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ANNO XXXIV FASC. I-II-l (n. 92-93-94)

BOELETTINO

DELLA REGIA DEPUTAZIONE

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STORIA PATRIA

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VOLUME XXXIV



PERUGIA
TIPOGRAFIA DELLA RIVOLUZIONE FASCISTA G. DONNINI
1937- XVI










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BOLLETTINO

DELLA REGIA DEPUTAZIONE

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| A STORIA PATRIA

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VOLUME XXXIV



PERUGIA
TIPOGRAFIA DELLA RIVOLUZIONE FASCISTA G. DONNINI
1937-XV









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ASPETTI GIURIDICI DELLA SOVRANITÀ PONTIFICIA
| NELL'UMBRIA NEL SECOLO XIII

Di tutte le terre umbre soggette alla sovranità temporale della
Chiesa romana durante il secolo XIII si puó fare, per quanto si
riferisce alla natura del vincolo di soggezione che le unisce alla
Sede apostolica, una grande distinzione (ed è distinzione anche
ufficialmente riferita nei documenti) fra terre immediate subiec-
iae e terre mediate subiectae, volendosi indicare con le prime le
terre direttamente dipendenti dal pontefice e dai suoi rettori pro-
vinciali, e cioè i luoghi mon infeudati o comunque non ubbidienti
ad altra signoria all'infuori di quella pontificia e nei quali pertanto
la Chiesa si trova in immediato rapporto con i suoi sudditi; vo-
lendosi invece indicare con le seconde quelle terre di san Pietro
che, per essere state infeudate o altrimenti riconosciute in signoria
a persone i ad enti, non sono soggette alla Chiesa se non attra-
verso quel signore che su di esse esercita gli effettivi poteri di
governo. (1) Terminologia questa, del resto, non nuova per la
Chiesa, ma usata anche nei documenti ecclesiastici più antichi,
particolarmente dai tempi di Alessandro III, a proposito della
sovranità spirituale, esercitata dai pontefici in modo diretto, nullo
mediante, sulle chiese e sui chiostri dichiarati esenti dalla giurisdi-
zione vescovile, e in modo indiretto o mediate, ossia attraverso la
potestà degli ordinari diocesani, negli altri casi (2): lo stato di
cose e la terminologia già noti per la sovranità spirituale paiono
ora ben adattarsi anche alla sovranità temporale.

(1) Può vedersi ad esempio la cosidetta descriptio Marchiae del 1356,
in A. THEINER, Codex diplomaticus dominii temporalis S. Sedis, Rome, Impr,
vatic., 1861, II, CCCXXXV.

(2) Cir. in proposito il volume di G. SCHREIBER, Kurie und Kloster im
12 Jahrhundert, in Kirchenrechtliche Abhandlungen, Stuttgart, Enke, 1919.





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6 G. ERMINI

Le terre immediatamente soggette, dette pure spesso manuales
o in manu Ecclesiae come quelle sulle quali direttamente si fa-
ceva sentire il governo o manus della Chiesa e costituenti pertan-
to il demanium della Chiesa stessa, erano rappresentate dai gran-
di comuni cittadini che, liberi da ogni altra soggezione, si rico-
noscevano tuttavia soggetti alla superiore autorità pontificia, dalle
comunanze dei centri minori, dai castelli, dalle ville e dalle con-
venticole della campagna non infeudati; facevano parte invece del-
le terre mediatamente soggette tutti i luoghi concessi in feudo
ovvero riconosciuti in proprietà e in dominio a signori laici, a
chiese, amonasteri, o anche acomuni, dei quali ultimi costi-
tuivano il comitato, e che, se obbedivano al governo apostolico
ed erano tenuti verso di questo a determinate prestazioni, lo fa-
cevano soltanto mediante il signore che vi dominava.

Queste le due forme di soggezione alla sovranità pontificia
delle terre del ducato di Spoleto e degli altri luoghi dell'attua-
le regione umbra, ordinati tutti in signorie a tipo feudale e in
comuni, e tutti chi pià chi meno, chi in una forma chi in un'altra,
legati da un vincolo di sudditanza al romano pontefice.

I. TERRE « IMMEDIATE SUBIECTAE ».

Non è da credere davvero che in tutti i luoghi che si dicevano
soggetti immediatamente alla Chiesa, la sovranità apostolica avesse
la stessa ampiezza di contenuto e assumesse nel suo esercizio
uguali manifestazioni. Pur essendo tutte le terre nominalmente
in demanio apostolico, la loro condizione di sudditanza si pre-
senta infatti diversissima da luogo a luogo e .da tempo a tempo,
come di diversa entità è la somma di poteri sovrani, o regalie,
che la Chiesa vanta sui singoli luoghi.

Cause precipue di un tale stato di fatto sono da ritrovarsi nel
frazionamento feudale ereditato dall'età precedente con feudi a
tipo e con diritti diversi, e ancor più forse nel movimento comu-
nale che già da tempo e che tuttavia viene manifestandosi nel
duecento con intensità e con risultati di libertà diversi nelle di-
verse terre: sono in altri termini le forze o i meriti di questo o
di quel signore che usurpano ed ottengono privilegi più o meno
estesi di immunità e wregalie, è lo spirito di autonomia che si
risveglia ove prima ove dopo un po’ dappertutto e che costringe



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ASPETTI GIURIDICI DELLA SOVRANITÀ PONTIFICIA NELL'UMBRIA NEL SEC. XIII 1

i pontefici a riconoscere in misura piü o meno ampia a seconda
dei luoghi le agognate libertà; sono insomma tutte queste ener-
gie, già battutesi senza riposo nei secoli XI e XII per acquistare
a sé l'esercizio dei diritti sovrani propri del beato Pietro, che
questi loro diritti vogliono ancora estendere e tenacemente di-
fendono nel periodo di riaffermazione della sovranità apostolica
che s'inizia col pontificato di Innocenzo III agli albori del due-
cento. Sicchè nella seconda metà del secolo, quando lo Stato del-
la Chiesa potrà dirsi ormai saldamente ordinato in monarchia
col suo governo centrale e nell’Umbria col governo del rettore
provinciale per il ducato spoletano e del rettore per il Patrimo»
nio, (1) allora la sovranità riconosciuta alla Chiesa nelle varie
terre immediatamente soggette sarà rappresentata di fatto da
quelle attribuzioni non ancora passate nelle mani dei sudditi; e
attraverso una scala di sfumature quasi insensibili si andrà dal
castello o terra in cui la Sede apostolica gode di poteri di gover-
no assoluti a tipo signorile fino al libero comune della grande
città, ad esempio di Perugia, nel quale è proprio del pontefice
soltanto un semplice ed effimero riconoscimento di superiorità.

In questa notevole diversità di condizioni, e secondo appunto
l’effettiva consistenza della loro soggezione alla Chiesa, tutte le
terre immediatamente soggette si trovano divise in due cate-
gorie: quelle cioé nelle quali la Sede apostolica ha demanium et
dominium e cioé é domina nell'antico senso feudale della parola,
ossia i luoghi dove il comune non è ancora sorto ovvero i piccoli
comuni rurali nei quali è la Chiesa stessa ad inviare il podestà;
e quelle terre d’altro lato che si dicono solo in demanio del beato
Pietro, in quanto l'effettivo dominium spetta ormai in esse alle
organizzazioni comunali decisamente affermatesi. Il punto :discre-
tivo di maggior rilievo e che segna per lo più il passaggio dall’una
all’altra categoria può considerarsi quello dell'elezione del po-
destà: là dove la terra, sia pur eretta a comune, riceve il suo capo,
che prenderà in tal caso l’appellativo di podestà, dalla Chiesa ro-
mana, è quest’ultima che avrà ancora il dominium del luogo; là
dove al contrario il comune ha già conquistato in pieno la sua au-

t

(1) Sulle circoscrizioni di territorio affidate in governo all'uno e all’al-
tro rettore cfr. G. ERMINI, I rettori provinciali dello Stato della Chiesa da
Innocenzo Ill all’Albornoz, in Rivista di storia del diritto italiano, IV (1981),
p. 96 e seg.



8 G. ERMINI

tonomia col diritto di libera scelta del podestà, dovrà dirsi allora
che allo stesso comune appartenga ormai l’effettivo dominio sul luo-
go, che resterà tuttavia a far parte del demanio apostolico con i vae
ri doveri che ne conseguono. (1) Ed in vero i piccoli comuni dei
centri rurali dove già esiste una societas organizzata ma dove il
capo viene inviato tuttora dall’alto si trovano in fin dei conti,
per quanto attiene al rapporto di sudditanza verso la Chiesa,
in condizioni non molto dissimili di fatto da quelle proprie delle
terre ancora rette dalla Chiesa a regime signorile e nelle quali
ancor non esiste una sia pur rudimentale organizzazione comu-
nale: gli uni e le altre obbediscono ad un ufficiale ecclesiastico,
se pur nel primo caso questi rivesta insieme la qualifica di uffi-
ciale del comune; e sono pertanto tutte in demanio et dominio
beati Petri, in soggezione piena ed immediata. Esaminerò breve-
mente la condizione di questi luoghi prima di passare a dire delle
terre in solo demanio e cioè dei liberi comuni.

a) Terre in demanio e dominio della Chiesa.



L’ordinamento del governo apostolico nell’Umbria per le ter-
re in dominio nel secolo XIII può essere con sufficiente esattez-
za desunto, nelle sue linee fondamentali, dai documenti in nostro
possesso.

Signore di tutti, come si sa, è il sommo pontefice ma domi-
nus più diretto dei sudditi è il rappresentante di lui ‘nella pro-
vincia, il rettore provinciale, il quale a sua volta si fa rappresentare
da altri nei singoli luoghi soggetti: sono baiuli distribuiti a tutela
degli interessi della Chiesa sovrana nelle diverse località, ovvero
castellani a presiedere alla vita dei castelli, o vicarii o nuntii o
ministeriales o procuratores a meglio denotare la loro qualità di
inviati del signore, ioppure anche cornites:e vicecomites secondo
l’antico appellativo feudale, o in fine potestates quando il loro
compito é di presiedere una comunanza o comune.

Ma poco importa che il capo della terra si chiami nell'uno
o nell’altro modo quando è sempre la Chiesa a nominarlo e a
disporre della carica: egli sarà in ‘ogni caso il messo del signore

(1) Sul diritto di elezione del podestà cfr. G. ERMINI, La libertà comu-
nale nello Stato della Chiesa da Innocenzo III all'Albornoz, in Archivio della
R. soc. rom. di storia patria, 1926.





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ASPETTI GIURIDICI DELLA SOVRANITÀ PONTIFICIA NELL'UMBRIA NEL SEC. XIII 9

e il gestore di una sovranità che non è degli abitanti del luogo,
sia pure che sotto la diversità del suo titolo s’intraveda una
diversa condizione sociale e anche politica di questi e si palesi
un effettivo diverso esercizio di quella sovranità.

In un'inchiesta super iuribus curie Romane de ducatu Spole-
fano, eseguita nel 1232 da un tal giudice Teodino per ordine del
rettore della provincia Milone vescovo di Beauvais, vari testimoni,
che vengono interrogati, riferiscono sull'ordinamento politico del-
la zona di montagna retrostante a Spoleto detta terra degli Arnol-
fi durante le rettorie del cardinale Giovanni. Colonna e di Gio-
vanni di Brienne, e cioé nel periodo 1225-1230. Dalle dichiarazioni
dei testi si viene a sapere che un tale Omodeo, cappellano, era
istituito baiulus et vicarius in montanis per il rettore Giovanni Co-
lonna, come un tale Giovanni di Isabella lo fu più tardi per il
rettore Giovanni di Brienne; e che egli Omodeo ordinava ed isti-
tuiva a sua volta altri baiuli da lui dipendenti, che, risiedendo
o girando per i castra e luoghi singoli della regione, lo rappresen-
tavano e aiutavano nell’amministrazione. Cosicchè mentre il baiulo
generale e vicaria del rettore per la montagna spoletina appare
risiedere a Norcia, altri baiuli erano per lui a Cerreto, a Vallo, a
Narco, a Fazano e a Planeria, dove già, affermano i testimoni, il
duca imperiale Corrado di Uerslingen aveva tenuto i suoi prima del-
l’avvento di Innocenzo III; e icosì altri baiuli e nunzi erano anche
a Paterno, a Trepidella, a Primocaso, a Tervi, nella villa di San
Giorgio, nella terra di Arnata. (1)

Un’altra inchiesta compiuta nell'anno successivo 1233 per la
stessa regione ricorda un tale Adamo di Tenagio essere vicario
generale nella montagna per il rettore Milone tra il 1230 e il 1232,
ed esservi baiuli o castellani a Plagiano, a Govegio, a Forcamelone,
a lPlaneria, a Frusinio, a Visso, a Poggiodomo, a Fidanzia (2).

Anche per un’altra regione umbra soggetta all’immediato domi-
nio della Chiesa, e cioè per il comitato di Gubbio e terre adiacenti,
ci dà preziose notizie un’inchiesta curata nel 1235 dal rettore Ala-
trino per i tempi del duca Corrado di Uerslingen. Al duca Cor-
rado che, famquam dominus, era nel ducato pro imperatore prima



(1) P. FABRE, Le liber censuum de l'Église romaine, Paris, Fontemoing,
1905, p. 534, doc. CCLXVIIII.

(2) P. FABRE, op. cit, p. 536, doc. CCLXX; per alcuni di questi luoghi
citati nei documenti non mi è stato possibile accertarmi della esatta dizione
odierna.









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T0 G. ERMINI

della riconquista della provincia per opera di Innocenzo III, dichia-
rano i testimoni interrogati, obbedivano i diversi luoghi, e i suoi
nuntii tenevano in sua rappresentanza le varie località, come il
girone di Bevagna, il castello di Coccorone, la rocca di Gualdo,
Santa Maria di Lorenzo, Rodione, Limigiano, Castelbuono, Pusti-
gnano, Nocera e tutto il suo comitato, Morano, Compresseto, Vi-
gneto, Cesalunga, Fossato, Monte Sant'Ippolito, Monte Baroncel-
lo, Glorano, Vaccaria, Radicata, tutto il comitato di Gubbio e la
rocca di Gubbio, le rocche e tutto il comitato di Assisi (ora, al
tempo dell’inchiesta, tenuto dalla città) e il monte Subasio e le
vigne e le paludi di Assisi. Dovunque il duca o i nunzi per lui
disponebant baiulos suos. Così, afferma ancora un testimonio, il
marescalco Diaterra teneva per il duca Corrado la metà del Ca-
stello di Monte Sant’Ippolito cum curte sua et familiis, e più tardi
la tennero, ugualmente pro duce, Pietro di Serra e Rainaldo di
di Gualdo; così Anselmo di Glorano era bailivum pro curia di
Vaccaria, Radicata, Glorano, Monte Baroncello e della maggior
parte del comitato di Gubbio; .e più tardi, ai tempi del duca
Diopoldo di Wohburg, circa il 1210, tale Ludovico di Summo
quale baiulo dello stesso Diopoldo praecipiebat in toto comitatu
Eugubii. (1)

Uomini e nobili delle varie località, come respondebant al
duca imperiale e ai suoi baiuli e nunzi, cosi erano tenuti al tempo
dell’inchiesta a rispondere al rettore pontificio e agli ufficiali di
lui perfettamente sostituitisi a quelli dell’Impero, sostituzione .del-
la quale ci resta ricordo inequivocabile nei documenti. (2)

Un'altra inchiesta ancora compiva il rettore Alatrino nel 1235
per accertare i confini di un altro territorio in dominio della
Chiesa, la cosidetta Valtopina ad est di Foligno, ricordata ancora
più tardi come vicecomitatus vallis Topini con un vicecomes in-
viato dal rettore provinciale (3), dove un rector vallis Topini è
eccezionalmente nominato dal pontefice nel 1300 pur sempre alle
dipendenze del rettore del ducato (4), dove un baiulo è nella
universitas di Villa Balzano per il visconte di Villa Balzano e

(1) P. FABRE, op. cit, p. 544, doc. CCLXXVI.

(2) Cosi dice anche un teste. Cfr. anche A, THEINER, Cod. dipl. cit., I, doc.

CXVIII, CXVIII, CXXIV, CXXV.
(3) P. FABRE, op. cit, p. 548, doc. CCLXXV.
(4 A. THEINER, Cod. dipl. cit, I, doc. DLX.



n

ASPETTI GIURIDICI DELLA SOVRANITÀ PONTIFICIA NELL’UMBRIA NEL SEC. XIII 11

della Valtopina nel 1305 (1), e dove di nuovo si ricorda il vi-
scontado nel 1322, 1334 e 1350. (2)

Nella regione della ‘valle umbra si parla anche di un capi-
tanato di Normandia in un documento del 1318, comprendente di-
versi castelli e fra gli ‘altri quelli di Giano, Macciano, Montecchio,
Castagnola, Colle del Marchese, Castelritaldi, arendato nel 1319
ad un tal Giacomo di Bartolo di Spoleto quale vicarius del ret-
tore, (3) nominato ancora come rettorato dipendente da quello
del Ducato in una costituzione di Bertrando di Deuc del 1336 (4),
e definito in un documento del 1340 addirittura come modica
provintiola entro la più vasta provincia del Ducato, nella quale
i rettori provinciali capitaneos ponere ac inslituere consueve-
runt. (5)

Nel 1289 infine un tale Andrea de Cesis è ricordato comes et
iudex in civitatibus et comitatibus Eugubii et Nucerie per il ret-
tore del Dueato Landolfo Colonna, (6) un conte istituito dal ret-
tore é anche a Nocera nel 1300 (1) e un nobilis vir Bernardus de
Imola é nel 1304 comes et offitialis positus in civitate et comi-
tatu Nucerie. (98) i

Questa documentazione ci mostra dunque durante i secoli XIII
e XIV l’esistenza nell’Umbria di territori piuttosto ampi e com-
prendenti più castelli e luoghi in immediata soggezione e in di-
retto dominio della Chiesa, costituenti quasi corpo a sè, affidati
a governi propri dipendenti da quello della curia provinciale e
con titolari nominati dal rettore, i quali, avendo alle loro di-

: pendenze delle vere piccole provincie, si fanno assistere alla loro

volta da altri ufficiali o baiuli; ma ci mostra altresì accanto a

(1) P. FONTANA, 1I parlamento di Foligno dell'8 dicembre 1305, in Riv.
di st. del dir. ital., IV (1931), p. 389.

(2) L. FUMI, / registri del ducato di Spoleto cella serie « Introitus et cxi-
tus » della Camera apostolica, Perugia, Un. tip. coop., 1903, II, 262; V, 27;
XIX, 9.

(8)..L.' FUMI, op. cit, IIL, 1; 12, 25; IL, 50.

(4). A. DIVIZIANI, Fonti delle costituz. Egidiane, Savona, Ricci, p. 46, cost.
XIII.

(5) A. DIVIZIANI, op. cit, Archiv. Vat, Reg. Vat. 1298, n. 139.

(6) C. CIAVARINI, Collezione di documenti storici inediti ed editi rari
delle città e terre marchigiane, Ancona, Tip, del commercio, 1872 ecc. II
doe. CCIE.

(©) A. THEINER, Cod. dipl. cit, I, doc. DXLI.

(8) M. SARTI, De episcopis Eugubinis, Pisauri Gavelli, 1755, p. 174,

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12 G. ERMINI

queste località date cumulativamente a governare, l'esistenza di
tanti altri castelli o comunanze, in demanio e dominio pur essi
della Chiesa, affidati invece singolarmente ad altrettanti titolari:
diversità di estensione di territori che è evidente retaggio della
passata epoca feudale e della diversa ampiezza dei feudi, come
anche l’appellativo spesso rimasto ai loro titolari chiaramente ri-
corda.

La nomina di questi ufficiali di governo spetta di regola alla
curia della provincia ed é fatto eccezionale l'intervento della curia
centrale apostolica, che intende talvolta compensare con la con-
cessione di una castellania o podestaria persone che abbian reso
particolari servizi alla Chiesa (1): e provvedere alla nomina dei

‘numerosi baiuli, castellani, rettori e podestà per le diverse terre

è compito grave e tra i più importanti dell’amministrazione pro-
vinciale. (2)

Alla scelta dei titolari il rettore del ducato addiveniva, con
ogni probabilità già nel secolo XIII, seguendo le due diverse vie

di cui parlerà nel secolo successivo in modo preciso una costitu-

zione di Benedetto XII riferita anche dall'Albornoz (3): e cioè
o per modum commende (commendatio), affidando la terra a per-
sona fedele, idonea e di fiducia del rettore e del tesoriere, che
governi come ufficiale della Chiesa, e si avrà allora il demanio
vero e proprio; ovvero per viam arendamenti, affittando cioè a
tempo l'esercizio della castellania, baiulato o podestaria.

Nel primo caso, in eui la curia provinciale provvedeva essa
stessa direttamente all'amministrazione delle sue terre, la persona
inviata ad custodiam, ad esempio di un castello, prestato il pre-
scritto giuramento di fedeltà e di retta amministrazione e versata
la cauzione e date le altre garanzie che si fossero ritenute op-
portune, assumeva l'ufficio, lo teneva per il tempo stabilito o
finché fosse piaciuto alla curia e, al termine della gestione, di tutto
rendeva conto versando alla tesoreria provinciale ogni provento
lucratum..... pro officio... de bannis, salariis questionum et dampnis
illatis, estractis, soltanto, suis expensis et suorum famulorum; ed

7

(1) G. ERMINI, La libertà comunale nello Stato della Chiesa da Inno-
cenzo Ill all’Albornoz, II, Roma; Grafia, 1927, p. 27 e segg.

(2) Un lungo-elenco di castellani e podestà del ducato può vedersi nelle
lettere di invito al parlamento generale della provincia tenuto a. Foligno nel
1305, pubblicate da P. FONTANA, FONTANA, op. cit.

(3) Constitut. Aegidianae, I, c. 11.



ASPETTI GIURIDICI DELLA SOVRANITÀ PONTIFICIA NELL'UMBRIA NEL SEC. XIII 13

era di solito in questa parte dei proventi che a lui restava che si
computava anche il compenso o salario per l’opera prestata, fis-

sato o in una somma determinata o in una percentuale sui proven-

ti stessi dell’ufficio. (1)

Nel secondo caso, quando alle castellanie ‘e agli altri uffici
del genere si provvedeva non per mezzo di un ufficiale della curia,
ma piuttosto affittandone a tempo l’esercizio al maggiore offe-
rente, plus offerenti, la curia provinciale allora preconizabat e
metteva ad incantum, di solito ogni anno, l'affitto o arendamentum
per un giorno stabilito, nel quale, vagliate le varie offerte perve-
nute, precedentibus legitimis subhastationibus, il rettore e il teso-
riere affidavano l'ufficio a chi di diritto, mai peró, ricorda Bene-
detto XII, a loro fratelli, nepoti o consanguinei, e dopo aver ri-
cevuto idonea cauzione di custodire e riconsegnare il castello
una volta terminato l'arendamento. Di tutto un notaio stendeva
pubblica scrittura.

Dei due sistemi, commenda o concessio e arendatio o venditio,
quest’ultimo è sistema introdotto probabilmente e certo diffusosi
più tardi dell'altro e forse non prima della seconda metà del
secolo XIII, quando un sufficiente ordinamento delle curie pro-
vinciali ne doveva rendere possibile l'attuazione col regolare bando
delle aste, e quando l'estendersi e l'affermarsi della sovranità
pontificia, col moltiplicare il numero delle castellanie, vicariati,
podestarie e baiulati cui doveva esser provveduto, ne rendeva
questa attuazione necessaria.

Pregi e difetti presentano l'uno e l'altro. La via di concedere
l’ufficio al maggiore offerente in pubblica asta è senza dubbio
più semplice e più pratica che non quella di commetterne l'eser-
cizio a funzionari stipendiati, poiché mentre in quest'ultimo caso
la curia provinciale si trova costretta a procedere ad una difficile
selezione di persone fidate da nominare agli uffici ed a vigilarne
poi l'attività onde non si compiano frodi a suo danno nella riscos-
sione dei redditi e a ricevere infine la resa dei conti, lavoro ol-
tremodo gravoso se si pensa al grande numero delle castellanie
e podestarie, affittando invece o vendendo Puffieio la curia ha

(1) A. THEINER, Cod. dipl. cit, L, doc. CCCCXCI. Al vicario delle
Terre degli Arnolfi, ad esempio, restava nel sec. XIV un terzo degii in-
troiti come suo compenso. Cfr. P. FABRE, Un registre caméral du cardinal
Albornoz en 1364. ;









14 G. ERMINI

subito provveduto e sa di avere assicurato senz'altro alle sue casse
la somma certa pattuita quale prezzo, che l’arendante verserà a
scadenze determinate. La somma sarà corrispondente, in realtà, a
quel reddito netto che la tesoreria provinciale avrebbe altrimen-
ti percepito con tanto maggiore dispendio di forze curando di-
rettamente l’amministrazione per mezzo dei propri ufficiali; e si
eviterà anche, affittando o vendendo l'ufficio, il pericolo che i
rettori lo affidino, al modo signorile, a loro domicelli o fami-
gliari eon quelle irregolarità di controllo che facilmente ne de-
rivano.

Anche l'arendamento peró non manca dei suoi gravi difetti:
oltre alla necessità, di cui già si e detto, che l'ufficio apposito
presso la curia provinciale risulti perfettamente organizzato affin-
ché le aste si compiano regolarmente senza abusi e favoritismi,
l'arendamento presenta infatti anche il grave inconveniente di al-
lontanare le terre affittate dalla diretta soggezione alla Chiesa
riducendole quasi al grado di terre soggette mediatamente at-
traverso la persona cui l’ufficio è stato ceduto, in modo non molto
dissimile in pratica da quanto avviene con una qualsiasi conces-
sione feudale; e ne conseguiva molto spesso che la persona, cui
il luogo era stato arendato, più che altro per l’alta somma di dena-
ro offerta, una volta assunto il governo, prima che agli interessi
degli abitanti e della Chiesa romana pensasse ai propri, onde
ritrarre dalla terra la somma che si era obbligata a versare al
tesoriere della provincia e lucrare in più quanto maggiormente
le fosse possibile. Di qui uno sfruttamento vero e proprio delle po-
polazioni, privo di ogni senso di responsabilità e fuori quasi di
ogni sorveglianza della superiore autorità apostolica alla quale
sola di diritto le popolazioni pur sapevano di essere soggette.
Ed è significativa e giustificata in proposito la vivace protesta che
gli abitanti delle Terre degli Arnolfi presso Spoleto avanzeranno
nel secolo XIV a Clemente VI per essere state esse cedute al
maggiore offerente o commendate con la convenzione che una
quota parte dei redditi restasse al titolare del loro governo, ció
che aveva dato origine all’abuso, denunziato dai sudditi, che i
capi cui le terre erano state affidate, magis lucris propriis quam
cultui iusticie inhiantes, ad inferenda eisdem hominibus et habi-
toribus diversa indebita gravamina, ut ab ipsis bona sua extor-
queant et sibi aplicent, extenderunt preteritis temporibus et exten-
duni continue avidas manus suas, sì da indurre molti abitanti ad



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ASPETTI GIURIDICI DELLA SOVRANITÀ PONTIFICIA NELL’UMBRIA NEL SEC. XIII 15

fabbandonare i loro paesi; ed il pontefice infatti, ricevuta la pro-
testa, ordinava al rettore provinciale quatenus..... personam fide-
lem et ydoneam, que nullam partem dictorum reddituum et pro-
ventuum ad nos et ecclesiam memoratam in eadem terra spectan-
tium sibi retinere vel applicare haudeat sed de illis per eam
colligendis, exigendis et recipiendis, ratione reddita legittima, in-

, tegraliter Camere respondeat supradicte, de qua congruum stipen-

dium pro labore suo recipiat, deputare procures. (1)

Ma a prescindere dai pregi o difetti dell'uno e dell'altro si-
stema per provvedere alle castellanie e agli altri uffici del genere,
nel secolo XIV e certo già nel duecento, era ormai la consuetudine
che determinava quale via dovesse usarsi per i singoli luoghi
in dominio: consuevit arendari, consuevit vendi si dirà a proposito
di una castellania, oppure non arendatur nec consuevit arendari. (2)

Il governo dei messi o nunzi del rettore cosi nominati aveva ca-
rattere prettamente signorile, se pur l'estensione di significato da
dare a questo termine e le manifestazioni.che l'opera di essi as-
sumeva erano diverse secondo i luoghi e i tempi, e non possa par-
larsi, in linea generale, di precise attribuzioni loro proprie ma
piuttosto di una somma di poteri loro conferiti: dal nunzio desti-
nato a presiedere alla vita del piecolo centro rurale, dove non era
nota la libertà comunale e che non trovava pertanto altri limiti ai
suoi poteri all'infuori di quelli posti dalla stessa autorità rettorale,
si passava al castellano preposto al castello, dove le nuove forze
comunali tolleravano ancora la sua presenza pur riducendone in
misura notevole la giurisdizione e l’arbitrio con le immunitates e
le libertates riconosciute o pretese, e poi fino al rappresentante
del superiore dominio apostolico che nel comune pienamente costi-
tuito, sebbene. non ancora del tutto libero, assumeva addirittura l’ap-
pellativo comunale di podestà ed esercitava, in nome della Chiesa,
le funzioni a lui attribuite dallo statuto comunale. Tale situazione
di cose è instabile e muta di continuo per le diverse località nel
corso del secolo XIII col progredire del movimento comunale e

(1) Arch. Vatic, Reg. 138, doc. XXXII.

(2) G. ERMINI, Le relazioni frala Chiesa e i comuni della Campagna e
Marittima in un documento del sec. XIV, in Arch. della R. soc. rom. di
storia patria, XLVIII (1925), p. 171 e segg.; e solo per serie ragioni, che
è opportuno per il rettore di specificare onde non essere sospettato, ordina
Benedetto XII, potrà derogarsi alla consuetudine.



16 G. ERMINI



a | più tardi col sorgere e diffondersi di quello signorile; pur tutta-
via, nel duecento, nonostante lo sviluppo assunto dalle libertà dei

| comuni, la originaria e tipica figura del nunzio pontificio nel
M ; pieno possesso di tutti i suoi poteri. si conserva ancora in più
località minori della campagna.

Nella circoscrizione di territorio cui praecipiebat, il nunzio apo-
stolico era rispettato ed ubbidito tamquam dominus, non altrimen-
ti cioè di un vero signore, riferiscono le inchieste già ricordate;
M ed egli, tenendo le terre pro duce, in rappresentanza cioé del ret-
tore del Ducato, omnia faciebat pro sue libito voluntatis (ben
inteso naturalmente sotto la costante vigilanza della superiore auto-
rità provinciale) e in modo del tutto simile a quello di un qual-
siasi altro signore. Era a questi nunzi affidata la cura diretta di
ogni lato dell'amministrazione, dal mantenere le popolazioni nel-
l'obbedienza verso la Sede apostolica e il suo governo, al provvede-
re alla custodia e all'eventuale difesa della rocca e del fortilizio se
questi esistevano nel luogo a loro commesso, dal sovraintendere
alla retta amministrazione della giustizia, al curare la regolare
" esazione dei tributi; essi pensavano a recipere iuramenta. fidelitatis
- degli abitanti alla Chiesa, essi ricevevano le accuse e le denuncie
| pro curia e giudicavano in merito imponendo pene e bandi; essi
stavano nelle varie località inquirendo et petendo iura curie, e il
tutto compivano attraverso un regolare ordinamento di uffici or-
ganizzati, almeno per i preposti alle circoscrizioni più vaste, ad
imitazione di quelli della curia generale della provincia. (1)

Il reddito pecuniario che la camera apostolica traeva dalle
terre in dominio non era certo esiguo, ed i denarii recepti de ca-
Stellaniis et de baiuliis et de potestariis costituivano anzi uno dei

id

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N (i) Così, ad esempio, per il capitaneus in montanis nelle Terre degli Ar-

Ug nolfi notizie ci dà un documento del 1324. Il capitano parte in quell’anno da

i. Foligno, dove si trovava la curia generale del rettore, cum officialibus, fami-
E liaribus, equis pro dicto suo capitaneatus officio assumendo et exercendo; die
M quinto mensis decembris apud Nursiam venit ad morandum ibidem, et expen-

didit pro dispositione dicti officii et alijs expensis necessariis sibi, officia-
libus, familiaribus et equis, et pro convivio facto per eum potestatibus, amba-
" : siatoribus et syndicis terrarum, casirorum capitaneatus de Montanea et prio-
ribus, abbatibus et. presbiteris et prelatis dicti capitaneatus, qui die decima
sexía mensis ianuarii venerunt ad parlamentum dicti domini capitanei celebra-
tum ipsius mandato apud ecclesiam sancti Benedicti de Nursia... (Arch. Vat.,
Collet. 228, f. 206). Perfettamente come faceva il rettore provinciale nel-
Passumere l’ufficio.

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ASPETTI GIURIDICI DELLA SOVRANITÀ PONTIFICIA NELL'UMBRIA NEL SEC. XIII FE

principali cespiti della tesoreria provinciale: « Ego thesaurarius..,
vendidi, col consenso e consiglio del rettore, baiuliam de.... pro
pretio... pro uno anno... »; «ego thesaurarius recepi die... a ma-
gistro.., per quem rector et ego fecimus regi et fructari castella-
niam... solidos... detractis expensis et salariis dicti...»; « recepi
de... ratione castellanie castri..., de... nomine castellanie..., de..
ipro solutione castellanie....», sono le espressioni ripetute in lunghi
elenchi nei registri camerali. (1) I redditi che per tale via perve-
nivano al tesoriere provinciale erano esattamente determinati a
priori quando l'ufficio era venduto o arendato e si concretavano
nella somma che la tesoreria riscuoteva a tale titolo; erano deter-
minati altrimenti in una quota parte delle entrate complessive che
il castellano o baiulo avrebbero esatto nell'esercizio del loro uf-
ficio; erano infine rappresentati in altri casi da ogni introito rice-
vuto dal castellano o baiulo detratti le spese da questi sostenute
e lo stipendio loro spettante.

Nell'opera di amministrazione e di rappresentanza della so-
vranità della Chiesa, castellani e baiuli rimanevano, ben si sa, sem-
pre alle dipendenze del rettore provinciale che aveva loro confe-
rito l'ufficio; sicché ad esempio, nella funzione giurisdizionale, le
loro sentenze erano sempre passibili di appello avanti alla curia
provinciale, come restava di esclusiva competenza di questa il
conoscere di alcune cause e reati maggiori. (2) E’ questo un aspet-
to nel quale il baiulato e la castellania differivano dalla comu-
ne concessione feudale, facendo sentire la immediatezza del do-
minio della Chiesa nelle terre in cui essi erano costituiti.

b) Terre in semplice demanio della Chiesa.



In una condizione singolare vennero a trovarsi di fronte alla
sovranità pontificia i liberi comuni dell'Umbria nel duecento.

Sorti questi e affermatisi nei secoli XI e XII, sono già forti e
gelosi delle libertà faticosamente conquistate quando la politica
di Innocenzo III al principio del duecento mira a riportare su

(1) L. FUMI, / registri del dücato di Spoleto della serie « Introitus et
exitus » della Camera apostolica, Perugia, Un. tip. coop., 1903, passim.

(2) Cosi nel 1328 Giovanni XXII scriverà al rettore Giovanni d'Amelio ap-
provando quod teneret continue in terris montanorum..... capitaneum qui causas
maiores ducali curie referat.... Cfr. L. FUMI, La rocca di Montefalco, ecc.,
in Bollett. soc. di st. p. per l'Umbria, XIII (1907), p. 479.

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18 G. ERMI

ogni terra di san Pietro l'effettiva sovranità apostolica. Un pun-
to però appare subito chiaro, e cioè che tale sovranità non potrà
avere per essi comuni il significato e il contenuto di una vera
signoria o dominium; e la sagace politica del pontefice infatti.
non tenta nemmeno di battere questa via, chè anzi, al contrario,
è proprio sul terreno della libertà, del rispetto e della difesa
perfino di questa libertà che Innocenzo III rivolge i suoi appelli
ai comuni per indurli à riconoscere senza resistenza e di buon.
grado la sua sovranità, ed è proprio in tale campo che subito si
determinava lo speciale carattere di questa sovranità. E i pon-
tefici che a lui seguiranno non batteranno via diversa.

La politica comunale di Innocenzo del resto non è nuova: Lo:
spirito che già aveva guidato l’azione di Alessandro III nell'al-
leanza con la prima lega lombarda contro l’Impero e che aveva
portato un così grande giovamento alla causa della libertà dei
comuni, non pare ora mutato a distanza di qualche decennio. In
stretta unione con i comuni come allora, l’azione del pontefice si
volge contro l’Impero e nel Ducato contro il duca Corrado di Uers-
lingen che tiene occupate per l’imperatore quelle terre e le contee di.
Assisi e di Nocera: « Solo dagli ufficiali imperiali e dalla tirannide
teutonica, proclama Innocenzo, ha di che temere la libertà comu-
nale ». (1) Permette alle città del Ducato di aggregarsi alla lega
delle città toscane strettasi in quegli anni contro l’Impero a San
Ginesio; (2) e quando si diffonde la voce ch’egli intenda ricevere in
soggezione i comuni per poi riconcederli in feudo a Corrado e si.
manifesta di conseguenza subito l'opposizione netta di Perugia e
quella di Assisi che non gli permette di occupare per la Chiesa
la rocca della città, il pontefice si affretta sdegnato a scrivere
ai due comuni in termini categorici e inequivocabili: « Videbitis
quod patrimonium Ecclesie non ad opus alterius, sed. ad. eius domi-
nium et profectum Italie intendimus revocare »; ed aggiunge: «Si
nobis non creditis, operibus credite ». (3) Egli non accettó le ri-
chieste di Corrado per il feudo, dice l'anonimo autore dei Gesta
Innocentii III, « in favorem libertatis declinans ». (4)

(1) Innocenti III regest. sive epist. lib. I, ep. VIII, in MIGNE, P. L.,
CCXIV.

(2) Gesta Innocenti pp. III, 8 IX, in MIGNE, PL; CCXIV.

(3) Innoc. III ep., lib. I, ep. LXXXVIII, in MIGNE, P. L., CCXIV.

(4) Gesta Innocenti pp. III, $ IX, in MIGNE, P. L., CCXIV.

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ASPETTI GIURIDICI DELLA SOVRANITÀ &-ONTIFICIA NELL'UMBRIA NEL SEC. XIII 19

La soggezione alla Sede apostolica, si ripete, é tutt'altro che
incompatibile con la libertà dei comuni; e si ritorna a quello che
già era stato il pensiero di Gregorio VII: La sovranità della Chiesa
non porta perdita della libertà ma anzi è al contrario garanzia
della libertà stessa (1); e con le parole dell'evangelista Matteo
Innocenzo III definisce la sua sovranità: « Jugum meum suave est
et onus meum leve; iugum sane quod iuvat et onus quod non one-
ral sed honorat »; (2) e viene ricordato anche l'esempio delle civi-
tates della Campagna e della Marittima che godono delle loro liber-
tates pur essendo soggette da un lungo periodo di anni alla Chie-
sa romana. (3)

E?! così che, con questa premessa, pervengono allo Stato in-
nocenziano in breve tempo l’uno dopo l’altro i liberi comuni della
Umbria: Perugia, Assisi, Città di Castello, Nocera, Gubbio, Spo-
leto, Foligno, Terni, Narni, Todi, Orvieto. (4)

Tutti conservano per intiero le loro libertà, quelle libertà
diverse di importanza e di numero da luogo a luogo che passo
passo ognuno era venuto conquistandosi contro i feudatari o l’Im-
pero o lo stesso dominio apostolico dell'epoca piü antica: elezio-
ne delle magistrature, diritti giurisdizionali e le altre consuetudi-
nes; e si puó anzi dire che l'assoggettamento alla Chiesa raffor-
za quasi da un certo punto di vista la posizione del comune col
riconoscimento di queste libertà, rendendo legale uno stato di fat-
to spesso derivato da usurpazioni compiute dai comunisti e non
ancora stabilizzato; e poiché inoltre la fedeltà e il corrispettivo
di prestazioni varie che i comuni si assumono verso la Chiesa
sono strettamente connessi col riconoscimento appunto di tali li-
bertà e anzi da questo riconoscimento dipendenti, ne deriva che
d'ora in poi sarà interesse e cura della stessa autorità apostolica
mantenere e tutelare le libertà comunali contro qualsiasi tentativo
imperiale o signorile.

(1) Ctr. A. PEDRINELLI, Libertas papalis, in Miscellanea di storia eccle-
siastica, Roma 1904.

(2) Innoc.III ep. lib. II. ep. IV,in MIGNE, P.L. CCXV (MATTHAEUS,
Ev., XL 29). E continua: « Jugum etiam quod inexperti fortiter diligunt
ef experti foriius concupiscunt; onus quod nescit sarcinam gravitatis, sed
exonerat potius oneratos ».

(3) Cosi per Rieti. Cfr. J. FICKER, Forschungen zur Reichs - und Rechts-
geschichte Italiens, Innsbruch, Ujiv. Buchhan. 1874, IV, doc. 325.

(4) Gesta Innocentii IIl cit, 8 IX-XII.





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20 G. ERMINI

La tutela della libertà è fatto del resto già noto da tempo al-
la politica apostolica e trova la sua origine nel vecchio istituto
della cosidetta protectio o tuitio o defensio già largamente usato
dai pontefici nell'epoca passata.

Chiese e monasteri, com'é noto, fin dai secoli dell'alto medio
evo, erano venuti ottenendo, per benevola concessione delle au-
torità laiche sovrane, privilegi molteplici d'immunità dagli obbli-
ghi temporali propri dei laici e di autonomia dalle ordinarie auto-
rità di governo monarchiche o signorili; e per la conservazione e la
difesa di questi privilegi, specialmente contro la costante minac-
cia dei feudatari, erano stati assunti sotto la speciale protezione
reale o imperiale. Indebolitasi poi la forza dello Stato nell’età
feudale e accresciutisi invece notevolmente il prestigio e l'auto-
rità dei pontefici, erasi venuta spesso a preferire alla protezione
imperiale una protezione pontificia, e il numero dei chiostri e
chiese liberi da vincoli e da soggezione feudale e protetti in que-
sta libertà dai pontefici era venuto gradatamente aumentando di
anno in anno.

Alla immunità dalla signoria temporale si aggiungeva poi, frut-
to anche questo di altro speciale privilegio apostolico, un’analoga
immunità dall’ordinaria autorità spirituale, voglio dire dalle auto-
rità vescovili dei vari luoghi; e erano questi i cosidetti privilegi
di esenzione ‘o anche di libertà che abbondano particolarmente nei
secoli X e XI, per i quali monasteri e chiese, datisi spontanea:
mente al pontefice e dichiarati pertanto dipendenti immediatamente
da lui e sotto la sua speciale protezione, si consideravano liberi
da tutti o da alcuni dei rapporti di dipendenza nei confronti
del vescovo diocesano e in questa libertà validamente tutelati dal-
la Chiesa.

Quando poi tra il secolo XI e il XII vengono sorgendo i co-
muni nell'Italia centrale, con esercizio di potere sovrano tolto an-
che in diversi luoghi ai vescovi signori, e mentre il cozzo tra im-
pero e papato é nel suo pieno sviluppo, vediamo quella prote-
zione apostolica già accordata ai chiostri a tutela delle loro libertà
temporali e spirituali venire ora concessa con significato analogo
e con identica formulazione alle giovani organizzazioni comunali.
Se ne avvantaggia la Chiesa che trova per questa via i comuni
fedeli alleati della sua causa antimperiale, se ne giovano grande-
mente questi ultimi che vedono in tal modo ufficialmente rico-







generet ei







ASPETTI GIURIDICI DELLA SOVRANITÀ PONTIFICIA NELL'UMBRIA NEL SEC. XIII 21

nosciute e difese le loro libertà dal pericolo di un ritorno impe-
riale o signorile. La protectio apostolica significa infatti per il
comune promessa solenne di essere-mantenuto nella immediata di-
pendenza dalla Chiesa e garanzia di non essere nuovamente sot-
toposto a soggezione feudale, come per i chiostri e le chiese
aveva significato esenzione dalla giurisdizione vescovile: la Chie-
sa si fa così garante della libertas comunale. (1)

Tale protezione ottengono anche alcuni comuni dell'Umbria e,
per restare nei limiti di tempo fissati alla nostra ricerca, trovia-
mo infatti nel 1198 essere presa sub beati Petri et nostra protec-
tioiie da Innocenzo III la città di Perugia, con la formale pro-
messa di essere sempre mantenuta in manu della Chiesa: « ...nus-
quam alienabimus sed semper ad manus nostras curabimus reti-
nere »; (2) allo stesso modo che nel 1209 è l’imperatore che as-
sume in specialem defensionis nostre protectionem il comune di
Foligno e nel 1241 quello di Spoleto (3); nel 1232 la protezione
pontificia è accordata a Terni, nel 1247 a Spoleto. (4)

Sono questi i comuni accolti sotto la speciale protezione apo-
stolica, che vengon detti nei documenti in demanio speciale della
Chiesa.

Ma il fatto nuovo dell'età innocenziana e di quella succes.
siva, è che, col generale assoggettamento dei comuni alla sovranità
pontificia sul principio del duecento, la difesa della libertà comu-
nale non si trova più soltanto nell’alta speciale protezione con-
cessa dal pontefice e limitatamente ai comuni per cui veniva con

x

atto specifico accordata, ma è difesa piuttosto riconosciuta in

(1) Dell’ampia bibliografia in materia si può vedere G. SCHREIBER,
Kurie und. Kloster im 12 Jahrhundert, op. cit.; M. MORESCO, 7I Patrimo-
nio di S. Pietro, Torino, Bocca, 1918; BLUMENSTOCK, Der pépstliche Schutz,
in Zeitschrift für Kirchenrecht, 1898; A. PEDRINELLI, Libertas papalis, op.
cit.; C. DAUX, La protection apostolique au moyen áge, in Revue de questions
historiques, LXXIV (1902).

(2) C. COCQUELINS, Bullarum, privileg. ac diplom. Roman. pontificum
amplissima collectio, Romae, Mainardi, 1740 etc. t. III, p. 129.

(3) J. FICKER, op. cit, IV, doc. 222, 226, 258, 370.

(4) Del 1144 é il privilegio di protezione accordato da Lucio II a Città
di Castello e confermato nel 1177 da Alessandro III. Cfr. G. MUZI, Me-
morie ecclesiastiche e .civili di Città di Castello, Città di Castello, Donati,
1842-44, I, p. 18, 15. A. SANSI, Documenti storici inediti in sussidio allo studio
delle memorie umbre, Foligno, Sgariglia, 1879, doc. XLII e XLIII.



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22 G. ERMINI

senso generale per tutti i comuni entrati nella sovranità apostolica
per il mantenimento dello statu quo. La tutela delle libertà co-
munali in altri termini fa parte d’ora in poi, anche per quei comuni
che non abbiano ottenuto un diploma di particolare protezione e
non siano pertanto in demanio speciale, delle mansioni decisa-
mente assunte dal governo del pontefice e diviene compito pro-
prio dell’ufficiale da questi inviato a presiedere le sorti della pro-
vincia, e cioè del rettore provinciale, che farà appello all’occor-
renza alle armi messe da tutti i comuni a sua disposizione.

E’ in questo concetto di protezione apostolica estesa a
tutti gli organismi comunali riconosciuti, come funzione propria
di uno Stato, che si trova appunto il lato caratteristico della so-
vranità pontificia sui comuni nel secolo XIII, sovranità che non
è signoria ma che rispetta l’autonomia, non altrimenti, possia-
mo aggiungere, che la rispettava l’analoga protezione che i pon-
tefici da Gregorio VII in poi erano venuti accordando alle giovani
monarchie medievali.

II. TERRE « MEDIATE SUBIECTAE ».

Le terre tutte dell'odierna Umbria erano nel duecento, com'è
noto, iuris beati Petri, spettavano cioè di diritto in sovranità uni-
camente al beato Pietro e quindi alla Chiesa, e ne conseguiva che
ogni altro esercizio di sovranità su di esse poteva legalmente esi-
stere soltanto in virtù di una concessione o di un riconoscimento
da parte del superiore governo apostolico. Signori laici ed eccle-
siastici e comuni che godevano di signorie più o meno ampie pote-
vano trarre il diritto sui loro domini solo dalla Chiesa, che re:
stava sempre sovrano di quelle terre se pur veniva ad esercitare
tale sovranità mediatamente, attraverso cioè colui che ne era ef-
fettivo signore.

Tali concessioni e riconoscimenti di terre in signoria fatti
dalla Chiesa, toglievano ‘all'immediato esercizio della sovranità
degli ufficiali apostolici buona parte delle regioni rurali dell’Um-
bria: terre date in dominio a laici, caso invero non frequente,
terre concesse a chiese e a monasteri. e in numero ancor maggiore a
comuni, venivano a dipendere dal governo del rettore pontificio
della provincia solo per quel vincolo di fedeltà e di obbedienza
che legava il loro signore alla Chiesa e per le prestazioni diverse
che questi si era obbligato a corrispondere alla tesoreria e alla









SPETTI GIURIDICI DELLA SOVRANITÀ PONTIFICIA NELL'UMBRIA NEL SEC. XIII 28

curia; di fatto esse ricevevano ordini dal loro signore e non co-
municavano con la curia provinciale altro che per mezzo di que:
sto. Sicchè, ad esempio, l’obbligo del parlamentum, che incombeva
a tutti i sudditi come primo dovere di obbedienza al rettore del-
la provincia che li convocava presso di sè in assemblea generale,
non gravava anche sugli abitanti di queste terre ma piuttosto sul
signore che si presentava per essi; e tale diritto di rappresentare
le terre soggette di fronte alla sovranità pontificia era forse la
manifestazione più evidente della mediatezza della loro soggezione
al pontefice, ciò che spiega la resistenza e la vivace reazione dei
signori ogni qual volta si verifichi un tentativo di parte delle loro
terre. di inviare diretti rappresentanti al parlamento.

Così nel 1292 il sindaco di Spoleto si era presentato al par-
lamento provinciale convocato dal rettore a Bevagna anche a no-
me del comune di Cerreto, tamquam pro membro et subdito ipsius
comunis Spoleti, come cioè soggetto al comune di Spoleto; ma pare
che il comune di Cerreto avesse anch’esso inviato per suo con:
to un proprio sindaco, riflesso certo dei: ripetuti tentativi fatti
da Cerreto nel secolo XIII per sottrarsi al dominio spoletino, e
questo sindaco pare si fosse presentato o intendesse almeno pre-
sentarsi al rettore per giurare direttamente, a nome del suo co-
mune, i mandata e le donstitutiones edite nel parlamento. In vi-
sta di che il rappresentante spoletino, al cospetto del rettore, pro-
testa che il sindaco di Cerreto non sia chiamato nè ammesso a
prestare il prescritto giuramento, e se sia stato già ricevuto, ven-
gano tosto revocati il giuramento da lui fatto e la rappresentanza
a lui riconosciuta; poichè, si aggiunge, a Spoleto soltanto compete
di rappresentare Cerreto in parlamento, maxime quia dictum co-
mune Cerreti et homines ipsius castri Cerreti sunt suppositi pote-
stati, dominio et iurisdictioni dicte civitatis pleno iure. (1)

E non meno netta è la protesta che rivolge Gubbio nel 1304
al rettore pontificio Deuticherio di Loiano perchè non vengano
lesi i diritti del comune sui propri castelli. Il sindaco eugubino,
un tal Paolo di Uguccione, si duole a nome della città, cum querela
et lamentabili voce, che il rettore provinciale molesti i castelli
di Colle, di Pergola, di Cantiano e di Serra e alcuni nobili del
contado e del distretto di Gubbio, tutti soggetti a quel comune,

(1) Doc. pubbl. in A. SANSI, Storia del comune di Res dal sec. XII
al XVII, Foligno, Sgariglia, 1979-1886, p. 124, n. 1.





vs b e e







24 G. ERMINI

inviando loro speciales et singulares litteras, perché compariscano
avanti ad esso rettore in parlamento con un loro proprio sindaco,
per eorum spndicum specialem. Poiché il comune di Gubbio, dice
il sindaco eugubino, é nel suo pieno diritto di rispondere per essi
come suoi membri e per essi infatti é comparso in, parlamento,
prega pertanto il rettore di non vessare ulteriormente, indebite
et iniuste, questi luoghi e persone. E Deuticherio sentenzia in
proposito accogliendo la richiesta di Gubbio e dichiarando che ef-
fettivamente compete al comune di rispondere per i suoi castelli
avanti al governo provinciale. (1)

E’ questa la mediatezza della soggezione delle terre al beato
Pietro, e come i signori rispondono per esse all’obbligo del par-
lamentum, così rispondono anche di tutti gli altri doveri e presta-
zioni verso la superiore sovranità apostolica, ove più ove meno
sentiti, ove più ove meno fedelmente osservati; quali, ad esem-
pio, tra gli altri l’exergitum o prestazione di armati a richiesta del-
la curia provinciale, il censum e l’affictum, il fodro, le albergarie,
una quota parte dei redditi di giustizia, i donativi in occasione
dell'avvento del nuovo rettore e per il Natale per la Pasqua, per
la festa di San Pietro e San Paolo. (2)

Tali terre in proprietà della Chiesa ma da questa riconosciute
in dominio a signori laici o ecclesiastici sono sparse un po’ da
per tutto nell’Umbria: dal vasto contado Aldobrandesco a nord
di Orvieto confermato nel 1207 da Innocenzo III ad Ildebrandi-
no (3), ai possessi dell'Abbazia di San Pietro di Ferentillo, quali
Mecenano, Ginesta, Terzo, Porcile, Santa Caterina, Monte San
Vito, Villa San Vito, Gabio, Ferentillo, Precetto, Castelreligioso,.
Castiglione, Colle Oliva; (4) ai domini del monastero di Sassovivo
presso Foligno (5) e a quelli del monastero di Fonte Avellana
non lungi da Gubbio.

(1) M. SARTI, De episcopis Eugubinis, Pesaro, Gavelli, 1758, p. 174 e
segg. Simile protesta avanza anche il sindaco di Città di Castello nel parla»
mento di Massa Trabaria tenutosi a Sant'Angelo in Vado mel 1324. Cfr.
G. MUZI, Memorie cit., p. 116.

(2) Su questi obblighi sono interessanti le inchieste sopra ricordate.

(3) Cfr. C. CALISSE, I Prefetti di Vico, Appendice XX, in Arch. della R.
Soc. rom. di st. patria, X.

(4) P. FABRE, Liber censuum. cit, p. 414, n. CCXIX.

(5) Cfr. L. FAUSTI, Le pergamene dell'archivio del duomo di Spoleto, in
Archivio per la storia ecclesiastica dell'Umbria, Foligno, 1917.















ASPETTI GIURIDICI DELLA SOVRANITÀ PONTIFICIA NELL'UMBRIA NEL SEC. XIII 25

Ma territori ben più vasti erano quelli che occupavano nelle
campagne, e sottraevano così al diretto dominio apostolico, i
liberi comuni cittadini: erano questi i loro comitati, già costituiti
all’inizio del duecento e in via di accrescersi sempre più nel corso
del secolo. Al momento della riconquista innocenziana tutti i co-
muni maggiori dell'Umbria hanno già condotta a buon punto la
sottomissione delle campagne circostanti e sono ricordati nei do-
cumenti insieme con i loro comitati: cosi é, ad esempio, per Pe-
rugia, Città di Castello, Foligno, Terni, Narni, Todi, Orvieto e,
approfittando del passaggio di sovranità dal duca imperiale
Corrado al rettore pontificio, lo ricuperano in quegli anni Gubbio,
Nocera e Assisi che già lo avevano perduto, e lo estendono abu-
sivamente le altre città a cominciare da Spoleto, tanto che rinsal-
‘ data l’autorità pontificia nella provincia, scrive Onorio III nel
1220, « Perusini, Assisinates, Fulginates, Nucerini et Interampnen-
ses iuxta mandatum nostrum munitiones, castra et regalia.... in
nostris manibus libere resignarunt », tornando alla situazione esi-
stente ai tempi del Duca Corrado; e vano fu il tentativo di Spoleto
che dichiarava violento il possesso già avuto dal Duca Corrado nei
suoi coníronti. (1)

Un contrasto con la Chiesa per il possesso dei comitati si
manifesta dunque subito e si perpetuerà poi per tutto il secolo,
sempre vivo come vive erano le forze comunali e il loro desiderio
di espansione: basterebbe ricordare in proposito il conflitto tra
la curia provinciale e Spoleto per il dominio della montagna spo-
letina e della Valnerina che si riaccende più volte e ‘non è ianco-
ra spento nel secolo XIV, (2) o quello: con Gubbio per il possesso
di alcuni castelli che continua per molti anni avanti ai giudici
provinciali e pontifici, (3) o con Orvieto per le terre di Val di
Lago, (4) o il ripetuto sorgere di liti tra il rettore del Ducato
e il comune di Perugia nel vano tentativo di arrestare l’estendersi
del dominio di quest’ultimo sulle campagne della regione. (5)

(1) A. THEINER, Codex dipl. cit., I, LXXX, CIV.

(2) Cfr. A SANSI, Storia del comune di Spoleto cit.

(3) A. THEINER, Cod. dipl. cit., I, CCLXXI, CCLXXXIII.

(4) Cfr. L. FUMI, Codice diplomatico della città di Orvieto, Firenze, Vieus-
seux, 1884, doc. DLXXII, DLXXIV; A. Theiner, Cod. dipl. cit., I, doc. DIV.

(5) Sul comitato perugino cfr. F. BRIGANTI Città dominanti e comuni mi-
nori nel medio evo, con speciale riguardo alla repubblica perugina, Peru-
gia 1906.





EC

UR





26 G. ERMINI

Il possesso del territorio comitale da parte del comune costi-
tuisce una libertas a questo riconosciuta dalla Chiesa sovrana:
e seppur di solito l'avanzata del comune nelle campagne avviene
indipendentemente dalla volontà del superiore governo apostolico
ed anzi approfittando dell’impotenza di questo a mettere in atto
la sua opposizione, tuttavia però il riconoscimento da parte della
Chiesa è ricercato ed ambito come la salvaguardia migliore del
possesso acquisito. E la Chiesa lo concede come premio ed esca
alla fedeltà non altrimenti che dichiara privato del comitato quel
comune che si mostri eventualmente ribelle al suo governo.

Così, caratteristico è quanto succede a Gubbio. Nel 1250 il
legato pontificio cardinale Pietro Capocci, mentre le milizie impe-
riali tengono invasa una buona parte delle terre della Chiesa,
punisce gli uomini di Gubbio famquam proditores et infideles Ec-
clesiae, privandoli di ogni tenuta e possesso che abbiano nel con-
tado oltre i monti e nella diocesi di Nocera, e contemporaneamen-

te premia gli abitanti di Cagli della loro fedeltà alla causa apo-

stolica concedendo loro, in recompensationem obsequiorum, le terre
tolte agli eugubini. (1) Ma nel 1263 il comune di Cagli ha cacciato
i guelfi dalla città e parteggia per Manfredi mentre il Comune
di Gubbio é tornato alla fedeltà della Chiesa: lo stato di cose é
invertito dunque e in corrispondenza resta invertita la benevo-
lenza pontificia verso l'uno e l'altro comune. Urbano IV infatti
scrive al podestà e al comune di Gubbio disponendo che ai ca-
gliesi aliqua pena pro eorum culpa infligatur quae ad commodum
vobis cedat, e ordinando pertanto che il comune entri in posses-
so del contado di Cagli e lo ritenga a nome della Chiesa romana
fino a beneplacito del pontefice stesso e riconoscendo insieme a
Gubbio il possesso di Pergola e Cantiano e quello dei castelli
del suo comitato occupati dai perugini. (2)

Il secolo XIII, segna l’espansione del dominio dei comuni
nelle campagne; e a rendersi conto di quale grave limitazione
all'immediata e diretta sovranità apostolica questo fatto fosse cau-
sa, basterebbe scorrere ad esempio i cosidetti libri delle som-

(1) F. BRICCHI, Annali della città di Cagli, Urbino, 1641, p. 107-08.
(2) F. BRICCHI, op. cit., p. 125; Y. GUIRAUD, Les registres d’Urbain
IV (1261-1264), Paris, Thorin et Fontemoing, n. 2944.



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ASPETTI GIURIDICI DELLA SOVRANITÀ PONTIFICIA NELL'UMBRIA NEL SEC. XIII 21

missioni del sangue perugino. (1) I nomi delle terre, ville, castelli
e piccoli comuni rurali, che conobbero sia pure temporaneamente
la soggezione a Perugia e che si trovarono quindi sottratti alla
diretta dipendenza dalla Chiesa, si seguono numerosi, testimoni
dell'alto grado di potenza del pià forte comune dell'Umbria: Fos-
sato, Gualdo, Monte Gualandro, Castelnuovo, Santa Maria di Pe-
rella, Liscaro, Tisciano, Reschio, Nocera, l'Isola Polvese, l'Isola
Maggiore é la Minore, Montone, Somareggio, Rocca Santa Lu-
cia, Glogiana, Castiglione, Brescia, Laurino, Compresseto, Irec-
co, il castello De Portulis, Rocca Appennino, Poggio Manente, Gub-
bio, Casacastalda, il contado eugubino, Castel della Pieve, Vernaz-
zano, Val di Marcola, Coccorano, Biscina, Petrorio, Collalto, San-
to Stefano, Santa Cristina. Tutti luoghi del comitato di Perugia!

LE SJ

Questi alcuni aspetti fondamentali della immediatezza o me-
diatezza della sovranità pontificia sulle terre dell'Umbria nel se-
colo XIII, sovranità che si esplica ancora sotto forme di sapore
spesso prettamente feudale, ma che, disciplinata dalla curia cen-
trale apostolica a mezzo dei governi rettorali istituiti nelle di-
verse provincie, si differenzia nettamente nel suo contenuto da
una signoria a tipo feudale. La monarchia apostolica piuttosto, re-
staurata o meglio fondata da Innocenzo III, e che nel duecento ha
le sue prime manifestazioni di vita, rappresenta per la prima vol-
ta non più la soggezione di ogni singolo luogo verso il signore
pontefice, ma meglio l’unione di tutti i sudditi in un solo vincolo
di sudditanza alla Chiesa sotto la direzione di un ordinato governo
provinciale. E tale governo ha come suo compito precipuo quello
di mantenere ognuno, individui, comuni e signori nel giusto godi-
mento dei proprii diritti e corrispondente preciso adempimento
dei propri doveri, sia verso la Chiesa sia nei confronti degli al-
tri tutti: in relazione a ciò risoluzione giudiziale e quindi pacifica
di ogni conflitto per opera dei giudici provinciali, col fine di assi-
curare la tranquilla convivenza tra comuni e comuni, tra comuni e
signori, tra signori e signori, e tutela altresì dei sudditi da ogni
Iminaccia di nemici esterni. Concezione questa non dissimile da

(1) Cfr. V. ANSIDEI e L. GIANNANTONI, I codici delle sommissioni
al comune di Perugia, in Bollettino della R. deput. di st. patria per VUm-
bria, I.





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5 5 d A.





28 G. ERMINI

quella che il medioevo ebbe della sovranità dell’Impero, del qua-
le appunto la Chiesa tiene il posto nelle terre ad essa donate da
Costantino e dagli imperatori riconosciute in dominio. Da una
tale dominazione apostolica che seppe rispettare le autonomie co-
munali come conservare i dominii signorili, un vantaggio ritras-
sero, mi pare, le terre umbre nel duecento, quello di dimenti-
care almeno in parte il precedente nefando frazionamento feu-
dale e di sentirsi per la prima volta sotto la medesima superiore
sovranità della Chiesa tutte appartenenti ad una sola regione e
tutte entro certi limiti legate da comuni interessi.

GIUSEPPE ERMINI

















IL PATRIOTTISMO IN BALDO

MOMMATUOI 1. Baldo e Perugia. - 2. La città medioevale come patria e le
specie di respublica. - 8. Le varie specie di gentes. - 4. Eti-
cità delle organizzazioni politiche. - 5. La famiglia e la pa-
tria. - 6. Le patrie particolari e la più grande patria ita-
liana. i

1. — Non fu molto fortunato Baldo, nel giudizio politico de’
suoi contemporanei; e non dovè esser tenuto in conto di gran
patriota, se tre volte il sospetto, se non di tradimento, ma, al-
meno, di tiepido amor patrio, fu sollevato nei suoi riguardi.

La prima volta fu nel 1370. Baldo era stato eletto fra i « tre
della guerra » nel marzo. Perugia era in guerra col Papa, per
difendere la sua libertà, che Urbano V minacciava assai seria-
mente. [Pareva che la città dovesse soccombere, essendosi già
verificata, per tradimento, una clamorosa sconfitta dei perugini.
Ma dopo due mesi dalla nomina, Baldo lasciò la carica, che avreb-
be dovuto tenere un altro mese. Si disse, allora, che egli non si
fosse comportato correttamente nel difendere gl’interessi perugini.
La calunnia, raccolta da uno storico, prese forma d’accusa; e
si disse che Baldo avesse informato il Papa delle «cose che
occorrevano nella città ». (1) Insomma egli avrebbe voluto, a qua-
lunque costo, far finita la guerra; a qualunque costo, anche pri-
vando Perugia della sua libertà. L’accusa era vera? Uno storico
del nostro: tempo ha tentato difendere l'operato di Baldo, sca-
gionandolo dall’infame diceria: Baldo, ha detto questo storico, era
convinto che la libertà non si sarebbe salvata; era, sì, per la
pace, ma per salvare Perugia da/ guai peggiori. I perugini vol-
lero, invece, proseguire la guerra; ma dovettero, dopo qualche

(1) PELLINI, Historia perugina, I, 1063.







pe ARES



30 C. CURCIO

mese, chieder essi la pace; e tra coloro che dovevano trattarla
nominarono ancora Baldo. Le trattative furono laboriose; Baldo,
forte del suo prestigio, tentò abboccarsi col Pontefice, ma il risul-
tato non fu felice. Insomma nel novembre del ’70 la pace fu
fatta, ma con il riconoscimento della sovranità del Papa su Pe-
rugia. Si accordò solo che la città restasse « nel suo solito modo
di governo » (1). Fu un buon patriota Baldo a voler la fine
della guerra, quando già ne intravedeva i risultati? Non fu, lo
stesso Baldo, sempre un tenace difensore delle libertà cittadine,
che furon poi riscattate, con una sollevazione di popolo, nel 1375?

Un’altra volta, nel 1380, si sospettò di Baldo come di av-
vocato per lo meno poco delicato, in una questione che interes-
sava le sorti del Papato. C’era lo scisma e la lotta tra Urba-
no VI e l’antipapa Clemente VII aveva richiesto, tra l’altro, l’in-
tervento di giuristi dall’una e dall’altra parte, per sostenere le ra-
gioni di Roma o di Avignone. Baldo difese Urbano, con alcuni
consulti che rimasero famosi. Ma, poco dopo, incominciarono a cir-
colar voci di ugual pareri dati da Baldo stesso a Clemente VII.
Poteva essere vera quest’altra accusa? Non aveva, quasi certa-
mente, dieci anni prima, egli indotto Gregorio XI, ch'era sta-
to suo discepolo, a tornare a Roma? Non aveva sempre deplorato
lo scisma e sostenuto la necessità del Papa a Roma? Non provò
egli un gran dolore per la continuazione della lotta, che tor-
mentava l'Italia e la Chiesa? (2)

Infine, ancora un sospetto, parrebbe, s'ebbe contro Baldo
quando Coluccio Salutati invitò il gran giurista allo studio fio-
rentino. I priori di Perugia deliberarono di non fare allontana-
re dalla città Baldo, per non annichilare lo studio perugino e gli
fecero prestar giuramento di restare.... (3) Si temeva, dunque,
del poco amore di Baldo per la sua città? Non era stato già, Bal-
do, tant'anni a Firenze? Non passò poi a Pavia? Non era, Firen-
ze, anche Italia, anche, in un certo senso, patria?

Ebbe, insomma, Baldo un senso della patria, del patriotti-
smo; ed in che misura ed in quale significato?

Il problema — che per molti riguardi tocca assai da vicino

(1) Ctr. O. SCALVANTI, Notizie e documenti sulla vita di Baldo, Angelo e
Pietro degli Ubaldi, nel volume L'Opera di Baldo, Perugia, 1900, pagg. 201-205.

(2) O. SCALVANTI, op. cit. pagg. 217 segg. e 224 sgg.

(3) Cfr. O. SCALVANTI, op. cit., pagg. 237-238.









IL PATRIOTTISMO IN BALDO 31

Paltro, pià generale, dell'esistenza, del valore, della portata del
concetto di patria nella seconda metà del secolo XIV, nel periodo,
cioé, che, in qualche modo segna il trapasso dal Medio Evo al
Rinascimento — può, forse, essere illuminato da un'indagine, spe-
cifica ed il rapporto agli ideali politici del perugino, fatta in quel-
la vasta miniera di idee, di teorie, di commenti, che é l'opera di
Baldo.

2. — Patria, secondo l’accezione degli antichi, trasmessa anche
nel Medio Evo, è la terra dove si nasce; la terra dei padri. Ma
il valore e l'estensione ideale di tale terra, naturalmente, varia a
seconda dell’organizzazione politica che un dato territorio ha; il
concetto, l’idea di patria riferendosi, quasi sempre, in generale,
ad un territorio avente una sua fisionomia politica, ed anche,
spesso, giuridica, per cui esso costituisce la base almeno territo-
riale dello Stato; 0, comunque, di quell’entità politica, eticamen-
te autonoma e che, se non è Stato, se non ha, cioè, ancora un ri-
lievo altresì giuridico, nell’aspirazione dei suoi componenti mira,
tuttavia, ad averlo. Il concetto di patria, dunque, si riferisce, so-
stanzialmente, non tanto ad un certo territorio; ma ad una realtà
storica ed umana, ad una comunità di uomini organizzata alme-
no idealmente e avente tradizioni, caratteri, spirito comuni. Una
tal comunità può essere uno Stato; può anche non esserlo; ma
ciò che dà calore all’idea di patria è, comunque, il sentimento di
appartenere ad una entità politica — terre, uomini, famiglie, ri-
cordi, beni materiali e spirituali — che va amata e difesa, anche
a costo della vita.

Quali erano queste entità politiche all’epoca di Baldo? Impero,
regni, provincie, città, municipii.. Insomma, il concetto, l'idea
di patria, a quale di queste comunità si riferiva o poteva rife-
rirsi?

Dal punto di vista politico-giuridico, una comunità organiz-
zata costituiva una respublica, la quale, come dice Baldo, uni-

versitatem significat (1). La respublica — che nella letteratura
medievale, non ha, però, più il significato unitario della tradizione
romana, unità di popolo, di ordinamento, di tradizione — sta

a designare il complesso di diritti spettante a ciascuna universitas

(1 BALD, ad Lib. VII Cod., de poena iud., $ Constituit, 9.







dA C. CURCIO

territoriale (1). In senso obbiettivo, la respublica è publica res,
in senso soggettivo e l'ipsa universitas gentium quae rempublicam
facit. (2). E la respublica non e il fiscus, che significa rem ipsius
universitatis (3), e cioé l'insieme delle cose o dei diritti spettanti
all'Impero (4) (onde, prima che l'Impero fosse translatum, respu-
blica e fiscus erano una sola cosa (5). Comunque, esistono nella
letteratura politico-giuridica del secolo XIV, varie specie di re-
spublica; per Bartolo quattro: l'Impero, la repubblica romana, la
civitas ed il municipium (6); per Baldo tre: lImpero, tota con-
gregalio fidelium Imperii; la respublica urbis Romae; e la civi-
tas ((). Fin qui, peró, il concetto di respublica non implica auto-
nomia, sovranità, stato; ma indica una comunità di uomini, una
universitas. Ed il concetto stesso di civitas è largo: in generale,
civitas è respublica in quanto è portio reipublicae romance (8);
in senso volgare é quando sociati in unum oppidüm faciunt ter-
ras quas vulgo dicimus civitates (9). Bartolo distingue, anzi, dal-
la civitas, il castrum o la villa, che é una universitas minima (10).
I| criterio distintivo di queste universitates è in rapporto non
solo alla loro ampliezza territoriale, ma altresì all’ordinamento
politico-giuridico di esse; in rapporto, cioè, al grado maggiore
o minore di sovranità rispetto all'Impero.

Ma qui subentra un altro criterio di distinzione. C’è, dun-
que, l'Imperium, governo temporale della società cristiana, in teo-
ria, almeno, supremo ed unico rappresentante dell'autorità e del
potere, in quanto trasmesso — in vario modo, a seconda le varie
interpretazioni — dal popolo (11).

(i) Cfr. ERCOLE, Studi sulla dottrina politica e sul diritto pubblico di
Bartolo nel vol. Da Bartolo all’Althusio, Firenze, 1932, pag. 77.

(2) BALD, ad Lib. X Cod., 1, supr. rubr, 11, 1, n. 11.

(8) BALD, ad Lib. VII Cod., loc. cit.

(4) Cfr. su ciò ERCOLE, Studi nel, vol. cit.; e CURCIO La politica di Baldo,
in Rivista Internazionale di Filosofia del Diritto, a. XVII, fase. II

(5) BALD, ad Lib. VII Cod. cit.

(6 BALD, ad Lib. III Cod, X, 1, supr. rubr, 3. Cfr. anche ERCOLE,
Studi cit, pag. 77. :

(7) BALD, ad Lib. I Dig, I, 9.

(8) BALD., ad Lib VII Cod., de sententiis et interloc., $ quamquam, 10.
(9) BALD,, ad Lib. I Dig., V, de just. et jure, 1.

(10) Cfr. ERCOLE, Studi nel vol. cit., pag. 79.

(11) Cfr. ERCOLE, Studi nel vol. cit., pag. 49 sgg.; CURCIO, La Pol.
di Baldo cit.





IL PATRIOTTISMO IN BALDO 38

Ma cotesta idea dell’Impero andava sempre più affievolen-
dosì; ed entro l’Impero venivano sorgendo altre unità, più o meno
autonome, alle quali la dottrina, sempre meglio accentuando il di-
stacco, veniva attribuendo caratteri di sovranità e di autonomia, se
non d’indipendenza, de jure. Innanzi tutto s’affermavano i regni,
che, specie nella dottrina francese, si contrapponevano all’Impero
come organismi territoriali e particolari del tutto indipendenti, an-
che de jure. Già per Dante il regnum rappresentava una communitas
perfecta (1); quantunque la parola regnum, specie presso gli scrit-
tori italiani, non indieasse il regno d'Italia, il regno di Carlo
Magno e degli Ottoni (2), ma, spesso, stesse a rappresentare
una communitas cittadina retta a monarchia, s'andava tuttavia sem-
pre più affermando, anche teoricamente, il principio che regno
fosse quell’organismo politico, perfectus et per se sufficiens, riu-
nente più civifates (3). Il regnum di Francia era, naturalmente,
il punto di riferimento più notevole degli scrittori, mentre anche
i regni di Napoli e di Sicilia venivano, nella letteratura giuridica,
affermando la loro autonomia rispetto all’Impero (4). Comunque
l’idea che vi fosse una comunità, più larga di una città, parec-
chie comprendentine, e che avesse una sua autonomia od indipen-
denza, per i più de facto, per molti de jure, anche, dall'Impero,
era diffusa e quasi pacifica nel secolo XIV; e Baldo, anzi, potè
dei regni e dei re accennare una teoria politica oltrechè giuridica,
abbastanza viva e dinamica, per passare, anzi, come il vero teo-
rico della formula che segnava il distacco del regno dall’Impero (5);
e questo segnava indiscutibilmente un progresso di fronte alle
‘affermazioni piuttosto astratte di S. Tommaso, di Dante, di Ago-
stino Trionfo e di altri, e per i quali si fissava sì una gerarchia di
organizzazioni, (famiglia, città, provincia, regno per il primo; vicus,

(1) Cfr. ERCOLE, Il pensiero politico di Dante, Milano, 1927, 1, pag. 25;
SOLMI, 11 pensiero pol. di Dante, Firenze 1922, pag. 18-19. Tuttavia Îl concetto
di regnum, per Dante, era identico a quello di civitas (De mon. I, 5; Conv.,
IV, 4).

(2) Cfr. ERCOLE, Studi cit, pagg. 152-3 ed autori ivi citati.

(3) Cfr ERCOLE, Studi cit., pag. 109 sgg.

(4) Cfr. T. CALASSO, Origini italiane della formula « Rex in regno suo est
Imperator » in Riv. di st. del dir. ital., 1930; ed ERCOLE, Studi cit, pag.
157 sgg. :

(5) Cfr. ERCOLE, Studi nel vol. cit., pag. 217.













34 C. CURCIO

civitas, provincia, regnum, communitas totius orbis per Trionfo (1)
— senza, però, che tali organismi avessero un riferimento nè
alla realtà, nè all’organizzazione giuridica e politica, ma ispiran-
do la partizione a criteri d’ordine scolastico e logico.

Un concetto politico e giuridico abbastanza autonomo si ri-
feriva, all’epoca di Baldo, alla provincia. Specialmente per l’Italia
centrale e settentrionale l’idea di provincia poteva rendere abba-
stanza compiutamente lo stato di fatto — ed anche, talvolta, di
diritto — di talune universitates, che esercitavano il merum et
mixtum imperium, avevano dei Praesides ed, in sostanza, godeva-
no di una certa abbastanza amplia autonomia di governo (2).
E provinciae erano considerate quelle città, che avevano un regime
proprio, che non erano de facto sottoposte iurisdictioni superiori.
Così Baldo diceva che erano provincie Firenze, Perùgia, Siena,
«quae habentur loco unius provinciae, unde exercentes in eis
Imperium tenent locum praesidis » (3). Tutte le civifates superio-
rem non recognoscentes, così, potevano essere considerate, da Bar-
tolo e dai suoi epigoni, come vere provincie, dotate di un’amplia
autosufficienza e di una capacità autonoma di governo.

C'erano, poi, le civitates non ancora svincolate dall'Impero;
villae, municipii, vici, a seconda la loro grandezza; anch'essa, tut-
tavia, con una certa somma di diritti, veri enti corporatizi territo-
riali, con le loro gelosie, tradizioni, consuetudini (4).

Il cittadino di una civitas o di una provincia si sentiva, così,
indipendentemente dal grado di indipendenza della comunità dal-
l'Impero, appartenente all’universitas territorialis costituita dalla
città o dal gruppo di città, o da una città e parecchi vici.

Una tale situazione, che la letteratura politico-giuridica ave-
va affermato pienammente nel secolo XIV, e che la storiografia
pubblicistica e delle dottrine politiche contemporanea ha amplia-
mente messo in evidenza, può servire come premessa ad una va-
lutazione del problema del patriottismo in Baldo ed ai tempi di
Baldo.

(1) TOM. AQUIN., De reg. princ., I, 1; A. TRIUMPH., De pot. eccles.
L qu. 1, 6; Cfr. GIERKE, Les theories politiques du Mopen Age, Paris, 1914,
pagg. 134 e 270. ‘

(2) Cîr. ERCOLE, Studi cit., pag. 79 sgg. :

(3) BALD, ad Lib. VII Cod., de prescrip. lon. temp., 8 cum in longi, 10. .
* (4) Cfr. ERCOLE. Dal comune al principato, Firenze, 1929; e, dello stesso
A., Studi cit., loc. cit.











IL PATRIOTTISMO IN BALDO 35

3. — Ma un altro punto di vista, indipendente da quello giu-
ridico, è accennato da Baldo, per caratterizzare una comunità.

I popoli, dice Baldo, sono de jure gentium (1); e l’jus gen-
tium, nella teoria del perugino, si è sostituito allo stato naturale
e primordiale dell'umanità libera, uguale, perfetta, instaurando di-
visioni, lotte, guerre, passioni; insomma il « mio » ed il «tuo» (2).
Ad una umanità utopistica, piatta, uniforme, con l’introduzione
dellius gentium (prodotto della ragione e dell’intelligenza) si è
sostituita una umanità divisa, frazionata, molteplice.

Ma che cosa è gens, che cosa gentes? Quattro sono i modi,
dice Baldo, di intendere la parola gens: un primo modo, gli uomini
di tutto il mondo; un secondo modo, gli uomini di una provincia, ad
esempio la Gallia; un terzo modo, per denotare un'affinità di
sangue, di parentela; infine una qualunque riunione di uomini.
Ma, avverte Baldo, occorre notare due cose; prima, che o si dica
gens o gentes, il significato è lo stesso, universale, abbracciante
tutta una collettività: cosi, nell'uso giuridico, si dice gens, al sin-
golare; ma, vi si puó aggiungere un termine ristrettivo, come
gens Italiae. In secondo luogo il valore del concetto « gens» ri-
ferito ad una provincia (o ad un regno, come, ad esempio, la
Gallia) si desume dal fatto che lì la gens è ab uno principio orta,
ha caratteristiche proprie di nascita, forma una distinzione netta e
precisa, distinguendosi da altra moltitudine — ab alia natione —
per peculiari caratteristiche, secundum propriam collectionis di-
stinctionem (3). L'idea di nazione — a parte l'uso della parola
natio, che vale luogo di nascita, come in tutto l’uso medievale
e del Rinascimento — si rivela, sia pur timidamente, secondo un
criterio naturalistico, sì, ma arricchita, di fronte alla tradizione
comune, di un elemento più significativo: e cioè il riferimento che
si fa ad una grande moltitudine di uomini, abitanti sopra un ter-

(1) BALD,, ad Lib. I, Dig., de just. et ujre, 1, 1.

(2) Cfr. su questo argomento, CURCIO, La politica di Baldo, cit.

(3) Ad Lib. I Dig., tit. de justit. et jure, 8 jus gentium., 3: « dicitur gens
quandoque omnes homines totius mundi, tamen textus non dicit gens, sed gentes
in plurali, sed certe, idem si dixisset in singulari, quia nomen collectivum singu-
laris numeri universale habet significatum.....; in usu juris nisi nomen collecti.
vum poneretur cum termino restrictivo, ut gens ltaliae. Secundo modo dicitur
gens provincia, puta Gallia....: et sic gens est ab uno principio orta, multitudo
ab alia natione secundum propriam collectionis distinctionem. Tertio modo dici-
tur gens cognatio..... Quarto modo dicitur gens id est hominum collectio ».









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ix AM,



36 1 C. CURCIO

ritorio ed avente un proprio regime politico, autonomo, distac-
cato dall’Impero. Non si dimentichi che Baldo, sia pure desumen-
dola dalla letteratura francese, è stato il sostenitore della formula
politico-giuridica dello svincolamento dei regni dell’Impero. La pro-
vincia, il regnum, è gens, oltre tutto, oltre cioè la sua volontà
di avere ondinamenti proprî; è gens, moltitudine di uomini avente
una stessa origine, istesse caratteristiche umane...

4. — Ma, a parte questo elemento originario, fondamentale,
della provincia o del regnum — elemento che puó già chiarire la
portata del sentimento patrio — c'é un altro elemento notevole nel-
la teoria di Baldo, e che puó essere considerato non indipendente-
mente dall'idea di patria e di patriottismo.

Svolgendo, infatti, il principio — già elaborato nella lette-
ratura politico-giuridica statutaria — per il quale ciascuna col-
lettività, universitas, può darsi leggi, può avere un suo ordina-
mento, Baldo afferma decisamente che ciascuna comunità, solo
in quanto è tale, appartiene a se stessa, agli uomini che la com-
pongono: Bologna, così, più che alla Chiesa, appartiene ai bo-
lognesi; Siena, più che all’Imperatore, ai senesi (1): si sviluppa —
secondo, s’intende, una direttiva abbastanza comune nel pensiero
politico-giuridico del tempo — un senso, non democratico, ma
etico della collettività, che è la civitas, che non riconosce, quasi
sempre, de facto, l'Imperatore; e che, come tale, è provincia; ed
a maggior ragione tal senso è vivo nel regnum. La collettività rap-
presenta una unità morale, prima di tutto; tanto vero che Baldo può
persino negare al cittadino — che è quello originario della città
e non venuto di fuori (2) — di essere un membro, un compo-
nente della città, perchè questa soltanto è unità (3); e lo stesso
Baldo, superando le premesse naturalistiche che fanno dell’uomo
il vero centro del mondo, può soggiungere che, sì, l’uomo è sog-
getto di diritti, ma che non l'individuo è il fine, ma il regnum,
l’organizzazione alla quale appartiene, casa, città, o mondo: finalis
utilitas est regnum et gubernatio orbis civitatis et domus (4).

\ L’unità etica della collettività si rivela, così, agli effetti del-

(1)- Feud 1:14, 1.

(2) Ad Lib. IV Cod., de appell, cives, 4.

(3) Ad I Dig. de statu hominum, $ non sunt liberi, n. 4, 5, 6.
(4) Ad I Dig., de just. et jure, $ juri operam, 6-7.









IL PATRIOTTISMO IN BALDO 31

l’affermazione delle nuove unità politico-giuridiche sorgenti dal
tronco dell’Impero e rivendicanti una matura consapevolezza di
fini, in rapporto alla coscienza della vita imperitura della collet-
tività stessa, la quale numquam moritur (1).

5. — Su tali premesse la teoria del patriottismo in Baldo può
essere considerata con maggiore comprensione, giacchè l’idea, il
senso della patria si sviluppano non solo alla stregua delle ri-
miniscenze classiche e romane, ma anche al fuoco della nuova real-
tà sociale, che prova, nel secolo XIV, già forti unità politiche,
piene di una loro vitalità, le une di fronte alle altre, praticamente
al di fuori dell’Impero.

Reminiscenze classiche: la grande letteratura romana offriva,
certamente, spunti di grande efficacia patriottica. Lo stesso Bal-
do ricorda una volta il detto di Cicerone nel De officiis: unicuique
nostrum cari sunt parentes, cari liberi et familiares, sed omnes ho-
minum caritates una patria complexa est (2). Improntata, eviden-
temente, alla letteratura romana quest'altra frase di Baldo: « qui
pro Republica ceciderunt in perpetuum per gloriam vivere intelli-
guntur » (3); e là dove afferma che ció che si fa, anche con la vio-
lenza, a beneficio della repubblica, è immortale (4).

Ma altri problemi, più vivi e sgorganti dalla situazione poli-
tica delle città italiane del Trecento, incidevano, naturalmente,
sulla formazione della teoria del patriottismo. Così quello di co-
loro che venivano messi al bando: qual’era, Pm agli occhi
di Baldo, la figura del bannitus?

In cena per Baldo, come per tutta la Ie giuridi-
ca del tempo, compreso Bartolo, bannitus dicitur hostis; banniti
dicuntur infames (5); ma quelli che trovano ospitalità in altro
paese non sono, per i cittadini di questo paese, infames (6); il con-
cetto di bando, e cioè di morte civile, essendo, evidentemente con-
Siderato come subbiettivo, relativo, insomma, alla coscienza giu-
ridica della comunità di fronte alla quale il bandito s'è reso col-

(1) Ad Lib. I Dig. proem., 45.

(2) Ad Lib. II. Dig., de just. et jure, 1, 1.

(3) Ad Lib. I Dig. pr. 1,25.

(4) De. pace Const., $ Haec sunt nomina, 5.

(5) Ad Lib. IV Dig., de dolo malo, $ non fuit autem, 4.

(6) Ad Lib. I Dig., de legibus et senatus cons., $ Deinde ex his legib.





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38 C. CURCIO

pevole (senza distinzione, tuttavia, com'é stato lungo uso ,della
dottrina e della giurisprudenza, fra banditi ex crimine e banditi
per ragioni politiche).

Altro problema, connesso a questo, generale, della figura
del bannitus: puó il padre uccidere il figlio bannitus? l'amor di
patria puó superare quello paterno? Baldo, dopo aver citato l'au-
torità di Jacopo Buttrigario e di Martino Sillimano risponde, col
metodo dialettico: patriae parendum si patria licitum jubet (1);
ma altrove é piü esplicito: magna pietas est ad patrem, sed. maxima
ad pairiam, ergo patriam est praeferenda (2). La qual idea, poi,
della superiorità dellamor patrio su tutti gli altri affetti è chia-
ramente enunciata da Baldo, quando afferma che gli uomini sono
nati per la patria, nam locus facit ad generationem; e che perció,
viene prima la patria di ogni affetto, e che bisogna sacrificarsi in-
nanzi tutto per essa (3). Principio, questo, in linea generale, subli-
me e che, non fatto con tono retorico, ma riferito ad una precisa
questione, Baldo pone con tassativa chiarezza, con metodo e con
perfetta intelligenza del concetto enunciato.

6. — Ma torna, qui, non risoluto, il problema posto dianzi: pa-
tria, per Baldo, ed, in generale per la coscienza italiana del se-
colo XIV, è la civitas, la provincia, il regnum; o non piuttosto
l'Italia?

Da quel che s'é accennato parrebbe potersi arguire che la
idea di patria, per Baldo, andava riferita ad una comunità politi-
camente — ed in qualche guisa anche giuridicamente — organiz-
zata, entro l’Impero o, di fatto, fuori dall'Impero: comunità che
può essere un regnum, come quello di Francia, al quale Baldo ap--
plica altresi il principio, per la sua gens, di una origine comune;
io che può essere una civitas, di quelle che superiorem non reco-
gnoscunt e che, pertanto, sono simili alle provinciae e sostanzial-
mente agli stessi regni. Un elemento caratteristico di queste comu-

(1) Cfr. L. LANDUCCI, Baldo, in L'Opera di Baldo, cit, pp. 116-177.

(2) Ad Lib. IL Dig. de just. et jure, S veluti, 2.

(3) Ad Lib. I Dig. de just. et jure, IL n. 2-3: « si p&tria mandat alicui
ambasciatam, tenetur eam facere... idern si mandat alicui qui consultat, tenetur
consulere per dicta jura...... quia nascitur patriae... nam locus facit ad genera-
fionem, quemadmodum pater immo magis nascimur patriae quam patri.







IL PATRIOTTISMO IN BALDO 39

nità — egli effetti della loro valutazione come patrie — è che
esse possono far guerra tra di loro: affermazione questa che, fatta
in modo esplicito da Baldo, porta un colpo mortale al principio,
teoricamente ammesso da quasi tutta la letteratura politica medie-
vale e del primo Rinascimento, che l’Impero e la stessa Chiesa
avessero una funzione anche internazionale di equilibrio e di mo-
derazione tra le varie comunità politiche, anche tra quelle de facto
non soggette, ma de jure sempre dipendenti dall'Impero. Per Baldo,
invece, la guerra, quando è giusta, è lecita tra due parti contendenti
— regni, provincie, città —; ed è perseguibile anche se, dopo
aver adito l'Imperatore od il Papa, non se ne accetta l'arbitrato (1).
E’, anche dal punto di vista giuridico, guerra giusta, per Baldo,
quella che mira a difendere la patria (2); e, se l'amor di patria
si rivela non solo pagando le gabelle (3), ma soprattutto in guer-
ra, una tale concezione della vita politica come lotta, come con-
trasto, non puó che fortifieare il sentimento del patriottismo.

Patria è, dunque, la città, in senso estensivo; la civitas che
ha le stesse prerogative della provincia e del regno; la civitas che
ha un suo ordinamento, un suo populus, un suo esercito, una
sua tradizione.

Ma tra le civitates italiane, che pure sono patrie per i loro
cittadini, ed i regni, come quello di Francia, c'è una differenza;
questi hanno un fondamento umano e nazionale che li distingue
gli uni dagli altri; le città italiane no. Al di sopra deMe civitates
Perugia, Bologna, Firenze, Siena, ad esempio, le quali pur lottano
per la propria autonomia rispetto al Papa od all’Imperatore —
c'è qualche cosa di superiore, ehe in qualche guisa le unisce,
per cui i rispettivi cittadini non possono dire di avere una origi-.
ne distintiva diversa. Questo qualche cosa è l’Italia.

Non è, forse, retorica letteraria in Baldo la frequente allusione
all’Italia che dicitur dulcis (4). L’Italia, nel pensiero di Baldo,
se in qualche modo può paragonarsi ad una provincia (5), sott'altro

(1) Ad Lib. VIII Cod., Unde vi, $ recte possidenti, 35.

(2) Consil., V, 439.

(3) Ad Lib. I Dig., de just. et jure, II, 5.

(4) Ad L. VII Cod., de execut. rei iudic., $ executorem, bl.
(5) Ad Lib. I Cod., quib, ex caus., $ abesse, 1.









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40 C. CURCIO

aspetto va considerata non come provincia, sed domina provincia-
rum... 1

Il richiamo all’espressione dantesca ha, qui, valore più pre-
ciso, meno vago e letterario; fondato sopra una valutazione giu-
ridico-politica della realtà italiana.

E che una tale idea italiana Baldo avesse piena coscienza
di rivendicare nei confronti dell’Impero è dimostrato da parec-
chie circostanze: in primo luogo dal fatto che egli ammetteva poter
il Papa, in periodo di vacanza, far qualche editto ne barbarica fe-
rocitas dulcem Italiam devastaret (2); in secondo luogo perchè

‘ Baldo ammetteva altresì, in generale, che l'Impero aveva cangiato

aspetto, giacchè i re si sottraevano alla sua obbedienza, affinchè
la barbarie dei Teucri non sovyertisse i tranquilli regni dei principi
cristiani e le loro dolci ed amene patrie, dulces patrias ac amoe-
nas (3); infine per il valore universale di Roma, onde, in sostanza,
in tutta la letteratura politico-giuridica del tempo, il populus chri-
stianus e cioé il mondo civile era romanus. In Roma doveva recarsi
l'Imperatore tedesco, se voleva esser tale, per prendere la corona
(4); giacchè, in sostanza, Roma et Imperator aequiparantur. Sotto
questo aspetto Homa dicitur communis patria (5).....

Oltre la decadente idea dell’Impero -- il cui carattere tede-
sco Baldo in più occasioni rimproverava, rimpiangendone le ori-
gini italiane —; al di sopra delle piccole patrie locali, che risve-
gliavano, tuttavia, un ardore patrio immediato, concreto, pugnace
e combattivo, l’idea di una Italia, erede di Roma, gens nel senso
più nobile e cioè avente gli stessi caratteri nazionali, da difendersi
a qualunque costo contro i tedeschi, contro ogni specie di barbarie,
appare un Baldo; e, inquadrata in un sistema dottrinario, dà al pe-
rugino un calore indisgutibile d’italianità; in pari tempo facendo
cadere ogni sospetto, contemporaneo o posteriore, che fosse tie-
pido patriota, verso Perugia e verso l'Italia.

CARLO CURCIO



(1) Ad, L. I Cod., de off. praes., $ ex omnibus, 1.

(2) Ad Lib. VII Cod., de execut. rei iudic., $ executorem, d1 cit.

(3) Cfr. TAMASSIA, Baldo studiato nelle sue opere nel vol. cit. L'Opera
di Baldo, pag. 20.

(4) Super feudis, de allodiis, 19.

(5) Ad. Lib. V Dig. de jud. ubi quis agere, $ legatis in eo, 1.







LIRICHE RELIGIOSE DI GIAN ANTONIO CAMPANO

Il Campano lirico vive ancora della modesta reputazione del-
le sue poesie erotiche a Silvia, a Suriana, a Diana non tutte spon-
tanee nella creazione e nel sentimento, se anche improntate dal-
la stessa personalità artistica; modulate con facile vena, spesso
dimentica di una meditata elaborazione (1). Questo genio poetico
di gentile donneatore (2) parve mortificarsi al tocco degli anni
maturi o spegnersi nel convenzionalismo di forme apologetiche,
richieste dalle circostanze di una esistenza non sempre serena.
A questa lirica encomiastica mancherebbe per fino il pregio di
quell’arguzia festiva, di quel ‘riso giocondo che riluce attraverso
gli epigrammi e i canti della giovinezza: e la mancanza dell’impulso
cerca invano un nascondiglio all’adulazione utilitaria sotto le eru-
dite evocazioni della mitologia. Le liriche inedite che qui pubbli-
chiamo, staccandosi, specialmente per la fonte d’ispirazione, dalla
produzione poetica fin qui conosciuta, completano la personalità
del poeta e la riportano in quel tono di realtà più dicevole ai suoi
anni maturi, alla dignità a cui lo avevano innalzato le sue adula-
zioni e il suo ingegno, alla esteriorità d’ambiente dove io portarono
le vicissitudini della vita.

L'eminentissimo Cardinale Giovanni Mercati, che per tutti i
frequentatori della Vaticana ha sempre preziosi suggerimenti e
consigli, or è qualche mese mi segnalava l’opportunità di far
conoscere alcune liriche del Campano, inedite nell’Ottoboniano Lat.
662. Ed è proprio su questo codice, prima di ogni altra cosa, che mi
occorre richiamare l’attenzione del lettore. Esso contiene cucite
insieme, credo in ordine al solo formato, opere differenti. Ad un

(1) G. ELLINGER, Italien und der Deutsche Humanismus in der neu-
lateinischen Lyrik, Berlin, 1929, p. 84.
(2) V. ROSSI, Il Quattrocento, Milano 1933, p. 233.



»











T



42 R, VALENTINI

esame, anche semplicemente esteriore, salta agli occhi che le carte
146-165 dellattuale manoscritto costituivano una volta un piccolo
codice a sé; una specie di libretto ascetico, fatto di testi devoti ed
autori spirituali sulla cui origine può offrirci una qualche indi-
cazione un biglietto che accompagnava la presentazione dell’o-
puscolo. A tergo dell’ultima carta si legge:

Sapientissimo theologo magistro Johanni de Carpa (3) ordi-
nis .Minorum indignus filius frater Andreas Perusinus s. p.

Poteris hic jure, preceptorum optime, tarditatem meam sine
iniuria accusare cum, in hiis presertim paucissimis versibus tran-
scribendis, longior admodum quam putasses extiterim, veluti no-
vendialis ad gemmas caulorum cocus (4). Id tamen propterea fac-
tum est ut qui maiusculas litteras pingere debebat, nimia pro-
crastinatione utens, non sine nostro dedecore horum fuerit caput et
causa malorum. Quare si quam de me ipso cepisti suspictionem (!),
erade, queso, ex animo, idque omne levissimo pictori adscribendum
putes. Ego namque longe absum a culpa, quem paratissimum habes
ad omnia que noverim grata tibi.

Si quas tamen mendas, credo plurimas, hac ipsa in re com-
prehenderis, tua singulari elegantia effice meliores. Vale theolo-
gorum et preceptorum optime.

Idem frater Andreas servorum reverende paternitati tue ap-
prime se ipsum commendat.

Il destinatario di questa lettera sarebbe dunque un Giovanni
da Carpa, ma sotto l’abrasura della carta i raggi violetti per-
mettono la lettura del nome del personaggio a cui la lettera fu
veramente diretta: Antonio de Pinarolo. Era « pedemontanus, ce-
lebris doctor, episcopus Fanensis in Piceno» e mori nel 1496.
L’iscrizione tombale lo ricorda come uno dei più insigni tealo-
gi dell’Ordine dei Minori, così che i titoli dell’indirizzo gli con-
vengono pienamente (5). Non meno noto del destinatario è il suo
discepolo, frate Andrea dei Servi di Maria, che è anche il trascrit-
tore delle liriche alle quali premise il nome del Campano.

Andreas Perusinus (altrove magister Andreas), servita, é uno
degli uomini più rappresentativi dell'Umbria nel campo letterario

(3) Su rasura, in sostituzione del nome del primo destinatario.
(4) Forse ha presente Plauto, Aulularia v. 324.
(5) Annales minorum, t. XV, pp. 141-148, ad Claras Aquas 1933.









LIRICHE RELIGIOSE DI GIAN ANTONIO CAMPANO 43

e filosofico dell’Italia centrale in questa seconda metà del secolo
XV. Continuando la tradizione degli illustri perugini che avevano
insegnato nello Studio Romano fu anch'egli pubblico lettore di
dialettica «in romana universitate ». Nei capitoli degli anni 1470,
’73, ’85 fu eletto nel proprio Ordine definitore generale per la pro-
vincia del Patrimonio, poi (1489) procuratore e vicario apostolico,
(Perugia 18 marzo 1496). La specchiata correttezza di costumi, la
non comune dottrina, filosofica e teologica, lo portarono ai fastigi
del generalato, che tenne dal 18 maggio 1491. Mori poco dopo il
12 nov. 1498 (6). E fu anche un mediocre poeta latino, come si
rileva da una sua « Oratio devotissima ante virginem gloriosam »,
con cui si chiude questo ms. (cc. 163-165) e che non trascrivo per
evitar digressioni (7).

. Se dunque ci sono noti il mittente e il primo destinatario di
questa lettera che accompagna il codice, altrettanto sconosciuto,
almeno per me, é rimasto quel Giovanni da Carpa, a cui dovrebbero
convenire tutti i titoli del primo destinatario, titoli che non sono
stati cambiati. Ma tutto lascia pensare ad una sostituzione seriore
dei nomi, fatta senza soverchie preoccupazioni sulla convenienza
dei titoli stessi. Per noi resta il fatto che il vescovo e teologo mino-
rita, Antonio de 'Pinarolo, richiese al suo diletto discepolo, Andrea
Perugino, servita, quel ms. che fu messo insieme secondo le. istru-
zioni o le richieste del committente.

Può definirsi una specie di antologia di poesie ascetiche di
tre autori: G. B. Pallavicino, Antonio Campano, a cui aggiunse, co-
me notammo, un proprio componimento poetico Andrea perugino.

Il primo, figlio del marchese Antonio, fu educato con tanti
altri umanisti alla scuola di Vittorino da Feltre e di Guarino Ve-
ronese. Presto fu in vista per la sua disposizione alla poesia ed
alla pietà. Tra le sue opere mistiche a noi interessa quel for-
‘tunato poemetto sulla Storia della Croce con cui il nostro ms. si
inizia: « Batiste Marchionis Palavicini Prologus in Ystoriam flen-



(6) Monumenta Ord. Servorum To. VII, Fase. II (1905), p. 181. M. PIER-
MEJUS, Memorabilium S. Ordinis Servorum B. M. V. Breviarium. Vol. III,
(1931) p. 27; IV, 1934, 243. A. GIANI, Annales, II, pp. 1-2.

(7) Paolo Attavanti ne celebrò le lodi nell’Orazione pronunciata in oc-
casione della sua elezione a generale dell’Ordine, PIERMEJUS, op. cit., IV
(1934) pag. 309 e 335, e gli dedicò un’orazione in lode della città di Perugia e
della casa Baglioni. Ibidem, III, 124.





44 R. VALENTINI

de Crucis et funeris dni. nostri Yhesu Christi, ad Eugenium IV
R. E. Pontifieem Maximum (9) ».

La storia, in esametri, si estende per due libri, dettati con
profondo ardore di singolare pietà. Per la fama dell'umanista
come per l'eleganza del dettato l'operetta fu molto lodata, specie
nei circoli dei letterati Parmensi. E in Parma, nel 1477, il poe-
metto fu per la prima volta stampato (9). Non é improbabile che
Antonio da Pinarolo ne avesse richiesta una copia anteriormen-
te all'edifio princeps. Il richiedente dovette avere notizia della esi-
stenza dell'opera in una qualche biblioteca umbra.

Le poesie del Campano si iniziano a cc. 158, precedute dal
nome dell'autore, ripetuto all'inizio della seconda elegia e seguito da
una leggenda sul contenuto della lirica, in un inchiostro rosso qua-
si illeggibile. Costituiscono una collana di elegie sacre, dettate in
circostanze e luoghi diversi, senza un prestabilito disegno unifi-
catore. Liriche occasionali, che potrebbero intitolarsi cosi: La Re-
surrezione; Il nome di Maria; S. Giovanni Battista; L’Eremo del-
le Carceri; Laude della Vergine; La Natività della Madonna.

Dove e quando furono scritte? Trattandosi di componimen-
ti occasionali, i termini cronologici non possono essere che molto
elastici.

Che il Gampano scrivesse in una città dell'Umbria si rileva
da due indizi sicuri: la presenza del ms. in una delle nostre biblio-
teche, donde frate Andrea estrasse la copia; la necessità di ammet-
tere che l’elegia sull’Eremo delle Carceri presuppone una cono-
scenza diretta dei luoghi. Il Campano fu due volte nell’Umbria;
ma negli anni della giovinezza questo clima mistico non ebbe sul-
la sua arte riflessi ponderabili. Allora il suo genio non si com-
mosse se non davanti alle bellezze naturali o muliebri. Gli anni
trascorsero, e dopo un viaggio in (rermania, pieno di nostalgici
rimpianti per l’Italia lontana, il poeta tornava tra noi, come go-
vernatore per la Chiesa, con una missione delicata, che incontrava
nelle faziosità dei luoghi le più aspre difficoltà (1472-74). Questi
anni, specie i soggiorni a Todi e Città di Castello, amareggia-

rono la vita del povero Governatore, alle prese con le bestiali



(8) L AFFO, Memorie degli scrittori e letterati Parmigiani, Il, 242
e segg. Vedi anche le Aggiunte e Correzioni di A. PEZZANA, 1827, To. VI,
P. II, 196 e segg.

(9) Una ristampa se ne fece nel 1511.







LIRICHE RELIGIOSE DI GIAN ANTONIO CAMPANO 45

fazioni, che gli creavano un ambiente ostile anche nella Curia
Romana, dove il suo giusto zelo nel sedare gli odi non trovava
la necessaria comprensione (10). Dopo gli insuccessi di Todi e
il trasferimento a Foligno parve che ritrovasse la calma per tor-
nare agli studi prediletti e alle Muse (11). Ma il suo rifugio fu
Assisi (12). La naturale bellezza del luogo, la mitezza degli abi-
tanti, il tono di vita informato a serafica serenità gli suggerirono
quell’apologia di Assisi che si legge nell’epistola 39 del libro VIIL

Nella dolce tranquillità di quel mistico rifugio in cui tutto
parlava di Francesco, e i ricordi di Lui tornavano all’animo da
un albero, da una fonte, da un tugurio su cui avesse aleggiato la
leggenda fiorita dietro le orme del Santo, in momenti di mistici
‘abbandoni il Campano si sentì attratto verso la lirica religiosa; e
non mancò a stimolarlo l'elemento culturale e religioso del luogo.
Cosi mi spiego la genesi di queste liriche. Il convento di Assi-
si aveva allora uno Studio fiorente, autorizzato al conferimento
dei gradi in teologia. Tra gli insegnanti, di quello Studio e i dotti
che frequentavano Assisi bisogna cercare i compagni del suo pre-
diletto asilo. Quasi sicuramente fu tra questi il servita maestro
Andrea, che poté aver conoscenza diretta di queste liriche, cosa
tutt'altro che insignificante a conferma della attribuzione. Come
negare la conoscenza di due eminenti ecclesiastici che, se non
per altro, dovettero trovarsi vicini per ragione dei loro. stessi uffici?

Ma come non trovarono un posto queste liriche, così magi-
stralmente esemplate sugli elegiaci latini, nell'edizione delle ope-
re del vescovo aprutino? Una prima silloge dei propri carmi tentò
di raccogliere lo stesso Campano dopo il suo ritorno a Teramo,
nel decembre del 1474 (13). Ma riuscì solo parzialmente all’in-
tento, se pure vi attese; d’altronde sappiamo dal Ferno che il
Campano fu sempre, e con tutti, prodigo dei suoi scritti; che
questi vennero subito in pregio, donde la mania di occultarli
e la ritrosia di renderli pubblici. Avvenne per le liriche quel
che si verificó per le epistole. Alla curiosa e gelosa custodia, con
cui qualche religioso o convento dell'Umbria guardó queste liriche,

(10) CAMPANI, Epist. ed Mencken, lib. VII. 1, 2, 14 etc.

(11) Ibd,, lib. VIII, epist. 10; LESCA, Giovannantonio Campano, Pon-
tedera 1892, p. 93.

(12) Fuit' hoe diversorium (meum toto fere presidiatu. Epist. ed. cit.
lib. VIII, p. 39 (1 marzo 1474).

(13), CAMPANI, Epist. ed. cit. libro IX, 49.









































"S

46 R. VALENTINI

deve forse attribuirsi la loro esclusione dalla prima edizione. La
loro profonda diversità di ispirazione dalle poesie giovanili non
sembra ragione plausibile per averle soppresse.
All’Umbria dunque siamo debitori dell'ispirazione come del-
la conservazione di queste liriche religiose che completano e mi-
gliorano la personalità artistica di Giannantonio Campano.
Faccio precedere il testo da una brevissima analisi.

ROBERTO VALENTINI

Y

ANTONIIUS CAMPANUS
AUCTOR HIC EXULTANDUM DICIT PROPTEREA QUOD ADSIT SANCTISSIMUS RESUR-
RECTIONIS DIES.

Sia esultanza e partecipazione al giubilo della Chiesa men-
tre il sacerdote in stola candida esce «ai grandi ministeri» (1).

La Resurrezione é presente allo spirito del poeta, ma ve-
duta soltanto nelle sue premesse e nelle conseguenze. Di qui
l'evocazione della passione in momenti di spasimi corporali e mo-
rali: l'incoronazione di spine, le trafitture del costato, il disse-
tamento col fiele, l’oltraggio della compagnia dei ladroni e poi
la morte liberatrice.

Senza un trapasso, che consisterebbe nella scena della Re-
surrezione, presente alla fantasia e appena delineata nel canto,
si arriva al trionfo sulla morte: la discesa all’inferno, la libera-
zione dei Padri d’Israele, l’ascesa al Cielo nella visione della
Chiesa tripudiante.

Tocchi ed immagini evocate e lasciate, incalzate da una fan-
tasia che non s’indugia a colorire, a descrivere, a raccontare e
appena s’attarda, discendendo dal cielo sulla terra, nell’invocazio-
ne di un patrocinio contro le ostili minacce (2).





(1) MANZONI, La Resurrezione, v. 74-75. L’ispirazione sta nella ri-
nuncia alle riflessioni e alle descrizioni, nella rapidità del succedersi delle
visioni, sobriamente colorate dalla eletta dizione e dal ritmo.

(2) Il codice normalmente non segna il dittongo. Fatta ragione del tempo
in cui il Campano scriveva e per uniformarmi all’edizione della Vita di Brac-
tio, preferisco segnare i dittonghi. :









LIRICHE RELIGIOSE DI GIAN ANTONIO CAMPANO 47

Ottob. Lat. 662, c. 158

Annua iam redeunt votis sollemnia nostris
Et sanctum referunt astra benigna diem.
Luce sacra gaudete viri, gaudete puellae
Omniaque aeterno sint operata die.
5 Prodeat in Tyria spectandus veste sacerdos
Et cingat sacrum sacra corona caput,
Velatique comas et tecti corpora lino
Cantemus laudes, maxime Christe, tuas.
In cruce qui pendens mortalia fata subisti,
10 | Haeserunt capiti spinea serta tuo;
Castaque letiferum senserunt ilia vulnus,
Manavit lateri lympha merumque tuo;
Cumque sitim cuperes molli restinguere lympha,
Torpuit ah! tristi fellis in ore sapor.
15 Sicque inter geminos crudeli sorte latrones
Judaeae pateris iurgia saevitiae, :
Donec defesso decedens spiritus ore
In manibus Domini redditus ipse sui est.
Tum Manes nigrasque Domos maestamque Paludem
20 Et petis inferni tristia regna Jovis;
Inde pias animas sanctorum et vincula Patrum
Eximis et caeli dulce recludis iter.
'lertia lux aderat, roseo cum laetus in ortu
Surgis et e tumulo sidera clara petis,
25 .Consortemque capis patrio cum numine caram
Dextra tenens dextro conspicuusque throno.
Hune igitur precibusque piis studioque fideli
Placemus, nostro det veniam sceleri,
Det pacem, mala cuncta procul morbosque famemque

30 Pellat et hostiles det superare minas.
Amen (1).
1 solempnia il cod. — 5 thiria il cod. — 6 tingat il cod — 12 lateri i/ cod.

11 ylia i! cod. — 12-13 limpha il cod. — 17 descendens il cod.



(1) Seguono tre carte in bianco non numerate; nella ripresa delle liriche
(c. 159) viene ripetuto il nome dell'autore, al quale, a c. 163, succede
An(dreas) Perusinus.









48 R. VALENTINI

II.

j ANTONIUS CAMPANUS

HIC PRIMUM AUCTOR HORTATUR OMNES GENTES UT GLORIOSISSIME VIRGINIS
MARIE NOMEN VENERENTUR ET COLANT, PRESERTIM CUM PRO HUMANO
GENERE APUD DEUM PERPETUO INTERCEDIT.

I primi cinque distici, esaltanti la venerazione della Vergine
in un culto diffuso in tutte le latitudini e rappresentato in parti-
colari momenti della vita umana, avvicinano l'ntroduzione di que-
sta lirica a talune movenze della soavissima evocazione del Nome
di Maria del Manzoni.

Poi il culto si identifica con la figura divina ed umana della
Vergine-madre, protagonista e spettatrice degli eventi che si suc-
cedono: il natale, la crocifissione, la resurrezione e l'ascensione
del Figlio. Una storia scandita in suoni ed espressioni di classica
purezza, che sorvolano rapidissime le cime degli avvenimenti.

La discesa dello Spirito Santo risolleva la madre, sola sulla
terra, all'altezza della divinità e preannuncia l'assunzione nel tri-
pudio. della Chiesa trionfante. Collocata la Vergine nel soglio
sublime, la fantasia del poeta discende dall'estasi adorante per
affidare alla madre la tutela e il patrocinio del genere umano.

Una lirica.che giustifica pienamente l'opinione di un compa-
gno e ammiratore del Nostro, il Bechi: « Il Campano fa meglio
dormendo che gli altri vegliando » (1).

Ibidem, c. 159.

Quae tellus extrema tuos Sol exserit ortus, i
Quae tegit occasus ultima terra tuos,
Qui Rhenum patriaeque bibunt Maeotidis undam, ,
Phoebeisque urit quos plaga fusca rotis,
5 Te cuncti, Regina Deüm, metuuntque coluntque
Et celebrant nomen, diva Maria, tuum.

5 divum il cod; deum in marg...

(1) Della Torre A. Storia dell'Acc. platonica di Firenze, p. 96 (29
genn. 1469).







































ba LIRICHE RELIGIOSE DI GIAN ANTONIO CAMPANO 49

"Te vasti metuunt fluctus, Te nubila caeli
Aeolique etiam carceris antra timent.
Te nascente die, Te dum sol conditur undis
10 Omnia Te meritis laudibus accumulant.
Namque tibi secreta Dei mandata per auras
Candidus augusto nuntius ore tulit;
Progeniemque Deum caelesti concipis ortu
Conceptum atque novo sidere virgo paris,
15 Cuique sacri reges caeli nova signa secuti
Aurum et puniceo munera odore ferunt.
Atque ubi nostra sua delevit crimina morte
Et maestam insonti sanguine tinxit humum,
Vidisti e tumulo mira prodisse figura
20 Verbaque pacifero verba referre sono,
Seandentemque Patris mox ad caelestia tecta
Sublimem dextra parte sedere deum;
Tum sacer e summa diffusus Spiritus arce est
Et tua divinus corda replevit amor.
25 Hinc terris erepta tuis ascendis Olimpum
Aurea sidereo vertice serta gerens,
Cui liquidi circum cantus thyasique deorum
Et sonat aurato pectine pulsa chelys.
Fatidici occurrunt vates castique parentes
30 Et tibi tum caeli regia tota vacat.
Ipsa prius natique sinu gestata corusco
Inter mille deüm numina prima micas. |
Qualis ubi Oceani nitidum iubar extulit undis
Inter sidereos candida luna choros.
35 Iam caelum sublime petis, iam despicis aethram
Lucida sub pedibus sidera cuncta premens:
Stellantis tum iura capis consortia mundi
Et datur humani cura patrocinii;
Conciliasque Deum nobis facilemque precando
40 Efficis, et genti pellis acerba tuae;
Labentemque hominem felici numine sistis
Ac mala in aérios cogis abire notos.





14 et novo il cod. P— 29 chelis il cod. — 81 corrusco il cod.

j *



50 R. VALENTINI

III

LAUDES SANCTISSIMI VIRI JOANNIS BATISTE.

La laude a S. Giovanni procede dalla devozione del poeta
per il santo di cui portava il nome. La vita e l’azione del santo,
scelto da Dio ad annunciare ‘la venuta del Cristo ed a prepa-
rarne le vie, sono appena sfiorate nella veduta di scorcio e nella
sintesi felice, in parte guastata dal succedersi delle interrogazioni
retoriche. Nello sfondo della evocazione, appena adombrate, le
linee di quadri di grande effetto, come il simbolo del pastore e
il battesimo nel Giordano.

Ibidem, c. 159 B.

Felicem quae prima novo te lumine vidit
Naseentem Aeois fluctibus orta dies,
Felicem quaecumque tibi dedit ubera nutrix
Et qua reptasti terra beata, puer;
5 Quique tuos primi monitus hausere loquentis
Et quorum infuso corpora rore lavas:
Sed longe ante omnes fortunatissima mater
Et quo nec toto est maior in orbe parens!
Nam quid ego de te primum dicam referamve, D
10 Quive meo fuerit primus in orbe sonus?
An quod divinos partus Christumque canebas
Divinam ostendens nuntius ante viam?
An quod felicem terris agnumque hominemque
Atque salutiferum dicis adesse Deum?
15 Vel quod Jordanis dominum luis amne beato
Ac tetigere piae corpora sacra manus?
Hoe ego de Te ausim, proles divina Iohannes,
* - Quod tibi veridico praestitit ore deus:
Te neque maiorem terris surrexe nec inter
20 Femincos partus saecla tulere virum (1).

4 foe licem il cod. — 2 heois il cod. — 5 auxere il cod. — 15 lavas il cod, —
19 surresse il cod. — 20 foemineos il cod.
(1) Cfr.: Matth. 11, 11: Amen dico vobis non surrexit inter natos mulie- i

rum maior loanne Baptista.







LIRICHE RELIGIOSE DI GIAN ANTONIO CAMPANO 51

IV.

IUXTA PERUSINAM URBEM EST QUODDAM YTALIE OPPIDUM QUOD ASISIUM NO-
MINATUR, QUOD PROPE EST LOCUS QUI CARCER DICITUR, UBI BEATISSIMUS
VIR FRANCISCUS PRIMUM PENITENTIAM EGIT: ET LOCI CUSTODEM ALLO-
QUITUR AUCTOR.

La vista del carcere, dove Francesco pianse la sua vita fal-
lace e nei dolci suoi rapimenti chiamò le creature tutte a parte-
cipare alla sua estasi adorante, suggerisce al poeta il trionfo della
povertà, la cui esaltazione emerge da tutta la vita e da tutti gli
insegnamenti del santo. E’ questa la parte più commossa ed alata
del canto.

Seguono, narrate, le lotte contro la carne, e l’affinamento
spirituale del suo serafico ardore, donde ebbe vita quella mi-
lizia destinata a rialzare le sorti della Chiesa e a riportarla « ver
lo suo Diletto ». Il ritorno dalla vita militante all'ascesi « nel
crudo sasso intra Tevere ed Arno» impresse nelle carni del
Santo quell’« ultimo sigillo » che segnò il culmine di tutte le sue
vittorie. Anche Dante chiude con questo ricordo l’apologia di
S. Francesco e forse la coincidenza non è soltanto fortuita.

Ibidem, c. 160.

Pendentis quicumque Asisi de monte sacerdos
Francisci felix rura nemusque tenes
Divinumque colis sacrati Carceris antrum
Parvaque caelesti tecta habitata viro,
5 Hie ubi fallacis deflevit crimina vitae
Et poenam errori contulit ipse suo,
Dilectumque Deo volucres stupuere loquentem
Quaeque colunt tristes horrida saxa ferae,
Hue aures adverte neque haec mea dicta, sacerdos,
10 Despice, veridica quae tibi mente feram:
«Non auro splendente domus gemmisque superba
Nec quae tyrrheno lana colore nitet,
Non centum versata iugis felicia campi
Iugera, nec Croeso palmite dives ager,



1 Asis il cod. — 2 foelix il cod.


































52

20

30

40

15 foetus i] cod. — 20 foelicem il cod. — 23 achimenios il cod. — 28 ne-
phasque il cod. — 34 que il cod. — 40 eunt il cod. — 42 deficiant il cod.



R. VALENTINI

Aut gregis innumeri fetus, aut merce Sabaea
Niliaco rediens litore .plena ratis,
Nec tam quaesiti multo sudore triumphi
Subditaque imperio nomina mille tuo,
Felicem efficient numerosa stirpe parentem
Vel cui bellando gloria parta sua est,
Quam laeta et sanae paupertas conscia mentis,
Paupertas forti regna decusque viro;
Qua vel Achaemenios luxus regnumque Phrahatis
Exuperat vestri gloria magna Patris.
Cui saevi cessere ignes, victusque refugit
Qui capit assiduo libera corda dolo;
Scilicet et fraudes et noxia crimina vicit,
Eiecitque animo turpe nefasque suo.
Qui variis mandata. Dei virtutibus implens
Inclita militiae signa decusque tulit;
Labentemque aciem Christi pietate fideque
Restituit, turbis daemonas ense fugans» (1).
Salve igitur patriaeque parens duxque optime gentis
Qui sacra pro Christi nomine bella geris!
Macte animo, Francisce, gravem qui primus in hostem
Irruis, et Christi munera victor obis.
Vulnera iudaico qui condam illata furore
Excipis et meritum est hoc tibi dulce datum.
Haec gestata tibi sunt laurea serta triumpho,
Haec spolia, haec gentes, haec tibi currus erunt!
Desino, namque tuas laudes tempusque diesque
Deficient quam me posse tacere putem.



(1) Un ricordo della cacciata dei demoni da Arezzo?











LIRICHE RELIGIOSE DI GIAN ANTONIO CAMPANO 58

V.

LAUDES SANCTISSIME VIRGINIS MARIE QUE CHRISTUM SALVATOREM NOSTRUM
PEPERIT.

La plasticità realistica delle dolei cure materne, nei distici
iniziali del canto, é interrotta dal ricordo dell'annunciazione del-
PAngelo e del primo concepimento. Segue, a contrasti di grande
effetto, la povertà della nascita di un figlio onnipotente e l'evo-
cazione della pacata serenità di quella notte fatidica in cui i
cori osannanti degli Angeli sostarono sulla grotta di Betlemme.

Le fugaci considerazioni sul compito altissimo, che spettò
alla Vergine nel dramma della redenzione, riporta l'ispirazione
al motivo della maternità, e il canto si cambia in preghiera in-
vocante il patrocinio della madre, davanti ai flagelli che tormenta-
vano l'umanità.

Ibidem, c. 161.

O votis spes una piis, o dulce levamen
Praesidium et miseris, diva Maria, reis,
In cuius gremio vagivit parvulus infans
Arrisitque pio dulcis amore Deus,
5 Blandaque materno suspendit brachia collo
Figens divinis oscula sacra genis,
Et modo carpebat nitidis alimenta papillis
Infantique tuum lac bibit ore Deus,
Et modo blanditias puerili expresserat ore
Inque sinu grata membra quiete levat.
Tu pia, tu Virgo non ulli obnoxia culpae
Non ullum casto pectore crimen erat.
Hine tibi delapsus suprema nuntius arce est
Ac caeleste uterum voce replevit onus;
Et quem non spatiis immensus colligit Aether,
Non totum caeli circuiere novem,
Non tyrio subnixa toro spondave nitenti,
Sed tenue hospitium vix casa parva dedit.
Stramineo iacuit lecto faenoque rigenti

10

15

14 honus il cod. — 17 thirio i|] cod.; thoro il cod.







54

20

25

30

35

40

R. VALENTINI

Cui servit caeli quidquid in orbe patet,
Caelestisque ortum nati prolemque supernam
Monstravit roseo lumine stella micans.

Tum matutino cecinerunt carmine divi,
Duxerunt sanctos numina cuncta choros.
Astabant natum circa divique deaeque
Et nato et matri sedula turba favet.

Illa plus solito fulserunt sidera nocte
Splenduit et solito clarior orbe dies.
Non pelago incumbunt venti, non aére nubes,

Sed caelum et terras pax opulenta tenet,
Quin etiam infernis laetatae sedibus umbrae
Ei iusti adventum. qui meruere Dei.
Per te igitur, divina parens, humana salutem

Senserunt, per te libera facta via est.
Affari et coram licuit doriinumque Deumque
Et vidisse hominis membra subire Deum.
Tu, dea, tu praesens nostris succurre periclis
Et facilem natum tu, dea, redde tuum.
Aspice.nos propius, inimicisque eripe vinclis
Et populi exaudi vota precesque tui.
Sit bellum, pestis procul, et pax candida nobis
Adsit, nec fructus terra benigna neget.

24 Dixerunt i| cod. — 27 fulxerunt il cod.; lumina il cod.; sidera in marg.

— 29 pellago il cod. — 41 et om il cod.

VI.

LAUDES BEATE VIRGINIS MARIE, MATRIS DOMINI, CUIUS NATALEM DIEM SUMMA

VENERATIONE COLENDUM AIT.

Il motivo, sempre caro al poeta, di chiamare la natura a par-

tecipare alle sue intime gioie, dà luogo alla colorazione pittorica,
fatta di elementi di delicata sensibilità e di classica musicalità di
ritmi, di una mattina di settembre, in una luce di sentimento, che
emana dal fascino dell'Umbria nostra. E’ il Natalizio della Ver-
gine, l’inizio virtuale della redenzione, quando le porte del cielo
si dischiusero all’umanità condannata.









LIRICHE RELIGIOSE DI GIAN ANTONIO CAMPANO 55

La redenzione, operata attraverso la Vergine, cambia l'inno in
invocazione fidente e su ogni distico, solcato dalla visione del-
l'umano travaglio, aleggia la Vergine consolatrice, presidio dei mi-
seri, aura sedatrice delle tempeste, regina della pace, sollievo di
ogni dolore. La preghiera, fatta di ardore e di umiltà, con cui il
poeta si prostra ai piedi della Vergine, sente gli scoramenti della
sua missione nell’Umbria, quando le passioni umane, che gli rug-
givano intorno, lo costringevano a cercare un rifugio nella pre-
ghiera e nella consapevolezza della propria rettitudine.

La chiusa è la parte più profondamente umana del canto.

Ibidem, c. 161 B. ne
Haec est illa dies quae tanti conscia partus
Te dominam terris, diva Maria, dedit.
Luce sacra ponant venti nullusque quietas
Sollicitet rauco murmure ventus aquas.
5 Aére discendant nubes liquidusque sereno.
Albentem Phoebus devehat axé diem.
Ipsa levi curru teneros Aurora liquores
Spargat et humenti rore madescat humus;
Purpureumque micans referat nunc Lucifer ortum
10 Et matutinas mittat ab ore faces.
Tu tyrios redemite sinus, tu, magne sacerdos,
Sacra cane et sacris ora revolve malis,
Et pius assistat cireum chorus et bona dicat
In numerum sancto verba canenda die.
15 Ipse ego, quod possum, tanti natalis honores
Voce feram et patrio carmine digna canam.
'Te neque nascenti viderunt saecula maius,
' Te nato melius non peperere tuo,
Quaque die genita es illa lux candida primum
20 Fulsit et in tenebris clara reluxit humus.
Tum magni concepta Dei secretaque pandi
Cepere et vatum certior esse fides;
Tum sacrae patuere fores limenque reclusum est
Aetheris et caelo posse redire datum est.
25 Namque prius lapsi deceptos fraude parentis
Arcebant clauso crimina iniqua polo.



9 referet il cod. — 11 thlürios il cod. — 14 innumerum il cod. —21 Tunc il
cod.




























R. VALENTINI

Salve vera parens Christi reginaque divüm,
Unica sollicitis spesque salusque reis! '
Tu miseris atro iactatis turbine nautis D^
30 Lenius aspirans aura vocata venis,
Tu pressos tristi populos belloque fameque
Aspicis et pacis numera laeta refers,
Tu fessis tranquilla quies gratumque dolenti
Solamen, teque est auspice triste nihil.
35 Per sacros uteri fructus castumque cubile,
Per tibi conmissi nuntia verba dei,
Per dulces nati vultus atque oscula perque
Ubera quae sacro suxerat ille sinu,
Per te quae solita es vota exaudire precantum
40 Te rogo per natum, casta puella, tuum
Hunc hominem, patrios referentem pectore mores,
Cognatum superis et sine labe genus
Aspicias, Regina, precor gratamque merenti
Affer opem et precibus annue, diva, piis.
| 45 Tu vero sacros cultus insiste, Antoni,
ih Quod facis, imprimis iusque piumque colens.
Sic tibi Caelestes aderunt, sic alma favebit
Mater et humanus sic tibi cedet honos.
Regna parit virtus, adimit scelus: inclitus ille est
50 Quem sua, non patrum, splendida facta probant.












Il 84 nichil il cod. — 37 obscula il cod. — 45 Antoni il cod., che ci dà un
| verso spondaico.












NOTE E DOCUMENTI

LA ROCCA DI CASALINA
E L'ABATE FILIPPO DI MONTEVIBIANO

Attraversato dalla strada provinciale che passando per Todi
conduce a Roma — l’antica via Romana — poco dopo la pietra
miliare che segna il ventunesimo chilometro da Perugia, s’incon-
tra il paese di Casalina: antichissimo castello — la prima notizia
che se ne ha risale al 763 (1) — di cui rimangono ancora in piedi
parte delle possenti mura di cinta, molto più antico di tutti gli
altri paesi vicini, ciò che .si deve principalmente al fatto che è
stato sempre soggetto ai Monaci benedettini, l’ordine monastico
più antico. Castello che ha sempre seguito le vicende della storia
di Perugia di cui era come la sentinella avanzata verso il con:
tado di Todi città questa quasi sempre nemica a Perugia, fu
più volte distrutto e riedificato, essendo soggetto ad incursioni e
devastazioni dovute specialmente alla sua posizione di confine
fra i due contadi e all’esser posto lungo la strada e in pianura;
e per queste ragioni anche venne fortificato e munito in modo
particolare dai magistrati di Perugia. (2). Non ci fermeremo a
parlare delle sue vicende storiche.

A poca distanza dal paese, in alto sulla collina dominante e
il paese di Casalina e la vallata fiorente del Tevere, si erge
bella e maestosa la trecentesca Rocca che conserva ancora dopo
sei secoli l'antica fierezza. Amenissima la posizione su cui sorge
ed anche naturalmente munita, essendo circondata a tramontana

(1) AMADUZZI, Anecdota Litter. Vol. I pag. 452.
(2) Annale C ab an. 1296-1299, fol. 206; Ann. 1312, fol. 74.


















58 M. TIACCI

e a ponente da aspri dirupi boscosi che ne rendevano assai dif-
ficile l’accesso. E° a forma di massiccio quadrilatero con i pos-
senti baluardi a sproni; molto probabilmente ai quattro angoli
doveva avere delle torri, di cui però non rimangono vestigia.

La concepì in un sogno grandioso di dominio Filippo di Mon-
te Vibiano, Abate del Monastero di S. Pietro, il quale sembra
abbia fatta costruire con il suo privato patrimonio circa l'anno
1365. Certo é che prima di allora non si fa mai menzione, né ne-
gli storici perugini né nelle memorie del monastero di S. Pietro,
di questa Rocca, e sia il Pellini che altri storici concordano nel
dire ch'essa é stata costruita dall'Abate Filippo circa l'anno sud-
detto. (3)

Ciò viene confermato da una interessante iscrizione del tem-
po, murata presso la porta maggiore della Rocca, che ora viene
per la prima volta pubblicata. E° incisa a caratteri medioevali in
una pietra della misura di cm. 80x22, e consta di quattro esametri
leonini, rimati alla quinta e alla nona cesura. Essa dice:

«Ianua sum fortis cunctis protettio nostris

« Aspera sum sortis (4) ceterisque rebellibus hostis

«Quam Pater et Dnus Philippus figere iussit

« Abbas Montebiani nobile stirpe refulsit
e cioè: « sono porta robusta che servo di protezione a tutti i no-
stri — sono apportatrice di sventura e nemica a tutti gli altri
ribelli — che fece costruire il Padre Abate D. Filippo — il quale
rifulse della nobile famiglia dei Montevibiani ».

E° la porta della fortezza che parla, e, superfluo osservarlo,
è qui presa la parte, e la principale della fortezza, la porta, per
indicare tutta la fortezza. Traspare dai versi dell’iscrizione —
non certo virgiliani per eleganza, ma di una efficacia e robustez-
za innegabili — la figura battagliera di questo monaco, nato più
per cingere la spada che per vestire la cocolla, il quale costruisce
questa roccaforte non tanto per utilità e interesse del suo mona-



(3) PELLINI, Historia di Perugia, P. I pag. 23; BELFORTI - MARIOTTI
I Castelli del Contado di Perugia; ms. OLDOINO, Atheneum Augustum,
pag. 188; Memorie Storiche del Monastero di S. Pietro di Perugia
O. S. B. raccolte e redatte da un monaco di esso... pag. 99.

(4) Aspera sortis: aspera-orum n. pl. le asperità della sorte - come si
dice aspera loci, viae, per indicare le asprezze del luogo, della strada. Sum
aspera sortis: sono le asprezze della sorte, quindi apportatrice di sventura,

funesta.











LA ROCCA DI CASALINA E L’ABATE FILIPPO DI MONTEVIBIANO 59

stero ma perchè sia presidio e baluardo di difesa cunctis no-
stris, a tutti della nostra parte — egli nobile ed aspro nemico dei
popolari — e sia invece aspera sortis, le asprezze della sorte,
funesta e nemica agli altri ribelli.

Non sarà discaro al lettore che tratteggiamo brevemente la
figura singolare di questo illustre Abate che tanta parte prese
alle vicende politiche della città di Perugia in quella burrascosa
seconda metà del secolo XIV. Figura di primo piano nella storia
della nostra città in quell’agitarsi di ire di parte, di lotte, di
vendette, di congiure. Nato dalla illustre famiglia dei Monte Vi-
biano o Vibj (5) fu monaco benedettino e nel 1363 fu eletto
Abate del Monastero di S. Pietro in Perugia. Fra uomo assai
dotto e profondo specialmente nelle scienze matematiche e filo-
sofiche, tanto che l'Oldoino nel suo Ateneo Augusto (6) dice che
abbia scritto « volumina plura in philosophia et mathematica », e
«vir summi ingenii» lo chiama il Macinara (t).

L'essersi dedicato con l’acutezza del suo ingegno a studi quali
la filosofia e la matematica non gl'impedi di prender parte at-
tivissima alle lotte e competizioni di parte nella città.

Era allora la città divisa nelle fazioni dominanti guelfa e ghi-
bellina, parole queste peró che avevano perduto il loro primitivo si-
gnificato e che erano passate a indicare le due parti in lotta
per il dominio della cosa pubblica, e in genere i popolani e i
nobili, che in Perugia erano chiamati Raspanti e Beccherini.

Perugia, ribellatasi al dominio dei Papi, si reggeva a governo
popolare in un succedersi di lotte e congiure per il sopravvento del-
l'una o dell’altra fazione, e, triste conseguenza, il trionfo dei
nobili portava agli eccessi dell’aristocrazia, quello dei popolari a
quelli della democrazia.

Filippo, che era nobile e guelfo, mal soffriva di vedere la sua
città così agitata dalle passioni politiche e in modo particolare
era inviso a lui il dominio della città in mano dei popolari: forse
nella sua grande ambizione accarezzava il segreto disegno di po-
ter reggere lui le redini della cosa pubblica.

Intanto, poco dopo la sua elezione ad Abate di S. Pietro,



(5) Negli antichi manoscritti si trovano indifferentemente usate le voci
Monte Vibiano, Montebiano, Vibj.

(5) d. 0:

(7) In Archivio Mon. Cass. O. S. B., n. 97 c. 194.










































60 M. TIACCI

ciò che di per sé, a parte la sua nobiltà di famiglia, faceva di
lui uno dei primi e più influenti personaggi della città, si era fat-
ta costruire, a sue spese, la fortezza di Casalina, ove il Monastero
di S. Pietro possedeva da tempo immemorabile una vastissima
tenuta. Tale fortezza nell’intendimento dell'Abate doveva essere,
come abbiamo visto dall’iscrizione che vi aveva fatto apporre, roc- }
caforte dei nobili contro i popolani, funesta e nemica ai ribelli,
ed anche sicuro e munitissimo rifugio nel caso che egli fosse
stato costretto ad allonanarsi dalla città, bandito dai nemici al
potere. A tale scopo ben si prestava la Rocca di Casalina, costruita
al confine del territorio di Perugia, in posizione strategicamente
assai favorevole, e capace di resistere a qualunque assalto nemico.
M Per raggiungere lo scopo di togliere il dominio della città
il dalle mani dei Raspanti, l'Abate Filippo pensó di assoggettarla
B nuovamente al Papa che era allora Urbano V. Si strinse in con-
3T 1d giura con Oddo di Baglione Baglioni, suo cugino, e con gli al-
Il tri di casa Baglioni insofferenti tutti del governo dei popolari;
mu ; e con essi deliberó di far sorgere un tumulto per mezzo di mi-
lizie forestiere fatte entrare nottetempo nel Monastero di S. Pietro
e di togliere cosi violentemente il dominio ai Raspanti.

Scoperta la congiura alcuni nobili scontarono sul patibolo il
loro tradimento: l’Abate di Monte Vibiano, Messer Oddo Ba- E
|) glioni, Baglioncello e Pietro de' Vibi fratelli dell'Abate riusci- E
INT rono a fuggire e furono tutti dichiarati ribelli e nemici della 3



patria. (8)

Più aperta ed aspra divampa allora la lotta tra il Pontefice, ir-
ritato e deluso nelle sue mire, e la città fiera e ribelle, gelosa della
sua libertà. Il Papa lanciò contro Pierugia la scomunica maggio-
re e la guerra non ebbe termine che nel novembre 1370 con la pace
stipulata a Bologna. Durante questo tempo di esilio non sappiarho
dove l’Abate Filippo di Montevibiano si sia rifugiato. Nulla vieta
però di pensare che molto tempo l’abbia trascorso nella sua Roc-
ca di Casalina, seguendo ed influenzando da lungi le trattative
lunghe e laboriose che condussero alla pace.

Fu in questo periodo che i Magistrati di Perugia per vendi-
carsi in qualche modo contro di lui conferirono all’Abate di Mar-





(8) PELLINI, L c, P. I pag. 1041.





LA ROCCA DI CASALINA E L'ABATE FILIPPO DI MONTEVIBIANO 61

sciano, partigiano dei Raspanti, l'Abbazia di S. Pietro di cui era
investito il Vibj, « ancorchè alla maggior parte degli uomini —
scrive il Pellini — paresse cosa ridicola e vana che i Priori con-
ferissero l'Abbazia, ma era tanta la corruzione di quei tempi e la
licenza che s'avevano presa i Perugini per la guerra che avevano
col Papa, che i laici non temevano di metter le mani nelle cose
sacre ». (9) Che se per l’assenza del Vibj da Perugia, fu pos-
sibile ai Magistrati di togliere a lui l’Abbazia di S. Pietro, non
riuscirono a togliergli la Rocca di Casalina per quanti tentativi
avessero fatto. (10).

In seguito alla pace di Bologna però l'Abate di Marsciano
fu costretto a rilasciare l'Abbazia di S. Pietro all'Abate Filippo, il
quale nel febbraio 1371 insieme con gli altri nobili banditi rientra
nella città, (11) baldanzoso e animato da propositi di vendetta
verso i Raspanti.

Nuovamente unitosi ai Baglioni e agli altri nobili trimpatria-
ti tentò di far sorgere nuovi tumulti, che però furono sopiti. (12)
Si adoperò parimenti con zelo, insieme ai nobili tornati al potere,
per far proscrivere e processare gran numero di Raspanti.
Grande era l’autorità di cui godeva in Perugia, autorità che
era andata aumentando dopo il suo ritorno dall'esilio, e grande
era pure la stima di cui era circondato. Lo stesso Pontefice, al-
lora Gregorio XI, il quale era stato discepolo del nostro Baldo,
mostrava aver fiducia e stima nell’Abate di Monte Vibiano, poichè
nel 3° anno del suo pontificato, cioè nel 1371, a dì 3 marzo
gli commise di esaminare il chierico perugino Niccolò di lilippo
di Ugolino Baglioni, e, riconosciutolo idoneo, gli diede facoltà di in-
vestirlo del beneficio di S. Biagio di Chiagina e della Chiesa di
S. Giovanni di Isola Vecchia (13) nella diocesi di Assisi. Ciò
che l'Abate eseguì con suo decreto del 5 maggio di quell’anno. (14).

Ma un uomo della tempra dell'Abate di Monte Vibiano con
l’autorità grande di cui godeva nella città, con il suo ascendente
sul partito dei nobili, con l’ingerenza ogni dì maggiore nelle fac-
cende politiche non poteva non destare ombra e sospetto nel

(9) ^ PELLINL Lc, P. I pag..1062.

(10) PELLINI, I. c., pag. 1061.

(11) Cron. del Graziani, I pag. 215.

(13) Così era chiamata Bastia nel contado di Assisi.
(12) PELLINI, I. c., pag. 1092.

(14) Memorie storiche del Monastero di S. Pietro, pag. 90.

























































































62 M. TIACC

governatore pontificio di Perugia, che era allora il famigerato
Abate di Monmaggiore. Costui cercó di allontanarlo da Perugia
mandandolo in missione dal Papa in Avignone. Ma a Pisa l'Abate
Filippo mori e fu voce comune che fosse morto per veleno fat-
togli propinare dall'Abate di Monmaggiore, desideroso «i libe-
rarsi di un pericoloso rivale. (15) i |

Il suo corpo, riportato a Perugia, fu con grande onore sepol-
to in S. Pietro, e fra le altre cose che si fecero per onorarlo fu-
ron suonate le campane che non erano state suonate per alcun
altro da quando in Perugia era cominciata la pestilenza. (15)

Dopo la morte dell’Abate Filippo di Montevibiano la Rocca
di Casalina rimase in possesso dei Monaci benedettini, o meglio
dell'Abate di S. Pietro. Fra succeduto a Filippo Francesco Gui-
dalotti, uomo facinoroso e violento chiamato in Perugia l’« abate
cattivo », il quale a differenza del suo predecessore, nobile e fiero
partigiano dei nobili, era raspante e nemico acerrimo dei nobili
e Beccherini. Nella città divampava sempre, più o meno violento il
fuoco della discordia e della lotta di parte, e all'Abate Guidalotti,
uno dei principali Raspanti, fu di grande utilità la Rocca di Ca-
salina, ove più volte si rifugiò, fuoruscito e perseguitato dai no-
bili che avevano il sopravvento.

E così nel 1390 essendovisi rifugiato insieme ad altri Raspan-
ti, i Magistrati di Perugia mandarono contro la Rocca di Casalina
un buon numero di fanti e cavalli. La Rocca ai 19 di giugno fu co-
stretta ad arrendersi e fu occupata dai Perugini che vi lasciaro-
no un presidio. (16)

. Tornata poi in mano del Guidalotti, sempre fuoruscito e ri-
belle, fu nel 1392 dal fiero e implacabile Pandolfo Baglioni, capo
del partito dei nobili, gravemente danneggiata, perchè l’Abate vi
aveva dato ricetto a Simone Guidalotti suo padre e ad altri tra
i principali Raspanti fuorusciti. (17).

Nel 1393 ha termine, con l’uccisione di Pandolfo Baglioni, il
governo dei Beccherini in Perugia. Rientrano i fuorusciti tra cui

(15) PELLINI, I. c., pag. 1135.
ALESSI - Elogi degli uomini illustri di Perugia, Ms. nell'Archivio della
Bibl. di Perugia - n. 1205 - pag. 248.
(16) PELLINI, Historia di Perugia, PIE: pag: 12;
GRAZIANI, Cronica, pag. 251
(17) PELLINI, Historia di Perugia, P. II pag. 31.







LA ROCCA DI CASALINA E L'ABATE FILIPPO DI MONTEVIBIANO 63



il Guidalotti che si adopera per far risarcire i danni subiti dal
Castello e dalla Rocca di Casalina durante la lotta fra nobili e
fuorusciti. (18)

Entra in questo tempo in scena nella storia di Perugia la
bella e nobile figura di Biordo Michelotti, capitano e governan-
te, amato da tutti così da essere chiamato padre della patria e
padre del popolo. Ma geloso della potenza ognora crescente di
Biordo era l'Abate Guidalotti il quale ordì la congiura per uc-
ciderlo. E il 10 marzo 1390 ebbe luogo la tragedia. Il popolo,
che adorava Biordo, alla notizia della sua uccisione insorse con-
tro gli assassini: quelli che potè prendere uccise, incendiò le
loro case e il monastero di S. Pietro, mentre l’Abate con alcuni
dei suoi, quanto più celermente potè, fuggì dalla città rifugiandosi
nella sua Rocca di Casalina quivi soltanto sentendosi sicuro.

Ma i Magistrati non contenti di aver distrutto le case dei
Guidalotti, di averli dichiarati ribelli e nemici della patria e di
aver messo una fortissima taglia sulla loro testa, ordinarono che
fosse rasa al suolo la Rocca di Casalina. Il che fu tosto ese-

guito. (19).
La distruzione, a soli 33 anni dalla sua costruzione della Roc-
ca — che fu in seguito ricostruita — spiega anche il fatto che la

pietra con l'iscrizione fattavi incidere dal Vibj, si trovi fuori del
suo posto e come smarrita.

MARIO TIACCI

(18) Annale 1394 fol. 35.
(19) PELLINI, I. c., P. II pag: 98, 120.











































L' ORATORIO DEI FILIPPINI DI SPELLO

Durante i lavori di demolizione del pavimento della ex Chie-
sa di S. Filippo, sull'angolo della piazza Vittorio Emanuele di
Spello, nella prima decade del maggio 1936, vennero rinvenute al-
cune salme, delle quali una in maniera particolare attrasse l'atten-
zione del popolo e delle autorità civili ed ecclesiastiche.

Sul fianco destro — in cornu evangelii — dall'altare, in una
robusta cassa d'olmo, perfettamente conservata nelle fiancate e nel
fondo e più logora nel coperchio, apparve la salma di un sacerdote
in uno stato di eccezionale conservazione, completamente ricoperto
delle vesti sacerdotali, con il rosario tra le mani e la berretta sul
capo ancora adorno di capelli.

Presso la cassa era poggiata una piccola lastra di pietra
con la seguente iscrizione:

f HIC IACET T
P. IOSEPH MODER GERnus
HVIVS CONGR. SACERDOS
QUI AETATIS SUAE AN. LVII
OBIT DIE VII FEBR.
MDCCLXXII.

Sul fianco sinistro, vicino alla finestra dell'orto, in altra cas-
sa si rinvennero due salme, anche esse discretamente conservate,
e giudicate di due suore; dispersi tra i calcinacci varii frammenti
di essa, poi riuniti in una terza cassa, che inducono ad ammettere
la presenza di altre due salme.

Il rinvenimento imprevisto di salme, il loro stato di conser-
vazione, il carattere sacerdotale o claustrale di cui apparvero insi-
gnite ed il luogo stesso destinato al loro riposo, che pur non
avendo affatto perduto l'impronta di Chiesa, non schiuse mai alla
generazione nostra i suoi battenti per le azioni e le affermazioni
della sacra liturgia cristiana, determinarono attorno a S. Filippo





L'ORATORIO DEI FILIPPINI DI SPELLO 65



un movimento notevole di pensone desiderose di conoscere perso-
naggi ed avvenimenti che con la stessa Chiesa di S. Filippo eb.
bero i loro rapporti.

Chi erano i defunti diseppelliti?

Quali relazioni ebbero con l'edificio che per tanti anni ne
custodi le spoglie?

Alla prima domanda è possibile rispondere in parte, sulla
scorta dei documenti, e primo fra tutti quello rinvenuto presso la
salma maggiormente conservata, che senz’altro definisce del
padre Giuseppe Moder, di nazionalità o almeno di origine ger-
manica. Questi fu sacerdote ed appartenne alla Congregazione
di S. Filippo. Neri di Spello, a cui donò parte considerevole del
suo patrimonio. Tanto risulta dalla raccolta di lettere, ricorsi,
ingiunzioni, inventarii, istrumenti riuniti in un volume dal titolo:
« Soppressione dei PP. Filippini di Spello » che trovasi nella Bi-
blioteca di Mons. Michele Faloci-Pulignani di Foligno, e dagli Atti
Capitolari dell’epoca di S. Maria Maggiore di Spello.

Il P. Moder — secondo i detti documenti — godette fama
di saggio amministratore meritandosi la fiducia del. Vescovo di
Spoleto, che gli affidó importanti incarichi amministrativi, e degli
stessi canonici di S. Maria, che nel Capitolo straordinario del
26 aprile 1759 lo incaricarono di rivedere tutta la gestione del
trascorso decennio e di compilare il nuovo prospetto contabile da
presentarsi all'autorità ecclesiastica diocesana.

Poco interesse storicamente hanno le due salme trovate in una
sola cassa e considerate di due suore; anzi, studiando la vita
alquanto movimentata della piccola comunità filippina di Spello
attraverso il carteggio esistente nell'Archivio Parrocchiale di S.
Maria, si ha motivo di supporre che le due salme abbiano tro-
vato altrove la primitiva destinazione sepolcrale, e solo posterior-
mente al ritiro dei pp. Filippini siano state trasferite — e forse
contemporaneamente unite in una sola cassa — sotto il pavimen-
to di S. Filippo.

Meritano invece una particolare menzione ed attenzione i fram.
menti delle altre due salme per le quali la crudeltà del tempo e la
trascuratezza degli uomini hanno congiurato, nascondendone ogni
traccia di rinomanza. Nondimeno a diradare il mistero che le av-
volge è quanto mai opportuno riferire la notizia seguente:

«Don Giustiniano Cambi fondò la Congregazione di S. Fi-
«lippo Neri di Spello donandogli molto del suo nell’anno 1640,































































66 ] L. POMPONI

il di 6 marzo per rogito di Battista Pucci, C. 19 a t, C. 110
a t.?; e nel 1643 il 16 novembre per rogito del Giacomini, C. 548.

Mori nel 1655, il di 31 gennaio e fu sepolto nell'Oratorio di
S. Filippo (ex lib. mortuorum S. Maria f. 60 a t.9) ».

Nel 1625 a proprie spese restauró ed abbelli la chiesa di S.
Ventura rovinata affatto dai soldati (cfr. le Cronache dell'Olorini).

Questa notizia trascritta dalla Raccolta dell'abate Ferdinando
Passerini sulle armi e descrizioni delle antiche famiglie di Spel-
lo, compilata nel 1721, lascia supporre che una parte di quei resti
mortali — essendo gli altri tutti proprii di una donna — apparten-
ne al fondatore dell'istituzione filippina di Spello, figlio di una
nobile famiglia oggi estinta ma di cui lo stemma figura nella
volta del gabinetto del Podestà.

Dall’esame dei documenti accennati e di altri che potranno
venire in luce, forse non sarà difficile ricostruire nelle sue linee
maestre e nei dettagli la figura morale e le benemerenze del
P. Cambi. Per l'altra salma possiamo rilevare dagli Atti Capit.
di S. Maria (Anno 1831, pag. 310): « Nella circostanza che mori
nel Conservatorio delle cosi denominate Oblate Filippine (Orso-
line?) una certa Suor Maria Crocifissa, la b. m. di Mons. Luc-
chesi volle che le si facessero i funerali e fosse sepolta nella Chie-
sa di S. Filippo ».

Mettendo da parte ogni ricerca storica relativa agli altri resti,
occorre ricordare le benemerenze di Don Giustiniano Cambi e
del padre Giuseppe Moder, mecenati di una istituzione religiosa
che svolse attività spirituale intensa a pro’ del popolo di Spello.

Rivive il loro mecenatismo nel patrimonio del Collegio Rosi.

Ed ora uno sguardo storico all’edificio di S. Filippo. Quello
che comunemente si chiama S. Filippo risponde ad un ex oratorio
sovrapposto ad altra chiesa, ridotta da vario tempo ad uso di
magazzino; ambedue costituirono l’antica chiesa di S. Rufino
che venne eretta nel periodo stesso delle altre chiese monumen-
tali di Spello — S. Maria, S. Andrea, S. Lorenzo, S. Severino,
S. Claudio — e come esse si trovava sotto la giurisdizione del Mo-
nastero di S. Silvestro di Collepino, secondo gli Annali Camal-
dolesi, fin dal 1025.

Lo stile classico delle consorelle che nonostante le devasta-
zioni ed i rifacimenti posteriori affermano ancora una fecondità
artistico di prim’ordine, lascia supporre che la chiesa di S. Ru-













L'ORATORIO DEI FILIPPINI DI SPELLO 67



fino se non superiore almeno fosse alla pari dal punto di vista
architettonico.

Quando il Papa Pio IV nel 1564 (Bollario N. 13, Arch. di S.
Maria) l'uni in perpetuo al Capitolo di S. Maria Maggiore, i Ca,
nonici, che si dimostrarono subito soddisfatti e grati del dono rice-
vuto, la tennero sempre come beniamina tra le Chiese filiali.

Risulta poi da un pro memoria del Tribunale Ecclesiastico
di Spoleto redatto il 30 gennaio 1716 (v. Scritture varie etc. .
pagina 67 e segg. dell’Arch. di S. Maria) che il Capitolo ed
i Canonici della Collegiata cedettero alla Confraternita laicale di
S. Rocco di Spello l’uso della chiesa filiale dedicata a S. Rufino,
posta sopra l’altra chiesa dedicata allo stesso santo già fati-
scente e profanata...... sod concesserunt Confraternitati Lai-
cali Sancti Rochi dictae terrae quandam Ecclesiam filialem eiu-
sdem Collegiatae sub invocatione Sancti Ruffini tunc temporis
dirutam et profanatam quam. dicti Canonici sibi reseroarunt...».

Nell'istrumento di concessione redatto il 24 aprile 1610 sono
specificate le condizioni e le riserve del.Capitolo per quanto si
riferiva alla manutenzione, ai lavori di abbellimento e di restau-
ro, al premio annuale per la ricognizione di dominio della Chiesa
superiore, avente tra gli oneri l'offerta annua di una libbra di
cera bianca nel giorno dell'Assunta, con la riserva assoluta della
Chiesa sotterranea per il Capitolo, dovendo in essa soddisfare set-
timanalmente gli oneri di una Cappellania dedicata a S. Sebastiano.

Si era ormai in piena attuazione dei deliberati del Concilio
"Tridentino. Dai Seminari alle congregazioni religiose, dalle con-
fraternite laicali agli istituti di beneficenza, di assistenza e di
formazione morale e spirituale, tutto convergeva — in una specie
di crociata — al rinvigorimento della vita cristiana del popolo.
Tra le molto provvidenziali istituzioni si andava affermando me-
ravigliosamente nell’Italia — sopratutto nell’Italia Centrale — l’O-
ratorio di S. Filippo Neri, l'apostolo di Roma, il babbo buono del-
la gioventù da lui tanto ricercata e prediletta. Dovunque gli Ora-
toriani aprivano case venendo incontro alle nuove esigenze dei
tempi e dovunque era valorizzata la loro operosità.

Anche Spello — popolazione e clero — subì il fascino irresisti-
bile della istituzione filippina. La sentì nella vocazione di molti
e preziosi elementi che dettero il proprio nome alla Congregazione
divenendo oratoriani; la sentì più ampiamente e fecondamente in
appresso, quando il nobile spellano Don Giustiniano Cambi, ab-


















































68 L. POMPONI

bracciata la Congregazione di S. Filippo, volle arricchire la patria
sua di un oratorio e per esso donó porzione notevolissima del
suo patrimonio familiare.

Quando si volle attuare il suo progetto e quindi si passò alla
scelta dell’edificio che meglio rispondesse allo scopo, la Chiesa di.
S. Ruffino venne riconosciuta la più adatta. I confratelli della
Fraternità di S. Rocco non solo non massero opposizione alla ri-
chiesta della loro Chiesa che avevano ricevuto in uso perpetuo, ma
ispirati dal bene delle anime la misero subito a disposizione degli
Oratoriani (cuius erectio pro salute animarum tunc temporis pro-
mota fuerat in dicta terra Hispelli.. Doc. cit.). Ed i Canonici di
S. Maria nell'adunanza eapitolare del 29 settembre 1640 stabilirono
senz'altro di concedere la Chiesa di S. Ruffino alle stesse condi-
zioni e patti convenuti con i confratri di S. Rocco, giustificando
così la deliberazione: |

« Il Priore di S. Maria Maggiore di Spello pregato da molte de-
vote persone, che desiderano in essa patria bene spirituale ed aug-
mento del culto divino, propone ed esorta li suoi Sigg. Canonici a
voler permettere che li PP. della Congregazione del B. Filippo
Neri possino pigliare il luogo della Chiesa di S. Ruffino con li
medesimi patti, convenzioni, che fu concessa già alli fratelli di San
Rocco, poichè anche essi accedono a tale beneficio, con riserva di
tutte le ragioni et azziuoni che competono a favore del Capitolo di
S. Maria... ».

Mentre in un primo tempo il Capitolo di S. Maria si era
riserbato il pieno diritto e l’assoluto, uso della Chiesa inferiore,
poi, considerandola ridotta in uno stato indecente e non più offi-
ciabile..... (profanata et redacta ad usum stabuli....), nel 1654 si
decise a cederla agli stessi Filippini.

Questi immediatamente fecero, i restauri necessari, riducen-
dola in ottime condizioni tanto da poter consentire ai Cappellani
pro tempore del Beneficio di S. Sebastiano ed al Capitolo di
S. Maria di poter riattivare l’esercizio delle loro funzioni litur-
giche, che avevano dovuto sospendere per le deplorevoli .condi-
zioni dell’edificio.

I PP. Filippini assicuratisi così un ambiente adatto allo svol-
gimento delle loro attività, nel raccoglimento, nella preghiera e
nelle opere di zelo tutte proprie delle loro tradizioni e costitu-
zioni iniziarono un periodo aureo con reciproca soddisfazione del
clero e del popolo.







L'ORATORIO DEI FILIPPINI DI SPELLO 69

Dicendo iniziarono intendo riferirmi ad un lungo ed incontra-
stato periodo di fervore spirituale di cui fu tutto pervaso l'am-
biente di S. Filippo, senza punto nascondere o dimenticare le
benemerenze acquisite nei 14 anni precedenti, quando per le loro
pie iniziative, specialmente per l'opera degli Esercizi Spirituali,
erano riusciti ad ottenere ripetutamente notevoli concessioni dal

Capitolo di S. Maria (Vedi Atti Capit.).

I primi dissensi tra i PP. di S. Filippo, concessionarii, ed

i Canonici di S. Maria, proprietarii della Chiesa, cominciarono a
verificarsi dopo il 1680. I Filippini domandavano ai canonici di
essere reintegrati delle eccedenze strapagate per il canone annuo;
i Canonici alla loro volta denunciavano i padri di aver violato i
patti ripetutamente convenuti e sottoscritti con atti notarili. Se
si volesse esaminare o giudicare lo stato della questione nei sin-
goli punti controversi, con la nostra. mentalità, si finirebbe per
attribuire ad ambo le parti una scarsa percezione degli impegni
assunti e dei diritti acquisiti, tanto futili appaiono oggi i motivi di
dissenso. Ma alla fine del secolo XVII come in arte cosi nella vita
nei piccoli centri ogni esagerazione sembrava ammissibile e giu-
stificata, e nella vertenza protrattasi per oltre due anni a nulla ap-
prodarono gli inviti alla concordia e le proposte di mediazione
dell'Abate Angelini, del Governatore di Spello e del Vicario Ge-
nerale di Spoleto; soltanto il Cardinale Cavallerini nel 1686 con
una sentenza favorevole ai PP. Filippini riusci a tacitare le parti
in contesa. Ma il decreto del Cardinal Cavallerini a motivo del.
la sua discutibile imparzialità segnó appena una tregua; dopo ap-
pena due anni i dissensi si riaccesero e proseguirono più 0 me-
no vivacemente fino al 1715, risolvendosi în una sentenza di tran-
sazione.

Sembra che i Filippini nello svolgimento delle loro iniziative
non si contenessero più nei limiti stabiliti dall’istrumento di con-
cessione, ma volessero invadere il campo delle attività proprie delle
Collegiate e delle Parrocchie fino a gradatamente sostituirle.

Perciò le controversie di cui si trova traccia negli Atti Ca-
pitolari del 1698 e negli Atti dal 1710 al 1715. I Filippini preten-
devano il nulla osta per costruire le sepolture nell’oratorio per
tumularvi arbitrariamente chiunque avessero voluto; e siccome i
Canonici si dichiararono recisamente avversi a questa innovazione,
ne fecero oggetto di esame al vescovo Lascaris nella visita. pasto-
rale del 1713, ottenendone soltanto il permesso di seppellirvi i
























































70 L. POMPONI

membri della loro Congregazione con esclusione assoluta di estra-
nei e con minaccia di severe penalità ai trasgressori della sua
deliberazione.

In rapporti più o meno tesi tra i dirigenti l’Oratorio ed i
Canonici di S. Maria, l’istituzione filippina prosegue a svolgere
la sua azione benefica fino al 1772. In quest'anno i dissensi tor-
nano ad acutizzarsi con esito quanto mai disastroso; ed all'esito
disastroso contribuirono senza dubbio due avvenimenti verifica-
tisi all’inizio e nel decorso dell’anno: la morte del P. Giuseppe
Moder avvenuta il 7 febbraio, ed il Motu proprio di Clemente XIV
che in data 20 aprile smembrava Spello dalla Diocesi di Spoleto
per unirla alla Diocesi di Foligno.

Dagli Atti Capitolari di S. Maria, 15 febbraio 1772 — otto
giorni dopo il decesso del P. Moder — rilevo quanto segue:
« Si legge supplica umiliata alla Santità di Nostro Signore dal P.
Bernardino Bartocci e P. Vincenzo Accorimboni soggetti che com-
pongono presentemente solamente questa Congregazione dell’Ora-
torio di S. Filippo Neri: siccome in essa supplica si lede il di-
retto dominio e la giurisdizione che il nostro capitolo ha non
tanto nelle due chiese che ora si godono da detti padri, ma ancora
per le altre convenzioni, leggi e patti che si contengono nelli Istro-
menti di concessione di ambedue le dette Chiese oltre le sentenzè
confermatorie che questo Capitolo ha ricevute nel tribunale dell’A.
C.; e siccome la suddetta supplica la Santità di Nostro Signore
si è degnata rimetterla alla S. C. dei Vescovi e Regolari, con la
condizione auditis primis omnibus interesse habentibus, e dalla S.
Congregazione essendo stata rimessa a Mons. Ill. Vescovo di Spo-
leto, ed il medesimo a questo Capitolo perchè deduca le sue ra-
gioni circa le pretenzioni di detti Padri; si deputano pertanto i si-
gnori can.? Tomassi e sig. can.? Zampetti ad effetto che solle-
citamente si deduchino a notizia le ragioni che ha questo nostro
Capitolo per escludere le ideali pretensioni di detti Padri; e per-
ché maggiormente le nostre ragioni siano ben considerate. ed ab-
biano ad avere il loro pieno vigore, oltre il trasmetterle a Sua Si-
gnoria Ill.ma e Rev.ma in Spoleto, farle ancora rappresentare alla
S. Congregazione per mezzo di un agente in Roma, quando però
questo venga approvato da questo nostro pieno capitolo. Et a viva
voce venne confermato da questo nostro pieno capitolo a detti
Sig.ri Deputati, che doveran fare tal fatto di ragioni, avranno anco
lincombenza di spedirle in Roma a persona che agisca in detta









L'ORATORIO DEI FILIPPINI DI SPELLO 44

Sacra Congregazione ed anco far vedere detta supplica alli due
altri Parochi dell'insigne Collegiata di S. Lorenzo e S. Andrea,
parendo il Jus sepeliendi possa interessare ancora tutte tre queste
nostre cure ». .

L'intonazione del verbale che abbiamo riportato rivela che
allo spirito di invadenza e di autonomia da cui erano dominati i
Padri dell'Oratorio, il Capitolo di S. Maria rispondeva con una
levata di scudi vera e propria, mettendo in azione tutte le risorse
di cui poteva disporre nellambiente locale, presso i superiori ge-
rarchici di Spoleto e presso la S. Congregazione.

Come ordinariamente avviene nell’acutizzarsi degli attriti, i
Canonici di S. Maria avevano perduta la calma; nè valsero a
farla tornare le ripetute insistenze degli Oratoriani, appellatisi ad
una commissione arbitrale che dirimesse la vertenza e patrocinasse
la proposta di fabbricarsi a proprie spese un nuovo Oratorio a
fianco di S. Ruffino, giustamente desiderosi di conservarsi una
posizione che era costata ai loro padri tanto dispendio e tanta
lavoro, e costituiva per il popolo di Spello un’oasi di pietà cristiana.

iIMa gli elementi più equilibrati e più atti a suggerire sensi
di moderazione, purtroppo erano venuti a mancare: il P. Moden
era morto il 7 febbraio — ed il P. Moder, come si è pure accen-
nato, aveva goduto grande stima nel Capitolo di S. Maria —; la
Curia Vescovile di Spoleto che in precedenza si era ripetutamen-
te.adoperata per smussare le angolosità di ambo le parti, aveva
ormai cessato di funzionare, essendo il territorio. di Spello in-
corporato alla Diocesi di Foligno; e le considerazioni di carattere
superiore che avrebbero dovuto dominare in questa divergenza
— il bene spirituale delle anime e la gloria di Dio — non vennero
prospettate o vennero prospettate troppo tardi, quando già il Bre-
ve di soppressione dei Filippini di Spello era in atto, col passaggio
dei beni dell’Oratorio alla Mensa Vescovile di Foligno.

E l’atteggiamento del Vescovo di Foligno, Mons. Mario Maf-
fei? Forse fu un atteggiamento più diplomatico che pastorale. Gli
tumori del Clero di Spello, passato proprio in quei giorni sotto la
sua giurisdizione, per quanto apparentemente calmi e disciplinati
ai provvedimenti venuti dall’alto, di fatto denotavano qualche ir-
requietezza, o per meglio dire freddezza.

Con senso diplomatico Mons. Maffei immaginò che sposan-
do in pieno la causa del clero secolare di Spello e dandogli la
soddisfazione lungamente agognata, avrebbe potuto guadagnare sti-








































































(2 L. POMPONI

ma e benevolenza, procacciarsi quasi un titolo di benemerenza nei
confronti dei suoi nuovi figli spirituali; e fini quindi per avallare
la soppressione dell'oratorio, ma... all'Oratorio spiacente e ai ne-
mici sui...

Infatti, appena pervenuta la notizia della soppressione, tutti
i Canonici di S. Maria, anche quelli non tenuti d'ordinario ad
intervenire, si adunarono in capitolo straordinario il 21 Agosto
11(2 e presero questa deliberazione:

« E' a notizia di tutti noi capitolari che l'Oratorio, o sia Con-
gregazione di S. Filippo Neri é stata soppressa, ed unita alla
Mensa Vescovile di Foligno, e si sa altresi, che le Chiese superiore
ed inferiore di quello sono di diretto dominio di questa nostra
Collegiata, perché concessene ad uso alli Padri pro tempore di detta
Congregazione con condizione peró, che qualora rimanesse quella
soppressa, dovesse con li suoi miglioramenti ritornare a questa
nostra Collegiata; quindi é che essendo questo un diritto da difen-
dersi ed una ragione da sostenersi, per esser sicuri in coscienza
noi tutti capitolari presenti e come ecclesiastici avere in vista la
maggior gloria di Dio ed il vantaggio spirituale delle anime,
a' quali era pure di sussidio la frequenza delle Benedizioni del
SS.mo Sagramento in ogni giorno di festa come che comodissi-
ma a tutti per esser detta Chiesa situata nella pubblica piazza
che rimane nel mezzo del luogo a cui vanno necessitati li stessi
Priori a prestare atti di religione, ed in particolare nella settimana
di Sessagesima, nel qual tempo tutti aveano la sorte di essere
ritardati dalli clamori carnevaleschi; come di piü il commodo che
si avea dell'Orazione Mentale in ogni sera, istruzione ai fanciul-
li e adulti nelli rudimenti della S. Fede, in sussidio dei Parro-
chi, cosi si propone se pare in vigore della presente proposta de-
putare due dei Sigg. Canonici ad effetto si portino da Mons,
Mario Maffei, faccino del nostro diritto ad esso convenienza, fa-
cendole costare quelle ragioni che ha su ciò il nostro Capitolo, rap-
presentarli i clumori del popolo, e il disvantaggio spirituale, e
molto più nei tempi avvenire per mancanza di tal Chiesa; e per
tale effetto si deputano i sig.ri canonici Leandro Poccenti e Gio.
Domenico Tomassi dandoli per tale effetto piena facoltà a nome
di tutto il capitolo poter fare qualunque atto o ricorso che sarà
di ragione per il mantenimento non solo di detti diritti, ma ancora
per quiete di tutto il popolo ».

Tardivo ed inefficace si levava da parte del Capitolo di S.

















L'ORATORIO DEI FILIPPINI DI SPELLO 73



Maria il riconoscimento delle benemerenze filippine, quando già
le meschine divergenze personali — tutte proprie dei piccoli cen-
tri — si erano trasferite in altro campo, e di esse si erano inve-
stite le supreme autorità ecclesiastiche.

Per quanto nel 1777 si nutrissero. buone speranze sulla rein-
tegrazione della Congregazione dell’Oratorio (Atti capit., 11 Ago-
sto 1777, pag. 275) e venisse elaborato un istrumento di concor-
dia, poco appresso con l’autorizzazione della Santa Sede si ve-
rificava il passaggio dell’Oratorio dai PP. Filippini ai PP. Liguo-
rini, senza nemmeno aver interpellato il Capitolo di S. Maria che
ab immemorabili aveva vantato ed affermato il suo pieno diritto
sui locali (12 Febbraio 1779, istrumento P. Palcani).

Tale nuovo modo di procedere, che in un primo tempo parve
semplice omissione da potersi giustificare col risentimento e di-
sorientamento del popolo che si era rammaricato per la soppres.
sione della benemerita istituzione filippina, successivamente fu
compreso nel suo giusto valore dai canonici che a malincuore do-
vettero considerarsi eliminati per sempre da ogni ingerenza am-
ministrativa nei riguardi dei locali di S. Filippo.

Il 7 Dicembre 1781 Pio VI concede il pio luogo ai P.P.
Redentoristi; il 4 Giugno 1820 Pio VII lo consegna al Seminario
Collegio Felice, ed il 31 Gennaio 1822 alle Suore Orsoline. Alla
partenza di queste ultime (v. Atti Capit., 13 Novembre 1834) i
Canonici di S. Maria lo reclamano facendo appello alla loro an-
tica giurisdizione sui detti locali, ma la loro voce è divenuta or-
mai fioca e non trova altra risonanza che quella dell’aula capi-
tolare.

Ogni recriminazione era per riuscire inefficace.

Parve occasione propizia per tentare una rivendicazione la
visita pastorale del Vescovo Diocesano Mons. Nicola Belletti nel
1847. Una Commissione di Canonici formulò un pro-memoria, do-
cumentandolo con tutto il materiale storico desunto dall'Archivio
della Collegiata e dall’Archivio Notarile. Ma il Vescovo, consta-
tando che in precedenza sulla questione si era pronunciata la Sa-
cra Congregazione, volle che ancora una volta essa ne fosse in-
vestita; e la sentenza non modificò il fatto compiuto.

Unico e magro conforto dopo tanti contrasti e tante delusioni,
ed ultimo ricordo della giurisdizione esercitata dalla Collegiata
di S. Maria Maggiore sulla Chiesa di S. Filippo o S. Ruffino,
rimane un appunto di cronaca del 14 Settembre 1851 (vedi Mi-













74 L. POMPONI

i

x

scellanea del Priore): è la memoria di una festa del S. Cuore
di Maria, terminata con la processione a cui partecipò il « solo
Rev.mo Capitolo nell’Insigne Collegiata di S. Maria, che innalzò
la sua Croce processionale, ed in segno di giurisdizione si recà
a detta Chiesa di S. Filippo — cui apparteneva l’Immagine -— co-
me filiale. II Vescovo Mons. Nicola Belletti seguiva l’Imagine ».

Con quella data la parabola luminosa dell’Oratorio Filippino
di Spello può considerarsi conclusa per sempre.

Gli avvenimenti posteriori non solo ostacolarono la sua ri-
nascita, ma ridussero lo stesso edificio ad un isolamento sempre
più estraneo alla vita spirituale cittadina, fino a privarlo di ogni
carattere sacro.

DON LUIGI POMPONI









CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI
(Continuazione vedi vol. XXXIII, pag. 88 e segg.)

1801
GENNAIO:

A di 1. Furono dimessi dalle Carceri della Fortezza due detenuti: Lu-
dovico Perna e il Dr. Silvestro Bruschi, col patto di star ritirati in casa.

A di 2. Giunse Spedito a Monsigr Rivarola da Passignano per avvi-
sarlo essere comparsa colà una persona di Cavalleria Francese venuta d'Arez-
zo ed ivi residente.

A di 3. Si seppe che si presentarono di notte in S. Enea dal Parroca
5 malviventi sotto specie di Corte, ed entrati avendo bendati il Parroco &
tutti i domestici lo derubarono per somma di circa scudi 300 in robe e de-
nari. Che a Pontenuovo, da diversi assassini fu gittato nel Tevere un Mer-
ciaro diretto a Deruta.

A di 6. Si seppe che i Francesi erano di nuovo tornati ad occupar
Verona.

A dì 8. Comparve un Distaccamento d’Armata Austro-Toscana.

A dì 10. Fu frustato un vagabondo per aver inveito contro il governo
pontificio e proferite alcune bestemmie ereticali.

A di 12. Editto Pontificio ch'esprimeva il metodo da tenersi in tutto
lo stato Pontificio all’arrivo de’ Forestieri.

Si presentarono di notte agli Amministratori pubblici diversi Offiziali
Toscani, che con minacce pretendevano all’istante quantità di letti e generi per
l'Armata: ma nulla ottennero.

A dì 13. Si ebbe notizia che 6 mila napoletani si trovavano nelle vici-
nanze di Siena, fin dal di 9: che il General in Capite dell’Armata Francese
Moreau era vicino a Vienna.

A di 16. Si seppe che i Cisalpini erano entrati fin dal dì 11 in Pesaro.

Nel dì 15 seguirono delle ostilità tra Francesi e napoletani nelle vici
nanze di Siena; e nel 18 giunsero diversi picchetti dell’Armata napoletana
con carri di feriti.

A dì 19. Di notte si commisero varj latrocinj in diverse case non ostan-
te le vigilanti pattuglie che giravano.

A di 20. Venne da Città della Pieve una porsione di Cavalleria Napo-
letana in n. di 60 Usseri ben montati e 700 di Infanteria con la Banda.

A di 21. Un rivendugliola prese tutte le cose sue preziose consistenti















































TO E. RICCI

in 5 fila di perle e diversi anelli e si gettò ne’ Buttinelli (1) e fini i suoi
giorni così.

Per un mese intero non si ebbero mai lettere dalla Toscana, ed oggi si
sono ricevute.

A di 23. Si seppe che fin dal 19 era stato fatto pubblicare dal S.
P. il Giubileo.

A di 24. Parti l'Armata Toscana e Napoletana di qua; la prima ac-
quartierata fin dal di 8, e la 22 dal dì 20 del corr.te.

A dì 27. Si ricevè nuova della proroga dell’Armistizio concordato fra
le Armate Imperiale e Francese il giorno dopo la Battaglia di Marengo,
seguita li 13 giugno 1800; che in Firenze fin dal 23 avea fatto ingresso
una mezza divisione dell’armata di osservaz. comandata da Murat.

A dì 30. Si seppe che era entrato il Genl. Francsee Berthier in Ancona
con poderosa Armata e se n’ebbe il Proclama.

A dì 31, Monsig.r Rivarola spedì verso Cortona per sapere se i Francesi
si movevano per venire in Città.

FEBBRAIO:

A dì 1. Essendo rimasta invasa la Toscana dai Francesi fino da dopa
la metà di 8bre 1800, ed essendosi procurato di farla evacuare e dagli Are-
tini e parte da’ Tedeschi e Napoletani, nel mese scorso questi si videro re
trocedere insieme co’ Tedeschi ed Aretini e nel dopo pranzo giunsero dua
Commissarj, dirigendosi a Monsr Rivarola, Governatore, che dovessero te-
nersi in ordine 12 mila razioni e 3 mila foraggi per le Truppe che doveano
andare in Ancona a prender possesso della Città e Cittadella, secondo le
convenzioni fatte in Campo Formio, quantunque vi fosse pace tra Pio VII
e la Repubblica Francese. Il Delegato convocò i Governanti e communicò
loro l'ordine acció tutto si preparasse.

A di 2. Giunsero alcuni Cisalpini e Francesi per far tenere in ordine
il bisognevole per la Truppa che dovea passare. I Giacobini o partitanti
francesi si rallegrarono pensando che venissero i Francesi per impadronirsi
nuovamente della Città. ;

A di 3. Giunse in diverse ore della Cavalleria e Fanteria. Alle ore
21 giunse altra porzione con la Banda e venendo in piazza ‘i partitanti
e giacobini gittarono i cappelli in aria e facevano evviva i Francesi. Nel-
la mattina Berthier, fratello del Gen.le francese, mandò un avviso al Pub-
blico, significando che i Francesi erano di passaggio; che vi era pace col
Papa e che perciò niuno disturbasse la pace, altrimenti sarebbe stato ca-
stigato. A tale avviso i Giacobini rimasero sturbati.

Oggi alcuni Patriotti hanno malamente concio con pugni e calci certo
Bartoccini, fratello di. Cesare Bartoccini patriotta; per essere realista e con-
trario a’ Francesi, e servì contro li patriotti in qualità di Caporale, e nella
notte sono stati quelli arrestati con alcuni altri, che gridarono in piazza:
Viva la Libertà; Viva la Repubblica.

(1) Con questo nome si indica il dirupo che verso levante formano le
colline su cui sorge Perugia.


































CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI "tt



A di 4. Partirono i Francesi venuti ieri, e ne sono giunti altri col Gen.le
Murat, cognato di Napoleone Po. Console. Ì francesi vanno con altri prin-
cipj diversi da quei di prima.

A di 5. Partiti tutti i Francesi venuti ieri. Mons. Delegato Rivarola
pubblicò una notificazione, con cui si rendea consapevole ib pubblico avere
egli ricevuto l'ampla facoltà dal Genle Murat di far arrestare e punire
in sua assenza qualunque delinquente, eccettuati quelli per opinione politica.
Giunse nella sera il Gene Berthier venuto da F oligno. Mori in età di anm
64 Don Alfonso Nieto, ex Gesuita spagnuolo, e nel di 6 fu fatto il fune-
rale nella Compagnia della Morte.

A di 6. Giunse altra divisione di Francesi a Firenze.

A di 8. La povera gente pate molto per non poter trovare pane, com4
prandone molto i Francesi che vendono le loro razioni al corpo mastro
per far biscotto. Ve ne sono molti ladri, molti non vogliono pagare o quan-
to a lor piace. Non partendo i Francesi e trattenendosi, sono di aggravio
alle case dove sono alloggiati, dovendosi dar letto e' tavola. La Deputazione
ha ordinato, che dopo il dì 10, niuno sia obbligato a dar tavola, ma let-
to, lume e fuoco.

A dì 6. Seguì il trattato di pace in Luneville, fra l’Imperator d’Au-
stria e la Repubblica Francese, e ne vennero di poi gli articoli stampati.

Nel dì 8. Giunsero in Roma i due Generali ‘Francesi, Murat e Berthier.

A di 9. Parti da Roma tutta la truppa napoletana acquartieratà in que-
sta capitale fin dal settembre 1799.

A. dì 10. Fu affisso l'editto del delegato, emanato a nome del Genle
Murat, che esprimeva il Decreto che gli Uffiziali francesi non potessero
prendere in avvenire dalle case, ove abitavano, altro che il fuoco, letto,
e lume. ì
A di 11. Fu trovata una grossa neve caduta la notte ed altra seguia
a caderne nel giorno. Venne nuova ministeriale della resa di Mantova alld
armi Francesi: l’Uffizialità fecero imbandire alla Corona pranzo di parata
di contribuzione e vi intervennero anche i due Generali. Í

A di 16. Marciarono verso Gubbio 200 di cavalleria, perchè opposti
si erano i Gubbini alla contribuzione di biade e fieni per l'Armata qui
acquartierata.

A di 18. Fu pubblicato l’Editto del Delegato, dove per la 32 volta
s’intimava a' Forastieri di partire in termine di tre giorni.

Si seppe prorogato l'Armistizio fino al futuro aprile.

A dì 19. Marciarono verso Todi due Battaglioni Francesi.

A. dì 21. Una Zitella del Conservatorio Benincasa si gettò in una pro-
fonda cisterna ove morì.

Fecero ritorno da Todi i due battaglioni andativi per essere stato il
Governatore insultato da diversi Uffiziali, perchè si era opposto ad alcune
loro pretenzioni. Ritornò, ancora da Gubbio la Cavalleria inviata fin dal 16.

A dì 22, domenica prima di Quaresima. Per essere mancato il Predicatore
incominciò a predicare un Filippino. i

A dì 23. Si seppe che i due Generali Francesi Murat e Berthier, che
erano giunti fin dal dì 8, avevano avuto varie conferenze dal S. Padre.






























































18 E. RICCI

A dì 24. Furono moachettati due Granatieri e un cacciatore, francesi,
per varj furti fatti ai loro uffiziali.

A di 26. La pagnotta di once 6 che costava bajocchi 1 e mezzo,
il bruno è calato un mezzo bajocco per cacchiata, e

fu cre-

sciuta a bajocchi due;
Polio a bajocchi 15 la libbra.

A di 28. Marció per la Toscana tutto il Reggimento de’ Granatieri €
nella sera giunse un Battaglione di cacciatori da Foligno. Tra un mese pen
la pace fatta debbono partire dall’Italia i Francesi.

MARZO:

In quest'anno la Francia ha fatto varj trattati di pace. Gli Stati Uniti di
America hanno in ciò preceduto le Potenze Europee.

A dì 1. Vi erano in Firenze circa 13 mila Francesi e più Gen.li che per
la pace conchiusa in Luneville insieme con i Toscani gioivamo, e a loro istanza
si cantò la Messa di ringraziamento col Te Deum da Monsig. Arcivescovo.

Partirono i Francesi e nella sera altri ne giunsero.

Nel di 2. Non sono partiti quei di jeri in n.° di 800, si dice che rimar4

ranno per giorni.
Alla città mancarono circa quattromila rubbia di grano per causa del

passaggio delle Truppe, © da passare. Il grano condotto qua costò poco meno
di scudi 40 il rubbio. Fino ad ora la Città ha scapitato circa 50 mila scudi.
Le miserie furono grandi e venivano in Città anche i contadini, che non ave-
vano che mangiare.

A di 4. Giunse dalla Toscana un picchett
riaggi di munizione e panbiscotto.

A dì 5. Si portò il Delegato Rivarola dal Comandante Francese per sa-
pere quando sarebbe rimasta libera la Città dalle armate e rispose che aspet-
tava l'avviso da Murat.

A di 6. Per la risposta suddetta inconcludente il Delegato convocó un
dove fu risoluto di imporre per una sol volta una tenue
idente di bajocchi 30 per 100 per i foraggi per

o di Dragoni con diversi ca-

consiglio generale,
contribuzione a ciascun poss
PArmate francesi.

Dal S. Padre fu ricevuta i
Libano rappresentante la Madonna di
francesi derubata e trasportata a Parigi
dal medesimo rimandata al S. P. Pio VII.

A dì 7. Per listruzioni avute dal Gov
tutti i Parrochi l'avviso che si trasmettesse a
Pii esistenti nelle respettive parrocchie, il loro an
e il numero degli individui. 4

A di 9. Parti uno squadrone di Francesi con carri di malati.

A di 12. Sono partiti tutti i Francesi. Hanno lasciata l'artiglieria, ed
il biscotto in mano del Comandante Giovio.

A dì 13. Vennero d'Ancona 50 di Cavalleria francese per andare in To-

n consegna l'antichissima *statua di Cedro del
Loreto, d'onde fin dal 1197 erasi da’
da Napoleone Bonaparte, ed ora

erno Pontificio il Vescovo inviò a
1 più presto la nota de’ luoghi
nuo fruttato, i pesi annessi

scana.
Nel di 14 il S. P. fece distribuire in Roma l'elemosina di 2000 essendo
PAnniversario della sua elezione al Pontificato.

2 A dì 15. E’ partita la Truppa francese venuta ieri e l’altro ieri per la



TT —Ó—RÀ



























CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI . 79

Toscana ed ha portato via l’Artiglieria con molti carri e pochi ne riman*
gono non trasportati per mancanza di cavalli. In Duomo l’elemosina per il
Purgatorio è stata fatta nella somma di scudi 76.34. Allo spedale, nella Do-
menica scorsa, scudi 10 e baj.....

A dì 17. Venne un Commissario Francese di sera ad avvisare che tor-
nava indietro la Truppa Francese.

A dì 18. Furono preparate 700 razioni per 700 di truppa venuta ad al-
loggiare in S. Francesco, e portò varj carri di Biscotto. Si è trovato il Grano
per le Maremme al prezzo di scudi 45 il rubbio senza considerare il porto.

A di 19. Fu pubblicato un Editto Pontificio di pagare in termine di
giorni 10 uno straordinario Dazio di scudi 3 per migliaro.

A di 20. Venne un battaglione di Francesi con alcuni prigionieri napo-
letani. :

A.di 23. Mori in età di anni 68 D. Pietro Tosoni, Parroco dello Spedale
e nella chiesa stessa fu fatto il funerale nel di 24.

Sono partiti i Francesi che vennero ieri per essere spartiti in Cannara,
Assisi, Gualdo, e Nocera. Venuta altra Truppa.

A dì 25. Nella Mattina si trasferirono da Monsig. Governatore alcuni
Officiali Francesi ‘e richiesero che si trovassero pronti 80 Carri per loro
servizio. Rispose non essere possibile perchè molti vetturali per sortir libera-
mente si erano posti la Coccarda francese. Questi incominciarono a minacciare
e strapazzare e ricevette una bastonata in un braccio per ripararla nel capo
e gli fu posta la guardia a vista per fino che si trovassero i carri. Dopo
un uffiziale ha domandato scusa al Governatore per l’ingiuria fatta della ba-
stonata avuta. Un altro si offerì per far ricorso al Generale. Venne alla sera
nuova Truppa di Cavalleria e di Infanteria.

A dì 26. Verso sera giunse un Corpo di Armata di 800 di Cavalleria
e 1500 di Infanteria con tre Generali.

A dì 27. Non è partita Truppa e la Cavalleria è cresciuta e mancang
i foraggi.

A dì 28. Morì in età di 68 anni il P. Francesco Donini, Filippino, e nell
di 28 fu fatto il funerale nella Chiesa Nuova. Venne affissa la notifica»
zione di S. Santità Pio VII riguardante il libero commercio nello Stato
Pontificio.

A dì 29. Furono fucilati allo Scozzone 4 Insorgenti Aretini assistiti da
Sacerdoti. Morì nel dì suddetto Paolo I Imperatore di Russia, padre di
Alessandro vivente, che salì al Trono.

A di 30. Partirono per la Porta di P. S. P. diversi battaglioni francesî,
con 6 pezzi di artiglieria e 45 carri di munizione. Nella Domenica delle Palme
per le 40 ore, e ne’ giorni seguenti, il Vescovo diede ordine. che i Fra-
telli delle Compagnie non inalberassero le Croci per venire a far l'ora,
ma tutti venissero senza sacco, lo portassero e si vestissero in Duomo.

A dì 31. Il Generale Monier, Francese, in compagnia di varj Uffiziali an-
dò al Convento de’ Min. Osser. del Monte per osservare le posizioni e posti
presi dagli Aretini in occasione dell’Assedio seguito il mese di luglio 1799
in questa Città.

ri












































80 E. RICCI

APRILE:

A di 2 apriile non si fece la Processione del Simulacro del Cristo
Morto nella sera per causa della Truppa che vi era, per non far mettere in
derisione la Sagra funzione e per scansare qualunque inconvenienza.

A di 3. Alla testa di quasi tutto l’esercito francese partì, Monier per la
Toscana, dimorando qui in città fin dal dì 26 del mese di marzo.

A di 4 Sabato santo si è fatta la Processione del Salvatore. Nello
Spedale Militare un Soldato Francese strozzò un Sotto sargente e lo derubó
di tutto ciò che aveva in dosso.

A di 5. Comparve un distaccamento di Cavalleria Francese dalla Toscana.

A dì 6. Fu affissa una notificazione Pontificia con articoli per la riferma
del Dazio Camerale.

A di 7. Al Campo un soldato della Truppa civica in rissa uccise un Tam-
burino Francese. |

A di 8. Tornarono tutti i contadini che erano andati in Firenze a con-
durre Carri con 60 paia di buoi, che non poterono redimere in conto alcuno
e li perderono. Ogni giorno è sempre venuta una porzione di Truppa o da
Foligno o da Toscana, e fanne le Truppe l’andirivieni.

A dì 10. Vennero 300 di Cavalleria. Francese da Ancona, con Banda,
su cavalli bianchi.

A dì 11. Venne da Ancona uno squadrone di cacciatori con diversi carri
di depositi.

A dì 14. Arrivarono in più volte varj squadroni di Granatieri fran-
cesi dalla Toscana.

A dì 15. Venne una compagnia di Fucilieri e Cavalleria e partì il gior-
no dopo.

A dì 17. Era giunto in Roma un Ministro Francese, che ebbe confe-
renza col S. P. e tutti i Cardinali.

A di 20. Fuggirono dalla Fortezza due Cisalpini detenuti fin da due mesi,
nonostante la vigilanza delle sentinelle.

A di 21. Si provó allimprovviso un caldo fuori della presente sta-
gione uguale a quello di estate.

A di 23. Si é passato da un gran caldo tutto ad un tratto ad un gran
freddo, essendosi levato un greco freddo ed é caduta della neve sulle montagne.

A di 24. Ha fatto una gran neve soffiando un impetuoso vento greco;
ha composto; ma nel momento, apparso il sole, si é tutta smunta. Le monta-
gne e colline vicine sono state piene di neve.

Cessó di vivere Pietro Ansidei, e nel di 25 fu fatto il Funerale in
S. Agostino.

A dì 27. Fu radunato il ‘Consiglio dei 40 per prendere risoluzioni @
tenore. del Motu Proprio del S. P. del di 6.

A di 98. Facendosi orazione per l'acqua alli SS. Confalomi per la siccità
cagionata dai venti grechi impetuosi che. per 9 giorni soffiarono, ed ave-
vano inaridite le campagne, essendosi esposti i suddetti Quadri, nel di pre-
sente incominciarono le acque e durarono circa 30 ore, e rinacquero le cam-
pagne. Le acque furono miracolosamente mandate, perchè caddero a quel-
l’istesso vento con cui erasi prodotta la siccità.

























CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI

MAGGIO:

Nelli giorni 1, 2, 3 fu fatto il ringraziamento per la grazia ottenuta.

A dì 4 Vennero diversi squadroni di Francesi e Italiani da Firenze.
per Ancona. :

A di 6. Venne uno squadrone di Francesi da Foligno con diversi cariaggi
di munizioni e artiglieria.

A di 10. Venne uno squadrone di Francesi con 15 pezzi di artiglieri
per andare in Toscana. »

A di 17. Pubblicato fu l’Editto di Roma di non potersi ricusar la
moneta di rame collo stemma repubblicano sotto pena di scudi 10.

A dì 20. Furono invitati tutti i possidenti, tanto secolari che regolari,
a mandare due uomini per ciascuno, per il proseguimento della piazza, in-
cominciata da Monsig. Rivarola nel 1800.

A dì 21, 22, 23. Passo e ripasso di Francesi da Foligno per la Toscana
e viceversa. i

Adi 26. Fu affissa una notificazione ove si raccomandava ai possidenti
il sollecito pagamento del dazio di paoli 3 per 100, come nell'editto del di 6
di aprile. ) |

A dì 27. Molti giovanotti anche civili, ma stati giacobini, vennero volon-
tariamente a prestarsi alla demolizione del monterone della Fortezza. Ma
Monsig. Delegato non lo permise di vantaggio, per impedire ammutinamenti.

A. dì 30. Vennero’ Francesi da Firenze.

A di 31. Monsig. Rivarola ripristinò la nuova Magistratura come era. pri-
ma della Repubblica.

GIUGNO:

A di 2. Il Segretario di Stato coll’Ambasciator Francese partirono per
Parigi per parlar col p.? Console Bonaparte di affari d'importanza.

A di 8. Proseguirono i stipendiati dai Possidenti la demolizione del
Monterone della Fortezza, fatta sospendere dal Delegato nel di 29 dello
scaduto.

' A di 4. Mori in Castel del Piano di anni 11 la Contessa Anna Aureli
Bontempi, e nel di 6 si celebró il funerale in S. Agostino.

A di 10. Mori di anni 62 il Dr. Annibale Mariotti, dopo la malattia di
6 mesi, e nel di 11 fu fatto il funerale in S. Maria della Valle, essendo im-
pedita la Chiesa di S. Angelo, e fece l'Orazione funebre il Dr. Felice Santi,
con applauso universale.

A di 18. Dopo pranzo si sollevó un fiero turbine e cadde grossa gran-
dine mischiata con acqua, che durò circa 10 minuti. Avendo preso poco
tratto di paese non produsse un danno grande.

A dì 4. Venne un gran scroscio d’acqua con grandine, ma di poca durata.

Nel di 15. Si senti un freddo sensibile come nel Xbre. S'incominció un
Triduo alli SS. Confaloni e ritornó tempo bello. Nel di süddetto: Furono
trasmesse stampate le Petizioni fatte dal Ministro della Repubblica Fran-
cese al S. P. prima della partenza da Roma per Parigi.

A dì 17. Fu affissa e inviata ai Parrochi di Città e Diocesi dal Vescovo
' a nome di Pio VII, dove si dava la facoltà amplissima a tutti i Confessori:






























































82 E. RICCI

approvati, di assolvere senza eccezione da tutte le colpe e censure, ini tutto
tempo della novena ed Ottavario de’ SS. Pietro e Paolo, che esortava di
pratticarsi in duomo, nelle Chiese Parrocchiali e Regolari, stanti gli ur-
genti bisogni di S. Chiesa.

A dì 18. Vennero Francesi da Firenze con donne ne’ frugoni parimenti.
francesi. Piste]

A di 19. Si seppe sbarcati in Civitavecchia nel di 8, 150 ex Gesuiti Spa-
gnuoli espulsi da quel regno.

A di 24. Editto pontificio, in cui si dava facoltà ai popoli della Campa-
gna di difendersi con qualunque arma dai malviventi che si avvicinassero-
alle lor case anche di giorno.

A dì 25. Venute compagnie di Francesi dell’uno e l’altro sesso.

LUGLIO:

A di 1. Furono ripristinati i Donzelli al Servizio del Magistrato con.
calza rossa e turchina.

A dì 3. In Roma per editto del Camerlengo fu fatta rigorosa disamina
degli ori e argenti lavorati e che avrebbe avuto vigore in tutto lo stato.

A dì 7. Vennero da Firenze per Ancona diversi Picchetti Francesi com
12 Frugoni. : !

A di 9. Si sono raccolte in quest'anno molte fave da chi le ha poste.
Non ne furono poste molte perché i contadini per il bisogno se le mangiarono.

A di 11. Un P. di S. Pietro per incombenza di Monsig. Rivarola fin dal
di 8 fece questua nelle case e Convitti per proseguire la Piazza della For-
tezza, ed aveva radunato scudi 152. Si mandó ieri dal Vescovo l'ordine del-
la Colletta per aver pioggia.

A di 16. Giunse un Battaglione di Francesi dalla Toscana.

A dì 17. Giunse una Compagnia di Marinari Francesi per andare in To-
scana. Venne dell’acqua con vantaggio della Campagria. :

A di 20. Dal Magistrato fu richiesto per mezzo del Vescovo ai Parro-
chi lo Stato delle anime delle rispettive famiglie.

A dì 21. Passarono 10 di Cavalleria Francese venuti da Firenze.

A di 26. La raccolta del grano é andata male assai. Per i piani appe-
na ha raddoppiato e per le colline poco più. Il prezzo del grano è a scudi
30 il rubbio.

A dì 27. Fu intimato a più distinti capi di famiglia dal Delegato a te-
nersi un congresso per la provisione dei fieni.

A dì 29. Si ricevè nuova che in Fano successe una sollevazione contro il
Governatore per la mancanza del pane. Vennero Francesi da Napoli per an-
dare a Porto Ferrajo.

AGOSTO:

A di 2. Sono giunti 1000 Francesi per la parte di Ancona per andare
in Toscana.

A di 4. Si seppe che Consalvi, Segretario di Stato, partito per Parigi il
dì 8 giugno, si era restituito in Roma fin dal 21 dello stesso mese, ed
avea avute lunghe conferenze con S. Santità intorno agli affari del Clero.











CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI 83



A di 6. Vennero da Firenze 3 Battaglioni di Francesi per andare in
Ancona.

A di 11. Editto proibitivo delle fiere de’ Bestiami a motivo dell'epidemia
Bovina.

A dì 16. Passarono varj picchetti di Francesi dalla Toscana per Foligno.

A di 18. Si ebbe notizia dell’ingresso solenne di Ludovico I Re di Etruria
in questa capitale.

A di 24. Si seppe essersi destinata da S. Santità, deciso d’inviare a
Parigi per Legato a latere il Card. Caprara a tenore della richiesta fattagli
dal p.? Console. Fu spedito Breve del S. P. rivolto ai Vescovi della Francia
di rinunziare alle loro chiese.

A di 25. Si seppe, il Re di Etruria essersi ammalato di Epilessia.

A di 26. In Urbino si era fatta sollevazione contro il Magistrato.

A dì 28. Si seppe che in Roma si erano tenuti congressi presso il S. P.
da varj Cardinali per affari di massima importanza.

A dì 31. Nella Casa della Missione fu ripristinato il ritiro de’ 12 Sa-
cerdoti per 8 giorni.

SETTEMBRE:

A dì 3. Fu affisso Editto Pontificio, mandato fino dal 31 dello scorso,
dove ingiungevasi ai rispettivi Bollatori di dover darsi dai med.i in termini
di giorni 10 l’assegna de’ Bolli antichi.

A dì 4. In Viterbo, facendosi la solita Processione di S. Rosa, la sor»
prendente machina prese fuoco, e nel tumulto seguito perirono 40 persone,
tra le quali 4 Canonici.

A dì 8. Si ebbe notizia che il Re di Etruria si era ristabilito in salute.

A. dì 9. Fu affissa la Notificazione di Mons. Vescovo ed inviata a tutti
i Parrochi, che il S. P. aveva concesso l’indulto di poter fare uso di lardi e
strutti ne’ giorni di venerdì e sabato ed altre vigilie, fuori di alcune per la
scarsezza e l’alto prezzo dell’olio che costava scudi 12 il mezzolino.

A di 12. Fu pubblicato Editto dal Delegato di doversi fare un prestito
da tutti i mercanti della Città, a proporzione del Capitale.

A dì 14. L’olio che costava bajocchi 18 la Libbra, crebbe a bajocchi 20.

A di 19. Mori di anni 49 Agata Bonaini Baldeschi, e nel di 21 fu' fatto
il funerale in S. Francesco de’ Conventuali.

A dì 25. Morì di anni 87 il Canonico Francesco Battisti e nel di 26
fu fatto il funerale nella Chiesa Nuova.

A di 29. Si seppe trovarsi in Firenze D. Luigi Braschi Onesti, Duca dî
Nemi che veniva da Valencienne in Francia, da dove eragli riuscito di tra
sportare la preziosa spoglia di Pio VI, di lui zio, defonto fin dal 1799, col
beneplacito del p.° Console Bonaparte.

OTTOBRE:

A di 1. Morì di anni 36 Maddalena Ansidei e nel dì 3 fu fatto funerale
in S. Agostino.

Si è pubblicata la proibizione delle Fiere e Mercati per causa della
epidemia bovina, che agli 8 del corrente era giunta a Castiglione del Lago.


















































































84 ; . E. RICCI

A di Y. Mori di anni 44 Chiara Battisti, e nel di 8 fu fatto il fune-

rale nella Chiesa Nuova. Nel di 3 furono creati 3 Cardinali.
| A di 10. Passó uno squadrone di armata francese per Livorno.

A di 11. Partirono per Firenze alcuni Sacerdoti Francesi emigrati, che
dimoravano in questa città fin dal 1796.

A di 14, Vennero colla forza armata 40 monetarj falsi da Città di Castello e
posti nelle Carceri della Fortezza. i

A dì 16. Si seppe che era giunto in Roma a S. S.tà un Corriere straor-
dinario coll’annunzio della pace sottoscritta in Parigi fin dal 25 settembre.

A dì 18. Partirono 17 di que’ monetarj falsi detenuti in fortezza fin dal
dì 14, per andare a Civita. Vecchia.

A di 19. Mori di anni 68 Carlo Ugulini e nel di 20 fu celebrato il fune-
rale nella chiesa de' Padri Cappuccini.

A di 22, Partirono per Civita Vecchia altri monetarj falsi.

A dì 23. Si sollevò per aria un gran turbine, cadendo diversi fulmini!
e grandine di notabil grandezza per mezzo quarto d’ora, che apportò gran
danni nelle campagne.

A dì 27. Si seppe la nuova della spontanea dimissione fattasi dalla
maggior parte de’ Vescovi della Francia a tenore del Breve trasmesso loro
dal S. P. fin dallo scorso agosto.

A dì 29. In questo giorno, dopo lungo tempo di penuria di pane, si vide
una straordinaria abbondanza di esso ai Forni e spacci.

NOVEMBRE:

A dì 2. Morì di anni 99 Angiola Mariottini, e nel dì 3 fu fatto il fune-
rale in S. Sevro. |

A. dì 6. Notificazione pubblicata, che riguardava il provvedimento di re-
stituirsi dai compratori de’ Beni Ecclesiastici ai proprietarj li detti beni, e che
questi, ritornati al possesso, pagassero alli detti compratori il 4° in termine
di 5 anni,

A di 9. Partirono altri Sacerdoti Francesi emigrati fin dal 1795, andan-
do verso Firenze.

A dì 15. Fu pubblicata Notificazione Pontificia su varj regolamenti dello
Stato, e si prometteva il premio a ciascun possidente che avesse arricchita
i proprj beni di olivi.

A dì 16. Furono riaperti i due Collegi Oradino e Bartolino, rimasti chiu-
si per qualche tempo a motivo delle critiche circostanze.

A di 20. Le alunne dello Spedale di S. Maria della Misericordia, allog-
giate in 8. Antonio P. S. A. fin dal 1799, fecero ritorno al loro Conserva-
torio.

A di 23. Si seppe che in Roma si prendevano misure per ragguagliar la
moneta.

A di 24. Fu trasmesso all'Offizio della Posta un Involto, in cui si
disse esservi una notabile somma di scudini di Spagna diretti dalla Corte
d’Etruria a Roma al Segretario di Stato.

A dì 28. Si seppero le inondazioni del Tevere, seguite per l'abbondanza
delle. acque, con grave danno delle adiacenti campagne.



























CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI 85

A di 30. Si seppe il ragguaglio del possesso preso da S. S.tà fin dal 22
corr. della Chiesa di S. Giovanni Laterano.

DICEMBRE:

A di 1. Si ebbe ragguaglio delle inondazioni seguite nella Lombardia
nel Tisino, Adige e Po.

A di 3. Fu trovato. morto ne’ Fossi della Fortezza fuori di Porta S.
Carlo, Liborio Ceccotti, caduto nel ‘tornare alla propria casa, essendo un
bujo grandissimo.

A di 4. Notificazione, dove rimaneva stabilito il valore del Colonnato
a paoli 141/2.

A di 8. Fu con lettera Ministeriale intimata la sospensione del Sac-
co, stabilito dal Magistrato fino a nuovo ordine.

Nella sera fu ucciso Ludovico Ugulini a tradimento per mano di un
suo quasi famigliare, che lo derubò di piccola somma, che fu poi mazzo-
lettato in Piazza.

Nel di 10 fu fatto il funerale in S. Agostino.

Nel dì 16. L’uccisore dell’Ugolini, chiamato Fantusati, essendo carcerato
e chiamato ad esame, confessò essere egli il reo, e furono dimessi dalle car-
ceri alcuni, presi per sospetto.

A dì 19. Venne permesso da Roma il nuovo e si stabiliva la magistra-
tura per un Triennio. \

A dì 24. Si sporse voce, che nel nuovo anno sarebbe per accadere il
calo della moneta di ogni specie. x

A dì 27. Giuseppe Pompili, detenuto in Fortezza a motivo di demenza;
nella notte gli riuscì fuggire con dar fuoco alla porta della carcere.

A di 28. Celebrandosi nella chiesa dello spedale la festa de’ SS. Inno-
centi, titolare di d.a Chiesa, Monsig. Delegato, come Visitatore Apostolico
dello Spedale, assistere sotto il Trono in abito Prelatizio.

A di 29. Si seppe che Lucca in Toscana, era stata dalla Francia dichia-
rata Repubblica indipendente, sotto la protezione della med.a Francia.

Nel di 31. Fu fatta in Duomo la solita funzione di ringraziamento col-
Pintervento della Nobiltà, in abito di gala con torce, e Monsig. Vescovo
con tutto il Treno, fece la funzione, compartendo la benedizione col SS.mo
Sagramento, essendovi concorso immenso popolo, com'é stato solito ogni annò.

1802

GENNAIO:

A di 1. Sapendosi che doveano ricevere descrimento le monete, tutti i
Bottegari innanzi mezzo giorno, chiusero le botteghe ove si vendevano ge-
neri di prima necessità, ed altri generi ancora, per non ricevere le monete
che dovevano in breve calare.

A di 2. La mattina fu trovato affisso l’Editto Pontificio di Monsig.
Lanti, Tesoriere, col quale si stabilisce il nuovo sistema riguardo alle mo-
nete. Per stabile venivano stabilite le monete d'oro e di argento, e quelle di
rame conjate sotto il Pontefice regnante. I San Pietrini e Madonnine e
























































986 i E. RICCI

Alboretti vennero permessi nel corso per mezzi bajocchi e quattrini, e tutti
quelli conjati dopo il 1796.

In questa mattina giravano pattuglie, per le piazze, per impedire i di-
sturbi e per obbbligare ad aprir botteghe di spacci di robe necessarie e ri-
cevere la solita moneta senza alterare i prezzi dei generi.

Accaddero in Roma diversi omicidj atteso il nuovo sistema monetario.

A di 5. Monsig. Delegato sospese il corso ai mezzi baj: del 1797
ln Foligno fu ucciso un Beccajo per aver ricusati i sud. mezzi baj: per prezzo
delle carni vendute.

A di 12. Ordine di Monsig. Odoardi di aggiungere la Colletta alla Messa
ad petendam serenitatem.

A dì 20. Notificazione Pontificia con facoltà di vendersi i beni com-
munitativi.

A°' dì 21. Per ordine del Delegato il Comandante Giovio fece dare 20
legnate a due giovani per aver sussurrato nel Teatro del Verzaro in tempo
dell’Opera.

A di 24. Dopo due mesi e giorni di tempo cattivo fu visto cambiamento
nellaria, di conforto agli animali e campagne.

FEBBRAIO:

A di 2. Mori il P. Francesco Mandolini della Cong.ne dell'Oratorio di an-
ni 90 dopo 7 anni d'infermità penosa e sofferta con pazienza. Nel di 3
si celebró il funerale nella sua chiesa.

A di 5. Cessó di vivere Adreano Penna degli Arcipreti di anni 64.
Nel di 11 (?) si celebró il funerale in S. Girolamo de' Min. Oss.

A di 8. Furono date 20 legnate ad un soldato per essersi nel di 6
mascherato, contro l'ordine pontificio.

A di 13. Pubblicato altro sistema monetario: permettendosi il corso
alli baj: vecchi sino al dì 27 corr.e. t

A ìdì 17. Trasmesso da Roma fu il Breve Pontificio per la unione del-
la Parrocchia di S. Antonino a quella di S. Croce P. S. S.

A di 25. Si ordinó la colletta pro Epo. infirmo.

A di 26. Si ebbe notizia dettagliata del solenne accompagno funebre
alle ceneri del S. P. Pio VI di q. m. trasportate da Valenciennes in Roma
nella Basilica Vaticana, e tremila persone, di sera, andarono ad incontrare
la magnifica urna, e 700 facolotti rimasero nella mattina intorno al Tumulo,
oltre le torce del piano.

MARZO:

A dî 1. Si destinò dal Delegato, a beneficio de’ poveri della Città
il provento di scudi 72, dal Teatro.

A di 2. Si seppe istallato il nuovo Governo Costituzionale della Re-
pubblica Italiana che avrebbe per base la Religion Cattolica, e che il p.o
Console Bonaparte n’era stato eletto alla presidenza.

A dì 6. Fu pubblicato un Editto per ritirare baj: e mezzi baj: collo stem-
ma Pontificio e darne l'equivalente in moneta nuova.

A dì 12. Fu affissa notificazione che in termine di 10 giorni si esibis-


























CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI 81

sero i buoni da quei che aveano somministrato i generi per l'Armata Fran-

cese nel tempo di repubblica per essere soddisfatti.

A di 13. Venne Breve Pontificio a Monsig. Vescovo per esser rimesso
nel suo ecclico: impiego D. Giuseppe Viti Parroco di S. Savino.

A di 15. Saputa fu la morte della Regina di Sardegna, seguita in AI-
bano nel di 7.

A di 20. Nella notte antecedente furono derubate alcune ferrate murate
nelle finestre. del pian terreno.

A dì 27. Venne da Napoli, per andare in Toscana, uno Squadrone di
Francesi.

APRILE:

A di 3. Mons. Delegato elesse 10 garanti. del ceto dei Nobili per
evitare in avvenire i sconcerti notabili soliti a nascere per causa degli ap-
paltatori.

A. di 11. I Monaci Cistercensi della Badia Celestina si unirono con
quelli di S. Bernardo per Diploma Pontificio, e furono incorporate anche
le possidenze.

A di d.» Dopo 6 anni di sospensione tornó a riaprirsi la Chiesa di
S. Agostino, ridotta a miglior forma, com'é al presente.

A di 20. Nella mattina di buon'ora si trovarono improvvisamente alle
Fonti Vegge 300 operai in circa per tagliar alberi ed aprire la nuova
strada che si vede in oggi, che attraversa un campo di 4 Capp.ni di Massa
e il terreno delle Monache di S. Giuliana. Monsig. Rivarola fece questo im-
provviso atto segretamente intavolato, per esservi state antecedentemente delle
opposizioni in Roma e per ordine segreto di Roma. In questo mese, in
Amiens, fu conchiuso il trattato di pace generale in 120 articoli occulti
a riserva di 22.

A dì 22. Morì Antonio Rossetti di anni 62, e nel dì 23 si celebrò il
funerale nella chiesa de’ Conventuali di S. Francesco.

A dì 26. Si seppe cominciata in Roma da qualche giorno una epidemia.

A dì 27. Venne per la Posta un Editto del Re di Etruria con cui si ren-
deva nota la ripristinazione de’ Vescovi ne’ loro diritti e il dominio de’
Superiori Regolari su de’ loro individui.

A di 28. S'incominciarono le preghiere ai SS. Confaloni per la pioggia,
dandosi dopo la benedizione col Sagramento.

MAGGIO:

A di 1. Si seppe promosso Monsig. Rivarola al Governo di Macerata.

A di 3. Dopo due mesi di siccità cadde pioggia abbondante e as-
sai proficua per la Campagna.

A di 6. Venne punito alla militare un soldato per aver risposto al
suo Comandante, che lo avverti a rispettare il nome di Dio.

Fu cantato il Te Deum nelle chiese ove sono i SS. Confaloni in rin-
graziamento per la pioggia ricevuta.

A di 7. Giunse il Ministro di Giustizia col solito accompagno venuto
da Orvieto. ;

























88 E. RICCI



Nel di 8. Segui la Giustizia di due: uno Antonio Nucci dal Prugneto
per l'assassinio commesso in persona di un Laico Agostiniano: laltro Luigi
Fantusati per omicidio proditorio commesso in persona di Ludovico Ugu-
lini nella sera del di 8 dicembre 1801.

A di 25. Tutti gli emigrati Sacerdoti Francesi commoranti in questa
Città, fin dalla rivoluz.e di Francia, fecero partenza per la loro Patria.

GIUGNO:

A di 3. La mattina nelle muraglie della Fortezza, in faccia al nuovo
piazzone, si trovò impresso a lettere cubitali Piazza Rivarola, come al p.nte
si vede.

A dì 4. Si seppe che in Roma il di 27 maggio si cantò il Te Deum
nella Cappella Sistina, dopo un discorso del. S. Padre sul ristabilimento
della Cattolica Religione in Francia, in ringraziamento della grazia da Dio
ricevuta. Si ebbe notizia delle amplissime dispense accordate dal S. P. a
questa nazione. 2

Nel di 6, giorno di Pentecoste, fu fatta la visita delle 7 chiese, pre-
ceduti 8 giorni di Essercizj nella chiesa ‘del Gesù, di giorno.

; A di 10. Le armate britanniche cederono ai Francesi Porto Ferraio
ta tenore del Concordato d'Amiens.

' A di 11. Si seppe la nuova della formale rinunzia fatta in Roma del
isuo Regno di Sardegna da Carlo Emanuele, in persona del fratello suo
Duca d'Aosta. !

A di 15. Le Monache di S. Antonio, translatate fin dal passato Governo
repubblicano al Mon.ro di S. Agnese, fecero ritorno nel loro Convento già
mestaurato. (1)

A di 18. Fu pubblicata la notificazione pontificia, per la vendita de’
Beni Communitativi. '

A di 19. Mori di anni 13 Gregorio, figlio di Tindaro Alfani, e nel di
20 fu fatto il funere in S. Francesco dei Conventuali.

A di 26. Fu pubblicata l'imposizione del nuovo Dazio Camerale al 9 E.
per 100. {|

Nel dì 27. Il Delegato accordò il Teatro per la sera di Domenica;
ed altre feste, avendone ottenuta la proibizione poco prima Monsig. Odoardi.



LUGLIO:





A dì 3. Fu prorogata per notificazione di Monsig. Lante, Tesoriere, la
proroga della moneta plateale per il fine del mese.

Ordine del Delegato di far morire tutti i Cani che si trovassero sciolti
per le piazze e contrade della Città.

A dì 10. Giunse il caldo al massimo grado febrile.







(1) Le Monache di S. Antonio erano Clarisse, ed abitavano in P. S.
Angelo, a sinistra prima di uscire l’Arco di S. Agnese. Erano molto ben-
vedute dalla città, perchè facevano lo Stillato di pollo per gli ammalati di
pestilenza.






CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI 89

A di 12. Usci al pubblico la nuova moneta di rame baj:, inezzo baj:,
e quattro baj:, coll’arme del nuovo Pontefice Pio VII.

A di 15. Si ebbe notizia delle grandiose feste fatte a Napoli per il ri-
torno da Palermo in quella città di Ferdinando IV.

A dì 22. Fu cavata dalla Camera della Inquisizione la famosa Statua
di Bronzo di Giulio III qua trasportata dalla nicchia del prospetto la-
terale del Duomo sino dal 1798, come si disse.

Nel di 23. Molti manuali trasportarono la d.a Statua e in poche org
fu collocata in una Camera nella Fortezza.

A di 25. Pubblicata nuova proroga per la moneta plateale fino al di
31 agosto.

A dì 27. Si proseguirono nuovamente i lavori ne’ fossi della Fortezza
‘dalla parte del Rastello (1) per formarvi un genre per i pubblici \spet-
tacoli.

A dì 31. Dal Capitolo della Cattedrale fu ripristinato nel suo impiego
il M.ro di Cappella Luigi Caruso (2). >

AGOSTO:

A di 12. In questo giorno s’incominciò a proseguirsi a lastricare la
strada del Corso, incominciata a lastricarsi colla pietra della cava d'Assisi
fin dal 1797, che incomincia sotto S. Isidoro, fino alla fine del Palazzo
Donini, che non ha avuto mai fin qui bisogno di riattamento, essendo una
pietra quasi inconsuntibile.

A di 14. Mori di 81 anni l’Emo. Cardl. Gerdil Barnabita, uomo di me-
rito, autore di alcune opere date alle stampe.

A di 22. Per ordine di Monsig.re Odoardi fu recitata alla messa la
colletta ad petendam pluviam.

A dì 24. Fu conferita la Laurea a D. Carlo degli Oddi, oggi Arci-
diacono della Cattedrale. i

Fu pubblicato editto di Monsig.re Delegato a doversi pagare un Da-
zio di 8 per 100 per saldo de’ Buoni fatti, ed autentici a quelli che avea-
no somministrato viveri alla Truppa francese nel 1801.

A dì 25. Pubblicata per la 32 volta la proroga della moneta da cor-
rere fino al 1° ottobre.

Morì il P. Abb.e Rossetti, Monaco Cassinese, in S. Pietro, e nel di
26 se ne celebrò il funerale.

A di 27. D. Alessandro Veracchi entrò in possesso del Canonicato in
Duomo, rinunziatogli dal Canonico D. Damaso Moroni.

(1) Il Rastrello era l’estremità della Fortezza che guardava Porta Ebur-
nea.

(2) Il Maestro Luigi Caruso, napoletano, fu autore di molte composi-
zioni sacre e profane: Messe, Oratorj e Melodrammi che sono universal-
mente apprezzati. Fu allievo del M.° Sala. Era nato a Napoli, il 25 settem-
bre 1754; e morì a Perugia nel 1822.





























































90 E. RICCI



A di 81. Si fu saputa la partenza da Firenza del Re e Regina d'Etrus
ria, per Barcellona.

SETTEMBRE:

A di 10. Affisso ordine Pontificio di denunziare ai rispettivi gover-
ni i facinorosi, pe' quali non valea neppur la chiesa per essere arrestati.

A di 11. Pastorale di Monsig.re Odoardi, pubblicata, che prescriveva
il suono di tutte le Campane a 1 ora di notte per 8 giorni, e le preci da
recitarsi per ottener la pioggia.

Giunse per Preside della Città Monsig.r Giustiniani e suonarono a festa
le campane del pubblico.

Nella notte antecedente un Cavaliere Maceratese, detenuto nelle car-
ceri della Fortezza, scaló le mura e fuggi.

A di 12. Editto Pontificio del Cardl. Consalvi, Segretario di Stato, in
cui si prescriveva ai Governatori d'invigilare sulle persone oziose e vagabondi
per il buon ordine e pace de' Paesi.

A di 13. Si trovó lacerata la suddetta Pastorale del Vescovo per tutti
i luoghi affissa.

l A di 14 Editto di Monsigr Giustiniani, che confermava le leggi de’
predecessori.

A di 15. Mori di anni 67 D. Giuseppe Tognacci, Tenore e Capp.no
del Duomo, e nel di 16 fu fatto il funerale nella d.a Chiesa.

A di 23. Fu affissa notificazione del Vescovo, in cui si concedeva li-
cenza per dispensa pontificia di far uso, ne' giorni vietati, di lardo e strutto,
fuori de’ 4 tempi e vigilie comandate.

A di 25. Per parte del Governatore proibizione ai Bagarini di non poter
comprar generi che dopo posta fuori la Bandiera. 3

A di 30. Per ordine di Monsig. Rivarola furono nella notte precedente
estratte 3 Monache con 2 Zitelle e trasferite in Assisi nel Conservatorio
delle Alunne. Ciò fu per ordine di Monsig. Rivarola per aver fatta disub-
bidienza a lui.
OTTOBRE:
A dì 2. Editto per la 42 volta della proroga della moneta di rame per
‘altri 3 mesi.

A di 4. Dopo 2 anni e 3 mesi di residenza in Perugia parti Monsig.
Rivarola per Macerata, sua Delegaz.e.

A di 5. Incominciarono le preghiere per la pioggia, ai SS. Confaloni.

A di 7. Si annunziò l'arresto al corso delle monete di rame e pla-
teali, per-il di 20 corr.e.

A di 8. Si seppe conferita dal Sommo Pontefice al Cardl. della Porta
la Protettoria degli Spedali.

A di 9. Editto di Monsig. Giustiniani per dar l'assegna del Bestiame
per chiudersi le Bettole alle ore 2 e per portar la lanterna di notte.

A di 11. Furono esposti i SS. Confaloni per la siccità:

A di 14. Monsig. Vescovo Odoardi andó in visita per P. S. P. in cam-
pagna.









CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI 91



A di 16. Dopo tre mesi di siccità scese placidamente la bramata pioggia.

A di 21. Giunse Luigi Cattivera per presidente della Fortezza.

A di 25. Nella notte antecedente due detenuti in fortezza riuscirono
a scalar le mura e fuggirsene.

A di 26. Si cantó il Te Deum per la pioggia avuta, nelle Chiese de'
SS. Confaloni.

A di 30. A ore 2 1/5 di notte fu intesa una gagliarda scossa di terre-
moto per lo spazio di 2 minuti secondi.

NOVEMBRE:

Nel dì 2. Cadde una gran parte del muro del Piazzone, fatto innalzare
da Monsig. Rivarola in faccia a S. Ercolano, sotto la direz. di Vincenzo Ciofi,
Architetto, per sostegno della nuova Piazza.

A: dì 4. Per ordine del Governatore furono dimesse le Guardie alle Porte
e riaperte le piccole.

A dì 6. Si riaprirono i due Collegi della Sapienza Vecchia e Bartolinay
rimasti chiusi per circa anni 4 per le passate critiche vicende.

A dì 7. Si aprì il Cambio de’ Sampietrini in tante monete repubblicane
colla perdita di baj: 10 per ogni scudo.

A dì 8. Sotto la direzione del CERRINI si tornò ad erigere il muro
di sostegno dalla parte di S. Ercolano alla nuova Piazza, incominciata fino
dall’anno scorso.

A dì 11. Giunse un Corpo di Armata Pontificia per la Guarnigione di
questa Piazza.

A di 14. Fu intesa una gagliarda scossa di terremoto.

A di 21. Mori il P. Agostino Minelli, Min. Conv. e Provinciale e
Teologo di Monsig. Odoardi, dal quale fu a lui compartita la benedizione in *
articulo mortis e nel 22 fu fatto il funerale in S. Francesco.

A dì 23. Per editto Pontificio cessò il corso della moneta vecchia di rame
e di biglione.

A di 24. Mori di anni 54 il Canonico Oddone degli Oddi e nel 25 fu
fatto il funerale in S. Francesco.

A dì 26. Si seppe che per le dirotte piogge sono seguite in Roma e
campagne vicine, inondazioni con gravi danni.

A di 2Y. Nelle Camere dell'Esigenza si apri il Concambio della moneta,
considerandosi anche il rame nuovo come moneta reale, ritenendo la pia-
stra il valore di 1:50 sino al 1 gennajo 1803, in cui rimanevano aboliti
i quattrini e mezzi baj: vecchi. }

DICEMBRE:

A di 1. Nella notte antecedente seguì un furto in una Calzoleria in P. S. P.
non ostante la vigilanza della Cavalleria Pontificia.

A di 3. Fu ripresa in Roma dalla Chiesa de’ Marchegiani la pregevole
Statua di Cedro rappresentante la Madonna di Loreto, tolta da' Francesi
e trasportata in Parigi fin dal 1797 e da Parigi in Roma nel 1801 al-
la Santità di Pio VII e fu processionalmente trasportata in quella Città, cioè
Loreto, ove esiste il tesoro della S. Casa di Nazaret.

A dì 9. Dal Governatore fu proibito lo scarico de’ Moschetti per la Città.

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$i











92 E. RICCI

Nel di 10. Furono fatte feste straordinarie in Loreto per esservi giunta
la statua sud.^ della B. V. M. e fu ricevuta nella Basilica dall’Ece.mo Orchet=
ti Vescovo di Ascoli ed altri 9. Vescovi presenti, tra melodiosa armonia di
Orchestra e sparo di Artiglieria.

Essendo riaperto nell’anno scorso il Monastero di S. M.a Maddalena delle
Convertite, riattato e ridotto in ottimo stato per ordine di Monsig. Odoardi,
e ritornatevi. 3 monache, che erano state ad abitare in tempo del- governo
repubblicano in S. Sebastiano alla. Conca, il Vescovo suddetto incominciò
a farvi introdurre delle Giovani pericolate e parte che stavano per pericolare
e dentro quest'anno scaduto erano giunte fino al numero di circa 12. Nell'anno
poi 1808, come si vedrà, prese tutto l’impegno per potere vestirvi quelle Gio-
vani che volevano abbandonare il mondo ed abbracciar da penitenti lo stata
religioso domenicano e procurar volea con tal mezzo popolare quella religione
e rimetterla in piedi, e perció tra quelle, tre ve ne furono che assunsero in
quest'anno, 1808, l'abito religioso, come a suo luogo si vedrà.





















1808
GENNAIO:

A di 1. Editto pontificio sulla riduzione della moneta per il pagamento
de’ debiti contratti in diverse epoche.

A dì 2. Editto del Governatore, in cui si proibiva di andare al Teatro,
cenarvi, di far schiamazzi, di far replicar arie ai cantanti, di girar coi lumi
e vender commestibili in platea.







A di 3. Editto del Governatore, in cui era espresso il regolamento per
ricevere i projetti allo Spedale di S. M.^ della Misericordia.

3. A dì 4, Editto del sud.° che proibiva il far feste da ballo senza averne
ottenuto la licenza. i

A dì 10. Il Re e la Regina di Ftruria ritornarono da Barcellona in
Firenze.

A dì 12. Proibizione del gioco di Ruzzola nelle strade fuori di Città,
nelle quali suol essere. frequenza di popolo. Nel di 12 il S. Padre in un
. Concistoro promosse alla. S. Porpora 4 Arcivescovi Francesi, un Religioso e
Castiglioni.

A di 14. Mori di anni 70 Valentino Roscetti, e nel dì 16 ne fu fatto il
funerale in S. Francesco de’ Conventuali.

A di 15. Editto in cui si permettevano nel Carnevale le Maschere colle
solite precauzioni e condizioni.

A dì 19. Editto del Governatore ingiungendosi a tutti i Bottegari di
Carni e Pescivendoli di porsi le bilance appese alla Cavalletta per dare il
giusto peso ai compratori. ;






















FEBBRAIO:

A dì 9. Alle ore 7 si fece sentire una gagliarda scossa di Terremoto.
A di 1*. Mori di anni 76 Andrea Floramonti, e nel dì 18 ne fu fatto
il funere in S. Francesco de’ Conventuali.

A dì 27. Nella notte antecedente furono fatti varj latrocinj in Via
Nuova.



















CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI 93

MARZO:



A di 1. Mori in età di anni 58 Orazio Boldrini Bonaini e nel di 2 furono
fatti i funerali nella Chiesa di S. Teresa de’ Scalzi.

A di 7. Si seppe che per ordine del Re di Napoli si era formata in
Napoli, a carico de’ Possidenti, una Cassa regia a vantaggio e sollievo
dell’infinito numero de’ poveri di quella Metropoli. .

A di 14. Affissi due Editti per la riforma dei Spedali dello Stato Pontificio.

APRILE:

I ;

A di 2. Se ne tornó il Vescovo dalla S. Visita.

A dì 3. Fu per ordine del Vescovo aggiunta alla Messa la Colletta ad pe-
tendam pluviam.

A dì 15. Morì in età di 72 anni Flisabetta Lambardi Eugeni e nel
di 16 fu fatto il funere in S. Agostino P. S. A.

A di 20. Mori di 84 anni Francesco Lippi e nel di 21 fu fatto il funere
in S. Francesco di Paola.

A di 21. Vestirono l'Abito Religioso in S. Maria Maddalena delle Con-
vertite tre Giovani penitenti.

A di 22. Fu intesa una gagliarda scossa di Terremoto.
: A di 23. Mori di anni 60 Rosaura Barattini Palla, e fu fatto il funere
in S. Domenico.

A di 25. Vennero esposti i 4 Confaloni per ottenere la pioggia. Si
Seppero i danni cagionati dal Terremoto in Camerino.

A. di 26. S'intesero due scosse di Terremoto.

A di 30. Si pose in viaggio il Vescovo per proseguir la visita perc PL SA P.

MAGGIO:

A di 1. Giorno di Domènica due nobili, dopo le preci nella Confraternita
della Giustizia, si sfidarono a duello.

A di 6. Mori in età di anni 82 D. Francesco Alba Spagnuolo in For-
tezza, ove era stato per due volte rilegato per molto tempo. Lasció .alla
luce diversi opuscoli sulla Religione, e si celebró il funere in S. M. della
Misericordia nel di 7.

A di T. Si cantó il Te Deum melle 4 chiese ove i SS. Coníaloni erano
esposti fin dal di 25 aprile per ringraziamento della pioggia. ottenuta.

A dì 10. Si seppe che il Re di Svezia era stato costretto partire di notte
tempo dalla sua città per una rivoluzione. accaduta.-

A. di 12. Fu pubblicata una Pastorale di Monsig. Odoardi agli Eccle-
isiastici e alle Donne. i

A dì 18. Si trovarono lacerate per metà le Pastorali affisse.

A di 14. Sabato, si vendé il grano a scudi 1:50 lo stajo.

A di 27. Si seppe che in Roma in 7 giorni erano perite circa 3 mila persone.

A. dì 22. Morì Ludovico Re d’Etruria in Firenze e lasciò 2 figli. In
quest'anno si ruppe la pace e si rinnovarono le ostilità fra gl'Inglesi e la
Francia. I. Francesi si impadronirono dellAnnover e gl’Inglesi bombardarono
Boulogne e s’impossessarono dell’Isola di S. Lucia.























E. RICCI

GIUGNO:

A di 2. D. Camillo Uffreduzzi prese possesso del Canonicato in Duomo
rinunziatogli da D. Giovanni Pietro Friggeri, oggi ex Religioso Carmelitano
calzato.

A di 5. Tutta la Cavalleria di guarnigione in questa Città della Caval-
leria Pontificia, marció verso Pesaro. s

A di 6. Si seppe che l'Armata Francese erasi avanzata nello Stato
Pontificio per guarnire i Porti.

A di v. Si seppe che erano incominciate le ostilità tra Inglesi e Francesi.

A dì 17. Per essersi sparsa voce di guerra, incominciò la penuria del
pane ne’ spacci, con risentimento della povera gente.

A dì 21. Proibizione del Governatore di gridare nel Teatro.

A dì 26. Nella notte sul venire del 26 fu commesso un furto nella
Chiesa di S. Pietro de’ Monaci, consistente in cera, argenti e biancheria.
Ne’ giorni scorsi giunse in Roma il Gen.le Francese Saneyr.

LUGLIO:

A di 2. Fuggirono dal Mon.ro di S. Lucia due zitelle educande di teneri
anni, col proposito di andare nell’Eremo, e furono nella stessa sera ricondot-
te in Monastero. Si erano inoltrate nelle vicinanze di S. Marino.

A dì 7. Si sollevò un turbine che durò per un quarto. Fece del danno al
Pian del Tevere e al Ponte della Cecina. ,

A di 14. Si sollevò altro turbine che durò più di un quarto.

A di 16. Tornò ad esservi abbondanza di pane in tutti i spacci e
la pagnotta di once 6 ad un bajocco.

A dì 19. Notificazione pubblicata di Manuregia da eseguirsi contro i mo-
rosi pagatori del Dazio Reale dopo 10 giorni, arretrato fino dal 1795.

A dì 26. Morì di anni 28 Vincenzo Righetti, e nel di 27 se ne celebrò

il funerale in S. Domenico.

AGOSTO:

A di 2. Si seppe che il p.° Console di Francia, Bonaparte, si era da
Parigi partito verso il Belgio con un sorprendente equipaggio.

A dì 12. Apparvero cancellate le armi e titoli espressi negli affissi Editti
Pontificii, e le lettere Cubitali improntate a Olio nelle due muraglis della
Fortezza: Piazza Rivarola.

A dì 14. Si sollevò un. gran turbine che duró quasi mezz'ora.

A di 19. Si osservarono di nuovo espresse le lettere cubitali Piazza
Rivarola, nelle muraglie della Fortezza, e si seppe per ordine del Governatore.

SETTEMBRE:

A di 8. Si pubblicó un manifesto, e fu anche trasmesso in Campagna,
che annunziava la traslazione da farsi del Corpo di S. Benero M. dal Duomo
alla Chiesa di S. Angelo in P. S. A.

A di 8. Morì Monsig. Turchi, Religioso Cappuccino, Arcivescovo di Par-
ma e gran Predicatore, le di cui Prediche sono state alle stampe pubblicate.

A dì 24. Nella sera, per ordine del Vescovo, si sonarono tutte le Cam-

CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI 95

pane per annunziare la Traslazione delle Ossa di S. Benero in S. Angelo, e
giunsero nel giorno 4 Vescovi, invitati dal Vescovo nostro Odoardi, per so-
lennizzare la Traslazione.

A di 25. Alle ore 12 venne pubblicamente esposta l'Urna colle ossa com-
poste e rivestite di S. Benero, che ne' giorni scorsi si veneravano nella Cap-
pella di S. Onofrio. Fu celebrata Messa solenne. Alle ore 21 incominciò la
Processione, facendo il giro delle due strade maggiori e tornando per la Via
Pinella, si diresse per P. S. A. e fu collocata sotto l'Altare del SS. Croci+
fisso, arricchite di 366 Reliquie di Santi.

OTTOBRE:

A dì 1. Affisso fu PEditto della vendita de’ beni communitativi.

A- dì 3. Per l’abbondanza delle uve si trovò il mosto vendibile a baj.
50 la soma. O

A di d° Morì il Dr. Cocchi del Piegaro, nella salita. di Castel Rigone.

A dì 18. Partì Monsig. Odoardi per la visita di Campagna per P. B.

A dì 20. Editto del ripristinamento del valore antico a qualsivoglia mo-
neta d’oro e di argento.

NOVEMBRE:

A dì 3. Venne da Roma un Curiale con decreto Pontificio per prendere
possesso de’ predj situati nell’Isola Maggiore, spettanti alla Cattedrale, da
costituirsi a vantaggio dello Spedale di quel ;luogo.

A dì 6. Morì di anni 61 Fulvio Ansidei, e nel dì 7 si celebrò il fune-
rale in S. Francesco del Monte dei Min. Oss.

A dì 15. Si seppe che si erano uniti alla Repubblica Cisalpina i Sta-
ti di Parma, Piacenza e Guastalla e esservisi stabilito un sol Vesc. in

ciascuna Provincia.

DICEMBRE:

A dì 5. Rinnovazione della proib.e de’ giuochi di resto.

A dì 9. Morì di anni 65 Luzio Baldella, a Pucciarella sua Villa, e trat
sportato il cadavere in S. Francesco de’ Conventuali, dove il giorno 11 se
ne celebrò il funerale.

A di 11. Fu fatto un congresso nel Collegio de’ Barnabiti per fare
una solenne traslazione del Corpo di S. Costanzo v. m.

A dì 16. Morì di anni 66 Francesco Goga nella villa di Torgiano.

A di 20. Fu posto in opera il nuovo orologio pubblico incominciato da
Praga fino da anni 10 in dietro, e compito da de Michelis di Città di Ca-
stello, con 4 sfere: 1? delle ore italiane; 22 delle ore all'astronomica; 3? la
sfera de’ Venti; 4.2 la sfera del far della luna. (1)

(1) Il detto orologio era un’opera d’arte perfettissima, e stette sulla torre
del Municipio, fino al 1866, nel qual anno fu tolto, e. disperso.







E. RICCI

1804

GENNAIO:

A di 3. Fu intesa una gagliarda scossa di Terremoto.

A dì 17. Fu pubblicato Peditto per le Maschere da farsi colle riserve etc.

A di 21. Per ordine del Vescovo fu aggiunta la Colletta alla Messa: ad
petendam serenitatem.

FEBBRAIO:

A di 11. Segui l'eclissi del sole, che fu annunziata da un religioso Cap-
puccino in un libretto stampato, spaventoso, per la oscurità che doveva
produrre; ma non riuscì tale. Essendo giorno di mercato pochi contadini ven-
nero per essersi impauriti per l’annunzio fatto dal suddetto religioso.

A dì 12. Furono destinate due doti da scudi 20 l'una cavati dalla
Tombola per due zitelle La tombola dovea farsi il 14.

A dì 14. Fu pubblicato l’indulto pontificio di poter fare uso di carni
nella Quaresima prossima. colle debite riserve.

A di 21. Pubblicato il sistema della milizia urbana per la città.

A dì 28. Editto del Governatore per la caccia riservata, delle palombe
salvatiche.

MARZO:
A di 17. Fu incominciato il discolato arrestandosi scapoli ed oziosi.
APRILE:

A di 1. Giunse in Roma Madama Letizia, Madre del 1.» Console di
Parigi, Napoleone Bonaparte.

A di 10. Il S. Padre, col Segretario di Stato si portò in Civita Vecchia

A di 11. Mori di anni 42 Lavinia Alessandri e nel dì 12 fu fatto il
funere alle Cappuccine di P. S. S.

A di 17. Si seppe che in Parigi si era scoperta una congiura contra
il primo Console Bonaparte, e si facevano delle carcerazioni; e che nel 21
dello scorso mese il Duca d'Enghien aveva subito la pena di morte.

A dì 28. Incominciò POrologio del Pubblico a suonare le 4. Ave Maria.

.MAGGIO:

A di 2. L'aumento del sale da 18 quattrini andó a 19.

A dì 14. Nella notte al venire il 14 in S. Agostino segui un furto di ri-
marco.

A di 29. Si seppe che il primo Console di Parigi, dopo la congiura
contro di lui tramata artificiosamente ottenne di essere proclamato Impera-
tore de’ Francesi, e fu coronato, di poi, dal Pontefice, come si dirà.

GIUGNO:

A di 2. Monsig. Vescovo si pose in vigggio per la visita per P. S .S,
A di 5. Si ricevette il Senatus Consulto, ‘riguardante l'elezione del

CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI 97

primo Console della Repubblica Francese in Cesare e i suoi fratelli in
Principi.

A di 11. Era partita da Roma per Pisa Madama Letizia, Madre di
Bonaparte.

A di 28. Avviso Pastorale del Vescovo sul ripristinamento della Festa
di S. Lorenzo in Duomo.

A dì 30. Furono pubblicati due Editti: uno per il Dazio di un C., per
cento sopra i cambj e fabbriche che superavano l’estimo di scudi 400.

L'altro per la requisizione delle armi di qualunque sorta da depositar»
si presso il Comandante della Fortezza.

LUGLIO:

A di 9. Tornó dalla visita Monsig. Vescovo.

A di 11. Vesti l'abito Religioso, nel Monastero di S. Caterina, Mad-
dalena degli Azzi, che poi si spoglió dopo qualche mese e si marito.

A di 13. Diversi del Ceto ecclesiastico, si regolare che secolare, si con-
gregarono nel Palazzo Apostolico per trattare del modo di amministrare l'en-
trata dello spedale ‘senza aggravare più del bisogno i luoghi Pii.

Si seppe da Roma, da una Dama Spagnuola, essersi ripristinati i Bu-
sti de’ SS. Pietro e Paolo, nella Basilica Lateranense, tolti in tempo della;
Repubblica Francese.

A dì 19. Fu pubblicata notificazione per parte del governatore, a tutti
i Parrochi, riguardante l'estimo delle Case secondo l’Editto Pontificio ‘ema-
nato fin dal di 30 dello scorso mese.

A di 25. Fu ordinata dal Vescovo la Colletta alla Messa ad petendam,
serenitatem.

A .di 27. S’incominciarono le preghiere alli 4 SS. Confaloni colla espo-
sizione del Sagramento per implorare la serenità.

A di 29. Fu cantato il Te Deum per la serenità ottenuta.

A di 30. Si seppe che nel dì 21 scorso il S. Padre spedì un Breve
al Re di Napoli, accordandogli la ripristinazione ne’ suoi stati della Com-
pagnia di Gesù, soppressa da Clemente XIV.

AGOSTO:

A dì 6. Si seppe per la Posta che in Roma poco tempo prima era giun-
to un Corriere da Parigi con plichi di rimarco diretti al S. Padre, che di
notte tempo fece trasmettere al Sacro Collegio. Ma dopo si giunse a sapere,
che si fosse fatta la richiesta al S. Padre da Bonaparte, eletto Impera-
tore, di andarlo a coronarlo in Parigi. 3

Fu trasmesso il nuovo sistema da osservarsi nello Spedale di Santa Ma-
ria della Misericordia, stabilito dal Cardinal della Porta Protettore, ed ap-
provato dal S. P.

A di 18. Si seppe la nuova che Sua Santità in breve avrebbe intrap-
preso il viaggio per Parigi con diversi Cardinali e Prelati per eseguirvi
la solenne incoronazione e Consacrazione del Nuovo Imperatore de’ Fran-
cesi, Napoleone Bonaparte, per essere da lui stato invitato nel passato plico
inviato. '
























































'98 E. RICCI



SETTEMBRE:

A dì 8. Fecero la loro solenne Professione nel Monastero delle Conver-
tite le tre giovani, che assunsero. l’abito religioso alli 21 aprile dell'anno
scorso.

A di 9. Vestirono l’abito religioso nel sud.» Monastero due Giovani, una
delle quali, dopo alcuni mesi depose l'abito, si accasó, e mori poco tempo
dopo, giovanetta. :

A dì 13. Morì di anni 84 in Montone la Contessa Caterini Vincioli Mon-
tesperelli.

A di 18. Si ebbe notizia della Festa di S. Napoleone, ed il ragguaglio
di tutto ció, che segui in Boulogne, dove tra lo strepito di moltissimi tam-
buri e sparo di 100 batterie era comparso con un seguito sorprendente. e
numeroso Bonaparte Imperator de’ Francesi, dove tutti ad una voce gli
prestarono il giuramento civico.

A di 22. Mori in età di 71 anni il March. Anton Maria di Sorbello e
nel dì 24 si celebrò il funerale in S. Francesco di Paola.

OTTOBRE:
A di 16. Si ebbe notizia, che in Livorno era incominciata una epidemia
denominata febbre gialla, per cui si presero delle precauzioni.
A di 20. Fu ordinata dal Pro-Vicario la Colletta alla Messa pro Episcopo
infirmo.

z NOVEMBRE:

A di 2. Venerdì. Dovendo partire il S. P. per Parigi per incoronare
Bonaparte, in questa mattina uscì dal Quirinale e si portò alla Basilica di
S. Pietro. Ivi celebrò la Messa. Di poi andò verso Porta Angelica col
seguito di Cardinali e Prelati, e dì lì uscendo s’inviò verso la Toscana. La
descrizione esatta della partenza, del viaggio, permanenza e ritorno vien de
scritta dal Rastrelli in 6 Tometti che sono in Libreria Dom.

A di 3. Per ordine del Governatore furono spediti soldati di linea ai
confini della Toscana per impedire ai passeggeri che venivano dalla Toscana,
l’ingresso nello Stato Pontificio senza aver fatta la quarantana.

A di 5. Giunse in Firenze il S. P. e nel dì 7 partì.

A dì 9. Giunse a Modena e alli 10 a Piacenza.

Alli 12. Giunse a Turino e di lì partì alli 14.

A di detto. Fu pubblicato Editto della Consulta riguardante gli articoli
per la Cautela da usarsi nello Stato Pontificio durante il Cordone.

A di detto. Fu pubblicato Editto di Roma di far le perquisizioni de' Fo-
rastieri nelle Locande.

A di 15. Pervenne il S. P. al Monscenis e nef di 17 a Chambery; alli 19 a
Lione e ne parti alli 21. ;

A di 21. Si spedì a tutti i Parrochi della Città e Diocesi una Circo»
lare del Governatore di dover dare distinta nota degl’Individui maschi di
ogni ceto dagli anni 17 a 60, per presentarsi per la guardia nazionale alle
Porte principali a motivo della sanità.

A di 22. Giunse PImperator Francese Bonaparte con la sua moglie a
Fontainebleau per incontrare il Pontefice e lo incontró nel di 25.



CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI 99



A di 25. Giunto il S. P. a Sant Herem fu ivi incontrato dall’Impera»
tore e sua Consorte e andarono a Fontainebleau.

A di detto. S'incominció un Triduo al S. Confalone di S. Lorenzo espo-
sto all'Altar Maggiore coll’intervento del Magistrato e numeroso popolo.

A dì 26. Si tenne un Consiglio riguardo al Cordone da tirarsi per
l'epidemia vicina.
e A di 28. Parti il Pontefice con PImperatore Napoleone e tutta la comiti-
va da Fontainebleau, e giunsero in Parigi due ore dopo il mezzogiorno im



x mezzo ad immensa truppa e numeroso corteggio à suono della Campana
; Maggiore di Nétre Dame e spari di cannoni.

%

E DICEMBRE:

E A di 1. Montó in Fortezza per la prima volta la Guardia Civica di

16 uomini, che con i respettivi deputati si trasferirono alle principali Porte
della Città.

A di 2. Prima domenica dell'Avvento nella Chiesa Metropolitana di
Parigi, dedicata a Nótre Dame, il Papa Consacró ed incoronó Napoleo-
» ne per Imperatore, e la Moglie per Imperatrice di Francia.

RE A di 3. Morì in età di anni 68 Lucrezia Baldeschi Perotti e nel 4
b si celebró il funerale nella Chiesa Cattedrale.

A di 23. Mori di anni 81 il Conte Errigo Oddi e nel di 24 fu fatto
il funerale in S. Agostino.

A di 25. Fu sentita una scossa di terremoto.





1805-
GENNAIO:

A di 4 di notte, i soldati dell’Armata Pontificia andarono. a fare delle
reclute forzate per completare l'Armata di linea per ordine della Segreteria
di Stato.

A dì 5 Fu pubblicato un Editto della Consulta per le cautele da esi-
gersi da tutti coloro, che volessero partire dallo Stato Pontificio.

A dì 7. Fu portato il Viatico a Monsig. Odoardi Vescovo, da più giorni
ammalato di asma.

A di 8. Si ebbe il Dettaglio della Festa data dalla città di Parigi
all'Imperator de' Francesi e sua Consorte, dei personaggi accorsi e della
magnificenza di d.a

A dì 15. Fu pubblicata la licenza per far Maschere nel Carnevale
colle solite cautele.

A dì 16. Morì in età di anni 41 il Cavaliere Giovanni Connestabile
e nel giorno 18 fu fatto il funerale in S. Agostino.

A di 26. Fu mandato ordine di aggiungere alla Messa la Colletta ad
petendam serenitatem.

FEBBRAIO:





A di 1. Si riseppero i danni cagionati dalle inondazioni del Tevere
per causa delle dirotte pioggie.





































100. E. RICCI

A di 2. Dopo una penosa malattia sofferta con edificante rassegna-
zione e pazienza, passò all’altra vita in età di 18 anni Monsig. Alessandro Ma-
ria Odoardi, Vescovo di questa città, eletto da Pio VI. fin dal primo anno
del suo Pontificato. Nel giorno il Rev.mo Capitolo e i P. P. Conventuali
recitarono nella stanza ove era il Cadavere, le solite preci mortuarie, e cosi
si seguitó a fare nei tre giorni della esposizione del Cadavere.

Venne affissa la notificazione del Capitolo di sonare per tre sere
le campane a morto, da doversi celebrare la Messa da tutti i Sacerdoti; di
cantarsi la Messa dello Spirito Santo per l’elezione del nuovo Pastore, e
stabilire le Chiese per la esposizione quotidiana del SS.mo Sagramento per
tutto il tempo della Sede Vacante.

Nella sera del 4 fu fatto il trasporto del Cadavere con gran treno.

Nel di 5. Fu fatto il funerale coll’intervento del Magistrato e Collegj
e furono recitate le sue lodi dal sig. D. Luigi Mattioli D.r Collegiatoj
Fu fatta l’elemosina ai poveri di bajocchi 5. L'Orazione funebre fu poi
stampata. ;

Si ebbe ragguaglio de’ regali mandati al Sommo Pontefice di due su-
perbe carrozze, 8 cavalli Arabi ed una’ mitra brillantata, dall’Imperatore
Napoleone, di varie tabacchiere preziose ed anelli di gran valore agli E.mi
Cardinali; che il S. P. teneva aperto il Palazzo per tutte le classi di
persone che desideravano ossequiarlo.

Si seppe incominciata l’ostilità tra la Spagna e l'Inghilterra.

A di 6. Fu celebrata in Duomo la Messa dello Spirito Santo per la
elezione del nuovo Pastore, e fu eletto il Vicario Capitolare.

A di 8. Si seppero le straordinarie inondazioni .accadute nella —apitale
di Roma dal Tevere, uscito dal suo letto per le dirotte piogge, e vi erano
pert quasi 100 persone.

A. dì 11. Seguì il matrimonio del March. Giacomo Piazza con Isabella Mar.
chesa Florenzi. ?

A dì 27. Giovedì dopo le ceneri si pubblicò l’Indulto della Niapaaba di
‘ mangiar carni per il corso quaresimale con le solite riserve.

- MARZO:

A di 1. Fu dimessa la guardia Civica alle Porte della Città.

A di 6. Editto del Vicario Capitolare per l'osservanza dei giorni festivi.

A di 18. Fu pubblicato PEditto che segnava que' generi da riceversi nel-
lo Stato Pontificio durante il Cordone.

A dì 16. Incominciarono i soliti Esercizj nella chiesa dei PP. Barnabiti:
di giorno per le donne, nella sera per gli uomini.

A di 1Y. Mori di anni 75 Celidora Floramonti, e nel 18 fu fatto il fune-
rale in S. Francesco de’ Conventuali. i

A di 23. Dal Vicario Capitolare fu trasmessa la notificazione ai Parrochi
di Città e Diocesi per la Traslazione del Corpo di S. Costanzo Vescovo Mar-
tire, e data la nota de’ Deputati per riscuotere le elemosine per/ tale oggetto.

A dì 29. Si seppe da Roma giunto ivi un Generale Francese inviato
da Parigi ad occupare i Forti dello Stato Romano.

CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI

APRILE:

A di 2. Si ricevé il Dettaglio delli preparativi che si faceano in Turino
per la venuta di Napoleone I che veniva da Parigi: la festa fatta in Milano
il di 18 marzo scorso per il principe Eugenio.

Si ricevé da Roma l’avviso che il S. P. partiva il di 4 del corrente
da Parigi, e che nel dì 4 maggio sarebbe il suo arrivo in Perugia per trat.
tenervisi un sol giorno e proseguire il viaggio per Roma.

A di 4. Parti il S. Padre da Parigi per far ritorno a Roma.

A di 13. I signori Decemviri fecero consiglio per stabilire varie deputa-
zioni per far .preparativi in congiuntura del passaggio del S. P: per que--
sta Città.

A dì 15. Dalle lettere della Segreteria di Stato al Governatore si ri-
levò; che la quarantana stabilita per giorni 12 sin dal tempo in cui fu sta.
bilito il cordone, si riducesse a giorni 10.

Si seppe che Napoleone era partito il dì 1 del corrente per Milano, e
di Sua Santità nel dì 4; e che in Bologna si facevano preparativi per la
venuta dell’Imperatore dei Francesi in quella Città. i

A dì 18. Fu pubblicato Editto dal Governatore in cui si stimolavano gli
abitanti di ogni ceto di questa città a dar le dovute riprove di sincera
venerazione e attaccamento alla Sagra Persona di Pio VII in occasione
della venuta a breve permanenza; e si prefigevano le qualità degli onorevoli
e comodi preparativi per evitare la confusione.

A di 23. Fu pubbl,cato Editto di Segreteria di Stato, dove si dava ter-
mine al Cordone fissato fin da qualche mese. Fu dato ordine dal Vicario
Capitolare di aggiungere alla Messa la Colletta pro Summo .Pontefice pere-
grinante.

Ai dì 24. Morì di anni 47 Giacomo Piazza, e nel 25 fu fatto il funerale
nella Chiesa di San Severo.

Si tenne consiglio nel Palazzo, e fu. fatta l'elezione di 9 soggetti per
far le veci dell’Illmo Magistrato (che doveva portarsi ai confini a compliJ
mentare il S. P.) nella Traslazione del S. Anello all’Altare Maggiore.

Ai dì 30. Editto del Governatore, in cui si minacciavano pene a tutti
i venditori di qualunque commestibile, se avessero arbitrato ad alterare i prez-
zi in congiuntura delle imminenti feste a contemplazione del Passaggio del
Santo Padre.

Si alzò un arco trionfale in faccia alla fortezza in ‘mezzo alla strada,
che fu architettato dal Signor Baldassarre Orsini.

Dal Vicario Capitolare si spedì lettera -ai Superiori delle rispettive Co-
munità Religiose di somministrare l'occorrente alla Cattedrale in caso di
bisogno. :

MAGGIO:

Ai di 2. Si tolse dalla Fonte Maggiore tutta la. Cancellata di ferro, che
serviva di barriera e riparo alla detta Fonte, e di notte fu trasportata in
Casa di Boccanera, Mercante.

Ai di 3. Giunsero da Roma varj soggetti di merito e dignità.

Ai di 4. Venne staffetta al Governatore dal Nunzio di Firenze, che









102 E. RICCI

il dì 6 era ivi l’arrivo del S. P. con tutto il convoglio in 40 legni, e 168
cavalli. i

Giunse da Foligno un distaccamento di Cavalleria e Infanteria dell’Arma-
ta Pontificia; 8 Guardie Nobili e il Cardinale Brancadoro.

Si spedirono circolari per' il contado per la Illuminazione da farsi tanto
nella sera della venuta del S. P. quanto in quella della partenza.

Ai di 5. Si trovò l'Imperatore Bonaparte in Marengo a far la visita
dell’Armata per dirigersi poi a Milano.

Ai dì 6. Giunsero due squadroni di Armata Pontificia da Città ‘di Ca-
stello e della -Pieve. Giunse in Firenze Sua Santità in mezzo PEE applausi.

Ai dì 7. Comparvero molti personaggi in Città.

Ai dì 8. Giunse in Milano l’Imperator Bonaparte con la Consorte, tra
infiniti applausi di un popolo innumerevole e si emanò un Decreto dal sud-
detto Imperatore e Re proclamato, sullo stabilimento del Consiglio di Stato
composto di molti membri. La Repubblica Italiana venne dal suddetto eretta
in Monarchia e fu proclamato Re d’Italia esso stesso, ed essendo andato in
Milano colla moglie Imperatrice Giuseppina, fw con essa ivi incorohato colla
corona di ferro nel dì 23 corrente, qual corona si conservava in Mons.

A di 9. Fu fatta la rivista dal Colonnello della Truppa Provinciale al-
la Fortezza.

A dì 10. Si suscitò in aria un gran turbine non senza danno del-
l'Arco Trionfale ed Obelisco eretti. Giunsero moltissimi forestieri da tutte
le parti.

A dì 11. Fu pubblicato ordine del suono di tutte le Campane all’arrivo del
S. P. Alle ore 19 fu dato dal Duomo il segno. dell'Adunanza, ed alle ore
21 il Capitolo e Clero si trasferirono processionalmente alla Porta di San
Carlo, dove si trovava presente il Governatore e Magistrato, e tanto i Capi
del Corpo Ecclesiastico che del Civile si trattennero nella Casa, vicino adla)
porta. Alle 22, tra le acclamazioni di numerosissimo popolo, entrato il S. Padre
colla muta a 8, il Cavalliere D. Lorenzo Altieri Generale delle Poste, aprì
lo sportello della Carrozza, ed il Governatore e Magistrato si fece a compli-
mentare a nome del Pubblico il S. Padre, presentando le Chiavi della Cit-
tà; si presentò poi l’Arciprete, e compartita la benedizione venne dato il
segno al Crocifero di proseguire, ed andó a S. Pietro. All’ingresso del
S. Padre, nella Chiesa s’intonò da’ Musici il « Tantum Ergo» e si dette
la benedizione dal Cardinale Brancadoro. La sera rimase illuminata tutta là
Città, dalla Porta S. Carlo fino alle Fontivegge; il passeggio del .Frontone,
dov'era la macchina de' fuochi e dove era la Banda.

A di 12. La mattina nella mossa che dette il S. P. da S. Pietro, la
Fortezza diede il segnale per trasferirsi in Duomo. Nella Porta Laterale, in
faccia alla Fortezza vi si era eretta una Loggia in fuori ed un maestoso Pa-
diglione con il Trono di Lama d'argento, e PIscrizione lapidaria in cima al
padiglione, ed altre in varj siti della Città.

La vigilanza e destrezza della Cavalleria e milizia di Linea Pontificia
ed Urbana, furono capaci serbare il luogo aperto, per il passaggio del
S. Padre, senza tumulto, con um numero immenso di popolo, dal Duomo alla
Fortezza. Fra il suono di tutte le Campane e gli evviva dei genuflessi Fedeli
col seguito di 15 altri cocchi, facendo ala le Guardie Nobili ed i pii Uffizialî

CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI 103

^

con spada sguainata, giunse la carrozza del S. Padre alla Portà Màggiore
della Cattedrale, dove fu ricevuto sotto il Baldacchino portato da sei Canonici
più anziani, e dove il Vicario Capitolare gli presentò l’aspersorio, e s'incammi-
nò in mezzo a molti prelati all’Altare, cantandosi in Musica Ecce Sacerdos.

Di poi incominciò il S. P. la Messa, con l’assistenza di 4 Cardinali,
con 30 Prelati, tra Vescovi e Governatori, Tesorier Generale, e Nunzio di
Firenze, col Clero, Magistrature, Collegj, Uffizialità e gran numero di di-
stinte persone. Terminata la Messa si trasferì alla Loggia e compartì all'im-
menso popolo la Papale Benedizione. Passò alla Cappella del S. Anello
e calata la machina adorò la reliquia insigne ben osservandola. Passò poi
alla Sagrestia, e preso ristoro nelle Camere Canonicali salì in Trono posta
in mezzo alla Sagrestia, ed ammise al bacio del piede le corporazioni ec»
clesiastiche, civili e militari, e poi tutte le classi di persone dell’uno e dell’altro
sesso. Di poi ritornò a S. Pietro. Circa le 23 andò in Chiesa, e vestito in
Trono de’ preziosi. paramenti sagri, con l'assistenza di due Abati del suo
Ordine comparti la Benedizione col SS.mo Sagramento. Di poi nelle Stanze
del Capitolo ammise al bacio varie classi di persone. Nella sera rimase tutto
illuminato, come nella precedente. Non si incendió la machina di fuoco artifi-
ziato, per la caduta di molta pioggia. -

A di 18. Assisté al Sagrifizio della Messa, celebrata da. Monsignor
Sagrista; di poi ammise al bacio del piede le Monache Benedettine di
S. M. Maddalena, e le Domenicane della B. Colomba, e le Orfane Derelite
e varie altre persone. Alle 12 '/, in circa, tra lo sparo dell’artiglieria, e lo
strepito sonoro delle Campane, partì verso Foligno.

Ai dì 16. Giunse il S. Padre in Roma.

Ai dì 17. S’incominciò un solenne Triduo nella Cattedrale per ringrazia-
mento e ordinata a’ Sacerdoti aggiungere la Colletta alla Messa: « Pro Gratia.
rum etc. ».

Nel di 19: Ultimo giorno del Triduo, cantato il Te Deum si dette dal
Vescovo di Bagnorea, la Benedizione col SS.mo Sagramento, e nella sera si
dié fuoco alla Machina preparata a capo del Frontone.

Ai di 21. Venne lettera del Segretario di Stato al Magistrato, a nome
di Sua Santità in ringraziamento per le dimostrazioni fattesi in occasione del-
la sua venuta. e permanenza in Perugia.

Ai di 28. Segui in Milano l’Incoronazione solenne di Napoleone I Im-
perator di Francia e Re d'Italia col Diadema ferreo, trasportato da Mons, ed
incoronata l’Imperatrice, e ne ebbe la felicitazione dai Sovrani d'Europa, per
mezzo de’ rispettivi Ambasciatori, (1) In quest'anno la Repubblica di Genova fu
incorporata all’Impero Francese, e quella di Lucca venne eretta in principato
feudale dalla Francia, ed assegnato ad Alloisa Baciocchi, sorella di Napoleone;
pose nel Regno Italico un Vice Re.

^

(1) Com'é noto, Pincoronazione, fissata dapprima per il 23 maggio, fu
poi rinviata ed ebbe luogo il 26: maggio. Il nostro a. scrive, si vede, (e
cfr, anche s. d. 8 maggio) basandosi sul primo avviso: il rinvio fu notificato
in Milano il 21 maggio. Si noti anche Mons per Monza.















104 E. RICCI

Ai di 24. Dal Vicario Capitolare fu ordinato di aggiungere alla Messa la
Colletta ad petendam serenitatem.

Ai di 28. Si seppe che la Flotta Francese si era divisa in varj legni
grossi marittimi, unita all'Armata Navale Spagnola, a Cadice, per agir di
concerto contro l’Inghilterra.

Ai di 29. S'incominció per le 4 Chiese ai SS. Confaloni un Triduo per im-
petrare la serenità da Dio.

GIUGNO:

Ai di 10. Le Monache delle Colombe per beneplacito apostolico ottenuto,
andarono in Piscille al Casino delli Valli, per tutta la giornata.

LUGLIO:

Ai di 2. Si seppe il ragguaglio della organizzazione dello sta$o Liguro o
Genovese unito all’Impero Francese. Era entrato nel Regno Italico a governare
in qualità di Vice-Re il Principe Eugenio Boherois.

A di 6. Incominciò il giuoco del Pallone nel nuovo Anfiteatro, a po-
nente della Fortezza.

A dì 27. Venne affisso e trasmesso ai Parrochi l'editto del Vicario Ca-
pitolare, dove accennavasi il sagrilego abuso commesso in di festivo nella
Cattedrale in tempo dell'ultima Messa, e si prescrivevano le pene contro i
profanatori de' Tempj in appresso delluno e l’altro sesso e di qualunque
grado. Fece per alcune volte venire i soldati alla porta della chiesa in tempo
dell'ultima Messa, ed un uffiziale girava per la Chiesa per fare arrestare
i profanatori. ;

A dì 28. Fu rimesso in libertà, e liberato dalla Compagnia di S. M.* Nuova
un delinquente condannato a morte, e furono fatte le solite funzioni e ceri-
monie in Duomo.

AGOSTO:

Nel di 10. Fu arrestato in Duomo un profanatore del Tempio e nel di
18 fu portato fuori della Porta della Chiesa col cartello in petto per esser ve-

/

duto da tutti.

A di 28. Mori di anni 68 il Marchese Pietro Gentili e nel dì. 29 si celebró
il funerale in S. Simone del Carmine.

A di 30. Fu eletto in Vescovo di questa Città Monsig. Camillo Campanelli
di Matelica, Arcivescovo di Atene.

In quest'anno una nuova lega Austro-Russo-Prussiana dichiarò la guer-
ra alla Francia, per cui Napoleone andò in Germania alla testa de’ suoi Eserciti.

Mach Generale fu fatto prigioniero in Ulma con tutte le sue Truppe.
I Francesi occuparono l’Austria, il Tirolo, e tutte le Provincie Venete Italia-
ne, e Napoleone giunse fino a Vienna. L'Imperatore di Germania e quello di
Russia si ricoverarono in Moravia, dove seguì la famosa battaglia di Auster-
litz, alla presenza di tre Imperatori, in seguito della quale seguì la pace
di Presburgo li 26 settembre in cui l’Austria cedé alla Francia la Venezia,
la Dalmazia ed il Tirolo. In questo medesimo anno seguì la gran battaglia
navale fra i Gallo-Ispani e gl’Inglesi a Trafalgar, nella quale morì Nelson

CRONACA DI GIAMBATTISTA MARINI 105

grande e famoso Ammiraglio; fu ferito Gravina e fur fatti prigionieri a Vil-
lanouve tre ammiragli delle Nazioni Combattenti.

SETTEMBRE:

A dì 3. Si ebbe notizia delli fatti di armi seguiti tra le due grandi ar-
mate belligeranti nello scorso luglio: e la relazione delle feste fatte in Lucca,
ad onor di Napoleone Bonaparte, dal Principe Badiocchi, suo cognato.

A dì 11. Da Cortona giunse qua uno Squadrone dell’Armata del Regno
Italico, col previo avviso avuto poche ore prima da due offiziali giunti. Nel-
la sera arrivò un altro corpo. Nel giorno dopo partirono tutti per Foligno.

OTTOBRE:

A di 2. Fu pubblicata dal Vicario Capitolare l’elezione in Vescovo di
Perugia, l'Arcivescovo Camillo Campanelli, col permesso del Pontefice di ri-
tenere il titolo di ‘Arcivescovo, coll’abito di Vescovo. Nel di 6 fu letto nel
Capitolo Congregato il Breve Pontificio, e la Procura dell’Eletto in perso-
na del Vicario Capitolare, che prese solennemente a suo nome il possesso,
coll’intervento di molto popolo.

A dì 5. Morì di anni 71 Cristiano Ricci, e nel dì 16 si celebrò il fune-
rale in S. Agostino.

Fu pubblicato editto del segretario di Stato proibendo l’estrazione de
grani dallo Stato Pontificio.

A dì 18. Morì di anni 32 Demetria Ad Rossi nel casino di Campagna in
Prepo, e nel di 19 fu fatto il funerale in Santa Maria Nuova.

A dì 19. Morì di anni 75 Francesca Mancini Guerrieri, e nel dì 20 fu
fatto il funere in S. Fortunato. i

A dì 21. Fu affisso editto per la Gabella de’ 4 piedi.

A di 22. Si seppe che l’Imperator Bonaparte si trovava alle testa della
sua imponente armata.

A dì 29. Si seppe, che i Francesi si erano impadroniti della fortezza di

Ulma.

>

NOVEMBRE:

A dì 15. Fu pubblicata Notificazione del Vicario Capitolare Canonico
Mancini, in cui si prescriveva il suono delle Campane nella sera del 23;
S'invitavano tutte le corporazioni a trovarsi in S. Domenico alle ore 21 per
celebrare il solenne ingresso del nuovo Vescovo processionalmente.

A dì 16. Fu affisso un manifesto del Magistrato, dove. s’invitavano tutti
ad illuminare le proprie case nelle sere del 23 e 24.

A di 19. Giunse in S. M.* degli Angioli Monsig. Vescovo Campanelli e nel
di 23 giunse in S. Girolamo, dove albergó, e ricevette le visite di. diverse qua-
lità di persone, ed incominciò il pastoral ministero, componendo gli animi di,
due nobili discordi, cimentatisi il giorno innanzi. A mezz'ora di notte rima-
sero illuminate le vie principali della città, e tutte le Campane suomarono .ai
festa.

A di 24 Domenica non potè eseguirsi la pubblica processione per il
isolenne ingresso del nuovo Pastore per l’intemperie dell’aria. Partitosi il
suddetto da S. Girolamo e giunto tra la calca della gente nella Chiesa Cat-













106 E. RICCI

tedrale, vestitosi de' Sagri paramenti nella Cappella del S. Anello, si trasferi
all’altar maggiore cantandosi la solita Antifona Ecce sacerdos in musica; di
poi il Te Deum, ed in fine esso recitó una breve Omilia, e dette la benedizione.
Di poi si trasferi al Palazzo Vescovile, ove era imbandito un sontuoso rin4
fresco. ;

A di 25. Monsignor Campanelli andò in S. Caterina a celebrare, dove ‘
avvertì un Sacerdote che stava celebrando senza chierica.

«A dì 26. Furono pubblicati i donativi fatti al nuovo Pastore da più

Comunità Religiose.

Nel dì 27. In occasione nella inizio de’ casi morali il Nuovo Pastore
ordinò che fossero avvisati tutti quelli che mancarono, sì Regolari, che se-
colari. Y

DICEMBRE:

A di 2. Si riseppe che una contribuzione di 16 mila scudi era stata imposta
dai Commissarj Francesi in tutto il Piceno per i bisogni della presente
guerra; e che Monsignor Rivarola Governatore di. Macerata aveva dovuto
con varj Nobili subire la pena dell’arresto per essersi opposti alla richiesta
de’ Commissarj suddetti.

A dì 3. Si ebbe notizia che S. M. Cesarea era partita da Vienna con tut-
ta la Famiglia, Tesoro ed Archivio, per l'Ungheria per il vicino pericolo che i
Francesi entrassero in Vienna.

A di 9. Mori di anni 58 la Signora Costanza Goga Cenci e nel di
10 si celebró il funere in S. Francesco dei Conventuali. .

A di 18. Cadde nella notte antecedente una quantità di neve.

Cessò di vivere inetà di anni 79 il Cavaliere Raniero Ranieri Castellano
giubilato, e nel 14 fu fatto il funere nella Chiesa Nuova.

Nel di 15. Cadde altra neve. x

A dì 17. Per la quantità della meve giunsero i Procacci e Postini in
questo giorno e si seppe l’esito del serio fatto d’armi seguito ad Austerlitz in
Gérmania fra le Armate Austriaca, Russa e Francese, intitolata la battaglia
di tre Imperatori, essendo ognuno alla testa del suo Esercito.

A dì 21. Monsignor Campanelli andò al Monastero di S. Tommaso a
celebrare, ed ivi tenne l’ordinazione per la prima volta.

A di 23. Fu trasmesso a tutti i Parrochi l’Editto per la Santificazio-
ne delle Feste. :

A di 24. $i seppe l'Armistizio tra le Potenze belligeranti. Per un avviso '
precedente alle Superiore de' Monasteri di Monache vennero celebrate le fun-
zioni del Matutino e Messa nella notte a porte chiuse.

A di 183. Si seppe che dovevano per questa Città transitare Truppe
Francesi, e la Città spedì a far provisioni per le medesime.

(Continua)

RECENSIONI

CANTARI SULLA GUERRA AQUILANA DI BRACCIO di Anonimo Contem-
poraneo, a eura di Roberto Valentini, Roma, Istituto Storico
Italiano per il Medio Evo (Fonti per la storia d'Italia), 1935.

Roberto Valentini ha già portato tali contributi alla determinazione sto-
rica della figura di Braccio da Montone e alla sua opera da dover meglio
d’ogni altro essere in grado d’illustrare sotto tutti i riguardi, com’egli ha fatto,
questo importante e singolare poema quattrocentesco in dialetto aquilano. Non
bisogna dimenticare ch'egli, uomo di grande e sicura cultura, ha curato mirabil-
mente nelledizione zanichelliana dei Rerum Italicarum Scriptores la Vita di
Braccio del Campano, corredandola di una messe ricchissima, intelligente-
mente scelta e appositamente raccolta, di riferimenti storici, d’indicazioni di
fonti, di ragguagli politici, diplomatici, economici; militari. Egli anzi già in quel-
Pampio commento, giunto al punto della disfatta dell'Aquila, pur senza pro-
porsi in forma concreta il problema, la cui trattazione esulava dal suo com-
pito, ha ordinatamente raccolto gli elementi per poter comprendere adeguata-
mente le cause che si eran, per dir cosi, riunite a render decisiva, per quel
momento storico, la campagna di guerra intorno allAquila, e le ragioni che
avevano imposto a Braccio quella linea di condotta.

Ora le ottave appassionate, concitate talvolta, ingenuamente apologetiche,
efficacemente espressive nella loro spontanea rudezza ci portano l’eco della
trenienda passione umana che è stata vissuta nei due campi avversi, nell’ansia
di sventare il supremo colpo del destino che avrebbe annientato o l'uno
o l’altro dei contendenti. Ma di più fanno sentire il martirio e la speranza
e l'angoscia e il sacrificio del partito aquilano, per quanto, come accade
nel vero clima storico e spirituale dell’epopea, vi si senta, sia pure sotto
Paspetto di odiata e iniqua minaccia, la grandezza, la potenza dell'oste
braccesca. Senso cavalleresco che solleva e nobilita il tono della conte-
sa e conferisce prospettive grandiose alla narrazione poetica. Ma non è
compito nostro nella presente segnalazione mettere in rilievo i pregi letterari di
questo poema, che è indubbiamente una delle più importanti e significative
opere della letteratura volgare del sec. XV.

Questo poema era stato pubblicato, se non erro, verso la fine del secolo









108 RECENSIONI

scorso dal Parlagreco, ma assai frettolosamente e incompletamente sulla base
del eodice Agnifili, che si trova mella Biblioteca « Tommasi» dell’Aquila. Ma
per restituire il poema alla sua integrità e per favorirne quindi la cono-
scenza e la rinomanza che merita, era necessario che si rinvenisse una reda-
zione più fedele: all’originale e più organicamente completa. Ciò è accaduto
col rinvenimento del codice Antonelli, di cui parla il Valentini stesso negli
« Atti del Convegno Storico Abruzzese Molisano » (Casalbordino, 1932) con la
memoria Del cosidetto Ciminello e del cod. Antonelli nuovamente ritrovato.
Per le ragioni che il Valentini spiega molto bene non si può ritenere che il
codice Antonelli sia l’autografo, ma certo esso è coevo dell’autore del poema
e per la grafia, per le illustrazioni che lo adornano, per la rilegatura esso ci
dà la certezza che appartiene alla prima metà del sec. XV. Esso è ricomparso
appunto nel 1932 in una vendita promossa dalla Casa Hoepli, presso la
quale. è stato acquistato dal perugino comm. Roberto Morettini e donato
alla Biblioteca Augusta del Comune di Perugia. Il Valentini quindi per la
presente edizione si è servito quasi esclusivamente di questo prezioso codice,
il quale tuttavia lascia molto a desiderare per l’esatta ricostruzione del testo,
che è stato trascritto da un amanuense non pienamente consapevole delle
forme dialettali di esso. L’editore quindi ha dovuto compiere una ragguar-
devole fatica nel ridurre il testo alla pristina forma, sottoponendosi talvolta
alla paziente e ‘sistematica. scomposizione di interi versi in sillabe sino a
trovare i giusti raggruppamenti di esse. Egli ha completato tale suo duro e
appassionato lavoro con una esauriente, dettagliata prefazione in cui valuta
il poema sotto il rispetto letterario, linguistico, storico, critico; con un essen-
ziale e informatissimo commento erudito; infine con un opportunissimo glos-
sario. Opera dunque, che per un complesso di circostanze esteriori e per la in-
telligente diligenza dell’editore viene a rappresentare la completa rivelazione
per i critici e per gli storici di una nuova gemma della mostra letteratura.
Sinora non ho fatto cenno dell’autore del poema, che secondo il Valentini
non è quel Nicola Cimino di Bazzano che è indicato nel codice perugino. Mi
piace anzi conchiudere con le efficaci espressioni che il Valentini usa a questo
proposito: « Chiunque egli fosse, a noi più che un nome importa l’opera. Del
resto gran parte di sì fatta poesia corse anonima ovunque chè i popolari
cantori rinunciarono volentieri al vanto della sopravvivenza. Il Nostro, in par-'
ticolare, preconizza le virtù del popolo; per il popolo canta e consapevolmente
annulla sè stesso nell’opera propria. Ma se l’autore ci nasconde il suo nome,
egli è pur sempre presente; sentiamo un cuore che batte, una umanità soffe-
rente e ribelle, che il dolore mon piega; un occhio che vigila, una intelli-
genza che spazia oltre la cerchia dell’assedio e guarda lontano negli eventi,
guidata da una luce di fede ».

GIOVANNI CECCHINI

ANALECTA UMBRA

PARTE PRIMA

Le ricerche intorno ai popoli dell’Italia preromana, continuate attivissime
negli ultimi dodici anni, interessano per molti rispetti l'Umbria, che, grazie
alla sua posizione centrale, fu, fin da quei tempi remoti, teatro di molteplici
influenze etniche e culturali, delle quali serba traccie importantissime.

E ricordiame anzitutto il lavoro di U. CALZONI che dà notizia nel-
P« Archivio per l’antropologia ed etnografia» (vol. 63, 1933, pp. 267-274)
di alcune Scoperte preistoriche nelle « Tane del Diavolo », presso Parrano
(Orvieto), al confine tra l’Umbria e la Toscana. In queste grotte il Calzoni
ha rinvenuto un materiale abbastanza abbondante appartenente al ‘paleolitico
superiore con tipi identici a quelli dei giacimenti di Grimaldi e della Grotta
Romanelli. Con questo scavo è stata raggiunta una nuova decisiva prova
dell’esistenza e della uniformità di caratteri del paleolitico superiore italiano.

Fra le opere a carattere generale, citeremo per primo il libro di FR. VON
DUHN, Italische Graberkunde, Heidelberg, C.- Winter, 1924, studio esauriente in-
torno alle tombe e alle necropoli dell’Italia antichissima, dall’età paleolitica ‘fino
all’età del ferro, che è il frutto di una esperienza lunghissima dedicata a questi
studi. L'Umbria ha la sua parte in questo libro. L’A. si sofferma più volte
e a lungo sulle necropoli di Monteleone di Spoleto, di Città di Castello, ma
soprattutto su quella importantissima di Terni. Questo libro affronta in pieno
il problema intricatissimo della palethologia italiana e svolge una serie di ipo-
tesi sull’origine e sul susseguirsi dei popoli antichi d'Italia, nonchè sull'evo-
luzione delle civiltà primitive. Non possiamo naturalmente riassumere qui il
ricco contenuto di questo libro. Diremo solamente che le conclusioni del Von
Duhn non soddisfano pienamente a causa del metodo eccessivamente unilate-
rale seguito, fondato quasi esclusivamente sui dati cemeteriali.

Libro più agile e più interessante, ma pur sempre saldamente fondato su
dati scientifici è quello di GIACOMO DEVOTO, Gli antichi Italici, Firenze,
Vallecchi 1931, che vuol essere una vera e propria storia degli -Italici dalla
loro venuta nella penisola alla conquista romana. Avvertiamo subito . che
per Italici VA. intende essenzialmente gli Umbro-Sabelli, i popoli cioè della
seconda ondata indo-europea. Egli anzi cerca di dimostrare che il distacco

(1) Per aggiornare gli Analecta Umbra, rimasti interrotti al 1924, verranno pubblicati, in tre suc-
cessivi volumi, oltre agli Arralecta dedicati alle pubblicazioni dell’ ultima annata (cfr. parte Il), Ana-
lecta di carattere retrospettivo per il periodo 1924-1936, dedicati rispettivamente all’evo antico, al me
dioevo, all’età moderna.







110 G. CANDELORO

degli Umbro-Sabelli dai Latini sarebbe avvenuto in epoca antichissima nel
seno (el primitivo popolo indo-europeo e che a grande distanza di tempo i
due gruppi etnici sarebbero giunti in Italia. Il Devoto mette in evidenza le
differenze linguistiche tra i due popoli; le concordanze crede siano dovute
più alla lunga contiguità di essi in Italia che alla comune origine. Questa
tesi, già sostenuta da FRANCESCO RIBEZZO, Unità italica e unità italo-
celtica, Del rapporto originario e storico fra Laziali-ausonici e Umbro-sabellici,
in « Riv. Indo Greco Italica », 1930, I, pagg. 27-40, è fondata essenzialmente
sul dato linguistico. Il Devoto la sviluppa pienamente nel suo libro e cerca
inoltre di delineare e di enucleare, fondandosi sulla vastissima massa di ma-
teriale archeologico, linguistico e tradizionale, i caratteri distintivi della civil-
tà, del regime politico e dell’arte degli Italici fino alla conquista romana. L’Um-
bria ha in questo libro una parte notevolissima, com’è naturale, dato che
essa ha fornito il documento piü importante della lingua italica, le Tavole igu-
vine, sulle quali fin da principio si ferma a lungo l’Autore.

A proposito dell'importanza che l’Umbria ebbe nella storia antichissima
d’Italia sia come centro principale degli Italici, sia come regione: di contatto
fra questi e gli Etruschi, dobbiamo ricordare l’interessante discorso di G. A.
GIGLIOLI, L’Umbria cuore dell’Italia antica, tenuto a Spoleto nel 1927, e
pubblicato negli « Atti della Soc. It. per il Progresso delle Scienze, XVI riu-
nione », Roma 1928, nel quale vengono rapidamente e chiaramente delineate
la geografia e la storia dell'Umbria antica. Il Giglioli accenna inoltre alle due
principali ipotesi sull'origine degli Umbri: quella tendente a identificare gli
Umbri coi Villanoviani e quella tendente a identificarli invece coi neolitici
e gli eneolitici, accennando alle conseguenze importanti che il seguire l’una o
l’altra delle due teorie può portare nei riguardi di tutta l’antica storia italiana.

Sostiene la tesi della identificazione degli” Umbri coi Villanoviani P. DU-
CATI, La civiltà villanoviana a Nord e a Sud dell'Appennino, in «Bullettino di
Paletnologia Italiana », a. LII (1932) pp. 59-68, che studia la diffusione di quella
civiltà dall’Emilia fino alla regione di Terni.

Questi lavori intorno agli antichi popoli d’Italia :riguardano tutti, più o
meno direttamente il problema etrusco, che interessa profondamente la storia
dell’Umbria. Il problema etrusco ha dato luogo in questi ultimi anni a una
letteratura vastissima; ricorderemo solamente le opere principali: anzitutto
quella di P. DUCATI, Etruria antica, Torino, Paravia, 1925, 2 voll, che riassu-
me ed espone chiaramente lo stato della questione e tutte le notizie intorno alla
storia, all'arte, alla lingua di quel popolo. Per ció che riguarda la proveniens
za degli Etruschi il Ducati è partigiano dell’ipotesi della provenienza trans-
marina e microasiatica e sostiene una conquista e una colonizzazione etrusca
in territorio originariamente umbro. Sostenitore invece di una provenienza
continentale è L. PARETI, Le origini etrusche, I, Le leggende e i dati della
scienza, Firenze, Bemporad, 1926, il quale, seguendo, con qualche differenza,
il suo maestro G. De Sanctis, fa derivare gli Etruschi dai terramaricoli. In
questo libro, dedicato esclusivamente al problema delle origini, è degna di
nota la chiarezza con cui vengono discussi tutti i dati tradizionali e scienti-
fici. Particolarmente approfondito è il problema dei contatti fra gli Etru-
schi è gli Italici, soprattutto con gli Umbri. Ritorna invece alla tesi della pro-
venienza transmarina ed asiatica FR.. SCHACHERMEYER, Etruschische Friih-

ANALECTA UMBRA 111

geschichte, Berlin, De Gruyter C. 1929, che svolge una serie di amplissimi
collegamenti fra la civiltà etrusca e le varie civiltà mediterranee. Molto pru-
dente è invece la posizione di B..NOGARA, Gli Etruschi e la loro civiltà, Mi-
lano, Hoepli, 1932. Egli inclina però verso l’ipotesi continentale. Questo libro,
che riproduce in gran parte una serie di conferenze tenute a Perugia nel 1921,
dedicato: al pubblico colto più che agli specialisti, riesce utilissimo per la
grande messe di notizie e di osservazioni contenute, sempre scientificamente
fondate. :

Ma la croce degli etruscologi è rimasta sempre l’interpretazione della lingua
etrusca: a questo proposito, trascurando i vari tentativi dilettantistici, giusta-
mente combattuti dagli specialisti, ricordiamo anzitutto l’opera di A. TROM-
BETTI, La lingua etrusca, Firenze 1928, che sostiene il carattere preindoeu-
ropeo dell'etrusco e lo collega coi linguaggi dell'Asia Minore. Segnaliamo
inoltre l’importante articolo di F. RIBEZZO, Il voto della sfinge etrusca, in
« Riv. Indo Greco Italica », 1929, che, pur partendo da premesse analoghe a
quelle del Trombetti, offre interpretazioni notevolmente diverse, e l’opera del
GOLDMANN, Beitrige zur Lehre vom Indogermanischen Charakter der Etru-
schischen Sprache, Heidelberg 1929-30, 2 voll, che sostiene invece l’origine in-
doeuropea dell’etrusco.

La vastissima letteratura intorno alle Tavole iguvine si è arricchita in
questi ultimi anni di molti importanti lavori. Citiamo anzitutto l'edizione
curata da A. BLUMENTHAL, Die Iguvinischen Tafeln, Text, Uebersetzung, Un-
tersuchungen, Stuttgart, Kolhammer 1931, che contiene il testo umbro, la tradu-
zione latina a fronte e un ampio commento. Il metodo che il Blumenthal segue
nel commento è prevalentemente filologico e quindi unilaterale; egli non coordi.
na sufficientemente i dati glottologici con quelli storico-religiosi. Questo libro
è purtuttavia un ottimo strumento di lavoro per gli studiosi. Molto utili sono
a questo proposito le recensioni che dell’edizione del Blumenthal hanno fatto
il RIBEZZO in «Riv. Indo Greco Italica », a. XV, 1931 pp. 113-117 e il
DEVOTO in « Gnomon» vol. X, pp. 28-83. Lo stesso DEVOTO si é occupato
delle Tavole, oltre che mel citato libro sugli antichi Italici, in un importante
articolo su i Contatti etrusco-iguvini, in « Studi etruschi » IV, 1930, pp. 221-
248, nel quale, dopo aver studiato gli influssi etruschi nel testo delle Tavole,
conclude affermando che nella zona di Gubbio gli Italici, scesi dall'Appennino,
si stanziarono in territorio già abitato da Etruschi, ricevendo però dai vinti
notevoli ‘elementi linguistici e religiosi. Di un problema particolare si è
occupato da E. HERMANN, Die Angabe des Stammbaums im Umbrischen, in
«Indo germanischen Forschungen », 1932, pp. 232-237, che studia la frase
S'erfia, S'erfer Maler che indica le dee Prestota e Tursa.

Altri studi sono stati dedicati alle affinità fra Tavole iguvine e docu-
menti religiosi romani: le somiglianze col Carmen Arvale sono state studiate
dal BLUMENTHAL, Zu Tab. Iguv. V-I und zum Carmen Arvale, in « Indoger-
manischen Forschungen » XLVIII, 1930, pp. 245-251. Ma il problema dei rap-
porti culturali e religiosi fra l'Umbria e Roma è stato studiato a fondo da









112 G. CANDELORO

G. GOIDANICH, Rapporti culturali e linguistici fra Roma e gli Italici. Del
Templum augurale nell'Italia antica, I Il Templum umbro e le cerimonie au. .
gurali nelle Tavole iguvine, in « Historia » 1934, pp. 236-269 e Del Templum
augurale nell’Italia antica II, in « Historia », 1934, pp. 579-593. In questi due
articoli il Goidanich fondandosi per l’Umbria sulla Tav. VI, 1-18, di cui dà
la traduzione e per Roma soprattutto sulle notizie di Varrone, ricostruisce il
modo con cui l’augure tracciava il decumanus e il circuito del femplum e sce-
glieva una barriera ben determinata che, dividendo le regiones Nord e Sud,
serviva da traguardo per valutare il volo degli uccelli. Nel primo articolo si
trovano anche molte notizie sulla topografia di Gubbio antica e sulla ubicazione
del suo Templum. Del problema del Templum si sono occupati anche S. WEIN-
STOCK, Templum in « Mitteilungen des Deutschen Archaelogischen Institut »,
Roemische Abteilungen v. 47, 1932, pp. 95-121 e il BLUMENTHAL, Templum in
« Klio » XXVII, lavori fondati in gran parte sullo studio della Tav. iguv. VI A.

Infine le Tavole nel loro insieme sono state recentemente riprese in esa-
me da F. RIBEZZO, Problemi iguvini, I serie in « Riv. Indo Greco Italica
XVIII, 1934, pp. 181-214. Secondo il Ribezzo le Talv. I A e I B rappresentano
un documento istituzionale dei due riti arcis piandae e populi lustrandi da
parte del collegio degli Atiedii, mentre le Tavv. VI A, VI B e VII A-B rap-
presentano il cerimoniale corrispondente.

Delle vicende di Perugia nella antichità si è occupato G. DOMBI, Storia
antica di Perugia, Budapest 1932. Si tratta di una tesi di laurea in ungherese
con un breve riassunto in italiano, fornita di ampia bibliografia. L’A. espone i
principali avvenimenti di Perugia nell’epoca etrusca e romana. Una parte del
lavoro è dedicata alla topografia dell’antica città, soprattutto alle murc e alle
porte: secondo il Dombi la Porta Marzia risalirebbe ‘al secondo secolo avan-
ti Cristo e la parte superiore dell’arco di Augusto sarebbe un rifacimento ef-
fettuato dopo il sacco della città nel 40 a. C.

Su Perugia etrusca dobbiamo segnalare alcune ricerche epigrafiche e
linguistiche: in primo luogo il lavoro di. G. L. MARTELLI, Dizionario delle
voci etrusche delle epigrafi di Perugia e dintorni con introduzione di’ G.
Buonamici, Perugia 1932. E’ questo il primo tentativo completo di un lessico
territoriale etrusco, che costituisce un ottimo strumento di lavoro. L’A. elenca
perfino alcuni segni, forse di cava, incisi su blocchi delle mura etrusche.
Ricordiamo poi lo studio di G. DEVOTO, Il cippo di Perugia e i numerali
etruschi, in « Studi etruschi », 1934, pp. 217-226, in cui viene ripresa la con-
troversa questione sui numerali etruschi.. Infine le epigrafi, trovate nel 1932
sopra sette urne a Monteville sono commentate da G. BUONAMICI, Rivista di
epigrafia etrusca, in « Studi etruschi», 1934, pp. 353-393.

Il problema di Orvieto antica seguita ad interessare gli archeologi e gli
storici. Ad esso è dedicata una pubblicazione che la città di Orvieto volle

ANALECTA UMBRA 113

curare nel 1928 in occasione dell'inaugurazione del monumento ai Caduti,
intitolata Orvieto etrusca a cura del Podestà di Orvieto, Roma 1928. Questa
pubblicazione contiene uno studio riassuntivo di U. ANTONIELLI, 7I proble-
ma archeologico di Orvieto e due studi di P. PERALI, Vulsinii e Fanum Vol-
tumnae ed Etimologia del nome di Orvieto, e dello stesso PERALI, Saggio di
pianta archeologica del ripiano tufaceo di Orvieto. I due saggi del Perali
sono certamente noti ai lettori di questo Bollettino; il primo di essi infatti
fu pubblicato nel Bollettino stesso nel 1905, il secondo è una relazione presen.
tata al Congresso della Deputazione Umbra, tenuto a Gubbio nel 1909. Non
esporremo quindi la nota tesi del Perali tendente a identificare Orvieto etrusca
col Fanum Voltumnae e Bolsena coll’antica Volsinii. Combatte questa tesi il
recente lavoro di G. BUCCOLINI, Il problema archeologico di Orvieto antica,
Orvieto 1935, che riprende in esame tutta la questione e cerca di dimostrare
che sulla rupe orvietana sorse la città etrusca di Velsna, detta dai Latini.
Volsinii Veteres e che il. Fanum Voltumnae si deve cercare nei pressi di
essa. Gli argomenti addotti dal Buccolini meritano la massima considerazione
‘ anche se non giungono a risolvere il difficile problema, che potrà essere
chiarito solo da scavi sistematici.

Intensa è stata peraltro. in questi ultimi anni l’attività archeologica nella
zona di Orvieto. Di un Tempio Etrusco presso il Pozzo della Rocca danno
notizia I. PERNIER e E. STEFANI nelle « Notizie degli scavi di antichi.
tà », 1925, pp. 133-161. Il PERNIER ha trattato di nuovo l’argomento nella
cit. riv., 1929, pp. 232-243. Altre notizie importanti dà A. MINTO in « Notizie
degli scavi», 1934, pp. 67-99 relativamente al Tempio etrusco del Belvedere

e a diverse tombe rinvenute recentemente nel- territorio orvietano.

*ckok

Al cosi detto Marte di Todi, la statua di guerriero rinvenuta in quella
città nel 1835 e conservata al Museo Vaticano, ha dedicato uno studio F. MES-
SERSCHMIDT, Untersuchungen zum Mars vom Todi, in « Mitteilungen des
Deutschen Archaelogischen Instituts », Rcemische Abteilungen XLIIL 1928, pp.
141-164. Secondo L'A. la statua risale al terzo secolo avanti Cristo e per
quanto abbia caratteri etruschi, é probabilmente opera di uno scultore umbro.

\

*okok

Delle mura di Bettona si è occupato G. BECATTI, Nota topografica sulle
mura di Bettona, in « Studi etruschi », VIII, 1934, pp. 397-400, tentando di rico-
noscerne l’intero perimetro. L'A. crede che esse risalgano al IV sec. avanti

Cristo.
/

Del sito esatto dell'antica Nocera. si è occupata V. CAMPELLI, Nucerimi
AE * è ; EOD è
juvonienses et cameliarii In « Historia »; 1931, pp. 502-519. L'A. sostiene che
i







114 G. CANDELORO

l'antica città si trovava press’a poco nel luogo dell’attuale e non già, come vo-
gliono alcuni, più in basso. Essa afferma inoltre che nell’antichità Nocera Um-
bra ebbe poca importanza essendo solamente un piccolo municipio sulla Via
Flaminia e che le notizie degli annalisti medievali sulla grandezza della
città antica sono dovute a confusioni con altre notizie riguardanti la omonima
città della Campania. Soltanto nel decimo secolo, scomparsa la vicina Tadinum,
Nocera, divenuta sede vescovile, acquistò motevole importanza.

Particolarmente importante per la storia umbra è il libro di E. MAR-
TINORI, La via Flaminia, Studio topografico, Roma 1929. L’A. studia i suc-
cessivi tracciati della strada e dà molte motizie sul territorio e le città
che essa attraversa. Segnaliamo, perchè particolarmente ampie e notevoli, le
motizie relative a Narni, al Ponte d’Augusto sul Nera, a Terni, Spoleto, Fo-
ligno, Sangemini, Massa Martana, Bevagna, Nocera. Il volume è ricchissi-
mo di illustrazioni e di carte topografiche.

***

Della lapide di Spello, che contiene un rescritto di Costantino agli Umbri,
si è occupato M. DE DOMINICIS, 7! rescritto di Costantino agli Umbri e la
Praetura Etruriae, in «Historia », 1930, pp.471-480. L’A. acutamente esamina
l'importante documento che sanziona la separazione dell’Umbria dall’Etruria,
istituendo, o per lo meno regolando definitivamente, le feste e le adunanze
particolari dell’Umbria da tenersi annualmente ad Hispellum in luogo delle
adunanze generali dei rappresentanti delle due regioni a Volsinii. Secondo il
De Dominicis i primi elementi di una separazione fra l’Umbria e l’Etruria
risalirebbero a Diocleziano, il quale avrebbe istituito due sacerdoti speciali per
i due popoli, divenuti poi sotto Costantino rispettivamente il Praetor Etruriae,
che presiedeva le feste etrusche di Volsinii e ib Pontifex Gentis Flaviae, che
presiedeva le feste umbre di Spello. Della lapide di Spello si è occupato
brevemente anche A. PIGANIOL, Notes epigraphiques, I, L’inscription d’Hispel-
lum, in « Revue des Etudes anciens », XXXI, (1929).

GIORGIO CANDELORO





ANALECTA UMBRA

PARTE SECONDA

Don CELESTINO BORDONI nello studio S. Feliciano e i suoi tempi
(Foligno, Arti grafiche Strozzi, 1936), dà notizie storiche su Foligno e sul
suo protettore S. Feliciano, martirizzato nel 251 durante le persecuzioni dell'Im-
peratore Decio. i u

In occasione della solenne consacrazione della chiesa di Pieve Pagliaccia,
avvenuta il 2 agosto 1936, padre ETTORE RICCI pubblica una monografia
(Memorie storiche di Picve Pazliacca, Perugia, tip. Perugina già Santucci, 1936)
corredata di numerosi documenti relativi alla storia perugina, e della ri-
produzione di un affresco del sec. XII.

Sulle Quaestiones disputatae de Gratia del cardinal Matteo d’Acquasparta,
testé edite dal p. Vittorino Doucet O. F. M. (nélla Bibliotheca Franciscana
Scholastica medii aevi, tomo V, Quaracchi, 1935) s'intrattiene, in una diffusa re-
censione, p. Benedetto Innocenti O. F. M. Conv. in « Miscellanea france-
scana », vol. XXVI, fase. III-IV (1936).

***

Per la stretta connessione fra la storia dell’Umbria in genere e di Perugia
in particolare con le vicende di re Ladislao d’Angiò-Durazzo, deve essere
segnalata anche in questo Bollettino l’opera di ALESSANDRO CUTOLO,
Re Ladislao d’Angiò-Durazzo, (Milano, Hoepli, 1936, voll. 2 in 16, pgg. Xl
437 © 269, lire 40). L’a., che ha ricostruito la vita e l’opera del sovrano angioino
sulla base di accurate ricerche archivistiche, si occupa infatti più volte di
Perugia, anche con notizie e dati nuovi, desunti dagli Annali Decemvirali
(cfr. per es. vol. II, pag. 161 sgg.); e se pur delle vicende umbre di quel
periodo sembra tuttora possibile un ulteriore approfondimento, mediante ricer-
che più particolareggiate di quanto non abbia potuto fare — ed è ovvio —
il Cutolo, intento a tracciare le linee generali, non ad esaminare ogni singola
questione connessa con la vita e l’azione di re Ladislao, è tuttavia certo che
questa recentissima opera dovrà essere tenuta presente da quanti si vorranno
occupare di storia umbra di quell’età.

ses

Una lauda in onore di S. Francesco stimmatizzato è pubblicata, di su un
codice cartaceo del sec. XV della Biblioteca Comunale di Pescia (I. C. 5),
minutamente descritto, dalla dott. Franca Ageno (in « Miscellanea . France-
scana », XXXVI, 1936, fase. I-II).







116 G. CANDELORO

*ok

Su Il Confalone degli Eremitani di S. Agostino in Perugia nel rione di
Porta S. Angelo e la pestilenza del 1476, s’intrattiene padre ETTORE RICCI
(Perugia, 1936, tip. Guerra). L'autore correda di documenti questa sua ri-
cerca di storia perugina; e riesce altresi ad identificare — per la prima volta
— il gonfalone di S. Agostino fra i quadri della Pinacoteca di Perugia, e
precisamente in quello della sala' VIIL, n. 135, elencato sotto il titolo Madon-
na del soccorso. Padre Ricci attribuisce il quadro a Lello di Velletri, e non

.alPautore del Gonfalone di S. Fiorenzo, pur dipinto nello stesso anno: tanto è
diverso il contenuto del quadro, certo suggerito dai frati agostiniani i quali,
versati negli studi teologici, composero una tesi complessa del Giudizio Uni-
versale che negli altri gonfaloni è appena accennata.

* * *

Interessa anche l’Umbria il recente studio di VINCENZO GOZZO su Raf-
faello nei documenti nelle testimonianze dei contemporanei e nella letteratura
del suo secolo (Città del Vaticano, 1936, in 8, pp. 577. E’ pubb. dalla Pon
tificia Accademia artistica dei virtuosi al Pantheon). Tra i molti documenti,
che si susseguono in ordine cronologico, sono infatti da segnalare: alcuni
riguardanti Perugia e le pitture eseguite dall'Urbinate per. le chiese di Mon-
teleone, S. Severo e S. Fiorenzo. Il volume contiene pure, oltre a giudizi
e notizie di scrittori del sec. XVI su di lui, poesie e. lettere di Raffaello;
nonchè il catalogo delle opere da lui eseguite.

* * *

Del perugino Lione Pascoli, scrittore di cose economiche, si occupa, in un
buono studio, LUIGI DAL PANE (Lione Pascoli e la vita economica. dello
stato pontificio nella prima metà del Settecento, in « Rassegna Storica del Ri.
sorgimento », anno XXIII,, fasc. X, ottobre 1936, p. 1299 sgg). L'a. sulla
base di manoscritti inediti esistenti nella Biblioteca Comunale di Perugia, espo-
ne le osservazioni del Pascoli sulle condizioni economiche dello Stato ponti-
ficio nei primi decenni del ’700 e le sue proposte di riforma.

* ko

CLEMENTE PIZZI, che pubblica Lettere inedite di V. Cavallucci e G. B.
Morgagni (Perugia, tip. Guerra, 1936), non solo fa conoscere parte dell’in-
teressante carteggio dei due scrittori del ’700, ma valorizza altresì il ricco
fondo di mss. che si conserva nella biblioteca Doininicini di Perugia.

* *k*k

Sui rapporti fra Ascoli Piceno e Foligno durante i terremoti del 1831 e

1832, e lo scambio di sacre reliquie dei Santi protettori delle due città,’ si









ANALECTA UMBRA 110

intrattiene Mons. MICHELE FALOCI PULIGNANI (S. Feliciano e S. Emidio
- Ascoli e Foligno nei terremoti del 1831 e del 1832, Foligno, stab. tip. G.
Campi, 1936).

*okok

Francesco Maria Degli Azzi Vitelleschi fu, com’è noto, per poco più
di tre anni in Algeria (cfr. Dalle memorie di un sopravissuto, in « Archivio
Storico del Risorgimento umbro », anno VII, fase. IV, pp. 282-305). Di lui
fa pertanto cenno ERSILIO MICHEL, Esuli italiani in Algeria, Bologna, Cap- .
pelli, 1936.

* * *

L1 giugno 1848 partiva da Todi, al comando del tenente Alberto Car-
roccio, un reparto di civici volontari, che si aggregava nel luglio ai volontari
.di Forlì, costituendo con essi il « Battaglione Civici riuniti Alta Romagna ed
Umbria ». Ne dà notizia GIOVANNI NATALI, Corpi franchi del Quarantotto,
in « Rassegna Storica del Risorgimento », anno XXIII, fasc. II, (febbraio 1936),
pp. 186-187, 197, 222, 226.

*cko*

VITTORIO CORBUCCI pubblica Una satira popolare sanfedistica in Cit-
tà di Casiello contro Ciceruacchio (in « L’alta valle del Tevere », 1936, fase.
3), facendola precedere da notizie sul soggiorno di Ciceruacchio a Cit-
tà di Castelló nel 1849, pochi giorni prima della difesa di Roma.

*o& x

Cinque lettere di Antonio Gallenga a. Giuseppe Mazzini, del 1851, sono
pubblicate da EMILIA MORELLI, Giuseppe Mazzini e Antonio Gallenga, in
« La vita italiana », XXIV, (1936), n. CCLXXX.

***

La relazione Doni sulle stragi di Perugia del 20 giugno 1859, già in gran
parte conosciuta, è pubblicata per la prima volta integralmente da MARIO
PUCCIONI, Ricercando negli archivi del Ministero dell’Interno della Tosca-
na, in « Rassegna Storica del Risorgimento », anno XXIII, fasc. VIII (agosto
1936), p. 1100 sgg. L’articolo del Puccioni contiene altre interessanti notizie
relative ai fatti del 20 giugno, sì da dover essere tenuto particolarmente pre-
sente dagli studiosi del Risorgimento Umbro.

ve *

La commemorazione di Alessandro Bonucci, tenuta in Perugia il 10 apri-
le 1935 da GIUSEPPE MAGGIORE, è stata ora pubblicata (Perugia, 1936,
Tip. della Rivoluzione Fascista)). In essa il Maggiore ricostruisce, con af-
fetto di amico, il pensiero giuridico e filosofico dell'insigne studioso.

*









ATTI BE NOTPFPZIE

I.

IL NUOVO ORDINAMENTO DEGLI ISTITUTI DI STUDI STORICI

Al vertice dell'organizzazione degli studi storici é posta la « Giunta Cen-
trale per gli Studi Storici », creata con il R. D. L. 20 luglio 1934-XII, che ha
lo scopo di assicurare un nesso organico e di provvedere al coordinamento
dell'attività di tutte le istituzioni dedicate agli studi storici. Essa è inol-
tre organo consultivo dello Stato per ogni problema che abbia attinenza
con la ricerca storica, e rappresenta l’Italia in seno al Comitato Internazio-
nale di Scienze Storiche.

La Giunta è composta di 11 membri, compreso il Presidente; ne fanno
parte di diritto i presidenti dei quattro istituti storici nazionali organi diret-
ti della Giunta; gli altri membri sono nominati eon R. D.

Sono organi diretti della Giunta Centrale per gli Studi Storici i quat-

tro istituti storici nazionali, cioé:
; il Regio Istituto Italiano per la Storia Antica, creato con il R, D. L.
25 febbraio 1935-XIII;

il Regio Istituto Storico Italiano per il Medioevo, che, fondato nel 1883
come R. Istituto Storico Italiano, ha ristretta la sua attività al medioevo per
effetto del R. D. L. 20 luglio 1934-XII;

il Regio Istituto Storico Italiano per l'età moderna e contemporanea, creato
con il R. D. L. 20 luglio 1934-XII;

il Regio Istituto per la Storia del Risorgimento italiano, che ha assunto
tale denominazione in luogo di quella di « Società Nazionale per la Storia
tale denominazione in luogo di quella di Società Nazionale per la Storia
del Risorgimento italiano » con il R. D. 20 giugno 1935-XIII, n° 1068.
.. E pure alle dirette dipendente della Giunta Centrale. il R. Istituto
italiano di mumismatica, creato con il R. D. L. 3 febbraio 1936-XIV.

Sono invece organi periferici della Giunta Centrale le Regie Depu-
tazioni di Storia Patria e i Comitati del R. Istituto per la storia del Risor-
gimento italiano.













ATTI E NOTIZIE 119



II.

IL NUOVO ASSETTO DELLE REGIE DEPUTAZONI

DI STORIA PATRIA

Per effetto dei provvedimenti. suddetti, anche l'ordinamento delle R. Depu-

tazioni é stato sottoposto ad una totale revisione. Le Società periferiche di studi.

storici, ‘organizzate privatamente, sono state trasformate in Deputazioni o
storici, organizzate privatamente, sono state anch’esse trasformate in Deputa-
zioni o sezioni di deputazioni; e il nuovo assetto di queste ultime è stato
fissato con il R. D. 20 giugno 1935-XIII, che pubblichiamo qui appresso.

REGIO DECRETO 20 giugno 1935-XIII, n. 1176. *

APPROVAZIONE DEL REGOLAMANTO
PER LE REGIE DEPUTAZIONI DI STORIA PATRIA
(Pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 10 luglio 1935, n. 159)

VITTORIO EMANUELE II
PER GRAZIA DI DIO E PER VOLONTÀ DELLA NAZIONE
RE D’ITALIA

Veduto l'art. 1, n. 3 della legge 31 gennaio 1926-IV, n. 100;

Veduto l'art. 10 del R. decreto-legge 10 luglio 1934-XII, n. 1226, con-
vertito in legge con.la legge 20 dicembre 1934 - Anno XIII, n. 2124;

Udito il Consiglio dei Ministri;

Sentito il parere del Consiglio di Stato;

Udita la Giunta centrale per gli studi storici;

Sulla proposta del Nostro Ministro Segretario di Stato per la educa-
zione nazionale;

Abbiamo decretato e decretiamo:

Articolo unico.
E’ approvato l’unito regolamento per le Regie Deputazioni di storia pa-

tria, firmato, d’ordine Nostro, dal Ministro proponente.
Ordiniamo che il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sia in-




































120 ATTI E NOTIZIE

serto nella raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti del Regno d’Italia,
mandando a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.

Dato a San Rossore, addì 20 giugno 1935 - Anno XI.

VITTORIO EMANUELE.

MUSSOLINI — DI REVEL —
DE VECCHI DI VAL CISMON.

Visto, il Guardasigilli: Solmi.
Registrato alla Corte dei conti, addi 8 luglio 1935 - Anno XIII
Atti del Governo, registro 362, foglio 40. — Mancini.

REGOLAMENTO PER LE REGIE DEPUTAZIONI
DI STORIA PATRIA

FINI E COSTITUZIONE.

Art. 1.

Le Regie Deputazioni di storia patria sono organi periferici della Giunta
centrale per gli studi storici.

Esse hanno il compito di promuovere gli studi storici e di provvedere
alla raccolte, alla pubblicazione ed alla illustrazione dei documenti, dei mo-
numenti e delle altre fonti storiche secondo le direttive della Giunta.

Sono in numero di diciassette e le loro sedi e la loro sia di azione
vengono fissate dall'annessa tabella A.

Art. 2.

Con decreto del Ministro per l'educazione nazionale, udita la Giunta cen-
trale per. gli studi storici, possono essere. costituite, nell'ambito di ogni Re-
gia Deputazione di storia patria, delle Sezioni.

Le Sezioni sono organi periferici delle Regie Deputazioni di storia pa-
iria e dipendono da esse.

Art. 3.

Per il conseguimento dei loro fini, le Regie Deputazioni di storia patria
compilano annualmente un piano di lavoro, sulla base dei programmi pro-
posti dai singoli membri e dalle singole sezioni.

Per le Regie Deputazioni che abbiano delle Sezioni il piano di lavoro
stabilirà quale parte sarà compiuta da queste.

I piani saranno sottoposti, entro il mese di luglio, all'esame ed al-
l'approvazione della Giunta centrale per gli studi storici.

ATTI E NOTIZIE

Art. 4.

Le Regie Deputazioni di storia patria hanno personalità giuridica e sono
rette da Consigli direttivi composti di un presidente, di un. vice presidente
e di due deputati. Nelle Deputazioni da cui dipendano delle Sezioni i pre-
sidenti di queste fanno parte del Consiglio, che viene cosi aumentato di tanti
componenti quante sono le Sezioni. :

Il presidente ed .il vice presidente delle Regie Deputazioni sono nominati
per Regio decreto, su proposta del Ministro per l'educazione nazionale, sen-
tita la Giunta centrale per gli studi storici. Essi sono scelti fra i deputati,

Gli altri due membri del Consiglio sono scelti dal presidente della

Regia Deputazione.
Art. 5.

Le Regie Deputazioni di storia patria si compongono di tre categorie

di persone: :
1) deputati; - 2
2) corrispondenti;
3) soci.

Il numero dei deputati e dei. corrispondenti è fissato per ciascuna Depu-
tazione con decreto del Ministro per l’educazione nazionale; il numero dei
soci è illimitato. 3

Art.. 6.

I deputati sono nominati per Regio decreto, su proposta del Ministro
per l’educazione nazionale, sentite le singole Deputazioni.

I corrispondenti sono designati dalle Deputazioni e la loro nomina ha
corso dopo l’assenso del Ministro per l'educazione nazionale.

I soci sono ammessi dal Consiglio direttivo delle Deputazioni o dal Di-
rettorio delle Sezioni, su domanda degli interessati.

Art. 7

I deputati delle Regie Deputazioni di storia patria sono scelti fra i cit-
tadini italiani che possano collaborare alla loro vita e che siano venuti in
notorietà negli studi storici, o che comunque abbiano acquistato particolari
meriti verso le istituzioni di ricerca storica; i corrispondenti sono scelti fra
quanti siano in grado di contribuire comunque agli studi cui ogni Deputa«
zione si dedica. :

Possono essere nominati corrispondenti anche degli stranieri, purchè in
numero non superiore alla metà dei nazionali.

Art. 8.

Le Deputazioni, col concorso dei deputati assegnati alle singole Sezioni,
si pronunziano sulla nomina dei nuovi deputati e sulla designazione dei nuo-
vi corrispondenti in adunanza interna.

Art. 9.

Le nomine dei deputati e dei corrispondenti sono fatte, per ogni Regia
Deputazione di storia patria, una volta all’anno.









122 ATTI E NOTIZIE

Art. 10.

I soci delle Regie Deputazioni di storia patria verseranno una quota an-
nua determinata, per ogni Regia Deputazione, dalla Giunta centrale per gli
studi storici.

DELLE ADUNANZE.

Art. 11.

Le Regie Deputazioni di storia patria e le loro Sezioni tengono adu-
nanze interne ed adunanze generali.
Alle prime partecipano i soli deputati, alle seconde tutti i membri.

Art. 12.

Il numero e la periodicità delle adunanze generali sono stabiliti dal pia-
no di lavoro delle singole Deputazioni.

Art. 13.

Le adunanze interne sono convocate almeno una volta all'anno per l'appro-
vazione dei piani di lavoro e per la discussione di tutti i problemi interni della
Deputazione o della Sezione.

Le deliberazioni delle adunanze delle Sezioni sono sottoposte all’appro-
vazione del Consiglio direttivo della Regia Deputazione interessata.

Art. 14.

Le Regie Deputazioni di storia patria che ‘abbiano delle Sezioni, ter-
ranno inoltre per l'approvazione dei piani di lavoro e in genere per la trat
tazione dei problemi che interessino la vita di tutta la Deputazione ogni
anno non meno di due adunanze di tutti gli appartenenti alla Deputazione ed
a tutte le sue Sezioni.

Art. 15.

Le adunanze sono valide in prima convocazione se presenziate da almeno
la metà più uno degli aventi diritto; in seconda convocazione qualunque sia il
numero degli intervenuti.

Nelle adunanze nelle quali le Regie Deputazioni di storia patria debba-
no pronunziarsi sulla nomina dei nuovi deputati o designare i nuovi cor-
rispondenti, qualora sia necessario procedere ad una seconda convocazione,
questa. non potrà aver luogo nello stesso giorno della prima.

DELLE DEPUTAZIONI E DELLE SEZIONI.

Art. 16.

I rapporti con le Autorità centrali sono tenuti dal Consiglio direttiva.
Esso è l'organo direttivo della Deputazione, ne esercita l'amministrazione, prov-
vede al conseguimento di tutti i finî di carattere generale, al buon andamento
scientifico ed amministrativo delle Sezioni.






































ATTI E NOTIZIE 123

Art. 17. Il



I] decreto costitutivo delle Sezioni delle Regie Deputazioni di storia pa- ill)
tria determinerà la sfera d’azione ed il numero dei deputati e dei corrispondenti IR]
essegnati a ciascuna di esse.

Art. 18. (| B



|

Ogni Sezione é retta da un Direttorio composto di un presidente e di |

due deputati. ; | |

; Il presidente è nominato dal Ministro per l'educazione nazionale, sen- il)

s tito il presidente della Regia Deputazione, gli altri membri sono nominati dal |
E presidente della Regia Deputazione interessata.

I Direttorii sovraintendono alla vita delle Sezioni: ne esercitano l'ammi-

Amt. 19. |
|
nistrazione; curano il conseguimento di ogni fine ad esse riservato. |



Art. 20.

Ogni Sezione svolge, nei limiti: del proprio piano di lavoro, una atti-
vità analoga a quella della Deputazione da cui dipende.

|
|
|

E psu

DELL'AMMINISTRAZIONE.

l

Art. 21.

mE
x

br a
i 3

L’anno finanziario ed accademico delle Deputazioni decorre dal 29 ot-
tobre al 28 ottobre successivo.

Art. 22.

Il bilancio delle Deputazioni che abbiamo delle Sezioni consta di due
parti, una delle quali conterrà le voci relative al conseguimento dei fini per-
seguiti direttamente dalla Deputazione, mentre l’altra conterrà voci relative
al conseguimento ‘dei fini assegnati alle singole Sezioni.

Art. 23.



I bilanci sono compilati dal Consiglio direttivo della Deputazione. s
Le singole Sezioni, peró, determineranno l'impiego dei fondi ad esse I
assegnati, in conformità delle disposizioni di massima stabilite dal Consi
glio direttivo, ed in ottemperanza al piano di lavoro.



Art. 24.

|
|

Saranno in ogni caso riservate a favore delle Sezioni le entrate pro-
venienti da contributi di enti pubblici, di privati, o comunque da assegnazioni |
|



|. fatte espressamente ad esse, salva la parte che potrà essere destinata al rag-
È giungimento di scopi comuni.
i Art. 95.



Il Consiglio direttivo provvede entro il mese di luglio a compilare il 124 ATTI E NOTIZIE

bilancio preventivo ed, entro il mese di dicembre, a compilare il bilancio con-
suntivo

1 bilágot saranno affissi nella sede della Deputazione e di tutte le Se-
zioni, unitamente alla relazione del Collegio dei revisori.

Art. 26.

Il Collegio dei revisori è composto di tre membri nominati annualmente
dal Ministro per l'educazione nazionale. Ad essi si aggiungono, per l'esame
dei conti delle Sezioni dipendenti, tanti membri quante sono queste.

I révisori dei conti delle Sezioni sono nominati dal presidente della
Regia Deputazione interessata. ^

Art. 27.

I membri del Consiglio direttivo ed i presidenti delle Sezioni sono te-
nuti a fornire sui bilanci tutte le spiegazioni che gli appartenenti alla Depu-
tazione richiedessero.

ATTRIBUZIONI DEGLI ORGANI DIRETTIVI.

Art. 28.

Il presidente della Regia Deputazione ha la rappresentanza legale del-
l'ente, ne convoca e ne presiede le adunanze, ne firma gli atti ufficiali, ne
promuove ogni attività.

Il vice presidente sostituisce il presidente nell’esercizio di Sa sua fun-
zione quando questi ne sia impedito.

Il presidente della Sezione rappresenta questa nei rapporti con P autorità
locali, con le altre Sezioni e con i privati; convoca le adunanze, firma gli at-
ti ufficiali, promuove ogni attività sociale.

Art. 29.

Gli altri componenti del Consiglio direttivo delle Regie Deputazioni e del
Direttorio delle Sezioni collaborano con i rispettivi presidenti nelle varie atti-
vità, secondo gli incarichi loro affidati.

Art. 30.

1 presidenti ed i componenti dei Consigli direttivi e dei Direttorii non
potranno ricevere, per l'esercizio delle loro funzioni, nessuna indennità, sottd
qualsiasi titolo, a carico, dei bilanci delle Regie Deputazioni di storia patria,

In caso di missione potrà tuttavia essere corrisposto ad essi un tratta-
mento uguale a quello stabilito por il personale dello Stato di grado quinto
o sesto.

DELLE PUBBLICAZIONI.

‘TATE "8L

1 Consigli direttivi ed i Direttorii sovraintendono a tutte le pubblica-
zioni previste dai piani di lavoro.

ATTI E NOTIZIE

Art. 82.

Ogni Deputazione o Sezione determinerà, a volta a volta, le condizioni
di invio delle pubblicazioni da essa.curate e le categorie dei membri ai qua-
li queste debbono essere inviate gratuitamente.

E' in ogni caso obbligatorio lo scambio delle pubblicazioni fra le varie
Deputazioni.

Due esemplari di tutte le pubblicazioni curate dalle Deputazioni e Sezioni
saranno inoltre inviati alla Giunta centrale per gli studi storici ed uno a
ciascuno degli Istituti storici nazionali.

.

RAPPORTI CON LA GIUNTA CENTRALE PER GLI STUDI STORICI.

Art. 39.

Entro i| mese di dicembre di ‘ogni anno i presidenti delle Deputazioni
trasmettono al presidente della Giunta centrale per gli studi storici una re-
lazione sull'attività svolta.

Nelle Deputazioni che abbiano delle Sezioni le relazioni dei presidenti
di queste si aggiungono alla relazione generale. :

Art. 34.

Ogni Deputazione è tenuta a presentare, non oltre il mese di luglio, al
presidente della Giunta centrale per gli studi storici il bilancio preventivo,
non oltre il mese di dicembre, il bilancio consuntivo, corredati l’uno e l'at-

e

tro dalle relazioni dei revisori dei conti.
Art.. 35.

Gli Istituti storici nazionali possono dare alle singole Deputazioni l'inca-
rico di compiere ricerche e lavori specifici, che rientrino nel quadro delle
attività di queste.

Gli incarichi vengono comunicati per tramite della Giunta centrale per
gli studi storici, cui compete il determinare ogni modalità relativa ad essi.

DISPOSIZIONI FINALI: E TRANSITORIE.
Art. 36.

Il deputato che, per motivi di salute, cessi dal partecipare attivamente
ai lavori della Deputazione, può, con Regio Decreto, su proposta del Ministro
per l'educazione Nazionale, sentita la Giunta centrale per gli studi storici, es-
sere trasferito in una:categoria di emeriti, conservando tutti, gli onori e le
prerogative del grado.

Il deputato che, per motivi diversi da quelli contemplati nel precedente
comma, cessi dal partecipare’ attivamente ai lavori della Deputazione, può
con Regio decreto, su proposta del Ministro per l'educazione nazionale, sen-
tita la Giunta centrale per gli studi storici, essere trasferito in una categoria
qualora le ragioni dell’inattività siano ingiustificate, es-

di soprannumerari o,

sere dichiarato dimissionario.





126 ATTI E NOTIZIE

I seggi occupati dagli emeriti e dai soprannumerari si considerano va-

' canti.

Art. 3%

Il giuramento previsto dagli articoli 3 e 4 del R. decreto-legge 21
settembre 1933, convertito in legge con la legge 12 gennaio 1934, n. 90,
viene prestato, a pena di decadenza, entro tre mesi dalla comunicazione della
nomina. j

I presidenti delle Deputazioni giurano nelle mani del presidente della
Giunta centrale per gli studi storici, i presidenti delle Sezioni e i deputati
nelle mani del presidente della Deputazione. i

Art. 38.

I] Ministro per l'educazione nazionale puó promuovere la revoca della
nomina del socio che venga meno ai doveri relativi al suo grado o che si
renda indegno di appartenere alla Deputazione o comunque nuoccia al suo
incremento o al suo prestigio.

Le modificazioni che si rendessero necessarie alla tabella annessa al
presente decreto, saranno approvate con Regio decreto su proposta del Mi-
nistro per l'educazione nazionale, udita la Giunta centrale per gli studi sto-
storici.

Art. 40.

L'ordinamento delle Regie Deputazioni di cui ai numeri 16 e 17 della
unita tabella A è retto da particolari norme.

Art. 41.

Entro il 1935 sarà provveduto, con Regio decreto, su proposta del Mi-
nistro per l’educazione nazionale, udita la Giunta centrale pér gli studi
storici, alla nomina del primo nucleo dei membri delle Deputazioni di cui ai
numeri 4, 12, 13 e 14 dell’unita tabella A, nonchè al completamento dei membri
delle altre Deputazioni.

Art. 42.

Ogni disposizione contraria al presente regolamento è abrogata.

Visto, d'ordine di Sua Maestà il Re:

1l Ministro per l'educazione nazionale:

DE VECCHI DI VAL CISMON

ATTI E NOTIZIE

TABELLA A

1. Regia Deputazione subalnina di storia patria - Sede: Torino.

Circoscrizione: Stati Sabaudi con speciale riguardo alle provincie di Ales
sandria, Aosta, Asti, Cuneo, Novara, Torino e Vercelli.

2. Regia Deputazione di storia patria per la Liguria - Sede: Genova.

Circoscrizione: le provincie di Genova, Imperia, La Spezia; Massa, Savons
ed in genere gli antichi dominii della repubblica di Genova.

3. Regia Deputazione di storia patria per la Lombardia - Sede: Milano.

Circoscrizione: le provincie di Bergamo, Brescia, Como, Cremona, Man-
tova, Milano, Pavia, Sondrio, Varese ed in genere i dominii del Ducato
di Milano.

4. Regia Deputazione di storia patria per la Sardegna - Sede: Cagliari.

Circoscrizione: le provincie di Cagliari, Nuoro e Sassari.

5. Regia Deputazione di storia patria per le Tre Venezie - Sede: Venezia.

Circoscrizione: le provincie di Bolzano, Trento, Belluno, Padova, Rovigo,
‘Treviso, Udine, Venezia, Verona, Vicenza, Fiume, Gorizia, Pola, Trieste, Za-
ra ed in genere i dominii della Repubblica Veneta.

6. Regia Deputazione di storia patria per l’Emilia e la Romagna - Sede:
Bologna.

Circoscrizione: le provincie di Bologna, Ferrara, Forli, Modena, Parma, Pia-
cenza, Ravenna e Reggio Emilia.

7. Regia Deputazione di storia patria per la Toscana - Sede: Firenze.

Circoscrizione: le provincie di Arezzo, Firenze, Grosseto, Livorno, Luc-

Pisa, Pistoia e Siena.

8. Regia Deputazione di storia patria per le Marche - Sede: Ancona.

Circoscrizione: le provincie di Ancona, Ascoli, Macerata e Pesaro.

9. Regia Deputazione di storia patria per l’Umbria - Sede: Perugia.

Circoscrizione: le provincie di Perugia e Terni.

10. Regia Deputazione romana di storia patria - Sede: Roma.

Circoscrizione: le provincie di Frosinone, Littoria, Rieti, Roma e Viterbo.

11. Regia Deputazione di storia patria per gli Abruzzi - Sede: Aquila.

Circoscrizione: le provincie di Aquila, Chieti, Pescara e Teramo.

12. Regia Deputazione di storia patria per la Campania e il Molise -
Sede: Napoli.

Circoscrizione: le provincie di Avellino, Benevento, Campobasso, Napoli
e Salerno,

13. Regia Deputazione di storia patria per le Puglie - Sede: Bari.

Circoscrizione: le provincie di Bari, Brindisi, Foggia, Lecce e Taranta.

14. Regia Deputazione di storia patria per le Calabrie e la Lucania -
Sede: Reggio Calabria.

Circoscrizione: le provincie di Catanzaro, Cosenza, Reggio Calabria, Ma-
tera e Potenza.

15. Regia Deputazione di storia patria per la Sicilia - Sede: Palermo.

Circoscrizione: le provincie di Agrigento, Caltanisetta, Catania, Enna,
Messina, Palermo, Ragusa, Siracusa e Trapani.

























128 ATTI E NOTIZIE

16. Regia Deputazione per la storia di Malta - Sede: Roma.

Circoscrizione: i dominii del Sovrano Militare Ordine di Malta con spe-
ciale riguardo all’Arcipelago maltese.

17. Regia Deputazione di storia patria per Rodi - Sede: Rodi

Circoscrizione: i possedimenti delle Isole italiane dell’Egeo.

Visto, d'ordine di Sua Maestà il Re:

it Ministro per l’educazione nazionale:

DE VECCHI DI VAL CISMON

II.
L'ORDINAMENTO INTERNO DELLA REGIA DEPUTAZIONE

DI STORIA PATRIA PER L'UMBRIA

a) Provvedimenti di carattere generale

Nell’ambito della nostra Deputazione è stata costituita la sezione di Terni.
Alla Deputazione sono stati assegnati, con D. M. 14 gennaio 1936-XIV,
n. 25 seggi di Deputato, n. 50 seggi di Corrispondente e, in via transi-
toria, n. 7 seggi di Deputato soprannumerario.
La quota annua da corrispondersi dai singoli soci è stata determinata,
dalla Giunta Centrale per gli Studi Storici, in lire 25.
b) Composizione del Consiglio Direttivo
Il Consiglio Direttivo della Deputazione è attualmente così costituito:
prof. Federico Chabod, presidente
sen. conte Romeo Gallenga Stuart, vice presidente
conte Vincenzo Ansidei di Montemarte
conte .Elia. Rossi Passavanti, commissario per la sezione di Terni.
A comporre il collegio dei revisori dei conti sono stati chiamati:
Cecchini dott. Giovanni
Cristofani dott. Giustino
Faloci Pulignani mons. Michele
Incaricata di attendere alla segreteria e contabilità è la signorina Orto-
lana Fiumi,
c) Deputati e Corrispondenti
Sono stati nominati deputati:
conte dott. Vincenzo Ansidei di Montemarte
Belforti dott. Raffaele
Bertini Calosso prof. Achille







ATTI E NOTIZIE 129



Calzoni dott. Umberto
Canuti mons. Fiorenzo
Cecchini dott. Giovanni
Chabod prof. Federico
Conestabile delle Staffa conte dott. Giancarlo
È Cristofani prof. Giustino

: Degli Azzi Vitelleschi dott. Giustiniano
Faloci Pulignani mons. Michele



Fausti mons. Luigi
Fortini avv. Arnoldo
Gallenga Stuart sen. conte dott. Romeo
Giovagnoli. prof. don Enrico
Guerrieri dott. Ruggiero
Orano on. prof. Paolo
Rieci prof. don Ettore
Rossi Passavanti conte dott. Elia
Tarulli Brunamonti dott. Luigi
v Valenti dott. Tommaso
E Sono stati nominati deputati soprannumerari:
Cenci mons. Pio i
Laureti avv. Pasquale 3
Perali dott. Pericle
Sono stati nominati corrispondenti:
Alunno prof. Aurelio
Biagetti rag. Angelo
Boccolini prof. Guido
Briganti dott. Antonio
Briganti dott. Francesco
Caggese prof. Romolo
.Cavanna padre Nicola
Corbucci avv. Vittorio
Corneli dott. Colombo
Curcio prof. Carlo
De Dominicis prof. Mario



Ermini prof. Giuseppe

Fiumi Ortolana

Gasperoni prof. Gaetano
Giusto padre Francesco Egidio
Iraci prof.ssa Maria

Leonetti Luparini gen. Benedetto |
Lupattelli dott. Astorre : MI.
Mencarelli avv. Francesco li |
Mochi Onory prof. Sergio
Paoletti prof.ssa Anna
Pascucci prof. Giuseppe |
Ranieri conte dott. Emanuele P |
Ricceri don Ascenso | :
Scaramucci dott. Mario
Valentini prof. Roberto. IH














NECROLOGÍ

| FRANCESCO GUARDABASSI

Il senso della dignità e dei doveri della cultura ha sorretto la
mente e l'operosità letteraria di Francesco Guardabassi; coscienza
della responsabilità educativa lo ha guidato nel ministero della
scuola; spirito e tratto di gentiluomo l'hanno distinto nella pratica
dellà vita.

Rx

. Nacque a Perugia il 20 agosto 1862; è superfluo ricordare il
patriottismo e il civismo della sua famiglia. Frequentò il Ginnasio
in Roma; ottenne la licenza liceale in Pisa nel 1878, e fu ammes-

iso alla R. Scuola Normale di quella città, dove si laureò in Bel-
le Lettere. allievo particolarmente caro ad Alessandro D'Ancona.
La diligenza serissima con cui compiè l’intero percorso degli studi,
valse a dargli solido fondamento di dottrina, non ‘solo letteraria,
ma pure in altri rami del sapere.

Dopo la laurea iniziò subito in Perugia, l’insegnamento al
Ginnasio, poi al Liceo; quindi fu nominato preside dello stesso
Liceo-Ginnasio. Nel 1913, in seguito a concorso, venne promosso
Provveditore agli Studi; ed esercitò tale carica nelle sedi di Tra-
pani, Potenza, Aquila, Perugia.

*ckok

x

Vocazione e centro dell’attività del Guardabassi è stata la
Scuola. A chi di lui non conoscesse particolari biografici, baste-
rebbe a dirglielo quel suo libro Vita di Scuola, bozzetti, racconti,
ricordi, che tanti dei problemi dell’insegnamento, dall’angolo. vi-
suale del discepolo, come da quello del maestro, prospetta di fron-
te, di scorcio; e l’offre alla riflessione, non nel più ristretto cam-
po didattico, ma pel vasto raggio umano delle innumeri reazioni in-
tellettive e affettive.














R. BELFORTI i DE
Da lui che l’ha amata e servita, fedelmente, la Scuola è fat-
ta comprendere, qual’è in verità: momento essenziale, costruttivo
nella storia della persona.

Concepiva la scuola totalità organica nello svolgimento del
suo ufficio; di cui ogni fase ha valore intrinseco, proporzional-
mente uguale. Scambio di relazioni tra i primi e gli ultimi più
alti gradi, n’è quindi necessaria condizione funzionale.

«ll contatto dell’insegnamento’ primario col superiore non è
« generosa concessione di contributi largiti da una casta privile-
« giata ad altra men nobile, ma è il fenomeno più cospicuo delle
«energie vitali della scienza, che s’integrano nella più equilibrata
« connessione di tutte le manifestazioni loro: è quella connessione
«infrangibile per la quale l’insegnamento elementare e l'insegna-
«mento universitario sono i due poli congiunti dall’asse attorno
«al quale si muove tütta la cultura moderna ».

Sono sue parole allinaugurazione d'un corso di psicologia
pedagogica per i maestri elementari dell'Umbria. |

Prova, cimento delle forze spirituali conoscitive ed emotive,
la scuola; non spaccio di cognizioni dal banco .dell'insegnante
alla cientela degli allievi, ma contatto, simpatia, contrasto, accordo
di essere pensanti e senzienti, che incide su chi apprende, ed
altrettanto su chi insegna; urto di coscienze da cui sprizzano inát-
tese scintille.

Ecco altre parole del Guardabassi:

« Spesso, nel prepararmi alle lezioni, rimanevo incerto e tur-
« bato, al pensiero di dover spiegare un passo di autore che
« contenesse affermazioni politiche o religiose del tutto contrarie
« a quella convinzione che onestamente e fermamente ritenevo piü
« giusta ».

«Ma l’imbarazzo spariva come d’incanto, quando mi trovavo
«in faccia agli scolari, per chiarire quei concetti che erano tanto
«diversi dai miei e sui quali in un crocchio di amici avrei e-
« spresso con la foga che avevo in quel tempo, la recisa avversione.

«La reverentia pueris mi trasformava cosi all'improvviso, e
«mi dettava giudizi di tanta ferma pacatezza che destavano mera-
« viglia a me stesso, perché m'accorgevo che, per quella dispo-
« sizione d'animo, vedevo le cose in modo del tutto particolare,
«e spesso, forse più rispondente al vero di quel che non vedessi
« prima ».







FRANCESCO GUARDABASSI

Brano autobiografico penetrativo € rivelatore: di quel che puó
aver virtù d’operare la scuola, ed in un tempo della probità, no-
biltà del Guardabassi nel suo magistero; intanto che di altrui, con-
tinuo e vigile precettore di sè stesso.

Era un’assidua ispezione a cui veniva così spontaneamente
condotto delle opinioni proprie, capace di portare ad altre e più
approfondite valutazioni; nel modo che al confronto della realtà
sempre più ‘esperimentata vivendo, fattori politici, sociali, morali
arrivano ad apparire in nuovi e diversi rapporti. Un’attitudine di
riserbo, presa sinceramente, può aprir la via ad una definitiva
persuasione. Principi dapprima rispettati, mia solo nel loro valo-
re storico e relativo, possono giungere a rivelare il contenuto so-
stanziale e perenne.

Nella critica che io, suo allievo, gii ho sentito fare della rap-
presentazione data del Cristianesimo, dal Carducci nell’ode al Cli-
tumno, potevano allora entrare, come egli dice, ragioni di ri-
guardo ai discepoli; più tardi l'avrebbe ripetuta col pieno con-
vincimento.

Sentita nell’insegnamento quella profonda rispondenza d’uma-
nità, è naturale che egli avversasse quale indirizzo dottrinale e
quale metodo espositivo, l’esclusivismo, frutto di importazione, ai
suoi tempi imperante, dell’analisi dotta; il trionfo dell’apparato
erudito. Teneva invece alla sintesi dichiarativa e illustrativa che
pone faccia a faccia l’allievo con l’autore spiegato, nella sua in-
terezza; che l’interna nel mondo di idee, di sentimenti da lui ri-

specchiato o creato.

E quando a scuola, abbandonando d'un tratto commenti e mi-
nuzie esegetiche, prendeva a leggerci pagine, o squarci di poesia,
con la vigoria e finezza di dicitore, con l'aecentuazione plastica di
cui sapeva, come pochi, dotare la parola parlata, la stanchezza
che afferra anche il discepolo piü attento, svaniva.

Si subiva il fascino della lettura; e si diceva, noi, che quel
giorno il Professore non aveva voglia di far lezione...

Lezione ‘nel senso più poveramente scolastico, poteva esser
vero. Ma la pagina, il canto, giunti a farsi detestare, se ridotti
a frammenti, era come risorgessero; e si prendeva ad amarli.
Illuminazioni nel grigio che in certe ore invade, come ogni ]uo-
go, anche l'aula di scuola.





R. BELFORTI 133

*okok



Istruzione ed educazione; formazione completa, fisica e spi-
rituale dell'individuo: cosi aveva sempre visto il compito da as-
solvere verso le generazioni crescenti.

«La grande imperiosa necessità di comprendere la ginnasti-
«ca fra i più vitali elementi della educazione si presenta allo
« sguardo di tutti, imponendosi lentamente, ma profondamente >»,
aveva detto decenni fa; quando in vero quei tuffi, non erano trop-
pi, nè troppo ascoltati. Lo si deve proclamare un antesignano
nel sostenere e promuovere l'esercitazione fisica, mezzo di salute e
benessere individuale, con tanto riscontro sul benessere collettivo.

«Una corrente ognor piü vasta di civile apostolato mira a
« diffondere l'esercizio per entro a tutte le classi, avvivandolo di
«maggior libertà, indirizzandolo a méta piü vera, traendolo dalle
«oscurità della palestra chiusa, all'aria aperta, ai campi, sotto il
« bacio del sole..... ». Così ancora, anni ed anni fa, in occasione
del primo concorso ginnastico interprovinciale indetto quì in Pe-
rugia. 7

Era un pioniere quegli che allora immaginava la Ginnastica
giungere in mezzo agli uomini esclamando: « Eccomi: io vengo
«fra voi per farvi forti, e buoni, per allietarvi l'esistenza, per
« concedere a tutti l’ineffabile gioia di sentire un nervo nel brac-
« cio, nel cuore una speranza! ».

Forti e buoni: binomio che assomma tutti i risultati desidera-
bili dalla fatica educatrice; intesa la bontà non tanto quale dolcez-
za d'animo, sì bene come moralità virilmente praticata.

Il sano concetto che il Guardabassi aveva dei principii infor-
mativi della condotta, nella famiglia, nella società, traspare dal-
l’ossequio delle sue espressioni, allorchè, senza per altro nei suoi
scritti mai assumesse aria di predicatore, vi accenna.

Nel suo studio su Paolo Ferrari ci presenta il primo aprirsi
dell'animo del giovinetto «in quel governo di famiglia, in cui i
«figli, anche nella più vivace espansione dei loro affetti e dei
«loro sentimenti, quando su loro si posa lo sguardo dei genitori,
«sentono in quello sguardo che seria è la vita, come dice il poeta
« americano ». Ed aggiunge: « Non a caso m’indugio a tratteg-
« giar con debole mano lo stato degli animi in. quella famiglia;
« l’affetto filiale, il culto della casa, il rispetto delle virtù dome-

Pen









134 FRANCESCO GUARDABASSI

« stiche, fondamento delle virtù civili, furono sempre gli elementi
« avvivatori dell'arte del Ferrari.... ». Il Guardabassi, non credeva
che dall’ispirazione, dai motivi artistici dovesse disgiungersi la
finalità, o almeno una compostezza morale. Dirigendo la sua rivista
L’Umbria invocava « gli studi d’arte e di letteratura non solo come
«accertamenti storici, ma come espressione di un senso geniale e
«comprensivo della missione civile dell’arte e della letteratura ».

Non sembrino troppe queste citazioni; nel ricordarlo, a rie-
vocarne l’intima dirittura di pensiero, non c’è di meglio che richia-
mare l’eco delle sue parole.

All’elevazione morale e civile dei giovani, avrebbe pel Guar-
dabassi' dovuto in prima linea dare apporto la letteratura nazio-
nale, ritrovando temi e materia nella ricchezza della storia na-
zionale stessa. Scriveva di recente «che sarebbe tanto utile alla
« scuola d’Italia, e forse alla coltura generale della Patria, che ad
« arginare l’inondazione dei romanzi, nei quali o trionfa la delin-
« quenza, o sghignazza l'oscenità, si opponesse una produzione par-
« ticolarmente dedicata alla gioventù, che facesse rivivere l'ani-
«ma italiana delle età trascorse; ma (intendiamoci) con serietà di
« studi preparatori, con quella serietà che sotto la creazione ar-
«tistica possiamo ammirare in alcuni racconti di tal genere delle
« letterature inglese o francese moderne ».

*ckok

Giacchè il Guardabassi, con intelligenza d’ogni corrente let-
teraria, seguiva attentamente la produzione nostra e di fuori.

E delle diverse letterature, classica e moderna, italiana e
straniera, la cognizione che n’aveva diretta, chiarita da un sicuro
discernimento storico ed estetico, gli giovava assai spesso a render
vivace la lezione; gli giovava sempre pel proprio godimento d’una
squisita sensibilità alle espressioni del bello.

Questa sua larga conoscenza apparisce in note letterarie, re-
censioni, traduzioni, pubblicate in varie riviste, e in specie nel-
l'Umbria; il periodico da lui fondato e tenuto in vita per più anni,
a raccogliere saggi della cultura letteraria locale, che il Guarda-
bassi cercava di tener desta, accettandovi di buon grado scritti
di giovani esordienti. Poichè dei giovani fu amico; anche se per
un suo comportarsi esteriore, che sembrava altero, non andasse
proprio a sollecitarli; ma li accoglieva con tutta benevolenza se gli
‘dimostrassero fiducia.

R. BELFORTI . 135

Della letteratura Italiana, a Dante e al Tasso dedicava par-
ticolare amore e studio. « Che se Dante nell'equilibrio maestoso,
«solenne dell'arte e della scienza, nella sua sublimità statica, ri-
«trae tutta la forza genialmente ritmica dell'infelletto italiano; il
« Tasso nei trasporti affocati del lirismo anelanti all'amore, alla
« gloria, ritrae tutta la passionata musicalità dell’anima italiana ».

L’Italianità della forma e della sostanza, mirava a poter in-
dividuare ed additare nella produzione del nostro genio letterario.
Attraverso il campo della letteratura patria, in quel paragone con
le straniere, che a chi queste conosce ed ammira, rivien sempre,
involontario, si fermava con vivo compiacimento se riuscisse a
restituirle originalità sue proprie e priorità insospettate.

« Dissero già che quella naturale disposizione del cuore e
«della mente a osservare con simpatica indulgenza le contrad-
« dizioni e le assurdità della vita, l’hamour, è la caratteristica
« delle letterature anglo-germaniche, e che se appare talvolta a
«deboli sprazzi anche nella nostra letteratura moderna, noi la de
« rivammo dallo Sterne, dal Richter, dal Dickens, dallo Haw-
« thorne, dal Thackeray; ebbene io vorrei che alcuno studiasse,
« per tale riguardo, un pò meglio il pensiero italiano del primo ri-
«nascimento, leggesse poi attentamente i Dialoghi del Pontano,
«e son certo che anche a questo studioso sorgerebbe in animo il

« dubbio che anche questa vena dell’humour sia. sgorgata dalla

« letteratura umanistica italiana ». i
Volentieri si ritorna su osservazioni così originali, che si po-
trebber dire scoperte.

,

Il bell’ingegno, la variata dottrina, a farli emergere in-un cer-
chio di relazioni sempre piü vasto; ha nuociuto al Guardabassi
il troppo attaccamento alla città natale, da dove cercò, per quanto
stesse in lui, il meno possibile d’allontanarsi?

Certo in essa raccolse e ad essa rivolse tutti gli affetti e i
propositi; ed anche le naturali legittime ambizioni. Ma Perugia
non ha avuto che a compiacersene; poichè figura di cittadino che
le ha reso sempre onore. Nelle pubbliche amministrazioni, Asses,
sore al Comune, Vice Podestà, l'impegno da lui consacrato al-
l’ufficio, è stato pari al disinteresse e alla correttezza. Le antiche
istituzioni civiche che venne chiamato a reggere, trovarono in lui







136 | FRANCESCO GUARDABASSI

chi ne capì il pregio delle tradizioni, curó di conservarlo e ren-
derlo attuale. Sotto la sua presidenza l’Accademia di Belle Arti
Perugina ha fatto sorgere al suo fianco il R. Istituto d'Arte, per
la formazione di nuove maestranze d'artieri, che tornino a creare
uno stilé e ridare agli oggetti dell'uso quotidiano il segno della
bellezza. Presidente meritissimo l'ha avuto la R. Deputazione di
Storia Patria per l'Umbria.

Fu nel 1894, col Conte Vincenzo Ansidei e col prof. Leopol-
do Tiberi, uno dei promotori a fondare una Società Umbra di Sto-
ria Patria; e presiedè l’adunanza dei più valenti cultori di disci-
pline storiche della regione, che ne decise la costituzione. Consi-
gliere e collaboratore, ne ha tenuto in ultimo, dal 1921 al 1935,
la Presidenza.

Egli bene avvertiva la necessità di doversi meglio coordi-
nare l'azione di questi istituti. All'Assemblea Generale dei soci,
nel settembre del 1922 cosi diceva: .

«E° mia opinione che anche da nostra parte debbasi con-

« correre a rinvigorire e orientare quel moto che ha già dato se-
«gni di una notevole maturità d'intenti per riuscire, e organare
«a forza comune le varie energie delle RR. Deputazioni e degli
«Istituti affini, e produrre piü salutari effetti sulla cultura na-
« zionale ». E per quella che è la più appariscente manifestazio-
ne dellopera loro, le pubblicazioni, auspicava un accordo « allo
« scopo di dare unità di carattere (per rispetto alla comprensione
« dei generi degli scritti da pubblicare) alle Riviste e al Bollet-
« tini ». Nel Congresso delle Deputazioni di Storia Patria tenutosi
a Perugia nel settembre del 1923, in occasione dell’inaugurazione
del monumento a Pietro Vannucci, tra i punti su cui egli, ac-
clamato Presidente dell'importante convegno, cercò di tenere più
viva e conclusiva la discussione, fu quello dell’affiatamento fra
le Deputazioni, per ottenerne un’attività uniforme e concorde, quin-
di più intensa e diffusiva nei domini del sapere.

Conseguenza del modo di valutar la funzione della conoscenza
storica; prodotto da immettere nel circolo vitale degli elementi
nutritivi dello spirito. « Gli istituti di studi storici dopo il non
«breve fruttuoso periodo di investigazione locale, dovrebbero ap-
« pressarsi più efficacemente alle forme di vita culturale della ,













R. BELFORTI 194

«nazione, per infondere loro molti valori di verità storiche, vale
«a dire di benefica esperienza umana che rimangono ancora inat-
« tive ».

Con le prove desunte durante gli anni che aveva diretto gli
studi classici, il Guardabassi denunciava l’insufficienza dell'inse-
gnamento storico nella scuola media «dove non v'è cattedra
« della Sforia ‘d’Italia, mentre le vicende della patria nostra ven-
«gono esposte fuggevolmente a intervalli, nocivi per la più esatta
« comprensione dei rapporti dei fenomeni storici, in quel vario-
« pinto caleidoscopio che è la storia universale dei nostri Licei ».
Quella definita e rivendicata oggi, unità conduttrice della storia
d’Italia, si voleva da lui che fosse dimostrata dai maestri ai gio-
vani. A portare una razionale trasformazione nell’insegnamento
avrebbero pure dovuto concorrere gli Istituti regionali di storia
patria, punti dove si spartisce, per poi riunificarsi, lo studio del.
la percorsa esistenza nazionale, sulle fonti conoscitive a questa più
vicine; e dove convengono, o dovrebbero convenire, per lo scam-
bio di consiglio, di critica, che rafforza il lavoro di ognuno, coloro
che vi dedicano l’intelletto e la passione investigatrice.

Difficoltà tante e diverse ostacolano il miglior volere nello
svolgimento dei programmi saggiamente pensati; ma merito ne ri-
mane a chi li traccia. E’ un seme gettato, che sarà fatto fruttifi-
care da altri.

I resoconti delle adunanze della Deputazione storica Umbra,
pubblicati nel suo Bollettino, rendono testimonianza dei criteri
del Guardabassi nel reggere l’istituto; dell'impulso che tendeva ad
imprimergli; della prudenza per cui, pur favorendo il più esteso
concorso dei volonterosi, il contributo ne fosse ben scelto, a fine
di mantenere all’ente inalterato il prestigio acquistato con la col-
laborazione di tanti nomi insigni.

*ckok

Il grande amore a promuovere conservazione e ricerca, or-
dinamento e messa in luce delle memorie della sua terra, non po-
teva nel Guardabassi restare disgiunto da un meditato proposito
d’addurre anch’egli il contributo personale alla ricostruzione del
suo passato.

La Storia di Perugia è l’opera a cui egli si è accinto con ma.
turità di preparazione coscienziosa, e col fervore di impresa lun-








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138 FRANCESCO GUARDABASSI

gamente vagheggiata. Purtroppo la pubblicazione è rimasta al se-
condo volume; n'era pronto il terzo, e raccolti i materiali per
l’ultimo, che doveva protrarre il, racconto fino al nostro tempo.
Ma già quanto ne ha veduto la luce gli assicura un nome du-
revole; fa doler noi di non possedere l’opera compiuta.

Egli si era proposto di muovere incontro al desiderio, avvi-
sato sempre maggiore, d’una più moderna e più sicura narrazione
‘delle vicende della città nostra; che si valesse di tutti i migliori
recenti studi di storia generale e locale; e sopratuto non urtasse
con intemperanze di giudizio, con errori di prospettiva, equipa-
ranti vicende e istituti di altre lontane età a quelli dell’oggi o del
prossimo ieri; che sapesse ridarsi l’anima dei tempi presi a ri-
destare e far presenti.

Compito che tenta e seduce, scrivere la storia della città na-
tiva, per chi le è devoto d’affetto filiale, e n'ha ripercorsi gli
eventi composti insieme come in una sembianza familiare; acca-
rezzando questa ideale immagine tracciata sull’orizzonte del tempo,
col sentimento medesimo che se ne fissa il contorno reale pro-
filato nello spazio.

Compito però non agevole, scrivere una storia cittadina che
riesca a farsi aver cara dai cittadini stessi: che sia insieme per
coloro che si chiamano i dotti, e per il più vasto pubblico: Le
esigenze dei lettori sono tante e le. più opposte; da chi vorreb-
be vedere a ogni passo un testo documentario. riprodotto, a chi
vorrebbe un racconto tutto sgombro e spedito, quasi uscisse dalla
fantasia. I! Guardabassi fa comprendere che ogni sua afferma-
zione è tratta da fonti vagliate, si fonda su elementi quanto certi
almeno finora non risultati all’indagine; ma non affatica col loro
appoggio sempre palese. Le ingenue parole di un contemporaneo,
la dizione d’un atto ufficiale, danno tuttavia immediatezza, pre-
cisione, rilievo; e, non si può rinunciarvi. « Forse gioverà che
«l’uniforme colore della sintesi laboriosa e dei cauti giudizi del-
. «la narrazione, sia anche.in questo punto un istante ravvivato da
« alcuni tratti del racconto desunti dal cronista » dice una volta
l’autore. i

E due espressioni van rilevate di questo periodo: sintesi la.
boriosa e cauti giudizi. Definiscono l'opera sua.

I fatti medesimi assumono cosi diversa luce, se l'occhio che
li osserva è torbido o sereno. La serenità è lo sforzo costante dej
Guardabassi. Veramente sforzo è mal detto, quando la serenità

3€

R. BELFORTI 139

apparisce piuttosto abito mentale conquistato con disciplina me-
todica, con controllo severo su sé stesso. Potrà dirsi, quando mai,
che é anche troppo guardingo, e che circonda le sue conclusioni
di eccessiva riserva. :

Il tono della narrazione é sobrio, le parole ponderate; ma il
Guardabassi era temperamento di scrittore, non di arido per quanto
esattissimo espositore. Qualche fatto, qualche figura può più ap-
passionarlo: e la quantità di dettagli con cui si sofferma in cer-
ti punti, o sia l’ultima gesta di Braccio, o sia la condotta fiorentina
di Malatesta, dimostrano un interessamento non trattenuto; maga-
ri a scapito dell’economia generale del lavoro. i

Il Guardabassi ha ristretto questo più propriamente agli even-
ti e alle istituzioni politiche; gli aspetti, gli sviluppi della città
li si vorrebbero resi nella maggiore ampiezza della operosità ci
vile, economica, culturale. Egli avrebbe potuto delineare con mano
esperta un disegno completo della esistenza trascorsa di Peru-
gia in ogni manifestarsi. Il suo scritto Dante e Perugia raccoglie
dei saggi che attingono altro contenuto rievocatore, toccano altri
margini ancora della storia di Perugia, venendo così ad affiancare
l’opera principale: e ce ne farebbe desiderare più di tali. sag-
gi, che avrebbero efficacemente integrato il lavoro ricostruttivo del-
le varie fortune e della fisonomia propria che assume Perugia nel
quadro complessivo della storia d’Italia.

Il posto che vi occupa, maggiore di quanto gli storici gene-
ralmente gliene assegnino, farlo risaltare dai fatti: ecco il ri-
"posto intendimento che con quello dichiarato di « riempire al-
«cune lacune del racconto e correggere non poche deviazioni di
«metodo » ha fatto scorta al Guardabassi nel comporre una nuo-
va storia della sua città. i

I concittadini debbono essergliene grati.

La sua personalità di dotto e di scrittore resta affidata a
documenti bastevoli per consentirne in avvenire apprezzamento
adeguato. E’ tutta oggi nel ricordo la persona del cittadino, che
per elezione di mente, integrità indiscussa, ebbe considerazione
e rispetto in ogni campo; anche quando agivano le divisioni di
parte; ed egli pure tenne la sua.

Non si può contestare al Guardabassi, in un esame e giudizio





140 FRANCESCO GUARDABASSI

sempre piü spassionati di cose e di avvenimenti, o del passato o
del concreto presente, quel desiderio sincero d’arrivare al giusto,
donde deriva anche, leale, una revisione delle proprie idee. Ri-
conoscendo com’esse abbian seguito un loro corso, non si fa torto
alla rettitudine dell’uomo.

Lo studioso della storia della patria, travaglioso cammino
verso l'unificazione, sentì l'avvento del Fascismo come l'ultimo de-
cisivo sbalzo alla conquista dell’unità integrale: di spiriti, d’isti-
tuti. Spontanea e conseguente fu quindi la sua adesione all'idea
e al moto che investirono, rinnovando, la vita nazionale.

Con sentimento immutato del dovere Francesco Guardabassi
ha cercato d’adoperare il meglio e per il meglio le proprie capa-
cità; in ogni momento; fino a quando, il 23 giugno 1936, la fine
lo ha incolto, intento ancora al lavoro sull’opera sua prediletta.

RAFFAELE BELFORTI

SCRITTI DI FRANCESCO GUARDABASSI

Versi, per Nozze Danzetta-Loccatelli, (Perugia 1883, Tip. Boncompagni).
Della istituzione di una cattedra di Archeologia italica nella Università di
Perugia. (Perugia, 1885, Tip. Umbra).

Versi, (Perugia, 1885, Tip. Santucci).

Resurrezione, Commedia in tre atti. (Perugia, 1896, Tip. Umbra).
Articoli, note, traduzioni, recensioni in L'Umbria, rivista fondata e diret- .
ta dal Guardabassi (Perugia 1898-1903). Diresse anche un’altra pubblicazio-
ne illustrativa dei monumenti della regione, intitolata L’Umbria.

L’addio al Collegio, Monologo. (Perugia 1899, Tip.. Umbra).

Pietro Perugino, Dramma. (pubbl. ne L’Umbria).

La Medaglia, Commedia. (Perugia 1901, D. Terese Ed.).

Un capitolo bernesco di Giacinto Vincioli, in « Studi Storici e Letterari in
memoria di Annibale Mariotti» (Perugia 1901, Tip. Guerra).

Ninetta, Scene popolari del Risorgimento Umbro. (Perugia 1909, Tipogra-
fia Benucci).

Per la Patria e per la Scuola, Discorsi. (Perugia 1912, Tip. Bartelli).
Nota illustrativa dei versi 263 a 299 della IV Ode Pitica di Pindaro, (Pe-
rugia 1912, Tip. Perugina).

Note letterarie: Appunti sulla poesia di Chiaro Davanzati — Dante — La
canzone « Virtù che il ciel movesti » — Dante e Perugia — Giovanni Pon-
tano -- La « Sofonisba» di Galeotto del Carretto — Torquato Tasso —







% LT dia e Py n

R. BELFORTI 141

Cenno sulle controversie intorno alla « Gerusalemme » — Due viaggi di Gia-
cinto Vincioli — Paolo Ferrari e l’arte sua — L’opera poetica di Gio-

vanni Bini Cima. (Perugia 1912, Un. Tip. Coop.).

Discorso per l'inaugurazione del monumento a Pietro Perugino; nella pub-
blicazione commemorativa. (Perugia 1924, Tip. Umbra).

Commemorazione di Luigi Morandi. (Todi 1924, Tip. Tuderte).

Discorso per lo scoprimento della facciata della Chiesa di S. Francesco al
Prato; nel volume « Il Tempio di S. F. al p. restituito al culto ed all’arte ».
(Perugia 1927, V. Bartelli e C.).

Appunti storici sull'Accademia civica del Teatro Morlacchi. (Perugia 1927,
G. Benucci).

La visione nel carcere, Racconto. (Perugia 1928, Tip. Benucci).
Annibale Mariotti e la rivoluzione del 1798 (nella rivista « Perusia », mar-

zo 1929).
Santa Chiara, Racconto (Nella « Rassegna Nazionale », 1933).
Dante e Perugia: L'assedio di Perugia dell'anno 40 a. C. — Il « Fred-

do e il Caldo» da Porta Sole — Il « volgare » di Perugia -— Fu Dante
a.Perugia? — Perugia ai lempi di Dante. (Perugia 1934, G. Donnini).
Storia di Perugia, vol. I: Dalle origini al dominio di Braccio Fortebrac-
ci (Perugia 1933, G. Donnini). — Vol. II: Dalla morte di Braccio, 1424,
alla morte di Malatesta Baglioni, 1531. (Perugia 1935, G. Donnini).
Commemorazione di Wolfango Goethe, all’Accademia dei Filedoni (inedita). -







CIRO TRABALZA

Ciro Trabalza, mancato al nostro affetto il 21 aprile 1936 in
quella sua bella casa di Roma che così cordialmente si apriva agli
amici, era nato da modesta famiglia a Bevagna (Perugia) il 17
agosto 1871. Della sua umile origine egli era giustamente orgo-
glioso: salito via via ai più alti gradi della pubblica amministrazio-
ne e pienamente consapevole di quanto esigessero di dignità anche
esteriore le importanti cariche affidategli, non per questo parlava
meno o con minor piacere degli anni in cui da giovinetto s’era
guadagnato il pane come istitutore nei convitti nazionali di Prato e
di Roma. E certamente non era in casa sua che si doveva stare
attenti a schivar le parole che potessero parere allusive ai modesti
natali dell’ospite, come dovevan fare i convitati del padre di fra
Cristoforo: nonchè d’orecchio del mercante, in casa di Ciro Tra-
balza si poteva parlare apertamente di vita rustica e ricordare qual-
siasi bel detto contadinesco. Bisognava vedere con che gioia com-
mossa, là nella sua Bevagna, egli presentava i suoi amici a sua
madre, una contadina ancora bellissima a novant’anni, gioviale,
raggiante, che un macchiaiolo se la sarebbe rubata per metterla
in un quadro. E c’era un pizzico d’orgoglio paesano nel sentimen-
to che aveva spinto il Trabalza a murarsi una casa in uno dei
punti più ariosi e luminosi di Bevagna, un’altura isolata donde
nei bei tramonti l'occhio corre ad accarezzare la gobba violetta del
Subasio. Di lì si partiva, una bella mattina chiara, per andar a
salutare a Montefalco i colori primaverili di Benozzo nel coro
di San Francesco. Ma la sera, sotto la luna piena, s'andava nelle
aie a sentir le ragazze che intonavano i canti umbri sfogliando
il granturco. E il Trabalza era felice di quell’omaggio reso da’
suoi amici ai capolavori della sua regione e alla brava gente del-
la sua terra.

A rinverdire la fama d'uno scrittore di Bevagna, quell’acuto
e bizzarro Francesco Torti, critico vichiano, che fu amico e poi
nemico del Monti, il Trabalza dedicò le sue prime fatiche: Della
vita e delle opere di F. Torti, con prefazione di Luigi Morandi
(Bevagna, Tip. Properziana, 1896). Era la dissertazione con cui si







CIRO TRABALZA 143

era laureato nell'Università di Roma nel 1894. Al Torti ritornò
qualche anno dopo, quando ne ripubblicó lo scritto contro il Monti,
Dante rivendicato (Città di Castello, Lapi, 1901), con uno studio
su quella polemica non vana per pensiero critico (La polemica
del Torti col Monti, ristampata nel volume Studi e profili, Torino,
Paravia, 1903). Per l’inaugurazione d’un busto del Torti aveva pub-
blicato insieme con alcuni amici e corregionali (G. Urbini, A.
Bellucci, V. Colla) il volume Bevagna illustrata (Perugia, Don-
nini, 1901). E di Alinda Bonacci Brunamonti, la voce poetica più
schietta sorta nell’Umbria ottocentesca, diede una diligente biblio-
grafia nel numero unico che la rivista La Favilla pubblicò in
morte di lei (Perugia, 1903). Altro documento del suo amore
alla terra natale è la rivista Augusta Perusia, ch’egli fondò e
diresse (1906-1907), dedicata a raccogliere scritti sulla topografia,
l’arte e il costume dell'Umbria. Di pieno diritto, dunque, egli
faceva parte della R. Deputazione di Storia Patria per l'Umbria
in qualità di socio ordinario. :

. Giovanissimo era entrato nell'insegnamento medio, che eserci-
tó via via a Empoli, a Modena, a Perugia, a Padova. Nel 1904 con-
segui la libera docenza di letteratura italiana presso l’Università
di Roma, essendo commissari il De Gubernatis, Ernesto Monaci e
Giulio Salvadori. Del suo consapevole amore alla scuola e della
sua seria preparazione all'insegnamento medio e al superiore già
in quegli anni della fervida giovinezza testimoniano il libro L’in:

segnamento dell'italiano nelle scuole secondarie (Milano, Hoepli,

1903) e gli Studi sul Boccaccio, preceduti da saggi di storia del-
la critica e stilistica (Città di Castello, Lapi, 1906). Era una pre-
sa di posizione; era un aprir la scuola alle nuove idee estetiche:
il Trabalza era stato infatti uno dei primi maestri italiani venu-
ti a contatto con quelle e nel rinnovamento culturale che
caratterizza i primi anni del secolo ci appare come uno dei
più attivi rappresentanti della prima generazione crociana. In-
teressanti sarebbero a questo proposito i ricordi de’ suoi an-
tichi discepoli nelle Università di Roma e' di Padova. Ma la Sto-
ria della grammatica italiana (Milano, Hoepli, 1908), La critica
letteraria dai primordi dell’Umanesimo all’età nostra (vol. I, Mi-
lano, Vallardi, 1913), le Dipanature' critiche (Bologna, Cappelli,
1920), gli Esempi di analisi letteraria raccolti per gli istituti medi
superiori con la collaborazione di Ettore Allodoli e di chi scrive
queste righe (Torino, Paravia, 1925-1926), rappresentano bene nel-





144 P. P. TROMPEO

la teoria e nella pratica l'impegno costante con cui egli percorse
la severa via che si era segnato. A queste opere rappresentative
del suo pensiero e della sua metodologia si accompagnano, e non
ne discordano i libri ch'egli pubblicò per i ragazzi, come /1 dolee
assenzio (Firenze, Bemporad, 1921), e le antologie scolastiche, nelle
quali ebbe a collaboratore Giuseppe Zucchetti. Notevole fortuna
ebbe la traduzione ch’egli curò dei libri di Louisa Alcott (Piccoli
uomini, Lanciano, Carabba, 1905, Piccole donne, Lanciano, Carab-
ba 1908-1912, / ragazzi di Io, Lanciano, Carabba, 1923) e che
fu lavoro comune con la compagna della sua vita e madre de’ suoi
figli, la eletta signora Michelina Trabalza Rosa.

Passato nel 1912 all’ispettorato centrale presso il Ministero
dell'Istruzione Pubblica, nel 1921 gli fu affidata la direzione ge-
nerale delle scuole italiane all’estero, che resse per otto anni,
orgoglioso di servire direttamente il Duce in quel delicatissimo
ufficio. Nel 1928 fu nominato direttore generale dell’istruzione me-
dia, e in questa qualità diresse gli Annali dell'istruzione media,
che ebbero da lui efficace impulso, anche per la collaborazione
di maestri insigni invitati a pubblicarvi vere e proprie « lezioni
modello ». Andato a riposo nel 1931 e già preso dalla malattia di
cuore che lo abbattè cinque anni dopo, non tralasciò per questo i
suoi prediletti studi, anzi si diede con più ardore a quello ch’era
stato il suo pensiero più caro negli ultimi tempi, e nacque così
quella Grammatica degl’Italiani (Firenze, Le Monnier, 1934), scritta
con la collaborazione di Ettore Allodoli, di cui tanto si è parlato e
che ha avuto così autorevoli consensi. Una lontana preparazione ad
essa è da vedere — oltre che nel volume I! concetto della gramma-
tica (Città di Castello, Lapi, 1912) e nella Nuova Grammatica
Italiana (Torino, Paravia, 1917) — nel grazioso volumetto Dal
dialetto alla lingua (Torino, Paravia, 1924), a cui diede occasione il
riordinamento della scuola elementare promosso dal Gentile, ma
che per l’ispirazione risale al fecondo insegnamento di Ernesto
Monaci. Poche settimane prima della sua morte era uscito un suo
volume miscellaneo, Nazione e Letteratura (Torino, Paravia, 1936),
in cui con altri scritti aveva raccolto anche il discorso su Annibal
Caro, tenuto a Civitanova Marche il 23 agosto 1934 in occasione
delle Celebrazioni marchigiane. La prefazione del volume è in
forma di lettera al figliolo Folco, allora allievo ufficiale a Fano
e poi ufficiale in Libia durante la guerra etiopica, mentre il fi-
gliolo maggiore Manlio, a cui son dedicati gli Studi sul Boccaccio,

































CIRO TRABALZA i 145



era col generale Graziani in Etiopia. Non si fa una frase dicendo
che quella lettera, scritta pochi mesi prima di morire e rive-



duta sulle bozze quasi alla vigilia della morte, è veramente il testa-
| mento spirituale di Ciro Trabalza, la testimonianza suprema a
quelli che furono i due grandi amori della sua vita: la famiglia e

ME

la scuola. La scuola fu per lui una famiglia, sempre, dagli anni in |

|
cui insegnava a piccole scolaresche di provincia a quelli in cui, |
1 315 x a . |
direttore generale, ebbe la responsabilità della formazione culturale |
dei giovani italiani nel momento più importante e delicato del loro Pi

sviluppo: in quel suo amore veramente paterno alla scuola è l’uni- , |

tà profonda della sua vita d'uomo e di studioso. Ma il senso pieno HW
di quell'unità si aveva nel vederlo farsi maestro ai suoi figlioli |
e innestare cosi, sapientemente, quell'amore in quest'altro.





La lettera al figliolo Folco, scritta col pensiero anche all'al- a

tro figliolo lontano e alle figliole cordiali anche nel nome, Maria €

Umbra e Maria Novella, rende in bellissimi accenti quell'intima EI

: armonia: un'armonia, giova sperare, non interrotta dalla morte, D

|» ma trasmessa da. Ciro Trabalza, con la parola e con l'esempio, »

a cuori consapevoli di padri e di maestri. Mi

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GIULIO PENSI

Il 27 maggio dello scorso anno si spegneva, in Todi, l’avv.
Giulio Pensi, socio ordinario della R. Deputazione di Storia P'a-
tria per l'Umbria. Si chiudeva così, dopo un lento declino, una
vita modesta e operosa, tutta consacrata agli studi e al sentimento
del dovere.

Il Pensi, nato nel 1874 da nobile famiglia tudertina, si era
laureato in giurisprudenza all’Università di Roma, dove si era
particolarmente dedicato agli studi di storia del diritto, sotto la
guida illuminata e amorevole del prof. Francesco Schupfer. Tornato
in Todi, vi aveva esercitato varî incarichi pubblici, e specialmente
l’ufficio di vice-pretore onorario, che tenne con dignità e con zelo
per circa venti anni. Fu anche professore di diritto agrario nel
R. Istituto Tecnico Agrario di Todi.

Ma la parte migliore della sua attività fu dedicata alle ricer-
che storiche e allo studio degli antichi monumenti e delle opere
d’arte del luogo. Preposto fin dal 1913 alla Biblioteca e all'Archivio
Comunale e al Museo di Todi, provvide al loro riordinamento, e
alla compilazione di un nuovo catalogo dei libri e degli oggetti in
essi conservati. Raccolse il frutto delle sue ricerche in numerosi
quaderni, da lui chiamati. Appunti e spogli della Comunale di
Todi, che in gran parte sono rimasti inediti. Era Ispettore bi-
bliografico onorario, Ispettore onorario dei monumenti e scavi,
socio «corrispondente dell’Accademia Spoletina.

La sua pubblicazione più importante, fatta in collaborazione
col prof. Getulio Ceci, è lo Statuto di Todi del 1275 (Todi, A.
Trombetti Ed., 1897). In una lettera pubblicata come introduzione
al volume, il prof. Francesco Schupfer esprimeva la sua lode al
Ceci e al Pensi « per aver dissotterrato e pubblicato codesto vec-
chio Statuto. Un codice del dugento deve essere sempre il ben-
venuto; ne possediamo così pochi! specie poi quando si tratta di
una Città che ebbe la sua importanza nella storia ».

I concludeva: « Non ‘so se le esigenze della vita ti permet-
teranno ancora di occuparti di codesti studi, che formarono la tua
delizia negli anni universitari; ma faresti male a lasciarli del tutto.



GIULIO PENSI ' 147 b



Il tuo archivio tudertino ha tesori, che attendono ancora una x:
mano pietosa, che li tragga dall'immeritato oblio! Comunque, an- |
che in mezzo alle nuove occupazioni, non dimenticare il vecchio |
maestro ». |
i Oltre a questa, ricordiamo le seguenti pubblicazioni del Pensi: Ill
La Chiesa di S. Maria delle Grazie in Todi. - Documenti dei »"
secoli XV e XVI, Perugia, 1915. | È
Maestro Giovanni di Santuccio da Fiorenzola di Spoleto e la |
| facciata del Tempio di S. Fortunato in Todi. - Note e documen- |
| ti. - Estratto dagli « Atti dell’Accademia Spoletina », 1923-1926, | Pa
Spoleto, 1927. ui
| Inoltre, in collaborazione con Armando Comez, egli pubblicó |
|

;
i
|

una Guida di Todi (12 Ediz., Terni, 1908; 22 Ediz., Todi, 1912); i
e, in collaborazione con Odoardo Comez, un Annuario di Todi per || *
l'anno 1927, 'Todi, 1921. M
Il Pensi aveva la passione del documento e del libro, e un n
| sentimento di reverenza sacra per le antiche memorie della sua «E
| terra. Dall'austero palazzo, costruito al principio del cinquecento | ^
dalla famiglia Degli Atti, e che domina, come un nido d'aquila, |
la bella valle tiberina, egli rimirava le nobili figure del passato, |
che avevano impresso una traccia più o meno profonda nella storia |
della città e della regione. Egli continuava degnamente un'antica P
tradizione di ricerca storica locale, che a Todi aveva già avuto
notevoli rappresentanti, e che attinge alle piü profonde radici del-
| Pamor di patria.

B. BRESCHI | >


H









INDICE DEL VOLUME

G. ERMINI. — Aspetti giuridici della sovranità pontificia nell' Umbria nel

sec. XIII .
C. CURCIO. — Il patriottismo in Baldo .

R. VALENTINI. — Liriche religiose di Gian Antonio Catinpano

Note e documenti

M. .TIACCI. La rocca di Casalina e l'abate Filippo di Montevibiano .

L. POMPONI. — L'oratorio dei Filippini di Spello

Cronaca di Giambattista Marini, a cura di E. RICCI
Recensioni
Cantari della guerra aquilana di Braccio, a cura di R. VALENTINI (G. CECCHINI)
Analecta Umbra

Parte prima a cura di G. CANDELORO

Parte seconda

Atti e notizie

Il nuovo ordinamento degli Istituti di Studi Storici
Il nuovo assetto delle R. Deputazioni di Storia Patria

L' ordinamento interno della R. Deputazione di Storia Patria per 1’ Umbria

Necrologi

Francesco Guardabassi (R. BELFORTI)
Ciro Trabalza (P. P. TROMPEO)
Giulio Pensi (B. BRESCHI) . : È 1



pag. 5
» 99
$2544

pag. 57
» 64
DZ

pag. 107

pag. 109
» 1119

pag. 118
» 119
» 128

pag. 130
» 149
» 146









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