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UN CIPPO ORVIETANO

CON SCENA DI COMMIATO FUNEBRE

; Come uno che sta per iniziare un viaggio prende com-
miato dalla propria famiglia e dagli amici prima di allonta-
narsi da loro, così il morto che, secondo una credenza assai
diffusa nell'antichità, è costretto a raggiungere in ispirito
la sua nuova sede nel remoto e misterioso regno di Ade,
compie un’azione analoga a quella del partente (1).

Il fenomeno del trapasso dalla vita terrena all’ esistenza
elisiaca, concepito pertanto con le stesse caratteristiche di
un viaggio reale, generò in Grecia un motivo artistico fre-
quentissimo, che si estese anche in Etruria e nell’ Italia me
ridionale: intendo alludere alle scene di distacco o di com-
miato funebre riprodotte nelle sculture sepolcrali e nei vasi
dipinti (2).

(1) Il viaggio verso gli Inferi é espresso materialmente — con carro, o a cavallo,
o anche a piedi — su urne etrusche, su pitture tombali, su stele felsinee ecc.

(2) Nella ceramica dipinta sia greca che italiota ispirata al culto dei morti pre-
valgono le scene di offerte al defunto o alla sua tomba, ma non mancano esempi
di rappresentazioni simili a quelle ripetute comunemente nelle stele attiche. Cfr. su
tale argomento: G. PATRONI, La ceramica antica nell’ Italia meridionale, pag. 162
segg.

Il Patroni però (loc. cit.) propone una doppia interpretazione del guerriero a
cui viene offerto da bere sui vasi italioti, in dipendenza da un concetto terreno (se
si considera il personaggio come uno che ritorna vincitore), o da un concetto spiri-
tuale (se invece si considera come l’ arrivo all’ Elisio).

Ma senza bisogno di ricorrere ad una distinzione cosi sottile, possiamo pen-
sare che si tratti più semplicemente della libazione in onore del defunto che sta
per abbandonare la sua famiglia e i luoghi consueti di questo mondo.

Nell’ interpretazione tutta realistica di simili scene la mia opinione concorda
pertanto con le idee esposte al riguardo da VITTORIO MaccHIORO in Neapolis, I (1913),
pag. 30 sgg.; efr. specialmente pag. 40 sgg.



E. GALLI

Il cippo orvietano che qui si pubblica per la prima volta
é decorato con una di tali rappresentazioni (Tav. I-A, B, O);
e poiché esso, per le ragioni che fra poco esporró, risale
al sec. VI-V a. C., trova riscontro e analogie in altri monu-
menti del genere specificamente etruschi (cfr. in Tav. II-III,
figg. 3-8), e in tutta una serie di rilievi attici, che furono rac-
colti ed illustrati da A. CONZE nel I vol. della sua grande opera
« Die Attische Grabreliefs », il quale arriva fino alle gaerre
persiane (primi del sec. V a. C.). Data questa concomitanza
cronologica e concettuale ben definita, non conviene all’ eco-
nomia del presente studio spingere la discussione ai monu-
menti d'epoca posteriore sia ellenici che etruschi ed italioti; i
quali in fondo non rappresentano altro che una persistenza
ed una più varia divulgazione formale dell’ originario con-
cetto relativo alla separazione del morto dai sopravvissuti.

A noi preme soprattutto di poter rendere una chiara e
logica interpretazione del cippo, mostrarne l'interesse arti-
stico ed archeologico, confrontandolo opportunamente con
altri simili e contemporanei monumenti dell' Etruria, e stabi-
lirne l'epoca allaluce della parallela produzione greca.

Il Cippo.

Veramente trattasi di circa mezzo cippo, ma anche così
mutilato esso conserva sempre un duplice e notevole inte-
resse sia per la rappresentazione che si può ricostruire con
facilità in base agli elementi superstiti, e sia nei riguardi
della forma quadrangolare che suggerisce una ubicazione
diversa dalla consueta in rapporto al sepolcro cui si ri-
feriva. C

Prima però di prenderlo in esame sotto i suoi vari
aspetti, sarà bene di dire brevemente come e quando per-
venne nell’ insigne Museo dell' Opera del Duomo di Orvieto,
dove ora trovasi esposto nella sala terrena, e di presentarlo
all attenzione dei lettori nel suo presente stato materiale,








UN CIPPO ORVIETANO 8

cosi come io lo. vidi per la prima volta vari anni or sono
poco dopo il suo acquisto, che torna in merito del Comm.
Ing. C. Franci allora Presidente dell’ Opera e tuttora bene-
merito ed alacre Ispettore Onorario per gli Scavi e i Monu-
menti del mandamento di Orvieto.

Come ho accennato, il monumento ha forma quadran-
golare, un pò rastremata in alto, poichè allo stato presente,
ridotto quasi alla metà, misura in altezza m. 0,69 e in lar-
ghezza per ogni lato inferiormente 0,34 e superiormente 0,29.
È chiaro che la rastremazione aumentava verso la cima, e
‘doveva essere assai più sensibile all’ occhio quando il cippo
non era ancora stato spezzato. Esso fu scolpito in un sol
blocco di peperino, roccia che si trova in abbondanza nella
regione vulcanica volsiniese, e che venne usata general-
mente durante il periodo etrusco nei sarcotagi e nelle tombe
costruttive. Su tre lati permangono i resti di tre figure ma-
schili, una per ogni lato, scolpite- a bassissimo rilievo, che
esamineremo più tardi; il quarto lato è liscio.

Fu affermato che giaceva da tempo abbandonato in un
magazzino del Sig. Francesco Malvolti orvietano, che abita
al limite settentrionale della città, sulla linea dell’ antica
Porta Vivaria, della quale si vede un rudero a poca di-
stanza. Il Museo dell’ Opera l'acquistó dal Malvolti per una
lieve somma nel 1907. Io lo vidi nell’ estate dell'anno se-
guente, e seppi in quell’ occasione dal chiaro amico prof. P.
Perali e potei verificare di persona che presso la casa del
venditore Malvolti era stato scoperto recentemente un pozzo
di scarico, come ve ne sono molti in Orvieto, scavato sul
ciglione della rupe, dal quale si estrassero una quantità di
frammenti di ceramiche dipinte importate, per lo più a f. r.,
e di fabbriche etrusche a figure giallastre; moltissimi rot-
tami di grandi recipienti grezzi di argilla pallida (specie di
pelves), ed altro materiale archeologico come piramidette fit-
tili (pesi da telaio), alcune delle quali con lettere etrusche
impresse, piccoli kyathoi ed altri vasetti votivi in miniatura,






























4 E. GALLI



frammenti di buccheri ordinari, qualche resto di terrecotte
ornamentali colorate ecc. Naturalmente sorse il sospetto che

con tutte codeste, varie cose servite ad ostruire il pozzo

fosse stato rinvenuto anche il cippo; ipotesi questa che in

linea di massima può anche ammettersi, ma si deve esclu-

dere ogni relazione, all'infuori forse dell’ accidentale conco- |
mitanza determinata solo da una necessità posteriore, tra il |
materiale frammentario sopra ricordato e il nostro monu- |
mento. |

Il cippo è rotto superiormente da un taglio netto, tanto
da far pensare che esso fosse stato spianato nel punto di
frattura per adattarlo a qualche uso diverso dalla sua de-
stinazione originaria, che doveva essere nella vicina necro-
poli costruttiva del « Crocefisso del Tufo ».

Bisogna escludere però l’idea che esso fosse stato ado-
perato come blocco da costruzione e incorporato in qualche ^
fabbrica, perché non conserva affatto tracce di calcina. È
logoro in più punti ed ha gli spigoli un pò arrotondati per
consunzione, il che dimostra che dovette rimanere per lun-
ghissimo tempo esposto alle intemperie. Allo stato presente
ha l'apparenza di un’ ara, ma avrà potuto servire, cosi ri
dotto, anche come base o come termine.

Le figure sono chiuse in riquadri ottenuti col bassori-
lievo e contornati da listelli, e poggiano sopra un alto zoc-
colo, parte del quale doveva essere certo infissa nel terreno
per assicurare la stabilità del monumento.

E

Le figure.

La figura sul lato sinistro (A), con una semplice pelle
di montone la cui testa dalle ritorte corna pende nel breve
spazio tra il braccio destro e il fianco, é mancante dal-
| ombellico in su; essa procede verso destra col braccio
sinistro disteso in basso e tenendo nella mano destra, pure.
abbassata dietro la coscia, unà oenochoe di tipo arcaico. Mal-

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UN CIPPO ORVIETANO 5

grado le screpolature è ancora chiaramente visibile tutte
l’avambraccio fino quasi al gomito, con la mano che sor-
regge il vaso tenendo il pollice disteso sull’ansa. Che il per-
sonaggio sia in movimento è indicato in modo chiaro ol-
treché dall'apertura delle gambe, anche dalla posizione del
braccio destro portato un pò indietro.

Le forme della figura, quasi femminili (vita sottile e le
anche assai sviluppate e pingui), accennano a giovinetto:
il sesso non è peraltro indicato, ma la sua nudità e la fun-
zione che compie nella scena non lasciano dubbio che trat-
tasi proprio di un maschio (1).

Il vaso che questo giovinetto quasi del tutto nudo ad-
duce in mano si riconosce per una specie di brocca (oeno-
choe) col corpo ovoidale alquanto allungato, la bocca tagliata
in sezione obliqua e con una piccola ansa piatta inserita
tra il corpo e l'orlo dell apertura nel punto piü basso. É un
recipiente che appare già all'inizio dell'età del ferro, come
puó rilevarsi dall' esemplare che pubblico nella Tav. II, fig. 2,
il quale proviene da una tomba a pozzetto di Vetulonia;
ma diventa tipico dell’ Etruria durante i sec. VII e VI a. C.

Data la mutilazione del cippo, non si puó dir nulla in-
tanto intorno alla parte superiore della figura che manca;
è lecito solo pensare che essa era di profilo e nuda come
il resto che n'é sopravanzato, tranne la nebride pendente dalla
spalla destra. Ricorrendo poi ad analogie con altre imma-
gini del medesimo periodo ed ambiente artistico, è assai
probabile che il nostro giovinetto avesse chioma prolissa
ricadente sulle spalle, come per esempio la figura di Larthi
Aninies che pubblico più oltre nella Tav. II

A differenza degli altri due che seguono, di questo
primo personaggio — oltre le gambe — si vede anche buona

(1) La omissione del sesso su analoghe figure maschili etrusche di stile ar-
caico è un fenomeno che si ripete anche in altri monumenti: cfr. per esempio il
cippo fiorentino di S. Tommaso pubblicato dal MiLanI in Not. Sc., 1892, pag. 462-3.









6 E. GALLI

parte dell'addome, fino a poco sopra l’ombellico, e ciò di-
mostra che la figura tutta intera doveva essere alquanto
più bassa delle altre (1). Questa circostanza è decisiva per
la giusta interpretazione del suo ufficio nell’ azione generale
raffigurata e svolta nei tre lati del cippo, e giova altresì ad
illuminare e determinare il carattere e la funzione delle
altre due figure ancora più monche.

Della figura centrale (B) si vedono solo i piedi, le gambe
e quasi per intero le coscie. Le gambe sono ricoperte di
alti schinieri che proteggono anche i ginocchi, ma lasciano
nudi i piedi al disotto della caviglia. Detti schinieri sono
indicati chiaramente da una linea incisa al posto dell orla-
tura superiore. Per analogia con questi gambali di carattere
guerresco, è lecito supporre che anche il busto, ora del
tutto perduto, fosse protetto dalla corazza; tantopiù se si
pone attenzione all’ orlo superiore del cippo così stroncato,
dove è rimasta una sicura traccia a rilievo di qualche cosa
che fa pensare ad un corto giubbetto, indossato probabil-
mente sotto la corazza di lamina metallica. E se si ammette
la corazza, è altresì possibile che questa figura, come anche
(e forse con maggior ragione) quella seguente avessero in
testa l'elmo, analogamente a quanto si vede nel perso-
naggio di un altro cippo sepolcrale frammentario pure di
Orvieto pubblicato vari anni or sono dal Gamurrini (cfr.
Tav. II, fig. 3) (2. Ma a parte le ipotesi sul completamento
della sua armatura ora invisibile, resta assodato — in base
agli schinieri e all'orlo inferiore superstite del giubbetto —
il carattere militare di questa figura certamente virile.

Dalla posizione delle gambe non è possibile determi-

(1) Tutte e tre le figure allo stato attuale misurano in altezza m. 0,44, il che
denota che quando erano intere, le due maggiori (B e C) avranno raggiunto circa
un metro; mentre la minore (A) ora analizzata, si differenziava dalle altre non solo
per la funzione attribuitale dall'artista, ma soprattutto e a prima vista per la sua
statura. i

(2) G. F. GAMURRINI, Not, Sc., 1887, pag. 349, tav. VIII, fig. 3.











UN CIPPO ORVIETANO 1

nare se essa fu concepita in movimento o in riposo, come
piuttosto farebbero pensare e la minore apertura delle gambe
stesse paragonata con quella del primo personaggio (A), e
lanalogia con altre figure, specialmente su stele, espresse
come stanti pure avendo gli arti inferiori un pó divaricati.
A parte l'abito militare, non risulta che essa fosse armata
anche di lancia, a meno che le vestigia di un'asta siano
scomparse per la corrosione e le rotture dello spigolo destro
di questo riquadro centrale, che hanno fatto sparire del tutto
il listello.

Per la funzione che essa esplica nella scena, si deve
piuttosto escludere che avesse la lancia. Le sue braecia ad
ogni modo dovevano essere alzate forse all'altezza del petto,
perché di esse né delle mani si scorgono tracce sulla parte
rimasta del monumento.

Confrontando la posizione di questa figura con l’ atteg-
giamento dell’ ultimo personaggio (C) scolpito sul lato destro
del cippo, risulta una innegabile relazione tra i due, che
sarà resa ancora più evidente da altre circostanze che mi
propongo di rilevare. Del resto anche tra le figure A e B
si nota una strettissima relazione, perchè tutte e tre in so-
stanza compongono un solo gruppo e sono governate da un
medesimo concetto, che attribui a ciascuna un'azione colle-
gata e dipendente da quella delle altre due.

Mentre le due prime figure sono rivolte verso destra,
la terza (C) della quale restano solo le gambe nude e aperte
come se muovessero il passo, sta invece rivolta a sinistra,
fronte a fronte cioé a quella centrale. Rappresenta anch'essa
un guerriero, privo di schinieri, ma armato di un grande scudo

circolare di tipo eneo, come fanno vedere la convessità nel
centro e il cerchio ribadito sull'orlo. Di tale scudo é sopra-
vanzata circa la metà inferiore, che copre le coscie. Oltre
al clipeo, quest' ultimo personaggio (C) stringeva nella mano
sinistra anche la lancia, della quale è rimasta sicuramente
visibile parte dell'asta, tutta screpolata e corrosa, allo spi-



8 E. GALLI

golo sinistro del riquadro. Intorno alla parte del corpo che
manca si possono sù per giù ripetere le stesse supposizioni
che furono formulate sopra nei riguardi del personaggio
centrale; si può inoltre ribadire qui l’idea che quest’ ultimo
guerriero a complemento dell’ armatura dovesse portare,
forse con maggior probabilità dell'altro che gli sta di faccia,
anche l'elmo, perché — come vedremo — esso è in atteg-
giamento di commiato per mettersi in viaggio, e di solito
non si parte senza copricapo.

Con lo scudo infilato al braccio sinistro e con la corri-
spondente mano stretta intorno alla lancia, è più che proba-
bile che la mano destra reggesse a sua volta un altro og-
getto, o meglio fosse protesa in avanti per ricevere qualcosa
da parte della figura centrale B. Ma cosi nel primo come
nel secondo caso non muta il carattere della rappresenta-
zione della quale questo personaggio (C) costituisce l'oggetto,
verso cui convergono le funzioni attribuite alle altre due
figure del quadro.

Il quarto lato del cippo non ha resti di figura, ed è
anzi rimasto allo stato grezzo, come se dovesse stare in ori-
gine rivolto contro una parete che lo nascondeva alla vista;
ma la mancanza di incavi per spranghe metalliche o di altri
segni di attacchi ci dice chiaramente che esso in ogni caso
non vi doveva essere fissato. Per assicurarne la stabilità
sopra suolo bastava interrare una porzione dello zoccolo, la-
sciato assai alto in vista appunto di tale necessità.

La scena rappresentata.

Dopo quanto abbiamo detto intorno alle singole figure,
non è difficile di ricostruire nel suo complesso la scena
che lo scultore di questo cippo volle rappresentare. I parti-
colari delle parti mancanti naturalmente non si possono re-
stituire, se non per via di ipotesi; ma dal confronto con
altri monumenti dello stesso ambiente religioso ed artistico,









da

UN CIPPO ORVIETANO 9

vale a dire della regione etrusca, possiamo tuttavia capire
con molta approssimazione quali potevano essere questi
particolari ora scomparsi.

Basta esaminare le tre mezze figure conservate sul mo-
numento che si studia per renderci subito conto non solo
del rapporto che intercede fra di loro, ma in conseguenza
anche della particolare funzione che ciascuna di esse esplica
nel quadro. È chiaro intanto, per la disposizione stessa dei
personaggi intorno al cippo, che uno stretto rapporto passa
tra i primi due di sinistra, contrapposti all’ ultimo individuo
sul lato destro, rivolto verso di loro. Inoltre, in base agli
attributi o alle parti di attributi riconoscibili su ciascuno,
si capisce che una relazione come da soggetto ad oggetto
passa tra i primi due e l’ultimo personaggio.

La minore figura di sinistra che reca in mano la broc-
ca per la libazione non può quindi essere altro che un
Camillus, un assistente cioè del rito che compie il per-
sonaggio centrale verso l’altro che gli sta di fronte. In
quest’ ultimo non è pertanto difficile di riconoscere lo spirito
del morto, espresso qui in aspetto materializzato ed eroico,
come denota la sua armatura, nel momento in cui sta per
intraprendere il mistico viaggio oltramondano. Nella figura,
che è nel mezzo, e che doveva essere rappresentata nel-
| atto di compiere la libazione rituale e propiziatoria —
con la tazza (kantharos?) in mano — verso il partente, identi-
ficherei invece uno della famiglia del defunto, un superstite.
simboleggiante la famiglia stessa, la quale non potè essere
riprodotta con un maggior numero di persone sul nostro
monumento per la ristrettezza dello spazio.

Così interpretata la rappresentazione, è possibile di ri-
costruire idealmente, sulla scorta di altri monumenti ana-
loghi che in questo breve studio adduco a confronto, le parti
scomparse. Intanto possiamo essere sicuri che trattasi pro-
prio di una scena di carattere funerario, per lo schema ge-
nerale a cui essa è informata, per la forma e l'originaria







m."

10 E. GALLI

destinazione del cippo, e infine per il particolare parzial-
mente conservato della pelle di montone pendente dalla
spalla destra del Camillus, con la quale lo scultore etrusco
volle soprattutto rendere evidente il contenuto funebre di
essa scena (1).

Questo singolare cippo mentre rappresenta una rarità
rispetto al territorio orvietano dal quale proviene, trova
stretti raffronti in analoghi monumenti usciti dall’agro fie-
solano fiorentino, che vennero riuniti con gran cura dal
defunto direttore, prof. L. A. Milani, nel Museo Archeolo-
gico di Firenze, e alla completa e degna illustrazione dei
quali l'illustre e compianto Maestro pensava già di dedicare
il III fasc. dei suoi Monumenti Scelti.

Però per intendere bene il confronto che si vuole isti-
tuire fra i prodotti del genere pertinenti a due regioni così
lontane, bisogna innanzi tutto tener presente che i cippi u-
sciti con maggior frequenza dalle necropoli volsiniesi consi-.
stono o in coni e doppi coni di calcare o in semplici pietre
nere aniconiche, di varia grandezza, infisse sopra un’arula-
base, e anche prive di base (2).

Fanno eccezione a questa regola, che doveva corrispon-
dere alla più comune e diffusa consuetudine, le rare teste
arcaiche di guerriero a tutto tondo (3), la stele con guer-

(1) Che il montone sia allusivo del mondo infero e quindi della morte è dimo-
strato dal fatto che esso veniva sacrificato alle divinità catactoniche. Ulisse prima
di avviarsi alla terra dei Cimmerii per interrogarvi lo spirito di Tiresia, riceve da
Circe un montone da immolare appena sbarcato nel misterioso paese : efr. E. GALLI,
1l sarcofago etrusco di Torre San Severo, in Mon. Ant. dei Lincei, XXIV (1916), pag. 3
sgg., sul lato D del quale (pag. 96 sgg.) è riprodotto appunto il sacrificio del mon-
tone compiuto da Ulisse. E si veda anche il lato C dello stesso sarcofago ‘pag. 82
sgg.) esibente la minaccia di Ulisse a Circe alla presenza di due compagni del
primo, rispettivamente con testa di lupo e di « montone ». Cfr. pure CONZE, 07. cit.,
I, tav. LXXIII: si tratta di una delle solite rappresentazioni di commiato funebre
espressa con tre figure. I bracciuoli della sedia di quella seduta terminano sul
davanti con « teste cornute di montone ».

(2) Per gli esemplari esposti nel giardino del R. Museo Archeologico di Fi-
renze, cfr. MILANI, Guida del detto Museo, I, pag. 242; II, tav. CXXVI.

(3) Quella bellissima posseduta dal Museo fiorentino proviene dalla necropoli
del « Crocefisso del Tufo »: cfr. MILANI, op. cit., I, pag. 59; TI, tav. XCI.







Fir. 2 — Oenochoe paleoetru-
sca della necropoli di Ve-
tulonia.

(Firenze — R. Museo Archeo-

logico).



Fig. 4 — La stele fiesolana di
Larthi Aninies,
(Firenze — R. Museo Archeo-
logico).

(Firenze — R. Museo Archeologico).



(S TTE
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Flg. 3 — Parte superiore sopravan-
zata di un cippo etrusco con
figura di guerriero, proveniente
dal territorio orvietano.

(Orvieto — Museo dell’ Opera del

Duomo).

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3
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)
1





Fig. 5 — Stele etrusca del Trebbio
(Mugello) col defunto in aspetto
di guerriero, pronto, ad iniziare
il viaggio verso gli Inferi.



















UN CIPPO ORVIETANO ; 11

riero scolpito edita dal Gamurrini (1) e qui esibita alla fig, 3
in appoggio alla ideale restituzione delle porzioni mancanti
dei due nostri guerrieri (B e C), ed ora anche il cippo che
é oggetto del presente studio. Nel territorio fiesolano-fio
rentino invece i cippi della prima specie menzionata non
sono mai comparsi; in compenso peró furono rinvenute con
una certa sintomatica frequenza le stele figurate in arenaria,
talvolta con un solo personaggio, cioè col defunto in aspetto di
guerriero con completa o parziale armatura, come si riscontra
per esempio in quella celebre di Larthi Aninies (2), riprodotta
nella Tav. II, fig. 4, e nelle due più piccole provenienti dal
Trebbio (Mugello) (3) e da S. Agata pure in Mugello (4), che
qui anche riproduco nelle Tav. II e III, figure 5 e 6, poichè
i personaggi che esse esibiscono hanno piena rispondenza
stilistica e tecnica nella nostra fig. C; ma anche con scene
simili a quella del cippo d’Orvieto, come nelle due trovate
rispettivamente a S. Ansano presso Fiesole (5) e nei dintorni
di Firenze (6), riprodotte qui nella Tav. III, fig. 1 e 8. In quella
trovata presso S. Ansano la rappresentazione é ridotta a due
sole figure affrontate, alte rispettivamente 0,38 e 0,35: vec-
chio a sinistra di severe sembianze con kantharos nella
destra (7), ricchi schinieri, lunghi calzari e mantello intorno
al corpo; e giovine a destra che indossa una corta tunica

(1) Vedi sopra, pagg. 6, nota 2. ;

(2) MILANI, Museo Topografico dell’ Etruria, pag. 125 e nota 172. Ivi la biblio-
grafia.

(3) Cfr. Not. Sc., 1889, pag. 183-4.

(4) Ibidem, pag. 151-3.

(5) Not. Sc., 1894, pag. 116. Cfr. MILANI, Guida, I, pag. 79; II, tav. CXVI-4.

(6) Questa piccola stele trovata in una località non precisabile del territorio
fiorentino, ed ora esposta con tutte le altre ricordate nel Museo Archeologico, non
mi risulta che sia stata mai edita.

Essa però era certo compresa nello studio che il prof. Milani aveva già pronto
intorno a questa importante serie di monumenti sepolcrali etruschi.

(7) Anche la famosa stele di Lyseas in marmo pentelico policromato nel Museo
Nazionale di Atene (sec. VI a. C.) esibisce un personaggio che ha in mano un kan”
tharos dionisiaco : cfr. CoNzE, op. cit. I, tav. I. Tale attributo é certo in questo caso
allusivo del godimento e della felicità della vita elisiaca.



12 E. GALLI

e reca in mano una oenochoe a corpo piriforme, press'a
poco dello stesso tipo di quella che ha il Camillus del cippo
orvietano. Credo che non si richiedono molte parole per
convincerci che anche questa seconda figura minore sulla
stele di S. Ansano non puó rappresentare altro che un servo
del culto, sia se consideriamo il suo aspetto generale con-
frontandolo col personaggio A del cippo, sia se teniamo pre-
sente la funzione attribuitale dallo scultore etrusco, che non
aveva sulla pietra spazio bastevole a più di due figure per
esprimere il suo concetto inerente al commiato ed alla liba-
zione funebre. In questa stele si ripete in fondo un ovvio
fenomeno di riduzione artistica e di concentrazione ideolo-
gica, frequente in Etruria specialmente sugli specchi, sulle
urne e sui sarcofagi decorati con fatti mitici. Qui il Camillus,
in mancanza del parente del morto abolito per le accennate
esigenze dello spazio, assume funzione sacerdotale, ed è
messo in diretto contatto col defunto, che ha in mano la
tazza bacchica e riceve da lui il liquore per suo viatico.

Molto probabilmente sul nostro cippo invece la tazza
(forse della medesima forma) era tenuta dal personaggio
reale nel riquadro mediano, e veniva offerta da lui al de-
funto in costume eroico che gli sta dinanzi.

Ma lasciando da parte la libazione, che credo sia e-
spressa così compiutamente in questi due soli casi su mo-
numenti etruschi del genere, la stele che presenta maggiore
affinità iconografica con i guerrieri del nostro cippo, è quella
piccola trovata in una località sconosciuta delle vicinanze di
Firenze (Tav. III, fig. 8) e sulla quale si vedono due guer-
rieri perfettamente simili, armati di lancia, con elmo cre-
stato e caudato in testa, col busto chiuso in una corazza di
lamina metallica, di sotto alla quale sporge l'orlo smerlato
del corto giubbetto, e schinieri uguali a quelli del perso-
naggio B del cippo. È evidente che qui lo scultore si limitò
a riprodurre con identico aspetto tanto il morto quanto il
personaggio reale da cui egli prende commiato; cosicchè







UN CIPPO ORVIETANO 13

non è possibile individuare l'uno e l’altro. Ma il senso della
rappresentazione non soffre per ciò, poichè l'interpretazione
fu resa quanto mai chiara dalla dextrarum junctio (1).

L'arte e l'epoca del cippo.

Sopra ognuna di queste pietre funerarie ricordate tro-
viamo particolari riscontri con le nostre figure del cippo,
però in nessuna riscontriamo tutti i particolari che ci man-
cano per poter stabilire con esse una perfetta somiglianza
e integrare la porzione perduta del monumento orvietano.
Questa peraltro è una difficoltà più apparente che reale,
poichè possiamo desumere per il nostro scopo dai vari mo-
numenti citati i particolari che ci occorrono, e fonderli insieme
per la restituzione del cippo. Ciò che non ci dà la stele di
S. Ansano e quella fiorentina, può essere riscontrato in quella
di S. Agata in Mugello (Tav. III, fig. 6) e in quella pure mugel-
lana del Trebbio (Tav. II, fig. 5), nei riguardi specialmente
della figura del defunto (C) in armi che sta per partire, e
che tutta intera non doveva essere molto dissimile dalle
immagini di dette stele, sia che avesse l'elmo crestato, sia
che l'avesse a calotta come quella di S. Agata. Ci troviamo
insomma in presenza di peculiari prodotti della scultura e-
trusca pressa poco del medesimo tempo (2), e certo dipen-
denti da una stessa corrente artistico-religiosa; e anche nei
riguardi della tecnica e dello stile saremmo quasi indotti a
credere che fossero stati eseguiti in una medesima officina,
se nòn sapessimo che provengono da luoghi tanto lontani
fra di loro.

(1) Il saluto espresso per mezzo della dextrarum junctio è il motivo trito delle
stele e dei vasi marmorei attici a rilievo; ma è anche frequente su monumenti e-
truschi per lo piü dell'ultimo periodo: cfr. P. DUCATI, Le pietre funerarie felsinee,
in Mon. Ant. dei Lincei, XX (1911), pag. 624 sgg., ed ivi gli esempi.

(2) Le stele di S. Ansano, del Trebbio, di S. Agata furono riferite — giusta-
mente secondo me — al sec. VI a. C. Cfr. sopra le citazioni relative a ciascuna.



14 E. GALLI

Non si conoscono le tombe alle quali potevano apparte-
nere le stele della regione fiesolana e fiorentina, poiché la
necropoli etrusca di Fiesole non fu ancora scoperta; e nem-
meno si sa con precisione a qual tipo di sepoltura doveva
essere congiunto il nostro cippo orvietano. Ma dalla sua
forma quadrilatera, dalla faccia liscia, dalle dimensioni e
dall’ alto zoccolo che in parte doveva essere infisso nel suolo,
si può desumere tuttavia che esso doveva essere posto con-
tro una parete ugualmente rettilinea, la quale poteva ben
essere quella di una delle insulae sepolcrali della celebre
necropoli costruttiva del « Crocefisso del Tufo » prossima ad
Orvieto.

Anche nei riguardi del tempo la concordanza tra il
cippo e le tombe architettoniche predette è più che possi-
bile. La necropoli del « Crocefisso del Tufo» costruita in
elevazione con massi ben squadrati e composti architettoni-
camente senza calcina, sullo schema di una città orientata
con le sue vie cardinali incrociantesi con le decumane, diede
in generale materiali archeologici che non scendono sotto il
sec. V a. C., e che possono toccare talvolta, come per e-
sempio i buccheri e certe specie di ceramiche dipinte greche,
anche il sec. VII a. C. Comunque, essa non arriva al periodo
della conquista romana di Volsinii etrusca (anno 264 a. C.).

Del resto, prescindendo dalla sua probabile ubicazione
originaria, non certo quale coronamento su un tumulo se-
polerale, ma piuttosto — come io penso — addossato alla
parete frontale, accanto all'ingresso, di una delle suddette
tombe a costruzione della più vetusta necropoli suburbana
di Orvieto, per gli stessi avanzi delle figure scolpite sul
cippo noi siamo in grado di giudicarne approssimativamente
l'epoca. L’arte alla quale esse sono informate è resa in ap-
parenza ancora più rozza ed elementare dalla qualità della
pietra e dalla cattiva conservazione del monumento; ma pur
facendo la dovuta tara all’ impressione sgradevole che si ri-
ceve nell esaminare le parti superstite dei tre personaggi, non









à M Maio a —

UN CIPPO ORVIETANO 15

si può disconoscere d'altronde che il loro stile è duro, e
schematico, e che le immagini sommariamente espresse, do-
vevano produrre un senso di arcaica rigidità soprattutto
quando esse erano conservate per intero. Una parte di tale
indiscutibile senso di arcaismo sarà ben dovuta all’ impe-
rizia dell'artefice ed alla tecnica tutta industriale e corrente
della scultura, un’altra parte si può spiegare e giustificare
con gli schemi iconografici tradizionali che venivano ripe-
tuti senza sostanziali mutamenti per generazioni e genera-
zioni in simili monumenti di rito funebre; ma ne resta sem-
pre abbastanza, che non ci permette di riferire il cippo al
florido periodo artistico delle urne e dei sarcofagi istoriati.

Ho già detto in principio che il motivo artistico del di-
stacco del defunto dai sopravvissuti si sviluppa parallela-
mente in Grecia e in Etruria, con più ricca e copiosa pro-
duzione sul suolo ellenico, dove esso era nato; con più
scarsi esemplari, ma anche con una fisonomia tutta regio-
nale, nel territorio etrusco. Questo parallelismo peraltro non
si limita solo alle scene di commiato funebre, ma esiste
anche nei riguardi delle stele con la sola figura del morto, la
quale in Etruria — io credo — dipende sempre dal concetto
informatore e dallo schema artistico delle rappresentazioni di
commiato, quando essa ci appare in pieno assetto guerresco,
come per esempio si vede sulle stele del Trebbio e di S. Agata
e sul frammento orvietano riprodotto dalla Tav. II, fig. 3,
pronta cioè ad intraprendere l'estremo viaggio. Nei casi della
figura isolata di guerriero io riconoscerei insomma la più
economica espressione del distacco funebre, ridotto dall’ ar-
tista etrusco al solo personaggio essenziale ed indispensabile,
quale era appunto il morto.

I riscontri stilistici quindi scaturiscono non solo dal con-
fronto con la uguale produzione indigena dell’ Etruria, ma
vanno ricercati anche confrontando il nostro rozzo monu-
mento con taluni nobili prodotti dell’Attica, della stessa
specie e della medesima destinazione, anteriori al sec. V a. C.



16 E. GALLI

Le stele provenienti dall'agro fiorentino e fiesolano qui
riprodotte (Tav. II-III, figg. 4-8) bastano da sé a mettere in ri-
lievo l'affinità stilistica che le accomuna al cippo d'Orvieto; e
sarebbe pertanto superfluo insistere troppo — come forse l'e-
conomia di questo breve studio elo scopo illustrativo che esso
si propone non consentirebbero — su raffronti che ogni let-
tore intelligente puó fare con lieve fatica. Credo piuttosto
opportuno di ricordare qualche analogo monumento greco,
che serva a chiarire sempre più la comunanza concettuale
e stilistica con i nostri prodotti dell’ Etruria in genere, e col
cippo che si studia più specialmente. Per il confronto con
la sola immagine del morto eroizzato, di cui l'archetipo
nella classe di monumenti etruschi finora presi in esame è
rappresentato dalla stele fiesolana di Larthi Aninies, si può
citare le celebre stele di Aristion nel Museo Nazionale di
Atene, scolpita in marmo pentelico e ravvivata dalla poli-
cromia (1). Auch'essa esibisce una figura maschile di pro-
filo a destra con la lancia in mano (2). Pure in marmo pen-

telico è un frammento di stele, conservato nello stesso Museo.

ateniese, sul quale è rimasto tuttora un torso di giovane
uomo, dalla cintola alle coscie, scolpito nello stile del nostro
Camillus ('Tav. I, fie. A sul cippo) (3); e in marmo delle isole è
invece un altro frammento di simile monumento conservato
nel medesimo Istituto, con due gambe maschili superstiti, di
profilo a destra, ricoperte di schinieri ma con i piedi nudi,
che si accosta molto, per la foggia dei gambali e per certi
altri particolari stilistici, al personaggio centrale del cippo (4).

Tutte le accennate ragioni e considerazioni escludono
che il monumento in parola possa discendere all’ ultima fase

(1) CoNzE, op. cit., I, tav. 2. — A proposito della policromia, si può affermare —
in base a quanto si sa intorno alle sculture etrusche in pietra e in terracotta —
che anche gli esemplari etruschi dovevano essere originariamente dipinti.

(2) Cfr. la parallela immagine di Larthi Aninies sulla stele fiesolana (Tav. II,
fig. 4).

(3) CoNzE, op. cit., I, tav. 7.

(4) Ibidem, tav. 8, n. 1.







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ZZZ

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Fig 6 — Stele etrusca di S. Agata in
Mugello (comune di Scarperia) col
morto eroizzato, in ordine per in-
traprendere il viaggio all'Ade.

Firenze — R. Museo Archeologico).

























Fig. 7 — Stele etrusca di S. Ansano

presso Fiesole, con scena di liba-
zione funebre in onore del morto
eroizzato, che è in procinto d’i-
niziare il viaggio verso il miste-
rioso regno delle ombre.

(Firenze — R. Museo Archeologico).

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Fig. 8 — Piccola stele etrusca trovata nel
territorio fiorentino, con scena di com-
miato funebre fra due guerrieri, espresso
per mezzo della dextrurum junetio,

(Firenze — R. Museo Archeologico.













UN CIPPO ORVIETANO 17

dell’arte e dell' autonomia del popolo etrusco; ma esse hanna
per noi un valore semplicemente negativo, perchè non ci
dicono d'altra parte a qual tempo è dunque da riferirsi il
cippo. Un calcolo preciso non si può fare in nessun modo;
la parte più nobile delle tre figure che lo decorano è per-
duta, e in quella rimasta non esistono elementi bastevoli
per un concreto computo cronologico circa la loro esecu-
zione. Unico elemento diretto e sicuro per poter risalire ap-
prossimativamente al tempo della sua origine é il tradizio-
nale vaso da libazioni che reca il giovinetto di sinistra; e
pertanto, basandoci su di esso e sui confronti fatti con eli altri
monumenti del genere, credo che si possa essere autorizzati
a collocare questo cippo di Orvieto tra il sec. VI e V a. C.
Esso ad ogni modo — come ho già accennato sopra —-
rappresenta una rarità per il territorio donde venne fuori,
e anche considerato in sé stesso é notevole per lo sviluppo
della rappresentazione funebre, ottenuta con tre figure an
zichè con due sole come sulle stele di S. Ansano e di Fi-
renze, e per la sua originalissima forma tetragona. che ei
illumina intorno alla sua precisa ma inconsueta collocazione
rispetto al sepolcro. Bene fece perciò l'Opera del Duomo ad
assicurarlo nel Museo orvietano, e bisogna intanto augurare
che per un caso felice torni in luce quando che sia la parte
del cippo ora mancante con cui completarlo. Ciò non è una
speranza del tutto assurda, perchè si sa che più di una
volta si sono potuti restituire monumenti anche di gran
pregio con pezzi trovati in diversi tempi e in luoghi lontani
l uno dall’ altro. Ma anche mutilato così come è ora il cippo
di Orvieto, il quale è venuto ad arricchire la classe dei mo-
numenti funerari etruschi scolpiti, merita di essere conside-
rato come uno dei più importanti esempi del genere e se-
gnalato per conseguenza agli studiosi di archeologia.

Firenze, 31 Luglio 1916.
EpoARDO GALLI

———5——9———————

misi iaia iii ripellino ULR

















LA TREGUA DEL 21 MARZO 1380
fra Galeotto Malatesta signore di Rimini e Antonio di Montefeltro conte d' Urbino

Le contese fra i Malatesta e i Montefeltro, alle quali dié
termine la tregua del 21 Marzo 1880, confermata il 7 Aprile
successivo nelle mani dei Priori e dei Tre « super bono et
pacifico statu et conservatione libertatis » del Comune di
Perugia, ebbero origine, secondo risulta dall’atto stesso, nel
Settembre 1375, e quindi si svolsero mentre Perugia era
soggetta al governo di Gherardo Dupuis, detto l’Abate di
Monmaggiore, Firenze si adoperava con ogni suo potere a
riunire i popoli d’Italia in lega contro il Pontefice Grego-
rio XI, e i Pefugini, dopo aver cacciato l’ Abate francese, te-
nacemente e valorosamente combattevano per la difesa delle
riconquistate libertà popolari.

Ma la rivalità fra le due Case, ognuna delle quali mi-
rava ad accrescer la propria potenza, risaliva a tempi ben
più lontani, e si fece spesso manifesta durante il sagace e
prudente regime del Cardinale Albornoz, sia che i Malatesta
e i Feltreschi riconoscessero l’autorità del Legato pontificio,
paghi di tenere le loro signorie come vicari della Chiesa,
sia che, a questa ribelli, perdessero le loro terre e poi si
affannassero a riprenderle.

Così nel 1357, allorchè Gabriele di Niccolò e Francesco
de’ Ceccardelli entrarono di notte in Cagli ed uccisero il
Podestà Nolfo da Maiano nipote del conte Nolfo di Monte-
feltro, quella città sarebbe passata sotto i Malatesta, sempre

20 V. ANSIDEI

vigili ad abbassare la potenza dei Feltreschi, se l'Albornoz,
che in quel tempo aveva questi in protezione, non avesse
imposto che fosse restituita all'antico signore (1).

La protezione però non ebbe a durar molto, poichè, tra-
scorsi appena due anni, il potente Legato, dopo avere esteso
il dominio della Chiesa sulla Massa Trabaria e su tutto il
territorio circostante ad Urbino, privó anche di questa città
i Montefeltro, taluni de' quali andarono dispersi e condus-
sero la vita in dolorose strettezze.

Ma Federico figliuolo e Guido ed Antonio nipoti dello
spodestato Nolfo continuarono diciassette anni a combattere
pel trionfo de’ loro diritti, sino a che, nel fermento di ribel-
lione contro la Chiesa, provocato dalla lega capitanata da
Firenze e rinvigorito per il mal governo dell'Abate di Mon-
maggiore in Perugia e per le stragi ordinate in Cesena dal
Cardinale Roberto di Ginevra, Antonio non riuscì nel 1377
a riconquistare Urbino, d’onde l’avo suo era stato nel 1359
cacciato.

Ed anche in tal riconquista i Montefeltro si trovaron di

contro i Malatesta, poichè Galeotto, che sosteneva le ragioni

della Chiesa, mosse verso Urbino, tentando ifivano d’impe-
dire che il Montefeltro la rioccupasse.

Ai contrasti fra le due famiglie aggiungevansi quelli delle
famiglie stesse col Comune di Perugia. Non é qui il caso di
riandare sulle alterne vicende di queste lotte e sulle innu-
merevoli ambascerie, che fra il Comune e quei Signori si
scambiavano di continuo per concludere oggi paci e tregue
destinate ad esser rotte domani; dirò solo che nel 1378. fu
fatta tregua dai Perugini con Galeotto Malatesta (2) e che

(1) UGOLINI, Storia dei Conti e Duchi d’Urbino, vol. 1, pag. 143.

(2) Il 5 Ottobre 1378 il maggiore e generale Consiglio del Comune di Perugia
creò Giannino « Bindi » di Pisa e Valeriano « Arloctutij » di Perugia sindaci e pro-
curatori « ad tractandum ligam, confederationem ..., sive treuguam, indutias et
sufferentias cum magnifico domino, domino Galeocto de Malatestis de Arimino et
cum omnibus et singulis suis subditis, commendatis, sequacibus, adherentibus et
colligatis et suis civitatibus, terris, castris et locis » (Annali Decemw., c. 289 t).











LA TREGUA DEL 21 Marzo 1380, ECC. 21

al medesimo scopo Nicolò di Cola fu incaricato di andare
al Conte Antonio di Urbino, al Signor di Pietramala e a
Brancaleone da Castel Durante (1); rammenterò che in una
vertenza fra quest’ultimo e Città di Castello, sorta nel 1379
a proposito di Mercatello, terra della Marca, furono arbitri i
magistrati perugini e Galeotto Malatesta (2), e ricorderò da
ultimo che nelle trattative della pace conclusa fra il Ponte-
fice Urbano VI e il Comune di Perugia il 4 Gennaio 1379
(pace che conservò alla città nostra, sotto l'alta sovranità
della Chiesa, la sua autonomia) è fatta speciale menzione
del conte Antonio di Montefeltro, come di collegato al nostro
Comune (3).

A questo periodo di pace, sopraggiunto a confortare gli
antichi nostri padri della travagliata esistenza condotta nei
precedenti anni fra civili discordie (4) ed aspre guerre, si
riferisce il documento che pubblico.

(1) V. Annali Decemv., 7 Sett. e 1° Ottobre 1378, cc. 272r e 287 t.

(2) Galeotto dié tutta la sua autorità a Gentile de' Brancaleoni della Rocca, e
i Priori di Perugia a Paoluccio di Nino.

(3) In queste trattative il conte Antonio è nominato fra gli aderenti e i col-
legati del Comune di Perugia, ai quali il Comune stesso domandò che fosse accor-
data dal Pontefice « bona, vera, recta et perpetua, sana pax ».

La stessa grazia fu richiesta a favore dei nobili di S. Severino, dei figli e ne-
poti di Nicolo di Buscareto, dei nobili di Monte Alboddo, di Pietro di Cante di Mon-
tevecchio della Marca e fratelli, dei nobili di Cingoli (Avi Decemv., 26 Novembre
1378, c. 334 t).

Nella tregua fra il Malatesta e il Montefeltro figurano fra gli alleati di que-
st'ultimo « Federicus de Monte Bodio, Besaccionus et Sfortia de Buscareto, Petrus,
Monaldinus et fratres, filij domini Cantis de Montevetulo ».

(4) Sui dissensi cittadini, che turbarono Perugia in questo volger di tempo,
veggasi PELLINI, Dell’ historia di Perugia, Parte I, pagg. 1193 e segg.

Simone di Baldello Signore di Poggio Manente, Giovanni de' Coppoli, Borga-
ruccio di Niccolò di Pone de' Ranieri, Pietro di Carluccio e Pellino di Cucco, am-
bedue della famiglia Baglioni, furono l'anima di una congiura, per la quale i loro
castelli sarebbero stati consegnati alle genti del Papa, i Raspanti cacciati da Peru-
gia, e i capi di parte popolare, Niccolò di Ceccolino de’ Michelotti, Marco di Bon-
cambio de’ Boncambj e Paoluecio di Nino de Guidalotti, uccisi : a raggiunger meglio
l'intento Matteo di Conte delle Meche e Simone di Baldello avean messo insieme
delle compagnie di giovani vestiti di uniforme divisa ed armati con lancie e pen



-———————————————

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99 V. ANSIDEI

Pur troppo peró la tregua si riveló presto mal sicura,
e negli Annali Decemvirali si legge che già il 7 Febbraio
1381 si temeva fosse violata e si ricorreva alla mediazione
del Comune di Perugia (1). La ragione dei rinnovati rancori
è con ogni probabilità a ricercarsi nell’ appoggio dato dai
Malatesta ai Gabrielli di Gubbio, che aspiravano a dominare
sulla loro terra nativa e che, anche dopo la morte del Ve-
scovo Gabriele di Niccolò Gabrielli, fattosi nel 1378 signore

noncelli. Scoperta la congiura, coloro che vi avevan partecipato furono puniti; ma,
come pur troppo spesso accade, furon forse i maggiori responsabili quelli, che eb-
bero a sperimentar meno grave la mano della giustizia e, mentre dai Priori e Camer-
lenghi si ordinò che « Aldobrandus Comes de Ylci » Capitano del popolo facesse de-
capitare il nobile Pietruccio di Ugolino « alias Buonodelocchio » e il popolare Ser
Niccolò di Allegruccio « ita quod ex toto penitus moriantur », e che tutti i beni
dei due condannati fossero confiscati, gli altri, che il Pellini designa come capi della
congiura, furono soltanto confinati.

Così Giovanni de’ Coppoli, Simone di Baldello di Poggio Manente e Pietro di
Carluccio Baglioni ebbero assegnato il confine « in civitate Venetiarum », a Borga-
ruccio di Niccolò di Pone de’ Ranieri fu assegnata la « terra Burgi Sancti Sepul-
cri », Pellino di Cucco Baglioni e Matteo di Conte delle Meche furono mandati « in
civitate Aquile », Bartoluccio di Averardo di Montesperello « in terra Grosseti », Bre-
toldo di Filippo degli Oddi « in civitate Urbini » e Francesco di Ugolino degli Arci-
preti « in civitate Pistorie » (Annali Decemwv., 5 ed 8 Febbraio e 15 Aprile 1378,
cc. 47 r, 49 te segg., 117 t e segg.).

Questi luoghi di confine erano talvolta mutati o per motivi di giustizia o per
infondati sospetti; così vediamo che Borgaruccio di Niccolò di Pone Ranieri fu man-
dato a Forlì, dove era confinato anche Bartolomeo di Felcino degli Ermanni, oggi
della Staffa, Pellino di Cucco e Piero di Carluccio Baglioni furon destinati ad Imola,
Ugolino di Francesco ed Andrea di Conte degli Arcipreti a Ravenna, Matteo di Conte
delle Meche e Bretoldo di Filippo degli Oddi « per totam Lombardiam ultra territo-
rium Bononie » e Bartoluccio di Averrado di Montesperello « ad terram Orvetelli »
(Annali Decemv., 17 Giugno, 28 Agosto e 10 Ottobre 1379, cc. 136 t, 181 t e 217).

Il giorno 11 Maggio. 1378 i Priori, a punire Borgaruccio Ranieri della sua par-
tecipazione all'accennata congiura, annullarono la vendita, che il Comune di Peru-
gia aveva fatto delle isole del Lago Trasimeno a Niccolò « Ponis de filiis Ranerij »
per il prezzo di 800 fiorini d’oro (Annali Decemv. 1378, cc. 50 r, 117 t e 169 r, e
1379, cc. 136 t, 181 t e 217 t).

(1) « Cum nuper, ipsa treva vigente, insurgentibus hodiis, timeant dicte partes
dictam trevam rumpi et violari inter se, requiraturque Comune predictum [Perusij]
ut predictis omnibus salubri remedio pro salute dictarum partium oceurrat et pro-
videat oportune ad cessandum scandala dictis partibus et toti patrie », i Priori e
Camerlenghi deliberano il 7 Febbraio 1381 l'invio di ambascerie a Galeotto Mala”
testa e ad Antonio di Montefeltro (Annali Decemv. 13881, e. 20 r).


















LA TREGUA DEL 21 MARZO 1380, ECC. 23

di Gubbio, avean sempre tentato di riacquistare il governo,
al quale il prelato aveva per 5000 fiorini fatto rinuncia a
favore del popolo eugubino: e i tentativi continuarono sino
a che nel Marzo 1384 Gubbio non si diede al conte Antonio
di Montefeltro con patti, all' accettazione dei quali da parte
della città non furono estranei il tradimento e l’ inganno.

Non oserei affermare in modo assoluto che l’atto, che
si dà oggi alle stampe, sia inedito; esso però non è compreso
fra i documenti posti a corredo della Storia di Rimini di
Luigi Tonini, e ciò fa ritenere quasi con certezza che non
abbia prima d’ora veduto la luce (1).

Comunque, io reputo non del tutto inutile ed inoppor-
tuna la pubblicazione di questo documento, dal quale risul-
tano una nuova e luminosa prova della grande influenza
esercitata dal Comune di Perugia sulle cose d'Italia specie
nella seconda metà del secolo XIV, e una conferma eviden-
tissima del vivo desiderio di giustizia e di pace, che ognora
ha tormentato e al tempo stesso confortato nelle continue
sue lotte la dolorante umanità.

V. ANSIDEI.

(1) Il sig. dott. A. F. Masséra Direttore della civica Biblioteca Gambalunga di
Rimini, da me interrogato in proposito, mi ha assicurato che i patti della tregua
non trovansi nel registro « instrumentorum ... spectantium magnifico et potenti mi-
liti domino Galaocto de Malatestis et suis precessoribus, de quibus idem dominus
Galaoctus habet causam », nel qual registro gli atti giungono al 12 Dicembre 1399.
La raccolta, che è designata dagli scrittori riminesi di maggiore autorità col titolo
di Codice Pandolfesco, conservasi nella Gambalunghiana.

Quel chiarissimo Bibliotecario, cui rendo le più vive azioni di grazie per la
squisita amabilità, con la quale ba corrisposto al mio desiderio, crede anch’ egli,
per quanto a lui risulta, che il documento sia inedito.

Ruggero Mariotti pubblicò per le nozze Diambrini Palazzi Giovanelli (Fano,
Soc. tip. coop. 1892) varie tregue concluse fra i Malatesta e il Duca d’ Urbino negli
anni 1444-1447, mentre infieriva la guerra mossa dal conte Francesco Sforza per riac,
quistare il dominio della Marca cortro le armi della Chiesa e del Re Alfonso d'Ara-

gona.



















V. ANSIDEI

Ratificatio et promissio treugue inite et firmate inter dominum Galaottum
de Malatestis et dominum Comitem Antonium Montisferetri facta co-
ram dominis Prioribus et Tribus

Dicta die VIJ mensis Aprilis, Actum in civitate Perusij in palatio
habitationis ... magnificorum dominorum Priorum artium dicte civi-
tatis in capella ipsius palatij, presentibus nobili et honesto milite do-
mino fratre Constantino Mei domini Ruffini ordinis S. Iohannis Iero-
solimitani et prudentibus viris Fino Iohannis domini Ruffini (1), Lello
Beccholini, Phylippo Pellini, Donatutio Pelloli honorabilibus civibus
perusinis et sapienti et eloquenti viro Ser Phylippo Mathey de Flo-
rentia Cancellario eiusdem Civitatis Perusij (2) testibus ad hoc habitis,
vocatis et rogatis

(1) Fino di Giovanni di Ruffino nel 1378, avendo il Gonfaloniere e i Priori di
Firenze scritto ai Priori nostri che volessero eleggere un buono e leal cittadino
popolare e di parte guelfa, in esecuzione degli ordinamenti della giustizia del po-
polo fiorentino, fu designato dal nostro Comune all’importante officio, siccome que-
gli < ch'era huomo prudente, popolare et ghelfo » (PELLINI, Storia di Perugia,
Vol. I, pag. 1202).

Nei primi mesi del 1379 lo troviamo fra i « Dieci sopra la unione e conserva-
zione della libertà e della pace » e destinato ambasciatore a Spello « terra reco-
mendata Comunis Perusij », a sedarvi le intestine discordie (Annali Decemv., 23
Marzo 1379, c. 63 t).

(2) È questi il cronista Filippo Villani, e quindi non dispiaccia, data l'impor-
tanza del personaggio, che su lui si diano qui alcune notizie, tratte dai nostri An-
nali Decemvirali.

I Perugini, liberatisi dall’Abate di Monmaggiore, elessero Cancelliere del Co-
mune il Villani, il quale doveva cominciare ad esercitar l'officio suo in Perugia nel
febbraio del 1378, percependo lo stipendio di 208 fiorini all'anno ed avendo a spese
del Comune vitto e alloggio e un coadiutore a sua scelta: la nomina ebbe luogo ad
unanimità di voti, « consideratione facta de bonitate et fidelitate providi viri domini
Phylippi Mathey de Florentia ».

Filippo Villani ebbe nei negoziati della pace fra Urbano VI e il Comune di
Perugia una notevole influenza, ed infatti, quando il 24 Dicembre 1378, « prehabito
multorum prudentium civium colloquio », egli fu confermato in carica per altri due
anni, leggesi negli Annali che la riferma ebbe luogo « considerato quod vir providus
et discretus, dominus Phylippus Mathey de Florentia presens cancellarius Comunis
Perusij est homo ... presenti populari statui fidus, et quod plenam habet notitiam
secretorum Communis ... et quod de presenti tractatu pacis ... multum novit et pro
ipsa pace obtinenda multum extitit operatus ».

Il 17 Maggio 1381 si dié comunicazione in Consiglio di una istanza del Villani
tendente ad ottenere che gli fosse facilitata la sistemazione di alcuni suoi affari
privati, ai quali non aveva potuto provvedere « propter repentinam relaxationem













25



LA TREGUA DEL 21 MARZO 1380, Ecc.

Pateat evidenter universis et singulis presens instrumentum publi-

cum inspecturis quod ^

Nobilis et egregius legum doctor dominus Lodovicus Raynaldi de
Caminatis de Arimino ut procurator ... excelsi et magnifici domini, do-
mini Galaotti olim domini Pandulfi de Malatestis de Arimino, prout de
eius procuratione ... patere videtur publico instrumento scripto et pu-
bliceato manu Antonij alias Cedrini condam Cedri de Arimino notarij,
euius quidem instrumenti tenor talis est videlicet :

In illius nomine qui cuiuscumque boni operis est
principium medium et finis, anno a nativitate Domini
nostri lesu Christi millesimo trecenteximo octuageximo,
indictione tertia, Arimini, tempore pontificatus sanctis-
simi in Christo Patris et Domini nostri, Domini Urbani
divina Providentia Pape sexti et die trigexima mensis
Martij magnificus et excelsus dominus, dominus Galaot-
tus natus dive et recolende memorie magnifici et excelsi
militis e£ domini, domini Pandulfi de Malatestis de Ari-
mino, sponte et ex certa scientia ... creavit atque ordi-
navit nobilem et sapientem virum dominum Lodovicum
natum nobilis viri Raynaldi de Caminatibus legum doc-
torem de Arimino absentem tanquam presentem suum
verum et legitimum procuratorem ... et eius certum
nunptium specialem specialiter et expresse ad compa-
rendum et se presentandum dicto procuratorio nomine
coram magnificentia et dominatione magnificorum et
poteutium dominorum Priorum artium et offitialium quo-
rumeumque civitatis populi et Comunis Perusij, et ipsis
et eorum cuilibet, ad ipsorum notitiam exponendum
et declarandum seriose qualiter idem dominus Galaottus
suo proprio et singulari nomine ac vice et nomine om-
nium et singulorum colligatorum suorum treuguam
fecit ... cum magnifico et egregio Comite Comite An-
tonio nato egregii et magnifici Comitis Comitis Federici,
Comite de Urbino Montis Ferretri diocesi, ut de predictis

officii », e i Priori « considerantes quod dominus Phylippus fideliter exercuit officium
et quod ipse est civis perusinus » accolsero la domanda « ita quod redeat ad patriam
suam cum gratia et benivolentia Comunis Perusij ».

Dalla detta istanza risulta che il Villani aveva venduto alcuni suoi beni in Pe-
rugia al celebre giureconsulto Baldo degli Ubaldi.

Cf. R. MARCHESI, Intorno allo storico Filippo Villani eletto Segretario del Co-
mune di Perugia (Perugia, tip. Santucci, 1842).









26

V. ANSIDEI

plenius et latius dicitur contineri in publicis instrumentis
scriptis, rogatis et publicatis manibus providorum virorum
Ser Antonij Claudij de Monte Bodio notarij et Cancellarij
antedicti domini Galaotti ac etiam manu ser Iohannis
filij Ser Stephani de Campora de Urbino notarij et Can-
cellarij antedicti Comitis Comitis Antonij currente mil-
lesimo predicto die vigexima prima mensis Martij.

Item ad promictendum et solempniter paciscendum
in manibus predictorum dominorum Priorum artium et
offitialium quorumlibet prefate civitatis, populi et Comu-
nis Perusij recipientium et stipulantium pro tunc vice
et nomine dicte civitatis, populi et Comunis Perusij
quod dicti sui colligati infallibiliter et effectualiter adim-
plebunt ... omnia et singula in qualibet sui parte acta,
facta et gesta pro eorum nominibus in dicto instrumento
treugue, et quod in nullo contrafacient directe vel in-
directe predictorum promissorum per dietum dominum
Galaottum, et ad in predictis ... et quolibet predictorum
omnium cum dictis dominis Prioribus et offitialibus con-
trahendum et paciscendum cum quibuscumgne provi-
sionibus, bonorum obligationibus, penarum adiectionibus
et clausulis quibuscumque prout et sicut melius videbitur

eidem procuratori suo, et generaliter ad omnia et
singula facienda ... que ipsemet constituens facere
posset si predictis omnibus personaliter adesset, dans
et concedens dicto suo procuratori in predictis et circa
predicta plenum atque absolutum mandatum cum plena,
libera et generali administratione, promictens michi no-
tario infrascripto utique persone publice stipulanti et
recipienti vice et nomine predictorum dominorum Prio-
rum artium et offitialium quorumcumque diete civitatis
populi et Comunis Perusij, se perpetuo firmum, ratum,
gratum habiturum quecumque dictus procurator in pre-
dictis ... duxerit faciendum sub pena et obligatione om-
nium suorum bonorum.

Actum Arimini in contrata Sancte Columbe in ca-
mera domus antedicti domini Galaotti, presentibus no-
bilibus et sapientibus viris egregiis legum dottoribus
domino Thomaxio domini Severini de Severolis de Ari-
mino, domino Phylippo de Antillensibus de Florentia,











LA TREGUA DEL 21 MARZO 1380, Ecc. 27

domino Bartolomeo condam Massutij de Offania habita-
toribus Arimini testibus. .

Et ego Antonius alias Cederinus condam Cedrí de
i Arimino imperiali auctoritate notarius etjudex ordinarius
3 predietis omnibus interfui et rogatus predicta scripsi et
publieavi, signum nomenque mea consueta apposui in

testimonium premissorum.

Et egregius legum dottor dominus Gregorius olim Ser Phylippi de
Sancto Miniate ut procurator ... magnifici et potentis domini Antonij
filij olim recolende memorie Federici Comitis Montisferetri prout de
ipsius mandato ... apparere videtur publico instrumento scripto et pu-
blieato manu Bartoli condam Nutij de Trevio publici notarij, cuius
quidem instrumenti tenor iuferius adnotatur per hec verba, videlicet:

In Christi nomine Amen, Anno Domini millesimo
trecenteximo octuageximo, Indictione tertia, tempore
Pontificatus Sanctissimi in Christo Patris et Domini no-
stri Domini Urbani divina Providentia Pape sexti, die
tertia mensis Aprilis, magnificus et excelsus dominus,



dominus Comes Antonius Comes Moutisferetri natus con-
dam dive ac recolende memorie magnifici ac excelsi
domini domini Comitis Federici Comitis Montisferetri,
sponte et ex certa scientia ... constituit, creavit atque
ordinavit nobilem et egregium legum dottorem dominum
Gregorium Ser Phylippi de Sancto Miniate presentem et
aeceptantem suum verum legitimum procuratorem ... ad
comparendum et se presentandum dicto procuratorio
nomine coram magnificentia et dominatione magnifico-
rum et potentium dominorum, dominorum Priorum ar-
tium et offitialium quorumcumque civitatis Perusij, et
ipsis et eorum cuilibet ad ipsorum notitiam exponendum

seriose qualiter idem dominus Comes Antonius suo
proprio et singulari nomine ac vice et nomine omnium
et singulorum colligatorum suorum treuguam fecit ...
cum magnifico et potenti domino domino Galaotto de
Matatestis de Arimino nato dive et recolende memorie
magnifici et excelsi militis domini Pandulfi de Malatestis
" de Arimino, ut de predictis plenius ... dicitur contineri



in publicis instrumentis scriptis ... manibus ... Ser Io-

dicti domini Comitis Autonij ac etiam Ser Antonij Claudij

I
i

| hannis Stephani de Campora notarij et cancellarij ante-
| de Montebodio notarij et cancellarij anteditti domini Ga-







28

V. ANSIDEI

laotti, currente millesimo supradicto, die vigesima prima
mensis Martij.

Item ad promitteundum ... in manibus predictorum
magnificotum dominorum, dominorum Priorum artium
et offitialium quorumlibet ... civitatis Perusij recipientium
.. pro tune vice et nomine dicte civitatis et populi Pe-
rusini, quod dicti sui colligati infallibiliter ... adimple-
bunt ... omnia et singula in qualibet sui parte ... gesta
eorum nominibus in dicto instrumento treugue et quod
in nullo contrafacient ... predietorum promissorum per
dietum dominum Comitem Antonium, et ad in predictis

et quolibet predictorum omnium cum dictis dominis
Prioribus et offitialibus contrahendum ... cum quibu-
secumque promissionibus, ... bonorum obligationibus,
penarum adiectionibus et elausulis quibuscumque prout

melius videbitur ... eidem procuratori suo, et gene-
raliter ad omnia et singula facienda, ... que ipsemet
constituens facere ... posset si predictis omnibus perso-
naliter interesset, dans et concedens dicto suo procura-
tori in predictis ... plenum, liberum et generale atque
absolutum mandatum ... promittens michi notario in-
fraseripto utique persone publice ... recipienti vice et
nomine predictorum magnificorum dominorum, domino-
rum Priorum artium et offitialium quorumcumque dicte
civitatis e& Comunis Perusij se perpetuo firmum, ratum
et gratum habiturum quecumque dietus procurator in
predictis ... duxerif faciendum sub pena et obligatione
omnium suorum bonorum.

Actum in civitate Urbini in domibus habitationis
supradicti magnifici domini domini Comitis Antonij Co-
mitis Montisferetri in camera parva posita pede plano,
presentibus nobili et egregio viro Petro domini Ghiberti
de Corrigia, nobilibus et egregiis legum dottoribus do-
mino Nicolao Matthey, domino Iohanne domini Damiani
et viro solerti Ser Johanne Stephani de Campora de
Urbino Cancellario prelibati domini Comitis Antonij te-
stibus ad hoc vocatis et rogatis.

Et ego Bartolus quondam Nutij de Trevio publicus
imperiali auctoritate notarius et judex ordinarius et nunc
offitialis prefati magnifici et excelsi domini, domini Co-
mitis Antonij Comitis Montisferetri predictis omnibus et













LA TREGUA DEL 21 marzo 1380, ECC. 29

singulis suprascriptis ... una cum prenominatis testibus,

sens fui et e& rogatus scribere scripxi et publicavi, et
in fidem et testimonium omnium premissorum signum
et nomen mea apposui consueta.

Constituti simul et existentes coram magnificis et potentibus do-



minis ... Prioribus artium civitatis Perusij et honorabilibus et circum-
spectis civibus Perusinis domino Guillelmo Celloli (1), domino Nofrio

(1) Negli avvenimenti, cui si riferisce la tregua fra il Malatesta e il Montefeltro,
o che seguirono nello stesso periodo di tempo, ebbe parte notevolissima, direi anzi
la principale, Guglielmo di Cellolo.

Durante la guerra fra il nostro Comune ed il Pontefice, fu l' insigne cittadino
mandato ambasciatore di Perugia a Firenze per chiedere aiuto d’armi e di consiglio;
quando si trattò della pace con Urbano VI, i magistrati del Comune lo elessero, in-
sieme ad Angelo Baldeschi, fra i venti cittadini che dovevano essere « in jure tam
canonico quam civili periti » (Annali Decemv., c. 323 r) incaricati di preparare i ca-
pitoli della pace stessa e, questa conclusa, lo troviamo fra i Dieci sopra la unione
e conservazione della libertà.

Molte son le testimonianze che ci restano, del conto grandissimo, in cui Gu-
glielmo di Cellolo era tenuto dai suoi concittadini: 1°11 Febbraio 1378, essendo ne-
cessario di mandare ambasciatori a Kirenze, il Consiglio decise che i Priori potes-
sero scegliere quali e quanti ambasciatori loro piacesse, « ita tamen quod in dicto
numero dictorum ambaxiatorum sit egregius vir d. Guilglielmus Celloli legum doc-
tor » (Annali Decemv., c. 52 t). Da deliberazioni del 13 e del 21 Agosto 1378 risulta
che Guglielmo era stato prescelto « in oratorem et legatum ad commorandum in
civitate Florentie pro certo colligatorum omnium parlamento, quod ibi extitit cele-
bratum » (Annali Decemv., cc. 239 r e 247 r).

Tanta fiducia doveva essere meritata da Guglielmo di Cellolo non solo per la
sua dottrina giuridica e la sua politica saggezza, ma anche per lo zelo nella gestione
della cosa pubblica; leggesi infatti negli Annali che egli era « fidelis et zelator civis
perusinus, qui assiduis curis et laboribus et expensis pro ademptione et recupera-
tione nostre libertatis et conservatione ipsius multum laboravit et laborat assidue,
non parcens laboribus nec spensis » (Az/nali Decemv., 28 Aprile 1378, c. 143). Però il
Comune non si mostró ingrato verso di lui, poiché in premio delle sue benemerenze

' verso lo Stato popolare gli fu donata in perpetuo la comunanza di Fossato, nonché
300 fiorini d'oro in compenso delle spese da lui sostenute durante l' ambasceria fio-
rentina (Annali Decemv., c. 160 t); e nei capitoli della pace fra il Comune di Perugia
ed Urbano VI Guglielmo di Cellolo e i figli di lui sono i primi nell'elenco dei citta-
dini, ai quali il Pontefice doveva concedere completa amnistia.

Chiuderó questi cenni su Guglielmo di Cellolo, facendo menzione dei rapporti
ch'egli ebbe con Galeotto Malatesta ed Antonio di Montefeltro; ed in vero il 1. ot-
tobre 1378 Guglielmo fu mandato ambasciatore del Comune di Perugia a Galeotto,
mentre Niccolò di Cola fu incaricato di una missione presso il Conte Antonio, e il
16 Dicembre dello stesso anno l’« egregius et elegantissimus legum doctor d. Guillel-
mus Celloli » fu destinato « in oratorem ad magnificos d. Galaoctum de Malatestis
de Arimino et d. Comitem Antonium Comitem Montis Feretri pro sedandis certis
discordiis inter ipsos dominos exortis » (Avnali Decemv., cc. 287 t e 355 r).

anno, indictione, pontificatu, mense et die predictis pre-











30 V. ANSIDEI

domini Andree de Monte Ubiano (1) et Nardutio Ciutij (2), Tribus super
bono et pacifico statu et conservatione libertatis diete Civitatis aucto-
ritatem et arbitrium habentibus ab adunantia generali artificum et po-
puli civitatis predicte, dixerunt... treuguam esse et fuisse ... firmatam
inter predictos dominos Galaottum et Antonium eum certis promissio-
nibus, pactis, ... penis et obligationibus, quibus in ipsa treugua et eius
capitulis seriosius et latius continetur scriptis et publicatis manu Ser
Antonij condam Claudij de Monte Bodio notarij et Ser Iohannis Ste-
phani de Campora publici notarij et tunc Cancellarij dieti domini Co-
mitis Antonij, quorum quidem contractus et capitulorum dicte treugue
tenor infra describitur in hiis verbis, videlicet :

In Christi nomime amen, Sanctissime Matris eius, beatorum Apo-
stolorum Petri et Pauli, utriusque Iohannis, beatorum Iuliani et Cre-
scentini totiusque celestis curie, ad honorem et statum magnificorum
et potentum dominorum domini Galaotti de Malatestis et domini Comitis

(1) Il 1. Marzo 1378 i Priori e i Camerlenghi perugini, essendo necessario « pro
pace tractanda et firmanda cum positis Ecclesie Romane ex parte una et colligatis
ex parte altera » mandare oratori « gniaros, expertos et legalitate cospicuos et ma-
xime de numero illorum qui alias transmissi fuerunt predicta de causa ad Ana-
gniem », elessero Onofrio di Andrea di Monte Vibiano ed Angelo Baldeschi. Troviamo
poi che Onofrio fu designato, insieme allo stesso Angelo, a far parte dell’ambasceria
che il Comune di Perugia inviò a far riverenza al nuovo Papa Urbano VI, e fu al-
tresì incaricato di missioni « ad illustrissimam dominam, dominam !ohannam Rey-
nam Scicilie et Jerusalem » e a Rodolfo Varano Signore di Camerino (Annali De-
cemv., l. Marzo, 17 Maggio e 5 Giugno 1378, cc. 73 t, 176, 188 t e 189 t, e 6 Febbraio
1379, c. 23 t).

Soltanto il 17 Maggio 1378 i Perugini mandarono ambasciatori « ad summum
Pontificem visitandum et se letandum et congratulandum de sua coronatione »,
mentre sin dal 27 Aprile i Priori avean fatto bandire a suon di tromba nella piazza
e per le vie della città la elezione del nuovo Papa Urbano VI, e all'invio degli ora-
tori non si decisero se non dopo avere avuto notizia che anche il Comune fiorentino
mandava i suoi alla Curia Romana, e avere spedito a Firenze per accordarsi sulla
condotta, che dovesse tenere il Comune di Perugia (Azali Decemv., cc. 132 t, 162t
e 176 r).

(2) Narduccio di Ciuccio fu nel 1378 inviato ambasciatore a Città di Castello e
a Gubbio per importanti negozi, e l' 8 Novembre 1379 fu mandato di nuovo a Città
di Castello per concludere definitivamente i patti della pace, che fra quel Comune
da una parte e Brancaleone dei Guelfueci e i Marchesi di Civitella dall'altra era
stata concordata « per arbitrium concessum per dictas partes et potestatem datam
reverendo in Christo patri domino Gabriello Episcopo Eugubino et Nardutio Ciutij,
uno ex tribus conservatoribus libertatis civitatis Perusij » (A*nali Decemv., 1378,
ce. 215 t e 247 t, e 1379, c. 248 t).











LA TREGUA DEL 21 MARZO 1380, ECC. 31

Antonij Comitis Montisferetri et suorum colligatorum, adherentium et,
recomendatorum, pacem et tranquillitatem subditorum suorum et totius
regionis. |

:Pateat omnibus ... quod anno millesimo trecentesimo octuagesimo,
indictione tertia, Pontifieatu sanctissimi Patris et Domini, Domini Ur-
bani divina providentia Pape VI, die XXI mensis martij

Prefatus magnificus et excelsus dominus, dominus Galaottus natus
quondam magnifici et excelsi militis domini Pandulfi de Malatestis suo
.. privato nomine ac etiam vice et nomine subditorum suorum et in-
fraseriptorum suorum colligatorum, adherentium et recommendatorum,
et ipsorum cuiuslibet et quolibet predictorum nominum in solidum, pro
quibus omnibus ... de rato promisit, et se ... curaturum cum effectu
quod predieti colligati, adherentes et recomendati ratificabunt ... omnia
infrascripta ac etiam dietam ... ratifieationem ... notificabunt prefato
magnifico domino Comiti infra terminum unius mensis a data presenti
ex parte una

Et egregius et sapiens legum dottor dominus Nicolaus Matthey de
Urbino ambaxiator, ... procurator ... magnifici domini, domini Comitis
Antonij nati condam magnifiei et excelsi viri domini Comitis Fede-
rici Comitis Montisferetri,ut de dicto procuratorio patet manu providi
viri Ser Iohannis Stephani de Urbino notarij publici et Cancellarij dicti
domini Comitis vice et nomine dieti domini Comitis intervenientis in
presenti contractu et omnibus et singulis infrascriptis vice et nomine
sui domini Comitis, subditorum suorum ac omnium infrascriptorum suo-
rum colligatorum, adherentium et recomendatoram ... pro quibus om-
nibus ... prefatus dominus Nicolaus procuratorio nomine dicti domini
Comitis intervenientis ut supra de rato promisit, et prefatum dominum
Comitem ... curaturum cum effectu quod prefati infrascripti colligati,
adherentes et recomendati sui omnia infrascripta ... approbabunt, ac
etiam huiusmodi ratifieationes ... notificabunt prefato magnifico domino
domino Galaotto infra terminum unius mensis a data presenti, reservato
tamen quod inferius de colligatis seu adherentibus absentibus dicitur,
ex parte altera

fecerunt ad invicem bonam, puram et rectam treuguam duraturam
per annum a die presentis contractus et ultra donec renumptiatum fuerit
per alteram partium principalium, et talis renumptiatio notificata so-
lempniter per partem denumptiantem alteri parti principali, et post
notificationem huiusmodi per duos menses, hoc acto quod si qua partium
principalium ut supra dicitur post dictum annum renumptiare voluerit
possit et debeat renumptiare infra decem dies finito anno predicto, et
si infra predictos decem dies non renumptiaret non possit huie treugue



















32 V. ANSIDEI

... renumptiare ante medium mensem Iunij tunc proxime secuturum,
post quam renumptiationem ... duobus mensibus duret treugua ..., hoc
etiam aeto quod per presentem treuguam non derogetur ... in aliquo
treugue facte inter Comune Florentie nomine suo ac etiam vice et no-
mine suorum colligatorum et inter ceteros nomine dicti domini Comitis
Antonij ex una parte et prefatum dominum ... Galaottum nomine suo
et nomine suorum colligatorum ex altera, nec etiam treugue ... floren-
tinorum facete per dietos dominos dominum Galaottum et .... dominum
Comitem Antonium in manibus nobilis viri Paulutij Nini civis et ora-
toris perusini, que treugue ... maneant in sui robboris firmitáte.

Et quod durantibus dictis treuguis nulla pars nec ipsius colligati ...
infrascriptos offendere in personis vel rebus per se vel alium mediate
vel immediate quoquo quesito colore, nec etiam offendentibus receptum
dare, accedentibus ad hostiles offensas vel cavalcatas vel redeuntibus
ab eisdem, set more bone et laudabilis treugue se in omnibus gerere
.. et sub paetis et modis ... infrascriptis.

Item promictit ... dominus Galaottus predicto domino Nicolao re-
cipienti ut supra quod subditi ... domini Comitis atque ipsius colligati,
adherentes et recomendati infrascripti atque ipsorum colligatorum
subditi possint ire et stare liberi et securi cum suis mercantiis et rebus
in civitatibus ... et territoriis ipsius d. Galaotti et suorum colligatorum
.. et in omnibus tractentur ut fiebat ante guerram Ecclesie et colli-
gatorum, et versa vice predictus dominus Nicolaus nomine quo supra
similiter in omnibus et per omnia promictit ut supra antedicto domino
... Galaotto.

Item promictit ... dominus Galaottus ... domino Nicolao ... quod
si contingeret aliquam gentem armigeram contra velle et posse suum
invadere hostiliter ... territoria ipsius domini Comitis vel suorum col-
ligatorum ... et fierent depredationes bonorum vel captiones hominum,
quod dicte prede vel captivi non recipientur in terris suis nec ipsorum
colligatorum ..., et si per subditos suos vel suorum colligatorum ...
fuerint aliqua recepta vel empta, ipse faciet plene restitui bona fide, et
versa vice ... dominus Nicolaus ... similiter et in omnibus et per omnia
promictit dicto domino Galaotto

Item promisit ... d. Galaottus ... d. Nicolao ... quod omnes exbamp-
niti e condempnati propter generalia hodia et causas generales haben-







LA TREGUA DEL 21 MARZO 1380, ECC. 33

tes originem a guerra preterita videlicet a M?III.?LXX.V9» de mense
Septembris citra sive sint Comunia sive homines singulares intelligantur
a bampnis et condempnationibus toto tempore presentis treugue esse
suspensi, ita quod possint sicut ceteri gaudere benefitio nove treugue,
dum tamen non intrent terras vel fortilitia locorum de quibus sunt
bampniti, set aliter possint per territoria ire et conversari pro eorum
possessionibus colendis, fruendis et aliis agendis ut ceteri. Illi vero qui
propter sua scelera et mallefitia antiqua ante tempus diete treugue vel
etiam post si modo siut tales cause que a guerra originem non habe-
rent, hoc benefitio non intelligantur gaudere, et ut omnis materia scan-
dali de medio tollatur promictit dare in scriptis ... e£ nominatim omnes
exbampnitos et condempnatos a dicta guerra citra ex alia causa quam
propter generalia hodia et generales causas habentes originem a dieta
guerra infra mensem

Et versa vice promictit ... d. Nicolaus ... d. Galaotto ... in omnibus
et per omnia, ita tamen quod ex nunc etiam infra dictum mensem an-
tequam declarentur exbampniti ..., nichilominus supradicta treugua et
pacta esse rata et firma intelligantur et sint et debere inviolabiliter
observari, et illi soli intelligautur prohibiti intrare terras et fortilitia
locorum .., qui nominatim uni parti principali per alteram partem
principaliter fuerint declarati.

Insuper ad scandalorum evitationem ... providerunt ... prefate partes
... quod diete treugue, conventiones et pacta nullatenus rupta ... in-
telligantur, nisi in casu, in quo per alteram partium supradictarum vel
infrascriptos colligatos ... evidens et manifesta ... et in aperto guerra
vel hostilis cavalcata fieret, et an dieta guerra sit evidens et talis ...,
per quam diete treugue seu pacta fracta ... intelligantur, stetur penitus

et omnino ... diffinitioni magnifici et potentis Comunis Perusij ad pre-
dieta per dietas partes ... concorditer electi, in cuius manibus et sub

cuius protectione presens treugua esse intelligatur, et eum hoc insuper
quod, dieta treugua firmata, prefati magnifici Domini per numptios
ad hoc ydoneum mandatum habentes debeant quam citius ... pote-
runt mietendos ad Comunitatem prefatam prelibatam treuguam ... in
manibus diete Comunitatis firmare ac etiam eidem Comunitati promie-

tere dictam treuguam ... inviolabiliter observare.

In aliis vero casibus seu per alias iniurias et offensas hinc inde a
prefatis partibus, ipsarum colligatis ... illatas prefate treugue seu pacta
minime rupta .., intelligantur, set recurri debeat per partem offensam
ad aliam partem pro restitutione et satisfactione dampnorum et iniu-
riarum illatarum, et ubi per alteram partem non fieret post huiusmodi



















34 V. ANSIDEI

requisitionem et infra moderatum tempus et terminum, tune recurri
debeat ad prefatum Comune Perusij, cui in predictis arbitrari placeat
et declarare prout eis videbitur et placuerit, cuiusque declarationi stare
per partes inviolabiliter debeatur.

i

Item quod si contingeret infra tempus dicte treugue aliquem ex col-
ligatis ... alterius partis aliquid facere, per quod intelligeretur ... treu-
gua rupta, non tamen intelligatur treugua rupta in preiuditium partis
seu principalis seu aliorum suorum colligatorum quo ad commissionem
pene vel alia, set solum in preiuditium talis sic facientis ... et quod
dieto casu talis eontrafaciens ... sit ... exclusus ab omni defensione ...
partis sue principalis et suorum colligatorum, adherentium et recomen-
datorum.

Item quod in casu, in quo ratificatio presentis treugue ... ac etiam
notificatio dicte ratificationis non fieret per colligatos ... alteriutrius
partis infra terminos suprascriptos, salvo quidem absente infra dicitur,
tune et eo casu tales colligati ..., qui sie non ratificaverint vel quorum
notificatio sic facta non fuerit ut supra dicitur, intelligantur ex tunc
esse exclusi ab omni defensione ... partis sue principalis et suorum
colligatorum, adherentium et recommendatorum.

Item declarando superius dicta circa ratificationem fiendam per
colligatos ... prefati domini Comitis et ipsorum ratificationem et notifi-
cationem, ordinaverunt ... quod ubi colligatis ... utriusque partis ordi-
natum est tempus unius mensis ad ratificationem fiendam sit ... tempus
ad ipsam ratificationem ... fiendam nobili viro Exfortie de Buscareto
et nobili et sapienti viro domino Blancutio Raynaldi de Mondolfo, quia
absentes sunt a tota provintia, duorum mensium et dimidij a die pre-
sentis contractus, infra que tempora duorum mensium et dimidij si non
fuerint per predictos Exfortiam et dominum Blancutium et ipsorum
alterum ratificata superius scripta et infrascripta et notificatio facta ut
supradicitur, intelligantur tales seu talis non ratificantes exclusi a be-
nefitio dicte treugue et protectione partis sue et colligatorum eiusdem,
hoc salvo et reservato quod si prefatus dominus Comes declaraverit
infra XV dies proxime secuturos se velle ... teneri pro dictis Exfortia
et d. Blancutio vel aliquo eorum et promictere ... se facturum quod ipsi
vel ille pro quo promictet ... manutenebunt omnia in presenti contractu
promissa ...,quod tune et ipso casu dictus Sfortia et d. Blancutius non
sint .. exclusi a dieta treugua, set gaudere debeant benefitio dicte
treugue.









LA TREGUA DEL 21 MARZO 1380, EcC. 35



Item quod omnes infrascripti colligati ... dictorum principalium
dominorum et cuiuslibet eorum veniant ... in presenti treugua cum
omnibus terris, castris et locis que ... possident vel gubernant ... salvo
et reservato ... quod si per infrascriptum d. Ungarum de Actis et Io-
hannem eius filium de Saxoferrato (1) vel infrascriptos Besaccionum et
Sfortiam de Buscareto aliqua castra, terre vel loca teneantur vel gu-
bernentur, que quesita fuissent post tempus inite diete treugue, Comu-
nis Florentie et magnifici domini domini Galeotti, quod quo ad dicta
noviter quesita predicte partes et sui colligati ... per totum tempus ...
presentis treugue sint ... in eo statu et condictione in quibus erant
ante presentem treuguam, et omnia et singula, que licita erant partibus
principalibus, eorum colligatis ... ante presentem treuguam licita sint
predictis per totum tempus ... treugue presentis, que autem licita non
erant ante presentem treuguam licita non sint durante termino treugue
presentis.

Item quod per presentem treuguam ... nichil intelligatur innovatum
circa facta castri Frontoni et eius territorij et quod ea liceant utrique
partium predietarum circa facta Frontoni que licebant ante presentem
treuguam.

Et predicta omnia intelligantur ad bonam mentem et bonum sensum
sine fraude, dolo et omni cavillatione et scrupolositate remotis.

Que quidem omnia et singula in presenti contractu ... contenta
supradicte partes ... et ipsorum quelibet una pars alteri et altera alteri
promiserunt ad invicem ... observare sub modis et penis infrascriptis,
videlicet quod si per prefatum ... d. Galaottum fieret aliquid ex hiis
contra alteram partem, per que secundum declarata superius treugua
diceretur rupta ..., tunc et eo casu prefatus ... d. Galaottus incurrat
penam V" ducatorum auri prefato d. Comiti applieandam et eum effectu
persolvendam, et e converso idem intelligatur in omnibus et per omnia
si prefatus d. Comes aliquid faceret ex hiis per que dieta treugua rupta
intelligatur. Si vero per colligatos ... partium predictarum aliquid com-
micteretur ... per quod juxta dicta superius rupta treugua intelligatur,
tune et eo casu falis ... treuguam rumpens tantum ... incurrat penam

(1) Il 6 Novembre 1378, essendo stato Ungaro degli Atti privato da Francesco
di Matelica del castello di Barbara ed avendo perciò fatto ricorso ai Perugini, il
nostro Comune decise di sostenere le ragioni di Ungaro e di scrivere a Francesco,
imponendogli di restituire il mal tolto (Annali Decemv., c. 318 t).

















"
il
i
Il
I







36

V. ANSIDEI





mille ducatorum parti alteri offense ... cum effectu solvendam. Quo autem
ad alios ... non rumpentes treuguam, nec treugua ... rupta intelligatur,
nec pena commissa.

Insuper teneatur offendens ad refectionem dampnorum, expensarum
et interesse parti lese, et predictis pena, dampnis et interesse solutis

vel non, rata remaneant quo ad alios non offendentes ... omnia et sin-
gula supraseripta; hoc ... inter ipsas partes convento ... quod prefatus
d. Nicolaus per predieta ... vel infrascripta non sit ... ad aliquod quo-

quo modo, realiter vel personaliter vel quomodocumque nomine suo,
heredum vel subcessorum suorum aliqualiter obligatus prefato d. Ga-
laotto, suis colligatis ... vel aliis quibuscumque, set solum illi quorum
nomine ipsa contrassit ... ac etiam presentem treuguam ... firmavit.

Item quod dictus d. Comes ... debeat ratificare ... per se immediate
presentem treuguamn ... expresse et specifice per publicum instrumentum,
et notifleationem predicte ratificationis ... solempuiter facere dicto d.
Galaotto infra terminum sex dierum a data presenti.

Nomina vero locorum subditorum, colligatorum, adherentium seu
recomendatorum quo ad presentem treuguam ... sunt ista:

Colligati, adherentes et recomendati prefati magnifici ... d. Galaotti
sunt hij, videlicet:

Civitas Arimini cum eius comitatu et districtu

Castrum Ronchofrigidi cum eius curia

Castrum Seortigate et eius curia

Castrum Sogliani Maricule et eius curia

Vicariatus S. Arcangeli cum omnibus suis castris, villis, locis et di-
strictibus

Castrum Montisflorum cum eius curia et districtu

Malatesta d. Pandulfi cum Gradaria, Castro novo et aliis suis terris et
locis

Terra Urbis cum suis curiis et districtibus

Civitas Pensauri cum suo comitatu et districtu

Civitas Cesene cum eius comitatu et districtu, exceptuatis castris que
tenentur per dictum d. Comitem, videlicet Montevetulo et Monte-
maiore dicti comitatus Cesene

Civitas Fani cum suo comitatu et districtu

Civitas Senegalie cum suo comitatu et districtu

Castrum Curinalti cum eius curia













LA TREGUA DEL 21 Marzo 1380, ecc. 37



Vicariatus seu presidatus Fani cum suis castris et locis gubernatis per,
eum :

Castrum Finilgli cum eius curia et districtu

Castrum Donati cum eius curia et districtu

Civitas Forosinfronij cum suo comitatu et districtu

Filij d. Branche de Brancaleonibus de Castro Durante (1)

Terra Burgi S. Sepulcri cum suo districtu

Castrum Cisterne cum suo districtu

Filij d. Maxij de Petramala

Castra et loca plebis Sexstini gubernata per eum cum suis curiis et
districtibus

Comes Petrus de Gattaia

Comes Besaccionus de Bragnano

Castrum Tauleti cum suo districtu et curia

Castrum Macerate cum suo districtu et curia.

Castrum Montis Tabelij cum suo distrietu et curia

Castrum Fovee cum suo districtu et curia

Castrum Petre Rubee cum suo districtu et curia

(1) « Dominava nella Massa Trabaria, piccola provincia confinante con Urbino
(cosi scrive l' UcoriNI, Storia dei Conti e Duchi d? Urbino, vol. I, pagg. 143 e 144)
l'antica e potente famiglia de' Brancaleoni; e siccome era fato della misera Italia
che ogni vicino fosse in discordia col suo vicino, perciò anch’ essi erano in guerra
coi Conti Feltreschi, e succedevano-fra loro continue avvisaglie, senza niun fatto
terminativo. Ma finalmente s’accorsero che per queste maledette discordie s’inde-
bolivano a vicenda; e siccome un pericolo più grande sovrastava, cioé la sempre
crescente potenza del Cardinale [Albornoz], trovarono più prudente consiglio far
pace fra loro, suggellandola con parentado : sicchè Nolfo [di Montefeltro], che due
nipoti aveva, una ne impalmò a Gentile Brancaleoni ; l’altra, vedova del Signore di
Monte Lupone, diede a Pierfrancesco figlio di Branca Brancaleoni, capo della fami-
glia ». 7

Ma questi maritaggi a nulla valsero, poichè nel 1359 l’ Albornoz s' impadronì
di tutte le terre dei Brancaleoni, i quali solo nel 1377 riacquistarono il dominio su
Castel Durante e S. Angelo in Vado e sulla Massa Trabaria.

Il nominato Gentile é forse lo stesso « egregius legum doctor dominus Genti-
lis Branchini de Brancaleonibus de Roccha », che fu prescelto a rappresentare Ga-
leotto Malatesta nell’arbitraggio affidato al Signor di Rimini e al Comune di Peru-
gia per risolvere la controversia sorta fra Città di Castello e Brancaleone di Castel
Durante a proposito di Mercatello. Gentile Brancaleoni e Paoluccio di Nino dele-
gato dal nostro Comune pronunciarono il loro lodo a Perugia il 6 Aprile 1370 (Az-
nali Decemv., cc. 72 e 76 e segg.).

Delle discordie familiari dei Brancaleoni fa testimonianza anche il documento,
che qui si pubblica e dal quale risulta che taluni di essi parteggiavano per il Mala-
testa, mentre altri eran fra gli aderenti del Conte d' Urbino.





jeher tae e EE
] Y VA ouf y S T 3 x 7 *



38 V. ANSIDEI

Civitas S. Leonis cum suo distrietu et curia : i
Castrum Castellaceie Carpingni eum suo districtu et curia '
Castrum Montisbelli, Montisferetri cum suo districtu et curia
D. Abbas de Monte Tifforum

Filij Malateste de Stigliano È
Michael et filij Maynardi de Monte Castello

Iohannes de castro Valdenucis

Castra et loca D. Archiepiscopi Raven.

Castra et loca comitatus Glazoli

Terra Meldule cum eius curia et districtu

D. Ungarus de Actis de Saxoferrato ;

| Predieti omnes cum omnibus de domibus ipsorum et consortibus
D ipsorum tenentibus se ad unam partem et unam voluntatem cum pre-
dictis et cum predictorum dominorum adherentibus vel recomendatis,
(AB TUNI heredibus, descendentibus seu successoribus.

| Nomina vero locorum subditorum, colligatorum, adherentium seu
|

|

Il

recomendatorum dicti magnifici d. Comitis quo ad presentem treuguam 4
; : mw
. sunt ista :



Civitas Urbini eum eius comitatu et districtu
| Civitas Callij cum eius comitatu et districtu, exceptis castris Donati et
TE Finilgli
Castra comitatus Montisferetri, que sub nomine dieti d. Comitis gu-
bernantur cum eorum districtibus et curiis
Castra S. Donati et Ugrigni de comitatu S. Agate cum eorum curiis et
districtibus
Castra Savignani, Rontognani et Montisgelli
Castra Montis Maioris et Montisvetuli comitatus Cesene cum eorum curiis
et districtibus
' Tumba de Bataglis vicariatus S. Arcangeli
Castra Baini, Castri Fabrorum, Partivolis, Guilge, Frontini, Belfortis,
Sompiani, Montisdalis et Metule cum eorum curiis et districtibus
Castra Tumbe, Ubertinelli, Montisbelli et Montis Boli de Ravignana cum
| eorum curiis et districtibus |
n Federicus de Monte Bodio : da
Besaccionus et Sfortia de Buscareto 5
| Petrus, Monaldinus et fratres filij domini Cantis de Montevetulo.
E. Nolfus de Carticeto
Franciscus Nicolai de Brancaleonibus de Rocca
Nicolaus et Antonius de Brancaleonibus de Piubico





















LA TREGUA DEL 21 marzo 1380, Ecc. 39

D. Hermannus de Brancaleonibus de Pecorariis
Ranaldutius et Bandinus comites de Carpingno
Castrum Petregutule cum eius curia et districtu

Predicti cum omnibus de domibus ipsorum et consortibus ipsorum
tenentibus se ad unam partem et unam voluntatem cum predictis et
cum predictorum dominorum adherentibus vel recomendatis, heredibus.

Actum in civitate Arimini, in domibus habitationis prelibati ma-
gnifici Domini, Domini Galaotti, in camera solite habitationis ipsius,
presentibus magnifico milite domino Guillelmo domini Francisci de
Bivilaequis, viro nobili Bartolomeo domini Rambaldi de Meris de Ve-
rona, nobilibus et egregiis legum dottoribus domino Tomaxio domini
Severini de Severolis de Arimino, domino Phylippo domini Alexandri
de Antilla de Florentia, domino Bartolomeo Massutij de Offania et pru-
dentibus viris magistro Iohanne magistri Iacobi de Ravenna et Ser Va-
lentino Dominici de Pizzainis de Bononia testibus ad hoe vocatis, ha-
bitis et rogatis.

Et ego Antonius condam Claudi Cambij de Monte Bodio imperiali
auctoritate notarius et cancellarius prefati*magnifiei et potentis domini,
domini Galaotti de Malatestis predictis omnibus et singulis presens fui
una enm infrascripto provido viro Ser Iohanne notario publico ea ro-
gatus scribere scripsi in quatuor cartis membran. et publicavi et signum
meum apposui consuetum in fidem et testimonium premissorum.

Et ego Iohannes Stephani Francisci de Campora de Urbino impe-
riali auctoritate notarius et iudex ordinarius et cancellarius dieti domini
Comitis predictis omnibus et singulis presens fui et rogatus una cum
suprascripto Ser Antonio notario et cancellario me subscripsi et signum
meum apposui consuetum.

Et volentes dicti procuratores nominibus dictorum suorum Domi-
norum adimplere plenarie et perficere dictam treuguam iuxta tenorem
et seriem capitulorum in ipsa treugua contentorum omni modo, via,
iure et forma quibus magis et melius, efficatius et vallidius potuerunt,
unanimiter et concorditer firmaverunt treuguam predictam et omnia et
singula in ea contenta in manibus dictorum dominorum Priorum et
Trium stipulantium et recipientium vice et nomine magnifici Comunis
Perusij, ac etiam promiserunt solempniter dietis dominis Prioribus et
Tribus et michi Nicolao notario infrascripto ut publice persone stipu-
lanti et recipienti vice et nomine dicti Comunis Perusij et omnium,

40 V. ANSIDEI



quorum interesset prelibatam treuguam et omnia in ea contenta prout
promissum est in ipsa treugua et in contractu inde celebrato inviola- ES
biliter observare in omnibus et per omnia, prout in dicta treugua et Si



eius capitulis seriose continetur. Et hec omnia et singula fecerunt et
promiserunt dicti procuratores dictis nominibus sub penis, pactis, clau- E
sulis et obligationibus in dicto contractu in dictis capitulis dicte treugue
contentis commietendis et exigendis per dictum Comune in hiis dum-
taxat casibus, quibus et prout in dicta treugua et eius capitulis conti-
netur, Rogautes dicte partes me Nicolaum notarium infrascriptum quod

de predietis publicum conficerem instrumentum.

(Annali Decemvirali del Comune di Perugia, anno 1880, cc. 49 t-52 r).

i La











41



GLI « ORDINAMENTA MORTUORUM »

IN CITTÀ DI CASTELLO

Nel volume a stampa degli Statuti di Città di Castello
del 1538 (1) non figurano ordinamenti funerari: le antiche
consuetudini, che avevano creati quegli ordinamenti, erano
nel sec. XVI certamente andate in disuso, e rubriche su
quella materia non avrebbero avuto ragione di esistere.

Il Muzi, lo storico locale, parla a lungo nel 1° volume
delle sue Memorie Civili (2) di ordinamenti funerari, metten-

doli, senz'altra indicazione, — fra le cose notabili del
sec. XIV —. Ma gli ordinamenti che il Vescovo Castellano

trascrive sono propriamente le modificazioni introdotte a
precedentì ordinamenti.

Questo ho potuto accertare sfogliando i mss. di quello
scrittore, che si conservano nell'archivio della Cancelleria
Vescovile di Città di Castello (3).

Sono vari voluminosi inserti, che contengono appunti,

(1) « ..... edizione assai bella e oggi divenuta molto rara »: così il Magherini-
Graziani nei suoi Frammenti di Statuti di Città di Castello pag. 9, in Bollettino
della Regia Deputazione di Storia patria per U' Umbria, vol. XV, fasc. I-II, n° 39. Il
Magherini nell'op. cit. loc. cit. parla anche dei volumi mss. di Statuti di Città di
Castello.

(2) G. Muzi — Memorie Civili di Città di Castello — Città di Castello, Donati,
1844, vol. 1° pag. 230 e seg.

(3) Archivio della Cancelleria Vescovile di Città di Castello : senza indicazione
di collocamento.













G. MISCHJ

trascrizioni di documenti etc, che al Muzi servirono per
compilare la sua storia.

Fra queste carte si trovano anche gli appunti, che egli
prendeva consultando i libri degli Annali; e fra questi ap-
punti, alla data 7 luglio 1400, c’è la trascrizione degli ordi-
namenti mortuari, che poi, tradotti in lingua italiana, leg-
giamo nel volume stampato delle Memorie Civili al loc. cit.

Esaminato il volume degli Annali di quell’anno (1), si
sono bensi trovati gli ordinamenti quali li trascrive, sunteg-
giandoli, il Muzi, ma si è constatato contemporaneamente
che tali ordinamenti sono riforme di precedenti ordinamenti,
dei quali il Muzi non si occupa.

Così dunque dal Muzi noi apprendiamo solamente quegli
ordinamenti mortuari, che andarono in vigore dal 1400 in poi.

Ed è invece da un volume ms. di Statuti di Città di
Castello, esistente nell’archivio Comunale (2), che noi ap-
prendiamo i precedenti ordinamenti.

Tale volume, della misura di mm. 290 X 220, di cc. 187
confusamente numerate, mutilo, è protetto da una custodia
di cartone, su cui leggesi in scrittura moderna questa indi-
cazione « 1393, Statuti, Importantissimo ».

La data non è certa, e il Mazzatinti (3) vi pone oppor-
tunamente accanto un punto interrogativo.

Ricercare l’anno preciso della compilazione di questo
volume equivarrebbe, a mio credere, a porre un problema
di difficile, se pur possibile, soluzione: nè questo in ogni
caso rientra nel compito mio.

Potrei solo osservare che forse quella data fu posta al
volume per il fatto che a c. 121 si legge, come cosa a parte,
una deliberazione del 1393 (4); ma è una ipotesi, e nulla più.

(1) Archivio Comunale di Città di Castello: Annali. Volume degli anni 1399-1400,
cart. 153 e segg.

(2) Armadio di noce a sinistra; senza indicazione di collocamento.

(3) G. MAZZATINTI, Gli Archivi della Storia d’ Italia. Rocca S. Casciano, Cappelli,
vol. 2°, pag. 347.

(4) La deliberazione riguarda l'esenzione di alcune ville da certe condanne.















GLI « ORDINAMENTA MORTUORUM » 43

Un fatto indiscutibile è che quanto leggiamo nel vo-°
lume ms. trovasi riprodotto nel volume stampato del 1538.

In questo, come in opera di data posteriore e più com-
piuta, vi sono — additiones — e — statuta — che non figu-
rano nella raccolta ms. che abbiamo fra mano; ma quanto
però si legge in questa (e cioè i tre libri di Statuti, coi
quali s'inizia la raccolta stampata, il — Liber Statutorum
Priorum — e gli ordinamenti super dannis datis) si legge
nel volume stampato. Qualche trasposizione nell' ordine delle
rubriche, qualche variante lezione di dicitura sono le sole
differenze che da un raffronto tra le due raccolte risultano;
e non sono davvero tali da menomare la.sostanza della cosa.

Per ciò, più che importantissimo, il volume ms. si po-
trebbe dire interessante, se a tramutare l'interesse in impor-
tanza non intervenisse il fatto che in questo volume, pro-
prio nelle ultime due carte fortunatamente scampate alla
mutilazione, vi si leggono dieci rùbriche di Ordinamenta
mortuorum, che non solo non figurano nella raccolta stam-
pata del 1538, ma che, per quanto io sappia e abbia potuto
constatare, non figurano in nessun’altra raccolta manoscritta
di Statuti, e sono tuttora inedite.

Chi, dopo aver presa visione delle riforme fatte il 7
luglio 1400, legge questi Ordinamenta mortuorum, si convin-
cerà che proprio a questi ordinamenti si riferiscono gli ac-
cenni che troviamo nella deliberazione del 1400; non solo
v'è corrispondenza nel titolo e nella contenenza delle ru-
briche, ma persino nel numero.

Veramente nel ms. gli Ordinamenta mortuorum, come
quelli che li precedono, e cioè gli Ordinamenta mulierum
portano una numerazione a parte.

Ma non possiamo dimenticare che detti ordinamenti ri-

guardavano entrambi l’ ufficio — damnorum datorum — (1):
(1) Rilevasi dagli — Ordinamenta — pubblicati in appendice. Cfr. anche gli

Statuti stampati: cap. 24 del — Liber Statutorum Palatii Dominorum Priorum —,
cap. ] degli — Statuta Curie Officialis Plani — e passim.















44 G. MISCHJ



e allora facendo la somma delle rubriche nell'ordine che le
troviamo nel ms, veniamo a coincidere perfettamente nei
numeri degli ordinamenti mortuari, quali li troviamo nelle
riforme del 1400 (1).

Tutto questo per aggiunger fede al fatto, che del resto
dalla semplice lettura dei documenti s'impone: essere cioé
gli Odinamenta mortuorum che leggiamo nel volume mano-
scritto degli Statuti (segnato 1393) gli ordinamenti a cui si
riferiscono le riforme del 1400, e cioé in altre parole — gli
ordinamenti mortuari di Città di Castello nel trecento —.

Gli ordinamenti del trecento (di cui diamo il testo in
appendice in una colle riforme del 1400, onde ciascuno
possa persuadersi di quanto sopra abbiamo detto) furono
adunque riformati nell’anno 1400.

Ma le riforme del 1400 dettero presto luogo a lagnanze,
che, interprete il clero, andarono crescendo di giorno in
giorno, finchè nel 1448 gli ordinamenti mortuari vennero in
gran parte soppressi (2).

Finalmente nel secolo successivo, collo scomparire degli
usi che li avevano creati, questi ordinamenti scomparvero
quasi totalmente, sì che nel 1508 il problema è considerato
soltanto sotto l'aspetto suntuario (3); trent'anni dopo, come
già si é detto, nella stampa degli Statuti non si troverà in
proposito nessuna rubrica.

Pure i Vescovi dovettero continuare ad occuparsi anche

(1) Nel ms. troviamo 40 rubriche — De officio dampnorum datorum —, 16 sugli
— Ordinamenta mulierum —; la 57* rubrica é la prima degli — Ordinamenta mor-
tuorum —.

(2) Cfr. volume degli Annali 1447-1457 a carta 29. Il Muzi ne parla a pag. 22 del
vol. 20 delle Memorie Civili.

(3) Cfr. volume degli Annali 1504-1513 a c. 180 v. La riforma del[1508 fu appro-
vata da Giulio II con breve del 27 nov. dell'anno stesso (Archivio Comunale di Città
di Castello. Busta lla — Archivio Segreto — Lett. P). Il Muzi ne parla a pag. 96 del
vol. 2° op. cit.













7
s
a



GLI « ORDINAMENTA MORTUORUM » 45

di questa cosa, e nelle Constitutiones Synodales (1) quasi
«
T

sempre troviamo una rubrica sui funerali; ma invano v
cercheremmo accenni alle antiche costumanze e agli an-
tichi ordinamenti.

Quelle e questi erano scomparsi e in loro vece agita-
vano il Clero altre questioni, grave ad es. quella del diritto
di dare sepoltura ai forestieri (2); questioni, sulle quali,
come su quanto altro riguardava la Chiesa, benefica peraltro
perdurava l’opera riformatrice del Concilio di Trento.

Città di Castello, 26 aprile 1916.

GIiovanNI MISCHI.

Ordinamenta mortuorum (3).

I. — Quod nullus debeat stare ad offitium] mortuorum nisi certis per-
sonis ecceptis.

In primis provisum et ordinatum est quod, quando corpus alicuius
mortui portatur ad eeclesiam ad sepeliendum, nulla persona, postquam
tale corpus fuerit in ecclesia, intrare stare vel remanere debeat ad
offitium mortuorum; sed immediate postquam corpus fuerit in ecclesia
sacerdos faciat confessionem : qua confessione facta, omnes incontinenti

(1) Ho avuto sott' occhi quelle del Raecagni (1644), del De Sebastianis (1684), di
Luca Antonio Eustacchio (1699), del Codebò (1726), del Gasparino (1746), del Lat-
tanzi (1706).

(2) Ecco un' esempio: nel 1625 uno di Citerna, passando per Città di Castello,
vi moriva improvvisamente in una osteria posta nella parrocchia di S. Fortunato
(una chiesa che esisteva in Piazza Vitelli e fu poi abbattuta nel sec. XIX) e in quella
chiesa veniva sepolto. Ma la legge diceva che — i forestieri che avevano abitata la
città meno di due mesi dovevano essere sepolti nella Cattedrale —. E poiché era
questo il caso, il Vicario Generale d’ allora, in omaggio alla legge, ordinò che il ca-
davere fosse esumato e gli fosse data sepoltura in Duomo. Macabra cerimonia, pun-
tualmente eseguita! (Aneddoto tratto da un volume manoscritto, contenente varie
scritture riguardanti questioni funerarie, che esiste nell’ Archivio Capitolare di Città
di Castello).

(3) Sono gli — Ordinamenta — che leggonsi nel volume manoscritto di Statuti
(segnato 1393), e che noi abbiamo chiamati « gli ordinamenti mortuari di Città di
Castello nel trecento ».







46 G. MISCHJ

secedere debeant, et ad domum propriam et non defucti (sic) reverti.
Et quicumque contrafecerit pro qualibet vice in decem solidis denario-
rum puniatur de facto a quolibet auferenda sine aliquo processu.

Salvo quod in ecclesia ad offitium mortuorum ad sepeliendum
corpus talis mortui remanere possint impune omnes consanguinei et
affines mortui etiam ex latere uxoris et viri in uno quoque gradu
coniuncti dicto tali defuncto, et vicini mortui ex quacumque parte
proximi infra duodecim domos: et etiam rectores Fraternitatis Sancte
Marie et Saneti Pauli et alii de eorum sotietate: et sacerdotes et clerici
vel alii qui tale eorpus portaverunt ad ecclesiam, si rectores Fraterni-
tatis Sancte Marie et Sancti Pauli non interessent.

Et quod offitiales ad hec deputati vinculo iuramenti predictis inte-
resse debeant et de predictis et aliis in statutis contentis inquisitionem
facere, ad penam .C. librarum denariorum quam ipso facto incurrant sui
sindicatus tempore exigendam pro Comuni predieto per camerarium
dieti Comunis. Et nichilo cuilibet sit licitum accusare et denumptiare
eontrafacientes palam vel secrete et habeat quartam partem panni (1)
et eius nomen teneatur in secreto.

Et predieta non vendicent sibi lochum quando corpus defuncti
portaretur in ecelesia antequam sepeliretur, videlicet ubi fieret corru-
ptus defuneti.

Item quod nulla persona, masculus vel femina, tempore alicuius
defuneti in domo vel extra debeat se scapelliare, nisi mortuus seu de-
functus esset pater mater frater maritus filius vel aliquis sibi coniun-
ctus usque in secundum gradum talis persone mortue.

Et quod nulla persona portet vel portare debeat vedovanzam post
mortem alicuius ultra mensem a die mortis computandum, nisi uxor
pro marito, ad penam .X. librarum denariorum pro qualibet persona
contrafaciente et qualibet vice.

Et quod nulla persona cuiuscumque status audeat vel presumat
occasione alieuius defuncti sibi quocunque modo actinentis facere vel
induere vestes viduales tempore obitus alicuius nec vestes alterius
euiuscumque coloris de novo facere vel induere a die obitus ipsius de-
funeti ad unum mensem sequentem, ad penam .X. librarum denario-
rum pro qualibet vice cuilibet contrafacienti. Et offitialis dampnorum
datorum predictus teneatur et debeat de predietis inquirere, et repertso
culpabiles punire in dietis penis.

(1) Evidentemente per — banni —.

















GLI « ORDINAMENTA MORTUORUM » 47



II. — Quod nullus ploret ad mortuum extra domum.

*
Item quod nullus ad aliquem mortuum extra domum seu ecclesiam
unde mortuus extrahitur ploret sive conqueratur alte, ità quod exau-
diri possit, pena et bampno .X. solidorum pro quolibet.

III. — Que fieri debeant in funeribus alicuius.

Item quod in morte sive funere alieuius civis castellani, maris vel
femine, cuiuseumque condictionis sit, servetur ordo infrascriptus, vide-
licet: quod, mortuo aliquo, nisi mortuus esset persona religiosa vel
efficeretur frater tempore mortis, debeat indui tale corpus de guarnello
vel stamengna et non de aliquo alio panno, et ipsum indutum ponatur
in eapsam vel catalettum et portetur iu capsa vel cataletto copertum,
pena .C. solidorum denariorum, si de alio panno induerint vel contra
aliquid predictorum fecerint, et .C. solidorum denariorum in quolibet
alio easu infrascriptorum capitulorum, in quibus aliter non esset de-
clarata pena. Salvo quod pueri etatis septem annorum et abinde infra
possint portari extra capsam, dummodo portentur coperti.

Item quod aliquis non debeat ponere aliquam cultram de sindone
super lecto quo ponitur capsa corporis mortui, nec aliquo modo in
aliqua ecclesia facere lectum ; sed solum ponatur capsa in qua est tale
corpus in medio ecclesie super tabula sive trespide, quem quelibet ec-
clesia habere debeat: pena cuilibet contrafacienti ut supra dicitur.

IV. — Quod non dentur candele ad aliquem mortuum ubi (2) darentur
denarii.

Item quod nullus debeat ad aliquem mortuum, cuiuscumque condi-
ctionis existat, dare vel dari facere aliquo modo vel quesito colore can-
delas cere pena contrafacienti .C. solidorum denariorum ab heredibus
defuneti de facto auferenda pro Comuni sine aliquo processu, eo ipso
quod offitialis invenerit fuisse ab aliquo contrafactum quoquo modo
directe sive per obliquum, nisi mortuus esset persona religiosa.

V. — Quod non incipiant sonare campane nisi clericis adunatis.

Item ne homines diu stare cogantur ad aliquem mortuum, ordina-
tum est quod nullus faciat campanas pro mortuo pulsari, nisi primo
cohadunatis clericis ad eam ecclesiam in quam debet portari mortuus ad
sepeliendum, pena et bampno .xl. solidorum de facto a contrafaciente









48 G. MISCHJ



quolibet auferenda. Et intelligatur contrafecisse et puniendus esse in
dieto easu de quo videbitur supradicto offitiali dampnorum datorum.

VI. — Quod non [pre]dicetur ad mortuum.

Item statutum et ordinatum est quod heredes cuiuscumque qui mo-
riretur vel pro quo fieret obsequium teneantur et abstricti sint curare
et facere cum effectu quod in domo mortui vel in qua fieret obsequium
vel extra aut in ecclesia in qua sepeliretur vel extra ipsam ecclesiam
vel in aliqua ecelesia ubi lectus fieret de tali mortuo vel extra a nullo
tunc debeat predicari.

Quod si contrafactum fuerit predicti heredes penam .C. sol. den. ipso
facto incurrant et incursi esse intelligantur et sint: que pena de faeto sine
aliquo processu per dictum offitialem a prefatis heredibus exigatur.

VII. — Quod nullus comedat in domo mortui vel in qua fit obsequium,
quibusdam exceptis.

Item provisum et ordinatum est quod nullus possit vel debeat co-
medere in domo mortui vel in qua fieret obsequiam die qua ibi fuerit
mortuus vel fiere& obsequium, sub pena .XX. solidorum denariorum
pro quolibet contrafaciente de facto a defuneti heredibus per dictum
offitialem exigenda. Exceptis consanguineis tali mortuo usque in tertium
gradum coniunctis et vicinis infra tres domos domui mortui proximis,
qui ad predictam penam nullatenus sint abstrieti.

VIII. — Quod non sit ad mortuum nisi unum dupplerium.

Item statutum et ordinatum est quod nulla persona possit vel de-
beat habere vel haberi facere nec expendere vel expendi facere ad ali-
quem mortuum [ni]si unum dupplerium sive torehium ponderis ad plus
sex librarum, quod portare debeat quando eadaver portatur ad eccle-
siam ante dietum mortuum iuxta baram. Et quod si mortuus fuerit ali-
euius artis possint impune haberi ad funus ipsius duppleria sue artis,
que duppleria portari debeant immediate post crucem usque ad eccle-
siam. Salvo quod si ad mortuum vel ad mortuam fuerit dominus Epi-
scopus tune ultra dietum dupplerium sive torchium possit habere unum
cerum unius libre pro tribuendo dieto domino Episcopo. Et qui contra-
fecerit solvat Comuni pro bampno .xl. solidos pro quolibet dupplerio
sive torchio.





GLI « ORDINAMENTA MORTUORUM » 49

IX. — Quod inventi et invente per offitialem ex[primant?] nomen pro-
prium.

Item providerunt quod quelibet persona que inventa fuerit a dicto
offitiali dampnorum datorum vel ab aliquo alio offitiali, cui commissa
fuerit in futurum exequutio ordinamentorum mulierum et mortuorum
funerum et conviviorum, portare aliquod prohibitum ex forma alicuius
predietorum ordinamentorum teneatur et debeat, statim cum interro-
gata fuerit, dicere nomen suum verum (?) et nomen patris vel mariti:
pena .X. librarum pro [quo]libet et qualibet vice qua contrafecerit, et
habeatur pro confesso......... sertionem sive relationem ipsius offitialis
de omnibus...........-

X. — [Quod a] processibus et sententiis qui vel que fierent vigore [alicuius]
predictorum ordinamentorum mulierum.......... nom possit appellari.

ev. Ordinatum est quod a processibus et sententiis qui vel que
[fierent] vigore alieuius predietorum ordinamentorum mulierum...........
conviviorum et funerum non possit appellari nee [de nu]llitate opponi ;
et si appellaverit vel opposuerit, [non] audiatur appellans (1).

Le riforme dell' anno 1400 (2).

In primis quidem super quinquagesimo septimo capitulo, cuius ru-
bricha est ista, videlicet — Ordinamenta mortuorum —, declaraverunt
quod quando cives congregati sunt et asociant aliquem vel aliquos de-
funetos ad aliquam ecclesiam, quod omnes possint intrare eeclesiam pre-
dietam: et quod, deposito corpore defuncti in ecclesia, sacerdos statim
ante quam incipiatur offitium faciat confessionem omnibus adstantibus,
qui teneantur et debeant devote et cum silentio et sine aliquo plantu
dictam confessionem audire. Et audita dicta confessione et benedictione
sacerdotis recepta, omnes et singuli tam consanguinei defuncti defucti
(sie) quam alii teneantur et debeant de dieta ecclesia recedere et a cir-
cuitu eeclesie, et statim ad domum redire; ad penam decem librarum

(1) L' ultima carta del ms. é gravemente deteriorata e l'inchiostro é sbiadito:
la lettura riesce assai difficile.

(2) La deliberazione di queste riforme fu presa dai priori con otto aggiunti,
due per ciascuna delle quattro porte della città, a pieni voti e cioè dando tutti « eo-
rum fabas nigras del sic ». Nei Consigli di Città di Castello si votava con palle nere
e bianche; le palle nere erano del si, le bianche del 20.







EE meet —_

50 G. MISCHJ



denariorum pro quolibet ibidem remanente aut invento dum dicetur
offitium mortuorum talis defuncti per eos sociati.

Et predicta non intelligantur in portatoribus mortuorum usque in
numerum......... tantum et non ultra pro quolibet defuneto.

Liceat tamen omnibus redire et asociare et asociare (sic) consan-
guineis defuncti pro libito eorum sine pena.

Item super quinquagesimo nono capitulo, cuius rubricha est ista,
videlicet — Que fieri debent in funere alicuius —, providerunt quod
mortui indui debeant de stamengna vel de guarnello, quod etiam de
pannolino. Et quod nulla persona mortua extra domum propriam vel
extra eeclesiam ubi fieret... possit portari discoperta, pena viginti-
quinque librarum denariorum heredibus defuncti, vel elaudatur in capsa
vel aliter coperiatur, nisi esset persona religiosa. Et non intelligatur
esse religiosa aliqua, que non adsumpxerat predictam (?) religionem
per unum mensem ante diem mortis sue aut ante egritudinem de qua

mortua est.

Item super sexagesimo capitulo, cuius rubricha est ista, videlicet dd
— Quod non [dentur] candele ad aliquem mortuum —, providerunt
quod nullo modo ad offitium seu ad honorandum aliquod corpus mor-
tuorum non dentur nec dari possint alique candele facule seu torchietti
cere; ad penam quinquaginta librarum heredibus defuncti et cuilibet



candelas distribuenti.

Item super sexagesimo primo capitulo, cuius rubricha est ista [vi-
delicet — Quod] non incipiant sonare campane nisi clericis aduna-
tis —, providerunt quod quando continget casus quod aliquod corpus
mortui portaretur ad sepeliendum in ecclesia Sancti Floridi aut in ec-
clesia Saneti Dominici aut in ecelesia Saneti Agustini aut in ecclesia
Sancti Franeissci aut in ecclesia Fratrum Servorum Sancte Marie, quod
non possint ad aliquam dietarum ecclesiarum per aliquem...... mortuo-
rum convocari vel cohadunari facere aliquam aliam regulam vel sacer-
dotem nisi tantumodo regule illius ecclesie ex predictis in qua mor-
tuus sepeliri deberet, pena decem librarum denariorum pro quolibet et
qualibet vice heredibus defuncti. Ad alias vero ecclesias possint convo-
cari religiosi unius regule nisi tantum unam aliam regulam (?). Et ali
quod nulle alie campane pulsentur ad mortuum nisi campane illius
proprie ecclesie in qua mortuus sepultus esset. Et in ecclesia Sancti
Floridi pulsentur due schille tantum: et in aliis vero ecclesiis una











GLI « ORDINAMENTA MORTUORUM » 51

campana tantum ad dictam penam. Et modus pulsationis dictarum
campanarum duret per tempus unius anni tantum et non ultra (1).

Item super sexagesimo tertio capitulo, cuius rubricha est ista, vide-
licet — Quod nullus comedat in domo mortui vel in qua fit obse-
quium ete — providerunt quod nulle res commestibiles possint deferri
vel trasmicti vel portari seu portari facere ad domum defuncti, nec ibi
consumi, nec in canistro nec extra canistrum: pena cuilibet mictenti
decem librarum denariorum et decem librarum heredibus defuncti.

Item providerunt quod ad aliquem defunctum seu pro aliquo defuncto
fieri non possint vel cantari vigilie nec exequie mortuorum, pena viginti-
quinque librarum denariorum heredibus defuncti. Et predicta non in-
telligantur in exequiis annualibus que fiunt pro animabus mortuorum.
Et quod in domo defuncti post mortem defuneti in domo defuncti (sic)
non possint convocari aliqui sacerdotes vel religiosi vel dari candele
pro aliquo actu ad dietam penam nec....... predieari in domo talis de-
funeti ad dietam penam.

Item quod nullus spetiarius vel alia aljqua persona possit laborare
vel laborari facere aut tenere in appotecha vel alibi aut vendere ali-
quem torchium sive duplerum maioris ponderis sex librarum, pena vi-
eintiquinque librarum denariorum pro quolibet et qualibet vice. Salvo
si non fieret pro mictendo extra civitatem et comitatum: et intelliga-
tur hoe easu fecisse in fraude, si ea die qua laboratum fuerit non
transmiserit extra civitatem et comitatum.

Item quod nulla mulier quando corpus defuncti extrahitur de domo
vel loco ubi ploraretur exeat post corpus defuncti, pena decem libra-
rum denariorum.

Item quod disciplinatores sociantes aliquem eorum confratrem di-
sciplinatum defunctum indui(2) vestibus et faciebus copertis possint

(1) L' arcivescovo Berioli, nativo di Città di Castello, aveva limitato in Urbino
il suono delle campane per i morti con una arguta quanto giusta motivazione:
« Aeris campane sonitus, sive in Christifidelium obitu sive in eoruni tertia septima
trigesima vel anniversaria die, ad vivorum pietatem erga defunctos excitandam non
ad vivorum abrumpendam patientiam institutus, ultra quadrantem horae ne pro-
trahatur » (Synodus Dioecesana di Spiridio Berioli, Arcivescovo Urbinate, 1793, a
pag. 234).

(2) Cosi nel ms., ma dal contesto — induti —.

^



52 G. MISCHJ




remanere in ecclesia, donee corpus sepelietur cum quattuor de eorum
disciplina non indutis disciplina de societate ipsorum impune.

Item quod ad levandum funus de domo vel ecelesia ubi ploratur
. nulli viri possint intrare nisi tantum portatores, pena decem librarum
denariorum pro quolibet contrafaciente.

Item quod de omnibus et singulis defectibus et delietis commicten-
dis seu commissis contra ordinamenta de hac materia loquentia offi-
cialis inquirens et inveniens teneatur et debeat eadem die mictere in
cancellaria in libro defeetuum per se quemadmodum fit de extraor- ;
dinariis per officialem domini potestatis, pena dicto officiali viginti-
quinque librarum denariorum si fuerit negligens vel remissus (?) in
predictis vel aliquo predictorum. Et quod nullus notarius vel officialis
qui miserit aliquem ad dictum librum defectuum possit dictam scriptu-
ram mutare vel cancellare, pena quinquaginta librarum denariorum. x

Item quod ad baram seu capsam vel ad palium, in quibus vel sub
quo portaretur ad sepeliendum aliquod corpus alieuius vel aliquarum A
mulierum, non possint seu vel poni vel applicari aliqui schudetti picti
aliquibus armis alicutus generis vel speciei, pena decem librarum de-



nariorum heredibus talis defuncti.

Item quod statuto loquenti de vestimentis vidualibus vetitis (1) ad-
datur hoe: ubi dicitur?) quod sit pena decem librarum denariorum
contrafacienti sit quinquaginta librarum denariorum contrafacienti.

Item quod quilibet rector vel officialis dicte civitatis presens vel
futurus teneatur et debeat facere exequutionem de predictis et super
predietis et investigare et inquirere et repertos culpabiles punire et
condempnare sumarie et de facto sine aliquo processu in penis supra-
dietis e£ de quibuseumque quantitatibus quas ex ipsorum....... em.
eum effectu venire fecerit in comuni habeat et habere debeat quartam
partem. Et de quibuscumque inventis contra formam predictorum ordi-
namentorum et immissis de scripto in cancellaria dicti Comunis dietus
offitialis qui invenerit teneatur et debeat facere exequutionem durante 1
suo offitio: alias teneatur dictam quantitatem in qua venire condemp- »

(1) Cf. gli ordinamenti mortuari del trecento, rubr. la in fine.







GLI « ORDINAMENTA MORTUORUM » 53




nandus talis inventus de suo salario retinere (?) et solvere possit tenea-
iur et debeat aliquo sindichatu de suo salario retinere (?) usque ad
concurrentem (?) quantitatem (1).

(1) Questo volume degli Annali é deteriorato, specie per una larga maechia,
probabilmente di umidità, che abbraccia buona parte delle carte. L'ultima rubrica poi
di queste riforme tradisce la fretta di chi scriveva, e non è chiara.

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55

SAGGIO. DI BIBLIOGRAFIA ARCHIVISTICA UMBRA

A preparar l'attuazione di un proposito che da lungo
tempo vagheggiamo, quello cioè di pubblicar una compiuta
ed esauriente Guida Archivistica dell'Umbria, aiuto indispen-
sabile ed efficacissimo agli sforzi dei volonterosi che s'accin-
gano ad illustrar degnamente le memorie storiche della no-
stra regione, crediamo opportuno offrir intanto ai nostri
egregi collaboratori ed amici un saggio di Bibliografia Ar-
chivistica, che potrà forse riuscir d'utile base e d'avviamento
ad ulteriori ricerche.

« Saggio » — è bene premetterlo — noi intendiamo
chiamarlo, ed è veramente, poichè non ha pretesa veruna
di compiutezza e di perfezione; ma, destinato soltanto a spia-
nar ad altri e tracciar così a grandi linee il cammino, vuol
solo rappresentare un tentativo o uno schema di quel che
dovrà essere nel suo definitivo sviluppo il lavoro.

La Guida Archivistica, per la cui compilazione facciamo
pieno e fiducioso assegnamento sulla collaborazione cortese
di tutti i nostri Consoci, dovrebbe — secondo il nostro con-
cetto — presentare in quadro sintetico e il più preciso pos-
sibile tutto il materiale archivistico sparso per la nostra
vasta regione, tutta la ingente suppellettile documentaria,
cioè, che si trova così presso le pubbliche amministrazioni
come presso i privati: di carattere politico, amministrativo,
giudiziario ed ecclesiastico; d’epoche antiche e moderne; delle
città e dei villaggi; di molta e di poca importanza storica,
purchè utile comunque a servire alle indagini e alle rico-
struzioni erudite, a far comunque testimonianza delle vi-






































DE E E E E



G. DEGLI AZZI

cende, delle tendenze, delle idee, de' costumi, delle condi-
zioni di vita del passato nell’ Umbria nostra.

Riservate, adunque, una maggiore ampiezza e una più
particolareggiata indicazione ai documenti dei tempi più an-
tichi, appunto perchè di questi più difettano le reliquie e i
ricordi (onde il maggior pregio che per la rarità ne conse-
gue ai pochi superstiti), sarà pur tenuto il debito conto delle
carte moderne, le quali per coloro che questi tempi chia-
meranno antichi dovran formare materia di storia e dovranno
corroborare coll’ autenticità de’ loro ragguaglî le testimo-
nianze desunte dalle molte altre fonti d’ informazioni (libri,
opuscoli, periodici, ecc.), che la progredita civiltà del nostro
secolo prepara alla storia futura.

È perciò che mentre nella Guida dovrà contenersi. la
notizia esatta e sicura de’ cimelî diplomatici più importanti
d'ogni Archivio, degli Statuti, de’ registri delle Riformanze
municipali, ecc., della gloriosa età de’ Comuni, così dovran pure
trovarvi luogo anche le indicazioni sulle carte amministra-
tive moderne d’un qualsiasi modesto comunello della campa-
gna: e la differenza di trattamento sarà soltanto nelle pro-
porzioni, in rapporto cioè dell’ importanza respettiva; e quindi
mentre i documenti della prima specie saranno descritti con
minuziosa esattezza, sia quanto alla consistenza che al con-
tenuto, quelli della seconda saran segnalati in guisa assai
più sommaria, limitandone le indicazioni alle serie e alle
date estreme di esse.

Come ci lusinghiamo che possa da questo primo saggio
bibliografico apparir facilmente, pei maggiori centri abitati
dell’ Umbria nostra il lavoro in gran parte è già fatto, e non
manca che coordinarlo e raccoglierlo con criteri razionali e
uniformi sì da facilitarne l’uso e da accrescerne il vantag-
gio agli studiosi. Ma per molte altre località, e — purtroppo
— non soltanto delle più piccole e delle meno importanti, è
ancora tutto o quasi tutto da fare: e ciò costituisce sotto
un duplice aspetto iattura gravissima ai nostri studi: sotto















BIBLIOGRAFIA ARCHIVISTICA UMBRA DT



l’ aspetto cioè del danno effettivo che ci cagiona la man-
‘canza di opportune notizie sulle fonti di studio, sottraendo ©
alle nostre amorose ricerche un materiale forse prezioso e
insperato; e sotto l'aspetto anche del danno potenziale che
da quella mancanza deriva, poiché quanto meno se ne co-
noscono pubblicamente l’esistenza e il valore tanto più grave
è il pericolo di dispersione e di manomissione cui l’ ignorata
suppellettile storica rimane esposta.

Noi vorremmo perciò che la Guida da noi vagheggiata
costituisse come una rassegna generale e possibilmente per-
fetta di tutto il patrimonio documentale dell’ Umbria nostra,
che è bello e cospicuo, sì da poter reggere al confronto di
quello di qualsiasi altra più importante e gloriosa regione
d’Italia. Da questa mostra delle nostre ricchezze archivi.
stiche crediamo anzi che potrà derivarci anche una legit-
tima soddisfazione di giusto e nobile orgoglio per la consta-
tazione non solo della quantità e varietà ed importanza delle
nostre memorie regionali, ma eziandio della sollecita pre-
mura e dell’affettuosa religione con cui sì conservarono e cu-
stodiron tra noi le venerande reliquie del nostro non inglo-
rioso passato. Tanto che, pur essendo l' Umbria una delle
poche regioni d'Italia cui non sia toccato l'onore d'aver un
proprio Archivio di Stato, mentre altre regioni ne contan
piü d'uno e talune fino a cinque, ciò non ostante essa ha
saputo — ad onta di questo disinteressamento ufficiale, di
questa sfiducia governativa — mantener quanto, e meglio
forse delle altre, il suo patrimonio archivistico, conservan-
dolo non soltanto con molto decoro, ma mettendolo altresi
in valore e fecondandolo colle ricerche pazienti, cogli studi
accurati de’ suoi figli migliori. Talvolta è vero, purtroppo,
l’ ignoranza de’ tempi, la malvagità degli uomini e l' insi
pienza de’ governanti poterono disperdere .o distrugger in
tutto od in parte alcune delle nostre infinite preziosità sto-
riche, o sottrarle, per malanimo, o per incosciente servilismo
verso stupidi ordinamenti, alle indagini degli studiosi, o pro-













58 G. DEGLI AZZI



vocarne e aftrettarne il deperimento; ma questi son, per
fortuna, casi generalmente isolati e sporadici, anche perché
le caratteristiche peculiari dell’ anima umbra, incline al ri-
spetto della tradizione e schiettamente conservatrice, favo-
rirono sempre potentemente il culto delle antiche memorie,
e provocarono e resero consuetudinarie tutte quelle molteplici
premurose provvidenze che, per pubblica o privata iniziativa,
tendessero a garantire l incolumità delle sacre e gloriose
reliquie delle età passate.

Più e meglio quindi che altrove, questo salutare e gentile
sentimento assunse tra noi carattere religioso, e nella religione
trovò efficacissimo aiuto, poichè infatti presso le chiese e i
conventi ebbero ospitale e sicuro ricetto i primi nuclei ar-
chivistici nella procellosa età medievale; e ne’ luoghi sacri,
fatti inviolabili dalla pietà e dal religioso terrore anche alla
barbarie oltramontana e alla ferocia delle fazioni locali, per
lungo ordine di secoli si conservò in gran parte il ricco te-
soro storico ch’ è cagione oggi di vanto e di legittimo com-
piacimento per la nostra regione. E, venendo a tempi a noi
più vicini, lo stesso dominio teocratico, che pur ci fu per
tanti altri rispetti infausto e dannoso, potè sotto questo ri-
guardo riuscirci provvido ed utile, come quello che per na-
tura sua e per tradizione di casta aveva spiccate tendenze
conservatrici, e quasi sempre e dovunque spiegò zelo ed ef:
ficaci premure per la tutela della nostra suppellettile sto-
rica. Può dirsi, anzi, che in tal materia l'avvento del Go-
verno nazionale abbia segnato fra noi un fatale e doloroso
regresso, poichè — salvo in eccezionalissimi casi — le Au-
torità costituite, così centrali come periferiche, neglessero
e disprezzarono incivilmente i nostri depositi archivistici,
quando pure con fatti positivi o negativi non ne determina-
rono o favorirono la dispersione.

La tumultuaria e frettolosa applicazione delle leggi di
soppressione della manomorta, pur così feraci di ottimi ef-
fetti nel campo della pubblica economia e della prosperità











BIBLIOGRAFIA ARCHIVISTICA UMBRA 59



regionale, favori il barbarico scempio di preziosi nuclei ar- ,
chivistici, strappandoli dal sicuro ricovero ove per tanti se-
coli la pietà religiosa e una lunga tradizione d'erudita cul-
tura li aveva salvati, per gettarli in braccio ad Amministra-
zioni locali ignoranti o settarie che, generalmente per inco-
scienza, talvolta per partigiana vendetta, fecero scempio ne-
fando di tante memorie storiche, vendendole per cartaccie
da macero o bruciandole miseramente, quasi si pretendesse
in quelle e con quelle distruggere l'inerescioso ricordo e
l'essenza stessa degli odiosi sistemi e degli esecrati ordina-
menti politici, di cui erano emanazione e documento. Né
dopo: quel primo sterminio in massa mancarono poi, per for-
tuna sempre piü rari, altri esempi dolorosissimi di interessa:
mento.. a rovescio delle pubbliche autorità per Archivi no-
stri: come quando nella stessa Perugia un Prefetto del Re-
gno faceva rimuovere dalla modesta, ma sicura e decorosa
sua sede il ricco Archivio della Delegazione apostolica, per
allogarvi gli uffici della R. Questura, e gli atti bene ordinati
e disposti, che rappresentavano la storia del governo della
provincia per quattro secoli, faceva dalle sacrileghe mani di
cantonieri e spazzini precipitare per apposite buche esistenti
sotto il porticato del Palazzo Provinciale nei sotterranei delle
Fortezza Paolina !...

Fortuna peró che in molti casi la sollecitudine de' cit-
tadini e delle Amministrazioni locali riuscì a scongiurare
o ad alleviare i danni di queste « provvidenze governa-
tive » ; e così molto potè ancora esser salvato: nella mag-
gior parte de’ casi, inoltre, codesto incivile abbandono da
parte dell elemento ufficiale valse almeno a salvare gli
Archivi nostri dalla pericolosa mania dei cosi detti concen-
tramenti, che sono spesso altrettanto infausti quanto i sac-
cheggiamenti e gl'incendi, poiché sotto lo specioso pretesto
di migliore tutela gettano i disiecta membra d'un archivio o
d'un nucleo archivistico particolare nel « mare magnum »
dei mastodontici depositi dello Stato dove, per la loro scarsa







60 G. DEGLI AZZI

importanza di fronte alle suppellettili metropolitane, o per
incuria o per malvolere della flaccida burocrazia, finiscono
col restar soffocati nella babelica confusione dell’ insieme sì
da rimaner fatalmente sottratti alle amorose investigazioni
degli studiosi di memorie locali.

Molto, con diretto intervento o in altri modi indiretti, ha
già fatto a prò degli Archivi Umbri la nostra Deputazione
di Storia Patria: ma molto più rimane ancora da fare, cui
non bastano le sue limitate risorse, di fronte specialmente
alla diversità e alla distanza de’ luoghi dove potrebbe con

frutto la sua benefica azione esercitarsi. E d’uopo perciò che

alla impresa concorrano tutti i buoni e i cultori degli studi
storici, portando ognuno il suo contributo (che, per esser mo-
desto, non sarà men gradito e efficace) all'opera comune,
integrandola e perfezionandola ne’ modi più desiderabili e
acconci. Primo e migliore fra questi è assicurare una co-
moda e decorosa sede a quei depositi archivistici che an-
cora non ne hanno una propria: e di ciò spetterà il carico
e il merito specialmente alle Amministrazioni Municipali dei
respettivi luoghi, mentre ai cittadini toccherà la cura di sol-
lecitare, ove sia d’uopo, gli opportuni provvedimenti, o pro-
vocarne dalle Autorità tutorie la pronta adozione, interessando
all'uopo anche la nostra Deputazione, che sarà sempre ben
lieta di favorir del suo meglio per si degno scopo le indivi-
duali iniziative degli studiosi.

Indispensabile è anche dare un ordinamento e un in-
ventario, sia pure sommario, a quegli Archivi che ne son
tuttora sprovvisti e che, per fortuna, son pochi, come anche
da questo nostro saggio bibliografico si dimostra. Tolte in-
fatti scarsissime eccezioni, possiamo con soddisfazione con-
statare che i maggiori e più importanti tra i nostri Archivi
non solo hanno già buoni inventarî, e spesso anche indici
parziali e repertorî e regesti, ma li hanno eziandio pubbli-
cati decorosamente per le stampe, permettendo così anche
agli studiosi lontani di trarne vantaggio con una sufficiente

BIBLIOGRAFIA ARCHIVISTICA UMBRA 61

notizia del lor contenuto: cosa, a dir vero, che potrebbero"
invidiarci non solo gli Archivi di centri assai più importanti,
ma quelli stessi dello Stato, la maggior parte de’ quali o
non ha inventarî a stampa o sarebbe meglio che non li
avesse.

Generalmente tra noi sono gli Archivi de’ piccoli Co-
muni che difettano di conveniente sistemazione e di inventa-
rio: mentre appunto per la spesso tenue mole di quei depo-
siti e per la loro non alta antichità sarebbe facilissimo prov-
vedere all’ una cosa ed all’ altra. Di che non sarà mai
abbastanza raccomandata la cura ai bravi Segretari Muni-
cipali, che avrebbero così occasione di provveder con lieve
fatica non solo alle occorrenze del loro ufficio (poichè conti-
nuamente nella trattazione degli affari amministrativi ricorre
la necessità di riandar ai « precedenti delle pratiche », re-
moti o prossimi che siano), ma anche di recar un vantaggio
notevolissimo ai nostri studi, facendó cosa utile e decorosa
ai loro paesi. Consimile raccomandazione va estesa ai Can-
cellieri delle Preture, agli Amministratori delle Opere Pie
ed ai titolari dei benefici ecclesiastici, ciascun de’ quali po-
trebbe agevolmente favorire il successo della nostra inizia
tiva.

E ad agevolar appunto il compito ai volenterosi e in-
coraggiarli colla dimostrazione della facilità dell' assunto, ci
permettiamo offrir qui qualche suggerimento circa le regole
da seguire nella distribuzione delle carte e nel darne qual-
che sommaria notizia.

Operazione preliminare per chi si accinga a sistemar un
Archivio si è quella di dividere e separare l’ una dall’ altra
le diverse serie di documenti che lo compongono, disporle
in ordine cronologico e distinguerne con numeri progressivi

i registri, le filze o i singoli atti.
Criterio fondamentale per la distribuzione (e, conseguen-









62 G. DEGLI AZZI

temente, per la collocazione materiale) sarà quello della loro

maggiore o minore importanza e reciproca connessione: e
perciò trattandosi dell'Archivio d’un Comune o d’ altro Ente
qualsiasi, sarà bene porre prima di tutto gli Statuti, e quindi
le deliberazioni de’ suoi Consigli e delle principali Magistra-
ture, i Carteggi o Lettere missive e responsive, cioè spedite
e ricevute da esse, gli Estimi, i Catasti e tutti gli altri libri
d'amministrazione finanziaria generale; si faran poi seguire
gli Atti delle Amministrazioni speciali, comunque dipendenti
dal Comune o dall’ Ente principale di cui si tratta, ovvero
ad esso aggregate, distinguendole tra loro il più nettamente
possibile e disponendo anche queste secondo la loro impor-
tanza e la copia maggiore o minore di carte che compren-
dono.

Da ultimo si farà una serie, da intitolar « Miscellanea »
o « di Libri varii », di tutte quelle carte che non formano
serie speciale, e non sono, o non furono, atti e documenti
di ufficî stabili e di ordinaria amministrazione, ma solo ema-
nazioni più o men dirette di quelli, o semplicemente carte
di corredo, come relazioni e informazioni, collezioni di leggi
manoscritte e a stampa, ecc.

Gli atti singoli in pergamena, ossia i documenti mem-
branacei sciolti, sarà bene che costituiscano una serie spe-
ciale, cui si riserverà la precedenza su tutte le altre, sia
perchè l’uso della pergamena come materia scrittoria è più
antico di quello della carta, sia perché l'atto o contratto
singolo e completo scritto in pergamena costituisce quasi il
documento per eccellenza, e sia infine perché le pergamene
contengono per lo piü atti promiscui e di cosi diversa na-
tura da non poter trovare sempre agevolmente luogo con-
veniente in alcuna delle altre serie.

Riunite cosi tutte le pergamene sciolte, senza distinzione
di provenienze (delle quali si potrà poi compilare un indice
o una notizia a parte), se ne rileverà, anzitutto, la data, an-
notandola sul tergo o in un cartellino attaccato con un filo

BIBLIOGRAFIA ARCHIVISTICA UMBRA

alla pergamena, per disporle poi in ordine cronologico. E,
tale ordine sarà conveniente di osservare nella disposizione.
di tutte le altre serie o gruppi di documenti dal loro inizio
sino all'ultimo registro o filza o atto singolo che emanò dal-
l'ufficio, magistratura-od ente cui quei documenti si riferi-
scono.

A tal proposito e da'notare che molte serie d’ archivio
si interrompono o chiudono definitivamente ad ogni cambia-
mento di regime politico, cui andó soggetto il paese, mentre
altre (quelle, preferibilmente, di carattere amministrativo lo-
cale) continuano a svolgersi, con lievi modificazioni, spesso
soltanto formali e di nome, sotto tutti i diversi sistemi di
governo che si succedetter nel tempo. Così, a cagion d’esem-
pio, i libri de’ Partiti o Deliberazioni del Magistrato Munici-
pale (comunque fosse chiamato) si susseguono in genere re-
golarmente a cominciar dall'epoca delle autonomie comunali
ne’ secoli XIII e XIV sino ai dì nostri, sdoppiandosi abitual-
mente nelle due serie di: atti del Consiglio Maggiore o Ge-
nerale (corrispondente all'incirca all'attual Consiglio del Co-
mune) e atti del Consiglio Minore o di Credenza (che nel-
l' età di mezzo si restringe nel Collegio de' Decemviri o de'
Priori, e corrisponde oggi a quell' organo esecutivo dell'Am-
ministrazione locale che è negli ordinamenti nostri la Giunta).

Per queste ultime serie dunque sarà bene di non spez-
sarne la continuiti-storica in corrispondenza de’ cambiamenti
politiei interceduti, rappresentando esse lo svolgimento or-
ganico e naturale della vita d'un dato ente (Comune, o cor-
porazione, o organizzazione finanziaria, od opera pia); men-
tre sarà conveniente distinguer le altre a seconda de' periodi
politici in cui sorsero e si svilupparono. Periodi politici che
per la nostra regione si presentano, in genere, assai netta-
mente distinti, e sono (cosi, a grandi linee) quelli: delle libere
democrazie comunali, delle signorié locali (che non si affer-
marono peró dappertutto) della dominazione pontificia e,
finalmente, del Governo nazionale. Si avranno perció due













64 G. DEGLI AZZI



specie di serie bén differenti tra loro: quelle generali o sta-
bili che si perpetuano per tutta la vita dell'ente cui si rife-
risce l' archivio in esame, e quelle invece che son proprie
de' vari periodi storici corrispondenti alla durata de' diversi
regimi politici, o che han vita anche piü breve, talvolta pur
di pochi anni o di pochi mesi soltanto, perché corrispondono
à funzioni occasionali o a necessità del momento, come sono
appunto quelle emanate dalle cosidette Bae o Commissioni
speciali create in occasione di guerra o di peste o di ca-
restia, ecc., ossia in momenti eccezionali della vita ammini-
strativa.e sociale. Ma, a parte questi gruppi particolari di
carte, che caratterizzano e rispecchiano le singole forme di
governo, o determinati momenti storici o provvidenze di pre-
caria durata, sarà opportuno — giova ripeterlo — per tutto
il resto mantenere inalterata quella unità storica originaria
che testimonia della sopravvivenza di certe forme ammini-
strative, di certe esplicazioni dell’attività sociale perpetuatesi
nel tempo all’ infuori e al disopra d’ogni violento e forzato
cambiamento di regime politico.

*

Una volta distinte e ordinate le serie, sarà assai facile
compilarne i respettivi inventarî che, per gli scopi da noi
vagheggiati, sarà sufficiente sieno anche affatto sommarî e
di mera consistenza, ossia tali che indichino semplicemente
d'ogni serie la natura specifica ossia il contenuto, le date
estreme, i pezzi (registri, o filze, o documenti sciolti) che la
compongono, e le lacune o interruzioni che, per avventura,
Si riscontrino in ciascuna di tali serie.

Possiamo quindi proporre, in conseguenza di ció, un tipo
di prospetto d'un inventario sommario, che non ha — ben s'in-
tende — la pretesa di fornir un campione unico da valer
per tutti gli archivi, ma che esponiamo solo a titolo di esem-
plificazione, da adattarsi caso per caso, colle modificazioni
opportune, alle fattispecie concrete :















































BIBLIOGRAFIA AROHIVISTICA UMBRA 65

ARCHIVIO DI x

(Nome del Comune o dell? Ente)











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» 1460-66

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III.* | PARTITI 0 DELIBERAZIONI |1295-1306 1-4
DEL CONSIGLIO GRANDE |
(o Generale o del Popolo) 1309-1379 5-28

ec. ec.

IV.* |PARTITI o DELIBERAZIONI

DEL CONSIGLIO MINORE |1295-1370 1-12
(o di Credenza, o dei Decem-
viri, ecc., o della Giunta) 1375-1860 13-50

Va ATTI, LETTERE E ALTRE
CARTE DEL GONFALONIERE
(Sindaco o altro ufficiale) |
Atti Civili 1280-1305 | 1-6

» » 1307 7



» » 1310-1372 8-35
» » 1375-1420 36-70








































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66 G. DEGLI AZZI
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Atti Criminali 1291-1301 | 71-86 | È
| | 4
| » » 1305-1380 | 81-94 |
| » » 1386 | 95-106 |
| » » 1395-1413 | 107-130 | 1
+ | i ec. ec. | |
H Lettere Missive 1420-1424 | |
| | » » 1429-1450 | 131-160 |
È | » » 1463 | |
| |
1415-1421 |
1426 161-190 |
1430-1482
ec. ec. | |
MINUTARI 0 COPIARI È |
DI LETTERE MISSIVE 1415-1446 (1-10 |





1449-1494





» »














» »



ec. ec.
LETTERE RESPONSIVE | | |
| ORIGINALI o IN COPIA 1428-1451 | 1-6 |





» » 1454-1482 | 7-15

»



»



ec. ec
ESTIMO o CATASTO



1390







»



» 1430



» » 1548 | 3 | .
REGISTRI DEI DAZI 1393-1480 1-32
















»



1482-1054
E. » 1655-1770 87-107 |

| ec. ec. |
LIBRI DE' MASSARI 1380-1860 | 1.25

(0 Camerlenghi o Economi)
Registri d'entrata e uscita

REGISTRI DELL'UFFICIO |
DI ACQUE e STRADE 1376-1860 1-17
(Lavori pubblici)

ec.








ec.











BIBLIOGRAFIA ARCHIVISTICA UMBBA . 61

L'inventario sommario, di cui proponiamo lo schema,
non rappresenta certo l' ideale del genere, né potrebbe sod-
disfare a pieno le esigenze degli studiosi; ma basterebbe
almeno a dare un concetto, un' idea approssimativa dell' an-
tichità e dell’ importanza dell’archivio, ad affermarne — agli
effetti della conservazione — la consistenza e a suscitare il
desiderio di nuove ricerche, di più minute e complete ana-
lisi, di studî più sistematici ed accurati. E la compilazione
d’un siffatto prospetto non dovrebbe invero riuscir nè diffi-
cile nè grave ad alcuno di coloro che hanno in custodia i
nostri Archivi minori, sia esso un Segretario Comunale, o
‘un Cancelliere di Pretura, o un amministratore d’opera pia,
o un titolare di beneficio ecclesiastico: e ognuno di questi

egregi, fra cui son tanti e valorosi, per quanto modesti, cul-
tori de’ nostri studî, dovrebbe accingersi di buon animo a
questa non ingrata fatica, per trasmetterne poi i risultati
alla nostra Deputazione, la quale segnalerà, come di dovere,

alla gratitudine pubblica le benemerenze di ciascuno a van-
taggio del patrimonio storico regionale e della cultura italiana.
Ché se tutti, come ci lusinghiamo, corrisponderanno al-
l invito nostro (completando, ove sia possibile, tale lavoro
con altre utili indicazioni, quali, ad esempio, una succinta
storia di ogni deposito archivistico, la notizia de' locali in
cui si racchiude, del suo stato di conservazione, dell' auto-
rità od ente che lo possiede o detiene, ecc.) , nutriamo fidu-
cia che presto — colla preziosa collaborazione di tutti —
potrà esser un fatto compiuto quella rassegna completa,
quella Guida generale degli Archivi dell' Umbria, che sarà uno
dei non minori vanti della nostra gloriosa regione e una
trionfale dimostrazione di quel che possano le amorose inizia-
tive private in confronto della manchevole, spesso tardigrada,
e talvolta anche nefasta, opera dello Stato per tutto ció che
concerne i problemi d'intellettualità e quello, gravissimo,
degli Archivi in ispecie.
GiusTINIANO DEGLI AZZI.















BIBLIOGRAFIA ARCHIVISTICA UMBRA

AMELIA. — Archivio Comunale.
Ha un inventario ms. dei soli atti in pergamena.
MazzatINTI G., Gli Archivi della Storia d' Italia, vol. III, pp. 268-
272: inventario sommario.
Archivio della Congregazione di Carità.
MAZZATINTI, op. cit., III, 272-3: notizia sommaria.
Archivio notarile.
Ha un indice cronologico compilato recentemente.
MAZZATINTI, op. cit., III, 273-4: notizia con elenco dei notai dal
1305 al 1523.
Archivio Capitolare.
MAZZATINTI, op. cit., III, 274: notizia sommaria.

ASSISI. — Archivio Comunale.

PaRDI GiusePPE, « Archivi comunali umbri, fasc. 1°; Archivio co-
munale di Assisi »; Perugia, Boncompagni, 1895; in 8°, pp. 36:
elenco delle pergamene a tutto il sec. XIV, e. pubblicazione inte-
grale di taluni documenti più pregevoli.

BRIZI A., « Catalogo delle pergamene e degli antichi autografi del-
VArchivio comunkte di Assisi » ; Assisi, 1903; in 8°, pp. 86: inven-

| tario-regesto condotto sugli spogli dell’erudito F. A. Frondini.

Archivio della Basilica di S. Francesco.
Fumi Lure1, « Spigolature dall’ Archivio di S. Francesco di Assisi »;
Perugia, Un. Tip. Coop., 1908; in 8°, pp. 18.

Archivio del Convento di S. Francesco.
ALESSANDRI LETO, « Inventario dei manoscritti del Convento di
S. Francesco d'Assisi ».
VALETTA, « L/Archivio musicale del S. Convento di Assisi », in
« Gazzetta musicale di Milano », a. 52, n. 27 (8 lug. 1897).











70 G. DEGLI AZZI

ASPRA IN SABINA. — Archivio Comunale.
TonetTI FELICE, « Gli Archivi comunali di Roccantica ed Aspra in
Sabina », in « Bollettino della R. Deputaz. di Stor. Patr. per l'Um-
bria », vol. VII, pp. 967-516 : inventario-regesto.

BETTONA. — Archivio Comunale.

BranconI G., « Documenti inediti di storia umbra tratti dall’ Ar-
chivio municipale di Bettona », Perugia, Bartelli, 1865; pp. 12, in 8°
[Estratto dal « Piccolo Archivio storico-artistico umbro », compilato
da G. Bianconi].

Ha un inventario ms. compilato da Giuseppe Bianconi.

MAZZATINTI G., « Gli Archivi della Storia d’Italia », vol. I, pp.
26-27: inventario-sommario.

MAZZATINTI G., « Documenti per la storia del Risorgimento con-
servati nell’ Archivio municipale di Bettona »; in « Arch. Stor. del

‘ Risorg. Umbro », I, 146: notizie sommarie.

Archivio dello Stato Civile.

MAzzaTINTI G., op. cit., I, 27: indicazione sommaria.
Archivio del Giudice Conciliatore.

MAZZATINTI G., op. cit. I, 27: indicazione sommaria.
Archivio della Congregazione di Carità.

MAZZATINTI G., op. cit., I, 27: indicazione sommaria.
Archivio Notarile.

Ha un inventario ms. dei notai e dei protocolli, e un inventario
sommario ne è pure presso il cav. G. Bianconi.

MAZZATINTI G., op. cit., I, 27: inventario sommario, coll’ elenco
dei Notari dalla metà del sec. XIV alla metà del sec. XVI.

Archivio del Convento di S. Antonio.

Un inventario ms. ne è presso il cav. G. Bianconi.

MAZZATINTI G., op. cit., I, 28: indicazione sommaria.
Archivio dell’ ex-Convento di S. Crispolto.

MAZZATINTI G., op. cit., I, 28: indicazione sommaria.
Archivio della Collegiata.

MAZZATINTI G., op. cit., I, 28: indicazione sommaria.
Archivio del cav. Giuseppe Bianconi.

MazzaTINTI G., ibid.: notizie.

BEVAGNA. — Archivio Comunale.
Ha un inventario ms., compilato recentemente, e comprende an-
che le carte delle due frazioni di Limigiano e Castelbuono.
MAZZATINTI G., « Gli Archivi, ecc. », I, 88-90: inventario som-
mario.

BIBLIOGRAFIA ARCHIVISTICA UMBRA 71

MAzzaTINTI G., « Documenti per la Storia del Risorgimento con-
servati nell’ Archivio Municipale di Bevagna »; in « Arch. Stor. del +
Risorg. Umbro », I, 146-7: notizie sommarie.

Archivio dello Stato Civile.
MAZZATINTI, op. cit., I, 90: inventario sommario.
Archivio Notarile.

Ha un inventario ms., compilato nel 1829.

MAZZATINTI, op. cit., I, 90-91: notizia con elenco dei Notai dal
1450 al 1640.

Archivio della Pretura.
Ha un inventario ms.
MAZZATINTI, op. cit., I, 91: notizia sommaria.
Archivio del Gonfalone (già Fraternita dei laici).
MAZZATINTI, op. cit., I, 91: inventario sommario.

CASCIA. — Archivio e Biblioteca Comunale.
| Fuur L., « L'Archivio del Comune di Cascia »: inventario ms.
compilato nel 1908.
MAZZATINTI G., « Gli Archivi, ecc. », II, 91-95: notizie somma-
rie e regesto delle più importanti pergamene.
MAzzaTINnTI G., « Documenti di storia del Risorgimento conservati
nell’ Archivio comunale di Cascia »: in « Arch. Stor. del Risorg. Um-

bro », I, 147: notizie sommarie.
MoniNI ADOLFO, « I mss. e gli incunaboli della Biblioteca di Ca-

scia »: Cascia, Ciccotti, 1916.
Archivio Notarile Mandamentale.
MAzzaTINTI G., op. cit., II, 95-96: notizia coll’ elenco de’ notai
dal 1446 al 1637.
MORINI A., « L’ Archivio notarile mandamentale di Cascia, con
cenni sul notariato a Cascia, e con l'elenco dei Notai »: mss.
Archivi della Collegiata di S. Maria, del Monastero di S. Antonio
e di S. Salvatore di Usigni, e Biblioteca Comunale.
MAZZATINTI G., op. cit. II, 97: notizie sommarie.
Archivi del Catasto, del Registro, della Pretura e della Congrega-
zione di Carità: inventari mss.

CASTELBUONO. — Ved. BEVAGNA, Archivio Comunale.

CITTÀ DELLA PIEVE. — Archivio Storico del Municipio.
Ha un inventario ms. poco servibile.









G. DEGLI AZZI

MazzATINTI G., « Gli Archivi, ecc. », II, 320-330: notizie e in-
ventario sommario, con regesti.
Archivio Notarile.
Ha un inventario ms. compilato nel 1844.
MAZZATINTI, op. cit., II, 330-331: notizia con elenco de’ notai
dal 1391 al 1516.
Archivi della Congregazione di Carità, Capitolare, Vescovile, e Ar-
chivi privati Bolletti, Gobbani e Bocci.
MAZZaTINTI G., op., cit. II, 331: notizie sommarie.

CITTÀ DI CASTELLO. — Archivio Storico Comunale.
Ha una guida ms., compilata da G. Magherini-Graziani.
MazzaTINTI G., « Gli Archivi, ecc. », II, 331-353 : inventario con

regesti.
Archivio Moderno Comunale e Archivio dello Stato Civile.
MazzaTINTI, op. cit., II, 353: notizie.
Amrcizia G., « L/ Archivio comunale di Città di Castello », in
« Arch. Stor. del Risorg. Umbro », an. I, p. 205206: inventario
sommario dei documenti relativi alla storia del Risorgimento.
CorBucci VrrTORIO e ToMwMASINI-MaTTIUOCCI PrETRO, « Catalogo
della Mostra del Risorgimento tenuta in Città di Castello nel 1910 »;
Città di Castello, Lapi, 1911; pp. 92, in 8o: inventario-regesto, con
illustrazioni.
Archivio della Cattedrale.
Ha un « Ristretto del contenuto di tutte le scritture in pergamena »,
ms. compilato nel 1780.
MAZZaTINTI, op. cit., II, 353-6: inventario sommario con regesti.
Archivio Notarile.
CeccHINI ETTORE, « L'Archivio Notarile e il notariato in Città di
Castello. — Ricerche storico-statistiche » ; Città di Castello, Lapi, 1899 ;
pp. 42, in 16°: elenco completo dei Notai Tifernati dal 1134 al 1898,
con interessanti notizie storiche sull’ Archivio e sull’ istituto del
Notariato.
MAzzaTINTI G., op. cit., II, 356-357: cenno.
Archivi Vescovile, della Congregazione di Carità, della Pretura e
Archivi privati Amicizia e Magherini Graziani.
MAzZZzaTINTI G., op. cit., II, 397: notizie sommarie.
Archivio della famiglia Graziani.
Berti PinTRO, « Catalogo delle pergamene e manoscritti già spet-
tanti alla famiglia Graziani di Città di Castello, ora offerti in ven-
dita dagli attuali possessori Niccolò e Teresa Libri »; Firenze, Cel-

BIBLIOGRAFIA ARCHIVISTICA UMBRA 73

lini, 1864; pp. 58, in 8°: inventario-regesto, con ricco indice ana-
litico. e
Archivi Graziani e Magherini Graziani.
MazzaTiNTI G., « Gli Archivi Grazianà e Magherini Graziani »,
ne « Gli Archivi, ecc., » VI, 5-46: inventario-regesto.
Archivio Bufalini.
DegLI Azzi G., « L'Archivio Bufalini », ne « Gli Archivi, ecc. »,
IV, 46-68: inventario regesto.
Ved. SANGIUSTINO.

Archivio privato Amicizia. i
Amicizia GiusePPE, « Catalogo di documenti e memorie del Risor-

gimento Umbro da lui raccolti e ordinati, con un capitolo di Memo-
rie »: Città di Castello, Lapi, 1911; pp. 64, in 8°: inventario con
regesti.
Archivio privato Corbucci.
CorBucci VITTORIO, « L'Archivio privato Corbucci », in « Arch.
Stor. del Risorg. Umbro », an. I, pp. 206-208: notizie.

Ved. FIRENZE, Archivio di Stato, DEgGL: Azzi G., « Di due

antichissimi registri, ecc. ».

Ved. PERUGIA, Archivio Decemvirale, ANSIDEI e DEGLI AZZI.
Ved. ROMA, R. Archivio di Stato, Fumi I..
Ved. SANGIUSTINO, Archivio Bufalini.

CORCIANO. — Archivio Comunale.
Ha un inventario ms. compilato da G. Degli Azzi.
DeGLI Azzi G., « Sunto dell’ inventario-regesto dell’ Archivio co-

munale di Corciano », in CoLLesi R., « Memorie storiche del

Comune di Corciano », Città di Castello, Lapi, 1902; pp. 7196-200.
[Ved. « Bollettino della R. Deput. di St. Patr. per l’ Umbria »,

VI, 538-9].

COSTACCIARO. — Archivio Comunale e Archivio dello Stato Ci-

vile.
MazzatiNTI G., op. cit., II, 87: inventario sommario.
Archivio Notarile.

Ha un indice de' notai.

MAZZATINTI G., op. cit., I, 87-88: notizia.









74 G. DEGLI AZZI

Archivio della Parrocchia di S. Marco.
MazzarINTI G., ibid. : notizia.

DERUTA. — Archivio antico Comunale.
Ha un inventario ms.
MazzaTINTI G., « Archivi, ecc. » ; T, 134-136 : inventario sommario.
Archivio Comunale Moderno, Archivio del Convento di S. France-
Sco, Archivio dello Stato Civile e Archivio Notarile.
MAZZATINTI., ibidem: notizie sommarie.
Biblioteca Comunale: ibid., id.



FOLIGNO. — Archivio Comunale.

Ha più inventari parziali mss. dei secc. XVII e XVIII.

FaLocr PuLiGNANI M., « L' Archivio comunale di Foligno » in
« Il Bibliofilo », An. IV, n.? 1 (genn. 1883), pp. 6-8 : notizie storiche.

MAZZATINTI G., « Archivio comunale di Foligno: Archivio Priorale,
Archivio delle sei chiavi, Archivio antico, Archivio moderno, Ar-
chivio dell’Accademia degli Ergogeofili e Mostra di documenti nella
Sala delle Armi »; ne « Gli Archivi, ecc. », vol. II, pp. 77-85: in-
ventario e regesti.

MazzariNTI G., « Documenti di storia del Risorgimento conservati
nell’ Archivio Municipale di Foligno » ; in « Arch. Stor. del Risorg.
Umbro » ; I, 147: notizie sommarie.

Archivio Notarile, Archivio dello Stato Civile, Archivio del Cata-
Sto, Archivio della Pretura, Archivio del Registro, Archivio
Vescovile, Biblioteca del Seminario e Comunale.

MazzaTiN'T! G., op. cit., II, 85-87: notizie sommarie.

Archivio Capitolare.

FaLOCI-PULIGNANI M., Inventario dell’ Archivio del Duomo di Fo-
ligno, in « Archivio per la storia ecclesiastica dell’ Umbria », an-
no III, pp. 166-200 : accuratissimo inventario-regesto.

Archivio della Congregazione di Carità.

Ha un inventario ms. per ciascuno dei 12 fondi, che lo costitui-
scono: Opera Pia Ospedale di S. Giovanni Battista, Legato Pier-
marini, Congregazione di Carità, Orfanotrofio femminile, Orfanotro-
fio maschile, Fraternita di S. Martino, Ex-conservatorio di S. Orsola,
Conservatorio di S. Margherita, Monte di Pietà, Ex-istituto Maestre
Pie, Opera Pia Madonna di Loreto e Ospedale pei viandanti poveri
in Colfiorito.






MazzaTINTI G., op. cit., II, 86: notizie.
Archivio del Museo del Risorgimento.




BIBLIOGRAFIA ARCHIVISTICA UMBRA

« Catalogo dei documenti inviati alla Mostra del Risorgimento in
Torino dalla città di Foligno » ; Foligno, Campitelli, 1884; pp. 24, in 8°.

« Catalogo di memorie e documenti per la storia del Risorgimento
în Foligno » ; Foligno, Campitelli, 1904; pp. 20, in 89.

MAzZzaTINTI G., in « Archivio Storico del Risorgimento Umbro »,
an. I, p. 129: inventario sommario.

GUALDO TADINO. — Archivio Comunale.
MazZzATINTI G., « Gli Archivi ecc. », II, 88: inventario sommario.
MazzaTiNTI G., « Documenti di storia del Risorgimento conservati
nell’ Archivio Comunale di Gualdo Tadino », in « Arch. Stor. del
Risorg. Umbro », I, 147: notizie sommarie.

Archivio Notarile.
MazzaTINTI G., op. cit., II, 88: notizia coll’ elenco de’ notai dal
1378 al 1495.
Biblioteca Comunale.

MazzatiINnTI G., ibid.: notizia.

GUBBIO. — Archivi Civili, ecc.

Fumi LuIGI, « Una ispezione agli Archivi Civili di Gubbio » ; in
« Bollettino della R. Deput. di St. Pat. per l' Umbria », vol. XII,
pp. 294-298. Contiene interessanti notizie storiche e indicazioni di
suppellettile degli Archivi: Notarile, della Pretura, del Comune e
della Congregazione di Carità.

Cenci D. Pro, « Codice Diplomatico di Gubbio dal 900 al 1200 » ;
in « Archivio per la Storia Eccles. dell’ Umbria », vol. II (1915).
— Ripubblicato a parte col titolo: « Carte e Diplomi di Gubbio
dal 900 al 1200 ». Vi sono pubblicati con grande esattezza diplo-
matica documenti di quasi tutti gli Archivi civili ed ecclesiastici
di Gubbio, e specialmente dell’arch. Armanni e di quelli deila
Cattedrale, del Comune e di S. Pietro. — È in preparazione la se-
conda parte di quest'opera grandiosa, che conterrà i regesti delle
carte dei Monasteri eugubini.

Archivio Comunale.

ARDUINI F., « Inventario dell’ Archivio Comunale di Gubbio », in
« Archivio Storico per le Marche e per l'Umbria », vol. IV, fasc. XV-
XVI (1889), pp. 401-466, con un’Appendice sugli Statuti.

MazzaTINTI G., « Gubbio dal 1515 al. 1522, da documenti inediti
dell’ Archivio comunale di Gubbio », in « Bollettino della Società di
Storia Patria per l'Umbria », vol. I, pp. 87.

MazzaATINTI G., ne « Gli Archivi, ecce. », I, 31: notizia sommaria.







16 G. DEGLI AZZI

Archivio Notarile.

Ha due inventari mss., un de'quali (per ordine alfab. de' nomi
dei notai) del 1834, e l'altro del 1839 che si conserva nell'Archivio
Comunale.

MAZZATINTI G., op. cit., I, 32-36: indicaz. sommaria, con elenco
dei notari dal 1314 al 1642.

Archivio dello Stato Civile.
MazzaTmINTI G., op. cit., I, 32: indicaz. somm.
Archivio della Pretura.

MAzzatINTI G., op. cit., I, 32: indicaz. somm.

MazzatINTI G., « Documenti per la storîia del Risorgimento con-
servati nell’ Archivio della Pretura di Gubbio » ; in « Arch. Stor. del
Risorg. Umbro », I, 147: notizie sommarie.

Archivio dell’ Ufficio del Registro.
MAZZATINTI G., op. cit., I, 32: indicaz. somm.
Archivio Capitolare.
Ha un indice alfabetico per materie, e un copiario delle perga-
mene in 2 volumi.
MAZZATINTI G., op. cit., I, 36-37: inventario sommario.
Archivio Vescovile.

Se ne ha un inventario ms. del 1875.

MAZZATINTI G., op. cit., I, 37-38: inventario sommario.
Archivio della Cattedrale.

Pecci GIUSEPPE, « Membranarum archivii Ecclesiae Cathedralis

Eugubinae recensio », ms. in 2 voll., compilato dal 1834 al 1835:
regesto. Ved. BETHMANN in « Archiv » del Pertz, vol. XII; Han-
nover, 1872; e CencI Pio, in « Miscellanea di Storia Ecclesiastica »,

a. II, num. 8-9; giu.-lug. 1904.
Cenci Pio, « L'Archivio della Cattedrale di Gubbio », ne « Gli
Archivi, ecc. », V, 140-154 : inventario regesto.
Archivio di S. Marziale.
Nanni OrTAVIO, « L'Archivio di S. Marziale dell' Ordine di S. Be-
nedetto », ne « Gli Archivi, ecc. », V, 155-160.
Archivio della Congregazione di Carità.
Se ne ha uu catalogo irrazionalmente fatto.
MAZZATINTI G., op. cit., I, 38: inventario sommario.
Archivio dell' Ospedale.
Ve n’ è un « Indice cronologico mss. », compilato nel 1867-69.
MazzaTINTI G., op. cit., I, 38-39: inventario sommario.
Archivio Armanni.
Cenci D. Pro, « Le pergamene dell’ Archivio Armanni >»; inven-

BIBLIOGRAFIA ARCHIVISTICA UMBRA 71

tario e regesto in corso di stampa nel « Bollett. della R. Deput._
di St. Patr. per l'' Umbria », vol. XXII (1916).
Archivio di G. Mazzatinti.
MAZzatINTI G., op. cit., I, 40: cenno.
Archivio della Società dei Calzolari.
MazzamiNTI G., op. cit., I, 40: inventario sommario.
Archivio della Società dei Sarti.
MAZZATINTI G., op. cit.;.I, 40: cenno.
Archivio Ranghiasci-Brancaleoni.
MazzaTINTI G., op. cit., I, 39: cenno sommario.
Archivio dei conti Beni.
Se ne ha un inventario ms. compilato da L. Bonfatti.
MazzamiNTI G., op. cit., I, 39: inventario sommario.
Archivio de' conti della Porta.
Ha un « Inventario cronologico ragionato », compilato nel 1876.
MAZZatINTI G., op. cit., I, 39: cenno sommario.
Archivio del march. Roberto Benveduti.
MAzzaTiINTI G., op. cit., I, 40: inventario sommario.
Archivio dei march. Giuseppe e Bartolomeo Benveduti.

MAzzaTINTI G., « Inventario-regesto », in « Inventari dei Mano-
scritti delle Biblioteche d’Italia », vol. II, pp. 244 e sgg. ; Forli,
Bordandini, 1892.

MazzATINTI G., « Gli Archivi della Storia d'Italia », I, 40 : cenno
sommario.

Biblioteca Comunale e Archivio Lucarelli.

MAZZATINTI G., « Inventario-regesto », in « Inventari dei mss.
delle Biblioteche d'Italia », I, 40: cenno sommario.

MazzaTINTI G., « Gli Archivi della Storia d'Italia », I, 40-41:
indicazione sommaria. :

LIMIGIANO. — Ved. Bevagna, Archivio Comunale.

MONTONE. — Archivio Comunale.
GANNINI Gian Dom., « Inventario delle scritture esistenti nell' Ar-
chivio Apostolico di Montone », compilato nel 1808 (Cfr. GaLLI G.,
« Cenni storici e memorie di Montone »; Umbertide, Stab. tip. Ti-
berino, 1894; in 16°, di pp. 20).
MazzaTiNTI G., « Gli Archivi, ecc. », I, 137-138: inventario
sommario.
Archivio Notarile.
MAZZATINTI G., op. cit., I, 138-140: notizia coll'elenco dei Notai
dal 1359 al 1599.





18 i. DEGLI AZZI



NARNI. — Archivio Comunale.

TERRENZI GiUSEPPE, « L'Antico Archivio Comunale di Narni »;
Terni, Alterocca, 1896 : in 89, pp. 15.

MazzariN'YI G., » L'Archivio Comunale di Narni », ne « Gli Ar-



chivi, ecc. », IV, 165: notizie storiche e inventario-regesto fino a
tutto il sec. XIV. )

TERRENZI GIUSEPPE, « Un periodo di storia narnese all’epoca dei
Comuni, illustrato dai suoi più vetusti documenti » ; Narni, 1894.




Archivio Amministrativo del Comune.
MAZZATINTI G., op. cit., IV, 196: notizia.



Biblioteca Comunale.
MazzatinTI G., op. cit., IV, 196-197 : notizia della miscellanea



ms. « Vari repertorii ».



Archivio Notarile.



Ha un indice cronologico e de’ notai ms.



MazzamiNTI G., op. cit., IV, 199: notizia con elenco de’ notai
dal 1373 al 1523.
Archivio Capitolare.




BucciaRELLI C. S., « Cathedralis Narniensis .... antiquitas, nobi-



litas, indulta et praerogativae ... collecta ordineque chronologico
compilata », Narni, Corbelletti, 1720; in 8°, pp. XXII-239 : pubbli-
cazione integrale.

MAZZATINTI G., op, cit., IV, 197-199: regesto.





Archivio Vescovile, Archivio della Congregazione di Carità, Archi-



vio del Governo Pontificio e Archivio Eroli.
MAZZATINTI G., op. cit., IV, 199: notizie.





NOCERA. — Archivio Comunale.
Ha un indice sommario, ms., per ciascuna delle 10 sezioni di




cui consta.



MAZZATINTI G., « Gli Archivi, ecc. », II, 89-90: inventario som-
mario.



Archivio dello Stato Civile e Archivio del Catasto, ibid.: notizie.



MAzzaTtINTI G., « Documenti di storia del Risorgimento che si
conservano nell’ Archivio comunale di Nocera » ; in « Arch. Stor. del
Risorg. Umbro ».; I, 147: notizie sommarie.

Archivio Notarile. T
Ha un indiee dei Notai.
MAZZATINTI G., op. cit., II, 91: notizia con elenco de' notai del
sec. XV.





BIBLIOGRAFIA ARCHIVISTICA UMBRA

Archivio e Biblioteca Vescovile.
MAZZATINTI, ibid. : notizie.

NORCIA. — Archivio Comunale e Archio Segreto del Comune.
Hanno inventari manoscritti.

Archivio Notarile.
Ha un inventario ms.

ORVIETO. — Archivio Comunale antico (Archivio segreto).

Ha un inventario ms. compilato da L. Fumi nel 1873-15.

Fuwr LuiGr, « L’ Archivio segreto del Comune di Orvieto: rela-
zione » ; Siena, Tip. Sordomuti, 1875; in 4°, pp. 30.

Fumi L., « Dell’Archivio storico d'Orvieto » ; Orvieto, Tip. Comu-
nale, 1892 ; in 8».

MAZZATINTI G., « Gli Archivi, ecc. », I, 211-947 : inventario - re-
gesto amplissimo, dedotto dall'Inventario ms. del Fumi sopra ricor-

. dato, con indicazioni sommarie anche sugli Archivi depositati
presso l'Archivio comunale, su quelli cioé dell’ Ospedale di S. Ma-
ria della Stella, dell'Abbazia de' SS. Severo e Martirio, dell'Opera
del Duomo, delle Arti, del Monte di Pietà, della Confraternita della
Misericordia e dell'Accademia « La Fenice », nonché su quelli del
Santo Uffizio e del Rettore del Patrimonio.

Fumi L., « Codice diplomatico della città d’ Orvieto, documenti e
regesti dal sec. XI al XV, e la Carta del Popolo, codice statutario
del Comune di Orvieto »; Firenze, Vieusseux, 1884 ; in 4o, pp. LXXVI-
880; é il vol. VIII dei « Documenti di Storia Italiaua », pubblicati
dalla R. Deputazione di Storia Patria per le provincie di Toscana,
dell' Umbria e delle Marche: i documenti e regesti cominciano dal
1024 e giungono fino al 1465; in fine (pp. 731 e sgg.) è la « Carta
del Popolò » d’ Orvieto in 128 capitoli.

Fumi L., « I Colonna contro Roma e papa Eugenio IV nel 1431
(da dispacciì dell’ Archivio del Comune di Orvieto) », in « Bollett.
della Soc. Umbra di St. Patr. », vol. I, pp. 611.

Archivio Comunale contemporaneo.

MAZZATINTI, op. cit., I, 247 : inventario sommario.

MazzariNTI G., « Documenti per la storia del Risorgimento con-
servati nell’ Archivio comunale di Orvieto » ; in « Archivio Storico
del Risorgimento Umbro », I, 147 : notizie sommarie.

Archivio dello Stato Civile.

MAZZATINTI, ibid.: cenno.

















G. DEGLI AZZI

Archivio Notarile.

Ha un « Inventario generale », ms., fatto l’anno 1750 e preceduto
dall’ indice alfabetico dei notai.

MAZZATINTI, op. cit., I, 247-252: notizia con l'eleneo dei notai
dal 1269 al 1618.

«Archivio Vescovile.

M^32ZZATINTI, op. cit., I, 252: notizia.
Archivio Capitolare.

MaZZATINTI, op. cit., 252-953 : inventario sommario.
Archivio dell’ Opera del Duomo.

Ha un recente inventario ms.

. MAZZATINTI, op. cit., I, 253-254: inventario sommario.

Fumi L., « Statuti e regesti dell’opera di S. Maria di Orvieto »;
Roma, Tip. Vaticana, 1891.

Fumi L., Il Duomo d' Orvieto e i suoi restauri ; monografie stori-
che condotte sopra i documenti » ; Roma, Soc. Laziale, 1891; i do-
cumenti o dati in regesto sono circa 2000, con una tavola erono-
logica.

Archivio Piccolomini.

MAZZATINTI, op. cit., I, 254-256: inventario sommario.
Archivio privato di Luigi Fumi.

MAZZATINTI, op. cit., I, 256: inventario sommario.

PERUGIA. — Archivio Comunale antico.

Ha più inventari mss. parziali, dal 1285 in poi; ne ricordiamo
alcuni dei più recenti ;

BeLFORTI GIUSEPPE, « Transunto delle pergamene volanti che si
conservano nella Cancelleria Decemvirale », in due volumi.

« Indice di tutte le bolle, brevi e lettere officialà trasmesse alla Co-
mune di Perugia dall’anno 1416 », redatto nel 1830.

« Inventario delli libri e scritture esistenti nell’ offizio della Can-
celleria Decemvirale, rinnovato l'anno 1792 in occasione del trasporto
e della collocazione fatta nel luogo destinato nuovamente per detto
offizio ». .

DeGLI Azzi G., « Inventario sommario delle carte del periodo
repubblicano (1797-98) e del Governo Francese »; ms.

Un inventario generale per materie ne stanno compilando gli
attuali preposti dell'Archivio, conte Vincenzo Apnsidei e dott. Fran-
cesco Briganti. È

MAzzaTINTI G., op. cit., I, 92-112: inventario sommario con re-
gesti.

















BIBLIOGRAFIA ARCHIVISTICA UMBRA 81

DeaLi Azzi G., « Per la storia dell’ antico Archivio del Comune_
di Perugia », in « Bollett. della R. Deput. di St. Patr. per l' Um-
bria », vol. VIII, pp. 29-133: parte I: Notizie e documenti fino al
sec. XIV. — Vol. X, pp. 1-30: parte II: Notizie e documenti dal
sec XV al sec. XVI.

BELLUCCI ALESSANDRO, « Inventario dell’ Archivio comunale », in
« Archivio storico per le Marche e per l’ Umbria », vol. IV, fasci-
coli XV-XVI (1889), pp. 596-627. — Comprende soltanto un’ accu-

^eserizione della « Serie degli Statuti Municipali », uno de’

, quello Volgare del 1342, è stato testè puu ,:. ^to in 2 grossi
volumi a cura di G. Degli Azzi (Roma, Loescher, . ‘-15, nel
« Corpus Statutorum Italicorum », diretto da Pietro Sella).

FaLoci PuLIGNANI MICHELE, « I Libri delle Sommissioni del Co-
mune di Perugia », in « Arch. St. per le Marche e per l'Umbria »,
vol. I, fasc. III (1884), pp. 449-473; è un indice-regesto di tutti
gli atti contenuti in questi 4 importantissimi registri membranacei.

ANSIDEI V. e GiANNANTONI L., « I codici delle sommissioni al Co-
mune di Perugia », in « Bollett. della Società di St. Patr. per
I Umbria », vol. I, pp. 34 e sgg.: inventari e regesti, con note il-
lustrative. :

MiGNINI GiROLAMO, « Miscellanea di documenti vari dal sec. XIII

al XVIII », in « Archivio Storico per le Marche e per l'Umbria »,
vol. III, fasc. XI-XII (1886), pp. 591-636 ; a pp. 591-608 sono editi
per intero 7 docum. dei Registri delle Sommissioni al Comune di

Perugia, cui seguono altri docc. di diverse provenienze relativi a
varie località dell’ Umbria 3

ANSIDEI V., « Regesto dei documenti del sec. XIII che si conser-
vano nell' Archivio Decemvirale di Perugia » [in corso di stampa].

AwsipEL V. e DgGL: Azzi G., « Regesto di documenti del sec. XIV,
relati a Città di Castello, esistenti nell' Archivio Decemvirale di Pe-
rugia », in « Bollettino della R. Deputazione di St. Patr. per l’Um-
bria », vol. VI, pp. 417 e sgg; vol. VII, pp. 125 e sgg. ; 315 e sgg.

Archivio Comunale Moderno e Archivio dello Stato Civile.

MAZZATINTI, op. cit., I, 113.

Mazza'TINTI G., « Documenti dà storia del Risorgimento che sì con-
servano nell’ Archivio Municipale di Perugia »;in « Areh. St. del Ri-
sorg. Umbro »; I, 147: notizie sommarie. [Ved. anche ibid., I, 131,
184, ecc.].

Archivio del Museo Storico del Risorgimento Umbro.

DreGLI Azzi G., « Inventario-regesto dei documenti del Museo St.

del Risorg. în Perugia, e dei documenti e cimeli dell’Archivio sto-

6







G. DEGLI AZZI

rico comunale »; in « Arch. St. del Risorg. Umbro », an. I, Ap-
pendice; Perugia, Un. Tip. Coop., 1907: pp. 96, in 8°.
LUPATTELLI ANGELO, « Catalogo della Mostra del Risorgimento
all’ Esposizione Generale Umbra del 1899 »; Perugia, Tip. Umbra,
1899; pp. 28, in 16°: vi sono indicati, e talora pubblicati per in-
tiero o in regesto, molti documenti e serie di atti di grande inte-
resse per la storia del Risorgimento.
Archivio della Provincia e Archivio dell’ Intendenza di Finanza.
MAZZATINTI, Op. cit., I, 134 : cenni.
Archivio della Prefettura.
MAZZATINTI, op. cit., I, 134: cenno. [ La parte antica di questo
Archivio è costituita dall’ Archivio della Delegazione Apostolica, di

cui è detto più sotto).
Archivio della Delegazione Apostolica.
DeGLI Azzi G., « L'Archivio della Delegazione Apostolica di Pe-
rugia », ne « Gli Archivi, ecc. », V, 17-28 : notizie storiche e in-

ventario sommario.
Archivio Giudiziario antico.

DeGLI Azzi G., « L’antico Archivio Giudiziario di Perugia >, ne
« Gli Archivi, ecc. », V, 5-17: notizie storiche e inventario som-
mario con regesti.

Archivio della Corte d’Appello e Archivio del Tribunale.

MAZZATINTI, op. cit., I, 134: cenno.

Archivio Notarile.

BruxneTTI G. B., « Spoglio di tutto il circuito dell’ Archivio di Pe-
rugia principiando dalla scansia prima e seguitundo tutte sino al-
l’ultima ch’ è il num. 81, degli anni 1554 inclusivo a tutti gli anni
indietro »: inventario ms., in due volumi; l’autografo è nell’Archi-
vio Notarile; una copia di mano del Mariotti ne è nell'Archivio
comunale. Lo spoglio degli Atti è preceduto dal catalogo alfabe-
tico dei notai e seguito da un amplissimo indice di nomi di fami-
glie e di luoghi.

Manzoni Lurei, « Spogli dell’ Archivio Notarile Distrettuale di Pe-
rugia », in « Bollettino della Società di St. Patr. per l’ Umbria » ;
vol. III, pag. 313-382, ecc.; regesti.

MazzaATINTI G., « Gli Archivi, ecc. », I, 115-125 : notizia con l'e-
lenco dei Notai dal 1348 al 1637.

[Moltissimi documenti di questo prezioso Archivio pubblicarono
A. Rosst nel « Giornale d’Erudizione Artistica » e in altre opere;
il BomBE nella sua « Geschicte der Peruginer Malerei », ecc].











BIBLIOGRAFIA ARCHIVISTICA UMBRA 83

Archivio della Curia Vescovile.

Son EuakxE, « Archives Ombriennes. Les Archives Episcopales de

Pérouse » ; Pevugia, Un. Tip. Coop., 1903; p. 48, in 89; notizie
storiche e inventario regesto.
MAZZATINTI, op. cit., I, 130: inventario sommario.
Archivio della Cattedrale.
Il Belforti ne compiló un inventario nel sec. XVIII ; poi fu rior-
dinato nuovamente nel 1865.
MAZZATINTI, op. cit., I, 128-129: inventario sommario.
Biblioteca Dominicini.
Ha un inventario alfabetico ms., compilato nel 1817.
MAZZATINTI, op. cit., I, 129: notizia sommaria de’ principali mss.
di soggetto storico.
Archivio del Collegio del Cambio.
Ha un inventario ms., in un volume, compilato da G. Degli
Azzi nel 1900.
MAZZATINTI, op. cit., I, 126-127: notizia sommaria.
DeGLI Azzi G., « L'Archivio storico del nobile Collegio del Cam-
bio di Perugia », ne « Gli Archivi della Storia d’Italia », III, 161-
168: notizie storiche ed inventario-regesto. (Estratto di pp. 38,
in 8°; Rocca S. Casciano, Cappelli, 1902).
Rossi Apamo, « Storia artistica del Cambio sopra nuovi docu-
menti » ; Perugia, Boncompagni, 1894; pp. 30, in 8°.
MaRcHESI RAFFARLLO, « Il Cambio di Perugia. Considerazioni
storico-artistiche » ; Prato, Alberghetti, 1854; in 8°; pp. XII-496.
DeGLI Azzi G., « Il Collegio del Cambio. Notizie storico-artisti-
che tratte dall’ Archivio del Collegio », in « L' Umbria », anno V
(1902), numeri 5-6, 7-8 e 11-12; ripubblicate poi nella raccolta
« Perugia illustrata », n. III; Perugia, D. Terese edit., 1902:
p. 287"fn 8».
Archivio del Collegio della Mercanzia.
MAZZATINTI, op. cit., I, 195-196 : notizia sommaria.
DeGLI Azzi G., Il Collegio della Mercanzia di Perugia. Ricerche
storico-artistiche, con tavole » ; Perugia, Tip. Umbra, 1901.
Archivio del Collegio della Sapienza.
MAZZATINTI, op. cit., I, 226 : cenno.
Archivio della Sapienza Vecchia, o Casa Gregoriana, Archivio della
Sapienza Bartolina e Archivio della Sapienza Nuova.
MAZZATINTI, op. cit., I, 119-113 : notizie.
Archivio delle Corporazioni soppresse.
Sono gli Archivi dei Conventi di: S. Domenico, Monte l'Abate,

*
















G. DEGLI AZZI

S. Giuliana, Monteluce e Montemorcino, oggi depositati presso
lArchivio Comunale.

MAZZATINTI, op. cit., I, 113: notizie.

Archivio antico della Congregazione di Carità.

Comprende gli Archivi: del Monte Consolino, del Conservatorio
dei Derelitti, del Monte Pio Giovio, dell' Opera Pia Graziani, del-
l'Orfanotrofio maschile, del Pio Monte Spinelli, del Conservatorio
Benincasa, dell'Ospedale di S. Giovanni di Dio, del Pio Monte Can-
dione e del Conservatorio della Carità.

Ogni fondo ha un inventario ms.

MAZZATNTI, op. cit., I, 197-128: inveutario sommario.

Archivio di S. Martino.
Ha un inventario ms. e repertorî alfabetici compilati da G. DEGLI

Azzi e G. MonTESPERELLI nel 1899.

DeGLI Azzi G., « L'Archivio del laicale Sodalizio di S. Martino
di Perugia », in « Bollettino della R. Deputazione di Storia Patria
per l'Umbria », vol. V, p. 641.

Archivi delle ex-Confraternite dei Disciplinati.

Ha un inventario ms. compilato da G. DEGLI Azzi.

DzgGLr Azzr G., « Gli Archivi delle Confraternite dei Disciplinati
di S. Francesco, di S. Agostino e di S. Domenico », ne « Gli Ar-
chivi, eec. », II, 243-253: inventario e regesti.

MazzarINTI G., op. cit., I, 130: notizia sommaria.

Archivio di S. Andrea e Bernardino (della Giustizia): op. cit., 130 :
cenno.
Archivio dell’ex-Monastero di S. Pietro.

MazzariNTI G., « Indice del ’’ Codex diplomaticus Perusinus Eu-
listaeus appellatus ,, del Galassi », in « Gli Archivi, ece. », II, 253-
259. Ved. TENNERONI A., in « Bollett. della R. Deput. di St. Patr.
per l'Umbria », vol. V, pp. 763 e sgg.

DE STEFANO SILVANO, « Regesto in transunto dell’ Archivio di
S. Pietro », Perugia, 1902.

Antico Archivio dell’ Università.

MAZZATINTI, op. cit., I, 195 : inventario sommario.

ScaLvaNTI Oscam, « Inventario-regesto dell’ Archivio Universitario
di Perugia » ; Perugia, Unione Tip. Coop., 1888, pp. 188, in 8°:
diligentissimo regesto di grande interesse per la storia dello Studio
Perugino, con una Appendice dei « Documenti riguardanti 1’ Ate-
neo », che si trovano nella Biblioteca Dominicini, nell'Archivio Ca-
pitolare, nell'Archivio del Sodalizio di S. Martino e della Congre-
gazione di Carità di Perugia.

BIBLIOGRAFIA ARCHIVISTICA UMBRA 85



Archivi privati delle famiglie Angelini-Paroli, Conestabile della.
Staffa, Ranieri, Ranieri-Sorbello, Ansidei, Meniconi, Balde-
schi, Rossi Scotti, Oddi Baglioni, Degli Oddi, Baglioni, del
prof. Ettore Ricci, ecc.

MAZZATINTI, op. cit., I, 132-134: notizie sommarie.

Archivio Baldeschi-Cennini.

SCALVANTI Oscar, « Sull’inventario regesto dell’ Archivio del conte L.
Baldeschi-Cennini », in « Bollett. della R. Deput. di St. Patr. », X,
pp. XII-XVI: notizie storiche e estratto del Regesto.

Vedine notizia degl’Indici (alfabet., topograf. e sistematico) com-
pilati dallo stesso Scalvanti, in « Bollettino » cit., XVI, 489-490.

ScALvaANTI O., « Spigolature di storia del Risorgimento nell’ Archi-
vio domestico dei conti Baldeschi di Perugia », in « Arch. Stor. del
Risorg. Umbro », an. VI, pp. 237.

Archivio della famiglia Oddi Baglioni.

Sor EuGùNE, « Archives Ombriennes. Les Archives Oddi Baglioni
de Pérouse ». Perugia, Un. Tip. Coop., 1903; pp. 40, in 8°: inven-
tario-regesto.



















Ved. FIRENZE, Archivio di Stato, DeGLI Azzi G., « Il tumulto del
1488, ecc. ».









Ved. MILANO, Archivi di Milano, VERGA E.



Ved. ROMA, R. Archivio di Stato, Fumi L.
Ved. ROMA, R. Biblioteca Vittorio Emauele, TENNERONI A.
PIETRALUNGA. — Archivio Comunale, Archivio dello Stato Ci-

vile e Archivio della Pieve di S. Maria.
MAzzaTINTI G., « Gli Archivi, ecc. », II, 89: notizie.






RIETI. — Archivio Comunale.
BELLUCCI ALESSANDRO, « L'Archivio comunale di Rieti » ; inven-
tario a stampa, non mai edito.
MazzarINTI G., ne « Gli Archivi, ecc. », IV, 200-206 : inventario
sommario.










Archivio Vescovile.
Ha un indice topografico ms., compilato recentemente da Gio-
vanni Giustini. ;
MAZZATINTI G., op. cit., IV, 206 : notizia.









































86 G. DEGLI AZZI

Archivio Notarile.



Ha un inventario ms. compilato nel 1842.

MAzzatiINTI G., op. cit., IV, 906-907 : notizia con elenco dei notai
dal 1393 al 1500.

Archivio Capitolare antico.

NauDÈ GABRIELE, « Tabularii Ecclesiae Cathedralis Reatinae de-
scriptio » nell'opuscolo « Instauratio Tabularii maioris Templi Rea-
tini, ecc. », Roma, Grignano, 1638; in 8°, pp. 68: inventario-regesto.

MAZZATINTI G., op. cit., IV, 208-260: inventario-regesto.

Archivio Capitolare Moderno.

Ha un indice alfabetico per materie, ms.. compilato da Mons.
D'Annibale.

Un'appendice di quest' Archivio é costituita dalle carte del Comune
conservate nell'Arch. Capit., di cui si ha un inventario ms., com-
pilato da G. Marchetti Tomasi.

MAZZATINTI G., op. cit., IV, 960-283: inventario-regesto.

Archivi privati Cappelletti, Valeri, Vincenti.

MAZZATINTI G., op. cit., IV, 207: notizie.



Ved. ROMA, Archivio segreto Vaticano e Biblioteca Vaticana, Fumi L.

ROCCANTICA IN SABINA. — Archivio Comunale.
TonerTI FELICE, « Gli Archivi comunali di Roccantica ed Aspra
în Sabini », in « Bollett. della R. Deput. di St. Patr. per l' Um-
bria », vol. VII, pp. 567-576: inventario-regesto.



SANGIUSTINO. — Archivio Comunale.
TANI BraGIO, « Documenti politici dell’ Archivio comunale di S. Giu-
stino (1831-°59} », in « Arch. Stor. del Risorg. Umbro », anno VII,
pp. 54-70.
Archivio Bufalini.
DeGLI Azzi G., « L'Archivio domestico dei Marchesi Bufalini Conti
di S. Giustino », ne « Gli Archivi, ecc. », IV, 46 68 (estratto di È
pp. 24, in 8°; Rocca S. Casciano, Cappelli, 1904): inventario e i
regesti. |

SASSOVIVO. — Archivio del Monastero di S. Croce.
MarINtecI P. S., « Summarium et. inventarium scripturarum ad
Abatiam ... S. Crucis de Sassovivo ... spectantium », ete.; in 2 voll.
È un eccellente inventario-regesto con un indice alfebetico accura-
tissimo, che si conserva ms. in doppio esemplare.








































BIBLIOGRAFIA ARCHIVISTICA UMBRA 87




FaLoci-PuLiGnanI M., « L'Archivio, la Biblioteca e î sacri arredì ,
del Monastero di Sassovivo » ; in « Bollett. della R. Deput. di St. Patr.
per l'Umbria »; vol. XIII, pp. 121-130: pubbliea l inventario Ma-
rinucci delle scritture di Sassovivo trasportate nel 1424 a Foligno
nel palazzo dell'Abbazia.



SIGILLO. — Archivio Comunale e Archivio dello Stato Civile.
MAZZATINTI G., « Gli Archivi, ecc. », II, 89: notizie.

SPELLO. — Archivio Comunale.

UrBINI Giunio, ne « Gli Archivi della Storia d’Italia », I, 28-29:
notizia sommaria.
Archivio Notarile.
Se ne conserva un inventario nell'Archivio comunale.
MazzaTINTI G., op. cit., I, 29: indicazione sommaria con elenco
dei notai dalla fine del sec. XIV a tutto il sec. XV.
URBINI G., in op. cit,, I, 30: inventario sommario.
Archivio di S. Lorenzo.

Ha inventari parziali mss.

UrBINI G., in op. cit., I, 30: indicazione sommaria.
Archivio di S. Andrea. "

UrBINI G., in op. cit., I, 30-31: indicazione sommaria.
Archivio di S. Maria Maggiore.

Se ne ha un indice-regesto ms.

[De AneeLIS FRANCESCO], « Antiche costituzioni, prerogative ed
altre cose notevoli dell’antico tempio di S. Maria ... nella più parte
trascritte da pergamene in gotico e bollatico, che si conservano nel-
V Archivio capitolare »; Assisi, Sgariglia, 1749.



SPOLETO. — Archivio Storico del Comune.

Fausti can. L., « Inventario delle pergamene dell’ Arch. Stor. Co-

munale di Spoleto »; ms. compilato nel 1915.
Archivio della Chiesa Collegiata di S. Pietro.

ToxETTI dott. F., « Inventario della Chiesa Collegiata di S. Pie-
tro »; ms. compilato nel 1909, ed ora depositato nell'Archivio del
Comune.

V'é anche un antico regesto delle piü importanti scritture della
Collegiata.

Archivio del Duomo.
Fausti can. L., « Inventario dell’ Archivio musicale del Duomo di

Spoleto », in « Archivio per la Storia Ecclesiastica dell' Umbria »,
vol. III (1916), fasc. I, pp. 1-74.





G. DEGLI AZZI

Dei documenti più importanti di quest’ Archivio si ha un buon
regesto del secolo XV; e di un inventario delle pergamene sta
preparando la stampa il can. L. Fausti.

Ved. ROMA, R. Archivio di Stato, L. Fumi.

STRONCONE. — Antico Archivio Comunale.
MazzaATINTI G., « Gli Archivi, ecc. », III, 360-363: inventario-
sommario.
Archivio Notarile.
MazzaA'TINTI, op. cit., III, 363-364: cenno con elenco dei notai dal
1394 a tutto il sec. XV.
Archivio dello Stato Civile e Archivi delle Fraternite del Gonfa-
lone e di S. Giovanni Decollato.
MAZZATINTI, op. cit., III, 364: cenni.
Archivio privato Luigi Lanzi.
MAZZATINTI, op. cit., III, 364-365 : inventario sommario.

TERNI. — Antico Archivio Comunale.

Un eatalogo a schede delle pergamene fu compilato da Ettore
Sconocchia.

MazzaTINTI G., « Gli Archivi, ecc. », III, 346-367: inventario con
regesti.

SconoccHia ETTORE, « Deliberazione pel riordinamento dell’archi-
vio antico di Terni » ; Terni, Pacelli Tomassini, 1883 ; in 4°, pp. 16.
È una relazione-progetto del riordinamento da fare con lo schema
del libro-indice ideato dallo Sconocchia.

MazzaTINTI G., « Documenti di storia del Risorgimento conservati
nell’ Archivio comunale di Terni » ; in « Arch. Stor. del Risorg. Um-
bro », I, 147 : notizie sommarie.

Archivio Notarile.

Ha un indice cronologico completo compilato dal dott. Giovanni
Andreoli.

MAZZaTINTI, op. cit., III, 398-360: notizie con elenco dei notai
dei secc. XIV-XV.

Archivio Capitolare e Vescovile.

MAZZATINTI, op. cit., III, 358: cenno.

Archivio dell’ Ospedale.

Ha un catalogo ms. compilato da P. A. Magalotti nel 1822.

MAZZATINTI, op. cit., III, 360: cenno.

Grapassi-Luzi R., « L’antico Archivio delle Opere Pie di Terni»,
in « Bollett. della R. Deput. di St. Patr. per l'Umbria », vol. VIII,
pp. 512-529: indice sommario.

BIBLIOGRAFIA ARCHIVISTICA UMBRA 89

Archivio del Monte di Pietà e Archivio della Sottoprefettura, MAz-
ZATINTI, Op. cit., III, 360: cenno.
Archivi privati Fratini e Faustini.
MAZZATINTI, ibid.: notizie.
Archivio privato Lanzi.
Lanzi Luigi, Memorie e documenti da lui esposti alla Mostra del
Risorgimentg în Milano », Milano, 1906: pp. 8, in 8°: inventario-
regesto. È

TODI. — Antico Archivio del Comune.
Ha buoni repertori e inventari antichi mss., uno specialmente del
1439 edito dal Mazzatinti, utile per le notizie sui documenti poste
riormente perduti.
LeoNJ LORENZO, « Archivio segreto del Comune di Todi » ; Firenze,
Arte della Stampa, 1879; in 16, pp. 96: è il regesto delle prime 606
pergamene; stampato, ma non pubblicato.
MazzaATINTI G., ne « Gli Archivi, ecc. », vol. III, pp. 98-153 : in-
ventario-regesto molto ampio.
Archivio Amministrativo del Comune.
" MazzaTINTI G., ne « Gli Archivi, ecc. », vol. IIT, p. 153: inven-
tario sommario.
Archivio della Pretura.
MazzamN'TI G., op. cit., III, 153: cenno.
Archivio Notarile mandamentale.
MAZzZATINTI G., op. cit., III, 153-154: notizia coll’elenco de’ Notai
dal 1315 al 1399.
Archivio della Congregazione di Carità.
Dei vari Archivi degl' istituti pii che lo compongono si ha un in-

ventario ms. compilato dal Leonj.
MazZATINTI G., op. cit., III, 154-157: inventario sommario.

Archivio Vescovile.
Mazzau1iNTI G., op. cit., III, 157: notizia.
Archivio Capitolare.
MAZZATINTI, ivi, pp. 157-158: notizia sommaria.
Archivio privato della famiglia Alvi.
MAzzaTINTI G., op. cit., III, pp. 158-159: notizie sommarie.
Archivi privati Angelini e Mortini.
MAZZATINTI G., ibid., p. 159: notizie sommarie.

Ved. ROMA, Monastero di S. Paolo.



Ua M e dA AA Sai v" ve AL LU ar 3 2 ARA Ires vag ect e Dee d

E





90 G. DEGLI AZZI

TREVI. — Archivio Comunale.
Ha piü inventari mss. dei secc. XVIII e XIX.
Mazza'riNTI G., « Gli Archivi, ecc. », III, 275-288 : inventario con
regesti.
Archivio dello Stato Civile.
MAZZATINTI, op. cit., III, 288: cenno.
Archivio Capitolare della Collegiata di S. Emilio.
MAZZATINTI, ibid.: notizia.
Archivio della Pretura.
MAZZATINTI, ibid.; cenno.
Archivio Notarile.
MAZZATINTI, op. cit., III, 289 : cenno con elenco de' notai dal 1384
al 1506.
Archivi privati Natalucci e Valenti.
MAZZATINTI, op. cit., III, 288-289 : notizie.

UMBERTIDE. — Archivio Comunale.

MazzaTINTI G., « Gli Archivi, ecc. », I, 136: inventario sommario.

MazzaTiNTI G., « Gli Statuti d' Umbertide del 1362 e dez 1521 »,
ne « Gli Archivi, eec. », III, 379-384: descrizione di detti Statuti
eon l'indice delle rubriche di quello del 1521.

MazzaTiNTI G., « Documenti di storia del Risorgimento conservati
nell’ Archivio comunale di Umbertide » ; in « Arch. Stor. del Risorg.
Umbro », I, 147: notizie sommarie.

Archivio Notarile.

MazzatInTI G., « Gli Archivi, ecc. », I, 136-137 : notizia coll’e-

lenco dei Notai dal 1374 al 1646.

UMBRIA.

MazzatINntI G., « Documenti di storia del Risorgimento in alcuni
Archivi umbri », in « Archivio Storico del Risorgimento Umbro »,
an. I, pp. 146: notizia.

Archivio di G. N. Pepoli.

GappI ErcoLE, « L'Archivio di G. N. Pepoli, Per la storia del
Commissariato nell’Umbria : 1860 » ; in « Arch. Stor. del Risorg.
Umbro », I, 136-146: notizia.

Ved. FIRENZE, Archivio di Stato, DEGLI Azzi G., « Le rela-

ZIONI BC; vt

Ved. ROMA, Archivio Vaticano, ANTONELLI M.

BIBLIOGRAFIA ARCHIVISTICA UMBRA

Ved. ROMA, Archivio Vaticano, Fuwi L.

Ved. ROMA, R. Archivio di Stato, Fumi L.

FIRENZE. — Archivio di Stato.

DeGL1 Azzi G., Le relazioni tra la Repubblica di Firenze e V Um-
bria nei sec. XIII e XIV, secondo i documenti del RH. Archivio di
Stato di Firenze »: vol. I: Dai Carteggi (pp. XXVIII-327); vol. II:
Dai Registri (pp. VIII-287); Perugia, Un. Tip. Coop., 1904 e 1909:
regesti con elenchi de’ Magistrati Umbri in servizio della Repub-
blica di Firenze.

DEGLI AZzI G., « Il tumulto del 1488 in Perugia e la politica di
Lorenzo il Magnifico; da documenti inediti del R. Archivio di Stato
in Firenze » ; Perugia, Un. Tip. Coop., 1905; pp. 76, in 8°: docu-
menti illustrati.

DeGLI Azzi G., « Di due antichissimi registri tifernati di Delibe-
razioni e di Atti Criminali, esistenti nel R. Archivio di Stato di Fi-
renze » ; Perugia, Un. Tip. Coop., 1905; pp. 42, in 8°: notizie sto-
rico-descrittive e regesti.

MILANO. — Archivi di Milano.
VERGA ETTORE; « Documenti di Storia perugina estratti dagli Ar-
chivi di Milano » ; in « Bollett. della R. Deput. di St. Patr. per
l'Umbria », vol. V, pp. 717 e sgg.; VII, pp. 11 e sgg.

ROMA. — Archivio Vaticano.

ANTONELLI MERCURIO, Notizie umbre tratte dai registri del Patri-
monio di S. Pietro in Tuscia », in « Bollett. della R. Deput. di St.
Patr. per l'Umbria », vol. IX, pp. 381-398; 469-506; vol. X, 31-59;
vol. XIII, Appendice, pp. 1-24: notizie e regesti.

Fumi LuiGi. « Zretici e. Ribellà nel Umbria dal. 1220 al. 1830, stu-
diati su documenti inediti dell’ Archivio segreto Vaticano ».

Archivio segreto Vaticano e Biblioteca Vaticana.

Fumi LUIGI, « Cose Reatine nell’ Archivio segreto e nella Biblioteca
del Vaticano », in « Bollett. della R. Deput. di St. Patr. per l'Um-
bria », vol. VII, pp. 508-547: notizie e regesti.

R. Archivio di Stato.
Fuwr Lurai, « Inventario e spoglio dei registri della Tesoreria A-







G. DEGLI AZZI

postolica di Perugia e Umbria dal R. Archivio di Stato in Roma »;
Perugia, Un. Tip. Coop., 1901.

Fumi Lui, « Inventario e spoglio dei registri della Tesoreria A-
postolica di Città di Castello dal R. Archivio di Stato în Roma » ;
Perugia, Un. Tip. Coop., 1901.

Fumi Luci, « I Registri del Ducato di Spoleto » ; Perugia, Un.
Tip. Coop., 1897-1900.

Fumi LuIGI, « Un Codice di segnature del Governatore di Perugia
(1468-70) nel R. Archivio di Stato in Roma », in « Bollett. della
R. Deput. di St. Patr. per l'Umbria », vol. VI, pp. 99.

R.° Biblioteca Vittorio Emanuele.

TENNERONI ANNIBALE, « Di un Codex Diplomaticus Perusinus nel
ms. Vittorio Emanxele 493 », in « Bollett. della R. Deput. di St.
Patr. per l'Umbria », vol. V, pp. 163.

Monastero di S. Paolo.

TRIFONE BasiLio, « Documenti Tudertini », che si conservano
nell'Archivio di detto Monastero, provenienti da monasteri ed ospe-
dali di Todi, in « Bollett. della R. Deput. di St. Patr. per l'Um-
bria », vol. XVI, pp. 419-458: regesti.

VISSO (1).
Fuwi Lurar, « L'Archivio della Città di Visso, ordinato e descritto »;

Roma, Tip. Capitolina, 1901. — Contiene in appendice anche gli

inventari di altri Archivi ecclesiastici e civili di Visso e dei din-
torni:

(1) Si é compresa in questa Bibliografia anche la città di Visso, perché essa
— per quanto sia oggi compresa nella regione delle Marche — appartiene storica-
mente all' Umbria e fu infatti per molti secoli amministrata dai governatori di
questa.

(AGREE

ILLUSTRATA DALLO STORICO CASCIANO

PAMFILIO CESI

A caso è capitato fra le mie mani un opuscolo dal titolo:
In | TUDERTI | priscum. decorem, nuperum | decus | APHORISTICA
ACROASIS | eccellentium virorum iudicio | ornata | Pamphilii Cae-
sii | a Cassia. | Labore lucubrata, eloquio dicta, | eulogiis expo-
sita. — Tuderti, | ex» Typographia Cerquetani 1632.

L'opuscolo — che evidentemente dovette far parte di
qualche miscellanea — è interessante sia per la forma tipo-
grafica, sia per il valore intrinseco dello scritto. Per mostrare
la verità del primo asserto ho creduto opportuno unire a
queste mie righe due riproduzioni, l’ una del frontespizio,
l’altra della terza pagina, come quelle tipograficamente più ca-
ratteristiche (1). Per il valore intrinseco dello scritto credo non
vi sia di meglio che riprodurre il testo completo.

Ma un cenno è pur doveroso sull’autore di esso; su Pan-
filio Cesi. Le di lui notizie biografiche sono assai scarse:
egli è per lo più ricordate per il suo insegnamento scolastico
impartito con onore in varie città dell’ Umbria.

Per quel che riguarda il suo magistero a Cascia si sa di
certo che egli fu nominato la prima volta maestro di scuola
il 17 febbraio 1638, in sostituzione di altro che non aveva

(1) Per la storia dell’arte tipografica in Todi vedi ToRDI D., I Tesori in Todi
(in questo nostro « Bollettino », vol. VI, fasc. 2°, pp. 200 e sgg.) e FUMAGALLI G.
(Dictionnaire Géograph. d’ Italie, pag. 414), il quale limita al 1626-27 l'attività del
x Cerquetani in Todi, mentre dall'opuscolo qui illustrato risulta che egli vi lavorò fino
al 1632 almeno.







94 A. MORINI

preso possesso del posto entro i quindici giorni da lui stesso
richiesti. Si legge nel verbale del Consiglio tenuto in quel
giorno, che Andrea Bentagliati propose: « Già che il maestro

« di scola eletto non ha avisato cosa alcuna nelli quindici
giorni che ha domandati nella sua lettera, però son di pa-
rere che si elegga il Sig. Panfilo Cesi nostro cittadino,
quale ha fatto molte condotte in honorate Città e Terre
per un anno con li soliti pesi et honori. —- Snp. elect. Ludi

magistri misso partito, furno trovati alla bossola del si voti
quarantasei, alla bossola del no tre — Probat. » (1).

Purtroppo gli onori non eran gran che per un maestro
di scuola in que' tempi. Infatti ho trovato nei bollettarii del
Comune (2) il non lauto salario che gli veniva. corrisposto:
« adi 30 aprile 1638 — Al Sig. Panfilo Cesi maestro di scola
« scudi sedici, baiocchi 66, quatt.ni tre per sua provisione
« del presente bimestre » !

Il Cesi fu riconfermato il 20 febbraio 1639 (3), e poscia
sempre fino al 1658, nel quale anno fu richiesto dal Cardi-
nal Gualtiero arcivescovo di Fermo. Nel verbale consiliare
del 10 marzo 1658 (4) è scritto: « Il Sig. Panfilio Cesi nostro
« maestro di scola, essendo lui chiamato dall'E.mo Sig. Card.
« Gualtiero arcivescovo di Fermo alla cura di quel seminario,
« ha domandata licentia per andare a quel servitio deside-

rando haver licentia et risolutione della sua andata. Biso-
gnara però in ogni caso fer elettione di altri soggetti acciò
la scola non resti senza maestro e li giovanetti perdano
tempo. — Vi concorrono per la sua condotta

(1) Consigli, Vol. 36, pag. 24.

(2) Vol. 14, pag. 163.

(3) Consigli, Vol. 36, pag. 122 v.: « Che parimenti al Sig. Panfilo Cesi nostro
« Cittadino e maestro di scuola pubblica di questa nostra Terra sapendose benissimo
« la sua sufficienza et valore se gli dia la riferma per un altr’ anno favoritissima-
« mente con i soliti honori pesi et emolumenti ». Fu approvato con 54 voti favore-
voli e 4 contrari.

(4) Consigli, Vol. 43, pagg. 83, 87.

TODI ILLUSTRATA, ECC. 95

« Il M. Rev.do Pre M.o f. Pietro Vergilii del ord. di
« S..Francesco nostro cittadino

« Il Sig. Don Gio. Sante Santi dal Poggio Domo

« Il Sig. Don Theodosio Lavosio

« Il Sig. Don Silio Bianchini da Maltignano ».

Ma nessuno dei nuovi quattro concorrenti riuscì eletto;
ed allora dovettero correre alacri e suadenti trattative con
Pamfilio Cesi, affinchè revocasse la partenza e restasse ancora
a Cascia. Il Cesi accondiscese, e nel consiglio del 17 marzo
1658 fu detto (1). « Nel altro Consiglio non fu fatta elettione

del maestro di scola come si doveva se che le pare di fare
— et post votum fuit additum — Il Sig. Panfilio Cesi si
resibisce più pronto servire et posponere l’elettione che lui
ha hauta di altra condotta ». Ed allora il Consiglio: « Es-
sendo che il Sig. Panfilio Cesi nostro Cittadino si offerisca
pronto servire per maestro di scola, del quale essendo ben

note le sue qualità, per ciò se intenda eletto et deputato
per nostro maestro di scola per un anno con tutti li ho-

nori pesi et emolumenti soliti et consueti et che hanno go-

duti li suoi antecessori et egli ottimamente ha esercitato

altre volte simil carica ». La riconferma avvenne con 53
voti favorevoli e 18 contrarii.

Il 18 marzo fu perciò inviata al Cesi la nuova patente:
Consules Populi Cassianae Reipublicae. Per lll.mo et Ecc.mo
D.no I. U. D. Civique nostro D. Pamphilio Cesio Philologo ac
Academico foecundissimo, salutem et omne bonum, etc.

L’anno seguente però il Cesi abbandonò il magistero,
almeno a Cascia; poichè ho trovato nei Bollettarii del Co-
mune (2) liquidato parzialmente per il bimestre marzo-aprile
1659 « al Sig. Panfilio Cesi maestro di scuola scudi dieci ba-
< iocchi 57 per ordinaria provisione di un mese et g. 8 ».

Dopo questo pagamento il magistero fu assunto da Teo-

(1) Consigli, Vol. 43, pagg. 89, 90.
(2) Bollettarii, Vol. 17, pag. 31.











96 A. MORINI

dosio Lavosi, come risulta dagli stessi Bollettarii, e non si
trova più alcuna notizia del Cesi, nemmeno nei libri consi
liari. L'incolse forse la morte? Non ho potuto assodarlo, per-
chè all'anagrafe del Comune di Cascia mancano i registri
parrocchiali dell’epoca, detenuti notoriamente con altri più
antichi da una famiglia privata. Né s'é trovata, nè si trova
un'autorità qualsiasi che sappia o voglia rivendicare que' do-
cumenti d'interesse e di dominio pubblico, condannati forse
in un tempo piü o meno lontano a finir sul banco di qualche
salumaio.

Nel 1655 il Cesi pubblicó un Elogium de Cassiae antiqui-
tate et aedificatione ( Fulginiae, Typis Augustini Alterii); e lo Ja-
cobilli, nella raccolta epigrafica manoscritta, conservata nella
biblioteca del Seminario di Foligno, ricorda anche un Para-
doxum de patria Vespasianorum de Vespia Cassiae agro (1).

Fra i mss. pervenuti all’ Archivio di Todi dal defunto
priore D. Pirro Alvi trovasi un foglio vergato da G. B. Alvi
(sec. XVIII), nel quale si leggono queste notizie sulle origini
di Panfilio Cesi (2):

« 1764 — Notizie per Carlo Cesi, Pittore.

« Nel castello del Quadro (3), luogo del territorio di Todi,
discese un tal Pietro, quale avendo commesso un omicidio,
non credendosi sicuro in detto contermine feudo di Titi-
gnano, dove per alcuni giorni si era ricoverato, pensò meglio
di allontanarsi affatto dalla patria e da’ suoi; onde avendo
venduto tutto i suoi più minuti arredi e stabili scasò af-
fatto dal Quadro e si portò su quello di Cascia, dove indi
a qualche tempo accasatosi, quivi gli nacque un figlio che
nominollo Panfilo, quale per aver preso l’abito clericale,
non avendo cognome, assunse quello di Cesi dalla denomi-
nazione del titolo della Parrocchial Chiesa del Quadro che

(1) V. pure Jacobilli in Bibliot. Umbra pag. 231.
(2) Notizie fornitemi dall'egregio e gentile amico Dott. Giulio Pensi di Todi.
(3) Quadro è frazione del comune di Todi, sulla strada prov. Todi-Orvieto.

TODI ILLUSTRATA, ECC. 97

« é San Pietro de Cesis (1), cognome seguitato poi dagli altri.
< fratelli: Antonio, Onofrio e Carlo che nacquero in Andro-
dogo, luogo del Reatino contado, dove da Cascia era an-
dato a sogiornare il menzionato Pietro, comun genitore di
essi. Quivi dunque li 17 aprile 1626 essendo nato Carlo
Cesi, ecc. ». Seguono le notizie su Carlo Cesi, ed in fine
detto: « Tuttociò si rileva dal Tomo 2° dei Pittori illustri
dato in luce dall’Ab. Leone Pascoli ed impresso in Roma
in folio piccolo l’anno 1736 presso Antonio de' Rossi ».
Prosegue inoltre: « Panfilo Cesi poi, fratello maggiore del
denominato Carlo Cesi, che l’anno 1631 era ancora Maestro
di Schola in Asisi, nel mese di giugno fu eletto Maestro
del publico di Todi, riconosciuto uomo di molta letteratura,
quale avendolo poi scorto la Città diligentissimo nel suo
mestiere ed amantissimo di essa ne fu creato cittadino, ed

egli per rimostrarne vera gratitudine diede alle stampe un
libretto in 4° impresso in Todi presso il Cerquetani nel
l'anno seguente 1632, intitolato: Elogium in priscum Tuderti

et Tudertium decorem (2), oltre ad altre opere citate da Lu-
dovico Jacobilli in Bibliot. Umbra pag. 231. — Ex Lib.
Dec. Caneelleriae Tud. — Ex Commentario Lucae Alberti
Petti fol. 93 (3)"et pag. 191 (4) a ter. etc. ».

Il Petti citato ricorda infine un altro scritto del Cesi (5):
L'Aquila, panegirico del Sig. Pamphilio Cesi da Cascia, dot-
tissimo Maestro di scuola della Città di Todi, fatto l'anno

(1) Che la chiesa del Quadro si chiamasse « S. Petrus de Cesis » lo si trova in
un istromento del 1388 nel quale intervenne il Priore della chiesa « S. Petri de
Cesis Tud. Dioecesis » in Petti, (V. nota seguente) Vol. VI, 177.

(2) Veramente il titolo non é riprodotto con troppa esattezza!

(3 Il Petti Lucalberto nei suoi Commentarii overo Memorie di Todi antiche e
moderne, ms. nell'Archivio di Todi, Parte 3,* fol. 93 v., riporta la notizia estratta
dal Volume delle Decretali per l'anno 1031 cosi: « Die 8 junii a Consilio generali
« electus D. Pamphilius Cesius de Cassia in magistrum scholarum comunis Tuderti
« pro uno anno, fol. 54 ».

(4) Vi è ripetuta la notizia, e vi si aggiunge: « ... eletto Panfilo Cesi al pre-
« sente m.0 di scola d'Assisi, per un anno con la provisione che ha il presente m9
« di scola et con tutti i pesi et honori, retente e regalie solite ».

(5) Vol. IV» fol. 217, e Vol. VI, fol. 383.









98 A. MORINI



« 1635, in applauso della festivitade di S.° Nicolao, e s'allude
« al'Arma di essa città ».

« Incom. « Fusse mo Ill.mi Signori ch'havessi l'ammirata
« eccellenza ....

« Finisce, dopo pag. 10 grandi: « .... ma non da lingua
« infaconda quale è stata la mia. Dicevo ».

Non so se sia attendibile l'origine del Cesi raccontata
dall’Alvi e dal Pascoli (1); comunque non v'é di meglio che
concludere con quanto il Cesi stesso lasciò scritto verso la
fine dell’opuscolo che ora vien ristampato: « Idem CAESIUS
a ruinis Caesiis Cassiensem agrum ex longa Maiorum serie
Patriam nactus ».

Dott. ApoLcro MORINI.

(1) Si potrebbe anche ricordare che la famiglia Cesia esisteva a Cascia, presso
Maltignano, fin dall'epoca romana. (Vedi l’epigrafe riportata nel mio scritto: Cascia
nella natura, nella storia, nell’arte, pag. 181) e che contemporanei o di poco ante-
riori a Pamfilio Cesi rogarono in Cascia tre notai: Cesi Bernardino (1511-14), Cesi
Innocenzo (1570-73) e Cesi Ristoro (1584-1624).

—_%__





vODI ILLUSTRATA, ECC. 99



TVDERTI

PRISCVM DECOREM, NVPERVM
1 DECVS
- APHORISTICA ACROASIS

EXCELLENTIVM VIRORVM IVDICIO
RNATA
DAMEHI Lil CASII

AC CUDUOA $8 FN
ELOQVIO DICTA,



LABORE LVCVBRATA,

EVI GLI

E xn ostrz



TVDERMSEI

Crrquetani 1632. Superiorum permiju .

CI
Ex pographia







100



A. MORINI



ILLUSTRISSIMAE

IDDERI!
CIVITATI

EIVSOVE ALMI REGIMINIS
DECEHEMVIRTYS

PAMPHILIUS CAESIUS
F. A. V. S. A.

T2ESEVLXJ Vetus PRAESTANTIS.
; P: Cab AQUILA altum
Regina nobilissima, hoc est
ab Humanitatis vestrae ma-
guitudine ad Solis vestri
&J spjendores, nimirum Antz-
quitatis, Amplitudinis, Nobilitatis, Excel-
lentiae, Magnificentiae, et Eminentiae
intuendos, meo vel exiguo mentis iutuitu;
ita fulgentes eius ipstus radios sustinut,
ut me Panegirico Encomio in Senatu
publice dicentem audire dignum habuistis.
Ex quo meam non fucatam in vobis com-
missam publicam Administrationem per-
spicere, et probare potuistis observantiam,
vicissimque devicti, et grati animi St-
gnum, cuvas minimam certe notam af-
pono, dum Incltae huius Vrbis purum

À 2 Augustae





















TODI ILLUSTRATA, ECC.

Augustae Laudationzs totum Orbem occu-
pantis testimonium, tamquam in AQVT.
LAE. .Sftemmatis vestri. Auspicatissimi
mappa munda Auguste configuratum
convolvendum, intuentium oculos propo-
sito in speculo recludendo suam pulchri-
tudinem facile dignoscentes oblectandi
studio in apertum proferre Familiarium
rogatione lubenter constitui. Hoc vero
cartaceum munusculum, quod non als
debetur nulla ex parte meritorum Ae-
quatorem, sed. tantummodo obligationis
meac Relatorem propono, et ceu fascicu-
lum forum, quos nuper in spatioso, ac

fiorenti Existimationis Tudertinac campo

excerpsi, odorandum defero non minus
n. FLORUM ODOR, QUAM FRV-
CIVVM SAPOR PERSAEPE NOS
RECREAT. Qualecumque autem est a
voluntate Fidem, Venerantiam. et mon
vulgarem Servitutem | testante prorsus
devinctissima proficiscitur. Ita DEUS
benevertat, quod agitis.

EULO-

1939 939i





101



102 A. MORINI

Aborigines cum ab initio coluiffene e

(9 Diony Sedem.
Steph. | Dam Tuder Veiorum Dux circa Mundi | es tép.
Bizan, | Anni z400., ante Troiam dirutam fupra | colleà
a
:





QUIM |
FELICIA, £KTERNA, MIRA i
MONVMENTA,
Sita. | EXCELSAE, GRADIVICOLAE, mu
lib. 4. CLARAE CIVITATL Kn
Vetuftiffune Nobilitatis., O
Cuius



Anais | 1500.,ante Romam conditam 195$., ante | &exL.
in VII. | Chriftum natü 2707. , fuper ruinis Diuina | 4. de
erCi. | Prouidéria , Divino Nutu, Aquile volatu MM
lard. admonitus , fundamenta iecit: eamq; loci | Tudet. è
Dod. Profpe&u vndiq; diftin&o , Manibus , | Pioth.
Public { Arcibus , Turribus , Propugnaculis , | ^pot.
Nomine, Inacolis , Viribus, Aureo & Aca.



fplendidius

9
Antiq.
Seculo redeunte ,
: muniuit,decorauit, adauxit; È



Hefperie Fame Munimentum

excitauit. ce

A3 MART- 8
QXIOQEfO OIX OOo CRCR













Sil. Ital.
plur. in
locis.

Tudert.

ex ead.
Histor.

Leon.
Aretin.
Mar.
AEned.
VII.

Sil. Ital.













TODI ILLUSTRATA, ECC.

MARTIO COLLI
Topiei Dij, Belliger Impius, Clav:
Herculea, Altitonans
Tuppiter, Mulcibera manus apud fictae
fidei Religionem praeerant.
Martius Civis Primarius cum ab Hetrusci
Exercitus obsidione Patriam exemisset,
Castrensi Corona, et Statua in Martis Tem-
plo prisco Aevo apprime celebri, cuius
modo invisuntur vestigia
Praemio Posteritati utili ornatus,
Martiae Virtutis Fulcimentum.
Et
Argatassus Belli artibus peritus inimica
Agmina arcendo, suis opitulando, fortunas
defensando, murali Corona Colossum
promeritus, Experimentum explicuit.
Bellatores spectatissimi claruere.
Qui
Cum Turno Rutulorum Rege coeuntes in
Aeneam, et Troianos concertantes, averso
exercitui obsides proelio, hostes pugna,
status vigilantissimi Custodes, negotium
facessere.

L. CRISTA Romanarum Legionum Praefectus
Maximus in Armis sex cum Liberis, Luca,
Volso, Vesulo, Tilesino, Perusino, et
Querentio strenuis suarum cohortum
Tribunis, Cristata Galea, Clypeo, Spiculis
in Annibalem Poenorum Acerrimum
Ducem apud Cannas Arma movens, in
Acie pro Romanorum Palma fortiter
cadens, virile factum
Laudatissimus collustravit.
Egregius Aeques Comes Tuderis dietus
ardens emicavit.

Qui
Fesulas Hetruriae Civitatem obsidendo

cum



103

Marc.
Guazz.
et alij.

Volter-
ranus.
Sil. Ital.
et alij.



































104 A. MORINI

Iohan. eum Romanis Ducibus potenti lacerto-
Florent.

TR rum labore dedit direptioni.
Florentiae iungendis muris ante Servatoris
Natalem circiter Annum 70. insignis in-
terfuit
FULGENTISSIMAE TVDARVM
COLONIAE.
fuliae Fidae appellatae
Inter multas Barbarorum oppressiones
Imperii conversiones, et Civitatum
eversiones
Aeternae Urbi praesidium indefesse
indicanti.

Fortissimarum Gentium Genitrici, Heroi-
carum Virtutum Altrici, Militaris Disci-
plinae Magistrae.

Nihil extimescenti.

Quae

M non minus

jue lib. Cimbrieis Bellis Armorum crepitu, et

Tubarum sonitu e Caelo auditis; quam

tertio Marij consulatu caelestibus Armis

per aera magnum volitantibus, atque
ardenti Caelo prodigiose perterrita

Ad memorabile Portentum se se confir-






mavit.
uet VERO, ET CLARISSIMO MVNICIPIO Aggen.
Marcel. urbicus

Romana Civitate munifice, et merito Hist. et
vet. test

suo donato.

Omnia ex ea iura consecuto.
Suffragia, Consulatum, Praeturam, Aedi-
litatem, Magistratus, Dictaturam, Cen- EUR.
turiam, Tribunatum, Decuriam, Ordinem De.

Senatorium.
Md. 9i In Tribu Clustumina, et Voltilia

var.mo Laurea Serta, Trophaea, Statuas.
numen.

Civit. Decem Proceres praecipui summo
Gubernaeulo



































*

Sex Au-
rel. Vic-
ctor Gu-
gl. Eseng
Iuneti.
Panvi-
nius.
Vallo-
nus Olim
iod.
Petr.
Recor-

at.
Paulus
Diacon.
Baffus
Eusep.



TODI ILLUSTRATA, ECC.

Gubernaeulo nati, Primarijs Honoribus
in Urbe, et extra Imperiali Provincia
eohonestati, bonis temporibus
illuxere.

L. Iulius Marcianus ex T. Cl. Aed. ob
singularia in Rep. Romana merita Statua
condecoratus.

T. Popilius Albinius ex T. Vol. P. Cohort.
Praef. Trib. VII. Legionis ob heroica faci-
nora, Simulacro admirandus.

Q. Cecilius Q. F. Atticus Trib. Mil. Praef.
Frum.

L. Iulius L. F. Clu. Marcianus Aed.
Bevi,

M. Popusilius M. F. Clu. Genialis Mil.
Cor. XI. Pra. et Centurio Crispinae.

L. Canerius Clem. lib. primi Genius sex.
Vir. II. Augustalis, et Flavialis.
Ulpius Traianus Traiani Imp. Pater.
Cos.

Imp. Caesar Nerva Traianus Aug.
Ger. Dac. P-.M. Trib. Bot. Cos. :V. PE,
Ablavius traetandarum rerum usu praeditus
Tusciae, et Umbriae Cos.

Plau. Abl. F. virtute, et rebus gestis con-

: spieuus Tusciae, et Umbriae
Procos.
Praeter Quos
* M. VLPIUS TRAIANVS Primus Caesarum
Peregrinus communi acclamatione
Optimus Romanorum Imperator, Opti-
mus omnium Princeps indubitato hine
oriundus Regio animo, Regiis moribus
eximiam laudem, miram Gloriam Regie
comparavit-
Cui
MARCIANA Imperatoris Traiani Soror
inter





105 .

Oct. de
strada
Antiq.

Caesare-
us Hub.
Gottus
de vit.
et imag.
mper

Ab.

Vsper.
in suo
croni-
co, et
alij









A. S.
303.

Classici
omnes
Auth.

Paul.
Diacon.



A. MORINI

inter DIVAS Cooptata Amplum Inte-
gritatis indicat MONIMENTUM.
Martiae Patriae DOCUMENTUM.
Ineliti Iubaris ADDITAMENTUM.

* ETHNICO DECORI
DIVINUM DECUS post ortam Salutis
nostrae Lueem sub Ann. 120. splendeseens
longe praestat.

Priscis Proceribus melioris Seculi insignes
praecellunt.

Prosunt Praesides
Divi nonaginta quatuor fortes Martyres
in Fidei eonfessione sub virulenta in Chri-
stieolas Massimiani, et Diocletiani ira
Martyrij coronam hie constantissime
potiti,

Sex Confessores, tres Virgines, et quatuor-
decim Beati.

Inter quos
DIVVS MARTINVS P. TVDERS
PONT. 0. MAX.

PASTOR
Providentissimus,

PRAESES
Sapientissimus
Orthodoxae Fidei Propugnator Acerrimus
Themistium, Sergium, Cyrrhum, et reli-
quos Seetarios haeresim contra Christum
Deum, et Hominem spirantes, sapienter
impugnando.

Coneilium Romae omnibus Catholici Orbis
ealeulis exeeptum indicendo.
Perniciosas Doctrinae sordes repurgando,
pro Infidelium conversione
Ab Haereticisiniurias, a Saracaenis Ecclesiae
clades, ab Imperatore (cuius iussu Ca-
ptivus Pont. tenendus in Basilica Sanctae
Mariae



Exeod.
Oct. de
Strada
et lect.
Lapid.

Gugl.
Eseng.

Hist.
Sanct.
Tudert.





Card.
Baron. E

Apud
Sur.










nai is
ENT RE

ve



ex conc.

lapi
et Bald.
in sch.
Anton.
Archie-
piscop.
Florent.
Simon.
et An-
nales.

Civit.

A. D.
1330.

ex annal.
Tudert.
et publ.
codicil.

ex ijs
dem.



TODI ILLUSTRA TA, ECC.

Mariae ad Praesepe Miles spartarius Divi-
nitus obcaecatur)
Propria pericula illata infracto animo
sufferendo.
Exilium in Chersona, martyrium non
respuendo,
Miraeulis eoruseando.

Anast. Caeco per orationem adhue vivens
Constantinopoli lumen restituendo
Cum Annos sex, menses tres, et dies
duodecim sedisset.

In Domino Sanctissime obdormiendo,
Caelestis Aeternitatis Numini, atque
Hominum memoriae Nomen
conseeravit.

REIP. TVDERTINAE
Antiquissimo Stemmate,

Maiorum Imaginibus, Belli elarissimis
Facinoribus, partisque Trophaeis iubilanti.
Libero iure utenti, Leges condenti, Tyran-
norum Imperio reluctanti.
Spectabile equitatus, agmen publicis sum-
ptibus, publico praesidio alenti.
Cuius
Praestantiam Viterbium, et Senae Bellorum
difficultate afflictae exteris Donis, gratisque
signis splendidam reddidere.
Fulginiae Refectores moenia fuleientes
singulares effulsere.

Direptores
* Urbemveterem Iohanne Pont. XXII diri-
pientes animosissimi.
Interamnam, Ameriam, et Oppida finiti-
ma ad deditionem eompellentes
Fortissimi.

Hosce Populos facientes vectigales
Populabundi

praefuere.



107

A. S.
654.

monum.
vet. et
certa
indul.

Blond.
Fr. Iac.
Phil.
erem
Mareus
Guaz.
Scott.
et alij

*

Dibl.
Pontif.





































Iohan.
villan.

Campan.
monu-
men.
et annal.
Tudert.

1289.

A. MORINI

praefuere.
LUCESCENTI DOMICILIO
De Benedieto Caietano prius Canonico
Tudert. Apicem Pontificatus adepto
BONIFACIO VIII. dieto
Cuius munificentia S. Eeclesia Tudert.
Rubro Vexillo eandida Cruce intersepto
eum Universalis Matris Ecclesiae clavibus
in fotae, auetaeque iugiter Fidei huius Propa-
ginis sanguine Argumentum insignita,
aliisque mirifieis affluxit Privilegijs
Benemerito.

Antonium Calvum Romanum Cathedra-
lis Ecclesiae Tudert. Canonicum; inde ab
Innoeentio VII purpureo Pileo ornatum
Basilicae S. Petri Archipresbiterum Tud.
Card. nomen retinentem complexo.
PIUM II. Pont. Max. Cuius lustratio inter
Aptos, et Claravallenses Guelpharum ex
una Ghibellinarum ex altera parte secta-
rum capita turbulentas discordias civiles
Illustravit; cum quatuordecim Cardinali-
bus per mensem Hospitio
venerato.

NATALI SOLO
Tribus Purpuratis Patribus
Fr. Bentivenga de Bentivenghis Patric.
Tudert. Ord. min. Card. maiori Poeniten-
tiario Episc. Tudert., et Alban.

Fr. Matthaeo de Bentivenghis Patric. Tud.
ord. min. Generali Card.

Epise. Portugal.

Franeiseo de Aptis Patrie. Tudert. huma-
ni, divinique iuris consultissimo, in Italia
Vicarij Generalis, et Legationis
munere functo, alijsque honorificis oneribus
a Gregorio XI. ornato; Epise. Clusij
Florentiae







ex annal.
Tudert.



ex varijs
hist., et
annal.
Tudert.














































TODI ILLUSTRATA, ECC. 109

Florentiae Praesb. Card. Tit. S. Marcelli
glorianti.

Raynerio Tudert. S. R. E. Vicecancellario

Antiochiae Patriarchae

enitescenti.
Duobus Archiepiscopis
1285. Fr. Laurentio Blundi Tudert. ord. Prae-

dicatorum Archiepise. Cosan.

Fr. Felitiano Aurucio Tudert. ord. serv.
Procuratori Generali, Archiep. Avenion.
a Pio V. creato
‘exultanti.

Queis
Undeviginti Episcoporum oleaginum
Corollarium connectitur
I. S. Cassianus Vrbenius Ablavij Procos.
filius Patric. Tudert. Episc. et Martyr,
sub cuius Vexillo innumeri Martyres mili-
tant, praedieationis faeundia-Christi Fidem
propagando inter vineula, inter supplicia,
inter vulnera a suis illata Diseipulis, ab
obseuro Careere ad Aethereas Auras

Caelesti Splendore circumdatus

Lucis Delicio fruiturus
evolavit.
A&:-9.:300.

I. S. Felix Martyr Civis, et Episcopus
Martanae Tudert. Christi Divinitatem,
atque Humanitatem apud Tyramnos

efferendo,

blandieias respuendo, minas negligendo,

Humanitatis Spolijs per cruciatus exutus,

Divinitatis Speculum de facie
novit.

In. Atho de Aptis Patric. Tud. Episcopus,

verbo et exemplo eunctis hominibus

proficiendo, iura Ecclesiastica totis
viribus

1571.







110

INI.

ATI.

VIII.

VIITI.





A' MORINI

viribus patrocinando, Patriae suae
Fulgentes Gemmas custodiendo ;
Othonis Imperatoris
(cuius Iudicio, aliorumque Divorum
Principum haec Civitas ornata laetatur)
Legato. Corpus S. FORTVNATI Tud.
Praecipui Patroni in Gallias transferre
volenti, viriliter obsistendo, Apte
commendatur.
ASD 910
Fr. Angelarius Bentivengha Ord. Min.
Patric. Tudert. Episcopatus munus
apud suos cives summa cum laude
explevit
A. D. 1285.

"Thebanus Pontanus Patric. Tudert. Assisin.
Antistes vitae Probitate, suaeque Ecclesiae
laudabili Regimine eximius, decessit
A: 8::1314.

Fr. Gentilis Bentivengha ord. Predieatorum
Patrit. Tudert. Epise. Nepesium commisso
Gregi grata pascua paravit
A; 8.:1882.

Raynucius de Aptis Patrie. Tudert. Eccle-
siam suam Episcopali Dignitate moderando,
Indulgentijs ditando, eum annos XXX
sedisset gloriosam
Nominis sui memoriam reliquit.

A. S. 1836.

Fr. Benedietus Mattheucij Accorselli Tudert.
ord. Predic. Epis. Davalien. integritate,
rerumque experientia
enituit A. S. 1384.

Iohannes Botius Nobil. Tudert. Epise.
in Provincia Pieaeni variarum Virtutum
genere floruit.

A. S. 1400.













XII.

XIII.

XIIII.





XV.







XVI.









XVII.






TODI ILLUSTRATA, ECC.

Fr. Franciseus Tudert. Episcopus Lexin.
Pietate, ac Legum Observantia claruit
A. S. 1415.
Nicolaus Tudert. Episc. Foliarum Religioso
morum eandore effulsit
A. S. 1427.
Pandulphus Livianus Patrie. Tudertinus,
Camertium Episc. ob insignia iacta vir-
tutis semina sibi, et Patriae fructum attulit
optatum
A. S. 1436.
Franciscus Oddus Patrice. Tudertinus,
Assisinatum Antistes Religionis orna-
menti memor, loquentem Meritorum
Famam Monumentis reliquit.
vivebat
A. S. 1444.
Franciscus Angelus de Claravallensibus
Patricius Tudert. Episcopus Feletran.
Prosapiae claritate, Maiorum virtute, Armis
deeoratorum, et Literis armatorum, saera-
rumque scientiarum cognitione, Clarus,
Domus suae Claram Excellentiam
commendavit
# A. S. 1449.

Franeiseus Braverij de Maecabrinis Tud.
Episcopus Anagnien. sedula in commistas
Animas diligentia ab hae vita laudatus
migravit
A. S::1900.

Bernardinus Livianus Patrie. Tudert.
Episeopus Nucerin. Campaniae morum
candore, rerum experientia, multisque
numeris absolutus recolitur; vivebat
A. S. 1506.

Ludovicus Magnascus Nob. Tudert.
Assisinatum Antistes Animi magnitudine



novis.



111



A. MORINI

novis institutis Eeelesiam suam exornavit
A. 8. 1543.

Neapoleo Comitolus ex Comitibus de Colle
medio Dominio Tudertium oriundus
Perusinorum Episeopus, cuius praeclara
gesta inter mortales luxere, Honoris one-
re onustus ad Immortalitatis gloriam ob
innumera edita pia opera indefesse
aspiravit.

A. S. 1614.

XVIII. Ludovieus de Aptis Patric. Tudert.
Episeopus Seniens. aequitate, et erudi-
tione admirandus multum decoris
Genti suae adiunxit: obijt
A. S. 1681.

Quorum
Celebrationem duo Illustrissimi Antisti-
tes praeter expositos.
Antimus de Aptis Episeopus Horton. et
Camplen.

Nieolaus de Benignis Episc. Civitatis
Duealis apud Sabinos impraesentia-
rum apprime celebrant.
Praesulibus, Abbatibus, Prothonotarijs
Apostolicis, Urbis ROMAE Senatoribus
Petro Corrado Patrie. Tudert. Senatoria
Dignitate Decorato certe referendo
Splendescenti.

Comitibus
Cominus, et Eminus Eminenti.
Inter Multos Notitia elariores, quo seilicet
tantae laudes testatiores
fiant.

Ranucium de Aptis Podij Dominum.
Catalanum de Aptis Romanae Ecclesiae
partes Belli suppetijs prosecutum
a Summis Pontificibus

Municipijs













qm.





TODI ILLUSTRATA, ECC .

Municipijs Sismano, Montecastello,
et Iano donatum.

Petrum loha:

Claravallensibus Cana

Comites,

Quos Pius II. Po

in Remp. merita Casaliveri,

Dominos constituit.

Polidorum de i
Tudert.

Comitem Palatinum;

Unde Comites Mont
recognoscere ]ubuit.
Doetissimis Turisconsu
De tanto hominum spl
tribus in conspicuo
Francisco Rinalducio in
V. I. Canones public
Michaele Corrado ROM

positis.



in Alma Sapientia Iur

sapienter interpretanti,

in forensibus causis,

ut typis impressa Consilia ex
versatissimo.

Vincentio Caroeio P
I. C. Eximio,
plura Civiliu
testantur, D
Magnanimis Militui
Quibus
Hos paucos diliger
Tacobum de Ap
explorata victoria
ac TVDERT
i redigentem.

' Maximi Exereitus hono
ab Alphonso Neapolis

mem, et Franciscum de
lis, et Acoscelli

nt. Max. ob Christianam
et. Casalis

rentaquatnor Patrie.

isursoli prosiliere

Itis enitescenti.
endido numero

ALMA VRBE
e ex ponenti.
AE item
a Civilia

primunt,

atric. Tudert.
ut testimonium hoe
m Legum edita opera
axime recensendo.

m Praefeetis Gloria

nti leetione inventos
tis pro Ecclesia
arma sumentem,

VM in ditionem P

re Primipili, et
Rege munifico
stipendio



quam




bundae

ontificis








114 A. MORINI

stipendio auctum, suaeque Familiaritati
adiunetum.
Franciscum de Aptis sub Gallorum
Rege numerosae Militum Cohortis
Praesidem.
Ludovicum de Aptis ab Alex. VI.
Eeelesiastieae Militiae
Moderatorem
delectum,
et a Clemente VII. summis honoratum
Gratijs.
Angelum de Aptis sub Leonis X. Sede
vacante a Cardinalium Collegio
Classis imperio summo cum
honore ornatum
Nicolaum, Sperandeum, Ennium, et
Anselmum de Claravallensibus Venetae
Reip. Legionum emerito stipendio
Comestabiles
Vallemeamonieam Dominium Brixiensium
2 Statui reddentes
plurimis Privilegijs ditatos.
Georgium, et Angelerium de
Stephanucijs
Patric. Tudertes
Carolo Andegavensi pro Regni Neapolis
Triumpho dimicantes
Aequestis gradus ornamento, et
Stemmatis signis insignitos.
Bartholomaeum Livianum rei militaris
peritissimum
Classis Praefecturam apud Venetos
egregie tractantem, :
de illorum Rep. benemerentissimum. dai
Non invitus : i
Praeconijs extollendos m
nominatim adieei.





Permultis















TODI ILLUSTRATA, ECC.

Permultis Civitatum, ae Provinciarum
Moderatoribus, Militum "Tribunis,
Duetoribus, singularibus Viris
Aequestri Dignitate ornatis,
Phisicis; utriusque, Poeticae, Faeultatis
Disertissimis Professoribus,
Liberalium Artium candidatis,

A elassieis praesertim commemorato
Authoribus Antonio Pacino Tuderti
Latinae, Graecaeque Facundiae
In Aeademia Laurentij de Medieis
Magni Dueis Hetruriae
Eruditissimo Doetore,
Innumerisque leetissimis Viris, quorum
humeris bene sedisset Imperium,
rutilanti.

Quorum
Singulorum Nomen, Singulorum Lumen
non laconicam testificantem partem, sed
longam Historiae exponentem lectionem,
non factorum Angustum Velamen sed
certorum honorum Augustum volumen
desideraret.

ICONIS ERGO
Superstitem hane virtutem Superstitum
vires maiorum Procerum passibus
inhaerentes ubique Gentium
virescentes mirifice muniant.
CELEBERRIMAE VRRI
Altissimae TRIADIS Numen adest propitium,
Sidera Suffragantur, Elementa arrident,
Totus Terrarum ambitus taeite
invidet.

In pulcherrimo Italiae Theatro ad Poli
gradus 43. temperatis solis radijs
subiectae positum
tenenti

Caelli



115









A. MORINI

Caeli clementia; Agri ((Tyberi, Arnata,
Naia, et Rivo pisciferis fluminibus
imprimis abluti) bonitate, et spatio

80. milliaria passuum circuente,
omnium rerum uberrimo proventu
Felieissimae
Theatris, Amphitheatris, Thermarum
vestigijs lapidarijs fodinis, fontibus,
puteis, quodque mirum est, in
vertite collis aquarum venis,
et affluentia loecupletatae.

Ab oriente herbosis montibus, a meridie
apricis collibus, ab occidente amoenis
vallibus, a septemtrione perpulera,
fertili, et spatiosa viginti millium
planieie, arborum consitionibus,
arbustorum, olearum, vinearum
ordinibus, tanquam
corona arte faeta, redimitae.
Oppiduljs, et Villis (dirutis, et quibusdam
connumeratis exemptis) omnes Anni
dies aequantibus, et Castro Casta-
neolae cum mero, et mixto
Imperio dominanti.

Hae Tempestate Populi frequentia, et
duobus ostiorum millibus refertae
Stabilium Academiae Gymnasio primo
in Vmbria stabilitate suffulto, Pale-
stris Literarijs, et Seminarij musaeo
ab EMINENTISSIMO $. R. E.
Card. LANTE Principe
Romano erecto, olim
TVDERTIVM integerrimo Pastore.
Qui
Patria, Sobole, Dignitatibus, Animo,
Moribus, et Operibus undequaque Ineli-

tus, pia ope in Egenos in Martio
Colle













TODI ILLUSTRATA, ECC.

Colle intermicat.
congaudenti.
Inaestimabiles DIVORVM suorum thesauros
complectenti

OSSA potissimum S. S. CASSIANI, et

CALIXTI MART, ac FORTVNATI
.. CONFES.
EPISCOPORVM TVDERTIVM
SS. DIGNAE, et ROMANAE atque
B. IACOPONI de Benedietis
Nob. 'Tudert. ord. min.

In Saeello Amplissimi Templi D. Fortunato
dieati, sub Choro, et Maiori Altare
coneamerato artificioso Mausoleo
contecta honoranti.

Exterorum insignibus Reliquijs prono
Dei favore perfruenti.

B. Philippi Benicij Florent. ord. Servit.
B. Raynerij de Burgo S. Sepuleri Ord.
Capuceinorum,

Quorum
Corpora hie integra asservantur.
Caelestium Gratiarum Donum modo
ut cum maxime eorum intercessione
experienti.

Duobus ornatissimis Templis tanquam
Propugnaeulis Civitati proximis
TVDERTIVM sumptibus mirabili
struetura construetis
Altero
CHRISTO REPARATIORI
ad ortum
Altero
DIVAE MARIAE CONSOLATIONIS

ad occasum pertinenti
miraculis micantibus
votis,
Ad quae



































117








118

Alex
Geland.

Franc.
Campan.

et alij.

Cyprian.
Vrbe-
vet.



A. MORINI

Ad quae
Magnus Christicolum concursus Pietatem
in DEVM propagavit,
pie emicanti.

IN VMBRORVM, et VEILVMBRORVM
termino plerisque
ANTIQVITATE, NOBILITATE,
OPVLENTIA

praeeunti. ——
NVLLI SECVNDAE.
Cuius
Vtrumque FORVM (loci hine, et inde
amoenitate, viarum agilitate, aedium ele-
gantia, fruetuum ubertate, Annonae
abundantia, variarum rerum copia, CIVIVM
CIVILITATE, multipliei Saerae RELIGI-
ONIS Ordine, Augustis Templis, caete-
risque concelebrandis omissis)
MAIVS
Columnis innixum Cathedrali Ecclesia,
Episcopali Regia Domo, amplis Curijs
Gubernatoris, et Decemviralis Magi-
stratus, Iustitiae Vindicis, et Iudicis, se-
ptem Tribunalibus, quatuor latis vijs
ad quatuor Orbis Cardines spectantibus ;
MINVS
Exilerante prorsus specula effictum, Palatijs
magnifice extruetis coneinne eingitur.
sed hem!

Dum pleraque silentij velo obvolvo
praemissa veritatis verbo attestor,
Non negligenda Eneomia mihi aures
vellere iure videntur,
ut
memoranda memorem.

Quod
Florentissima haec Civitas Trineios Nob.

Cives,








































'TODI ILLUSTRATA, ECC. 119

Cives, Fulginiae Dominos, aliorumque ^
Oppidorum, et Comites Montismartis :
ae Baschij, quin etiam Nobiles de
Alvianis cum alijs innumeris
emiserit.
Quod
Duos Illustrissimos Praesules
Hieronymum Stephanucium Apostolici
cubiculi Praefectum
et
Camillum Stephanucium Patricios
Tudertes Collectoriae Regnorum
Hispaniarum pro Sant. D. N.
Fiscalem Generalem,
Ad maiora elatos visura, ni mors immatura
surripuisset,
hac aetate sit enixa
VRBANO VIII. Summo Pontifici
earissimos,
Quem
Protectorem purpuratum hie Nobilium
Coetus olim



expetens,
Habuit potentissimum
PETRI Navis sedentem speetat in puppi
CLAVES, et CLAVVM
tenentem
BEATISSIMVM.
Suum Gregem ubere, ac dulei mellis
Nectare affluentem.
Cuius
Duleorem TVDERTES propensa tanti
PONTIFICIS gratia degustant
optatum.
Quod
Eiusdem VRBANI VIII. Providentia
Illustrissimum Ludovieum Cineium
Patricium















120 A. MORINI

Patricium Romanum Tudertium,
et Dioecesis Pastorem
Prudentissimum
Multorum Heroum Titulis Illustratum
Duobus autem summis Pontificibus,
et septem purpuratis Principibus
eminentem.
Moderatorem nune nacta sit in Divinis
Reverendissimum.
Cuius
Cineiae Lunae splendore fraudes distant,
laeta quies viget, et ovile gratis
ovat Auspicijs,
Atque
Illustrissimi Caroli Abbatis Perbenedieti
Patrieij Camertis V. g. Referendarij, et
Cardinali de Camerino dieto ex Fratre
Nepotis Tudertini Dominij Guber-
natoris Incorruptissimi Guberna-
culum experiatur in Humanis
excellentissimum.
Cuius
Animus pietate, ac Iustitia refertus
Alteram Aetori, alteram Reo integram
aurem prebens
Ius dieit unieuique suum:
hine
Fas fovetur, Lis dirimitur, et Vbertas
utique augetur
8. P. Q. TVDERTI
Qui
Tot Laudibus, tot Laureolis, tot Luminibus
Illustris Vbique locorum nomen de se
protulit Illustrissimum
Nihil deest ad bene regendum
Iustitia Iura, Fortitudo Fortia Faeta, Pru.
dentia Veritatis normam, "Temperantia
Humanam

na a TO

n —

TATA IE







TODI ILLUSTRATA, ECC.

Humanam opem firmavit.
Fides Faedus, Charitas Charites, Spes
Specimen stabilivit.

Iustitiam Faustum Omen, Iovis Ales, Legum
Amor; Fortitudinem Forte Stemma, Pri-
scorum fortuna, Praesentium robur;
Prudentiam
Ianus Tuder, Senum Senatus Consularium
Consilium; Temperantiam Veterum mores,
Viventium modus, Virorum Virtus
exeolunt, exornant
amplifieant.

Fidem Martyrum Triumphus, Charitatem
Antistitum ardor, Spem Caelestium spe-
eulum Heroum Illustrat, fulcit, adauget.
AMPLISSIMO DECEMVIRALI
COLLEGIO
Praestantem hane Amplitudinem Colligenti
non Incitamento, sed Ornaniento est opus;
Cuius

Selectissimi CONSVLES dum REIP.
TVDERTINAE, Clavum tenent
consulunt incolumitati, de Civibus

benemerentes, ad Publicas uti-
litates Animum proniorem
praeferentes, nullum sibi
relinquunt otium,
ut Patrio otio prospiciant Nomen
immortalitati
commendant
Idem CAESIVS a ruinis Caesijs Cassiensem
agrum ex longa Maiorum serie Patriam
nactus,
sub hoc amoenissimo Caelo
rogatus vitam vivere
LVCENTISSIMAE huic GLORIAE
humillimus cedens,
Quod







A. MORINI

Quod legit, Quod vidit,
Quod miratus est,
Legendum, Videndum, Mirandum.
ut
Laetissimus dixit,
et
ex animo celebravit.
ita
Observantissimus, ex innumeris cedro
dignis Nominibus, quae debentur
paucissima delegit.
EVLOGIORVM suorum Eloquium
exposuit
Venerationis Signum.
(Admiratione Silentium suadente)
Sub Solstitio hyemali
consignavit
An. a Sal. recepta
CIO IOC XXXI.



TODI ILLUSTRATA, ECC.

Nobili Viro
D. PAMPHILIO CAESIO
Undequaq. Ornatissimo.

EVLOGIVM
HEM
Decus Gentis Latinae, atque Splendorem:
Quo frui gaudent Martij Quirites.
HIC
INGENIJ INVENTO, MONVMENTORVM
LABORE, ENCOMIORVM ORNAMENTO
TVDERTI Collis Iugum dum ascendit,
Palam Immortale Nomen propalat.

.. VIROS IMPERIO, MILITIA, LITERIS,
RELIGIONE privatim, ac publiee CLAROS strictim
explieare posse fassus est,
Luculenter Laudat.

Vita periit, Mortis Gloria non morietur.
Quas Sole liquentes finxit Dedalus, non Iearijs pennis,
Sed findit IOVIS ALITIS ALIS,
ob oeulos expressum
AD MONVMENTVM, atq; INCITAMENTVM,
MARTIVM CAELVM.

CIVES in sui benevolentiam merito astringit.
HYACINTHVS MARTIVS I. C. TVDERT.
et Academieus Insensatus Benevolentiae, et
Gratulationis ergo, quod posuit,
Veritatis Calamo
Exaravit







124 A. MORINI

AL SIG. PANFILO CESI
SONETTO.
Del Sig. Gio: Bonaventura Guazzaronio.
S'allude agli Orsi del Arme sua.







Tu sei ne la virtù poco difforme
Da l'orso, e' hai ne l'arme tua dipinto È
Anzi tanto simil, tanto conforme, ;
Quanto, che quegli è simulato, e finto: [

S'ei con la lingua il nuovo parto informe,
Che più che vivo rassomiglia estinto,
Lambe in tutte le parti in varie forme,
Sin che lo rende valido, e distinto;






Tu che non men con la tua lingua puoi,
Che l'Orso già con suo lambir giocondo
Di Tudero lo mostri in tanti Eroi:




Ch' invece di lambir, col dir faeondo
?

De’ parti altrui ravvivi, e non de’ tuoi

I corpi nò, ma la lor fama al Mondo.






FINIS. LEGGI SUNTUARIE PERUGINE
NELL' ETÀ DEI COMUNI

La voce corsa insistentemente in questi ultimi tempi e
accreditata dalla stampa politica più autorevole che si stesse
—- ad iniziativa del Ministro on. De Nava — preparando e
studiando l'applicazione di una tassa sul lusso in genere, e
particolarmente sul lusso del vestire, ha riportato in onore
e fatto tornare d’attualità tutta la ricca e complessa serie
degli ordinamenti suntuarî, che costituiscono una delle più
rigogliose e fiorite branche dell’attività legislativa delle no-
stre democrazie medievali.

Mentre adunque si attende questa nuova conferma del-
l’oraziano

multa renascentur quae jam cecidere,

non sembrerà del tutto inopportuno rievocare ancora una
volta le molteplici e caratteristiche norme con cui i nostri
sapientissimi legislatori dell'età repubblicana intesero ad in-
frenare la mania morbosa e pericolosa del lusso nelle sue
più importanti e svariate manifestazioni.

Non sarà fuor di luogo però, innanzi di procedere a
quest'analisi legislativa, che fu anche tra noi già tentata
magistralmente da altri (1), indagare cosa debba intendersi

(1) Il FABRETTI, cioè, e il VERMIGLIOLI, di cui più appresso indicheremo con-
precisione gli scritti sull'argomento. — Per altre notizie bibliografiche sull’ argo-
mento vedi più oltre alla nota 3 della pag. 135.

126 G. DEGLI AZZI

per lusso e qual debba esserne il concetto scientifico che
valga a giustificare e spiegare, le leggi contr’ esso emanate.
« Il lusso — secondo lo Schüffle — è il bisogno della
squisita apparenza esteriore e del piü fine godimento sen-
sibile. Questo riguardo puó essere economico, se sta in giusta
proporzione con tutte l'altre determinazioni di bisogno, e
se contribuisce ad apportare la maggiore ricchezza di svol-
gimento e di godimento morale alla persona che mantiene
il lusso; ma se nel determinare razionalmente quei piü sot-
tili bisogni va perduta la giusta misura, il lusso si fa con-
trario all' economia » (1).

Questa definizione dello Scháffle, oltre i difetti di forma,
ci apparisce pure incompleta, in quanto considera il lusso
soltanto ne' suoi caratteri e nei suoi effetti economici, men-
tre ne trascura l'elemento essenziale, cioé quello sociale;
ivi infatti si dà prevalente importanza al rapporto ed al
danno meramente individuale, senza tener conto di quello
pubblico.

Migliore ci sembra, data l'indole della sua opera, la
nozione che ne porge il Walker: « Una definizione speci-
fica del lusso — egli dice — non la si può dare. Il lusso
per un popolo è la larghezza in quelle spese che sorpas-
sano i mezzi di cui dispone la grande massa della cittadi-
nanza; per un individuo è la larghezza in quelle spese che
eccedono il limite dello stretto necessario, secondo le con-
suetudini della classe sociale o economica cui si appar-
tiene » (2).

Il Boudrillart (3) poi e Paul Cauwés (4) distinguono
un lusso lodevole da uno biasimevole o pervertito: il primo
è conseguenza del progresso, e consiste nella soddisfazione

(1) SCHAFFLE, 11 sistema sociale dell’economia umana, $ 178.

(2) WALKER, La scienza della ricchezza, in « Biblioteca dell’ Economista »,
serie 3,2 lib. 5, p. 456.

(3) BOUDRILLART, Histoire du Luxe, vol. I, p. 4.

(4) P. CauwÈs, Cours d’Economie Politique, tom. I, p. 669. Paris, 1893.

LEGGI SUNTUARIE PERUGINE 127

per un maggior numero di persone dei bisogni, oltrechè,
urgenti, anche dei meno necessari; il secondo che è effetto
di tre cause: la vanità, la sensualità e l’ egoismo.

Tale distinzione a prima vista si rivela erronea, poichè
la prima specie non merita il nome di lusso scientifica-
mente parlando, in quanto rappresenta una manifestazione
anormale di sentimenti, ma la portata dei naturali e giusti
appetiti individuali, che appunto in condizioni di civiltà pro-
gredite trovano la loro soddisfazione. Ed invero noi non ve-
dremmo nulla di male finchè l’uomo, seguendo gli stimoli
della sua natura, cercasse di conseguire quel maggiore grado
di benessere che gli è possibile, senza urtare e perturbare
gli altrui diritti e gl’interessi collettivi del corpo sociale.

Anzi crediamo che l'aspirazione verso il maggior bene
possibile rientri tra i fini principali dell’uomo, ed il conse-
guimento di esso sia per lui quasi un diritto che può aspet-
tarsi ed esigere dallo stato di società. Poichè, a buon conto,
il fine supremo della consociazione si è quello di assicurare
ad ognuno de’ suoi membri tutti quei mezzi che più gli
sono acconci per raggiungere il suo perfezionamento e il
suo completo benessere. Dunque, se cotali esigenze sono le-
gittime, anzi condizioni essenziali ai fini dell’uomo, la prima
specie di lusso, distinta da quegli scrittori, merita tutt’ altro
che questo nome destinato a significare idea affatto diversa.

Inoltre, della seconda specie essi indicano soltanto le
cause, a dir così, psicologiche (e si ammetta pure che tal’ e-
numerazione sia esatta); ma non si curano poi di indicarne
l’intima essenza, nè tampoco gli effetti.

Il Prof. Alberto Zorli, in una lodata Monografia
« Il lusso nella finanza degli Stati (1), dice: « Il lusso non è
che l’effetto antieconomico delle passioni, o, per meglio dire,
di un dato ordine di passioni ».

Noi vorremmo che la definizione dell’egregio scrittore

(1) Macerata, 1896, p. 27.

128 G. DEGLI AZZI

fosse così completata: « Il lusso è l’effetto antieconomico
di un dato ordine di passioni, ossia di esagerati sentimenti
antisociali, che fanno cercare la soddisfazione di bisogni su-
perflui fuor de’ limiti consentiti dalle condizioni economiche
dell'individuo e della società in cui vive ».

Tale nozione ci sembra che contenga, oltre un chiaro con-
cetto del lusso e de’ suoi caratteri precipui, anche il pregio
della facile adattabilità ai vari tempi e alle diverse società.
Poichè in effetto quello che in dati tempi e in date condi-
zioni di civiltà è lusso, è effetto di sentimento egoistico ed
antisociale, in altre condizioni storiche può esser aspirazione
giusta ed organica, esigenza ragionevole. Così v’han dei
bisogni che in civiltà poco progredite, per essere fuori de’
costumi della generalità e per non esser dai piü conside-
rati come tali, quando sien soddisfatti, costituiscono lusso;
mentre in altre la loro soddisfazione non 6 lussuosa. E, pa-
rimenti, nello stesso periodo storico, quello che per un popolo
ricco e fiorente è esigenza normale, per un altro povero e
privo di risorse economiche puó essere anormale e dannoso.

A questo concetto si riferi pure l'illustre erudito nostro
Ariodante Fabretti (1) quando disse: « Il lusso è un
vocabolo molto indeterminato; e non è consentito agli eco-
nomisti lo stabilire dove questo incomincia, e distinguere il
superfluo dal necessario. Per moltissimi sarebbe lusso avere
a mensa un piatto di carne due volte la settimana, parsi-
monia per altri l'averne due tutti i giorni. Misurare il pane
alla figliuolanza con l'occhio dell'avaro per correr dietro ai
trovati della moda o accomodarsi a certe esigenze d'una
società viziata sarà per fermo un lusso riprovevole: ma
v'ha un lusso di comodità, che conferisce grato riposo e
vigoria al corpo, e all'anima soddisfazione e conforto. Staró

con quei cultori delle scienze economiche, che chiamano

(1) A. FABRETTI, Statuti e ordinamenti suntuari intorno al vestire degli vo-
mini e delle donne in Perugia dal 1266 al 1536, in « Memorie dell’Accademia Reale
delle Scienze di Torino », serie 2*, tom. XXXVIII, p. 137.

LEGGI SUNTUARIE PERUGINE 129

lusso lo spendere nelle raffinatezze della vita più di quello
che comporta il grado e la condizione di chi spende. E per-
ciò havvi un lusso, che non è sconveniente, ma profittevole,
e che vuolsi considerare come un bene, finchè non oltre-
passa certi limiti: serve mirabilmente a far progredire le
industrie e le arti, estendere la pulizia nella cittadinanza, e
agli operai dare lavoro. Se i ricchi non ispendono molto,
diceva Montesquieu, i poveri muoiono di fame: ma sog-
giungo che se lo spendere non è misurato, le profusioni dei
ricchi non servono ad altro che allo sperpero di capitali.
Peggio il lusso insensato, che per vanagloria o per osten-
tazione di ricchezza consiglia sciupare in un istante valori
considerevoli e di gran lunga superiori alla comune vanità
umana ».

2. — Effetti del lusso nei riquardi degl’ individui e delle società.

Considerato nell'individuo, il lusso, come quello che
consiste appunto in una sproporzione tra la potenzialità
finanziaria e le spese quotidiane, produce anzitutto dis-
sesti notevoli nell'economia delle famiglie; e per la sua
attitudine ad assumere una forma progressiva in breve
'tempo, e con effetti che han potente riverbero nella gene
rale economia, trascina ad impoverimento e miseria. Cosi,
ridotti rapidamente gl'individui ad una condizione diversa
da quella primitiva, e costretti a funzioni che non furono
loro proprie in passato, cui non vennero educati e cui non
sono adatti, vengono a crearsi quelle turbe di infelici che
noi diciamo spostati, e che costituiscono un imbarazzo e un
costante pericolo per la società. Pericolo costante per la so-
cietà, dicemmo, perchè niente di più facile che costoro me-
mori dell’antico stato (i cui ricordi fan loro apparire tanto
più insofferibile il presente, poichè

s . nessun mageior dolore,
che ricordarsi del tempo felice
nella miseria....),



130 G. DEGLI AZZI

umiliati e sdegnosi di que' rovesci di cui incolpan non sé
stessi, ma la Società e la fortuna, non si peritino di tra-
scendere à qualunque eccesso pur di riconquistare la posi-
zione perduta. Donde la facilità dei delitti, le rovinose e di-
soneste speculazioni, i fallimenti dolosi, e tutti quegli altri
mezzi che possono apparire come tavole di salvezza a chi,
indispettito d’un misero stato, tutto diverso dagli agî goduti
e dalle contratte abitudini, anela d’uscirne, non rassegnan-
dosi come quelli che, per esservici nati, facilmente vi s' a-
dattano, pur cercando di migliorare gradatamente la loro
sorte.

Il lusso, prima mezzo di godimento, finisce poi col di-
ventar fine per sé stesso: onde gli animi che ne son presi,
di quello solo si dilettano, in esso concentrano tutta l'atti-
vità loro, che stornano da occupazioni più feconde e più
utili, depauperando così la società del concorso d’un com-
plesso di forze che potrebbero esser giovevoli e necessarie
al suo perfezionamento e sviluppo.

Da ciò s’ingenerano la mollezza e l'ozio, cause funeste
di terribili conseguenze, che sfibran le tempre, corrompono
gli uomini, arrestano l’ energie, fecondano i germi malsani.
Inoltre poichè il lusso, come in genere ogni male morale,
ed i suoi effetti quindi, son per loro natura contagiosi e ra-
pidamente si diffondono, così gli stessi fenomeni che per
l'individuo notammo, si ripetono nelle masse, dove l' esempio
che viene dall’alto è inconsciamente imitato, con tendenza
anche costante ad esagerarne le proporzioni.

Allora si suscita pur nelle plebi una sfrenata mania di
godere, d’agiatezze, di svaghi, un orrore de’ disagî e delle
fatiche, che ogni di più si diffonde. Siccome però non a
tutti è consentito soddisfare le proprie aspirazioni e i mor-
bosi desiderî, e d’altro canto le fastose ostentazioni d’ al-
cuni fan apparire tanto più evidente il distacco, allora un
facile sentimento d’invidia preoccupa gli animi, che non
tarda a convertirsi in odio di classe feroce; e di là sorgono

LEGGI SUNTUARIE PERUGINE

nelle plebi la coscienza spesso esagerata de' diritti d'o;
gnuno, la convinzione d'una malintesa generale eguaglianza,
i tentativi dell' ambito allivellamento; di là i rancori covati,
le repressioni astiose, i desideri rintuzzati, le frenesie degli
odi individuali e collettivi, l'esaltazione passionale degli
Spiriti, tutti non fallaci forieri di rivolgimenti, di.cataclismi
sociali. Il molle regno degli ultimi Capeto, cui chiuse la
grande Rivoluzione francese, informi per tutti, terribile e-
sempio nella storia dei popoli!

Ma, pur prescindendo da queste ultime, remote conse-
guenze, altre il lusso ne produce ben più immediate e non
meno. temibili.

La prima è la mollezza del vivere e la corruzione dei
costumi, che da sè basta a segnare l'abbassamento morale,
la decadenza d’un popolo: e alla decadenza morale inevi-
tabilmente tien dietro quella fisiologica delle generazioni e
delle razze, di cui prelude fatalmente alla rovina.

Il lusso è anche incentivo potente, è causa determina-
trice, spesso unica, della prostituzione, e specialmente sotto
questo riguardo fu con insistenza preso di mira dal rigore
dei canoni ecclesiastici e delle leggi civili.

Fin quì noi lo studiammo prevalentemente in base ai
criteri della psicologia individuale; bisognerebbe ora im-
prenderne un'indagine accurata sui criteri della psicologia
collettiva, per esaminarne più davvicino gli effetti nelle so-
cietà intere e, per necessario riflesso, nei governi che le
dirigono; questo però esorbita dal campo che ci siamo pre-
fissi, senza poi tener conto che per considerarlo in tutte le
sue forme, sarebbe d’uopo estenderci ad altre epoche sto-
riche oltre quella cui vogliamo limitare il nostro studio.

Certo è però che nelle democrazie (che sole interes-
sano questo studio, e perciò ne facciamo accenno) il lusso
pubblico è segno sicuro di decadenza.

Esse, allorchè vanno perdendo l'energia e la forza,
come avvenne negli ultimi tempi ai nostri Comuni, regolano

——À—— VI e SIRO



132 G. DEGLI AZZI

e ordinano le feste per divertire dagli antichi instituti il po-
polo che ama tali seduzioni e in esse s’ addormenta obliando
ogni desiderio di libertà e dissimulandosi le tiranniche mire
di chi gli procura agi e sollazzi. V'é il lusso dei popoli che
meritano questo premio fastoso delle durate fatiche, e v'é
lo sfoggio delle genti spensierate — dice il Molmenti —
che sciupano i risparmi accumulati dalle precedenti gene-
razioni. Ora se l'esempio della pompa viene dai reggitori,
l'amor delle gale nei sudditi, e nella donna in ispecie, tra-
scorre presto ogni limite, scalzando le private fortune e le
pubbliche. E il Governo che con decreti invita a celebrare
magnificamente le feste (il che vedemmo avverarsi tra noi
nel XV e XVI secolo specialmente), è poi costretto a man-
dar fuori altri decreti a fine di moderare le eccessive spese
dei privati, e quindi nuovi ordini di feste e di sollazzi, sus-
seguiti da altre leggi repressive, inutili più delle prime,
perchè di nuovo esautorate d’ogni prestigio dai mali esempi
che vengon dall'alto. Fenomeno questo che si verificò pur-
troppo nelle nostre repubbliche, e che si ripete per ogni
intemperanza, specialmente pel lusso, che tra tutte le in-
temperanze è la più difficile ad essere, non pure vinta, ma
regolata! i

$ 3° — Antiche leggi suntuarie.

Le prime leggi contro il lusso le troviamo presso i Greci,
date da Licurgo (é5:0-) e da Solone (2&ovec) a quel popolo cui
eli sfarzi smodati e le mollezze eccessive dell'età aurea di
Pericle preparavano la fatale e vergognosa caduta e la con-
quista romana.

I forti Quiriti serbarono a lungo l’antica semplicità e
austerità de’ costumi, arra sicura di grandezza e potenza.
Ma le conquiste continuamente crescenti faceano affluire den-
tro la cerchia dei sette colli quell’oro funesto che dovea con-

LEGGI SUNTUARIE PERUGINE 133

durre a rovina la grande regina del mondo. Sugli albori del.
secolo VI a. C. il tristo germe cominció a rivelarsi, e sotto la
forma che piü é naturale e che sempre precede le altre,
quella, cioè, del lusso muliebre. Era allora la Repubblica im-
pegnata in guerre colossali, onde, quasi di soppiatto del pub-
blico potere, la mala pianta potè prosperare. Invano tentò
sradicarla la lex Oppia de cultu foeminarum coercendo del-
l’anno 514; ormai non era più il tempo. Le superbe matrone
avean già gustato il vanitoso diletto di veder le loro splendide
forme smaglianti del seducente luccicare dell’oro; la porpora
faceva apparire umile e spregevole la modesta stoffa casa-
linga d’un tempo; esse volevano fruire delle ricchezze che
i lor mariti recavano dalle recenti conquiste, mostrare negli
abbligliamenti sfarzosi la gloria, la grandezza dei loro guer-
rieri. E la legge Oppia, tra un nembo di proteste e di cri-
tiche, veniva in breve tempo abrogata. La vanità femminile
di giorno in giorno cresceva, fomentata dagli esempi degli
uomini che volentieri, negli ozi che loro concedevan le guerre,

amavano abbandonarsi agli agi ristoratori, e dall'emulazione
dell’altre donne latine che pubblicamente sfoggiavano il loro
lusso, ultimo resto della civiltà etrusca ed italica, su cui Roma
era venuta ad assidersi.

E come le donne degli abbigliamenti, così gli uomini
de’ sontuosi conviti si compiacevano: si tentò opporvi riparo
colle leggi (quali la lex Orchia de coenis del 573 e la lex
Fannia del 593), ma la loro frequenza ne attesta l’ineffi-
cacia. Il male cresceva, dilagava nelle provincie; le leggi
si succedevano continuamente, l’una più rigorosa, più minuta
dell’altra, e l’una men dell’altra osservata. Ricordiamo la
lex Didia, la Licinia, quelle di Silla, la lex ciba-
ria di Lepido, la lex Autia dell’anno 78 a. C., la lex
Julia di Cesare e la Papia Poppaea del tempo d’Augusto.

Omai ogni reazione era inutile: il soffio della civiltà
greca portava al rude Lazio col senso squisito del bello, col
culto geniale dell’arte, colle veneri dello stile, colla squisi-

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134 G. DEGLI AZZI

tezza del sentire anche l'influsso pernicioso de' suoi depra-
vati costumi, della sua aristocratica corruzione. Graecia capta
ferum victorem tulit; e l’Asia umiliata, abbattuta, distrutta
mandava, pel tramite ‘dell’Ellade, il suo funesto retaggio alle
nuove civiltà d’occidente. Invano tuonava Catone, l’austero
custode degli antichi costumi, contro l'ammissione dei rétori
greci: ormai l’arcano era sfatato e tutto cedeva al nuovo
miraggio.

Ma, accanto al lusso privato, un’altra e più disastrosa
forma ne sorgeva intanto, più fosca per le origine sue, più
terribile negli effetti, quella, cioè, del lusso pubblico, tutto
speciale delle corrotte democrazie, alimentato dalle private
fortune. Esso trovava un incentivo e un alleato potente nel-
l'ambizione, cui si univa la cupidigia di non sudate ricchezze.
Era il popolo che col suffragio conferiva le pubbliche ca-
riche; quel popolo che dimentico dell’ austerità primitiva,
guasto dal contatto di tanti popoli corrotti, arricchito delle
loro spoglie, che ne avea lentamente assorbito il letale ve-
leno, or più non voleva, non ambiva esempi d’eroismo, mi-
racoli di valore, trionfi sublimi, strepitose conquiste, ma ago-
gnava, chiedeva solo panem et circenses, cioè agiato vivere
senza fatiche, e feste, e lussi, e piaceri e godimenti sfrenati.
E quel popolo bisognava comprarlo, guadagnarselo, ubria-
candolo di sollazzi, di tripudi, saziandolo coll'offa di elargi-
Zioni di danaro, di gratuite distribuzioni di viveri che,
fomentando l'ozio, lo rendevano sempre piü insaziabile ed
esigente. Una volta poi giunti alle pubbliche cariche, bastava
l'esercizio di queste per risarcire dei sacrifici sofferti, delle
spese incontrate, per preparare nuove corruzioni e per at-
tutire, per soffocare le mormorazioni, i malumori di quelle
passate.

Nè più è d’uopo dilungarci in questo tristissimo quadro,
perchè ognun sa, ed apparisce per sè manifesto, come la
corruzione eretta a sistema, influendo sulla vita dell’individuo
e sul funzionamento dello Stato, occasionasse e determinasse

LEGGI SUNTUARIE PERUGINE 135

la caduta della Roma dei Cesari. Da allora sin quasi a dopo
il mille non si trovano piü a registrare leggi di sorta in
questa materia, se ne togli aleune ordinanze di Carlo
Magno dell'anno 808 circa il modo di vestire d'ambo i sessi.

Neppure nella prima epoca feudale ne abbiamo accenni
degni di qualche riguardo; ma le Crociate mettono i feuda-
tari al contatto dell'Oriente, ove imparano le raffinatezze del
lusso, e nel sec. XIII l'Europa occidentale si copre di ricchi
castelli, centri di svaghi e d'ameni ritrovi, di feste, di caccie
e tornei. Il fenomeno si accentuò specialmente in Francia,
dove scarso riparo ponevano le ordinanze suntuarie
di Luigi VIII del 1229 e quelle famose di Filippo il
Bello.

Il lusso e l’amore ad una vita agiata, penetrato nei ca-
stelli, doveva provocare un commercio esotico e industrie
manifattrici, che sorsero infatti e svilupparono rapidamente;
il commercio esotico del lusso occidentale arricchì Venezia,
Genova, Marsiglia, come l’orientale avea arricchito Tiro, Si-
done, Cartagine. Le industrie manifattrici arricchirono i
borghi e le città, che se ne valsero per opprimere l’aristo-
crazia feudale, già affranta tra le sue mollezze e i suoi ozi
tranquilli, e per rivendicarsi a libertà, organizzandosi a re-
gime autonomo di repubbliche. Ma in breve anche queste,
favorendolo le ammassate ricchezze e la conseguita prospe-
rità, non tardarono ad abbandonarsi alle mollezze ed al lusso.

$ 4° — Leggi Suntuarie dei Comuni. — Lusso nel vestire. —

Lusso nei conviti. — Lusso nuziale.

Non mancarono però i saggissimi reggitori di quelle forti
democrazie ad escogitare ed attuare i più efficaci rimedî, e
troviamo infatti sin dagli albori del secolo XIII una ricca
legislazione sul nostro argomento.

i A Perugia la prima legge suntuaria è quella del 1266



G. DEGLI AZZI

che limita le immoderate spese nelle cerimonie nuziali (1).

In essa si faceva obbligo allo sposo di giurare dinanzi al
Magistrato, nei di precedenti alle nozze, ch'ei non avrebbe
fatto o permesso ch'altri facesse doni eccessivi alla sposa,

sotto la sanzione di gravissime pene, anche spiritnali, poichè
ad accrescere autorità al divieto, in quei tempi di fede
sincera e di perfetta armonia tra il potere civile ed eccle-
siastico, si chiamava in aiuto pure la religione. Anche a Ve-
nezia nel 1299 una legge. vieta lo scambio di regali in oc-
casione di nozze, ordina che la sposa non possa aver al suo
seguito più di otto persone, e che al banchetto nuziale il ma-
rito non possa invitar più di venti uomini, nè la sposa più
di 20 donne (2).

Questa prima forma di lusso che abbiamo accennata, e
che precede pure quella del vestire e del banchettare, trova
forse i suoi precedenti storici in quei donativi, spesso molto
cospicui, che presso i Germani solevansi fare alle fanciulle
prima di mandarle a marito e che prendevano nomi diversi
a seconda dei varî rapporti di parentela dei donanti e della
loro qualità personale (meta, faderfio, exenia, ecc.).

Però, a detta del Pellini, tal legge dovè incontrar poco
favore ed osservanza, se appena dieci anni dopo fu neces-
sario rifarla di nuovo: « fu provveduto (nel 1276) alla troppo
eccessiva spesa delle donne, et particolarmente a quella che
si faceva negli sponsalitij, negli ornamenti et nelle mancie,
che in detti sponsalitij si davano; et vi furono fatti alcuni
statuti con molti capi, tra’ quali vi fu questo che non poteva
farsi alcun parentado che prima non si giurasse dinanzi al
Podestà l'osservanza di questo statuto; cosa degna di molta
lode ef molto necessaria a’ tempi nostri (3) ».

(1) FABRETTI, Op. Cit., p. 155 e seg. La prammatica ivi pubblicata ha la
data del 30 ago. 1266 e consta di 11 paragrafi.

(2) Archivio di Stato di Venezia : M.C. Fractus ; p. 194; decreto del 2 maggio
1299.

(3) PELLINI, Storia di Perugia, parte I, lib. 4, p. 290.

LEGGI SUNTUARIE PERUGINE

E simili divieti già erano stati sanciti alcuni anni prima.
a Bologna (1). Ben presto però, com’era facilmente ad aspet-
tarsi, a questa prima manifestazione lussuosa altre ne ten-
nero dietro, sempre più diffuse e minacciose, tantochè d’ogni
parte le leggi intendono a reprimerle, paventandone i danni
funesti per la pubblica e la privata economia. Ricordiamo
tra gli altri gli statuti di Pistoia del 1322 e 1333 (2), di Mo-
dena del 1327 (3), di Firenze del 1306 e 1330 (4), e di Pisa
degli anni 1286, 1313 e 1337 (5). A Venezia la legge citata
del 2 maggio 1299 facea divieto alle donne di portar « ca-
vezature di bottoni d’oro o d’ambra » che valgan più di

dieci soldi grossi, e « drezeriam aliquam perlarum » del

valore di più di cento soldi, e di non aver più di due pel-
liccie, nè strascico alla veste.

A Perugia la legge suntuaria del 1318 (6) venne accolta,
corretta e molto ampliata nello Statuto volgare del
1342. Ivi si riprova anzitutto il malvezzo delle donne di
portare in capo corone o ghirlande d’oro o d’argento, smal-
tate di perle ed altri preziosi ornamenti: l'abitudine dovea
peró essere cosi generalmente diffusa e radicata si profon-
damente che lo stesso statuto entro certi limiti di valore
(dieci libbre di denari) si trovó costretto ad ammetterla. Si
occupa poi dell'intero abito degli uomini e delle donne, pre-
scrivendone minutissimamente per ciascuna parte il maggior
costo consentito, la qualità della stoffa, il colore, le dimen-
sioni, gli ornamenti, il taglio, e perfino le fodere: come pure
si proibiscono i donativi (mancie) da farsi alle ragazze nella

(1) Statuta communis Bononiae ab amno 1250 ad annum 1267, lib. 2, rubr. 9,
editi da L. FRATI.

(2) Statuti suntuarî del Comune di Pistoia, editi da S. CIAMPI.

(3) Statuti modanesi, lib. IV, rubr. 162.

(4) G. VILLANI, X, 150.

(5) Statuti inediti di Pisa dal XII al XIV sec. pubblicati da F. BONAINI.

(8, FABRETTI, Op. cit., p. 164 e seg. — Il Fabretti oltre la legge del 1318 pub-
blicò anche la riforma statutaria del 1342 (Rubr. 232 e 233), che era stata già pub-
blicata dal Vermiglioli, per nozze, nel 1821, con bellissimo commentario (VERMIGLIOLI,
Opuscoli, vol. III, p. 15. Perugia, Baduel, 1826).

G. DEGLI AZZI

circostanza delle nozze o della monacazione, ed ai chierici
nel giorno della loro assunzione all'ordine del presbiterato.
La riforma successiva del 1366 (1) comprende più svariati
argomenti, e la sua maggiore comprensività ci rivela pure
il fatale progresso del lusso e delle relative funeste abitu-
dini che si venivano ‘ogni dì più diffondendo. Dopo aver ri-
petute press’a poco le inibizioni surriferite, salve una più
particolareggiata minuziosità e una maggior severità di pene
comminate ai contravventori, proibisce il banchettare delle
donne ad ora tarda e i sontuosi conviti, in ordine ai quali
pone rigorose limitazioni circa al numero degl’ invitati, alla
qualità e alla quantità delle vivande.

A molti potranno apparir vane e soverchie disposi-
zioni sì minuziose, incresciosa ed eccessiva limitazione della
libertà individuale, superfluo impaccio ai funzionarî cui era
affidata la sorveglianza su tali materie, il Podestà, cioè, ed
il Capitano del popolo, i quali, in mezzo agl'infiniti carichi
e d'importanza di gran lunga maggiore, dovean anche pren-
dersi la briga di vigilar ne’ pubblici passeggî e ritrovi che
nessun uomo o donna portasse ornamenti o vesti proibite,
sindacarne la qualità, la lunghezza, il taglio, il costo, perquisir
gli alberghi e le private abitazioni per cercarvi o donne ban.
chettanti oltre l’ora permessa o convitati fuor del numero le-
gale (2). Ma a chi ben consideri la qualità de’ tempi, l'indole di
quelle ristrette società politiche e l'organico concetto di li
bertà che allora si aveva, quelle disposizioni non appari-
ranno soverchie o tiranniche, ma provvedimenti opportuni
di saggissimi legislatori che, paventando i funestissimi ef-

(1) FABRETTI, Op. cit., p. 168 e seg.

(2) A proposito di questa eccessiva ingerenza che apparisce tirannica, ricor-
diamo che lo Statuto di Pistoia determinava pur l'ampiezza e la capacità dei letti
di cui i cittadini poteano far uso nelle loro abitazioni: Stat. Pistorii cit., lib. IV,
rubr. 120: « Quantum lectus debeat esse longus et amplus ad plus. — Lectus plenus
hominum et personarum civitatis et districtus Pistorii sit longus septem brachia et
amplus quinque brachiis ad plus et non ultra. Et intelligatur lectus: cultrix, fisco
et plumaccia!! ».

LEGGI SUNTUARIE PERUGINE TO9

fetti del lusso e vedendolo dilagar ogni di più minaccioso,
cercavano infrenarne in ogni miglior modo gli eccessi e sbar-
rarne il fatale cammino. Poichè essi non si dissimulavano
che sotto lo splendore del lusso si annidano il mal costume,
la lascivia e il germe della corruzione, della mollezza, ne-
mico di forti e magnanimi sensi, letale alla libertà (1).
Anche a Firenze le Provvisioni suntuarie del 7
Aprile 1384, ricche di minutissimi particolari, ponevano
gli stessi divieti (2); degna d’esser notata è in questa legge
la distinzione che per gli effetti legali vi si fa delle diverse
età; le persone, cioè, non vengono, come negli ordinamenti
perugini ed in genere in tutti gli altri, trattate alla mede-
sima stregua, ma a seconda delle maggiori o minori proba-
bilità di pericolo che rapporto a ciascuna di esse poteva of-
frire l'atto proibito. Molta larghezza infatti era lasciata nel
vestire e nell'abbigliarsi ai giovanetti d'ambo i sessi fino ai
10 anni; ma passata tale età, specialmente riguardo alle
femmine, il divieto s'inaspriva fino a divenire d'uno straor-

dinario rigore (3). E ció non ci sembra privo di ragione,

(1) Bellissima e caratteristica nella sua semplicità é la motivazione del divieto
fatto alle donne di banchettare a tarda ora che si legge nella Rubr. 231 dello St a -
tuto Volgare di Perugia: « Scripto é chi male fa odia la luce, e molte a ciò
che possano a glie volente malfare dare tempo, studianse glie convite fare la sera
de le donne ... ». Non é d'uopo di commenti a queste parole così efficaci nel loro
crudo verismo! :

(2) Queste Provvisioni della Balia del 1384 fanno parte dei Capi-
toli di Firenze nei « Documenti degli Archivi Toscani » editi a cura della già So-
praintendenza Generale ai detti Archivi, Firenze, Cellini, 1893, vol. II, p. 85 e seg.
Constano di ben 66 capitoli, preceduti da un prologo, che riproduciamo: « In Christi
nomine, Amen. Ut lascivie mulierum, iuvenumque ambitionibus ac inutilibus ceri-
moniis obvietur, sumptusque supervacanei resecentur et arceantur, qui quotidie
fiunt in civitate et comitatu Florentie, circa ornamenta mulierum, hominum et pue-
rorum, et in batismate infantium parvulorum, et in funerariis et exequiis mortuo-
rum, et in numptiis et corredis et aliis quibuscumque predictis, et a predictis co-
herentibus, dependentibus et connexis ... ».

(3) Si confrontino infatti nelle citate Provvisioni il Cap. I De Minoribus ($ 1-6)
ed il Cap. II De mulieribus maioribus decem annis ($ 6-17).

Oltre i magistrali lavori del Merkel e del Renier su questa materia, van ri-
cordati anche: per la regione lombarda i due ottimi studi pubblicati dal consocio
ETTORE VERGA nell’ « Archivio Storico Lombardo » (an. XXIV, fasc. 16°: Le leggi

140 G. DEGLI AZZI

anzi in perfetta armonia collo spirito della legge, la quale
nel suo disposto non intendeva tanto a colpire il fatto in sè
stesso, quanto a reprimere i tristissimi effetti che se ne po-
tevan temere. Ed invero ben diverso è il fascino che sui
sensi degli ammiratori può esercitare, per quanto sfarzo-
samente abbigliata, una fanciulletta di 10 anni da quello
che può spiegare una ragazza più adulta. in cui alle attrat-
tive della bellezza e dell'età si aggiungano quelle di uno
splendido e provocante abbigliamento. Anche si stabiliva
che alle donne nubili fosse lecito portare un abito piü va-
riato elegante e vistoso che non le maritate, mentre a que-
ste si permetteva di indossarne di maggior pregio, ma meno
capriccioso e spoglio di civetteria procace. Come pure è da
notarsi un’altra ancor più saggia e provvida norma che esi-
geva una proporzione tra il lusso del vestire e la condizione

della persona: così era permesso alle mogli de’ nobili, de’
giuristi e dei medici indossare ricche vesti, a tutte l’ altre

proibite, con preziosi ornamenti e con lungo strascico; men-
tre la maggior possibile semplicità era imposta alle fan-
tesche ed alle donne del basso popolo.

A Venezia invece non si aveva alcun riguardo alla con-
dizione sociale, ma nelle leggi suntuarie si faceva un’ unica
eccezione per il Doge, peri suoi congiunti e per la sua fami-
glia (1). Questo privilegio non poteva non spiacere ai cittadini,
specialmente là dove la repubblica era a forma aristocra-
tica. Infatti le fiere dame, invidiose di quella prerogativa,

suntuarie milanesi. Gli Statuti del 1396 e del 1498; e an. XXVII, fasc. 250: Le leggi
suntuarie e la decadenza dell'industria în Milano, 1565-1750); per la Romagna quello
del GANDINI (Lo Statuto suntuario bolognese e il Registro delle vesti bollate ; in « Atti
e Memorie della R. Deputazione di Storia Patria per le Provincie di Romagna »,
serie III, vol. VII, fasc. 1-2); e per l'Umbria quello del compianto nostro Prof. G. Maz-
ZATINTI (Di alcune leggi suntuarie eugubine dal XIV al XVI secolo; Perugia, Unione
Tip. Coop., 1897). — Un buon riassunto generale di tutte le norme statutarie in pro-
posito é nell'opera del KonrER, Das Strafrecht der Italienischen Statuten vom 12-16
Jahrhundert ; Mannheim, 1897: seite 696, « Polizeitbertretungen ».

(1) P. G. MOLMENTI, Jl lusso della, Dogaressa di Venezia nel secolo XV, in « Nuova
Antologia », vol. XLIII, p. 664 e seg., anno 1884.

LEGGI SUNTUARIE PERUGINE 141

cercarono, se non apertamente, almeno di nascosto, di elu-
dere il divieto, moltiplicando gli stratagemmi e le finte. E
invano le leggi suntuarie successive del 1334, del 1540 e
del 1360 stabilivano le vesti e gli ornamenti delle donne,
vietando loro l'uso di cinture e borse fregiate di perle, di
cinture d'argento del valore di piü di dieci ducati, di « con-
cieri » d'oro e d'argento, di perle e di margherite (1). Tutto
inutile; la severità antica, voluta ripristinar dalla legge,
non si confaceva più ai nuovi costumi, ai nuovi ideali, e
venne derisa come meschina rusticità. E Marin Sanudo ci
narra che al tempo suo non v'era patrizia, per quanto poco
agiata, che non portasse in dito più di 500 ducati di anelli,
senza contare le perle grosse, e che le grandi dame ne
avevano indosso per. mille ducati perfino (2). E non potea
esser a meno dal momento che i reggitori davan lo scan-
dalo ai governati!

Degna pure di considerazione è quella parte delle citate
Provvisioni suntuarie di Firenze che riguarda le spese eccessive

in occasione di nozze: la legge si preoccupa anzitutto di limi-
tare il soverchio concorso d' invitati sia per motivi economici
che per ragioni d'ordine pubblico ad evitare tumulti, risse
e tafferugli facili à sorgere in tali circostanze. Dopo le so-
lite proibizioni di doni vistosi e di numerosi cortei nuziali,
si regolavano il numero e la qualità dei banchetti e delle vi-
vande in essi imbandite, ed a questo riguardo il regola-
mento, forse necessitato dalle soverchie e generali intempe-
ranze, non si peritava di scendere ai piü minuti particolari,
quali ad es.: che una data vivanda di maggior pregio ne
escludeva alcune altre, mentre due di minor conto potean
valutarsi una sola portata (3): perchè poi la legge fosse os-

(1) Tali leggi furono pubblicate dal ROMANIN, nella sua Storia documentata di
Venezia, vol. III, p. 886.

(2) MARIN SANUDO, Cronachetta, edita dal RuLIN, Venezia, 1880, pp. 34-35.

(2) Non possiamo trattenerci dal riportare alcuni passi di questo originalissimo
regolamento, più degli altri caratteristici: « (s 28) ... il giorno che si contraggono

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142 ; . DEGLI AZZI

servata fedelmente, ed essendo del resto esorbitante carico
pei funzionari il dover ad ogni istante ispezionare le case
dei cittadini, cosi si ordinó che in ognuna di tali occasioni
« il cuoco che preparerà per le nozze, debba, almeno un
giorno prima di esse, rapportare all'apposito ufficiale del
Comune le nozze per le quali dovrà cuocere, e quante vi-
rande apparecchierà; col nome e cognome dello sposo, a
pena di lire 50: nella qual pena incorrerà esso cuoco, se
più piatti o vivande cuocesse e preparasse di quello che di
sopra è permesso ».

gll sponsali, nella casa della sposa, non si possano dare più di due sorta di confet-
ture [confectionum], intendendo sempre « treggeam tritam » per una confettura. E
che dal detto giorno dello sposalizio fino a quello che la sposa anderà a casa dello
sposo, non si possano dare nuovamente nella casa dello sposo confetture alle donne
che anderanno alla casa della sposa « per modum corredi », né alla stessa sposa, a
pena di 50 lire; né in verun altro giorno si possano dar confetture per tal matri-
monio. — (S 30) ... solo il giorno delle nozze, nella casa in cui si fanno, possano
darsi confetture; né prima, né poi, dentro 5 giorni; e anche allora soltanto due
specie di confetture; bene inteso che la treggea minuta si prenda per una confet-
tura ; e le confetture possano darsi a pranzo e a cena, dopo il lavarsi delle mani.
E non possano darsi nel pranzo delle nozze più di tre vivande, fra le quali « unum
arrostum cum torta », pigliando l'arrosto colla torta per una sola vivanda; e bene
inteso che le frutta e le confetture non si computino come vivande. E « pro corredo
seu prandio nuptiarum » non si possano preparare più di venti piatti di ciascuna
vivanda ; intendendo per una vivanda « raviolos, fromangera seu tortellettos », a
pena di 100 lire per lo sposo. — ($ 32) ... E se nel pranzo delle nozze si darà vitella,
non si possano dare altre carni con essa; e il pezzo della vitella non possa esser
maggiore di libbre 7, e sopra un piatto non si possa dare che un pezzo di vitella
del detto peso; a pena per lo sposo di lire 10 per ciascun piatto. Dichiarando inoltre
che sopra un piatto d'arrosto non si possa dare che un cappone con torta, o un
papero soltanto con torta, o un par di starne o pernici con torta, o un par di pol-
lastri con un piccione, o un par di piccioni con un pollastro, o un anitroccolo con
due piecioni o con due pollastri, e non più, sotto la detta pena ... ($ 33) E che niuno,
nel giorno delle nozze o 4 giorni prima, o dentro gli 8 dopo, possa mandare « en-
senium crudum vel cottum » fuor della casa di nozze ad alcuna persona ... Si possa
peraltro « enseniari et donari » ai cavalieri che accompagnassero la sposa alla casa,
cioè a ciascuno di loro, un pezzo di carne di vitella d’otto libbre al più, un cappone
o due starne o un papero. E dalla casa delle nozze possa impunemente esser fatto
a chiunque un presente « de gialadina », fuori della casa delle nozze: e per di più,
gli avanzi delle nozze possano impunemente esser dispensati ai poveri di Cristo
[« elemosinaliter »]. — (8 34) Che nel giorno delle nozze, o dentro i 10 giorni dopo,
non possa farsi merenda nella quale si apparecchino o mangino « alique carnes, pi-
sces, torta, erbolatus vel tartara vel ravioli ». E nella cena, il giorno delle nozze,
non si apparecchino più di 15 piatti e 2 vivande ... ».

LEGGI SUNTUARIE PERUGINE 143

Meritevole pure di menzione, perchè serve a farci te4
stimonianza d'un costume forse imitato dagli usi delle splen-
dide corti feudali e dei baronali castelli, è la disposizione
che limita a tre i giullari [« ioculatores »] o suonatori da
impiegarsi a rallegrar coi giuochi e coi canti le mense il di
delle nozze, vietandone poi l'intervento in altro giorno che
quel delle nozze non fosse.

$ 5b. — Lusso funerario.

Altra specie di lusso, che richiamó assai presto le sol-
lecitudini dei legislatori medievali, fu quella del lusso fune-
rario, del lusso cioé, che si faceva nel render gli ultimi
onori ai defunti.

Sin dal 1342 lo Statuto Volgare di Perugia ri
mettendo a nuovo un'antica legge, cui si fa allusione nel
testo, dettava le norme su questo proposito (1).

Si vietava anzitutto di fregiare il cadavere delle in-
segne del grado nobiliare o militare, sancendo quasi la for-
zata comune uguaglianza della tomba. Pene severissime erano
poi minacciate contro chi ne’ funebri trasporti levasse pianti
o grida di disperazione e cordoglio, o desse segno del suo
dolore collo strapparsi i capelli, lacerarsi il volto e le vesti,
od in altro modo troppo palesemente manifestandolo : la mo-
glie del defunto, vestito il lutto, non poteva uscir di casa
finché nol deponesse: ed a nessun amico o parente della fa-
miglia del morto era concesso restar nella casa, dond'era
uscito il cadavere, a porgere ai desolati congiunti i conforti
d'un affetto pietoso: era proibito a tutti, fuorché alla moglie
del defunto, portar gli abiti di corrotto per piü d'un mese
dopo l'avvenuto decesso: tutti i convenuti in casa del morto
dovevano astenersi da ogni atto d'eccessivo rispetto verso

(1) Stat. Volg., lib. III, rub. 229 « De l'acengnente overo acengnere fecente al-
cuno morto de centura de cavaliere ».









144 G. DEGLI AZZI

il cadavere, essendo vietato di rimanere in piedi e a capo
scoperto (1). Lo Statuto richiama con severe parole i funzio-
narî alla più rigorosa vigilanza sull’adempimento di tali
norme, cui sembra dunque si desse dai legislatori grande
importanza; anzi ogni anno doveva eleggersi in ciascuna
parrocchia un ufficiale, detto il conestabile, il quale a-
vea l'obbligo, appena avvenuto un decesso, di recarsi sopra
luogo per la constatazione di morte e la relativa denuncia,
e d’invigilare al tempo istesso che nella casa non si facesse
alcuna cosa contraria ai regolamenti; e nessuno poteva in
alcun modo, né sotto verun pretesto precludergli l'ingresso.
Così era inibito a tutti i funzionari del Comune ed ai mag-
giorenti delle Arti di onorare colla loro presenza le funebri
esequie, come del pari nessun artefice poteva andar con
cero ad accompagnar il morto, a meno che questi non a-
vesse appartenuto alla sua Corporazione o collegio. Era de-
terminata la quantità della cera che ciascuno poteva recare
al mortorio e di quella che si lasciava al clero a titolo di
suffragio; ed era altresì prescritto che non potessero pren-

der parte alla mesta cerimonia se non quegli ecclesiastici
che appartenessero alla chiesa ove si sarebbe seppellito il
cadavere (2).

(1) Di questa disposizione non riusciamo a trovare una spiegazione sufficiente;
forse potrebbe esser questa che sotto l’influenza delle dottrine cristiane combinate
colle scolastiche teorie della filosofia Aristotelica, allora predominanti (per cui, causa
l'eccessivo misticismo, si considerava come sola parte nobile dell’uomo lo spirito,
l'elemento incorporeo), sì ritenesse indecoroso e contrario ai sentimenti religiosi
del tempo il far onore, il render ossequio al corpo che, orbato dello spirito vivifi-
catore, staccato dall'anima, sostanza incorruttibile e divina, perché immagine di
Dio, rimaneva semplice ammasso di vile e corruttibil materia. Certo è però che
questo mistico trascendentalismo che fa riuscire sospetto d’idolatria il culto affet-
tuoso e caro verso i defunti, non può non apparirci incomprensibile e strano!

(2) Stat. Volg., libr. III, rubr. 230: « Che glie chierce non vadano né siano
chiamate a glie morte se non a certo modo ». Forse tal disposizione era ispirata da
ragioni di privata economia e per evitar lo spettacolo tetro e increscioso a rimi-
rarsi dei lunghi interminabili cortei di ecclesiastici salmodianti dietro il feretro. È
noto quanto ciò riuscisse antipatico e odioso al Foscolo, cui urtava tanto i nervi

il gemer lungo di persona morta
chiedente la venal prece agli eredi
dal Santuario ...

LEGGI SUNTUARIE PERUGINE 145

Le già ricordate Provvisioni di Firenze (1) hanno
in questo riguardo un'importanza minore delle nostre or
esaminate, su cui appariscono modellate. Il primo arti-
colo contiene il divieto di tener esposta al pubblico fuor
dell'abitazione del defunto o presso di essa la bara o cassa
mortuaria; e di por sul feretro distintivi o segni onorifici,
eccezion fatta sempre pei nobili, pei giudici e per i dottori
in medicina. L’intento economico della legge è rivelato
dalle minute e precise prescrizioni circa il funebre abbi-
gliamento della salma, dalle limitazioni dello sfarzo di lumi-
narie, di pompe e di seguiti, di elemosine al clero e di ban-
chetti mortuarî. Sono mantenuti i rigori circa il concorso
degli amici e clienti in casa del defunto, circa le vesti di
lutto, che alla sola vedova era permesso indossare, e circa
le manifestazioni di individuale o collettivo cordoglio. In
tutte queste disposizioni, e specialmente in quelle sopra ve-
dute della legge perugina, molte ne sembrano inesplicabili
e poco in armonia coi sentimenti di gentile e bene intesa
civiltà di quei tempi. Par quasi si tema di rivelare la morte,
di divulgarne la notizia, come se quella morte fosse assas-
sinio e quell'esequie sottrazione nascosta de’ corpi del reato:
si evita agli sguardi del pubblico il triste spettacolo del ca-
taletto attendente l’esanime spoglia; si voglion semplici i
funebri accompagni, scarsi gli onori di luminarie e di pianto;
si esige come un violento comunismo della morte, che
tolga ogni differenza di condizione e di classe; in tempi di
religione sì fervente, anzi saremmo per dire di esagerato

ascetismo, si guarda con occhio invido e sospettoso anche
il concorso del sacerdote che nel nome di Dio dà l’ eterno
commiato all’ estinto; si riducono al meno possibile, pur ri-
guardo ai membri della famiglia, le manifestazioni esterne
dell’interno dolore, e si proibisce persino alla sposa sconso-
lata (il che parrebbe atroce e nefanda enormità) di far co-

(1) Provvisioni citate del 1384. Cap. IV « De exequiis mortuorum » : $$ 40-49.

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146 G. DEGLI AZZI

noscere con atti rivelatori l’ intimo, disperato cordoglio! Ora
tutto ciò, è inutile negarlo, apparisce ben misterioso e strano;
ma ricollegando queste disposizioni di legge alle condizioni
storiche e sociali dell’epoca in cui furono emanate, non sarà
difficile indovinarne le riposte ragioni e trovarne una giu-
stificazione completa, che le fa apparire, non pure come
provvedimenti di accorta politica, ma come necessità sto-
riche imposte dai tempi. Chi svolse anche fugacemente gli
annali e le cronache di questo fortunoso periodo, non ignora
che omai le intestine discordie già cominciavano a lacerare
il seno delle fiorenti città, le cui vie inondava di sangue e
bruttava d’infamie la cieca rabbia delle passioni; onde più
non gli suona incomprensibile l'iperbolica frase di quello
storico che disse in quest’età esser eccezionali i decessi per
morte naturale e strano il fatto, che il pugnale dell’assas-
sino o la spada del rivale lasciasse il figlio superstite al
padre. Posto un tale stato di fatto, era naturale che quelli
che presiedevano alla pubblica cosa, impotenti a frenar
tanto male, cercassero in ogni modo di scongiurarne le oc-
casioni, le cause anche più lontane e remote.

In quei giorni in cui tutto poteva esser incentivo agli
odî, la vista d’un recente cadavere di chi forse avea spento
poc'anzi il ferro fazioso, non potea a meno di non suscitare
ire e vendette che poi risolveansi in lotte e stragi cruente.
I lamenti pietosi della vedova e degli orfani dell'ucciso avreb-
bero cagionati, specie nei partigiani e congiunti, sensi di
compassione e di sdegno contro chi, reo od innocente, a-
vesse potuto avere un’anche indiretta complicità nel fatto.
Quindi proibite le ostentazioni del lutto, lo sfogo dell’ acerbo
rimpianto; Quindi la prescrizione di que’ mortorî che paion
quasi fatti di soppiatto, come chi volesse celare agli sguardi
altrui una vittima del proprio delitto, quindi vietata ogni
dimostrazione d’ affettuoso rispetto verso il defunto che po-
teva originar moti di amaro rimpianto e quindi di vendetta
e rancore. La legge più che ad intenti economici s'ispira







LEGGI SUNTUARIE PERUGINE 141

qui a criteri d'ordine pubblico. E l'eccezione pure conferma»
la supposta ragion della regola. Vedemmo infatti che si de-
rogava alle norme ordinarie solo pei cavalieri, pei medici e
pei giuristi: ora é noto i che primi abitavan di preferenza
nel contado, ove teneano ancora luoghi forti e castella, e
che gli altri venivan chiamati di regola da estranie città:
quindi minor interesse dóvean suscitare negli animi dei cit-
tadini i fatti che li riguardavano, minor numero di fautori,
di aderenti e seguaci contavan tra questi, e la loro perso-

nalità scarsamente si connetteva agli affari, alle brighe in-

terne del Comune; quindi tanto minore appariva il pericolo
di quelle temute perturbazioni quando di loro si trattasse.
Quindi non era quello un privilegio concesso per la dignità
della casta: ché anzi troviamo che, nei riguardi dei nobili
specialmente, i legislatori non si lasciavan sfuggire occa-
sione veruna per osteggiarli e deprimerli (1); ma era un
saggio provvedimento di accorta e bene intesa politica.

Anche è da notare che in quei momenti di rabbiose ire
di parte ogni concorso, ogni adunata di gente per qualsiasi
motivo, poteva riuscire o sospettarsi pericoloso all’ ordine
pubblico; e tanto più, come vedemmo, le numerose adunate
di gente per funebri pompe; onde in ciò il motivo del di-
vieto d’accompagnar in gran numero la salma all’ estrema
dimora.

8 6.° — Scarsa efficacia delle leggi suntuarie. — Ragioni eco-
nomiche e sociali di tale fenomeno.

Le leggi suntuarie, quantunque sì utili, sì necessarie
ed anche sì rigorose, pure ottenevano ben scarsa osservanza,

(1) Il disfavore delle leggi verso i nobili ci é provato, tra l’altro, anche da varie
disposizioni del nostro Statuto: libr. III, rubr. 13, « Che glie grande non possano
recolta fare per gli acusate overo enquisite, né en lo palazzo salire » ; rubr. 143, « De
l'entrata de glie palazza vetata a glie grande »; rubr. 144; « Che nullo de glie grande
possa denante a certe offitiaglie del comuno de Peroscia acusa porgere » ; rubr. 146,
« De quaglie malefitie glie grande se possono enceppare », ecc. ecc. Queste rubriche,
come tutte le altre dello Statuto Volgare di Perugia del 1342 citate nel presente la-

EEE, —— EE



148 G. DEGLI AZZI

e la loro frequenza ed il progressivo rigore ne attestano
l'inefficacia. Ormai era impossibile frenare l'inveterato co-
stume, anzi ogni di piü sorgevano nuove ragioni a ravvalo-
rarlo. Le riechezze pubbliche e private continuamente cre
scevano; le città, se. non nella loro compagine interna,
aumentavano di forza e potenza almeno all'esterno; le in-
dustrie manifattrici prosperavano floridamente, e a favorirle
non era estranio il mal vezzo del lusso. Al popolo pesava
il dover vivere quasi poveramente, mentre si sentiva e si
sapeva ricco: quelle sete famose, quelle lane, quelle stoffe
magnifiche che sui mercati stranieri andavano a ruba, oh!
perchè non dovean anche servire a chi le fabbricava, a chi
vi spendeva sù ingegno e fatiche?

Il volgo, si sa, non guarda tanto pel sottile, e non pensa
alle conseguenze probabili di fatti che, presi a sè, possono ap-
parire innocui. Inoltre dal contatto con tante genti diverse,
reso necessario dalle esigenze de’ commerci, e più che altro
da quello colla Francia, già precocemente corrotta, ricevean
i nostri continui ammaestramenti di mollezza e di lussuriose
raffinatezze. La moda mutava continuamente di giorno in
giorno, quindi ad ogni istante nuove foggie di vestire e
d'abbigliarsi, nuove stoffe e nuovi capriccî. Inoltre il genio
artistico del Rinascimento,che parve quasi una prerogativa
delle nostre fioride democrazie, e che in tanti modi potente-
mente si rivelava, voleva anche in questo la sua soddi-
sfazione, la sua pratica affermazione.

Il lusso di quest’ età non è volgare, come l’ orientale,
ma squisitamente delicato, ingentilito dal soffio ideale del-
l’arte. Per l’instabilità capricciosa della moda bisognava si
mutassero ad ogni tratto le leggi per poterle ai nuovi usi

adattare; e la mutabilità della legge ne diminuisce il pre-
stigio, ne provoca il disprezzo. Le donne studiavano ogni

voro, sono pubblicate per intero nell’ edizione testè compiuta dello Statuto stesso
nel « Corpus Statutorum Italicorum » diretto dal prof. P. SELLA (Roma, Loescher,
1914 e 1916; in 2 volumi, a cura di G. DEGLI AZzi).

LEGGI SUNTUARIE PERUGINE

mezzo per eluderla, spinte dalla vanità e da malsani desi-,
derî: i funzionari incaricati di far rispettare i divieti veni-
ran accolti con beffardo dileggio (1).

A Perugia la legge del 1402 intendeva più che altro a
proibire lo spreco soverchio di stoffe negli abiti femmi-
nili (2): le pitture dell’epoca ci attestano la diffusione di tal
costume, non privo certo di eleganza: sotto quell’ abbon-

danza di panneggiamenti larghi, abbondanti e svolazzanti,
la snella personcina acquistava un’incantevole grazia!

Il bando del 1416 è inteso a reprimere la moda invalsa
tra le donne di portar in capo clamidi o mantelli di panno,
ricascanti giù sulle spalle: da esso apparisce che tra le
più colpevoli specialmente designate spiccano le concubine
dei chierici! Ma la disposizione parve troppo crudele: le

(1) Franco Sacchetti, nella sua 137* novella ce ne narra colla sua solita arguzia
dei casi molto piccanti e caratteristici accaduti, mentr’egli era de’ Priori di Firenze,
a messer Amerigo degli Amerighi da Pesaro, «judice di ragione e valentissimo della
sua scienza »: il quale, rimproverato perché non facesse rispettare i nuovi ordini
fatti dai Fiorentini sopra gli ornamenti delle donne, così rispose a chi ingiustamente
lo rimproverava di negligenza :

« Signori miei, io ho tutto il tempo della vita mia studiato per apparar ra-
gione; e ora, quand’ io credea sapere qualche cosa, trovo che io so nulla, perocché
cercando degli ornamenti divietati alle vostre donne, per gli ordini che m'avete
dati, siffatti argomenti non trovai mai in alcuna legge, come sono quelli che elle
fanno; e fra gli altri ve ne voglio nominare alcuni: E? si trova una donna col bec-
chetto frastagliato, avvolto sopra il cappuccio; il notaio dice: ditemi il nome vostro,
perocché avete il becchetto intagliato ; la buona donna piglia questo becchetto che
è appiccicato al cappuccio con uno spillo, e recaselo in mano, e dice che egli é una
ghirlanda. Or va più oltre, trovo molti bottoni portare dinanzi; dicesi a quella che
è trovata : questi bottoni voi non potete portare ; e quella risponde : messer si posso,
ché questi non sono bottoni, ma sono coppelle; e se non mi credete, guardate, ei
non hanno pieciuolo, e ancora non c’è niuno occhiello. Va il notaio all’ altra che
porta gli ermellini, e dice: che potrà opporre costei? Voi portate gli ermellini; e
la vuole scrivere; la donna dice : non iscrivete nó, ché questi non sono ermellini,
anzi sono lattizzi. Dice il notaio: che cosa é questo lattizo? E la donna risponde: é
una bestia ... Dice uno dei Signori : noi abbiamo torto a contendere col muro. Dice
l'altro: me’ faremo attendere a’ fatti che importano più ».

Anche Giuseppe Del Rosso, in una sua dotta dissertazione sul « Lusso delle
donne », così conclude :

« In ogni tempo si é declamato contro il lusso delle donne; ma sempre senza
frutto. Ha variato foggia ma non sostanza ».

(2) FABRETTI, Op. cit., p. 177 e seg.



































150 G. DEGLI AZZI

s'imposero, ottenendo che, appena 12 giorni dopo la sua
promulgazione, il decreto venisse benignamente corretto (1).
Di queste umiliazioni i legislatori ne dovettero soffrire e di
molte; ma essi stessi le provocavano facendo strappi fre-
quenti alle disposizioni emanate; così in giorni di pubblica
esultanza, tra le pubbliche manifestazioni di gioia c'era
anche la deroga, permessa per iniziativa de' Priori, dalle
leggi suntuarie (2).

Queste disposizioni poi si proponevano anche un altro
nobilissimo scopo, quello, cioè, di render evidente per mezzo
del vestiario e palese a tutti la distinzione tra le donne o-
neste e quelle di mal affare: ciò vedesi pur nelle leggi pe-
rugine or citate, e specialmente nelle Provvisioni Sun-
tuarie di Firenze, le cui disposizioni a carico delle
sciagurate meretrici sembrano forse anche troppo severe (3).

Una legge suntuaria d’indole più generale di quelle or
vedute la troviamo pubblicata nel 1445 per opera del Car-
dinale Capranica (4), il cui editto imponeva nientemeno che

(1) Annali Decemvirali : anno 1416, fol. 120 e 121; edito dal Fabretti, insieme
colla successiva riforma del 17 novembre, nell'op. cit., p. 180 e seg.

(2) Nel 1376, per festeggiare la ribellione d'Ascoli alla Chiesa « furono fatte
sontuosissime feste di balli pubblici et di fuochi: ma fu ancho di ordine de' Magi-
strati permesso a tutte le donne che in quelle allegrezze potessero portare ogni
sorte di gioie et di vestimenti prohibiti dagli statuti » (PELLINI, op. cit., lib. VII,
p. 1153). E nello stesso anno, per celebrare la ricorrenza della vittoria riportata con-
tro le genti del Papa, fu permesso a tutte le donne per quel dì portare, non ostante
statuto veruno, qualunque più preciose gioie et ornamenti havessero senza incorrere
in alcuna pena » (ibid., p. 1163).

(3) Provvisioni citate, sS 20, 21 e 22.

(à Registro dei Brevi di Perugia: vol. II, fol. 16 e seg.; FABRETTI,
Op. cit., p. 188 e seg. Un'altra legge generale sulla materia, dell'anno 1381, é ricor-
data dal PELLINI (op. cit., lib. VII, p. 1285): « ... furono fatti in questi giorni alcuni
ordini sopra le spese superflue nelle pompe funerali et nelle nozze, acciò si osser-
vassero gli statuti ... »; noi però non abbiamo potuto trovarne altra traccia. Ci
piace pure riportare dal Pellini (ib., p. 1351) un bando suntuario del 1387, dal quale
si rilevano chiari gl'intenti politici e di tutela dell'ordine pubblico che siffatte leggi
Si proponevano: « ... furono prohibite le devise non meno agli huomini della città
che del contado per i'ambitione dei Nobili che havevano persuaso a'seguaoi loro
di farle, perché si conoscesse qual di essi havesse più seguito et più amici; la qual
cosa essendosi giudicata, 202 meno dannosa che pericolosa, in una città partiale
et fattiosa come questa, per tor via questo disordine fu da’ Magistrati fatta una legge

LEGGI SUNTUARIE PERUGINE

una rassegna generale di tutti gli abbigliamenti donneschi,
ordinando che tutte le donne perugine vuotassero i loro ar-
madî, e ogni foggia di abiti e di arredi e acconciature recas-
sero nella Cancelleria del Comune, ove tutto sarebbe stato re-
gistrato e contrassegnato in un libro apposito, sempre aperto
e di continuo sfogliato, con tutte le indicazioni notarili delle
persone che per avventura si avessero a ricercare e inqui-
sire: così le sale del palazzo de’ Priori si cangiavano in of-
ficina di mercanti di stoffe addirittura. Figurarsi che chiasso
dovettero fare le donne, aiutate ora nelle proteste anche dai
mariti e dagli uomini gravi, seccati e indignati di quell’in-
decenza! Inutile dire che l’aborrito decreto venne presto
messo in dimenticanza e trascurato, finchè un breve del
governatore pontificio, Bartolomeo Vitelleschi, non lo ri-
chiamò in vigore nel 1460, correggendolo nelle parti più
difettose (1). Di notevole vi si osservano le saggie disposi-
zioni per impedire gli abusi e le frodi cui spesso ricorrevan
le donne per infranger la legge, evitandone le sanzioni:
poiché essendo la facoltà dello spendere proporzionata alla
dote di ciascuna femmina, spesso ne' contratti matrimoniali,
coll' acquiescienza de' mariti e de' notai, si accusava un ca-
pitale dotale maggiore di quel che non fosse in realtà;
onde conseguivano danni rilevantissimi all'economia dome-
stica ed alla pubblica.

Intanto da ogni parte d'Italia le leggi suntuarie si mol-
tiplicano: indizio non dubbio che il male si rendeva sempre
piu generale e quindi tanto maggiormente pauroso. Firenze,
prima delle rammentate Provvisioni, aveva avuti gli Ordi-

che niuno di qualunque stato o condictione si fosse, sotto gravissime pene, potesse
portare o divisa o livrea, che usasse alcun gentiluomo, né in calze, né in nessuna
altra parte del dosso; et volsero che gli Sindici delle castella fossero tenuti a darne
conto a’ Magistrati se alcuno ve le portasse, con altre provvisioni molto necessarie
per tor via quell’abuso ».

(1) Registro dei Brevi (vol. II, fol. 85), pubblicato dal FABRETTI ; Op. Cit.,
p. 192.



152 G. DEGLI AZZI

namenti Suntuarî del 20 Luglio 1356 (1) del 17 De-
cembre 1373 (2) e quelli del 21 Ottobre 1377 (3). Una cosa
degna di menzione è che leggi siffatte rimangano per un
certo tempo specialità propria ed esclusiva delle grandi e
potenti città, dei Comuni ricchi e fiorenti, mentre in quelli
più piccoli e meno commerciali, specialmente se lontani dai
grandi centri, non se ne trova traccia di sorta. Ma sullo
scorcio del secolo XV, e massimamente del XVI, anche nelle
legislazioni delle minori repubbliche si hanno ordinamenti
suntuarî. Ciò rivela che in questi la corruzione arrivò più
tardi con tutti i suoi tristi accessori, ma alla detta epoca
divenne generale e comune in tutta Italia. — Così negli
Statuti di Bene Vagienna che risalgono all’anno 1298, si trova
appena ordinato il divieto de’ pubblici compianti ne’ fune-
rali e delle vesti di lutto (4). Invece negli Statuti della terra
di Cascia, pubblicati solo nel 1545, si dànno norme partico-
lareggiate e precise circa la nostra materia (5).

Sono prese di mira specialmente le spese in occasione
di nozze e di sponsali, che dovean essere le circostanze più
adatte a contravvenire alle disposizioni di legge. Anzi, a

questo riguardo, vogliamo fare un'osservazione generale che

(1) Si trovano nel cit. vol. dei « Capitoli di Firenze », a p. 165; constano di 9
paragrafi.

(2) Ibid., p. 173; constano di $$ 27, tutti di scarso interesse; il $ 19 porta il di-
vieto di suonar la campana del chericato per esequie, funeri, ecc.

(3) Ibid., p. 177: constano di $$ 21. Singolari sono i due ultimi, che prescrivono
le forme dei calzari, vietando quelli troppo alti.

(4) Capitula et Statuta Comunitatis Baennarum (Baenna, oggi Bene Vagienna,
o semplicemente Bene) dell’anno 1293, editi da G. Assandria: Roma, Bontempelli
1892. Riportiamo la Rubr. 252 dei Capitoli aggiunti nel 1308: « De non debentibus
flere mortuos alta voce ... aliqua persona non debeat flere alta voce, nec palmas ad
invicem percutere occasione alicuius corporis mortui ... pena sol. XX; nec aliqua
persona que attineat alicui mortuo non possit nec debeat occasione mortis illius se
induere de aliquo panno nigro seu nigri coloris, excepta uxore pro marito, sub ea-
dem pena ».

(5) Volumina Statutorum Terre Cassie, editi a Cascia da Luca Rino coi tipi
del Berardi, li 4 Ottobre 1545. La rubr. XVI « De expensis non fiendis in nuptiis et
sponsalitiis » riguarda il nostro argomento. Quest'edizione é rarissima; ne abbiamo
potuto esaminare un esemplare nella Biblioteca Comunale di Perugia.

LEGGI SUNTUARIE PERUGINE 153

ci sembra opportuna: a far piü solenni e pomposi i mark
taggî, oltre i motivi comuni, quali la ricchezza, i raffinati
costumi e la universale tendenza al lusso, un’altra ragione
concorreva. È noto che in quei tempi di continue e feroci
discordie tra i cittadini si usava valersi de’ matrimonî e de’
vincoli da essi nascenti, come di mezzo efficacissimo di con-
ciliazione tra le famiglie, di pace tra le opposte fazioni: per
ciò, specialmente, si procurava che riuscissero il più possi-
bile grandiosi e solenni, quasi a render più solenne e sta-
‘bile l'aecordo che ne derivava; per ciò si voleva che v'in-
tervenisse il maggior numero di persone, cui il bacio di
pace, in tal’ occasione scambiato, sembrava dovesse riuscir
tanto più fido e sincero quanto maggiore era la sontuosità
del convito e la gazzarra della. festa. La Chiesa special-
mente, cui stava a cuore la rimozione delle private inimi-
cizie, favoriva tal pratica. Ma il potere civile che, per le
ragioni suesposte, li riteneva minacciosi all'ordine pubblico .
cercava in ogni miglior modo di limitarne l'importanza e
il concorso.

A Perugia intanto le leggi suntuarie si moltiplicavano,
succedendosi senza posa le riforme, più che in ogni altro
luogo. Ammessa ormai nelle cose del Comune l’ingerenza
della Chiesa, che dovea indi a poco cangiarsi in assoluto.
dominio, questa di ‘sua iniziativa faceva òrdinamenti in pro-
posito, cui, per la continua inosservanza malgrado le gravi

pene minacciate, si aggiunse la sanzione spirituale, cioè, la
scomunica. Ma l’abuso di questa, che veniva fulminata per

un motivo così futile, com’era quello di portar un ciondolo
o un vezzo di più sulla persona, benchè il popolo fosse molto
religioso, ne ingenerò il disprezzo; e la generalità della colpa
ne facilitò e ne rese necessario il perdono; onde un Breve,
del 25 marzo 1468, di Papa Paolo II dà facoltà al vescovo
di Perugia di assolvere le belle ed ambiziose peccatrici (1).

(1) Registro dei Brevi, vol. III, fol. 26. Breve apostolicum de absolutione
mulierum exeomunicationem ineursarum propter nimios ornatus.



154 G. DEGLI AZZI

Ma, dopo passato il primo momento, tornavan da capo, e
allora nuove scomuniche e nuovi Brevi d'assoluzione; e in
mezzo a tutto questo, un solo e costante era l'effetto: che,
cioè, la legge non venisse mai nè punto nè poco obbedita.

Dopo l'aecennata riforma del 1460, altre molte ne ab-
biamo, di cui ricorderemo solo le principali: quella del
1.° Agosto 1469 dello stesso Paolo II (1), quella del 1472 (2),
quella del 24 Marzo 1475 (3), del 30 Marzo 1485 (4), del 2
Aprile 1502 (5), del 1506 (6), dell’Aprile 1508 (7), del 1510 (8),
e dell'8 dicembre 1536 (9).

(1) Ibid., vol. III, fol. 40 e seg.: Decretum moderans ordinamenta quedam supra
immoderatos ornatus mulierum, etc.

(2 Registro dei Brevi, vol. III, fol. 63; proibiva tra l'altro il costume
libertino e scandaloso delle donne di portar abiti eccessivamente scollati, ossia a-
perti sul davanti: e portava, disegnata apposta a piè del decreto, una misura di
larghezza dell’apertura; come al solito, dopo appena 2 anni, fu necessario un decreto
d’indulgente « abolitio excomunicationis super impudico habitu mulierum apposite »,
in data 14 febbraio 1474.

(3) Ibid., vol. III, fol. 85. Decretum supra habitus mulierum et expensas fune-
rum, contenente: a) che tutto l'abbigliamento della donna non dovesse superar la
quarta parte della dote ; 5b) che lo strascico non fosse piü lungo d'un piede ; c) che
si smettesser gli abiti troppo scollati; e chi n'avesse già di tali, dovea rimediare
coprendosi il seno con un pannolino; d) che gli abiti di lutto fossero semplici il piü
possibile e di poco costo.

(4) FABRETTI, Op. Cit., p. 209 e seg.: Mulierum ornamentorum moderatio ; proi-
bisce lo scollo e lo strascico.

(5 Annali Xvírali: anni 1500-1502, fol. 126; si ripetono le già viste norme; le
pene sono accompagnate dalla scomunica per chi non pagasse la multa, di cui parte
andava a beneficio della cappella di S. Giuseppe.

(6) Ibid., anni 1506-1508, fol. 13-14 ,in data 7 aprile. Come nella precedente, si
distingue secondo la virtü e dignità delle persone; amplissima libertà si concede
ai dottori, ai nobili, agli artigiani o cittadini propriamente detti ; a tutti gli altri si
nega.

(7) Ibid., anni 1506-1508, fol. 125-127 ; a differenza dell'altre, colpisce il lusso ma-
schile, di cui vieta le vesti multicolori, le cappe listate o doppie, le calze scaccate,
le maniche lunghe, i lunghi giubboni di velluto; alle donne proibisce le pianelle e
le maniche di velluto, i ciondoli preziosi al collo e alla cintura, e la moda del cer-
chio sotto la veste per allargarla o gonfiarla.

(8) Ibid., anni 1509-1512, fol. 69; é una modificazione, poco importante, della
precedente, come un'altra posteriore del 1529 (FABRETTI, Op. cit., p. 224 e seg.).

(9) Ibid., anni 1530-1540, fol. 53. Ordinamenta et reformationes super vestitu et
ornatu mulierum ; non ha nulla di nuovo; si limita a temperar i rigori delle pre-
cedenti.

LEGGI SUNTUARIE PERUGINE 155

Tutte queste leggi peró non meritano da parte nostra
un esame attento ed accurato, poiché lo spirito che le av-
viva é tutt'altro da quello primitivo ed affatto diverso dal-
l'indole e dai propositi della nostra trattazione. Ormai tutte
le disposizioni suntuarie, a prescinder anche dall autorità
che in taluni luoghi, come a Perugia, le emanava, appari-
scono animate da intendimenti religiosi, piuttosto precetti
dell’ascetismo che provvedimenti di saggia politica.

Ad ognuno è nota la reazione energica e potente che
per opera specialmente degli ordini monastici si suscitava
dovunque contro la generale corruzione de’ costumi. Il Sa-
vonarola e fra Bernardino da Siena inveivano dai pergami
contro il disonesto vivere delle popolazioni, e, trascinata dalla
loro inspirata e suaditrice eloquenza, la folla correva sulle
piazze a bruciare tutte le pompose e già amate vanità in
immensi autodafè, ciascuno dei quali consumava ingenti va-
lori di migliaia e migliaia di fiorini.

La donna che il Cristianesimo della prima epoca avea
sublimata dall'antica ed abbietta condizione, che la caval-
leria avea idealizzata con culto soave e gentile, e che l’arte
del Rinascimento avea resa divina, eternandola ne’ suoi
prodotti immortali, cominciava ad apparire tra le nebbie
del misticismo trascendentale come un’incarnazione diabo-
lica, una tentazione perenne, una paurosa minaccia alla sa-
lute dell' anima. S'inculcava alle credule plebi un ostentato
.disprezzo di tutto ció che riuscisse piacevole soddisfaci-
mento dei sensi; turbe di Disciplinati percorrevano le città
e le campagne, eccitando alla penitenza le genti. Ma omai
tutto era inutile contro l'inveterato costume; né l'autorità
della legge, che colle frequenti riforme accusava la propria

impotenza, nè la minaccia de’ castighi spirituali, né le
esortazioni d’ uomini religiosi. Dopo un breve intervallo di

fanatico ravvedimento, si tornava all’antiche abitudini, e la
trista corrente seguitava a prorompere.
Un tal fatto si riscontra specialmente a Firenze nella

156 G. DEGLI AZZI

seconda metà del secolo XV. Ivi contro la riforma de' co-
stumi predicata con tanto successo dal Savonarola si de-
terminavano spesso energiche e violente reazioni. Quando,
per le frequenti mutazioni della Signoria, accadeva che ve-
nissero al potere gli avversarî dell’evangelico frate (i Compa-
gnacci e gli Arrabbiati), allora tutti i nemici di lui ripiglia-
van animo, e alle prove di devozione, di fervore religioso altri
eccessi si alternavano di sfrenatezza e di mal costume.

Infatti nel 1499, essendo Signori della Balia alcuni di
costoro, « si dette ognuno a’ giuochi — narra un cro-
nista (1) — e a largare la vita e aprire el Yrascato e ta-
verne »; sì rimisero in onore le licenziose corse de’ pallî
che il Savonarola avea fatte abolire; così « essendovi questa
Signoria, deliberòonno di correre e no’ stare più al detto del
frate, dicendo: * Risuscitiamo un poco questo populo: ab-
biamo noi a diventare tutti frati? ,,» (2). Sicchè il « santo
tempo » che parea tornato durò poco, perchè « ànno potuto
piu e tristi ch'e buoni » (3); e dopo l'infelice fine del Sa-
vonarola, la corruzione prima compressa, trionfò; l’ empietà,
trattenuta a stento, raggiunse la frenesia, e non rispettò
neppure la religione di cui deturpò con sfregi e insulti tri-
viali la maestà de’ templi e la santità degli altari.

Il potere politico omai o si disinteressava di questi
fatti, cui s'era visto impotente a reprimere, o preoccupato
nelle lotte faziose o nella difesa della libertà, ovunque pe-
ricolante, abbandonava alla religione quel compito ch'avea
esperimentato superiore alle proprie forze.

Conseguenza delle irrefrenate tendenze lussuose fu la gene-
ral corruzione che, madre fatale di debolezza e di viltà, spense
quasi d'un tratto e contemporaneamente dovunque quelle
forti e fiorenti democrazie, gettandole in balia de' tiranni.

( Continua). G. DEGLI Azzi.

(1) Luca LaNDUCCI. Diario Fiorentino, edito da Del Badia, Firenze, '83, p. 149.
(2) Ib. ib., p. 152.
(3) Ib. ib., p. 124.

ANEDDOTI E VARIETÀ

LE RELAZIONI FRA VOLTERRA E L'UMBRIA NEL SECOLO XIV

L’esame di molti documenti storici che si conservano nel-
l’ Archivio comunale di Volterra e in quello di Stato di Firenze
rivela quanto cordiali e frequenti fossero le relazioni fra il Co-
mune Volterrano e 1’ Umbria durante il secolo XIV. Valgano, in-
fatti, a provarlo questi brevi elenchi ed appunti:

Umbri che furono Podestà e Capitani del Popolo a Volterra.

1304. Argentus Petri de Comitibus de Campillo P[otestas].

1307. Cardellinus Gilli Cambi de Perusio P.

1309. Petrus Corradi della Brancha de Eugubio P.

1311. Baldus de Castro Novo eivis Perusinus Clapitaneus
Populi].

1313. Oddus Nugari de Oddis de Perusio P.

"1314. Fatius Ufredutii de Jaeanis de Perusio P.

1316. Landinus Contis Petri de Civitate Castelli P.

1316. Thomas de Ranaldis de Mevania P.

1317. Johannes Fancisci de Trevio P.

1317. Peregrinus de Civitate Castelli P.

IST Franchinus d. Petri de Spuleto C.

1318. Johannes Aeti de Beetonio C.

1318. 3uelfus de Guelfueeiis de Civitate Castelli P.

1319. Franeisehus Brunamontis de Sera de Eugubio C.

1320. Ormannus Viviani de Fulgineo P.



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1346.
1347.
1349.
1350.
1392:
398:
1950.
1259.
1362.

M. BATTISTINI

Umbertus Guarnerii Johannis Spavaldi de Civitate Ca-
stelli P.

Maffeus Ugonis de Civitate Castelli C.

Franeisehus Henriei de Mezzavillanis de Betonio P.
Johannes Chiecoli Johannis de Montesperello de Peru-
Bro.

Monaldus Petri de Salamonis de Beetonio C.

Bernardus Gualterellii Gualterii de Fulgineo P.

Guido Donodei de Elbis de Civitate Castelli P.

Leo Guidonis de Cornia de Perusio C.

Manentes Petri de filiis Manentis de Trevio P.
Bernardus Gualterellii q. Gualterii de Fulgineo P.

Bernardinus de Thiis (?) de Assisio C.

Ermannus d. Guidonis de Fulgineo P.
Aetavianus Nerii de Caradonis de Assisio P.
Paulus Petri Johannis de Interamne P.
Franeiseus Leonardi de Interamne P.

Andreas Ciole de Stefanigis de Tuderto C.
Jacobus de Furnis de Assisio C.

Johannes Franeisei de Manenteschis de Trevio P.
Johannes Franeisei de Manenteschis de Trevio P.
Petrus de Bulseno P.

Albertinus Pauli de Albertinis de Fulgineo P.
Guidus Donodei de Civitate Castelli C.
Ofreduecius Ormanni d. Guidonis de Fulgineo P.
Thomas de Rainaldis de Mevania P.

Bertus della Brancha de Eugubio C.

Nolphus Iuvenalis de Micheloctis de Perusio P.
Ranutius Contis de Michelottis de Perusio P.
Petrus Pauli de Spoleto P.

Matheus Bartolomei de Narnia P.

Cecchus Averardi de Monte Asperello de Perusio P.
Cecchus Averardi de Perusio P.

Orlandruus Cantii de Bambaronis de Perusio P.
Ciardolinus Gillii de Perusio P.

Arlottus de Micheloetis de Perusio P.-

Maetheus de Narnia P.

Ughus de Civitate Castelli P.

ANEDDOTI E VARIETÀ. 159

1364. Jacobus Falchi de Bonsignoribus de Civitate Castelli Pa

1366. Jacobus Gratie de Rosellis de Civitate Castelli P.

1366. Petrus Pauli Argenti Comitis de Campillo de Spoleto P.

1367. Daniel Nicholai de Sanctomariano de Perusio P.

1367. Petrus Johannis Bancarelli de Civitate Castelli P.

1368. Johannes Peronis Ghini de Perusio P.

1313. Bartolomeus Nieole Bernardelli de Ghigensis de Eugu-
biocm

1374. Laurentius Petri Geptii Urbevetanus P.

1315. Bartolomeus Nieole Bernardelli de Eugubio P.

1376. Laurentius Petri Geptii Urbevetanus P.

1376. Jacobus Simonis de Assisio P.

1378. Azzo militis Dini Odorigi de Milioratis de Civitate Ca-
stelli P.

1379. Fabius Falcuccii de Perusio P.

1380. Dominicus Pauli de Eugubio P.

1381. Ludovicus Petri de Recanis de Spuleto P.

1383. Andreas ol: Cippoli Oderisii de Perusio P.

1385. Uffreduecius Pauli de Trevio P.

1393. Andreas Johannis de Interamne P.

1395. Mariottus Cecchetti de Pergula P.

1399. Odricus de Spuleto P.

1400. Andreas Gualteritii de Gualteroetis de Civitate Ca-
stelli- P.

A questo ricco elenco è opportuno aggiungere i nomi di altri
funzionari umbri che nello stesso secolo XIV disimpegnarono in-
carichi importanti presso il comune di Volterra:

1362. — Ser Cesano Cole Munaldelli de Assisio, Bargello di Vol-

o terra.

1371 a 1381. — Ser Ludovicus Jacobutij de Reate, Cancelliere del
Comune.

1373. — Paulus Petruecii de Eugubio, Camarlingo della Camera
del Comune.

1373. — Franciscus Ser Pace de Eugubio, Capitano dei Famigli
per la custodia del palazzo dei Priori.

1373. — Ser Antonius Ser Andree de Bectonio, notaro dei danni
per il 3° inferiore della città.







M. BATTISTINI

Ser Franciscus Giudii de Eugubio, notaro dei danni dati,
bandi, vie e ponti.
Ser Luca Ser Tomasii de Assisio, priore del Convento di
S. Francesco rinunzia alla elezione a Camarlingo del Co-
mune.

1379. Ser Leonardus Ser Leonardi Vannis de Eugubio, notaro
dei danni dati.

1381. Ser Angelinus Ser Maffei de Perusio, Capitano dei Fa-
migli dei Priori delle Arti.

1383. Paulus Dini de Civitate Castelli, notaro dei danni dati,
dazi, bandi ecc., per il III° inferiore.

1399-1401. — Paulus Ser Nicolai de Perusio, Capitano dei Fa-
migli per la custodia del palazzo dei Priori.

Le ricerche speciali che abbiamo compiuto nel ricco Archivio
Volterrano per tratteggiare la storia della Scuola in Volterra, ri-
cerche che fra breve saranno pubblicate, ci hanno rivelata la pre-
senza in Volterra, nel sec. XIV, di due maestri di grammatica
umbri, uno dei quali, specialmente, merita particolare attenzione
dagli studiosi.

Morto nel 1383 Giovanni da Siena che insegnava grammatic:
e rettorica, il comune di Volterra, il 20 febbraio 1384, eleggeva
a maestro un « magister Cataluccius Cecchini de Tuderto », per
un anno, « et cum salario septuaginta florenorum auri pro dieto
anno », e eon tutti gli altri emolumenti, onori e concessioni che il
Comune era solito dare al maestro di grammatica; e cioè: la casa

gratuita per l'insegnante e la scuola, l’ esenzione dalle fazioni e

la facoltà di ritirare dagli scolari una tassa annua.

Veramente maestro Cataluccio non si trattenne molto in Vol-
terra; alla fine della condotta se ne andò, nè sappiamo dire ove
si recasse ad esercitare il suo ministero. Poche notizie abbiamo
potuto rintracciare intorno a questo insegnante, il quale nella
« Nota di tucti li maestri di gramatica che sono in Toscana » (1),

(1) Miscellanea della Valdelsa, anno III, fasc. I, pag. 88.

ANEDDOTI E VARIETÀ

pubblicata dal Prof. O. Bacci, è ricordato onorevolmente. Così
infatti il relatore si esprime a suo riguardo: « In Todi: Maestro

Cataluccio. Seppi a Siena buono maestro; è.a 'rvieto, ora ito e
conducto per lo Comune ». Nè altro possiam dire di lui.

Ma prevedendo la sua partenza, i Priori di Volterra il 5 A-
prile 1384 avevano eletto a maestro di grammatica Jacopo di
Pietro da Todi della illustre famiglia degli Atti, che tanta parte
ebbe nella storia della patria sua, e che dette uomini insigni in
ogni ramo di attività.

Maestro Jacopo, eletto con lo stipendio di 64 fiorini d’oro,
ebbe conferma nell’ ufficio e aumento di salario fino a 80 fiorini
d’ oro e, con una breve interruzione dal 1391 al 1392, esercitò il
suo ufficio fino a tutto l’anno 1394 in Volterra.

Probabilmente maestro Jacopo, dopo quell’anno, non si sen-
tiva, per l'età, in condizioni tali di salute da poter proseguire
nel suo faticoso ufficio; ma tuttavia, anche dopo le sue dimis-
sioni da quell’impiego, restò ad abitare in Volterra, dove il
1° Settembre 1400 prendeva in affitto « una domum cum orto,
in eontrata Platee, pro duobus annis », da un « ser Galganus
ser Gerii » (1).

Dobbiamo rieordare aneora che nel 1375 i Priori di Volterra,
elessero a maestro di grammatica « dominus magister Nicolaus
Egidii de Civitate Castelli », il quale in quel tempo trovavasi in
Narni, probabilmente pubblico insegnante. Infatti il 30 luglio 1375
maestro Nicolò, dichiarando di accettare 1’ elezione, nominava a
suo procuratore Andrea di Ugolino da Volterra, con ampia facoltà
di sostituirlo in ogni contrattazione e di prendere impegni relati-
vamente alla condotta offertagli dal Comune volterrano (2). Ma
non abbiamo trovato che poi maestro Nieeoló assumesse l'uffi-
cio; anzi risulta che per quell'anno i Priori condussero nuo-
vamente maestro Pietro di Francesco da Citerna, che negli anni
precedenti aveva con onore insegnato nelle seuole volterrane.

MARIO BATTISTINI.

(1) Volterra — Biblioteca Guarnacci: Imbreviature di Ser Cristoforo di Co-
laio, c. 18.

(2) L'atto fu rogato da « Ser Franciscus quondam Bartolomei de Galis de
Parma », e fatto « in civitate Narni in palatio residentie domini Vicarij » (Arch. di
Stato di Firenze: Diplom. Volterra).

11









PROFESSORI UMBRI
NELL'ATENEO DI BOLOGNA

Dai Rotuli dei Lettori Legisti e Artisti dello Studio bolognese
che dal 1384 giungono al 1799, e furono pubblicati dal dottore
Umberto Dallari (Bologna 1888-89) per ricordo dell’ottavo cente-
nario dalle origini dello Studio di Bologna, ricaviamo l’elenco degli
illustri umbri che insegnarono in quella cospicua Università. Agli
studiosi della nostra regione non riuscirà inutile questo catalogo,
tanto più perchè la splendida pubblicazione fatta dalla R. Depu-
tazione di Storia patria per le province di Romagna non è facil-
mente alla portata di tutti i cultori di storia locale.

1438-39. — Ad lecturam Infortiati de sero ordinariam —
D. Jacobus de Bindulfinis de Perusio.

1447-48. — Ad lecturam Voluminis extraordinariam — D. Va-
nutius de Nursia.

1452-583. — Ad lecturam Pratice medicine ordinariam de sero
— D. M. Mathiolus de Perusio.

1458-59. — Ad lecturam Inforciati de sero ordinariam —
D. Gabriel de Perusio. (E pur lettore nell'anno seguente).

1460-61. — Ad lecturam Infortiati — D. Gabriel de Perusio.

1462-68. — Ad lecturam Rhetorice et. Poesis in tertiis — D. M.
Galeottus de Narni.

1470-71. — Ad lecturam Sexti et. Clementinarum ordinariam
— D. Johannes Georgius de Norsia. Ad lecturam Voluminis ex-
iraordinariam — D. Conventinus de Conventinis de Eugubio.

1472-13. — Ad lecturam Sexti et. Clementinarum — D. An-
gelus de Perusio.

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G. MAZZATIN'TI

1473-74. — Ad lecturam Rhetorîice et Poesis — M. Galeotus
Narniensis.
. 1474-715. — Ad lecturam Digesti novi ordinariam — D. Simon
de Narni. — Ad Rhetoricam et poesim — M. Galeotus Narniensis.
1476-77. — Ad Rhetoricam et Poesim — D. Galeotus de Narni.
1484-85. — Ad lecturam Logice — D. Bernardinus Bonamicus
de Nursia.
1486-87. — Ad Logicam de sero — il medesimo; confermato
per l’anno successivo, pel 1488-89, 1489-90, 1490-91.
1499-1500. — Ad lecturam Digesti — D. Albicinus de Albi-
cinis de Civitate Castelli.
1506-7. — Ad Rhetoricam et Poesim — Paulus Tideus pe-
rusinus.
1526-97. — Ad lecturam Sexti et Clementinarum — D. Oeta-
vianus de Castro Plebis.
1536-37. — Ad lecturam Infortiati — D. Restaurus Castaldius
perusinus.
1541-42. — Ad lecturam Digesti novi — D. Laurentius Reatinus.
1554-55. Ad philosophiam — D. Franciscus Spinellus spo-
letanus.
1558-59. Ad medicinam — D. Vincentius Mareellesius de
Fulgineo.
1561-62. — Ad lecturam Digesti novi — D. Augustinus Lapa-
rinus de Nursia.
1562-63. — Ad Rhetoricam — D. Franciscus Becicarius de Ci-
vitate Castelli.
1563-64. — Ad lecturam Digesti novi — D. Coriolanus Palme-
rius urbevetanus.
1564-65. — Ad lecturam Sexti et Clementinarum — D. Corio-
lanus Palmerius urbevetanus.
1565-66. — Ad medicinam — D. Stephanus Phebeus de Ur-
beveteri.
1569-70. — Ad lecturam Decreti — D. Jo. Baptista de Nobi-
libus nucerinus.
1574-75. — Ad medicinam — D. Paulus Emilius Strigonius
reatinus.
1577-78. — Ad lecturam Sexti et Clementinarum — Dominus
Julius Brunellus narniensis.

ANEDDOTI E VARIETÀ 165

1579. 80. — Ad matematicam — Magister Dantes Egnatius da
Praed. È confermato per i quattro anni seguenti.

1608-9. — Ad lecturam Digesti novi — D. Sanctus de Giliis
norsinus.

G. MAZZATINTI (1)

(1) Avendo la cortesia di Mons. Faloci-Pulignani messo a nostra disposizione
questo breve spoglio inedito del Mazzatinti, abbiamo creduto opportuno di inserirlo
nel Bollettino, che per tanti anni si onorò della attiva e amorosa collaborazione del
compianto amico e Collega carissimo.

LA DIREZIONE.

















SUL RIPRISTINO E RESTAURO
del Palazzo del Capitano del Popolo in Perugia (oggi Palazzo di Giustizia)

e sulla nuova facciata dell'adiacente sede della Corte di Assise (*)

Fra le poche piazze di qualche spaziosità che, a ca-
gione della montuosa ubicazione, novera Perugia, dopo quella
Vittorio Emanuele e del Duomo, ove trovasi la magnifica
marmorea fontana, ricca delle sculture di Nicola e di Giovanni
Pisano, viene la piazza detta volgarmente Piccola, appellata
propriamente del Sopramuro, per essere costruita, secondo
il Siepi, in gran parte pensile sopra la primitiva urbica
cinta etrusca, e su ardite volte e robusti piloni. Il nome di
Piccola lo ebbe in contrasto con la Piazza Grande (la « Platea
Magna » dei documenti) che è l’attuale Corse Vannucci (2)

(1) Il progetto, di cui é materia la relazione qui riprodotta (esposto, con il mo-
dello in gesso, a cura del Municipio, nel salone della biblioteca del Comune) fu
eseguito per incarico dell'Amministrazione Comunale di Perugia, sull’ iniziativa al-
tamente lodevole dell’ egregio Sindaco Conte Valentini Grand. Uff. dott. Luciano,
mai secondo ad alcuno nell’amore e cura dell’ arte.

Cosi l'autore prende anche questa occasione onde ripetere le sue vive grazie
per l’incarico grandemente onorifico ricevuto, e che cercò di assolvere col massimo
impegno e nel modo migliore.

(2) SERAFINO SIEPI, Descrizione topologico-istorica della Città di Perugia, vol. I,
pagg. 339 e 424. Per tipi Garbinesi e Santucci, Perugia.

ADiMo Rossi, La Piazza del Sopramuro in Perugia, pagg. 5 e seg. Per tip.
economica G. Guerra e C., Perugia,

1









U. TARCHI



Gli edifiei notevoli intorno alla piazza sono: dal lato
orientale, la Chiesa e il collegio del Gesù, il Palazzo del
Capitano del Popolo e le case dello Spedale; tutti, tranne la
chiesa, oggi occupati dai tribunali.

Tra la nuova via e via Mazzini esisteva, avanti la co-
struzione del nuovo Palazzo delle Poste e Telegrafi, la Pe-
sceria, la cui scomparsa non lascia nulla da rimpiangere;
aveva un prospetto a guisa di portico che sommamente di-
sdiceva per non avere nessuna corrispondenza con le fab-
briche che sorgevano a lato e tanto meno con quelle di
fronte. Accanto a questa esisteva il Palazzo della Biblioteca,
fabbricato per accogliere il lascito dei libri fatto al Comune.
dall’erudito Podiani.

Quanto alle Case dello Spedale, il loro prospetto, co-
struito con pietre di travertino, (simile a quello del Pa-
lazzo di Venezia a Roma), lungo circa m. 78, alto m. 14.80,
è composto da un primo piano a 18 grandi finestre a cro-
ciera, con fascia, fregio e cornice egualmente della sud-
detta pietra (dimensioni della finestra: larghezza m. 2.55,
altezza m. 3.05).

Anche presso S. Francesco al Prato esistono finestre
egualissime, facenti parte del prospetto dell’antica Casa dei
Cavalieri di Malta, annessa alla Chiesa di S. Luca.

Sopra a questo piano ve ne è un’altro con finestre pic-
cole (m. 1.67 x 1.89), ad una sola apertura, e corrispondenti
agli assi delle finestre sottostanti.

Alla sinistra di questo palazzo, nel 1591, l'architetto Va-
lentino Martelli fece un bell'ingresso; bello, considerato per
se stesso, brutto rispetto all'edifizio cui era apposto; e,
davanti, il principio d'un nobile portico, parimenti vignolesco,
e sopra una nicchia, con entro la statua di Sisto quinto, opera
anch'essa del suo ingegno e della sua mano. Di tutti questi
lavori non resta adesso che la memoria. La statua fu calata
il 16 febbraio 1798, undici giorni dopo la proclamazione della
repubblica francese in Perugia, e quindi fusa per farne mo-

SUL RIPRISTINO E RESTAURO, ECC. 171

x
neta. Le opere architettoniche disparvero in occasione del
restauro assai lodevolmente intrapreso dalla Congregazione
di Carità; e innanzi tutto scomparve la tettoia, costruita sopra
le botteghe, quando, verso. la metà del ’700, venne meno la
speranza di veder continuato il portico. La demolizione di
essa assecondò i voti dei Perugini, che furon lieti di non
vederla più deformar la facciata.

La parte anteriore di questo principio di portico del
Martelli trovasi oggi ricostruita nel cortile dell’Accademia
di Belle Arti, dopo essere stata abbandonata per lunghi
anni, in frammenti, in una specie di cortiletto dell’ Acca-
demia stessa.

Essa consiste in un grande arco con due mezze colonne
ioniche addossate a pilastri e poste sopra i loro piedistalli,
le quali sostengono un cornicione su cui si basa una balau-
strata, e in due altre colonne doriche le quali sorgono late-
ralmente, isolate da terra, fin sotto l'architrave che serve da
imposta allo stesso arco medio e agli altri che dovevano se-
guitare da destra e da sinistra.

È tutto costruito in travertino e ad arte vi sono inca-
strati dei marmi rossi di Assisi, producendo così nell’insieme
un gradevole effetto. Sopra ai lati dell’ arco centrale è in-
cisa su marmo rosso la data 1591, epoca in cui fu eretto (1).

Osservazioni sullo stato attuale del palazzo del Capitano del Po-

polo e ragioni del restauro.

Chiunque guardi nella piazza del Sopramuro quell’ala
che è composta dall’antico Studio (case dello Spedale), co-

(1) Per ciò che riguarda la Chiesa e Collegio del Gesù, e pur le Case dell’ O-
spedale, già sopra trattate, vedi:

ADAMO_.ROSSI, op. cit., pagg. 23 e 27. ;

Su quanto più propriamente riflette il Palazzo del Capitano del Popolo, vedi:

CESARE CRISPOLTI, perugino, Perugia Augusta, pagg. 32 e seg. Per tipi Eredi
di Pietro Tomassi, Perugia.

SERAFINO SIEPI, Op. cit., vol. I, pagg. 426 e seg.

ADAMO ROSSI, op. cit., pagg. 25 e 20.







172 U. TARCHI

struzione bassa e lunghissima, dal Palazzo del Capitano del
Popolo mozzato e dal palazzo dell’antico collegio del Gesù,
oggi sede della Corte d’Assise, con facciata senza una linea
decorativa all’infuori della parte inferiore (cioè le antiche
botteghe), rimane colpito dalla impressione di monotonia di
questo insieme di costruzioni (lungo circa metri 148) e sem-
pre quasi della stessa altezza (circa m. 15). Ciò è tanto
vero che il Palazzo del Capitano del Popolo, incompleto come
è, a prima vista non si distingue con sufficente nettezza da-
gli altri edifici adiacenti, perchè anche questi sono, come
si è detto, della medesima altezza.

Al contrario, dal progetto di restauro con alzamento
del piano, è facile rilevare quanto effetto acquisti la ve-
duta della parte ancora esistente; e più concorrerebbe a
togliere la monotonia di questa ala della piazza anche il
decorare la facciata della Corte d’Assise e l’alzarne un
piano nella parte centrale, in modo però che l’ alzamento
del Palazzo del Capitano del Popolo venga ad essere libero
da tutte e due le parti.

Del resto questo movimento di linee nel prospetto dei
due palazzi doveva esistere anche in antico, come ce lo
dimostra il quadro del perugino Giambattista Caporali, che
trovasi oggi nell'Oratorio di S. Bernardino, e lo conferma
l'altro quadro del sec. XVI esistente nella Pinacoteca.

Anche sul posto sono tuttora visibili (precisamente
nella soffitta, sopra all'aula della Corte di Assise, che trovasi
presso la parte centrale della facciata del palazzo), trac-
cie di un altro piano d’ elevazione, o, per dir meglio, l'aula
era, nella sua primitiva costruzione, molto più alta e coperta
a volte.

Considerando la descrizione attuale del Palazzo del
Capitano del Popolo e del suo progetto di restauro, con
i documenti in appendice, si avverte che manca adesso
l’ultimo piano, perchè, danneggiato dai terremoti del 1741,








de






e









173



SUL RIPRISTINO E RESTAURO, ECC.

l'architetto Pietro Carattoli ne propose la demolizione e il
Vanvitelli l’ approvò.

Sembrò perciò interessante la riproduzione integrale
(Appendice) della perizia, firmata da esso Architetto Carat-
toli, che trovasi nell'Archivio Comunale, e che si pubblica
per la prima volta, se non altro, per comprendere bene
quali furono le vere cause che motivarono le proposte della
soppressione del detto piano. Ed invero ricaviamo da essa
perizia che la cagione dello scompaginamento fu appunto
la spinta delle volte.

Dette volte però è da: supporre che fossero posteriori
‘ alla primitiva costruzione del palazzo; perché, come si po-
trà comprendere dal prescritto della cedola p. 16 (v. Appen-
dice) il primo piano doveva essere costruito con soffitto a
travi. Se ciò è vero, come è possibile che il piano di sopra
fosse stato costruito a volta ?

Oggi si capisce che, dovendo rielevare il piano se-
condo, il suo soffitto, come quello del primo piano, dovrebbe
essere costruito con travi e decorato a cassettoni come lo
richiede lo stile dell’edificio. Verrà così risparmiata ai muri
perimetrali qualsiasi resistenza di spinte di volte.

Da documento esistente nell'Archivio Comunale (v. Ap-
pendice), si viene a conoscenza come nell’anno 1744 an-
che la parte inferiore del palazzo sia stata minacciata di
ulteriore deturpazione. Fortunatamente, come scrive Ada-
mo Rossi, il primo piano non subì tutto il guasto che gli
era minacciato. Alle finestre rimpicciolirono di dentro le luci,
ma lasciarono intatti gli ornamenti esterni; e, riguardo alla
loggia, si contentarono rimurare l’uscio e togliere le colonne
che, appare dalla cedola, vi fosser poste a sostenere la co-
pertura. i

Tale magnifica e caratteristica loggia che trovasi al li-
vello del primo piano ed alla sinistra della facciata, ha un
aggetto di m. 1.56 e larghezza di m. 4.05 (misure prese al-
I estremità del parapetto). È sostenuta da cinque menso-

A

è





114 U. TARCHÍ

loni composti ciascuno da quattro mensole sovrapposte. Il
parapetto decorato pure da cinque pilastrini, con bellissimi
e variati ornamenti, corrispondenti ai mensoloni, ha nei due
scomparti laterali due bellissimi stemmi del Comune. Il fondo
di questi scomparti è di marmo rosso.

Al primo piano si aprono poi quattro bifore che pog-
giano sopra un davanzale decorato di cornice composta da
una gola e da un ricco motivo di mensoline, dove figurano
alternativamente delle graziose teste umane e di animali. È
da rilevare come le teste di donna abbiano una lontana
rassomiglianza con le meduse etrusche. Detto parapetto è
alto dal livello del marciapiede m. 8.80.

Le quattro bifore a tutto sesto sono inquadrate da una
cornice sagomata, con festoni di frutta su un alto fregio, il
quale sembra esser sorretto da due esili pilastrini con gra-
ziosissimi capitelli. Terminano con bellissima cornice inta-
gliata da ovoli e dentelli. In corrispondenza agli assi dei
pilastri e sopra alla cornice finale della bifora, sporge di
qua e di là una grande patera di diametro di m. 0.57
circa.

Di queste patere molto accentuate esistono parecchi
esempi in questa città, a cominciare dai monumenti etru-
schi (per esemp. l'Arco d'Augusto) sino a quelli della rina-
scenza. Anche nei piedistalli della facciata della Madonna
della Luce si trovano simili patere.

La bifora é composta da tre esili colonnette di 16 cm.
di diametro e m. 2.68 di altezza, una nel centro libera e le
altre due addossate per metà agli stipiti della cornice che
la rinquadra. I capitelli di queste colonnette sono graziosis-
simi e originali per esservi sovrapposta una tavoletta smus-
sata a guisa di pulvino, dove si impostano i due archetti, a
centro un po’ rialzato, stabile sostegno delle sovrapposte
cornici. Gli archetti sono decorati nei fianchi da formelle.

Nel triangolo mistilineo che trovasi sopra e nell’asse







pesi... ET. 7 a








SUL RIPRISTINO E RESTAURO, ECC. 115

della colonnetta centrale delle bifore (tranne una) si trova
scolpito il grifo, stemma di Perugia.

Tutta la finestra bifora misura in larghezza m. 2.92 e
in altezza m. 4.06, non compresa la maggiore altezza delle
patere di m. O.68.

Si accede al palazzo per un’ampia porta arcuata che si
apre, non già nel mezzo della facciata, ma spostata un po’
verso la sua sinistra, delicatamente scolpita, e pare che si
cercasse di eseguirla tanto elegante e bella quanto l'altra
del Palazzo dei Priori. :

Ne costituiscono l'avancorpo due pilastri ed un arco,
dove sono scolpiti dei delicati ornamenti a guisa di palmette,
lupiniere ecc. Entro la obliqua grossezza dell'arco girano
due cordoni, l'uno liscio e l'altro a spirale. Lateralmente
sono due fasce, con fiori ed arabeschi di accuratissimo e
vago intaglio, che costituiscono il vero brachettone della
porta, dall'apertura quadrilunga.

Una cornice, intagliata da ovoli e dentelli, con fregio
a fogliami che segue il disegno e la linea dei capitelli dei
pilastri, interseca l'arco del lunettone superiore e il suo
fondo, in mezzo al quale é situata una goffa statuetta, quasi
a metà del naturale e dal volto ridente, rappresentante la
Giustizia, sotto di cui sono intagliate queste parole: Justitia
virtutum Domina, prese da Cicerone; e poco appresso si
legge in una specie di targa « Populi Perusini Praesidi A. D.
MCCCCLXXII ». i
“Su due mensole che sporgono sopra la estremità del
cornicione, quasi in corrispondenza con gli assi dei pilastri,
sonvi due Grifi che tengono fra gli artigli una Lupa, qui
significanti Perugia, di cui lo stemma è il Grifo, in atto di
debellare la iniquità simboleggiata nella Lupa; sculture si-
miglianti trovansi anche nel palazzo dei Priori. Tutta la porta
misura in larghezza m. 4.67 (dagli spigoli esterni dei pi-
lastri) ed in altezza, sino all'estradosso dell' arco, m. 1.70.
Nel muro esterno della facciata di questo palazzo, in-







iii ATI NEIN Teo

176 U. TARCHI

crostato di pietre di travertino riquadrate, si notano incise,
alla destra della porta, le misure del piede e del braccio
perugino a comune regolamento.

Nella cortina, subito sotto la loggia, è ancora rimasto
di antico quel finestrino inferriato, che forse doveva dare
luce a qualche prigione, come si nota nella cedola; e nella
parte a terreno si apre oggi una bottega, ora ad uso di
fruttivendolo, a porta architravata che, come è facile ri-
levare sul posto, è di fattura recente relativamente alla co-
struzione principale, e lo prova il fatto che l’ architrave
della detta porta ha spezzato una graziosa finestra, qual do-
veva essere in antico arcuata, ad una sola apertura, simile
a quelle che si trovano nella parte a terreno del Palazzo
dei Priori. Di questa finestra rimangono ancora intatti i conci
dell’arco.

Nel restauro si è ripristinata la detta finestra, chiudendo
l'apertura praticata per la bottega, della quale non si parla
affatto nella cedola.

Accanto a questa bottega e presso la bella porta, esiste
un’altra finestra quadrangolare, ma di epoca posteriore. Sotto
a questa, nella cortina, è traccia di un’ antica apertura di
porticina architravata, che forse doveva servire d'ac-
cesso secondario al sotterraneo del palazzo, nel quale, pro-
prio in corrispondenza di essa, si scorgono ancora traccie
di scala.

Altra parte d'antico, rimasta intatta, è l’altra porta ad
arco acuto (una delle originarie botteghe) che trovasi alla
destra della facciata in corrispondenza della prima bifora
soprastante. 7

Tutte le altre aperture, così di finestre come di bot-
teghe, sono di epoca posteriore e assai recente, essendosi
anche qui seguito il barbaro uso di deturpare un nobile an-
tico monumento per adattamenti a precarie’ comodità dei
possessori succedutisi.

Ridotto questo Palazzo a sede dei Tribunali, ne fu suddi-





'SUL RIPRISTINO E RESTAURO, ECÓ. Tit



viso in due l'originario piano primo (vedi sezione attuále)
e il soffitto del primo dei piani fu costruito all'incirca a
livello degli archi delle bifore e quello del secondo venne
rialzato fino all’ antico davanzale del secondo piano, dove
oggi si appoggia il tetto. Quest’ ultimo piano fu dovuto il-
luminare mediante aperture praticate nella cortina della
facciata, proprio sopra alle belle bifore.

Nel restauro era quindi necessario eliminare siffatta
bruttura di finestre, riportando ad un solo piano questa parte
superiore del Palazzo, che, come abbiamo già detto, costi-
tuiva veramente l’antico primo piano.

Così pure sono state tolte le due aperture del mezza:
nino, che furono barbaramente costruite, luna sopra l'an-
tica bottega ad arco acuto, l'altra sopra a quella di poste-
riore costruzione che trovasi presso la destra della porta
antica del Palazzo e affittata ad uso di vendita di commesti-
bili. Come 6 facile rilevare sul posto, per l'apertura di tale
bottega dové non solo venire strappata l'antica cortina, ma
eziandio quel grazioso sedile, del quale si parla anche nei
documenti dei lavori addizionali della nota cedola. É da no-
tare come anche la porta del palazzo dei Priori abbia alla
sua destra un simile sedile.

Invece di questa bottega e dell’ apertura soprastante
esistevano in antico solamente due finestre inferriate ad una
apertura, che davano luce all’ atrio del palazzo, come ap- .
pare dal testo della cedola, con la quale a di 9 aprile 1473
. la fabbrica del Palazzo del Capitano del Popolo fu allogata
ai maestri lombardi Gasperino di Antonio e Leone di Mat-
teo: « 7. E vogliano che decta stanzia de sotto abbia doie fi-
nestre ferrate grande et ben fatte che facciano lume in la stan-
tia prima commo è facto in lo desegnio ».

Invero dai rilievi planimetrici del pianterreno del pa-
lazzo ho potuto benissimo rintracciare l'antica pianta dell'a-
trio, ora occupata dalla suddetta bottega, dalla prima rampa
della scala (pure di costruzione recente), dal piccolissimo



178 Ù. TARCHI

ambiente dove ha l’ufficio la guardia comunale e da altri
ammezzati costruiti nell’altezza dell’atrio di m. 6.50.

Esso era dunque vastissimo (misurava m. 12.20X11.50),
coperto a volte a cappuccio dai bellissimi peducci, quali an-
che oggi fortunatamente si possono ammirare nei detti am-
mezzati.

Ma della parte interna del palazzo ci occuperemo par-
ticolarmente in seguito.

Rimanevano dunque da restaurare queste due antiche
finestre, che davano un tempo luce all’atrio; e da un ac-
curato esame sul posto potetti scorgere una piccola trac-
cia dell'imposta di un arco che molto probabilmente appar-
teneva ad una di queste finestre. Detta traccia trovasi al--
l'incirea a m. 2.50 sopra l’estremità del sedile opposta alla
porta. :

In quanto alla forma di dette finestre, è da ritenere
che fossero uguali all’ altra esistente sotto alla loggia e di
cui si conserva, come si è detto, tutto il disegno dell’arco.

Queste finestre in numero di due, come dalla cedola,
dovevano perció essere vicine l'una all'altra, in modo che
quella lastra di pietra, ove sono incise le antiche misure
perugine, rimanesse libera, come apparisce tuttora.

Ripeto che le finestre di questa forma, ad una sola aper-
tura, sono ugualissime a quelle che trovansi nella parte in-
feriore del palazzo dei Priori, sia di quella alla destra della
porta, sia dell'altre del fianco del palazzo, in via de' Priori.

La loggia poi è stata restaurata secondo la prescrizione
della cedola, cioè con il completamento della tettoia.

Invero il contratto dice che prima doveva essere co-
perta con tettoia sostenuta da due colonnette, poi nel docu-
mento dei lavori addizionali si parla di un’altra colonnetta
aggiunta, perchè forse durante i lavori si capì che la detta
tettoia aveva bisogno di maggiore sostegno.

« 12. E vogliono che in capo de la prima schala al pare.
de la volta sia una loggia sportata fore del muro pieye quatro




























SUL RIPRISTINO E RESTAURO, ECO.

cum cornice e becchetelli e colondelli bella commo se apertiene*a
dicto edifitio e responda in la piazza de sopramuro e sia coperta
cum colonde che tengano el tetto commo sta desegnato in lo de-
segnio ».

Nel documento degli addizionali dei lavori si legge: « le
colonde de la loia »; e questo fatto esclude perció l'ipotesi
che la loggia non fosse poi stata più costruita secondo il
primo contratto.

Del resto basta anche dare uno sguardo sul posto, e
tanto più sul prospetto della facciata restaurata, per com-
prendere subito come il detto balcone, quale oggi si vede,
ha qualche cosa di non finito; prima di tutto perchè assai
grande e molto aggettante, poi perché l'insieme del primo
piano avrebbe avuto in quel punto del vuoto e sarebbe riu-
scito anche monotono.

Di simili esempi, di balconi coperti con tettoia sostenuta
da colonnette, se ne trovano moltissimi; per esemp. a Monza
nel Palazzo Comunale, a Firenze in Via del Capaccio, del
Vasari, a Celano nel Castello dei Conti. In un affresco del
Palazzo Trinci a Foligno, rappresentante un prospetto di pa-
lazzo con figure, si nota un grazioso simile balcone avente
colonnette all’estremità per sostenere la tettoia.

Con quanto concerne il restauro del balcone ha termine
la descrizione di quella parte del ripristino del palazzo che
interessa la porzione che oggi rimane.

Ora veniamo a parlare del completamento del palazzo,
cioè dell’elevazione del secondo piano.

I documenti trascritti in appendice alla presente rela-
zione, confermati dalle testimonianze di alcuni quadri che
hanno attinenza al detto edificio, e infine le traccie da me
trovate sul posto, mi sembrano prove, di valore assai no-
tevole, di uno stato di cose non lontano da quello rappre-
sentato nel mio progetto.

La prescrizione della cedola su questo punto è molto
significativa: « D. E vogliono che tutta la facciata uerso so-





|
|
D

U. TARCHI
pramuro sia de teuertino concio commo è fatto el principio de
la casa de lo spedale in sopramuro in sino a le archette sportati
sotto ey meroli cum doie finestre cum le grilande a ogne finestra
commo quilla é desegnata in lo modello et sieno le finestre prime
commo quille sonno in lo desegno et le seconde commo quille
sonno in mezzo a la casa del cambio e sieno secondo la como-
dità de la stanzia ».

Da questo documento e dalle annotazioni storiche del
Crispolti e del Siepi, in antecedenza richiamate, si apprende
quindi che il palazzo aveva due ordini di finestroni.

Dalle traccie poi da me accuratamente rilevate sul po-
sto, precisamente sopra l’antico davanzale del secondo piano,
che tuttora fortunatamente rimane intatto e di uguale dise-
gno a quello già descritto del primo piano e sopra al quale,
come s’ è detto, si appoggia la copertura, potei ricostituire
tutta la pianta delle finestre del piano superiore, con uno spes-
sore di muro di m. 1.50, come è ai piani inferiori.

Dalla detta pianta risulta ch'esse finestre superiori erano
cinque, rispondenti agli assi delle bifore inferiori; l'ultima,
alla sinistra del palazzo, corrispondeva precisamente all'asse
del balcone.

Quanto alla larghezza dell'imbotte di ciascuna finestra,
facile è stato desumerla, esistendo intatto il parapetto al
piano superiore. Ma la cosa di cui mi preoccupai sopratutto,
fu la ricerca della precisa pianta di ciascuna finestra, per
poter stabilire se questa fosse ad una sola apertura, o bifora
come quella del primo piano, o d’altre forme; se vi fossero
state finestre con colonnine, simili alle sottostanti, si sareb-
bero dovute almeno ritrovare delle traccie sul muro in cui
avrebbero una volta posato.

Bisogna tener conto che all’epoca della demolizione del
piano superiore fu scalpellato tutto il muro, proprio sino al
livello del davanzale.

Perciò fu necessario scoprire in quel punto, coll’ opera
di muratori, tutto il tetto; e dopo aver ripulito accuratamente










SUL RIPRISTINO E RESTAURO, ECC. 181

il piano del muro, potei scorgere benissimo per ciascuna
delle finestre l'impronta di due basi di colonnette, le quali
indubbiamente ci dicono che quelle furono trifore. Sussi-
stono inoltre i perni di queste due colonnette.

Secondo i rilievi delle traccie delle finestre le misure
sarebbero le seguenti: larghezza m. 3.18, lunghezza e ag-
getto di una traccia di zoccolo di qua e al di là della fine-
stra cm. 42X7, lato del quadrato delle basi cm. 24, distanza
fra queste due basi cm. 60, Nel restauro la trifora ha per
altezza m. 3.70. E questo esame, ripeto, non fu limitato ad
una sola finestra, ma eseguito con diligenza su tutte e
cinque.

Invero il documento n. 5 della cedola ci dice che le fi-
nestre del piano superiore dovevano essere come quelle di
mezzo del Cambio. Queste finestre più non esistono, ma con
ogni probabilità erano sul tipo di quelle del vicino Palazzo
dei Priori. .

Nello studio di questa trifora tenni moltissimo conto della
pianta esatta rilevata, specialmente di quella parte che ri-
guarda lo stipite della finestra, dal quale si capisce come
essa dovesse avere ai suoi lati un largo fascione di riqua-
dratura. Questo fascione doveva essere scolpito in bassis-
simo rilievo, leggermente aggettante, perché, secondo le
misure prese sul posto, l'aggetto del suo zoccolo non do-
veva superare i 7 cm. (vedi quadro delle piante).

Dette trifore messe a confronto con le sottostanti bifore
‘riescono leggermente allargate; ma sembra, in compenso,
che gli antichi abbiano dato alle prime una minore altezza
e un leggerissimo rilievo a differenza delle altre che hanno,
invece, degli aggetti relativamente molto forti.

Si noti ancora nel progetto di restauro, come quei dischi,
o patere, tanto grandi sopra alle bifore, sembrano esser fatti
appositamente per richiamare, in un certo modo, l’ esatta
larghezza degli stipiti delle trifore, ben rimediando così a
questo leggiero divario di larghezza.



He Ern eire die A



U. TARCHI



Sopra alle trifore é stata progettata per finale una cor-
nice conforme a quella della quale si fa parola nei docu-
menti degli addizionali: « el fregio, o vero cornice sopra
le fenestre da cima ».

Di siffatto motivo di una larga fascia, inquadrante la
bifora o trifora, noi abbiamo esempi nel Rinascimento; per
es. a Pavia nella facciata della Certosa.

Del resto questo motivo di trifora composta da esili co-
lonnette ed archetti e contornata da cornice, come un quadro,
è proprio dell’arte umbra. A Perugia tale trifora si riscontra,
per quanto un po’ più antica, ripetuta più volte al primo
piano del Palazzo dei Priori, e nel Collegio dei Notari che
fu costruito 28 anni prima del palazzo del Capitano del
Popolo.

La trifora poi in generale è stata adottata largamente
nei monumenti dell'Umbria.

Concludiamo perciò che in tutti i particolari di questo
Palazzo del Capitano del Popolo si nota sempre come que-
gli artisti che lo edificarono, lombardi di origine e divenuti.
poi cittadini perugini, abbiano tenuto specialmente a modello
l’antico palazzo dei Priori. Come è stato rilevato, la ricca
porta del palazzo ha molte affinità, sia per struttura come
per i motivi ornamentali, con quella dell'altro più antico
palazzo. Lo stesso deve dirsi riguardo al motivo di cornice
dei parapetti, alle finestre inferiori ad una apertura, al sedile
esterno ecc. Perciò non parrà improprio se anche per le fi-
nestre trifore furono tenute a modello quelle dei Priori.

Nel prospetto restaurato ho pure voluto aggiungere quella
parte della facciata dell’antico Spedale che trovasi adiacente
alla sinistra del palazzo del Capitano del Popolo, perchè ne-
cessaria, non solo per giudicare l’effetto che produce l’aspetto
generale di tutto l'insieme degli edifici, ma anche perchè si
può meglio osservare come quelle finestre a crociera, attri-
buite a Fiorenzo di Lorenzo e costruite pochi anni dopo al

SUL RIPRISTINO E RESTAURO, ECC.

palazzo del Capitano del Popolo, furono improntate con «la
stessa (chiamiamola così) intelaiatura di quelle trifore vicine.

Occupiamoci adesso del coronamento del palazzo che,
secondo la descrizione del Crispolti e la prescrizione della
cedola, doveva terminare con motivo di merli, corniciato e
parapettato. « 17. E? vogliono ey dicte soprastante el dicto pa-
lazzo merelato, corniciato et parapettato como sta desegniato cum
canali che gettano fuore l’aqua cum lo corretoro pendente schiac-
ciato de teuertino sopraposto si che l'aqua escha de fuore et non
penetre el tetto ne le mura a parere dey dicte soprastante >».

« 18. Et vogliono dicte soprastante el parapetto sotto ey
meruli de pietre roscie et bianche day li archette en su commo
sta pento in lo modello predicto ».

E secondo il ripetuto documento il palazzo doveva avere
anche i beccatelli: « 5. E vogliono che tutta la facciata uerso
sopramuro sia de teuertino concio commo è fatto el principio de
la casa de lo spedale in sopramuro in sino a le archette sportati
sotto ey meroli cum doie finestre cum le grilande a ogne finestra
commo quilla à desegnata in lo modello et sieno le finestre prime
commo quille sonno in lo desegno et le seconde commo quille
sonno in mezzo a la casa del cambio e sieno secondo la comodità
de la stanzia ».

Anche nel documento degli addizionali si' parla di bec-
catelli: « volte cornice et beccatelli. ... et beccategli da co-
glier laqua del tecto ... ».

Prima di studiare però il restauro di questo finale de-
corativo del palazzo, era necessario sapere, almeno all’in-
circa, qual fosse tutta l’altezza generale della sua facciata.
Dalla solita cedola rilevasi ch’essa doveva essere di 60 piedi
perugini; e, corrispondendo il piede perugino a m. 0.3655,
risulta un’ altezza di m. 22: « 2. Et vogliono dicte sopra-
stante se facciano quattro facciate principale de muro edificate
ney mura bene fatte et bene fondate acte a portare el peso de
grosezza de pieye tre sina a la uolta sa a fare alte quanto







*
A
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184 U. TARCHI

piacera ey dicte soprastante non passando pieye XXII, e dicte
mura sieno alte pieye sesanta computato el parapetto et meroli
grosse da la uolta în su pieye doie et mezzo sina al parapetto,
da inde in su quanto basta excepto la parte de nante uerso
sopramuro che sia grosso pieye tre sina al tetto ».

Interessante questo a sapersi perché possiamo subito da
tale cifra dedurre che il piano superiore del palazzo non
doveva essere molto elevato. Nel nostro restauro risulta l'al-
tezza della facciata circa un paio di metri ancora piü ele-
vata di quanto era prescritto dalla cedola, ma bisogna tener
conto anche che nei documenti degli addizionali si accenna
ad una ulteriore costruzione di cortina.

Stabilita così l'altezza della facciata, rimaneva da sa-
pere quale forma abbiano avuto i merli, i beccatelli ecc.:
del che non si parla affatto nella cedola.

Appunto su questo particolare desidero far conoscere
quanta sia stata la mia cura per riuscire a chiarire la cosa
desumendola da quadri, stampe, o incisioni antiche, che
riguardassero il detto palazzo quando non era stato ancora
deformato.

Un quadro, di molto interesse per il nostro monumento,
esiste in casa della signora Contessa Friggeri: è opera di
Cesare Sermei da Orvieto (sec. XVII) e riproduce la piazza
del Sopramuró in prospettiva. Vi si scorge assai bene il pa-
lazzo del Capitano del Popolo nel suo stato primitivo.

Altro quadro rappresentante la piazza del Sopramuro,
di autore ignoto del sec. XVI, si conserva in un piccolo
ambiente attiguo alla Pinacoteca Vannucci, dove apparisce
ancora l'elevazione del piano del palazzo. Ma è disegnato
così malamente, sia come insieme prospettico, sia come pro-
porzioni, che nemmeno la parte che oggi si può confrontare,

vi corrisponde; per cui, al nostro scopo, non è di alcuna se-
ria fede.

Nell'Oratorio di S. Bernardino avvi un altro quadro in-
teressante per questo studio. È una tela che già si trovava.





SUL RIPRISTINO E RESTAURO, ECC. 185

sopra la porta della sagrestia della Chiesa del Gesü in Peru-
gia, attribuita al pittore perugino Giambattista Caporali,
figlio del più noto pittore Bartolomeo, del sec. XVI.

In una parte di questo quadro è raffigurato tutto il pro-
spetto geometrico, di quell’ala della piazza del Sopramuro
che è composta dalla Chiesa del Gesù, dal collegio annesso
e dal palazzo del Capitano del Popolo.

Però purtroppo non vi è che una lieve impronta di tutto
questo insieme; così che si può appena avvertire il secondo
piano del palazzo merlato, senza distinzione di particolari,
poichè l’autore si limitò solamente a segnarvi lo schema
dell’edificio.

In una pianta della città (1602) riprodotta da una stampa
esistente a S. Pietro, si nota, per quanto in proporzioni mi-
nuscole, il coronamento dei merli del palazzo. È da osser-
vare come i merli non figurano nella facciata posteriore.

Nell'archivio dell’Accademia di Belle Arti esiste un pro-
getto di restauro di questo palazzo, che fu dato, moltissimi

anni fa, come tema di concorso agli allievi; ma è pur-
troppo uno di quei restauri fatti senza fondamento di serio
studio.

Volli anche ricercare se fuori della città di Perugia era
possibile rinvenire qualche altro materiale riguardante il
palazzo in parola, ma ogni mia ricerca riuscì vana.

Il Direttore Generale delle Antichità e Belle Arti assi-
curò di non conoscere stampe riguardanti il detto palazzo.

A Firenze consultai attentamente tutto l'archivio delle
stampe e dei disegni antichi esistenti nella R. Galleria degli
Uffizi, ma nulla fu trovato che potesse interessare il nostro
monumento. Il solo frutto che ricavai dal tempo speso in
quell'archivio, fu la conoscenza di altri disegni antichi ri-
guardanti alcuni monumenti di Perugia, specialmente una
pianta del ’600 dell’antica chiesa di S. Domenico, ed altri
disegni della Porta Marzia e dell'Arco di Augusto.

Di questi disegni antichi ho fatto fare delle fotografie,

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186 ÙU. TARCHI

mercè la cortesia del Direttore delle Gallerie: così potranno
essere allegati fra gli studi di restauro eseguiti nella mia
scuola d’architettura di questa Accademia di Belle Arti,
tanto della chiesa di S. Domenico come della Porta Mar-
zia in Perugia. Dei disegni della Porta Marzia alcuni sono
di Antonio da Sangallo il Giovane, e furono pubblicati anche
nella « Augusta Perusia », altri sono di Aristotile da San-
gallo.

A Milano consultai tutte le stampe antiche di proprietà
del dott. Bertarelli Achille, il quale ne possiede una ricchis-
sima collezione. Ma per quanto abbia raccolte molte stampe
antiche riguardanti Perugia, pure non trovai niente che ri-
guardasse il palazzo del Capitano del Popolo.

Del resto io sono nella ferma convinzione che è suffi-
ciente il quadro di proprietà Friggeri per completare lo
studio del restauro del coronamento del palazzo.

In questo quadro che rappresenta, come è stato già detto,
una veduta prospettica della piazza del Sopramuro, mentre
notiamo che la folla figurata nella piazza è di proporzioni
e disegno un po’ grossolani, non deve dirsi lo stesso della
riproduzione delle facciate dei palazzi, alcuni dei quali si
prestano a confronti, poichè tuttora esistono, come quello
all’angolo di Via Pinella, (oggi G. Calderini).

E qui si nota come l’autore riproducesse i più piccoli
dettagli della facciata con costante fedeltà. Perciò, se egli
ci rappresenta il palazzo del Capitano del Popolo con un
coronamento di merli a coda di rondine (o ghibellini), con i
beccatelli dai peducci allungati a forma di piramide arro-
vesciata, ciò significa, secondo me, che egli li dipinse come
a quell’epoca li vide.

In quanto alla forma dei merli ghibellini, se oggi nessun
altro palazzo antico esiste a Perugia con coronamento di
merli dello stesso modello, ciò non esclude però che ve ne
sieno stati in altri palazzi non più esistenti.

Infatti nella pinacoteca negli affreschi del Bonfigli, il




























SUL RIPRISTINO E RESTAURO, ECC. 187

quale ritraeva Perugia come la vedeva, si trovano torri con
merlatura ghibellina; mentre un dipinto del sec. XVI, rap-
presentante la piazza del Comune nel suo stato originario,
fa mostra di merli ghibellini su quei palazzi che esistevano
presso l'attuale palazzo arcivescovile.

Nelle altre città dell'Umbria abbondano poi esempi di
palazzi con merli di questa forma, ancora ben conservati.

In Assisi la torre del palazzo comunale ha la merlatura
ghibellina; anche a Foligno è dello stesso genere la torre
del municipio; e merli simili coronano a Giove il palazzo
Ducale, a Todi quello, recentemente restaurato, del Capitano
del Popolo, nonchè taluni castelli del Trasimeno, di Spello,
eco,

In quanto alla forma allungata delle mensole, o peducci,
che sostengono gli archetti sotto ai merli, come piramidi
arrovesciate, se ne trovano in Perugia stessa molti esempi.
Il primo cornicione, cominciando da basso, del campanile di
S. Domenico ha una forma simile. e fu costruito, come il
resto del campanile, nel sec. XV. In questo campanile la-
voró anche uno degli stessi artisti che furono adibiti alla
costruzione del palazzo del Capitano del Popolo, il maestro
Gasperino d'Antonio. ;

Un motivo presso a poco uguale a quello del primo
cornicione del campanile di S. Domenico, lo ritroviamo nella
facciata posteriore del palazzo della Corte d’ Assise, che
guarda verso i campi. Qui il cornicione sostiene una specie
di alto parapetto decorato a formelle quadrate di pietre bian-
che e rosse e disposte a rombo, in modo simile al rivesti-
mento della facciata del Palazzo dei Priori, presso la torre ;
e forse questa graziosa e tipica decorazione rimonta all’e-
poca in cui fu parapettata la piazza del Sopramuro.

Nel progetto di restauro si potrà notare come le men-
sole allungate degli archetti del coronamento del palazzo ar-
monizzino benissimo con le punte corrispondenti formate dai
merli.






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U. TARCHI

Nel quadro del Sermei è notevole un altro partico-
lare; cioè che il motivo dei beccatelli non ricorre nei fianchi
del palazzo e, osservando attentamente, si scopre che la cor-
nice delle finestre dell’ultimo piano è proprio della stessa
forma di quella che resulta nel progetto compilato.

Infine fu completato il restauro del palazzo applican-
dovi, lateralmente alla facciata, due bellissime lumiere in
ferro, quali figurano nel quadro del Sermei e sono menzio-
nate nella cedola: « 20. E# vogliono che in cima de decto pa-
lazzo et da la parte de fore intorno intorno se mettano lumiere
le quali dicte soprastante facciano fare a spese de dicto comune
cioè el lauorio de ferro et el maiestro degha mettere e simele ey
campanone in la parete a basso de sopramuro ».

Il Crispolti che li vide, così scrive: « Sono anche nella
detta facciata collocate due lumiere di ferro di smisurata
grandezza, con molto artificio lavorate ».

Uno di quei campanelloni, dei quali si parla in quel
brano della cedola sopra trascritta, esiste ancora sul posto
alla destra della bottega antica del palazzo, ed ha servito
di modello per i nuovi aggiunti.

Questi campanelloni sono di disegno eguali a quelli del
Palazzo dei Priori.

Altro rilievo da fare nel quadro del Sermei si è che
non vi figura più la tettoia con le colonnine sul balcone del
palazzo. Ciò significa che a quell'epoca non esisteva più,
come non esistevano più i merli all’epoca in cui ci fa la de-
scrizione del palazzo il Siepi. « E questo palazzo incrostato
di pietre travertine riquadrate con modiglioni di marmi rossi
verso la cima i quali anticamente sosteneano una corona
di merli ».

Le dimensioni della facciata del palazzo dopo il restauro
sarebbero: larghezza m. 23.00; altezza, dal livello dell’ atrio
del palazzo sino al culmine dei merli, m. 24.50; altezza del
nuovo piano m. 9.20.

Dimensioni dello stato attuale del palazzo: larghezza






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SUL RIPRISTINO E RESTAURO, ECC. 189 |
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della facciata m. 23.005 altezza, dal marciapiede sino al tetto, |
m. 15.13; profondità del palazzo m. 21.33. |

Come rilevasi dai mentovati documenti e come anche
possiamo costatare sul posto, gli artefici costruttori, non solo :
curarono la ricerca della bellezza delle linee architettoniche
del palazzo, ma anche cercarono di colorirla con incastrarvi
più qua e più là, a regola d’arte, delle pietre rosse.

Quegli artisti perugini (d’origine lombarda come gia si
disse) improntarono il palazzo di uno stile, il quale sembra il
resultato di due fattori: 1° delle abitudini artistiche proprie
dei costruttori e formate dall’esperienza dello stile del ri-
nascimento, in uso nel '400 nella regione lombarda; 2° dell’i-
mitazione di molti particolari desunti da monumenti peru-
gini preesistenti e specialmente dal palazzo dei Priori. |

Per quello che spetta allo stile lombardesco, anteriore
alla riforma del Bramante, si rammenti che esso consta
principalmente di due elementi: 1° disegni costruttivi del ri-
nascimento a imitazione della forma classica; 2° spirito della
decorazione, che risente ancora del gotico, in cui pure si
riflettono motivi classici.

Il Bramante ha fatto poi intendere la necessità di met-
tere d’accordo il carattere della decorazione con quello
della costruzione, subordinando quello a questo. Procurando
però l'accordo intimo fra la decorazione e la costruzione, |
i egli ha saputo nei suoi lavori infondere uno spirito di gio-
vinezza e di freschezza, da non lasciare l'impressione di
una semplice imitazione dell'antico, ma quella originale di
una creazione organica.

Un palazzo, eseguito pure da artisti lombardi, e che ha I
È qualche punto di contatto col nostro del Capitano del Po- n
+ polo, è quello dell’ Ospedale dell’ Annunziata a Sulmona;
ma anch’esso o non fu finito o fu di poi abbassato; pari-
menti nella sua graziosa facciata si notano finestre bifore |
con accanto una trifora, anch'essa rinquadrata con cornice |
rettangolare.

|











190 U. TARCHI

Il palazzo comunale di Pistoia, del sec. XIV, si può ci-
tare per avere anch’esso finestre bifore al primo piano e
trifore al secondo.

Passiamo ora ad un breve cenno sull’interno del palazzo.

Come feci i rilievi sul posto di tutta la facciata del
palazzo attuale, così ne eseguii al completo quelli interni;
e nel progetto volli dare un aH dimostrativo di tutte
le piante d'esso edificio.

L'una presenta il rilievo della pianta generale della piazza
del Sopramuro alla scala di 1:200; altre due riflettono il pa-
lazzo della Corte d'Assise, di cui parleremo in seguito, e
tutte le altre, nella scala di 1:100, riguardano quello del
Capitano del Popolo; e cioé pianta del piano terreno, del
1° piano e del 2° piano. A sinistra di chi guarda è il rilievo
delle piante attuali del palazzo, a destra sono ripetute ma
con il restauro. In fondo a queste, nella scala di 1:40,
vi è la riproduzione delle traccie planimetriche delle fine-
stre trifore a livello del parapetto del secondo piano.

Dalle piante restaurate del palazzo del Capitano del Po-
polo si nota come questo avesse in antico ambienti pochi
di numero, ma, in compenso, molto vasti.

Oggi, come abbiamo già accennato, l’atrio dell’antico
palazzo è completamente trasformato. Esso consisteva in un
solo e vasto ambiente di m. 12.20 X 11.50, alto m. 6.50;
oggi invece è stato suddiviso orizzontalmente e vertical.
mente in ben dieci piccoli vani.

A sinistra vi è una bottega e superiormente l’abitazione
del custode; a destra in basso vi é l'ingresso dell'Archivio
Notarile, la stanza per la guardia del Comune e al disopra
altre stanze ad uso di abitazione. Nel centro poi esiste la
prima rampa di scala, dalla quale si accede alle altre con-
ducenti ai piani superiori e che si sviluppano più in fondo







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SUL RIPRISTINO E RESTAURO, ECC. 191

al palazzo. Nel progetto di restauro si noti come, tanto nelle
piante quanto nel quadro della sezione longitudinale del pa-
lazzo, sono tolti questi vani di costruzione posteriore e cosi
pure i rampanti della scala, diversa affatto dall' antica.

Nascosta da questi ammezzati, e tuttora rimasta fortu-
natamente intatta, é la costruzione delle volte a cappuccio, di
copertura dell'antico atrio del palazzo. All'impostare di que-
ste volte esistono ancora dei variati e graziosissimi peducci,
che tutti restano anch'essi nascosti agli occhi dell'osserva-
tore, tranne quello presso la porta, uno dei meglio conser-
vati.

Questo peduccio si trova precisamente sulla metà della
parete in cui si apre la porta, e v' impostano le sole due volte
a cappuccio di questo lato, mentre nelle altre tre pareti fi-
gurano due peducci e per conseguenza tre volte a cappuccio,
di differente corda, due di m. 3.10 e una di m. 5.00.

Nella pianta restaurata del piano terreno é segnata la
esatta proiezione di queste volte.

Nell'antico atrio davano luce quelle due finestre arcuate,
ad un'apertura, che si aprivano nella facciata e che ab-
biamo piü sopra descritto.

Di questo atrio e prima stanza è parola pure nella
cedola:

« 3. E vogliono se faccia dicta uolta fra dicte quatro mura
a matone doppio bene inchiauata per tutti quelli luoche serà bi-
sogno si che abbia a essere bene fatta e perpetua cum chiaue de
ferro et de cerqua secondo serà bisogno ».

« 1. E vogliono che decta stanzia de sotto abbia doie fine-
stre ferrate grande et ben fatte che facciano lume in la stantia
prima commo è facto in lo desegnio ».

« 9. E vogliono che in la prima stantia al piano de sopra-
muro se faccia uno camino da fare fuocho grande et bello che
escha sopra al tetto del dicto palazzo grande quanto piacerà ay
decte soprastante ».

Di questo camino cercai pure le traccie, ed é probabile





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192 U. ‘ARCHI



che vi corrisponda quel largo strappo nel muro antico che
trovasi nella bottega dell’atrio, tanto più che in corrispon-
denza di questo vano al piano ultimo si nota una tromba di
antico camino.

Nel piano di questa prima stanza ancora rimangono
traccie visibili dell'antica pavimentazione, che consisteva in
mattoni messi per costa ed a forma di spina, del qual ge-
nere abbiamo moltissimi esempi in simili palazzi ed anche
più antichi, (vedi la pianta del pianterreno).

Ritornando alla descrizione della scala attuale, basta
una semplice occhiata sul posto per convincersi subito che
essa fu costruita in epoca molto posteriore alla primitiva co-
struzione del palazzo.

Secondo la prescrizione della cedola, sembrerebbe che
la scala dovesse svilupparsi alla sinistra dell'atrio, o del pa-
lazzo, e che al primo piano dovesse sboccare al livello della
loggia.

« 10. E vogliono se principia una schala in dicto Cami-
nale al piano de sopramuro doue piacerà ay dicti soprastante
largha pieye sette di teuertino biene concia et bella per la quale
se uada in la uolta sopradicta e sia in modo se possa fare
l’altra sopra a quilla per la quale se vada sino a la seconda
stantia o terrato cum piu agevelezza se possa, la quale schala
uengha sopra la botigha sta apresso a la schala de la pre-
gione ».

« 11. E vogliono che dicta schala sia parapettata de bono
muro e bello de pietra concia co le finestre d’uno lume a tutte le
parte de decta scala et sia coperta commo se uede in lo modello
non intendendose de teuertino ma de pietra da torre o d’altra
pietra da filo ».

« 12. E vogliono che in capo de la prima schala al pare
de la uolta sia una loggia sportata fore del muro pieye quatro
cum cornice e becchetelli e colondelli bella commo se apertine a
dicto edifitio e responda in la piazza de sopramuro e sia coperta

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n

$UL RIPRISTINO È RESTAURO, ECO. 198

4
eum. colonde che tengano el tetto commo sta desegnato in lo de-
segnio ».

« 8. E vogliono se faccia in la parete uerso sopramuro una
pregione cum vna finestra ferrata che responda in sopramuro
che verrà sotto la schala commo sta in lo desegnio et a volontà
dey decte soprastante ».

Avrei desiderato poter rintracciare sul posto, sia nei
muri che nel pavimento, qualche traccia dell'appoggio di
questa antica scala; ma, per quanto siano stati fatti molti
assaggi, ora qua ora là, dove furono' possibili, pure non vi
fu modo di scoprir niente. Però bisogna tener conto che
nelle condizioni in cui trovasi oggi l'interno del palazzo,
tanto più in questa parte dove sembra che sia stata la scala
antica, è assolutamente impossibile mettersi a scrostare in-
tonaci e fare assaggi nei muri, poichè si tratta di locali
abitati. È

Ma al momento che si dovrà metter mano ai lavori di
restauro, sarà cosa facilissima rintracciare l’antica scala,
poichè, in qualunque modo, se ne dovranno scorgere le
traccie negli appoggi sui muri, o nel pavimento, o nel piano
della volta.

Per completare la descrizione della pianta antica del
piano terreno, oltre l’atrio, esistevano, annessi a questo e
lateralmente, altri due vani, larghi m. 3.40 circa, lunghi
quanto l’atrio, e in fondo al palazzo altri 5 ambienti che pren-
devano luce dalla parte dei campi.

« 15. Et vogliono che al piano de dicto caminale de sopra-
muro se facciano da la parte uerso el campo camere quale ce
uerrano cum tramezze commo parerà ay dicte soprastante et
cum luoche comune a lo bisognio de casa ».

La pianta poi tanto dell’antico primo piano, come del se-
condo, era indubbiamente simile a quella del pianterreno, cioè
composta sempre da un grande ambiente di m. 11.50X12.20
che, in corrispondenza a quello dell’atrio, veniva illuminato
dalle tre finestre centrali della facciata, e da altri due am-









194 U. TARCHI

bienti di forma allungata, lateralmente a quello grande, illu-
minati da una sola finestra, tranne quello al primo piano
alla sinistra del palazzo, sul quale, invece della finestra, si
apre una piccola porta conducente alla loggia.

Nel quadro della sezione longitudinale del palazzo ho
voluto mettere a confronto quella attuale con quella re-
staurata.

Si noti in quest'ultima la decorazione dell'interno degli
ambienti dei due piani superiori con soffitto a travi, dei
quali parlano i documenti, con le porte e i camini dello
stile del palazzo, di cui ho trovato pure la traecia sul posto,
che son menzionati anche nella cedola: « 19. Et vogliono
dicte soprastante ey camini de le sale de concime bene fatti cum
l'arme del comuno et ne l’uscia dey tramezze mettere ey concime
de pietra morta per tutte là uscia de decto palazzo ».

Avverto peró che i caminetti non si trovano nella pa-
rete nella quale li ho disegnati, ma invece la traccia di
essi esiste sulla parete opposta.

Ció ho fatto perché la sezione rivolta da questa parte
permette di vedere come si delinea di fianco la loggia.

Al disotto del piano dell'atrio il palazzo ha moltissimi
altri ambienti, perché dal livello della piazza del Sopramuro
a quello posteriore al palazzo, così detto del campo, vi è
una bella differenza di altezza, vale a dire circa m. 16.

Alcuni di questi ambienti inferiori sono adibiti per l'Ar-
chivio Notarile, illuminati da finestre che si aprono dalla
parte dei campi. Di questo Archivio fa parola anche il Siepi,
. come vedesi dai documenti storici citati.

Presso la piazza esisteva, sotto all'atrio e in direzione
parallela alla facciata, uno stretto e lungo vano a guisa di
corridoio coperto a volta a botte, largo m. 1.95, alto m. 4.95.
Questo corridoio trovasi oggi suddiviso in due piani nel
senso dell'altezza, e in quello inferiore in una larga aper-
tura praticata nel muro maestro della facciata e di costru-
Zione antica, trovasi una traccia di scala, che doveva met-








SUL RIPRISTINÓ E RESTAURO, ECC.



x
tere in comunicazione diretta i piani inferiori del palazzo
con la piazza del Sopramuro. Di fronte si vede pure una
grande porta ad arco scemo con conci ben lavorati, che fu
poi richiusa. A detta scala si doveva accedere quindi me-
diante un’apertura praticata nel piano della piazza, quasi di
fronte alla ricordata bottega di generi commestibili, e perciò
alla destra della porta del palazzo.

Sulla nuova facciata del Palazzo della Corte d'Assise, adiacente
a quello del Capitano del Popolo.

Il restauro del palazzo del Capitano del Popolo esigeva
che si trattasse anche dell'adattamento della facciata della
adiacente sede della Corte d’Assise (1). Cercai, quindi, di stu-
diare un progetto che rispettasse integralmente tutte le luci
delle attuali finestre, anche quelle della parte inferiore, cioè
delle antiche botteghe, le quali, come appare dai documenti
storici, furono costruite dalla comunità di Perugia nel 1431;
splendido edifizio questo, di cui restano ancora le traccie al-
l'esterno e all’interno.

Nel progetto figura restaurata anche l’ultima bottega
che rimane contigua al palazzo del Capitano del Popolo,
giacchè fortunatamente ancora esiste la traccia della an
tica imposta dell'arco con alcuni conci che si sviluppano
nella cortina del fronte.

Da questo avanzo si nota subito come l’apertura della
bottega superasse le altre in larghezza ed altezza. Essa, uni-
tamente a quella vicina alla sua sinistra (come dai docu-
menti storici), fu donata da Eugenio IV nel 1435 perl’ U-
dienza o seggio dei lanari.

(1) Dimensioni attuali della facciata del palazzo della Corte d'Assise, lunghezza
m. 47, altezza m. 14.40; dimensioni col restauro lunghezza totale m. 47, della sola
parte centrale m. 23.50, altezza della parte centrale dove è compreso 1’ alzamento
del piano m. 19.40, delle parti laterali m. 15.50.

196 Ü. TARCHÍ

Sopra alle dette botteghe, conforme si legge nei documenti
storici, sorse nel sec. XVI, contemporaneamente alla costru-
zione della chiesa, il Collegio dei Gesuiti, che subi in se-
guito modificazioni e destini diversissimi, divenuto in oggi la
sede della Corte d'Assise.

Peró i due piani superiori di questo palazzo si presen-
tano, dal lato artistico, in condizioni deplorevolissime, d' un
aspetto proprio campagnolesco; alcune finestre centrali hanno
una misera cornice, tutte le altre invece ne sono affatto
sprov viste.

Ogni piano ha undici finestre corrispondenti quasi agli
assi delle botteghe sottostanti.

Le cinque finestre centrali del primo piano sono piü
grandi delle altre sei laterali e delle superiori. Tale diffe-
rente grandezza mi porse occasione di preparare un pro-
getto che spartisse in tre l'insieme, in verità un po' lungo,
della facciata: una parte centrale che comprende le cinque
più grandi finestre del 1° piano e due parti, laterali, ciascuna
comprendente le tre finestre più piccole.

Questo partito permise d’elevare facilmente di un piano
il palazzo, in modo però non continuativo sino alle estre-
mità, ma solo nella parte centrale della facciata, altrimenti
avrebbe ingombrato da un lato l'altro alzamento di piano
del palazzo del Capitano del Popolo.

Dal prospetto del progetto si osservi quanto, con questo
nuovo partito, il palazzo della Corte d'Assise acquisti aspetto
veramente imponente e meno monotono.

Altra ragione che consiglia l'alzamento del piano é il
bisogno risentito di nuovi locali ad ampliamento degli uf-
fici ivi stabiliti.

Nel quadro delle planimetrie ho voluto comprendere una
pianta delle soffitte attuali del palazzo e un'altra di progetto,
per dimostrare come si possa con molta facilità costruire,
nello istesso piano delle soffitte, circa 21 ambienti pratica-
bili, non compresi i piccoli vani, parte dei quali da illumi-



















SUL RIPRISTINO E RESTAURO, ECC. 191

narsi con finestre sulla facciata posteriore del palazzo, "gli
altri con finestre verso la piazza; ma solamente, ripeto, con
sopraelevazione della sola parte centrale della facciata.

L’accesso al nuovo piano è già stato in parte costruito,
ad uso di cinque ambienti nel tergo del palazzo, i soli ora
praticabili.

Riguardo allo stile da adottare per questa facciata, mi
sono strettamente ispirato ai caratteri dell’architettura locale
della piazza, stile rinascimento dunque; e per conferire al
vario insieme un’aspetto più gradevole ho voluto dare al-
l'elevamento del piano la forma come di loggia, composta
con gli stessi motivi di quella del palazzo del Capitano del
Popolo; giacché, dovendo servire questo nuovo piano per
uso di uffici, verrebbero essi, per mezzo del motivo della
loggia, assai bene illuminati.

Studiai anche il modo di applicare nella facciata alcuni
balconi che, oltre ad armonizzare con quello antico posto
nell’altro palazzo, dessero maggiore chiaroscuro alla facciata.

L'attuale aula della Corte d'Assise potrebbe benissimo,
il giorno in cui fosse compiuto il restauro del palazzo del
Capitano del Popolo, essere trasferita in una delle sue
grandi sale, che ne avrebbero le stesse dimensioni, con il
vantaggio di trovarsi in locale più degno.

Lo spazio presentemente occupato dall'aula delle Assise
si dovrebbe suddividere in senso verticale ed orizzontale

‘ per costruirvi nuovi più piccoli ambienti, adattati ad uffici

o per altro uso, secondo il bisogno.

Il materiale da adottarsi per la costruzione della fac-
ciata dovrebbe essere parte di pietra (naturale, meglio as-
sai, o artificiale) di tipo travertino, e parte ad intonaco ;
perchè tal combinazione di pietra scoperta ed intonaci, oltre
ad essere una maniera veramente originale dell’ epoca del
rinascimento, nel nostro caso particolare serve egregiamente
a mascherare l’ orrenda orditura del frontale, impossibile a
regolarizzarsi con parziali incastri di nuova pietra.







198 U. TARCHI

Per rompere poi la monotonia di queste superfici di
liscio intonaco, avrei immaginato semplici ornamenti da farsi
a graffito od in altro modo.

Quattro figurette potrebbero esser poste fra le finestre
centrali del 1° piano, rappresentanti allegorie adatte ad un
palazzo di giustizia.

Di facciate con graffito abbiamo diversi esempi nel-
l'Umbria; a Perugia, a Spoleto (Palazzo Arroni) e special-
mente a Città di Castello, dove ne esistono dell’epoca del
rinascimento.

Insomma, la sistemazione della facciata del palazzo della
Corte d'Assise è indispensabile, non solo per quando sarà re-
staurato l'annesso palazzo del Capitano del Popolo, ma anche
perchè sostituirà degnamente quel brutto sfondo che oggi
presenta la nuova via guardata dalla parte del Corso; men-
tre all’ inverso, vista dalla piazza, offre all’altro sbocco lo
scenario magnifico del palazzo dei Priori.

Perugia, Aprile 1917.

Arch. Prof. UGo TARCHI.





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FRONTE DI PROGETTO DEI PALAZZI DI GIUSTIZIA

(VISTO DA VIA MAZZINI)

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A PIAZZA DEL SOPRAMURO IN PERUGIA — FRONTE DI PROGETTO DEI PALAZZI DI GIUSTIZIA — (VISTO DA VIA G. CALDERINI) 2

| ARCH. PRoF. UGO TARCHI







SUL RIPRISTINO E RESTAURO, ECC. 199

APPENDICE

Regesto dei documenti editi per la prima volta da Adamo Rossi,
intorno alla fabbrica del Palazzo del Capitano del Popolo.

1472, marzo 23. — I Priori dànno l’incarico a dieci cittadini di
esaminare in qual parte della piazza di Sopramuro convenga costruire
il Palazzo del Capitano del Popolo.

1472, giugno 10. — I cittadini chiamati da monsignor Luogote-
nente a consultare sullo stesso soggetto della edificazione del palazzo
del Capitano, sono d’avviso che debbasi costruire tra le nuove case
dell'Ospedale e i pubblici tiratoi; e visitato il luogo prescelto, e sentito
il parere di due architetti, la proposta è solennemente approvata.

1472, giugno 19. — I nobili Piergaleotto Oddi e Pietro di Sinibaldo
sono dai Priori e dal Vicelegato eletti a soprastanti della fabbrica.

1472, giugno 23. — I due nominati accettano l’ officio dalle auto-
rità governativa e comunale loro conferito.
1472, agosto 6. — Il Tesoriere della Camera Apostolica di Perugia

Luca Zeno dà lettura di una lettera del Cardinale Orsini camerario di
Sisto IV con cui si concede ai Perugini di completare un palazzo an-
ticamente cominciato sopra le carceri ad uso del Capitano del Popolo.
La Camera concede l’uso di 8 botteghe affittate per 32 fiorini all’anno
purchè il Comune dia alla Camera stessa un altro locale di uguale ren-
dita e la Camera non seguiterà a pagare i 40 fiorini annui per l’abi-

. tazione del Capitano.

Cedola della costruzione del Palazzo: 1473, 9 aprile. Riprodotta,
in appropriati richiami, nel contesto della trattazione del
Palazzo del Capitano del Popolo, che precede.

Eccone il preambolo :
Questa è vna Cedola de vno palazzo se uole fare in sopramuro day
tiratori e la intrata de la pregione ney mode che desotto se conteranno



200 U. TARCHI

a uolontà de piergaliocto de oddo da monte Vbiano, et pietro de Sini-
baldo da ramazzano soprastante.

Imprima vogliono ey soprastante del decto lauorio che se scharchi
et leua via tutte mura et tette sonno sopra al decto sito, et repongase
legniame copertime et ferramente, matone et pietra in luocho saluo sì
che se possa remetere in huopra tutto quillo fosse da remettere et sia
lo spazzo bene netto sì che se possa bene vedere et intendare el sito,
et bisognando de scharcare dal piano de sopramuro ingiu, se debbia
fare per fondare bene dicto lauorio, et non bisognando de scharcare
dey mura ce sonno non sieno tenute de scharcare et lo scharcato se
debia stimare et mettere a conto dey dicti maestri a dechiarazione de
doie maestre.

1473, 9 aprile. — Bandito questo contratto dal banditore del Co-
mune di Perugia più volte in parecchi luoghi, non si trovò chi lo vo-
lesse fare per minor prezzo di Maestro Gasperino d’ Antonio lombardo
e cittadino perugino e Maestro Leone di Matteo anche lombardo. (Il
primo maestro ha fatto la zona di Porta S. Giacomo di Città di Ca-
stello e il campanile di S. Domenico a Perugia e il secondo Maestro
nel 1477 lavorava le colonne per la casa di Braccio Baglioni e dell’80
faceva i merli alla torre grande di Castiglione Chiusino). E questi pro-
misero di farlo per 2180 fiorini.

1481, 14 maggio. — I soprastanti Pietro Oddi da Monte Vibiano e
Pietro Sinibaldi da Ramazzano da una parte e Maestro Gasperino di
Antonio dall’altra, muratore e scalpellino, si presentano dai Priori e
dicono che i soprastanti avevano affidato la fabbrica del Palazzo a Mae-
stro Gasperino il quale ha fatto in essa fabbrica parecchie cose neces-
sarie ed opportune, oltre quanto era contenuto nella cedola. Per stimare
questi addizionali deputano Maestro Fino di Ugolino da Perugia e Gna-
gnio di Giagni come periti, alla cui sentenza dichiarano di sottostare.

1481, giugno 26. -- I due periti predetti riferiscono essere questi 1
lavori addizionali :

« Estimano quillo che ha facto et (facto) fare più che quello che
dice la cedula: volte Cornice et beccatelli: Concime: piano de la fac-
ciata denante, el muraglio, et la porta: volta. el pato (sic): el sedio
denante al palazo: la colonda de la loia: el beccetegli da coglier l’aqua
del tecto et le fenestre che sonno to la gionta del palazo e canagli che

colgono l’aqua del corridoro ala cima del palazo: et gli uscia de le ca-

mere : el fregio, o vero cornice sopra le finestre da cima : et le finestre:
quille che mertano che quillo che erano designate nel modello : lodano
et arbitrano che merita el decto lavorio fior. mille trecento cinquanta
& bol. xl. el fior. ».

SUL RIPRISTINO E RESTAURO, ECC. 7 201

1541. — In questo anno fu ceduto il.Palazzo alla Sapienza nuova
fondata dal Vescovo Benedetto Guidalotti perugino e vescovo di Re-
canati.

*
* *

Archivio Decemvirale del Comune di Perugia. (Miscellanea:
Mazzo S. III. N. 7). — Perizia del Palazzo di Sopramuro.

Al nome di Dio Amen. Perugia 20 luglio 1742.

Con tutto che io sottoscritto abbia. altre volte dato perizia per il
ristabilimento del Palazzo del Sopramuro, ne' fondi del quale vi esiste
la Tesoreria Generale dell'Ill.ma Città di Perugia, esigenze di Collette,
Fuoco, e Reparto, Salara, Danno dato, et Archivio publico di detta Città,
il quale pati notabilmente alle scosse di terremoto seguito l' anno pas-
sato in questa Città di Perugia, nuovamente essendo richiesto mi con-
viene farne un altra dichiarazione per ordine degli Ill.mi Sig.i Decem-
veri, atteso che abbia visitata detta fabbrica l'Arch.tto Sig.re Luigi
Vanvitelli, il quale à approvato l'abbassamento di detto Palazzo, la de-
molizione delle volte che son la cagione dello scompaginamento delle
muraglie, e le nuove divisioni, e distribuzioni delle stanze; ma perché
avevo considerato ancora, che levando un gran eorpo di volta ad una
gran sala che notabilmente li muri ancorchè vi siano quattro ca-
tene di ferro potessero rimanere stabili li detti muri, e guadagnare quel
materiale con dette catene p alleggerire l’incomodo della spesa, it detto
Arch.tto Sig. Vanvitelli non approva di levar dette catene, anzichè dice
doverle aggiungere in maniera che arrivino a legare il muro esterno
verso levante a quello esterno verso ponente, per il. che vi occorrerà
la spesa circa scudi 200: e si perde l’acquisto di scudi 196: che si po-
teva fare levando le quattro catene che vi sono ad effetto solo di tenere
a freno la volta che si deve demolire: Così se nella prima mia perizia
si notava la spesa di soli scudi 265:40, detrattone l’acquisto, in questa
sarà notata di scudi 662:40.

Se poi si dovesse ammettere altro mio sentimento sopra tal faccenda
o dovessi replicare al sentimento del nominato Arch.tto, direi come prima,
che li muri esterni di tal fabbrica cessando l'urto delle volte, e sce-
mandoseli il peso, potessero rimanere stabili senza le catene perchè
rimovendo la causa sono rimossi ancora gli effetti, e perchè li detti
muri non traspiombano in veruna maniera sotto dette volte. Ma perchè
l'abondare nella sicurezza é sempre mezlior elezzione, perciò dico che
laseiando dette catene che vi sono, et aggiungendovene dell'altre an-

18





202 U. TARCHI

nesse a quelle, la fabbrica certamente resterà più sicura alle scosse di
terremoto o altro che potesse succedere, e si toglierà, così piacendo la
spesa, ancora il pannico timore, che è quanto devo dire secondo il mio
debole intendimento, e mi sottoscrivo

Pietro Carattoli mano propria.

x *

Sopramuro, Palazzo della Rota.

Adi 17 7bre 1744:

Per la facciata del Sopramuro si devon dismettere le finestre della
facciata della piazza, cioè i conci, e devon ridursi a finestre giuste, e
all'uso moderno nella miglior forma, che si potrà, e levare l’antico, et ©
una se ne deve rimurare a cortina, e l'altre restringere, e queste del
‘secondo piano devono rifarsi tutte di nuovo; questa spesa non com-
presa nella perizia fatta dal Sig.re Pietro Carattoli ascenderà tra scar-
pellini, ealeina, e rena, e materiali, che si vogliono per restringerle,
et fattura de muratori, a scudi cento cinquanta in circa.

















L'assedio di Enrico VI di Svevia re de’ Romani

contro la città di Orvieto (1186)

Aspre lotte, nella contesa fra l’ Impero e la Chiesa, si
agitavano, come in tutte le città, anche in Orvieto, dove le
famiglie più potenti avevano preso il loro posto di opposi-
zione l'una contro l'altra, o pro o contro Stato e Chiesa fin
dal secolo XI. Qual conto avesse la città di Orvieto in Ita-
lia lo dimostra, fra l'altro, l'intervento di un suo delegato,
del suo stesso rettore, Pepo Farnese, alla pace memorabile
di Venezia. Ma quella pace, come il trattato di Wormazia,
non avevá potuto comporre intieramente il grande dissi-
dio. Il pontefice Lucio III non sapeva accomodarsi ad ac-
cettare la condizione, per la quale l’imperatore veniva ad
usufruire per quindici anni delle rendite del patrimonio della
gran contessa, e non volle saperne di consacrare il re dei
Romani. Intanto gli irrefrenati spiriti del popolo romano ri-
bollivano e costringevano il papa a disertare da Roma cer-
cando un rifugio a Velletri: nè valse al ramingo pontefice
recarsi a Verona a richiedere aiuto a Federico Barbarossa,
avendo ben presto dovuto soccombere. Gli successe, non più
fortunato, Urbano III, poco prima eletto arcivescovo di Mi-
lano: a suo dispetto si celebrarono le nozze di Enrico figlio
primogenito dell’imperatore (gennaio 1186) che fu coronato
con i due diademi nella basilica ambrosiana dal patriarca
di Aquileia. Irritato il pontefice non meno con questo pre-
lato che con l'augusta coppia, sospese l’uno dai divini mini-









201 L. FUMI

steri e quanto agli sposi, preparavasi a scioglierne l’ unione.
Aumentava le sue doglianze per il patrimonio della contessa
Matilde, per le rendite delle sedi vescovili vacanti ghermite
dal fisco imperiale, per le rapine ai monasteri sotto il pretesto
di punire le abbadesse di costumi scomposti; faceva intrave-
dere i pericoli incontro ai quali l’imperatore correva, provo-
cando gli sdegni dell’apostolo Pietro. Ma l’imperatore, fermo
nei suoi propositi, incurante delle minaccie pontificali, per
tutta risposta, chiudeva il passo delle Alpi per impedire che
i prelati del suo regno andassero al papa e incaricò il figlio
Enrico di condurre l’esercito alla volta di Roma, mentre
fomentava le tendenze del Senato per la libertà.

Fra le città che si tenevano a parte chiesastica nelle
province contermini a Roma, una delle principali era Or-
vieto. Ma in essa, come si è detto, gli imperiali si contavano
in buon numero, contrastando ai chiesastici la prevalenza,
forti delle prerogative feudali su gran parte del contado e
delle aderenze con le famiglie della stessa fazione nelle città
vicine.

Come si seppe in Orvieto della mossa di Enrico, i
reggenti di parte chiesastica, per ovviare ai pericoli che li
minacciavano perchè gli altri cominciavano a negare l’obbe-
dienza, aiutati dai vicini, cacciarono dalla città gli imperiali
con le loro intiere famiglie. I fuorusciti ebbero ricorso al-
l’imperatore per essere rimessi in patria e alle proprie case,
delle quali si trovavano privati soltanto perchè legati alla
sua fede. E l’imperatore che si ricordava < che gli Orvietani
« in dispregio dell’ Imperio, seguitando le parti di Papa
« Alessandro, si erano messi in libertà, rispose che non gli
« abbandonerebbe » (1).

Narra Luca di Domenico Manenti che nel 1184 essendo
la penuria in Orvieto, si muni la città di vettovaglie e di

armi: intorno alle mura furono tagliati gli alberi e i canneti,

(1) TOMMASI, Storia di Siena, Venezia, 1625, pag. 160,

















205

^



L'ASSEDIO DÍ ENRÍCO VI, ECÓ.

rimesso dentro il grano del contado e portativi mulinelli di
macinello, nel timore che l' inimicizia di Enrico VI e le mene
dei fuorusciti per seguirlo non avessero a produrre qual-
che grande novità. Infatti, l'anno 1186 l' esercito di Enrico
si presentava in Toscana, invadeva Montepulciano, Chiusi, Ac-
quapendente e Bolsena, circondando la collina di Orvieto.
Erano venuti alla guardia della città molti dalle principali
famiglie del contado e aleuni prelati della Chiesa e altri della
Corte Romana, a quanto fu detto. Si mandarono fuori tutti
i forestieri, che avevano beni stabili, eli scolari, le donne e
i fanciulli dei fuorusciti con quei loro beni mobili e tutte le
donne e i figliuoli dei nobili non atti alla pugna, e quei servi che
potevano portar seco. L'esercito imperiale composto di italiani
e di oltramontani prese a stringere la città, circondandola
da ogni parte, salvo dal lato della montagna fra il Chiani e
il Tevere. Da questo lato perugini, assisani, spoletini, gubbini,
marchigiani, ai quali si erano uniti alcuni fiorentini e luc-
chesi, accorsero in aiuto, tenendo quella campagna libera dal-
l'invasore: in potere di costui erano tutto il piano del Paglia
e l’altipiano dell’Alfina. Occupata Bagnorea, Enrico la conce-
dette ai fuorusciti, i quali ne dispersero gli abitanti (che anda-
rono a rifugiarsi a Montefiascone, a Celleno e a Vitorchiano) e
vi misero dentro le loro famiglie. Messer Guglielmo da Mon-
tepulciano, passando per il perugino, e scendendo dalla

montagna, con alquanti chiusini di parte ecclesiastica, potè
| penetrare in città e fornirla di vettovaglie: di guisa che nè
per fame la città si poteva prendere, nè per forza d’ armi,
perchè i cittadini di fare sortite non si attentavano; ma
Enrico, fatta accolta di gente di Amelia, Todi, Foligno e di
tutta l Umbria, riusci a passare per la montagna e a fare
ritirare la gente venuta in favore della Chiesa verso Perugia,
impedendo così alla città di rifornirsi. Stretti da così duro
assedio, peritosi di uscire in campo aperto, gli orvietani sareb-
bero stati ridotti a mal partito, quando gli imperiali fuorusciti,
forse in un momento che i regi, non vedendo profitto alcuno



206 L. FUMÍ

in tale impresa, cominciavano a sgomberare il campo, si sen-
tirono disanimati e domandarono la pace.

Questa è la sostanza del fatto narrato dal cronista Luca
e ricopiato dall’altro cronista Cipriano Manenti, avo e nepote
rispettivi, con molti anacronismi storici in ambedue gli
scrittori, ma più nel primo ché nel secondo, l’ uno vissuto
nella prima metà del secolo XV, l'altro nella prima metà
del XVI. i ;

Essi attinsero indubbiamente a memorie patrie ora andate
perdute e a tradizioni di famiglia passate di padre in figlio.
Luca cominciava a scrivere in tenerissima età d'incarico
di suo padre Domenico, e Cipriano dichiarò di scrivere di
commissione del'padre in età di anni undici: forse ricopia-
vano le memorie trovate scritte nella famiglia per il tempo
più antico e seguitavano poi a mano a mano ad aggiun-
gere per conto proprio sul periodo di tempo a loro con-
temporaneo.

Così Cipriano si valse dello scritto dell’avo Luca fino al

punto che questi lasciò di scrivere, cioè fin verso la metà

del secolo XV, e poi seguitò sulle tracce del padre e ag-
giunse il resto fino all'anno 1562.

Tante notizie, raccolte a modo di appunti da Luca, il
nepote accettò il più delle volte per buone; qualche volta
però le sottopose a controllo e le scartò ; talvolta le modificò
per desiderio di amplificazione e per dare alla sua narrazione
un certo carattere di storia generale. Peccarono ambedue
per semplicità, imprecisione e difetto di critica, credendo,
come credevano quasi tutti i cronisti del tempo meno periti

di lettere, ai racconti precedenti come a vangelo. Ma è certo
che ambedue ebbero conoscenza di scritture patrie di tempi
antichi, e Cipriano, che forse pensava sarebbe un giorno
da qualcuno interrogato, come l’ Ariosto dal cardinale d’ E-
ste, donde avesse cavato tante fantasie, nel proemio al primo
volume delle sue Storie così dice: « Nessun si maravigli
se non ho, come molti fanno, allegato gli Autori e i luoghi























L'ASSEDIO Di ENRICO Vr, ECC. 207

x
onde ho cavato tal cose, perchè questo ho fatto per maggior
brevità, et perchè molte cose ho trovate in scritture che
allegare non si possono, anchorchè sieno autentiche e de-
gne di fede ». Ma se egli avesse sospettato che per le sue
Storie gli sarebbero capitate tante traversie e la reputazione
di bugiardo historico (come egli stesso nei suoi posteriori ri-
cordi registra), o sarebbe stato più cauto o si sarebbe riferito
all’autorità degli scrittori precedenti.

Fra i tanti anacronismi in cui cadono i due Manenti,
non sono pochi quelli disseminati nel racconto dell’ assedio
di Enrico VI e specialmente sulla durata di esso intorno alla
città di Orvieto.

Il grande Muratori a cui la cronaca Manenti non parve
meritare uno sguardo, restò dubbioso; poi seguì il Sigonio
(che dal Manenti aveva desunto la notizia dell’ assedio di
Enrico VI) dopo aver pensato se non si dovesse trattare di
Civitavecchia, piuttosto che di Orvieto (1). Il nostro Gualterio,
diffidente del cronista patrio, ma pienamente fiducioso del-
lorvietano che scrisse in latino la cronachetta antiqua da
lui stampata sull'autografo di ser Tommaso di Silvestro (se-
colo XVI) nella prefazione alla cronaca di Francesco conte
di Montemarte, così parla di questo fatto cittadino: « Tre
« anni di assedio non vincevano la generosa determinazione
« degli orvietani. Ridotti alla fame, rimandarono le donne
« e i fanciulli e rimasero alla difesa delle mura i soli com-
« battenti. Eroismo spartano, gloria italiana che ha pochi
« esempi che l'agguaglino nella storia delle nostre guerre
« d' indipendenza e che pure non ebbe storici e lodatori! » (3).
Dunque egli ritenne che la durata dell'assedio fosse di tre
anni. Questo dice anche il cronista latino citato dal Monal-



(1) MURATORI, A77. ad an.

(2) Il Gualterio cadde in un grave errore storico dicendo che la pace di Ve-
nezia pose fine all'assedio di Orvieto, non ricordando che quella memorabile pace
ha una data di tanti anni anteriore (GUALTERIO, Cronaca di Montemarte, prefaz,

pag. XXIX.





908 L. FUMi



deschi, e questo dice pure Cipriano che certamente attinse
da quello. Il cronista poi riprodotto dal Gualterio, dal Pertz
e ultimamente anche da me, fa ammontare gli anni a sette
e lo ripete anche il cronista Luca di Domenico.

Il Pellini, storico prudente e acuto, si dovette trovare
nell imbarazzo, di fronte al racconto del Manenti, e si li-
mitó a dire: « Duró questo assedio di Orvieto molti mesi,
(et anni secondo Cipriano Manente et Monaldo Monaldeschi
nei suoi Commentari Historici) » (1). Ci troviamo dunque in
grave disaccordo : chi dice tre anni, chi dice sette anni. A
chi dare ragione? Alla critica storica che esclude il detto
cosi degli uni come degli altri. Vediamolo.

Come poteva indugiarsi Enrico VI a stare tre anni e
persino sette nello scoglio di Ripeseno in cospetto di Or-
vieto, se egli non aveva sposato Costanza che nel gennaio
1186 e se egli successe al padre il 10 giugno 1190? Come si
concilia la notizia di questo assedio cominciato a dispetto
del papa nell’estate 1186 e protratto per anni e anni, quando
si sa che nel 1187 erano già quietate le dissensioni fra im-
peratore e papa dopo l’ immane disastro della perdita di
Gerusalemme e di Terra Santa ?

Non appena morto papa Urbano III a Ferrara (20 otto-
bre 1187), il suo successore Gregorio VIII immediatamente
intraprese trattative di pace col re Enrico, il quale nell’au-
tunno dello stesso anno sospese le ostilità e mandò il conte
Anselmo e il console romano Leone dal Monumento a ne-
goziare l'accordo. Dunque ben si comprende che l'assedio di
Orvieto non aveva potuto durare degli anni. E invero, come
avrebbe potuto durare tanto tempo se l'esercito regio era ca-
lato in Toscana nell'estate del 1186 e nell'autunno del 1181 il
re eraentrato in trattative di pace col papa ? Noi poi sappiamo
che entro questo breve periodo di tempo, cioé di circa un anno,
il re occupò tutta la regione di Campagna, salvo Fumone

(1) PELLINI, Dell istoria di Perugia, I, pag. 203.

L' ASSEDIO Di ENRICO VI, ECO. 209
^

e Ferentino, il qual ultimo castello assedió per nove giorni,
e, mosso sopra Guercino (1), Corneto, Vetralla, Orte, Narni,
Amelia, Frascati e Terracina, queste con altre città, castella,
fortezze, ville e baronie egli dovette conquistare in sì breve
tempo per averle in sue mani. Ed ecco, infatti, il suo itine-
rario autenticato comprovato dai documenti diplomatici della
sua cancelleria. Venuto nel giugno in Siena, proseguì poi nel
mese stesso per Orvieto, dove lo vediamo fermato il 24 e poi
il 5 e il 6 luglio. Lo troviamo poi il 7 agosto a Gubbio, dove
rilasciò ai perugini, grandi fautori di lui, come si vede, un
ampio privilegio per l'elezione dei consoli, il possesso del con-
tado e dei beni della Contessa Matilde e per le immunità
imperiali. Forse di ritorno dalla rapida conquista, dove fece
tutto quel male che potè, come attesta il Chronicon Fossae-
novae (2), rientrò in Toscana; si fermò a Sanminiato dal 28
dello stesso mese fino all’ 8 settembre, e quindi a Pisa il 22,
a Prato il 26, a Bologna il 6 ottobre, e via via in Romagna e
nella Marca fino alla metà circa di dicembre. Nell'anno suc-
cessivo 1187 dalla Marca entrava nell’ Umbria, ed era a Fo-
ligno nel gennaio, donde risaliva in Lombardia. Calato nuo.
vamente in Toscana, era a Fucecchio il 29 aprile, a Poggi-
bonsi il 5 maggio, ad Acquapendente l’ 8, ad Otricoli il 24
giugno, nella Marca al 31 luglio, e di nuovo in Romagna
dal 12 fino oltre alla metà di agosto; e di Lombardia, verso
la fine dell’anno, faceva finalmente ritorno in Germania ai
primi dell’anno seguente 1188.

Da questo itinerario si vede chiaramente che del suo

soggiorno in Orvieto non vi sono memorie che per il 24
giugno e per il 5 e 6 luglio 1186; e se ritornò più tardi nei

(1) Chronic. Fossae Novae, ad an. 1186.
(2) « Omnibus tam Ecclesie, quam castellis, per circuitum, omnia mala, que
inferre et facere potuit, fecit » (RR. lI. SS. vol. VII, pag. 876).





——





510 L. FÜMI



nostri paraggi, tenne la via di Acquapendente, poi la via
di Foligno, ma non venne più in Orvieto (1).

Quindi se noi abbiamo ormai la certezza della presenza
per tre giorni di Enrico VI in Rocca Ripesena (dove si disse
dall’annalista orvietano più antico, accampato), della perma-
nenza del suo esercito sotto le mura di Orvieto non pos-
siamo esser certi che per un tempo non ulteriore a quello
che intercede fra la sua dimora sotto Siena e la sua dimora
sotto Gubbio, cioè dalla metà circa di giugno ai primi di
agosto, in tutto circa sette settimane. Perciò i sette anni in-
dicati negli Annales e nella cronaca di Luca si riducono a
circa sette settimane al più. :

Negli accampamenti di Orvieto il giovane monarca
accolse i procuratori del monastero di S. Croce di Fonta-
vellana, i quali, temendo per i loro possessi, ne implora-
rono la conferma. Vi ricevette i legati di Cremona e qui
rilasciò loro il diploma col quale, dopo la pace ottenuta
dall imperatore Federico, la vollero dal figlio, dopochè puniti
per avere concesso, ad intercessione dei milanesi, ai cremaschi
la ricostruzione della città distrutta dal Barbarossa, e, caval
cati, ebbero smantellato Castel Manfredo furono costretti
ad implorar mercè. Finalmente vi concluse un trattato con
Ugo III di Digione, col quale questi si obbligò al giura-
mento di vassallaggio per la contea di Albon sul Rodano.
Fra i grandi che seguivano il re in Orvieto si trovò Go-
dofredo da Viterbo notaro di Corrado III e di Federico,
cancelliere dell’ aula imperiale, vicario dell’ arcivescovo di
Colonia e arcicancelliere d’ Italia, letterato e storico, autore
del Chronicon fino ai tempi di Enrico VI. Se l'assedio d' Or-
vieto fosse stato cosi come i nostri cronisti lo narrano, cioé
veramente singolare e nuovo negli assedi del tempo, se

(1) Srumpr. K. F., Die Kaiserurkunden des X, XI, und XII Jahrhunderts
chronologish Verzeichnet als Beitrag su den Regesten und zur Kritik derselben’
Innsbsuck, 1865, p. 416-418 sgg.













L' ASSEDIO Di ENRICO vi, ECC. 911


non altro per la durata sua senza esempio, come non avrebbe
egli, testimone oculare dell'avvenimento, tenuto proposito di
ciò nella sua Memoria saeculorum ?

Il cronista Luca Manenti, facendo terminare l’ assedio
di Orvieto all'anno 1191, dovette credere che la pace se-
guisse con Colestino III; e Cipriano, che fa terminare l'asse-
dio all'anno 1181, dovette pensare che la pace seguisse con
Gregorio VIII o con Clemente III. Se con l'uno o coll'altro
di questi due ultimi papi o con nessuno dei due, non si sa,
ma io opino che, essendo avvenuta con Gregorio una sem-
plice sospensione di ostilità dietro le promesse da lui fatte
al re, i tedeschi convenissero con private persone solamente
per carpire da loro obbligazioni sulle proprietà della con-
tessa Matilde, ragione e scopo della guerra, ad assicurare dei
vantaggi a pro dei fuorusciti. Base del trattato fra Comune
e fuorusciti pare che fosse mantenere lo sfratto di questi
dalla città, ma libertà di possesso a ciascuno di essi per
i propri beni. Che al Comune fossero state carpite obbli-
gazioni dal re teutonico non è ammissibile. Conclusa ve-
ramente la pace fra lui e il papa, sta in fatto che Enrico VI,
da Strasburgo, il 3 aprile 1189 reintegrò il papato dei suoi
possessi di Orvieto come. erano a tempo di Lucio III, di-
cendo che, se prima della ostilità contro la città nostra qual-
cuno di questa già vincolato con giuramento a Lucio II
avesse prestato giuramento a lui, egli lo voleva prosciolto:
« Restituimus » (comincia l' atto) « in Christo karissimo patri
Clementi Sancte Romane Ecclesie summo pontifici omnem
possessionem, quam habuit papa Lucius in civitate Urbeve-
tana. Et si quis de his, qui Magestati nostre juraverunt, prius
pape Lucio juraverant, eos absolvimus de iuramento » (l1).
Queste espressioni vogliono significare, quanto alla prima
parte, che il re aveva occupato beni spettanti alla Chiesa nel
territorio di Orvieto, cioé quei beni della eredità della contessa

(1) FUMI, Cod. Dipl. di Orvieto, pag. 38.

















































919 L. FUMI

Matilde che avevano dato pretesto alla guerra, a spirito di
rappresaglia; e quanto alla seconda parte, designano un
certo numero di persone, senza dubbio alcuni nobili feudatari,
i quali trovavansi antecedentemente all’arrivo di Enrico VI
obbligati alla Chiesa Romana, e poi, venuto Enrico ad asse-
diare la città, gli si obbligarono in danno e detrimento della
Santa Sede, del cui patrimonio tosco facevano parte. Ma chi
da queste espressioni volesse inferire che anche il comune di
Orvieto venisse ad una dedizione con l'Alemanno, il quale à
ciò mirava col presentarsi ostilmente davanti alle fortissime
mura della città, non intenderebbe a dovere l'avvenimento.
Epperò è errato il concetto manifestato dal Davidsohn nella
sua espressione che Enrico VI « aveva vinto anche Orvieto
e la sua fama militare si celebrava in Germania e le aquile
vittoriose, il cui volo attraverso la Tuscia si apprezzava al
di là delle Alpi, facevano sentire i loro acuti artigli » (1).
No, non è vero tutto ciò. Nella guerra di predoni sguinza-
gliati dal Barbarossa e condotti dal suo primogenito, in Or-
vieto, stretta di assedio più o meno prolungato, nulla potet-
tero gli artigli teutonici contro i petti dei difensori di una
nobile terra italiana. Così pure fu più tardi con Enrico VII
e con Ludovico il Bavaro, e così avverrà sempre finchè
un'anima italiana resterà salda sul suolo conteso alla tede-
sca rabbia.

Non vi fu dedizione da parte del Comune, poichè se
una dedizione fosse avvenuta, il re germanico avrebbe pri-
vato la città dei beni conferitile da Federico, e invece il
Comune seguitò a possederli pacificamente, come pacifica-
mente li aveva acquisiti. Ristabilite le cose del Patrimonio,
varii anni di poi, il vescovo di Avignone, rettore di esso,
tutto intento a rivendicarne i diritti, avrebbe voluto ritogliere
al Comune i beni accordatigli dal Barbarossa. Però Innocen-
zo III, il quale dopo la sollevazione dei paterini orvietani

(1) DAVIDSOHN R., Geschichte von Florenz, I b., Berlin, 1896, pag. 581.

L'ASSEDIO DI ENRICO VI, ECC.

nel 1199 aveva avuto prova manifesta della fedeltà del Co-
mune, fermò la mano al rettore (1) e gli ordinò con lettera
del 1 agosto 1208, di nulla attentare senza sua licenza a
danno del comune di Orvieto sopra i detti beni (2).

Così, attraverso le ombre del silenzio e fra |’ apparire
dei fantasmi di ricordanze male riunite dai cronisti tardivi,
vien fuori uno spiraglio di luce sull’assedio di Orvieto, e la
gloria di una resistenza, tuttochè meno lunga, non diminui-
sce di splendore, massime se si ripensi che Viterbo aprì le
porte allo straniero, Perugia lo favori e Roma stessa, il cui
prefetto si era fatto incontro al re fin sugli accampamenti
di Orvieto, non lo avversò (3).

L. FUMI
*
x'*

L'egregio cav. Domenico Tordi, nostro collaboratore e conso-
cio, al quale avevo trasmesso le bozze già impaginate del pre-
sente articolo, mi comunica gentilmente con facoltà di pubblicarle
le seguenti lettere, cioè una sua dell’ anno 1912 al d.r David-
sohn e la risposta del dotto alemanno sullo stesso argomento da
me trattato all'insaputa di queste corrispondenze fra il mio ot-
timo e vecchio amico e il mio antico conoscente. Sono lieto di
pubblicarle ambedue: l'una prova una volta di più il grande
amore del concittadino benemerito per tutto clie concerne alle
cose patrie, e l’altra conferma la verità storica da me esposta
sulla durata dell’assedio di Orvieto. Nella lettera del professore
tedesco si accenna ad un mio precedente scritto (una nota ap-
posta all’ antico annalista Orvietano pubblicato nei nuovi Rerum
Italicarum Scriptores), dove intendevo dire, com'è di fatto, che la
presenza di Enrico VI nel campo di Ripeseno fu di pochi giorni,
e questo, accennato troppo concisamente, ha dato luogo a frain-

(1) Era Rostagno II de Margaritis (GAMs, Ser episcopor, p. 504).

(2) FUMI, Op. cit. pag. 56.

(3) Ottone Frangipane prefetto di Roma si trovò presente con Bertoldo le-
gato d'Italia all'atto stipulato dal re il 6 luglio 1186 sub temptorio regis H. feliciter
quando erat 4n obsidione Urbisveteris (MuR AT., Antiq. It., IV, 471)

914 L. FUMI

tendere la mia frase come se avessi voluto dire dell’ assedio che
invece ebbe la durata di circa sette settimane. Errato è il concetto
del Davidsohn sal « Restituimus » di Enrico il quale intese resti-
tuire al papa non altro che ciò che gli avea tolto, i possedimenti
già della contessa Matilde. Il re dice di restituire « omnem pos-
sessionem » e non diee già « omne dominium », non dice « posses-
sionem eivitatis », ma « possessionem in civitate Urbevetana ».
E più oltre il documento spiega benissimo il significato delle re-
stituzioni che non concernono se non il possesso dei beni, poichè
chiaramente dice « restituimus quoad possessionem ». Così pure
si deve intendere del « juramentum », ilquale non fu dato se
non da altri che da qualeuno della fazione imperiale, non dai
cittadini, perchè non conquistati. Dalle espressioni del documento
stesso si rileva che il giuramento riguardava quelli che avevano
prima giurato al papa e poi giurarono al re. Non dovevano esser
molti costoro se il re dice di essi: « Si qui de his ... ». Si trat.
tava dunque di qualcuno, non di una comunità. Vi furono poi
persone in altri luoghi che si dettero al re: e il re dice di questi
luoghi, cioè « homines locorum » etc. E queste persone vengono
a costituire un secondo ordine di aderenti imperiali dopo qualche
scarso nome a cui si allude in senso dubitativo fra la gente or-
vietana. Un terzo ordine, sempre secondo il documento, di aqui-
siti è formato dalle città, castelli, fortezze, ville e baroni « per
Romaniam vel Campaniam constituti ». Orvieto non apparteneva
a città di Romagna, nè di Campagna, e veramente Enrico non
conquistò se non luoghi in Romagna e in Campagna. Tutto dun-
que eselude tanto che Orvieto si fosse arresa, quanto che venisse
occupata e poi restituita.

Ed ora ecco le due lettere :
Ill.mo Sig. Prof.

Sto studiando la storia della mia città natale, Orvieto, proeu-
rando di rendermi conto di alcuni antichi avvenimenti. Non è
cosa sempre facile raccapezzarsi fra il labirinto delle notizie più
contradittorie pervenuteci. Ora mi capita una nuova difficoltà. Nella
sua pregiata « Storia di Firenze. Le Origini », Sansoni 1912, pa-
gina 894, leggo : « Questi [Enrico VI] aveva espugnato anche Or-
vieto, e in Germania si celebravano i suoi trionfi ». Ho qui un
abbondante schedario riguardante l’assedio posto da Enrico a Or-

L' ASSEDIO DI ENRICO VI, ECC.

vieto che mi fa nota la resistenza lunga della città, ma della de-
dizione di essa non ho alcun sentore, anzi tutti e storiei e docu*
menti da me conosciuti ammettono che Enrico l’assediasse invano
dalla Rocca Ripesena e che finalmente avendo conquistato molto
territorio attorno, terminò, astrettovi da altre preoccupazioni, a
far pace colla città.

« Pax faeta fuit inter regem Henrigum et Urbevetanos, qui
obsedit eivitatem Urbevetanam tribus annis, euius mnilitia mansit
in Repiseno ». Cosi ser Tommaso di Silvestro, eronista al prinei-
pio del secolo XVI, traendo la notizia da « uno certo libretto an-
« tiquo de molte cose et novità essute et scripte ancora ad per-
« petua memoria già sonno più de 400 anni passati ».

Di questa notizia si sono giovati tutti gli storici nostri fino
al Gualterio ed al Fumi, tutt’ al più quest’ultimo discusse e mise
in dubbio la durata dell’ assedio. Il Gualterio non solo non am-
mette la resa, ma della resistenza strenua della città ne fa un
esempio memorabile.

Ora a me sarebbe assai prezioso di conoscere donde Ella
trasse la notizia della resa. Occorrendomi sgombrare il terreno
da ogni dubbio relativo alla espugnazione della fortissima città,
se Ella faciliterà il mio compito mi renderà gratissimo e toglierà
a me l’occasione di una incresciosa disquisizione.

Sicuro del suo gentile concorso la ringrazio anticipatamente
e Le presento i miei distinti ossequi.

Firenze, 26, III, 1912.
Dev.mo
DT:0RDI
AllIll.mo Signor
Prof. Roberto Davidsohn
58, via de' Robbia
Firenze

Al Sig. Cav. D. Tordi
Direttore delle Poste
Firenze
SIS Ts 19.
Ill.mo Sig.

La notizia da Lei accennata e comunicata da Ser Tomaso di
Silvestro va addietro a una compilazione di note storiche del prin-
cipio del Trecento e ricostruita nella sua interità dal Bethmann.










































216 L. FUMI

Così fu pubblicata nel 1866 nei Monumenta Germaniae historica.
Il « Libretto antico » del quale si serviva Ser Tom.° andava fino
al 1313. Non era dunque una fonte contemporanea all’ avveni-
mento del 1185 (o come dirò: del 1186). Gli « Annales Urbeve-
tani » come furono chiamati dal tempo del Bethmann in poi, veni-
vano ripubblicati dal Fumi nel tomo XV, parte 5° della nuova
edizione del Muratori (Città di Castello 1906). In una nota come
si vedrà in parte sbagliata, il Fumi dice, che, quanto alla durata
dell’ assedio si avrebbe da parlare di giorni invece che di anni
(dunque di 5 giorni).

Altri « Annales Urbevetani » (1161-1276), compilazione tarda
anch’essa (Murat., nuova ediz., l. c., p. 141) fanno assediare En-
È rico VI Orvieto nientemento che 7 anni!

L’anno è sbagliato nelle due Cronache. Documenti del Re del

24 Giugno 1186, del 5 e 6 Luglio (Stumpf, Reiehs- Kanzler, nu-

mero 4580-82) sono datate dall'assedio di Orvieto. Nel maggio

aveva combattuto contro Siena. Il 7 e 8 Agosto si trovò di già

dinanzi Gubbio (Stumpf, Reichs- Kanzler 4583; 4853*). L’ assedio

dunque avrà durato in massimo due mesi în circa, e probabilmente

assai meno. — La parola « pace » del Cronista si può da per sè

; (date le eondizioni di potenza del Re, poi dell'Imperatore Enrico)

4 intendere soltanto nel senso d' una dedizione. Ma là prova piü

di esatta la fornisce il privilegio di Enrico VI del 3 Aprile 1189,

col quale restituisce a Papa Clemente III certi diritti nel Patri-

monio. Il documento sta nel Lib. instrumentorum dell’ Archivio

Storico di Orvieto ed è stampato diverse volte, così Ficker, For-

schungen IV-216 e Fumi, Codice diplomatico, p. 38. In esso vi

dice: « Restituimus in Chr.? Kar."^ patri Clementi ... omnem pos-

sessionem quem habuit papa Lucius (y 1185, Nov. 25) in civit.

Urbevetana. Et si qui de his, qui magestati nostre juraverunt,
prius pape Lucio, juraverant, eos absolvimus de juramento ».

Per restituire doveva dunque possedere e per assolvere dal
giuramento doveva aver ricevuto il giuramento di fedeltà, che era
l'abituale forma di dedizione.

Spero di poter esserLe utile con questi appunti e mi pregio
di porgerLe i miei distinti ossequi.



Dev.mo Serv.
RoBERT DAVIDSOHN

RE MMC Mi E e

Un frate di spirito nel Seicento

(Don Secondo Lancellotti da Perugia)

D'uno dei più bizzarri e fecondi scrittori nostri del se-
colo XVII, il padre olivetano D. Secondo Lancellotti di Pe-
rugia, ha testè rinfrescato la fama Giovanni Rabizzani in un
bell'articolo dal titolo « Italia Signora » nel Resto del Carlino
di Bologna (18-IX-'16): e ne valeva veramente la pena, poi”
chè l’arguto monaco perugino, « Accademico Insensato, Af-
fidato et Humorista », se non per altezza di stile e forbitezza
di lingua, per vastità almeno di erudizione e acume di spi-
rito merita certo un posto assai ragguardevole tra i più eletti
ingegni del tempo suo (1).

L’opera che ha suggerito al Rabizzani siffatta opportu-
nissima esumazione, è quella che s'intitola L’ Hoggidì, overo
il mondo non peggiore nè più calamitoso del passato: titolo da
cui sono abbastanza chiaramente preannunciati il programma
e il contenuto del libro, che, concepito dall’autore nel ritiro
di Rimini, e compilato poi a Pavia (dove il Lancellotti pre-
dicò con plauso nella cattedrale), vide tre anni appresso, nel
1680, la luce pei poco eleganti tipi di Gio: Francesco Val-

(1) Per notizie sulla vita e sugli scritti del Lancellotti veggansi le Biogra/ie
degli Scrittori Perugini e la Bibliografia storico perugina del VERMIGLIOLI che ri-
corda due autobiografie mss. del Nostro, l'una in 7 libri e l’altra in 48 ottave, non-
ché una curiosa dissertazione in forma di lettera da lui scritta da Parigi ai Magi-
strati di Perugia sul « grifone arma ed insegna della Città ».

14









———————————

G. DEGLI AZZI

vasense in Venezia. Alla pubblicazione del suo lavoro il no
stro Abate fu spinto non solo dal plauso che gli procurò la
lettura d'un primo capitolo di saggio fatta nell’ Accademia
pavese degli Affidati, ma altresì dalle esortazioni di dottis-
simi amici, alcuni de’ quali, come Anton Maria Alfani, Lo-
renzo Cantagallina e Jacopo Fracassini, tutti e tre di Perugia,
cantarono in eleganti versi latini le lodi del libro prima an-
cora che venisse fuori per le stampe. Si divide questo in 50
capitoli o « Disinganni », di cui i primi 42 intendono a
dimostrare che il presente non è peggiore del passato per
quel che si riferisce « alle cattive attioni et a’ mali che chia-
mano di colpa », e gli ultimi 8 spiegano come il passato
non fosse men del presente « calamitoso », cioé men afflitto
dalle avversità o « mali di pena ».

Daremo poi qualche saggio di queste curiosissime elu-
cubrazioni, ma ci preme intanto di rilevare come dalla ac-
curatissima preparazione e dal larghissimo spoglio di fonti
bibliografiche, che il Lancellotti dové fare per questo libro,
gli venne in mente un'idea pe'suoi tempi veramente gran-
diosa e che rivela tutta la genialità e la modernità del suo
spirito: l’idea cioè di compilare e dar. in luce. una specie
d’enciclopedia universale, che potesse supplir con vantaggio
tutti i libri congeneri d’erudizione e di coltura spicciola, i
quali sotto i nomi ampollosi di « Poliantee, di Somme,
di @e‘asri;*di: Selve;=diEtori; di: Specchi, dii Des
Sori, di Giardini, d' Epitomi, di-Compendi, di
Prontuarî » ecc., correvano allora per le mani di tutti.
Avrebber dovuto trovarvi luogo notizie d’ogni genere e spe-
cie, interessanti tutte le discipline, dalla filosofia alla storia
naturale, dalla letteratura all’ arte: sarebbe stato, cioè, un
prontuario d’informazioni pratiche per tutti i gusti, per tutti
i bisogni, per tutti i ceti; e avrebbe portato il titolo di « Bos-
sola o Carta da navigare », meglio chiarito dal sottotitolo la-
tino « Acus nautica sive expeditissima ad quamcumque de re
qualibet orationem data e tanta copia scriptoribus via », etc.







UN FRATE DI SPIRITO NEL SEICENTO 219

Disegno, come ognun vede, un po' astruso e farraginoso,
conforme appunto alla coltura di quell'epoca di fermentazione
intellettuale, ma che accenna già ad una certa praticità di
vedute in fatto di divulgazione scientifica e letteraria, e che
ebbe poi attuazione concreta in tutti quei centoni settecen-
teschi, di cui fu feracissima l'Italia: i quali furono — chec-
ché voglia dirsi in contrario — i progenitori diretti di tutte
quelle Enciclopedie e di tutti quei Konversationslevikons, che
fiorirono e fioriscono rigogliosamente in tutte le lingue stra-
niere, mentre noi oggi non abbiam più alcunchè di simile
da poterne sostenere decentemente il confronto.

Ma, tornando all’ opera presa in esame, notiamo che
L'Hoggidi ha non tanto valore filosofico e d’erudizione, quanto

di vivace ed efficace rappresentazione d’un’epoca storica,
poichè per la necessità di contraddire assiduamente alle re-
criminazioni e alle geremiadi degli ostinati laudatores tempo-
ris acti, il Lancellotti tratteggia, quasi senz’avvedersene, con
pennellate franche e sicure, un fedelissimo quadro della so-
cietà del suo tempo, de’ costumi, de’ sentimenti, delle abitu:
dini e de’ concetti più in voga nelle diverse classi sociali,
con tutto il bene e tutto il male onde s'improntavano, senza
scrupoli, nè reticenze ipocrite, anzi con una franchezza di
linguaggio, con una crudezza di « verismo » da meravigliare
in bocca d’un frate e predicatore per giunta.

Basta infatti, per farsi un concetto della libertà di giu-
dizio e di parola di questo monaco « spregiudicato », leggere
i deliziosi bozzetti di cui s'intesse il capitolo o « disinganno »
IV sulle vanità femminili, dove facendo mostra di scagionar
le donne del tempo suo, ne rivela e ne sberteggia spietata-
mente tutte le debolezze e le futilità più ridicole, tutti i di-
fetti e le stravaganze così in materia d’ acconciatura come
in fatto di moralità. Ma nel « disinganno » precedente non
risparmia certo le più sanguinose sferzate alla vanità e mol-
lezza degli uomini suoi contemporanei, di cui descrive brio”
samente i troppo attillati calzari, le strane foggie delle pet-





920 G. DEGLI AZZI

tinature e la femminea mania de’ profumi. « Vediamo hog-
gidì certi giovani pulitissimi e sensualissimi, fra l’altre cose
con quelle belle scarpettine strette per appunto che non si
può aggiungere: guarda che tu ci vedessi un poco di pol-
vere, di fango o d’altra bruttezza manco che manco: cam-
minano con un avvertimento grande, si scansano per non
imbrattarsi pure un tantino ... Col ferro e con le forbici si
vanno increspando et istorcendo i capelli dal fronte indietro,
in altro modo alla bizzarra. Con questa tanta esquisitezza
d’acconciarsi il capo et ogni altra parte del corpo gli huomini
ra sempre accompagnato l’uso di portare odori, muschi, pro-

fumi, o con pretiose acque e delicati ogli bagnarsi od un-

gersi non so a che fine: basta che ancora questa é una va-
nità grandissima ... ».

Il verismo più che zoliano del Disinganno XXVIII « Che
nons'immergevano già meno nelle carnalità gli
huomini di quello che hoggidi facciano », verismo
forse anche un po' troppo stridente per le pudiche orecchie
di noi moderni, ci fa conoscere quale schiettezza e spiglia-
tezza di linguaggio (per non dir altro!) fosse anche ad un
monaco consentita nelle conversazioni intellettuali del tempo;
e quanto dovessero esser comuni e piacevoli nei discorsj
d’allora certi argomenti di natura assai delicata! Schiettezza
di linguaggio che ghigna in nota di sarcasmo feroce (e anche
un pochino triviale) allorchè sberteggia le leggende dell’età
Saturnia quando gli uomini nascevano dalle quercie e — al
dire di Giovenale — si cibavan di ghiande a somiglianza
de’ porci; o stride in invettiva violenta quando se la piglia
con le donne del suo tempo e protesta perchè « non si sente
mai hoggidi altro che rovine, che ammazzamenti, che infe-
licità, che danni senza numero e senza fine per causa di
queste maladette donnacce e di lussureggiare alla peggio! »

E non soltanto alle donne il nostro abate antifemminista
prodiga le sue sferzate, ma anche ad altre cospicue classi
della società, come quelle de’ mercanti e de’ giudici, de’ quali













UN FRATE DI SPIRITO NEL SFICENTO 1 991

tutti, sotto colore di scagionar i suoi contemporanei col con-
fronto della vergogne de’ predecessori, pone in rilievo l’ava-
rizia e la cupidigia. « Non si può più trattar hoggidi — egli
dice — co’ mercanti, artigiani, bottegai e insomma quei che
negotiano e trafficano robba o danari per le case, per le
strade e per le piazze: non ti dicono mai il vero: non ti
osservano mai quel che promettono: ti vendono una cosa
per l'altra. Tutte le mercantie sono falsificate hoggidi. Sem-
pre vogliono tórti qualche cosa del tuo dovere o con la cat-
tiva misura, o col peso scarso, o col cambio del danaio, o
con altro: lascia pur fare a loro! ».

E degli avvocati, procuratori, curiali, di quelli in ispecie
che infestavano le Rote e i Tribunali di Roma, aggiunge
melanconicamente: « Hoggidi questa maledetta Avaritia, si-
gnoreggia il mondo. Habbia uno danari hoggidì: supera ogni
difficoltà et ogni ostacolo ne’ negotii dinanzi ai Tribunali;
co’ donativi e presenti hoggidi ei si corrompono e si voltano
dove l’huomo vuole gl’ offitiali et i ministri della giustitia!
Non ha chi hoggidì possa resistere all'impeto dell’oro e del-
l'argento: con quello e con questo si manda a fine ogn'in-
dignità, ogni cosa, per iniqua, per iscelerata che sia. Pur-
troppo, è vero, io lo confesso ... ».

Argomento assai arduo e scabroso è pel nostro frate
quello del Disinganno XXXVI « Che le cose della reli-
gione e Chiesa di Dio non istanno hoggidi peg-
gio che prima »; ma egli se la cava, come al solito, da
uomo di spirito, accennando così alla lontana alle piaghe del:
l’avarizia e mondanità che corrodevano nella sua compagine
il cattolicismo, mentre tutt'intorno rumoreggiava il turbine
purificatore della Riforma; e all’elencazione de’ mali che non
può dissimulare, oppone una così sperticata apologia della
religiosità, tutta apparente e formale, del tempo suo, che non
può non vedercisi sotto un fine intento satirico, quando de-
canta ed enumera tutta la premura che ecclesiastici e laici
ponevano nelle esteriorità del culto, nello sciupio esagerato










299 "6. DEGLI AZZI

di sacre funzioni, di prediche, di sacramenti, di feste, di lu-
minarie, « di processioni, musiche, pompe e allegrezze or-
dinate per allettare i cuori humani a pensare al cielo ».
« Donde — esclama con un fine mal celato sorriso — donde
tante compagnie, fraternità o scuole modernamente per tutto
instituite? Non v'ha chiesuola, anche nel contado, dove al
cuna di esse non sia, del Rosario, del Sacramento, del Nome
di Dio, del cordone, della coreggia, del Carmine, e cento!
Qualche anno fa, innanzi al non mai abastanza lodato Concilio
di Trento, un predicatore (dicono i vecchi) per città era d'a-
vantaggio, e non havevano molte fiate chi gli sentisse: hog-
gidi non é parochia quasi, nonchè chiesa cattedrale, che non
habbia il suo predicatore, e tutti i laici fanno a gara per
honorargli, mantenergli e premiargli con le limosine, e fanno
cose incredibili ad instanza de’ predicatori!... ».

Altro assai scabroso argomento è quello del Disingnnno
AXXVII-«Che non disdice;e non eé iniperfettrone
in modo alcuno, né d'hoggidi, né fu di tempo al-

cuno, che la Chiesa di Dio sia riceade'benitem-.

porali ancora »: argomento sul quale, dopo aver non
troppo felicemente polemizzato, a proposito dell'autenticità
della famosa donazione Costantiniana, col Valla e perfino
con Dante (che ripone tra gli « hoggidiani »), annaspa
una difesa punto convincente della legittimità delle riechezze
temporali del clero e della loro erogazione, per concludere
coi più sperticati elogi del Papa, di vari Cardinali suoi pro-
tettori ed amici, e specialmente del cardinal Borromeo, non-
chè del suo buon Vescovo, monsignor Napoleone Comitoli,
che s’era spogliato di tutto il suo patrimonio per farne co-
spicuo dono ai Chierici di S. Paolo di Perugia.
Piuttosto goffi e impacciati procedono quei capitoli in
cui il nostro frate tenta di scagionar gli Ordini religiosi, e
specialmente quello de’ Benedettini, cioè il suo, dall’ accusa
di goder di troppe ricchezze, di viver con troppa agiatezza,
di farsi fabbriche troppo sontuose, ecc.; mentro assai vivace,







UN FRATE DI SPIRITO NEi, SEICENTO

per quanto parli sempre pro domo sua. 6 il « disinganno. »
in difesa dei « poveri predicatori », in cui smentisce e ri-
batte eli addebiti, che forse a lui stesso i malevoli avevan
mosso, di cercar cioè, nel bandir la parola di Dio, piuttosto
che il frutto spirituale la soddisfazione dell’ amor proprio e
della vanità, di far troppo sfoggio d’erudizione classica e di
favole mitologiche, d’ « andar troppo sui fioretti », e di men-
dicar il plauso dell’uditorio con barzellette e spiritosaggini
non degne della santità austera del pulpito.

Gli ultimi capitoli del volume non sono che monotoni e
aridi elenchi de’ « mali di pena >», de’ flagelli cioè che sin ab
antiquo afflissero l'umanità, terremoti, inondazioni, carestie,
pestilenze, ecc.: elenchi che, mentre testimoniano della eru-
dizione del nostro frate, dimostrano anche com'egli, specie
in fatto di medicina, non fosse immune dai grossolani pre-
giudizî dell’età sua, come quando discorre della genesi delle
malattie contagiose, della propagabilità loro per opera degli
« untori », de’ fuochi celesti e d’altri fenomeni meteorici spa-
ventosi, de’ casi di teratologia e di parti mostruosi negli uo-
mini o negli animali, e di tante altre goffaggini e assurdità
cui in quel secolo superstizioso la gran maggioranza cieca-
mente prestava pienissima fede.

Ma il capitolo più interessante, perchè s’aggira sulle con-
dizioni politiche della Penisola nostra nella seconda metà del
secolo XVII, e potrebbe per certi rispetti sembrar anch'oggi
. d'attualità, é il Disingmno XIII « Che irragionevol-
mente si duole chi si duole che più de’ nostri
maggiori proviamo hoggidì, o sentiamo, assedi,
sacchi, rovine di città o di paesi, e che insomma
sia più del solito hoggidi l’Italia infelice ».

« Havendo — scrive in proposito il nostro Autore —
per ancora l Italia quasi dinanzi agli occhi l'assedio di Ver-
celli, il guasto di quel paese, il sangue sparso in que’ con-
torni; vedendo quasi presente un buon esercito de’ suoi in
campagna sotto Gradisca, e contemplando quivi la perdita







994 G. DEGLI AZZi



di sì degni maestri di guerra, dico de’ Giustiniani e de’ Ba-
glioni e d’altri con la soldatesca senza nome o per gli stenti
o per l’armi quivi estinta; tenendo freschissima memoria
delle zuffe e battaglie sui loro confini fra la Repubblica di
Lucca e ’1 Duca di Modena nella Carfagnana; ma sopra ’l
tutto rappresentandosi al vivo in faccia dell'istessa Italia il
misero stato della povera Valtellina, rimbombando da ogni
parte lo strepito de’ belici (sic) istromenti, e più forse il do-
lore, il pianto di quell’infelici habitatori, e quello che si
lascia dietro ogn’ altro male, il comun sospetto, il timore
universale di provar peggio assai: non ha dubio che porge
agli hoggidiani grande occasione o nutrimento per fomentare
in essi la lor’ opinione che l’Italia hoggidì stia male quanto
può stare e che si trovasse mai più per l'adietro in questo
termine così cattivo nel qual’ hoggidì si trova. Io mi ratristo
e dolgo quanto altri mai possa rattristarsi e dolersi di tante
avversità succedute nella nostra Italia, e prego Iddio a de-
gnarsi di porger lume e donar forza a chi ne ha bisogno,
a chi può e tocca di tranquillare e rasserenare le cose, ad
honore di sua Divina Maestà e pro’ de’ mortali, e particolar-
mente di noi Italiani. Con tutto ciò, ancorchè io conceda
quello che non posso negare, che l'Italia non istia molto
bene, non posso nè so indurmi a credere tenere e conse-
guentemente dire che hoggidì sia tale e, secondo l'ordinario
sentimento, che stia peggio che mai per lo passato, come
per lo più gli hoggidiani continuamente dicono ».

E quì, a conforto della sua tesi, il dabben frate passa
a parlare di una stampa allegorica, che allora correva per
le mani di tutti e che si trovava appiccicata ai muri di
tutte le case, uscita fuori la prima volta a Venezia nel 1554
e poi, con scarso senso d’opportunità, ripubblicata pari pari
nel 1617.

Udiamone la descrizione da lui, che molto probabilmente
l’ebbe, mentre scriveva, tra mano :

« Vedresti in quel foglio una figura principale, e molte





UN FRATE DI SPIRITO NEL SEICENTO

altre minori attorno in ogni parte. La figura principale si è
una donna a sedere sopra una cassa aperta, o che che sia,
che io non so ben conoscere, addolorata e mesta, toccando
o sostenendo con la mano dritta la guancia, e sopra la si-
nistra appoggiando il gomito, insomma in atto lagrimevole
et infelice : a piedi una corona reale, come caduta così alla
peggio, con queste parole Cecidit corona capitis mei. E che
donna credi tu che sia questa ? sopra il capo di lei è scritto
Italia fui. Volse dunque l inventore di quanto si vede in

quel foglio proporre al mondo un’ imagine della miseria nella

qual l'Italia hoggid? si trova ».

Segue poscia la descrizione di tutte le figure seconda-
rie, tutte corredate di motti latini e rappresentanti tutte le
varietà reali e mitologiche de' piü strani animali e delle
piante, frammiste a scene terrorizzanti d' uomini dilaniati e
divorati da mostri: « mucchio d’imagini — sentenzia il Lan-
cellotti — assai goffamente fatte e sparse attorno l'Italia per
dichiarare e porre negli occhi de’ riguardanti il misero stato
al quale si é condotta Ahoggid? questa meschina Italia : e cosi
è avvenuto perchè, dispensato qua e là per le città, quel
foglio ha trovato luogo et è stato ricevuto dentro alle case,
botteghe e dove più particolarmente agli hoggidiani haverà
piacciuto, et in mostra appeso alle pareti, quasi vivo simu-
lacro dell’ afflitta e sconsolata Italia, come più volte io me-
desimo ho veduto ».

Dopo ciò, messo in rilievo il gaglioffo anacronismo dello
stampatore che intese con un’ allegoria del 1554 rappresen-
tar l’Italia di 63 anni dopo, non pensando che quella non
avrebbe più potuto. adattarsi all’ Italia del 1617, e tanto ©
meno all’ Italia del 1623 (anno in cui il Lancellotti scriveva),
passa a darci il testo dell’ illustrazione poetica, in 32 ter-
zine, di cui giova riferire, se non pel loro valore letterario
almeno per curiosità e per un certo sapore d’attualità ... ir-
redentista, alcune delle prime :





G. DEGLI AZZ



Io son l’afflitta Italia, anzi pur fui,
che piango la mia gloria in terra scesa,
e doler mi vorrei, nè so di cui.

Deh perchè io non son forte a far difesa

?
perchè non poss’ io almen morire, e a un’ hora
finir mia doglia e l' altrui rabbia accesa?



Il monte che alla destra mi sta sopra,
d’ onde n’ escono fuor Galli, orsi e cani,
è l'Alpe, la qual par che mi ricopra;

quindi vengono i fieri Oltramontani,
Galli sono i Francesi, gli Orsi brutti
Tedeschi, Spagnoi Veltri animai strani.

L’ arme partita sopra questi tutti,
ne l' angolo di sopra, e il re Ferrando,
ch’ anch’ ei di me non ha gli artigli asciutti.

Costui tre terre mi viene usurpando,
cioè Goritia, Gradisca e Trieste,
che già San Marco haveva a suo commando.

Vedi Ragusi ancora appresso a queste,
che al Pescatore, al Drago, Aquila e Gallo
rende tributo perchè in pace reste.

Di ciascuna di queste geremiadi nazionaliste, contenute
nel « Lamento dell'Italia, posto sotto la sua ima-
gine », il Lancellotti fa un' acerba e spesso opportuna cri-
tica, rilevando specialmente gli anacronismi che per neces-
sità l'editore del 1617 mette in bocca all Italia, facendole
ripetere le querimonie che meglio s'adattavano al tempo
della prima stampa (1554). Solo ci duole che l'onesto mo-
naco, di cui abbiamo spesso sincere e franche affermazioni
d’italianità, non ne dia prova riguardo alla questione, che
























ÙN FRATE DI SPIRITO NEL SEICENTO

pur allora doveva esser viva e assai dibattuta, dell’ Istria e
della Dalmazia: quanto a Gorizia, infatti, a Gradisca e Trie.
ste, sottratte alla domestica signoria di Venezia dalla seco-
lare rapacità austriaca, egli se ne consola facilmente trascu-
rando tutta la tradizione nobilissima d’un lungo passato re-
moto, per contentarsi d’un passato troppo ... prossimo, che:
di fronte alla storia non avrebbe dovuto bastare a compiere
la prescrizione.

« E forse — egli dice — miseria d'hoggidi questa del-
| Italia? Sappiami un poco dire un huomo, sia pur vecchio,
che l'Italia e la Republica di Venetia perdesse quelle tre
città al suo tempo! » E riguardo alle coste dalmate, il suo
ottimismo congenito gli suggerisce una giustificazione anche
più sciocca: « Che va farneticando questa Italia fui? Mai
più non ho saputo che Ragusi sia in Italia. Non deve havere
questa Italia fui troppi fastidî, com'ella dice e duolsi, che si
prende quei di Ragusi! ». Cosa penserebbe oggi de' suoi
troppo facili accomodamenti il buon frate se potesse metter
il capo fuor del suo avello e veder questa Italia, di cui ras-
segnatamente riconosceva come « mal vecchio l’esser caduta
in tante miserie, e la soggettione e servitù sua con mill’ al-
tri mali non esser cosa nuova », sorta oggi magnificamente
in armi per ritogliere all'usurpatore straniero l’ultimo lembo
delle contese sue terre? Fors'egli ne gioirebbe di cuore, e
invece di tessere a ritroso la storia delle sciagure della Pa-
tria dai suoi tempi alla caduta dell'Impero di Roma, per
confortarsi delle miserie dell'età sua col ricordo di tante
jatture e di tanti scempî, ne avrebbe presa occasione a for-
mular vaticinii più rosei di un lieto e glorioso avvenire, e
avrebbe con maggior ragione e compiacimento gridate quelle
sue belle parole di consolazione, di fede e di patriottico af-
fetto, che son quasi la conclusione del XZ// Disinganno: « A
che dunque tante grida Signora Italia fui? — Cara mia Signora
Italia, dico Signora, perchè al dispetto di chi non vuole,
sei stata, sei e sarai, per mille rispetti e titoli, la più












998 è. DEGLI AzZI
bella, la più nobile, la più degna dell’universo!>».
Parole queste d’enfasi sincera e di ben inteso naziona-
lismo, che appaiono quasi strane ìn bocca d’un frate scettico
e quietista, qual si rivela nel corso della sua opera il Lan-
cellotti, e che eloquentemente ci mostrano come pur ne’ se-
coli più sciagurati e più torpidi, anche sotto la grave mora
della più snervante oppressione straniera, la sacra fiamma
del sentimento nazionale, che aveva inspirata la fiera invet-
tiva di Dante e l'appassionata canzone del Petrarca all’ Ita-
lia, non si fosse mai illanguidita, ma covasse sempre vivace
nei cuori per tornar a prorompere splendida ed operosa
nella pienezza de’ tempi a illuminare della sua luce serena
le audacie delle supreme battaglie, la gloria del trionfo fi-
nale !
G. DEGLI AZzi.

LARA NIAAIRI È np











E NOTIZIE STORICHE
E SUL CASTELLO DI POGGIO AQUILONE

COL TESTO DELLO STATUTO DEL 1556



Dice l’ Hondedei (1) essere stato nel 1276 giuridicamente
dichiarato che la signoria di questo castello spettava ai conti
di Marsciano, ai quali più tardi veniva confermata da Lo-
dovico il Bavaro in un diploma del 1328 con queste parole:

Item [concedimus] castrum et in castro Podii Aquilonis
perus. dioeces. suoque comitatu et districtu, cui castro ipsiusque
comitatui et districtui sint et esse volumus hos confines: a. prima
parte, scilicet orientis, prenominatum flumen Fahenae Rotae Ca-



stelli usque in flumen Nestoris et per ipsum flumen Nestoris
Di usque in flumen Fressenonis usque ad viam Crucis S. Martini,
et per ipsam viam usque ad ecclesiam S. Fortunati in Sigilla
i Tudertinae dioecesis; a tertia, scilicet occidentis districtum castri
Migliani Dioeces. perus. et viam publicam S. Viti Urbevet. dioe-
ces.; « quarta, scilicet meridiei flumen Fahenae ab eius ortu us-
que ad fossatum Ripae Alvellae Urbevet. dioeces. el per ipsum
fossatum usque ad ultimos fines districtus dictae civitatis Urbe-
veteris versus districtum dictarum civitatum Perusiae et Tuderti,
et per ipsos fines usque ad flumen Fahenae Rotae Castelli supe-
rius declaratum (2).

É tradizione che Arrigo VII di Lussemburgo nella sua



(1) Io. VIN. HoxDEDEI, Consilia, vol. 2", Venetiis, Scoti, MDCVI, pag. 584.
(2) UGHELLI, Albero et historia della famiglia de’ Conti di Marsciano, pag. 47.
i 3 Come si vede, mancano i confini dalla parte di settentrione.









230 A. RICCIERI

venuta nel nostro territorio (1312) sia stato dai conti di Mar
sciano alloggiato nel loro palazzo di Poggio Aquilone con
molta signorilità e splendidezza. Che un Federico imperatore
fosse pure dai conti di Marsciano alloggiato in Poggio Aqui-
lone tanto magnificamente fino ad avere in tal'occasione fer-
rali à cavalli d'argento dice il Vincioli (1), e à questo Fede-
rico si dà anche da uno scrittore (2) il numero ordinativo
di settimo, cosa questa che fa credere trattarsi di un equi-
voco fra Federico e Arrigo. Un altro scrittore di cose peru-
gine asserisce invece che l’imperatore ospite di Poggio A-
quilone fosse Arrigo IV nel 1120, dando oltre il particolare
dei cavalli ferrati d’argento, anche quest’ altro che cioè il
conte di Poggio Aquilone — che sarebbe stato Ranieri di
Manno — mantenne il fuoco per servitio della Corte con le sole
torce bianche e per servitio del Principe con la sola canella,
provvedè vivande di rara esquisitezza e regalò l’Imperadore e i
principali della Corte (3).

Noi possiam credere che si tratti in realtà di Arrigo VII
di Lussemburgo anche per la ragione che con esso si tro-
vava in qualità di capitano uno della famiglia dei conti di
Marsciano, e precisamente il conte Bernardino di Borgaruc-
cio per l' impresa contro i Fiorentini.

Anche l'UÜghelli ritiene che l'imperatore sia stato Ar-
rigo VII, il quale dimorò alcuni giorni nel palazzo del Castello
di Poggio Aquilone con molti Principi, consultando il modo di
soggiogar la Repubblica di Firenze et ivi diede alli Conti di
Marsciano un amplissimo e nobile privilegio. Si conserva tutta-
via nel detto Castello di Poggio Aquilone un’ antichissima sedia
di ferro, simile al faldistorio; et è fama che ivi sedesse il me-
desimo Imperatore Enrico quando alloggiò nel detto Castello.

(1) GIACINTO VINCIOLI, Memorie istorico-critiche e ritratti di 24 uomini illustri
in arme etc., Foligno, 1730, pag. 47.

(2) P. ANTONIO DA ORVIETO, Cronologia della provincia serafica riformata, Pe-
rugia 1717, pag. 546.

(3) LANCELLOTTI, Scorta sagra,











































NOTIZIE STORICHE, ECC 931

Nella sala del suddetto palazzo si vedono ancora molte armi di-
pinte di quelli Principi, Signori e Republiche che seguivano
l'Imperatore, tra le quali è quella de’ Conti di Marsciano con
l'Aquila nera incoronata di sopra in scudo d’oro (1).

Quest’ aquila incoronata sarebbe stata il privilegio con-
cesso dall'imperatore; poichè è da notarsi che tanto nella
sacristia di S. Francesco della Scarzuola, quanto nei sigilli
di due lettere scritte nel 1256 dal conte Bulgarello di Ra-
nieri, lo stemma presentava il campo (giallo) della parte su- d
periore vuoto e in quello della parte inferiore tre gigli p
E d'oro (2). B
1 E E giacchè siamo a parlare di stemmi, diremo ancora E
i ‘che sopra un antico camino — sempre nel palazzo di Pog- ; |
gio Aquilone — era scolpita in marmo una impresa dei conti B
di Marsciano, dove nel campo superiore invece dell'aquila si |
vedevano tre corone intrecciate e nel campo inferiore i so-
liti tre gigli d'oro; e in fondo si.leggeva questo distico :





Quae simul ista nitent patriis virtutibus arma
Marsciani renovant elaros in orbe viros.

Ma la più antica menzione che si trovi di Poggio Aqui-
lone è del 1263, nel quale anno Borgaruccio e Bernardino
conti di Marsciano firmarono un istromento di donazione ro-
gato in detto castello avanti al casamento loro, dice l'Ughelli,
il quale afferma che detto istromento si trovava nell’ archi-
E vio segreto conservatoriale d'Orvieto. Nel 1216 si legge che
il conte Bernardo detto Nardo e i suoi fratelli Ugolino e Ne-
rio ebbero una lite col comune di Poggio Aquilone circa
lelezione degli officiali del comune stesso, che erano il con-
sole, il sindaco e il banditore; la qual lite fu poi composta



(1) UGRELLI, op. cit., pag. 6.
(2) Ibid,





232 A. RICCIERI



mediante un atto pubblico a rogito di ser Crescimbene, no-
taio del capitano del popolo in Perugia.

Quattro anni più tardi, cioè nel 1280 lo stesso Nardo
ora menzionato e i suoi fratelli divisero con Bernardino loro
zio i possessi principali della famiglia, e fra gli altri Poggio
Aquilone, per i cui confini nacque nel 1284 una controver-
sia sistemata con sentenza arbitrale per rogito di ser Paulo
detto Albertuccio della Morcella (1).

Narra il Pellini che nel 1384 Bindo di Bulgaro dei conti
di Marsciano fece istanza ai magistrati di Perugia di esser
ricevuto sotto la loro protezione. Fu deliberato di compiacerlo
e fu recevuto per confederato ed amico, e ne furono fatti pub-
blici stromenti di confederationi e di leghe per venticinque anni ;
ed egli si obbligò d'esser sempre parato a tutte l' opportunità
della Città e volle esser chiamato obbediente figliuolo de’ Magi-
strati e raccomandato de’ Perugini con quanto egli possedeva,
ch'era il Poggio dell’ Aquilone, il palazzo e l’ Abbatia d’ Al-
quarte (2).

In Poggio Aquilone mori nel 1498 Todeschina figlia del
celebre condottiero Erasmo da Narni detto il Gattamelata, e:
vedova del conte Antonio di Marsciano morto quattordici
anni prima, e anch'esso valoroso e fortunato capitano. Que-
sto conte Antonio fin dal 1476, essendo governatore generale
delle lance spezzate di Venezia, aveva fatto il suo testamento
in Verona a rogito del notaro veronese Pietro Ciringelli. Nel
qual testamento, che è un documento di molta importanza,
fra altre moltissime disposizioni a favore delle chiese che si
trovavano nei suoi possessi si legge: /tem dispono jure legati
ad honorem omnipotentis Dei in remissionem peccatorum et re-
medium animae meae, Ecclesiae S. Egidii de Castro Podij A-
quilonis perusinae dioecesis pro reparatione aut ornamentis dictae
Ecclesiae libras viginti denariorum currentis monetae perusinae,

(1) UGHELLI, op. cit., pag. 27.
(2) PELLINI, Historia di Perugia, I, 1311.















NOTIZIE STORICHE. ECC. 238

prout infrascriptis fideicommissariis et filiolis meis seu et MW
rumdem genitrici consorti meae Todeschinae una cum Sanctestis,
qui pro tempore erunt dicti Castri Podij, sanctius opportunius-
que et Deo gratius visum fuerit. E un'altra somma di cinquanta
libbre di denari della corrente moneta perugina lasció il
conte Antonio per la ricostruzione di una cappella già di-
ruta, detta S. Egidio vecchio, nel cassero di Poggio Aquilone;
la qual cappella era di proprietà della famiglia, dicendosi
nel testamento : ... pro reconstrutione Sacelli, seu Capellae no-
strae diruptae sub titulo S. Egidij veteris etc.

In questo testamento il conte Antonio di Marsciano proi-

biva ai suoi numerosi figliuoli, sotto pena della maledizione .

paterna, che venissero alla divisione dei beni. Ma nel 1500,
sedici anni dopo la morte di lui e due anni dopo la morte
di Todeschina sua moglie, i figli fecero le divisioni patri-
moniali, e a Gentile e a Pirro toccó il Poggio Aquilone con
altre terre. Ecco le parole dell’ istromento : ... partes sint et
esse debeant Comitis Gentilis et. Com. Pirri ... In primis domus
novae de castro Podij Aquilonis, le vigne sopra il poggio, la Co-
sta del Gatto, la Torre del Piano de Genna e li terreni e la
metà del Dominio e feudi delli terreni di detto Castello. La se-
conda parte în detto Castello, le Case vecchie, Fogliano assieme
con il Molino, la Mezagatta, le vigne sotto Fogliano con Pas-
safinocchio, le fornaci e la selva della Madalena e l’altra metà
del Dominio e Feudi sopradetti e Cecoleta (1).

La signoria di Poggio Aquilone fu dunque ininterrotta-
mente per più secoli in mano dei conti di Marsciano.

Farà pertanto meraviglia vedere in calce allo Statuto
che pubblichiamo, oltre alle firme di Gerolamo e Gaspare
conti di Marsciano, quelle di Giulio Cesare degli Oddi e di
Lodovico Ponfreni, ambedue nobili perugini. E poco dopo
vediamo vantare signoria sul detto castello le famiglie Bussi
di Viterbo, Paroli, Aureli e Montesperelli di Perugia.

(1) UGHELLI, Op. cit., pag. 203,




































Sd A. RICCIÈRI



La soverchia ristrettezza del tempo non ci ha consen-
tito di fare tutte le ricerche necessarie per dilucidare come
avremmo voluto tale questione. Tuttavia possiamo stabilire
qualche dato di fatto da cui si ottiene pure un po’ di luce.

Un atto pubblico del 1550 a rogito di Luca Manuzio no-

taro orvietano ci fa sapere che vi era stata lite fra il conte

Gaspare di Lodovico da una parte, e le sorelle Contessa e
Isa Paola di Bulgaro sue cugine dall'altra per il possesso di
Poggio Aquilone. Una delle due sorelle, Contessa, aveva
sposato Scipione degli Oddi, dal qual matrimonio era nato
un figlio che fu Giulio Cesare ; e l'altra, Isa Paola, era an-
data sposa a Luca Alberto Ponfreni da cui ebbe un figlio,
Lodovico (1).

Vero é che dal citato atto pubblico apparisce che la
Rota Romana concedette il possesso del Poggio a Gaspare ;
ma chi sa nei sei anni che corsero fra la sentenza della
Rota Romana e la compilazione dello Statuto, quali nuovi
fatti saranno avvenuti per autorizzare i figli delle avversa-
rie di Gaspare ad apporre anche la loro conferma ed ap-
provazione nello Statuto stesso ?

Certo, liti molte ed interminabili dovettero agitarsi per
questa signoria. Anche un conte Ottaviano Montemelini
avrebbe avuto, secondo il Pellini (2), giurisdizione su Pog-
gio Aquilone nel 1573; e si legge negli Annali Decemvirali
che nel 1575 Poggio Aquilone fu dato in accomandigia alla
città di Perugia dal conte Achille di Marsciano e da Gio:
Antonio Paroli perugino, domini et patroni absoluti eiusdem ca-
stri eiusdemque territorii, districtus et jurisdictionis, ponendo

(1) Contessa, rimasta vedova del Degli Oddi, si unì in seconde nozze con Si-
gnorello Signorel'i. Per i Ponfreni poi bis gna notare che non fu Isa Paola la prima
dei Marsciani a imparentarsi con questa nobile famiglia: ché nel 1457 una sorella
di quel conte Antonio di cui abbiamo parlato e che.si chiamava Forestiera, si maritó
a Car.o Ponfreni, che lo stesso conte Antonio nominò insieme ad altri suo esecutore

testamentario chiamandolo tanquam fratrem dilectissimum.
(2) PELLINI, op. cit., III, an. 1573. Questo Ottaviano era figlio di Giulia di Nicolò
dei conti di Marsciano, la quale aveva sposato Rubino Montemelini.















così questa loro contea in perpetuam commendam et defensio
nem lll.me civitatis perusie et sub illius fide et protectione, ob-
bligandosi a dare ogni anno al magistrato di Perugia nel
giorno di S. Ercolano in segno di soggezione dieci libbre di
cera (1).

Con questa cessione in accomandigia fatta alla città di
Perugia si spiega la lite mossa piü tardi (1594) dal fisco
contro Giulio Cesare degli Oddi difeso dall' Hondedei per la
usurpazione del titolo di conte di Poggio Aquilone e della
giurisdizione annessa. E che in verità il degli Oddi avesse
preso quel titolo, risulta sia dalla difesa stessa dell' Hondedei
che diceva: Aliud quod se comitem vocari fecerit subvertitur
considerando quod ideo fecit se vocari Comitem. quia vere Comes
est castri Podij Aquilonis (2), sia dalla seguente iscrizione che
abbiam trovata nella busta di un manoscritto presso la Co-
munale di Perugia:

Quel conte Achille era figlio di Girolamo primo firma-
tario dello Statuto: del quale Girolamo non si sa altro se

(1) Annali Decemvirali, 1575, f. 58 e seg.

(2) Op. cit.

(3) Questo manoseritto (n. 1491 dell’ Inventario) è costituito da un fascicoletto
scritto di mano del Mariotti e intitolato Inscriptiones perusinae Romae extantes et
alibi. L'iscrizione riportata, serive il Mariotti, si trova nella chiesa di S. Agostino in

Roma.



























NOTIZIE STORICHE, ECC. 235

Gisberto Oddo Perusino Comiti
Podii Aquilonis Generis Spen
dore Varia Eruditione Opti

mis Amabilissimisq. Moribus
Clarissimo Et Summis Infimis
Gratissimo Iulius Caesar Fra
ter. Amantissimus Multis

Cum Lacrymis P. Vicit Annos
XLVI. Menses VIII, Obiit XIII
Kal. Maii M.D.LXXX VIII (3).













——————— non n -











236 A. RICCIERI



non che fu primogenito di Bernardino di Antonio, ebbe in
moglie Prospera Maréri e fece il suo testamento in data
29 settembre 1571. Gio: Antonio Paroli poi aveva sposato
nel 1556 Emilia, figlia di quel conte Gaspare del quale si è
parlato e che è il secondo firmatario dello Statuto, e che
morì in Orvieto nel 1566. Così si spiega come la famiglia
Paroli entrasse a condividere la signoria di Poggio Aquilone
coi conti di Marsciano.

Scrive il Belforti che al tempo suo Poggio Aquilone era
« feudo con titolo di contea di giurisdizione della nobile fa-
miglia Bussi ed Aureli e dell’altra nobile famiglia Montespe-
relli perugina per eredità de’ Trollieri, famiglia pur peru-
gina estinta » (1).

La famiglia Bussi fin dal secolo decimosettimo s'era im-
parentata coi conti di Marsciano. Si legge difatti che una
pronipote del piü volte nominato conte Gaspare, Dianora
(figlia di Alessandro (t 1650) di Lodovico di Gaspare) si era
unita in seconde nozze con Giovanni Battista di Giulio Bussi
nobile viterbese (2). E molto probabilmente da questo matri-
monio nacque quel Giulio Bussi, di cui si conserva nell’ ar-
chivio di questa nobile famiglia una Patente del Podestà del
Poggio, ossia un decreto col quale detto Giulio Bussi nomina
podestà di Poggio Aquilone il dottore Antonio Alfonso Conti:
Ecco il documento nella sua integrità : i

Giulio Bussi Conte del Castello
di Poggio Aquilone.

Dovendo noi provedere di Podestà il nostro Castello di Pog-
gio Aquilone, et havendo notitia della fede, integrità, abilità, e
dottrina del Sig.r Dottore Antonio Alfonso Conti, lo dichiariamo,

(1) Illustrazioni storiche e topografiche del contado di Perugia di GIUSEPPE
BELFORTI con postille di ANNIBALE MaRIOTTI; ms, della Comunale di Perugia,
(2) UGHELLI, Op. cit., pag. 43.


























NOTIZIE STORICHE, ECC. 931
à
e deputiamo Podestà di d.o luogo, con tutte le facoltà, autorità,
e giurisditione, per ciò necessarie, prerogative et emolumenti so-
liti, ordinando e comandando à i Massari, Offitiali di d.o Ca-
stello, et à tutte e singole persone di esso, che per tale lo deb-
bano riconoscere rispettare, assistere, et obbedire finoché à moi



parerà altrim. Roma primo Giugno 1693. te

Giulio Bussi.

Nulla sappiamo del come le famiglie Aureli, Trollieri e
Montesperelli entrassero a dividere la signoria di Poggio
Aquilone. Diremo solo che nel Processo di nobiltà della fami-
glia Montesperelli (c. 44 e segg.) risulta che le possidenze
di Averardo di Dario Montesperelli (1716-1784) in Poggio A-
quilone ammontavano a libbre 691 (1).

(1) V. la monografia del dott. FRancESco BRIGANTI pubblicata per le nozze Mon-
tesperelli-Briscese (1911).









CO



in tie

938 A. RICCIERÌ

LO STATUTO

È un codice (cm. 27 X 20 X 2) di trentotto fogli carta-
cei con copertina di pergamena sulla quale è scritto :

Statuta. Castrj.
Podij. Aquilonis
M.D.LVI. :

Fu donato dal dottore Angelini Paroli alla Biblioteca co-
munale di Perugia nel 1909, ed è in buono stato di conser-
vazione con scrittura chiarissima.

Nel primo foglio (r.) si legge:

In nomine Domini. Amen. Anno Domini M.D.LVI. Sedente Paulo quarto.

E più sotto di altra mano posteriore di più di un secolo,
è scritto:

Dechiaratione delle monete antiche che tratta il presente Sta-
tuto cioè di libre denari soldi fiorini quanto siano alla moneta
corrente delli tempi nostri cavata dalla Tariffa a di 13 Dicembre
1659.

Ogni 4 denari fanno un quatrino

Ogni 12 denari fanno un soldo o tre quatrini

Ogni cinque libre fanno un fiorino

Il fiorino reale sei pauli et un quarto.

In Dei nomine amen. Statuto del Castel del Poggio de l'A-
quilone reeavato de verbo ad verbum del statuto vecchio fatto
per la b. m. del Conte Ranuccio Vecchio de marziano nel 1442
scritto et recopiato per ordine et commissione delli Illustrissimi
signori Padroni del detto Castello nel 1556 con voluntà et con-
sensu delli spettabili huominj et Massarj de detto loco, quali al
presente sonno Taneio alias il Cerasaio, Mecharone di Sealabrino,





>
a
x









































NOTIZIE STORICHE, ECC. 939

Valentino de Christophano, et Giapeco detto il Rosso; qual Sta-
tuto sara confirmato et sottoscritto de manu propria delli prefàti
signori Padroni: nel tempo del Pontifieato de Papa Paulo quarto:

De cause civili. Cap. 1.

In primis hanno statuito et ordinato li Statutarij (sic) anteditti
che per ogni petitione seritta nanti del Vieario exibita et produeta
per il Vicario de detto Castello pigli per decimo dodeci dinari per
ciaschuna libra de quaranta soldi in su et da quaranta in giu doi
soldi, et per ciascuna resposta un soldo.

De Tenuta accepta. Cap. 2.

Item hanno statuito, et ordinato li statutarij anteditti che se
pigli per Tenuta de debitor’, overo de chi fusse in contumace per
la quantita che se adimanda, et per le spese fatte La quale Te-
nuta se fusse cosa mobile stia per tempo di cinque di: se fosse
cosa stabile stia e star debbia per vinti di: Sia citato reo che re-
colga la detta Tenuta in fra tre di, et se non comparisce se ban-
disca la detta Tenuta per li lochi consueti de detto Castello tre
volte in diversi di, et al piu offerente se dia et conceda et se
non se vendesse a bando se stima la ditta Tenuta per li stimatori
del comuno et diasi al creditore per la quantita che lui adimanda,
et per le spese giustamente fatte et se la detta Tenuta non ba-
stasse si proceda più oltra per finche il Creditor’ e integramente
sodisfacto et pagato con le spese legitime.

Delli furestieri. Cap. 3.

Item hanno statuito, et ordinato li Statutarij sopradetti che
se renda ragione alli furestieri, como a quelli del Castello del Pog-
gio, salvo che la Tenuta di cose mobili stia per tre dj, et stabile
cinque di, passato detto termine se bandisca como di sopra.

Della recuperatione della Tenuta. Cap. 4.

Item hanno statuito et ordinato che se fusse nessuno contu-
mace et volesse la detta Tenuta recuperare non sia inteso che
prima non refaccia le spese, et poi proceda di ragione più oltre
a petitione della parte.





nin a









da = = =



























940

A. RICCIERÍ

De' sequestro. Cap. 5.

Item hanno statuito, et ordinato che li sequestri se faccino
contra li furestieri a petitione de chi li adimandara, et paghi al
Vicario de detto castello dodecj denari per libra, et per lo reporto
del balio el quale sequestro stia per dieci di, et se il reo non
comparisce se dia al Creditore per la quantita che adimanda, et
per le spese, pagato prima el salario del Vicario, et così se paga
per revocatione del detto sequestro.

De’ la ragione da far’ p. adiutorio. Cap. 6.

Item hanno statuito et ordinato che de pane vino carne et
adiutorio dato el Vicario proceda summariamente et retenga il
reo personalmente a pagar’ et dar’ fede al creditor’ con giura-
mento per la quantita de diece soldi.

De’ danni dati, Cap. 7.

Item hanno statuito et ordinato che li factori et lavoratori
delli signori de detto Castello possano accusar Tutti et singuli
che darranno danno personalmente o con bestie nelli bienj di essi
signori et sia creso con loro giuramento per la quantita di diece
soldi, et da quello in su remanga in arbitrio delli signori et cosi
ogniuno possa delli soi benj proprij accusar’ al modo predetto, et
sia dato fede a loro giuramento per fine alla detta somma.

De danno dato in Vigne. Cap. 8.

Item hanno statuito et ordinato che veruno ardisca ne pre-
suma dar’ danno per le Vigne de altri personalmente per fin che
le uve sono mature o acerbe, cioe da le Kalende di Maggio per
fin al mese di mezzo Ottobre, alla pena per ciascuna volta de
dieci soldj et di notte sia tenuto a pagar’ il doppio et paghi el
danno al padrone de detta Vigna, et se le Uve non sono mature
sia tenuto a pagar la meta de detta pena et per ciaschuna Uva
doi soldj per volta.

De danno dato in Vigna a Zaffarano. Cap. 9.

Item hanno statuito et ordinato che

alcuna bestia grossa desse
danno in Vigne de altri

infradetto tempo paghi de di per cia-


































241

Notizie STORICHE, ECC.



schuna bestia grossa soldi cinquanta et ciasechuno porco soldi cin-
que in Zaffarana et Vigna et per altre bestie grosse in Zaffarano
È soldi doi, et per ciaschuna bestia minuta dodici denari. Hoc est
: da Kalende de Aprile per fine alla festa de essa santa con la e-
mendatione del danno, de altro tempo paga la meta detta pena il
’adrone de dette bestie. Et se personalmente desse danno nella
Zaffarana paga soldi cinque con emendatione del danno: Et se
desse danno con bestie-o personalmente nelle chiusure paga la
pena come di sopra.



Delle bestie grosse în canneto Salceto et oppieto. Cap. 10.

Item hanno statuito et ordinato che se alcuna bestia grossa
E desse danno in canneto salceto o oppieto paghi per ciaschuna be-
I stia grossa il patrone di dette bestie per ciaschuna volta soldi doi
et de noete el doppio et paghi el danno.

De chi desse danno personalmente in canneto. Cap. 11.

Item hanno statuito et ordinato che chi desse danno perso-
nalmente in Canneto facesse herba o guastasse le canne paghi de
dj in nome di pena cinque soldi, et di notte il doppio et paghi el
danno.

De chi desse danno personalmente in le poma. Cap. 12.

Item hanno statuito et ordinato che chi desse danno perso-
nalmente nelle pome de altri paghi per ciaschuna volta cinque
soldi et di notte el doppio, et emendi el danno.



De chi desse danno personalmente in biado. Cap. 13.

i Item hanno statuito et ordinato che chi desse danno perso-
l nalmente in biado de altri per ciaschuna volta facendo herba doi
E soldj eon la emendatione del danno al patrone del biado et se in
altro modo desse danno paghi per ciascuna volta soldi diece.




De’ danno dato con le bestie in nel biado. Cap. 14.





Item hanno statuito et ordinato che chi desse danno con be-
stie grosse in biado de altri o legume paghi per ciaschuna volta


































949 Á. RIOCIERÍ

doi soldj per bestia et per ciaschuno porco doi soldj et mezzo, et
per ciaschuna capra un soldo, et per ciaschuna pecora sei denari
et si emendi el danno: Et se veruno desse danno con le predette
bestie a Kalende de Maggio per fine a Kalende di Settembre pa-
ghi el doppio de la pena se contiene in lo Statuto.

De danno dato con le Bestie in li Horti. Cap. 15.

Item hanno statuito et ordinato che se veruna bestia grossa
desse danno in horti de altri paghi per bestia per ciaschuna volta
cinque soldi et de notte el doppio de detta pena et paghi el danno.

De danno dato personalmente in Horti. Cap. 16.

Item hanno statuito et ordinato che chi desse danno perso-
nalmente in horti de altri paghi per ciascuna volta de di diece
soldi et de notte il doppio de la detta pena, et si emendi el danno,
et per ciascuna capra tre soldi et ciaschuna bestia porcina cin-
que soldi et per ciaschuna bestia pecorina dodicj denari.

De fiocca de bestie minute. Cap. 17.

Item hanno statuito et ordinato se alcuna fiocca di bestie mi-
nute dessero danno nelli beni de altri, paghi cinque soldj et in-
tendasi da sedici sino a vinti, et da quello in su et altramente
se danno desse da sedici in giu per ciaschuna pecora sei dinari,

De chi desse danno personalmente nelle selve. Cap. 18.

Item hanno statuito et ordinato chi havesse dato danno per-
sonalmente nelle selve de altri, mozzando dal pedone arbori pa-
ghi per ciaschuna volta cinque soldi di denarij et se deramasse
paghi per ciaschuna volta doi soldj et emendi el danno.

De chi togliesse Legna tagliate. Cap. 19.

Item hanno statuito et ordinato che chi tollesse legna tagliate
de casa de altri paghi per ciaschuna volta tre soldj et de notte
el doppio, et paghi el danno.

De danno dato con li Porci in Tande. Cap. 20.

Item hanno statuito et ordinato che se veruna bestia pecorina
e altre bestie grosse dasse donno in nelle Iande daltri paghi per









NOTIZIE STORICHE, ECC.

ciaschuna volta soldi cinque et sei denari per bestia minuta et
paghi el danno a iuramento de chi ha ricevuto il danno. "

De’ danno duto in Canneto. Cape 2:

Iem hanno statuito et ordinato chi portasse canne de canneto
de altri paghi cinque soldi per volta et de notte el doppio de
ditta pena et paghi el danno et se non passa da sei canne in su
et da sei canne in giu paghi sei dinari per canna.

Di chi mietesse herba del fosso. Cap. 22.

Item hanno statuito et ordinato chi mietesse herba del fosso de
detto castello paghi cinque soldi per volta et de notte il doppio de
la detta pena et ogne persona possa essere accusatore et sia Te-
nuto secreto.

De chi mietesse herba. Cap. 23.

Item hanno statuito et ordinato che chi desse danno in herba
de altri et nel fosso paghi in nome di pena cinque soldj per volta.

De chi desse danno a la paglia fieno 0 muchio. Cap. 24.

Item hanno statuito et ordinato chi desse danno alla paglia
fieno o muchio daltrj in nome dj pena personalmente havesse dato
danno diece soldi et de notte el doppio della detta pena et chi
desse danno eon bestie poreine paghi quella medesima et per be-
stia grossa doi soldj.

De chi mozzasse Vigna. Cap. 25.

Item hanno statuito et ordinato chi mozzasse o schiantasse
aleuna vite de Vigna daltri hovero per gola paghi de di cinque
soldj per volta et de notte el doppio della detta pena et paghi el
danno a petitione [del padrone) della Vigna.

De chi bugliasse sassa sopra li arbori. Cap. 26.

Item hanno statuito et ordinato chi bugliasse sassa sopra li
arborj o bastone cioe Arbori domestichj paghi in nome di pena













|



944 À. RICCIERI



doi soldj per volta et de notte el doppio della detta pena et si
mendi il danno.

De chi bugliasse sassa sopra i tecti. Cap. 27.

Item hanno statuito et ordinato chi bugliasse sassa o bastone
sopra el tecto o alluscio overo alla finestra de di paghi diece soldj
per volta et de notte el doppio de decta pena.

De licentia da dare. Cap. 28.

Item hanno statuito et ordinato che ogni uno de detto ca-
stello possa dar licentia delli suoi beni proprij o tolti a lavoreccio
o a cottimo.

De chi desse danno in legumi. Cap. 29.

Item hanno statuito et ordinato chi desse danno in legume
granato de altri paghi de dj tre soldi per volta et de notte el dop-
pio della detta pena et paghi el danno. Et nota che questo Capi-
tolo deve comprendere quello dice di sopra se creda al deferente
juramento et lo accusato non sia tenuto alla pena.

De chi insultasse con le arme. Cap. 30.

Item hanno statuito et ordinato chi insultasse alcuno con arme
de dj paghi per cinque libre per ciaschuna volta, et de notte el
doppio della detta pena sia tenuto a pagare. Et se alcuno insul-
tasse con sassa paghi ... (1) per volta et de notte il doppio della
detta pena, et con bastone ferrato paghi quaranta soldi, et con
bastone non ferrato paghi vinti soldi per volta. Se insultasse al-
cuno senza arme paghi vinti soldj.

De chi percotesse con arme. Cap. 31.

Item hanno statuito et ordinato li statutarij sopraditti chi per-
cotesse aleuno eon arme in aleuna parte del corpo et uscisse san-

gue paghi in nome di pena per ciaschuna percussione dieci libre
di denarj.

(1) La lacuna é nell'originale,














NOTIZIE STORICHE, NOC.
De chi percotesse nella faccia. Cap. 32.

Item hanno statuito et ordinato chi pereotesse aleuno nella
faccia che ne remanesse segno o indebolisse alcuno membro overo
mozzasse paghi in nome di pena per ciaschuna percussione de di
vinti libre de denari et de notte el doppio della detta pena.

De chi percotesse nella faccia con mano vacua. Cap. 33.

Item hanno statuito et ordinato che se alcuno percotesse ve-
runa persona nella faccia con mano vacua senza effusione di san-
gue de dj paghi in nome di pena cinquanta soldi per ciascuna
percussione et de notte el doppio della detta pena et se uscisse
sangue paghi per chiaschuna percussione cento soldi et se perco-
tesse nel capo in qualunque modo ch’ uscisse sangue paghi vinti
libre de denari de dj et de notte el doppio de la detta pena et se
percotesse con li sassi che non uscisse sangue paghi vinti soldi
de dj et di notte el doppio della detta pena.

De chi traesse iniuriosamente la berretta dal capo. Cap. 34.

Item hanno statuito et ordinato chi iniuriosamente traesse del
capo la cappuccia o la berretta o stracciasse panni paghi per
ciaschuna volta diece soldi dj denarj.

De chi dicesse parole iniuriose. Cap. 35.

Item hanno statuito et ordinato chi dicesse parole iniuriose a
alcuna persona cioe ladro Traditore homicidiale overo simili a esse
paghi in nome di pena per ciaschuna volta vinti soldi e chi di-
cesse overo ricordasse parole iniuriose al Vicario de detto Castello
paghi el doppio della detta pena.

De chi dicesse tu menti per la gola. Cap. 36.

Item hanno statuito et ordinato chi dicesse a alcuna persona
tu menti per la gola paghi in nome di pena diece soldj et chi
dicesse overo ricordasse morto de alcuna persona iniuriosamente
paghi per ciaschuna volta vinti soldi.

De chi dicesse a alcuna Donna parole iniuriose. Cap. 37.

Item hanno statuito et ordinato chi dicesse a alcuna donna
parole iniuriose cioe puttana Ruffiana maliaia et brutta pazza et
































MM M — ÀÀÀÀ—













246 A. RICCIERI



simile a esse paghi in nome di pena per ciaschuna volta diece
soldj et de tutte le parole iniuriose per el Vicario se proceda si-
mile in simile modo et ordine antedetto et ogne persona possa es-
sere accusatore et guadagni la quarta parte della pena et credasi
al giuramento dello accusatore per fine alla detta summa.

Del comandamento del Vicario. Cap. 38.

Item hanno statuito et ordinato chi non obedisse li comanda-
menti del Vicario che fusse al ponte o havesse a essere per lo
advenire, paghi per ciaschuna volta cinque soldi et de fatto pigli
la pena el Vicario.

De chi rompesse la Prigione. Cap. 39.

Item hanno statuito et ordinato chi rompesse la prigione o
ceppi delli signori o Conte de detto Castello paghi in nome di
pena cinque libre di denari et de ogni comandamento fatto per el
Vicario de non partisse paghi in nome di pena diece soldj el quale
non sia fatto piu de una volta el dj.

De chi giucasse a Dadj. Cap. 40.

Item hanno statuito et ordinato detti statutarij che veruno ar-
disca ne presuma giocare a giocho de carte ne a veruno giocho
dj dadj che se mettesse danarj exeetto in luoghi consueti et chi
contrafacesse paghi in nome di pena per ciaschuna volta diece
soldj, et chi recettasse il giocho in casa sua propria o tolta a pe-
gione overo Taverna paghi el doppio della detta pena. Sia lecito
nella Taverna giochar per fino a un petitto di vino per persona
et non piu et non sia lecito replicare alla detta pena, et ciasechuno

possi accusare col suo iuramento et summariamente si possa pro-
cedere.

De Tavernari. Cap. 41.

Item hanno statuito et ordinato che ogni persona che ven-
desse vino a menuto in detto castello sia tenuto et debbia tenere
in loro Taverne tutte mesure juste a mesura del comuno di Pe-
roscia et suggellato col sigillo delli signori et chi contra facesse
paghi per ciaschuna mesura cinque soldj. Et chi non empiesse le



NOTIZIE STORICHE, ECC. 941

x
mesure paghi doi soldj per volta. Et al Vicario de detto castello
sia tenuto per vigore di giuramento una volta la settimana an-
dare alle dette Taverne et mesurare le dette mesure et se se ritro-
vano colpabili punirli et condennarli la qual pena tutta sia del
Vicario de detto Castello.

De pegni tolti. Cap. 42.

Item hanno statuito et ordinato che li pegni tolti per malefitij
et dannj dati se debiano recogliere infra un mese overo se ven-
dano et al piu offerente se diano et se non se possono vendere se
stimeno per li stimatori del comuno overo per uno di essi et diasi
per insoluto pagamento et se non bastasse se proceda piu oltra,
per finche e pagata la quantità debita con effectu. Se fussero bestie
tolte per le predette cose el Vicario possa far de tre dj tre ban-
dimenti et al piu offerente se dia per fine alla somma debita.

De chi vetasse el pegno. Cap. 43.

Item hanno statuito et ordinato che qualunque persona vetasse
el pegno al Balio de dicto castello giustamente o non fusse giusto
de essere tolto per el detto Balio o per Vicario de detto castello
paghi in nome di pena cinque soldi per volta.

De chi biastemasse Dio et li Santi. Cap. 44.

Item hanno statuito et ordinato li Statutarij antedetti che qua-
lunque persona fusse di tanta temerita et audace che dicesse al-
cuna parola tanto contra Dio quanto contra li santj cioe che bia-
stemasse o maledicesse li altri santj cioe che biastemasse Dio et
la sua Madre Vergine Maria paghi vinti soldj per volta et ancora
si maledisserit, Et se biastimasse o maledicesse li altri santj paghi
quindici soldi per volta, et se iniuriosamente dicesse per lo culo
o per la potta de Dio et della sua Madre Vergine Maria paghi
vinti soldi per volta contra li quali per el Vicario de detto castello
de facto possa far pagare la pena como se contiene nel statuto et
ogne persona ne possa essere accusatore et habbia la quarta parte
della pena; et sia tenuto secreto. Et se veruna persona dicesse
alcuna delle predette parole in presentia del Vicario sia tenuto a
pagare il doppio della detta pena,

À. RICCIERI

Delle guardie della nocte et del dj. Cap. 45.

Item hanno statuito et ordinato che tuete le guardie se fanno
la noete debbiano venire alla detta guardia immediatamente dopo
el sono dellà campana la sera quando sona a lave maria et re-
presentarsi inantj al Vieario et chi contra facesse paghi in nome
de pena ogni volta cinque soldi et de dj debbia venir alla porta
a levar del sole a far la detta guardia alla detta pena.

De la guardia della Nocte. Cap. 46.

Item hanno statuito et ordinato che chi non venesse alla guar-
dia della nocte paghi in nome de pena doj soldj et sia tenuto a
far la detta guardia et chi non facesse la guardia el dj paghi ogni
volta cinque soldi et sia tenuto a far la detta guardja o metta un
altro per lui a sue spese.

De chi rompesse Casa o molino. Cap. 47.

Item hanno statuito et ordinato chi rompesse Casa Cappanna
o molino de alcuno paghi in nome di pena de dj libbre cinque de
denarj et de notte il doppio de detta pena sia tenuto a pagare et.
emendi el danno se veruno havesse furato alcuna cosa dalli luoghi
predettj.

De chi furasse. Cap. 48.

Item hanno statuito et ordinato che se Veruno furasse alcuna
cosa de valuta de vinti soldj paghi in nome di pena cento soldj
et de notte il doppio et de notte il doppio (1). El danno la stima
da farsi per doj Massarj da essere elettj per li signori de detto
castello. Et chi recettasse li detti furti in compra hovero per qua-
lunque causa sia tenuto alla detta pena: et se detti furtj fussero
fatti dentro al castello del Poggio in ogni modo et in qualunque
modo, sia la pena cinquanta libre de denari con la emendatione
del danno.

|

De chi usasse con donne carnalmente. Cap. 49.

Item hanno statuito et ordinato che se Veruno usasse con ve-
runa Donna earnalmente maritata o vedova con volunta de una

(1) La ripetizione è nell'originale,

DE A I NEO
e eee



NOTIZIE STORICHE, ECC.

parte et laltra paghi in nome di pena cinque libre de denarj de
dj et de noete el doppio de detta pena, et anchora chi la rechie
desse che se ... (1) paghi libre diece de denari.

De chi usasse con Vergine. Cap. 50.

Item hanno statuito et ordinato che veruno ardisca ne presuma
usar carnalmente con aleuna Vergine per forza ho per qualunque
modo, paghi in mome di pena cinquanta libre de denari et de
notte el doppio de detta pena, overo la pigli per moglie o sia te-
nuto essa dotare de cinquanta libre per se o per altro marito a
petitione de chi la adimanda.

De furti et Rubbarie. Cap. 51.

Item hanno statuito et ordinato chi commettesse alcuno furto
o robaria alcuna di fora detto castello del Poggio et del suo de-
stretto non possa ritornare nel detto castello con la detta robaria
overo furto alla pena de diece libre de denarj et chi recettasse li
detti furti o robarie o che Lui el conosca o non sia tenuto a pa-
gare la detta pena. Et questo capitolo non se intenda al tempo
della guerra et Veruno non possa gir senza licenza delli signori
a far alcuna cavalcata contra veruna persona alla pena per cia-
schuna volta de cinque libre de denarj.

Delli Termini. Cap: 92:

Item hanno statuito et ordinato che» veruno ardisca ne pre-
suma Terminos missos de possessione alterius elevare overo toccare
malitiosamente et chi contra facessi paghi in nome di pena cento
soldj de denarj, et se il toccasse non malitiose lo rimetta nel suo
primo loco. Et remesso se debia vedere per doj massari de detto
castello et dar fede al detto de essi et sia tenuto de facto pagare
la detta pena.

Delle Vie Vicinali. Cap. 53.

Item hanno statuito et ordinato che Veruno ardisca ne pre-
suma impedir le vie vicinali ne toccar senza licentia delli Vicini
che ce hanno interesse et clii contrafacissi paghi in nome di pena
per ciaschuna volta vintj soldj et le ditte vie sia tenuto assettare

(1) Indecifrabile.











250 A. RICCIERI



et ancora acconciare come stava prima. Et li Viarj de detto ca-
stello faccino terminare le vie del comuno per tutto el Mese di
Gennaio ogni anno alla pena de cinque soldi.

De chi tagliasse arborj. Cap. 54.

Item hanno statuito et ordinato chi mozzasse alcuno arbore
domestico paghi in nome di pena per ciaschuna volta vinti soldj
et paghi el danno a chi lo ha ricevuto, et se schiantasse alcuno
ramo paghi in nome di pena cinque soldi et se togliesse alcuno
pioppo dal pedone paghi in nome di pena vinticinque libre de
dinarj et chi tagliasse alcuna cerqua in loco domestico paghi in
nome di pena diece soldi et paghi el danno. è

Della accusa fatta. Cap. 55.

Item hanno statuito et ordinato chi accusasse alcuno de alcuno
malefitio overo delitto et jura la ditta accusa essere vera se creda
al suo juramento per la quantita de vintj soldj.

De chi facesse juramento falso. Cap. 56.

Item hanno statuito et ordinato chi facesse iuramento falso o
testimonianza falsa paghi in nome di pena per ciaschuna volta
cento soldj.

De chi pigliasse palombe. Cap. 57.

Item hanno statuito et ordinato se alcuno pigliasse palombi
domestichi o de palombaio de altri paghi in nome di pena per
ciaschuna volta per ogni palomba diece soldj.

De chi pigliasse polli. Cap. 58.

Item hanno statuito et ordinato chi furasse polli de altri paghi
in nome di pena per ciaschuna volta per ogni pullo diece soldj et
sia tenuto a pagare el danno al Patrone delli polli.

Delle Vie da remunire. Cap. 59.

Item hanno statuito et ordinato che Veruno ardisca ne pre- ;
suma incombrar le vie del detto castello con mettere alcuna altra















NOTIZIE STORICHE, ECC. 251



cosa brutta et chi ce la ponesse la debbia levare et portar di fuora

al detto castello infra quattro dj, alla pena per ciaschuna volta de da

diece soldj.

Dello letame. Cap. 60.

Item hanno statuito et ordinato che veruno aTdisca ne presuma
tener letame nanti al suo uscio o del suo Vicino piu che vinti dj
alla pena per ciaschuna volta de dodeci dinarj et anchora alcuna
cosa brutta overo incombramento alcuno ponesse in fossi alla detta
pena.

De chi entrasse da altri luochi che per la porta. Cap. 61.

Item hanno statuito et ordinato che veruno ardisca ne presuma
entrare ne uscire da altri luochi che per la porta alla pena per
ciaschuna volta de diece libre de denarj et de notte il doppio de
detta pena.

Del stecchato. Cap. 62.

Item hanno statuito et ordinato chi trahesse stecchone de detto
castello del Poggio paghi per ciascuno stecchone diece soldj et
debbia assettar lo stecchato et ciaschuno possa essere accusatore
et habbia la quarta parte della pena et eredasi al suo juramento
et sia tenuto secreto.

Delle guardie secrete. Cap. 63.

Item hanno statuito et ordinato che in detto castello sieno doj
guardie a denuntiar li maldicenti de Dio, della sua Madre Vergine
Maria, el giocho delli Dadj et chi facesse alcuno voto. Et quattro
guardie publiche a denuntiar li dannj dati, et credasi al reporto
loro et habbiano la quarta parte della pena et che le ditte guardie
siano tenute et debbiano per vigore del giuramento venire nanti
al Vicario del detto Castello in capo di otto dj a denuntiar et
accusar tutte et singole persone quali havessero veduto o udito
far contra le predette cose. Et se le predette guardie non venis-
sero, overo, havessero alcuno da accusare o non, paghi in nome
di pena per ciascuna volta diece soldj.





252 A. RICCIERI

Dello offitio del Vicario. Cap. 64.



Item hanno statuito et ordinato li statutarij anteditti che el
Vicario de ditto castello quale fusse al presente o havesse a essere
per lo advenire de facto in tutte le cose predette possa procedere
de volonta delli signori et de omnibus penis occursis et occurren-
dis, piu et maneo remangha in arbitrio delli signori excetto la
parte del Vicario la quale non sia tolta senza volonta del Vicario
antedetto.

De chi furasse legna. Cap. 65.

Item hanno statuito et ordinato che chi togliesse legna innanti
a casa de altri paghi de dj in nome di pena cinque soldi et de
notte el doppio de detta pena et si rifaccia el danno.

Delle Vie da assettare. Cap. 66.

Item hanno statuito et ordinato che in detto castello siano et
essere debbiano doj Viarij per tempo di sei mesi li quali Viarij
faccino le Vie dentro et de fore dal Castello et mozzar le siepe
pendente sopra le vie et ciaschuno debbia obedire suo mandato
alla pena de cinque soldj li quali Viarij se non farranno come se
contiene nel presente Capitulo paghi de facto diece soldj per cia-
schuno de essj.

Delle fonti. Cap. 61..

Item hanno statuito et ordinato che del mese de Marzo li
Huomini de detto Castello remonischano et assettino le fonti come
alli Viarij piacera et chi contra facesse allj loro comandamenti
paghi per ciaschuna volta cinque soldj.

De chi mettesse cosa brutta nelle fonti. Cap. 68.
Item hanno statuito et ordinato che veruno ardisca ne presuma
lavar panni nelle fonti overo appresso per doi canne ne far nes-

suna altra cosa brutta alla pena per ciaschuna volta de vinti soldj
et ciaschuno possa accusare et habbia la quarta parte della pena.

Delli Macellari. Cap. 69.

Item hanno statuito et ordinato che Veruno ardisca ne pre-
suma vendere in detto castello del Poggio overo nelli borghi de















NOTIZIE STORICHE, ECC. 253



esso carne infetta ho mortaccina senza licenza delli signori et del
Vicario et ancho delli Massari de detto Castello alla pena per cia-
schuna volta chi contrafara de vintj soldj et de fatto sia tenuto a
pagar la pena.

Della adunanza. Cap. 70.

Item hanno statuito et ordinato che se faccia in ditto castelìo
a petitione del Vicario la dunanza nella quale adunanza ce sia et
essere debbia uno homo per casa habitante in detto castello et
chi non venisse sonata la campana del comuno de ditto castello
del Poggio alla destesa paghi in nome di pena per ciaschuna volta
doj soldj excetto non habbia lecita scusa la quale gli se debbia
ammettere con giuramento.

De chi desse adiutorio a mal factori. Cap. 71.

Item hanno statuito et ordinato chi desse alcuno aiutorio con-
seglio o favore con fatti o con parole a simil pena sia tenuto come
quello che ha commesso il malefitio, overo delitto et chi havesse
commesso alcuno delitto in dì de Domenica overo de altri dj di
festa se raddoppi la pena come se contiene nel statuto.

De chi offendesse la guardia o Vicario. Cap. 72.

Item hanno statuito et ordinato che chi offendesse el Vicario
o le guardie del Comuno overo el Balio de detto castello ìn facto
o dicto sia punito nel doppio della pena che se contiene nel sta-
tuto.
Del Salario del Balio. Cap. 73.

Item hanno statuito et ordinato che il Balio de detto castello
debbia haver li benj del comuno per suo salario et mercede ogni
mese quanto glie sara deputato et ordinato per il comuno et il
Camorlengo overo Massaro sia tenuto a pagare senza alcuna so-
lennita.

Delli Conseglieri. Cap. 74.

Item hanno statuito et ordinato che in dicto castello siano
quattro conseglierj per tempo di sei Mesi et che in casa delli si-









254 A. RICCIERI



gnori se tenghi la dunanza per bene pace et concordia delli homini
de detto castello con li quali ogni uno possa conferire le cose utile
del comuno predetto et li detti conseglieri debbiano eleggere li
altri offitialj alla pena de diece soldj per Uno.

De chi occupasse Possessioni de altri. Cap. 75.

Item hanno statuito et ordinato chi occupasse possessioni de
altri paghi per ciaschuna volta quaranta soldj et quanto sopra ha
preso debbia relassare et remetterlo nel suo primo stato come sara
indicato per doj conseglierj con doj Vicini che sono piu dapresso
a quel luoco. Et paghi el danno come alli ditti hominj parera es-
sere giusto et che Veruno ardisca mettere alcuna acqua nella Pos
sessione de altri dove che lacqua vada alla pena de quaranta soldj
per solco et chi havesse alcuno de tenuta et Possessione paghi in
nome di pena vinticinque libre de denarj.

Del suono della campana. Cap. 76.

Item hanno statuito et ordinato che sonata la Campana decta
Maria de detto castello del Poggio alla stesa depoi il suono de
lavemaria ogni persona che volesse entrare o uscire de detto ca-
stello eschi ho entri alhora, et continente sia chiusa la porta et
non se debbia piu aprire quella sera et le guardie che non saranno
venute in quella hora paghino sej denari per uno.

De chi facesse cadere veruno in strada. Gap. Tf.

Item e da sapere che li supraditti statutarij hanno ordinato
et statuito che se veruno spegnesse aleuno et cadesse in Terra
paghi in nome di pena cinque soldi et se uscisse sangue o rom-
pesse ossa paghi in nome di pena cinque libre de denarj et paghi
la medicatura.

De chi facesse injuria alli Conseglieri. Cap. 78.

Item hanno statuito et ordinato li statutarij anteditti che chi
dicesse parole injuriose al Vicario o alli Conseglieri de ditto Ca-
stello paghi in nome di pena el doppio che si conviene in detto
statuto.











NOTIZIE STORICHE, ECC. 255



Dello offitio del Vicario. Caps 79. x



Item hanno statuito et ordinato che al Vicario de detto ca-
stello possa de tutti li malefitij et delictj recercare et per inqui-
sitione procedere. Et retrovati li colpabili, punirli et condenarlj
secondo la forma dello statuto de ditto castello.

De chi gettasse la rabia. Cap. 80.

Item hanno statuito et ordinato che se alcuna persona men-
tovasse la rabia paghi per ciaschuna volta cinque soldi et ogni
persona ne possa essere accusatore et sia tenuto secreto.

De chi amazasse bestie de altri. Cap. 81.

Item hanno statuito et ordinato che se alcuna persona amaz-
zasse alcuna bestia grossa de alcuna persona de ditto Castello pa-
ghi per ciaschuna bestia grossa cento soldj, et debbia pagare il
danno come parera alli stimatorj essere conveniente, et chiamaz-
zasse alcuna bestia menuta paghi in. nome di pena per ciaschuna
volta per bestia menuta cinque soldj et paghi el danno.

De chi commettesse adulterio. Cap. 82.

Item hanno statuito et ordinato che se aleuna Donna commet-
tesse adulterio con huomo de altrj volontariamente paghi in nome
di pena vinticinque libre de denari, et se la detta pena non po-
tesse pagare infra diece dj dipoi la condennatione fatta, se frusti
per detto Castello, et in li Borghi de esso et sia cacciata de detto
Castello.

De chi andasse fuora del Castello senza licenza dei signori. Cap. 83.

Item hanno statuito et ordinato che veruno ardisca ne presuma
andar fuora del castello del Poggio dove fosse in carco alle Loro
signorie senza espressa licentia del signor alla pena de quaranta
soldj per uno et per ciaschuna volta fusse contra facto.

Delle feste da guardarsi. Cap. 84.

Item hanno statuito et ordinato che veruna persona de qua-
lunque conditione ho grado sia ardischa ne presuma lavorare in



256 A. RICCIERI



di de feste comandate da la Chiesa, cioe le feste de Pasqua del
Nostro signore Xhu Xpo, Della Vergine Maria, dellj sanetj Apo-
stolj et Evangelisti et Domeniche, ne li Venerdj de Marzo, et chi
contrafara paghi per ciaschuna volta diece soldj, et sia lecito dopo
la Pasqua doj di sequenti fare et portare .lerba et la paglia senza
pena alcuna. Et Veruno possa somegiare ne legna portare nelli È
ditti dj de festa sotto la detta pena. È

Delle accuse da retrare. Cap. 85.
Item hanno statuito et ordinato chi accusasse alcuno de alcuno
danno possa la detta accusa retrare infra tre dj dopo laccusa et

notificatione fatta, pagata prima la parte del Vicario la quale in
nessun modo non si possa togliere.

De chi non accompagnasse el Morto. Cap. 86.



Item hanno statuito et ordinato che li huomini de detto ca-
stello, cioe uno per casa debbia accompagnare il Morto, se per
caso -che alcuno morisse in detto Castello, et chi contra facesse
paghi di pena per ciaschuna volta cinque soldi, la qual pena sia
tenuto a pagare de facto et Veruno debbia uscir dalla Chiesa dove
sta il morto alla decta pena, per finche non e finito l’offitio.





Della authorita delli Conseglieri. Cap. 87.

Item hanno statuito et ordinato che li Conseglieri de detto E
Castello insieme col Vicario del castello possano expendere delli :
beni del comuno predetto come a loro parera esser giusto per utile
del comuno et massimi per fare il statuto et per altre cose biso-
gnasse per el Comuno predetto.

Della Pace et Concordia. Cap. 88.

Item hanno statuito et ordinato chi havesse la pace et con-
cordia col suo adversario de alcuno malefitio o delitto se lassi la
quarta parte della pena, et se comparisse et confessasse nanti al
Vicario el malefitio essere commesso per lui, si lassi l’altra quat-
tra parte della pena, et questo se intenda se venesse alla concordia
nanti sia data la sententia, altramente no.














ERE





































NOTIZIE STORICHE, ECC. 951

Dell’offitio del Massaro, ovvero Camorlengho del comuno. Cap: 89.

È Item hanno statuito et ordinato che ogni quantita de denari
È del Comuno se debbia dare al Massaro de detto Castello, et che
detto Massaio non possa spendere li dettj denarj senza licentia del
Vicario et delli Massarj de detto Castello alla pena de vintj soldi
per ciaschuna volta, et. chi fusse el detto Massaio de detto Castello
debbia accettar detto offitio alla pena de vintj soldj per ciaschuna
volta, et Tutti li altri offitiali et guardie de detto castello eletti
per li detti Conseglieri debbiano accettare detto offitio alla detta
: pena, la qual pena de faeto sia tenuto a pagare, et loro Uffitio
È non durj piu di sej mesi.
Del salario del Massaio. Cap. 90.

Item hanno statuito et ordinato che el Massaio de detto co-
muno habbia delli beni del Comuno per il suo salario in sei mesi
diece soldj e non piu.



E De chi andasse in servitio del. Comuno. Cap. 91.



Item hanno statuito et ordinato chi andasse in servitio del
Comuno debbia baver dal Comune per ciaschuno dj soldi diece,,
et el piu che al Vieario et Massarj parra esser conveniente.



De Porci che vanno per el Castello. Cap. 92.

Item hanno statuito et ordinato chi havesse Porci non li debbia
lassar gire per il Castello senza guardia et se fusse trovato paghi
cinque soldj per Porco et ogni uno possa accusare et habbia la
quarta parte della pena.



De chi desse danno alle Mete. Cap. 93.

Item hanno statuito et ordinato se Veruna Bestia Porcina desse
danno alle Mete overo Bestia grossa paghi per ciaschuna volta et
per ciaschuna Bestia cinque soldj et de notte il doppio de dieta
pena et sia tenuto à pagare il danno, et per bestia menuta paghi
in nome di pena sej denarj il danno.

De chi desse danno a laya. Cap. 94.

Item hanno statuito et ordinato che se veruna Bestia grossa
desse danno nell’aia daltri quando ce fusse el grano dentro paghi

258 A. RICCIERI

in nome di pena de di cinque et de notte il doppio della detta
pena et paghi el danno et cosi se intenda per ciaschuno Porco et
un soldo per bestia menuta, et de notte il doppio della detta pena
et sia tenuto a pagare il danno. Et non sia veruno ardisca dar
danno de altro tempo nella Aia de altrj con le dette bestie grosse
alla pena de dodeci denarj per bestia grossa et per bestia menuta
doj denarj, et sia tenuto a pagare el danno.

Della pena de chi facesse contratto con figliolo de altrj. Cap. 95.

Item hanno statuito et ordinato che Veruno ardischa ne pre-
suma fare contratto con figliolo de altrj extaente con suo Patre
ne con garzone de altrj ne giuocare ne fare alcuna mercantia
grande ne picchola senza volunta del Patre o del suo Curatore
non havendo Patre, alla pena de vintj soldj per ciaschuna volta
fusse contrafatto, et tale contratto non vaglia in modo alcuno ne
detto giuocho con detto figliuolo o garzone, et in cause civili non
sia inteso ne detto tal figliolo o garzone non sia costretto in al-
cuno modo.

Che il Vicario per causa del giocho non renda ragione a nessuno.
Cap. 96.

Item hanno statuito et ordinato che Veruna ragione si renda
a veruno per rascione di giocho nel Castello del Poggio per il
Vicario de detto Castello, et se per il Vicario fusse contra fatto
se debbia retenere del suo salario cento soldj per ciaschuna volta
se contrafacesse.

De chi se partisse da la guardia. Cap. 97.

Item hanno statuito et ordinato che Veruno ardisca ne presuma
partirsi della guardia dove fosse deputato de notte alla pena de
cinque soldj per Volta et de facto sia tenuto a pagare la pena.

Della ragione da fare alli furestierj. Cap. 98.
Item hanno statuito et ordinato che la rascione se fa a quelli

del Castello se debbia fare alli furestierj nelle cause civili et eri-
minali in ogni modo se proceda de simile in simile.

NOTIZIE STORICHE, ECC.

De la Parte del Vicario de li maleficij. Cap. 99.

Item hanno statuito et ordenato che de ciaschuno malefitio
el Vicario habbia et haver debbia la terza parte de tutti li male-
fitij che sara fatta la executione per el detto Vicario.

De chi portasse arme. Cap. 100.

Item hanno statuito et ordinato che Veruna persona de qua-
lunque stato et conditione sia tanto furestierj, quanto della terra
excetto non sia de la famiglia delli signori ardisca ne presuma
portare arme da defendere ne da offendere in detto Castello senza
licentia delli signori o del Vicario del detto Castello alla pena de
cinquanta soldj per ciaschuna arme da offendere et ogni persona
ne possa essere accusatore et abbia la quarta parte della pena.

Delli Cani se debbiano ligare. Cap. 101.

Item hanno statuito et ordinato che Veruno ardisca in detto
Castello et suo distretto mandar Canj sciolti da la festa de santa
Maria de Agosto per fino a mezzo mese de Ottobre et chi contra-
facesse paghi in nome di pena cinque soldj per volta.

Delli Canj. Cap. 102.

Item banno statuito et ordinato che se Veruno Cane fusse tro-
vato a far danno alcuno de altre persone nelle Uve se fussero ma-
ture paghi de dj al Padrone del Cane per ciaschuna volta soldi
cinque et de notte el doppio della detta pena et el danno al Pa-
drone della Uva. Et ciaschuno possa essere accusatore et habbia
la quarta parte della pena et si creda al suo Iuramento sino alla
detta quantita.

De chi trahesse biada alcuna senza licentia delli signori. Cap. 103.

Item hanno statuito et ordinato che Veruno ardisca ne presuma
de trarre ne fare trarre aleuna generatione de biada per eagione de
portare fuora del Castello o suo destretto alla pena de diece libre
de denarj, et ogni persona possa essere accusatore et. habbia la
quarta parte della pena, et sia tenuto secreto et cosi possa detto



260 A. RICCIERI

biado et sia lecito portare al Castello del Poggio, et ciaschuno
avere.

De chi non pagasse la gabella. Cap. 104.

Item hanno statuito et ordinato che chi comprasse la gabella
ho vendesse alcuna cosa che dovesse pagare la gabella sia tenuto
a pagare in termine di otto dj dal dj de la compra o vendita facta
alla pena de diece soldj, et se fosse torestiero sia Tenuto questo
del Castello del Poggio et ogni persona possa essere accusatore et
habbia la quarta parte della pena sudetta.

De chi someggiasse per il fosso del detto Castello. Cap. 105.

Item hanno statuito et ordinato che Veruna Persona ardisca
ne presuma somegiare per el fosso de detto Castello del Poggio
con Bestie alla pena de diece soldi et per ciaschuna Bestia grossa
che pasturasae in detto fosso cinque soldi et tre soldi per Porco
et sei denarj per bestia menuta et ogni Persona ne possa essere
accusatore et habbia la quarta parte della pena.

De chi accusasse alcuno che sia creso. Cap. 106.

Item hanno statuito et ordinato che se alcuno accusasse al-
cuno de alcuno malefitio o delitto iura la detta accusa esser vera
debbia esser creso con il suo Iuramento per fine alla somma de
vintj soldj et da vintj soldj in su con uno testimonio degno di
fede et non provando caschj in quella pena lo Accusatore.

Del Lume da farsi la festa di Santa Maria. Cap. 107.

Item hanno statuito et ordinato che la festa di santa Maria
tutte et singule Persone habitanti in ditto Castello siano tenute
per la luminaria nella Vigilia de dette feste secondo la consuetu-
dine del comuno de Peroscia et come parra et piacera alli signori
et Massari de ditto Castello alla pena de vintj soldj.

De chi non volesse accettar loffitio. Cap. 108.

Item hanno statuito et ordinato che se Veruno fusse eletto
guardia secreta o Publica dalli Massari et non accetta loffitio pa-

NOTIZIE STORICHE, ECC. 261

ghi per ciaschuna volta diece soldj et di nuovo li dettj Massari
el possano chiamare tre volte. Et anchora se Veruno fusse eletto
dalli Massari et non volesse accettare loffitio paghi in nome di
pena vinti soldi per volta et sia eletto un’altra volta.

Delli Stimatori dell Loro uffitio. Cap. 109.

Item hanno statuito et ordinato che li Conseglieri de ditto
Castello siano tenuti et debbiano elegere doj Hominj discreti et
buone Persone de detto Castello li quali siano et esser debbiano
Proveditori et Stimatorj de tutti li dannj dati in detto Castello et
suo destretto li quali in buona fede debbiano in Principio del loro
offitio iurare detto offitio fidelmente exercitare li quali debbiano
havere per loro salario et mercede per ciaschuna stima fatta doi
soldi et siano tenuti gire a fare le stime a petitione de ogni Per-
sona che saranno adimandati et reportare la detta stima infra tre
dj alla pena de cinque soldi. Et quelli li quali mandassero li detti
stimatorj a stimare siano tenuti la detta stima fatta et reportata
incontinente pagare a essi li detti doi soldi per eiaschuno de Loro
et non volendo pagare el Vicario sia tenuto et debbia essj costren-
gere a pagare. )

Finis.

Io hieronjmo de marsiano confermo el presente statuto et afede
me so sotto scritto di mia propria mano.
Ieronimo sopra detto
mano propria.

To gaspare di marsiano Confirmo approvo et ... (1) il presente
Statuto per segno del vero mi so sotto scritto mia mano propria.

Io Giulio Cesare degl’ oddi Confermo e approvo il presente
Statuto et a fede del vero mi so sotto seritto di mia propria manu.
Io Giulio Cesare sopra detto.

Io Lodovico Ponfreni confirmo et aprovo il presente Statuto
et in fede del vero mi so sottoscritto di propria mano.

Io Lodovico Ponfreni sopra detto.

(1) Indecifrabile.




























A. RICCIERI

Nel verso del foglio 30 — che segue immediatamente —
Si legge quest'aggiunta scritta da altra mano :

A di 3 di Aprile 1584.

Ladunanza publica de li massari ha ordinato e statuito che
per lavenire non sia nissuno, di qual si voglia stato o conditione
che taglia in quel’ della Comunità del Poggio Aquilone, ciove dalli
poggi in la dechiarando che per l’avenire chi ci sarà Colto pagarà
tre Giulij di Pena per ciascheduna volta li quali tre Giulij se
aplicano un Giulio al Podestà uno al Comuno e uno al accu-
satore e la mendatione del danno per il Comuno, e che al accu-
satore gli si dia fede con il suo Giuramento e si quello che la-
varà tagliato si vorrà difende sia obligato provare dove lavarà
tagliato dette legnia et che l’accusatore sia obligato mostare (sic)
il luoco appunto dove le ha viste tagliare e Così gli si darà piena
fede.

E che l’accusatore sia obligato fare laccusa inanzi che passa
tre di al’ podestà o alli Massari di detto luoco.

Segue l’ indice (Tavola del presente Statuto) che abbiam
creduto inutile riportare.

Pretola (Perugia).

ASCENSO RICCIERI.





CAMILLO ORSINI E LA PACIFICAZIONE DI SPOLETO
del 1516

Perchè si possa comprendere tutta l’importanza della
pacificazione di Spoleto, avvenuta nel 2° decennio del se-
colo XVI, è necessario riassumere le condizioni interne della
nostra città, nei tre anni che seguirono la elezione di Leo-
ne X. L’avvento di quel pontefice al governo della Chiesa,
mentre pareva che volesse essere un lieto presagio di tran-
quillità e di pace, fu quasi segnale per la città di Spoleto
di nuovi disturbi tra patrizi e popolani; e si riaccesero
quelle accanite lotte tra le due parti, che nei secoli ante-
cedenti tanto sangue fraterno avevano fatto scorrere per le
vie del paese. La prima scintilla del vasto incendio che se-
guì, venne provocata dal partito popolare il 24 di marzo del
1513, quando dai Berardetti, che ne erano a capo, vennero
date alcune ferite a Lelio Leoncilli, entro la Cattedrale,
mentre vi si celebrava il mattutino delle tenebre. Ritenendo
i nobili che il misfatto fosse stato commesso per avversione
alla nobiltà, giurarono di vendicare l’offesa, e l’ 11 dell’aprile
successivo veniva ucciso in Roma da Antonino di Alberto
Leoncilli Paolo Berardetti capo dei popolani. Di qui l’ insur-
rezione di tutto il popolo contro la nobiltà e le ire di que-
sta contro il partito avverso; onde per tre anni continui si

seguirono uccisioni e saccheggi, incendi e stragi, senza che
i Governatori e gli speciali commissari inviati dal papa riu-
scissero a sedare quelle civili discordie. Il Sansi che narra
più diffusamente quel che allora accadde a Spoleto, e a cui
io rimando il lettore per tutte le altre notizie che gli po-



=



Rae E ES


































L. FAUSTI



tessero servire, dice che la città « si vedeva convertita in una
paurosa spelonca di ladroni » (1).

Negli ultimi mesi del 1515, dietro invito diretto del papa,
e sentendosi da tutti uno straordinario bisogno di quiete,
molti cittadini e lo stesso governo popolare della .città si
adoperarono per ristabilire la pace; e nei primi di dicembre
i Dedomo, i Pianciani e i Berardetti si obbligarono per istru-
mento di stipulare un atto di concordia anche con gli altri



avversari, nel modo e con le condizioni che fossero piaciute
ai Priori. Difficilmente peró si sarebbe addivenuti a una
pace completa e durevole, se nel marzo del 1516 non fosse
passato per Spoleto messer Camillo Orsini, che per volere
del papa recavasi con le sue genti a togliere lo stato al duca
di Urbino Francesco Maria della Rovere. All’ Orsini pertanto
spetta il gran merito di aver ridonata la quiete alla città e ;
di aver indotto gentiluomini e popolani a dimenticare since- È
ramente offese ed ingiurie; ed è quest’ opera allora svolta È
dal detto signore che io voglio brevemente illustrare, ap-
punto perchè essa è quasi del tutto ignorata, non avendo
potuto il Sansi conoscere gli strumenti della pace che l'Or-.
sini fece stipulare in quella occasione, e che B. Campello
nelle sue Zistorie mss. dice di aver visti.

Anzitutto dovremmo spiegarci come mai l’ Orsini godesse
di tanto ascendente e di tanta autorità su gli spoletini da
obbligarli alla pace. Probabilmente ciò dipese da due mo-
tivi; in primo luogo la città era legata da antica amicizia
con la famiglia di lui e stretta da un dovere di gratitudine
verso lo stesso Camillo, che prese le parti di Spoleto nella
lotta sostenuta poco innanzi con Trevi per il possesso del
castello di S. Giovanni (2); secondariamente il Comune ca-





(1) SANSI A., Storia del Comune di Spoleto. Parte Il. Foligno, Sgariglia, 1884,

€ pag. 180 e sgg.
(2) L' Orsini apparteneva alla potente omonima famíglia romana; e un Fran-
cesco Orsini, figlio del Conte di Pitigliano, morto pochi anni prima a Spoleto, vi È,
| aveva avuta onorevole sepoltura in Duomo, dove anche oggi se ne ammira il su- D
| perbo mausoleo.





PE










M
E



CAMILLO ORSINI, ECC. 265

piva che l’aiuto dell’ Orsini gli sarebbe stato utilissimo an-
che per l'avvenire; e stimava quindi opportuno conciliarsene
la benevolenza anzichè provocarne lo sdegno con respingerne
i buoni uffici. Comunque, è certo che Camillo Orsini ci ap-
parisce dai documenti vero arbitro della città, e tale da
imporre il suo volere ai Priori del popolo, ai gentiluomini
e agli altri di qualunque partito. Difatti dagli strumenti della
pace apparisce che la sanzione piü efficace per il manteni-
mento della concordia non sarebbero state tanto le pene
comminate ai trasgressori, quanto il pericolo che questi a-
vrebbero incorso di guadagnarsi l'inimicizia dell' Orsini e
dell' intera famiglia di lui.

L'entità del successo ottenuto dall' Orsini apparisce più
evidente dalla lettura de' miei documenti; dai quali ricavasi
che non cento persone solamente, come scrive il Sansi, ma
molte e molte di più furono quelle che si obbligarono alla
pace, dinanzi a messer Camillo; segno certissimo che quasi
l’intera città avea partecipato alle lotte funeste.

Fu agli 11 di marzo del 1516 che alla presenza di Ca-
millo Orsini, del giudice delle cause civili Alessandro de
Alecandris da Sassoferrato, dei Priori del popolo e di molti
cittadini deputati per la pace, venne stipulato un primo istru-
mento di concordia tra i nobili Dedomo e i Berardetti. L'atto
si svolgeva con la maggiore solennità, nella sala grande del
palazzo comunale, dov'era convenuto molto popolo per la

lieta circostanza. Era stato premesso un rito religioso, du-

rante il quale un sacerdote aveva celebrata la messa dello
Spirito Santo; i due partiti avversi numerosissimi giurarono
che perdonavansi reciprocamente ogni offesa e che nessuno
di essi avrebbe piü turbata la quiete cittadina; quindi si
scambiarono il bacio fraterno e uscirono dal palazzo, ac-
compagnandosi quelli dell' una parte con i presenti dell'al-
tra, mentre la folla acclamava vivamente alla pace e all'Or-
sini. In questo solo primo atto furono piü di cento persone





Om







L. FAUSTI

che, direttamente o rappresentate dai rispettivi congiunti,
tornarono amiche.

Iniziata così felicemente la pacificazione della città,
provvide l’ Orsini a che tutte le famiglie dei nobili seguissero
l'esempio dei Dedomo e stipulassero la pace coni popolani;
difatti nei giorni che seguirono, e con le medesime solen-
nità venne firmata la concordia dai Pianciani, dai Cam-
pello, dai Leoncilli e da tutti gli altri. Il 29 di quel mese la
pace era completa in tutta la città.

Da uomo saggio qual'era, volle peró l'Orsini assicurare
il paese da possibili turbolenze in futuro; compiló pertanto
con l'aiuto de' piü influenti cittadini e impose tanto ai nobili
che ai popolani degli speciali capitoli, che io riprodurró per
intero, e dai quali tanta luce si riflette sui costumi di quel-
l'epoca.

La pubblicazione dei capitoli suddetti avvenne il giorno
25 del maggio successivo e se ne ebbe la sanzione dal Luo-
gotenente della città. Dalla lettura di essi ognuno potrà farsi
un'idea di quanto impegno mettesse l' Orsini perchè la sua
opera di pacificazione non venisse resa inutile da nuovi
tentativi di lotte fratricide; e come, a tal fine, cercasse di
rimanere arbitro anche in seguito delle contese che potes-
sero sorgere. È infatti notevole quel capitolo nel quale si
impone che, all’ infuori di colui che rompesse la pace, nes-
suno della famiglia di quello potesse incorrere nella ven-
detta dell’offeso, se prima non intervenisse in proposito una
dichiarazione del governatore o del podestà, e tale dichia-
razione non fosse stata prima notificata a Camillo Orsini.
In tal modo questi mettevasi nella possibilità di intervenire
in tempo, per impedire che da un lieve disturbo potessero
originare nuovi disastrosi rivolgimenti tra i cittadini.

Oltre a interporre la propria autorità e il proprio in-
tervento, cercò l’ Orsini di rendere meno frequenti le lotte
tra i privati, minacciando pene terribili per i trasgressori
e limitando i casi per i quali si dovesse ritenere rotta la





CAMILLO ORSINI, ECC. 267

pace. Volle pertanto che questa non si intendesse violata,
se non intervenisse la morte di alcuno o amputazione di
membro o almeno una ferita con spargimento di sangue.
Quanto alle pene che avrebbe incorse ogni violatore di pace,
esse erano stabilite come appresso:

1.° che dovesse pagare una multa di 500 ducati d’oro.

2.° che le sue case dovessero esser demolite, le sue
possessioni devastate e mozzati gli alberi (1).

3.° che nessuno dei nobili o dei popolani appartenenti
al suo partito potesse prestargli aiuto, sotto pena di 200 du-
cati d’oro per ciascuno.

4.° che dovesse esser cacciato in esilio e non potesse
entrare nel territorio spoletino o della Chiesa a 50 miglia
dalla città; e se contravvenisse a questa prescrizione, do-
vesse esser multato di altri 200 ducati, e dichiarato infame
in perpetuo e nemico e ribelle della Chiesa e del Comune
di Spoleto; e dovesse inoltre esser dipinto col capo all'in
giù sul muro esterno del palazzo del podestà e il nome di
lui scritto disotto a grandi caratteri, in modo che dalla piazza
grande ciascuno potesse vederlo.

5.° che non si dovesse ammettere alcuna difesa a van-
taggio del violatore, se questi non si costituisse prigione
nella torre dell’acqua della rocca.

Le pene erano pertanto di una gravità eccezionale, e
degna di speciale rilievo era quella che riferivasi alla pit-
tura del ritratto capovolto del colpevole da farsi nel palazzo
del podestà. Si avverta inoltre che parte delle pene commi-
nate ai violatori della pace, avrebbero dovuto incorrerle
tutti coloro che avessero a lui prestato favore od aiuto; e
lascio al lettore di rilevare le altre sanzioni imposte dal-
l Orsini contro quelli che si fossero resi colpevoli di offese
minori o che dalla rottura della pace per parte di un solo

(1) Tali pene si trovano comminate contro i rei, anche nell’ antico Statuto del
Comune del 1296. — A. SaNsi, op. cit. Parte I, pag. 154.

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268 L. FAUSTI



avessero preso pretesto per creare nuove turbolenze. Dal com-
plesso dei capitoli si ricava, in una parola, che tanto l' Or-
sini quanto gli altri cittadini amanti della concordia misero
in opera ogni sottile industria perchè la vita sociale della
città potesse uscirne rinnovata; e posso anche aggiungere
che per un corso di anni relativamente lungo la quiete
venne mantenuta e si ebbe un’éra di discreta prosperità.

Ma eccomi a pubblicare i documenti, sui quali lascio
al lettore di studiare a suo talento e di fare le applicazioni
che crederà opportune.

Gl'istrumenti della pace e i capitoli dell Orsini si tro-
vano nei rogiti del notaio Cesare Campanari di Spoleto, il
quale dedicó ai medesimi un bel fascicolo legato in perga-
mena, contrassegnato dal numero 1516 che si riferisce al-
l'anno in cui venne compilato, e che ba per titolo: « In Dei
nomine Amen: hic est liber sive Quinternus in quo quidem con-
tinentur. infrascripta quaedam Pacum, curae. minorum, fideius-
sorum decretorum Iudicis etc., factus, compositus etc., per me
Caesarem Campanarium de Spoleto publicum Apostolica aucto-
ritate notarium et Iudicem ordinarium et nunc Cancellarium et
notarium reformationum Magnifici Comunis Spoleti, sub anno
Domini Millesimo Quingentesimo Decimosexto, Ind. quarta, Tem-
pore Pontificatus SS. ...... Leonis divina providentia PP. de-
cimi: diebus et mensibus infrascriptis, ac Signo nomineque mei
ipsius notarii ad fidem et robur perpetuum publicatus » (1).

L. FAUSTI.

(1) Archivio Notarile di Spoleto. Numero d'ordine 405. Rogiti di Cesare Cam-
panari. Tre fascicoli legati in pergamena. Il primo va dal 1508 al 1521; il secondo
dal 1519 al 1523; il terzo è del 1516 e contiene gl’ istrumenti della pace.



CAMILLO ORSINI, ECC.

APPENDICE.

REGESTI E DOCUMENTI.

[car. 2]. 1516, 11 marzo. — Istrumento di pace tra i nobili De Domo
e loro complici e la Famiglia Berardetti e suoi complici, stipulato nella
sala grande del palazzo del Comune, alla presenza del Giudice Ales-
sandro De Alexandris da Sassoferrato, del Sig. Camillo Orsini, dei Priori
del Popolo e dei cittadini deputati per la pace della città, dopo cele-
brata la Messa dello Spirito Santo e dopo essersi dati il bacio della
pace. « Post quae (così scrive il notaio in calce all’istrumento) pre le-
titia et gaudio, ab universo populo ibi adstante facta acclamatione his
vocibus videlicet: pacem, pacem, urso, urso, omnes De Domo predicti
devoverunt se cum, fil is, posteris et descendentibus Inclitae et Illustris-
simae Domui Ursinae. Coeteri vero devolionem iam factam confirma-
verunt: indeque cum predicto Domino Camillo discedentes simul con-
cordes et amici iam facti, discesserunt ».

[car. 20]. 1516, 15 marzo. — Simile istrumento di pace, con le me-
desime formalità e alla presenza dello stesso giudice e del Sig. Camillo
Orsini, tra i nobili di Pianciano e la Famiglia Berardetti e i complici
di ambe le parti.

[car. 31]. 1516, 20 marzo. — Simile istrumento di pace ecc. tra
Vincenzo Moriconi e i suoi complici e Angelo Leoncilli e i suoi com-
plici.

[car. 43]. 1516, 29 marzo. — Simile istrumento di pace tra Giuliano
di ser Andrea, Prudenzio e Giangirolamo di Piersimone e i nobili di
Campello e rispettivi complici.

[car. 46]. 1516, 29 marzo. — Simile istrumento di pace tra i pre-
detti Giuliano di ser Andrea, Prudenzio e Giangirolamo di Piersimone
e Cesare e Sebastiano Piermarini e rispettivi complici.

[car. 48]. 1516, 29 marzo. — Simile istrumento di pace tra i pre-
detti Prudenzio e Giangirolamo di Piersimone ed Eliseo e Andrea di
Galileo e rispettivi complici.

(Tra l’uno e l’altro di detti istrumenti ve ne sono molti, nei quali
i vari e numerosissimi complici dell’una e dell’altra delle parti ade-
riscono alla pace firmata tra i principali contendenti).

Seguono a car. 56 i Capitoli per il mantenimento della pace nella
città, imposti da Camillo Orsini, come sopra.



—À—— (€







210 L. FAUSTI

Die XXV Maij M.D. XVI.



Cum fuerit et sit quod omnes et singuli suprascripti paciscentes de
Spoleto et omnes alii comprehensi in istrumentis paeum ut supra cele-
bratis manu mei notarii infrascripti, paces fecerint cum capitulis pactis
obligationibus clausulis conditionibus et penis per Ill:mum Dominum
Camillum Ursinum Armorum ductorem et ob cuius operam et laborem
ad ipsas paces precipue deventum est, faciendis et declarandis ut in
suprascriptis instrumentis continetur: ideo prefatus Ill.mus Dominus
Camillus cupiens ipsas paces omni robore et ab omni parte firmare et
perficere, habita prius matura consultatione et facta longa discussione
eum Rev.do Domino hjeronymo ... de cesena Spoleti nune locumtenente,
et Magnificis Dominis Melchiorre Antonii priore bullecte, Domino Cla-
relio lupo, ser Marsino de campano, Juliano peraugustizi de dragoni-
bus, ser Galiopio benedicti et matheo pervincentii eius collegis, priori-
bus populi Magnifice Civitatis Spoleti; nec non cum egregiis viris
Domino Thoma Accursino legum doctore, Benedicto domini Iacobi,
Gaspare domini arcangeli, ser Ioanne ser Andreae, Ioanpero brusculgie,
ser Ioanne nicolai, Berardo perandreae, berardino baptiste, Ioantonio
mauli, Gaspare Iuliani, civibus deputatis a Comune Spoleti super pacem
Civitatis Spoleti; et cum presentia consensu et voluntate eorumdem Rev.di
Domini locumtenentis, Magnificorum Dominorum Priorum et civium
predictorum, vigore potestatis, auctoritatis et arbitrii sibi Illustrissimo
Domino Camillo per supradictas omnes partes paciscentes et earum
quaelibet concessi dati et attributi et remissionis sibi ut supra factae
omni meliori modo via, iure, causa, et forma quibus magis et melius
potuit ae debuit in omnibus et singulis instrumentis predictis, pacum
predictarum, Christi nomine eiusque gloriose matris Marie semper vir-
ginis invocato, fecit et declaravit infrascripta pacta, capitula, condictio-
nes, obligationes et penas, quae et quas ab omnibus et singulis supra-
dictis partibus paciscentibus et earum qualibet perpetuo observari man-
davit et effectum habere voluit ae iussit: videlicet:

(Seguono i capitoli, scritti parimenti in lingua latina; io ho creduto
tuttavia più opportuno di pubblicarne la traduzione in volgare, fatta
dal medesimo notaio, il 28 di quello stesso maggio 1516. e inserita nel
predetto fascicolo, in alcuni fogli separati).

« Al Nome del onnipotente dio Amen: Essendose fatigato gran
tempo per lo Illustrissimo ser Camillo Ursino et li Magnifici Signori
Priori et cittadini deputati sopra la pace della città de Spoleti, in com-
ponere et sedare ogni Civil discordia, per redurle ad quiete et tran-
quilla pace, et con la gratia dell’onnipotente idio et della Gloriosa Ma-









CAMILLO ORSINI, ECC.

donna Vergene maria. Essendo tutte reducte ad perpetua Pace per o-
pera delli prefati Illustrissimo signor Camillo et Magnifici signori Priori
et Cittadini, et quel firmata et roborata con accomodati capitoli et con-
ditioni, delli quali acciò se ne habbia publica vera notitia, ne alcuno
possa pretenderne ignorantia; Per commissione delli prefati signori et
Cittadini, et de loro matura et consulta deliberatione se notifica per el.
presente bannimento ad tutte et singule persone, tanto quelle che sonno
nelli instrumenti de dicta pace compresi, quanto ad ciascheduno altro
de qualunche stato grado o conditione, sia della Città contado et de-
strecto de spoleti et altri in aleun modo interessere et havesse, li Ca-
pitoli nella dieta pace per el prefato Illustrissimo signore dechiarati
con eonsentimento consultatione delli prefati signori Priori et Cittadini,
sonno dell'infrascripto tenore serie et continentia Cioé:

In prima che epsa pace non se intenda ne sia rotta o violata per
aleun modo se non ce intervenerà morte amputatione o debilitatione de
membro o ruttura de osso, overo ferita o percussione con qualunche
generatione de arme con effusione de sangue et da quello sopra;

Item che nelli predicti casi essa pace se intenda et sia rotta et
violata, non solu per quelli che fesseno o fesseno fare, ma ancora per
quelli che prestasseno adiuto consiglio, et favore nelle cose predicte. In
ciaschedun modo; et.tutti tali incorrano ancora la pena de essa pace
rotta, anche se non fossero compresi, et circha ad quilli non fossero
compresi; et per ciascun de issi tali rompenti, sian tenuti alla pena de
essa pace rotta et ad quella pagare per quilli, como severamente in essa
pace fossen compresi et per essi obligati, et nientedemino tali non com-
prisi sian puniti secundo le legge dispongono;

Item essa pace solo se intenda rotta et violata per li rumpenti et
li altri qual de sopra et per tutti quilli quali con ipsi in nella medesma
casa et in comune vita fessero, et quanto ad tutti in nel presente con-
tractu de pace comprisi quali con essi rompenti et auxiliu et favore
prestanti commo de sopra havessero facto pace per modo che ciasche-

suno ancora in essa pace compreso, offendendo per qual sia modo tali

violatori et li altri delli quali de sopra overo alcuno o alcuni li quali
con essi fossero in comune como de sopra, non se intenda esser cascato
nella pena della pace ropta, quanto ad li altri non rompenti o adiuto
consiglio o favore prestanti essa pace ferma remanga;

Ancora che tutti et singuli frangenti la pace como de sopra pos-
sano essere offesi, sempre nientedemino tutti li altri de casa et famigla
delli dieti rumpenti la pace como de sopra non possano essere offisi,
se prima non serrà facta la declaratione per el signore Governatore over
suo Locutenente et per lu potestà della città de spoleti: che la nace

TROPPI













































L. FAUSTI



sia violata et rotta, et che tal declaratione serrà intimata et notificata
al Illustrissimo signore Camillo Ursino prefato, et ancora simplicemente
da farse la qual declaratione et intimatione facta como de sopra, pos-
sano tutti li predicti della famiglia habitanti ad un foco como de sopra
essere offesi ;

Item se accadesse che facta la declaratione per el signor Governa-
tore et potestà como de sopra, et innanti che el prefato Illustrissimo
signore Camillo Ursino dicta declaratione se notificasse, che aleun della
famiglia delli frangenti et rumpenti la pace se offendesse, allora li of-
fendenti incadino in pena solu de ducento ducati per ciaschesunu et
ciaschuna volta como de sopra, da applicarse, et non se intenda per
questo violata et ropta la pace per tali offendenti, ma facta dicta de-
claratione et intimatione, possano essere offesi como de sopra è dicto;

Item in tutti casi supradicti per li quali essa pace se rompesse como
de sopra ... lu rompente o chi fesse rompere et adiutu consiglio o fa-
vore in nello rompere prestante, incorra in pena de cinquecento ducati
d’oro per ciaschesuno che contrafacesse, per la terza parte alla Camera
apostolica, per l’altra terza alla comunità de spoleti et per l’altra terza
ad esso offiso overo offisi overo al loro heredi per la mità, per l’altra
mità allu executore lu qual dicta pena integramente exigesse et execu-
tione facesse con effecto per essa da exigerse como de sopra quanto
ancora contra lor fideiussori et lor bieni de facto et senza alcun pro-
cessu viduta la verità ancora che non fosse facta excussione et electa
una via possase retornare all’altra per fine alla integra satisfactione
delle pene et delle altre cose nel contractu se contiene;

Item che tutte le case del violatore della dicta pace che stesseno
nel territorio de spoleti et de tutti l’altri che stessero in communione
ad una tavola et un foco col decto violatore, in tutto dalla radicé se
sfascino et devastonise le lor possessione et li arbori se muzino ;

Item che in casu che dicta pace se rompesse, el Governatore de
Spoleti nel modo predicto ne debbia fare executione et non facendola,
allora el prefato signor Camillo o sui heredi et il comune de spoleti la
dieta executione fare possano como de sopra;

Item che quante volte per alcuni essa pace se violasse, che li altri
de essa parte con li quali como de sopra ferma remanesse, non possano
in alcun modo ad ipsi rumpenti o che facessero rompere, adiutu con-
siglio et favore prestassero como de sopra, alcunu adiutu favore in
alcun tempo de po’ la pace ropta, ne quillo o quilli in alcun tempo
accompagnare con arme, ne in casa receptare, ne victu o vistitu dare,
ne alcuna cosa delle predicte, per se o per altri fare; sotto pena de
ducento ducati d’oro per ciaschuno che contra facesse, et ciaschuna











































CAMILLO ORSINI, ECC. 273

volta, da applicarse de facto et senza processu como de sopra, et nten-
tedemino con essi remanga ferma la pace;

Item che tal violatori et adiutu consiglio et favor prestanti como
de sopra, se ne seguirà morte amputatione de membro, non possano in
aleun tempo mai intrare nel territorio de spoleti, ne in alcunu locu alla
sedia apostolica subiecto, ne in alcun loco alla dieta chiesia non su-
biecto, fine ad cinquanta miglia appresso alla città de spoleti stare ; ne
gratia o remissione delli superiori o dal Summo Pontifice ne d' aleuno
altro per se o per altri impetrare, ne per remissione de pena o de parte,
ne de retornare o intrare nel dieto territorio de spoleti, ne ancora de
stare nelli lochi sopra dicti; et se quella impetrasse et obtinesse et che
per motu proprio fosse concessa, non possan con quella adiutarse ne
usare in aleun modo et presuma, se per inganno et fraude extorta,
benché in quella fusseno tutte cose prediete expresse et la derogatione
expressamente facta fusse; anzi quella non obstante, in casu de con-
iraventione, ultra le altre pene che se contengono nel presente con-
tracto, caschino in pena de ducento ducati d'oro per chiascheduno che
contrafacisse et ciascheduna volta, da applicarse de facto come de so-
pra, et nientedemeno ipsa pena da ipsi et da loro recolte reale et per-
sonalmente scoter se possa, come se tal gratia concessione salvocon-
ducto et remissione facta et obtinuta non fosse; et tutti prenominati se
intendano et siano inimici et rebelli della sede apostolica et della Sane-
tità de Nostro Signore et comunità de spoleti; et perpetuamente siano
infami et da ciascheduno se possano senza pena offendere et come ini-
mici rebelli et traditori se dogano nel palazo del podestà della dicta
Città dalla parte de fore col capo de sotto depengere, con expressione
dello nome et cognome, in tal modo che dalla piaza per chiascheduno
se possa bene vedere et legere. Ma se ipsa pace se rompesse altramente
che per morte, overo amputatione de membro o fractura d’osso, tutte
pene che sopra apparono, habiano loco, et tutte quelle qui repetite se
intendano, salvo che alli confini che per anni X continui non possano
tornare nel territorio de spoleti et de po’ havuta la pace dal offeso et
con sua voluntà expressa, della quale apparesse publico instromento;
et ancora che per il conseglio de spoleto fusse per nove parte delle
dece obtinuto, et non altramente ;

Item che in tutte altre et qualunche iniurie offensioni et delicti,
quali se fosseno per alcuno o per alcuni de una parte contra l'altra
parte dalle supradiete offensione come de sopra expresse a basso delle
quale ipsa pace non se rompesse, et tanto con faeti quanto con parole
in persona overo in beni, anche se fusse facto contra alcun de casa
overo familiare; tale offendenti o iniuriante caschino ipso facto et senza.

L. FAUSTI

altro processo in pena quatruplicata de qualunche in li statuti se con-
tene, de facto come de sopra da applicarse, et non possano havere altro
beneficio che della pace solamente;

Item che dicta pace non se intenda rotta et violata tra li minori de
dudici anni, se non ce intervenisse morte amputatione o debilitatione
de membro et da quello sopra;

Item che nullo possa aiutarse o exceptione opponere che per nova

causa alcuno habia offeso rompendo et violando come de sopra;

Item che se casu advenisse de roptura de dicta pace, quale Dio il
cessi, a quelli per quale restasse ferma, overo alcuni de ipsi non pos-
Sano o possa usare simile ruptura de pace per nova causa in rompere
la pace, et offendendo li altri nella medesima dalla parte adversa com-
presi ;

Item che in tutti et singoli easi supradicti et in li quali ipsa pace
se violasse, che circha tutti li effecti delli quali sopra appare, la con-
dennatione se fesse contra tali violatori e aiuto conseglio et favore
prestanti, come de sopra, anche in contumacia facta, benché de ipsa
violatione de pace in ipso processo et condennatione non fusse facta
mentione, que tale condennatione operi anche senza altra prova anche
ad ipsa pace rotta, anche in easu che per tale inquisitione ante alla
condennatione se fesse aleuna defensione, che non'se intenda ne se
debia admettere o possa, se non se constituirà in la pregione cioè della
torre dall'aqua della rocha, benché la pena non fosse personale o con- -
ditionale, et da tale processu et condennatione nelli casi predicti non
possa appellare o dire de nullità anti la executione. Circha le pene
pecuniarie supradicte, fare se possa et degia non obstante la appella-
tione predicta o nullità, alle quale expressamente de pacto se intenda
renunptiato, et habiase per non facta, et se la inibitione dallo superiore
emanasse se tale appellante overo de nullità dicente in pregione della
torre predicta non se constituisse et fra quindici di della sua innocentia
harrà facto constare;

Item che se alcuno overo alcuni de ipsi per quali la pace in caso
de violatione remanesse ferma, fusse accompagnato et accompagnati
con arme con li rumpenti la pace et prestanti aiuto conseglio et favore
et altri con li quali come de sopra pace fusse facta, possano et possa
essere offeso senza violatione de pace, senza pene, in tempo che inseme
accompagnato o accompagnati fusseno et fusse trovato con predicti;

Item che per il presente istromento se intendano et siano annullate
tutte altre obligationi tra le parte predicte facte et inite sino nel pre-
sente dì, come se expressamente per pacto con iuramento et allato ipse
parte havessero convenuto ;

CAMILLO ORSINI, ECO. 275

Item che li banniti se intendano et siano dall’una et l’ altra parte

compresi nel presente istromento de pace, et la pace con ipsi facta
tenga et ferma sia, come non fusseno banniti, secondo l’ ordinatione
della felice recordatione Iulio overo Alexandro, disponenti che con ipsi
banniti se possa fare la pace, et tenga et ferma sia;

Item che circha la pace de supradicti De Domo da una parte et
Berardieti et compliei dall'altra, che la pinctura della effigia et figura
d'Andrea de Miliadusse de Domo da Spoleti, ià facta per l'asserta vio-
latione de pace nella parte de fora del palazo del podestà, se cassi et
in tutto se levi, per la medesma cura quale la dieta pinetura curò et
fece farla;

Item circha la refectione delli danni patuti a suo arbitrio da de-
chiararse per remissione delle parte sopra facta per li prefati De Domo
a ser Illustrissimo Signor Camillo reservarse, et simile refectione de-
chiarare l’amontà de la quantità, tempo, et a quali fare se debia re-
servo, volendo circha questo non obstante la declaratione delli presenti
capitoli la remissione in se facta durare, sino che sua signoria Illu-
strissima farrà la dechiaratione.

Item circha le cose predicte et in tutti l’instrumenti de pace pre-
dicta dove delle pene della pace rotta” applicate alle parte observate
allu Illustrissimo Signor Camillo o faeta remissione volse in suo pecto
auctorità et arbitrio essere et remanere, in tutto o in parte a quali et
per quali et quando le diete pene se debiano pagare, de dechiarare,
overo liberamente dal pagamento absolvere quelli che sono obligati, et
liberare come a ipsi li piacerà et serrali parso expediente;

Item circha la pace come de sopra facta tra li homini da Pianciano
da una parte et li Berardieti et complici dall’ altra, che li figlioli de
Perioanni da Pianciano, cioè Andrea, et Tomasso, depincti in la parete
del palazo del podestà de spoleti, pro tradimento et violatione de pace,
se cassino et levinse de dicto loco, in tal modo che dicta pinctura uon
apparisca; et questo per la medesima corte se exequisca che la fe de-
pingere; à

Item che li predicti Andrea et Tomasso de Perioanne siano bannitj
et confinati dalla città et territorio de Spoleti per dece anni, et più et
manco secondo parerà al predicto signor Camillo; et se accadesse che
in dieto tempo li prenominati Andrea et Tomasso de Perioanni overo
alcuno de ipsi facto confine se rumpesse, reintrando nella dicta città et
territorio, overo parte de quello, se intenda et sia circha ipsi overo al-
cun de ipsi che contravenisse solamente la pace violata et rotta, et
possan senza pena essere offesi sino ad morte inclusive:

Circha la pace come sopra facta tra li nobili de Campello da una

L. FAUSTI

parte et Prudentio de Persimone et complici dall’altra, che Ciuchu de
Amelia in perpetuo sia confinato dalla città et territorio de Spoleti, e
che excedendo o rompendo dictu confine, rentrando et retornando in
la dicta città et territorio o loro parte, se possa senza pena offendere
sino a morte inclusive ;

Item che Prudentio de Persimone sia bandito et confinato dalla
città et territorio de spoleti per dui anni futuri et per dui altri anni
seguenti dalla città de spoleti solamente ;

Item circha la pace facta como de sopra fra Andrea de Galileo et
complici da una parte et Prudentio de Persimone et complici dall’altra,
che el dieto Andrea confinato sia dalla città et territorio de spoleti, et.
per dui anni sequenti più dalla città de spoleti solamente;

Item che Prudentio di Persimone et Andrea de Galileo predicti,
transgredendo et rumpendo dicti confini, caschino in pena de cento
ducati d’oro per ciaschesuno et ciaschesuna volta, come de sopra da
applicarse ;

Item che in tutti casi predicti de confini predícti d'Andrea et To-
masso de Perioanni, Andrea de Galileo et Prudentio de Persimone, se
debia cognoscere et iudicare summariamente per il Signor Governatore
et potestà de spoleti, con prova de tre testimoni de visu, deponenti
quali dieti confini rompano o alcun de ipsi rompa, et facta la iudica-
tione et dechiaratione come de sopra, quella se debia intimare al prefato

signor Camillo Ursino simplicemente come de sopra; le quale iudica-
‘tione intimatione nel modo predicto facte contra dicti excedenti et rum-
penti, se proceda et procedere se possa alla executione delle predicte

pene respeetive ;

Item che tutte et singole cose soprascripte et capitoli et conditioni
se intimino et intimare se debiano a casa o personalmente per ciasche-
duno balio della città de spoleti a tutti et singuli principali promittenti
per li supradieti instrumenti de pace, et che per publico banno se pu
blichino in la piaza della città de spoleti per publici bannitori, et im-
mediate incomenzino currere li termini de confini dati a tutti li predicti
confinati de po XV dì dal dì del facto bannimento supradicto. Volendo
declarando et comandando il prefato signor Camillo per vigore della
remissione auctorità podestà et arbitrio delle parte per li instrumenti
predicti concessi tutte et singole conditione et capitoli et ciascheduna
parte de ipsi observare et mantenere sotto pene et obligationi predicte.
In ogni meglior modo ete.

« Actum in Civitate Spoleti in vayta Palatii in auditorio novo po-
pularis Palatii magnifici comunis Spoleti, siti iuxta res perbernardini
sensii et constantii cherubini de spoleto, vias publicas a. duobus et alia.

CAMILLO ORSINI, ECC.

latera: Presentibus Eximio legum doctore Domino Thoma Accufsino:
ac Spectabilibus viris Benedicto domini Iacobi, gaspare domini archan-
geli et ser Ioanne ser Andreae de Spoleto, testibus ad predicta babitis
vocatis et rogatis, una mecum notario infrascripto omnibus et singulis

predictis presente et uti publica persona stipulante et recipiente pro
omnibus et singulis sua nunc vel in futurum interesse putantium ».

rt eroi

a RR IO

La patria del pittore Giannicola

con Notizie e Documenti sulla vita e sulle Opere

È stato ritenuto per oltre un secolo che il pittore Gian-
nicola avesse sortito i natali dalla nobile ed antichissima
famiglia Manni di Città della Pieve, e tutti gli studiosi e
storici dell’arte l'hanno chiamato con questo casato tutte le
volte che hanno avuto occasione di nominarlo.

Il primo che diede a Città della Pieve questo vanto fu
il P. Boarini nella sua « Descrizione della Chiesa di S. Do-
menico » (p. 22) pubblicata nel 1788 in Perugia. Dopo di lui
il Mariotti, il quale rimase sul primo un po’ sorpreso per la
novità della cosa, ma poi si dispose ad accettarla per vera
e scrisse nelle sue « Lettere Pittoriche » pubblicate nello
stesso anno: « Vedo che il P. Boarini lo chiama Nicolò della
Pieve. Non sarebbe strano ch'egli fosse stato non sol discepolo,
ma ancora compatriotta di Pietro e che poi anche esso come il
Maestro sì chiamasse Perugino > (p. 232).

L'Orsini nel tesserne la biografia nella sua « Vita del
Perugino » lascia ogni esitanza ed afferma con assoluta cer-
tezza che « Giannicola, figlio di Paolo Manni di Città della
Pieve è stato ritenuto sempre per perugino », ma non lo è, poi-
chè la sua vera patria è Città della Pieve, la cittadina che
diè i natali al Vannucci (p. 274). Egli l’apprese dagli « An-
nali » del P. Bottonio (sec. XVI) oltrechè dai Documenti,
comunicatigli da uno studioso di cose paesane in Città della
Pieve. Ora, esaminato attentamente il manoscritto del P. Bot-







m T TU

*

280 F. CANUTI

tonio dell'Archivio Com. di Perugia, nulla ho rinvenuto di
quanto afferma l'Orsini. Anzi due sole volte, che il Bottonio
ha occasione di nominarlo, lo fa chiamandolo non altrimenti
che Nicolò e Giannicolò senza aggiungere altro (1). ,

Intanto la notizia si divulgò e divenne di dominio pub-
blico. Il Mezzanotte, che scriveva appena 32 anni più tardi,
non trovò motivo per dubitarne e scrisse colla sicurezza di
chi sa di dire una cosa assolutamente vera (Vita del Peru-
gino, p. 223): « Il Guidarelli, tratto in errore dalla pubblica
opinione, lo chiamò « Perugino » nella tavola del Manni dipinta
in S. Domenico, ma il diligente P. Boarini nella sua descrizione
della Chiesa lo chiamò « Nicolò della Pieve » essendo questa
fuori di dubbio la patria sua » (2).

Ognun sa che il Mariotti, l’ Orsini, il Mezzanotte sono
stati, per tutto un secolo, la guida unica a tutti gli scrittori
di cose storico-artistiche della Città di Perugia; non fa quindi
meraviglia di vedere autorevoli scrittori come il Milanesi,
il Cavalcaselle-Crowe, il Marchesi e tanti altri, fino agli ul-
timi, all’Urbini, al Bombe, allo Gnoli, chiamare il nostro pit-
tore col casato di Manni, e dirlo oriundo di Città della Pieve
e cittadino perugino (3).

Il primo che mise in campo la peregrina notizia e trasse
in errore il P. Boarini, e insieme indusse l’Orsini ad accre-

(1) A. BorTow!o (4- 1591) c. 203 « La Tavola della Cappella di questi de la Ba-
glioncella, ch’ è quella d’Ognissanti, fu quest? anno data a dipingere ad un certo
Maestro Nicolò, pittore, et fu messo poi al suo luogo Vanno 1508 » c. 233. « Fw anche
suo Discepolo (del Perugino) un Giovan Nicola pittore che fece la Tavola d" Ognis-
santi a l’altare dei Baglioni în S. Domenico nostro ».

(2) L' Epigrafe del C. Guidarelli, a cui qui si accenna, è la seguente:

« Hanc Sanctorum Omniwm tabulam Iohannicolaus Perusinus, Petri Perusini
discipulus, pinxit ; ea vetere S. Dominici Templo, huc trastulerunt PP. Domini-
cani, a. 1722 ». — Cfr. MARIOTTI, Lett Pitt., p. 229.

(3) MILANESI, Commento ecc., vol. III, p. 596. — CAVALCASELLE - CROWE, Storia
dela Pittura, vol. X, p. 120. — PASAVANT, Raffaello, vol. I, p. 49. — LUPATELLI, 'St0-
ria della Pittura Perugina, p. 49. — Bollett. Stor. Pat. Umbra, vol. II, 1896, p. 393.
— Arch. Stor. dell’ Arte, a. 1896, p. 390. — URBINI in Marzocco, 1913, 23 Nov. — CRI-
STOFANI in Arte, vol. VII, p. 302 ecc. ecc.













eS TO





UA To







LA PATRIA DEL PITTORE G6IANNICOLA 4 981

ditarla con documenti, che oggi al lume della piü elemen-
tare critica risultano privi di qualunque valore, fu il Marchese
Giuseppe Della Fargna, pievese, non dico per mania di creare
una celebrità paesana da aggiungere a quella del grande
Vannucci, ma per leggerezza d’indagine e più che altro per
mancanza di quel discernimento pratico, che si sa non es-
sere stata una prerogativa molto comune negli scrittori del
"100.

Il Marchese Della Fargna dunque, sfogliando un giorno
un vecchio Catasto (1543) dell' Archivio comunale paesano,
rinvenne questa denuncia di beni, che dovette essere per
lui una rivelazione della più grande importanza (1).

« Haeredes quondam. Nicholaj Pinctoris assignavit habere
infrascripta bona ».

Non si badi alla sintassi poichè questa è la consueta
formola del Catasto. A Città della Pieve dunque aveva di-
morato un Nicola pittore; e poichè l’egregio studioso non
rinveniva nella storia paesana un pittore di questo nome,
bisognava concludere che il pittore fosse non altri che il
famoso discepolo del Vannucci, fino allora ritenuto per cit-
tadino perugino. Si sapeva che il Giannicola pittore aveva
avuto il padre di nome Paolo; bastava dunque, al giudizio
del Della Fargna, trovare un Nicolò di Paolo per aver cer-
tezza che il Nicolò nominato dal Catasto pievese, fosse pro-
prio lui il Giannicola, pittore. Caso volle che, sfogliando an-
cora l’antico volume, l'occhio ricercatore si fermasse alla
c. 46 dove 6 detto: «

« Nicholaus quondam Pauli Manni assignavit habere infra-
scripta bona ».

e alla c. 46 t:

« Haeredes Papi Pauli Manni et pro eis Nicholaus ».

La scoperta era fatta. Poco importa se in questi due
brani il Nicolò di Paolo Manni non sia qualificato pittore, e

(1) Città della Pieve. Arch. Com. Busta n. 521. Catasto Castello 1543, cc. 6, 46, 60.

18










282 È F. CANUTI

se nel primo documento sia ricordato Nicolò pittore già de-
funto nel 1543 (quando fu compilato il Catasto) e negli altri
due invece un Nicolò in quell’ anno ancora vivente. Poco
importa se la matricola perugina dei pittori dava morto il
Giannicola solamente nel 1544, e il Catasto pievese diceva
morto il Nicolò pittore molto tempo prima. Poco importa se
finalmente i tre documenti parlino di un Nicola e Y artista
perugino si chiami invece Giovanni Nicola e più brevemente
Giannicola. Tuttociò era trascurabile, sebbene facilmente in-
tuitivo, e l'equivoco del Della Fargna accettato senza esita-
zione dagli scrittori perugini, fu consacrato alla storia.

Ora è necessario ristabilire la verità nei suoi termini e
restituire a Perugia un valente pittore che è suo ed esclu-
sivamente appartienle. *

Basterebbero le osservazioni già fatte e di più il silenzio
di tutti gli scrittori che precedettero il Mariotti circa all'o-
rigine pievese del pittore e la loro testimonianza nel dirlo
di Perugia (1). Ma poiché i molti documenti da me rinvenuti
negli Archivi paesani e di Perugia mi mettono in grado di
ricostruire distiutamente la figura dei tre personaggi confusi
in uno dal Della Fargna, il Nicoló pittore pievese, il Gian-
nicoló pittore perugino, e il Nicoló Manni, metto ben volen-
tieri queste mie modeste ricerche a profitto degli studiosi,
onde ne traggano, se loro piacerà, qualche vantaggio per la
storia dell'arte.

Il Nicolò Manni per cominciare dall'ultimo ebbe il padre
di nome Paolo e il nonno di nome Manno, onde il suo nome
« Nicholaus Pauli Manni ». Il suo bisavolo si chiamò Angelo
e il suo trisavolo Vannuccio. Ebbe tre fratelli Giacomo, Ber-
nardino e Papo e due figli, Bastiano ed Angelo. Su di lui
non importa dilungarsi di più; esso non fu pittore e tutti i

(1) PascoLI L., Vite dei Pittori, Scultori ed Architetti Perugini, 1732, p. 52. —
VASARI, Vite. CRISPOLTI C, Perugia Augusta, 1648. — BaLDINUCCI F., Notizie ecc.
a. 1681.

LA PATRIA DEL PITTORE GIANNICOLA

documenti omettono questa qualifica e anche quella semplice
di Maestro, che mai si tralasciava nel favellare e nello scri-
vere di quel tempo (1).

Il Nicolò, pittore pievese, fu figlio di un Maestro Bonifacio
e nacque in Siena, poco dopo la metà del ’300. Uscito dalla
famosissima scuola, ch’ebbe gran nome per merito special-
mente del Barna, (lartista che il suo nome legó eterno alla
Collegiata di S. Giminiano), quando il numeroso stuolo dei
suoi compagni si diramava portando ovunque le meravigliose
forme dell’arte senese, egli, si dirigeva a Castel della Pieve,
sul declinare del 1300, e vi prendeva dimora stabile, acca-
sandosi ed acquistando numerose possidenze, frutto del suo
lavoro. Nei documenti è indicato cosi: « Magister Nicholaus
M. Bonifatii pictor de Senis », Ebbe tre figli, uno di nome
Bartolomeo che fu religioso dell'Ordine dei Conventuali Fran-
cescani, e due che esercitarono pur essi la nobile arte della
pittura, Egidio, il maggiore, ch'ebbe numerosa discendenza
e Francesco, il minore, che non ebbe famiglia e lasció, mo-
rendo, tutti i suoi beni ai nepoti. Egidio era testimone nel
1438 e questo prova che la sua nascita deve riportarsi an-
teriormente al 1418. E indicato « Egidius Q. Mag. Nicholaj
Mag. Bonifatii ». Sposò Margherita di Melchiorre di Ser Ni-
cola e fece testamento nel 1479. Di Francesco abbiamo me-
moria che lavorava in Paciano, nella Confraternita del Sa-
cramento tra il 1444 e il 1449. Segnato con questa data e
firmato « Franciscus de Castro Plebis pinait » non rimane che
un affresco grande, rappresentante la Crocefissione con fanti
e cavalieri, che ci rassicura della sua non grande valentia
nel dipingere. Di lui si parla pure in documento del 1487,
relativamente all'impegno assunto di dipingere alcunchè nella
Chiesa di S. Francesco in Città della Pieve.

(1) Città della Pieve, Archivio Notarile, Prot. Catalucci, 1515, 13 Genn. e 24 Febb,
Rog. Catalucci, a. 1492, 19 Nov.; 1493, 25 Giugno. -— Archivio Comunale, Catasto 1543-
cc. 22, 46 t, 25. — Riformanze 1459, 18 Febb., c. 14 e 25 Apr., c. 28.



F. CANUTI

Di Egidio nessun'opera ci rimane e neanche di Nicolò,
padre, a meno che non si vogliano attribuire a questi gli
affreschi di S. Antonio di Cascia firmati « Nicholaus de Senis »
e qualora si ritenga, come é molto probabile, che il millesimo
1461, ivi segnato, stia ad indicare non la data delle pitture.
che furono fatte in più tempi, ma il compimento della Cap-
pella. Dico questo, perché la maniera delle pitture che af-
frescano le pareti si riferisce piü al principio che alla metà
del ’300, e perchè i miei documenti danno il Nicolò pittore
già defunto nel 1438. Potrebbe esser di lui anche l’ affresco
dell’Edicola presso la Confraternita dei SS. Lorenzo e Anto-
nino in Assisi firmato « Chola pictor », affresco ricordato dal
Guardabassi (Indice-Guida), dal Cristofani (Bollettino di Storia
Patria Umbra e Augusta Perusia) e illustrato dal Thode nel
suo « Franz von Assisi und die Anfaüge etc. » (1l).

Comunque sia delle opere, certo è che a Castel della
Pieve visse questo pittore che si chiamò Nicola e gli « Hae-
redes quondam Nicolai pictoris » che fanno segnare i loro beni
al Catasto nel 1543 non sono altri che i figli di Egidio, ai
quali erano pervenute le sostanze del nonno Nicola a mezzo
dell’eredità del Padre. Lo scrittore del Catasto avrebbe do-
vuto scrivere « Haeredes q. Egidii q. Nicolai » ma scrive
semplicemente « Haeredes q. Nicolai », come si costumava
per brevità e per sfuggire qualche omonimia, ed anche per-
ché alle volte il nome del nonno e del bisavolo era per qual-
che ragione piü noto.

Del Giannicola, pittore perugino, non diamo qui notizie
poiché ciascuno che legge potrà ritrovarle copiose in fine
di questo scritto, in ordine cronologico. La serie dei docu-
menti per quanto a me sembra è completa; alcuni si pub-
blicano per la prima volta, i rimanenti sono semplicemente

(1) I documenti riguardanti i tre individui di questa Famiglia di Artisti attendo
più propizia occasione per pubblicarli, quando dovrò ragionare di altri pittori che
vissero a Castel della Pieve in quel tempo.

LA PATRIA DEL PITTORE GIANNICOLA

indicati perchè pubblicati da altri. Dall'insieme di essi questo
emerge chiarissimo che il Giannicolò pittore è sempre ri-
cordato come cittadino perugino, mai neanche una volta vien
detto di Castel della Pieve e discendente dalla famiglia Manni,
a differenza del Vannucci, che se frequentemente è detto dé
Perugia, e Perugino talvolta si sottoscrisse egli stesso, non
meno frequentemente i documenti lo dicono di Castel della
Pieve e « Petrus de Castro Plebis » scrisse di suo pugno in
fondo ad uno degli ultimi suoi lavori, quello di S. Maria delle
Lacrime in Trevi.

Inoltre in tutte le mie ricerche negli Archivi di Città
della Pieve, mai mi sono imbattuto nel nome di un pittore
Giannicolò, segno che qui non venne mai, neppure per ese-
guire lavori, mentre di lavori eseguiti a Perugia n'é frequente
memoria nelle antiche carte perugine.

Non vogliamo omettere infine che il pittore Giannicoló
nel 1493 dipingeva già, e il Nicoló Manni non era neppur
nato, poiché chiedeva un curatore ed era di età minore al-
cuni anni piü tardi. Si confrontino poi le genealogie dei 3
Nicola, dal Della Fargna confusi in uno, e si vedrà che l'una
famiglia niente ha che vedere con l'altra.

Concludiamo affermando, che d'ora in poi non si chia-
merà più Manni l’ artista che onoró tanto la scuola che dal
Vannucci ebbe nome; nè si dirà di Città della Pieve, ma si
chiamerà Giannicolò di Paolo, o semplicemente Giannicolò 0,
se si vuole, anche Giannicolò Smicca, nomignolo con cui si
vede indicato qualche volta sui documenti, e con cui veniva
comunemente chiamato, e forse era meglio conosciuto ai suoi
tempi.

F. CANUTI.



* CANUTI

Le Opere di Giannicola.

Notiamo che Giannieola non firmava mai le sue opere, e
quindi quelle autentiche le conosciamo solo a mezzo dei docu-
menti. Questo faceva anche notare 1’ Orsini (p. 274) nella Vita
del Perugino, il quale così descrive i caratteri della sua maniera
« Si propose d’ ingrandire le figure e di muoverle con maggiore
libertà e di recare le masse luminose, che fanno unità col com-
posto, non sull’orizzonte, ma sul gruppo delle figure medesime e
per questo si allontanò dal fare semplice di Pietro. Hanno le sue
opere del gusto sì nel colore caldo e succoso che nel disegno ».

Perugia. — Cattedrale di S. Lorenzo.

Dipinge la Cassa dell’ Organo di cui rimangono alcuni frammenti
con la data del 1518.

Doc. 1513.

Mezzanotte, Vita di P., p.299:

Siepi (1822), Descrizione, vol. I. p. 117 « Nella Sala ove si tiene il
Capitolo si veggono appese le belle figure stimate di Giannicola disce-
polo di Pietro che ornavano l’ antico Organo, di cui abbiamo parlato,
cioè un semicircolo che serviva di timpano ove è dipinto il Redentore
tra S. Costanzo e S. Lorenzo in mezze figure, un tondo col martirio
di S. Lorenzo, in cui è notato il 1518 e due quadretti coi SS. Pietro
e Paolo, che erano nel parapetto dello stesso organo », p. 119.

Perugia. — Cattedrale.

« Gonfalone del 1526 ». « È nella superiore parte del Quadro G. C.
irato che colla sinistra scaglia dei fulmini e colla destra impugna una
spada in atto di ferire, mentre la Madre gli trattiene il braccio. Tra essa
e il Figlio è a’ piedi loro un Angelo con una Cartella. S. Giuseppe
e S. Costanzo implorano pietà. In basso la Città di Perugia (Siepi) ».

Orsini, Vita, p. 274, la crede un’ Opera assai bella di Giannicola.

Siepi S., Descriz., vol. I. p. 100. « Fu dipinto l'anno 1526 in occa-
sione del lungo contagio ». — (Perduto).

Perugia. — Cattedrale. Cappella di S. Ivo o S. Giusta.

Affresco. « La Vergine col Figlio — da un lato S. Maria Maddalena,
e S. Marta dall’altro — sotto la Vergine, S. Ivo, S. Giovanni e S. Giu-
liano. Alle faccie S. Ignazio e un altro Santo ». i

LA PATRIA DEL PITTORE GIANNICOLA

(Eseguita in collaborazione con G. B. Caporali).
Doc. 1516, 5 Luglio. — (Perduto).
Perugia. — Cattedrale.

Tela con S. Lorenzo.
Doc. 1507, 3 Agosto.
» 1507, 6 Agosto. — (Disperso).
Perugia. — Chiesa Cattedrale. Cappella Brunelli.

Tav. « La Pietà. Con a un lato S. Giovanni Evangelista, S. Gia-
como, e dall’altro S. M. Maddalena, e S. Cristoforo, sopra la Vergine.
La Croce con due Angeli. Un Dio Padre con Serafini ».

Doc. 1505, 6 Febbr.
(Perduto).
Perugia. — Cattedrale.

Armi per la Festa di S. Lorenzo e per altre occasioni.

Doc. 1496, 23 Agosto.
^ 1499, 8 Agosto.
» 1501, 16 Dec.
» 1506, 16 Maggio.
» 1507, 20 Febbr.
v 1819.
^ 1520, 81 Dec.
» 1525. 2 Agosto.

(Perduto).

-Perugia. — Palazzo dei Priori. — Camera della Mensa dei Priori.

« L'ultima Cena di N. S. G. C. coi 12 Apostoli e i Priori di Peru-
gia al naturale ».

Doc. 1498, 23 Sett.

^ 1493, 12 Ottobre.

» 1498, 29 Ottobre.
1494, 18 Genn.
1494, 18 Febbraio.
1494, 19 Aprile.
1494, 16 Ottobre.

1494,
1494,

9 Nov.
3 Dicembre.
15 Gennaio.

» 1495,
^ 1496, 28 Genn.
(Dieesi ne esista un frammento staccato presso il Magazzino della
Pinacoteca Vannucci).
Perugia. — Palazzo dei Sig.ri Priori.
« Affreschi avanti la Camera del Capo d’Ufficio ».

.









F. CANUTI

. 1493, 30 Agosto.
1493, 7 Settembre.
1498, 3 Ottobre.
1493, 29 Ottobre.
» 1499, 19 Marzo.
(Distrutti).
Perugia. — Palazzo dei Priori.
« Cinque vessilli colle armi della Città — uno per ciascuna porta ».
Doe. 1501, 9 Ott.
»'. 1501, 24 Ott.
3 (Perduti).
Perugia. — Palazzo dei Priori.
Bandiera di Porta S. Pietro.
Doc. 1502, 25 Genn.
(Perduta).
Perugia. — Palazzo dei Priori.
« Tre Pennoni pei Trombettieri di Palazzo ».
Doc. 1505, 81 Maggio. ;
(Perduti).
Perugia. — Palazzo dei Priori.
Dipinge la sfera dell’ Orologio.
Doc. 1511, 16 Febbr.
» 1512, 2 Luglio.
(Perduto).

Perugia. — Chiesa di S. Pietro. — Cappella di Donna Leonarda Olivieri

dei Baglioni.
« Adorazione dei Re Magi e al di sopra un piccolo S. Giorgio ».
Doc. 1509, 23 Giugno.
(Distrutto).
Manari, Apologetico, a. IV, 378.
Perugia. — Chiesa di S. Pietro.
Pitture ornamentali all’Altar maggiore.
Doc. 1500, 1 Aprile.
(Distrutte).
Perugia. — Chiesa di S. Pietro. — Cappella dell’ Annunciata o Ranieri.
(Affreschi, terminati da G. B. Caporali).
Doc. 1519, 30 Nov.
» 1520, 5 Genn.
» 1521, 21 Genn.
» 1521, 8 Febbr.
» 1521, 30 Dec.

LA PATRIA DEL PITTORE GIANNICOLA 289

Esiste un « Eterno » nella volta entro un Tondo, e un’ « Anpun-
‘ ziata » ai lati delle finestre, ma debbono ritenersi opere di G. B. Ca-
porali.
Perugia. — Convento di S. Pietro.
. « La Risurrezione ».
. 1583, 24 Marzo.
1584, Marzo.
(Perduta).
Perugia. — Chiesa di S. Domenico.

Affreschi nella Cappella dei Baglioni e Tavola dell’ Altare che rap-
presenta « G. C. in Gloria, la Vergine e S. Giov. Batta., 4 Angeli in
atto di sonare istrumenti, varii Cherubini » e sotto « 15 santi in fi-
gura quasi al naturale ».

Doc. 1506, 18 Nov.

Il Bottonio, scrittore della fine del 500, dice che questo quadro fu
messo al suo posto nel 1508.

Siepi, Descriz., vol. I, p. 258.

Mezzanotte, Vita di P., p. 223.

(Esiste alla Pinacoteca Vannucci).

Perugia. — Chiesa di S. Domenico. — Confraternita dei Disciplinati.

Affreschi nella Mensa dei Fratelli.

Doc. 1524, 1° Sem.

» 1524, 29 Sem.
Perugia. — Cappella del Cambio (sopra l'uscio all'esterno).

Pitture.

Doc. 1509.

Mezzanotte, Vita di P., p. 223.

(Si vede ancora benchè rovinato).

Perugia. — Cappella del Cambio.

Tavola dell’ Altare « Il battesimo di Cristo ».

Doc. 1516, 5 Genn.

Affreschi nella Volta.

Doc. 1511, 14 Febbraio.

». 1513.

^ 1515, 12 Maggio.

» 1515, 18 Sett.
Affreschi nelle pareti.
Doc. 1515, 26 Giugno.

« 1516, 6 Aprile.

» 1516, 21 Luglio.

» 1518, 19 Febbraio.



F. CANUTI

Doc. 1526-28.
» 1528, 4 Marzo.
» 1829, 5 Aprile.
» 1529, 19 Aprile.
» 1929, 21 Aprile.
(Si vedono ancora'.
Perugia. — Chiesa di S. Cristoforo del Convento di S. Giuliana.
« La Vergine col Bambino in collo. S. Giuliana e S. Giovanni Batta ».
Doc. 1515, 16 Ottobre.
Esiste nella chiesuola al Camposanto di Civitella d’Arna. Si ritiene
eseguito dagli scolari in gran parte.

Perugia. — Chiesa di S. Tommaso (Monache Domenicane).

Tav. « L'Ineredulità di S. Tommaso >.

Mezzanotte, Comm., p. 223.

Cavalcaselle- Crowe (Stor. Pitt. I., vol. X, p. 120 e segg.) nota che
« essa è l’opera migliore fra le ultime del nostre pittore. È una com-
posizione con figure assai belle raggruppate, condotta con qualche ri-
gore e sicurezza di pennello, sebbene abbia il consueto difetto del co-
lorito rossastro con toni non vitrei ».

(Si conserva alla Pinacoteca Vannucci).

<« All’Altar maggiore è una Tavola con Gesù Cristo risorto che si
presenta a S. Tommaso, il quale gli pone indice destro nella ferita
del costato. Lateralmente a destra di G. C. all'indietro é S. Tommaso
d'Aquino e S. Domenico, all’innanzi inginocchiato S. Giov. Evang. in
atto di scrivere, a sinistra S. Giov. B. e S. Benedetto e sotto S. Paolo
Eremita; opera stimata la più bella di Giannicola ».

Siepi S., Deser., vol. I, p. 278.

Perugia. — Chiesa di S. Agostino. Cappella dei Cantagallina.

Tavola con cassa e nel mezzo un Tabernacolo che contiene la statua
della Vergine.

Doc. 1522, 80 Maggio.

» 1582, 30 Aprile.
» 15832, 10 Maggio.

« Dei lavori di pennello e di scalpello ordinati dai Cantagallina non
una reliquia, e quello più è notevole non una menzione negli scritti
delle patrie cose ».

Rossi, in Giorn. di Erud. Art., vol. I, p. 157.

Perugia. - Chiesa di S. M. Novella.

Tavola d'altare.

Doc. 1544, 12 Maggio.

LA PATRIA DEL PITTORE GIANNICOLA 291

Non si sa che cosa rappresentasse, e se il pittore ebbe tempe di
condurla a termine.

Perugia. — Chiesa di S. Ercolano.
Affreschi.
Doe. 1500, 1 Luglio.
* 1501, 80 Aprile.
(Perduti). ; :
Perugia. — Ohiesa di S. M. dei Servi. Cappella dei Lombardi.
Tavola d'altare « La Vergine tra i Quattro SS. Incoronati ^.
Doc. 1512, 8 Genn.
^ 1522, 80 Maggio.
Rossi A., Dice che è a Parigi al Louvre sotto il nome di una Sacra
Famiglia e quale opera dell’Ingegno. (Giorn. Erud. Art., vol. I, p. 126).
Perugia. — S. Martino del Verzaro (Altar maggiore).
Affresco « La Vergine col Putto, fra i SS. Giov. Evang. e S. Lo-
renzo ».

Quadro rappr. « S. Martino che cede il mantello ad un povero» .
Orsini, Vita, p. 270. « I suoi affreschi sono siffattamente uniti nelle
tinte con morbidezza, che sembrano fatti ad olio, come si scorge in

S. Martino del Verzaro ove nell’altar maggiore ha rappresentato ... ».
Mezzanotte, Vita di D: 04,998; i
Cavalcaselle C. (vol. X, p. 120) Stor. Pitt. It. dice ché « sono in

essa da lodarsi il rilievo, i toni vivaci delle tinte, la sicurezza del tratto

ed un notevole sforzo per rendere di buono stile i panneggiamenti ».
Perugia. — Confraternita di S. Domenico.
« Crocefisso »,
Esiste alla Pinacoteca. Vannucci, Sala XVI, n. 82. Fu attribuito al
Perugino. — Doc. 1501, 3 Giugno.
Perugia. — S. Domenico.
Altare di Maestro Plinio.
Tavola.
(Perduta). «
Paciano. — Chiesa del Corpo di Cristo (comunemente detta Chiesa Dentro).
Affreschi.
Doc. 1540, 9 Nov.
(Perduti).
Castel di Brufa. — Cappella di S. Giovanni da Capistrano.
* La Vergine delle Grazie con Cristo e S. Giovanni da Capistrano ».
Doc. 1520, 2° Sem. 80 Dec.
^ 1525, 2° Sem.
^ 1581, 19 Sem.





P. CANUTI

Doe, 1581, 2e Sem,
imangono alcuni frammenti), :
Castiglion Fosco, __ Confraternita di S, Maria
4 Tay, , La @rgine col Bambino, da un lato S, Gio, Batta, dal]
PUOI Pietro 7 i
Predella, * La Concezione e la Natività, della Vergine
Doe, 1526, 15 Giugno,
(Perduta),
Deruta. — Confraternita di S, Antonio.
Tavola Simile 4 quella dell’Altar Maggiore di S, Francesco,
Doe, 1494, ennaio
(Perduta),
Perugia — Pinacoteca Vannucci, Sala 16, N 32,
« Crocifisso
Affresco trasportato, Era Stato dipinto Der la Confraternita di S Do
Menico,
L’Orsin (Guida, - 71) l’attribuisce al Vannucci “"'oneamente, Mentre
6 de] Giannieo] dipinto tra Nov. 6 9c. de] 1
Doe, 1501, ie
Cambridge, Useo,
Tav, a Vergine
Cavalcase]t, & Crowe (Stor, Pitt, Ital., vol. x, P. 120). . Viene Sott.
; il nome di Raffaello a è un Opera di Giannicola, aSSai be]]



altro

LA PATRIA DEL PITTORE GIANNICOLA

Genealogia del Pittore Nicola.

Bonifatius

Nicolaus (pictor)

| |
Fr. Bartholomeus Egidius (pictor) Franciscus (pictor)
n e n
| : ro Ji
Iacobus Pellegrinus Nicolaus Bonifatia
|

Egidius Hieronimus
|

I
Dominicus
I

Iacobus Franciscus Lucas

Genealogia del Pittore Giannicola.

Iohannes

iii eee]

| |
Cristopho: us M. Paulus (barbitonsor)
I

TR EI lee ovini et
. |
Iohannes Nicolaus (pictor)

|

Isabella Finoria

Lactinus

Genealogia del Nicola Manni di Città della Pieve.

Vannuccius

Angelus
| 2] RA Lr
Petrus Nicolaus Mannus Cristoforus Antonius

Rd te | |

Vannuecius Lucia Paulus Martinus
\- eun uq cQ i LIU Ar
Ì |

Ì
Papus Bernardina

Guglielmus Dominicus

| |
Iacobus Nicolaus
e uU ec ir

Bastianus Angelus

Iohannes.







F. CANUTI

DOCUMENTI

1. — 1493, 30 Agosto. — Dipinge sopra l'uscio della Camera del Capo

Perugia
Arch. Comun.
Entrata e Uscita

della Cappella

A., Vol. 441 (ant.)
» 068 (mod.)

a. 1484-1496 c. 150.

d’ Ufficio.

« Et à di ultimo dieto a M.o Giovanni-
eolo de Paulo pinetore per parte de la depine-
tura ha fatta et. che fa sopra l’ uscio de la
Camera del Capo d’ uffitio, ducati uno di ca-
mera, fior. CLVI ».

[Inedito nel testo. Indicato da Gnoli U. in
« Boll d'Arte » 1915, fasc. V, p. 126].

2. — 1493, 7 Sett. — Dipinge nell’uscio della Camera del Capo d’ Ufficio..

Perugia
Arch. Comun.
Entrata e Uscita

della Cappella.
Vol. 441 (a.) 568
(m.) e. 150.

« Et à di 7 dieto al d.o M.o Giovannicolò
pinetore dueati uno di eam. che tancte ren-
demmo per sua parola à M.o Andrea Cappel-
lano per altrettante d.o Cappella gliavea im-
prestato a di ultimo d'Agosto ».

[Inedito nel testo. Citato da Gnoli U. in « Boll.
d'Arte », a. 1915, fasc. V, p. 126].

3. — 1493, 23 Sett. — Che avesse già gran fama di artista, lo dimostra il
seguente atto, dove è detto che si sceglie Giannicola
a sostituire pitture scadenti con altre più degne e
della Città e degli illustri convitati.

Perugia
Arch. Comun.
Ann. Xv. 1493-1495,

c. B1 t.

« M. D. P. dederunt et locaverunt ad cop-
tumum et nomine coptumi Mag. Iohanicolao
M.i Pauli, « pictori de Perusio ». ad pin-
gendum et ornandum eum depineturis to-
tam mensam Palatii M. D. P. ad libitum et
voluntatem dieti Magistri eum forma, modis et
capitulis, conditionibus prout in infraseripta
cednla continetur; et pro parte dietae Cap-
pellae praefati dieti M. D. P. et Cappellanus










































LA PATRIA DEL PITTORE GIANNICOLA 995

se obligationibus praedictis, promiserunt et
convenerunt dieto M.o Iohanieolao facere te-
nere et attendere omnia et singula contenta
in d.a seripta. Cedulae tenor talis est:

« In prima li prefati M. S. P. conside-
rando che la mensa dove stanno a mangiare
loro sia male ornata ne sia in aleuni suoi punti
come se convenga a tanto palazzo ne a tanta
eipta eondecente maxime a scandalo de con-
vitate e retenere in epsa prelati, hanno deli-
berato et ordinato che per volere dieta mensa
honorare et ornare vogliono che in la facciata
de dieta mensa quale incomensa dall inve-
triata de S. Ereulano se depenga la mensa
dell'ultima Cena di Iesu Cristo nella quale
siano tutti l’ apparamenti richiesti a ’na Cena
et la figura de nostro S. Gesu Cristo a se-
dere in mezzo a la figura de S.o Giovanni
Evangelista sopra il petto di Iesu recombente
et li XII Apostoli.

« Item che da capo dalla dieta mensa e
in qualunque luogo paresse al depentore ce
se degga depengere li M. S. P. predicti in-
tacti e al naturale.

« Vogliono che lo dicto lavorìo sia finito
et facto per tucto el mese d’ Ottobre prox.
da venire et sia incominciato per tutta la set-
timana presente cioè a dì 24 di Settembre
insino al dì 28 del dicto ».

[Inedito nel testo. Cit. dall’ Orsini, Vita, p. 273].

4. — 1493, 23 Sett. — Dipinge la Mensa dei Priori.

Perugia

Arch. Comun.
Entrata e Uscita

della Cappella.

Vol. 441 (a), 568

(m), c. 150.

« A maestro Giovannieoló de Paulo pene-
tore per parte de la depinetura de la Mensa
de Iesu Cristo cum la figura del Redentore et
de glialtre dodece Apostoli quale ha tolta per
fare dal presente offitio del Priorato, nel Re-
fettorio duve mangiano al presente dicti Si-
gnori Priori ducati tre de Camera ».

[Inedito].






















296 F. CANUTI



5. — 1498, 3 Ott. — Dipinge sopra l'uscio della Camera del Capo d' Ufficio.

Perugia « A pace da le Fracte che tagliò cum lo
Arch. Comun.

Yicdia e Gaia searpello certe ceccole hovvero becchitelli
della Cappella. de treverthino facte talgliare de comanda-

Vol. 441 (a), 568 mento del pinetore perchè davano impaccio
pueri alla figura di Cristo ce l'avea a fare, fior. do-
dece ».
[Inedito].



6. — 1493, 12 Ott.



— Dipinge la Mensa dei Priori.









Perugia « A M.o Giovannicoló pinctore rendee fior.
Arch. Comun.

Entrata e Uscita AUAttro che tancte disse havere dato a uno
della Cappella. lombardo havia deschalcinato uno altro pezzo
Vol. 441 (a), 568 de dicta facciata ».
GE, ]Inedito nel testo. — Citato da Gnoli U. in

« Boll. di A. » a. 1915, fase. V, p. 126].

7. — 1493, 29 Ott.

Perugia « E a di 20 d.o, A M.o Giovannieolo, de-
Arch. Comun.

— Dipinge sopra l’ uscio del Capo d’ Ufficio.





















m Eti pinetore per parte de la depinetura de sopra E
della Cappella. Il uscio de la Camera del Capo de Offitio,
Ivi. scud. 6, fior. 24, den. 6, che tamte per esso

et su parola havemo faeti fare boni a Sanso-
netto et Fratelli Spetiali del Gilglio per colori
dati al dieto Giovannicolò ».
[Inedito nel. testo. — Citato da Gnoli U. in
« Boll. d'A. », 1915, fasc. V, p. 126].
8. — 1493, 29 Ott.

Ivi. < Al sopradetto M.o Giovanni . depinetore
per parte de la sopradetta pittura de la Mensa
fior: La:

[Ined. nel testo. — Citato da Gnoli U. in « Boll.
d'A. » 1917].

9. — 1494, 1 Genn. — Dipinge în S. Antonio di Deruta.
Perugia

dM Arch. Notar. « Cum hoe sit ut histae partes asserue-

4 pi M AR di runt quod Pier Filippus Mathei De Matarazo

i Prot. 1494-1496 de Castro Diruti, Prior Fraternitatis Saneti An-

i c. 1. tonii, et Sindiei d. Frater. dederunt et lo-

caverunt ad pingendum et fabricandum seu















LA PATRIA DEL PITTORE GIANNICOLA 297

fabricari faciendum unam Tabulam pro altare
Capellae dictae Fraternitatis ad instar tabulae
eistentis super altare S.i Francisci (era seritto
de Assisio ma questa parola fu cancellata).
lohanni Nicolao Pauli Iohannis de Perusio
P. S.i Petri. Et dietus Iohannes Nicolaus pro-
misit dietis Priori, Sindicis et Procuratori dic-
tae Capellae dietam tabulam construere seu
eonstrui facere et pingere ipsas figuras easdem,
‘quae apparent depietae in dicta tabula S.i
Francisci ad usum boni et sufficientis Magistri.
Pro tabula, factura, atque pietura dieti Sin-
diei Fraternitatis promiserunt dieto Ioh. Nieo-
lao dare et solvere pretium flor. trigintaquinque
ad bol. XL pro flor. prout de predietis omnibus
dixerunt praedicti Bertus Pier Filippus et Ugo-
linus et dietis Iohannes Nicolaus asseruit.

« Et d.us Iohannes Nieolaus eum con-
sensu dieti Pauli sui patris praesentis et con-
sentientis per se et suis haeredes obligando se
et omnia suo bono ete ».

. [Inedito].

10. — 1494, 18 Genn. — Dipinge la Mensa dei Priori.

Perugia
Arch. Comun.
Entrata e Uscita

della Cappella.
Vol. 441 (a), 568
(m.) e. 158.

« À di dieto a Giovannieoloó depinetore
per parte de la pietura che ha fatta et che fa
in Palazzo fior. 8 per 80, come al Libro De-
bitori et Creditori a e. 172 ».

[Inedito nel testo. — Citato da Gnoli U. in
« Boll. d’A. » 1915, fasc. V, p. 126].

11. — 1494, 18 Febbr. — Dipinge la Mensa dei Priori.

Ivi.

« Et a di dieto a M.o Giovannieoló de-
pinetore antedetto per parte de la depinetura
de la Mensa del Palazzo se. 4 ».

[Inedito nel testo. — Indicato dallo Gnoli U.
in « Boll. d'A. », 1915, fasc. V, p. 126].

19. — 1494, 19 Apr. — Riceve fior. 2 per comprare « oro in pannelli ».
[Gnoli U. in « Boll. d'A. » 1917].

Ivi,
c. 155.



298 F. CANUTI

18. — 1494, 16 Ott. — Dipinge nel Refettorio dei Priori (Perugia).
Ivi, « A M.o Giovannieoló di M.o Paulo de-
P pinetore per parte de la depinetura ha facta
ne la Mensa de li Signori fior. diece a
sol. 90 ».
[Inedito nel testo. — Citato da Gnoli U. in
* Boll. d'A. », 1915, fasc. V, p. 126].

14. — 1494, 16 Ott. — Dipinge nel Hefettorio dei Priori (Perugia).
Ivi, « A M.0 Giovannicolò pietore che fo prima
Sm. a dì 19 de Marzo fior. 3 per parte del lavorio
fa nella Mensa de li Signori PP. disse volea per
comprare oro in pannello ».
[Inedito, citato da Gnoli U. in « Boll. d’A. »
1915, fasc. V, p. 126].

,

15. — 1494, 9 Nov. — Dipinge nel Hefettorio dei Priori.
Ivi, « A M.o Giovannicoló de M.o Paulo pene-
vii aos) tore per parte de la depenetura ha fatta ne
la Mensa de li M. S. P. fior. diece ».

[Inedito nel testo. — Citato da Gnoli U. in
« Boll. dA. », 1915, fase. V, p. 126].

16. — 1494, 3 Dec. — Riceve fior. 9 come sopra.

Ivi, [Gnoli U. in « Boll. d’A. » 1917].
c.:159.
17. — 1494, 20 Dec. — Compra una Casa con chiostro, situata in Pe-
rugia, a Porta S. Pietro da Giovanni di Tommaso
Perugia che finisce di pagare il 22 Febb. 1500 ose Doc.
Arch. Notar. di questa data).
Rog. Francesco di
Giacomo.

(Il protocollo non
é pervenuto all'Ar-
chivio).

18. — 1495, 15 Genn. — Dipinge nel Refettorio dei Priori.

Perugia « A M.0 Giovannicolò pinetore anted. per
ea parte de’ havere dal Palazzo per la depenc-
della Cappella. tura de la Mensa fior. 10 come al nostro Li-

Vol. 441 (a), 568 bro Debitori e Creditori a e. 178 ».

(m.) e. 160. :
[Inedito nel testo. — Citato dallo Gnoli U. in
* Boll. d'A. », 1915, fasc. V, p. 126].















LA PATRIA DEL PITTORE GIANNICOLA 299

19. — 1496, 28 Genn. — Dipinge nella Mensa dei Priori (Perugia).*
Ivi. « A M.o Giovannicolò pinctore per parte
SCE: de l’antedecta pictura facta ne la Mensa del
Palazzo fior. 11 ».
[Inedito nel testo. — Citato dallo Gnoli U. in
« Boll d'A. », 1915, fasc. V, p. 126].

20. — 1496, 17 Maggio.
i Perugia Magistrum Iohannem Ludovicum
Arch. Notar. + Ra . Ly
Barco ii (sic) Magistri Pauli del Perusio P. S. BR pie
Cristoforo. torem » è eletto arbitro per decidere sul
od ab. a. 1496 prezzo di una pittura eseguita da Nicolò del
" 7 Priore per il Notaio Nicola di Filippo ».
[Gnoli U. in « Boll. d’A. », 1917].

21. — 1496, 11 Giug. — Fa la perizia di una pittura eseguita da Nicolò
del Priore nella Chiesa di S. Francesco.
« Nos Iohannes Nicolaus Magistri Pauli
pictor arbiter et arbitrator electus a Nicolao
Filippis ... ex una et a Nicolao Prioris ex
altera ... occasione picturae unius Cappellae
et tabulae Altaris in Eccl,a S.i Francisci de
Perusio, P. S. S., ... viso compromisso et po-
testate nobis concessa, et visis dictis picturis
factis in dieta Cappella et tabula Altari arbi-
tramus picturam factam per dictum Nicolaum
Prioris in d.a Cappella et tabula Altaris fuisse
et esse valoris trigintatres florenorum ». Il No-
taio Nicola di Filippo è condannato a sborzare
la differenza del prezzo ».
[Gnoli U. in « Boll. d’A. », 1917].
22. — 1496, 23 Agos.
Perugia « Giovanni nicolò pentore auto soldi 80

e: per fare certe arme per la festa di S.o Lo-

Vol. 78, c. 95 t. renzo ».
[Gnoli U. in « Boll. d'A. », 1915, fasc. V, 127].
98. — 1499, 31 Genn.
Perugia « Magister Nicolaus Mag.i Pauli Iohannis
Mtm ak . de Perusio P. 8. P. pictor » rilascia quietanza
og. Giacomo di ; Con ;
Cristoforo. di 80 fiorini per una casa da lui venduta ».

Ero: JeUm pee [Gnoli U. in « Boll. d^A. », 1917].











300 F. CANUTI

924. — 1499, 13 Martii. — Fiorenzo di Lorenzo e Bartolomeo Caporali
stimano le pitture che Giannicola fece già avanti
la camera del Capo d' Uffizio.

Perugia « Existens personaliter constitutus coram
21 XO d: M. D. P., existentibus collegialiter congre-
1499 e. 189. gatis in eamera primi prioris, absente Do-
mino Guidone, Florentius pietor de Perusio
ad declarandum valorem et extimationem pic-
turarum olim: factarum per Iohannem Nieo-
laum Pauli ante Cameram Capitis Offitii de
mandato dictorum Magnifieum D. P. juravit
et dixit dietam extimationem fore et esse fac-
tam olim per Bartolomeum Caporalis et ipsum
de florenis decem et oeto ».
[S. Graham Carlyle — The problem of Fiorenzo
di Lorenzo, p. 135. — Citato dal Mariotti, Lett. Pitt].

95. — 1499, 8 Agos.
Perugia « A Giovannicolo pentore L. 1, 1,20 per

Arch. del Duomo : :
Libri della Can. 20 Arme pente per le feste (di S. Lorenzo) ».

celleria. [Gnoli U. in « Boll. d’A. ». 1915, fasc. V,

Vol. 8L, 8 90; p. 127].

26. — 1500, 25 Genn.
Perugia « Iohannes Nicolaus Mag.i Pauli Iohannis
Arch. Notar. de Perusia, P-S8. P., pictor » rilascia quietanza
Rog. Giacomo di A A : RIA
Pietro. di fior. 20, s. 62, a Vincenzo di Cola di Pie-
Prot. 1500, c. 72 tro.

e 13.
[Gnoli U. in « Boll. d’A. », 1917].

27. — 1500, 22 Febb. — Paga è! saldo per l’acquisto di una casa in
Perugia di cui aveva fatto l’ istrumento fin dal
20 decembre 1494.

Perugia « Actum Perusiae etc. Praesentibus Si-

i a Mone Francischini de Perusia, et Mag. Poli-
Pietro. mante Nicolai de Per.

Prot. 1500-1501, « Iohannes Thomas Petri Iannini de Pe-

e. B4 t. rusia P. S. P. nomine suo proprio et vice et

nomine Dominae Peeurtiae (?) Angeli Ioh. de

dieta terra olim Ser Iannini fecit finem, re-

futationem, quietationem, absolutionem, et pac-

LA PATRIA DEL PITTORE GIANNICOLA 301

tum de ulterius non petendo «Iohanni Nteo-
lao pietori, Mag.i Pauli de Perusio » P. S. P.
praesenti, stip. et recip. de florenis centum
quadraginta ad rat. 40 bol., eidem Ioh. Tho-
mae debitis occaxione instrumenti emptionis et
promissionis factae per d.um Mag. Ioh. Ni-
eholaum de quadam domo cum claustro sita
in Civitate Perusia P. S. P. prout constare di-
xit publico Instrum. a 1494 et die XX De-
cembris manu Ser Francisci D.i Iacobi de
Perusio ete. Et hoc feeit pro eo quia fuit con-
fessus et contentus habuisse et recepisse ete. ».
[Inedito].

98. — 1500, 1 Apr. — In quest'epoca fu rimossa dall' Altar maggiore

Perugia
Arch. di S. Pietro
Debit. Cred. 1495-
98 c. 159.

29. — 1506, 2 Magg.

Ivi.

(S. Pietro) la celebre Ancona del Perugino, e la de-
corazione dell’ altare e delle pareti furono affidate
a Giannicola.

« Maestro Giovannicolò di M. Paolo di-
pintore dee avere per insino a di 1 Aprile
1500 fior. 8, $58 per sua fatiea et mercede
di avere dipinto lo altare maiore dinanzi et
certe mura intorno, quando se discoltò lo al-
tare dall’ancona ».

[Manari in Apologetico, vol. IV, p. 449]. —

— Riscuote per la pittura dell’ Altare in S. Pietro
di Perugia.

'« M.o Giovannieoló di M. Paulo depintore
de’ dare per insino a dì 2 di Maggio 1500,
fior. 8 den. 2, sol. 8, per sua faticha. Portò
Francesco suo Garzone in tre fiate ».
[Inedito]. — Vedi 1500, 1 Aprile.

30. — 1501, 8 Giug. — Per la sala della Confraternita di S. Domenico

Perugia
Arch. della Confra-
terníta di S. Dome-

nico.
Vol. A. 55 c. 25.

dipinge un Crocefisso, oggi alla Pinacoteca Van-
nucci Sala XVI, 32.

« Maestro Giovannicholò di Paolo pentore
de’ avere insino a dì 8 di Giugno fiorini (in
bianco) sonno per factura del Crucifixo facto
nella Sala che li Disciplinati d’ entorno non
c’è patto facto e non è extimato, ma noje li

F. CANUTI

dicimmo che volevamo spendere poco e lui
disse che era contento ».
[Ivi].

31. — 1502, 1° Bim. — È priore della Città.

Perugia
Arch. Comun.

Res. Of. XIII c. 70t « Iohannes Nicolaus Magistri Pauli. Pi-
g. Off. . 0t.

etorum PS. Adi
[Gnoli U. in « Boll. d' A. », 1915, fase. V,
p. 127].

39. — 1500, 1 Luglio. — 1501, 30 Aprile. — Dipinge în S. Ercolano.
Roma « Camerarius pictorum. Iohannes Nicho-
Sai do laus M.i Pauli, Camerarius. pictorum ... pro

B. n. 92,4L, Di--. 3
bro ‘di. Entrata U- pletura S. Herceulani, f. 2, 8. 20».

E M PR [Fumi L. « Invent. Spogli. Tesoreria Apost.
1 t t €
1500-1501 c. 46. Gi Perugia, p. 121].

33. — 1501, 12 Genn. — Fu Camerlingo per l’ Arte dei Pittori, nel 1° seme-
stre 1501, nel tempo che era Priore Pietro Perugino.

Perugia « Camerarii pro sex mensibus inchoandis

Arch. Comun. ; 5 si
Reg. Off. XIIIe.62t. Kalendis Ianuarii 1501 ».
Ivi. 5 * . . . x » È .
Reg. 2a E « Iohannieolaus Pauli, C. pietorum P. 8$.
e. è
Posa

[Gnoli U. in « Boll. d’A. », 1915, fasc. V, 126].

34. — 1501, 9 Ott. — Dipinge 5 vessilli per le 5 porte della Città.

Perugia < Mandamus vobis Spect. Viris etc. nostris
ia depositariis pecuniarum nostri Comunis, qua-
6.91.4. tenus, de summe ete. detis et solvatis Magi-
stro Ioh. Nicolao Pauli, pittori de Perusio,
florenos quinque ad rat. 90 sol. pro quolibet
flor. eausa emendi aurum, argentum et alios
eolores faciendi quinque vexila cum armis
Civitatis nostrae Perusinae videlicet unam pro
qualibet porta. Cum ita sit inter nos legaliter

obtentum ».

[Inedito nel testo].

LA PATRIA DEL PITTORE GIANNICOLA

35. — 1501, 24 Ott. — Dipinge 5 vessilli per le 5 porte della Città:
Ivi, « Item detis et solvatis de summa quin-
Bop quaginta flor. quam expendere possumus Zo-
hanni Nicolao Pauli, « Concivi nostro », pictori
supradietorum vexillorum flor. XV pro residuo
suae mercedis picturae dictorum vexillorum,
eum ita inter nos fuerit legittime obtentum ».
[Inedito].

36 — 1501, 16 Dec. — Dipinge l'arma del. Patrono e del. Vescovo.

Perugia « Smicha » « perché fa l'arme del Pa-
Arch. del Duomo trono su la porta di Saneto Lorenzo ad lo
Libri di Cancelle- 1 ;

ria, Ann. IX, Vol. Spedale del Capitolo, 3 mine ».
83, P. II, c. 55 t. « A « Giovannicholò detto Smiccha »,
Vol in 78 nepote di Ser Christofano di M.o Giovagne,
pentore, avuto insino a di 16 Decembre mine
tre de grano per pengnere la arme de nostro

Vescovo ».

Gnoli U. in « Boll. d'A. », vol. X].


31. — 1502, 25 Genn. — Dipinge la Bandiera di Porta S. Pietro.

Perugia « Item detis et solvatis de summa quin-
e di: quaginta florenorum quos expendere possu-
2, c. 116. mus Mag. Iohanni Nicolao Magistri Pauli,
pictori de Perusio flor. quinque ad rat. XXXVI
bol. pro flor. pro pietura et manifaetura unius
vexilli seu banderiae eum armis comunis per
eum depietae et nobis restitutae; vocato « La
Bandiera di Porta S. Pietro » et hoc vigore
legis sub 1501 die ... manu Ser Ludovici

etc. ».
[Inedito. — Citato dal Mariotti, Lett. Pitt.,

p. 232].
38. — 1504-1505. — Dipinge al Duomo di Perugia ed è pagato nelle se-
Ivi. guenti rate: 1504, Aprile 29, Giugno 1, 9-17-22;
Mccain i Ottobre 4-28, Novembre 16-21-30, Decembre 7-24.
Duomo; Vol. 469, E nel 1505 Gennaio 11, Febb. 1-20, Marzo 1, 15, 22,
c pns Aprile 12, 19, 26, Maggio 9, 14. In tutto riceve
la somma di fior. 858, 49, ma il lavoro non è in-

dicato.

[Gnoli in « Boll. d' A. », 1915, fasc. V, p. 126].









304
39. — 1505, 6 Febb.

Perugia
Arch. Notar.
Rog. Mariano Pe-
trucci.
Prot. 1505, c. 18.

F. CANUTI

— Deve dipingere la Cappella Brunelli in S. Lo-
renzo di Perugia.

« Venerabilis viri canonici infrascripti Ser
Cristoforus Iohannis Prior Claustralis Ecclesiae
S.i Laurentii et Ser Cristoforus Petrutii, Ser
Iohannes Francisci, offitiales dieti Capituli S.i
Laurentii; eum consensu dieti Prioris et D.i
Episcopi Perusini, cesserunt concesserunt ete.
Brunello Baptistae Cappellam S.i Iacobi te
S.i Christofori, quae prius vocabatur S. Petri
et Pauli, sita in Eeel.à S. Laurentii, ad haben-
dum, tenendum et possidendum ete. Quam
quidem donationem, cessionem, concessionem
fecerunt pro eo quia dietus Brunellus promi-
sit solvere dietae Capellae, et pro solutione
cessit et concessit unam domum dicti Brunelli
ete. quam domum eonsignaverunt per trecen-
tum florenos, videlicet ducentum pro dote D.ae
Capellae et florenos centum dieti Canoniei pro-
miserunt solvere Johanni Nicholao Pauli DE
PERUSIO pro pictura dietae Capellae, et si plus
meretur illud plus det pro dieta pictura finito
opere et visis qualitate et labore. Quae pictura
fiatiuxta formam infraseriptae cedulae videlicet:

« La Capella del Brnnello in Sancto Lorenzo
dapegnere per Joanne Nicolò ove vanno le infra-
scritte cose. In prima nelatavola, la nostra Don-
na con lo Figliolo in grembo, in modo de pietà.

... da l’uno de lati de nostra donna Sancto
Johanne Evangelista et Sancto Jacomo dal-
l’altro lato Santa Maria Madalena et Saneto
Cristofano; sopra la nostra donna la Croce con
due agnioli; in tutto il resto de dicta Tavola
ornata d’azzurro fine et altre colore et oro;
li dieti agnioli intra le colonne; et dieta tavola
pel resto in cima, sotto el cornicione, uno Dio
Padre con Serafine intorno con doj Angeli,
tutto lo resto de la pietra, base, colonne, ca-
petelli, architrave, fenestre et cornicione, de-
penti secondo la volontà de detto Brunello ».

[Inedito].

LA PATRIA DEL PITTORE GIANNICOLA

40. — 1505. 24 Aprile. — Prende in affitto i beni situati in Mugnano

Perugia
Arch. Notar.
Rog. Tolomeo di
Nicolò.
Prot. 1505, c. 188 t.

da Ser Cristoforo, canonico di S. Lorenzo, suo zio.

« Actum Perusii. Ser Cristoforus Mag. Io-
hannis Canonicus Maioris Ecclesiae Perusinae
dedit et locavit ad coptumum et nomine cop-

‘tumi Joannicolao Mag. Pauli tonsoris de Pe-

rusio P. S. P.‘et :P.-S. .S., ‘praesenti; stipu-
lanti ete. pro se et suis haeredibus, et cui ius
suum concesserit, bona stabilia dicti locatoris
sita in pertinentiis Castri Mugnani, infra suos
confines pro tempore trium annorum prox. fut.
inceptorum de mense Augusti anni 1504 et fi-
niendorum ut sequitur ... ».

[Inedito].

41. — 1505, 31 Maggio. — Dipinge tre pennoni per i Trombettieri di

Perugia
Arch. Comun.
Registri della Ca-

mera Apostolica.
N. VIII (449), c. 43.

42. — 1505, 24 Dec.

Perugia
Arch. Notar.
Rog. Tolomeo di
Nicolò.
Prot. 1505, c. 468.

Palazzo.

« Magistrum Ioh. Nicolaum Pauli pictorem
constat solvisse. dieta die, et prima alloeatione
animo rehabendi fl. duodeeim ad dietam rat.
pro flor. pro iuxta mereede pieturae trium pen-
nonum, depinetorum pro tubis palatii M. D.
P. prout patet in Instrum. D.i Petri Pauli Fan-
Gelli; fol. 3, flor. XII»:

Sopra a questo è registrato altro pagamento
di 12 fior. al M.o Pompeo di Anselmo Pittore
per altri tre pennoni.

[Inedito. Citato dall’ Orsini, Vita, p. 274 — dal
Mariotti, Lett. p. 232].

In cima al volume si legge:

« Hoe est registrum Camerariorum, sive apo-
thecarum spectantium ad cameram apostolicam prout
inferioribus annis, diebus et mensibus apparebit ».

— È ricordata con lo Zio, canonico Ser Cristoforo
in un atto notarile.

[Gnoli U. « Boll. d'A. », 1917].











F. CANU'"I

43. — 1506, 2° Semestre.

Perugia « .., contra Iohannem Nicolam Magistri
Arch. del Cambio Palio
Reg. Giud. R. 80, È

c. 14. [Degli Azzi in « Archivii della Storia d’Italia »,

Vol. III, p. 178].

44. — 1506. — In quest'anno fu rinnovata la Matricola dell’Arte dei
pittori (la prima era stata fatta nel 1486) e nella
prima registrazione dei nomi, che già dell’ Arte
erano membri, figura il nome di Giannicola Paolo

Pap P.
« Giovannicolaus Pauli »
l'aggiunta con al!/ro carattere « decessit 1544 21 Oc-
tobris » accanto al nome, fu scritta evidentemente
dopo la sua morte. 5

45. — 1506, 16 Maggio.
cr « A Ceccho, garzone di Giovannicolò pen-
Arch. del Duomo sce una o io È
Libri di Cancelleria. ‘079 avuto insino a dì 16 de Maggio per certe
Vol. 89, c. 128. arme pense del Legato (cioè del Card. Antonio

Feltrio della Rovere).

Gnoli U. in « Boll. d'A. », 1915, fasc. V,
? ?
p. 127]. ;

46. — 1506, Nov.

Ivi. « Da Giovannicolò pentore et Fratello di
RI du A Ser Giovanni Latino avemo avuto mine 9 di

En grano ete. ».
« A Messer Monuecio nostro Procuratore
auto insino a di ... di Novembre mine 9 di
grano per nostro Bollettino, et per noi da Gio-
vannieoló per parte di grano di 7 some rac-
eolte da la partita di Ser Giovanni Latino ».
[Gnoli U. in « Boll. d'A. », 1915, fasc. V,

p. uar:

47. — 1506, 18 Nov.
Perugia « Ad Magistrum Nieolaum pietorem pro

Arch. Comun. : ir

Auot: di d TEnnd. depingenda Cappella de Balionibus ».
Exitus Bursariae, [Gnoli U. in « Boll. d'A. », 1917].
Vol. 97, c. 142.

LA PATRIA DEL PITTORE GIANNICOLA 301

48. — 1506, 18 Nov. — Dipinge la cappella dei Bagliont in S. Dome-

nico.
Perugia « Ad magistrum Nicolaum pictorem pro

Mea Re depingenda cappella de balionibus ».
Matia acita [Gnoli U. in « Boll. d'A. », 1915, fasc. X,
a. 1500-1508 p. 308].

Vol. 104, c. 14. Questa Cappella fu dotata da Margherita Ba-
glioni nel 1493 e si obbligò a farvi dipingere una
Tav. per 50 flor. (Arch. S. Domenico, Stromenti e

Testamenti, vol. 122, c. 40).

Gnoli, ivi.

49. — 1507, 16 Genn. — Compra una casa in Perugia.
Arch. Notar. « Actum Perusii ete.
du ro di Iohannes Petri, cognomine Salapso tubi-
Prot. 1507, c. 16t. €ino de Albania dedit vendidit tradidit Zohan-
nicolao Pawli Magistri Iohannis de Perusio P.
S. P. pietori praesenti stipulanti ete. unam
domum sitam in Civitate Perusii in P. S. P.
et P. S. C ad possidendum eum aecessibus et
egressibus ete. pro pretio et nomine pretii et
solutionis centum florenorum ad rat. XL bol.
pro flor. quolibet et unius salmae grani, quod
praetium fuit sponte confessus et contentus se
& dieto emptore habuisse et recepisse de quo
quidem pretio toto et integro fecit dieto emp-
tori ut supra stipulanti finem et refutationem
et paetum de ulterius aliquid non petendo ete.

[Inedito].

50. — 1507, 20 Febbr.
Perugia < A Giovan niccolò penetore per quattro

Arch. Cap. d. Duomo arme per la venuta del nostro legato s. 32 ».
Spese di Sagrestia

A. XIX, a. 1507. [Gnoli U. in « Boll. d'Ar. » 1915, fasc. V,
B5. p. 127].

51. — 1507, 3 Agos. — Dipiuge în Cattedrale un S. Lorenzo.
« Per tre braccia de panno de lino per
fare depegnere su Sancto Lorenzo s. 40 ».
[Gnoli U. in « Boll. d' A. », 1915, fasc. V,
p. 127]:

Ivi,
a. 1507, c. 26.









F. CANUTI

» A Giovannicolò per parte de la penc-
tura del d. Saneto Lorenzo s. 40 ».
[Ivi].
52. — 1507, 6 Agos. — Dipinge S. Lorenzo e il cornicione.

Ivi, « A Giovannicolò per pentura de corni-
9s. cione e de Saneto Lorenzo, fior. 1, e s. 60 ».
(Per dipingere il cornicione il giorno innanzi
erano stati comprati 20 soldi di azzurro, e il 9 ago-

sto fu presa la biacca).
[Gnoli U. in « Boll. d’A., « 1915, fasc. V, p. 127].

53. — 1507, 2° Semestre. — £ citato in giudizio.

Perugia « Petri Mei Sarronis de Perusia contra Io-
MeL d hannem Nicolaum Mag. Pauli, pittorem, a quo
N. 82, ec 0f. petit sibi dari et solvi solidos 98 eidem mu-
tuatos pro parte pro rebus habitis, apotecha
dieti Petri item solidos 30 ».
[Inedito nel testo. — Citato da Degli Azzi, No-
tizie sul Cambio p. 14 dell’ Estratto].

54. — 1507, 20 Ott. — Si dichiaaa debitore per malleveria fatta.

Perugia . «Iohannes Nicholaus Magistri Pauli Bar-

Arch. Notar. + 4 b
fis DieGo Paulo bitonsoris, de Perusio, P. S. P. per se et suos

di Domenico. haeredes fuit confessus et contentus se fuisse

i s 1498-1509, et esse verum et legittimum debitorem Vin-

^ 2 centil Francisci de Perusio, Portae Heburnae,
de florenis trigintaotto, ad rat. XL boloneno-
rum, eidem Vincentio debitis, vigore instru-
menti fideiussionis, per dietum Iohannieolaum
fatti eidem Vineentio, pro Ser Vincentio Bar-
tolomeo Antonelli de Perusio prout de dieta
fideiussione dixerunt patere, manu Ser Ioh.
Franeisei Petri not. de qua quantitate fuit con-
fessus et contentus habuisse et recepisse, et
habuit et recepit, presentibus dictis testibus et
me Not. a dieto Ioh. Nicolao flor. X, et pro-
eo a Baldassarre Lucae Blaxi ete.

[Inedito].

LA PATRIA DEL PITTORE GIANNICOLA 309

55. — 1507, 20 Ott. — Da a colonia i beni del Canonicato di suo Fra-
tello esistenti a Monte Petriolo.

« Actum in domo seu apotecha infrascripti
Iohannis Nicolaj Magistri Pauli, barbitonsoris
de Perusio P. S. P., sita in platea magna pe-
rusina.

lohannes Nicolaus Magistri Pauli barbi-
tonsoris de Perusio P. S. P., ut procurator, et
proeuratorio nomine Ioh. Lattini eius Fratris
earnalis, chanoniei Eeel.ae S.i Laurentii de
Perusio, per se et suos haeredes obligando ete.
locavit ad coptumum et nomine coptumi per
tempus trium annorum prox. futurorum, hodie
incipiendorum, Baldassari Lucae Blaxii omnia
bona lavorativa et vineata de Canonicatu hu-
ius Ser Ioh. Lattini sita in pertinentiis Castri
Montis Petrioli ete. ».

[Inedito].

56. — 1508, 1» Semestre. — Z citato in giudizio.

Perugia « Petri Mei Sarronis eontra Iohannem Ni-
Arch. del Combio Sr
Rei bre. colaum M.i Pauli ».
N. 83. Tabula Li- [Inedito — Citato da Degli Azzi — Notizie sul
bri Civilis, c. 4. Cambio p. 14 dell' Estratto].

57. — 1509. — Riceve un acconto per le pitture nella cappella del Cambio.

Perugia « ... Fiorini 12 a Mastro Gio. Nicolò de
Mae E SPESA mastro Parolo ... per la pentura sopra l’uscio
dei ' de S. Giovanni de la Piazza ... »,
[Degli Azzi G., Notizie storiche Art. del Colle-
gio del Cambio p. 14].
Il documento fu citato dal Giorn. E. A. (Vol. 3°
p. 19 n. 76) e il Rossi aggiunge che il piccolo fresco
‘esterno, oggi così guasto, che penasi a discernere
che mai rappresentasse, fu d' accordo valutato 12 fio-
rini che il pittore riscosse in piü partite dal 18 lu-
glio 1509 al 30 agosto dello stesso anno.











310 F. CANUTI

58. — 1509, 2 Magg. — Prende a pigione una bottega sulla piazza del
Sopramuro dai canonici del. Duomo.
Perugia : « La Botiga dove stà Giovannicolò pentore
Arch. del Capitolo : $ eS
Lid 4i Visncelleriá paga non soldi 40 l'anno; incomenza la pe-
Vol. 96, c. 35. gione a dì 2 de Maggio 1509, come apare per
mano de Ser Io. Simione al Libro delli Con-
tratti a e. 116 ».

Gnoli U. in « Boll. dA. 1915, fasc. V, p. 127],
p















59. — 1509, 23 Giug. — In quest'anno si lavorava nella chiesa di S. Pie-
tro di Perugia la cappella di Donna Leonarda Oli-
vieri dei Baglioni e le pitture venivano eseguite da
Eusebio da S. Giorgio e da Giannicola, tra loro

; amicissimi. Giannicola dipingeva ancora la Cap-
pella detta dei Re, perchè vi rappresentava l’ Ado-
razione dei Re Magi e al disopra un piccolo
« S. Giorgio ».

Perugia « E dee dare per insino a di 23 di Giu-
ei gno m. 11 Q. 2 di grano che tanti ha avuto
disse per dare a Eusepio pentore, e mine 3
dato per Lei (Donna Leonarda) a Iohannicolò

pentore ».








[Manari, in « Apologetico » anno IV, p. 378]. -

60. — 1810: — È ricordato più volte.
Perugia *
Arch. del Cambio
E Atti Amministrat.
5 Busta 189, cc. 16,
$a 22, 23, 26, 29, 40,
43, 45, 48.










61. — 1511, 16 Febb. — Dipinge la sfera dell’orologio pubblico. .

Perugia « Item detis et solvatis de quibuscumque
iS pecuniis, quas habetis in manibus, Johanni Ni-
ends e! colao, pittori, concivi nostro, ducatos sexdecim
et duos tertios alterius ducati, ad rat. otto li-
br., pro una terzaria sui salari causa repin-
gendi et refacendi speram nostri Comunis et
hoe vigore legis edite sub 1511 ... ».
[Inedito nel testo. — Citato dal Mariotti Lett.
Pitt., p. 232].












LA PATRIA DEL PITTORE GIANNICOLA 311



62. — 1511, 1 Sett. — È nominato camerlengo dell’ Arte pel semestre che
incomincia il 1° di Sett.
Perugia «Iohannes Nicolaus Mag. Pauli, Pictorum».
WR E [Gnoli U. in « Boll. d'A. », 1915, fasc. V,
g. A

Gobbi p. 127];

| 63. — 1511, 14 Febb. — Riscuote per le pitture nella volta della cappella
I del Cambio.
Perugia « ... Scudi 14 a Giovannicolò pentore per
orco qe a parte de maiure somma deve avere per sua
! mercede delle penture de la cappella del Cam-
E bio dieto S. Giovanne de la piazza ».
i [Degli Azzi G. — Notizie Stor. Art. del Cam-

bio, p. 14].
I N. B. Anche questo Docum. fu indicato dal Rossi
E nel « Giorn. di E. A. (Vol. III, p. 19, n. 78),
| ma questi gli dà la data del 1513, dalla quale
desume il principio del lavoro. — Dice che le

! pitture della vòlta erano stato date a cottimo e
È il prezzo convenuto era di 120 fiorini.

64. — 1511, 25 Agos. — Da a colonia un podere nel villaggio di Pila.

È Perugia « Actum Perusii ete.
Arch. Notar. Iohannes Nicholaus Pauli Magistri Iohan-
Rog. di Tolomeo " -
di Nicolò. nis PICTOR DE PERUSIO Portae S. Petri

Prot. 1510-1511 et Parrochie S.i Stefani per se et suos haere-

6. 112 t. 4 Ger :

(cirea. medietatem) des ete. locavit ad laboritium et nomine labo-
ritii Angelo Iohannis de Villa unum poterem
laborativum et arboratum situm in pertinentiis
Villae Pilae ete. ».

[Inedito].

65. — 1512, 3 Genn. — Rinnova la promessa di dar finita la tavola d’al-
tare per la cappella dei Lombardi.

Perugia « In nomine Domini, Amen. Anno D. 1512
Arch. Netar. : È : . i
R rh die tertia Ianuari. Actum Perusiae in Camera
og. Dario di Ro- * 2 B MES : P.
dolfo«Diversorum » residentiae Episcopi Civitatensis Perusii.
Prot. : n. - 1529 Magister Iohannes Nicolaus Magistri Pauli,
RUN PICTOR DE PERUSIA volens cautionem red-

dere, superstites et homines fabricae Cappellae









F. CANUTI

Lombardorum, discedendo (?) ab aliis obliga-
tionibus videlicet illis addendo, promisit et
convenit Mag.o Matheo lombardo, superstiti et
R.o D.o Petrino Petri Sindico ipsius praefatae
fabricae et mihi Notario stipulanti pro dicta
fabrica, reddere eis depietam tabulam Altaris
d.ae Capellae modis et formis promissis in aliis
obligatione et instrumento, ad festum Annum-
ptiationis, de mense Martii, prox. futuri, alias
reddere eis pecunias per ipsum habitas ».
[Inedito].

66. — 1512. — Nel 1504, Aprile, gli officiali della cappella dei Lombardi
danno a fare a M. Antonio di Bencivenna una Ta-
vola di legname. Peró la quietanza porta la data del
14 Gennaio 1507 ciò che farebbe credere che la con-
segna fu protratta non pure per mesi ma per anni.

Sul piano di questa tavola, forse disfatta quando
i servi dal loro lurgo di porta Eburnea si trasfe-
rirono in S. M. Nuova, Giannicola l anno 1512
figuró .N. D. tra à 4 santi Incoronati, pittura oggi
ammirata nel Museo del Louvre, sotto il nome di

una S. Famiglia e quale opera peregrina del-
V Ingegno. :
[Giorn. Erud. Art., vol. I, p. 126].

. 61. — 1512, — Dipinge le Armi in S. Lorenzo.

Perugia « E piü avemo auto fior. 3 per arme posta
MM D. per S. Lorenzo, che eosi fummo d'accordo non
Vol. 96, c. 85. a tutta fare per detti in detta arme pente e
non donare ».
[Gnoli U. in « Bol. d'A. », 1915, fasc. V,
p. 127],

68. — 1512, 6 Marzo . — Paga la pigione della Bottega.

Ivi, « Da Giovannicolò pentore avemo avuto
Tor MAU UM. per la buttiga fl. 1 ».
[Gnol U. in « Bol. d'A.'», 1915, fasc. V;
p. 127]. :



LA PATRIA DEL PITTORE GIANNICOLA | 313
69. — 1512, 10 Apr. — Paga la pigione della Bottega.

Ivo « Avve dato a di 10 di Aprile 1512 a me
Tob. 40,.6, 9^ Girolamo offitiale fior. 1 in contanti ».
; [Gnoli U. in » Boll d'A. », 1915, fasc. V,
tf p. 127].

10. — 1512, 19 Giug. — È chiamato in giudizio.

Perugia — « Thomae Marci Scharafonis contra Iohan-
Arch. del Cambio nem Nicolaum Mag.i Pauli pictorem ».
Reg. Giudiz.
Div. Sez; I, [Inedito].

IN: 95,0. I6 0;

71. — 1512, 2 Lng. — Le pitture eseguite nella sfera dell'orologio pu-
blico vengono collaudate e stimate.



Perugia « Existentes collegialiter M. D. P. ete.
Arch. Comun. ed " i i 4
ARE Cum Spherae horarum et eius operi per Ma
1509-1512 c. 207. gistros pietores exstrema sit imposita manus,

restat videre an sit bene depicta; ideo ex una
Mag. N.colaus Mag. Pauli et Iohannes Batta
Mag. Bartholomei, pietores dictae spherae, ex
altera elegerunt de comuni concordia ét vo-
eaverunt Mag. Florentium Laurentii, Mag. Si-
nibaldum Ibi et Mag. Marianum Ser Austerii
presentes et acceptantes an dieta sphera sit
eonfeeta seeundum formam seriptae desuper
initae, ad declarationem dietis Magistris, postea
per Laurentium Camilli faetam cirea perfee-
tionem pineturarum. Dieta die praefati homines
retulerunt se vidisse et examinasse pieturas,
et judicarunt omnia esse bona et diligenter
laborata, et ascenderunt ad extimationem quin-
quaginta ducatorum aurei et dicta quantitas
esse iuxtum pretium et retulerunt omni me-
liori modo praesentibus praefatis M. D. P, et
dietis Mag. Io. Nicolai et Ioh. Batta et prae-
dietis deelarationibus aecceptantibus ».
[Inedito].













314 i F. CANUTI



72. — 1512, 9 Agos. — Paga la pigione della bottega e riscuote per la
pittura di alcune armi per S. Lorenzo.

Perugia « E piü ha dato a di 9 d' Agosto fior. 1.
Arch. del Duomo

Libri di Cancelleria E piü havemo avuto fior. 3 per arme pinte
Vol. 96 c. 35. per S. Lorenzo che così fummo d’accordo ».
[Inedito].

È
et

73. 1513. — Data della Tavoletta col martirio di S. Lorenzo già parte
dell’ organo del Duomo, ora nella Cappella dell'ar-
ciprete. Le pitture dell’ organo, divise în più parti $
fino dal principio del secolo scorso, furono descritte E
dal Mezzanotte. (Vita del Perugino, p. 225). ;

74. — 1513 — Riscuote per le pitture nella volta della cappella del

Cambio.
Perugia — « ... al sudetto seudi 42 ... per parte de
ie daro maiure somma per lo cottemo de la pentura
c. 100 t. ' de dicta capella ».

[Degli Azzi. Notizie Stor. Art. Cambio, p. 14.
Citato dal Rossi, Giorn. E. A., vol. III, p. 19, n. 79].



75. 1513, 1» Semestre. — £ chiamato in giudizio.



Perugia « Thomae Marci Scharafone contra Nicho-
Arch. del Cambio . 1aum M.i Iohannis (?) pietorem ad contradi-

Reg. Giud. een :
Div. II, Ser. I, cendum renovationi licentiarum ».
N. 98, c. 50. [Ivi].
76. — 1514, 3 Apr. — Compra un terreno e lo stesso giorno lo àd a
Perugia cottimo. Si dice « Iohannes Nicolaus Mag. Pauli de
Arch. Notar. Perusio ».
Rog. Pietro Paolo
di Lodovico. x
Prot. 1514, c. 84, (Ivi].
85.
77. 1514, 30 Giug. — Compra altro terreno.
Ivi, [Ivi].

c. 465.

18. — 1515, Febbr., Marzo. — É debitore delle religiose di Monteluce per
x e due braccia di bianchetto (panno) per la fattura p
aa di Vici di un paio di calze per un suo garzone e per un
Vol. 91, c. 191. paio di calze di stametto, colore rosasecco per lui.

[Gnoli U. in « Boll. dA », 1917].





Ivi.

Perugia
Arch. del Duomo
Libri di Cancelleria

:V;o1- 102 5:6: 10 b:

Perugia
Arch. del Cambio
B. "656, 6... 89;
QU (C:





Perugia
Arch. Notar.
Rog. Pier Filippo
di Ser Rubino.
Prot. 1516, c. 248.







LA PATRIA DEL PITTORE GIANNICOLA 315

79. — 1515, 28 Marzo. — Deve avere dal monastero di Monteluce un

fiorino e 72 s.

[Ivi].

80. — 1515, 28 Apr. — Paga la pigione.

« Da Giovannieoló pentore fl. 1 per parte
de la pigione ».

lGnoli U. in « Boll. d'A. », 1915, fasc. V,
p.427:

81. — 1515, 12 Magg. — Riscuote per le pitture nella volta della cap-

pella del Cambio.

« ... A Giannicola scudi 5 sol. 4 ... per
parte de sessanta scudi é creditore per la volta
da pegnere ne la cappella de S. Giovanne de
Piazza ».

[Degli Azzi in « Notizie Stor. Art. del Cambio »,
p. 14].

Doc. citato dal.Giorn. di E. A., vol. III, p. 19. Dice

il Rossi « cho quando finalmente si levò il ponte

i sovrastanti furono così soddisfatti dell’ opera

che vollero ai pattuiti aggiungere altri 12 fiorini

e per tal modo gratificare chi li aveva tanto ben

serviti. Immaginate se tardassero a commettere

allo stesso Maestro l’ ultima e più degna parte
del lavoro! ». L’istrumento fu fatto il 16 Giu-

gno 1516.

82. — 1515, 10 Giug. — Compra una casa in Porta S. Pietro e sempre

è detto « de Perusio ».

[Ivi].

83. — 1515, 26 Giug. — Si obbliga di dipingere nella cappella della ma-

gnifica Arte del Cambio alcune figure, che poi non
fece. L’ istrumento fu rogato dal notaio Severo di
Pietro, ma non fu inserito nei protocolli da me tutti
veduti e prima di me dal Rossi, che ne parla nel suo
Giorn. di Erud. Art. (Vot. 39, p. 20 e seg.) nè
fu potuto trovare altrimenti. Si conosce pero U esi-



comes us qurozone sl ui





316

84. — 1515, 18 Sett.

Eva;
c. ‘58.



: Perugia

Ml Arch. Comun.

E Arch. di S. Giuliana
MI Vol. 11, c. 247.






86. — 1516, 5 Genn.
Perugia
Arch. del Cambio
Libro di Entr. Usc.

Segn.: P, oc. 65;
€. 11.

Ivi.
Riformanze dal 1520
al 40 Segn. D c. 74
e Lib. di Entr. Usc.
Segn. P, c. 58.

F. CANUTI

stenza di esso dal documento, più sotto riportato,
del 19 Febb. 1518 in cui Giannicola fino allora
negligente e sordo rinnova l’ obbligazione assunta
presentando un mallevadore nella persona dell’ore-
fice Mariotto di Marco. I due documenti furono
esaminati dal Mariotti (Lett. Pitt. p. 161).

— Riscuote per le pitture della volta della cappella
del Cambio.

« A Giannicola scudi 12 per mandare a
la fiera de Rachanati per li colori, sono parti
de ducati 150 de carline diece per duchato
per lo chotimo a lui dato per lo finimento de
la chapella de S. Giovanne, como n’apare con-
tratto per mano de Ser Severo nostro Notario ».

[Degli Azzi G. « Notizie Stor. Art. del Cambio »,
p. 14. Citato dal Rossi in « Giorn. di E. A., vol. III,
p. 20].

85. — 1515, 16 Ott. — Dipinge pel convento di S. Giuliana di Perugia

(Chiesa di S. Cristoforo).

« Spese per l’acconcimine de la Chiesa di
S. Xfano. Avemo dato a chottimo a Maestro
Giovannicholò, pentore, a l’ altare una nostra
Donna chol suo figliolo en chollo e una Sancta
Giuliana e uno Sancto Giovambattista, avemo-
glie promesso flor. 10 e mezzo a bol. 40 per
fl. e le spese. Avemolo pagato en più partite
de denaro libre 52, sol. 10 ».

[Gnoli: U. in « Boll. d’A. >», 1917].

— L'arte del. Cambio paga a maestro Antonio Mer-
catello fior. 11 a conto dei 50 dovutigli per una
tavola da farsi nella cappella di S. Giovanni della
Piazza. Al prezzo convenuto si aggiunsero altri 6 fio-
rini per gratificare il Maestro di « certi intagli
fatti nella predola che non era obbligato ». L’Asse
fu dipinta da Giannicola con la storia del Battesimo
di Cristo, e gl’ intagli furono messi a oro da Hitti
(Caporali Giambattista).
[Rossi in « Giorn. E. A. », vol. I, p. 158].


























s



LA PATRIA DEL PITTORE GIANNICOLA 317

87. — 1516, 22 Genn. — È debitore delle Religiose di Monteluce»per un
paio di calze color rosa secca per lui.

Perugia

Arch. Comun.
Arch. di Monteluce ; :

Busta 214 C, vol. [Gnoli U. in « Boll. d'A. », 1917].
Debitori e Creditori
Coal
88. — 1516, 31 Genn. -- È creditore di 4 fiorini del Monastero di Mon-

teluce.
ixi. [Ivi].

89. — 1516, 4 Mar. — Vende parte di una casa.

Perugia « Ser Iohannes Latinus, Pauli Iohannis,
Arch. Notar —Canonicus Majoris Eccl.ae Perusinae vendidit
Rog. Francesco di : ;
Pietro. ete. ... pro Mag.o lohanne Nicolao, pictore,
etse 1513 - 1516 — Pauli praedicti, fratre carnali d.i Venditoris,
ione de Perusio, P. S. P. et Parochiae S.i Stefani,

Queste indicazioni
sono errate, perchè sextam partem videlicet unam partem de sex

non esiste un notaio partibus unius domus sitae in Castro Diruti,
perugino di questo gare , Ol a

nome che abbia un Comitatus perusini, ps D»

Prot. 1518-16. [Ms. con indieazioni non precise].

90. — 1516, 6 Apr. — Riscuote per le pitture nelle pareti nella cappella
del Cambio.

Perugia. « Altro pagamento di scudi 5 e soldi 4
pai ee per comperare aceto, asuro e scudi due a Lui
RAP LS per le mano del suo garsone Girolimo de Ma-
riotto ».

[Degli Azzi G. « Notizie Art. del Cambio » p. 14].
Doc. citato dal Rossi in « Giorn. E. A. », vol. III,
p. 29 il quale aggiunge che del prezzo stabilito
di 150 ducati il pittore venne prendendo 45 fio-

rini fino al 7 maggio 1516.

91. — 1516, 20 Apr. — È debitore del Monastero di Monteluce per un
pato di calze verdi.

Perugia
Arch. Comun. : : AS
Aceh di Mumt?buce [Gnoli U. in « Boll. d’A. », 1917]:
Vol. 214, C, De-
bitori e Creditori,
c. 24.





I
I
i
|
il




318 F. CANUTI



92. — 1516, 1° Semestre. — È ricordato « Magister Johannes Nicolaus
Magistri Pauli ».
Perugia
Arch. del Cambio : sa AD Losa :
idus. Giud. [Degli Azzi in « Archivii della Storia d'Italia »,

Reg. 99, c. 80 e Vol. III, p. 181].
9. ll.

93. — 1516, 3 Magg. — É debitore delle monache di Monteluce « per
uno stornetto roscio e fattura e fornimento per
un giuparello per un suo lavorante ».

Perugia

Pad aria d [Gnoli U. in « Boll. d'A. », 1917].
Busta 214, C, vol.

Debitori e Creditori

c. 24.

94. — 1516, 31 Magg. — Debitore verso il Monastero di Monteluce per
un pato di calze bianche.

Perugia

Arch. Comun. : s

Avdh di PHP S ME [Gnoli U. in « Boll. d’A. », 1917].
Busta 214, C, vol.

Debitori e Creditori,

c. 24.

95. — 1516, 11 Lugl. — Deditore « per un giubbarello di saia, un paio
di scafone di saia e un paio di maniche e mani-
chette di guarnello.

Ivi, [Ivi].
e. 82.

96. — 1516, 3 Ago.. — Presta 3 mina di grano al Monastero di Mon-

teluce.
Ivi, [Ivi].
c.:32.
97. — 1516, 15 Ago. — Riceve dal Monasteso di Monteluce s. 60 în con-
tanti.
Ivi, [Ivi].

c. 82.

98. — 1516, 27 Ott. — Deve pagare la fattura di un giubbarello vecchio
per un suo ragazzo.

Ivi, [Ivi].
6. 92.











T Ó—





LA PATRIA DEL PITTORE GIANNICOLA 319

*

99. — 1516, 5 Lugl. — Allocazione della cappella di S. Ivo in Duomo a

Perugia
Arch. del Duomo
Libro dei Contratti

dal 1515 a1 1585,
6. 12 b.

Giannicola e a Giambattista Caporali,

« Venerabilis vir D.ns Valerianus di Cop-
pulis canonicus (per se e per il Capitolo) lo-
caverunt Mag. Iohanni Nicolao Mag. Pauli et
Mag. Iohanni Battistae Bartolomei, praesenti-
bus, ad pingendum Cappellam vulgariter dieta
de Santo IBO o de Saneta Iusta ..

In prima che la ditta Cappella la deghano
pengere ad uso di boni e legali Maestri et de
boni et recipienti colore et che da la metà (?)
de la Capella in su se degha pingere la Nostra
Dona eol Figliolo in collo et da uno lato una
Sancta Marta et da l'altro S. Maria Maddalena,
et da la Nostra Dona in giü pengere tre Sanete,
videlieet in mezo Saneto Ibo, in quello modo
e forma che li si dirà, da uno eanto Saneto
Giovanni et da l'altro Saneto Giuliano.

A le faecie da canto pengere Saneto Igna-
zio et un altro Sancto che gli sarà dato. Item
mittere ad oro et azurro ... tueto al bisogno
et ornamento la ditta Capella et tuete le su-
pradiete figure promettono diete maestre fare
de bono et recipiente colore et oro ad uso de
boni et legali maestri per tutto el mese de Oc-
tobre proximo da venire, et non fornendo in-
fra il dieto tempo quello che avessero fatto in
dieta Capella se intenda essere perduto per
loro. Et questo fanno li dieti Maestri Giovan-
nicolò et Giovambattista perchè li dieti Cano-
nici et Officiali et Messer Valeriano promettono
darli flor. 100 a bol. 40 pro flor. cinquanta,
dicti Canonici et Officiali e li altri cinquanta
dieto Messer Valeriano et quello più o maneo
se estimasse per doi Maestri da leggersi uno
per parte. Et sie predicti promiserunt ete. ».

[Gnoli U. in « Boll d'A. », 1915, fasc. V,
p. 127.







||
E





320 F. CANUTI

100. — 1516, 21 Lugl.
Perugia « A Mastro Giovannicolo e Giovambatista,
Re pentori fior. 12 per parte de la pentura de la
Vol. 105, c. 82. Cappella de Giuliano de Pavoloni ».
[Gnoli U. in « Boll. d'A. », 1915, fasc. V,

pz 327
101. — 1517. — Deve avere ducati 10 d'oro, residuo del prezzo di um
Perugia corsaletto di ferro, braccioli, guanti e goletta ven-
Arch. Notar. duti a Girolamo di Pompeo Degli Oddi, e anche

e ea qui è detto « de Perusio ».
Prot. 1516, c. 248. [Ivi].

102. — 1517, 3 Genn. — Z testimone in un atto.

Perugia « ... praesentibus Johannicolao M.i Pauli

o id dee, pictori de Perusio. P. S. P. ... ».
dal 1515 al 1535, [Gnoli U. in « Boll. d’A. », 1915, fasc. V,

6:524: p. 127.

103. — 1517, 20 Agos.

Perugia « Dé dare soldi 12, sonno per arcocire una”

rn iris chappa de panno nero che l’haveva iscucita
Busta 214, C, vol. la moglie ».

Debitori e Creditori

c. 46.

104. — 1517, 27 Ott. — Presta al Monastero di Monteluce mine 7 di grano.
Ivi,
c. 49.
105. — 1517, 27 Ott. — Riceve un fiorino e s. 68 « disse volea compe-
rare la ciera per un suo lavoratore ehe era morto ».
Ivi,
c. 49.

106. — 1517, 26 Nov. — Debitore di un fiorino per un « paio di calze da
bianchetta per pavolo suo garzone ».

Ivi, [Gnoli, ivi].
c. 49.



A n MS



»









Motte ap o A

Hie

Besse

LA PATRIA DEL PITTORE GIANNICOLA 321

107. — 1517, 11 Dec. — Deve pagare un giubbarello di panno nero li-
stato e un paio di calze listate, e quattro giorni
dopo un Feltrino per Alessandro Baglioni.

dI [Gnoli U. in « Boil. d’A. », c. 1917].
108. — 1518, 1. Semestre. — È citato în giudizio.

Perugia — « Sequestrationes et praecepta facta in
NT bio . euria Auditorum Artis Cambi. Baptistae Bal-
Div. II, Sez. I, dassaris Bartelle contra Iohannem Nicolaum

NE Pu M.i Pauli ».

109. — 1518, 19 Febb. — Nel 1515 il 26 Giugno si era obbligato di ese-
guire certe pitture nella Cappella del Cambio, ma
alla parola non tenne fede, e in questo giorno a
sua domanda rinnova il contratto entrando come
mallevadore Mariotto di Marco, orefice, da Urbino.

Perugia « Cum hoe sit prout infraseriptae partes
A asseruerunt, quod supradicto 1515 et die 26

Rog. Severo di 4 ; X S
Pietro. Iulii, per Magnificam Artem Cambi, Perusii,

Prot. 1518-1522 ac Superstantes ipsius Artis ex una parte et
GS t. : 3.

Iohannem Nicolaum Mag. Pauli pictorem de

Perusio, P. S. P. ex altera ete. ».
Doc. citato dal Mariotti, « Lett. Pitt. », p. 161.
Pubblicato dal Rossi in « Giorn. E. A. », vol. III,
d. 96, doc. IIT.

Il Mariotti dice che la brevità del tempo prefissogli,
(agosto veniente) e la necessità di condurre l’o-
pera con molta fretta ci possono spiegare la
causa della debolezza che si scorge in alcuni
episodi della Cappella. — Il Rossi trovò invece
che l’opera fu fatta con tutto comodo, perchè
la stima e i pagamenti furono fatti nel 1529.
[Gnoli U. in « Boll. d'A. », 1917].

110. — 1518, 5 Maggio.

Perugia « Ihoannes Nieol. Mag. Pauli, de Perusio »
on AE. romette a Massario di Giovanni di sborsargli
Ho M5 T P 4e t ssario di Giovanni di sborsargli
di Ser Rubino. 300 fiorini come dote di sua figlia Isabella che

Prot.1518,c.248. va sposa a Ventura di Giovanni fratello di
d.o Massario.
[Ivi].









322 F. CANUTI



111. — 1518, 10 Giug. — Vende un pezzo di terra.

o, Pompe « Iohannes Nicolaus Pauli Iohannis de
rch. Notar. . . ; Me :
Di imous Donad- Perusio vende a Gian Paolo di Giuliano dei

Prot. del 1518, Boneambi un pezzo di terra lavorativa in Villa

c. 218. S. Sisto, Voeabolo Piano di Gemma ».
[Gnoli U..in « Boll. d'A. », 1915, fasc. V,
PEA

112. — 1518, 31 Dec.

Forugie « Da Ioh. nicoló pentore fl. 5 per parte
Arch. del Duomo to T
Libri di Corieelleria de la pigione de la casa del Sopramuro ».
Vol. 107, c. 24 t. [Gnoli U. in « Boll. d’A, », 1915, fasc. V,
p. 127].
113. — 1519, 9 Agos.
Ivi, « Da Giannieoló fior. 1 s. 18 per la sua
Mol 09 co 19-5. pegione ».

vol. 96, c. 35. ;
[Gnoli U. in « Boll. d’A., 1917].

114. — 1519, 16 Sett. — Lo troviamo assunto alla carica di Camerlengo
dell’arte dei Pittori.

Perugia < ... Iohannicolaus Pauli C. pictorum P.
Arch. del Cambio Gip
H. 707-c, 10 t. MAE rd i
Arch. Comun. [Degli Azzi G. « Notizie Sto. Art. del Cambio,

Vee

Reg. Offie. XIV, bp. 14].
e. 97.

115. — 1519, 30 Nov. — JDipinge in S. Pietro di Perugia la cappella
dell’ Annunziata (Cappella Ranieri).

Perugia « Et a dì 30 Nov. a Io-Nicholò depintore
Arch. di 8. Pietre sonno per un’accordo facto col Padre D. Pro-
Debitori e Credi- 2 |o:
tori, 1495-98 c. 58. spero Nro. Abate et altri Superiori di casa de-
pengere la eappella nostra dell' Annunziata per
execuzione de la lasceta facta da Philippo e
Costantino Ranieri ».

[Manari, in « Apologetico », vol. IV, p. 449].





LA PATRIA DEL PITTORE GIANNICOLA 323



116. — 1519, 30 Nov. — Dipinge la cappella dell’ Annunziata in S. Pietro.
, Ivi, 2 « Io-Nicoló depintore de dare a di 30 de
trp 1519-1522, Novembre a 1a capsa fior. 10 tanti li contó el
Padre D. Prospero nostro Abate al conto de
la Cappella deve pengere come in q.oa c. 23 ».

[Ivi].

117. — 1519, 20 Dec. — Cappella dell’ Annunziata in S. Pietro.

Ivi, « Et de dare a di 20 de Decembre a capsa
ica fior. 5 tanti li decte in contanti el P. Abate
dixe per comprare azurro come in q.0 a c. 28».

[Inedito].

118. — 1520, 5 Genn. — Dipinge in S. Pietro di Perugia la cappella
dell’ Annunziata.

Ivi, « Io-Nieholó depintore a di 5 Gennaro
pom fior. 5 per comprare colori ».

[Manari, in « Apologetico », ve.l IV, p. 450].

119. — 1520, 8 Magg. — Dipinge la cappella dell’ Annunziata in S. Pietro.
Ivi. « Et dè dare a dì 8 de Magio a capsa
ga fior. 20; tanti ebbe contanti dal P. Abate no-
stro D. Prospero a cunto de la Cappella che
deve pengere ».
[Inedito].

120. — 1520, 29 Magg. — Assume l’incarico di dipingere nella Collegiata
di Spello pitture che poi furono eseguite dal Pe-
rug no.

Spello « Conventio Mag.i Iohannis Nicolaj de fa-
V
LR ai Ciendo opus pieturae in Ecel.a S.ae M.ae de
Ser Antonio di Ser Spello.

uc e ee Actum in Sacristia Ecc.ae S.ae M.ae de
diss d 10 i “Spello praesentibus Mag.o Roccho de Vicentia
e ;

et Mag.o Thoma pictore de Spello. Infraseripti
Canonici ete. dederunt et locaverunt Mag.o Io-
hanni Nicolao de Perusio pictore duas Cappellas
existentes in dieta Eeel.à ad opus pieturae
faeiendum, quae Cappella una est ad dexteram
et alia ad sinistram Altaris magni Eccl.ae cum





F. CANUTI



infrascriptis pactis et conventionibus quod in
Cappella S. Blaxi debeat depingere unam Ma-
donnam cum uno Bambino et duos Episcopos
unum ad dexteram et alium ad sinistram vi-
delicet Sanctum Blaxium et S. Fidelem cum
friseis, ornamentis et coloribus finis et fornitis
de auro et alia ornamenta decentia cum litteris
secundum voluntatem Capituli dictae Eccl.ae.
In alia Cappella unam Madonnam, con una
pietà adornata d'oro, eoloribus finibus cum
Saneto Ioh. et Maria Maddalena, cum corni-
eioni, panni, ete. infra diete Figure secondo
il bisogno come apare nella scripta de mano
de Domenicho. Questo promeete dieto Maestro
Iohannicolò per tucto el mese septembre pro-
ximo dare finita, de la quale opera promisero
di darli XXV ducati d’oro de li quali in pre-
sentia de li decti testimonii pigliò per rata et
parte de pagamento da Don Ventura dui du-
cati d’oro larghi et dicti Canonici promisono
di darli stantia lecto panni, vino, et olio, et
legna per el suo bisogno et ita convenerunt
ete. ». ^

[Inedito. Citato dall Urbini in « Le Opere di
Spello » in » Arch. Stor. dell'Arte », a. 1896, p. 390].



121. — 1520, 9 Giug.

rana « Da Ioannicolò pentore nostro pegionante
Arch. del Duomo ; :
Libri di Cancelleria 5401. 4 et per lui a Pompeio pentore ».
Mol CEU 6, 32: 6. [Gnoli U. in « Boll. d’A. », 1915, fasc. V,
p. 127].

122. — 1520, 13 Lugl. - 3 Agos. -9 Agos. — Paga la pigione.
Ivi. [Gnoli U. in « Boll d'A. », 1915, fasc. V,
p. 127].

123. — 1520, 2. Semestre. — JDipinge im Castel di Brufa. Cita im giu-
dizio i soprastanti della cappella di S. Giovanni da
Capistrano nel Castello di Brufa, per commissione
dei quali aveva eseguito una pittura rappresentante
la Vergine delle Grazie con Cristo e S. Giovanni.









LA PATRIA DEL PITTORE GIANNICOLA 325



Perugia [Degli Azzi G. « Notizie Stor. Art. del Cambio,
Arch. del Cambio 15
R. 109, c. 15 t. p. 15].
124. — 1520, 26 Lug. — Pigione della bottega.

Perugia « D.us Franeiseus Bartholomei Can. et
Arch. del Duomo d iN : 3

tibi det Contratti Off. Ecc. 8. Laurenti locavit ad pensionem per
A.1515-1535,c.51. tempus trium annorum Ioh. Nie. Pauli pictori
de Perusio unam apotecham quam ad praesens

ipse retinet ».
[Citato da Gnoli U. in « Boll. d'A. », 1915,

fase. Vp: 127].

195. — 1520, 20 Nov. — Dipinge la cappella dell’ Annunciata in S. Pie-

tro di Perugia e riscuote 3 fiorini.
Perugia

Arch. di S. Pietro

A. 1519-1522, c. 98.

126. — 1520, 22 Dec. — Riscuote 1 fior. e soldi 80 per lo stesso motivo.

127. — 1520, 27 Dec. — Riscuote fior. 1 e soldi 68 per comprare oro
macenato.

Ivi.

128. — 1520, 21 Dec. — Dipinge la cappella dell’ Annunciata in S. Pietro.

Perugia « A dì 21 Dee. fior. 1, dato di sua com-
Arch. di S. Pietro ET ‘ : :
Debitori e Creditori Missione ad uno li colse la uliva ».

9...98: [Gnoli U. in « Boll. d’A. », 1915, fasc. V,
praep

199. — 1520, 31 Dec.

Perugia « Ad Io: nicolò pentore fl. 1 per arme
I e Duomo, Per le feste de 8. Lorenzo ».
Vol. 111, c. 150 t. [Gnoli U. in -« Boll d'A. », 1915, fasc. V,
p. 127].

130. — 1521. — Paga la pigione.
Perugia « Da Ioannicolò pentore et per lui da Ri-

Arch. del Duomo golfo del Froliere flor. 4 contanti ».
Libri di Cancelleria

Vol. 112; 0.84. [Ivi].











326



Perugia
Arch. di S. Pietro
Debitori e Creditori

0: 214:

Ivi.

133. — 1521, 3 Febb.

Ivi.

1384. — 1521, 8 Febb.

Ivi,
6..247.

135. — 1521, 39 Dec.

Ivi,
c. 214.
M
Nn
l
| Ivi.





F. CANUTI

*



131. — 1521, 12 Genn. — Riscuote fior. 1, sol. 68, per comprare oro e

colori.

132. — 1521, 21 Genn. — Dipinge in S. Pietro la cappella dell’ Annun-

ciata.

« M. Iohannieoló depentore a di 21 Gen-
naio fior. 1, quand'era malato Sinibaldo nostro:
fattore ».

[Manari, in « Apologetico », vol. IV, p. 450.
Collaz. e corretto].

« Riscuote fior. 1, sol. 68, dixe volere per
mandare a Foligno ».

— Dipinge in S. Pietro di Perugia la cappella
dell’ Annunciata.

« Spese de Saerestia deono dare a dì 8
Febraro fior. 1,44 tante dette il nostro P. A-
bate a Io-Nieholó depintore per comprar l'oro:
per l'arma della Cappella della Annunciata »..

[Manari, in « Apologetico », vol. IV, p. 450].

— Essendo trascurato nell’eseguire i lavori della
cappella dell’ Annunciata, fu incaricato G. B. Ca-
porali di terminarli.

« Et dee dare per saldo di questa per non
aver finita la opera incomenzata del depengere
la nostra Cappella della Nunziata, sicondo li
pacti facti col P. Abate nostro, qual lavoro fu
dato a finire a Io. Battista di Bartolomeo per:
fior. 50 ».

[Ivi].

« M. Giovan Battista de Bartolomeo de-
pentore a dì 30 Dec. dee avere f. 50 per avere
depinto la nostra cappella de l'annunciata ».









LA PATRIA DEL PITTORE GIANNICOLA 327

« M. Iohanne Battista de Bartolomeo de-
pentore dee dare a di 1 Aprile f. 5 dixe vo-
lere per comprare colori da depingere la cap-
pella dela Annunciata ».

[Ivi, p. 468].



136. — 1522, 30 Magg. — I Cantagallina cllogano la costruzione di una
Tavola secondo il disegno di Giannicola per la Chiesa
di S. Agostino in Perugia.

Perugia « Bernardino di Luca Antonini, legnaiolo,

Si Notar. assume l'inearico di fabricare « una tavola ad
og. Felice di An- 3 : ;

tonio. pingendum, suis sumptibus, per totum mensem

Prot. 1522, c. 2353. Decembrem prox. fut., con intagli ornamenti
e nel modo e nella forma come la Tavola della
Cappella dei Lombardi in la Chiesa di S. M.
dei Servi di Peroscia. Item conducta la tavola
la capsa come la capsa de la Tavola dei Lom-
bardi predecta. Item fare nel mezo del quatro
di dieta Tavola un Tabernacolo che vi possa
star dentro una nostra Donna - per la nostra
Donna quale sta nella Cappella di dicti locatori
in la Chiesa di S. Agostino, con intagli et or-
namenti secondo el disegno facto per Mastro
Giovannicholò pentore et fare dieto tabernacolo
più basso o più alto secondo parrà a dicto
Maestro Giovannicolò ».

[Pubblicato con poca esattezza dal Rossi, in
« Giorn. E. A. », vol. I, 156, il quale erra anche
nella data, indicando l' 8 marzo].

137. — 1524, 1. Semestre. — Za dipinto per la Confraternita dei Disci-
plinati di S. Domenico di Perugia e domanda il
saldo che gli veniva ritardato.

Perugia « Magistri Io. Nieolaj Magistri Pauli P.
x ADM 8. P. eontra Ser Thomam Iacobi et Fustinum
oS 6 | ' Jaeobi Antonii, eives Perusinos, modernos Prio-

res Hospitalis Fraternitatis S. Dominiei P. S.
P. eontra quos petit sibi dari et solvi flor. XII
monetae perusinae, debitos pro residuo pitturae
faetae in mensa dictae Fraternitatis ».

[Degli Azzi G. « Notizie Stor. Art. del Cam-
bio », p. 15].














328

F. CANUTI

138. — 1524, 16 Sett. — Paga la pigione di bottega.

Perugia
Arch. del Duomo
Libri di Cancelleria
Nol Ubf5.o: 2b;

« Giovannicolò pentore dee havere fior. 1
che tanti pagò per parte de la pegione et per
lui a Bastone Maestro de legname ».

[Gnoli U. in « Boll. d'A. ».;,1915, fas0. V,
p. 127].

139. — 1524, 2. Semestre. — Si riassume la causa per il saldo delle Pit-

Perugia
Arch. del Cambio
B. EID; QLODA b.

ture fatte pei Disciplinati di S. Domenico.

« Ioh. Nicholaj pietoris contra Priorem et
Disciplinatos Fraternitatis 8. Dominiei ad re-
assumendum statum Cause ».

[Degli Azzi G. « Notizie Stor. Art. del Cam-
bio », p. 15].

140. — 1525, 2 Agos. — Paga la pigione di bottega.

Perugia
Arch. del Duomo
Libri di Cancelleria
Vol. 116, c. 41t.

« Da Giovannicolò pentore fior. 5 et per
noi fatti bono fior. 2, et s. 50 per avere pento
per la Festa di Saneto Lorenzo ».

[Gnoli U. in « Boll. d'A. >, 1915 fasc. V,
p. 127].

141. — 1525, 9 Agos. — Si ricorda la stessa partita

[Ivi].

149. — 1525, 2. Semestre. — Causa contro i soprastanti della cappella

Perugia
Arch. del Cambio
R. Giud., Div. II,
Sez. I, 117, c. 39.

di S. Giovanni da Capistrano in quel di Brufa.

« Magistri Iohannis Nieholaj Magistri Pauli
pittoris P. S. P. eontra Mariottum Meneci de
Castro Brufe suprestitem capelle S. Iohannis
de Capestrano (flor. 8 pro residuo pitture per
eum depitte) ad renovationem licentiae con-
cessae de anno 1520 die penultima Decembris ».

[Degli Azzi G. « Notizie Stor. Art. del Cam-
bio, p. 15].

143. — 1526. — Paga per sua pigione fior. 1, s. 60 e poi soldi 80.

Perugia
Arch. del Duomo
Libri di Cancelleria
Vol. 117, c. 64.

[Gnoli U. in « Boll. d’A. », 1915, fasc. V,
p. 127).






Perugia
Arch. del Cambio
Amministr. 1526-
7-8, c. 25 e 26.

Perugia
Arch. Notar.
Rog. Simone Longo
Prot. 1526, N. 368,

» c. 998. }



LA PATRIA DEL PITTORE GIANNICOLA 329

144. — 1526-27-28. — Giannicola stava lavorando sulle pareti della cap-

pella del Cambio. Si trovano pagamenti eseguiti in
questi anni a G. per « oro e azzurro de la ma-
gnifica arte del Cambio ».

[* Giorn. E. A. », vol. III, p. 22].

145. — 1526, 15 Giug. — Dipinge per la Confraternita di S. Maria in

Castiglion Fosco un quadro con predella.

« Magister Nicolaus Pawli Iohannis pictor
de Perusio, Portae S. Petri, obligando se ete.
promisit Bernardino Mathei Stefani, eivi pe-
rusino, oriundo de Castro Castiglionis Fusci
Priori Fraternitatis S.àe Mariae de dieto Ca-
stro, praesenti, stipulanti et recipienti pro Col-
legio dietae Fraternitatis pengere unam tabu-
lam cum predella:

In prima pegnere in dicta tavola la figura
de la Gloriosissima Vergine Maria cum la fi-
gura del gloriosissimo nostro Signore Iesu Chri-
sto in forma di Bambino.

Item pingere in d.a Tavola la figura et
imagine de Saneto Iohanne Battista da uno
lato; item dal'altro lato de la figura de la Ver-
gine Maria pengnere la figura del principe de
li Apostoli Saneto Pietro.

Item pignere ne la predella, eum figurette
pieeole belle et ornate la historia de la Con-
cezione et Natività de la Madonna.

Item pingere el cornicione, videlicet quello
mettere ad oro bono et azurro secondo se re-
cercharà per l’ ornamento de dieta tavola et
cum altri fogliami et ornamenti se recerche-
ranno per la bellezza et ornamento de decta
tavola.

Qual tavola detto Maestro Nicolò ad uso
de bon pittore de bono colore promette havere
facta per tempo di cinque mesi proximi da
venire et quella expedita dare et consignare
intra detto tempo al Priore de dieta Fraternita
in Peroscia, et non dimeno detto Mastro Nicolò

21





330 C. CANUTI

si obbliga detta tavola exponere in Castiglione
all'altare dove sarà destinata.

Et hoc fecit dictus Magister Nicolaus quia
d.us Bernardinus Prior dictae Fraternitatis o-
bligando res bona ecc. promisit et convenit
dieto Magistro Nieolao, praesenti stipulanti
dare, solvere et effectualiter numerare flor.
quadraginta computato praetio tabulae in qua
pietura est facienda et plus et minus iuxta
extimationem faeiendam tempore quo erit ab-
soluta et perfecta per D.um Rocchum Mattiae
et Alexandrum Pauli Ser Iacobi, quos praesen-
tes et ed dietam aestimationem et declaratio-
nem praetii faciendam dietae partes ex nunc
eligerunt ». :

[Inedito].

146. — 1527, 1. Trimestre. — E' nominato Priore della Città per un tri-
mestre e cioó per i mesi di Gennaio, Febbraio e
Marzo 1527.

i Perugia « Iohannes Nieolaus Mag. Pauli Art. Pie-
Arch. Comun. > n

Reg. Of. XIV, torum Pss DB. »:

c. 148 t. e Ann. Xv. [Mariotti, « Lett. Pitt. », p. 229].

1597, c. 1.

147. — 1528, 2. Semestre. — È eletto Camerlingo della città per la Com-
pagnia dei Pittori.

Perugia « ... Ioannicolaus Pauli, Artis Pictorum
Arch. Comun. Disp E
Reg. Offic. XIV, I
c. 160. [Gnoli U. in « Bol. d'A. », 1915, fasc. V,
D. d27].

148. — 1528, 4 Mar. — Vengono eletti tre Deputati i quali insieme con
gli Uditori riveggano le ragioni del pittore della
cappella.

Perugia
Arch. del Cambio
Lib. Reform. 1520-

1540, c. 60.

149. — 1528, 28 Dec. — Paga al Capitolo del Duomo fl. 4.40 per pigione
della bottega.

[« Giorn. E. A. », vol. III, p. 22].

Perugia
LE Deallacia [Gnoli U. in « Boll d'A. », 1915, fasc. V,
Vol. 122, c. 46. P. 127].









LA PATRIA DEL PITTORE GIANNICOLA 331



150. — 1529, 5 Apr. — Giannicola si rimette al giudizio dei periti Ga-
leotto Oddi e Jacopo di Benedetto Mattioli sul prezzo
che verrà stabilito alle pitture della cappella del
Cambio, dalla volta in giù.

Perugia « Cum sit quod Ihoannes Nicolaus Mag.i
Arch. Notar. EE aS. 2 i
Rog. Simone di Pauli pictor de Perusia p. 8. p., pinxerit Cap
Francesco Longo. pellam S. Iohannis Cambii ete. ».
iU. 2UEOE V RE. [Pubblieato dal Rossi nel « Giorn. E. A. »,

vol. III, p. 28, doc. IV].

151. — 1529, 19 Apr. — Gti uditori del Cambio sono convocati nella cap-
pella di S. Giovanni per decidere sul prezzo da
pagare a Giannicola per le pitture ivi eseguite. Si
delibera che ne venga stabilito il prezzo sul giudizio

di persone dell’arte.
Perugia
Arch. del Cambio

Riform. dal 1520 [Doc. pubblicato dal Rossi in « Giorn. E. A. »,
al 1540 seg. D,c. vol. III, p. 28].
79 t.
152. — 1529, 21 Apr. — Pietro di Giacomo Galeotti Oddi e Giacomo di

Bernardino Mattioli, Uditori del Cambio, stimano
le pitture fatte da Giannicola nella cappella di
S. Giovanni, e cioè la Tavola dell’ Altare, le Storie
sulle pareti e tuttociò che è stato dipinto dalla volta
in giù, dopo di aver sentito il parere di diversi
pittori, e la stima ne fissa il valore in scudi 170 in
oro, da pagarsi, dopo scomputati gli acconti.

Ivi, :
GITA: [Ivi, p. 29].

153. — 1530, 13 Lug. — Paga al Capitolo del Duomo fl. 2 per la bottega
a lui affittata în sopramuro.

Perugia
inn d o Ms [Gnoli U. in « Boll. d’A. », 1915, fasc. V,
Vol. 193, c. 9 t. P- 127].

154. — 1531, 4 Mar. — Paga fior. 3.50 per la pigione.

Ivi. [Gnoli U. in « Boll. d'A. », 1915, fasc. V,
p. 127].





I E



332 F. CANUTI

155. — 1531, 8 Agos. — Paga fior. 4, s. 50 di pigione.

Perugia
SI [Gnoli U. in « Boll: dA.» 1015, fasc V.
Vol. con un nu- P 127].
mero mancante del :
1597, c. 11 e 12.

156. — 1531, 1. Semestre. — E' eletto Camerlingo per la città dalla Com-
pagnia dei Pittori.



Perugia « ... Ioannicolaus Mag. Pauli, C. picto-
Arch. Comun. rum j
Reg. Off. XIV, Se
c.176. [Gnoli U* in « Boll d'A. », [915, fase: :Vo
po 19]:
157. — 1531, 1. Semestre. — Causa contro i Soprastanti della cappella

di S, Giovanni da Capistrano in quel di Brufa.
Perugia « Magistri Iohannis Nicolaj magistri Pauli,
UD contra sindieum homines et comune Castri
Brufe ... flor. 7 cum dimidio pro residuo pit-
ture fatte in capella beati Iohannis de Cape- “-
strano videlieet unius Virginis Mariae diete da ,
le gratie saneti beati Iohannis Capestrani et
unius Christi ».
[Degli Azzi G. « Notizie Stor. Art. del Cam-
bio », p. 15].

158. — 1531, 2. Semestre. — Medesimo oggetto.

Ivi, È
R. 125, c. 40 r. [1vi].

159. — 1532, 30 Apr. — La Tavola fu costruita su disegno di Gianni-
cola nel 1522, obbligandosi il legnaiolo Bernardino
di Luca Antonini, con atto del 30 Maggio. Passa-
rono 10 anni prima che il pittore s' impegnasse di

dipingerla.
Perugia « Nicolai pietoris et cum illis de Canta-
Wu p evi gallina loeutio ad pingendum tabulam. Require r
s

Rog. Nicolódi An- - er Rs i;
gelo. in Protocollo mei Notari in Filza ».

x 2 1532-84, [4 Filza qui indicata non si é potuta trovare.

[Inedito. Citato dal Rossi in « Giorn. Bp.sA
vol. I, p. 157].









LA PATRIA DEL PITTORE GIANNICOLA 388

160. — 1532, 10 Magg, — Sì associa il Caporali nella pittura per la cap-

Perugia
Arch. Notar.
Rog, Bernardino

di Ser Angelo.
Prot. 1526-1539
9.59.

pella dei Cantagallina.

« Sia noto et manifesto a chi leggerà la
presente seripta, qualmente convengano Ioan-
nicolò di Paolo penctore, et Ioanbattiste de
Bartolomeo Caporale penctore, a la pietura de
una Tavola in questo modo, cioè; essendo che
Ioannicolò che abbia pigliato a pegnere una
Tavola per la Ecclesia de Saneto Agostino in
l’altare de quelle de Cantagallina, de Camillo ...
et Francescho de Cantagallina doi homini electi
a pottere disponere di allocare dicta tavola et
apaia lo effecto de essa locatione al detto Gio-
vanpavolo come se monstro per mano de Ser
Cola de Giapecho de Ser Angelo li pacti et
conventioni intra ipsi intervenuti; et esso Gio-
vannicolò li piace acumenare dicta pictura et
opera di dieta Tavola a Giovanbatista dicto in
tucti quelli Capitoli et conventioni facti come
di sopra et così volle che per egual parte tanto
de la spesa del guadagno, et del dipignere
medesimamente et a fede di verità. Io ho fatta
la presente scripta a dì 28 de Maggio 1532.

Iohannes Nieolaus pietor de Perusia ad-
misit et recepit in sotium et pro sotio comu-
nibus et qualibus promissionibus tam lueri
quam etiam operarum et expensarum quae
contigeret fieri in pietura de qua in praesenti
scripta. Et hoe fecit d.us Iohannes Nicolaus
quia d.nus Iohannes Batta. promisit et convenit
cum d.o Iohanne Nicolao facere et adimplere
et observare contenta in scripta de qua con-
stare dixerunt manu Ser Nicolaj Angeli Not.
perusini ».

[Inedito nel Testo. Citato dal Rossi in « Giorn.
H. A 2» vol. L p: [58].

161. — 1533, 24 Mar. — Dipinge il quadro della Risurrezione pel Con-

Perugia
Arch. di S. Pietro
0, 66.

vento di S. Pietro di Perugia.
« Maestro Io-Nicholó pittore dee dare a
di 24 Marzo fior. 4.50 per M. 1 q. due de









384

162, — 1533, 14 Apr.

Perugia
Arch. Notar.
Rog. Pietro Paolo
di Lodovico.
Prot. 1533-34 c. 60.

F. CANUTI

grano li fece dare il P. Abate per uno quatro
della Resurrezione per la Camera del P. Abate
dove oggi sì trova ».

[Manari in « Apologetico », vol. IV, p. 450].

— Atto di concordia e di pace tra Giannicola ed
un tal’ Cesare Antognuzi, suo genero.

« Ihoannes Nicolaus olim Pauli barbiton-
soris de Perusio P. S. P. ... fecit refutationem
... de alterius aliquid non petendo, et gene-
ralem paeem remissionem, concordiam Caesari
olim Sinibaldi, Antognutii de Perusio, P. S. A.
praesenti etc., de omnibus et singulis iniuriis,
contumeliis, pereussionibus, vulneribus et ho-
mieidiis, dictis, faetis, commissis et perpetratis
per d.um Caesarem eontra dominam Fnoriam
filiam olim dieti Joh. Nicolaj et uxorem ipsius
Caesaris usque in praesentem diem. Et hoe
fuit dietus Ioh. Nicolaus pro eo quia fuit sponte
confessus et contentus se pervenisse et pervenit
eum dieto Caesare ad veram pacem et concor-

diam et in signum verae paeis et concordiae

coeperunt sé ad invicem per manus et osculati

fuerunt. Et insuper d.us Caesar promisit et

convenit dieto Ioh. Nicolao flor. sexaginta ...

receptos per d.um Caesarem a d.o Ioh. Nicolao

pro faeto dotis dietae Dominae Finoriae ».
[Ivi].

163. — 1533, 23 Mag. — G. è nominato insieme al Caporali a giudicare

Perugia
Arch. Notar.
Rog. Gabriele A-
lessi.
Prot. dal 1529 al
296, G.24D1.



il Tabernacolo che dovrà fare Alessandro del Chiaro,
Maestro fiorentino, per la cattedrale di Perugia.
Nella scritta è detto :

« ... del quale modello l'una e l'altra parte
se ne debia stare al juditio et parere di Mastro
Giovanni Nicholò et di Mastro Giovan Battista
di Bartolomeo Caporali egregii DEPINTORI
DE PEROSCIA ».

[Pubblieato dal Rossi in « Giorn. m1 o1
vol. III, p. 76].







mee













, Tx s

LA PATRIA DEL PITTORE GIANNICODA 335
164. — 1533, Sett. — Paga f. 1, s. 6 per pigione.

Perugia
i8 d Oenodloio [Gnoli U. in « Boll. d'A. », 1915, fasc. V,
Volume non nu- P. 127].
merato dal 1538 al

1534.
165. — 1534, Mar. — Dipingeva la « Risurrezione » pel convento di
S. Pietro.
Perugia « Per Maestro Giovannicholò pentore al

Pn Dias ud granaro del Monastero mine 21, q. doi, de
T. .

e Use. N. 61, c. 87. grano li dette D. Eusebio di mandato per un
quatro nel quale era la Resurretione hebbe il
P. Abate da Lui ».

[Manari, in « Apologetico », vol. IV, p. 450].

166. — 1537, 1 Febbr. — Tavola in SS. Domenico di Perugia all’ altare
di Maestro Plinio.

Perugia « Eximius artis medicinae doctor Magister
Arch. Notar. Dial i ss V

br dl Ercolano Plinius Mag. Gregorii ex una parte et Mag.

di RPinoSsco: Ioh. Nieolaus M.i Pauli, de Perusio, P. S. P.

Prot. 1537-1541, ex altera » si accordano scambievolmente su
> ogni controversia sorta tra loro « occasione
cuiusdam tabulae depictae in altari praefati
Magistri Plini positae in Ecclesia S. Dominici »
e ciò fecero dichiarandosi soddisfatti, 1’ uno
della Tavola, l’altro del denaro promessogli.
[Ivi].

167. — 1539, 1. Semestre. — Viene eletto Camerlingo per 6 mesì da in-
cominciarsi col 12 Gennaio 1539.

Perugia « ... Ioannieolaus Magistri Pauli Artis Pic-
Arch. Comun.

Rico xy "9n
e. B7. [GnoH U. in « BoH. d'A. », 1915. fasc. ^V;
p. 127].





|
Il
!
|







336




168. — 1540, 9 Nov. — Za dipinto nella chiesa del Corpo di Cristo im |

Perugia
Arch. del Collegio
dei Notai.
Fasc. II, n. 22,

a. 1540.

Paciano
Arch. Comun.
Vol. N. 94.
Memorie e Docu-

menti del Parroco

Sensini,
ob.

a. 1848,

F. CANUTI

Paciano.

« Bernardinus Castellanus Epise. Casalen-
sis S. D. N. in Civitate Perusiae Umbria ete,
locumtenens gener. — Vobis Iohanni Baptae,
Alexandri Vico Petri Christofori et Modesto
Gabrielis Montis de Castro Paceani tenore prae-
sentium praecipimus et mandamus quatenus
infra biduum prox. fut. debeatur dedisse, sol-

visse et numerasse Magistro Iohanni Nicolao

PICTORI DE PERUSIIS flor. 26 ad rat. XV
bol. pro quolibet flor. eidem per vos debit.
pro residuo majoris summae per vos promissae
pro opere et pieture facte in Capella Corporis
Xsti de dieto Castro jam pluribus mensibus
elapsis. Et hoe sub poena eentum ducatorum
aurii a quolibet vestrum auferendum et Came-
rae Apostolieae applieandorum. Si contra fe-
eeritis quod non credimus, justificari eum
prima die juris citata parte.

Datum Perusiae in Palatio no. resid. die’

9 Nov. MDXL ».

[Pubblicato dall'Orsini, « Vita di P. P. », p. 275].

In Paciano da varie memorie dell’ Archivio Comunale
o per tradizione si sa che le pitture fatte dal
Giannicola nella Chiesa Dentro, così detta, o del
Ss. Sacramento rappresentavano da una parte
alcuni santi, dall’altra sette figure di persone
in piedi.

« Il più antico documento di questo possesso risulta
dall’aver la Comune fatto in essa dipingere nelle
pareti laterali da Nicola Manni di Città della
Pieve, uno dei migliori allievi di Pietro Peru-
gino da una parte alcuni Santi, che varii vecchi
del paese già asserirono essere i Ss. Apostoli
Pietro e Paolo, S. Antonio Abate e S. Paolo
l’Eremita, e dall’altra le 7 persone che dicevansi

sopravissute al flagello della peste ».



SPADE

TA

LA PATRIA DEL PITTORE GIANNICOLA 337

*



169. — 1543, 1 Semestre. — E' nominato Camerlingo per il 1. Semestre..
d Perugia « ... Ioannes Nieolaj Pauli Pietorum P,
J Arch. Comun. qp 5
Reg. Offi XV, VUA LU
c. 85. [Gnoli U. in « Boll. d'A. », 1915, fasc. V,
t p. 127].

170. — 1544, 12 Magg. — Istrumento con cui il Priore di S. M. Novella
di Perugia :

« locaverit ad pingendum quandam tabu-
lam Altaris reponendam et collocandam in ea-
dem Ecclesia apud Altare magnum Zo. Nicolao
Pauli de Perusia P. S. P., et Dominico Pa-
ridis ».

[da ms. mancante di indicazioni].

171. — 1544, 27 Ottobre. — £° il giorno del'a sua morte indicato dalla
Matricola dei pittori.

i Perugia « Giannicolaus Pauli decessit 1544 27 Oc-
Arch. Comun. s
+ Matricola del Pe- tobris ». ;
È rugino Collegio dei [Manzoni L., « Statuti e Matricole dell’ Arte dei
Pittori P. S P. Pittori ». Dice per errore 1542].
c. 45.

|

|

|

i

! — ==















IL PORTICO DEL DUOMO DI SPOLETO

(NUOVI DOCUMENTI)

È noto come Achille Sansi, in base a un documento del
1° dicembre 1491, col quale gli Operai del Duomo di Spoleto
stipulavano un contratto per la costruzione del portico di
quella loro chiesa, rivendicasse appunto tale lavoro, per lungo
tempo attribuito al Bramante, ai maestri Ambrogio di
Antonio da Milano e Pippo di Antonio da Fi-
renze (1). i

Se per il documento rinvenuto dal Sansi si poterono
così conoscere i nomi de’ due artefici e l’anno in cui venne
ad essi allogata l’opera, poco o nulla — però — si seppe di
quanto concerneva l'esecuzione dei lavori, il tempo e la spesa
che vi furono impiegati; cose tutte che sarebbero state di
non lieve interesse. Eccomi pertanto a offrire a tal proposito
una serie di notizie documentate, tratte da un libro di am-
ministrazione dell’ Opera del Duomo; notizie che non solo
varranno a colmare quelle lacune, ma ci daranno anche i
nomi di altri artisti che lavorarono intorno al portico, sotto
la direzione di M.° Ambrogio (2).

(1) Cf. A. SANSI, Degli Edifici e dei frammenti storici ecc., Foligno, Sgariglia,
1869 p. 243; e Storia del Comune di Spoleto, Part. II, p. 104. — Il documento rin-
venuto dal Sansi, venne pubblicato per intero da Adamo Rossi, nel Giornale di E-
rudizione Artistica di Perugia, 1874, vol. III, p. 153.

(2) Questo libro dell'opera, che contiene le note di amministrazione dal 1465
al 1505, é lo stesso da cui trassi le notizie relative alla permanenza di Fra Filippo
Lippi a Spoleto e alla morte di lui — Vedi in Archivio per la Storia Ecclesiastica
del Umbria, vol. 1I, fasc. 1, 1915 (presso la Biblioteca del Seminario di Foligno).















L. FAUSTI

Diró pertanto che fin dai primi mesi del 1491 era stata.

decisa la rinnovazione del portico del Duomo, e che nel
maggio di quell’anno vennero chiamati a Spoleto due mae-
stri, perchè componessero il disegno della nuova fabbrica e
ne curassero la esecuzione (1). Dubito che i due maestri, dei
quali il libro non ci fa sapere il nome, fossero gli stessi che
più tardi vediamo preposti all'opera, cioè m.° Ambrogio da
Milano e m.° Pippo da Firenze; anzi, dalle notizie che se-
guono, dovremmo addirittura concludere che si trattasse di
altre persone, le quali non pare soddisfacessero ai desideri
degli spoletini. Infatti m.° Pippo da Firenze noi lo troviamo
a Spoleto solo nel mese di ottobre del 1491, e ve lv troviamo
a disegnare il modello del nuovo portico. M.° Ambrogio da
Milano poi venne a Spoleto anche più tardi, cioè nel mese
successivo, e poco dopo abbiamo la stipulazione del contratto,
per cui esso assumeva l’incarico di eseguire i lavori (2). È
chiaro dunque che se nell'ottobre veniva chiamato un mae-
stro per fare il modello del portico, nel marzo antecedente
nulla doveva essere stato concluso. à

M.° Pippo aveva già terminati i disegni del portico,
quando giunse a Spoleto, da Urbino, m.° Ambrogio. Questi
dunque presiedette solamente alla costruzione della nuova
fabbrica. Ma allora sarà anche inutile cercare in questa l'in-
flusso dell'arte bramantesca, che m.° Pippo, venendo da
Roma, non avea potuto peranco subire; e il Sansi, il quale
appunto scrive che il portico potrebbe in qualche modo

(1) Libro dell'Opera, car. 206 — 5 maggio 1491 . pagóse ad Antonio de Barto-
lome ... per fare vuinire dui magistri per fare la trasanna de Sancta Maria ...,
soldi 80 .

(2) Idem, car. 206 — 24 ottobre 1491 . pagóse ... ad uno magistro fiurintino quale
feciro vinire li .. operali da Roma per facitura dello motello della trasanna de
Sancta Maria et per li dì che stette a Spoliti per la ditta trasanna, quali foro pa-
gati de loro vuolontà ad lo ditto mastro Filippo de Fiorenza, fiurini 10 — 1 novem-
bre 1491 . Pagòse ... quando mandaro per li magistri de Orbino che ce mandaro

Pieri Mattio et per le spese per lui et vittura dello cavallo, quali foro pagati con-

tanti, fiurini 2, bolognini 32 .





4.





IL PORTICO DEL DUOMO DI SPOLETO 341

essere tuttora attribuito al Bramante, lo dice solo perche
egli credette a una collaborazione di m.° Ambrogio nella
esecuzione del modello. È tuttavia questa collaborazione, che
tanto il contratto pubblicato dal Rossi, quanto i miei nuovi
documenti escludono.

Stando al cottimo, stipulato fra i detti maestri e gli O-
perai del Duomo il 1° dicembre 1491, anche m.° Pippo da
Firenze avrebbe dovuto incaricarsi della esecuzione del por-
tico; ma dai pagamenti dell Opera risulta che solamente
m.° Ambrogio condusse a termine di fatto il lavoro. Per qual
motivo m.* Pippo sarebbesi ritirato? La risposta la troviamo
in un altro documento da me rinvenuto; in un atto pubblico
cioè di quello stesso giorno 1 dicembre 1491, in cui si legge
che m.° Pippo fece la cessione dell'intero lavoro del portico
a m.° Ambrogio da Milano, rinunziando a ogni diritto che
pervenire gli potesse dal cottimo poco prima stipulato con
l'Opera del Duomo. Si riservata tuttavia di lavorarvi coi suoi
garzoni fino a tutto il maggio dell'anno seguente, dietro un
compenso che gli sarebbe stato pagato da m. Ambrogio,
secondo quello che avrebbe giudicato competergli un mastro
Rosso fiorentino. M.° Ambrogio, da parte sua, prometteva di
pagare inoltre a m." Pippo per tale rinunzia venti ducati
d’oro larghi (1). Ed ecco spiegato perchè nel mio libro del-
l'Opera figura il solo m.° Ambrogio come costruttore del
portico.

M° Ambrogio da Milano ricevette dall'Opera una prima
caparra di 62 fiorini e 20 bolognini, il giorno successivo alla
stipulazione del contratto; quindi mise subito mano ai lavori,
come può rilevarsi dalle note di pagamento che, à comin-
ciare dal 2 dicembre 1491, si susseguono in una serie inter-
minabile fino al 2 aprile 1504, in cui m.° Ambrogio ebbe



(1) Archivio Notarile Distrettuale di Spoleto; fasc. 76, Rogiti del not. Granato
di Marco.






|
|

342 L. FAUSTI

dagli Operai l'ultimo fiorino e gli ultimi 50 soldi (1). Sicché
per la costruzione del portico vennero impiegati più di dodici
anni; e dire che il Sansi quasi meravigliavasi che ancora vi
si lavorasse nel 1494!

Sarà utile domandarsi quale fosse il motivo che fece
prolungare di tanto il compimento dei lavori. Probabilmente
non dovette essere ultima causa quella mancanza di denari,
che fin dal 1494 costringeva gli Operai del Duomo a chie-
dere sussidi al Comune (2). Ne segue pertanto che il portico
del Duomo venne costruito a più riprese e che m.° Ambro-
gio tenne forse dietro nei lunghi intervalli, insieme ai suoi
operai, ad altri lavori. Questa opinione sembrami possa venir
confortata dal fatto che m.° Ambrogio, contemporaneamente
al portico, eseguiva nello stesso Duomo di Spoleto il monu-
mento sepolcrale del cavaliere Francesco Orsini, e costruiva
per il Comune la rocca del castello di Montesanto. Leggo che
questa ultima venne allogata a m.° Ambrogio nel 1503 e che
il lavoro del monumento dell’Orsini gli era già stato affidato
con un contratto dell'8 febbraio 1499 (3).

A proposito di quest'ultimo lavoro di m.° Ambrogio, OS-

serveremo che esso, quantunque oggi malamente ricostruito,
e di un disegno cosi elegante e di cosi squisita fattura, da
dimostrare quanto eccellente fosse l'artefice che lo esegui.
Che non fosse il nostro m.° Ambrogio una identica persona
col m.° Ambrogio da Milano, il quale nel 1475 costrui a Fer-
rara il sepolcro del vescovo Lorenzo Roverella, e in quella

(1) Idem, car. 206 — 2 dicembre 1491 . Pugòse ... 4d mastro Ambrosci de Antonio
da Milano abitante in Orbino Cottimario della trasanna de Sancta Maria Magiure
de Spotiti, per arra et prezzo et pagaminto della ditta trasanna, quali lo pagati
fiurini 62 et bulingni vuinti . Id. car. 236 — 2 aprile 1504.

(2) SansI, op. cit., Parte II, p. 105, nota.

(3) Cf. A. Rossi, op. cit., pag. 155; e SaNsr, op. cit, pag. 157. Il sepolcro del-
l| Orsini era terminato nei primi mesi del 1500, come ricavasi dalla seguente nota
del citato Libro dell'Opera: car. 228 — 3 marzo 1500 . Pagóse ... ad uno lombardo
per levare lo corpo dello figlo dello Conte de Pitigliano et ponere de lo seppolcro
SUO, ... soldi 20 .









IL PORTICO DEL DUOMO DI SPOLETO 343

stessa città lavorava da scultore nella bottega di Albertino
de’ Rasconi mantovano? (1).

I pagamenti per i lavori del portico del Duomo, l'Opera
non li fece sempre direttamente a m.° Ambrogio, ma più
spesso ai fattori di lui, incaricati per le riscossioni. Troviamo
quindi fin dal 1492 un Bernardino di m.° Giovanni
da Lecco, e poi ‘un Silvestro di Antonio da Mi-
lano, fratello dello stesso m.° Ambrogio (2).

Quanto costasse il nuovo portico, possiamo determinarlo
sommando i pagamenti dell’Opera. Il computo da me fatto
ci dà, salvo errore, una spesa di 2961 fiorini e 24 soldi; ed
equivalendo tal somma a circa 1941 ducati, troviamo che il
portico apportò all'Opera un aggravio assai maggiore che
non avessero imposto gli affreschi del Lippi, per i quali se
ne spesero soli settecento ()3.

Dal libro dell’ Opera veniamo ancora a sapere il nome
dell’artefice che eseguì la pavimentazione del portico, a rombi
bianchi e rossi di pietra, simile a quella delle navate laterali
del Duomo. Fu cioè un m.° Matteo lombardo, che aveva
già lavorato con m.° Ambrogio insieme a un tal m.° Be-
nedetto, il quale costrui le sepolture sotto lo stesso portico.
Tali lavori vennero eseguiti nel 1505 (4). Contemporanea-

(1) VENTURI A., Storia dell’Arte Italiana, Tom. VI, p. 620.

(2) Cf. il cit. Libro dell’ Opera: car. 207 — 19 aprile 1492 . Pagòse ... ad Berar-
dino de mastro Iovanni da Luicho de Lombardia in nome dello nanti ditto mastro
Anbroscio, como che suo fattore, fior. 25 — e car. 210 — 26 agosto 1493 . Pagòse ...
ad Selvestro fratello de mastro Anbroscio como che fattore de isso mastro Anbro-
scio, fior. 2.

(8) FAUSTI L., Le Pitture di Fra Filippo Lippi ecc. — Noto che il fiorino era
allora di due qualità: il fiorino semplice che equivaleva a 40 bolognini, come pure
a 100 soldi; il fiorino largo che equivaleva a 61 o a 62 bolognini e cioè a un fiorino
e mezzo dei semplici, o poco più. Il soldo equivaleva poi a 12 denari e 4 denari
equivalevano a 1 quattrino. Il ducato era uguale a un fiorino largo. — I pagamenti
del libro dell’ Opera venivano fatti quasi sempre in fiorini semplici, soldi e denari ;
ma spesso vi si trovano le riduzioni a fiorini larghi o a ducati.

(4) Car. 237 — 22 maggio 1505 . Pagòse ... ad mastro Biniditto che sta con ma-
stro Anbroscio per parte dello lavorio che ha tolto ad fare de seppulture dello im-
palmentato de sotto la trasanna, fior. 9 — e car. 237 — 30 agosto 1505 . Pagóse ...




Vd acd den



344 L. PAUSTI

mente al portico era stato già fatto, a spese del Comune, il
mattonato della piazza innanzi la chiesa, da un Bernar-
dino lombardo, quello forse che vedemmo nominato come
fattore di m.° Ambrogio (1). Anche la piazza veniva così a
ricevere una conveniente sistemazione. Mentre però di quel-
l'antico mattonato non rimangono che pochi brani, framezzati
quà e là da rifacimenti posteriori, l’opera di m.° Pippo e di
m.° Ambrogio sta ancora salda, come la Rocca che la domina
dalla sovrastante collina, come la torre che le sorregge il
fianco; e il visitatore può tuttora ammirarla, armonicamente
addossata alla facciata splendida del Duomo, mentre in alto
accende il suo fondo d’oro il musaico, ai raggi del bel sole
umbro.

Spoleto 8 dicembre 1916.
L. FAUSTI.

ad mastro Matteo per arra et prezzo de pagamento dello impalmentato sotto la
trasanna. della chescia, fior. 12 .

(1) Cf. Libro dell’ Opera: car. 206 — 13 agosto 1491 . Pagòse ... ad uno lombardo
che stette ad levare lo tirrino dello mattonato novo nella piazza de Sancta Maria,
soldi 5 e car. 207 — 8 febbraio 1492 . Pagòse ... ad mastro Berardino lombardo che
mattona la piazza, per uno lemetale che fece de la porta della calonicha, soldi 37,
den. 6.







345



ANEDDOTI E. VARIETÀ

I| Rattistero di S. Maria Maggiore di Spello

Il Prof. Giulio Urbini nel 1896, pubblicando uno studio su Ze
opere d’arte di Spello, lamentava — al pari di cento altri studiosi
— lo stato deplorevole del Battistero di S. Maria e la trascura-
tezza di chi non restituiva la bell'opera nella sua forma originaria.

Oggi possiamo rassicurare gli studiosi di arte dicendo loro
che il Battistero ha riacquistato il perduto splendore. Il 28 dicem-
bre 1915 il novello Priore della Collegiata di S. Maria sottoponeva
all’Ufficio Regionale della Soprintendenza ai monumenti in Perugia
il progetto del ripristino. Il Sopraintendente comm. arch. D. Vi-
viani, riconosciuta l’ opportunità di riunire i frammenti sparsi,
gradì il progetto, lo sottopose alla approvazione delle superiori Au-
torità, ed il Sabato santo 22 aprile 1916 il Battistero nuovamente
unito si rinnovò.

Pur

Esso è situato a destra nell’ interno della Chiesa, vicino alla
porta principale: nei lavori di ripristino per ragioni artistiche fu-
rono demoliti i gradini e la mensa dell’altare, ma dietro al Fonte
rimane tuttavia una tela del Pacetti raffigurante la Vergine che
dà la cintura a S. Monica.

In quanto all’epoca precisa dell’opera, si discute se debba fis-
sarsi al 1509 ovvero al 1511. Probabilmente la differenza dei due
anni dipende dal non aver distinto nettamente l’anno in cui il Bat-
tistero fu commesso a M.° Antonio di M.° Gasparino da Val di
Lugano e l’anno in cui fu inaugurato. Certo si è che l'opera in-

32





il
SS
| à
|


346 L. POMPONI

signe si deve allo zelo ed alla generosità di Leone Baglioni di
Perugia il quale, nel lungo periodo di vita pastorale che esercito
a Spello come Priore di S. Maria Maggiore, si dimostró vero e
proprio mecenate (1).

Riferendoei al Battistero, possiamo affermare che in ordine
di tempo è la prima opera artistica pervenutaci per merito del
detto Baglioni; vengono poi il Coro di Piernicola da Spoleto, la
Tribuna o Confessione di Rocco da Vicenza, la Pietà e la Vergine
con î Santi di Pietro Perugino, ecc.
4 Il Fonte in marmo bianco, lavorato nelle sue parti quasi per
intero su frammenti di antiche colonne, ha la forma di pisside, e
nella base come nella coppa e nella sommità ripete un identico
motivo ottagonale. La finezza dell’ ornato delle mensole e delle
colonnine è superiore alla finezza delle figure ad alto rilievo che
campeggiano negli specchi della parte centrale. Forse il maestro
di Val di Lugano condivise il lavoro di costruzione con qualche
discepolo ? È lecito supporlo: in ogni modo se i detti altorilievi

3——3-

artisticamente sono poco più che mediocri, storicamente si debbono a.
considerare importantissimi. Essi nei nomi
S. FELIX EPISCOPVS. HISPELLAS. — S. VENANTIVS — S. PETRVS

S. PAVLVS — S. TEOSANVS (2) S. STEFANVS

ricordano le chiese filiali di S. Maria, che erano insieme titolari
delle antiche prebende canonicali.

Nello specchio intermedio alle figure di S. Pietro e di S. Paolo
è ritratta l’ Assunta, titolare della Chiesa Collegiata, ed in quello
intermedio alle figure di S. Felice e di S. Stefano, superiormente,
in un semicerchio d’oro campeggia la colomba, simbolo dello Spi- |
rito Santo; nella parte inferiore v’ è lo sportello. Nella unita il-





(1) La Famiglia Baglioni di Perugia (Arch. Parr. di S. Maria Mag : Antiche Co-
stituzioni, ecc.) ebbe il dominio di Spello da Federico Barbarossa nel 1168: nel 1198
Spello tornò a governarsi a guisa di repubblica. Nel 1381 Bonifacio IX ne concesse
| linvestitura a Pandolfo Baglioni, e nel 1433 Eugenio IV assegno la vicaria perpetua
di detto luogo a Leonello Baglioni. In seguito questa famiglia esercitò il suo dominio
fino al 1588, anno in cui morì Astorre figlio di Guido.

Molte e preziosissime sono a Spello le opere artistiche di quell'epoca, sorte
soprattutto per impulso dei congiunti di Casa Baglioni, Troilo (100-1507) e Leone (1507- b.
1534), che governarono la insigne Collegiata di S. Maria come Priori. Dn

(2) S. Teosano (non Teofane come si trova in qualche pubblicazione recente)
| è il nome del santo ricordato nello specchio di questo Fonte Battesimale. Nella Bolla I
l Pontificia (MCCXXXVI) riguardante la transazione tra i monaci di S. Silvestro del
Monte Subasio ed il Capitolo di S. Maria si ricorda.... Ecclesiam S. Theossani Cap-
pellam Ecclesiae S. Mariae. Il titolo canonicale S, Teosano fu poi cambiato in quello
di S. Andrea Apostolo.



Eo

ANEDDOTI E VARIETÀ 347

*

lustrazione si scorge lo sportello provvisorio; l'originale in rame
sbalzato dell’epoca del Rinascimento, che rappresenta il battesimo
di Gesù, in seguito a qualche oltraggio subìto, fu ‘preso in con-
segna dall'Ufficio Regionale, presso cui rimane tuttora. E ci sia
lecito esprimer qui il desiderio vivissimo della cittadinanza di ri-
avere al più presto il prezioso sportello e di rimirarlo nel luogo
destinatogli dal suo autore.

La coppa è chiusa da un bel fregio, con la formola liturgica
che il sacerdote nel benedire il Fonte pronunzia tre volte immer-
gendo il cero pasquale nell’acqua: DESCENDAT IN HANC PLENITV-
DINEM FONTIS VIRTUS SPIRITUS SANOTI.

Tale il Battistero che Leone Baglioni commise, e M.° Antonio
di M.* Belardino da Val di Lugano seolpi, nei primi anni del se-
eolo XV.

*
$3

In seguito fu abbellito da Gian Domenico da Carrara. Questo
illustre artista nel 1563, per commissione del Capitolo, lavorò in
marmo e pose alla sommità del Battistero una statuetta di Cristo
nell’atto di abbracciare con la sinistra l’albero della croce, e con
la destra protesa verso una pecorella che è adagiata ai suoi piedi.

Ma, dopo appena cinquantatre anni, comincia per quest'opera
d’arte una specie di Via crucis. Il 16 febbraio 1596 il Capitolo della
Collegiata deliberava di trasformare l’altare di S. Nicolò retrostante
al Fonte Battesimale in quello del Rosario; e conseguentemente,
per non ostacolare la buona vista del nuovo altare, affidava al
Can.co Bartolomeo Simone il compito di adattare la volta che se-
para il Campanile a piramide dalla Cappella Baglioni, per collo-
carvi il Battistero. Nella nuova sede il Battistero veniva a trovarsi
quasi nascosto; il trasporto ed il collocamento rendevano necessaria
la remozione dell’altare di S. Francesco a cui era annessa una
Cappellania di îus patronato della famiglia Accorimboni di Spello ;
ed altre difficoltà di indole artistica e liturgica si affacciarono alla
mente di Bartolomeo Simone: ma egli non si lasciò troppo impen-
sierire da queste difficoltà, ed ossequente alle decisioni capitolari,
in breve portò a compimento il suo mandato.

Dopo cinquanta anni il Capitolo decise di ingrandire l’interno
del tempio monumentale portando la facciata a livello del campa-
nile a piramide. Non tutti, specialmente i tecnici, caldeggiarono
i nuovi restauri; alcuni recisamente li avversarono; ma inutilmente.









348 L. POMPONI

Il vano della chiesa fu ingrandito e la nuova facciata (la attuale)
sorse in poco tempo e più spaziosa dell’antica. Il Battistero dopo
le dette innovazioni rimaneva ancor più nascosto e più distante
dalla porta principale della Chiesa. Come si rimediò a questo in-
conveniente? Riportando in Chiesa la bell’ opera: ma alla bontà
del provvedimento non corrispose la sua esecuzione. Non curava
più la vita artistica di S. Maria un mecenate sul tipo di Leone
Baglioni; il priore dell’epoca, Onofrio Matthii, guardò alla parte
pratica e non alla parte artistica del provvedimento; e con la sua
direzione permise che lo scalpello rude di un certo M.° Belardino
si abbattesse sul marmo bianco del sommo artista lombardo. Di-
cendo così non si intende di menomare le buone qualità artistiche
del nominato M.° Belardino; egli, del resto, nella costruzione della
facciata attuale impresse varie traccie di squisito gusto dell’arte.
Per quel che riguarda la bontà o meno del progetto di divisione
del Fonte, egli, forse prevenuto od istruito dai tecnici chiamati
antecedentemente e poi messi in disparte per aver favorito i pro-
getti più confacenti all’arte che ai canonici, preferì contenersi nei
limiti di umile e fedele esecutore, lasciando al Capitolo della Col-
legiata ogni discussione ed ogni responsabilità.

Le due parti del Fonte sezionate furono disposte ai lati del-
l'ingresso: quella destra, sormontata dalla statuetta del Cristo, servì
ancora da Battistero; la sinistra si adattò a custodia degli olei
santi, e sopra di essa per motivo di simmetria il Capitolo fece
collocare una statuetta in legno di S. Giacomo (1), che nel 1645
aveva commesso a M.° Cristoforo da Foligno. Lostesso maestro fo-
lignate lavorò lo sportello sovrastante la conchiglia del Sacrario,
nel quale ancor oggi discende l’acqua lustrale usata nel battesimo.
Ma con l’andare del tempo la statuetta di S. Giacomo, che certo
non doveva esser priva di valore artistico, andò smarrita; la cu-
stodia degli olei santi si stabilì in una colonna laterale della Cap-
pella Baglioni: la mano dell’ imbianchino, che più volte passò sulla
parete a cui erano fissate le parti del Battistero, non usò i riguardi
dovuti e sulla bell'opera si stese un velo di triste noncuranza.

Oggi però il Fonte, riprendendo la grazia delle sue linee, si
erge nella forma originale e nella sua primitiva posizione. Demo-

(1) S. Giacomo Apostolo meritamente è chiamato patrono dell’estrema unzione.
Egli nella Epistola Catholica diretta ai giudeo-cristiani dimoranti fuori di Palestina
scriveva: (V. 14) Infirmatur quis in vobis? Inducat presbyteros Ecclesiae, et orent
super eum, ungentes eum oleo in nomine Domini ...



M ANEDDOTI E VARIETÀ 349

lendo la parte destra, si 6 trovato che la vasea dell'aequa lustrale
era incavata in un magnifico capitello corinzio, il quale opportu-
namente verrà posto in buona vista di fronte all’ara funeraria ro-
mana, ad uso di pila per acqua santa.

è Per la cronaca del bel monumento è doveroso ricordare che
la costruzione del Battistero nel 1511 costò trecento fiorini; la di-
visione e l’aggiustamento delle due parti alla facciata della chiesa
nel 1649 costarono quarantanove scudi; la ricostruzione nel 1916
lire duecentotrentacinque.

S. Maria Maggiore di Spello; Natale del 1916.

D. Lurei PoMmPonI.



ANEDDOTI E VAR(ETÀ 351

Un breve ignorato di Martino V

Reduce dal concilio di Costanza, papa Martino V volse l'a-
nimo a ricostituire lo stato pontificio che, nelle lunghe e calami-
tose vicende del grande scisma d’ Occidente, era andato addirit-
tura a brani. Da Firenze, ove il pontefice s’era stabilito nel feb-
braio del 1419, egli conduce una lotta senza quartiere contro il
più forte ed il più ‘temibile degli ambiziosi usurpatori dei dominî
della Chiesa, il celebre condottiero Braccio da Montone, che, pa-
drone di quasi tutta l' Umbria, impediva al papa la via di Roma
e che aveva spinto recentemente la sua audacia temeraria fino a
rendersi, nell’estate del 1417, padrone della stessa Città Eterna
per un periodo di 70 giorni. La lotta assume un carattere parti-
colarmente grave verso la metà del 1419, quando Martino, chia-
mato in suo aiuto lo Sforza, da lui creato gonfaloniere della Chiesa,
vede il suo campione sconfitto da Braccio sotto le mura di Viterbo,
il 20 giugno di quell’anno. Fu quello certo un momento assai
difficile per il papa che con grande operosità attese a suscitare
contro l’ardito condottiero quanti più nemici gli fosse possibile.
Tra coloro che in questo periodo si dichiarano per il papa — e
qui sta il pregio e la novità del mio documento — ci sono i fra-
telli Farnese, Pietro, Pietrobertoldo e Ranuccio, ai quali Martino V,
addì 15 luglio 1419, rivolge il breve da me trovato nelle Carte
Farnesiane di Napoli, lodando il loro zelo ed il loro attaccamento
alla Chiesa Romana e promettendo di dar « celerrime » opera di-
ligente all’oppressione dei nemici della medesima. Come questa
lotta finisse, è ben noto: il papa, auspici i Fiorentini, stimò op-
portuno, col trattato dell’ 8 febbraio 1420, di riconciliarsi con
Braccio, al quale lasciò in possesso, col titolo di vicario della
Chiesa, buona parte dell’ Umbria, tra cui Perugia, e del quale
Braccio ebbe poi sempre a temere, finchè la morte (avvenuta sotto
le mura di Aquila, nel giugno del 1424) del famoso condottiero,





352 E. ROBIONY

che aveva minacciato il pontefice di ridurlo a dir messa per un
baiocco, non tolse il grande ostacolo che impediva a Martino V
di compiere la sua missione storica di vero fondatore del potere
temporale dei papi.

Perugia, marzo 1917.
EMILIO ROBIONY.

Martinus pp. V (1)

Dilecti filii salutem et apostolicam benedictionem.

Accepimus litteram vestram, nec expedit quod de fidelitate et
devotione, quas. ad nos et Romanam Ecclesiam geritis, verbo signi-
ficatis, Nam factis ac.... documentis huiusmodi fidelitas et devotio
nobis sunt manifeste. Et quia de nobilitate vestra plene confidimus,
hortamur vos more solito perseveretis: quamvis enim a Bracio de-

cepti fuerimus, tamen tale remedium dabimus....; pla]r[tia]les et de-
voti nostri et ecclesie supradicte gaudebitis. Nostrorum enim defen

sioni et inimicorum oppressioni dabimus celerrime operam diligentem.
Datum Florentie sub anulo Piscatoris, die XV mensis Iulii, Pon-

tificatus nostri anno secundo.
B. de Pileo
Dilectis filiis nobilibus viris Petro, Petrobertoldo, Rainutio de Farnesio.

(1) Arch. di Napoli — Carte farnesiane, 987.







a

>





Spie

che aveva mi
baioceo, non |
di compiere la
temporale dei

Peru

Dilecti fili

Accepimu
devotione, qué
ficatis, Nam
nobis sunt ma
hortamur vos
cepti fuerimus,
voti nostri et e
sioni et inimicc

Datum FI
tificatus nostri

Dilectis filiis n

(1) Arch. di









ANEDDOTI E VARIBTÀ 358

RINVENIMENTO DI AFFRESCHI

NELL’ OSPEDALE MILITARE DI S. GIULIANA IN PERUGIA

Per concessione cortese del Direttore dell’Ospedale Militare di
S. Giuliana, si poterono eseguire in epoche diverse i rilievi e gli
studi riguardanti il restauro della Chiesa e dell’ ex Monastero di
S. Giuliana (1), e posteriormente, nell’ Agosto 1917, si resero pos-
sibili le più accurate indagini sulle pareti da parte del Direttore
della Scuola di Architettura Arch. cav. Ugo Tarchi; tali ricerche
portarono al rinvenimento di affreschi di gran pregio, mentre di
altri qua e là già se ne scorgono le traccie.

La prima figura rimessa alla luce è dell’epoca migliore del
rinascimento, e rappresenta una Santa (fig. N. 1), finemente di-
pinta, bella di volto, con manto ampio, mantellina e velo nero
su camice bianco. Porta nella mano sinistra un libro, e nella de-
stra la disciplina. Trovasi sulla parete sinistra del tempio, in ri-
spondenza del fianco del coretto, dietro il presbiterio. Di seguito
si rinvenne al disotto del coretto la prosecuzione del quadro
(fig. N. 2), che risulta contornato da una bella cornice di variati
ornamenti, attorno alla quale si librano, con motivo molto origi-
nale, delle figurine graziosissime; in basso si scorge una figura
genuflessa e con le mani giunte in atto di preghiera, si legge la
scritta:

...[f]ecit fieri Nicolaus de porta de Fe......
[A] D. 1460

(1) Essi studi e progetti saranno compresi e illustrati nella imminente Pubbli-
cazione Artistica della scuola di Architettura di questa Accademia di Belle Arti
edita a cura della Casa Bestetti e Tumminelli di Milano.






i!
[
li
ij

354 ANEDDOTI E VARIETÀ

È facile rilevare da un attento esame del dipinto ch’ esso si
sovrappone ad altro più antico.

Proprio di fronte, sul coretto, avvi invece, fra motivi orna-
mentali, una Madonna, posta graziosamente di profilo, con manto
celeste, certo di pennello maestro di pari epoca.

Sul pilastro del presbiterio, dal lato sinistro, si scorge por-
zione di figura gigantesca, rappresentante il fianco e il braccio
sinistro sorreggente un messale. È della prima epoca, e stà a di-
mostrare all'evidenza che quello era proprio il presbiterio originaie
della Chiesa. In basso ricorre un motivo di tappezzeria a formelle
con ornati, di tipo gotico.

Invece nella parete di destra, ma al di qua del coretto fa bello
effetto un motivo di nicchie a pilastrini e archetti trilobati, rac-
chiudenti figure di Santi, dei primordi del secolo XIV, una delle
quali è di un santo Vescovo benedicente (fig. N. 3).

Il rinvenimento è per ora limitato a due di dette figure, ma è
da augurarsi che in un tempo non lontano, quando gli animi
torneranno al culto degli studi e delle arti e le antiche glorie
s’ intrecceranno ancora una volta alla nuova grandezza della pa-
tria, possano, mercè l’ interessamento degli studiosi della storia
e dell’arte e l’efficace aiuto delle Autorità governative e cittadine, .
esser ridonati alla pubblica ammirazione tutti i dipinti, che certo
adornano l'insigne monumento. Ed è appunto allo scopo di faci-
litare il realizzarsi di questo augurio, che noi abbiamo qui ripro-
dotto taluni dei dipinti scoperti, sicuri come siamo che la loro
fine bellezza ed il grande interesse ch’essi hanno per la storia
dell’arte in Perugia faranno sì che le ricerche siano (non appena
le mutate condizioni lo consentano) proseguite con vigile amore,
e che di quanto verrà ridonato alla luce si curino con premurosa
diligenza il restauro e la conservazione.

DEN







inner







RECENSIONI BIBLIOGRAFICHE

GABRIEL FAURE. Au Pays de Saint Frangois d’ Assise. Grénoble,
I. Rey Editeur, 1916. In 4, di pag. 114, con 154 illustrazioni,
delle quali 15 a colori.

Il Faure, entusiasta dell’ Umbria, la descrive con quella viva-
cità francese, la quale spesso non permette esattezza di giudizi
e profondità di indagini. Egli vede l'Umbria: Perugia, Assisi, Spello,
Foligno, Montefalco, Trevi, Spoleto, e rimane lungo tempo ad am-
mirare le bellezze naturali del Trasimeno, del Velino e del Cli-
tunno, le grandezze romane di Perugia e di Assisi, i monumenti
romanici di Foligno e di Spoleto, le basiliche francescane di As-
sisi, le pitture di Montefalco, i quadri splendidi del Perugino, dello
Spagna, del Gozzoli, di Fiorenzo ... Non è da stupire se, percorrendo
un giardino così ricco di fiori, riesca a comporne un mazzo me-
raviglioso, mettendo sotto gli occhi del lettore una serie di bellezze
insuperate. Poichè alla gaiezza dello stile corrisponde la dovizia
delle illustrazioni scelte con fine sentimento di arte e quelle a
colori eseguite con franchezza e con perizia straordinaria, da
questo libro si vede bene cosa sia 1’ Umbria nostra, e quante
gemme di primario splendore tenga racchiuse nelle sue vecchie
città. Non vogliamo enumerare tutte le splendide fototipie di que-
sto libro di lusso, e perchè tutti possiamo vederne gli originali
delle quali sono riproduzione, e perchè è facile provvedersi di esse
con i Cataloghi delle collezioni Anderson ed Alinari. Ma talvolta
il Faure ha, specie nelle tavole a colori, riprodotti alcuni punti e
paesaggi che lo hanno impressionato, sebbene a noi non suscitino
alcun sentimento. Qui, sulla carta, col lenocinio dei colori, dob-
biamo riconoscere che talvolta facciamo male, per le consuetudini
nostre, a non soffermarci dove il Faure si sofferma. Eccone degli









RECENSIONI BIBLIOGRAFICHH

esempi: la porta della Mandorla a Perugia, il borgo di S. Anto-
nio veduto dalla via delle Prome, il Ponte S. Giovanni veduto ai
piedi di uno dei suoi piloni, il S. Convento di Assisi veduto tra
i rami di un oliveto, il Cemetero di questo Convento, il Clitunno,
la porta minore del Duomo di Foligno veduta di scorcio, le mura
di Montefalco ecc. Il libro si legge di un fiato, ma si occupa più
tempo ad ammirare le bellissime illustrazioni che a leggere la
breve prosa del Faure. Mero

ELISEI prof. RAFFAELE. Della città natale di Sesto Properzio. Terza
edizione ecc. Roma, Loescher, 1916. In 8, di p. XXXII-400,

Questo bello e dotto volume fa onore al ch. Autore, il quale,
con 10 illustrazioni, dopo averlo prima stampato in diverse parti; ha
queste riunite, mostrando nel tempo stesso la sua vasta cognizione
nella storia e nella letteratura classica, e nella erudizione archeo-
logica topografica locale. Properzio, fatto bevanate da quei di Be-
vagna, spellano da quei di Spello, assisano da quei di Assisi, fu,
a nostro parere, di quest’ultima città, nè nuoce all’ Elisei, che è
fautore di questa terza opinione, essere cittadino di Assisi, e quindi
concittadino del Poeta. Egli dimostra esuberantemente la sua tesi

con doppio ordine di argomenti inoppugnabili : le molte iscrizioni -

romane della Famiglia Properzia che si trovano in Assisi, e che
mancano a Bevagna ed a Spello, e la retta esegesi dei versi pro-
perziani, nei quali il Poeta accenna con locuzioni, non sempre
esplicite ma sicure, alla Patria sua. L’Elisei legge in quei versi il
nome di Assisi, dimostra che, applicandoli ad Assisi, quei versi si
spiegano logicamente, grammaticalmente, topograficamente, men-
tre, applicandoli a Spello o a Bevagna, si presentano con interpre-
tazioni stiracchiate e difficili. Questa è la parte positiva del li-
bro. Nella parte, diciamo così, negativa, ribatte le difficoltà a
lui mosse da quei di Bevagna, rappresentati da Epaminonda Mat-
toli, e da quei di Spello, rappresentati da Giulio Urbini. Per la
serietà della critica noi riteniamo che nè l'una né l'altra città ri-
tenterannola prova, e che il poderoso studio dell’Elisei porrà fine
alla dotta questione.

Una parola a difesa del Donnola, fautore convinto dei diritti
di Spello. L’Elisei (p. 25) lo chiama autore della lapide pseudo-
properziana di L. Cominio, affissa nella maggior sala del palazzo
comunale di Spello. No: egli non ebbe questa colpa. La lapide







RECENSIONI BIBLIOGRAFICHE 351

venne a luce il 7 giugno 1722, e ne fece tosto una illustrazione,
riproducendola, l’ ispellate Ferdinando Passarini con una stampa
rarissima di quell’anno. Il Donnola era morto da un pezzo.

Congratulandoci coll’Elisei del prezioso contributo alle indagini
storiche dell'Umbria dell’èra romana, ci permettiamo un’ osserva-
zione: sembra a noi che il libro sia stato compilato durante la
stampa, e sia un po’ slegato, e forse soverchiamente diffuso. La
erudizione dell’ A. è di buona lega, e nulla è inutile nel suo
libro, ma forse poteva essere più efficace se fosse stato più breve.
Il che non toglie il merito alle sue indagini, come non diminuisce
la lode alla quale ha dirirto.

MESA







E



359

ANALECTA UMBRA

Dopo cinque secoli dalla morte di Federico Frezzi il socio
prof. ENRICO FiLIPPINI pubbliea (in « Rassegna Nazionale » di
Firenze, 1° genn. 1917) un interessante articolo sul Vescovo-poeta
folignate, che deve la sua fama unicamente al « Quadriregio » 0
poema del « Decorso della vita umana », e che va giustamente
considerato come una delle figure più importanti dell’ Umbria in-
tellettuale tra la fine del Trecento e il primo ventennio del Quat-
trocento.

In questo articolo il dotto A. accenna ai problemi biografici,
che intorno al Frezzi e alla sua opera rimangono ancora insoluti
pur dopo le amorose indagini del Canneti e del Faloci-Pulignani,
e si sofferma poi su quello che riguarda la data e il luogo della
morte del Frezzi. E riguardo al tempo, con argomenti pienamente
accettabili, egli lo fissa approssimativamente alla metà del 1416,
cioè « in un giorno non molto lontano da quello in cui egli scrisse
per la prima volta la firma negli atti del Concilio di Costanza ».
Ma, riguardo al luogo della morte, le conclusioni del Filippini
sono semplicemente negative, intese cioè ad escludere che il Poeta
avesse cessato di vivere a Foligno, come asserì lo Iacobilli, o a
Costanza, come sostenne il Canneti sulla fede degli scrittori Do-
menicani: e nell’ incertezza è più prudente supporre che la morte
del Frezzi sia avvenuta piuttosto durante una assenza tempora-
nea dal Concilio di Costanza, per malattia o per infortunio, in
qualche oscuro paese straniero dove all’ ignoto Vescovo-poeta non
si saranno resi neppure i dovuti onori funebri. A dilucidar tale dub-
bio il Filippini invoca appunto nuove ricerche più estese sul sepol-
ero del Frezzi fuor di Costanza, ricerche possibili — naturalmente —
soltanto a guerra finita, in seguito alle quali forse si riuscirà a










360 ANALECTA UMBRA

identificare la tomba per cinque secoli rimasta ignota. Ma ha fatto
benissimo intanto il Filippini a rinfrescar la memoria dell’ autore
del Quadriregio, opera di eui si potranno discutere il valore poe-
tico, l'originalità e la struttura, ma che « 6 e sarà sempre un
prezioso documento letterario, morale e storico, una prova evi-
dente della profonda e varia cultura dell'autore, uno specchio fe-
dele della nobiltà e sineerità dei suoi sentimenti e, sopratutto,
della sua italianità, di quella italianità fiera e aecorata per le di-
visioni politiche e le lotte sanguinose della Patria, che gli faceva
pronunziare accenti d’ ira e profezie pari alle dantesche ».

xx Felicissima idea è stata quella della casa editrice Atanòr
di Todi di ripubblicare in uno dei suoi elegantissimi volumetti
della « Biblioteca Umbra », egregiamente diretta dal prof. Giu-
seppe Zucchetti, gli Eretici e ribelli nell’ Umbria di Lurci Fumi.
Questo lavoro veramente classico apparve già con un corredo
straordinariamente ricco di documentazione nella nostra rivista,
ed è superfluo darne qui dettagliato conto, sia perchè noto alla
maggior parte de’ nostri lettori e sia anche perchè non se ne po-
trebbero che in modo adeguato tessere le lodi altissime e il plauso
con cui fu salutato non pure dalla stampa scientifica italiana, ma
altresì da quella straniera de’ più culti paesi.

Qui diremo soltanto che la magistrale trattazione del Fumi,
anche così ridotta agli scopi della divulgazione popolare, renderà
incaleolabil servigio a chi studia l'evoluzione del pensiero reli-
gioso nell'età di mezzo in Italia, e specialmente nell’ Umbria nostra,
dove assume una earatteristica e particolare importanza pel fatto
che il movimento ascetico iniziato da Francesco d’Assisi doveva,
quì più presto e con più violenza che altrove, per irresistibile forza
di cose, finire nell' eresia. La regola del Serafico, presa nel suo vero
spirito e applicata nel suo pieno rigore, quì dov'era stata concepita
e per la prima volta bandita alle turbe, dai più puri ed ardenti
trai suoi seguaci, nell’urto colla pratica della vita, a contatto col
pervertimento morale diffuso allora in tutte le classi sociali, ap-
parve folle e pericolosa alla Chiesa istessa, la cui corruttela tro-
vava in quella una troppo aperta ed eloquente rampogna. Quindi
il tentativo di violenta repressione da un lato, e l’ ostentazione di
una sublime tenacia dall’altro: donde i primi processi, i primi
roghi elevati contro i rigidi interpetri del nuovo vangelo di po-
vertà, quindi le ribellioni furiose dilaganti assai facilmente dalle





ANALECTA UMSRA 361

dispute interpetrative della regola ai più spaziosi e gelosî campi
del domma e della politica. E così contro la Chiesa, imputridita
nella mondanità, il francescanesimo, attingendo inspirazione e forza
dalla pura sorgente della tradizione messianica, armava il braccio
di due nuovi e formidabili eserciti, quello de’ nuovi eretici nel
campo del pensiero, quello de’ vecchi e nuovi ribelli nel campo
dell’azione: e contr’essi, con feroce reazione, scagliò a suprema
difesa la Curia Romana il duplice sistema delle sue armi, usan-
done a volta a volta o congiuntamente senza discrezione e senza
riguardi, purchè coll’ impiego delle spirituali e delle temporali si
ottenesse al più presto l’ intento di soffocar nel suo nascere, di
stornare e disperdere sin dal suo apparire un tanto e sì minac-
cioso pericolo.

Gli episodi principali e le fasi altamente drammatiche di que-
sto gigantesco duello sono con mirabile vivacità di colorito ripro-
dotti in questo libro del Fumi, che costituisce un’opera fonda-
mentale per la storia religiosa e politica insieme, e irraggia di
luce vivissima non solo gli anditi oscuri e riposti del pensiero
medievale e dell’anima italiana del tempo, ma eziandio tutte le
manifestazioni della vita civile dell’ Umbria e dell’intera penisola
in quell’età tempestosa, in cui si preparavano, si sviluppavano
maturando in un fermento di corruzione e di sangue i germi di
una civiltà nuova, di un’ èra più luminosa e più splendida, quella
del magnifico meriggio italico del Rinascimento.

x5x Rieti è « forse l’ultima tra le illustri sorelle dell’ Umbria
ad avere — come è detto nella prefazione a questo volumetto — la
sua Guida illustrata »; ma essa è certamente tra le prime ad
averne una così ben fatta e così gustosa come quella di cui 1’ ha
testé dotata il prof. ANGELO SACOHETTI-SASssETTI (Rieti, Trinchi,
1916), già simpaticamente noto per altri lodati lavori di storia
reatina ed umbra agli studiosi, i quali ora attendono con deside-
rio da lui un'opera di maggior. mole e importanza, la storia docu-
mentata — cioè — delle Chiese di Rieti.

Non si tratta, questa volta, infatti, di uno dei soliti centoni
di notizie locali, desunte in fretta da libri a stampa e da prece-
denti pubblicazioni consimili, ma di una chiara, precisa e sempre
sobria esposizione di tutto quanto può interessare la storia, l’arte,
la vita letteraria e civile di Rieti nel passato e ne’ tempi pre-
senti, condotta con grande diligenza non pure sulle fonti edite,

23









|oseeeeeeeseemeeee e ——






























362 ANALECTA UMBRA

bensì anche su sconosciuti documenti d'archivio. E questo co-
scienzioso, metodico spoglio del materiale inedito aumenta gran-
demente il valore dell’aureo libretto, rendendolo veramente pre-
zioso specie ai cultori di storia artistica, cui non potranno non
riuscir graditissimi i ragguagli affatto nuovi che l’A. ha saputo
offrirci su molte delle cose più belle della sua città.

Rapidi, ma sicuri e precisi cenni, premessi all’ esposizione,
servono a dare un’ idea più che sufficiente della storia dell’ antica
Reate, dalle incerte sue origini sino alla sua annessione al Regno
d’ Italia nel settembre 1860; e un altro breve, forse anche troppo
breve, capitolo ci dà informazioni utilissime sugli uomini illustri,
che Rieti può vantar nel campo delle lettere, delle scienze e delle
arti belle. Segue la descrizione di tutti i monumenti architettonici
e artistici che s’ incontrano in un ben combinato giro della città,
descrizione fatta senz’enfasi, ma sempre con fine discernimento,
con signorile gusto del bello e con garbo squisito: la fiancheg-
giano e la avvivano numerose e quasi sempre nitide illustrazioni.

Ottima appendice forma il capitolo sui Santuarî Francescani di
Fonte Colombo, di Greccio, della Foresta e di Poggio Bustone,
che riallacciano questo estremo lembo dell’ Umbria a tutto il re-
sto della regione nella sublime poesia della epopea francescana.

Corredano la Guida una ricca bibliografia, e opportunissimi
indici, tra cui vuol essere segnalato quello degli artisti menzio-
nati nel libro.

x*x Dopo la bella e pe’ suoi tempi dottissima « dissertazione »
di Baldassarre Orsini « sull’antico tempio di S. Angelo situato
vicino alla porta della città di Perugia », molte congetture e sva-
riate ipotesi si erano fatte sull'origine e sulla struttura di questo
bel monumento, nelle cui linee semplici ed armoniose si asso-
ciano felicemente gli elementi classici con quelli caratteristici del-
l’architettura romano-ravennate. Ma a risolvere i dubbi gravis-
simi d’ indole storica e tecnica sul fiorito argomento, vennero or
non è molto le fortunate ricerche dell’ attuale Soprintendente al-
l’ Ufficio per la conservazione dei Monumenti dell’ Umbria, comm.
Dante Viviani, il quale con un articolo completo e veramente
definitivo pubblicato in questa rivista (an. XVI, 1910, pp. 875)
diede conto delle sue diligenti indagini e degli scavi all’ uopo
compiuti, concludendo con uno « studio di ripristino » del tem-
pio, felicissimo così nei riguardi storici come in quelli dei parti-
colari architettonici e artistici.







ANALECTA UMBRA 363

Un riassunto poi del suo studio il Viviani stesso lo dava poi
nel « Bollettino d'Arte del Ministero della pubbliea Istruzione »
(an. .V, fasc. I).

Della bella e meritoria fatica del nostro illustre consocio si
valse già l’architetto Salvatore Marino Mazzara per un suo arti-
colo in « Arte e Storia » di Firenze (an. XXXIV, 1915, n. 5),
di cui a suo tempo demmo notizia in questa rubrica; e recente-
mente se ne è pur vantaggiato il sig. Lorenzo Frocca, Ispettore
nel suddetto Ufficio de' Monumenti, per un suo articolo in « Arte
Cristiana » (an. IV, n. 7; 15 lug. ’16), intitolato appunto Il tem-
pio di S. Angelo in Perugia: articolo commendevolissimo, oltre-
chè per la nitidezza e ricchezza delle illustrazioni, anche per lo
scopo di popolarizzare la conoscenza d’ uno dei più caratteristici
edificî monumentali dell’ Umbria nostra, ma che non ha certo
nè può avere alcuna pretesa di novità scientifica, non recando
— all’ infuori di qualche lieve e discutibile veduta personale di
dettaglio — alcun apprezzabile contributo in aggiunta o in con-
tradittorio delle esaurienti ipotesi e relative proposte con rara
competenza in materia formulate già dal Viviani nel nostro pe-
riodico.

G. Di-A.

xfx La chiesa del Crocifisso o basilica di S. Salvatore di Spo-
leto ha trovata una nuova illustrazione nella bella rivista « Arte
Cristiana » ehe si pubblica a Venezia (an. IV, 1916, n. 6 con un
articolo di Lorenzo Frocca. Conformandosi questi ai criteri della
pubblicazione che ha accolto il suo studio, si è limitato a desecri-
vere lo splendido monumento, che attirò sempre la particolare at-
tenzione di ogni più insigne archeologo; ma tale descrizione
ha saputo così bene restringere in brevi pagine, che il suo la-
voro può ben dirsi uno dei più completi e dei migliori che siano
stati prodotti intorno a questo soggetto. Non tutte forse le opi-
nioni dello scrittore, circa i rifacimenti della basilica e l’ epoca
della esecuzione di alcune parti ornamentali di essa, concor-
dano perfettamente con le idee già sostenute dal compianto pro-
fessor Sordini, il quale avea studiato con grande amore e per
più anni quell’ insigne monumento e fu in procinto di pubbli-
care un lungo e autorevole studio in proposito. Ma delle con-
clusioni del Sordini, che la immatura morte di lui, a ragione la-
mentata dal Fiocca, ci ha fatte ignorare, si dovrebbe pure .tro-

















































364 ANALECTA UMBRA

var traccia nelle carte che ha lasciate e che la famiglia tiene
troppo gelosamente nascoste. È buono, per quanto incompleto,
l’accenno che fa lo scrittore intorno all’ influenza esercitata dalla
nostra basilica sull’ arte dei marmorari locali del medioevo; e
sono parimente riuscitissime le numerose incisioni che accompa-
gnano l'artieolo. A] Fioeea dunque il merito di avere arricchita
la bella rivista, che da quattro anni illustra degnamente l’arte re-
ligiosa, del ricordo di uno de’ più interessanti monumenti del-
l’ antichità cristiana. L. FAUSTI.

xi Nella Nuova Antologia del 16 maggio 1917 si legge un in-
tessante articolo del prof. Enrico Sicardi, dal titolo Critica tedesca
e suggestione italiana. Ricordano Malispini fu un falsario? In
questo articolo il Sicardi con efficaci argomenti dimostra che le
Croniche di Fiorenza di Ricordano e di Giacotto Malispini sono
opera in tutto genuina e che gli argomenti addotti dal critico
tedesco Scheffer-Boichorst nei suoi Florentiner Studien per pro-
varne la falsità non hanno il valore, che anche molti studiosi ita-
liani hanno loro attribuito. Le cronache malispiniane sono invece
« al primo posto fra le nostre più antiche e vere cronache in
volgare ».

Facciamo qui menzione dell’articolo del Sicardi per rammen-
tare che l’egregio nostro collega prof. Annibale Tenneroni segna-
lava e descriveva sin dal 1894 nel « Catalogo ragionato dei ma
noscritti appartenenti al conte Giacomo Manzoni » (Città di Ca-
stello, S. Lapi, 1894) il più antieo codice del Malispini, e, notando
che il detto codice rimonta ad epoca anteriore agli sponsali di
Averardo de’ Medici con una Bonaguisi (sponsali, che avrebbero
dato motivo, secondo Scheffer- Boichorst, alla falsificazione della
storia) si opponeva alle infondate asserzioni del critico tedesco.

Alla opinione del Tenneroni sull’ antichità del codice manzo-
niano, ora nella Vittorio Emanuele, 499, si è opposto il Sicardi,
che ritiene il detto codice derivante dal manoscritto Laurenziano-
Ashburnhamiano 510, ma il Tenneroni ha validamente sostenuto
il suo avviso (v. Giornale d'Italia del 12 e 25 luglio 1917). A
prescindere da tale questione, « quel che preme ora (ripetiamo
anche noi col prof. Tenneroni) si è che non essendovi alcun dis-
senso circa la necessità di una nuova edizione con l'apparato eri-
tico del prezioso antico ingenuo testo del Malispini, se ne compia
quanto prima il lavoro preparatorio su tutti i manoscritti cono-
sciuti ».



ue pecucipscne cM GEO TUVO IIR MU NUEC MOON MM UMS ANALECTA UMBRA 365

x* Il nostro egregio consocio cav. DOMENICO TORDI, Direttore
delle RR. Poste in Firenze, ha testè donato al Comune fiorentino
una importante raccolta di panorami e piante di Firenze, da lui
messa insieme con amorosa cura e pazienti indagini di dotto e
appassionato bibliofilo; e la bella offerta accompagnava al Sin-
daco della città colla seguente nobilissima lettera che riprodu-
ciamo dai giornali fiorentini, sia per segnalare l’atto di munifica
liberalità del nostro valoroso amico e Collega, e sia ancora per
fermar la notizia degl’ interessanti particolari di storia orvietana
accennati nella lettera stessa:

Firenze, 18 Aprile 1917.
« IU.mo sig. Sindaco di Firenze,

« Non senza buona cagione parecchi anni or sono mi avvenne
di trovare nella mia città natale la grande pianta fiorentina del
Buonsignori, chè le due città, Firenze e Orvieto, ebbero antichis-
sima consuetudine di amicizia e di alleanza e si scambiarono i
primi magistrati e si aiutarono -di armati nelle cruente lotte poli-
tiche, tantochè le alterne fortune di Monteaperti e di Campaldino
suonarono per entrambe iattura e trionfo.

« E toccò appunto a Ranieri di Zaccaria de’ Ranieri di Or-
vieto, allora regio Vicario angioino in Firenze, la sinistra celebrità,
come direbbe il Del Lungo, di ribadire la sentenza feroce di Cante
de’ Gabbrielli da Gubbio contro il Divino Alighieri. Felix culpa
peraltro se per essa Firenze, anzi l Italia nostra, ebbe nell'« e-
sule senza colpa » il suo massimo poeta.

« Ripeto, non è meraviglia che questa grande carta raffigu-
rante con minuta diligenza la Firenze del Cinquecento, divenuta
quasi introvabile qui dove fu fabbricata, si rinvenisse in una casa
magnatizia orvietana, testimonianza evidente, insieme all’effigie
di Dante e alla rappresentazione iconografica del suo poema, af-
frescate nel meraviglioso Duomo, ideato primamente dal vostro
Arnolfo — che i legami affettuosi fra le due città si perpetuarono
pe’ tempi nè si ruppero mai.

« Ed a tale ininterrotta tradizione io attinsi « d’amor la gran
possanza » che m’ indusse a raccorre attorno a questo cimelio car-
tografico quanto mi fu possibile di rappresentazioni dell’ insieme
— panorami e piante — di questa « puleherrima » fra le città
d'Italia, che rendessero sensibile dimostrazione del suo progredire
fuor « della cerchia antica ».









366 ANALECTA UMBRA

« E se non mi fu dato d' imbattermi in un altro esemplare
del panorama di Firenze, che Iodoco del Badia e Corrado Ricci
giudicarono uscito fra il 1440 e il 1491 dalla bottega di Alessan-
dro, figlio del celebre cosmografo Francesco Rosselli, e del quale
l’unica copia finora conosciuta esulò in terre estranie, pure ho
potuto iniziare la mia raccolta da quello, che sussegue per ordine
di tempo e ne è apprezzabile riduzione pubblicato nel « Liber
Chronicarum » del 1493, e scendere giù giù alle principali rap-
presentazioni grafiche di Firenze edite da quel tempo in poi in
Italia e fuori. -

« Sono eosi un rilevante numero di panorami e piante che
ho potuto mettere insieme nel corso di piü anni e sarebbe stato
male che una simile collezione industriosamente, e dirò anche fa-
ticosamente composta, fosse andata di nuovo dispersa.

« Ma il pensiero ehe mi guidò nel farla, m° induee ora a do-
narla al Comune da Lei, Ill.mo Sindaeo, degnamente rappresen-
tato. Intendo eon essa onorare questa gentile Città che mi ospita
da più di un quarto di secolo e nel contempo la memoria dell'u-
niea mia doleissima figlia perduta.

« Due sole eondizioni pongo nell' aecettazione del dono: che
la raecolta resti in perpetuo riunita e completamente esposta al
pubblieo nel Palazzo della Signoria, da disporvisi quando io la-
scierò questi ambienti, e che s’ intitoli al nome di Giulietta Tordi.

« Si potrà forse osservare che sarebbe stato più conveniente
assegnarla a complemento della raccolta topografica da non molti
anni istituita nel museo Buonarroti, ma io che da quasi trenta
anni sto preparando un riverente tributo di ammirazione alla me-
moria del sommo artista col congregare fra quelle mura eternate
dal suo genio le edizioni antiche e moderne di quanto scrisse la
sua congeniale amica Vittoria Colonna, e di quanto fu scritto in-
torno a Lei, penso che converrà col tempo restituire intieramente al
culto ed allo studio di Michelangelo quel suo domestico santuario.

< Voglia il Comune di Firenze far benigna accoglienza a que-
sto mio atto di devoto omaggio e mettere, a suo tempo, questa rac-
colta, che mi auguro di potere ancor perfezionare, a profitto dei
molti e fervidi studiosi delle glorie e delle bellezze di questa ge-
nialissima città.

« Di Lei, Ill.mo Signor Sindaco, col massimo ossequio,

« Dev.mo

DomMENICO TORDI
Direttore delle Poste »,



NECROLOGIO

SERAFINO FRENFANELLI-CIBO



Il 27 Decembre 1916 mori in Foligno, sua patria, di
anni 82, il Conte Serafino Frenfanelli-Cibo, che fu uno dei
più affezzionati ed intelligenti soci della nostra R. Deputa-
zione di Storia Patria. Lasciando qui di notare le molte ed
onorevoli cariche che ebbe nella Città e nella Provincia,
essendo stato lungamente Consigliere del suo Comune, Sin-
daco due volte, Presidente della Congregazione di Carità,
R. Ispettore dei Scavi e Monumenti, Deputato di Todi due
volte, ecc., di lui qui vogliamo far ricordo per i rapporti
che ebbe con i nostri studi e con i nostri lavori. Cultore e
ricercatore assiduo, intelligente ed operoso delle patrie me-
morie, raccolse molteplici documenti, e stampe rare, e pre-
ziosi manoscritti, e quel che più interessa, trascrisse nume-
rosissimi appunti e ricordi di storia e di arte, che andava
amorosamente ricercando in archivi e in biblioteche. Non vi
era quindi solennità cittadina, alla quale egli non recasse il
tributo di un suo discorso, di un suo articolo, di un suo lavoro
geniale ed erudito. Il Centenario di Dante nel 1867, la festa
dell’Alunno nel 1872, la traslazione delle ceneri dell’ Ing. Ru-
tili nel 1886, l’ esposizione perugina del 1908, il centenario
del Piermarini nell’ anno stesso, furono tutte occasioni che
fecero conoscere la sua cultura e la sua erudizione. Avrebbe
potuto scrivere preziosi volumi di storia locale, se da essa
non l’avessero troppo distratto le cure della politica e del-
l amministrazione. Suo lavoro storico principale fu il bel











NECROLOGIO

volume di 180 pag. in 8, che pubblicò nel 1872, intitolato
Nicolò Alunno e la Scuola Umbra, edito da Barbera in Firenze,
dove per primo lumeggiò il posto che spetta nella scuola
umbra al pittore massimo della scuola folignate. Lavoro no-
tevole, perché all'indagine critica uni largo criterio estetico,
riuscendo libro di utile lettura si all'erudito, si al dilettante.

Educato a soda cultura prima a Foligno, poi in Perugia,
poi negli Stati Uniti, conobbe, e dette saggi notevoli nelle
lettere italiane e nelle inglesi, la cui storia formò oggetto dj
uno dei suoi studi più lodati. Lasciò alla biblioteca della sua
città la raccolta di storie locali che aveva radunata, e questa
raccolta è l’ ultima pagina istorica di una famiglia patrizia
che si è estinta con lui, e che ha dato alle armi, al foro,
al tempio, alle lettere campioni illustri, e non facilmente
dimenticabili.





Pp:






Po TeTa



369

TAVOLA DE’ NOMI, DI PERSONE E DI LUOGHI

AnsiprI V., La tregua del 21 marzo
1380 fra Galeotto Malatesta si-
gnore di Rimini e Antonio di
Montefeltro conte d'Urbino, 19.

Ateneo di Bologna (Professori um-
bri nell’), 163.

BaTTISTINI M., Le relazioni fra
Volterra e l'Umbria nel seco-
lo XIV, 157.

Bibliografia archivistica umbra
(Saggio di), 55.

Bologna, Professori umbri nell’ A-
teneo di Bologna, 163.

Canuti F., La patria del pittore
Giannicola con notizie e docu-
menti sulla vita e sulle opere,
279.

Czsi P., Storico casciano, 93.

CrrrÀ pi CasTELLO, Gli « Ordina-
menta mortuorum » in Città di
Castello, 41.

DavipsouN R., 213.

DegLI Azzi G:, Saggio di biblio-
grafia archivistica umbra, 55.

— Leggi suntuarie perugine nel-
l'età dei Comuni, 195.

— Un frate di spirito nel Seicento



(Don Secondo Lancellotti da
Perugia), 217.
— Analecta, 359.

ErrsE: R., Della città natale di
Sesto Properzio, v. Recensioni
bibliografiche, 356.

EnrIco VI pi Svevia Re de’ Ro-
mani (L’assedio di) contro la
città di Orvieto (1186), 203.

FaLOCI PuLIGNANI M., Recensioni
dei volumi di G. Faure, Au
pays de Saint Francois d'Assise
e di R. Elisei, Della città na-
tale di Sesto Properzio, 355, 356.

— Necrologio del conte Serafino
Frenfanelli-Cibo, 367.

FARNESE (Pietro, Pietrobertoldo e
Ranuccio). Breve di Martino V
a loro diretto, 351.

FauRE G., Au pays de Saint Fran-
gois d’Assise, v. Recensioni bi-
bliografiche, 355.

Fausti L., Camillo Orsini e la pa-
cificaz. di Spoleto del 1516, 263.

— Il portico del Duomo di Spo-
leto. Nuovi documenti, 339.

— Analecta, 363.

Fi0ccA L., Il Tempio di S. An-
gelo in Perugia, 363.







310 TAVOLA DE' NOMI, DI PERSONE E DI LUOGHI

Fiocca L., La Chiesa del Croci-
fisso o Basilica di S. Salvatore
di Spoleto, v. Analecta, 363.

FiLippini E., Dopo cinque secoli
dalla morte di Federico Frezzi,
v. Analecta, 359.

FRENFANELLI-CiBO S., Suo necro-
logio. 361.

Fuwr L., L'assedio di Enrico VI
di Svevia Re de' Romani con-
tro la città di Orvieto (1186), 203.

— Eretici e ribelli nell’Umbria, v.
Analecta, 360.

GaLLi E., Un cippo orvietano con
scena di commiato funebre, 1.
GiannicoLA (La patria del pittore)
con notizie e documenti sulla

vita e sulle opere, 279.

LaNcELLOoTTI D. SEcoNpo da Pe-

rugia, 217.

MALATESTA (Galeotto) signore di
Rimini, 19.

Martino V (Un breve ignorato di),
351.

Mazzara S. M., Sull’antico tempio
di S. Angelo in Perugia, v. A-
nalecta, 363.

MazzanintI G., Professori umbri
nell'Ateneo di Bologna, 163.
MiscuJ G., Gli « Ordinamenta mor-
. tuorum » in Città di Castello, 41.
MonTEFELTRO (Antonio di) conte

d’ Urbino, 19.
Morini A., Todi illustrata dallo

storico casciano Panfilio Cesi,93.

Orsini Camillo e la pacificazione
di Spoleto del 1516, 263.

Orvieto, Un cippo orvietano con
scene di commiato funebre, 1.

— L'assedio di Enrico VI di Sve-
via Re de' Romani contro la
città di Orvieto (1186), 203.

PERUGIA, Leggi suntuarie perugine
nell’ età dei Comuni, 125.

— Sul ripristino e restauro del Pa-
lazzo del Capitano del Popolo
in Perugia, 169.

— Rinvenimento di affreschi nel-
l'Ospedale militare di S. Giu-
liana, 353.

— Antico tempio di S. Angelo, v.
Analecta, 362.

PoGGIO AQUILONE (Notizie storiche
sul castello di) col testo dello
Statuto del 1556, 229.

Pomponi L., Il Battistero di S. Ma-
ria Maggiore di Spello, 345.

RiccieRI A., Notizie storiche sul
castello di Poggio Aquilone,
col testo dello Statuto del 1556,
229.

RoBrony E., Un breve ignorato di
Martino V, 351.

SAccHETTI-SASsETTI A., Guida illu-
strata di Rieti, v. Analecta, 361.

SppLLO (Il Battistero di S. Maria
Maggiore di), 345.

SpoLeTo (Camillo Orsini e la pa-
cificazione di) del 1516, 263.

— (Il portico del Duomo di). Nuovi
documenti, 339.







TAVOLA DE' NOMI, EI PERSONE E EI LUOGHI 371

TarcHi U., Sul ripristino e re-
stauro del Palazzo del Capitano
del Popolo in Perugia (oggi Pa-
lazzo di Giustizia e sulla nuova
facciata dell’ adiacente sede
della Corte d’Assise, 169.

— Scoperta di affreschi nell’Ospe-
dale militare di S. Giuliana in
Perugia, 353.

TENNERONI A., v. Analecta, 364.

Top: illustrata dallo storico ca-

sciano Panfilio Cesi. 93.

*

Torpi D., 213.

— Suo dono al Comune di Firenze
di una raccolta di panorami e
piante di detta città, v. Anale-
cta. 365.

Viviani D., Sull’antico tempio di
S. Angelo in Perugia, v. Ana-
lecta. 362.

VoLTERRA, Le relazioni fra Vol-
terra e l'Umbria nel secolo XIV,
157.

——— —Ócmo————





373

Periodici in cambio o in dono - Omaggio di pubblicazioni

Annuario dell’Istituto Italiano (Anno 1915-16).

Apulia — Rivista di filosofia, storia, arte ecc. (Anno 1910).

Archiginnasio ( L’). Bollettino della Biblioteca Comunale di Bologna (An-
no X).

Archivio storico per le province Parmensi (Anno 1916).

Arte e Storia (Anno 1916).

Ateneo Veneto (Anno XXXVIII).

Atti e memorie della Società Siciliana per la Storia Patria (Anno 1916).

Atti della K. Accademia delle Scienze di Torino (Anno 1916).

Atti e memorie della R. Accademia Virgiliana di Mantova (Anno 1916).

Atti e memorie della R. Deputazione di Storia Patria per le province di
Romagna (Anno 1916).

Bollettino storico bibliografico Subalpino (Anno 1916).

Bollettino della Società pavese di Storia patria (Anno 1916).

Bollettino della Società Africana d’Italia (Anno 1916).

Bollettino del Museo Civico di Bassano (Anno 1912).

Bollettino d’ Arte (del Ministero delle P. I.) (Anno IX).

Brixia Sacra (Anno 1916).

Bulletin de la Societé d' Histoire Vandoise (Anno 1916).

Bullettino Senese di Storia Patria (Anno 1916).

Bullettino Storico Pistoiese (Anno 1916).

Bullettino della Società Dantesca Italiana (Vol. XXII).

Civiltà Cattolica (Anno LXVI)..

Comitato nazionale per la Storia del Risorgimento. — Adunanza del 5
Marzo 1915. Sunto dei discorsi di S. E. P. Grippo e S. E. Paolo
Boselli.

Deputazione (R.) Toscana di Storia Patria. — L'Archivio Storico Italiano
e l’opera cinquantenaria della R. Deputazione di Storia Patria.
Deputazione (R.) di Storia Patria per le Provincie di Romagna. — Il
Primo Cinquantenario (1860-1910). Documenti, Relazioni, Indici.

Giornale Storico della Lunigiana (Anno VII).
R. Istituto Lombardo di Scienze e Lettere (1916, Vol. XLVIII).













374 PERIODICI IN CAMBIO O IN DONO -- OMAGGIO DI PUBBLICAZIONI

Mélanges d'Archéologie et d'Histoire (Anno XXXV).

Miscellanea Storica della Valdelsa (Anno XXIII).

Nuovo Archivio Veneto (1916).

Rivista Storica Italiana (Anno XXXI).

Rivista Integrale (Anno IV).

Rivista di Storia Critica delle Scienze mediche e naturali (Anno VI).
Rivista d’ Artiglieria e Genio (Anno XXXII).

Società Storica per la Provincia ed antica Diocesi di Como (1916).

Al Re al Duce, XI Novembre MCMXV — Campobasso 1916, G. Co-
litti e F.

AMANTE B., I napoletani nel 1815. La prima guerra per l’unità d’Ita-
lia — Campobasso 1916, G. Colitti e F.

Ipem, Per l’assetto federativo delle nazioni latine. Arminio e Germa-
nico. Pangermanesimo e Panlatinismo — Campobasso 1917, G. Co-
litti e F.

ANTONA-TRAvERSI C., La guerra vista da Parigi (1914-1915) — Campo-
basso 1917, G. Colitti e F.

BaccHi DELLA LEgGA A., Pagine sparse — Campobasso 1916, G. Colitti.

BanziLAr S., La nostra guerra — Campobasso 1915, G. Colitti e F.

BoneLti G., L'Archivio dell’Ospedale di Brescia. Notizie e Inventario.
— Brescia 1916, Tip. Pio Istituto Pavoni.

BruGNoLI A., Dei monumenti a Pietro Vannucci e Garibaldi e della
nuova strada — Perugia, Tip. Umbra.

Buona:uTI A., Sul Carso raggiunto — Campobasso, G. Colitti e F.

CALDERINI A., A proposito di una gita di Jacopo Corbinelli a Epernay
nel 1576 — Milano 1916, Scuola Tip. Lit. Figli della Provvidenza.

CALDERINI G., (La Commemorazione di) XVIII Aprile MCMXVI. Acca-
demia di Belle arti di Perugia.

CanBONELLI G., Dieci consigli medici dettati da Maestro Gerardo de
Berneriis Medico Alessandrino, Lettere nello Studio di Pavia nel
Sec. XV. (Complem. del Fasc. LXI della Rivista di Storia, Arte, Ar-
cheologia della Prov. d'Alessandria) — Roma 1916. Tip. Centenari.

CiwongLLI G., Gli antichi Statuti della città di Venafro. — Campobasso,
1916, G. Colitti e F.

CrMBALI E., Trionfi e compiti del nuovo Diritto Internazionale nella
presente conflagrazione — Campobasso 1916, G. Colitti e F.
Iprm., La festa della pace e il nuovo Diritto Internazionale nel secondo
anno della conflagrazione — Campobasso 1916, G. Colitti e F.









PERIODICI IN CAMBIO O IN DONO -- OMAGGIO DI PUBBLICAZIONI 375

Cimpari E., Martire e santa Polonia! — Campobasso 1916, ‘G. Colitti
e F.

CIMBALI Gi, Gli insegnamenti della guerra per la fede nella democra-
zia internazionale — Campobasso 1916, G. Colitti e F.
CracEnr E., Intorno alle relazioni fra Roma e l’ Egitto al tempo dei
Lagidi — Venezia 1916, Prem. Officine Grafiche Carlo Ferrari.
CiccaGLione F., Donato Antonio d'Asti e la coscienza storica italiana
— Campobasso 1916, G. Colitti e F.

CuRIEL G., Religione a guerra, con prefazione di Ottorino Modugno
— Da l’Ateismo e la Fede — Campobasso 1916, G. Colitti e F.

De Francesco G. Prolegomeni di Fisio Psicologia pedagogica — Cam-
pobasso 1916, G. Colitti e F.

De Cuiara S., Giosuè Carducci e l’anima moderna — Campobasso 1916,
G. Colitti e F.

DeL Veccuio G., Le ragioni morali della guerra — Campobasso 1916,
G. Colitti e F.

D’ Ovipio F., L'avversione di Ruggero Bonghi alla Triplice Alleanza
— Campobasso 1915, G. Colitti e F.

Fawr A., Per Enzo Valentini e Francesco Calzoni — Perugia 1916, G.
Donnini.

Fossati L., Una pagina di Psicologia Tomistica — Milano 1916; :U.
Hoepli.

FRATICELLI V., La Veglia e gli oleandri, Prosa ritmica garibaldina

— Giaden 1916, G. Colitti e F.

GaBBA B., Le dottrine ini del Conte di Gobineau —
Milano 1916, U. Hoepli.

GarnEATI G., La Chiesa di Sigismondo presso Cremona — Cremona
1913, Fratelli Bergonzi.

GaLantI F., Ricordi di guerra, Poesle — Venezia i916, C. Ferrari.

GEROLA G., Le volte delle logge e la decorazioni delle pareti di S. Vi-
tale — a 1916, Prem. Off. Grafiche di Carlo Ferrari.

Giurini G., (Nel 2° centenario della nascita del Conte) Istoriografo —
Milano 1916, Stucchi, Ceretti e C.

Jaonne G., — I. Per la lingua d’ Italia e per la Dante. — II. Gabriele
Pepe nei suoi diari militari inediti (1807-1813). Campobasso 1916,
G. Colitti e F.

LoncareLLI M., Piccola vela, Versi — Campobasso 1915, G. Colitti e F.

Lo Parco F., Le Alpi nostre nella poesia di G. Carducci — Campo-
basso 1916, G. Colitti e F.
Marino N., L’Anagrafe Comunale, Regolamento 21 sett. 1901 — Cam-

pobasso 1915, G. Colitti e F.

Pj










376 PERIODICI IN CAMBIO O IN DONO -- OMAGGIO DI PUBBLICAZIONI

MeLcHIoRrI E., La lotta per l’ italianità delle terre irredente (1797-1915)
— Firenze, R. Bemporad e F.
MIGLIARELLI B., Decus Italiae Virgo — Campobasso 1916, G. Colitti e F.

Mopugno 0., Mobilitazione femminile — Campobasso 1916, G. Colitti
e. F. 2
OrLanpo V. E., La Guerra giusta e necessaria — Campobasso 1915,

G. Colitti e F.

j PAPADOPOLI ALDOBRANDINI N., Il ducato di Deodato di Gozon Gran Mae.

| stro dell' Ordine di S. Giovanni di Gerusalemme a Rodi (1346-1353)

! — Venezia 1916, Prem. Off. Grafiche di Carlo Ferrari.

PeRTICONE G., Come si attua e si difende la pace fra gli Stati — Cam-
pobasso 1916, G. Colitti e F.

PrsenTI G., Diario odeporico-bibliografico inedito del Poliziano — Mi-
lano 1916, U. Hoepli.

PigraLLI A., La scuola e l'ora presente della Patria — Campobasso
1916, G. Colitti e F. :

RonioNv E., Gli ultimi dei Medici e la ‘successione al Granducato di
Toscana — Firenze 1905, Bernardo Seeber.

SANARELLI G., La cultura germanica e la guerra per l'egemonia mon-
diale — Campobasso 1916, G. Colitti e F.

SeGARIZZI A., Cenni sulle scuole pubbliche a Venezia nel sec. XV e
sul primo maestro d'esse — Venezia 1916, Prem. Off. Grafiche di
Carlo Ferrari.

Scoca S., Razza e filosofia nella guerra germanica — Campobasso 1916,
G. Colitti e F.

ScHERILLO M., Dante, simbolo della Patria — Cavour e la Marina Ita-
liana. Discorsi e altre bricciche — Campobasso 1916, G. Colitti e F.

Tamaro I., Il problema universitario — Campobasso 1916, G. Colitti
UE:

Torpi C., Il Figlio del Re. Commedia in 4 atti —« Ascoli Piceno 1916,
Stab. grafico Cesari.

VrrELLI G., Per gli studi classici e 1’ Italia — Campobasso 1916, G,
Colitti e F.

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INDICE DEL VENTIDUESIMO VOLUME

Atti della R. Deputazione.

Adunanza di Consigiio tenutasi nei locali della R. Deputa-
zione presso la Biblioteca Comunale di Perugia il giorno
21 novembre 1915

Memorie e Documenti.

Un cippo orvietano con scena di commiato funebre (E. GALLI)
La tregua del 21 marzo 1380 fra Galeotto Malatesta signore
di Rimiui e Antonio di Montefeltro conte d'Urbino (V.
ANSIDEI) : ; 1 : : È : x :
Gli « Ordinamenta Mortuorum » in Città di Castello (G. Mr-
SCHJ) » : : ; $
Saggio di bibliografia archivistica ia (G. DEGLI Azzi)
Todi illustrata dallo storico casciano Pamfilio Cesi (A. MoRINI)
Leggi suntuarie perugine nell’età dei Comuni (G. DEGLI AzZr)
Sul ripristino e restauro del Palazzo del Capitano del Po-
polo in Perugia (U. TARCHI) ; i : s :
L'assedio di Enrico VI di Svevia re de' Romani contro la
città di Orvieto (1186) (L. Fumi).
Un frate di spirito nel Seicento (G. DEGLI A
Notizie storiche sul Castello di Poggio Aquilone col testo
dello Statuto del 1556 (A. RICCIERI) . i
Camillo Orsini e la pacificazione di Spoleto del 1516 (L. agri
La patria del pittore Giannicola (F. CANUTI)
Il Portico del Duomo di Spoleto (L. FAUSTI) .

Aneddoti e Vurietà.

Le relazioni fra Volterra e l' Umbria nel secolo XIV (M. Bar-
TISTINI). . : .
Professori umbri nell "Rioiilo ai Boggi (G. Miti

Pag.

377

169

203
217





318

Il Battisterio di S. María Maggiore di Spello (L. PoMPONI). Pag.

Un breve ignorato di Martino V (E. RoBIoNY) : ; »
Rinvenimento di affreschi nell'Ospedale Militare di S. Giu-
liana in Perugia (U. V.) . i ; ; : Y s »

Recensioni bibliografiche.

Recensioni bibliografiche i : È : 2 È e
Analecta Umbra i : : 3 : : : ; ; »
Tavola de’ nomi, di persone e di luoghi. . : n Sa

Periodici in cambio o in dono -- Omaggio di pubblicazioni. —»
Necrologio.

Serafino Frenfanelli-Cibo (M. FAaLOCI PULIGNANI)

345
351

533