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ANNO XXXI Fasc. I-II-III (n. 83-84-85)

BOLLETTINO

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DELLA REGIA DEPUTAZIONE

DI

STORIA PATRIA

PER L'UMBRIA

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VOLUME XXXI

PERUGIA
TIPOGRAFIA ECONOMICA
VIA XIV SETTEMBRE
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ANNO XXXI Fasc. I-IHI-HI (n. 83-84-85)

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VoLUME XXXI

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ATTI DELLA R. DEPUTAZIONE

Il giorno 25 ottobre 1933-XI, alle ore 9, convengono
nella Sala delle Adunanze della Sede della R. Deputazione
di Storia Patria dell Umbria, in seguito a regolare invito
che reca il seguente Ordine del Giorno:

I. — Lettura e approvazione del verbale della pre-
cedente Adunanza;

II. — Resoconto finanziario;

III. — Relazione del Presidente;

IV. — Nomina delle cariche sociali;

V. — Nomina dei Soci delle varie categorie;

VI. — Comunicazioni varie;

i Sige.: GUARDABASSI Comm. Prof. FRANCESCO; FALOCI
PuLIGNANI Mons. Comm. MicHELE; ANSIDEI Conte Comm.
Dott. VINCENZO; BRIGANTI Dott. Cav. FRANCESCO; RICCI
Prof. D. ErTroRE; FAvusTI Prof. Can. D. LUIGI; LAURETI
Avv. PASQUALE; CRISTOFANI Prof. GIUSTINO.

Hanno giustifieata la loro assenza, a mezzo di lettere,
i Sigg.: TARULLI BRUNAMONTI Prof. Cav. Luidr; TORDI
Comm. DowENICO; Moniwi Dott. Cav. ADOLFO.

‘ Alle ore 10 il Presidente, trascorsa un'ora da quella

designata nelPinvito, a norma dellart. 17 dello Statuto e

della consuetudine costantemente seguita, dichiara aperta
PP Adunanza e dà lettura del verbale delP ultima seduta
Consiliare, che viene approvato,
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XI ATTI DELLA R. DEPUTAZIONE

Il Presidente espone dapprima come la scarsa attività
della Deputazione, negli ultimi due anni, fu principalmente
causata dal lavoro al quale dovette attendere Pl Officio di
Presidenza per la compilazione dello schema di Riforma
dello Statuto e in particolar modo per il ritardo frapposto
da molti Colleghi del Consiglio dei Soci Ordinari all’ invio
delle proposte di modificazioni allo schema suddetto, già
loro spedito in bozze di stampa.

La limitata disponibilità di caratteri tipografici della
Stamperia, a cui fu affidata la pubblicazione del Bollettino,
determinò inoltre non solo ostacoli alla regolare uscita del
periodico, ma anche ineresciosa incertezza da parte delP Of-
ficio di Presidenza nel sollecitare o accogliere offerte di
scritti, non potendo dare affidamento di pronta pubblicazione.

Se però queste ed altre circostanze diminuirono Patti-
vità della Deputazione, non v'è dubbio che questa, mercè
dell’ opera individuale dei Colleghi e per la solerzia del
nuovo Officio di Presidenza, che deve essere eletto nella
presente adunanza, con feconda operosità, saprà corrispon-
dere degnamente al compito, al quale essa ha sempre atteso
con sincera fede, durante i quaranta anni della sua esistenza.

Riferisce quindi intorno allo stato finanziario della De-
putazione, presentando i seguenti risultati:

ATTIVO:

Residuo di cassa 1932 comprese L. 3000 (valore

nominale di Cartelle del Consolidato) . . L. 3.635,65
Riscossioni d’interessi arretrati e correnti delle

Cartelle del Consolidato, di sussidi arretrati :

e correnti del Ministero della Educazione

Nazionale, delle Provincie di Perugia e

di Terni e di quote sociali vendita di an-

nate del Dollettino ^ ; . . o 223,60
Quote sociali arretrate da riscuotere , . . . » 13.864,00

L. 31.723,25

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ATTI DELLA R. DEPUTAZIONE VII
PASSIVO :
Spese per lavori tipografici eseguiti e in corso
"distampss.s 0. : L. 7.057,00

Aequisto di libri, spese di segreteria, postali
e cancelleria; percentuali alPesattore di
quote.sociali:e| varie. — . . . an. » ^1.321,00

L. 8.378,6

BILANCIO:

Totale attivo . . . L. 31.723,25
Totale passivo . . >» 8.378,00

L. 23.344,65

In proposito accenna alla necessità di un? accurata revi-
sione degli arretrati delle quote annuali dei Soci, allo scopo
di esaminare tanto il caso della cancéllazione di alcuni
nomi, quanto della ratizzazione delle somme dovute, e avendo
invitato il Consiglio a norma dell'art. 14 dello Statuto a
nominare due: Revisori del Consuntivo, questi vengono eletti
nelle persone dei Sigg. Conte Comm. ANSIDEI VINCENZO e
Dott. Cav. MORINI ADOLFO.

Dietro Pinvito che il Presidente rivolge ai Colleghi di
manifestare il loro pensiero circa le pubblicazioni in corso
e quelle che potrebbero aver luogo, sia nel Bollettino, sia
nelle Appendici o nelle Fonti, il Conte ANSIDEI riferisce
intorno alla stampa del Regesto delle Riformagioni del
Comune di Perugia, dal XIII secolo al XIV: e gli adunati
prendono atto con compiacimento di quanto egli espone.

Si passa quindi alla elezione degli Officiali della Presi-
denza, in conformità delle disposizioni del nuovo Statuto
che richiede la nomina di un Presidente, di un Vice-Presi-
dente, di un Segretario e di un Economo. In tal punto il
Comm. Mons. FALOCI PULIGNANI MICHELE comunica che il
Cav. Uff, Prof, LUIGI TARULLI BRUNAMONTI gli ha significato

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VIII ATTI DELLA R. DEPUTAZIONE

che i nuovi doveri dell’ Officio di Podestà di Bevagna gli
impediscono di prestare ulteriormente l'opera propria nel-
l’ Officio di Presidenza, e il Consiglio al'unanimità esprime
il suo alto encomio al Collega TARULLI BRUNAMONTI per
lazione da lui svolta a beneficio della Deputazione.

Procedendo regolarmente alla votazione per le proposte.

di nomina degli Officiali, resultano all’ unanimità proposti:

all’ Officio di Presidente: GUARDABASSI FRANCESCO;

» » Vice Presidente: FALOCI PULIGNANI MICHELE;
» » Segretario: RICCI ETTORE;
» » Economo: CRISTOFANI GIUSTINO.

Ed ugualmente all unanimità resultano proposti:

come Soci Ordinari i Sigg.: BeLFORTI Dott. RAF-
FAELE; CANUTI Mons. FIORENZO; FORTINI Avv. ARNALDO;
GIiovaGNOLI Mons. Prof. ENRICO; GUERRIERI Dott. RUGGERO ;
MARTINORI Ing. EpoARDO; PENSI GIULIO; VALENTI Conte
Dott. TOMMASO;

come Collaboratori i Soci Sigg.: BIAGETTI Rag. ANGELO;
FruMi Contessa MARIA LUISA; LUPATTELLI Avv. ASTORRE;
MocHI OwoRv Prof. SERGIO; PAOLETTI Dott. ANNA;

. PAscucCI Dott. GIUSEPPE;

come Soci Corrispondenti i Sigg.: BERTUCCI Dott. TE-
MISTOCLE; MonTI Dott. Prof. GENNARO MARIA.

come Aggregato il Socio Sig. CANELLI BIZZOZZERO
Prof. GIOVANNI.

Dopo di che, avendo gli adunati dato incarico al Pre-
sidente di stabilire il giorno per I’ Adunanza delP Assemblea
Generale dei Soci, la seduta è tolta.

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DEL PRESIDENTE DELL'ISTITUTO STORICO ITALIANO

Siamo lietissimi che l'illustre Professore Senatore Pietro
Fedele, già Ministro delP Educazione Nazionale, sia stato
prescelto a presiedere all’ Istituto Storico Italiano, dopo la
morte del Senatore Paolo Boselli che da molti anni occu-
pava questa onorifica ed importantissima carica.

Il valore indiscutibile sul campo della storia e il grande
amore dell’ arte di cui Sua Eccellenza Pietro Fedele ha dato
molteplici prove, sono una promessa infallibile del nuovo indi-
rizzo e della vita operosa che si svilupperà nell’ Istituto Sto-
rico Italiano sotto la sapiente ed attivissima. direzione di Lui.

A così bene sperare, oltre le ragioni accennate, ce ne
dà sicuro argomento la lettera con la quale Sua Eccellenza
comunica alle Regie Deputazioni e Società di Storia Patria
la. Sua elezione, e che noi riproduciamo qui integralmente.

Se gl’ Istituti Storici e tutti gli studiosi hanno appreso
con piacere la nomina del nuovo Presidente, la nostra De-
putazione di Storia Patria ha ragioni del tutto speciali per
rallegrarsene, come quella che, forse più delle altre, ha spe-
rimentato i vantaggi degli altissimi pregi onde è adorno
animo di Lui.

A Lui infatti si deve, se Perugia ha potuto avere l'Uni-
versità degli Stranieri che da parecchi anni afferma presso
le nazioni estere la sua vita sempre più rigogliosa e feconda,
con onore ed anche con utilità materiale della cittadinanza.

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X UNA CIRCOLARE DEL PRESIDENTE DELL'ISTITUTO STORICO ITALIANO

A Lui dobbiamo essere. riconoscenti, se l’insigne monu-
mento ducentesco della chiesa di Santa Giuliana fu ritolto
dallo squallore in cui era stato ridotto più per malizia che
per noncuranza degli uomini: ed è recente il fatto di un
nuovo attentato all’arte e alla storia di questo tempio, atten-
tato che si è potuto sventare per l’interessamento di Lui
che ne aveva curati i primi restauri, onde assicurarlo dalla
rovina.

Non è nostro compito ricordare qui tutte le beneme-
renze dell’illustre Ministro acquistatesi in Perugia e nella
Regione: chè sono molte e di molta importanza: ma non
possiamo fare a meno di ricordare gl’indimenticabili giorni
dell’ottobre 1926, quando a coronare la festa sette volte
centenaria di Francesco, il Duce, rendendo al Pontefice la
insigne Basilica di Assisi, dichiarata dalla Suprema Corte
proprietà del Vaticano secondo le guarentigie governative,
volle affidato l’incarico al Ministro della Educazione Nazio-
nale il quale tanto erasi con Lui adoperato nel disbrigo di
un affare fino allora apparso insolubile.

Ancora ci risuonano nell’animo le parole ispirate del

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Ministro Fedele, il quale con la franehezza che è propria

degli uomini grandi eonsapevoli della propria rettitudine e

del proprio valore, seppe delineare Pindirizzo del nuovo

‘Governo eon veduta sicura, affidando gl’ Italiani che vanno

alteri di aver dato i natali al Poverello di Assisi, che quel-
l’atto generoso del Duce era auspicio di giorni sempre più
lieti! Gli eventi hanno risposto fedelmente allaugurio che
fu profezia, ispirata da Francesco d' Assisi.

Facciamo però augurj di lunga vita al degnissimo Pre-
sidente dell’ Istituto Storico Italiano; affinché siano adem-
piuti i voti da Lui espressi nel prendere la Direzione del-
laltissimo ufficio dall’ Assemblea generale affidatogli.

E. RICCI

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/UNA CIRCOLARE DEL PRESIDENTE DELL' ISTITUTO STORICO ITALIANO XI

« Alle RR. Deputazioni e Società di Storia Patria,
« Alle Società, Storiche, US
« Ai Professori di Storia nei RR. Istituti Superiori,

«Chiamato dall’ Assemblea dell’ Istituto Storico Italiano a
succedere nella presidenza dell’ Istituto al compianto Paolo Bo-
selli, sento innanzi tutto il bisogno d’inviare il più cordiale
saluto ai miei colleghi nell’insegnamento, alle RR. Deputazioni
e Società di Storia Patria, che nella loro, più o meno lunga,
ma operosa vita, si sono rese altamente benemerite degli studi
italiani, contribuendo con le investigazioni e le pubblicazioni
regionali a illuminare sempre meglio le vicende e gli ordina-
menti dell’intera Italia.

« È mio proposito, e, da quanto ho inteso, credo anche
desiderio delle RR. Deputazioni e Società, ehe tra esse e l'Isti-
tuto si stringano sempre più intimamente i vincoli per una
comune e proficua collaborazione; collaborazione che potrà dare,
riunendo le forze, larghissimi frutti, senza menomare affatto
l autonomia di ciascuna delle parti. Perchè, lo ripeto con le

parole del nostro. primo Presidente, l’ Istituto, nel quale siedono -

accanto ai rappresentanti del Governo, i rappresentanti di tutte
le Deputazioni e Società Storiche, non intende in alcun modo
sovradominare e sindacare i lavori dei singoli sodalizi, ma sol-
tanto di rafforzarne l'azione con un mutuo ricambio di notizie,
d'indirizzi, di raffronti, ed, ove occorra, anche con sussidi
d’ opera e di mezzi.

< Prego pertanto le RR. Deputazioni e Società di Storia
Patria ed i professori di storia nei RR. Istituti Superiori di
volerci indicare, quali fonti medioevali, oltre quelle comprese
nei Rerum Italicarum Scriptores, meritino a loro giudizio di
venir pubblicate; e di darci eventualmente i nomi di studiosi
disposti a curarne la stampa. L'Istituto, se sarà necessario,
potrà mandare sul luogo qualche suo membro per concretare i
piani dei lavori. | |

« È poi mio intendimento di dar nuovo impulso alla serie
dei Regesta Chartarum, così che essa diventi la raccolta princi-
pale delle Carte d’Italia. Fin ora i.Regesta hanno accolto soltanto
riassunti od estratti di documenti. D' ora innanzi essi compren-
deranno anche edizioni integrali di testi, Potranno far parte
XII UNA CIRCOLARE DEL PRESIDENTE DELL'ISTITUTO STORICO ITALIANO

della serie anche volumi curati da Deputazioni e Società Sto-
riche, da Istituti o Comitati Storici che non abbiano già la
pubblieazione di una propria serie di earte. Saremo in ogni
modo disposti a pubblicare, per intero o per regesto, quelle
carte che le Deputazioni e Società Storiche non crederanno di
comprendere nelle loro collezioni. i

«Io mi auguro che ci venga incontro la collaborazione
operosa e cordiale non solo delle Deputazioni e delle Società
Storiche, ma di tutti gli studiosi, e sarò ben lieto se in tal
modo potranno stringersi, nella solidarietà della scienza, i legami
tra il nostro Istituto, che ha carattere ed intenti nazionali, con
le Deputazioni e con le Società Storiche regionali, ed anche con
tutti coloro che, attendendo alle indagini ed agli studi storici,
sentono, in questo nuovo fervore della vita nazionale, la pro-
fonda verità delle parole dette da Benito Mussolini nel suo
discorso alla R. Società Romana di Storia Patria, che bisogna
muovere dal passato per andare incontro all’ avvenire.

« Roma (Piazza dell’ Orologio, 4), 15 dicembre 1933-XII.

‘ «& PIETRO FEDELE ».

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CRONACA DELLA REPUBBLICA FRANCESE
DIN DERUGIS

La Cronaca che si viene pubblicando è tratta da un
manoscritto da me trovato fra le carte appartenenti al
P. Enrico Bondi dell’Oratorio, Parroco di S. Filippo Neri,
ricercatore appassionato di memorie storiche perugine. Non
saprei dire come questo codice gli venisse in mano; perchè
non vi è alcuna memoria scritta di pugno suo, come soleva
fare negli opuscoli e nelle carte che andava raccogliendo.
Penso che possa provenire dalla nobile famiglia perugina
dei Pellini; e che gli sia stato consegnato, insieme con altri
documenti, da Carolina Pellini, morta or fanno circa» 25 anni,
ultima di sua stirpe.

Il codice non porta il nome dell’ Autore, perchè è man-
cante dei primi fogli ne? quali forse doveva essere notato:
ma non v'é dubbio, che sia d'un contemporaneo e per di più
perugino, com’è facile rilevare da parecchi indizj: in fine,
(e questo importa più d’ogni altra cosa), è scritto con tale
equanimità, direi quasi spassionatezza, che l’ animo dello
scrittore non si manifesta mai nell’ esposizione dei fatti acca-
duti sotto i suoi occhi; nè sarebbe possibile indovinarne il
pensiero, se dalle ultime parole del racconto, dove parla delle
preghiere fatte in ringraziamento dell’ ordine ristabilito, non
apparisse l’animo buono di chi, dopo aver sofferto molti
disagi ed aver corso gravi pericoli, lieto della pace finalmente
riacquistata, senza godere della sconfitta del nemico, senza

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2 E. RICCI

maledire ai vinti, anzi, tacendo perfino i nomi di quelli che
nel trambusto rubarono o commisero altre azioni indegne,
fa voti per là prosperità della patria.

Queste doti dello scrittore, che appariscono ben chiare a
chiunque legga con un po’ di attenzione, danno affidamento
della sincerità del racconto e dell’ esattezza dei particolari;
tanto che sulla fede del nostro cronista è lecito di correggere
alcune inesattezze che si trovano in altri storici, e di stabilire
con precisione le date, non sempre esatte. Cito fra gli altri
Gian Battista Marini, forse il primo fra i cronisti di questo
periodo, il quale, a quanto sembra, registrò le cose vedute,
non giorno per giorno, ma dopo qualche tempo, servendosi
di appunti, ed aggiungendo molti particolari a memoria.
Oltre a ciò nel nostro Diario si trovano dei fatti, omessi
dagli altri storici, i quali fatti, se a qualcheduno possono
parere superflui, o di poca importanza, servono invece a
chiarire quel complesso di avvenimenti in cui non è sempre
facile riconoscere il vero spirito animatore della Rivoluzione,
nè discernere i buoni, ch’ erano mossi da giuste aspirazioni
di libertà, dai reprob?, come li chiamò Gian Battista Vermi-
glioli, che si agitavano per spirito di ambizione, di guadagno,
e di personali vendette.

Quel turbinio di violenze, d’ingiustizie, e di crudeltà che
allora furono commesse da fanatici Giacobini, e che furono
imputate a tutti i fautori del nuovo Governo, aveva sconvolto
il capo anche dei più equilibrati cittadini: non fa quindi mera-
viglia, se anonimo della Comunale di Perugia (1), che dicesi
appartenere alla nobile famiglia Oddi; se l'altro parimenti
anonimo che in più vaste proporzioni volle tessere la storia
propriamente detta del governo repubblicano perugino (2);

(1) Notizie de’ fatti occorsi in Perugia e suo territorio in tempo della
così detta Repubblica Romana, Ms. 1236 (180).

(2) Manoscritto nella biblioteca del Convento dei Frati Minori di
Monte Ripido. Attribuito al P. Ramadori Francescano il quale, credesi,
scrivesse per suggerimento di un Oddi del Colle del Cardinale. CRONACA DELLA REPUBBLICA FRANCESE IN PERUGIA 3

e lo stesso Gian Battista Marini, spesso inveiscono contro i
perturbatori della quiete cittadina, danno in ismanie, e
lanciano frecciate ora a questo ora a quell’altro dei diri-
genti, denunziando agli avvenire la baldanza feroce dei
democratici.

Per l'opposto l'autore del nostro Diario, non fa apprez-
zamenti, non parla mai di sè, non si lascia sfuggir di bocca
parole roventi; e, se pure qualche accento di dolore accom-
pagna talvolta il racconto, ciò è per commiserare le sventure
toccate ‘ad altri, spesso innocenti delle colpe che venivano
loro imputate sulla fede d’un delatore qualsiasi cui stava a
cuore la rovina più che il vantaggio, che gli onesti cittadini
avrebbero potuto sperare dalle riforme introdotte dal Governo
repubblicano. Eppure le gravezze e i danni che venivano al
popolo dai nuovi ordinamenti politici dovettero purtroppo
toccare anche il nostro scrittore. Che, se per avventura appar-
tenne al Clero, o Secolare, o Regolare, tanto più è degna di
ammirazione la serenità con cui scrisse il Diario; giacchè
nessuno vorrà negare, foss' anche il più arrabbiato repubbli-
cano, che contro i Preti ed i Frati era rivolta la persecu-
zione dei Ministri Francesi, per quanto nei loro proclami si
dimostrassero ossequienti alla Religione Cattolica Apostolica
Romana, al culto, che reputavano indispensabile ad ogni
buon governo, e a tutte le autorità ecclesiastiche.

Quale riflessione poteva farsi piü logica e piü giusta,
che mettere in rilievo la politica fedifraga, sleale dei
governanti, e le arti subdole della diplomazia francese che
cercò sempre il proprio interesse a scapito dell’Italia, pur
mostrandosi tenerissima del bene della nostra Nazione? Ma
neppur di questo si fa mai parola nello scritto del nostro
anonimo.

Non voglio fare con ciò il panegirico dell’ Autore del
Diario, ma voglio bensì far conoscere il valore e l'impor-
tanza dell’opera di lui; e il vantaggio che viene alla storia
di Perugia dalla presente pubblicazione.
4 E. RICCI

È da dolersi che il manoscritto sia mutilo di parecchi
fogli, e specialmente di quelli che contenevano i periodi più
importanti della narrazione; come, ad esempio, quasi tutto
il mese di luglio e d’agosto 1799. Queste lacune sono state
riempite per la maggior parte con i riassunti dei fogli a
stampa, dei proclami, delle varie comunicazioni fatte dalla
Municipalità, dalla Centrale, e con qualche notizia attinta
ad altre fonti,

Il codice è in sesto grande di 0,39 X 0,27, e si compone
di 21 fogli, cioè di 42 pagine, mentre l'ultima porta il
numero 76 (1), per cui mancano 34 pagine.

La scrittura, abbastanza chiara, è di carattere diritto e
piccolissimo, ma vi sono delle pagine di mano diversa, in
calligrafia più larga e penduta, però della stessa epoca.

ETTORE RICCI

1796 (2).

Fin dall’ anno antecedente i Francesi dominavano le vette alpine dalle
sorgenti della Dora Baltea a quelle della Bormida: e dopo la vit-
toria di Loano, ottenuta ai 24 Novembre del 1795, avevano costretto
gli Austriaci a ritirarsi in Aqui, e i Piemontesi a fortificarsi nel
campo di Ceva.

12 Aprile: Napoleone Bonaparte, sceso dalle Alpi, vince a Montenotte
gli Austriaci, guidati dal generale Beaulieu.

13-14 detto: I Piemontesi, agli ordini del general Colli, sono sconfitti a
Millesimo, e i Tedeschi per la seconda volta cedono alle armi Francesi.

(1) L’ultima pagina porta il numero 75; ma deve essere 76, perchè
vi è uno sbaglio di paginatura dopo il 52.

(2) Per supplire alle mutilazioni del codice, abbiamo creduto oppor-
tuno di premettere un brevissimo sunto dei progressi delle armi Francesi
in Italia: e, per ciò che riguarda i fatti accaduti fra noi, diamo il regesto
dei manifesti e proclami stampati allora e mandati in Perugia, poi editi
in Perugia stessa. In qualche particolare seguiremo la Cronaca di
GIAMBATTISTA MARINI, citandola. CRONACA DELLA REPUBBLICA FRANCESE IN PERUGIA 5

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15 Maggio: Vittorio Amedeo III, re di Sardegna, dopo aver segnato un
armistizio ai 12 di Aprile, firma la umiliantissima pace di Cherasco,
con la quale cedeva la Savoia, Nizza, aleune fortezze, e prometteva
ai soldati della Repubblica il libero passo per la Lombardia.

In questo stesso giorno, il Buonaparte faceva il suo ingresso
trionfale in Milano, prendendo l’ atteggiamento di liberatore d' Italia.
I patriotti lo aecolsero con gran giubilo, fecero grandi feste in onore
di lui, e piantarono sulle principali piazze gli alberi di libertà, con
i fasci littorj e il berretto frigio, dipinti sul tricolore.

3 Giugno: Occupata Verona, Napoleone diresse tutte le sue forze per il
blocco di Mantova. Dopo sei mesi, distrusse due poderose armate,
condotte da due valenti generali, il vecchio Wurmser ed Alvinsi.

31 Luglio: Wurmser è vinto nella battaglia di Lonato.

8 e 5 Agosto: Lo stesso generale tedesco perde a Castiglione.

8 Settembre: Superato anche a Bassano si chiuse nella fortezza di Man-
tova.

15-17 Novembre : Il generale Alvinsi tentò di liberare 1’ esercito tedesco
nelle battaglie di Arcole, dove quindicimila Francesi e quarantamila
Austriaci combattettero per settantadue ore, con eroici sforzi riusciti
sempre vani.

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1797.

14 Gennaio: Le truppe alleate tentano l'ultima prova, ma sono disfatte
a Rivoli.

2 Febbraio: Wurmser, ridotto agli estremi, costretto a capitolare, diede
la fortezza di Mantova in mano ai Francesi.

16 detto: Venne in Perugia, alle 8 ore di notte, la truppa Francese in
numero di 1500, ed avevano 50 uomini a cavallo. Il Magistrato
mandò a riceverli 4 deputati, che furono Cesare Meniconi, il conte
Giulio Cesarei, l'avv. Antonio Brizi e Garbi. Entrarono in città
per porta S. Carlo (1) e, contro l’ aspettazione d' ognuno, si compor-
tarono eon molto garbo senza fare impertinenza alcuna; e la mat-
tina seguente se ne partirono tranquillamente per Foligno (2).

19 detto: Caduta Mantova, col Ducato tolto ad Ercole d' Este, e le Le-
gazioni di Bologna e Ferrara, formata la Repubblica Cispadana, il
Papa Pio VI, è costretto a segnare la pace di Tolentino, con la

(1) La porta S. Carlo era in quell' ala di muro della Fortezza che tra-
versava la strada fra la barriera di S. Croce e il monumento di Garibaldi;
(2) LuPATTELLI Don TEMISTOCLE, Cronaca ece.
6 E. RICCI

quale si obbliga a sborsare l'ingente somma di trenta milioni, e
cento capolavori di arte; parte de' quali obblighi erano stati già
promessi dallo stesso Pontefice, il 2 Giugno 1796, nell’ armistizio
di Bologna. ;

Al Direttorio, che avrebbe voluto l’intera distruzione del po-
tere temporale della Chiesa, il Buonaparte scriveva: La mia opi-
nione si è che Roma, privata di Bologna, di Ferrara, della Romagna
e di trenta milioni, non possa più sussistere. La vecchia macchina
terminerà di sfasciarsi da sè.

Dopo la caduta di Mantova e il trattato di Tolentino, si può
dire che la Repubblica, se non giuridicamente, di fatto era già sta-
bilita nei principali centri d'Italia, dove i Patrioti (chiamati anche
Giacobini) si adoperavano per abolire i vecchi governi, mossi più
da furori democratici contro la Nobiltà, che dall’ odio ai legittimi
sovrani.

20 detto: Venne ordine da Napoleone Bonaparte, che i Perugini conse-
gnassero i denari appartenenti al Papa, e si contentò di scudi 9000,
la maggior parte in oro ed argento. Venne parimenti ordine che si
conducesse nelle Chiese un pittore Francese, e che gli si consegnas-
sero i quadri che gli fossero piaciuti. A S. Pietro ne prese 12, di
Raffaello e di Pietro Perugino; a S. Francesco, o 4 o 5; alla
Chiesa Nuova, l' Assunzione di Guido Reni (1); a S. Lorenzo, lo
Sposalizio di Pietro e la Deposizione del Barocci; a Monteluce,
l Assunzione di Raffaello, stimata scudi 1500 (2).

22 detto: Venne la truppa Francese da Foligno in n.? di 4000 uomini.

23 detto (3): Il generale di Brigata Lannes, comandante l' avanguardia,
dal quartiere generale di Perugia scrive agli abitanti di Perugia
e del territorio, che farà rispettare la Proprietà, il Culto e la Reli-
gione, e che saranno fucilati quei militari Francesi che osassero far
loro la minima violenza.

24 detto: Il comandante della Piazza Rey, in nome dello stesso gene-
rale Lannes, ordina a tutti i cittadini ed abitanti del territorio, che
portino tutte le armi da fuoco nella casa del Comandante della

(1) Il quadro dell’ Assunzione, giudicato dallo stesso Reni per il
suo capolavoro, fu tolto dall’ altare, il 21 Febbraio 1797, dal Commissario
Tinet (Arch. della Chiesa Nuova, Libro dei Ricordi).

(2) LUPATTELLI, l. cit.

(3) Qui comincia il regesto dei manifesti stampati e pubblicati in
Perugia. Notiamo ehe nel fare il detto regesto ci siamo serviti delle
parole stesse degli originali. : CRONACA DELLA REPUBBLICA FRANCESE IN PERUGIA

Piazza; e che colui il quale, dodici ore dopo la pubblicazione del
presente ordine, fosse trovato in possesso di qualsiasi arma da fuoco,
sarà immediatamente fucilato. Afferma che le stesse armi verranno
restituite ai rispettivi padroni, non appena sia conchiusa la pace
fra la Repubblica Francese ed il Papa (1).

25 detto: Fu piazzato un eannone davanti a S. Lorenzo ed un altro da
gittar bombe; ed altri 10 cannoni furono posti al Frontone.

27 detto: Venne in Perugia il Delegato Apostolico Mr. Arezzo, e partì
il Generale Francese, lasciando la truppa in Perugia. Fu poi pub-
blicato essere stata conclusa la pace tra il Papa e i Francesi; e si
ordinava che questi fossero rispettati in tutto lo Stato (2).

18 Marzo: Il comandante dell'avanguardia Chatagnier, per mezzo della
Municipalità (3),,pubbliea un proclama in cui si dice che aleuni
perturbatori, malevoli alla Repubbliea, cercano di seminare di-
scordia, non solo fra i cittadini, ma anche fra le truppe medesime;
mentre invece saranno rispettate le persone e la proprietà, e nessuna
innovazione verrà fatta nelle leggi del governo. Le armi depositate
presso il Comandante della Piazza, verranno restituite dopo l’ eva-
cuazione delle truppe Francesi dalla Provincia. Minaccia pene, con:
formi alle leggi militari, ai nemici della Repubblica.

24 detto: Parti tutta la truppa Francese da Perugia.

1798.
GENNAIO.

Ne! primi giorni di questo mese, molti, maleontenti del Governo, sotto
,

la direzione de' primarj faziosi perugini, si riunirono, e mandarono

a Gubbio una rappresentanza per stimolare il generale polacco e

(1) Il Papa aveva già sei giorni innanzi, cioè il 19 Febbraio, accet-
tata la pace alle dure condizioni impostegli dal Buonaparte, come sopra
è stato detto; quindi apparisce chiaro il pretesto usato dal Lannes, nel
disarmare i cittadini (Vedi 18 Marzo).

(2) LUPATTELLI, l. cit.

(3) Così erano chiamati i capi del Comune. GIAMBATTISTA MARINI
nella sua Cronaca dice che già da tempo il Direttorio di Milano aveva
nominati quattro Municipali: Dr. Cocchi Medico, Dr. Annibale Mariotti
medico, Dr. Angeloni medico in Montefalco e Dr. Antonio Brizi legale:
i quali dovevano eleggerne altri quattro. Di questi Municipali occorrerà
parlare più innanzi (Vedi Archivio Storico del Risorgimento Umbro, Bartelli,
Perugia, 1912, Anno VIII, Fase. II-III, pag. 207).

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laltro franeese a portar le armi in Perugia per impiantarvi la Re-
pubbliea. Altri frattanto persuadevano ai cittadini di ricevere, come
amici, le truppe Francesi. Erano stati nominati già dal Direttorio
di Milano quattro Municipali, cioè Giovan Angiolo Cocchi medico,
dottor Annibale Mariotti medico, dottor Angeloni medico di Mon-
tefalco, e dottor Antonio Brizi avvocato (1).

14 detto: Per ordine di Mr. Alessandro Maria Odoardi Vescovo di Pe-
rugia, con apposito manifesto, s' incominciò un Triduo di preghiere
al Confalone del Duomo, per i bisogni della Chiesa Cattolica (2).

29 detto: Alessandro Berthier (3), generale in capo dell’ Armata d' Italia,
dal Quartiere generale di Ancona dirigeva un Proclama all’ esercito

(1) Vedi anche MARINI, opera citata, pag. 207. I Municipali presie-
devano all’ Azienda Comunale; e l' Amministrazione Centrale al governo
politico. Da principio gli uni e gli altri formavano una sola assemblea;
poi furono eletti altri Comunali, come vedremo, che presero il nome di
Municipalità, e i quattro suddetti rimasero nella Centrale.

(2) Monsignor Odoardi, nativo di Ascoli Piceno, figlio del Marchese
Odoardo e della Contessa Laura Saladini, ambedue patrizi Ascolani, era
stato eletto Vescovo di Perugia, da Pio VI, il 29 Gennaio 1776, avendo
allora 44 anni. Nei 18 mesi che durò il governo repubblicano, ebbe a
soffrire molto a cagione delle sevizie usate dai patrioti, non tanto nella
persona di lui, quanto nel suo Clero, sottoposto a durissime prove. A
tutta sua lode basti dire che rimase immune dall’ abituale maldicenza
di Luigi Bonazzi che ripetutamente lo chiama « Il buon Odoardi ».

(3) Alessandro Berthier, da Maresciallo, aveva fatta la campagna
d’ Italia con il Bonaparte, ed erasi meritato il grado di Generale, per
essersi distinto a Lodi, a Rivoli e a Mondovì con singolari prove di
valore. Nel Febbraio del 1798 aveva fondato la Repubblica Romana.
Seguì poi Napoleone a Marengo, ad Austerlitz, a Wagram col grado di
Capo di Stato Maggiore; ed avendo cooperato alla vittoria delle armi
francesi, n° ebbe in compenso il titolo di Principe di Wagram. Dal
Bonaparte aveva appreso l’ ardimento nel combattere, e la politica fedi-
fraga. Era un Giacobino dei più arrabbiati; tuttavia, conoscendo la fede
sincera dei Perugini, li rassicurava che «om sarebbe stato fatto alcun
cambiamento nel Culto della Religione Cattolica Apostolica Romana (vedi
4e 7 Febbraio), mentre, pochi giorni dopo l’ occupazione della città, iniziò
un Governo il più ostile alla Religione, al Clero ed in genere a tutti i
cattolici (14 e 20 Febbraio).

Per farsi un’ idea dell’ indole. barbara e feroce del Berthier, basta
leggere ciò che il sacerdote F. Ruspantini, deportato in Corsica per non
aver voluto prestare il giuramento richiesto da Napoleone, scriveva al
suo amico P. Girolamo De Angelis, parimenti deportato. Nella città di
)

CRONACA DELLA REPUBBLICA FRANCESE IN PERUGIA 9

(il qual Proclama fu riprodotto in Perugia dallo stampatore Carlo
Baduel) annunciando l'assassinio avvenuto in Roma del generale
Leonardo Duphot, accusandone il Governo Pontificio, mentre la
causa di tale delitto era stato il Perugino Gio: Batta Agretti che
suscitò una sedizione, repressa dalla truppa dei Cisalpini, e nella
quale cadde il Duphot. L' Agretti fuggì da Roma travestito e si rifugiò
in Città di Castello; donde, a nome del popolo Castellano che non
ne sapeva nulla, scrisse una lettera ai Perugini, invitandoli a pro-
clamare la Repubblica; affinchè, dovendo venir poi i Francesi, non
li trovassero sotto il dominio del Papa; la qual cosa avrebbe esposto
la città al pericolo, o di esser messa a sacco, ovvero sotto la con-
tribuzione (1). Ma non se ne fece nulla; perchè i quaranta del Con-

Calvi, in Corsica, erano chiusi nella fortezza, ammassati uno sopra l’ altro,
tanto da provare la pena dell’ immobilità, duecento sacerdoti, fra i quali
Don De Rossi e Don Pasquale Rosei, ambedue Canonici Perugini della
Cattedrale. Il Berthier, allora Governatore Generale della Corsica, usò
con essi inaudite sevizie, tenendoli per lo più a pane ed acqua. Il
15 Agosto (1813), festa dell’ Assunzione di Maria Vergine, patrona della
Francia, ordinò che s'interrompesse la dieta giornaliera, per fare la
festa di S. Napoleone!! L° umidità, l'immondezza in cui giacevano i
miseri prigionieri, mossero a pietà e a sdegno il medico di Calvi, il
quale fece le più forti rappresentanze al Governo; ma invano! Ab uno
disco omnes! E si vorrà accusare gli storici contemporanei di fanatismo
religioso, perchè gridarono al lupo, vestito della pelle di agnello? (Tri-
stia Hieronimi De Angelis Laterensis, Pisauri, ex Officina Nobiliana, 1835,
pagg. 115-130). Il Berthier non godè a lungo il frutto delle sue crudeltà;
giacchè, travolto dalla ruinosa caduta del Bonaparte, morì negletto e
dimenticato nel 1815, di 62 anni.

(1) Giambattista Agretti, valente giurista e mediocre poeta, non fu
poi così tristo come potrebbe sembrare a chi lo giudicasse, da quanto
di lui si narra nelle cronache della Repubblica Romana. Era un illuso
ed un esaltato; tanto è vero, che si reggeva a furia di oppio. Del resto,
dopo le delusioni politiche, sbolliti i furori democratici, tornò a cantare
inni a Dio, alla Vergine, ai Santi, al Papa, ai Cardinali, per le feste

' religiose, per le processioni, e perfino all’ Imperatore d’ Austria Fran-

cesco I, quando nel 1819 venne in Perugia insieme con ]’° Augusta sua
consorte Carlotta, e con 1’ Arciduchessa Carolina sua figlia, che si ammalò
nella città nostra; ragione per cui le loro Altezze dovettero trattenersi
fra noi una diecina di giorni. L' Imperatore ricevette l’ Agretti in casa
del Conte Francesco Conestabile, e- gli diede un dono degno di sì augusto
sovrano (Poesie dell’ Avvocato GIAMBATTISTA AGRETTI edite dal figlio di
lui Gaetano, coi tipi della Camera Apostolica in Roma, l'anno 1833).

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10 E. RICCI

siglio, convocati a deliberare, non presero decisione aleuna, e il di
seguente dichiararono che il pubblieo era contento del Principe;
pur tuttavia, se fossero venuti i Francesi, li avrebbero accolti come
amici.

Qualche giorno dopo, di notte, i faziosi tentarono d’ inalzare
l’ Albero della Libertà, ma la forza armata si oppose, e così la gaz-
zarra fu differita a tempo migliore (1).

Intanto il generale Berthier prendeva occasione per occupare
Roma, a solo fine, diceva, di vendicare l'orribile delitto dell’ uccisione
di Duphot, e per punire il Governo ed i suoi vili assassinj (2).

FEBBRAIO:

Febbraio 4: Alle ore 21 (3) entrarono i Commissarj Francesi: alle 22
una truppa di furiosi patriotti atterrarono e bruciarono lo stemma
pontificio che era sopra la porta del Palazzo Comunale, ed inalza-
rono in Piazza de’ Corsi (4) l'albero della libertà, che consisteva in
un’antenna fasciata del tricolore. Alle 22 ore e mezza, giunsero i
Francesi, e fecero alto sul luogo dove s'innalzava il detto albero.

La sera stessa fu pubblicato, per ordine del Generale in Capo
Alessandro Berthier, un proclama intestato: LIBERTÀ - UGUAGLIANZA,
diviso in undici articoli, il primo de’ quali dice: Non sarà fatto

alcun cambiamento nel Culto della Religione Cattolica Apostolica-Ro-

mana: in conseguenza tutte le dimostrazioni pubbliche del Culto devono
‘continuarsi, senza veruna alterazione o cambiamento. Negli altri si
espone il nuovo regime politico, amministrativo, giudiziario ; e nel-
l'ultimo articolo il Generale dichiarava di avere occupato Perugia
non per furore di conquista... ma per la necessità di prendere una

Morì ne’ primi del 1830. Per le cose dette, l’ Agretti non fu in grazia
al Bonazzi, che lo mise in ridicolo a proposito d'una canzone seritta per
la processione fatta nella contrada della Conca in onore di Gesù
Nazzareno, falsandone anche le parole. Se l'Agretti si fosse mostrato
incredulo, egli ne avrebbe senza dubbio fatto un eroe. Questo breve
cenno ho voluto inserire qui, perchè l'Agretti non figura nelle Biografie '
degli Scrittori Perugini del VERMIGLIOLI, scritte alcuni anni prima della
morte di lui.

(1) Vedi MARINI, l. cit., pag. 208.

(2) Proclama del 29 Gennaio 1798.

‘(3) Cioè alle due pomeridiane, terminando le 24 ore del giorno
all’ Ave Maria. i

(4) La piazza dei corsi, era quella detta oggi: Vittorio Emanuele.
CRONACA DELLA REPUBBLICA FRANCESE IN PERUGIA 11

giusta vendetta dell’ assassinio commesso dalla Corte di Roma sulla per-

sona del Generale francese Duphot... e per migliorare il Governo Civile,

Politico, ed Economico di questa bella Contrada ! ! "
5 detto: Un nuovo proclama del Generale.in Capo dava disposizioni

affinchè non mancassero gli approvvigionamenti al Popolo Ro-

mano. Ordinava alla Provincia di Perugia di mandare a Roma il

bestiame ch'era solita somministrare, e cosi la solita quantità di
olio. Era severamente proibito di diminuire il numero de’ servi a
ciascun padrone. Se qualcheduno fosse emigrato, i custodi dei loro
beni dovessero continuare il pagamento de’ salarj, e nutrire l' istesso

numero di servi; distribuire tutti i soccorsi soliti a concedersi ai
poveri di Roma; e sempre nel caso che fossero emigrati, i cu-
stodi dei loro possedimenti fossero tenuti a raddoppiare le dette
elargizioni. In fine vengono rassicurati tutti gli abitanti dello Stato I
Ecclesiastico, che l'Armata Francese proteggerà il Culto, li Templi, il
le persone e la Proprietà. |

Alle ore 15 (1), giunsero da Foligno tre Generali francesi, in-
viati dal Generale Berthier, per organizzare il nuovo governo. Fu
eletta la Municipalità Centrale composta di 17 soggetti, più un se-
gretario: e furono:

Dr. Gio: Angiolo Cocchi - Presidente
Avv. Gio: Battista Agretti - Vice-Presidente
Can.co Don Damaso Moroni
Avv. Antonio Brizi
Dr. Domenico Garbi
Dr. Annibale Mariotti
Giulio Cesarei Rossi Leoni

Orazio Boccanera |
Giuseppe Rosa |
Giuseppe Savi

Lodovico Perna

Luigi Sigismondo Ansidei
Francesco Gaspardi

Fabio Danzetta Orazio Vagnucci DIE
Domenico Torelli Angiolo Giuseppe Bossi (2) COLO]

(1) Intendi, alle otto del mattino, incominciando il computo delle
24 ore, dall’ Ave Maria. Nel mese di Febbraio, la prima ora terminava
alle 6, o (come si dice oggi) alle 18.
(2) Vedi al 27 di Settembre 1798,
12 E. RICCI

I suddetti membri della Centrale, elessero i nove Munici-
palisti (1):

Francesco Maria Rosa - Presidente

Giacomo Filippo Piazza

Giuseppe Sensi

Pietro Busti

Mariano Guardabassi

Gio: Battista Laudati

Luigi Canali

Francesco Andreani

Giacomo Mezzanotte Alessandro Giori - Secretario

6 detto: I Centrali, assunti al Governo, affiggono un manifesto col

quale si ordina: 1.° Che tutti portino al cappello la coccarda trico-
lore repubblicana, sotto pena di due scudi a chi contravvenga, ed
anche più, secondo la qualità dei contravventori. 2.» Che nel ter-
mine di tre giorni siano abolite le livree, le trine e lavorini indi-
canti aristocrazia, sotto pena di scudi venti. 3.° Che non si facciano

risse, nè si dicano ingiurie contro alcuno, a cagione di opinioni
circa il nuovo Governo, sotto gravi pene ecc. In fine si raccomanda
ai cittadini di farsi Cooperatori del Governo, per meritarsi sempre
più le graziose considerazioni della generosa Repubblica Francese.

Nello stesso giorno un altro avviso dell’ Amministrazione Cen-
trale esorta gli abitanti della campagna a frequentare i mercati,
per contribuire con tutte le forze al bene della nascente Libertà.
Proibisce le esportazioni di bestiame e di grasce di qualunque
genere, minacciando severissime pene.

Contemporaneamente il Vescovo di Perugia Alessandro Maria
Odoardi, rivolge una lettera al Clero ed al popolo della sua Diocesi,
nella quale raccomanda a tutti obbedienza e sottomissione alle
presenti Autorità costituite le quali protestano di rispettare la

Religione Cattolica, il Culto, i Tempj e i sacri Ministri: ed ordina

ai Sacerdoti, tanto secolari che regolari, nonchè alle Monache, di
fare speciali preghiere per ottenere lumi e grazie al nuovo Governo.
7 detto: Un manifesto della Centrale avverte che, essendo uno de’ più
segnalati pregi della Religione Cattolica Apostolica Romana 4l sollievo

(1) Si noti che i Municipalisti furono eletti nel giorno 8 Febbraio.
Tuttavia li abbiamo notati sotto questo giorno, per comodo dei lettori, i
quali possono avere sott’occhio tutti i componenti il governo repubblicano.
CRONACA DELLA REPUBBLICA FRANCESE IN PERUGIA 13

degli indigenti, sarà diminuito il prezzo del sale di mezzo bajocco,
cioè da 2!/, a 2 bajocchi. Che sarà abolito il dazio del macinato,
tanto in campagna quanto in città, e tutte le altre tasse annesse
a questo; rimanendo soltanto quelle della Dogana.

8 detto: Fu pubblicato nel testo francese con la traduzione italiana a

canto, un Ordine del Generale in Capo Alessandro Berthier, con-
tenente 31 articoli, in cui si danno istruzioni peril funzionamento
del Governo; e si annuncia la confisca dei beni del Cardinale Al-
bani (1) e quelli della famiglia di lui, situati nel Ducato d’ Urbino,
o nella Marca d’ Ancona. Lo stesso si farà a tutti i capi dell’ assas-
sinio del Duphot, commesso il 28 Decembre 1797.

I Centrali poi per istanza fatta dal Cittadino Robaglia, agente
per la Repubblica Francese, delle Contribuzioni e finanze della
Provincia di Perugia, ordinano che tutti quelli che avessero in
mano proprietà di qualunque natura, appartenenti alla Corte di
Roma, ai suoi Agenti, Principi Romani, Prelati o Cardinali, deb-
bano rilasciarne dichiarazione presso il suddetto Robaglia, entro il
termine di 48 ore, sotto pena di dover pagare dieci volte tanti
del valore degli oggetti non denunciati ecc.

Con altro manifesto dei medesimi Centrali vengono proibiti i
disordini che si commettono in Teatro, pur permettendosi i segni
di gioia all’invitta Nazione Francese.

La Municipalità appena istallata, avendo conosciuto che si
facevano esportazioni, comanda che si trasportino in città tutte
le derrate, pena il sequestro delle derrate, o dell' importo delle
medesime. Si promette il terzo del genere esportato a chi arresterà
i generi e denunzierà quelli che hanno mancato di arrestarli.

Il Comandante Francese Capo Battaglione, Maccune, cono-
scendo, con suo sommo rammarico, essere in Perugia due partiti,
ed essere però nate alcune risse, esorta con un manifesto i citta-
dini, a vivere tranquilli, prevenendoli che adopererà ogni mezzo
per riuscire nell’ intento, facendo punire con la maggiore severità

quelli che si ricusassero di obbedire.

9 detto: L? Amministrazione Centrale ordina ai Parroci, tanto della città

che della Diocesi, che in termine di due giorni diano distinta
relazione di tutte le famiglie bisognose, avvisando, se la miseria

provenisse da cattiva condotta.

(1) Gian Francesco Albani da Urbino, nato in Roma il 26 Feb-
braio 1720, fu eletto Cardinale da Benedetto XIV, il 10 Aprile 1747.

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10 detto: Un editto della Centrale avvisa che, conforme ai principj della
democrazia, vengono abolite tutte le insegne nobiliari di qualsiasi
genere, le insegne e gli stemmi d'ogni qualità, sopra le porte o
finestre delle case, e tutte le pompe esteriori contrarie al civismo (1).
Vengono pure aboliti i titoli d'ogni sorta, sia in voce come in
iscritto. Con questo editto vengono a scomparire i Feudi, le Signorie,
le Giurisdizioni, i Dominj. I patentati del S. Offizio, di Malta, de'
Cardinali e Prelati, e di qualunque altra Potestà o "Tribunale
dovranno portare, in termine di 3 giorni, i loro diplomi in mano
del secretario della Centrale. Cessano le cacce e le pésche riservate.

11 detto: Il canonico Don Damaso Moroni, fungendo da presidente della

| Centrale, con una circolare fa noto a tutti i Parroci della città e
diocesi di Perugia, che diano un distinto ragguaglio delle sostanze
delle loro rispettive Parrocchie, essendo cura principalissima dei
rappresentanti della sovranità del popolo, di provvedere alla sussi-
stenza dei pastori e del gregge (2).

13 detto: Ad istanza dell' Agente delle Contribuzioni e Finanze della
Provincia di Perugia, Cittadino Robaglia, viene annunciato con
apposita notificazione della Centrale, che i detentori di Commende
di Malta, Rendite, Mercanzie, Effetti e Proprietà di qualunque
natura, appartenenti alla Corte di Roma, ai suoi Agenti, Principi
Romani, Prelati e Cardinali, debbano. farne dichiarazione al detto
Robaglia, abitante in casa Friggeri; sotto pena di pagare dieci
volte tanti, ecc. ecc.

I deputati del Governo vanno a ricevere la consegna di tutti
i libri dell’ Inquisizione, che si dichiara soppressa: e vengono bru-
ciate le antenne che servivano di patibolo ai condannati a morte.

14 detto: Il Comitato di Pubblica Istruzione (3) affine di custodire invio-
lata e pura la nostra Santa Religione, senza di cui non vi può essere

(1) Così furono abrasi molti stemmi, e guastati insigni capolavori
di arte, come le statue di Paolo II e di Sisto V; opére insigni in bronzo,
l'una del Bellano di Padova, e l'altra di Valentino Martelli Perugino,
del quale non rimane oggi altro lavoro.

(2) Questo editto, con la firma di un prete ribelle, aveva tutt’ altro
scopo che quello di provvedere al mantenimento dei Parroci, come
vedremo più innanzi.

(3) Il Comitato d’I. P. era composto dei seguenti: Giambattista
Agretti, Presidente; Don Pietro Francesco Tornera, dei Monaci Cister-
censi, detti gli Zocchetti, Vice Presidente; Luigi Befani, Pietro Gioia,
Giuseppe Maria Lauri, Vincenzo Canino, Nicola Cocchi. CRONACA DELLA REPUBBLICA FRANCESE IN PERUGIA 15

tranquillità nella Repubblica, unione e pace nelle famiglie, amicizia e
fratellanza megl’ individui; annuncia:

1.° Che tutti i Parroci e Confessori debbano presentarsi al
Comitato suddetto, per dar prova. sicura del loro Civismo. In caso
contrario s'intendono sospesi dall’ esercizio del loro ministero.

2.° Che nessuno possa in avvenire, predicare e catechizzare,
senza aver prima dato segni non dubbj del suo civismo.

3.0 Che ogni Confessore, approvato dai detti membri del Comi-
‘tato come sopra, possa confessare.

4.° Che nelle chiese di San Lorenzo, San Domenico e Santa
Maria Nuova, dalla metà di Quaresima in poi vi saranno, ogni
domenica, istruzioni familiari, fatte da soggetti scelti dal Comitato

medesimo.

15 detto : Vengono bollate tutte le cedole del Governo Pontificio, rima-

nendo in corso soltanto quelle inferiori a scudi 100, mentre per le
altre Amm. Centrale provvederà in seguito.

Nel dì detto, la Municipalità, invocando un eterno oblio di ciò
che fu, richiamando il Proclama del Comandante francese Mancune,
dell'8 febbr., intima che nessuno ardisca far risse sotto pena di
essere condotti ad un giudizio militare.

Con un altro manifesto la stessa Municipalità ordina la denunzia
dell’ olio macinato di 15 in 15 giorni; e che ciascun proprietario ne
ceda al Comune una certa quantità al prezzo di scudi 3 al Mezzo-
lino (1).

16 detto: Per non mancare allo sfamo dei cittadini e alle somministra-

zioni per l' armata francese, la Municipalità ordina che i possidenti,
oltre la quantità di grano, che sono obbligati versare nei magaz-
zini del Comune, diano un’ esatta assegna dei grani che loro soprav-
vanzano, sotto pena di una rigorosa requisizione ecc.

Fu calata la statua di Sisto V posta sopra la porta principale
dell’ Università (2), e l’altra di Giulio III, e quella di Paolo II, e

furono portate nelle camere dell’ Inquisizione (3).

(1) Il mezzolino, misura di capacità usata esclusivamente per l' olio,

corrisponde a Kg. 22.

(2) Cioè sopra la porta principale dei Tribunali in piazza di Sopra-

muro dov'era un’architettura di Valentino Martelli, incominciata nel solo
arco davanti alla detta porta, e che doveva continuare per tutta la lun-
ghezza del palazzo, davanti al quale era una tettoia sorretta da barbicani.

(3) La statua di Paolo II, come abbiamo detto del Bellano di Padova,

era stata fusa l’anno 1467 ai 10 d’ ottobre (non del 1457, come dice il

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17 detto: Da questo giorno si ordina che tutti gli orologi si regolino
alla francese, in modo che in tutto il corso dell' anno si abbia alle
ore 12 il mezzogiorno, e alle 12 la mezzanotte (1).

18 detto: Con manifesto della Centrale, si ordina la nota dei bestiami
di qualunque genere, dell'olio, del vino, del grano, delle biade e
frumenti di qualsivoglia altra specie, a cagione della penuria dei
generi necessarj alla vita. Ciò dovrà farsi entro il termine peren-
torio di giorni 10, dopo il quale sarà tenuto per reo di lesa nazione,
e punito con le pene più rigorose ogni contravventore.

19 detto: Con altro manifesto s'ingiunge ai bovari di portare a Roma,
secondo gli ordini emanati già dal Generale Alessandro Berthier,
il maggior numero possibile di capi bovini.

Furono richiesti dal cittadino Giovan Angiolo Cocchi Presi-
dente della Centrale gli argenti che si trovavano nelle Chiese e
ne' Conventi; e che si consegnassero al Commissario de’ Francesi
Robaglia (2).

20 detto: Il Comitato di Pubbliea Istruzione, proibisce la celebrazione
della Messa, del Battesimo e del Matrimonio negli Oratorj e Cappelle
private, come abuso contrario allo spirito d'uguaglianza, sotto pena
di scudi 6, per ogni transgressione, da erogarsi a favore dei poveri.

Proibisce inoltre il suono delle campane dopo l' Ave Maria,
sotto pena di scudi tre; anche questi da darsi ai poveri.

Siepi). Aveva costato alla Comunità di Perugia mille fiorini e venti soldi.
Era stata dorata dai pittori perugini Mariano di Antonio ed Angelo
di Baldassarre Mattioli. Fu distrutta per coniare (dice il Siepi) una
cattiva moneta di 2 bajocchi, coll' impronta del così detto albero della
libertà. Pari sorte toccò all’altra di Sisto V, lavoro molto bello del
Martelli. Quella di Giulio III fu risparmiata per gl' impegni di Annibale
Mariotti, allora Prefetto Consolare (Vedi SIEPI, pag. 392).

(1) Abbiamo già detto, al 4 e 5 Febbraio, quale sia il computo delle
ore all’ italiana.

(2) Questa fu la seconda requisizione fatta degli argenti: perchè
la prima era stata fatta dal Vescovo Mr. Odoardi, per ordine del Papa
Pio VI, nel Marzo dell’ anno 1797, per pagare il debito di guerra imposto
dal Bonaparte alla Chiesa nel trattato di Tolentino del 19 Febbraio.
Trovo nel Libro dei Ricordi della Congr. dell’ Oratorio, che i PP. Filippini
consegnarono al Vescovo 100 libre d'argento in oggetti sacri: e al Com-
missario Robaglia 80 libre, cioè un paliotto d'argento lavorato, un
ostensorio adorno di varie statuette, sei calici, una lampada, una piside
e parecchie posate.
Berthier fin dal 15 di Febbraio.

CRONACA DELLA REPUBBLICA FRANCESE IN PERUGIA 17

Ordina in oltre che nessuna persona dell’ uno, o dell’ altro sesso,
possa vestire abito Religioso, senza l'approvazione del Comitato
medesimo, né sia lecito fare i consueti voti monastici, prima del
ventunesimo anno, sotto le pene che si erederanno opportune (1).

Nello stesso giorno il Comitato per la Salute Pubblica, con
apposito manifesto ordina che tutti gli Emigrati Francesi (i quali
nella patria loro tentarono di soffocare i germi della nascente libertà,
e che ora in nome della Religione cercano d'insinuare nel nostro
popolo diffidenza e ribellione) entro il termine di 24 ore, escano
dal territorio di Perugia, sotto pena dell'arresto; meritando essi
l esecrazione dei buoni e tutto il rigore della legge (2).

21 detto: La Municipalità proibisce di esigere l'aggio nel cambio delle

cedole con moneta erosa, o plateale; sebbene ciò fosse lecito sotto il
passato governo.

26 detto: Viene pubblicato il manifesto col quale il Generale in capo

Alessandro Berthier stabilisce la divisione dei differenti territor].
1.° Marca d’ Ancona e Ducato di Urbino con capoluogo Ancona.
2.° Marca di Fermo e Camerino con capoluogo Fermo.
3.° Perugia, Città di Castello, Orvieto con capoluogo Perugia.
4.° Foligno capoluogo dell’ Umbria.
5.° Parte della Sabina unita con parte del Patrimonio di S. Pie-

tro, capoluogo Viterbo.

6." La Campania avrà per capoluogo Velletri.

7.° Il territorio di Roma principierà a Nord dall’ imboccatura
del Mignone, e si stenderà in linea retta fino alla montagna di Col-
lalto, comprendendo lo stato di Castro: e a Sud, dall’imbocco del

D

Tevere si stenderà in linea retta fino a Subiaco (3).

28 detto: Sotto pena delle più forti misure la Municipalità avoca a sè

il diritto di distribuire le doti alle fanciulle povere, ed ordina che,
entro il perentorio termine di giorni otto, se ne dia l’ assegna al
Tribunale del pubblico Soccorso.

La Centrale avverte che la pubblica rappresentanza, istallata
dal Generale Billiard il giorno 5 Febbr. per ordine del Gen, Berthier,

(1) Questo manifesto porta fra le altre la firma del Monaco Cister-

cense Don Pietro Francesco Tornera, col titolo di Vice. Presidente.

(2) Il MARINI, l. cit., dice che l’editto era contro i Sacerdoti francesi

emigrati; però nel detto manifesto non è espressa la qualifica di Sacer-
doti: ma soltanto quella di emigrati.

(3) Questa divisione del territorio era stata pubblicata dal generale

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18 E. RICCI

non cessa dalle sue funzioni, per essere sostituita da altra assem-

blea da eleggersi dal popolo radunato, come falsamente è stato

sparso dai nemici dell’ ordine, interpretando a rovescio un ordine

del Berthier; ma continuerà nel suo ufficio, a malgrado dei raggiri
. del Fanatismo e dell' Aristocrazia.

MARZO.

l detto: Si pubblieano i nomi dei Cittadini eletti dalla Centrale agli
uffiei dei Tribunali Civili e Criminali (1).

2 detto: Si ordina dalla Municipalità il pagamento delle gabelle che
erano in vigore sotto l'antico governo: e fra queste quella detta
de’ Quattro Piedi (dei bestiami), minacciando ai morosi i rigori
della legge.

4 detto: È revocato l' ordine del Bollo delle Cedole,emanat o il 19 Feb-
braio; quindi tutte le cedole (escluse sempre quelle superiori agli
scudi cento) avranno libero corso, senza che vengano bollate: e
quest’ ordine è revocato per ottenere unione e concordia, indispen-
sabili per la felicità del popolo.

Assessori:

Stefano Ricci
Bartolomeo Buraglini

(1) Giudici Civili: Negroni Carlo

Francesco Antonini

Pacetti Filippo | Domenico Torelli

Assessori: .
Giudice d' Appellazione: Adriani Tommaso 4 Don Damaso Moroni
Paolo Parriani

Assessori :
Giudice di Cassazione: Pesci Domenico ) Girolamo Donati
| Vincenzo Egidi

Tribunale Oriminale: Giudice Bruschi Silvestro, Assessori da nominarsi.

Luogotenenti Processanti: Fani Giuseppe, Belli Luigi.

Notaro Secretario: Bruschi Pietro.

Accusatore Pubblico: Ceccotti Antonio.

Procuratore Fiscale: Mezzanotte Giacomo.

Notari Cancellieri: Alessandri Giammaria, Tarducci Lorenzo.
Avvocato de’ Poveri: Laudati Giambattista.

Notaro dei Poveri: Nicolelli Uomobuono.
CRONACA DELLA REPUBBLICA FRANCESE IN PERUGIA 19

5 detto: Per quanto l' ospitalità sia una delle più belle virtù democratiche,
si ordina lo sfratto di tutti coloro che hanno servito l'antieo Go-
verno, come soldati o bassi ufficiali del Papa, e che non abbiano
parenti in Perugia; pena la nullità ecc.

La Municipalità minaccia le pene più severe a chiunque con
azioni, o discorsi attenti l' ordine publico, e ciò in seguito alle som-
mosse aecadute in Roma il 25 Febbr. per causa ‘della superstizione
e della feroce aristocrazia.

Furono richiesti gli argenti che erano nei Luoghi Pii.

7 detto: Viene intimato a norma degli ordini del Generale di Divisione
Dallemagne, Comandante interino dell’ Armata d’Italia, che ogni
cittadino, dai 18 anni ai 50, debba dare il suo nome per servire
alla Guardia Nazionale.

Nel dì suddetto la Municipalità emana ordini relativi alla sicu-
rezza e all’ ordine della città. Che si tengano pulite le pubbliche
vie; che si tolgano i canali che portano immondezze sulle strade;
che si rimuovano dalla città le macerie e le letamaje, i vasi di
fiori dalle finestre e dalle logge: si vieta di gittare sulle vie pub-
bliche, nei pozzi e nelle fonti qualsiasi maceria od immondezza;
ed in fine che si demoliscano i tetti che stanno sopra le botteghe
nelle pubbliche piazze: eccettuati i tetti intorno al pubblico studio,
presentando un’ idea dei portici della libera Atene (1).

8 detto: Il numero delle Fiere, da molte che erano nel territorio Pon
gino, viene ridotto a sei solamente, essendo pregiudizievole un

(1) Queste tettoie, che servivano a riparare dalla pioggia le botteghe
dei merciajuoli, che mettono fuori le loro robe per attirare compratori,
in antico si chiamavano profielli ed anche porfielli; e quando la tettoia
aveva le pareti laterali di legno, rimanendo aperta davanti, allora questi
ripari si chiamavano trasanne. Il Fabretti, e molti altri dopo di lui,
non compresero il significato, nè dell’ uno, né dell’ altro vocabolo: i
quali significati risultano chiari da un paragrafo dello Statuto e dagli
esempj addotti dallo stesso Fabretti, a dimostrare che profiello è lo stesso
che terrazzo aperto o balcone! Non è però qui il luogo da entrare in
certe discussioni: dirò soltanto che il passo del manifesto del 1798, con-
ferma quanto io ho detto.

Il portico poi che faceva ai nostri repubblicani rammentare la libera
Atene, era una misera. tettoia sostenuta da barbacani di legno, fatta
per comodo di chi vendeva gli ortaggi!! Il mercato coperto!! Ma i
bollenti spiriti democratici vedevano in quella miseria nientedimeno
che il Pecile di Pericle! Che si fa celie?
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20 E. RICCI

numero maggiore al commercio e all'agricoltura. Le dette fiere si
faranno una per mese da Maggio a Settembre, rimanendo fissa
quella di Novembre per la festa di tutti i Santi. Pene rigorose a
chi ardisse fare altra fiera nel territorio del Comune.

Si pubblica l’ appalto dei Macelli per chi voglia concorrervi,
affinchè si abbia un sensibile ribasso sull’enorme prezzo dei bestiami,

a favore degli abitanti del Comune.
9 detto: Non avendo la maggior parte dei proprietarj ubbidito all’ in-

timo della denuncia dell’ olio, i Municipali rinnovano l'ordine,
sotto minaccia delle più rigorose pene, lamentandosi d’ essere stati

| ingannati, mentre speravano di trovare ne' cittadini disposizioni di
vero patriottismo.

10 detto: In nome dell' uguaglianza si proibisce di entrare con carrozze
e cavalli nel giardino del Frontone, che è il punto più brillante della
riunione dei cittadini, i quali non devono essere disturbati.

Si annuncia che saranno restituiti gratis i pegni inferiori a uno
scudo, depositati ne” Monti di Pietà.

Un proclama del Generale Breissand, capo di Battaglione,
comandante la piazza e cittadella di Perugia, stabilisce la forma-

zione delle compagnie e battaglioni della Guardia Nazionale, con
tutti i cittadini, senza distinzione alcuna, tirando ‘a sorte i nomi

dei registrati, per ciascuna compagnia da formarsi, di cento uomini.
Le prime otto centurie formeranno il primo battaglione: le seconde
otto il secondo, e le terze il terzo battaglione.

Viene quindi annunciato dalla Municipalità con apposito mani-
festo che domani, alle ore 10 francesi (1), nella chiesa di San Dome-

nico si faranno le dette estrazioni. Nel pomeriggio poi, alle quattro
francesi, le varie Compagnie estratte a sorte si riuniranno nelle
varie chiese, per eleggere i loro rispettivi Ufficiali e Deputati.

Ogni Deputato si recherà poi a Roma per assistere alla festa della
federazione, come è stato ingiunto dal Proclama del Generale in
capo interino Dallemagne.

11 detto: Il cittadino Giacomo Mezzanotte, uno dei Municipali, nel
discorso per l’istallazione della Guardia Nazionale, esaltando il

popolo sovrano, inveisce contro il Governo passato, chiamando il

Papa imbecille, che voleva governare con il terrorismo: mentre

oggi, compagnie e battaglioni non comprate al prezzo vile dell’ oro,

(1) Cioè alle 16 italiane. Le 4 francesi corrispondono alle 22 ore,
quando ]' Ave Maria è alle 6.

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CRONACA DELLA REPUBBLICA FRANCESB IN PERUGIA 21

vegliano alla difesa della patria. Il fuoco del fanatismo religionario
non è ancora spento, come ne fanno prova gli assassinj commessi a
Roma, sotto il manto della Religione. L' amor della patria sia dunque
la forza motrice d’ ogni azione, e non si respiri che il sacro fuoco
della libertà.

12 detto: S' incomincia la vendita dei beni ecclesiastici soppressi, e si

fa la perquisizione degli argenti nelle chiese della città.

16 detto: Un manifesto della Centrale, dopo aver detto che la Demo-

crazia è scevra del ferreo giogo del Dispotismo e dell’ oligarchia, ricorda
che nessun Democratico ha diritto di vilipendere od ingiuriare quelli
che si suppongono aristocratici. Se questi osassero di attentare contro
la sicurezza del nuovo governo, sentiranno il braccio fulminatore della
giustizia che distruggerà i loro progetti: ma nessuno deve ingiuriarli,
e saranno puniti con tutto il rigore quelli che osassero farlo.

18 detto: Con Decreto della Centrale vengono aboliti tutti i Collegi di

qualsivoglia natura, appellati delle Arti, riconosciuti già sotto U estinto
Governo, come contrarj ai diritti dell’ uomo e alle leggi della libertà :
giacchè l'esercizio delle professioni non può dipendere da nessuna
prestazione pecuniaria, o dall’arbitrio di alcuni.

299 detto: Un Decreto della Centrale ordina che i Rivenditori ed i Traf-

fichini non possano comperare alcun genere o comestibile, se non
dopo il suono del mezzogiorno.

Il pesce deve esser venduto in proporzione degl’ individui com-
‘ponenti la famiglia. Ognuno è autorizzato a reclamare sull’ inosser-
vanza di questa legge.

A sopraintendere ai prezzi di tutti i generi sono incaricati i
cittadini: Lodovico Perni, Centrale - Pietro Busti, Municipale -
Pietro Pallotta - Pietro Mancini.

23 detto: La Centrale avverte che, essendo stata devoluta a lei l'am-

ministrazione di tutti i beni Ex-Camerali, in seguito alle disposi-
zioni emanate dagli Agenti francesi Antonio Robaglia e Livio, tutti
gli Affittuarj, Conduttori e Possessori dei detti beni, sono tenuti
a render conto esatto alla medesima di tutte le rendite e frutti ecc.

Non sono compresi in questo proclama i beni di Malta, dei
nemici della Repubblica Francese, quelli del Papa, di Busca ed
Albani, che rimangono sempre sotto l'agenzia francese.

25 detto: Giuseppe Breissand, Capo di battaglione Comandante della

Piazza e Fortezza di Perugia, ordina che le guardie delle Porte
della Città lascino uscire le carrozze a passeggio, vietando di uscire
a quelle vetture che fossero cariche d'un baullo, o altri effetti che
indicassero un viaggio più lungo, e fossero prive di passaporto.

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29 E. RICCI

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Il Generale Dallemagne, Comandante 1° Armata francese in
Roma, nel suo Proclama ordina l’ annullamento delle cedole del
Monte di Pietà e del Banco di S. Spirito, superiori ai 35 scudi romani.
Che siano venduti i beni nazionali e quelli che provengono dalle sop-
pressioni. Seguono poi le norme indette per la vendita dei detti beni.

26 detto: La Centrale proibisce doni, prestiti, regali, recognizioni e
mance di qualunque specie ai pubblici funzionarj e loro addetti:
pena la perdita dell ufficio. i

Vengono eletti i Cursori Civili e Criminali, affine di togliere
gli abusi che prevalevano sotto il passato Governo.

27 detto: Vengono nominati dalla Centrale dodici probi ed idonei At-
tuarj civili, che avranno il loro uffieio nella Sala dei Notari, per il
disbrigo delle cause civili.

30 detto: I Giudici Deputati Carlo Negroni e Silvestro Bruschi, annun-
ciano che tutti i carcerati per Debito Civile, siano messi in libertà,
con l'obbligo di pagare fino a 27 scudi, presentandone la cauzione,
o di ripresentarsi in carcere dopo la Domenica in Albis.

Da questo giorno a tutta la Domenica in Albis, nessuno potrà
essere molestato per debiti civili.

Essendo il Lago Trasimeno la più bella risorsa del Diparti-
mento, la Centrale per impedire l’infame guadagno di chi cerca
defraudare i cittadini del bene loro concesso dalla provvida natura ;
contro il monopolio de' traffichini ed estrattori, ordina che nessuno,
sotto qualsiasi titolo, causa, o pretesto, ardisca estrarre alcuna
benchè minima quantità di pesce fuori del territorio repubblicano,
sotto severissime pene. Vengono quindi revocati tutti i permessi,
licenze, consuetudini, o pretesi privilegi, onde sottrarsi all’ osser-
vanza delle presenti ordinazioni.

Venerdì 30 detto (1): In quest’ Ordinario vennero trasmesse più

copie stampate riguardanti la nuova costituzione della

. Repubblica Romana divisa in ..... Articoli alcuni de’ quali,

per quanto fu risaputo, si erano protestati da un buon
nummero di persone autorevoli.

Sabato 31 detto: Vennero affissi due Proclami del Corpo Ese-

cutivo di Roma, trasmessi per la posta il giorno appresso

(1) Qui incomincia il codice dell’ Anonimo, che si scriverà in carat-
teri più grandi per distinguerlo dai supplementi,
CRONACA DELLA REPUBBLICA FRANCESE IN PERUGIA 28

dove si trovavano sottoscritti i seguenti cinque Consoli cioè :
De Mattheis, Panozzi, Reppi, Visconti e Riganti. Nel primo
Proclama' si prescriveva alle persone povere disimpiegate di
portarsi all'esercizio dell’ Agricoltura, ai Facoltosi di invigi-
lare sulla coltivazione dei rispettivi Predj. Nel secondo si
fulminava la pena di morte, e la confisca dei loro Beni ai
Sgrasciatori, Usurai e Monopolisti.

APRILE.

Domenica 1 detto: Altro editto della Municipalità, in cui si
proibiva ai rivenduglioli e trafficcanti di provedersi dei com-
mestibili, e altri generi fuori delle porte della Città.

Lunedì 2 detto: Editto della Centrale dove si faceva noto il calo
della moneta di rame, coniata sotto il Governo Pontificio
l’anno 1794, cioè il Sampietrino da Bajocchi 2‘ sarebbe
ridotto a soli 2, e le Madonnine (1) da Bajocchi 5 a Bajocchi 3.

Martedì 3 detto: Proclama del Consolato dove facevasi noto che
quelle Cedole sopra scudi 35 sarebbero rimaste demo-
netate; ma nel loro antico valore per la compra dei beni
Ecclesiastici.

Mercoledì 4 detto: Altro Proclama del suddetto Governo in cui
rimaneva espressa l'imposizione del 5% sopra i beni Eccle-
siastici, e il 3 in quelli de’ particolari.

Giovedì 5 detto: Altri Editti della Centrale: nel primo si persua-
deva il popolo a non prestar fede agli Usurai e Monopolisti
che davano ad intendere doversi quanto prima di nuovo
calar di valore la moneta di rame: nel secondo venivano
proibite le questue, tanto in Città che in Campagna e questo
fu che diede motivo agli Abitanti di ogni ceto di reclamare
contro il Governo Repubblicano.

Essendosi dal Comandante della Piazza espressamente
proibito a voce di far le processioni in tempo di notte, la

(1) Le Madonnine erano, monete di rame, così dette, perchè da
una:parte avevano il semibusto della Vergine con intorno: SANCTA DEI
GENITRIX ; dall’ altra: BAIOCCHI CINQVE - PERVGIA; ed intorno: PIVS PAPA
SEXTVS ANNO XXIII - 1797. Monete simili a queste furono coniate anche
a Foligno.

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E. RICCI

maggior parte dei Nobili della Confraternita della Santissima
Annunziata, si fecero sulle ore 23 Italiane, a trasportare dal
suddetto Oratorio alla Chiesa Cattedrale la Venerabile Im-
magine di rilievo rappresentante il Redentore Defonto, col-
l’intervento del Capitolo e Clero Urbano, com'era solito
praticarsi negli anni addietro.

Venerdì 6 detto: Fu pubblicato ed affisso 1’ Editto della Muni-
cipalità in cui s'intimava ai villani di portare secondo il
consueto a vendere in piazza ogni genere di commestibili,
assicurando loro, che nel tratto successivo si sarebbe punito
chiunque avesse ardito insultarli nell’ atto di contrattarne
il prezzo. i

Nel riportarsi alla medesima ora l' accennato Ven. Simu-

lacro del SS. med. Salvatore all’ Oratorio dell’ Annunziata

il Reverendissimo Capitolo ricusò d’ intervenire alla seconda
Processione appena si avvide farsi dai Signori Parrochi Cle-
risti ingresso nella loro Chiesa Cattedrale con la Croce inal-
berata non vestita l'asta della solita Benda, la quale per
quanto fu risaputo erasi fatta dismettere ad istanza del
| Il Sig. Don Giuseppe Viti Parroco di S. Savino, allora Priore

ill del Clero Urbano (1). |

| i Sabato 7 detto: Arrivò in Casa Patrizi il nuovo comandante della |

LEONE Piazza per nome Giuseppe Breissan proveniente da Ancona.

Domeniea 8 detto: Alle ore 12 della mattina si montó per la
prima volta la Guardia Nazionale al Quartiere detto dei

4 . soldati Corsi, sotto la direzione del Sig. Giovan Maria Nar-

| boni eletto comandante della medesima sino dal di 18 dello

| scorso mese e degli Aiutanti Maggiori Giovanni Cappelli e

| Antonio Orselli.

| Lunedi 9 detto: Per la posta si ebbe notizia di una generale |

I bee insurrezione in Orvieto stante la richiesta perquisizione degli |

(1) Bisogna sapere che, nelle processioni, come in qualsiasi altro
convegno del Clero, la croce astata è seguo di giurisdizione, e questo
diritto appartiene al Capitolo dei Canonici della Cattedrale, mentre gli
altri Corpi, tanto il Clero Secolare quanto Regolare, devono portare la
croce con la bandella. Sembra che il Priore del Clero avesse messo
subito in pratica il principio d’ uguaglianza, indetto dalla Repubblica!

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CRONACA DELLA REPUBBLICA FRANCESE IN PERUGIA 25

Argenti, che i Francesi colà comparsi per tale oggetto sino
dal 5 corr. erano stati costretti a partire.

Martedì 10 detto: Fu affisso il Proclama del Consolato dove si
faceva istanza ai facoltosi abitanti del Dipartimento del

Trasimeno di farsi dai medesimi celebrare una Messa per
tutti quei defonti sacrificati al furore degl’ Insorgenti.

Mercoledì 11 detto: Editto della Centrale dove si proibivano i

ridotti e giochi di resto anche nelle case particolari.

Giovedì 12 detto: Alle ore 4 pomeridiane tutti i Signori Par-
rochi Cleristi si radunarono secondo l' annuo costume avanti
Mons. Veseovo per venire all'elezione del nuovo Priore;
ma un: ordine improvviso dell’ Amministrazione presentatosi
in iscritto al medesimo dal Sig. Don Luigi Befani, fece
sospendere la mentovata Elezione (1).

Venerdì 13 detto: Venne affisso un Manifesto della Centrale
dove si permetteva a chiunque tra gli Ecclesiastici di con-
correre al Canonicato vacante per la spontanea dimissione
fattasi del suddetto Canonicato dal Chierico Sig. Antonio,
figlio del fu Conte Omero di Montesperello, purchè il concor-
rente fosse giunto all'età di ventuno anno e avesse esposto
i requisiti di civismo e di scenza relativa all’impiego.

Sabato 14 detto: Dal Bureau dell’ Amministrazione furono circa
le ore 9 della mattina spediti due Deputati in più Conventi
de’ Religiosi a formare l'inventario di tutti i mobili, com-
mestibili, e biancherie, quindi suggellando le porte dei
Magazzini, dispense e armarj, presentarono infine l'intima-
zione in iscritto della partenza agli individui esteri.

Domenica 15 detto: Si ascoltarono per la Città delle lagnanze
contro il Governo, primo per la notabile diminuzione al
valore delle Cedole, secondo per l’ imposto dazio del 3/,
terzo per l'incomodo di far la guardia.

(1) Rimaneva quindi Priore del Clero, Don Giuseppe Viti, il quale
s'era acquistate le simpatie della Municipalità col gesto del Venerdi
Santo; il qual gesto però fruttò in seguito molte noje al detto Priore
che dovette difendersi per le stampe dell’ accusa che gli si faceva di
Giacobino; e rimase sempre, come suol dirsi, fra le pecore segnate.
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26 E. RICCI /

Lunedì 16 detto: Proveniente da Città di Castello giunse una
staffetta in Amministrazione, dando parte della generale
rivolta colà accaduta, ed al tempo stesso implorando un
sollecito compenso a sedarla, e a togliere il timore a quelli
Abitanti, già in procinto di abbandonare le proprie case.

Martedì 17 detto: Alle 4 pomeridiane in Piazza Grimana si
celebrò la festa dell’ innalzamento dell’ Albero della Libertà,
in presenza dei corpi Legislativi e militari tra le replicate
Sinfonie, lo strepito di tamburi, le acclamazioni del Popolo,
cui fu in tal congiuntura dispensato pane e vino e animato
in progresso dalle voci delli Signori Dottor Giambattista
Agretti e Don Luca Pellicciari, Lettore giubilato di Fisica

3 sperimentale e Parroco di S. Donato.

Mercoledì 18 detto: Entrò in quest’ oggi a governare la nuova
Amministrazione Dipartimentale ridotta a soli tre individui,
che furono li Cittadini Dottor Angelo Cocchi, ex Conte Giulio

LINE Cesarei e Mariano Guardabassi, i quali subito fecero calar di

TM prezzo la carne bovina da Bajocchi 9 a Bajocchi 7 la Libbra.
| Giovedi 19 detto: Venne affisso il manifesto della suddetta Am-
| ministrazione dove si dava ragguaglio di ció che sarebbe per

Hil d | eseguirsi il dì 1° di maggio in congiuntura della festa della
|
|
|
|

Federazione da celebrarsi in Piazza de’ Corsi, dove per tale
oggetto andavasi ultimando il grandioso Anfiteatro incomin-
ciato ad erigersi sino dal giorno 13 sotto la direzione del
sig. Vincenzo Ciofi.

Venerdì 20 detto: Venne affissa una notificazione del Consolato,
riguardante la vendita dei beni delle Commende, spettanti
alla Religione di Malta, dell’ Eminentissimo Giovan Fran-
cesco Albani, e la soppressione dei luoghi di Monte.

Sabato 21 detto: Fece ritorno da Roma il Signor Dottor Anni-
bale Mariotti, dove sin dal dì 21 marzo si era trasferito in
congiuntura della Federazione, e dove gli era stata con-
ferita la carica di Prefetto Consoiare nel Dipartimento del
Trasimeno (1).

(1) Non si può comprendere, come un uomo rettissimo e dotto, qual
fu Annibale Mariotti, universalmente stimato da ogni ceto di cittadini,
medico sapiente, scrittore, poeta ed archeologo, siasi lasciato abbindolare

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CRONACA DELLA REPUBBLICA FRANCESE IN PERUGIA 27

Domeniea 22 detto: La mattina di buon'ora in diversi luoghi
più frequentati della Città, fu trovata affissa una Schedola,
dove in poche righe chiedevasi conto ai membri del Governo
di tutto il Denaro percepito in contribuzione delle Case
Religiose. SERV

da un gruppo abbastanza esiguo di sovversivi, ai quali non parve vero
d'aver conquistato al loro partito il piü illustre cittadino che avesse
allora Perugia, tenuto in gran conto non solo dagl Italiani, ma eziandio
dagli esteri. Tanto può lo spirito di classe! Per esser giusti dobbiamo
confessare che i nobili, fatte poche eccezioni, erano allora, divenuti
prepotenti oltre ogni limite: e i titoli e i blasoni valevano per essi
assai piü d'ogni diritto, e di qualsiasi ragione. Verso la fine del secolo
decimottavo, le antipatie fra aristocratici e borghesi s'erano acuite,
anche perché questi si affermavano con opere veramente civili ed arti-
stiche, e per il valore dei singoli cittadini, mentre gli altri perdevano
ogni giorno piü di stima e d'autorità presso la popolazione, per il fasto
di cui si circondavano, e col quale credevano poter compensare le man-
chevolezze della loro casta.

Presentatasi l' occasione favorevole ad abbassarne l’ orgoglio, ai rime-
statori di professione, che ne’ subbuj han sempre da guadagnare qualche
cosa e nulla da perdere, s'uni anche più d'un galantuomo in buona
fede, attratto dalla luminosa idea della libertà, e fra questi fu il nostro
Annibale Mariotti, a cui la velleità di vedersi posto a capo di Perugia,
fece per un momento dimenticare il decoro e l’ amore sincero della sua
patria. E dire, che sotto il governo di lui furono manomessi e distrutti
tanti monumenti d'arte, ch’ egli stesso aveva illustrati e raccomandati
alla tutela dei cittadini! È vero però ch'egli si servì dell autorità con-
cessagli dalla rivoluzione anche per far del bene, e per impedire mali
maggiori: ma tutta la sua buona intenzione non bastò a compensare
gl'immensi danni, prodotti dal governo repubblicano. E poi, perchè
essere compiacente con gli amici, fino a prendersela con le povere
Monache alle quali aveva reso prima tanti servizi? (Vedi Archivio del
Risorgimento Umbro, Anno VII, Fasc. II, pagg. 162-176).

Oggi peró nessuno oserebbe levar la voce contro di lui, pensando
quanto poi soffri a cagione dell'ambizione, appagata per pochi mesi; e
come pagasse a prezzo della vita, le misere competizioni di classe.

Giovanni Battista Vermiglioli, di nobile stirpe, e nobilissimo per
dottrina, con ammirabile equanimità e spirito di carità evangelica, tes-
sendone la biografia così serive: « Ze politiche circostanze che agitarono

V Italia e lo Stato Pontificio, sul cadere del secolo XVIII, percossero anche

il Mariotti; perchè non si seppe separare, il buon Anmibale, dai reprobi ;
nè si seppe conoscere, nè valutare il bene che quest’ uomo onestissimo fece

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28 E. RICCI

Lunedi 23 detto: Il signor Dottor Annibale Mariotti entró al
possesso della carica ricevuta dai Consoli della Repubblica
Romana avendo preso per Seg. D. Luigi Testa Sacerdote
Romano, già Cappellano di Monsignor Giustiniani in tempo
che era Governatore di Perugia.

Martedi 24 detto: Diversi Nobili ottennero il permesso dal
Governo, di trasferirsi alle respettive case di Campagna.
Mercoledì 25 detto: Giunse da Ancona in casa del marchese
Niccola Antinori il Gen. Francesco Vallet, con diversi Offi-

ciali di Stato Maggiore.

Giovedì 26 detto: Per mezzo di un inviato da Castel Rigone al
Governo, fu risaputo essersi molti abitanti della suddetta
Commune uniti a quelli della Magione, Preggio e Corciano,
ed armati in massa e diretti in diverse Castella aver rove-
sciato gli stemmi repubblicani.

Venerdì 27 detto: Parimenti da Corciano, ne comparve un altro
con la notizia che gl’ Insorgenti in qualche numero si erano
accampati alla villa del Prugneto, dove avevano acclamato
loro Generale Giuseppe Pompili del Ponte Pattolo.

Sabato 28 detto: Ad ‘istanza dell’ Amministrazione, da Monsi-
gnor Vescovo fu diretta una Pastorale ai Parrochi della sua
Diocesi, dove si esortava il gregge ad abbracciar l'armi
dell’ orazione, non già quelle della discordia, in pregiudizio
proprio ed altrui.

Proveniente da Città della Pieve, dove trovavasi Preside
in tempo del Governo Pontificio, comparve in questo giorno
in casa delli Signori Conte Francesco Maria e fratelli Degli
Oddi di P. S. Susanna il signor Raimondo Modesti di

alla Patria, in tempi calamitosi e difficilissimi. Così l'ira dei malvagi,

aggravandosi sopra di lui, fece sì che la Patria troppo presto perdesse il
più bravo, il più dotto, il più zelante cittadino ». Avendo egli pertanto
contratto lunga e penosa malattia, per il disagio e le privazioni sofferte
nel carcere di Arezzo, dove languì per diversi mesi, morì compianto
da tutti, di 63 anni, agli 8 di Giugno del 1801, e fu sepolto nella chiesa
parrocchiale di S. Angelo in Porta Eburnea, dopo solennissimi fùnerali,
fattigli a spese del pubblico erario, in Santa Maria della Valle, con ora-
zione funebre del dottor Felice Santi.
29

CRONACA DELLA REPUBBLICA FRANCESE IN PERUGIA.

gen Sap

Nocera, chiamato dal Prefetto Consolare ad occuparsi nel
pi posto di Pretore, con li seguenti Assessori, cioè li Cittadini
Dottor Niccola Uffreduzzi, Giovanni Pistocchi, Senibaldo "
| Vitiani e Luigi Belli.
| Domenica 29 detto: Stante l' avviso ricevutosi dal Comandante
Eu della Piazza, sino dal di 27. che un nummero considerabile
di sollevati era giunto al Colle detto del Cardinale, appar-
| tenente al Conte Ludovico Oddi della Parroechia di S. Do-
nato, vi spedi sul far del giorno due compagnie della sua
| Armata, e nel far ritorno in città, sulle ore 6 pomeridiane,
condussero arrestato D. Antonio Marinucci di Mugnano (1),
Parroco di Capocavallo, supposto reo di aver fatte sonar
le Campane all' arme contro i Francesi.
Lunedì 30 detto: Sulle ore 8 della mattina marciarono verso |
Cenerente due compagnie, l' una di Francesi l'altra di Na- | i 1

Da

1
ee de m Ana m at y

zionali volontari, diretta questa dalli Comandanti Giovanni
Maria Narboni e capitano Francesco Bartoccini di P. S. Su-
sanna, e 7 ore dopo la loro partenza, s'intesero dalla Città
per lo spazio di due ore continue, scariche di cannone e
moschetto, non senza sbigottimento degli Abitanti.

Alle ore 6 pomeridiane fecero ritorno dalla loro spedi-
zione, portando in trionfo una bandiera spiegata gialla e |
rossa, che dissero esservi abbandonata dagl’ Insorgenti nel-
l’atto di darsi alla fuga, come ancora sulla punta di una Ì
sciabola la testa di un vecchio per nome Michelangelo,
ucciso mentre stava sarchiando il terreno appartenente alla
vedova sig.ra Anna Alessandri Morandi che, per quanto
si riseppe, non aveva avuto punto che fare coi sollevati,
come neppure li sig.ri D. Luigi Coppioli Parroco di S. Marco
e Filippo Massini Cav. di S. Stefano, le case de’ quali sog-

(1) Don Antonio Marinucci, Parroco di Capocavallo, fu sacerdote .
esemplare, e carissimo al suo popolo. Non fa meraviglia, se in una di
quelle sommosse, che così spesso accadevano nel Comune di Corciano
alleato con Magione, Preggio ed altri paesi, contro l'invasione Francese,
vedendo aggredita la canonica e la chiesa, avesse domandato soccorso
ai parrocchiani, sonando a raccolta.
E. RICCI

giacquero a un rigoroso saccheggio (1). Frattanto mentre il
Popolo Perugino, diviso in tanti gruppi verso la Piazza del
Duomo, stava curioso ascoltando dai Repubblicani l’ esito
della loro spedizione, si pubblicò a suono di tromba I' Editto
di Breissan, dove intimavasi agli abitanti della Città e Cir-
condario di depositare le armi in Amministrazione in ter- |
mine di 48 ore: che tutti quei Nobili trasferitisi da qualche |
giorno nelle loro ville, si dovessero quanto prima ricondurre |
in Perugia, sotto pena della confisca delle suddette: Final- |
mente che alle 10 della notte ciascuno si ritirasse in easa,

nè si sonassero le Campane sino a nuovo avviso.

MAGGIO.

Martedì 1 detto: Alle 7 della mattina per ordine del suddetto
Comand. vennero dalla forza armata tradotti nella Fortezza
li sig.ri Conte Francesco degli Oddi, Alessandro Baglioni
Oddi, ambedue di Porta Sole, Bali Francesco Oddi della
Parrocchia di S. Fortunato, Pietro Vermiglioli e Aurelio
Bartolucci in qualità di ostaggi.

Mercoledì 2 detto: Circa le ore 7 pomeridiane corse un impro-

| visa voce per la Città, che più di 3000 Persone Insorgenti

| trovavansi accampati nella villa di Monte Corneo (2), dal che

|

quasi tutti gli abitanti si misero in gran commozione. Non
tardò Bressand in tal frangente di prender le giuste misure
coll’inviare in quelle parti il suo Aiutante, e al tempo stesso
far condurre in arresto li sig.ri Prior Corradini di Preggio
M e Luigi Sambuci che si erano fatti a divulgar tal notizia, che
i potè facilmente avvedersi esser ciò falsamente divulgato.
Giovedì 3 detto: Alle 6 della mattina il Gen. Vallet alla testa
della sua armata marciò alla volta della Magione dove
il giorno antecedente aveva risaputo che gl’ Insorgenti si

(1) La villa dei Morandi, oggi detta: il Morando, è appena due
chilometri distante da Perugia, verso Nord, sulla via maestra che con-
duce a San Marco.

(2) Oggi Montebello, a 5 chilometri da Perugia sulla via Todina.

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31

CRONACA DELLA REPUBBLICA FRANCESE IN PERUGIA

andavano fortificando in qualche numero, facendo ritorno
alle 8 pomeridiane con 5 dei suddetti con la testa che dissero
esser d’un Prete, due spingardi e molta roba acquistata T
nel saccheggio, cui rimase soggetta la vedova sig.ra Marghe-
rita Eugenj Capra nel suo casino di Chiugiana (1). UM

Venerdi 4 detto: Stante la notizia trasmessasi al suddetto |
Gen., che una guardia del Lago, per nome Broncolo, era |
con 300 contadini armati entrato alla Fratta, vi spedì 220
tra Usseri e Fucilieri.

Sabato 5 detto: In congiuntura del solito Mercato si ebbe rag-
guaglio di tutto ciò ch'era seguito alla Magione il 3 del
corr. che vi fece ingresso l’armata francese e italiana, che
ad onta di vedersi sotto i propri occhi perdere alcuni de’
loro più valorosi, seppe vendicarsi mediante il saccheggio
da cui non rimase esente nemmeno la Chiesa Parrocchiale
dove fu massacrato l’ Eremita di S. Sebastiano di Perugia (2)
per nome Fra Pietro Maggi di Poppi in Toscana: parimenti
si ebbe notizia dell’ arresto, saccheggio e minacce fattesi al
signor D. Giuseppe Malvolti di Cortona Parroco del Busco
per sospetto di avere col suono della Campana allarmato il
suo Popolo contro i Francesi diretti alla volta della Fratta.

Domenica 6 detto: Per aderire alle pressanti istanze fattegli dal
General Vallet, Monsignore Ill.mo Rev.mo Vescovo spedì in
varie parti della sua Diocesi alcuni Sacerdoti, perchè si pre-
stassero ad estinguere lo spirito di fazione, richiamando i
sollevati a tornare in seno ai domestici, tra i quali furono li

(1) Dalle Memorie ecclesiastiche non risulta che in quella circostanza
sia stato ucciso alcun sacerdote; a meno che non si voglia intendere
dell’ Eremita di San Sebastiano, ma questi era laico e non sacerdote (ICI
(vedi 5 Maggio). i

(2) San Sebastiano, dove è stata trasferita recentemente la Parroc-
chia di S. Elisabetta della Conca, nel Rione di P. S. Angelo, fu già
abitazione di certi frati Francescani del Terz' Ordine che si chiamarono
Eremiti; ai quali la Confraternita di San Sebastiano, cui apparteneva
la chiesa, aveva data la custodia del luogo. Il fondatore di questi
Eremiti fu il P. Francesco Van-Outers, di Bruxelles, morto di anni 91,
il 23 Ottobre 1729, in concetto di Santo, e nella detta chiesa sepolto.
Aveva abitato in quel romitorio circa 60 anni.
32

E. RICCI

PP. D. Giuseppe Maria Lionci Barnabita Milanese, Girolamo
Ramadori minore osservante nativo di Loreto, li S.' D. Mi-
chele Bufalini di Cantiano, D. Antonio Rossi dell' Isola del
Giglio, D. Pietro Busti e D. Angelo Blasi ecc. ecc.

Lunedi 7 detto: Circa le 6 della mattina fu tenuto consiglio

di guerra dove rimasero condannati alla pena di morte i
seguenti detenuti, convinti di aver prese le armi contro i
Francesi, cioè li sig.ri D. Raffaele Cerboni di anni 37 Sacer-
dote oriundo da Cerqueto, Andrea Marroni di San Martino in
Campo di anni 32, Francesco Bolognini di Agello di anni 66
e Giuseppe Gianchelli Livornese di anni 27, i quali alle ore 9
della mattina, assistiti dai rispettivi Religiosi, vennero dalla
forza armata condotti bendati in due Carri allo spiazzo con-
tiguo al Frontone, dove in presenza di numeroso popolo
riceverono il militare supplizio e 3 ore dopo, precedute le
consuete funebri cerimonie, coll’ intervento dei Fratelli della
Compagnia della Morte, fu dato ai cadaveri dei suddetti
l' Ecclesiastica sepoltura nella Chiesa Priorale di S. Costanzo
fuor delle mura, appartenente ai RR. Monaci Cassinensi.

Martedi 8 detto: Alle ore 10 della mattina si tenne un altro

eonsiglio di guerra dal quale risultó la condanna di morte
per i seguenti Detenuti, convinti rei dello stesso delitto;
cioè per un certo Paolo Paoletti di San Fortunato, di anni 41;
e Mattia Fanelli di Castel Rigone, di anni 35.

Mereoledi 9 detto: Sul far del giorno il General Vallet, alla

testa della sua Armata, s'incammino alla volta di Città di
Castello, dove alcuni giorni addietro aveva risaputo per
lettera trovarsi un numero considerabile d'Insorgenti, sin
dal 14 dello scorso, ed esservi già seguito il massacro, come
sì vedrà in appresso.

Giovedì 10 detto: Alle ore 4 pomeridiane, coll’ assistenza dei

Sacerdoti furono condotti al supplizio, al solito spiazzo, gli
accennati detenuti, dove cessarono di vivere mediante alcuni
colpi di moschetto.

Venerdì 11 detto: Venne affisso il Proclama del Consolato in cui

rimanevano disapprovati gli affitti per più ragioni, quivi
esposte, e in caso di furti ingiungevasi ai locatori di premet-
tere al contratto la stima legale dei terreni, onde i condut-
CRONACA DELLA REPUBBLICA FRANCESE IN PERUGIA 33

tori non fossero nel tratto successivo obbligati a vendere
generi al prezzo sommo, ridondante in discapito dei bisognosi.

Sabato 12 detto: Altro Proclama del Governo dove si rendeva

manifesta la nuova eretta milizia dei Giandarmi che ad ogni
momento si sarebbe prestata a comodo degli abitanti, a difen-
dere a ogni incontro le persone e le sostanze (1).

Domenica 13 detto: Altro Editto della Centrale in cui si accor-

davano le solite Feste di Ricreazione agli abitanti di cam-
pagna col patto di usare nelle medesime la dovuta riforma
da preferirsi nel tratto successivo dal rispettivo Parroco.

Lunedì 14 detto: Alle ore 7 pomeridiane arrivò uno squadrone

d’ Infanteria francese da Città di Castello con 10 carri di
soldati feriti, in congiuntura del massacro costì accaduto sin
dal dì 6, al quale, per testimonianze di alcuni nobili, soprag-
giunti mezza ora dopo, soggiacquero 32 di quei patriotti, la
maggior parte addetti al Governo, fra i quali i signori mar-
chese Giulio Bufalini e Leonardo Patrizi, come ancora 4
Perugini, signor Domenico Pesce nativo di Roma, Uditore di
Monsignor Giacomo Giustiniani in tempo del suo governo in
Perugia; 152, tra comuni e Ofiziali francesi, a una porzione
de’ quali vennero dagli infuriati Insorgenti cavati gli occhi,
reciso il naso, e l’ estremità dei piedi calzati con le scarpe
a punta: parimenti si riseppe dai suddetti Signori, che arri-
vato il giorno susseguente il Gen. Vallet colla sua armata
alle porte della città, poco vi mancò che non rimanesse
ferito a morte da un colpo di cannone a mitraglia, ma che
ciò nonostante egli, senza punto sgomentarsi, permesso à
Cannonieri d’incendiare al momento i ripari, si era incam-
minato alla volta di Montone con 4 officiali e venti Usseri (2).

(1) Sotto questa data, si ha un’ordinanza del Governo Centrale,

che ogni proprietario dia la veritiera assegna dell’ olio, che ha ne’ magaz-
zini, e di quello da farsi, pena la confisca di tutto l’olio, in caso di falsa
denunzia. Firmato: Toriglioni Ministro dell’ Interno.

(2) Aggiungiamo altre notizie desunte dai manifesti a stampa:

15 detto: La Municipalità domanda consiglio ai Cittadini, dei quali fa

gran conto il presente governo, sul modo da tenersi sulla macellazione,
affinchè non siano di troppo aggravati i cittadini, nel riparto da

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34 E. RICCI

GIUGNO.

Martedi 5 detto: Per la Posta si ebbe notizia, che fino dal di
29 dello scorso maggio nella città di Siena erano accadute
più orribili scosse di terremoto, le quali avevano recato un
‘danno notabile alle Fabbriche della città, per cui molti
degli abitanti erano stati costretti a formarsi delle trabacche
alla meglio fuori della città, per non perire sotto le macerie.

Mercoledì 6 detto: Da Monsignore Ill.mo e Rev.mo Vescovo fu
trasmessa ai Parrochi della città e diocesi l’indulto della
riduzione delle feste di precetto, trasmessegli per la posta
il giorno antecedente. Comparve in questo giorno al sop-
presso monastero dei PP. Bernardoni (1) una compagnia di
musici e ballerini dell’ uno e dell'altro sesso destinati pel
Teatro del Verzaro.

Giovedì 7 detto: Venne pubblicato ed affisso il Proclama del
Consolato, dove rimaneva espressa l'imposizione del 5%
sopra i beni degli Ecclesiastici e il 3 a quelli dei Secolari tanto
nelle possessioni come ancora nelle case.

farsi del debito, che in questa azienda va assumendo la città, a
carico della quale stanno i macelli. i
23 detto: Il cittadino Alessandro Maria (Mons. Odoardi Vescovo di
Perugia) pubblica 1’ Indulto per la riduzione delle feste di precetto.
Rimangono tutte le Domeniche, più 16 feste, fra le quali. San
Costanzo e San Ercolano: oggi soppresse dalla S. Congregazione.
25 detto: Ordine perentorio di dichiarare i predj dati in affitto, gli affit-
tuarj e la corrisposta dell’ affitto.

27 detto: Si avverte con manifesto della Municipalità che il giorno della

Festa nazionale in riconoscenza alla Gran Nazione Francese, si distri-
buiranno bajocchi quindici alle famiglie povere che presenteranno
un biglietto col timbro della Parrocchia, con la firma del Parroco,
e col nome del beneficato.

30 detto: Il Generale Gouvion Saint Cyr, Comandante le truppe francesi
stazionate in Roma, ordina che nessuno porti i tre colori italiani,
e che i cittadini appartenenti alla Guardia Nazionale abbiano il
pennacchio rosso sul cappello e non il tricolore.

(1) I Padri Cistercensi, detti anche Zocchetti, i quali abitavano in
Via S. Gregorio (oggi Vincioli) dov’ è adesso la Divisione Militare.

——Óà CRONACA DELLA REPUBBLICA FRANCESE IN PERUGIA 35

Venerdi 8 detto: In quest’ ordinario si riceve la nuova che in
Piazza Colonna si andavano di mano in mano bruciando
quelle cedole che si ricevevano dal Commissario per vendita
dei beni Nazionali.

Sabato 9 detto: Stante il Rescritto favorevole, trasmessogli per
la Posta di Roma il giorno appresso il Signor Pier Filippo
Martinetti di Valentana, Sacerdote della Missione, si portò
con le debite formalità a prender possesso della Chiesa con-
tigua dei soppressi Monaci dei Zocchetti.

Domenica 10 detto: Al Teatro del Verzaro andò in scena circa
le ore 8 pomeridiane l’ Opera Buffa in musica intitolata:
< La donna di genio volubile » del celebre maestro Porto-
gallo con l’intermezzo di ballo. i

Lunedì 11 detto: Alle ore 6 della mattina dalla Forza Armata
fu condotto a subire il militare supplizio un certo Mario
Mencatelli di S. Enea di anni 66, convinto di aver prese 1o
armi contro i Francesi.

Martedì 12 detto: In questo giorno si tenne Consiglio di Guerra,
dal quale risultò la condanna di morte per un certo Orazio
Palazzi della Parrocchia di S. Fortunato, di ‘professione
beccajo, di anni 55, convinto reo dello stesso delitto.

Mercoledì 13 detto: Scortati da una compagnia di Moschettieri
Francesi: comparvero al soppresso monastero delle Con-
vertite (1) diversi cariaggi di depositi di donne della stessa
nazione.

Giovedì 14 detto: Assistito dal P. Carlo Baldoni, minore osser-
vante, fu condotto a moschettarsi il suddetto Palazzi, e il
suo cadavere riposto a norma degli altri nel sepolcro della
Chiesa Priorale di S. Costanzo.

Venerdì 15 detto: Venne affisso e pubblicato il Proclama del Con-
'solato dove ingiüngevasi ai possidenti di ogni dipartimento
di contribuir cavalli per la nuova milizia dei Giandarmi (2).

(1) Il locale dove abitavano le Convertite si trova fuori Porta
S. Pietro ed è unito all’ Istituto Donini per le Croniche.

(2) In data dello stesso giorno il Gen. Gouvion Saint Cyr, riferendosi
alla legge che permette ai Monaci e Monache di abbandonare il loro con-
vento, stabilisce che cosa abbiano diritto di avere dai rispettivi Monasteri.
36 1 E. RICCI

Sabato 16 detto: Altro Proclama del suddetto in cui si rendevano i
noti tutti i nomi de’ Capi rivoluzionarj della Rep. Romana, È
la loro Disamina e la condanna a misura del delitto com-

messo.

Domeniea 17 detto: Altri due Proclami: l'uno del Gen. Fran-
cese Gardàn, l'altro del Ministro dell’ interno Signor Conte È.
Toriglioni di Ancona. Nel primo si minacciava la pena di !

morte a ciascun villano unitosi alla truppa degl’ Insorgenti,
se in termine di 10 giorni non fosse ritornato all’ esercizio
delle rusticali incombenze: nel secondo venivano rimpro- !
verati quei Governi che si fossero abusati delle Leggi per |
favorire i facoltosi, senza curarsi del pregiudizio degl’ indi- i
genti, e si avvertivano ad avere in progresso egual misura
e premura per tutti i componenti un sol popolo che ha diritto
di deporre al momento chi abusa della suprema autorità in
danno dei suoi simili. Proibivasi infine ai Giudici e Deputati
di potere ad arbitrio disporre dei beni comunitativi, di
metter contribuzioni e prestiti forzati, senza il previo con-
senso dei Consoli della Repubblica Romana.
Celebrandosi in questo giorno da varj devoti una festa
[MII straordinaria del Beato Errico Re di Danimarca, nella Chiesa
d Parrocchiale di S. Andrea di Porta S. Susanna, dove si con-
| servano le ossa, fu per tale oggetto in quella dei PP. Tere-
siani eseguito in musica piena l’ Oratorio composto dal Sig.
Maestro Caruso e Dott. Giovanni Battista Agretti, il primo
riguardo alla musica, il secondo al metro, avente per titolo
la Disfida di Davide col Gigante, cui dopo la prima parte
ebbe luogo una breve accademica orazione in lode:del sud-
detto Beato pronunziata dal medesimo Sig." Agretti (1).
Lunedi 18 detto: Alle ore 9 della mattina si tenne Consiglio di
Guerra dal quale risultó la condanna di morte per due, dete-
nuti da qualche giorno nelle carceri dipartimentali, cioè
Luigi Brunetti, detto Rabbiaccia, nativo di Gubbio di anni 45

de (1) Non eonosco il libretto di questo Oratorio: ma il titolo del
Lil dramma, e il nome dell'autore, bastano per farsi un'idea esatta del
contenuto del libretto medesimo.
MO mammam esr am om mcn

CRONACA DELLA REPUBBLICA FRANCESE IN PERUGIA 31

e Romualdo Marchetti di Fabriano di anni 38, convinti di
aver dato fomento all'ultime passate insorgenze. Cirea le
sette pomeridiane, scortato da una squadra di Giandarmi,
comparve arrestato il signor Giuseppe Pompili del Ponte
Pattolo, addetto in qualità di fattore di campagna al Colle
del Cardinale, dove rimane la tenuta delli Sig.ri Conte Ludo-
vico e fratello Oddi, e dove il medesimo sin dal 27 aprile
era stato proclamato Generale della Truppa degl’ Insorgenti.

Martedì 19 detto: Alle ore 8 della mattina assistiti dai rispettivi

Sacerdoti, vennero trasportati al luogo del supplizio i riferiti
Insorgenti e 3 ore dopo sepolti nel tempio di S. Costanzo
fuori delle mura.

Mercoledì 20 detto: Alle ore 7 pomeridiane scortati da una squa-

dra di cacciatori francesi, comparvero 15 arrestati, i quali
vennero immediatamente tradotti parte: alle carceri della
Fortezza, parte in quelle dipartimentali, a riserva delli Sacer-
doti Signor D. Domenico Onofri di Bettona e P. Maestro
Giuseppe Campalastri, Guardiano dei Minori Conventuali
della suddetta terra, chiusi ambedue nelle segrete del Go-
Verno.

Alle 8, di ritorno da Spoleto, giunse il Generale Vallet
in casa del Signor Marchese Nicola Antinori in compagnia
di altri Offiziali (1). '

Giovedì 21 detto: Venne affisso il Proclama del Consolato in cui

si stabiliva l'annuo assegnamento di scudi 25 alle monache,
in caso di loro secolarizzazione, e 300 Piastre per una sol
volta ai Religiosi.

Venerdì 22 detto: Per la posta si ricevè la nuova della caduta

dell’ Isola di Malta alle Armi Francesi; trovandosi allora in
qualità di Gran Maestro dell’ Ordine Gerosolomitano S. A. E.
Fr. Ferdinando D. Hompestre, nativo di Giuliems, nella pro-
vincia di Wastfalia in Germania.

(1) In data dello stesso giorno, il Generale Gouvion Saint Cyr pub-

blica la legge di soppressione delle Confraternite, Università, Oratorj,
Congregazioni, e qualunque altra corporazione di persone laiche : eccet-
tuate le Confraternite di campagna addette al servizio delle Parrocchie,
38 E. RICCI

Sabato 23 detto: Cirea le ore 10 della mattina si tenne pubbli-
camente Consiglio di Guerra nelle camere contigue alle dipar-
timentali, in cui, premessa una breve disamina, rimasero

condannati ai ferri, per lo spazio di 10 anni, due villani del -

Prugneto, convinti di avere sonate le Campane all’ arme
contro i Francesi.

Domenica 24 detto: altro Consiglio di Guerra dal quale risultò
la condanna di morte per un certo Luigi Benedetti di Napoli,
di anni 37, soldato di finanze, convinto reo di aver cooperato
alle passate insorgenze di Castel Rigone e Corciano.

Lunedì 25 detto: In diverse ore della mattina 44 giovani scapoli,
per timore di essere reclutati per la Guerra, si congiunsero in
Matrimonio in presenza dei rispettivi Parrochi e Testimonj.

Alle ore 10 della mattina, in compagnia del Sacerdote, fu

condotto a ricevere il militare supplizio il suddetto Soldato
delle Finanze detenuto da qualche giorno nelle Carceri Di-
partimentali (1).

2° Supplemento (2).
30 Giugno: Proclama della Municipalità in: cui si notifica la soppressione
di tutte le Compagnie e Confraternite; e il Governo entra subito
in possesso delle loro entrate, fondi, mobili, immobili e ragioni.

LUGLIO.

1° Luglio: Si pubblica la legge sull’ assegnamento annuo da darsi ai
Vescovi, secondo la quantità della popolazione, ricavando il detto
assegno dai beni di ciascun Vescovato, riserbandosi il Governo il
diritto di prendere per sè il sopravvanzo.

(1) Il 26 detto, Giuseppe Toriglioni, Ministro dell’ Interno, mandó:

il Proclama per la demaniazione dei beni spettanti alle Confraternite e
alle altre corporazioni soppresse.

28 detto: L" Amministrazione Dipartimentale requisisce tutti i cenci,
onde provvedere alla fabbricazione della carta necessaria alle stamperie
del Dipartimento.

(2) Per questo 2° Supplemento ci siamo serviti dei fogli a stampa
e della Cronaca di GrAMBATTISTA MARINI.

PE

—— MÀ


CRONACA DELLA REPUBBLICA FRANCESE IN PERUGIA 390

4 detto: Giunge notizia, che aleuni nobili Perugini, detenuti nel Forte
de’ Cappuccini di Ancona, sono stati messi in libertà, e che uno di
questi, il Conte Alessandro Baglioni si è imbarcato per: Venezia.

5 detto: Giungono in Perugia da Roma 3 Commissarj per stabilire la
Guardia Nazionale di linea.

6 detto: I Commissarj della Municipalità vanno a prender possesso di

quanto si trova presso gli economi delle Confraternite, e fanno
gl'inventarj dei mobili e stabili.

9 detto: Con avviso della Municipalità si pubblica l'abolizione di due
terzi di tutte le cedole inferiori a scudi 35, essendo stato già abolito
un terzo. Dieci giorni prima era stato ingiunto dal Governo che
nessuno potesse ricusare cedole inferiori a scudi 35, sotto pena di
fucilazione.

Il danno dei cittadini ed abitanti dell’ Umbria è incalcolabile,
essendo molti rimasti impoveriti da questa abolizione.

Le cedole da scudi 35, per ordine del Presidente del Consolato
Panazzi, vengono ridotte ad un terzo del loro valore titolare.

12 detto: Il Generale di Divisione Gouvion Saint Cyr stabilisce la legge
che gl’ Isdraeliti siano considerati come tutti gli altri cittadini, e
che però cessano le leggi e consuetudini particolari, relative agli
Ebrei, rimanendo d’ ora in poi abolite.

14 detto: In memoria della presa della Bastiglia avvenuta in Parigi il
14 luglio 1789, si ordina che, dal mezzodì fino a sera, si chiudano
tutte le botteghe e si pongano lumi alle finestre. Il Generale Fran-
cese tiene un’allocuzione al Frontone.

16 detto: La Municipalità ordina che tutti gli Ebrei siano riconosciuti
per cittadini, mentre per il passato erano esclusi dalla cittadinanza;
e che possano avere qualsiasi carica, come gli altri cittadini,

Per ordine della Polizia si tolgono dalle vie tutti i taberna-
coli, Maestà, immagini della Vergine e dei Santi, e si portano nelle
chiese (1).

17 detto: È condannato a morte un abitante di Magione, convinto d’ es-
sere rivoluzionario. i

18 detto: Si eseguisce la sentenza del predetto Magionese.

(1) Le Maestà dipinte sul muro per la maggior parte vennero murate,
e fra queste ve n’ era una di Pietro Perugino sulla facciata della Chiesa
del Carmine: ma non sappiamo in qual punto: perchè la detta facciata
fu poi rimaneggiata circa il 1850.

n E n
40 E. RICCI

21 detto: La Centrale pubbliea il Decreto di soppressione dei seguenti
Ordini Religiosi, cioè: Barnabiti che ufficiano la Chiesa del Gesù
in piazza di Sopramuro; Missionarj di S. Vincenzo De' Paoli (1);
Monaci Camaldolesi di S. Severo in Porta Sole; dei Monaci Silve-
strini in San Fortunato di Piazza Grimana; dei Minimi di San Fran-
cesco di Paola in Santo Spirito; e dei Cappuccini di Montemalbe.

22 detto: Una falsa voce annuncia che i Francesi saranno presto richia-
mati dal direttorio di Parigi, e che lasceranno libera tutta 1° Italia.

27 detto: Giunge notizia che Napoleone, dopo avere presa l'isola di
Malta ed averla saccheggiata, ricavando dalla preda più di dieci
milioni di lire, il due corrente è partito da Malta insieme col Gene-
rale Berthier, per andare alla conquista dell' Egitto.

Il Re di Napoli, vedendo a quali condizioni è stata ridotta
Roma, dopo tante promesse fatte dal Generale Berthier, riuscite
tutte false; conosciuta la mala fede del Direttorio francese, fa
preparativi di guerra.

Si prescrivono le norme per la cittadinanza da concedersi ai
Francesi.

30 detto: Il Generale di Divisione Macdonald pubblica una legge contro
i sediziosi, con la quale si minaccia la pena di morte, specialmente
contro i Preti ed i Gesuiti i quali saranno puniti militarmente. Gli
altri che avessero qualche attenuante saranno condannati ai ferri.

AGOSTO.

2 Agosto: Tre battaglioni di fucilieri francesi partono di notte per Foligno.

Nello stesso giorno, il Capo di Brigata Darnaud dirige un pro-

clama agli abitanti di Città di Castello, dove era stato il teatro delle

dimostrazioni ostili ai Francesi, e li esorta a sottomettersi all’ autorità

costituita, minacciando l’ eccidio dei cittadini, e la distruzione della

città, se torneranno a ribellarsi. In fine dice che saranno ritenuti per

primi responsabili di qualsiasi sommossa i Sacerdoti e gli Ex-Nobili!!

3 detto: Il Generale Macdonald ordina l' espulsione di tutti gli stranieri

dal territorio della Repubblica entro il termine di cinque giorni,

spirato il quale, saranno trattati come spioni e puniti militarmente.

4 detto: Un ordine del Governo proibisce severamente che si parli contro
la Repubblica, e dei fatti intervenuti fra Austriaci e Francesi.

(1) Il convento dei Missionarj, detti anche Lazzaristi, era in via
San Gregorio (oggi via Vincioli), nei locali, poi occupati dall’ Intendenza
di Finanza.

——

—————————— QÀÓ
CRONACA DELLA REPUBBLICA FRANCESE IN PERUGIA 41

9 detto: I1 Monaco Cistercense Pietro Francesco Tornera Vice-presidente
del Comitato di Pubblica Istruzione, con un suo Ordine proibisce
le parole « felicemente regnante » che si sogliono aggiungere al nome
del Pontefice Romano (1).

La sera si festeggia l'anniversario della promulgazione in Francia
delle leggi democratiche nel 1794.

12 detto: Un proclama della Centrale proibisce di ricusare gli Assegnati,
stabiliti per la scarsezza dell’ oro e dell’ argento (2).

13 detto: Si ordina che alle 10 ore di notte (cioè due ore dopo il tra-
monto, secondo il computo francese) ognuno che esca di casa porti

la lanterna.

Giovedì 16 detto: Venne in questo giorno affisso un Proclama
del più volte nominato Gen. Casabianea, dove s'invitavano
i Popoli del Dipartimento del Trasimeno a riprendere la
primiera calma, e a confidare nelle Leggi del nuovo Governo
poggiate sui cardini dell'amore e della Giustizia.

Venerdi 17 detto: Alle ore 11 della mattina fu annunziata al
pubblieo a suono di tromba la spontanea dimissione della
Carica di amministratori dipartimentali delli Sig.ri Angelo
Cocchi, Co. Giulio Cesarei e Mariano Guardabassi.

Sabato 18 detto: Dal Gen. Casabianea fu inviata una lettera di
lagnanza alla Municipalità, per non aver fatto eseguire l'illu-
minazione per la città la sera del di 10 in congiuntura della
riferita anniversaria. In questo giorno furono condotti in
arresto due accattatori per aver contravenuto all’ Editto del
dì 5 Aprile, in cui si permetteva ai soli Religiosi mendicanti
la questua tanto in città, come in campagna.

(1) Per quante ricerche abbia fatte presso la casa generalizia dei
Cistercensi in Roma, non mi è riuscito di sapere che fine abbia fatto
questo Monaco, del quale non si fa più parola dopo la restaurazione del
Governo. Veduta la mala parata, forse prese il largo, e chi sa in che
parte di mondo sia andato a nascondersi. Certo, che da tutto l’ insieme
risulta essere stato un cattivo soggetto.

(2) Erano stati ordinati rigorosamente dei prestiti in oro ed argento
a tutti i nobili e possidenti, per sovvenire ai bisogni del Governo, il
quale non aveva nè oro, nè argento, per far fronte alle esigenze dei
Commissarj Francesi,

Lev CEN


o prendo ao RR RS

Y is Lai ce d

49 . 7 E. RICCI

Domenica 19 detto: Alle ore sette pomeridiane comparve con la
Forza Armata di Cast.* Fiorentino uno dei capi degl’ Insor-
genti, il quale venne immediatamente tradotto nelle Carceri
Dipartimentali.

Lunedì 20 detto: Dopo molti giorni di malattia, cessò di vivere
in età di anni 61 il Sig. Luigi Sigismondo Ansidei della
Par.» di S. Maria Nuova.

Martedi 21 detto: Nella sud.a Chiesa Parr.le di S. Maria Nuova, 1
premesso un conveniente Funere per l'anima dell' Estinto
Sig. Luigi Ansidei, fü il cadavere riposto nel Sepolero.

Mercoledì 22 detto: In questo giorno fece partenza per la Toscana
il Comand. Breissànd, stante una lettera di avviso ricevuta |
il giorno appresso per la Posta dalla Commissione Militare 1
che l'obbligava.a trasferirsi in Milano.

Giovedì 23 detto: L' Officiale Chastèl, che si trovava da più giorni
alloggiato in casa della Sig.ra Contessa Anna Aurelj Buon-
tempi, entrò a far le veci dell’ accennato Breisànd, partito È
per Milano il giorno indietro. |!

Venerdì 24 detto: Venne affisso il Proclama del Com. Provvisorio
della Piazza, prescrivendosi ad ognuno, che trovavasi regi-
strato nel Ruolo, l’obbligo indispensabile di far la guardia, |
senza ammettersi il cambio se non in caso di fisica impotenza. |

Cirea le 9 della mattina, dal Bureau della Municipalità
si spedirono diversi Notarj a sequestrare i mobili delle prin-
cipali Confraternite della Città. |

Sabato 25 detto: Dal primo Ispettore di Polizia venne in questo |
| giorno proibita la solita questua per il Purgatorio, a tenore |

E dell’ Editto, emanato sino dal di 5 aprile. !

Domeniea 26 detto: Giunsero da Roma sei officiali Giandarmi |
inviati costi ad organizzare una tal Legione in tutto il Dipar- |
timento del Trasimeno.

Lunedi 27 detto: Cirea le ore 9 della mattina, da diversi Edili
s' incominciò la visita alli Monasteri di Monache, ad oggetto
di esaminare ciascuna riguardo al Nome, Casato, Paese, e se
fosse contenta di proseguire l’ osservanza del proprio Istituto
in perpetua Clausura. In questo corso di posta, al Sig. Giam-

maria Narboni fù trasmesso da Roma il Diploma di Comand.

de’ Giandarmi nel sud. Dipartimento,
CRONACA DELLA REPUBBLICA FRANCESE IN PERUGIA 43

Martedi 98 detto: Alle ore 11 della mattina, nella Chiesa Cat-
tedrale si celebrarono l' esequie col solito militare cerimo-
niale, per un Tenente Francese, estinto poche ore prima nel
Monastero degli Olivetani (1).

Mereoledi 29 detto: In questo giorno ripresero le redini del Go-
verno ad istanza del Corpo esecutivo di Roma li tre Sig.ri
dell’ Amm.ne che sin dal 17 si erano spontaneamente deposti.
Circa le 7 della mattina cessò di vivere in età di anni 69
il Sig. March. Fran.co Antinori della Par. di S. Martino del
Verzaro.

Giovedì 30 detto: Nel Tempio dei PP. Agostiniani, premesso un
decente Funere per l’ estinto Sig. March. Antinori, venne il
cadavere riposto nel Sepolcro de’ suoi Maggiori.

Venerdì 31 detto: Uscì alla luce un libercolo intitolato «Il Cate-
chismo Repubblicano per i Fanciulli» essendone gli autori li
Sig.ri Priore Corradini di Preggio, e Gio. Battista Agretti.

SETTEMBRE.

Sabato 1 detto: Alle ore 9 della mattina nella Chiesa Parrocchiale
di S. Agata si congiunsero in Matrimonio colle dovute for-
malità il Sig. Com. Gio. M.a Narboni e la Zitella Sig.a
Anna Chiatti.

Domenica 2 detto: In questo giorno il Sig. Gio. Battista Caselli
Romano, di professione gioielliere entrò ad occupare il posto
del suddetto Sig. Narboni, passato a quello di Com. dei Gian-
darmi.

Lunedì 3 detto: dalle Carceri Dipartimentali fu tratto il primo
Gen. degl’ Insorgenti per nome Luigi Cristianissimo, il quale
con la forza armata partì alla volta di Città di Castello dove
avrebbe inteso il suo destino.

Martedì 4 detto: Alle 7 pomeridiane tra la melodia degl’ Istro-
menti della nuova Banda Perugina, montò in altro aspetto

(1) Gli Olivetani abitavano in Monte Morcino nuovo, cioè nel magni- .

fico Monastero, dove oggi è l’ Università degli Studj.
E. RICCI

la Guardia Nazionale, composta di tutti i ceti in maggior
numero del solito (1).

Mercoledì 5.detto: Fu affisso il Proclama del Consolato, dove si
deeretava doversi ammensare ai rispettivi Ospedali le Ren-
dite delle Confraternite, e Collegj soppressi.

Giovedi 6 detto: Altro Editto del Gen. Casabianea, riguardante
la perquisizione delle Armi da farsi agli abitanti di Città, e
Circondario in termine di 3 giorni.

Venerdi 7 detto: Sulle ore 5 pomeridiane, assistito dal rispettivo
Sacerdote, fu condotto a subire il solito supplizio un certo
Giovanni Paolo Giubileo di Città di Castello, di anni 22, uno
dei compagni di Luigi Cristianissimo nelle passate insorgenze.

Sabato 8 detto: Alle 9 della mattina, quattro Edili si portarono
a sequestrare tutti i beni stabili e mobili, appartenenti alla
Venerabile Compagnia del S. Anello.

Domenica 9 detto: Venne affisso l' Editto del Consolato in cui
si proibivano nel tratto successivo tutte le adunanze, eccet-
tuati i Comizi e le Sedute riguardanti gli affari delle Comuni
e Capi luoghi.

Lunedì 10 detto: In questi giorni, pochi passi fuori di Porta
San Carlo, nacque una rissa tra il Sig. Com. Narboni e un
Uffiziale Francese con la peggio del primo il quale, essendo
rimasto offeso con una bastonata nel volto, ne pretendeva
al momento delle soddisfazioni, ma interpostisi alcuni amici,
non ebbe campo di effettuare per allora i suoi disegni.

Martedì 11 detto: fu pubblicato ed affisso 1’ Editto del Consolato,
dove facevasi premurosa istanza a tutti gli Ecclesiastici, e
in modo particolare ai Parrochi, perchè si prestassero a
sedare i tumulti, e riparare i disordini che fossero potuti
nascere stante le differenti opinioni.

Mercoledì 12 detto: Altro Editto del sig. Giovanni Battista
Caselli, Comandante della Guardia Nazionale, dove si trova-
vano espressi i principali doveri di un soldato in sentinella.

(1) Così dice il manoscritto. Il Cronista ha voluto significare che
la Guardia Nazionale si presentò (montar la guardia è termine militare)
in aspetto diverso dal solito, a cagione della nuova divisa, imposta
dai Francesi,
VUE utem TRITATI lm TAGLIO

CRONACA DELLA REPUBBLICA FRANCESE IN PERUGIA

Giovedì 13 detto: Il sig. Dottore Tommaso Adreani della Parroc-
chia di S. Fiorenzo entró in questo giorno al possesso della

45

carica di Prefetto dei Tribunali, occupata dal S. Agretti.

Venerdì 14 detto: Circa le ore 7 della mattina, la signora Orsola
Fazzuoli di Castiglione Fiorentino, vedova dell’estinto signor
Marchese Francesco Antinori, tornò a congiungersi in Matri-
monio, nella Chiesa Parrocchiale di San Martino, con un Sotto
Tenente Francese, per nome Carlo Charie.

Sabato 15 detto: Proclama del Consolato dove rimanevano
espresse varie determinazioni, tanto riguardo alla posta dei
cavalli che a quella delle Lettere, cioè che alla Lettera di un
foglio veniva fissato il prezzo d'un Bajocco per impostarla ;
e due per riceverla.

Domenica 16 detto: Sulle 9 della mattina, si batterono vicino
alla Sapienza Vecchia il sig. Luigi Patrizi, nepote del signor
Castellano dello stesso Casato, e il Segretario del Comandante
della Piazza Chastel, essendo ambedue nel duello rimasti
notabilmente feriti.

Lunedì 17 detto: Alle 8 della mattina, partì per Roma il Gen.
Casabianca in compagnia di varj Ufficiali dello Stato Mag-

giore.

Martedì 18 detto: Alle 5 pomeridiane, vennero dalla forza armata
condotti dal Pian del Tevere li signori Dottor Ceccarini me-
dico di S. Niccolò di Celle e Sebastiano Dominici Causidico,
nativo di Cerqueto, e quindi chiusi ambedue nelle Carceri
Dipartimentali.

Mercoledì 19 detto: Ad istanza del signor Dottor Don Temi-
stocle Lupatelli della Parrocchia di Santa Maria di Colle,
fu parimente trasportato nel profosso della Fortezza un Sar-
gente Maggiore Francese per aver offeso con diverse percosse
il suddetto Sacerdote, il quale con gentili modi lo aveva
persuaso di non poterlo alloggiare (1).

(1) Don TEMISTOCLE LUPATTELLI È
al 1815, molto succinta, pubblicata dal distinto Dottore Medico PrETRO
Busti nell’ Archivio Storico del Risorgimento Umbro (An. IV, Fasc. IV,
1908). Fu beneficiato dalla Cattedrale di Perugia, e morì di circa 80 anni,
il 23 Agosto 1826.

autore d’ una Cronaca dal 1796

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46 E. RICCI

Giovedì 20 detto: Il signor Federico Taccinî di Pozzuolo, arrivato |:
sin dal di 18, entró oggi ad occupare il posto lasciatosi dal
Dottor Cocchi. !

Circa le 7 fu riaperto il Caffè sotto Casa Alessandri
delli Fratelli Tomassini, chiuso da due anni a motivo di
ristaurarlo.

Venerdì 21 detto: Si ebbe notizia per la posta, che il dottore i!
Antonio Brizi, dal posto di Senatore, era passato a quello
di Console.

Circa le 8 della sera per mezzo di varie scariche di Arti-
glieria fu dato dalla Cittadella il segnale della Festa Civica,
riguardante il compimento dell’ Anno Repubblicano (1).

Sabato 22 detto: Alle 5 pomeridiane tre compagnie di Fucilieri |
Francesi marciarono alla volta del Frontone, dove trovavasi i
schierato un distaccamento di Cavalleria che andavasi eser-
citando nelle evoluzioni Militari a fuoco tra lo strepito dei
bellici stromenti, che ad un cenno del Comandante all’ istante
cessarono per dar luogo a due Officiali di recitar, come fecero

: ill |t | luno dopo l’altro, in presenza di numeroso popolo, le brevi

M allocuzioni riguardanti le vittorie ottenute dai Francesi nei

| fatti d'arme dello scorso anno, eseguiti in varie parti d' Eu-

WU ropa. '

dii . Domenica 23 detto: Proclama del Consolato dove rimaneva - |
espresso l’invito a tutti quei ex Nobili e Possidenti, che da
qualche tempo dimoravano fuori della Rep. Rom. a ricon-
dursi nei rispettivi paesi, e quindi presentarsi al Governo,
per non soggiacere alla confiscazione espressa nell’ Editto i
del dì 30 aprile. È,

Lunedì 24 detto: Proclama dell’ Amministrazione dove parim.
s'invitavano tutti i Mercanti della Città a somministrare
ripartitamente il panno per rivestire di uniforme i Gian-

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————

(1) La Municipalità, in questa circostanza dell’ anniversario della
liberazione dalla tirannia, indisse una festa solenne al Frontone, per il
giorno seguente; ordinando che si chiudessero i negozj e che ogni citta-
dino gareggiasse nel mostrare la propria riconoscenza alla Gran Na- |
zione Francese. I trasgressori (di che? forse quelli che non avessero
mostrato tale riconoscenza?) sarebbero tenuti per nemici della libertà.

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CRONACA DELLA REPUBBLICA FRANCESE IN PERUGIA 4T

darmi, contentadosi di riceverne da ciascuno di essi il prezzo
a respiro.

Martedì 25 detto: Altro proclama dell’ Amministrazione Diparti-
mentale, diretto ai Possidenti di campagna, di somministrare
qualche gratuita contribuzione per poter celebrare la Festa
dell Albero nella Piazza dell Università, il di primo dell’ en-
trante ottobre (1). :

Mercoledì 26 detto: Il Sagrestano minore del Duomo, portatosi
secondo il solito sul far del giorno in d.* Chiesa, trovó volto
il cristallo situato avanti l'Immagine.di M.a Verg. delle
Grazie, e quivi tolti i migliori voti d' argento, come ancora
6 piccole lampade di antico e grossolano lavoro, dello stesso
metallo, appese nella Cappella del S. Anello; ma queste, per
quanto si riseppe in progresso del giorno, erano state nasco-
ste, sebbene il fatto si fosse pubblicato, come furto (2).

Giovedi 27 detto: Per Ordine della Commissione Militare, ven-
nero tradotti alle Carceri Dipartimentali un dotto Tenente
Francese, li sig.ri dottor Angelo Bossi, e Giuseppe Fani Causi-
dici, pretesi rei d' estorsione di denaro, a nome della suddetta
Commissione, l’esito della qual causa si vedrà in appresso.

Venerdi 28 detto: Da Monsignor Vescovo fu inviata ai Parrochi
della Città, e Diocesi una Lettera del Ministro dell’ Interno
Zannotti, trasmessagli per la posta, dove si richiedeva da
ciascuno, in termine di un mese, l' esatta nota delle Persone,
Rendite e Camere della Parrocchia.

Sabato 29 detto: Il Signor Domenico Palchetti sopraintendente
alla Zecca della Moneta di Rame in Piazza della Paglia,
riceve l' avviso inviatogli in iscritto dall’ Amministrazione, di
ritirare in termine di 10 giorni tutte le Madonnine formate
eol metallo delle campane.

(1) Intendi la Piazza di Sopramuro, o, come volgarmente si chiama,
Piccola; perchè l'Università era allora nelle case dove sono oggi i
Tribunali.

(2) Sotto la stessa data del 26 Settembre il Prefetto Consolare Anni-
bale Mariotti notifica che sono state scoperte delle cedole del Monte di
Pietà, emesse dalla Repubblica Romana, di 50 bajocchi, falsificate, per cui
sarà fatta severa indagine, per iscoprire gli spacciatori delle dette cedole.
48

E. RICCI

Domenica 30 detto: Dal Bureau dell accennato Governo furono

Lunedi 1» detto:

spediti alcuni deputati in vari Monasteri di Monache per
intimare a quelle Religiose non professe di ritornare alle
loro case in termine di tre giorni.

OTTOBRE.

Provenienti da Città di Castello arrivarono
con la forza armata 12 Insorgenti, i quali vennero tradotti
nelle Carceri Dipartimentali sino a nuovo ordine.

Martedì 2 detto: Poco prima del far del giorno da diversi

Patrioti venne trasportato dal Campo fuori di Porta Sole
un grosso abeto nella fossa già preparata, alcuni giorni
addietro, presso la fonte della Piazza dell’ Università (1).

Mercoledì 3 detto: Alle 2 Pomeridiane per mezzo di 4 scariche di

cannone fu annunziata la Festa Civica. Alle tre dal Palazzo
del Governo si trasferirono tuttii Corpi Legislativi in detta

Piazza, in mezzo della quale rimaneva collocata 1’ Ara, e

dall’ una e l'altra banda una numerosa Orchestra che a
vicenda andava eseguendo varie Sinfonie all’ arrivo della
Armata Francese, e della Guardia Nazionale: Quindi, replica-
tesi più canzoni dal Coro de’ Musici, entrò a parlare in favore
della democrazia il P. Abbate Tornera proseguendo in pro-
gresso li sig.ri Dottor Giacomo Mezzanotte e Dr. D. Nicola
Bruealassi. il quale prese a commendare diversi valenti
Uomini della Patria, celebri tanto in armi che in Lettere (2).
Terminate le allocuzioni si diedero pubblicamente alle
fiamme diversi Codici manoscritti che dissero contenere tutti
i Processi Criminali, Diplomi, Patenti della Inquisizione e
del Vescovato, come ancora il Libbro Rosso dove erano

(1) In Piazza di Sopramuro, come s'é detto sopra.
(2) Don Nicola Brucalassi, Professore di eloquenza e poesia nell’ U-

niversità Perugina, non fu mai un bollente repubblicano; ma, forse, la
carica che occupava, lo costrinse a suo malgrado a fare 1’ orazione uffi-
ciale. Vero è però che se ne uscì con molta prudenza, parlando, non
dell'albero della libertà, ma degli uomini illustri di Perugia, in armi

ed in lettere. Tuttavia dovette anch’ egli assaporare il carcere!
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CRONACA DELLA REPUBBLICA FRANCESE IN PERUGIA 49

registrati i Feudi Baronali e l' armi gentilizie di tutte le fami-
glie nobili di Perugia. Poi, fra l’acclamazioni del Popolo
numeroso, e lo strepito de’ bellici stromenti, si dispensò
pane e vino a chiunque, ed ebbe termine il clamoroso
spettacolo. Alle 6 si vide illuminata tutta la città, ma
stante il sensibile anticipato freddo, rimase ogni contrada
vuota di gente. Alle 8 finalmente fu dato principio ad
una festa da ballo gratis al Teatro Verzaro a vantaggio di
tutti i ceti (1).

Mercoledì 3 detto: Proclama del Consolato dove s'intimava
agli Ecclesiastici secolari e regolari di soddisfare, in termine
di 10 giorni, il Dazio del 5 °/ in moneta sonante,

Giovedì 4 detto: Altro Proclama del Med.» in cui parim.
si intimava ai Vescovi di dimetter la Croce e le Calze
Paonazze.

Venerdi 5 detto: Altro proclama del Consolato dove si intimava
all’ Amministrazione del Dipartimento del Trasimeno di far
la perquisizione di duemila paia di scarpe in termine di una
Decade. :

Sabato 6 detto: Circa le 7 della mattina parti per Città di
Castello il Gen. Casabianea con tre compagnie di fucilieri,
per assistere alla Festa della Federazione, colà prolungatasi,
a motivo delle passate insorgenze.

Domenica 7 detto: Venne condotto in arresto il P. D. Agostino
Dolci d’ Orvieto, sacerdote dei Monaci Cassinesi, a motivo di
aver abbandonato la sentinella alla Porta della Pesa, dove
era stato destinato dal suo Capitano.

(1) Il Teatro del Verzaro, cui fu dato poi il nome del celebre mu-
sicista perugino Francesco Morlacchi, era stato eretto dalle fondamenta
in tre anni dall’ architetto Alessio Lorenzini, ed inaugurato il 15 Set-
tembre 1781 (G. B. MARINI, Cronaca cit., 2 Gennaio 1798) dalla borghesia
(cives corporati ordinis secundi, come li chiamò il grande epigrafista
Antonio Moreelli) per fare opposizione ai Nobili che vantavano il loro
Teatro del Pavone, assai più piccolo e meno ricco di quello del Verzaro.
Era dunque ragionevole, che in questo teatro, si tenessero le dimostra-
zioni di esultanza nelle feste democratiche,
50 E. RICCI

Lunedi 8 detto: Proveniente da Deruta comparve con la Forza
Armata il signor Eusebio Caraffa in compagnia di 4 artisti
di quella Terra, i quali vennero tradotti nelle Carceri Dipar-
timentali. 15s

Martedi 9 detto:. Vennero parim. tradotti nella Cittadella li
Sig.! Conte Scipione di Montesperello Cav. di S. Stefano
e Fran.co Lupatelli della Cura di S. Costanzo, i quali, ad
istanza della Sig.» Laura Donini, Consorte del primo, dopo
5 ore si posero in libertà.

Mercoledì 10 detto: Vennero parim. tradotti nelle Carceri se-
grete del Gov. li sig.ri Can.°° Gio. Pietro Friggeri e Carlo
Colaciechi; l’ esito poi si vedrà.

Giovedì 11 detto: Fu affisso il Proclama del Consolato riguar-
dante il prestito di sei mila monete, da ingiungersi a tutti
i Possidenti del Dipartimento del Trasimeno, in termine di
quindici giorni.

Venerdì 12 detto: Alle 9 della mattina arrivò un Commissario
Franc. il quale, immediatamente trasferitosi in Amministra-
zione, intimò al Triumvirato l'esecuzione del suddetto pre- .
stito, per cui si dovette isgomentare non poco, ma stante la
minaccia di due ore di saccheggio alla città, in caso di con-
travenzione, fu costretto suo malgrado a dare sfogo a così
odiosa incombenza.

Sabato 13 detto: Venne affisso l’ Editto del sud. Commissario,
in cui si intimava ai Vescovi, Capitoli, Comunità Religiose
del Dipartimento del Trasimeno di contribuire, a misura delle
rispettive rendite, tanti Letti e Cappotti ad uso degli Ospe-
dali Militari.

Domenica 14 detto: Editto del Consolato, dove rendevasi nota
la Deroga del Dazio, assegnandosi in sua vece ai Possidenti
il 2°, in Moneta Reale. In questo giorno comparvero con la
Forza Armata li Fratelli Sig.ri Marchesi Buorbon del Monte,
trasportati dal loro Feudo del Monte S. Maria alle Carceri
Dipartimentali.

Lunedì 15 detto: Dalla Municipalità Urbana fu trasmessa a tutti

li Superiori Ecclesiastici e Regolari, la lettera del Commis-

sario Frane. dove si richiedeva la nota degli Argenti già

consegnati anterior. e quindi rilasciati,
CRONACA DELLA REPUBBLICA FRANCESE IN PERUGIA

39 Supplemento.

16 detto: Monsignor Alessandro Maria Odoardi Vescovo di Perugia
manda una circolare a tutti i Parroci della Diocesi, affinchè man-
dino in Curia la nota di tutti gli ecclesiastici, sia Regolari che
Secolari, con la loro età, impiego e patria, essendo stata richiesta
la detta nota dal Commissario Francese.

17 detto: Il Marchese Gentili si reca presso il Triunvirato per costituirsi,
non avéndo 600 piastre da pagare, per il prestito intimatogli, ma
non sono ascoltate le sue ragioni.

20 detto: S’ intima a tutti i forestieri che non abbiano compiuto il domi-
cilio, di uscire dal territorio della Repubblica Romana, entro il
termine di cinque giorni, fatta eccezione agli Artisti, con l’ obbligo
però a ciascuno, che lavorino per la Repubblica tre giorni per
ogni decade.

22 detto: Muore l’ Auditore Federico Cavaceppi. Viene intimato un
nuovo prestito per l'istallamento della truppa di linea.

24 detto: Il Direttorio manda in Perugia tre Commissarj per far leve
forzate in tutti i Dipartimenti: sapendosi che il Re di Napoli ha
prese le armi per venire innanzi, contro le truppe francesi.

27 detto: Essendo solito che le Sentinelle delle Porte prendano un
pezzo di legna da ardere, per ogni soma che entra in città, viene
proibita d’ ora innanzi questa usanza.

28 detto: Alcuni Nobili consegnano a certi orefici il loro argento, onde
facciano coniar moneta per pagare il prestito intimato: e i detti
orefici a tal uopo si recano a Roma,

NOVEMBRE.

In questi primi giorni del mese di Novembre il Re di Napoli si è mosso
verso Roma, per liberare lo Stato Pontificio dalle armi francesi. Si
dice che ha seco 5 Generali napoletani, mossi in cinque direzioni
diverse, per entrare nel territorio papale.

2 detto: Il Consolato annuncia la diminuzione del dazio ridotto dal due
all'uno per cento.

4 detto: Essendo stata abolita la Camera Apostolica, si proclama l' asso-
luzione di tutti i debiti, contratti dalle Comunità con la medesima.

6 detto: Gl'insorti contro il Governo Repubblicano avevano tagliati qua
e là i condotti ed in questo giorno l’acqua è tornata nelle fonti
principali della città,

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52 E. RICCI

7 detto: Gli ecclesiastici vengono esclusi dal prestar servizio nella Guardia
Nazionale, pagando 60 bajocchi al mese (1).

9 detto: Il Ministro dell’ Interno con suo proclama, stabilisce che rimanga
sospeso l'adempimento dei pii legati (2), che venivano prima soddi-
sfatti dalle Comunità Religiose e dalle Confraternite, dichiarate
soppresse.

11 detto: I Commissarj del Governo si recarono al Monastero delle
Francescane di San Paolo in P. S. Susanna e tolsero dal campanile
la campana maggiore, per coniare moneta col metallo (3).

12 detto: Viene ingiunto agli Ecclesiastici, che godono di una buona
rendita, di somministrare abiti neri da servire alla Guarnigione di
Linea, detta perciò degli Abatini.

13 detto: Il Vescovo M.r Odoardi tenne l’ esame dei concorrenti alla
Parrocchia di S. Ermete di Brufa, rimasta vacante, volendo il
Ministero dell’ Interno che si nominasse il nuovo Parroco (4).

15 detto: Per ordine del Commissario Consolare Breislak, si fa noto,
che i Magazzini militari acquistano il grano a scudi 18 al rubbio:
che l' imposizione del 2 per cento potrà essere pagata in generi di
prima necessità: e che, chi vorrà vendere il grano al prezzo indi-
cato, ne avrà subito l' importo in cambiali, da pagarsi dai contri-
buenti del due per cento. I

25 detto: Si toglie la campana maggiore dal campanile del Monastero

| delle Monache di Santa Margherita, onde avere il metallo neces-
sario a coniare moneta (5).

26 detto: Giunge la nuova che duemila Napoletani sono entrati in
Velletri, il giorno 20 dello stesso mese, per far prigioniera la guar-
nigione francese, e si dice che i Consoli, da Roma trasferiranno la
loro residenza in Perugia.

(1) Giova sapere, che lo stipendio comune di un sacerdote, a’ que’
tempi, era di 8 o 10 bajocchi al giorno; cioè una diecina di soldi!

(2) Questi obblighi consistevano in Messe in suffragio di defunti,
elemosine, doti, ospitalità ai pellegrini, distribuzione di pane, ecc.

(3) La Chiesa e Monastero di San Paolo delle Monache Francescane
Urbaniste si trasferirono in P. S. Susanna nella Parrocchia di S. Valentino,
dove oggi è il Ginnasio-Liceo, quando, per la costruzione della Fortezza
Paolina, fu demolita la Chiesa di San Paolo: e quivi. rimasero fino al 1894.

(4) Il Governo fu molto coadiuvato dal Vescovo e dai Parroci nel
tenere a freno gl’ insorgenti.

(5) Il detto Monastero (oggi Ospedale dei mentecatti) aveva una
bella torre romanica ed una chiesa della stessa epoca, adorna di pitture,
MENTI AUR

\

CRONACA DELLA REPUBBLICA. FRANCESE IN PERUGIA 53

Il Re di Napoli, diviso il suo esercito di settantamila uomini
in tre colonne, ne spedì una diretta dal Generale Colli, verso Mon-
tecassino il 24 Novembre: un’altra, sotto il comando del Gen. Mach,
andrà a Fermo, il 29 Novembre: e la terza, il 28 Novembre, si
dirigerà verso Livorno.

27 detto: Il Generale Breissand, comandante la Piazza e Cittadella di
Perugia, ordina che vengano murate tutte le Pórticelle della città (1).

Nelle stesso giorno Francesco Maria Rosa, Prefetto Consolare
presso la Municipalità di Perugia, avverte i Cittadini, che non si
rendano colpevoli, nè si disonorino, usando il vecchio calendario,
invece di quello della Repubblica; e che però i trasgressori saranno
puniti con la multa di scudi cinque.

28: L’ esercito Napoletano entra in Roma.

29: Il Re di Napoli giunge a Roma.

30: Viene pubblicato un Proclama nel quale si annuncia che il 20 u. s.
i Napoletani furono sconfitti presso Rieti dai Francesi; e però si
esortano i popoli ad unirsi all’ esercito vittorioso. Alle ore 23 giun-
gono circa 80 carrozze scortate dalla truppa francese, coi tre Consoli
della Rep.ca Romana, i Ministri dell Interno e della Polizia, l' Alto
Pretore, il Comandante della Guardia Nazionale ed altri Funzio-
narj, fuggiti da Roma all’ avvicinarsi della Truppa Napoletana.

Giunte le notizie in Foligno della rotta toccata ai Napoletani,
viene spedito a Perugia un Ufficiale Francese, per abboccarsi col
comandante Breissand. Presso la Madonna degli Angeli fu fischiato,
minacciato e maltrattato. Giunto a Perugia, pensandosi da molti
che in ciò potessero avere avuto parte. i Frati Minori degli Angeli,
un distaccamento di Francesi a suono di tamburo entrano furiosa-
mente in Convento; ma nulla vi trovano che possa dare sospetto.
Tuttavia i Religiosi, sono costretti a mettersi in cammino di notte,
per una strada piena di fango, al buio, in una stagione rigida e fredda.

DICEMBRE.

1° Dicembre: All’alba giungono alla Porta di San Pietro a tamburo
battente i Religiosi di Santa Maria degli Angeli in numero di quin-
dici, e vengono accolti in Fortezza, destando meraviglia e compas-

(1) Erano così chiamate le porte minori delle quali ce n'erano
parecchie nella città nostra. Le principali sono quelle che si trovano
in capo ai cinque Rioni, e quelle intermedie a queste, cioè: Fonte Nuovo,
Santa Margherita, San Girolamo, dei Funari, e di Santa Giuliana.

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sione nella Cittadinanza. Viene anche arrestato e condotto in
Fortezza Don Corradini, Priore di Preggio imputato di aver
dette parole allarmanti. I Religiosi sono posti nelle Carceri Dipar-
timentali.

2 detto: Prima domenica dell’ Avvento. Trovandosi in Perugia i
Consoli Romani, si ottiene il permesso di predicare in Duomo; e
Mons. Odoardi ne dà l’incarico al P. Baldoni, il quale, però, deve
prima prestar giuramento all’ Amministrazione.

La Municipalità ordina ai cittadini di usare il dovuto contegno
in teatro, affinchè i nemici della Causa Comune non possano accu-
sare i Patrioti di violatori delle leggi.

4 detto: Si pubblica un fatto d' Arme avvenuto al Tronto tra Francesi
e Napoletani,

6 detto: Per ordine dei Consoli si concede a tutti i Possidenti di rim-
patriare, sotto pena di confiscazione dei beni.

Per mediazione di alcuni Cittadini, e massime del Console
Antonio Brizi, vengono rilasciati e rimandati al loro Convento i
Religiosi di S. Maria degli Angeli, essendo per la Città un grande
mormorio, perchè è riconosciuta da tutti, e anche dal Governo,
l'innocenza dei Frati.

10 detto: Circa questi giorni il Re di Napoli lascia Roma per tornare
ne’ suoi stati. Sgombrano dallo Stato Romano e dalla Toscana le
Truppe Napoletane.

15 detto: Si annuncia il ritorno della Truppa Francese in Roma, per
la partenza delle Truppe Napoletane.

16 detto: Terza Domenica dell’ Avvento. Per ordine supremo viene
pubblicato dal pulpito in Duomo il ritorno delle Truppe Francesi
in Roma. La sera si fa illuminazione, e serata di gala al Teatro
del Verzaro.

Martedì 18 detto: Dal Triumvirato si inviarono in dono ai Con-
soli 9 medaglie d’oro del saggio fattosi dalli due orefici
Pietro Brunelli e Giuseppe Michelangeli di Perugia, per la
nuova Zecca da farsi, da stabilirsi il primo riguardo al conio,
l'altro all’ impasto.

Mercoledì 19 detto: Alle ore 8 della mattina, scortati da uno
squadrone di Cavalleria francese, parte ussari e parte dra-
goni, ripresero il cammino alla volta di Roma tutti i Consoli
della Rep. Romana rifugiatisi in questa città fin dal dì 30
dello scorso novembre. CRONACA DELLA REPUBBLICA FRANCESE IN PERUGIA 55

Giovedì 20 detto: Due Canonici Deputati dal R.mo Capi-
tolo si portarono a ricercare dai Pubblici Rappresentanti
se nella notte del dì 24 del Corrente era permesso nelle
‘solite Chiese praticarsi le sagre Funzioni del Matutino e
Messa cantata, in occasione della solennità del S. Natale.
Riceverono in vece il Decreto in favore per la sola Cat-
tedrale.

Venerdì 21 detto: Alle ore 10 della Mattina, il Gen. Grabossi,
alla testa dell’ Armata Francese e Italiana, si trasferì al Prato
di S. Francesco dove si trattenne sino alle ore 12 per fare
la rivista della med.a, divisa in varj plutoni. i
Sabato 22 detto: Venne pubblicato ed affisso un Proclama del
Gen. Championet nel quale ingiungevasi all’ Am.ne dei Ri-
spettivi Dipartimenti di spedire quanto prima in Roma le
necessarie derrate per uso dell’ Armata.

. Domenica 23 detto: La mattina di buon’ ora si trovò affisso un

i messaggio del Gen. Polano dove si enumeravano le ostilità
seguite nel corrente Mese tra 1’ Armata Democratica e quella
del Re di Napoli.

Lunedì 24 detto: In quest’ ordinario si seppe l'arrivo de’ Con-
soli in Roma sin dal dì 20, riceuti ed accompagnati con i
Militari onori ed acclamazioni del popolo, sino alla loro
residenza del Quirinale.

Martedì 25 detto: Proseguì in diverse ore a piovere la neve
incominciata a cadere sin dal dì 23.

Mercoledì 26 detto: Alle ore 9 della mattina venne affisso l’ E-
ditto della Municipalità ingiungendosi ad ognuno di togliere
dal proprio stillicidio la neve, come ancora il divieto di
giocare con la medesima sotto pene ad arbitrio.

Giovedì 27 detto: In questo giorno si ebbe notizia, che, a riserva
di tre Monache di varj Monasteri di questa Città, disposte
a ritornare alle proprie case per più ragioni, tutte le altre
erano contente di rimanere nell’ osservanza; rilevandosi ciò

dagli esami incominciati fino dal.27 agosto.

Venerdì 28 detto: Per la Posta si ebbe la nuova che circa
2000 Francesi in arme avevano a bandiera spiegata fatto

ingresso parte all’ Aquila, parte a Civitella del Tronto.
56 E. RICCI

Sabato 29 detto: Vennero all' improvviso arrestati aleuni giovani
nell’ atto di tirarsi a vicenda le palle di neve, contro l’ Editto
emanato il di 26.

Domenica 30 detto: Le strade di Perugia si resero in questo

giorno impraticabili stante il ghiacciato esteso in ogni parte ;
del terreno.- È

Lunedì 31 detto: In vigore dell’ avviso inviatosi loro il giorno
innanzi dal Bureau di Amm.ne, tanto il Prefetto che i
6 rispettivi Maestri delle pubbliche scuole, si presentarono
nelle Camere Triumvirali per esser dal Governo confermati

| nell'impiego, previo il giuramento civico.

Circa le ore 22!/ dal Sacro Oratore dell’ Avvento si
diede principio al discorso in cui dal medesimo si enume-
rarono i motivi per doversi rendere grazie al Sommo Iddio
in quest’ultimo giorno dell’anno. Terminato il discorso, sotto
l'insegna della Croce Capitolare della Sacrestia, a due a due
38 fra Artisti e Mercanti, parte con Torcia, parte con Fiac-
cola accesa, di poi 8 Chierici parimenti con Ceri accesi e
infine Monsignor Vescovo vestito di preziosi arredi con Tiara
e Pastorale, preceduto dalli due Ceremonieri Sig. D. Fran-
cesco Marcarelli e D. Pietro Negroni, assistito dai’ signori
Canonici, Diacono e Suddiacono, dalli signori D. Giuseppe
Angelini Segretario, colla bugia e Salvatore Farnesi Maestro
di Camera, col seguito di 4 staffieri con livrea di color tur-
chino senza trina, s’ incamminarono tutti processionalmente
all' Altar Maggiore illuminato con 120 Ceri esattamente di-
sposti dal Sig. Vincenzo Fucelli Chierico Principale della
Chiesa, e dopo l'Inno Ambrosiano cantato a vicenda dai
Musiei e dal numeroso popolo, come ancora il Tantwm ergo,
venne dal Prelato compartita la benedizione del Venerabile.

NOBILI DELL'UNO E DELL'ALTRO SESSO DEFONTI NELL'ANNO 1798,

20 Agosto. i

Morte del Signor Luigi Sigismondo Ansidei, Vice Custode
dell’ Arcadia e uno degli Individui componenti il Governo Cen-
trale; sepolto in S. Maria Nuova, Parrocchia del sud.°
CRONACA DELLA REPUBBLICA FRANCESE IN PERUGIA

29 Detto.

Morte del Signor March. Francesco Antinori della Par. di
S. Martino; sepolto in S. Agostino.

| 22 Ottobre.

Morte del Signor Uditore Federico Cavaceppi della Par. di
S. Andrea, e Lucia; sepolto a S. Lorenzo.

13 Novembre.

Morte della Signora Angiola Alfani della Par. di S. Donato ;
sepolta.in S. Francesco. : f

9 Dicembre.

| Morte della Signora Celidora Crispolti della Penna della
Parrocchia di S. Croce in Porta S. Pietro, seguita in Arezzo,

FINE DELL’ ANNO 1798.

(Continua)
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3 LARA
L'ALTARE DI MASTRO ROCCO DI TOMMASO DA VICENZA
NELLA CHIESA DI S. EMILIANO IN TREVI

(CON DOCUMENTI INEDITI ED ILLUSTRAZIONI)

LL
L’ Altare.

A sinistra di chi entra nella Chiesa Collegiata di S. Emi-
liano in Trevi e precisamente sotto una delle grandi arcate
che sorreggono la cupola, è posta una Cappella, o, come si
disse per il passato, un Tabernacolo, con ornati di straordi-
naria finezza. È opera di gran pregio di Mastro Rocco di
Tommaso, da Vicenza.

L’ intero monumento misura m. 7,26 di lunghezza e
m. 8,83 di altezza; è diviso in tre scomparti, ognuno dei
quali comprende un Altare; il principale, che sta nel centro,
è dedicato al SS. Sacramento, quello a destra alla Madonna
e quello a sinistra a S. Giuseppe. I due laterali formano
avancorpo e sono alquanto più piccoli di quello centrale.

Il basamento di ogni Altare è formato da tre specchi
ornati a bassorilievo con testine e ‘con figure di mostri fan-
tastici, deità marine, sirene, delfini, ecc. Ornati a piccolo
rilievo formano la cornice di questi riquadri. Tutti gli specchi
sono diversi, nè le figure e gli ornati di uno rassomigliano
a quelli di un altro. In quest'opera meravigliosa, 1’ artista
ebbe cura di non ripetersi mai e le singole parti, perfino
le più minute, variano sempre le une dalle altre.

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edi 60 A. BONACA

Dal piano delle mense si elevano quattro colonne di
ordine corintio, che sorreggono la trabeazione degli Altari
laterali. Queste colonne sono decorate con bassorilievo dama-
schinato cosi fine da dare quasi l'impressione che esse siano
rivestite con lavori usciti dalle mani della piü provetta
rieamatrice. Ogni eolonna ha decorazioni del tutto proprie.
La base lateralmente ha dei bassorilievi, ma sulla faccia
anteriore sono riprodotte delle figure a mezzo busto; nel-
l' Altare di destra sorridono le delicate figure di due fanciulle,
mentre in quello di sinistra appaiono le figure di due. gio-
vanetti. Le colonne sorreggono un timpano poggiato sopra
una cornice a dentelli. Tra Puna e l’altra poi si aprono
due nicchie, che accolgono a destra la statua della Madonna
e a sinistra quella di S. Giuseppe. Le due nicchie terminano
con arco a tutto sesto; la calotta di destra ha prospettiva
lacunare, mentre quella di sinistra è divisa in scomparti
geometrici con rosoni.

Le due statue sono polieromate e dorate e furono scol-
pite nella stessa qualità di pietra degli Altari, ma, come
vedremo, non sono opera di Mastro Rocco. Lo zoccolo su
cui poggiano le statue e che forma lo sfondo degli Altari
ha finissimi bassorilievi.

Tra i timpani dei due Altari e la trabeazione sorretta.

dalle colonne gira una grande fascia, che attraversa anche
P Altare centrale e sulla quale è incisa la seguente iscrizione:

HAS TREIS SACELLI ARAS ET NVMINVM IMAGINES COLLEGIVM
DEITATIS HVMANAE PIIS MANIBVS FACIENDAS CVRAVIT.

Il chiamare « aras » gli Altari, « numina » le immagini
della Madonna e S. Giuseppe ed infine « Collegium Deitatis
Humanae » la Confraternita del SS. Sacramento è indice
sicuro che fu un umanista a dettare l'iscrizione.

L'Altare centrale è il più grande e il più riccamente
ornato. Sopra uno zoccolo a bassorilievo si eleva quello che
costituisce la vera Cappella o Tabernacolo.

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L'ALTARE DI MASTRO ROCCO DI TOMMASÓ DA VICENZA 61

Un pochino dietro alle colonne interne degli Altari
laterali e ben distinti da. esse si elevano due pilastri termi-
nanti eon capitelli di ordine corintio e finemente ornati.

Nel centro delP Altare vi è il Ciborio, che ha forma di
tempietto. Due colonnine corintie sorreggono il timpano, sotto
il quale sono incise le parole: 0 SACRAMENTVM PIETATIS.
Intorno alla porticina sorridono otto testine di Serafini
disposte in modo da apparire tre per ogni lato; quattro
Angioli oranti, bellissimi per l'espressione e per le movenze,
stanno ai fianchi del tempietto.

Lo sfondo al di sopra del Ciborio è diviso in tre
scomparti da quattro pilastri, i due più interni dei quali
portano tutti gli emblemi. della Passione del Signore. In
ognuno dei due scomparti laterali vi sono tre magnifiche
testine di Serafini alati; e. altre due figurano in quello
centrale, mentre in origine in quello spazio campeggiava
il magnifico Calice che fu malamente relegato in altra
parte del monumento e del quale parleremo più avanti.
Le testine sostituite al Calice sono brutte, una è perfino
di stucco, e stanno malissimo vicino alle altre che sono
veramente belle.

La lunetta superiore è divisa in nove raggi o scomparti
decorati con Calici con Ostia sovrapposta ed altrettanti
Serafini alati; i Calici ed i Serafini fanno bella corona al
Nome di Gesù, che sta nel mezzo. Nell’ archivolto della
lunetta sono dei riquadri a rosoni e ricciute testine di Sera-
fini alati.

Due graziose figure muliebri, incorniciate da bellissimi
ornati, riempiono gli spazi tra la cornice della lunetta e due
pilastrini che sorreggono due cornici, tra l'una e l’altra
delle quali si leggono queste parole:

SVM PANIS VIVVS QVI DE CELO D.

Il tutto termina in alto con una cimasa in cui cam-
peggia la figura benedicente dell’ Eterno Padre.

^

Rip rali prime eife mass i.
A. BONACA

In quest opera di Mastro Rocco domina il numero tre
e ritengo che l' artista abbia voluto adombrare nel suo lavoro
, il Mistero della SS. Trinità. Tre sono gli Altari, ma essi
formano un sol corpo, un solo Tabernacolo. Tre specchi
diversi tra loro formano l’ unità del basamento di ogni Altare.
Tre sono gli scomparti nell’ Altare centrale, al di sopra del
Ciborio, e in ognuno dei due laterali sorridono tre testine
di Serafini, ma tutto. serve a far corona al Ciborio, e, quando
c’era, al Calice. In ogni lato della porticina del Ciborio
sorridono tre Serafini alati. La lunetta al di sopra dei tre
scomparti ha nove Calici e nove Serafini, ma essi sono là
come per mettere in gran risalto il Nome di Gesü. In cima
a tutto questo, come ultima sintesi, come espressione ultima
di tutta l'opera sta la figura di Dio Padre, Dio Uno e Trino.
E evidente quindi che Mastro Rocco, nell’ eseguire un
Monumento che doveva accogliere il: Corpo del Signore,
volle dare all'opera sua un'impronta mistica, un significato
tale da glorificare uno dei Misteri principali di nostra
Religione.

Quest? opera meravigliosa ebbe anch’ essa le sue vicende
e il posto in cui oggi si ammira non è quello in cui il suo
autore la pose. Mi è sembrato perciò interessante radunare
tutte le notizie che a questo Monumento si riferiscono,
anche per dimostrare come i miei concittadini abbian sempre
tenuto alla conservazione dell’opera, con quel senso arti-
stico, che li ha sempre distinti nel corso dei secoli (1).

(1) Le notizie che seguono sono state tratte, in massima parte,
dall’ Archivio della Confraternita del SS. Sacramento. Nel gennaio del 1917
feci la proposta di formare un « Archivium Ecclesiasticum » con tutto il
materiale, spesso interessantissimo, conservato nelle varie Sacrestie. Per
ragioni diverse l'iniziativa non ebbe attuazione, ma ho fiducia che la
presente pubblieazione faccia apparire l importanza che avrebbe un
« Archivium Ecclesiasticum », e che la mia proposta del 1917 sia riesami-
nata ed attuata, sia pure da altri,
L'ALTARE DI MASTRO ROCCO DI TOMMASO DA VICENZA

II.
Quando e da chi fu costruito 1’ Altare.

Nel 1503, nella Chiesa Collegiata di S. Emiliano, fu
eretta la Confraternita del SS. Sacramento per opera del

Padre Ambrogio da Mortara, Canonico Lateranense e Supe-

riore del Convento detto della Madonna delle Lacrime presso
Trevi (1). Essendo cura principale della nuova pia istituzione
il culto del Santissimo Sacramento, coloro che ne erano a
capo pensarono fin da principio al modo di erigere una
Cappella, o almeno un Altare in cui il Corpo del Signore
potesse trovare degna residenza. Difficoltà non ne dovettero
certo mancare, sia perchè la Confraternita non aveva i mezzi
per far fronte alla spesa, sia perchè era necessario salva-
guardare i diritti del Capitolo della Collegiata. Ma tutto fu
superato. |

Già prima del 1520 una pia signora (2) di nome Vir-
ginia Procacci lasciò, con suo testamento, trecento fiorini
alla Confraternita per la costruzione di una Cappella. I Frati
Francescani di S. Martino, istituiti eredi, versarono la detta
somma in più volte. :

Mi è stato impossibile trovare il testamento della pia
donatrice, anche perché, non esistendo nell’ Archivio Nota- .

(1) La Bolla di erezione si conserva nell’ Archivio della Confraternita,

Per il Santuario della Madonna delle Lacrime vedere lo splendido
libro del Conte Dott. Tommaso VALENTI, La Chiesa monumentale della
Madonna delle Lacrime a Trevi (Umbria), Editori Desclée e C., Roma, 1928.

(2) In un antico libro conservato in Archivio e intitolato: Libro
di memorie et ordini della Compagnia del SS. Sacramento in Trevi e con-
tradistinto con la lettera A, a pag. 24 è scritto: « Circa l’anno 1520
« OVVETO ..... la signora Virginia ossia Eugenia di Niccolò di Protasio
« lasciò alla Compagnia del SS. Sacramento fiorini trecento per fare una
« Cappella per testamento del notaro Messer Francesco di Messer Gre-
« gorio. Li Frati di S. Martino furono istituiti eredi dalla suddetta e
« sborsarono in più volte la d, somma »,
64 A. BONACA

rile di Trevi gli atti di un notaio di nome Francesco di
Gregorio, che fu quello che raccolse le ultime volontà della
Procacci, non ho saputo dove rivolgere le mie indagini.
Negli atti del notaio trevano Francesco Lucarini (1) trovo
però che al 24 ottobre 1519 i Frati di S. Martino nomina-
rono il loro procuratore nella persona di Perdonato Macha-:
roni per prender possesso della ‘eredità ed è detto che il
notaio che rogò il testamento si chiamava Ser Francesco
de Canutis, ma non si aecenna nemmeno alla nostra Con-
fraternita. In ogni modo dallatto del Lucarini si ricava che
la donazione era avvenuta già prima del 1519 e che il vero
nome della testatrice è quello di Virginia Procacci.

Venuta ormai in possesso della rilevante somma di fio-
rini trecento e risolta così in parte la prima difficoltà, in
data 19 agosto 1521, la Confraternita, per mezzo dei suoi
rappresentanti, stipulò un contratto con Mastro Rocco di
Tommaso, da Vicenza, che allora dimorava in Foligno. La
Confraternita era rappresentata da tredici persone, alcune
delle quali appartenenti alle più nobili famiglie di Trevi.
Luzi, Petroni, Poli, Chini, Origo, Valenti eran famiglie nobili
per discendenza, per censo e per le numerose aderenze di
cui godevano. Alcune sono ora estinte, altre emigrarono in
altre Città; a Trevi presentemente rimane solo la illustre
Famiglia dei Conti Valenti.

Mastro Rocco era allora « habitator Civitatis Fulgineae »,
come dice il contratto rogato il 19 agosto 1521 per mano
del notaio Ser Andreangelo di Piermarino (2). L’ illustre
scultore aveva già eseguito lo splendido Altare in S. Maria

(1) Archivio Notarile di Trevi, Atti di Ser Francesco Lucarini,
Tomo 442, pag. 78 a tergo.

(2) Questo contratto fu pubblicato in parte nel Giornale di Erudi-
zione Artistica dal Prof. Apamo Rossi in uno studio intitolato Mastro
Rocco nell' Umbria. Ho creduto però opportuno parlarne qui e riportarne
il testo in fondo a queste memorie, per presentare al lettore un quadro
completo di quel che riguarda il Monumento di Trevi,
L'ALTARE DI MASTRO ROCCO DI TOMMASO DA VICENZA 65

di Spello, e la fama di quest’ opera, giunta fino a Trevi, era
stata forse la ragione ‘per cui egli fu chiamato ad eseguire
il progettato lavoro. Nessuna notizia ci rimane intorno alle
trattative corse tra gli interessati e lo scultore; non ci resta
altro che il contratto. Ci manca perfino qualsiasi accenno
sull’esecuzione del lavoro e sulla permanenza di Mastro
Rocco a Trevi. Quindi dobbiamo credere che le condizioni
stabilite nel contratto siano state fedelmente eseguite e che
nulla di notevole abbia segnato il tempo in cui lo scultore
fu in questa nostra città. ;
Mastro Rocco si impegnò di costruire un Altare grande
con due Altari aderenti « secundum quoddam designum et cum
colummnis ‘intagliatis in preta alba, quae preta sit secundum
ciborium factum in S. Maria de Spello ». Questa pietra bianca
non è altro che la pietra di Assisi, chiamata volgarmente
caciolfa. Nel contratto è indicato anche chiaramente il luogo
in cui il Monumento doveva sorgere, e precisamente <« ?n
loco ubi extant capella D.ni Thomae Dorii et capella. juspatro-

preciso non può oggi stabilirsi, perchè la Chiesa di S. Emi-
liano fu ricostruita, non conservò l’antica forma e 1° Altare
di Mastro Rocco ebbe una collocazione diversa da quella
di prima. Sembra ad ogni modo che gli Altari siano stati
presso a poco dove oggi sorge il Monumento votivo al
Redentore.

Il prezzo pattuito tra Mastro Rocco e la Confraternita
fu di 630 fiorini e fu stabilito che il lavoro non dovesse
esser terminato oltre i quindici mesi, che il trasporto della
pietra fosse a carico dell artista, il quale doveva osservare
anche questa condizione: « Compositio dictarum columnarum
et aliarum rerum meceessariarum ad dictas capellas fiat per
ipsum magistrum Rochum eo semper praesente ». Le parole
« eo semper, praesente » fanno intendere come Mastro Rocco
fosse cireondato da artisti da lui dipendenti, ai quali era
affidata la esecuzione dei lavori disegnati dal « Magister ».

natus haeredis D.ni Gregori D.ni Petroni de Trevio ». Il posto .

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66 A. BONACA

E che così fosse, oltre quanto diremo a proposito delle due
statue di S. Giuseppe e della Madonna, lo denota il fatto
che fu ritenuto a spese della Confraternita « wnus magister
longobardus ». Chi era questo artista? Notizie precise non ne
possiamo dare, ma possiamo stabilire che fosse un bravo
scultore, visto che Mastro Rocco se ne servì e gli affidò il
finissimo lavoro che oggi ammiriamo. Egli apparteneva cer-
tamente a quella schiera di Lombardi che fin dal secolo
precedente percorrevano la nostra regione per esercitarvi
la scultura e l’ architettura (1).

Le condizioni di pagamento pattuite tra la Confraternita
e Mastro Rocco furono le seguenti: la Confraternita aveva
facoltà di far collaudare il lavoro da due tecnici, e se questi
avessero stimato che la somma stabilita era troppo alta,
Mastro Rocco avrebbe avuto quello che dicevano questi due:
« sì minus extimaretur quam dictum est, illud habeat »; se
. però il parere dei tecnici avesse stimato una somma supe-
riore, allora si doveva stare al contratto: « s? plus ertima-
retur non habeat nisi illud quod supra inter nos conventum ».
La Confraternita poi riteneva cento fiorini da pagarsi dopo
il collaudo, ma « post perfectam capellam ». Era poi in facoltà
della Confraternita poter pretendere « depositum pro prae-

(1) Opere di questi artisti lombardi sono certamente i magnifici
portali e le belle finestre cinquecentesche che ancora si conservano,
come in aleune case dei Conti Valenti, in casa Bartolini, in quelle
Natalini, Giovannini, Fioretti, ecc. Alcuni camini molto ben lavorati,
come quelli nelle case Centamori, Maggiolini, ece., devono essere attri-
buiti, secondo me, ad essi.

Fin dal 26 novembre 1470 Mastro Baldassarre di Giorgio da Como
aveva stipulato il contratto per la costruzione del Convento di S. Martino.
Più tardi, nel 1629, Mastro Antonio e Mastro Pietro Giacomo, lombardi
anch’ essi, costruirono la bella porta della Chiesa Parrocchiale di S. Lo-
renzo presso Trevi. Nel 1640 apparisce a capo dei lavori di quella porta
un Maestro Diofilo, pure lombardo, il quale riscuoteva i danari anche
per conto dei compagni. (Dai libri di amministrazione della Confrater-
nita del SS, Sacramento in S, Lorenzo).
l—

L'ALTARE DI MASTRO ROCCO DI TOMMASO DA VICENZA 67

diclis observandis in civitate Pulginei vel Terra Trevi ». A
carico della Confraternita era solamente « magisteriwm facere
suis expensis », cioè le spese di messa in opera. Mastro
Rocco si obbligava a fare anche il chiusino per la tomba
da costruire.

Eran condizioni un po' forti che venivano fatte a Ma-
stro Rocco, ma se egli le accettò è da supporre che era
sicuro che la somma pattuita era giusta.

L’insigne scultore ricevette dalla Confraternita il denaro
un poco alla volta; egli accettava in conto anche generi
alimentari, come olio, uova, formaggio, grano, cose diverse
e vino (1). 4

Quanto tempo fu impiegato per compiere lAltare? I
quindici mesi stabiliti nel contratto furono sufficienti? Se
i piccoli acconti ricevuti dall'artista e peri quali rilasciava
quietanza dovessero esser la prova del tempo impiegato per
il lavoro, dovremmo concludere che non bastarono cinque
anni; infatti l'ultima quietanza, che ci rimane, è del 2 giu-

(1) Archivio Notarile di Trevi, Atti del notaio Piermarco di Marco
Ulmi, Tomo 230, f. 54; id., f. 79.e f. 91 a tergo; id., Tomo 232, f. 96.
Il Sig. Conte Dott. Tommaso Valenti, appassionato ricercatore di cose
storiche trevane, ha ritrovato, nell’ Archivio Notarile di Trevi tra gli
Atti del notaio Ulmi, ben dieciassette ricevute rilasciate da Mastro Rocco
alla Confraternita. Mi è grato porgere all’ illustre studioso i più vivi
ringraziamenti per la cortesia usatami indicandomele. Queste ricevute
però non sono tutte; l'ultima è del 2 giugno 1526, nel qual giorno
Mastro Rocco aveva complessivamente ricevuto 599 fiorini e due bolo-
gnini; dall’insieme apparisce chiaro che la Confraternita aveva rinun-
ziato a trattenere i cento fiorini da pagarsi dopo il collaudo. Manca la
ricevuta finale; quelle che rimangono sono le seguenti: Atti notaio Ulmi,
26 marzo 1523, Tomo 230, f. 46 a tergo; 1° aprile 1523, id., f. 62;
3 marzo 1524, Tomo 231, f. 35 e 36; id., f. 40a tergo; id., f. 42 a tergo;
dist. .04; 1d., [. 0l à tergo; id., f. 02;.1d.,, f£: 79; id. f. 91 a tergo;
1051,02: cid; f-100; 1d., f. I01; jd.; &5192 à tergo; id., Tomo 232,
f. 96; id., f. 108; id., Tomo 225, f. 163. Risulta che, secondo l’uso del
tempo, Mastro Rocco ricevette in conto anche olio, vino, uova, for-
maggio, ecc,

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gno 1526. Ma molto probabilmente l’opera fu compiuta in
molto minor tempo e lo seultore si contentó di prendere il
danaro un poco alla volta, quando la Confraternita poteva
dargliene.

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L’autore delle statue.

Si è ritenuto fino ad oggi che le due statue della Ma-
donna e di S. Giuseppe, la prima posta nell’ Altare di destra
e l’altra nell’ Altare di sinistra, fossero opera dello stesso
Mastro Rocco. Veramente all osservatore attento saltano
subito in evidenza aleune particolarità che fanno sospettare
che ad altra mano ed altro scalpello si debbano attribuire
quei due lavori. Però fino ad oggi sono mancate prove
sicure per stabilire l'autore delle due statue ed è questa la

‘ ragione per cui si è seguitato a ritenere che a Mastro Rocco

dovesse attribuirsi la paternità del lavoro o almeno del
disegno.

Diciamo subito che le due statue non sono due capo-
lavori. Sono scolpite nella stessa qualità di pietra dell’ Altare
e misurano m. 1,80 di altezza.

La Madonna ha un volto grossolano e siamo molto
lontani dai bei visi che in quel secolo furono tanto bene
riprodotti. Ha la pettinatura alla maniera usata nel 1500,
veste una tunica succinta con sopra un ampio manto; ai
piedi porta i sandali. Il Bambino che la Madonna tiene
sulle braccia è nudo e non è bello.

S. Giuseppe è raffigurato piuttosto giovane con barba.
Si appoggia ad un bastone, veste una tunica ed un mantello
che gli arrivano fino al ginocchio ed ai piedi porta i calzari,
in modo però che buona parte della gamba rimane nuda.
L'espressione del volto è fredda; la statua si direbbe rap-
presentare un pastore piuttosto che S. Giuseppe.
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————— a L'ALTARE DI MASTRO ROCCO DI TOMMASO DA VICENZA

Ma chi é adunque Pautore di queste statue (1)?

Il 20 giugno 1524, nella piazza di Trevi, di fronte alla
porta della Cancelleria, che corrisponde all’ odierno Archivio
Notarile, si radunarono Felice Luzi e Petronio Petroni in
rappresentanza della Confraternita del SS. Sacramento e
« magister Mathias magistri Gasparis de Como ». Oltre i testi-
moni ed il notaio era presente anche Mastro Rocco quale
garanzia fra i contraenti. Fu stabilito che Mastro Mattia
(in qualche atto si legge Matteo) (2) facesse due statue « 2n
lapidibus seultas », una della Madonna ed una di S. Giuseppe
oppure di S. Giovanni, a volontà dei due rappresentanti la
Confraternita. La pietra doveva esser cavata e trasportata
a cura della Confraternita, ma prima del trasporto lo scul-
tore « tenetur sgrossare sive sbrozare taliter quod portari pos-
sint ». Il lavoro doveva esser finito dentro l'anno e qualora
la peste, che in quel tempo infieriva, avesse impedito di

poter lavorare tranquillamente, le pietre dovevano essere.

trasportate « în loco non suspecto ». Il prezzo pattuito fu di
18 ducati d’oro per la statua della Madonna e di 12 ducati
d’oro per l’altra, da pagarsi a lavoro compiuto. Inoltre la
Confraternita si obbligava « dare et tradere dicto magistro
cameram et lectum et unum barile vini quolibet mense ». Ma-
stro Rocco garantiva che il lavoro sarebbe stato eseguito
bene e regolarmente pagato. A margine dell'atto è aggiunta
una clausola che contempla il caso in cui lo scultore venisse
a morire prima della fine del lavoro.

In seguito, nonostante la garanzia di Mastro Rocco e
benchè la Confraternita avesse anche dato degli acconti,

‘ (1) Anche l'atto stipulato tra la Confraternita e Mastro Mattia mi
fu indicato dalla squisita cortesia del Sig. Conte Dott. Tommaso Valenti.
Quest’ atto fu rogato dal notaio Piermarco di Marco Ulmi, Tomo 231,
f. 92 e seg. (Archivio Notarile di Trevi).

(2) Detto Archivio, Atti del notaio Piermarco di Marco Ulmi,
Tomo 231, f. 133; Atti del notaio Giammaria De Angelis; Tomo 471,
f. 251 e seg.

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SIAE e È
70 A. BONAGA

Mastro Mattia sembra dovesse dubitare della solvibilità della
Confraternita stessa, la quale il 30 settembre dovette 'rego-
larmente depositare dei pegni presso il Priore di S. Emiliano
D. Ottaviano di Giovenale (1).

| Tale in breve è il contratto, ma da esso non si apprende
davvero chi fosse « magister Mathias de Como ». Il contratto
lo dice « dn arte peritus », ma questa espressione può soltanto
indicarci che egli era notoriamente conosciuto come bravo
artista. Nella ricevuta rilasciata alla Confraternita il 3 lu-
glio 1524 (2) è detto « scultor et scarpellimus » ed in altra
del 17 settembre (3) « sculptor et carpentarius », ma nessuna
altra notizia ci è dato poter ricavare. Certo è che egli non
era solo, ma aveva con sè, oltre alcuni di quegli artisti lom-
bardi, di cui abbiamo già parlato, anche il fratello Bene-
detto che troviamo nominato in parecchi documenti (4) e
che lavorò certamente con Mattia intorno alle statue.

Per quanto non trattisi di grandi artisti, pur tuttavia
essi non sono disprezzabili e le due statue, benchè non raf-
finate e poco espressive, non disdicono alla bellezza e alla
severità dell’ opera monumentale di Mastro Rocco.

BV
Convenzioni tra la Confraternita e il Capitolo di S. Emiliano.

La Confraternita del SS. Sacramento doveva costruire
in casa altrui, cioè nella Chiesa Collegiata di S. Emiliano
e quindi era necessario stabilire dei patti chiari con il Capi-

(1) Atto del notaio Giammaria De Angelis, Tomo 471, f. 251 e seg.
(2) Atto di Piermarco di Marco Ulmi, Tomo 231, f. 101 e 102.
(3)EId-3:£02193;

(4) Stesso notaio e stesso Tomo, f. 79, ricevuta di Mastro Rocco

del 26 maggio 1524; id., f. 101, ricevuta di Mastro Rocco del 3 luglio 1524; -

id., f. 101 a tergo e f. 102, ricevuta di Mastro Mattia rilasciata nello
stesso giorno.

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FATE en Dn Ip

L'ALTARE DI MASTRO ROCCO Di TOMMASO DA VICENZA 71

tolo prima che si cominciasse a mettere a posto il nuovo
lavoro. Fu certamente discusso tra Capitolo e Confraternita,
e in data 19 settembre 1522 furono definitivamente fissate
le convenzioni in preeedenza stabilite (1).

Prima però di questo atto, altre condizioni dovevano
essere state stipulate, ma a noi non ne rimane altro che un
cenno nel documento che stiamo esaminando, nel quale è

detto: « Cappella erigenda et construenda sub nomine et titulo

Sacratissimi Corporis Christi fiat et erigatur et consirui debeat
in dicia Ecclesia S. Emiliani in loco descripto, posito et citato
et alias concesso, prout patere dicitur manu ..... pub. not. inde
rogati ». Manca il nome del notaio, che forse era ignorato
dagli stessi interessati; ogni altra ricerca riesce quindi
vana.

Con l'atto del notaio Valerio De Septis furon pertanto
stabiliti « voluntate, commissione et consensu R.mi in Xto
Patris D.ni Francisci Eruli Episcopi spoletane dioecesis » i
seguenti patti: :

Il Santissimo doversi conservare sempre nell’ Altare
costruito da Mastro Rocco; il Capitolo dover mandare un
Chierico ad accompagnare il Santissimo quando si porta
agli infermi; la Confraternita poter costruire una tomba
avanti all’ Altare e poter tenere una cassetta per raccogliere
elemosine ad esclusivo suo vantaggio, eccettuati i doni in
comestibili da mandarsi a beneficio del Capitolo; la Confra-
ternita poter nominare un Cappellano ed il Capitolo dover
concedere una camera per le adunanze dei Confratelli.

Dopo fissati questi punti, è da credere che tra la Con-
fraternita' ed il Capitolo non ci fosse altro da dire per quel
che riguarda il nostro Monumento.

(1) Atti del notaio Valerio De Septis, Tomo 305, f. 197 e seg. Gli
Atti sopra citati esistono tutti nell’ Archivio Notarile di Trevi.
A. BONACA

V.

Il doratore dell' Altare.
Francesco Bernardini da Montefalco.

In un vecchio e sgualcito libro del 1579 nel quale sono
scritte memorie, partite di amministrazione, ecc. conservato
nell'archivio della Confraternita, troviamo notizia che il
Tabernacolo intero fu anche ornato con dorature. Non si
può stabilire se era nella mente di Mastro Rocco far dorare
il suo. lavoro, ma è certo che nel 1579 si dovette fare cosa
non indegna del monumentale lavoro, a giudicare almeno
dalle poche dorature rimaste, quali sono quelle delle due
statue degli Altari laterali e quelle del magnifico Calice
confinato proprio nella parte più alta della Cappella. Il dora-
tore si chiamava Francesco Bernardini o Berardini; di lui
sappiamo soltanto che era di Montefalco, che percepì 86 scudi
e che fece il lavoro in tre riprese.

VI.
Decreto del Card. Maffeo Barberini.

NelPanno 1610, il giorno 27 settembre, il Card. Maffeo
Barberini, Vescovo di Spoleto e poi Papa col nome di Ur-
bano VIII, venne a Trevi per fare la Sacra Visita. Egli
vide il monumentale Altare, esaminò il Ciborio, constatò
che per l’ umidità le Sacre Specie si corrompevano ed ordinò
che si eostruisse un nuovo Ciborio in legno per conservare
il Santissimo (1).

(1) La maggior parte del Decreto riguarda le Processioni. Si con-
serva ancora l'originale con la firma ed il bollo del Cancelliere nell’ Ar-
chivio della Confraternita.

e —ÓUNETPETISTPMS
L'ALTARE DI MASTRO ROCCO DI TOMMASO DA VICENZA 73

Il Decreto ordinava di « tirare inanti » e di « ingrandire
la muraglia » e ciò indica chiaramente che anche in questo
caso il Barberini seguiva quei concetti che eran propri dei
suoi tempi e che gli fecero rovinare tante opere belle. Ma
per allora l’altare di Mastro Rocco non sembra sia stato
molto rovinato; i dirigenti la Confraternita si limitarono a
coprire il magnifico Ciborio di pietra con un altro di legno.
Infatti il 18 aprile 1612 risulta soltanto la spesa per fissare
il Tabernacolo di legno mediante « una cavicchia di ferro ».

VII.
Deturpazione dell’ Altare.

Ma anche contro l’opera di Mastro Rocco doveva infie-
rire la barbarie e questo avvenne nel 1733. Nel 1612 si era
posto avanti al Tabernacolo di pietra un altro Tabernacolo
di legno, ma si rispettò tutto; unico insulto apportato allora
al Monumento fu l’amputazione dei piedi degli Angioli pre-
ganti ai lati del Ciborio di pietra; il barocchissimo Ciborio
di legno doveva trovar posto assolutamente, anche se si
fossero dovute distruggere completamente quelle stupende
figure! Ma nel 1733 fu addirittura sfregiato il magnifico
Monumento. Il vecchio Ciborio di legno non piacque più e
se ne volle fare un altro più grande e, nell’intenzione di
chi faceva eseguire il lavoro, più bello e maestoso, ma in
realtà forse più barocco e più brutto del primo. Il. Ciborio
di pietra, di costruzione così bella e fine, fu tolto via insieme
alle parti ad esso soprastanti, e questo delitto fu commesso
per costruire una nicchia in cui collocare un Ciborio di legno.
Nel libro di amministrazione del tempo si legge: « A dì
«1 luglio 1733 si è speso per fare una nicchia nella Cap-
< pella del SS.mo Sacramento baj. sessanta otto e anco fare
« lavare la medema cappella per collocarci il ciborio novo
"74 C A. BONACA

« come apparisce da bolletta sottoscritta ». Non furon con-
tenti i massacratori di quell’ opera meravigliosa di asportarne
una delle parti piü belle, vollero anche /avare la Cappella.
E questo deve certo significare che furon portate via la
tinta di bronzo che la Cappella ebbe fin dal principio e le
brillanti dorature a mordente che Francesco Bernardini vi
aveva profuso nel 1579. i

Il Cav. Prof. Tito Buccolini, Direttore delle Scuole Pro-
fessionali di Foligno, e l'Ing. Ercole Abbiati nel Rapporto
che fecero al Rev. D. Giuseppe Agostini, Priore della Colle-
giata di S. Emiliano, in merito alla ricomposizione degli
- Altari dopo ricostruita la Chiesa, credono che le dorature
fossero opera dello stesso Mastro Rocco e che siano state
asportate nel 1851 (1) Ma abbiamo visto già chi fu il dora-
tore, il quale operò parecchi anni dopo che il lavoro fu
compiuto, e possiamo affermare con sicurezza che nel 1851
nulla si fece che non tornasse di decoro per un'opera cosi
insigne. ;

In una memoria manoscritta del Can. Francesco Ma-
riani si legge che « qualche parte dello Altare della Madonna :
« e della Cappella principale essendo stata in tempo antico
« colorata di rosso e qua e là irregolarmente dorata produ-
« ceva nell'insieme un disaccordo ». E il disaccordo lamen-
tato dal Can. Mariani devesi appunto al fatto che con la
lavatura del 1733 furon soppresse molte dorature e colora-
zioni, ond’è che sembrava poi che la doratura fosse stata
fatta ?rregolarmente. Data la somma rilevante spesa nel 1579,
dato il lungo tempo impiegato da Francesco Bernardini nel
porre le dorature, non si può supporre che siasi allora fatta

(1) Ficomposizione della Cappella di Mastro Rocco da Vicenza esistente
in S.. Emiliano a Trevi. Rapporto dei sopraintendenti al lavoro, Foligno,
Stabilimento Giov, Tomassini, 1891,
L'ALTARE DI MASTRO ROCCO DI TOMMASO DA VICENZA

una cosa irregolare. Certo è quindi che fu il 1733 1’ epoca
in cui furon tolti via quasi tutti gli ornamenti in oro (1).

Ma quali possono essere state le ragioni per sopprimere
quelle ricchezze di colori e di dorature? « Per collocare il
ciborio novo » dice il citato libro di amministrazione, e quelle
parole stanno ad indicare che volevasi ad ogni costo dare gran
risalto al nuovo Ciborio che con i suoi fregi barocchi e pesanti,
con le dorature vivissime doveva sembrare un qualche cosa
di meraviglioso al depravato gusto artistico di quei tempi.

Il nuovo Ciborio costò scudi 38 e baiocchi 98, come
rilevasi dal libro di amministrazione, somma certo rilevante
per quei tempi. Autore ne fu un tal Gioacchino [Grampini ?]
da Foligno, che è detto scultore, ma che doveva essere piut-
tosto un intagliatore.

Quando nel 1851 si riparó, come vedremo, allo sfregio
apportato al monumentale lavoro di Mastro Rocco, il Ciborio
. di legno fu venduto per scudi 14,75, come afferma il Can. Ma-
riani, all’ Ospedale di Trevi e fu collocato nella Chiesa di
S. Domenico. Si può ancora oggi vedere nella Cappella del
pio Istituto.

VIII.
La porticina del Ciborio.

Nel Ciborio di pietra asportato esisteva una porticina
di metallo, ed è facile supporre che dovesse essere molto
ben lavorata, perchè opera dello stesso Mastro Rocco. Nel
1761 fu venduta ad un fonditore di campane.

(1) Nel 1851, sotto la guida dell’ Ing. Sabatino Stocchi, al fine di
dare all’ Altare una colorazione uniforme e per cancellare i resti dei
guasti fatti nel 1733, si lavò ogni pezzo con una soluzione di acido
nitrico molto diluita. Certo sarebbe stato meglio rimettere allo stato
primitivo anche le dorature, ma la ‘Confraternita. non aveva mezzi e
dovette contentarsi di scoprire con l' aecennata lavanda « il colore natu-
rale della pietra ». Vedi la citata Memoria del Can. MARIANI,
A. BONACA

« novanta delli sei candelieri d'ottone antichi ed alcuni rotti
« venduti con licenza delli Visitatori del Vescovo e detti
« candelieri pesorno libbre trenta sette meno tre once ven-
« duti a Carl’ Antonio Pietrolini Campanaro (1) per il prezzo
di bajocchi quindici la libbra, come anche gli fu venduta -
« una porticina d'ottone del Tabernacolo Antico di pietra,
« che detta porticina pesò libre nove ed oncie tre il tutto
« pesato in presenza del Sagrestano Giuseppe Gradoni, che
«in tutto furno libre quaranta sei d'ottone al sud." prezzo,
« dico in tutto scudi 6,90. E del sud." danaro sono stati
« fatti altri sei candelieri, come si dice a libro d'uscita a
« carte 15 ».

Cosi ei narra il libro di amministrazione del 1761 e in
tal modo scomparve un gioiello quale doveva essere certa-
mente quella porticina.

^

IX.
Come fu ritrovato il Tabernacolo di pietra.

Le pietre tolte dall Altare furono portate nel fondo di
uno stabile della Confraternita e quivi dimenticate; fortu-
natamente non furono distrutte, come tante volte ó avve-
nuto. Quello stabile fu venduto: il 17 dicembre 1805 ad un
tal Gaspare Cruciani da Trevi (2). Il contratto dice che
quello stabile era posto «in contrada S. Bartolomeo presso
la strada », e che fu venduta al Cruciani anche « una stanza
ad uso legnara separata dalla casa, ma poco distante », Nel

(1) In Trevi è esistita fino ad una trentina di anni fa una fonderia
di campane. Questa fonderia, come si vede, era antica e doveva essere
di una certa importanza; sarebbe interessante ricercarne la storia. Esiste
| ancora una strada denominata Via della Fonderia.
(2) Archivio Notarile di Trevi, Atti del notaio Filippo Mascitelli.

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L'ALTARE DI MASTRO ROCCO DI TOMMASO DA VICENZA 7j

1837 il Cruciani volle ripulire la sua legnara e pensò di
portar via i sassi e le pietre che vi erano stati accumulati.
Visto peró che aleune di quelle pietre erano ben lavorate,
chiamò ad esaminarle Pesimio Ing. Sabatino Stocchi da
Trevi, uomo studioso ed amante di quanto potesse tornare a
decoro della patria sua. L'ottimo Ingegnere aveva piü volte
cercato (come ce ne assicura il Canonico Mariani) lantico
Ciborio e perciò fu lietissimo di poterlo ora trovare in quelle
pietre che il Cruciani gli mostrava. Corse immediatamente
ad avvisare del fatto il Priore dellà Confraternita, che era
appunto il Can. D. Francesco Mariani, il quale si dette
subito premura per ricuperare quel prezioso materiale, dando
al Cruciani « una tenue regalia ».

Ricostruzione del Tabernacolo.

Il Can. Mariani, affezionatissimo alla Confraternita di
cui era Priore, ci lasciò una minutissima relazione di quanto
poi si fece per rimettere a posto le pietre ritrovate, relazione
che è necessario trascrivere nella parte più interessante (1):

« Il prenominato Sig. Ingegnere, dopo quella epoca,
« non cessò dallo insistere che il rinvenuto Ciborio si ripo-
« nesse al suo luogo e ricompletare così la magnifica opera
« dello esimio artista Rocco da Vicenza, addimostrando che
« ciò (!) mediante un tempietto di legno da esso ideato si
« sarebbe ottenuto il Ciborio scevro da quegli inconvenienti,
«che avevano dato causa alla sua remozione. Siccome lo

(1) Memoria sul grandioso Tabernacolo ossia Cappella del Sacramento
nella Chiesa Collegiata di S. Emiliano di Trevi, manoseritto conservato
nell’ Archivio della Confraternita, Il Can. D. Francesco Mariani fu per
lunghissimi: anni l’ affezionato Priore della Confraternita; morì il 1° lu-
glio 1880,
78 A. BONACA

«intero prospetto del Ciborio dopo ricollocato al suo posto
« non avrebbe potuto in aleun modo rimuoversi per appli-
.« gnere Sig. Stocchi ideò il modo di comporre nel vano del
« muro posteriormente conformato una cassetta di legname È
< di pianta ottagona con tanti pezzi da introdursi dal vano |
« della porticina che trovasi aperto nel pezzo principale del
« prospetto di pietra. Laonde premessa la risoluzione della
« Compagnia del? 8 novembre 1850 e la debita approvazione
«di S. E. R.ma Mons. Sabbioni Arcivescovo di Spoleto del
« 27 decembre di detto anno colla opera del Marmista Fran-
« ceseo Madami di Assisi fu ricollocato al suo posto il fami-
« gerato Ciborio, il quale consiste in un prospetto di Tem-
« pietto ornato di due colonne di ordine composito; che
« ehiudono tra loro otto graziosi Serafini disposti in giro
« attorno alla porta. Il prospetto è coronato da un Fronte-
« spizio, sul culmine del quale torreggia un grande Calice
< parimenti di pietra abbellito di ornati finemente intagliati |
« anche questa in pietra » (1). i

La spesa prevista per eseguire tutti questi lavori era di
scudi trenta, come è detto in una lettera del 27 dicembre 1850
diretta al Vescovo di Spoleto, ma in realtà si spese molto
di più. Il contratto che il Priore e gli Ufficiali della Con-
fraternita fecero col marmista Francesco Madami di Assisi
stabilisce scudi cinquanta da dare solamente a costui (2).

(1) Le parti descritte dal Can. Mariani sono precisamente quelle
corrispondenti alle pietre che erano state asportate e che furono ritro-
vate nella legnara del Cruciani. Più avanti parleremo anche del Calice
nominato dal Mariani.

(2) Nella citata Relazione del Prof, Buccolini e dell’ Ing. Abbiati
è detto che il Madami « rinnovò il fregio del Ciborio, chè il fregio antico
« era andato forse smarrito, vi scrisse con caratteri non di antico stile
« — O Sacramentum pietatis —, ricostruì con pietra detta carnagione di
« Assisi il basamento ove posano gli Angeli, e rifece loro in gesso alla
L'ALTARE DI MASTRO ROCCO DI TOMMASO DA VICENZA 79

Ho ritrovato le note delle varie spese fatte per il ricollo-
camento del Ciborio e le trascrivo qui nei risultati finali:

Al marmista Francesco Madami . ; . Scudi 50,00
Per il Ciborio in forma di Tempietto da met-
tersi nell'interno, eseguito da Benedetto i
Gasparri . : : : : : : » 10,30

Foderatura e ferratura . 7 5 : i » 14,40,5
All’ Ing. Stocchi assistente . : i : » 10,00
Per una Crocetta cesellata ed indorata . : » 1,20
Per demolire l'antiea nicchia . : 4 : » 5,90

Uno sportello di legno intagliato . 7 : » 2,00
Doratura dello sportello . 1 : : : » 1,20

Totale scudi 95,00,5

XI.
Ricostruzione della Chiesa di S. Emiliano.

Ma le vicende del lavoro di Mastro Rocco non erano
terminate ancora. La Chiesa di S. Emiliano era cadente,
brutta, architettonicamente malfatta. Più volte i cittadini
di Trevi avevano espresso il desiderio di vedere ricostruita
ex novo la Chiesa principale della Città, dedicata per di più
al santo Patrono, ed io ho ritrovato nell’ Archivio della

« meglio di Dio quei piedini di cui deplorammo la barbara amputazione,
«nonchè qualche emblema della passione lungo i pilastrini che stanno
«al di dietro del Ciborio.

« Proseguendo ad interessarci di questo monumento, non son molti
« giorni ci sembra aver ritrovato in un fondo ad uso di legnara nella
«casa del Sig. Antonio Belli la parte centrale del basamentino ‘antico
« sostituito dal Madami, in cui si scorgono le tracce del Calice e una
« decorazione laterale conforme allo stile del monumento ».
In una nota è detto che questo ritrovamento fu principalmente
dovuto al Sig. Carlo Santacroce di Trevi, cultore d’arte.
80: A. BONACA

Collegiata di Trevi un importante documento, col quale il
popolo di Trevi domandava al Capitolo il ristoro della Chiesa
di S. Emiliano. Il documento non porta data, ma si può
facilmente arguire il tempo in cui fu scritto perchè vi si |
parla di Pio VI come felicemente regnante e del celebre
Architetto Valadier presente allora a Spoleto. Ma i voti dei
buoni Trevani non furono esauditi e solo molti anni piü
tardi la Chiesa di S. Emiliano fu riedificata quasi ex novo.

Era veramente necessario dar nuova forma a quella
Chiesa e il 27 gennaio 1854 se ne cominció a discutere con
serietà dal Capitolo (1), il quale ottenne poi la sanzione
pontifieia il 16 luglio 1856. L'esecuzione del lavoro fu affi-
data, dopo qualche vicenda, all’ Architetto Carimini di Roma.
Secondo il disegno da lui fatto doveva demolirsi il muro
su cui era eretto P Altare di Mastro Rocco, che sarebbe stato
ricostruito in altra parte della nuova Chiesa. Prima di por
mano ai lavori passò molto tempo sia per radunare i mezzi
necessari, sia anche per le discussioni e per le divergenze
che nacquero in merito al progetto Carimini. Intanto avvenne
il cambiamento di Governo e dell’ Altare di Mastro Rocco
cominciò ad interessarsene anche 1’ Autorità. Civile. Il 23 no-
vembre 1869 la Commissione Consultiva Conservatrice di
Belle Arti ordinò che «il lavoro necessario all’indicato tra-
« slocamento dovrà essere fatto con la maggior cura e con
« l'assistenza personale dello Architetto Sig. Carimini ».

Il Can. Mariani, Priore della Confraternita, non vedeva
di buon occhio la scomposizione delP Altare e mal soffriva
che gli si volesse dare un altro posto. Rispondendo perciò
in data 30 novembre 1869 al Sindaco di Trevi, che gli
aveva comunicato l’ ordine della Commissione Conservatrice
di Belle Arti, espresse il dubbio che quanto si aveva in

(1) Vedi gli Atti del Capitolo della Collegiata di S. Emiliano del-
l'anno 1854.
L'ALTARE DI MASTRO ROCCO DI TOMMASO DA VICENZA 81

animo di fare potesse riuscir male. Il 18 febbraio 1870 il
Sindaco di Trevi comunicava che « la Commissione Con-
«sultiva di Belle Arti ha determinato che si debba sospen-
« dere qualunque lavoro di scomposizione e trasporto del
« Monumento di Rocco da Vicenza » ed ordinava «la più
« rigorosa custodia del Monumento stesso », e si riservava
di mandare una Commissione sul posto.

Non trovo che il Can. Mariani abbia risposto a questa
lettera, ma è certo che i lavori furono sospesi e che furono
mandati a Trevi alcuni delegati consultori per esaminare e per
riferire se era possibile o no il trasloco dell’ Altare. In data
30 maggio 1871 il Sindaco di Trevi mandò la copia della
Relazione, che porta le firme di Guglielmo Ciani, Mariano
Guardabassi e Coriolano Monti. Questi signori riconobbero
giusto il desiderio di rifare la Chiesa, perchè quella vecchia
era « veramente sconcia e irregolare »; constatarono che la
posizione del Monumento era « infelice » e che ben si sarebbe
provveduto a porlo in un luogo migliore; per questi ed altri
motivi, elencati nella Relazione, dettero. parere favorevole
al traslocamento, imponendo però l'osservanza di alcune
condizioni, e specialmente che prima di cominciare la scom-.
posizione dell’ Altare, fosse terminata la parete nuova su
cui doveva farsi la ricostruzione e che almeno da quella
parte fosse ultimata la volta.

Ma laver dato parere favorevole non significò che la
scomposizione potesse effettuarsi subito, anche perchè la
Commissione Consultiva di Belle Arti non approvò il pro-
getto del Carimini, il quale ne dovette fare un altro.

Nel verbale della seduta che gli Ascritti alla importante
Congregazione del Suffragio di Trevi tennero il giorno
ll novembre 1886 per discutere di un debito da farsi per
terminare la costruzione della Chiesa di S. Emiliano tra
Paltro si legge: « Attesa la parroechialità del Saero Tempio,
« Municipio e Governo avrebbero dovuto concorrere alla
« esecuzione dell’opera. E difatti il Municipio ha concorso
82

A. BONACA

« per Lire 2500. Il R. Governo ha solo promesso la spesa
« per il traslocamento dello stupendo Altare del XVI secolo
« scolpito in marmo bianco di vago disegno e di perfetta
« esecuzione. Ma la promessa non è stata ancora adempiuta
« dal Ministero della Pubblica Istruzione, e urge che il tra-
« sloco sia effettuato perchè altrimenti non si può proseguire
«nei lavori ». La stessa cosa è ripetuta nella lettera del
18 novembre 1886, con la quale la Congregazione del Suffragio
domandava al Procuratore del Re di Ancona la facoltà di con-
trarre un mutuo di ventimila lire per ultimare la Chiesa.
Come si vede, la ricostruzione del Tempio procedeva
lentamente ed in mezzo a difficoltà. Nella seduta dei Con-
fratelli della Congregazione del Suffragio del 29 novem-
bre 1888 Mons. Luigi Brunamonti, rappresentante della Com-
missione per la Fabbrica della Collegiata, comunicò, per
mezzo di una lettera, che il Capomastro Tommaso Zenobi
minacciava di citare per la somma di lire diecimila per
lavori già eseguiti. Si dovette fare un prestito provvisorio
e lo Zenobi fu tacitato, ma i lavori rimasero sospesi. Final-
mente nella seduta del 14 novembre 1889 il Priore della

Congregazione del Suffragio, D. Giuseppe Agostini, potè

comunicare ai Confratelli che era stata ottenuta, il 6 agosto
di quell’anno, l'autorizzazione per contrarre il mutuo per
ultimare la Chiesa di S. Emiliano. I lavori furono ripresi e
condotti finalmente a termine (1).

Intanto il Priore della Collegiata, che era lo stesso
D. G. Agostini, aveva dato incarico, come abbiamo visto,
ai signori Prof. Tito Buccolini, Direttore delle Scuole Pro-
fessionali di Foligno ed Ispettore dei Monumenti, e Ing. Er-

(1) Veramente non si ricostruì, non saprei dire perchè, il Campa-
nile, che pur era compreso nel progetto Carimini. Fu iniziato più tardi ;
a causa della guerra i lavori furono sospesi, ma furono testó ripigliati
e condotti a termine per merito dell’attuale Priore di S. Emiliano
R.mo D. Francesco Petiechi. ^
L'ALTARE DI MASTRO ROCCO DI TOMMASO DA VICENZA 83

cole Abbiati, professore di costruzioni, di compilare un pro-
getto in merito al traslocamento dell’ Altare di Mastro Rocco.
Il progetto fu inviato dal Priore Agostini al Ministero della
Pubblica Istruzione, il quale, sentito il parere della Commis-
sione Provinciale per la conservazione dei Monumenti, diede
il suo assenso con lettera del dicembre 1890. Il. Priore
D. G. Agostini comunicò tutto alla Commissione incaricata
per la costruzione della Chiesa (Commissione voluta dalla
Bolla Pontificia del 16 luglio 1856 con la quale il Pontefice
Pio IX regolava i lavori da farsi) e poi ordinò la demolizione
degli Altari. Tanto al lavoro di demolizione prima e di rico-
struzione poi presiedettero i due nominati signori Prof. Buc-
colini ed Ing. Abbiati. I criteri da essi seguiti nel non facile
lavoro sono esposti nella relazione che fecero al sullodato
Priore e della quale abbiamo fatto cenno altrove (1).

In merito alla collocazione dell’artistico Calice, che il
Can. Mariani, come abbiamo visto, lasciò scritto essere collo-
cato al di sopra del Tabernacolo, e che invece il Prof. Buc-
colini e Ing. Abbiati vollero mettere nella parte più alta
della Cappella, tanto si disse e si scrisse all’epoca della
ricostruzione, che credo inutile tornarvi sopra; dirò sola-
mente, con tutto il rispetto dovuto al Prof. Buccolini e
all’ Ing. Abbiati, che poteva essere giustificata la collocazione
del Calice in qualuque altra parte dell’ Altare, ma non potrà
convenirsi che esso debba stare là dove essi lo hanno collo-
cato. Al tempo in cui l’ Altare fu costruito, la Liturgia era
conosciuta anche dagli Artisti, e quindi non può supporsi
che il segno della Redenzione sia allora stato posto o ideato
per esser messo sopra la figura del Padre Eterno. Mi sembra
che qualunque argomento in contrario debba cadere di fronte
a questa semplice osservazione.

(1) I documenti riguardanti quanto abbiamo esposto si conservano
negli Archivi della: Congregazione del Suftragio e della Confraternita
del SS. Sacramento.

Sen
A. BONACA

XS BE
L'Altarino di S. Maria di Pietrarossa.

Mastro Roeco da Vicenza scolpi anche un piccolo Altare
per la Chiesa di .S. Maria di Pietrarossa, l’ antica Chiesa

- posta nel piano di Trevi, nella località in cui, secondo me,

sorsero certamente delle terme (1). Per quanto di modeste
proporzioni, tuttavia si riconosce Subito che è opera di mano
maestra. Ogni ricerca da me fatta per conoscere qualche
notizia intorno alla storia di questo Altarino è riuscita vana.
E se non fossero la finezza del lavoro, il disegno, la perfetta

‘esecuzione, tutte cose che rivelano 1’ Autore, non si saprebbe

nemmeno che a Mastro Rocco appartiene quellopera ese-
guita per una delle più antiche Chiese della nostra pianura.
Io ritengo che qualche pia persona. abbia fatto costruire
quell’ Altarino come un ex voto, così come tanti altri fecero
dipingere in quella Chiesa tante immagini della Madonna.

(1) Intorno alla Chiesa di S. Maria di Pietrarossa furono trovati
dei sarcofaghi, dei cippi, delle iscrizioni, ecc. che rivelano essere stato
qui uno di quei luoghi di soggiorno lungo il Clitunno nominati da Plinio
il Giovane nella lettera a Romano. Che l’attuale Chiesa sia stata un
tempio di Giunone è cosa affermata da molti, ma argomenti in sostegno
di questa tesi non ve ne sono. Si tratta però certamente di Chiesa
antichissima, come fa fede anche il livello del piancito che è circa un
metro più basso del terreno circostante e il materiale di cui la Chiesa
è costruita. Vi fu venerata e vi si venera ancora una miracolosa Imma-
gine della Madonna. Errata è l’opinione di coloro che pongono l’ antica
Trevi dove oggi è la Chiesa di Pietrarossa; gli Itinerari degli antichi
Pellegrini pongono Trevi dove sta oggi; infatti la distanza segnata tra
Forum Flamini e Trebia o Lucana Treviensis corrisponde perfettamente
a quella che si può controllare ancor oggi. Del resto Plinio il Giovane
ci parla di ville, tempî, terme esistenti lungo il Clitunno, ma non fa
cenno di alcuna Città. Le mura romane ancora esistenti in Trevi stanno
a sostegno della nostra tesi. Vedi in proposito quanto pubblicai nel 1926
in Le Memorie Francescane di Trevi, Vallecchi Editore, Firenze.
——

L'ALTARE DI MASTRO ROCCO DI TOMMASO DA VICENZA 85

XIII.
Conclusione.

Oggi che 1’ Altare del SS. Sacramento in Trevi è inte-
gralmente ricostruito, chiudo queste brevi mie note con
l’augurio che non abbiano mai più a tornare i tempi nei
quali il senso dell’arte si abbassi fino al punto da far rovi-
nare o distruggere ciò che è veramente bello per sostituirlo
con lavori da fare pietà.

D. AURELIO BONACA

DOCUMENTI
RIGUARDANTI LA GAPPELLA ESEGUITA DA MASTRO ROGGO DI TOMMASO DA VICENZA

Contratto stipulato tra Mastro Rocco di Tommaso e la Con-
fraternita del SS. Sacramento.

In Dei nomine Amen. Anno Domini millesimo et quingen-
tesimo vigesimo primo Indictione nona tempore Pontificatus
Sanctissimi in Christo Patris et D.ni nostri D.ni Leonis Divina
Providentia Papae Xmi die vero decimanona mensis Augusti
dieti anni.

Constitutus personaliter coram me notario et testibus infra-
scriptis Ser Petrus D.ni Matthei, uti Prior societatis Corporis
Xpti, D.nus Felix Angelus Lutius, Ser Valerius Egidii, Ser Bene-
dictus de Petronibus, Petrus Donatus de Poliis, Benedictus
quondam Antonini, Marsilius Eugenii, Ser Mareantonius Chinus,
Bernardinus Sergilii, Perhieronimus Contutii, Benedictus Urigus,
D.nus Petronius de Petronibus, Ser Vincentius de Valentibus
omnes de Trevio ex una et magister Rochus magistri Thomae
de civitate Vicentiae habitator civitatis Fulgineae et praesens
86 A. BONACA

per se ex altera, venerunt ad invicem ad infrascriptam conven-
tionem et paetum et transactionem videlicet quod dietus magi-
ster Rochus magistri Thomae de civitate Vicentiae scienter
promittit et solemni stipulatione se convenit praefatis hominibus
voeatis prout apparet manu ser Mariantonii Chini supradicti,
eostruere, de novo facere et fabricare unam capellam Corporis
Xpti cum duabus capellis adhaerentibus praefatae capellae
secundum quoddam designum subscriptum manu mei notarii
(et cum columnis intagliatis in preta alba quae preta sit secun-
dum ciborium faetum in S. Maria de Spello) existens in manibus
dieti ser Petri Prioris, in ecclesia Saneti Emiliani cathedrali
dietae terrae in loco ubi extant capella D.ni Thomae Felicis
Dorii et capella juris patronatus haeredium D.ni Gregori
D.ni Petronii de Trevio pro pretio et nomine pretii sexcentum
et triginta florenorum ad rationem quadraginta florenorum (1)
pro quolibet floreno monetae marchiae currentis cum pactis et
conditionibus quod praefatus magister Rochus teneatur perficere
dietam eapellam per tempus spatium quindecim mensium et
quod dicta preta debeat conduci et asportari ad locum sumptibus
et expensis dieti magistri Rochi, et si contingerit quod per
dictam societatem aliquid conduceret de dicta preta, debeat
excomputari in sopradieto pretio cum pacto etiam quod com-
positio dietarum eolumnarum et aliarum rerum necessariarum
ad dietas capellas fiat per ipsum magistrum Rochum eo semper
praesente; tamen expensis dictae societatis retineatur unus ma-
gister longobardus, et perfectis dictis capellis, si placebit dictae
societati, facta extimatione duorum peritorum in arte, quod si

minus extimaretur quam dietum est, illud habeat, et si plus

extimaretur non habeat nisi illud quod supra inter eos conven-
tum, quae pecunia debeat per praefatos homines solvi et de
dicto pretio eidem magistro Rocho satisfieri secundum opus per
ipsum faetum et semper post perfectam capellam, possint de
dieto pretio retineri centum floreni quos teneantur dicti homines
solvere ad eius terminum et petitionem, qui homines praefati

(1) Evidentemente è un errore; dovrebbe dire: « quadraginta bole-
nenorum »,
L'ALTARE DI MASTRO ROCCO DI TOMMASO DA VICENZA 87

et magister Rochus promiserunt scienter etc. solvere pretium
dictorum sexcentum et triginta floren. ut supra, pro quibus
observandis obligaverunt se et omnium eorum bona sub poena
duplici quae poena ete. qui iuraverunt etc. obligaverunt etc.
renuntiaverunt ete; dederunt licentiam etc. extendatur in forma
eum clausolis opportunis. Et si placebit dictae societati teneatur
dare depositum pro praedietis observandis in civitate Fulginei
vel in terra Trevii et teneatur facere juxta dictam capellam
unum petium quadrum dictae pretae pro pilo fiendo juxta
dietam capellam pro compagnia. Et quod dieta societas ultra
concimen et compositionem teneatur magisterium facere suis
expensis. , i
Actum Trevii sub voltis palatii dominorum Priorum dictae
terrae in banea cancellaria iuxta sua latera ete. praesentibus
D.no Thomantonio de Petronibus et Aloisio Placti et D.no Bene- -
dieto D.ni Gregorii testibus.

(Archivio Notarile di Trevi, Atti rogati nel 1521 dal notaio Ser An-
dreangelo di Piermarino).

Contratto con l'autore delle statue della Madonna e di S. Giu-
seppe. —

In Dei nomine amen. Anno Domini millesimo quingente-
simo vigesimo quarto Inditione duodecima tempore pontificatus
santissimi in Christo Patris et domini nostri domini Clementis
divina Provvidentia dignissimi Pape septimi die vero vigesima
mensis junii dieti anni. Actum in terra Trevii ante hostium
Cancellerie dicte terre presentibus Joanne Caroli et Gradito
Marii de Trevio, testibus vocatis habitis et rogatis. Universis et
singulis pubblicum sit et notorium qualiter excellentissimi viri
dominus Felix Lutius et dominus Petronius de Petronibus de
Trevio nomine Fraternitatis Corporis. Christi in terra Trevii ex
una et magister Mathias magistri Gasperis de Como partibus
Lombardie, parte ex altera sponte ete. venerunt ad infrascriptam
conventionem et pactum quod cum dieta Fraternitas facere
.r—r——— ==

— ———— - den €
(3

-

88 A. BONACA

intendat in cappella dicte Fraternitatis in ecclesia Sancti Emi-
liani in lapidibus scultas unam inmaginem Dive Virginis Marie
cum Filio in brachio et aliam inmaginem vel saneti Joseph vel
sancti Joannis ad electionem prefatorum domini Felicis et
domini Petronii in scultura ad totum relevum: dominus magister
Mathias in arte peritus promisit superfatis facere dictas figuras
pretio infrascripto. Taliter et tante perfectionis quam judicabunt
valere ..... sa pretii alias ete. infrascriptis tamen convenctio-
nibus et pactis sub intellectis quod dictus dominus Felix et domi-
nus Petronius dieto nomine teneantur et obligati sint cavare dictas
massas lapideas de lapidibus ........... . et saxo firmo sumptibus
ipsorum quos lapides et massas dictus magister Mathias suis
sumptibus et expensis tenetur sgrossare sive sbrozare taliter
quod portari possint. Item superfati dominus Felix et dominus
Petronius tenentur faeta sgrossatione seu sbrozazione portare
facere in terram Trevij sumptibus dicte cappelle. Quo facto
dietus magister laborare tenetur continue more magistrorum
stante sanitate et finire dictas imagines et sculturas inter anno

.et per totum mensem novembris futuri. Et si pestis impedi-

mento laborare non possit dicti dominus Felix et dominus Pe-
tronius tenentur dicto nomine portare facere dietas lapides in
loco non suspecto in territorio Trevij ubi dictus magister labo-
rare possit et laborare teneatur. Item conveniunt quod facta
una dietarum inmaginarum bene ut supra dictum est superfati
dominus Felix et dominus Petronius teneatur pretium solvere
quod pretium sit pro inmagine dive Virginis cum Filio in brachio
dueatos decem et octo aurii, aliam inmaginem supradictam
dueatos duodecim aurij. Quod pretium ex pacto convento dicti
dominus Felix et dominus Petronius solvere promiserunt solvere
(bis) perfecta opera de una inmagine et perfecta altera similiter
pretium infrascriptum solvere sine aliqua exceptione. Et ultra
domini supradieti conveniunt quod teneantur dare et tradere
dicto magistro cameram et lectum et unum barile vini quolibet

mense durante tempore quo dicte inmagines erunt perfecte per .

totum mensem novembris. Que quidem partes volentes una
alteri predicta et respective servare se ad invicem obligave-
runt etc. promiserunt ete. juraverunt etc. renunptiantes etc.
Pro quibus pactis respective magister Roccus in forma depositi

"=
Pn
= rr

L'ALTARE DI MASTRO ROCCO DI TOMMASO DA VICENZA 89

animo in se novandi obligavit et promisit se facturum quod
dieti pro Fraternita solvent ut supra et quod dictus magister
semper et omni tempore id quod solverint erit bene solutum et
bonum faciet in computum, alias de suo reficere promisit obli-
gavit et juravit omni meliori modo.

A margine: Et si mors interveniret ad ulteriora dictus
magister non teneatur et pro laboritio facto suis heredibus dicti
dominus Felix et dominus Petronius solvere teneatur pro rata.

(Archivio Notarile di Trevi, Atti di Piermarco di Marco Ulmi,
Tomo 231, f. 92 e seg.).

Convenzioni tra il Capitolo di S. Emiliano e la Confraternita
del SS. Sacramento.

Die 19 septembris 1522. Actum Trevii in camera Prioris
S. Aemiliani sit. in Canonica d. Ecclesiae quae est depicta
Juxta bona d. ecclesiae praesentibus R.dis patribus donno Marco
Felitiani, donno Antonio Citeroni, donno Berardino Perdomi-
nici et Marsilio Ugenii de Trevio et donno Urbano de colle
marchionis Canc. R.mi D.ni Episcopi Spoleti ut testibus.

Constituti personaliter infrascripti R.di patres Prior et
Canonici collegiatae ecclesiae S. Aemiliani de Trevio videlicet
R. Pater D.nus Optavianus de Petronibus Prior praefatae eccle-
siae, Do.nus thomas antonius d.ni gregorii, do.nus jacobus anto-
nius perangeli, dom.nus Franciscus johannis andreae, do.nus
hieronimus petri romaldi canonici d. ecclesiae capitulariter con-
gregati absentibus tamen domno, Jo. baptista nicolai de Luca-
rinis, Donno Constantino Antoni Caroni de numero dictorum .
canonicorum; dicta die et hora legitime citati et relati domi
per dominum Berardinum Perdominici sacristam d. ecclesiae
ad praedicta deputatum per dictum capitulum dietae ecclesiae,
sono campanae et more solito et consueto in supradicta cano-
niea et de voluntate commissione praesenta et consensu R.mi
in Xto Patris D.ni Francisci Eruli Episcopi Spolet. Dioecesis
studiose ad praedicta et infrascripta existens parte ex una et
—ewe—+—-4TT<>
ye.

sx

d.nus petronius de petronibus de trevio prior sotietatis et fra-
ternitatis Corporis christi, et d.nus felix lutius coadiutor praefati

prioris et d.nus Franciscus Accorombonus de eodem electi et

deputati per dictam societatem ad praedicta et infrascripta ex

altera, venerunt dictae partes ad infrascripta pacta, capitula,
conventionem et concordiam inviolabiliter observandam et ob-

servandas eum infrascriptis decreto auctoritate interposita prae- |
fati R.mi D. Episcopi, videlicet quod cappella erigenda et con-

struenda sub nomine et titulo Sacratissimi Corporis Xpi fiat et |
erigatur et construi debeat in dicta ecclesia S. Emiliani in loco
descripto posito laterato et alias concesso prout patere dicitur
Manu Ser x5... (lacuna, nel testo) pub. not. inde rogati cum
I infrascriptis eapitulis, pactis: et conventionibus. Videlicet :

n d In primis quod perpetuis futuris temporibus Saeramentum
ii resideat in cappella d. societatis in dicta ecclesia et non alibi,
| adeo quod semper desumatur de dicta cappella pro qualibet
til persona communicanda.

ill i Item quod teneantur d.ti Prior et canonici et capitulum
(lil mittere unum clericum seu puerum cum turribulo ad sotiandum
ibi . sacramentum qualibet vice intus Trevii usque ad infirmum,
extra vero terram usque ad portam d. terrae.

Item quod dieta sotietas possit et valeat habere et construi |
facere unum sepulerum seu pilum ante et subtus altare ipsius
eappellae pro .sepeliendis confratribus d. sotietatis volentibus |
in eo seppelliri. ; i:

Item quod d. sotietas possit retinere in dicta cappella vel
juxta eadem unum cippum seu cassettam muratam vel affixam
pro colligendis elemosinis pecuniariis ibi erogandis fiendis dictae
eappellae, de quibus nil possint vel debeant habere et percipere
d.ci Prior, Canonici et Capitulum, nec aliqua persona nisi solum
et dumtaxat ipsa sotietas. i

Item quod introitus et oblationes candelarum parvarum

| . panis et euiuseumque alterius rei comestibilis fiendi et ponendi
Ih 1 | in dieto altare cappellae praedictae sint et esse debeant ipsius
il capituli, aliae vero oblationes sint ipsius cappellae et sotietatis. |
Item, quod dieta sotietas possit et valeat eligere Cappel-
lanum in dieta cappella ad sui libitum de corpore d. ecclesiae |
ad officiandum in d. cappella dumtaxat perpetuis temporibus, |

: p |

90 A. BONACA |
|

l

}
L'ALTARE DI MASTRO ROCCO DI TOMMASO DA VICENZA 91

Item quod dietum capitulum Prior et canonici teneantur
commodare dictae sotietati unam cameram seu stantiam pro
decem annis positam in logia canonicae, juxta cameram Prioris
depietam pro congreganda d. sotietate et pro orando ad eorum
libitum.

Quae praedieta omnia et singula praefatae partes promi-
serunt sibi ipsis ad invicem et vicissim et mihi Valerio notario
pub. infrascripto uti pub. personae praesent. stipulant. et reci-
pient. nomine et vice omnium quorum interest, intererit et
interesse poterit in futurum semper et omni tempore attendere
et observare et contra non venire nec veniri facere aliquo quae-
sito colore de jure vel de facto per sese nec per alium seu alios ;
renuntiaverunt exceptionibus non facti dieti contracti conven-
tionis et capitula et omnibus aliis exceptionibus eis in hoc facto
competentibus et competituris quomodolibet etc. et juraverunt
praefati Prior et Canonici in pectore more clericali et praefati
d.nus Petronius, d.nus Felix et d.us Franciscus corporaliter
manu taetis scripturis praedicta omnia et singula attendere et
observare ut supra obligaverunt sese et omnia eorum bona
praesentia et futura et dederunt mihi licentiam praedictum
contractum conventiones extendi in forma juris valida ad
sensum Sapientis.

Praefatus Franciscus episcopus spoletanae dioecesis ad corro-
borationem omnium praedicet. praedictis omnibus et singulis
pro tribunali existen. in dicta camera, quem locum ad praedicta
pro tribunali loco elegit et deputavit sua et dieti episcopatus
auetoritate pariter et decretum interposuit.

(Archivio Notarile di Trevi, Atti del notaio Valerio De Septis,
anno 1522, Tomo 305, pag. 197 e segg.).
i
un ibam av ———

L'ARCHITETTO DEL PALAZZO DUCALE DI ACQUASPARTA

Il 4 febbraio 1540, con atto di permuta rogato da
Ser Nicolò Casulani Notaro di Camera, Isabella Liviani Cesi
cedeva a Pierluigi Farnese il feudo di Alviano — ereditato
da suo padre Bartolomeo, il celebre capitano della repubblica
veneta — per avere in compenso la Terra di Acquasparta, già
venduta al Farnese dalla Camera Apostolica. . ..

Così Giangiacomo Cesi, marito ‘della Liviani, poteva
finalmente veder realizzata quella che era stata l'aspirazione
dominante della sua famiglia, tutta intenta, in quel tempo,
a ricostruire con grandiosità di disegni e sulle solide basi
di una non comune fortuna economica l’edificio della sua
potenza baronale. E quale segno visibile di questa potenza
felicemente sorgente, . Federico, fratello di Giangiacomo,
elevato alla dignità della porpora nel 1544 da Paolo III,
seguendo l'uso del tempo, volle che in Acquasparta sor-
gesse, grandioso per mole ed architettura, il palazzo baro-
nale dei Cesi.

Ma questa idea sorta nel porporato probabilmente intorno
al 1549 (come lo farebbero pensare tre rogiti in data 4 otto-
bre di quell’anno, co’ quali il Cardinale acquistava alcune
casupole limitrofe ad una modesta casa che doveva servire,
come si vedrà, di punto di partenza per la costruzione del
re

94. A. BIAGETTI

Palazzo Ducale).(1) non poteva, per varie ragioni, attuarsi,
che verso la fine del 1564 (2), a solo un anno di distanza

dalla morte del Cardinale.

*
LEE:

Analizzando il Palazzo Ducale di Acquasparta, è facile
riscontrare come esso risulti da una serie di trasformazioni,
ampliamenti ed innesti, che hanno avuto, per punto di
partenza, la preesistente casa del Cardinale.

Anzi non è da escludere che, in un primo tempo, si sia
operata una certa trasformazione in questa prima parte, per
renderla atta ad ospitare convenientemente il Porporato,
quando veniva a visitare il feudo di sua Famiglia.

(1) Arch. Not. Com. di Acquasparta, Rog. Fontei, anno 1549,
pag. 171:

« Die 4 Octobris 1549 etc.

«Io. Dominici Bartolo de Acquasp.ta vendit cessit etc. Ill.mo et
« Rev.mo Cardinali de Cesis absenti etc. unam domum sitam intus

« terrae Aquaspartae.et in contrada dicta La Porta Nova, iuxta res et.

« bona dicti emptoris, bona Rubini Filippi, bona Rochi Agnusdei etc.

« Actus in terra Aquaspar. et in domo dicti R.mi, iuxta res Rubini
« Filippi etc. ». i

La contrada Porta Nuova è quella appunto ove sorge il Palazzo
Ducale. Di

Nella medesima data abbiamo inoltre l'atto di vendita col quale
il Rubini aliena una sua « domus sita in terra Aquaspar. et in contrada
« La Porta Nova iuxta res et bona emptoris etc. » e quello di un tal
Bernardo Salimbeni che « vendit cessit Ill.mo et Rev.mo Cardinali de
« Cesis etc. unum casalinum situm in terra Aquaspar. et in contrada
« dieta La Porta Nova, iuxta res et bona emptoris dicti etc. ».

(2) Ció che maggiormente ferma l'attenzione su questa data, é la
numerosa schiera di maestri lombardi che, fra il 1564 ed il 1565, comin-
ciano a popolare la terra di Acquasparta.

Eccone un elenco tratto dai varî rogiti che li riguardano :

M.° Jo. Ambrogio de Castello Buono Magistro

» JBadino Lombardo
» Battista Antonio di Como
L’ ARCHITETTO DEL PALAZZO DUCALE DI ACQUASPARTA 95

Uno dei segni rivelatori della aggiunta principale, ope-
rata nella preesistente costruzione, Pabbiamo nella fronte
stessa del monumento, ove l'ala sinistra è nettamente
distinta dalla destra, oltre che dai visibili segni delle aggiunte,
dagli stessi caratteri costruttivi, che la fanno opera di altra
epoca.

Fatto eonvalidato principalmente dalle regolari tracce
lasciate in quella parte dalle palcature, che non trovano

riscontri di continuità con quelle aperte a caso sulla-fronte

merino Án

dell’ala destra, per operarvi — è facile rilevarlo — adatta-
menti e modifiche. i
V'é poi un andamento leggermente curvilineo della
fronte stessa del Palazzo che si deve spiegare con il fatto che
l'architetto, a cui venne affidato l’ ampliamento della preesi-

M.» Simone .

Domenico di M.» Guglielmo
Pietro di M.» Giovanni
Girolamo Calciamontani
Simone Bolli

Bettino di M.° Giovanni De Doctis
Francesco De Doctis
Agostino

Bastiano e suo fratello
Ambrogio di M.° Anastasi
Battista di M.° Cristofaro
Giacobbe de Ventura
Cristofaro

Cristofaro

Biagio di Bernardino
Ambrogio

Giulio di M.° Monti
Sebastiano Bolognese
Stefano di Pier Tommaso
Vincenzo Fornacchione
Lionardo
Francesco
Domenico

Jo, Battista Cristofaro

Lombardo
di Cibrasso in Lombardia.
di Caglie in Lombardia

‘di Milano

di Bergamo
di Como

di Varallo

di Como

di Como
Lombardo

di Varallo

di Gradisca - Scarpellino
Scarpellino
Fabro Muratio
di Corbara
Lombardo

Fabro Lignario
_96 A. BIAGETTI

stente e modesta « domus » del Cardinale, non poteva prose-

guire la linea della vecchia fronte, senza portare sensibili
squilibri nell edificio per i limiti imposti al suo sviluppo
dalla strada (ora Corso dei Lincei) e senza accentuare, con
langolo acuto che si sarebbe venuto a formare sul canto-
nale di sinistra, quello che invece è stato magistralmente
mascherato : il piegamento della fronte degli avancorpi, verso
la fronte principale, fatto a scopo militare.

L’opera che il Cardinale fece iniziare verso la fine del.

1564, non doveva avere il suo. compimento — come verrà
dimostrato in uno studio più ampio del Palazzo — che
nell’anno 1579 (1) per opera del primo Duca di Acqua-
sparta, Federico, padre del Linceo.

Il nome di Federico I col titolo di Marchese (non
prima del 1588 ebbe quello di Duca) è l’unico che ricorra
sull’ architrave delle porte e delle finestre. Lo troviamo sopra
il portale che dal portico dà accesso all’ala sinistra del
piano terreno, e sulle tre finestre del primo piano, a sinistra
della loggia coperta;

Vi si legge:

FEDERICVS . CESIVS I'* MARCHIO
Chi in questo lungo periodo di tempo, doveva. fondere

in un tutto organico ed architettonicamente. geniale, le varie
parti, talvolta opponenti non facili soluzioni di fusione?

(1) La prima volta che nei rogiti si parla del Palazzo come di cosa.

ultimata, ó in quello del 2 ottobre 1579.

« Actus in palatio Ill.m. D. D. Federici de Cesis ».
Ai molti documenti, che qui per brevità si omettono, v’ è da aggiun-

gere quello eloquentissimo dei simboli araldici della Rosa e dei Monti

che si alternano tra i modiglioni della cornice architravata di corona-
mento, e che stanno a rappresentare l unione avvenuta tra casa Cesi
ed Orsini, in seguito al matrimonio celebratosi nel febbraio del 1579,
tra Federico Cesi e Olimpia Orsini.

a ci ERA nm e ic MEE p DAMM Mp ra DERE
I ARCHITETTO DEL PALAZZO DUCALE DI ACQUASPARTA

PM

Mi era già occorso di trovare, presso l'archivio notarile
e in quello comunale di Acquasparta, nomi di maestri che
evidentemente avevano partecipato ai lavori di costruzione
del Palazzo. Tra questi noto quello di un M.° Ambrogio da
Castello appellato nei rogiti «buono magistro » e quello dei
maestri di scarpello, Giacobbe de Ventura e Cristofaro di
- Gradisca al quale ultimo, il 27 settembre 1582, veniva con-
cessa la cittadinanza di Acquasparta: «senza premio o mer-
« cede, per le sue speciali benemerenze, e per amore degli
« Ill.mi Sigg. che lo avevano raccomandato » (1).

Ma a questi nomi, benchè emergenti sulla numerosa
accolta dei maestri lombardi, che, come si è detto, si notano
in Acquasparta dal 1564 in poi, non si poteva assegnare il
titolo di « Architetti della fabbrica » pur riconoscendo non
trascurabile l’opera da loro prestata.

ks

In un primo tempo, e per un periodo non breve, invalse
l'uso di attribuire il disegno del palazzo al Vignola: cosa
che si riscontra per tanti altri edifici, sorti nella seconda
metà del XVI secolo, che dovevano logicamente subire
l’influenza di un architetto che nel suo Trattato delli cinque
ordini aveva, per così dire, codificato le regole dell’ archi-
tettura.

(1) Lib. Ref., anno 1572, pag. 62:

« .... Bl placeat admittere in nostrum civem et conterrigenam Cri-
« stofarum scarpellinum ».

(conclus.) « Dixit ut Mag. Cristofarus lapidarius noster civis effi-
« ciatur, et nostro oppido condonetur, pro eius benemeritis ac amore
«nostr. Ill.mi Dmi. qui. nobis comendavit et id gratis et amore et
« absque. premio ullo et mercede ».
" = ona ——Ó — — rm Io sure renne a

A. BIAGETTI

Ora si parla e si scrive di un maestro Guidetto Gui-
detti (romano ?).: :

Il nome del Guidetti, in relazione al Palazzo Ducale di
Acquasparta, verrebbe fuori da una lettera scritta il 5 otto-
bre 1561 da un procuratore del Comune di Rieti, inviato a
Roma per « farvi rieerea di un abile architetto ».

Il documento aecennato venne per la prima volta pub-
blieato dal chiar.mo Prof. Giovannoni nella Rivista L/Arte
(Vol. XVI, 1913, pag. 19).

Eccone il testo per la parte che ci interessa:

« Maestro Guidi Architetto principalissimo mi dice che
« tra pochi dì sarà mandato ad Acquasparta dal Cardinale
« Cesi per disegnare fabrica; con questa occasione farà la
« via di costi et fermerassi quanto sarà di bisogno; migliore
« di eostui non ha Roma per huomo da andare fuora; siamo

x

< rimasti che egli mi farà intendere quando è per partire,

< et verrà accompagnato con mie lettere; questa sarà minor
« spesa .... ».

Non escludo che al documento trascritto si debba attri-
buire una certa importanza per la storia del Palazzo Ducale
di Acquasparta; ma tale però da spingerci ad attribuire
incondizionatamente il disegno dell’opera a questo Maestro
Guidi ?

Non si sarebbe dovuto, per troncare ogni possibile obie-
zione, suffragare il documento con altri che ci rivelassero come
il Guidetti si recasse, poi, effettivamente in Acquasparta;
come la fabbrica da disegnare fosse quella del Palazzo Du-
cale, e come, nel caso affermativo, questa sorgesse secondo
i disegni apprestati dal suddetto architetto?

Non risulta, a detta del medesimo Prof. Giovannoni,
che il Guidetti si sia poi recato a Rieti: e questo è tale
elemento da non doversi lasciare inosservato; anzi, il Gio-
vannoni stesso, nell’ articolo accennato, escludeva ogni rela-
zione tra l’arte di questo Maestro ed il Palazzo Ducale di
Acquasparta. Cosa che invece non fa ora nell'interessante
L'AROHITETTO DEL PALAZZO DUCALE DI ACQUASPARTA 99

e dotto volume Saggi sull architettura del Rinascimento (Treves,
1931) in cui l'articolo del 1913 viene riprodotto con lievi
aggiunte, tra le quali — ciò che interessa il nostro caso —
quella in nota, in cui al Guidetti si attribuisce, direi quasi
incondizionatamente, la paternità artistica del Palazzo Ducale,
senza però che tale asserzione poggi sulla evidenza di nuovi
documenti. i

i L'autorità del Giovannoni é tale e tanta in materia, da
sembrare ardimento avvanzare conclusioni del tutto opposte;
ma non quando però tali conclusioni vengono basate su
documenti di indiscutibile veridicità che, come verrà mostrato
in appresso, in maniera inequivocabile attribuiscono P opera
ad altro nome sia pur del tutto sconosciuto nella storia
ufficiale dell’ arte.

Non è, del resto, la prima volta che opere d’indiscuti-
bile valore artistico si sian dovute attribuire a nomi del
tutto impensati.

Ma è sopratutto compito di giustizia mettere in piena
luce un nome condannato al buio, nel nostro caso secolare,
per un giuoco di quel destino che spesso si diverte ad
emergere nella piena luce. della notorietà, nomi di artisti
nati per l'ombra. :

*
*ock

Fin da quando si iniziarono i miei modesti studi
intorno al Palazzo Ducale di Acquasparta,» ebbi la precisa
sensazione, che nello svolgimento di un’opera così complessa
per i varî elementi che venivano a comporla, fosse occorsa
la presenza, se non continua, certo assidua di un architetto.
Non doveva, quindi, lasciar tracce di sè nei documenti del
tempo, chi aveva così lungamente operato nella nostra terra?

Ed alla ricerca di questo nome sono state rivolte prin-
cipalmente le mie ricerche, seguendo un filo conduttore che
casualmente mi si presentò, come verrà qui esposto, seguendo
le varie fasi delle ricerche medesime.
A. BIAGETTI

La prima volta che mi fu dato, casualmente, come si
è detto, di trovar tracce di un architetto . nella terra di
Acquasparta, fu in uno dei libri delle Reformanze Comunali,
e precisamente in quella riferentesi all anno 1581. Sotto la
data 5 novembre del medesimo trovai, con riferimento al
Palazzo Ducale da breve tempo ultimato, che l'architetto
dei Cesi aveva «ricercato » la Comunità di Acquasparta
perchè intervenisse nei lavori occorrenti per riempire la
piazza davanti al «suo» palazzo (1). \

Doveva la Comunità rispondere affermativamente?

Il Consiglio della terra non fa che inchinarsi davanti
al desiderio degli Ill.mi Signori, pur avendo i lavori un
carattere del tutto privato, se così è lecito esprimersi trat-

"tandosi degli interessi del feudatario, stabilendo che al tra-

sporto del terriccio necessario, concorrano tutti i cittadini
in ragione di «dieci some per foco >.

Il nome dell’architetto restava tuttavia una incognita;
ma anche ammesso che dalla suddetta proposta fosse stato
possibile desumere più ampie notizie, come mettere in rela-
zione — dopo circa 17 anni dal suo inizio — il disegno
della fabbrica, con l'architetto che trovavasi nel 1581 a ser-
vizio dei Cesi? i

Il «suo » trovato nella proposta dei Priori, più che una
vera e propria paternità artistica, non stava qui ad indicare
la proprietà ne’ riguardi dei Cesi? Troppo comuni erano
simili errori nel ‘volgare del tempo.

Però la scoperta di nuovi e importanti documenti, oltre
a mettermi in grado di avere quelle notizie che la troppo

(1) Arch. Com. di Acquasparta, Lib. Ref., anni 1579-1588, pag. 48:

« Congregato etc.

« 5) si propone che, essendo ricercati dall' Arehiteeto del N. Sig.
« de riempire la piazza avanti al suo palazzo; si ciò si ha da fare, o no,
« et havendosi ad fare, in que modo, pro manco spendio et damno della
« nra. comunità ».

(conclus.) « Se faccia in ragione de 10 some per foco ».
L'ARCHITETTO DEL PALAZZO DUCALE DI ACQUASPARTA 101

laconica reformanza del 5 novembre ometteva, doveva, in
seguito, crearmi un ben più serio interesse intorno alla figura
di questo architetto.

I nuovi documenti sono:

1) Una delibera consiliare del 18 dicembre 1579 in
cui, per la prima volta, si parla di restaurare il campanile
della chiesa principale della terra, la cui sommità era stata
« celestis percussa et prolapsa fulminis» e in cui si stabilisce
di attendere un tale Gian Domenico Bianchi Architettore,
il quale era già stato sollecitato dalle lettere del Marchese
Federico Cesi (1).

2) Altra delibera in data 5 aprile 1588 in cui si sta-
bilisce di interpellare il suddetto M.° Jo. Domenico intorno
alla fabbrica delle strade (2).

3) Una lettera in data 9 settembre dello stesso anno,
trascritta nella reformanza del 13 settembre, inviata dal
Marchese Federico al suo Governatore di Acquasparta, in
cui si dice:

« Mag.co mio amatissimo.
« L'esecuzione della fabbrica della strada (la Flaminia)
« come sapete mi è a cuore: particolarmente, et perchè alla

(1) Arch. Com. di Acquasparta, Lib. Ref., anni 1579-1588, pag. 8:

« Die 18 Xbris 1579. : :

« i) Cum Ill.mus D. ponat in manu consilii huius Pub.ci concilij
« demolitio campanilis corruturi: An videatur ad praesens demoliri
«an expectare adventum M. Jo. Dominici Arch. accersiti licteris ab
« Ill.mo Dom. ad eum scriptis ».

(conclus.) «Si aspetti il ritorno di M.° Jo. Domenico ».

(2) Arch. Com. di Acquasparta, Lib. Ref., 1588, pag. 176:

« die 5 mensis Apr. 1588.

« Essendoci ordinato dal Mag.co Sig. Governatore, per ordine del
« Signore, che si accomodino le strade, si propone, se, e in che modo
«se debbia pigliar ordine più utile et espediente de acconciar dette
« Strade: cioè se si ha da comandar per foco, o per testa .... ».

(conclus.) «.... che si debbia trattare con maestro G. Domenico
« architetto, che si facci il manco danno, et se diano le parti, et si
cominci dove è manco danno .... ».

A
——————

--——_ —&— tdi — —

102 A. BIAGETTI

« mia venuta costà, che sarà tra pochi giorni, desidero tro-
< vare in qualche bono stato essa strada: non mancherete
< pertanto con la vostra diligentia aiutare in tutto sarà neces-
« sario, gli ordini di M.° Gian Domenico che sarà di nostra
« soddisfatione .... ».

4) Due rogiti in data 11 dicembre 1585 e 26 feb-

braio 1586 in cui si precisa la posizione dell’architetto Gian
Domenico ne’ riguardi del Marchese Federico Cesi, per
esservi chiamato « architetto dell’ Ill.mo Sig. Federico » (1).

I citati documenti che dal 1579 al 1588 ci mostrano la
presenza di M.° Gian Domenico nella terra di Acquasparta,
venivano, è facile rilevarlo, a dare un nome (quello del
Bianchi) all'architetto che nel 1581, con l’appellativo di
« Architecto de N. Sig.ri » trovammo occupato nella fab-
brica del Palazzo Ducale.

Ma ciò che maggiormente interessava, era il non trascu-
rabile periodo di anni che legava il nome del Bianchi a
quello de’ Cesi, e che, naturalmente, doveva spingere ad
un’accurata ricerca retrospettiva.

Ed ecco, a ben quindici anni di dun. dal doeumento
del 1581, riapparire il nostro architetto: e precisamente in
un rogito del 7 ottobre 1565 in cui il Bianchi figura quale
teste: « presente M.° Jo. Domenico de’ Bianchi della città di
« Milano » (2).

Il presente documento veniva a stabilire una relazione
di tempo tra il Bianchi e la fabbrica del Palazzo, non priva
di importanza; ma che non dava faeoltà, in ogni modo, di

(1) Arch. Not. quisa Rogiti Ser Cosimi Fontei, anno 1580,
pag. 367.

Vi si legge: « Dae. Clarae uxori Mg. Jo. Dominici Bianchi Archi-
«tect. Ill.mi et ecc.mi D. Federici de Cesis ».

(2) Arch. Not. di Acquasparta, Rog. Ser Stefano q. Angelo, anno 1565,
pag. 119.

In fondo all'atto si legge: « Presentibus etc. Mg. Jo. Domenico de
« Blanehis de civitate Milani .... etc. »,

ER —————
L'ARCHITETTO DEL PALAZZO DUCALE DI ACQUASPARTA 103

attribuire al nostro architetto la paternità artistica del monu-
mento pur tenendo conto dell appellativo di « architettore »
del Marchese Federico datogli nei precedenti documenti.
Al che doveva invece portare il fortunato rinvenimento di
due rogiti, in data 15 e 18 ottobre 1566, in cui in forma
chiara si dà al Bianchi la qualifica di « Architettore della
fabbrica ».

I due importantissimi documenti trattano il medesimo
argomento: la permuta avvenuta tra i fratelli Antonio e
Fabio di Alessandro, per la quale il Bianchi era stato inca-

. ricato, dal Governatore della terra, di valutare alcuni fabbri-

cati di proprietà del suddetto Fabio.
Trascrivo, per la parte che interessa, uno de’ due rogiti:

« Die 18 Septembris 1566. etc. in terra Aqsparte et in
« palatio cois eto...

« ... dee partes personaliter constitute coram D.no Fran.
« Pierini Gub. supra. diete ete. fecerunt in vicem p.se ipsos
« et eorum heredes et successores infrascriptas permutationes
« et combinationes quorundam eorum bonorum stabilium.
« Bt dietus Ants. dedit permutavit et cambiavit dicto Fabio
« infrascriptas res: duas cameras positas juxta bona Granati
« Leonardi, bona Dominici Alex. et alia latera .... etc. et
« supradictas res fuerunt estimatas per magistrum Ioannem
« Dominicum architettorem fabricae palatii Ill.or. Donor.
« Nor. pretii seutatorum trecentor. triginta ad iulios decem
« pro scuto .... » (1). i

(I suddetti beni furono stimati da maestro Jovan Do-
menico, architetto della fabbrica del palazzo degli illustris-
simi nostri Signori ....).

| (1) Arch, Not. di Acquasparta, Rog. Stefani q. Angeli, anni 1562-67,
pagg. 131-133,
104 i A. BIAGETTI

*
LE

E facile inoltre desumere, sia da documenti diretti che
indiretti, in quale e quanta considerazione il Bianchi fosse
tenuto dai Cesi. QR

Oltre ad essergli stata concessa, insieme alla propria
famiglia, l'abitazione nel Palazzo Ducale (come si rileva
dagli stati d'anime di quel tempo) (1) ed aver raggiunta,
mercé la munificenza di Casa Cesi, una invidiabile posizione
economica, il nostro architetto vedeva il suo secondogenito,
Federico, installarsi in una comoda ed influente posizione
ecclesiastica alla formazione della quale, non furono certo
estranei gli eminenti prelati di questa famiglia.

V'é poi da notare che in molti atti pubbliei del tempo,
il nome del nostro architetto si trova Spesso preceduto da
titoli altisonanti che sono come il riflesso esagerato ne’
vassalli della terra, della considerazione mostratagli dal
Signore (2). i

All’aprirsi del XVII secolo, molti sono i documenti che
concorrono a far piena luce intorno alla figura del Bianchi;
e tra questi, principalmente, un rogito in data 10 settembre
1611 (3) ed il testamento stesso dell’architetto, dettato al

notaro della terra, in data 17 settembre 1617 (4).
Il rogito 10 settembre 1611, contiene alcune prove testi-
moniali richieste dal Governatore di Acquasparta ai più

(1) Arch. Canonicale di Acquasparta, Cas. 16. :

(2) Nel rogito del 15 giugno 1596 (Not. Placido Rubei, pag. 43)
sì dice: « Dns. Fabritius Delphinus de terra. Aq. etc. .... vendidit
« tradidit, cessit. et concessit Ill.mo Dno. Ioanni Domenici Blanco
« tetto .... unum petium terrae laboratae ete. ».

In un rogito del 18 ottobre 1618 (Rog. Fontei) viene chiamato:
« Magnificus D. D. Io. Dominicus Blaneus .... ».
(3) Arch. Not. di Acquasparta, Rog. Cesarini, anno 1611, pag. 102.
(4) Arch. Not. di Acquasparta, Rog. Fontei, pag. 257,

archi-
——=
Rete

DIESIS PROTESI

=
id mentali cin re

L’ ARCHITETTO DEL PALAZZO DUCALE DI. ACQUASPARTA 105

anziani della terra, intorno. ad una intricata questione di
possesso. Tra i testi figura anche il Bianchi, il quale alla
domanda.del giudice circa la sua età, risponde aver egli in
quel tempo anni 74 compiuti: il che ci dice come il Bianchi
nascesse nell’anno 1537, e come a 28 anni, nel pieno vigore
della giovinezza, egli compisse l’opera che, solo dopo quat-
tro secoli, gli doveva esser rivendicata. :

Dal testamento dettato, come si è visto, nel 1617, e nel
quale il notaio appella il nostro architetto magnificus et
prudens vir, Si apprende come il Bianchi — probabilmente
intorno al 1588 — si unisse in matrimonio con una brava
massaia della terra: D. Clara Fantauzzi, figlia di un tal
Pietro Paolo di Acquasparta, probabilmente fratello di
Ser Fantauzzo, notaio del luogo. Da detta donna Clara il
nostro architetto — malgrado la sua non più verde età —
ebbe quattro figli: tre maschi, Francesco, Federico e Giov. Bat-
tista; ed una femmina, Caterina, sposatasi ad un tal Giuseppe
Benedetti, pure di Acquasparta (1).

(1) Traserivo il testamento per la parte che interessa:

«Die sabbatis 17 mensis Settmb. 1617. i

«In nomine Domini etc. Quum nil certius morte ac nil incertius
« hora mortis, animo prudenti hoc pertinet ut mortis semper cogitetur
« eventus .... ete. Hine est quod in praesentia mei notarii publici, ....
« etc. personaliter constitutus magnificus et prudens vir D. Io. Domi-
«nicus Blaneus Longobardus et a plurib. annis intra cives .... habi-
«tator Ma.cae terrae Aquaspartae, qui sanus Dei gratia mente sensu,
« visu et intellectu, videns se iam senio confectus, volens circa suam
« substantiam, ut sapienter decet, dum mens integra est, et in sua

« bona et perfecta sanitate dispositione .... et de bonis, et rebus suis
« disponere ne post eius mortem scandalum obviatur et maxime pro
« salute eius animae ete. .... In primis incipiens ab anima tanq. corpore
« nobiliori .... ete. '

«In amore Dei et salute eius animae reliquit missas sancti Gregori

« dicendas in ecclesia Saneti Francisci extra dictam terram Aquaspartae

«in altari privilegiato S.me Mariae de Stella in dicta Ecclesia exi-
« Stente etc.

«It: Iure institutionis reliquit et legavit D. D. Francesco, Federico

et Io. Baptistae eius filiis leg.mis et nat.is et cuilibet ipsor. eor. leg.mam
106 , A. BIAGETTI

Uno stato d' anime della terra di Acquasparta, compilato
nel 1620, ci dice che in quell’anno il. secondogenito Fede-
rico aveva anni 31; mentre solo 15 ne contava il terzoge-
nito Jo. Battista (1). Per di più nel Manual du Voyager en

Italie di E. Foester (Monaco, 1855), nell’elenco artistico di .

appendice, tra gli altri, trovo un Joan Battista Bianchi di
Milano, scultore che nella prima metà del XVII secolo restau-
rava il Toro Farnese. Tutto fa supporre che si tratti del
figlio del nostro architetto: la rispondenza perfetta del nome
e l’anno in cui lo scultore operava. In ogni modo, tutto ciò
dice, come nel Milanese il nome dei Bianchi non fosse
disgiunto da una certa tradizione d’arte, quando anche si
sa che un Pompeo Bianchi, noto alla storia dell’ arte, ne’
primi anni del XVI secolo, innalzava o almeno ultimava
quel mirabile gioiello del Rinascimento lombardo che è il
santuario della Madonna di Tirano.

Da quanto è stato sopra detto è facile rilevare come il
Bianchi avesse presa stabile dimora nella terra di Acquasparta.

Anzi perdette : appellativo de Milano, per prendere
quello de Acquasparta.

Nelle reformanze del XVII secolo, spesso ricorre il suo
nome con la qualifica di priore — principale magistratura —
e la sua parola è sempre tenuta come quella di « uomo
probo, onorato e saggio ».

«quae iis de Iure tolli et denegari non possit, et hoc fecit et faceré
« dixit quia .... sibi facere se placuit et placet si quo potuit etc. .... In
« onnib. aliis suis bonis mobilib. Iuribus et stab. et actionibus ubicuq.
« existentibus presentib. et futuris... suam heredem universalem insti-
« tuit, fecit et suo proprio ore i. et voluit previdentem mulierem
« D. Claram filiam q. D. Petri Pauli Fontautiis de Aqua. eius dilectis-
«simam et amatissimam uxorem.

« Et insuper .... D. OIDetha e eius filia leg. et nat. nuptui tradita
« q. D. Josepho Benyenih rei, UO. »,

(1) Arch. Canonicale di Acquasparta, Stati d'anime, Cas. 16, anni :

1620-22,

ERE rs; Gre © PERE CONES TIU COE
LIUM.

FARA

L’ ARCHITETTO DEL PALAZZO DUCALE DI ACQUASPARTA 107

Lunga e salda fu la vita di quest? uomo, tutto dedito al
lavoro che eompiva con la semplicità e la serenità di un
umile maestro lombardo, ed alla sua famiglia che egli, in

ogni momento, desidero circondare di quel tranquillo benes-

sere che deriva da una buona posizione economica, digni-
tosamente acquistata.

Il 18 ottobre 1618 (Rog. Fontei, p. 127) egli stipulava
un atto di mutuo per la somma di scudi 100, con un certo
Matteo del fu Biagio di Castel del Monte. Il 31 agosto 1619,
nellatto di cancellazione del mutuo anzidetto si diee: « pre-
sente all’ Ill.mo et Rev.mo D. Federico Bianchi figlio del
fu D.no Gian Domenico architetto dell Ill.mi Signori ».

Quindi tra il 18 ottobre 1618 e il 31 agosto dell’anno
successivo, avveniva la morte dell’ ottantenne architetto di
Casa Cesi. |

Vi sono altre opere da attribuire al nostro architetto?

Fino ad ora, su ciò, non mi è stato possibile giungere
a conclusioni decisive. In ogni modo, alcuni elementi di
carattere stilistico uniti alla presenza del nostro architetto
sul luogo, nel tempo in cui venivano costruiti, sia il Palazzo
Baronale di Cantalupo (feudo dei Cesi) come il Palazzo
Vescovile di Todi (voluto dal Vescovo Angelo Cesi) credo
potranno preparare la strada a fortunate ricerche.

Circa il Palazzo Vescovile di Todi sappiamo che venne
iniziato nel 1593, anno in cui il nostro architetto trovavasi
a Todi, come si rileva anche dalla stima che egli fece per
i fabbrieieri del tempio del Crocifisso, che si stava costruendo
in quella città.

« 1593. — Gian Domenico Architetto del Duca d' Acqua-
< sparta, determina il prezzo del lavoro di M. Galiotto, e degli
< scarpellini Vittorio e Cintio di Filippo » (Guida di Todi;
Pensi-Comez),
108 A. BIAGETTI

Il Palazzo di Cantalupo subiva la sua radicale trasfor-
mazione, che doveva renderlo quale oggi si presenta, intorno
al 1577. .

Il portico di questo Palazzo ha delle evidenti corrispon-
denze con quello del Palazzo Ducale di Acquasparta; v'é
così nell’ uno, come nell’altro, lo stesso movimento di masse,
determinato dagli avancorpi, sebbene nel palazzo di Canta-
lupo questi fiancheggino la sola fronte posteriore, ed il
doppio ordine del portico e della loggia coperta, formi
l'elemento principale della fronte, anzichè del cortile come
in quello di Aequasparta.

In un rogito del 29 novembre 1611, si legge che nel 1602
il Bianchi disegnava la «pianta» per la casa di un tal Gemine
Agostinangelo di Acquasparta. La casa venne eostruita; ma
rimase incompiuta nella scala. Non ho potuto stabilire 1’ ubi-
_ cazione di questa costruzione che si può in ogni modo arguire
venisse innalzata nei pressi della piazza.

Ciò che si deve senza meno attribuire al nostro archi-
tetto é la Cappella dei Cesi fatta costruire nel 1582 da Isa-
bella Liviani, nella Chiesa principale della terra, e dove
riposano le ossa dell’infelice quanto grande fondatore del-
l Accademia dei Lincei.

In sostanza l’attività del Bianchi si sarebbe svolta, salvo
trascurabili eccezioni, sempre nell'ambito e nell’ interesse
dei Cesi, verso i quali, da quanto si puó desumere dai
documenti, egli mostrò sempre un particolare e devoto
attaccamento,

A questa specie di circolo chiuso che egli pose alla sua
attività di artista, si deve senza meno attribuire il fatto
che al Bianchi sia mancata quella notorietà a cui il suo
temperamento di artista poteva ben aspirare, come lo dimo-
stra il Palazzo Ducale di Acquasparta.

In quest’ opera il Bianchi, oltre a manifestarsi un abile
architetto militare, si rivela un artista sobrio, equilibrato ed
elegante, padrone di quegli elementi fondamentali che
L'ARCHITETTO DEL PALAZZO DUCALE DI ACQUASPARTA 109

segnano il punto culminate di ciò che si era andato elabo:
rando, attraverso piü di un secolo, sotto limpulso vitale
del nostro Rinascimento.

ANGELO BIAGETTI
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"A
AI CULTORI DI STORIA BENEDETTINA

L'illustre P. Michele Bocksruth dei Benedettini di Praglia
attende già da parecchi anni con alacrità, veramente mona-
stica, alla storia delle Case Benedettine, che in mezzo alle
barbarie delPalto medioevo, salvarono ne’ loro chiostri i
germi da cui si svolse poi la civiltà moderna scientifica,
letteraria ed artistica. A tale scopo egli domanda l’aiuto
degli studiosi, e noi, accogliendo con sincera compiacenza,
siamo disposti a dargli, per quanto ci sarà possibile, il nostro
aiuto, e ci uniamo con lui ad esortare tutti i soci della
Storia Patria a voler recare il loro contributo in un’opera
che avrà senza dubbio un interesse particolare per la nostra
regione dove abbondarono ed ebbero una vita gloriosa tante
Abbazie Benedettine delle quali rimane oggi o il nome
soltanto, o i ruderi. Tuttavia anche i ruderi dovrebbero
essere custoditi gelosamente, perchè da essi è possibile ancora
rilevare importantissime notizie, prima che il tempo li di-
sperda del tutto. Basti ricordare le Abbazie di Santa Maria
e di San Paolo di Val di Ponte, quella di Monte Corona,
di Sant’ Arcangiolo del Lago, di Vallingegno, di Pietrafitta,
ecc. ecc,

Nutriamo piena fiducia che i nostri colleghi rispondano
generosamente all’ appello, sia per appagare il desiderio del
dotto scrittore, ed anche per dar prova alle altre regioni
112. AI CULTORI DI STORIA BENEDETTINA

| | d'Italia e dellestero dellattività della nostra Associazione
| di nell’ Umbria.

Ecco la circolare:

| : «I Benedettini hanno col tempo formato varj Ordini. dei
IT » quali parecchi sono scomparsi o vennero sostituiti; oggi se ne
| BEE contano 14 di monaci neri, più i Camaldolesi, i Cisterciensi, i
i È Mechitaristi, i Silvestrini, i Trappisti e i Vallombrosani.

ide « Per il bene loro e della Chiesa tutta, la Provvidenza ha

sempre sottratti questi Ordini alla centralizzazione totale del-
UI o. l'autorità, all’ unificazione delle idee, delle tendenze, degli usi
i e costumi. Le menti equilibrate, chiaroveggenti e non ipnotiz-
zate, né atrofizzate dallo spirito burocratico, da mire o da
miraggi; riconosconò in questa autonomia e diversità tradizio-
nali, una prerogativa inestimabile, fonte inesauribile di vitalità
e di prosperità. Nessun Ordine benedettino puó poi pretendere
M : al monopolio dello spirito monastico; ognuno ha pieno diritto
n | E all'esistenza, poiché milita secondo la lettera o lo spirito della
EE L li sua Regola, temprata da antichissime tradizioni opportunamente
| v es. adattate a peculiari requisiti di scopi, di luoghi e di popoli;
L3 «I cultori delle arti e delle scienze sanno poi quanta parte
ebbero i figli di San Benedetto negli ultimi 14 sécoli della storia
-d'Italia e del mondo: lo attestano tuttora in quasi ogni città
ed in molti paesi d' Europa tante chiese, cappelle, monasteri e
altre fabbriche; nelle campagne tante strade, bonifiche e altre
| opere di pubblica utilità; nei musei tanti quadri e tante statue ;
l5 negli archivi tante pergamene e tante carte; nelle biblioteche
| tanti manoscritti e tante stampe.
[- RR - « Tale storia, passata e presente, ha sconcertato gli scrittori:
il più intrepido e il più enciclopedico fra loro, l'operoso Mabillon,
non ci ha lasciato che degli Acta Sanctorum e degli Annales ;
| | e vi è perfino oggi chi ritiene impossibile, o quasi, di scrivere
| EN una storia benedettina.

« Per conto mio mi sono da anni fissato un programma
minore: ho concentrato le mie ricerche sull attività scientifica
e letteraria dei monaci, e spero pubblicare un giorno il risultato
delle mie indagini. Avró naturalmente bisogno di collaboratori,
e per facilitare loro il lavoro sto pure preparando una serie
preliminare di testi atti ad orientare e a facilitare le loro inve-
stigazioni,
— 5a

AI CULTORI DI STORIA BENEDETTINA 113

«In primo luogo vorrei stampare un Catalogo alfabetico dei

monasteri ossia delle case abitate, dal secolo VI ad oggi, da

Comunità militanti sotto la Regola benedettina.

« Dispongo di ampio materiale; ma cerco nondimeno l’ aiuto
degli studiosi che avessero già raccolto dati storici sulle nostre
case. Non chiedo a nessuno d’intraprendere ricerche originali,
perchè so bene quanto tutti abbiano da lavorare. Nè posso
compensare i collaboratori: in tale caso, data la sua mole, il

Catalogo dovrebbe esitarsi a prezzo proibitivo. Tutto quel che

potrò fare per i miei cooperatori sarà di concedere loro sul
volume un ribasso proporzionato al loro contributo. Avrò pure
cura di firmare col loro nome le notizie compilate con indica-
zioni che mi avranno fornite. 3

« Tengo a disposizione di chi volesse aiutarmi un modulo
stampato.

< Esso chiede d’indicare — in quanto è possibile — il nome
principale di ogni monastero, e gli altri nomi eventualmente
trovati nei diplomi, nelle cronache, negli annali, insomma in
qualunque documento manoscritto o impresso; domanda poi
varie indicazioni di topografia civile ed ecclesiastica e alcune
notizie storiche specie riguardanti la fondazione e i fondatori
del monastero, il genere di comunità e le sue principali vicende ;
prega infine di elencare le fonti bibliografiche più accurate.
Tanto meglio se sarà possibile rintracciare dove sono andati a
finire l’archivio e la biblioteca dei monasteri distrutti o soppressi.

«Se dunque qualcuno dei miei lettori è disposto ad aiu-
tarmi, lo prego di avvisarmene.

« Gradirei pure molto indirizzi di studiosi ai quali si ritiene
che potrei utilmente rivolgermi.

« Ringrazio anticipatamente tutti quelli che mi faranno
l’onore e il piacere di cooperare alla mia impresa. Se per caso
io potessi essere loro utile in qualunque ricerca, possono con-
tare interamente su tutta la mia buona volontà.

« D. MICHELE BOCKSRUTH (obl. reg. di Praglia)

al presente con recapito presso il monastero di: Einsiedeln
(Svitto) - Svizzera ». i

Nn E sich - AP >
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RECENSIONI

FRANCESCO GUARDABASSI. — Storia di Perugia. — Prefa-
zione del Prof. Luigi Simeoni, Stabile di Storia moderna
nella R. Università di Bologna. — Volume primo. —.
Tipografia della Rivoluzione Fascista G. Donnini, Pe-
rugia, 1933 - Anno XI. ;
Con la pubblicazione di questa Storia il Prof. Francesco

Guardabassi ha soddisfatto un vivo desiderio che da lungo

tempo era sentito dagli studiosi delle nostre memorie cittadine,

e vi ha soddisfatto in modo che migliore non avremmo potuto

augurarci.

Le millenarie vicende di Perugia nostra erano già narrate
da valorosi scrittori e gli avvenimenti, anche di minore impor-
tanza, erano già registrati con accurata diligenza in cronache,
talune delle quali videro la luce or sono molti anni, ed altre
o sono in corso di stampa in questo stesso Bollettino o ancora
attendono di esser pubblicate; ma quelle storie, pur pregevoli,
non corrispondono più alle nuove esigenze, non son più in
armonia con lo spirito, col quale uomini e fatti del passato
sono ora giudicati sulla base di documenti che prima erano 0
sconosciuti o inesattamente interpetrati.

Il Prof. Guardabassi si è accinto alla nobile fatica dopo
una preparazione di vasti e profondi studi, che si farebbe anche
maggiormente palese, qualora egli volesse corredare l’ opera sua
di un’ appendice di note bibliografiche.

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116 "e RECENSIONI

Basta infatti leggere i primi capitoli del volume, nei quali
il chiaro Autore discorre delle origini della città nostra e tratta
di Perugia etrusca e romana, del Cristianesimo introdotto fra
quelle antiche popolazioni e del turbinoso periodo delle inva-
sioni barbariche, per comprendere come e quanto egli sia versato
nelle discipline archeologiche, nella: storia antica e in quella
dell’ alto Medioevo.

Scrive il Guardabassi che il carattere del suo libro « è quello
modesto della divulgazione dei risultati più recenti delle inda-
gini sulla storia di Perugia », ma è vero piuttosto che egli fa

i oggetto di un acuto esame critico quei risultati e ne trae quasi
Sempre un’ opinione sua propria, che è un equilibrato tempera-
; mento fra opposte tendenze troppo unilaterali. .

Così a proposito della diffusione del Cristianesimo’ nella
nostra regione osserva giustamente che è « un malinteso rigo-
rismo quello di coloro che stimano di dover trascurare al tutto
gl’ indizi che è pur lecito desumere cosi dalla leggenda popolare
come dal fervore devoto dell’agiografia e dell’apologetica »; in
ordine ai poteri civili del Vescovo riconosce che questi doveva
avere una notevole importanza anche nella costituzione politica
della città, ma non crede che Perugia abbia mai avuto il go-
verno del Vescovo Conte; afferma che, se non puó ammettersi
in modo troppo assoluto la derivazione del Comune medioevale
dall'antieo Municipio romano, d'altro canto non deve discono-

jl à scersi che di questo non solo le tradizioni, ma pur gli ordina-
WEE menti non erano mai stati del tutto cancellati né dan Goti né
TII O . ‘dai Longobardi.

"i I contrasti fra le varie classi sociali, che prima divisero i
Il: grandi feudatari chiusi nei loro castelli dai nobili minori « mi-
INS lites seu magnates » venuti ad abitare nella città, ed in seguito
I posero l'una di fronte all'altra la parte dei nobili spesso con-
giunti al popolo minuto e quella dei « pedites » organizzati nei
Il Collegi delle Arti; l’instituto del Podestà, che segna il trionfo
della nobiltà cittadina, e quelli successivi del Capitano del
TEE | : Popolo e del Priorato delle Arti, che fermano la preponderanza
ili Wes dei popolani arriechitisi col lavoro e col commercio, ci sono
| presentati dall' Autore in modo da non lasciar dubbio sulla
perfetta conoscenza ch'egli ha della. organizzazione del Comune
RECENSIONI 117

e delle funzioni spettanti ai vari consigli e alle varie magistra-
ture, funzioni talvolta interferentisi e mal definite.

Rileva il Guardabassi che « troppo spesso il valore che la
parola - democrazia - ha acquistato ai nostri giorni si è voluto
assegnare a moti e ordinamenti che furono popolari, ma non
«democratici », ed aggiunge che i « populares Perusij » altro
non erano che coloro, i quali oggi si direbbero i grassi borghesi.

La equanime valutazione dei fatti storici è la nota domi-
nante di questo volume, e di essa sono prove i giudizi che
l'Autore porta sulle relazioni intercedute fra il Comune di Pe-
rugia e il Papato e l'Impero.

Perugia si volgeva a Roma con devozione e con affetto di
figlia e manteneva contatti col Pontefice e con l’ Imperatore,
ma, pur rendendo omaggio alle due supreme Autorità, che vene-
rava congiunte nella maestà dell’ « Alma Urbs», gelosamente
custodiva e strenuamente difendeva la propria indipendenza
anche a prezzo dei più grandi sacrifici. -

Le lunghe dimore che spesso fecero i Papi nella città nostra,
i conclavi che ebbero luogo fra le sue mura, i molti convegni
che vi si tennero per trattare delle più complesse questioni
politiche, le guerre e le alleanze, cui essa partecipò, il continuo
estendersi dei suoi dominî e dei suoi protettorati attestano
quanta importanza sino a tutto il secolo XIV avesse nella vita
italiana il nostro Comune: importanza che è assai maggiore di
quella generalmente riconosciuta dagli storici, e alla quale (acu-
tamente osserva il Guardabassi) contribuì molto la fama dello
Studio perugino.

Manifesta il chiaro Autore la speranza « di aver messo in
giusto rilievo il carattere speciale del guelfismo perugino », e
noi non possiamo che constatare come la sua speranza appa-
risca certa realtà a chiunque legga le pagine da lui dettate.

Ma furono i sacrifici, cui sopra abbiamo accennato, furono
le continue lotte fra i Grandi esclusi da ogni magistratura e gli
Artieri padroni del governo della cosa pubblica, fu il prevalere ora
di questa, ora di quella consorteria, furono le repressioni faziose
e feroci, alle quali spesso erano indotti i reggitori del Comune,
furono le devastazioni, i saccheggi e le taglie imposte dalle com-
pagnie di ventura, le cause della rovina di quel regime popolare.
'RECENSIONI

A proposito del quale il Guardabassi nota l' errore di quegli
scrittori « che della storia medioevale-di Perugia hanno voluto
fare un vasto quadro ricco di ombre e fulgori scenografici, fra
i quali si dibatte la democrazia repubblicana contro la tirannide
patrizia sorretta ora dai Pontefici e ora dagli Imperatori ».

Affrettò quella rovina-la missione affidata da Innocenzo VI.
al Cardinale Albornoz, il quale, pur tenendo verso il nostro
Comune un contegno talvolta benevolo, talvolta minaccioso,
ebbe però sempre di mira il cambiamento del protettorato
della S. Sede su Perugia nell’ assoluta sudditanza di questa alla
Chiesa; e la città nostra, vinta nella guerra contro Urbano V,
dovette segnare con la pace di Bologna del 23 novembre 1370
la fine della propria libertà.

Il popolo tenne responsabili i Raspanti della subita sconfitta
e si lasciò andare contro di loro ad eccessi, sui quali il Guar-.
dabassi porta un apprezzamento quanto severo altrettanto giusto.
« Fu il divampare subitaneo (cosi egli scrive) di uno di quei

furori d' odio che invade l’ animo della plebe quando vuole affer-

mare il proprio alibi di fronte a iatture pubbliche, che essa
stessa ha provocato col suo contegno e col suo favore alle deli-
berazioni dei governanti ».

Negli ultimi due capitoli del volume discorre 1’ Autore degli
eventi succedutisi dopo quella pace sino alla signoria e alla
morte di Braccio Fortebraccio, e la narrazione di quegli eventi,
che pur troppo si riassumono nell’alterno prepotere dei nobili
e dei popolari e nelle sanguinose vendette dell’ una parte contro
l’altra, offre al Guardabassi occasione di porre sempre in mag-
gior luce la sua serena imparzialità.

Così egli giudica a ragione che non devesi all’ iniziativa
dell’ Abate di Montemaggiore (l'« efferato tiranno » di qualche
storico) il disegno di costruire la fortezzà di Porta Sole, e che
la condotta politica del prelato francese di fronte ai Perugini
non fece che continuare quella dei Legati che lo avevano pre-
ceduto nel governo della città e non fu che la conseguenza
necessaria del trattato di pace del 23 novembre 1370; non esita
ad affermare che i popolari, assalendo e derubando 1’ Abate e

‘le sue genti dopo la resa della fortezza, violarono i patti stipu-

lati con lui per la mediazione dell’ Acuto; di Biordo Michelotti,
RECENSIONI 119

nel quale aleuni storici videro sóltanto il « fervido sostenitore
della causa dei Raspanti, il tenace difensore della libertà della
sua patria », riconosce le virtù che gli meritarono gli onori tri-
butatigli quando condusse in isposa Giovanna Orsini e il com-
pianto del popolo quando fu spento dal pugnale dei Guidalotti,
ma afferma che Biordo fu soprattutto un politico, il quale seppe
destreggiarsi in mezzo alle continue lotte e ai contrastanti inte-
ressi, e un Capitano di ventura mirante alla signoria che da vero
dittatore dominò la città « attraverso il regime dei Raspanti » ;
ha infine fiere parole di rampogna per gli eccessi dei nobili
che al tempo del loro predominio istituirono, quasi per irrisione,
l’ officio dei « Conservatori della libertà », ma non risparmia
i Raspanti che, dopo aver ricuperato il potere, vorranno man-
tenerlo « anche col danno dello Stato » e daranno Perugia prima
a Gian Galeazzo Visconti e poi a Ladislao di Durazzo, piuttosto
che riaccogliere in patria i concittadini fuorusciti guidati da
Braccio: al quale le abilissime arti politiche e il valore di Capi-
tano avrebbero assicurato una signoria, di cui Perugia sarebbe
forse stata il centro animatore, se alle aspirazioni e ai sogni di
gloria del grande Condottiero non avessero opposto un insupe-
rabile ostacolo la immaturità dei tempi e il fatale estendersi e
consolidarsi del principato civile dei Pontefici.

Nell’ opera che abbiamo preso in esame la severità delle
più rigorose e coscienziose indagini storiche è temperata dalle
attrattive di una profonda e geniale coltura letteraria, e la forma
elettissima rivela come al chiaro Scrittore siano familiari tutte
le finezze e le eleganze della nostra lingua.

Noi ci auguriamo che a questo primo volume tenga presto
dietro il secondo, nel quale il racconto di avvenimenti a noi
più vicini e, appunto per questo, tali da indurre a giudizi ispi-
rati ai sentimenti, diciamo anzi alle passioni del tempo nostro,
darà modo all’ Autore di dimostrare anche più luminosamente
con quanto scrupolo egli sappia tener conto di quel criterio
della relatività storica, che è la suprema garanzia dell’ omaggio
alla verità.

VINCENZO ANSIDEI

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120 RECENSIONI

I. — L’Autobiografia e gli Scritti della Beata Angela da Fo-
ligno pubblicati e annotati da un Codice Sublacense per
cura di Monsignor M. FALOCI PULIGNANI, tradotti da
MARIA CASTIGLIONE HUMANI, con Prefazione di Gro-
VANNI IOERGENSEN. — Città di Castello, «Il Solco », 1932.

Mons. Michele Faloci Pulignani, benemerito Vice-Presidente
della nostra Regia Deputazione di Storia Patria per l’ Umbria,
il quale con instancabile operosità e vastissima erudizione, da
far invidia ai giovani e ai dotti, lavora da oltre mezzo secolo
agli studj storici, specialmente della sua diletta Foligno, ha
dato alla luce quattro preziosi lavori dei quali. ci reputiamo
ad onore fare una modesta recensione nelle pagine del nostro

‘Bollettino.

Agl'ignari può sedia di poca importanza la nuova pub-
blicazione, dopo quella critica del P. Doncoeur della Compagnia
di Gesù: ma chi conosce con quanto studio gli animi si sono
oggi rivolti alla filosofia mistica, quasi per toglier via le scorie -
che il materialismo del secolo decimonono ha purtroppo laseiate
anche sulle coscienze dei cattolici, non troverà inopportuna,
anzi utilissima l’ Autobiografia stampata dal Faloci. C'é poi
un argomento ineccepibile che rende pregevolissima, direi quasi
doverosa per l' Autore folignate, là nuova pubblicazione.

Se il testo su cui ha lavorato il Doncoeur fu ritenuto nel 1995
per il più autentico e completo fra quanti se ne conoscevano,
e se il lavoro dell’ Abbate Ferrè per varj rispetti è di molta
autorità; il nuovo codice Sublaeense, recentemente scoperto,
possiede requisiti che lo pongono al di sopra di tutti gli altri
fin qui pubblicati: infatti è il manoscritto più completo che
esista, e di data non posteriore al 1496. Questo codice, oltre
all’ approvazione fatta dal Card. Colonna e dai Frati Minori,
del lavoro compilato da Frate Arnaldo, ha una disposizione del
contenuto più organica, onde apparisce con chiarezza la com-
petenza del compilatore.
RECENSIONI 121

Giova sapere che il testo originale delle Visioni (è cosa
ormai ritenuta per certa) fu scritto, non in latino, ma nel vol-
gare umbro della metà del secolo decimoterzo. Il chiarissimo
Mons. Faloci, molto opportunamente ha voluto che di fronte
al testo latino si leggesse la traduzione letterale, fatta con
grande amore e diligenza dalla Signora Castiglione Humani, la
quale, « quando ha potuto, così osserva il Faloci, ha tradotto
parola per parola, e quando non ha potuto, ha cercato di ripro-
durre il testo primitivo originale, cioè il dialetto umbro della se-
conda metà del XIII secolo ». Ci sia lecito osservare, con ogni
riguardo alla nobile fatica compiuta dalla traduttrice, che non
è sempre un metodo sicuro tradurre dal latino parola a parola,
giacchè, spesso ne vien fuori un senso, o molto diverso dall’ ori-
ginale, o per lo meno oscuro. Nè basta a giustificare il metodo

seguito, la ragione, che si tratta d’una retro-versione cioè di
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rendere volgare la versione latina. Nel medio evo si scriveva,
è vero, un latino molto diverso dallo stile classico; pur tuttavia,
siccome la lingua di Roma era ancora sulla bocca, non solo dei
dotti, ma anche del popolo, molte locuzioni mantenevano il
- giro del pensiero latino, quindi la frase si allontana molto dalla
costruzione del volgare. Credo che la brava traduttrice, tornando
sopra il lavoro, troverà da fare qua e là utili ritocchi, onde
ottenere maggior chiarezza, senza punto nuocere all'aurea sem-
plicità del volgare umbro, che (sia detto con pace dei cruscanti)
non é da-meno del toscano.

Ma il merito principale di quest’ opera non sono le varianti,
né il nuovo doeumento importantissimo non contenuto nelle
altre edizioni; quanto la prefazione in eui il chiarissimo Mon-
signore ha raccolto tutto il materiale spettante alla vita e agli
scritti della Beata Angela, componendo cosi una perfetta mono-
grafia sull’ Estatica di Foligno. Il tutto poi è arricchito ed or-
nato di quella vasta dottrina, ch’egli solo possiede in simili
studj ne’ quali ha una speciale competenza, che nessuno ose-
rebbe negargli.

Chi desiderasse avere una cognizione chiara e completa dello
spirito della Beata Angela e del suo tempo, può di leggieri
acquistarsela, senza fare altre ricerche, leggendo la sintesi che
. ne offre il dotto scrittore nella prefazione.

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122 RECENSIONI

II. — A San Feliciano protettore di Foligno. Omaggio dei
concittadini nell’ottavo Centenario della Cattedrale. 1133-
1933. — .A eura di MICHELE FALOCI PULIGNANI. —
Foligno, Poligrafia F. Salvati, 1933-XI.

Con splendida veste tipografiea, rieca di belle ed utilissime
illustrazioni, l' Autore ha unito al suo lavoro sulle cinque Catte-
drali di Foligno, e le Sacre Spine nella Cattedrale, varj articoli
inviatigli da altri valenti scrittori folignati, ai quali s'era egli
rivolto con il semplice invito « Mandatemi qualche cosa relativa
a San Feliciano e alla patria sua e mostra ». Gli amici hanno
cordialmente risposto, e così si è formata una monografia com-
pleta e gustosissima del monumento illustrato; il quale, se

oggi è tornato a splendere, almeno per la parte esterna, nelle

bellissime forme romaniche, è tutto merito dell’ ammirabile
costanza di Mons. Faloci, il quale, senza mai perdersi d’ animo
davanti alle più gravi difficoltà, non ha risparmiato nè fatiche,
nè sacrifizj, pur di riuscire nell’intento altamente religioso e
civile di dare alla sua patria una Cattedrale degna delle gloriose
tradizioni di cui va: giustamente altera la piccola Foligno.

Non è nostro compito prendere in esame gli svariati arti-
coli che sotto diversi aspetti concorrono ad illustrare la bella
Cattedrale, e ristringiamo il discorso soltanto agli articoli di
Mons. Faloci. Le memorie sulle cinque Cattedrali, incominciando
dalla prima che vorrebbe essere la Confessione sulla tomba del
Santo Martire, poi le altre del IX, del XII e del XVI secolo,
fino alla presente, architettata nel 1771 dal folignate Giuseppe
Piermarini, sono rapidamente e sapientemente illustrate con
rara abilità di storico, con competenza di critico, con forma
esatta, e spesso anche elegante.

In qualche punto l’amore del natio loco ha forse preso il
sopravvento sulla severa obbiettività dell’ archeologo; e si potrà
dissentire da lui; ma ubi plura, nitent .... non ego paucis - Offen-
dar. maculis. Il certo si è che i documenti non mancano a con-
fermare la tesi: e in un solo articolo, relativamente breve, si ha
una monografia compiuta dell’ insigne monumento. Anche il
Baldacchino, ideato dal Gesuita Fra Andrea Pozzo, sul tipo
RECENSIONI 123

della celebre Confessione innalzata da Lorenzo Bernini sulla
Cripta di San Pietro in Vaticano, è opportunamente illustrato.

Così il Faloci, dopo aver reso alla Cattedrale lo splendore
che il tempo, la negligenza e, diciamo pure, il cattivo gusto
degli uomini le avevano tolto, ha voluto innalzare un monu-
‘ mento storico, aere perennius, degno di quello che la pietà fer-
vente dei Folignati innalzò per celebrare le lodi del Santo Pro-
tettore, e per attestare ai posteri la fede sulla quale i cittadini
fondarono ogni loro gloria civile e politica.

III. — Fragmenta Fulginatis Historiae a cura di MICHELE
FaLocI PULIGNANI. — In « Raccolta degli Storici Ita-

liani» di L. A. Muratori, Tom. XXVI, Parte II.

A testimoniare la meravigliosa attività di Mons. Faloci, a
breve distanza di tempo, esce l'edizione critica delle Cronache
di Foligno nella ristampa del Rerum Italicarum Scriptores di
Lodovico Antonio Muratori ; che, iniziata or fanno più di trenta
anni in Città di Castello, oggi si continua in Bologna dallo
Zanichelli a cura dell'Istituto Storico. Italiano, sotto la dire-
zione del Senatore Pietro Fedele. Questo lavoro, veramente
insigne, contiene un materiale prezioso da servire alla storia,
non solo di Foligno, ma dell’ Umbria, tante sono le notizie e i
riferimenti che in esso trovansi condensati. Rendono poi que-
st’ opera tanto più utile e commendevole i copiosi Indici, com-
pilati dal Dott. Angelo Messini, senza dei quali non tutti gli
studiosi potrebbero ricavarne quel vantaggio che da così vasta
e varia erudizione è lecito attendere.

Il Muratori aveva di già pubblicata la Cronaca di Benve-
nuto e il Memoriale degli Unti. Qui non si tratta però d’una
semplice ristampa, bensì d’una edizione più accurata, arricchita
di notevoli aggiunte, e d’innumerevoli note che gettano vivis-
sima luce sul testo, ampliando la narrazione, tanto da farne
un brano di storia compiuta e minutamente documentata, anche
ne’ particolari di minore importanza.

Questa II Parte del Tomo X XVI della raccolta Muratoriana,
costituisce una fonte di notizie utilissime a chi si occupa della
zl presente scritto, ultimo pervenutoci, dalla mente feconda

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194 RECENSIONI

Storia della nostra regione, e diciamo anche, indispensabile a
chiunque voglia trattare argomenti riguardanti il Comune fulgi-
nate il quale, fin dai primi tempi della libertà popolare, seppe
tenere alto il decoro della eiviltà e delle armi, difendendosi,
talvolta anche con temerario ardimento, contro le maggiori
repubbliche. Non e’ è dubbio, che gli studj di Mons. Michele
Faloci Pulignani sono un’ampia dimostrazione delle gloriose
tradizioni della sua patria. :

IV. — Il Corpo e le Reliquie di S. Feliciano Martire Vescovo
di Foligno. — Studio di Mons. M. FALOCI PULIGNANI. —
Città di Castello, « Leonardo da Vinei », 1934- XII.

Piccolo di mole, ma ricco di lunghe e pazienti ricerche è

del chiarissimo Autore, nel quale si fa la storia delle Reliquie
del Santo Vescovo. Ineomineiando dal sito dove fu martirizzato,
e dove fu sepolto, in base a documenti onde vengono identifi-
eati i luoghi già nominati eon vocaboli antichi nei documenti, \
si stabilisce dove fosse il sepolero, cioè nella Cattedrale presente,
fino al X secolo: nel qual tempo Deodorico, o Teodorico, Ve-
scovo di Metz, reso ardito dalla protezione di Ottone I, Impe-
ratore di Germania e d’Italia, suo parente, sotto il pretesto,
che questi sacri depositi non erano ben conservati, trasportò a
Metz le Reliquie di San Feliciano, senza che il Vescovo, il Clero
e tutta la città di Foligno potessero opporre resistenza o pro-
testa alcuna, se non di amarissimo pianto.

Sembra che in quel frangente nessuno avesse pensato a
togliere almeno una parte di quelle ossa per serbarle alla città
natale. Nel 1668, affinchè Foligno avesse una Reliquia del Santo,
suo concittadino e Patrono, fu necessario che il Card. Antonio
Barberini, Vescovo di Reims e Pari di Francia, dietro le insi-
stenze del folignate Mons. Sebastiano Gentili, domandasse ai
Monaci di San Vincenzo di Metz una parte del corpo di S. Fe-
liciano, la quale oggi forma il sacro tesoro di cui si rallegra la
città di Foligno, alla quale Reliquia ne furono poi unite altre
venute da Minden di Germania, nel 1674, ed altre dalla vicina
RECENSIONI 125

Spoleto, nel 1703. Che peró queste di Minden e di Spoleto appar-

tengano al Santo Vescovo Fulginate, è molto incerto; e può ;

essere uno di quegli equivoci causati dall' omonimia, come è
accaduto altrove, per esempio, del nostro Sant’ Ercolano M.
Vescovo e Patrono di Perugia.

A queste indagini si aggiungono altre notizie sulla Catte-
drale e sulla Cripta del secolo XII, le quali compiono oppor-
tunamente la monografia, con la descrizione del luogo dove
giaeque il corpo del Santo per oltre sette secoli, dall' anno del
suo martirio 215, fino al 970, epoca della traslazione a Metz.

Il pio scrittore, esortando i suoi concittadini a mantenere
sempre viva la devozione verso il Santo Patrono che recò a
Foligno il dono della fede, fa a sè stesso ed a loro l’ augurio
col quale il poeta Prudenzio termina il suo inno a San Romano:

Vellem, sinister inter haedorum greges,

Ut sum futurus, eminus dinoscerer :

Atque, hoc precante, diceret Rex optimus:
« Romanus orat; transfer hue haedum mihi:
Sit dexter agnus; induatur vellere ».

Cioé a dire: « Se mi trovassi io fra il gregge dei capri,
come purtroppo mi toccherà, vorrei che il Re clementissimo
mi riconoscesse da lontano; e, per le preghiere di costui, dicesse :
* Romano mi supplica, recatemi qui il capretto; sia agnello alla
mia destra, e rivesta la pelle di pecora ,, ».

Mi perdoni l'illustre Autore, e sappia che, se ho osato cor-
reggere la traduzione fatta da lui, non da altra ragione sono
stato indotto, se non per dare un esempio di quanto ho detto
sopra, non essere cioè buon sistema il tradurre il latino verbo
ad verbum. Ma queste sono quisquilie che non offendono meno-
mamente il pregio del lavoro, il quale è (senza alcun dubbio)
grandissimo (1).

ETTORE RICCI

(1) Il chiarissimo Autore così traduce i giambi di Prudenzio: « Nel
giorno del giudizio vorrei essere; come sarò, a sinistra, fra i Peccatori,
e vorrei essere riconosciuto dal Re Ottimo, mentre egli dice agli Angeli
suoi: Portate a me questo Peecatore: Feliciano mi prega; ponetelo a

aprira ire 1.

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SCO So ra mE) CI EST = ACA TIA ener CLIENT : 2° rx % MU Es MA
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| 126 RECENSIONI
i | | GIOVANNI CECCHINI — La Galleria Nazionale delU Umbria —
ill Do in Perugia. — Roma, Libreria dello Stato, 1932, 255 pagg.,
MUT i 68 tavole.

È un elegante volume della Collezione « Le Guide dei Musei
Italiani » edito dal Ministero dell' Edueazione Nazionale. Dopo
le precedenti guide del Lupattelli e di U. Gnoli, 1’ Autore ha
saputo redigere un vero modello del genere, sia per chiarezza
di giudizio, sia per l'aecurata conoscenza bibliografico-critica,
della quale l' Autore non ha però tratto sempre vantaggio intero,
limitandosi a riferire nei casi di discussa attribuzione il parere di
alcuni soltanto dei critici, sia pure i maggiori. Ma le guide di
| questo tipo dovrebbero servire anche come opere di consulta-
I zione e questo non andava dimenticato. Dei varî dipinti sono
ll trascritte con lodevolissimo criterio le leggende segnatevi; ma
per la tavoletta N. 68, data dal Venturi al Cavallini o ad un
8uo seguace, ma piü giustamente dal Van Marle alla Scuola
Riminese, era bene leggere nel rovescio S. Maria di Mezza Ratta,
non Mezza Tatta; è precisamente la chiesa di Bologna, da cui
la tavoletta proviene e tale derivazione può confermare il giu-
dizio del Van Marle. La valutazione estetica dei dipinti è gene-
ralmente esatta e sinteticamente efficace: qualche rara volta
non è emessa, come nel caso della tavola N. 203, nella quale
Luca Signorelli lasciò scritto il suo nome, ma sulla cornice,
essendo il dipinto opera seadentissima di bottega. Il N. 220,

x

È prima collocato nella Sala XII", è stato da poco tempo trasfe-

destra fra gl’ Innocenti, vestitelo di ricca stola ». Non mi pare nè con-
veniente, nè giusto far dire a Prudenzio: Vorrei essere, come sarò, fra
i maledetti ete. Questo sarebbe un peccato gravissimo» contro lo Spirito
Santo! È vero che il pensiero viene modificato da ciò che segue; ma
non è meno sconveniente desiderare d’essere fra i dannati, tanto per (
il gusto d’ esserne poi tirato fuori per intercessione del Santo Patrono.
Il poeta dice ben diversamente: Se per mala ventura accadesse che io
mi trovassi ecc. ecc. Così deve tradursi il passo nel quale l'ottativo
vellem va unito al dinoscerer, non già alla proposizione ipotetica sinister
inter haedorum greges.
RECENSIONI | © 127

rito nella X* o di Fiorenzo di Lorenzo; tale trasferimento non
ci sembra felice, perchè quella « Pietà e Santi» conviene assai
meglio all’ arte giovanile di Pietro di Cristoforo, al quale giu-
stamente l’ assegnò il Venturi, che al mediocre Fiorenzo; si
tratta ad ogni modo di un dipinto robusto che rivela la mano
di un artista di primo ordine. Ci auguriamo di veder corrette
in una prossima edizione: queste ed altre poche leggerissime
mende, che nulla tolgono al valore di questo simpatico volume,
al quale aggiunge notevole valore un esatto indice iconografico,
che sarà certamente di grande giovamento a tutti i cultori di
questo ramo così interessante e non ancora abbastanza coltivato

della storia dell’ Arte,
G. CRISTOFANI

UMBERTO GNOLI. — Pittori e miniatori nell’ Umbria. — Clau-
dio Argentieri, Spoleto.

Facendo tesoro di accurate e fortunate sue esplorazioni
archivistiche, della sua perfetta conoscenza non solo dell’intera
bibliografia riguardante la vasta materia, ma delle pitture
umbre o di artisti che lavorarono nell’ Umbria, esistenti nelle
pubbliche e private collezioni d’ Europa e d' America, l' Autore
ci ha dato in uno splendido volume, edito con il gusto e la
ricchezza che l’ Argentieri adopera da tempo nelle sue edizioni,
quanto risulta da documenti, dalle opere ancora esistenti e
da quelle perdute di cui rimanga notizia, circa l’attività di
tutti i pittori e miniatori, umbri e non umbri, nella nostra
regione. L° opera, in forma di repertorio, è condotta con metodo
veramente esemplare; di ogni artista sono date le notizie certe
di archivio o derivanti da opere. sicure, il catalogo completo
dei dipinti, un succinto, ma preciso giudizio storico-estetico,
una bibliografia accuratamente compilata. L’ Autore ha modo
di correggere errori od inesattezze degli scrittori che in mono-
grafie o in opere generali hanno trattato della pittura umbra
e i risultati a cui giunge sono, a parer nostro, i più sicuri e
accettabili, sia nel campo di attribuzioni sino ad oggi malcerte
o controverse, sia nella determinazione cronologica di dipinti
cen + toe

E

128 RECENSIONI

peri quali fissare una data significa inquadrarli razionalmente
| nel periodo dell’ attività d'un artista. Le pagine che riguardano
| i maestri più importanti e rappresentativi della Scuola, costi-
tuiscono altrettante brevi, ma succose e complete monografie,
nelle quali sono affrontati e quasi sempre risolti i problemi più
| : ardui, qual’ è quello del periodo giovanile di Pietro Vannucci e
BOR di di Raffaello. Splendide tavole adornano il volume, scelte con
(IMM i ottimo criterio; dei pittori più noti si danno le opere meno
I conosciute e dei minori quelle che meglio li rappresentano.
I Un accurato indice topografico facilita ancora di più le ricerche
HU che la forma di repertorio del testo offre agevoli allo studioso.
I| In complesso si puó asserire che il volume dello Gnoli costi-
tuisce l' opera più vasta e definitiva che attualmente possediamo
| Sì in materia; nessuno che se ne occupi, potrà fare a meno di
consultarlo; se nuove fortunate esplorazioni di archivio o ulte-
riori rinvenimenti di dipinti potranno un giorno rendere non più
completo il volume, difficilmente si riuscirà a modificare i giudizi
iN Il: che l' Autore è giunto a maturare dopo lunghi anni di studio

i È XE intenso, metodico e amoroso. Avremmo desiderato che nel reper-
[TU torio figurassero anche i grandi maestri della Basilica di Assisi;
WI se si eccettua Simone Martini, non sono ricordati nè Cimabue,
nè i Romani, nè Giotto, nè Pietro Lorenzetti; eppure la loro
arte non rimase senza effetto nello sviluppo della Pittura Umbra.

G. CRISTOFANI

| » RUGGERO GUERRIERI. — Storia civile ed ecclesiastica del
(IMI du Comune di Gualdo Tadino. — Gubbio, Scuola Tipografica
hl Oderisi, 1933 - XT. :

i Il tributo che l’ Autore arreca alla storiografia comunale
ad lil dell’ Umbria, non è, com’ Egli asserisce nella prefazione, mode-
Il sto; trentatrè anni prima il Guerrieri aveva già pubblicato una
Storia di Gualdo Tadino, che, sebbene condotta con lodevole
cura, non può neppure paragonarsi a questa che ora vede la
luce, novamente elaborata dopo una più ampia e approfondita
preparazione bibliografico-archivistica, condotta con più largo
RECENSIONI

respiro, veramente ricostruttrice della vita d'uno dei minori,
ma non dei meno interessanti centri della regione. La posizione
geografica del quale spiega abbastanza il fiorire dell’ umbro-
romana Tadinum, posta sulla Flaminia, quasi al diverticulum
dell’ altra via, ora più importante della vecchia strada romana,
che valicando a Fossato la dorsale appenninica sbocca nella
valle del Giano. Importanza topografica, quindi strategica, che
sì rivela dai danni subiti nelle invasioni barbariche e dalla bat-
taglia in cui tramontò con Totila la fortuna dei Goti. La nuova
città che lentamente risorse, fu lungamente contesa tra il Comune
di Perugia e i Rettori del Ducato Spoletano, sempre per causa
della sua posizione, che le faceva dominare il passo più facile
e più frequentato tra l' Umbria e la Marca. Le vicende di Gualdo
sono ricostruite dal Guerrieri con artistica vivacità, rivissute
nell’animo dello storico e da lui fatte rivivere in quello del
lettore; esula dal suo volume ogni pesantezza d' erudizione,
mentre la minuta e coscienziosa preparazione dello scrittore è
attestata ad ogni pagina da citazioni bibliografiche ed archivi-
stiche copiosissime. Anche quando il documento è inserito nel
testo, egli riesce a rendere questo più attraente e vivace.
È tutta la vita del piccolo Comune, mai interamente libero,
vita non ricca di eventi, ma neppure scialba e monotona. Se i
confini montani verso settentrione sono mal definiti, sarà questa
la causa delle lunghe lotte non sempre giuridiche e incruente,
col vicino Comune di Fabriano, lotte protrattesi con alterna

vicenda per secoli. La montagna con la sua economia ristretta, -

ma alimentatrice di pochi e robusti abitatori, è sempre presente
nella storia di Gualdo; non possono formarsi nella piccola città
nè un’aristocrazia preponderante, nè un popolo grasso, avido
di dominio in proporzione dei suoi averi. Predomina un elemento
costituito da famiglie mediocri, ma che vogliono vivere una
loro vita e vi riescono. È qui che la storia religiosa non diremo
si accoppia a quella civile, ma la illumina e la permea. Benchè
il Guerrieri le abbia divise in due parti ben distinte, i richiami,
anzi i legami sono continui; all ombra dell’ abbaziale di S. Bene-
detto si forma il nucleo cittadino e chiese parrocchiali e mona-
stiche, oratorî e confraternite, nel centro e nel territorio, raccon-
tano con le loro le vicende dei Gualdesi nei tempi. Caratteristici

5.

129 -
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N

130 RECENSIONI

IR = effetti risultano dalle contrastanti egemonie di Perugia e di.
NATO Spoleto; Gualdo riesce ad avere una sua amministrazione
iN | TRA : giudiziaria, della quale rimangono per il '300 documenti che
| illuminano l'epoea d'una luce che ne rivela lo spirito, come
pochi altri. L'attività operosa degli abitanti si estende a campi.
Il ormai abbandonati da tempo: la coltivazione dello zafferano e
IN UR l’industria vetraria. Ma quest’ultima ci spiega quella ceramica,
{RIA D i ancora in fiore, nella quale sono adoperate materie comuni ad
III : . ambedue. Vere e proprie biografie ci presenta 1’ Autore dei citta-
i. . dini che si distinsero nelle lettere, nelle scienze e nelle arti,
molti di numero, se non di alto merito, se si eccettua quel
Castore Durante, la cui famiglia dette da sola una serie non
AI im breve di medici, di poeti e di giureconsulti, e quel Matteo di
l | Hr Pietro, che nella storia della pittura umbra unisce la fioritura
| | : pittoriea di Camerino a quella di Foligno, cioè delle città tra
HOTEL : le quali si trova quella che gli fu patria. Intorno a lui le ricer-
| | che archivistiche del Guerrieri ci forniscono una serie di docu-
menti che colmano largamente le troppe lacune intercedenti fra

le carte pubblicate da Adamo Rossi; non solo la vita del pittore,

ch’ era anche notaio, ne esce largamente lumeggiata, ma anche

quella dell’uomo, il quale ebbe a soffrire per le scelleratezze

P d'un suo figlio troppo immischiato nella torbida vita dei suoi
INII- tempi. L'autorità politica dei Pontefici non era infatti ancora
affermatasi sui primi del '500 tanto da impedire gli eccessi ai
quali si abbandonavano i partigiani delle vecchie fazioni; nella
vita dei liberi Comuni queste manifestazioni di odî feroci furono
purtroppo le ultime e le più persistenti; noi. non sappiamo
| giudicare male la politica dei Papi di quei tempi che, affermando
i il loro dominio, non sopraffecero nessuna libertà, chè ormai più : É
non ne esisteva, ma tentarono di sradicare i superstiti germi i
della mala pianta, prima cagione d’ogni male d’Italia, lo spirito
fazioso e la piccineria partigiana. Ad ogni modo fu quello un
passo necessario verso l’ unificaziene politica d'Italia. Ci duole
che l'egregio storico di Gualdo dimostri a tale riguardo l'at- $
Ea taccamento a pregiudizi per fortuna d’Italia ormai sorpassati
li e sepolti per sempre. Gualdo raggiunse infatti 1’ apogeo della
sua importanza storica quando il dominio temporale dei Pon-
tefici poteva dirsi ormai stabilito qui prima .che in altre città
RECENSIONI . i 131

umbre, ancora in parte soggette alla preponderanza dei vecchi
signorotti locali. Nel 1513 Leone X, certo per ragioni più
nepotistiche che d’interesse generale dello stato, istituiva in de.
Gualdo una Legazione autonoma investendone il Cardinale
Dal Monte. Le aspirazioni dei Medici al prossimo Ducato di
Urbino, col quale confinava quello di Gualdo, spiegano il perchè
di tale provvedimento, contrastato in tutti i modi e ad ogni
circostanza favorevole dai Legati di Perugia, i quali avevano
visto a malincuore diminuita così la loro giurisdizione. Tale
stato di cose durò fino al 1587 con la morte dell’ultimo Legato,
il francese Cardinale Rambouillet, dopo il quale anno la vita
della città, oramai scomparsa ogni ombra d’ autonomia, scorre
monotona e tranquilla, se si eccettuino le devastazioni prodotte
da spaventosi terremoti e dalle frequenti pestilenze. Ma l’inva-
sione francese desta anche qui un fermento nel quale non man-
cano i segni del non lontano risorgere della Patria. Gualdo vi
partecipa con l’ entusiasmo dei pochi che alla fine ha ragione
dell’ apatia e dell'indolenza dei più. Vivaci accenni alla figura
dei patrioti gualdesi 1° Autore sa trarre dai documenti del tempo
e ne mostra al vivo le alterne vicende di speranze e di delusioni,
coronate dal successo che parve anche allora a molti un sogno.
L'aumentata ricchezza, l' accrescersi della popolazione indicano
chiaramente, espresse come sono in dati statistici messi a con-
fronto, quanto l'unità politica abbia giovato anche a questo
angolo della nostra regione.

Poche città umbre possono vantarsi di possedere una Storia
quale il Guerrieri ha scritto della sua Gualdo: non lavoro di
compilazione erudita, ma viva visione di vicende secolari, rievo-

: cate con l'amore del figlio che ricerca amorosamente il passato
iù materno e sente nel profondo dell’anima che nessuna eco di
ORAE esse vi è, non dico spenta, ma ne pure illanguidita. Perchè
questa filiale passione non fa velo ad un intelletto nutrito di
studî severi e sempre alieno dallo scendere, anche per poco,
$ dall’ altezza che è dovere di ogni storico raggiungere e man-
tenere.

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G. CRISTOFANI
SA deii e iE. i it. e aie ante —
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7

132 RECENSIONI

SERGIO MocHI OwoRY. — Vescovi e Città (Sec. IV-VI). —
Nicola Zanichelli Editore, Bologna, 1933-XI.

Il periodo delle origini della costituzione cittadina, forma-
tasi lentamente nel tempo che corre dalla caduta dell’ impero
d’ occidente alla riforma di Giustiniano, mentre è di grandissimo
interesse nello studio dello svolgimento storico della civiltà
‘medioevale, è anche il più oscuro per la mancanza di fonti
dirette, abbracciando il corso di tre secoli, dal quarto al sesto
secolo, pieni di rivolgimenti politici e sociali, che culminano
con le invasioni barbariche degli Eruli, dei Visigoti, dei Vandali
e dei Goti.

Nel succedersi di tanti e così gravi avvenimenti la potestà
vescovile risplendette come faro in mezzo alle tenebre della
notte: ma di quella luce a noi non sono giunti che i riflessi:
così che non era stato fin qui possibile studiarne il fenomeno
nella sua struttura complessa, e trarne l’intiera figura del Ve-
scovo, come autorità cittadina, dal disfacimento dell’ impero
d’occidente fino ai primi tempi dell’età di mezzo; quando
Giustiniano nel riordinare l'impero fece del Vescovo «il centro
dell'intera amministrazione municipale- provinciale » (pag. XI).

Il chiarissimo autore si è proposto questo lavoro e vi si è
accinto con tale preparazione, che abbraccia quanto fino ad
oggi è venuto alla luce dai monumenti disseppelliti fra le per-
gamene, e dai ruderi cui la furia dei barbari non valse a distrug-
gere totalmente.

L'avere coordinati i fatti riguardanti ora l'uno ora l'altro

istituto vescovile, per ridurli ad un fenomeno complesso onde

ne risultasse un organismo generale, e non ristretto alle singole
persone, è questo, credo bene, il merito maggiore del distinto
giurista Mochi Onory, la cui opera di somma importanza viene
a colmare una lacuna nella storia del Diritto Italiano.

Non é compito proporzionato alle nostre forze mettere in
rilievo in questa breve recensione, i molteplici pregi del pode-

.roso volume (in quarto, XxXx-347), che abbiamo letto e gustato

con grande utilità, essendoci in varj punti apparsa, in ung
RECENSIONI 133

visione chiara e distinta, la materia che avevamo prima davanti
agli occhi confusa ed oscura.

Ci limitiamo quindi a dare un cenno del contenuto per
comodo dei lettori, e per invogliare quelli che si dedicano spe-
cialmente agli studj storico-giuridici dell'evo medio, in cui si
ritrovano i germi fecondi delle più sapienti istituzioni moderne.

Quando l’ organismo municipale romano, con la caduta del-
l'impero d'occidente, cominciò a dislegarsi, la costituzione eccle-
siastica trovò nelle leggi, fino allora vigenti, il substrato sul
quale inalzare il nuovo edificio. j

Il Vescovo veniva scelto, o nella stessa città, o in altre,
col suffragio del popolo: era quindi.il rappresentante della comu-
nità cristiana, e a lui erano rivolti gli sguardi della popolazione,
convertita quasi intieramente alla fede: né fa peró meraviglia,
se i Vescovi nelle città e il Clero nei centri minori divenissero
un poco alla volta vere autorità cittadine.

Sarebbe stato desiderabile stabilire, quando e come il popolo
acquistasse il diritto d'eleggere il Vescovo; giacchè questa con-
suetudine non risale certamente ai tempi Apostolici: ma, come
si è detto, non tutto può essere messo in chiaro, attesa la man-
canza dei documenti.

L’ autorità ordinaria frattanto proteggeva il Vescovo nella
sua amministrazione, mentre non poteva in alcun modo inge-
rirsi negli affari ecclesiastici, secondo il principio: quae sunt-
divina, imperatoriae potestati non esse subiecta (Migne, Patr. Lat.,
16, c. 1647, v. n. 13). Quindi bene osserva il ch.mo autore, che
l' autorità vescovile, senza confondersi con l’ ordinaria, collabora
con questa in tutte le azioni del governo cittadino.

Molto bene è messa in rilievo la crisi sociale ed economica
che sul finire dell’impero occidentale turbò profondamente la
vita delle città, cagionata dal disagio economico il quale scemò
il numero della popolazione, male questo che spesso suol prelu-
diare ai più funesti danni sociali. La pressione tributaria e le
sevizie del fiscalismo erano giunte a tal segno, da far dire a
Salviano: Romana respublica tributorum vinculis quasi praedorum
manibus strangulata (pag. 26). In tale frangente il Vescovo prende
le difese del popolo contro i pubblici funzionarj, e controlla e
denunzia l’ opera disordinata del fisco: meritandosi l' elogio spon- ES

cx. ew quem

NUTS

134 RECENSIONI

taneo-e sincero della popolazione di pater pauperum, pauperum
nutritor, egenorum alimonia, esurientibus esca, ecc. Altrettanto
severa era la sua condotta verso la classe dei possidenti.

Quando poi si dovette provvedere anche al riscatto dei
prigionieri, che i barbari facevano in gran numero, e che resti-
tuivano a carissimo prezzo; il Vescovo contribuiva con vistose
somme, e con frequenti lasciti testamentarj. Era naturale che
nella mancanza della protezione dello Stato che, già fiorente
della sapienza legislativa di Roma, si andava allora disfacendo,
il Vescovo, capo assoluto dell’organismo ecclesiastico, divenisse
il naturale protettore di tutti, specialmente di quelli che mag-
giormente risentono il danno della mancanza d'una protezione
statale. CR |

Anche l'ospitalità, istituita a favore dei poveri pellegrini
che fuggivano -all’ appressarsi dei barbari, fu opera esclusiva
dei Vescovi che ne fecero una legge severa, fondata sulla dot-
trinà evangelica. |

Una prova irrefragabile della grande potenza dei Vescovi

è il fatto, ch’essi intervenivano nell’ amministrazione della giu-
stizia non solo in materia civile, ma eziandio nelle cause crimi-
nali; per quanto l'autorità imperiale non avesse mai sanzionato
questa ingerenza: ma il decadere delle magistrature dava ad
essi il diritto di difendere la comunità cristiana affidata esclu-
‘sivamente alle loro cure.

Intanto i fatti ripetuti per consuetudine prendevano forma
di legge, ed il Vescovo per volontà del popolo acquistava 1’ au-
torità di controllare l’ amministrazione finanziaria locale, a van-
taggio dei cittadini, contro gli abusi del fiscalismo, ed invigilava
che i tributi fossero pagati nella giusta misura, facendo anche
appello al regime statale.

. Mancano, è vero, documenti per dimostrare in modo asso-
luto l’ autorità del Vescovo nelle assemblee cittadine; ma alcuni
fatti, che potremmo citare, avvenuti nei secoli seguenti ci forni-
scono la prova, che col tempo tale consuetudine era divenuta
quasi un diritto.

In tempo di guerra il Vescovo è l’anima della difesa e
quasi il condottiero del suo popolo, come accadde in Perugia,
quando Ercolano resistette all’ assedio di Totila, e per tale resi-
RECENSIONI 135

stenza fu condannato alla morte, come responsabile della ribel-
lione dei cittadini.

Con l'andare del tempo, affermatasi la potenza vescovile
sempre piü, fino a stabilirsi su solide basi, le due autorità
civile ed. ecclesiastica, anzichè venire in collisione fra loro
(qualche fatto sporadico non smentisce il fatto generale), si
eoadiuvarono a vicenda: come quando, ad esempio, Pelagio I
faceva rieorso alla cooperazione della potestà civile, esempio
seguito dai Vescovi nelle singole città, con l'istituzione dei
defensores ecclesiae, i quali, verso la fine del quinto secolo,
rappresentavano il Vescovo ed avevano da questo l'incarico di
vigilare sulla proprietà ecclesiastica, in special modo in tempo
di sede vacante, e di avere soprattutto cura dei poveri.

Non possiamo, se non con qualche riserva, seguire l' opinione
del ch.mo autore in ciò che riguarda l'opera di fortificazione
delle città nel periodo oscurissimo che segue la caduta dell’ im-
pero d’occidente. Citare, ad esempio, un castrum pontificis, fatto
costruire dal Vescovo di Novara, ed un altro castrum di Laino

nel Milanese, non basta a provare che alla fine del quinto secolo

i Vescovi si facessero autori delle opere pubbliche di difesa.
Nè si può in tutto ricostruire l’ organismo della società cittadina,
anche ne’ particolari: siamo però d’ accordo con il ch.mo autore,
che nel periodo che va dal IV al VI secolo, /’ istituto vescovile
si affermasse sempre più stabilmente, e diventasse praticamente ed
anche giuridicamente uno degli elementi integranti della costitu-
zione cittadina (pag. 233). Se poi il popolo chiamò il Vescovo
pater civitatis, pater urbis (pag. 285) ciò vuol dire che rico-
nosceva in lui il tutore più forte e più fedele dei suoi diritti,
spesso disconosciuti e conculcati dall’ autorità dello Stato. Così,
quando la riforma di Giustiniano I, ispirata al nuovo elemento
cristiano, venne a dare un nuovo assetto alle istituzioni impe-
riali, l'autorità vescovile divenne parte integrale dell’ ordina-
mento cittadino.

Il lavoro del Prof. Sergio Mochi Onory è ricco di vasta
erudizione, ed è elaborato con profonda cognizione del diritto,
da fornire un fondamento sicuro, quasi la pietra angolare, alle
opere che potranno in seguito continuare e svolgere il tema
della formazione storica dell’ autorità civile dei Vescovi, 136 RECENSIONI

Dobbiamo poi segnalare a coloro che non avessero cono-
scenza del valore dell'illustre Mochi Onory, il rigoroso ordine
scientifico onde è svolto il lavoro, e la serena obbiettività dei
| giudizj; pregi tutt'altro che comuni a simili trattazioni, nelle
quali molto di frequente apparisce 1’ incompetenza in materia
ecclesiastica e lo spirito di parte dello scrittore.

ETTORE RICCI
LUIGI FUMI

1849 - 1934

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|
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. Il Conte Comm. LUIGI FUMI

x

il 24 dello scorso febbraio, si è spento in Orvieto sua patria,
‘ destando il compianto unanime non solo dell’Italia, ma di
tutte le nazioni civili che riconobbero in lui uno de’ più
grandi storici vissuti ai dì nostri. Nato il 19 settembre 1849,
lavorò indefessamente oltre l’ottantesimo anno; poi si spense
la luce delle sue pupille, il suono delle voci umane non
giunse più alle sue orecchie, e la mente, chiusa nella soli-
tudine della contemplazione, pregustò senza dubbio la ricom-
pensa del giusto, nelle visioni soprannaturali della patria
celeste.

Non é possibile ritrarre qui in poche linee la fisonomia
dellinsigne scienziato; però diamo l’ elenco de’ suoi ben
158 scritti dal quale ognuno, anche chi non conobbe i molte-
plici lavori di lui, potrà formarsi un'idea della vastità del-
Pingegno e dell'importanza grandissima delle svariatissime
trattazioni.

Per apprezzarne degnamente il valore, innanzi tutto
bisogna ricordare ch’ Egli fu credente sincero, scienziato
profondo, storico coscienzioso fino allo scrupolo, gentiluomo
d’animo caritatevole e mite. È da considerare inoltre che
il campo del suo lavoro fu principalmente 1’ oscuro periodo
del medioevo, che l’ incredulità settaria ha tentato di scre-
ditare col disprezzo e con la calunnia, specialmente in

e m s curs Sen. VI
— Togli er

E

138 E. RICCI.

quest’ ultimo mezzo secolo, in cui l’Italia, e l'Umbria in
particolare, parvero, fino a pochi anni fa, il terreno più
adatto ad ospitare le tenebrose congreghe degli anticlericali,
mascherati da dottori e da patrioti. Il Fumi, contro l’andazzo
dei tempi nei quali agli scrittori che volevano essere apprez-
zati e favoriti di ricompense e d’ onori incombeva P obbligo
di ripetere le ingiurie volterriane contro Dio e la Chiesa; il
Fumi, dico, rivendicò alla Fede Cattolica le altissime glorie
del medioevo chiamato barbaro, mostrando invece con irre-
fragabili documenti quanta luce di sapienza civile e politica
spandesse il faro della Chiesa di Cristo; e come in ogni tempo
avesse compiuto opera di pacificazione fra gli stati d'Europa
che spontaneamente a lei si rivolgevano per ajuto.

«Né gli gravò viltà di cuor le ciglia» quando con la
Mostra Eucaristica nel Palazzo dei Papi in Orvieto, alla
quale presero parte più di ottanta Diocesi, volle illustrare
il prodigio di Bolsena che mosse il Pontefice Urbano IV ad
istituire la festa del Corpus Domini. L° esempio fu imitato a
Macerata, a Siena e a Perugia con le splendide mostre di
Arte Sacra antica: nè occorre parlare dei grandi vantaggi
che ne tornarono alla storia ed all’ arte. Giova bensì notare
che a’ quei tempi ci volle la dottrina e la fermezza del Fumi
(dirò anche la consapevolezza del proprio valore) per accin-
gersi ad opera riputata da molti inopportuna e perfino super-
stiziosa. La monumentale illustrazione del Duomo d’Orvieto,
i documenti inediti sull'opera pacificatrice di Pio II, sulle
sette dei Fraticelli e degli Eretici nel? Umbria, sulla predi-
cazione di Bernardino da Siena, sul Valentino, su Alessan-
dro VI, e sulla beata Vanna, poetiea figura di suora domeni-
cana, tutti questi lavori e molti altri, che non occorre citare,
tutti mirano al medesimo intento, cioè di rifare la storia, o
sconosciuta, o maliziosamente falsata, su cui tanta messe di
errori e di calunnie ha mietuto la credulità del popolo, tratto
in inganno dalle dottrine del razionalismo e positivismo
anticattolico del secolo passato.

MO O

^m
IL CONTE COMM. LUIGI FUMI 139

Non mancarono, è vero, amarezze al Nostro, special-
mente da parte di gente sfaccendata e dappoco; ma è pur
vero che non gli mancò nemmeno la stima dei dotti, anche
di quelli di pensare diverso, ai quali né il fanatismo politico,
nè il livore settario fecero velo a disconoscere la luce sfol-
gorante della verità. Così l’opera sua fu universalmente
apprezzata e richiesta dal Governo negli Archivi di Stato,
fino a quello di Milano, di primissimo ordine, dove chiuse
la sua luminosa carriera.

Orvieto va giustamente altera di un tanto cittadino, cui
è debitrice di gran parte della sua gloria recentemente ricon-
quistata: nè al Defunto manca la lode di figlio amoroso e
devoto il quale volle coronata Pl opera sua altamente patriot-
tica, lasciando per testamento al Comune Orvietano la pro-
pria libreria ricca di molti volumi, di preziosi manoscritti,
di cataloghi e d’ innumerevoli schede. Dopo la terra nativa,
oso dire che Perugia, più di ogni altra, deve reputarsi ad
onore d’avere accolto il Fumi giovanetto nel Collegio Piano
della Sapienza dove compì gli studj letterarj; e deve essere
2H grata a lui che fu ispiratore, fondatore e primo Presidente
della nostra Regia Deputazione di Storia Patria, come in
ogni tempo ne fu lo spirito animatore, accreditando con il
prezioso materiale delle sue ricerche il Bollettino della
medesima.

La Mostra d’ Arte Sacra Umbra, tenuta a Perugia nel 1907,
per il numero e per l’importanza dei cimelj, superò le pre-
cedenti, e fece conoscere all’Italia e all'estero, come la
nostra regione, anche nei secoli piü oscuri, avesse mantenuto
sempre vivo il sacro fuoco dell'arte che, partitasi da Roma,
aveva trovato sicuro albergo sulle nostre colline, dove il
dolce orizzonte e la pace della mistica terra sembrano più
adatti ai trepidi voli dell'anima meditante. Il successo di
questa Mostra deve in gran parte attribuirsi al Fumi il
quale, avendone dato prima esempio, con dolci istigazioni
ed illuminati consigli convinse gli animi del grande van-

^
A ——— c! Tea
j^ A , +
r SN iL

140 È E. RICCI

taggio che avrebbe arrecato a Perugia, e generalmente

[- . alP Umbria, il sottoporre agli sguardi e allo studio dei visi-

| tatori tante opere insigni le quali, nascoste sulle vette o tra
le forre dei monti, non erano conosciute se non da pochi, e
questi per la maggior parte incapaci di giudicare del loro
pregio : per la qual cosa veniva così a mancare il materiale
migliore onde poteva essere illustrata la storia artistica della
nostra regione.

La vita del Conte Luigi Fumi fu esempio di virtù cri-
Stiane e civili non disgiunte da operoso amore di patria.
L'ilibatezza dei costumi, la gentilezza dell' animo, l’affabi-
lità e la beneficienza materiale e spirituale prodigata gene-
rosamente, lo resero caro e venerato da tutti: tanto che si

può a lui appropriare ciò che Cicerone disse dell’ Africano:
« Quant! egli sia stato caro ai suoi concittadini, si potò giudicare
dalla mestizia dei funerali» (1).

Nel testamento lasciò scritto che voleva esser sepolto
nel campo comune dei poveri, senza pompe funebri, vestito (
delP umile sajo del Terz'Ordine Francescano. La pietà filiale
ha soddisfatto in parte al desiderio dell’ Estinto; ma come
impedire la manifestazione di gratitudine e di riverenza
d’un’intera cittadinanza e di tanti amici venuti a rendergli
l’ultimo tributo di affetto?

L’urna, coperta della bandiera del Sacro Militare Ordine
Gerosolimitano, recata a spalla, fra il salmeggiare sommesso
del Clero e delle Confraternite, giunse alla Cattedrale, mentre
il sole primaverile destava fulgori d’oro e di gemme sui
mosaici della meravigliosa facciata, ispiratrice all’ Estinto di
lirici canti, che acquistano pregio alle storiche trattazioni. i
Celebrata la Messa di Requiem con assistenza pontificale |
delP Ecce. Mons. Fratocchi, dopo le assoluzioni, cui la solen-

(1) CICERONE, Laelius sive de Amicitia, Cap. III: « Quam. autem |
civitati carus fuerit, moerore funeris Judicatum est»,
IL CONTE COMM. LUIGI FUMI 141

nità del rito e le classiche melodie del grande Don Lorenzo
Perosi accrebbero la mestizia che si leggeva dipinta su tutti
i volti, la salma deposta su nobile feretro, seguita da una

folla di popolo e da tutte le autorità, prese la via del cimi-

tero, e nell' uscire dalle mura vetuste fu salutata dalle elo-
quenti e commosse parole del Potestà di Orvieto, che mai,
credo, come allora potè dirsi interprete fedele dei sentimenti
delPintiera cittadinanza. ©

Il nome del Conte Luigi Fumi rimarrà argomento di
benedizioni e di pianto, e i più tardi nipoti, assai meglio
che non lo seppero i presenti, apprenderanno dalla storia
quanto agli abbia meritato della Fede di Cristo e della
grande patria Italiana.

La Regia Deputazione, mentre rinnova alla nobile Fami- -
glia Fumi sincerissime condoglianze, altéra di avere avuto
nel numero de’ suoi un socio di tanta dottrina e d’inteme-
rati costumi, fa voti, che Perugia, la quale può dirsi seconda
patria del caro Estinto, ne ricordi in qualche modo la gloria,
in segno di doverosa gratitudine per tanti benefici ricevuti
da lui.

ETTORE Ricci d. O.

BIBLIOGRAFIA DI LUIGI FUMI ©

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Un falso ritratto e una falsa iscrizione nel museo d' Op. del
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« Boll. stor. patr. umbra», vol. XXII, p. 203.

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vol. 1*, p. 464. :

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— La moda del vestire in Lucca dal sec, XIV al sec. XIX. - In i

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— Superstizioni, pregiudizi e magie in Lucca. - Lucca, tip. Giusti, 8°.

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A parte: Perugia, Un. tip. cooperativa, 8°.

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1910. — Nuove rivelazioni sulla congiura di Stefano Porcari (dal Carteg.
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Memorie civili di Montesperello estratte da un manoscritto di
Fabretti. - In nozze Manzoni- Ansidei. - Perugia, 1913.

Una continuazione orvietana della Cronaca di. Martin Polo. - In
« Arch. Muratoriano », fasc. 14, p. 98.

Inventari e registri del R. Arch. di Stato di Milano. - Orvieto e
Milano, 8°, 4 voll. (Contengono: Vol. 1°: Coll. Manaresi. I regi-
stri Viscontei; Vol. 2°: Coll. Vittani. Gli atti cancellereschi, ecc.;
Vol. 3°: Coll. Vittani. Carteggio estero; Vol. 4°: Coll. Ferrorelli.
Reg. dell’ Ufficio del governo degli statuti.

Atti del comune di Milano fino al 1216. - Milano, tip. Capriolo-
Massimino, 4°.

Chiesa e Stato nel dominio di Francesco Sforza. - Milano, Un.
tip. coop. S. Giuseppe, 8°.

Carteggio di Paolo Guinigi, Signore di Lucca. - Lucca, tip. Giu-
sti, 40. 3

G. B. Benigni, Barone Berlinghieri Bon e M. Berlinghieri.
Orvieto, Monografia illustrata. - Bergamo, Ist. Ital. Arti Graf., 8°, 253 ill.,

3. tav.

Divini amoris Repraesentatio apud Urbevetanam | Civitatem. - In « Vox

Urbis delitta et bonis artibus comm. », an. 4°, n. 11.

Eretici e ribelli nell’ Umbria. 1320-1330. - 2* ediz., Todi- Città di Castello,

tip. Atanor- De Vinci, 16°.

1931. — Guida di Orvieto. - In « Coll. Fantella », Orvieto, tip. Tosini, 16°.

(La prima edizione fu fatta in Perugia nel 1899).
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, Atti della R. Deputazione

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INDICE DEL TRENTUNESIMO VOLUME

Una circolare del Presidente dell’ Tutto Storico Italiano.

Memorie e Documenti.

Cronaca della Repubblica Francese in Perugia. (E. Ricci) .

L’ Altare di Mastro Rocco di Tommaso da Vicenza nella
Chiesa di S. Emiliano in Trevi. (Con documenti inediti
ed illustrazioni). (A. BONACA) Le

L'Architetto del Palazzo Ducale di Aogussraria (A. Pia
GETTI). PRI CNN AA

Ai cultori di storia ieuGdettina. (M. BocKSsRUTH).

Recensioni bibliografiche.

F. GuarpaBAssI, Storia di Perugia. (V. ANSIDEI).

M. Farocr PuLIGNANI, L’ Autobiografia e gli Scritti della
Beata Angela da Foligno pubblicati e annotati, da un Co-
dice Sublacense. (E. Ricci) .

Ip., A S. Feliciano protettore di Foligno. Ominggio dei dii
tadini nell’ ottavo Centenario della Cattedrale. 1133-1933.
(E. Riccr)

Ip., Fragmenta Fulginatis Historiae. (E. Fica)

Ip., Il Corpo e le Reliquie di S. Feliciano Martire Vescovo
di Foligno. (E. Ricci) . RSA :

G. CECCHINI, La Galleria Nazionale dell’ Vibra in Pala
(Gi CRISTOPANI) SES ry Caos PERINI,

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p INDICE DEL TRENTUNESIMO VOLUME

U. Gworr, Pittori e miniatori nell’ Umbria. (G. CRISTOFANI).

R. GUERRIERI, Storia civile ed ecclesiastica del Comune di
-Gualdo Tadino. (G. CRISTOFANI) . . .- :

‘S..MocHi Owonr, Vescovi e Città (Sec. IV- VI). (E. Rica) i

Necrologio.

Il Conte Comm. Luigi Fumi. (E. RIcci).
— Bibliografia. (R. Fum) :.

Indice del volume. . . SS RS EM E RE e

Pag. 127

» 128
»: 132

Pag. 137
» 141

Direttore responsabile Prof. Cav. LuIGI TARULLI BRUNAMONTI
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