere di S. A. S. Spero che Ella mi favorirà
darli accompagnati dal mio sommo rispetto all’ A. S. S. ed all’ Ill.mo
Sig.r. Marchese Orsi, giacchè tanto cortesemente mi s'offre in favorirmi.
La supplico poi di contribuire col suo credito alla vendita di detta tra-
duzione, la quale è riuscita di bellissima stampa. Il prezzo non potrà
essere meno di uno scudo romano, attese l’eccessive spese di stampare
un’ opera in questo paese. Delle Rime e Satire d'Ariosto non mandone
che pochi di carta piccola, ed il prezzo loro sarà un testone romano:
quelli di carta grande o vendo qui o mando in presente a’ miei amici
e padroni in Italia.

Per ispaccio poi de’ suoi libri in questo paese, V. S. Ill.ma non
deve arrestarsi di commandarmi (sc). Il suo Petrarca è vendibilissimo,
siccome ancora i suoi discorsi sulla Volgar Poesia. Il genio della na-

(1) É il marchese Giovan Giuseppe Orsi, bolognese, ma dal 1712 dimorante a
Modena; nome notissimo ad ogni studioso del 700, sicché é quasi superfluo il rinvio
à I. CARINI, L'Arcadia, p. 359 sgg., e per le polemiche sul Bouhours ai lavori spe-
ciali di F. Foffano e di A. Boeri.
NOTE BIOGRAFICHE E BIBLIOGRAFICHE, ECC.

zione ora é molto inclinato alle memorie antiche istoriche, é conseguen-
temente a tutto quello riguarda l'antichità: sian libri di medaglie, sian
di vestimenti, armi ecc.; e cosi pur anche ad istorie particolari di città.

Il fratello di quel Sig.r Gislanzoni cittadino veneziano, rimasto qui
dopo la segreteria dell'ambasciata del Cornaro, col quale egli ebbe con-
tesa, egli è quello che àmmi aiutato alla stampa del Lucrezio, sbor-
sando tutto il denaro, e questi é molto inteso del commercio dei libri
qui, e onorato all'ultimo grado; sicchè V. S. Illma ne può dedurre
che ò la maniera di alleggerir seco le mie grandi obbligazioni, quando
Eila voglia commandarmi (sic). Spero che il Sig.r Marchese Orsi avrà a
quest'ora ricevuto una mia nel piego di S. A. S., onde in conformità
della medesima pregola di rinnovargli il mio rispetto ed insieme rin-
graziarlo del bel capitolo mandatomi dall’amabile Giampietro Zannotti
(sic), e raccomandandomi alla sua gentilezza per la continuazione della
così riguardevole amicizia, mi professo sempre di V. S. Ill.ma

Londra il 9 del 1717.
Um.° Dev.mo e Obb.° Serv.re
Paolo Ant.° Rolli.

NI (1).

Ill.mo Signore e P.ne Oss.mo,

Non anderà molto a luugo che arriveranno a Venezia 200 copie
della edizione di Lucrezio. Il Sig. Gislanzoni cittadino veneziano ha
l’incumbenza di quelle copie che debbono venire a Modena, cioè quella
per cotesto Serenissimo Sovrano e quella per V. S. Ill.ma e per l’Ill mo
Sig.r Conte (sic) Orsi: tutte accompagnate dall’edizione delle Satire e Rime
dell’Ariosto con mie annotazioni. Intanto Ella farà dar ordine al cor-
riero ducale che va a Venezia, di prenderne notizia per portarle a suo
tempo. V. S. Ill.ma, ricevendo benignamente il picciol dono, avrà la
bontà di farlo similmente ricevere altrui, e così il mediatore scuserà
l’ardire di chi gli offre. La supplico poi di correggere due errori di
stampa nell’ Ariosto, cioè alle pagine 310 e 107 porre un I dinanzi
al V di Sisto, acciò dia Sisto IV. Aspetto risposta circa il commercio
dei libri secondo la passata mia lettera, e raccomandandoLe l’incorag-

(1) Del dono del Lucrezio e dell'Ariosto il Muratori fece ringraziare il Rolli
dal Riva (16 giugno 1717: Epistolario, V, 1879; cfr. anche l'altra lettera al Riva del
9 settembre, a p. 1896).

155

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gimento della compra del detto Lucrezio a’ buoni letterati di Lombar-
dia bene e correttamente stampato, mi riconfermo sempre
Di V. S. Ill.ma
Londra il 14 di Febbraio 1717.
| Um.mo e Dev.mo e Obb.» Serv.*
Paolo Ant.° Rolli.

IV (1).

Ill.mo Sig.re e P.ne Oss.mo,

La sua gentilissima del 2 di Settembre mi giunge appunto in una
deliziosa signoria presso Bedford ove godo un’amena villeggiatura con
un parlamentario mio amico; nella quale non mi creda disoccupato,
perchè avanzo di molto la mia incominciata traduzzione (sic) del celebre
poema inglese del Mylton (sic) intitolato il Paradiso Perduto: ella sarà
in verso sciolto, essendo pure così l'originale. Gliene trascrivo pochi
primi versi: i

La trasgression dell'uom primiero e il frutto
di quell’ arbor vietata il cui mortale
gustamento apportò Morte nel mondo
e tutt’ i nostri mali una con l’aspra
perdita del terrestre Paradiso,
infin che ristoronne Uomo più grande
e racquistò la fortunata sede,
canta, o celeste Musa, che d'Orebo
o di Sinai sulla secreta cima
ispirasti il pastor che al seme eletto
fu il primo ad insegnar come in principio
sorsero fuor del Caos la Terra e i Cieli.
O il colle di Sion più ti diletti,
o il ruscel di Siloa che presso scorre
all'oracol di Dio, quind' io t' invoco
perch’ aiti l'ardir del canto mio,
che volo non mediocre erger disegna
per sormontar sopra l'Aonio monte,
mentre sicuro in traccia va di grandi
cose ancora intentate in prosa o in rima.

(1) Di questa lettera il Muratori accusava ricevuta al Riva il 9 dicembre 1717
(Epistolario, V, 1915), ma non aveva risposto ad essa il 28 gennaio 1717 (V, 1920), né
forse rispose mai. La lezione dei. versi surriferiti non è quella definitiva.
NOTE BIOGRAFICHE E BIBLIOGRAFICHE, ECC. 151

Non so se mai sarà stata fatta più rigorosa metafrasi di questa:
al che molto contribuisce la frase inglese molto simile all’italiana. L'opra
peró é molto grande, onde non so in quanti anni ne verró a fine con
l'interposte altre mie faccende.

Non dubito che l'edizione delle satire ariostine molto migliore for-
tuna correrebbe sotto l'erudita correzione di V. S. Ill.ma; il che non
poteale accadere pienamente meco in questo paese, sprovvisto di co-
gnizioni e libri necessari a tal cosa, com' io l’ accenno nella lettera al
lettore. Spero ch’ Ella secondo io Le scrissi avrà cangiati in IV i due
Sisti V, e che non si scorderà della promessa in caso di nova edizione.
Nell'edizione lucreziana éssi piuttosto avuto riguardo all'onore dell'opera
e dell’Italia, che al lucro da (sic: forse ed a) speranze: e certamente la
lettura sariane pregiudiziosa moltissimo, se l' idiota gente intendessene
la materia e la poetica locuzione: del che ò fatto qui esperienza con
qualche idiota italiano, ed ò veduto ch’ ei punto non ne capiva.

I libri di V. S. saranno sempre ben ricevuti tra i dotti, ed io fra’
miei conoscenti amatori dell’opere italiane ne sarò sempre giusto ap-
prezzatore. Per tanto quand’Ella ne mandi, m’avvisi, e se Le piace per-
metta che me ne siano confidati in parte, perchè io faronne esitare a’
miei librari; lo stesso dico dell’opera del Sig.r Dottore Torti, il quale
merita certamente di molto, mentr’ è così stimato da V. S. Ill.ma.

Le manderò per la prima occasione un tomo, che ho magnificamente
stampato, di mie Rime, e mandandone uno ancora perla Biblioteca del
suo Serenissimo Sovrano ed un altro per l'Ill.mo Sig. Marchese Orsi,
la pregheró dell’incomodo di presentarli una col mio rispettivo os-
sequio. Due nuove cose ho tentato in quelle. La prima è di far gli
endecasillabi catulliani rimati e no, e l'altra di far l’ ode ne’ metri e
stile oraziano con rima e senza. A suo tempo V. S. Ill.ma me ne scri-
verà il suo franco parere.

Spero nella futura estate fare una superba edizione del Pastor Fido,
con alcune delle migliori rime dell’ autore, poichè ristamparle tutte è
un far torto al medesimo, essendovene a mio senno tali che non paiono
sue. S'ella à qualche cosa inedita del detto autore, favorisca mandar-
mela. Desidero ancora la notizia di chi ne ha scritto più esattamente
la vita: oppure s'Ella volesse mandarmene un compendio di notizie; io
gliene farei pubblica testimonianza d'animo grato. Mi perverranno da
Roma 8 nuovi rami per arricchirne l'edizione. Io aggiungerò all'antiche
aleune mie osservazioni, e nella prefazione faró un estratto delle piü
sostanziali critiche e risposte che tempo fa furono a favore e contra
scritte di così bell'opera: la difenderó poi dal nuovo assalto datogli
dall’abate Gravina nel suo peraltro dotto trattato della Tragedia, e spero
e hr dA ——(
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7 Ù

158 A. SALZA

in ciò dilettar me e gli altri, perchè ò certi passi topici di riserva che
toccheranno il vivo dell’assalitore troppo trasportato.

La prego poi conservarmi la sua tanto da me apprezzata amicizia,
e di rinovare il mio divoto rispetto all’ Ill.mo Sig.r Marchese Orsi,

cui dica ch’ò ricevuto la sua gentilissima risposta, e che scriverò a S.
S. Ill.ma quando le manderò le mie rime, fra le quali la prima dell'ode
è quella che presi ardire indirizzarle; e ringraziandola delle gentili
espressioni di stima ch’Ella così cortesemente favorisce scrivermi, mi
rassegno con tutto il rispetto dovuto

Di V. S. Ill.ma

Bedford il 15 di ottobre del 1717.

| Um.mo e Dev.mo e Obb.mo serv.re
is Paolo Antonio Rolli.

V.

Ill.mo Signore e Padrone Sing.mo
Diedi al Sig.r Riva tre tomi delle mie Rime: il rilegato perchè V.
S. Ill.ma lo ponga a far numero nella biblioteca del suo Serenissimo

Sovrano che Dio prosperi lungamente com'Ei merita e com’ io desidero;
gli altri due cuciti perch'Ella e l’Ill.mo Sig.r Marchese Orsi gli ricevano
solamente in segno della mia devozione verso il merito d’ ambo. Con
infinito compiacimento ho letto la bella dedica e la dotta del pari che

laboriosa prefazione del suo libro della Genealogia d’Este: le mie oc-

cupazioni me ne vietan per ora la intiera lettura. L'ordine, lo stile, la

profession del vero, la chiara e recondita evidenza delle prove addotte
s] renderan l'opra un modello per altre simili, ed accresceran di molto la
Il gloria dell’ autore. Oh quanto piacere apporta ad un lontano che viva
il in culta nazione il poter mostrare opre grandi e perfette de’ suoi vi-
Mi venti paesani !

Spero nella prossima state fare una magnifica edizione della tragi-
comedia del Guarini con le note: i rami fatti in Roma vengono di già
e saranno di grande ornamento all'opra. Desidero pertanto le neces-
sarie nozioni per iscriver succintamente la vita dell'autore e porla al

principio del libro, come ancora qualcosa se pur vi fosse inedita, e no'l
meritasse. Or chi potrebbe meglio fornirmene che V. S. Ill.ma? Ne la
prego dunque e farogliene la dovuta giustizia. Penso divider l'opra in
due tomi: uno della tragicomedia e delle migliori delle rime, e l'altro

della prosa. Se Ella avessevi fatto aleuna osservazione in qualche parte
e me la volesse communicare (sic), io n'adornerei l’ edizione. Mi con-
servi intanto il suo per me onorevole affetto e mi procacci la continua-

ina RN II, SITA

1.
NOTE BIOGRAFICHE E BIBLIOGRAFICHE, ECC. 159
zione del patrocinio del Sig.r Marchese Orsi, a cui sono egualmente che
a V. S. Ill.ma
Um.° e Dev.» e Obb.mo serv.re
Paolo Antonio Rolli.

Dopo scritta la presente, il Sig. Riva mostrommi un capitolo d’una
lettera di V. S. Ill.ma, nella quale m’ accenna il favore ch’ Ella mi sta
facendo in procaeciarmi le ricercate notizie; sieché ringraziandoneLa
ne aspetto l’esito (1).

VI.

Ill.mo Sig.re e P.ne Sing.mo

Io non solamente non mi scordo delle persone riguardevolissime
sue pari, ma né pure de’ loro detti. Tempo fa V. S. Ill.ma mi scrisse
che in caso le satire dell'Ariosto si fossero di novo ristampate, Ella
avrebbe avuto notizie particolari da communicarmi (sic). A me che son
qui solo e senza libri, bisognano tali favori più che ad altrui, e il mio
fervore in acerescere nuova luce a' nostri grandi autori non gli deme-
rita. La prego dunque di adempiere la sua cortese promessa, perchè ò
una quasi certa speranza di porre nel suo maggiore e meritato splen-
dore il nostro Omero. Penso che in codesta Ducale biblioteca possa
essere qualche cosa inedita di M. Ludovico, ed in tal caso vorrei man-
dare umile supplica al suo Sovrano perchè ne permettesse copia. In
tutto quello che mi sarà comunicato io Le renderò la dovuta giustizia
e non mancherò con alcuni esemplari farmi in parte riconoscere grato
all’altrui cortesia (2). Spero ch'Ella goda e conservi la sua preziosa LEO

(1) Qursta poscritta ci permette di fissare con approssimazione la data della |
lettera del Rolli. Il 3 febbraio 1718 il Muratori incaricava appunto il Riva (Epísto-.
lario, V, p. 1921) di dire al Rolli che sul Guarini attendeva notizie da un discendente
di lui, il co. Alessandro Guarini, che non poteva dargliele subito. La lettera del
Rolli é dunque posteriore a quella muratoriana del 3 febbraio, ma anteriore all'altra
del 31 marzo 1718, con la quale il Muratori (V, p. 1927 sg.) accenna alla nuova let-
tera del Rolli e conferma che si procurerà le notizie sul Guarini. Ma queste non
vennero, e allora il Muratori offerse al Rolli certe lettere inedite del Guarini che
egli possedeva (13 ottobre 1718; Epistolario, V, 1956).

(2) Non so se il Muratori soddisfacesse il desiderio del Rolli, ma é probabile È
che non ne facesse nulla. Da un'altra lettera del Muratori al Riva parrebbe che il {4 i
Rolli gli chiedesse anche delle annotazioni per i poeti burleschi che stava ristam- i
pando. Ma il grande storico, che era allora occupatissimo per l'avviata pubblica-
zione dei Rerwuin italicarum Scriptores, si scusava per mezzo del Riva presso « l'in-
futicabile » Rolli (11 gennaio 1725: Epistolario, VI, 2417). MEC DIA PRIA

" x

160 ; A. SALZA

salute importante all'onore letterario d'Italia. La prego rassegnare la
|| M mia ossequiosa divozione all'Ill.mo Sig.r Marchese Orsi e mi rassegno
mI Di V. S. Ill.ma

Londra il 26 di Aprile 1724,

| Fuori :

« All'Ill.mo Sig.re e P ne Sing.mo
Il Sig. Lud. Aut. Muratori
Bibliotecario et Archivista di S. A. S.
Modena
Ricordo a V. S. Ill.ma il mio cordialissimo rispetto. Prego Dio che
Le dia perfettissima salute; e La. supplico a continuarmi il suo pre-
zioso affetto ». Y
IL TESTAMENTO DI PAOLO ROLLI

L'egregio signor Clodoveo Retti di Todi, discendente da
quel bravo giovinetto che il Rolli condusse seco dall’ Inghil:
terra ed ebbe poi sempre compagno affezionato e devoto,
oltre al noto epistolario (di cui mi giovai largamente per i
miei studii rolliani) conserva, tra altri documenti, copia del
testamento che il glorioso corifeo della canzonetta italiana,
quasi ottuagenario, dettò nella propria casa nella Piana di
Todi venti mesi prima di rendere lo spirito al Creatore (1).
Una dichiarazione del notaio Terenziano Agnusdei avverte
che il Rolli « sano, per la Dio grazia, di mente, senso, vista,
« udito, loquela ed intelletto come in ogni altra parte del
« suo corpo, sapendo esser mortale, e di non esservi cosa
« più certa della morte e più incerta del punto ed ora di
« quella, non volendo passare da questa all'altra vita ab
« intestato, ha procurato di fare, come ha asserito aver fatto,
« il suo ultimo nuncupativo testamento nel modo e forma
« che si contiene negli acchiusi fogli in Sette luoghi sigillati

.* con suo sigillo in cera di Spagna impresso ». Il testo, pre-
ceduto da un'invocazione alla S.S. Trinità ed alla B.ma Ver-
gine Immacolata, incomincia con queste parole: « In mia
« Casa nella Piana di Todi, A di 7 Agosto 1763. — Consi-
« derando Io Paolo Rolli quanto certa sia la morte e quanto
« incerto siane il momento, ho voluto ora che sono in salute

(1) A carte 156 nel Registro dei Brevi del Comune di Todi è cenno di un testa-
mento precedente (annullato poi da quest’ altro) che il notaio Giacinto Pieri dichiara
di avere ricevuto in consegna il 7 ottobre 1743, un anno prima che il poeta ritor-
nasse dall’ Inghilterra.
LL 29 € cu gi Par rini: si;

162 S. FASSINI

« ed in buon uso della mente far scrivere da persona fedele
« questa mia ultima volontà e testamento, firmato con mia .
« propria mano, affinchè dopo la mia vita quel tutto che
« possiedo, e che Io sia per possedere, stabile, mobile e se-
« movente, tutto di mio proprio quasi castrense acquisto, ri-
« manga disposto ed assegnato secondo i dettami di ricom-
« pensativo affetto, di gradita parentela e di grato riguardo
verso quelle persone che piü di tutt' altre mi concernano ».

Egli dispone che Samuele Right, ossia Retti, civilmente
nato e venuto seco da Londra, dove fin dalla sua tenera età
cominció a fedelmente servirlo, sia suo erede usufruttuario

«

^

a tenore di certe disposizioni determinate con minuziosa pre-

eisione. E cosi intende di ricompensare e soddisfare il Retti
di tutto quel suo proprio denaro, che gli consegnò di là e
di qua dal mare nel passo da Dover a Calais, e dei lunghi
servigi prestatigli, che egli non volle mai retribuire propo-
nendosi di « ricompensarlo in questa miglior forma e più
« confacente e più onorevole a lui ».

Istituisce erede fidecommissario Carlo Murena, figlio pri-
mogenito di Dorotea Rolli, sua sorella primogenita, e di
Giuseppe Murena, già Castellano di Collalto, Baronia del.
l'Ecc.ma Casa Barberini, ambo defunti, e tutta la primoge-
nitura mascolina di sua discendenza per legittimi matrimoni ;
e dispone che ogni tal suo erede aggiunga al proprio il co-
gnome Rolli in tutto quello che egli firma e sottoscrive, al-
trimenti perda l’ eredità. A Carlo Murena, se morrà senza
legittima successione mascolina, sostituisce Don Francesco
Murena, sacerdote, unitamente con Isabella Murena, loro
sorella, e a questa sostituisce « la di lei primogenitura, come
« quella di Carlo, cioè mascolina solamente », e aggiunge:
« A tutto il sopra nominato Nepotismo di Carlo Murena, se
« accadesse che per mancanza di successione mascolina le-
< gittima ei si estinguesse, sostituisco Filippo Giorgi, altro
« mio nipote, figlio di Angela Rolli, altra mia sorella minore,
« e dell'avvocato Giovanni Giorgi, ambo defunti, e tutta la
IL TESTAMENTO DI PAOLO ROLLI 163

« di lui mascolina legittima primogenitura, come sopra nel-
« l'istituzione di Carlo e del Nepotismo Murena ».

Avendo cosi adempito il dover suo naturale verso i
Murena e i Giorgi, passa alle sostituzioni consecutive « onde,
« egli dicé, l' eredità mia col mio cognome diventi fidecom-
« missaria perpetua a benefizio, conservazione e manteni-
« mento di onorate famiglie, sistema che merita l alto pa-
« trocinio di ogni Sovrano »; e alle suddette istituzioni e
sostituzioni d'eredità fidecommissa sostituisce la successione
mascolina legittima del fu nobile uomo Orazio Astancolli,
marito della nobil Dama Lucrezia dei Marchesi Melchiorri
di Roma, vincolandola con alcune curiose disposizioni. Alla
discendenza di Orazio, se mai si estinguesse, sostituisce nella
medesima forma e nel medesimo modo la discendenza ma-
scolina del nobile uomo Carlo Astancolli, figlio di Pietro Paolo,
discendenza popolarmente distinta dalla sopra nominata con
l’appellazione di Astancollini. « Condizione sine qua non a
« tutte queste mie ereditarie istituzioni e sustituzioni sia che
« ciascun erede non preterisca mai di aggiungere al suo
« cognome il mio in qualunque firma e sottoscrizzione (1)
« che egli faccia, talmente che, provatosi legalmente che
« egli abbia preterito di ciò fare la seconda volta, debba
« perdere il possesso di questa mia eredità in favore del
« prossimo successore alla medesima a tenore delle mie di-
« sposizioni ». Passa in seguito a dichiarare in particolare le
sue terre fruttifere di S. Damiano e nelle. Cortine e « alle
« disposizioni di tutto il semovente e di tutto il mobile ».
In quanto al bestiame, che son quattro buoi aratori e due
cavalle, si conservi e si continui « nel numero e qualità che
« Sia trovato esistere nel tempo della mia morte. E ció si
« faccia a spesa della rendita intera, come pur anche la
« riattazione e mantenimento delli suddetti miei casa, casino

^

(1) È noto che il Rolli voleva che si serivessero con zz le parole italiane in
cui la z risulta da due consonanti latine. (Vedi il mio scritto I] Decameron e una
bega letteraria settecentesca in Rivista d? Italia (dicembre 1913).
164 S. FASSINI

« e casali ». La stessa cosa vuole che si faccia dei mobili
di ogni sorta, o di camere o di cucina o di cantine, che cioé
sì conservino e si rifacciano, se consumati, « nel modo e nella
qualità che si trovano alla sua morte », e fra essi mobili si
computi pure la gran caldaia da cuocere il mosto. Vuole poi
assolutamente che la libreria si abbia da conservare intiera
nella gran camera della sua casa in Todi, e con tutti i libri
di essa anche tutti i quadri (1) ivi collocati, e nelle adiacenti
camere, la maggior parte di non poca valuta. « Item di-
« spongo e voglio che le mie sei posate d'argento, coltelli,
« forchette e cucchiari colla cresta della mia Arma, cioé una
« corona d'alloro sovra un troncone, e servate in custodia

^

riquadrata nera, piastra d'ottone, voglio, dico, che si con-

« servino per uso in convenevoli occasioni d' ogni mio so-
« stituito erede, e che non siano mai imprestate né alienate

« sotto la medesima pena della sovra accennata decadenza
dall’ eredità a pro del prossimo sostituito erede ». Pari
menti dispone e vuole che il suo archibugio, di lavoro inglese
(che. costò cinquanta scudi), con le sette sue cariche e con
la fiasca di trasparente corno, sia conservato sempre ad uso
dei suoi eredi, nè impegnato nè alienato sub pena come sopra.

L'ultima parte del testamento concerne i legati: « Pri-
« mieramente ordino e comando che allorquando la mia

« Anima sarà separata dal corpo, la quale con tutta umiltà rac

A

(1 IL signor Retti possiede copia dell'inveatario fatto nella casa del Rolli,
posta nella Piana sotto la Parrocchia di S. Silvestro, e un catalogo dei libri del de-
funto. Molti sono i quadri: venticinque circa nella sala, tra i quali un ritratto senza
cornice, dipinto in tela, rappresentante il Principe Eugenio, di altezza quasi palmi
sei, e di lunghezza palmi sette; un ritratto di Paolo Rolli in veste da camera con
libro aperto [?] nelle mani (*; un quadretto con cornice nera rappresentante Fau-
stina Maratti; due quadri dipinti in tela, con cornice simile, rappresentanti, l' uno
Paolo Rolli, e l' altro il fratello di lui Domenico con un giovine, ecc. Nella biblioteca
figurano libri orientali, greci, latini (circa cento opere), inglesi (circa sessanta), molti
libri francesi, circa 250 italiani, fra i quali un Dante del 1578 (Venezia) con 1° espo-
sizione di Cristoforo Landino e di Alessandro Vellutello.

(*) Assai probabilmente è il ritratto da me riprodotto, col gentile consenso del
signor Retti, nel mio volume Z1 melodramma italiano a Londra nella prima metà
del Settecento, Torino, Bocca, 1914.
ve

i e 3

IL TESTAMENTO DI PAOLO ROLLI 165

AR

comando al Potentissimo Patrocinio di Maria, Santissima,
« al mio S. Angelo, al mio Santo Tutelare S. Paolo, e a tutta
« la Celestiale Corte per un felice passaggio da questa vita
« all Eternità Beata, e quello divenuto cadavere, ordino, dico
« e voglio che venga seppellito nella Ven. Chiesa di S. For-
« tunato nella mia Cappella di S. Caterina della Ruota, con
« il funerale come in un foglio dispositivo ecc.,». Lascia alla
Fabbrica di S. Fortunato uno scudo per una sol volta; al
nipote Carlo Murena un anello d' oro, la spada con guardia
di metallo similoro e la baionetta con. manico d'argento e
avorio; al nipote Don Francesco Murena un anello d'oro
con ritratto miniato del Principe Eugenio (costó tre ghinee);
alla nipote Isabella Murena un anello d'oro smaltato bianco,
ove per gemma è uno smaltato scudo con due uniti cuori
tra due brillantini, simbolo d'amicizia, e un altro anello d'oro
con zaffiro; al nipote Filippo Giorgi una spada con guardia
d'argento; a suor Angelica e a suor Paola, sue sorelle mo-
nache velate nel Monastero di S. Giovanni Battista in Todi,
un tinello di grano ogni anno « e detto grano si detragga
« dalle mie terre nelle Cortine e voglio che detto grano ben
« concio si mandi e consegni subito raccolto »; alle nipoti
Giorgi, suor Generosa e suor Fortunata, velate nel suddetto
Monastero di S. Giovanni Battista, uno scudo per ciascheduna
per una sol volta; a Samuele Retti tutta la biancheria di
ogni specie e tutto il vestiario, siccome ancora i rasoi, le i
forbici, due lancette e pietra cote con loro custodia di pelle

zigrinata nera foderata di velluto cremisi (tutto lavoro lon-

dinese) le posate da viaggio ... e la posata usata già da Gio-

vanni (1), suo fratello defunto, e l'oriolo d'argento, lavoro

ei SIG E E SEE

à

!

"4 Ge o

(1) Fu maestro di musica a Todi, dove morì nel 1745 dopo essere stato a lungo
afflitto da paralisi. Convisse per qualche tempo in Inghilterra con Paolo, che parla à
di lui con affettuosa sollecitudine in una lettera (Bibliot. Comunale di Siena) da m
Londra al cantante Senesino. L'altro suo fratello, Domenico, cieco (chiamato Tiresia
in Arcadia), compose tra l'altro una tragedia, 77 Porsenna, stampata in Roma nel
1731 e dedicata a papa Clemente XII. Morl di 66 anni il 13 settembre 1751: da una
lettera del Rolli alla contessa Middlesex apprendiamo che la rotizia datane da va-
rie gazzette d’Italia avvalorò la voce, sparsa già in Londra, della morte di Paolo.
NEL T LEES : : f î di xs "

166 S. FASSINI

londinese di David Stubert. Vuole che al suo sepolcro o alla
muraglia laterale della sua Cappella si ponga sopra una la-
pide la iscrizione: « Pauli Rolli pulvis »; « e concedo al
« predetto mio familiare Samuel Retti l'essere sotterrato
« presso il mio cadavere il suo con questa iscrizzione: Sì
« est libi servus fidelis, sit tibi quasi anima tua, quasi fratrem
« sic eum tracta. Eccles. 31 ». Nomina esecutori testamentari
il R.mo Sig. Don Giovanni Cori, canonico della Cattedrale di
Todi, e Samuele Retti « il quale (dice la chiusa del testa-
« mento) inviterà al mio funerale tutti li Religiosi del Ven.
« Convento di S. Fortunato con [sic] venire li medesimi pro-
« cessionalmente col signor Abate di S. Silvestro mio parroco,
« il quale inviterà con sé altri sei sacerdoti, e al predetto
« signor Abate voglio si dia la torcia di una libbra, e a tutti
« li sacerdoti e religiosi predetti una candela di tre once, e
« al Padre guardiano di detto Ven. Convento, di mezza libbra,
« e voglio ancora che oltre la Compagnia della Misericordia
« sia invitata quella di S. Carlo ... ».

Nelle minuziose e prolisse pagine del testamento, tut-
toché recanti l' impronta della senilità, la figura del Rolli ci
appare nelle sue linee caratteristiche. È facile infatti ravvi-
sare in esse quel sincero affetto per i suoi cari, quell' amore
della casa, della campagna, dei libri, quella naturale inclina-
zione al particolareggiare, quella mal celata ambizione, quel
sentimento religioso e quella serenità di spirito che si mani-
festano nei suoi scritti, specialmente nelle lettere dopo il suo
ritorno da Londra (1) quando, toccato finalmente il suolo
della patria, più non respiró aere umido e fumo, ma
l'aria leggiera sotto azzurro cielo.

SESTO FASSINI.

(1) Vedi il mio scritto IL ritorno del Rolli dall’Inghilterra e il suo ritiro in
Umbria, Perugia, 1908 (per nozze Torre-Ottolenghi).

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ELLIOTT

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LA CHIESA DI S. MARIA DELLE GRAZIE IN TODI

DOCUMENTI DEI SECOLI XV E XVI

Il conte Lorenzo Leòni, ordinando gli antichi archivi
todini, rinvenne in quello della Congregazione di carità, e
fra i documenti della confraternita dei SS. Giovanni e Rocco
(unita nel 1864 all’ Ospedale), alcune carte che segnò nel
catalogo, a pag. 152, n. 75, con la indicazione: Carte e do-
cumenti riguardanti la costruzione della chiesa di S. Maria delle
Grazie del secolo XV e XVI. Il Leóni non pubblicò, per quanto
io sappia, tali documenti, i quali però meritano di essere co-
nosciuti, perchè illustrano una elegante chiesa del Rinasci-
mento e dànno notizia di un gruppo di artisti che in questa
chiesa di Todi, sebbene incompleta ed in parte trasformata,
lasciarono non scarsa prova della loro genialità.

Stimo pertanto che non riesca. inutile, per la storia del-
l’arte umbra, la pubblicazione di questi documenti, dei quali
già fu data sommaria notizia nella Guida di Todi (1).

La chiesa di S. Maria delle Grazie fu fondata dalla con-
fraternita dei SS. Giovanni e Rocco sulla fine del sec. XV,
fu ampliata e modificata sul principio del sec. XVI; concessa
per l'ufficiatura ai Servi di Maria nel sec. XVII, questi, dopo
lunghe liti, la tennero, trasformandola e cambiandole il titolo
in quello, che ha tuttora, di S. Filippo Benizi.

(1) G. PENSI ed A. CoMEz, Todi, Guida per i forestieri, con 55 illustrazioni.
Todi, Tip. Tuderte, 1912, p. 61 e segg.
LIE a a Hrs apos c

G. PENSI

La chiesa primitiva era di forma ottagonale ed occupava
la parte che attualmente, in corrispondenza alla cupola, co-
stituisce il presbiterio. Per questa chiesa i confratelli fecero
eseguire dall’ Alunno e da suo figlio Lattanzio, negli anni 1492
e 1493, i lavori (1) descritti nei documenti 1, 6, 7, acqui-
starono, nel 1504, la scoltura in pietra, rappresentante S. Gio-
vanni Battista (2), e commisero, prima (1494) a m.° Leonardo
da Lucca « habitante a Montefiascone », poi (1495) a m.° Ma-
riotto di Andrea da Firenze, una porta scolpita in pietra (3).
Nella Guida di Todi fu detto che la porta commessa a
m.° Leonardo è andata perduta. Ma un più attento esame
dei documenti mi fa oggi ritenere che m.° Leonardo inco-
minciasse forse la porta, ma non la conducesse a termine.

Rilevo, in prova di ciò:

che le indicazioni relative ai modelli delle porte, com-
messe a m.° Leonardo ed a m.° Mariotto (doc. 3 e 4), sono,
salvo dettagli secondari, identiche in ambedue i contratti ;

che nel contratto con m.° Leonardo è segnato un solo
pagamento di fiorini due, mentre il prezzo dell'opera era stato
convenuto in fiorini ventotto, da pagarsi in ragione di fiorini
due per settimana ;

che i pagamenti a m.? Nuccio pel trasporto della pietra,
secondo la convenzione scritta nel doc. 3, vanno dal 12 di-
cembre 1495 al 24 aprile 1496, sono compresi cioé nei sei

mesi di termine concessi a m.? Mariotto pel compimento del
lavoro da lui assunto ;

(1) Niente é stato possibile di rinvenire di questi lavori dell'Alunno e di Lattanzio.
Il conte Girolamo Dominici ricorda che 11 Leóni possedeva una tavola, proveniente
da questa chiesa, con una pittura firmata dall' Alunno; ricorda pure che la detta

?
tavola fu sottratta al Leoni, il quale riteneva che fosse stata venduta in Inghilterra.

(2) Doc. n. 6 e 8. Si trova nel Museo comunale di Todi; é una bella scoltura in
marmo, in forma di nicchia (alt. m. 1.06), entro la quale, in altorilievo, é la figura
del Battista (m 0.82); alla base si legge: LVCAS * GACET * ISPANVS * PATRIA * VA-
LENTINVS.

(3) Doc. n. 2 e 4.

iii
IERI

DUSCOCNEEEII

AZIZ MENTORE

LA CHIESA DI 8. MARIA DELLE GRAZIE IN TODI 169

che della porta commessa a m.° Leonardo non si rin-
viene traccia;

che se m.° Leonardo avesse eseguito la porta, questa
sarebbe stata indicata come modello nel contratto con m.°
Mariotto, e non sarebbe stato necessario ripetere le indicazioni
relative alle quattro porte secondarie del tempio di S. For-
tunato.

Ma, comunque sia, è certo che la porta attualmente esi-
stente nel fianco della chiesa verso il borgo, sebbene spostata
dal suo primitivo collocamento (1), è quella scolpita da m.° Ma-

riotto e dal di lui figlio Bartolomeo (doc. 4). L’ opera è di

elegante semplicità; le teste di bambini costituenti i capitelli,
il cherubino scolpito sopra la ghirlanda dell’arco, ed i putti
sui beccatelli dell’architrave, sono trattati con vera maestria.

Intorno al 1509 i confratelli dovettero determinare di
ampliare la chiesa; colla cappella esistente si formò il pre-
sbiterio della nuova chiesa e si costruì dai fondamenti la
navata, la quale venne unita alla cappella stessa con l'aper-
tura di un arditissimo arco sopra tre lati dell’ ottagono.

I lavori furono iniziati nel noveinbre di detto anno da
m. Bernardino di m." Antonio da Castelrotto, nella valle di
Lugano, e da m.° Ambrogio per la parte muraria; da m.° Gio-
vampietro, detto Cione (2), per la parte di scalpello (doc. 10,
115 12,:13). :

Io credo che m.° Bernardino sia stato l'architetto della
nuova fabbrica; il suo nome si trova in tutti i documenti
negli anni dal 1509 al 1519 e nel 1525-1526; insieme a lui
sono nominati i maestri che erano alle sue dipendenze o
lavoravano per suo conto; fra questi piü frequentemente é
ricordato m.° Donato da Bellinzona, « detto il Belorino >; 1l

(1) Si vele chiaramente il muro costruito dopo rimossa la porta, e, per collo-
care questa nel luogo ove si trova, fu spezzato uno dei pilastri di pietra.

(2) M.» Giovampietro, detto Cione, dal 1509 al 1512 lavorava, come maestro del
concime, nel tempio della Consolazione in Todi. Cfr. Guida di Todi, cit., p. 20.
La PIC Sia oui Pria:

110 G. PENSI

quale doveva sostituirlo nelle sue frequenti assenze (doc. 14,
Io; 10; 175 1920522) :

I capitelli furono scolpiti da m.° Giovanmaria (1), dal lu-
glio 1514 al gennaio 1515 (doc. 18).

Nel 1525 m.° Donato, pel detto m.° Bernardino, costruisce
il ponte per armare la vólta, e pone in opera il cornicione
interno e parte dell'esterno (doc. 22, 23, 24); il lavoro, pre-
sente anche m.* Bernardino, continua nel 1526 (doc. 26).

Nel 1526-1521, ed anche prima, i lavori di scalpello sono
affidati a m.° Girolamo (2), abitante a Montefiascone (doc. 25
e 27). Esso lavorò tutte le pietre per la cupola, cioè pilastri,
cornicione e capitelli (doc. 29), ma forse aveva lavorato an-
che al cornicione ed ai capitelli della chiesa nuova; infatti
il 5 febbraio 1526, mentre, forse, durava ancora la messa in
opera del cornicione (doc. 26 e precedenti), faceva quietanza
di fiorini duecentonovantaquattro fino allora ricevuti, poi esi-
geva ancora fiorini ventinove. Sono così in tutti fiorini tre-
centoventicinque, somma rilevante, superiore certo al prezzo
del lavoro di scalpello fatto per la cupola, e misurato nel
1533 da m.° Battista, « alias Cortona, da Cortona, abitante in
Orvieto ».

La chiesa è rimasta incompiuta; manca il cornicione
esterno e parte della cupola. Nel sec. XVII poi fu deturpata
con inutili decorazioni, colla costruzione del convento a ri-
dosso della facciata, coll'aggiunta di una porta barocca.
Todi, 7 febbraio 1915.

GIULIO PENSI,

(1) M.° Giovanmaria, dal 1515 al 1518, scolpiva capitelli, cornici, basi, pilastrelli
pel tempio della Consolazione. Cfr. Guida di Todi, cit., p. 21. :

(2) M.» Girolamo, scultore, negli anni 1521 e segg. faceva sedici capitelli, cor-
nici, basi, pilastrelli e finestre pel tempio della Consolazione. Cfr. Guida cit.; pa 21.

PASUNI EN ag, cova

REI SETA
VI SONIS APR tee ae

LA CHIESA DI 8. MARIA DELLE GRAZIE IN TODI

DOCUMENTI

Doc. 1 — 1498, agosto 4.

Quietanza fatta dall’ Alunno per la pittura nella Cappella di
S. Maria.

"4 yhesus, a di 4 de agussto 1493, in Folingno.

Sia noto e manifesto a qualunqua persona legierà la presente
scripta come Io Nicolo de Liberatore, depintore da Folingno, ò ri[ce]-
voto dueati nove d'oro da Angiosdeo e da Michele da Tode, in nome
dell'omini della Conpangia de Santa Maria delle Gratie, per casione
sonno per mia mercede et pagamento del lauro io ò fatto all'omini de
ditta Conpangia, cioè uno Cripsto nella sepoltura con la nostra Donna,
allato a isso santo Iovanni con dui angioli, dellu quale lauro io Ni-
cholo son stato pagato da Angusdeo e da Michaele, in nome delli ditti
homini della ditta Conpangia de Santa Maria delle Gratie da Tode,
ducati 9.

Item qui farimo memoria delli grani o regiuto io Nicolo dalli
ditti homeni. .

Item, a di 29 d'aprile 1499, ricivetti mezingi tre de grano da li
ditti; portò Piergiovanni da Marcellano, lu quale de mia mano apare
in una scripta per sua chiareza.

Item. a di 2 de magio, recivetti mezingi quaranta de grano in
nome delli ditti homini; portó Lattantio.

Item, a di 4 de magio, recivetti mezingi tre de grano in nome
delli ditti homini, li quali portó Piergiovanni da Marcellano.

Somma tucti li grani ò recievoto dalla ditta Conpangia de Santa
Maria delle Gratie; sonno mezingni quaranta e siei in tueto, li quali
de mia mano apare scripti infra tre partite; e questo solo io Nicolo ò
recivoto in mio nome. Somma in tucto mezingi 46.

Delli quali grani avemo recievoti per parte de pagamemto della
cappella della chiesia de Sancta Maria ditta, la quale nui lavoramo.

Item avemo recievoto fiorini dui, a quaranta bo. per fiorino, da
Pacificho per parte della.cappella, e questo fu nel partire nui facemmo
da issi, quando retornammo a Folingno.
LL PET cu einen:

172 G. PENSI

Doc. 2 — 1494, maggio 9.

Contratto con m.° Leonardo da Lucca per una porta scolpita in
pietra.

Yhesus. Al nome de dio amen. In l’anno 1494, addì 9 de Maio, in
nel tempo del nostro signore papa Alexandro papa sexto, fo facto in
l’altare grande della chiesia de sancto Nicolò (1), in presentia delli in-
frascripti testimonii, cioè Stephano Schiavo et Cherubino de Dessidero
da Tode et me scriptore.

Concessa cosa che Pacifico de Piersenzino da Tode, rettore et
factore della chiesia de Sancta Maria delle Gratie, et Cleophe d'An-
drea, mastro Paulo de mastro Biasio, Francesco d’Archangelo, Valerio
de Gasparre, tutti da Tode, in loro nome et in nome de tutta la Con-
pangnia de ditta Sancta Maria, Pacifico como rettore, li altri como
conmissarii de ditta Conpangnia da una parte, et mastro Lonardo da
Lucca, habitante in Monte Fiascone, mastro de scarpellini, dall’altra
parte, se convengono et pattigino inseme per fare una porta in ditta
chiesia de Sancta Maria, de petra viva et netta et bene lavorata, in
forma de una porta della chiesia de Saneto Fortonato (2), cioè una
delle tre della facciata denanti, et cioè quella piccola che sta ad mano
diritta intrando la porta principale in ditta chiesia, che sia alta et
larga quanto la preditta porta, con le pilastre de uno pezzo, lisce et
larghe de uno piè de mano denanti, et che la tavola de sopra sia d’uno
pezzo, et sopra la tavola ce sia el mezzo tondo, in forma de quello
che sta in ditta porta, cioè de tre pezzi, con li beccatelli de ditta porta
senza bambocci, et con lo basamento ad similitudine della porta mu-

. rata, quale sta verso la ròcha, et la cornice a similitudine de quella

che sta sopra ad la porta de ditta chiesia in la facciata denanti ad
mano manca in la ditta chiesia intrando, et con lo colondello ad simi-
litudine de quello che sta alla porta murata verso lo cimiterio, e bat-
tuscio sia sofficienti de dui pezzi et de una medesma petra, et de ongni
altra cosa che ad ditta porta bisognasse l’una parte et l’altra et l’altra
et l'una se referiscono ad la tagliola facta fra loro, obligandose però
ditto mastro Lonardo ad fare ditta porta posta su, murata de tutto

(1) S. Niccolò de Criptis, chiesa in Todi, a breve distanza da quella di S. Maria
delle Grazie. :

(2) Il tempio di S. Fortunato, in Todi, iniziato nel 1292, rimasto incompleto per
la morte di m.^ Giovanni di Santuccio da Fiorenzola, architetto e scultore della
facciata dal 1414 al 1456.
LA CHIESA DI S. MARIA DELLE GRAZIE IN TODI 113

ponto, dando li predetti Pacifico, Cleophe, mastro Paulo, Francesco et
Valerio ad ditto mastro Lonardo tutto lo fornimento, obligandose an-
cora li preditti ad dare ad ditto mastro Lonardo per magisterio de
ditta porta ducati vinti otto, et ditta quantità glie vogliono dare fra
più volte finchè iongnerà la ditta quantità de vinti otto ducati, cioè
per ongni settemana se obligano darli dui ducati, et ditto mastro Lo-
nardo se obliga ad dare facta dicta porta et posta su de tutto ponto
in termene de dui mesi et menzo, et cosi l'una parte e l'altra et l'al-
tra et l'una de piana et unita concordia ànno commesso ad me scrip-
tore che faccia questa presente scripta, et in fede de ció io de mia
propria mano me sottoscriveró. Io frate Iohanni Angelo, priore de
Sancto Nicolò, scrissi.

Dieto di et millesimo, li soprascripti Pacifico, Cleophe, mastro
^aulo, Francesco et Valerio da una parte, et mastro Nuccio dall’ altra
parte, se pattigiano et convengono inseme per lo tragino della petra
de preditta porta, cioè in questo modo, che mastro Nuccio sia obligato
ad condure et traginare tutta petra, che fosse necessaria et opportuna
a ditto mastro Lonardo per fare ditta porta, ad sue spese ad stantia
et petitione de ditto mastro Lonardo, et li sopraditti, cioè Pacifico et
compagni, se obligano ad dare ad ditto mastro Nuccio ducati sei, et
questo ad piacere de una parte et dell’altra ete.

Ihesus, 1494 a di 17 de magio. Qui sonno li denari i quali re-
cieve mastro Lonardo da Lucha abitante in Monte Fiaschone ; in prima
ebe a di deeto da me Valerio de Gaspare, deposetario de Sancta Ma-
ria, per commissione de homini electi, cioè Criofe d'Antrea e mastro
Paulo de mastro Biasio e de Francischo d’Archagnalo me àno com-
messo che dia a mastro Lonardo dui duchati, i quali hauti contanti,
cioè ducati due a bolognini settanta e tre per duchato.

Doc. 8 — 1495, dicembre 12 a 1496, aprile 24.

Nota di pagamenti a m.° Nuccio per la pietra della porta, dal 12
dicembre 1495 al 24 aprile 1496.

Doc. 4 — 1495, novembre 2.
bi

Contratto con m.° Mariotto da Firenze per una porta scolpita in
pietra.

In nomine domini Amen. A onore et nome del nipotente Dio et
de la sua matre Vergiene Maria, questa è una mentione et memoria
2/0. O Pav apio cca.

174 G. PENSI

facta 1495, a di 2 de novembre. Conciò sia cosa che Valerio de Ga-
sparre et Chriofe d’Andrea et Francesco d’Arcangelo, commessarii
electi da la Conpangnia de Santa Maria a far fare una porta de pietra
ala chiesia de decta Santa Maria, issi come commessarii et Ioan Fran-
cesco, vasaio, in nome de mastro Paolo de mastro Biasio, Rettore de
decta chiesia, assente, et da esso mastro Paolo commesso ali sopra
dieti Valerio, Chreofe et Francesco et Ioan francesco, honne sua auto-
rità, honde che tucti quisti unitamente, una con Pandolfo come homo
de la Conpangia, ànno data affare la sopre detta porta a mastro Ma-
riotto da Fiorenza, scultore de pietra, la quale s'é obligato a farla in
questa forma, che vole essere de pietra viva, qual pietra degono li so-
pre ditti comessarii far cavare et condure a le spese de detta chiesia,
et esso mastro Mariotto deve sbrozare et suttiglare la detta pietra al-
loco dove se caverà, per modo se possa condurre, et condutta lavorarla
in questa forma : che la detta porta vole essere de altezza, cioè el voto,
et de largezza quanto una de le tre porte de Santo Fortonato, quale sta.
nela faeciata denanti a mano deritta entrando la porta prenciepale,
col cad ... et bichetelli coli mammini, a modo de quilli de la detta
porta, et col mezo tondo, come quello che sta nela detta porta, col ba-
samento da piedi a similitudine de la porta murata, quale sta verso la
rochcha, con due fioruni per lato, la cornicie a modo de quella de la
porta dela facciata, quale sta a mano manca entrando la porta pren-
cipale, con una girlanda sopra attutta la cornicie et al mezo tondo,
con uno Carubino in cima escolpito, la quale festa sta nela detta porta,
el mambino cie lo debia agiongnare el maestro, coli colondelli a forgia
de la porta murata che sta verso el cimiterio ne la detta chiesia, coli
capitelli de ditti colondelli fatti a manbini, et fuori de quisti colon-
delli deve stare uno quatro con l’arco de sopre, come appare per uno
desengno quale à fatto de terra el detto maestro, al quale cie refe-
remo, et mancando nel detto desengno alcuna dele infra scritte cose,
cie le debia agiongnare; e anque promette el detto maestro finire el
detto lavoro in siei misi prosimi avenire, et finito conponare et met-
tare in defitio assuo reschio, e mancando cosa alcuna, refare sensa pa-
gamento, et la chiesia deve pagare el maestro che murarà et col detto
lavoro s’ entende el battuscio.

Item li sopre ditti Valerio, Chreofe et Francesco et Joan france-
sco et Pandolfo promettono ‘per pagamento dela detta porta al detto
mastro Mariotto, che così se sono convenuti de patto fatto, ducati cin-

quanta et stantia et letto et otto quartingi de grano et cinqui some

de vino, et hone altra cosa se comperi lui medesimo. Fò fatta la detta.

schritta per me Pandolfo ne la chiesia de Santa Maria de le Gratie,
BREE AA RINVII AL

LA CHIESA DI S. MARIA DELLE GRAZIE IN TODI 175

con volontà de l'una et de l'altra parte, presenti li infraschritti testi-
monii.

Item che quando in questo tempo de sei misi non venesse la pie-
tra, che quello tempo che cie mettesse più, che la chiesia sia hobligata
farli la spesa, cioè secondo l’ordine de prima.

Ego Johannes Angelus, prior Saneti Nicolai, in omnibus supra-
scriptis interfui et presens fui, in quorum fidem mea manu propria
subscribam. Ego idem prior.

Ego Franciseus Gabrielis de Tuderto, cappellanus magnificorum
dominorum Priorum, in omnibus suprascriptis interfui et presens fui,
in quorum fidem mea manu propria subscribam.

Et ego Johannes Fabricius domini Petri de Actis de Tuderto, not.
pub. et ad presens Cane. Com. Tud., in omnibus supra seriptis inter-
fui et presens fui, et ad fidem me subscripsi ad requisitionem supra-
dictorum ... Johannes Fabricius, manu propria.

Io Mariotto d'Andrea, scharpellino, sono chonteto a quanto di so-
pra si chontiene, ano e mese e di deto di sopra.

Doc. 5 — 1495, novembre 8 a 1496 luglio 24.

Nota di pagamenti fatti a Mariotto d'Andrea, scharpellino, da Fi-
renze ed a Bartolomeo di Mariotto, dall'8 novembre 1495 al 24 luglio
1496, per conto del lavoro della porta chottomata.

Doc. 6 — 1504, maggio 2.

Valerio di Gaspare è inviato a Foligno per acquistare la scoltura
in pietra, rappresentante S. Giovanni, per commettere una pittura a
m.? Lattanzio, e per fare conto col medesimo dei lavori eseguiti nella chiesa.

HA Al nome de dio, a di 2 de maggio 1504. Sia noto e manifesto
a chi legerà o sentirà legere la presente scritta come che per li pru-
denti homini Filippo de mastro Marcho, in nome de Berardo suo fratel
carnale, e mastro Pavolo de mastro Biasio e Crio[f]e bastaro da Tode,
et io Pavolo de Todesco, homini electi per la Conpangnia de Sancta
Maria dele Gratie, posta nel borgo de Vie Piana, de unita concordia
mandamo el prudentissimo homo Valerio de Gasparre d’Antreelle da
Tode a Fulingni, con comissione -debia essare con lo escellentissimo

homo messer Luca (1), già castellano de la ròcha d'Ascisci, e debia

(1) Cfr. doc. n. 8.
fe E Ke —

116 G. PENSI

vedere si pó conperare una certa immagine de san Ciovanni di marmo,
che lui ha, e, quando non se possa avere, decto Valerio volemo sia
con mastro Letantio de mastro Nicoló da Fulingni effare decta figura
depingnare in tavola o in altro modo che a loro parerà, e che decto
Valerio debia fare conto con decto mastro Letantio de certa pintura
fecero lui e suo patre in decta Sancta Maria de le Gratie (1), et che,
per tucto quello che se spendarà per decto Valerio per le predecte

cose, volemo essare hobligati a tucto quello che per lui se spendarà
per le predecte cose, como ho decto; et affede de ciò e a’ priegi deli
pridieti homini electi, io Pavolo de Todesco, factore de decta chiesia,
ho facta la presente scritta de mia propria mano, di e anno predecto.
Io Pavolo de Todesco de mia mano propria scrissi.

Doc. 7 — 1504, maggio 9.

Conto dei lavori del Alunno e del figlio Lattanzio e quietanza di
quest’ ultimo.

H4 Yhesus, a di 9 de magio 1504. Sia noto et manifesto como che
io Lattantio de m». Nicoló da Folingio ó fatto cunto et saldo con Va-
lerio de Gaspare et Filippo de m». Marco da Tode, mantati et eletti
dalla Compangia de Santa Maria delle Gratie de Via Piana da Tode,
dello lauro quale ó fatto et ultimato in detta Santa Maria, cioè lu ta-
pernacolo de detta Santa Maria, quale ó dorato et misso a oro et
azuro, quale io era ubrigato, como apare per una scritta de mia mano,
et una altra scritta ò in mano io Lattantio, de mano de Todisco et
Pandolfo et ... da Tode, quale scritte, per lo acordo e cunto fato tra
nui, sono scarsiate. E in ditto lauro ce’ è adoperato dumilia et du-
cento trenta et cinqui folgi d'oro fino, che monta l'oro solo ducati
quindici et bolognini sesanta et dui. Monta de manifatura mia ducati
quaranta et quattro et bolognini cinquanta et tre. Monta l’azuro ado-
perato in detto lauro et gabelle e viture dello oro bolognini sesanta et
dui, cioè quando venne da Venezia. E de tutti denari ò riciute in vari
partite et da varie persone in nome della ditta Compangia et compu-
tandoce some sie de grano, quale io ò riciuto dalla ditta Compangia,
quale montò de saldo fatto ducati quattro e bolognini quaranta, in
tutto avemo saldato lu cunto de ditto lauro, et con li nominati Valerio
et Filippo resto criditore della Compangia ducati dui et bolongini se-
santa et dui, cioè ducati 2, b. 62.

(1) Cfr. doc. n. 7.

LL ERE Mir iati
LA CHIESA DI 8. MARIA DELLE GRAZIE IN TODI 177

Apreso de questo, avemo saldato lu cunto che lo ditto Valerio et
Filippo sopraditti, avendo conmessione dalla ditta Conpangia de com-
ponere et assudare e acordare onge cosa che fosse tra nui, cioè che
per lu lauro della Capella de Santa Maria, che stavemo me. Nicolò mio
patre et io Lattantio allaorare in Tode la detta capella, ce laoramo di
vinti et uno, fo assudato e remasti d'acordo trà mio patre et me mon-
tasse la nostra mercede ducati dece d'oro. E per questo avemo defal-
cato e acordato lo grano per m°. Nicolò riciuto et denari riciuti, che
monta in tuto ducati tridici. E de tutti lauri e cunti che avemo fatti
asseme mio patre et io, tanto de metetura d’oro quanto de figure, me
ciamo contento e totalmente sadisfatto per la mia rata. E li ditti Va-
lerio et Filippo se ciamano da me Lattantio totalmente sadisfatti.

Doc. 8 — 1504, giugno 11.

Quietanza fatta da Luca Gacet per prezzo della scoltura rappresen-
tante S. Giovanni.

Io Luca Gacet, prot. apost., ho receuto da Valerio de Gaspar et
Felipo de m.° Marco da Todi ducati d’oro largni (?) vinte, et sono per
una figura de s. Johanni Baptista de marmo entallato, quali recevo
dalli sopradicti in nome della Conpagnia de Santa Maria delle Gratie
da Todi, et perchè et vero fo la presente scripta de mia propria mano

in Folingno, a dì xj de iungno 1504. Idem Lucas, manu propria.

Doc. 9 — 1504, novembre 25.
Contratto con m°. Angelo da Cascia per diversi lavori in legno.

Yhesus. Io Mastro Angelo da Cascia ho tolto affare più lavorii da
Valerio rectore de Sancta Maria de Via Piana, cioè una cancellata alla
cappella de Saneto Iohanni Baptista da capo in terra, ad mesura et
forma della cancellata de Monte Sancto (1), et uno armario ad forma
de quillo de Monte Sancto collo scabello denanti et tre scabelli alla
cappella de Sancto Iohanni Baptista, cioè doi de sopra all’altare et
uno denanti, et tueto lo fornimento lo mette la dieta chiesia ; et io
Valerio, in nome del faetore, promecto al dicto mastro Angelo fiorini
dece, a cquaranta bolognini per fiorino, et io frate Bernardino de

(1) Chiesa e convento dei Minori francescani, presso Todi.
LEM fear.

178 I G. PENSI

Stroncone scrissi questo per volontà delle dicte parti, et ad questo fo
presente el dicto Valerio et Tiberio et Philippo de mastro Marcho, et
questo fo scripto nella sacristia de Monte Sancto, die novembris 25*,
nelli anni del Signore mille504.

Seguono le note dei pagamenti fatti a detto m.° Angelo, in più volte.

Doc. 10 — 1509, novembre 14 a 1510, gennaio 7.

Nota di diversi pagamenti fatti, dal 14 novembre 1509 al 7 gen-
naio 1510, a m° Cione per lo lavorio che lui à a fare de scarpello per
Sancta Maria delle Gratie de Via Piana.

Doc. 11 — 1509, novembre 16 a 1511, aprile 26.
Nota di pagamenti a m.° Bernardino ed a mo. Ambrogio.

In nomine domini amen, a di 16 de novembre 1509. In questo fo-
glio se farà mentione de tutto quello se pagerà a mastro Berardino e
mastro Ambroscio suo conpangno del maisterio ànno a fare circa la
fabrica á a farse novamente in Santa Maria dele Gratie de Via Piana,
quali denari e pagamento che recieveranno dicto mastro Berardino e
mastro Ambroscio, quali recieveranno da Valerio depositario de dicta
chiesia, se schriveranno per mano de mastro Berardino e suo compan-
gno in questo foglio ordinatamente, comenzando a di dieto, col nome
delo nipotente Dio e dela sua groriosa madre Vergiene Maria, vi-
delicet :

Seguono le dichiarazioni dei pagamenti fatti in. denaro, grano, mo-
sto e vino, dal 16 novembre 1509 al 26 aprile 1511, a m.° Berardino,
m.° Alberto, m.? Petro de Prato, m.° Giovanni de m.? Michele e m.° Lo-
renzo per salario, per opere diverse, per taliare li matoni deli colonne
e per murare li colonne. Sono in tutto ducati 65.

Doc. 12 — 1510, febbraio 1.

Mastro Berardino de mastro Antonio, delle parte de Lomardia,
dello Chastello Rocto, della Valle de Luchano, assume come suoi lavo-
ranti, per dieci mesi prossimi, mastro Alberto et mastro Pietro suo fra-
tello, con uno garzone, che à nome Antonio, delle parte de Lomardia,
da una terra che è chiamata Bellenzola, colla mercede di ducati quat-
tro al mese. Fatto il 1° febbraio 1510, nella chiesa di s. Maria delle Gra-
zie, presenti m.° Paolo di m.° Biagio, Martino di Giovambattista, Pa-
nolfo di Andrea e Valerio di Gaspare.

TRE
LA CHIESA DI 8. MARIA DELLE GRAZIE IN TODI

Doc. 18 — 1510, aprile 8 a novembre d.° a. n

Nota di pagamenti ricevuti da Giovampietro, alias Ciona, scar-
pellino e da m.° Niccolò, scarpellino, dall’8 aprile al novembre 1510.

i Doc. 14 — 1510, novembre 27.

M.° Berardino de m.° Antonio, da Castello Ructo, dela diocisa de
Como e provincia de Lombardia, fa quietanza di ducati dieci a Fi-
lippo di m.» Marco, rettore, a Valerio di Gaspare, depositario della
chiesa di s. Maria delle Grazie, a m.° Paolo di m.° Biagio, a Martino di
Giovambattista, a Francesco di Arcangelo ed a Pandolfo di Andrea, de-
putati supra la fabrica e murichio è a farsi nella detta chiesa. In Todi,
il 27 novembre 1510, presenti frate Antonio da Massa di Siena, Bene-
detto di Senso da Todi e frate Angelo da Salerno, cappellano della chiesa
di s. Nîccolò, il quale scrisse. i

Doc. 15 — 1511, dall’11 al 24 maggio.

Nota di diversi pagamenti fatti, dall’11 al 24 maggio 1511, a mo.
Giovanni di Giacomo da Bellinzona, dele parte de Lombardia, diocisa
de Coma, è quale lavora nella chiesa di s. Maria delle Grazie in nome
di m.° Bernardino e di m.° Antonio di Castelrotto. Presenti frate An-
gelo da Salerno e m.° Paolo di m.° Biagio.

Seguono altri pagamenti a m.° Bernardino; fra questi sono indi-
cate tre paja di scarpe, uno paro per lui, un paro per Maria sua femina
e un paro per Giovanni figliuolo de Travaglione.

Doc. 16 — 1518, luglio 28 a 1914 dicembre 26. ped

Nota di diversi pagamenti che m.° Bernardino da li Volte, lom-
bardo, della valle di Lugano, riceve da Serafino e da Pompeo da Mi
lano, per la fabbrica di s. Maria delle Grazie, dal 28 luglio 1518 al 26
dicembre 1914. Questi pagamenti sono pel detto m." Bernardino, per
m.° Pietro da Bellinzona, per m.° Donato, per m.° Calisto e per altri.

Doc. 17 — 1513, dal 1° agosto al 4 novembre. |
Nota di pagamenti in denaro ed in generi, fatti, dal 1? agosto al

E 4 novembre 1513, a m.° Bernardino (da li Volte) di m.° Antonio, da
Castelrotto, per lavori nella chiesa di s. Maria delle Grazie. Alcuni pa- |
LL IC: X Ctt Tees famosus

sona; presente Michele Angelo, fatore de li monache dé madona Lu-

180 G. PENSI

gamenti sono fatti anche a m.° Donato ed al fratello, per murare; a
Giorgio, garzone, per portare pietra e calcina; a m.° Gabriele, alias el
Furia, a m.° Giovanni, compagno di m.° Donato. La nota è firmata da
m.° Bernardino.

Doc. 18 — 1514, luglio 8 a 1515 gennaio 1.

Nota di diversi pagamenti ricevuti, dal 3 luglio 1514 al 1° gennaio
1515, da Iovanmaria, scarpelino, per i capitelli în s. Maria delle Gra-
zie. Sono în tutto fiorini cinquanta e bolognini sedici.

Doc. 19 — 1516, aprile 24.

M.° Bernardino fa generale quietanza di ducati 202 ricevuti, sopra
lo lavore de Santa Maria de li Gratie, da Valerio prima e poi da Sa-
rafino suo fratello, per cuncto facto in presentia de m.° Paulo de Mon-
tepulciano, de m.° Francesco, bastaio, e de m.» Donato de Bilinzona.
Il 24 aprile 1516.

Doc. 20 — 1519, dall’8 settembre al 4 dicembre.

Nota di pagamenti fatti a m.° Donato per lo murare che fa in
Santa Maria per mastro Berardino; alcuni pagamenti sono fatti anche
a m.° Giovanni, al garzone, a Bernardo ; a Martino, challaragio, è dato
grano per farne pane per li magistri che lavorano in detta chiesia per
m.° Berardino. Dall’8 settembre al 4 dicembre 1512.

Doc. 21 — 1521, giugno 24.

Michele Verona, il 24 giugno 1521, autorizza V amministrazione
della chiesa di s. Maria a fare pagamenti per suo conto a m.» Giacomo.
Nel v. del foglio si legge: Fede che fa mastro Michele, chapo magie-
stro de scharpello, che à tolto a finire el choncio de: Santa Maria de
le Gracie. su m

Doc. 22 — 1525, settembre 15 a 1526 giugno 17.
Io m.° Bernardino da li Volte do licentia a, Valerio de Gaspar de

Via Piana, . depositario della Madonna da li Gratie' de Via Piana, che
prometta de pagar maestro Donato e fare alto e basso come mi in per-
LA CHIESA DI 8$. MARIA DELLE GRAZIE IN TODI 181

crezia e presente el ditto maestro Donato da Birizona, el quale lavora
la dieta fabricha de Sancta Maria de Via Piana.

Seguono i pagamenti fatti a m.° Donato dal 15 settembre 1525 al
17 giugno 1526; sotto quest’ultima data si legge: Ebe mastro Donato
fiorini octo de marcha, i quali ebe per opere che à date innanti che
principiasse el ponte per armare la volta, cioè che messe el chorni-
scione dentro e parte de fore.

Doc. 23 — 1525, settembre 13, a 1526, gennaio 4.

M.° Bernardino da li Volte fa conto delle opere fatte da m.° Do-
nato del contato de Bilinzona, chiamato el Belorino, con due maestri
e con due garzoni. Segue il conto di opere a murare, fatte dal d.° m.°
Donato e dagli altri, dal 2 novembre 1525 al 4 gennaio 1526.

Doc. 24 — 1525, novembre 28, 1526 gennaio 26.

Quietanza di fiorini 20 fatta, il 28 novembre 1525, da Guglielmo
di Giovanni, fornaciaro di Todi, a Valerio di Gaspare, depositario della
chiesa di s. Maria delle Grazie, per arra de una fornachiata de mat-
tuni. Presenti Marco di Calisto, Francesco di Giacomo, Bernardino da
Todi e Giovan Paolo Carduini, che scrisse. Segue altro pagamento di
fiorini 10 nel giorno 26 gennaio 1526.

Doc. 25 — 1526, febbraio 5.

M.° Jeronimo, scarpelino, habitante in Monte Fiascone, fa quie
tanza a Valerio, depositario, di fiorini 294. Il 5 febbraio 1526, presenti
Roberto di Valentino e Crisonio suo figlio. Seguono altri pagamenti per
fiorini 29.

Doc. 26 — 1526, dal 10 luglio al 12 agosto.

Nota di pagamenti fatti, dal 10 luglio al 12 agosto 1526, a m.° Ber-
nardino da li Volte, della Valle de Lugano, e a m.° Donato de Birin-
zona, chiamato el Belorino, per (a fabbrica di s. Maria delle Grazie. Si
ricorda che detti pagamenti sono per la volta della chiesa, e, sotto la
data 7 agosto, si legge: Ebe mastro Berardino dieci bolognini che cie
vene el figliolo, e fo quanno se parti mastro Donato.

Doc. 27 — 1521, aprile 18.

M.° Geronimo, scarpelino, 2/ 18 aprile 1527 fa quietanza di fiorini
14 per conto di lavor di scarpelo nella chiesa della Madonna delle Grazie . 182 G. PENSI
Doc. 28 — 1532, dicembre 18.

Giovan Gregorio di Antonio, alias Betto, rettore di s. Maria delle
Grazie, dà a Massimo di Valerio, rettore della compagnia del corpo di
Cristo, cinque pezzi di pietra, di proprietà della detta chiesa, coll’ ob-
bligo di restituirli.

Doc. 29 — 1538, marzo 23.

M.° Battista da Cortona misura il lavoro di scalpello eseguito da
M.° Girolamo, scultore.

Mastro Battista, alias Cortona, da Cortona, abitante in Orvieto,
misura tutto lavoro delle pietre concie fabrichate et a fabrichare nella
chiesa di s. Maria delle Gratie del borgo di Via Piana, cioè el lavoro
fatto per mano de m,° Girolamo scultore, quale è questo, videlicet :

In prima otto pilastrelli de fora (1) ad alto, videlicet el pila-
strello di altezza piedi quattordici e menzo et di largezza piedi dui,
somma in tutto li otto pilastri piedi ducento trenta siei.

Et più el corniscione di dentro di altezza piedi quattro e menzo
et di longneza piedi quindici e menzo per ciaschuna faccia, e sonno
faccie otto, fanno in tutto piedi cinquecento sesanta.

Et più corniscione di fora, di altezza piedi cinque, et longno
piedi sidici per ciaschiduna faccia, et sonno faccie otto, che sommano
piedi seicentoquaranta, et perchè el ditto corniscione è inprofetto, ne
leva el terzo, che restano piedi quatro ciento vinti nove.

Et più s'é fatto sidici capitelli a sette fiorini di marcha per cia-
schuno, intalgliato como se pò vedere de marmo, in tutto scudi cin-
quantasei.

Doc. 80 — 1548, maggio 14.

Magister Robertus Iacobi de Berenzona, Lombardie partibus, vende
dodicimila mattoni, esistenti nella fornace del monastero delle Milizie di
Todi, ad Arcangelo quondam Bernardini de Tuderto, rettore della
chiesa di s. Maria delle Grazie, pel prezzo di 18 bolegnini per centinaio,
e di.tal somma fa quietanza, Magister Janninus Joannis Marie de Pa-
via, habitator Tuderti, fideiussore.

In Todi, il 14 maggio 1548, presenti Giovanni Stiechi, Giovan Fi-
lippo olim Blanciardini, di Todi; Giovan Matteo Sperandei Laurentii
de Tud., not.

(1) La indicazione di pilastri otto e di faccie otto dimostra che i lavori si ri-
feriscono alla sopraelevazione (cupola) della cappella ottagonale.

TRNERRSSI

LEGATE ESITI IAU
UNA BIBLIOTECA UMBRA A TESI

Nel 1709 moriva a Todi, dopo 36 anni di episcopato,
Mons. Giuseppe Pianetti, « lasciando alla sua nobilissima. fa-
migiia (per dire con uno storico iesino) una assa? celebre, co-
piosa e cospicua Libreria », che, dopo un anno, era già in Iesi
e fu ed é tuttora riconosciuta sotto il nome di « Biblioteca
Pianetti o Planettiana ». Sono ormai otto anni che essa fu
donata, con atto oltremodo munificente, dal proprietario al
Comune, tanto che oggi la troviamo annessa, ritenendo sem-
pre l'antico nome, alla Comunale. Io prima e dopo la dona-
zione ebbi agio di consultarla, e di studiarne i numerosi libri
e manoscritti, constatando che, specialmente in questi ultimi,
essa presentava un singolare interesse per la storia dell’ Um-
bria. Dirò brevemente degli uni e degli altri. Innanzi tutto
accennerò che tre furono i collezionisti di essa Libreria:

1.° Mons. Girolamo Mannelli, che fu Vescovo di Nocera
Umbra dal 1545 al 1592, e delle cui egregie doti ‘di mente
e di cuore parla a lungo il Iacobilli.

2.^ Il sunnominato Mons. Giuseppe Pianetti che, prima
di esser Vescovo di Todi, fu uditore della Nunziatura di Na-
poli, Datario della legazione di Avignone, inviato pontificio
a Ludovico XIV, re di Francia.

3." Mons. Carlo Pianetti, fratello dell’ antecedente, aiu-
tante di studio di Emerico Decano della sacra Rota, Uditore
della. Nunziatura di Napoli, governatore di Loreto e final-
mente Vescovo di Larino, morto a 77 anni nel 1724.
frammisti agli Avvisi e concernenti fatti contemporanei. Fra

LL PRETI nia e Pec tact —

184 C. ANNIBALDI

La libreria consta di oltre 15 mila volumi, nella mag-
gior parte del sec. XVIe XVII e qualche incunabolo; legati
in pergamena e in marocchino con splendide dorature, al
dorso gli stemmi Mannelli e Pianetti, per cui è facile rico:
noscere quali libri provengano da Nocera e quali da Todi e
Larino. Ordinati in scaffali del tempo, per materia, essi of-
frono — Giuristi civili — Trattatisti e commentatori — Com-

mentatori e consulenti — Sacra scrittura e suoi commen-
tatori — Santi Padri — Istorici sacri e profani — Teologi
dommatici — Ascetici — Filosofi — Naturaiisti — Medici e
Farmacopei — Geografi — Astronomi — Teologi scolastici
— Giuristi criminali — Grammatici — Poeti — Oratori e Mi-

scellanea; tutti delle più famose edizioni di Venezia, Roma,
Padova, Parigi, Lione, Basilea, Colonia, Francoforte, Londra.
Non mancano naturalmente edizioni umbre.

Degna di speciale considerazione è una ricca raccolta di
gazzette: queste, come ognuno sa, principiarono circa la metà
del secolo XVII a Roma, Firenze, Genova e Torino ; così pure
ve ne furono a Modena, Piacenza, Mantova, Milano, Parma, Bo-
logna, Napoli, Lugano. Ma l’arte nuova delle Gazzette, come
la chiamarono nelle loro bolle i papi Pio V e Gregorio XIII,
condannandola e perseguitandone gli autori, non tardò a ve-
nire in uso anche nello stato pontificio, massime nell’ Umbria
e nelle Marche. La nostra raccolta, costituita da fogli stam-
pati e manoscritti, rilegati in 34 volumi, coperti di perga-
mena, va dal 1655 al 1723. Fra esse, di gazzette umbre, ve
ne hanno cinque di Foligno, e di cinque diversi editori, due
delle quali sono contemporanee; una di Todi, una di Spoleto,
una di Assisi, una di Spello, una di Terni, ricordate tutte
queste dal dott. Antonio Mancinelli nel suo bel lavoro « La
stampa nell’ Umbria e la R. Tipografia di Feliciano Campi-
telli di Foligno ». Di Marchigiane ve ne sono sei. La raccolta
è preziosissima essendo essa anche arricchita da un numero
stragande di opuscoli e fogli volanti stampati e manoscritti,
UNA BIBLIOTECA UMBRA A IESI 185

eli Avvisi, per esempio del 1685, ve ne sono 64 rarissimi ri-
euardanti il celebre assedio di Vienna, di cui diede ampia
notizia il compianto prof. Gianandrea nel giornale Il Bibiofilo.
Un'altra collezione importante è quella de’ « Lunari » o Al-
manacchi, a cui mi richiamò l' erudito Mons. Faloci Pulignani.
se ne hanno pochi della prima metà del secolo XVII, molti
della seconda metà e cosi pure della prima metà del se-
colo XVIII. Di essi troviamo parecchi editi nell’ Umbria, spe-
cialmente a Foligno, à Perugia, ad Arezzo ed anche a Todi
stessa; altri a Firenze, a Venezia, come pure ad Ancona,
Macerata ed Ascoli, e di tutti i formati cioè in 8°, in 16°,
in 24° ed anche in 82° « per comodità de’ curiosi che desi-
derano portarselo in tasca », come si legge in uno edito a
Todi e che porta il titolo: « Famose osservationi fatte per
lanno 1697 dal famosis. et Eccellentis. astrologo Languido
Debolotti Furlano ». Cominciano essi dal 1660 e finiscono
con il 1743: dal 1680 al 1712 la raccolta è completa, negli
altri periodi si hanno lacune. Svariatissimi ed umoristici sono
i titoli al frontespizio come « - L'armonioso rivolgimento delle
sfere celesti | con l'influsso e moto delle stelle | calcolato
dall’ astronomo Eleuter Arabico | al polo medio italico ed
europeo | XLIV | per l'anno MDCLXXXI etc. - Arcolaio | ce-
leste | overo trascorso lunatico sopra gli influssi delle costel-
lationi | per l'Anno che corre senza gambe 1705 | cavato dalli
scritti di Francesco Moneti e carucolato | all’ altezza del, no-
stro pollaro sotto del Meridiano | di tutti li tetti e mattonati
d'Italia | accomodato al far della Luna con tutti li suoi
squarti dal gran villano di Valle calda. Dedicato alla magnifica
e untuosissima accademia delli Signori pizzicaroli etc. In Ve-
nezia1705.- » Ed ancora un altro: «- Indicativo delle stelle |
dal quale considerato l'Attivo e Passivo nelle qualità di esse
con | l'Imperativo, Coniugationi, Declinationi e Moti locali |
de i Pianeti mediante il Preterito delle osservationi | degli
Antichi, aggiuntovi il presente del poco | cervello dell' autore
moderno si cava un O, cattivà benche pazza e fallace co-
186 | C. ANNIBALDI

gnitione de’ tempi e casi che possono accadere nell’ anno
1681 | ealeolato al meridiano della comunità delle concor-
danze degli autori di astrologia alla latitudine della piazza
de’ curiosi di Francesco Timone da Cortona | pescatore di
pesci celesti su la nave d'Argo e cacciatore dell’ Orsa mag.
giore e minore e di tutti gli altri stellati animali che habi-
tano nelle selve d' Urania. In Perugia, nella stampa Camerale
per gli heredi del Zecchini etc. ».

Edita in Foligno è l' « Apocatastasi celeste | overo di.
scorso astrologico per gli anni 1100-01-'02-03-04 », e così via,
dai tipi del Mariotti, dell'Antonelli, del Campana, del Campi-
telli. Generalmente essi erano dedicati ad illustri personaggi,
de’ quali veniva fatto un elegio esagerato; poi seguiva il
discorso generale sopra l'anno e particolare di ciascuna sta-
gione; quindi le feste mobili e il calendario o tavola de’
giorni feriati. Dopo di che alcuni portano insegnamenti sulla
influenza della luna «egli infermi; altri il catalogo di diverse
opere che possedeva l’ editore dell'almanacco ; la nascita dei
principali principi e sovrani dell' Europa ed altre cose curiose
e strane. Tra le stampe noto anche una numerosa raccolta
di cataloghi librari sia nostrani che esteri, quasi tutti della
2" metà del secolo XVII come pure i calendari ovvero — Ordo
divini officü — di tutti i 36 anni che Mons. G. Pianetti resse
la chiesa di Todi.

.E passiamo ai manoscritti: questi sono numerosissimi,
oltre 200, ed essi, come i libri, derivano dai tre in principio
nominati; appartennero certamente al Marinelli i 15 grossi
volumi contenenti relazioni di ambascerie a Carlo Quinto, al
Duca di Fiorenza (1562), lettere di Piero Strozzi maresciallo
di Francia, del Card. di Ferrara e di altri principi relative
alla guerra di Siena (1554 e 55); relazione della morte di
Pontefici cominciando da Alessandro VI fino alla creatione di
Paolo IV; ricordi politici di Zelio Marretti gentiluomo Sa-
nese; relatione di tutti i Regni e Provincie della Germania;
delle cose della Sicilia (1546); delle cause che mossero la
L ' UNA BIBLIOTECA UMBRA A IESI 187

j repubblica di Venezia l'anno 1573 a partirsi dalla lega della
f Santità del Papa e della maestà del re Filippo e far pace col
r Turco; e parecchie lettere di S. Carlo Borromeo (1560-61-62)
dirette allo stesso Mannelli quale vice legato di Perugia, re-
sidente in Nocera. Il Card. Borromeo era alla curia romana ;
la corrispondenza riguarda conferimenti di benefici, questioni
sorte tra paese e paese dell'Umbria, disposizioni per carce-
rati ed altro.

Cosi pure commenti su alcuni classici (1500); e concetti
politici cavati dalle storie di Cornelio Tacito ed altro.

Appartennero a Mons. Giuseppe Pianetti 50 volumi di
Registri portanti copie di lettere missive ai vari dicasteri
della curia romana e a particolari, relative alla città e dio-
cesi di Todi; altri 50 volumi di cause e loro decisioni, pa-
recchie riguardanti Todi stessa: una corrispondenza di pa-
| recchie migliaia di lettere con quasi tutti i Cardinali del
È tempo residenti a Roma e fuori, con vescovi di città Umbre
e Marchigiane, Patrizi di Perugia, Lucchesini di Assisi, Pi-
carelli di Narni, Petrucci di Iesi, Barugi di Urbino; il Pianetti
teneva poi particolari e quasi settimanali corrispondenze con
un tal Marchini Giacomo di Roma, il quale lo informava an-
che del movimento politico Europeo; e delle cose di curia con
il fratello Mons. Carlo Maria, uditore della nunziatura di Na-
poli, e con altri personaggi politici. Noto anche un volume
di lettere (1629) del Card. Barberini dirette a Mons. Vescovo
e Vice legato d’Avignone: inoltre due volumi contenenti
« Rime di M. Pirro Stefanucci da Todi», con molte altre rime
di diversi altri autori Todini, quali un Giuseppe Eritreo, un
Arrigo Brandolini, un Primiero Compagni, un Marcello Ben-
tivenga, un Antonino Leopardi; l'ultimo ignoto a Todi, gli
È altri noti in parte, ma non negli scritti letterari che offre la
è Biblioteca Pianetti.

Lo Stefanucci ha varie canzoni ad una sua donna amata;
il primo Damone e Damon secondo, in 40 ottave ciascuno;
parecchie stanze in morte del sig. Angelo Cesi, dedicate a
Mons. Lodovico Cesi, abbate di Chiaravalle, in 50 ottave;
poi rime spirituali ed una Memoria di Crista da Todi, tra-
dotta da Silio Italico; altre 100 stanze dell Historie di Todi:
egli si chiamava Academico Evenzio Perugino, detto l' Acceso,
ed in nota dichiara che venne cosi battezzato quando si fissó
in Perugia l'Accademia (il nome è illegibile) da alcuni « spi-
riti di sapienzia ».

derti — scritta in buon latino sotto forma di Dialogo, i cui
personaggi sono Ioannes, Fabius et Ignatius, e conta 416 pa-
gine in foglio. Ne sto facendo la trascrizione.

versi latini in lode di 5 santi da Todi, ha parecchie poesie
delle quali alcune sacre ed altre profane, cioè stanze in
lode d’alcune donne di Todi, nelle quali si dimostra la per-
fetta bellezza d'una donna, ed altre di tema vario.

intitolate il T'bro, sopra alcune dame della città, ha stanze
consacrate al S. Federico Buorromei, altre alle nozze del 4
S. Ranuccio Baschi, una satira sull’ adulazione, 27 ottave in
lode delle belle donne di Todi e numerosi versi di tema
vario.

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1594) intitolato « Lodi e canzoni spirituali », ed un altro
« Scultura de’ 4 nuovissimi » ha il trionfo della pace di
N. S. Pio IV e poche altre cose.

colari personaggi.

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ponimenti poetici sacri e profani, traduzioni di odi d' Orazio,
e pastorali; e con questo finisce il 1° volume.

mata, variorum auctorum per me Io: baptistam Luazzaro-
nium Tudertinum. 1581.

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C. ANNIBALDI

Di questo autore è interessantissima una — Historia Tu-

Giuseppe Eritreo, di cui si conoscono soltanto alcuni

Arrigo Brandolini, del quale si sa che scrisse 47 ottave

Primiero Compagni, del quale si conosce un libro (Roma,

Marcello Bentivenga ha pochi sonetti dedicati a parti-

Antonio Leopardi, sconosciuto, ha invece moltissimi com-
Il 2° volume porta il titolo: Epigrammata et alia poe- 4

Alla 1* pag. si legge: Triphonis Bencij Assisiatis epi-
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UNA BIBLIOTECA UMBRA A 1ESI 189

grammata et poemata varia; dalla pag. 26 in poi seguono
epigrammi di moltissimi autori per lo più umbri, come « Fa-
britii Delphici Aquaspartani — Campani Pretoris Tuderti —
Leonardi Servantii Spoletini — Alpheni Severi Perusini —
Iulij Roscij Nortini — M.ri Balduini Reatini ludimagistri Tu-
dertini — Stephani Strappanelli Fulginatis ».

Seguono molti epigrammi d'incerto autore: poi Carmina
M.ri Ioannis Memmij juliani Leonis ludimagistri Tudertini;
in fine da pag. 122 alla 145 « Angeli: Masini Iudith Tra-
goedia ». Da una scorsa rapida data ai due volumi ho rile-
vato che essi sono scritti in buona lingua.

Tra molti altri manoscritti storici, filosofici, giuridici, e
dirò anche scientifici che tralascio per brevità, noto una
« Efemeride iteneraria intorno al viaggio fatto verso Vienna
in compagnia del sig. Giuseppe Piselli, da me Pirro Alvi bre-
vissimamente descritto »; incomincia « A di 28 giugno 1690
partissimo da Todi per Vienna e la prima sera fossimo a
Castagnola ecc.; finisce « tornassimo il 5 gennaio 1691 ».

CESARE ANNIBALDI.

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ANALECTA TUDERTINA

Tutta una ricea serie di nutrite monografie ha dedicato il
prof. Sesto FassiNI.al tuderte Paolo Rolli, il traduttore di Milton,
che con felice espressione il Bouvy qualificò « un critique doublé
d’un poète ». Di lui segnalava dapprima una polemica coll’autore
dell’ Henriade, allora all'apice della sua gloria (Paolo Rolli contro
il Voltaire; Torino, Loescher, 1907), che per vendicarsi delle as-
sennate critiche del Rolli l'aveva sdegnosamente chiamato « mau-
vais poéte ».

Rilevava poi, spiegandone garbatamente i motivi d’ opportu-
nità che l'avevano determinata, la contraffazione Di un passo del
« Paradiso Perduto » nella traduzione di Paolo Rolli (« Rivista
d'Italia », settembre 1908), dove l' invettiva miltoniana contro la
Chiesa cattolica e contro le avidità temporali dei suoi ministri,

Infesti lupi, che del cielo i sacri
A. vil profitto traggono misteri,
E del fasto e dell’òr servi si fanno,

era stata dal traduttore italiano non solo malamente sconciata, ma
ritorta — con più che poetica licenza — contro la Chiesa prote-
stante e il suo clero.

In una nitida ed elegante pubblicazione nuziale (Perugia,
Unione Tip. Coop., 1908; nozze Torre-Ottolenghi) narrava Il ri-
torno del Rolli dall’ Inghilterra e il suo ritiro in Umbria (ottobre
1744), dopo una lunga dimora nella grande metropoli inglese
(dove aveva lasciato bella fama e gran desiderio di sè, così alla
Corte come tra gli uomini di studio e di lettere, che molto lo

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199 ANALECTA TUDERTINA

amavano e ammiravano), pel desiderio nostalgico dei suoi bei colli

tudertini e de
l'aria leggiera sotto azzurro cielo.

Dodici lettere inedite del Rolli, ottime per lo studio biografico

del soggetto, dava in luce per nozze Silvestri-Giorgi (Torino, Bona,
1911); ed altre ne pubblicava poscia (« Rivista d’Italia », gen-
naio 1913) relative alla parte presa dal Rolli nel dar fuori la tra-
duzione inglese Di un’orazione in morte di Eugenio di Savoia,
che il Nunzio Apostolico in Vienna, monsignor Domenico Passio-
nei, aveva recitata a quella Corte e dedicata all’ imperator Carlo VI.

Un grazioso aneddoto rolliano, interessante anche per farci
conoscere le alquanto strane teoriche del poeta in fatto d’ orto-
grafia, è quello che s'intitola Il « Decameron » e una bega lette-
raria settecentesca (« Rivista d'Italia », dicembre 1913); bega che
fruttò molte noie e critiche al Nostro (benemerito già come edi-
tore di alcuni de'elassiei italiani migliori e come divulgatore della
nostra lingua in Inghilterra), per aver tirato fuori dal capolavoro
boccaccesco ben 662 versi « armoniosi, sonori e leggiadri », ca-

duti inavvertitamente dalla penna del magnifico prosatore.

Questa vasta preparazione sulla poesia melodrammatica ita-
liana del seeolo XVIII e le laboriose indagini sull' argomento,
compiute dal Fassini negli archivi nostri ed inglesi, gli hanno
permesso di riassumere in un lavoro di sintesi organica e vera-
mente esauriente, dal titolo IZ Melodramma italiano a Londra
nella prima metà del Settecento (Torino, Bocca, 1914), tutte le sue
ricerche e le sue geniali osservazioni critiche sulla interessante
materia. Non è nostro compito dar qui un adeguato ragguaglio
del pregevole volume, ma accenneremo solo che gran parte di
esso è dedicato ad illustrare l’opera dell’ insigne tudertino, del quale
in appendice si pubblicano alcuni importanti carteggi (tra cui no-
tevolissime le lettere scambiate coll’ illustre abate Frugoni) e un
dramma « Fernando », dal Rolli composto in collaborazione con
Girolamo Gigli, e che — sebbene non avesse molta fortuna — pur
deve riconoscersi assai ricco di pregi così per la maestria dell’ in-
treccio come per la vaghezza della forma poetica.

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Una « Scripta facta con mastro Spagna, per lo Capitolo [di
Todi], de la mastràa dell’ organo, cioè in doratura et mastràa >»,
ANALECTA TUDERTINA : 193

| pubblica per nozze Ferrantini-Pascucci il prof. GgTULIO CECI (Todi,

Tipogr. Tuderte, 1915), documentando così un assai mediocre la-
voro dello Spagna, che si eredeva già del tutto perduto, mentre
invece due tavole colle figure di S. Pietro e S. Paolo restano an-
cora di questa cantoria dell’ organo della Cattedrale. Ma la fama
di Giovanni di Pietro, uno dei migliori rappresentanti della no-
stra classica scuola, e in Todi assai più degnamente raccomandata
alla mirabile Incoronazione della Vergine, che or si conserva nel

Palazzo del Capitano.

Con fine sentimento d’arte e con vero intelletto d’ amore pel
natìo loco GIuLIO PENSI e ARMANDO CoMEZ hanno voluto mettere
a disposizione dei forestieri una Guida di Todi, che nella sua so-
brietà è un piccolo gioiello del genere. E veramente la « Marzia »
città meritava una illustrazione adeguata, che ne ricordasse le ar-
tistiche peregrine bellezze, prima fra tutte quella magnifica chiesa
della Consolazione, che una costante tradizione attribuisce al Bra-
mante: tradizione che invero riceve eloquente conferma dalla su-
blime perfezione dell’opera. Per questo, come per altri insigni
monumenti tudertini, gli egregi AA. non si son limitati a racco-
gliere .e coordinare le notizie date in apposite monografie od in
opere generali dai precedenti scrittori, ma hanno compiute altresì
diligenti e fruttuose ricerche d’ archivio, fornendo un abbondante
e del tutto nuovo materiale di studio ai cultori di storia dell’arte.

Preziosi son pure i ragguagli descrittivi e storici che si dànno
sulle opere d’arte sparse nei Dintorni di Todi; e veramente pre-
gevoli nei riguardi della scelta e dell’ esecuzione sono le nume-
rose tavole che corredano il prezioso libretto.

Con vero compiacimento salutiamo da queste pagine il sorgere
d'una nuova Casa Editrice nell’ Umbria nostra, che vanta già,
registrata a caratteri d’oro col nome simpatico e caro di Scipione
Lapi, una della pagine più gloriose nei fasti dell’arte tipografica
italiana, ed ebbe il merito insigne di ravvivar di splendida luce
le vie della storia colla nuova grandiosa edizione muratoriana.

Con eriteri squisitamente moderni e con chiara intuizione dei
più urgenti bisogni della cultura contemporanea la Casa « Atanòr »
— er i TETI D e pM e e s

194 ANALECTA TUDERTINA

di Todi ha iniziato, e in poehi mesi di vita ha per gran parte
già svolto, un ampio e ben concepito programma di lavoro, che
dalle erudite speculazioni della storia si estende a quelle non
meno nobili della filosofia, della letteratura, dell'arte e del pen-
siero moderno.

Partieolar menzione merita in questo Bollettino, perché inte-
ressa assai da vicino gli studi nostri, la BIBLIOTECA UMBRA, diretta
dal eh. prof. Giuseppe Zucchetti, che comprenderà una ricca serie
di piccoli volumi destinati a illustrare l' Umbria sotto i vari suoi
aspetti: l'arte e la letteratura, la storia e il diritto, la vita eco-
nomiea e sociale, gli usi e i eostumi, le tradizioni del popolo, le
bellezze naturali. Ciaseun volumetto conterrà uno o piü seritti di
un medesimo autore, inediti oppure già editi, ma diventati oggi
rari o sparsi qua e là in periodici, e così anche ristampe o pub-
blicazioni affatto nuove di testi umbri, senza limitazione di tempo.

La Biblioteca Umbra non intende dunque sostituirsi all’ opera
della nostra Deputazione, ma cooperare con essa, sopra un campo
più vasto e più vario; e risponde, crediamo, a un bisogno dei
tempi nuovi, perchè solo quando saranno ben conosciute le vicende
delle singole regioni d'Italia, si potrà risalire con sicurezza alla
sintesi per l’ intera Penisola.

Ottimo inizio di questa. Biblioteca è la ristampa del bel sag-
gio dell'illustre ArLEessANDRO D’ Ancona, Jacopone da Todi, il
Giullare di Dio del secolo XIII che, pubblicato una prima volta
nella « Nuova Antologia » del 1880, riprodotto poi dall’ A. stesso
eon nuove cure nel volume di « Studi sulla Letteratura Italiana
dei primi secoli » (Ancona, 1884), ritorna ancora alla luce con
qualche modificazione di forma e con maggior corredo di notizie
bibliografiche, adorno anche di belle e nitide illustrazioni, che ne
completano degnamente la elegantissima veste tipografica.

Di questo lavoro, che suscitò già dispute così appassionate e
feconde, è superfluo ridir qui i pregi molteplici e il contributo
notevolissimo che portò agli studi jacoponici e a quelli della let-
teratura popolare italiana; diremo solo che il nome dell’ insigne
Maestro, pur testè tolto alla venerazione unanime e alle dotte fa-
tiche, è faustissimo auspicio ad una sì promettente e ben ideata
raccolta. i

A questo primo riuscitissimo volume altri ne seguiranno in
breve, di cui ci limitiamo ad accennar soltanto, per ora, i nomi
de’ compilatori e gli argomenti: i

GruLIo URBINI, Arte Umbra. — LuIiGr Fuwr, Eretici e ribelli
ANALECTA TUDERTINA 195

nell’ Umbria. — CIRO TRABALZA, Francesco Torti e il movimento
letterario dell’ Umbria nel periodo della Rivoluzione. — GIUSTINIANO
DEGLI Azzi, Il primo esperimento repubblicano in Perugia [Diario
inedito di un nobile perugino per gli anni 1798-99] col raffronto di
altre cronache sinerone inedite e di inediti documenti — UMBERTO
GNOLI, L'Alunno. — Luia1 SALVATORELLI, San Francesco d'Assisi
e il francescanesimo umbro.

Tra gli altri volumi poi pubblicati dalla Casa Atanòr fuori
della Biblioteca Umbra. è. opportuno far cenno (non perchè sia li-
bro di storia, ma perchè in forma romanzesca studia - un perso-
naggio di così alta importanza per la nostra regione) del volume
veramente magnifico di Ciro ALVI, Santo Francesco d’ Assisi,
giunto alla quarta edizione e riccamente illustrato con senso squi-
sitissimo d’arte dal valoroso pittore fiorentino Ezio Anichini: vo-
lume che non potrà certo sfuggire a discussioni vivaci, ma. che
ha pregi innegabili di venustà di forma, di acutezza d' indagini,
di amoroso studio d'ambiente e, nella genialità arditissima del
suo tentativo, contribuisce efficacemente a popolarizzare e aeco-
stare al pensiero del tempo nostro la grande e complessa figura
del Poverello d’Assisi.

D'argomento pur francescano è il Frate Elia dello stesso ALVI,
che sotto la forma del dramma storico studia con sagace penetra-
zione ed aceurata analisi psicologica la vita francescana de’ primi
tempi dopo la morte del Serafico e le condizioni intellettuali e
morali della società italiana del secolo decimoterzo.

Non riguardano poi la nostra regione, ma meritano d' essere
segnalate come ottime dimostrazioni della fervida attività della
nuova Casa Editrice, anche altre belle pubblicazioni di carattere
filosofico, storico e di varia coltura, come quelle del prof. ENRICO
CAPORALI (La Natura secondo Pitagora, L’uomo secondo Pitagora,
ecc.) e del SAUNIER (La leggenda dei simboli filosofici, religiosi e
massonici); il Pimandro di Ermete Trimegisto tradotto dal BONANNI;
il trattato Della Pietra filosofale e dell’ Arte dell’Alchimia di S. Tom-
maso D'Aquino per la prima volta tradotto in italiano; Il Van-
gelo di Cagliostro il Gran Cofto; L'Arcobaleno di Ciro Alvi, ecc.

[3

Nella grandiosa raccolta degli « Serittori d’Italia », diretta
da Fausto NIccoLiNI (Bari, Gius. Laterza e figli, 1915), non poteva
mancare una buona edizione de « Le Laude di Jacopone da Todi »,
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62V

196 ANALECTA TUDERTINA

che GrovANNI FERRI ha giudiziosamente condotta secondo la stampa
fiorentina del 1490. « Giudiziosamente » diciamo perchè fra le tante,
generali o parziali, edizioni delle rime del Tudertino questa di
Firenze è omai considerata da tutti i critici come l’ « editio prin-
ceps » e la più autorevole, sia per ciò che concerne 1’ autenticità
delle laude in essa raccolte, sia per la lezione, che meglio d’ogni
altra sembra conservare le impronte. idiomatiche della regione
ove il Poeta nacque e dettò i suoi carmi spirituali. L'accoglienza,
d'altronde, fatta al testo bonaccorsiano, nella preziosa raccolta
della Soeietà Filologiea romana (che, a eura dello stesso Ferri, lo
pubblicò nel 1910) è pure buon argomento della preferenza che
merita la lezione del Bonaccorsi, vagliata con critica superiore ai
suoi tempi, e approvata — per tacer d'altri — anche da quell’ in-
signe maestro e letterato di finissimo gusto che fu Alessandro
D'Ancona.

Non certo è da credere che la stampa fiorentina possa nella
sua integrità ritenersi come perfetta e pienamente accettabile :
chè anzi siamo ancora ben lungi da quella edizione critica, e ve-
ramente definitiva, dei ritmi iacoponici, che tutti da tempo recla-
mano e attendono; ma intanto è prudente, in mancanza di meglio,
attenersi al testo bonaccorsiano che, se non altro, ha il pregio e
l'autorevolezza d’ un’ alta antichità e fu certo condotto su codici
non ancora alterati da arbitri, da correzioni e da errori di se-
conda mano, come quelli che se ne diffusero poi a maggior di-
stanza dalla morte di Jacopone. Il Ferri stesso, difatti, candida-
mente confessa di non « aver mai ritenuto il testo dell’ edizione
fiorentina come la forma originale, nella quale apparvero i canti

‘del poeta tudertino », ed ammette serenamente che « si possa in

avvenire, quando fortunate ricerche ci portino al ritrovamento di
manoscritti più antichi di quelli che sono a nostra conoscenza, ri-
costruire un testo di gran lunga più attendibile ».

Ma nell’attesa di questo, ch'è — purtroppo — ancora di là
da venire e, data la difficoltà dell’ impresa, lo sarà forse ancora
per molto tempo, è da plaudire e da salutar con gioia questa di-
ligente e bella ristampa, che rimette in onore e porta alla mano
di tutti un testo omai divenuto introvabile, e costituisce perciò
uno stimolo e un sussidio efficacissimo ai futuri studî sul « giul-
lare di Dio » e sulla sua produzione poetica.

Buono pure il Glossario che il Ferri ha dato insieme ad una
sobria, forse troppo sobria, nota critica a corredo ed illustrazione
del testo, ma — a dir vero — più ci sarebbe piaciuto riveder
ANALECTA TUDERTINA 197

anche in questa edizione l’ apparato critico che già apparve in
quella romana: potrebbe tuttavia osservarsi che ben diversa era
la sede e affatto diversi gli scopi di questa raccolta, spiccatamente
popolare e di divulgazione, da quelli rigorosamente scientifici
che la Filologica si proponeva, e perciò non crediamo d’ insistere
in questo rimpianto.

Dott. GIUSTINIANO DEGLI AZZI.

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