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BOLLETTINO

DELLA REGIA DEPUTAZIONE

DI

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VOLUME XXXIII

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TIPOGRAFIA ECONOMICA
VIA XIV SETTEMBRE
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ANNO XXXIII

Fasc. I-II-III (n. 89-90-91)

BOLLETTINO

DELLA REGIA DEP UTAZIONE

DI

STORIA PATRIA

PER L' UMBRIA

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VoLUME XXXIII

PERUGIA

TIPOGRAFIA ECONOMICA

VIA XIV SETTEMBRE

1935 - XIII
CRONACA DELLA REPUBBLICA FRANCESE
IN. PERUGEX

(Continuazione e fine: vedi Volume XXXI, Fasc. I-II-III)

1799.
GENNAIO.

Martedì 1 detto: Circa le 9 della mattina giunse da Foligno
un Gen. di Brigata, diretto, per quanto s’ intese, a chieder
viveri per l' Armata Francese, di passaggio in quella Città.

Mercoledì 2 detto: Alle 11 della mattina marciò alla volta del
Dipartimento del Tevere la legione Romana acquartierata
in questa Città, sin dallo scorso Decembre dell’ Anno 1798.

Giovedi 3 detto: All'ora consueta, preceduto il segno datosi
mediante il suono della campana del Pubblico, tutti i Signori
Maestri e Prefetto si trasferirono alle scuole inferiori, dove
diedero principio alle lezioni analoghe alla Facoltà di cia-
scuno e furono li seguenti: Dr. D. Nicola Brucalassi, Mae-
stro di Rettorica; D. Filippo Antonini di lingua Toscana;
Ab. Serafino Siepi di Geografia e di Storia; Luigi Fittaioli
di Grammatica; Giuseppe Bellucci di Calligrafia; Mario
Belliconi di Abbaco; D. Vincenzo Costantini Prefetto.

Sabato 5 detto: Si osservò affissa la copia stampata del Pro-
clama del Direttorio di-Parigi, trasmesso al Governo, dove
facevasi nota la dichiarazione di guerra, intimata a nome
del popolo francese al Re di Napoli e al Re di Sardegna.

Martedì 8 detto: Venne tradotto nelle Carceri Dipartimentali

D. Giovanni Biancini, l'esito del quale si vedrà in appresso.
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2 E. RICCI

Mercoledì 9 detto: Dalla Toscana si ricevè la nuova che 9000
Francesi avevano occupato il porto di Livorno.

Giovedì 10 detto: Si ebbe oggi la notizia, che un distaccamento
di Armata francese e Romana era entrato in Orvieto, e
che in Roma eravi notabil penuria di tutti i viveri, ven-
dendosi le ova al prezzo di Bajocchi 16 la coppia.

Sabato 12 detto: In congiuntura del solito mercato si seppe
essersi trovati uccisi a Bettona nel proprio letto marito e
moglie.

Domenica 13 detto: Oggi partì da questa Città per il Diparti-
mento del Circeo il Gen. Polacco Greboski.

Lunedì 14 detto: Arrivarono due Commissarj dal Governo di
Roma in questa città, per le proviste de’ viveri per l’ Ar-
mata Francese. :

Martedi 15 detto: Cirea le 3 pomeridiane vennero in questa
città le reclute di Spoleto, vestite di uniforme nera a guisa
di sargia con mostre rosse (1).

Venerdì 18 detto: Per la Posta si ebbe notizia, che il Dottor
Franceschi di Narni, Prof. di Medicina, era entrato nel
posto di Ministro dell’ Interno, occupato dal cittadino Pace.

Sabato 19 detto: Circa le 7 della mattina venne dalla Fortezza,
mediante lo sparo dell’ Artiglieria, annunziata la Festa Ci-
viea per l'anniversario della caduta del Governo Monar-
chico in Parigi, e in tutta la Francia: e alle 11 tutti i corpi
legislativi e Militari si riunirono in Piazza de’ Córsi dove
il Commissario Breislach, recitò un’ analoga parlata, dopo
di che ebbe luogo un solenne Pranzo di parata nella sala
dell’ Amministrazione.

Domenica 20 detto: Alle 8 della mattina, a tamburo battente,
marciarono alla volta di Orvieto due battaglioni della Le-
gione Franc. e Rom.

Lunedì 21 detto: Vennero affissi in questo giorno due Proclami
del Consolato: l' uno riguardante l'avviso della resa di
Capua alle armi Repubblicane; l'altro, l'ordine a ciascun

(1) Venne pubblicato un estratto dei Registri del Consolato riguar-
dante il Cambio delle Cedole demonetate, composto di otto articoli.

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CRONACA DELLA REPUBBLICA FRANCESE IN PERUGIA 3

particolare di consegnare le Cedole ai pubblici Rappresen-
tanti (1).

Mercoledì 23 detto: Si osservò in questo giorno, affisso il Pro-
clama del Nuovo Ministro dell’ Interno Franceschi, «dove
8i permetteva ai soli Vescovi, e Parroci l'esercizio della
Predicazione.

Giovedì 24 detto: Alle 2 pomeridiane giunsero da Tolentino più
compagnie di Milizia Francese con vari cariaggi de’ depositi.

Domenica 27 detto: Circa le 2 di notte cessò di vivere nella
Casa della Congregazione de’ PP. dell’ Oratorio, dov’ era
stato traslocato, il dotto Sacerdote della Missione Sig. Ra-
nieri Giovannini di Firenze in età di anni 79.

Lunedì 28 detto: Si osservò la mattina di buon’ ora affisso il
Proclama del Ministro di Polizia di Roma, riguardante il
Sistema da tenersi in tutto lo Stato Romano in congiuntura
del Carnevale, come ancora la Relazione del Segretario
d’ Ambasciata diretta da Napoli ai Consoli, dove si detta-
gliava la presa di quei forti, gli Ostaggi fatti, e il Gen. Mack,
in poter de’ Francesi (2).

Ritrattazione del Pro-Vicegerente Boni.

« Dopo d’aver ricevuto dal S. Padre il Breve del 16 Gen-
naro, coll' ordine di fare ad ognuno nota la di lui decisione, ci
crediamo in preciso dovere di trasmettere alla nostra Sagrestia
una Copia del Breve, perchè sia a tutti manifesto; intendo
con la presente di rivocare ed annullare in tutto e per tutto,

(1) La Municipalità del Cantone Urbano di Perugia emanò ai Cit-
tadini un sentito Proclama per invitarli a festeggiare l’ anniversario della
morte del Re di Francia Luigi XVI, e con questa dimostrazione pale-
sare al mondo civile la gratitudine per i fautori della Libertà, contro
i tiranni. Angiolo Bossi, Segretario Generale del Dipartimento del Tra-
simeno, in questo giorno recitò un discorso esaltando il regicidio dell’ ul-
timo Re dei Francesi Luigi XVI, come atto di doverosa giustizia!

(2) 28 Gennaio: Vennero fusi i cannoni della fortezza, venduti dai
Francesi per più di 6000 piastre, e fattene da un certo Siepi per suo
conto monete. (Don Temistocle Lupattelli).
4 E. RICCI

«come infatti revochiamo ed annulliamo, la nostra seconda dichia-

razione fatta sul giuramento, in occasione che fu questo esatto
da Professori del Collegio Romano, giacchè in questa materia
dichiariamo la nostra ubbidienza e sommissione alla decisione
del S. Pontefice, a cui spetta decidere tali questioni; in fede
di che abbiamo sottoscritta la presente’ di nostro proprio carat-
tere. Questo dì 23 Febbraio 1799.

« Ottavio Boni Arciv. di Nazianzo, pro-vicégerente ».

Questa era in calce di due Brevi che sono stati esposti alla
vista di chi voleva leggerli nella Sagrestia del Vaticano.

Il Ministro dell'Interno ha voluto gli originali; sicchè in
Sagrestia ora esistono le Copie dei due Brevi alla vista del
Pubblico. |

Istruzione

che si trasmette da Mons. Vicegerente a quella parte del Clero
che verrà richiesta di prestare il giuramento per i funzionari
nell’ Art. 367 della Costituzione Rom.

« Interessando sommamente che il Clero di Roma abbia le
massime istesse rapporto al giuramento riportato nell’ Art. 367
della costituzione romana nei termini seguenti: « Giuro odio alla
Monarchia e Anarchia, fedeltà, ed attaccamento alla Repubblica e
alla costituzione », la di cui prestazione si vuole ora esigere da
alcuna parte del clero, ci crediamo in preciso dovere di avvertirvi
non essere lecito prestare puramente e semplicemente il giura-
mento sud.°. Ma siccome interessa moltissimo che la Repubblica
sia persuasa della rettitudine delle massime le quali ha il clero
romano relativamente all’ attuale Repubblicano Governo; con-
forme in tutto all' insegnamento della Cattolica Religione, quindi,
potrà con sicura coscienza ciascun di voi giurare fedeltà e sogge-
zione alla Repubblica che attualmente comanda; essendo stato
unanime insegnamento de’ SS. Padri e della Chiesa che sia dovuta
fedeltà e subordinazione a chi secondo la varietà de’ tempi ha
in mano le redini del Governo o sia a chi attualmente comanda.
Potrà inoltre ciascheduno di voi giurare che non prenderà parte
in qualsivoglia congiura, complotto o sedizione pel Ristabili-
CRONACA DELLA REPUBBLICA FRANCESE IN PERUGIA 5

mento della Monarchia e contro la Repubblica che comanda,
potrà anche senza difficoltà giurare odio alla Anarchia, essendo
questo uno Stato di:disordine. Finalmente potrà giurare fedeltà
ed attaccamento alla costituzione, salva per altro la Religione
Cattolica che professa cioè la Religione Cattolica Romana; quali
riserve non potranno ragionevolmente rigettarsi dalle autorità
che comandano, giacchè in tutto conformi all’ atto del popolo
Sovrano del 15 Febbraio dell’anno scaduto 1798: con cui il
popolo Romano riunito innanzi a Dio e al Mondo tutto con un
solo animo, ed una sola voce dichiarò di voler salva la Reli-
gione, la quale di presente venera ed osserva; cioè la Religione
Cattolica.

< Ecco pertanto la formula del giuramento che potrà ciascun
di voi con sicura coscienza prestare: « Io N. N. giuro che non
avrò parte in qualsivoglia congiura, complotto o sedizione pel
ristabilimento della Monarchia, e contro la Repubblica che attual-
mente comanda: odio alU Amarchia, fedeltà ed attaccamento alla
Repubblica, e alla Costituzione, salva per altro la Religione Catto-
lica Romana ».

< Questa formola qui sopra espressa si è giudicato doverla
proporre al clero ad oggetto che siano tutti unius labii et ser-
monum eorumdem, dopo aver noi con somma maturità, e previo
il sentimento, e consiglio di persone ragguardevoli tanto per le
dottrine Teologiche, quanto per la loro pietà, combinati i ter-
mini di essa al livello delle massime ed insegnamenti della
Cattolica Religione. Questo dì 2 Gennaro 1799.

< Ottavio Boni Arciv. di Nazianzo, pro-vicegerente ».

Biglietto
di Monsig. Boni pro-vicegerente mandato al Prefetto degli Studi
nel collegio Romano ed a quella parte del clero, che ricevette
la precedente istruzione, riguardante il giuramento civico.

< Essendomi giunto a notizia che molti credono, non potersi
prestare il Giuramento civico nei precisi termini della costitu-

‘zione Romana, unicamente a cagione della mia istruzione, la

quale intendono come un preciso comando del loro Vescovo,
6 E. RICCI

dichiaro che la definizione della questione dipende dai decreti
della S. Sede, la quale non ha ancora in forma solenne mani-
festato il suo sentimento. Dichiaro in primo luogo che non ho
inteso di comandare assolutamente e di prescrivere una formula
di giuramento da doversi unicamente tenere da ciascuno, di
aver voluto solamente procurare quella concordia che tanto è
conforme allo spirito della nostra S. Religione e che tutti siano
unius labii et sermonum eorumdem; che però quando ciascuno
sia pronto a conformarsi ai decreti della S. Sede in caso di
definizione. solenne, potrà intanto seguire la sua particolare
sentenza, senza notare e tacciare il sentimento degli altri, e per
usare la parola di S. Paolo: Unusquisque in suo sensu abundet.

« Boni pro-vicegerente ».

Venerabili Fratri Octavio Episc. Nazianzeno
Pius Papa Sextus

« Salutem et Apostolicam Benedictionem.
; «In mezzo alle cure e gravi tribolazioni, sotto il peso delle
quali saremmo ormai dovuti soccombere se la destra dell' Onni-
potente non ci sostenesse; al dolore d'una nuova infermità che
ci travaglia, non potea aggiungersene uno maggiore di quello
che ei hanno arrecato i di lei fogli dei 20, 28 corrente, coi quali
si annunzia che i Professori del Collegio Romano e della Sa-
pienza hanno già prestato puramente e semplicemente il giura-
mento prescritto della Costituzione Romana.

« Avevamo su tale oggetto manifestati i nostri sentimenti
a Monsig. Passeri vicegerente e dal primo foglio d'istruzione
da lei trasmesso al Clero Romano (del quale ci rimette copia)
scorgiamo, che. non gli erano ignoti; giacchè vediamo da Lei
proposta quella stessa formola di giuramento che da noi era
stata approvata. Non sappiamo dunque comprendere come ad
un tratto abbia potuto Lei cambiare di avviso, mentre tutti i
Professori erano dispostissimi ad ubbidire a costo di qualunque
perdita, come Lei ce ne assicura; ed abbia potuto dettare una
seconda istruzione, ossia dichiarazione, che non dichiara, ma
distrugge affatto la prima. Non potea essere ignoto a Lei, e

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CRONACA DELLA REPUBBLICA FRANCESE IN PERUGIA 7

molto meno ai Professori del Collegio Romano, con quanta
maturità di consiglio sia stato da noi più volte pronunziato
essere illecito il giuramento in questione, considerato nel suo
puro naturale significato. Giudizio che, ben lontano dall’ essere
a Noi prava insinuatione suggestum, per servirci delle parole
della decretale da Lei citata, è stato in voce da noi pronunziato ;
previe le più serie consultazioni di Dotti, ed esperti Teologi,
previo un maturo esame di una Congregazione de’ Cardinali,
per probità e dottrina specchiatissimi, e ripetuto di poi da noi
al Rettore di detto Collegio, allorchè nella scorsa estate ci fece
interrogare se dovevano gli Ecclesiastici prestarsi a tal giura-
mento nel caso che fossero richiesti. Non ci era dunque bisogno
di maggior solennità, perchè Lei e detti Professori esser doves-
sero intimamente convinti che il Giuramento nei termini nei
quali viene dalla Costituzione prescritto, è assolutamente illecito.
Nè possiamo Noi attenerci alle ragioni che Ella ci espone per
giustificare la sua seconda istruzione, perchè, sebbene le parole
dei Giuramenti si abbiano ad intendere secondo il senso di chi
li esige, qualunque verbale dichiarazione abbiano fatta i Pro-
fessori avanti il Magistrato destinato alla materiale esecuzione
d’una legge, può essere il competente interpetre della medesima
così l’ apparente annuenza del Magistrato alle verbali dichiara-
zioni dei Professori, non basta per dare alla parola del Giura-
mento una interpretazione diversa dal significato che quella
puramente e naturalmente pronunziata contengono. Hanno li
Professori stessi preveduto lo scandalo grave che arrecar dovea
il loro giuramento, e sorprendendo la di Lei buona fede, le
hanno insinuata la seconda istruzione che servir loro potesse
di seudo contro le accuse che avevano ragione di temere da
tutti i buoni. Il Biglietto del Prefetto degli Studj che protestasi
non essersi prestati i Professori al Giuramento se non relativa-
mente alla di Lei seconda istruzione e che diede una pubblica
giustificazione della condotta dei medesimi col Registro del
Biglietto stesso nella di Lei Segretarìa, la deve convincere di
questa verità; e Noi intanto siamo costretti con acerbissimo
dolore nell’animo nostro a vedere, che mentre da tante parti
del Mondo Cattolico, sono state accettate e rispettate le nostre
decisioni sull’ erroneità del Giuramento, ora in forza della se-
8 E. RICCI

conda sua istruzione e dell’ esempio dei Professori del Collegio
Romano e della Sapienza sembrerà che Roma, già Maestra della i
verità, siasi fatta Maestra dell’ errore. Non sia mai che il nostro |
silenzio serva ad autorizzarlo.

« Ci affrettiamo, per quanto le deboli nostre forze ce lo per- i
mettono, ad avvertirla di richiamare la seconda istruzione da |
Lei pubblicata e con la scorta del nostro Breve del 18 corrente |
di far palese quali siano i nostri sentimenti relativamente al
richiesto Giuramento, e per le viscere di Gesù Cristo nostro
Signore l'esortiamo a fare uso di tutta la sua pazienza e dot-
trina, e per confermare nel santo proposito quelli che a’ costo
di qualunque perdita e con universale edificazione hanno ricu-
sato di prestarlo, e per confortare i deboli, e per richiamare i |
traviati, ammonendoli non solo di riparare allo scandalo, ma . |
comandandogli, in virtù di Santa Ubbidienza, di astenersi dal |
pubblicare qualunque seritto che contrario sia ai nostri insegna- i
menti. : : |

« Qui novit Deum audit nos; qui non est ex Deo non audit
nos; in hoc cognovimus spiritum veritatis, et spiritum erroris. |

« Coneludiamo con le parole dell' Apostolo S. Giovanni. Con-
fidiamo nella Divina Misericordia, che non solo i Professori del
Collegio Romano e della Sapienza, ma gli Ecclesiastici tutti ||
con vero spirito di concordia, di mansuetudine e di carità sa- |
pranno unire la sincera fedeltà e subordinazione ai Magistrati
.che attualmente governano e che Lei saggiamente ha inculeato
nella sua prima istruzione, e che l'osservanza della Suprema
Legge della Coscienza e d'Iddio, e che i Magistrati stessi, cono- i
scendo la rettitudine delle nostre istruzioni troveranno irrepren-
sibile la di Lei condotta nell’ uniformarvisi: Nihil habentes dicere
malum de nobis.

« Le preghiamo infine dal Signore Iddio lume e conforto
onde sostener possa con Apostolica fermezza l’incarico che le
abbiamo addossato, e diamo a Lei di cuore e a tutto codesto
amatissimo popolo l’ Apostolica nostra Benedizione.

« Datum Florentiae in Cenobio Chartusianorum.

« 30 januarii 1799.

« Pontif. nostri Anno 24
« Pius Papa Sextus »,
ra

CRONACA DELLA REPUBBLICA FRANCESE IN PERUGIA 9

FEBBRAIO.

Venerdì 1 detto: Venne a suono di Tromba pubblicato ed affisso
il Proclama della Municipalità Urbana, dove era espresso
l'invito a tutti gli abitanti commodi di questa Città d'illu-
minare le finestre delle proprie case, la sera del di 4, per
l’ anniversario dell’ innalzamento dello Stemma Repubbli-
cano in Piazza dei Corsi e Grimana.

Sabato 2 detto: Venne affissa e trasmessa ai Parroci della
Città e Diocesi la notificazione di Monsignor Vescovo, cui
era annesso l’ Indulto delle carni, concesso dal Santo Padre,
per l’imminente Quaresima.

Lunedì 4 detto: Ricorrendo in questo giorno l’ anniversario del
cangiamento di Governo in questa città, se ne diedero dei
segni più manifesti nel primo claustro del Monastero di
S. Pietro, dove alle ore 3 pomeridiane vennero eseguite
varie scariche di Moschetto, recitate alcune brevi allocu-

zioni, e dotate dodici delle più povere zitelle; e la sera si:

osservò la Città illuminata.

Mercoledì 6 detto: Giorno delle Ceneri. Dalle autorità diparti-
mentali si spedirono in varie case religiose più deputati con
i rispettivi Fabricieri, per dimettersi alcune campane desti-
nate per uso della Zecca.

Venerdì 8 detto: Si seppe da Roma esser morto in quella città
il 1° corrente l’ eminentissimo Cardinale Carlo Rezzonico
già Camerlengo, in età di 72 anni.

Sabato 9 detto: La mattina di buon’ora partirono alla volta
di Foligno per portarsi a Roma i Commissarj Breislac e
Colizzi, i quali alle 5 pomeridiane si videro far ritorno in
questa città, dando la nuova che le porte di Foligno rima-
nevano chiuse per ordine di quel Comandante Francese a
motivo degl’ Insorgenti.

Mercoledì 13 detto: Circa le ore 8 della mattina arrivò un di-
staccamento di cavalleria francese proveniente da Ascoli.

Giovedì 14 detto: Alle 2 pomeridiane con l’ intervento dei Com-
missarj, delle autorità pubbliche, funzionarj e milizia seden-
taria di linea venne al suono della Banda innalzato Yl Al-
E. RICCI |

bero della. Libertà, vicino alla Porta Sant’ Antonio dove
ebbero luogo in tal congiuntura varie brevi allocuzioni e dove
sì dispensò a ciascun povero la sovvenzione di baiocchi 3.

Sabato 16 detto: Circa le ore 9 della mattina venne tradotto
nelle Carceri Dipartimentali il Signor D. Giacomo Bolletta
di San Martino in Campo, parroco della Rabatta, Y esito
del quale si vedrà in appresso. :

Domeniea 17 detto: In questo giorno parti l'ex Conte Giulio
Cesarei per Roma, e Federico Taccini per Siena. Stante il
divieto dei quaresimali ai semplici sacerdoti, sì secolari che
regolari, espresso nel Proclama del 23 dello scorso mese,
Monsignor Vescovo, sebben gracile di salute, di petto de-
bole, e languida voce, imprese di sera nella sua Cattedrale
ad erudire con brevità e zelo il suo Gregge con l’ Evange-
liche verità.

Lunedì 13 detto: Essendo sin dallo scorso mese passato in pro-
prietà del signor Mariano Guardabassi il soppresso Convento,
Chiesa e clausura dei Capuccini di Monte Malbe, si trasferì
con respettivo notaro a prenderne il formale possesso.

Martedì 19 detto: Dall’ Amministrazione Dipartimentale venne
trasmessa una lettera del Ministro dell'Interno a tutti i
Parroci della città, rimanendo in essa avvisati d’invigilare
sulla condotta dei Preti e Claustrali del rispettivo distretto,
e se andassero spargendo delle massime contrarie al pre-
sente sistemato Governo. ;

Mercoledì 20 detto: La mattina di buon'ora si osservò affisso

il proclama del suddetto Ministro dell’ Interno Franceschi,

dove proibivasi ai Regolari di mandar lettere scambievoli

per l’ elezione dei Provinciali e Generali e ai Vescovi di

far affiggere editti, se non che nell'interno delle Chiese o

promulgati dalla sola voce del Parroco.

Venerdì 22 detto: Per la Posta venne trasmessa in stampa una
Mozione da Roma del Signor Domenico Torelli, riguardante
un nuovo piano diretto a rimuovere le avarie ai possidenti
dello Stato Romano.

Sabato 23 detto: Si osservarono affissi due proclami: l' uno del

Consolato, l’altro del Generale della Legione Romana Gra-

boski; nel primo si avvisavano i possidenti ad esporre tutti
CRONACA DELLA REPUBBLICA FRANCESE IN PERUGIA li

gli aggravi ricevuti nel passaggio delle Armate, onde essere
quanto prima compensati di tutto. Nel secondo si addita-
vano le regole da praticarsi dai soldati delle finanze verso
dei. viandanti.

Martedì 26 detto: Dalle lettere di Toscana si ricevette la nuova
che in quella Capitale e in altre parti della Toscana si anda-
vano facendo dei preparativi di guerra difensiva per respin-
gere le Falangi ostili, temendone prossima l’invasione (1).

MARZO.

Venerdì 1 detto: Per la Posta si ebbe distinto ragguaglio delle
ostilità seguite il dì 25 tra gli abitanti di Stroncone e i
Repubblicani nell’ atto che da questi si tentò con violenze
l'ingresso nel suddetto paese.

Sabato 2 detto: Per ordine del Com.te Francese alle ore 8 della

. mattina marciò una compagnia di Fucilieri alla volta di
Assisi, a tenore del rapporto fattosi il. siorno antecedente
| di una sollevazione di Popolo in quella Comune.

Lunedì 4 detto: Per la posta si riseppe esser tornata in potere
dei Repubblicani la Città e Porto di Civitavecchia, occu-
pato dagl’ Insorgenti sin dallo scorso Febbraio.

Martedì 5 detto: Da Firenze venne trasmessa la copia del Pro-
clama del Gen. di Divisione Gutthier, diretto ai Popoli
Toscani dove si esortavano a deporre ogni ostile prepara-
tivo, mentre l' Armata Francese veniva per difendere lo
Stato e il Sovrano dai nemici interni.

Circa le 10 della mattina morì in età di anni 69
lex Marchese Girolamo Antinori della parrocchia di S. For-
tunato. .

| dst

(1) 28 Febbraio: Per ordine di Roma furono soppressi S. M. Nuova
dei Servi; San Pietro dei Monaci Neri; la Badia Celestina dei Cister-
ciensi; Monte Corona; S. Agnese, monache francescane, ove furono
pochi giorni innanzi trasferite le monache di S. Antonio; lo Spe-
randio, monache benedettine; S: Tommaso, monache domenicane,

(G. B. Marini),
12 f£. RICCI

Mercoledì 6 detto: La mattina di buon'ora si osservò affisso
un manifesto del Consolato dove erano espressi i nomi di
quei Tribuni in numero di 12, rimossi a sorte dal loro im-
piego per dar luogo ad altri.

Nell’ Oratorio dei Nobili di Sant’ Agostino si celebró un
decente Funere per l'anima dell'estinto Marchese Antinori,
e fu riposto il cadavere nella sepoltura della famiglia.

Venerdi 8 detto: Cirea le 9 della mattina nelle solite cammere
del Governo si tenne il Giuri dal quale risultó la condanna
dell’ esilio da tutto lo Stato Romano per il Diacono don Mi-
chele Ubaldi di Bettona, da qualche tempo detenuto nelle
nostre Carceri.

Per la Posta si ebbe notizia che gli abitanti di Or-
vieto eransi opposti alle solite pretensioni dei Repubbli-
cani, i quali non essendo in numero sufficiente per vin-
cerne le resistenze erano partiti per provvedersi di altri
rinforzi. |

Sabato 9 detto: Alle 10 della mattina venne affisso il Proclama
del Ministro dell’ Interno dove si proibiva ai Ministri del

. culto, di non costringer veruno agli atti di Religione e in
conseguenza ai Parroci di dare il solito Bollettino in tempo
di Pasqua.

Domenica 10 detto: Proclama del Consolato dove rendevasi
noto l' arresto fatto nella persona del cittadino Bassal e di
altri amministratori in Roma, dove si costringevano a dare
un esatto conto delle loro Agenzie.

Martedì 12 detto: Per la Posta si riseppe la partenza delle
LL. AA. RR. il Gran Duca e Gran Duchessa di Toscana,
con tutta la corte, dalla Capitale, seguita il dì 6 e il dì 7:
e l’ingresso di 3000 Francesi comandati dal Gen. Gutthier,
senza alcun ostacolo.

Mercoledì 13 detto: Circa le 9 della mattina marciò a tamburo
battente uno squadrone d’ Armata Francese alla volta di
Città di Castello.

Giovedi 14 detto: La mattina di buon’ ora si trovarono affissi
varj Manifesti dove si enumeravano i complici d' insorgenze
e le proporzionate condanne, risultate dalle Commissioni

Militari nei Consigli di guerra,
CRONACA DELLA REPUBBLICA FRANCESE IN PERUGIA 18

Venerdi 15 detto: Per la Posta si ebbe notizia che il signor
De Rossi era entrato ad occupar la carica di Ministro dell’ In-
terno, occupata già dal signor dottore Franceschi di Narni.

Sabato 16 detto: Vennero in questo giorno affissi due proclami
del Consolato. Nel primo si rammentava con premura alle
Autorità Pubbliche delle rispettive Communi e Capi Luoghi
di procedere rigorosamente contro de’ ladri e di non far
carcerare veruno per debito, qualora vi fosse la strada di
ipotecarli i Beni stabili o mobili a misura del debito. Nel
secondo si invitavano tutti i creditori della Repubblica Ro-
mana di portare in termine di 15 giorni i respettivi Docu-
menti per ricevere il pagamento.

Lunedì 18 detto: Per la Posta si ebbe notizia che gli orvietani
si erano composti coi Francesi promettendo di addottare i
sistemi del Nuovo Governo col patto di rimaner esenti dalle
armate estere.

Martedì 19 detto: In quest’ ordinario si riseppe che le LL. AA.
RR. il Gran Duca di Toscana, Consorte, Figli e numeroso
seguito giunto di passaggio a Bologna, avevano ricevuti
degli insulti alle Carrozze da quel popolo riscaldato.

Giovedì 21 detto: Stante il divieto delle Processioni, emanato
sin dallo scorso anno, venne privatamente nelle ore not-
turne, con l'intervento di alcuni Sacerdoti, trasportato
dall’ Oratorio dell’ Annunziata il Simulacro del S.m° Salva-
tore nella Cattedrale. È

Venerdì 22 detto: Oggi la Guardia Nazionale sedentaria,. resi-
dente in casa degli eredi Vincenti in faccia alle camere della
Computisteria municipale, passò ad occupare la sala del sop-
presso Collegio della Mercanzia, eretto in quartiere militare.

Sabato 23 detto: Vennero condotti in arresto li Parroci don Ga-
spare Babbucci di Santa Petronilla, don Carlo Giamboni di
Piscille, come ancora don Carlo Campalastri Mansionario
del Duomo, l'esito dei quali si vedrà in appresso.

Domenica 24 detto: Pasqua. Circa le 10 della mattina furono
per ordine dell’ Amministrazione sigillate dal Questore Mat-
teo Tassi tutte le casse della Tesoreria e quelle dei Monti.

Lunedì 25 detto: La mattina di buon’ora si osservò affisso il
Proclama del Consolato, dove si rendeva manifesta la abo-
LS è
SATTA TANTE

E. RICCI

lizione degli Assegnati in termine di due mesi, eccettuati
quelli di Bajocchi 15 da servire per compra di beni e case
nazionali, di Biglietti per lotteria, per adempimento di
debiti e contribuzioni.

Martedì 26 detto: Altro Proclama dell’ Amministrazione dove
rimanevano espressi i nuovi regolamenti per l’ Università da
trasferirsi nel soppresso Collegio dei Bernabiti, come ancora
l'Orto Bottanico (1), e sostituire in cambio la Biblioteca
Pubblica al vacante edifizio, che dalle rendite dei Collegi si
sarebbe costituita la dote perle macchine, Custodi, e annuo
stipendio per i rispettivi Lettori, in numero di soli 21, da
eleggersi per concorso dal Cittadino Annibale Mariotti Pre-
fetto della suddetta.

Mercoledì 27 detto: Proclama del Gen. Gutthier comandante I? Ar-
mata Francese in Toscana dove esortava il Popolo Fiorentino
alla tranquillità, chè i Francesi erano comparsi in quello stato
florido, per proteggervi il Culto, le Proprietà e le Persone.

Giovedì 28 detto: Altro Proclama del Gen. in Capo dell’ Armata
d’Italia riguardante più avvisi al suddetto Popolo Toscano

. Sul regolamento da tenersi con l’ Armata Francese e sulla
docilità nel prestarsi ai bisogni della Repubblica.

Sabato 30 detto: Proclama del Consolato dove rimanevano
espressi varj Articoli riguardanti il libero commercio.

APRILE.

Lunedì 1 detto: Per la posta di Roma venne trasmessa la
nuova che i Francesi avevano varcato l’ Adige ed erano
tornati ad occupare Verona, diretta dal Commissario Ber-
toglio al Consolato; come ancora si ebbe notizia esser
rimasta libera dagl’ Insorgenti Civitavecchia.

(1) L' Orto Botanico, annesso all’ Università, era dietro il Palazzo
di Sopramuro, dove sono i Tribunali; e fu trasportato . nell’ Orto dei
Barnabiti nel terrapieno che oggi occupa il Mercato Coperto. Nel 1812,
avendo Pio VII ceduto all’ Università l'ex Convento degli Olivetani in
Via de’ Pasteni, fu cominciato il nuovo Giardino Botanico, con mag-
giore ampiezza e comodità di attrezzi, per cura di Domenico Bruschi,
Professor di Botanica.
CRONACA DELLA REPUBBLICA FRANCESE IN PERUGIA 15

Martedi 2 detto: Si ricevé la nuova da Firenze della partenza
del S. Padre da quella Capitale, seguita il 24 dello scorso
Marzo, e che il giorno 25 era stato nella Piazza Maggiore
di Firenze innalzato l' Albero della Libertà (1).

Mercoledì 3 detto: Proclama del Consolato dove intimavasi agli
Emigrati Possidenti della Repubblica Romana di restituirsi
in termine di un mese sotto pena della confisca de’ beni.
Verso la sera vennero per ordine del governatore traslatate
nel Monastero di S. Agnese le Monache di S. Antonio (2).

Giovedì 4 detto: Alle 9 della mattina arrivò un distaccamento
di 200 granatieri della vigesima compagnia proveniente da
Ancona.

Tm

Venerdi 5 detto: Circa le 11 della mattina, venne arrestato
Don Franeo Frenguelli Benefiziato e Sagrestano del Duomo.
L'esito si vedrà in appresso.
Sabato 6 detto: Proclama del Consolato ove comandava che
gli Assegnati di bajocchi 15 dovessero soltanto servire per
le contribuzioni.

(1) Pio VI, allontanato a forza da Roma il 20 Febbraio 1798, venne
trasportato a Siena nel Convento degli Agostiniani; ma poi si pensò di
confinarlo nell’ isola di Sardegna. Ma il progetto non potè essere effet-
tuato, a causa della sua vecchiaia e della malferma salute: fu quindi
condotto dopo tre mesi alla Certosa di Firenze; dove stette per dieci
mesi, fino all’invasione della città; e alla fine di Marzo, per Bologna,
Modena, Parma, Torino, fu condotto in Francia a Briangon, Grenoble
e Valence. In fine il Direttorio, con decreto del 22 Luglio 1799, gli asse-
gnava per dimora Dijon: ma le gravi condizioni di salute non permisero
di trasportarvelo; e, il 29 Agosto dello stesso anno, la morte pose ter-
mine ai suoi dolori.

(2) Il Monastero di S. Antonio di Padova (oggi fabbrica dei fiam-
miferi) stava attaccato a quello di S. Lucia. Essendo poche le monache
rimaste, il Governatore le fece unire eon quelle di S. Agnese. Ristabi-
lite le cose, tornarono poi al loro Monastero; ma nel 1816 il Vicario
Francesco Leonini le riunì definitivamente con quelle di S. Lucia, che
professavano la Regola di S. Agostino. Le Monache di S. Antonio di
Padova erano Francescane, ed erano tenute in considerazione dalla città,
perchè facevano lo stillato dei polli, col quale si curavario gli ammalati
di peste. Negli Annali sono spesso nominate, dal 1455 in poi, col nome
di Terziarie Francescane dette « le Suore di Foligno » (Fol. 114).
3

lox 0g

16 E. RICCI

Domenica 7 detto: Alle 7 della mattina, poco distante da cia-
scuna delle 4 principali Porte della Città, venne innalzato
l Albero della Libertà.

Martedì 9 detto: Proclama del Consolato dove permettevasi @
chiunque lo spaccio del sale nel tratto successivo.

Mercoledì 10 detto: Per ordine del Comandante della Piazza
rimase la sera illuminata tutta la Città per festeggiare il
cangiamento del governo nella Toscana.

Martedì 16 detto: Circa le 9 della mattina, 2 deputati con i
respettivi Fabbricieri si trasferirono per ordine dell’ Ammi-
nistrazione nel Monastero dei Padri Silvestrini dove, preve-
nutone il Superiore, fecero calare dal Campanile la Campana
grossa per uso della Zecca. Per la Posta vennero la sera
trasmesse le seguenti notizie : i

1) che S. Santità, col suo seguito, scortato da un Corpo
di Cavalleria Francese era giunto il giorno 2 corrente in
Parma tra le acclamazioni di quei devoti abitanti;

2) che nel Tirolo eransi già unite le due grosse Armate
cioè quella di Bernadotte e di Massena;

3) che i Francesi tanto in Firenze che in altre città

- della Toscana andavano imponendo delle contribuzioni per

il mantenimento dell’ Armata.

Mercoledì 17 detto: Per gli urgenti bisogni della Repubblica venne
fissata la gabella al Macinato e cresciuto di prezzo il sale.

Giovedì 18 detto: Circa. le 2 pomeridiane vennero eseguiti var]
spettacoli clamorosi alla Via della Conca, e poi fu innalzato
il solito albero.

‘ Venerdì 19 detto: Alle 9 della mattina venne arrestato il Cit-
tadino Salvatore Cardinalini Magazziniere ; l'esito del quale

si vedrà in appresso.
Sabato 20 detto: Proclama del Comandante della piazza Breis-
sand, dove proibiva le Feste Patriottiche a motivo degli

abusi che vi erano nati (1).

(1) Questo Proclama è una prova irrefragabile delle sconcezze, e
talvolta dei veri delitti che si commettevano dalla plebaglia, i quali
tuttavia vennero scusati, ricoperti, ovvero addirittura negati dai fautori

della Repubblica.
— —

CRONACA DELLA REPUBBLICA FRANCESE IN PERUGIA 17

Lunedì 22 detto: Proveniente da Milano giunse in casa Crispolti
alle ore 5 pomeridiane il Gen. di Brigata Cambrais.

Martedì 23 detto: Alle 6 della mattina cessò di vivere in età
di anni 67 l'ex Conte Antonio Boncambi.

Mercoledì 24 detto: Funere in S. Francesco per il suddetto
Conte Boncambi, e il cadavere fu riposto nel Sepolcro della
Famiglia.

Venerdì 26 detto: Alle 10 della mattina dal Cittadino Annibale
Mariotti Prefetto Consolare e degli Studi si recitò all’ Uni-
versità una molto erudita Prosa riguardante il metodo nel-
l'insegnarsi ai Giovani le Scienze (1).

(1) « Discorso del Cittadino - Annibale Mariotti - Direttore degli
Studj - nell’ Università degli Studj in Perugia - recitato il 7 Fiorile
anno VII Repubblicano - nella Sala - dell’ Amministrazione dipartimen-
tale - del Trasimeno - in occasione del solenne riaprimento - della
stessa Università - secondo la Riforma Provvisoria ordinata - dal Citta-
dino Franceschi Ministro dell’ Interno. - In Perugia Anno VII. - Presso
Carlo Baduel e Figli - Stampatori Nazionali ».

Ne diamo un breve cenno, tanto per far conoscere al lettore, che
non era la norma dei buoni studj che moveva l' Oratore, quanto i bol-
lenti spiriti repubblicani.

Dopo aver sciolto un inno alla Democrazia, dopo avere evocate le
ombre, da Cestio a Biordo Michelotti, di tutti i popolari Perugini esul-
tanti al vedere la patria loro in mano dei Repubblicani: e dopo aver
detto che tante vedove spose, tanti orfani figli, tanti onorevoli cittadini che
morirono trafitti dalle aste scellerate dell’ aristocratico Fortebracci, rasciugano
nelle ignote lor sedi (!) le loro lacrime; per maggiormente magnificare il
popolare governo mette in iscena Ippocrate il quale dice, il clima con-
tribuire all'amore che i popoli hanno per la libertà. Così gli Asiatici
si sottomisero al dominio dei Re, e i Greci furono sdegnosi di ogni
giogo ecc. ecc. E Roma e Grecia ebbero uomini grandi allora che godet-
tero della libertà. Ma, prima di queste, la Repubblica Etrusca (???) fu
a ragione chiamata 1’ Attica d'Italia, per la civiltà e per le arti. Poi
esalta i militari studj che non si opposero mai a quelli delle scienze.
E qui ecco Atene con i Sofocli, gli Eschini, gli Erodoti, i Fidii (sic),
i Parrasii, gli Zeusi e tanti altri che fiorirono quando la Grecia corse
pericolo di cadere sotto il dominio del Re Persiano .... dunque bisogna
essere valorosi soldati, non meno che valenti nelle scienze, e non vi-
vere. da molli e scandalosi egoisti .... In somma, tutto il discorso è una
diatriba contro il governo dei Re, contro 1’ Aristocrazia, e contro il
18

E. RICCI

Sabato 27 detto: Oggi si osservò affisso il Catalogo delle Facoltà
da dettarsi agli Scolari nell’ apertura della nuova Università.
Domenica 28 detto: Proveniente dal Dipartimento del Tronto
giunse di passaggio in questa Città il Gen. Casabianca di-

retto per Firenze.

Martedì 30 detto: Proclama del Consolato dove rimaneva s0-
speso il calo al valore delle Madonnine. Alle 3 pomeridiane
per ordine del Prefetto Consolare dell’ Amministrazione si
trasferirono dei Deputati nei Monasteri di S. Pietro, S. Tom-
maso, dello Sperandio e di S. Agnese a dargli la nuova
venuta da Roma, il giorno 29, della loro soppressione.

Papato, la potenza la più temuta, dopo quella cui tutto è possibile: e non
sulla norma dei buoni studj, come dice ingenuamente il nostro cronista.

In questa circostanza lo stesso Annibale Mariotti compose l’ inno
per la inaugurazione, stampato in fogli volanti. Siccome non si trova in
alcuna Raccolta, crediamo bene di riportarlo qui, non solo perchè opera
del distinto letterato perugino, ma anche perchè, letterariamente, non
è privo di poesia, sebbene abbondi delle solite frasi enfatiche, allora

di moda.

Della Senna ecco il Genio felice
L’ali al Tebro festoso distende,
E dell’ Arti alla bella Nutrice
Tutto rende — l’antico splendor.

Vola altero sull'orme del forte
Che col senno profondo e col brando
Tutte infrante ha le indegne ritorte,
Ridestando — l’estinto valor.

Già Bellona coll'ignea Quadriga,

Oltre il Po sta d'Ausonia alla sponda,
Mentre il sangue de' Prodi qui irriga
E feconda — d'ulivi il terren.

Se allo squillo dell' Unnica tromba
Fuggir meste le Muse Latine,
Or che il Gallico suono rimbomba,

Lauri al crine — hanno e flori nel sen.

Su, su liberi ingegni, svelate

Della madre ritrosa gli arcani,

Piü non son le alte imprese negate
Dai sovrani — nemici al saper.

(In Perugia presso Carlo Baduel e Figli Stamp. Naz.)

Or sovrana é ragione che luce
Dopo il fosco di torbida sera,

Come il sol che dall'orto ne adduce
Primavera — per chiaro sentier.

Tornerà del tiranno Pelléo

Lo spavento coll'Attico onore,
Flacco e Maro il Meonio, e l’ Eléo
Gran Cantore — tornar si vedrà.

Non avranno piü eterne memorie
Mecenati e Pollioni superbi ;.
Della Patria, de' Prodi alle glorie
Fia si serbi — la fulgida età.

Libertà! Libertà! questi sono

Frutti bei di tua mano pugnace,

Tal contento, o gran Diva, è tuo dono....
Ah! con pace — la serba ed amor.

Della Senna ecc. CRONACA DELLA REPUBBLICA FRANCESE IN PERUGIA

MAGGIO.

Mercoledì 1 detto: Proclama del Consolato riguardante la sop-
pressione dei Conventi in numero di 80, tanto dell’ uno che
dell’ altro sesso in tutta la Repubblica Romana.

Giovedì 2 detto: Proclama del Generale Cambrais dove richia-
mava le guarnigioni di Città di Castello, per unirsi con la
nostra e marciare tutte per Orbetello. i

Venerdì 3 detto: Verso la sera si riseppe essere stato sorpreso
da un fiero attacco di petto monsignor Odoardi Vescovo
di questa Città.

Sabato 4 detto: Di notte vennero traslatate le Monache dello
Sperandio, parte al Monastero di S. Caterina, parte a S. Mar-
gherita e porzione a S. Francesco delle Donne (1).

Domenica 5 detto: Parimente di notte furono traslatate le Mo-
nache di S. Agnese al Monastero di Monte Luce e quelle
di S. Tommaso al Monastero della Beata Colomba (2).

Martedì 7 detto: Alle 10 della mattina, presente uno degli Edili,
fu a suono di Tromba posta all’incanto ogni suppellettile
della Fraternita della Giustizia.

Per la Posta si ricevè la nuova delle insorgenze nate
nella Città di Arezzo dilatandosi ogni giorno in altri paesi
. della Toscana.

(1) Dopo questo tempo le Monache dello Sperandio, non tornarono
più al loro Convento, perchè nel 1805, fu in parte demolito, e venduto
per ridurlo ad abitazione di campagna.

Il Monastero di S. Francesco fu detto delle Donne (« de dominabus »)
perchè vi erano le Benedettine. Dopo la soppressione di Napoleone vi
tornarono insieme con le Bartolelle, che abitavano prima in Porta Ebur-
nea, in Via del Parione; ma nel 1815 furono soppresse le une e le altre,
per dar luogo ad un Conservatorio di Fanciulle, avendo Pio VII concesso
che le rendite dei soppressi monasteri si erogassero a tale scopo.

Il Monastero di S. Margherita fu dal Card. Agostino Rivarola, Visi-
tatore Apostolico, soppresso nel 1815 e ceduto ai Superiori dell’ Ospedale
per farvi un ‘Asilo per i Mentecatti; e le Monache furono riunite alle
Maddalene che abitavano in Porta S. Pietro, vicino alle Due Porte.

(2) Furono soppressi i Monasteri di S. Maria Nuova e Zocchetti,
ossia San Bernardo dei Cistercensi. (G. B. Marini). |
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20 E. RICCI

Mercoledì 8 detto: Da Rimini giunse al soppresso Monastero
dei Padri Cassinesi (1) l' Avanguardia dell’ Armata Polacca
al soldo della Repubblica Francese.

Giovedì 9 detto: Circa le 3 pomeridiane comparve con lo stre-
pito dei bellici stromenti la suddetta Classe composta di
scelta Gioventù ben montata in numero di 4000 combat-
tenti d' Infanteria, e 200 di Cavalleria colla respettiva Offi-
eialità e Generale.

Venerdi 10 detto: Proclama del Comandante della Piazza, Breis-
sand, dove insinuavasi agli abitanti di ritirarsi per tempo
la sera durante la dimora dei Polacchi. Circa le 9, vennero
da Ancona con i respettivi Officiali, numero 100 Fucilieri
Francesi (2).

Domenica 12 detto: Pentecoste. Circa le 9 della mattina dai
rispettivi quartieri si: trasferirono a tamburo battente coi
tricolorati stendardi tutte le compagnie militari Polacche
alle due Piazze dei Córsi e di Soprammuro dove, disposte
al momento in doppia fila tanto dal Duomo alla Fortezza,
che dalla Chiesa del Gesù a quella del Clero Urbano, sog-
giacquero alla rivista del loro Generale sempre accompa-
gnato dai primi Officiali dello Stato Maggiore in ricche
uniformi.

Lunedì 13 detto: Si è saputa da Roma la dimissione spontanea
del sig. De Rossi dalla sua carica di Ministro dell’ Interno.

Martedì 14 detto: Alle 3 pomeridiane si pose in marcia tutta
UL Armata Polacca diretta alla volta di Toscana.

Giovedì 16 detto: Alle 10 della mattina fu tenuto un Giurì per
d. Giacomo Bolletta Parroco della Rabatta dal quale ne
risultò una moderata sentenza. . i

Venerdì 17 detto: Sono state oggi calate e fatte in pezzi le
campane del Monastero di S. Pietro da servire per la Zecca
di Rame (3).

(1) Cioè a S. Pietro.
(2) Fu levata e rotta la campana grossa di San Pietro di libbre 4000
circa, e portata a San Francesco per colarla; e l’altra mezzana di San Do-
menico. (Don Temistocle Lupattelli).
(3) Vedi Srepi, Descrizione Topologica ecc., pagg. 609-610.
CRONACA DELLA REPUBBLICA FRANCESE IN PERUGIA el

Sabato 18 detto: Proclama del Comand. della Piazza Breissand
dove si rinnovava il divieto di.sparger notizie allarmanti,
sotto pene ad arbitrio.

Domenica 19 detto: Proclama del Consolato dove ingiungevasi
ai governanti delle respettive Communi di far eseguire in
termine di 10 giorni a ciascun Possidente il pagamento
delle Contribuzioni sotto pena: 1.° di esser dimessi dal Go-
verno; 2.° di soggiacere al mantenimento di vitto per due
officiali francesi; 3.° di sborsare Baiocchi 40 il giorno du-
rante la morosità de’ sud.' Possidenti.

Lunedì 20 detto: Venne oggi affisso il Manifesto della nuova
Accademia delle Belle: Arti nel Collegio soppresso della
Sapienza Vecchia (1) rimanendovi ultimato per tale effetto
un ben inteso Teatrino, incominciato fin da qualche .mese
sotto la direzione del Sig. Giuseppe Becci, in cui tre volte la
decade avrebbero principalmente agito i seguaci di Talia e
Melpomene; e dove li Sig.ri Dottor Fran.co Cecchetti e
Serafino Lanzoni, come Deputati si sarebbero messi con ogni
premura ad invigilare sul buon ordine delle recite, e sulla
limitata quantità di Biglietti da dispensarsi dal Signor An-
tonio Bedini al negozio Piazza.

Martedì 21 detto: Venne affisso un Proclama dell’ Amministra-
zione, diretto ai Soldati Nazionali del Dipartimento del
Trasimeno dove ingiungevasi la sollecita restituzione agli
Abitanti del Contado Cortonese delle respettive Robe e Be-
stiame derubati nell’ ultimo saccheggio.

Mercoledì 22 detto: Alle 9 della mattina marciò alla volta di
Roma il nuovo battaglione de’ sud. Soldati con la respet-
tiva Banda Militare. i

Giovedì 23 detto: Non ostante il rigoroso divieto delle Proces-
sioni emanato sin dallo scorso Anno venne in questo giorno
eseguita in Duomo la Processione del Corpus Domini com-
posta dal solo Clero e Capitolo.

Alla prima ora di notte si aprì il nuovo Teatro Nazio-
nale dove, previo un erudito Discorso preliminare del Dot-

(1) In Via della Cupa, detto poi Collegio Pio della Sapienza,
E. RICCI

tore. Annibale Mariotti, Prefetto Consolare e degli Studi,
venne rappresentata una Tragedia di Voltaire, intitolata
« Il Bruto » (1).

Venerdi 24 detto: In questo giorno comparvero da Ancona in
questa Città diversi Marinari Liguri, i quali, per quanto si
riseppe, avevano guidato da Malta sino al Cairo il Gen.
Buonaparte, essendosi perciò dal governo riguardati come
Officiali Maggiori. Si ebbe per la Posta la nuova che il
sig. Aleandri era stato eletto Console, in luogo del Dottore
Antonio Brizi.

(1) I repubblicani furono prodighi di- eccessive lodi verso Annibale

Mariotti, anche quando non se le meritava; ma premeva loro di tenersi

caro chi, contro la sua naturale inclinazione, e contro coscienza, s’ era
dato anima e corpo al governo democratico. Riferiamo il sunto di questo
discorso, che riscosse tanti elogi, ed anche oggi, da chi non lo ha letto,
si cita come esempio d’ eloquenza politica. Ma di vera eloquenza non
e’ è che lo spunto: « Bruto mi guardi? Che dir mi vorresti? », il resto son
luoghi comuni e sfoghi di bile partigiana.

L'Oratore si rivolge al busto del primo Console della Rep. Romana
Giunio Bruto, quasi egli fosse vivente; e poichè i suoi sentimenti sono
consoni con quelli del più antico odiator dei tiranni, gli parla con
quella confidenza che si usa con gli amici.

Dinanzi a Giunio Bruto devono tremare coloro che vollero ascen-
dere in alto per mezzo di delitti, e non già chi ha in petto un’anima
libera, amante della virtù e dell’ umanità.

Gli adunati, meglio degli antichi Spartani, meglio ancora del filo-
sofo Platone, che vollero sbanditi i Poeti e i teatrali esercizj: (i primi
a cagione del loro spirito rozzo e severo, il secondo per l'amara invi-
dia in lui nata dal plauso che vedea darsi ai Poeti piü che ai Filosofi),
vogliono unire, a somiglianza della colta Atene, il Buon Governo dei
popoli con la coltura della Scienza e delle Arti.

‘Dalle scene rappresentate in Teatro, Atene insegnò ai suoi popoli il
terrore ai malvagi, la pietà verso gl' infelici, il plauso alle opere virtuose.

Roma, occupata nelle continue guerre, non ebbe altro a cuore che
l esercizio delle Armi; e piuttosto che dilettarsi di spettacoli che richie-
devano silenzio ed attenzione, nutrì il desiderio soltanto per quelli che
dava il Circo e l' Arena, accompagnati dalle grida, dallo strepito, dalla .
fierezza del sangue.

La Repubblica Etrusca (???), d’indole più mite e più colta, vincendo
la Romana ferocia, riuscì a insinuare in Roma il diletto per le rappre-
sentazioni teatrali: e Roma sarebbe giunta ben presto al colmo della CRONACA DELLA REPUBBLICA FRANCESE IN PERUGIA

Sabato 25 detto: La mattina di buon'ora si trovò affissa la
serie dei nuovi Tribuni in Roma, tra i quali Mons. Bartoli
Vescovo di Aequapendente, e il Sienor Dottore Giacomo
Mezzanotte di questa città.

gentilezza, se dal Governo Repubblicano non fosse passata a servire
un Monarca.

Sotto il Monarea si formó l’ Aristocrazia, e questa, dividendo i
popoli in classi, diede l’ ostracismo a molti che, per l'origine, non rite-
neva degni di dediearsi allo studio ed al sapere.

Rieostituitasi dopo molti secoli la Repubblica Romana e tornati
gli uomini liberi, ecco riapparire la speranza che anche gl'ingegni ne
ritraessero soavissimi frutti.

Spenta la tirannide, spenti con essi i sospetti, le gelosie, le ambi-
zioni; le Poesie teatrali vennero ridestate dal lungo sonno ove le ave-
vano relegate i tiranni.

L’ Accademia Nazionale di Perugia di Belle Lettere ed Arti, dispersa -
dai tiranni, viene riorganizzata dai colti e vivaci spiriti della nascente
Repubblica; affinchè le Lettere e le Arti possano in essa spargere i fiori,
raccolti sui colli di Pindo. Quando la Drammatica Italiana Poesia non
si trovi sempre soddisfacente al genio degli uditori, la risorta Accade-
mia farà giustamente onore anche ai migliori drammi delle nazioni
estere, tradotti in lingua italiana.

Lo spazio ristretto del teatro, a somiglianza di Atene, non per-
metterà che si affolli d'immenso popolo, il quale, vagando e rumoreg-
giando, inquieti e disturbi gli spettatori e gli attori; come succedeva
nei clamorosi teatri dei tempi di Terenzio e di Orazio: e il modo tenuto
nell'ammettere gratuitamente i frequentatori sarà migliore di quello
usato in Atene, che richiamò i pungenti rimproveri di Demostene, di
far gravare i divertimenti sul pubblico erario. Alla rinnovata Accademia
non verrà negato ciò che la Natura e la Ragione richiedono dalle scene,
cioè l’intervento femminile. L’uso di affidare le parti femminili ad
uomini od a ragazzi faceva maltrattare molte parti belle ed importanti
dell’ opera specialmente negli episodj d'amore assai frequenti nel teatro
moderno. Le donne saranno dunque l’ornamento più bello di queste scene.

Se Cicerone assistesse alla nostra tragedia, egli che udì quella com-
posta sullo stesso argomento pel teatro romano dal celebre Tragico
Accio, vedrebbe con gran gioia la inflessibile costanza di Giunio Bruto,
stasera, meglio che allora, esposta dall’ emulatore glorioso della sua
eloquenza, : cioè l’ immortale Voltaire, e rappresentata da Attori di
impareggiabile valentia.

L’ oratore, nel dare con questo discorso un’ idea dell’ indole e del
sistema di questa nuova Accademia, sarà pienamente contento se gli
uditori gli faranno intendere di non sentirsi annoiati del suo preambolo,
24

E. RICCI

Domenica 26 detto: Proclama del Consolato riguardante un' altra

nuova imposizione ai Proprietari d'ogni sfera sopra i respet-
tivi Servi e Cavalli, e porta di Casa, come ancora il Dazio
del due per cento per una sol volta sopra i beni fide com-
missari prosciolti da pagarsi sollecitamente sotto la pena
di 1000 Piastre.

Lunedì 27 detto: Per la Posta si ebbe notizia di una generale sol-

levazione di Popolo in Viterbo e negli altri circonvicini Paesi.

che sin dal di 24 era giunto da Bologna in Siena, un Corpo
d'Armata Francese per sedare il tumulto di quella sollevata
Popolazione e di altre in piü Paesi Toscani.

Il

| | Martedì 28 detto: Parimenti in quest’ ordinario si ricevè la nuova
|
|

| | Mercoledì 29 detto: Si affissero due Proclami, uno del Consolato,

l'altro del Gen. Garnier. Nel primo si decretava di restituirsi
la dote e i frutti decorsi a chiunque Religiosa, che avesse
voluto abbandonare la Clausura (1). Nell'altro si rendevano
avvisati i Curati ed altri Ministri del Culto d'insinuare
ai Popoli la pace per non essere di pregiudizio anche alle
innocenti famielie.

Venerdi 31 detto: Per la Posta si ricevé la nuova da Roma

che il Direttorio di Parigi aveva per mezzo di un Corriere
straordinario inviato alla Repubblica Cisalpina un Decreto
d'imposizione ascendente alla somma di 15 mila Piastre per
non aver fatto argine alla Truppa Ottomana sbarcata in Sini-
gaglia, Pesaro e Rimini sin dal principio dello scorso Aprile.

GIUGNO.

Sabato 1 detto: Vennero in questo giorno affissi due Proclami,

l'uno del Consolato, l'altro del comandante della piazza
Breissand: Nel primo s'intimava ai forastieri, non domi-
ciliati, di presentarsi in termine di tre giorni alle respettive
autorità pubbliche: Nel secondo si assicurava questa Popo-
lazione che i Francesi non si sarebbero mai dimenticati

(1) La giustizia avrebbe richiesto, che a tutte le Religiose si resti-

7 3 tuisse la dote, che avevano avuto dalle loro famiglie; non soltanto a
quelle che avevano abbandonato la Clausura, le quali più facilmente
avrebbero trovato da vivere.
CRONACA DELLA REPUBBLICA FRANCESE IN PERUGIA 25

d'essere i costanti osservatori delle leggi veglianti, e lon-
tane dallo spirito di partito.

Lunedi 3 detto: In quest'Ordinario venne trasmessa la Copia
da Roma di un opuscolo del Signor Bolgenio Sacerdote
ex Gesuita, riguardante il Giuramento Civico, e la vendita
de’ Beni Ecclesiastici.

Martedì 4 detto: Dalle Lettere di Cortona si ebbe notizia che
sin dal dì 30 dello scorso Maggio gli Aretini in arme erano
entrati in quella Città avendo rovesciato e fatto in pezzi
l’ Albero Repubblicano.

Mercoledì 5 detto: Venne emanato il Proclama del Comandante

della Piazza dove intimavasi il sollecito ritorno in Città a
tutti quei Nobili e Possidenti trasferitisi da qualche mese
nelle respettive case rurali.

Giovedì 6 detto: Altro Proclama del medesimo Breissand dove

| $i animavano gli avviliti abitanti di questa Città a non
temere gl’ Insorgenti, a guardarsi dai Nemici interni, e à
non prestar fede alle voci vane della partenza dell’ Armata
Francese dai loro confini.

Sabato 8 detto: Ad istanza de’ Membri dell’ amministrazione
dipartimentale li Signori Conte Francesco Maria degli Oddi
di P. S. Susanna, e Cavaliere Giovanni Connestabili incomin-
ciarono in questo giorno a far la requisizione de’ grani
dalle Famiglie possidenti di ogni Ceto. ; ;

Domeniea 9 detto: Verso la sera si riseppe che una staffetta
comparsa da Città di Castello in Amministrazione aveva
dato parte, che gl'Insorgenti avevano occupato il Borgo di
San Sepolero.

Lunedi 10 detto: Per la posta si ebbe notizia di una Generale
Rivolta seguita in tutto il Dipartimento del Circeo.

Martedì 11 detto: In quest’ Ordinario si ricevè parimenti la
nuova che in Firenze erasi per accidente appiccato il fuoco
alla Polveriera non senza notabile detrimento.di più per-
sone e Case adiacenti. Che nel Casentino, dai Capi degl’ In-
sorgenti si andavano facendo delle Reclute forzate per for-
mare un ben completo Armamento.

Mercoledì 12 detto: Stante il previo avviso del Comandante

Breissand 600 de’ sottoscritti volontarj si riunirono nella
E. RICCI

Chiesa Parrocchiale de’ PP. di S. Domenico, dove alle ore 10
della mattina si tenne una Seduta riguardante il Regola-
mento da tenersi in caso, che gl Insorgenti si approssi-
massero al nostro Circondario.

Giovedì 13 detto: In congiuntura della ricorrente Festa di
S. Antonio da Padova nella Chiesa de' PP. Conventuali il
Cel. Soprano Sig. Ceccarelli di Città di Castello si distinse
nella maniera soave del suo cantare.

Venerdì 14 detto: La mattina di buon’ora si osservò sventolare
la Bandiera tricolore collocata in cima dell’ Antenna esi-
stente sopra il maschio della Fortezza (1).

Sabato 15 detto: Vennero tradotti nelle Carceri della Fortezza
li Signori della Croix, Sacerdote Francese, Cruciani e. Lu-
pattelli della Parrocchia Priorale di S. Costanzo. L’ esito
de’ quali si vedrà in appresso.

Domenica 16 detto: Circa le ore 10 della mattina il Battaglione
de’ volontarj si riunì in Parata in Piazza de’ Córsi dove dal
Comandante Breissand venne eseguita la generale Rivista,
cui successe una sua breve parlata, riguardante i doveri
del difensore della Patria.

Lunedì 17 detto: Venne pubblicato ed affisso il Proclama del
riferito Breissand dove si rendeva nota l’organizzazione della
Truppa de’ Volontarj.

Martedì ,18 detto: Provenienti da Ancona giunsero di guarni-
gione in questa fortezza numero 12 Artiglieri col respettivo
capo signor Luigi Palchetti. Circa le ore 2 pomeridiane, un
garzone di anni 13, che nel condurre alla fonte un risentito
polledro erasi avvinticchiata al braccio la corda, soggiacque
all'atroce tormento di esser dallo stesso di tutta carriera
strascinato e ridotto in. pezzi.

Mercoledì 19 detto: Circa le ore 9 della mattina venne improv-
visamente battuta la Generale, il che pose in qualche or-

(1) Il Cittadino Giovanni Minutelli scrisse da Firenze al Cittadino
Console Calisti per informarlo degli avvenimenti ‘dell’ Alta Italia, in
occasione degli scontri fra l' Armata degli Austro-Russi, che si spingeva
ad occupare le varie regioni d’Italia e a sconfiggere le Armate Francesi. CRONACA DELLA REPUBBLICA FRANCESE IN PERUGIA 27
gasmo tutti gli abitanti, tanto più nel veder correre affannati
coll’arme i Soldati Volontarj; ma in progresso si riseppe essersi
ciò fatto eseguire dal riferito Comandante per esperimentar
la prontezza de’ medesimi nella difesa della loro Patria.

Venerdì 21 detto: Per la Posta si ricevè la nuova dell’ ingresso

degl’ Insorgenti in Città di Castello, che in Foligno erano
stati puniti militarmente numero 8 Commissarj della Rife-
rita Truppa in Massa, i quali, certificati dell’evacuazione
de’ Francesi da quella Comune, vi si erano a forza intro-
dotti costringendo coll’ Armi alla mano le Autorità pubbliche
a far trovare 10000 Razioni in termine di 24 ore. Che a Jesi
dai Cisalpini era dato due ore di saccheggio per aver alcuni
di quei Nobili mandate delle provvisioni agl' Insorgenti.

Sabato 22 detto: Venne in questo giorno emanato il Proclama

del Generale in Capo dell’ Armata d’Italia dov’ era espressa
la dichiarazione d’ infamia per quelle Comuni, e Capi luoghi
che si fossero ribellati alla Repubblica; soggiacendo in pena
al diroccamento delle respettive mura Castellane, alle sop-
pressioni de’ Vescovati, delle Cattedrali e Conventi. -

Verso il tardi si ebbe notizia del Matrimonio seguito in
Duomo tra la Signora Teresa Eugenj e un Officiale di Stato
Maggiore dell’ Armata Ligure, presente il Signor Don Luigi
Antolini Parroco della Sposa e due Testimonj.

Domenica 23 detto: Alle ore 10 della mattina marciò alla volta

di Città di Castello uno Squadrone di Armata Francese per
respingere gl’ Insorgenti, i quali, per quanto fu risaputo, vi
avevano tolta tutta la provvista di grano, stabilita per la
nostra Città.

Lunedì 24 detto: Dalle lettere ‘di Roma si ebbe notizia essersi

in quella Capitale, stante la penuria di piombo, dissotter-
rate alcune casse dove rimanevano custodite le ceneri degli
estinti Cardinali; destinandole per uso della guerra (1).

(1) Fori bustive jura sancta sunto. Cosi leggevasi nelle tavole delle

leggi dei Romani. I diritti dei Morti sono sacri ed inviolabili anche
presso i barbari!

Venne pubblicato un proclama in nome della Repubblica Romana,

composto di 4 articoli, ne’ quali si obbligavano tutti i Proprietarj delle
928 E. RICCI

Martedì 25 detto: Circa le ore 4 pomeridiane fece ritorno da.
Città di Castello una porzione di Armata Francese e de’
volontarj; conducendo seco numero 6 Insorgenti fatti pri-
gionieri per quanto si riseppe alla Fratta.

Mercoledì 26 detto: Comparvero in questa città due Agenti
inviati da Roma dal signor Colonna per porre in vendita i
Beni stabili e mobili, appartenenti al soppresso Monastero
di S. Pietro.

Giovedì 27 detto: Alle ore 6 pomeridiane venne a suono di
tromba pubblicato l'ordine del comandante della Piazza di
jilluminarsi da ciascuno la respettiva Casa per ogni riguardo.

Venerdì 28 detto: Per la Posta si ebbe notizia dello sbarco di
300 Turchi, seguìto sin dal dì 12 in Sinigaglia, del Saccheggio
dato a varie Case di quegli Abitanti col ratto di 52 donne.

Sabato 29 detto: Circa le ore 10 della mattina seguì la seconda
volta la rivista generale de’ volontarj in Piazza de’ Corsi,
dove il Comandante Breissand ricordò loro la difesa della .
Patria senza curarsi delle ingiurie degli Avversari.

Domenica 30 detto: Alle ore 9 della mattina il riferito Breissand
marciò alla volta di Foligno, alla testa di 300 cacciatori.

LUGLIO.

Lunedì 1 detto: La mattina di buon’ ora si trovò affisso il Pro-
clama del Generale Mannier, dove per l’ultima volta si
accordava il perdono ai ribelli.

Martedì 2 detto: Per la Posta si riceve la nuova che gl’ Insorgenti
si erano sparsi per Città della Pieve, Piegaro e Tavernelle.

Mercoledì 3 detto: In questo giorno il Capo di Battaglione
Sagaut, giunto da qualche settimana da Ancona in Compa-
gnia di altri Officiali entrò a far le veci del Comandante
Breissand, partito da questa Città per dirigersi a Spoleto.

case a tenere sospeso a una finestra del primo piano, o alla porta, un
lampione acceso in tutta la notte. I Palazzi, i Monasteri, i Conventi ed
altri fabbricati di una grande estensione dovevano tenere un lampione,
o lume acceso, per ogni facciata che guarda la strada pubblica, e per
le case di piccola estensione un lume o lampione per ogni tre case.
CRONACA DELLA REPUBBLICA FRANCESE IN PERUGIA 29

Giovedì 4 detto: Circa le ore 9 della mattina comparvero alla
- Porta di Borgna due Commissarj, inviati dal Capo della
Truppa Aretina al Comandante della Piazza il quale appena
| avvisato si portó immediatamente all'udienza di questi, e
| verso la sera si riseppe, essersi al suddetto consegnato un
plico riguardante la Resa della Città e Cittadella alle Armi
Aretine, al quale intímo avea senza punto isgomentarsi
risposto loro di non conoscere quest’ Armata, nè il Presi-

dente, onde fossero venuti pure avanti.
Venerdì 5 detto: In quest’ Ordinario si ricevé la nuova che i
Francesi rientrati.in Sinigaglia vi avevano dato 8 ore di
saccheggio e fucilati parecchi Insorgenti e il simile era

seguito a Fabbriano.

Supplemento

compilato sui Proclami e sulle Cronache di Giov. Batt. Marini e di Temistocle Lupattelli.

4 Luglio: L' Amministrazione Dipartimentale del Trasimeno pubblicò
il regolamento e le necessarie modalità sul monopolio governativo
del grano, affine di regolare e proteggere nella popolazione le sus-
sistenze necessarie.

Dal Comahdante Generale delle truppe francesi, stazionate sul
Territorio della Rep. Romana, venne proclamata una Legge, riguar-
dante gli Appaltatori delle forniture militari, i quali dovevano
esser pagati con beni nazionali; composta di 12 articoli e firmata
dal Presidente del Consolato Aleandri, dal Segretario Bernard e
dal Ministro della Giustizia Piamonti.

5 detto: Nel dipartimento del Trasimeno venne affissa una notificazione

per portare a conoscenza del pubblico le affittanze di alcuni predj

di proprietà della Sapienza Vecchia, della Sapienza Bartolina e del

Seminario, con tutti i patti e condizioni riguardanti l’ asta pubblica

e l’ Istromento da stipularsi.

| Il Ministro della Giustizia Piamonti comunicó ai cittadini *
romani il trionfo delle armi del generale Macdonald in Lombardia,

del generale Massena ai confini d'Italia, del Monnier nella Marea

di Ancona, tutti contro gli Austro-Russi coalizzati contro la Repub-

blica; nonché la sconfitta degl’ Insorgenti in altre regioni d' Italia,

come in Toscana, nell' Umbria e nella Campania.
30 €. RICCI

6 detto: Il Ministro della Giustizia e Polizia approvò la nomina del
cittadino Antonio Ceccotti a Commissario di Polizia al posto di
Laudati. Il eittadino Laudati venne a sua volta creato Ammini-
stratore Dipartimentale.

7 detto: Entrarono gli Aretini in Firenze.

8 detto: Il Generale Breissand ordinò a. tutti i proprietarj di case di
eseguire subito i lavori di restauro secondo il prescritto dalla Muni-
cipalità Urbana.

14 detto: In questo giorno giunse in Valenza il Sommo Pontefice Pio VI
e fu posto nel palazzo della Cittadella.

Si seppe essersi inoltrata fin dal dì 9 una parte di armata
napoletana dello Stato romano dalla parte di Velletri, e che gl’ In-
sorgenti in buon numero si erano acquartierati alla Villa del Colle
del Cardinale: e ciò per rapporto di un colono del Conte Oddi.

Furono trovati sparsi due proclami: uno del popolo di Arezzo
ai Perugini, e l’altro di Schneider, comandante dell’ Armata austro-
aretina.

16 detto: Il comandante, saputo esservi alla Magione gl’ Insorgenti che
s'inoltravano con poco più di 200 uomini a piedi e 40 a cavallo,
si portò verso la Magione col suo sacerdote bastardo aiutante.
Giunto nella vicinanza della Caina, fu sorpreso dalle pattuglie dei
controrivoluzionarj. Si mise in lotta con queste affrontandole corag-
giosamente: ne ebbe ferito il cavallo, dopo di che retrocedette a
precipizio, facendo ritorno in città. :

Quella stessa notte Breissand fece prendere in ostaggi mons. Fi-
lippo Pacetti, Vicario Generale; il Marchese Giuseppe di Sorbello
e Ugolino di Sorbello; il Conte Reginaldo Ansidei; il Conte Gian-
nantonio Ranieri; il Marchese Niccola Antinori; Filippo Friggeri ;
il Conte Francesco Maria degli Oddi; il Conte Fabrizio degli Oddi ;
Camillo Mandolini; Alessandro Vermiglioli; il Dott. Carlo Negroni;
in N.°.di 12, e furono tradotti nella Cittadella.

17 detto: Verso sera, venne emanato un proclama e mandati i biglietti in
più case, dove s'invitavano tutti i rispettivi capi di famiglia di ogni
classe a unirsi, a ore 8, nelle camere dipartimentali, dove sarebbe
seguita una generale seduta. A tutti i presenti il Generale Breissand
fece un sentito discorso; e qui.si riportano tutti gli atti di quella
adunanza, il cui riassunto fu composto da Annibale Mariotti, come
risulta da un foglio particolare che porta il suo nome.

« Palesata dal Cittadino Breissand Comandante di questa Piazza

e del Dipartimento del Trasimeno la determinazione della partenza,

tanto sua, che di tutta la Truppa Francese, hanno creduto loro
CRONACA DELLA REPUBBLICA FRANCESE IN PERUGIA sl

preciso obbligo gli Amministratori del Dipartimento di renderla

nota al maggior numero possibile dei Cittadini, ed in specie dei

Capi di Casa, a fine di prevenirli a scanso di rimuovere qualunque

timore, che potesse da tal partenza esser cagionato.

« Hanno fatto a tal oggetto convocare nel momento quel possi-

| bile numero di Cittadini, anche colla piena annuenza del suddetto
Cittadino Comandante, che si è esibito pronto intervenire al Con-
gresso.

« Adunati dunque li nominati Cittadini in un non indifferente
numero nella Sala grande del Palazzo Nazionale, circa le ore dodici
della sera vi si recó il predetto Cittadino Comandante colle Auto-
rità Costituite, tanto Dipartimentali, che Municipali. Premette il
detto Comandante un suo energico Discorso, dimostrando la neces-
sità, in cui si trova in forza degli Ordini Superiori, di dovere abban-
donare la Piazza. Dimostra il pericolo in cui va a rimanere la
Comune, i danni che si producono dalla Guerra; quei maggiori che
si devono temere da una Guerra civile ed intestina. Consiglia perciò
li Cittadini ad una fraterna ed amichevole unione fra di loro: esorta
ad allontanare ogni particolar passione e far causa comune di fami-
glia. Dichiara altresì, che di suo espresso ed unico volere avea egli
nella precedente giornata fatto eseguire l'arresto di alcuni Cittadini
con animo espresso di seco condurli in qualità di ostaggi, anche a
sicurezza di quei, dei quali interessar potesse la salvezza. Le auto-
revoli replicate premure però, che per la liberazione di essi si erano
avanzate dalle Autorità Costituite, e da altri probi e prudenti Cit-
tadini, lo inducono a ridonarli alla Patria, alle Famiglie, alle Spose,
ai Figli.

| « Restringe quindi il discorso a suggerire, che a voler conser-
| vare il buon ordine e la pubblica tranquillità, sarebbe stato oppor-
tuno, che i Cittadini congregati, si fossero prestati col loro consi-
glio ed ajuto a soccorrere le Autorità Costituite, per il più spedito
disimpegno nelle attuali critiche circostanze. Rinnova la memoria
dell’ antica Perugia e dei suoi bravi Cittadini. Dopo di ciò 1’ Assem-
blea fa plauso ai savi suggerimenti del Cittadino Comandante.
Sorge quindi il Cittadino Prefetto Consolare del Dipartimento, e
con un breve, ma eloquente Discorso s'industria di confermare le
massime esposte, come sopra dal Comandante.

« Presa la parola dal Cittadino Damaso Tribuno Moroni, e rie-
pilogando i sentimenti dei soprannominati due Cittadini, ei si fa a
proporre: 1.° Che per l’ oggetto additato nelle allocuzioni si rendeva

necessario, che l’ Assemblea dei Cittadini nominasse numero tre
E. RICCI

Soggetti in qualità di Consiglieri Aggiunti, tanto all’ Amministra-
zione Dipartimentale, che all’ Amministrazione Municipale di questo
Comune, col consenso ed autorità de’ quali le respettive Ammini-
strazioni proceder dovessero alle determinazioni nello straordinario
caso, in cui trovasi l' intiero Dipartimento.

«In questo mentre, ed in seguito all’ ordine del Cittadino Co-

mandante, si conducono e si presentano all’ Assemblea i Cittadini,
‘come sopra arrestati e detenuti nella Cittadella. Espone loro lo

stesso Comandante il motivo dell’ arresto, la sua unica volontà che
lo aveva cagionato, e la loro liberazione, accordata a riguardo delle
premure sopra riferite. Insinua ad essi l'attaccamento alla Patria,
la concordia ed unione con i Fratelli, e il disprezzo e annichilimento
di qualunque particolar passione. .

« Replica qualcuno di essi, anche a nome degli altri, e con
fermezza assicura i sentimenti del più vero Patriottismo, premet-
tendo i dovuti ringraziamenti, per l'atto generoso con essi loro
praticato.

«In attestato di un reciproco gradimento e di una vera com-
piacenza, il Cittadino Comandante si presenta ai Cittadini, come
sopra dimessi, e con un abbraccio e bacio si congeda dall’ Assem-
blea, accompagnato sino all’ ingresso della gran Sala dalle sopra
nominate Autorità Costituite nel mezzo dei comuni applausi.

« Richiamato di ‘poi l' ordine, riprende la parola il Cittadino
Tribuno Moroni, invitando i Cittadini congregati a procedere alla
nomina di quei soggetti da aggiungersi, come sopra alle respettive
Amministrazioni, mediante la nomina da farsi per via di schedole,
mentre la pluralità delle voci decide della elezione.

« Nel disporsi i Cittadini a formare le schedole di nomina,
prende la voce il Cittadino Tornera, e proponendo avanti gli occhi
gli esempj de’ maggiori, fa costare la necessità, a cui obbligano
le circostanze di difendersi reciprocamente, animando a tale oggetto
tutti i Cittadini a prestarsi alla Guardia Nazionale colla persona,
onde si renda sempre maggiore l'impegno di tutti i Cittadini per
la difesa della propria vita, e delle sostanze non meno, che per
mantenere il buon ordine e la pubblica tranquillità.

« Si reputa ben saggio un tal suggerimento.

« Frattanto si ricevono le schedole di nomina. Fatto lo scru-
tinio sulle medesime, si trovano nominati li seguenti Cittadini con
il respettivo numero delle voci come in appresso, cioè: Si ommette

la deserizione de’ nominati.
MÀ nr ——Ó

CRONACA DELLA REPUBBLICA FRANCESE IN PERUGIA 99

« Fatto quindi il confronto ed il novero delle voci si rinviene,
che in vigore della pluralità rimangono nominati ed eletti per gli
effetti suddivisati, cioè:

« All" Amministrazione Dipartimentale :

«Li Cittadini: Meniconi Cesare eon voci N.° 76
Baldeschi Federico id. » 27
Bernardi Dott. Benedetto id. » 26
Negroni Dott. Carlo id. » 26

« Attesa la parità delle voci come sopra concorsa, si ha in vista
la previa rinunzia del detto Cittadino Negroni, e si pondera altresi
la maggioranza di età del Dott. Bernardi, onde si dichiara incluso
lo stesso Dott. Bernardi.

« AU’ Amministrazione Municipale :

« Li Cittadini: Giovio Francesco con voci N.^ 24
Sorbello Anton Maria id. » 18
Canali Dott. Luigi id. »17
Mariotti Adriano id. »34 17

« La suddetta parità di voci fa determinare alla sorte, e viene
estratto: Mariotti Adriano.

« Non si hanno in considerazione le voci riportate dal Dott. Ber-
nardi e da Baldeschi Federico per essere ambedue inclusi nell’ Am-
ministrazione Dipartimentale. Il Cittadino Alfani Gio: Battista si
trova già dichiarato Edile per nomina provvisoria.

« Per copia conforme
« Belforti — V. Segretario Generale

« In Perugia presso Carlo Baduel e Figli
Stampatori Nazionali - Anno 7° Repub. ».

Dopo di ciò 1’ Assemblea applaudisce ai savj suggerimenti del
Cittadino Comandante.

Il Cittadino Tribuno Moroni invita i congregati alla nomina.
dei soggetti da aggiungersi alle rispettive Amministrazioni, data la
partenza dei Francesi.

Il Cittadino Tornera esorta gli adunati ad una salda e sincera
coalizione, per mantenere il buon ordine e la pubblica tranquillità.

18 detto: Nelle primissime ore della mattina partì tutta la truppa in
numero di circa 500 uomini con bagagli e cariaggi; i cannoni furono
inchiodati.
d Cue mci fr
A P

94 E. RICCI

Breissand portò via le chiavi della città meno quelle di P. S. P.

Rimasero prive di presidio la piazza e la fortezza, ma non
rimasero prive della vigilanza del Governo che in simile fran-
gente si rese maggiore, per impedire qualunque danno e disordine.
Furono ereate pattuglie per tutte le porte e custodita e guarnita
la Cittadella.

Nella mattina al tardi fu saputo che Breissand era giunto alla
prima porta degli Angeli, e qui si erano fermate tutte le genti

con Sagaut.

Breissand andò verso Foligno, ove ebbe avviso essere stato
creato generale.

La sera tornó Sagaut con tutta la truppa, e tal ritorno inaspet-
tato diede luogo a varie congetture.

Breissand notificò all’ Amministrazione Dipartimentale del Tra-
Î simeno di essere tornato frai Repubblicani alla testa di 600 uomini
ill di Truppa Francese, per ridonare la pace e la calma a tutti i Cit-
tadini e versare il dolce balsamo della consolazione nei cuori ulce-

rati dei Patriotti.
19 detto: In questo giorno entrarono gli Austriaci in Lucca.

Proclama dell’ Amministrazione Dipartimentale del Trasimeno
ai Cittadini di Perugia per esortarli all’ unione, alla concordia, al
sagrificio in pro’ della Patria.

Nella notte fu rubato nella chiesa di S. M. della Misericordia,
e fu trovata una corda nella graticcia a piè della chiesa per dove
calò il ladro.

20 detto: Fu saputo che gl’ Insorgenti erano entrati in Corciano, ave-
vano arrestato varie persone e tolta una provvista di grano desti-

WE nata per la città.
Ma ; Breissand fece schiodare i cannoni e s’ incominciò a traspor-
tare in fortezza il magazzino de’ viveri che era nella chiesa di

San Francesco di Paola.

Proclama del questore urbano Gaspardi ai Cittadini possessori
di cavalli, botteghe, case, domestici, obbligati al pagamento del
due per cento, e a cui non hanno ottemperato, di soddisfare subito,
sotto pena della esecuzione militare per tutti quelli che non aves-

B sero pagato entro la corrente decade. |
| JR 21 detto: Il comandante della Piazza, alla testa della sua armata, fece
una sortita verso il Pian di Massiano, e tornò nel giorno per aver
ER trovato al ponte della Caina la truppa in massa col capo ed uffi-
ziali con croce in petto, e non azzardò cimentarsi per la disparità — ' }
delle forze, i |
CRONACA DELLA REPUBBLICA FRANCESE IN PERUGIA 35

22 detto: Parti Breissand con 300 de' suoi e con quanto aveva ammas-
sato e lasciò Sagaut per comandante, e questi mandò un proclama
insinuando ad animarsi per l'interesse della Patria. SII

24 detto: Circa le 4 innanzi il mezzodì, giunsero dalla Magione i Com- AN
missarj eon trombetta degli aretini che portarono lettera sotto-
seritta dal Baly Passerini di Cortona, comandante generale sotto
il generale tedesco dell' armata austro-aretina.

Avvisato il comandante della piazza Sagaut andò al Caval-
laecio, vicino alle Fontivegge e ricevette la lettera dai Commissarj
la quale chiedeva la resa della piazza e fortezza. Il comandante
rispose aver egli cannoni, francesi e patriotti da difendersi.

Si pubblicò subito un proclama che tutti si armassero.

Vi erano molti de’ paesi circonvicini giacobini, e Perugia era
divenuta il loro rifugio.

26 detto: Fu ordinato il riattamento alle mura castellane e la recisione
degli alberi fino alla distanza di 50 passi, e di essi fu fatto l’ eccidio
con gran danno. (Marini).

Proclama di Annibale Mariotti, prefetto consolare presso l' Am-
ministrazione Dipartimentale del Trasimeno, per dichiarare ai cit-
tadini possidenti del dipartimento la necessità di un prestito forzoso.

27 detto: Al Colle del Cardinale era tutto in ordine per marciare la
notte e venire ad impadronirsi del Monte.

In questa stessa sera, con tiri di cannoni si annunciò una
festa patriottica da farsi nel giorno 28.

28 detto: Nella mattina si erano tirati 12 colpi di cannone per la festa
patriottica e nella stessa mattina, giorno di domenica, giunsero
improvvisamente i supposti briganti aretini e s' impadronirono del
Convento del Monte, e subito incominciarono a moschettare verso
le mura; così facevano verso loro i nostri patriotti, e ciò si eseguì
in tutto il giorno.

Capitolò Mantova, bloccata d'assedio fin dallo scorso 15 Aprile.

La città in angustie. Sagaut diede ordine che non si sonassero
le campane.

Per insinuazione di Tornera fu portato un cannone al Terrazzo
di Righetti per spianare il Monte occupato dalla truppa, ma nulla

| operó. Le sue palle non giunsero neppure all' Orto del Monte, onde

fu riportato in fortezza.
Giunse intanto il grosso dell’ Artiglieria e cominciò nei giorni
appresso il gran cannoneggiamento.
| i I repubblicani importunarono il Sagaut per fare una sortita
in P. S. Angelo. In un dopo pranzo infatti si trasporta il cannone
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E. RICCI

per la via di S. Angelo, o si giunge alla Porta. Accortisi di ciò gli

Austro-Aretini, innanzi che si aprisse la Porta, escono da tutte le

parti in. numero sorprendente.

Il Comandante fece tornare indietro il Cannone, e fu finita
la .scena.

29 detto: Appena spuntata l'aurora si dà principio ad un terribile sparo

di artiglierie. E fu ordinato e fatto un terrapieno alla Porta di

S. Angelo, che la chiudeva tutta.

Essendosi anche a Monte Luce la truppa già stanziata, inco-
minciò il dì suddetto a far fuoco, avvicinandosi alla Porta di S. An-
tonio che fu gittata a terra. Fuggono i Repubblicani verso Santa
Maria Nuova. Giannelli, medico lucchese, prende. una pistola e va
alla Porta e tira un colpo ad un Guastatore che andò a vuoto. Il
Guastatore troncò il capo al Giacobinó. Sono richiamate le Truppe
dai Controrivoluzionarj, e subito ubbidirono.

Nel dì suddetto giunse al Pian di Massiano il Comandante
Tedesco Schneider, . e diede nuova della resa di Mantova, nel dì
28 scorso.

30 detto: Si seguì sempre, mattina e sera, a bombardare con accanimento.

In questo giorno la truppa s' impadronì del Convento di S. Pietro

e del Borgo. In S. Pietro si formarono trincee da dove si canno-

neggiava la Fortezza che ne riceveva del danno.

Nel di suddetto si stabilì tra i Comandanti Austro-Aretini di
dare assalto alla città. Si posero in ordine delle scale e de’ lenzuoli.
Si determinò prima di chiamare i Repubblicani a parlamento. Dal
- Casino di Baldelli furono invitati a parlamento con la Tromba. Fu
imposto silenzio alle ostilità. Il Sagaut esce dalla Porta con un
officiale a cavallo e Girlanitz va alla Porta; il quale diede al Sagaut
un’intimazione di resa, o un assalto fra poche ore. Sagaut risponde
con arroganza e dissente. Va via Girlanitz. Schneider volendo dar
l’ assalto, n’ è dissuaso dai Cavalieri Perugini che si trovavano nel-
l’armata, e ne depone il pensiero.

31 detto: In questo giorno, fu più accanito l’ assedio ed il fuoco. Nel
giorno fu sentito battere il tamburo per segnale di parlamento.

Per lo spazio di un'ora nulla s'intese: e poi seguitò lo stesso

fuoco.

Fu saputo che la spedizione fu fatta dal Capo dell’ armata
Austro-Aretina col proporre la resa della’ città e castello, con la
promessa in iscritto di non molestare alcuno, accordando alla sua
Armata un discreto tempo ‘a partire e condurre chi volesse dei
patriotti. Ma nulla fu conchiuso.
CRONACA DELLA REPUBBLICA FRANCESE IN PERUGIA

Supplemento

tolto dalla Cronaca di Giov. Bait. Marini.

\ AGostTo.

1 Agosto: Si sentiva sempre il fuoco senza interruzione, e la fame mo-
lestava tutta la Città. Si portò dopo pranzo un Cannone al Monte
Porta Sole vicino a S. Angiolino. Ma gli Austro-Aretini, appostati
3 Cannoni, e sparati un dopo l’altro, alla terza esplosione obbliga-
rono i repubblicani a partire, e si riportò in Fortezza il Cannone.
Ricevè ancora qualche danno con due Cannonate il Campanile di
S. Francesco delle Donne, ove erano saliti i birri (1) per agire col
moschetto, ma subito partirono.

Dopo la mezzanotte tutti i membri dell’ Amministrazione,
come anche gli Aggiunti (quali volle Breissand che mai lasciassero
l’impiego), si presentarono al Comandante Sagaut per l’ importante
affare della Capitolazione, rappresentando lo stato miserabile degli E i
abitanti di Città, essendo alla vigilia di mancar di sussistenza. Ma B
il Sagaut rimane costante nella sua risoluzione, e fa porre de' ripari
alla P. S. P.

2 detto: Seguitandosi ad agire col fuoco, incominciarono a farsi sentire
le grida del popolo, che chiedeva pane per sfamarsi.

3 detto: Si tenne una seduta presso Sagaut dalle Autorità Costituite, e
dopo molte ragioni convenne Sagaut di dar la città in mano degli

assedianti, e di ritenersi la Fortezza in suo potere. Furono eletti BI Bl
È i per Deputati al Campo di Massiano gli Aggiunti, Marchese An-

tonio di Sorbello e Cesare Meniconi, i quali andarono dal Vescovo i
Mons. Odoardi per indurlo ad andare ad implorar la clemenza del

Generale Austro-Aretino, Esso quantunque convalescente andò con

essi alle ore 12, e presentati al Generale Schneider, Monsignore SR

con i Deputati implorò da Schneider compassione per le sue peco- ni
relle, e presentò gli articoli, che si erano già stesi nella seduta tl

tenuta con Sagaut. Tra gli articoli vi era ancora non si potesse T
far fuoco dalla Fortezza verso la Città, né gli armati offender, per cani c
entro la Città, la Fortezza. Schneider, letti gli articoli, vi fece la Mi d qu
replica. Avanti il mezzo giorno, tornó il Vescovo coi Deputati; i

porgono alle Autorità la replica, e questi incominciano a far ru-
more. I Deputati rispondono che facessero quello che volevano e

(1) I Birri erano gli Austro-Aretini, così chiamati dai Repubblicani,
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E.

RICCI

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credevano. Due ore dopo il mezzodì sono richiamati tutti i Fran-

cesi in Fortezza, e con loro andarono certi Giacobini e Giacobine.

Per le ore 22 era determinato l'ingresso della Truppa, che
era al sommo irritata, perchè quei che tiravano dalle mura bestem-
miavano sempre i SS. nomi di Gesù e Maria peggio de’ Turchi,
strapazzavano l’imperatore, e dicevano cose da forca, e gli Aretini
aveano promesso di dargli la correzione. L'ingresso fu fatto per
tre punti; ma il solenne fu fatto per P. S. P., e perciò fu dato
ordine di levare il riparo nella porta, che costò molta fatica.

Alle ore 22, venuto Schneider a P. S. A. con i Deputati, s' in-
cominciò la marcia e l'ingresso con un Trombetta innanzi ed un
Cannone. Il Vescovo vestito con Abiti Vescovili, venne loro incontro
in Piazza Grimana. Nel vedersi tutta la Truppa entrata per le
3 Porte, che ascendeva a 18/m, tutti i giacobini rimasero stupiditi,
dicendo esser pochi. Di questi 18/m in n. di 6/m nella mattina
dopo partirono per Foligno.

4 detto: Non fidandosi Schneider della parola francese, fece nella mat-
tina subito fare una trincea con un cannone impostato in faccia
alla Fortezza. Furono incominciate a far le carcerazioni dei Pa-
triotti e dei Governanti, e furono posti in S. M. Nuova carcerati,
in S. Tommaso, e per le pubbliche strade venivano dal popolo
bersagliati con parole ingiuriose, e gittate in faccia anche le im-
mondezze. Facendosi dalli soldati dell’armata gli arresti ad insi-
nuazione dei birbanti di piazza, venne la proibizione di non far
catture senza prevî ordini.

Fu fatta una Deputazione provvisoria, nel dì 5, composta de’
migliori e più savi soggetti: M.se Antonio di Sorbello, Baron Giu-
seppe Crispolti, Cesare Meniconi, Federico Baldeschi, Alessandro :
Vermiglioli, Niccola Rossetti, Dr. Bufalini, Dr. Benedetto Bernardi,

Luigi Canali, Carlo Negroni, Pasqual Gabrielli. Da questa Depu-
tazione si erearono i Giudici Criminali, e furono Dr. Raimondo
Modesti, Bocci, Mattioli di Foligno, Natalizi di Assisi. Nella sera
furono dimesse tutte le Insegne. del Governo Francese. Tutti i
Detenuti erano 362. Se ne fece l' esame in Fontenuovo, e furono
divisi in tre classi.

8 detto: Si die’ ordine da Schneider che nel giorno s'incominciasse a

far fuoco .contro la Fortezza da S. Pietro. Intanto i Napoletani

s'avvanzavano verso Roma.

9 detto: Si sentirono nuovamente i spaventevoli scoppi d'artiglieria
dall una e l’altra parte, ma maggiore per parte degli Aretini, che
da due punti agivano, da S. Pietro in modo speciale, e da Monte-
CRONACA DELLA REPUBBLICA FRANCESE IN PERUGIA 39

luce, di eui entro il Monastero erano entrati degli Uffiziali per
albergarvi in tempo dell'assedio della Città e Cittadella.

Giunse qui Mons. Passeri Vice Gerente di Roma, come ancora
Truppa Aretina con Artiglieria.

10 detto: Fu solennizzata la festa di S. Lorenzo.

11 detto: Sulla mezzanotte, si mandarono diverse granate dagli Aretini
in Fortezza.

13 e 15 detto: Furono aperte trattative tra i due Comandanti, ma rie-
scirono inutili.

16 detto: Proclama regio-imperiale: 1.° per la reintegrazione de’ beni
nazionali; 2.° per il possesso delle prebende ai Commendatori della
Religione di Malta; 3.° per il ritiramento delle monete collo stemma
repubblicano, entro 16 giorni.

19 detto: Cessò di vivere il Conte Lorenzo Cesarei Leoni, e ne fu cele-
brato il funere in S. Francesco, nel di 20.

Nel di detto fu il S. P. Pio VI sorpreso da un vomito, e nel
dì 27 fu fatto spedito, e comunicato; nel 28 ricevè l’ estrema un-
zione, e nel:29 spirò.

21 detto: Cadde l' Albero della Fortezza con la bandiera tricolore.

Giunse dopo la metà di Agosto il Generale Clenau dalla To-
scana con uno squadrone di Cavalleria, ed entrò in città.

22 detto: Fu inalberato nuovamente l’albero della Fortezza con stemma
repubblicano. Fu preso possesso della Commenda di S. Luca a
nome del Principe Altieri Commendatore.

23 detto: Di notte si seppe esser partiti 10 detenuti repubblicani in
carrozze verso Arezzo colla forza armata. Seguì il cannoneggia-
mento come nei giorni scorsi.

25 detto: Per una lettera del Colonnello Albergotti, vien rimesso Mons.

. Vescovo ne’ suoi primieri diritti.

Rimanendo Sagaut ostinato nel ritenere il Forte, fu incomin-
ciato a batter con le bombe dopo il dì 15. E fu ordinata una mina
da parte delle Fonti Coperte.

27 detto: Fu Pio VI fatto spedito dai medici nella sua malattia. Si
agiva con più energia contro la Fortezza coi cannoni e bombe.

28 detto: Pio VI ricevè l’ estrema unzione. In questa mattina a suono di
tromba il Comandante francese chiese armistizio, inviando al gene-

rale Schneider un uffiziale, dal quale ottenne un giorno di armistizio.
Nella sera l’ aiutante di Sagaut andò da Schneider con un foglio

con i capitoli per la resa della Fortezza, e nel dì seguente furono
accordati, e conchiusa la resa della- Fortezza nel dì 31 alle 8 della
mattina,
E. RICCI

Mus Fortezza che incominció alle ore 8 e mezza e dopo
mandata la terza bomba eaduta per isbaglio nella casa del
signor Inglesi, contigua alla Chiesa de' Calzolari, il Com.
Francese a suono di tromba chiese Armistizio; inviando poco
dopo l’ Officiale di Artiglieria all’ accennato Schneider, dal |
quale, per quanto si riseppe, gli fu accordato per un giorno. |
Giovedi 29 detto: Comparvero in diverse ore de' Sacerdoti o
Regolari, parte emigrati e parte espulsi nel tempo della |
passata Democrazia da questa città, tra quali P. D. Giu-
seppe Maria Lesmi Barnabita e il signor Petrarca dela |
Missione. Verso la sera si ebbe la consolante notizia della |
Resa della Fortezza, conchiusa in casa Patrizi colle seguenti
condizioni: 1.° Di accordarsi a ciascun Militare Francese,
la sola Valige, da doversi visitare; 2.° Di evacuare la Cit- |
tadella, il dì 31 del cadente Mese, alle ore 8 della Mattina, |
‘ colla Bandiera spiegata, coll’ Armi, Cannone e Miccio acceso
sino al Campo Massiano ; 3.° Che giunti al suddetto Campo
dovessero tutti depositare le Armi e dichiararsi prigionieri
di Guerra, e come tali scortati dalla Forza Aretina da Paese
in Paese; 4.° Di potersi condurre seco tutti que’ patriotti
che eransi rifugiati in Castello in tempo dell’ Assedio (1). |
Venerdì 30 detto: Alle ore 10 della mattina furono in pubblico
passati per bacchetta 4 de’ volontarj Contadini della Truppa
Aretina, e un fornaio di quella città, detto Rembolone.
Alla prim’ ora di notte rimase illuminata tutta la Città per
la resa della Fortezza alle Armi Aretine.
Sabato 31 detto: Circa le ore 9 della mattina alla presenza
d’infinito popolo sortì dal Castello a Tamburo battente, la
Guarnigione Francese con varj patriotti prostrati ne’ Car-
riaggi; i quali per qualche tratto di strada vennero accom-
pagnati dagli urli ed imprecazioni plebaiche.
Verso la sera arrivò in casa Crispolti S. E. il Sig. Cont.
Cammillo della Gherardesca Commissario Imp. proveniente
da Firenze sua Patria. |

(1) 29 Agosto: Spirò in Valenza il Sommo Pontefice Pio VI, in età
di anni 81 mesi 8 giorni 2, dopo la permanenza in Valenza di giorni 45,
e un governo di anni 24 mesi 6 giorni 4.
CRONACA DELLA REPUBBLICA FRANCESE IN PERUGIA

SETTEMBRE.

| Domenica 1 detto: Alle ore 10 della mattina incominciarono

| le Salve di Artiglieria in segno di allegrezza, per le cessate

i Ostilità. In questo tempo nella Chiesa Cattedrale da Mon-

i j| signor Illmo e Rev.mo Vescovo, con l'intervento del

Commis. Imp., del Gen., Officialità e Deputazione, si celebrò

la Messa Solenne accompagnata da Orchestra piena.

| Alle ore 5 pomeridiane raddunatisi parimenti in Duomo

| gli stessi Corpi Civili e Militari, presente un Colonnello

L. Austro-Russo e l'aecennato Commis. Imp. si fece l’ esposi-

| zione dell’ Augustissimo Sagramento: indi vestito il Sagro

Pastore de’ Sagri Arredi, si cantò dal Coro Ecclesiastico il

Salmo Nisì quia Dominus. Poi da quello de’ Musici, l’ Inno

Ambrosiano, e, datosi termine alla decorosa Funzione, il

Generale della Classe Aretina, in compagnia di varj Officiali

a Cavallo, si trasferirono in Piazza de’ Corsi dove rimaneva

eretto un Arco Trionfale e dove il Sig. Pietro Vermiglioli

alla presenza d'un immenso Popolo, imprese a recitar una

| breve Allocuzione riguardante il nuovo Risorgimento dopo
tante calamitose vicende, e nel tempo che il suddetto pero-
rava, vennero dispensate le Copie agl’intendenti. Terminó
la parlata, e ad un istante di tutta corsa il riferito Schneider
sen volò a prender possesso della Fortezza col solito Mili-
tare Ceremoniale, e in tal Congiuntura si viddero ricompa-
rire in Trionfo le bandite insegne dell' Aristocrazia. Circa
le 2 Italiane, al Teatro del Pavone, illuminato a giorno a
universale contemplazione, fu dato principio ad una solenne
festa da Ballo gratis.

Lunedì 2 detto: Circa le ore 6 pomeridiane, nacque un princi-:
pio di sollevazione tra l’ Officialità e la Massa, pretenden-
dosi da ciascuno de’ Volontari di entrare in parte de’

| s Depositi rimasti nella Fortezza; ma, sopraggiunto il Gen.

Schneider, cessò immediatamente il tumulto.

Un’ ora dopo la calata del Sole tornò, secondo il pri-
miero costume, a sonarsi dalla Campana del Pubblico l’ Ave

Maria per i Defunti e la Ritirata.
43 E. RICCI

Martedì 3 detto: La mattina di buon’ora si trovò affisso il
Procl. del Commis. Imp. dove a nome di S. A. R. Ferdi-
.nando III d’ Austria Gr. Duca di Toscana, erano espressi i
più vivi contrasegni di gratitudine alla Milizia, e al Popolo
del suddetto Stato, per lo zelo bastantemente noto nel
difender la Religione, il capo della Chiesa, e il proprio
Sovrano, anche a costo di perder le sostanze e la Vita;
assegnandosi in benemerenza a ciascuno degli Officiali una
Medaglia d'oro a proporzione del grado.

Circa le ore 4 pomeridiane alla Porta del Rastello si
posero in vendita Vaccine, Carni Salate, farine, biscotti,
legumi ed altri commestibili trovati ne’ magazzini della
Cittadella; ridotta in pessima situazione.

Mercoledì 4 detto: La mattina sul far del giorno si riseppe
essersi la notte antecedente da varj Officiali Senesi fatte
togliere le chiavi della loro Patria, appese agli artigli del
Griffo, esistente sopra l'ingresso della Sala de’ Notari. | |

Giovedì 5 detto: Stante l'ordine del Gen. Schneider, circa le B
ore 10 Italiane la Massa incominció a sfilare verso il proprio |
confine, e in questo tempo molti de' volontarj si viddero
esitare a vil prezzo quelle robe tolte dalle case padronali
di Campagna, e da aleune aneora di Città, ad onta del
vietato foraggio.

Cirea le ore 10 della mattina arrivó da Firenze un Com-
missario Austriaco in Deputazione, dove, per quanto si
riseppe, aveva resa consapevole a que’ respettivi signori
l'ingresso della suddetta Armata in questa Città, da succe-
dere il dì 6 susseguente, onde tenersi in pronto gli oppor-
tuni Alloggi, Foraggi e Razioni.

Venne emanato un editto del Gen. Schneider, dove
ingiungevasi agli abitanti comodi di questa Città d’ illumi-
nare le finestre delle proprie case la sera dell’ arrivo del- 1
l’ Armata Austriaca sotto pena di scudi 50. Uscì alla luce
un Poemetto bernesco avente per titolo: « Il pianto dei Dia- ]
voli per il rovesciamento delle Repubbliche ». pio,

Venerdì 6 detto: Circa le ore 10 comparve in questa sua Patria il
Signor Giacomo Friggeri al servizio di S. M. I. e R. in

qualità di Tenente di Cavalleria nel reggimento Turn, In
CRONACA DELLA REPUBBLICA FRANCESE IN PERUGIA 43

questo giorno si riseppe che dal computo fattosi in Depu-
tazione, la Truppa in Massa, stazionata in questa Città,
per lo spazio di un mese e due giorni, non costava meno
di 12500 scudi Romani.
Sabato 7 detto: Alla prima ora di notte comparvero con moc-
ciglie, moschetto e berrettone 500 Tedeschi d'Infanteria
del suddetto Reggimento Turn, in bianca uniforme, con
rivolti turchini, destinati per guarnigione di questa Piazza,
come ancora 120 di Cavalleria, i quali sotto il comando
del Sig. Vain entrarono ad occupare il Castello.

Nelle ore notturne seguirono 5 gagliarde scosse di ter-
remoto non senza notabile spavento della maggior parte
degli Abitanti.

Domenica 8 detto: Circa le ore 22 e mezza, secondo il primiero
costume, fu portata in Processione per le Piazze la statua
della Beata Vergine esistente nella Chiesa Parrocchiale di
S. Angiolo di Porta S. Angiolo, con l'intervento delle solite
confraternite. i

| Alla Prim'ora di notte rimase illuminata tutta la Città
| come ancora l Arco Trionfale eretto in Piazza de' Córsi; e
per 2 ore continue i virtuosi della Banda Militare dell’ accen-
nato reggimento Turn, assisi su di un palco contiguo all’ in-
! gresso del Palazzo Apostolico, eseguirono varie scelte sonate,
riportandone i meritati applausi dagli affollati uditori.
Circa l' un'ora e mezza d’Italia, al Teatro del Pavone,
da una mediocre compagnia di Comici, giunti da qualche
giorno in questa Città, si diede principio all’ Opera, rappre-
sentante le nozze Orientali con l’intermezzo degli evviva,
diretti all’ Imperadore, al Principe Carlo e agli Officiali
Austriaci quivi presenti.
Lunedì 9 detto: Circa le ore 11 della mattina, seguirono due altre
i scosse di Terremoto, come ancora diverse nelle ore notturne.
| Martedi 10 detto: In questo giorno venne affissa, e trasmessa
in seguito a. tutti i Parrochi di Città, una Pastorale di
. Mons. Illimo e Rev.mo Vescovo, riguardante la riforma
del Costume in qualsivoglia Ceto, per arrestare il corso ad
ulteriori castighi preparati dalla troppo irritata Divina
Giustizia,

———— M:
44 E. RICCÍ

Mercoledì 11 detto: Alle ore 9 della mattina comparvero con la
Forza Armata diversi Arrestati provenienti, per quanto si
intese, da Bevagna, i quali vennero tradotti alle Carceri di
S. Tommaso. : i

Giovedì 12 detto: La mattina di buon'ora si riseppe l’ arrivo
di Sua Ecce. il Sig. Tenente Maresciallo Baron Flerich in
casa Donini in compagnia di varj Officiali.

Dopo una dolorosa malattia di gotta, consumato in letto
per lo spazio di anni 8, cessò di vivere in età di anni 72
il signor dottore D. Tommaso Viti, porro di S. Giovanni
Evangelista del Fosso.

Venerdi 13 detto: Nella suddetta Chiesa parrocchiale si celebró
il funere per l Anima dell'estinto signor D. Tommaso Viti,
e quivi sepolto.

Per la posta si riceve la nuova essersi dal Direttorio
di Parigi inviato, sin dallo scorso Agosto, un Ambasciatore
straordinario al Feld Maresciallo Suvarow, accampato nei
monti della Liguria, e che il suddetto erasi fatto inten-
dere non potersi altrimenti aderire alle istanze di volere
in poter suo la Sagra persona del Sommo Pontefice Pio VI,
se prima non venisse da lui accordato il permesso di tra-
sferirsi in Francia tutti i Depositi esistenti nella Fortezza
di Genova.

Sabato 14 detto: Cirea le ore 4 pomeridiane fece partenza il
Signor Tenente Maresciallo Flerich, giunto nella notte del
dì 12 dirigendosi alla volta di Foligno, e poco dopo furono
visti partire due Picchetti di Tedeschi dalla Fortezza con var]

Cariaggi, entro de’ quali rimanevano dei Cannoni smontati.

da trasferirsi in Firenze, secondo le notizie ricevute.

Nel manifesto, trovato affisso sin dalle ore prime della
mattina, rimaneva espresso il Dettaglio in compendio di
tutto ciò che sarebbe per eseguirsi in congiuntura della
straordinaria Festa del S. Anello, a carico di varj zelanti
Devoti, da succedere li prossimi seguenti giorni 28, 29, 30.

Lunedì 16 detto: Circa le ore 9 della mattina proseguirono a
farsi sentire varie gagliarde scosse di Terremoto. |

Martedì 17 detto: Dalle lettere di Toscana si ricevè la nuova della

morte di Nostro Signore Papa Pio VI seguita in Valence
CRONACA DELLA REPUBBLICA FRANCESE IN PERUGIA 45

nel Delfinato sin dal di 29 dello scorso agosto in età di

' anni 82; di Pontificato 24 e mesi 8.

Verso la sera le Monache di S. Agnese, traslatate al

Monastero delle Clarisse di Monteluce sin dal di 5 maggio,

| fecero ritorno in tante carrozze al proprio Convento ripri-
| stinato. ES

Mercoledì 18 detto: La mattina di buon'ora si ebbe notizia che 2 W

| tutti quegli Ecclesiastici detenuti con altri processati nelle UI

Carceri di S. Tommaso erano stati trasferiti a quelle del [d iii

S. Offizio. 0

p Venne affisso l' Editto del signor Conte Camillo della du!

Gherardesca Comm. Imp., dove rimaneva espressa la Tariffa fili i

i alla moneta d’oro e d’argento, e la minaccia di rigorose Ii

pene ai Monopolisti.

Fece partenza da questa Città il signor Conte Carlo
Schneider Generale Comandante dell' Armata in Massa, |
diretto alla volta della Toscana. | 2
! Giovedi 19 detto: La Deputazione, che dopo la venuta del Com- ; Li
missario Imp. prese il nome di Reggenza, fece a suono di ni n
tromba pubblicare ed affiggere il primo Editto, dove rende- |
vasi noto il ripristinamento del Collegio soppresso dei Bar-
nabiti, come ancora la carica di Ministro e Procuratore dei

Beni non venduti e da restituirsi, conferita al Padre D. Giu-

seppe Lesmi del suddetto Istituto.

Venne parimenti emanato l' Editto del Signor Tenente

Giacomo Friggeri comandante della piazza dove intimavasi

a chiunque di premunirsi di Passaporto nel sortir di Città,

a riserva dei Militari Austriaci e contadini.

Venerdì 20 detto: La mattina di buon'ora dal solito Bidello
della Compagnia del Suffragio, tornò a questuarsi per il ci
Purgatorio, secondo il primiero costume. E m

Domenica 22 detto: In questo giorno vennero chiamati all’ esame Ham c
varj eonoscenti e familiari de' processati, ed altri sospetti m m qa

| di patriottismo, tenutosi nel Tribunale della Reggenza delli | i

È seguenti signori Giudici Raimondo Modesti, Mattioli, Nata- | F3 UA

| lizi e Bocci. vl

| Lunedi 23 detto: La mattina di buon'ora si trovó affisso il

secondo Manifesto riguardante l'invito ai popoli di Città e
E. RICCI

Contado di accender dei fuochi e illuminare le respettive
case la sera del dì 28 e 29, in congiuntura della straordi-
naria Festa del S. Anello, come ancora l’ avviso al Clero
Regolare e secolare, e alle tre Classi de’ Secolari d'inter-
venire con cero del proprio ad accompagnare processional-
mente l’ accennata insigne Reliquia, da succedere la sera del
dì 29 per le due Piazze.

Verso mezzo giorno vennero emanati due Editti della
Reggenza; nel primo annunziavasi 1’ Esame da tenersi per
tutti quelli che nel passato tempo erano intervenuti all’ in-
nalzamento degli Alberi Repubblicani, tanto di Città che di
Villa; nel secondo veniva accordata l'ampla facoltà a tutti
di denunciare in Giudizio coloro che si fossero fatti ad
insultare chiunque, in materia d’ opinione politica.

Mercoledì 25 detto: Verso il mezzo giorno si riseppe essersi
nella strada maestra di Porta S. Pietro trovate sul far del
giorno sparse varie pagelle satiriche contro il vegliante

governo.

Giovedì 26 detto: Alle ore 23, con l'intervento della Imperiale
Reggenza nella Cattedrale sufficientemente ornata di Trine, |
Lampadarj e Damaschi si diede principio al Solenne Triduo
al quale concorse un'insolita affluenza di popolo.

Cirea i 3 quarti di notte si videro illuminate tutte le
Case delle due Piazze e i virtuosi della Banda Tedesca |
facevano di tanto in tanto sentire delle scelte sonate.

Venerdì 27 detto: Fece ritorno da Arezzo all’ Episcopio Monsig.
Vicegerente di Roma.

Sabato 28 detto: Alle ore 5 pomeridiane incominciarono in
Duomo i soliti primi Vespri accompagnati da una nume-
rosa Orchestra, diretta dal Signor Pedota Napoletano Mae-
stro di Cappella della Cattedrale d’ Orvieto, e in tal con-
giuntura, si osservò sotto il Trono, secondo il primiero
costume, Monsig. Ill.mo e Rev.mo Vescovo, parato degli
abiti Pontificali.

Domenica 29 detto: Circa le ore 9 della mattina venne dalla
propria Cappella trasferita con decente pompa, tra lo stre-
pito dell’ Artiglieria, il rimbombo dei Sagri Bronzi e l' Ar-

monia dei moltepliei Unisoni, l'insigne Reliquia del S. Anello
CRONACA DELLA REPUBBLICA FRANCESE IN PERUGIA 47

(con cui per antica tradizione venne sposata la B. V. a
S. Giuseppe) all’ altar maggiore vagamente illuminato.

Alle ore 10 da Monsig. Vicegerente s’ incominciò la
Messa Solenne con l'intervento del Com. Imperiale, Reg-
genza, Officialità, Soldatesca e un numero considerevole di
persone di tutti i Ceti.

Alle ore. 4 pomeridiane fu dato principio alla Solenne
Processione, divisa in due compagnie di secolari, sotto la
Croce della Confraternita de’ Nobili dell’ Annunziata, e sotto
‘quella della Compagnia della Morte; precedute le suddette
con la guida di esperti Forieri, succedevano le Comunità
‘Religiose, poi il Clero de’ Parrochi Urbani e il Capitolo de’
Canonici, e gli uni e gli altri Vestiti di parati Sagri di color
giallo di Lama d’oro, e in ultimo si osservava monsignor
Gazzoli, Vescovo di Città della Pieve, portare sotto il
baldacchino l’insigne reliquia, che dal diacono assistente
gli veniva sostenuta, e all'arrivo in Piazza de’ Córsi, dove
rimaneva eretto un grandioso altare, fu dal medesimo quivi
collocata, sin che non ebbe termine il Canto di Varj Inni.
Dopo un quarto d’ora di trattenimento, gli accennati Cle-
risti, Mansionarj e Canonici, proseguirono a norma degli
altri il cammino verso la Fortezza, dove tanto ai Baluardi,
come ancora al Cancello, trovavansi in Arme i Militari
Austriaci, e dove dagli Artiglieri furono eseguite varie esplo-
sioni; dirigendosi alla Piazza di Sopramuro, dove parimenti
rimanevano schierati in qualche numero i Soldati Nazionali,
sotto il comando del Signor Maggio Giovio, a Cavallo; si
restituirono in Duomo, e quivi, immediatamente cantatosi
l’Inno Ambrosiano, venne dall’ accennato Mons. Vescovo
compartita con la Reliquia insigne la Benedizione alla affol-
lata moltitudine, dopo di che si vide illuminata a giorno
tutta la Città, e particolarmente nella via del Corso, dove
la numerosa banda in moto andava eseguendo le più armo-
niose sonate.

Alle ore 2 italiane si diede fuoco alla Macchina, eretta
nella Piazza del Duomo, dalla parte dell’ Episcopio, rappre-
sentante la caduta dei Giganti fulminati da Giove, e in
progresso al teatro nobile ..........
———

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PEST

14

E. RICCI

Supplemento

compilato sulla Cronaca inedita di G. B. Marini
con poche notizie prese dalla Cronaca di D. Temistocle Lupattelli.

30 Settembre: Nella mattina fu calata la Macchina del S. Anello per
commodo de’ Forastieri e nel giorno vi fu 1’ Oratorio in Duomo.
Così fu celebrato il ringraziamento alla V. SS.ma per averci liberato
dall empio governo repubblieano, che duró per mesi 18, in cui
furono patite angosce e pene inesprimibili da gente empia ‘irreli-
gionaria ed opprimente e crudele.

OTTOBRE.

1 Ottobre; Furono celebrati in Duomo i suffragi per tutti i fedeli de-
funti e cantata la messa dal vescovo.

2 detto: Parti per ritornare in Toscana Camillo della Gherardesca Com-
missario Imperiale. Furono fatte varie carcerazioni di patriotti. .

4 detto: Fu celebrata in S. Francesco la festa del Santo con l' inter-
vento della Reggenza e truppa imperiale con banda.

Nella sera all’ Oratorio dei PP. Filippini, tutto illuminato, fu
fatta accademia, ed il Dr. Felice Santi fece il discorso analogo all' og-
getto, facendo vedere il pericolo della religione cattolica ne' scorsi
tempi, e ne' componimenti lodato il generoso cuor di S. Francesco.

10 detto: Passò un corpo di cavalleria Aretina venuta da Foligno per
rimpatriarsi.

12 detto: Fu illuminazione in P. S. P. per celebrar la festa nell’ indo-
mani della Madonna del Rosario. :

13 detto: La Reggenza andò in S. Domenico, assistendo alla messa
cantata, tra lo strepito de’ cantori ed esplosioni di artiglieria (1).

17 detto: Mons. vescovo trasmise notificazione ai parrochi della città
prescrivendosi i suffragi da farsi al defonto Pio VI, ed assegnate
le chiese per esporsi il Venerabile a turno, colle preci pro eligendo
summo pontifice.

19 detto: Fu cantata messa e notturno in cattedrale in suffragio del
sommo pontefice Pio VI, celebrandosi la messa da mons. Odoardi.

(1) Preceduta da un triduo, fu fatta festa solenne a S. Domenico
per la Madonna del Rosario, parata tutta la chiesa; cantò messa Mons.

Cesario. (D. Temistocle Lupattelli).

VERITA ANZI SS RITI
CRONACA DELLA REPUBBLICA FRANCESE IN PERUGIA 49

22 detto: Si seppe che il Maresciallo Souvarow con 20/m. uomini si
trovava nell’ Elvezia.

23 detto: Passaggio di cavalleria tedesca, andando in Toscana dirigen-
dosi a Bologna per guarnigione.

27 detto: Mons. Vescovo si trasferì al Pian del Tevere, per amministrar
la Cresima a quella popolazione in S. Niccolò di Celle.

29 detto: Ordine della Reggenza di darsi l’assegna del vino da tutti i
possidenti in termine di 5 giorni per-causa della penuria notabile.

NOVEMBRE.

1 Novembre: Partì uno squadrone di Tedeschi diretto ad Ancona. Si
riseppero molte carcerazioni fatte in Roma di personaggi ancora
cospicui.

2 detto: Il dì 2 alla Chiesa Nova, per 8 giorni furonvi li esercizj per
gli ecclesiastici. Nel fin del mese, in seminario furon dati li eser-
cizj ai preti Giacobini, i quali, insieme qolli ecclesiastici, incomin-
ciarono ad escire da S. Tommaso il dì 8, 9, 10 Dicembre. (D. Te-

, mistocle Lupattelli).

5 detto: Ordine della reggenza a tutti di portar la sera la lanterna
accesa, alle 2 italiane.

7 detto: Nella notte, dal S. Offizio furono ricondotti dalla forza armata
a S. Tommaso gli Ecclesiastici detenuti.

Oggi si riseppe da Roma che in quella Capitale si fece un
computo de’ sofferti scapiti de’ critici escorsi tempi, tra spogli di
gioie, argenti e pitture, contribuzioni e cibari, che giungeva alla
somma di 34 milioni di scudi romani.

ee. Qual si vedrà in appresso.

Venerdì 8 detto: Verso il mezzogiorno si riseppe che il Signor
Tenente Azolini di Pavia era entrato nel posto del Signor
Friggeri che aveva ricevuto il comando per Iesi.

Dalle lettere di Roma si ebbe notizia essersi ultima-
mente in quella Capitale, eseguito un esatto computo dei
sofferti scapiti ne’ scorsi critici tempi ascendenti tra gli
spogli di gioje, argenti, statue e pitture, contribuzioni e
Cibarj per le armate, alla intera somma di 34 milioni di
Scudi Romani.

Sabato 9 detto: La mattina di buon’ ora si rinvenne affissa la

notificazione di Mons. Ill.mo Rev.mo Vescovo riguardante
E. RICCI

il nuovo piano stabilitosi dalla nuova Reggenza sul ripristi-

namento della Università, della quale destinavasi Prefetto
e Sindaco il signor Conte Lodovico degli Oddi, Dottore
Collegiato e Abate Commendatario.

Lunedì 11 detto: Per la Posta venne trasmesso un breve
Drammatico Poema, avente per titolo: « Roma liberata »
con i seguenti Interlocutori cioè Genio, Valore, Religione
e Coro.

Martedì 12 detto: Attese le premurose istanze del Colonnello
Austriaco, venne in questo giorno dalla Reggenza ordinata
la Requisizione di Pale e Zappe, da trasportarsi, per quanto
s’intese, in Ancona per uso della Guerra.

Giovedi 14 detto: Alle ore 15 italiane, previo il segno datosi
dalla Campana del Pubblico, dai prescritti Lettori si inco-
minciarono provvisoriamente a insegnare le Scienze nel
soppresso Collegio della Sapienza Nuova; essendosi la Casa
dell’ Università eretta in quartiere de’ soldati nazionali.

Venerdì 15 detto: Per la Posta si ricevè la nuova esser già
arrivati in Venezia molti Eminentissimi Porporati tra i quali
anche S. A. R. il Cardinale Duca di Yorch, quantunque
cagionevole di salute, per unirsi nel prossimo Conclave,
stabilito nel grandioso Monastero dei RR. Monaci Cassinensi
di S. Giorgio Maggiore.

Lunedì 18 detto: Vennero in questo giorno ripristinate le scuole
basse col respettivo Prefetto e Maestri di Rettorica, Uma-
nità, Grammatica, Abaco, e Scrivere, esclusi dal passato
Governo Democratico. NORTH

Martedì 19 detto: La mattina per tempo s' intese la nuova della
Resa della Città e Porto di Ancona, alle Armi Austro- Russe
fattasi dai Francesi per Capitolazione.

Alla ora 1* di notte rimase illuminata tutta la Città e
i Virtuosi della Banda Tedesca fecero in varie contrade
sentire delle più armoniose suonate.

Giovedì 21 detto: Circa le ore 10 della mattina si radunarono
al luogo solito la maggior parte dei Signori Legisti, per il
ripristinamento del Collegio, risapendosi poche ore dopo

l'esclusione di 7 dei suddetti e di un bidello fatta a pieni

voti.
CRONACA DELLA REPUBBLICA FRANCESE IN PERUGIA 51

Venerdì 22 detto: Dalle Lettere di Roma si ricevè la nuova
essersi nella Piazza del Campidoglio, dove rimaneva 1’ AI-
bero, innalzata una grandiosa Croce.

Sabato 23 detto: Verso la sera si ebbe notizia. essere stati di-
messi varj sospetti di patriottismo, arrestati nel Convento
di Santa Maria Nuova.

Domenica 24 detto: Attesa l istanza del Colonnello Austriaco,
dalla Imperiale Reggenza si spedirono varj Deputati a fare
la requisizione di 60 Carri da trasporto per uso del Reggi-
mento Turn, imminente a marciare alla volta di Ancona.

Martedì 26 detto: Per la Posta si ebbe notizia che le LL. MM.
il Re e la Regina di Sardegna, dimoranti da qualche giorno
in Arezzo, avevano lasciato in dono alla Cappella recente,
dedicata alla B. V. del Conforto, varie gemme di valore,
tra le quali un brillante color di rosa.

Sabato 30 detto: Alle 4 pomeridiane, nella Chiesa Cattedrale,
si diede principio alle Missioni dal Celebre Padre Don Vin-
cenzio Strambi, Passionista, giunto il giorno antecedente
in questa Città con altri Religiosi compagni, ad istanza di
Mons. Ill.mo e Rev.mo Vescovo (1).

(1) L' Imperatore di Russia Paolo I, che aveva operato presso il
Direttorio di Francia per aver la persona del Sommo Pontefice Pio VI,
trasportato via da Roma dai Francesi repubblicani, avendo saputo la
di lui morte seguita in Valenza nel dì 29 Agosto, volle dimostrare al
Pubblico la più solenne testimonianza della sua particolare amicizia,
stima ed attaccamento all’ immortale pontefice defonto. Chiamò a sè
un ambasciatore di una Corte cattolica per sapere se le Corti prende-
vano lutto, volendolo prendere anch’ egli. Avendo sentito che ciò non
era in costume, Sua Maestà ordinò all’ Arcivescovo di Molulow di fare
a Pio VI nella chiesa cattolica i più solenni funerali, e di ordinarli

‘ ancora a tutti gli altri vescovi dell’ Impero, E per mostrare. maggior-

mente quanto questa morte gli fosse sensibile, volle S. M. che anche
in una cappella cattolica in Gatschina, luogo dove si trattiene al solito
la Corte, per due giorni continui si celebrassero le stesse esequie con
messa di Requiem, cioè nel 21 e 22 di questo mese di Novembre, avendo
nel 21 celebrata la messa mons. arcivescovo di Molulow, nel 22 mons.
arcivescovo di Leopoli. Tutto fu fatto a spese della Corte, coll’ inter-
vento di tutti i Ministri esteri cattolici, e di tutte le primarie cariche
E. RICCI

DICEMBRE.

Lunedì 2 detto: Alle ore 9 della mattina, dall’ accennato Padre
Don Vincenzio si incominciarono a dar gli Esercizi Spiri-
tuali per tutto il Clero sì regolare che Secolare nella Chiesa -
dei RR. PP. dell’ Oratorio. o

Mercoledì 4 detto: In questo giorno si ebbe notizia della rinunzia
fattasi del suo Canonicato dal signor Pucci; avendo otte-
nuto la carica di Capitan Tenente nella Milizia Urbana.

Giovedì 5 detto: Verso la sera si riseppe che uno Spazzino
Occhialaro erasi gittato dalla finestra dell’ Albergo poco
distante dall’ Arco .dei Priori, ed era rimasto estinto nella
caduta. i

Venerdì 6 detto: Per la Posta si ricevè la nuova, che in Roma
era sin dallo scorso novembre arrivato un Corpo d’ Armata
Ottomanna, comparendo assai più disciplinata di quella
permanente di Guarnigione in quella Capitale.

Sabato 7 detto: Verso la sera si riseppe essere stati dimessi
alcuni dei Processati Detenuti nelle Carceri di S. Tommaso.

Domenica 8 detto: Cessò di vivere in età di anni 79 il Signor
Dottor D. Leone Micheli di Valfabbrica, Lettor giubilato
nella Patria Università, Canonico Penitenziere ed esamina-
tore Sinodale.

i Lunedì 9 detto: Nella Chiesa Cattedrale si celebrò un decente

Funere per l’ Anima del Defonto signor Canonico Micheli
e quivi sepolto il suo Cadavere.

Verso la sera si riseppe essersi accordata la Carcere
per la Città a tutti gli Ecclesiastici processati, già sortiti
dalle Carceri di S. Tommaso.

di Corte, che ebbero ordine supremo di assistervi in tutti due i giorni
anzidetti.

« Queste generose dimostrazioni hanno procurato anche in questa
città (Pietroburgo) il giusto tributo dovuto alle virtù ed al martirio
dell’immortale Pio VI, la di cui memoria è stata onorata dall’ Europa
intera » (Gazzetta Universale, N. 69, Pietroburgo, 6 Dicembre, pag. 22).
(G. B. MARINI, Cronaca inedita).
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CRONACA DELLA REPUBBLICA FRANCESE IN PERUGIA I 58

Martedì 10 detto: In questo Ordinario si ricevè la nuova essersi
sin dal principio dello scorso novembre restituito in Parigi
il gen. Buonaparte dopo un anno di permanenza in Egitto
dove aveva lasciato in sua vece il generale ..... al comando
dell' Armata Francese.

Mercoledì 11 detto: In questo giorno s'intese essersi dalla Reg-
genza stabilito il Campo Santo, per riporvi i Cadaveri dei
Defonti nello Spedal Militare, da formarsi quanto prima
nel terreno contiguo al soppresso Monastero di Santa Cate-
rina Vecchia fuori di Porta S. Angiolo.

Giovedì 12 detto: La mattina di buon’ora si riseppe essersi
dalla Reggenza spedito in Arezzo il signor Giudice Bocci
ad oggetto di esaminarvi tutti i Detenuti di questa Città.

Sabato 14 detto: La mattina per tempo si rinvenne affisso
| Editto della Reggenza dove si rendeva manifesto il calo
al valore della Moneta Repubblicana di rame, da Baj. 2 a
uno e mezzo. —

Domenica 15 detto: Circa le ore 23 e mezza, venne in Duomo
compartita al numeroso popolo la Benedizione Papale dal
riferito Missionario Passionista, che impose il termine alle
sue Apostoliche Fatiche.

Lunedi 16 detto: Nella Chiesa di S. Donato, Parrocchia del
defonto signor Canonico Penitenziere, si diede principio alle
ore 10 al notturno in suffragio del medesimo e dopo la
Messa di Requie, il Signor Dottore Don Francesco Canali,
Canonico Teologo del Rev.mo Capitolo, passò a recitarne il
funebre Elogio alla presenza di tutti i Membri del Collegio
dei Teologi e di varia scelta Udienza.

Martedì 17 detto: Nell’ Oratorio interno del Seminario s'inco-
minciarono da due Missionarj Passionisti a dar gli Esercizj
Spirituali a tutti quegli Ecclesiastici ultimamente dimessi
dalle carceri di S. Tommaso.

Mercoledì 18 detto: Venne emanato 1° Editto della Reggenza
riguardante il. Quotizzo dei Terreni per potersi a misura
delle rendite di ciascun Possidente prescriversi la giusta
assegna de’ prodotti.

Venerdì 20 detto: Per la Posta vennero trasmesse due Copie di

Ritrattazioni: l'una del signor Medico Franceschi di Narni,
E. RICCI

l'altra del signor Medico Sinibaldi di Spoleto, come ancora
la copia dell' Orazione Funebre al defonto Sommo Pontefice
Pio VI, recitatasi da Mons. Brancadoro nella Patriarcale
di Venezia alla presenza di tutto il Sagro Collegio.

Cessò di vivere in età di anni 50 il Signor Marchese
Ranieri Coppoli, Cav. di S. Stefano.

Sabato 21 detto: Nella Cattedrale si celebrò,. coll’ intervento
dei Cavalieri del suddetto Ordine, il Funere per l’ Anima
dell’ estinto Sig. Marchese Coppoli e riposto il Cadavere
nell’ avello de’ suoi Maggiori.

26 detto: Fu cantata in Duomo messa solenne con musica ed il Tedeum
coll’ intervento del Corpo ecclesiastico, civile e militare per la nuova
della resa di Cuneo. Nella sera vi fu rinfresco in palazzo.

27 detto: Morì Lodovico Patrizi, e nel dì seguente fu fatto il funerale

in S. Biagio.

28 detto: Venne pubblicato un editto di S. M. Imperiale in cui si ordi-

nava la restituzione di tutti i beni spettanti a tutte le corporazioni
ecclesiastiche ed ai luoghi pii, unitamente ai frutti arretrati. I
primi nel ferrarese, tra gli altri Ordini regolari ad essere ristabiliti
nel possesso dei loro fondi, e corporazione regolare, sono stati i
chierici regolari delle Scuole pie, colla restituzione degli arretrati.

30 detto: Spedizione di 100 mila russi, per essere uniti nella primavera
a quelli stanziati in Boemia, ed altri 40 mila al Reno, sotto il
comando dell’ Arciduca Carlo. Anche l’ Inghilterra offrì i suoi sus-
sidj per la nuova campagna della primavera.

31 detto: Si seppe che la Nazione ebrea d’ Ancona, volendo dare una
prova della loro riconoscenza alle truppe austriache, che salvarono
la vita e le sostanze. degl’ individui nel 19 Dicembre, depositò
30 mila fiorini a disposizione del generale barone di Froelich.

1800.
GENNAIO.

Mercoledì 1 detto: In questo giorno fu pubblicata la nota dei

Soggetti per la nuova Reggenza stabiliti dal Signor Conte
Camillo della Gherardesea Commissario Imp. con lettera
di minaccia ai respuenti, e furono il signor Conte Reginaldo
Ansidei, Giovanni Cav. Connestabili, Giovanni Battista AI-

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CRONACA DELLA REPUBBLICA FRANCESE IN PERUGIA 55

fani, Orazio Rossi, Giovanni Battista Pecci, Ercole Bordoni,

Dottor Giovanni Battista Simonetti e Giuseppe Travigi.

Giovedi 2 detto: Il eapitano Tedesco signor Antonio Kircher,
qui dimorante sin dal 10 Dicembre dello scorso Anno,
entró ad occupare il Posto di Comandante della Piazza in
assenza del signor Tenente Zanino di Pavia, partito per
Firenze, il giorno appresso.

Venerdi 3 detto: Per la Posta si ebbe notizia che, essendosi
dalla Reggenza di Foligno, il primo giorno del presente
anno, fatto affiggere il Manifesto concernente il ripristina-
mento al valore antico del Colonnato, cioó a Paoli 10, fu
costretta il giorno dopo a mandare un contro-Editto per
evitare un imminente sconcerto che sarebbe nato partico-
larmente nel ceto de’ Negozianti (1).

Sabato 4 detto: Nella Chiesa dei Padri Olivetani (2) incominciò
alle ore 4 pomeridiane un Solenne straordinario Triduo in
rendimento di grazie all’ Altissimo per i passati ricevuti
Benefizi.

Domenica 5 detto: In questo giorno si ascoltarono delle lagnanze
e imprecazioni contro il Governo e la Nobiltà, stante la
notabil penuria de’ generi di prima necessità.

Lunedì 6 detto: Solennità dell’ Epifania. Nel suddetto tempio

di Monte Morcino, circa le ore 23 Italiane da Monsignor

Ill.mo Rev.mo si celebrò là Sagra Funzione essendosi dal

numeroso popolo cantato l’ Inno Ambrosiano, intonato dal

medesimo con l'assistenza dei Monaci regolari, dal Signor

Dottore Don Giuseppe Motti Teologo-Liturgico; e in tal

congiuntura si riseppe essersi fatta dispensare in ciascun

giorno ai poveri una libbra di pane, e conferire a sorte la

Dote di 10 Scudi a due Zitelle, una della Parrocchia di Santa

Elisabetta, l'altra di S. Antonio.

(1) Il Colonnato era una moneta d'argento spagnuola del valore
di uno scudo, pari a 10 paoli: L. 5,30.

(2) La Chiesa degli Olivetani era quella oggi chiamata dell’ Uni-
versità, ossia Montemorcino Nuovo, per distinguerlo dall’ altro fuori
porta S. Susanna dove gli Olivetani ebbero il primo Monastero fondato
dal Cardinal Capocci, l'anno 1306,
56 E. RICCI

Martedì 7 detto: Dopo 6 giorni di pestifera malattia, cessò in
età di anni 60 il Padre Don Celestino, Maggiore degli Ere-
miti Camaldolensi, a Monte Corona il quale, sin dal di
12 Dicembre dello scorso anno, erasi di sua elezione impe-
gnato ad assistere nello Spedal Militare quei ‘Tedeschi
infermi, possedendone a meraviglia la Lingua.

Mereoledi 8 detto: Giunsero, di ritorno da Firenze, li Signori
Marchese Nicola Antinori e Dottor Carlo Negroni, inviati
colà dalla Reggenza al Signor Conte Cammillo della Ghe-
rardesca per affari politici, sin dal dì 30 Dicembre dello
scorso Anno.

Giovedì 9 detto: In questo giorno.fu risaputo essersi nella notte
antecedente viste girare alcune pattuglie false, composte
di Patriotti. i

Giunsero dalla città d' Arezzo alcuni Detenuti del Paese,
che in numero di 10, in diversi legni erano sin dal dì 23 Agosto
di notte tempo partiti con la Forza Armata dalle Carceri
di S. Tommaso, per tradursi in quelle della suddetta città;
condannati, per quanto s’ intese, alla carcere in propria casa
fino a nuovo Ordine. Poco prima della mezzanotte vennero
per ordine del Ten. Colonnello caricati i due pezzi d' Arti-
glieria posti innanzi al corpo di Guardia sotto il Palazzo
del Pubblico con miccio acceso, e si rinforzarono le Pattu-
glie, stante un rapporto fatto al medesimo che i Patriotti
potessero macchinare qualche proditorio ‘attentato a danno
dell’ Armata Austriaca.

Venerdì 10 detto: Circa le ore 8 della sera, cessò di vivere in
età di anni 59 il signor Baly Francesco Oddi della Parroc-
chia di S. Fortunato.

Sabato 11 detto: Fecero in questo giorno partenza con un pic-
chetto di Soldati Austriaci tre bassi Officiali Francesi che
sin dal Mese di Aprile erano rimasti infermi nello Spedal
Militare.

Nella Chiesa dei PP. di Sant’ Agostino, premesso un
decente funere per l' Anima dell’ estinto Signor Baly Oddi,
con l'intervento dei Cavalieri di Santo Stefano e dei Con-
fratelli dell’ Oratorio della Giustizia, venne il Cadavere ripo-

sto nella Sepoltura Gentilizia della suddetta famiglia.
CRONACA DELLA REPUBBLICA FRANCESE IN PERUGIA 57

Domenica 12 detto: Passò all’ altra vita in età di anni 57 il
signor Don Giovanni Porrari Parroco di Sant’ Angiolo di
Porta Borgna. Si ebbe in questo giorno notizia, che poco
prima della mezzanotte erasi all'improvviso scaricata una
casetta situata sotto il Palazzo Bonaini, senza nocumento

L di aleuno: come ancora essersi circa le 9 tirati dei sassi

| dalla sentinella della Guardia Civica al Quartiere dell’ Uni-

. versità. i

Lunedì 13 detto: Nella suddetta Chiesa di S. Angiolo, celebra-
tosi un decente Funere per l’ Anima del defonto Signor
Don Giovanni Porrari, venne riposto il Cadavere nel Sepol-
cro dei suoi Antecessori.

Martedì 14 detto: Rimasta fin dal dì 12 vacante la Parrocchia
di S. Angiolo, per morte dell’accennato Rettore, Monsignore

E Ill.mo e Rev.mo Vescovo si compiacque di eleggere in eco-

3 nomo della medesima il signor Don Vincenzo Battaglini

E. Parroco di Santo Stefano, stante l'assistenza di propria
elezione prestata a quel popolo sin dal momento dei prodigi
delle Sagre Immagini, che fu il giorno 11 di Luglio del-
l'anno 1796.

Mercoledì 15 detto: Stante una lettera d'invito del Signor Conte
Camillo della Gherardesca, il Signor Alessandro Giori venne

" obbligato ad entrare nel numero degli altri Signori Reggenti.
| Per commissione dei suddetti Signori Reggenti due Deputati
E sl posero in giro per il Territorio, a far ricerca di frumento

Giovedì 16 detto: Venne in questo giorno affisso 1’ Editto della
Commissione Militare dove venivano stabilite le leve forzate;

|

|

|

|

| per lo sfamo di questa città.

|

|

|

| essendosi all'esecuzione delle medesime destinato il Signor

B Tenente Giacomo Friggeri.
| | Venerdi 17 detto: Per la posta si ebbe notizia, che sin dal dì
Pi 11 in Roma era stato posto in carcere il Signor Zaccaleoni,

uno dei Consoli in tempo . dell’ Estinto Governo Repubbli-
cano, arrestato nel Convento dei PP. Domenicani di Piperno,
per supposto, che, unito ad altri della sua sfera, andasse
costà facendo delle sedute e pranzi patriottici.
Sabato 18 detto: Alle ore 7 pomeridiane, i Signori Confratelli
della Venerabile Compagnia di S. Giuseppe e tutti i Cap-
E. RICCÌ

il iI pellani della Chiesa Parrocchiale di Santa Maria della Mise-
| ricordia si trasferirono processionalmente alla Porta di
S. Pietro dove già trovavasi nel Feretro, trasportato dal
castello di Torgiano, il Cadavere del fu Signor Conte Fran-
cesco Baglioni, passato all’ altra vita il giorno antecedente,
in età di anni 73.
| Domenica 19 detto: Nella Chiesa dei PP. Domenicani fu cele-
il brato un grandioso Funere per l' Anima del Defonto Signor
ME] Conte Baglioni, e il Cadavere riposto nel Sepolcro dei suoi
Antenati. i
Alle ore 20, venne poi dai superstiti della suddetta
Famiglia nell’ ingresso del rispettivo Palazzo fatta dispen-
sare a ciascun povero l’ elemosina di Bajocchi 2.
Lunedì 20 detto: Per la posta si ebbe notizia da Città di Ca-
stello, che i Patriotti detenuti in quelle Carceri erano fug- ;
il giti di notte tempo.
| Martedì 21 detto: Proveniente dalla Toscana, arrivò in questa
Ni Città di passaggio un Corpo di 700 Combattenti Austriaci
Hi diretti alla volta di Foligno, per quindi trasferirsi in Ancona.
] | Mercoledì 22 detto: . Per Commissione dei Signori Reggenti par-
| tirono in questo giorno per Ancona li Signori Giovanni Bat-
tista Alfani e Dottor Benedetto Bernardi, ad oggetto di far
provvista di grano per la Città la quale trovavasi alla
vigilia di qualche grave disordine stante la mancanza del
suddetto genere.

Giovedì 23 detto: Provenienti dalla città d’ Arezzo, comparve
in compagnia d’altri della sua sfera il Signor Dottore An-
giolo Cocchi del Piegaro, Medico di Corciano detenuto in
quelle Carceri per lo spazio di 5 mesi in circa, il quale, per
quanto s’ intese, nel passare per la Magione, nonostante la
Forza Armata in difesa, aveva dovuto soggiacere a non
pochi vituperj e villanie di quella gente che non avrebbe
certamente desistito, se alcuni de’ Soldati Austriaci non si
fossero fatti a spiegare i loro fucili verso di essa.

Venerdì 24 detto: In congiuntura del solito mercato, da diversi [

s Villani del Prugneto si ebbe notizia esser rimasta vacante È
quella Parrocchia per morte del signor Don ...... Pompilli,
seguita il giorno antecedente.

mE
GRONACA DELLA REPUBBLICA FRANCESE IN PERUGIA 59

Sabato 25 detto: Circa le ore 7 della mattina, il signor Spiri-
done, Figlio del quondam Signor Conte Omero Montespe-
relli, si congiunse in Matrimonio con la Zitella signora An-
giola, figlia del quondam Signor Fidenzio Bacci di Castel
del Piano.

FEBBRAIO (1).

MARZO. WM

APRILE. |J |

EE . della moneta.
Sabato 19 detto: Nella Chiesa dei PP. Conventuali si celebró
un solenne Funere per l'anima del Defonto signor Conte
1 degli Oddi, e dopo recitata inter Missarum solemnia VY Ora-
i zione Funebre dal signor Dottore Luigi Canali e fatte al
Cadavere le consuete essequie, venne il Cadavere suddetto
riposto nel Sepolcro dei suoi Antenati.
Martedì 22 detto: Venne affisso l’ Editto della Reggenza dove
E si ingiungeva a tutti i rispettivi Possidenti di ricomporre
le forme in quella parte di terreno riguardante la strada
maestra Con$olare.

Circa l’ un'ora di notte andarono in Iscena per la prima
sera i Comiei della Compagnia Del Buono di Firenze al
Teatro del Pavone.

Sabato 26 detto :. Per la posta si ricevé la nuova che Sua San-
tità, residente ancora in Venezia, aveva per Lettera fatto
pi: intendere alla Cognata di non muoversi da Cesena.

(1) Non diamo il supplemento, perchè, cominciando dal 1800, pub- d.
blicheremo la Cronaca inedita di Giovanni Battista Marini.
x ee dt =

60 E. RICCI

Domenica 27 detto: Venne in tutte le Sagrestie trasmessa la
Schedola dove rimaneva espresso 1 Ordine di Monsignore
Ill.mo e Rev.mo Vescovo di porsi la Colletta alla Messa
ad petendam pluviam.

Lunedì 28 detto: Circa le ore 23 nelle Chiese dove si conservano
i SS. Confaloni s’ incominciarono le solite preghiere per la
pioggia, coll’ esposizione del SS. Sacramento.

Mercoledì 30 detto: Vennero condotti in Carcere diversi Fornari,
per aver fatto mancare il pane ai rispettivi Spacci, a tenore
delle obbligazioni fatte.

MAGGIO.

Giovedì 1 detto: Circa le 11 della mattina, due de’ Signori Reg-
genti si portarono in diversi spacci di pane per esaminarne
la qualità e il peso. È

Sabato 3 detto: Vennero in questo giorno per ordine della Reg-
genza, aperti più spacci di Vino al prezzo di baj. 4 la
foglietta, stante la notabil penuria.

‘Domenica 4 detto: Nella Chiesa Parrocchiale di S. Andrea di.

Porta S. Susanna si celebrò da pii Devoti la Festa del
B. Errigo Re di Danimarca le cui ossa si conservano intatte
da 9 secoli (1) in poi in una decente urna, collocata sotto
l' Altare Maggiore della medesima.

Lunedì 5 detto: Circa le ore 10 di Francia si conferì, secondo

il primiero costume, la Laurea nell’ una e l’altra Legge, ad
un giovane Patrizio di Acquapendente.

Martedì 6 detto: Alle ore 23 Monsignor Ill.mo\Rev.mo Vescovo
si trasferì nella Chiesa del Monastero delle Monache di S. Ca-
terina, dove fu cantato in Musica piena l’ Inno Ambrosiano,
per l’ Elezione del nuovo Sommo Pontefice del loro Ordine.

(1) Il Beato Errico, Re di Dacia e Transilvania, non di Danimarca,
andava a visitare i Luoghi Santi; e capitò in Perugia nell’ inverno
del 1415. Ospitato nell’ Ospedale degli Aromatarj, di San Cosma e
San Damiano, come un povero qualunque, vi morì il 13 Marzo 1415.
Bisogna dunque correggere l’errore del Cronista e scrivere 4 secoli,
invece di 9. i
CRONACA DELLA REPUBBLICA FRANCESE IN PERUGIA 61

Mercoledì 7 detto: Proveniente dal Quartier Generale di Ancona,
arrivò in casa Aurelj un Colonnello Tedesco.

Giovedì 8 detto: Parimenti da Ancona giunse di passaggio per
la Toscana un Corpo d’ Armata di 800 Ungheresi tra Offi-
ciali e Comuni.

Venerdì 9 detto: Cessò di vivere, in età di anni 76, la Vedova
Signora Contessa Angiola Aurelj Ranieri, della Parrocchia
di S. Giov. Rotondo.

Sabato 10 detto: Nella suddetta Chiesa, dove rimane la Sepol-
tura gentilizia della Famiglia Ranieri, si celebrò un decente
Funere per l' Anima dell’ estinta Signora Contessa Angiola,
e quivi Sepolto il suo Cadavere. Circa le ore 22 Italiane
nella. Chiesa de’ PP. Casinensi vagamente parata vennero
celebrati in Musica piena i primi Vespri Pontificali, per
| Elezione dell’ Odierno Sommo Pontefice della suddetta
Congregazione.

Domenica 11 detto: Circa le 22, l'Imp. Reggenza si trasferì
nell' aecennata Chiesa, dove fu eseguito da scelti soggetti
sì nel canto, come nel suono, l'Inno Ambrosiano, sotto
la direzione delli Signori M.° Caruso, e Galeazzi, primo
violino.

Lunedì 12 detto: La mattina di buon’ ora si ebbe notizia che
alcuni Ladri, entrati per una finestra che corrisponde nella
Sagrestia del Confalone di S. Francesco, avevano tolte
alcune delle suppellettili sagre ultimamente ricuperate.

Martedì 14 detto: Per ordine del Comandante Austriaco, venne
intimato a tutti que’ forastieri, non domiciliati in questa
Città, di sloggiarne in termine di 3 giorni.

Giovedì 15 detto: La mattina di buon’ ora si riseppe, che a un
certo Muratore, nominato Violino, era riuscito di entrare
di notte tempo in Casa Ranieri per derubarvi; ma che
accortosi del romore, per paura di essere scoperto, erasi
gittato dalla finestra, ed era morto all’ istante.

Venerdì 16 detto: In questo giorno partirono alla volta di Firenze
due della Reggenza, cioè li Signori Conte Riginaldo Ansidei,
della Parrocchia di S. Biagio, e Fulvio Ansidei, della Par-
rocchia di Santa Maria Nuova. Per la posta venne tra-

smesso in istampa il seguente Epigramma, formato sullo
E. RICCI

Stemma e Cognome, dell Odierno Sommo Pontefice, unito
a quello della Congregazione Casinense.

Clareseunt Montes, sua lumina sidera pandunt,
Crux invicta preit, Pax ubi sculpta manet.

Iamque Aurora rubet, tenebris splendore fugatis,
Et capita inflectunt Ethiopes populi.

Septimus haee Pius ostendit: tu Roma triumpha :
Quid non sperandum talibus auspiciis?

TRADUZIONE.

Veggo schiarirsi à monti, e sfavillar le stelle,

Non soffron più gli affronti del torbido Rubelle.
Rosseggia già V Aurora, fugato il Nembo atroce,

E pace annunzia ancora la Vittoriosa Croce :
Veggo per tal portento piegar la fronte il Moro,

E cingersi contento di verdeggiante alloro.
Tanto ci fa palese il Settimo gran Pio,

Scelto a gloriose imprese, dal Sommo, Eterno Iddio.
Da simile successo che presagir non lice?

Trionfa, o Roma, adesso, spera, sarai felice.

Sabato 17 detto: Arrivò dalla parte di Toscana un distacca-
mento di Armata Austriaca: di circa 80 tra soldati e Offi-
ciali, che si trovavano prigionieri di Guerra in Genova.

Lunedì 19 detto: In questo giorno nell’ orto dei .RR. Monaci
Casinensi vennero fuse due grosse Campane da ripristinarsi
nel respettivo Campanile, in mancanza di quelle, tolte dal
passato Governo, in Congiuntura della soppressione del Sud-
detto Monastero (1).

Giovedi 22 detto: Ascensione. Giunsero di ritorno da Firenze
li due Signori Reggenti partiti da questa Città sin dal di 16.
Ad istanza del Comand. Austriaco, fu eseguita l'illumina-

(1) Le campane rifatte di nuovo, in luogo delle distrutte dai Re-
pubblicani (vedi pag. 20), a spese dei Monaci furono le due più grandi.
I fonditori furono Giuseppe di Filippo e Lorenzo Lera. L'anno 1928,
essendosi rotta la maggiore, fu rifusa dalla ditta Donato Bastanzetti
di Arezzo.
CRONACA DELLA REPUBBLICA FRANCESE IN PERUGIA 63

zione per la Città stante la nuova ministeriale, trasmessa
al Medesimo, della resa di Savona in poter de' Francesi (1).

Venerdi 23 detto: Venne affissa e inviata a tutti i Parroei
della Città e Diocesi la Notifieazione di Mons. Ill.mo e
Rev.mo Vescovo riguardante la processione de' Confaloni, da
farsi per un triduo per ottenere da Dio la bramata pioggia.

Sabato 24 detto: Proveniente dalla Marea di Ancona, giunse
un Corpo d'Armata Tedesca, diretta per la Toscana.

Domenica 25 detto: Cirea le ore 20 Italiane incominció la prima
Processione de’ SS. Confaloni, dove intervenne un gran
concorso di popolo della Campagna.

Mercoledì 28 detto: Scese finalmente per più ore una copiosa
pioggia a benefizio delle inaridite Campagne.

Venerdì 30 detto: Proveniente dalla Toscana, arrivò in questa
Città un Corpo di Armata Austriaco di 900 Uomini, diretta
alla volta di Ancona.

GIUGNO.

Martedì 3 detto: Dalle Lettere di Toscana si ebbe notizia che
il primo Console della Rep. Francese erasi da Parigi tra-
sportato in Ginevra per aspettar l’ esito della Battaglia del
Reno.

Mercoledì 4 detto: Di notte tempo fece partenza per Ancona
tutta la Guarnigione Tedesca acquartierata in questa città,
sin dal dì 7 settembre dell’ Anno 1799; entrando ad occupar
la Fortezza una porzione della Milizia Urbana, comandata
dal signor maggior Vincenzo Giovio (2).

Giovedì 5 detto: Venne affissa, in questo giorno, la relazione

di un serio Fatto d' Arme seguito al Reno tra le due grandi

(1) Intendi: Savona, che era governata dai repubblicani, si arrese
alle armi austriache.

(2) La notizia che Napoleone primo Console era sceso dalle Alpi,
fece temere agli Austriaci qualche colpo di stato, e concentrarono le
truppe in Ancona per recarsi in Lombardia. Si direbbe che presentirono
la celebre vittoria riportata dal Bonaparte sui campi di Marengo, tra
la Bormida e la Scrivia, i
E. RICCI

Armate essendovi dalla parte degli Austriaci rimasto ucciso
il Gen. Palfi.

Sabato 7 detto: Proveniente dal Quartier Generale d' Ancona,
comparve in questa città di passaggio una Compagnia di
Croati diretti alla volta della Toscana.

Lunedi 9 detto: Cirea le 10 di Francia venne pubblicata a suono
di tamburo la nuova Ministeriale della Resa di Genova, in
potere delle Armate Repubblicane, autenticata dal Gen.
Sommariva, Comandante della Guarnigione Austriaca in
Firenze. La sera vi fu illuminazione al Teatro del Pavone
e per tutta la Città.

Martedì 10 detto: Circa le ore 23 Italiane nella Chiesa Catte-
drale s'incominció un Solenne Triduo coll’ Esposizione del
SS. Sagramento per la nuova della Resa di.Genova.

Giovedi 12 detto: All’ora solita, l’ Imp. Reggenza, l'Officialità

e tutto il Ceto Nobile in gala si portò in Duomo, dove fu.

cantato l’ Inno Ambrosiano in Musica piena, e dove infine
da Mons. Ill.mo Rev.mo Vescovo fu data la Benedizione
col Venerabile all’ affollato popolo quivi concorso.

Lunedì 16 detto: La mattina di buon’ ora si ebbe notizia, essersi
in diverse botteghe commessi de’ notabili furti, senza usar
eontrochiave ma per mezzo de’ grimandelli.

Martedì 17 detto: Per la Posta venne trasmessa la Copia del
Proclama del. Primo Console della Rep. Francese diretto ai
Popoli d' Italia.

Verso la sera comparve un picchetto d'Armata Au-
striaca con diversi Carri di Soldati feriti, provenienti da
Firenze. |

Mereoledi 18 detto: In questo giorno naeque una Disfida a
duello tra li Signori Marchese Ugolino Bourbón di Sorbello,
e Braccio Braceschi, che, attesa la mediazione di più Nobili,
non venne effettuata.

Giovedi 19 detto: Cirea le 10 di Francia arrivó da Firenze al
Monastero de’ PP. Olivetani l' Em.mo signor Card. Caraffa,
Fratello.

Venerdì 20 detto: Alle ore 6 giunse parimenti da Firenze al

Convento dei Padri Serviti di S. Maria Nuova, Monsignor

Arcivescovo di Torino. |

VR DIRE
CRONACA DELLA REPUBBLICA FRANCESE IN PERUGIA 65

Domenica 22 detto: Cirea le ore 15 Italiane nella Chiesa dei

Padri Conventuali e de' Monaci Casinensi venne eseguita
la solenne cerimonia della Benedizione delle nuove Campane
dai respettivi Prelati.

Lunedi 23 detto: Previo il numeroso Convoglio, comparso poco

avanti da Firenze, giunsero alle ore 14 Italiane in questa
Città col seguito di 5 Mute le LL. MM. il Re di Sardegna, sua
Consorte e sua Altezza Reale la Principessa Zia; portandosi
immediatamente in Duomo dove fu allora subito mostrata
la Insigne Reliquia del S. Anello della B. V.: e, lasciatosi
dai medesimi in dono un pezzo d'oro in forma di euore,
si trasferirono in casa del signor Marchese Uguecione Bour-
bòn di Sorbello di Porta Sole; venendo, per quanto si
riseppe, quivi assistiti da varj Nobili, oltre i Sig. Domestici,
sinchè si trattennero ad una breve Refezione, dopo la quale
proseguirono il viaggio alla volta di Foligno (1).

Martedì 24 detto: In questo giorno in diverse ore tornarono

al loro soppresso Monastero, le Monache Clarisse delle Bar-
tole, traslatate a quello di Monteluce, sin dall’ anno 1798 in
tempo dell’incominciata democrazia.

Mercoledì 25 detto: Per la Posta si ricevè la nuova, che il primo

Console della Repubblica Francese si trovava in Milano
con una scelta e numerosa Armata; che tra le due potenze
belligeranti era incominciato l' Armistizio sin dal primo del
Corrente; che dai Francesi eransi tornate ad occupare le
Fortezze di Nizza, Cuneo e Genova, e un Corpo di trenta-
mila Uomini era già comparso in Bologna.

Giovedi 26 detto: Partirono in diverse Carrozze i Signori Ree-
© eo

genti alla volta di Foligno, per complimentare S. Santità,
che in breve stava per giungervi da Venezia.

Lunedì 30 detto: Fece ritorno in questa Città l' Imp. Reggenza

da Foligno; dando notizia dell'arrivo del S. Padre sin dal
di 28 al Palazzo Vescovile, scortato dalla Cavalleria Tede-
sca: che il di 29, celebrato in quella Cattedrale il Divino

(1) Carlo Emanuele IV di Savoia, Re di Sardegna nel 1786, abdicò

nel 1802 in favore del fratello Vittorio Emanuele I. La sua consorte fu
Maria Clotilde di Francia, sorella di Luigi XVI.

TIGE SR TUELXOEÉZI E. RICCI

Sacrificio coll’ assistenza di molti: Vescovi, tra quali Mon-
I signor Allesandro Odoardi, presenti i RR. personaggi di |
| | - Sardegna, gli Em.mi Porporati e un numero infinito di gente b
| di ogni Ceto, erasi trasferito allo Episcopio compartendo 3
su di una Loggia a tutti l' Apostolica Benedizione; indi
ammettendo al bacio del piede, i primi ed altri di distin-
(RIA zione. Circa le ore 2 Italiane, proveniente da Firenze, arrivò

a | di passaggio il Gen. Francese la Croix, in compagnia della
i | Consorte; portandosi ad alloggiare in casa de' Signori Fra-
LI telli ‘Piazza, e poche ore dopo giunse alla Locanda della
TE Corona, parimenti colla Consorte, S. A. R. il Duea di Cha- [
blais, diretto alla volta di Roma.

LUGLIO.

jd | | dU Mercoledì 2 detto: Venne in questo giorno affisso il primo Editto
ET n del nuovo Sommo Pontefice, dove rimanevano espresse
| varie determinazioni, dirette a felicitare i suoi Sudditi.

il Giovedì 3 detto: In diverse ore le Monache di S. Tommaso,
li i traslatate sin dal dì 5 maggio del 1799 al Monastero delle
| Colombe, dello stesso Ordine Domenieano, fecero ritorno
a alloro Convento già ristaurato.

Il. Venerdi 4 detto: Furono dimessi dalla Sapienza Vecchia i18 dete- È,
o nuti, quivi tradotti dalle Carceri di S. Tommaso sin dallo E
iù scorso mese di Marzo.

| | Alla mezz’ ora di notte si vide illuminata tutta la Città
cc : dandosi principio alle sere di allegrezza per il felice arrivo
: di Sua Santità in Roma.

| Sabato 5 detto: Proveniente da Roma, arrivò in questa Città
in qualità di Delegato Apostolico S. Eccellenza Rev.ma
Monsignor Agostino dei Marchesi Rivarola, patrizio di Ge-
nova, portandosi ad alloggiare provvisoriamente da Mon-
signore Ill.mo e Rev.mo Vescovo (1).

(1) Di qui innanzi, quando il Cronista nomina Sua Eccellenza Rev.ma,
| : . senZ'altro, si deve intendere il Delegato Apostolico, Monsignor Ago- È
i stino Rivarola, il cui governo fu sapiente e mite, ma franco e risoluto, È
come si può vedere nel seguito di questa Cronaca. 3
RUE ETE ELE TEENS ETT EIE

CRONACA DELLA REPUBBLICA FRANCESE IN PERUGIA 67

Scortati da uno squadrone di Armata Austriaca, com-
parvero 200 Francesi tra Officiali e Comuni, provenienti
dalla parte di Toscana.

Domenica 6 detto: Circa le ore 15 Italiane Sua Eccellenza
Rev.ma si trasferì in giro ai respettivi spacci di pane, ed
avendolo in diversi Forni trovato scarso di peso e di pes-
sima qualità, lo fece dai Birri immediatamente togliere, e
dispensare in pubblico ai poveri.

Lunedì 7 detto: Circa le ore 21 e mezza Italiane, arrivò da
Venezia Sua Eccellenza il Signor Go. Priore Fra. Giov.
Batta. Altieri Commendatore di S. Luca della Sag. Reli-
gione Gerosolimitana, portandosi ad alloggiare in Casa de'
Signori Fratelli Giori Agenti del Medesimo.

Per la Posta venne trasmesso il dettaglio dell’ Ingresso
del S. Padre a Porta del Popolo seguito il dì 3 del Corrente,
come ancora delle Feste, Apparati, Arehi trionfali, Illumi-
nazioni, Orchestre, Corteggi, Donativi fatti al medesimo in
tal Congiuntura.

Martedi 8 detto: Ad istanza di Monsignore Ill.mo Rev.mo
Vescovo, fu per ordine di Sua Eccellenza Rev.ma rimesso
l Orologio del Pubblico, all’ Italiana, secondo il primiero
costume.

Per la Posta venne trasmessa la Copia stampata di
un’ Allocuzione del primo Console della Repubblica Fran-
cese, diretta ai Parroci della Città e Territorio di Milano.

Mercoledì 9 detto: Comparve un distaccamento d’ Armata Au-
striaca composto di 150 fucilieri, molti de’ quali, poche
ore dopo, andarono a morire nello Spedale Militare.

Domenica 13 detto: In questo giorno si ebbe notizia della morte
del Sig. Marchese Carlo Monaldi, seguita la notte antece-
dente nel suo Casino de’ Murelli, sotto la Parrocchia di
S. Proto, in età di anni 39.

Lunedì 14 detto: Nella suddetta Chiesa Parrocchiale suburbana

si celebrò un Decente Funere per l’anima del defonto

signor Marchese Monaldi, e quivi sepolto il Cadavere a

tenore delle sue testamentarie disposizioni.

La mattina di buon’ora. si riseppe la fuga di numero

4 galeotti insieme col Custode, seguita la notte antecedente.
68 E. RICCÍ

Martedi 15 detto: Proveniente da Firenze, comparve di passag-
gio fuori delle Mura con la Muta a 8, col seguito della Ca-
valleria Austriaca e Stato Maggiore della Milizia Urbana,
S. M. la Regina di Napoli in compagnia di 3 figli che
appena giunta verso lo spiazzo dei Padri Minori Osservanti
di S. Girolamo, dove trovavasi riunita tutta l’ Officialità e
Ceto Nobile in gala, e allestito sotto dei tendati un conve-
niente preparativo di scelti commestibili, venne complimen-
tata alla Carrozza dai due Prelati, alle cui complicate
amplissime esibizioni, non lasciando di mostrar segni di
gradimento, proseguì la sua corsa alla volta di Foligno,
per quindi imbarcarsi, per quanto si riseppe, in Ancona,
accompagnata dal Sig. Marchese Nicola Antinori Direttore
delle Poste dell’ Umbria (1).

Dalle lettere di Toscana si ricevè la nuova che i Fran-
cesi erano tornati a impossessarsi di Lucca.

Giovedì 17 detto: Circa le 10 comparve di passaggio fuori di
porta S. Carlo il celebre Ammiraglio Nelson, Inglese, pro-
veniente da Firenze diretto alla volta di Ancona.

Venerdì 18 detto: Venne affisso l'editto pontificio con la firma
di S. E. Rev.ma Mons. Ercole Consalvi Segretario di Stato,
dove rimaneva sotto rigide pene vietata l’ estrazione dei
grani e di altri generi fuori del Romano Dominio.

Dalle lettere di Foligno si ebbe notizia che S. M. la
Regina di Napoli, quivi giunta sin dal dì 15, aveva allog-
giato in casa Nicolini, ed ammesso alla Mensa Mons. Mo-
schardini Vescovo della suddetta città.

Sabato 19 detto: Per ordine di S. Ecc. Rev.ma venne posta
nella piazza del Mercato alla Merlina (2) con la mordaechia

(1) Maria Carolina d’ Austria, moglie di Ferdinando IV di Borbone,
figlio di Carlo III. Viene accusata di aver messo in mala vista presso
il marito il ministro Tanucci, sotto del quale Ferdinando governò ret-
tamente. Licenziato il Tanucci, il suo regno fu turbato da molti mali.
Spodestato da Napoleone I, ebbe nel 1814 il titolo di Ferdinando I,
Re delle Due Sicilie.

(2) Merlina, per berlina, è ammesso dai lessici, come voce in uso
nel linguaggio di Siena. Aggiungiamo che, nell’ Umbria, è più frequente
di berlina.
CRONACA DELLA REPUBBLICA FRANCESE IN PERUGIA 69

un detenuto nelle Carceri del Governo, reo di furti e bestem-
mie, che poi venne condannato ai lavori pubblici per lo
Spazio di 6 mesi.

Domeniea 20 detto: Proveniente dalla parte di Toscana, giunse
di passaggio per Ancona un Corpo d'Armata Piemontese
al servizio di S. M. Imperiale e Reale, composto di 100 uo-
mini d' Infanteria.

Martedi 22 detto: In questo giorno entrarono ad occupare il
posto de' Signori della Reggenza i seguenti in numero di 14:
sette addetti al politico e sette al Governo dell' Annona,
sotto il nome di Amministrazione Pontificia, cioè:

Li signori Marchese Pietro Gentili, Cav. Giovanni Con-
nestabili, Marchese Giacomo Antinori, Innocenzo Massini,
Giacomo Danzetta, Federigo Baldeschi, Orazio Rossi.

Mercoledì 23 detto: Provenienti da Firenze, comparvero 6 Offi-
ciali francesi prigionieri di guerra accompagnati da altri
Officiali Austriaci, cui venne destinato per alloggio il Mo-
nastero di Monte Morcino.

Giovedi 24 detto: Comparve parimenti in. questa Città un aiu-
tante di campo Ungherese in Compagnia di diversi bassi
Officiali, di passaggio per la Toscana, come ancora arrivò
in casa del Sig. Castellano Patrizi un Commissario di Guerra.

Venerdì 25 detto: Per ordine di S. E. Rev.ma furono, alle
ore 14, date in pubblico 20 legnate ad un certo uomo reo
di aver pronunziate varie bestemmie.

Sabato 26 detto: Di ritorno da Ancona, giunse in compagnia
del Sig. Giovanni Battista Ansidei della Parrocchia di
S. Fiorenzo, il Sig. Marchese Nicola Antinori della Parroc-
chia di S. Fortunato, partito da questa Città sin dal dì 15
per accompagnarvi Sua M. la Regina di Napoli, dalla quale,
per quanto si riseppe, aveva ricevuto in ricompensa un
Talismano del valore di 130 zecchini.

Domenica 27 detto: Proveniente da Ancona, arrivò di passaggio
un Corpo d’ Armata Austriaca di 400 d'infanteria e 200 di
Cavalleria, con 4 pezzi di Cannone, Trabacche e diversi
\Attrezzi Militari, diretti alla volta della Toscana.

Lunedì 28 detto: Venne in questo giorno affisso 1’ editto di

S. E. Rev.ma, dove s'intimava alle comunità e respettivi

e LINE STEIN - ig >
E. RICCI

Possidenti il pagamento anticipato de' Dazj, in termine
di 10 giorni.

Martedì 29 detto: Circa le ore 22 comparve uno Squadrone di
Armata Imperiale colla Cassa Militare, proveniente da Fi-
renze, diretto alla volta di Ancona.

Mercoledì 30 detto: Per ordine di S. E. Rev. venne rimesso al
solito posto l' Ordegno per dare la corda ai Delinquenti.
Giovedi 31 detto: Proveniente da Ancona, giunse di passaggio
per la Toscana uno Squadrone di Armata Austriaca. I con-
tinui andirivieni di Truppe Cesaree, seguiti sino ad ora per
questa città, diedero motivo di trattenere in tal giorno i
belli spiriti, amanti di novità, di fare le solite congetture.

AGOSTO.

Sabato 2 detto: La mattina di buon' ora si riseppe il furto com-
messo in casa del Sig. Castellano Vincenzo Patrizi di dieci
canne di drappo in Seta, in congiuntura della partenza del
Commissario di Guerra Austriaco, seguita la notte antece-
dente.

Circa le ore 15 il Sig. Marchese Giacomo Antinori e
Innocenzo Massini, stante la nuova ricevuta che S. A. Reale
l’ Arciduchessa Marianna d’ Austria, sorella di S. M. Impe-
riale, trovavasi sin dal giorno antecedente in Assisi, per
visitare quel Santuario, in compagnia delle sue Dame di
Corte e varj religiosi Pacanalisti, vi si trasferirono a com-
plimentarla a nome di questo Pubblico (1).

Lunedì 4 detto: La mattina di buon'ora si riseppe, che varj
giovani scapoli, unitisi la notte antecedente in pattuglia, si
erano messi in giro per la Città, facendosi ad arrestare coloro,
che, interrogati, ricusavano di manifestare la propria voce.

Alle ore 15, per ordine di S. E. Rev.ma, furono poste
sotto bacchetta diverse persone a motivo di avere sparse

(1) Nel manoscritto si legge chiaramente Pacanalisti, ma non sap-
piamo a che Ordine appartenessero questi Religiosi. Forse, con questo
titolo si vuole indicare un ceto di sacerdoti che noi conosciamo sotto
altro nome,
CRONACA DELLA REPUBBLICA FRANCESE IN PERUGIA 71

varie nuove allarmanti contro le Leggi emanate anche nel
passato Governo.
Giovedì 7 detto: Proveniente da Ancona, arrivò un distaccamento
di Cavalleria Tedesca con rispettivo Comandante il quale
3 si portò ad alloggiare in casa del Sig. Conte Giulio Cesarei.
Venerdi 8 detto: In questo giorno fu pubblicato ed affisso l'editto
di S. E. Rev.ma dove rimanevano condannati in termine di
24 ore all’esilio tutti quei patriotti che, ottenuto il passa-
È porto per partire da questa Città, vi fossero poi ritornati.
Sabato 9 detto: Verso il mezzogiorno, si riseppe essersi da
S. E. Rev.ma inviata una lettera al Sig. Marchese Ugolino
Bourbon di Sorbello, dove rendeagli noto le sue determi-
nazioni di dismettere cioè la Truppa de’ Villani; d’ aggravio

pochi soldati di linea per guarnir la Fortezza.

Domenica 10 detto: Circa le ore 9 comparve un Corpo d’ Armata
Austriaca di 900 combattenti tra Officiali e Comuni, pro-
veniente da Ancona, diretto alla volta di Toscana.

Lunedì 11 detto: Giunse da Firenze di passaggio per Ancona
l Ammiraglio Inglese Licton di figura gigantesca.

Dalle lettere di Roma si ricevè la nuova, essersi da
Sua Santità, residente al Palazzo del Quirinale, tenuto il
| primo Concistoro sin dal di 29 dello scorso Luglio; avendo

3 creati molti Vescovi e due Cardinali, cioè Mons. Ercole

| Consalvi, confermato nella sua carica, e Mons. Caracciolo

suo Maestro di camera.

4 Martedi 12 detto: Proveniente da Roma, arrivó al Convento

È dei Padri Minori Osservanti di S. Girolamo, Mons. Vescovo

wu di Cervia, Religioso del suddetto ordine.

Giovedi 14 detto: Giunsero da Laviano con la Forza armata
li Sigg. Petroni di S. Feliziano del Lago, affittuarj di
Casa Degli Oddi di Porta Santa Susanna; i quali vennero

i immediatamente chiusi nelle Carceri del Governo, stante la

| trasgressione dell’ Editto Pontificio, emanato sin dal di 18
dello scorso Luglio.

Venerdì 15 detto: Giorno dell’ Assunzione della Beata Vergine.
Nella Chiesa dei Padri Teresiani, circa le ore 16, venne dal

Sig. Cav. Luzio Baldella della Parrocchia di Santa Maria

D alla Città e pregiudizievole alle campagne ; essendo bastanti
Via Vincioli, dove ora è la Divisione Militare.

E. RICCI

del Popolo (1), con l’intervento di altri Cavalieri, decorato
dell’ Abito e Croce di S. Stefano Papa e Martire, il Sig.
Conte Fiumi di Assisi, domiciliato in questa città: i cava-
lieri presenti furono li Sigg. Conte Scipione Montesperelli
e Campelli di Spoleto.

Sabato 16 detto: In questo giorno sì riseppe che li Signori

dell’ Amministrazione, a tenore della supplica inviata dal
Santo Padre sin dal dì 14 dello scorso Luglio, avevano otte-
nuto l'amplo rescritto di obbligare i Reverendi Monaci Cas-
sinensi ad accordare per i bisogni della Città la somma di
scudi 18 m. Romani, da contribuirsi in due rate, oltre la
metà delle rendite.

Lunedì 18 detto: Per la Posta si ebbe notizia che S. A. Reale

l’ Arciduchessa Marianna d’ Austria, Abbadessa del Mona-
stero di Praga, si trovava alloggiata al Palazzo Rurale del
Sig. Conte Pianciani di Spoleto.

Mercoledì 20 detto: In congiuntura della ricorrente Festa del

loro Santo Fondatore, venne dai Reverendi Monaci Ber-
nardoni riaperta la chiesa dove la sera dal Rev.mo Padre
Abate Prov.le s'intonó l’ inno Ambrosiano, cantato dal
popolo, il quale ricevè infine la Benedizione dell’ Augustis-
simo Sacramento (2).

Giovedì 21 detto: In questo giorno si riseppe essersi inviata da

S. E. Rev.ma una lettera d'avviso al Sig. Comandante
Giovio, di fare aprire tutte le Porte della Città sino alle
ore due, assegnando a ciascuna il Custode cui si dava la
facoltà di esigere la somma di un bajocco da ciascuna per-
sona che dopo il tempo prefisso ne chiedesse l'ingresso.

Sabato 23 detto: Provenienti da Assisi loro patria, comparvero

con la Forza Armata li Signori Beccoli Parroco della Cat-
tedrale, e Aloigi, tradotti ambedue nelle Carceri del Governo
sino a nuovo ordine.

(1) La Parrocchia di Santa Maria del Popolo, poi riunita a quella

dell’ Ospedale, era quel fabbricato dove oggi è la Borsa. Architettata
da Galeazzo Alessi, per incarico del Cardinal Crispo, Legato in Perugia.

(2) Cioè la Chiesa di San Giovanni Battista degli Zocchetti, in

cistite AST TTE
CRONACA DELLA REPUBBLICA FRANCESE IN PERUGIA 13

Martedi 26 detto: Dalle lettere di Firenze si ricevé la nuova,
che tutti gli Ostaggi Nobili diportati in Parigi sin dallo
scorso Anno, avevano ottenuta la dimissione.

Mereoledi 27 detto: In questo giorno cessó di vivere in età di
anni 52 la Signora Marchesa Barbara Florenzi. A tenore
della supplica inviata da Monsignor Ill.mo Rev.mo Vescovo
al S. Padre sin dallo scorso Luglio, aveva ultimamente
ricevuto, per quanto si riseppe il Rescritto favorevole di
ammensare le Rendite del soppresso Monastero dello Spe-
randio all' Orfanotrofio, eretto nella Canonica appartenente
un tempo ai PP. Rocchettini (1), coll' obbligo di assegnare
a ciascuna Monaca scudi 25 l’ anno.

Giovedì 28 detto: Fu celebrato in Duomo un decente Funere
per l' Anima dell’ estinta Signora Marchesa Florenzi e riposto
il Cadavere nella sepoltura gentilizia della suddetta Famiglia.

Circa le ore 17, arrivò da Firenze al Collegio de’ PP.
Barnabiti l’ Em.mo Card. D. Giacinto Gerdil di Savoja, Re-
ligioso del suddetto Ordine.

Sabato 30 detto: La mattina di buon'ora si ebbe notizia di
due latrocinj, seguiti per la Città; l'uno in casa Florenzi,
di una Lucerna, e due paja di Candelieri d? Argento; l'altro
in easa del Signor Angelo Bacci, dirimpetto alle mura della
Fortezza, dalla parte di P. S. Carlo, ascendente in roba
alla somma di seudi 100.

Domeniea 31 detto: Cirea le ore 12, parti alla volta di Città
di Castello Sua Ecc. Rev.ma per organizzare quel Governo,
sotto la sua giurisdizione.

SETTEMBRE.

Lunedì 1 detto: In questo giorno l' Em.mo Card. Gerdil si tra-
sferì in portantina alla Chiesa Cattedrale, dove assistito al
Divin Sacrifizio all’ Altare del Sagramento, si trasferì a

(1) I Canonici Regolari, detti volgarmente Rocchettini, stavano a
S. Maria de’ Fossi, ed il loro Monastero era il presente Convitto fem-
minile di Sant? Anna, dove il Vescovo Odoardi poco prima aveva eretto
a sue spese un Orfanotrofio maschile,
E. RICCI

quello del S. Anello, per venerare la suddetta Reliquia,
fatta scendere a bella posta, presenti li signori dell’ Ammi-
nistrazione ed altri distinti soggetti.

Martedì 2 detto: Si rese verso le 13 manifesta un’Iscrizione
lapidaria diretta all’ Em.mo Gerdil dal P. Proposto D. Giu-
seppe Lesmi, essendone gli Autori li signori Dott. Marca-
relli e Canali.

Giovedì 4 detto: La mattina di buon’ ora si vidde collocato in
mezzo lo Stemma del Sommo Pontefice verso l’ Ingresso
del Palazzo Apostolico, rimanendo prima da una parte
a mano destra insieme coll’ Arme Imperiale, dimesso di
notte. :

Sabato 6 detto: Circa l' un' ora di notte, proveniente dalla parte
di Toscana, arrivò in casa della Sorella la Signora Contessa
Buonaccorsi Pianetti di Iesi, di passaggio per la suddetta
Città, dove rimase accasata.

Lunedì 8 detto: Dalle lettere di Roma si ebbe notizia di una
satirica interpretazione fatta allo stemma del Regnante
Pio VII, sulla parola Paz. .

Martedi 9 detto: Circa le ore 9, fece partenza da questa Città,
per restituirsi in Roma, l' Em.mo Sig. Card. Gerdil, giunto
da Firenze sin dal di 28 dello scorso Agosto.

Mercoledì 10 detto: Proveniente dalla parte di Toscana, com-
parve in questa Città un distaccamento di 180 d’ Infanteria
Austriaca, diretto alla volta di Ancona.

Giovedì 11 detto: A tenore del Decreto del Giudice, vennero,

mediante la Forza Armata, restituite ai primieri proprietarj
diverse Masserie, esistenti presso li Sig. Fratelli Guardabassi
e Perucchini.

Domenica 14 detto: Nella Chiesa di S. Maria della Valle (1),
appartenente alla Compagnia de’ Muratori, venne con inso-
lita solennità celebrata la Festa di S. Marino, Protettore
della suddetta; ed in tale congiuntura si distinsero li
Signori Fortini ed Antonio Tomassini, il primo in quanto

(1) In Via della Cupa, vicino al Collegio della Sapienza; oggi Con-
vento delle Suore Francesi, Oblate di San Francesco di Sales.


CRONACA DELLA REPUBBLICA FRANCESE IN PERUGIA 75

al disegno, l'altro per l'apparato del soffitto eseguito sul
gusto cinese.

Lunedi 15 detto: Proveniente da Firenze, giunse in Casa
Donini il Generale Austriaco Millius, di passaggio per
Ancona.

Martedì 16 detto: Circa le ore 24 arrivò da Roma Mons. Fran-
cesco Cesarei Leoni Uditore della Sag. R. Ruota.

Mercoledì 17 detto: Proveniente da Firenze, giunse verso la
sera all’ Albergo della Corona il Ministro di Moscovia presso
la Rep. Ligure con un grosso equipaggio.

Venerdì 19 detto: In questo giorno fecero partenza da questa
Città li Signori Marchese Giacomo Antinori e Giacomo
Danzetta, diretti alla volta di Roma per affari dell’ Ammi-
nistrazione. .

Per la posta venne trasmessa la copia dell’ Editto di
Sua Santità emanato in Roma, nel principio del corrente
mese, riguardante la riforma del Vestiario muliebre.

Sabato 20 detto: Provenienti da Firenze, comparvero in questa
Città due Officiali Piemontesi al servizio di S. M. il Re di
Sardegna; portandosi ad alloggiare in Casa Aurelj.

Domenica 21 detto: Circa le ore 9, passò per questa Città il
Corriere di Venezia, avendo, per quanto s'intese, lasciato
il plico delle lettere della Marca.

Circa le ore 17, giunse di ritorno da Città di Castello
S. Ecc. Rev.ma assente da questa, sin dall’ ultimo dello
scorso Agosto.

Circa l'un'ora di notte, in casa de’ Sig. Fratelli Giori
fu dai suddetti data un’ Accademia di Musica a contempla-
zione di S. Eee. il Sig. Gr. Priore Altieri, quivi alloggiato
sin dal mese di Luglio.

Lunedì 22 detto: Circa le ore 21, proveniente dalla Città di
Assisi, arrivò in casa del Sig. Conte Alessandro Oddi Ba-
glioni l'Em.mo Sig. Cardinale Don Antonio Doria, patrizio
di Genova.

Dalle lettere di Napoli si ebbe notizia che l’Isola di
Malta, appartenente ai Cav. Gerosolimitani, sin dai tempi
di Carlo V° Imperador di Germania, è in poter dei Fran-
eesi sin dall’ Anno 1798; per cessione, fatta ai suddetti dal
X

Dn E si

pt m. ud

E. RICCI

Gr. Maestro D. Hompesch, era passata al Dominio delle
Armate Britanniche sin dallo scorso Agosto.

Martedì 23 detto: A contemplazione dell’ Em.mo Card. D. An-
tonio Doria, giunto dalla città di Assisi il giorno antece-
dente in Casa del Sig. Conte Alessandro Oddi Baglioni di
Porta Sole, fu dal medesimo dato in questo giorno un pranzo
di parata, dove, per quanto si ebbe notizia, si trovarono
tra i convitati le LL. Ecc. Mons. Delegato Apostolico e il
Sie. Gran-Prior di Venezia.

In questo Ordinario si ricevè la nuova, che S. Maestà
Imperiale e R. erasi sin dal dì 31 dello scorso Mese, incam-
minato alla testa dell’armata alla volta del Danubio.

Mercoledì 24 detto: Cessò di vivere in età di anni 63 il Sig.
Don Antonio Massari, parroco di S. Elisabetta.

Giovedì 25 detto: Nella suddetta Chiesa Parrocchiale, pre-
messo un decente Funere per l Anima del defonto Sig.
Don Antonio, fu il Cadavere riposto nel Sepolcro dei suoi
antecessori.

Circa le ore 19 e tre quarti col Segretario per l'altra
Commenda di Gradoli, Sua Ecc. il suddetto Sig. Gr. Priore
di Venezia, trasferitosi in questa Città sin dal dì 7 Luglio,
si recò a fare la visita delle Chiese e Beni della Commenda
di San Luca ad esso appartenente.

Venerdì 26 detto: In questo giorno, tanto i Forni che gli Spacci
si trovarono più del solito esausti di pane, e vi fu gran
penuria di vino, per cui la plebe non lasciò di altamente
imprecare contro il Governo.

. Sabato 27 detto: Stante un ordine di Mons. Tesoriere, trasmesso

per la posta il giorno antecedente a Mons. Delegato, fu
cresciuto di prezzo il sale, da baj. 2 e mezzo la libbra a
3 e mezzo.

Domenica 28 detto: Trovatasi mancante notabilmente di peso
la pagnotta, diversi capi di Famiglia si portarono a ricor-
rere dalli Sigg. Amministratori dell’ Annona.

Lunedì 29 detto: Stante i ricorsi del giorno, i suddetti Signori
fecero aumentare il peso alla pagnotta, da once 3 a 4;
e al tempo stesso anche il prezzo, cioè da un baj. a uno

e mezzo.
A Aa a TR Tiene

CRONACA DELLA REPUBBLICA FRANCESE IN PERUGIA 77

Martedì 30 detto: Circa le ore venti le Monache delle Con-
vertite (1), traslatate al Romitorio di S. Sebastiano sin
dall'anno 1798, fecero alla fine ritorno al loro monastero,
fattosi già ristaurare da Mons. Ill.mo e Rev. Vescovo.

OTTOBRE.

Mercoledì 1° detto: Per mezzo di un colono del Sig. Filippo

i Lippi, diretto al medesimo dal Castello di S. Egidio, fu
risaputa la morte di una certa Maddalena, zitella di anni 50,
accaduta costì dopo 32 d’infermità sofferta con sempre
eguale rassegnazione di Spirito e serenità di volto; per cui
fu tenuta in qualche concetto, anche da persone illuminate
e di credito.

Giovedì 2 detto: Da diversi sacerdoti «Cappuccini, tornati dal
suddetto Castello, si ebbe ragguaglio. del funere celebrato
in quella Chiesa Parrocchiale, per 1’ Anima della defonta
Maddalena, il cui Cadavere venne collocato in un sito a
parte sinchè non fosse fatto lo scavo in forma di Deposito.

Venerdì 3 detto: Il P. D. Giuseppe Lesmi, di concerto col
Sig. Filippo Lippi, ottenuto da Mons. Ill.mo Rev.mo Ve-
scovo il permesso di fare seppellire 1’ accennata estinta
Maddalena in un luogo distinto, si trasferirono al noto
Castello, per eseguire il loro desiderio con tutta l'energia.

Sabato 4 detto: Per ordine di S. Ecc. Rev.ma venne alle 15
affisso il Canape al solito Ordegno per appendervi due Capo-
popoli i quali avevano senza riguardo inveito in pubblica
Piazza contro il Governo e maltrattati diversi Fornari; ma
nell'istante che l’ affollata moltitudine stava ansiosa di ve-
dere un tale spettacolo, non più rappresentato da qualche
tempo, gli esecutori riceverono l’avviso di sospendere il
loro Offizio.

(1) Le Convertite, Terziarie di San Domenico, avevano il.loro Con-
vento e la Chiesa esterna, in Via Torcoletti, dov’ è il carcere femminile.
Deve correggersi quanto è stato detto a pag. 35, nota 1 del Vol. XXXI
di questo Bollettino.
jo nO Né Ra ec ppi

n

si

78 E. RICCI

Domenica 5 detto: Giunse un Inviato da Città della Pieve, il
quale, per quanto s'intese, era venuto a dar parte a
S. Ecc.ma Rev.ma di una Rivolta nata in quel Paese contro
il Governo, a motivo dell' aecennato aumento del prezzo del
sale, eseguitosi in questa Città, sin dal di 27 dello scorso
Settembre.

Lunedì 6 detto: Venne pubblicato ed affisso 1’ Editto pontificio,
dove rimaneva proibito qualsivoglia giuoco d' azzardo, sotto
pene ad arbitrio, in caso di contravvenzione.

Martedì 7 detto: In quest’ Ordinario si ebbe notizia del prolun-
gamento dell’ Armistizio tra Sua Maestà 1’ Imperadore e la
Rep. Francese, incominciatosi sin dal dì 1° Giugno.

Mercoledì 8 detto: Per ordine del Sig. Comandante Giovio
venne alle ore 17 punito in pubblica Piazza con venti
legnate un certo Giuseppe Fiori artiere, per essersi opposto,
per quanto s’ intese, al Sig. Canonico Giacomo Mancini
che l’avvertiva per la terza volta a restituire alcune sup-
pellettili appartenenti alla Confraternità di S. Domenico,
dal medesimo acquistatesi in compra nel passato Gov. De-
mocratico.

Giovedì 9 detto: Proveniente dal Porto di Ancona, giunse in
questa città un Corpo d’ Armata Austriaca, composta di
diversi Reggimenti.

Venerdì 10 detto: Circa le 23 e un quarto, partì la suddetta
Armata per la Toscana con diversi cariaggi di Moschetti e
cannoni dismessi.

Sabato 11 detto: In questo ordinario si ricevè la nuova che,
sin dal dì 5, un Battaglione di Armata Francese era di bel
nuovo entrato ad occupare la città di Pesaro.

Domenica 12 detto: Per ordine di S, Ecc. Rev.ma furono tra-
dotti, nelle Carceri del Governo, li Sigg. Canonico Gio: Pie-
tro Friggeri, Vincenzo Egidi, Gio: Batta Brugi e Luigi Faci,
l’esito dei quali si vedrà in appresso.

Lunedì 13 detto: Provenienti dal Porto di Ancona, giunsero
costà di passaggio diverse Reclute, parte di Milanesi, Pie-
montesi, parte di Toscana e Papalini, diretti al servizio di

sua M. Imp., seortata dalla forza armata.
CRONACA DELLA REPUBBLICA FRANCESE IN PERUGIA 79

Martedi 14 detto: Di notte tempo, una porzione de' riferiti i
soldati con diversi cariaggi di fucili, si diressero alla volta |
d' Arezzo. :

Mercoledì 15 detto: Circa le ore 19, cessò di vivere in età di ^
anni 81 il Sig. Marchese Pietro Monaldi.

i Giovedi 16 detto: Nella Chiesa Parrocchiale dei PP. Serviti di T

È Santa Maria Nuova, premesso un decente Funere per i d
l' Anima dell'estinto Sig. Marchese Monaldi, venne il ca-
davere riposto nella sepoltura gentilizia della suddetta
Famiglia.

Venerdi 17 detto: Parimenti terminò i suoi giorni in età di.
anni 68 il Sig. Don Vincenzio Verduccioli Parroco di S. Croce it
in Porta S. Susanna, seguita alle ore 10 di notte. i di

È Circa le 12 il Sig. Canonico Friggeri, Detenuto nelle : ti

1 Carceri del Governo sin dal di 12, fu costretto a partire con : i

; 1 la Forza Armata, per essere tradotto in quelle di Spoleto. i
E Sabato 18 detto: Celebratosi per l' Anima del defunto Sig. Don È
3 Vineenzio Verduccioli un decente Funere nella suddetta Tu

Chiesa Parroechiale, dove intervennero i Sigg. Cleristi per
cantare il Notturno e la Messa, venne il Cadavere riposto
A i nel Sepolero de’ suoi Antecessori.
Domenica 19 detto: In questo giorno, per quanto s’intese, fu-
rono contate passare fuori delle Mura della Città, dalla
5 mattina di buon' ora, sino alle 23 e mezza, da cirea settanta il inu
E carrozze da viaggio provenienti dalla Toscana, dirette verso
E la Porta Romana.
È Alle ore 24 arrivò da Firenze in casa Ranieri un Com-
missario Austriaco, dal quale fu risaputo esser costì sin
dal dì 15 entrata un’imponente Armata Francese, per cui,
stante la disparità della forza, il Gen. Sommariva aveva
dovuto cedere quella Piazza: chè il rotto Armistizio con
la Toscana era proceduto dal non essersi la medesima con-

3 servata neutrale; avendo i suoi Abitanti fatte delle aggres- Mi |
P. sioni improvvise, tanto a Castel Bolognese, come ancora a LUO
È Lucca: che gli Aretini implacabili per la nuova della rife-
E rita cessione, non lasciando d'inveire contro il Generale |

Austriaco, si erano protestati di resistere da per loro all’ Ar- Ü pg od
mata Francese sino all'ultimo sangue. d
&

l x4 — AR

E. RICCI

Circa le 4 di notte arrivarono in diverse carrozze li
Signori Principe Corsini, Marchese Riccardi, Covoni e Fos-
sambroni, provenienti da Firenze loro patria donde eransi
allontanati, stante 1’ accennata invasione.

Lunedì 20 detto: In questo. giorno fu, la mattina di buon’ ora,

dalla Reggenza inviata una Circolare a tutti quei Signori
che si trovavano in villeggiatura, obbligandoli a trasferirsi
immediatamente in Città, oppure commettere ad altre per-
sone aderenti il carico di prestarsi nelle rispettive abitazioni
per disporre il conveniente per l’ Alloggio degli Officiali
Tedeschi, in congiuntura del passaggio di un corpo della
suddetta Armata per costà; come di fatto avvenne, circa
le ore 22.

Martedì 21 detto: Alle ore 17 furono in pubblica Piazza dal

Sig. Comandante Giovio fatte dare 20 legnate ad un certo
Artista: primo, per avere proferite alcune bestemmie; se-
condo per avere insultato diverse oneste persone che atten-
devano ai loro interessi.

In quest’ ordinario si ebbe notizia certa, essersi dalle
Truppe Imperiali evacuata tutta la Toscana, e che alle
sette della mattina del dì 19 era entrato in Arezzo per
assalto il Generale Francese Sancyr, alla testa della sua
Armata, avendo costì ordinato immediatamente cinque ore
di saccheggio con animo risoluto di far fucilare tutti coloro
che fossero stati rinvenuti con l' Armi; a tenore del Decreto
emanato in Firenze.

Mercoledì 22 detto: Circa le ore 14 e mezza partirono i due

squadroni di Soldati Austriaci con diversi cariaggi, diretti
alla volta di Ancona, e alle 16 ne giunsero dalla Toscana
sette Compagnie con la Cassa Militare. *

Giovedì 23 detto: Circa le due di notte, dalla maggior parte

dei Bottegai esistenti in Piazza dei Corsi fu inteso lo
scoppio di un colpo di pistola, essendosi poco dopo avuto
ragguaglio essere caduta la palla incatenata poco distante
alla soglia del Palazzo dei Sigg. Cadetti Bourbon di Sor-
bello, nell istante che il Sig. Marchese Diomede stava per
entrarvi per cui fu costretto a cavarsi subito sangue per
lo spavento.
POST

CRONACA DELLA REPUBBLICA FRANCESE IN PERUGIA 81

Venerdi 24 detto: Provenienti dalla Toscana, giunsero sette-

cento di Cavalleria Austriaca e mille d'Infanteria, parte
Tedeschi e parte Toscani con diverse trabacche e Cariaggi
di Attrezzi Militari. :

Alle ore 21 venne pubblicato ed affisso I Editto di

S. Ecc. Rev. dove intimavasi a tutti di andare provvisti

di Lanterna, dopo le due di notte, sotto pena dell' arresto,
e scudi venti in caso di trasgressione.

Dall’ esame tenutosi per concorso da Mons. Ill. e Rev.
Vescovo riguardante la Parrocchia di Santa Elisabetta,
vacante per morte del Sig. Don Antonio Massari, seguita
sin dal dì 24 dello scorso Settembre, risultò, per quanto
s’intese, il Magis in favore del sacerdote (ex cappuccino)
Sig. Don Prospero Gori, economo della Parroechia di Santa
Agnese, vulgo S.' Enea, spettante ai Monaci Camaldolensi.

Dopo le 22, in una delle Botteghe di rimpetto alla
Posta da certi saltinibanchi incominciò ad invitarsi il Pub-
blico ad osservare diverse Statue di cera, un cavallo eser-
citato. in molte umane operazioni, e finalmente un gallo
nostrale dotato di 4 zampe.

Alle ore 23, quattro Sigg. Officiali Aretini si trasferi-
rono in Amministrazione, dove avendo, per quanto s'in-
tese, richiesto per la loro armata 350 paia di scarpe, e rice-
vutane la negativa da que' Signori, si erano diretti a Mons.
Delegato per tale affare, ed avevano al medesimo minacciato
un’ora di saccheggio alla città in caso di opposizione; ma
che per altro S. Ecc. Rev. senza isgomentarsi aveva loro
risposto di far subito sonare le Campane all’ Armi, per cui
gli accennati Officiali non seppero che soggiungere: nono-
stante dal prudente e sagace Prelato si accordò loro una
terza parte di ciò che avevano esposto.

Sabato 25 detto: Fece in questo giorno, circa le dieci, partenza

tutto il Corpo d’ Armata Austriaca, avendo molti di quei
Soldati venduti il giorno antecedente a vilissimo prezzo i
loro fucili.

Parimenti dalla Toscana comparve altra Cavalleria Te-
desca, circa le 12; e, alle 16.e mezza, il Gen. Sommariva,
il quale si portò a smontare in casa Aurelj.
è

T€

82 .— E. RICCI

Domenica 26 detto: Alle ore 14, partì col rimanente dell’ ar-
mata per Ancona il suddetto Generale Austriaco.

Lunedì 27 detto: In questo ordinario si ebbe notizia che 6000
Francesi eransi incamminati alla volta di Orbetello con |
diversi pezzi di artiglieria. o ?

Martedì 28 detto: Avendo, sin dal dì 22 del corrente, ricusato
il solito Procaccia di trasferirsi in Toscana, a motivo delle
nuove turbolenze in quello stato, non venne in questo
giorno la Posta.

Mercoledì 29 detto: In diverse ore del giorno furono intese da
lontano frequenti esplosioni di Cannone.

Giovedì 30 detto: Comparve dalla città di Arezzo un Messo
diretto al Sig. Barone Giuseppe Grispolti, dal quale fu risa-
puto essere in quel Paese acquartierati circa 2000 Francesi,
e il loro Generale rimaneva alloggiato in Casa del Sig. Co-
lonnello Giovanni Battista Cav. Albergotti; che il sac-
cheggio seguito il dì 19 non era stato tanto severo, quanto
erasi supposto; ma che per altro uscivano ogni tanto
Proclami di Contribuzioni da farsi dai Possidenti: final- ,
mente, che in Orbetello erano già seguite delle ostilità tra
i Napoletani e i Francesi. i

Venerdì 31 detto: Per la posta si ebbe in questo giorno notizia
da Roma, essersi sin dal dì 25 avvisati dal Santo Padre
14 Prelati in carica, per la nuova promozione.

NOVEMBRE.

Sabato 1° detto: A mattina inoltrata, si venne in chiaro del
ER, furto seguito di notte tempo nella cancelleria dei Sigg. Ca-
NADIA nonici, ascendente alla somma di scudi 50; dieci apparte-
it . nenti al Sig. Canonico Mancini, e il rimanente al Sig. Ca-
"bd LR nonico Baldassare Titi.

1 e ; Domenica 2 detto: Venne affissa la notificazione di Sua S. Papa | »
Pio VII, riguardante il perdono generale a tutti i Patriotti
ribelli, eccettuati peraltro quelli prima della Rivoluzione.

Lunedi 3 detto: In congiuntura della solita Fiera furono osser-
vate vendibili molte robe di valore, si in gioje, come
ancora in argenti, le quali, per quanto fu risaputo, appar-
CRONACA DELLA REPUBBLICA FRANCESE IN PERUGIA 83

tenevano alla Città di Arezzo, tolte ai particolari in occa-
sione del Saccheggio quivi seguito, sin dal dì 19 dello
scorso Ottobre.

Martedì 4 detto: In questo ordinario si ricevè la nuova essersi
già demolite dall’ Armata Francese le fortificazioni d' Arezzo,
e che circa 4000 di quei Combattenti si erano incamminati
alla volta di Siena, sin dal dì 29 Ottobre.

Mercoledì 5 detto: Alle ore 18 giunse in questa Città da Firenze
un residuo d’ Armata Austriaca, rimasta in quello Spedal
Militare a motivo d’ infermità.

Giovedì 6 detto: Circa le 21, fecero partenza in diversi car-
riaggi gli accennati convalescenti Tedeschi, diretti alla volta
di Foligno, per poi trasferirsi in Ancona.

Venerdì 7 detto: Ad istanza «di S. Ecc. Rev. partirono diversi
Commissarj per il Territorio, ad oggetto di fare provvista
di grano per il giornaliero consumo della Città.

Sabato 8 detto: Per commissione di aleuni Sacerdoti e Parroci

‘ sospesi, il Sig. Dott. Giovan Battista Laudati si trasferì dal
Sig. Canonico Don Filippo Pacetti, Vicario Gen. cerziorato,
se a tenore della Notificazione Pontificia, riguardante il
Perdono Generale, pubblicata ed affissa in questa città, sin
dal dì 2 del corrente, potessero i suddetti riprendere il
respettivo Offizio, avendone, per quanto s'intese, dal mede-
simo ricevuta precisa risposta, essersi già da Mons. Ill.mo
e Rev.mo Vescovo, avanzata l'istanza al S. Padre, sin
dal di 4.

Domenica 9 detto: Venne in questo giorno affissa una. Bolla
di S. S. Papa Pio VII dove erano espressi molti Articoli
sul metodo da tenersi dai Tribunali riguardo alle cause.

Lunedì 10 detto: La mattina di buon’ ora si ebbe ragguaglio
dei furti qualificati commessi per la Città dopo la mezza-
notte; ed essersi in tale tempo dirette due Arcibusate avanti
il Corpo di Guardia della Piazza Sopra Muro; essendo le
palle infocate giunte a colpire le colonne dell’ Ingresso senza
offesa di alcuno.

Martedì 11 detto: Per la posta fu ricevuta la nuova essersi. in
Firenze dai Commissarj Francesi sequestrati tutti i Feudi

spettanti alle Potenze nemiche, e di Principi particolari.
84 E. RICCI

Mercoledì 12 detto: Per ordine di S. Ecc. Rev. i Soldati della
Milizia Urbana passarono ad occupare la Sala del Collegio
della Mercanzia, e la Fortezza si rese Quartiere dei Villani,
volendosi dal medesimo risarcita al più presto la casa del-
I Università convertita in Caserma, stante le passate vicende.

Giovedì 13 detto: Circa le ore 16, comparve un residuo di
Armata Austriaca proveniente da Firenze rimasta in quello
Spedal Militare a cagione d’ infermità.

Venerdì 14 detto: In questo giorno, si ebbe notizia esser di
notte tempo partiti con la Forza Armata li Signori Dot-
tore Silvestro Bruschi, Causidico; Fabio Danzetta; Antonio
Costantini, di Porta S. Susanna e Alessandro Cecchetti,
diretti alla volta di Foligno.

Sabato 15 detto: Giunse dalla Fratta di Perugia una Staffetta
a S. Ecc. Rev., dandole parte essersi da diversi patriotti,
parte della suddetta Città e parte di Gubbio, tornata a
demoeratizzarsi quella "Terra.

Domenica 16 detto: Venne affisso un Editto parimenti di Mons.
Delegato, dove si prometteva il premio di scudi 50 a chi
avesse scoperto l'autore dell’ attentato, commesso la notte
del dì 10, contro la Sentinella del Corpo di Guardia nella
Piazza del Sopramuro.

Lunedì 17 detto: Stante l'avviso ricevuto sin dal di 15, si
diede dal medesimo ordine al Sig. Comandante (Giovio,
d'inviare, come fece all'istante, uno squadrone dei suoi
Soldati alla Fratta per arrestare i delinquenti.

DICEMBRE.

. . . . LI . . . . . . . . . . . . . . .

Martedì 16 detto: .......... a motivo di non aver denunziati in
governo alcuni forastieri che ritenevano presso di loro.
Mercoledì 17 detto: Da un Cortonese, giunto di passaggio alle
ore 17, si ebbe notizia dell’ arresto del Procaccia di questa

Città, nel ritorno da Firenze.
Circa le ore 20, arrivò di passaggio da Foligno per la
Toscana un Picchetto di Soldati Austriaci con tre pezzi di
CRONACA DELLA REPUBBLICA FRANCESE IN PERUGÍA 85

Artiglieria, e poco dopo due Corsieri l'uno dopo l'altro
provenienti dalla Toscana.

Giovedi 18 detto: Alle ore 6 e mezza, ripassarono li suddetti
Tedeschi per questa Città, avendo, per quanto 8' intese,
l'Ordine di tornare in Foligno. A

Alle ore 22 e mezza, venne affisso l’ Editto di S. Ecc. Rev.
dove di bel nuovo intimavasi la partenza, in termine di
48 ore, a que' forastieri residenti in questa città, dopo il 1797.

Venerdi 19 detto: Comparve di nuovo il Sig. Prineipe Corsini,
giunto in questa Città sin dal di 14; il quale, per quanto
s'intese, non avendo potuto proseguire il viaggio per Fi-
renze sua Patria, a motivo di Ostilità in quelle contrade,
era stato costretto a retrocedere.

Sabato 20 detto: In questo giorno, si ebbe notizia che dalle
Carceri segrete del Governo erano fuggiti tre Carcerati.
Domenica 21 detto: Diversi forastieri residenti in questa Città
sin dall'anno 1798, si portarono da S. Ecc. Rev. dal quale;
per quanto fu inteso, ottennero la carta di assicurazione,
stante gli esposti pregiudizj che si sarebbero cagionati loro,

per la subitanea partenza.

Lunedì 22 detto: In quest’ Ordinario si ebbe ragguaglio del
fatto d’ Armi, seguito in Peschiera, sin dal di 10, tra 1’ Ar-
mata Imperiale e Francese con perdita scambievole.

Martedì 23 detto: In questo giorno si stavano con grande ansietà
attendendo le lettere di Firenze e degli altri adiacenti paesi,
essendone l’offizio della Posta rimasto privo negli ultimi
due scorsi Ordinarj.

Mercoledì 24 detto: A tenore dell’ Ordine, ricevuto da S. Ecc.
Rev., il Sig. Comandante Giovio avvisò i Caporali di guardia
alle Porte principali della Città, di tenersi le medesime
aperte alle ore 4, a comodo degli Ecclesiastici addetti alla
Sacra Funzione del Santo Natale, da celebrarsi secondo il
solito prima dell’ Aurora in varj Monasteri di Monache fuori
di città.

Giovedì 25 detto: La mattina a qualche ora si riseppe 1’ Autore

del furto dei Candelieri e Lucerna d’ Argento commesso

pochi Mesi addietro in casa -Florenzi; poichè, trovatosi
accidentalmente il medesimo di notte tempo a derubarvi
E. RICCI

di bel nuovo, avendo estratti dal pollajo diversi paia di
capponi, fattosi dar parola di non essere scoperto in questo
ultimo, si era indotto a confessare il primo con additare il
sito dove teneva nascosti li suddetti Argenti.

Venerdì 26 detto: Comparve sul tardi con la Forza Armata
il Sig. Dott. Silvestro Bruschi, trasportato con altri alle
Carceri di Spoleto, sin dal dì 14 dello scorso Novembre.

Sabato 27 detto: S. Ecc. Rev. a proprie spese si compiacque
di ricreare tutto il notabil numero dei Carcerati con un
sufficiente pranzo.

Circa l’ un’ ora di notte cessò di vivere in età di anni 65.
il Sig. Francesco Baldeschi della Parrocchia di S. Croce,
Maggiore dell’ armi, nella Milizia Urbana, nel ‘Pontificato
di Pio VI di gloriosa memoria.

Domenica 28 detto: In questo giorno fu portato in giro un foglio
dove si trovava espressa la supplica al Santo Padre, per la
conferma dell’ odierno Mons. Delegato e dove erano sotto-
scritte molte distinte persone del Ceto Regolare e Secolare.

Lunedì 29 detto: Fu celebrato un decente, anzi grandioso, Fu-
nere per l’ Anima dell’ estinto Sig. Maggior Baldeschi, nella
chiesa dei PP. Minori Conventuali, e il Cadavere riposto
nella Sepoltura Gentilizia della suddetta Famiglia.

Martedì 30 detto: Circa le ore 14, comparve dalla città d’ Arezzo
uno squadrone di Tedeschi con 3 cariaggi, diretti alla volta
di Ancona.

Mercoledì 31 detto: La mattina di buon'ora si ebbe notizia,
che, poco prima della mezzanotte, erano passati fuori delle
mura della Città diversi Picchetti d’ Armata della Toscana
dirigendo con più Cariaggi il cammino verso la Porta Ro-
mana.

Alle ore 23, quasi tutto il Ceto ‘Nobile, vestito in abito
di gran gala, si portò con torcia accesa a cantare l’ Inno
Ambrosiano, nella Chiesa Cattedrale dove rimaneva esposto
alla venerazione di numerosissimo popolo l’ Augustissimo

Sagramento, e dove il Sagro Pastore ne diede infine la

Benedizione.

Circa l'un'ora di notte si suscitò per l'aria un improv-
viso nembo che durò per lo spazio di tre quarti.
CRONACA DELLA REPUBBLICA FRANCESE IN PERUGIA

NOBILI DELL’ UNO E DELL'ALTRO SESSO DEFONTI IL/ ANNO 1800.

10 Gennaio. :
Morte del Sig. Bali Francesco Oddi, sepolto in S. Agostino.

17 Gennaio.
Morte del Sig. Conte Francesco Baglioni, sepolto in S. Do-
meniceo.
26 Gennaio.
Morte del Sig. Cav. Francesco degli Azzi, sepolto in S. Lo-
renzo.
A 12 Febbraio.
| Morte del Sig. Canonieo Don Nicola Goga, sepolto in
T. S. Lorenzo. |
9 Marzo.
Morte della Sig. Contessa Margherita Righetti, sepolta alle
Capuccine.
17 Marzo.
Morte del Sig. Conte Lodovico Degli Oddi, sepolto in
S. Francesco.
9 Maggio.
Morte della Sig. Contessa Angiola ‘Ranieri, sepolta in
S. Filippo.
13 Luglio.

) | Morte del Sig. Marchese Carlo Monaldi, sepolto in S. Proto.

27 Agosto.

Morte della Sig. Marchesa. Barbara Florenzi, sepolta in
S. Lorenzo.
E. RICCI

15 Ottobre.

Morte del Sig. Marchese Pietro Monaldi, sepolto in S. Maria
Nuova.

27 Dicembre.

Morte del Sig. Maggiore Francesco Baldeschi, sepolto in:
S. Francesco (1).

CRONACA INEDITA DI GIAMBATTISTA MARINI

1800.
GENNAIO.

1 Gennaio: Per ordine dei tre Consoli di. Francia furono ordinati i
funerali per il Pontefice Pio VI analoghi alla grandezza della Na-
zione francese, dovuti ad un uomo che ha occupato uno de’ primi
posti sulla Terra e ad un Vecchio rispettabile per le sue disgrazie. -
Ordine del 29 Xbre.

In questo giorno fu pubblicata la nota dei soggetti per la nuova
Reggenza, stabiliti dal Conte della Gherardesca, Commissario Im-
periale, con lettera di minaccia (2), cioè Conte Riginaldo Ansidei,
Conte Gio: Connestabili, Giambattista Alfani, Orazio Rossi, Giam-
batta Pecci; Ercole Bordoni, D.* Giambatta Simonetti, Gius.* Travigi.

2 detto: Nel dì 2 giunse il General Massena in Genova a comandar le
Truppe Tedesche. i

4 detto: Cominciò in Monte Morcino de’ PP. Olivetani un Triduo per
ringraziamento per i ricevuti passati benefizj.

6 detto: Penuria de’ generi di prima necessità, e perciò lagnanze. Ma
ciò era comune in Roma e nella Toscana.

7 detto: Mori D. Celestino Magg.° de’ Camaldolensi per assistere ai mi-
litari tedeschi nello Spedale di S. Maria del Popolo.

(1) Qui ha termine la Cronaca dell’ Anonimo. A questa noi facciamo
seguire quella di' Giovanni Battista Marini, che dall’ Ottocento in su non
è stata pubblicata dall’ Archivio Storico del Risorgimento Umbro.

(2) Il nostro Anonimo più chiaramente dice: « Con lettera di mi-
naccia ai respuenti ». os
CRONACA DELLA REPUBBLICA FRANCESE IN PERUGIA 89

9 detto: Ritornati d' Arezzo alcuni Detenuti patriotti di Perugia colà
trasportati in carrozza in n.° di 10 nel 23 Agosto 1799. Ritornati ii
colla carcere in Casa sino a nuovo ordine. Nella sera furono cari- il
cati due Cannoni a mitraglia e posti in faccia al Palazzo Pubblico,

VO temendosi qualche sorpresa per parte de’ Patriotti che tentavano
qualche tradimento contro la truppa austriaca.

10 detto: Morì Balì Fran.co Oddi di S. Fortunato di anni 59, e fu fatto
il funere in S. Agostino nel dì 11.

11 detto: Essendo stati condotti in ostaggio da’ Francesi molti individui b
| Toseani, fu procurato dall' Imperatore d' Austria di farli rilasciare iii
È operando con i Francesi, come successe realmente, e nel dì 8 gen-
| naio ebbesi l’avviso in Firenze dal Gen. Magg. Spannocchi che
recò consolazione a tutte le famiglie de’ medesimi individui.
| 15 detto: Per commissione della reggenza, due Deputati andarono a di
proveder generi per lo sfamo della Città, essendovi per tutto gran des
penuria. qM

| 16 detto: Editto del Commissario militare per far leve forzate.

d 17 detto: Morì in Torsciano il Conte Fran.co Baglioni in età di 78 anni,
i nel dì 18 fu trasportato in Città; e, nel 19, fu fatto il Funerale 2A [n
in S. Domenico. s

26 detto: Mori Fran.co degli Azzi in età di 78 anni e fu fatto il fune- i
rale nella Cattedrale, il di 28.
28 detto: Furono poste guardie ai forni per impedire la calca della

| 19 detto: Ragguaglio del Funerale da farsi a Pio VI nel dì 29 corrente: i EH

| : (Ynde Gay.° Univ., n.° 13 del 1800, pag. 971). | i |
| 25 detto: Spiridione Montesperelli sposossi clandestinamente con An- : D

| giola Bucci di Castel del Piano, e furono ambedue carcerati segre- : m
| tamente. Lb DN
|

gente che andava per comprar pane, essendovi gran penuria di È
grani.
29 detto: Alcuni patriotti ritornati d' Arezzo furono di nuovo arrestati
E: in S. Tommaso (1).

(1) Questa notizia, unita con quella che il Cronista registra ai 9 di j i | i
Gennaio, ci fornisce il modo di rettificare e supplire a quanto è scritto Mos SS
nel Libro « ANNIBALE MARIOTTI, Studj Storici e Letterari, Perugia, Guer- | DI Hof
riero Guerra, 1901 ». I prigionieri arrestati all’ ingresso delle truppe [RARE i
3 Austro-Aretine, fra'i quali era Annibale Mariotti, furono ricondotti in | Iun
Perugia il 9 Gennaio 1800, dopo essere stati carcerati 5 mesi in Arezzo.
Venti giorni dopo, furono di nuovo arrestati, e condotti in San Tommaso
90 E. RICCI

30 detto: Per ordine del Vescovo fu incominciato un Triduo al S. Anello
per impetrare la serenità, essendo da 40 giorni quasi continua la
pioggia.

31 detto: Fu concertato il piano per la guerra in un Consiglio in Vienna
per la prossima primavera.

FEBBRAIO.

2 Febbraio: Fu riportata in S. Fran.co di Paola processionalmente la
Immagine del Santo che era stata conservata nella chiesa delle
5 piaghe in tempo di repubblica.

3 detto: Furono dimessi dalle earceri di S. Tommaso 4 detenuti per
motivo di salute, colla sigurtà.

(ex Convento delle Domenicane, dove oggi è la Casa della Madre). An-
nibale Mariotti, rilasciato dopo 3 giorni, dovette poi sostenere un pro-
cesso per accusa, fattagli da persone malevoli, di Giacobinismo, dalla
quale da sé stesso si difese con una Parlata, data alle stampe, il 18 di
Giugno 1800, dopo la quale fu pienamente assolto. L'avvilimento morale,
e piü gli stenti del carcere, gli logorarono la vita; e il 10 di Giugno
dell' anno seguente, nella sua casa di Perugia, in. Porta Eburnea, nella
Parrocchia di Sant’ Angelo, dopo essere stato ripetutamente colpito da
accessi epilettici, moriva tranquillamente, nell'anno 63° dell’ età sua.
Nella prefazione alle sue poesie (Perugia, Costantini, 1809), il Marchese
Giuseppe Antinori così scrive: « Dopo diuturna e penosa malattia, fra i
più fervorosi ed esemplari sentimenti di vera e religiosa pietà, munito
d’ogni ecclesiastico sussidio, dimentico delle ricevute offese, non meno
che degli offensori, altamente compianto da tutti i saggi e da tutti i

. buoni, cessò di vivere ». Queste parole di un uomo dotto e stimato come

fu il Marchese Giuseppe Antinori, le quali concordano con la postilla
di morte dei libri parrocchiali di Sant’ Angelo, servano a smentire quanto
è scritto sul detto libro in cui, non solo si tace della religiosità del

Mariotti, ma si giunge perfino all'irriverenza di vedere l’ironia nelle.

parole più gravi da lui dette a proposito dei dommi della religione
cattolica. E non è da dire che lo scritto dell’ Antinori sia sfuggito al
compilatore di quelle memorie, perchè la detta prefazione è più volte
citata nel corso del libro.

Ripetiamo, che il torto del Mariotti fu quello di credere onesti,
com’ egli fu sempre, quelli che cercarono di avere nel loro numero una
persona d'alta riputazione e degnissima di stima; e si deve aggiungere
che a ciò fu spinto anche dalla tracotanza di certi nobili, divenuta asso-
lutamente insopportabile.
CRONACA DELLA REPUBBLICA FRANCESE IN PERUGIA 91

6 detto: Editto del Conte della Gherardesca, in cui si faceva nota
l'intenzione di S. M. Imperiale ché si restituissero ai legittimi
proprietarj i beni comprati nel passato Governo; e si richiedeva
l'esame de’ contratti seguiti in quel tempo.

7 detto: Si seppe che in Napoli si procedea contro i ribelli, e che
molti di alto grado erano stati decapitati. x

8 detto: Angelo Altieri, già Cardinale, che rinunziò al Cappello Cardi-
nalizio non sostenendo i dritti della Chiesa, nel dì 8 Febbraio 1800
fece la sua pubblica ritrattazione, e nel dì 10 passò all’ altra vita
premunito con tutti i sagramenti in Roma; e fu fatto il funerale
nella chiesa di S. M.* sopra Minerva, e sepolto nella Cappella di
tutti i Santi.

9 detto: Venne affisso un Avviso Pastorale esortandosi i Fedeli alla
riforma del costume; ed esortandosi ad assistere alle Sagre funzioni
che per 8 giorni si sarebbero fatte verso la sera alle Immagini de’
SS. Confaloni nelle 5 chiese ove sono, recitandosi le litanie de’ SS.
e 3 Pater, Ave, Gloria ai SS. Protettori, ad un'ora di notte, col
suono delle Campane per tutte le Chiese per un quarto d'ora.

10 detto: Monsig. Vescovo riprese il possesso con gli altri Condomini
del Collegio della Sapienza Vecchia.

Ordine ;del Gen." Souvarow di rivolgere la sua armata verso
il Reno. —

12 detto: Morì il Can.co Goga di anni 68; e nel dì 13 fu fatto il fune-
rale in Duomo,

Fra li 9 e 12 si agiva molto intorno a Genova contro le armate
francesi e austriache. Vi era molta insurrezione contro i Francesi,
Le forze Austriache si dirigevano ancora verso Savona.

Il morbo epidemico nel Contado di Nizza, che si è fatto sen-
tire, continua ancora, e s'inoltra verso la riviera di Genova, e
fa strage de’ Francesi.

16 detto: Vi fu congresso tra la reggenza e molti capi di famiglia sul
sistema della moneta.

Si pose in marcia l’armata Austriaca verso Genova. Presso le
sue porte giungono già gl' Insorgenti: molti fuggono da quella città.

18 detto: Ordine del Conte della Gherardesca di chiudere le zecche, e
ritirare i conj.

19 detto: Sul dubbio del calo della moneta, si sono incagliate le ven-
dite de’ generi di p.* necessità.

20 detto: Affisso il Proclama della Reggenza dove si prefiggeva a tutte:

le monete grosse di rame l’ egual valore di un bajocco, e alle piastre
d’Argento quello di 10 paoli; come anche il prezzo alle monete d'oro.

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92 - E. RICCI

22 detto: Grandi inondazioni seguite ne? passati giorni al Tevere per
le continue piogge dirotte.

27 detto: Incominciate le reclute per completare l’armata austriaca.

28 detto: Souvarow, Gen.le dei Russi, si seppe che aveva avuto ordine
di retrocedere colla sua armata verso il Reno.

Aperti per la povera gente due spacci d’ Olio, l’ uno vicino a
S. Donato, e l' altro a S. Domenico.

I titoli di Madama e di Madamoiselle furono ristabiliti in
Francia. Tali parole s' impiegarono da Bonaparte per discorsi fami-
liari e nei biglietti d' invito, et rimase perció abolito il nome di
« Citoyen » (cittadino). |

Verso la fine del mese furono messi in libertà tutti i detenuti
in S. Tommaso con promessa di presentarsi ad ogni richiesta.

MARZO.

3 Marzo: In Arezzo fu pubblieato un moto proprio di S. A. R. Ferdi-
nando III Granduca di Toscana con cui eresse in capo di Provincia
la città di Arezzo con altre singolari qualifiche. Fu saputo che
alli 25 Gen.* i Francesi assegnarono per capitolazione alle truppe
ottomane il Cairo e si ritirarono. nelle Fortezze d' Alessandria e
di Damiata.

6 detto: A Bologna con grande allegrezza, per ordine della Reggenza
R. Imperiale, unitamente all’ Em.mo Arcivescovo, furono ripristi-
nate le case religiose degli Agostiniani di S. Giacomo, de’ Dome-
nicani, Conventuali, Serviti, Monaci olivetani di S. Michele in
Bosco e de’ Canonici Regolari.

7 detto: Venne la ritrattazione dell’ ex gesuita D. Giovanni Bolgeni,
riguardante il giuramento civico e la vendita de’ beni ecclesiastici,
fatta pochi giorni prima; le suddette due operette esso protestò
da lui essere stampate innanzi i due Brevi di Pio VI dei dì 16 e
30. Gen." 1799. |

7 detto: Tutta la città di Genova era nel piü spaventevole terrorismo.
Le chiese erano quasi tutte chiuse, il culto presso che estinto.
Ogni mattina si trovavano fucilate persone per lo piü nobili. Il
Generale Massena dopo aver raccolto 800 mila lire se ne tornò a
Nizza. Gli abitanti erano nella massima desolazione.

9 detto: Dopo tre mesi di quasi continua pioggia comparve oggi una
giornata di primavera. i

10 detto: In Roma fu stabilito per il macinato lo sborso di scudi 2

per rubbio.
CRONACA DELLA REPUBBLICA FRANCESE IN PERUGIA 93

12 detto: Si riprese dai respettivi Consoli il possesso dei due Collegi
della Mercanzia e del Cambio soppressi nel 1798. |

13 detto: Furono dismesse le Carceri di S, Tommaso, e ripristinato il
Monastero.

14 detto: Dopo 3 mesi e 13 giorni da che i Cardinali eransi riuniti in
Conclave, nel dì 14 elessero il Sommo Pontefice nella Persona
del Em.mo e R.mo D. Gregorio Barnaba Chiaramonti Vescovo di
Immola, nato in Cesena il di 14 Agosto 1742. Fu eletto in Venezia
nel Monastero di S. Giorgio; era Monaco Cassinese ed assunse il
nome di Pio VII e nel di 21 fu incoronato. Fu creato Cardinale
nel di 14 Febbraio 1785 da Pio VI. Altri dicono incoronato il di
14 Aprile.

19 detto: Si seppe l'arresto di più persone, che spargevano nuove allar-
manti, contro il divieto del Governo.

A di 24 fu incoronato il Sommo Pontefice Pio VII (1).

22 detto: Ordine di sonare per 3 sere le campane tutte della Città,
Conventi, Monasteri e Parrocchie per la elezione seguita del Sommo
Pontefice. î

23 detto: Per ordine del Governo, a suono di Trombe fu affisso lo
Stemma del Sommo Pontefice sopra il portone del Palazzo, e nella
sera fu illuminata tutta la città.

28 detto: Pio VII tenne concistoro segreto nel Monastero di S. Giorgio
in Venezia e fece un’allocuzione.

30 detto: Il Corpo d’ Armata per agir su Genova era tutto in ordine.

31 detto: Si seppe imposta agli Ebrei in Roma una contribuzione di
settantamila scudi, da impiegarsi per i rifacimenti del Vaticano,
e Monsig. Arcidiacono, Carlo degli Oddi, ebbe il diploma di Sue-
collettore de’ spogli (2).

(1) Realmente fu questo il giorno dell’incoronazione di Pio VII,
avvenuta nel Monastero di S. Giorgio a Venezia, dove era stato fatto
il Conclave che dal 30 Novembre si protrasse fino al 14 Marzo.

(2) Col nome di Spoglio s’ indicava il diritto della Santa Sede di
prendere il superfluo de’ beneficj ecclesiastici, lasciato dai chierici morti
senza testamento, o senza nominare un erede fiduciario. In ogni Diocesi
vi era uno o più collettori apostolici, stabiliti per destinare a pii usi
le dette eredità. Il suecollettore suppone che vi fosse il collettore, quindi
a Perugia i deputati a tale officio erano due.
E. RICCI

APRILE.

1 Aprile: Giunti a Messina i Francesi d' Egitto, che capitolarono di

circa 6 o 7 mila, fra’ quali molti indisposti, specialmente d’ occhi,
gl’ Inglesi si obbligarono di condurli via di qua, dentro due mesi.

4 detto: In S. Fran.co di Paola fu solennizzata una gran Festa da

alcuni divoti per la felice esaltazione del supremo Capo della Chiesa
Pio VII. Nella sera innanzi, sopra la porta del Tempio fu innalzato
lo stemma del suddetto Pontefice, con fuochi, banda e illuminazione
e con Messa Cantata nella mattina del 4, con scelta musica, e nella

sera dal Vicario Gen.le fu cantato il Te Deum. Giunsero in Palermo -

un Vascello francese con altri legni da trasporto predati dagl’ Inglesi,
ed erano usciti da Malta. Avevano a bordo 6 milioni di contanti ed
altre ricchezze, con 1600 soldati, che tentavano ritornare in Francia.

9 detto: Morì la Contessa Margherita degli Oddi ne’ Righetti; fu sepolto

12

13

17

25

il Cadavere nella chiesa delle Cappuccine.

detto: Sabato Santo: Processione per le Piazze del Salvatore rimesso
in Duomo fin dal 4 Aprile del 1799.

detto: Giorno di Pasqua. Fu ripristinata e fatta la Processione delle
7 chiese, solita a farsi la 4* Domenica di Quaresima.

detto: Morì il Conte Ludovico degli Oddi, di anni 68, Commenda-
tario e Lettor Giubilato, e sepolto in S. Fran.co nel dì 19.

detto: A dì 25 per Roma passò il Corriere, che andò a Palermo a
portar la nuova alle LL. MM. Siciliane della esaltazione al Ponti-
ficato di Pio VII. Il re fece il regalo di 400 onze d'oro, e la regina
di una bellissima ripetizione d'oro brillantata.

Essendo state nel tempo del Governo francese spogliate le

Comunità de’ loro beni, e che eransi in varie maniere alienati, è
stata in detta Città di Roma ordinata dal Gen." Naselli la restitu-

zione alle Communità respettive.

27 detto: Fu ordinata dal Vescovo la Colletta ad petendam pluviam.

28

A di detto incominciò a Capitolare la Città di Savona attac-
cata dagli Austriaci.
detto: Incominciate le orazioni ai SS. Confaloni colla esposizione
del Sagramento per aver pioggia.

MAGGIO.

3 Maggio: A di 3 per ordine della Reggenza furono aperti più spacci di

vino a baj. 4 la Foglietta, essendovene gran penuria.

9 detto: Mori la Contessa Angiola Aureli Ranieri di anni 76, e fu fatto

il mortorio alla Chiesa nuova nel di 10.

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LE
ri

CRONACA DELLA REPUBBLICA FRANCESE IN PERUGIA 95

)

1l detto: Festa grande in S. Pietro per la elezione del Sommo Ponte-
fice Pio VII.

12 detto: Nella notte precedente entrarono i ladri nella Sagrestia del
Confalone di S. Fran.co e portarono via aleune sagre suppellettili.

I4 detto: Ordine del Comandante Austriaco a tutti i forastieri non
domiciliati, di partir dalla Città in termine di 3 giorni.

Nella notte del di suddetto, entrato un muratore in casa Ra-
nieri per rubare, e sentito un rumore, per timore di non essere sco-
perto si gittó da una finestra alta assai e rimase morto nell" istante.

15 detto: A di 15 fu data sepoltura al Gran Gen.le Souvarow, scortato
il feretro da 15 mila uomini in Pietroburgo.

16 detto: Uscì la Guarnigione francese dal forte di Savona.

17 detto: La Divisione Ottomanna che fu al blocco di. Ancona era a
svernare in Sinigaglia, e già per ordine partita verso levante.

19 detto: Sull'orto dei PP. Cassinesi Monaci, vennero fuse due grosse
Campane da rimettersi nel loro Campanile.

21 detto: Fu fatta una irruzione dai Francesi in Italia per la parte
della Valle d’ Aosta per sorprendere la Piazza di Torino, discendere
nel Piemonte e dare un valido soccorso a Genova. L’ armata veniva
in ultimo luogo da Dijon in numero di circa 40 mila uomini co-
mandati dal primo Cons.° Bonaparte Gen.le in Capite, e dai Gen.li
Berthier, Victor, Setrarier ed altri. I1 General Melas, avvisato, voló
à coprir la Città di Torino, e fu tale la sua rapidità, che prevenne
i Franeesi per due giorni, che non poterono eseguire il loro piano.
Mancato a Bonaparte tal colpo, diresse la sua armata verso Vercelli
e Novara, e di là a Milano, ove entrò nel 1° Giugno. Milano fu su-
bito aggravata d'una forzata imposizione per mantener 1° Armata.
Furono sorprese le vicine piazze di Pavia e Lodi. Spedì poi un
Vanguardia di 600 uomini alla volta di Piacenza, che, passato il Po,
sorpresero quella Città nella mattina del dì 7 Giugno. Questa spe-
dizione fu fatta innanzi che giungesse a Bonaparte la resa di Genova
successa il dì 4, ed il nemico seppe la nuova a Piacenza, e furono
di lì richiamate le spedizioni senza per ora potersi altro penetrare.

. Si seppe poi che le Truppe di Piacenza furono respinte e costrette
a ripassare il Po. La Toscana in tale stato pensò di mettersi in
armamento per qualunque evento che potesse accadere.

22 detto: A dì 22 per ordine del Comandante Austriaco fu fatta la
sera l'Illuminazione per la resa di Savona, e seguì l'evacuazione
nel dì 16.

23 detto: Intimata per ordine di Monsignor Vescovo la Processione de’

SS. Confaloni, per ottener la desiderata pioggia.
E. RICCI

25-26-27 detto: Furono fatte le tre processioni delle SS. Immagini de’

Confaloni, e nel 28 venne una copiosa pioggia. Nel di 25 parü
Pio VII da Venezia e andó verso Padova.

30 detto: A di 30 si seppe da Genova disertati 800 Francesi co’ loro

Uffiziali e un Gen.le di divisione per causa della fame, e chiesero
di esser messi al soldo dell' Imperatore, e il Gen.le Ott li disarmó
e li mandó al Gen.l Melas.

Pio VII in Padova partito da Venezia nel di 25 scorso,
ed avendo ricevuto varie visite e acclamazioni andato in varj
luoghi, e nel di 30 dalla solita Loggia data la benedizione al
numeroso popolo, parti da Padova, e nello stesso di 30 ritornó e
giunse a Venezia.

A di 30 il grosso dell’ Armata Austriaca battó compitamente
il Gen.l Berthier colla prigionia di 5 mila uomini. L'azione segui
tra Torino e Rivoli di Piemonte: incominciò il di 26 e finì il 28.

31 detto: A di 31, giorno di S. Ferdinando, da Ferdinando Sovrano di

Napoli fu pubblicato un glorioso indulto, firmato sotto li 23 Aprile,
per tutti coloro i quali avessero commesso prima o dopo l' entrata
delle Truppe Francesi nel Regno di Napoli, delitto di Fellonia o
cooperazione, perdonando generosamente a tutti, e che cessino tutte
le inquisizioni e non possano questi essere denunziati ed accusati.

GIUGNO.

1 Giugno: A dì 1, Bonaparte Napoleone, p.° Cons.° entrò con parte

della sua truppa in Milano, non essendo potuto inoltrarsi a dar
soccorso a Genova, che stava già per arrendersi. Nel dì d.° trovan-
dosi tutto il popolo di Genova malcontento in mezzo alla fame, e
Massena trovandosi da qualche giorno mancante di molti generi
per la sussistenza, fece in questo dì avvanzamento di proposizioni
di capitolazione al Generale Tedesco. Le proposizioni e articoli per
altro erano così prosuntuose, che il Generale Ott gliele rimandò
indietro con disprezzo. Spedì poi a Massena una intimazione di
resa col proporre articoli discreti nel termine di 3 giorni, o sarebbe
la Città da tutte le parti assalita e bombardata dalla flotta inglese
bloccante. Si scosse Massena e propose articoli discreti in n.° di 16
e 3 addizionali; e nel dì 3 fu sottoscritta tal Capitolazione dal
Gen.le Massena, Ott Ten. Marese. Tedesco, e Lord Keittammir
Inglese, e nel dì 4 evacuarono Genova i Francesi.

4 detto: A dì 4 partì da Genova tutta la truppa francese. Partì da

questa città di Perugia per la Toscana tutta la Guarnigione Tede-
sca acquartierata qui fin dal 7 Sett. 1799 ed entrò ad occupare la
Fortezza una porzione della Milizia Urbana.

Nel di detto nell'aspettazione sicura della venuta del S. P.
in Roma prima di S. Pietro, Mons. Vicegerente ha incominciato
a far rimettere il palazzo Pontificio al Quirinale, ove i danni cagio-
nati per farne l’alloggio de’ pretesi Consoli, erano immensi.

Fatti che interessano la Storia si pongono qui ‘acciò servano
di lume per il detto e da dirsi. La Missione della nuova Armata
Francese in Italia ordinata dal Primo Console Bonaparte è uno
de’ più rari portenti, considerati ne’ suoi rapporti. Digione è il
luogo destinato per la formazione di essa sotto il nome di Armata
di riserva; il General Berthier ne è destinato il Comandante:
questi si parte da Parigi, e nel tempo che tutti pensavano che i
Giovani Coscritti, che formavano tale Armata non potevano essere
in ordine, esso tutto preparava a Digione e disponeva le cose con
tanta energia e sollecitudine, che in meno di 20 giorni un’ Armata
di 50 mila uomini fu in grado di essere diretta verso Genova; ed
il primo Console a Digione portatosi, ne passò in rivista alcuni
corpi il dì 8 Maggio 1800.

Il General Berthier lasciò nel dì 10 Maggio Genova per recarsi
a Losanna. L’ Armata di riserva si avvanzava intanto a gran marce
forzate verso l' Alpi: il suo Generale giunse alle falde del S. Ber-
nardo il giorno istesso in cui molti corpi dovevano salire e fu

spettatore dell’energia di esso, che dopo cinque ore di marcia,

arrivarono stanchi e rifiniti alla sommità del monte nel luogo ov? è
un Santo Ritiro abitato da Monaci virtuosi, che in mezzo a rupi
e nevi sollevano gratuitamente tutti i passeggeri. Sulla cima del
monte che separa l’Italia dalla Svizzera, era stata posta una gran
tavola nella neve, e passando d’appresso, ogni soldato prendeva
un bicchiere di vino e un poco di pane per alimento, avendone
molto bisogno. La discesa dal S. Bernardo esigeva difficoltà mag-
giori della salita; per una lega il cammino è sopra una montagna
e tutta bisognò farla a piedi con la maggior precauzione.

Alcuni soldati immaginarono un modo singolare per abbreviare
il viaggio. Si lasciavano sdrucciolare sopra la neve indurita che
formava un pendio molto ripido ed in tal guisa in pochi minuti
giungevano nel luogo stesso ove altri non vi potevano arrivare, cam-
minando, se non dopo alcune ore. Bonaparte medesimo non trascurò
praticare questa invenzione e giunse perciò due ore prima in Italia.

L’ ostacolo più grande stava preparato a Castello di Bard
dove i Tedeschi avevano tutto disposto per impedire ai Francesi

CRONACA DELLA REPUBBLICA FRANCESE IN PERUGIA 97 x

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E. RICCI

la discesa nelle pianure d'Italia. Bonaparte per superare 1’ ostacolo
risolvè di mutar direzione e in meno di tre giorni, fu reso prati-
cabile un cammino sulle Alture di Albarda, per attaccare il Forte
di fianco. Per questa nuova strada Berthier e Bonaparte ai 25 Mag-
gio salirono sopra Albarda, da dove in poca distanza, vicino a
Donnaj si scopre la famosa Rocca che fece tagliare Annibale per
aprire un passo alla sua Armata. Così passò avanti la sua Armata,
andando nella Valle d' Aosta, lasciando bloccato il Forte di Bard,
che, attaccato dalla Divisione del Generale Chabran, capitolò e si
rese ai 31 di Maggio con tutti gli effetti militari e la guarnigione
di 400 Tedeschi e Piemontesi, prigionieri tutti di guerra. Nel Ca-
stello v' erano 18 cannoni.

Nel di 21 Maggio il Generale Lannes e Vatrin s' impadronirono
d'Ivrea. Nel 29 di Maggio 1’ Armata da Ivrea marciò sopra Veralto.
Nel di 30 detto il Quartier Generale si recò a Novara, ov'era
entrato Murat il giorno precedente.

Nel di 31 Maggio il Generale Francese passò il Tesino (Ticino)
e Murat con le sue truppe diverti e divise in tre punti la forza
austriaca, che non potendo resistere alla superiorità, dovette abban-
donare le proprie posizioni e ripiegarsi a Trobigo. Questo passo
che solo ancora poteva impedire la marcia all’ Armata Francese
sopra Milano, si sosteneva ostinatamente con un corpo numeroso
del General Laudon.

Monnier si decise di forzarlo con bajonetta e manovrò in modo
da tagliare la ritirata ai Tedeschi. Il passo fu preso nella notte
verso le ore dieci. :

Sul mattino del dì 1° Giugno il General Murat penetrò in Bu-
falona. La sua Divisione marciò con tanta celerità, che in detto
giorno era già con tutti i bagli e artiglieria sulla riva sinistra del
Tesino. Il Gen. Bonaparte e Berthier vi giunsero nel di medesimo
e impedirono al Gen. Laudon l’ avanzarsi, nel tempo ch’ egli con
dei rinforzi cercava di riguadagnare la sponda del fiume. L' Armata
Francese, potè liberamente seguitare la sua marcia sopra Milano
ove entrò il 2 Giugno, come disopra fu detto. La Cittadella che
dette asilo a tutte le truppe Austriache, fu tosto bloccata da Mon-
nier con la sua Divisione.

Venne subito stabilito un corpo italiano di truppe Cisalpine
sotto il comando del Gen. Secchi, e si portò a coprire la sinistra
dell’ Armata Francese e respinse tutte le truppe tedesche che
s'erano gettate nelle valli di Riva, Varallo, Grassonet fino al Lago
Maggiore.
—M—

CRONACA DELLA REPUBBLICA FRANCESE IN PERUGIA 99

Intanto il Gen. Lannes, francese, nella sua posizione a Chia-

vazzo, faceva credere di minacciare Torino, ma improvvisamente

si ripiegò il 1° Giugno sulla sua sinistra, e, passando per Crescen-
tino e Trino, entrò in Vercelli, e di là per Mortara a Pavia, e così
potè prevenire un Corpo Austriaco che andava ad occuparla.
Successivamente quasi ogni giorno seguirono fatti d’armi in
varie parti; l’ultimo de’ quali fu nel dì 14 Giugno, tra Tortona e
Alessandria; e questo dette motivo ad un armistizio sottoscritto
al di 15 Giugno, tra Alessandro General Berthier, francese, e Melas,
Generale di Cavalleria Austriaco; in 15 articoli, e duró fino. alla
risposta che venir doveva da Vienna.
Tali notizie poi in seguito fu avvertito che non potevano essere
garantite, onde in parte rimane dubbioso quanto è stato seritto (1).
6 detto: A di 6 Giugno la mattina alle ore 8 il S. Padre al suono di
tutte le Campane ed al rimbombo di replicate salve di Artiglieria
da’ lidi di Venezia, sciolse in compagnia di tutta la sua Corte Pon-
tificia verso Pesaro.
7 detto: A dì 7, d’ Ancona proveniente venne di passaggio per questa
Città una Compagnia di Croati, diretti per la Toscana.
9 detto: Venne nuova ministeriale della resa di Genova seguita nel dì 4,
e nella sera vi fu illuminazione per la Città e nel Teatro del Pavone.
Si seppe nel suddetto giorno, che uscite da Genova le Truppe
Francesi, furono nel dì 4 e 5 atterrati per ordine della Municipa-
lità tutti gli Alberi di libertà, ‘che erano sparsi per le Piazze e
Contrade e cancellate dalle mura delle case le iscrizioni allusive
al sistema democratico. Per via di mare ...... il Maggior Francese e
massima parte delle truppe si posero in marcia verso Ponente,
conducendo alcuni seco di quelli che eransi impiegati.
Qui torna a doversi scrivere quanto si è detto alli 21 maggio
. nel $ Fu fatta ......, che è la più veritiera.

(1) Le notizie date con molti particolari erano vere, e sembravano
ad alcuni incredibili, come incredibile era per molti il genio di Napo-
leone Bonaparte e della sua miracolosa spedizione. Non fa poi mera-
viglia, che gli animi si esaltassero confidando nel raro portento compiuto
dal Primo Console in Italia, giacchè dopo i tristi giorni della effimera
repubblica francese, tutto faceva credere che il Bonaparte fosse l’uomo
dell’ ordine e della pace. E tale realmente e sinceramente si dimostrò
finchè la confidenza nelle proprie forze non divenne superbia, e il valore
non si cambiò nella più trista tirannia.
100 E. RICCI

10 detto: A di 10 fu incominciato un Triduo in Duomo colla esposizione
del SS. Sagramento in ringraziamento per la resa di Genova, e nel
dì 12 fu cantato il Te Deum.

12 detto: A di 12 al comparir di nuovi pericoli per parte de* Francesi

contro le contrade etrusche, la Toscana prese ogni cura di mettersi
in difesa di concerto col comando Austriaco.

14 detto: A dì 14 la Colonna Francese che da Aosta penetrò nel Nova-
rese, e nel Milanese, e che occupò diversi luoghi limitrofi, lasciati
dagl’ Imperiali, dal Po all’ Oglio è stata sempre tenuta a balla dal
Corpo di un General Tedesco, e che da Bellinzona ha fatta la sua
ritirata sotto Mantova, coprendo quella Fortezza. Le Cavallerie e
la: grossa artiglieria furono trasferite da Pavia a Parma, e si sono
messe in stato di difesa le Fortezze di Mantova, Peschiera, Legnago
colla linea del Mincio. Le Valli Bresciane sono occupate da Laudon,
il quale alla poca truppa aggiunse la leva in Massa. I Castelli
di Milano e di Brescia furono posti in stato di difesa. Melas, avendo
lasciato Torino ben difesa, si portò a Vercelli con 30 mila uomini.
I Francesi passarono il Po a Piacenza nel dì 8 con molta loro per-
dita, essendosi opposti gl’imperiali. Queste, obbligate a ceder per
il numero, il nemico potè avanzarsi, ma trovando altro Generale,
questi lo battè e lo respinse e lo inseguì. Dopo ciò un Generale
Tedesco ebbe ordine di avanzarsi verso Cremona.

15 detto: A dì 15 fu fatto armistizio fra l' Armata Tedesca e Francese,
come sopra si disse, in 15 articoli.

16 detto: A dì 16 fu pubblicato in Toscana il regolamento per la Truppa
in Massa, tentando il Nemico di approssimarsi.

Nel dì d.° partirono da Civitavecchia i Commissarj e malati
Francesi invalidi mandati da Roma. Nella notte scorsa furono com-
messi furti in diverse botteghe, entrando i ladri con controchiavi
o grimaldelli.

17 detto: A dì 17 giunse in Pesaro il Sommo Pontefice sano e salvo,
dopo 12 giorni d’ imbarcatura, proveniente da Istria, ov’ era stato
trasportato dai venti. Vi si trattenne fino al 19, in cui si pose
nuovamente in viaggio. :

18 detto: A di 18 naeque disfida a duello tra il Marchese Ugolino Sor-
belli e Braecio Bracceschi, ma non fu effettuato, frappostisi aleuni
nobili.

20 detto: A di 20 cadde nel Territorio Torinese una grandine straordi-

naria per la grandezza, durata ed estensione. Colpi circa 6 o 700

rubbia di seminato, e si calcola che possa produrre una mancanza

nella raccolta di quasi 5000 rubbia di grano, oltre le perdite di tutti

e et ene,
CRONACA DELLA REPUBBLICA FRANCESE IN PERUGIA 101

gli altri generi. Il danno si calcolò per 100 mila. La burasca venne
con un oragano che sbarbicò perfino le querce.

21 detto: A dì 21 giunse in Ancona il Sommo Pontefice Pio VII. La
Marineria del Porto in numero di sopra 1000 vestiti pomposamente,
al loro uso, andarono ad incontrare il Sommo Pontefice, staccarono
i Cavalli e portarono la carrozza a mano fin dentro la Città al
Palazzo del Cardinale. Il Pontefice si commosse a tenerezza. Grandi
applausi gli furono fatti. Nel dì 22 partì.

23 detto: A dì 23, giunsero dalla parte di Firenze, in questa città, il
Re di Sardegna e la Regina sua consorte, che si portarono in Duomo
ad adorare il S. Anello, a loro scoperto, e dopo la refezione parti-
rono per Foligno (1).

23 detto: Nel dì 23 giunse il suddetto Pontefice in Loreto al suono
delle Campane ed a sparo di mortari. Smontò alla Chiesa, ricevuto
dal Capitolo, dal Clero e Prelati, andò poi al Palazzo Apostolico.
Nel 26 dovea partir da Loreto fermarsi a pranzo a Macerata e per-
nottare a Tolentino. Nel dì 27 dovea partir da Tolentino, fermarsi
a pranzo al Ponte della Trave e pernottare a Foligno. Nel dì 30
dovea partir da Foligno e andare a Spoleto. Nel 1° Luglio. dovea
pernottare a Narni. Nel dì 2 la sera a Civita Castellana. Nel dì 3
pranzo a Monte Rosi e quindi proseguire fino a Roma.

24 detto: A di 24 l'Imperatore d’ Austria avea stabilito di formare
un’armata di riserva di 60 mila uomini per i necessarj rinforzi per
le armate. I Francesi aveano passato il Lech ed erano penetrati
nella Baviera e nei confini del Tirolo.

Nel di suddetto tornarono al loro Monastero soppresso nel 1798
le Monache delle Bartole traslatate dal governo repubblicano a
Monteluce (2).

25 detto: A dì 25 si seppe, che il primo Console Bonaparte si ritrovava
in Milano con una scelta e numerosa truppa, che i Francesi erano
tornati ad occupare Nizza, Cuneo, Genova e che erano i Francesi
entrati in Torino fino dalli 20.

26 detto: A dì 26 partirono i Signori della reggenza per Foligno, per
ivi complimentare il S. Padre essendo per giungervi in breve

A. dì 26 si determinò di formare dall’ Armata Austriaca 3 corpi
nelle vicinanze di Verona. I Cisalpini si trovavano a Brescia.

(1) Vedi Cronaca dell’ Anonimo al 23 di Giugno, pag. 65.

(2) Il Monastero delle Bartole, o Bartolelle, era quella parte di
edificio occupata oggi dal carcere femminile in Via del Parione a destia
di chi viene dalla piazza di Santo Spirito.

Ri NI

————À

rt ueri dol PuksixrianU eroGRXdau qo. ZST 102 E. RICCÍ

E 27 detto: A dì 27 giunse un Ufficiale Francese a Bologna a trattare col
INI È comandante Austriaco per consegnare la Città all’ Armata Fran-
I i i : cese in vigore dell’ Armistizio concluso fra le due Armate nel
di i . «dì 15. Nel di 28 giunsevi il Comandante Francese.

Im 27 detto: A di 27 giunse in Foligno il Sommo Pontefice, e scese di |
carrozza in faccia alla chiesa Cattedrale. Vi erano le Maestà Sarde.

|
|

THE | Andò ad alloggiare in Vescovato. Era accompagnato da un Distac-
| camento di Austriaci. Fu pubblicato un manifesto in cui si noti-

ficava che il S. P. rientrava nell’ esercizio della sua Giurisdizione

| Hi civile, ne' suoi Stati, eccettuate le tre Legazioni.

28 detto: Erano passati 10 giorni dacché la Reggenza Imperale avea

incominciato ad organizzare il vecchio sistema aristocratico, quando

all'improvviso giunse la notizia, che in forza della passata conven-
zione tra i due Comandanti: Austriaco e Francese, la Città di Genova
dovea esser nuovamente occupata dalle truppe Francesi. Nella mat-
tina del dì 24 scorso partì la truppa austriaca, ed entrò la Francese.

30 detto: A dì 30 tornò da Foligno la reggenza di questa Città, che nel
dì 29, furono ammessi al bacio del piede.

LUGLIO.

2 Luglio: A dì 2 il S. P. riposò la sera a Civita Castellana nel palazzo
Vescovile. Nel dì 3 proseguì a Monterosi, e si fermò a pranzo nel

palazzo dell’ Em.mo Card. Giuseppe Dorici: di poi andò alla Storta
e si diresse a Roma. Incontrato da gran popolo fece il suo ingresso
passando sotto un grand’ Arco Trionfale eretto nella Piazza del
Popolo, andò al Vaticano, e poi alla sua residenza al Quirinale.
| Nel venire a Roma era stato il S. P. seguitato da una grossa
Cavalleria Napoletana andata ad incontrarlo.

Nel di d.» fu pubblicato in Perugia il proclama sulla reinte-

grazione del S. P. della sua giurisdizione ne’ suoi stati, come fu
detto disopra nel dì 27.
i 3 detto: A di 3 d." le Monache di S. Tommaso fecero ritorno al loro
Mon.ro ristaurato dopo essere state nel Mon.ro delle Colombe,
traslatate dal Governo repubblicano fin dal di 5 Maggio 1799.
Nel di d.° era in Ancona il Gen.l Millius con circa 8 mila Te-

deschi per prepararsi ad. una nuova campagna in caso di bisogno.
4 detto: Furono dimessi dalla Sapienza Vecchia i 18 Detenuti, e quivi
tradotti dalle Carceri di S. Tommaso fin dallo scorso Marzo.
Tli Nella sera si vidde illuminata tutta la Città per dar principio
| alle tre sere di allegrezza per l’arrivo del S. P. in Roma,
CRONACA DELLA REPUBBLICA FRANCESE IN PERUGIA 103

5 detto: A di 5 detto giunse in qualità di Delegato Apostolico in Perugia
Monsig. Agostino Rivarola Genovese.

A dì d.° il S. P. creò tutti i Delegati di 7 giurisdizioni.

6 detto: Nel dì 6 Mons. Rivarola, visitati gli spacci di pane e trovatolo
di peso scarso, toltolo dagli spacci, lo fece dispensare ai poveri.

7 detto: A dì 7 si seppe da Milano che le Truppe Francesi occupavano
le posizioni militari in virtù della fatta convenzione.

8 detto: A di 8 fu rimesso l’ Orologio pubblico all'italiana secondo il
costume. A di d.° fu in alcuni luoghi saputo conchiuso l'armistizio
nel 1° Luglio tra le due armate belligeranti.

La nota delle contribuzioni imposte dal Gen.le Moreau ne’
paesi da esso occupati nella Svevia, cavata da diversi fogli, giunse
alla somma di 2 milioni e 351 mila fiorini.

11 detto: Morì il Marchese Carlo Monaldi nel Casino de’ Murelli e fu
fatto il funerale nella Chiesa di S. Proto e Giacinto nel dì 14.
Avea anni 39.

12 detto: A dì 12 d.° uscite dalla Zecca Pontificia le monete collo
stemma del S. P. Pio VII.

A dì d.° il S. P. volendo porre rimedio alle rovine sofferte

dal suo stato, istituì 4 Congregazioni, quali dovessero regolare gli
affari a ciascuna incaricati.

14 detto: A dì 14 d.° giunse in Arezzo la Regina delle due Sicilie con la
real Famiglia e fu fatta nobile accoglienza da quella popolazione (1).

15 detto: A dì 15 passò fuori delle mura, venendo da Firenze, la regina
di Napoli con la sua reale famiglia, scortata dalla Cavalleria Au-
striaca, andando verso Foligno. Fu nel dì d.° sottoscritta dai Gen.li
in Capite Austriaco e Francese una convenzione in 10 articoli, sui
paesi da occuparsi dalle due armate formandosi negli articoli la
demarcazione.

17 detto: A dì 17 passò fuori delle mura, proveniente da Firenze, il
grande Ammiraglio Nelson, per dirigersi in Ancona ove giunse la
regina di Napoli,

18 detto: A dì 18 si seppe che in Parigi si continuava ad aprirsi le
chiese cattoliche nei Dipartimenti.

(1) Vedi Cronaca dell’ Anonimo, pag. 68, nota 1. Maria Carolina
d’ Austria, moglie di Ferdinando IV, Re di Napoli, fù Regina delle Due
Sicilie, dopo l’ occupazione Napoleonica, nel 1814. È un errore del Cro-
nista: nel giorno seguente, la chiama Regina di Napoli.

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104 E. RICCI

21 detto: L’ Armistizio tra le Armate austriache e Francesi in Ttalia è
stabilito fino alli 20 Agosto prossimo. A dì d.° i Francesi in n.°
di 1200 occuparono ancora Pesaro, reputandolo incorporato nella
repubblica Cisalpina e si avanzarono sino al Fosso Sanjore di Fano.
In Romagna si contavano 4 mila francesi. Il Gen.l Monnier si portò
a Pesaro e pose la contribuzione di scudi 12 mila.

22 detto: A dì 22 in vece della Reggenza furono posti 7 soggetti al
Politico e 7 al Governo dell’ Annona.

25 detto: I Francesi e Cisalpini sono fermi ne’ loro confini di Pesaro,
senza dare apparenza di volersi avvanzare, ed in Sinigaglia si
aumentò la Guarnigione con Cavalleria Tedesca.

26 detto: A dì 26 partì di Ancona la Regina di Napoli colla real
Famiglia e s'imbarcó sopra una Fregata Russa e ne partirono
oltre 3. :

30 detto: A di 30 d.* fu soppresso il Mon.ro dello Sperandio, monache -
Benedettine, ed ammensati gli stabili all’ Orfanotrofio di S. Anna 3
col pagarsi alle Religiose annua pensione, vita loro durante.

E.
n.
|
|
È:
d

AGOSTO. ; d

6 Agosto: A di 6 parti all'improvviso da Cesena tutta la truppa Fran- È
cese e si rieoncentró in Bologna: e nel di 8 abbandonarono anche r
Forlì e gli Austriaci entrarono in Pesaro, Rimini e Cesena, e vi
innalzarono lo stemma Imperiale.

8 detto: A dì 8 il S. P. era sempre indefesso nel ripristinare le Con-
gregazioni che presieder doveano alla conservazione della pura
religione Cattolica.

19 detto: In Pesaro giunsero nuovamente le truppe francesi e cisalpine,

e ricuperarono tutti gli altri luoghi della Romagna, compresi nella

linea di demarcazione, stabilita tra Pesaro e Fano.

SETTEMBRE.

22 Settembre: A di 22 si seppe che l'Isola di Malta, presa dai Fran-.
cesi fin dal 1798, era passata sotto il dominio Inglese fin dallo
scorso Agosto.

30 detto: A di 30 le Monache delle (our traslatate a’ SS. es :

e Sebastiano fin dal 1798, fecero ritorno al loro Mon.ro fattosi

restaurare per ordine di Mons. Odoardi.

E P Rue ETE MIS RIP GENIS TIR. DUERM MN UN ase ia Mt e E P dr a Ee E

»-

»
CRONACA DELLA REPUBBLICA FRANCESE IN PERUGÍA

OTTOBRE.

1 Ottobre: A dì Y in S. Egidio Castello, morì una. Zitella chiamata

Maddalena in età di 50 anni, dopo una infermità di 30 anni sof-
ferta con somma pazienza e rassegnazione, e fu fatto il mortorio
nella Chiesa Parrocchiale e sepolta in un luogo separato col per-
messo di Monsig." Odoardi.

CI

7 detto: Si seppe prolungato l’ Armistizio tra l' Armata Austriaca e la

Francese.

8 detto: A dì 8 Giuseppe Fiori, rigattiere, fu punito con 20 legnate in

pubblica piazza per aver maltrattato il Canonico Mancini che lo
avvertì per più volte a restituire alla Confraternita di S. Domenico
alcune sagre suppellettili comperate in tempo del governo repub-
blicano.

Sono più di 2 mesi che vanno innanzi e indietro truppe impe-
riali da Firenze e Ancona, e da Ancona a Firenze.

13 detto: Provenienti da Ancona per Firenze, pervennero delle reclute

di diversi paesi per l’ Armata Imperiale.

15 detto: A dì 15 morì il Marchese Cesare Monaldi di anni 81 e fu

sepolto in S. M. Nuova nel dì 16.

Nel dì suddetto in Firenze entrò una imponente Armata Fran-
cese, a cui il General Sommariva avea dovuto cedere, per essere
di forze inferiori, quella piazza. Il rotto Armistizio colla Toscana
era proceduto dal non essersi la med.* conservata neutrale. Si risen-

tirono molto i Toscani, e massime gli Aretini contro il Gen.le

Austriaco. Per la accennata invasione molti fuggirono dalla loro
patria e di notte qui giunsero.

20 detto: Fu dalla Reggenza mandata una circolare a quelli che stavano

in villeggiatura, acciò si trasferissero subito in Città, o mandare
persone aderenti per preparare nelle proprie case gli alloggi per
gli Officiali Tedeschi in congiuntura del loro passaggio di un Corpo
dell’ Armata, come realmente successe nel di suddetto alle ore 92.

.21 detto: Nel dì 21 si seppe che si era evacuata dalle Truppe Tedesche

tutta la Toscana e che nel dì 19 era entrato in Arezzo per assalto
il General Francese Sancyr colla sua armata, e ordinò 5 ore di

‘saccheggio e la minaccia di fucilatura a chi si fosse trovato colle

armi in mano.

22 detto: Nel dì 22 partirono la mattina i 2 squadroni di soldati Au-
, Striaci con diversi cariaggi diretti verso Ancona e più tardi giun-

sero dalla Toscana 7 compagnie colla cassa militare. 106 | E. RICCI

24 detto: Dalla Toscana giunsero 700 soldati di cavalleria tedesca e 1000
d’Infanteria, parte Tedeschi e parte Toscani, con diversi cariaggi.
Venne da Monsig. Rivarola l'ordine a tutti di portar la lanterna
di notte sotto pena di arresto e multa pecuniaria.

25 detto: A dì 25 partì tutto il Corpo d’ Armata Austriaca. Di poi
venne alla Cavalleria Tedesca, ed il Gen.le Sommariva, che partì
colla Cavalleria nel dì 26 per Ancona.

27 detto: Si seppe che 6 mila Francesi si erano diretti verso Orbetello
con diversi pezzi di artiglieria.

30 detto: Si seppe da uno venuto d’ Arezzo, che quivi erano 2 mila
Francesi, che il saccheggio seguito il dì 19 non fu severo, come si
supponeva, ma che spesso escivano proclami per le contribuzioni.

Che in Orbetello erano seguite delle ostilità tra i Napoletani e i
Francesi.

31 detto: Si seppe che nel dì 25 erano stati avvisati 14 Prelati per la

nuova Promozione.

NOVEMBRE.

1 Novembre: A dì 1 seguì nella notte un furto in Cancelleria de Cano-

nici di somma non considerabile.

2 detto: A dì 2 fu affissa la notificazione che il S. P. Pio VII aceor-
dava il Perdono a tutti i Patriotti ribelli, eccettuati quelli prima
della rivoluzione.

4 detto: A dì 4 si seppe che dai Francesi si erano demolite in Arezzo
tutte le Fortificazioni e che 4 mila in circa di quei combattenti,
si erano incamminati alla volta di Siena fin dal dì 29 Ottobre.

5 detto: A dì 5 giunse il finale dell’ Armata Austriaca da Firenze che
era rimasta malata nei Spedali, e nel di 6 s'incamminarono verso
Foligno.

10 detto: A dì 10 nella notte furono commessi diversi furti per la Città
e furono tirate due archibugiate.

11 detto: A dì 11 si seppe che in Firenze dai Commissarj Francesi si
erano sequestrati tutti i Feudi spettanti alle potenze nemiche e ai
Principi particolari.

14 detto: A dì 14 nella notte furono ‘condotti via colla forza armata
l’ Avvocato Bruschi, Fabio Danzetta, Antonio Costantini, ed Ales-
sandro Cecchetti alla volta di Foligno.

15 detto: Nel dì 15 venne a Monsig. Delegato notizia, che di diversi
Patriotti si era la Terra della Fratta democratizzata. Il med.* Pre-
lato diede ordine al Comandante Giovio di andare colla Truppa

-

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CRONACA DELLA REPUBBLICA FRANCESE IN PERUGIA 107

sua alla Fratta ad arrestare i delinquenti, e nel di 18 tornò la
truppa con alcuni arrestati.

19 detto: Si seppe che dai Francesi si erano fatte demolire le mura
Castellane di Arezzo, e le carceri, ove erano stati detenuti i Pa-
triotti di Perugia.

20 detto: A tenor del perdono generale trasmesso per la posta da Roma,
Monsig. Vescovo dette il celebret a tutti i sacerdoti rimasti sospesi
dopo la venuta degli Aretini (1).

21 detto: Successe un incendio improviso in Casa Alessandri. Sonò la
Campana maggiore a fuoco e si estinse col far chiudere per insi-
nuazione di un Romano porte e finestre.

22 detto: Fu pubblicato editto per ordine di Mons. Delegato Rivarola
d’intimazione a tutti i forastieri dimoranti in Perugia dopo il 1796,
di partire dal Territorio in termine di 3 giorni.

26 detto: Per ordine di Monsig. Delegato furono all’ improvviso serrate
tutte le Porte della Città circa le ore 23 1/,, e alle 5 si spedì un
Picchetto di soldati per guardia alla Porta di Borgna, stante l’ av-
viso ricevuto, che i Cisalpini tentassero di fare in Città una scorreria.

27 detto: Alle 8 !/, di mattina vennero alla Porta di Borgna 15 Cisalpini
e fu loro negato l'ingresso in Città dal Comandante Giovio, per
non avere istruzione dal Gen.le di Arezzo.

28 detto: Fu dal Delegato mandato avviso ai Parrochi del Lago Trasi-
meno di far sonar le Campane all'armi presentandosi persone so-
spette in qualche numero,

29 detto: Per eausa dell'avviso ricevuto da Mons. Delegato, esservi al
Pian di Massiano uno Squadrone di Cisalpini, fece chiudere la
Porta di S. Carlo. In tal congiuntura si prese motivo di demolire
il Monterone in faccia alla Fortezza, e si venne subito all’ esecu-
zione nello stesso giorno con buon numero di lavoranti, e s’ inco-
minciò a formare il bel Piazzone, come ora esiste, riempiendosi
le fosse che vi erano. Onde gli fu dato il nome di Piazza Rivarola.

(1) I preti sospesi a divinis furono quelli che durante il periodo
della repubblica avevano parteggiato per i così detti Patriotti, ed erano
rimasti impuniti, perchè fieramente protetti dal Governo al quale servi-
vano ed erano molto utili. Entrate le truppe aretine, alcuni fuggirono
e non se ne seppe più nulla, e fra questi fu il P. Tornera degli Zoc-
chetti il quale, fra l’ altre cose, suggeriva ai capi del partito a quali
sacerdoti si dovesse dare le patente di confessori, e a quali si dovesse
togliere. Era tempo di libertà !!

RSI RELA EIA
108 E. RICCI

Essendo giorno di mercato, quelli che erano venuti in Città vi

rimasero chiusi, perché le chiavi delle Porte le volle in mano

Monsig. Delegato. Alle ore 10 il Comandante Giovio rese conto
dell'arrivo di tre Ufficiali Cisalpini alla Porta di Borgna, e di essersi
con essi contenuto col negargli l'ingresso, come nel di 27. Questi

furono costretti a ritirarsi, e siccome cadeva della pioggia, si riti-

rarono in una casa di S. Giuliana, ora demolita, ed ottennero dalle

Monache la refezione per loro, e biade per i cavalli.
30 detto: Si fecero varj arresti di persone sospette di aver chiamati in
|^ qua i Cisalpini.

DICEMBRE.

1 Dicembre: Per ordine di Mons. Delegato, da Giacomo Baldeschi di
P. S. P. s'incomineió a raccorre dai Conventi de’ Claustrali gra-
tuite offerte per impiegarsi a mantenimento di quelli stabiliti ad
invigilare alla pubblica e privata: tranquillità.

2 detto: Alle 21 giunsero tra le forze armate tre soldati Cisalpini, che
furono posti carcerati in Fortezza.

3 detto: Giunse tra noi scoperto, un Offiziale Cisalpino, che smontato
alla Locanda andó dal Delegato; e poco dopo riparti per la stessa
via della Toscana. Nel giorno appresso diede ordine il Delegato
al Comandante Giovio.di fare aecompagnare sino a Cortona da un
piechetto, i tre Cisalpini arrestati prima nel di 2.

5 detto: Furono da Monsig. Delegato invitati i Nobili e Possidenti a
mandare 2 o 3 operaj per ciascheduno ai lavori del Monterone in
faccia alla Fortezza, cominciato a spianarsi fino dal di 29 dello
scaduto Novembre.

6 detto: Giorno di sabato: si seppe dai vetturali del Pesce del Lago
la scaramuccia succeduta a Passignano tra i Contadini e Cisalpini,
e che vi rimase morto un Sargente Maggiore.

8 detto: Nella notte successero varj furti per la Città e rotti furono i
Catenacci dalla Biblioteca pubblica.

10 detto: Venne di passaggio una Compagnia da Ancona di soldati
Austriaci a guardare i confini dello Stato Papalino, fino a nuov' or-
dine. -

11 detto: Si ebbe notizia fin dal di 9 che in questo giorno doveano

passare fuori di porta 150 Cisalpini, fatti prigionieri in Toscana.

Il Delegato diede ordine di chiuder le Porte, acciò in tal congiun-

tura il popolo accorrendo non facesse tumulto. Si seppe poi che

erano passati il giorno antecedente.

nr
CRONACA DELLA REPUBBLICA FRANCESE IN PERUGIA 109

13 detto: Fu sentita una buona scossa di Terremoto.

15 detto: Venne per ordine del Governo carcerato un forestiere, cre-
duto ladro della Statua di S. Chiara in Assisi, appartenente alle
Monache del suddetto Monastero.

17 detto: Giunse di passaggio da Foligno per la Toscana un Picchetto
di soldati austriaci con 3 pezzi d' Artiglieria, e poco dopo passa-
rono due corrieri provenienti dalla Toscana. :

Nel di 18 ripassarono gli stessi soldati, andando verso Foligno.

1 Nel di sud.* venne altro ordine del Delegato di pattire, a tutti i

È Forestieri qui dimoranti dopo il 1797 in termine di ore 48.

20 detto: Nel dì 20, dalle carceri segrete del Governo, fuggirono tre
carcerati.

22 detto: A dì 22 si ebbe notizia del fatto d’ armi seguito in Peschiera
fin dal dì 10 corrente, tra l’ Armata Austriaca e Francese colla

È perdita d’ambe le parti.

3 26 detto: Venne colla forza armata il D.r Bruschi, che era stato fin

dal di 14 trasportato con altri alle Carceri di Spoleto.'

27 detto: Mori il Maggiore della Milizia Urbana Francesco Baldeschi

E di P. S. P. In questo mese tornarono allo Spedale le Alunne dello

pi Spedale, trasportate in S. Antonio P. S. A. nel tempo della Repub-

bliea Francese.

30 detto: A di 30 venne dalla Toscana uno squadrone di Tedeschi con
tre cariaggi diretti ad Ancona.

( Continua)
dem st m me Pec e È
LA BASE MARMOREA DEL MUSEO DI TODI

Nel visitare il Museo Comunale di Todi, la mia atten-
zione fu attirata da una base di candelabro in marmo,
lavorata a rilievo. Questo piccolo monumento, del quale
non si conosce la provenienza, è rimasto sino ad ora scono-
sciuto ed inedito. i

La basetta di marmo cipollino è larga m. 0,30 ed alta
m. 0,40, ha forma triangolare, concava leggermente nelle
facce, i cui margini, troncati e smussati, fanno intendere

“come il rilievo, a destra ed a sinistra, dovesse avere una
continuazione,

Frammenti di figure sono andati perduti, ed in specie
é da lamentare lo stato lacunoso di uno dei lati. Quello
che rimane é in buono stato di conservazione, tolta qualche
lieve scheggiatura; e così permette di ricostruire l'intiero

soggetto, che si svolge nei tre lati della base, formando una

rappresentanza figurata completa in sè stessa. Negli orli
superiore ed inferiore della scena corrono due listelli, ornati
con ovolature. Il lavoro è assai accurato; e tutti i problemi
tecnici inerenti al rilievo, specialmente in una superficie
ricurva, sono stati risoluti con maestria e finezza. La tecnica
è puramente decorativa; ma ne! disegno e nell’ aggruppa-
mento delle figure non mancano eleganza ed arte.
C x aeree
vi a

di RL

‘stato lasciato uno spazio libero, in cui si profila lo sfondo paesistico.

112 A. PAOLETTI

Descrizione delle rappresentanze figurate (Figg. 1, 2, 3).

Nella prima faccia, il bassorilievo presenta la scena del
ratto del tripode. Questa figurazione, come in altri rilievi
affini, consta di due personaggi: Herakles, che fugge portando
via il tripode, ed Apollo che cerca di ritorglierlo. L'inter-
pretazione del monumento è resa più difficile da una vasta
lacuna a destra, che asporta, quasi per intiero, la figura di
Herakles. Con i rilievi contenenti lo stesso soggetto vi sono
piccole differenze di dettaglio; le figure, nel caso nostro,
restano maggiormente distanziate l'una dall’ altra (1).

Volgiamoci ora al centro della composizione. Apollo
insegue Herakles ed ha già afferrato il tripode sulla spalla
dell’inseguito; il dio appare nudo, nella bella figura giova-
nile. Il suo capo, con i capelli acconciati a krobylos, è recinto
da una sottile corona d’alloro.

Un piccolo manto, che termina nelle estremità a coda
di rondine, cade dalla sua spalla destra sopra il braccio
sinistro, che sostiene l'arco, mentre il turcasso è appeso alla
spalla destra.

Di Herakles, invece, è visibile soltanto una parte di
gamba, e qualche cosa della pelle di leone; in alto appare
sollevato il tripode, stroncato esso pure dalla vasta rottura
del marmo.

Uno spirito nuovo domina in questa replica della rap-
presentazione del ratto del tripode, da cui, infatti, traspare
una concezione più umanizzata del mito, quale si riscontra
nei rilievi ellenistici.

Nella figurazione abbiamo una specie di scenario per
l’azione. A. sinistra trova posto una base di marmo, a cui

(1) È singolare in questo rilievo, che, al di sopra delle figure, è
1g.-1

F
LA BASE MARMOREA DEL MUSEO DI TODI 113

è rimasta appoggiata la lira di Apollo. Al di dietro, piü in
alto, si eleva una colonnetta cilindrica, che sostiene un vaso.
Dal vaso, a sua volta, esce un ramo di alloro, e protende
i suoi rami. frondosi, scolpiti con grande virtuosità, tra i
quali è posato un grosso uccello.

Esaminiamo, dopo ciò, il secondo lato della base; ivi

appaiono due figure, l'una di fronte all’ altra, che si strin-
£ono la mano al di sopra di un tripode.

Questa scena si svolge tra i medesimi personaggi e si
collega alla precedente.

Dopo l’aspra contesa, essendosi frapposto Zeus, Herakles
ha restituito ad Apollo il tripode rapito, che è stato collo-
cato di nuovo nella sua sede e riconsacrato.

Dopo di che, come appare dalla figurazione, il dio e
l'eroe si riconciliano. Apollo si riconosce facilmente per la
lunga veste da citaredo e per il ramo di alloro (solo in parte
rimasto). Egli è rappresentato in succinto vestito, con corto
mantello, aperto sui fianchi, e con la clava sostenuta dal
braccio sinistro.

La scena della riconciliazione di Apollo e di Herakles
è piuttosto rara nelle altre rappresentanze figurate.

Infatti noi la troviamo solo nel cratere, già della colle-
zione Coghill, pubblicato dal Millingen (1) (Fig. 4).

Ivi il gruppo del dio e dell'eroe, vicino ai quali sta il
tripode conteso, mostra il motivo della stretta di mano; ma,
nella posizione delle figure, v'é qualche leggera differenza.
Apollo, anziché in piedi, sta seduto; ed offre la mano ad
Herakles, che si avanza con atteggiamento di devozione.

Non diversa disposizione troviamo anche nella figura-
zione di un sarcofago marmoreo in Kóln (2) ed in un vaso

(1) MILLINGEN, Peintures des vases grecs, Plane XI (Roma, 1813);
RoscHER, Lew. d. Mythol., I, col. 2190. (Ora il vaso è disperso).

(2) Jalwb. d. Ver. der Alter. Fr. (m: Rhein, Bd. VII, Tav. III, IV,
Bonn, 1845.
po e 4 ——7-

114 A. PAOLETTI

| ds] della coll. Lamberg (1). Nel frammento del sarcofago vediamo
il Herakles, in posa tranquilla dinanzi ad Apollo, che sta so-
nando la cetra. Forse si tratta qui di un momento successivo
alla riconciliazione. Nel vaso Lamberg, infine, la scena si
svolge entro il tempio di Apollo, ov’ è il dio, dinanzi al
suo tripode riconsacrato ‘presso 1’ altare; erakles compie
una libazione.

Indiehiamo, da ultimo, gli altri monumenti, che accen-
nano ad una scena di riconciliazione, pur non offrendo ri-
Scontri diretti con il nostro rilievo:

a) Bronzo etrusco del Gabinetto Kestner (2).
b) Pietra incisa, coll. Stoss (3).

Il terzo lato del bassorilievo si presenta mutilato da
ambedue le parti. Tuttavia è possibile la ricostruzione della
l rappresentazione figurata, perchè le tracce rimaste lasciano
| De indovinare i personaggi, che dovevano apparire nella figu-
li MESS i razione (4).
| : Così possiamo rieostruire idealmente le figure di Hermes
e di Artemis, tipi di repertorio, che ricorrono in molti monu-
menti a scopo decorativo, ma non sempre a proposito. Qui,
per altro, l’artista ha introdotto opportunamente le due
figure nella scena del ratto del tripode. Questa, infatti, si
svolge da ultimo nel tèmenos del santuario di Delfi; e le
due divinità, Hermes ed Artemis, accorrono ambedue a sacri-
ficare avanti ad una sacra immagine, dopo il successo con-
seguito da Apollo. A questo proposito devesi ricordare che
in copiose rappresentazioni vascolari del ratto del tripode

(1) Vaso coll. Lamberg. LABORD, Vases de Lamberg, tav. I, pl. 34.
i (2) Bull. Inst. Archeol., 1831, pag. 195.
dici (3) Stossischen Gemmen, 2, N. 1764; WINKELMANN, Description des
pierres gravées du Baron Stosch, Firenze, 1760.
(4) G. RicHTER, Vaso neo-attico, Metr. Mus., pl. 38 I. H. S., XIV,
| 1925, pag. 201; pl. VI, IX. - HausER, Die neu-attischen Reliefs, N. 1,
| pag. 7, Stuttgart, 1889.
LA BASE MARMOREA DEL MUSEO DI TODI 115

varie divinità partecipano all’ avvenimento, ora per assistere,
ora per dividere i contendenti; e quindi non può fare mera-
viglia che nel nostro DansoSlsvo Hermes ed Artemis inter-
vengano a sacrifieare in onore del vincitore Apollo. Delle tre
rappresentazioni figurate, che adornano la basetta di Todi,
quest’ ultima presenta un minore interesse, sia dal punto di
vista artistico che per 1’ esegesi del monumento.

Abbiamo, anche qui, uno sfondo con elementi paesistici ;
nel centro, un vecchio tronco d albero, pieno di foglie, che
circonda, con i rami nudi, una piccola colonna, sopra la
quale figura la statua di una divinità, forse anche dello
stesso Apollo.

|’ Di fianco ed in primo piano, sopra ad una base quadran-
golare, è deposto un grande vaso per libazioni, che, insieme
all'albero sacro, accenna al carattere religioso della scena.

Della figura di Hermes altro non rimane che la mano
destra, nella posizione tipica di sostenere la bacchetta. Così
pure, della figura di Artemis, sono visibili soltanto le mani
che sorreggono l’arco. Accanto alla dea sta la parte ante-
riore di un grosso cane da caccia.

Questi pochi avanzi delle due figure ricollegano il nostro
rilievo all’anfora di Sosibio (1), che trovasi al Louvre. Ivi,
riunito senza apparente ragione, appare, nel centro, in un
insieme di figure di repertorio, il gruppo di Artemis e di
Hermes presso ad un’ara: gruppo che appunto presenta
grandissime analogie con il bassorilievo di Todi. Vi è solo
da notare una lieve variante, nel caso nostro; Artemis, come
si è detto, non ha presso di sè la cerv va, ma un cane da
caccia (2). Le figure del monumento di Todi, come quelle

(1) CoLLIGNON, Sculpture grecque, fig. 323; HAUSER, op. cit., N. 1,
pag. 7.
(2) Lo stesso gruppo con il cane, si ritrova nella figurazione. di

una base marmorea di età romana, ora nel Museo Vaticano. AMELUNG,
Vatican, I, 89, 636 a.
A SL —€——— e

116 : A. PAOLETTI

| Mis | delP anfora di Sosibio, rivelano il carattere eclettico e super-
"n fieiale del lavoro; il quale è da attribuirsi ad un artista,
| che si rivela siccome uno studioso dell'insieme e del sog-
(US getto e sa cogliere il carattere religioso del mito,

| Ul La base di candelabro di Todi e l’arte neo-attica. |

Dalla descrizione e dai cenni stilistici che abbiamo dati |
é facile comprendere come il nostro monumento appartenga |
ad un gruppo di rilievi marmorei, che provengono da tarde
officine di arte cosidetta neo-attica. Inoltre, la piccola base,
di cui si è definito il carattere e l’importanza, è un docu-
mento notevole fra la numerosa massa di opere tarde, che
spesso sono lavori di compilazione e di scarso pregio. Invero,
a nostro credere, la base Tuderte supera di molto l’arte di
un comune rielaboratore di antichi motivi, giacchè nell’opera
si nota una comprensione intima del soggetto ed una saggia
scelta delle figure da riunire.

L' artista riproduce, con sentimento d’arte, scene diverse
di uno stesso avvenimento, anzi piü atti di una stessa azione;
: ed inoltre, svolgendo queste scene sopra uno sfondo. paesi-
Di stico, che determina la località, completa con maestria la
| figurazione. La base di Todi, adunque, puó aggiungere nuovi
elementi di studio alla dibattuta questione dei rapporti tra
i prototipi, le prime copie areaistiche e le opere tarde di
artisti ellenistici e romani. Non si puó disconoscere che la
base di Todi segue in tutto l'uso invalso nelle officine indu-
| striali per opere siffatte, quello cioè di avvalersi dell’ origi-
nale senza il proposito di copiarlo.

Per completezza d’esposizione dovremo ora esaminare
i rilievi più importanti relativi al ratto del tripode, ed il
soggetto delle rappresentazioni,
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LA BASE MARMOREA DEL MUSEO DI TODI 117

1) Base triangolare di candelabro. Dresda (1). Da Roma
(coll. Chigi) (Fig. 5).

Nella faccia principale si svolge la lotta per il tripode
delfico, tra Apollo ed Herakles. La prima scena, come nella
base di Todi, presenta soltanto i due contendenti. Herakles,
vestito con la pelle di leone, fugge portando il tripode ed
è inseguito da Apollo; quest’ ultimo è intieramente nudo,
tranne che indossa un leggero mantello a code di rondine,
rovesciato dietro alla spalla destra. Il dio stende la destra
per riafferrare il tripode, e con la sinistra sorregge l’arco;
il capo giovanile è recinto da una bella corona di alloro.
Tra il dio e l’eroe è frapposta una pietra di forma rotonda,
adornata con bende, che indica la località di Delfi, teatro
della lotta (2).

Seguono, a destra ed a sinistra, due figurazioni con
gruppi chiusi e completi, che esprimono momenti di azione
posteriori.

In una delle rappresentazioni laterali, sopra una colon-
netta, è deposto il tripode, ricoperto di bende; e presso ad
esso una giovane sacerdotessa fa gesti rituali, protendendo
le braccia con le dita distese. Dall'altro lato, in atto atti-
nente anch'esso al culto, si trova Dionysos con il tirso, raf-
figurato nel noto tipo artistico: di Sardanapalo. Sull’ altra
faccia due sacerdotesse riconsacrano, con gli stessi atti rituali

(1) BECKER, Augusteum, I, tav. 5-7; BRUNN-BRUCKMANN, Denkmáler,
tav. 150; FRIEDERICHS-WoLTERS, Gipsabgiisse, N. 493; MürrkR, Hand-
buch, 96, 20; HAUSER, Die neu-attischen Reliefs, pag. 52; FURTWANGLER,
Masterpieces, pag. 203; BórrICHER, Das Grab des Dionisos, in Arch. Zeit.,
1858, pl. CXI, N. 2 e 5; 18 Berliner Winkelmannfeste, 1858.

(2) Non deve ANA strano di trovare Dionysos nel santuario di
Delfi; é aecertata una stessa concezione mitica per Apollo e Dionysos.
Il BòTTICHER, op. cit., pag. 226, ritiene che l'intero monumento di
Dresda sia in ANDR con le feste sacre a Dioniso delfico. G. E. Rizzo,
Studi archeologici sulla tragedia ed il ditirambo, in Riv, di Fil. Class., 1902,
pag. 487 e seg.
118 A. PAOLETTI

una face accesa, il qavòg, deposta sopra una colonnetta ed
ornata di bende votive.

Abbiamo descritta dettagliatamente quest’ opera, ben
nota ed assai studiata (1), per l'affinità delle sue figurazioni
con quelle della base di Todi.

Ma le figurazioni laterali della base di Dresda, a nostro
credere, sono meno importanti, ed offrono figure di carattere
puramente decorativo, molto diffuse nell’età augustea (2).

2) Base marmorea triangolare di candelabro. Museo
Vaticano, Roma. (È opera di restauro) (3).
Le figure appaiono isolate nelle tre facce. Da un lato si
vede Herakles, con il tripode, dall’altro Apollo e nel terzo una.
figura maschile, che ricorda il Dionysos della base di Dresda.

3) Lastra marmorea del Museo del Louvre (già coll.
Albani) (4).

Apollo ed ‘Herakles in lotta per il tripode.
Apollo incoronato, porta i capelli aggiustati con nodo,

sul dietro della testa, in foggia uguale a quella delle rap-
presentazioni di Todi.

Tra i due contendenti si erge una pietra di forma emi-
sferica. A sinistra della composizione una pianta di lauro

ed un serpente; accessori, che si addicono al tempio di Delfi.
Vi è molto lavoro di restauro.

(1) FURTWANGLER, Masterpieces, pag. 203, attribuisce 1’
della base di Dresda a Callimaco.

(2) Si possono trovare uguali tipi, in piccoli vasi aretini, in terra-
cotte ed in stucchi. Una figurazione molto simile: Museo Nazionale,
Roma, Lastra Campana, N. 963.

(3) STEPHANI,' Compte-rendu, 1868, pag. 47, N. 81; Visconti, Mus.
Pio Clem. VII, pl. 37; HAUSER, op. cit., pag. 53, N. 74; DAREMBERG

e SAGLIO, Dictionnaire, I, pag. 873; STEPHANI-STARK, Arch. Zeit., 1858,
pag. 140.

(4) CLARAC, N. 168, pl. 119.

originale
L^ BASE MARMOREA DEL MUSEO DI TODI

4) -'rammento di rilievo marmoreo di Berlino (1).
Apollo ed Herakles in lotta per il tripode.
Il fondo del rilievo è convesso.

5) Lastra marmorea. Roma, Villa Albani.
Lotta di Apollo ed Herakles per il tripode (2).

6) Lastra marmorea rinvenuta a Velletri. (Ora è affissa
in una casa di detta città).
Lotta di Apollo ed Herakles per il tripode.

7) Lastra marmorea (3) ritrovata dall’ ammiraglio Nani
nellisola di Citera (Cerigo) e poi trasportata a Venezia.
(Proviene da Sparta).

Lotta di Apollo ed Herakles per il tripode.

8) Frammento marmoreo descritto dallo Stephani (4).

Alla composizione del ratto del tripode sono aggiunte

altre figure, e di una di queste è rimasta una mano, che
sostiene una patera.

Il soggetto delle rappresentazioni figurate.

Notevole è l’importanza delle rappresentanze figurate
della base di Todi, giacchè esse, a differenza di tutti gli
altri monumenti, non si fermano alla scena del ratto del

leggenda con la riconciliazione dei contendenti.

(1) Berlin, N. 894; HAuSER, op. cit., pag. 54, N. 75 a; STEPHANI,
Compte-rendu, 1868, pag. 47, N. 81. FURTWANGLER (in RoscHER, Levikon,
I, 2233) ritiene possibile una falsificazione.

N. 27560.
(3) PAcrAuDr, Marmi Pelop., pl. XXXIII, pag. 114,
(4) STEPHANI, op. cit., N. 82,

tripode, ma offrono anche la continuazione ulteriore della

(2) ZoEGa, Bassirilievi di Roma, tav. II, pl. 76; Fot. Alinari

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120 A. PAOLETTI

Soltanto le rappresentanze laterali della base di Dresda,
con le scene di riconsacrazione dopo la lotta accennano ad
uno sviluppo della scena, che, ora, trova il suo complemento
finale nella basetta di Todi. Questa, inoltre, conferma 1’ esat-
tezza della interpretazione delle figurazioni laterali della
base di Dresda. Il tripode viene restituito da Herakles ad
Apollo, posto di bel nuovo nella sua sede e riconsacrato; il
dio e l’eroe appaiono finalmente riconciliati.

Le due opere adunque si integrano a vicenda; ed una
medesima leggenda si svolge. nelle rappresentanze figurate
delle tre faccie. Invero, alcuni momenti dell’azione sono
diversi nelle rappresentazioni delle due basi; ma unica ed
identica appare la concezione del mito. Il prototipo a cui
ambedue gli artisti dovettero ispirarsi, è una composizione
unica, desunta da una stessa tradizione. Possiamo anche
pensare che questa composizione debba essere stata desunta

‘da un vecchio poema andato perduto e cioè dall’ Heracleida.
Ma di questa antica tradizione mitologica non v!é cenno
di sorta nè in Omero, nè in altri poeti; sebbene Pausania,
senza citare alcuno, voglia rintracciare il mito della lotta
per il tripode, in leggende poetiche (1). Forse questi poemi
non erano molto divulgati, e così sono sfuggiti alla più
antica tradizione letteraria. Ma, certamente, la leggenda si
localizza di buon’ora, poichè essa appare già in monumenti
di arte arcaica.

Fra i primi monumenti figurati ispirati a questo SOg-
getto, come si è detto, è il frontone ‘scolpito a rilievo nel
tesoro di Siphni a Delfi (2).

(1) PausantA, X, 13: « mapaóe&zuevo dé oi momtat vóv Aóyov,
uoynv “HoaxAiovs moss "ArsMova Uto roímo00c &Bovoiv » (i poeti
cantano la lotta di Apollo e di Herakles per il tripode). Pausania certa-
mente nella compilazione del libro X, si è valso di un’ antologia lirica.
WILLAMOWITZ, Homerische Untersuchungen, Philologische Untersuchungen,
VII, Berlin, 1884, pag. 388.

(2) Bull. C. E., 1929: La sculpt. grec. à Delphes, pag. 16, tav. VIII.
E questa un'opera di artisti non raffinati ed attardan-
tisi in vecchie forme. Il gruppo era assai animato, e vi par-
tecipavano anche Athena ed Artemis, proteggendo i due
litiganti ed affaecendandosi a dividerli (1).

Ed abbiamo veduto come questa scena è ripetuta fre-
quentemente in tutta la pittura vascolare, ed è molto cara
alla più antica tecnica a figure nere (2).

Passiamo ora ad indicare le fonti letterarie, che ci sono
rimaste in ordine alla nostra leggenda: storici e mitografi
tardi, sebbene non numerosi, si accostano alla versione già
accetta dai poeti, nella prima nucleazione del mito. E tro-
viamo, infatti, che essa ci è conservata nell’ Epitome (biblio-
teca) di Apollodoro (3), in Igino (4), in Pausania (5), in
Diodoro (6) ed in uno scolio a Pindaro (7).

(1) PAUSANIA, Graeciae Descriptio, Hirzia und BLUEMMER (Lipsia,
1910), Libro X, cap. 13, 7 (parla degli artisti, che hanno lavorato a
quest’ opera, dono votivo dei Focesi, dopo una vittoriosa lotta contro
i Tessali. RoBERT, Die Griech. Heldensage, pag. 587 e seg.; dissente da
questa attribuzione LoEwr, Untersuch. 2. griech. Kunstlergesch., pag. 5.

(2) Per un’ enumerazione rimando all’ OvERBECK, Kunstmythol.
Atlas, pl. XXIII, 9, 11, pl. XXIV, 1-2; STEPHANI, Compte-rendu, 1868,
pagg. 34-51; Passow, Herakles der Dreifussrauber auf Denkmdler alter
Kunst und über die vergebliche Cortina auf diesen Denkmáler, Archaeologie
und Kunst., tomo I, pagg. 125-166, M. Boettiger, Breslau, 1828.

(3) APoLLODORO, Mylhogr. Graeci - Apollodori Biblioteca, edid. Rr-
CHARDUS WAGNER (Lipsia, 1904), libro II, pag. 130.

(4) HyGInus fab. ed. ScHMIDT, 1892, fab. 32.

(5) PAUSANIA, Graeciae Descriptio, Hrrzia und BruEMMER (Lipsia,

1910), Libro X, 13. Di un altro luogo di Pausawra (IX, 10) è appena il

caso di accennare: Anfitrione offrì ad Apollo Ismenio un tripode, nel-
l’anno che Herakles, suo figlio, era laurifero. Questa tradizione non è
confermata da alcun monumento e non ha che fare con la rappresen-
tanza del nostro rilievo, solo accenna a rapporti amichevoli o di devo-
zione di Herakles verso Apollo. i

(6) Dropono, I, 4, mostra una versione, che è diversa dalla tradi-
zione seguita dai nostri monumenti.

(7) Scolio a Pindaro, Olimpica, IX, 45. Versione seguita in parte
dai nostri monumenti: Herakles, nom avendo avuto il responso, vuol
rompere il tripode; Apollo si oppone e, nella lotta, riesce vincitore,

LA BASE MARMOREA DEL MUSEO DI ‘TODI 121
ma archeologi e filologi sono sempre discordi sulla dipen-

A. PAOLETTÌ

Apollodoro e Pausania riproducono una stessa versione
del mito, con poche varianti e con sostanziali concordanze.
Il primo scrittore narra che Herakles, adirato perchè non È
aveva avuto risposta dalla sacerdotessa intorno alla causa
della malattia incorsagli per l'uccisione d’Ifito, non solo
portò via il tripode, ma si fabbricò un tempietto per avervi
oracoli. La disputa fra ZHerakles ed Apollo venne interrotta
da un fulmine lanciato da Zeus.

Igino (1) narra semplicemente che Apollo non volle dare
ad Herakles il responso.

Questi, « iratus de fano eius tripodem sustulit, quem
postea, Jovis iussu, reddidit » e comandò ad Apollo di esporre
l'oraeolo alla Pizia. La favola è breve ed il racconto pro-
cede in maniera un po’ troppo ristretta (2).

Ora noi non siamo in grado di conoscere la fonte, a
cui si sono attenuti questi due scrittori; solo, come conget-
tura, possiamo pensare a Ferecide. Certo i mitografi sono
tutti influenzati dalla produzione letteraria anteriore (3);

denza dalle varie fonti.
Il mito risente di un'ispirazione religiosa e politica. La
scena viene interpretata (4) come un tentativo dei Dori (5)

(1) HyGInus, Mythographi Latini, edid. BuwTE, Lipsia, 1875, fab. 32.
Il testo d’ Igino ci è certo pervenuto interpolato ed abbreviato, e ciò
ci lascia incerti sull’ autenticità della narrazione. Delle due lezioni :
1) Cod. Frisingensis, 2) Cod. Vaticanum, quest’ ultimo sopprime pure
alcuni pezzi. L'ultimo editore delle favole d' Igino, SCHMIDT, nella pre-
fazione (pag. 29) è di diversa opinione ed esclude che si debba dubitare
dell’ integrità del libro. j

(2) BURSIAN-FLECKEIN, Jahrb., XCIII, 1866, pag. 773 e seg.; DIETZE,
Zur Schrifstellern | d; Myth. Hyginus, in Rhein. Mus., XI, IX, 1894
pag. 21 e seg.

(3) BERG, Griech. Litteraturg., III, pag. 504.

(4) C. ROBERT, Die Griech. Heldensage, pag. 587, Berlin, 1921.

(5 WiLamowirz, Herakles, I, 14; HILLER VON GàRTRINGEN P. W., T:
IV, 2539 (Lipsia, 1910); PAUSANIA, H1rz16-BLUEMMER, III, pag. 708 e segg.
LA BASE MARMOREA DEL MUSEÒ DI TODI 128

della Grecia Centrale di affermare la loro influenza sull'ora-
colo; il che ci ‘attesta anche dell’ attaccamento dei vari
popoli greci ai loro santuari. Poeti, mitologi ed artisti ci
pongono davanti 1’ eroe Herakles, il quale, spinto dal suo
amor patrio, non agisce per sentimento personale, ma, nel
suo affetto all’ Ismenion (1), antico tempio del suo paese,
lotta con Apollo per rapire il tripode e trasportarlo a Tebe.

Se impresa del ratto fosse riuscita, è intuitivo che
una gran folla di adoratori si sarebbe staccata da Delfi
con lincremento dell'importanza religiosa e commerciale
della Beozia. Forse la tradizione può rappresentare un ten-
tativo di giustificazione, da parte dei Tebani, della loro
[o | temporanea preponderanza nell’ Anfizionia.

La base di candelabro di Todi in rapporto all'arte neo-
attica.

L’insieme delle varie scene del ratto del tripode attesta
l’opera di una fantasia rinnovatrice, che rievoca con spirito
nuovo il vecchio motivo della composizione.

Nella pittura vascolare, dalla più antica a figure nere
alla più recente a figure rosse, è frequente la scena del ratto
del tripode. Il motivo, molto arcaico e già trattato nel tim-
pano del tesoro dei Sifni a Delfi (2), viene ripetuto sempre
nello schema tradizionale, ora riproducendosi tutta quanta
la figurazione, ora soltanto il gruppo centrale. Senza dubbio,
la base di Todi può darci una idea più adeguata della figu-
razione, che non tutti gli altri rilievi, perchè ivi appunto
troviamo rappresentate le scene più salienti del mito.

E L'intera composizione potrebbe anche derivare da un
E quadro; ma in quale epoca sarebbe stato formato l'origi-

4 (1) M. C. O. MiiLLER, Dorier, pag. 496.
(2) Bull. C. E., 1929: La sculpt. grec. à Delphes, pag. 16, tav. VIII,
194 A. PAOLETTI

nale, a cui si ispirava il tardo artista neo-attico della base
di Todi?

Allo stato attuale dei rinvenimenti archeologici, il mate-
teriale ritrovato non è completo; e non si può ritenere che
fin dai tempi più antichi, si fosse formata una tradizione
chiusa, la quale, sempre arcaicizzando, avesse scelto il mede-
simo tema.

Per alcuni cicli l’unità di origine può accertarsi (1); ma
il più delle volte l’artista neo-attico aggiunge elementi e
motivi disparati, tratti da opere più antiche (2).

Per la base di Todi, anzitutto, dobbiamo fermare la
nostra attenzione sugli elementi di cui lo scultore si è
avvalso per istoriare i rilievi; salvo ad addentrarci poi nella
discussione sulla originalità della composizione. *

Noi diamo il giusto valore alla datazione fatta dallo
Schmidt (3), secondo il quale la figurazione del ratto del tri-
pode sarebbe apparsa molto tardi, e cioè verso il 100 av. Cristo.

In queste opere tarde di carattere eclettico, si mostra
infatti, una ripetizione costante di tipi con lievi modifica-

‘ zioni, che non alterano il carattere primitivo, mentre emer-
gono nuove forme stilistiche, manierismo esagerato, fred-
dezza accademica, le quali avvalorano la data proposta
(I° sec. av. Cristo).

Lo Schmidt si è indotto a collocare queste creazioni
eclettiche nel principio .del I° secolo dell’ impero, perchè
una di queste, e precisamente una replica dei quattro dei
dell’ Acropoli, fu rinvenuta a Delo (4), circostanza questa,
che ne assicura la datazione predetta.

(1) (Ciclo di Baccanti) WINTER, 50, Programm zum diu d a este,
pag. 101, ff.

(2) LoEwx, Lastre ici, in Notizie degli Scavi, 1908, pag. 445.

(3) EpuARD ScHMIDT, Archaistische Kunst in Griechenland und Rom,
München, 1922, pag. 23.

(4) SCHMIDT, op. cit., pag. 65; PERDRIZET, D. S. A. ILE 150;
Couve, B. C. H., 19, 1895, pag. 478.

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LA BASE MARMOREA DEL MUSEO DI TODI 125

Molte figure dei monumenti, che riproducono il ratto
del tripode, risentono ed imitano indubbiamente quelle della
base dei quattro dei dell’ Acropoli; lavoro che quindi assume
la massima importanza per la nostra indagine.

Ora, di quest?opera abbiamo la fortuna di possedere
l'originale (1). Al momento della scoperta, nel 1857, il Mi-
chaelis (2) ne rilevò subito l’importanza eccezionale e la
rara finezza di esecuzione. Il Furtwàngler (3) e 1° Hauser (4)
posero la base dei quattro dei dell’ Acropoli, fra i più note-

voli prototipi dell’ arte neo-attica, pur non valutandone esat-.

tamente l’importanza, e tralasciando di notare che quelle
figure tipiche ricomparivano, sia pur Inodi Bonus in una serie
innumerevole di monumenti successivi.

Ultimamente, Ada von Netoliezka (5), ha ripreso in
esame quest’ opera, nell'illustrare un rilievo del Museo del-
' Aeropoli.

È stato, invero, un caso fortunato quello che ha per-
messo all’ egregia studiosa di porre a rapporto la copia con
l'originale nello stesso Museo, ed appunto nell’esporre i
risultati del confronto eseguito, essa afferma, riprendendo
un'idea già espressa dall Hauser, che l'origine dell'arte neo-
attica deve ricercarsi in Grecia.

In questo studio la Von Netoliezka ha determinato,
altresì, la data da assegnarsi all’opera stessa, fissandola nel-
l’anno 365, in base ad un dato stilistico, e cioè il Kimation
Lesbico, che adorna il monumento.

A questa datazione aderisce anche lo Schmidt, che pone
il sorgere dello stile arcaistico nei primi 10 anni del IV secolo,

(1) Acrop. Mus., N. 610.

(2) MicHAELIS, Bull. d. Inst., 1860, passim.

(3) FURTWANGLER, Meisterwerke, pag. 204.

(4) HAUSER, Oesterr. Jahreshefte, XVI, 1915, pag. 54.

(D ApA von NETOLICZKA, Ein doppelseitiges Relief von der Akro-
polis, in Oesterr. Jahreshefte, Band. XVII (estratto pag. 16).
126 A. PAOLETTI

! e fa oggetto di particolare studio 3 gruppi di figurazioni:
1) la serie di figure di Athena, nelle anfore panatenaiche ; 2) la
| | i | | base dei quattro dei dell’ Acropoli; 3) la danza delle ninfe
NO (IC | con Pan. Queste opere conservano dapprima severe forme
ll i ne i arcaiche, alle quali si uniscono in appresso liberi elementi.
| MU | E quindi, in prosieguo di tempo, gli artisti, poco osservanti
| ii ! dello spirito arcaico primitivo, introducono tipi di manierato
vll i arcaismo, che si librano in una vuota eleganza.

Nello scritto citato lo Schmidt, insistendo sopra parti-
colari tecnici e stilistici, esamina le prime copie greche degli
originali arcaistici, e quindi passa alla disamina di copie più
tarde, e di rifacimento, che spesso, ‘con superficiale imita-
zione, non rendono neppure lo spirito dell’opera originaria.

È importante avvertire che lo Schmidt avendo, per
alcune opere, il prototipo, potè misurare le copie di rifaci-
menti sul quadro originale.

Anche nel caso meno favorevole dell' originale mancante
e di copie dubbie, gli è riuscito talvolta a ristabilire l'intera
composizione. :

Numerosi tipi di figure, che ritornano variamente com- i
binate in opere neo-attiche, aveva .raccolto 1’ Hauser (1); e
lo Schmidt, a sua volta, ha determinato il procedimento ed
i mezzi adoperati da questi artisti nel modificare e rielabo-
rare a preferenza certe determinate figure, desunte da origi-
nali atcaistici. Lo stesso tipo di figura ritorna in una stessa
composizione, sotto l’ aspetto di due o tre personaggi diversi,
essendo variate solamente le. caratteristiche e eli aggrup-
pamenti.

i Un tale procedimento si riscontra, in maniera eviden-
i tissima, anche nelle figure della scena del ratto del tripode.
I Le figure di Apollo e di Herakles, nel gruppo centrale,
n i ripetono con lievi modificazioni P ZZermes (2) della base dei

(1) HAUSER, op. cit., tavv. I, II, III, IV.
(2) HAUSER, op. cit., tav. I, fig. 1.
LA BASE MARMOREA DEL MUSEO DI TODI 127

quattro dei dell’ Acropoli. E parimenti la figura di 7Zerakles
non è altro che I' Hermes modificato, con l'aggiunta della pelle
di leone e con qualehe altro cambiamento ed innovazione.

Nella base di Dresda le sacerdotesse, che appaiono nelle
scene di consacrazione delle due figurazioni laterali, sono
un rifacimento abbastanza libero (1) dell’ Athena della base
dei quattro dei dell’ Acropoli. Alle figure delle sacerdotesse
si unisce Dionysos, tipo iconico assai noto.

Artemis, che, insieme ad Hermes, crediamo di riscontrare
in una delle scene della base di Todi, è, anch’ essa, una
figura di carattere eclettico (2) e ripete l’ Athena dello stesso
rilievo dei quattro dei: dell’ Acropoli, senza l'elmo e senza
l'egida.

Questo metodo tecnico, per altro, non deve assumersi
a regola costante, poiché non è raro il caso ‘che tra figure
divenute di repertorio riscontriamo un gruppo, un’intera
composizione, un tipo statuario noto, derivato dalla scultura
o dalla pittura e trasportato di getto nell'opera dell’ artista
neo-attico.

Così nella figurazione dei rilievi della base di Todi, vi
è il gruppo di Apollo e di Herakles in atto di stringersi la
mano, che rappresenta addirittura una novità fra le figura-
zioni del repertorio degli artisti neo-attici. Qui l'artefice
deve avere ritrovato nellarte attica il prototipo e nella tra-
dizione letteraria gli elementi per rappresentare intenzional-
mente uno dei momenti essenziali del mito. Si può quindi
ritenere che la scena della riconciliazione di Apollo e di
Herakles sia derivata da un quadro della grande arte del
V e VI secolo.

Tra le opere dei cosidetti neo-attici, indichiamo qui
appresso una serie speciale di monumenti. Le principali

(1) Queste figure ritroviamo riprodotte in lastre di terracotta Cam-
pana. i
(2) SCHMIDT, op. cit., pag. 23,
128 A. PAOLETTI

opere molto vicine a quella di Todi, sotto tale riguardo,
sono le seguenti: i

a) Puteale (Jenkins Vase) in Marbury Hall, con gruppo
di Elena, Afrodite e Paride. Il quadro presuppone la cono-
scenza di Aetion. (MICHAELIS, Marbles, pag. 511, N. 36).
Frammento all’ Esquilino. (Bull. Comm. Archeol., VII, 1888,
tavv. 6-8).

b) Puteale a Madrid, con la nascita di Athena. (FRIE-
DERICHS-WOLTERS, Gipsabgisse, N. 1862).

c) Cratere in Atene (Vase Finlay), con Athena e Mar-
sia. (Svoronos, Nat. Mus. pl. XXVI; PAPASPIRIDI, Mus.
Nae., N. 127).

d) Rilievo di Pietroburgo Campana, con la scena della
uccisione dei Niobidi. (STARK, Niobe, pag. 165, tav. 3, in
Berichte der Stichs. Ges. d. Wiss., 1877).

e) Cratere di Salpion (da Gaeta), Napoli, Mus. Naz.
Hermes consegna il piccolo Dionysos alle Ninfe di Mysa,
incaricate di nutrirlo. (New-att. Rel., pagg. 15, 17, B. B. VI
e tav. 49). | :

Riteniamo che questi gruppi d'opere, di cui gli artisti
neo-attici si avvalsero in casi singoli, traducano abbastanza
fedelmente il carattere della composizione primitiva.

Quasi sempre l’artista neo-attico ha aggiunto altre figure
di repertorio, e talvolta con una scelta non troppo felice,
a puro scopo decorativo. Nel caso della base di Todi, la
trama, che unisce tra loro le figurazioni, è molto sottile ed
il nuovo gruppo « Riconciliazione di Apollo e di Herakles >,
pur nelle sue linee semplici e sehematiche, risente l’influenza
della pittura classica. |

LJ

Carattere paesistico nella base di Todi.

Vi è tutta una serie di rilievi, circa i quali si è incerti

se classificarli fra i rilievi paesistici ovvero tra i così detti
rilievi neo-attici. L' Hauser, lo Schmidt ed il Loewy li inclu-
LA BASE MARMOREA DEL MUSEO DI TODI 129

dono, senz'altro, fra le opere di scuole neo-attiche, ma altri
studiosi mettono in dubbio siffatta classificazione. Ed il
dubbio ci sembra giustificato dalla presenza di elementi
contrastanti, e cioè, da un lato, reminiscenze di prototipi
classici, arcaismo manierato dei tipi di repertorio e, dal-
l'altro, il carattere pittorico a sfondo paesistico.

I rilievi di Todi presentano lo stesso carattere e la I
medesima incertezza. Ivi, infatti, si possono riscontrare una di
evidente fusione di elementi realistici, nello sfondo del pae- d
saggio che inquadra il mito, ed elementi classici e figure M
di repertorio nella scena del ratto del tripode e nella figura d [pul
di Apollo, dalla lunga veste di citaredo, che risente di un'an-
tica tradizione artistica.

La ricerca intenzionale del carattere pittorico dà a
E questo monumento un posto ben segnalato e distinto nella
: serie dei rilievi neo-attici. Gli sfondi paesistici, in generé,
sono da ritenersi riprodotti da opere ellenistiche. E siffatte
riproduzioni ed aggiunte al motivo originario sono da collo- |
carsi in epoca assai più tarda di quella delle opere, onde 1
ritraggono lispirazione. Oggi, invero, si attribuisce un limite E
cronologico molto più ampio (1) alPattività dei così detti . Aa
| neo-attici, distinguendo vari periodi d'arte; ed a questo
allargamento cronologico lo Schmidt (2) ha arrecato un con- :
tributo notevolissimo. | m

Un raffronto interessante potrebbe istituirsi con i rilievi £l fi
citaredi. P
Questi rilievi presentano anch'essi grande attinenza 1
con la Base dei quattro dei dell’ Acropoli; e la somiglianza è i
determinata sopratutto dai motivi stilistici: doppio contorno d i" | | à

(1) Loewy, Neu-attische Kunst., Leipzig, passim. Rizzo (Di alcuni eu
rilievi neo-attici trovati nel Foro Romano, in Bull. Corr. Arch., 1901,
pag. 219 e segg.) accenna ad un ‘più ampio sviluppo dell’arte neo-attica.
(2) E. SCHMIDT, op. cit., passim,
130 A. PAOLETTI

lj della gamba, ricche masse del vestito, contrastanti con i
motivi arcaici delle pieghe.

Per questo insieme di dati stilistici, il gruppo centrale
delle tre divinità (Apollo, Artemis e Latona) non può essere
collocato in epoca più tarda del III secolo av. Cristo; ma
lo sfondo paesistico denota che l’intera composizione venne
rielaborata e completata soltanto in età molto più tarda. E
si debbono a codesta rielaborazione le aggiunte del tempio,
per indicare la località di Delfi, della Nike alata e dell’ al-
tare, che è di rara eleganza. In alcune terracotte (opere
queste forse più vicine all’ originale) manca l'aggiunta del
tempio. Il Van Buren (1) riporta il prototipo di quest’ opera
li ad un rilievo che adornava la base di un gruppo di statue
| di Delfi, ed attribuisce questa base alPattività artistica di

Praxias in collaborazione con lo scolaro Androstenes; ed a
questo artista assegna altresi l'originale della base di Dresda,
già ritenuta dal Furtwángler opera di Callimaco.

E sebbene noi riteniamo, con lo Schmidt, poco interes-
santi queste attribuzioni per lo scopo del nostro studio, pure
il confronto istituito fra i rilievi, che rappresentano il ratto
del tripode ed i rilievi citaredi, viene reso più stringente
dal collegamento stilistico.

Anche la scelta del soggetto unisce tra loro i due mo-
numenti, dove la stessa figura di Apollo, in abito da cita-
redo, è rappresentata come vincitore e trionfante.

Nei rilievi citaredi (2) Apollo sta presso il tempio di
Delfi, e riceve gli onori del suo culto; nella base di Todi,
dopo la lotta per il tripode, il dio si riconcilia con l’eroe,

ed il sacro oggetto è ricollocato appunto nel tempio di Delfi
e solennemente riconsacrato.

(1) VAN BuRrEN E. Doucras, Memoirs of the Amer. Acad. in Rome,
III, 1919, pag. 93; PAUSANIA, X, 19, 3.
(2) VAN BUREN, op. cit., pag. 99,
LA BASE MARMOREA DEL MUSEO DI TODI 131

Maggiore copia di elementi architettonici e paesistici
abbiamo nei rilievi d'Icario (1). Questi rilievi, probabilmente
votivi (2), rappresentano Dionysos, ebbro, sorretto da un sati-
risco, che entra in casa di un poeta. T/artista ha trasformato
un poco la rappresentazione a scopo decorativo, e, come
aggiunta, vi ha tracciato lo sfondo paesistico.

Anche qui abbiamo l'elemento paesistico associato al
molle arcaismo delle figure. Lo stesso motivo principale
della figurazione viene molte volte ripetuto da artisti sicu-
ramente neo-attici:

a) Cratere nel Campo Santo di Pisa (3).

b) Due vasi in marmo, da un carico naufragato nel
viaggio da Atene a Roma (4).

c) Base Vaticana (5).

d) Cratere Borghese. ;

Anche qui risulta una stretta analogia tra la figura di
Dionysos e la statua dello stesso dio nella base di Dresda.

La base di Todi presenta in sommo grado i caratteri
ed i procedimenti dell’arte cosidetta neo-attica, pure ispi-
randosi nel tempo stesso ai rilievi pittoreschi. Viceversa, le
altre opere (rilievi citaredi e rilievi d' Icario), con le quali
abbiamo istituito il raffronto, risentono meno della maniera

(1) Copie: a) Londra, British Museum; b) Roma, Barracco; c) Ber-
lino, Museo; d) Roma, Villa Albani; e) Napoli, Museo Nazionale.

(2) Non accenniamo a tutte le spiegazioni date, intorno al carat-
tere di questo rilievo, e crediamo di accettare quella del Wolters, che
ritiene il rilievo un anatema di un poeta vittorioso, che festeggia la
palma riportata, con un banchetto, a cui interviene Dionysos.

(3) BucknHaRDT, Cicerone, II, pag. 542; DürscHks, I, N. 132;
HEYDEMANN, Oberitalien, pag. 71.

(4) Logwr, Neu-attische Kunst, pag. 6; A. MERLIN et L. PoIUSSOT,
Cratéres et Candélabres de marble trouvés en mer prés de Mahdia (Tumisi),
Paris, 1930. i

(5) NOGARA, Ausonia, vol. II, pag. 261, fig. 2.

ERI AAA niii da M i

mue ^ SEE E i ans
132 A. PAOLETTI

e delle caratteristiche dell'arte arcaistica e denotano una
maggiore influenza del rilievo pittorico. :

La base di Todi ci offre anche un insigne esempio di
composizione con figure arcaistiche, associate ad un gruppo
classico (riconciliazione di Apollo ed /7erakles), derivato da
un prototipo pittorico. I rilievi di detta base, sebbene deri-
vati da una composizione ampiamente svolta dal ciclo figu-
rativo, non presentano tuttavia unità d’origine per tutto il
ciclo delle figurazioni.

Non crediamo di poter trarre, da questo studio, contri-
buti definitivi sulla questione del luogo d’ origine dell’arte
neo-attica. Pur facendo doverose riserve, per altri cicli figu-

rativi, alle conclusioni espresse dalla Von Netoliczka, rite-

niamo che, per le copie e per i rifacimenti di figurazioni,
derivati dal ciclo di tipi della « Base dei quattro dei dell’ A-
cropoli », sia esatta l'opinione che ricerca l’origine di esse
nella Grecia; tanto più che una delle copie dei rilievi con
la scena del ratto del tripode è stata rinvenuta appunto in
Grecia (Peloponneso - Sparta). Della base di Todi non si
conosce la provenienza; ma il marmo è greco, ed il piccolo
monumento, per le caratteristiche di stile, deve ascriversi fra
le copie greche di epoca tarda (ultimo periodo dell’arte greca).

Abbiamo notizia (1) che oggetti simili al nostro, cande-
labri e crateri, siano stati importati dalla Grecia in Roma.

Nell’ esposizione, abbiamo accennato all'importanza di
queste figurazioni, che s'ispirano ad una delle più belle
leggende attiche e depongono circa l'osservanza delle tradi-
zioni politiche e religiose della Grecia.

E non a caso e per solo scopo decorativo, l’artista, che
ha raffigurato le scene del ratto del tripode, ha scelto i sacri
aspetti arcaici di dei, che ben si convengono alla scena
religiosa.

(1) A. MERLIN et L. Porussor, Oratères et Candélabres de marble
trouvés en mer prés de Mahdia (Tumisi); Parigi, 1930.
LA BASE MARMOREA DEL MUSEO DI TODI 133

Dall’ esame fatto dei rilievi risulta che la nostra leg-
genda riunisce le concezioni mitiche di Apollo e Dionysos.

Nella festa per la riconsacrazione del tripode Dionysos
non poteva mancare, perchè l’azione sacra era attinente ad
un oggetto del suo culto; Apollo e Dionysos dovevano essere
insieme onorati, in seguito alla vittoria conseguita sopra i E
profanatori del tripode di Delfi. i Dg

È Il contenuto, infine, rivela la destinazione di questi
/ monumenti, ricopiati da basi molto piü grandi di tripodi
E dionisiaci; quantunque le basi di Todi, di Dresda (1) e del

Vaticano abbiano perduto la funzione tettonica di basi da

tripodi e servano solamente per la decorazione profana di
basi di candelabro.

Perugia, agosto 1934 - XII.

ANNA PAOLETTI

(1) ReIscH, Griechische Weihgeschenke, pag. 99.

Esprimo i piü vivi ringraziamenti ai Proff. Bertini-Calosso, Albiz-. |
zati, Segré, Martelli, Dott. Antonini e Cav. Pei nsi, che mi hanno favorito ES |
fotografie e preziose delucidazioni. i

pi Loren I EE eT LL IR Rn
dom se m trema Pec e
IL CONCLAVE DI LEONE XII

LO STATO PONTIFICIO E L'ITALIA
ALL'INDOMANI DEL CONGRESSO DI VIENNA

INTRODUZIONE.

Lo studio delle trattative del primo Conclave, raduna-
tosi dopo il Congresso di Vienna, nonchè delle condizioni
dello Stato Pontificio all’indomani della Restaurazione ed
alla vigilia della riunione del Conclave stesso; ecco il pro-
gramma che mi sono proposto di svolgere in questo mio
lavoro.

Le trattative del Conclave del 1823 erano state, par-
zialmente però ed incompletamente; studiate da altri, come,
del resto, appare dalla bibliografia e dai brani di opere a
stampa, che ripetutamente cito nel corso di questa mia
pubblicazione. :

Una vera e propria opera completa sull’ argomento non
esisteva, nè poteva esistere, poichè inediti erano, in gran
parte, i documenti, da me consultati, che ho pubblicato ed
illustrato e che sono conservati tutti in Roma, in gran parte
nella Biblioteca Nazionale Centrale « Vittorio Emanuele ».

In altre parole, credo di avere portato, con questo mio
lavoro, nuova luce sulle condizioni, nelle quali le trattative
Stesse si svolsero, e su moltissimi particolari, finora ignoti,
e di grande interesse storico. |

ILICE Ld au paie utt
M. ROSSI

Fra i principali documenti, da me introdotti ed illu-
MT INL stranti il periodo storico in parola, primeggiano un « Diario »
| i del Conclave, autografo, inedito, scritto dal Cardinale Gio-
Il vanni Brunelli e conservato presso la suddetta Biblioteca [
Nazionale di Roma, nonché parecchie copie, anch'esse ine- si
dite, di lettere dirette da Sovrani ‘e personaggi di allora ai
membri del Sacro Collegio; nè posso passare sotto silenzio
due lettere di Pio VII, la cui importanza è rivelata dalla
esposizione e dal commento che ne faccio nel corpo del 3
presente lavoro. |

Ho visto poi anche, oltre numerosi documenti dell’ Ar- È
chivio Segreto Vaticano (Segreteria di Stato) anche alcuni |
articoli di giornali dell’ epoca, specialmente stranieri, la cui
lettura è del massimo interesse per conoscere le impressioni E
che si provavano nelle varie regioni d'Europa, relativa- |
mente alle trattative del Conclave. |

Non è certo qui il caso di illustrare il massimo inte- : |
resse, che questo periodo storico presenta per la nostra Italia,
e, in particolare, per lo Stato Pontificio, come pure l’inte-
resse, che poteva suscitare in tutta la vecchia Europa inquieta
il raduno del Conclave in un’epoca tanto agitata.

Sento qui il dovere di ringraziare pubblicamente tutti
coloro che, molto gentilmente, mi hanno facilitato 1’ arduo
| compito del raduno del materiale, e precisamente, gli archi-
ill visti dell’ Archivio Segreto Vaticano, nonchè i bibliotecari
| della Biblioteca Apostolica Vaticana e delle numerose altre
| Biblioteche di Roma, alle quali ho dovuto ricorrere per la
| |: | compilazione di questo mio lavoro. !

Roma, novembre 1934- XIII. 1

MARIO ROSSI
IL CONCLAVE DI LEONE XII

CAPITOLO I.
Pio VII, l'Austria e la Santa Alleanza.

Il Congresso di Vienna, che seguì immediatamente, la
caduta, e, quindi, l'esilio di Napoleone I e che avrebbe
dovuto (stando almeno alle intenzioni dichiarate dei sovrani
europei, dal grande Córso spodestati ed umiliati, e che ora
ritornavano nel possesso dei loro Stati) restaurare la situa-
zione politiea europea, riconducendola integralmente alle
condizioni delP 89, rappresentó il vero e proprio trionfo
dell'assolutismo e, quindi, il completo successo dell' Austria,
e, personalmente, del suo cancelliere e rappresentante in
detto Congresso, principe Clemente di Metternich.

Questi si manifestó, subito dopo l'apertura del Congresso,
il vero paladino del diritto legittimista delle monarchie
ereditarie, nonchè Pavversario più tenace e più feroce di
qualsiasi novità e di qualsiasi mutamento, volendo dimo-
strare ai popoli che il venticinquennio della Rivoluzione
francese e della dominazione napoleonica, aveva rappresen-
tato nella storia dell’ Europa soltanto una parentesi, chiusa
la quale con l'allontanamento di colui che era stato il per-
turbatore e l’ usurpatore (così infatti era considerato Napo-
leone dai sovrani legittimisti) tutte le cose avrebbero dovuto
essere ricondotte allo « statu quo ».

Certo il torto maggiore dei sovrani europei, che poi si
strinsero maggiormente tra di loro con quel vincolo di mutuo
sostenimento e di reazionarismo intransigente che fu la
Santa Alleanza, fu quello di non avere considerato come
alcune delle traccie, lasciate in Europa, dalla dominazione
francese, erano ormai indelebili e che assurda speranza era
la loro di potere tornare in tutto e per tutto all’ antico; in
altre parole essi trascurarono di prendere in considerazione i
138 M. ROSSI

profondi mutamenti, soprattutto di carattere spirituale e psi-
eologieo, prodotti nei popoli da tanti bruschi mutamenti suc-
cedutisi gli uni agli altri in un brevissimo periodo di tempo.

La veechia Europa, la quale per lunghissimo tempo
aveva tirato innanzi nella propria evoluzione storica con
vecchi e spesso stanchi sistemi di governo, e che, tutt'a un
tratto, nel giro di pochi anni, aveva visto abbattute tradi-
zioni talvolta secolari, non aveva potuto, è vero, assimilare
tante novità in soli venticinque anni; ma in paesi come
l’Italia, dove il popolo era già maturo alla diffusione delle
nuove tendenze democratiche e liberali (e ne dette nume-
rose prove durante la dominazione del Bonaparte), le nuove
idee avevano, all’ aprirsi del Congresso di Vienna, posto
radici troppo solide per poter essere abbattute, in tutta la
loro essenza, dalle decisioni del Congresso stesso.

Ed un ritorno all’antica situazione europea, nel vero e
completo significato dell’ espressione, non fu possibile: lo
prova del resto il fatto che l'ordinamento conferito agli
Stati europei dal Congresso non fu una integrale Piu
zione di quello che era I Europa dell’ ’89.

E del resto neppure il Metternich, che fu l’anima del
Congresso, nonchè l’ elemento maggiormente rappresentativo
della Restaurazione, lo avrebbe desiderato: infatti, per mezzo
delle decisioni prese al Congresso di Vienna, egli riuscì a
conferire all’ Austria una posizione molto più forte di quella
che essa aveva nel 1789, e, specialmente, in Italia, dove
gli Absburgo acquistarono una indiscussa supremazia.

Ora, esorbiterebbe dal nostro compito l'esame di tutto
l'assetto conferito dal Congresso all’ Europa; ci limiteremo
a considerare, brevissimamente, le condizioni politiche, nelle
quali dal Congresso stesso uscì l'Italia, fermandoci un poco
più particolareggiatamente sullo Stato Pontificio, poichè è
di questo Stato che intendiamo sopratutto occuparci.

Notiamo subito (e, del resto, per accorgersene, basta
dare uno sguardo alla carta politica della nostra penisola)

——m
Tr

IL CONCLAVE DI LEONE XII 139
come, confrontando l’assetto dell’Italia nel 1815 con quello
che essa presentava nel 1789, compaiono subito notevoli

differenze, le quali rappresentano certamente un progresso
dal punto di vista delle tendenze unitarie, già in pieno svi- E "d Ü
luppo e che dovranno, in pochi decenni, condurre alla com-
pleta unificazione nazionale.

Certo nessuno dei sovrani riuniti in Congresso a Vienna
avrebbe desiderato favorire l’idea unitaria, già in embrione 3
prima della rivoluzione francese, e che, durante l'epoca Ej
della dominazione napoleonica si era tanto accresciuta, contro
il volere e le intenzioni stesse del Bonaparte; tuttavia, varie
ragioni indussero i diplomatici di Vienna a diminuire il
frazionamento dell’Italia nostra, riducendo a otto il numero
degli stati in cui essa venne divisa.

Infatti, dei mutamenti subiti dalla penisola nell’ assetto
destinatole dal Congresso, uno soltanto andò a svantaggio
dell'idea nazionale, e, precisamente, lunione del Veneto
(prima indipendente quale territorio della gloriosa Serenis- |
sima) ai possedimenti austriaci, per mezzo della creazione | ui
del nuovo Regno Lombardo-Veneto, che avrebbe dovuto : i
avere, almeno ufficialmente, in comune con gli altri territori 1 i
della Monarchia absburgica, la sola persona del Sovrano. | i

Tuttavia, questo svantaggio era compensato dall’ unione PB |
formale di due territori di lingua italiana, che fino ad allora CAM Hit |
avevano vissuto una vita politica differente e che ora do- si H "i
vranno fatalmente rendersi conto della completa comunanza, T B Ki
tra di loro esistente, di interessi, di sentimenti e di idee.

E un’altra unione il Congresso compì di terre italiane,
fino ad allora straniere tra di loro e ciò per mezzo degli UM
ingrandimenti degli Stati Sardi, e con l'assorbimento, da ui W
parte di questi, dell’antica Repubblica di Genova, che non n E
venne mai piü restaurata. :

Questo fatto suscitò dapprima molte proteste da parte
dei. Genovesi che erano in gran parte repubblicani, e agli
occhi dei quali l’ unione al Piemonte poteva sembrare in
140 M. ROSSI

un primo tempo, una « deminutio capitis » (e si ebbe anche
una protesta ufficiale al Congresso, eon l'invio a Vienna di
un rappresentante del popolo genovese, nella persona del
marchese Antonio Brignole-Sale). Piü tardi, peró, tale unione
apparirà utilissima per la formazione di un forte nucleo
nazionale, unito sotto una dinastia anch'essa nazionale.

La causa, però, di tale provvedimento, preso dal Con-
gresso, era ben diversa; e si deve ricercare nelle intenzioni,
che i sovrani della Santa Alleanza avevano, di costituire
un forte baluardo ai confini della Francia, nel caso di una
nuova eventuale invasione dell esercito francese nella valle
del Po; le conseguenze, saranno di ben altra indole e tutte
gioveranno alla costituzione dell unità italiana.

Cosi vennero pure uniti, il Napoletano alla Sicilia (ter-
ritori questi, che, prima, costituivano due Regni distinti,
con in comune la sola persona del Sovrano) con la costitu-
zione del nuovo Regno delle Due Sicilie, e Lucca alla To-
scana (unione, questa, che, secondo le decisioni del Congresso,
avrebbe dovuto effettuarsi alla morte di Maria Luisa, du-
chessa di Parma; in tale epoca, infatti, il ducato parmense
sarebbe dovuto tornare nelle mani dei Borboni, i quali
dovevano contentarsi, vita natural durante di Maria Luisa,
del magro compenso offerto loro dalle Potenze nel territorio
lucchese).

Lo Stato Pontificio veniva anch’esso ricostituito, ma
non in tutta la sua integrità. Infatti il Pontefice perdeva
tutti i suoi diritti sul territorio di Avignone, che, grazie
all’ abilità del Talleyrand, rappresentante francese al Con-
gresso, venivano definitivamente annessi alla Francia, nonchè
sull’ Oltrepò ferrarese e, cioè, su quella parte della legazione
di Ferrara che si trovava a nord del Po, la quale veniva,
invece, unita ai possedimenti austriaci del Lombardo-Veneto.
Infine, un’altra menomazione subirono gli Stati della Chiesa,
e precisamente, a causa delle quattro legazioni emiliane di
Bologna, di Ravenna, di Ferrara e di Forlì,
IL CONCLAVE DI LEONE XII 141

Fin dal tempo delle guerre napoleoniche, 1° Austria aveva
messo gli occhi su dette legazioni, occupandole spesso con
le proprie truppe; essa si proponeva, infatti, mediante la
conquista di tali territori, di arrotondare i suoi possedimenti
in Italia e di estendere, quindi, maggiormente, la sua in-
fluenza sulla penisola, giungendo fino all Appennino ed al
Rubicone, e potendo così più facilmente vigilare il cuore
della penisola stessa.

Tuttavia, per non venire ad un urto troppo forte col
Papa ed anche, forse per non venire meno a quegli stessi
principî di Restaurazione, di cui egli si proclamava banditore,
il Metternich dovette rassegnarsi a rinunziare al dominio
delle quattro ricche provincie italiane.

Il Papa, però, dal canto suo, dovette contentarsi di
rientrare in possesso delle provincie stesse soltanto in seguito
alle decisioni del Congresso e quindi non in virtù di quei
diritti inalienabili e imprescrittibili di Santa Romana Chiesa,
su cui si fondava tutta la base giuridica e teocratica del
Potere temporale dei Papi.

Il Card. Consalvi, rappresentante Pontificio al Con-
gresso (1), comprese la gravità di tale fatto, che minava alla
base Pessenza stessa dello Stato Pontificio, stato « sui gene-

(1) Il cardinale Ercole Consalvi, nato a Roma nel 1757, fu Segre-
tario di Stato durante tutti i ventitrè anni, durante i quali durò il
Pontificato di Pio VII, e, nello stesso tempo, uno dei più abili diplo-
matici che abbia mai avuto la Chiesa.

Nel 1801 aveva firmato a Parigi, nel nome del suo Sovrano, quel
trattato con il Governo consolare francese, che doveva ristabilire in
Francia la religione cattolica, e che rappresentò un vero trionfo del
Cattolicesimo in quella nazione, in cui il turbine rivoluzionario aveva
soppresso ogni forma di culto.

Dopo il ritorno di Pio VII dall’esilio, egli ne fu il più fido e valido
collaboratore, suggerendogli tutti quegli atti di moderata e saggia poli-
tica, alcuni dei quali avremo agio di constatare.

Il Consalvi morì nel 1824, un anno dopo, cioè, la scomparsa di
Pio VII,
142 M. ROSSI

ris» che si fondava esclusivamente su tali diritti; erano
quindi più che giustificate le insistenze del Consalvi dirette
allo scopo di ottenere, da parte del Congresso, il riconosci-
mento dei diritti stessi.

Alcuni anni prima, e precisamente, il 19 febbraio 1797,
si era avuta, con il trattato di Tolentino, una loro. prima
violazione, allorquando cioè il Papa Pio VI cedette volon-
tariamente a Napoleone dette legazioni. Però, il mancato
riconoscimento da parte del Congresso era ancor più grave
perchè, se Napoleone poteva essere considerato, secondo la
legittimità delle monarchie, un usurpatore, ora era proprio
il Congresso, che tali teorie voleva rimettere in onore, a
menomare i diritti della Chiesa.

Il Congresso, perciò, rappresentò per lo Stato Pontificio
un fortissimo scacco diplomatico, sebbene quasi tutti i ter-
ritori, dei quali il Papa era stato da Napoleone privato, gli
venissero restituiti; e questo insuccesso non è certo impu-
tabile ad inabilità del Consalvi, il quale riuscì, se non altro,
a far riconoscere i diritti del Papa sulle due città di Bene-
vento e di Pontecorvo, che avevano sempre fatto parte
dello Stato della Chiesa, ma che il Re di Napoli aveva
sempre reclamato, adducendo, come causa di tali sue pre-
tese, gli interessi delle popolazioni di dette città i cui terri-
tori erano circondati da tutte le parti, dai territori del Regno
delle Due Sicilie.

E la questione delle legazioni fu certamente la prima
e la principale causa di quella freddezza di rapporti, verifi-
catasi tra Roma e Vienna, che seguì immediatamente la
chiusura del Congresso e che condurrà il Governo romano
ad una grande diffidenza nei riguardi di quello austriaco.

E certamente il Consalvi fu uno dei pochi che com-
presero come, soppresse oramai le basi giuridiche, che ren-
devano sacrilega la violazione del territorio pontificio, la
prossima caduta del Pontefice come Sovrano temporale si
dimostrasse oramai inevitabile,
IL CONCLAVE DI LEONE XII 143

Chi avrebbe, infatti, potuto più trattenere i liberali, che
desideravano rovesciare il Governo Pontificio, se non esisteva
più quella remora, mediante la quale si sarebbero potute
disarmare le mani dei cospiratori, parlando alle loro coscienze
di cattolici? i

Tutto quello che rimaneva da fare era quindi, secondo
il parere dell’ autorevole diplomatico pontificio, un tentativo
di ritardare tale fatale catastrofe il più che fosse stato pos-
sibile; ed a questo intento si dedicò tutt’ uomo il Consalvi,
cercando di rendere il proprio governo maggiormente accetto
al popolo.

Nè il Consalvi poteva ignorare come il popolo romano,
fra tutti i popoli europei, fosse stato quello che aveva avuto
il maggior numero di rapporti con il governo. francese, du-
rante la dominazione napoleonica, che, inoltre, era durata
a Roma per un periodo di tempo superiore a quello che
non fosse durata in altre parti d’ Europa.

Roma stessa, durante l’epoca napoleonica, non era se
non una città imperiale, e quindi, quale parte integrante
dell'immenso impero francese, governata con i medesimi
sistemi vigenti in Parigi bonapartista. E, se i Romani erano
Stati in gran parte, indignati per la triste sorte imposta da
Napoleone a Pio VI prima ed a Pio VII dopo, avevano
anche, durante gli anni in cui duró il doloroso esilio di
quest'ultimo Pontefice, imparato a conoscere, e, talvolta,
assimilate, le idee democratiche e repubblicane di Francia.

Molti Romani, inoltre, avevano militato nell'esercito
napoleonico; ed alcuni fra gli stessi componenti le milizie
pontificie, dopo la Restaurazione, conoscevano le nevi di
Mosca ed avevano acclamato entusiasticamente l’ Imperatore
, Napoleone a Wagram.

Per le considerazioni di tutti questi fatti di indole
storica, che all’acume del Consalvi non potevano certo
sfuggire, era necessario agire prudentemente, da parte del
Governo, e, all'oecorrenza, tentare, sia pur tacitamente, un


144 M. ROSSI

‘compromesso con i fautori delle nuove tendenze, tendenze che
l’abile diplomatico di Pio VII, a differenza dei suoi nume-
rosi colleghi sia italiani che stranieri, non poteva certo
sperare di sopprimere con un decreto e con l’ostentazione
di cannoni.

Egli perciò, tornato a Roma, cercò di far comprendere
al Pontefice suo Sovrano che i tempi erano ormai mutati e
che non era perciò opportuna quella reazione, quale tutti
gli altri sovrani europei restaurati nei loro dominî, si pro-
ponevano di esercitare.

E, perciò, il governo di Pio VII, dopo il Congresso di

Vienna, fu dei più moderati e dei più miti: vennero intro-
dotte parecchie novità, e, sopratutto, molta tolleranza si
dimostrò nei riguardi dei liberali: e tutto ciò contribuì a
rendere popolare la figura di Pio VII.

Inoltre Pio VII era il Pontefice che ritornava nella sua
avita capitale dopo un lungo esilio ed appariva, e special-
mente alla fantasia popolare, quale un martire, che il mar-
tirio aveva subito nell'interesse della Chiesa ed allo scopo
di conservare ai propri sudditi quel patrimonio spirituale di
tradizioni, tanto care alle popolazioni romane.

Perciò il prestigio che egli godeva era il prestigio di
un grande Sovrano, prestigio che il Consalvi cercò poi sempre
di sfruttare per quello scopo, di cui abbiamo testè parlato.

E, per convincersi maggiormente di questa aureola di
martirio che circondò sempre la figura di Pio VII, anche
dopo la sua morte (e nessuno, infatti, potrà mai disconoscere
i meriti cristiani e politici di questo: eroico Pontefice) è
utile la lettura del giudizio, che di Pio VII dà, nella sua
opera Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica da S. Pietro
sino ai nostri giorni, Gaetano Moroni (1).

(1) Dice infatti il MoRONI (op. cit., Vol. 53, pagg. 171-172): « La
« vita del glorioso Pio VII presenta un singolare complesso di virtù e di
«sventure, ed una specie di luminose riparazioni, che la Provvidenza

D.
P
fa
à
b
E


IL CONCLAVE DI LEONE XII 145

Il Moroni fu, per lunghi anni, maestro di camera del
Papa Gregorio XVI (1831-46) ed ebbe sotto mano i princi-
pali documenti, illustranti la vita della Corte Romana nella
prima metà delP Ottocento ed ebbe, inoltre, agio di cono-
scere da vicino tutte le persone più eminenti della Corte
stessa. |

Il giudizio su Pio VII quindi, tramandatoci dal Moroni,
‘è della massima importanza per chi voglia conoscere l'opi-
nione di un eontemporaneo sul carattere e sull opera svolta
dal Pontefice in parola.

PERLA FERITI NE PU PINNA PR AM Accius al

«non sempre concede agl'illustri infortunii, laonde puó formare argo-
«mento di serie ed utili meditazioni cristiane all'uomo di stato, al
« cittadino, all’ ecclesiastico, perocché essa contiene i più grandi precetti
« di religione, di morale e di politica. Pio VII fu dotato di possente
« dialettica, di serenità di eloquio e sovente adoperava diverse espres-
1 , « sioni di S. Agostino. La dignità non cambiò le sue abitudini semplici
d «e frugali, la sua modestia e il suo disinteresse. Il suo carattere e
È «animo retto, generoso, pio, limosiniero, mansueto e dolce, fu accompa-
ù « gnato da candore d' animo e da graziosa urbanità, da conciliabile poli-
«tica e da paterna condiscendenza, però, capace di spiegare quella i
« fermezza ed eroica fortezza, di cui ne riportai brevemente tanti saggi. * i i
« Sull’amministrazione del governo civile Pio VII facilmente deferiva rod til
« alla volontà di quelli, che si erano incaricati; ma in tutto ciò che
«spettava all’ autorità di supremo capo della Chiesa egli ordinariamente
«non consultò che se stesso. La posterità non obblierà (sie) mai le virtù . |
« patriareali nelle grandezze, la costanza nelle umiliazioni e la fermezza : mou in I
«nel guidare la mistica nave della Chiesa. Ad onta di tanta gloria e CA
« splendide benemerenze, in Roma particolarmente non lo risparmiarono CU (M
« gli infami calunniatori e maldicenti, poiché osarono dopo morto detur- à |
« parlo con satire e sarcasmi, cui è sempre esposto chi esercita il potere, à |
« massimamente se elettivo e per molti anni: egualmente fu segno alle È
« satire e alle umiliazioni il cardinal Consalvi, accusato di dispotismo,
«i cui servigi troppo presto vennero dimenticati, tacciandosi di quanto Lt
« forse era necessario, Per altro il nome di Pio VII suona benedetto ii
«ed immortale in ogni luogo, ed il suo pontificato segna un'epoca LM
«memorabile nella Chiesa; se la storia è utile ‘a tutti, quella di sì i BH
« magnanimo Pontefice è necessaria sapersi da ogni cattolico, per cono-
« scere nelle sue vicende le mirabili cure di Dio in favore della Chiesa.
« Tale è la divozione che si ebbe in-lui vivente e dopo morto che si
stimò ben contento chi potè avere qualche sua memoria »,
X

Nas > AM — ze

art mum uc

146 M. ROSSI

Ed, oltre quella del Moroni, ci interessa anche l'opinione
manifestataci, intorno a Pio VII, da Luigi Carlo Farini,
quella medesima persona cioè, che nel 1859 sarà il rappre-
sentante del governo piemontese nell Emilia, prima delP an-
nessione di questa regione al Piemonte.

Lasciamo quindi a lui la parola (1).

«Il venerando Pio VII aveva recato dall’ esiglio (sic)
« un ampio tesoro di autorità e la Corte Romana aveva
« avuto sacra e stupenda occasione per metterlo a frutto,
« facendo buono e amato governo. Erano nei popoli ingegno

(« svegliato, natura un po’ selvatica si, ma generosa, desiderio

« di pace favoreggiando gli studi, i cambi, i commerci, amore
« di eguaglianza civile, voglie di libertà onesta acuita dal

.« dominio soldatesco: erano nel principe là piü grande e

«riverita maestà della terra, la santità dellanimo pari a
« quella del nome e del grado, Paureola del martirio piü
« splendida della gloria. L'esperienza doveva avere illumi-
« nate le menti, purificate le anime dei vincitori ».

Il Farini, quindi, non nega i profondi mutamenti avve-
nuti nell'animo del popolo romano, e, nel medesimo tempo,
afferma che il Pontefice si trovava nelle condizioni neces-
sarie per fronteggiare la nuova situazione psicologica dei
suoi sudditi.

Però, secondo il Farini, il Consalvi ebbe talvolta la
colpa di non aver saputo bene armonizzare il vecchio con
il nuovo, di avere cioè unito arbitrariamente antichi ordi-
namenti con. altri maggiormente addicentisi ai tempi nuovi,

tanto da farne derivare, talvolta, grandi confusioni.

Noi non crediamo che siano giuste queste osservazioni
del Farini. Ora, per confutarle, dovremmo esorbitare dal
programma prefissoci e fare una vera e propria storia del

(1) FARINI LuiGr CARLO, Lo Stato Romano dall'amno 1815 al 1000,
Vol. I, pag. 10,

m—
IL CONCLAVE DI LEONE XII 147

governo pontificio durante gli ultimi anni del pontifieato
di Pio VII.

Tuttavia, dalla relativa calma, della quale lo Stato:

Romano godette in confronto con le rimanenti regioni
d'Italia, dalle profonde e sincere manifestazioni di simpatia,
che al Governo di Roma ed al Pontefice giungevano da
ogni parte ed infine da quellinizio di ricostruzione econo-
mica, cui con tanta maestria diede impulso il Consalvi,
crediamo di poter giudicare l'opera di detto Cardinale con
minore severità che non il Farini, il quale, del resto, scriveva
a pochi decenni dagli avvenimenti che narrava e quando le
passioni così vive nel 1815 non erano ancora del tutto spente.

Inoltre il Farini non era completamente sereno nei suoi
giudizi (era infatti, notoriamente, un avversario del potere
temporale; prova ne siano gli incarichi che, nel 1859, accettò
da Vittorio Emanuele II). i

A noi, invece, a più di un secolo di distanza, ora che
tali passioni sono completamente spente, l'opera del Con-
salvi, obbiettivamente considerata, appare molto chiaramente
in tutta la sua grandiosità. Essa era diretta soprattutto a
conciliare il governo assoluto del Pontefice con un relativo
liberalismo. In altre parole, vennero da lui introdotte nello
Stato Pontificio molte novità specialmente di carattere am-
ministrativo, che, quindi, non potevano ledere la posizione
del Pontefice Sovrano.

E fu certamente per questa relativa tolleranza che il
Consalvi mai si stancò di consigliare a Pio VII, che, spe-
cialmente nei primi anni dopo la Restaurazione, non si
manifestò in Roma un malcontento molto accentuato e che
insurrezioni gravi non ne scoppiarono contro il regime pon-
tificio, finchè durò il pontificato di Pio VII.

Ora, questa relativa mitezza del Governo di Roma non
era. troppo gradita alla Corte di Vienna. Infatti il Metternich
era sempre ossessionato dal timore. che scoppiasse qualche
‘insurrezione, che avesse potuto scuotere la forte posizione
148

M. ROSSI

ed il forte prestigio, che l' Austria era venuta acquistando
in Italia.

Infatti, con il possesso di due tra le più vaste e ricche
regioni italiane, con la indiretta soggezione alla Casa di
Absburgo di due trai principi italiani indipendenti (il Duca
di Modena e il Granduca di Toscana) che discendevano per
origine non molto lontana da principi della Casa regnante
austriaca, l Austria era riuscita a costituire nella penisola
un vero e proprio primato e godeva di un indiscusso pro-
tettorato.

Tale posizione della monarchia di Vienna in Italia aveva
raggiunto il suo apogeo, allorquando, dopo i moti del 1820-21,
altri due sovrani italiani avevano dovuto ricorrere al suo
aiuto militare per reprimere detti moti insurrezionali.

In altre parole, i fatti di Novara e di Rieti avevano
dimostrato chiaramente come, anche dal punto di vista mi-
litare, tutta l’Italia si trovasse, effettivamente o potenzial-
mente, sotto il dominio dell’ aquila bicipite.

E fu certamente dietro i consigli e le pressioni, che
continuamente giungevano da Vienna, che, tanto prima,
quanto, specialmente, dopo i moti del ’20-21, si iniziò, da
parte di tutti i sovrani italiani, una reazione delle più asso-
lute ed una persecuzione delle più intransigenti contro i
liberali e gli innovatori, che si moltiplicavano con impres-
sionante rapidità.

La Santa Alleanza, in pieno apogeo, aveva fatto sentire,
in quella occasione, tutto il suo peso sugli insorti italiani,
e tutto il rigore reazionario del Metternich gravava sulle
popolazioni della penisola in pieno fermento.

Faceva eccezione, in questo stato di cose, generale in
tutta Italia, lo Stato Pontificio, dove 1’ Austria, data la fun-
zione universale che esercitava il Romano Pontefice contem-
poraneamente all'altra di Sovrano temporale, non poteva
stendere i suoi artigli di predatrice nè dare sfogo ai propri
intrighi politici,
IL CONCLAVE DI LEONE XIÎ 149

Tra l’ Austria e lo Stato Romano non correvano buoni
rapporti, e ciò anzitutto, come già accennammo, per la
questione delle legazioni e del mancato riconoscimento dei
diritti inalienabili ed imprescrittibili della Chiesa di Roma.
| Inoltre il rifiuto del Pontefice di aderire al patto della
E Santa Alleanza (rifiuto che, oltreché da Pio VII, era stato
opposto soltanto dall’ Inghilterra, sempre restia a prendere
impegni precisi e categorici in materia di rapporti interna-
zionali) aveva inasprito la Corte di Vienna, la quale, prima
dell'apertura del Congresso, aveva certamente sperato di
trarre il Romano Pontefice alla propria causa, che era poi
quella dei Sovrani reazionari ad oltranza.
j Infine il Metternich temeva che tale politica, relativa-
E mente liberale, del Consalvi avrebbe condotto al risultato
opposto a quello, che si erano prefissi i Congressisti di
È Vienna, e, precisamente, ad aperte insurrezioni, le quali,
| poi, facilmente, avrebbero potuto dilagarsi oltre i confini
: dello Stato Romano e, magari, nel territorio del Regno A
1 Lombardo-Veneto, con detto Stato confinante. ! DI
L'abile diplomatico austriaco si era infatti accorto che i |
i liberali (e specialmente i nazionalisti), i cospiratori, tutti, cH
insomma, coloro che avrebbero desiderato rovesciare le mo-
narchie legittimiste restaurate a Vienna non agivano sepa-
i ratamente, bensì, spesso, di concerto, e, talvolta, insieme,
| fra cittadini di diversi stati, e, specialmente, se sudditi di
: stati italiani.
Del resto, una prova evidente di questo si era avuta . I
nei processi politici che si erano tenuti a Milano ed a Ve-
nezia nel 1821-22; i rivoluzionari lombardi «e veneti, infatti,
avevano agito d’accordo con un Silvio Pellico, piemontese,
| con un Pietro Maroncelli, forlivese, ecc.
I! I timori dell’ Austria non erano quindi del tutto ingiu-
stificati, ed il Metternich sperava di porre un freno a tali :
rivoluzioni, soltanto mediante una politica estremamente È 4i
reazionaria, e, sopratutto, tentando di intimorire i facinorosi !
Aw

X, arg tat:
1 "-

150 M. ROSSI

con esempi di severissime punizioni contro i colpevoli di
leso legittimismo sovrano.

.. 1l Metternich, quindi, non si sentiva molto sicuro, à
causa dellatteggiamento di Pio VII.e spesso aveva cercato
di indurre il Consalvi a stringere maggiormente i freni nei
riguardi dei liberali.

Il Consalvi, invece, equilibrato e moderato per quanto
il Metternich era intransigente e reazionario, credeva oppor-
tuno agire con prudenza, tanto piü che, come già osser-
vammo, egli era oramai convinto della fatalità di una non
molto lontana caduta del regime pontificio.

Cercava, quindi, di aequistarsi sempre maggiori bene-
merenze agli occhi del popolo.

Questo, in un primo tempo, aveva applaudito (come,
del resto, avevano fatto tutti gli altri popoli d’ Europa, nei
riguardi dei loro Sovrani) al ritorno del Pontefice, che por-
tava con sé, oltre la implicita promessa di un lungo periodo
di pace, anche tutto quel corredo di tradizioni di carattere
essenzialmente religioso, che erano sempre state tanto gra-
dite agli Italiani, sudditi del Romano Pontefice.

Le lunghe guerre napoleoniche e tutti gli avvenimenti
turbinosi degli anni precedenti avevano portato, quale con-
seguenza immediata, un grave impoverimento di tutto il
paese e una spaventosa carestia, mali questi, da cui fu
prima cura del Consalvi cercare di alleviare le popolazioni
romane. Ì
Essi può dire che gli anni che trascorsero dal ritorno
di Pio VII a Roma alla sua morte furono quasi esclusiva-
mente dedicati al miglioramento della situazione economica,
che si presentava sotto le forme più precarie, ed alla lenta
restaurazione degli antichi ordinamenti, tranne quelli che
il Consalvi riconosceva non più confacentisi alla nuova
mentalità della popolazione. Di tale mentalità, infatti, il
Segretario di Stato aveva potuto subito costatare lo sviluppo
avvenuto durante l' epoca della dominazione francese,
fL CONCLAVE DI LEONE XIÍ 151

E finchè durò il Pontificato di Pio VII, sempre assistito
dal suo fedele ministro, le cose parvero, almeno esterior-
mente, avviarsi verso una duratura stabilizzazione.

Pio VII però, sebbene avesse, durante la sua prigionia,
prima in Italia e poi in Francia, dimostrato una fermezza
d’animo ed una energia non comuni, cominciava ora a
sentire la propria fibra cedere ai malanni della sua età
molto avanzata.

Egli, infatti, al tempo dei moti del 21, aveva già rag-
giunto l'ottantesimo anno di età, e, date le sue condizioni
di salute oramai tuttaltro che soddisfacenti, cominciava a
temere la sua prossima fine.

E la morte del Pontefice (che tutti ritenevano non
molto lontana) avrebbe rappresentato per il Metternich la
fine di quelle sue preoccupazioni, delle quali abbiamo par-
lato, o, almeno, la possibilità di una via di uscita di questo
suo incubo. Un nuovo Papa più reazionario, meno tollerante,
ed anche meno popolare di Pio VII avrebbe messo le cose

completamente a posto anche. a Roma, e la Santa Alleanza

avrebbe trionfato sovrana in tutta la Penisola, sotto l'egida
dominatrice della monarchia absburgica. Quel regime di
incondizionata reazione che, dove più dove meno, il Con-
gresso di Vienna aveva voluto inaugurare in tutta Europa
e specialmente nell’inquieta Italia (dove il Metternich mag-
giormente esplicava la sua azione di protezione di sovrani
e di soggezione di popoli) avrebbe trionfato anche nella
Città Eterna.

Si trattava ora, per P Austria, di favorire 1’ elezione di
un Pontefice che si fosse dimostrato totalmente ligio alle
mire del Metternich e che avesse potuto definitivamente
impedire ciò che il diplomatico austriaco temeva si fosse
potuto verificare sotto Pio VII e cioè che Roma, a causa
della eccessiva mitezza (che a Vienna era considerata debo-
lezza) del legittimo Sovrano, avesse potuto divenire un foco-
laio di ribellione e di insurrezione di carattere sovversivo,
M. ROSSI

Certo, appariva logico ai governanti viennesi che, con
un Pontefice ligio alla Corte austriaca e quindi ad essa
soggetto, il dominio dell’ Austria in Italia sarebbe stato com-
pleto e incontrastato e che, di conseguenza, completo ed
incontrastato sarebbe anche divenuto il trionfo del legitti-
mismo, che avrebbe portato alla totale distruzione dei par-
titi liberali e democratici.

Tuttavia, sebbene, in linea generale, tutti i Sovrani
europei restaurati credessero utile 1’ assoluto predominio
austriaco in Italia, nell’ interesse generale della quiete e
della tranquillità (abbiamo, infatti, già accennato al carat-
tere internazionale di alcuni fra i partiti tendenti al rove-
sciamento delle monarchie), ad alcuni, in particolare, poteva
riuscire di non troppo gradimento un più assoluto consoli-
darsi della posizione degli Absburgo nella Penisola.

Anzitutto, un primo ostacolo ad un eccessivo rafforzarsi
dell’ Austria in Italia veniva da parte della Francia, che,
fin dal 1815, aveva sempre cercato di controbilanciare l’in-
fluenza austriaca in Italia con la propria e dove, all indo-
mani della Restaurazione, predominavano tre Paru politiei
contrastanti Puno con l’altro.

Il partito legittimista-borbonico, che aveva visto con
simpatia il ritorno sul trono francese dell antica dinastia
con Luigi XVIII (fratello del decapitato Luigi XVI), avrebbe
desiderato il mantenimento dello « statu quo » deciso a.
Vienna e si preoccupava, piü che altro, della salvezza del
trono, che, anche in Francia, era molto minacciato.

Gli altri due partiti, poi, erano a carattere essenzialmente
nazionalista, sia quello repubblicano (che agognava il ritorno
alla gloriosa repubblica francese del '92) e, più ancora, quello
bonapartista, che rimpiangeva la posizione. europea assunta

dalla Francia al tempo del grande Napoleone e che guardava

ora, con tutte le sue speranze, al figlio di costui, a Napo-
leone II, che viveva a Vienna, presso il nonno Francesco I,
Imperatore d’ Austria, col titolo di Duca di Reichstadt,
IL CONCLAVE DI LEONE XII 153

Tali partiti .avrebbero bramato riprendere, almeno par-
zialmente, quella posizione di influenza francese in Italia,
che Napoleone aveva innalzato a predominio assoluto e che
il Congresso di Vienna aveva integralmente cancellato.

Un assoluto predominio dell’ Austria in Italia avrebbe,
quindi, gravemente leso gli interessi francesi; perciò la
Francia si apparecchiava ad impedire che il Metternich
riuscisse a conseguire tale predominio.

D’ altra parte, anche Ferdinando I, delle Due Sicilie,
non era troppo disposto a sopportare il peso dell’influenza
austriaca in Italia, peso che gli era allora giocoforza -tolle-
rare poichè proprio all’ Austria si era dovuto rivolgere, data
la sua riconosciuta impotenza a soffocare i moti a carattere
costituzionale che erano scoppiati nei suoi Stati nell’ estate
del 1820.

Certo tale Sovrano, sebbene avesse dovuto convenire
della necessità dell'intervento armato austriaco nel Mezzo-
giorno d’Italia per ricondurre all’ obbedienza i rivoltosi,
tuttavia si sentiva molto umiliato nella sua persona e nella
sua Corona di tale stato di cose.

Al Metternich, d’altra parte, non era parso vero di
avere un’occasione per intromettersi nelle cose di Napoli e
che fosse stato proprio il Re delle Due Sicilie a chiederglielo
esplicitamente nel Congresso di Lubiana, dopo, però, che
tale intervento era stato praticamente deciso dalle maggiori
potenze europee riunite nel convegno di Troppau.

Dal canto suo, Ferdinando spiava l'occasione per libe-
rarsi dall'onta e dall’onere dell’ occupazione militare austriaca
dei suoi Stati e pensava che ciò sarebbe stato molto più
difficile, qualora dal Conclave fosse uscito un Pontefice, i
cui atti politici fossero stati tutti ispirati al cenno di Vienna.

I Napoletani, quindi, cercheranno di osteggiare, durante
le trattative del Conclave, i partitanti austrofili.

Vi erano, invece, altri Sovrani che avrebbero visto
relativamente di buon occhio una nuova affermazione au-

^-
154 M. ROSSI

striaca nella penisola italiana, e fra questi Carlo Felice, Re
di Sardegna, anch'egli, come il Metternich (e come, del
resto, era stato il suo fratello e predecessore Vittorio Ema-
nuele I) di idee estremamente reazionarie, imparentato indi-
rettamente con la Casa imperiale absburgica, per mezzo del
matrimonio di sua figlia col Duca di Modena Francesco IV
(piccolo Sovrano, quest’ ultimo, che, all’atto pratico, si dimo-
strò sempre essere un vassallo della Corte di Vienna, favo-
rendo in tal modo la politica austriaca, che trovava in
Modena un ottimo posto avanzato per le proprie forze
armate, ai piedi dell’ Appennino).

Tutto questo stato di cose, questo contrasto di interessi
politici e dinastici, unito al fermento sempre più vivo dei
popoli, che mordevano il freno attendendo l'ora propizia
per insorgere, non era certamente ignoto al Consalvi.

Egli vedeva con terrore avvicinarsi sempre più l'ora
fatale del suo più che ottuagenario Sovrano, che aveva ser-
vito fedelmente per ventidue anni, temendo il crollo di tutta
la sua politica di moderazione e di tolleranza con il soprag-
giungere di un nuovo Pontefice, la cui elezione rappresen-
tava quell’incognita, che allora maggiormente tormentava
lanimo di tutti i governanti europei, e, specialmente, di
quelli italiani.

Certo, il saggio diplomatico pontificio si rendeva conto
dei pericoli che presentava il raduno del Sacro Collegio in
tempi così agitati; ma non era certo possibile sperare un
improvviso tacitamento di tutte quelle passioni, che si mani-
festeranno in tutta la loro entità durante le controverse
discussioni del Conclave.

Siechè (come meglio vedremo in seguito) il Conclave
stesso divenne teatro di intrighi politici, tramati nella mas-
sima parte dall’ Austria, e presentò una singolare analogia
con quello tenuto ventitré anni prima a Venezia.
IL CONCLAVE DI LEONE XII

JAPITOLO II.
Lo Stato Pontificio e l'Italia alla vigilia del Conclave.

Tra il compianto di tutto il suo popolo, che egli aveva : i
ricondotto alla tranquillità ed alla pace, e, sopratutto, tra
la costernazione del suo fedele Consalvi, spirava serenamente
in Roma il 20 agosto 1823 il Pontefice Pio VII, all’ età:
veneranda di ottantadue anni,
Certo, ben pochi Pontefici ebbero un regno così agitato
dagli avvenimenti politici e così turbato dalle passioni umane,
come questo, che moriva all'indomani della Restaurazione.
Eletto a Venezia, mentre il turbine napoleonico si avan-
zava minaccioso sull'Italia, egli aveva vissuto lunghi anni
nei dolorosi esigli, di Savona prima, di Fontainebleau poi,
ed aveva subito tutte le umiliazioni, fino ad essere egli, |
Capo supremo della Cristianità, tratto in arresto dagli sgherri | l
del Bonaparte (si ripetevano dopo cinque secoli, con una |
curiosa coincidenza, i fatti di Anagni!) ed aveva avuto il
coraggio e la fermezza d'animo di opporsi alle mire del
nuovo Cesare di Francia. Eo
Napoleone, infatti, avrebbe preteso la soggezione del $ li |
Cattolicesimo alle direttive della propria politiea, nonché la H B
violazione di quella tradizione, quasi due volte. millenaria, "na
in virtù: della quale la Città Eterna era sempre rimasta il 1 |
centro della Cristianità: in altre parole, il Bonaparte avrebbe
preteso, come suggello del definitivo trionfo della egemonia
francese sulla Penisola, il trasporto, sia pure temporaneo,
dellà sede pontificia, sulle rive della Senna, presso la quale
egli dominava incontrastato sovrano su tutta I] Europa con-
tinentale, agitata ed intimorita. i
E, più tardi, dopochè, in grazia alla Restaurazione, la / d i
direzione delle sorti della nostra Italia venne spostata, prati- |

——————

BRANO: ^ SEMESTRE Limo 156 M. ROSSI

T camente, da Parigi a Vienna, allorquando cioè la Penisola
tl passò, dalla dipendenza delP avventuriero córso a quella del
| | Metternieh, rappresentante delle tendenze opposte a quelle E
LUE del ’92, da Napoleone impersonate (ad onta del suo titolo 3
Il | i di Imperatore dei Francesi), Pio VII non aveva voluto sog- È
NEI (NI giacere neppure alle imposizioni dell’ Austria; questa, infatti, 1
Tan sventolando il vessillo del legittimismo, aveva tentato di 1
n Hi servirsi del Pontefice quale propria « longa manus » nelle
MET provincie della media Italia.

M Il Pontefice Pio VII, in altre parole, non aveva mai
I smentito il proprio carattere di sovrano temporale indipen-
B Hn dente, e, se la violenza del Bonaparte era stata così estrema

M IL da non permettere a lui, inerme, la minima resistenza, tut-
TU (it i tavia egli era rimasto sempre in questa sua indipendenza
| Ill UH di spirito, che la forza bruta non poté soffocare.

1 | IF n : ; Egli, infatti, non aveva fatto a Napoleone nessuna di

LEER quelle concessioni, in virtü delle quali avrebbe, almeno,

Il | potuto conservare la propria libertà personale, preferendo
UM DE limitarsi a quelle fiere proteste, che, per il momento, non
i | | | i i ebbero nessun risultato pratico agli effetti della sua libera-
O zione, ma che servirono ad accattivargli le vive simpatie
di tutti i popoli cristiani, non esclusa gran parte di quello
francese, il quale, ad onta di tutti gli avvenimenti degli
ultimi anni, era rimasto quello che era sempre stato, e cioè
uno dei popoli maggiormente devoti alla Chiesa di Roma.

Molti Francesi, infatti, avevano compreso 1’ assurdità
della pretesa di Napoleone (pretesa, la cui causa non si può
ricercare se non nella sfrenata ambizione del Bonaparte, che
non tardò a degenerare in vanità) di trasportare, sia pur
temporaneamente, la sede pontificia a Parigi; e, quindi, anche
durante il periodo imperiale, continuavano a giungere a
il Roma gli oboli e le offerte delle popolazioni, profondamente
M. eattoliche, di Francia.

ili | : A Roma, poi, mentre questa città aveva dovuto subire
| l'onta di essere dichiarata « la seconda città dell’ Impero fran-
IL CONCLAVE DI LEONE XII 157

cese > (è infatti un paradosso la sola idea di Roma « seconda
città » di qualsiasi Stato), il Pontefice esule era considerato
quale un Padre, che a tali sacrifici era andato incontro per non
tradire il bene dei propri sudditi, che dal Pontefice della Chiesa
Universale potevano, non a torto, essere chiamati figliuoli.

E, come figliuoli, sinceramente, Pio VII aveva voluto
governare i suoi popoli, specialmente dopo il suo ritorno
dall’ esilio di Francia; e, per questa ragione, egli aveva

scatenato sopra di sè e sopra il proprio governo i sospetti

e le diffidenze del Metternich, il quale rivolse ora tutte le
sue cure a preparare il terreno, affinchè il nuovo Coriclave
conducesse alla tiara un Pontefice di carattere più severo e
più rigido, specialmente nei riguardi dei liberali.

Queste mire dell’ Austria, le quali, del resto, saltavano
agli occhi di chiunque avesse considerato la preponderanza
assoluta di questa potenza nella Penisola, nonché il desiderio,
da parte della potenza stessa, di conservarla, e, qualora fosse
stato possibile, di aumentarla, non potevano certo essere
ignote né al Consalvi né allo stesso Papa Pio VII.

Il Pontefice, infatti, si era accorto di tale atteggiamento
austriaco fin dall’ indomani del suo ritorno a Roma; e,
certamente dietro il saggio suggerimento del Consalvi, si era
convinto della necessità di provvedere energicamente all’ av-
venire, poichè egli già comprendeva come le sue condizioni
di salute non gli avrebbero permesso di sedere ancora a
lungo sulla cattedra di S. Pietro.

A questo scopo, fin dal 21 marzo 1815, il Pontefice,
prevedendo la eventualità di una prossima sede vacante,
emanò un’enciclica, per mezzo della quale dava istruzioni
precise sulla maniera con la quale si sarebbe dovuto proce-
dere all’ elezione del suo successore (1).

(1) Copia di tale encielica si conserva nella Biblioteca « Vittorio
Emanuele » di Roma e, precisamente, nel manoscritto del Fondo « Vit-
torio Emanuele » N. 417, Cfr. in « Appendice » documento I,
158 ! M. ROSSI

Tale lettera pontificia è quindi, per noi, del massimo
interesse, poiché rivela lo stato d'animo poco tranquillo di
tutti i membri della Curia Romana e del Pontefice stesso,
stato d’ animo causato dalla preoccupazione di tutte quelle
complicazioni di carattere politico, che avrebbe potuto pro-
durre la riunione del Conclave in un? epoca così agitata.

Con tale enciclica Pio VII si rivolgeva a tutti i membri
del Sacro Collegio, dichiarando anzitutto che egli temeva
moltissimo il rinnovellarsi di tutte quelle calamità che ave-
vano travagliato Roma e il suo territorio, minacciando la
istituzione stessa del Papato, negli anni immediatamente
precedenti.

Inoltre il Pontefice rimise in vigore il suo proprio
decreto del 6 febbraio 1807, in virtù del quale, allo 8COpO
di evitare la dispersione dei membri del Sacro Collegio e
per facilitare la partecipazione al Conclave del maggior
numero possibile di Cardinali, aveva dichiarata nulla la
elezione di qualsiasi Pontefice, alla quale non avessero preso
parte almeno la metà più uno dei Cardinali stessi; con la
conferma del decreto stesso veniva implicitamente dal Pon-
tefice abrogato l'altro, anche suo, del 13 novembre 1813,
con il quale aveva soppresso quello del 1807, testé citato.

Però, la parte più interessante dell’ enciclica, era quella
in cui il Pontefice introduceva un’ importante novità, e,
precisamente, la interdizione di partecipare al Conclave, fatta
a qualsiasi persona, fosse stata laica od ecclesiastica, la quale
avesse coperto la carica di ministro di qualsiasi Stato, esclu-

sione questa, alla quale facevano eccezione soltanto coloro,
che avessero goduto della porpora cardinalizia (1). Non si
potevano, infatti, chiudere le porte del Conclave a dei Car-

(1) « Easdem vero literas (sic) in reliquis partibus confirmamus
«atque illud tamen adjungimus ..... ne in loco Comitiorum alicuius
« Principis vel summi Imperatoris administer, sive Ecclesiasticus, sive
« Laieus admittatur ; noluisse a Comitiis prohibere eos Cardinales, qui

N
IL CONCLAVE DI LEONE XII 159

dinali, per il solo fatto che essi rivestivano, o avevano rive-
stito in passato, cariche di carattere politico presso qualche
governo europeo.

Lo scopo di tale provvedimento del Pontefice era più
che chiaro; quello di escludere dalle trattative del Conclave
qualsiasi ingerenza di Potenze straniere, provvedimento peró
che i fatti poi dimostreranno avere rappresentato soltanto
un palliativo; infatti, in quel momento di grandi passioni,
in cui cozzavano gli interessi vitali delle maggiori nazioni
europee ed, infine, di grandi turbamenti sociali, e, special-
mente, politici, nessuna delle Potenze principali, almeno,
poteva rimanere assente ed inerte, dinanzi ad un avveni-
mento così importante, quale l’ elezione del nuovo Pontefice,
nè trascurare di difendere i propri interessi in seno al Sacro
Collegio, cosa che gli ambasciatori e gli inviati straordinari
delle Potenze seppero egualmente fare, ad onta della enci-
clica pontificia, rimanendo cioè, materialmente, al di fuori
delle trattative del Conclave.

Inoltre, il provvedimento del Pontefice era diretto (e lo
si vede chiaramente), più che altro, ad evitare una troppo
numerosa partecipazione austriaca al Conclave.

Ma, anche sotto questo aspetto particolare, Pio VII non

avrebbe mai potuto raggiungere il suo scopo. Infatti la.

Corte di Vienna aveva dappertutto, e, quindi, anche in seno
al Sacro Collegio, agenti fidati ed uomini legati ai propri
interessi; quindi non era certo sufficiente questa restrizione,
imposta dal Pontefice, per impedire che gli interessi politici
della Casa d’ Austria avessero avuto al Conclave il peso
proporzionato alla grandissima potenza ed alla forte influenza,
di cui la Corte stessa godeva in tutta P Italia.

« forte ‘alicuius Principis administri essent, quique propterea et Comi-
« tiis interesse, et suffragium rite ferre poterunt, sed dispositionem
«illam nostram ad ceteros pertinere, qui Cardinalitia potestate non
« fulgeant »,
160 M. ROSSI

Inoltre, questa lettera ci dimostra anche come il Papa
si preoccupasse, affinché venisse eletto per suo successore un
uomo che avesse diretto tutti i suoi sforzi al solo bene della
Chiesa e dello Stato Romano.

Infatti, per il raggiungimento di questo scopo, era, evi-
dentemente, necessario che il groviglio degli interessi delle
Potenze europee rimanesse estraneo alla elezione del Pontefice.

Questo, però, per le ragioni già esposte, non sarebbe
mai stato possibile; nè il Consalvi lo avrebbe potuto logica-
mente sperare.

Sicchè, anche dopo la promulgazione di tale enciclica,
il Papa non si sentiva sicuro. E, ad aggiungere altre preoc-
cupazioni all’ animo dell’ augusto vegliardo, sopraggiunse
il manifestarsi di nuovi pericoli, superiori a quello che non
potesse rappresentare il pericolo austriaco, e, precisamente,
il pericolo sovversivo o rivoluzionario, come allora si usava
chiamarlo.

Il Governo di Roma, infatti, non poteva non tenere
conto dei gravissimi fatti che avevano, nel triennio 1820-22,
turbato le popolazioni dell intiera Italia; e, se le insurre-
zioni non erano scoppiate nel territorio dello Stato Pontificio,
tuttavia esse avevano sconvolto anche alcune tra le terre
confinanti con lo Stato medesimo; inoltre si trattava, in
gran parte, di movimenti insurrezionali a carattere nazionale
unitario: e quindi i rivoltosi, per lo spirito stesso che li
animava, ledevano gli interessi della Chiesa non meno che
quelli dei Sovrani, contro i quali le insurrezioni erano dirette.

Temeva quindi moltissimo il Pontefice un troppo pro-
lungarsi della sede vacante, poiché ció avrebbe dato ottimo
giuoco ai rivoluzionari (1), i quali, pur non avendo dato

(1) Coi nomi di « rivoluzionari » e di « patriotti » si intendevano
generalmente tutti i liberali dopo il 1815, come, durante 1’ epoca napo-
leonica, essi venivano definiti col nome più particolareggiato di « gia-
cobini » quali fautori del regime francese,
IL CONCLAVE DI LEONE XII 161

ancora occasione a gravi disordini, esistevano anche negli
Stati della Chiesa e non attendevano che il momento pro-
pizio per agire ai danni del potere temporale.

E fu certamente a causa di questi suoi gravi timori che
il Pontefice il 18 ottobre 1822 diresse una lettera a tutti i
membri del Sacro Collegio raccomandando loro, qualora
egli fosse venuto a mancare, la massima sollecitudine nella
nomina del suo successore (1).

E questa lettera del 1822 è molto più interessante della
prima per chi voglia conoscere lo stato d’ animo, in cui si
trovava Pio VII. È inoltre una inconfutabile conferma di
quelle preoccupazioni che gli negavano la tranquillità.

Anzitutto bisogna notare come questa lettera venne
scritta in un momento, in cui il Pontefice, resosi pienamente
conto delle proprie condizioni di salute, prevedeva oramai
prossima la sua fine e quasi inevitabili le discordie aspre,
che avrebbero impedito ai Cardinali di procedere rapida-
mente alla nomina del successore. Era quindi assillato dal
nuovo timore che la propria calda e paterna parola, inci-
tante alla pace ed alla collaborazione, non giungesse in
tempo ai Cardinali.

Inoltre, egli si trovava sotto la diretta e recente impres-
sione dei moti insurrezionali, da poco tempo repressi, la cui
eco era ancora vivissima in tutte le regioni d’ Italia.

Infine egli si era accorto che i Sovrani europei e. spe-
cialmente quelli italiani, minati direttamente da tali insur-
rezioni nelle basi stesse dei loro troni, si andavano sempre
maggiormente stringendo attorno al Metternich ed alla Santa
Alleanza, nel cui estremo rigore vedevano 1’ unica Ancora di
salvezza contro il dilagarsi sempre maggiore delle nuove

(1) Una copia di tale lettera si trova nella Biblioteca « Vittorio
Emanuele » di Roma (Fondo « Vittorio Emanuele », N. 417); altre due
copie nella. Biblioteca Vallicelliana di-Roma (« Miscellanea Falzacappa »,
Vol. 18, pagg. 256-259 e Vol. 30, pagg. 179-183). Cfr. documento II. n d

——

UTI

162 M. ROSSI

idee, che si stavano dimostrando inconciliabilmente letali
per le monarchie legittimiste.

Sovrani dall’ Austria relativamente indipendenti, quali
Ferdinando di Napoli e Carlo Felice, si trovavano ora indisso-
lubilmente legati a Vienna che spadroneggiava militarmente È
e politicamente, dove più, dove meno, nella nostra Italia. ;

Sicchè il Pontefice, dibattuto tra il pericolo austriaco e i
quello rivoluzionario (ed aveva infatti compreso che ambedue
pesavano come oscure minaccie sul territorio dello Stato
Pontificio), cercò di innalzare la sua voce di Capo della Cri-
Stianità come monito di pace, e, nello stesso tempo, come
affermazione di autorità.

In questa lettera, perciò, parlano insieme le due distinte
personalità del Pontefice, che egli cercava di armonizzare
in un tutto di forza e di amore.

Un altro indizio, poi, delle reali condizioni di agitazione,
in cui si trovava allora lo Stato Pontificio, è il fatto che,
questa volta, il Pontefice, parlò molto più chiaramente, non [
nascondendo cioè l'esistenza di tutti quei fattori, che crea-
vano tanti affanni all’ animo mite e paterno di Pio VID
quale dipinse a neri eolori le minacce incombenti contem-

poraneamente sullo Stato della Chiesa e sulla stessa Religione
Cattolica (1).

(1) Così, infatti, si esprime il Pontefice :

« Luctuosae autem istius aetatis conditio ea est ut non a prolixo
« modo, ut ante actis temporibus, sed ab aliquorum etiam dierum vaca-
«tione Sedis Ap.licae, ingentia Ecclesiae Dei, nee minora temporali
« Pontifieum R. R. ditione imminere perieula exploratum sit. Neque
« vero multis opus esse arbitramus ut id Vobis, Ven. Fratres ac Dilecti
« Filii Nostri, persuadeamus. Post publieae etiam rei conversiones, qui- )
« bus Europa fere universa, et R. etiam Ecclesiae ditiones concussae
« fuerant, si paulisper considerare velitis, publieam tranquillitatem non-
« dum satis esse firmiter constituta, nondum repressas iniquorum homi-
«num machinationes, necdum eversa consilia. Quod novissimae pertur-
« bationes in ipsa etiam Italia nostra exortae commonstrant, si ad
« depravatas tot hominum mentes animum intendatis, qui per incredi:
IL CONCLAVE DI LEONE XII 163

E, certamente, nè il Papa, nè il Consalvi si ingannavano
‘ prevedendo che un eccessivo prolungarsi dell’ interregno pon-

tificio avrebbe recato danno alla tranquillità dello Stato (1).
: Nè meno abili profeti essi erano allorquando intuivano
1 UN come pericolosi potessero essere i rapporti, che i sovversivi
È dello Stato Romano avevano con quelli delle rimanenti
E regioni italiane; infatti le istruttorie che avevano preceduto
i processi, imbastiti in seguito ai moti del 720-21, avevano
dimostrato chiaramente 1’ unità di indirizzo, che spesso univa
gli insorti di diversi Stati d' Italia.

Allo scopo, quindi, di accelerare le trattative del Con-
clave, Pio VII abrogò la Costituzione Apostolica, in virtù
della quale non si sarebbe potuto riunire il Conclave se non
fossero trascorsi almeno dieci giorni dalla morte del Ponte-
fice, oltre ad altri nove, dedicati, questi, integralmente, alle
esequie del defunto Papa.

Non solo; ma, in certo qual modo, venne abolita anche
la decisione presa con P enciclica del 6 marzo 1815, testé
illustrata, venendo cioè ora deciso che l'apertura del Con- | : »
clave sarebbe dovuta avvenire qualunque fosse stato il | |
numero dei Cardinali presenti in Roma e che nessuno di à
essi, anche se Cardinale « de latere », avrebbe potuto nulla i |

« bilem arrogantiam sive Divinae sive humanae omni auctoritate subesse MIN |
« detractant, si denique ad nuper ortas et longe lateque in Italia aliisque |
« regionibus propagatus multas, clandestinasque sectas oculos conver-
«tatis, quae contra Catholieam Religionem, contra h. Sanctam Sedem
« (cuius et spiritualem et temporalem quoque mirum in modum oderunt
« Principatum) contra civilem societatem ipsam omnia moliuntur, facile
« perspicietis nullo unquam tempore magis ab impiis hominibus esse : E.
«timendum, quam quo tempore ap.lica haec Sedes vacet. Hoc enim / 1
« tempus ad ..... nefanda consilia perficienda scelesti homines opportu-
« nissimim arbitrantur, hoc jam diu sibi magna cum fiducia rejecerunt ».

(1) E la certezza di tali timori del Pontefice viene espressa nelle to
seguenti parole: « Dum autem hoc dicimus de re loquimur non incerta, UT
«non dubiis, sed certissimis jamdiu Nobis judiciis, et argumentis So: 5093 E
« probata ». h
164 M. ROSSI

eccepire riguardo alla sua assenza dalla Città Eterna, nel
momento delP apertura delle trattative del Conclave stesso.

Certo, tutte queste precauzioni che il Pontefice andava
prendendo erano più che lodevoli; la sua intenzione, infatti,
altra non era se non quella di mantenere la tranquillità, evi- ;
tare rivolte di cittadini ed escludere dal Conclave l'intrigante E
ingerenza di Sovrani stranieri, provvedimenti, peró, che, ij
come abbiamo già accennato, e, come meglio dimostreremo $
in seguito, non raggiungeranno pratici risultati. 5

Dopo tutte queste considerazioni non sembrerà strano
che, appena sparsasi in Europa la notizia dell’ avvenuto
decesso di Pio VII, i Sovrani d' Europa si affrettassero a
ricorrere a tutti i mezzi, che avevano a loro disposizione ed
a tutti i raggiri, politici e diplomatici, per esercitare la
propria influenza, sia pure indirettamente, sulle trattative
del Conclave. Questa, del resto, apparirà con maggiore chia- E
rezza in seguito, quando tratteremo delle discussioni del D
Conclave stesso. | E

Ed appare, quindi, fin da ora, innegabile il fatto che i i
membri del Sacro Collegio non godranno di illimitata libertà,
ad onta di tutte le promesse e di tutte le.garanzie, date dai
Sovrani europei.

Infatti, la storia ci insegna quale valore possano avere
in simili circostanze, tali dichiarazioni ufficiali, specialmente
se non corrispondenti ai reali interessi delle persone, da cui |
esse provengono. i

Nel capitolo precedente, .facemmo un breve accenno
agli interessi, che i principali Sovrani potevano avere nelle
trattative del Conclave, il cui inizio era oramai imminente;
vediamo ora in quale maniera i Sovrani stessi curarono i
questi loro interessi. ti

Il Governo di Parigi non aveva, precisamente, da esclu-
dere in via assoluta, la elevazione al Pontificato di questo o
di quel candidato ; tendeva piuttosto a far sì, che non uscisse
dal Conclave la nomina di un Pontefice, che avesse permesso
165

IL. CONCLAVE DI LEONE XII

un troppo grande innalzamento della posizione, già potentis-
sima, delP Austria, specialmente nella penisola italiana.

E, immediatamente dopo la morte del Pontefice, e, pre-
cisamente, il 29 agosto 1823, il ministro degli esteri francese, »
È che era allora il famoso poeta romantico Renato Chateau-

E briand, diresse una lettera ai membri del Sacro Collegio (1),

E che stavano per adunarsi, dichiarando essere il solo desiderio
È della Francia quello che venisse eletto un uomo degno del-
e l altissima missione e che tutte le sue cure rivolgesse al bene
È «|. della Religione.

" Nella stessa lettera, lo Chateaubriand comunicava ai

Cardinali l’ avvenuta nomina ad ambasciatore straordinario
della Francia presso la S. Sede del duca di Montmorency-
Laval, nel quale pregava i Cardinali stessi di riporre la loro
massima fiducia.

« Nous ne doutons point, que vous n'aecordiez une
; « eréance entiére à tout ce que notre dit Ambassadeur vous
P b « dira de notre part, et nous lui recommandons particuliè-
E «rement de vous assurer de notre sincére estime et de

« notre parfaite affection ». ;

Intanto, lo stesso giorno in cui lo Chateaubriand diri-
geva da Parigi questa lettera ai membri del Sacro Collegio,
prima quindi che il contenuto ne potesse essere noto ai
Cardinali stessi, il duca di Montmorency-Laval aveva pro-

jt nunciato a Roma un breve discorso (2) nel quale, dopo
E avere ampiamente deplorato la grave perdita subíta da
tutta la Cristianità con la morte di colui, che ne era stato
per ventitré anni degno Capo supremo, esprimeva i mede-

simi voti che abbiamo già notato essere stati fatti dallo

(1) Copia di questa lettera si conserva presso la Biblioteca « Vit- :
torio Emanuele » di Roma (Fondo « Vittorio Emanuele », N. 417). : : qi
Cfr. in « Appendice » documento III. | |

(2) Cfr. Agraup DE Mowron, Histoire du Pape Léon XII, Vol. T, : à
pagg. 35-36.
166 M. ROSSI

Chateaubriand; dichiarava altresì che i tre Cardinali di nazio-

nalità francese si affrettavano a recarsi a Roma per pren-

dere parte alle trattative della elezione del nuovo Pontefice.

Un'altra lettera, poi, del medesimo tenore veniva diretta
ai Cardinali stessi dallo stesso Re Luigi XVIII, il 5 set-
tembre (1).

Molto più vivo, però, fu Pinteresse preso alla elezione
stessa dalla Corte austriaca, e, personalmente, dal principe
di Metternich.

Già il 25 giugno, due mesi prima, cioè, della morte di
Pio VII, il Cancelliere austriaco aveva inviato al Re Ferdi-
nando di Napoli una lettera (2) nella quale parlava di
‘questo avvenimento, che giudicava oramai imminente e cui
conferiva una grande importanza di carattere internazionale.

Dichiarava altresì il Metternich che l'influenza, che

sarebbe stata esercitata nelle trattative stesse dagli emissari
del Governo di Vienna, avrebbe avuto il solo scopo di secon-
dare le direttive della Santa Alleanza, di provvedere cioe,

nella maniera più utile, acciocchè la maggioranza dei voti.

Si fosse posata su di una persona veramente conscia della
sua missione di Pontefice, consistente essenzialmente nella
difesa degli interessi della Religione e del benessere generale ;
dichiarazioni queste molto simili (nè del resto, potevano
essere assai diverse) da quelle già fatte, nelle loro lettere,
da Luigi XVIII, dallo Chateaubriand e dal Montmorency-
Laval (3).

(1) Cfr. ARTAUD DE MONTOR, op. cit., Vol. I, pagg. 38-39.

(2) Cfr. PETRUCCELLI DELLA GATTINA, Histoire diplomatique | des
Conclaves, Vol. IV, pagg. 329-330.

(3) Probabilmente il Metternich tendeva, mediante questa lettera,
a giustificarsi anticipatamente delle ampie ingerenze che egli si ripro-
metteva di esercitare nelle trattative del Conclave e che sperava di
rendere gradite alle Corti europee, presentandole quali unicamente
miranti alla difesa del prestigio della Religione ed al sostenimento dei
principî della Santa Alleanza, della quale l' Austria rappresentava il
più valido sostegno.

c TERT i
167

IL CONCLAVE DI LEONE XII

Dichiarava inoltre il Metternich che P Imperatore Fran-
: cesco non aveva nessuna preferenza particolare per nessuno
3 dei Cardinali e che avrebbe preferito un Pontefice conciliante
e di principî moderati (1).

Ed il Metternich fin da allora dichiarava che 1’ Impe-
ratore stesso, allo scopo di evitare che venisse elevata alla
tiara una persona, che non avesse riunito in sè queste qua-
lità, non si sarebbe peritato di servirsi del suo diritto di

i esclusiva (2).

B Rd il 30 agosto 1823, pochi giorni, quindi, dopo la morte
^ del Pontefice, furono dirette da Francesco I due lettere ai
| Cardinali, membri del Saero Collegio (3).

La prima era una lettera puramente di cortesia, nella
quale P Imperatore partecipava il suo vivo cordoglio per la
« prematura » scomparsa di Pio VII e dichiarava che egli
non avrebbe mai desistito dal difendere i troni e gli altari
contro gli impeti e le violazioni del secolo. Affermava, inoltre,

/ che era suo vivissimo desiderio che fosse stata eletta una
persona, che avesse posseduto tutte le preclare virtù di
Pio VII.

Nella seconda lettera egli partecipava ai Cardinali la
nomina, da lui fatta ad ambasciatore straordinario a Roma, f

(1) Ambedue queste dichiarazioni del diplomatico austriaco appa- : : it |
riranno poi in tutta la loro falsità. Vedremo infatti come la Corte di M bu
Vienna avesse redatto un elenco di quei Cardinali, la cui elevazione al d n.
Pontificato dichiarava esplicitamente non essere di proprio gradimento. i
Inoltre il desiderio della Corte austriaca non era certo quello che venisse
nominato un Papa conciliante e di principî moderati, poichè appunto
per queste sue qualità la Corte stessa aveva avversato Pio VII. A Vienna
si desiderava invece un Pontefice reazionario, ai due scopi di maggiore
oppressione dei liberali in Italia e del consolidamento dell’ influenza
| austriaca a Roma.

(2) Del diritto di esclusiva e dell' uso che ne fece il Card. Albani
parleremo in seguito. > Ye

(3) Cfr. Biblioteca « Vittorio Emanuele », mss. del Fondo « Vitto- ]
rio Emanuele », N. 417. Cfr. in « Appendice » documenti IV e V, Li
168 M. ROSSI

‘ del conte Appony, nel quale pregava i Cardinali di riporre
la loro massima fiducia (1). i

Lo stesso Appony, quindi, si diresse con un ‘discorso ai
Cardinali (2), presso a poco con il medesimo tenore, usato
nelle lettere, che abbiamo già esaminate; rese noto 1’ inca-
rico affidatogli dall’ Imperatore e dichiarò che 1° Imperatore
aveva piena fiducia nei Cardinali, e, quindi, in una loro
felice scelta.

Ed al Conclave avrebbe dovuto partecipare, in qualità
di membro del Sacro Collegio, il Cardinale Arciduca Rodolfo
d’ Absburgo, arcivescovo di Olmütz. Però, egli non vi prese
parte, dichiarando ai suoi colleghi (3) che le sue condizioni
di salute non gli permettevano un lungo viaggio nel colmo
della stagione estiva.

Egli, infatti, così si esprime, parlando del suo mancato
viaggio a Roma:

« Nihil gloriosius, nihil gratius mihi foret, quam meme-
« tipsum «conferre ad vos et, divina providentia favente,
« assequendo tam gravi fine cum Vestris debiles conjungere
« conatus meos.

« Cum autem, sine periculo debilis meae valetudinis me
«itineri arduo et longo dare nequeo, et corpus nimis aetatis
« huius calori exponere non audeo, ferventissimis solum modo
« enixisque precibus divinus Vobis impetum presidium, men-
« tem Vestram illuminare, Vosque in breve tempus ad dignis-
«sum pro novo capite Ecclesiae eligendum unire velit ».

E, due giorni dopo la sua nomina, il conte Appony
presentava le sue lettere di accreditamento (4) avendo cura

(1) Singolare è l’ analogia che presenta la nomina ad Ambasciatore
straordinario dell’ Appony con quella del Montmorency-Laval.

(2) Lettera dell'Appony ai membri del Sacro Collegio. Cfr. Biblio-
teca, Fondo, mss. citt. Cfr. in « Appendice » documento VI.

(3) Lettere del Cardinale Arciduca Rodolfo ai Cardinali. Cfr., Biblio-
teca, Fondo, mss. citt. Ofr. in « Appendice » documento VII.
(4) Cfr. AnrAUD DE MowTOR, op. cit., Vol. I, pag. 47.
IL CONCLAVE DI LEONE XII 169

che la pompa del suo corteo, in tale cerimonia, superasse
molto di imponenza quella del Montmorency-Laval (1).

Inoltre, secondo quanto il Nunzio apostolico in Napoli
scriveva al Segretario di Stato (2), si era sparsa in quella
capitale la notizia che un corpo militare austriaco di 4000 uo-
mini era in marcia verso Roma.

Il Nunzio aggiungeva che, dopo aver fatto coscienziose
indagini, era venuto a conoscenza della falsità di tali dicerie;
tuttavia asseriva che alcune truppe austriache avevano rice-
vuto ordine da Vienna « d’aver l’occhio sullo Stato Ponti-
« ficio, per il caso che si fosse verificato (sic) una sede va-
« cante, per qualunque possibile avvenimento che inquietasse
« la pubbliea tranquillità ».

Inoltre, il generale austriaco Koller (che, pero, il Nunzio
stesso definisce « persona molto accorta ») si era in quei
tempi recato da Napoli a Roma, e, nel congedarsi dal Nunzio,
aveva dichiarato di recarsi a Firenze. Il Nunzio stesso, pero,
temeva sempre che egli si fosse fermato a Roma, dove
avrebbe anche potuto avere qualche missione segreta, s0-
spetto questo che era poi maggiormente confermato dalla
mancata partecipazione al Conclave del Cardinale Arciduca
Rodolfo.

Certo, i preparativi della Corte di Vienna per l'azione
di earattere politico da svolgere durante le trattative del
Conelave, non potevano essere più completi; appariva, infatti,
chiaramente, che l' Austria non sarebbe stata aliena dal
ricorrere anche alla forza delle armi, con il pretesto eyen-
tuale di mantenere la pubblica tranquillità, per fare sentire
in Roma il peso della propria influenza; tanto premeva al

(1) Come appare chiaramente, si contava allora molto, per il suc-
cesso politico, anche sull’impressione che si poteva fare sul popolo,
mediante una maggiore o minore ostentazione di sfarzo.

(2) Lettera del Nunzio apostolico in Napoli alla Segreteria di Stato.
Cfr. Archivio Vaticano, Segreteria di Stato, busta 252.
170 : M. ROSSI

Metternich la buona riuscita delle trattative dell’ elezione
pontificia!

Ed in tali trattative, il Governo austriaco, trovò un
| alleato nel Re di Sardegna.

Mi Carlo Felice, infatti, anch'egli Sovrano reazionario ad
| il oltranza, aveva, praticamente, gli stessi desideri del Metter-
III i i nich, nei riguardi dell’esito del Conclave; non solo, ma,
I i}. come già osservammo, era politicamente legato all’ Austria,
| II la quale si era dimostrata la naturale tutrice dei suoi studi

i due anni prima, allorquando si trattò di reprimere con la
forza delle armi i moti insurrezionali piemontesi.

Perciò il ministro sardo degli affari esteri, conte de la
Tour, ordinò al suo agente a Roma di agire di comune
accordo con T Austria.

Quanto al Re di Napoli, esso si trovava allora isolato.
Infatti anch’ egli si poteva considerare come un protetto di
Vienna, poichè era stato l’esercito austriaco a ricondurlo
nella. pienezza dei suoi poteri di sovrano assoluto, nella
Stessa maniera, con cui era stato restaurato lassolutismo
di Carlo Felice.

Però, se il Sovrano sardo non aveva interessi diretti a
Roma, o, almeno, se non ne aveva di importantissimi, non
altrettanto si poteva dire degli interessi napoletani nella
stessa città.

Il Regno delle Due Sicilie aveva, infatti, con lo Stato
| Pontificio, quale unico Stato con esso confinante, il massimo
Wi. numero di rapporti di ogni genere.
| ini Prescindendo da quel poco notevole stuolo di naziona-
| Il listi, i quali avrebbero voluto offrire a Ferdinando I la corona
I - della intera Italia (infatti, da quasi tutti i patriotti, era stata
M c oramai accettata l’idea della unità nazionale italiana, e si
Ili cominciava a cercare un centro, da cui l’unità stessa avesse

D - potuto divamparsi in tutta la Penisola), i legami tra Napoli e
Roma erano più volte secolari e le sorti dell una città avevano
j il sempre avuto la più ampia ripercussione su quelle dell’ altra,


IL CONCLAVE DI LEONE XII 171

A Napoli si sarebbe desiderata 1° elezione del Cardinale
Fabrizio Ruffo (il medesimo delle reazioni del '99), che però
venne poi da tutte le Potenze escluso, allo scopo di impedire
che il Pontefice si dimostrasse troppo ligio agli interessi
della Corte di Napoli.

| L'Austria, poi, in particolare, aveva tutte le ragioni di
temere la formazione di un blocco, che, fatalmente, sarebbe
stato a lei ostile, della bassa e media Italia dal Po al Mar
d’ Africa. Come avrebbe potuto, infatti, tale blocco non
minacciarla, sia direttamente, verso il Lombardo-Veneto, e
sia indirettamente, verso Firenze, verso Modena e verso
Parma?

Il partito napoletano nel Conclave sarà, perciò, osteg-
giato dall’ Austria, non meno di quello francese.

Quanto infine alla Spagna, essa non aveva vitali inte-
ressi diretti nel Conclave, tranne quelli di un popolo since-
ramente cattolico, come il popolo spagnuolo, che, nel 1312
si era difeso disperatamente a Cadice contro 1’ usurpatore
di tutti i diritti nazionali della Spagna e lumiliatore del
Capo supremo della Cristianità.

Perciò in Ispagna si sarebbe soltanto desiderato un

Papa, difensore della Religione e delle tradizioni cattoliche,
più che non un Pontefice a carattere politico.
E ts Inoltre l'interesse di Re Ferdinando VII era, in certo
; qual modo, legato all Astria.

Infatti nei recenti avvenimenti insurrezionali anche il
Re di Spagna era dovuto ricorrere, per rientrare in tutta
la pienezza dei suoi diritti di Sovrano assoluto, all'aiuto
delle Potenze firmatarie del Patto della Santa Alleanza. Per
ragioni di carattere geografico, però, era stata la Francia
ad intervenire, per la repressione dei moti spagnuoli.

Ferdinando VII, però, vedeva allora nell’ Austria la
tutrice più tenace e più convinta dell’ integrità dei troni e
degli altari: per ciò, senza dubbio, le istruzioni da lui date
al suo Ambasciatore a Roma, il De Vargas, saranno state
172 M. ROSSI

e le mosse dell’ Austria.

L’ Austria era, come vedemmo, rappresentata a Roma
dal conte Appony; ma i suoi interessi saranno difesi vali-
damente, nel seno del Sacro Collegio, dal Cardinale Giuseppe
Albani (come meglio vedremo nel capitolo seguente), il quale

Sarà sempre in questo periodo in diretti rapporti epistolari
col principe di Metternich.

Sieché, concludendo, ci pare di potere affermare come

l Austria avesse trovato due elementi ostili alla propria
espansione politica nelle Corti di Parigi e di Napoli, e due
elementi favorevoli in quelle di Torino e di Madrid. Bisogna
infatti anche notare che Ferdinando VII non aveva ragione
di temere, come giustamente temeva il Re delle Due Sicilie,
un considerevole aumento della influenza austriaca in Italia,
quale conseguenza di un trionfo austriaco nel Conelave, dati
gli scarsi rapporti politici che allora correvano tra la Penisola
e il Regno di Spagna.

Vedremo ora, trattando particolareggiatamente delle
trattative del Conclave, come VP Austria si destreggiò nelle
trattative stesse, se il Metternich ottenne o no l’agognato
successo, ed infine quali furono le conseguenze dell’ elezione.
del nuovo Pontefice nei riguardi della situazione generale
italiana e quindi necessariamente della posizione austriaca
nella Penisola.

Infatti lo scopo nostro è più che non di fornire dettagli
relativi alle lunghe discussioni, che condussero all’ elezione
del nuovo Pontefice Leone XII, quello di scoprire, dietro
le quinte del Conclave, il ginepraio degli interessi politici
delle varie Potenze europee, i quali, più o meno diretta-

mente, ebbero la loro notevole influenza sulle trattative
del Conclave stesso.

quelle, in linea di massima almeno, di seguire le direttive

Li
IL CONCLAVE DI LEONE XII

CAPITOLO III.
Le trattative del Conclave e l'elezione di Leone XII (1).

Contrariamente alle consuetudini fino ad allora in vigore,
questa volta le trattative del Conclave si svolsero nel Palazzo
Apostolico Quirinale.

I Cardinali, che al Conclave presero parte, erano in
tutto 53: di questi tre erano francesi, due tedeschi, uno
spagnuolo, uno portoghese, e tutti gli altri italiani.

La data ufficiale dell’ apertura del Conclave fu il 2 set-
tembre; però, le trattative, praticamente, si iniziarono il
giorno 3, quando già 39 Cardinali erano giunti e si erano
radunati a Roma.

Sin dall’ inizio delle trattative, i Cardinali apparvero
chiaramente divisi tra di loro in varî partiti, riassumibili
però principalmente in due.

Vi era anzitutto il partito degli « zelanti », che avrebbe
desiderato il completo ritorno all'antico e la integrale restau-
razione dei vecchi ordinamenti: a questi si contrapponevano
i cosidetti « liberali », i quali avrebbero preferito 1° elezione
di un Pontefice non troppo reazionario.

Il partito degli « zelanti > veniva anche chiamato « partito
delle Corone », perchè i Cardinali che vi aderivano erano
anche strenui difensori del diritto divino e della legittimità
dei Sovrani restaurati.

(1) Per la descrizione delle trattative del Conclave del 1823 ci
serviamo principalmente di un « Diario » del Conclave stesso, mano-
scritto, inedito, compilato dal Cardinale Giovanni Brunelli e conservato
nella Biblioteca « Vittorio Emanuele.» di Roma (Fondo « Vittorio Ema-
‘nuele », N. 416).
174 | M. ROSSI

Peró, nel seno stesso di questi partiti, vi erano delle
scissioni; in altre parole, tutti quelli che aderivano al partito
degli « zelanti », pur avendo egualmente accettato il pro-
gramma dell’ elezione di un Papa restauratore e reazionario,
non si trovavano del tutto d? accordo sul nome della persona,
da elevare alla dignità della Tiara; e questo apparirà ancora
più chiaramente dall’ esposizione, che verremo facendo dello
svolgimento delle trattative del Conclave.

Vi era, anzitutto, la divisione tra consalvisti e anti-
consalvisti, tra quelli, cioè, che avrebbero desiderato che
labile diplomatico di Pio VII fosse rimasto nella sua carica
di Segretario di Stato anche sotto il nuovo Pontefice, e quelli
che questa cosa cercavano di evitare.

La diversità dei modi di vedere dei varî Cardinali viene
esposta brevemente, ma con sufficiente chiarezza, da Gae-
tano Moroni, il quale però conclude con la dichiarazione
che tutti i Conclavisti, indistintamente, muovevano, sia pure
per vie diverse, al solo fine del bene supremo della Chiesa (1).

(1) Dice infatti il MoRONI (op. cit., Vol. 38, pagg. 51 e segg.):

« Gli animi dei Cardinali erano divisi nelle opinioni sulla persona
« da scegliersi a tanta sublime dignità ed in tempi calamitosi, dappoichè
« l'Europa non era interamente tranquilla ed in molti luoghi i nemici
« dell’ ordine continuavano le loro gravi macchinazioni contro la reli-
« gione ed i troni. | ;

« Gli uni desideravano vedere spenta la somma autorità esercitata
«nel Pontificato del defunto dal celebre e benemerito Cardinal Ercole
« Consalvi, nel quale aleuni rimproveravano di aver tenuti lontani dal
« potere molti Cardinali di merito, non che altri, e non pochi uomini
« capaci di governare, e dotti nelle scienze ecclesiastiche : quelli che lo
« difendono dicono che il Cardinal Consalvi ebbe buone ragioni a tenere
« tale contegno, per riflesso di varie circostanze che a ciò lo costrinsero,
«e per la massima che dalla più stretta circoscrizione del potere ne
« derivasse ordine e vantaggio, principalmente in un’ epoca che per le
«nuove vicende tutto il governamento civile ricevette un nuovo impasto
« e per l’ ecclesiastico bisognò essere indulgenti e convenire in più con-
« eordati con diversi Sovrani. Non pochi Cardinali favorivano l’idea di
« eleggere un Papa prudente e moderato, che continuasse collo stesso

FREE mo
175

IL CONCLAVE DI LEONE XII

Naturalmente, in questa occasione, il Moroni rinnova le
parole di alto encomio, che egli aveva sempre avute per
Pio VII e per il suo collaboratore Consalvi. Vedremo ora se
egli fu o no abile profeta, relativamente a ció che prevedeva
nei riguardi dell’ esito finale del Conelave (1).

« mezzo del Cardinal Consalvi il medesimo sistema di governo e di poli-
« tica ecclesiastica; tutti i Cardinali erano animati da mire saggie (sic),
« religiose, zelanti ed onorevoli, quantunque diverse. Il Sagro (sic) Col-
«legio diviso principalmente in due partiti; il primo, composto d’ ita-
«liani, pose gli occhi sul Cardinal Antonio Gabriele Severoli di Faenza,
« arcivescovo, vescovo di Viterbo e Toscanella, già nunzio di Vienna,
uomo pacifico, cui qualcuno attribuiva nella sua profonda religione e
zelo ecclesiastico, un carattere severo; a questo partito apparteneva
anche il Cardinale Della Genga, che lo spirito de’ romani designava
per Pontefice nella strofetta ‘ chi vuol che l'ordine in tutto venga,
preghi che scelgasi il Della Genga ,,. 1l secondo, composto d’ italiani
e stranieri, era tutto propenso pel Cardinale Francesco Saverio Casti-
glioni di Cingoli, penitenziere maggiore, che, con petto sacerdotale,
erasi opposto al governo straniero, e distinguevasi per acume di mente,
« dottrine ed altre doti ».

(1) Ed è anche interessante conoscere come le varie probabilità
dell'esito del Conclave venissero giudicate nei paesi d'oltr' Alpe; a tale
scopo, eredo opportuno riportare un articolo della Gazette de Lausanne
del 9 settembre 1823:

« Diverses conjectures commencent à se rependre sur les divers
« candidats au tróne pontifical.

« Celui, qui, par sa position, attire d'abord les regards, c'est le
« Cardinal archevéque d'Olmütz, autrefois l' Arehidue Reynier, prince
« de la maison d' Autriche. On sent assez quelle. prépondéranee ce Car-
« dinal peut exereer, à cause de la puissance, à laquelle il tient par ses
«liens de parenté.

« L' opinion générale nomme en méme temps le Cardinal Pacca,

«

A

A^
AR

A^
A

^
A^

A

A^

^
A

A

PS

A

PS

« homme d’ une grande capacité, qui paraît fort extimé et très-aimé
« dans le pays, et qui a, pour lui, l'avantage d'étre né Romain; on
« sent quelle importance les Romains attachent à la possession d'un
« Pape indigène.

« Vien encore le Cardinal Spina, italien de naissance, dont la for-
«tune parait considérable, et qui balance l'estime et l'affection dont
« jouit le Cardinal Pacca.

« Le quatriéme candidat, qui. n° est pas le moins important aux
«yeux d'une classe trés nombreuse et surtout aux yeux des gens
EE

176 M. ROSSI

La sera del 2 settembre, alle ore 21 (1), tutti i Cardinali
si radunarono nella Chiesa di S. Silvestro a Monte Cavallo;
dopodichè, venne fatta, per opera dei Cardinali capi d' ordine,
la consueta visita del Conclave. :

Il giorno 3 tutti i Conclavisti fecero il loro solenne in-
gresso nel Palazzo del Quirinale. Il Decano del Sacro Collegio,
Card. Giulio Della Somaglia, celebró la S. Messa, dopodiché
vennero distribuiti a tutti i Cardinali i fogli dello scrutinio
ed il Conclave ebbe quindi il suo vero e proprio inizio (2).

Paladino degli interessi della Corte absburgica fu il
Card. Giuseppe Albani, che godeva di tutta la fiducia del

« instruites, e' est le Cardinal Gonsalvi (sic), sécrétaire intime du Pape
« défunt. Ce Cardinal possède une belle réputation. Arrivé par ses
« talens (sic) et l'amabilité de son caractére dans l'intérieur du palais
« pontifieal, il a déployé de grandes connaissances en administration.
« Depuis quelque tems (sic) on lui préte un projet de réunion des
« différents eultes ehrétiens et un esprit de tolérance, qui plait beau-
« coup aux hommes éclairés de tout les pays.

« Plusieurs personnes pensent que la religion gagnerait en puis-
« sance et en influence si le Cardinal Gonsalvi (sie) ceignait la thiare.

« Enfin, l'on parle encore d'un candidat, dont le nom jouit encore
« d'un assez grand crédit, à cause des nombreux services rendus à la
« religion, dans un tems (sic) si difficile; c'est le Cardinal Fesch, qui
« passe pour avoir une grande fortune et plusieurs partisans ».

Il nome del Della Genga, che venne poi realmente eletto, non è
neppure fatto dall'articolista. Quanto al Cardinale Arciduca (che era
poi Rodolfo e non Rinieri d' Absburgo) l’articolista stesso ignorava
certamente la sua mancata partecipazione al Conclave.

Il Card. Fesch, vescovo di Lione, era lo zio di Napoleone I.

Certo, bisogna osservare che i nomi dei Cardinali che riscossero
nel Conclave un maggior numero di voti, non appaiono in questo arti-
colo del giornale svizzero, che possiamo affermare, in via di conclusione,

non essere certamente stato dei meglio informati.

Tuttavia, esso ci addimostra come anche al di là delle Alpi si
conoscessero abbastanza bene le passioni che dominavano a Roma ed
aleuni aspetti della vita della Curia pontificia.

(1) Cfr. nella Biblioteca Apostolica Vaticana il Codice Vaticano
Latino N. 9901, ff. 96-111.

(2) Cfr. il Diario di Roma del 3 settembre 1823,
IL CONCLAVE DI LEONE XII 177

principe di Metternich; e certamente 1’ Albani era anche il
più strenuo e zelante fra i membri del « partito delle Corone».

Riguardo al Consalvi, P Albani si comportò in maniera
assai equivoca a suo riguardo: infatti, egli aveva dichiarato
al Card. Pallotta, che, nell’ elezione, non si sarebbe potuto
prescindere da un Pontefice che avesse mantenuto il Consalvi
nella sua carica di Segretario di Stato, affermando che questa
cosa sarebbe stata molto gradita alla Corte austriaca; il
giorno dopo, invece, dichiarò al Card. Guerrieri che egli
non avrebbe visto di buon occhio la conferma del Consalvi
nella sua carica. i

Ora, tale atteggiamento dell’ Albani non trova spiega-

zione se non nel suo timore che il Consalvi avrebbe conti-

nuato in quella politica, già iniziata sotto il pontificato di
Pio VII, di indipendenza assoluta da Vienna e cogli stessi
sistemi moderati, che poco gradivano al Metternich, per le
ragioni già esposte (1).

Certo si è che, dopo la morte di Pio VII, il Consalvi
non godeva più di quel prestigio e di quella autorità, che
gli aveva fino ad allora conferito la piena fiducia, che egli
godeva, presso il suo Sovrano.

Nel seno del Sacro Collegio, poi, vi erano molti elementi
a lui avversi, che avevano disapprovato quella politica mite
e liberaleggiante, della quale abbiamo più volte parlato.

Molti Cardinali, infatti, erano reazionari ed intransigenti,
trovandosi ancora sotto la dolorosa impressione delle umilia-
zioni, fatte loro subire dal Bonaparte, e condividevano, piut-
tosto, le idee politiche del Metternich (del quale, senza
accorgersene, facevano il giuoco).

Privi, infatti, dell’acume d’ingegno e della vastità di
concezioni cristiane e politiche, delle quali era così larga-

(1) E tale campagna anti-consalvista 1’ Albani continuerà anche
più tardi, durante le trattative, da lui iniziate, per la esclusione del
beveroli, i
poacMa- OLIVER Pescia it pet ARDA,

178 M. ROSSI

mente dotato il Consalvi, essi consideravano l’ estrema vio-
lenza e il reazionarismo ad oltranza, quali gli unici stru-
menti di politica, con i quali si sarebbe potuta difendere
l'integrità territoriale dello Stato e mantenere la tranquillità
all’ interno.

Erano queste, quelle stesse grette concezioni di governo,
dalle quali, nell’ Italia restaurata a Vienna, erano andati
esenti i soli membri del Governo di Pio VII.

E la mancanza di un uomo energico, ma, nello stesso
tempo, di chiare e lunghe vedute, quale era stato il Consalvi,
si sentirà ben presto, allorquando gli Stati Romani saranno
anch’ essi invasi da quel turbine di insurrezioni, che già
oscurava il poco sereno cielo dell’ Europa intiera; e gli
atteggiamenti presi dai successivi Pontefici nei riguardi degli
insorti dimostreranno, anche se unita a buona volontà di
giungere a delle conciliazioni, incapacità, causata inoltre
anche dalle situazioni di estremo imbarazzo, nelle quali i
Pontefici stessi si verranno trovando.

Ma non tutti i Cardinali erano animati da un vero e
proprio spirito di partito: la maggior parte, anzi, desiderava
in buona fede la elezione di un Pontefice che avesse dedicato
tutte le sue energie al bene della Religione piuttosto che non
ad affari di carattere politico (1).

Ed allo scopo di raggiungere questo loro fine, detti
Cardinali cercarono di accordarsi sul nome di un candidato
che riunisse in sè le qualità che essi cercavano. E tale
accordo parve raggiunto allorquando un numero considere-
vole di voti si posò sulla persona del Cardinale romagnolo
Antonio Gabriele Severoli.

Tale candidato presentava titoli notevolmente negativi
agli effetti. della sua elezione quali, per esempio, la sua

(1) Dice infatti il « Diario » già citato: « La massima dei partitanti
« per il Severoli fu una massima di scegliere un Papa di spirito eccle-
« siastico ».
IL CONCLAVE DI LEONE XII 179

malferma condizione di salute nonchè la sua scarsa compe-
tenza in materia di amministrazione statale.

Inoltre il Severoli (e 1’ Albani non ne faceva mistero)
non era gradito alla Corte di Vienna per ragioni che fra
‘poco esporremo: si sapeva invece che la sua nomina non
sarebbe rimasta sgradita alla Francia, data la sua grande
competenza in materia ecclesiastica e il suo grande rigore
di disciplina pari a quello di Pio VII. Bisogna infatti ricor-
dare che la politica esplicata dal Governo di Pio VII dopo
il suo ritorno a Roma, aveva sempre incontrato il favore
del Governo di Parigi perchè tendente a frenare la egemonia
austriaca in Italia, e forse la Francia non osteggiava la no-
mina del Severoli anche per il solo fatto che costui era poco
gradito al Governo di Vienna, e che quindi, probabilmente,
qualora eletto Papa, non sarebbe stato fautore di un. raffor-
zamento della posizione dell’ Austria nella penisola italiana.

In vista di ciò, l’ Albani si diede tutt’ uomo a togliere
dalla persona del Severoli il maggior numero possibile di
voti: a questo scopo fece il nome del Cardinale Turiozzi,
dichiarando che la elevazione alla tiara di questo Cardinale
sarebbe stata a lui gradita.

Ma anche il Turiozzi presentava, per la sua elezione,
gravi difficoltà, quali la sua scarsa competenza in materia
di cose ecclesiastiche ed il suo scarso senso di disciplina.

Tuttavia esso era il candidato che maggiormente godeva
le simpatie dell’ Albani, il quale troppo chiaramente e troppo
presto aveva fatto intendere il suo desiderio che venisse
nominato un Papa ligio alla Corte austriaca; e tale sua
brama apparì chiaramente anche agli occhi dei partigiani del
Severoli, sebbene 1° Albani si fosse sempre sforzato di dissi-
mularla, in loro presenza. Inoltre altre considerazioni condu-

cevano i membri del Sacro Collegio a ritenere il Turiozzi :

quale austrofilo: egli infatti era stato secolare in Germania,
dove si diceva avesse avuto gran parte in occasione del
matrimonio della principessa di Bamberga.
dili!

— q———EI

180 M. ROSSI

Il Severoli invece era inviso all’ Austria per diverse
ragioni: infatti il Caneelliere austriaco era irritato contro di
lui per le rimostranze da lui fatte sul punto dell immunità
e contro università di Vienna. Ed egli stesso, del resto,
quale uomo del massimo buon senso e del massimo equi-
librio, si rendeva conto della scarsa simpatia che godeva
a Vienna. Non solo, ma egli andava dichiarando (e fra
poco si dimostrerà non falso profeta) che a Vienna da due
anni si lavorava per porre Pesclusiva sul suo nome, qua-
lora egli si fosse presentato come candidato alla succes-
sione pontificia. R

Ed infatti P Albani brigava presso il Metternich per
ottenere l'esclusiva stessa: nello stesso tempo cereava di
trarre in inganno i partitanti del Severoli, cercando di
far loro credere come non fosse in suo potere P esclu-
siva stessa; si riprometteva cioè di colpire il partito avver-
sario in miglior modo, allorquando, cioè, tutti i Cardinali
sì fossero accordati sul soggetto da presentare come loro
candidato.

Intanto però, per prendere tempo e per impedire che
tale accordo i Cardinali avversari raggiungessero prima che
giungesse da Vienna l’esclusiva, egli cercò di dividere le

file degli avversari stessi. Cioè, resosi conto della impossi-

bilità della elezione del Turiozzi, egli dichiarò che non si
sarebbe fermato su tale candidato e che non sarebbe stato
alieno dal dare il suo voto al Cardinale De Gregorio,
napoletano.

Il Cardinale suddetto avrebbe, apparentemente, potuto
conciliare i due partiti contrastanti, poichè non riusciva
sgradito neppure a coloro che propugnavano la nomina
del Severoli. Tuttavia esso presentava un grande titolo
negativo, e, precisamente, il vincolo di parentela che lo
legava alla Casa regnante di Napoli, parentela che avrebbe
potuto destare il timore che egli, una volta divenuto
—— —

181

IL CONCLAVE DI LEONE XII

Pontefice, avesse troppo favorito gli interessi della Corte
borbonica (1).

Questo, naturalmente, non poteva riuscire ignoto all’ Al-
bani; infatti, laver fatto il suo nome, altro non era se
non un’abile mossa per tentare di allontanare alcuni voti
dalla persona del Severoli; tanto è vero che egli, visto fallito
questo tentativo, si irrigidi di nuovo nel proporre il Turiozzi.

Tuttavia, mediante questa finta, l' Albani era riuscito a
gettare un po’ di scompiglio nel partito dei severoliani tanto
che aleuni membri del partito stesso avevano tolto il loro
voto dalla persona del Severoli, per darlo, invece, al De
Gregorio, e, fra questi, il Card. Falzacappa. i

A favore del De Gregorio che, per la ragione già esposta,
a molti era inviso, svolgeva un’attiva propaganda il suo con-
nazionale, Card. Fabrizio Ruffo (2), il quale sperava di riunire
sulla persona del De Gregorio tutti i voti dei Cardinali napo-
letani, onde poi presentare un candidato, la cui elezione sa-
rebbe stata vista con molta simpatia dalla Corte napoletana.

Sicchè il Ruffo, che, probabilmente, non aveva compreso
come l’atteggiamento dell’ Albani non avesse rappresentato
se non un’abile finta, tentò di cogliere la palla al balzo e
di fare eleggere il candidato da lui favorito, servendosi
dell’aiuto dell’ Albani e di quello del partito austriaco.

L’ Albani invece, naturalmente, era contrario all' elezione
del De Gregorio come lo si era dimostrato a quella del Severoli
e ben presto avrebbe gettato la maschera, allontanando con
tutti i mezzi, che aveva a sua disposizione, il Cardinale napole-
tano dalla possibilità di venire innalzato all’onore della tiara.

Senonchè, non ebbe neppure bisogno di ricorrere a
qualsiasi espediente, . poichè un aiuto insperato gli giunse

(1) I Cardinali De Gregori e Ruffo, in questo Conclave, rappre-
sentavano i due principali elementi ligi al Governo di Ferdinando I
delle Due Sicilie, e la cui elezione sarebbe, perciò, stata molto gradita
al Governo stesso.

(2) Si tratta del medesimo Cardinale, che organizzò le stragi del '99, —
alli.

==

ped sara

182 M. ROSSI

dallo stesso De Gregorio, e, precisamente, da una leggerezza
da lui compiuta, leggerezza, però, che non fece se non acce-
lerare la esclusione da qualsiasi possibilità della propria
elevazione al Pontificato.

Il Cardinale De Gregorio, infatti, confessò ingenuamente
ai suoi colleghi le malferme condizioni della propria salute.
E questa circostanza, esagerata poi a bella posta ed abil-
mente dall’ Albani, condusse alla sua definitiva esclusione.

Il partito borbonico era, in tal modo, abbattuto; e questo
poteva rappresentare per l’ Albani un primo successo, anche
per il fatto che egli rimaneva, ormai, nel Conclave, il solo
vero difensore degli interessi del legittimismo estremista.

Ed approfittando di questa posizione favorevole, nel
quale lo aveva messo la scarsa prudenza del De Gregorio,
potè dirigere tutti i suoi sforzi ad impedire il trionfo del
partito moderato, quel trionfo, cioè, che avrebbe nocciuto
alla posizione politica dell’ Austria, almeno secondo il parere
del Metternich (col quale P Albani era in diretto contatto)
molto di più che non l'eventuale assunzione alla tiara di
un Cardinale filo-borbonico.

Non solo; ma l’ Albani veniva anche coadiuvato nei suoi
sforzi per il raggiungimento di questo scopo anche dal Go-
verno stesso di Vienna.

Il Metternich, infatti, andava esortando tutte le Corti
europee ad unirsi all’ Austria, il cui solo desiderio sarebbe
stato quello « che il nuovo Pontefice sia (fosse) un uomo
« conciliatore, dotto e forte ».

A ciò si aggiungano le pressioni che giungevano da
Vienna ai Cardinali di nazionalità austriaca di unirsi all’ AI-
bani, che godeva di tutta la fiducia della Corte absburgica.

Molti tra i governi legittimisti d'Europa abboccarono
all’amo e fecero, anch'essi, sapere ai Cardinali loro sudditi
come essi desiderassero ardentemente un accordo con P Au-
stria, e, fra questi governi, primo di tutti, quello di Carlo
Felice, per le ragioni già esposte nel precedente capitolo,
IL CONCLAVE DI LEONE XII 183

A molti Sovrani, infatti, come il Re di Sardegna, stava
maggiormente a cuore che Pelezione del nuovo Pontefice
fosse stata del tutto consona ai principi sanciti dalla Santa
Alleanza, di quanto non potessero preoccuparli le conse-
euenze di un simile esito del Conelave, e cioè una maggiore
affermazione dellaquila absburgica in Italia, conseguenze,
queste, che nessuno poteva credere evitabili.

Ora, sebbene la voce dell’ Albani (dietro la cui figura
tutti vedevano ergersi, minacciosa, quella potente ed infles-
sibile del principe di Metternich) fosse molto ascoltata in
Conclave, più per il timore che tutti i Cardinali avevano
del loro collega, rappresentante della maggiore Potenza, che
allora dominasse in Italia, che non per naturale e spontanea
deferenza verso P Imperatore Francesco, 1° atteggiamento
troppo arrogante dell’ Austria cominciava ad irritare i membri
del Sacro Collegio, atteggiamento che venne specialmente
ribadito da alcune frasi poco opportune contenute nelle let-
tere dell’ Imperatore stesso.

I/ Albani, sicchè, si trovava, naturalmente, un po? isolato
nel Conclave ed aveva intuito un senso di freddezza e di
‘ diffidenza a suo riguardo; per questa medesima ragione
andavano riscuotendo sempre maggiori simpatie i partitanti
del Severoli, i quali, passato il primo scompiglio causato
nel loro partito dalla mossa dell’ Albani, della quale abbiamo
parlato, riacquistarono nuova lena e nuovo coraggio.

Senonchè 1’ Albani, credendo che non sarebbe stato più
possibile distogliere dalla persona del Severoli il numero di
voti sufficiente ad impedire la sua elezione, ricorse ad un
altro espediente. Finse, cioè, di avere oramai abbandonato
l’idea di fare eleggere il Turiozzi e di cercare una via di
conciliazione, con il partito avversario, proponendo di eleg-
gere il Card. Castiglioni (1). Naturalmente, egli non si era

(1) Francesco Saverio Castiglioni fu poi eletto Papa, alla morte
di Leone XII, e prese il nome di Pio VIII,
*

— E

me ur

184 i M. ROSSI

prefisso lo scopo di eleggere, neppure, tale Cardinale bensì
quello di scindere l’unità di voto del partito avversario.

I severoliani si lasciarono, anche questa volta, giocare
dall’ abilità del Cardinale austrofilo; non solo, ma alcuni tra
di loro si erano talmente convinti della necessità di abban-
donare il loro antico capo-partito per sostituirlo col Casti-
glioni, che cominciarono a divulgare i difetti del Severoli
e ad accusarlo di colpe di ogni genere. Ed, in ‘questa deni-
grazione del Severoli, si erano uniti anche i Cardinali napo-
letani (che, come vedemmo, pur osteggiando l’azione del-
l’Austria, appartenevano anch'essi al partito degli « zelanti »).
Più tardi, da alcune parole del Cardinale Guerrieri e da altre
dell’ Albani stesso, i severoliani si accorsero che si trattava
unicamente di una finta. Lo scopo, però, era, almeno per il
momento, raggiunto per P Albani (1).

(1) Giunte le ‘trattative del Conclave a questo punto, è interes-
sante la lettura di una corrispondenza, inviata da Genova al giornale
Momiteur universel e riportata sul numero del 1° ottobre del giornale
stesso. i |

La corrispondenza da Genova data dal 20 settembre e si basa su
notizie ricevute da Roma.

Dice tale corrispondenza:

« On nous éerit de Rome que le conclave pourrait bien étre
« trés-long, attendu que les opinions sont partagées entre un grand
«nombre de candidat (sic) parmi lesquels aucun n'a une influence
« prédominante.

« Le bruit publie annonce que les Cardinaux Cavalchini, Turiozzi
« et Bertazzoli ont eu le plus de voix jusqu'aujourd'hui; le Cardinal
« Cavalehini eut, dans plusieurs serutins, douze à quatorze voix. Le
« peuple le regarde déjà comme Pape. Il a deployé beaucoup de droi-
« ture et de fermeté lorsqu'il était gouverner de Rome, les classes
« moyennes et inférieures s' en souviennent avec plaisir, et le nomment
« Pape, mais la noblesse romaine, quoiqu'en avouent les belles qualités
«du Cardinal Cavalehini, le croient plus habile administrateur que
« propre à diriger la politique de la Cour romaine. Dans les cercles
« de la noblesse, on parle toujours, du Cardinal Sommaglia (sic) ou
« Zurlo. Le Cardinal Sommaglia (sic) est trés-àgé, ce qui est une recom-
« mandation, du moins aprés de ceux, qui ont égard aux voeux et aux
MITT REI

IL CONCLAVE DI LEONE XII 185

Senonehé il partito dei severoliani non si diede per
vinto; e, rianimatosi per opera del Card. Ercolani, che da
poco vi era entrato, riuscì, nello scrutinio del 21 settembre,
a riunire di nuovo ventisette voti.

« intéréts des grandes puissances étrangères; car, comme il ne parrait
« pas régner-d'unanimité entre les Cours sur cet objet, l' élection: d' un
« Pape très-Agé ne ferait que remettre à une nouvelle élection prochaine
«le dénouement des combinaisons que les partis des diverses Cours
« ont pu former. Mais il est un très-grand nombre de familles influentes
« à Rome qui, contre .l ancienne maxime désirent 1’ élection d' un Pape
« dans l’ àge de la force et susceptible de fournir un long régne. L’in-
« térét temporel de l’ État romain coincide sur ce point avec l’intérét
« spirituel de 1° Église catholique, qui a encore tant de pertes à reparer.
« Le Cardinal Zurlo, dont les vertus et le savoir sont encore rehaussés
« par les talens (sic) d'écrivain et d'orateur, a pour lui ce qui ne dési-
« rent pas les promptes mutations.

« Presque tout dépend des premiers scrutins, qui auront lieu dans
«deux ou trois jours, aprés l'admission au conclave des Cardinaux
« napolitains et francais; car, si leur voix ne produisent pas une majo-
« rité decidée, il est évident que l'élection sera long-tems (sic) conte-
« stée, puisque le conclave ne sera guére renforcé en nombre. Dans ce
« eas, le choix peut fort bien tomber sur quelqu'un, qui, dans le mo-
« ment actuel, n'a pas beaucoup de voix, car c'est ce qu’ on a vu dans
« presque tous les longs conclaves, les deux Cardinaux les plus appuyés
« font entre eux un compromis, et leur choix tombe d'ordinaire sur
« quelque Cardinal peu influent, mais distingué pour les qualités d'esprit
« et par les vertus. |

« C'est ainsi que l' Église a eu Pie VII et plusieurs autres excel-
«lens (sic) Pontifes, dont la nomination n'était pas d'abord attendue.

« Mais ce qui a fait naître tant de nouvelles dans le palais aussi
« bien que dans les places publiques de Rome c'est le grand nombre
« d' intéréts de famille, qui aboutissent au Sacré-Collège.

« Le ehoix du souverain des États romains intéresse long-tems (sic)
«avant la mort d'un Pape ces puissantes familles, dont les liaisons,
«les diverses opinions, antérieurement connues, voilà le seul fonde-
« ment de toutes les nouvelles qui cireulent pendant un conclave ».

Ora, questa corrispondenza dovette essere stata scritta quando le
trattative del Conclave erano già iniziate da parecchi giorni, anzi, piut-
tosto verso la fine, allorquando cioé il nome del Cavalchini venne posto
innanzi dagli ex-partitanti del Severoli (non potendo, infatti, questi,
essere piü eletto, data l' esclusiva austriaca) insieme con quelli del
De Gregorio e del Della Genga; e, forse, si preparava l'opinione pub-
186 M. ROSSI

L'Albani, allora, vide crollare quell’ edificio che egli
aveva tentato di costruire per mezzo dei suoi due strata-
gemmi; l'elezione del Severoli si annunziava oramai inevi-
tabile, ed allora decise di ricorrere all'ultimo e definitivo
riparo, dal quale si era allora sempre astenuto, tentando di
risolvere la cosa pacificamente; e lo stesso giorno 21 set-
tembre, egli pose la « esclusiva » o veto della Corte austriaca
alla elezione del Severoli (1).

« La cosa (così dice il manoscritto) fece molta sensa-
« zione, sia per non essere stata preveduta, sia per il modo,
« eon cui dal Decano fu pubblicata ».

Il fatto addolorò molto i membri del Sacro Collegio, i
quali si trovarono dinanzi alla triste realtà della assoluta
mancanza di libertà nelle loro trattative, mancanza di libertà,
che, se prima si era manifestata soltanto indirettamente,
appariva ora in tutta la sua evidenza.

Più che il Severoli stesso, infatti, e più che non. coloro
che parteggiavano per la sua elezione, veniva colpita, me-
diante l' esclusiva dell’ Austria, la dignità del Sacro Collegio
e con essa la istituzione stessa del Papato.

Del resto, questo fatto non era nuovo negli annali dei

.Conclavi; anche in quello precedente, riunito a Venezia, dal

quale era riuscito eletto Barnaba Chiaramonti (che fu' poi

blica francese ad un’ eventuale elezione del Cavalchini stesso (che, come
vedremo, non era molto gradito alla Francia) e se ne tessono ampia-
mente le lodi.

Da questo articolo, poi, si apprende che i partitanti per il Della
Somaglia erano, soprattutto, i membri delle grandi famiglie aristocra-
tiche romane. Infine, si prevedevano molto lunghe le trattative, dato
che nell’ epoca in cui l'articolista del Moniteur universel scriveva, si era
ancora, riguardo alle trattative stesse, in alto mare.

(1) Questo diritto di porre il veto o l’ esclusiva all’ elezione di un
Cardinale nel Conclave, risaliva a parecchi secoli addietro e rappresen-
tava un privilegio limitato alle Corti di Francia, di Spagna, di Austria
e di Portogallo. |
IL CONCLAVE DI LEONE XII 187

Pio VII) la stessa azione che esercitava ora P Albani era
stata esercitata, sempre nel nome dell’ Austria, dal Cardinale
Filippo Herzan (1).

Certo, l’esito del Conclave di Venezia non era stato
quale l'Herzan lo aveva sperato (ed allora P Austria, data
la situazione europea dell’anno 1800, aveva interesse molto
maggiore a bramare l' elezione di un Papa a lei ligio); tut-
tavia la presenza dell’ Herzan stesso aveva prolungato le
trattative del Conclave che erano durate circa tre mesi.

Il Severoli sopportò tale colpo con grande calma é con
molta rassegnazione. Pregò il Cardinale Decano di leggere
pubblicamente l’ esclusiva; dopo di che si recò personalmente
dal Cardinale Albani dicendogli che egli non considerava
tale atteggiamento come un torto personale fatto a lui, e che
anzi, da un punto di vista, gli era grato di averlo liberato
da un onere che forse sarebbe stato costretto ad accettare.

Dinanzi a queste parole del Severoli (osserva il mano-
scritto) « Albani restò confuso tanto che neppure si alzò in
« piedi ».

Il Sacro Collegio poi, pur credendo che il Severoli
avrebbe potuto evitare questo increscioso colloquio con 1° AI-
bani, tuttavia ammirò la sua calma e la sua moderazione
nonchè la sua indifferenza, ed all’ unanimità dichiarò che il
Severoli si era dimostrato più degno dell’onore della tiara
dopo la presentazione dell'eselusiva di quanto non lo fosse
stato prima.

T/esclusiva stessa aveva impedito ai Cardinali severo-
liani di eleggere il loro capo-partito; tuttavia il partito
esisteva ancora, e si radunò nelle stanze del Cardinale Ga-
leffi per decidere il da farsi e per provvedere a sostituire il

(1) Cfr. l'opera del Van DuznM, Un peu plus de lumière sur le
Conclave de Venise et sur le commencement du Pontificat de Pie VII
(Paris, 1903).
= T

188 i M. ROSSI

nome del Severoli con quello di un altro Cardinale che
avesse potuto riunire in sè gli stessi pregi del Severoli.

E, dopo lunghe discussioni, tutti gli ex partitanti del
Severoli stesso si fermarono sui nomi dei tre Cardinali Della
Genga, Cavalchini e De Gregorio, i quali sembravano poter
essere, sotto tutti i rapporti, i più degni a sostituire l’ escluso:
però quello che aveva maggiori probabilità di riuscita era
senza dubbio il Della Genga.

Infatti osservammo già che il De Gregorio non riusciva
gradito all’ Austria nè alle altre Corti europee: si temeva
quindi, qualora si fossero concentrati sopra di lui tutti i
voti, l’umiliazione di una nuova esclusiva. Il Cavalchini,
poi, era notoriamente inviso alla Francia. Infine lo stesso
Severoli aveva, fin subito dopo la proclamazione dell’ esclu-
siva, fatto il nome del Della Genga, quale la persona mag-
giormente adatta alla elezione al Pontificato.

E fu allora che, da parte degli ex-severoliani, si tentò
di ricorrere a uno stratagemma, allo scopo di far cadere
una nuova esclusiva sulla persona del Cavalchini (che essi
si ripromettevano: di portare quale loro candidato, in 'sosti-
tuzione del Severoli) e far quindi convergere tutti i voti
sul De Gregorio e sul Della Genga. |

La trovata, certo, era delle più ingegnose, ma occorreva
agire d’astuzia, e, soprattutto, con la massima delicatezza
e riservatezza.

Il Cardinale Ercolani approvò il progetto, ma fece pre-
sente la necessità di agire molto celermente, e, qualora fosse
stato possibile, in blocco. Esso, però, non venne effettuato,
date le dichiarazioni dei Cardinali Pedicini, Odescalchi, De
Gregorio e Falzacappa che essi non avrebbero mai dato il
voto al Cavalchini, nè sul serio, nè per finta, affermando
che ciò ripugnava alle loro coscienze.

‘Però quelli del partito degli « zelanti » si erano dovuti
oramai accorgere che l’unica persona della quale si annun-
ziava possibile la elevazione al Pontificato, era il Della
IL CONCLAVE DI LEONE XII 189

Genga; essi, infatti, pensavano che « piuttosto di avere un
« Consalvista, sarà (leggi « sarebbe stato ») meglio assorbirsi
« il calice di tante difficoltà che ostano a concorrere a (Della)
« Genga ».

Il Della Genga era un candidato molto gradito al
governo francese, e, soltanto a questo titolo, dall’ Austria
osteggiato. L' Albani, infatti, dichiarò che, come aveva dato
l'esclusiva per il Severoli, neppure avrebbe avuto piacere
dell'elezione del Della Genga; ripeteva, perciò, che i Sovrani
d’ Europa, e, primo fra essi, l'Imperatore Francesco, deside-
ravano un Papa moderato; l' Imperatore poi (dichiarava
l Albani) non avrebbe mai permesso che, per mezzo del
Pontefice, si fosse venuta rafforzando la posizione della
Francia in Italia.

Su questo punto, l’ Albani andava d’accordo anche col
Consalvi, il quale non avrebbe visto male l’ elezione di un
Papa austriaco, o, comunque, austrofilo, che avesse ricon-
dotto la Chiesa sul vecchio cammino del passato. Credeva
infatti il Consalvi, che, morto Pio VII, difficilmente si sarebbe
potuto nominare un Pontefice che avesse riunito in sè quelle
qualità di moderazione e di energia, di cui così largamente
era dotato il defunto Pontefice, e che, quindi, sarebbe stato
meglio un Papa reazionario che non un altro, il quale,
. mediante un eccessivo < lasciar correre », avesse poi condotto
lo Stato al disordine e facilitato l’azione dei rivoluzionari.

Perciò il Consalvi cercava di facilitare, in qualche ma-
niera, l’azione dell’ Albani. Non solo; ma vennero poi scoperti
alcuni raggiri tramati dall’ Albani insieme col Consalvi.

Si seppe, p. es., che, non appena si era sparsa a Roma
la notizia della morte di Pio VII, il Consalvi aveva inviato
alle Potenze un memoriale, nel quale, dopo aver descritto
le condizioni dello Stato della Chiesa, aveva dichiarato
che l’unica maniera, per mantenere la tranquillità nello
Stato medesimo, era quella di ricondurre tutte le cose allo
< statu quo »,

Li "ER


ee

190 M. ROSSI

Intanto, però, il Della Genga riusciva. a riunire sopra
la sua persona un numero considerevole di voti. Però, allo
scopo di evitare un'altra esclusiva, i suoi partitanti credet-
tero necessario ricorrere ad un’altra finta.

Essi tolsero, cioè, nello scrutinio. del giorno 26, alcuni
dei voti che avevano dato al Della Genga stesso per non
dare troppo nell’ occhio all’ Albani e per avere il tempo di
riunire il numero sufficiente di voti, per ottenere la vota-
zione in blocco. Ora, naturalmente, tutto ciò doveva essere
mantenuto nella massima segretezza, prevedendosene la non
molto facile riuscita.

Ed il progetto parve prendere una buona piega, allor-
quando tutto il partito dei favoreggianti il Della Genga si
divise in quattro sezioni, ognuna delle quali doveva poi
radunare altri quattro voti.

E, finalmente, il 28 settembre, il Della Genga ottenne
il numero di voti sufficienti per essere eletto alla suprema
dignità della tiara.

Come Pontefice, assunse il nome di Leone XII.

CAPITOLO IV.
Leone XII, l'Italia e l' Europa.

Dopo cirea un mese di trattative, durante le quali, come
abbiamo narrato, avevano cozzato gli interessi, le aspirazioni
e i desiderî delle principali Potenze europee, veniva final-
mente eletto il Capo supremo della Cristianità.

Il Cardinale Annibale Della Genga, nato a Spoleto
nel 1760, non appariva certo, nella Curia romana, come il
primo venuto. Infatti, almeno come uomo politico, godeva
la stima del Cardinale Consalvi, al quale, come, del resto,
quasi tutti gli altri Cardinali che avevano partecipato a
questo Conelave, doveva la porpora,
IL CONCLAVE DI LEONE XII 191

Non solo, ma della grande stima che del. Della Genga
aveva sempre avuto il Consalvi si ha ancora un'altra prova.
Infatti, allorquando si era trattato di inviare un rappresen-
tante pontifieio al Congresso di Vienna, il Consalvi, in un
primo momento, aveva fatto il nome del Della Genga (1)
sebbene questi, allora, fosse semplicemente Monsignore ;
mature riflessioni di altra indole, fecero poi desistere il
Consalvi da questa, che era stata la sua prima idea. :

Ed è interessante la lettura di una lettera, che il Con-
salvi scrisse da Calais, mentre era diretto a Londra (2),
dalla quale si possono conoscere i suoi sentimenti nei riguardi
del Della Genga, e nella quale egli esprime anche le ragioni,
che lo inducevano a desistere dall'idea di tale nomina.

In un primo momento, il Della Genga non si mostró
entusiasta della propria elevazione alla suprema dignità.
Già durante le trattative del Conclave, infatti, egli, non
appena seppe che era stato progettato di fare il suo nome
per sostituire quello del Severoli, su cui, come vedemmo,
pesava Pesclusiva austriaca, si era recisamente opposto ed
aveva dichiarato che le sue condizioni di salute non gli
avrebbero permesso di addossarsi tanto onere e tanta respon-
sabilità. Aveva quindi espresso i suoi timori che, qualora
egli fosse stato eletto, si sarebbe ben presto ripresentata la
necessità di un nuovo Conclave, cosa questa che, per varie
ragioni, era opportuno evitare.

E, dopo la sua elezione, tentó ancora di resistere, ma
per poco; e cedette ben presto alle insistenze dei Cardinali.

Ed il 5 ottobre, con gran pompa, avvenne l'imponente
cerimonia della incoronazione, cerimonia, il cui suecesso fu
completato dallenorme concorso di popolo, che si recava
ad ossequiare il nuovo Santo Padre. |

(1) Cfr. RixigR1 ILARIO, La diplomazia pontificia mel secolo XIX,
Vol. IV, pag. 299. :
(2) Cfr. RINIERI ILARIO, op., vol., pag. citt,
LÁ —

199 M. ROSSI

La elezione di Leone XII produsse in tutta 1° Europa
una grande impressione, impressione che, però, fu diversa
a seconda delle varie nazioni, delle quali, come vedemmo,
diverso era stato il punto di vista durante le trattative del
Conclave.

Il nunzio apostolico a Parigi scriveva il 9 ottobre alla
Segreteria di Stato a Roma (1) descrivendo la gioia suscitata
nella capitale francese dall’ elezione del nuovo Pontefice e
dichiarando che tale gioia era condivisa da tutte le cate-
gorie di persone, dalla famiglia reale e dai prelati fino al
popolo.

Però, molto più interessante della lettura della lettera
del nunzio è, allo scopo della conoscenza delle impressioni
suscitate in Francia dall’ elevazione al pontificato del Della
Genga, un articolo del Journal des Débats del 15 ottobre 1823.
Il giornale, dopo di avere annunciato ufficialmente la no-
mina del Pontefice, commenta il fatto della elezione stessa
e fa qualche previsione in merito alle conseguenze, che
essa avrebbe potuto avere, specialmente nei riguardi della
Francia (2). | i

E, da ogni parola di questo articolo, appare la profonda
ammirazione dello scrivente per la figura di Leone XII e
la sua soddisfazione per tale scelta, fatta dai membri del
Sacro Collegio.

« Le nouveau Pape est d’une taille élévée, d’ une figure
« qui respire la piété, et dont les traits pleins de finesse et
« le regard pénétrant se concilient bien avec cet air de bonté
« et de douceur, qu'on aime à trouver dans un chef de
« I Église ».

(1) Lettera del Nunzio in Parigi del 9 ottobre. Cfr. Archivio Vati-
cano, Segreteria di Stato, busta 248.

(2) Copia di tale giornale si conserva presso 1’ Archivio Vaticano
fra le carte della busta 248 « Segreteria di Stato », Cfr. in « Appendice »
documento VIII, 2
IL CONCLAVE DI LEONE XII 193

L’articolista nota inoltre come il Della Genga avesse,
prima della sua elezione, esplicato con successo mansioni
di carattere diplomatico, e conclude: « Il connoît la France,
« où il a séjourné ».

Da tutto ciò mi pare di poter concludere che l’ elezione
di Leone XII venne accolta a Parigi con grande soddisfa-
zione. Del resto, quello che era stato lo scopo prefissosi
dalla Francia, e, cioè, di impedire l’ elezione di un Papa,
non troppo ligio al cenno del Metternich, era raggiunto (1).

. Molto più freddo fu, quindi, l'entusiasmo suscitato a
Vienna dall’ elezione di Leone XII e ciò appare anche dalla
lettera, con cui il nunzio apostolico in quella capitale
annunzió a Roma essere giunta colà la notizia delP assun-
zione alla dignità della tiara del Della Genga (2).

E, sebbene il Della Genga non facesse parte dei Car-
dinali compresi in quella lista, compilata a Vienna, dei can-
didati, la cui elezione la Corte di Vienna dichiarava a lei
poco gradita, il Metternich, certamente, non fu molto sod-
disfatto dell esito del Conclave. Abbiamo, infatti, visto quali
erano i suoi desideri, prima dell’ apertura del Conclave,
quali i Cardinali, i cui nomi l' Albani aveva successivamente
proposto per Pelevazione alla tiara e come tutti quanti
erano stati, uno dopo l’altro, respinti negli scrutini.

Migliore impressione, invece, fece elezione di Leone XII
a Torino (3), impressione, che il Nunzio in quella città de-
scrive con termini entusiastici.

(1) In verità, il partito che maggiormente avrebbe soddisfatto il
Governo di Parigi sarebbe stato il Castiglioni, che, come accennammo,
‘ fu poi Papa Pio VIII: Infatti lo Chateaubriand riuscì nel Conclave
seguente del 1829 a fare ciò che non era stato capace di fare nel 1823.

(2) Lettera del Nunzio a Vienna del 6 ottobre. Cfr. Archivio Vati-
cano, Segreteria di Stato, busta 247.

(3) Lettera del Nunzio in Torino del 6 ottobre. Cfr. Archivio Vati-
cano, Segreteria di Stato, busta 257.
M. ROSSI

« Esprimendo la pura verità a Vostra Eminenza R.ma
« (così dichiara il Nunzio) debbo dire di non avere termini
« sufficienti per descrivere la gioia, che brillava nei Reali
« volti e la divozione con cui ricevettero le lettere di Sua
« Beatitudine ». | |

Ed ora che abbiamo descritto le trattative del Conclave
(dopo aver dato uno sguardo alle condizioni politiche d'Eu-
ropa ed ai punti di vista delle principali Potenze, nei riguardi
del Conclave stesso, prima della sua apertura) nonchè bre-
vemente, le varie impressioni, suscitate dall'esito finale delle
trattative stesse, potrebbe sembrare giunto il momento di
tirare le somme.

Crediamo; però necessario, dare, prima, un rapidissimo
sguardo agli atteggiamenti assunti dal nuovo Pontefice du-
rante il suo breve pontificato (1823-1829) (1) allo scopo di
giudicare, poi, se le prime impressioni suscitate all’ indomani
della sua elezione fossero o no rimaste le medesime, dopo
l'osservazione dei suoi atti di governo, nonché allo scopo
di notare in quale maniera egli si comportò, sia nell’ am-
ministrazione interna, sia nei rapporti con le principali
Potenze europee.

Non è certo qui il caso di esporre, sia pur brevemente,
la storia del pontificato di questo Papa, anzitutto perchè
ciò è stato fatto esaurientemente da altri, ed in ‘secondo
luogo, per il fatto che ciò esorbiterebbe dal programma,
che ci siamo proposti. i

Tuttavia, non possiamo troncare la nostra narrazione a
questo punto, poichè è assolutamente necessario, dopo aver
narrato le diverse vicende che portarono all’ elezione del
Cardinale Annibale Della Genga alla suprema dignità della
tiara, esporre, almeno sommariamente, in quale maniera

(1) Tale pontificato durò, è vero, appena sei anni; però, natural-
mente, nessuno dei sovrani d’ Europa poteva, specialmente prima del-
l’apertura del Conclave, prevederlo,
IL CONCLAVE DI LEONE XII 195

egli esplicò il suo altissimo ufficio, in relazione, soprattutto,
a quel groviglio. di passioni di diversa indole in mezzo alle
quali si trascinava linquieta Europa del terzo decennio del
secolo XIX.

Il primo atto notevole di Leone XII fu quello di prov-
vedere alla nomina del suo Segretario di Stato.

Il Consalvi, che era stato per tanti anni il fido ministro
e il collaboratore di Papa Pio VII, comprese subito che
sarebbe stato ben difficile che il nuovo Pontefice lo avesse
confermato nella sua carica. Infatti il Pontefice preferì,
nominando per «interim » il Cardinale Giulio Della Somaglia,
scegliere un individuo delle proprie idee e che rappresentasse
la sua medesima corrente di pensiero.

L'abile diplomatico di Pio VII, invece, fu ridotto alle
semplici cariche di Segretario dei Brevi e di Capo della
Consulta, mansioni queste non compatibili con l'altissimo
ufficio di Segretario di Stato. Del resto, un anno dopo la
elezione di Leone XII, il Consalvi seguiva nella pace del
sepolcro il suo amatissimo Sovrano (1824).

Nel Consalvi si erano impersonate le qualità tipiche del
diplomatico pontificio dell’epoca sua, e, soprattutto di Pio VII,
di cui aveva sempre condiviso le idee in materia di ammi-
nistrazione e di politica.

Perciò, ora che Pio VII era scomparso, il Consalvi visse
il suo ultimo anno di vita nell’ombra, e lontano da quello
stesso governo, le cui redini egli aveva così magnificamente
tenuto per oltre ventidue anni, spesso inviso a molti tra i
membri della Curia romana, che avevano disapprovata la
sua politica esplicata durante il pontificato di Pio VII e
che ora stimolavano Leone XII al reazionarismo ed all’ in-
transigenza.

Tuttavia il nuovo Pontefice poteva, con il suo carattere
affabile, quasi affascinante, e, nello stesso tempo, equilibrato
ed acuto, annunciare l'aprirsi di un’epoca di pace per lo
Stato Pontificio e cioè la continuazione logica ed ininterrotta

7 ui 196 M. ROSSI

di quell’opera pacifica di ricostruzione interna, con tanto
successo iniziata per opera del suo predecessore.

Così dice di Leone XII il Wiseman (1):

« Eravi nel primo (lo sguardo del Pontefice) una soa-
< vità, e, ad un tempo, una penetrazione, che si cattivavano
« vano a parlare familiarmente (sic), mentre pur toglievano
« ad ogni impulso il divenire sconsiderato. E la sua voce
« era cortesemente piacevole e seducente, parlava senz'im-
« peto, adagino, ponderatamente, ma pure scorrevolmente.
« Taluno lo avrebbe.udito fare osservazioni severe intorno
« accento irritato. ..... ».

« Ma, oltre a queste piacevoli qualità, un' altra ve n'era,
« che confacevasi mirabilmente alla elevata sua posizione.
« Era questa una dignità e una grazia peculiare, naturale
« e semplice in ogni suo modo, massime nelle funzioni eccle-
« siastiche ».

Da tutte queste osservazioni si puó quindi arguire che,
qualora Leone XII fosse stato elevato alla tiara in un pe-
riodo di tempo maggiormente tranquillo, queste sue ottime
qualità avrebbero avuto, come ottima conseguenza, un risor-
gere effettivo delle depresse condizioni, specialmente econo-
miche e morali, nelle quali versavano allora gli Stati della
Chiesa; sarebbe, cioè, stata condotta a termine quellopera
di ricostruzione economica e sociale, cui tanto impulso aveva
dato Pio VII e nella quale avevano rifulso le profonde
qualità di uomo di Stato del Consalvi. i

Ed i primi atti del governo di Leone XII furono vera-
mente saggi e tendenti alla sollevazione del popolo da quelle
condizioni di miseria, nelle quali egli si trovava.

(1) WisEMAN NicHoLas, Rimembranze degli ultimi quattro Papi e di
Roma a’ tempi loro (Milano, 1858), pagg. 146-147.
IL CONCLAVE DI LEONE XII 197

Infatti, appena egli venne nominato Pontefice, e, pre-
cisamente, il 4 ottobre 1823, il suo Segretario di Stato, che
era, come vedemmo, il Cardinale Giulio della Somaglia,
emanò un bando (1) con il quale esso dichiarava che la
principale cura del nuovo Pontefice sarebbe stata quella di
provvedere al benessere dei suoi sudditi.

A questo scopo il detto Segretario di Stato annunziava
alle popolazioni romane, che si sarebbe provveduto alla
mitigazione di parecchie imposte, quali quella sul censimento
che si stava proprio allora operando, quella per la manu-
tenzione e la restaurazione delle strade di Roma, ecc.

Si sarebbe poi soppresso il diritto privativo sulla fabbri-
cazione delle polveri e nitri, si sarebbero mitigate alcune
dogane, ed, infine, altri vantaggi materiali avrebbero conse-
guito le popolazioni.

L’ intenzione prima di Leone XII era, quindi, quella di
andare incontro agli interessi del suo popolo e di facilitarne
la resurrezione economica.

E, dal punto di vista dei materiali bisogni ed interessi,
egli si accattivò subito l’animo dei suoi sudditi. Ben più
grave, però, della crisi finanziaria (la quale sì sarebbe, poi,
prima o dopo, risolta, se non altro, col tempo) era la crisi
politica.

L'elezione di questo Pontefice, infatti, era avvenuta in
un’epoca delle più torbide per i grandi rivolgimenti, che
travagliavano l’ Europa intiera, e, in particolar modo, l’Italia,

Ancora vivissima era l'eco dei moti insurrezionali di
Napoli e del Piemonte, più viva ancora, perchè più recente,
quella dei processi politici di Milano e di Venezia.

Inoltre erano da poco sorte, sul terreno diplomatico
europeo, due altre questioni di carattere internazionale, che,

(1) Copia di questo bando si trova nella R. Biblioteca Vallicelliana
di Roma, « Miscellanea Falzacappa », Vol. 19, carta 24, .
198 j M. ROSSI

secondo i dettami della Santa Alleanza, dovevano essere
internazionalmente risolte ; voglio parlare delle questioni
spagnuola e greca.

Tralasceremo di parlare della questione dell’ indipen-
denza ellenica, contentandoci di avervi accennato, poichè
essa troppo fuoriesce dai limiti, che ci siamo proposti in
questo lavoro.

Quanto a quella di Spagna, proprio durante le trattative
del Conclave, dal quale doveva riuscire eletto il Della Genga,
giungevano a Roma le notizie delle vittorie riportate dalle
armi legittimiste francesi, scese in campo in nome della
Santa Alleanza, sui rivoltosi spagnuoli, che avevano chiesto
al loro sovrano una costituzione, sul tipo di quella ottenuta
a Cadice nel 1812.

Ed, allo scopo di risolvere tutte queste questioni, si.

erano riuniti, rispettivamente, negli anni 1821 e 1822, due
Congressi internazionali a Lubiana ed a Verona.

Quello di Lubiana non era stato, praticamente, che la
conseguenza immediata della rivolta napoletana, essendo
infatti apparsa agli occhi delle Potenze europee conservatrici
la necessità di un intervento armato austriaco nel Mezzo-
giorno d’Italia.

Più importante di quello che non fosse stato il primo
di questi due Congressi per la mole di questioni di carattere
internazionale che vi si trattarono, il Congresso di Verona
rappresentò un nuovo trionfo della politica del Metternich
a causa della decisione, che venne presa da parte delle
Potenze, di impedire a qualsiasi costo qualsiasi mutamento
negli ordinamenti politici e sociali degli Stati d' Europa,
stabiliti dal Congresso di Vienna. Si era, inoltre, deciso di
reagire a tutti gli eventuali tentativi di novità, qualora fosse
stato necessario, anche con la forza delle armi.

In altre parole, cioè, a Verona vennero ribaditi tutti i
concetti affermati sette anni prima a Vienna con Paggra-
vante che tutte le decisioni vennero prese, questa volta,

— HÀ

ERE
— ÓRM€

IL CONCLAVE DI LEONE XII 199

dai Sovrani preoccupatissimi peri gravi e recenti fatti insur-
rezionali ed a tutto, quindi, disposti, allo scopo di evitarne
lo scoppio di altri.

Tuttavia, la severità delle, disposizioni prese a Verona,
non aveva, del tutto, tranquillizzato il Metternich poichè
questi si era dovuto accorgere che, ad onta della esemplare
vigilanza esercitata mirabilmente dalle polizie di tutta: Eu-
ropa, e, particolarmente, da quella austriaca, si continuava
egualmente a cospirare contro l'integrità e i diritti dei troni
restaurati.

In queste condizioni turbinose ed agitate salì al Ponti-
ficato il nuovo Papa Leone XII. Durante il suo regno, che
durò appena un sessennio, vi furono tante agitazioni, dal
non permettere al Della Genga di trascorrere tranquilla-
mente gli ultimi anni della sua vita. :

Lo Stato Pontificio godeva, è vero, in confronto con gli

altri Stati italiani, di una tranquillità apparente abbastanza

notevole; in segreto, però, molto si lavorava, come, del resto,

provano i numerosi processi politici, che si imbastirono in
quel tempo, specialmente nella parte settentrionale dello
Stato stesso.

Non è certo qui il caso di elencare, sia pure schemati-
camente, quali fossero le diverse tendenze, che animavano i
liberali dello Stato Romano a cospirare; certo si è che tutti
erano d’accordo nell’idea comune della necessità di rove-
sciare il Governo pontificio.

E Leone XII, si mostrò, nei riguardi dei liberali, rela-
tivamente energico; e ciò, naturalmente, dietro le pressioni
austriache, le quali, per le ragioni già esposte, non cessa-
vano di giungergli. Però, molto contribuirono a creare intorno
alla figura di questo Pontefice una fama di Papa severo, e
sordo ad ogni voce di grazia e di perdono, le gravissime
sentenze pronunziate, in suo nome, il 31 agosto 1825, dal
Cardinale Legato di Ravenna, Agostino Rivarola, ai danni
dei liberali romagnoli. 3

Á e 1" sa M.. ROSSI

Questi processi di Ravenna rimasero celebri nella storia
del nostro Risorgimento e da molti se ne volle dedurre il
carattere inflessibile ed intransigente di Papa Leone XII
nei riguardi dei liberali; invece ciò non è esatto.

Infatti il Pontefice cercò di salvare i cospiratori, od,
almeno, gran parte di essi, dalle gravissime pene inflitte
dal Rivarola (a molti, infatti era stata inflitta la pena eapi-
tale), concedendo nel 1826 una larga amnistia, con la quale
dava agio ai meno coraggiosi, e, soprattutto, ai meno idea-
listi tra i cospiratori di salvare la vita, ritrattando le pro-
prie idee.

Questo fatto, poi, contribuì anche ad epurare le sette
segrete poichè alcuni elementi poco desiderabili, che vi ave-
vano aderito unicamente per soddisfare i propri personali
interessi, ora ne uscirono salvandosi dal carcere e dalla forca
per mezzo dell’amnistia pontificia, amnistia che alcuni si
procacciarono anche mediante ignobili delazioni a carico
dei loro compagni di insurrezione.

Ben presto, però, Leone XII dovette accorgersi che i
risultati ottenuti mediante tale amnistia non erano gli stessi,
che egli aveva sperato di ottenere; infatti, i cospiratori tor-
narono all’ opera, con lena forse maggiore, dopochè le società
segrete si furono liberate dagli elementi meno attivi e meno
fedeli.

Fu soltanto dopo essersi accorto di questo che il Pon-
tefice strinse i freni. Il Metternich aveva avuto buon giuoco,
agli occhi del Pontefice, essendo in grado di fargli notare
come ben poco giovasse la clemenza sovrana, nei riguardi
dei cospiratori, i quali da essa traevano maggiore incorag-
giamento per il loro lavoro sovversivo.

Però, concludendo, mi pare di potere affermare che le
intenzioni del Pontefice Leone XII erano delle migliori e
delle più pacifiche: soltanto egli non aveva ben compreso
che il perdono del Sovrano può avere buoni effetti sui vol-
gari malfattori che da tale perdono possono trarre incorag-
mente l'impulso del suo animo, che era mite e pacifico.

IL CONCLAVE DI LEONE XII . 201

giamento alla propria rendenzione morale. Quando, però, si
tratta di uomini, che agiscono per un’idea, rischiando tutto
per tutto, la clemenza appare agli occhi loro quello che essa
realmente è, e cioè un atto di esclusivo carattere diplomatico.

Inoltre, se Leone XII non vi fosse stato spinto dalle Lg
ripetute insistenze dell Austria e dalle considerazioni della
inutilità della propria clemenza, egli avrebbe seguito unica-

La breve durata del suo pontificato diminuì di molto
l’importanza, che la sua elezione avrebbe avuto (0, meglio,
che le conseguenze della sua elezione avrebbero avuto) qua- '
lora egli fosse vissuto più a lungo.

Leone XII moriva nel 1829, un anno appena cioè prima
della piccola insurrezione di Roma del 1830 (quella insur-
rezione, cioè, in cui, a differenza di tutte le altre, i cospi-
ratori guardavano con speranza al figliuolo di Napoleone I,
quale bandiera per la futura unificazione d’Italia) e due
anni prima di quei grandi turbamenti, che sconvolsero UM
tutta l’Italia centrale, dal Lazio alle Marche, dall’ Emilia ui
all Umbria. M
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M. ROSSI

DOCUMENTI

DOCUMENTO I.

Enciclica di Pio VII, del 21 marzo 1815.

(Biblioteca « Vittorio Emanuele » . di Roma, Fondo « Vittorio Ema-
nuele », N. 417).

Pius episcopus servus servorum Dei.

Ad perpetuam rei memoriam. -

Cum inserutabili Dei judicio Nobis et sedis ap.licae rursus
imminere videantur gravissimae illae calamitates, a quibus paulo
ante fuimus liberati, cumque rursus metuenda sit nova Ven. Fra-
trum Nostrorum S. R. E. Cardinalium dispersio, et separatio,
restituendam decernimus illam dispositionem de numero Cardi-
nalium, qui praesentes esse debeant in loco Comitiorum ad valide,
et licite, R. Pontificem successorem nostrum eligendum, quam
praeseripsimus in Constitutione nostra Romae edita octava Idus
Februarii anno Incarnationis Domini 1807, et, deinde cessante
magna ex parte Cardinalium dispersione abrogavimus posterio-
ribus Nostris literis (s?c) datis Fontis bellaque i. Idib. Novembris
anno 1813. Itaque volumus, ac denuo mandamus, ut R. Pontificis
electio licite, et valide perfici non possit, nisi tot in loco Comi-
tiorum Cardinales praesentes sint, qui per unam saltem superent
medietatem totius Collegii Cardinalium in humanis tunc existen-
tium, revocatis hae dumtaxat in parte praefatis Nostris lite-
ris (sóc) Fontis bellaque i. editis. Easdem vero literas (sic) in
reliquis partibus confirmamus, atque illud tantum adjungimus
ad anxietates omnes et dubietates praecavendas, nos jam in
eisdem literis (sic) inhibuimus, ne in loco comitiorum alicujus
Principis vel summi Imperatoris administer, sive Ecclesiasticus,
sive Laieus admittatur; noluisse a comitiis prohibere eos Cardi-
nales, qui forte alicujus Principis administri essent, quique
IL CONCLAVE DI LEONE XII 203

propterea et Comitiis interesse, et suffragium rite ferre poterunt,
sed dispositionem illam nostram ad caeteros pertinere, qui Car-
dinalitia potestate non fulgeant.

Demum ne de huiusce nostrae dispositionis, ac declarationis
ulla unquam exoriatur dubitatio, praesentes literas (sic) manu
nostra subseribimus; et Sigillo nostro munimus, mandantes
easdem uniri et adnecti supra memoratis literis (sic) a Nobis
Fontis bellaque exaratis.

Datum Romae, apud S. Mariam Maiorem anno Incarn.
Domini Millesimo Octingentesimo decimo quinto, Duodecimo
Kalendas Aprilis, Pontificatus nostri anno XVI.

Pius P; B.SVITL

DOCUMENTO II.

Lettera di Pio VII ai membri del Sacro Collegio, del 18 otto-
bre 1822.

(Biblioteca « Vittorio Emanuele » di Roma, Fondo « Vittorio Emanuele »,
N. 417; « Miscellanea Falzacappa » della R. Biblioteca Vallicelliana
di Roma, Vol. XVIII, pagg. 256-259 e Vol. XXX, pagg. 179-183).

Pius-P.P,:VII.

Venerabiles fratres ac dilecti filii Nostri salutem et ap.licam
benedictionem.

Ubi periculum majus intenditur, ibi procul dubio est plenius
consulendum.

Quam gravius autem sit onusta dispendiis, quo et quantis sit
plena periculis Ecclesiae Rom. proliva vacatio, evacti considerati
temporis edocet, et considerata prudenter illius temporis discrimina
manifestat.

Ita Fel. Record. Gregorius Papa X Predecessor noster in
Constitutione cirea electionem R. Pontificis edita in Concilio
Lugdunensi, et relata in Cap. Ubi periculum in 6°.

Hae ratione permotus praedictus Gregorius papa sapienter
decrevit ut R. Pontifieis obitu sequuto, Cardinales in curia
praesentes diebus tantum decem "absentes expectare tenerentur,

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204 M. ROSSI

quibus elapsis, convenientes in palatio, in quo ipse Pontifex,
dum viveret, habitabat, ad accelerandam novi Pontificis electio-
nem, quocumque alio negotio posthabito sese contestim appli-
carent, idemque fere et ali Summi Pontifices praeceperunt.

Luctuosae autem istius aetatis conditio ea est, ut non a
prolixo modo, ut ante actis temporibus, sed ab aliquorum etiam.
dierum -vacatione Sedis Ap.licae, ingentia Ecclesiae Dei, nec
minora temporali Pontifieum R.R. ditione immanere pericula
exploratum sit. ;

Neque vero multis opus esse arbitramur, ut id vobis, Ven.
Fratres ae Dilecti Filii Nostri, persuadeamus.

Post publicae etiam rei conversiones, quibus Europa fere
universa, et R. etiam Ecclesiae ditiones concussae fuerant, si
paulisper considerare velitis, publicam tranquillitatem nondum
satis esse firmiter constitutam, nondum repressas iniquorum
hominum machinationes, necdum eversa consilia (quod novis-

simae perturbationes in ipsa etiam Italia exorta eccellenter com-

monstrant);.si ad depravata tot hominum mentes animum
intendatis, qui per incredibilem arrogantiam sive Divinae sive
humanae omni auetoritate subesse detrectant, si denique ad
nuper ortas, et longe lateque in Italia, aliisque ragionibus pro-
pagatas multas clandestinasque sectas oculos convertatis, quae
contra Catholieam Religionem, contra h. Sanctam Sedem (cuius
et spiritualem et temporalem quoque mirum in modum oderunt
Principatum) contra civilem societatem ipsam omnia moliuntur,
facile perspiciatis nullo unquam tempore magis ab impiis homini- -
bus esse timendum, quam quo tempore ap.lica haec sedes vacet.
Hoc enim tempus ad extollendum caput et nefanda consilia perfi-
cienda scelesti homines opportunissimum arbitrantur, hoc jam diu
sibi magna cum fiducia rejecerunt, hoc avidissime praestulantur.

Dum autem hoc dicimus, de re loquimur non incerta,
non dubiis sed, certissimis jamdiu Nobis judiciis, et argumentis
probata.

Hisce de causis cum omnino (sic) expediens esse judicemus,
ut proxima post decessum nostrum electio R. Pontificis quam
citissime perficiatur ad hoc ut mala, quae retardata etiam per
aliquos dies electionem in Electionem et in Remp. hac potis-
simam vice impendere possint, quoad fieri valeat, advertatur,
IL CONCLAVE DI LEONE XII 205

necesse esse diximus nonnulla ex iis, quae ex Ap.licarum consti-
tutionum praescripto necessario servanda sunt, dispensando,
relaxare quae quamquam salubriter tranquillis pacatisque tem-
poribus instituta, in praesentibus tamen rerum et temporum
cireumstantiis protracta s. huius sedis vacatione, in quae mentis
hominibus occasionem et commodum ad eiendas turbas prae-
bere possint.

Dum igitur Vobis V. F. ac Dilecti Filii Nostri per viscera
D. N. J. €. quam maximo possumus. studio commendamus, ut
quo maturius fieri valeat de novo Pontifice, Nobis e vivis
ereptis, S. R. Ecclesiae provideatis de Ap.licae potestatis plenitu-
dine decernimus, et costituimus, ut, non obstantibus Ap.licarum
Constitutionum sanetionibus, quibus constitutum est ut, non nisi
lapsis a decessu Summi Pontificis decem diebus, et post novem
continuorum dierum exequias in Conclavi et eo clauso ad novi
Pontificis electionem procedi possit, Cardinales qui in hac alma
Urbe, eveniente vocatione istius ap.licae sedis, presentes erint,
statim ae Nos diem claudere contingat extremum, aliis Cardi-
nalibus, etiam de latere legatis, aut ex alia quacumque publica
causa, etiam cum licentia nostra absentibus, non expectatis,
electionem novi Pontificis, sive intra, sive extra Conclave per
secreta schedarum suffragia, vel per compromissum, vel per
ispirationem celebrare valeant, et electio sie facta ex itineris,
aut alterius etiam probabilis, et notorii ipsorum Cardinalium
impedimenti, aliove quocumque praetexta impugnare minime
possint, ewm publica utilitas (quemadmodum Fel. Record. Paulus
P. P. IV, in sua constitutione de R. Pontifis electione anno 1562
sapienter edixit ex matura electione proveniens cuivis alteri rationi
praeferri debeat.

Volumus autem ut in iis omnibus, quae celeri, quam maximo
pere optamus, novi Pontificis electioni non officient, eamque
minime valeant retardare etiam hae vice observetur constitutio
fel. Recor. Urbani Pape VIII sub datum Romae apud S. Petrum
Anno Inear. Dom. V Kal. Februarii, qua fel. par. Rec. Gre-
goriis Papae XV Bulla de electione R. Pontificis et coeremo-
niale continens ritum ejusdem electionis confirmatur.

Decernimus autem et mandamus ut, sequuta novi Pontifis
electione quin paratae fuerint Exequiae, quae pro anima defuncti



A.

i

— Dc a MS CONEZOONO ORTA n 1) ch:
206 M. ROSSI

Pontifieis in Vaticana Basilica per novem continuos dies cele-
brari eonsueverunt, magnus. Missarum numerus animae nostrae
ab eodem Pontifice praefiniendus, ut in una die, arbitrio ejusdem
novi Pontifis designanda solemnes pro Nobis Exequiae in prae-
dieta Basiliea peagantur, quae quidem omnia eidem futuro
Pontifiei studiosissime commendamus.

Quae per hane nostram sanctionem disponimus, minime
per Ap.lieas literas (sic) sub plumbo, ut mos est, expediri man-
damus, gravissimis impellentibus causis, ut ab hisce solemnita-
tibus abstineamus: manu tamen nostra subscriptam sigilloque
nostro munitam apud eum deposuimus quem Collegii vestri
Secretarium elegistis, in cuius probitate, et fide, et ipsi conquie-
Scimus, ut eam sub aretissimi secreti Religione custodiat, et
cum Dominus ex mortali hae vita Nos ad meliorem, uti in eo
confidimus, advocarit, Cardinalibus in ordine Prioribus in Curia
praesentibus eam tradat, caeteris quoque e Collegio vestro qui
praesentes erunt in Curia communicandam.

Haee autem omnia decernimus et mandamus, non obstan-
tibus ea in parte, .qua praesentibus nostris literis (sic) adver-
sentur, fel. Rec. Gregorii P. P. X, Paulus P. P. IV, Gregorii
P. P. XV et Urbani P. P. VIII et quibuseumque aliis etiam
in universalibus Conciliis editis Constitutionibus, Ordinationibus
Ap.licis, et constitutionibus etiam immemorabilibus, quibus om-
nibus, etiam si de illis, eorumque eorumque (sic) totis tenoribus
specialis specifica et expressa non autem per clausulas generales,
idem importantes mentio, seu quavis alia expressio ad hoc ser-
vanda foret, omnium hac singulares tenores, ac si de verbo ad
verbum exprimerentur et insererentur praesentibus pro suffi-
cienter expressis, et insertis, habentes, illi quoad reliqua omnia,
quae huie nostrae despositioni (sic) (qua electionem novi Pon-
tificis accelerare tantum intendimus) non sunt repugnantia in
suo robore permansuris, harum serie de Ap.licae potestatis ple-
nitudine, pro hae tantum vice derogamus, et derogatum esse
volumus, et hane nostram derogationem suum pariter effectum
consequi jubemus, caeterisque contrariis quibuseumque.

Datum Romae, apud S. Mariam Majorem, die 18 Octobris
Anni 1822, Pontificatus nostri Anno XXIII.

Pius P. P. VII.
IL CONCLAVE DI LEONE XII 207

DOCUMENTO III.

Lettera di Renato Chateaubriand ai membri del Sacro Collegio,
del 29 agosto 1823.

(Biblioteca « Vittorio Emanuele », id., id.).

Très chers et très aimés cousins,

Nous vous avons fait connaitre, en répondant à la lettre,
que vous nous avez adressée (sic) le ..... du présent mois quels
sont nos voeux pour l'élection, que vous allez faire, du nouveau
chef de P Église. Mais comme nous profitons toujours avec
plaisir des occasions, qui se présentent pour vous donner des
marques de notre considération et de notre attachement, nous
avons chargé notre Cousin le Duc de Montmorency-Laval, notre
ambassadeur extraordinaire prés le S. Siége, de vous renouveler,
en notre nom, les voeux, que nous avons déjà exprimés, et les
assurance (sic) de nos sentimens (sic) pour vous. Il connait
parfaitement nos intentions sur les importans (sic) travaux qui
vous occupent et qui ont pour but de choisir l'un d'entre
vous pour le placer sur la chaire de S. Pierre. Nous désirons
vivement que la divine providence vous remplisse de son esprit,
afin de faire concourir vos suffrages au plus grand bien de
notre sainte religion.

| Nous ne doutons point que vous n'aecordiez une créance
entière à tout ce que notre dit ambassadeur vous dira de notre
part, et nous lui recommandons particuliérement de vous
assurer de notre sincère estime et de notre parfaite affection.

Sur ce, nous prions Dieu, qu'il vous ait (sic), trés chers,
et trés amés (sic) Cousins, en sa Sainte et digne garde.

Écrit à Paris, le 29 aoüt 1823.

Signé: Conis
Contresigné: Ohateaubriand

deem. -

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M. ROSSI

DOCUMENTO IV.

Lettera dell’ Imperatore Francesco I d’ Austria ai membri del
Sacro Collegio, del 30 agosto 1823.

(Biblioteca « Vittorio Emanuele », id., id.).

S. R. E. Cardinalium Collegio RR.mis in Christo
Fratribus et Dominis Amicis Nostris Charissimis (sic).

Nos Franciscus primus divina favente clementia Austriae
Imperator, Hierosolymae, Hungariae, Bohemiae, Lombardiae et
Venetiarum, Dalmatiae, Croatiae, Slavoniae, Galiciae et Lodo-
miriae Rex; Arcidux' Austriae, Dux Lotharingiae, Salisburgi,
Styriae, Carinthiae, Carniolae, Superioris et Inferioris Silesiae;
Magnus Princeps Transilvaniae, Esarchio Moraviae, Comes Hab-
sburgi et Tyrolis.

RR.mis in Christo P. P., S. R. E. Episcopis, Presbyteris, et
Diaconis ac universo Collegio Cardinalium, Amicis Nostris cha-
rissimis (sic) salutem ac benevolentiae nostrae affectum.

RR.mis in X.to P. P. Amici charissimi (sic).

Quanto maiorem Nos habuimus iam pietate filiali reveren-
tiam Pio VII felicissimae memoriae, qui huiusque sedis Ap.licae
prefuit, partim dueti religiosis animi sensibus qui Nos penetrant,
partim eorum a Nobis conspectis virtutibus, quibus eminuit iste
supremus charissimusque (sic) E. S. R. Catholicae Princeps,
tanto maiori Nos sumus dolore affecti, lecti literis (sic) Vostris
die 21 Augusti datis, quibus Nos certiores de obitu huius eximii
Patris comunis (sic) reddidistis. Iure merito RR.mis P. P. sum-
mis extollitis laudibus christianam mansuetudinem, moderatio-
nem, Sapientiam et integritatem morum copulatam cum con-
stantia, et animi robore invietissimo istius pro optatis Nostris
prematurae e vivis erepti capitis Ecclesiae. Non ipsi gravissima
eura in Regno extense gubernando incumbentes temporibus
diffieilissimis turbatissimisque, quibus virtutes Pii VII enitue-
IL CONCLAVE DI LEONE XII 209

runt Nosque contemporanei maxime indefesse thronos et altaria,
contra impetus et vexationes seculi, aetatisque corruptissimae
defendentes Nos certe quoscumque rectius, meliusque deju-
dicare possumus, quam multa defunetus prosperitati totius
Christianitatis, imo universi gentis humani felicitati persistent,
et quam iuste Vos iacturam in comuni (sic) Patre factam
condoleatis. |

Quo magis autem tristissimo pervoluimus animo quantum
in eo amissum fuerit, ec maiori Vos fungimini officio, omnia
consilia, studia, opera, labores et diligentiam conferendi ad
tollendam quam primum orbitatem Ecclesiae, eligendo novo
Pontifici dignissimo, qui defuncto Christi Vicario succedat, et
navem Ecclesiae tempore nune fluctuante non minus prudenter
quam fortiter gubernet, ut scopulos evitando absconditissimos
naufragiis metuendis occurrat, ut unitas Ecclesiae Catholicae
sustineatur, fides in paritate conservetur, incrementaque felici-
tatis in dies maiora universo orbi Christiano adferri queant;
hoc omnium honorum vota expectant utque fiat, cuiusque
Vostrum quam maxime interest quem in finem quidquid a
Nobis fieri potest conferre labentes volumus. Deum precantes,
ut benignitate Sua Vestris mentibus ad attingendum tanti
momenti scopum de infinito sapientiae Suae nomine radium
immittere dignetur.

Pluribus de his Vos certiores reddet praesens aulam Vestram.

Apostolieae Sedis Nuntius pariterque esponit Reverendissimus
Card. Albani ad Noster apud Vos legatus extraordinarius:
interim Vos omnes, et singulos pro nostro in S.S. E.E. R.R.
sincero et propenso animo praesidio divino providentiae consi-
derare volumus.

Debuntur in Villa Nostra Weinzierl die 30 Mensis Augusti
Anno 1823 Regnorum Nostrorum 32.

RR P4 VOV.
Benevolus

Franciscus
M, ROSSI

DOCUMENTO V.

Lettera di Francesco I, Imperatore d’ Austria, ai membri del
Sacro Collegio, del 30 agosto 1823.

(Biblioteca « Vittorio Emanuele », id., id.).

S. R. E. Cardinalium Collegio
R.mis in Christo Fratribus et Dominis
Amicis nostris Charissimis (sc).

Nos Franciscus,

vacante per obitum Pii VII Ponti (sic) Maximi, felicissimae
memoriae Apostolica Sede, et Cardinalium Collegio in successoris
electione occupato, ad Nostrum officium et curam arbitramur
pertinere, nihil eorum pretermittere, quae sive exhortatione et
consilio sive opera ad tam grave negotium rite, num et cum
canonica suffragium libertate perficiendum quovis modo possit
conducere. Satis enim pro Nostro Religionis studio, ‘et filiali in
Ecclesiam pietate sentimus, quantum Christianae Rei publicae
intersit hoc tempore eam in Sancti Petri Cathedram, Primamque
Sedim evehi, quam eminentes virtutes, sapientia, cireumspectia
et Apostolica charita (sic) pluriumum commendent spondeantque
pacem erga omnes paterni cordis affectum, Satis enim ut eli-
gatur Deum precamur, cuiusque ope a Vostra, R.R. P.P.,
religione omnino expentamus. Habebitis propter R.mum Card.
Albani, huius Nostroque interpretem, quem ad Nos extra ordi-
nem ablegamus virum fide non minus qual genere illustram
Antonium comitem ab Appony, Nobis a iubiculis et consiliis
intimis, Imperatorii Ordinis Leopolodi commendatorem et non
dubitamus quin eum pro Vostra in Nos voluntate comiter exci-
pere et audire, ac in omnibus, quae Nomine nostro vel jussa
tamquam Noster extra ordinem Pretor expositurus, est, pleman
illi fidem habere velitis,
IL CONCLAVE DI LEONE XII 211

Ista dum, R.R. P.P. D.D., certa fiducia nobis pollicemur,
Deum Optimum Maximum oramus ut prospera eisdem et sancta
omnia largiatur.

Dabuntur in Villa Nostra Weinzierl die 30 Mensis Augusti i EH
anno 1823 Regnorum Nostrorum 32. ] ü

Iv BEB.V.V.
Benevolus

Franciscus

DOCUMENTO VI.

Lettera, senza data, del conte Appony, ambasciatore straordinario
austriaco a Roma, ai membri del Sacro Collegio.

(Biblioteca « Vittorio Emanuele », id., id.).

Augustissimus Austriae Imperator et Rex Apostolicus ad
amplissimum Senatum Vostrum, Eminentissimi Fratres, me
Pretorem et Legatum ‘extra ordinem mittit, binas Majestatis
ejusdem litteras ablatum.

Quarum prima eos doloris et mestitiae sensus aperit, quos
Caesar expertus est et incisa epistola a Vobis accepta de obitu
Pi VII P. R., cuius magnas et fulgentes virtutes, Fidem pre-
sertim, incoscussamque animi constantiam et fortitudinem in
adversis, supremi populorum dominatores omnesque terrarum
gentes perpetuo mirabuntur. Altera postea Em.um Albanium,
oratorem et mentis ipsius Caesaris, Regisque majestatis apud
eos interpretem declarat; mihique honorificum admodum munus,
illam circa futuri Pontificis electionem applieandi benigne im-
ponit. Id Augustissimus Imperator et Rex Apostolicus exortat
ut mea ad Vos, E.E. F.F., legatio reliviose erga Ecclesiam
Catholieam Sanetamque Sedem Apostolicam observantiae publi-
cum et solenne prebeat testimonium; mihique preterea in man- È
datis clementissime dedit, ut omni eventu Suam et imperii Sui SB
opem offeram, quo securitas vostra et suffragiorum conclavisque 3
libertas tueatur.
212 M. ROSSI

Sed hoc precipuo in votis habet Augustus Caesar, talem
defuneto Pontifici suecessorem dari, qui pro conditione ardua
temporum ; pietate, justitia, doctrina, prudentia, amore pacis et
concordiae omnino emineat; qui salutari illi principio sacri foe-
deris, quo potentissimi Caesarei Principes ad legitimum rerum
ordinem servandum salvandumque ducuntur, sineere adhereat,
qui denique illis omnibus pateat dotibus, quibus optimi Eccle-
siae Pastoris, a quocumque partium studio alieni, et communis
fidelium patris certe.et proprie existimantur. Igitur profecto, de
summi et gravissimi momenti negotio, atque ideo Imperator et
Rex Apostolieus magis magisque in judicio, virtute et prudentia
vostra confidit.

Gratissima omnine Majestati sua ea erit electio, quae Reli-
gionis utilitati, Sanctae Romanae Sedis honori, Italiae et orbis
tranquillitati, totius Ecclesiae Catholieae votis et universorum
tandem populorum expectationi satisfacit.

Hoe unum superest, E.E. F.F., ut me benevolentiae et
indulgentiae vostrae commendem. Ego sane studia, atque,
officia mea ad id precipue conferam ut Sacro huie Collegio
vobisque singulis certissima venerationie et obsequi mei argu-
menta prebeam.

DocuMENTO VII.

Lettera del Cardinale Arciduca Rodolfo d'Absburgo, arcivescovo
di Olmütz, ai membri del Sacro Collegio, del 31 agosto 1823.

(Biblioteca « Vittorio Emanuele », id., id.).

Sanctae R. E. Card. Collegio
R.R. in Christo Patribus et Dominis
Fratribus nostris charissimis (sic).

Miseratione divina Rudolphus princips Caesarius, et Archi-
dux Austriae, Cardinalis Presbyter S. R. E. Archiepiscopus
Olomucensis, R.R. in Christo P.P. et D.D., Fratribus Delegis
IL CONCLAVE DI LEONE XII 213

Nostris charissimi (sic) salutem et sinceram in Domino chari-
tatem (sic). :

Summo cum dolore cognovi in litteris 21 Augusti ad nos
exaratis, Pontificem Maximum et Beatissimum in Christo Patrem,
m vitae curso converso, in Domino abdormivisse eamque calami-
i tatem non minus Nostro Ordini quam toto Orbi christiano
existimari communem. Excelluit enim ille dignissimus S. R. E.
caput summa et admirabili in adversis fortiterferendis constantia,
virtute et sapientia in agendis singulari, suavitate morum et
benignitate tam eximia, ut totius orbis Christiani admirationem
moverit.

Proeul lieet a Vobis, nec in felici eorum nomen existens,
qui virtutes singularesque animi dotes a Vobis nimis cito divelsi
admirari potuerunt, ita nihilominus animi tenuitudo quam vos,
Fratres Oharissimi (sic) ha (sic) occasione exprimitis, me quoque
replet. Quo majorem jacturam autem. Nos et universalis Ecclesia
fecimus, et majus nunc censeo esse nostrum orbae Ecclesiae
sanetae quam primum providere eligendo Pastore dignissimo qui,
vestigia illius sequens. Eam minantes inter procellas secure
gubernandi non tantum constantia, sed etiam prudentia possit.
Nihil gloriosus, nihil gratius mihi foret, quam memetipsum
conferre ad vos et divina providentia favente, pro assequendo,
tam gravi fine, eum Vestris debiles coniungere conatus meos.

Cum autem sine periculo debilis meae valetudinis me itineri
arduo et longo dare nequeo, et corpus nimis aetatis huius calori
exponere non audeo, ferventissimis solum modo enixisque pre-
eibus divinum Vobis impetum presidium mentem Vostram illu-

eapite Ecclesiae eligendum unire velit.
Ceterum me, Fratres charissimi (s?c) piis precibus commando
et omni cum cultu fraternoque amore persevero.

Datum Viennae die 31 mensis Augusti anno 1823.

R.R. DD.

È Additissimus

É Archidux Rudelphus

; | S. R. E. Cardinalis

et Archiepiscopus Olomucensis

minare Vosque intra breve tempus ad dignissimum pro novo M. ROSSI

DOCUMENTO VIII.
Articolo del « Journal des Débats » del 15 ottobre 1823.

Il foglio annunzia l’ avvenuta nomina a Pontefice del
Cardinale Annibale Della Genga, commentando così:

Ces voeux avoient été partagés jusqu’ alors entre les Cardi-
naux Severoli, Castiglione, De Gregorio, Arezzo, della Somaglia,
Cavalchini, et quelques autres. Nous ne rendrons pas compte des
motifs et des circonstances: qui avoient pù empécher l’ élection,
soit pour la difficulté de réunir la majorité des suffrages, soit
pour l'impossibilité d' obtenir celui, sur lequel tous les suffrages
.devoient étre d'abord réunis.

Ce qu'il y a de certain c'est que, dans les circonstances
présentes, l Église ne pouvait désirer un Pontife plus saint,
plus pieux, plus expérimenté, plus digne enfin de la gouverner,
ni la France un ami plus sincère et plus dévoué à ses vérita-
bles intéréts.

Le nouveau Pape est d'une taille élévée, d'une figure qui
respire la piété et dont les traits pleins de finesse et le regard
pénétrant se concilient trés bien avec cet air de bonté et de
douceur, qu'on aime à trouver dans un chef de l'Église. Sa
santé est délicate, et il est souvent indisposé ; mais il paroit que
la eause de cette indisposition doit cesser par le changement
survenu dans son état; c'est ce qu'ont assuré les gens de l'art
les plus habiles qui ont donné des soins au nouveau Pontife.

Le Saint-Pére a rempli plusieurs fonctions diplomatiques
avant d'étre élévé à la pourpre. Partout il a montré les qua-
lités les plus excellentes, des vues sages, des lumières, un
caractère ferme, des manières admirables. Il était dernièrement
vicaire général de S. S. et par conséquent chargé d'une partie
eonsidérable de l' administration ecclésiastique.

Il connoît la France, où il a séjourné.
IL CONCLAVE DI LEONE XII 215

BIBLIOGRAFIA

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zione Pontificia. - Roma, 1931. i

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1864.

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tembre e incoronato a’ 5 ottobre Papa Leone XII. - Roma, 1823.
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WisEMAN NicHoLas — Rimembranze degli ultimi quattro papi e di Roma
a’ tempi loro, - Milano, 1858.
I CONFINI DEL COMUNE DI FOLIGNO

I confini dei Comuni italiani sono stati spesso oggetto
di lotte e di litigi, anche cruenti, perchè ogni Comune
voleva estendere il proprio territorio a carico dei Comuni
vicini. Foligno ha avuto frequenti controversie con i Comuni
di Spello, di Bevagna, di Montefalco, di Trevi e di Camerino,
ed ha cercato o con le armi, o con i trattati, o con i pri-
vilegi imperiali, o con le bolle papali di provvedere ai propri
diritti. Verso la metà del XIV secolo, nel 1339, si sentì il
bisogno di fare una revisione di tali diritti, e, radunati docu-
menti civili ed ecclesiastici del XII e XIII secolo, se ne fece
una copia legale in un fascicolo unico, che fu posto nell’ Ar-
chivio Segreto del Comune, per poter essere adoperato a
tempo opportuno. I documenti, non numerosi ma interessanti,
sono in ‘parte conosciuti, e pubblicati in parte, ma la stampa
di essi in un’ unica raccolta, non può non essere utilissima agli
studiosi della storia politica, religiosa, economica della città.
Questo è lo scopo dell’attuale pubblicazione. Il fascicolo,
membranaceo, misura cm. 24 X 34, e sta nell’ Archivio Co-
munale con la segnatura « Archivio delle sei chiavi ». La
lettura di questi documenti ci. riporta all’epoca in cui le
città dell Umbria, cessato il Ducato di Spoleto, passarono
sotto il dominio diretto della Santa Sede, e i documenti
imperiali e papali di questa raccolta danno e ricevono lume
dalle sagge indagini cronologiche del Barone A. SANSI sopra
I Duchi di Spoleto (Foligno, 1871, pagg. 126). 218 M. FALOCI- PULIGNANI

Ecco l’elenco di questi documenti:

Innocenzo II: 13 maggio 1138.
Anastasio IV: 17 aprile 1153.
" Federico Barbarossa: 24 maggio 1177.
Federico Barbarossa: 11 novembre 1184.
Ottone IV: 4 ottobre 1209.
Diopoldo, Duca di Spoleto: marzo 1210.
Innocenzo III: 10 aprile 1210.
Innocenzo III: ...... 1214.
Berardo, Vescovo di Foligno: 21 marzo 1281.
Bartolomino, Vescovo di Foligno: 21 giugno 1316.

E
Privilegio di Innocenzo II.
1138.

Innocenzo II, a richiesta di Benedetto Vescovo di Fo-
ligno, confermò ‘a lui e ai suoi successori il possesso dei
suoi beni, stabilì i confini della sua Diocesi, dalla Chiona
alla Torre di Matigge, da Budino a Colfiorito; gli rinnovò
la sua giurisdizione sopra un notevole numero di chiese, di
monasteri, di cappelle; gli confermò gli antichi pedaggi e
| dritti, e quelli che possedeva per regia donazione, cioè le
tasse sul mercato, sulle porte, sui ponti, sulle strade della città
di Foligno e sul castello del Vescovo, sui molini, sul letto
del fiume ecc. La bolla è firmata anche da dieci Cardinali,
ed ha la data di Roma, 13 maggio 1138. Ecco l'elenco dei
sacri edifici confermati al Vescovo disposti alfabeticamente:

1. S. Abbondio. - 2. S. Angelo, Cappella. - 3. S. Andrea. -
4. S. Apollinare. - 5. Budino, S. Feliciano. - 6. S. Costanzo. -
7. Cassignano. - 8. S. Cristina. - 9. Cupacci, S. Croce. - 10. Cu-
pigliolo. - 11. Dignano, S. Maria. - 12. S. Eraclio. - 13. S. Feli-
ciano. - 14. Pavonica Pieve, S. Maria. - 15. Fileto, S. Abbondio, -
I CONFINI DEL COMUNE DI FOLIGNO 219

16. P'leto, S. Giovanni. - 17. S. Giovanni Profiamma, S. Gio-
vanni. - 18. Giove, S. Giovanni. - 19. Landolina, S. Pietro. -
20. S. Lucia. - 21. S. Maria. - 22. S. Maria Nuova. - 23. S. Maria
de Fulginea. - 24. S. Maria di Villa Alba. - 25. S. Martino. -
26. Morro, S. Martino. - 27. Orbe, S. Andrea. - 28. S. Petri-
gnano. - 29. Pietra Cervara. - 30. S. Pietro Rotondo. - 31. Por-
carella. - 32. Rosario, S. Angelo. - 33. Roviglieto. - 34. S. Sal-
vatore, Monastero. - 35. Salvino, Monastero. - 36. Scopoli,
S. Maria. - 37. S. Stefano, Monastero. - 38. S. Valentino.

Per la bibliografia e le stampe del documento vedi
KEHR, Italia Pontificia, IV, 44. Le parole tra parentesi quadre
si trovano nelle stampe, e non nella nostra copia.

In nomine domini amen. Hoc est exemplum cuiusdam pri-
vilegii domini Innocentii pape II. ipsius bulla plumbea bullati
pendenti in filis syricis rubei et granci coloris, in quo quidem
sygillo ab uno latere esculta erant duo capita cruce mediante
et a capite erant littere dicentes Sanctus Paulus, Sanctus Petrus.
et ab alio latere erant littere dicentes Innocentius papa II.
euius privilegii et tenoris ipsius tenor inferius declaratur.

Innocentius episcopus servus servorum Dei venerabili fratri
benedieto fulginati episcopo eiusque suecessoribus eanonice sub-
stituendis in perpetuum salutem. Religiosorum virorum peti-
tiones clementer admictimus, nostris oportunitatibus benignum
ac pium omnipotentem dominum reperimus. Huius rei gratia
venerabilis frater Benedicte episcope tuis postulationibus debita
benignitate annuimus, et fuliginensem ecclesiam eui Deo auctore
preesse dinosceris, apostolice sedis privilegio communimus. Sta-
tuentes ut quascunque possessiones quecunque bona tam in
prediis quam in aliis fuliginensis ecclesia in presentiarum cano-
nice possidet aut in futurum rationabilibus modis poterit adi-
pisci, firma tibi tuisque successoribus et illibata permaneant.
Saneimus etiam ut universi fines parrochie sicut a tuis anteces-
soribus usque hodie sunt [possessi] ita omnino integri tam tibi
quam tuis successoribus in perpetuum [conserventur. Primum
siquidem] latus a Timia vadit in flumen mortuum. [Secundum
220 M. FALOCI-PULIGNANI E

latus a flumine mortuo in fontem palum]bi et per rivum Saneti
Stephani ad Crucem Sancti Martini, inde ad Cerretum et ad
rivulum Foiani] usque in rivulum qui dicitur Grin[cus. Tertium
latus ab ipso] Grinco pervenit ad Corniale de Vaccagna usque
ad [clivum Martis et sic inde] ad collem Iovis et descendit per
direetum usque ad Crucem [Saneti Mauri. A quarto] latere rivus
Clona iuxta Spellum pervenit in supradictum [flumen Timiam.
Confirlmamus insuper vobis et per vos dicte fulginensi eeclesie
et plebem Saneti Iohannis] de Floroflaminis cum ecclesiis suis,
plebem Saneti Iohannis de Filecto cum ecclesiis suis, plebem
Saneti Felitiani de Butino, [ecclesiam de] Sancta Maria Nova,
plebem Sanete Marie de Fulginea cum. ecclesiis et posse[ssio-
nibus earum,] plebem Sancti Valentini et plebem de Rovelleta
et plebem Sanete Marie de [Scopulo], plebem Sanete Marie de
Feloniea cum possessionibus et ecclesiis earum, plebem de Cas-
singnano, plebem de Porcarella et plebem Sancti Andree de
Orbe eum ecclesiis et pertinentiis earum. Porro castellum Lan-
doline cum sua possessione, et monasterium Sancti Petri cum
suis possessionibus, ecclesiam quoque Sancte Marie de Dignano
cum omnibus pertinentiis suis in tuo tuorumque successorum
domnicatu semper permanere censemus. Canonicam vero Sancti
Feliciani cum omnibus pertinentiis vel ecclesiis suis ita sub
vestro statuimus iure persistere, ut nullus ibi prepositus nul-
lusque canonicus absque absensu episcopi ordinetur: prebenda
etiam de canonica episcopo attribuatur quotiens in refectorio
cum fratribus reficere uoluerit: monasterium quoque Sancti Sal-
vatoris, ecclesiam Saneti Appolenaris et ecclesiam Sancti Con-
stantii et ecclesiam Saneti Abundi et eeclesiam Saneti Eraclii
et omnes ecclesias civitatis secundum sacrorum canonum san-
tiones in vestra statuimus dispositione et ordinatione persistere.
Insuper etiam. ecclesiam Sancte Cristine et ecclesiam Saneti
Petri de Rotundo et canonicam Saneti Paterniani cum omni-
bus pertinentiis earum, monasterium Saneti Stephani et mona-
sterium de Salvino et Sancti Martini de Murro et Saneti Angeli
de Rosaia cum omnibus pertinentiis earum, canonieam quoque
Saneti Martini et Sancti Andree et Sancte Lucie cum omnibus
pertinentiis et ecclesiis earum omnesque alias ecclesias Fulgi-
nensis episcopatus similiter in vestra statuimus dispositione
I CONFINI DEL COMUNE DI FOLIGNO 291

et ordinatione persistere. Sane redditus de mercato, de portis
de pontibus, et de stratis civitatis et de Castro episcopi videlicet
Saneti Felitiani tibi tuisque successoribus in perpetuum confir-
mamus sicut ex an[tiquo iure et ex] regie liberalitatis munifi-
centia [fulginensis hactenus possedit ecclesia. Campum qui dici-
tur Sanete Marie, cappellam Saneti Angeli, campum Saneti
Abundi de Filecto,] campum de Vaccaria [... campum] frigidi,
campum de Gualdo et totam terram Ber[nardi filii Rigonis . et
ter]ram totam quam dedit Acto comes Luponis filius ec[clesie
Sancti Felitiani et] totam terram que est in Spello et Ocelle (sic) .
Topini quoque flu[minis alveum iux]ta civitatem sic in vestra
iurisdictione servandum perpetuo confirmamus [ut molendina]
omnia que illie presenti tempore constructa sunt aut [in futu-
rum con]strui contignerit et queque illie hedificia construentur
nec non [omnes] servi et ancille atque liberi ad ecclesiam per-
tinentes sub vestro semper iure aut possessione permaneant.
Decernimus ergo ut nulli omnino hominum liceat eandem eccle-
siam temere perturbare aut eius possessiones auferre vel ablatas
retinere minuere vel temerariis vexationibus fatigare set omnia
integra conserventur tam tuis quam clericorum et pauperum
usibus profutura. Si qua igitur in posterum ecclesiastica secu-
larisve persona hanc nostre constitutionis paginam sciens contra
eam temere venire tentaverit secundo tertiove commonita si
non satisfactione congrua emendaverit potestatis honorisque sui
dignitate careat reamque se divino iudicio existere de perpe-
trata iniquitate congnoseat et a sacratissimo corpore et sanguine
Dei et domini redemptoris Ihesu Christi aliena fiat atque in
extremo examine distriete ultioni subiaceat. Cunctis autem ei-
dem loco sua iura servantibus sit pax domini nostri Ihesu Christi
quatenus et hic fructus bone actionis percipiant et apud distric-
tum iudicem premia eterne pacis inveniant. Amen . amen . amen.

(Locus plumbi)
(Locus sigle)

Ego Innocentius catholice ecclesie episcopus ss.

»4 Ego Gregorius diae. card. SS. Sergi et Bacchi ss.

»4« Ego Oddo diac. card. Sancti Georgii ad velum aureum ss.
Hm Ego Guido diae, card, Sanctorum Cosme et Damiani ss,
229 - - M. FALOCI-PULIGNANI

#8 Ego Guido diae. cardinalis Saneti Adriani ss.

FB Ego Gregorius presbiter cardinalis tituli Apostolorum ss.

"4 Ego Petrus cardinalis presbiter tituli Sancte Subsanne ss.

HB Ego Petrus presbiter cardinalis tituli Saneti Marcelli ss.

HB Ego Gerardus presbiter cardinalis tituli Sanete Crucis
in Ierusalem ss.

H2 Ego Anselmus presbiter cardinalis tituli Lucine ss.

HB Ego Lucas presbiter cardinalis tituli Sanetorum Iohan-
nis et Pauli ss. |

Datum Laterani per manum Aymerici Sancte Romane Ec-
clesie diaconi cardinalis et cancellarii III. idus iunii indictione 1*.
incarnationis dominice anno MCXXXVIII. pontificatus vero
domini Innocentii pape II. anno VIIII. (1).

(1) Nell’ « Archivio delle sei chiavi » trovasi una copia in pergamena
del 1322, che ha le vidimazioni seguenti:

« Et Ego Ioannes Riscii de Fulgineo Imperiali Auctoritate notarius
et Iudex Ordinarius prout in horriginali privilegio vidi et legi, ita hic
de verbo ad verbum fideliter exemplari nihil addens vel minuens frau-
dolenter nisi forte punctum vel silabam positam per herrorem quo ipsius
tenor possit aliquatenus vitiari. Et de mandato et auctoritate reverendi
Patris et Domini Domini Raynaldi da Sancta Arthemia tresaurari vio-
niensis Ducatus Spoleti super spiritualibus et temporalibus rectoris per
Sanctam Romanam Ecclesiam generalis transcripsi et pubblicavi. Qui
pro tribunali sedens in quantum ad suum officium pertinet primo cum
horiginali abscultari, suam iudiciariam auctoritatem interposuit pariter
et decretum. Quam quidem auctoritatem et decretum interposuit apud
plebem Saneti Fortunati de Montefalcone sub anno Domini MCCCXXII
indictione quinta tempore Domini Ioannis Papae XXII Die Quarta men-
sis Ianuarii presentis. Magistris Thoma Raynerio, Francisco, Bhartolo,
Iacobo et Iacobo notariis infranscriptis testibus de hiis vocatis et rogatis.

« Et Ego Thomas Magistri Iacobi de Gualdo Imperiali auctoritate
notarius et Iudex Ordinarius auscultazioni et praedictae auctoritatis
interfui et quia utrumque concordare inveni idcireo me testem subscripsi
meumque signum apposui consuetum.

« Et Ego Rajnutius Gualerni Retrelio Imperiali auctoritate notarius
ascultavi et praedictae auctoritatis interpositioni interfui et quia utrun-
qua concordare vidi et inveni idcirco me in testem subscripsi et singnum
signum apposui consuetum.

« Et Ego Franciscus Andreae Domini Leonardi de Fulgineo impe-
riali auctoritate notarius auscultazioni praedictae auctoritatis interposi-
I CONFINI DEL COMUNE DI FOLIGNO

TT:
Bolla di Anastasio Papa.
1153.

Papa Anastasio IV, a preghiera di Benedetto Vescovo
di Foligno, conferma a lui ed ai suoi successori il possesso
di quanto gli aveva concesso il suo antecessore Innocenzo II.

Le due bolle sono eguali, ma questa di Papa Anastasio è sot-

toscritta da quindici Cardinali, ed ha la data 17 aprile 1153.
I, elenco però delle chiese è alquanto diverso da quello del
suo predecessore. L’ originale di questa Bolla è nell’ « Ar-
chivio delle sei chiavi ».

Per la bibliografia vedi KEHR, op. cit., pag. 44.

Anastasius episcopus servus servorum Dei. Venerabili fratri
Benedicto Fulginati episcopo eiusque successoribus canonice
substituendis in perpetuum.

Incomprehensibilis et ineffabilis divinae miseratio potestatis
nos hac providentie ratione in apostolicae sedis amministratione
constitute ut paternam universis ecclesiis solicitudinem gerere
studeamus. Proinde venerabilis in Christo frater Benedicte epi-

tione et quia utrumque concordari vidi et inveni IRA: me testem
subseripsi meumque signum apposui consuetum.

« Et Ego Bartholus Domini Benvenuti de Fulgineo imperiali aucto-
ritate notarius Iudex Ordinarius abscultationi et praedictae auctoriza-
tioni interfui et quia utrumque concordare vidi et idcirco me in testem
subseripsi meumque signum apposui consuetum.

« Et Ego Iacobus Magistri Fuligni de Fulgineo imperiali auctoritati
notarii auscultationi et dictae autorizzationi interpositione interfui, et
quia utrumque concordare vidi et inveni, ideireo me in testem subscripsi
meumque signum apposui consuetum.

« Et Ego Iaeobus Berardi de Fulgineo imperiali auctoritate nota-
rius et Iudex Ordinarius auscultavi et praedictae auctorizationis inter-
positione interfui et quia utrumque concordare inveni idcirco me in
testem subscripsi meumque signum adposui consuetum »,

EE

|
|
|
224 M. FALOCI-PULIGNANI

scope tuis iustis postulationibus debita benignitate annuimus
et Fuliginensem ecclesiam cui Deo auctore preesse dinosceris ad
exemplar predecessoris nostri felicis memorie papae Innocentii
apostolice sedis privilegio communimus. Statuentes ut quascun-
que possessiones quecumque bona eadem ecclesia inpresentiarum
iuste et canonice possidet aut infuturum rationabilibus modis
Deo propitio poterit adipisci firma tibi tuisque successoribus
et illibata permaneant. Sancimus etiam ut universi fines paro-
chie sicut a tuis antecessoribus usque hodie sunt possessi ita
omnino integri tam tibi quam tuis successoribus in perpe-
tuum conserventur. Primum siquidem latus a Timia vadit ad
flumen mortuum. Secundum latus a flumine mortuo in fontem
Palumbi et per rivum Saneti Stephani ad crucem Sancti Mar-
tini, inde ad cerretum et ad rivulum Foiani usque in rivum
qui dieitur Grincus. Tertium latus ab ipso Grinco pervenit ad
" Corniale de Vaecagna usque ad clivium Martis et sic inde ad
collem Iovis et descendit per directum usque ad crucem Sancti
Mauri. A.quarto latere rivus Clona iuxta Spellum pervenit in
supradictum flumen Timiam.. Confirmamus insuper vobis et per
vos sancte Fulginati eeclesie et plebem Sancti Iohannis de Foro
flaminis cum ecclesiis suis, plebem Saneti Iohannis de Felecto
cum ecclesiis suis, plebem Sancti Feliciani de Butino, ecclesiam
de Sancta Maria nova, plebem Sanete Marie de Fulginea cum
ecclesiis et possessionibus earum, plebem Sancti Valentini et
plebem de Rovelleta et plebem Sancte Marie de scopulo, plebem
Sancte Marie de Fellonica cum possessionibus et ecclesiis earum,
plebem de Casignano, plebem de Porcarella, et plebem Sancti
Andree de Orbe cum ecoelesiis et pertinentiis earum, ecclesiam
Sancte Marie de Villa alba, ecclesiam de petra cervaria, eccle-
siam de Campilglole, ecclesiam Sanete Crucis de Capacce et
ecelesiam Saneti Iohannis de Iove. Porro castellum Landoline
cum sua possessione. Ecclesiam Sancte Marie de Dignano cum
omnibus pertinentiis suis in tuo tuorumque successorum do-
minicatu semper permanere censemus. Canonicam vero Sancti
+ Feliciani cum omnibus pertinentiis vel ecclesiis suis ita sub
vestro statuimus iure persistere ut nullus ibi prepositus nullusque
canonicus absque assensu episcopi ordinetur. Prebenda etiam de
canonica episcopo attribuatur quotiens in refectorio cum fra-
I CONFINI DEL COMUNE DI FOLIGNO 225

tribus reficere voluerit. Monasterium quoque Sancti Salvatoris,
ecclesiam Sancti Apolinaris, ecclesiam Sancti Constantii, eccle-
siam Saneti Abundii et ecclesiam Sancti Eraclii et omnes eccle-
sias civitatis secundum sacrorum canonum sanctiones in vestra ;
statuimus dispositione et ordinatione persistere. Insuper etiam B
ecclesiam Sancte Christine et ecclesiam Sancti Petri de Rotundo og |
et canonicam Saneti Paterniani cum omnibus pertinentiis earum, j
Monasterium Saneti Stephani et monasterium de Salvino et i
Saneti Martini de Morru et Saneti Angeli de Rosaia cum omnibus |
pertinentiis eorum. Canonicam etiam Saneti Martini, Sancti |
Andree et Sanete Lucie cum omnibus pertinentiis et ecclesiis E |
earum omnesque alias ecclesias Fuleinensis episcopatus similiter | d

in vestris statuimus dispositione et ordinatione persistere. Sane i | |
redditus de mercato, de portis, de pontibus et de stratis, civi- |
tatis et de Castro episcopi videlicet Sancti Feliciani tibi tuisque |
successoribus in perpetuum confirmamus sicut ex antiquo iure ni

et ex regie liberalitatis munificentia Fulginensis hactenus pos- i i H
sedit ecclesia. Campum qui dicitur Sancte Marie, capellam Saneti |
Angeli, campum Sancti Abundi de Felecto, campum frigidi, |

campum de Gualdo et totam terram Bernardi filii Rigonis, et si 5
terram totam quam dedit Acto comes Luponis filius ecclesie AE

sancti Feliciani, et totam terram que est in Spello et Orcello, | |
Topini quoque fluminis alveum iuxta civitatem sic in vestra BE.
iurisdietione servandum perpetuo confirmamus, ut molendina NH
omnia que illie presenti tempore iam constructa sunt aut in |
futurum construi contigerit et queque illie edificia construentur, |
necnon omnes servi et ancille atque liberi ad ecclesiam perti-
nentes sub vestro semper iure aut possessione permaneant.
Decernimus ergo ut nulli omnino hominum liceat prefatam
ecclesiam temere perturbare aut eius possessiones auferre vel
ablata retinere, minuere aut aliquibus vexationibus fatigare.
Sed omnia integra conserventur tam tuis quam clericorum et
pauperum usibus profutura. Salva in omnibus apostolice sedis
auetoritate. Si qua igitur in futurum ecclesiastica secularisve
persona hane nostre constitutionis paginam sciens contra eam
temere venire temptaverit secundo tertiove commonita, si non (Cis
satisfactione congrua emendaverit, potestatis honorisque sui
dignitate careat, reamque se divino iudicio existere de perpetrata
226 : M. FALOCI-PULIGNANI

iniquitate cognoscat, et a sacratissimo corpore ac sanguine Dei
et domini redemptoris nostri Yhesu Christi aliena fiat atque
in extremo examine districte ultioni .subiaceat. Cunctis autem
eidem sectantibds sit pax domini nostri Yesu Christi quatenus
et. hie fructus bone actionis recipiant et apud districtum iudicem
premia eterne pacis inveniant. Amen. Amen. Amen.

kB Ego Anastasius catholice ecclesie episcopus. ss.

»4 Ego Gregorius presbiter cardinalis tituli Callixti. ss.

»4 Ego Guido presbiter cardinalis tituli Saneti Griso-
goni. ss. :

r4 Ego Hubaldus presbiter cardinalis tituli. Sancte Praxe-
dix. ss.

#3 Ego Manfredus presbiter cardinalis tituli Sancte Sa-
bine. ss.

+4 Ego Bernardus presbiter cardinalis tituli Sancti Cle-
mentis. ss.

X4 Ego Aribertus presbiter cardinalis tituli Sancte Anasta-
Sie. ss.

+4 Ego Ubaldus presbiter cardinalis tituli Sancte Crucis in
Ierusalem. ss. ——

»« Ego Ymarus Tusculanus episcopus. ss. x

rp Ego Hugo Hostiensis episcopus. ss.

c» Ego Oddo diaconus cardinalis Saneti Georgii ad velum
aureum. ss.

+ Ego Rodulfus diaconus cardinalis tituli Sancte Lucie in
septa solis. ss.

EB Ego Georgius diaeonus cardinalis Saneti Angeli. ss.

#B Ego Guido diaconus cardinalis Sancte Marie in Por-
tica. ss. :

#3 Ego Odo diaconus cardinalis Sancti Nicolai in Carcere
Tulliano. ss.

Datum Laterani per manum Rolandi Sancte Romane Ec-
clesie presbiteri cardinalis et cancellaris . XVI. kalendas aprilis
indictione II. incarnationis dominice anno MOCLIII. pontificatus
vero domini Anestasii IIII. pape anno primo,
I CONFINI DEL COMUNE DI FOLIGNO

ELI:
Concessione di Federico Barbarossa. i io
1177. | j

L'Imperatore Federico Barbarossa, considerando i ser- i
vigi resi in passato allImpero dai cittadini di Foligno, |
conferma ai Consoli della città il territorio del quale deter- |
mina i confini, che sono quasi identici a quelli indicati da |
Papa Innocenzo II nella sua Bolla del 1138 al Vescovo di |
Foligno. Gli concede i castelli, le ville, le acque e i molini |a o
compresi nei confini suddetti. Gli concede inoltre Bevagna E | |
e Coccorone. Il diploma fu datato « apud eclesiam. sanctae |
Mariae in portu » il 24 maggio 1177. Bevagna e Montefalco, |
concesse a Foligno in quest'anno 1177, gli furono confer- 8
mate nel 1184, e li possedette fino al 1209 in cui l'Impera- st 1
tore glie li tolse. La bolla originale o antica copia del diploma
sta nell’ Archivio Comunale, « Archivio delle sei chiavi », e| di |
misura cm. 48 X 39. Edito dal FRENFANELLI, Nicolò Alunno stati |

|
|
|

e la Scuola Umbra, Firenze, 1872, pag. 30.

In nomine Domini amen. Fredericus Dei gratia Romano-
rum Imperator et semper Augustus. Equum est et rationi con- en
sentaneum ut sicut iniqua petentes ab omni limine postulationis i 1
tenemur excludere, sic amica iustitie postulantes et proxima E
veritati Magiestatem Nostram motu mere liberalitatis volumus M
fortius exaudire et ad preces comprobatorum utroque tempore PE
fidelium inclinare. Eapropter notum facimus universis fidelibus :
imperii presentibus et futuris, quod Nos intuitu preteriti servitii,
Vobis consulibus fulginatibus dilectis fidelibus Monacho Rodol-
fino Actoni Mariano et toti populo senaitas sicuti sunt a Stafili ji
et trahit per Clonam iusta Spellum directo pervenientem usque iH
in fluvium Cloton. Et vadit alia senaita sicut currit Cloton et
ascendit ad fontem Palumbe. Et vadit alia per rivum Sancti
Stephani usque in Corgnale de Vacchagna et protenditur usque Tue |
ad elivum Martis. Veniens alia usque ad idem Stafile . Conce-
dimus castella, villas, aquas, molendina et quecumque infra am-
228 i M. FALOCI-PULIGNANI

bitum predictarum senaitarum continentur. Preterea Mevaneam
et Coccoronum et imperiali auctoritate confirmamus. Statuimus
igitur imperiali preceptione sanctientes ut nulla civitas, nullum
commune, nulla omnino persona humilis vel alta, secularis vel
ecclesiastica hane nostre concessionis et confirmationis paginam
audeat infringere, sive alieuius temeritatis ausu impeditionem
villarum, cursus aquarum, molendinorum, castrorum et omnium
que infra ambitum nominatarum senaitarum continentur atten-
tare. Preterea Mevanee et Coccoroni. Quod qui fecerit in ultio-
nem sue presumptionis centum libras puri auri componat, dimi-
dium imperiali camere et reliquum personis iniuriam passis.
Huius rei testes sunt Cristianus archiepiscopus maguntius. Cor-
radus dux Spoleti . et Verhardus de Aisteide . Bertoldus de
Royivilre . Henricus de Lutra . Neapoleonus et Raynaldus et
alii quamplures. Datum apud ecclesiam Sancte Marie in Portu
anno dominice incarnationis MCLXXVII. indictione VIIII.
VIIII kalendas iunii. Quod ut.verius credatur et ab omnibus
illesum osservetur nostro sigillo iussimus communiri.


i

TV.
Nuova concessione di Federico Barbarossa.
1184.

Federico Barbarossa, volendo rimunerare la fedeltà dei
cittadini di Foligno verso l'Impero, conferma. ai Consoli di
quella città il dominio di Bevagna e di Coccorone, toglien-
doli al Comune di Spoleto, in pena della sua infedeltà.
Questo diploma non fa parte del codice compilato nel 1339,
ma è così collegato con i diplomi del 1177 e del 1209, che
ci è sembrato necessario di inserirlo. La pergamena sembra
originale, è tolta dall’ Archivio Comunale, dove si conserva
nel citato « Archivio delle sei chiavi », e misura cm. 36 X 31.

Fridericus Dei gratia Romanorum imperator semper augu-
stus. Excellentiam et virtutem Imperatorie Maiestatis circa
regimen imperii providam decet et oportet habere solertiam ut
I CONFINI DEL COMUNE DI FOLIGNO 229

cum rebelles a devotis et infideles a fidelibus cireumspecto sane
deliberationis iudicio deseruerit in manu potenti virgaque ferrea
tracto cornu (?) superbie recalcitrantium, tum clementie muni-
ficeque liberalitatis gratiam ad incrementum et honorem fide-
lium gaudeat et glorietur copiosis effundere beneficiis. Eapropter
attendentes et archano: profunde mentis armario commendantes
honestissima et luce clariora servitia dilectorum fidelium nostro-
rum civium et totius communis Fulginee civitatis, qui nec adver-
sitate tracti nec fallatie blandientis promissionibus emolliti nobis
et nuntiis nostris indefessa strenuitate exhibuerunt . et contra
non minus sagaciter animadvertentes infidelitatem et impedi-
menta que civitas Spoletana sacro sepe incussit imperio, notum
faeimus presenti fidelium nostrorum aetati et successure poste-
ritati quod ad augmentum et ampliationem civitatis Fulginatis
et comitatus sui, Bevaniam cum omnibus pertinentiis suis ae
Cocoranum eum omnibus pertinentiis eius a comitatu Spoletano
propter multitudinem sue perfidie removemus, et ipsi civitati
Fulginee et comitatui adicimus et iure comitatus ei concedimus
et imperiali auetoritate confirmamus. Ut autem hee nostra con-
cessio in evum inconeussa permaneat in vigore sue perpetui-
tatis, presentem inde paginam conscribi iussimus et maiestatis
nostre sigillo communiri. Statuentes et hac pragmatica sancione
precipientes ut nullus archiepiscopus vel episcopus, nullus dux
sive comes, nullus capitaneus, nullum castrum, nulla civitas
nullumve commune, nulla denique persona humilis vel alta,
secularis vel ecclesiastica, edicto huiusmodi concessionis nostre
se presumat opponere, nec aliquibus iniuriarum calumpnias seu
dampnis attemptet infringere. Quod qui fecerit maiestatis reus
ducentas libras auri puri pro poena componat, dimidium fisco
imperialis camere et reliquum iniuriam passis. Huius rei testes
sunt Gotefridus patriarcha Aquilegensis. Conradus archiepiscopus
Maguntinus. Otto episcopus Banbergensis. Gotefridus imperialis
aule cancellarius. Rodulphus prothonotarius. Conradus dux Spo-
letanus. Gerardus comes de Lon. Henrieus comes de Diehts. Hen-
ricus comes de Altendorf. Olricus de Lucelinhart. Rodulfus came-
rarius. Herartus (?) marscaleus de Luc... (sic) et alii quam plu-
res. Datum Tervisii anno dominice incarnationis MOLXXXIIII.
indietione III. VIII kalendas decembris feliciter. Amen,
230 M. FALOCI- PULIGNANI

V.
. Privilegio di Ottone IV.
1209.

Ottone IV prende sotto la sua protezione Foligno e il
suo territorio, considerando i servigi resi all Impero ed ai
suoi antecessori. Gli conferma i limiti già noti del suo ter-
ritorio, a riserva di Bevagna e di Coccorone che nel 1177 e
poi nel 1184 aveva concesso a Foligno, ma che ora intende
ritenere a disposizione dell Impero.

.Ottone IV fu coronato Imperatore il 4 ottobre 1209,
quindi il diploma fu seritto dopo questa data.

Nel seguente documento del 1210 (edito dal FICKER,
Forschungen ete. Innsbruck, 1872, pag. 274) si legge che
questo diploma era stato concesso recentemente, « nuper
concessum », Dunque dopo il 4 ottobre 1209.

Per la cronologia di questo documento vedi il SANSI
citato, pag. 128.

In nomine domini amen. Hec sunt exempla quorumdam privi-
legiorum communis civitatis Fulginei quorum tenores tales sunt:

In nomine Sancte et individue Trinitatis Octo quartus divina
favente clementia Romanorum imperator augustus.

Imperatorie Maiestatis nostre decet clementiam devota fide-
lium suorum obsequia clementer respicere ipsisque pro bene-
meritis digna munificentie sue beneficia liberaliter impertiendo
ad uberiorem. ac intentionem. fidelitatis constantiam ipsos inte-
graliter conservare. Quapropter notum facimus universis imperii
nostri fidelibus presentibus et futuris quod nos ad memoriam
reducentes et. continue habentes pre oculis indefessa et preclara
servitia que fideles nostri cives Fulginenses antecessoribus nostris
Romanorum imperatoribus divis augustis ad honorem et pro-
mocionem imperii semper exibuerunt, et nostre maiestati iuxta
desideria nostra exhibere sunt deinceps parati ipsos omnes cum
universis bonis ac possessionibus suis, quas nune iuste habent
vel imposterum auctore domino iusto acquisitionis titulo pote-
231

I CONFINI DEL COMUNE DI FOLIGNO

rint obtinere in specialem defensionis nostre protectionem reci-
pimus et admittimus nostras et servitium imperii eos ... preclari

itaque resti ... serenissimi antecessores nostri ... piissimi Roma-
norum imperatores ... hominibus Fulginensibus ... imperator
invenitur fecisse con ... senaitas sicuti sunt a Stafili et trahit

per Clonam [iusta Spellum] directe pervenientem usque in flu-
vium Cloton et vadit a[lia sen]aita sicut currit Cloton et ascen-
dit ad fontem Palumbe [et vadit alia per] rivum Sancti Stephani
usque in corgnale de Vaccagna et protenditur [usque] ad clivum
Martis. Veniens alia usque ad idem Staphyle. Ipsisque [castra]
villas aquas molendina et universa quecunque infra ambitum
[predietarum] senaitarum continentur imperiali auctoritate in
perpetuum confirmamus salva tamen imperiali iustitia. Excipi-
mus etiam Mevaneam et Coecoronum cum omnibus suis perti-
nentiis quia ea specialiter ad manus nostras et servitium imperii
retinemus. Statuimus itaque et imperiali edicto sancimus ut
nulla civitas, nullum commune nullus archiepiscopus episcopus
vel numptius seu legatus noster nullaque omnino persona humilis
vel alta secularis vel ecclesiastica predietos fideles nostros cives
Fulginenses contra hane maiestatis nostre concessionem in
castellis villis aquis molendinis aliisque utilitatibus infra pre-
dietas senaitas audeat impedire vel aliquo modo perturbare.
Quod si quis facere presumpserit centum libras auri puri pro
pena eomponat dimidium camere nostre reliquum passis iniu-
riam. Ad cuius rei certam in posterum evidentiam presentem
paginam inde conscribi et maiestatis nostre sigillo iussimus
communiri. Huius rei testes sunt Wilfkerus patriarcha Aquile-
giensis. Lotharius Pisanus archiepiscopus. Hericus Mantuanus
episcopus curie vicarius. Gregorius Aretinus episeopus. Ago mar-
chio Estensis. Ezzelinus de Trevisio. Comes Hartmannus Vir-
tente (sic). Henricus marscaleus de Callendin. Guncelinus dapi-
fer. Albertus Strucon. Passguerra monachus. Presbiter Rufinus
curie iudices et alii quam plures. i

Signum domini Octonis Quarti Romanorum imperatoris
invictissimi.

Ego Corradus Spirensis episcopus imperialis aule cancella-
rius vice domini Theoderici Coloniensis ecclesie archiepiscopi
et totius Ytalie archicancellarii ...

,

€:
rh

232 M. FALOCI-PULIGNANI

VI.
Privilegio di Diopoldo Duca di Spoleto.
1210.

Diopoldo Duca di Spoleto, in seguito del precedente
diploma di Ottone IV, « muper concessum » alla città di
Foligno, attese le « indefessa et praeclara servitia » rese
allImpero dei cittadini di Foligno, prende sotto la sua pro-
tezione la città stessa, conferma i limiti del territorio, le
note concessioni, e promette che non farà più restaurare

Castel Reale, e non farà costruire alcuna fortezza, che possa
essere molesta ai cittadini. Il diploma, scritto nel palazzo
del Vescovo di Foligno, ha la data del marzo 1210. FICKER,
op. cit., pag. 274. i

In nomine Sancte et individue Trinitati Diopoldus Dei et
imperiali gratia dux Spoleti comes Acerre capitaneus magister
totius Apulee et Terre laboris.

Nostre solicitudinis decet providentiam iustus petitiones et
vota effectuosius adimplere illorum videlicet quos cognoscimus
imperio eiusque nuntiis longa obsequia fideliaque servitia cunctis
temporibus contulisse quatinus imperii honor ac noster uberius
augeatur et eorum erga nos devotio et utilitas recipiat incremen-
tum. Quapropter notum facimus universis tam presentibus quam
futuris quod nos volentes gloriosissimi imperatoris Romanorum
et semper augusti domini Octonis privilegium dilectissimis fide-
libus imperii et nostris civibus fulginatibus nuper concessum
omnimode atque fideliter conservare, ad memoriam reducentes
et continue pre oculis habentes indefessa et preclara servitia
que idem cives fulginii serenissimis dominis imperatoribus et
eorum nuntiis nostrisque antecessoribus ducibus ad honorem et
promotionem imperii et ducatus semper exhibuerunt, necnon

x et exibere deinceps iuxta nostra desideria sunt parati, ipsos
È omnes cum universis bonis ac possessionibus suis, quas nune
iuste habent, vel inpostérum actore domino iusto acquisitionis
1 CONFINI DEL COMUNE DI FOLIGNO 233

titulo poterunt optinere, in specialem defensionis nostre pro-
tectionem recepimus ad servitium imperii et manus nostras eos
specialiter retinemus. Preclara itaque statuta eiusdem invictis-
simi imperatoris divi augusti cupientes custodire intacta pre-
dictis amicis et fidelibus nostris civibus fulginatibus et toti
populo iuxta quod idem inclitus imperator invenitur fecisse
volumus et concedimus firmiter ut habeant senaitas, sicuti sunt,
a Stafili vel eruce saneti Mauri et trahit per Clonam iuxta Spel-
lum directo pervenientem usque in fluvium Cloton . et vadit
alia senaita sicut currit Cloton et ascendit ad fontem palumbe .
et vadit alia per rivum Saneti Stephani usque in Corgnale de
Vaccagna et protenditur usque ad clivium Martis . veniens alia
usque ad idem Stafile vel cruce Sancti Mauri . ipsisque castella
villas aquas moledina et universa quecunque infra ambitum
earumdem senaitarum continentur nostra auctoritate imperpe-
tuum confirmamus salva tamen imperiali iustitia ... in eodem
privilegio ... concessionis confirmamus ut nulla [civitas nullum
commune nulla omnino] persona humilis vel alta, secularis vel
[ecclesiastica ...] predietos amicos et fideles nostros cives fulgi-
nates eontra ... indultum nostre in castellis villis aquis molen-
dinis aliisque [utilitatibus infra] predictas senaitas audeat impe-
dire vel aliquo modo perturbare ... ex liberalitate nostra hoe
suadentes eisdem civibus per nos nostrosque successores

promictimus et legaliter investimus quod Castrum regalem (sic)
non reficiemus nec refiei faciemus nec aliquod munimentum con-
struemus vel construi faciemus per nos vel aliam personam infra
iam dietas senaitas per quod munimentum ipsis civibus molestia
possit inferri . et si forte aliquis vel aliqui sive nobilis sive
comune aliquod aliud reficere vellet aut aliquod munimentum
infra dietas senaitas ut dietum est voluerit edificare, nos contra
eum vél eos una eum fulginatibus eivibus unanimiter existemus
salvo domino imperatore circa quem predietos cives precibus
proposse iuvabimus. Volumus quoque quod nullus hane potesta-
tem vel licentiam colligendi datam vel collectam infra prefatas
senaitas exceptis ipsis civibus quibus colligere liceat . hec omnia
concedimus et plenius confirmamus atque promictimus tam: per
nos quam per nostros suecessores perpetuo firmiter observanda,
salvo in omnibus servitio quod nobis et nostris successoribus
toi

234 M. FALOCI-PULIGNANI

iidem cives facere tenentur. Si quis autem de nobis subiectis huic
nostro privilegio in aliquo predictorum ausus fuerit contrarie
ducentarum marcarum puri argenti componat penam medieta-
tem nostre camere et medietatem passis iniuriam. Ad cuius rei
certam imposterum evidentiam presentem paginam inde con-
scribi et sigillo nostro iussimus communiri. Huius rei testes
sunt dominus Lodaicus de Summa . dominus Conradus Gray .
marescallus . Lotaicus cappellanus . Odorisius Leonardi . Moricus
Rodulfi . Ormannus et Thebaldus de Passaro . Henricus Spili-
mannus et Petrus Dominici . Datum apud Fulgineum in palatio
episcopi anno dominice incarnationis 1210. indictione 13. mense
martii per manus Thomassii notarii anno primo domini Octonis
Romanorum imperatoris et semper augustus (sic).

(L. 8.)

VII.
Privilegio di Innocenzo III.
1210.

Innocenzo III prende sotto la sua protezione Egidio
Vescovo di Foligno e le chiese della sua Diocesi, conceden-
dogli molti.diritti e privilegi. In questa bolla non si parla
più di limiti territoriali, di pedaggi, di giurisdizione civile,

ma solo di giurisdizione ecclesiastica, di chiese, di canoniche,

di monasteri, di ospedali. Il notaio, Angelus Bannelli, auten-
ticó la copia che qui é trascritta, per ordine di Paolo da
Foligno Canonico e Vicario del Vescovo Paolo da Foligno.
La bolla, sottoscritta da diciassette Cardinali, ha la data
17 aprile 1210 « Pontificatus anno decimo », il che deve essere
errore del amanuense, perchè l'anno decimo del pontificato
di Innocenzo III era l'anno 1207.

Ecco la nota delle chiese ricordate in questa bolla,
secondo l’ordine alfabetico, nota che è più numerosa di

quelle precedenti :

1. S. Angelo. - 2. S. Angelo, Monastero. - 3. S. Angelo
delle Grotte. - 4. Budino, S. Feliciano. - 5. Cassignano,
I CONFINI DEL COMUNE DI FOLIGNO 235

S. Maria. - 6. Copernaco, S. Giovanni. - 7. Copernaco, S. Maria. -
8. S. Claudio. - 9. Dignano, S. Maria. - 10. S. Ercolano di
Saviniano. - 11. Favonica, S. Maria. - 12. S, Feliciano. -
13. Filetto, S. Abbondio. - 14. Filetto, S. Andrea. - 15. Filetto,
S. Giovanni. - 16. Filetto, S. Maria. - 17. S. Giovanni. -
18. Foro Flaminio, S. Giovanni. - 19. S. Giacomo, l'Ospedale. -
20. Gricciano. - 21. S. Ilario. - 22. S. Lazzaro, l’ Ospedale. -
23. S. Lorenzo di Aqui. - 24. S. Lorenzo del Poggio. - 25. Fla-
miniano, S. Lorenzo. - 26. Flaminiano, S. Pietro. - 27. S. Lu-
cia. - 28. S. Magno. - 29. S. Maria. - 30. S. Maria. - 31. S. Maria
di Filetto. - 32. S. Maria di Copernaco. - 33. S. Maria in
Campis. - 34. S. Maria Nuova. - 35. S. Maria de Fulginea. -
36. S. Maria Favonica. - 37. S. Maria di Copernaco. - 38. S. Ma-
ria di Gisalberto. - 39. S. Maria fuori della Porta. - 40. S. Ma-
ria presso la Porta. - 41. S. Maria di Monte Sano. - 42. Mas-
sariola. - 43. Morro, S. Martino. - 44. S. Nicolò. - 45. Orchi. -
46. S. Paterniano. - 47. S. Pietro. - 48. S. Pietro. - 49. S. Pietro
di Colle. - 50. S. Pietro di Giunchito. - 51. Porcarella. - 52. Ra-
siglia. - 53. Roviglieto. - 54. S. Salvatore. - 55. Scopoli. -
56. S. Stefano. - 57. S. Stefano, Monastero. - 58. S. Sisto. -
59. S. Stefano di Venara. - 60. Trinità. - 61. S. Valentino. -
62. S. Venanzo di Colle. - 63. Vescia, S. Nicolò. - 64. Villa Alba.

In nomine domini amen. Hoc est exemplum cuiusdam pri-

vilegii papalis domini Innocentii pape III. ipsius bulla plumbea
bullata (sic) in filis syricis rubei et granci coloris [in quo qui-
dem], sigillo ab uno latere sculta erant [duo capita cruce me-
diante et a capite erant littere] dicentes Sanctus Paulus [Sanctus
Petrus et ab alio latere erant littere dicentes] Innocentius
papa III. cu[ius quidem privilegii ...] in ipso contentis (sic) tenor
talis est.

Innocentius [episcopus servus] servorum Dei venerabili fratri
Egidio fulglinati episcopo eiusque successoribus canonice sub-
stituendis in perpetuum.

In eminenti sedis apostolice specula licet inmeriti dispo-
nente domino constituti fratres et coepiscopos nostros tam pro-

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236 M. FALOCI-PULIGNANI E

pinquos quam longne positos fraterna debemus caritate diligere
et ecclesiis sibi a Deo commissis pastorali solicitudine providere.
Quocirea venerabilis in Christo frater tuis iustis postulationibus
clementer annuimus et ecclesiam fulginatem cui auctore domino
preesse dinosceris, sub beati Petri et nostra protectione susci-
pimus, presentis scripti privilegio communimus. statuentes ut
quascunque possessiones quecunque bona eadem: ecclesia in
presentiarum iuste et canonice possidet aut in futurum conces-
sione pontificum largitione regum vel principum oblatione fide-
lium seu aliis iustis modis prestante domino poterit adipisci
firma tibi tuisque successoribus et illibata permaneant in quibus
hee propriis duximus exprimenda vocabulis. In civitate plebem
Sancti Felitiani cum cappellis et omnibus pertinentiis suis, cano-
nicam Sancti Salvatoris cum pertinentiis suis, ecclesiam Sancte
Marie cum pertinentiis suis, ecclesiam Sancti Niccolai cum per-
tinentiis suis, ecclesiam Sancti Claudii cum pertinentiis suis,
ecclesiam Saneti Lazzari cum hospitale leprosorum, ecclesiam
Saneti Iacobi cum hospitali et pertinentiis suis, monasterium
Saneti Angeli cum pertinentiis suis, plebem de Butino cum
cappellis Sanete Marie de Giselberto Sancti Petri de Iunchito
Saneti Stephani, saneti Xisti et Sancte Marie, plebem Sancte
Marie de Filecto cum cappellis et pertinentiis suis, ecclesiam
Sancti Ylarii, ecclesiam Sancti Laurentii de Podio, ecclesiam
Sancte Marie de Montisanis, ecclesiam Sancti Venantii, plebem
Saneti Iohannis cum cappellis ... suis, ecclesiam Sancte Marie
de Foroniea cum eappellis ... Saneti Laurentii de Aqui ... Mas-
sariola, ecclesiam Saneti Angneli ..., ecclesiam Sancti Petri,
ecclesiam Saneti ... pertinentiis suis, canonicam Sancti Pat...
[cum cappellis et pertinentiis] suis, ecclesiam Sancti Erculani
de Saviniano et plebem ... cum cappellis et pertinentiis suis,
monasterium Saneti Stephani ... cum cappellis et pertinentiis
suis, ecclesiam Sancte Trinitatis de ... plebem Sancte Marie de
Filecto, ecclesiam Sancti Petri de Colle, ecclesiam ... de Villalva,
canonicam de Orbe cum cappellis et pertinentiis [earum], eccle-
siam Sanete Marie de Dignano cum pertinentiis suis, plebem
de Porca[rella] eum cappellis et pertinentiis suis, canonicam de
Crizano eum eappellis et pertinentiis suis, ecclesiam de Rasilia
cum pertinentiis suis, ecclesiam Saneti Martini de Murro cum
I CONFINI DEL COMUNE DI FOLIGNO 237

cappellis et pertinentiis suis, plebem de Scopulo cum cappellis
et pertinentiis suis, ecclesiam Sancte Lucie cum cappellis et
pertinentiis suis, plebem Sancti Valentini cum cappellis et per- i
tinentiis suis, ecclesiam Sancti Niccolai de Gnesia, ecclesiam ; [ob
Saneti Stephani de Venara, ecclesiam Saneti Venantii de Colle,
ecclesiam Sancte Marie de Caprenaco, ecclesiam Saneti Iohannis
de Caprenaco, plebem Sancte Marie da Campis cum cappellis
et pertinentiis suis, ecclesiam Sancti Erachii cum pertinentiis
suis, ecclesiam Sancti Laurentii de Flaminiano, ecclesiam Sancti
Petri cum pertinentiis suis, ecclesiam Saneti Angneli de Cripta
cum pertinentiis suis, et plebem de Ruvillita cum cappellis et iud
pertinentiis suis, campum iuxta Sanctum Iohannem, tenimentum : HE
quod tenent filii Ugolini de Donna et filii comitis Gerardi, cam-
pum quem tenent filii Gualterii dicti comitis in Catriniano,

1 i
campum iuxta ecclesiam Sancti Iacobi, campum de Sancto Eu B |
Abundio in Filecto, casalina in Carbonariis antiquis, tenimentum : PL
situm iuxta ecclesiam Sancti Manni usque in civitatem, campum di fi

Sancte Marie extra portam, campum de Pizziale iuxta Sanctam M
Mariam, campum Sanete Marie iuxta portam filiorum Cenci, 4 E
tenimenta que tenent Spellani in Reglano in Filecto in Cesa in P |
Ratischis in Maceratuia et in territorio spellano, tenimentum ti E
quod tenent filii Berardi de Radulfo, tenimenta que tenent filii | Il |
Ascarelli, tenimenta que tenent filii comitis Bernardini in terris id |^
et casalenis, tenimenta que tenent filii Offonis, tenimentum quod E
tenent filii Genci, tenimentum ... filii Crotolfi in civitate ... filii : (IRR |

|
Guidonis Bevenuti (?) in civi[tate ... de Marro] (?) in macera- "ui |
tura ... et eecles fulginat, tenimentum in ... ne monachi aut AU |
canonici seu quomodolibet alii clerici ... pertinentibus sine aucto- ; " i |
ritate tua instituere ... nisi forte pontifieum romanorum privi- ( P
|

legio ... et rationabili consuetudine muniantur. Preterea quod
a te ... capituli tui vel maioris partis sanioris consilii in ...

canonice institutum ratum et firmum volumus permanere. Decer- E |
nimus ergo ut nulli omnino hominum liceat prefatam ecclésiam | Hed
temere perturbare aut eius possessiones auferre vel ablatas reti- j E
nere minuere seu quibuslibet vexationibus fatigare, set omnia ES P
integra conserventur tuis et tuorum successorum usibus omni- vu E

modis profutura, salva sedis apostolice auctoritate. Si qua igitur A il
in futurum ecclesiastica secularisve persona hane nostre consti-
‘ eardinalis ss,

238 M. FALOCI-PULIGNANI

tutionis paginam sciens contra eam temere venire temptaverit
secundo tertiove commonita nisi reatum suum congrua satisfac-
tione correxerat potestatis honorisque sui dignitate careat ream-
que divino iudieio existere de perpetrata iniquitate cognoscat,
et a sacratissimo corpore et sanguine Dei et domini redemptoris
nostri Ihesu Christi aliena fiat atque in extremo examine di-
stricte ultioni subiaceat. Cuntis autem eidem ecclesie sua iura
servantibus sit pax domini nostri Ihesu Christi quatinus et hic
fructum bone actionis percipiant et et apud districtum iudicem
premia eterne pacis inveniant. Amen . amen . amen.

(Locus plumbi)

Ego Innocentius catholice ecelesie episcopus ss.

»4 Ego Petrus Portuensis et Sancte Ruffi[ne episcopus ss.]

> Ego Iohannes Albanensis episcopus ss.

»4 Ego Niccolaus Tusculanus epi[scopus ss.]

HH Ego Guido Prenestinus episcopus ss.

FB Ego Hugo Hostiensis et Velletrensis [episcopus ss.]

H3 Ego Cinthius tituli Sancti Laurentii in Lucina presbiter
cardinalis ss.

>8 Ego Centius Sanctorum Iohannis et Pauli cardinalis tituli
Pamachii ss.

+8 Ego Petrus tituli S. Marcelli presbiter cardinalis ss.

#8 Ego Leo tituli Sancte Crucis in Iherusalem presbiter car-
dinalis ss.

> Ego Petrus Sancte Pudentiane tituli Pastoris presbiter
eardinalis ss.

"4 Ego Gregorius Sancti Georgii ad Velum aureum diaconus
cardinalis ss.

FB Ego Guidus Sancti Niccolai in carcere Tulliano diaconus
cardinalis ss.

+8 Ego Iohannes Sancte Marie in Via lata diaconus cardi-
nalis ss.

»4 Ego Guala Sancte Marie in Portica (sic) diaconus car-
dinalis ss. i
"4 Ego Octavius (?) Sanetorum Sergii et Bacchi diaconus
I CONFINI DEL COMUNE DI FOLIGNO 239

FR Ego Iohannes Sanctorum Cosme et Damiani diaconus
cardinalis ss.

FB Ego Pelagius Sancte Lucie ad Septem solis diaconus
cardinalis ss. : ) ur

Datum Laterani per manum Iohannis Sancte Marie in
Cosmedin diaconi cardinalis Sancte Romane Ecclesie cancellarii i
4. idus aprilis indictione XIII. a nativitate Domini anno 1210. j
[pontificatus sanetissimi domini nostri] domini Innocentii d |
pape III. anno decimotertio (1). puo j

|
|

(L. s.) [Et ego Angnelus Va]nnelli de Fulgineo imperiali
auctoritate notarius [et iudex ordinarius prout] in dietis privi- i
legiis inveni vidi et legi [ita hic de verbo ad] verbum fideliter ip
exemplavi nil addens [vel minuens fraudolen]ter quo ipsorum pied
tenor possit aliquatenus vitiari ... de mandato.et auctoritate [ud
venerabilis viri domini Pauli canonici fulginatis [ac illustrissimi de
et reve]rendi patris in Christo domini Pauli divina gratia Ful- ran
ginatensis episcopi [generalis vica]rii. Qui vicarius pro tribunali |
sedens in coro maioris ecclesie fulginatensis ... auctoritatem
interposuit et decretum sub anno domini a nativitate Millesimo
trecentessimo quadragessimo indictione VIII. tempore pontifi
catus santissimi patris et domini domini Benedicti pape XII.
die 10. mensis iunii presentibus reverendo viro domino Trincia
domini Berardi de Trinciis canonico dicte maioris ecclesie fulgi-
natensis, dompno Iohanne Acti presbitero prebendato ecclesie
memorate, dompno Niccolao Ugolini et magistro Laurentio Fran-
zoni notario et aliis pluribus testibus de Fulgineo inde rogatis.

VIII.
Bolla di Innocenzo III.
1214.

Innocenzo III conferma ad Egidio Vescovo di Foligno
i privilegi e le concessioni di Innocenzo II e di Anastasio IV,
aggiungendo alcune altre chiese a quelle già indicate.

(1) Nel PorTHAST, n. 3974, con questa data è indicata una bolla al
Vescovo Egidio, al quale conferma il monastero di Landolina.
Teu

7

«nos hae providentie ratione in apostolice sedis aministratione

possessi ita omnino [integri] tam tibi quam tuis successoribus

240 M. FALOCI-PULIGNANI

Il notaio dichiara che le copie da lui vidimate sono
conformi agli originali diplomi papali e imperiali, e lo di-
chiara per ordine e con l'autorità di Paolo canonico e vicario
di Paolo Vescovo di Foligno, che siedeva « pro tribunali »
nel eoro della Cattedrale, e per ordine di Rinaldo da S. Mi-
niato giudice e assessore del Comune, che siedeva nel Palazzo
del Comune, il 5 aprile 1339.

x

Il documento è sconosciuto al POTTHAST.

Innocentius episcopus servus servorum Dei venerabili fratri
Egidio Fulginati episcopo eiusque subeessoribus canonice sub-
stituendis in perpetuum.

Incoprehensibilis (sic) et inefabilis divine miseratio potestatis

constituit ut paternam universis ecclesiis solicitudinem gerere
studeamus. Proinde venerabilis in Christo frater Egidi episcope
tuis iustis postulationibus debita benignitate annuimus et [Ful-
ginensem ecclesiam cui Deo autore pre]esse dinosceris ad exem-
plar [...] predecessorum nostrorum Romanorum pontificum
[apopostolice sedis privilegio communimus]. Stàtuentes ut quas-
cunque possessio[nes quecunque] bona eadem ecclesia in presen-
tiarum iuste et canonice possidet [aut in fu]turum rationabilibus
modis Deo propitio poterit adipisci firma tibi [tuisque succes-
soribus] et illibata permaneant. Statuimus etiam ut universi
fines [parrochie] sicut a tuis antecessoribus usque hodie sunt

imperpetuum conserventur. Primum siquidem latus a Timia
vadit in flumen mortuum . secundum latus a flumine mortuo
in fontem palumbi et per rivum Sancti Stephani ad crucem
Saneti Martini inde ad Cerretum et ad rivulum Forani usque
in rivum qui dieitur Grincus. Tertium latus ab ipso Grinco per-
venit ad corniale de Vaccagna usque ad clivum Martis et sic
inde ad collem Iovis et descendit per directum usque ad erucem
Saneti Mauri. A quarto latere rivus Clona iuxta Spellum per-
venit in supradietum flumen Timiam. Confirmamus insuper vobis
et per vos sanete Fulginensi ecclesie et plebem Saneti Iohannis
de Floro (sic) flaminis cum ecclesiis suis, plebem Sancti Iohannis
I CONFINI DEL COMUNE DI FOLIGNO 241

de Filecto cum ecclesiis suis, plebem Sancti Felitiani de Butino,
ecclesiam de Sancta Maria nova, plebem Sancte. Marie de Ful-
ginea cum ecclesiis et possessionibus earum, plebem Saneti
Valentini et plebem de Rovellita et plebem Sancte Marie de
scopulo, plebem Sancte Marie de Foloniea cum possessionibus
et ecclesiis earum, plebem de Cassingnano, plebem de Por-
carella et plebem Saneti Andree de orbe cum ecelesiis et perti-
nentiis earum, ecclesiam Sancte Marie de Villa alba, ecclesia
de Petra cernaria, ecclesiam de Campilglole, ecclesiam Sancte
Crucis de Capaecle et ecclesiam Sancti Iohannis de Iove. Porro
eastellum de Landoline cum sua possessione et ecclesiam Sancte
Marie de Dignano cum omnibus pertinentiis suis in tuo tuo-
rumque successorum donicatu (sic) semper permanere censemus.
Janonicam vero Sancti Felitiani cum omnibus pertinentiis vel
ecclesiis suis ita sub vestro statuimus iure persistere ut nullus
ibi prepositus nullus canonicus absque assensu episcopi ordine-
tur. Prebenda etiam de canonica episcopo tribuatur quotiens
in refectorio cum fratribus reficere voluerit. Monasterium quoque
Saneti Salvatoris et ecclesiam Saneti Appolinaris: ecclesiam
Sanete Margarite ecclesiam Saneti ... sancti Iacobi cum hospitali
[et ecclesiam Saneti Constantii et ecclesiam Sancti Abundi et
ecclesiam Saneti] Eracli ecclesiam Sancti Laurentii ... et omnes
ecclesias civitatis secundum sacrorum eano[num sanctiones in
vestra] statuimus dispositione et ordinatione persistere. I[nsuper
etiam] ecclesiam Sanete Cristine et ecclesiam Sancti Petri de
Rutundo [et canonicam] Sancti Petrignani cum omnibus perti-
nentiis earum. Monasterium Sancti [Stephani et] monasterium
de Salvino. Saneti Martini de Morro et Saneti Ang[eli de Ro-

etiam Sancti [Martini] et Saneti Andree et Sanete Lucie eccle-
sias cum omnibus pertinentiis et ecclesiis earum omnesque alias
ecclesias fulginensis episcopatus similiter statuimus in vestris
dispositione et ordinatione persistere. Sane redditus de mercato
de portis de pontibus et de stratis civitatis et de Castro episcopi
videlicet Sancti Felitiani tibi tuisque successoribus imperpe-
tuum confirmamus sicut ex antiquo iure et ex regie liberalitatis
munificentia fulginensis hactenus possedit ecclesia. Campum qui
dieitur Sanete Marie . cappellam Saneti Angeli , eampum Saneti

saia] ecclesias cum omnibus pertinentiis earum. Canonicam
242 . M. FALOCI-PULIGNANI

Abundi de Felecto . campum frigidi . campum de Gualdo et
totam terram Bernardi filii Rigonis et totam terram quam dedit
Acto comes Luponis filius ecelesie Saneti Felitiani et totam ter-
ram que est in.Spello et Orcello. Topini quoque fluminis alveum
iuxta civitatem sie in vestra iurisdictione servandum perpetuo
confirmamus . ut molendina omnia que illic presenti tempore
iam constructa sunt et in futurum construi contingnerit (sic) et
queque edifieia illic construentur nec non omnes servi et ancille
atque liberi ad ecclesiam pertinentes sub vestro semper iure
aut possessione permaneant. Decernimus ergo ut nulli omnino
hominum liceat prefatam ecclesiam temere perturbare aut eius
possessionem auferre vel ablatas retinere minuere aut aliquibus
vexationibus fatigare set omnia integra conserventur tam tuis
quam clericorum et pauperum usibus profutura salva in omnibus
apostolice sedis auctoritate. Si qua igitur in futurum ecclesiastica
secularisve persona hane nostre constitutionis paginam sciens
contra eam temere venire temtaverit secundo tertiove commo-
nita si non satisfactione congrua emendaverit potestatis hono-
risque sui dingnitate careat reamque se divino iudicio existere
de perpetrata iniquitate cognoscat ete. .. .. ........

(Locus plumbi)
(Locus sigle)

Ego Innocentius catholice ecclesie episo.*

kB Ego Cinthius tituli S. Laurentii in Lucina presbiter
cardinalis ss.

FB Ego Cencius SS. Iohannis et Pauli presbiter cardinalis
tituli Pamachii ss.

+R Ego Leo tituli S. Crucis in Iherusalem presbiter cardi-
nalis ss.

»4 Ego Petrus S. Prudentiane (sic) tituli Pastoris presbiter
cardinalis ss. |

HH Ego Guala S. Martini presbiter cardinalis tituli Equi-
tii ss.

H* Ego Iohannes tituli S. Prasedis pr. card. ss.

"3 Ego Stephanus basilice Duodecim Apostolorum presbiter
cardinalis ss.
74 Ego Guido Prenestinus episcopus ss,
———

I CONFINI DEL COMUNE DI FOLIGNO

+ Ego Hugo Hostiensis et Velletrensis ep.5 ss.

+8 Ego Benedictus Portuniensis (sic) et Sancte Ruffine
episcopus ss.

FB Ego Guido S. Nicolai in carcere Tulliano diaconus car-
dinalis ss.

#8 Ego Oetavianus SS. Sergii et Bachi diaconus cardi-
nalis ss.

#8 Ego Angelus S. Adriani diae. card. ss.

Data Laterani ... et cappellam dompni MCCXIIII. pontifi-
catus ete. anno decimo.

(L. s. Et ego ... fulginas imperiali auctorita notarius et
iudex or[dinarius ...] vidi et legi in dietis privilegiis p[apalibus
et] imperialibus et etiam rectoris predicti, ita hie [de verbo] ad
verbum fideliter exemplavi nil addens vel [minu]ens fradulenter
propter quod posset ipsorum vel alicuius [eorum] tenor aliqua-
tenus vitiari nisi forte puntum vel silabam positam per herro-
rem, et de mandato licentia et auctoritate reverendi et sapientis
viri domini Pauli Pho (sic) canonici fulginatis vicarii venerabilis
in Christo patris et domini domini Pauli Dei et apostolice sedis
gratia episcopi Fulginatis pro tribunali sedentis in coro dicte
maioris ecclesie Fulginatis transcripsi et pubblicavi qui suam
et dieti episcopatus auctoritatem interposuit et decretum pre-
sentibus hiis testibus videlicet domino Egidio Iohannis domino
Petro Veri canonicis dicte maioris ecclesie fulginatis Vangnoc-
zuro Bevenuti Vangnoezuro Forturi et Mannutio Zoli testibus
inde rogatis. Et etiam mandato et auctoritate nobilis et sapientis
viri domini Raynaldi de Saneto Miniate iudicis et assessoris
civitatis Fulginei pro tribunali sedentis in palatio dicte civitatis
ad banchum iuris Mattiorum (sic) qui suam in predictis et
quolibet predictorum iudiciariam auctoritatem et dicti commu-
nis et decretum. Que quidem auctoritates interposite fuerunt
per dominos vicarium et iudicem supradictos in locis prefatis
sub anno domini 1339 indictione septima tempore domini Bene-
dieti pape XII. die 5 mensis aprilis presentibus hiis testibus
impositioni diete auctoritatis interposite per dominum Raynal-
dum iudicem supradietum videlieet Vangnoezuro Bevenuti Sy-
moni Mactheoli et Vangnoezuro Forturi testibus inde rogatis,

MEET Silea afi: ^de e — rr METELLI a) MESE
244 M. FALOCI-PULIGNANI

IX.
Bolla di Berardo Vescovo di Foligno.
1289.

Berardo Vescovo di Foligno nomina priore e rettore
della chiesa e dell ospedale di S. Lazzaro di Corsciano
don Angelo Maccarini per rogito di Bartolo di Giacomo
notaro il 21 marzo 1289. La chiesa di S. Lazzaro, isolata,
e che serviva anche per ospedale di tubercolosi, sorgeva
proprio» sui limiti del Comune di Foligno presso il Chiona,
dove è oggi un vecchio edificio dissacrato a tutto e ridotto
a uso profano. Per assicurare i confini del territorio dalla
parte di Spello, il Comune e il Vescovado di Foligno tene-
vano assai alla giurisdizione di questa chiesa.

Collatio ... hospitalis Corsiani.

In nomine domini amen. Hoc est exemplum quorumdam
publicorum instrumentorum exemplatorum per me Angnelum
Vannelli notarium infraseriptum quorum tenores inferius deno-
tantur.

In nomine domini amen. Anno domini' 1289 indictione
secunda tempore domini Niccolai pape quarti die lune 21 mensis
martii. Actum in palatio episcopatus fulginatis coram nobili
viro domino Berardo quondam domini Stelluti, domino Ranno
priore ecelesie Sancti Iohannis Floris flaminis, Gualterutio Mas-
sioli, Nieeola Bonaventure et Iohanne Vinturatii testibus pre-
sentibus. ad hec rogatis. Venerabilis pater dominus Berardus
Dei gratia episeopus fulginatensis inelinando se postulationibus
et supplieationibus factis per Angnelum Ionte et. Martinum
Menzi familiares hospitalis infraseripti de Corsiano volens eccle-
sie Saneti Lazari prioratui et rectorie hospitalis Corsciani fulgi-
natensis diocesis vacantium (sic) per mortem dompni Angneli
quondam Tebaldutii tam in spiritualibus quam temporalibus
providere dompnum Angnelum Maccharini clericum in prefata
I CONFINI DEL COMUNE DI FOLIGNO 245

ecclesia Saneti Lazari clericum instituit ac etiam ordinavit
dans et concedens eidem dompno Angnelo dietam ecclesiam
prioratum et rectoriam hospitalis et ecclesie memorate cum
omnibus et singulis terris possessionibus rebus et iuribus quo-
cunque modo ad prefatam ecclesiam et hospitale spectantibus
de quibus quidem ecclesia prioratu et rectoria hospitalis predicti
rerum et possessionum et iurium ipsarum ... dompnum Angne-
lum ... elerieo ecclesie Sancti Iohannis floris flaminis ... in
corporalem tenutam et possessionem vel quasi ... Corsciano
terrarum possessionum rerum et iurium ... inductumque defen-
dat ac ipsum faciat ... [Contra]dietores et rebelles ipsius excom-
municationis inno ... ad sancta Dei evangelia tacto libro iur ...
ecclesiam Saneti Lazari hospitale Corsciani ... manutenere et
defendere bona fide et sin ... sone concedere vel obligare nec
ipsam ecclesiam hospitale ... sub aliqua servitute subponere. In
cuius regi (sic) testimonium [et ad perpetuam facti cautelam] pre-
fatus dominus episcopus de predictis fieri mandavit [per me infra-
scriptum Bartholum] notarium suum publieum instrumentum.

Et ego Bartholus Iacobi imperiali auctoritate notarius et
nune dieti domini episcopi hiis omnibus interfui et ut supra
legitur dietorum domini episcopi et clerici mandato hec sub-
scripsi et publicavi.

X
Bolla di Bariolomino Vescovo di Foligno.
1316.
Bartolomino Vescovo di Foligno nomina don Giovanni
di Ranuecio priore e rettore della chiesa e dell'ospedale di

S. Lazzaro di Corsciano con rogito del notaio Angelo Man-
nelli 21 giugno 1316.

‘Alia collatio dicti hospitalis.

In nomine domini amen. Anno eiusdem MCCCXVI. in-
dietione XIIII. ecelesia romana pastore vacante die X XI. men-
sis iunii. Actum Fulginei in camera palatii Episcopatus ubi
246 M. FALOCI-PULIGNANI

episcopus moratur. Coram domino Maffeo domini Andree, do-
mino Symone domini Margante, domino Gancia Berardi et fratre
Iohanne domini Iacobi domini Guidi testibus inde rogatis. Vene-
rabilis pater et dominus dominus Bartholominus Dei gratia ful-
ginatensis episcopus consideratis meritis laudabilis conversationis
et vite dompni Iohannis Rainutii de Fulgineo clerici ecclesie seu
hospitalis saneti Laczari de Corsiano fulginatensis diocesis prio-
ratum. et rectoriam diete ecclesie saneti Lazzari et hospitalis
vacantem per mortem dompni Angeli olim prioris et rectoris
dicte ecelesie et hospitalis euius collatio tam de iure quam ex
antiqua consuetudine ad ipsum dominum episcopum noseitur
pertinere cum iuribus et pertinentiis suis spiritualium et tempora-
lium domino Crisseio priori eeclesie sancti Salvatoris de Fulgineo
stipulanti et recipienti vice et nomine predieti dompni Iohannis
et pro ipso dompno Iohanne contulit atque dedit et de ipso prio-
ratu et rectoria eiusdem duxit etiam providendum ac etiam ipsum
dominum Criscium priorem vice et nomine dieti dompni Iohannis
et pro eo per anulum aureum ipsius domini episcopi presenta-
bitur ... dompno Venture rectori ... ipsius spiritualium et tem-
poralium et ... ipsa ecclesia quolibet alio inlicito ... gaudere
sibique de ipsius eeclesie ... proventibus iuribus et obventio-
nibus universis [integre responderi ... Contradictores et] rebelles
per censuram ecclesiasticam compescendo. In cuius rei [fidem
et testimonium ipse dominus] episcopus fieri mandavit per me
Iacobum suum notarium infra[scriptum hoe publicum] instru-
mentum. Item die 22 dieti mensis iunii in dicta ecclesia [pre-
sentibus ...] Pacis Scentre (sic) Deotedei Vancqui Perucarii (?)
de Pug ... testibus inde rogatis predictus dompnus Ventura
executor in ... predictum dompnum Iohannem in tenutam et
possessionem dicte ecclesie ... ponendo in manibus onicem dicte
ecclesie hostia ipsius ecclesie [et eius] domorum libros, pannos
altaris, funes campanarum tam pro iure ... prioratus et rectorie
quam etiam pro iure omnium aliorum bonorum spiritualium et
temporalium diete ecclesie et hospitalis contradictores et rebelles
per censuram ecclesiasticam compescendo. Et ipse dompnus
Iohannes prior animo possidendi et retinendi aperuit et clausit
hostia diete ecclesie et domorum ipsius, pulsavit campanas et
reposuit libros super altare tam pro iure diete ecclesie et hospi-
I CONFINI DEL COMUNE DI FOLIGNO | 247

talis quam pro iure aliorum bonorum spiritualium et tempora-
lium dicte ecclesie et hospitalis.

Et ego Iacobus magistri Folingni de Fulgineo imperiali
auctoritate notarius predictis interfui et dictam institutionem
mandato dicti domini episcopi et tenutam rogatu dictorum
prioris et executoris scripsi subscripsi et publieavi etc.

(L. signi) Et ego Angnelus Vannelli de Fulgineo imperiali
auctoritate notarius et iudex ordinarius prout inveni vidi et
legi in dictis publicis instrumentis ita hic de verbo ad verbum
fideliter exemplavi nil addens vel minuens fraudolenter propter
quod posset ipsorum tenor ... vitiari nisi forte punetum vel
sillabam positam ... de mandato licentia et auctoritate rever ...
canonici fulg. ... Pauli Dei et Apostolicae Sedis gratia Episcopi ...
Coro diete Maioris Ecclesie Fulg. ... dicti Episcopatus aucto-
ritatem interposuit et decretum ... domino Egidio Iohannis,
domino Petro Veri ... fule. Vagnozzuro Benenuti Va. ... testibus
inde rogatis. Sub anno Domini [1339 indietione] septima tem-
pore Domini Benedicti pape XII. ...

MICHELE FALOCI-PULIGNANI
SANTA MARIA DI VALDIPONTE

La breve istoria che pubblichiamo di questa insigne
Abbazia è di grande importanza nella storia religiosa, civile

ed artistica della nostra regione; per essere stata compilata da

persona dottissima ed in tempo in cui il prezioso archivio, se
non era intatto dalle molte usurpazioni alle quali fu esposto
per le triste vicende di lunghi anni, possedeva ancora oltre
duemila pergamene, e i libri di amministrazione, fra i quali
quello del Celerario, dove erano tante preziose notizie del se-
colo decimoterzo, e che oggi non si sa in che mani si trovi (1).

(1) Questa è la ragione perchè, quando pubblieai le Notizie sui
Pittori del Duecento, mi dovetti contentare di riferire soltanto le citazioni
dell’ Amatori, tratte dai documenti trovati nel libro del Celerario.

Quel lavoretto non piacque al mio bravo amico Professor Giustino
Cristofani, il quale voleva ad ogni costo vedere il testo dei documenti,
e sincerarsi da sè.

Me ne dispiace, ma io non ho mai veduto il libro del Celerario, e
mi son dovuto contentare della testimonianza di Don Evaristo Berardi
e di altri, che ebbero in mano il detto libro.

Bisogna sapere, che i Manoscritti dell’ Amatori erano nell’ Archivio
di San Severino, e che furono fatti venire dal Berardi, per servirsene
in una Causa civile contro il Demanio, riguardante la chiesa di Monte-
labate. Fra questi c' era anche il famoso libro del secolo decimoterzo,
il quale, dopo aver viaggiato da un Ufficio all’ altro, scomparve; e, per
quante ricerche io n’ abbia fatte, non è stato possibile rinvenirlo.

Riassumo in poche parole il contenuto degli estratti dell’ Amatori
dal registro del Celerario : « Meo di Maestro Guido da Siena, nel 1285
ill 250 E. RICCI

I Autore di queste brevi memorie ? il celebre Abate
| Don Alberieo Amatori, già bibliotecario della Sessoriana, e
I compagno di lavoro dell’immortale Cardinale Angelo Mai,
che l’ebbe carissimo e gli affidò importanti lavori, quali

insieme con alcuni suoi scolari, erano a lavorare nel Monastero di Santa
Maria di Valdiponte, e nel mese di maggio furono pagati di tutto il loro
avere; cioè, delle tavole fatte per l' Altar Maggiore, degli affreschi ecc. ecc. ».
Dunque, carissimo Professor Cristofani, qui è in ballo la fede storica di
D. Alberico Amatori! O egli ha falsificato un documento importantissimo,
o non ha saputo leggere in un codice del secolo XIII. Non si può pen-
sare a falsificazioni; perchè egli non fa nessun conto della notizia data,
non la illustra, non ne mette in rilievo l’importanza, per la semplice
ragione che non si occupa della storia dell’ Arte, chè a quei tempi non
era di moda, com’ è di moda adesso: quindi non aveva nessun interesse
nel cavar fuori il nome del nostro Meo, ch’ egli non sapeva neppur
chi fosse. E poi, rimettere a falsificatore un uomo degnissimo !!!

Che non abbia saputo leggere il codice? Eh, via, mio bravo Pro-
fessore, scorri queste memorie e vedrai ch' egli poteva insegnare a molti
i quali fra noi riscuotono fama di paleografi insigni, come sarebbero il
Belforti, il Fatteschi, ecc. ecc. Possibile, che chi si meritò la stima di
ANGELO MAI, non abbia da avere il meschino contributo della nostra?
Vogliamo proprio impancarsi a giudici inappellabili, e rivedere le bucce
a certi colossi?

Dunque rimane chiaro (a chi ha buona volontà, e non vuole esser
cieco per non vedere, come Gesù ha detto nel Vangelo: « oculos suos
clauserunt ne quando videani! »), dunque rimane chiaro, che Meo da
Siena, figlio di Guido (cioè di Maestro Guido che ancora dipingeva
nel 1285), era nato un bel pezzo prima del 1285, e s'era trasferito a
Perugia da parecchi anni, e nel 1319, già vecchio, faceva il suo catasto,
avendo avuto la cittadinanza di Perugia.

La notizia è interessantissima per la storia dell’ Arte Perugina;
ma disgraziatamente rovescia tutte le congetture, tutte le teorie fabbri-
cate dai grandi critici!! E con questo? Via, via, caro amico, sii meno
severo e non lasciarti trasportare dagli ardori intempestivi della critica.

Quanto poi alla paternità del Crocifisso del 1272, che è nella nostra
Pinacoteca, io, attribuendolo a. Meo da Siena, non ho fatto altro che
confermare ciò che era stato detto, non saprei da chi, creando un
certo Maestro di Sam Francesco; e non sto qui a ripetere ciò che dissi
allora, con raziocinio chiaro ed apodittico.

Un'altra eosa! E non dissi anche dello Zampa e del Dott. Salmi?
(pag. 76, n. 1). Del primo che aveva veduto il manoscritto dell’ Amatori,

^
SANTA MARIA DI VALDIPONTE 251

trascrizioni di codici e regesti, come a persona sulla cui :
dottrina e capacità poteva riposare tranquillamente. b '

Basta questa notizia a formare Pelogio compiuto del
nostro Monaco che, schivo degli elogi del mondo, visse - |
umile, lasciando il tesoro dei suoi manoscritti al Monastero
dove, in ancor verde età, chiuse i suoi giorni, contento di j|
aver lavorato indefessamente nel raccogliere quante più |
notizie potesse, onde formare una storia completa dell’ Or- 5 MI
dine dei Monaci Benedettini. |

Don Alberico Amatori nacque il 17 luglio 1811 da Pietro ;
e Maria Cardinali, in Monteroberto, provincia di Ancona, ; aL
nella Diocesi di Jesi (1). Il nome di battesimo fu Benedetto.
Fece i primi studj nel Seminario di Recanati; a 16 anni
prese l'abito dei Monaci Benedettini Cistercensi e, a 20 anni, 2134
emise i voti monastici. Terminati gli studj sacri in Roma,

di Santa Croce in Gerusalemme, dove ebbe campo di secon- "wu
dare il suo genio dal quale era portato agli studj sto- d |.
rici; e si distinse, come abbiamo detto, nell interpretazione i d NI
dei codici più difficili, come sarebbero le Bolle pontificie,

ancor giovanissimo fu addetto alla Biblioteca Sessoriana : |
|

i

i

|

i Diplomi e i Privilegi imperiali, tanto da guadagnarsi la |
|

ne aveva riferite le parole, ma senza farne aleun conto: e dell'altro P M
dissi che con l'analisi stilistica faceva dipingere a Meo le sue tavole Ju
almeno 50 anni piü tardi! | ab

Nessuno dunque potrà accusarmi di malafede o di plagio. E tu, sum
carissimo Professore, prendi le cose con più calma, per non dar da fare ur M | |
a certuni che, fidati giustamente alla tua dottrina, tanto per far sapere Ni
al mondo che ci sono anch’ essi, ricantano ciò che hanno sentito dire
dagli altri, senza competenza, ma per solo spirito di contradire.

(1) Devo queste e le altre notizie biografiche alla cortesia del Reve- |
rendissimo Don Guido Bentivoglio dei Cistercensi, Parroco di Santa Maria LEGGI T
dei Lumi in San Severino delle Marche, il quale le ha raccolte, facendo BRE.
diligenti ricerche all’ Anagrafe e nei libri di Stato d' Anime e dei Morti - i 5
di San Lorenzo in Doliolo; di che gliene rendo i più vivi ringraziamenti, Ee
252 E. RICCI

stima’ dei primi paleografi, dei quali Roma abbondava, fra
i quali primeggia il celebre Cardinal Mai. Nominato biblio-
tecario della Sessoriana, nel 1846, ricevette la Benedizione

. Abbaziale, a soli 35 anni, ciò che dimostra in quale stima.

fosse tenuto dai superiori dell’ Ordine.

Quattro anni dopo, fu mandato per Abate a Santa Maria
di Valdiponte, collo specioso pretesto di richiamare all’ os-
servanza della Regola Benedettina quel Monastero. Sembra
però che la causa fosse ben altra, che quella di riformare
i Monaci: ma di questo sentiremo ciò ch'egli stesso ci rac-
conta, e del sospetto che gli venne quando si trovò in quella
solitudine. |

Quivi rimase a governare il Monastero per dieci anni
fino al dicembre 1859, nel qual anno, non se ne sa la ragione,
fu mandato parroco a San Lorenzo in Doliolo, di San Seve-
rino nella Marea, dove rimase fino alla morte, che lo colse
dopo tre anni e mezzo di letto, il 15 novembre 1875, con-
sunto da tisi polmonare. Forse la salute malferma e le triste
condizioni dei tempi lo costrinsero a lasciar l eremo per
ritirarsi a vita più riposata, lontano dalle dolci occupazioni
dei polverosi codici di quella vetusta Abbazia.

Dei molti manoscritti lasciati dall’ Amatori, e che si
conservano nel Monastero Cistercense di San Severino, non
è pubblicato per le stampe se non un breve opuscolo
(pagg. VIII-30) intitolato: Le Abbazie e Monasteri Piceni -
Breve notizia di Don Alberico Amatori Ab. Ben. dell’ Ordine
Cistercense - Camerino 1870.

Del lungo e paziente studio fatto sui codici di Monte-
labbate, rimangono: 1.° un copioso zibaldone compilato nel
fare lo spoglio delle pergamene; 2.° l’abbozzo della storia
dell’ Abbazia Valpontense; 3.° la copia definitiva nella quale
tralasciò molte particolari notizie che si trovano nell’ ab-
SANTA MARIA DI VALDIPONTE 253

bozzo; 4.' un sunto assai breve della medesima, dove però
con molta chiarezza si contiene quanto è necessario per cono-
scere la storia dell’ Abbazia. Questo noi pubblichiamo, insieme
con la prefazione che si trova nell’ Abbozzo e che 1° Amatori
soppresse nella Copia preparata per la stampa, prefazione
utilissima tuttavia per compiere le notizie biografiche del-
l’ Autore, e per la storia dello sventurato archivio Val-
pontense. In questa ci siamo serviti di alcuni luoghi della
Copia che chiariscono i passi alquanto oscuri che si trovano
nella detta prefazione.

Ecco quanto si legge in principio del detto Abbozzo:

« Allontanato, per reggere il Monastero di S. Maria di
Valdiponte in Corbiniano, dalla pacifica e amena custodia
della Biblioteca Sessoriana di S. Croce in Gerusalemme di
Roma, e dalla sorte non comune di prestare servigj all’im-
mortale Cardinal Mai, come egli stesso si degnò far noto
al Pubblico nello Spicilegio Romano, ed a cui ebbi anche
l'onore di formare l'intero indice della sua preziosa Biblio-
teca, altro conforto non mi rimaneva che la dolce solitudine
e la speranza di vedere nel Monastero di Valdiponte quel-
l'ordinato metodo Monastieo, tanto ne' passati tempi decan-
tato, che fece risplendere Pistituto de’ Cisterciensi.

« Questa era l’idea, o vera o apparente, dei Padri con-
gregati, per mantener l’Osservanza regolare, e ripristinare
ciò che ora è nel desiderio de’ Supremi Superiori.

« Secondati in tutto, o in parte, dagli altri Ordini Reli-
giosi, l'impresa andò a vuoto, perchè così si volle. Ed allora
dovetti persuadermi che quanto era stato fatto precedente-
mente, anche con solenne decreto, non fu se non un’arte men
retta, che qualche volta esce ancora dalle cocolle monastiche.

« Mi rimaneva perciò di conforto semplicemente la soli-
tudine, la quale viene a noja, se non è accompagnata da
intellettuali e corporali esercizj.

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—Bu- LÁ — a ASTI VISITA FORSE aa Cip XL

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954 f£. RICCI

«La mancanza di libri mi rendeva impossibili i primi,
Pinosservanza dell’opera manuale, mi faceva astenere dai
secondi, ai quali non avrei potuto attendere, senza la taccia
d'intollerabile singolarità (1). i

« Fortunatamente in queste angustie nelle quali mi tro;
vava potei osservare nell’ Archivio un copioso numero di
carte antiche e moderne, tutte alla rinfusa. Trovai tre indici
di molte di esse. Il primo è del 1578, ed ha per titolo Summa-
rium Scripturarum antiquarum Abbatiae Vallis Pontis a D. Marco
Antonio Pandora Canonico Assisiensi Collectum, dal quale si
rileva che l' Archivio in quest’ epoca era assai più ricco,

«Il 2°, del 1798, ha per titolo: Tabularij perantiqui
S. Mariae Vallis de Ponte in Corbiniano, seu Monumentorum
in ipso asservatorum Epitomen ordine chronologico dispositum
ed è dell’ Abate Giov. Colombino Fatteschi, da lui composto
nella sua vecchiezza, quindi lavoro di occhi stanchi per la
lettura di simili monumenti, e perciò non senza equivoci;
tanto ch’egli stesso confessa, épsorum documentorum meis
jam caligantibus oculis non tam facilis lectio.

«Il terzo è di Giuseppe Belforti di Perugia, del-
l’anno 1799; ma costui non avea forse neppur mediocre
capacità nel leggere le antiche scritture. Chiama scabroso
carattere quello che pur si legge con ogni facilità; così dice
di un Testamento del 994; testamento di Gregorio del
quondam. Giovanni, sottoscritto da quattordici testimonj,
d’interpretazione molto dubbia.

« Da questi tre indici-epitome si raccoglie che il numero
di monumenti era assai maggiore, e che per noncuranza

x

è andato sempre diminuendo. Non farebbe meraviglia che

(1) Non avrebbe potuto attendere al lavoro manuale a cui, secondo
l’Istituto, in certe ore del giorno erano obbligati i Monaci; i quali però
non osservavano più quel capitolo della Regola. Ma, s’ egli avesse voluto
attendere al detto lavoro manuale, si sarebbe attirate le osservazioni
degli altri Monaci.
SANTA MARIA DI VALDIPONTE 255

alcune pergamene fossero servite per ricoprire i libri, come i
Mss. dell’ Ughelli furono fatti servire per fare bocce da giuoco.
« Trovato un copioso numero di monumenti antichi, mi
riempii di esultanza, sperando di trovare in essi abbondanti
notizie colle quali poter chiarire l’oscurità.de’ lontani secoli,
di precisare le epoche de’ Romani Pontefici ed Imperadori,
e scoprire la Genealogia e storia di Famiglie illustri, che
necessariamente ebbero relazione col Monistero.

« Non mancò a prima vista plausibile fondamento alla
mia speranza, imperciochè sotto le mie mani vennero per
le prime vetustissime membrane, le quali riferivano la fon-
dazione del Monastero più antica di quello io credessi;
perchè, se nel secolo decimo furono fatte donazioni di beni
al Monastero, agli Abati e monaci viventi, facilmente può
dedursi che la fondazione primitiva almeno risalga al secolo
precedente non potendo essere scorso breve tempo perchè
la vita de’ Monaci acquistasse rinomanza e fama di pia e
religiosa, così che si accattivassero la fiducia de’ popoli.

« Non è questa azzardata congettura, perchè nell’anno
mille e trenta, Papa Giovanni XIX delegò all’ abate Pietro
la restaurazione del Monastero, per essere presso che diruto
e desolato.

< Ma sia pure nelle tenebre del secolo nono e decimo
avvolta la fondazione di questo Monastero, è certo che può
riguardarsi come una delle prime fondazioni Benedettine.
Pur tutta via i monumenti che si conservano nell’ Archivio
non corrispondevano all’ aspettazione.

« La maggior parte delle membrane non presenta se non
contratti enfiteutici accordati agli abitatori circonvicini al

varsi se non i nomi degli Abati, la disciplina Monastica, i
nomi delle Chiese e Castella soggette, le usanze de’ tempi,
e poche altre notizie.

« Mi astenni perciò dal trascriverli, come avea divisato,
volendo imitare l' Abate Fatteschi, il quale spogliò I? Archivio

Monistero e luoghi soggetti, dai quali null’altro può rica-

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RI
|
periali diplomi co’ quali i Monisteri si difendevano contro

256 i E. RICCI

Sublacense, Farfense ed Amiatino con enorme fatica, forman-
done più volumi che si conservano nella Sessoriana di Roma.

« Quel che più è da deplorare in questo Archivio, è la
mancanza delle Bolle Pontificie e Diplomi imperiali, non
trovandosi altra bolla se non un informe Apografo della
concessione di Giovanni XIX fatta all’ Abate Pietro. Nessuno
ignora con quanta avidità dagli Abati si cercavano essen-
zioni apostoliche: con quanto dispendio, particolarmente ne’
secoli decimo, undecimo, duodecimo e decimo terzo, si con-
seguivano speciali privilegj, come la conferma de’ beni del
proprio Monastero, la libera elezione de’ successori, contra-
stata spesso da’ Vescovi e da potenti vicini, la distinzione
nel celebrare i Sagri Misteri coll uso delle vesti Pontificali;
l'esenzione dalla giurisdizione del Vescovo diocesano, la
soggezione immediata al solo Romano Pontefice; e molte
altre cose, delle quali P Abate e Monistero Valpontense erano
in possesso, sebbene se ne ignorino il tempo e le scritture.

« La familiare relazione col Card. Legato, l’accesso al
Monastero di persone distinte, 'immediata dipendenza dalla
Santa Sede, la conferma che facea il Papa delP Abate, e
persino la Benedizione Abbaziale, che 1’ Abate ricevea da
speciale delegato del Papa in Roma ed Avignone, tolgono
ogni dubbio che vi fossero state Bolle Pontificie, ed altri
monumenti provenienti dalla Corte Romana.

« Nè di minore importanza erano in quell’ epoche gl’ Im-

le oppressioni delle città, de” Vescovi e Prepotenti, per
quanto era possibile, in que’ tempi torbidi, non differenti
in gran parte dai nostri.

< La mancanza di questi documenti nell’ Archivio Val-
pontense, ove senza dubbio esistevano, deve tenersi per certo,
senza taccia di giudizio temerario o mal fondata congettura,
che debba ripetersi dalle vicende del Monastero.

« Essendo caduta l’ Abbazia di S. Maria di Valdiponte,
circa la metà del secolo decimo quinto, al pari di altri Mo-
SANTA MARIA DI VALDIPONTE 257

nasteri d’Italia (come deplora il nostro Ughelli) miseramente
nelle mani de Commendatarj, e nel secolo seguente, dai
Commendatarj della nobile famiglia Cesi, che la tennero
come per Commenda, ereditaria, non v'è dubbio che i
Monaci siano stati costretti di abbandonare il Monastero e
lasciare tutto in mano a’ Ministri; ovvero che da’ Monaci
siano stati trasportati nelle Parrocchie che essi reggevano,
o che la nobile famiglia de’? Commendatarj, per arricchire la
domestica Biblioteca, abbia sottratto questi monumenti.

« Dell uno e dell'altro si hanno esempj nella Monastica
istoria. Ricordo di aver letto, quando era alla custodia della
Biblioteca Sessoriana, fra i manoscritti dell’ abate D. Gio.
Colombino Fatteschi, che nel partire, che fecero i Monaci
neri, per ordine di Gregorio Nono, dal Monastero di S. Sal-
vatore del Monte Amiata in Toscana, non solo proposero
di trasportare seco tutti gli antichi monumenti dell’ Archivio,
ma con una scure cercarono di spaccare tutti i Codici, affin-
chè non fossero stati di utilità alcuna ‘ai nuovi inquilini,

Monaci Cisterciensi. Ed è da notarsi, che ciò accadeva per

opera di Monaci.

« Dello spoglio poi fatto da’ Commendatarj, infiniti
esempj potrebbero addursi, e per averne una prova parlante
basta osservare le Biblioteche d'Italia, fondate per la mag-
gior parte da Papi, Cardinali, e da insigni Ecclesiastici,
nelle quali non si trovano se non manoscritti asportati da’
Monasteri.

« Il Cardinal Pier Donato Cesi, più di ogni altro si occu-
pava di questo Monastero, e più volte personalmente vi si

recò. Non sarebbe perciò del tutto congettura azzardata il

credere che abbia portato via i più interessanti Manoscritti.
È certo che molte carte furono a lui mandate per la difesa
de’ diritti del Abbazia contro i Vescovi viciniori, Canonici
di Gubbio ed altri; ma non si sa poi se siano ritornate
tutte. L' Archivio di questo Cardinale passò al Cardinal Bor-
romeo. Mancando adunque in qualunque modo nell’ Archivio
258 i E. RICCI

Valpontense i Diplomi, tanto Pontificali che Imperiali, altro
non vi rimane se non una copiosa collezione di pubbliche
copie di contratti domestici, dai quali pur tuttavia, oltre
alla cognizione de’ costumi de’ secoli, si può tessere:

« 1. — Una storia degli Abati Valpontensi che noi
brevemente daremo, incominciando dall’ Abate Venerabile
Pietro del 1030, fino all’ Abate Giacomo che cessò di vivere
circa la metà del secolo decimo quinto: e quindi degli Abati
Commendatarj fino a’ nostri giorni, contentandoci solo di
dare il nome degli Abati Regolari che, contemporaneamente
a quelli, hanno preseduto al Monastero ed all’ Abbazia dal
1749 in poi.

« 2." — Una notizia della disciplina monastica, tenuta
dai Valpontensi, nella quale sono da notarsi la molta povertà
tanto nell’ edificio, che nel vitto e vestito, e la semplicità
di vita, che sempre è stata osservata in questo Monastero,
ancorchè dovizioso, e decorato di tutte l'esenzioni e privilegj.

« L’edificio è tutt ora parlante; le vesti de’ Monaci,
dalle pitture.che rimangono e da? registri del Camerlengo,
appariscono quali si descrivono nella Regola, come da questi
apparisce pure che il vitto era erbe e legumi; e che nelle
solennità al più si dava pesce, ova, o latticini. Le carni per
i soli infermi si comperavano, ma uso si faceva ancora di
volatili da certi infermi abituali e deboli. Questo metodo
sembra possa decidere la gran questione sull’ intelligenza
del testo regolare, che proibisce le carni de’ Quadrupedi.

< Nel Monastero di Valle-ponte in comunità non si dava
carne di sorta; ai deboli e convalescenti carne di bipedi,
ai del tutto deboli ed infermi ogni sorte di carne; il che
sembra volersi intendere da S. Benedetto allorchè dice che
le carni de’ quadrupedi si diano infirmis et omnino debilibus.

« 3.° — L’estese proprietà, delle quali non si darà altra
notizia, se non quanto basti per indicare i territorj di diritto
e dominio, e non i singoli possessi, non essendo lo 8COpo
di queste memorie di formare uno stato di possessi e notare


SANTA MARIA DI VALDIPONTE 259

tutti i fondi spettanti al Monastero, o che gli spettarono un
tempo. Tra questi monumenti riguardanti la parte ammini-
strativa, sono da considerarsi le monete che erano in corso
i a quel tempo; il sistema tenuto ne’ contratti, ed i prezzi di
| marcatura di gran lunga inferiori a quelli de’ nostri giorni,
in proporzione di uno a quindici ed anche più; le nobili
famiglie che in quelle diverse età fiorivano e dalle donazioni
delle quali si arricchiva il Monistero.

« Tra le cose notabili è da osservarsi quella specie di
servitü, residuo de' secoli barbari, che era in uso presso i
Monaci Valpontensi; imperciocchè uomini, anche liberi, con
i.loro figli e dipendenti, assoggettavano all' Abate, sé stessi
ed i.loro beni, come a loro Signore e Capo. .

« Questa servitü diceasi fatta per capitantiam, e gli Uo-
mini soggetti diceansi sudditi per hominantiam all’ Abate: al
quale professavano obedienza e fedeltà, presentavano servizj
e tributi in certi tempi, eseguivano le opere ingiunte, e, rice-
vendo alcuna possessione del Monastero in feudo, pagavano
gl’imposti dazj e fedelmente adempivano a tutte le altre
eonvenute obligazioni.

« Altra cosa notabile, che si trova ne' monumenti val-
pontensi, è lobbligazione imposta quasi sempre ai Livellarj,
non solo di pagare la decima de’ Cereali provenienti dalle

de’ Re dei Francesi, le quali decime erano meramente laicali
e profane, non ecclesiastiche, ma che fossero anche tenuti
a seppellirsi nella chiesa del Monastero, o in altre al Mona-
Stero soggette; il che si osservava da’ più benevoli del
Monastero, che spontaneamente vi si assoggettavano.

« Inoltre si osserva in non pochi contratti il patto, che
i Livellarj ed altri dipendenti dovessero pagare all’ Abate

glia fosse mancato alcuno per morte.
« L'obbligazione, che i Livellarj dovessero portare i Corpi
de’ loro morti alla Chiesa del Monastero, si legge ancora in

una certa somma di denaro, ogni qualvolta della loro fami- ‘

Terre date loro in enfiteusi, conformemente ai Capitolari :

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260 E. RICCI

monumenti di altri Monisteri, come di Subiaco e di S. Sal-
vatore del Monte Amiata, che con enorme fatica dell' Abate
Fatteschi se ne ha Apografo nella Biblioteca Sessoriana, dai
quali può congetturarsi che quest’uso era a tutti i Monasteri
d’Italia comune; ma la condizione di pagare la tassa per
ogni morto di famiglia, ancorchè i loro cadaveri non si
fossero portati ai Cimiterj delle Chiese dell’ Abbazia, mi
sembra essere uno Statuto singolare del Cenobio di S. Maria
di Valdiponte. La condizione veniva espressa con questi
termini: Ad Coemeterium et Justitiam.

« 4^ — L’incontrastabile esenzione dell’ Abbazia dalla
giurisdizione de? Vescovi, col titolo di immediatamente sog-
getta alla Santa Sede, e di nullius, sebbene i Vescovi non
abbiano mai cessato, fin dal 1036, di molestare e sconturbare
il possesso de’ diritti Abbaziali.

« Si trova nell’ Archivio un sommario di diversi dritti
all’ Abbazia, particolarmente sopra le chiese ad essa unite e
soggette, nel quale si riporta il Decreto contro il Vescovo di
Perugia Bolgaro: Contra R.dum Bolgarum perturbantem (1).

« Altra cosa ancora può aggiungersi alla dignità degli
Archivi Monastici, che in essi non solo vi si conservavano i
domestici monumenti, ma ancora altri, che non riguardavano
in modo alcuno il Monastero. Su di ciò osservano gli scrit-
tori della Monastica istoria, che negli antichi tempi i Laici,
anche i più distinti ed i benefattori de’ Monasteri, affidavano
alla cura e diligenza de’ Monaci le loro carte e Titoli di
maggior riguardo, come veggiamo apertamente nell'archivio
Valpontense. Si trovano in esso non solo i Monumenti che
riguardano i negozj e l'economia del Monastero, ma ancora
non pochi monumenti, che riguardano i privati contratti di

alcuni cittadini perugini ed eugubini, e di altri luoghi.

(1) Bolgaro, della nobile famiglia dei Montemelini, fu eletto Vescovo
di Perugia nel 1291 (Cronache Perugine, in Archivio Storico Italiano,
Tomo XVI, Parte I, pag. 58) e morì il 13 novembre 1308 (Ibid,, pag. 61),
SANTA MARIA DI VALDIPONTE 261

« Questo attestato di buona fede deve attribuirsi alla
Religiosità de' Monaci, come dimostra il dottissimo Monaco
D. Giovanni Mabillon, perchè presso i Monaci, i laici trova-
vano una fedelissima custodia, anche perchè gli archivj Mona-
Stici erano in sicurissimi recettacoli ne’ quali non poteano
essere esposti al pericolo, nè de’ rubamenti di inimici, nè
degl’ incendj.

«Da questi monumenti ho tratti i cenni storici che
riguardano il Monastero di S. Maria di Valdiponte, senza far
uso di altre notizie che pur trar si poteano dalla Storia Sacra
del Mabillon, e profana del Rubin, dal Muratori, dal? Ughelli,
dal Ciaechio, Cardella ed altri che hanno trattato di Mona-
steri, costumi monastici, storie municipali, particolarmente di
Gubbio e Perugia: dal Du-Cange, per i vocaboli dell’infimo
evo, che spesso s' incontrano, e dallo Scilla per il valore delle
monete nominate. Nessuno poi che abbia notizie archeologiche
e diplomatiche, anche mediocremente, non può ignorare la
lunga perdita di tempo e l’intollerabile tedio ai quali ho dovuto
assoggettarmi, per estrarre da scritture, ripiene di solecismi e
barbarismi d’ignoranti Notari], il significato di circa due milla
membrane, anche in parte corrose e logore dalla vecchiezza.

« Esistono ancora in questo Archivio libri di amministra-
zione del 1265, nei quali, sebbene scritti da Notarj, pure
conservasi la sintassi latina in gran parte, il che dimostra
essere stati redatti da qualche Monaco, e quindi autenticati
dal Notajo.

« Queste poche cose ho creduto premettere ai cenni
storici di Valdiponte ».

Mi piace aggiungere anche la descrizione che lo stesso
Abate Amatori fa della postura del luogo, quale era ai suoi
tempi, quando, fra gli abeti e le querce dei fitti boschi che
rivestivano quel declivio, il viandante vedeva sorgere sopra
la chioma degli alberi l’ altissima torre campanaria che lo


262 E. RICCI

rendeva avvisato dell ampio Monastero che si nascondeva
in quella verde solitudine. Oggi la scure degli speculatori
ha abbattuto il bosco: e le ferrigne mura dell’ Abbazia, detur-
pata da costruzioni posteriori, fatte per comodo dei villeg-
gianti, offrono miserando spettacolo di sé ai curiosi passeg-
geri e a qualche raro studioso che interroghi le vecchie
pietre del sacro recinto.

« Giace il Monastero di S. Maria di Valdiponte circondato
da boschi ed oliveti sul declivio di uno degli alti colli che
a settentrione chiudono la valle Umbra e separano l'agro
perugino dall’ eugubino.

« Tra i Monasteri d'Italia, tutt’ ora abitati da? Monaci, è
certamente questo ‘uno de’ più vetusti che conservi, o di
cui almeno possa raccogliersene fra le moderne costruzioni,
l'antica forma e semplicità. -

« Ha un tempio di notabile grandezza, privo del tutto di
ornati e di abbellimenti che attirar possano la curiosità del-
l'osservatore. Nude sono le alte e svelte pareti, nell'interno
già state grezze, ed ora imbiancate, e nell’ esterno ricoperte
di brune pietre atte ad ispirare la mestizia monastica.

« Al primo ingresso del tetro Monastero, si presenta un
vecchio cortile quasi perfettamente quadrato, cinto da log-
giato sostenuto da due ordini di piccole e dissimili co-
lonne, che girano tutto intorno ai lati della parte inferiore,
e da due lati della parte superiore.

« Intorno a questo chiostro sono il Capitolo e il Refet-
torio, convertiti presentemente in officine.

« Vi sono tre dormitorj de’ quali tutt? ora si può scorgere
sopra i solai qual fosse l’ antica forma, poi ridotti in celle
che contenevano piü di sessanta monaci. ! |

« È questo l’ unico Cenobio, al presente, nello stato eccle-
siastico, posseduto da’ Cisterciensi, che abbia per solitudine
e costruzione di edificio tutti i requisiti di vero Monastero,
SANTA MARIA DI VALDIPONTE 263

«.Le rendite sarebbero tali da alimentare, anche nel
Sistema attuale di vitto e vestito, un numero considerevole
di Monaci, se la metà della rendita nettà non fosse assorbita
dal? annua porzione da darsi all’ Abate Commendatario.

« Ho diretto perciò ogni cura, anche in mezzo alla con-
gerie delle mie molteplici occupazioni, alla compilazione di
questi pochi cenni storici dell’ Abbazia, conosciutissima dagli
antichi scrittori, ed ora forse ignota ai più, perchè, non col
suo nome di S. Maria di Valdiponte, ma con quello volgare
.di Montelabate comunemente suole chiamarsi ».

ETTORE RICCI

BREVI. NOTIZIE
PER LA STORIA DEL MONASTERO DI VALDIPONTE

TRATTE DAL SUO ARCHIVIO DA D. A. A. A. (1)

Abati Valpontensi.

Il Monastero di S. Maria di Valdiponte in Corbiniano,
situato nella campagna di Perugia, ricorda i più remoti
tempi dell'Ordine monastico. Nel secolo undecimo si parla
di esso come già da molto tempo esistente, avendone Gio-
vanni XIX sommo Pontefice ordinata la restaurazione, nel
1030, ad un tale Abate Pietro (2), dal quale incomincia
questo catalogo, essendo ignoti gli altri che lo precedettero,
sebbene non vi sia dubbio che siano esistiti.

N. B. — Le note contrassegnate con asterisco sono del compilatore,
le altre si trovano nel manoscritto dell’ Amatori,

(1) * Queste iniziali si devono leggere: Don Alberico Amatori Abate.
Fu eletto Abate di S. Maria di Valdiponte l'anno 1850, Vedi pag. 250,

(2) Bolla di Giovanni XIX, N.° 2.
--—-

264 E. RICCI

In un Istrumento di concessione fatta dell'esteso spazio
di terreno compreso fra il Tevere, il Rio Arno e la sua Curia,
nel 993, da Giovanni Gregorio al Monastero, si legge: Abba-
tibus et Monachis ibidem deo servientibus (1).

Non si sa se l'Abate Pietro sia diverso da quel Pietro
che cirea questo stesso tempo, in Monte Caprario, presso
Perugia, edificó il celebre monastero, che tuttora sussiste
col nome di San Pietro, o se fosse già Abate del Valpon-
tense Monastero.

E certo, che nel 1030, in cui Pietro Abate fu eletto
Apostolico Commissario, il Monastero era in rovina, tanto
nell’ edificio quanto nella monastica disciplina.

Quia vero monasterium ipsum destructum esse videbitur
(così si legge nella Bolla di Papa Giovanni) tuo namque
studio tuoque labore rehedificare, in pristinum revocare statum
atque servos Dei Monachos, castamque vitam degentes secundum
Regulam Beati Benedicti, sub monasticam disciplinam inibi
adgregare.

Le facoltà Apostoliche di Pietro non dovevano in lui
cessare, ma estendersi a due successori Abati. Morto Papa
Giovanni XIX, ed asceso alla Cattedra di S. Pietro Bene-
detto IX, questi, abolita la Bolla di Giovanni, sottopose al
Vescovo di Perugia, Andrea, l’ Abbazia, il quale, appena
entrato in possesso, incominciò a distribuire i beni all’ Arci-
prete Leone, a Vidone Arcidiacono e ad altri suoi Canonici.

Questa immatura azione del Vescovo Andrea fece pen-
tire il Pontefice Benedetto, il quale, rivocata la concessione,
costrinse Andrea a farne solenne rinunzia nel Concilio Ro-
mano, nell’anno 1036, con altre due Abbazie (2).

(1) Ms. N.° 1.

(2) MABILLON, An. Ben.; FATTESCHI, Ms.: MuRATORI, An. d' Ital.; |
UcHELLI, Ital. sacr.

#Il Vescovo Andrea fu eletto nel 1032. Confermò, nel Sinodo
del 1036, di non aver ragione sul Monastero di S. Pietro (VincIoLI Gia-
SANTA MARIA DI VALDIPONTE 265

Ritornato così 1° Abate Pietro nella sua qualifica di
Apostolico Commissario, sebbene sotto l’ agitato Pontificato
di Benedetto ed in mezzo agli scismi che arrestavano Pau-
torità del legittimo Papa, potè ciò non ostante riordinare
la monastica disciplina, e ristabilire quanto dalla vetustà e
dai calamitosi tempi era stato guasto e posto in disordine.

Morì Pietro, nell’anno 1039, lasciando di sè fama di
santità, per cui, acquistatosi il titolo di Beato, fu dipinta
nei tempi posteriori più volte la sua Immagine, ed il suo
corpo fu collocato sotto lara del Tempio: Valpontense in
una cassa di pietra (1). St

Sebbene ivi giaecia ora presso che ignoto, perché nes- i
suna ricordanza festiva si fa di lui fra l’anno; e perchè,
demolito il vecchio altare, ed altrove ricostruito con altra
architettura, la sua tomba non può vedersi che nella sola Uus M
parte posteriore e che guarda il Coro.

Benedetto successe all’ Abate Beato Pietro nell’ Abbazia;
ma siccome il regime suo fu di pochi mesi, essendo passato
agli eterni riposi nel mese di Giugno dell’anno seguente 1040, I
nulla lasciò di memorando. È RI

Giovanni fu di Benedetto successore, ed ultimo Com-
missario Apostolico. Era egli che alla virtù e dottrina accop- D
piava una non comune prudenza nel governare 1’ Abbazia, la fi

itinere enti «Frei

cINTO, Notizie storico-critiche, Vol. 2°, pag. 102). Da ciò si desume che
al Monastero di S. Pietro era toccata la medesima sorte che a quello Hs
di Valdiponte.

Nel Libro Verde di S. Lorenzo si trova un Concordato fra il detto
Vescovo Andrea e i Canonici di S. Lorenzo, del 1038, a cagione di molte
differenze e pretensioni che vertivano fra loro. Queste notizie ci danno
un lume per conoscere quale fosse l’ indole del Vescovo Andrea (Arch. Hu
Cap., pag. 1). 3 i E.
(1) * Mem. Valpontensi.

eg .
LESE CIAR d Er tan ap rmm e eR

« of
A 266 ; . .— 6. RICCI

quale aveva un esteso territorio, su di cui esercitava giurisdi-
zione spirituale e temporale (1); ma dovette egli cessare dal
suo regime, perché, per lo scisma che affliggeva allora la
Chiesa (2), l'Abbazia era sottoposta al Vescovo di Perugia,
che la ritenne fino alla elezione del santo Pontefice Leone IX,
il quale, salito sul trono pontificale, l’assoggettò di nuovo
all'immediata giurisdizione della Santa Sede (3).

Di lunga durata fu il governo dell’ Abate Giovanni, il
quale potè perciò intrapprendere opere utili. all’ Abbazia e
condurle a termine, ed in modo particolare aumentò i pos-
sessi abaziali, sia con le oblazioni pro remedio animae, e sia
con la sua attività ed avvedutezza. Cessò egli di vivere
nell’anno 1073, e con lui cessarono le facoltà straordinarie
dell’ Abate Valpontense, ritornando in tutti i modi 1° Abbazia
sotto l'immediata giurisdizione della Santa Sede.

Rustico, dopo la morte di Giovanni, fu scelto per Abate,
fu dal Papa confermato con le solite regolari attribu-
zioni. Era questo Pontefice Gregorio VII (4) mandato da
Dio ad estirpare il vizio e a difendere i sacri diritti della
Chiesa Romana nella collazione degli ecclesiastici Benefici e
nella giurisdizione di questa suprema Chiesa sopra le altre

L4

(1) *Gli Abati avevano dunque nel loro territorio l’ autorità ordi-
naria, cioè pari a quella del Vescovo nella sua Diocesi.

(2) * Benedetto IX dei Conti di Tuscolo, avendo rinunciato nel 1045,
sostenuto dai parenti, nel 1047 tentó di farsi riconoscere Papa.

- (3) * Leone IX (Brunone, Vescovo di Toul) fu eletto nel Dicembre
del 1049, e mori il 19 Aprile 1054. Vescovo di Perugia era già nel 1047
un tal Eugubino, che altri chiama Leone Eugubino; ma che in un do-
cumento dell’ Arch. Cap. di Perugia è chiamato semplicemente Eugu-
bino (Libro Verde, a c. 6). È un Breve di Clemente II spedito dal Palazzo
di S. Maria Maggiore, ai 20 di Settembre 1047. An. pr.

(4) * Gregorio VII (Ildebrando di Soana nella Toscana), eletto Papa
il 22 Aprile 1073 (f 1085, 25 di Maggio), fu monaco ed Abate della celebre
Abbazia di Cluny.
SANTA MARIA DI VALDIPONTE 267

Chiese ed Abbazie immediatamente soggette. Fu egli monaco,
e perciò, non ignorando quanto perniciose fossero certe ves-
sazioni narrateci dalla storia, estese le paterne sue cure a
quegli inermi solitari, che cedere dovevano alla ragione del
più forte. Morì Rustico nell’anno 1089.

Arnaldo, monaco zelantissimo, fu eletto dopo di Rustico.
In questo tempo due congregazioni, erette sotto la Regola
Benedettina, sorsero nella nostra Italia, quali furono la
Camaldolense e Vallombrosana. Arnaldo non volle riforme
di Regole e Statuti; ma, ad imitazione di S. Roberto, autore
dell’ Ordine Cistercense, richiamò la primitiva disciplina,
secondo si legge nella Regola di S. Benedetto (1).

Cessò di vivere nel 1107, dopo diciotto anni di regime.

Corvino fu successore di Arnaldo di cui fu breve il go-
verno, perchè non passarono neppure due anni dall’ elezione
alla morte.

Arnaldo II gli successe, uomo. accorto nel trattare gli
affari domestici. Con esito felice sostenne una causa contro
il Priore di S. Paolo di Valdiponte in Montemartello, il quale
usurpati aveva alcuni beni al Monastero spettanti. Fu la
quistione dispendiosa, la quale non turbò tanto Arnaldo pel
timore di perderla, quanto per la ribellione di quel Priore,
essendo al Monastero di S. Maria di Valdiponte filiale.

La quistione fu decisa favorevolmente dal Cardinale
Bonifacio di S. Pietro, e dal Cardinale Devizone (2).

Circa l'anno 1115, cessò di vivere.

(1) * I Camaldolesi furono fondati da S. Romualdo l'anno 1012: e i
Vallombrosani da S. Giovanni Gualberto ( 1073), il quale volle riunire
i vantaggi della vita eremitica dei Camaldolesi e della vita cenobitica
da lui conosciuta nel Convento di S. Miniato.

(2) * Secondo il Diritto Canonico si chiamavano filiali le Parrocchie
formate recentemente, e divise da quelle più antiche, alle quali non era 268 E. RICCI

Gebizzone fu successore, il quale era di una carità e
filantropia non comune. Largamente sovveniva gli indigenti,
e agli abitatori delle vicine contrade concedeva a limitatis-
simo canone le terre dal Monastero discoste, che da? Monaci
coltivare non si potevano. Morì egli cinque anni dopo la
sua elezione.

Attone, nell’anno 1120, dopo la morte di Gebizzone,
fu eletto, il quale ebbe pochi mesi di vita.

Tebaldo, nell’anno stesso, succedette ad Attone e visse
quattro anni.

Attone II fu eletto dopo di Tebaldo, il quale, dopo tre
anni, morì nel 1127.

Bernardo successe ad Attone IT, e cessò di vivere nel 1134.

Tebaldo II divenne Abate dopo di Bernardo. Fece egli
molti acquisti di fondi rustici, molti ne concesse in Enfiteusi,
e molti ne ebbe. per obblazioni. Morì nel 1149.

Alberto fu eletto Abate dopo la morte di Tebaldo II.
Questo nuovo Prelato, a differenza de’ suoi predecessori,
come cosa insolita in Valdiponte, accordò in Enfiteusi anche

concesso di avere il Fonte Battesimale, che era conservato soltanto nelle
Chiese Matrici (B. OyETTI S. I., Synopsis Rerum Moral. etc., N. 2216).
Impropriamente si dicevano Filiali quei conventi che dipendevano da
un altro fondato prima. Nel caso nostro, sebbene il Monastero di S. Paolo
avesse l' Abate proprio che lo governava, riconosceva come suo superiore
l’ Abate di S. Maria, ed i beni di quello appartenevano a questo quanto
al dominio. Da ciò sembra potersi concludere che il Monastero di S. Paolo
sia stato fondato posteriormente a quello di S. Maria, che rimase sempre
Matrice rispetto a quello. Non è poi improbabile che i Monaci di Mon-
telabbate avessero costruito quella specie di fortezza allo sbocco della
Valle della Resina, a guardia del loro Monastero, potendo da quella
parte ayere accesso il nemico, senza che si fosse potuto respingere,
SANTA MARIA DI VALDIPONTE 269

a donne, le terre del Monastero a condizione che ad uomo
suddito dell’ Abbazia maritate si fossero, quando per lo
innanzi non si accordavano se non a linea maschile, senza
esempio contrario. Visse questo Abate fino al 1156, lasciando
in florido stato 1’ Abbazia.

Tebaldo III fu Abate dopo di Alberto, il quale, oltre
ad essere Monaco di vita esemplare, era anche versatissimo
nella domestica economia. Prescrisse un nuovo metodo di
contratti enfiteutici, onde impedire le frequenti usurpazioni.
Volle cioè riservarsi non solo il diritto feudale e dominio
diretto, ma il diritto ancora che tutti i defunti della fami-
glia livellare seppelliti si fossero nelle Chiese dell’ Abbazia,
e con l’oblazione di certa somma di danaro, che giustizia
chiamavasi. ;

La condizione era espressa in questi termini: « ad ser-
viendum Monasterium in morte et in vita » e « per coemeterium
et justitiam ». Fu anche il primo ad imporre le decime a
tutti i sudditi del Monastero, in forza del dominio che il
Monastero esercitava sopra molte Castella circonvicine (1).

Mori Tebaldo nel mese di Febbraio dell’anno 1182.

Armanno fu successore di Tebaldo. Ridusse egli molti
canoni e livelli ad alcune focacce e spalle di carne suina,
delle quali nei dì delle scadenze, che avvenivano in Marzo
e in Agosto, ne faceva ai poveri che concorrevano all’ Abbazia
per le solennità dell’ Annunziata e dell’ Assunta di Maria
Vergine generale distribuzione.

Ciò diede occasione ad una generale elemosina che
tutt'ora si fa in pane nelle due solennità predette.

(1) *I possedimenti dell’ Abbazia Valpontense erano estesissimi: più
assai della Diocesi di Perugia. Vedi più innanzi l'elenco delle Chiese e
Castelli.

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P 2 se
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270 ; E. RICCI

La servitù era ancora in costume ai tempi di questo
Abate. Riceveva egli servi per « capitantiam » (1) i quali
spontaneamente si sottomettevano, o procuravano di cambiar
signore per essere meno gravati, sotto la padronanza del
Monastero. Con ciò potè Armanno far coltivare tante terre
le quali, per essere lontane dal Monastero, restavano incolte.

Gravato dal peso dell’ Abbazia, abdicò l’anno 1204, e
sopravvisse in stato di privato monaco, menando vita edifi-
cante, e di esempio di regolare osservanza fino all anno 1230.

Oratore fu scelto in Abate dopo la rinuncia di Armanno.

Riedificó egli il chiostro demolito forse dalle scorrerie
de' Saraceni che in queste contrade stanziavano. Vi si pose
memoria la quale è ora mutila per essere stato in una parte
rotto il eapitello di una colonnetta ove era stata incisa.

ISTIVS ORATOR OPERIS FVIT
BDETS sie SVPPLICVS ORA

In un angolo di questo chiostro, fra oriente e settentrione
si trova un vecchio monumento fatto servire per pietrà di
costruzione,

I feudi ed i livelli de’ quali abbondava P Abbazia creb-
bero ancora sotto il regime di Oratore, e ne riceveva le
convenute oblazioni, che con voce barbara chiamavansi
Armiscere, Arresciare, Amiscere, consistenti per lo più in
Focacce e spalle di Porco, introdotte sotto l' antecessore Ar-
manno.

Morì Oratore nel 1222.

Ugolino successe nell’anno Stesso, il quale visse fino
al 1226.

'

(1) * La servitù dei soggetti chiamavasi Hominantia, e il diritto del-
l' Abbazia su di essi dicevasi Capitantia, Vedi pag. 259.
SANTA MARTA DI VALDIPONTE 271

Martino fu Abate dopo di Ugolino.

Sotto questo Abate molte famiglie soggette negavano
l'ominanza, contro le quali dovette egli sostenere liti, special.
mente contro un tale Pellegrinotto Pellegrini uomo servi-
ziato e prepotente fattosi anche sovvertitore del Popolo,
sebbene la servitù a’ Monasteri fosse di solo nome, come lo
dimostrano le procurate emancipazioni da Padroni laici per
assoggettarsi al Monastero Valpontense.

Morì Martino nel 1231.

Bono fu eletto Abate nel Settembre dell’anno 1231.

Uomo di animo forte, sostenendo coraggiosamente i
diritti del Monastero.

Egli fu il primo a formare statuti per il Governo delle
Castella e con ogni impegno ne difese la Signoria, la quale
per la ribellione de’ servi incominciava a vacillare. Breve
fu la sua vita, perchè morì dopo tre anni, cioè nel 1234.

Ercolano successe all’ Abate Bono, che non l'imitó nella
difesa della signoria, poichè egli, mentre era fermissimo nel
sostenere i diritti di proprietà, accordava facilmente le eman-

cipazioni, a molte famiglie, dal servizio, e fu tanto il suo

animo filantropico, che ne comperava per redimerle dalla
servitù.

Fece restaurare la Chiesa Abbaziale e rinovare il Coro (1),
che corredò di libri, facendo anche scrivere un intero pas-
sionario dal Monaco Don Bonaventura. Ebbe qualche diffe-
renza col Vescovo di Perugia, ma la causa fu decisa in suo
favore da tre delegati apostolici, cioè dall’ Abate di S. Pietro

(1) Ms. N.° 1, 1266: « Magistris qui Chorum fecerunt.
« Magistro Venturae propter opus Ecclesiae qui juvit nos ad facien-
dum Chorum.
« Uni magistro de Perusio qui venit visum assides pro Choro »,

7 n
CRIARI 35
2719 E. RICCI

di Perugia, di S. Lorenzo in Campo, e di S. Maria di Sitria.
Finalmente, dopo trent'anni di Abbazia, passò agli eterni ri-
posi nel mese di Luglio nell’anno 1266.

Trasmondo fu eletto dalla famiglia valpontense, e questa
elezione fu confermata dalla Santa Sede. Egli continua le
opere intraprese dal predecessore ed a nuove dà principio.
Nell’anno 1267 fa gettare le fondamenta ad un solido ed
elevato Nolario (1), che portò al suo compimento nel 1269,‘
e vi fece collocare le Campane fuse da un tal Maestro Pie-
tro (2) che fece altre due Campanelle, delle quali probabil-
mente ne esiste ancora una, che ha sull'orlo rilevate queste
parole: VERVM EDICIMVS GRATIAS DEO REFERAMVS (3).

Erano in questi tempi in gran conto le soluzioni de
Canoni in ricognizione di Dominio, dai quali non erano
esenti neppure le Chiese. Trasmondo, che si credeva in do-
vere di difendere i diritti della sua Abbazia, volle che tutti
i Beneficiati soggetti e membri del Monastero presentati
si fossero col Canone. Di fatto nel 1281 si presentarono
in numero di ventiotto al Cellerario, o Camerlengo del-
P Abbazia (4).

Erano questi Rettori di Chiese, quasi tutte parrocchiali,
che componevano la quasi Diocesi Valpontense, sotto la
giurisdizione dell’ Abate.

La Chiesa Abbaziale, fu da Trasmondo a maggiore ele-
vazione portata, ed al medesimo Livello del Dormitorio,
Sotto la direzione di un tal Maestro Gualtiero, ornò il Coro

(1) * Nolario da Nola-ae — Campana.

Ms. 1, 1267: « Magistro Paulo pro adjutorio quod nobis fecit in
molendino S. Mariani et opere campanili ».
(2) Ms. 1, 1270: « Magistro Petro Campanario pro Campanis ».
(3) Ms. 1: « Expendi in duabus Campanellis ete. ».
(4) Ms. 1, 1281: « ménse Feb.? »,
SANTA MARIA DI VALDIPONTE 273

di Pitture in Tavole nell’anno 1285 (1), coll’opera di Meo
Senese, il Capitolo ed altri luoghi di monastiche adunanze.

Vi furono dipinti un Crocefisso, avente ai lati la Vergine
e S. Giov. Evangelista. i |

La Vergine con il Bambino in braccio, ed ai piedi di Lei,
genuflesso in atto di preghiera, lo stesso Abate Trasmondo,
come era di costume; ed un S. Benedetto che ha in mano
il Libro delle Regole monastiche.

‘ Queste pitture, nei tempi posteriori, vennero casse; ed
ora, come meglio si potè, fatte ricomparire.

Fece ancora scrivere Libri corali per il Canto, assai
dispendiosi in quei tempi, affinchè tutto si eseguisse secondo
il prescritto delle Regole (2). ;

Il lungo e pacifico governo di Trasmondo ebbe una
fine infelice, poichè fra i monaci fu tale e tanta la discor-
dia (3) che egli ne morì di rammarico e di cordoglio nel
mese di Luglio nell’anno 1285 (4) dopo anni dieciotto di
Abbazia. ron

Era in questa epoca sede vacante per morte di Mar- LN
tino IV che nell’anno precedente aveva Trasmondo visitato n j i
in Perugia, da cui sperar potea qualche provvidenza. M

Le discordie furono bastantemente serie, come può rile-
varsi da un ms. del Cellerario, il quale fra le altre spese di
amministrazione ha lasciato seritto di avere pagato il medico
« qui venit curare me et alios vulneratos », e di aver dato
denaro a quelli che per Passoluzione dalle censure si reca- |
rono in Roma. |

RT E

(1) Ms. 1, 1285: « Magistro Gualtere, pro Opere Ecclesiae ».

(2) Ms. 1 (Vedi pagg. 289, 291, 292).

(3) Ms. 1, 1285: « Dedi medicis qui curaverunt me et alios vulne-
ratos»; 1286: « Dedi monachis qui iverunt ad curiam romanam pro
absolutione ». iE

(4) Ms. 1, 1285: « Julio mense. Expendidi super sepoltura D.ni 130
Abbatis. VI. feb. et cera pro praedieto D.no Abbate ». ; 274 B. RICCÍ

Il novello Pontefice Onorio mandò quattro commissar]
perchè riordinata avessero la disciplina ‘monastica alterata
in Valdiponte e vi tennero il Regime fino alla elezione del
nuovo Abate. | :

Furono questi Bernardo Legato, D. Cristoforo, D. Ric-
cardo Fiorentino, Cappellano del Sagro Palazzo e D. Pan-
dolfo della Suburra, similmente Cappellano (1).

Fu da essi intimato il Capitolo per la nuova elezione,
alla quale intervennero, oltre ai Monaci, nell’ Abbazia resi-
denti, varj Rettori delle Case e Chiese filiali, cioè D. Egidio
Rettore di S. Valentino della Strada, nella Diocesi di Civi-
tacastellana; il Priore di S. Maria di Rance; il Rettore di
San Paolo di Reschio; il Priore di S. Patrignano in Lepo-
riano; il Rettore di S. Potito; il Priore di S. Gregorio di
Perugia; il Rettore di S. Maria di Pontepattoli; il Rettore
di S. Egidio di Civitella Bonizzone; il Priore di S. Silvestro
di Solfagnano; il Rettore di S. Donato di Lupaccione; il
Rettore di S. Pietro di Vigneto; il Rettore di S. Silvestro
di Colle S. Silvestro, ed il Rettore di S. Apollinare del Ca-
stello de’ Figli di Azzo.

La prima elezione cadde sopra Don Egidio Rettore di
S. Valentino della Strada; ma, essendo stata questa dal Papa
rigettata, si passò a nuove votazioni, e fu eletto il Monaco
Don Adeodato, che venne dal Pontefice confermato (2).

Il nuovo Abate ricevè da tutti l'atto di ubbidienza,
meno che dal Rettore di S. Valentino, il quale non volle
sottoporsi se non dopo qualche tempo, senza che 1 Abate
Diodato vendetta alcuna usasse contro di lui.

I monaci valpontensi, sotto il regime di D. Adiodato
Abate, in mezzo alla loro solitudine eseguivano di giorno e

(1) Ms. 1, 1285: « exeunte Julio. Dedi D.no Bernardo legato VIII.
florenos aureos ».

(2) Ms. 1, 1286: « Intrante Jan,° Pro confirmatione electi »,
SANTA MARIA DI VALDIPONTE 275

di notte la divina Salmodia. Nel 1279 furono rinnovati i
Libri corali diurni e notturni ed estratti dalla Biblioteca
molti Libri per uso della Chiesa e del coro, e dati in con-
segna al Sagristano D. Guidone.
Tali furono:

Una Bibbia bipartita in Vecchio e Nuovo Testamento ;

Un libro di Sermoni;

Un libro degli Atti de’ Martiri;

Le ‘Epistole di S. Paolo;

Due Libri delle Morali di S. Gregorio;

Altro Libro degli Atti de’ Martiri di antica scrittura;

Un Libro delle Vite de’ Padri;

Un Pontificale per 1’ Abate; E

Un Decreto;

Quattro Collectanei;

Due Libri della Regola di S. Benedetto ; y

Un Libro che chiamavano Bruno;

Due Libri di Esposizione sugli Evangelj; Ti

Un Libro delP Esposizione di S. Gregorio sull Evangelo; xd. E

Il Libro Pastorale;

Un Istoriale; Li

Altra esposizione sugli Evangelj; |"

Un Innario;

Altro Collectaneo; SAEI

Altro Libro della Regola; . ; j| "

Finalmente altri tredici Libri, de’, quali era ignoto il |
Titolo al Sagrestano che ne fece il Catalogo (1). |

Da questo Catalogo di Sagre Materie bene si può dedurre d

che i Monaci in questo tempo eseguissero tutti gli esercizi
ecclesiastici con ogni esatta regolarità, che la Biblioteca non
[ . fosse di tanti pochi volumi e che i Monaci si occupassero
in esercizj letterarj. Le vicende de’ tempi fecero tutto per-

, Piet,
TEA E LI

(1) Pergamena N.° 1223, anno 1306.
976 E. RICCI

dere, non rimanendo che un solo Libro contenente un Bre-
viario di rito Romano, acquistato dal Monaco D. Ciancio
per otto carline, ove trovasi l’ ufficio dell’Immacolata Con-
cezione, composto da Leonardo Negarolo, Protonotario apo-
stolico; e questo neppure apparteneva alla vetustissima
Biblioteca.

Un prezioso Archivio conservavasi dai Monaci Valpon-
tensi.
| Nel 1268 furono raccolte anche nell’ Archivio Apostolico
tutte le scritture al Monastero spettanti (1) per avere monu-
numenti, onde garantire i diritti.

Era in uso presso i Monaci Valpontensi l'esercizio ma-
nuale.

Essi vendemmiavano e raccoglievano le olive (2); mie-
tevano il grano (3); e fabbricavano le case (4). Lo stesso
Campanile fu da essi edificato ed il Dormitorio, sotto la
direzione di Maestro Gualtiero. Eglino stessi fecero il loro
sotto la direzione di altro Maestro perugino (5).

Lavoravano nei Molini del Monastero, ed il Cellerario
comperava attrezzi di ogni genere, tanto campestri che di
arti meccaniche (6).

Don Mellino, della nobile famiglia perugina Mellini, eser-
citava l’arte di falegname. Egli segnava il suo stemma gen-
tilizio sulle tavole, che ponea in opera, ed era una rosa, una
sbarra orizzontale con un serpe e tre sbarre perpendicolari.

(1
(2
(
(4

) Ms.

)
3)

)

1268: « Pro Scripturis recolligendis in curia romana ».
Ms. 1268: « In uno homine qui juvit nos ad colligendas olivas »,
Ms. 1271: « Qui adjuvit nos ad metendum ».
Ms. 1, 1265: « Dompno Uguitioni qui adjuvit nos ad faciendam
unam domum »,

(5) Ms. 1287: « Magistris qui adjuverunt nos ad murandum dormi-
torium: magistro Nicole qui juvit nos ad cavandos lapides ».
Ms. 1, 1266: « qui adjuvit nos ad faciendum Chorum »,
(6) Ms. 1 (in più luoghi).

mn
SANTA MARIA DI VALDIPONTE 271

Tutto ciò apparisce dal rendiconto del Cellerario, il quale
altri non pagava che il capo Maestro; e qualche operaio colla
espressione qui nos adjwverunt, adjwvit.

Dallo stesso libro membranaceo si raccoglie quali fossero
i loro Cibi. Usavano focacce invece di pane fermentato; la
loro cucina era in erbe e legumi (1) e qualche volta le lasche;
per i soli ospiti comperavano carni; ai malsani e deboli
davano carni di volatili, e de’ quadrupedi ai soli infermi.
In occasione di viaggio, o di essere a mensa con i secolari,
si uniformavano all’ uso comune.

Dallo stesso libro si risà, che il cibo più delizioso, appre-
stato ai Monaci nelle feste solenni era una porzione di cacio,
ova (2) o pesce; come una porzione di pesce si dava nel di
dé’ funerali di un monaco defunto (3).

In circostanza clie S. Albertino, Priore del celebre Mo-
nastero dell’ Avellana, nel mese di Luglio del 1287, si recò
al Monastero Valpontense, col Sig. Giacomo di Coccorano,
per onorare l’ospite, fu comperata una Pietanza di Pesce (4),
e così ancora nella venuta del Sig. Baglioni nel 1267 (5).

Il Registro stesso del Cellerario sopra nominato ed alcune
pitture state barbaramente trattate, ma non ancora del tutto
casse, ci somministrano bastanti notizie per risapere quali
fossero le vestimenta e varie mobiglie ad uso de’ Monaci.

La Cocolla, prima veste monastica, era di colore ferru-
gineo, talare e senza pieghe o contrazioni artefatte; avea
grandi maniche, circa un cubito, ed un Cappuccio, capace
solo di coprire il Capo, attaccato alla stessa Cocolla.

(1) Ms.: « In caepis, Cucurbitis, Nappis per Expedi in lascis ».
(2) Ms. 1269: « In festo S. Marie in ovibus et caseo ».

(3) Ms. 1281: « Expendi in cera et piscibus pro Priore cum fuit
defunctus » (altre volte).

(4) Ms. sotto l’anno 1287: mese di Luglio.

(5) Ms. 1267: « In piscibus quando venit D.nus Balione ad Mona-
sterium »,

i H 2
Eae JI GMAMIH n Vh I tt us RT 278 E. RICCI

V'impiegavano undici braccia di tessuto di grossa
lana (1).

Bianca era la Tonaca (2) quasi talare più corta della
Cocolla, e di un tessuto di tutta lana, o misto di lana e
lino: ‘Le maniche erano amovibili, forse per poterle più
facilmente cangiare (3). Cingevano la Tonaca con fascia di
cuoio (4). I ealzari, non a maglia, ma dello stesso tessuto
della Tonaca formavansi, e la soletta dal gambale era divisa
per poterla all’ occorrenza più comodamente mutare (5). Fu
lo scapolare ferrugineo, che dicesi nero, come la Cocolla, nel
Libro del Cellerario; ma che fosse non nero perfetto ed
invece nero naturale delle lane, si è risaputo da una piccola
parte di questa veste ritrovata sotto le spalle di un Defonto
Monaco tutt’ ora intattissimo, da remotissimo tempo, posto
in un sepolerino avanti il Presbiterio. Per questo scapolare
impiegavano cinque braccia di tessuto, compreso il Cappuccio,
che era amovibile (6).

Non usavano camicie di Lino, ma le Stamigne (7). Di
Lino erano i femorali. Dallo stesso registro del: Cellerario
sappiamo che due qualità di scarpe erano in uso: l'una per
l'interno del Monastero detta Planellae (8, e Paltra per
l'esterno detta Planullae, con bollette di ferro, per difendere
forse le sole dalle Pietre (9), delle quali abbondano i con-

(1) Pitture Valpontensi 1268: « In XI. Brachiis alteppasume pro
Coculla ».

(2) Ms. 1270: « In panno albo pro Tunicis ».
(3) Ms. 1281: « In uno pare manicarum » (Spesso)

(4) Ms. 1, 1281: « In una corrigea et uno cultello pro Donno Lau-
rentio » (ed altrove).

(5) Ms. 1270: « In panno pro Caligis D.ni Abbatis et pro mona-
chis » (più volte).
— (6) Ms. ef.

(7) Ms.: « In stamineis » (spesse volte).

(8) Ms. 1276: « In planellis » (spesse volte).

(9) Ms. 1281: « In bullettis pro planullis »; 1286; « In Bulectis pro
D.no Laurentio » (più volte)
SANTA MARIA DI VALDIPONTE 279

torni del Monastero. Nell Inverno portavano una Pelliccia (1)
e l'Abate aveva puranco un Pelliccione, detto Mastrugo (2),
un Mantello ed il Cappello (3) che non trovasi usato da’
Monaci. Altra veste non si rinviene fosse in uso presso i
Monaci Valpontensi, altrimenti nominata nel citato registro,
ove il Cellerario vi notava le cose più minute per rendere
conto all’Abate della sua gestione, leggendovisi perfino le fasce
sanitarie delle quali aveva bisogno l Abate Trasmondo (4).
Nella Chiesa avanti la Confessione ardeva continuamente
una Lampada (5). 1
Altra lampada ardeva nella notte nel Dormitorio (6),
che non era diviso in Celle, concesse al solo Abate (7) ove
aveva gli Armarj per conservare le scritture ed altre cose
degne di maggior custodia.
Wi Ciascun Monaco aveva la Zappa, la scure e la vanga (8)
che conservava vicino al rispettivo letticiuolo.
Nel 1286 e 1287 furono rinnovati i legnami del Dormi-
torio (9) e Refettorio i quali erano di pioppo (10). ;
Gli utensili del Refettorio consistevano in'Parossidi, Le-
beti e Brocchette, cioè Piatti, Tazze e Boccaletti (11).
Fabrieó Diodato la Loggia superiore del Chiostro per
averla al Livello del piano della Chiesa, che dal predeces-

(1) Ms.: « In pellibus ». .

(2) Ms. 1275: « In una Mastruga pro D.no Abbate ».

(3) Ms. 1271: « In Laezo pro Cappello D.ni Abbatis ».

(4) Ms. 1285: « In aptatione unius lumbaris pro D.no Abbate »;
1267: « Expedi in unum Bragole pro D.no Abbate ».

(5) Ms. 1268: « In una lampade pro confessione ».

(6) Ms. 1271: « In una lampade pro dormitorio ».

(7) Ms. 1286: « Dedi in seris pro hostio, et serannis D.ni Abbatis ».
(8) Ms. 1269: « In sappis, vanghis et cet. » (molte volte).

(9) Ms. 1287: « Uni homini qui juvit nos ad secandum lignamina
pro dormitorio ».
(10) Ms.: « In secando populum pro mensa »,
(11) Ms. in piü luoghi,
280 E. RICCI

sore Trasmondo, unitamente a tutto il Cenobio, fu accresciuta
in altezza.

Vi si pose in un Capitello di una colonnetta questa me-
moria: Anno Domini MCCLXXXXVII tempore Domni Deo-
dati Abbatis.

Era Diodato tenuto in considerazione dallo stesso Pon-
tefice, il quale si servi di lui per rivendicare i diritti e le
proprietà dell’ Abbazia di S. Paolo di Valdiponte (1) Mori
finalmente Diodato nel di 28 Giugno dell'anno 1302.

Uguccione Monalduecci perugino, successe a Diodato. Più
di sessanta furono gli elettori perchè ai trentuno dimoranti nel
Cenobio si aggiunsero più superiori delle Case filiali, ed i Par-
rochi della quasi Diocesi, e fu confermata la elezione dal Papa.

Il primo atto di Uguccione fu quello di visitare le sue
Parrocchie e prendere tutte quelle providenze utili allo stato
di esse e delle anime.

Restaurò la Chiesa abbaziale con contribuzioni imposte
ai Rettori delle Chiese. Vi fece una elegante porta, e sopra
di questa un grande sferico finestrone. Incrostò le pareti di
Pietre, e le fortificò con grossissimi Pilastri, che le fiancheg-
giano dal fondo alla cima.

Di questa insigne opera se ne pose memoria in due
lapidi, l'una collocata nella parete sopra la Porta: « Sub anno
Domini MOCCXV haec omnia facta sunt a venerabili viro D.no
Uguitione Abbate dignissimo », e l'altra in uno de? Pilastri esterni
nella parte meridionale: « Anno D.ni MOOCXVIII hoc fieri
fecit opus Venerabilis Abbas Ugwitionus ». Era già Uguccione
dagli anni logoro, per cui delegò la visita alle Sagre Limine
degli Apostoli e fu assoluto dall’accesso al Capitolo Generale
dell’ Ordine dei Neri, che, in esecuzione della Bolla di Bene-
detto XII, in Rieti si celebrò, chiamatovi dagli Abati Nicolò

(1) Ms.: «In Judicibus contra Abbatem S. Pauli ».
SANTA MARIA DI VALDIPONTE 281

di Subiaco e Bartolomeo di S. Paolo di Roma, ed in sua
vece vi mandò come Commissarii il suo nepote D. Uguccione
anche egli; e Don Paolo, quello Priore di S. Gregorio di
Perugia, e questo Monaco del Monastero (1).

Finalmente a’ dì 8 di Agosto dell’anno 1338 cessò di
vivere nonagenario, dopo trentacinque anni di laborioso e
glorioso regime.

Uguccione II, Nipote del precedente, il quale recatosi
dopo la elezione in Avignone ove il Pontefice dimorava,
fu benedetto Abate per delegazione del Papa, dal Cardinale
Fra Matteo, Vescovo di Sabina, nella Chiesa dei Frati Predi-
catori a dì 2 Maggio nel 1339. Lasciò il Neoabate in obla-
zione alla Camera: apostolica cinquanta fiorini di Oro, a’
Chierici di Camera dieci fiorini di Oro, dieci soldi e sei denari,
ricevendone cedola da Gaspare Arcivescovo di Arles, Camer-
lengo del Papa. Questa circostanza fece conoscere il merito
di lui alla corte Pontificia. Dal Cardinal Beltrando, del titolo
di S. Marco; fu fatto suo Cappellano e familiare, ed il Car-
dinale Rimerico del titolo di S. Martino lo delegò per la
decisione di certe cause civili, e lo stesso Pontefice gli com-
mise Passoluzione dalla Scomunica per il Monaco D. Angelo
Pascuccio di S. Veremondo de Spiscis in Valleingenia, nella
Diocesi di Gubbio, il quale ucciso aveva un Monaco, Prete
dello stesso Cenobio. Visitò per mezzo di procuratore i limini
de’ SS. Apostoli, e nel 1348 cessò di vivere.

Paolo Boccoli di Perugia fu eletto dopo di Uguccione.
Egli trovò esausto | Erario e sconcertata la domestica eco-
nomia. Dovette perciò alienare fondi rustici. Una tale riso-
luzione fu causa di una querela presso la Santa Sede, dalla
quale si purgò perfettamente. 2

(1) Pergamena N.* 1223, anno 1338.

a Pe

,
Lee x ERA U MAII ap ER wi ttr a o 282 - i: E. RICCI

, Era stata commendata P Abbazia prossima di S. Giustino
d'Arno fin dal 1349, a’ dì 7 Giugno, da Clemente VI al Card.
Rinaldo Orsini di S. Adriano, perché dal municipio di Perugia
si amministrava, essendo i diritti sopra di essa in questione
fra i Monaci ed i Cavallieri gerósolomitani. Ebbe Paolo
l’incarico di rivendicare ogni diritto, tanto spirituale, che
temporale, all’ Abbazia di S. Giustino spettante, e così ancora
gli furono affidate le Abbazie di Valfabrica nel territorio assis-
sinate, e di S. Stefano di Arcellis in quello di Gubbio.

Intimò a tutti i Rettori delle chiese filiali di recarsi a Lui
per rendere ragione del titolo del loro possesso ne’ Beneficii.

Essendo egli riuscito ad ordinare P Abbazia di S. Giustino
con sodisfazione del Commendatario, questi l’ accordò a Lui
in affitto per anni nove, unitamente alle due altre Abbazie
colla limitatissima risposta annua di soli cento fiorini di oro,
e così riordinò lo stato economico del suo Monastero Val-
pontense.

Vivea Paolo in tempi infelicissimi per la Chiesa e per
la Società, perchè agitate dagli scismi e dalle fazioni, Nel
1370 fu costretto di abbandonare con i suoi monaci il mona-
stero e ritirarsi nel Castello prossimo di Valcodale, territorio
di Gubbio, unitamente agli Abati di Pietrafitta 'e di S. An-
gelo di Tebaldo, avendo il Pontefice Urbano V comandato
a tutti gli Ecclesiastici di partirsi dal territorio di Perugia
per l’interdetto al quale aveva sottoposto i Perugini (1),
essendo Legato il Cardinale Egidio Albernozio.

: Morì finalmente Paolo in mezzo allincertezza del vero
Pontefice nell anno 1389.

Giacomo fu eletto appena morto Paolo. Egli per le per-
secuzioni fu costretto di fuggire dal Monastero, e come pro-
fugo cangiando dimora, ora in Perugia, Sassoferrato, Urbino,

(1) Pergamena N,° 1697, anno 1370,
SANTA MARIA DI VALDIPONTE 288

^ o, in qualche Grangia del Monastero, visse fino al 1404. In
| questo Abate cessa l Abate regolare, essendo subentrati i
Commendatarj.

Lodovieo Guidarelli fu il primo Abate Commendatario
Perugino eletto nel 1409.

Pietro de Capellis nel 1427 Perugino.

Gaspare Bartolomei perugino nel 1434, i quali resiede-
vano in Monastero con i Monaci e si servivano dell’ opera
di qualche Monaco per il governo spirituale e temporale
della famiglia, come di un D. Gaspare de? Barsi e di D. Marco
Montesperelli di famiglie nobili perugine.

Giacomo Filippo degli Arcipreti, Cavaliere perugino, uno
de’ condottieri dell’ Armata di Braccio, Castellano della Rocca
di Fano e Governatore delle Marche sotto il Vicariato di
Braccio.

Esistono tutt'ora una pittura fatta da lui eseguire scor-
gendovisi il suo stemma gentilizio di famiglia, la quale con-
tinua nei Baroni della Penna di Perugia, i registri della
sua azienda, essendo Castellano, ed una lettera a Lui scritta
nel 1474 o 79, con questo indirizzo: « R.endo in X.po Pri:
ei D.no D.no Jo: Phy: de Archipresbiteris. Fani Castellano
Dig.mo D.no et Benefactori suo sing.mo et cet. ».

Girolamo Card. della Rovere nel 1480, detto Cardinale
di Recanati, fu egli il primo ad iniziare la separazione della
mensa abbaziale dalla conventuale, perchè nel primo suo
ingresso affidò l'azienda a Ministri secolari, che dovevano
somministrare indeterminatamente a’ Monaci il necessario
di vitto e vestito,

|

Orlando del Carretto, Cardinale, che diresse le cure sue

a migliorare l'economia domestica dell’ Abbazia, Ottenne

"
uar tl Misc er
284 E. RICCI

perciò dal Legato dell’ Umbria, Leonardo della Rovere, le
facoltà di affittare e permutare alcuni beni e terre circa il 1508,
e ne commesse l'esecuzione a Filippo Romoli di Perugia, e
nell'anno seguente all’avveduto monaco D. Salvatore.

Lorenzo Card. Fieschi successe a del Carretto.

Francesco Armellini de’ Medici, che fu eletto nel 1504
e morì nel 1527.

Federico Card. Cesi.
Ottavio Card. Cesi, che morì nel 1529.

Paolo Emilio Card. Cesi, Diacono di S. Eustachio, il
quale, per mezzo del Can.co Bartolino di Perugia, Vicario
Abbaziale, fece riconoscere le Chiese filiali nel 1536.

Federico Card. Cesi. Questi nel 1554 rinovò il fonte
battesimale di marmo bianco, collocato nella Chiesa matrice;
che, secondo il sistema del territorio perugino, il fonte batte-
simale è semplicemente nelle Chiese principali, ove si bat-
tezzano i bambini di qualsiasi altra Parrocchia, anche estra-
diocesana.

Si conservano in Archivio i Registri de! Battezzati, che
rimontano al Concilio Tridentino. Il primo volume, che é

nel principio mutilo, incomincia coll’ anno, 1567.

Pierdonato Cesi, Card. anche egli, restando riservatario
il Card. Federico, sotto questo Commendatario fu eletto un
Priore del Monastero di Sitria, e dopo di questi un monaco
della riforma di S. Giustina di Padova, residente nel Mona-
stero di S. Piétro di Perugia, che fino d'allora a questa
riforma apparteneva; ma siccome i Monaci mal soffrivano
un superiore riformato, l' Abate commendatario cedè alle
loro istanze, e fu eletto un Monaco del Monastero, per nome
D, Antonio del Riccio,
1 SANTA MARIA DI VALDIPONTE 285

Nel 1570 divise i beni abbaziali, ritenendone parte per
mensa dell’ Abate e parte ne consegnò a’ monaci, ma il
ministro, infedele esecutore degli ordini dell’ Abate commen-
datario, affittò gli uni e gli altri ed à? monaci non rimasero
per vivere che le sole decime parrocchiali delle tre viciniori
parrocchie di Ramazzano, Coldalbore ossia Piccione, e S. Egi-
dio di Civitella Bonizzone. Furono perciò essi costretti di
esercitare gli uffici parrocchiali in altre Chiese non appar-
tenenti all’ Abbazia, e perfino a fare pubblici maestri di Gram-
matica e Rettorica.

Nella morte di un Parroco per nome D. Bartolomeo,
oltre alle poche vesti che servirono per tumularlo (tanta
era l’indigenza de’ Monaci) non furono rinvenute se non le
seguenti, come da una nota in Archivio: Un mantello negro,
frusto e rotto; una Tonaca di panno Lazzo negro rotta; una
Tonaca di Saja rotta stracciata; una berretta da Prete usata;
un Cappello di Feltro usato e frusto. |

Fece Pierdonato risarcire le mura del Monastero, forti-
fieandole con speroni, nel 1568 e 69, servendosi dell opera
del Monaco D. Pierlorenzo Berardi.

Fece porre nel 1579 al Campanile un Orologio di Ferro
fabbricato da Giovanni Martino Gricci da Fossato. Cessò di
vivere circa il 1585.

Angelo Cesi, vescovo di Todi; nel 1587 assegnò la mensa
a’ monaci, che per mancanza del necessario erano fuori di
monastero, nelle Parrocchie e Pubblici Ginnasj, per richia-
marli al Chiostro.

Nel 1602 la chiesa abbaziale rimase, per mancanza di
monaci, senza ufficiatura, essendo rimasto un solo Monaco
per nome D. Pompeo Berardi, il quale, per tutta la vita,
servì gli Abati Commendatarj. Fu perciò trasportato nella
Chiesa di S. Maria in Vinea Magna il fonte battesimale.
Morì Angelo Cesi circa il 1614.

* , *
PATCR HII ITO, IE Lu ir ero
286 E. RICCI

Bartolomeo Card. Cesi del titolo di S. Prassede, che fu
Abate per lo spazio circa di anni sei.

Angelo Cesi, Vescovo di Rimini nel 1620.

Essendo questa Abbazia divenuta di fatto come ereditaria
della Famiglia Cesi, era anche divenuta villeggiatura di que?’
Principi. Il Duca Giovanni vi si recava colla sua famiglia
ed in tal circostanza era incaricato il monaco D. Pompeo.
È da notarsi nelle istruzioni dell’ Abate Commendatario, che
in quell’epoca era in uso anche presso i secolari l'astinenza
dai latticini nel giorno di sabato.

Continuò D. Pompeo ad essere amministratore, sebbene
gravato dal peso degli anni, ed esegui il suo ufficio con fedeltà
ed esattezza. Rivendicò molti beni e molte terre ridusse a
coltura. Dall’ Abate Commendatario fu rimunerato con un
beneficio ecclesiastico che gli conferì, gli rilasciò le porzioni
sacerdotali assegnate a due altri monaci che cessati erano
di vivere, e gli accordò di scegliersi un Sacerdote secolare
per averlo in sua Compagnia nel 1626.

Cessò in questo Abate P ereditaria successione degli
Abati della Famiglia Cesi.

Giuseppe Card. Brianza Panzirolo, fatto Abate cirea
il: 1651.

Ottoboni Cardinale, sotto cui l' Abbazia soffrì gravissimi
danni per la troppa fiducia che aveva de’ suoi Ministri.
Furono sottratte Scritture, Canoni, Livelli e predj interi,
per cui dovette rivolgersi al Papa per riparare tanti gravi
danni originati dalla sua bonomia. Ottenne dal Pontefice
Innocenzo XII Lettere ai Vescovi di Perugia, Città di Ca-
stello e Gubbio, perché avessero minacciata scomunica ai
detentori, ma senza effetto, o molto limitato. Se ne pose di
ciò memoria in lapide che barbaramente fu fatta servire
per fronte di un focolare, ora in gran parte dal fuoco COITOSA,
per cui invano se ne tenterebbe la salvazione.
TERREA

SANTA MARIA DI VALDIPONTE 287

Filippo Card. Monti, sotto cui spuntò un raggio di luce
sopra il valpontense cenobio. Trovó egli l'edificio che mi-
naeciava totale rovina, le Parrocchie soggette negligentate
e l'Abbazia già doviziosa piü non somministrava che poche
centinaia di scudi. Fece egli peritare i restauri da farsi, che
ammontavano a somma vistosa; ma siccome con la metà
si sarebbe demolito il monastero, i Ministri avrebbero scelta
la demolizione se il buon Cardinale non si fosse opposto,
ed invece non avesse prescelto di richiamarvi i Monaci.
Rivendicò tutte le essenzioni e privilegi e fece istanza. al
Pontefice Benedetto XIV perchè si fosse degnato di fare
spedire monitorio opportuno, il che fu fatto dall’ uditore di
Camera nell’anno 1748.

Il Pontefice fece anche spedire una Bolla in conferma
de’ patti e condizioni con i quali si cedeva ai Monaci
P Abbazia.

Morì il Cardinal Monti nel 1754.

Clemente Cardinale Angenvilliers, celebre uditore del
Pontefice Benedetto XIV che sebbene Cardinale continuò
nel suo ufficio come Pro-Uditore. Cessò di vivere questo
Abate nel 1759.

Luca Cardinal Tempi.
Carlo Cardinal Caprara eletto nel 1762.

Bufalini Cardinale nel 1767 che tenne l’ Abbazia per circa
anni dieci otto.

Carlo Cardinal Livizzani nel 1785.
Fece questo Abate un eonsiderevole dono di Sagri Ar-
redi, che tuttora servono per i Divini Ufficj.

Bartolomeo Cardinal Pacca, celebre per la deportazione
in Francia col Pontefice Pio VII. Non potè egli per i cala-
288 E. RICCI

mitosi tempi arrecare vantaggi all Abbazia. Appena sopiti
però i politici sconvolgimenti, la prima sua cura fu quella
di richiamarvi i Monaci, che ne erano stati discacciati. Cessó
di vivere nel 1845.

Francesco Gentilini, Areivescovo titolare di Tiana, che
tutt'ora ne è degnissimo e vigilantissimo Commendatario.

Abati Regolari.

Gli Abati regolari, così detti quando le Abbazie erano
commendate ad un Chierico secolare, ed alcuna volta anche
ad un Milite, o semplice laico, e con i Monaci viveva il
Superiore Abate di veste monastica contemporaneamente.

Livio Maria Fabretti, primo Abate regolare fatto dal-
l'Abate Commendatario nel 1749. Prese egli possesso del-
l'Abbazia che trovò in stato miserando. Il Tempio maggiore
privato di culto ed in granajo convertito che diede occasione
alla costruzione di uno scalone a cordonata per comodo de’
Giumenti, ascendendovisi per lo innanzi per una scala a
gradini, la quale era nel luogo ove il Cardinal Monti, Com-
mendatario, fece costruire un muro di fortificazione alla
Chiesa. Le edere, serpeggiando per quelle venerande pareti,
erano ascese a ricoprire perfino il tetto. Tanta era la deso-
lazione e l'abbandono! La prima cura di Lui fu quella di
togliere quest'ingombri e le tante interne trasformazioni
del Monastero, essendo stato adattato e ridotto a comodo
di famiglie secolari, e per abitazione di diporto del Com-
mendatario e de’ suoi domestici.

Finalmente, dopo di aver governato per lo spazio di anni
trentasette, gravato dagli anni ritornò al Monastero di sua
professione nel 1786; e dopo dieciotto mesi, cioè a dì 27
| Gennaio 1788, passò agli eterni riposi.
SANTA MARIA DI VALDIPONTÉ 989

Lorenzo Fabrini, monaco toscano, che dopo la soppres-
sione de’ monasteri toscani, avvenuta cirea questo tempo,
essendosi egli aggregato al monastero di S. Maria in Casta-
gnola, altrimenti Chiaravalle di Jesi, fu eletto Abate regolare
valpontense; ma siecome egli non era professo dello stato

pontificio, come si vuole dalla Bolla di Benedetto XIV, fu :

diehiarata la sua elezione illegale e dopo tre anni dovette
lasciare l Abbazia.

Il Fabrini possedeva bastanti cognizioni teologiche, ma
poco o nessuna di sagre antichità, nè amore a queste. Edi-
ficò l’altare maggiore della Chiesa Abbaziale, ma. demolì il
vetustissimo che avea una macchina di legno, costruita dal-
l’ Abate Trasmondo, circa la metà del secolo decimoterzo.
Nella gradinata erano dipinti i Santi dodici Apostoli, e nella
fronte una croce dipinta da ambo le parti, una Vergine ed
altri Santi in Tavole similmente a due facciate. Opera tutta
di Meo Senese e suoi discepoli.

Rimosso dall’ Abbazia, egli non volle passare altrove; ma
invece, facendo uso della libertà civile che aveva in forza
della soppressione de’ monasteri toscani, ritornò al secolo e
terminò senza cocolla i suoi giorni.

Giacomo Frattini fu eletto dopo di Fabrini. Dovette
egli partire per gli sconvolgimenti politici.

Amedeo Taloni; nel 1801 fece questi cassare l'immagine
del Beato Pietro, monumento interessantissimo per pro-
vare il culto di questo Beato Abate, perché dipinta in una
sala che egli credette riformare con altre Pitture.

Gerardo Mazzarini nel 1806 divenne Abate in tempi
che facevano presagire la terribile catastrofe, essendo avve-
nuta dopo due anni e mesi la generale soppressione degli
Ordini monastici e religiosi inaudita a tanti secoli. Sono
imprescrutabili i giudizi di Dio! 990 E. RICCI

Giuseppe Gerbolini ligure, dopo riordinate le pubbliche
cose, fu eletto nel 1818, che morì nel 1834 a dì 25 Maggio.

Romano Gasperini, che cessò nel 1840.

Tommaso Persichetti nel 1845; morì nel 1851 avendo
cessato nel 1850 per la sua infermità.

Alberico Amatori nel 1850, che trasse dall archivio val-
pontense le presenti notizie.

Chiese Valpontensi.

1. La Chiesa Matrice abbaziale fin dai più remoti tempi
fu alla Vergine dedicata nell'anno 993 e detta S. Maria di Val-
diponte in Corbiniano o Corpiniano, e così ancora è chiamata
nell’anno 1030 dal Pontefice Giovanni che ne ordinò il
restauro al Beato Abate Pietro. Dopo circa due secoli fu di
nuovo restaurata, e prolungata verso oriente vi si rinovò il
coro ornato di pitture e varj oggetti di culto collocativi
dagli Abati Ercolano e Trasmondo: nel 1318 l' Abate Uguc-
cione, minaeciando rovina, la fiancheggió con solidissimi
Pilastri, vi fece la elegante Porta e sopraposto finestrone,

Questo Tempio è di una sola Nave, il di cui vólto, che
in tre parti è diviso con archi, sostiene il tetto senza travi:
la Tribuna o Abside è un semicircolo che ha tre finestre,
le quali, secondo lo stile monastico, guardano oriente.

Nelle pareti già alla rustica non vi erano se non poche
pitture, cassate ‘posteriormente, fra le quali quella del Beato
Pietro Abate: non vi erano se non altri due altari laterali
al Maggiore essendo stile di lasciare libero tutto il lungo
della Chiesa, che ora piü non esistono, essendo stati tolti,
allorchè fu riformato 1’ Altare principale. Vi sono ‘due altri
altari posteriormente. eretti, e forse nel secolo decimo quarto,
SANTA MARIA DI VALDIPONTE 291

ed ornati di pitture nel 1492, ai quali furono ingrandite le
mense, essendo state per lo innanzi secondo l'antico stile di
quattro o cinque palmi: l’altare a destra ha un a - fresco
rappresentante la Vergine sedente col Bambino, ai lati
S. Antonio Abate e S. Bernardino di Siena, che in vita
aveva passeggiate queste contrade, ed ai piedi genuflesso il
popolo in atto di preghiera, che presenta costumi villereschi
nelle vestimenta con i Ss. Rocco e Sebastiano, in atto di
porgere le preghiere del popolo stesso alla Vergine: dipinto
aggiunto in tempo della Peste, quando si celebrava il Con-
cilio di Trento. Intorno alla lacuna (strombo) dipinti vi sono
i Profeti e le Sibille aventi in mano vaticinj sulla Beata
Vergine. Nella fronte della mensa vi è dipinto un Nazareno
«dell’anno 1488.

La pittura dell’altare a sinistra, che sembra a - fresco
di miglior pennello, rappresenta Gesù Crocefisso, la Vergine,
S. Giovanni, S. Sebastiano e S. Bernardino di Siena. In un
lato di questo altare si legge l’anno 1492; ma questo è
posteriore alla erezione, poichè nell’anno 1488 in questo
stesso altare vi fu legalizzato, secondo il costume del tempo, -
un libro censuario, nel quale si legge: «In testimonianza
di la verità in la Chiesia di la prefata Abatia in Altare Crucis
a’ dì primo di Agosto 1488. Presenti li venerabili Padri
Don Celso, Don Macteo et Don Lodovico Monaci di la dieta
Abatia, et Don Simone da Fiorenza et pio ‘altri ».

L'altare grande, di fresco rinovato è un mostruoso inne-
sto, non corrispondendo allo stile di architettura della chiesa.
Sotto di esso vi riposano le Ossa del B. Pietro Abate.

In mezzo all’absida si vede una Tavola stata già del-
antico Altare; vi si legge questa iscrizione: «......pus pinait
Meus». Forse: /Joc opus pinxit Meus. Bartolomeo, o Meo
senese, mutilata per adattare il quadro alla grandezza della
finestra, che precedentemente vi era, convertita in lacuna.

L’ antico registro del Cellerario, da cui sono tratte molte
notizie, dice che furono pagati i Pittori nel mese di maggio
299 E. RIÓCI

dell'anno 1285; dunque a questo anno appartengono le Tavole
dell’ Altare e gli a-freschi del Capitolo, ed altri luoghi (1).

Non apparisce che questa chiesa avesse vestibolo, essendo
costumanza Monastiea di non avere chiesa pubblica, se non
in qualehe distanza dal recinto del monastero.
| Aveva la chiesa la sua Clausura nella Confessione fatta
| ill | ( dall’ Abate Trasmondo nel 1272 (2) e la Cripta sottoposta
I" prossima al Capitolo.

I : Nell’uno e nelPaltro vi erano pitture Larbaramonto
| | fatte imbrattare con fosca tinta circa il 1625 sulla idea di

It non profanarle, essendo stati questi luoghi in officine con-
vertiti. Ha il suo Nolario, il quale era di un terzo più alto
di quello che è al presente, essendo stato abbassato per
timore, che diroccasse.

Nell'anno 1272 vi furono collocate le Campane.
Esisteva in questa Chiesa un copioso numero di Reliquie
io di Santi, che un tal Guidone Monaco nel 1318 riportò da
| Roma, avendole avute dal Priore di S. Maria in grado de
| l'ordine de’ Predicatori, le quali ora più non vi esistono.

M 2. S. Andrea di Civitella Bonizzone. — Poco lungi dal
Monastero nella parte occidentale si scorge un poggio detto
| Montemartello, ove esiste ancora un Castello chiamato Civi-
| tella di Bonizzone, che ne era nel decimo secolo il Possessore
e Signore. Dal volgo corrottamente fu poi detto Civitella
Benazzone e Benedizione.
| In questo Castello, o nelle vicinanze, esisteva una Chiesa
| ill | | parrocchiale, membro dell’ Abbazia, che la possedette fino
MIU)! a circa la metà del decimosesto secolo, sotto il titolo di
(NV || j S. Andrea.

li 3. S. Andrea di Morleschio. — Altra Chiesa a S. Andrea
dedieata era in Morleschio, Castello posto al settentrione del
Monastero. L'Abate, come a tutte le altre, vi mandava il

*

(1) Questa notizia è ripetuta negli altri Mss.
| (2) Ms. 1272: « In actando serra confessionis »,
SANTA MARIA DI VALDIPONTE 293

Rettore; ma allorchè cessarono i Monaci, ed in quello di
S. Paolo vi erano quelli della Congregazione Celestina, dalla
quale prese il nome, questa Chiesa fu da questi presa in
eura, e precisamente nel 1579 vi era Rettore il Monaco cele-
stino D. Michele, il quale godeva terre, che nei publici regi-

stri, anche nei tempi vicinissimi, erano sotto il nome di.

S. Maria di Valdiponte e non di S. Paolo.

Il Monastero di S. Paolo, non molto discosto verso occi-
dente, alle falde di Montemartello, alla cui cima trovasi
Civitella Bonizzone, fu già filiale, e quindi eretto in Abbazia
con i proprj Abati rivestiti di tutti i poteri senza dipendenza
e subordinazione all’ Abbazia Matrice, forse perché soggetta
ancora essa immediatamente alla Santa Sede ‘apostolica.
L'Archivio del Monastero Valpontense ha memorie di quello
di S. Paolo, che qui non occorre accennare.

4. S. Angelo in Cantignano. — Nella contrada a
Cantignano, eravi una Chiesa dedicata a S. Angelo. Nel 1054
un tal Baronzio, figlio di Bonizzone, secondo la sua legge
Longobardica fa dono a D. Giovanni, Abate Valpontense,
della Chiesa di S. Angelo in Cantignano, posta all’ oriente
del Monastero, presso il Castello di Valcodale.

5. S. Angelo di Colognola. — Altra Chiesa a S. Angelo
dedicata era nelle vicinanze del Lago Trasimeno, detta di
Colognola, ed anche della Bastia, ora diruta. Circa il 1500

non era più beneficio, essendo stata unita alla Chiesa di

S. Silvestro di Collepizzone, Parrocchia limitrofa, la quale
fu detta perciò de’ Ss. Silvestro ed Angelo di Collepizzone.

6. S. Angelo di Febino. — Nel territorio di Castelfidatto,
di rimpetto al Castello di Febino, era situata altra Chiesa
dedicata a S. Angelo, di cui a’ nostri giorni ancora conser-
vasi il nome, e se ne veggono le vestige in mezzo ad
un’opaca selva di grosse querce ed altissimi cerri.

7. S. Angelo di Galgata. — In queste vicinanze altra
Chiesa esisteva nel Castello di Galgata, al medesimo S. An-

gelo dedicata; ora l'una e l'altro diruti, posseduti a metà

SEI E
sirio cei ii m
4 meri ii 204. E. RICCI

da' Canonici di S. Mariano di Gubbio, e dal Monastero, fino
dal 1194, ma, nata questione fra Canonici e monaci, fu deciso
nel 1213 che la Chiesa, Sagri Arredi e tutt?altro, fossero,
come per lo passato, a metà.

I Rettori non erano sempre Monaci, ma ecclesiastici
secolari ancora, istituiti forse alternativamente dall’ Abate
Valpontense e dal Priore de? Canonici. i

8. S. Angelo di Montelabate. — Ancora altra Chiesa dedi-
cata a S. Angelo esisteva entro il Castello di Montelabate,
detto già Corbiniano, la quale destinata era per amministrare
i Sagramenti ai Servi, che il Castello abitavano, ad aveva
il diritto di riseuotere le Decime.

Nel 1328 vi si stipuló un Istrumento fra il Monastero
e gli abitanti per certe terre livellarie. Nel 1577 non era
‘ancora diruta, avendo P Abate accordato al P. Guardiano
de’ Frati minori del Farneto di celebrarvi la Messa in occa-
sione della Questua del Mosto.

Da questo numero di Chiese dedicate a S. Angelo, appar-
tenenti ad una sola Abbazia, si puó apprendere quale fosse
la divozione de’ fedeli verso 1° Arcangelo S. Michele ne’ pas-
sati secoli.

9. S. Apollinare. — Nel Castello de? Figli di Azzo, 0
Attone (Castelfidatto) esisteva una Chiesa dedicata all’ Apo-
stolo dell Emilia S. Apollinare. Nel 1287 si restaurò la Casa
che serviva di abitazione al Monaco Rettore, il quale eser-
citava la cura delle anime. La Parrocchia nel 1580, a’ dì
9 Marzo, fu divisa e data parte al Parroco di Febino, parte
a quello di S. Maria della Neve del Piccione e parte all’altro
di Santa Maria in Vinea Magna, presso il Monastero. Rimase
questa Chiesa semplice beneficio ecclesiastico, che si confe-
riva ad un Monaco Rettore, residente, finchè in ‘questi ultimi
tempi i beni divennero Congrua della Parrocchia di Carestello
e la Chiesa in mezzo alle macerie del Castello de’ Figli di
Attone di Giovanni continuò ad esistere fino al 1818, in cui
fu demolita, ed ora si veggono i miseri avanzi,
SANTA MARIA DI VALDIPONTE 295

10. S. Cristoforo della Capraja. — Nel Castello della
Capraja, creduto tomba di Totila (che mori in Capra), fra
le Diocesi di Gubbio e di Nocera, vi è una Parrocchia anti-
chissima, sotto il titolo di S. Cristoforo.

11. S. Cristoforo della Colombella. — Nelle vicinanze
del Castello della Colombella, in un luogo detto Colleromano,
esisteva un monastero di Monache all’ Abbazia soggette, dette
della Penitenza, dedicato' a S. Cristoforo. Pagavano queste
Religiose il Canone all’ Abbazia, essendo la Casa ed i loro
possessi di dominio di essa. Sono nominate nel 1266 in cui
era Amministratore un tal Fra Bartolo, col titolo di Guar-
diano, e Suor Altapasqua ne era la Superiora.

Nel 1314 lasciarono il primitivo istituto, e presero ad
osservare la Regola di S. Benedetto, viceversa di ciò che
accadeva in questi tempi nelle Clarisse, che lasciando l’isti-
tuto benedettino abbracciavano le nuove Regole. Divenute
benedettine, 1’ Abate vi deputò un Amministratore Monaco,
che nel 1349 era un tal D. Guidone, e nel 1369 D. Baldas-
sare. Riammensati finalmente i fondi accordati a queste reli-
giose, furono dati in supplemento di Congrua dal Card. Abate
al Vicario curato di Ramazzano.

12. S. Cristoforo di Topillo. — Altra chiesa col titolo
di S. Cristoforo era nel territorio eugubino, che sembra non
regolare, nè appartenuta alla quasi Diocesi; ma di semplice
Juspatronato. Nel 1325 fu conferita dall’ Abate a Suppolo di
Castiglione, e dopo di questo a Bartolo Venturelli.

13. S. Donato di Lupaccione. — Presso il torrente Arno,
che si scarica nel Tevere, e presso Civitella d’ Arno e Pastine,
altrimenti Beato Fra Egidio, esisteva una Chiesa a S. Donato
dedicata, nella quale si sepellivano i Livellarj che in gran
numero erano in quelle parti.

Nel 1231 D. Martino Abate dà terre a Livello in S. Do-
nato, e piaggia di S. Lorenzo in Civitella, luoghi posti nel-
l'immensa tenuta di Lupaccione, a condizione che i Livellarj
fossero sepolti in S, Donato, La Chiesa di S. Lucia era filiale,
296 E. RICCI

14. S. Donato di Orsciano. — Nella villa di Orsciano,
territorio di Castelrigone al lago Trasimeno, vi era altra
Chiesa dedicata a S. Donato, posseduta dall Abbazia fino a
tutto il secolo decimosesto. Sembra che fosse un patronato
o beneficio secolare unito, perché il Rettore, anche ne’ tempi
remoti, non era un Monaco, ma un ecclesiastico secolare, o
al più uno degli Oblati, i quali figuravano Monaci e Chie-
rici, secondo le occorrenze. .

15. S. Egidio di Civitella Bonizzone. — Una Chiesa
antichissima parrocchiale, detta S. Egidio, trovavasi nel Ca-
stello di Civitella Bonizzone, confinante colla Parrocchia di
S. Hario, e forse ancora colla Pieve di .S. Donato,. filiale
della Canonica di S. Mariano di Gubbio, posta nel confine
eugubino, presso il fiume o Torrente Ventia, nel luogo ove
era il Ponte per transitare. Aveva non lungi il Cenobio di
Monache di S. Ruffina nel Monte Salajolo.

I Frati conventuali ufficiavano questa Parrocchia a nome
dell Abbazia, i quali abitavano il prossimo Convento a Civi-
tella Bonizzone, che fu loro confermata dall Abate nel 1570.
Finalmente, cirea il 1578, dopo varj dibattimenti, divenne
soggetta al Vescovo di Perugia.

16. S. Elena di Preggio. — Nel territorio di Preggio,
Castello situato in alto colle, alle cui falde scorre il piccolo
fiume Nicone, esisteva una Chiesa dedicata a S. Elena,
membro ancor questo dell’ Abbazia.

17. S. Fiora. — Nel Monte di S. Fiora, posto nel
territorio Eugubino, presso il fiume o torrente Ventia, era
la Chiesa di S. Fiora in Montefiore, della quale più non
esistono neppure le vestigie.

18. S. Giovanni di Catrano. — Nel territorio di S. Marià
di Cenerente, sotto il titolo di S. Giovanni, in un luogo detto
Catrano, nel contado perugino, eravi altra Chiesa. Nel 1319
vi si rifece la Campana, e nel 1625 minacciava rovina.

19. S. Giovanni di Colcelli. — Il Marchese Ugone donò
la Chiesa di S, Giovanni di Colcelli al Monastero nel 1050,
SANTA MARIA DI VALDIPONTE 207

compresa nella grande obblazione che fece de’ suoi possedi-
menti nel territorio eugubino. Nel 1575 si progettò di riu-
nire questa Parroechia a quella di S. Cristina della Diocesi
di Gubbio. | |

20. S. Giovanni di Prugneto. — Altra Chiesa nelle vici-
nanze del Fiume Cáina trovavasi eretta in onore di S. Gio-
vanni, detta di Prugneto o di Gatte nel territorio di Perugia.

21. S. Giustino di Montenero. — In Montenero, contado
perugino, esisteva una Chiesa a S. Giustino dedicata, diversa
dal S. Giustino, Abbazia detta d'Arno.

22. S. Gregorio di Coldalbere. — Nel Castello di Col-
dalbere (Castrum de Arce Collis Arboris in Comitatu eugubino)
posto all'oriente del Monastero, nel territorio di Gubbio
nel 1261, ed ora di Perugia, vi era Chiesa al presente diruta
a S. Gregorio dedicata e del Castello non rimangono che
pochi ruderi,

23. S. Gregorio di Perugia. — Nella Città di Perugia
esisteva altra Chiesa allo stesso S. Gregorio : dedicata nel
Rione del Verzaro (în viridario). Possedeva case di rimpetto,
ove al presente trovasi la Chiesa de’ Ss. Gio: Battista e
Bernardo, e case religiose attigue. Nel 1255 Peregrinotto
olim Peregrini Girardini, fatto testamento nella Chiesa di
S. Domenico di Perugia, in cui sette Frati predicatori testi-
monj furono, costituì erede universale il Monastero, e volle
che il suo corpo, fatto cadavere, fosse sepolto in S. Gregorio
in viridario, membro dell’ Abbazia.

24. S. Ilario. — Nel 1116 Bonizzone e Raniero, figli
di Rustico, donaro al Monastero la Chiesa di S. Ilario in
Campagnano, luogo presso Civitella Bonizzone, con le Cam-
pane, paramenti, libri, e la metà del Recinto della Chiesa,
che era stata ritenuta da Pietro Prete della Citerna. Fu
precedentemente di Guglielmo figlio di Alberto.

2D. S. Ilario in Santellera. — Nella Villa di Santellera,
nelle vicinanze di ‘Rance, ne’ contorni del Trasimeno, vi
era altra Chiesa allo stesso santo Ilario dedicata.

: Pi
mer he 298 : E. RICCI

26. S. Maria di Carestello. — S. Maria di Carestello,
altra Chiesa dell’ Abbazia nel territorio eugubino, non era
anticamente parrocchiale. È nominata nel 1274 e dicesi
situata nelle vicinanze di Carestello, piccolo Castello con un
tenimento di terra di proprietà del Monastero, edificato
sopra un Poggio che soprasta il Torrente o fiume Aquira.

Nel 1615, allorchè si godevano le Terre in Enfiteosi da

. Muzio e Federico Boni di Gubbio, non era ancora Parrocchia.

27. S. Maria di Gatte. — Presso la Caina alla Rabatta,
nel territorio Perugino, esisteva altra Chiesa col titolo di
S. Maria detta di Gatte. D. Giacomo, Cappellano della Chiesa,
nell’anno 1228, ricevette da Valmado di Guglielmo terre di
diretto dominio di S. Lorenzo di Rabatta, consenziente il
Priore D. Martino.

28. S. Maria ad Nives del Pizzone o Piccione. — Nella
villa sottoposta al Castello di Coldalbere, nel luogo detto
già Pizzone, ora Piccione, sussiste tuttora una Chiesa dedi-
cata a S. Maria sotto il titolo ad Nives, la quale, sebbene
di antica fondazione, pure Cura di anime non ebbe se non
nel 1579, dopo essere stata restaurata dal Cardinale Abate
Cesi Pierdonato, il quale vi elesse il Parroco con Lettera
patente del 17 Novembre 1579, ed a cui assegnò la porzione
congrua sottratta dalla mensa conventuale con l'onere di
celebrare due Messe in ciascun mese nella prossima Chiesa
di S. Mariano del Farneto, ora diruta.

29. S. Maria di Pontepattoli. — Prossima al Ponte sul
Tevere, detto Pontepattoli, era altra Chiesa a Maria SS."
dedicata. Ebbe per l’ Abbazia donazione fattale da Guidone

figlio di Rinaldo da Montebagnolo, e da Raniero di Rusti-

cello, per l’opera del Ponte nel 1154; e nel 1158 un tale,
per nome Bastardo, vendette alU unito Ospedale terre, ed
una vigna in quelle pertinenze.

30. S. Maria di Rance. — Nelle vicinanze del Lago
Trasimeno, vi era altra Chiesa dedicata a S. Maria, priorale
e parrocchiale della quasi Diocesi Valpontense, che al pre-
SANTA MARIA DI VALDIPONTE 299

sente ancora esiste. Nel 1355 il Card. Egidio Albornozio,
legato apostolico, rimosso il legittimo Rettore, conferisce
questa Parroechia; ma l Abate D. Paolo, avendo reclamato
per mezzo di D. Matteo Cola da Gubbio, suo monaco, alla
S. Sede, fu dichiarata nulla la elezione, e fu ristituito il
Parroco espulso.

La cura delle anime posteriormente fu trasferita nella
prossima Chiesa di S. Silvestro di Colpiccione.

31. S. Maria Rubbiana. — Nel territorio di Gubbio,
in Valcodale, trovavasi altra Chiesa sotto il titolo di S. Maria
Rubbiana.

82. S. Maria in Vinea Magna. — A pochi passi dal
Monastero è la Chiesa detta di S. Maria in Vinea Magna.
Fu restaurata dal Card. Cesi Pierdonato nel 1583, e quindi
fatta da Lui parrocchiale, o piuttosto soccorsale della Chiesa
Matrice, perchè il Card. Abate volle che il Parroco servito
se ne fosse per quelle funzioni le quali turbavano la quiete
e silenzio Monastico, senza però togliere dalla chiesa princi-

del Monastero, nè il Battisterio, nè il Crocefisso, per non
diminuirne il culto.

Nel 1578, a’ dì 19 Ottobre, fece, col restauro della Chiesa,
anche costruire la Casa per il Parroco, che fu il primo
D. Giacomo Eufrosino Torsoli, con Patente dell’ Abate del
24 Marzo 1579. Fu a questo novello Parroco fatta la con-
segna della porzione congrua, consistente in terreni, dal
Monaco D. Andrea Nanni, come ancora. delle mobiglie ed
altri utensili. Nel 1623 era stata edificata ne’ beni allodiali
del Monastero una chiesa dall’ enfiteota Fabio Corsetti, sotto

o il titolo di Maria SS. della Concezione; in questa si cercò
di trasferire la cura delle anime; ma il progetto non fu
effettuato.

33. S. Mariano del Farneto. — Non lungi dal convento
o luogo de’ Frati Minori del Farneto, ai quali fu donato
dall’ Abate di S. Giustino, monastero creduto filiale del Val.

pale nè la Confraternita, la quale era stata eretta dal Priore |

€—— Eer__—_ti,______—_— Preggio, nelle vicinanze di Reschio, da cui prese anche la

300 E. RICCI

pontense, una Chiesa esisteva, dedicata a S, Mariano. Nel 1261
l'Abate Ercolano assegnò certe terre per Congrua al Rettore,
e nel 1572 questa Chiesa, avendo bisogno di molti restauri,
questi furono ordinati dall’ Abate Commendatario.

34. S. Paolo di Febino. — Di una Chiesa a S. Paolo
Apostolo dedicata si ha memoria nell’anno 1205, allorchè
Abate Oratore, rifermando .a Rinaldo di Trasmondo la
terza parte del Castello di Febino nell’ eugubino, eccettuò
la Chiesa di S. Paolo, posta entro il Castello stesso, le De-
cime ed i mortorj, ed egualmente fece nell’anno 1236
D. Ercolano Abate, con Reale di Pasquale, ed Ugone di
Rainaldo; quindi fu dedicata ai Ss.' Apostoli Pietro e Paolo,
e finalmente, lasciato del tutto l’antico titolo di S. Paolo,
fu detta di S. Pietro di Febino. Il Cardinale Cesi assegnò
la Congrua al Parroco, ed accordò ai Febinesi di sceglierlo
e nominarlo in gratificazione di avere prestata essi la mano
d’opera nella riedificazione della Chiesa. Il Prete Parroco
era tenuto in casa dai Conti di Febino Gio: Battista e Fla-
minio, ai quali il Card. Abate confermò la Contea. Erano
questi di Montefiore nello stato di Urbino, i quali nel 1627,
essendosi uccisi fra loro stessi, ritornò la contea al Monastero.

35. S. Paolo di Preggio o Reschio. — Nel territorio di

denominazione, si trova la Chiesa a S. Paolo dedicata, già
Priorato unito e filiale al Monastero. Nel 1236 il Priore di
Fontecchio dichiarò di non avere più alcun diritto in questa
Chiesa, alla quale precedentemente 1’ Abate D. Oratore aveva
fatto assegno del circuito per uso del Priore, in occasione
che la metà di tutti gli altri beni ed estesi possessi, dati
furono da lui in Enfiteosi. Gli abitanti di questa Parrocchia |
pagavano il dazio al Monastero, come tante altre Castella
e luoghi ove aveva il dominio.

I beni abbaziali in queste vicinanze erano molti, de’
quali ne furono ceduti in Enfiteosi a Diotisalvi, e Guidone
Bonacorsi di Pitignano, nella Curia del Castello di Preggio,
S. Potito dedicata, trovavasi una Chiesa in Corbesicano,

SANTA MARIA DI VALDIPONTE 301

anche in linea feminina, se le donne maritate si fossero a
persone del Cimiterio, cioè servi in vita ed in morte del
Monastero. Nel 1584, morto il Priore, fu conferita dall’ Abate
commendatario la Parrocchia al Monaco D. Senso.

36. S. Patrignano di Castelfidatto. — In Castelfidatto,
oltre alla Chiesa di S. Apollinare, vi fu ancora nel suo ter-
ritorio altra, sotto il titolo di S. Patrignano. Circa il 1340
fu unita a quella di S. Apollinare, ritenendo i beni dell’ una
e dell’ altra per congrua porzione, il Rettore Parroco.

37. S. Patrignano in Leporiano. — Pietro di Vico Le-
poriano, o Lepoiano, dona all’ Abate Beato Pietro la Chiesa Î
di S. Patrignano presso la Caina, con terre, olivi ete. Cosi
Alberto di Godenozio e Berta sua moglie a D. Rustico Abate,
ed all’ Abate D. Gebizone e Baraldo, Perdune e Turoli, figli
di Baraldo ed Inghiranda moglie, il servizio di Fusco e
l’uso delle terre, vigne, alberi, frutta etc. Nell'anno 1174
vi fu altra donazione fatta da Giacomo e Tinto di Guarrolo
ed Ugolina sua moglie a D. Tebaldo Abate, di terre, vigne
selve ed uomini di servitù, e l' Abate li ridà loro a terza \
generazione anche femminina, con l'obbligo della sepoltura.

Questo è l’unico esempio di appodiazione che trovasi

nelle memorie valpontensi.

38. S. Pietro di Vigneto. — Grangia con Chiesa nel
territorio eugubino, di proprietà e dominio del Monastero, |
sotto il titolo di S. Pietro di Vigneto; apparteneva al Mo- . : |
nastero. I Canonici di Gubbio nel 1463 per Bolla di Pio II E
degli otto Agosto, se ne impadronirono; ma non furono pa- [
cifici possessori se non dopo circa un secolo; nel 1571 fu
mossa lite, e nel 1580 si raccolsero scritture per provare il |
diritto dell’ Abbazia, che ebbe nel 1590 sentenza favorevole a
dalla Rota romana. In questo luogo vi fu il Tempio di Marte
Ciprio o Cupro, distrutto forse dai Monaci circa il secolo
settimo.

39. S. Potito. — Poco lungi da Montecolognola a 302 E. RICCI

Nel 1181 vi era una strada, che dal lago "Trasimeno condu-
ceva alla prossima Chiesa di S. Potito.

40. S. Silvestro. — Nellanno 1192 Rusebia, figlia di
Ugolo, per l’anima di Ranuccio suo Marito e del figlio Andrea,
dona al Prete Rodolfo per la Chiesa di San Silvestro, posta
fra il territorio eugubino e perugino, tutti i suoi beni, ed al
Monaco D. Martino si dona per quella stessa Chiesa un Casa-
lino. Era situata nel territorio di Coldalbere, sebbene più
prossima all’altro Castello detto dell Abate. Nelle vicinanze
di questa Chiesa trovavasi una piccola villa, della quale
ancora se ne veggono le macerie. Nel 1579 non più esisteva,
avendone P Abate commendatario fatto dono al Vescovo di
Perugia delle Colonne, Pietre e Coppi.

41. S. Silvestro di Collepizzone. — Nelle parti del Lago
Trasimeno esiste altra Chiesa dedicata a S. Silvestro. Nel 1285
D. Recabene Monaco e Rettore compera terre da Francolino
di Congio per la mensa del Monaco ivi residente, e nel 1575
le decime di questa Chiesa si riscuotevano per mensa de’
Monaci.

42. S. Silvestro di Solfagnano. — Altra Chiesa dedicata
a San Silvestro ritrovavasi nel Castello, o prossima al Ca-
stello di Solfagnano, retta sempre da Monaci, essendo, oltre
a parrocchiale, anche chiesa priorale. Nel 1470 fu fatta dipin-
gere una Tavola nell’ Altare, dal Priore D. Bartolomeo, in
occasione che altre pitture si eseguivano nel Monastero per
ordine dell’ Abate Commendatario Degli Arcipreti.

43. S. Tommaso di Ramazzano. — La Chiesa di S. Tom-
maso, nel Castello di Ramazzano, poco lontano dall’ Abbazia,
forma parte della donazione fatta da Guglielmo e Berta a
Gebizzone Abate nel 1115. Fu sempre parrocchiale, ma come
succursale del Monastero, perchè, sebbene 1’ Abate deputasse
per la cura un Monaco, ciononostante questi non vi andava
che nelle occorrenze.

Nel 1569 vi si celebrava messa soltanto in ogni quin-
dici giorni, |
SANTA MARIA DI VALDIPONTE 303

Nel 1579 fu a questa Chiesa, dall’ Abate commendatario,
unita quella di S. Maria Maddalena delle Pulci, e nel 1610
quella di S. Cristoforo della Colombella, già Monastero di
Monache all’ Abbazia soggette.

Circa questo tempo si edificò la nuova Chiesa, fuori del
Castello da Giulio Cesare Oddi, affinchè il Parroco, che fuori
del Castello abitava, a suo comodo ed in qualunque ora
fosse potuto entrare nella Chiesa per gli ufficj parocchiali.

Fu all’ Oddi ceduta la Chiesa nel Castello senza diritto
alcuno di juspatronato, ma come semplice Cappella.

44. S. Valentino della strada. — Finalmente sotto
l'Abbazia vi era altra piccola Abbazia figlia, sotto il titolo di
S. Valentino della strada nella Diocesi di Civita Castellana,
ed al pari de’ Priorati aggregata alla Madre Abbazia. Il
Superiore riteneva il nome di Abate, ma questo titolo non
gli accordava altro diritto che quello di un Priore amovibile
ad nutum dell’ Abate Valpontense. Tre Chiese erano membri
di S. Valentino, cioè S. Antonino, o Ancobino in Ponte-
strenuo, oggi Pontefelice sul Tevere; S. Niccolò di Torricella,
e S. Maria de Gruttis.

Dominj e Possessioni Valpontensi.

Il Monastero valpontense aveva estese possessioni con-
sistenti in rustici fondi, in molini, in castella ed in Canoni.
Alla proprietà univa il Dominio e riscuoteva per questo
titolo Gabelle, Dazj, Tasse giudiziarie, ed approvava il Balio.
Possedeva ancora il servizio di molte famiglie, le quali o si
sottomettevano al Monastero per non soggiacere a persone
laiche, o l Abate comperava il loro servizio in vita ed in
morte con i discendenti e con l’obligo di essere sepolti nelle
Chiese all’ Abbazia soggette. La loro servitù chiamavasi Homi-
nantia come il diritto dell’ Abbazia dicevasi Capitantia. Quelli
ai quali Abate accordava l'emancipazione, pagavano al

VISTO IERI
304. E. RICCÍ

Monastero il diritto pecuniario di-redenzione. Tale era il
costume dei tempi; ma le petizioni che riceveva 1° Abate
da estranei servi di cangiare servitù col mezzo di compera,
fanno evidentemente conoscere che era meno pesante la
servitù dovuta al Monastero, che a laiche persone.

I possessi che erano estesissimi soffrivano continue usur-
pazioni dagli Enfiteoti, i quali negavano il Dominio diretto
o li alienavano come proprj e da confinanti, non essendo in
uso altro segno di confine, che conficcare chiodi Dee querce
facili a togliersi e traslocarsi.

Nel secolo decimoterzo si dettero dal Monastero in Enfi-
teosi moltissime terre, e molte se ne comperarono fra quali
ancora nel 1276 alcune dai Frati eremitani di S. Agostino,
e nel 1284 dai Frati Minori. Segno che fino da questi tempi
gli uni e gli altri, sebbene mendicanti, possedevano terre.
Limitatissimi erano i canoni consistenti ordinariamente in
Pepe, in spalle di Porco ed in Focacce; per cui la minu-
tezza del canone non è sempre indizio di semplice .appo-
diazione.

Ma siccome non era lecito ai Monaci il vivere del lavoro
delle mani altrui e cibarsi di carni, queste spalle di porco
e focacce erano distribuite ai Poveri nei due giorni della
scadenza, cioè nelle solennità dell’ Annunciazione ed Assun-
zione di Maria santissima.

Nel secolo decimo-sesto, incominciando cioè da circa
il 1530, furono tali e tante le usurpazioni, che predj
interi erano passati in proprietà altrui. I Monaci che più
non avevano ingerenza od era limitatissima, perchè sotto
la gestione de’ ministri erano costretti di vedere sottratte
le possidenze rese a coltivazione dai loro predecessori, elar-

gite dalla pietà de’ Fedeli e conservate con ogni cura come
patrimonio dei Poveri, non potevano accorrervi con alcun
rimedio. Ciononostante nel 1546 un tal D. Francesco monaco,
rivendicò molti Predj usurpati ed alienati, o come liberi
posseduti.
SANTA MARIA DI VALDIPONTE 305

Nessuna gratitudine si mostrò allimpegno e cure del
Monaco, ma invece odio e livore de' ministri complici delle
usurpazioni. Fu perciò da? Ministri tolto P Archivio ai Mo-
naci, e sottratti furono due volumi d'Istrumenti che conte-
nevano gran parte de’ contratti enfiteotici correnti. I com-
mendatari, trovatisi alle strette, altro mezzo non ebbero che
il ricorso al Papa, perchè scomunicasse gli usurpatori e de-
tentori. Uscì primieramente contro costoro un monitorio
nel 1567 publicato da Donato della Torre, Vicario del Ve-
scovo di Perugia, e da Mariano Savelli Vescovo di Gubbio.
Altro ne uscì dall’ Uditore della Camera Apostolica Gio: Do-
menico Spinola, e quindi si passò alla Scomunica nel 1625
e nel 1691, e ne furono incaricati dal Pontefice Innocenzo XII
i Vescovi di Città di Castello, Gubbio e Perugia. Non si sa
qual’ effetto producesse, ma il fatto si è che nel 1713 tutta
l'Abbazia dava soli scudi novecento cinquantotto e cinquan-
tanove baj. romani, quando per lo innanzi, secondo riferi-
scono Annibale Mariotti e Francesco Riccardi, rendeva la
somma di scudi quattordici mille.

Gli edifici erano cadenti e lo stesso Monastero minac-
ciava tal rovina, che all’ Abate commendatario fu progettata
la demolizione di una gran parte.

A Era nell'anno 1748 Abate Commendatario il Card. Filippo
Monti. Egli per non vedere la distruzione di un Monastero, per
più titoli venerando, ottenne dall’ Immortale Pontefice Bene-
detto XIV di restituirla ai Monaci, colla riserva di una pen-
sione annua, i quali presentemente la ritengono, mantenendo il
divin culto, la possibile economia campestre ed i diritti abaziali.

Castelli e Proprietà Valpontensi.

Caligiana. — Villa in Castiglionevillano al lago Tra-
simeno. Qui il Monastero aveva beni. Nell'anno 1303 P Abate
D. Uguccione riferma a livello terre in questa villa a Luca
del Forte e fratelli. | 306 B. RICCÍ

Cantignano. — Possedeva Cantignano luogo nel con-
fine del territorio eugubino.

Nel 1054 Baronzio di Cantignano dona Case, Vigne e
Prati all’ Abate Giovanni.

In questo luogo esiste anche presentemente un Albergo
che chiamasi, o per la deformità dell’ edificio, o perchè ne’
secoli passati vi si commettevano delitti, la Casaccia; per
cui nell’anno 1611, a’ dì 8 Marzo fu ordinata dall’ Abate
Commendatario la demolizione, che sarebbe stata eseguita,
se il monaco Don Pompeo Berardi non. gli avesse umiliate
le sue contrarie riflessioni, le quali lo persuasero a rivocare
gli ordini dati. |

Capraja. — Capraja, Castello nel territorio di Gualdo;
proprietà e dominio antichissimo, ove è opinione più proba-
bile che morisse Totila. Nell'anno 1545 fu mossa questione
dal Comune di Gualdo sul Dominio in questo Castello. Il
Conte Federico della Carda ed il nipote del Vescovo di No-
cera, armata mano con centocinquanta Uomini vi andarono
per uccidere Francesco Ranieri e vi commisero ogni genere
di nefandità. Si vinse la lite nel 1569 contro il municipio gual-
dese, ma nella ripresa di possesso vi accaddero più risse nar-
rate dal Monaco Don Gabriele, che ivi risiedeva per la cura
delle anime. Finalmente il Commendatario Abate nel 1625
rinunciò a Gualdo il dominio, riservandosi la proprietà.

Carestello. — Carestello, Castello situato in un Poggio,
sopra il fiume Aquina, nel territorio di Gubbio.

Di un Carestello si narra da Mariotti Annibale e Fran--
cesco Riccardi, che fosse distrutto nel 3753; anni 300 avanti
l'Era Cristiana, nelle Guerre de’ Romani con i Liguri da
M. Popilio Console, e dicesi che questo Carestello, prima
Caresto, fosse nelle vicinanze del Monastero, ove di fatto
vi è non molto lontano un luogo che porta questo nome.
Se ciò sia, ovvero se sia o l’uno o l’altro Caresto non è

qui da discutere, non trovandosi memoria nell’ Archivio, 2

quale non ho mai inteso di dipartirmi.
SANTA MARÍA DI VALDIPONTE 307

Nel 1274, Onesto, figlio di Pietro, riceve in Enfiteosi
dall’ Abate Trasmondo terre nel territorio di questo Castello;
e nel 1289 P Abate Diodato le dà a Ventura del fu Benve-
nuto da Gubbio a terza generazione. Uguccione Abate,
nel 1329 riferma quelle vicine alla Chiesa di S. Maria, a
Puzio Paolucci, e nel 1338 possedeva il Monastero terre in
S. Cipriano, luogo in queste vicinanze. Finalmente nel 1676
furono rivendicati pochi fondi fra i tanti usurpati e quindi
dati di nuovo in Enfiteosi.
Carpine. — Carpine, luogo nelle vicinanze del Trasi-
meno, era del Monastero. Vi si stabilirono i Cavallieri detti
del Pian di Carpine o Magione. Nel 1171 Don Teobaldo Abate
concede terre, edificj, acque e Molini in più luoghi di questo.
territorio e vicinanze ai Cavallieri, in Enfiteosi, essendo
Priore Don Leone; e nel 1261 Fr. Roterio, Priore di S. Ba-
silio di Roma, e Fr. Bonaventura Sindaco di S. Basilio,
S. Maria Rubea ed Ospedale di Carpine, pagano il Canone
al Monastero per le terre livellarie, come fece nel 1353
Fr. Niccolò, Cavalliere Gerosolomitano e Precettore di S. Gio-
vanni del Pian di Carpine per il R.endo Padre e Signore
\ Fr. Bartolomeo Bonini di Firenze, Precettore di Roma e
Pisa. Nel 1507 fu detto Masione del Pian di Carpine.
Castel del Monte. — Al Levante del Monastero, nella
sommità dell’alto colle, si veggono ancora miseri avanzi
del Castello, chiamato Castel del Monte, Castel S. Silvestro
e Castel dell’ Abate, avendo ivi l' Abate la curia. Allorchè
in esso alcun contratto si stipulava, si diceva fatto nella
Curia dell’ Abate, ove risiedevano tutti gli ufficiali addetti
! al Governo civile, fra’ quali un tal Notaro Carlevare, che,

a differenza di que’ tempi, conservava la sintassi latina nelle
E sue scritture, o almeno non vi si trovano solecismi. Questo
Castello, di dominio e proprietà del Monastero era circon-
dato da Faggi, e perciò, per meglio distinguerlo anche anti-
camente si diceva ove è la Faggeta.
M. 308 E. RICCI

Castel di Montelabate. — Al Levante del Monastero,
nelle falde del Colle, o Monte, ove torreggiava il precedente
Castello dell’ Abate si veggono quasi intere le mura del
Castello di Montelabate, ripieno di macerie di dirute Case.
i Negli antichi tempi, detto era Castello Corbiniano, perchè
così chiamavasi il Colle che lo sovrasta e lo stesso Monastero
era detto in Corbiano. Nel 1153 per la prima volta è chia-
mato Castello di Monte 1 Abate. Presso vi era un Ponte
che serviva a passare un Torrente che scorre vicino.

] Il Monastero ne era il possessore e ne aveva il dominio.
| | | Vi esisteva un ospedale per glinfermi e nel 1318 un
| | | tal Bianco di Domenico, facendo Testamento, lasciò a que-
il (IN st’ ospedale un letto di Fischone, con lenzuoli, ed un Coper-

I ; torio; e nel 1350 si stipuló un contratto di vendita in Do-
DIM mibus Hospitalis Monasterii S. Mariae Vallispontis.
AONA I Castelfidatto. — Il Castello detto de’ Figlj di Azzo, o

| (1/08 Attone (Castrum filiorum Acti Johannis) volgarmente Castel-
MI! . fidatto, di pertinenza e dominio del Monastero, fu donazione
| È dell’anno 1050 colla sua corte all’ Abate Don Giovanni, fatta
da Ugone, figlio del Marchese Ranieri. Ora non rimangono
che macerie e le pareti della Chiesa già a Santo Apollinare
dedicata.

Civitella Bonizzone. — Il Castello di Civitella Boniz-
zone, situato a Nord-Est del Monastero in un Poggio detto
Montemartello, fu di Dominio del Monastero con Var] pos-
sessi. Nel 1166 Ranuccio di Tebaldo concede al Monastero
tutte le Terre che possedeva nel territorio; e nel 1174 ne
cedettero altre, a Tebaldo Abate, Rainaldo di Guglielmo,
Raniero e Laterio; come fecero ancora il Prete Rodolfo ed
Amabile a D. Viviano Priore, e D. Niccolò Camerario, per
l’ Abate Armanno, de’ beni che essi ebbero per parte di (
Bonizzone loro Padre. Nel 1226 vi fu sentenza contro Gia-
como ed Ugone Ranieri, i quali ritenevano Case, al Mona-
stero appartenenti, nel Castello. In queste pertinenze vi era
un luogo detto S. Feliciano, nella contrada di Campagnano,
SANTA MARIA DI VALDIPONTE 809

e nel suo distretto o nel confine una Chiesa a S. Donato
dedicata, come ancora un Monistero di Monache in Monte-
salajolo. |

Coldalbere. — Viva, figlia del quondam Oddone, eon
Alberto suo figlio, dona nel 1107 all’ Abbazia il Castello e
Curia di Coldalbere, unitamente a Ramazzano, eecettuata la
terra in Clausura di Godinello, e due mansi per due sue
Figlie, e la terra ritenuta da Giovanni Vermo, ed eccettuata
ancora la Curia e Castello della Colombella, che dette alla
Chiesa di S. Lorenzo. Nel 1230 fu data in Enfiteosi a diversi
la quarta parte della Curia e Castello, eccettuata la Chiesa
di S. Gregorio entro il Castello stesso; nel 1274 P Abate
Trasmondo compra una vigna presso la Fratta del Castello,
che era probabilmente nella Clausura di Godinello, riservata
da Viva nella concessione, come ancora lo stesso Trasmondo
Abate compera altre terre a Coldalbere da Verzolo del
Sig. Rovellone. Nel 1281 il Sindaco di Colle S. Silvestro e
Villa di Coldalbere, paga al Monastero la pensione. Vicino
a questo Colle era Castel dell' Abate, e sopra il Colle aleuni
easalini detti Poggio di Castel S. Silvestro.

Nel 1340 possedevano i Monaci delP Eremo di Montefano
terre a Coldalbere, nel luogo detto Pizzone, con un Palazzo
nel Piano di S. Giustino e Piano di S. Biagio di Presenzano.
Queste furono vendute da Fr. Ugo Priore dell’ Eremo, detto
di Montefano per la Carestia di quell’anno e per portare a
compimento la Fabrica di Santa Maria Nuova di Perugia,
onde sollecitamente potervi collocare i suoi Religiosi. Sembra
che queste terre fossero state acquistate dal Monastero.

Pizzone o Piccione. — Al Castello di Coldalbere, di
dominio e proprietà del Monastero, fu sostituito un Borgo
cresciuto nel luogo detto Pizzone, vocabolo quindi conver-
tito in Piccione, ancora esistente.

Colcelli. — Colcelli è altro Castello del Monastero nel
territorio di Gubbio presso il fiume Ventia, o di S. Donato.
Il Marchese Ugo, figlio del Marchese Ranieri, nel 1050 lo . al Monastero, e perciò i Colognesi erano Uomini dell’ Abate

310 E. RICCI

donò al Monastero con tutta la sua Curia, che 1° Abate \
D. Arnaldo, nel 1109 incominciò a darne alcuna parte in
Enfiteosi, così l' Abate Bernardo e 1’ Abate Tebaldo nel 1147.
Nel 1187 Ramberto del Sig." Ranuccio ed Andrea del Sig. Gia-
como, vendono al Monastero i loro Servi che avevano in
Colcello e nell’anno seguente D. Anselmo, Abate di S. Paolo,
in Monte martello, ossia celestina, e Viviano Preposito, per
mandato di D. Armanno Abate, concedono agli Uomini di
Colcello Terre e Case nel Castello e nella Curia coll’ onere
di pagare una pensione alla Chiesa di S. Paolo, nel giorno
della Festa di questo santo una Candela statuale, ed a
S. Maria nella Festa di Agosto. Il Monastero, oltre alla pro-
prietà, vi aveva dominio.
Collepalombo. — In Colpalombo, luogo nel territorio
eugubino, il Monastero vi possedeva beni.
D. Trasmondo Abate dette in Enfiteosi terre in Colpa-
lombo nel 1285 presso S. Maria in Colle e nel 1328 D. Uguc-

cione Abate ne confermò altre in Enfiteosi a Todino Gui- |
darello Marzarelli in una contrada detta Vaccaria.
Colognola. — D. Armanno Abate compera nel 1199

Rainaldo, e Matteo, figli del fu Garzo da Colognola, presso
il lago Trasimeno, eon tre famiglie, servizio, possidenze ed
un Molino in questo territorio alle falde del Colle S. Damiano,
e nel 1230 il Marchese Ranieri e la Contessa Maria sua
moglie, cedettero la Capitanza degli Uomini di Colognola

per Capitantiam, ed essendo servi chiedono all' Abate D. Er-
colano per Rettore della loro Chiesa Giovanni Prete e No-
taro di Caligiana, per mezzo dei Deputati Raniero Ranaldi
e Giovanni Bertrami. D. Trasmondo Abate nel 1268 dà a
cottimo tutto il Manso e tenimento di terra, che fu di Sil-
vestro di Graziano posto nelle Ville di Colognola, Rance e
Trecine. |

Colombella. — Il Castello di Colombellà. o Columella
era ancor esso di Dominio del Monastero, L'Abate D. Ar-
SANTA MARIA DI VALDIPONTE 311

manno nel 1191 vi tenea il suo Castaldo, che amministrava
le possidenze e governava gli abitanti. Nel 1363 vi era un
Monastero a S. Giovanni dedicato al quale lasciò il suo
Patrimonio Cola di Silvestro. In questo territorio esisteva
un Priorato Monastico, o Grangia, ora Farneto, passato
quindi a’ Frati Minori per concessione fattane a S. Francesco
ed un Monastero di Monache sotto il titolo di S. Cristoforo.
Se o l’uno o l’altro abbia avuto anche il titolo di San Gio-
vanni, o se il Monastero, che portava il titolo di S. Giovanni,
sia da questi diverso, o se sia errore di ammanuense, 1° Ar-
chivio Valpontense non somministra notizie per poterlo
decidere.

Corbesciano. — Corbesiano o Corbesciano, Villa al
Trasimeno nella Valle del territorio di Monteruffiano, fu
pure del Monastero.

Nel 1218 D. Oratore Abate, dà in Enfiteosi a Graziano
del medesimo luogo, terre in Corbesciano con gli oblighi
soliti ad imporsi, fra’ quali quello della sepoltura nelle chiese
dell’ Abbazia; e nel 1238 ne furono date altre colle medesime
condizioni a Martino di Daniele, suoi figlj e nepoti.

Nel 1303 D. Uguccione Abate dà in Enfiteosi a Guida-
rello Ofa di Montefontezani, terre in questa Villa nelle per-
tinenze di S. Potito, vicino alla Chiesa di S. Lucia; e nel 1335
lo stesso D. Uguccione dà a Cottimo per nove anni a :Ven-
tura Convenoli altre terre in questa Villa.

Cordigliano. — In Cordigliano, Villa nelle vicinanze
del Tevere, presso Pontepattoli, aveva possessioni il Mona-
stero. Nell'anno 1275 Jacono del Sig." Uffreduzzi Jaconi,
possedeva nella Villa di Cordigliano e di Pitignano, a Castel-
vecchio, nel Piano di Civitella Bonizzone, nella Curia di
Montenero e nei contorni di Pontepattoli, fondi rustici, i
quali furono comperati nell’anno suddetto dal Monastero
per la somma di centocinquanta Libre di buoni denari cor-
tonesi, sborsate da D. Mauro Camerario. Nel 1555, furono
date in Enfiteosi terre in questa Villa a Gerolamo Barsi, 912 E. RICCI

Corzano. — Corzano, Castello nelle vicinanze del Tra-
simeno, detto ancora Castello di S. Valentino. D. Uguccione
Abate, nell’anno 1315 rifermò in Enfiteosi terre in Corzano
a Benvenuto ed Oddone di Bonaventura, in un luogo detto
acqua triviana, o S. Valentino ad aquam tribianam.

| Febino. — Febino, Castello nel Comitato della Valle
Spoletana, detto ancora Comitato o biscomitato di Perugia,
o territorio eugubino. Nell’anno 1056, in tempo di Papa
Vittore, Raniero, figlio di Giovanni e Rangarda, chiamata
«la Bella» donarono a D. Giovanni Abate ed a Giovanni
di Attone tutto il territorio di Febino, compreso dal fiume
Ventia, Rio di Colcelli, ascendendo alla Chiesa di S. Salva-
tore, e discendendo al Piano Genacio, compreso il Castello

di Febino e la Chiesa di San Paolo, posta entro di esso. .

In tempo di Alessandro Papa, Pietro, Raniero ‘e Giovanni,
figlj di Guinizzone e Burga, moglie di Pietro, donano allo
stesso Abate Giovanni la loro porzione del Castello, detto
anche di Raniero. Nel 1205 D. Oratore Abate.rifermó a Ri-

naldo di Trasmondo, a terza generazione, la quarta parte .

del Castello e sua Curia, cioè entro questi confini: Ventia,
Fosso di Colcelli, Fosso di Valmarina e la terra di Monte-
fiore, eccettuata la Chiesa di S. Paolo nel Castello, la Decima
ed i Mortorj e nell’anno seguente lo stesso rifermò due
parti di Febino con la Curia, come l'ebbero Saraceno, Sup-
polino, Gualtiero e Leonardo. D. Ercolano Abate poi rifermò
la sesta parte a Reale di Pasquale e Guidone Rainaldi.
Sebbene il Monastero avesse tutto il Castello e sua Curia
a diversi in Enfiteosi accordato, ciononostante il dominio sugli
Uomini del Castello ritenne, e questi fedeltà giuravano e
pagavano il tributo ‘in Focacce di grano e Spalle di Porco,
oltre al servizio e sepoltura colla dovuta giustizia.
Nell'anno 1271 ribellaronsi i Febinesi unitamente a
quelli di Colcelli. Vi fu dall’ Abate mandata la forza armata
per reprimerli, e vi si pose la guardia, che a carico de’
ribelli molto tempo vi stette,
SANTA MARIA DI VALDIPONTE 313

Fontecchio. — In Fontecchio, Castello presso Preggio,
nelle vicinanze del fiume Nicone, che lo Stato della Chiesa:
separa dal toscano, il: Monastero vi possedeva senza averne
dominio. Don Placido, Priore e Rettore di S. Paolo di Re-
schio, in quei dintorni, per ordine del suo Abate Armanno,
dà in Enfiteosi a Paganello ed altri, terre nella Curia di
questo Castello nell’anno 1192, e nel 1251 Ventura di Mar-
tino cede tutti i suoi beni nelle pertinenze di S. Maria di
Fontecchio. Nel 1258 Martino di Citto ristituisce le terre
enfiteotiche in compenso della libertà gli fu accordata, e per
l'assoluzione dal servizio; ma nel tempo stesso furono date
in Enfiteosi dall’ Abate Ermanno, e poi dall’ Abate Trasmondo
nel 1281, che le: accordò con i soliti patti a Benvenuto, figlio
di Martino di Citto.

Galgata. — Il Castello di Galgata, nel territorio Eugu-
bino fu posseduto fin dai più remoti tempi dal Monastero;
ma data questione per la proprietà e dominio fra P Abate
D. Armanno e D. Bernardo Priore della Canoniea di S. Ma-
riano di Gubbio, nel 1194 si convenne, che tanto il Castello
che la Chiesa di S. Angelo, quanto il distretto o curia, fos-
sero a metà; deputati furono per questa concordia, per parte
de’ Canonici D. Giovanni Priore della Pieve San Donato
in Ventia e Canonico di S. Mariano; e per parte dei Monaci
D. Oratore Monaco. Il Monastero non aveva dominio in
Galgata, ma sole proprietà. Nel 1210 Morico, del quondam
Ugolino e per suo figlio Buongiovanni donano alP Abate
Oratore tutti i suoi beni in Febino e Galgata, ed il diritto
sugli Uomini del Castello ottenuto per diritto o consuetudine,
giustamente o ingiustamente; e 'Abate compera da Loiterio
e figlj Offreduzzo, Guidone e Rainaldo tre famiglie in Gal-
gata e la Capitanza; cioè Oliviero colla famiglia, Rainuceio
colla famiglia e Giovanni di Ugone colla famiglia ed i loro
beni, il diritto negli Uomini di Galgata ed inoltre tutto il
fiume dal Ponte di Febino fino al Molino della Pieve della
Ventia, 314 E. RICCI

Il Monastero dette in Feudo Galgata ad Uguccione di
Guidone; ma nel 1239 defonto il Feudatario si riammensò,
non senza pretensione del Comune di Gubbio, che pretendeva
impadronirsene. L’ Abate ricorse a Gregorio di Romagna
Suddiacono del Papa e Rettore del Patrimonio di S. Pietro
in Toscana e Ducato di Spoleto. Questi decise in favore
dell’ Abbazia, colla condizione che si avesse riguardo alle
Donne nubili eredi di Guidone; ma finalmente nell’anno
1266 tutti gli uomini di Galgata e distretto divennero servi
del Monastero per vendita che ne fece Donna Gaudia figlia
del fu Uguccione, già feudatario, con le case, Orti, Vigne;

terre, selve, ete. come si possedevano da Francescolo ed

Oddolo figlj di Uguccionello, e l'ebbero i. suoi antecessori
con i Dazj etc.

Le Monache di S. Margarita di Rovetolo ottengono dal-
l Abate Uguecione nel 1338 fondi rustici in Enfiteosi in Gal-
gata e Case nel Castello essendo Guardiano di loro Fr. Pietro
dell’ Ordine de’ Minori.

Nel 1341 D. Uguccione dà in Enfiteosi alle Monache di
S. Margarita di Gubbio terre, ed il Molino di Galgata per
mezzo del Nobile Uomo Corrado della Branca eugubino, il
quale confessò d'averle acquistate per dette religiose da
Marco Joannello, il quale precedentemente l aveva in
enfiteosi. :

Gubbio. — Nel territorio di Gubbio possedeva molte
terre, fra quali nel 1140 Gualtiero Suppoli dà a Tebaldo
Saracini la metà delle terre, che egli riteneva in Enfiteosi,
di dominio diretto del Monastero nel Castello di Monte Ur-
bino, e nel 1239 Contazio e Lippo Galiotti, del Castel Pe-
trorio, pagano al Monastero il Canone delle terre che essi
ritenevano a Livello nel territorio di Gubbio.

Lupaccione. — Nel? anno 994 Giovanni detto Gregorio,
figlio di Giovanni, dispone de’ suoi beni, proprietà, livelli,
allodj etc. a favore del Monastero consistenti nel grande
spazio fra il Tevere e Rio Arno fino alla Curia d’ Arno detto

Ng ——_ _——____m_e

e SANTA MARIA DI VALDIPONTE 315

Lupaccione, ove trovasi la Villa di Civitella d’ Arno, Villa
S. Egidio o Castel S. Egidio presso Lidarno fino al Tevere.
Nel 1060 Giovanni di Attone ed Eva sua moglie restituiscono
terre in Lupaccione a Giovanni Abate e nel 1141 Devizzone
Fabro del Borgo San Florenzio cede al Monastero terre,
vigne e selve poste fra il Tevere fino al Palazzo ed alla
strada di Compegno, che dal Rio Arno va al Tevere. Questi
beni furono dati in Enfiteosi a terza generazione allo stesso
Devizzone dall’ Abate Teobaldo, come soleva farsi per appo-
diare a tutela i Beni ai Monasteri i quali godevano essen-
zioni, franchigie e privilegi].

Nel 1160 Gebizone restituisce allo stesso Tebaldo l’utile
dominio di tutte le terre che ha in Lupaccione e valle del
Tevere, e Marino di Maginardo vende a Giovanni, Monaco
e Camerario, terre allodiali in Lupaccione, e Paganello e
Saraceno di Ildebrando rinunciano al detto Camerario terre
in Lupaccione, che essi avevano in allodio. L' Abate D. Mar-
tino nel 1231 dà in Enfiteosi à Boneompagno e Crescenzio
figlj di Giovanni Rigoli parte delle Terre ritenute in Enfiteosi
da Tommaso e Ventura di Ranieri, poste in Asto di Lupac-
cione ed in Asio Moncole nella piaggia di S. Lorenzo per
la Pensione di X Lib. X sol. ed un denaro alla Chiesa di
S. Donato con Pobbligo di ivi seppellirsi. Nel 1271 com-
però il Monastero Putile dominio di terre per C Lib. in
S. Donato di Lupaccione nella Villa di S. Egidio, o Castel
S. Egidio, presso Lidarno, e nel 1272 gli Uomini di Valle
di Ceppi, e Ponte Valdiceppi pagarono la Gabella al Mona-
stero, come parte forse del tenimento di Lupaccione.

Montignano, — In Montignano vi possedeva il Mona-
stero fondi rustici. Nel 1189 D. Armanno Abate accordò in
Enfiteosi a Corbino de Machalta e Guergolo de Guetena,
terre in questo territorio.

Montefiore. — Montefiore nel territorio di Gubbio com-
preso, o prossimo alla donazione fatta al Monastero dal Mar-
chese Ugo della quale si parla sotto Castiglionfidatto, Colcelli
316 E. RICCI

e Febino, è luogo degno di menzione. Nel 1252 D. Ercolano
Abate e D. Deotacco Monaco e Rettore di S. Fiora in Mon-
tefiore, permutano alcune terre nella piaggia del Poggio o
Castellare di Montefiore, e nel 1186 D. Guidone, Rettore,
elegge un procuratore per le cause, presso il R.endo Padre
Sig. Duca, Rettore del Ducato di Spoleto.

Montenero. — Montenero era altro Castello presso Pon-
tepattoli, ove il Monastero possedeva notabile estensione
di terreno. Nel 1158, Saraceno, figlio di Tebaldo, ed il figlio
di Sinibaldo e sua moglie Maria, donano al Monastero terre,
vigne, selve etc. che possedevano in Montenero, e nel 1275,
fra le terre comperate da D. Mauro Camerario, vendutegli
da Jacono Uffreduzzi, se ne contano alcune nel territorio
di Montenero. Questo Castello era anche detto de Brignonibus.

Morleschio. — Il Castello di Morleschio, posto al setten-
trione del Monastero, fu di antico dominio de’ due Cenobj
valpontensi. Sotto gli Abati Armanno di S. Maria e Raniero
di S. Paolo, a’ Morleschiesi si accordò di cingere di muro
il Castello, ed altri privilegj furono concessi a condizione
che mantenuti si fossero in occasione di guerra, sotto pena
di perdere anche tutti i loro beni. D. Oratore Abate, riferma
ad Angelo Albricali e Dora sua moglie, a terza generazione
anche feminile, se le donne si mariteranno a persone dipen-
denti dal Monastero, una vigna in questo territorio, e nel
1251 D. Ercolano Abate dà in Enfiteosi due pezzi di terra
alle falde del Monte S. Valentino. Nel 1277 D. Trasmondo
Abate dà in Enfiteosi altre terre in Monte Suffiano vicino
alla Chiesa di S. Valentino in Valle S. Egidio, ed altri luoghi
in Morleschio; e nel 1579 vi si possedeva ancora terre date
in Enfiteosi, ed una Casa nel Castello.

Morniano. — Possedeva il Monastero anche in Mor-
niano, luogo nella Curia di S. Biagio al lago Trasimeno o
Straffolo, nella sommità del Monte Citurlo.

Orsciano. — Orsciano, luogo posto nelle pertinenze di

Castelrigone, Qui aveva il Monastero possidenze, ritenute
Lt

SANTA MARIA DI VALDIPONTE 317

dal Rettore di S. Donato. Nel 1625 le terre di Orsciano
erano contrastate al Monastero, e nel 1627 si trattava di
esse una permuta con le Religiose dette di S. Lucia.

Penne. — Altro Castello era nelle vicinanze di Vicolo,
detto delle Penne o della Penna. Nel 1169 P Abate D. Te-
baldo, dette a, Livello ad Andrea e Stefano, figli di Ermanno,
terre poste nella Curia e nel Castello delle Penne, dal Rio
Grignano e via. di Monzione, eccettuato il fondo ritenuto
dal figlio di Raniero di Guidotto, ed il Casalino nel Castello
per fare la Chiesa e Cella del Sacerdote, e gli Uomini i
quali avevano ottenuto da un certo Marchese, che furono
ceduti al Monastero posteriormente.

Nel 1254 l' Abate D. Ercolano dà in Enfiteosi ad Antonio

e Gentile, figli del fu Bernardino, una parte del Castello
delle Penne, e si nominavano per confini la Chiesa di Vicolo,
un luogo detto Fratta, e perciò detto Fratta de Pennis.

Perugia. — Eranvi possessi nel distretto e Città di Pe-
rugia urbani e rustici. Dulcizia, figlia di Domenico Giudice,
di consenso di Raniero suo Marito, dona al Monastero terre
con una parte della chiesa di S. Giovanni in Porta S. Susanna,
confinanti colle terre del Vescovato di S. Lorenzo, e di Bo-
nizzone Visconte con la Piazza in un luogo detto Verzaro,
vicino alla chiesa di S. Gregorio. Nel 1172 Paolo di Ranuzio
di Guiduzio e Leonardo di Tordolo, per le anime loro, donano
tutti i possessi che hanno, fuori di Perugia, consistenti in
Vigne e Case in Porta S. Susanna ed altri luoghi del contado
in Catrano, in Gatte, in Rubiano, in Cajatola, nella Pieve di
S. Firmina, in Partiari, in Ancajano ed in S. Martino Bocca-
porci, a condizione della sepoltura, colla metà judici eorum,
e degli Eredi, ovunque muoiano in Città, o fuori del Con-
tado siano sepolti nella Chiesa Maggiore del Monastero.

Piglio. — Al fiume Chiascio nel territorio eugubino esi-
steva un Castello di proprietà e dominio detto Piglio.

Nel 1140 Ildebrando di Gualtiero dona al Monastero

ed a D. Tebaldo Abate questo Castello con la sua Curia, e

X wl
318 E. RICCI

nel 1585 si fece permuta con. alcuni beni del Comune di
Gubbio. L’ Abate Commendatario Card. Cesi Pierdonato
chiese gl’ Istrumenti di questo contratto per mandarli al
Duca di Urbino.

Poggiogebizio. — Prossimo al Castelpiglio trovasi altro
Castello detto Poggiogebizio stato similmente del Monastero,
che gli fu donato col precedente, e nel 1164 Giovanni Prete,
figlio di Guiduccio per l'anima sua e de’ suoi parenti, dona
al Monastero ed a D. Tebaldo Abate, tutti i beni che egli ha
in Poggiogebizio, terre, vigne, ete. Finalmente fu permutato
unitamente al Castelpiglio col comune di Gubbio, ma non
si sa per quale incidente o causa il Monastero non divenne
mai possessore delle correspettive terre permutate.

Pontepattoli. — Antichissima proprietà e dominio del
monastero fu Pontepattoli. Nel 1155 si costruiva dai Monaci
valpontensi il Ponte sul Tevere, e Raniero dona loro per
quest’oggetto un Pezzo di Terra. Nel 1158 Bastardo di Ubal-
dino vende al Monastero terre, vigne in Pontepattoli e
l Ospedale, e nel 1182 Ildebrando figlio del fu Giovanni di
Visconti, dona all’ Ospedale un pezzo di terra. Nel 1193 fu
visitata la Chiusa del Molino del Monastero perchè Vegnacolo
Bonconzi di Montenero si credeva pregiudicato pel suo Mo-
lino; ma fu trovata regolare. Lo stesso Bonconzi nel 1209
vende tutte le terre ed il Molino all’ Abate Oratore e così
il Monastero divenne Padrone di ambi i molini detti fin dal
1271 sopra e sotto il Ponte.

In questi contorni vi era un Castello detto Castelnuovo
di Pontepattoli nel 1385. Nel 1544 il Tevere attraversò un
Predio dell’ Abbazia, deviando dal suo letto. Se questa sia
l'epoca in cui il fiume si formò il nuovo alveo, lasciando fuori
il Ponte ed i molini non è a notizia, non somministrando
l’ Archivio Valpontense sul proposito ulteriori monumenti.

Preggio. — Nel Castello di Preggio possedeva il mona-
stero molti fondi rustici dei quali nel 1248, morto Bernar-
dino Peri Ponzetti che li ritenea a livello, il Comune di

o —

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SANTA MARIA DI VALDIPONTE 319

Perugia pretese d'impadronirsi. Furono deputati dal Muni-
cipio di Perugia Benvenuto di Oddone, Rustichello di Ranieri
di Petruccio, Bianco Giudice, Diotisalvi e Michele di Berardo
di Britto. La causa fu risoluta in favore del Monastero.

Nell'anno 1250 Diotisalvi si sottomette di sua volontà
con tutti i suoi figli, beni presenti e futuri ed eredi alla
Signoria dell’ Abate D. Ercolano e Successori e di pagare
pro amiscere, nel dì di S. Stefano un pajo di Capponi e tre
focacce e nel dì ..... Maggio, 12 ova di Gallina e sei forme
di cacio, et cultam, et datam, et opera, et alia e P'Abate gli
concede un Manso in S. Paolo di Reschio. Nel 1251 Ben-
venga del fu Martino, Pietro e Giovanni Cresciolo del fu
Soperole e Gerardino del fu Marulfo, dichiararono di posse-
dere a Livello dell’ Abbazia Fondi rustici nel territorio di
Preggio e nella valle di S. Paolo, e che le terre ritenute da
Benvenga in Reschio, in Pantanello, sono del Monastero. Nel
1256 furono dati beni in Enfiteosi nella Parrocchia di S. Bar-
tolomeo di Frasseneto in Valbarezola.

Il territorio di Preggio era in gran parte all’ Abbazia
appartenente, ma essendo stato dato in Enfiteosi dal 1510
al 1550, furono le terre presso che tutte alienate liberamente,
e così, decorso un tempo notabile, furono perdute. Circa
questa epoca un tenimento di terra enfiteotica si riteneva
dalla Chiesa di S. Bartolomeo de’ Foschi, o Fossi, di cui
Rettore era D. Filippo Hosio del Castel della Fratta, e Bi-
chino di Giovanni di Castel di Preggio.

Preitidio. — Era anche Preitidio Castello presso il fiume
Caina, di proprietà e dominio dell’ Abbazia. Nel 1089 Arnal-
dino di Arnaldo promette a D. Rustico Abate di cedere tutto
ciò che possiede in Preitidio, morendo senza prole leggittima
e si assoggetta con tutti i suoi Uomini per la sepoltura.. Nel
1158 il detto Arnaldino ed Armanno Germani, e Morotta
sorella, figlj di Arnaldo, in remedium animarum eorum donano
al Monastero ed à D. Tebaldo Abate le proprietà tutte che
hanno nel Castel di Preitidio entro e fuori e nel 1248, estinta
320 E. RICCI

la detta famiglia, D. Ereolano Abate ne prese il possesso.
Nel 1260 D. Giovanni, Sindaco dell’ Abate e Monastero, dà
in Enfiteosi le terre nella Curia di Preitidio a Crispino di
Giovanni Benincasa, e nel 1330 l'Abate D. Uguccione rifermó
a Ranacolo di Giacomo i beni nella Curia di questo Castello.
Nel 1340 vi fu questione fra le Monache di S. Giuliana di
Perugia ed il Monastero per certe terre a Campo eavallo
nei dintorni di Preitidio. Nel 1509 i Preitidiesi pagavano
aneora le Gabelle al Monastero.

Quirico (S.). — Castello del Piano di Ronzano, così
venne anche chiamato il Castello della Pieve 5S. Quirico,
appartenente al Monastero..Nel 1109 Martino di Guglielmo a
nome del Monastero riferma ad Ugolo, Gerardo, Paganello ed
Andrea e loro figlj, anche femine, terre in Colle nelle vicinanze
della Pieve S. Quirico per il prezzo di dodici inforziati, ed
una pensione di un inforziato alla Chiesa di S. Silvestro di
Solfagnano; e D. Uguecione Abate dà a livello a Vanni
di Recolo terre nelle pertinenze di S. Quirico, e cosi nel 1347
a Ficone di Benvenuto di Janni da Solfagnano altre terre
nella Pieve S. Quirico. Finalmente nel 1555 P Abate Com-
mendatario Cesi Card. Pierdonato dà in Enfiteosi a terza
generazione mascolina a Battista di Giorgio Brunelli terre
eon tre case nelle pertinenze della Pieve S. Quirico per il
Canone di ventisei some di grano, due mine di Spelta, etc.

Ramazzano. — Altro Castello prossimo al Monastero
cedutogli da Viva figlia del quondam Oddo nel 1107 con
la curia, chiesa, case, etc. eccettuati due Mansi per le due
sue Figlie, e la terra ritenuta da Giovanni Verino, ed eccet-
tuata la Curia e Castello della Columela dati alla Chiesa di
S. Lorenzo in Ramazzano.

Nel 1115 altra donazione si fece a D. Gebizone Abate
di terre quante ne .aveva date un tal Morino a D. Rustico
Abate nel Castello, e curia della Colombella, e la Chiesa di
S. Silvestro. Nel 1187 il Priore D. Viviano conferma ad. Ugo
del Prete Pietro la metà di un pezzo di terra in Enfiteosi

d

ee NM
e. lli

SANTA MARIA DI VALDIPONTE 321

ed una Vigna presso il Castello di Ramazzano in S. Silvestro.
Nel 1190 D. Armanno Abate dà in Enfiteosi terre a Petruccio
Colomelli in Ramazzano, ed anche alle Donne, maritandosi
a persone di dominio del Monastero. Nel 1208 D. Oratore
riferma a Servolo de Paliazo terre nel colle di Paliaza, ed
a Martinello de Cova terre nelle pertinenze della Pieve Pa-
liazi, luogo attiguo a Ramazzano.

Nel 1330 era un luogo in Ramazzano detto S. Donato.

Rance. — Nei dintorni del lago Trasimeno possedeva il
Monastero altro Castello detto Rance. Nel 1063 Orso, del fu
Orso, dona al Monastero ed a Giovanni Abate terre in Rance,
e nel 1140 P Abate D. Tebaldo, con i suoi monaci, ed il Prete
Landone Priore, confermano a Suppolino e Barancio del fu
Ugolino, terre in Enfiteosi in più territorj presso Rance. Il
Marchese Ranieri, colla Contessa Maria sua moglie, e Guidone
ed Uguccione loro figlj donano e Tebaldo Abate Rance,
con tutta la sua Curia, tutto il Campo di Lonzano ed altre
terre in quelle vicinanze, e che avrebbe ottenuto dai Peru.
gini 4| diritto del fodero per cederlo al Monastero, come in
appresso si fece.

Nel 1118 D. Gebizone Abate dà in Enfiteosi terre presso
Rance a Geraldino di Montealto, e nel 1193 D. Armanno
dà in Enfiteosi ad Apiezaeorde e Gerardo, figlj del fu Ranieri
due Casalini nel Castello di Rance, terra per seminarvi una
corba di Grano, ed altra per seminarvene tre Corbe a con-
dizione che compiano la parte assegnata del muro del Ca-
stello, e ne abbiano custodia; così ancora nel 1194 D. Placido
Rettore cede in Enfiteosi ad Apiezacorde e Gerardo un Casa-
lino e terra in Ranee, affinché. compiano l'altra parte del
muro, ed abitino nel Castello.

Barone, Converso di S. Maria di Rance, dona al Priore
D. Vita tutti i suoi beni, eecettuato il Campo posto in Lon-
zano. Questi era figlio del fu Giovanni, che ritirato si era nel
Priorato. Nel 1585 si riprese possesso dei terreni ritenuti in
Enfiteosi da Gio, Battista Ranieri in Rance,
329 E. RICCI

Solfagnano. — Altro Castello del monastero da epoca
remotissima fu Solfagnano. Nel 1184 erano state usurpate
terre in Solfagnano da Stefano di Armanno e da Manente
di Andrea e fratelli Armanno e Rustico dal Rio Grignano
al Rio di Sette fino al Tevere, e gli usuraii, che avevano da
un certo Marchese consistenti in grano, Spelta, vino, carne
ed alcuni soldi inforziati, e le pene delle follie, cioè per
ladulterio sei soldi, così per omicidio e spergiuro, per le
ferite e furto ete. Altre pene pecuniarie a proporzione della
grandezza.

L'Abate poi inibisce di vendere questi possessi ad alcun
nobile o potente. Stefano di più si obbliga di dare quaranta
soldi inforziati alla sua Morte per redimere l’anima sua, e
la terza parte de Morti di sua Moglie ed Eredi.

Nel 1270 D. Trasmondo Abate, concede terre in Enfi-

teosi ad Omolo Nicole, e nell’anno seguente ne furono com-
perate dall Abbazia altre per duecento Lib. Nel 1556 Federico

Card. Cesi, Ab.° Commendatario, rifermó Spectabili Viro Hie-

ronymo Antinoro terre in Solfagnano, e nel 1579 si parlò di
molti beni allodiali ritenuti da Mariotto e Sebastiano Antinori.
Gli Antinori furono eredi di Pietro Giacomo degli Oddi.

Nel 1579 Gian peuletto de Salvatore fabrica un palazzo
nel Giardino, beni livellari dell’ Abbazia.

Staffolo. — Staffolo, castello presso il lago Trasimeno,
al monte Citurlo, ove una chiesa a S. Biagio dedicata, appar-
teneva al Monastero.

Fusco, chiamato Preconus della Cella di S. Maria di
Rance, con licenza del suo Abate D. Rustico, dà in Enfiteosi
terre in Staffolo, e nel 1169 D. Tebaldo Abate concede in
Enfiteosi ad Attone Montanario e suoi fratelli la tenuta di
Staffolo, a condizione del servizio in Morte e Vita, che abi-
tino sempre nel Castello di Rance, e per il Cimiterio e la
Giustizia. Nel 1258 Don Ercolano Abate riferma a Vicolo,
figlio della fu Donna Bandeta, terre in Staffolo, e nel 1266
dà in Enfiteosi a Viva di Magnotto, figli e Nepoti, terre

* da
VEGAS SANTA MARIA DI VALDIPONTÉ 323

nella Villa di Staffolo, la terza parte di un Bosco ed un
Casalino nella medesima curia presso le terre di S. Angelo di
5 Colognola.
? Torregabiana. — In Torregabiana, luogo nell'eugubino,
| si possedeva dal Monastero. L' Abate D. Ercolano concede in
| Enfiteosi terre in Torgabiana, riservatosi la comodità di due
| Molini posti in detta terra, al fiume Chiascio, e nel 1231 Bo-
| niche Ranieri vendette all' Abate Ercolano terre per la Chiusa
| del Molino del Chiascio e terre in S. Martino di Vaccara.
Nel 1289 D. Deodato Abate riferma a Niccola Mo-
naldi terre nella Villa Gubiana.
Valeaprara. — Nella contrada di Valeaprara possedeva
il Monastero, ed aveva terre in un luogo detto Pantano.
Valcodale. — Possedeva ancora nel territorio di Valco-
dale, Castello nell’ eugubino. Nel 1301 furono date terre in
Enfiteosi a linea Mascolina, ed anche femminile, purchè si
fossero maritate le donne ad Uomini di dominio del Mona-
| stero, così ancora nel 1304 a sola linea mascolina. Nel 1370,
per ubbidire all’interdetto di Urbano VI il quale comandò
che tutti i Chierici partiti fossero dal territorio perugino,
l Abate D. Paolo e gli Abati di Pietrafitta e di Tebaldo e
D. Marco Cola Rettore di S. Patrignano in Leporiano, si
rifugiarono nelle pertinenze del Monastero in Valcodale.
Valentino (S.. — Era proprietà del Monastero anche
l' Abbazia di S. Valentino della Strada nella Diocesi di Civita
Castellana, ridotta a filiale e membro dell’ Abbazia Valpon-
tense. In essa Pl Abate, oltre al diritto di visita, aveva quello
di mandare il Superiore amovibile, che riteneva il titolo
temporaneo di Abate.
| Nel 1182 D. Benedetto, Superiore di S. Valentino, vende
terre in Gallese in Faliscis, e nel 1215 Giovanni Manichei
| dona terre a S. Valentino.
| Questa casa filiale possedeva in Sabina ed in aliscis.
| Nel 1309 vi fu lite fra il Rettore di S. Valentino e quello
di S. Famiano di Gallese per il diritto in certe terre, e
294 — E. RICCI

nel 1318 P Abate D. Uguccione decretò, che non potendo
abitare i Monaci per le Guerre in S. Valentino fossero i fondi
rustici dati a cottimo al Precettore e fratelli dell’ Ospedale
di S. Spirito in Roma, con ipoteca sopra la Chiesa di S. Cor-
rado e suoi beni, ed il Superiore, di consenso dell’ Abate
Valpontense, li dà a diversi di Gallese. Da un piccolo cenno
che si ha in un catalogo di Chiese soggette all’ Abbazia, sem-
bra che S. Valentino appartenga presentemente al capitolo
Canonicale di Gallese. Questo luogo non è molto lontano
dal Borghetto sulla via romana e presso il Ponte Strenuo,
ora Pontefelice sul Tevere.

Vicolo. — Altro Castello di dominio fu Vicolo. Nel 1286
D. Deodato Abate concede in Enfiteosi beni in Vicolo e
nel 1579 si parlò di altro Enfiteosi. Nel suo territorio vi è
un luogo detto Rangolfo.

Vigneto. — Finalmente l'antico Priorato di S. Pietro di

Vigneto apparteneva al Monastero nel territorio eugubino
con dominio sugli Abitanti e diritto a dazj ed atti giudiziari,
come sopra tutti gli altri castelli di dominio.
Vi risiedeva il solo Rettore Monaco, essendo stato questo
Priorato convertito in Grangia. L' Abbazia, che vi raccoglieva
molta quantità di cereali, lo ritenne pacificamente per più
secoli; ma finalmente passò in proprietà dei Canonici della
Chiesa Cattedrale di Gubbio.

Tutte queste memorie sono tratte dall’ Archivio Valpon-
tense, secondo l'ordine cronologico delle pergamene da me
ordinate, le quali più non corrispondono all’ antico numero,
come risulta da tre cataloghi in esso Archivio esistenti.

Si è ommesso qualunque osservazione sugli stessi monu-
menti e non si è avuto ricorso ad estranee memorie, perchè
non si intese di formare una storia, ma di somministrare
quelle notizie che esistono nell’ Archivio, ommesse quelle
che riguardano le vicende della giurisdizione spirituale,
UN COMBATTENTE A LEPANTO

Nelle varie pubblieazioni da me consultate sulla celebre
battaglia, non ho trovato fra gli elenchi dei partecipanti ad
essa il nome di Antonello Antonelli, discendente da antica
‘nobiltà napoletana e patrizio casciano. La nobiltà emerge
chiara da una curiosa lapide marmorea scritta in dialetto
napoletano, conservata nella romita chiesuola di S. Rocco
in Poggioprimocaso di Cascia: uno dei muniti castelli me-
dievali, che la piccola repubblica casciana aveva costruiti
in difesa del suo territorio dal lato di tramontana.

Dice la caratteristica epigrafe: . MATTEO CHE ERA FIGLIO
DE ANTONELLO DE | MESSER MATTEO E DE BIANCA CAETANA
NOBELE | DELA CETÀ DE NAPOLE PE MALA SCIORTE SOIA |
VENETTE A CHISTO LUOCO E ACCOSSÌ SE SARVAIE | DA LE
MMANO DE LO NNEMICO SUIO ASSAI | POTENTE DENTO A CHESTA
TORRE CAMPAIE E | VEVETTE LA STORIA DULUROSA È CHESTA |
CHE AVE FATTA NTAGLIARE NCOPPA A STA PRETA | ACCIOCCHE
SERVA DA MPARAMIENTO A TUTTE | CHILLE CHE BENARRANNO
APPRIESSO 13 AvSTO 1432.

Evidentemente 1’ ubicazione originaria della lapide non
fu quella della chiesuola di S. Rocco, juspatronato della
famiglia Antonelli, che forse ve la fece trasportare insieme
con altre riguardanti la stessa famiglia nel 1677, allorchè il
piccolo tempio fu a sue spese restaurato, come si legge in
altra epigrafe di quell’ anno. In origine la suddescritta lapide
dovette esser posta nella torre della già casa Antonelli poco
discosta, ora troncata a metà ed appena riconoscibile, 326 À. MORINI

L'epigrafe che ricorda il nostro combattente, scolpita
su altra lastra marmorea, così dice: D. 0. M. | ANTONELLUS
DE ANTONELLIS EX NOBILI GENERE MAGISTER | CENTUM GRA-
VIORIS ARMATURAE EQUITUM PRO REPUBLICA | VENETIARUM
FILIUS SALVATORIS NEPOS BERNARDINI PRONEPOS | MATTHEI
ABNEPOS ANTONELLI SENIORIS FILII MATTHEI POLDERICI | DO-
MICELLI NEAPOLITANI POST REDITUM E BELLO CONTRA |
TURCAS IN ECHINADIS INSULIS GESTO ET CATHERINA | DEL-
PHINA NOBILIS VENETA EIUS UXOR VOTUM EMISSUM | ADIM-
PLEVERE ET HOC PERENNE DOCUMENTUM INCIDI C. | XVI KAL.
SEPTEMBRIS ANNO REDEMPTIONIS MDLXXII.

Questo reduce da Lepanto volle dunque ricordare la sua
partecipazione alla memoranda e gloriosa battaglia combat-
tuta presso le isole Echinadi o Curzolari il 7 ottobre del-
l'anno precedente, adempiendo ad un suo voto: forse quello
d'esser ritornato incolume in patria. Come si legge nella
epigrafe, egli era al servizio della Repubbliea veneta qual
comandante di cento militi di cavalleria pesante, ed aveva

. contratto matrimonio con Caterina della nobilissima ed antica

famiglia patrizia veneta Delfino o Dolfin, che aveva avuto
il doge Giovanni ed aveva in quei tempi nel S. Collegio due
eardinali: Zaccaria e Giovanni.

È interessante la nobiltà della famiglia Antonelli, la
quale viene confermata non solo da questa seconda epigrafe,
ma anche da un'altra del 1485 esistente nella stéssa chie-
suola (1). È dedicata dai Monaci benedettini, residenti allora
in Poggioprimocaso, a Bernardino Antonelli, figlio di Matteo,
ricordato nella epigrafe surriferita, nepote di Antonello
seniore e di Bianca della celebre famiglia Caetani, qui
appellata mobilissima donna, pronipote di Matteo seniore,
domicellus neapolitanus, dell’ illustre famiglia napoletana dei
Polderici (ex Poldericorum familia in civitate Neapolis prae-

(1) Fu già da me pubblicata, insieme con le altre, in Cascia nella
natura, nella storia, nell’ arte, Perugia, 1913, UN COMBATTENTE A LEPANTO 327

clara per lineam rectam discendentes; così si legge in altra
epigrafe del 1630). Quest’ ultimo è il cognome originario
della famiglia; ed è evidente che esso venne cambiato in
quello degli Antonelli (de Antonellis, nome assunto già da
vari membri di essa) allorchè Matteo juniore nel 1432 fuggì
da Napoli per salvarsi da le mmano de lo nnemico suio assai
potente, scegliendo un asilo fra il gruppo delle montagne
più alte dell’ appennino umbro, dove di certo, col cognome
così cambiato, difficilmente sarebbe stato reperibile dal suo
potente nemico. Chi fosse costui non è agevole indovinarlo,
quando si pensi a quel periodo assai movimentato della
storia napoletana durante il regno della dissoluta Giovanna II,
che, tra i suoi numerosi e potenti favoriti e le sue effimere
nomine di adottati e di successori, tenne in continua con-
vulsione i suoi sudditi.

Giova qui notare che l’ epigrafe di Bernardino Antonelli
ricorda la carica di Pretore di Terni da costui ricoperta: il
matrimonio di lui con Doralice della nobilissima famiglia
spoletina De Domo, figlia dell’ altra nobildonna casciana
Rita Cefalotti; la riedificazione a proprie spese (proprio aere)
della chiesuola di S. Rocco, quasi distrutta (fere diruta), la
quale così divenne il sacrario di quella famiglia patrizia;
riedificazione da Bernardino voluta in espiazione delle anime
della suocera e della moglie e per l'incolumità del figlio
Salvatore, padre di Antonello, combattente a Lepanto (pro
expiatione animarum Ritae Cifalotti matris Doralicis de Domo
nobilis spoletanae olim eius uroris ac pro incolumitate Salva-
toris filii).

Mi piace riferir qui un interessante episodio, del quale
fu appunto protagonista Bernardino Antonelli, anche perché
da tal racconto si rileva quali e quante alte aderenze ed
amicizie il nobiluomo avesse.

Nel periodo dell’ invasione d' Italia da parte delle truppe
francesi di Carlo VIII chiamatovi dal Pontefice Alessandro VI,
Bernardino Antonelli si trovò accanito seguace dei Colonna
328 A. MORINI

e capo del partito ghibellino a Cascia. Sebbene poco innanzi
avesse giurato di non più turbare la pace cittadina, nel 1505,
con l’ aiuto di Prospero Colonna, del Cardinal Giovanni Co-
lonna e del Conte di Montorio, tentò di impadronirsi della
rocca casciana fatta costruire da Paolo II nel 1465. I suoi
seguaci di notte tempo con chiave falsa aprirono la porta
di S. Francesco e s’ introdussero di sorpresa nel borgo di
Cascia gridando: carne, carne, Montorio, Colonna, Colonna,
Aquila, Aquila. Al che i Guelfi serrati nella rocca e nella
parte alta del paese rispondevano: Chiesa, Chiesa, Julio,
Julio, Crocifisso, Crocifisso, mentre Firmano Saxo da Berti-
noro, commissario pontificio, da poco giunto per riappacifi-
care gli animi, ordinava il fuoco alle artiglierie della
fortezza. La resistenza vigorosa ed i primi caduti misero in
fuga i seguaci dell’ Antonelli; egli stesso si salvò a stento
riparandosi nelle sue possessioni al confine del Regno napo-
letano. Si legge nel processo criminale riportato dallo storico
casciano Marco Franceschini che «la fuga inaspettata fu
« riconosciuta da tutti un miracolo del SS. Crocifisso di
« B. Pietro, avanti a cui era stata conclusa la pace, motivo
« per cui i casciani levarono questo SS. Crocifisso dalla chiesa
« di S. Pietro e lo posero nella chiesa di S. Agostino alla
« pubblica venerazione » (1).

(1) Nel Bollettino storico agostiniano che si pubblica in Firenze
(anno X, n. 5-6) è stato pubblicato un articolo a firma E. A., datato
dall’ Antella il 7 luglio 1934, intitolato: La festa della patria in onore

di S. Rita in Cascia - 15 agosto (da uma cronachetta inedita). L’ articolo .

pretenderebbe fissare al 15 agosto 1505 il detto miracolo, attribuendolo
con sfrontata impostura a S. Rita. Esso contiene grandi panzane, mise-
rabili mistificazioni ed errori grossolani, tanto che fa meraviglia come
quel bollettino storico abbia potuto ospitarlo. La cronachetta inedita non
esiste, come non esiste, nè è mai esistita a Cascia la festa della patria
nel 15 agosto. A Cascia tutta la popolazione la ignora ed io, ormai da
oltre mezzo secolo, non l’ ho mai ricordata. È chiara la mistificazione !
Nessun biografo di S. Rita, fra i sessanta almeno che io ne conosco,
ricorda il miracolo fatto dalla Santa in quell’ occasione mettendo in

a
È
|
UN COMBATTENTE A LEPANTO

329

A completare le notizie sulla famiglia Antonelli, ascritta
anche al patriziato casciano, mi sembra opportuno ricordare
Domenico Antonelli, che nella accennata epigrafe del 1630
posta nella chiesa parrocchiale di Poggioprimocaso è indicato

fuga i seguaci dell’ Antonelli. Invece tanto lo storico Marco Franceschini,
quanto l'altro storico casciano Avv. Luigi Franceschini, riferiscono dal
processo conservato nell’ Archivio comunale che, se un miracolo vi fu,
esso fu riconosciuto del Crocifisso venerato nella chiesa di S. Pietro
(V. M. FRANCESCHINI, Memorie storiche di Cascia e suo territorio raccolte
nel 1802, mss., Vol. I e Memorie storiche di Cascia raccolte nel 1819,
pubblicate a Cascia nel 1913, pag. 85; Luici FRANCESCHINI, Storia di
Cascia, mss., Vol. I, Libro XI). Panzane dunque sono l’ apparizione

‘della vecchiarella S. Eia col bastone tutto fiorito di rose che sarebbe apparsa

a Bernardino Antonelli affacciato alla finestra (!) della sua casa, che il
mirabolante scrittore indica pure con la via e con i numeri civici, (la
casa indicata fu invece dei Saraceni come si rileva dallo stemma in
pietra ivi esistente), nella notte di plenilunio (!!!) del 14 agosto 1505.
Dove l'ha trovata lo pseudo storico la data del 14 agosto? Altra incre-
dibile panzana! Come quella dei mille soldati casciani e delle sette porte
di Cascia, inesistenti gli uni e le altre; della Porta orientale perfetta-
mente sconosciuta nel medioevo con tal nome; di Cascia poggiata sulla
cima del Monte Corrito, che il novello geografo ignora dove e quale sia
e financo come si scriva (il monte Corito, e non Corrito, posto dall’ Ali-
carnasso presso la città di Cursula, tao* x6ontov d'oov, fu identificato
da Leandro Alberti, dal Facciolati, dal Baidrand, dal Cluverio, dal
Guattani ecc. nel monte Corno, che è una delle più alte cime del gruppo
del Gran Sasso); della chiesa di S. Chiara, che è tale solo da appena
due secoli, poichè ivi esisteva invece dal secolo XIV fino alla metà del
secolo XVIII la chiesa agostiniana di S. Lucia; dél fastoso corteo nella
fantasiosa festa con gli alabardieri e i trombettieri con le trombe d' argento,
giammai esistite !!! Fra gli strafalcioni madornali dello storico ignorante
son degni di rilievo: che in quel tempo (cioè nel 1505) il Pontefice
Clemente V (quinto, dico!) avrebbe composto il dissidio fra il clero
cascianò ; che il terremoto distruttore di Cascia sarebbe avvenuto nel 1713
anziché, come in effetto avvenne, nel 1703; che la famiglia Antonelli si
trasferì a Poggioprimocaso nel 1495, anzichè nel 1432, come apparisce
dalla lapide da me surriportata; che la rocca di Cascia fu costruita ai
tempi di Federico Barbarossa (nientemeno !), mentre sul bastione di
sinistra era murato fino ad una diecina di anni or sono lo stemma di
Papa Barbo ecc, ecc. La sfrontatezza dello scrittore arriva financo a
citare le pagine dei libri dei Consigli dove dovrebbesi leggere... la festa
della patria, o, meglio, la incredibile favola storica... di E. A, in Antella !
330 A. MORINI

" comandante di una coorte di duecento fanti nell’ esercito di
Ferdinando II, Imperatore dei Romani (due unius cohortis
200 peditum in exercitu Ferdinandi secundi Romanorum impe-
ratoris); continuando così — come partecipe alla guerra dei
trent'anni — le illustri tradizioni militari della famiglia. A
spese di Domenico e dei fratelli Bernardino e Salvatore fu
nel predetto anno 1630 restaurata quella chiesa parrocchiale
con il grazioso abside romanico fatiscente, abbellita poscia
con ornamenti e pitture nel 1654. Ormai quel castello era
divenuto la patria di elezione e di nascita da oltre due secoli;
ed i munifici benefattori furon lieti di farsi ricordare indigeni
de castro Pody Primi Casus. I successori emigrarono sul finir
del secolo decimottavo, e sul principio del susseguente alie-
narono tutti i loro beni.

Lo stemma della famiglia Antonelli ha due leoni ram-
panti poggiati sui fianchi di un vaso di fiori.

DOTT. ADOLFO MORINI
INDICE DEL TRENTATREESIMO VOLUME

Memorie e Documenti.

Cronaca della Repubblica Francese in Perugia. (Continua-

zione). (E. Ricci) RERIARZZA NEVI ic Pag. 1

La base marmorea del Museo di Todi. (A. PAOLETTI) . . . » 5411 4

Il Conclave di Leone XII. Lo Stato Pontificio e l'Italia 1

all'indomani del Congresso di Vienna. (M. Rossi) . . » 135 |
| I confini del Comune di Foligno. (M. FALOCI-PULIGNANI). . » 217
NN Santa Maria di Valdiponte. (E. Ricci)... ... . . . . . » 249

Un combattente a Lepanto. (A. MORINI).
M i Pi |