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1 I BOLLETTINO

DELLA REGIA DEPUTAZIONE

STORIA PATRIA

PER L'UMBRIA

VoLUME XXXV

PERUGIA

TIPOGRAFIA DELLA RIVOLUZIONE FASCISTA G. DONNINI
1938 - XVI
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DELLA REGIA DEPUTAZIONE

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STORIA PATRIA

PER L'UMBRIA

VoLUME XXXV

PERUGIA
TIPOGRAFIA DELLA RIVOLUZIONE FASCISTA G, DONNINI
1938 XVI
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Per

CRONOLOGIA DEI DUCHI DI SPOLETO

(569-1950)

Il presente lavoro — compilato in seguito all'invito di col-
laborare alla revisione delle liste cronologiche per il medio evo
italiano, rivoltomi dalla Giunta Centrale per gli Studi Storici —
è il primo di una grande serie di pubblicazioni, che dovrà sosti-
tuire gli attuali repertori e manuali cronologici, le cui deficienze
sono ben conosciute da tutti gli studiosi.

Esso comprende il periodo storico che va dalla data di fon-
dazione del ducato di Spoleto (569-570) all'anno 1230, quando, in
seguito alla scomunica del duca Rainaldo di Urslingen, il ducato
passò definitivamente in dominio della Santa Sede.

Il carattere del luvoro, che è per sua natura schematico, non
mi ha consentito di dilungarmi su alcune questioni particolari,
che avrebbero richiesto una lunga trattazione, per esempio sulle
relazioni tra Spoleto e Camerino. Ma, poichè la serie dei duchi
di Spoleto è interrotta da numerose e ampie lacune, ho sentito la
necessità di dare frequenti spiegazioni per mezzo di note. Que-
ste erano assolutamente indispensabili nei casi in cui una data da
me fissata era diversa da quella finora accettata dagli studiosi, op-
pure le scarse notizie su di un duca rendevano incerta la sua inclu-
sione nella serie.

— Le notizie date sono spesso completate da alberi genealogici:
in tal modo, senza bisogno di dilungarmi e di togliere al lavoro il
carattere schematico proprio delle cronologie, faccio rilevare le

origini di alcuni duchi e le relazioni di parentela tra alcuni di
6 f TULLIA GASPARRINI LEPORACE

loro, nel caso che una stessa famiglia abbia dato a Spoleto più du-

chi, o con grandi personaggi politici del tempo. Anche nel compi-
lare questi alberi genealogici, se in qualche cosa ho dissentito da-
gli studiosi che si sono occupati di tale argomento, ne ho spiegate

le ragioni per mezzo di note, citando le fonti dalle quali ho tratto

le notizie. ;
La compilazione di questa cronologia è stata fatta in base aile

fonti, e ogni data e ogni avvenimento in essa citati sono convalidati

coi passi della fonte dalla quale li ho attinti. In tal modo lo siu-
dioso ha sempre la possibilità di controllare i dati da me riportati.

Naturalmente ho tenuto presenti anche le pubblicazioni finora
apparse sul ducato di Spoleto in genere e sui duchi in particolare,
specie quelle che offrono maggiori garanzie di serietà per il me-
todo scientifico con cui sono state condotte. Ma quando ho ripor-
tato le fonti mi sono astenuta dal menzionare le opere a stampa,

che invece ho citate nel caso in cui ho accennato ad argomenti che

avrebbero richiesto una lunga trattazione e che sono stati già am-

piamente sviluppati da altri.

Per i duchi che hanno avuto signoria su altre terre oltre che
su Spoleto, ho citato solo i. dati cronologici relativi al loro dominio
sul ducato spoletino.

Chiude il lavoro una bibliografia delle fonti e delle altre pub-
blicazioni, nella seconda parte della quale ho citato solo i lavori

che si riferiscono direttamente a Spoleto e ai suoi duchi, trala-

sciando perciò tutte le altre opere di carattere generale.
CRONOLOGIA DEI DUCHI DI SPOLETO (569-1230) T
; FAROALDO I
569-570 E’ menzionato quale primo duca di.

Spoleto (1).

Catalogi a Gregorio Catinensi Chronico Far-
fensi praefixi, in Il Chronicon Farfense di GRE-
conrio Dr CaTINO a cura di Ugo Balzani (Roma,
1903), pp..86 e 87: « Faroaldus dux primus ex-
titit Spoletanus ».

590-591 | - Appare per l’ultima volta.

De s. Cetheo, alias Peregrino, episcopo Ami-
ternensi et martvre, in Acta Sanctorum, Junii
t. II (Antverpiae, 1698), p. 688: «tempora
s. Gregorii papae (2)... episcopatum ille (sc.
Cetheus) gessit; Spoletanum ducatum regen-
te Faroaldo Longobardo ».

ARIULFO
591| 27 sett. | E? menzionato per la prima volta in u-
na lettera di Gregorio Magno.

Gregori I Papae Registrum epistolarum, |.
cit.: «Et si hic vel ad Ravennatés par-

(1) Il ducato di Spoleto fu fondato nel 569-570, data che si deduce da
quella della fondazione del ducato di Benevento (570), città nella quale i
Longobardi giunsero dopo di essere passati per Spoleto. Cir. PAULI Historia
Langobardorum (Hannoverae, 1878), 1. III, cap. 32, p. 138: « Fama est enim,
tune eundem regem per Spoletium Beneventum pervenisse, eandemque regio-
nem cepisse ». Quanto alla data di fondazione: del ducato beneventano, si
veda ScHiPA MICHELANGELO, Una data controversa, in « Archivio Storico per
le Provincie Napoletane», a. X, fase. IV (Napoli, 1885), pp. 750-760.

(2) Gregorio Magno fu consacrato papa il 3 settembre 590, e in una
lettera del 27 settembre 591 egli si lamenta. delle persecuzioni del duca di
Spoleto Ariulfo; perciò si deve porre fra queste due date la fine del ducato
di Faroaldo I. Cfr. GnEconnu I Papae Registrum epistolarum, t. l, ed.
P. Ewald et L. M. Hartmann, in Mon. Germ. hist., Episto'arum t. I (Bs rolint,
1891), pp. 105-106.
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8 : È TULLIA:. GASPARRINI. LEPORACE

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. 653

circa

653

circa

tes nec dicendum Ariulfum cognoveritis excur-
rere, vos (Velox, magister militum) a dorso

|eius ita sicut viros fortes condecet laborate »;.

Catalogi cit., pp. 86 e 87: « Ariulfus dux Fa-
roaldo successit apud Spoletum ».

. Muore.

PauLI Historia Langobardorum cit., 1. IV,
cap. 16, p. 151: « Sequenti anno (1) Ariulfus

dux, qui Farualdo aput Spoletium successerat, :

moritur ».

TEODELAPIO
Succede ad Ariulfo.

PauLi Historia Langobardorum cit., 1. IV,
cap. 16, p. 152: «Igitur mortuo Ariulfo, duo

|filii Faroald superior ducis inter se propter

ducatum decertantes, unus ex ipsis, qui cum
victoriam coronatus est, nomine Teudelapius,
ducatum suscepit »; Catalogi cit., pp. 86 e 87.
Muore.

PAULI Historia Langobardorum. Cito JT by
cap. 50, p. 174: « Aput Spoletium: quoque
'Theudelaupo defuncto... ».

————— ———————

ATTONE

Succede a Teodelapio.

PauLI Historia Langobardorum Cit: V,

(1) Alla fine del
franco Teudeperto con.

cap. 90, p. 174: « Aput Spoletium quoque

capitolo 15, Paolo Diacono accenna alle lotte del re
Clotario, le quali avvennero nel 600.

iumenta
CRONOLOGIA DEI DUCHI DI SPOLETO (569-1230) 9

Theudelaupo defuncto Atto eidem civitati duc-
tor efficitur ». ;

663 Eis o menzionato per l'ultima volta (1).

PauLi Historia Langobardorum .cit., 1. V,
cap. 16, p. 192: «... rex Grimuald, ereptis
| Beneventanis et eorum provinciis a Grecis..... |
Transamundum.... post Attonem... aput Spo- |
letium duetorem effecit». |



TRASMONDO I e WACHILAPO

5 : È :
E do Trasmondo è nominato duca da Gri-

moaldo, eletto re dei Longobardi.

Pavuri Historia Langobardorum cit.,1. V, cap.
16, p. 192: «At vero rex Grimuald, ereptis
Benevenicnis et eorum provinciis a Grecis....
Transamundum, qui dudum Capuae comes Îue-
| rat et ei ad percipiendum regnum strenuissi-
me paruerat, data ei in matrimonium sua filia,
Romualdi.altera sorore, eum post Attonem...
: j | aput Spoletium ductorem effecit »; Catalogi
| ; cit, pp. 86 e 87: « Transmundus dux Spo-
leti comes dudum Campanus ».

MS Trasmondo regge il ducato insieme col
fratello Wachilapo.

(1) Nei Catalogi cit., pp. 86 e 87, si legge: « Tato (1. Atto) dux Spoleta-
nus, annum 1, menses V ». Secondo tale indicazione dal 655 circa al 663, tdi
anno in cui fu nominato il duca Trasmondo I, non vi sarebbe sta- BH |
to a Spoleto alcun duca. Ma Paolo Diacono (l cit), che per questi
primi duchi spoletini è la fonte più attendibile, non accenna in alcun modo
a una così lunga vacanza e pone il duca Trasmondo: subito dopo Attone. Si
veda. a proposito G. FATTESsCHI, Memorie istorico-diplomatiche riguardanti la
serie de’ duchi, e la topografia de’ tempi di mezzo del ducato di Spoleto
(Camerino, 1801), pp. 19-20.
TULLIA GASPARRINI LEPORACE

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PauLi Historia Langobardorum cit., 1. VI,
cap. 30, p. 225: « Denique Wachilapus germa-
nus fuit Transamundi et cum fratre pariter
eundem rexit ducatum ».

Trasmondo muore.

Pauni Historia Langobardorum cit., 1. VI,
cap. 30, p. 225: «Igitur defuncto Transamun-
do duce Spoletinorum... ».

FAROALDO II

Succede nel ducato al padre Trasmon-

do I.

PauLI Historia Langobardorum cit., |l. VI,
cap. 30, p. 225: « Igitur defuncto Transamundo
duce Spolitanorum, Farualdus, eius filius, in lo-
co. patris est subrogatus »; Catalogi cit., p. 88;
Il regesto di Farfa compilato da GnEGonro Di
C^riNO e pubblicato dalla Società Romana di
Storia patria a cura di I. Giorgi e U. Balzani,
vol. II (Roma, 1879), p. 11: « Anno Domini ‘
DCCIII, indictione I, Faroaldus dux ».

. E? costretto ad abdicare dal figlio Tra-
smondo II.

P4AuLi Historia Langobardorum cit., 1. VI,

cap. 44, p. 232: « Contra hune Faroaldum du-

cem filius suus Transamundus insurrexit, eum-
que clericum faciens, locum eius invasit »; Ca-
talogi cit., p. 88: « Transmundus contra pa-
trem suum Faroaldum rebellans, clericum il-
lum fecit, et ducatum Spoletanum invasit ».
CRONOLOGIA DEI DUCHI DI SPOLETO (569-1230)

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732
|
724
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738-139
|

maggio

(1) Il Minervio è del sec. XVI, ma attinge da fonti coeve agli avvenimenti.

Muore nell'abbazia di Ferentillo.

SeverI Minerva (1) De rebus gestis atque

antiquis monumentis Spoleti, in Documenti sto-
rici inediti in sussidio allo studio delle mne-
morie umbre raccolti e pubblicati per cura di
ACHILLE SANSI, parte I (Foligno, 1879), pp. 24-
25: «dux (Farualdus) aedem divo Petro A-
postolo a fundamentis excitavit, ubi est hodie

| Abbatia Ferentilli, quam ipse Farualdus multis

dotibus insignivit, et, abdicato ducatu, ibidem
monasticam vitam ducens, annos octo super-
vixit ». i

TRASMONDO II

E° menzionato per la prima volta quale
duca.

GreGoRIO Dir Carino, Il regesto di Farfa, cit.,

|vol. II, p. 26, doc. 5, del maggio 724, indizio-

ne VII: «Domnus Transmundus gloriosus et
summus dux»; ibidem, p.11: « Anno Domini
DCCXXIII, ind. VII, Transmundus dux filius
Faroaldi »; Pauli Historia Longobardorum cit.,
1. VI, cap. 44, p. 232 (vedi Faroaldo II, all'an.
724); Catalogi cit, pp. 88 e 149.

Si ribella al re Liutprando ed é scac-
ciato dal ducato, che dal re viene con-
cesso a Ilderico.

Paurr Historia Langobardorum cit., 1. VI,

|eap. 55, p. 238: « His diebus Transamundus

contra regem rebellavit. Super quem rex cum
exercitu veniens, ipse Transamundus Romam
fuga petiit. In cuius loco Hildericus ordinatus
est ». :
TULLIA GASPARRINI LEPORACE

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AME Sectors I TODOS

740| dicem. Rientra nel ducato.

Le Liber Pontificalis, texte, introduction et |
commentaire par l'abbé L. DucHESNE, t. I (Pa- |
ris, 1886), p. 426: « Trasimundus vero dux,
habito consilio cum Romanis collectoque gene-
raliter exercitu dueatus Romani... venerunt in-
Reatinam civitatem. Exinde pergentes ingres- i
sus est Spoletio per mense decembrio, indic- |
tione **» (1). | i

742 Perde di nuovo il ducato, che dal re

: Liutprando viene concesso ad Agipran-
do.

PauLi Historia Langobardorum cit., 1. VI,
cap. 57, p. 239: « At vero Liutprand Spoletium |
perveniens, Transamundum ducatum expulit
eumque clericum fecit»; DucHESNE, Le Liber
Pontificalis cit., p. 427.

NI
sa
da

aprile] Appare ancora, e per l'ultima volta,
a capo del ducato.

GrecoRrIO Dr CatINO, Il regesto di Farfa cit.,
vol. II, p. 40, doc. 29: « Temporibus domni
Trasmundi gloriosi et summi ducis gentis Lan-
gobardorum.... mense aprilis, per indictionem

XII ».

(1) Manca il numero dell'indizione, perciò il DucHESNE (Le Liber Pon- .
tificalis cit., p. 436, nota 7) pone l’entrata del duca Trasmondo in Spoleto
nel dicembre del 740. GREGORIO Di CariNo, Il regesto di Farfa (vol. II
cit., p. 27, doc. 7) vi è un documento del duca Trasmondo per il monastero
di Farfa del gennaio 740, che farebbe pensare che allora il duca fosse già
rientrato nei suoi dominii; ma la ‘data incompleta del documento e gli av-
venimenti di quell’anno escludono tale possibilità,
CRONOLOGIA DEI DUCHI DI SPOLETO (569-1230)

138-139

dicem.

(1) L’indizione usata nella data di questo documento è la greca.

ILDERICO

Ottiene il ducato dal re Liutprando.

PauLI Historia Langobardorum cit., 1. VI,
cap. 55, p. 238: « In cuius (se. Transamundi)
loco Hildericus ordinatus est» (vedi Trasmon-
do II, all'anno 738-739); Catalogi cit., p. 88.

E ucciso dal duca Trasmondo.

PAuLI Historia Langobardorum cit., 1. VI,
cap. 55, p. 239: « Evolutis dehine aliquod an-

|nis, Transamundus, qui Romam fugerat, Spole-

tium: rediens, Hildericum extinxit rursumque
cohtra regem rebellionis audaciam sumpsit »;
DucursNE, Le Liber Pontificalis cit., p. 426
(vedi Trasmondo II, all'anno 740, dicembre, e
ibidem, nota 1); Gregorio Dr Catino, Il re-
gesto di Farfa cit., vol. V (Roma, 1892), p.
210, doc. 1220: « Temporibus domini Hilde-

rum... mense decembris, indictione (1) VIII
(739). |

AGIPRANDO

Ottiene il ducato dal re Liutprando.

PauLi Historia Langobardorum icit., 1. VI,
cap. 57, p. 240: « Cuius (sc. Transamundi) in
loco Agiprandum, suum nepotem, constituit »
(vedi Trasmondo II, all'anno 742); Catalogi
cit., p. 88: «Agiprandus nepos regis, dux Spo-
leti ».

Cessa il suo dominio su Spoleto, per-
ché il duca Trasmondo rientra in pos-
sesso del ducato (vedi Trasmondo ll,

all'anno 144, aprile).

rici eloriosi et summi ducis gentis Langobardo-
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TULLIA GASPARRINI LEPORACE

145 | giugno-
luglio

191| aprile

(91/4 luglio



(1) Dal 751 al 757

LUPO
Inizia il suo governo su Spoleto.

GreGoRrIO Di CatINO, I] regesto di Farfa cit.,
vol. II, p. 30, doc. 12, del giugno 747: «Dom-
nus Lupo gloriosus et summus dux.... anno
ducatus nostri in Dei nomine secundo, mense
iunio, per indictionem XV »; ibidem, p. 35, doc.
21, del luglio 749: « Temporibus domni Lu-
ponis gloriosi e£ summi ducis gentis Langobar-
dorum, anno ducatus eius in Dei nomine V...
mense iulii, per indictionem II».

E° menzionato per l'ultima volta.

GreGoRIO Dr Catino, Il regesto di Farfa cit.,
vol. II, pp. 32-33, doc. 17: « Domnus Lupo,
et domna Hermelinda gloriosi et summi du-
ces.... Datum iussionis Spoleti in palatio. An-
no ducatus nostri in Dei nomine VI, mense
aprilis, per indictionem IIII ».

Non é piü in possesso del ducato (1).

Gnraonro Dr Carivo, Il regesto di Farfa cit.,
vol. II, p. 33, doc. 18: «a Lupone, qui fuit
dux civitatis nostrae Spoletanae ».

non è menzionato nelle fonti alcun duca di Spoleto.

Tale silenzio e gli avvenimenti di quel periodo fanno pensare che allora il

ducato fosse governato,

per mezzo di gastaldi, dal re longobardo Astolfo.

Infatti, nelle note cronologiche dei documenti farfensi di quel tempo si com-
putano gli anni del regno di Astolfo e si menziona il gastaldo di Rieti, Pro-
bato. Cfr. GREGORIO Dr CATINO, // regesto di Farfa cit., vol. II, pp. 42-

46, doce. 31-37.

ec CRONOLOGIA DEI DUCHI DI SPOLETO (569-1230)

(5t

158:

760

marzo
(prima di)

gennaio
(prima di)

ALBOINO

E’ eletto duca dagli Spoletini.

Mon. Germ, hist., Epistolae Merowingici et
Karolini aevi, t. I (Berolini, 1892), p. 506,
lettera del papa Stefano III a Pipino, re dei

Franchi, del marzo-aprile 757: «Nam et

Spolaetini ducatus generalitas per manus beati
Petri et tuum fortissimum brachium constitue-
runt sibi ducem »; GreGoRrIO Dr Carino, Il re-
gesto di Farfa cit., vol. II, p. 12: « Anno Do-
mini DCCLVII, indictione X, Albuinus dux»;
ibidem, p. 46, doc. 38, del marzo 151: « Tem-
poribus domni Albuini gloriosi et summi du-

cis gentis Langobardorum, anno ducatus eius:

in Dei nomine I».

Se ne fa cenno per l'ultima volta.

Mon. Germ. hist., Epistolae cit., p. 515, let-
tera del papa Paolo I a Pipino, re dei Franchi,
del 158: « (Desiderius, rex Longobardorum)
comprehensum Alboinum ducem Spoletinum,
eum eo satrapibus, qui in fide beati Petri et
vestra sacramentum prebuerunt, infixis in eis
pessimis vulneribus, in vinculis detinet ».

GISULFO

Inizia il suo governo.

Gnrconro Di CatINO, Il regesto di Farfa cit.,
vol. II, p. 49, doc. 42, dell’aprile 760: « Tempo-
ribus domni Gisulphi gloriosi et summi ducis
gentis Langobardorum, anno ducatus eius in
Dei nomine I.... mense aprilis, per indictionem
XIII»; ibidem, p. 50, doc. 43, del gennaio

(61: « Temporibus viri gloriosi Gisulphi sum-
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TULLIA | GASPARRINI LEPORACE

| scritto:

| mi ducis gentis Langobardorum, anno ducatus
eius in Dei nomine Il... mense. ianuarii et

indictione suprascripta XIIII ».

161| luglio E! menzionato per l'ultima volta.

GrecoRrIO Di Catino, Il regesto di Farfa cit.,
ivol. Il, p. 54, doc.. 49: «Sed et temporibus
domni Gisulphi gloriosi ducis ducatus Spole-
tani, mense iulii, per indictionem XIII ».

TEODICIO

luglio- Comincia il suo governo (1).

-1

DO

sett. Gregorio Di Camino, Il regesto di Farfa cit.,
vol II, p. 57, doc. 53, del luglio 763: « "go
in Dei nomine Theodicius gloriosus et summus
dux... Datum iussionis Spoleti in palatio, an-
no ducatus nostri in Dei nomine I, mense iulii,
per indietionem 1»; ibidem, p. "(9; doe... (0,
del settembre 767: « Ego in Christi omnipoten-
tis nomine Theodicius gloriosus et summus
dux... Datum iussionis Spoleti in palatio, an-
no ducatus nostri in Dei nomine VI, mense :
septembris, per indictionem VI »; Catalogi cit.,
p. 98.

1(3| settem.| | Appare per l'ultima volta (2).

GrecorIo Di CatINO, Il regesto di Farfa cit.,
vol II, p. 82, doe. 88: «Sed et temporibus
domni Theodicii gloriosi ducis ducatus Spole-
tani... mense septembris, per indictionem XII».

(1) Nel catalogo che precede il Regesto di Farfa (vol. IL cit; p. 12) e
« Anno. Domini DCCLXIII, indictione I, Theodicius dux», ma il
1 suo ducato, quali risultano dai documenti dello stesso

computo degli anni del
regesto, fa ‘collocare l’inizio del suo governo alla fine del 762.

(2) Vi è un documento del re Adelchi per il monastero di
a F. Oporici nel Cod-x diplomaticus Langobard:ae (Au-

Brescia, pubblicato d
gustae Taorinorum, 1873) (Historiae patriae monumenta edita iussu regis Caroli

S. Salvatore kli
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V

data di nomina del duca Ildebrando alla fine del 773.

CRONOLOGIA DEI DUCHI DI SPOLETO (569-1230)

ILDEBRANDO

(493| sett.-
novem.

E’ nominato duca dal papa Adriano I.

DucHEsNE, Le liber Pontificalis cit., t. L p.
496: «ipse ter beatissimus bonus pastor et
pater (Hadrianus I) cum omnibus exultans
constituit eis (Spoletinis) ducem quem ipsi pro-
pria voluntate elegerunt, scilicet Hildiprandum
nobilissimum »; Pauli continuatio Lombarda, in
Scriptores rerum Langobardicarum et Italica-
rum saec. VI-IX (Hannoverae, 1818), p. 218:
«Quibus (Spoletinis) papa constituit ducem
nomine Ildeprandum; et sic primo Romana ec-
clesia ducatum Spolitinum obtinuit »; Gnrao-
RIO Di Carino, Il regesto di Farfa cit., vol.
II, pp. 121-122, doc. 144, dell’agosto 787: «Ego
in Dei omnipotentis nomine Hildeprandus glo-
riosus et summus dux ducatus Spoletani.... Da-
tum iussionis Spoleti in palatio, anno in Dei
nomine ducatus nostri XIIIT, mense augusti,
per indietionem X »; ibidem, p. 124, doc. 149,

viri gloriosi Hildeprandi summi ducis ducatus
Spoletani, anno ducatus eius in Dei nomine
XV... mense novembris, per indictionem XI »;
Catalogi cit., p. 88 (1).

Alberti, t. XIII), col. 93-97, con la data dell’11 novembre 773, nel quale si fa

. menzione del duca Teodicio come ancora vivo: «Similiter in finibus Spole-
tanis; omnia quaecumque vobis a. Teodisio glorioso duce nostro, per eius

preceptum concessa sunt». Ma dai dati cronologici del documento (« un-
decima die mensis novembris, anno felicissimi regni nostri in Dei nomine
quartodecimo, per indictione decima ») risulta chiaro che bisogna fissare la

data alli novembre 772, quando ricorreva l'indizione decima e si era nel.

decimoquarto anno del regno di Adelchi.

(1) Nel catalogo che precede il Regesto di Farfa (vol. II cit, v. 12) e
scritto: « Anno Domini DCCLXXIIII, indictione XII, Hildebrandus dux», ma
dai dati cronologici dei documenti dello 'stesso regesto si deve spostare la

del novembre 787: « Sed et temporibus domni
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TULLIA GASPARRINI LEPORACE

(89

822

18 mag.
-giugno

Appare per l'ultima volta come duca.

Annales regni Francorum inde ab a. 741 ad
an. 829, qui dicuntur Annales Laurissenses ma-
iores et Einhardi (Hannover, 1895), p. 82, a.
188: « Eodemque anno commissum est bellum
inter Grecos et Langobardos, id est duce Spo-
litino nomine Hildebrando seu duce Grimal-
do »; ibidem, p. 83, a. 198: « Grimaldus... et
Hildibrandus dux Spolitinorum eum copiis,
quas congregare potuerunt, in Calabria eis oc-
currerunt ».

GUINIGISO
Inizia il suo governo su Spoleto.

GrecorIo Di Catino, Il regesto di Farfa cit.,
vol. II, p. 125, doc. 150, del giugno 791: « Sed
et temporibus domni viri gloriosi Guinichis
summi ducis ducatus Spoletani, anno ducatus
eius in Dei nomine IIL.. mense iunii, per indic-
tionem XIII»; ibidem, p. 171, doc. 210, del
18 maggio 814: «Sed et temporibus Guinichis
ducis ducatus Spoletani, anno eius in Dei no-
mine XXV, mense maii, die XVIII, per indic-
tionem VI; Annales regni Francorum cit., p.
93, a. 188: «legatum regis (Caroli) Winigi-
sum, qui postea in ducatu Spolitino Hildibran-
do successit »; Catalogi cit., p. 88.

E’ menzionato per l'ultima volta.

Annales regni Francorum cit., p. 157, a. 822:
« Winigisus, dux Spolitinus, iam senio confec-

tus, habitu saeculari deposito monasticae con- CRONOLOGIA DEI DUCHI DI SPOLETO (569-1230) se 49

|versationi se mancipavit ac non multo post tac-
tus corporis infirmitate decessit ».

823| aprile. E’ già morto.

: GregoRrIO Dr Catino, Il regesto di Farfa cit.,
vol .Il, p: 212, doc. 257, dell’aprile 823: « Gui-
nichisum, vassum domni imperatoris, filius bo-
nae memoriae Guinichis ducis ».

SUPPONE I

822 Succede a Guinigiso.

Annales regni Francorum cit., p. 158, a. 822:
«...in cuius (sc. Winigisi) locum Suppo, Bri-
xiae civitatis comes, substitutus est».

824| inizio Muore.

Annales regni Francorum cit., p. 163, a. 824:
« Luna defecit III non. Mart., hora noctis se-
cunda. Suppo dux Spolitinus decessisse nun-
tiatur ».

ADALARDO

824| inizio Succede a Suppone.

Annales regni Francorum cit., p. 166, a. 824:
«Suppone apud Spoletium, sicut dictum erat,
defuncto, eundem ducatum Adalhardus, comes
palatii, qui iunior vocabatur, accepit».

824 Muore dopo cinque mesi di governo..

Annales regni Francorum cit., p. 166, a. 824:
«Qui (se. Adalhardus) cum vix quinque men-
ses eodem honore potiretur, correptus febre
| decessit ». |
vox | TULLIA GASPARRINI LEPORACE
,MAURINGO
824| fine E' eletto duca e muore dopo pochi

giorni..

Annales regni Francorum cit., p. 166, a. 824:
«Cui (se. Adalhardo) cum Moringus Brixiae
comes successor esset electus, nuntio honoris
sibi deputati accepto decubuit et paucis in-.
terpositis diebus vitam finivit ».

RICCARDO
PE E! a capo del ducato (1).

Gnzconro Dr Carixo, Il regesto di Farfa cit.,
vol. IL, p. 237, doc. 282, del 15 dicembre
040: « (res) quas iam dictus Guinigisus exin-
de iniuste abstulit et per iussionem nostram
(sc. Lotarii imperatoris) Richardus dux, in-
quisitione facta, praedictio monasterio reddi-
dit et revestivit»; GmnEGonro Dr CATINO, Il
Chronicon Farfense cit., vol. I, p. 204 e 217.

(1) Lo ScHIRMEYER, Kaiser Lambert (Góttingen, 1900), . p. 13, nota 1,
pone il governo di Riccardo su Spoleto tra l'937 e 1'842; peró il ducato di
Riccardo, per il documento citato del regesto di Farfa, deve essere collo-
cato anteriormente al luglio 836, mese in cui era già duca di Spoleto Beren-
gario. Tra Riccardo e il precedente Mauringo non é menzionato nelle fonti
nessun altro duca. La mancanza di notizie su questo duca Riccardo fa pen-
sare che molto difficilmente il suo governo sia durato slall’824 all’836; invece
esso fu con probabilità di effimera durata, come quello dei due duchi che im- :
mediatamente lo precedettero. In Camerino, che in questo periodo è divisa e
indipendente da Spoleto, figura negli anni 816-821 e 828 un duca Gerardo (cfr.
Gregorio Di Catino, IL regesto di Farfa cit., vol. II, pp. 18, 14, 207, 210,
.990), e nell’834 appaiono due conti, Escrotono e Gerardo, che in un documento
datato appunto da Camerino contano allora il primo anno di governo (cfr. GRE-
corIo DI Catino, Il regesto di Farfa cit., vol. II, p. 230, doc. 279). Per questa
lacuna nella serie dei duchi di Spoleto, si veda FATTESCHI, op. cit., pp. 63-
65, e per Camerino, HERMANN MiLLER, Topographische und genealogische

' Untersuchungen zur Geschichte des Herzogtums Spoleto und der Sabina von
800 bis 1100 (Greifswald, 1930), p. 116.

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CRONOLOGIA DEI DUCHI DI SPOLETO (569-1230) 21 .

BERENGARIO

336 | luglio Appare quale duca.
(prima di) : :

GREGORIO Di Catino, Il regesto di Farfa cit.,
vol. II, p. 14: « Anno. Domini DCCCXXXVI,
indictione XIIII, Berengarius dux»; ibidem, p.
232, doc. 281, del luglio 837: «.... temporibus
Berengarii ducis, anno eius II, mense iulii,
per indictionem XV ».

841| 6 sett. | E’ nominato per l’ultima volta quale
duca di Spoleto in un documento del
monastero di Casauria.

Muratori L. A., Rerum Italicarum Scripto-
res, t. II, 1 (Mediolani; MDCCXXIID, p. 379
(dalla prefazione di Adriano Valesio al carme
panegirico sull'imperatore Berengario): «In no-
mine D. N. J. C. Lotharius divina ordinante
prcvidentia Imperator Aug., anno imperii eius
XXII, seu temporibus Berengarii Ducis, an-
no Ducatus eius VI, die VI mensis septembris,

indictione, VII (1).

(1) Per la concordanza dei dati cronologici di questo documento, si veda
FATTESCHI,. op. cit, p. 68. — All’inizio dell'anno 866, nella Constitutio de
expeditione Beneventana, in Mon, Germ. hist., Legum sectio II, Capitulario
regum Francorum, II (Hannoverae, 1897), p. 95, sono nominati un « ministe-
rium Verengari» e un «ministerium Witonis », il che fa supporre che al
lora Berengario reggesse la marca di Camerino e Guido I dominasse su
Spoleto. |
TEU ERA E PW DE A

29 TULLIA GASPARRINI LEPORACE

868 Muore.

circa |

MURATORI, op. e t. cit., p. 379.

GUIDO I

942| 29 ag. | Appare per la prima volta quale duca
| di Spoleto in un diploma di Lotario I.

J. F. Bóuwzn, Regesía imperii, I, Die Rege-
sten des Kaiserreichs unter den Karolingern,
| 751-918, neu bearbeitet von E. MünrnAcnrEn, II
Auflage, I Bd. (Innsbruck, 1908), p. 450, n.
1092: « cuidam ex proceribus nostris Witoni
Spolitanorum duci ».

858 E’ menzionato per l'ultima volta.

EncuEwPERTI Historia Langobardorum Bene-
ventanorum, ed. G. Waitz, in Scriptores rerum
Langobardicarum et Italicarum saec. VI-IX
(Hannoverae, 1878), cap. 25, p. 244: « super-
venit Guido iam dicto cum universis "Tuscis
(1)... Suram, cuneta oppida confinia a Lan-
donolfo domino subtracta et Guidoni sunt
tradita »; Chronica Sancti Benedicti Casinen-
sis, cap. 13, ibidem, p. 475: «Nam dictus Ade-
|mari Suram, Erpinum, Vicum Album et Ati-
nen tradidit Francis, id est Widoni comiti ».

866| inizio E/ citato un « Ministerium Witonis »:
Guido I, quindi, sarebbe ancora viven-
te e a capo del ducato (2).

(1) Prima, al cap, 17, Erchemperto aveva parlato di « Guido dux Spo-
litensium, Siconolfi cognatus ».

(2) L'HorwgisTtER (Markgrafen und Malkenajschaiton im Italischen. Kó-
nigreich in der Zeit von Karl dem Grossen bis auf Otto den Grossen, 774-962.
Sonderabdruck aus den « Mitteilungen des Instituts für Oesterreichische Geschi-

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.CRONOLOGIA DEI DUCHI DI SPOLETO (569-1230) | 25

Chronica Sancti Benedicti Casinensis cit.,
cap. 3, p. 410: « In ministerio Witonis Rim-
mo et Iohannes episcopus de Forcona. In mi-
nisterio Verengari Hiselmundus episcopus »;
Constitutio de expeditione Beneventana cit., 1.
cit.; DónwEn, Regesta imperii cit., p. 504, nu-
mero 1232 a.

LAMBERTO

860| marzo E’ citato per la prima volta quale «co-
mes» (1).

Chronica S. Benedicti Casinensis cit., cap.
13, p. 475: « Lampert, filius Widonis, et Ilde-
pert comites nisi sunt manus erigere contra
Hludowicum imperatorem »; LEONIS MARSICANI
et PETRI DiacoNI Chronica monasterii Casinen-
sis, edente W. Wattenbach, in Mon. Germ.
hist, Scriptorum VII (Hannover, 1846), cap.

chtsforchung », 7, Ergünzungsband, Heft II, p. 139) spiega la denominazione
« Ministerium Witonis » come data al ducato di Spoleto in ricordo di Guido I
la cui morte pone nell’858, e della stessa opinione è il WuüsTENFELD (Ue-
ber die Herzoge von Spoleto aus dem Hause der Guidonen, in «Forschungen zur
deutschen Geschichte », III, Góttingen, 1863, p. 432). Ma è strano che solo que-
sta volta, e solo per una parte del ducato fosse usata tale denominazione.
Né, d'altra parte, si puó pensare che in quel « Ministerium Witonis » si voglia
alludere a Guido II, perchè questi fino alla sua elezione a re d’Italia è
sempre nominato nelle fonti col patronimico: « Wido, Widonis filius ».

(1) Poichè, com'é molto probabile, Guido I visse fino all'866, si pensa che
Lamberto fu associato col padre nel governo dall'860 all’866. Si veda Hor-
MEISTER, op. cit, p. 144 e T. LePoRacE, Ageltrude, regina d'Italia e im-
peratrice nel secolo IX (Benevento, 1937), pp. 14-15. Sulle cariche di « comes »,
« dux», «marchio» e «margravius » in questo periodo forse ci sarebbe
da dire qualche cosa, Comunemente non si fa distinzione fra esse e perciò
ho annoverato i conti e i marchesi di Spoleto fra i duchi; tuttavia non
mancano argomenti per ritenere ‘che almeno le attribuzioni del duca e del
conte di Spoleto fossero diverse. Lamberto fu anche conte di Capua, ma
solo dopo l'estate dell'866: cfr. ERCHEMPERTI Hist. Lang. Benev. cit. cap. 32,
p. 247.
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94. SÉ TULLIA GASPARRINI LEPORACE

.961

9011

876

14 dic.

settem.

febbr.-

giugno,

36, p. 606: «Interea duo quidam comites (sc.
Lampert et Ildepert) nisi sunt in imperatorem
insurgere » (1); BónwEn, Regesta imperii cit.,
p. 497, n. 1216 1, m, r.

Figura come duca di Spoleto.

Ducnesne, Le Liber Pontificalis cit., vol. II,
p. 177: « Igitur Lampertus Witonis filius, dux
Spoletanus, tempore consecrationis. huius ve-
nerandi pontificis (sc. Hadriani II) Romanam
urbem pre. consuetudine sicut tirannus intra-
vit ».

E’ spodestato del ducato dopo la libe-
razione dell’imperatore Ludovico II dal-
la prigionia di Benevento (17 sett. 871)
e gli subentra Suppone II.

DucHEsNE, Le Liber Pontificalis cit., l. cit.
(21: «Propter quae apud Augustos piissimos,
Romanorum querimoniis pregravatus, ducatum
perdidit»; EncuEwPEnTI Hist. Lang. Benev.
cit., cap. 35, p. 248; Annales Bertiniani, recen-
suit G. Waitz, SS. rer. Germ. in usum schola-
rum (Hannoverae, 1883), a. 871, p. 118.

E reintegrato nel ducato.

EncuEwPERTI Hist. Lang. Benev. cit., cap.
39, p. 249: «Cum Carlus.... sceptrum insigne
Romam suscepisset, Lambertum ducem et Gui-
donem germanum illi, Iohannis papae in adiu-
torium dedit»; documento del giugno 876 ri-
portato nel Chronicon: Casauriense, in Muna-
ronr L. A., Rerum Italicarum Scriptores, t.

(1) E’ da notare, però, che qui si:fa confusione tra la ribellione di Lamber-
to ed Ildeperto e quella dei due Lamberti dell’871.

(2) Secondo il compilatore della vita di Adriano II, Lamberto fu privato
del ducato subito dopo la consacrazione del Tape ma ció é inesatto. Cfr. T.
LEPORACE, Op, cit., pp. 15-16. i
CRONOLOGIA DEI DUCHI DI SPOLETO (569-1230)

879

971

876

———— —

29 sett.

febbr.

II pars altera (Mediolani, 1726), col. 947:
«per iussionem Lamberti et Widonis comi-
tum ». Cfr.H. Mürrzn, Topographische und ge-
nealogische Untersuchungen zur Geschichte des

| Herzogtumis Spoleto und der Sabina von 800

bis 1100 (Greifswald, 1930), p. 99.

Appare per l'ultima volta.

ErcHEMPERTI Hist. Lang. Benev. cit., cap. 42,

p. 250: « Guaiferius.... cum Francis Lamberti
comitis Landonem constituit ».

SUPPONE II

Figura per la prima volta.

MuratoRrI L. À., Antiquitates. Italicae Medii
Aevi, t. I (Mediolani, 1138), col. 282: « Anno
imperii Ludovici XX et I anno Supponis comi-
tis, die XXIX mensis septembris, per indic-
tionem .V ». (1)

Appare per l'ultima volta a capo di
Spoleto e Camerino (2).

Karoli II imperatoris electio, in Mon. Germ.
hist., Legum sectio Il, Capitularia regum
Francorum, II (Hannoverae, 1897), pp. 99-100:
« Signum Supponis comitis »; Karoli II capitu-
lare Papiense, ibidem, p. 104.

(1) Si noti che i dati cronologici non concordano, ma in un documento
del Chronicon Casauriense cit, del novembre 871 (ed. cit., col. 932), si cita un
« missus Supponis comitis ». NE

(2) Che Suppone II sia ora a capo di Spoleto e Camerino, pur non es-
sendo ciò specificato nelle fonti citate, si deduce dal fatto che in questi docu
menti non si fa aleuna menzione né di Lamberto nè di Guido, Cfr. FATTESCHI,

op. cit, p. 73; HOFMEISTER, op. cit, pp. 147-148.
306 TULLIA GASPARRINI LEPORACE

GUIDO II

880| 8 luglio} E’ menzionato per la prima volta (1).

Ionannis VIII Papae Registrum, ed. Ca-
spar in Mon. Germ. hist., Epistolarum t. VII
pars prior, Karolini aevi V. (Berolini, 1912),
ep. 257, p. 226: «una cum Vuidone comite,
Lamberti filio, loqui voluimus ».

882| marzo Appare per l’ultima volta (2). |

IonaxNis VIII Papae Registrum cit., ep. 304,
p. 263: « de omnibus immobilibus rebus terri-
torii sancti Petri, quas nobis Ravennae consi-
stentibus (3) in presentia serenitatis vestrae
(Karoli IITimperatoris) uterque Vuido marchio
per reinvestitionem reddidit, nec unum recepi-
mus locum ».

GUIDO III

876| giugno! Appare come «comes» (di Camerino?).

|
Chronicon Casauriense cit, p. 94(: «per

iussionem Lamberti et Widonis comitum...

(1) Negli Annales Bertiniani cit. a. 876, pp. 121-128, si legge: « (Karolus
Calvus) Bosone, uxoris suae fratre, duce ipsius terrae constituto et corona
ducali ornato, cum collegis eius, quos idem dux expetiit, in eodem regno re-

|. Jáüctis», Il FATTESCH! (op. cit, p. 74) e il SANSI (op. cit, p. 83), seguendo il
Sigonio, identificano in quei colleghi Guido II e Berengario, figlio di Everardo
del Friuli. i

(2) Nell’agosto dell'882 probabilmente era già morto, perché in una lettera
di Giovanni VIII ad Anselmo, arcivescovo di Milano, si ripetono le lamen-
tele del papa, ma si fa-menzione di un solo Guido.

(3) Nel febbraio dell’882. Cfr. BónwEn, Regesta imperii cit., p. 684,
n, 1627 :

ME ect Fe ai TNR RITI N E e rm
CRONOLOGIA DEI DUCHI DI SPOLETO (569-1230)

892

883

marzo
(dopo il)

giugno

( genn.

(1) Cfr. HOFMEISTER, op. cit., p. 149 e MiiLLER, op. cit., pp. 120-121.

temporibus Widonis comitis anno comitatus e-
ius primo, mense iunio » (1).

Riunisce Spoleto e Camerino.

EncuEewPERTI Hist. Lang. Benev. cit., cap.
79, p. 263: « Defuncto autem Lamberto, filio
Guidonis senioris,filio suo Spóletium reliquid;
quo etiam decedente Guido iunior Spoletium
et Camerinum suscipiens »; Chronicon Salerni-
tanum, in Mon. Germ. hist., Scriptorum t.
III (Hannoverae, 1839), cap. 142, p. 542.

E° spodestato dall’imperatore Carlo
1I.

Annales Fuldenses, sive Annales regni Fran-
corum orientalis, recognovit F. Kurze in SS.
rer. Germ. in usum scholarum (Hannoverae,
1891), a. 883, p. 100: « Nam Witonem aliosque
nonnullos exauctoravit ».

E’ reintegrato nel potere.

Annales Fuldenses cit., a. 884, p. 101: « Im-
perator cum Zuentibaldo colloquium habuit;
inde in Italiam profectus cum Witone et caete-
ris quorum animos anno priore offenderat, pa-
cificatur »; ibidem, continuatio Ratisbonensis,
a. 880, p. 113: « Proxima die sanctae epipha-
niae habito generali conventu Wito dux Spoli-
tanorum... ad fidelitatem regiam susceptus
est ».
TULLIA GASPARRINI

LEPORACE

DISTA Ra gui. Asinara È CIARA

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888

899

891

894

febbr.

21 febb.

dicem.

E’ menzionato per l'ultima volta co-
me duca di Spoleto.

ErcuempERTI Hist. Lang. Benev. cit., cap. 79,
p. 263: « Cognoscens autem Guido Carlum au-
gustum seminecem iacere.... relinquens Bene-
ventanam provinciam sibi subactam et Spoliten-
sium ducatum »; GnEconro Dr CAINO, Il rege-
sto di Farfa cit., vol. III (Roma, 1883), p. 38,

.|doc. 336 del 12 agosto 888: «terra Guidonis

comitis ».

E? incoronato re d'Italia.

Widonis capitulatio electionis, in Capit. reg.
Franc. II cit., p. 104.

I incoronato imperatore.

L. ScunPanELLL, I diplomi di Guido e di
Lamberto, in « Fonti per la storia d’Italia pub-
blicate dall’Istituto Storico Italiano », n. 36
(Roma, 1906), doce. IV-VII, pp. 9-18: « Data
VIII kal: mart., indictione VIIII, anno incar-
nationis Domini DCCCXCI, regnante domno
Vuidone in Italia anno regni eius III, imperii
illius die prima ».

Muore presso il fiume Taro.

Annales Fuldenses, cont. Ratisbonensis cit.,
a. 894, p. 125; ; REGiNONIS abbatis Prumiensis
Chronicon, recognovit F. Kurze in SS. rer.
Germ. in usum scholarum (Hannoverae, 1890),
a. 895, p. 143; Die Werke Liuppranps VON
Cremona, ed. J. Becker, ibidem (Hannoverae,
1915), p: 21. si
CRONOLOGIA DEI DUCHI -DI SPOLETO (569-1230) 209

Genealogia dei Guidoni ‘0

GERVINO
Conte di Parigi sotto Teodorico IV (?
Sp. Gunza, sorella di Basino di Trier, duca
d’ Austrasia Superiore

SAN LEODOVINO
Conte e poi vescovo di Trier (695-20 sett. 713)

GUIDO MILONE
Conte o Diacono in Trier (706)

Vescovo di Reims (722) e poi
LAMBERTO anche di Trier (713-753)
Conte al tempo di Pipino

; GUIDO . RODOLDO . GUARNERIO
Appare in un placito del 782 Appare in un Appare in un placito del 782
Conte e prefetto « Britan- placito del 782 T 814
nici limitis » (799)
LAMBERTO : IM i CALVO
Conte di Nantes (818-834) s
E’ in Italia dall'834' all'836
t m
GUIDO I CORRADO
Duca di Spoleto (842-866) Conte di Lecco (871-892)
Sp. Itana, nipote dell’ imp. Giuditta Sp. Ermengunda
| | RADOLDO
LAMBERTO GUIDO in ROTILDA Marchese e
Conte'e duca ‘Conte (di Camerino?) Seconda moglie conte di
di Spoleto cadi LISTA 5 h del marchese Lecco
(860-871; 876-879)“ "Gi Camerino (882883; ^ Adalberto (895-926)
(associato al 7, genn. 885-888) di Toscana
padre dall’ 860 Conte dei Tusci (883);
all’ 866 re della Francia di po-
a ) nente (888); re d' Italia
EDI) OE:
(21 febbr. 891-dic. 894 :
GUIDO II s t Siempre 894 ar GUIDO IV
Cont ar p. Ageltrude, figlia de RIA
di di 8 xm principe Adelchi di Duca di
! Spoleto Benevento (875 ?) Spoleto
: yeso dall' 888. (?)
p. Giuditta, fi- — . all’ 897
glia del duca LAMBERTO )
Everardo del Re d' Italia (891
Friuli (873) Imperatore (30 apr. 892-15

ott. 898) (associato al padre
dall' apr. 892 al dic. 894) j
T 15 ott. 88 -

(1) Cfr. WüsTENFELD, op. cit., p. 439.

(2) Il WüsTENFELD, op. cit, p. 419 e 439, ritiene Guido III figlio di Lamberto, attenendosi a quanto è
detto negli Annales Fuldenses (ed. cit., a. 888, p. 116: « Wito, filius Lantberti ») e nel Chronicon REGINONIS
(ed. cit., a. 888, p. 199: « Widonem filium Lantberti, ducem ‘Spolitanorum »). Ma cfr. ERCHEMPERTI Mist,
Lang. Benev, cit., cap. 79, p. 963: « Defuncto autem Lamberto, fllio Guidonis senioris, fllio suo Spoletium re»
liquid; quo etiam decedente Guido. iunior Spoletium et Camerinum suscipiens» e ibidem, cap. 38, p. 249: «Lam»
bertum ducem et Guidonem germanum ». Lo stesso si legge nel Chronicon Salernitanum (ed, cit, cap. 149,
p. 549). Inoltre FLopoaRrDO (Historia Remensis ecclesiae, ed. I. Heller et G. Waitz in Mon. Germ. hist.,
Scriptorum t. XIII, Hannoverae, 1881, l. IV, cap. 5, p. 566) in una lettera all’imperàtore Lamberto chiama il

uca Lamberto « avunculi vestri et aequivoci Lamberti illustrissimi» e in un diploma dell’ imperatore Guido

.del 27 maggio 889 (ScHIAPARELLI, / diplomi di Guido e dí Lamberto cit., p. 4) Adalberto II di Toscana, figlio

di Rotilda, che era sorella del duca Lamberto, è chiamato « Adalbertus dilectus nepos noster ef marchio ». Si
veda in fine la Chronica Monasterii Casinensis (ed. cit., p. 623) ove Guido è chiamato « filio Guidonis comitis»

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30 TULLIA GASPARRINI LEPORACE
GUIDO IV
895| agosto Appare per la prima volta come duca

di Spoleto (1).

Catalogus regum Langobardorum et ducum
Beneventanorum, in SS. reg. Lang. et Ital.
cit., p. 496: « Guido dux et marchio advenit A-
puliam »; ibidem, p. 494; Chronica S. Benedic-
ti Casinensis cit., p. 488; Chronicon Salernita-
num cit. cap. 147, p. 544; LroNis MARSICANI
Chronica monasterii Casinensis cit., p. 615;
O. BerrtoLINIi, Gli Annales Beneventani, in
« Bullettino dell'Istituto Storico Italiano e Ar-
chivio Muratoriano », n. 42 (Roma, 1923), p.
118.

897! marzo E? ucciso da Alberico, marchese di Ca-
(prima di) merino (2). :

Gesta Berengarii imperatoris, ed. P. De

(1) Con molta probabilità Guido IV fu lasciato a capo del ducato !di
Spoleto da Guido III nell'888. Ció si deduce dal fatto che Guido III, occupato
dai suoi impegni di re e imperatore, non poteva contemporaneamente tenere
anche il ducato di Spoleto. Inoltre LtubPRANDO (Antapodosis, l. I, cap. 17,
ed. cit, p. 18), parlando del ritorno di Guido dalla Francia, aggiunge: « Ita-
liamque concite ingressus, Camerinos atque Spoletinos fiducialiter ut pro-
pinquos adit», il che dimostra che in quel tempo Guido III non era più a
capo di Spoleto. È i

(2) Secondo il Catalogus regum Langobardorum et ducum Beneventanorum
(ed. cit., pp. 494-495) Guido IV sarebbe ancora in vita mell’agosto dell'897:
« Postea vero Wido marchio Beneventum ingressus in die 14, tenuit eam.
annis duobus, mensibus sex. Quibus expletis, in eadem civitatem ingressa est
Ageldruda imperatrix kal. Aprilis (81 marzo 897), et egressa est exinde
mense Augusti, Papiamque reversa est cum ipso marchionem ». Ma tale notizia
deve essere inesatta, sia perché in questo periodo é già a capo di Spoleto Al-
berico, sia perché l'imperatrice Ageltrude nel maggio 897 avrebbe ridato Bene-
vento a Guido anzichè al fratello Radelchi, Cfr. T. LEPORACE, op. cit, pp.
34, 46 e Gli Annales Beneventani cit, p. 118.
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TW wn ES NERO strade a

CRONOLOGIA DEI DUCHI DI SPOLETO (569-1230) 31

897| marzo
(prima di)

920/30 giug.

Winterfeld in Mon. Germ. hist., Poetae Latini
aevi Carolini, t. IV, fase. I (Berolini, 1899),
p. 372, I. II, vv. 28-30: «.... centeno milite
letus / Pauper adhuc Albricus abit iamiamque
resultat / Spe Camerina, utinam dives sine
morte sodalis!». E nella glossa è specificato:
« Albericus interfecit comparem suum Wido-
nem in ponte, cupidus honoris ».

ALBERICO

Inizia il suo governo su Spoleto (1).

Liber Largitorius vel Notarius Monasterii
Pharphensis cit., p. 69, doc. 18, del marzo
900: «temporibus Alberici comitis anno eius
IIIT, mense martii, indictione III ».

E° citato per l'ultima volta in un di-
ploma dell'imperatore Berengario.

L. ScHiaparELLI, I diplomi di Berengario 1
(Roma, 1903), p. 324, doc. CXXIV: « quicquid
Geroaldus et Deodatus atque Albericus mar-
chio in idem monasterium (Pharphensem) ali-
qua inscriptione condonaverunt in comitatu
Firmano ».

(1) Prima era a capo della sola marca di Camerino e tale suo governo ave-
va avuto inizio nell'aprile-agosto dell'892, Cfr. Guido IV, all'anno 897, e G.

ZuccHETTI, Il. « Liber

Largitorius vel notarius monasterii Pharphensis » in

« Bullettino dell’Istituto Storico Italiano e Archivio Muratoriano », n. 44
(Roma, 1927), pp. 27-28. Su Alberico si veda P. FEDELE, Ricerche per la
storia di Roma e del papato nel secolo X (Roma, 1910), estr. dall’« Archivio
della R. Società Romana di Storia Patria», voll XXXIII--XXXIV.
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39

TULLIA GASPARRINI LEPORACE

929

936

936-937

936-937

giugno

15 febb.

15 feb.-

TEOBALDO I

Inizia il suo governo su Spoleto.

Gnzconro Di Carino, Il regesto di Farfa cit.,
vol. III, p. 51, doc. 349, del 15 febbraio 936:
« Sed et temporibus Theubaldi ducis anno du-
catus eius VII »; Liber Largitorius vel Nota-
rius Monasterii Pharphensis cit., p. 89, doc.
102, del giugno 936: « temporibus Teobaldi du-
cis anno VIII ».

E? menzionato per l'ultima volta.
Gnzconio Di Catino, Il regesto di Farfa cit.,
vol. III, p. 51, doc. 349 cit.

Muore. |

LIUDPRANDUS, Antapodosis cit., l; V, cap. IV,
pp. 181-132: «rex Hugo (1)... consilio itaque
accepto, quia Tedbaldus marchio hominem e-

xierat...» (2).

ANSCARIO

E? nominato duca dal re Ugo.

LiUDPRANDUS, Antapodosis cit., 1. V, eap. IV,
pp. 131-132: «rex Hugo... consilio itaque ac-

cepto, quia Tedbaldus marchio hominem exie-

(1) Teobaldo era nipote di re Ugo. Cfr. LiupPRANDUS, Anfapodosis cit.,

1, IV, cap. 9, p. 118:

« Tedbaldus etiam heros quidam, proxima ‘ilugoni regi

affinitate coniunctus, Camerinorum et, Spoletinorum marchio erat»; e ibidem,

l. V, eap. 5, p. 132: « illius Tedbaldi mei nepotis defuncti optimi marchionis ».
(2) Cfr. SANSI, op. cit, p. 102 e HOFMEISTER, op. cit, p. 206.
CRONOLOGIA DEI DUCHI DI SPOLETO (569-1230) DIS

940

940

943

rat, Spoletinorum eum (Anscarium) (1) ac Ca-
merinorum constituit marchionem ».

Muore combattendo contro Sarlione.

LiupPRANDUS, Anfapodosis cit., l. V, cap. 8,
p. 134: « sonipes, quo insederat (Anscarius),
adeo in scrobem cecidit, ut collo supposito
pedibusque sursum erectis eo usque super An-
scarium iaceret, donec ab irruentibus occide-
retur »; GreGoRIO Di Catino, IL regesto di Far-
fa cit., vol. II, p. 16: « Anno Dom. DCCCCXL,

indictione XIII, Anscarius marchio obiit ».

SARLIONE

Vince Anscario e gli succede nel du-
cato. |

LiupPRANDUS, Anfapodosis cit.,l V, cap. 8,
p. 134: « Quo (Anscario) mortuo Sarlius marca
secure potitur, et rex Hugo gaudio immenso
afficitur »; Catalogi cit., p. 89: «Sarilo mar-
chio »; Destructio Monasterii Farjensis edita
a domno. Hugoxne abbate, in Il Chronicon Far-
fense di GnEconro Di CariNo cit., vol. I, p. 42:
«Per id tempus bellum magnum commissum
est pro contentione marchiae Firmanae inter
Sarilonem et Ascherium, in qua siquidem pu-
gna prevaluit Sarilo, et interfecit Ascherium »;
ibidem, pp. 333-334.

E’ spodestato dal re Ugo, che lo no-
mina abate di Farfa.

(1) Figlio di Ermengarda e.di Adalberto, marchese d’Ivrea. Cfr. Liup-
PRANDUS, Antapodosis cit, 1. II, cap. 56, p. 63: « Ermengardam etiam gnatam

suam (sc. Berte et Adelberti II, Tuscorum marchionis), quam Adelberto,

Eporegiae civitatis marchioni... hymenei consortio copularat. Quae ei filium ge-

nuerat nomine Anscarium »,
34 TULLIA GASPARRINI LEPORACE

Destructio Monasterii Farfensis cit., vol. I,
p. 42: «qui rex (Ugo) misericordia motus su-
per eum (Sarilonem), perdonavit ei ipsam cul-
pam, ae preposuit eum supra cuncta monaste-
ria regalia que erant intra fines Tuscie et
Firmane marchie »; Il Chronicon Farfense
cit., vol. I, p. 334: « Hie denique praedictus
Sarilo vigesimus nonus extitit in huius sacri
coenobii regimine »; GnEconro Dr Catino, Il
regesto di Farfa cit., vol. II, p. 16 e vol. III,
p. 96; Catalogi cit., p. 99: « Sarilo marchio et
abbas, prefuit anno Domini ». |

wrio dents. son mgr as EUST n "

945 li piso | Muore,

dopo il |
(dopo il) Liber Largitorius cit., p: 175, doc. 313, del

marzo 945: « Quaedam Domnella... et Iohannes
filii Benedicti susceperunt a domno Sarilone
abbate....»; GrecoRrIO Dr Catino, JI. Chronicon
Farfense cit., vol. I, p.. 334; Destructio Mo-
nasterii Farfensis cit., p. 43: « Secunda quo-
que vice recuperavit Sarilo ac pepulit eum (sc.
Hildebrandum); sed pauco advixit tempore,
ibique mortuus est et sepultus ».

UBERTO"

943 Inizia il suo governo su Camerino e
probabilmente anche su Spoleto.

Italia sacra auctore D. FERDINANDO UGHELLO,
t. I (Venetiis, 1717), col. 550, documento e-
manato nel 944 dal vescovo di Camerino, Eu-

(LI

wi |

jit

| (1) Liuppranpus, Anfapodosis cit. 1. III, cap. 20, p. 82 ‘afferma che
Uberto era figlio naturale del Re Ugo: « Habuerat (rex Hugo) sane iunc
temporis ex quadam muliere nobilissima vocabulo Wandelmoda filium no-
mine Hubertum, qui nunc usque superest et Tusciae provintiae. princeps po-
tens habetur ». Sul governo di Uberto nella Tuscia, si vedano HorMEISTER;
op. cit, pp. 194-195 e RoBERT DavIpsoHN, Geschichte von Florenz, Bd. 1
(Berlin, 1896), p. 102 e seg.

ACT Sat ei TWO AES
CRONOLOGIA DEI DUCHI DI SPOLETO (569-1230) 790

do: « Anno ab incarnatione D. N. J. C. 944, re-
gnante d. Hugone XIX et filio eius Lothario
XV excellentissimis regibus, temporibus Hu-
berti filii eius incliti marchionis atque piis-
simi ducis anno II, per indictionem II, in ci-
vitate Camerina ».

944 Appare per l'ultima volta.

UcnELLI, Italia sacra, tomo e documento ci-
tati.

BONIFACIO e TEOBALDO II

945 So Iniziano il loro governo su Spoleto.
sett. i

Liber Largitorius cit., p. 144, doc. 222, del
luglio 946: « temporibus Bonefatii (1) et Tebal-
di filii eius anno I», ibidem, p. 144, doc. 223,
del settembre 947: «temporibus Bonefatii et
Tebaldi filii eius ducum et marchionum anno
II_: », GreGoRIO Di Catino, Il regesto di Far-
fa cit., vol. II, p. 16: « Anno Domini DCCCC
XLVI, indictione IIIT, Bonefatius et Tebaldus
duces »; Catalogi cit., p. 89: « Bonefatius et
Tebaldus filius eius duces ».

(1) Bonifacio era figlio del conte Ubaldo e aveva in moglie Gualdrada, so-
rella del re. Rodolfo. Cfr. LiupPRANDUS, Anfapodosis cit, 1. I, cap. XXI,
pp. 19-20: « Hubaldus igitur Bonefatii pater, qui post tempore nostro Camerino-
rum et Spoletinorum extitit marchio »; ibidem, 1, II, cap. 66, p. 67: « Dederati
rex Rodulfus Waldradam sororem suam... coniugem Bonefatio comiti potentis-
simo, qui nostro post tempore Camerinorum et Spoletinorum extitit marchio ».
Quanto all'inesistenza di:un duca- Bonifacio che avrebbe governato su Spoleto
dal 923 al 928 (cfr. SANSI, op. cit, p. 101), si veda HOFMEISTER, op. cit.
pp. 206-210.
36 TULLIA GASPARRINI LEPORACE

953 luglio- Bonifacio muore e Teobaldo II rimane
dic.|unico duca (1).

Liber Largitorius cit., p. 146, doc. 227, del
dicembre 956: « temporibus Berengarii et A-
delberti filii eius regni anno VI, et Teubaldi
ducis et marchionis IIII»; ibidem, pp. 146-
147, docce. 228-229, del luglio 957: « regni Be-
rengarii et Adelberti filii eius anno VII, et
Teubaldi ducis et marchionis IIII ».

957 luglio Teobaldo II é menzionato per l'ultima
volta (2).

Liber Largitorius cit., docc. 228-229 citt.

TRASMONDO III

ico 961 E a capo del ducato (3).
EE us Catalogi cit., p. 99: « Trasmundus dux ».

(1) Nel 955 Berengario II cercò di far conquistare Spoleto e Camerino
da suo figlio Guido, ma tale impresa certo falli perché nei documenti farfensi
del 954-957 si parla solo ed ininterrottamente del duca Teobaldo II (Liber Lar-
gitorius cit, pp. 144-147, docc. 224-229, 231). Cfr. HoFWMEISTER, op. cit, pp.
210-211. :
(2) Nel 961, durante le lotte di Giovanni XII nell’Italia meridionale, si parla
degli spoletini, ma non si fa alcun cenno del duca; probabilmente Teobaldo era
già morto. Cfr. Chronicon Salernitanum cit., p. 553, cap. 166. Si veda su ciò
-P. FepELE. Di alcune relazioni fra i conti del Tuscolo ed i principi di
Salerno, estr, dall’« Archivio della R. Soc. Rom. di Storia pon », vol. XXVIII,
t. I-II (Roma, 1905), p. 9.

(3) E' questa la sola notizia che si ha di questo duca, cfr. SANSI,
op. cit, p. 106. L'HoFMEISTER, op. cit, p. 210, nota 5, pensa che tale cita-
tazione del catalogo Farfense si debba riferire alla metà del secolo VIII, cioè a
Trasmondo II. Ma poichè tale notizia è posta immediatamente prima di quel-
la che si riferisce all'imperatore Ottone i (Catalogi cit. 1. cit.: «Otto I impera-
tor, anno Domini DCCCCLX »), e del duca Trasmondo II si è anche fatta :
menzione negli stessi cataloghi, mi sembra molto probabile che un altro duca
di tale nome sia stato a capo del ducato in questo periodo, tanto più che
in questi anni non si vedono citati altri duchi.

FITUS cia aas n a

A ots ST
CRONOLOGIA DEI DUCHI DI SPOLETO (569-1230)

963-964

- 910

agosto

maggio
(dopo il)

sett.
(prima di)

PANDOLFO CAPODIFERRO

Inizia il suo governo sul ducato (1).

Liber Largitorius cit., p. 192, doc. 350, del-
legosto 971: «ab incarnatione domini nostri
Ihesu Christi: anno DCCCCLXXI, et Ottonis
imperii X et Ottonis filii eius IIII, et Baldol-
fi ducis et marchionis anno VIII et Landolfi
filii eius T, mense augusti, indictione XIIII »;
Catalogi cit., p. 89: « Pandolfus princeps et
marchio ».

E’ condotto prigioniero a Costantinopo-
li e gli subentra nel ducato Sicone (2).

Chronicon Salernitanum cit., cap. 114, p. 555:
« Dum. vero Pandulfus, plurimi ex Graecis sau-
ciaret et iam fessus esset, super eum quidam
Graecus cum magna virtute venit fortique ictu
pereussit.. sic super eum irruerunt eumque
comprehenderunt atque ad suum patricium per-
duxerunt »; ibidem, cap. 114, p. 556.

E’ di nuovo a capo del ducato.

Chronicon Casauriense cit., col. 962-963: «In
Dei nomine. Notitia scripti iudicati. Qualiter in
territorio Marsieano in campo Castiri ad ip-
sam civitatem Marsicanam dum in placito re-
sideret domnus Otto magnus imperator et Pan-
dulfus dux et marchio.... ».. (3).

(1) Generalmente si pone l'inizio del ducato di Pandolfo tra il giugno 966 '

e l'11. gennaio 967, ma cfr. ZuccuETTI, Il « Liber Largitorius » cit., pp. 29-30.

. (2) Che ciò sia avvenuto dopo il maggio del 969 si deduce da quanto si
legge in una bolla di Giovanni XIII, del 26 maggio di quell'anno: « interve-
| nientibus videlicet Pandulfo Beneventanae et Capuanae urbium principe, seu
- Spoletini et Camarini ducatus marchione et duce».

(3) Cfr. R. KópPkE ed E. DüxwLEnR, Kaiser Otto der Grosse (Leipzig,
1876), p. 474. | PEN

i L
38

TULLIA GASPARRINI LEPORACE

981

969-970 |

circa

970-971

981

982

marzo

agosto

+

marzo

15 lug.

Muore.

Historia principum Langobardorum, CAMIL-
| LUS PeREGRINUS recensuit, hac nova editione
auxit F. M. PratILLUS, t. II. (Neapoli, 1750),
pp. 311 e 317; SAnsI, op. cit., p. 109.

SICONE

E’ a capo del ducato durante la pri-
igionia di Pandolfo a Costantinopoli.

Chronicon Salernitanum cit., cap. 173, p. 556:
« Cuneus aliud validus, qui fuerat ab ipso pa-
tricio missus... dum talia perficere vellet at-
que super Spolitinos irrueret, ilico Spolitino-
rum comes, Sico nomine, cum valida manu
super eum venit».

LANDOLFO

E’ associato nel governo dal padre,

Pandolfo Capodiferro.

dell'agosto 971.

Alla morte del padre l'imperatore Ot-
tone gli conferma il dominio del ducato.

SANSI, op. cit., p. 109.
Muore nella battaglia di Stilo.

Catalogus comitum Capuae, in SS. rer. Lang.
et Ital. cit., p. 500: « Landolfus princeps, fi-
lius eius (sc. Pandulfi), quod cum eo, quem
postea regnavit ann. 14; periit inter Agare-
nis ». Cfr. KarL Unrinz, Jahrbücher des Deut-
schen Reiches unter Otto II und Otto III
(Leipzig, 1902), p. 178.

Liber Largitorius cit., p. 192, doc. 350 cit., .

FPE. Mak
X

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x*
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+

CRONOLOGIA DEI DUCHI DI SPOLETO (569-1230) 39

983

985

986-987

ottobre
(prima di)

dicem.

febb.

TRASMONDO IV

Inizia il suo governo su Spoleto.

Chronicon Vulturnense del monaco G10vANNI,
a cura di Vincenzo Federici, vol. II (Roma,
1925), p. 330, doc. 173, dell’ottobre 984;
«temporibus domni Transmundi dux et mar-
chio, et ducato eius anno secundo ».

Figura per l'ultima volta a capo del
ducato.

FATTESCHI, op. cit, p. 234, nota XIX, doc.
del dicembre 985:. «temporibus Transmundi
ducis et marchionis, anno ducatus eius in Chri-
sti nomine III ».

UGO I
Inizia il suo governo sul ducato.

ANTONIO FaLcE, Il marchese Ugo di Tuscia
(Firenze, 1921), p. 121, doc. del febbraio 995:
« temporibus Ugo dux et marchio anno eius in
Dei nomine nono... in commitatu Camereno »;

ibidem: « anni nong. et nonag. quinto in tem-

poribus domni Hugoni dux et marchio, anno
eius in Dei nomine nono et mense februaio
pro indictione octava. Firmo »; S. PETRI Da-
MIANI Opera omnia, in J. P. MiaNE, Patrologiae
cursus completus, series Latina, t. CXLV. (Lu-
tetiae Parisiorum, 1867), col. 827: « Hugo dux.
et marchio, qui eum, quo tu nunc fungeris, ob-
tinuit principatum. Obtinuit, inquam, utramque
imonarchiam (sc. marchiam), et quam Tyrrhe-
num, videlicet, et quam mare Adriaticum al-
Tuy». SS
40 | TULLIA GASPARRINI LEPORACE

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AR eii TNR E

996| giugno| Appare per l'ultima volta a capo del
ducato (1) |

A. FALCE, op. cit, p. 121, doc. del giugno
996: «regnante domno Hottone, anno regni
eius in Italia sede primo, mense iunii indictione
‘nona, temporibus Hugo dux et marchio, civi-
tate Camerine ».

Pe,

gn e

996 | giugno | Consegna all'imperatore Ottone III il

: (dopo i)| ducato di Spoleto e la marca di Came- |

rino. SI | |

S. Perri DAMIANI op. cit, coll. 827-828:

«Sed cum (Hugo)... strenue regere utramque

non posset, ultroneae renuntiationis arbitrio

cessit imperatori monarchiam Camerini cum
Spoletano ducatu ».

Co.

996| fine E a capo del ducato.

Mon. Germ. hist, Diplomatum regum et
imperatorum Germaniae, t. II, pars prior, Or-
ToNIS II Diplomata (Hannoverae, 1888), p. 643,
n. 228, lettera dell’imperatore Ottone al papa
Gregorio V: « vestroque solatio atque subsidio
primores Italiae relinquimus, Hu. (sc. Hugo-
nem) Tuscum nobis per omnia fidum, Co.
(?) comitem Spoletinis et Camerinis praefec-
tum ». Cfr. A. FALCE, op. cit., p. 122.

(1) Secondo I. Lupovisi, (Memorie critico-storiche intorno al ducato di
Spoleto, estr, dalla puntata XII del « Bollettino di Storia Patria A. Ludovico
Antinori negli Abruzzi», a. VI, Aquila, 1894, p. 174) in un placito tenuto a
Valva nel 999 si fa menzione di un « Atto comes et Helmepertus episcopus |
missus d. Ugonis dux et marchio». Ma tale placito fu tenuto nel luglio hr.
del 995 e non nel 999: cfr. Chronicon Vulturnense cit., vol. II, p. 324, doc. 171. DÀ
CRONOLOGIA DEI DUCHI DI SPOLETO (569-1230)

Uc.
999

999

1003-1004

1012

14 dic.
agosto

14 dic, |

ottobre

luglio

«|tAaRELLI et d. ANsELMO CosrADONI auctoribus,

‘tembre 999:

ADEMARO

Inizia il suo governo sul ducato.

a SIATE c —-——DE——— POS = LOL x

G. Zuccnerti, Il « Liber Largitorius » cit.,
p. 183, doc. 2063, dell'agosto :999: « Ottonis
imp. a. IIIT, et Ademari duc. et march. a. I»;
Annales Camaldulenses, d. J. BENEDICTO Mir-

vol. I (Venetiis, 1755), p. 384, doc. del mo-
nastero di S. Caterina di Fabriano, del 14 di-
« temporibus domno Ademari
principe, dux et marchio, anno eius primum ».

E^ menzionato per l'ultima volta quale us
duca di Spoleto. NT

MirtARELLI e CosrADoNi, Annales Camaldu- mu
lenses, vol. e doc. cit. |

ROMANO

E' a capo del ducato.

G. ZuccurrT, 1] « Liber Largitorius » cit. li:
p. 186, doc. 2064, dell'ottobre 1003-1004: WE
«temp. Romani duc. et march.»; ibidem, p. Lt)
30.

RAINERIO I ds E

Appare nei documenti quale duca di
Spoleto e marchese di Camerino.

GnEGonro Dr CATINO, Il regesto di Farfa cit., ^: | D
vob ITTS;p:. 162, doc; CCCCLEXXXIILE;. vol. [Vi dl
docce. DCLXVI-DCLXVIII, il primo dei quali |

ha nella datatio: « Ab incarnatione eiusdem.
TULLIA GASPARRINI LEPORACE

pp. 883-384). Il SaNs! (op. cit.,

domini nostri Ihesu Christi, anno millesimo de-
cimo. Et regnantis domni Heinrici, divina
ordinante providentia excellentissimi regis,
anno in Hitalia nono, et domni Rainerii ducis
et marchionis, mense iulii, per indictionem
X» e gli altri: « Ab incarnatione eiusdem do-
mini nostri Ihesu Christi anno millesimo X.
Et regnantis domnj Heinrici, divina ordinan-
te providentia excellentissimi regis, anno re-
gni in Hitalia VIIII et domno Rainerio duce
et marchione. Mense augusti per indictio-

nem X» (1).

Appare per l'ultima volta quale duca
di Spoleto in un placito.

1018! givgno

- FATTESCHI, op. cit., p. 108; SANSI, op. cit.,
p. 111: « Rainerius Dux et Marchio ».

(1) L'anno 1010 non concorda con le altre note cronologiche; é piü logico,
perciò, porre i documenti nel 1012 quando ocorreva l’indizione decima e si
era nel nono anno dell’incoronazione di Enrico IIl a.re d'Italia. Tutti ii
dati cronologici dei documenti ove è nominato il duca Rainerio sono molto
discordi e confusi (cfr. GreGoRIO Dr Catino, Il regesto di Farfa cit.,
doce. cit. e vol. III, p. 181, jdoc. DV; Annales Camaldulenses cit. t. I,
111) pone nel 1010 l’inizio del ducato.
di. Rainerio o. Ranieri e nel 1014 pone un Ranieri ‘II, forse basandosi sul
documento del Regesto di Farfa cit. (vol. IMI, p. 181), che ha la seguente
datatio: « Ab incarnatione domini nostri Ihesu Christi anno millesimo
XI, et imperante domno Heinrico, divina ordinante providentia ^ impe-
ratore augusto, anno in Christi nomine II. Et temporibus Rainerii ducis et
marchionis, anno ducatus eius in dei nomine I». In tale documento, però,
Panno secondo dellimpero di Enrico II farebbe spostare la data al 1015,
in cui verrebbe quindi a cadere l’anno primo del duca Rainerio. Ma perchè
non pensare che sia anche errato il computo degli anni del ducato di Rai-
nerio? Un tale ragionamento perciò, tenendo presente la grande confusione
delle date dei documenti ove è nominato questo duca, non mi sembra suf-
ficiente per ammettere l'esistenza di questo Rainiero 1l, che verrebbe ad
essere contemporaneo al nostro, il quale continua, a figurare nelle fonti, come
marchese di Tuscia, ancora nel 1027 (cfr. Die Werke Wipos, Scriptores rer.
Germ. in usum scholarum, ed. III, herausg. von Harry Bresslau, Hannover
und Leipzig, 1915, pp. 36, 91, 95) e mori prima del dst (cfr. Annales Car
maldulenses cit,, dl I, p. 318).
CRONOLOGIA DEI DUCHI DI SPOLETO (569-1230)

1021
1022

1037

luglio
genn.

29 mag.

giugno-

nov.

UGO II

Inizia il suo governo sul ducato.

MirrARELLI e Cosraponi, Annales Camaldu-

lenses cit., vol. I, p. 418, doc. del monastero di

S. Caterina di Fabriano, del luglio 1025: « et
temporibus domno Ugo dus et marchio anno
eius quartum, et die mense julius per indic-
cione settima », ibidem, p. 419, doc. del gen-
naio 1026: « et temporibus domno Ugo dux et
marchio anni vero in ducato eius quinto ».

E/ menzionato per l'ultima volta (1).

Chronicon Casauriense cit., col. 850: « Im-
perator autem Chuonradus tune temporis Ca-
puae morabatur, in quam vigiliae Pentecostes
ingressus, et in Pentecoste.... anno Dominicae
incarnationis millesimo trigesimo septimo, ubi
supradicto duce (Ugo), referente cum eum ».

UGO III (UGUCCIO NN E)

Inizia il suo governo.

MirTARELLI e CosrADoNi, Annales Camaldu-
lenses cit.,t. II (Venetiis, 1756), p. 74ecol. 91
dell'appendice, doc. XLV del novembre 1040:
«temporibus domno Ugo dux et marchio, an-
ni vero in ducato eius quarto ». Cfr. Ugo II,

all'anno 1037.

(1) In un documento citato dal FaTTESCHI (op. cit, p. 109) si com-
puta il XVII anno di governo di Ugo nel marzo del 1035, indizione II. Ma, co-
me si puó vedere, i dati cronologici di questo documento sono tutti discordi

tra loro.
TULLIA .GASPARRINI LEPORACE

DIS SI somnis sie

1043 | febbr. Appare per l’ultima volta a capo del
. | ducato,

MirTARELLI e CosraponI, Annales Camaldu-
lenses cit., t. Il, p. 74 e col. 102 dell’appendi-
ce, doc. LII: « anni Domini mille quadrainta et
tres, et temporibus domno Ugo dux et marchio
anno eius sesto, et die mense frebruarius per
indiccione undecima ».

VITTORE PP. II
1056| luglio | E° a capo del ducato (1).

Italia sacra, auctore d. FERDINANDO UGHELLO,
t. I, ed. II (Venetiis, 1717), col. 352-353, doc.
del luglio 1056: « actum est in comitatu Apru-
tiensi ante ipsum castrum de la Vitice, quia
ibi erat Vietorius, Sedis Apostolice Presul Ur-
bis Romae gratia Dei: Italiae egregius uni-
versali PP. regimine successus, marcam Fir-
manam et ducatum Spoletinum... »; MITTAREL-
LI e Cosraponi, Annales Camaldulenses cit.,
t. II, p. 166: « Ab incarnatione Domini no-
stri Iehsu Christi sunt mille quinquaginta oc-
to (2), et regnantes domnu Enrigo impera-
tore et papa Victore dux et marchio, et die.
mense octuber indiccio decima ».

(1) Ottenne probabilmente il ducato di Spoleto subito dopo la sua con-
sacrazione (aprile 1055). Cfr. S. PeTRI DAMIANI Opera omnia. cit, ep. 5
del libro I, in MIGNE, op. cit., t. CXLIV (Lutetiae Parisiorum, 1867), col. 210:
«ego claves totius universalis Ecclesiae (ibi tradidi... etiam monarchias ad-
didi: imo sublato rege de medio, totius Romani imperii vacantis tibi iura
permisi ». | : |

(2) Gli autori degli Annales Camaldulenses fanno giustamente notare che
Panno deve correggersi in 1056; nel 1058, infatti, tanto Enrico III che Vit-
tore II erano morti.
CRONOLOGIA DEI DUCHI DI SPOLETO (569-1230)

1057/28 luglj Muore.

Regesta pontificum Romanorum, edidit PHI»
LIPPUS Jarré, t. I (Lipsiae, 1885), p. 553.

GOFFREDO. il Barbuto
1058 | sett-ott. Inizia il suo dominio sul ducato (1).

Gregorio Dr Catino, Il Regesto di Farfa
cit., vol. IV (Roma, 1883), pp. 261.e 263, docc.
866 e 868: «mense octobris, per indictionem
XI, temporibus domni Gottifredi ducis et
marchionis »; MrirTARELLI e CosTADONI, Anna-
les Camaldulenses' cit., t. II, p. 245 e col.
179 dell’appendice, doc. XCIX del settembre
1061: «temporibus domno Gotefredo dux et
marchio, anno eius tercio ».

1069|24 dic. | Muore (2).

BEnrorD1 Annales in Mon. Germ. hist.,
Scriptorum t. V (Hannoverae, 1844), p. 274,

(1): E' comunemente affermato dagli storici del ducato di Spoleto che
Goffredo ottenne il ducato «iure uxorio » per aver sposato Beatrice, ve-
dova del marchese di Toscana Bonifacio. Detti storici riportano come fonte
il seguente passo dei LAMBERTI HERSFELDENSIS Annales cit, p. 156: « Mar-
chio Italorum Bonifacius obiit (26 aprile 1052). Cujus viduam Beatricem dux
Gotefridus accipiens, marcham et ceteras eius possessiones coniugii prae-
textu sibi vendicavit ». nd

(2) Solo in LAMBERTI HERSFELDENSIS Annales, l. cit., e nella continuazione
degli Annalium Laubiensium, 1. cit., la sua morte è posta nel 1070; ma forse
‘gli autori si servirono dello ‘stile bizantino, secondo il quale l’anno comin-
ciava il I settembre. Certamente idello stile bizantino si servì l’estensore di
un documento del monastero di S. Biagio di Fabriano, riportato negli Anna-
les Camaldulenses cit., t. II, col. 226 dell’appendice, il quale ha le seguenti
note cronologiche: « anno domini pontificatu dongno pape se in sede beatu
Petrus principes appostolorum et sunt anni Domini mille septuainta et tem-
poribus dongno Gotefredu dux et marchio angno eius XIV ‘et die mense no-
| vemb, per indicione octava ».
46 TULLIA GASPARRINI LEPORACE

a. 1069: « Gotifridus dux... apud Viridunum
ubi etiam defunctus est, 9 kal. ianuar. idoneis
omnino exequiis tumulatus »; LamBertI Hrns-
rELpENsis Annales, ed. L. F. Hesse, ibidem,
p. 176; Annalium Laubiensium. continuatio a.
1056-1505, in Mon. Germ. hist., Scriptorum t.
IV (Hannoverae, 1841), p. 20; Chronicon 5$.
Huberti Andaginensis, ed. L. C. Bethmann et
W. Wattenbach in Mon. Germ. hist., Scripto-
rum t. VIII (Hannoverae, 1848), p. 582; An-
nales S. Vitonis Virdunensis, in Mon. Germ.
hist, Scriptorum t. X (Hannoverae, 1852), p.

cum IV imperatorem libri VII, ed. K. Pertz
in Mon. Germ. hist., Scriptorum t. XI (Han-
noverae, 1854), p. 626.

‘ MATILDE DI CANOSSA

In un anno non precisato figura in pos-
sesso del ducato (1).

| Regesta Onori Papar III, ed. Petrus Pres-

——— —

(1) Per la citata lettera di Onorio III sembra non potersi dubitare che
la contessa Matilde di Canossa fosse un giorno in possesso del ducato di

Spoleto. E’ discutibile, invece, l'origine di tale possesso, il quale potrebbe

esserle derivato o dal marito Goffredo il Gobbo. (morto il 27 febbraio
1076: cfr. LAMBERTI HERSFELDENSIS Annales cit., anno 1076, p. 243), se que-
sti fu l'erede di suo padre Goffredo il Barbuto anche nel ducato di Spoleto,
oppure dalla propria madre Beatrice di Toscana, se é vero che il secondo
marito di questa, il suddetto Goffredo il Barbuto, ebbe insieme con gli altri,
possedimenti anche il ducato di Spoleto «iure uxorio », come si legge in
LAMBERTI HERSFELDENSIS Annales cit. p. 156. Nel primo caso bisognerebbe
inserire tra i duchi di Spoleto anche Goffredo il Gobbo, che sarebbe suc.
cesso a Goffredo il Barbuto; nel secondo caso dovrebbero essere inseriti
Beatrice e il suo primo marito Bonifacio di ‘Toscana. Ma poichè co-
storo non figurano nelle fonti come duchi di Spoleto, ho creduto opportune
ometterli in queste liste cronologiche, almeno per ora. Quanto all’epoca del
goverho di Matilde su Spoleto, mi pare che in ogni caso essa debba essere

526; BenzonIs, episcopi Albensis, Ad Heinri-.
CRONOLOGIA DEI DÙCHI DI SPOLETO (569-1230)

1078| febbr.-

marzo

1080} 7 marzo

da Guarnieri I.

suti, vol. I (Roma, 1888), p. 509, ep. 3110
del 18 febbraio 1221: « Unde ad universorum

notitiam volumus pervenire, quod cum magna :

pars comitatus Comitisse Matildis, qui tota-
liter ad Romanam ecclesiam pertinet pleno
iure, a multis et variis personis detineretur in-
debite occupata, et tam cives Spoletani quam
fere totus Ducatus Spoletanus nobis nullate-
nus responderet... ».

GREGORIO PP. VII

Figura a capo del ducato.

Das Register GnEcons VII cit, p. 371:
« Excommunicamus omnes Normannos, qui in-
vadere terram sancti Petri laborant, videlicet
marchiam Firmanam, ducatum Spoletinum ».

E’ ancora in possesso del ducato.

Ibidem, p. 481: « Item si quis Normannorum
terras sancti Petri, videlicet partem Firmanae
marchiae, quae nondum pervasa est, et du-
catum Spoletanum... ».

anteriore al febbraio-marzo 1078, in cui il ducato era certamente posseduto

dal papa Gregorio VII. E’ da escludere che il 17 novembre 1102 Matilde po-

tesse donare alla Chiesa il ducato di Spoleto con tutti gli altri suoi beni;

perché in quel giorno il ducato era pacificamente posseduto già da molti anni
A
TULLIA .GASPARRINI LEPORACE

Genealogia dei duchi Goffredo
e Matilde di Canossa

WIGERICH
Conte in Ardennergau
T prima del 919

PON | |
ADALBERO GOZELO FEDERICO I
Vescovo di Metz Conte in Bidgau Duca della Lotaringia sett.

T 26 apr. 964 ' + 18 ott. 943 ; T 984 circa
| Sp. Beatrice (954)

| i | [s |

ADALBERO GOFFREDO )
Arcivescovo di Reims Conte di Verdun T E
T 24 gennaio 909 3 i 105 T 14 dic. 1005 taringia sett.
IA t 1024
4 " ADALBERO GOFFREDO GOZELO i FEDERICO II
Ai 1 Vescovo di Verdun Duca della Duca di Lo- |. Duca delia Lo:
T 19 marzo 991 Lotar. Merid. taringia tar. sett. + 1033
Hi T1025 TOTO apille 1094 d Sp. Matilde, figlia del
|] ; duca Ermanno von
I" | | i j | i Schawaben
TIE : GOFFREDO STEFANO IX GOZELO II
LIH : il Barbuto : Papa Duca della Lotar.
1 Duca di Lotaringia t 29 marzo 1058 merid.
Duca di Spoleto t 1046
(1058-1069) ! :
i, + 24 dic. 1069 sasa | |
(RR 1 Sp. 1) Doda (madre di BEATRICE FEDERICO. III SOFIA .
| Goffredo ID ; t 1076 + 1033 A
HA 2) Beatrice, vedova del . Sp. 1) Bonifacio Duca della
!H marchese Bonifacio di di Toscana ; Lotar, sett.
Toscana (1054) 2) Goffredo il
! à Barbuto
(AR i | | | |
iN GOFFREDO IDA ; MATILDE BEATRICE FEDERICO .
i il Gobbo Sp. Eustachio Duchessa di Spoleto — T 1055 + 1053
| Duca della Lotar. merid. conte di t 27 luglio 1115
Sp. Matilde, figlia di Boulogne + 13 ag. 1113 Sp. 1) Goffre-
i Beatrice e Bonifacio do il Gobbo;
i | di Toscana GOFFREDO 2) Guelfo V
t 27 febb. 1076 di Buglione di Baviera

Duca della Lotar. merid.
ME re di Gerusalemme
f 18 luglio 1100

Cfr. PANNENBORG, Studien zur Geschichte der Herzogin Matilde von Canossa (Góttingen, 1872), p. 24; |
WitHELM Kart prinz Von ISENBURO, S/ammtafeln zur Geschichte Europaischer - Staaten (Berlin, 1936), tav. 12,
CRONOLOGIA DEI DUCHI DI SPOLETO (569-1230)

a

RAINERIO 11 ?

1081 | febbr. Inizia il suo dominio su Spoleto e Ca-
1082| febbr. | merino.

MirtARELLI e CostAponI, Annales Camaldu-
lenses cit., IIT, col. 29 dell’appendice, doc.
XVIII: «anni sunt millesimo octuagesimo se-
cundo :et facto est in mense frebruarie per
indicione quinta regnante dono Irigo impe-
ratore et Raineri dux et marchio sede anno
eius primo ».

1085| settem. E’ menzionato per l'ultima volta (2).
come duca di Spoleto e marchese di Ca-
merino in un documento di Fabriano.

MITTARELLI e CosrADoNr, Annales Camaldu-
lenses cit., III, col. 77 dell'appendice, doc. LII:
« Et factum est in anni Domini mille octuaie-
simo quinto et regnante Enrico imperatore, et
temporibus dogno Raineri dux et marchione, et
die mense septembris pro indicione octava ».

. ... 1090 «E? già morto.

i. Harry BressLAu, Jahrbücher des Deutschen
Reichs unter Konrad II, Bd. I (Leipzig, 1879),
p. 449, n. 19.

(1) Per il SANSI (op. cit, p. 118) è Ranieri III, ma cfr. Rainerio I,
nota 1.

(2) Negli stessi Annales Camaldulenses (III, p. 15) è riportata la da-
tatio di un documento del 1086, in cui il nome del duca e illeggibile; gli
editori pensano che si tratti del duca Rainerio II.

VO DLE Lo om e - cie Y d
50 TULLIA GASPARRINI LEPORACE

Genealogia dei duchi Ugo III e Rainerio I e II

GUIDO

Conte

RAINERIO I
Conte (996)
Duca di Spoleto e march. di Camerino (1012-1018)
dal 1016 march. di Tuscia
Sp. 1) Gualderada ; 2) N. N.

|
|

SOFIA UGO III (UGUCCIONE) RAINERIO
viv. 1053 Duca di Spoleto e march. di viv. 1015
. Camerino (1037-1043)
March. di Tuscia (1044-1046)
.. ^ prima del 1056.
Sp. 1) Berta ; 2) Villa

RAINERIO II UGO ENRICO I
Duca di Spoleto e march. di viv. 1059 T 1079
Camerino (1081-1085) Sp. Solia
già + 1090
Sp. Villa | z |
| | . UGO | ENRICO
RAINERIO III Sp. Adalagita
viv. 1090 i
M Sp. Caterina Trotta

Cfr. i documenti riportati negli Annales Camaldulenses Ordinis Sancti Benedicti YOHANNE BENEDICTO MIT-
TARELLI ef ANSELMO COSTADONI auctoribus, t. I (Venetiis, MDCCLV), pp. 317-318; t. II (Venetiis, MDCCLVI),
p. 308, e BRESSLAU HARRY, Jahrbücher des Deutschen Reichs unter Konrad II, Bd. 1 (Leipzig, 1879), VI Abschnitt:
Das Haus der Widonen von Tuscien, pp. 444-451.
, & a AL o
T ^ } x ope PX Y
X uet RANE ted I

CRONOLOGIA DEI DUCHI DI SPOLETO (569-1230) 51

GUARNIERI I

1094| maggio! Figura per la prima volta a capo del
ducato.

MirranELLI e CostaDonI, Annales Camaldu-
lenses cit., t. Ill (Venetiis, 1758), p. 195; SANSI,
(op. Cit, p. 120: « Anni sunt 1094, et tempo-
ribus Guarnerij Dux et Marchio sede anna
eius primo, et factum est in mense maij pro
indictione secunda, civitate Camerino ».

1123| giugno | E' menzionato per l'ultima volta (1).

MirTARELLI e CosrADoNt, Annales Camaldu-
lenses cit., t. ITI, p. 194 e col. 296 dell'appendi-
ce, documento del monastero di S. Biagio di Fa-
briano: « Anno Dominice incarnationis mille
CXXIII, mense iunius indictione prima, regnan-
te Enrigo imperatore et Guarnerius marchio-
ne ».

(1) Al principio del 1137, durante la spedizione di Lotario II nell'Italia
meridionale, Spoleto si diede all'imperatore. Cfr. OTTONIS episcopi Frisingensis
Chronica sive Historia de duabus civitatibus, recognovit A. Hofmeister in SS.
rer. germ. in usum scholarum (Hannoverae'et Lipsiae, 1912), l. VII, cap. 19:
« Inde Appenninum transiens ac interiorem Italiam perlustrans, Anconam, Spo-
letum cum aliis urbibus seu castellis in deditionem accepit». Si veda anche
FarcoNis BENEVENTANI Chronicon. in L. A. MuratORI, SS. rer. Ital, t. V
(Mediolani, 1724), a. 1136, p. 120 i
‘52 TULLIA GASPARRINI LEPORACE

GUARNIERI II e FEDERICO

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*

1149 : Guarnieri II é menzionato per la pri-
| ma volta quale duca di Spoleto. .

. JuLius FickEn, Forschungen zur Reichs-und
Rechtsgeschichte. Italiens, Bd. II (Innsbruck,
| 1869), pp. 241-249, doc. del 1142: « Warnerius .

dux et marchio Spoletanorum ». |

1143 gennaio | Sono entrambi citati in un documento
emanato in territorio fermano (1).

FATTESCHI, Op. cit. p. 121: « Anno MCXLIII,
tempore Guarnerio et Frederico dux et mar-
chione ».

1141 | 28 dic. |. Figurano insieme per l'ultima volta.

FATTESCHI, Op. cit., p. 121.

1152 Guarnieri appare ancora, e per l'ulti-
/ |ma volta, nel territorio di Camerino.

MiTTARELLI e CosrADoNt, Annales Camaldu-
lenses cit., t. III, p. 195.
1159 | luglio Guarnieri muore.

OrtoNnIS ET RanHEvINI Gesta Friderici I im-
peratoris, ed. II, recensuit G. Waitz in SS. rer.

(1) Anche il 7 novembre 1136 appaiono insieme in un placito tenuto a Reg
gio Emilia, alla presenza dell'imperatrice Richenza. Cfr. WILHELM. BERNARDI,
Lothar von Supplinburg: (Leipzig, 1879), p. 654, nota 16: « Federicus quoque
.et Garnerius marchiones ». Ma il solo titolo di marchiones dato loro non è suf-
ficiente per ritenere che allora fossero già a capo del ducato di Spoleto oltre
che della marca di Ancona. Notizie sul solo Federico si trovano anche in do-
cumenti di data anteriore. Cfr. MirTARELLI e CosTADONI, Annales Camaldulen-
ses cit. t. III, p. 195 e FICKER; op. e l. cit.

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CRONOLOGIA DEI DUCHI DI SPOLETO (569-1230) 55

1152

1168

16 ott.
(prima del)

Germ. in usum scholarum (Hannoverae, 1884),
1. IV, cap. 48, p. 229: « Ibi (sc. Cremae) Gar-
nherus marchio Anconae, magnam viri fortis
in ea. pugna gloriam consecutus, de nostris
occiditur »; Orrowis DE Sawcro Brasio Chro-
nica, ed. A. Hofmeister in SS. rer. Germ. in
usum scholarum (Hannoverae et Lipsiae, 1912),
cap. 11, p. 12.

‘ GUELFO

Ottierie il ducato di Spoleto dal re Fe-
derico Barbarossa.

Historia Welforum Weingartensis, ed. L.
Weiland in Mon. Germ. hist, Scriptorum t.
AXI (Hannoverae, 1869), p. 468: « Qui (Fri-
dericus) avunculo suo Guelfoni marchiam Tu-
scie, ducatum Spoleti, principatum Sardiniae,
domum comitisse Mathildis in beneficio tra-
didit»; Hucowis et OwNonir' Chronicorum con-
tinuationes Weingartenses, ed. L. Weiland, ibi-
dem, p. 474; Buncanpr: et CuoNRADI UnsPER-
GENSIUM Chronicon, ed. Otto Abel et. L. Wei-
land in Mon. Germ. hist., Scriptorum t. XXIII

(Hannoverae, 1874), p. 345. Cfr. Henry Sr-
:MONSFELD, Jahrbücher des Deutschen Reiches

unter Friedrich I (Leipzig, 1908), p. 137, nota
426, dove è citato un documento del 16 ottobre
1152, nel quale Guelfo figura già « dux Spo-
leti et marchio Tuscie ».

| Restituisce all'imperatore Federico
Barbarossa il ducato di Spoleto.

Historia Welforum Weingartensis cit., p.

471: « (Guelfo) principatum Sardinie, ducatum
Spoleti, marchiam Tuscie, et egregiam curtim

sf niae MAVRVSE IER — sno serie sirene = = E - r Y >
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54

‘* TULLIA GASPARRINI LEPORACE

1190.

1168

15 dic.

Elisinam, que dicitur domus domne Mathildis,
cum sui appendicis imperatori Friderico soro-

‘rio suo tradidit, auri et argenti quantitate

quam postubalat accepta »; Orrowis DE SAn-
cro BLasio Chronica, ed. A. Hofmeister in SS.
rer. Germ. in usum scholarum (Hannoverae
et Lipsiae, 1912), p. 229; S. ApLER, Herzog
Welf VI und sein Sohn (Hannover, 1881),
pp. 7/9; 92, 130. | |

Muore.

Hucoxis et Honori Chronicorum continua-
tiones Weingartenses cit., p. 4((: « Anno 1191.
18 Kal. Ianuarias Welfo nobilis Altorfensis,
principum nostrorum illustrissimus, Heinrici

lutus migravit a seculo »; CHUONRADI SCHIREN-
sis Catalogi, ed. Ph. Jaffé in Mon. Germ. hist.,
Scriptorum t. XVII (Hannoverae, 1861), p. 631,
a-:1191.

BIDELULFO

IE? nominato duca dall'imperatore Fe-
derico. Barbarossa.

BurcarpI et CuoNRADI UrsPERGENSIUM Chro-
nicon cit, p. 356: « Milites quippe Teutoni-
cos in dignitatibus Italiae constituit (sc. Fri-
dericus imperator), nam quendam liberum Bi-
deluphum ducem Spoleti effecit; marchiam quo-
que Anconae et principatum Ravennae Cuon-
rado de Luzelinhart contulit, quem Italici Mu-
.scam-in-cerebro nominabant, eo quod plerum-
que quasi demens videretur ».

ducis videlicet et Woulfhildis filius, carne so-.
99

CRONOLOGIA DEI DUCHI DI SPOLETO (569-1230)

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. Annalista Saxo, ed. G. Waitz in Mon. Germ. hist., Scriptorum t. VI

(Hannoverae, 1844), p.

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Historia Welforum Weingartensis, ed. L. Wei-

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Mon. Germ. hist. Scriptorum t. XXI (Hannoverae, 1869), p. 46

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1460)

SPERGENSIUM Chron

TARDI et CuoNRADI UR
land, ia Mon. Germ. hist. Scriptorum t. XXIII (Hannoverae, 1874), pp. 335

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n, ed. Otto Abel et L. W

Chron

339;

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Sancti Michaelis Luneburgensis, ed. L. Weiland, ibidem,

ICON

396.

P.
56 TULLIA. GASPARRINI LEPORACE

CORRADO DI URSLINGEN

1178 giugno | Appare per la prima volta quale duca hi
di Spoleto. | |

AcuiLLE Sansi, Documenti storici inediti in
IR sussidio allo studio delle imemorie umbre, par-
ili te II (Foligno, 1879), p. 199, doc. II: «In
EIE nomine Patris et Filii et Spiritus Sancti amen.
8 Anno Domini millesimo CLXXVIII, indictione
| XI, mense Junij tempore l'rederici Impera-
toris et Alexandri Pape et Corradi Ducis Spo-

letani ducatus ».

1198 |16 apr. | Ha già restituito il ducato al papa In-
ie nocenzo III.

Aucusrus Portnast, Regesta pontificum Ro-
manorum: inde ab a. post Christum natum
MCXCVIII ad a. MCCCIV, vol. I (Berolini,
1874), n. 82, p. 10: « O(ctavianum) Ostiensem
episeopum et G(erardum) S. Adriani diaconum
card. Narniam destinavimus, qui pubblice... iu-
ramentum praefati C(onradi) receperunt, quod
tam de persona quam ide terra mandatis nostris
|| omnimodis obediret» e poi aggiunge che il
p | ‘duca ha restituito « civitatem Fulginatem et
Interamnem et aliam terram quam ipse tenebat,
universos a iuramento suae fidelitatis absol-
Hi ; vens et faciens. eos nobis hominium exhibere »;

doc 62 Vita Innocentii Papae III, in J. P. Mine, Pa-
RI trologiae cursus completus, Series latina, t.
dui a ^. |CCXIV (Parisiis, 1890), col. XXIV: « Conra-

| ' -. |dus... Dux Spoleti, videns terram suam... ad
| dominium. Ecclesiae Romanae redire, multis
modis tentavit si posset apud Dominum Papam
gratiam invenire... Dominus Papa... non accep-
|tavit oblata. Dictus ergo Conradus cum taliter

v
CRONOLOGIA DEI DUCHI DI SPOLETO (569-1230)

1198

1198

16 apr.

giugno-
luglio

non proficeret, reddidit se ad mandatum ipsius
sine pacto quolibet et tenore... Recuperavit er-
go Romana Ecclesia Duca Spoleti ».

INNOCENZO PP. III

Ha già assunto il governo del ducato.

A. PorruasT, Regesta pontificum Romano-
rum cit.,n..82, p. 10: «ipse (sc. Conradus)
fideliter adimplevit, restituens civitatem Fulgi-
natem et Interamnem et aliam terram quam
ipse tenebat... de nobis quae sinistra sunt non
credatis, volentes ecclesiae patrimonium ad
honorem ipsius et profectum Italiae non alie-
nis tradere, sed nobis ipsis perpetuo conser-
vare ». :

Invia quale suo legato in Spoleto Gre-
gorio, card. diacono di 5. Maria in A-
quiro.

Lettera del Papa « Potestati et Populo Spo-
letino, baronibus, nobilibus et universis suis
fidelibus in Spoletina diocesi constitutis », in
Innocenti. III Romani Pontificis Regestorum
sive epistolarum liber primus, ed. J. P. Mi-
gne in Patrologiae cursus completus, series
Latina, t. CCXIV (Parisiis, 1890), n. CCCLVI,

p. 331: « Conradus Dux quondam dictus Spo-

leti Ducatum Spoletanum in nostris manibus

resignavit... ut terram gubernetur per nos fi-
deliter... dilectum filium . G(regorium) S. Ma-
riae in Aquiro Diac. Cardinalem... Vobis du-
ximus praeponendum ».

Ottiene da Ottone IV il giuramento che
non sarà molestato nel possesso delle
terre riconquistate.

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— TULLIA | GASPARRINI

LEPORACE

1201

1209

1210

9 giug.

22 ‘mar.

Mon. Germ. hist., Constitutiones et acta
pubblica imperatorum et regum, t. II, ed. L.
Weiland (Hannoverae, 1896), p. 20: « Posses-
siones, autem, quas ecclesia Romana recupe-
ravit, quietas sibi dimittam... Ad has pertinet
tota terra quae est a Radicophano usque ad
Ceparanum... ducatus Spoletanus... ».

Ha da Ottone IV la conferma del pre- -

cedente giuramento.

Constitutiones cit., p. 27.

Ottiene di nuovo da Ottone IV l'assi-
curazione che non sarà molestato nel
possesso dei suoi domini.

Constitutiones cit., p. 36.

DIOPOLDO VON SCHWEINSPEUNT

E’ nominato duca dall'imperatore Ot-
tone IV.

Ryccarpi De Sancro GERMANO notarii Chro-
nica, -a cura di C. A. Garufi, in L. A. Murato-
ri, Rerum Italicarum Scriptores, nuova ed., t.
VII, parte II (Bologna, 1937), p.33, a. 1210:
«Tune idem Otto se Capuam confert, ubi re-
ceptis a Dyopuldo certis munitionibus quas ha-
bebat in regno, ducem Spoleti efficit illum»;
Annales Casinenses, in Mon. Germ. hist.,
Scriptorum t. XVIII (Hannoverae, 1865), p.
319, a. 1209: « Dyubuldus qui dictum imperato-
rem Ottonem introduxit in regnum cum Petro
comite Celani, et dedit ei Salernum, propter
quod factus est ab eo dux Spoleti ».
CRONOLOGIA DEI DUCHI DI SPOLETO (569-1230)

1216 Lascia il ducato e per ordine dell’im- 0
peratore è fatto prigioniero e subito do- . (P
po liberato (1). | |

p. 73, a. 1216: « Dyopuldus de ducatu Spo-
leti in regnum occulte rediens, super asinum |
sedens proditus, et cognitus apud ‘Tyberam' : |
captus est, et senatori Urbis in custodiam tra- |
ditus, et tandem interventu pecunie liberatus ».

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Rvccanpi DE Sancto GERMANO Chronica cit., RE |
|

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ONORIO PP. III. DE

1219 Figura già a capo del ducato e l'ede-
È: : rico II ne riconosce i diritti.

Augustin TurmEn, Codex diplomaticus Do- / i
minii temporalis S. Sedis, t. I (Rome, 1861), Mu |
|
|

p. 51: « Ducatum Spoletanum nec aliquid de
iure ecclesie alicui viventi concessimus, cum in-
tendamus iura ecclesie augmentare per omnia
et modis omnibus confovere: nec moveat vos,
quod filius quondam Ducis Spoletani ita, sicut
dicitur, in privilegio nostro subscripsit, cum
generalis consuetudo sit in Teutonia, quod fi-
| li Ducum, etiam si Ducatum non habeant,
i duces se scribunt et nominant»; ibidem, pp.
49, 62, 11-13.



e —

(i) Secondo la Promissio Egrensis Romanae Ecclesiae jacta del 12 luglio
1213 (Corstitationes el Acta publica imperatorum et regum cit, p. 57), Fede-
b rico II confermò al pontefice Innocenzo III il possesso del ducato di Spoleto
: (si vedano anche le pp. 60 e 62 delle Constitutiones cit.); ma sino al 1216
p il dominio di Spoleto fu in realtà nelle mani di Diopoldo, che come duca di
questa città continua ad apparire nei documenti emanati subito dopo la Pro-
missio cit. Cfr. SANSI, Documenti storici inediti in sussidio allo studio delle
memorie umbre cit, p. 222, doc. del 16 luglio 1213: « Ego Teupuldus dei
gratia dux Spoleti », e p. 225, doc. del 25 gennaio 1214: « Ego Diobuldus dux
Spoleti comee Asisii et Acerre »,

—m————
TULLIA GASPARRINI LEPORACE

1220 | 1° genn. Nomina rettore del ducato di Spoleto
Rainerio Capocci, cardinale diacono di
il p - |9. Maria in Cosmedin.

LIH : 'TugiNEn, Codex diplomaticus cit.;p. 56: «di-
M lt lectos filios fideles nostros de Ducatu Spoleti...

| eupientes ab exterorum hostium molestiis ser-
WE «Ei vare securos, quam ab exosa inter se dissen-
sione custodire quietos te... preficiendum pro-
vidimus in Rectorem ».

HERE c . 1223 |3 ag. Federico II incita gli Spoletini ad es-

ill : | sere fedeli alla S. Sede e a riconoscere

1 es solo i balivi inviati dal papa, scacciando

IM s quelli nominati dal suo dapifero Gonzo-
| | lino.

THEINER, Codex diplomaticus cit., pp. 74-75:
« volumus et Universitati vestre precipiendo
ARI i mandamus, quatenus tanquam vassalli sedis :
ALTO apostolice ac fideles ecclesie Romane legatis
ES : . |ac nunciis plenius obedientes..... Balivos om-
nes per nostros et maxime per predictum Da-
piferum et eius filium sive per Bertuldum fi- .
lium quondam Ducis Conradi, aut etiam per
Conradum Gottipuldi et eorum complices, seu
per quoscumque alios nostro nomine institutos
| removeatis omnino, Dalivis per ecclesiam or-
LIT : : di dinatis ammissis.... »

RAINALDO DI URSLINGEN

| (uio 524998 — | E’ menzionato per la prima volta qua- -
di | le duca di Spoleto (1).- ;

(1) In un editto di Federico II del 21 settembre 1220 (Constitutiones .cit.,

p. 99) figura fra i testimoni un « dux Spoleti» di cui non si fa il nome.
E’ molto probabile che si tratti di Rainaldo. Ib papa Onorio III e il succes-
sore Gregorio IX non ‘riconobbero il duca Rainaldo e nominarono un loro
TES rettore nel ducato di Spoleto. Cfr. THEINER, Codex diplomaticus cit., pp. 83, 86,
Bs lettere apostoliche del 26 febbraio 1227 e del 17 marzo 1229.
CRONOLOGIA DEI DUCHI DI SPOLETO (569-1230)

1230

1230

4 aprile

25 sett.

Constitutiones cit., p. 125.

E" scomunicato dal papa Gregorio IX.

Ryccanpi De SaNcTo GERMANO Chronica cit.,
p. 166: « Gregorius papa in die sancto Iovis
Raynaldum dietum (1) ducem Spoleti excom-
municat, et Bertoldum fratrem eius ».

Gregorio IX invia quale rettore del
ducato di Spoleto, ritornato definitiva-
mente in dominio della S. Sede, il vesco-

vo di Beauvais, Milone di ChaGlion:Nan.
teuil.

Les Hegistres de Grégoire IX par Lucien

Auvray, t. I (Paris, dur col. 324: « Efficax
tue devotionis ».

| E (1) E° da notare che da 1230 in poi Riccardo. di San {ermaro chiamà
: Rainaldo « dictus dux Spoleti ».
Sedes sce ir - ENTM ON

TULLIA | GASPARRINÍ LEPORACE

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vari punti del presente lavoro.

m " Y reo
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A

CRONOLOGIA DEI DUCHI DI SPOLETO (569-1230)

INDICE ALFABETICO DEI DUCHI

Adalardo
Ademaro
Agiprando
Alberico
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68 TULLIA GASPARRINI LEPORACE

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Rainaldo di Urslingen . - 3 : : : È i» 59
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Suppone II . : : ; Re . : : à RE 0g
Teobaldo I : : È : È : È : È Rada Snia
Teobaldo II : . ; A : à : : . ODIO
Teodelapio . : : : È : È : $a VIDERE 6
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LA RIVOLTA DI PERUGIA NEL 1375
CONTRO L'ABATE DI MONMAGGIORE
ED I SUOI PRECEDENTI POLITICI ©

p

LA FINE DELLA LIBERTÀ PERUGINA
ED I PRIMI TEMPI DELLA DOMINAZIONE PAPALE

I rapporti fra Perugia e la Chiesa nel corso del Trecento, al-
lorquando lo Stato ecclesiastico si viene definitivamente costi-
tuendo come entità territoriale, riflettono le peculiari condizioni
nelle quali si esercitava la sovranità papale sulle terre della Chie-
sa. Col finire del secolo XII Perugia era passata dal dominio emi-
nente dell’imperatore alla protezione di San Pietro e del pontefice;
ma, -più fortunata di altre città, non aveva perduto in alcun punto
essenziale la propria «libertas », quell'autonomia che era stata poi
espressa e consacrata nel noto passo di Bartolo da Sassoferrato,
dove si osserva come la «civitas» perugina non sottostia né alla
Chiesa né all'Impero; non a questo, ché l’imperatore l'aveva do-
nata al papa; e nemmeno al papa, perché egli l'aveva liberata
«ex privilegio ». Quale che si fosse l'origine dell'autonomia co-
imunale perugina, o un documento positivo, come il « privilegium »
Idi Innocenzo III, al quale Bartolo sembra riferirsi, o uno stato di
fatto conseguito alle vicende storiche della città, o ambedue insie-

(1) Per quanto io sappia, l’unico scritto su questo argomento è quello di
G. BaAcILE DI CastiGLIONE, La Fortezza di Porta Sole, in « Augusta Pe-
rusia », I, 1906, p. 111-13. E' del tutto insufficiente. La migliore narrazione resta
pur sempre quella di PowPEo PELLINI, Historia di Perugia; nel corso del pre-
sente studio vedremo molte prove della cura e dell’acume con il quale questo
storico, veramente benemerito, ha lavorato.
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70 E. DUPRÈ THESEIDER

me, à certo che il comune perugino godeva di un'indipendenza,
di fatto se non di diritto, assai ampia. Non a caso Bartolo, — al
quale si deve l'orgogliosa formula per cui il comune medievale
(e sarà poi lo Stato moderno) è definito « civitas in temporalibus
superiorem non recognoscens », — era cittadino di Perugia, di ele-
zione almeno, e citava per lapsum questa città come esempio di
comunità libera. :

E° superfluo osservare che «libertà » Biehiticsva sì autonomia

politica, ma pur sempre entro il quadro del piü vasto potere uni-.

versale del Papato, od anche dell'Impero, ché Perugia, se. pur

insiste nel sottolineare la sua indipendenza verso questo potere

specialmente, non ne ignora del tutto l'esistenza. Proprio un im-
peratore cosi poco autorevole e rispettato come Carlo IV, viene
sollecitato da Perugia (e giusto appunto nel tempo stesso in cui
Bartolo afferma la piena autonomia ed autosufficienza della cit-
tà) perché accordi la sanzione giuridicamente valida del posses-

so di quelle.terre dell’Impero (Chiusi, il Lago Trasimeno, la Val- :

dichiana ecc.) che essa ha già effettivamente in suo dominio, e
che poi lo stesso Carlo IV, per desiderio ed ordine del papa, le
ritoglierà; viene pregato anche di cancellare i bandi scagliati a
suo tempo contro la città da Arrigo VII, e di riconoscere il « re-

gimen et populum » che in essa vige (1). E! questo un fenomeno .

che si riscontra per molte delle città dell'Italia centrale, che ten-
tano di giuocare l'un contro l’altro i due sommi poteri, per affer-
mare, nel « vuoto di potere» risultante, la propria effettiva so-
vranità statale. Tuttavia in Perugia, come anche in Bologna, due

‘città ugualmente forti e nello stesso modo situate sulla zona di

confine tra le due sovranità, il fenomeno si pene con par-
ticolare evidenza e rilievo.

Ma torniamo ai rapporti fra Perugia ed il Papato, che è
per essa il potere più vicino e più pericoloso e, nella seconda me-
tà del secolo XIV, moverà una risoluta offensiva contro l'autonomia
perugina. |

Fino a che la Chiesa si appaga di vedere formalmente ricono- .

(1) Cfr. EncoLE, Da Bartolo all’Althusio, p. 146, note 3 e 4; lo stesso,
Dal Comune al Principato, p. 381 sgg., specialmente p. 332, nota 1; p. 342, nota,
e gli studi in esso citati (sopratutto dello ScALVANTI, Un’opinione del Bartolo
sulla libertà perugina e Considerazioni sul primo libro degli statuti ecc.). Per
Carlo IV, vedi G. PircHan, Italien und Kaiser Karl IV., Praes. 1930

iran nino
4
LA RIVOLTA DI PERUGIA NEL 1375 11

sciuta la propria alta sovranità, ed in modo piuttosto indeterminato,

che non si concreta in pretese di vera e propria. sudditanza, Pe-
rugia non si rifiuta a tale riconoscimento. Tanto più che le sue
buone relazioai con la Chiesa le apportano sensibili vantaggi eco-
nomici, attraverso i ripetuti soggiorni dei papi in questa tranquilla
e sicura città. Oltre a tale generico accoglimento dell’alta sovra-

nità della Chiesa, che trovava la sua formulazione anche nel giu-

ramento del podestà o del capitano del popolo (nello statuto del
1942 (1) è prescritto ch'egli debba essere « fedele de la Chiesa de
Roma e de la vera parte ghelfa »), Perugia si adattava altresi a
pagare qualche tributo, a riconoscere speciali privilegi agli ec-
clesiastici, — ma tutto ciò non intaccava né sminuiva sostanzialmen-
te vino della città, che poteva andare a ragione orgogliosa
di una tradizione di libertà che risaliva a tempi immemorabili. Co-
me era fiera, appunto, dei suoi speciali rapporti, di « buon vi-
cinato » più che di soggezione, con lo Stato della Chiesa.

Quando, nel 1305, vengono a Perugia alcuni ambasciatori di
Filippo il Bello di Francia, con lo scopo confessato, anzi sfac-
ciatamente proclamato, di influire sull’elezione del nuovo ponte-
fice, attraverso l’arresto dei cardinali fedeli alla memoria di Bo-
nifacio VIII, i reggitori del Comune li avvertono risolutamente
che non tollereranno alcun sopruso ai danni del conclave che essi
ospitano in quel momento (2). Stanno dunque, in certa maniera,
dalla parte della Chiesa, sebbene il loro comportamento appaia det-
tato in special modo dalla fierezza, del tutto comunale ed italia-
na, di città che non riconosce alcuna volontà superiore alla pro-
pria. Difatti, poco tempo dopo, nel 1310, agiscono in modo analogo
anche verso Clemente V, che manda a richiedere la consegna del
tesoro di Benedetto XI, gelosamente custodito dalla città. Anche

‘allora i Perugini fanno capire che non accettano ordini da nessuno

e, prima di effettuare la consegna — alla quale non si oppongono,
—.esaminano le memorie cittadine, per desumerne quali siano esat-
tamente i loro obblighi verso la Chiesa (3).

(1) G. DeGLI Azzi VITELLESCHI, Statuti di Perugia dell'anno MCCCXLII,
cit. da G. ERMINI, La libertà comunale nello Stato della Chiesa, « Arch. Soc.
romana Stor. p.», XLIX, 1926, p. 62.

(2) Vedi il mio libro 7 papi di Avignone e la questione romana, p. 5

(3) Cfr. EHRLE, cit. nel mio libro, p. 19 nota. — PELLINI, I, p. 369. -

Aggiungi l'episodio narrato dal PELLINI, I, p. 292: nel 1277 la richiesta fatte da

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79 E. DUPRE TIIESEIDER

Tale coscienza di autonomia, tale senso di indipendenza, si raf-
forza ancor più nel corso della prima metà del secolo XIV, quan-
do i papi, che risiedono ormai lunge dall'Italia, lasciano andare
più o meno alla deriva il dominio temporale, e la loro sovranità sul-
le terre ecclesiastiche si fa più nominale ed inefficiente che mai.
Perugia continua peraltro a riconoscere l'alta autorità della Chiesa.
Ma perché le fa comodo e puó esserle di aiuto, sia contro vel-
leità di dominio altrui, sia per estendere vieppiù la propria do-
minazione. Cosi come continuava a proclamarsi guelfa (1); e sap-
piamo che, nella estimazione generale del tempo, i guelfi erano
per antonomasia i partigiani della Chiesa, benché non si trat-
tasse che di una finzione, che da tempo aveva perso ogni valore |
effettivo. Segno palese di codesto «lealismo » dei Perugini è lo |
stemma della Chiesa — le chiavi incrociate — che campeggia, Il
insieme ad altri (fra i quali non manca naturalmente quello di |
casa d’Angiò, principale sostegno del guelfismo) al di sopra del-
la bella porta scolpita del Palazzo dei Priori, del 1340 circa.

Ma i legami che univano Perugia alla Chiesa erano molto len-
ti, anche per un altro motivo. La città, sebbene tendesse ad af-
fermare la propria supremazia sulle contigue terre ecclesiastiche
(Gubbio, il Ducato spoletano), zona di minore resistenza, gravi-

————À

papa Giovanni XXI, di pesce del lago Trasimeno, provoca una serie di adunan-
ze, di consigli, di discussioni, perché si vuole che l'invio del pesce non possa
in nessun modo essere interpretato come segno di sudditanza. - Ancora: quan-
do nel 1303 il card, Napoleone Orsini giunge a Chiusi, i Perugini lo pregano |
di venire nella loro città, ma non come legato papale; nel 1310 Clemente V
prega i Perugini che interpongano la loro mediazione presso gli Spoletini h
:(PELLINI, I, p. 851; SCALVANTI, Consideraz., p. 290). E due nunzii dello stes-
so papa osservano « Perusini sunt sue voluntatis, et non consueverunt multum
.legatos et nuncios sedis apostolice... revereri » (FireL, Der Kirchenstaat unter
Klemens:V., Berlin-Leipzig, 1907, p. 215). Altro materiale si deve trovare fra
i documenti indicati nel Regesto e documenti di storia perugina (« Arch.
stor. ital. », XVI, 2). Cf. anche più avanti, p. 104, n. 4, in fondo. E cf. Pin- 1
CHAN, nota IX.

(1) Cfr. il passo dello Statuto cit. dallo SCALVANTI, Consideraz., p.285, )
n.1: «Cum Perusina civitas antiquitus ghelfa fuerit, et ghelfam partem per af-
fectionem servaverit», da aggiungere a ció che s'é detto alla pag. prec. — Vedi

anche l'inizio dell’accordo tra Perugia e Firenze, del 19 nov. 1939 (« Arch. stor.
ital. », XVI, 2, p. 515): le due città, per la devozione alla Chiesa rilucono
come due luminari, sono come due spade a disposizione della Chiesa, « ad
immensam malitiam et irrefrenatam superbiam rebellium Tuscie et vicinarum
partium refrenandam », i
=» -—— M ÓÁZ

LA RIVOLTA DI PERUGIA NEL 1375 Z3

tava anche e con maggiore pressione verso ponente, verso la Tosca-
na. La posizione geografica stessa di Perugia lo dimostra. Situata
proprio al confine dello Stato ecclesiastico, separata anzi da una
parte di questo dalla catena appenninica, essa é invece vicina ed in
facile comunicazione con la vallata delle Chiane, e, attraverso que-
ste. con la valle dell'Arno, via naturale di intensi traffici. T ale
stato di fatto spiega le relazioni continue ed intime che Peru-
gia ebbe sempre con i comuni toscani, specialmente con Firenze e
Siena. Anzi, come ci insegna Matteo Villani (1), Perugia era con-
siderata addirittura uno dei tre grandi comuni toscani; le sue più
naturali relazioni (anche se qualche volta mutavano segno, dive-
nendo aperte ostilità) erano appunto quelle con Firenze e Siena,
e poi con Arezzo e Cortona. E’ bene però rilevare subito che,
anche nei riguardi dei suoi amici toscani, Perugia all’occasione giuo-
ca sull’equivoco, e, quando le sembra opportuno, si appella ai
proprii rapporti con la Chiesa per sottrarsi ad impegni che non
le risultano graditi. Questo avviene ad esempio nel 1352, quando i
«tre comuni toscani» si accordano con l’imperatore Carlo IV
contro la Chiesa. Si pattuisce allora che «i priori di Firenze e’
nove di Siena si doveano dinominare vicarii dell’imperadore men-
tre che fossono all'ufficio », ma, seguita il Villani, «i Perugini non
s'obbligarono a questo, facendosi uomini di Santa Chiesa». La
stessa cosa avvenne allorché, il 29 gennaio 1354, in Pisa, gli amba-
sciatori fiorentini e senesi andarono a riverire l’imperatore: anche
quella volta « quelli del comune di Perugia, però che si voleano
appresentare come uomini di Santa Chiesa, non vollono andare
con loro» (2).

Indice dell'importanza che la città aveva per la Toscana, è la
frequenza veramente notevole con la quale il nome di Perugia
ricorre nei documenti ufficiali della repubblica di Firenze. Questa
coltiva in modo particolare i buoni rapporti delle città toscane con
Perugia, e la cosa non è sempre facile, perché Perugini e Senesi si
scontrano più di una volta, specialmente a proposito di Monte-
pulciano, come pure non mancano argomenti di «dissenso tra la
città umbra ed Arezzo, in questo caso particolarmente per causa

(1) Si vedano, fra gli altri, i seguenti passi della Cronaca di M. VILLANI: .
libro II, capp. 46, 52, 76; III, 3, 6, 31, 59; IV, 14.
(2) M. VILLANI, III 7; IV, 49, 58.
74 E. DUPRÈ THESEIDER

di Cortona. Ogni volta vediamo Firenze interporsi come media-
trice di pace. Essa prenderà anche le difese di Perugia presso il
cardinale Albornoz, dimostrandogli « quanto i Perugini sono guelfi
devoti della Santa Chiesa, et quanto ànno già facto in grandezza
et exaltatione et honore d'essa, et de’ guelfi del paese, et depres-
sione de’ ghibellini » (1).

E’ una difesa in extremis, perché la sorte di Perugia è oramai
segnata. La Chiesa, che sta ricostituendo, grazie alla poderosa
azione del grande cardinale spagnolo, il proprio dominio, que-
sta volta non si contenta di platoniche affermazioni di sovranità,
‘ma vuole piene e totali dedizioni. Perugia non può fare un'eccezio-

. Firenze lo sa anche prima della città amica. Il 14 novembre
1354, scrivendo ai suoi ambasciatori che colà si trovano, li avver-
te che, quando. riferiranno ai priori sul conto delle notizie venute
poco prima da Lombardia, non parlino di « quella parte che disse
di Ferrara e di Perugia essere della Chiesa» (2). Adunque, si
| affermava, da parte probabilmente pontificia, che, come Ferrara,
anche Perugia era di pertinenza della Chiesa. I Perugini stessi lo
avevano detto altre volte, come s'é visto; ma Paffermazione aveva
ben altro suono in bocca loro, quando rispondeva ad un momentar
neo tornaconto politico, di quello che non avesse per i curiali (5).

Perció, appunto, Firenze passa tale affermazione sotto silenzio,

senza peró farsi probabilmente illusioni circa la futura & SIBLempzIp:
ne dei rapporti di Perugia con la Chiesa.

Con tutta la sua energia, l’Albornoz non doveva riuscire a.

sottomettere la fiera città (4). Quando egli nel giugno del 1367,

(1) G. DeGLI Azzi VirELLESCHI, Le relazioni tra la repubblica di f'iren-
ze e l'Umbria ecc., vol. I, n. 372. ms

(2) DEGLI Azzi, Le relazioni ecc., n. 242. Anche al n. 381 (del 7 aprile
1367): si accenna alla situazione tesa fra Perugia e la Curia « forse per ra-
gione di quello che tengono (cioè: o epe che la Chiesa di Roma Fepu-
ta suo ».

(3) nek è a questo proposito una notizia del GRAZIANI, p. 141.
« Adi 8 de luglio nel decto millesimo [1346] venne in Peroscia novella, come
papa Clemente VI aveva pronunziato che Peroscia era città inmediate’ su-
bietta alla Chiesa di Roma, et de questo ne fuoro incolpate certi imbascia-
tore Peroscini, quali erano andati in corte de Roma per altre interesse del
comuno de Peroscia.... ». La città si allarma in modo ‘vivissimo.

(4) Non intendo occuparmi qui dei rapporti tra Perugia e l’Albornoz,
tuttora imperfettamente conosciuti, nonostante l'ultimo lavoro di F. FILIPPINI
sul grande cardinale (Bologna, 1933), che in molti punti richiederebbe una

rare — — LA RIVOLTA DI PERUGIA NEL 1375 75

presenta a Urbano V, sbarcato sul lito di Corneto per far ritorno
a Roma, le chiavi delle città da lui conquistate in quattordici anni
di dura fatica, non sono tra esse quelle di Perugia, che sta ancora

.libera sul suo luminoso colle, benché il suo territorio sia andato

quasi tutto perduto. Era tuttavia la sottomissione di Perugia uno
degli scopi più immediati e più invitanti della politica di restau-
razione papale. Ce lo dice, sebbene in forma alquanto travisata,

anche una notizia contenuta. in una lettera della signoria di Fi-

renze ai Romani, ove si afferma che « soltanto la città di Perugia
attirava in Italia il sommo pontefice, nella quale, poiché eccel-
leva fra tutte le città della Tuscia, egli preparava la propria
stabile sede » (1). L'affermazione è senza dubbio in parte errata,
poiché il pontefice mirava invece a Roma, e aveva ogni migliore
intenzione di prendervi stabile dimora; è inoltre tendenziosa, per-
ché fatta a scopo polemico, per far desistere i Romani dalla loro
devozione alla Chiesa; ma, comunque, ha in sé tanto di vero,
che conferma l’importanza che il possesso effettivo di Perugia aveva
per 11 Papato.

I Perugini si erano potuti avvedere delle mutate disposizioni
della Chiesa nei loro riguardi, non solo dalla ostilità, più o meno

aperta, mostrata dall’Albornoz, ma dal comportamento del papa.

stesso, Urbano V. Quando si erano lamentati con lui del modo,
alquanto subdolo, con cui il cardinale si era impadronito di Assisi,
Gualdo, Nocera ed altri luoghi, dopo lo sfortunato scontro delle

più approfondita elaborazione, e per il nostro argomento è del tutto insuffi-
ciente. Non vi aggiunge molto di nuovo la Storia di Perugia di F. GuarDA-
BASSI (Perugia, 1933, vedi specialm. p. 208-214), che procede in modo troppo
sommario. Eppure questo è veramente il.punto « critico » della storia del co-
mune Perugino. — Un interessante indizio dell'importanza che Perugia oon-
tinuava ad avere nelle terre del Ducato, a inalgrado del sensibile scadimento
della sua influenza in quel tempo, ci è fornito da un documento citato dal

FannETTI (note al GRAZIANI, p. 189, nota 3). Quando Egidio Albornoz rivea-

dica alla Chiesa il diretto dominio su Spoleto, egli è costretto però a di-
chiarare che ció avveniva senza pregiudizio dei diritti di Perugia su quella città.
In bocca delrAlbornoz tale dichiarazione (se venne realmente data) ha molte
valore. Certamente di più di quel che non abbia la notizia del 1310, citata
a p. 101, nota 3; allora l'autorità della Chiesa sul proprio dominio era infi-
nitamente meno efficiente. Vedi Prrcnan, nota IX.

(1) A. GHERARDI, La guerra dei Fiorentini con papa Gregorio XI detta
la guerra degli Otto santi, in « Arch. stor. ital. », serie III, tomo V-VIIL
1907-8, doc. 140. Cf. anche più avanti, p. 135, n. 2.
er

16 E. DUPRÈ THESEIDER

truppe perugine con i mercenarii dell'Aguto (1), il papa — stan-

‘do al Pellini, che forse vide ancora il documento originale —, avreb-

be risposto che, se si doleva della morte di tanti loro concitta-
dini, non poteva che rallegrarsi della recuperazione delle terre
della Chiesa (2). |

Poco dopo essi avevano mandato ambasciatori alla Curia avi-
gnonese, per pregare il papa di venire a risiedere in Perugia;
e con ciò credevano forse di accattivarsene la benevolenza. Ma, al

tempo stesso, manifestavano ad Urbano V la loro riluttanza ad

entrare nella lega antiyiscontea che, per l'ennesima volta, era stata

stretta fra la Chiesa ed i suoi alleati, il 31 luglio 1367. Sosteneva-

no che il papa non potesse pretenderlo da loro, che erano stati sem-
pre devoti alla Chiesa ed avevano validamente contribuito con aiuti
militari all'impresa dell’Albornoz (3). Ma il papa non aveva vo-
luto intender ragioni, adirato; onde, il 18 agosto, Perugia era stata
costretta ad accedere alla lega. E tuttavia non aveva potuto fer-
mare il corso degli eventi, ché, l'anno appresso, si iniziava l'ul-

tima lotta fra la Chiesa e Perugia, « con molto danno d'una parte

e poca dignità dell’altra », come si esprime il Pellini.
«MCCCLXVII. Domandó el'santo padre miser lo papa ai
Perosini che libera voleva Perosia. Igli non gliela volette dare; de
che in breve se cominzó la guerra, e duró quello paese in guerra per
grande tempo, perché i Perosini aveva l'aitorio del signore de
Millano e de Toscana e Veniziani e Romani ocultamente ». Cosi
la cronaca malatestiana (4). Ma la cronaca perugina di anonimo
edita dal Fabretti a complemento di quella del Graziani, sposta
la data di un anno, affermando che nel settembre 1368 il papa

«cominciò a tentar di pigliar Perugia per la Chiesa» (5). La

(1) Sulla situazione determinatasi in Perugia dopo la sconfitta del 1367,
vedi MoN1EMARTE (R.LS., nuova ediz, vol. XV, 5) p. 233; NERI DI DowaTO
(R.I.S., nuova ediz, vol. XV, 6), p. 613, ecc. I rapporti di Perugia con
Urbano V al tempo di Carlo IV sono trattati con sufficiente informazione
e acuta critica dal PIRCHAN cit, specialmente nella nota CXXV (vol. II).

(2) PELLINI, 1, p. 1024.

(3) PELLINI, I, p. 1030.

(4) R.I.S., t. XV, parte II, nuova ediz., pag. 33. — MONTEMARTE, p. 235.

(5) Fondamentale per noi è la Cronaca detta Diario del GRAZIANI, edita
con copiosissime aggiunte, tratte da altre memorie di anonimi contemporanei,
in Cronache e storie inedite della città di Perugia, ecc., a cura di F. BONAINI,
‘A. FaBnETTL F. L. PoLipoRI, Firenze, 1850 :(« Arch. stor. ital.», serie I,
LA RIVOLTA DI PERUGIA NEL 1875 4d

seconda data è quella esatta. Dalla ricerca che Pietro Ba-

lan (1), con sussidio di molti documenti d'archivio, dedicó alle
vicende di Perugia nel biennio 1368-1370, risulta accertato che i
Perugini avevano, nell'agosto del 1368, cominciata l'opposizione
aperta contro la Chiesa.

Non si puó dire che fosse una vera e propria guerra, con fatti
d'arme degni di rilievo. Non troppe erano le forze della Chiesa, e
mancava ad esse una salda guida. Perugia aveva il netto soprav-
vento: ai suoi diretti servigi stavano truppe mercenarie tedesche,
al comando di «Flasko» di Reischach e di «Anneso» di Rieten (2),
ed inoltre essa poteva disporre delle forze dell’Aguto (3), invia-
te da Bernabò Visconti, e degli aiuti di Firenze.. Resta incerto il
contributo di armati che, secondo la cronaca malatestiana, avreb-

tomo XVI). Tale pubblicazione, arricchita di dotte note dai tre editori, non ha
perso affatto del suo valore; tuttavia sarebbe desiderabile che se ne facesse

. una nuova edizione, con più definito metodo critico (specie nei riguardi dei

manoscritti) e aggiornata con gli ultimi risultati della scienza storica. — La
citerò d’ora in avanti con il nome del FABRETTI o del GRAZIANI; il passo in
questione è a p. 86.

(1) P. BaraN, La ribellione di Perugia nel 1368 e la sua sottomissione
nel 1370, narrata secondo i documenti degli Archivi Vaticani, in « Studi e do-
cumenti di storia e diritto », 1880. Troppo unilaterale, perché si fonda quasi
soltanto sulla documentazione da parte pontificia, trascurando il ricco materia-

le offerto dalle cronache; presenta anche varie deficienze dal lato critico. .

Oltre a ciò, non si vale nemmeno di tutti i dati forniti dal Pellini, che pur
vide molti documenti ora scomparsi. — Vedi ora PiRcHAN, I, p. 422 sgg.

(2) Sono i capitani tedeschi Hans « Flaschen » von Reischach e Hans von
Rieten, per i quali vedi K. ScHAEFER, Deutsche Ritter und Edelknechte,
vol. II, p. 42. Sono rammentati anche dalle varie cronache del tempo, così da
SER GorELLO /RI.S, XV, 1); da NERI DI Donato (R.LS.. XV, 6); dal
Corpus, Chron. Bonon. (R.LS. XVIII, nuova ediz., p. 247, 249), ecc. —
Dal PELLINI (I, 1049), apprendiamo che essi erano stati prima al servizio
del papa, ed anzi avevano compito un brillante colpo di mano presso Arezzo,
catturando l'Aguto con tutti i suoi capitani, mentre veniva verso Perugia
che lo aveva ingaggiato; passati poi al soldo di Perugia, essa non ebbe che
da lodarsene (ibid., 1056-7). Cf. PrRCHAN, nota CXXVII, CXLIII.

(3) Alla fine del 1368 Perugia mandò segretamente Dinolo di Bindolo a
Milano, perché chiedesse aiuti a Bernabò; allora venne appunto assoldato
l’Aguto con 1200 cavalieri, forza veramente cospicua (PELLINI, 1044, 1046).
Nel Corpus Chron. Bonon., p. 248, si accenna al passaggio dell'Aguto per Bolo-
gna, con la sua gente; il perugino che è con lui è detto Bindo di Monaldo,
ma si tratta di Dinolo.
78. E. DUPRÈ THESEIDER

bero dato Roma e Venezia (1). Comunque, Perugia poteva a
suo agio scorrere le terre della Chiesa ed accrescere il numero
delle località sottomesse o in qualche modo sottratte alla sogge-
zione della Chiesa. Urbano V era aiutato da Giovanna di Napo-
li (2). | !

Nulla potendo il papa in contro la città, tentó di averia
per altra via, facendo leva cioé sulle discordie cittadine, non meno
vive in Perugia che altrove. Nel settembre o nell'ottobre. dello
stesso anno 1368 i reggitori della città scoprono le fila di una
congiura intesa appunto a dare Perugia in balia della Chiesa (3).
Quattro dei capi di essa vengono giustiziati. Fra essi era uno di
casa Baglioni, Monte di Cino. La nobile famiglia era assai grave-

“mente indiziata, e sedici di essa dovettero fuggire, tra i quali

Oddo, con i suoi figli e nipoti, e i loro beni vennero confiscati.
‘Naturalmente questo fatto destò le ire dei Perugini contro la Chie-
sa (4). Se ne vendicarono poi nello stesso anno, cogliendo il mo-

mento in cui il papa si trovava entro Viterbo (5) con. la Curia.

Si spinsero allora con le loro truppe fin sotto le mura delia città,
non per prenderla, cosa probabilmente non facile, sì bene per

N) Cico! i rapporti di Perugia con Venezia, cfr. Boni p. 1027. Nel 1367
tutti i Veneziani erano stati fatti cittadini di Perugia perchè Venezia aveva
liberalmente sovvenuto la città con 20.000 fiorini, -al tempo della guerra con.
tro gli Inglesi. Può darsi che l’accenno della Cronaca malatestiana si riferisca
appunto a tale forma di aiuto. Vedi anche pag. 113, nota 1.

(2) Sdegnati per tale motivo, i Perugini tolsero dal giuramento del
nodestà e del capitano del popolo la menzione della fedeltà a casa d'Angió
(PELLINI, p. 1048).

(3) FABRETTI, p. 208 e nota 5. Il papa fece ribellare anche Città di Ca-
stello (PELLINI, p. 1040); nel 1369. si scopri in Perugia una congiura, con
a capo il domenicano Crispolto da Bettona, per dare la città alla Chiesa
(PELLINI, p. 1055).

(4) Tipica l’espressione del cronista « Questo papa Urbano V non cessò
mai di molestarci per privarne di quella felice libertà che noi godevamo » (Fa-
BETTI, p. 209 e nota). Il papa era sdegnato per il supplizio inflitto ai quat-

‘tro congiurati. « Fecistis cedem de. devotis ecclesie Dei », avrebbe detto ai Pe-

rugini, vendicandosi poi col prendere prigionieri alcuni di quella città in As-
sisi (PELLINI, p. 1042).

(5) Cosi l'autore. delle prima vita di Urbano V (BALUZE-MOLLAT, Vitae
paparum avenionensium, I, p. 373). Il MONTEMARTE, p. 235, e il Corpus Chron,

| Bonon., p. 252, invece riferiscono l’episodio a Montefiascone. (cf. BALAN, p. 5
3 P ) P P

e nota). Non é possibile dirimere con esattezza la questione; del resto la di-
stanza tra i due luoghi è piccola.
LA RIVOLTA DI PERUGIA NEL 1375 ; 79

compiere all'indirizzo del papa una di quelle manifestazioni di
beffa che erano comuni nelle guerre di quel tempo, ma che, rivolta
‘al vicario di Cristo, acquistava particolare sapore e gravità. Di-
fatti papa Urbano se ne adontò profondamente, e, dapprima, in-
idusse il docile Carlo IV. a togliere a Perugia il vicariato imperia-
le sulle terre della Valdichiana, da Chiusi a Castiglione Aretino
(oggi Castiglion Fiorentino), il che avvenne il 13 giugno 1369 (1).
Inoltre, il 13 luglio, rifacendosi alle disposizioni di Giovanni XXII
contro gli invasori e perturbatori dello Stato della Chiesa, lanciò
l’interdetto sulla città, della quale enumerò in quella occasione
tutte le recenti malefatte, non dimenticando di affermare ch’essa
era direttamente soggetta «in temporalibus » alla Chiesa roma-
na. Poi ancora, nell’agosto, rinforzò la guerra (2).

Ma non ottenne con questa migliori risultati che con le ar-
mi spirituali: « andavano le cose de' Peroscini nel principio mol-
to prospere, et fece dubitare dello Stato della Chiesa», com-
menta: Francesco di Montemarte (3). Si provarono i Perugini ad
ottenere la pace e l'assoluzione dalla scomunica, che, bene o male,
gravava pur sempre sulla vita cittadina. Non la conseguirono (4).
Più tardi tentarono anche i Fiorentini, fedeli alla loro parte di

(1) THEINER, Codex diplomaticus dominii temporalis sanctae Sedis, II, n.
454. Sulla concessione, vedi PELLINI, I, p. 953 (con accenno all'epigrafe che fu
allora murata sulla facciata del Palazzo dei Priori).
| (2) BALUZE-MOLLAT, I, p. 372. La scomunica fu pubblicata il 13 agosto
| 1369 (ibid., p. 402). Vedi per tutto questo il BALAN, p. 8-9. Un anonimo perugi-
no riferisce la notizia all’aprile, ma il BALAN non accoglie tale data, che an-
che a me sembra anticipata. — Nel Corpus Chron. Bonon., p. 247, si ricorda
come il card. Anglico, il 6 marzo 1369, andasse a Roma «ancho per tratare
paxe tra la Chiesia e li Perosini». Forse era una sua iniziativa personale,
che non ottenne lo scopo, per la ferma volontà del papa; il 31 luglio (ibid.,
B : p. 251) egli fa ritorno a Bologna. Vedi il PELLINI, p. 1046, per un altro ten-

b: tativo di mediazione, nello stesso anno, da parte di un Orsini.

(8) Cronaca, p. 285. Aggiunge che, partitosi il papa alla voltà di Avignone,
« era la brigata di Peruscia piü forte che mai ». — Dal PELLINI desumiamo che,
Ki sempre nel 1369, erano stati eletti in Perugia i « Tre sopra la guerra».
i Va tenuto conto della sua narrazione della guerra, integrandola con i dati for-
niti dal cronista bolognese (Corpus Chron. Bonon., p. 251), che cr dice quali
erano le forze (più di 4000 cavalieri la Chiesa, più di 1500 Perugia), rile
vando peró che il massimo sforzo lo aveva fatto Bernabó: onde «la se diseva
puré: la guerra de misser Bernabó »!

(4) FABRETTI, p. 209: invio degli ambasciatori a Montefiascone, nel-
l'ottobre del 1369. « Non ottennero cosa nessuna, per la superbia » (del papa).
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80 E. DUPRÈ THESEIDER

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mediatori, di riconciliarli col papa, essi pure invano (1). Anzi,
Urbano V rinforzó le sanzioni spirituali contro i Perugini, che ve-
nivano ai suoi occhi sempre piü acquistando la figura dei ribelli,
tanto più che si erano collegati all'Águto, contro il quale, come
sappiamo, il papa era ogni tanto in lotta. Contro ess! fece bandire
in Italia la crociata dall'energico cardinale Pietro d'Estaing, noto
come il cardinale di Bourges, al quale aveva lasciato l'incarico

di condurre a termine l'impresa (2). Poi la guerra langui.

Il papa non era da molto tempo ritornato in Avignone, che
i Perugini, fosse stanchezza (« essendo i Peroscini stracchi et per-
so molte terre loro...» afferma il Montemarte), fosse piü sano

(1) 11 PeLLINI (I, 1051-3), indubbiamente appoggiandosi a documenti
ufficiali del tempo, riferisce dell'ambasceria inviata dai Fiorentini a Perugia
nel 1369 (novembre ?). In consiglio si discusse accesamente sulle loro pro-
poste e sulle pretese del papa, che Perugia abbandonasse la parte viscontea
e si sottomettesse alla Chiesa; sembra che Urbano V attribuisse quasi mag-
gior importanza al primo che al secondo punto. Da ultimo, i Fiorentini usci-
rono fuori con un'affermazione che irritó profondamente i Perugini: aver
essi intenzione di sforzarsi in tutti i modi per il mantenimento della pace,
anche adoperando le armi contro chi facesse contro. L'energico rifiuto di Dinolo
di Bindolo interpretó il sentimento generale. Subito dopo (9 dic.) i Fioren-
tini fecero lega col papa contro Bernabò; giustamente il PELLINI pone i due
fatti in correlazione. Sembra: che ne seguisse un raffreddamento nei. rappor-
ti fra le due città. Il BALAN (p. 11) non accenna a questa ambasceria, ma
solo a quella che andò poi a Urbano V, composta del resto delle medesime
persone. Egli non tiene affatto conto' del PELLINI, come già s'é notato.

(2) Cronaca Malatestiana (R.I.S., XV, parte II, nuova ed.), p. 33 «lassò
uno cardinale, el quale obtenesse la guerra ala città de Peroscia», e p. 34,
‘sul bandimento della crociata « sopra Perosia e generalmente sopra ogne per-
sona i quali guastasse o volesse guastare la santa Chiesa e soi subditi »
(cf. anche THEINER, II, n. 467). — Con maggiori particolari il MONTEMARTE,
p. 235: «fece il papa cardinale l'arcivescovo di Burges, al quale commise il
reggimento et tutti i fatti di Peroscia, che appartenevano alla brigata, et a
tnesser di Troana (?), e ’1 conte Ugolino [della Corbara] stette con la gente
della Chiesa sopra Cannaia et in quello di Peroscia ». Il FUMI, editore del te-
sto, non riesce ad identificare quel «messer di Troana»; può darsi che si al-
luda a qualche personaggio di.Thérouanne, più che di Rouen (che in ita-
liano suona Roana). — Anche il cronista bolognese, che loda le doti di guer-
riero del card. di Bourges, parla del nuovo indirizzo che questi dà alla guerra.
Perugia ha « grande carestia e forte », ha perso quasi tutte le sue fortezze,
non le rimangono che « pochi amisi, salvo che misser Bernabò » (p. 245).
Vedi poi anche il PELLINI. — Il Sozomeno (H.I.S., XIV, col. 1090) afferma
che Bernabò aveva aiutato Perugia con. un. prestito di 60.000 fiorini d'oro.

———————
consiglio, fosse infine l’opera di persuasione esercitata da Firen-
ze (1), si riaccostarono alla Chiesa, all'incirca nello stesso tem-
po in cui Bernabò iniziava trattative di pace con il cardinale An-
glico. A questo suo congiunto il papa conferisce, il 15 ottobre,
pieno mandato di ricomunicare i Perugini, concedendo ai loro
priori il vicariato papale sulla città per tutto il tempo della vita
di lui, Urbano, o per un periodo di tempo più lungo a suo arbi-
trio (2).

Così si giungeva alla solenne cerimonia del 23 novembre
1370, quando, in Bologna, il vicario papale assolveva dalla scomu-

(2) Il PerLINI (1058, 1064, 1077 sg.) documenta largamente le diffi-
coltà finanziarie in cui Perugia si dibatteva. L’intervento dei Fiorentini pres-
so il papa sembra essere stato particolarmente efficace. Vedi il docu mento VI
del BALAN: nel marzo del 1370 il papa scrive al card. Anglico che Berna-
bó gli ha mandato quattro « capitula » circa la pace che intende stringere
con la Chiesa. Il quarto tocca la questione dei Perugini, ma il papa non
vuole accettario, perché desidera che la riconciliazione fra la Curia e Perugia
avvenga soltanto essendo intermediarii i Fiorentini. Ciò conferma l'esattezza
delle parole del SozowENO, come sempre bene informato: « qui [Florentini]
a papa impetrarunt ut essent arbitri» (col. 1091, R./.S., XVI). Nel feb-
braio del 1370 vi era stato un tentativo fiorentino di mediazione presso il
papa; nell’aprile tentò la stessa cosa un ambasciatore «ragonese, ma si urtò
contro il malvolere dei Raspanti, fautori della continuazione della lotta; però,
nel luglio, uno di essi, Niccolò di Bettolo del Pelacane, provò. di accordarsi
con la Curia (PELLINI, 1062-72). Nel dicembre del 1370 (THEINER, II, n.
461), il papa dichiara che ha accolto ‘volontieri gli sforzi dei Fiorentini a fa-
vore di Perugia.

(2) Per tutta la storia di queste trattative, vedi il PELLINI (p. 1077-
1079), che informa delle curiose vicende che le. accompagnarono; nonché il
BALAN, non sempre esatto nella lettura dei documenti (specie dei nomi), e
non completo: mancano infatti i documenti XVI e XVII della sua raccolta,
tra cui il testo dell'aecordo finale, del quale dà peró un largo riassunto.
Anche il GRAZIANI, p. 210-214, ridà, ma in Volgare e ‘accorciato, il testo del
documento firmato a Bologna. Vedi anche BALUZE-MOLLAT, I, p. 393 « reco-
gnoverunt civitatem et districtum eorum ad ecclesiam romanam pertinuisse
ab antiquo et pertinere »., Nel corso del mese di dicembre fu tolto l'in-
terdetto. « Venne un certo abate con l'autorità di assolvere la città di Peru-
gia da tutte le scomuniche», narra l'Anonimo perugino, che aggiunge altri
particolari: vengono eletti a penitenzieri il vescovo Andrea (già fuggito dalla
città durante l’interdetto, cf. stessa fonte, FABRETTI, p. 209), l’abate di S.
Pietro; i priori di S. Domenico e di S. Agostino, il guardiano di S. Fran-
cesco; si convoca il consiglio generale « nel quale si trovarono più di duo-
mila uomini», e si dà lettura dei capitoli concordati a Bologna, che ven-
gono approvati. « Questa risolutione fu presa per lo meglio nostro » (p. 215).

LA RIVOLTA DI PERUGIA NEL 1375 81

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89 | E. DUPRÈ THESEIDER

nica i Perugini, rappresentati da quattro sindaci, di cui tre giu-
risperiti, e fra essi il famoso Baldo (1).

Il lunghissimo ed assai circostanziato atto suggellava in mo-
do inequivocabile la soggezione di Perugia alla Chiesa, ricono-
scendo quella cittadinanza che il pieno, integro, totale dominio
delia città, del eontado e del distretto loro, della comunità, del
popolo, delle singole persone di Perugia apparteneva di pieno
diritto alla Santa Romana Chiesa, cosi come era sempre stata e
perpetuamente doveva essere in proprietà e dominio mero e pie-
no del sommo pontefice, in libera e generale amministrazione ed
a disposizione di lui e dei suoi successori In piü, il comune
accettava una serie di obblighi molteplici, si impegnava a resti-
tuire terre e castelli indebitamente tolti, garantiva l'indisturbato
ritorno in città dei fuorusciti. Di essi si dà l'elenco nominativo,
del più grande interesse. Sono piu di 140 nomi, tra nobili e popo-
lani; tra essi, naturalmente, i Baglioni, e molti altri che si ri-
troveranno poi fra i personaggi del tempo della ribellione (2). In
cambio ed a compenso della sottomissione, i priori ottengono
il promesso vicariato della città, che è accordato per la durata della
vita del pontefice, e condizionato all’obbligo del pagamento di
un censo annuo di 3000 fiorini d’oro (3).

Tale concessione aveva parecchia importanza, perché lus
ai Perugini ancora un certo margine di autonomia, e risparmiava
loro l’incresciosa presenza in città di un prelato straniero nella
carica di vicario, cioè di effettivo signore. Ma la buona intenzione di
papa Urbano non si tradusse in effetto, ché egli moriva, non molto
dopo l'aecordo di Bologna, il 19 dicembre 1310.

Al suo successore; Gregorio XI, non mancarono i Perugini di

^

(1) Era in buoni rapporti con la Curia, tant'é vero che, essendo dei
Tre della guerra nel marzo del 1370, aveva dovuto dimettersi, perché era
nato il sospetto che se la intendesse col papa. Almeno, così narra il PELLINI (p.
1063; cf. anche p. 1077 sg.). Sappiamo che era stato maestro del card. Roger de
Beaufort, poi Gregorio XI.

(2) Sul ritorno dei fuorusciti, vedi PELLINI, p. 1088-9. Nei patti era
prescritto anche ;che venissero cancellate in Perugia « omnes picture facte vel
depicte in infamiam dictorum exiticiorum » . (BALAN, p. 71, rigo 19-20).

(3) Esatto come sempre il SozoMENo (col. 1091). - Il cronista bolognese,
evidentemente non troppo bene informato del contenuto dell'atto, dopo aver
affermato «la Chiesia non havea perzò la signoria de Perosa» (ciò
che è inesatto), aggiunge « mandogli pure podestà et capitanio et altri assai = ice

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V.

LA RIVOLTA DI PERUGIA NEL 1375 i 85

mandare immediatamente i loro ambasciatori (1), per riverirlo
e per chiedergli la conferma del vicariato concesso da Urbano V.
I Fiorentini ne appoggiarono caldamente la preghiera, ma il papa
non volle accedervi se non a condizione che i Perugini avessero

| prima raccolti in città i fuorusciti. Ciò fu fatto, nel febbraio (2);

gran pacti al piasere della Chiesia, imperzó che grande guerra
era stata fra loro». Mi sembra che fra le due asserzioni vi sia contraddi-
zione; e poi è inesatto che la Chiesa imponesse a Perugia, o che questa
offrisse al vicario, la nomina pontificia del podestà e del capitano del popolo;
il vicariato che i Perugini chiedevano, escludeva appunto che la città fosse
retta da ufficiali di nomina papale. Notevole è un altro ‘punto: « et è vero
che l’era zunta la terra in male partito, et si'era stata forte guerra, ch’.ella
era durata dal mecclxvij de marzo infino a questo di, che fu xvj de novem-
bre ». Secondo lui, dunque, la guerra era cominciata al tempo dell’Albornoz;
€ la stessa affermazione della Cronaca Malatestiana.

Il GuaRDARASSI, Storia di Perugia, p. 222, è d’opinione che non fosse
stato posto in chiaro se il vicariato « dovesse sussistere solo durante la vita
del papa Urbano V, o in perpetuo ». Ma mi sembra che il documento XV
edito dal B^LAN, che comprende la delega e le istruzioni definitive per i quat-
tro ambasciatori destinati ad andare a Bologna, si esprima con sufficiente
chiarezza. Si promette la corresponsione dei 8000 fiorini annui come censo
« pro vicariatu regimine seu rectoria administratione et gubernatione dicte
civitatis Perusii. et pro ‘omnibus et singulis introitibus redditibus et pro-
ventibus civitatis... eis in dicto vicariatu concedendis et committendis.. ad vi-
tam eiusdem domini nostri pape dumtaxat, vice et nomine dicti domini nostri
pape et Ecclesie romane» (pag. 66, rigo 15 sg.). Poi, più esplicitamente, a

. (9, rigo 30 sg.: con la consegna delle ehiavi della città ai commissarii del
: , rig g

apa si intende che «cum quibus quidem clavibus dicti commissarii prio-
1 3 I

‘ ries de vicariatu predicto eis concedendo ad vitam dicti nostri do-

mini Urbani pape quinti habeant postea investire ». E° noto che i più po-
tenti comuni avevano la precauzione di concedersi in signoria al papa, od al suo
rappresentante (l’Albornoz, per esempio, accettò in moltissimi casi questa for-
mula), come a persona fisica, e soltanto per la durata del suo pontificato, ri-
serbandosi di rinnovare l'atto di dedizione con il suo successore. E' chiaro
che non volevano precludere la via ad una eventuale rivendicazione a libertà,
ove i tempi fossero vólti propizii. Cosi anche i Perugini. Per quanto potes-
se sembrare importante che essi si assicurassero la perpetuità della conces-
sione del vicariato, é evidente che essa avrebbe significato anche la perpetuità
del. riconoscimento della signoria della Chiesa; e questa appunto i Perugini
volevano. evitare,

(1) Vedine i nomi nel PELLINI, p. 1088. Le vicende dell'applicazione
dell'aecordo sono esposte minutamente da lui, da p. 1081 a p. 1085: li risar-
cimento dei fuorusciti fu causa di grave imbarazzo finanziario: Venezia aiutò
ancora una volta, prestando 20.000 fiorini (p. 1091).

. (2) Ne dà i nomi l'Anonimo perugino (FABRETTI, p. 215).

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84 E. DUPRÈ THESEIDER

ma non per questo i Perugini riebbero il vicariato, che fu invece
affidato al cardinale di Bourges. Questi entró in Perugia il 19 mag-
gio (1), accolto con i debiti onori, e prese possesso della città
in nome del pontefice.

Non sappiamo esattamente che cosa sia nn in Perugia nei
tre o quattro mesi che precedettero la venuta del cardinale. Pro-
babilmente parte della cittadinanza, informata della irremovibile de-
terminazione del papa di ridurla a compiuta sudditanza, non era
aliena dal resistere. Ma non trovò più chi l’aiutasse, e si aggiunse,
a fiaccarla del tutto, una grande carestia. Afferma il Sozomeno
che il cardinale « de Burgi » si giovasse appunto di tale favorevole
circostanza, e si accordasse segretamente con i fuorusciti nonché
con alcuni dei cittadini, riuscendo infatti che i Perugini lo eleg-
gessero loro signore «ut haberent abundantiam annonae», cioè
perchè cessasse finalmente la carestia (2). Anche un altro cronista,
che ha il grande pregio di essere stato assai vicino agli avveni-
menti di quegli anni, sia direttamente, sia attraverso persone di
sua famiglia, voglio dire il conte Francesco di Montemarte, confer-
ma l'esistenza dell’accordo con i fuorusciti. « Essendo i Perosci-
ni stracchi et perso molte terre loro, si condussero in pace con
la Chiesa, et rimisero tutti gli usciti; li quali, come furo dentro,
per mezzo di monsignor di Burges cercaro voler dare Poroscia
liberamente alla Chiesa ». Il cardinale manda immediatamente ad
avvisare il papa di questa congiura, ed a chiedere di poter agire,
sia in Perugia, sia in Todi, dove aveva ordito un analogo « tratta-

(1) Sui particolari dell'ingresso, vedi FABRETTI, p. 216, nota 1. — Il
7 luglio 1371 Gregorio XÍ scrive a Perugia congratulandosi per essere la
città ritornata alla Chiesa (THEINER, II, n. 518).

(2) Sozomeno, col. 1091. - Vedi anche la narrazione del cronista bo-
lognese (p. 265). Il 20 marzo (in realtà: maggio) «venne lectere et sonó
le campane che Ja città de Perosa s'era accordata cum la Chiesia: et si eb-
bono la.signoria libera e sbrigata, et sì gli la dede li cittadini
del populo minuto, perché e’ non possevano vivere, tanta era la gran cha-
restia; ché, benché fusseno aconci cum la Chiesia, quello cardinale ch'era
là non li lassava andare vittuaria di suo terreno ». Lo conferma il PELLINI,
p. 1092: Il cardinale, pregato di concedere la «tratta» del grano dalle terre
.della Chiesa, cioè il permesso di esportazione, tergiversa così a lungo,
da dare veramente l’impressione che contasse su questo argomento per ridurre
Perugia al suo volere. Quando i suoi commissari andranno nella città, la
prima cosa che faranno, sarà appunto di promettere come imminente l'ar-
rivo del grano. S df

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LA RIVOLTA DI PERUGIA NEL 1375 85

to». Il papa risponde che è contento, e allora, nel maggio «fu
fatta novità in Peroscia et furo cacciati i Raspanti dalli gentilho-
meni i quali sono entrati, et mandaro subito per il cardinale,
quale subito gi a Peroscia, et fulli data libera la signoria pér
la Chiesa» (1).

Una versione alquanto diversa troviamo invece presso un cro-
nista solitamente degno di fede, il senese Neri di Donato. Secondo
lui, la sollevazione che decise della sorte di Perugia sarebbe sta-
ta iniziata ad opera’ di elementi popolari; e ciò non man-
ca di essere plausibile, perché gli strati più poveri della po-
polazione sono appunto quelli che, in occasione di carestia, più
facilmente si abbandonano ad eccessi. Ecco il suo racconto. « In Pe-
rugia a dì 16 di magio si levò uno rumore apenatamente: cominciò
in piaza per gente lavorante di lana, forestieri masnaderotti, e

gridaro « Viva la Chiesa e ’1 popolo ». E fuvi morti quattordici di

nome, e arse case, e poi vi si fe’ sacco. E così ebbe la Chiesa
Perugia. E li Sanesi e’ Fiorentini ne dimostraro malcontenti, e
dolenti di tal cose tutti li buoni cittadini. E li Salimbeni e li
Dodici di Siena ne mostraro allegrezza e loro brigate, e molto a
la scoperta ne parlavano e dimostravano » (2).

In senso analogo il cronista perugino anonimo. « Non molta
doppo, adi 16 di maggio, si radunò il conseglio generale, per rispet-
to del legato di papa Gregorio XI, il quale stava a Todi, perché
molti della fazzion de’ Raspanti volevano che ’1 detto legato venisse
a Perugia, e nel principio non volevano. Onde in questo consiglio
qui a Perugia, doppo molto dettosi, ritornarono a casa per l’armi;
et quinci e quindi si vedeva uscire il popolo con l'arme in mano
gridando « Viva il populo», et in un subito andar in casa di
messer Guglielmo dottore e giudice... e questo fecero, perché essen-
do egli un dei tre sopra la guerra, sempre s'era opposto al papa
e alla Chiesa ». Seguita il cronista descrivendo la serie di incen-
di, di saccheggi fatti nella notte a danno dei Raspanti, dei quali
menziona nominatamente circa una ventina (3).

Molti particolari su questo estremo momento della libertà pe-
rugina leggiamo nel Pellini, il quale, come abbiamo già detto più

(1) MONTEMARTE, p. 238.

(2) NER: DI DowaTO, p. 639. Vedi più avanti, circa le relazioni di Pe-
rugia con Siena, e della Chiesa con i Salimbeni.

(3) FABRETTI, p. 215-6; da controllare ‘con il PELLINI.

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86 E. DUPRÈ THESEIDER

volte, ebbe assai probabilmente a sua disposizione atti ufficiali
e cronache coeve, che oggi piü non si hanno. La sua narra-
zione coincide in parecchi punti con le testimonianze che abbiamo
esaminate e le collega fra loro, aggiungendo copia di elementi nuovi.
Andati a Gregorio XI gli ambasciatori perugini, sul principio del
1371, oltre che per congratularsi con lui per l'avvento al triregno,
soprattutto per sollecitare la conferma dei patti stretti con Urba-
no V, la situazione apparve tosto del tutto mutata. Il papa, già
di per sé mal disposto verso l’Italia, comunicò loro che non rite-
meva di poter rinnovare la concessione del vicariato, che non
tornava a molto onore della Chiesa né a suo interesse. Nello stes-
so tempo, mandó al cardinale di Bourges l'ordine di recarsi a Pe-
rugia per assumerne il governo, in qualità di «riformatore », e
della stessa decisione rese consapevoli i priori perugini. L'arrivo
dell'ordine papale desta.vivo fermento nella città. I Raspanti, se-
condo il loro solito, sono nella maggioranza per la continuazione
della lotta, ma la cittadinanza 6 ormai stanca, sente acutamente
la carestia, è allarmata perché la Chiesa, nel suo metodico proce-
dere, le ha tolti tutti i castelli che tutelavano il dominio peru-
gino; insomma, ha il senso della ineluttabilità degli eventi. Per-
tanto i magistrati decidono di tenere, come è consuetudine, il
consiglio generale che dovrà prendere la grave decisione, e lo in-
dicono per il 16 maggio. Poiché non tutta la popolazione à d'ac-
cordo, gli uomini di Porta S. Angelo si radunano per loro
conto nella chiesa di S. Agostino e sotto la guida di Francesco
degli Arcipreti; sono presenti anche i due commissarii che rap-
presentano il cardinale, i quali — certi della favorevole piega delle
cose —, calmano il popolo eccitato e con esso vanno al consi-
glio. Ivi interviene anche il nipote del cardinale, tale messer A-
ronne (?), che fa leggere le due lettere papali, poi dice da parte
del cardinale che verrà a Perugia soltanto se accetto al popolo.
[ presenti acclamano; si ode dire che il popolo stesso vuole la

dedizione, e non che i Raspanti ne abbiano il vanto. Grida di

gioia salutano l'annuncio che il cardinale ha disposto perché la
città sia rifornita immediatamente di granaglie. Ormai il rappre-
sentante del cardinale ha partita vinta; si sente tanto sicuro che
propone egli stesso, in luogo dei priori, i seguenti « partiti »: che
il cardinale venga accolto in Perugia; che i fuorusciti siano fatti
rientrare tutti in una volta, invece che a scaglioni, come era stato
previsto nei patti di Bologna; che coloro che hanno patito danni
t

LA RIVOLTA DI PERUGIA NEL 1315 87

& causa dei precedenti tentativi e « trattati » vengano risarciti
a spese del comune. Il popolo approva senza esitare anche que-
ste piü gravi condizioni.

La soggezione alla Chiesa è un fatto compiuto; il tumulto che
segue, e che tinge tutta la notte di fiamme, non è che la logica
conclusione del cambiamento di rotta. 1 Raspanti, che, bene o
male, avevano impersonato il libero spirito comunale, anche se,
come in quei tempi non era evitabile, impresso di faziosità, hanno
perduto la partita. Vi sia stata o no una congiura che preparo
e spianò la via al cardinale (ed è probabile, a giudicare da molti
casi analoghi, la prima ipotesi), è chiaro che essi, che rappresenta-
vano in Perugia il « popolo grasso », frammisti -ad elementi della
nobiltà e del popolo minuto, ebbero contrarii i nobili, fuorusciti
per la più parte, ed il popolino, che risentiva più duramente le

o

conseguenze economiche della lunga e sterile resistenza; non fa
meraviglia che, contro essi, tumultuassero — come ci. testimonia
Neri di Donato — i lavoranti dell'arte della lana, qui, come in
Firenze ed in Siena, sempre pronti ad agitarsi ed a scendere in
piazza.

A conclusione di questi avvenimenti, il cardinale Pietro di
Estaing venne dunque a Perugia e proclamó subito che reggeva
la città per la Chiesa, e senza alcuna condizione a favore dell'au-
tonomia cittadina. Tale il senso delle espressioni, del tutto simili,
delle eronache che abbiamo esaminate: « ebbe la Chiesa Perosia
liberamente », « fulli data libera la signoria per la Chiesa » (1).
E così per Perugia si chiudeva il secolare periodo della libertà.
Il bianco grifone era incatenato (2).

(1) Cron, Malatest.. p. 34; MONTEMARTE, p. 238. — Può chiarire viep-
più questo concetto il passo del GRAZIANI, p. 181, che parla della sotto»
missione di Montepulciano nel 1355: « Venne in Peroscia lo scienteco del
ditto comune con lo scientecato. piena (sic), con la carta bianca, dicendo:
al comune de Peroscia che scrivesse tutte gli patte che ad esso piaccia ».

(2) Vedi la Cronaca rimata di Ser GonELLo (R.L.S. XV, parte I, nuo-

va ed. p. 67-70) « Poscia che fu di sua virtute stanco — per i suo’ vitii
arroganti e superbi, — en servitù divenne el grifon bianco. — Perdendo assai
de sue carni et nerbi, — fu coronato con suo grave danno — per suoi
peccati crudeli et acerbi, — et stette ben cinque anni a tale affanno, — di

sua grandezza al tutto disceso, — sedendo sotto altrui nel basso. scanno ».
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88 E. DUPRÈ THESRIDER

Prima cura del nuovo signore di Perugia fu quella di costruirsi
un forte punto d'appoggio, onde garantire una volta per sempre
alla Chiesa il possesso della fiera città. Iniziò pertanto la costru-
zione della cittadella di Porta Sole, che, esattamente come le
rocche delle altre città dello Stato Pontificio, dal punto più alto
dell’abitato avrebbe dominato Perugia, garantendone al tempo stes-
so la tranquillità e l'obbedienza (1).

Non sappiamo come i Perugini si adattassero sotto il nuovo
governo; sembra che il cardinale avesse la mano pesante e non
curasse troppo di accattivarsi le simpatie dei nuovissimi sudditi,
così disavvezzi ad obbedire. Ci consta, è vero, che il luogotenente
generale del cardinale, il conte Ugolino da Montemarte, era ben
visto ed onorato « da tutti i gentilhomeni e plebei di Peroscia » (2).
Ma il primo atto del cardinale fu di far confinare settanta citta-
dini «a suo beneplacito » (3). D'altronde, la permanenza di
Pietro d’Estaing in Perugia non fu di ‘lunga durata. Il Sozomeno
sostiene che essa avesse termine per motivi politici. I Fiorentini
si erano molto dispiaciuti, afferma egli, che con la caduta di Pe-
rugia, la potenza della Chiesa si fosse così avvicinata ad essi, ed
avevano convocato in Firenze un convegno dei comuni toscani
«ut Ecclesia non extenderet vires suas in ‘Tuscia ». Doveva strin-
gersi una lega, ma Pisa e Siena non volevano entrarvi se non vi
fosse compreso anche il papa. Allora questi mandò a Firenze un
suo legato (Alfonso vescovo di Jaen), e la lega ‘fu fatta. Poi
Gregorio XI, «ut removeret suspicionem a, Florentinis » (la sua
costante preoccupazione!), allontanò il cardinale di Bourges da Pe-
Giova osservare che parla così un Aretino, tradizionalmente ostile ai Perugini.

Nelle terzine precedenti egli fa, un po’ a modo suo, la storia della lotta di
Perugia contro la Chiesa.

(1) Nell'agosto il cardinale prende dimora nella casa di Niccolò di.

Pone (de' Ranieri?) e comincia a costruire la fortezza, secondo il PELLINI (p.
1111), che peró avverte non essere tutti gli autori d'accordo, nel ritenere che
fosse il Burgense ad incominciare la fortezza.

.(2) MONTEMARTE, p. 238. Il cronista è però parente di Ugolino.

(3) FABRETTI, p. 217. Un certo interesse, come indizio dell’animo della
«cittadinanza, ha la notizia raccolta dal PELLINI (p. 1104), ma non sap-
piamo da qual fonte: in Perugia si era sparsa la voce che il cardinale fosse
del lignaggio di Gano di Maganza!

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LA RIVOLTA DI PERUGIA NEL 1375 89

rugia (1). Alla fine del 1371 questi l'abbandonava per portarsi
a Bologna, dove egli entrava il 17 gennaio 1372, per succedere al
cardinal Anglico nella carica di legato e vicario generale per Bo-
logna e la Marca. Il suo posto a Perugia venne occupato da Filippo
di Cabassoles, detto il cardinale di Sabina perché portava quel
titolo episcopale, o il cardinale di Gerusalemme. Breve ancor piü
fu il governo di questo, ché egli moriva già il 27 agosto, in Perugia
stessa (2). | :

Fu allora la volta di Gherardo du Puy, abate del cenobio
benedettino di Monastero maggiore (Marmoutiers, nella diocesi di
Tours). Era egli venuto in Italia con la carica di collettore genera-
le (« generale thesoriero et ricettore della Chiesa in Italia », dice
il Montemarte), ma la scomparsa del Cabassoles lo aveva por-
tato di colpo all’alto grado di «rector et gubernator generalis »
di Roma, del Patrimonio di S. Pietro in Tuscia, del Ducato Spoleta-
no, della Campagna e Marittima nonché della città di Perugia e di
« nonnullarum aliarum terrarum romane ecclesie in partibus Italie
insistentium » (3). Nella scelta di lui a tale posto, più che la con-

‘(4) Sozomeno, col. 1091. Deriva forse da lui il PELLINI {p+1113),
che però specifica meglio, che la causa dei sospetti dei Fiorentini era stata la
serie dei complotti orditi dal cardinale, o da lui favoreggiati, per dare alla
Chiesa Cortona, Siena (attraverso l’opera di Cione de’ Salimbeni) e Ca-
merino. Aggiunge poi lo stesso (p. 1115) che il papa, vedendo Bologna mi-
nacciata dal Visconti, preferì mandare là l'attivo ed energico cardinale, so-
stituendolo in Perugia, ormai tranquilla, con il Cabassoles. E’ una inter-
pretazione che convince.

(2) Pietro d’Estaing fu nominato vicario di Bologna il 19 maggio 1371
(Reg. Vat. 274, c. 41 B); Anglico Grimoard venne richiamato in Curia il 25
giugno (TneInER, Il, 515, 527). Ma dal Corpus Chron. Bonon., p. 261-262,
risulta che il passaggio dei poteri avvenae in Bologna soltanto nel gennaio

del 1372. Vedi anche BaLuze-MoLLat, I, p. 393. — Sull’arrivo a Perugia
del Cabassoles, FABRETTI, p. 217, n. 2; PELLINI, p. 1119, e sul suo governo,
p. 1120-1123. — Dal Reg. Vat. 268, c. 260B e 261, apprendiamo che, come

scrive il papa, il 27 aprile 1372, a Gherardo (ma perchè a lui, che non era an-
cora vicario della città?), un'ambasceria di Perugini composta di France-
sco degli Arcipreti, Francesco « Bertholi » dottore in legge, Nicolò di Pone,
Pelino de’ Baglioni, Giovanni de Varzis, Giacomo di Andruccio (dunque nes»
sun popolare!), è venuta a lui, che l’ha molto gradita.

(3) Per la titolatura di Gherardo, vedi Reg. Vai. 266, c. 29 «in Urbe
et eius districtu necnon in provinciis Ducatus Spoletani ac Patrimonii b.
Petri in Tuscia, Campanie et Maritime, ac in Perusina, Tudertina, Urbevetana,
Civitatiscastelli, Narniensi, Interampnensi et Reatina civitatibus eorumque comi-
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90 |‘. E. DUPRÈ THESEIDER

siderazione della sua competenza, valse la circostanza ch'egli s'era
trovato in Perugia al momento della morte del Cabassoles (1), e
più ancora il fatto che egli era parente del papa, Gregorio XI, il

«quale notoriamente fu assai indulgente verso i proprii parenti e li -

aiutò. (del resto secondo le consuetudini avignonesi e peculiar-

mente dell'ambiente limosino) a raggiungere influenti e lucrosi po-

sti. Sembra ch'egli avesse una particolare simpatia per Gherardo.
Con lui venne a Perugia Gomez Albornoz, nipote del grande car-
dinale; era stato nominato duca di Spoleto (denominazione ormai
vuota di senso, ché il Ducato non esisteva ormai più che come or-
ganismo territoriale-amministrativo) e governatore di Perugia «nel-

le cose dell'arme » (2).

Scorrendo le fonti del tempo, e non soltanto le perugine, la
cui testimonianza potrebbe ritenersi partigiana, si riceve l'im-
pressione che Gherardo, fra i rappresentanti della Curia in Ita-
lia ai quali andava l'avversione delle città e delle popolazioni sot-
tfomesse, sia stato effettivamente uno dei più aborriti. I modi da
lui tenuti in quel posto di sì alta e delicata responsabilità, furo-
no tali, a quanto sembra, che i Perugini rimpiansero ben presto
la perduta indipendenza. La cronaca di Reggio, che si sofferma al-

quanto a parlare di lui, e lo definisce « homo malae conditionis », .
gli attribuisce alcune azioni detestande, ad esempio delle qua-

li narra due episodi avvenuti sotto il suo governo. Veramente, essi
toccano solo indirettamente l'abate: hanno per protagonista un
suo. congiunto, il quale, a quanto pare, si compiaceva in avven-
ture galanti piuttosto inopportune, insieme ai suoi compagni fran-
cesi, destando lo scandalo ed il risentimento della onesta citta-
dinanza perugina, tanto piü che l'abate apertamente proteggeva

tatibus et districtibus, ac comitatu Sabine et Terris Arnulphorum necnon in
Stronconis, Utriculi, Carbi, Sartiani et Cetonii castris, ad nos et Romanam ecele-
siam nullo medio pertinentibus, pro nobis et ipsa ecclesia etiam in tempora-
libus, vicarius generalis », Nello stesso documento il papa lo nomina, « vica-
rium ac reformatorem et conservatorem pacis et paciarium generalem » (bolla
data da Salon, 4 giugno 1374). Precedentemente il suo titolo era stato « Ge-
raldus abbas Maiorismonasterii prope Turonis, fructuum et proventuum Ca-
mere apostolice in Italia debitorum receptor generalis » (Reg, Vat. 265, c. 58).
— Sulla sua parentela con Gregorio XI, BALUZE-MOLLAT, II, p. 692.

(1) FABRETTI, p. 217. Dal documento I, che riproduco in appendice,
risulterebbe che la nomina di Gherardo. fu, in un primo tempo, considerata
come provvisoria. :

(2) PELLINL p. 1117. Indica anche quale era la residenza dell’Albornoz. LA RIVOLTA DI PERUGIA NEL 1375 91

il proprio ‘parente e si rifiutava di accordare giustizia a chi contre
di lui la chiedeva (1).

Forse, gli episodi riferiti dalla cronaca reggiana non sono au-
tentici e si tratta di malevole invenzioni, diffuse ad arte per acere-
scere l'odio dei Perugini contro l’abate di Monmaggiore. E?
certo, ad ogni modo, che questi era sommamente inviso alla
cittadinanza, come prova anche un giudizio di Francesco di Monte-
marte, al quale non va negato credito, come a chi fu assai vicino
a Gherardo ed al suo ambiente: « L’abbate del Maggiore Monaste-
ro, vicario della Chiesa in ‘Peroscia, e nelle parti di qua, cioè
del Patrimonio e Campagna, cominciò a tenere modo molto strano e
non usato dagli altri legati, di gravare ogn'uno più dell'usato e di
non far conto di niun gentilhomo, signore, commune, de' chie-
rici e di qual stato e condittione si voglia, e levò dal consiglio
suo ogni valenthomo; con i quali i suoi antecessori sempre si
governorno e ressero le provincie, solo secondo una mano de’ no-
tarii, quali le teneva conto. Per le tante soperchierie e spiacevo-
lezze che fece, e in particularità a un certo Ceccone notaro, si

(1) Chron. Regiense (R.I.S., XVIII, col. 85). Quel tale nipote aveva
insidiato l'onore della moglie di un nobile perugino e, nel corso dellavven-
tura, la donna era sciaguratamente perita. « Volat hec fama per urbem et
apud abbatem per cives fit querela, quibus respondit: « Vos Italici credi-
tis quod omnes Gallici sint eunuchi », et sic eos expulit». Un'altra volta
quello stesso rapisce una donna, e l'abate lo condanna a renderla al marito...
di li a cinquanta giorni! — Il GUARDABASSI, p. 226 (probabilmente riprenden-
do una giusta riflessione del PELLINI, p. 1143) tende ad attenuare le colpe
dell'abate, ed é contrario alle « declamazioni intorno alle sue angherie e alla
sua crudeltà », invitando a tener conto, invece, sia delle circostanze nelle
quali egli dovette reggere Perugia (e si trovó costretto a gravar la mano sulla
cittadinanza riottosa), sia delle prove di clemenza (scarse, però!) che a-
vrebbe date, stando al Pellini. E ovvio che nemmeno io dò troppo peso alle
chiacchiere del Gazata, che possono esser persino del tutto inventate; ima è inne-
gabile, anche, che se « invece di riprodurre affermazioni non ponderate », noi,
seguendo il consiglio del Guardabassi, ci daremo a «raccogliere e conside-
rare le notizie che ci offrono i cronisti», vedremo che, giust'appunto queste,
sono tutte, senza eccezioni, contrarissime all’abate. Non v'é, credo, una sola
fonte del tempo che dia su lui un giudizio che non suoni condanna. An-
che concedendo all'abate molte attenuanti, resta accertato che egli fu ben al-
tro che un buon rappresentante di papa Gregorio XI.
99 E. DUPRÈ THESEIDER

fece rumore et ribellosse Orte, et di poi il prefetto, che entró in
Viterbo e ribellollo ». ecc. (1).

Al giudizio di Francesco di Montemarte possiamo aggiungere
anche quello del cronista bolognese, che, da tutta la sua narra-
zione, risulta essere molto bene informato sulle vicende di Peru-
gia. Secondo lui, l'abate «era mal signore et strano, et per le
sue male opere li cittadini se missono a fare questo» (cioé la ri-
volta);. accenna poi al vescovo di Boulogne (ne riparleremo piü
avanti) «lo quale era tesoriero della Chiesa et era andato per
rivedere li mali facti che feva questo abade, che, de ben facti che'l
trovò, egli ridusse a mal fare, come male homo ch'ello era » (2).

Lo stato d’animo dei Perugini trovò espressione nelle : pro-
fezie di un singolare personaggio, il beato Tommasuccio da Foli-
. gno o da Nocera. Già al cardinale Albornoz egli aveva avuto cam-
po di annunciare, sia che avrebbe ridotto a: soggezione il Ducato
di Spoleto e debellato i Perugini, sia che « morrebbe tosto e vi-
verebbe poco tempo, per la sua crudeltà e superba e aspera si-
gnoria: e così fu che poco vivesse poi ch'ebbe acquistata Perugia
e l’altre terre », commenta frate Giusto della Rosa (l’autore della
leggenda del beato), non molto esattamente, ché non si può proprio
dire che PAlbornoz abbia conquistata Perugia, anche se vi pose il
piede. In modo analogo il beato si sarebbe rivolto, pochi anni ap-
presso, forse nel 1373, all’abate. « Tu sarai poco tempo signore

. di Perugia per li toi peccati e aspera signoria che fai». Come ri-
sposta, Gherardo si sarebbe accontentato di cacciare da Perugia il
non gradito profeta (3).

Il Baluze, che difende a spada tratta tutto ciò che si riferisce

pics de mio asc EG US sn

(1) Pag. 240. Seguita a parlare dell'inizio della rivolta nello Stato del-
la Chiesa. Incomprensibile è la frase « solo secondo una mano de’ notarii », che
tuttavia né il primo editore della cronaca, il Gualterio, né poi il Fumi han-
10 ereduto di dover spiegare od emendare. Il senso di essa è però chiaro:
l'abate aveva allontanato da sé tutti i migliori Perugini e tra essi il conte
Ugolino da Montemarte (ciò può spiegare il risentimento del cronista, che ne
era parente), e .si valeva e si fidava soltanto dei notai che gli tenevano le
registrazioni.

(2) Corpus Chron. Bonon, p. 301.

(3) La leggenda del b. Tommasuccio da Nocera scritta da fr. Giusto
della Rosa, ed. M. FALoci PuLIGNANI, Gubbio, 1932, p. 27, 32, 62. Il PELLINI
(p. 1105-6) rammenta anche una profezia di Tommasuccio formulata subito do-
po l’inizio del governo del card. di Bourges..
LÀ RIVOLTA DI PERUGIA NEL 1375 93

ad Avignone, cerca di.scagionare Gherardo dalle accuse che i con-
temporanei gli muovono. Ma esse sembrano essere giuste, nel
loro complesso. Alle parole delle cronache si aggiungono le ine-
quivocabili espressioni dei documenti ufficiali, che vedremo fra
poco: le lettere di Firenze, le registrazioni degli « Annali decem-
virali» perugini, le lettere della Curia.

Vi. è poi ancora una testimonianza più tarda, ma non da
trascurare. Uno dei tanti che deposero pro o contro i papi con-
tendenti durante il grande scisma di Occidente, il vescovo Garcia
Martinez, afferma che Urbano VI si era un giorno sfogato con
Gherardo, ormai da tempo cardinale, « pro eo quod male se ha-
buerat in vicariatu et regimine Perusii» (1). E’- vero che la fon-
te, essendo di parte urbanista, può essere accusata di parzialità,
ma la testimonianza ha una forma così incidentale che non credo
si possa dubitare della sua attendibilità.

Non appena nominato, l'abate, dopo aver demolito la mag:
gior parte delle costruzioni che erano sul monte di Porta Sole,
diede opera alla continuazione (2) della rocca, « che si chiamava
cittadella » e che divenne «la più bella fortezza che fosse in Ita-
lia», come dice l'anonimo cronista perugino, al quale dobbiamo
anche molti particolari che ci aiutano a: formarci una idea della
fortezza. In essa abitava costantemente l'abate « con tutti li Fran-
cesi ». Tale netta, e forse ostentata, separazione degli stranie-
ri dal resto della cittadinanza, era giustificata da misure di pre-
cauzione, senza dubbio, e, per certo, anche motivata dalla coscien-
za, che codesti oltramontani avevano, di essere in tutto e per tutto
estranei all'ambiente: è ovvio ad ogni modo che deve. aver contri-
buito ad approfondire il distacco spirituale fra dominanti e domi-
nati o, meglio, ad escludere sin dallinizio che si stabilisse fra

(1) BALUZE-MOLLAT, II, p. 696.

(2) FaABnETTL p. 217. Veramente si dice in questo punto che l'abate e
il costruttore della cittadella, ma sappiamo che ciò non è propriamente
esatto. Può darsi però che i suoi predecessori si fossero sì poco curati di quel-
la costruzione, che il merito — o la colpa, secondo i punti di vista -— di
averla condotta a termine fosse attribuito quasi soltanto a lui.

Vedi, anche GUARDABASSI, p. 225-226: fa riflettere che l’abate governò Pe-
rugia troppo breve tempo, perché a lui si possano attribuire e l’idea e l’attua-
zione della grande fabbrica.. Non ha torto; però i documenti Vaticani, come
si vedrà, parlano della fabbrica delle fortezze perugine quasi soltanto durante il
suo governo.
OA A E. DUPRE THESEIDER

essi il necessario affiatamento, e ció nonostante che — come
risulterà piü tardi dai patti della resa — gli ufficiali e funzio-
nari ecclesiastici avessero cominciato ad acquistare immobili nella
città.
Erano in essa rocca « molte belle abitazioni e case... molte
torri maestre..., e... un'abitazione papale, con tutte le belle cose
. che fare si poddero, si che sembrava un paradiso ».

Altri particolari ci fornisce l’Anonimo. Tre « porte maestre,
tutte con ponti levatori, bene inchiavate e incatenate » conducevano .
nella cittadella, che era tutta circondata da un « barbacane.. con
fossi altissimi (1), e fatti la maggior parte a mano». Sappiamo
anche come era armata; aveva «un trabocco e sette manganel-
le, e... molte balestre a telaro e a staffa, e molto saettame e molte
bombarde e spingarde e mazzi e frombole ».

Dalla rocca si partiva un passaggio coperto, che permetteva
all’abate di recarsi al Duomo, al palazzo dei Priori ed alla piazza
senza dover discendere per le vie, nemmeno per compiere il breve
tratto di strada che intercorre fra il monte e il centro di Perugia,
Dobbiamo immaginarcelo, tale passaggio, come formato da una
successione di corridoi, interni alle case, e di cavalcavia che supe-
ravano le anguste stradette medievali, talvolta su grandi arcate.
Tale opera era alta « più di 50 piedi e grossa più di 6, tutta mer-
lata e pettoreggiata e atta alla difesa ». Sembra che avesse ter-
mine nella torre campanaria del duomo, che per la sua costruzione
venne in parte demolito; da li si discendeva nel palazzo episco-
pale, e, superando la «Maestà delle Volte» — quel punto, così
suggestivo, è, nel complesso, rimasto intatto —, si passava in-
disturbati al palazzo del Podestà ed al palazzo dei Priori. E così
labate «aveva preso tutta la piazza, che nessun cittadino vi
poteva entrare senza sua licenza ». jiu

L'«abitazione papale » era stata effettivamente costruita con

. lo. scopo di ospitare il pontefice. Si prevedeva. che, una volta
ritornato in ltalia, egli avrebbe fatto nuovamente dimora in Peru-
. gia, come in più riprese era avvenuto nel corso del Duecento e poi

(1) Secondo il Sirpi (Descrizione topologico-istorica della città di Peru-
gia, ibid. 1824), p, 391, la Piazza del Papa fu formata «allorchè nel 1389
si riempirono le fosse che circondavano la fortezza... del monte di Porta Sole ».

Il «barbacane» della narrazione dell'Anonimo è, come noto, equivalente
a «rivellino », « antemurale » ecc.
LA RIVOLTA DI PERUGIA NEL 1375 95

al tempo di Benedetto XI, e come sembra (lo abbiamo già detto)
che intendesse fare anche Urbano V. Nel Duecento i pontefici
.Si erano accomodati come meglio era possibile nei maggiori edifici :
cittadini; ora non si poteva più ammettere che il papa, che aveva
abbandonato in Avignone il più bel palazzo della Cristianità, non
avesse in Perugia una sede condecente.

Afferma il Pellini che, quando Gregorio XI decise (nel 1375)
di compiere quel viaggio in Italia che fu poi effettuato l’anno se-
guente, l'abate aveva già fatto assegnare in città le « livree» dei
cardinali (1). Vale a dire, aveva requisito le case — certamente
le più ampie e belle — nelle quali i principi della Chiesa avreb-
bero preso dimora. Il termine era d’uso corrente in Avignone,
dove così erano dette le dimore dei cardinali, «libratae », «li-
vrées », destinate insomma al loro servizio.

bna volta che fu installato nel punto dominante di Perugia,
l'abate, ottimamente consigliato, come vedremo, dal Gattapone,
provvide a garantire ulteriormente la propria sicurezza. Seguen-
do un criterio che troviamo assai frequentemente adottato nelle
località dove un'altura sovrasta al centro abitato (cito due esem-
pi del tempo, fra i primi che mi occorrono alla mente, la rocca
di Cesena e quella di Piediluco), costrui anche un sistema di for-
tificazioni ausiliarie che, dal di fuori, servissero di sostegno alla
principale. Anche qui l’Anonimo .ci fornisce interessanti e — a
quanto pare — assai precisi particolari. Due erano le rocche sus-
sidiarie alla cittadella, e. situate, come è evidente, nei punti più
strategici che offriva Perugia. Sul colle di S. Antonio « su la porta
che andava a Monte Luce» sorgeva «un cassero con sei torri
maestre... (lacuna nell’originale) con muri altissimi, tutto mer-
lato e pettoreggiato, con due ponti levatori da trarre e metter le
‘genti a sua petizione ». « Anco fece fare su la Porta di S. Matteo
di Porta S. Angelo un altro bel cassero... anco fece fortificare
la Penna di Porta S. Angelo, quale era una bella fortezza, e fe-

(1) PELLIN5 ;p. 1130: In quella occasione allontanó i Priori dal loro
palazzo, dove collocò Gomez con i suoi armati (i magistrati si trasferirono
alla Sapienza Vecchia).

Non è inutile ricordare che l’abate era stato anche uno dei « taxatores »
che avevano preceduto Urbano V in pana per requisire le abitazioni occor-

renti alla Curia papale.
3
Lia:

96 E. DUPRÈ THESEIDER

cela sempre guardare per lui; e cosi tutte le torri e fortezze di
Perugia aveva fatto prendere e guardare» (1).

Particolare interesse militare aveva il saldo possesso delle
due fortificazioni sussidiarie. Trovandosi esse alla periferia della
città, offrivano la possibilità di mantenere sempre libere le comu-
nicazioni con l’esterno. Quindi, indisturbati rifornimenti di viveri
e di armati, facilità di andare e venire senza controllo per chic-
chessia. Ció venne reso piü agevole dalla costruzione di un se-
condo «corridoio coperto, assai più lungo dell'altro, che costituiva
una linea di arroccamento sempre percorribile. Esso scendeva dal-
la rocca di Porta Sole, nell’angolo prospiciente al cassero di S.
Antonio, con grandi arcate in direzione del convento di S. Tom-
maso, dove sembra che esistesse uno dei piloni di sostegno; poi
proseguiva sulle mura stesse della città, rese però più larghe
dall’aggiunta di una sequela di sproni, costruiti. sul lato interno,
che possono ancora vedersi negli orti che accompagnano le mura.
Così ne parla l’Anonimo: «il quale signore fece fare un’ala che
andava dalla sopradetta cittadella al cassero di S. Antonio, sopra
la quale ala era un andavieni largo più di 10 piedi, tutto merlato,
pettoreggiato e atto alla difesa». Ne parla anche l’Ammirato:
«dall’una di queste fortezze all’altra aveva sopra archi gittato
una via coperta:cosi larga, che v'andavano agiatamente quattro uo-
mini a cavallo, perché l'una fortezza si potesse soccorrer con
Paltra » (2). Un'idea di come si presentasse tale passaggio può
darcela quell’interessante avanzo medievale che è, in Perugia stes-
sa, via delle Terme; meglio ancora, il cosiddetto « corridoio di
Borgo » a Roma, che tuttora congiunge il Palazzo Vaticano con
Castel Sant'Angelo. In quel tempo era un accorgimento costrut-
tivo non insolito, sebbene non proprio frequente, specialmente

(1) La Porta S. Matteo — anche detta di S. Cristoforo — era nei pressi
della Chiesa di S. Cristoforo che ancor oggi esiste su via Garibaldi; ampliatasi
la cerchia delle mura cittadine, fu sostituita dall’odierna Porta S. Angelo. Ben-

ché. la ricostruzione della sistemazione difensiva in quel punto sia tutt'altro «

che facile, può ritenersi che l'abate avesse collegato fra loro le due porte e
fatto dello spazio intermedio una specie di recinto fortificato. — La Porta 3.
Angelo, cosi com’è presentemente (a parte la merlatura, che ha in tempi recen-
tissimi guastato, senza un motivo, la bella mole), si deve ad un riattamento
quattrocentesco, peró nella sua base si scorge ancora bene la muratura tre-
centesca. |

(2) AMMIRATO, cit. dal FABRETTI, p. 221, n. 2.

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(Fot. della R. Soprintendenza ai Monumenti e alle Gallerie dell' Umbria)

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RENE - sti E ue RR LA RIVOLTA DI PERUGIA NEL 1375 97

se di grandi dimensioni; il Villani (1) ci lascia memoria di una
« via coperta » costruita al tempo suo in Prato; e la sua descrizione
puó probabilmente valere anche per il nostro caso: «il comune
di Firenze... nella terra di Prato fece fare una larga via copertá,
in due alie di grosso muro d'ogni parte, con una volta sopra la
detta via e un corridoio sopra la detta volta, larga e spaziosa

a

difensione; la quale via muove dal castello di Prato... e viene fino

alla porta, ove si fece crescere e incastellare la torre della porta a
modo di una rocca... ». Circa la quale descrizione, occorre osser-
vare come anche in Prato si avessero dunque due fortilizi tra loro
collegati, ed uno di essi dovesse, per l'appunto, garantire la co-
municazione col di fuori. :

Siamo assai scarsamente informati sulle fasi della costru-
zione, della cittadella. Forse gli scomparsi volumi degli « Annali
Decemvirali », che precedevano quello di cui ci varremo più oltre,
il ventiduesimo, icontenievano notizie al riguardo. Poche ne ri-
caviamo dai registri delle lettere di papa Gregorio XI. La prima
menzione sembra essere quella contenuta in una lettera (2) a Pie-
tro d'Estaing, del 13 aprile 1372, che lo invita a non intralciare

la raccolta dei sussidi radunati nella Marca Anconetana e nella

Romagna per la fabbrica della cittadella di Perugia e di altri for-
tilizii, tanto nella stessa città quanto nelle città vicine. Successi-
vamente (19 aprile), Gomez Albornoz è autorizzato ad incassare
2000 fiorini da Guglielmo, vescovo di Siena, e altrettanti da Nicolò
Orsini conte di Nola per la costruzione della cittadella, « iuxta
ordinationem venerabilis fratris nostris Philippi (Cabassoles) epi-
scopi Sabinensis »; il 31 maggio ed il 23 ottobre dello stesso anno
si permette a Gherardo di assumere prestiti di denaro per il me-
desimo scopo. Il 5 aprile 1373 Gherardo. è autorizzato a pro-
porre al parlamento generale del Ducato Spoletano, del Patrimo-
nio, della Campagna e Marittima, il pagamento di un sussidio
per spese di guerra (4000 fiorini al mese per 6 mesi, di cui 1000
da impiegare per la fabbrica della cittadella); peró non deve im-
porre tale tassa ai Perugini! Un'interessante notizia. del giugno
1914, ha senza dubbio relazione con la fabbrica del cassero: il

(1) M. VILLANI, III, cap. 96.
(2) Ecco le segnature delle lettere di Gregorio XI cui mi riferisco in

questo capoverso: Reg. Vat. 268, c. 18b, c. 134; THEINER, II, n. 541; Reg.

Vat. 264, c. 162; THEINER, II, n. 552; Reg. Vat. 270, c. 37 (e 75).
98 E. DUPRÈ THESEIDER

papa invita Gherardo a non demolire Santa Maria « de Montelu-
cido », cioè la chiesa di Monteluce, e Santa Chiara. Può darsi
che Labate pensasse ad ampliare, nella direzione di S. Maria, il
cassero di S. Antonio. i

Architetto dell’intera opera fu Matteo Gattapone dd Gubbio,
rinomato costruttore militare, che si era largamente reso moto
con le fabbriche elevate per PAlbornoz. « Era uno dei migliori
avvisatori del mondo — nota l'Anonimo —, e cosi per suo senno
furono fatti li detti lavori: e questo fece in poco tempo, cioè
in tre anni e-mezzo. La qual cosa che fece fare detto signore costó
alla Chiesa, per quello che si diceva, più di 24 centinara di mi-
gliara di ‘fiorini d'oro » (1).

Sul eolle di Sant'Antonio sorgeva dunque il cassero, del qua-

Je; come . del corridoio, così parla il Siepi (2): « Nell’orto conti-
guo a questa Chiesa (S. Antonio) veggonsi i rottami del famoso
‘cassero o fortezza detta di S. Antonio. Vi appariscono le robu-

ste mura che la cingeano e il principio delle sei torri ch'erano
prossime alla porta della città. Vi si osservano eziandio pochi
rimasugli di una scala a chiocciola secreta che mettea nascosta-
mente fuori della città... Ei (labate) fu che fece sorgere sulle
antiche mura, con delle torri esterne quadrilatere a luogo dispo-
ste, quel magnifico corridoio che dalla detta cittadella terminava
a questo cassero, attraversando la via Muzia e il monastero di
S. Tommaso, e del quale se ne vede tuttora una gran porzione
in quei contraforti e grossi piloni congiunti con arcate, sopra di
cui era la strada, che dal detto monistero si estendono fino alla

(1) Anche l'anonimo cantambanco fiorentino, di cui a pag. 146, ha udito par-
lare del costo della fortezza, che secondo lui era stato di « più di trecento mi-
gliaia », — Sul Gattapone, cf. F. FILIPPINI, Matteo Gattaponi da Gubbio ar-
chitetto del Collegio di Spagna in Bologna, in « Bull. d’Arte' del Ministero
della Pubbl. Istr.», 1922-28, II. Qualche inesattezza: « nel 1374 il G. era

chiamato dai Perugini per edificare la rocca di Portasole », ma poco prima dice

ch'essa fu fabbricata nel 1372 per l'abate (p. 77). Accenna ai « grandi archi
di sostegno » che ne sarebbero rimasti: non so a che cosa si riferisca. Cita
il Boninsegni, che dice il G. gran maestro nell’arte di far casseri, e riporta
dal MazzaTriNTI (« Rass. d'Arte », dicembre 1901) la notizia che il 25 aprile
1374 il G. era noto come «generalis officialis operum cictadelle Perusii».
Si costruiva ancora, in quella data? Oppure il G. aveva conservato la.
carica anche a lavoro ultimato? Sono forse suoi i casseri di Spoleto e di
Campello (ibid., p. 89, nota).

(2) SIEPI, p. 302. LA RIVOLTA DI PERUGIA NEL 1375 99

Porta di S. Antonio. All’epoca in cui fu costrutto il detto corridoio,
si aprì eziandio questa porta, che è sotto uno dei nominati archi,
munita anch’essa di torre di cui si veggono ora gli avanzi, e
nella quale non si entrava allora che per un ponte levatoio ».
L’orto cui allude il Siepi è quello che occupa per intiero
una sorta di bastione triangolare che si vede non appena si esce
dalla Porta S. Antonio, a destra, contornando il quale, per via
Cialdini, si ritorna poi verso Porta Pesa. |
Anche senza intendersi molto di tecnica fortificatoria, si nota
immediatamente come la struttura del manufatto (in laterizio, con
'searpa, cordone e cortina sovrapposta), denoti una data relativa-
mente recente, e non anteriore in nessun modo al sec. XVI. Ma

PLANIMETRIA
DELLA ZONA DELLE FORTEZZE

A. - Parte del Cassero di S. Antonio.
B. - Porta S. Antonio.

C. - Porta Pesa.

D. - Monastero di S. Tommaso.
E. - Cittadella di Porta Sole.
G. - S. Lorenzo.

1$ 359 35 100 em-
a o L

NIB fs SO TODI

100 | E. DUPRÉ THESEIDER

penetrando, col' cortese consenso dei proprietari, entro l'orto, che
si estende placido al sole, con i suoi svelti cipressi e gli olivi e la
vigna, in vista della bella Perugia, si osserva che il bastione —
chiamiamolo cosi, anche se il termine appare improprio — è
appoggiato, verso nord, ad un muro più antico e più grosso, che
affiora di poco da esso e dalla terra che vi è stata portata col
tempo. Tale muro, costruito con quei tipici ciottoloni di arenaria e
di calcare compatto che sono caratteristici di molte antiche fab-
briche perugine e specialmente delle mura, ciottoloni messi alla rin-
fusa con molta calcina, è senza dubbio un avanzo del cassero.
Propendo però per identificarlo più precisamente con una parte
del muro meridionale esterno di esso, perché penso che il cassero
si estendesse soprattutto nel breve ripiano a nord della porta,
dove ora sorgono alcuni villini. Non so se, scavando per le fon-
dazioni di essi, si sia ritrovato nulla delle antiche fabbriche. La
mia ipotesi si fonda su una constatazione assai facile a controllare:
la Porta S. Antonio non ha il suo prospetto verso la campagna,
ma verso la città, come si osserva assai bene giungendo dal Corso
dei Bersaglieri. Dal lato di mezzogiorno la porta (v. Tav. IV) mo-
Stra una vera e propria incorniciatura, che, se non è ‘un’opera
d’arte di pregio, le dà un aspetto per lo meno decoroso, e dalla
stessa parte essa è fiancheggiata da due torri di guardia, come
esigeva la tecnica fortificatoria. del tempo, affinché un eventuale
‘attacco contro la porta venisse a cadere nel campo dei tiri incro-
ciati partenti dalle torri stesse. Si oltrepassi la porta, uscendo dun-
que dalla città: da questa parte non vi sono né incorniciatura né
torri, evidentemente perché questo lato guardava sull’interno delia
fortezza, forse su un cortile. Fatta questa constatazione, ne de-
riva che il cassero si estendeva fuori della Porta di S. Antonio, e
probabilmente in prevalenza a nord della via Cialdini, sebbene
non si possa escludere che l’area occupata dal presente bastione
e dall'orto che gli sovrasta, abbia formato parte del cassero stes-
So. Quando questo venne demolito, fu conservata la porta (e un
tratto del muro che ad essa si attacca), ma con funzione in certo
modo invertita, perché da ingresso del cassero divenne o meglio
tornò ad essere soltanto ingresso della città. ;

Quanto ho esposto sopra, non pretende di risolvere il pro-
blema, in sè non molto importante, dell’esatta ubicazione del
cassero. Forse sarà dato a qualche studioso, che meglio cono-
sca il luogo, di chiarire i punti. che restano ancora dubbii; e di
LA RIVOLTA DI PERUGIA NEL 1375 101

integrare le mie osservazioni, che sono forzatamente incompiute,
e può darsi che siano anche in qualche punto non troppo esatte.

xo

1

Saldamente insediato in Perugia, grazie all’arte consumata di
maestro Gattapone, il vicario papale poteva svolgere senza preoc-
cupazioni il proprio piano politico di espansione verso la Toscana.
Non pare dubbio che tale piano, fosse più o meno elaborato nei
suoi particolari, sia esistito.

Troppe volte i documenti senesi e fiorentini denunciano le me-
ne dei rappresentanti della Chiesa in Italia, perché si possa trat-
tare di allarmi del tutto ingiustificati. Firenze si sentiva mi-
nacciata dal nord, dalla parte di Bologaa; Siena ed Arezzo invece
dal lato di Perugia, più che da quello di Orvieto o di Viterbo, per-
ché da quella banda la mancanza di vie di accesso e la povertà
stessa delle regioni non incoraggiavano troppo un'azione di con-
quista, che del resto sarebbe venuta di per sé, una volta che
fosse stata debellata la resistenza dei comuni principali, specie
di Siena.

La minaccia dalla parte di Perugia era assai più effettiva che
non quella dalla direzione di Bologna. Colà risiedeva come vica-
rio un uomo mite e conciliante, il cardinal di Sant'Angelo; da
quel lato Firenze era assai vicina al confine e, oltre ad essa,
vigilavano altri interessi, principali quelli dei potenti Visconti.
Non così per il sud-est della Toscana, ampiamente aperto ad una
possibile invasione, e remoto da Siena, che ne era la naturale di-
fenditrice; inoltre Gherardo Dupuy era, da quanto possiamo argui-
re, persona astuta e infida e ambiziosa.

Poco dopo che Gregorio XI è salito al trono, vediamo che si dà

. cura di «calmare le apprensioni dei comuni toscani circa le voci;

che correvano, di cattive intenzioni della Chiesa ai loro danni. Si
tratta di smentite « ufficiali » che, come per lo più accade, corri-
spondevano in effetto a timori parzialmente giustificati, e non
soddisfacevano che a metà coloro cui erano indirizzate.

Nel giugno del 1371, egli scrive ‘a Firenze per dimostrare
infondati i sospetti che la città nutre nei riguardi della Chiesa,
soprattutto a proposito. di Perugia, e nello stesso modo si rivolge
a Siena, parimenti preoccupata (1). Ma la sorte di Perugia si ma-

(1) Reg. Vat. 263, c. 61b, c. 76b (per Siena); THEINER, II, n. 519.
102 E. DUPRÈ THESEIDER

turava subito dopo, e perciò le due città non cessavano di stare in
guardia. Pertanto, nel 1313, altre lettere partono da Avignone.
Un gruppo è del 3 giugno, e son dirette a Pietro d’Estaing, a Ghe-
rardo Dupuy ed in genere a tutti i rappresentanti del potere pa-
pale nell’Italia centrale. Il papa accenna ai sospetti che le comu-
nità di aleune città della Toscana (era fra esse anche Perugia?)
nutrivano verso taluni ufficiali delle terre di Santa Romana

Chiesa; egli ne era informato, e da persone degne di fede, che più

volte gli avevano riferito in proposito, e da quelle città stesse,
le quali, « diebus. non longe preteritis », gli avevano mandato
ambasciatori ad esporgli le loro preoccupazioni. Egli non ritiene
che quanto gli è stato detto sia fondato su verità, ma, comunque,
dispone che nessuno osi turbare lo stato pacifico di quelle città;
che ha a cuore non meno di quello delle sue proprie terre (1).
Più: di un mese appresso, il 22 luglio, Gregorio XI si rivol-
ge direttamente a Firenze ‘(2). Si lamenta che, come gli hanno
riferito alcuni cardinali, gli ambasciatori fiorentini ritornando in
patria avevano asserito aver il pontefice detto loro che era
suo intento di ottenere il dominio di Firenze. Avevano anche
precisato che, per raggiungere il suo scopo, egli era pronto ad
offrire al signore di Cortona, Francesco Casali, la permuta fra
tale città e Fabriano! Naturalmente il papa nega in modo assoluto
d'aver mai accarezzato simili piani, e prega anzi i signori di Fi-

renze di prendere provvedimenti contro siffatti propalatori di di-

cerie atte a turbare i buoni rapporti fra la Chiesa e Firenze. La
notizia di tale progetto ha tutta l'apparenza di un « pallone son-
da » lanciato dai Fiorentini; ma non era un mistero per nessuno che
la Chiesa da un pezzo tendeva ad acquistare Cortona che, data
la sua situazione, dominava l’accesso dal nord al Lago Trasimeno
ed al contado di Perugia. Sembra però poco verosimile la notizia
del cambio fra Cortona e. Fabriano; ciò avrebbe interrotto la con-
tinuità del dominio papale nelle Marche, e proprio in un tempo in
cui c'era la tendenza a ridurre quanto più possibile i nuclei di
autonomia entro lo Stato della Chiesa. |

Sembra che per qualche tempo le apprensioni — vere o fitti-
zie — dei Fiorentini si siano placate. Almeno cosi risulterebbe da

(1) Reg. Vat. 265, c. 55b-56 (circolare agli ufficiali); : Reg. Vat. 269,
c. 55 (a Pietro), 55b (a Gherardo).
(2) Reg. Vat. 269, c. 65. LA RIVOLTA DI PERUGIA NEL 1375 103

una lettera (1) del papa a Simone di Ranieri Peruzzi, del 22

novembre 1373, nella quale codesto influente cittadino di Firenze

viene elogiato e ringraziato per aver ricondotto i Fiorentini alla
sincera devozione verso la Chiesa. « E per certo non cerchiamo
la loro servità, ma piuttosto — Dio ne è testimonio — con fer-
venti voti aspiriamo alla loro libertà e del popolo di tutta Italia »,
assevera enfaticamente il pontefice. Ma, quali che fossero i suoi
sforzi, né Firenze né Siena « smobilitano », bensì continuano a
guardare con apprensione verso Perugia, dove l'abate si .è assai
fortemente insediato (2).

Siena è la più direttamente interessata alle vicende di Perugia,
a motivo di Montepulciano, che, come un giorno' aveva attirato la
cupidigia del libero comune di S. Ercolano, ora può rappresentare
il primo cospicuo successo di una avanzata della nuova potenza
che domina nella città umbra. Gli informatori senesi in Montepul-
ciano tengono al corrente la loro città dei propositi di quella popo-
lazione, dove, come ovunque, le fazioni sono in lotta fra loro, e vi è
sempre da temere che la parte soccombente stringa alleanza con
la vicina potenza « estera », come era accaduto per l'appunto nel
1953, quando, venuti in disaccordo i due fratelli Niccolò e Jaco-
po della famiglia Del Pecora (9 dei Cavalieri), che dominava nella
città, il primo aveva avuto il sopravvento appoggiandosi a Pe-
rugia (3). Nel corso della guerra tra Siena e Perugia, Niccolò
aveva dovuto abbandonare Montepulciano e riparare a Perugia,
dove era stato «assai onorato »; poi, nel 1359, rappattumatosi
con il fratello, aveva fatto ritorno in patria (4). Ma non per molto,

(1) Reg. Vat. 269, c. 346. Si legge una seconda volta, ritoccata in modo
che fosse più convincente, a c. 347.

(2) « Nel detto anno [1372], poi che il detto abate ebbe preso tutte le
fortezze di Perugia, e presa bene la signoria della città e del contado... ».
FABRETTI, p. 219.

(3) Vedi M. VILLANI, ai seguenti punti: III, 10 (cacciata di Jacopo),
39 (suo tentativo di rientrare), 49 («quelli ch'erano rimasi signori teneano
lamistà de’ Perugini e gli usciti quella de’ Sanesi»; assedio posto da Siena
a Montep.), 64 (aecordo fra Siena e Montepulciano); IV, 50 (tentativo di Nic-
colò, del 21 gennaio 1355). Anche BENCI, Storia della città di Montepulciano (Fi-
renze, 1641), p. 39-40: aggiunge peró ben poco a quello che si ricava dai cro-
nisti del tempo. . ;

(4) La pace tra i due fratelli sembra avvenuta prima del 1359. Il 31
luglio del 1355 un ambasciatore fiorentino scrive da Perugia, esser venuti là
Niccolò e Jacopo, con altri di Montepulciano, « per volersi dare liberamente
DIARREA 1n e

104 E. DUPRÈ THESEIDER

ché nel 1363/(o nel 1365 secondo Neri di Donato), Giovanni d’A-
gnolino de’ Salimbeni lo aveva cacciato, a favore di Jacopo, acqui-
stando grande potenza nella città, dove «trasse di persona e ne
fu fatto podestà, e stavavi a suo piacimento, e lui era signore, €
guidava il tutto » (1). Successivamente però, essendo ruinata in
Siena la potenza dei Salimbeni, nel 1369, con la caduta del gover-
no dei Dodici ed il successivo sbandimento di molti dei loro aderen-
ti, anche i Del Pecora avevano perduto il dominio della città, ve-
nuta del tutto in balia di Siena. Allora essi, al paro dei Salim-
beni, si erano gettati dalla parte della Chiesa, ed avevano ten-
tato di riaffermarsi con il suo aiuto (2). Nel 1313, fra il giugno
ed il luglio, troviamo i Salimbeni implicati in un «trattato» in
Montepulciano, che era certamente ai danni di Siena (3): L’anno ap-
presso vi è chi scrive a Siena da Montepulciano, essersi scoperto
un segreto accordo fra certi uomini di quella terra, che si dice-
vano Imperiali (nome certamente di parte), e tale frate Raimondo
dei Predicatori, per dare la terra di Montepulciano alla Chiesa,
e risultava interessata alla congiura anche la casata Del Pecora
(4). Chi diceva Chiesa, in quel tempo, diceva abate di Monmag-
giore. Appare dunque come la famiglia Del Pecora rappresen-
tasse la «testa di ponte» della Chiesa in Montepulciano, e con-
tinuasse pertanto nella funzione che aveva avuta rispetto al li-
bero comune di Perugia. Anche da Firenze si segue con attenzio-
ne ció che avviene in quel punto cosi esposto. Ancora nell’aprile
del 1375, poco tempo prima che Firenze iniziasse la sua lotta
contro la Chiesa, essa manda a Montepulciano un ambasciatore

a’ Perugini». Questi erano rimasti incerti se accoglierli o no; egli, sebbene
in forma privata, li aveva sconsigliati, perchè «questo sarebbe isconcio della pa-
ce di Toschana ». - M. VitLanI, IX, 24 pone nel 1859 tanto il ritorno di Nic-
colò in patria, quanto il suo accordo con Jacopo. Ma quello del 1355 può
esser stato un tentativo senza seguito.

(1) F. VILLANI, cap. 77; NERI DI DONATO, p. 608.

(2) Nel febbraio del 1369 si ricorda anche un tentativo . contro Monte-
pulciano fatto dai « gentilomini », che sono naturalmente i fuorusciti senesi
(NER: DI Donato, p. 627).

(3) NeRI DI Donato, p. 650. Vi allude anche il GHERARDI, doc. 82.
Afferma il PELLINI (p. 1131), non sappiamo con quanto ao che il
tentativo fu: compiuto da Cione « della Foscola » (certamente il. Salimbeni;.
ma perché questo nome?), « per ordine dell’abate ».

(4) Arch. di Stato di Siena, Lettere di Concistoro 1784, lettera di Tom.
maso di Jacomo (19 sett. 1374). Si tratta del confessore di S. Caterina.
LA RIVOLTA DI PERUGIA NEL 1375 105

«ad hortandum eos ad defensionem libertatis », e si fa menzione
dei pericoli che erano stati corsi dalla città per i «trattati»
scoperti fino allora, e si offrono aiuti, specialmente di genti di
arme (1). ; dee

Effettivamente i Salimbeni avevano molta importanza per quel-
la parte sud-orientale della Toscana, zona di confine con lo Stato

della Chiesa e quindi particolarmente pericolosa. I castelli di

questa consorteria dominavano la Val d’Orcia e la scarsa rete
stradale che da Siena e da Grosseto conduceva alla Tuscia romana
ed alla valle del Tevere. Le loro terre confinàvano in parte con
quelle soggette all'abate di Perugia. Se ‘essi si fossero gettati del
tutto in braccio alla Chiesa, come avevano fatto tanti altri signo-
rotti del Patrimonio e dell'Umbria (va rilevato che uno di essi,
Trincia de’ Trinci di Foligno, vessillifero del Ducato Spoletano,
era imparentato con i Salimbeni per via di donne), ciò avrebbe
significato senz’altro la perdita di gran parte della Toscana meri-
dionale, o, quanto meno, la via libera per una invasione delle trup-
pe della Chiesa. Onde Firenze non cessa mai di adoperarsi perché
fra Siena ed i Salimbeni non si giunga alla rottura.

Il compito di Firenze non era facile, ché il comune senese e
l'orgogliosa famiglia erano continuamente in urto fra loro. I Salim-
beni, per quanto avessero perduto» gran parte della loro impor-
tanza in patria, continuavano a predominare fuori di essa, ed ave-
vano ben presto assunto un atteggiamento favorevole alla Chiesa
e non soltanto nei riguardi di Montepulciano. Anche Perugia, nella
sua estrema lotta contro la Chiesa e per la propria indipendenza,
li aveva contrarii: nel novembre del 1310 Cione di Sandro Sa-

‘ limbeni ie toglieva Sarteano; per conto della Chiesa (2). Già

abbiamo visto come la notizia della caduta di Perugia in balia
della Chiesa destasse la gioia, pubblicamente ostentata, dei Sa-
limbeni e dei fuorusciti; speravano questi in avvenimenti di più

(1) Arch. ‘di Stato Firenze, Consulte e Pratiche, 18, notizia del 13
aprile.

(2) NERI DI Donato, p. 635. Sarteano erasi sottomessa a Perugia;
al pari di Chiusi, nel 1355, (PELLINI, p. 956-960), in un momento di particolare
fortuna per la città, che, l’anno appresso, acquistò anche Città di Castello;
per 20 anni; nello stesso anno (PELLINI, p. 963), ricevette da Innocenzo VI
l’assicurazione che, se avesse dovuto abbandonare Avignone (ciò che si pre-
sentava probabile, in seguito alle conseguenze della sciagurata battaglia di
Poitiers), « se ne sarebbe per la diritta venuto a Perugia ».
106 : E. DUPRÈ THESEIDER

. vasta portata che avrebbero permesso a loro di riprendere il do-

minio .in.: patria.

Nel corso del 1374 ie relazioni fra Siena e la Chiesa tendono

a guastarsi, a motivo delle intese dell'abate di Perugia con i Sa-
limbeni. Nell'asosto si ha notizia che Gherardo avesse tramato ai
danni di Siena e di Arezzo; possiamo essere certi che i fuorusciti
senesi vi fossero implicati. Ma. Siena sta vigilantissima, e anche
nel settembre (1) sventa un’altra manovra a suo danno, nella
quale la parte dei Salimbeni sembra fosse piü palese, se possiamo
prestar fede al cronista senese che ce ne parla.

Siena non manca di far sentire le proprie lagnanze alla Cu-
ria, direttamente. Lo desumiamo ‘da una lettera di Gregorio XI a

Siena, del 29 dicembre 1374. Egli ha ricevuto la missiva dei suoi

diletti figliuoli senesi, ed è lieto che essi siano contenti del suo
imminente ritorno in Italia. Tanto più dovranno rallegrarsene
perché egli, venendo in Italia, ha in animo di rappacificare la loro
città che è stata agitata da tanti turbamenti. Si duole che essi sia-
no in urto con i Salimbeni. Non crede che Gherardo abbia presta-
to ad essi il suo appoggio, né è stata mai sua intenzione ch'egli lo
facesse; anzi assicura che non lo permetterebbe neppure, ché
Siena gli è stata sempre diletta, come « precipua filia et devota »

della Chiesa, e come città che non ha mai vacillato nella sua fedeltà .

verso la Santa Sede. Fa osservare che, se i Salimbeni hanno un
tempo avuto « honores et commoda » dall’abate di Perugia (si noti
questa esplicita ammissione), come i Senesi denunciavano, ciò non

(1) NER: DI Donato, p. 655 (notizia non datata, ma compresa tra
quelle dell'agosto ). « L'abate di Perogia ebe trattato di Siena e d’Arezo, e
domandò el passo. per Siena per 400 lance e 600 fanti, che li voleva mandare
a Bologna. Scupersesi” il fatto e fulli dinegato; ed ebero guardia in Siena,
e vennero cinquanta lance da’ Fiorentini in Siena, e cinquanta mandaro
Arezzo e fu operationé de’ Sanesi»; p. 656 (notizia compresa fra altre datate
del settembre e dell’ottobre) « L'abate di Perogia mandò ambasciatori a Sie-
na a mostrare di volere fare pace fra ’1 comuno di Siena e’ Salimbeni. Spo-
sero a’ signori, e poi andaro a vedere come le terre de’ Salimbeni erano forti;
e in breve la pace loro si era, a pitizione de’ Dodici e de’ Salimbeni, di vor
lere che li Dodici regiessero. Fu lo’ risposto saviamente e in effetto fu fatto
beffe di loro; montaro a cavallo e andarsene ». — Anche Corpus chron.
Bonon., p. 293: accenno alla guerra contro Siena di « Sandro» Salimbeni,
aiutato dall’« abate maore »; ma « pocho tempo durò questa guerra, ché se
ne fe' paxe». — Ancora nell'ottobre del 1375 l’abate era stato sospettato
di ordire un trattato a danni di Montepulciano e di Siena, e di aver mandato
perciò gli stipendiari inglesi a Torrita: GHERARDI, doc. 66-67.
LA RIVOLTA DI PERUGIA NEL 1375 107

poteva costituire giusto motivo di lagnanza, ché anche Siena aveva
onorato in altre occasioni tali suoi concittadini, i quali (altra
preziosa confessione!) hanno oltre a ciò anche reso utili. servigi
alla Chiesa. Tuttavia poiché essi, i Senesi, si richiamano ai patti
della lega stretta con la Chiesa, egli darà ordine all’abate che li
‘osservi con maggiore cura. E difatti il papa scrive, nella stessa da-
ta, all’abate, esortandolo soprattutto a non prestar aiuto ai Sa-
limbeni, anzi a favorire il loro riaccostamento a Siena, e gli ri-
chiama alla memoria i patti che regolavano i rapporti di Siena con
la Chiesa. Né manca Gregorio XI di scrivere in senso analogo
‘anche ai Salimbeni (1).

Dunque, lo stesso pontefice ci dà la conferma dello stato di
cose spesso denunciato, in sostanza, dai Senesi. L’abate di Monmag-
giore era d’accordo con i Salimbeni, e cercava di valersi di
per prender piede in Toscana.

Anche Firenze se ne era lagnata col pontefice. L'importante

lettera del 29 gennaio 1375 ai Fiorentini, nella quale Gregorio XI
— replicando ad una loro missiva che conteneva evidentemente
tutti i punti di accusa dei comuni toscani contro l'abate — cerca di
giustificare parte per parte l'operato di Gherardo, accenna natu-
ralmente anche alla questione dei Salimbeni, e, secondo la con-
suetudine della cancelleria papale, quasi cor le stesse parole della
lettera ai Senesi. Ma anche ora il papa non difende a partito preso
ogni azione del suo vicario, anzi annuncia di avergli dato ordine
che ‘venga incontro più che gli sarà possibile ai desiderii dei co-
muni toscani (2).

Su questo tema ritorna a battere il papa anche più tardi, sem-
pre nel corso del 1375. Il 13 aprile (3), scrivendo ancora ai Fio-
‘rentini, accenna di nuovo alle dicerie che s'erano sparse tra loro
circa le intenzioni espansionistiche della Chiesa sulla Toscana. Sì
poco è questo il: suo proposito, che, quando l’imperatore gli aveva
offerto il dominio su Lucca ed il suo distretto, egli aveva rifiu-
tato; il medesimo aveva permesso che coloro cui aveva accordato
Borgo S. Sepolcro, Cetona, Cisterna, alienassero quelle terre alla
Chiesa, ma il papa non aveva accettato, come: non aveva voluto ri-
-cevere quei castelli, di proprietà imperiale, su cui i Perugini do-

(1) Reg. Vaf. 270, c. 190-191.
(2) Reg. Vat. 211, c. 170b; THEINER, II, n. 567.
(3) Reg. Vat. 271, c. 22b.
M TUUM

— MM

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108 E. DUPRÈ THESEIDER

minavano (1). E ancora, nella grande lettera-requisitoria contro
i Fiorentini, dell'8 agosto (2), dove Gregorio XI fa l'elenco del-
le colpe di essi contro la Chiesa, si rinnovano le proteste contro le
note insinuazioni, e si ascrive a merito della Chiesa laver come
posto le vertenze circa Castiglione Aretino ed i Salimbeni.

Il pontefice, temperamento onesto e scrupolosamente giusto,
nou si nascondeva che le terre ecclesiastiche non erano governate
come l'equità e l'interesse medesimo della Chiesa esigevano, né
che i suoi rappresentanti, lungi dall'essere per quelle terre e per
le città confinanti un modello di paterno e tranquillo governo, rap-
presentavano per tutti un continuo fomite di preoccupazione e di
allarme. I registri delle lettere papali di quel tempo abbondano di
consigli, esortazioni, ordini, inviati ag!i ufficiali della Chiesa per-
ché siano repressi gli abusi che in ogni momento vengono segnalati
alla Curia. MES

Egli non doveva, del resto, essere molto contento della scelta
fatta, inviando Gherardo a Perugia. Risulta che labate eccedeva
nelle spese, in modo che alla Curia, pur avvezza in questo a non
guardare troppo per il sottile, si erano destati allarmi. Pertanto,

(1) Sono evidentemente i casteli dei quali Carlo IV aveva tolto ai
Perugini il vicariato imperiale nel 1369: Chiusi, Castiglione Aretino, Monti-
celli, Risponi, Mannui (?), Lucignano, Foiano, Monte S. Savino (THEINER, II,
n. 454 -— BALAN, p. T). — Non dovevano però essere compresi tra essi i ca-
stelli che, nel 1373, il nipote del papa asserisce di aver ricevuto in dominio:
Chiusi (territorio?), Sarteano, Castel della Pieve, Piegaro, Panicale, Pacciano,
Castiglione Chiusino: FABRETTI, p. 219, n. 2. Identifica tale personaggio con
Gherardo, mentre si deve trattare di Raimondo, visconte di Turenna. Ciò
sembra potersi desumere dalle Historie di Cipriano MANENTI (Ephemerides
Urbevetanae, R.I.S., nuova ed., XV, 5, p. 466) in cui egli è detto «il signor
Villata visconte di Lorena, nepote di papa Gregorio XI». Vi è probabil-
mente una confusione di persone, perché tra i nipoti di Gregorio XI (BaLtze-
MoLLAT, II, tavola in fondo) non figura alcun personaggio di tale nome; di
un Ponzio « Vilate » signore di Cetona parla il doc. 574 del THEINER, II. — La
concessione di dominio delle terre suddette venne fatta regolarmente dall’im-
peratore, e non dal papa, come vorrebbe la notizia del FABRETTI. Cf. la lettera
dell’informatore senese Matteo Minnucci, del 2 agosto 1875 (Arch. di Stato
Siena, Lettere di Concistoro 1787, c. 4) «scripssi vobis quod iste papa ad
nichil aliud intendit nisi ad magnificandum suos, et quod írater suus vice
comes Thorenne hanelat ad Montempolicianum, dicens se illum habuisse ab im-
peratore ». Notevole è questo accenno a Montepulciano; la qualifica del grado
di parentela col papa è però inesatta. Vedi anche PELLINI, p. 1139.

(2) Reg. Vat. 271, c. 46.
LA RIVOLTA DI PERUGIA NEL 1375 4009

nell’ottobre del 1375, il papa deve inviare presso di lui Bernardo
vescovo di Boulogne sur Mer, con la dignità di « tesoriere generale
del comitato di Perugia », e l’esplicito incarico di opporsi a qua-
lunque spesa superflua, tanto dell'abate quanto del vicario papale
^in Bologna, con i quali deve discutere punto per punto la questione
finanziaria, « hoe tamen curialiter et reverenter». Ma è chiaro:
che il più bisognoso di controllo era proprio l’abate, tant'é vero
che il vescovo Bernardo ha l’incombenza di esigere da lui il ver-
samento di ogni e qualunque somma spettante alla Chiesa, che fino
a quel momento Gherardo abbia incassata; e più ancora, ché
da quella data in appresso tutti i collettori ed i sottocollettori della
Santa Sede dovranno versare a lui personalmente, al vescovo, il
denaro che essi. raccolgono. E! una patente sconfessione di
Gherardo, il quale, si noti, era pur. stato a suo tempo collettore
generale di tutti gli introiti della Chiesa in Italia, ed avrebbe dovuto
saper bene i doveri di un onesto amministratore!

Ma, a parte tali questioni di denaro, in sé già molto gravi,
sembra che al papa giungessero lamentele sul modo come Gherardo
governava le terre sottoposte alla sua giurisdizione. Forse perché
ne conosceva già il carattere, il papa aveva dovuto provvedere,
fin dal momento della sua nomina a collettore generale, 17 gennaio

dd

1372, a rassicurare Filippo di Cabassoles e Pietro di Bourg:

es, ed
T.J
I

de

a delimitare esattamente l'ambito della competenza dell'abate. L’an-
no seguente (6 settembre 1373) ecco che deve calmare le appren-
sioni di Giordano Orsini, affermando che Gherardo non prepara
alcuna novità a danno suo né della sua famiglia, e pregare il ret-
tore del Patrimonio, Nicolò Orsini, affinchè voglia interporsi fra
i due. Più evidente linguaggio parla una notizia del 1° dicem-
bre 1375 — una settimana prima della catastrofe! Gregorio XI
serive a Niccolo Spinelli da Giovinazzo di aver saputo che pa-
recchie terre, specialmente delle diocesi di Montefiascone, Orte,
Narni, Rieti, soggette all’abate, non sono contente dei suoi uf-
ficiali — ne abbiano la colpa l’abate stesso (!) od i suoi sudditi,
« forsan abbatis eiusdem vel forte subditorum ipsorum culpis exi-
gentibus » —, e rifiutano l'obbedienza. Lo incarica pertanto di
ricondurre alla fedeltà quelle terre, fino a che non venga Pietro
cardinale di S. Eustachio, a reggerle come nuovo vicario; e di
proibire allabate ed ai suoi ufficiali che si intromettano in qual-
E

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110 È E. DUPRÈ THESEIDER -

siasi maniera nel governo di quelle parti (1). Come si vede, Ghe-
rardo sul finire del 1375 era sulla via di essere esonerato in
tutto e per tutto dal suo alto ufficio; il papa non era poi né in-
sensibile né male informato circa le reali condizioni del suo dominio
in Italia. Ma era ormai troppo tardi per qualsiasi provvedimento.
L’innegabile buona volontà del pontefice non valse ad impedire
in Perugia lo scoppio della rivolta, e nello Stato della Chiesa,
il totale disgregamento.

Nella questione dei Salimbeni Firenze non si limitò ad inter-
venire presso il papa, ma prese provvedimenti di carattere più ener-
gico e diretto. Fin dall’autunno del 1374 quei signori « mandaro
ambasciadori a Siena a confortarli, e proffarire ciò che potesse el
comuno di Firenze, avere e persone, e da cercare pace co’ Salim-
beni, e si menaro da 150 lancie, e ogni di ne mandavano più e
quanti e’ Sanesi volevano » (2). Firenze raddoppia i suoi sfor-
zi di intermediaria, quando, nel finire dell’inverno del 1375, Sie-
na colpisce i Salimbeni del bando. Vediamo che allora i Fioren-
tini prendono risolutamente la parte di pacieri, inviano un’am-
basceria a Siena ed ai Salimbeni, convocano in Firenze stessa i
contendenti, e, da ultimo, ottengono che il bando venga tolto (3).

Politica di equilibrio, questa di Firenze, dettata dalla neces-
sità assoluta di tener insieme i comuni toscani di fronte alla mi-
naccia esterna. Ma è condotta con molta prudenza. La situazio-
ne di Firenze nei riguardi della Chiesa è assai delicata. Essa è la
roccaforte del guelfismo, che si identifica con gli interessi della
Chiesa; ha poi tutta la convenienza di non guastarsela con la Curia,
ch'è stabile cliente dei suoi banchieri, e può divenire, se inimica,
assai pericolosa ai commerci della repubblica, come dimostrarono
infatti gli eventi della guerra degli Otto Santi. In più, Firenze
prevede forse che un giorno potrà aver bisogno dell’appoggio

(1) Le notizie accennate si trovano, nell'ordine con cui sono date, in
Reg. Vat. 261, c. 37 b, 39, 42 (a Bernardo); 268, c. 3 (a Filippo ed a Pietro);
269, c. 18 (all'Orsini); 267, c. 111 (allo Spinelli). Bernardo era consangui-
neo del papa (cf. Reg. Vat. 280, c. 22). Era tesoriere generale in Italia fin
dal 1371 (THEINEE, II, n. 520).
(2) NERI DI DONATO, p. 656.

(3) NERI DI DONATO, p. 657.
LA RIVOLTA DI PERUGIA NEL 1375 111

della Chiesa contro i Visconti, le cui mire sulla Toscana si fanno
ogni giorno piü evidenti. Pertanto Firenze deve giuocar d'astu-
Zia: continuare a non perder d'oechio i movimenti dei vicarii
della. Chiesa, mantenersi in buoni rapporti con la Curia, ma nel
tempo stesso tener in piedi un blocco unico di resistenza contro
essa; e tutto questo senza compiere gesti che possano essere in-
terpretati dalla Curia come ostili. E perfino quando, nel 1375, Fi-
renze sarà l'animatrice della rivolta italiana contro il governo dei
curiali, e la sua grave parte di responsabilità sarà palese agli oc-
chi di tutti, essa cercherà sempre ancora di giuocare sull'equivoco
e di salvare le sue relazioni con la Curia, affermando che la guerra,
prima di tutto, non é scoppiata per sua colpa, e, poi, che essa é
diretta contro i mali rettori pontifici, ma non contro la Chiesa né
contro il vicario di Cristo. Ma nessuno crederà alla sua sincerità
né alla giustezza di tale sottile distinzione.

Intanto a Perugia si diffondeva rapidamente il malcontento
contro la Chiesa. Forse, se il vicario papale avesse seguito una
politica conciliante, o almeno tale da assicurarsi le simpatie della
maggior parte della cittadinanza, egli avrebbe potuto consolidare
la propria posizione. Ma egli era privo, probabilmente, di quelle
qualità diplomatiche che sarebbero occorse per ammansire quella
sospettosa popolazione, ovvero egli credette che la maniera forte
fosse la più consigliabile. Certamente, poi, gli mancava un fonda-
mentale requisito: la diretta conoscenza del carattere dei suoi
sudditi, e la buona volontà per andar incontro ad essi. Era, d’al-
tronde, questo il costante difetto dei rettori avignonesi, tutti estra-
uei all'Italia, e quasi sempre privi di comprensione per i bisogni
dei popoli sottomessi. Il papa di Avignone non compariva, attraver-
so l'operato dei suoi rappresentanti, come un padre affettuoso,
un giusto signore, ma come un dominatore duro ed esoso. À tor-
to, specie nel caso di Urbano V e di Gregorio XI, per vero due ot-
timi pontefici; sarebbe stato non difficile far leva sul sentimento
religioso, sempre vivo in quelle popolazioni, e costruire cosi una
incrollabile base di simpatie alla Chiesa in Italia. Ma non era
cosa che si poteva fare continuando nel « sistema avignonese »,
tutto imperniato sul favoritismo e su un rapace sfruttamento (1).
(1) Vedi le parole di M. ‘Vicrani, VIII, p. 103 «i forestieri che sotto
nome di duchi, conti e capitani o legati del papa, o altri titoli onesti nel no-
me, ma tiranneschi nel fatto, della povertà di Provenza sono passati a si-
gnoreggiare i nobili e famosi paesi d’Italia ».

Basa: a UN.
TE ANA dU WP CNC ai

112 E. DUPRÈ THESEIDER

Occorrevano uomini nuovi, e soprattutto era necessario che il papa
in persona ritornasse in Italia, a sanare le troppe piaghe che, ina-
sprite senza tregua, rendevano sempre più aliene le popolazioni
dall’obbedienza alla. Chiesa. E poi ormai maturavano le conseguen-
ze di uno stato di cose da soverchio tempo durato. Probabilmente
nemmeno un reggitore più abile avrebbe potuto arrestare il cor-
so degli eventi.

Se Perugia fosse stata vinta e sottomessa nei primi anni del
periodo avignonese, forse si sarebbe adattata a tale stato di cose.
Ma ora non era più possibile. Il rimpianto per la libertà perduta
si univa agli echi delle universali proteste contro Avignone. Dopo
pochi mesi di dominazione ecclesiastica, la cittadinanza perugina
fu certamente tutta d’accordo nel proposito di liberarsene.

Giova osservare, in questo punto, che Gregorio XI aveva
un piü esatto concetto della situazione di quello che non l'avesse
il suo vieario. Sebbene anch'egli attribuisse molta importanza alla
sollecita costruzione della cittadella, non trascurava peraltro di
tentare di ammansire i Perugini, e di avvincerli alla Chiesa ve-
nendo incontro ad alcuni dei loro desiderii. i

« Affinché la città di Perugia perseveri più fermamente nella
obbedienza e. nella: devozione alla Chiesa Romana, ed i suoi cit-
tadini, sia quelli di dentro sia quelli di fuori, gustino con la desi-
derata consapevolezza la dolcezza della sede apostolica », il papa
dà ordine a Pietro di Bourges, il 1° settembre 1372, che disponga
affinché alcuni cittadini di Perugia, fra quelli che Filippo di Ca-
bassoles gli nominerà, siano eletti, secondo le loro attitudini, a cari-
che «in locis non suspectis» (quindi in posti che non implichino re-
sponsabilità), o vengano provveduti di sussidii (1). Nello stes-
so modo scrive alla regina Giovanna di Napoli, dalla quale eviden-
temente alcuni Perugini dipendevano in quel momento.

Il desiderio che il papa ha di far cosa gradita ai Perugini,
risulta anche da altri documenti. Così, il 26 settembre 1373, ri-
pete a Pietro d'Estaing l’invito di affidare qualche carica a cittadini
di Perugia, tuttavia fuori della Marca Anconetana — e lontano dal-
la città, aggiungiamo. Chi deve designare le persone da favorire
è naturalmente, questa volta, Gherardo Dupuy (2). Nel tempo stes-
so il papa esorta Perugia, in una con Città di Castello e con Todi,

(1) Reg. Vat. 268, c. 65.
(2) Reg. Vat. 268, c. 183.
LA RIVOLTA DI PERUGIA NEL 1375 1153

a mantenersi fedeli alla Chiesa. AI principio di quel medesimo
anno 1373, e precisamente il 26 gennaio, il papa aveva invitato
Gherardo a lasciare che i Perugini mandassero a lui direttamente le
loro ambascerie, quando occorresse. ;

Inoltre lo aveva esortato a dar corso alle grazie che egli, il
papa, aveva già concesso alla città; anzitutto la riforma dello
Studio, poi lavori alle vie, alle cloache ecc. Potrà darsi — chiude
| il documento papale che questi lavori non si condurranno a ter-
mine, dato il forte carico di spese che la Chiesa ha già da sostenere
in Perugia, per la fabbrica della cittadella e per altre grandi
imprese; ma i Perugini apprezzeranno almeno il buon volere del
pontefice e della Camera Apostolica (1).

Ma contrastavano a tale politica conciliante, almeno a giu-
dicare dai propositi, seguita dal pontefice, i provvedimenti del
suo rappresentante in Perugia. Nellinverno 1372-1373 i Perugini
avevano dovuto accogliere nuovamente gli odiati mercenari inglesi
nelle loro campagne. Erano questa volta amici, perché al soldo
della Chiesa, ma non si comportarono diversamente dal consueto,
| ‘ «si che intorno a Perugia non ci rimase né villa né castello
che mon rubassero e guastassero, lassando per poco che non
entrasse nella. città ogni di sua vettovaglia ». Comandavano quel-
| i la gente l'Aguto e « messer Giovanni Tornabarile », cioè quel Tor-
| meburi che ritroveremo poi al tempo della resa della ciitadella (2).

Non bastò all’abate di aver preso possesso sia della città sia
del contado e dei più remoti castelli dipendenti da Perugia: nel
detto anno confinò anche « quasi tutti li nostri cittadini migliori,
li quali avevano nome di Raspanti », avverte il nostro solito Ano-

si riferisca non al 1372, ma all'anno seguente, e e debba porsi in rap-
porto con un IeltaGito di rivolta del quale ci informa una rela-
D zione da me rinvenuta all'Archivio di Stato di Firenze. E? una
i lettera mandata alla signoria di Firenze da uno dei soliti attentis-
| simi informatori che la repubblica teneva in tutti i centri politi-

|
Î
|
Ì
ll
|
| nimo, che ci dà anche i nomi degli ndi Ritengo che la notizia
|
|

(1) Reg. Vat. 269, c. 6. Ha un certo interesse la menzione della pre-
mura che Gregorio XI ha « pro reformatione sui [scil. Perusini] Studii ». Cade
acconcio rammentare qui che Gregorio, quando era ancora giovanetto, era stato
inviato dallo zio Clemente VI a Perugia a studiar diritto sotto il famoso Bal-
do: vedi il mio libro, 7 papi di Avignone, p. 158.

(2) FABRETTI, p. 219.

HISILETZAS Dl lE JM - Anc pP c 4 È L———- 114 E. DUPRÈ THESEIDER

eamente importanti, gente sommamente accorta e pronta a se-
gnalare novità. Credo utile riprodurre il testo del documento,
con le sue caratteristiche coloriture dialettali, che non ne dimi-
nuiscono peraltro la intelligibilità (1).

« Fovi assapere che giuvedi adi xxiiij di febraio, perché gli
cittadini di Perosia mormorava forte di questi cittadini che eran
confinati de nuovo e d'aleuno ch'éne sostenuto en pregione, misser
labbate fe’ ragunare tutti li notevoli cittadini di Perogia, et en
presencia el conte Ugolino di Montemarte disse che sengnor li
avea fatti adunare perché illu li volia far chiari dellu tractato
chavelle. Ma dicia messer Bargaro (sic) che Petri de Baculo li avia
Marsiano che dicesse; misser Borgaro disse come uno Perusino
el quale à nome Petri de Baculo Lucce richese llui e disseli che a
quisto tractato si era el comune di Fiorenca e di Sena et quil de
Montepulciano, ed erace tucti quisti signuri della contrada over
la maior parte, li quali el signor per lo meglio volse che si
tacesser, et noa volce ancor che si mentivasse altri cittadini che
quili che tene in pregione, li quali si so’, uno, Gueregino degli Me.

chilotti (2), e uno, Petro de Baculo, e uno, frate lohanni dei

Brecuti freri de san lohanni del Tempio, e due altri che non son da
chavelle. Ma dicia messer Bargaro (sic) che Petri de Baculo li avia
dicto che la cittadella se dovia toller en quisto modo, che bene du'
milia contadini dovian venire in piacca en modo. di mercato e
arecarsi tucti l'arme nascoste, e quisti cittadini ch'era alu trac-
tato dovian gire na cittadella en modo d'audienga, e dovian intrar
a pochi ad pochi, fine che fusse al numero de cinquanta, et levar
romore ala porta della cittadella e tenerla fine che venisser quisti

(1) Arch. Stato Firenze, Cons. e Prat. 12, c. 1. La lettera non ha né
indirizzo (manca peró della parte su cui questo era scritto), né firma.

(2) Questo Gueregino (Guerrino; Veragino presso il Pellini) della no-
bile famiglia dei Michelotti, che teneva però per i Raspanti, era già stato
nominato in occasione del tumulto del 16 maggio 1371. Narra il PELLINI (p.
1126) che, non più di tre mesi dopo che Gherardo du Puy. aveva preso il
governo di Perugia, s'era sparsa — probabilmente per opera dei nobili — la
voce che i Raspanti preparassero un colpo di forza. L’inchiesta non pose nul-
la in chiaro; l'abate avrebbe voluto sbandire molte persone sospette, ma
Gomez non lo permise. Fu arrestato allora Gueregino e tenuto in prigione «per
infino a tanto, che alcuni mesi dopo (!) con Pietro di Bacolo di Porta Sole
fu condannato a perpetua carcere in Montefiascone, e confiscati tutti i loro
beni alla camera» (PELLINI, p. 1127). E’ l’unico accenno che si conoscesse
finora, della congiura del 1373, ma la data che il Pellini indica sembra errata.
LA RIVOLTA DI PERUGIA NEL 1375 115

contadini. Lu succurso dovia aver da Sena, che dovia maadar
ad oste a Castigliuni Artino .m. lance, e avia tractato en bene
quaranta chastella del conta’ de Perosia, et se lo toller della citta-
della non venia fatto, queste lance dovian venir e ponersi ad oste
a Perosia, parte en San Francescho del Monte e parte en Santa
Maria del Monteluce, et affamar quilli della cittadella, e queste
castella se pure ribellava.

Altre novelle non c’è, se noa che, più di à, misser di Burges
«cavalcò in persona, e dicesi che sia en quel de Parma ».

La lettera non ha data, ma è facile ricostruirla: il 24 febbraio
cadde di giovedì nell’anno 1373, che è l’unico che convenga alla
lettera (le due altre date più prossime sono il 1362, anno in cui
l'abate non si trovava ancora in Perugia, ed il 1435). Non occorre,
dopo quello che ho detto, richiamare l’attenzione del lettore sul
valore che ha la menzione del «trattato » (cioè della congiura)
che avrebbe riunito Firenze, Siena e Montepulciano contro l'abate.
Non altre città potevano difatti aver interesse a costituire siffatto
| « fronte comune », che doveva ridare a Perugia la libertà, e, in-
: sieme, la sua funzione di baluardo della Toscana verso lo Stato
| della Chiesa. |

Il tentativo del 1373 non restò probabilmente isolato (1).
Moti e «trattati » di minore entità posson esser stati tentati
senza che di essi sia rimasta notizia; forse abortirono o vennero
| soffocati in silenzio. Nel 1375 ne dev'essere accaduto un altro. Il
15 settembre l'abate fa confinare « certi grand'uomini di Perugia
(seguono i nomi), e questo fece perché aveva sospetto di loro:
li quali stettero fuori. di Perugia perfino che la Chiesa ne fu
scacciata » (2). Ma breve fu per questi l'esilio: poche settimane
più tardi, la ribellione doveva improvvisamente divampare un'aitra
volta, per chiudersi trionfalmente con la fuga precipitosa dell'aba-
te e di tutta la sua gente. E’ questo appunto l'episodio che cer-

(1) Può darsi che siano da porre in.relazione con esso i provvedimenti
che, come attesta il PELLINI (p. 1131), l'abate prende in quell’anno per la sua
sicurezza: proibizione di assembramenti di più di tre persone; consegna obbli-
gatoria in fortezza delle catene di sbarramento delle piazze e delle strade.
L'anno appresso (p. 1133), egli rafforza le guarnigioni e costruisce il corri-
doio dalla fortezza al duomo, facendo demolire torri e case di privati: fra
[ le torri; quella del duomo, in cui correva la voce che fosse stato riposto
i il Palladio!
(2) FABRETTÎ, p. 219-220; PELLINI, p. 1142.
TIR Tics Eus

116 yw E. DUPRÈ THESEIDER

cheremo di ricostruire nel modo piü attendibile, dopo che ne abbia-
mo delineato gli antefatti.

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Perché, nel 1375, il moto di rivolta dei Perugini sorti a
quell'effetto che era mancato due anni prima? Fu, forse, meglio
preparato; ebbe, sul principio, il vantaggio di una momentanea
deficienza militare dell'avversario; ma, soprattutto, si avvantaggiò
delle mutate circostanze politiche generali che lo accompagna-
rono e ne costituirono in certo modo lo sfondo: la, « guerra degli
Otto Santi». Come é ormai generalmente noto, si designa con
codesto singolare nome quella vastissima sollevazione che ebbe
inizio nelle terre della Chiesa negli ultimi mesi del 1315, e si svol-
se attraverso una fulminea serie di ribellioni, che scoppiarono, con
una simultaneità ed una violenza impressionanti, su tutto il ter-
ritorio ecclesiastico, come una catena di incendi predisposti, e
portó ad un quasi totale, seppur transitorio, annullamento della
sovranità temporale della Chiesa in Italia. Sappiamo che Firenze
fu l’anima del moto, che non senza molte ragioni potrebbe dirsi
in qualche maniera « nazionale », in quanto fortemente xenofobo
(una delle forme più spontanee, più immediate del sentimento
nazionale è appunto l’avversione per lo straniero), e ricollegan-
tesi alla tradizione inesausta di una gloriosa storia, quella di
Roma; signora del mondo e debellatrice di barbari. E sappiamo
anche che Firenze, appunto in quell’anno, credette probabilmente
giunto. il momento di affermare la propria supremazia sull’Italia
centrale, approfittando dell’assenza della Curia dall’Italia, che sem-
brava dovesse protrarsi indefinitamente. Fece leva, allora, sui senti-
menti delle popolazioni angariate dai vicarii papali, stanche del
mal governo di più d’un sessantennio, e le incitò a sollevarsi con-
tro iessi, non come rappresentanti della Chiesa, ma come nemici
dell’Italia. Quanto vi fosse, nella. politica di Firenze, di calcola
politico, e quanto di verace e sentita passione di patria (ambedue
questi fattori coesistettero senza dubbio), non è luogo ora d’inda-
"gare. Né esporremo qui l'andamento della «guerra degli Otto
Santi », sulla quale avremo modo di ritornare in altra sede ed
in altro momento. Ci basta avervi accennato, per collocare contro il
suo sfondo storico la rivolta di Perugia, che fu uno dei più clamo-
rosi episodii della lotta, e non meno importante della defe-
LA RIVOLTA DI PERUGIA NEL 1375 117

zione di Bologna, che, nella primavera del 1316, chiuse la catena

delle ribellioni predisposte da Firenze, e parve suggellare il crollo
p Stato della Chiesa.
La documentazione del fatto fluisce abbastanza copiosa dalle

cronache, fra le quali ha, naturalmente, particolare importanza il

gruppo di quelle della città stessa di Perugia, raccolte dal Fa-
bretti, principale tra esse la nota cronaca del Graziani. Ma molti
echi, più o meno fedeli, del fatto troviamo in altre narrazioni eroni-
stiche, di Rimini, di Bologna, di Reggio Emilia, poi presso il Sozo-
meno, presso Guerriero da Gubbio, il Sercambi, Neri di Donato,
Francesco da Montemarte ecc.; ci manca invece, purtroppo, l’aiuto
del cronista principe, ché la cronaca dei Villani-ha termine, come
è noto, con l'agosto del 1364, ma ci soccorrono l’Ammirato, il Buo-
ninsegni e, più interessante, l’Anonimo fiorentino edito dal Gherar
di (1). Quanto alla documentazione d’archivio, se molto ‘materiale
deriva dai fondi dell'Archivio di Stato di Firenze, soprattutto, e
poi da quello di Siena e dall’Archivio Vaticano, il gruppo princi-
pale di notizie è contenuto nel volume XXII degli « Annali De-
cemvirali » di Perugia, conservati presso quella Biblioteca Civica.
Tra le lacune che interrompono tale preziosa serie, una è parti-
colarmente sensibile per noi, perché comprende gli anni che prece-
dono il 1375. Infatti il volume XXI degli Annal. si riferisce all'an-
ino 1351; il XXII ha inizio col 19 dicembre 1375. Contiene dunque
le deliberazioni che hanno relazione con l'assedio e la resa dell’a-
bate, ma ci lascia col desiderio di apprendere meglio i fatti che
precedettero la rivolta. Non potrei dire a qual data risalga la scom-
parsa dei volumi relativi ai ventiquattro anni intercorrenti fra il
1351 ed il 1375; essa sembra però avvenuta prima del sec. XIX, ché
i volumi sono contrassegnati con numeri d’ordine, stampati su eti-
chette, che sembrerebbero appunto della prima metà del secolo
scorso, e, quando esse furono applicate, la lacuna sussisteva già.
Potrebbe avanzarsi l'ipotesi che i volumi mancanti siano partiti
da Perugia insieme al bagaglio dell’abate di Monmaggiore (2). Ma,
oltre ad esser poco credibile che i Perugini, senza dubbio gelosi del-
le memorie cittadine, che poi avevano un fondamentale valore per
la loro vita pubblica, permettessero all’abate di portarsi via quei

(4) In: Documenti di storia fiorentina, vol. VI, Firenze, 1876.
(2) Il PnorEsssIONE, Siena e le compagnie di ventura (Civitanova, 1898),
p. 61, suppone che siano. andati distrutti per incendio nel corso della rivolta.
118 E. DUPRÈ THESEIDER

volumi, è quasi certo che il Pellini li vide ancora e potè valersene.
La lacuna ci impedisce di ricostruire la vita della città nel quin.
quennio della prima dominazione della Chiesa e gli immediati
antefatti della rivolta (dato però che siano stati tali da. lasciare
traccia in deliberazioni ufficiali, il che non è proprio sicuro).
Comunque, è certo che il volume, ora scomparso, che precedeva
il XXII, non conteneva alcuna notizia relativa al fatto che più
direttamente ci interessa, l'assedio dei fortilizi perugini; la do-
cumentazione sotto questo aspetto è completa, tanto più che il
volume dal quale attingiamo è perfettamente conservato e di .chia-
ra lettura.
LA RIVOLTA DI PERUGIA NEL 18375

II.

LA RIVOLTA

* Al nome di Dio e della sua madre Maria, del beato S. Er-
calano, S. Lorenzo e S. Gostanzo, li quali liberarono il populo di
Perugia e trasserlo di schiavitudine dalle mani de’ maledetti pasto-
ri della Chiesa. Del detto anno (1375) adì 7 del vittorioso mese di
Dicembre, per operazione e virtù divina, il santo populo di Perugia,
un, venerdì mattina, tutto in comune, piccoli e. grandi, gentiluo-
mini e popolari, avendo dimenticato ogni ingiuria e discordia, e
ridotti tutti ad un volere, pace e concordia, baciando l’uno inimico
l’altro, andarono in piazza, tutti concordemente gridando: Viva
il populo e muoia l’abbate e li pastori della Chiesa! ». Così, solenne-
mente e pur con un andamento concitato che rivela i sentimenti di
chi è stato presente di persona ai fatti narrati, l’Anonimo, autore
del « supplemento terzo » al Graziani, inizia il suo racconto della
sollevazione contro l’abate (tralasciando però d’accennare alla irre-
quieta notte che precedette la sollevazione, sulla quale il Pelli-
ni c'informa).

La scena si mette immediatamente « a fuoco » sul Palazzo dei
Priori. Il popolo vi accorre a furia, armato; vi trova « messer Go-
mese », l'Albornoz, con la sua gente. Le porte del palazzo vengono
puntellate, le sue torri si guarniscono di difensori, i quali fan-
no piovere. sulla folla « grossi cantoni», e la «battaglia durò
dalla mattina fino a nona », cioè alle tre del pomeriggio, senza che
però alcuno restasse ferito dal lancio delle pietre (1). Ma il fu-
rore popolare non lascia di dar segni manifesti, così che l'Albornoz
si vede costretto a prendere altro partito: siccome nel palazzo non
può restare indefinitamente, « perché... non ci era cosa da vive-
re», lo abbandona, e, seguendo la via coperta, per San Lorenzo
sale alla cittadella. Con lui si rifugiano altri dignitari della Curia:
il «vescovo di Bologna», cioè quel tale Bernardo «che era ve-
nuto allora a Perugia per udire le ragioni dell’abbate insieme con
messer Gomese »; messer Ugo « della Recchia cognato del papa »
(più esattamente chiamato Ugo della Roccia, o « de Rupe », e in

(1) Un po’ diversamente il PELLINI, p. 1144. . nemiche per. diroccarle.

190. E. DUPRÈ THESEIDER

verità congiunto a Gregorio XI (1) per averne sposato la sorella

‘ Delfina); poi « messer Grazino » ufficiale della Chiesa, messer.

Lodovico della Marca vicario di Perugia, Bernardone della Sala, il
condottiero bretone delle truppe della Chiesa (2). Tutti gli arma-
ti che si trovavano in Perugia, inglesi, francesi, borgognoni, gente a
piede .od a cavallo, si raccolgono nella cittadella, in numero di 1500
uomini. Anche taluni italiani vi riparano: messer Borgaro da Mar- ‘
sciano, il conte Francesco da S. Fiora, che si trovavano per caso a
Perugia per esservi venuti pochi di prima a parlare con labate;
inoltre «messer Raniere » (3) con tutta la sua famiglia, « per pau-
ra. del popolo »: lo ritroveremo menzionato nei patti della resa.

Il popolo, accortosi che il palazzo dei Priori non è più tenuto
dai nemici, fa impeto tutto contro la cittadella. Ma la sorpresa
ch’era riuscita nella mattinata non poteva aver ugual esito anche
contro la robusta e ben guardata fortezza; pertanto i Perugini
si debbono limitare a danneggiare più che possono i dintorni della
rocca, tenendosi beninteso alla necessaria distanza di sicurezza
dagli spalti di essa. Riescono a dar fuoco al ponte levatoio, ed a
precludere anche meglio ogni via d’uscita, conducendo due sbar-
ramenti, un « serraglio di pietra grossa e di grelli» (4) da S.
Lorenzo «a casa di Leggieri» (di Andreotto), poi un altro, più
vicino ancora alla porta di cittadella. Un’altra impresa, rapida-
mente giunta a buon esito, viene condotta contro le due rocche
sussidiarie del lato nord-ovest: la Rocca di S. Matteo e la cosiddet-
ta Penna, presso Porta S. Angelo; ambedue cadono senza sforzo,
e perché non sono presidiate a sufficienza (forse in quanto ancora

.(1) BALUZE-MoLLAT, II, p. 337. :

(2) L'Anonimo dimentica Elia « de Badro », che fu certamente fra gli
assediati (per la sua identificazione, vedi più avanti, p. 145); « Grazzino » è
probabilmente.da correggere in « Tassino », che é quel fiorentino di casa. Do-
nati la cui presenza ci risulta anche dalla testimonianza del Diario Anonimo
fiorentino (p. 305), nonchè dall'inventario di cui alla p. 143, nota 2. Il PELLINI,
p. 1144, è esatto, come di consueto. ni

(3) Secondo il PELLINI, p. 1187, si tratta di Ranieri di Simone del-
PAbbate de’ Ranieri, intimo di Gherardo. :

(4) «Grelli» per «grilli», macchine da assedio. Si dicevano anche
« vigne » e consistevano essenzialmente in robuste tettoie di legno, coperte di
cuoio perchè il fuoco scagliato dall’alto non le incendiasse. Venivano adoperate
come ripari mobili dai guastatori, allorché si dovevano avvicinare alle mura
LA RIVOLTA DI PERUGIA NEL 1375

non apprestabe e munite), e perché mancano di collegamento con
la cittadella (1).

Contemporaneamente provvedono a interrompere le due vie
d’uscita che gli assediati avevano: i corridoi verso S. Lorenzo .»e
verso Porta S. Antonio. I priori mobilitano «tutti li maestri di
pietre e di legname » e fanno ad essi tagliare ambedue i viadotti
per un tratto di 50 passi (15 metri circa) per ciascuno (2). « È
sempre tutto il populo stiede a combattere con loro dì e notte, fa-
‘cendo sempre buone e sollecite guardie; e sempre tutto il populo
‘era armato in piazza e intorno alle mura della cittadella ».

Così si svolge il primo, travolgente tempo della rivolta. Il
successo è pieno, altamente soddisfacente. Ma va sfruttato. L’a-
bate ed i suoi, nonché più di un migliaio dei temuti mercenari oltra-
montani, sono chiusi tra le mura della rocca e resi momentanea-
mente innocui. Però sono tutt'altro che vinti. Dalla « guerra di
movimento » si deve passare ora alla « guerra di posizione »; i
nemici vanno stretti d'assedio rigoroso, ancorché non vi sia troppa
speranza che capitolino molto presto. La cittadella, si diceva,
aveva viveri per dieci anni! E c’è il pericolo, gravissimo, che al-
l'abate giungano soccorsi dal di fuori; che i Perugini, da asse-
dianti, divengano assediati.

Per prima cosa, con antica saggezza, i cittadini di Perugia
ricostituiscono i quadri dell'amministrazione comunale, affinché la
azione bellica venga proseguita con metodo e coerenza, con le
armi diplomatiche oltre con quelle da lancio e di taglio.

Il primo atto (3) che il comune compie, l'8 dicembre, subito
dopo la liberazione, è l'elezione dei tre conservatori della moneta,
Francesco « domini Berardi» (P.S.S.), Tantino di Bramante (P.

(1) PELLINI, p. 1143. Confermato dagli Annali Decemvirali, c. il: pa-
gamento di salario a « Cangno» di Giorgio e compagni, per servizio pre-
stato « ad custodiam fortilitii Penne de Porta Sancti Angeli» dal 7 dicembre;
€, s. a Senso di Lippo e Ursuccio di Vanni, per la guardia « fortilitii Porte
nove Porte sancti Angeli de prope. sanctum Mattheum », anche loro dal
'. dicembre.

(2) Il lavoro, dalla parte di S. Tommaso, venne facilitato dall'aver avuto
il popolo accesso, in quel punto, al corridoio, perché era stato possibile
togliere le chiavi, di un'uscita secondaria, appunto situata in quella località,
« all’officiale di m. Tassino » (PELLINI, p. 1143).

(3) Nel volume degli Ann. Decemv. (c. 1) ne troviamo un altro, precedente,
È . 6 compiuto ancora sotto il dominio ecclesiastico.

E Ii 1° dicembre del 1375 vennero eletti i ‘nuovi priori. Giova ricordarue
di TT

CS HU SUE TNR EU

199 E. DUPRÈ THESEIDER
S.A.); Angelello di Nino «de Barsis» (P.S.) (1). Il documento
ha un inizio solenne, ché in esso .— nonostante che i registri
ufficiali delle deliberazioni cittadine non siano né cronache né ri-
cordanze private — non può non rispecchiarsi l'emozione di quella
straordinaria giornata. Si dice in esso che i cittadini di Perugia,
siano essi nobili o popolari, sono d'accordo nel non tollerare più
oltre « perfidam tirampnidem clericorum », e nel voler sottrar-
re il collo al giogo della intollerabile servitù. Poiché, con l'aiu-
to della grazia divina, Perugia è stata strappata dalle mani di co-
storo, e ridotta allo stato della pristina libertà, null’altro manca
ora, affinché essa si conservi da questo momento in avanti in tale
condizione, se non che venga debellata « iniqua pravitas hostium
intrusorum in citadella et cassaro sancti Antonii ». Dovendosi in-
sistere in tale intento, con ogni forza e'con solerte cura, si eleg-
gono i tre magistrati suddetti perché provvedano con amplissima
facoltà a tutte le spese necessarie per l'assedio e la conquista del-
la cittadella e del cassero. La loro qualifica ufficiale è « conser-
vatores monete et massarii comunis Perusii », e vien detto espres-
samente che, eleggendoli, altro non si é fatto che rinnovare una
magistratura che era in vigore nella città « dum in libertate re-
gebaitur » (2). Essi dureranno in carica sino al 19 luglio succes-
sivo; potranno incassare tutti gli introiti, frutti, redditi ed emolu-
menti del comune, e fare qualsiasi spesa crederanno opportuna.

Nello stesso giorno si eleggono anche dieci «officiales et
consiliares... qui habeant providere circa manutentionem popularis
status et libertatis civitatis Perusii » (dunque i « conservatori del-

i nomi, perché sotto il loro reggimento avvenne la rivolta. Furono: ‘Tebaldo
« domini Bandini» e Guiduccio di Nino (che morì poco dopo) (P.S.A.);
Matteo di Francesco « Macteoli» e Uguccione di Lamberto (P.S.S.); Rai-
naldo di Pietro de’ Rainieri e Marco di Ciccone (P.S.); Andreuccio di
Pucciolo e Antonio di.... (il patronimico è lasciato in bianco) (P.S.P.); An-
drea di Pietro « Nutii» (P.H.) (il collega non fu eletto). Rainaldo de’ Ra-
nieri fu scelto a priore dei priori per i primi otto giorni; nunzio del col-
legio fu tal Matteo di Lippolo detto «lanciante». Le sigle delle quali,
seguendo l'usanza dei documenti perugini, ci varremo anche noi, denotano i
quartieri cittadini: Porta S. Angelo, Porta S. Susanna, Porta Sole, Porta
S. Pietro, Porta « Heburnea ».

(2) Ann. Decemv., c. 1b.

(2) Infatti vi erano stati anche al tempo della guerra. contro il car-
dinale di Bourges (PELLINI, p. 1117).
LA RIVOLTA DI PERUGIA NEL 1375 125

la libertà ») (1). Poi, ancora, i dieci «boni homines et offi-
ciales super custodiam civitatis et comitatus Perusii» (2). Così
garantita la libertà cittadina, riconquistata con sì inattesa rapidità,
. costituita la magistratura che dovrà attendere all'andamento della
guerra sino alla sua felice conclusione, si può dar opera con più
sicurezza alle imprese belliche.

Al momento della ribellione, il condottiero dei mercenari del-
l’abate, l’Aguto, si trovava fuori di Perugia, perché era stato in-
viato a ridurre alla ragione Città di Castello, sollevatasi il 3 di-
aembre (3). Tale circostanza fu certamente sfruttata dai congiu-
rati: anzi era il presupposto necessario per la riuscita dell'im-
presa; e si puó anche supporre che i due avvenimenti siano stretta-
mente collegati fra loro: che, cioé, per Ia loro sollevazione i Peru-
gini attendessero l'esito di quella dei Tifernati. Da Città di Ca-
stello l'Inglese era ritornato senza aver nulla ottenuto, e si trovava
a Ponte S. Giovanni, dove l'aveva raggiunto l'urgente appello dei-
l’abate e di Gomez, come narra l'Ánonimo (4). I Perugini non

(1) Ann. Decemv., c. 1b. I loro nomi sono: messer Oddo di Oddo Baglioai,
Gualfreduccio di messer Jacopo (P.S:P.); messer Oddo di Simone degli Oddoni,
Francesco di Matteolo (P.S.S.); messer Francesco di messer Ugolino, Gio-
vanni di Francesco « Mutii» (P.S.A.); Angelino di Ciccolo « Synibaldi»,
ser Cola Salvioli (P.H.); « Burnorus Cecarelli », ser Paolo « Fomaxii» (?)
(P.S.). Gualfreduccio era console dei mercanti (vedi c. 7).

(2) Ibid. Sono: Suppolino « domini Herici »,. Paoluccio di Nino (P.S.A.);
Nicolò di Ugolino, « Ghysellus» di Cellolo, Giovanni di Stefano « Rodolfi »
(P.S.S.); Angelo d'Andrea, Coppolo di messer Simonello (P.H.); Pietrino
di Ranalduccio, Gualfredo di maestro Angelo (P.S.P.); Ristoro di Cola (P. S.).
— Si aggiunge (c. 2) la nomina degli ufficiali « super habundantia et do-
mibus dandis gentibus armorum », quindi preposti al vettovagliamento ed
all’alloggio dei soccorsi che, dice il provvedimento, dovevano venire da Ti
renze, Siena ed Arezzo; sono cinque, Contucciolo di Nicolò (P.S.), Cristo:
foro di mess. Francesco (P.S.S.). Boccio « domini Herici» (P.S.A.), Gia-
como di Ciccolo « canagle » (P.S.P.), Luca di Pietro « Nutii» (P. H.). Sem-
bra però, che, subito dopo, fossero stati mandati a Firenze: vedi alla pagina
seguente, nota 1.

(3) GHERARDI, p. 59 (Arch. stor. ital., V, 1867).

(4) Discorda. alquanto dalla narrazione dell’Anonimo, quella del cro-
mista bolognese, che non è di solito male informato sul conto dei Perugini.
Al momento della rivolta,, « gl'inghelixi » si trovavano a Città di Castello
ribellatasi pur essa: « quando erano per combattere, venne la novella de
Perosa, e li Perosini tagliono un ponte ch'é sopra al Tevere, si che no2 194 E. DUPRÈ THESEIDER

potevano affrontare sul momento ‘un urto con quelle addestratissime
truppe. Occorreva guadagnare tempo. Perciò venne deciso d’inviare
all’Aguto un’ambasceria per trattenerlo dall'intervenire, e per dir-
gli che «li piacesse non soccorrere li Francesi contro il popolo di:
Perugia ». Va da sé che i rappresentanti del comune non andaro-
no a mani vuote: l'oro non mancava mai il suo effetto su quei sol-
dati di ventura, quali che si fossero i loro impegni momentanei.
Del resto l'Aguto era stato cinque anni prima in aiuto dei Peru-
gini, al soldo di Bernabò, come abbiamo visto, e v'era quindi il
terreno per un accordo, almeno temporaneo. Difatti l'Aguto non
si mosse, e restò inattivo anche nelle settimane che seguirono, te-
nuto del resto a bada dai parlamentari perugini, che « quasi ogni
di cavalcavano al campo » per parlargli.

Molti altri provvedimenti furono presi in quel giorno 8 dicem-
bre, con ammirevole rapidità. La gioia della vittoria conseguita non
impediva ai Perugini: di vedere chiaramente quanto vi fosse ancora
da fare; anzi, la parte più difficile dell'impresa veniva proprio
ora, che si trattava di consolidare la vittoria conquistata e di ri-
cavarne frutti duraturi. Cinque persone (1) vanno immediatamente
a Firenze, il centro propulsore e coordinatore della rivolta, a Sie-
na e ad Arezzo per chiedere aiuto di genti d’arme e di denaro con-
tro un ritorno offensivo del nemico, paralizzato ma non stroncato.
L'abate si trovava infatti materialmente ancora entro Perugia. Per
prima cosa occorreva superare la resistenza opposta dalle forti
mura della cittadella e del cassero, e distruggere un pericoloso
nucleo di resistenza nonché nido di intrighi. Si fanno dunque pre-
parativi per un vero e proprio assedio dei fortilizi(2). Tale ser

| poteno passare» (p. 302). Rileva che i Perugini avevano molti aiuti dal

di fuori, «et ancho pedonaglia del suo contado, et zascuno de gran vn-
lontà, perché haveano grande allegrezza de \essere fuora delle mano della
Chiesia », — I nomi degli ambasciatori risultano da Ann. Decemv., p. 2:
Gualfreduccio di mess. Iacopo e Iacopo: d'Angelo, questo di Porta. Eburnea;
l’altro è dei conservatori della libertà.

(1) Furono gli stessi che abbiamo visto essere preposti al vettovaglia-
mento. L'Anonimo perugino parla di un solo inviato (FABRETTI, p. 228).

(2) Le notizie dei tre provvedimenti sono negli Ann. Dic e2e2b;
l'invio di Gualtiero al Prefetto, c. 3b; subito dopo è registrata la nomina
di Paolo di Giovannello e Ugolino di Cecchino (P.S.A.), ufficiali « ad rein-
veniendum res bona et arnensia... que: olim fuerunt et reperirentur in civ.
et comit. Perus. domini abbatis maioris monasterii vel aliorum ‘olim of-
ficialium ecclesie ».
LA RIVOLTA DI. PERUGIA NEL 1375 125

Nicolò Bosoni viene inviato nel contado a raccogliere gente con
armi, balestre, nonché «zappis et ferramentis », che servano a
fare una fossa ed uno steccato contro cittadella e cassero, primi
espedienti che verranno subito dopo perfezionati. Si pensa anche ‘a
difendere il convento di S. Pietro, esposto per la sua ubicazione
alle offese dal difuori. Sono a ciò eletti don Simone, priore di S.
Maria della Fonte, e Jacopo Bartoletti, detto « tosto ». Tre giorni
dopo, 1°11, analogo provvedimento, e per le stesse ragioni, viene
preso anche per Montemorcino, alla cui difesa provvederanno Mat-
teolo di Giovannello, e Martino di maestro Nicola (di P.S.A.). Le
successive notazioni del registro dimostrano che l'organizzazio-
ne bellica di Perugia si perfeziona sempre più: si chiedono ed
ottengono altri soccorsi, per esempio dal prefetto di Vico (invio
di Gualtierino Trebaldini, 18 dic.); si fa ricercare nella città e nel
contado tutto ció che é appartenuto all'abate ed ai suoi ufficiali,
e che verrà incamerato. dal comune.

Ma i mezzi di cui Perugia dispone per la conquista della cit-
tadella, sono, in principio, inadeguati. I cittadini si avvedono su-
bito che la cosa andrà per le lunghe, e che si deve predisporre
ancor meglio l'azione offensiva. Onde la creazione di un nuovo or-
gano, una sorta di quartiere generale della lotta: i cinque ufti-
ciali della guerra, i nobili messer Francesco di messer Ugolino
degli Arcipreti (P.S.A.), e Giovanni di Bettolo de’ Coppoli (P.S.
P.), poi Giovanni « Boldri » (P.S.), Pellino « Cuchi» (P.S.P.), Lo-
dovieo di Francesco (P.H.), eletti alla carica il 15 dicembre (1).

Varii provvedimenti vengono presi per l'assedio. Il 16 dicem-
bre si erano dati 100 fiorini d'oro a Ceccarello di Cristoforo, det-
to « tosto », ed a Mansueto di ser Blasio, i due ufficiali soprastanti
alla costruzione dei trabocchi e del mangano destinati a battere la
cittadella (2); poi, il 19, si fanno murare, a cura di altri ufficiali,
le porte e le finestre prospicienti alla cittadella (3); il 20 si pon-

(1) Ann.. Deceinv., c. 3b. .Il primo è probabilmente della famiglia
degli Arcipreti (cf. PELLINI, p. 1116 e 1119); Giov. di Boldro « de Barsis »
era stato dei priori nel 1371 e nel 1372 (ibid., p. 1099 e 1117); Pellino di
Cucco Baglioni nel 1377 compare a capo delle truppe perugine inviate in
soccorso di Ascoli (FABRETTI, p. 225, n. 1).

(2) Ann. Decemv., c. 3, in basso.

(3) Ibid. c. 3b. Sono eletti a ufficiali « super remurando et remurari ía-
ciendo omnia hostia et finestras existentes versus muros civitatelle », mess.
Nicolò di mess. Lello, Petruccio di mess. Averardo, Matteo di Giovannello,
di S
E fone:

pinto

A

E. DUPREÉ THESEIDER

126

gono 100 fiorini a disposizione di altri due ufficiali incaricati del-
la costruzione della « bastia » di fronte al cassero (1). Il 24 di-
cembre leggiamo (2) che il nobil uomo Petrino di Ranalduccio vie-
ne deputato a compiere tutte le apere necessarie all’assedio, sino
a spendere 334 fiorini. Può dedicarli « pro retalglatis et labo-
reriis fiendis », o « pro spiis et famulis», per porre vedette e
custodi sul campanile di S. Lorenzo e sulla torre di Angelo « do-
mini Legerii» (3) «et aliis locis expedientibus », o, ancora, ge-
nericamente, per spese minori, acquisto di assi e di chiodi e di un
pane di sego, necessario per ungere le funi delle macchine bel-
liche.

Tali notizie, per quanto scarne perché ridotte alla pura e-
spressione contabile, ci aiutano tuttavia validamente a ricostrui-
re la fisionomia della lotta.

Le due guarnigioni assediate non sono piü in comunicazione
fra loro, ma la loro efficienza bellica non è per questo sensi-
bilmente diminuita. Abbondanti provviste si trovano a loro disposi-
zione, sia di viveri, sia di munizioni per le armi da lancio, le
balestre, i mangani, i trabocchi. Il vantaggio sta dalla parte loro.
La posizione strategica della cittadella era particolarmente favo-
revole, essendo essa in: posizione dominante, e malamente attacca-
bile, tranne che dal lato di occidente, dove il terreno si allargava
un poco, sebbene non tanto da permettere l’impostazione di vere
e proprie macchine da assedio. Allora i Perugini, costretti a com-
battere dalla lontana, costruirono con il legname che trovarono.
radunato per la costruzione del palazzo papale, trabocchi e man-

gani (4), cioè le solite armi da lancio a tiro curvo ed indi-

(1) Ibid., c. 4. Sono Simone di Pietro di mess. Paolo (P.S.P.) e Barto-
lello di Martino (P.H.).

(2) Ibid., c. 6. Le «retagliate » erano trincee destinate ad ‘interrompere
le vie di accesso al luogo assediato. Ad esempio, Perugia «fece fare uno
steccato de legname con doi fossa, a ciò che del dicto castello [Castiglione
Aretino, 1345], non potesse uscire né entrare persona alcuna» (FABRETTI,
p. 136). — Molte altre annotazioni per le minori spese dell’assedio leggiamo
nel volume, ma non mette conto di enumerarle. Se ne leggono parecchie
2..c.: 15:

(3) Si trovava di fronte a S, Lorenzo: cf. pag. 120.

. (4) Ammraro, cit, dal FABRETTI, p. 221, n. 2. Inventore delle macchine
sarebbe stato un Fiorentino, veramente al servizio dell’abate, ma restato
fuori della cittadella, al momento della rivolta (PELLINI, p. 1145). Il grande
irabocco, secondo il Pellini, aveva il nome di « cacciapreti ». — L'’esattezza
LA RIVOLTA DI PERUGIA NEL 1375 127
retto (che potrebbero assimilarsi ai nostri mortai ed obici),
impiegate negli assedi. Specialmente ammirato dovette essere ii
gigantesco trabocco — il nome spiega bene la funzione — costruito
per quello scopo: aveva ben 50 piedi, cioè 15 metri, di « pertica »,
cioè di braccio di leva. Non sappiamo quale fosse la « gittata » —
per dirla con termini della balistica moderna — di tale macchina,
vale a dire quale la distanza utile a cui essa poteva scagliare il ma-
teriale offensivo, contenuto nella grossa cesta fissata alla sua e-
stremità libera. Sappiamo però che poteva venir caricata con pietre
per 1500 libbre, cioè cinque quintali.

Quando gli argani cigolanti avevano abbassato l’immane braccio
sino al suolo, attorcendo i cordami che, intrecciati in un viluppo
enorme intorno all’altro capo di esso, fornivano la necessaria ener-
gia di scatto, e poi il trabocco veniva bruscamente lasciato libero,
e la pertica si alzava di colpo verso il cielo in tutta la sua lun-
ghezza: un nembo di proiettili partiva allora verso la citta-
della, sulla quale, compita la traiettoria, si abbattevano in tempe-
stosa ruina. In seguito a un colpo del trabocco restò ucciso,
come dice la cronaca del nostro Anonimo, il conte Francesco da
da S. Fiora (1) e poco mancò che in quell’occasione non lascias-
se la vita anche Gomez Albornoz. !l trabocco gigante era collo-
cato fra il vescovato e la fonte. Altro « pezzo » dei Perugini era
una manganella sita entro il .chiostro di S. Lorenzo: aveva assai
più modeste possibilità, ma tuttavia i suoi lanci, di 50 libbre per
volta, molestavano non poco gli assediati perchè ininterrotti (2).

della notizia del Pellini è confermata dagli Ann. Decemv. L'11 febbr. (c. 28 b) si
discute in consiglio della petizione di maestro Domenico Beneintende da
Firenze, « magistri de trabuecho olim per. eum constructo et facto contra
iniquas personas existentes in civitatella », che chiede il compenso per
la sua opera, oltre a 20 fiorini avuti a suo tempo. — Il 16 febbraio (c. 32
e 32b), si fece vivo con la stessa pretesa il maestro Corrado <« magistri
Nuti» da Rimini, che aveva fabbricato la manganella nel chiostro di S. Lo-
renzo. — Il 15 (c.32b), si delibera che maestro Domenico « cum... pro felici
recuperatione libertatis civitatis Perus. fideliter et solicite se exercuerit in
irabuechando civitatellam », venga ricompensato con altri 25 .fiorini, dichia-
rato cittadino di Perugia, autorizzato a portar armi, e che gli venga donata
una casa in Porta Sole.

(1) Il PELLINI (p. 1146) ‘raccoglie però anche la diceria che il conte
fosse stato fatto uccidere dall'abate per tema di tradimento.

(2). Sembra che vi fossero anche delle bocche da fuoco, ma probabilmen-
te non raggiunsero nemmeno lontanamente l'efficacia delle macchine tradi-
-penda opera dei Pisani, orgoglio di Perugia comunale, era stata

| Nicolò di maestro Filippo, speziario, « pro pulvere per eum data et vendita dicto

EL

128 E. DUPRÈ THESEIDER

Possiamo ritenere che non soltanto pietre e, forse anche, mate-
riale incendiario venisse scagliato dai trabocchi grandi e piccoli.
Era consuetudine bizzarra del tempo di caricare tali armi anche
con altro materiale, in ben diverso modo « offensivo »: sozzure,
carogne di animali, a volte anche cani od asini vivi, emblemi
di codardia! |

Gli assediati non stavano peró passivi sotto questo bombarda-
mento. Anche le loro macchine traboccavano continuamente sulla
città, forse con più efficacia, data la posizione elevata; dalla
sommità delle mura merlate, dardi e verrettoni saettati dai bale-
strieri della Chiesa tenevano lontani gli assedianti. Già abbiamo
citata la disposizione che prescriveva la chiusura di tutte le aper-
ture delle case che guardavano verso la cittadella, lavoro che
venne certamente compiuto col favore della notte. Anche un'altra
notizia, di molto interesse pur nella sua brevità, ci aiuta a rico-
istruire in certo modo la scena di Perugia sotto quella specie di
duello di artiglierie. Il 7 gennaio 1376 si pagano 16 fiorini d'oro
a Ceccarello di Cristoforo, ufficiale alle fabbriche ed agli impianti
dell'assedio; la somma gli viene corrisposta per le tavole da lui
comperate « pro reparatione Fontis platee, ne destrueretur a la-
pidibus manganelle, que proiciebantur de citadella » (1). La stu-

dunque, con amorosa cura, ricoperta di una specie di palco di le-
gname, perché la grandine di pietre che pioveva dalla vicina citta-
della non la offendesse irreparabilmente! Non diversamente, con
legname e con saechi di terra, altri miracoli d'arte italica verran-

zionali; lo apprendiamo da Ann. Decemv., c. 15, circa un pagamento fatto a

comuni pro bombardis... pro obsessione existentium in citadella ». La notizia
era conosciuta (MARIOTTI, Lettere pittoriche, p. 116-117). Con manifesta esa-
gerazione G. BAcILE DA CASTIGLIONE, nel suo citato scritto La fortezza di
Porta Sole, p. 113, afferma che «non può esservi alcun dubbio che le arti- i
glierie adoperate dai Perugini in quell'occasione fossero state in gran parte
artiglierie da fuoco, ed una grossa bombarda, e non già,una catapulta, come
da qualcuno fu. scritto, dovette essere certamente quella macchina bellica
a cui il popolo dette il nome di Cacciaprete ». Erra anche quando crede che
«gli alti e sottili (?) corridoi» siano stati demoliti dall'azione delle bom-
barde. Quello che è certo, è che le parole del cronista si Ru en rut. bene sol-
tanto a catapulte e non a bocche da fuoco.

(1) Ann. Decemv., c. 12b.
LA RIVOLTA DI PERUGIA NEL 1375 129

no, alcuni secoli più tardi, tutelati in Venezia contro altri, purtrop-
‘ po più perfezionati bombardamenti aerei.

In parte diversa era la fisionomia delle operazioni contro il
cassero di S. Antonio. Colà, la differente natura del luogo per-
metteva di porre in opera gli accorgimenti della tecnica d’assedio
medievale. Prima cura dei Perugini fu di garantirsi da eventuali
‘sortite (che invece non era prevedibili per quanto riguardava
la cittadella, e, del resto, si sarebbero esaurite nelle strette vie
della città), e da assai probabili arrivi di soccorsi dallesterno.
Provvidero a costruire immediatamente una «bastita » (bastia,
battifolle), cioè un'opera di fortificazione provvisoria, in legname
per la più parte, ma solidissima, che, collocata in punto di va-
‘lore strategicamente dominante, e probabilmente a guardia e con-
trollo delle vie di accesso che menavano al cassero dalla cam-
pagna, valesse ad intercettare qualsiasi comunicazione degli as-
sediati con l’esterno, a dare un punto di appoggio agli assedianti,
a garantire loro le spalle da ogni sorpresa. Per tale costruzione,
che dovette essere giudicata assai opportuna, perché i Fioren-
tini se ne congratularono con Perugia, furono delegati appo-
siti ufficiali (1). Era collocata davanti alla porta del cassero « dalla
parte di fuori a lato la fornace sopra S. Maria di Monteluce; e li
stavano tutti li fanti masnadieri, et era tanto presso al cassero,
che ci traeva ogni piccolo balestro; del quale battifolle era sopra-
intendente Berarduecio di Andrea di Bernarduolo da Casaglia ».
Cosi il nostro Anonimo. Anche qui si batteva continuamente il forte
con armi da getto, e quei di dentro rispondevano; e si approntava-
no, poi che lo spazio intorno al cassero ne permetteva l'impiego,
i cosiddetti « gatti » o « vigne », necessari per aprire breccie nelle
mura. i
Cosi dunque, con slancio, ma anche con ponderatezza, il
popolo di Perugia si batteva per la sua libertà, quella libertà di
cui aveva goduto da secoli, ed alla quale la esortava anche il rosso
stendardo con la parola Libertas che Firenze, seguendo il suo me-
todo usato con tutte le città ribelli, le .aveva urandató insieme
al richiesti aiuti (2).

‘ (1). Vedi nota 1 di pag. 126.
(2) Gli aiuti mandati dai Fiorentini furono 500 lancie « della gente
della lega », cioé del contingente alleato, inoltre « una brigata bella di fanti
a piedi; la qual gente ne guardava ogni notte la nostra piazza e 300 lanoe n rr lt AI LN coma ci

n

E. DUPRÈ THESEIDER

***

I documenti della cancelleria fiorentina dimostrano l'attenzio-
ne con la quale gli Otto della guerra seguirono la vittoriosa ri-
volta.

Quando giunge la notizia della avvenuta sollevazione (1),
che, data l’importanza della città, acquistava una significazione ed
un valore di prim’ordine per il movimento al quale Firenze si
era dedicata con tutte le sue forze, gli Otto, valendosi del solenne
ed efficace latino di ser Coluccio Salutati, mandano immediatamen-
te (9 dicembre) a Perugia una lettera gratulatoria la cui copia si
è conservata nell'Archivio di Stato fiorentino. Sia ringraziato Id-
dio che ha ascoltato i gemiti dei suoi figli incatenati, e che ha
suscitato i Perugini, con tanta concordia e fervore, alla libertà.
Verrà il giorno che codesta sentina e feccia di tutte le genti, cui
i pastori della Chiesa mandavano a predare le terre d’Italia, ver-
ranno espulsi dall’Ausonia. Intanto stiano i Perugini di buon animo

stavano nel. palazzo del Capitano; della qual gente a cavallo era capitano
generale un savio uomo tedesco, detto messer Corrado Tirchinghez, con la qual
gente ci vennero gli ambasciatori di Fiorenza, Siena ed Arezzo, cioè che tene-
vano la lega di Toscana» (FABRETTI, p. 223). Il nome dello stipendiario
tedesco è Wittinger (cf. ScHAEFER, cit, III, p. 337). — Nella più interes-
sante fonte fiorentina del tempo, il Diario di Anonimo edito dal GHERARDI, p.
304, leggiamo « Ebbono i Perugini la loro libertà, bontà di Dio e del comune
e senno della città di Firenze, cu’ Dio mantenga. Dieronsi le 'nsegnie adi 9.
di diciembre anno 1375, messere Currado Quintingherre tedesco quella del co-

mune di Firenze, e quella di libertà, Filimbache tedesco ». Al lettore non sfug-

girà la compiacenza con cui il Fiorentino attribuisce all’aiuto delle armi del pro-
prio comune il felice esito della rivolta. 3

(1) «Adi VIII di diciembre... tra le XXIII e le XXIIII ore [vennono
novelle] come i Perugini si sono rubellati dalla Chiesa, cioè fu domenica mat-
tina, adì VIIII detto mese (!), e si sonò la campana grossa, per fare
grandissima festa, con grandi falò. E apresso dopo mangiato, al nome di Dio
e di vettoria, sì si diedero le ’nsegnie al nostro capitano, e lesso’si lettere
venute dal popolo di Perugia a tutto il popolo di Firenze, della loro libertà.
E l’abate è nella cittadella con sua compagnia, ma tosto, co l’aiuto di Dio,
sì s'avrà. Imperò che tutto ’1 popolo di Perugia v'é dintorno, tutti armati,
e gridano dì e notte: Muora l’abate, e: Viva il popolo di Firenze. Al nome
di Dio amme». Aggiunge: « Tenne l'abate la signoria di Perugia anni quat-
tro e mesi otto (‘errato!): fu ispacciato adi VIII di diciembre 1375 » Diario
d'Anonimo, p. 304).
LA RIVOLTA DI PERUGIA NEL 1375 131

e con costanza perseguano la loro bellissima impresa. « Mostrate
che non dalla natura, ma dal fato dipendeva se la vostra città era
oppressa da sì vergognosa tirannide; insegnate a codesti scioperati
di Francesi che non sono degni di dominare sugli Italiani; andate
contro i tiranni, e rivendicate voi ed i vostri posteri alla libertà
adusata!». E Firenze promette immediati aiuti (1). E? stato
preso il vescovo di Narni, ed é risultato che egli aveva inviato
sue lettere a Perugia, nelle quali, come constava ai Fiorentini,
si contenevano notizie che riguardavano loro e tutta la ‘Toscana;
facciano i Perugini in modo di impadronirsene (2).

Non desti meraviglia il tono violento della lettera. Tutta la
propaganda di guerra che preparava accompagnava e confortava
l’azione degli inviati politici di Firenze, è impostata con somma
abilità sul tema nazionale, in senso xenofobo: in quasi ognuna del.
le lettere che partono da Firenze durante la guerra degli Otto
Santi, si svolge una intensa polemica, diretta a suscitare lo sdegno
delle città italiane contro la dominazione straniera. Con innegabile
abilità Firenze mirava a vincere gli scrupoli che nelle popolazioni
dello Stato ecclesiastico si potevano muovere contro una rivolta
che, fatto gravissimo, si rivolgeva in sostanza contro il vicario
di Cristo e avrebbe attirato su tutti i ribelli i fulmini della male-
dizione della Chiesa. Non contro il sommo pastore delle genti si
combatte, afferma Firenze, — la quale, anzi, protesta in ogni oc-
casione di essere pur sempre, come per il passato, figlia devota
della Santa Chiesa e saldo presidio della parte guelfa —; non
contro il santo padre si rivolgono le nostre accuse e le nostre ar-
mi, ma contro i suoi indegni rappresentanti in Italia, che si sono
comportati presso noi come in terra di conquista, come se fossero
fra un popolo infedele. E Firenze tocca una corda che sa sensibi-
lissima nel cuore degli Italiani, già tutti orientati verso il Rinasci-
mento, che é ravvivamento di una fiamma che non si é mai spenta,
lorgoglio della comune discendenza da Roma imperiale. La po-

lemica antichiesastica è al tempo stesso antifrancese: i Francesi

(1) GHERARDI, La guerra... degli Otto Santi, cit, doc. 107. Avverto, una
volta tanto, che la raccolta di documenti di quello studioso, per quanto preziosa,
non ha tutta l'utilità che potrebbe supporsi, perché le trascrizioni sono per
lo pià lortemente sunteggiate, e spesso mancano proprio delle parti piü inte-
ressanti, Le ho tutte controllate sugli originali, e spesso integrate.

(2) Cf. anche GHERARDI, doc. 153.

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E. DUPRÈ THESEIDER

132

sono indegni di dominare sugli Italiani, ai quali è proprio di coman-
dare, non di servire. Ne sono indegni, sia appunto per la loro conge-
nita inferiorità, sia per il modo tirannico, disonesto, offensivo, che
hanno tenuto nei lunghi anni durante i quali il Papato è stato lon-
tano da Roma. E poiché, appunto, tutte le lamentele che i suddi-
ti italiani dello Stato della Chiesa inviavano ai pontefici di Avi-
gnone — per vero non tutti sordi alle loro recriminazioni, ma im-
pediti quasi sempre di agire dalle resistenze che incontravano in
Curia —, vertevano sugli abusi innumerevoli dei vicari e degli uf-
ficiali papali, l'appello di Firenze trovava immediatamente un’eco,
edi suoi incitamenti alla rivolta una pronta esecuzione. La propa-.
ganda fiorentina era guidata magnificamente. Ce ne dà un esem-
pio appunto la lettera a Perugia, con il suo appassionato richiamo
alla libertà, che i Perugini avevano perduta da cosi poco tempo,
e rimpianta doppiamente, sotto il mal governo dell'ultimo vicario.
Anche l'aecenno ai « nebulones » francesi doveva avere un preci-
so valore per i Perugini.
Firenze, come ho detto, seguiva con estrema attenzione l'e-
spandersi di quel fuoco che aveva acceso e scagliato essa stes-
sa (1). Le vicende di Perugia — come più tardi quelle di Bologna ‘
— sono argomento della sua particolare ed ininterrotta cura. Ne
dà notizia ai Senesi, pregandoli che mandino essi pure aiuti:
la libertà di Perugia sarà fonte di sicurezza e quiete a loro come
@ Firenze stessa. Anche a Bernabò le notizia vien mandata quasi
subito; si spera che, non appena saranno arrivate le truppe fio-
rentine, la cittadella cadrà. Poiché queste non bastano, ecco che
si scrive a due capitani visconte? di stanza ad Arezzo, che vadano:
senza più tardare a Perugia, la liberazione della quale sta a cuore .
al loro signore, Bernabò, non meno che ai Fiorentini stessi (2).

(1) Per mon interrompere con continui rimandi la narrazione, avverto che
tutta la documentazione delle pagine che seguono si trova riunita nel GHERARDI,
documenti 109 (a Siena), 110 (a Bernabò), 115 (ai capitani), 116 (a Ga-
leotto, parte inedita), 118 (a Bernabò), 121 (agli ambasc., parte inedita), 128
(ai Perugini, parte inedita), 130 (agli stessi, circa i due fiorentini), 133
(a Bernabò), 134 (agli ambasciatori), 136 (ai Priori), 138 (agli stessi, del 19),
142 (a Bernabò), 147 (ai Perugini, lett. del 17 gennaio). I

(2) Cf. la notizia dell’Anonimo fiorentino: | «adi X di diciembre an-
no detto, cavalcò messer Giannotto de’ Bisconti di Melano colla giente di mes-
ser Bernabò, verso Perugia ». Dunque l’appello aveva. avuto buon esito. Ma
la data dell'Anonimo è errata, ché la lettera degli Otto è del 12.
LA RIVOLTA DI PERUGIA NEL 1375 155

A Galeotto Malatesta, che era restato fedele alla Chiesa e si ap-
prestava a mandare soccorsi all'abate, si scrive esortandolo a dimo-
strarsi più sollecito della libertà del popolo italiano che non della
tirannia dei Francesi, «i quali, come vedete, non hanno alcuna
fede, alcuna pietà, alcuna onesta riverenza, alcuna carità, purché
possano opprimere il nome latino ed esercitare su tutti una feroce
tirannide ». i

Rivolgendosi, pochi giorni dopo (il 15), a Bernabò Visconti, Fi-
renze annuncia che quella « regia civitas perusina », cui con tanta
frode la tirannide ecclesiastica stava già conducendo alla ruina,
€ ora per raggiungere il desiderato trionfo sulla cittadella, alla qua-
le é tolta ogni speranza di aiuto, specialmente dopo che sono arri-
vati a Perugia gli aiuti fiorentini (1). E° una favorevole circo-
stanza questa, che tanti armati e tanti capi della Chiesa si tro-
vino tutti riuniti e bloccati là; altrimenti potrebbero facilmente
arrestare il seguito delle ribellioni. Lo stesso concetto riappare
nella lettera in volgare mandata il 16 dicembre agli ambasciatori
fiorentini in Perugia. « Al fatto della cittadella, sapete che una

grandissima ventura è, ritrovarvisi rinchiusi tanti huomini caporali,

e di tanto seguito, e non dubitiamo punto. che, se eglino si fos-

. sono trovati di fuori alcuno che vi sono, arebbono storpiato e

stroppierebbono molte nostre intentioni, però che sapete quanto

‘ eglino sono nostri nimici e della libertà, e di quelle cose che noi

disideriamo e cerchiamo. E però avere le loro persone sarebbe
molto utile per lo detto rispetto e per molti altri». Ma tuttavia
si lasciano gli ambasciatori liberi di consigliare ai Perugini quello
che essi crederanno più opportuno, dato che essi possono « con-
siderare i pericoli che potrebbono essere nello indugio d’avere

“la ‘cittadella ».

Risulta evidente da questa lettera, come dagli eventi che se-
guirono, che i Perugini non procedevano nell’assedio della citta-
della con quella rapidità ed energia che sarebbero state necessarie
se si voleva espugnarla rapidamente, prima cioè che gli assediati
potessero avere aiuti dal di fuori (dall’Aguto o dal Malatesta) e

(1) Il 13 pare che fosse giunta in Firenze la novella, prematura, del-
la resa. Ma già allora si diceva ch'era «a patti, salvo l’avere e le persone»
Nella rocca era anche un Fiorentino, messer Tassino Donati, « cosi sia egli

morto a ghiato, egli e qualunque cittadino fa contra la sua città », commenta,

violento come sempre, l'Anonimo fiorentino, p. 305.
134 E. DUPRE THESEIDER

sciogliersi da quella fatale situazione, riacquistando la libertà di

movimento, ridiventando pericolosi per Perugia ed i suoi colle-

gati. A questo proposito, Firenze indirizza ai Perugini, il 22

dicembre, un appello particolarmente appassionato. « Forse che

Mes ; tanto ha potuto su voi il quinquennale giogo, che, come sogliamo
I s. dire dei cavalli, avete dimenticato come correre senza il freno? ».
TR Con la loro pigrizia, essi stanno per trasmutare un'azione tumul-
tuosa e fulminea in una guerra non mortale e interminabile. In-

fatti essi, per « detestanda negligentia », hanno trascurato finora di

espugnare la cittadella, e, peggio ancora, con grande loro perico-

lo, per non dire con insipienza, hanno chiamato a intermediario

l’Aguto, e per lui tal Bartolomeo « Gaggi». « Suspiciosa collo-

quia », abboccamenti densi di pericolo! Non vogliano affidare la

TUE - , sorte della loro libertà ad uno straniero; abbandonino ogni in-
| tervento o mediazione « barbarica », e provvedano essi stessi alla
| Il | propria salute. Tutt'al più vengano a patti con l'Aguto, per quello
TUI iche riguarda lui direttamente; ed ottengano o la sua partenza o la

EE UE sua neutralità.

Ma è ormai sicuro che i Perugini non otterranno più la cit-
tadella con la forza, sì bene solo mediante accordi. E Firenze
d I scrive nella stessa data raccomandando che, nel redigere i patti
H della resa, si tenga conto anche dei diritti di due suoi influenti cit-
tadini, Angiolo di Uberto degli Albizzi e Ardingo dei Ricci. Nel
tempo in cui era stata fatta la pace «infaustissima » di Perugia
| («cuius sequela fuit horrenda servitus, que vos tam diu crudeliter
| | i subiugavit »), il comune umbro aveva dovuto affittare a quelli
ITE per 39.000 fiorini e per quattro anni i redditi del lago "Trasimeno,
| LM : allo scopo di pagare i mercenari che avevano militato per esso. Ma
V la convenzione era stata dichiarata irrita dai vicari papali, e da
ció era derivato un fortissimo danno ai due Fiorentini. Ora, poi-
ché nella cittadella è rinchiuso proprio quel « monstrum abominabi-
le», l'abate, che ha la colpa di ciò, si pregano i Perugini di
toucu dare con lui il risarcimento del danno, prima ch'egli ne esca.

La notizia delle trattative avviate con gli assediati della cit-
tadella non dà pace a Firenze. Il 26 dicembre essa manda il testo
dei patti a Bernabò, esprimendo il timore, anzi la certezza che
quelli, non appena liberati, si uniranno agli Inglesi, ed insieme E
muoveranno su Firenze per vendicarsi; perciò sollecita gli aiuti
| del signore di Milano. Il giorno appresso comunica agli ambascia-
L5 tori in Perugia che ha ricevuto il testo degli accordi, spedito di-
LA RIVOLTA DI PERUGIA NEL 1375 135

rettamente dai signori di Perugia. Non è d’accordo sul progetto di
tenervi cento lance (cioè cento uomini) fiorentine per tutto gennaio,

cosa troppo arrischiata, ove Firenze dovesse essere assalita da

quelli della cittadella unitamente agli Laglesi. Perciò gli ambascia-
itori si adoperino per ottenere la promessa che non si procederà
contro Firenze («non mostrando peró, di questo, grande paura ne'
vostri ragionamenti » !).

La signoria fiorentina non poteva non esprimere tali suoi dub-
bi e critiche anche direttamente ai colleghi di Perugia. Lo fa nella
lettera (latina) del 29 dicembre, che é tutta una calda esortazio-
ne, ed ha per noi un vivo valore documentario. « Udimmo che voi
avete rapporti con la compagnia degli Inglesi, che essi entrano nel-
la vostra città, che i vostri cittadini frequentano. il loro accampa-
mento... Non avete presente l'astuzia degli Inglesi (1)? Che co-
sa significa, codesto riceverli tra le vostre mura come se fossero
amici? concedere ad essi i cavalli, le armi, le vettovaglie e tutto
lapparato bellico, con il quale aggrediranno e offenderanno voi
stessi e gli altri popoli della Toscana? o consentire in qualsiasi
modo a tali contatti? Considerate, fratelli carissimi, quali premii
e quanta gloria toecherebbero agli Inglesi, se — Dio no 1 voglia —
essi riformassero in Perugia lo Stato della Chiesa!» Non si fac-
ciano tenere in parole dagli avversarii, che hanno solo l'intento di
far si che l'espugnazione della cittadella languisca. Rompano le
trattative, impediscano che il nemico possa con i proprii occhi in-
formarsi delle loro cose; sia ad essi sospetta qualunque mano di
ecclesiastico; non permettano di essere accontentati a parole ma
pretendano che segua anche l'effetto. Terminate le esortazioni —
che sono ancora molte e insistenti —, raccomanda che curino
«bastitam quam extra civitatem contra casserum sancti Antho-

(1) Evidente allusione alle recenti, pessime esperienze che Perugia aveva
fatto appunto con i mercenarii inglesi che avevano preceduto l'Aguto. Dattuti
il 7 novembre 1364, quelli della Compagnia bianca avevano capitolato il 12,
dando le più ampie assicurazioni di non offendere mai più il comune di Perugia
(FABRETTI, p. 197). Il 22 luglio 1865 erano ritornati, e nuovamente s'erano
dovuti arrendere a patti, a S. Mariano, con promessa di non ritornare per cin-
que anni (FABRETTI, p. 202, n. 2); per la terza volta erano invece riapparsi
nel marzo 1366, e avevano finalmente avuto il sopravvento sui Perugini, a
Ponte S. Giovanni (ibid.). E! noto che, appunto in seguito a tale rotta, l'Al-
bornoz, « subito quando seppe che li Perugini erano stati rotti dalli Inglesi »,
poté impadronirsi di Assisi. 136 E. DUPRÈ THESEIDER
nii prudentissime munivistis » e che, a quanto risulta a Firenze, non
è ancora pronta. \

Il 1° gennaio gli Otto accusano ricevuta della lettera con la
quale i priori davano comunicazione dei definitivi accordi inter-
venuti con gli assediati. Sebbene essi siano « qualia permisit ne-
eessitas, non qualia suggerebat voluntas », li approvano. Lasce-
ranno ad ogni buon fine in Perugia le loro genti d'arme, purché
non ne abbiano essi stessi necessità per un assalto degli Inglesi
contro Firenze. Questo timore ricompare ancora in una lettera del 6
gennaio a Bernabò, ma ormai Firenze si è adattata al fatto com-
piuto, ed il 17 gennaio manda una lettera ufficiale di congratula-
zione a Perugia per la riacquistata intera libertà. Ha termine cosi la
corrispondenza fra le due città per quello che riguarda piü di-
rettamente l'episodio del quale ci occupiamo; possiamo ricordare,
a mo' di conclusione, che il 19 dicembre 1377 i priori di Perugia
concessero ad uno degli Otto Santi, a Simone di Ranieri Peruzzi
ed insieme a tutti i colleghi, la cittadinanza in perpetuo, unita
ad altri privilegi, in segno di gratitudine per quello che avevano
fatto, portando la luce della libertà contro la perfida tirannide, ed
aiutando la città nella sua lotta, con la quale la libertà, già per-
duta o meglio rapita, era stata felicemente strappata dalle mani
dei barbari (1).

. Dalle lettere dei Fiorentini risalta dunque che a Perugia le
cose non erano andate come l’inizio della rivolta aveva. fatto.
sperare. Assai probabilmente in città deve essere avvenuto: nel
corso dell’assedio un cambiamento di opinione. Forse per abile
suggerimento degli emissari dell’abate, forse per più immatura con-
siderazione da parte degli organi SCE forse ancora per
timore di un intervento dell'Aguto, si rifletté che la città non
aveva interesse a schiacciare l’avversario — ammesso che ciò
fosse possibile.

Perugia era pur sempre molto, troppo vicina allo Stato della
Chiesa e legata ad esso, oltre che alla Toscana, dal passato e dal-
la sua situazione geografica. Conveniva compromettere irrepara-

i. (1) GHERARDI, doc. 386. Fra l'altro, si promette che, quando verrà deco-
rata la sala del Consiglio, gli Otto. vi verranno riprodotti « triumphali habi-
tu». La gioia di far onore agli Otto non sarà minore, per i Perugini, di
quella di aver strappata dalle mani dei barbari la libertà, « pessumdatam vel.
verius raptam ». ^
LA RIVOLTA DI PERUGIA NEL 1375 à 137

bilmente per il futuro i rapporti con il papa? Il ritorno a Roma di
Gregorio XI era ormai certo, la sua vendetta sarebbe forse giunta
in ritardo, ma ineluttabile e, probabilmente, tremenda. Il successo
morale c'era già stato, magnifico; non era consigliabile abusare
della vittoria, spingendo l'avversario alla disperazione. Cosi, dun-
que, si diede ascolto alle offerte di accordo di cui l'Aguto, per con-
to dell'abate, era latore. i

Anche l’abate di Monmaggiore aveva dovuto deflettere dal suo
primo proposito di resistere ad oltranza.

Le notizie che gli giungevano dal di fuori non erano tali da
invogliarlo a continuare in esso. Ormai lo Stato della Chiesa ave-
va finito di esistere. Rimanevano soltanto ancora pochissimi ca-
pisaldi: Ascoli, nel sud-est, isolata e ‘stretta anch’essa d’assedio;
Roma, al centro, ma ormai così poco importante; Bologna, nel
nord, vera chiave di volta del dominio ecclesiastico, ultimo soste-
gno del papa, ma destinata anch’essa a cadere, alla distanza di poco
più di due mesi. Gli alleati della Chiesa in Italia agivano con
poca risolutezza, quasi che l’unanimità della sollevazione delle città
. già sottoposte al papa li avesse indotti a riflettere ai casi proprii,
e ad adattarsi ad un futuro che si annunciava ricco di nuovi svi-
luppi. Lo stesso Aguto, l’unico che avrebbe potuto arrecare soc-
corso immediato ed efficace, non se l’era sentita di combattere sen-
Z'altro contro le forze collegate di Perugia e delle città toscane
‘nonchè del signore di Milano, e stava invece adoperandosi per una
resa a buone condizioni. Nessun annuncio confortante da Avi-
gnone: solo l’arrivo della notizia che il papa, nell’ultimo concisto-
ro, aveva conferito il cappello cardinalizio all'abate, del quale
ignorava in quel momento la poco lieta sorte (1). Così, l’insi-
gne onore, in altro momento ambitissimo, si sarebbe risoluto in

‘ (1) Il concistoró fu tenuto il 20 dicembre 1375. Evidentemente il papa
.non aveva perduto ogni fiducia in Gherardo, pur avendolo dovuto mettere
sotto inchiesta; oppure il cappello cardinalizio doveva rendere all’abate meno
.duro l'abbandonc del posto di vicario, che forse era già deciso in Curia. —
Ad Avignone la notizia della rivolta non doveva esser ancora giunta, ché per
‘il viaggio non occorrevano meno di due settimane (cf. GRAZIANI, p. 67: in 18
giorni arriva a Perugia la notizia della morte di Benedetto XII, in 16 quella
dell’elezione di Clemente VI). Ancora .il 27 dicembre il papa invia in Italia
Bertrando Raffini, con l’incarico di congratularsi con varie città dello Stato ec-
clesiastico per la fede tenuta alla Chiesa: fra esse figura ancora Perugia (Reg.
Vat. 267, c. 94).

——————À

>

-—
138 E. DUPRÈ THESEIDER
un accrescimento di onta, ché l’abate avrebbe dovuto abbandona-
re il suo superbo castello, coperto idealmente del rosso manto
cardinalizio! Pertanto, scoraggiato, Gherardo Dupuy dovette adat-
tarsi a trattare con i Perugini.

Il 22 dicembre, adunatosi il Consiglio generale, presenti 200
e più cittadini, uno dei priori, Bartolomeo di Felcino, diede let-
tura dei patti che, in via preliminare, erano stati concordati con
i difensori della cittadella, e con l’Aguto. Essi suonavano (1):

1) L’abate, Gomez Albornoz, Bernardo vescovo di Boulogne-
sur-mer, Ugo « de Roccia », il condottiero Bernardone della Sala,
il vescovo di Montefiascone, messer Elia « de Badro » e tutti gli
altri, cedono la cittadella ed il cassero, ottenendo in cambio
la libera sortita; nella cittadella debbono però restare tutte le
vettovaglie. come pure tutto ciò che è di proprietà del comune.

2) I cittadini di Perugia promettono di dar soddisfazione di
qualsiasi impegno che, a titolo privato, essi abbiano assunto verso
gli ufficiali della Chiesa precedentemente alle ultime novità; uguale
promessa vien fatta dall’altra parte.

8) Gli ufficiali della Chiesa che abbiano acquistato, a titolo
privato, beni immobili nella città o nel contado, possono conser-
varli, a meno che gli antichi proprietarii non intendano riscattarli;
in tale caso sono tenuti a rivenderli ad essi, detraendo tuttavia
l'ammontare delle spese di restauro o di manutenzione; ove abbiano
occupato (senza regolare acquisto) immobili di Perugini, sono te-
nuti a riconsegnarli.

4) Verranno redintegrati nei loro diritti di cittadini « messer
Ranieri» ed i suoi consorti, che si trovano nella cittadella.

5) I personaggi menzionati nel primo articolo, ed inoltre
l’Aguto, capitano della compagnia degli Inglesi, Giovanni Torne-
buri, Giovanni « Brach », Ricciardo « Romiser», marescialli del-
la stessa compagnia, poi Guglielmo Gold (2) conestabile ed

(1) Vedili in appendice, doc. II.

(2) Sono personaggi che appaiono spesso al seguito dell'Aguto. Così nel- |

Patto del 21 giugno 1375 (GHERARDI, doc. 6) con cui Firenze fa tregua per 5 an-
ni con gl’Ingiesi, dove leggiamo, dopo il nome di Giovanni «Havkevoode», capi-
tano generale della Compagnia, quelli di « dominus lohannes Thorneberi angli-
cus et dominus Iohannes Briz» (che è poi il «Brach» od il. «Breccia » dei docu-
menti perugini) marescialli della Compagnia (nel documento la loro qualifica
è lasciata in bianco); poi sono menzionati « Guillelmus Gold Anglicus conestabu-

arius» e « Rieciardus Ramisey », tra i. « consiliarii ». La qualifica di questo
— — ZIA ue

LA RIVOLTA DI PERUGIA NEL 1375 139

altri ancora, si impegnano tutti, per la durata di sei mesi a partire
dal 19 gennaio 1376, a non offendere né persone né cose del co.
mune o del suo distretto (« comitatum fortiam et districtum »),
come pure le terre « recommendatas ». T

6) Si prendono accordi per lo scambio e la liberazione
reciproca dei prigionieri.

7) Il comune risarcirà quelli della compagnia di tutti i dan-
ni che possono aver ricevuto in tali frangenti in Perugia; d'altra
parte i mercenarii rilasceranno tutti i loro prigionieri.

8) li nobiluomo Bartolomeo «Dalmatii de Gagio» co-
me ricompensa dei servigi prestati al comune, ottiene da esso
«comunantias pedatarum lacus Perusii », oppure tanto dei beni
immobili del comune, che gli fruttino un reddito annuo di 200
fiorini. |
9) Durante i sei mesi concordati nell'articolo quinto, Pe-
rugia non condurrà al proprio servizio aicuno della compagnia
inglese, senza consenso del capitano Aguto.

10) Entro lo stesso periodo di tempo, nessuna molestia verrà
fatta da Perugia alle terre della Chiesa od alla compagnia, che
le fa uguale promessa.

11) La compagnia dovrà andarsene dal comitato e distretto
di Perugia entro i due giorni successivi alla liberazione degli
assediati. SUCH

Tali, dunque, gli articoli che si proponevano per la definitiva
cessazione delle ostilità.

Si vede subito che l'accordo, come veniva prospettato dai prio-
ri, era tenuto su un tono assai conciliante verso la parte vinta.
Essa non ha da adempiere ad alcuna clausola onerosa. Nessuno
dei suoi rimane prigioniero, per essere più tardi riscattato a caro
prezzo, secondo gli usi militari del tempo. Non si richiedono o-
staggi; non si fa questione di indennità per i danni prodotti dal
bombardamento nella città o per le spese sostenute dal comune per
l'assedio; non si accenna ad un risarcimento per quei due cittadi-
ni fiorentini, dei quali si é detto poco prima (1), o per altri soprusi

ultimo nel documento perugino è forse errata, oppure egli nel frattempo era
avanzato di grado. All'atto del giugno è presente inoltre, fra i « marescal-
chi italorum », Bartolomeo « de Gagio ». Vi «erano dunque dei mercenarii italiani
aggregati agli Inglesi.

(1) Cf. GHERARDI, Arch. stor. ital., .V, 1867, p. 60, n. 2.

—————— — ome

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i ile De CLN TI S remi

140 E. DUPRÉ THESEIDER

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commessi per l'addietro ai danni dei Perugini stessi. L'ora del
redde rationem era venuta, ma Gherardo Dupuy se la cavava, nel

. complesso, ancora abbastanza bene. L'unico punto dal quale ap-

pariva che in tale suo rappresentante la Chiesa era stata vinta,
è la mancanza, nel patto, di un qualsiasi accenno ad essa, di una
qualunque formula di riverenza e di ossequio, fosse pur vago;
ma si deve convenire che, anche sotto questo punto di vista, i
Perugini erano stati concilianti e prudenti, perché nel patto a-

"vrebbero invece potuto e dovuto leggersi, formulate a mo’ d'intro-

duzione, fiere e fors’anco insolenti affermazioni di quella volontà
di indipendenza che aveva sostenuto i Perugini nella lotta contro
la Chiesa. |

- «L’impressione che il patto sia nato in atmosfera di remissività
si accentua quando passiamo a considerare le clausole che compren-
dono gli obblighi che Perugia assume verso l’abate e verso la
compagnia inglese. Su undici articoli, soltanto tre — il primo, il
quinto, l'ultimo —, contengono promesse fatte dai vinti ai vinci-
tori senza contropartita; in tutti gli altri, le due parti trattano
da pari a pari! Non sappiamo quanto onerosi fossero gli impegni
che Perugia si assumeva, perché non sono accompagnati da indica-
zioni di cifre, ma essi sono palesemente importanti e legano sot-
to molti aspetti il comune. Particolare significato aveva l’arti-
colo 10, che eliminava praticamente Perugia dal fronte antichiesa-
stico per un tempo piuttosto lungo, e proprio in un momento in
cui la rivolta era in pieno sviluppo nell’Italia centrale. Né si può
dire che tutte le clausole tornassero a vantaggio della città. La
quarta e l'ottava lobbligavano a ricompensare persone che, con.
tutta evidenza, non le erano state favorevoli. Quel tale messer
Ranieri era per certo un devoto partigiano della Chiesa, se, il

^ dicembre, aveva preferito fuggire nella cittadella piuttosto che

unirsi al movimento; quando, il 1° gennaio 1376, l’abate se ne
andrà, anche egli riterrà più sicuro abbandonare ugualmente Pe-
rugia: in quella occasione una fonte perugina (1) lo qualifica
«nostro cittadino traditore ». E quanto a Bartolomeo Gaggi, il
principale intermediario fra l’Aguto ed i Perugini, sappiamo che
faceva addirittura parte della compagnia degli Inglesi! Se Pe-
rugia viene vincolata espressamente a riconoscergli un vitalizio

(1) TABRETTI, p. 224, m. 1.
LA RIVOLTA DI PERUGIA NEL 1375 141

per « servigi » resi, è probabile che i suoi meriti fossero più gran-
di verso l’abate che non nei riguardi dell’altra parte (1).

Votiamo, da ultimo; un’altra cosa. Tutto il documento tradi-
sce a chiare note la viva preoccupazione che i priori avevano .di
ingraziarsi i mercenari inglesi, e di impegnarli a non offender |
Perugia. Si può dire che l’accordo sia stato stretto fra il comune
e l’Aguto, più che fra esso e l’abate. Sappiamo che in quel mo-
mento non v'era in Italia un corpo di armati che potesse facil-
mente tener testa agli Inglesi, se non per via di leghe e di coali-
zioni. Riteniamo pertanto che l'Aguto abbia, per quanto legato
alla parte soccombente, in certo modo gettato sul piatto della bi-
lancia la sua spada, ed ottenuto cosi all'abate le migliori condizioni
che potesse sperare.

Cosi Perugia. dovette adattarsi a patteggiare, quando avreb-
be potuto imporre le proprie condizioni. Erano bene informati i
Fiorentini, quando, accedendo a malincuore all’accordo, dissero che
esso era stato quale portava la necessità, non quale avrebbe do-
vuto dettarlo la volontà vittoriosa.

Dopo che gli articoli erano stati letti, su proposta di uno
dei quattro ambasciatori di Firenze, Nofrio de Rubeis, si costituì
immediatamente, per esaminarli, un più ristretto comitato, del
quale furono chiamati a far parte gli ambasciatori fiorentini, se-
nesi ed aretini. RS |

Poi, il giorno dopo, si ebbe la « generalis et publica adunan-
tia civium perusinorum nobilium artificum et populariorum » riuni-
ta per cura del nuovo capitano del popolo, « dominus Johannes do-
mini Nicolai» da Montepulciano. Sono presenti, oltre ai 10 priori,
94 «camerarii artium » ed. 900 e più cittadini. Avanti ad essi
Bartolomeo di Felcino ripropone gli stessi patti; su mozione di
Oddo Baglioni, essi sono approvati (2).

Si trattava ora di applicarli. A. tale uopo si riunirono il 24

' (1) La concessione fu poi fatta in data 10 giugno: Ann, Decemv., c. 105.
— (2) Ann. Decemv,, c. 5. E' probabile che il capitano del popolo fosse .
figlio di quel Niccolò de’ Cavalieri, del quale abbiamo già parlato. — Il 27 dic.
veniva già eletto il suo successore, Michele « Pigii de Bonaguidis » da Vol-
terra (c. 9). — Il 31 dic. si elegge Cecco di Perugino de Brunforte a difen-
sore della città (c. 9 b); :
142 E. DUPRÈ THESEIDER

dicembre (1) i priori, con l'assistenza di varii cittadini, tra
i quali spiecavano Oddo Baglioni, Oddo di Simone Oddoni, Nerio
marchese del Monte di Santa Maria; decisero che quattro cittadini,
accompagnati da 100 lancie, sarebbero stati inviati a comunicare
l’accordo a quelli dei due fortilizi, assicurandoli che avrebbero
potuto tenerli fino a che non fossero giunti a rilevarli l’Aguto con
i suoi uomini. Ma evidentemente gli assediati non si ritenevano
ancora abbastanza garantiti. Il 26, Bartolomeo di Felcino comu-
nica, davanti al Consiglio dei consoli « mercatorum, auditorum
cambii, camerariorum calcolariorum et aliorum camerariorum alia-
rum artium », che il trattato non è stat» potuto applicare, e che
occorre esu un altro. Cosi si esprime il testo, ma evidente-
mente si trattava solo dell'applicazione delle modalità della resa,
perché non si parla, nel seguito del documento, di un nuovo trat-
tato, ma solo di una rinnovata proposta di garanzia. Nel cassero
entrerà una sorta di commissione mista, composta di Trincia dei
Trinci di Foligno con 100 armati, e di 2 della compagnia inglese, per
la parte della Chiesa; e di uno dei marchesi del Monte, precisamen-
te Ranieri (2), per i Perugini, con lo stesso seguito; essi terran-
no la fortezza per assicurarne l’indisturbata evacuazione (3);
con loro vi entreranno anche alcuni notai, incaricati di redigere l'in-
ventario degli oggetti che vi si trovano. La proposta viene appro-
vata. Poiché non troviamo menzione di ulteriori trattative, è da
credere che appunto con tali modalità si procedesse nello sgom-
bero dei due fortilizi. Per l’esecuzione di tutte le clausole della
resa vennero delegati i nobili e prudenti cittadini Nerio di Nucciolo
de Coppolis (P.S.P.) e Paoluccio di Nino (P.S.A.), che dovevano
accordarsi con Trincia dei Trinci.

Il primo giorno del nuovo anno 1376, « un giovedì a mane », le
genti della Chiesa, con a capo l’abate di Moninaggiore, ora cardi-
nale, abbandonavano tristemente Perugia. L'anonimo che integra

(1) Ibid., c. 6b. Oltre ai detti cittadini, sono nominati: Pellino di Cucco
Baglioni, Angelino di Ciecolo « Synibaldi », Giovanni di Francesco « Mutii »,
Giacomo di Angelello, ser Cola di Salvolo, Lodovico di Francesco, Francesco
di Mino, Giovanni « Boldri» [de Barsis].

(2) Erroneamente identificato dal FuM1 (note al MoNTEMARTE, p. 223) con
Ranieri de' Ranieri.

(3) Ibid., c. 1. Staranno là « quousque dicti domini [gli assediati] cum
securo conductu in manibus dicti domini Iohannis [Aguto] fuerint personaliter
presentati ».
LA RIVOLTA DI PERUGIA NEL 1375 143

in questo punto il Graziani ci dà, anche qui, un'esatta informazione.
Gli assediati « vennero già per l'ala di S. Antonio ed entrarono
nel cassero ed uscirono per la porta del cassero, e andossene per
la via che va a S. Giorgio, e portarono via ogni loro roba e arne-
se che poddero portare essi e li loro cavalli », salvo, naturalmen-
te, le vettovaglie e gli arnesi di proprietà del comune. Si vede
che, per facilitare ai vinti 'abbandono della cittadella, e per ridurre
al minimo i loro contatti con i cittadini esaltati dalla vittoria,
venae temporaneamente e con mezzi di fortuna riattato il tratto di
corridoio murato che menava al cassero (1). Da questo, « su l'o-
ra di terza » (le 9 del mattino), e passando «tra il barbacane e il
muro del cassero, per una porta che era di dentro al detto muro
del barbacane » (particolari costruttivi che non ci è più dato
di riconoscere sul luogo), escono alla spicciolata le notabilità della
gente della Chiesa, accolte dall’Aguto e da «messer Giovanni
‘Breccia » con 300 Inglesi a cavallo. Il cronista le annota a mano a
mano che passano (e par di vederlo, il popolo di Perugia, che fa
ressa contro quella postierla, si addita i più noti personaggi e li
accoglie l'un dopo l'altro con frizzi e contumelie!). « Uscì prima
messer Bernardo dalla Sala inglese, un gran caporale che stava
alla guardia del cassero; poi uscì Cucco (Cook?), un altro gran
caporale; poi uscì messer Ugo, cognato del papa; poi uscì Gra-
zino, soldato della Chiesa; poi uscì il vescovo di Bologna; poi uscì
messer Gomese; poi usci l'abbate che era stato nostro signore, a
cui Dio male faccia! ». Tutti senz'arme, chi a piedi chi a cavallo.
Seguono i 1500 armati e le salmerie. Ma queste non passano senza
incidenti. Le robe dell'abate vennero predate da alcuni Perugini,
che però poi le restituinono (2). Avvenne anche peggio: Elia

(1) PELLINI, p. 1148: l’abate, « havendo la notte innanzi fatto buttare
con molta prestezza un ponte di legno sopra il luogo dove il corridore era stato
da’ Perugini tagliato, messe in punto tutte le genti e fatto sapere all'Aguto che
s'accostasse alle mura della città per riceverlo, se n'usci con tutti li suoi
dalla fortezza et andó alla Rocca di S. Antonio». Ma dagli Ann. Decemv.,
c. 15b, risulterebbe che il lavoro sia stato fatto dai Perugini: pagamento a
Menico Nuti di Porta Eburnea, maestro di legname e camerario dell'arte, di 5
fiorini, per salario suo e di altri, che avevano fatto « pontem supra alam et
murum ruptum a cassaro sancti Antonii ad citadellam ».

(2) Il 14 gennaio le cose rubate a Gherardo Dupuy ed agli altri ven-
nero riconsegnate in mano del Tornebery da due ambasciatori perugini, Jacopo
d'Angelo, e Giovanni « Tengarini ». Si trovavano gli Inglesi a S. Martino in
sesti

us

144 E. DUPRÈ THESEIDER

«de Badro », uno dei personaggi espressamente menzionati nei
patti della resa, mentre usciva con i suoi bagagli, venne preso
prigioniero; soltanto il giorno 8 il comune decide che egli venga
rimesso in libertà, e lasciato libero di andare al campo della compa-
gnia inglese (che era presso S. Martino in Campo), insieme a tu to
quello che all’abate nonché agli altri era stato rubato in quel tram-
busto (1).

Campo, e l'atto di restituzione venne rogato appunto «in claustro ecclesie
sancti Martini», presenti il magnifico milite messer Amerigone «de Campana»,
molti Francesi ed Inglesi, ed. i due perugini Agostolo di Bartolo « Barcilglie »
e Bartoluccio di Andreuccio, detto Rosso. Il FABRETTI, che possedeva l'ori-
ginale dell'atto, lo riporta nel'« Regesto e documenti di storia perugina » ecc.
pubblicato al seguito delle cronache, nel volume XVI, parte II, dell'« Archivio
storico italiano », 1851, pp. 547-553. Noto che la data del documento non è si-
cura, ché il Fabretti parla del 14 gennaio, ma dall'atto stesso risulterebbe in-
vece la data del 10; fu rogato da Massarello di Pellolo.

Il documento elenca circa 220 oggetti, nominativamente indicati; ha in-
dubbio interesse per lo studioso della storia del costume e del vocabolario
relativo. Non possiamo naturalmente soffermarci ad analizzarlo; ci limiteremo
a ricavarne alcuni dati.

Era il tutto contenuto in una RI di « valigie » e di involti. Si
tratta per lo più di capi di vestiario; fra essi si trovavano anche oggetti di
altra. natura: tazze d'argento, dorato o no, ovvero smaltate; cucchiai d'argento;
qualche ornamento, sempre d'argento; parti di armatura (è indicato quando esse
provenivano dalle famose officine milanesi) e armi. Notiamo inoltre un .« liber
super decreto » (p. 549), « unum pennone sindonis cum armis pape Urbani »
(p. 551), «uno libro bombicino cantinelarum» (sic, per «cantilenarum»), appar-
tenente ad un cantore del seguito dell'abate, nominato « Guiglionus » (p. 552),
due breviarii, pochi sacchetti con carte, uno con il necessario per scrivere. Si
trattava evidentemente di una parte soltanto delle salmerie del seguito dell'a-
bate, ché non si puó credere che avessero con sé cosi scarso corredo; di denaro
vi erano soltanto 15 fiorini. 2 ,

Gli oggetti vennero poi tutti ripartiti secondo i proprietarii, i cui no-
mi appaiono in margine al documento: messer Beltrando, il vescovo Bernardo,
. messer Elia [de Badro], ser Alberto da Bologna, ser Francescuccio da Anco-
na, ser Jacopo da Bologna. (questi tre evidentemente notai al seguito della curia
dell'abate), messer Tassino, «Cicogna pifer» ed il nominato «Guiglione» can-
tatore, messer Ugone della Roccia, l'inglese Cocco, Gomez Albornoz. Vennero
restituiti anche 37 fra cavalli, ronzini e muli.

(1) Ann. Decemv., c. 13. La decisione vien presa dai priori unitamente a
varii cittadini, e con una certa solennità. Non so a qual titolo quei cittadini fos-
sero presenti. I loro nomi sono: mess. Francesco di mess. Ugolino, Bandino di
Francia, Servodeo di Contolo, Lodovico di Guidarello, Tantino di. Bramante,
Paoluecio di Mino « Celloli », Giovanni e Francesco di Giovannello, (94)

—r
LA RIVOLTA DI PERUGIA NEL 1375

Ulteriori informazioni sulla vera portata dell’incidente del 1o
gennaio ricaviamo dalle tre bolle di scomunica, delle quali parle-
remo a suo luogo.

In esse viene fatta la. storia dei misfatti dei Perugini, con
particolare riguardo a ciò che era successo all’abate, e certa-
mente sul fondamento della narrazione dei familiari di Gherardo.

I Perugini, «tanquam canes reversi ad vomitum antiquorum
eorum excessus », avevano assediato nella cittadella Gherardo, Ber-
nardo vescovo di Boulogne, Pietro vescovo di Montefiascone e
molti altri, per 22 giorni e più. Poi, quando il cardinale ed i suoi,
con i loro beni, si erano allontanati verso Assisi («receptis ab
eisdem Perusinis promissionibus et affidacionibus et assecuratio-
nibus personarum et bonorum et rerum ipsorum, et iuramento fir-
mato»), dapprima i Perugini avevano depredato ia cittadella, poi
demoliti i due fortilizi, poi ancora s'erano messi all’inseguimen-
to del cardinale e dei suoi, « clamantes et dicentes: Moriantur
moriantur ». ll cardinale s'era potuto salvare « per cursum equi
quem equitabat », spronando la cavalcatura (non so da dove il
Pellini abbia desunto il particolare della sua sconcia caduta: ma
puó darsi che sia un'invenzione), ma quegli scellerati dei Perugini
avevano afferrato il « venerabilem fratrem nostrum Heliam episco-
pum Cathanensem, tunc cantorem ecclesie Xantonensis, clericum
camere apostolice et nuncium nostrum », nonché molti familiari del
cardinale, religiosi e secolari, clerici e laici; li avevano imprigionati
e depredati. Di aleuni si fa anche il nome: sono i priori Gugliel-
mo «de Brayo Rommuncii (?), Aurelianen. dioc. », Stefano « de
Plunicogneto Sarceys, Abrincen. dioc.»; i monaci benedettini Pie-
tro «de Combreto» ed Enrico «de Almannia», cappellani del
cardinale; i nobili Giovanni « de Braxellis » e Pietro « de Limon »,
ambedue limosini. Peggio poi era avvenuto: nel trambusto ave-
vano trovato la morte un monaco del Monastero maggiore, Roberto
detto. « mabali », Giovanni « Grossi », Ludovico « de Tertro », Ger-
vasio, laici e familiari del cardinale.

Paolino di Ceccolo, Andrea di Pellolo, « Tanius » di Falcuccio, Suppolino di
Luca (P.S.S.); Contucciolo di Nicolò, Giovanni « Boldri », Giacomo di Bigaz-
zino, Bartolomeo di Massolo, mess. Nicolò di mess. Lello. (P.S.); Giovanni di
Peruzzolo, Giacomo di Angelo, Guglielmo di Pietro, Andruccio di mess. Pietro,
‘ Sante di ser Simone, « Finolus Nucoli » (P. H:); Pellino di Cucco, Ugolino
di mess. Giovanni, Gualfreduccio di mess, Giacomo (P.S.P.).

145

AR PR 226r MGE da gie ee LA de

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TAO E. DUPRÈ THESEIDER

L'Anonimo fiorentino (1), con ii suo modo vivacemente e-
spressivo, ci ragguaglia circa la soddisfazione che la notizia della
resa destó in Firenze, dove si ebbe certamente l'impressione che

l’arrischiata iniziativa, nella quale questa città si era gettata con

ogni sua energia, si fosse ormai definitivamente avviata ad una fe-
lice conclusione. «Martedi notte vennono in casa de' nostri signori,
alle due ore, tre ulivi, l'uno del comune di Perugia, l’altro del
nostro capitano (il Vittingher), l'altro dei nostri ambasciatori (No- |
fri de’ Rossi, Niccolò Giugni, Luigi Aldobrandini, Matteo Arrighi),
come l’abate ladro con tutta la sua compagnia avieno iscombra la
cittadella di Perugia ». La notizia viene confermata dall'arrivo di
un altro « ulivo », il 2; il 15, poi, ritornano le genti d'arme « col-
le grillande de l’ulivo in capo, con gran festa, e co molti istor-
menti e vettoria ». Altro ulivo giunge ancora il giorno appresso,
ed insieme la notizia « come il comune di Perugia sono rimasi in
pacie, e ogni persona si fa i loro fatti e le loro mercatanzie ».
Interessantissimo documento é quello che, poi, lAnonimo in-
serisce nel suo Diario: una specie di cronaca rimata degli ultimi

eventi. Secondo la attraente ipotesi del Gherardi, si tratta di una.

sorta di « cantare» che il diarista aveva udito in quei giorni in
piazza da qualche cantambanco, e che si è affrettato a porre
in carta come meglio poteva.

L'abate 2e UE in cittadella, «el popol non s ‘diga — ché
di pigliallo in cuor s’aveva posto — e di forallo a guisa di grattu-

‘gia. — Trovando ch'era in cittadella corso, — tagliar donde potea

venir soccorso. — Poi mandar bando ch'ogni taliano — ‘di citta-
della uscisson senza resta. — Secondo ch'io intesi, un da Gaglia-
no — ebbe all'abate la licienza chiesta, — ed egli il fe’ pigliare a
mano a mano; — senza più dire, gli tagliar la testa — e gitarol
da’ merli a tale effetto ». Qui la truculenza degli effetti è del
tutto popolaresca, e non credo che dobbiamo prender per auten-
tico il racconto di « quello da Gagliano » (del Mugello o. delle
Marche?), che troppo evidentemente fa rima con «taliano »; ma
non si può escludere che i Perugini avessero chiesto all’abate
che rilasciasse gli Italiani che erano con lui, forse per trarne ven-

detta più che per salvarli (2). Ad ogni modo si noti l'esattezza
dell’informazione del cantastorie, circa il particolare del taglio

(1) Diario, vedi alle date indicate.
(2) Cf. PELLINI, p. 1146.
LA RIVOLTA DI PERUGIA NEL 1375 147

del corridoio. In quei giorni Firenze doveva essere piena di rac-
conti della mirabile impresa.

Continuano le ottave, molto alla buona, del racconto. I Fioren-
tini hanno mandato, richiesti di aiuto, «lor cavalieri e pedoni —. e
quattro cittadin solenni e buoni ». L’abate è chiuso nella cittadella,
«co mille cinquecento forestieri — fornito di balestre e di qua-
drella — di vettuaglia e ciò ch’era mistieri, — e più d’un anno,
chiaro come stella, — difender si poteva da’ terrieri.... ». Come
si vede, i dati sono esatti e circostanziati. E anche quest'altro,
nel quale riecheggiano le beffe degli assedianti all'indirizzo del-
l'abate: «e perché fu cosi spirituale — essendo quivi, fu fatto

cardinale » !

*

L'assedio é terminato. Le ottave che descrivono la partenza
dell'abate dalla cittadella e ció che avvenne subito dopo, hanno
un innegabile sapore documentario, ed in qualche punto aggiun-
gono nuovi particolari a quelli che ci risultano da fonti più « uffi-
ciali ».

Quando egli esce:

era d'intorno a lui di giente pieno
alla sua guardia, acciò che attenuta
gli fosse la ’mpromessa, e nondimeno
fuor della terra la giente minuta
allor tenere non si puote a freno.
Furgli tolte assai cose, e ben gli stette
Gianni Aguto a guardar i’ ricievette.

Il condottiere inglese è, sì, disposto a tutelare la vita del suo
signore, ma, ahimé, non a scopo disinteressato: gli dichiara che
lo terrà in ostaggio fino a che non riceverà « del tempo valigato
(cioè: passato) ciento migliaia e più », vale a dire gli stipendi ar-

retrati della sua condotta! Non sappiamo naturalmente fino a

qual punto il buon cantambanco parli il vero; ma l'episodio è estre-
mamente verosimile (1). Del tutto esatto deve essere poi quan-
to egli ci racconta nelle ultime due strofe:

(1) PELLINI, p. 1149, conferma la notizia delle pretese avanzate dal-
l’Aguto.

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28. PIG SEU TBE 5 cn aeo amnia

148 E. DUPRÉ THESEIDER

Rimase messer Trincia da Fulignio
in cittadella, e ’1 marchese del Monte
per sicurare all’abate lo scrignio.

E quando queste cose fur lor conte,
disser: « de patti fu rotto l'ordignio »,
e l'entrata vietar con fiera fronte.

Credo che ’1 fecion per più. ioro onore
poi e più a l'adietro, per lo migliore.

Dentro v'aveva tanta vettuaglia
che malagievole fu alo sgombrare.
Come fu dentro quella popoiaglia
incontanente si diero a disfare.
E non credo, signior, se Dio mi vaglia,
che se ’1 pensassi quel che la fe’ fare,
che costò più di trecento migliaia.
Ma come piacque a Dio vol che si paia.

VR

Così Perugia era ormai libera anche della presenza dell’odiato
signore. Venne deciso subito di ‘eliminare dal suolo della città i
tangibili ricordi della dominazione straniera, demolendo sia la citta-
della, sia il cassero. Si procedette con notevole rapidità. IL 4.
gennaio si pagano 10 maestri (1), tutti da Arezzo, che era-
no stati assunti appositamente per fare gli « edificia » necessari
« pro discarcando muros citadelle et cassari sancti Antonii». Chi
ha una qualche pratica della terminologia medievale, sa che il
termine tecnico per «demolire» è appunto «descarcare», ciò che
si spiega con il particolare sistema seguito in tale ‘operazione.
L’edificio da «scaricare » veniva anzitutto puntellato con travi e
sostegni di legno; poi si lavorava di piccone sino ad indebolirne

(1) Ann. Decemv., c. 10b. Sono: Giovanni di maestro Andrea, France-
sco di maestro Angelo, Giovanni di Pietro, Giovanni di maestro Angelo, Giusto
di Angelo, Bartolomeo di maestro Pietro, Neri di Neri, Antonio di Pietro, Giu-
liano di Sandro, Donato di maestro Angelo. Ricevono 30 fiorini. Vedi a cc. 11
e 12 su un appaltatore e gli ufficiali che si occupavano della demolizione
delle mura dei due fortilizi. — Cf. anche il pagamento di 200 fiorini a maestro
Giorgio Ciccoli, per avere ruinato « alam muri sive andane progrediens a cas-
saro sancti Antonii et citadella ».

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LA RIVOLTA DI PERUGIA NEL 1375 149

in modo irreparabile la base; successivamente i puntelli venivano
incendiati, con il risultato che l’edificio veniva a crollare senza
pericolo di alcuno. Della cittadella restó in piedi, per qualche tem-
po, parte del palazzo papale, abbastanza bene conservato, cosi che
poté servire a scopi di rappresentanza (1). Nel 1468, ricorda il
Pellini (2), esso andó in fiamme; un ultimo ricordo fuggevole se
ne ha nel 1649. «Ora — dice il Mariotti (3) — appena se ne
vede qualche vestigio nelle case e nell'orto dei conti degli Oddi in
Porta Sole». Certamente alcune delle case che ora sorgono sullo
spianato di Piazza Michelotti sono state costruite impiegando gli
avanzi delle fabbriche sfuggite alla demolizione del gennaio 1376;
del resto la piazza stessa, che sta proprio sulla sommità del col-
le, deve occupare il luogo dell’antica piazza d’armi della cittadel-
la. Forse se ne sono conservati anche gli accessi dal lato di orien-
te, in due stretti androni coperti, dai quali si passa per scendere
alla chiesina di San Severo. Si nota difatti nei muri degli androni
la stessa struttura muraria che ricorre nel muraglione che sale
a Porta Sant'Antonio, e che riappare un po’ dovunque, nel perime-
tro del colle di Porta Sole (4). Sta il fatto che della cittadella,
per certo a suo tempo una bella fabbrica e degna sede del potente
vicario papale, quasi nulla è oggi rimasto, e quei pochi informi
avanzi murari non offrono l’appiglio ad alcuna ricostruzione at-
tendibile: |

Dalla distruzione del cassero di Sant'Antonio si salvó invece
la porta con le torri di guardia, perché incorporata nel giro delle

i (1) Quando, nel 1389, il comune invitò Urbano VI a stare qualche gior-
no in Perugia,.il papa rispose «che voleva el monte di P. Sole per sua abi-
tazione » (GRAZIANI, p. 233). — In occasione delle nozze di Biordo Michelot-
ti, si adunò una eletta compagnia «in casa di Biordo, ch’era nel monte di
Porta Sole» (ibid., p. 262; vedi p. 264, dove se ne descrive la morte).
— Vi alloggia l’imperatore Sigismondo nel 1433 (ibid., p. 371). — L’8 agosto
1434 Niccolò Piccinino « venne in Peroscia, e scavalcò sul monte di Porta Sole
alle case della cittadella » (‘ibid., p. 383).

(2) PELLINI, ad. ann.

a (3) MarIoTTI, Breve descrizione della città di Perugia in Saggio di Me-
morie Istoriche, t. I, p. I, Perugia, 1806, p. 42.

(4) In una piazzetta che s’apre dopo il passaggio più settentrionale ver-
so S. Severo, si nota in alto, a destra venendo dalla piazza, una grande lastra
di arenaria, sulla quale, estremamente consunti, sembra di riconoscere tre
stemmi affiancati. Risalgono al tempo dellabate?

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150 | E. DUPRÈ THESEIDER
mura cittadine, e forse inoltre qualche avanzo del muro di cinta
meridionale, come abbiamo già detto (1).

Nella cittadella e nel cassero l'abate teneva certamente l'a-
vere suo e della propria curia, e i Francesi che si erano rifugiati
con lui vi avevano pur essi ridotto parte delle loro masserizie, al-
meno quanto avevano potuto radunare nella fretta della fuga.
Quando l'abate abbandonó la partita, gli venne concesso di portare
con sé le proprie cose, e la medesima concessione venne fatta an-
che agli altri personaggi del suo seguito. Ma molti oggetti e moltis-
sime provviste gli assediati dovettero pur lasciare nella cittadel-
la o nel cassero, spontaneamente, per non appesantire troppo il ba-
gaglio, o costretti. Ed il comune di Perugia si occupò subito di
adunare questa specie di bottino che veniva a coronare la fortunata
impresa. Già abbiamo detto che, discutendosi della resa, era stato

| previsto l'invio in cittadella di alcuni notai che dovevano comin-

ciare a redigere l’inventario di ciò che essa conteneva, e soprattutto.
badare a che non venisse portato via nulla che fosse di pertinenza
del comune o di privati cittadini. Il 4 gennaio (2) si nominano

(1) Qualche particolare sulle ultime vicende del cassero (per cui vedi :
anche PELLINI, p. 1150) si ricava ancora dalle notazioni del Graziani. Nel 1424
si lavorò a « scarcare li cassari», e le pietre che se ne ricavarono vennero
concesse ai frati di S. Domenico « per aconcime della chiesa » (p. 294), mentre:
«li matoni fuor fatti venire per. armatonare Sopramuro ». La stessa notizia
si legge più avanti, per il 1425 «a quisti dì se comenzò a matonare Sopra-
muro, cioè la piaza picola de Peroscia, con li matone del cassaro de Santa
Antonio e de Santo Mateo, e fu matonato per fino a tutto el Campione, e
puoi fu matonato a spino con li matoni nuovi» (p. 318). Il 12 luglio 1424
cadde la torre maestra del cassero di S. Antonio, che evidentemente non era
stata demolita ancora (p. 294). L'anno appresso, alla nuova «che Ludovico di
Michelozzo, con il Caldora, il Colonna e. Jacopuccio dell'Aquila, sarebbe ve.
nuto su Perugia, « se sgomberò Monte Luce », poi «se attese a far aconciare
le mura verso el cassero di Santo Antonio, et forniro de scarcare el resto del
ditto cassaro e le case grande che erano in esso» (p. 312), perché il ne-
mico non potesse farne un suo caposaldo. — Restauri alla Porta di S. Anto-
nio sono ricordati nel 1427 (p. 325) e nel 1428 (p. 332).

(2) Ann. Decemv., c. 11: « Riconem» (?) di Francesco, Agostino di
Pietro (P.S.A.); Paolo di ser Pietro, Giacomo « Ucii» (?) (P.S.P.); Vico di
Bartolino, Pellino di Ciccolo (P.H.); Ghisello di Cellolo, Giacomo « Gaytoli »
(P.S.S.). — Nello stesso modo vennero. eletti gli ufficiali per la custodia del-
la cittadella, piü numerosi: mess. Nofrio di mess. Andrea, Martino di France-
sco «Martini», Luca di Pietro « Nutii». (P.H.); mess. Alberto di Nino «Lel-
li », VERSES di Angelello, Gualfredo di maestro Angelo (P.S. P.); Borgaruc-
' LA RIVOLTA DI PERUGIA NEL: 1375 151

E

appositi ufficiali « pro manutenendo et conservando res et massa-
ritias existentes in citadella Perusii et cassaro sancti Antonii » , e
specialmente grano, biada (che essi dovevano vendere pubblicamen-
te in ragione di mezzo fiorino per cumulo), vino (serbato in «vege-
tes et vegeticulas ») ed oggetti varii. Non sembra che si sia trovato
molto; comunque non oggetti preziosi, che i pontifici portarono cer-
tamente tutti via con loro. Di quello che fu trovato, fu fatto un
deposito, che col tempo venne in parte venduto, in parte utilizzato
secondo il beneplacito dei reggitori del comune. Cosi, 1°8 febbraio
1316 si prelevano da tale magazzino « duo hostia portarum et duos
subbiellos »; il 12 agosto si cede a Spello « unum molendinum ad
sichum ex molendinis sitis in cictadella perusina, scilicet unum mo-
lendinum de mediocribus, non tamen molendinum magnum cum
rota». Dunque nella fortezza vi erano alcuni mulini, che funzio-
navano a forza di braccia o, forse, col vento; ad ogni modo, non
. ad acqua, onde la designazione di « molini a secco» (1).

I] 25 settembre, poi, si procedette alla vendita della partita
piü grossa e di maggior valore che era residuata del bottino. In
quel giorno i priori (2) incaricano i tre cittadini ch'erano stati
conservatori della moneta al tempo della rivolta, i cui nomi già co-
nosciamo, che consegnino a maestro Matteo di Bonaventura da Fa-
briano, « massario massaritiarum comunis », un certo numero di
oggetti, principalmente d'uso, di quelli rinvenuti nella cittadella, e
che i tre suddetti avevano conservati fino allora presso di sé,
affinché vengano venduti al suono ‘della tromba nella piazza del
comune, davanti all’ufficio dei massari del comune, ed al maggiore
offerente. Poiché l’elenco è di qualche interesse per la nomenclatura
«del vestiario medievale, ho creduto non inutile pubblicarlo in appen-
dice, per accompagnarlo a quello già edito dal Fabretti. Anche da
‘questo secondo elenco non risultano oggetti di particolare pregio
venale. Si tratta di vestiti e di parti di vestiario, di indumenti varii,
di biancheria, in genere probabilmente frusta e senza molto valore;

cio di Nicolò di Pone, Stefano di Ventura, Tomasso di Amoruccio (P.S.); Boc- -

co di messer Enrico, Nicolò di Uguccio, Simone di Micheluzzo (P.S.A.); Leo
(Leum) di Lamberto, ser Nicolò di Marcolo, Andrucciolo di Paoluccio (P.S.S.).
— Vedi alle cc. 12, 12b, 13, 14, per altri particolari.

(1) Ibid., c. 21 b (8 febbr.) e c. 148 b (12 agosto). La CORP « mo-
lini a secco » si trova anche nel GRAZIANI, p. 445.

(2) Vedi anche. c. 118, circa una valigia appartenente al giurista Gio-
vanni de Ceffutis da Ascoli.

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159 E. DUPRÈ THESEIDER

di qualche parte di armatura, e di aleune valigie. Mancano del tutto
libri o scritti; l'abate deve aver portato con sé tutto il suo archivio
e la sua biblioteca, grande o piecola che fosse.

Scorrendo le registrazioni del volume, ricaviamo altre, piü
minute notizie sulla liquidazione Tea dell'episodio. Si in-
trecciano ad esse le prove della rifiorente vita del comune libero.
Di speciale interesse sono certe annotazioni che si riferiscono a
Filippo Villani, ed alla sua assunzione al servizio del comune
come cancelliere (1).

Si provvede ad eliminare anche nella città le tracce dell'odiato
dominio, deliberando, il 19 febbraio, che entro tre giorni vengano di-
strutti in Perugia tutti gli stemmi dipinti sulle case, su ordine o
richiesta di qualsivoglia ufficiale della Chiesa. romana; dunque
non soltanto le insegne «ufficiali » con le armi della Chiesa e
del papa o dell'abate, ma anche tutti gli emblemi di privati
possessori. md i

A. significare in modo solenne e definitivo che ora Perugia
seguirà una nuova, più felice strada, si decide, nello stesso gior-
no. (2), di eleggere, in luogo degli «offitiales super guerra »
(sic), cinque prudenti e sapienti cittadini, due dei quali siano no-
bili e tre popolari, che siano nominati « conservatores pacis
unitatis- et concordie ». Essi vengono eletti poi, il 2 febbraio,
nelle persone dei nobili Oddo di Baglione dei Baglioni (PSE)
Bartolomeo di Felcino (P.S.A.), nonché dei popolari Pietro di Ven-
ciolo, « sapiens et iurisperitus vir» (P.S.S.), Ugolino di Ceccolo
«Mece» (P. H.), Jacopo « desutilis » . (P.S.S.). Pier quanto non
si possa documentarlo con l'esistenza di monete, si può essere si-

curi che Perugia non mancò di coniarne, a significazione della riac-

quistata autonomia; su questo punto posso soltanto additare una
petizione presentata il 9 febbraio da Filippo di Pellolo, perché gli
venga concessa licenza di coniare, battere e fabbricare (« con-
struendi ») una certa quantità di moneta piccola (« parvulorum
et bolognenorum »), da lui già preparata, e che, fino all'avvenuta
coniazione, non si appalti la gabella della zecca, come si era soliti

fare e

(1) Ibid., c. 32b (16 febbraio); anche cc. 226 b, 229. .
(2) Ibid., c. 28b (per gli stemmi), c. 24 e 26 (per i cinque conservatori).

(3) Ibid. c, 28 b. Precedentemente (c. 25b, 2 febbr.) si legge la delibe-
razione circa la vendita della zecca.
LA RIVOLTA DI PERUGIA NEL 1375 155

Ora che, con la sua clamorosa rivolta, Perugia si era gettata
dalla parte che osteggiava la Chiesa, doveva affrontarne le imman-
cabili conseguenze. Gregorio XI non poteva restare indifferente di
fronte alla defezione di quella importante città, che lo aveva an-
che in certo modo personalmente offeso, in quanto — come antico
allievo del famoso Baldo — egli aveva qualche simpatia per essa,

e poi perché Gherardo Dupuy era suo parente. I Perugini dovettero

prepararsi a sostenere l'urto delle milizie della Chiesa, che pote-
vano essere anche quelle dell’Aguto, una volta trascorsi i sei me-
Si di tregua pattuiti, sempreché quel condottiero avesse tenuta
la sua parola.

Fin dal 29 gennaio (1) érasi provveduto ad inviare alle prin-
cipali città di Toscana un’ambasceria, che aveva istruzione di
comporre una « liberalem ligam » a favore del comune. Certamente
Perugia entró a far parte di quella lega che Firenze aveva posto
in essere. Ma non si ha ricordo di un qualunque contributo attivo
che Perugia abbia dato alla guerra. E? vero che, fino a tutto giugno,
essa era legata dall'aeeordo a non far atti ostili alla Chiesa;

.e, dopo quella data, la guerra non toccò quasi affatto lo Stato

ecclesiastico, restando tutta a carico di Firenze e di Bernabò Vi-
sconti. Peró non si ha l'impressione che in Perugia il partito del-
la guerra abbia più avuto una funzione predominante. Piuttosto
sembra che la tendenza conciliante, affermatasi col patto del 22
dicembre, abbia continuato a guidare, con prudente saggezza, la
politica del comune, mirando a tutelare si la libertà riacquistata
ma a non approfondire in modo irreparabile il distacco dalla Chie-
sa. Indizio, per quanto tenue, di tale indirizzo politico potrebbe es-
sere il linguaggio tenuto nelle deliberazioni del comune. In esse
non troviamo alcuna parola meno che riguardosa verso la Chiesa,
dopo la menzione isolata, dell'8 dicembre, della « perfida tiran-
nide dei chierici ». Nessuno spunto polemico anticuriale. Il popolo
di Perugia si è liberato di un signore tirannico, ecco tutto; ma non
ha particolare motivo di odio verso la Chiesa. Si legga la delibera-
zione del 21 luglio 1376 che riporto in nota (2): vi si accenna alla

(1) Ibid., c. 22. Gli ambasciatori furono mess. Nicolò di mess. Lello, dot-
tore in legge; Angelino di Ciccolo .« Synibaldi »; Gualfreduccio di mess. Giaco-
mo; ser Nofrio di Giovanni. Si descrivono minutamente i cavalli assegnati
all'ambasciata. i;

(2) Ibid. c. 187b. « Cum, suffragio et patrocinio beatissimi confessoris

er asia. ———(L.—— '. iine

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E. DUPRÈ THESEIDER

154

perfidia e scelleratezza del tiranno, labate di Monmaggiore, . si

allude al giogo della servitù che egli (il documento dell’8 dicem-
bre, che abbiamo già. visto, ne incolpa invece impersonalmente
la Chiesa!) aveva. imposto al popolo di S. Ercolano, si esalta la
riconquistata libertà — ma non si fa menzione della Chiesa, né,
tantomeno, si muove ad essa alcuna colpa. Quanto diverso il lin-

guaggio della cancelleria fiorentina in quel tempo!

Qualche preparativo di guerra continua ad esser fatto, ma
con lentezza, e ad ogni modo non è documentato per il periódo di

tregua. Allo scopo di radunare un fondo per il pagamento di mer-

cenarii, e seguendo l’esempio di Firenze, si delibera il 2 luglio (1)
di porre a contributo una parte della cittadinanza che finora era
andata esente da ogni gravezza: il clero, non più intangibile da
quando si era in urto con la Chiesa. Si impone ad esso una pre-
stanza di 6000 fiorini d’oro; altri 1000 si richiedono alla Casa della
Sapienza; la stessa somma viene richiesta agli « iudei sive ebrei ».
il 5 luglio.

Poche altre notizie interessanti si ricavano dE « Annali ».

- Il 21 luglio (2) si richiamano tutti i Perugini che vivevano alla

Curia. Più che un segno di rottura diplomatica (come lo interpre-

teremmo ora), dev'esser stato un provvedimento . precauzionale.

Va considerato anche che essi erano probabilmente pochi, e non

avevano in Curia l'importanza dei Fiorentini; del resto si preparava

la partenza del papa da Avignone, ed un ulteriore permanenza colà .
non aveva ragione d'essere. Troviamo poi segnata, il 18 settem-
bre, una ambasceria destinata a far onore al condottiero Bartolo-
meo Smeducci da San Severino, del quale si elogiano i meriti verso

Ambrosii gloriosi doctoris ecclesie sancte Dei Mediolanensis episcopi, sue fe-

Stivitatis die, sceleratus et perfidus tyrarannus (sic) àbbas Maioris monasterii,

Turonen, qui urbem Perusinam et populum saneti Herculani servitutis iugo
premebat, et eius satellites et sequaces impii fuerint mirabiliter de civitate
Perusina et magnificis et inexpugnabilibus fortilitiis eiusdem per populum
Perusinum ignominiose expulsi, et totaliter crudeli potestate privati, et idem
populus suam pristinam recuperavit libertatem; ne idem ingratitudinis possit
labe notari, set potius honore debito doctori prefato mereatur eius interventum
recuperata in perpetuo libertate illibata conservare...» si decide di fare in.
S. Maria Nuova una cappella in onore del Santo, e di celebrarne ogni anno
solennemente la festa. |
(1) Ibid., c. 121 (prestanza imposta ai di); c. 124 (agli ebrei).
! (2) Ibid., c. 133b. Il DIO DD è preso « ut. cesset materia suspicandi
et malignandi » (contro Perugia).
LA RIVOLTA DI PERUGIA. NEL 1375 155
il comune, i quali erano tali e tanti che, il 24 successivo, tutti
quelli della sua famiglia sono dichiarati cittadini di Perugia. E
quando Bartolomeo viene nominato da Firenze « capitaneus gene-
ralis gentium armorum lige Ytalianorum et guerre in tota Mar-
chia Anconitana», Perugia accede immediatamente alla nomina (1).

Inattesamente, nelle notazioni dell’autunno, e precisamente del
giorno 24 ottobre (2), ritroviamo ancora una volta il nome del.
l’abate di Monmaggiore; il giorno prima, le genti del Prefetto, in
perlustrazione nelle acque prospicienti alla Maremma, avevano fer-
mata una barca, nella quale stava certo maestro Pietro, segretario

‘ dell'abate, «olim iniqui tiranni civitatis Perusii», dice il testo;

faccio osservare anche che, nella nota riassuntiva che accompagna
nel margine del foglio la deliberazione, si legge «de cedula reperta
manu abbatis maledicti, dicentis se tractatum habere in Perusio ».
Egli aveva confessato che stava andando al papa per conto dell’a-
bate, con « quampluribus scripturis et informationibus », sia del-
labate, sia « domini Nicole de Neapoli» (cioè di Nicolò Spinelli
da Giovinazzo). Fra tali carte era stata trovata « quedam notula
seu memoriale » scritta di proprio pugno dall'abate, che ora veniva

trasmessa a Perugia. Purtroppo il cancelliere, a questo punto,

tralascia di ricopiare il documento, pur lasciando in bianco lo spa-
zio per farlo; puó darsi che si sia preferito che di esso non rima-
nesse traccia a verbale. Fatto è che si decide immediatamente di

convocare un consiglio di 100 cittadini perché deliberi sul da farsi;

il documento aveva quindi notevole importanza. Probabilmente in
esso si informava il papa di qualche trama che si andava prepa-
rando in Perugia per ridare nuovamente la città in mano alla Chie-
sa. Non sappiamo qual seguito abbia avuto la cosa, perché sono

‘scomparsi i protocolli dei consigli generali, e nel registro degli

« Annali Decemvirali » non si parla più di tale argomento. Sap-
piamo d'altra parte che la stella dell'abate era definitivamente
tramontata. Egli non ritornò a Perugia; si trattenne però in Italia,
ad attendere il suo sovrano, che rivide in Roma, il 3 febbraio 1377

(1) Ibid., c, 182b, c. 190 (24 sett), c. 190b (nomina a capit. generale).
(2) Ibid., c. 212. Non è detto da dove venisse questo inviato dell'abate;
certo andava a Roma.

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à x A 156 E. DUPRÈ THESEIDER

(1), quando finalmente ebbe dalle sue mani il cappello cardinali-
zio, che gli era stato conferito nei tristi giorni dell’assedio della
cittadella. E° da credere che il ricordo di quella ingloriosa parten-
za e la fama del suo malgoverno accompagnassero da allora in
poi sempre il suo nome; abbiamo già visto come Urbano VI lo ri-
prendesse a questo proposito, parecchi anni più tardi. Non aveva
torto, il papa, ché, quando quasi tutte le città più importanti dello
Stato pontificio erano ritornate alla soggezione della Chiesa, Pe-
rugia continuò ancora per quattro anni a mantenersi nella riconqui-
stata libertà, senza curarsi dell’interdetto del quale era stata
colpita relativamente tardi, solo nel 1377.

Di esso siamo informati, non dalle cronache perugine, che non
ci danno più alcuna notizia, dopo quella dello fuga dell’abate,
e nemmeno dal Pellini (il quale per ciò che riguarda quello che
seguì la rivolta vera e propria è insolitamente parco di notizie,
sebbene non mai inesatto), ma dalle trascrizioni dei processi di
scomunica che esistono nell'Archivio Vaticano (2).

Sono tre documenti assai lunghi, ma purtroppo non in ogni
loro parte leggibili, per le cattive condizioni della carta sulla qua-
le sono stati scritti. Contengono il resoconto delle solenni cerimo-
nie con le quali la scomunica venne, dapprima minacciata, poi
pronunciata, poi ancora aggravata ed inasprita — senza, beninteso,
che i Perugini mostrassero di preoccuparsene, nè dessero seguito
pur una volta alle perentorie citazioni fatte loro perché si pre-
sentassero alla Curia ‘in veste di accusati.

La prima citazione avviene in data che non conosciamo, ma
comunque anterior» al 22 maggio 1377, per il quale giorno i Peru-
gini indiziati a causa della rivolta sono invitati a comparire di
persona, o «per ydoneum procuratorem vel sindicum », davanti
alla sede Apostolica. Essi sono nominati singolarmente in tutti e tre
i documenti, e l'elenco é di un certo interesse, perché offre il de-
stro a indagini e controlli in vario senso: pertanto credo utile di
riprodurlo in appendice (3). Sono tre abati, due preti; sei cano-

. (1) BaLuze-MoLLaTt II, p. 694; Pellini, p. 1150. Dopo. la fuga, Ghe-
rardo venne riscattato dalle mani dell'Aguto per intervento di Galeotto Malate-
sta, e si fermó in Rimini. Poi ne perdiamo le tracce, finché non riappare al-
la Curia, in Roma.

(2) Reg. Avenion. 203, c. 47, 51, 57b e sgg.

(3) Vedi doc. IV.
LA RIVOLTA DI PERUGIA. NEL 1375 157
nici della Cattedrale, 110 cittadini, i principali responsabili del
moto antipapale.

In data 22 maggio 1377, con la bolla « Quia nimis excresceret »
data da S. Maria Maggiore, il papa, su istanza di Tommaso da
Fucecchio procuratore fiscale, istruisce il processo contro i Pe
rugini: fa la storia della rivolta e segnatamente dell’episodio fi-
nale, l’assalto alle genti che uscivano dalla fortezza (ce ne siamo
valsi a suo luogo); elenca le località che Perugia aveva fatto ri-
bellare alla Chiesa (Nocera, Gualdo, Cannara, Rossano, Roccacon-
trada, Calasone, Spello ed altre, « romane ecclesie immediate su-
biecta »); ammonisce i Perugini a desistere dalla ribellione ed
a fare ammenda entro un mese dei loro delitti. Poi elenca i col-
pevoli, uno per uno. Dal documento apprendiamo che si era pre-
sentato al cospetto del papa, tale Liberato di Simone da Narni,
a fare le scuse in nome di tre canonici perugini, Cecco « Civoli »,
Domenico di Jacopuccio, Francesco « Pucciarii »; ma non risulta
che il papa abbia proceduto ad alcuna discriminazione, perché
nei processi successivi questi tre canonici riappaiono ugualmen-
te nominati. Ora il papa procede ad una prima punizione: poiché
è più utile togliere il pane a chi è affamato, che lasciare che egli,
sicuro del cibo, vilipenda la giustizia (!), si fa espresso divieto a
tutti i cristiani di commerciare con Perugia e di vendere ad essa
cibarie e altre merci.

A questo primo giro di vite, segue un altro, consacrato nella
bolla « Ne malignancium protervitas », emanata da Anagni il giorno
2 settembre 1377.

Non essendosi alcuno presentato entro il termine fissato, il
papa, su istanza del procuratore fiscale, Tommaso da l'ucecchio,
ha gettato l’interdetto su comune e popolo di Perugia, privandoli
di ogni diritto e preminenza sul contado e sul distretto; di ogni
privilegio, tra cui quello di tenere lo Studio generale «in quacum-
que scientia vel facultate » e di ogni giurisdizione; confiscando
iloro beni, e dichiarando che i ribelli possono essere fatti schia-
vi da qualunque fedele cristiano, « absque tamen morte vel mem-
bri mutilatione », ed i loro beni a disposizione di chi li vuol
prendere; commina pene severissime, in lungo elenco. În spe-
cial modo egli intende gravar la mano sui tre abati, i preti ed i
canonici, che priva di ogni loro dignità, beneficio ecc. Un nuovo
invito viene fatto, per il termine del 17 luglio, poi, il 31, Tom-

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JA Lt ACER Y RENE - LL V CONES E SE 158.5 WA E. DUPRÉ THESEIDER

maso da Fucecchio incolpa i Perugini di contumacia, e chiede
al papa di aggravare la sentenza di scomunica.

Allora il papa dà incarico a due cardinali che, « oraculo vive
vocis, iuxta morem romane ecclesie, licet id non esset necessa-
rium », si facciano sulla porta del palazzo papale di Anagni e
invitino i Perugini a presentarsi. Poi fissa un ulteriore termine,
al 12 agosto; siccome in quel giorno non viene tenuto concistoro,
il papa ha atteso ancora fino ad oggi, 4 settembre, per il definitivo
passo. Su istanza di Giacomo Ceva, avvocato fiscale (in luogo di
Bono de Cavaillon sostituto del procuratore), egli promulga la ir-
reparabile scomunica, dando ordine a tutti i fedeli cristiani di e-
spellere i Perugini, di perseguitarli, innu come schiavi
« non ficticie sed vere ».

Il terzo documento, la bolla « Quia nimium pericolose », data
da S. Pietro il 13 novembre 1377, non è purtroppo molto leggibile,

ma ripete in sostanza i precedenti, aggravando definitivamente .

la sentenza di scomunica,

Questa gravó sul comune fino al 4 gennaio 1379. Con la
riammissione dei Perugini nel grembo di Santa Madre Chiesa, ebbe-
ro allora termine le più dirette conseguenze della ribellione "del
1 dicembre 1315.

EUGENIO DUPRÈ THESEIDER
APPENDICE

DOCUMENTO I

1372, 8 settembre. - Gregorio XI comunica a Gherardo Dupup ia
sua nomina (provvisoria) a vicario in Perugia (Reg. Vat.

267, c. 66).

Dilecto filio Geraldo abbati monasterii Maiorismonasterii, in terris romane
ecclesie in partibus ltalie consistentibus nostro et pro ipsa ecclesia receptori
generali, salutem.

Intellecto dolenter obitu bone memorie Philippi episcopi Sabinensis, Nos de
tua fidelitate et solicitudine confidentes, specialiterque sperantes quod dilectis
filis Perusinis et aliis populis, quos idem regebat episcopus, te per ministracio-
nem iusticie et benignitatem reddes acceptum; tibi custodiam regimen et guber-
nacionem omnium provinciarum civitatum et terrarum quas idem episcopus dum
viveret gubernabat, usque ad nostrum beneplacitum (idest donec de alia maioris
status persona, de qua secundum cor nostrum habenda iam cogitare incepimus,
duxerimus providendum) commisimus, prout in aliis nostris litteris inde con-
fectis, quas. cum presentibus mietimus, videbis plenius contineri. Quare vo-
lumus tueque discretioni mandamus quatenus custodiam regimen et gubernacio-
nem predictam, cum consilio venerabilis fratris nostri lohannis episcopi Are-
tini, et dilectorum filiorum .nobilium virorum, Nicolai de Ursinis, comitis
Nolani, Patrimonii ac Gomecii de Albornocio militis, Ducatus Spoletani pro
nobis et ecclesia romana rectorum, studeas sic provide exercere, quod exinde,
preter divinum meritum et WU UR famam, ampliorem nostram benivo-
lenciam merearis.

Datum apud Villamnavem Avenion, dioc. VI id. sept. anno secundo.

(Nello. stesso modo, ai personaggi nominati nella lettera ed ai Perugini,
Pid. c. 66 b).

DOCUMENTO Il
1915, 22 dicembre. - Capitoli della. resa dell'abate di Monmaggiore
(Annales Decemvirales, XXII, c. 4 b-5 e c. 5-5 b).

(1) In primis, quod dominus Abbas Maiorismonasterii, dominus Gometius
de’ Albornotio, dominus Bernardus episcopus Bononiensis, dominus Ugo de Roc-

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160 E. DUPRÈ THESEIDER

(N eee cia, dominus Bernardus de Sala, dominus episcopus Montisflaschonis, domi-
IL AER IE nus Elias et alii quicumque existentes in civitatella Perusii et cassaro sancti
IB ' Antonii, dabunt et libere consingnabunt dictam civitatellam et cassarum et eo-
I Mb: 2 rum possessionem in manibus comunis Perusii. Qui omnes supradicti et qui-
cumque alii, cuiuscumque condictionis existant, existentes in dictis civitatella
et cassaro cum scorta sufficienti et fida, danda per comune Perusii, per civi-
tatem comitatum et districtum Perusii possint recedere liberi et securi in per-
sonis et bonis ipsorum quibuscumque, absque impedimento. reali vel personali.
Salvo quod in ipsis civitatella et cassaro remaneant et remanere debeant omnia
‘quecumque victualia in ipsis existentia comestihilia, et omnia et singula ar-
nensia res et massaritie que apparent fuisse comunis predicti.

| Essi (2) Item, quod siqui cives perusini tenerentur de iure in aliquo ..officia-
] libus et gentibus ipsius ecclesie proprio et privato nomine ipsorum predictorum
ante presentem novitatem, compellantur per comune Perusinum ad satisfacien-
dum dictis offitialibus et personis quod liquido constabit eis deberi, absque for-
ma iudicii, sola facti tantum veritate imspecta (sic). Et e contrario ..offitiales
et gentes ipsius ecclesie Perusinis facere teneantur.

(3) Item, quod siqui offitiales et gentes ipsius ecclesie habeant iuraque em-
ptionis aquisiverint proprio et privato nomine ipsorum in dicta civitate et co-
mitatu aliqua bona stabilia, possint valeant et eis liceat libere et pacifice
possidere, dum tamen si venditores dictorum bonorum vellent ipsa bona reemere,
teneantur et debeant ipse gentes ecclesie, qui ipsa bona emerunt, dicta bona
.ipsis venditoribus revendere pro illo et eodem pretio quo ipsa bona emerunt,
facta tamen restauratione melioramenti siquod esset factum per ipsos emptores
in bonis predictis. Et e converso res immobiles civium Perusinorum eis occu-
pate per gentes ecclesie restituantur eisdem.

(4) Item, quod dominus Raynerius et eius consortes aliique nobiles et ci-
IH ves Perusini qui reduxerunt se et moram trahunt in dicta civitatella et cas-
| saro, restituantur per comune Perusii ad honores et civilitatem, ita quod in dicta

civitate tractentur tamquam cives honorabiles sicud prius.
(5) Item, quod prefati dominus Abbas, dominus Gometius, dominus Ugo,
dominus Bernardus de Sala, dominus episcopus Montisflaschonis, dominus Elias,
VES hinc ad sex menses proxime futuros, incipiendos in kalendis mensis januarii
proxime futuri, anni domini millesimo cceclxxvj, indictione xiiij civitatem Peru-
sii et eius comitatum fortiam et districtum, qui nunc libere per comune Perusii
possidentur, et alias terras nune recommendatas ipsi comuni Perusii existentes
D intus et super comitatum Perusii; et egregii milites dominus Johannes Haukuud
! [^ ‘capitaneus sotietatis Anglicorum, dominus Johannes Torneburi, dominus Johan-
] Hos nes Brach, Ricciardus Romser marescalci, et Guillelmus Gold conestabilis et
[i MH : alii quicumque sotiales sotietatis eiusdem, nuper ad servitia ecclesie existentes,
de voluntate et mandato predictorum dominorum, durante tempore sex mensium
predictorum; quoquo nomine sotialiter vel ad Stipendium non offendent in per-
| | : sonis vel rebus.
i (6) Item, ‘quod prefati. domini relassandi facient. relassari et in loco tuto .
poni, omnes et singulos cives Perusinos comitatinos et. districtuales ipsius
civitatis, quos offitiales ecclesie haberent in eorum fortia seu qui detinerentur
ul ? per quemcumque et in quocumque loco vel de mandato dictorum offitialium.
i i Et e contra comune Perusii teneatur et debeat quoscumque offitiales ecclesie
LA RIVOLTA DI PERUGIA NEL 1375 161

et alios quoseumque de gentibus ecclesie in ipsa civitate et comitatu detemptos
libere facere relassari et in loco tuto conduci, nisi essent pro debito alicuius
singularis persone detenti, quo casu non intelligatur.
(7) Item, quod comune Perusii teneatur et debeat satisfieri facere cum
effectu quibuscumque de sotietate dicti domini Johannis capitanei et mare-
scalcorum de quibuscumque dampnis per eos receptis in civitate Perusii
tempore presentis novitatis, facta liquidatione summaria de predictis dampnis
per eos vel alterum ipsorum ut prefertur receptis, et quod prefatus dominus
capitaneus marescalci et alii de sotietate predicta teneantur et debeant omnes
captivos quos habent penes se de dictis civitate et comitatu Perusii libere fa-
cere relaxari, absque aliqua solutione pecunie.
(9) Item, quod nobilis vir Bartolomeus Dalmatii de Gagio habeat pro bonis
meritis et servitiis per. eum dicto comuni Perusii impensis, et habere debeat
libere a dicto comune Perusii comunantias pedatarum lacus Perusini, aut tan-
tum de bonis immobilibus dicti comunis, quod fructus ipsorum bonorum ad-
scendant annuatim ad quantitatem ducentorum florenorum auri, et quod ipsa
bona pacifice possit possidere, prout et sicud faciunt alii cives Perusini
de ipsorum propriis bonis.
(9) Item, quod durante tempore dictorum sex mensium comune Perusii non
conducat neque conducere. debeat ad stipendium dicti comunis aliquos de
dicta sotietate sine voluntate et licentia dicti domini .capitanei.
(10) Item, quod comune Perusii durante tempore dictorum sex mensium
non debeat modo quolibet quocumque iure vel causa offendere molestare vel
offendi facere terras ecclesie predicte neque sotietatem predictam. Et e converso
gentes ecclesie non debeant neque possint molestare comune Perusii et eius
terras durante dicto tempore sex mensium. :
(11) Item, quod prefatus dominus Johannes capitaneus et omnes alii de so- i
tietate predicta teneantur et debeant exire de comitatu et districtu Perusii
infra duos dies a die quo ipsi relasandi fuerint eidem domino Johanni ca-
pitaneo personaliter consignati in loco tuto.

DOCUMENTO HI

1375, 25 settembre. - Inventario di una parte degli oggetti d'uso tro-
vati nella cittadella ( Annales Decemvirales, XXII, c. 192-192 b).

unam ligiam [valigiam] serratam ad catenam

unum mantellum coloris viridis foderatum de acurino i
unam supervestam de drappis cum orpello et uno schuto racamato
unam bursciam vertis (?) cum aliquibus literis et agectis rubeis
duo paria scarparum unum album et unum nigrum

unum par calcarium

unam. aliam valigiam

unam giuppam de ciambulocto acurino

unum mantellum de berretino foderatum de. turchino

unum par caligarum de celestro 169 E. DUPRÈ THESEINDER

unum caputeum coloris nigri foderatum de scarlacto

unam scatulectam de corio cum literis

unum sachum

unum galbanectum vetus rubeum

unum giachum de velluto -nigro et rubeo cum una resta de octone vetus

unum grathium (?) de drappo aurato vetus

unum gabanettum rubeum vetus

unum mantellum rubeum et nigrum duplum cum bendellis: de argento

unum mantellectum nigrum intaglatum

unam tunicham ad usum mulieris de pagonacgo sine argento .

unum mantellum rubrum et nigrum duplum cum bendellis argenti

unum capeccum panni accurini novum de duobus brachiis

duas cioppas guarnelli nigri veteri

unum gabbanum rubeum vetus

unam aliam valigiam —

unum mantellum de scarlacto foderato de dorso vaiorum cum bindellis aureis

unum giupponem de drappo de auro

unum giupponem de drappoa

unum giupponem de drappo novum quasi

unum jachectum de drappo

unam linteamen unam bursciam et unum cordonem et quasdam scriptas

unum par begiarum

tres daghas

unum par calearium

unum sachum cum tribus paribus linteaminum ad familiam et aliis pannis vi-
libus

unum par begiarum cum uno cosciali et uno gambaruolo et uno nasale barbuto

unum par begiarum cum uno pario gambarolorum et duabus staffis

unam clamidem panni fini bruschini fulcitam ex parte ana iuxta manus drappò
viridi cum tribus manilibus amplis rigatis cum siricho

unum caputium pagonacci fulcitum in capite pancis et fianchis vaiorum

unum caputeum panni actolle (?) fulcitum vario vetus

unum guascappum coloris monachini vetus

unam tunicham bruschini tam ad usum (1)

unam tunicam bigii perusini fulcitam panni lini veterem ad dorsum varii

unum sachectum

unum guascappum acgurini fulcitum panno lane albo

quatuor scintaria (?) intesta cum siricho

duos petiolas drappi acgurini intesta cum avorio (?) in capitibus

unam cultram duo paria linteaminum unam valigiam

unum par stivalium unum sciucatorium unam cappelinam

unum mantellum de acurino unum caputeum de accurino

unum mantellum de berretino crispum fulcitum iusta colum et manus ex parte
ana ciambellocto

unam sachulam cum quatuor glifiolis et duabus matassis accie

unum par linteaminum de familia mulierum usato

(1) Seguono tre parole, una incomprensibile (lenie?) poi vario veterem.

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La

LA RIVOLTA DI PERUGIA NEL 1375 165

unam valigiam coraminis

unum caputeum coloris morecti cum vista rubea, cum xvj monilibus. argenti

unum caputeum dimidiatum mischii bruni et celestrini

unum caputeum dimidiatum coloris bigii mischii quasi rubei

unum ferrum lancee anghilensis |

unum. par caligarum vetus coloris cupi

unum guaschappum ad usum hominis dimidiate coloris mischii et celestrini

unam tunicham ad usum hominis coloris pagonacci clari et mischii fodera de
guarnello

unam tunicham ad usum hominis veterem demidiate coloris paonacci et mi-
schii quasi celestrini fulcitam de panno lini

unum foderum vestitorum vetus

unum guarnellum barbarasi ad usum mulieris

unum guastapectum sine manicis coloris accurini

unum sciucatorium |

BU
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CR
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I

DOCUMENTO IV.

1377, maggio-novembre. - Elenco dei Perugini accusati dalla Chie-
sa di aver partecipato alla rivolta del 1375 (Reg. Aven. 203,
ec. 47, 51, 5t b e sgg.) (1).

a) Abati di monasteri benedettini
Nicolo, di S. Salvatore di Monteacuto
Paolo, di Petrafratta
Matteo, di S. Arcangelo

b) Arcipreti

Bartolomeo Bondeagni, della pieve di Configni

Matteo, di S. Secondo « de Lacu» i s
c) Canonici

Cecco « Tinoli »

Blasio Rosselli

Domenico di Jacopuccio

Gilino di Floruccio

Francesco di Pucciarino

Ciolo da Perugia

d) Monaci di S. Pietro
Neri di Andrea
Angelo di Giacomo
Francesco di Simone

e) Cittadini
Oddo dei Baglioni
EIA AT. © — e A

164 | E. DUPRÈ THESEIDER

Giovanni e Betto dei Coppoli
Alberto di Minello
Betto di Nino « de Simplice »
Bartolomeo di Felcino degli Armanni
Nofrio di Andrea da Montepiano
Guglielmo di Cellolo i
Pietro di Venciolo .
Pandolfo e Giovanni di Oddo Baglioni
Santo da Perugia
Pietro di Rinalduccio «alias dictum Petrocellus »
Francesco detto « pecciori » (II: piocieri)
Simone di Pietropaolo
Giovanni di Paolo « Dinoli »
I c Gualfreduccio di Giacomo:
E Gualfredo di. Angelo
Francesco « Murelli» (II: Mullelli; III: Minelli)
‘ Giacomo di Ceccolo « Giangle» (II: Ginagle) .
Nicolò di Cola « Novelli »
Pietro di Pellino
Bartolomeo di Massolo « Boncontis »
Nicoló di Ciecolo « Blanchi »
Ristoro di Cola n
Nicoló di Pietro « Montanarii »
Giovanni e « Jesonem » di Nicolò di Andruccio
«Insignium Angeli» (II: Nisium; III: Insinium)
Giacomo di Perone « Gini » : SION
Bettolo di Andruccio « Baniglioni » (II, III: DBariglioni;
Bernarduccio di Andrea
Giacomo di Lello
« Cerfucium - Francischini » (II: Carsucium; III: Corfucium
Seppolino di Enrico
Luca di Ceccarello
Bartolomeo di Ceccarello
Angelo di Ceccarello detto Grasso
Paoluccio di Mino
Giacomo di Angeluccio (II: Jacopinum; III: Jacopucium)
‘. Cecco di Matteolo
Vito di Bartolo
Geremia di Lippolo
Petruecio di Francesco
Tamino di Falcuecio (III: Gaurinum)
Berardello di Giorgio
Andrea di Lippolo
Andruccio di Paoluccio « Bucoli » (III: Buccoli)
Pietro di Pucciolo ,
Vico di Angelino
Sinibaldo di Berardello (III: Gerardelli)
« Stunam Albertucii » (II: Stiman; II: Stuman)

b
‘ Nicolò di Dino

LA RIVOLTA DI PERUGIA NEL 1375

Giovanni di Pietro (II: Peri)
Giannozzo di Pietro (II: Jannectum)
Nicolò. « Ferrerii »

Giovanni « de Becchuciis » i ; RR
Dinolo di Vanni ; i
Filippo di Gerolamo : Sy
Ludovico di Francesco ed]
Guglielmo di Pietro

Giacomo di Angelo

Angelo di Andrea

Giovannino di Martino « Bonicompi » (II. Bonitempi; III: Boncompi)
Bartolello di Martino

Giacomo di Andruccio di Stefano

Giacomo di Andruccio « Petrunille » (II e III: Petri mille)

Ranieri suo fratello :

Giorgio « Alani »

Francesco di Pelluccio « Belli» (II: Lelli Creti; III: Lelli)

Ugolino di Ciecolo « Symonis »

Nicolò di Ciccolino

Ludovico di. Arlotto

Peregrino di Simone

Francesco di Nolfolo

Girolamo, detto « morale », dei Michelotti

Berardello di Vanni

Vannolo di Minuccio (II: Monucii)

Longaruccio di Angelo

Gilio « Manni »

Pietruccio di Dino 1 i

Jettino detto « mercatorem de Cicolana» (II: Catolana)
Nicolò .di Cola

Bartolomeo di Bertuccio (II: Becchucii)

Angelo di Leggieri (I: Regerii)

Seppolino di Luca « Angelini »

Giovanni suo fratello

Marco « Bomeagni » (III: Bonicagni)

Antonio di Angelo « Bomeagni »

'Tinello di Vallolo « Cioli »

Giovanni di Andruccio « Pelloli »

Cola di Costantino (II: Colam et Gostancium)

Nicolò di Andruccio « Arlettrucii » (il terzo nome c’è solo in II)
Giovanni di Martino « Sanigi »

Corbinuccio di. Francesco

Pietro di Vinciolo

Contolo di Lorenzo « Lelli »

Angelino di Antonio

Angelo di Gerardo

Francesco « Bentegni ». (II: Bencenegi)
Ev “Bel Va ed © «e SIA

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166 E. DUPRÈ THESEIDER

Nicolò « Hugucii »

Andrea suo nipote

Tiberio di Francesco

Nicolò di Giacomo « de Paranno» (II e III: Pantano)
Pietro di Beccolo (II: Bertoli; III: Beccoli)

Pietro di Paolo

Simone « Polacii »

Maffeuccio di Pietro (II: Maffucium)

« Cerlum Bindoli » (II: Ceolum)

Giacomo di Dinolo « Bindoli »

(1) I nomi (che nell'originale sono in caso accusativo), sono ridati con la
grafia che hanno nella prima delle tre bolle (cf. più indietro, pag. 156).
I numeri Il e Ill indicano le grafie che si riscontrano nella seconda e

nella terza bolla, tenendo presente tuttavia che la seconda bolla del Registro è

in verità la prima in ordine cronologico.
————Ó

IL PASSAGGIO DELLE TRUPPE SPAGNOLE A PERUGIA
NEL 1734 E NEL 1742

(DA UN «DIARIO» INEDITO NELL'ARCHIVIO DEL NOBILE COLLEGIO DELLA MERCANZIA)

I

Nel 1734, un esercito Spagnolo condotto dall’Infante Don Car-
los di Borbone, passava da Perugia, movendo all’occupazione del
Regno di Napoli. Avventurose e propizie sorti erano preconizzate
al giovanissimo principe. Quando era venuto in Italia, rimasero me-
morabili alla reggia spagnola le cerimonie di congedo. Nel giorno

ella partenza, al cospetto di tutta la Corte, Don Carlos s'inginoc-
chiò davanti al trono degli augusti genitori: Filippo V ed Elisabet-
ta Farnese. Il re, dopo avere segnata un’ampia croce sul capo

del figlio, rialzatolo, gli cinse una spada ricchissima d’oro e di

gemme, dicendogli: « E° la stessa che Luigi XIV, mio avo, mi
pose al fianco quando m'invió a conquistare questo regno di Spa-
gna: porti a te, senza i lunghi travagli della guerra, fortuna in-
tera!». E, baciatolo sulla gota, lo accomiatò.

D’accordo per l'impresa di Napoli, eserciti di Francia scesero
per più strade in Italia, condotti dal vecchio maresciallo di Villars,
e, rinnovando guerra nella Lombardia, ebbero felici successi. In
seguito ai quali, molte navi Spagnole, provenienti da Livorno e da
Porto Longone, ed un esercito, radunato negli Stati di Parma e
di Toscana, guidato dall’Infante di Spagna e dal Conte di Monte-
mar, si avviarono con intenzioni ostili verso Napoli. Questa im-
presa fu l’origine del nuovo regno partenopeo che, assieme a tut-
te le terre e popoli delle due Sicilie, già alla metà del 1735 era
interamente sotto lo scettro di Carlo di Borbone.

Dalla Storia del Colletta (1) val bene di essere riportato

(1) Storia del Reame di Napoli, dal 1734 al 1825, Firenze, 1846, I, pagg.
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integralmente un brano del capitolo relativo alla conquista delle
Sicilie, perché illumina sui personaggi e i fatti che dettero occa-
sione a questo passaggio.di truppe Spagnole per Perugia.

« L'Infante Don Carlo di Borbone nacque di Filippo V. e di
Elisabetta Farnese, l'anno 1716, nelia reggia di Spagna, fortunata e
superba, in secolo di guerre e conquiste. Primo nato, ma di nozze
seconde, non aveva regno. L’altiera genitrice, che mal pativa la mi-
nor fortuna de' figli suoi, potente per ingegno sopra lo Stato ed il

re, ardita nelle sventure, pieghevole alla mala sorte, ottenne al

suo infante per pronte guerre ed opportune paci la ducal corona
di Toscana e idi Parma. E nel 1733, a motivo o pretesto di dare un
re alla Polonia, sollevate le speranze di lei, mosse gli eserciti e le
armate per conquistar le Sicilie. Il giovane Carlo godeva in Parma
i piaceri del regno, quando lettere patenti di Filippo, segrete
della regina, lo avvisarono di nuovi disegni, e de’ nuovi mezzi
potenti di successo. La Spagna, la Francia, il re di Sardegna erano
collegati contro l’Impero: poderoso esercito francese, retto da
Berwick, passava il Reno; altri franco-sardi sotto Villars scende-
vano in Lombardia; fanti spagnoli sbarcavano in Genova, e cava-
lieri e cavalli andavano per terra ad Antibo; forte armata e nu-

.merosa dominava i mari dell’Italia: le forze spagnuole sarebbero.

dirette dal conte di Montemar, ma, per fama e dignità del nome
sotto il supremo impero dell'Infante don Carlo. Erano speranze
di quella impresa vincere i cesarei oltre il Reno, cacciarli di Lom-
bardià, conquistar le Sicilie: «le quali, alzate a regno. libero,
(scriveva la madre al figlio) saran tue. Va dunque, e vinci; la
più bella corona d’Italia ti attende ».

«Era Carlo in quell’età (17 anni) che più possono le ambizioni
innocenti: figlio di un re proclive alla guerra e di regina insazia-
bile d'imperii e di grandezze, avido di maggior signoria che i Du-
cati di Toscana e di Parma, aiutato all’impresa, ma copertamente,
da papa Clemente XII, non dubitava delle sue ragioni sopra le
Sicilie per lo antico dominio de’ re di Spagna, e ’1 più riecente
del padre; impietosiva de’ popoli siciliani, che nella reggia di
Filippo si dicevano più del vero travagliati dal governo di Cesare.
Perciò ragioni, religione, pietà, proprio interesse lo. spingevano

a quella impresa. Il buono ingegno che ebbe nascendo gli era

stato tarpato dagli errori della corte; aveva per natura cuor-buono,
senno maggiore della età, sentimento di giustizia e di carità ver-
so i soggetti, temperanza, desiderio di grandezza, cortesia nei
(Fot. della R. Soprintendenza ai Monumenti e alle Gallerie dell’ Umbria)

DON CARLOS DI BORBONE

(Perugia, Palazzo Sorbello già Eugeni — Ritratto a olio su tela, di artista
probabilmente locale, verso la metà del secolo XVIII).

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PASSAGGIO. DI TRUPPE SPAGNOLE A PERUGIA 169

discorsi: piacevole di viso, robusto e grande di persona, inclinato
‘agli esercizi di forza ed alle arti della milizia.

« Mentre le schiere spagnuole si adunavano ne’ campi di Siena
e di Arezzo, ed il naviglio di Spagna trasportava soldati, ca-
valli, artiglierie, l’Infante convocò in Parma i generali più illustri
per formare i consigli alla spedizione di Napoli. Poscia, nomi-
nata una reggenza, e promulgate le ordiinanze pel buon governo di
quegli Stati, si partì secondato da’ voti del popolo e da tutte le
specie della felicità. Rivide Firenze, visitò il cadente ed ultimo
gran duca mediceo Gian Gastone, traversò Siena ed Arezzo, ras-
segnò in Perugia, nel marzo di quell’anno 1734, tutte le forze che
gli obbedivano: sedicimila fanti e cinquemila cavalieri, genti de’
regni della Spagna, di Italia e di Francia; le reggeva in guerra
Montemar; e militavano, fra i più chiari, un duca di Bervick del
sangue dei re britanni, il conte di Marsillac francese, molti gran-
di della Spagna, e ’1 duca d’Eboli, il principe Caracciolo Torella,
don Niccolò di Sangro, napoletani. L’infante don Carlo in quella
rassegna, seduto, intorno era circonidato di numerosa corte, splen-
dida per ricche vesti ed insegne: vi si notavano il conte di Santo
Stefano, già precettore, ora consigliere dell’Infante, il principe
Corsini, nipote al papa, il conte di Charny, di sangue regio, cento
altri, almeno, duchi e baroni: e fra loro, con semplice vestimento
e modestia toscana, Bernardo Tanucci, l’anno innanzi avvocato in
Pisa e professore di gius pubblico, ingraziatosi a Carlo per la ec-
cellenza nelle arti sue, nominato auditore dell'esercito spagnuolo,
e negli affari civili di regno: consigliero gradito. I suoi futuri suc-
cessi mi traggono a dire ch'egli nacque in Stia, piccola terra del
. Casentino, da: poveri genitori, l'anno 1698; donato d'ingegno da
natura e dagli studi accresciuto, libero pensatore de' tempi suoi,
quando era libertà contrastare alle pretensioni papali. Cosi egli
in Pisa; e quale poi fosse in Napoli, sollevato a primo dei mi-
nistri di Corte, diró a suo luogo.

« Dopo la rassegna di Perugia, l'esercito mandato verso Na-
poli, fu negli Stati pontifici accolto, mantenuto ed onorato: le-
gati del papa lo precedevano, altri stavano ne’ campi, altri presso
di Carlo: ma la eorte romana, sebbene inchinasse alle felicità di
Spagna, conoscendo le mutabilità della sorte, velava que’ favori
«co ministri di Cesare. L'istesso Montemar, sospettando che squa-
dre imperiali venissero improvvise dietro alle sue colonne, formó
170 UGO BARBÈRI
retroguardo fortissimo, e procedeva in tale ordinanza da volge-
re sopra ogni fronte le maggiori sue forze ».

I particolari della spedizione sui quali non debbo indugiarmi
trattando unicamente del passaggio per Perugia, possono desu-
mersi dallo Schipa (1), volume di profonda erudizione, ricco
di documenti e di vastissima bibliografia. Mi basterà accennare
qualche dettaglio essenziale. La marcia di conquista incomincia
a Firenze il 24 febbraio 1734. L’Infante si fermò a Figline, pro-
babilmente a cacciare nel bosco del Duca Salviati. Il secondo
giorno sostò a Laterina, indi, brevemente, ad Arezzo volendo su-
bito raggiungere il campo di Perugia, dove dovevano concentrarsi
vari corpi della spedizione.

Quivi, l’Infante, il 5 marzo 1734 li passò in rassegna generale.
Non è precisato a che numero salissero le forze spedizionarie.
Informa lo Schipa che l’Infante, nominato da Filippo V Gene-
ralissimo per la guerra, aveva come assistenti Montemar, Charny
ed altri otto tenenti generali, fra cui tre francesi ed uno mapo-
letano, e quindici marescialli di campo. Comandante supremo il
Montemar.

Secondo il « Diario », però, i marescialli di campo sarebbero
tre. Stando a gli elenchi desuntine, si tratterebbe, in cifra pre-
cisa, di un esercito di 18.661 uomini, così divisi: Capitani: 527;
Ufficiali superiori e specialità: 1343; Soldati: 16.971. E questi
dati dovrebbero essere necessariamente esatti, in quanto forniti
dalla Commissione degli Alloggi ed Approvvigionamenti. E’ pro-
babile tuttavia che, strada facendo, l’esercito si sia aumentato di

nuove unità. Lo Schipa calcola la cifra dai 14 ai 36.000. Oltre .

all’esercito e alla « Casa Reale» s’affollava dietro all’Infante una
turba di avventurieri, circa 10.000 persone, spinte a seguirlo dal-

'Jamore che ispirava, come dissero allora; fors'anche dalla brama

di guadagni, dietro le nuove fortune del Principe.

L’esercito sostò a Civita Castellana per riunirsi nelle sue
varie parti. Il Papa accordò il passaggio del Tevere presso Roma,
mentre la flotta giungeva a Civitavecchia. Cardinali, principi e
principesse si recarono da Roma a Monterotondo per inchinare

(1) ScureA MicHELANGELO, Il Regno di Napoli al tempo di Carto di
Borbone, Napoli, 1904. Cfr. il Cap. VI: La Riconquista Ispano-Borbonica
del Regno (1733-1734), a pagg. 99 e segg.
PASSAGGIO . DI TRUPPE. SPAGNOLE A PERUGIA 171

l’Infante. E quivi, le Principesse di Sora e di Santo Buono ven-
nero ammesse alla sua mensa. Da Monterotondo, il 14 marzo 1734
egli lanciò un Proclama bilingue ai popoli napoletani. Da Mon-
terotondo a Ceprano, termine dello Stato Pontificio, l’Infante im-
piegò 12 giorni. Parti da Frosinone il 26 marzo alle 8 del mat
tino e poco dopo giunse a Ceprano, dove, il giorno successivo,
sostò l’esercito. Il 28, tolto il campo da Ceprano, l'Infante, alla
testa dell'esercito, si diresse verso Aquino e si trovò in territorio
del Regno. Quivi, altra sosta di due giorni per attendere l’arrivo dei
rifornimenti. Passò dipoi a S. Germano, metropoli dello stato di
Monte Cassino il 30 marzo. E l'Abate, primo tra i Baroni del Re-
gno, discese ad incontrare il Principe due miglia distante. L'In-
fante visitò il famoso Santuario di S. Benedetto, e vi ebbe magnifica
accoglienza. Il 10 maggio, Carlo entra in Napoli.

Dice lo Schipa che il Mezzogiorno d’Italia dovette ad Elisa-
betta Farnese i suoi nuovi destini. E che la violenta opposizione
all’ingrandimento di Casa Savoia, tracciando fin d’allora il cammino
avvenire al non ancora nato regno borbonico delle due Sicilie,
segnò le sorti future della nazione italiana.

* ko

A proposito della conquista del Regno di Napoli da parte di
Carlo di Borbone, B. Croce (1) conferma che l'indipendenza lar-
gita «si ottenne non per sollevazione o altra asserzione di vo-
lontà fatta dai napoletani stessi, si invece perchè largirla piac-
que a coloro che amministravano il diritto pubblico d'Éuropa, se-
gnatamente a una donna italiana, Elisabetta Farnese, che volle
che il suo figliolo Carlo avesse un regno, e glielo fece acquistare
con trattati e conquistare dalle armi di Spagna, e difendere poi
con laiuto delle stesse armi, e forni all'uopo i mezzi finanziari:
cosa (sia detto di passaggio) che da coloro i quali si dilettano
a fare bilanci del dare e dell'avere tra i popoli, andrebbe messa
come grossa partita a favore della Spagna, della Spagna « sfrut-
tatrice », che, almeno quella volta, non è dubbio che fosse da
noi napoletani, per caso o per favore di fortuna, síruttata. E.
quando l'indipendenza piovve dal cielo, il contento fu grande. « Na-
poli mia, sarai più bella!» esclamavano i napoletani; « grazie

(1) Storia del Regno di Napoli (Scritti di Storia Letteraria e. Politica,
XIX), Bari, 1925, 181-182 e segg.
Di

“in un «Diario» manoscritto inedito, esistente nell’Archivio del

mumerate, mancante di copertina ed evidentemente mutilo in fine,

.che illustrano il servizio annonario in Perugia dal 1591 al 1798; nonché

o =
i - ZW

179 UGO BARBÈRI

a Dio, non siamo più provinciali! », ripetevano in altra forma..., ecc.
I pubblicisti segnarono da quell’anno 1734 una nuova èra pel regno
di Napoli: da quell’anno, in cui (diceva il Genovesi) « piacque
a Dio di restituirne il Re, la pace e la nostra vera libertà e gran-

dezza, perchè niun popolo può dirsi veramente libero il quale non ^ P

abbia un principato domestico, e niente è più noto per la storia
"umana quanto che ogni provincia è schiava ».

Questo e l'altro passaggio di Spagnoli per Perugia, sono narrati

Nobile Collegio della Mercanzia: « IV. — 'Atti di vari Enti: n. 50 »,
volume in formato di cm. 28x41, costituito di carte 146 non

là dove termina la descrizione del secondo passaggio (1).

(1) Ringrazio vivamente l'egregio Conte Mario Donini-Ferretti, Com- 4
missario Prefettizio al Nobile Collegio della Mercanzia, per avermi concesso |
di pubblicare. l'importante documento. Il Conte Donini-Ferretti, durante la |
sua Amministrazione, oltre alle opere benefiche fatte deliberare dall’Ente, |
e a varie iniziative a vantaggio cittadino, animato da viva passione per le
patrie memorie, ha curato che venisse ultimato l’Inventario-Regesto dell'Ar-
chivio del Collegio. Detto Archivio comprende documenti ed atti. di grande
interesse. perugino. ‘Anzitutto le tre Matricole dell'Arte della Mercanzia
del 1323, 1358 e 1599, che meriterebbero di essere pubblicate per intero ed
illustrate nelle miniature, costituendo sia un documento di primaria impor-
tanza dal lato storico, per conoscere gli antichi ordinamenti dell'Arte della
Mercatura in Perugia, come pure dal lato artistico e bibliografico, data la
bellezza delle miniature che adornano due di esse. Delle quali diede parziale
notizia il chiarissimo Conte VINCENZO ANSsIDEI MONTEMARTE in Le minla-
ture alla Mostra d'Antica Arte Umbra, Perugia, 1907, con cinque ripro-
duzionc. Dai Libri Amministrativi poi del Collegio risultano importantissime
notizie sulle varie opere d'arte che adornano la Cappella di S. Bernardino in
Duomo e il celebre quadro della Deposizione dalla Croce. del Barocci, |
in parte pubblicate da WALTER BomBE nella rivista . Augusta Perusia, e Lis
che meriterebbero di essere interamente poste in luce con una monografia |
artistica sulla Cappella stessa, di giuspatronato del Collegio della Mercanzia.
Oltre a questi documenti, si conservano nell'Archivio stesso gli Atti del
Monte Consolino, ‘istituto di prestiti su pegno, e quelli dell'Abbondanza,.

moltissimi altri documenti cui sarebbe impossibile solo accennare, ma che
tutti recano contributo di conoscenza storica perugina, dato il posto emi-
PASSAGGIO DI TRUPPE SPAGNOLE A PERUGIA

Incomincia con una grande lettera iniziale gotica a svolazzi
calligrafici.

«L’anno di nostra salute MDCCXXXIV sedente nel Vaticano
Soglio la Santità di N.ro Signore Clemente XII della cospicua Fa-
miglia Corsini di Firenze Pontefice felicem.te regnante, e nel mese

. di Febbraro. Pervenuta quasi improvvisa, e del tutto impensata

la nova, che le Truppe Spagnole con il Sereniss.mo Infante D.
Carlo figlio delle Maestà Cattoliche di Filippo V, e di Elisabetta
Farnese di Parma Monarchi delle Spagne, dallo Stato di ‘T'o-
scana passar dovessero per questa Augusta Città di Perugia in

-brevi giorni, per indi portarsi alla volta del Regno di Napoli.

Giunse.quasi in un tempo stesso per la posta ordinaria a questo
Governo Lettera d'avviso della Segretaria di Stato, in data Li
17 Febbraro del tenore cioè
«Molt'Illre e Molto Rev.do Sig.re come Fratello. — Ha ri-
cevuto N.ro Sig.re l'avviso della mossa dell’Esercito Spagnolo per
andare alla volta del Regno di Napoli, e dovendo il med.o in-
cominciare la Marcia dalla Toscana nel giorno d’oggi con disegno
di passare per cotesta Parte, La S.tà Sua hà subito destinato
Mons.r Torregiani per portarsi costà, e trattare co' i Ministri, e
Commissarj Spagnoli, a fine di stabilire e regolare le Tappe, e
provisioni, che accaderanno per il bisogno de’ Soldati. Il mede-
simo Prelato pertanto s'aecingerà senz'indugio alla partenza; ma
perché può darsi l'aecidente, che prima del suo arrivo, comparisca
qualche partita del d.o Esercito, io ho stimato necessario di pre-
venire V.S. con questa notizia, affinché per tal caso Ella possa
antecipatam.te disporre, che si trovino pronte quelle provisioni
de viveri, e d’altro, che occorresse da somministrarsi ad un prez-
zo conveniente alle Truppe che verranno, e nello stesso tempo Le
incarico d'usare tutta la diligenza, e circospezione perchè non suc-
ceda disordini alcuno, o pregiudizio a i Sudditi di Sua Santità,
mentre di quanto sarà per succedere s'attende da Lei il rincon-
tro; Ed intanto mi confermo, augurandole ogni felicità, di V.S. - Ro-
ma 17 Febbraro 1734 - Come Fratello S. Card.: Firrau -. (Fuori)

nente.che il Collegio tenne nella Città anticamente quale Corporazione del-
l'Arte dei Mercanti, e, dopo il Cinquecento, tramutatosi in Collegio Nobile,
restando investito di attribuzioni e prerogative inerenti all'Amministrazione

Municipale.

173.

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174 UGO BARBEÉRI

Al Molt'illre e M.to Rev.do Sig.re come Fratello - Il Gover.re di -
Perugia » (1).
«Indi a poco rivó quà per le Poste Monsig.r Illimo Torre-

giani spedito da Roma in qualità di Commiss.rio Apost.co per so-

vraintendere à quanto occorrer potea per un tal Passaggio, et
andiede a soggiornare nella Sapienza Nova, messa preventivam.te
all'ordine, e destinata per sua abitazione, et appena giunto per
provvedere il bisognevole per gl’Alloggi agl’Offiziali, e Quartieri
alle Truppe, prescelti dal sud.° Prelato, li Nobili, e Savi Signori
Cav.re Pompeo Conte Eugeni e Lodovico Baldeschi con pienezza
di facoltà di potere obligare tutti, tanto Ecclesiastici, che. Laici,
et in qualsivoglia altro modo privilegiati, ed esenti all'adempimento
di quel tanto fosse loro da detti Sig.ri ingiunto; Li quali Sig.ri
subbito si applicarono con indefessa cura al provedimento necessa-
rio degPAlloggiamenti per Sua Alta R.le Sua Corte, e Genera-
lità, e de quartieri per le Truppe; Et ad oggetto di rinvenire li
luoghi atti, e capaci per poi farne la dovuta distribuzione, venu-
tesi da detti Signori Sovraintendenti all’elezione dell’infrascritte
Persone, cioè:

Sig.ri Alesandro Cittadini, et Andrea Vaccari, per Porta Sole

Sig.ri Carlo Tassi, e Baldasarre Naldini, per Porta S. Angelo

Sig.ri Benedetto Canali, e Giorgio Brozzetti, per Porta S.
Susanna

Sig.ri Angelo Maria Fiori, e Giuseppe Buffetti, per Porta Bor-
gne
Sig.ri Sante Fabbri e Michelangelo Leonelli, per Porta 5S. Pie-
tro. |
con ordine di dovere ciasched.o di Loro visitare, e vedere tutte le
Case, Conventi, Ospidali, e Stalle, che si trovassero atte, e capaci
per le Loro Porte, come sopra assegnatili: Da quali, in essecu-
zione degl'Ordini prescrittili, visitati minutam.te li Loro Rioni,
ciasched.o riferì quel tanto fù stimato opportuno per il buon regola-
mento in un affare di tanta premura; E perché le Stalle non furono
trovate in numero capace per li Cavalli delli Reggimenti, et al-
tri Cavalli e Muli, che con Equipaggi seguivano l’Alt.a Sua, Ge-
nerali, ed Offiziali furono per ordine di detti Sig.ri levati li letti

1

i (1) In quel tempo, Flavio Ravizza da Orvieto, come appare dal Saggio
di Memorie Istoriche Civili ed Ecclesiastiche della Città di Perugia, di
ANNIBALE MARIOTTI, Perugia, 1806.
PASSAGGIO DI. TRUPPE SPAGNOLE A PERUGIA 175

dagl’Ospedali della Mercanzia, e Cappuccinelli in P.S.A. (1), e del
Cambio fuori della Porta S.P., ove fatte con travi, et altri Legni
accomoidare, e per dir meglio, fare le mangiatoie, furono formate
tante Stalle, e fü fatto lo stesso nello Stanzone dello Spedale della
Misericordia esistente sotto la Speziaria del d.o Spedale esserci-
tata dal Sig.r Francesco Massotti ».

«Non si mancò fratanto dagl'Abitanti di questa Città in-
timati, e prescelti, e da Religiosi de Conventi, mettere in ordine

colla possibile sollecitudine tutto il bisognevole per far si venis-.

sero li loro Ospiti ricevuti, e trattati colla possibile civiltà, e pron-
tez2a, come tanto premeva alla S. Sede, et a detti Sig.ri Sovrain-
tendenti ».

« Ne fù ommesso da altri Sig.ri Cavalri prescelti per gl'altr1
provedimenti di Paglie, Fieni, Biade; Legna, Grani, Farine, Carni,
Carri, et altro adempire con cura indefessa alle Loro incumbenze,
p. far si tutto con buon ordine seguisse, e senza alcun recla-
mo, mentre in breviss.o tempo si vidde la Città tutta proveduta del
bisognevole et empiti li Magazzeni destinati di più di quel tanto
potesse occorrere per l’enunciato Passaggio ».

« Riferitosi da Sig.ri Deputati per le Porte quel tanto occorrer
poteva per il ricevimento sudetto, per fare, che gl'Alloggi fossero
stabiliti colla dovuta distinzione al grado delle Persone dovevano
riceversi per ordine di detti Sig.ri Caval.ri Sopraintendenti furono
da Francesco Maria Giulini uno de’ Notari del Nobile Collegio
della Mercanzia, e da Gio. Batta. Adreani uno de’ Notarj del Nobile
Collegio del Cambio, destinati per la distribuzione de’ Biglietti
de detti Alloggi, fatte diverse scelte di Case, sì de Nobili, che
Cittadini, et Artegiani colla partecipazione, volontà, e scienza
di detti due Nobili Sig.ri Sovraintendenti ».

«E dovendosi in primo luogo provedere alla Persona del
Ser.mo Infante, sua Generalità, e Famiglia, fù fatta l’infra.ta scelta,

(1) L’indicazione delle: singole Porte è sovente data nel testo con le
sole iniziali:

Porta Borgne (deformazione popolare di Eburnea): P. B.

Porta S. Angelo: P. S. A.

Porta S. Pietro: P. S. P.

Porta S. Susanma: P. S. S.

Porta Sole: P. S.
UGO BARBÈRI

176

cioè « Il Palazzo del Nobil Sig.re Cav.re Co. Pompeo Eugenj per
la persona del Ser.mo sudetto, Porta Sole» (1).

Certo, non a caso cadde la scelta del Palazzo Eugeni per acco-
gliere PInfante di Spagna, in quanto, come dice il Siepi (2), conte-

(1) E’ Pattuale. Palazzo. del Nobile Marchese Dott. Ruggero Ranieri di
Sorbello, in Piazza Piccinino. Nel Salone di detto Palazzo, inserito in un
grande specchio dell’epoca con dorature e ornamentazioni architettoniche, tro-
‘vasi tuttora il ritratto dell’Infante di Spagna Don Carlos di Borbone, ap-
punto nella età giovanile in cui avvenne il passaggio: aveva allora 17 anni!

Con ogni verosimiglianza, questo ritratto, dipinto in ovato a olio su tela
e misurante cm. 64x86, è stato eseguito pochi anni dopo il passaggio del
Principe da Perugia, quanto dire verso la metà del secolo XVIII. L'autore
appare sicuramente italiano, probabilmente locale.

Il personaggio è. rappresentato di tre quarti, vestito della mezza ar-
matura di gala e con le insegne del Collare del Toson d'oro. E’ appoggiato
al tavolo, sul quale spicca la corona reale.

La documentazione del ritratto è data da un atto dell’Archivio del Mar-
chese di Sorbello, Busta 32, N. 10. E! la copia autentica del Notaio France-
sco Maria Mattei, in data 21 luglio 1780, relativa alla permuta fatta dei
loro rispettivi Palazzi tra il Conte Antonio Eugeni ed Uguccione Bourbon
di Sorbello. In esso è detto, tra l’altro, che «nella presente vendita sono
comprese pur anche l’infrascritte cose cioè: I Parati colle sue sedie com-
pagne delle tre stanze verso la Piazza, vale a dire dell'ultima Anticamera
dov'è la Cappellina, della camera da letto dell'appartamento nobile, e della
Sala dov’è il Ritratto di S. M. il Re di Napoli», ecc.

E qui mi sia concesso porgere all’esimio e coltissimo Marchese di Sor-
bello l’espressione della mia gratitudine per la gentilezza colla quale mise a
mia disposizione il materiale del suo prezioso Archivio, e mi fu largo della
sua collaborazione nella ricerca documentaria, consentendomi inoltre la ri-
produzione del ritratto: Non esito a dichiarare l’alta importanza di questo
documento iconografico . (la cui memoria, del resto, era già acquisita per
tradizione domestica), in quanto rappresenta indubbiamente uno dei ritratti
giovanili più attendibili del Sovrano, fatto, con molta probabilità, apposi-
tamente eseguire e donato alla Famiglia Eugeni in riconoscenza dell'ospita-
lità ricevuta. Valga l’incontro fortunato a dimostrare una volta di. più l’uti-
lità degli Antichi Archivi familiari, e mi sia permesso esternare il voto che,
come è intenzione del Capo. della Nobile Casa, l'Archivio dei Sorbello sia
in breve fatto di pubblica ragione.

Tornando alla Famiglia Eugeni, non sarà male ricordare che fu tra le
illustri perugine avendo dato anche insigni uomini. Basti rammentare il giure-
consulto Marco Antonio, vissuto nel sec. XVI, che fu anche in Roma uno dei
Consoli in Campidoglio. (Cfr.: Vermiglioli. Biogr. degli Seritt. Perugini).

(2). StePI SERAFINO, Descrizione topologica-istorica della Città di Perugia,
ivi, 1820, IIX. Cfr. anche Vol. I, 366-370.
PASSAGGIO DI TRUPPE SPAGNOLE: A PERUGIA i 177

neva, oltre tutto, una notevolissima raccolta di opere d'arte dei
principali Maestri italiani e stranieri, e, di tutti i Palazzi di Pe-
rugia, era quello che forse meglio si prestava, per la sua centra-
lità e per la vicinanza alla Cattedrale, ad assumere il ruolo 'di
Reggia temporanea. Va rilevato, peró, che, mentre il Siepi dice
«la Famiglia Eugeni alloggiò in esso il re di Spagna Carlo III
nel marzo del 1734», in quell'epoca l'ospite era semplicemente
Don Carlos Infante di Spagna. Egli ascese al trono di Spagna
soltanto nel 1760; dopo tenuta la corona di Napoli, dove lasció
buon nome di sé. Sta di fatto che « Napoli dovette a lui il
massimo dei benefici: l'indipendenza con tutti i suoi buoni effet-
ti, dopo duecento trent'anni di servitù allo straniero, e viene anno-
verato tra i principi riformatori del secolo. Rimangono di lui,
memorabile e duraturo ricordo, le magnifiche costruzioni, ultima
iniziata e lasciata incompiuta la Reggia di Caserta, destinate quasi
tutte a delizia del Re; l'impulso agli scavi archeologici; l'Accade-
mia Ercolanense, e, in embrione, il Museo e la Biblioteca, dive»
nuti poi nazionali » (1).

Tornando al Siepi non mi si passi per pedante se correggo
una sua lieve inesattezza, unicamente per la fortuna di aver avuto
tra mani il documento relativo alla permuta dei Palazzi avvenuta
tra il Conte Antonio Fugeni e il Marchese Uguccione Ill Bour-
bon di Sorbello. Infattti, mentre il Siepi dà questa permuta nel
1785 il documento in parola è precisamente del 21 luglio 1780.

Il. « Diario » così continua nella designazione degli alloggia-
menti: |

« Num. 1. — La Casa del Sig.r Innocenzo Massini, P. S. - Per
il Sig.r March.e di Montaleri, Segretario di S.A.R.

Num. 2. — La casa del Sig.r Silvio Vermiglioli, P. S. - Per la
Famiglia del Sig.r Conte di S. Stefano.

Num. 3. — La casa del Sig.r DENTALO Ansidej, P. S. - Per il
Sig.r Controlore.

Num. 4. — La Casa del Sig.r Fran.co Sozzi, P. S. - Per il Gra-
sciere

Nuni. 5. — La casa del Sig.r Co. Costantino Ranierj, P. S. -
Per il Sig.r March.e di Baezza Somelier di Cortina.

(1) Cfr. Enciclopedia Italiana, IX, 53-55.

>

DIGRIGO... MEP RI LN UGO BARBÈRI

Num. 6. — Il Monast.ro di S. Severo, P. S. — Per il P.re
Confessore di S.A.R. e suo Compagno con Servitore.:‘

Num. 7. — La Casa del Sig.r Filippo Sabatini, P. S. S. - Per
il Cappellano di S.A.R. ».

E l’interminabile elenco enumera altri 64 alloggi e i rispetti-

‘vi personaggi ospitati. Segue altro elenco di alloggi per la Gene-.

ralità. Altro per gli Officiali dei Reggimenti.

« 25 Febbraro. -— La Seconda Colonna del Reggimento Rea- ‘
le' di Guardie Spagnole d'uomini 1700 rivò il di sudetto, e fù col-
locata, parte nel Convento de PP. Scalzi, e parte nella Commen-
da.di S. Luca, P.S.S. e nelli stanzioni ivi preparati, li quali dimo-
rativi come li primi, due giorni, se ne partirono il di 27 detto, la
mattina ». Il 26 altri arrivi alla spicciolata.

‘« 27 d.o Rivò in Città il Reggimento di Cavalleria Borboni,
composto di n.° 350 uomini, e Cavalli, e gl'uomini con i Cavalli
furono collocati, parte nel Monastero di S. Pietro, parte nel Con-
vento di S. Agostino, e parte nel Monast.ro di S. Maria de Fossi
in Stanzioni e stalle ivi esistenti » (1).

Seguono gli a degli ufficiali.

«Qual Reggimento si trattenne fino il dì primo Marzo, in
cui la mattina ‘partì.
«In detto giorno rivorono in Città quattro Cadetti, Guardie
del Serenissimo Infante, e furono collocati, due in Casa del Sig.r
Felice Caravaggi, et altri due in Casa del Sig.r Natale Buracci.

(1) Il NO di S. Maria dei Fossi è l'attuale R. Educatorio Fem-
minile di S Anna. Si chiamava dapprima di S. Maria degli Angeli, ed era,
in origine, Monastero di Monache sotto la giurisdizione di quello di Mon-
teluce. Passò quindi ai Canonici regolari di SS. Salvatore della Congrega-
zione Renana. Divenne nel 1789 proprietà dell’Ospedale di S. Maria
della Misericordia che lo vendé nel 1795 al Vescovo Alessandro Maria Odoar-.:
di, il quale vi istituì l’Orfanotrofio della Divina Provvidenza per fan-
ciulli poveri, aperto nel 1797. Questo si trasferì poi nei locali dell’attuale
Orfariotrofio Maschile di S. Anna che era prima il Monastero di S. Maria
delle Orfane dette le Cappuccinelle di Porta S. Pietro, fondato. da Giovanni
Battista Pontani nella casa di sua proprietà l'anno 1616, per ricovero di do-
dici fanciulle orfane, ed ampliato nel 1735. con sussidio della Marchesa; Ca
terina Forni Estense Tassoni.
PASSAGGIO DI TRUPPE SPAGNOLE A PERUGIA © 179

« 28 'd.° Reggimento di Fanteria di Svizzeri, rivò il di sudet-
to, composto d'uomini num.? 1400, e furogli dato alloggio nelli Stan-
zioni del Monastero di S. Pietro, et in quello di S. Maria de Fossi».

Seguono gli alloggi degli ufficiali.

« Il detto Reggimento Svizzeri parti il di 9 Marzo la mattina.

« Primo Marzo giunse in Città il heggimento di Cavalleria di
Malta in num.? d'uomini 400, e Cavalli 438, e furon collocati
parte nel Monastero di S. Pietro, parte nel Monastero di S. Maria
de Fossi e parte nel mp fuori di P.S.P. in Stanzioni, e Stalle
ivi accomodate ». ;

Nota degli alloggi per gli ufficiali.

« Due Ingegnieri li quali dimorarono in Città fino li 3 detto,
in eui partirono » presero alloggio dal Canonico Perotti.

«Il dì detto primo Marzo rivò in Perugia il Reggimento di Fan-
teria Corona, composto d’uomini 1505; li quali furono collocati,
cioè num.° 500 uomini in Casa del Sig.r Dott.r Buoni altri alla
Commenda di S. Luea, e parte a S. Francesco in Stanzoni ivi
preparati ».

Alloggi degli ufficiali.

«2 Marzo. Giunse il Reggimento Borgogna Fanteria compo-
sto d’uomini 1500, e furono collocati parte nel Convento de PP.
Scalzi, e parte all'Osteria della Penna ».

Alloggi degli ufficiali.

« Giunse anche in d.° giorno l’Ecc.za del Sig.r Conte Monte-
mar Generale dell’Essercito Spagnolo con numeroso seguito d'al.
tri Offiziali, e grosso Equipaggio, e fù ricevuto nel Palazzo del
Nobile Sig.r Co: Aurelj al Verzaro.

«3 Marzo arrivò anco il Reggimento de Dragoni a Cavallo

in quantità d’uomini 300, e Cavalli 300, e furono assegnati li Luo-
ghi per i Cavalli cioé:

« Nel Convento di S. Maria de Fossi num.9 250.

« Nel Luogo del Cambio fuori di P.S.P. num.° 60.

«Nel Luogo dello Spedale della Mercanzia P.S.A. num? 50
«Nel Luogo de Capuccinelli P.S.A. num.? 50.

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> udita À ,
il Corteggio a si gran Personaggio, et entrato per la Porta di S.

UGO BARBÈRI

« Et agl’ uomini li Stanzoni cioè nel Monastero di S. Maria
de Fossi».

Alloggi per gli ufficiali.

. «In.d.° giorno arrivò anche il Provosto Gen.le, e gli fù asse-
gnato per se, e suoi uomini, e Cavalli l'Ospidale del Cambio fuo-
r di P5. b. res : :

‘«Il med.o giorno giunsero due Compagnie di Granatieri del
Reggimento di Napoli in num.? di 106, e furono collocati nel Con-
vento di S. Francesco assieme con quattro Offiziali.

«In d.° giorno arrivorono anche due Compagnie di Grana-
tieri del Reggimento Soria composti di soldati 106, e furono col.
locati nel Convento di S. Francesco con quattr'Offiziali.

«Lo stesso giorno arrivó anche una Compagnia de Granatie-
ri del Reggimento Vallacasa soldati n.° 56, e furono collocati,
come sopra a S. Francesco con due Offiziali.

« Nel Convento de PP. Zocchetti furono collocati. cinque Ca-
pitani di dette Compagnie, e li sudetti partirono tutti il di 5
detto.

«8 Marzo all’ore 22 di d.° giorno arrivò in questa Città il
Sereniss.mo Infante D. Carlo con nobil Treno; Granattieri Reali
a Cavallo in n.° di 150, vestiti d’abiti, e Berrettoni guarniti d’Ar-
gento; alla testa de quali vi marciavano alcuni Sig.ri di distinta
qualità, valendo il credere fossero gl'Offiziali, che li comandavano
con quattro Timbalieri, con abiti guarniti d'argento, e con altri So-
natori, chiamati Musici di Buè, Corni da Caccia, Trombe, et altri
bellici istrum.ii, tutti à Cavallo in gala, e pompa, vestiti, che
rendevano gran magnificenza, et in fine di questi marciava la
Compagnia della Guardia Reale detta de Cadetti in num.? di 100;
tutta nobiltà, parte Italiana, e parte Spagnola, il di cui Capitano
era l’Ecc.za del Sig.r Don Lelio Caraffa march.se d'Arienzo, e

.Prencipe Napolitano, che serviva di vanguardia al Sereniss.mo

Infante, il quale veniva da due superbi Cavalli Spagnoli tirato en-
tro un nobiliss.mo Suimero, intorno al quale parim.te marciavano
altro buon num.° di distinti, diversi Personaggi à Cavallo, con
notabile pompa, et ornato d'Abiti, e Cavalli, con molti Lacchei à
piedi dall'una, e l’altra parte di esso, e dietro poi venivano tirati
da altri Cavalli, altri Suimeri, non di mediocre bellezza, e Calessi
con entro altri personaggi, e Sigg. che rendevano ben distinta
PASSAGGIO DI TRUPPE SPAGNOLE A ‘PERUGIA 181

Carlo detta la Porta nuova, con ordinanza, passò avanti la For-
tezza, dalla quale fù con triplicata salma (sic) di Cannoni, e
Codette salutato, e presa la strada detta della Piazza avanti la
Compagnia della Morte, al d.o Sig.re spettante, dove fattosi ala,
tanto da Cadetti, quanto da Granatieri Reali, smontato dallo Sui-
mero, fù con magnificenza tale ricevuto, che chiamò alla vista
un numeroso Popolo, ivi concorso per vedere cosa à nostri tempi
non più veduta ».

«Non si mancò da Mons. Ill.mo Torregiani Commissario Ap.co,
Mons.r IllD[immo Vescovo (1), e Mons. Il.mo Gover.re esercitare
quelle parti, che si dovevano in visitare tal Personaggio, con altri
Signori di distinta sfera, che lo seguivano, et in particolare l'Ecc.za
del Sig.r Prencipe Corsini Nipote degnissimo di N.ro Signore felice-
mente Regnante, che in qualità da Cavallerizzo Mag.re seguiva
SUASURO» :

«E tratanto ben fü cura dell'indefessa attenzione del d.? No-
bile Sig.r Cav.r Eugenj far preparare à proprie spese un nuovo
commodo di Cucina per poter’ render’ servita S. Altezza, e sodi-
sfatti li Ministri, che vedutala in si poco tempo ridotta in stato
di nulla poter mancare p. il servizio della Cucina, recó maravi-
glia à chi ne fü spettatore ».

«Li Personaggi poi, e Famiglia furono distribuiti ne’ Luoghi
sopra descritti, et annotati, come altrove è detto ».

«Li Granatieri Reali con li loro Cavalli furono collocati nel
Monastero di S. Pietro. :

«Le Guardie di S. A. R. furono mandate parte al Convento
di S. Agostino, e parte in diverse Case della Città con loro
Cavalli ».

«4 Marzo. Per dar spasso, e sollievo al Sereniss.mo Infante,

fù dal d.» Nob.e Sig.r Cav.r preparata, e somministrata nella

Gran Vigna dentro il Monastero di S. Pietro, una Caccia de Lepri,
Conigli, Starne, Quaglie, Palombi, et altri Animali; del che molto
si diletta S. A.; ove in Carozza a sei, con altra parim.te a sei,
ambedue trovate dalla diligenza del d.o Sig.r Cav.re. Portatosi se-
guito da molti SS.ri del suo Corteggio, e dalli Cadetti, e Grana-
tieri Reali, uniti avanti d.? Palazzo Eugenj, fece con maraviglia

(1) Francesco Riccardo Ferniani che governó l'Episcopio dal 1730 al
1162, come risulta dal Ms. N. 1349 della Biblioteca Comunale Augusta, del
Belforti-Mariotti. i
1892 . | UGO BARBÈRI

vedere quanto fosse ‘esperta nel Maneggio dellArmi da fuoco;
mentre quanti. animali tanto quadrupedi, che volatili li furono

‘ lasciati, senza fallir tiro tutti l’uccise ». f

«La sera poi si portó S. A. R. per suo sollievo al Teatro de
Nobili detto del Pavone a sentir l'Opera intitolata La Didone,
parto del Famoso Poeta Metastasio, che andava in Scena in que-
sta Città ».

« Il di 4 med.o giunse in Città il Hepenicne de Dragon di

Catania, composto di trecento uomini, e trecento Cavalli, e fu-
rono collocati, cioè li Cavalli num.° 60 nello Spedale del Cambio .

fuori di P. S. P., e nel Monastero di S. Maria de Fossi num.9 cento

quaranta, e nello Spedale della Mercanzia P. S. A. num.o cinquanta, -

nello Spedale de Capuccinelli num.? cinquanta nelle Stalle ivi
accomodate ». : |
« Gl'uomini poi furono mandati parte nel Convento di S.

- Agostino, e parte nel Monastero di Santa Maria de Fossi ».

Seguono. gli alloggi degli ufficiali.

«Il di 4 d.o arrivò il Reggimento di Fanteria, delle Guardie
Vallone, composto d’ uomini 1000, e furono ‘collocati’ 600 allo
Studio, 150 nell'Osteria della Penna ».

Seguono gli pp degli ufficiali.

«Il di 4 d.° arrivorono anco Due compagnie di dece
del Reggimento Navarra composto d'uominr 106, quali furono
mandati nella Casa del sig.r Dott.r Buoni ».

Alloggi per gli ufficiali.

«Il di 4 d.o giunse anco il Reggimento Soria composto di
Soldati num.° 900, de quali 400 furono mandati nel Convento
di S. Maria Nova, e 500 alla Commenda di S. Luca ».

Alloggi per gli ufficiali.

«5. Marzo. La mattina verso il mezzogiorno fü a S. A. R.

mostrato il SS.mo Anello, con cui fü sposata al Patriarca S.
Giuseppe la Vergine Madre, che come Dono venuto dal Cielo, con
PASSAGGIO .DI TRUPPE SPAGNOLE A PERUGIA: 183

maestà ben dovuta ad un gran Tesoro, si conserva nella Cap-

pella eretta nella Chiesa di S. Lorenzo Cattedrale di questa Au-

gusta Città, e vedutosi, e venerato dall'A. S., di lui seguito, e
famiglia, fü à vista degl'stessi, nella Macina d’Argento, ove
si cala, ritirato, e, riposto ne Cassoni soliti in d.a Cappella. e$i-
stenti ».

‘ « Indi poi S. A. R. ritornato al Palazzo, diede tavola à tutta la
Generalità dell’Armata, et Offiziali Maggiori per la prima volta
in publico, ove intervenne à vedere molta Nobiltà, e continuó à.
fare lo stesso fino la sua partenza.

«ll giorno. stesso sull'ore 22 circa si portò con solito sud.o:

Treno, ed? accompagno fuori di P. S. alli Capuccini detti del Luogo
nuovo di questa Città à divertirsi nella Caecia, come il di innanzi
ivi preparata, et altresì fece maggiormente conoscere quanto fos-
se in simile, benché frivola cosa, la sua esperienza ».

«5. Marzo giunse una Compagnia del Reggimento Siviglia
composto di Soldati. num.° 53; et Offiziali tré, e furono man-
dati li soldati a S. Fiorenzo, e gl'Offiziali à S. Fortunato.

«Lo stesso giorno giunse anche il Secondo Reggimento delle
Guardie Valloni, composto d’uomini 100 (1) et Offiziali 78. Li sol-
dati del quale furono mandati ne seguenti Luoghi, cioè...» (omis-
sis).

«Il 5. d.o arrivarono anche due Compagnie di Granatieri del
Reggimento Ambares ‘composto di soldati num.° 106 e d’Offiziali
num.° sei; alli soldati fu dato p. quartiere il Salone detto di
Sopramuro, e la mattina seguente gli fù permutato, e dato il luo-
cho dello Studio. i

« Gli Offiziali poi furono mandati al Convento di S. Simone d.o
il Carmine; e partirono li 7. detto.

«Lo stesso. giorno pervennero anche due Compagnie di Gra
natieri del Reggimento Reale di Borbone di numero 150 soidati,
quali furono allocati nel Convento di S. Domenico assieme con sei
Offiziali, quali poi partirono il di 7 detto. Il med.o giorno giunse
anche una Compagnia di Granatieri del Reggimento d'Affrica di

num.9 53 soldati, e 8 Offiziali e fù à soldati assegnato p. quartiere :

| il Convento di S. Domenico. Gl'Offiziali in Casa del Sig.r Benedetto
Bacci, e partirono li T. detto.

(1) Qui il 100 va: inteso per 1000, come risulta dalla suddivisione in
due conventi: 400 l'uno e 600 l'altro.

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- UGO BARBÈRI

« 6. Marzo. Giunse il Reggimento d’Affrica composto di sol-
dati numero 500, e gli fù dato p. quartiere l'Osteria della Penna.
Gl'Offiziali numero 39 furono mandati come segue... » (omissis).

«Il di 6. d.o pervenne il Reggimento Guadalovera di num.9
200 uomini; Offiziali num.° 39. Alli Soldati fu assegnato p. quar-
tiere La Commenda di S. Luca. Agl'Offiziali poi come siegue.... »

‘ (omissis).

« Il di 6. detto arrivò il Reggimento Siviglia di numero 3500
soldati, e gli fù dato p. quartiere Lo Studio. ER poi in
num.? 39 furono distribuiti, cioé...» (omissis).

« Dieci Capitani, e 25 a furono collocati nella Sapien-
za vecchia, e partirono il di 8. detto.

« Il di 6. sudetto partirono con il Loro seguito il Sig.r Conte
Montemar Capitano Generale dell’Esercito, et il Sig.r Duca di
Castropignano; et il Sig.r Intend.te Generale.

« Marzo giunse il Reggimento Reale di Borbone di Fan:
teria di numero 1200 uomini, e gli fu assegnato p. quartiere
il Convento di S. Francesco, et il Convento de PP. Scalzi nelli
Stanzioni in detti Luoghi preparati ».

Seguono gli alloggi dei 63 ufficiali.

«T dr 773d9 giunse il Reggimento di Napoli d? uomini 900
e gli fu dato Quartiere nel Convento di S. Maria de Fossi ».

Seguono gli alloggi per. gli 84 ufficiali.

«8. Marzo. Il Sen mo Infante col suo Treno, comitiva
di Generalità e seguito, e Famiglia parti per la volta di Foligno,
e fù salutato nel ripassar avanti ‘juesta Fortezza con nuovo tri-
plicato sparo de Cannoni della med.a. |

«Nel med.o giorno giunse in Città La Cavalleria del Reg-
gim.to di Milano composto di Soldati, e Cavalli aum.9 200, e fu-
rono collocati ne seguenti luoghi:

«Nel Monastero di S. Pietro, num.9 500.

« Nello spedale del Cambio, num.9 50.

« Nel Monastero di S. Pietro, L'Aiutante Magg.re, 9 Tenenti,

| e dieci Alfieri.

« Nello Spedale del Cambio, sei Offiziali subalterni, e Sarg.ti
Maggiori ».
PASSAGGIO DI TRUPPE SPAGNOLE A PERUGIA
Seguono gli alloggi degli altri ufficiali.

. li quali partirono li 10. detto ».

« E perche, tanto li soldati, che qualche Offiziale rimasti indie-
tro giornalm.te giungevano alla sfilata in Città, tenendo in continua
briga p. gl’Alloggi, sì detti SS.ri Sovraintendenti, che detti No-
tarj deputati, serratosi finalmente dal Sig.r Generale dell’Armata
Spagnola, il passo, fu sin’ sotto li due Marzo sudetto p. ordine
scritto di Monsig.r Ill.mo Governat.re del tenore in appresso chiuso
il passo, e cessato di somministrar più gl'Aloggi, e cosi posto fine
alle brighe, et incommodi de SS.ri sudetti Sovraintendenti, et
alle Famiglie de predetti deputati.

« Il tenore del sud.o Ordine è il seguente cioè:

(« Si notifica agl’infrascritti SS.ri Deputati sopra gl'alloggi,
in occasione del passato Passaggio per questa Città di. Perugia
delle Truppe Spagnole, che per l'avvenire non providino alloggi,
e quartieri p. qualunqu'altro Offiziale, o Soldato per aver il Sir
Generale della sud.a Armata Spagnola serrato il Passaggio suddet-
to, e per conseguenza non più tenuta questa Comm.tà a provvedere
cos'aleuna per gli Offiz.li e soldati, quali dovranno provedersi
del bisognevole à prop.e Loro spese, e non della pred.a Comm.tà,
La quale p. ciò non sarebbe rimborsata di qualunq'altra spesa, con-
forme all’Ord.e dato dal med.o Sig.re Gene.le. Si vaglino dunque
della notizia, acciò non possino allegarne l’ignoranza, e p. ogn’altro
buon fine, et effetto, perchè così è. — Dato in Perugia dal Palazzo
Apostolico questo 12 Marzo 1734.

SS.ri Caval.r Pompeo Eugenj, e
Ludovico Baldeschi
F. Ravizza Gov.re Gen.le e Com.rio Ap.°

«Ad oggetto vedasi l’ordine regolato de Reggimenti, e Com-
pagnie, come sopra, passati per questa Città, tanto degl'Otfiziali,
che soldati; si è determinato di farne il seguente ristretto, cioè:.. »

Segue una dettagliata distinta, della quale riporteremo per

intero il primo elenco, relativo ai Capitani. Per gli altri dati da-
remo solo le cifre complessive, rimandando l’interessato che amas-
se più ampie notizie all’originale.
3M. SIRENE e qu 71 MIE oe s

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UGO BARBEÉRI

« CAPITANI:

| Primo Reggimento di Guardie Spicigl

Secondo Reggimento sud.°
Reggimento di Cavalleria Borbona
Reggimento di Fanteria Svizzeri

. Reggimento di Cavalleria di Malta

Reggimento di Fanteria della Corona

: Reggimento Borgogna

Reggimento di Cavalleria di Pavia È %
Due Compagnie de Granatieri del Reggim.to di Napoli

‘Una Compagnia del. Reggim.to di Ei (Gase:

lajara)
Due Compagnie del Runa di Soria.
Reggimento de Dragoni di Patavia |
Reggimento delle Guardie Vallone
Due Compagnie del Reggimento Navarra
Reggimento Soria. i
Reggimento Siviglia
Reggimento di Guardie Vallone i
Due Compagnie di Granatieri d’Amberes
Due Compagnie del Reggimento Borbona
Una Compagnia de Granatieri d’Africa

Reggimento d’Africa

Reggimento Eguadalacara
Reggimento Siviglia

Reggimento di Fanteria di Borbona .
Reggimento di Fanteria di Napoli
Reggimento di Cavalleria di Milano

| Capitani
Succinto numerico degli altri gradi o specialità:

Colonnelli
Marescialli di Campo
Brigadieri

Tenenti Colonnelli
Sargenti di Brigata
Sargenti Maggiori

»

A riportarsi n. 588
PASSAGGIO DI TRUPPE SPAGNOLE A . PERUGIA

seguente. modo cioè:

Riporto n.

Riporto n.

Capitani Riformati »
Tenenti »

; Alfieri »
Commissarj »
Musici »
Aiutanti Maggiori | UE »
Cappellani »
Medici È »
Chirurghi i »

« SOLDATI
Prima Colonna di Guardie Spagnole | N.
2.* Colonna | »
Reggimento Borbona »
Reggimento Svizzeri »
Reggimento Malta »
Reggimento Corona »
Reggimento Borgogna »
Compagnia a. Cavallo di Pavia »
Due Compagnie de Cavalli del Reggim.to Napoli »
Una Compagnia del Reggimento Eguadalacara (Guada-
lajara) .- »

Due Compagnie di Soria »
Reggimento di Patavia »
Reggimento Vallone i »
Due Compagnie del Reggim.to Navarra WES
Reggimento Soria »
Reggimento Siviglia : »
Reggimento di Granatieri Valloni »
Reggimento Amberés . : »

«E perche dalla Regola degl’Offiziali ne viene il seguito de
Soldati per formare i Reggimenti, e Compagnie col num.° pre-
fisso, si è à tal'effetto descritta la quantità di essi soldati nel

1600
1100

350.

1400.

400
1505
1500

900 :

108

56
106
900!

1000
106
900

58
1000 188 UGO. BARBÈRI

A riportarsi n. 1479

Reggimento Reale di Borbona » 150
Reggimento di Granatieri d'Africa » 53
Altro detto » 500
Reggimento Eguadalacara » 500
Reggimento Siviglia » 500
Reggimento Borbona i a 1200)
Reggimento di Napoli - » £00
heggimento di Cavalleria di Milano » 500

In tutto li sudetti Soldati N. 16.191 ».

«E siccome delle cose già narrate, e descritte, desideriamo
ne apparischi la verità per l’incumbenze avute, sarà il presente
sottoscritto da noi, e col solito nostro segno munito questo di
15 Marzo 1735.

Così è Fran.co Maria Gulini Not.o Deputato
Così è Gio. Batta Adreani Not.o Deputato ».

. (timbri dei due Notai)

Una scorsa al « Diario» (non mancano le lamentazioni più o
meno velate!) dice abbastanza eloquentemente come le vicende
del passaggio delle truppe Spagnole abbiano pesato sulle spalle
degli ospiti involontari; la permanenza di questo esercito, per
quei tempi davvero imponente, si protrasse certo più del preveduto

e del desiderato. Ma bisognava far buon viso a cattiva sorte, an-

che in seguito alle raccomanidazioni e agli ordini venuti da Roma,
che, a quanto. è dato capire, avrebbe rifuso le spese materiali,
rinsanguando le pubbliche casse ormai vuotate. E, eve non bastasse
il « Diario», l'impressione suscitata nel pubblico da questo pas-
saggio è documentata anche nella Cronaca dell'Uffreduzzi, ma-
noscritto inedito in Biblioteca Augusta, N. 1491. Mi sembra anzi
opportuno trascriverne alcuni particolari ed episodi che nel « Dia-
rio » non figurano affatto o sono solo accennati di volo. Il cronista,
quasi a dar ragione alle numerose lagnanze dei Commissari agli
Alloggi, non fa mistero del malcontento generale e dei danni di
ogni sorta che la città ha subito. E, quel che è più gustoso, non.
si trattiene dal fare qualche piccante apprezzamento sul valore
e sulla competenza militare dei condottieri. Eppure l’impresa ebbe
successo! Non va dimenticato che, a questo coronamento delle
PASSAGGIO DI TRUPPE SPAGNOLE A PERUGIA 189

ambizioni di Flisabetta Farnese, non furono estranei gl’immensi
tesori da essa a tal uopo profusi. E, qualche tradimento riportato
dal Colletta può meglio dar ragione dell’esito fortunato. Ü
Dice la citata Cronaca dell’Uffreduzzi a pagg. 146 v. e se- i | |
guenti: ; |

« Adi 24 febraro 1734.

E « Dopo le ore 21, sí vide comparire la vanguardia de Spagnoli
e di Cariaggi, li quali presero alloggio nello Studio. Verso poi
l’ore 23 arrivarono al Castello 10 Compagnie trà Granatieri ed
altri Pedoni, tutti di bella Gente, e bene armati, e gli Officiali tutti
a Cavallo bene in ordine e fra di loro era venuto il Principe di
Castro Pignano Commendatore del ‘Toson d’oro, e questi furono
alloggiati parte in S. Pietro e parte in S. Domenico. Per ordine
poi del Governo e de Sopraintendenti furono affisse sulle Canto-
nate delle Piazze le notificazioni de Prezzi del pane, vino, carni».

« Adi 25.
« Vennero alloggiati 10 Compagnie, e cosi altri 1400 Spagnoli,
li quali restarono ripartiti ne Conventi di S. Francesco, e de Scalzi,
e nella Commenda di S. Luca, essendo entrati da P.S.S., cioè per
la Piaggia Colombata ».
. « Adi 26. i
«... Era stata affissa d'ordine di Monsignor Torregiani la
notificazione del valore delle monete estere per tutto lo Stato
della Chiesa, cioè Doppia di Spagna, se. 8:40; Zecchino di Ve-
1 8 nezia, sc. 2:3; Zecchino di Firenze, sc. 2; Pezzo messicano, bc. 90. f |
« Venne ancora il Boia co suoi satelliti convogliato da sol-
dati, il quale fù alloggiato in Santa Maria de Fossi. ; e -
«E finalmente giunsero 5 Casse di monete sopra de Muli, 8
le quali furono riposte in Casa de SS.ri Baldeschi in Piazza in
una Stanza alla porta della quale furono posti 6 Soldati in Guar-
dia, siccome 6 altri in quella della Sala, et altri à quella di Casa.

« Adi 24. : ;

« Seguì il Giorno nella Piazza di S. Lorenzo la Mostra de Sol-
dati a Cavallo, venuti ieri prima delle ore 21.

« Circa l'istess'ora giunsero 6. Bandiere di Svizzeri con livrea
torchina e mostre rosse, et una spolverina bianca di seta. Giun-
geva il loro numero a 1700.

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+ 190 | UGO BARBÈRI

«La Congregazione del Buon Governo diede facoltà alla Cit-
tà di servirsi di qualunque denaro, et non avendo altro, di poter
dar mano in quello del Monte della Pietà e così anco di quello .
de Depositi de Particolari ».

E a proposito della caccia preparata nell’Orto dei Monaci di

. S. Pietro:

. * Tutti gli animali, à riserva di due starne, ebbero l'onore
di morire per le mani dell’Infante» (1).

—————

(1) Il passaggio degli Spagnoli da Perugia, resta documentato nelle Cro-
nache del Monastero dei RR. PP. Benedettini Cassinesi,- oggi in gran parte
occupato dalla Facoltà Agraria della R.. Università. Debbo alia squisita cor-
tesia di quei Padri la fortuna di averle potute consultare nell'Archivio . di
S. Pietro, e ne riporto integralmente il relativo notiziario.

. Cronaca ms. Memorie del Monastero dal 1695 al 1762, nella ' Sezione
Libri Diversi, n. 92, a carte 97 r. e v. è detto:

.« Adi 24 Febraro 1734. :

«Per il Passaggio conceduto da N. S. Papa Clemente XII p. lo stato

Ecclesiastico alle truppe Spagnole, che vanno alla Conquista del Regno di

Napoli. e di Sicilia, col -Real Infante D. Carlo di Spagna, nel sud.» giorno
arivarono in q.to Monas.? di S. Pietro di Perugia p. l'Alogio N.° 600 Soldati
di Fanteria delle Guardie Reali, stettero in riposo un giorno, e ‘partirono il
giorno susseguente. La stessa sera furono qui alogiati N.° 900 Fanti Sviz-
zeri, con N.° 200: Cavalii e Soldati del Reggimento di Malta, e così se-

‘guitò l’Aloggio ogni giorno fino a tutto li 12 Marzo 1734; nel qual tempo

di giorni 17 furono alogiati nel Monas.? N.9 4000 incirca tra Fanteria, e
Cavalleria e N.° 140 Oficiali. Li tre Marzo sud.? à ore 22 arivò in questa
Città di Perugia il sud. Real Infante D: Carlo con un'Acompagnamento di
N.° 500 tra Cortegiani, Nobili. e Guardie del Corpo, quale aloggió in Casa
del Sig.re Cavaliere Eugenj, e: il d.° Real Infante p. tre Giorni venne mel
nos.? Orto della Clausura del n.° Monas. alla Caccia di Starne, Palom»
bacci, Piccioni, Lepri e Conigli, e nel giorno delli 8 d.° la mattina alle ore
15 partì p. Foligno acompagnato da un nobile seguito. Negl'ultimi tre giorni,
che il d.° Real Infante stette in Perugia in q.to Monastero fu alloggiato
tutto il Reggimento à Cavallo de Granatieri Reali del Prencipe, nel qual
tempo li detti non p.misero, che fosse dato l’Aloggio ad altre milizie, man-
date qui dalli. Sig.ri Deputati. Tutte le dette Milizie accio n. fosse impedito
il Monas.? furno aloggiate nelli tre Granari sopra le stalle, ‘e nelli due

-Coridori sopra il Claustro della Porta, e nelle Stanze de’ Servitovi poste

sopra le dette Stalle. Agl’Ufiziali fü dato l'Aloggio nelle Camere dell’Infer-
maria, e nelle quattro Camere d'abasso vicino alla Scala, dette Le Foresterie
de’ Preti, ed acciò li Soldati non venissero p. il Monas.9, fu serrata’ la
Porta sopra le Scale, che va alli detti:Coridori sopra il Claustro della Porta,
POVERE REZANE

PASSAGGIO DI TRUPPE. SPAGNOLE A PERUGIA

Ecco alcune altre notizie:

.. «L’Infante ha pranzato in pubblico in una tavola particolare,
e li suoi Generali, et altri Officiali primarj in altre separate».ed
alquanto addietro di quella ».

Per l’occasione, non mancano le «risse fra soldati, uno dei
quali, fu trovato in fondo a un pozzo con una sciabolata alla testa ».

« Adi 8. Marzo. .

« Partirono li Reggimenti di Parma e Napoli e dallo Studio
seco condussero due Giovani disertori, luno Francese, l’altro In-
glese, per essere moschettati; l'Inglese si disse che non fosse
eretico, ma lo dissero per liberarlo; ma conosciuta tal arte vana
lo ‘dichiararono, perché il Re di Spagna non voleva Eretici nella
sua milizia, ma ieri abbiuró in mano del Padre Inquisitore, e si

e dagli Ufiziali maggiori, s'ottenne di far ponere una Sentinella alla Porta
del Monastero acciò li Soldati: non venissero p. Casa. Ciò si è. scritto p.
bona regola, e direzione de nostri Posteri ».

Era in quel tempo al Governo del Convento PAbbate D. Flaminio Fron-
tori, bolognese.

Nella stessa Cronaca, a. c. 102 r. e v.:

« Adi 27 Genn.? 1735.

« Avendo di novo p. la seconda volta N. S. conceduto il Passo alle
Truppe Spagnole, che dal Regno di Napoli si portano in Lombardia; nel
sud.9? Giorno arrivorono le medesime qui in Perugia, e non volendo le dette
stare à quartieri. conforme fecero la prima volta per l'Aloggio li furono
assegnate le Case de Particolari ed à q.to Monas.° di S. Pietro ogni giorno
li toccarono dodici Soldati, quali furono posti in 6 Letti mella Foresteria
de Preti, e questo passaggio durò sino à tutto li 23 Febraro 1735.

« Adi 28 Gen. 1135.

« Nelle Mani del Rev.mo P. D. Flaminio di Bologna Abate di q.to Monas.?
di S. Pietro di Perugia, fece la sua solenne Professione l'Eccellenza del
Sig.re D. Gioseppe Davila e Tello, Conte di Valermosa, Genero del Gene-
ralissimo del Armi Spagnole, il Sig.re Conte di Monte Mar, tre Cavalieri di
Calatrava, ordine militare fondato sotto la Regola del P. S. Bened. e li
fü fatta la seguente ‘attestazione, cioè: — Nos D. Flaminius Frontori à Bo-

‘nonia Abbas Monasterij S. Pietri de Perusia Ordinis S. Benedicti Congreg.

Casinensis. —- Universis et singulis presentes Litteras inspecturis; fide fa-
cimus, atq: testamur, qualiter visis prius, ac diligenter consideratis Ep.lis
S. Maiest. Catholici Regis Hispaniarum, nobis facultatem elargientibus in
nostris manibus professionem, et vota recipimus, Eccel. Domini Ioseph Davila
et Tello Comitis de Vallermosa, observare promittentis ea omnia ad quae

IE LED. NEL Ao DER.
192 UGO BARBÈRI

dispose santamente a morire, ringraziando Dio che per questo
mezzo lo aveva condotto alla cognizione della vera fede. Fu assi-
stitc da un Padre Domenicano, à cui era nota la sua lingua. L’al-
tro pure andò a morire rassegnatissimo assistito da un loro Cap-
pellano che confessava in lingua francese con molto garbo et an-
dava invitando chi incontrava a pregar Dio per lui. Si trasferi-
rono sin quasi vicino al Ponticello di Campo dove trovatosi modo
di squadronare le milizie fecero seguire la sentenza e poi prose-
guirono il viaggio. Altro disertore che si era appena allontanato
dalla strada maestra venne graziato ».

Il cronista chiude con queste critiche e considerazioni malin-
coniche.

«Se lice dalla cognizione de mezzi prendere le misure per
prognosticare il fine, poco buona speranza può concepirsi di que-

caeteri Equites in Ordine de Kalatrava sub Regula S. P. Benedicti adscripti
vigore sui Instituti tenentur. — Dat. in nos.? Monasterio S. Petri, hae die
280. Januarij anno 1735. — D. Flaminius à Bononia Abbas».

E, a c. 114 r. della Cronaca trovasi pure la seguente memoria, relativa
al secondo passaggio delle truppe, di cui è parola più avanti.

; « Hodie 23 Ago.° (1742) sono capitati ad alloggiare in Monistero 450 Bs.
gnoli, ed altri tanti Cavalli, i quali hanno: piene le stalle ed i irè Claustri,
Sono partiti à 8 Settembre ».

Ho trovato pure, nell'Archivio Privato dei Monaci, il ms. dell'Ab. D. Mau-
ro Bini, dal titolo Memorie Storiche del Monastero di S. Pietro di Perugia,
dell'Ordine di S. Benedetto, 1848, il quale riporta, talora per intero, talal-
tra sunteggiate le notizie surriferite, rimandando alle Cronache originali del-
lArchivio di S. Pietro.

Tornando alle caccie nell'Orto del Monastero non sarà inutile ricordare
come la memoria sia tuttora conservata in una lapide marmorea posta’ nel
Chiostro d'ingresso, a sinistra, in prossimità dellandrone che conduce al-
l'Orto medesimo. Eccone il testo:

KAROLVS. III HISP. ET. IND. REX. CATH.
EX. MAGNO. ETRVSCOR. PRINCIPE.
VTRIVSQ. SICILIAE. REGNO. POTITVRVS
PERVSIAM. VENIENS -
DELECTA. MANV. STIPATVS
IN. PROXIMVM. VIRIDARIVM
PER. TRIDVVM. M. MARTIO
A. M. D. CC. XXXIV
VENATVM. SE. CONTVLIT
PASSAGGIO DI TRUPPE SPAGNOLE A PERUGIA 195

sta impresa. Soldati non pagati, e fracassati da una marchia di
n.° 4 mesi; Generali di poco credito appresso la Milizia e di
poca buona intelligenza fra loro; marchia irregolare, disegni ideati
e delineati senza misure, Officiali perciò braccianti, e che si con-
ducono dietro essi come Agnelli... Iddio li assista a loro vantag-
gio... ll nostro danno è stato certamente sensibile, né la piaga da
questa Comunità sofferta è per far cicatrice se non dopo qualche
anno. Per quello porta la libertà de Soldati, non si è qui vista gran
cosa sensibile, massimamente in Città; ma si è sprovveduto il Pae-
se di grano, biade, strami e carni che non solo consumarono qui ma
portarono via per loro provvista di più giorni; si soffersero danni
maggiori ne prezzi, perchè Mons. Torregiani, non pratico di tali
materie, e non avendo perciò riflesso alle spese, alle tariffe, et
altri accidenti, che non si ponno in queste evenienze evitare.
La città resta indebitata. Accordò il Governatore al Provveditore

Spagnolo il dono della Paglia per l’uso dei soldati, per il letto,

che non fu poca.
« Finirono di partire li soldati à Cavallo, adi 10 (marzo) ».
i| Bonazzi ha attinto egli pure anche alla Cronaca dell’Uffre-
duzzi, presentandoci, col suo stile caustico, efficace, per quan-

to a volte troppo astioso, una. descrizione dell’evento (1).

(1)Boxazzi Luigi, Storia di Perugia, dalle origini al 1860, ll {Dal 1195
al 1860) Perugia, 1879, pagg. 436 e 439:

« A scuoterci alquanto dal torpore passarono per Perugia nel 1734 quindici-
mila Spaguoli {nel mss. sono di più!) in divise turchine tutte ornate di bottoni
d’argento, coa musica moresca tutta timpani, tromboni e tamburi, e veniva con
loro PInfante don Carlo a darci saggio della boria spagnuola. Andato il ve
scovo a visitarlo in abiti pontificali, ei non lo ricevette, tornato in abito pre-
latizio, lo ricevé, ma non rispose agli augurali complimenti; subentrato il
governatore con un magnifico: baciamano, l'Infante dopo mezzo inchino di testa
gli voltó le spalle, mostrandosi con gli ecclesiastici infante a tutto rigore della
parola. Prese alloggio nel Palazzo Fugeni, oggi palazzo Sorbelli (sic!); e primo
a scendere di carrozza fu il conte di S. Stefano, altissimo dignitario, tenendo
in braccio il cagnuolo delPInfante. Piacendosi egli assai della caccia, i nostri
magistrati gli diedero occasione di esercitarla negli orti di S. Pietro e nella
selva dei capuccini (sic!), dove furono messi a bella posta lepri ed uccelli
addomesticati che si presentavano da se stessi avanti allo scoppio dei regio
cacciatore. Fu splendido rimuneratore dei servigi personali che gli furono pre-
stati, ma per sopperire a certe spese dell’esercito furono vuotate tutte 1e
casse pubbliche, e fin quella del Monte di Pietà. Avendo voluto beare il popolo

Qe uiu INCL 194 . UGO BARBÈRI

Gli Spagnoli si erano fermati in Perugia dal 24 Febbraio al

12 Marzo: esattamente, 17 giorni come conferma il cronista Be-

nedettino. La sosta dell’Infante durò dal 3 all’8 Marzo nel quai
giorno parti alla volta di Foligno.

Appena terminato il passaggio delle Truppe Spagnole, il Go-
verno di Roma manda nuovamente Mons. Torregiani a Perugia,
dove era stato Commissario Pontíficio presso l'esercito di D. Car-

di sua presenza, pranzò in pubblico, e al cavaliere Fugeni suo ospite diede a
mangiare il residuo d'una pagnottina di cui aveva già mangiato una fetta; e
questo onore, che avrebbe fatto cadere in deliquio uno spagnuolo, fu accolto
dal perugino con tranquilla adorazione in grazia d'altre ricompense meno divine i
che aveva già ricevute. Alla mensa diede accanto a sè il primo posto al ve-
scovo; ma vuolsi che fosse così rabbuonito, perchè il vescovo alla terza visita
gli aveva baciato la mano. E aveva diciasett’anni! E fu quel Carlo III, che,
essendo figlio di Filippo V re di Spagna e della sua seconda moglie Elisabet-
ta Farnese, profittò della guerra scoppiata. fra la Spagna e l’Austria per.
procacciarsi un regno scacciando da Napoli i Tedeschi, e fu il primo Borbone
che regnasse in Italia. Egli vinse perchè il terreno di Napoli scottava sotto i re-
centi passi dei Tedeschi, vinse ma non per forza d'armi o prontezza di mosse.
Gli Spagnuoli che passarono dalla parte nostra durarono quasi due mesi a
passare; l’Uffreduzzi ne fa un quadro che non corrisponde troppo a quel fiorito
esercito di cui parlano -alcuni storici, poichè egli ce li dipinge infingardi, mal
trattati e mal diretti da ufficiali disarmati, ignoranti e boriosi, e la sosta che
Don Carlo fece a Perugia ci mostra l’uomo che aspetta di vincere senza
ostacoli, anzichè il duce che ha fretta di combattere »:

Si può fare qualche riserva sui giudizi del Cronista ‘circa l’esercito
Spagnolo. Era troppo il disturbo che il suo passaggio aveva dato alla città,
perchè ne potesse parlare con animo sereno e benevolo.

Ed ecco un grazioso particolare relativo ai ludi guerreschi dei piccoli

perugini, riportato ‘dal Bonazzi, ed attinto dall’Uffreduzzi:

« In tale occasione rinnovossi un fatto, che ‘ha pur riscontro in molte al-
tre città, ma forse non così frequente, nè in modo così pronunciato come fra
noi. Alla vista di quei soldati i nostri ragazzi si commossero, chi per sangue
marziale, chi per tradizioni di nonni, e si divisero in due campi, tedesco e
spagnuolo. Quanto ai Tedeschi, storpiarono il meno che fosse possibile il nome
degli ufficiali che avevano sentito dire; ma fra gli Spagnuoli non sola-
mente.vi era rappresentato Don Carlos, ma tutti i grandi dignitari che pas-
sarono con lui per Perugia, il conte di S. Stefano, il conte di Livias, il com-
missario Caraffa, il duca di Montemar che era il vero generale; e. anche il
vestiario peccò : di anacronismo, non già per la qualità delle forme, ma

^ per la qualità delle stoffe. La battaglia fu indetta a Fontenuovo, e incomin-

ciò con un chiasso che assomigliava ad uno stridio, di uccelli. Ma quando
più ferveva la mischia con botte parte finte e parte vere, sopraggiunsero
molti attempati barboni, i quali sbaragliarono i combattenti, e preso Don.
e

PASSAGGIO DI TRUPPE SPAGNOLE 4 PERUGIA © 195

lo di Borbone, onde regolare i problemi delle tappe e dei viveri,
soltanto due mesi prima. L’ingrata missione deve avergli dato,
insieme alle varie beghe, anche una certa competenza in ma-
teria. Questa volta, l’incarico non è sicuramente più piacevole del-
l'altro: viene per la spinosa questione del risarcimento dei danni.
(E, se si riflette alla massa di soldatesca transitata, non do-
vevano esser pochi nè di lieve entità).

Carlos, gli fecero batter la bocca al chiavistello della porta di Fontenuovo.
Lo che, dice l’Uffreduzzi, fu disapprovato da molti, forse perchè molti detesta-

vano il partito retrivo rappresentato dai Tedeschi, mentre, Don Carlos, non .

ostante la sua divinità, si annunciava come principe liberale e riformatore ».

Interessante anche il seguente commento del Bonazzi:

«Il nome di Carlo III ci richiama ad un ordine di idee, che ci aiuta
a comprendere, in mancanza di croniche; ciò che avveniva poscia in Perugia,
e ci dà ragione del come lo troviamo quando le croniche ricompariscono.

«Dacchè i principi ‘cessarono di temere il popolo, nè più ebbero biso-
gno dell'aiuto dei preti per tenerlo in freno si adoperarono con febbrile
attività a liberarsi da ogni ingerenza ecclesiastica nelle cose dei regni loro,
e propugnando acerbamente' i loro diritti sotto colore dei diritti del popolo
non s’accorgevano nemmeno di scalzare i fondamenti della propria autorità.
E primo fra i principi riformatori fu il nostro Don Carlo, trascinato più che
condotto dai politici e amministrativi ardimenti del ministro Tanucci. Soprav-
venne nel 1748 la pace di Aquisgrana favorevole per la lunga durata allo svi-
luppo delle idee rinnovatrici. Quindi anche gli altri principi si diedero a ri-
formare; e Pietro Leopoldo riformava.in Toscana, e Carlo Emanuele IIT riîor-
mava in Piemonte, e Giuseppe II per mezzo del conte di Firmian riformava
in Lombardia. E poichè nemici inesorabili d'ogni riforma, e sostenitori inde-
fessi delle più esose opinioni erano i gesuiti, si volle dai principi, e spe-
cialmente dai Borboni, la loro abolizione, e Clemente XIV, dopo molto esitare
la decretó con un breve che sceverava dalle calunnie la verità. Quella aboli-
zione fu una specie di cremazione di quei soldati cadaveri di cui quei corvi
si.pascevano; e l'aria ne restó disammorbata e serena. Certo non erano tempi
di sfiducia reciproca fra principi e popolo quelli in cui il figlio di Carlo ILL,
Ferdinando I di Napoli, giuocava al pallone e vendeva i maccheroni, e i
sovrani si aggiravano notturni e solinghi per le contrade della loro capitale,
non in cerca di avventure, ma di occasioni di far del bene... ».

Nel Nuovo Fondo di manoscritti della Biblioteca Augusta, in conti-
nuazione del Catalogo del Bellucci, si trova un altro esemplare di questo
« Diario » e ne riporto la descrizione:

N. 203. —- Passaggio degli Spagnoli in Perugia, anno 1734 e 1742. —
Il ms. contiene tutte le disposizioni per alloggiare le truppe in città. Vi
è notato in fine, con la data del 18 Novembre 1744, il passaggio del Prin-
cipe Lobkovitz, Capitano. generale delle Truppe della Regina d’Ungheria con
circa 18.000 uomini. — Vi è pure unito un numero della Gazzetta di Foligno

JV ——

3
3 x
" M. NC. UGO BARBÈRI

L’importante notizia è desunta dalle due seguenti lettere prove-
nienti dall'Archivio della Delegazione Apostolica, dove ho potuto
non senza qualche fatica rintracciarla, per gentile concessione del
chiaro Prof. Giovanni Cecchini, Direttore della Biblioteca Au-
gusta (1).

(Il Card. G. B. Imperiali, al Governatore di Perugia):

« Roma, 21 Aprile 1734.

« Illustre e mio Reverendo Signore come Fratello.

«La Sagra Congregazione, avendo ordinato che tutte le con
tente fatie dalle Truppe Spagnuole sopra la quantità delle robbe
consegnate per conto della Comunità al Governo della quale V. S.

| presiede, si dovessero consegnare à Mons. Torregiani Commissa-

rio Apostolico, ad effetto di doversi queste conteggiare con il
Contatore Regio; e perchè il detto Prelato in breve parte da Roma
per assistere al conteggio tra le Comunità e loro Deputati, per-
ciò tutte le dette contente, che si troveranno appresso li detti
Deputati, o altri dentro il termine di giorni otto doppo fattone il
dovuto Ristretto per loro memoria, l'inviaranno in Roma con so-
prascritta, diretta alla Sagra Congregazione del Buon Governo.
Cosi dunque sarà Ella contenta far eseguire, con dar avviso di
avere ció adempito: e Dio La prosperi »

dello stesso anno 1734 nel quale vi e un cenno del passaggio delle trup-
pe Spagnole.

Particolari sul soggiorno di Carlo di Borbone, tratti da più fonti, sono
stati narrati anche in un articolo di Viscardo Cittadini pubblicato nel volame
di « Studi Storici e Letterari in Memoria di Annibale Mariotti », Perugia,
Tip. Guerra, 1901, pp..259-274. L'episodio più interessante di quest'altro rac-
conto è l’intervento dell’Infante alla rappresentazione della Didone abban-
donata del Metastasio al Teatro dei Nobili detto del. Pavone. Colle nostre
notizie e con quelle, può ricostruirsi tutta la cronistoria del primo pas-
saggio degli Spagnoli a Perugia.

(1) L’Archivio in parola, assieme ET altri notevolissimi, trovasi ora chiuso
in un Magazzino, e il prezioso materiale attende da anni il riordino, la
schedatura e la definitiva sistemazione che c'é da augurarsi prossima. Certo
la consultazione dei nominati Archivi è desiderio, direi meglio, viva ne-
cessità di parecchi studiosi cittadini che, più di me, ne conoscono l’impor-
tanza. E il problema s'impernia, appunto, nel vecchio desiderato di non
pochi di essi tra i migliori conoscitori della materia. Ci lusinghiamo ora al
pensiero che il’ recentissimo provvedimento relativo agli Archivi di Stato
possa portarne la soluzione auspicata.
PASSAGGIO DI TRUPPE SPAGNOLE A: PERUGIA 197

(Lettera dello stesso Card. Imperiali, in pari data, al Magt-
strato di Perugia).

« Illustre e Molto Reverendo Signore come Fratello,

« Dovendosi portare costà Mons. Torregiani d’ordine di No-
stro Signore in qualità di Commissario Apostolico ad effetto di
assistere alla revisione de Conti che doverà farsi alli Deputati
che hanno soprainteso al’ Passaggio delle ‘Truppe Spagnuole, per
ciò se ne porge a V. S. la preventiva notizia, ad effetto faccia
tener pronti li Conti nel modo e forma gli fu prescritto con ordine
stampato in data 20 marzo prossimo ‘passato già trasmessogli
con far intendere a tutti quelli possono averne ‘alcuna pretentio-
ne che nasca dall’occasione de Passaggi sudetti d'esser pronti
per dedurla e fare le necessarie prove avanti il Prelato Commis-
sario suddetto, da cui senza strepito e figura di giudizio sarà
amministrata la dovuta Giustizia, à tenore degl’ordini e regole
che dalla Sagra Congregazione gli sono state prefisse, con e-
spressa dichiarazione che chiunque non haverà dedotte le sue
pretentioni avanti il sopradetto Prelato Commissario prima della
di lui partenza da quel luogo, non sarà più sentito, nè gli si dara

campo di potere altrove, né in altro tempo dedurre le sue ragioni.

Tanto dunque Ella eseguirà prontamente facendone una pubblica

Notificatione ad effetto che una tale ordinatione sia nota a tutti,

e da niuno se ne possa allegare ignoranza. E Dio La prosperi.
Come Fratello

G. B. Cardinale Imperiali ».

Alla quale lettera è allegata la seguente:

« Nota de luoghi esistenti nella Provincia dell'Umbria ove sono
dimorate le Truppe Spagnuole à tenore della notizia, che per ora
se ne ha dalla Sacra Congregazione del Buon Governo, cioè:

« Perugia, Passignano, Maggione, Assisi, Foligno, Trevi; Spo-
leto, Ferentillo, Strettura, Terni, Collescipoli, Narni; Otricoli.

« Potendosi dubitare; che oltre li luoghi descritti come sopra
nella provincia dell'Umbria ve ne possino essere degl’altri, che
non sono a notizia. Perciò vuole la Sacra Congregazione che qua-
lunque Gonfaloniere habbia la notizia voglia ordinare alle man-
canti quanto s'espone nella lettera, e ne dia notizia a Mons. Com-
missario Apostolico ».

i 176^. RN

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"- 1 £a
SE. CE udo v ash XE sodes ndr Gm

198 SN UGO BARBERI

Veramente importanti sono, al riguardo del soggetto trattato,
i due documenti. Essi provano anzitutto che gli zelanti Commissari
alle Tappe e ai Rifornimenti, dopo aver sudato sette camicie...
vedevano l’opera loro posta sotto controllo, e che le T ruppe effet-
tivi danni avevano recato. Da ultimo, forniscono un prezioso ele-
mento finora mancante: l’itinerario del viaggio, il quale approssima-

| tivamente è il seguente: Firenze, Figline, Laterina, Arezzo, Pas-

signano, Magione, Corciano, Perugia, Bastia, Assisi, Spello, Fo-
ligno, Trevi, Spoleto, Ferentillo, Strettura, Terni, Collescipoli,
Narni, Otrieoli, Roma, ecc. ;

*

SIE

Ed ecco le notizie del secondo passaggio, contenute nel « Dia-

.rlo ». Cedo anzitutto la parola al Colletta (pagg. 54 e segg. del-

la citata edizione):

« Ma peró che breve o interrotta suole essere la felicità di un
Tegno, sorse nuova guerra, e per essa nuovi pericoli e maggiori
spese. Sin dall'anno 1737 era morto Gian Gastone gran duca di
Toscana, ultimo della casa medicea, e spenta in lui la invilita
famiglia. Filippo V e Carlo re di Napoli si chiamarono eredi al
trono di Toscana; nudo titolo, che non mosse alla guerra gli altri |
re pretendenti. Ma tre anni appresso, nel 1740, morto l'imperato-.
re Carlo VI, si ridestó la sopita ambizione di Filippo V agli
Stati di Milano, Parma e Piacenza... ». dst LUE

Anima morale dell'impresa, Elisabetta di Spagna, che, insa-
ziabile .d'impero, aspira ad un nuovo irono per il secondo figlio
Don Filippo. E, dietro tali pressioni il vecchio Filippo V cede,
ordinando al figlio Carlo, re di Napoli, di unire alle schiere Spa-
gnole quanto più può dei suoi regni, in armi e soldati. Ecco la ra-
gione di quésta nuova impresa guidata dallo stesso Montemar che
comandava la prima. E gli eserciti Spagnoli, con dodicimila Napo-
letani si riuniscono a Pesaro. L’impresa termina colla vittoria di

| Velletri per le armi Spagnole contro gli imperiali (1744). Dopo

di che, Carlo, reso omaggio al Pontefice in Roma, rientrò in Na-
poli, dove, nella speranza dell’assetto definitivo del suo regno, si
diede ad opere pubbliche.
ni RI SSAGTIMAT A PELI FE LETT

PASSAGGIO DI. TRUPPE SPAGNOLE A PERUGIA 199

Le truppe Spagnole transitano pure questa volta per Perugia,

che deve sopportare anche quest’altra non gradita visita d'un eser-
cito in marcia. i

Cosi continua il « Diario» dell’Archivio del Collegio dea.
Mercanzia, fornendo la cronaca del secondo passaggio.

« L'Anno di nostra Salute 1742. Nel tempo del Pontificato del-
la Santità di N. Sig.re Benedetto XIIIT. felicemente regnante, e
nel Mese di Marzo. Allor che si doveva con tutta ragione sperare,
che questa Città esente rimaner dovesse p. questa volta almeno
dal Passaggio delle Truppe Spagniole; atteso che quelle del pri-
mo Convoglio, con alla testa il Sig.r Duca Montémar Generalis-
simo, passate erano p. Foligno, e quelle del secondo guidate dal
Sig. Marchese di Castellar; dimandato avevano alla Reggenza di
Firenze il transito per quel gran Ducato, e da quella parte, che
guida dirittamente verso il Bolognese, gl'erano di già preparate
le Tappe, e gli Alloggi; restò questo pubblico sorpreso dà una let-
tera di detto Sig.r Marchese di Castellar diretta a q.to Monsig.r
Ill:mo, e Rev.mo: Niccolò Serra Vigilantissimo Preside di q.ta Au-
gusta Patria, e di tutta la Provincia dell’Umbria, e da sua Sig.ria
Ill.ma ‘al med.o comunicata, del seguente tenore, cioè

«Illmo Sig.re: — ‘Avendo auto ordine dal Sig.r Duca di
Montemar, che passi con quattro Divisioni di Infantaria, e due
Forti di Cavallaria nello Stato Ecclesiastico, transitando p. Passi-
gnano, p. la Magione, e p. cotesta Città, di dove senza punto
trattenermi passarò a Foligno, e di li avanti. Questo avviso a V.S.
benchè credo; che già il Sig.r Duca di Montemar l’abbia prevenuto,
acciò che possa dare gli ordini necessarj nelli citati Luoghi, p.
che contribuischino con li trasporti necessari p. li equipaggi del-
le Truppe, siccome ancora si tompiacerà V.S. proteggere il Sig.r
Carlo Tassi abitante di cotesta Città, che é la p.sona già incari-
cata p. la Provisione di Paglia, Biada e Pane; avró molto a caro,
che queste provisioni si effettuino colla maggiore celerità, e che
mi facci il favore con la risposta della presente, accennarmi li
prezzi della Paglia, Legnia, ed Olio, ucciochè colla maggior osser-
vanza possa pontualmente rendere sodisfazione di tutto ció, che
si consumerà dalle Truppe.

«'Ascrivo à gran sorte q.ta occasione di potermi offerire alla
disposizione di V.S., che anco prego degnarsi darmi occasione 200 UGO BARBÈRI

di dimostrarli la mia fioca volontà. — Nostro Sig.re guardi. —
Monte Varchi 8 Marzo 1742: Il Marchese di Castellar. ».

«A somigliante avviso, immediatamente p. ordine di Monsig.r
Ilmo Gov.re fü dagli Ill.mi Sig.ri Xviri convocato il Consiglio
ide i Sig.riQuaranta, nel qual Consiglio p. allestire tutto il biso-

gnevole per somigliante passaggio, fù venuto alla deputazione degli
infrascritti Ill.mi Sig.ri cioè:

«Sig.ri Deputati p. PAlloggio della Offizialità
Sig.r Ludovico Baldeschi
Sig.r Cav.r Pompeo Conte Eugenj
Sig.r Cav.r Raniero. Marchese Coppoli :

«Sig.ri Deputati p. li Quartieri de Soldati
Sig.r Conte Averardo Montesperelli
Sig.r Conte Sperello ‘Aurelj
Sig.r Conte Mario Lanieri
Sig.r Pandolfo Ansidei

«Sig.ri Deputati per la provista delle Paglic
Sig.r Bernardino della Penna
Sig.r Gianbattista Rossi
Sig.r Ludovico Sensi

«Sig. Deputati sopra le Biade.
Sig.r Cav.re Fabrizio Crispolti
Sig.r Luc'Alberto Saracini

« Sig.ri Deputati sopra le Legnie
Sig.r Conte Gio. Carlo Alfani dalla Staffa

Sig.r Marchese Giuseppe Antinori .

« Sig.ri Deputati sopra l'Olio
Sig.r Co: Curzio Ranieri
Sig.r Marchese Astorre Florenzi

« Sig.ri Deputati sopra il Pane
Sig.r Marchese Ridolfo Monaldi
Sig.r Francesco Alfani
Sig.r Luc’ Alberto Patrizi
Sig.r Bernardino Cavaceppi
e re

PASSAGGIO DI TRUPPE SPAGNOLE’ A PERUGIA 201

Ls

A — LN e SR deu. x _ s o; Ue :

« Sig.ri Deputati sopra li Cariaggi
.Sig.r Alesandro Vincioli

Sig.r Conte Marco Antonio Ferretti
Sig.r Traiano Vermiglioli

Sig.r Silvio Vermiglioli

Sig.r Alderano Battisti

Sig.r Orazio dalla Corgnia.

«E non interposta alcuna mora ognuno di detti Sig.ri con
indefessa cura, ed attenzione, abbenche vi si fraponesse una pes-
sima contrarietà di Tempi con Nevi, Acque, e vento tutta via fù
posto al meglio, che li fù possibile in simile angustia di tempo il
tutto in ordine con gravissimo di loro incommodo, e dispendio non
meno pubblico, che privato.

« In tanto sotto il di 10 Marzo 1742, Monsig.r Ill.mno e Rev.mo
Gov.re né diedde opportuno avviso in Segreteria di Stato, me-
diante una lettera del seguente tenore, cioé:

« Ill.mo, e R.mo Sig.re — Riceverà V.E. con questo rispetto-
sissimo Foglio l’inaspettato Avviso dell'ingresso dalla Toscana del-
l’ultimo Convoglio, delle Truppe Spagniole in questa Provincia,
come fuori di ogni speranza lo stesso gionse a me la sera del |
pass.to Giovedi con espresso speditomi dal Sig.r Marchese di Ca- 3
stellar Tenente Gen.le di S.M.C., e colla commissione di preparar ; Í
subito i Quartieri in Passignano, e la Magione luoghi di questo
Territorio dove sarebbero gionte la sera le prime Colonne. L'E- |]
conomia spesa nel prevenire con tale notizia i luoghi del Riposo, a
la totale destituzione de med.i p. conto de’ Foraggi, e la strettezza |
del tempo limitato p. approntarli, anno messo in angustie me, e q.ta B
Città che non ha mai pensato di portare un tal peso doppo avere
fatti tutti i possibili sforzi p. sovvenire altri Paesi soggetti alla 5
Giurisdizione, allorchè vi passò inopinatamente la Cavallaria, di
Napoli, sebbene peró il sud.o Sig.r Marchese di Castellar é con-
venuto con uno di q.ti Negozianti p. nome Carlo Tassi circa l'ap- |
puntamento delle provisioni, che gli sono necessarie nel prose- i
guim.to della Marcia da q.ta Città all’altre di Assisi, e Foligno, do-
vendo il Convoglio passare verso il Furlo, col rimanere poi a
solo carico di questo Publico il quartiere, ed i trasporti dè Ba-
gagli, nulladimeno n. essendosi possuto esseguire le precise con-
venienze. che sarebbero state meglio regolate col sopragiungere
un’Avviso men limitato dalla Toscana, quantunque però si pra-
202 UGO. BARBÈRI

tichi ogni diligenza, pure rimarrà sempre il timore di qualche di-
sordine che tuttavia si cerca d’evitare senza risparmio di In-
dustria, e di sollecitudini. To porto a V.E. questo um.mo avviso p.

il debito, che mi corre di ciò, e p. renderla intesa di quanto accade

in q.ta parte dello Stato Pontificio, muperonhe dovendo queste Trup-
pe passare à Fuligno, attese quivi da un' Off.le di S.M.C. avranno

poi à proseguirne p. una strada, che in buona parte forma questo

Governo, e racchiude altresì la maggiore di q.ta Provincia, sup-
plico p. fine la S.V. a degnarsi di renderne consapevole là S.tà di
N. S. ad effetto, che io possa prontamente ubbidire a i Pontificij
Comandamenti, ed in rispettosa aspettize di essi profondamente
m'inchino — D. V..S. Perugia 10 Marzo 1742.

Indi dalla med.a Seg.ria riceve l'iafrascritta altra Lettera, cioè:

«M.to Illre e M.to R.do Sig.r, come Fratello - Per quanto ci

suppone Monsig.r Nunzio di Fireaze, avrà V.S. da Lui intesa a

questa ora la spiacevole nuova delia risoluzione presa
dal Sig.r Duca di Montemar di fare dalla Toscana calare nello
Stato Ecclico le Truppe sbarcate ultimamente alle Specie, che
dapprima dovevano p. quella Provincia andar a congiungersi seco
sul Bolognese. Noi n. potiamo che rimetterci alle notizie, che le
saranno capitaite e le Capiteranno in appresso, p. che non NARDO
nè ove saranno p. isboccare, nè il numero preciso di q.to Corpo,
né la quantità delle provvigioni oecorrenti. N.ro Signore penetrato
sensibilmente di questo inopinato aggravio ne ha scritto di pugno
viglietto di amare lamentazioni al Sig.r Card. d'Aequaviva. Ma
p.che il lamentarsi sarà pur troppo insufficiente a frastornare il
Colpo, conviene chinare il Capo, e riceverlo col minore possibile
danno. A tal effetto la S.tà sua vivamente le raccomanda di
ordinare e costi, e p. tutto la sua Provincia i. provvedimenti biso-

gnevoli, a misura delle Notizie del numero, che avrà delle Truppe,
delle cose da somministrarsi loro, e della strada che terranno; le

quali notizie anderà sempre comunicando p. sua regola a Monsig.r
Presidente d'Urbino, già. avvisato di seco intendersela. Scrivo al
Sig.r Odoardo Lopez Rosa, animandola d’ordine di N.ro Signo-
re a rivolgere ancora da codeste Parti i suoi Pensieri p. supplire
alle occorrenze di questa nuova, ed impensata gravissima urgen-
za: Ed a V.S. auguro dal Cielo vere felicità. — Roma, 10 Mar-
zo 1742: D.V.S. come Fratello C. Valenti. — (fuori) Al M.to Ill.re
e M.to R.do Sig.r come Fratello Monsig.r Il Gov.re di Perugia »,
PASSAGGIO. DI TRUPPE SPAGNOLE ‘A PERUGIA 2053

Susseguentemente un’altra del seguente tenore, cioè: « M.to
Ill.re e M.to R.do Sig.re come Fratello.. Ciò che accennai a V. S.
colla mia di Sabato scorso, è lo sento q.ta mattina confermato
dalla sua diligenza col foglio de’ X. Da q.to incontro di Notizie
capitate a lei, ed a noi nel med. giorno, ella può ben dedurne
la comune sorpresa, in cui qui n. abbiamo avuto tempo, né di
precedentem.te avvisarla, né di frastornare l'improvviso aggravio,
e nè meno di pensare a disporre le Cose con un pò più di com-
modo, ed ordine. Quindi non essendovi luogo ad altro Rimedio, che
quello. di provvedere alla meglio, che si puó al nuovo inopinato
accidente. N.ro Sig.re nella afflizione continua, che pruova di tan-
ti danni, à quali uno dopo l'altro vengono esposti i suoi Sudditi,
si è alquanto racconsolato all'udire, che la prudenza e ’1 zelo di

lei siansi rivolti a far tutte le disposizioni, che verranno per-:

messe dall'angustia del tempo, e dall'indigenza de' Luoghi già de-
pauperati dagl'antecedenti: Passaggi. Si faccia dunque Animo ad
accudire all'urgenza con l'Iadustria, che hà cominciato. E n. es-
sendo providenza di picciolo: Sollievo l'essersi trovato quel’ tal
Carlo Tassi, che si è incaricato di tutte le Provvigioni fuori che
Quartieri, e che Cariaggi, e Vetture, Ella gli presti tutta la sua
assistenza p. quello riguarda il fargli avere pronti, et ad un prezzo
onesto tutti i Generi occorrenti. Desideriamo fratanto di risapere
.dà lei se l'impegno del Mercante sia solamente fino a Foligno;
overo più in là, e fin’ dove si estenda; di che poi è bene, che V. S.
ne informi ancora i| Sig.r Odoardo Lopez Rosa, indirizzando le
lettere al Gov.re di Foligno, che gliele avvanzi dove si troverà,
affinchè egli sappia come regolarsi nelle sue Incombenze. Quin-
di é necessario che trasmetta pur anche tutte le Notizie le piü
distinte di q.to passaggio a Monsig.r Presidente d'Urbino, che
ne averà preciso bisogno, dopo avere sofferto il passaggio della
Cavalleria Napoletana pel Furlo, e nelle angustie, che attualmen-
te soffre dalla lunga stazione di tutta la Fanteria Spagniola nel

Piano della sua Provincia; e le auguro ogni felicità. — Roma 12
Marzo 1742: D. V. S. come fratello C. Valenti. — Quanto maggiore

pare lo sconcerto, tanto maggiore deve essere la di lei attenzione,
‘e quella di codesta Città; infatti N.ro Sig.re ne è molto contento
per tutto quello che si é fatto fin ad ora, e spera, che lo sarà p.
sino, che passi codesta Borasca, si faccia dunque animo, con si-
gurezza di incontrare il genio, ed approvazione di Sua Santità ».

«Non fu omesso fra tanto dagl’Abitanti di questa Città inti-

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TE inn 204, UGO BARBÈRI

mati, e prescielti, o da Religiosi de Conventi mettere in ordine col-
la possibile sollecitudine tutto il bisognevole, p. far si venissero
le dd. Truppe ricevute, e trattate colla possibile Civiltà, e pron.
tezza, come tanto premeva al predetto Monsig.r Ill.mo Gov.re, Ill.mo
Magistrato, e detti Illmi Sig.ri Sopraintendenti ».

«Nè si mancò dagl’altri Sig.ri Cav.ri, come sopra prescielti
per gl'altri provvedimenti di Paglie, Fieni, Biade, Legna, Grani, Fa-
rine, Carni, ed altro adempire con cura indefessa alle di loro In-
combenze p. far si, che tutto con buono ordine seguisse, e senza
aleun reclamo, e disturbo, mentre in brevissimo tempo (non ostan-
te la rigidezza dé tempi di sopra accennata) si vidde la Città tutta
proveduta del bisognevole, ed empiti li Magazzini destinati di
piü di quel tanto potesse occorrere p. l'enunciato Passaggio.

In tanto li Sig.ri Deputati per l'Alloggiamento dé Sig.ri Uffi-
ziali fecero formare due Alloggiamenti dal Notaio Sigr Luigi
Tantini nelle sole Case dè Nobili, Collegi, Conventi, e Monasterij
delli Monaci p. poterle incomodare alternativamente senza minimo
aggravio delle Case dè Cittadini, ed Artisti, quali avevano sofferto
l’Incommodo in dare le Pagliacci, e le Coperte p. servizio di
Quartiere, coll'essere assigurati, che non averebbero patito rice-
vimento alcuno; Ma giunto il Quartier Mastro della prima Colonna,
e dato in nota un’eccessivo numero d'Offizialità, p. cui non furono
sufficienti tutte le Case dé Nobili, ed altri Luoghi sopra nominati,
e però cohvenne anche incommodare alcune Case migliori ancora
dé Cittadini. E prevedendosi da detti Sig.ri Deputati, che po-
tesse sopragiungere un'altra Colonna senza essere partita la pri-
ma (come in fatti aecadde) fü subbito per ovviare ogni disturbo,
tumulto, ed inconveniente, che potesse accadere, spedito l'Avviso
a Casa p. Casa de med.i Cittadini, ed Artisti più commodi, acciò
non ostante l'avere dato i Pagliacci, e le Coperte stassero prepa-
rati al Ricevimento in caso di precisa necessità, mentre non si
sarebbe volsuto dagli Offiziali della seconda Colonna aloggiare
in qualche Abitazione, dove erano destinati gli Offiziali della prima
Colonna.

_. E secondo la Nota data della Generalità, ed Offiziali dal do
Quartier Mastro sotto la direzione, assistenza, e sopraintendenza
dé med.i Sig.ri Deputati, fü dal detto Sig.r Luigi Tantini coll'Aiu-
to dé Sig.ri D.r Francesco Travigi, Valentino Torelli, Leone An-
tonio Luzj, ed Antonio Mansueti suoi Sostituti, e Giovani re-
spett.e venuto alla spedizione de' Biglietti, esegui la Consegna
==

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GERADE TUI

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PASSAGGIO DI TRUPPE SPAGNOLE A PERUGIA 205

La mattina seguente poi verso il mezzo giorno giunse la i d y!
di undici Marzo di d° anno 1742. |

Là Mattina seguente poi verso il mezzo giorno giunse là ,
detta prima Colonna consistente negl'infrascritti Reggimenti, cioé: 44]

Reggimento delle Guardie Spagniole composto di Uomini 630,
e n.° dodici Caporali

Reggimento dè Svizzeri Sesto n° Mille
n° 30 Soldati di Artigliaria

n° 240: Fucilieri di Montagna

Reggimento della Guardia Vallone n° 460
Reggimento d’Irlanda n° 260

Reggimento della Regina n° 400
Reggimento di Lombardia n° 300».

Segue la lista degli alloggi per gli Ufficiali.

«In detto giorno parimenti giunsero n° 58 Muli carichi di
polvere, Cannoni, ed altri Attrezzi militari, con un Capitano di
Artigliaria, e n° 3 Offiziali, e furono Collocati, cioè, detti Muli i
nello Stallone dell’Ostaria della Corona, la polvere, Cannoni, ed [d
altro, ecc. nella Casa del Sig.r Ludovico Sensi, Il Capitano in
Casa del Sig.r Pietro Paolo Costi, e li di 3 Offiziali in Casa ni
del Sig.r Giacomo Danzetta.

Li soldati poi dè prefati Reggimenti furono collocati, cioè:

Per n° 12 Caporali del Reggimento delle Guardie Spagniole:
il Monastero di S. Fortunato. | |

‘Per n° 31 Soldati del d° Reggimento: il Quartier dello Studio |
.. Per n° 600 Soldati del do Reggimento: il Quartier del Mon? R
di S. Pietro. |

Per n° 1000 Soldati del Reggimento de’ Svizzeri Sesto: il |
Quartier del Mon? di S.a Maria dé Fossi.

Per n° 30 Soldati di Artigliaria: nel Quartier del Mon? sude.

Per n° 140 Fucilieri: il Quartier dell'Ospedale del Cambio.

Per n. 460 Soldati della Guardia Vallona: il Quartier di S.
Domenico Vecchio.

- Per n° 160 Soldati del Reggimento d'Irlanda: il Quartier del
Convento del Carmine. .

Per n° 100 Soldati di d° Reggimento: il Quartier di Santa

Maria Nova.
206 . UGO BARBÈRI

Per n° 400 Soldati della Régina: il Quartier di S. Francesco.

Per n. 300 Soldati del Reggimento di Lombardia: il Quartier
del Convento di S. Agostino.

Per n° 100 Fucilieri: il Quartier dell'Ospedale di S. Domenico.

Tale alloggiamento fu così destinato dagli Ill.mi Sig.ri Conte
Averardo Montesperelli, Conte Sperello Aurelj, Conte Mario Ra-
nieri; e Pandolfo Ansidei Deputati come sopra, mediante la spe-
dizione dè soliti Biglietti fatta coll’assistenza di d.i Sig.ri Deputati
dal Sig.r Giambatista Adreani Notaro Deputato p. il medo. Al
loggiamento dè Soldati.

Adi 13: d° Mese di Marzo. Giunse il Quartier Mo della
seconda Colonna, e volle formare l'Alloggiamento degli Offiziali di
questa nelle stesse Case, ove erano stati aloggiati gli Olfiziali
dell'altra, con avere considerazione. del Luogo dé med.i, e col
supporre anche che assolutamente la mattina seguente sarebbe
partita la precedente Colonna; Ed indi giunse in questa sua Pa-
tria il Sig.r D. Francesco Sensi Aiutante di Campo di sua Eccel-
lenza il Sig.r Duca di Montémar Inviato al Sig.r' Generale Mar-
chese di Castellar con Avviso, che le Truppe di q.to Convoglio
proseguire dovessero la loro Marcia n. piü p. la Via di Foligno,
ma per quella di Gubbio, e p. fare visitare, riconoscere quelle
strade, convenne di sospendere p. un altro Giorno la Marcia del-
la prima Colonna, ed intanto il d° Quartier Mastro diedde l'Av-
viso a dd.i Sig.ri Deputati; acciò trovassero altro Alloggiam.to p.
la seconda Colonna, non potendo servire il primo di già fatto, at-
tesa la predetta Novità; ma datali la Risposta, che senza grave
Incommodo n. meno d. Concittadini, che delli. nuovi Offiziali sa-
rebbe potuto ciò esseguire; ordinò p. tanto detto Sig.r Marchese
di Castéllar, che la Seconda Colonna sospendesse p. un altro
giorno la partenza dalla Villa della Magione, e stante tale origine
non fù più pensato in detto giorno a formare altro Alloggiamen-
to. Ma la mattina seguente verso l’ore 16 n. essendosi ben capito
dal Sig.r Tenente Generale della seconda Colonna il detto Con-
trordine, come sopra dato dal d° Sig.r Marchese di Castéllar,
giunse all'improvviso l'Avviso, che detta 2.da Colonna era di già
in Marcia a q.ta volta, e p. ovviarne al meglio, che fosse possi-
bile ogni Ínconveniente, e sconcerto, convenne in meno di un'ora
precipitosamente formare in altre Case dé Concittadini, ed Artisti
più facoltosi, con grave Incommodo, e Reclami de med.mi, e con
somma angustia n. meno dè Sigg.ri Deputati, che del med° Sig.r
GRENET OO ORD z

IEDERTM VPE TEE E ASA

ELIT UE A CR CEDE NGA RESP,

PASSAGGIO DI TRUPPE SPAGNOLE A PERUGIA 207

Tantini, e suoi Sostituti, che formarono in si strettezza di tempo

d° Alloggio, minacciandoseli dal d° Quartier Mastro, ed altri Of-
fiziali, che se il med? Alloggio non fosse terminato prima dell’ Av-
viso di essa seconda Colonna, assolutamente lo avrebbero preso
a loro discrezzione; ma p. Grazia d'Iddio, e mercè la somma atten-
zione, e vigilanza di detti Ill mi Sig.ri Deputati, restò formato
colla maggior quiete possibile, abbenchè non mancarono molti ricor-
si, tanto p. parte dè Cittadini, che degl’istessi Offiziali, ma a
tutto fù dato sesto colla continua assistenza di d° Quartier: Ma-

stro. Come in fatti ‘appena terminata la spedizione dè Biglietti

giunse detta Seconda Colonna, gli Uffiziali della quale furono col-
locati, cioè, consistente in due Reggimenti, cioè Reggimento di Ca-
stiglia composto di n°. 1400 Soldati, e l’altro Reggimento d’Iber-
nia di 1100. Soldati, con n°. 180 Fucilieri, gli Offiziali di essi,
come si disse, si collocarono, cioè..

Segue la nota degli alloggiamenti.

«A di 13 detto partì detta Prima Colonna p. ia strada di Gub-
bio doppo la dimora di tre giorni in q.ta Città.

«A di detto giunse il Quartier M.° della terza Colonna con-
sistente in n° due Reggimenti uno composto di n°:1300 Soldati di
Guadalacara, e l’altro parim.te di 1300 Soldati di Fiandra con
n.° 200 Fucilieri; n° 250 Artiglieri con Soldati partita volante n° 30,
gl’Uffiziali della quale furono collocati, cioè, e giunse in Città

detta terza Colonna li 16 d.?».

Segue la lista degli alloggiamenti.

_ « Giunse parimente in detto Giorno un Capitano, e n° 2 "OF:
fiziali dell'Artigliaria, con n° 30. Soldati, e n° 50 Muli carichi di
polvere, Cannoni, ed altri Attrezzi Militari, e furono collocati,
cioè d° Capitano con detti Offiziali in Casa del Sig.r Innocenzo
Massini, e d.a Polvere, ed altro, nella rimessa del Sig.r Bernar-
dino Cavaceppi, in faccia alla Casa di d° Sig.r Massini, e dd.i
Muli furono rimessi parte nello Stallone della Corona, e parte nelle
Stalle dell’Ostaria della Staffa. Li Soldati poi della p.nte Colonna
furono collocati, cioè:

Per n° 1300 Soldati del Reggimento Guadalacara: il Moniste-
ro di ci Pietro,

D
208 UGO BARBÈRI

Per n° 1300 Soldati del Reggimento di Fiandra: il Mon.° di
S.a Maria dè Fossi.

Per n° 250 Artiglieri: il Con.to di Santa Maria Nova

Per n.° 200 Fucilieri di Montagna: il Con.to del Carmine.

Per n° 30 Soldati partita volante: il Convento del Carmine.

A di 16 detto rivorono n° 2 Caporali, ed un Sargente del
Reggimento di Castiglia, e furono collocati nell’Ospizio dè Ca-
mandoli. i

A di 17 d° doppo la dimora di giorni tre, d.a Seconda Co-
lonna parti la mattina del giorno sud.°.

A. di 18 detto giunse la quarta Colonna composta di due Reg.
gimenti uno dé quali là Corona, e l'altro Parma; Il primo di 1200
Soldati, ed il secondo parimenti di 1200; con n° 700 Svizzeri di
Birs, e n° 200. di Besler, e n. 151. Fucilieri, quali mediante la spe-
dizione dè Biglietti fatta dal Sig.r Ai N° c.e s.a Deputato
furono collocati, cioè:

Per n° 1200 Soldati del Reggimento della Corona: la Casa del
Sig.r Giacomo Valenti al Verzaro.

Per n.° 1200. Soldati del Reggimento di Parma: la Casa A-
merighi.

Per n.° 700 Svizzeri di Birs: il Con.to di S° Agostino nel
Refettorio. Ì

Per n9 151. Fucilieri di Montagna: il Con.to di S. Agostino
nel Capitolo ».

Seguono gli alloggi degli Ufficiali.

Indi rivò parimenti un Colonnello della terza Colonna, e fù
collocato in Casa del Sig.r Conte Valerio Ranieri.

A.di 19 detto mese di Marzo giunsero n° 17 Soldati della
Artegliaria, e furono collocati nel V. Mon.ro dè Padri di S. Gio.
Battista, ed in detto giorno partì la sopradetta Terza Colonna,

la mattina verso l’ore 10. 1/2.

A di 20 d° mese di Marzo rivò in q.ta Città il Reggimento
di Cavallaria della Regina, ed un distaccamento del Reggimento
di Cavallaria di Sagunto, e gli Uomini con i Cavalli furono col-
locati, cioè:

N. 250 Dragoni della Regina, che parimente giunsero in d°
giorno: nel Monistero di Santa Maria dè Fossi.

TRIS EA,
CORTI RIETI I EHI

PASSAGGIO. DI TRUPPE SPAGNOLE A PERUGIA 200

N° 180 Soldati della Cavallaria della Regina: nel Consento
di S. Domenico. È

Ne 180 Dragoni di Sagunto: nel Monistero di S. Pietro.

Come anche giunsero n° 50 Fucilieri di Montagna, e furono
collocati nel Mon.ro del Carmine, come pure n? 100 Maestranze, e
furono parimenti mandati in d9 Con.to del Carmine, e finalmente
p. vennero n.° 17 Caporali dell’Artigliaria, e furono collocati nel
Mon.? dé P.P. di S. Gio. Batta. mediante la solita spedizione dè
Biglietti fatta, come sopra da d.s Sig.r Gianbattista Adreani No
taio deputato.

Seguono gli alloggi degli Ufficiali.

«Im d.° giorno giunse ancora la Famiglia del Duca d’Arcos
con il suo Equipaggio, che veniva portato da n.° 30 Muli e detta
Famiglia fù collocata nella Casa del Sig.r Conte Sperello Aurelj,
e dd. Muli nelle stalle ivi contigue, con assieme un’Off.le, che
fù collocato in Casa del Sig. D.r Pistocchi, ed un Tenente'in
Casa del Sig.r Giorgic Brozzettü.

« Giunse parimenti in d.°. giorno un Capitano Comandante
con n.° 7 Offiziali dell’Artigliaria e n.° 50 Muli carichi di polvere,
Cannoni, ed altri militari attrezzi, e furono collocati, cioè d9. Ca-

.pitano in Casa della Sig.ra l'ran.ca Mariotti in P. Sole, gl'Offiziaii

nella Cong.ne dell'Oratorio, d.? Bagaglio dell’Artegliaria in una
Bottega del Sig.r Coppa sittuata alla Via nova detta dé Sartori,
e li Muli parte nello Stalloae dell'Osteria della Corona, e parte
nelle Stalle dell'Osteria della Penna nella Via Vecchia, l’Arte-
gliaria poi fù collocata nella Rimessa del Sig.r Cav.re Pompeo Con-
té Eugenj situata in faccia al suo Palazzo. Come anche p.vennero
n.° 8 Capitani di d.a Artigliaria, e furono collocati in Casa della
Sig.ra Lavinia Alessandri, p. n.° due Tenenti la Casa del Sig.r
Sebastiano Coppa, e p. n.° un'altro Tenente, li Sig.ri Azzi.

«A. di 21 detto mese di Marzo la sopradetta quarta Colon-
na doppo la dimora di giorni tre in q.ta Città, se ne parti la mat-
tina del di sud.© verso l'ore 12, n. essendo possuta partire più
di buon'ora, attesa la contrarietà dé tempi.

«A di 22 detto mese di Marzo rivó in q.ta Città il Reggimen-
to dè Carabinieri ‘Reali composto di n.° 442 Soldati, con. un.
distaccamento, ‘è sia partita di n.° 180 Soldati Dragoni di Sa-
gunto, e n.° 25 Fucilieri, e n9. 34 Svizzeri, quali furono collocati,

SS e RES me 210. UGO BARBERI.

Mes mediante la spedizione dé Biglietti fatta c.e s.a dal Noto Sigr.
les Gianbattista Adreani, cioè detti Carabinieri Reali n. 288 nel Con-.
vento di Santo Agostino, n.° 70 nel Convento di Santa Maria No-
va; dd. Dragoni di Sagunto nel Convento di S. Francesco; detti
| |. 2n. 250 Fucilieri in Casa Amerighi, e dd. n.° 34 Soldati Sviz:
Ip - .' zeri nella Commenda di S. Luca ».
|a 22 «Gli Offiziali poi furono distribuiti, cioé: Per sua Ece.za il
: Sig.r Duca d'Africo Tenente G.nle dé Carabinieri ed Equipaggi, ..
“la Casa del Sig.r Conte Antonio Cesarj. E p.ché d.° Conte Cesarj
| n. aveva commodo sufficiente di Stalle p. collocarvi le Bestie, che
il | | portavano l’Equipaggio grosso di d.° Sig. Duca, convenne pre-
|l ud valersi delle Stalle del Sig.r Camarani, di Carosello, del Mon.ro
di S. Severo, ed altre ivi contigue. |

i : : _% gli illo degli Ufficiali: predetti e di altri che so-
| || Me. y praggiunsero.

vA: di 28 detto giunsero n.? cinque Soldati Artiglieri, quali
. furono collocati nel V. Convento del Carmine, ed in detto giorno
parti la sopradetta quinta Colonna, come anche alli 25 d.? mese.
Da partì la p.nte.
| d E «A di 30. detto mese di Marzo rivorono ‘pò 24 Carabinieri .
| l- zu ‘Reali con n.° otto Offiziali di detto Reggimento dè ‘Carabinieri j
LO : Reali li quali furono distribuiti parte nel Convento di S. Dome- :
«nico, e parte nella Commenda di S. Luca, come anche giunsero n.°
: 4 Sargenti della Guardia Vallona, e furono collocati a S. Luca.
«A di 2. Aprile p.venne finalmente il Reggimento della Ca-
vallaria della Regina, ed un distaccamento del Reggimento di Ca-
stiglia ultima Colonna di q.to Convoglio, li quali furono distri-
buiti », ecc. «Come anche giunse in Compagnia di d.? Reggi-
mento il Sig.r Duca d’Arcos Brigadiere del Reggimento dè Dra-
goni, con molti Offiziali ». Seguono gli alloggi per i medesimi.
«La qual Colonna, doppo la dimora di un giorno in q.ta Città
sé né parti, essendo stata avvisata che dovessero marciare p. la
TE di sopra divisata volta di Gubbio, senz’altr’ indugio.
ec « L'Alloggiamento poi di q.ta ultima Colonna, ed altri distac-
| camenti di sopra indicati fu formato sotto la direzzione dé no- ,
iminati Sig.ri Sopraintendenti dal Not.9. Valent.? Torelli attesa l'in-
disposizione sopragiunta al sudo. Sig.r Tantini causatali princi-
peer dalli continui incommodi sofferti in congiuntura di q.to:
dell’Altissimo, e mercé la. somma vigilanza di d° Mons.r Ill.mo

PASSAGGIO DI TRUPPE SPAGNOLE A. PERUGIA . 911

passaggio. E p.ché ogni giorno giungevano altri Offiziali rimasti
indietro, desiderando il d.° Sig.r Tantini da esimersi da. tali in.
quietudini, e brighe coll'intesa degl'Ill.mi Sig.ri X.viri e Sig.ri So-
printendenti diedde a Monsig.r lllimo, e E.mo Gov.re una sua
umile supplica del seguente tenore, cioè: Ill.mo £.mo Sig.re Luigi
Tantini Oratore U.mo di V. S. Ill:ma con tutto l'ossequio le rap-
presenta avere sotto la direzzioae delli tre Sig.ri Cav.ri Deputati
sopra l’Alloggio dell'Offizialità delle Truppe Spagniole in con-

giuntura di q.to ultimo Passaggio impiegati, oltre la pp.a p.sona,

il C.te' Francesco Travigi, Valentino Torelli ambi Notaij sostituti
dell’O.re, e due suoi scrittori, cioè Leone Antonio Luzi di Massa
dell'Umbria, ed Antonio Mansueti da Trevi nell’Off.° dell'Udienza
dell’IIl.mo Collo della Mercanzia p. assistere alla spedizione delle
Bollette di d.° Alloggiamento, con essere necessitato l'Or.re di
abbandonare, e fare tralasciare anche dagl’altri Soggetti sud.i lè di
loro lucrose incombenze, consumare oltre il giorno; anche più ore
della Notte; E quantunque l'O.re abbia p. d.° effetto sostenuto
g.to gravoso ed odioso: Off.°, eon grave scapito della pp.a salute,
e borsa, nientedimeno è pronto a sagrificare tutto a benef.° della

pp.a Patria, purche li venghi concessa una benigna essenzione

da somiglianti Incombenze nelle congiunture, che potessero ac-
cadere in avvenire (che Dio n. voglia), e perchè sia corrisposto il
sud.9 ‘Torelli, che hà sostenuto più di tutti gli altri tre la sua
assistenza continuata da sè solo, anche in tempo della indispo-

sizione: dell'O.re verso il fine del Passaggio, e susseguentemente

farà quest’ultimi giorni nell’arrivo degl'Off.li, che addietro erano
rimasti, con una Mercede da Notaio, e venghino di più condecente-
mente riconosciuti gl'altri tre Soggetti per non obbligare l'O.re a
doverli pagare di pp.9, doppo, che hà sofferti li molti danni di
sopra in genere accennati, ricorre p.tanto alla retta giustizia. di
V. S. Il.ma; acció vogli benignamente degnarsi di graziare l'O.re
d.la d.a esenzione; e dal peso di pagar di pp.° dd. Sostituti, e
Scrittori con ordinare, che venghino dalla Cassa pub.a pienamente
sodisfatti, che della grazia, etc.

«Ed attesa questa rinunzia del m.° Sig.r Luigi Tantini, e
benigna abilitazione concessali fù dal d°. Not.° Valentino Torelli
proseguita tale Incumbenza sino al p.nte giorno 19 Giugno 1742,
in cui tanto gli Offiziali, che i Soldati sono tutti sortiti da qui
Città alla volta del Campo formato sul Bolognese. E così p. grazia

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Gov.re ed indefessa attenzione, e continua assistenza di detti Sig.ri
Cav.ri Deputati restò questo Passaggio colla maggior quiete pos-
sibile terminato. |

Ad oggetto poi vedasi l'ordine regolato dé Reggimenti, come 3
sopra passati p. questa Città, tanto degli Offiziali, che dé Sdtdati, LE.
se ne fa il seguente ristretto, cioè.... »

Segue un elenco dettagliato degli Ufficiali divisi per Reggi- | P.
mento, che, per brevità, suntiamo:

Capitani 267; Colonnelli 20; Marescialli di Campo 9; Briga-
Id dieri 4; Tenenti Colonnelli 29; Sergenti Maggiori 13; Tenenti, AI-
| 1 fieri e Cadetti 593; Commissari 7; Musici 11; Cappellani 19; Chi-

ih rurghi 26. (Il manoscritto, evidentemente incompleto, manca delle
ultime carte sulle quali figuravano i Soldati). Del resto, dai dati 3
n" approssimativi proporzionali del primo passaggio, possiamo argui- È
dl T re che i militari di truppa si aggiravano sui 18-14.000.

95 Ho voluto consultare anche, per questo passaggio, l’inesauribile
Me miniera di notizie storiche costituita dalla preziosa raccolta degli
Il Annali Decemvirali del Comune di Perugia, conservata alla

| Biblioteca Augusta e, nel volume comprendente gli anni dal 1738
Hi al 1745, ho trovato, a c. 92 r. parecchie annotazioni amministra-
T tive di «pecunia vulgo del Passaggio» sotto l'anno 1742. E, a rum
| c. 92 r., sotto la data 12 marzo, il seguente passo che mi par de-
dll; gno di essere riportato:

==.

- F n ax

EUER « ll.mi Decemviri, coadunati in commune solita Adunantia in
| iE num. 8. Assentes Ill,mis DD. Jacobo de’ Ubaldis p.° mercatore,
ti i et Joanne Baptista Angelini eorum. ecc.: Avendo Mons. Illmo e
| st; Rev.mo Vescovo benignam. condesceso che il Sagro Monte di Pietà
| sborsi a questo Pubblico la somma di sc. 500 p. riparare alle pre-
senti urgenze delle Provviste de Viveri p. il passaggio delle Truppe
Hi: Spagniole e per tale effetto avendo spedito ordine al Sig. Cassiere
n del seguente tenore, cioè: « Venendoci da Monsignor Ill.mo Serra
D Governatore di questa Città di Perugia rappresentata la necessità
| in cui si trova ora questo Pubblico di fare sollecitamente le Prov-
visioni per l'imminente passaggio delle truppe Spagniole, ed essen-
PASSAGGIO /DI TRUPPE. SPAGNOLE A PERUGIA 215

dosi esausta la Cassa de’ Pubblici Proventi ed impotente da poter
supplire in tutto al presente bisogno con richiedere l'Imprestito
di sc. cinquecento. da sborsarsi dal Sagro Monte della Pietà a
fine di rimediare ad ogni sconcerto, che potesse nascere dal ritar-
do delle dette provvigioni al che se bene era stato opposto di avere
il detto Monte di Pietà denaro in Cassa, che era suo proprio, ma
questo consisteva in depositi di particolari e fatti quasi tutti da
Luoghi Pii, nè poterli divertire senza mancare alla Fede pubblica;

Tuttavia, trattandosi di causa sì urgente e che non avesse ra-
gione in contrario per compulso, e p. evitare la forza, la Violenza,
ed il tumulto popolare, Voi Sig. Giuseppe Morandi Cassiere di detto
Sagro Monte di Pietà, allorchè siasi dà Sig.ri Publici rappresentan-
ti coll'Autorità e decreto di Monsignor Ill.mo Governatore fatto
obbligo in forma di ragione valida colle dovute sicurezze, e cautele
sopra ciò riportare il Beneplacito Apostolico, per la restituzione
di detti sc. 500 e della totale reintegrazione fra il termine di...
Mesi da oggi non solo delli detti sc. 500, ma anche della somma
residuale di scudi..... de’ quali và creditore detto Monte per altro
imprestito fatto .colla Autorità Apostolica in occasione di altro
passaggio fatto negli anni addietro (1734) parimente delle Truppe
Spagniole: ad ogni ordine sottoscritto dal sud.? Mons. Ill.mo Go-
vernatore sborsarete li suddetti sc. 500, che con riportarne rice-
vuta a quelle persone destinate a ricevere il denaro saranno fat-

ti buoni nè Conti. — Perugia, dal Vescovato, questo di 9 marzo
1742. - per sc. 500 moneta. - F.L. Vescovo di Perugia. — Loco Si-
gili. — Federico Inglesi Cancelliere Vescovile ».

Fra le altre registrazioni contabili, trovo poi, a c. 102 r. del
citato volume, in data settembre 1742 che « il Dr. Angelo Dati min.9
deputato nella Mag.ca Tesoreria di Perugia si compiaccia di pagare
" de denari della Tesoreria altri sc. 9 e b. 60 moneta al Sig. Antonio
Costantini Libbraro p. stampature Libbri, e carta somministrati
d'ordine della Città in occasione del Passaggio delle Truppe Spa-
gnole, che cosi, ecc. >».

Di questo secondo passaggio non mi risulta che ne riferiscano
altre cronache cittadine; almeno dettagliatamente. Possiedono pe r-
ció un particolare valore le notizie del « Diario » dato in iuce.

I passaggi di truppe, sia quello reso celebre dal Manzoni sian
tutti gli altri, sono avvenimenti che lasciano sempre grande stra-
scico: anche quelli per Perugia si presterebbero a qualche consi-
derazione politico-filosofica, se già non avessero provveduto l'Uf-

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VIUERE BPO. DI 214 i UGO BARBÈRI

freduzzi e il Bonazzi. Una cosa è certa: che la popolazione,
in simili frangenti, ha dato prova evidente di sopportazione e di-
sciplina, sia in omaggio agli ordini ricevuti da Roma (che nascosta-
mente, come si è visto, appoggiava l'impresa), sia. in considera-
zione che il male era transitorio, e che, d'altra parte, una mani:
festa ostilità avrebbe potuto anche ingenerare funeste conseguenze.
Va quindi elogiata la prudenza del popolo, in quanto nón si ha
sentore di aleun grave incidente. E al cronista non sarebbe parso
vero di rilevarlo, ove si fosse prodotto.

"^ Mi è parso che il manoscritto valesse la pena di esser pub-

blicato, non solo nell’interesse della storia perugina ma anche di
quella nazionale. i : : EL

UGO :BARBÈRI
=

TRAE IER AC RERCNIS

CESARE FRACASSINI ©

Le celebrazioni, colle quali l'Italia nuova onora gli artisti
del passato, non sono soltanto le rievocazioni di glorie tramontate,
ma sono sopratutto-un invito a sentire più profondamente la eter-
na giovinezza dei loro spiriti. ci

Quest'anno tre grandi pittori vengono rievócati con partico-
lare onore dagli Italiani: Melozzo da Forlì, ‘Tranquillo Cremona,
Cesare Fracassini. |

Non si tratta fortunatamente di rievocazioni dall'oblio, o di

‘riparazioni postume, poichè sono artisti noti e cari a. tutti gli

Italiani, e circondati dall'aureola più fulgida. Rappresentanti di
tre regioni diverse, il primo di un’epoca ormai remota, gli ultimi;
due di una età appena tramontata. Ma il nostro pensiero si rivol-
ge a Loro con pari reverenza, anche colle dovute gradazioni di

merito, perché vede in ciascuno di essi un motivo di esaltazione

delle glorie più pure della nazione, un rappresentante della conti-
nuità di quella grande tradizione artistica, che è il maggior titolo
di nobiltà del nostro popolo.

In queste celebrazioni regionali, o cittadine, noi sentiamo piü
viva e piü salda la forza dell'unità spirituale conquistata, e l'arte
antica diviene cosi fonte di nuova energia e di nuovo amore per
l’arte del nostro tempo.

Se lo spogliarci della nostra personalità, per un giudizio im-

parziale riesce piü facile quando si tratta di opere ormai lontane

nella storia, e quindi classificate nello spazio e nel tempo, ció

diventa estremamente difficile quando l'artista appartiene ad un

passato relativamente prossimo, di cui si avverte maggiormente

la diversità di gusto dall'epoca nostra, come delle. mode tramon-
8 PO

rg" E " . «1° - . :

*) Commemorazione tenuta nel Palazzo Comunale di Orvieto il 15 giugno

1938, e ripetuta in Roma il 18 dicembre dello stesso anno presso ia Ponti-
ficia Accademia dei Virtuosi al Eaptheon.

è È
Le RED EIA DIA

MEA C gd *' 3
216 PIETRO D’ACHIARDI

tate da poco; quando insomma un artista si trova in quella fase
transitoria nella quale da moderno diventa antico.

E questo é il caso di Cesare Fracassini.

Alle esaltazioni iperboliche fatte subito dopo la sua morte,
tanto da proclamarlo il più grande artista italiano dopo Raffael-
lo, e da paragonare il quadro dei Martiri Gorcomiesi colla Tra-
sfigurazione, sono succedute negli ultimi anni denigrazioni e svalu-
tazioni esagerate di tutta l’arte di quel periodo, e specialmente
di quel gruppo di artisti della scuola romana, di cui Cesare Fra-
cassini fu l'esponente maggiore. |

Occorre. ristabilire l'equilibrio per un piü retto e piü sereno
giudizio. Per far ció é necessario sopratutto osservare quali erano

le condizioni dell'arte italiana, e specialmente della pittura, nel.

breve trentennio della vita del Fracassini.

La nascita di Cesare Fracassini (18 dicembre 1838) avvenne
in quel periodo generalmente caratterizzato dagli storici dell’arte
col nome di romantico, succeduto al periodo neo-classico.

La crisi subita dall'arte europea nel periodo neo-classico è p
ragonabile a quella politica dei vecchi regimi.
L’orientamento definitivo del neo-classicismo verso i suoi ca-
ratteri fondamentali: reftorica del soggetto, freddezza dello stile,
rinunzia al colorito, imitazione del bassorilievo antico, era avvenuto
con Luigi David, il quale aveva avuto una influenza grandissima
anche sui pittori romani dell'epoca napoleonica.

Gli artisti romani piü in vista, che si erano orientati verso
questi caratteri, furono Vincenzo Camuccini, Filippo Agricola, Tom:
maso Minardi. ;

a-

Dopo la catastrofe ‘napoleonica, ai principi di libertà poli

tica che si agitano nella nostra penisola, come nelle altre nazioni

europee, corrisponde la reazione romantica, basata generalmente
sopra un principio di libertà estetica; per rimettere in valore i ca-
ratteri soggettivi, con la esaltazione della libera individualità crea-
trice.

Questa reazione estetica fu più o meno forte nelle varie re-
gioni d'Italia, spesso in dipendenza delle locali condizioni: politiche.
Fortissima in Lombardia ed in Toscana, dove il quadro storico
a substrato patriottico trovò i suoi maggiori interpreti. Meno for-
te a Venezia e a Napoli. Ancora meno a Roma, dove il movimento
innovatore penetra con maggiore lentezza. | :

Fra gli artisti romani, quello che accolse con maggiore entu-
917

CESARE. FRACASSINI

siasmo i: principi di questo movimento fu Tommaso Minardi. E se
oggi a noi riesce alquanto difficile poter considerare questo mo-

bile artista come un innovatore, tuttavia egli fu considerato come.

tale dalla generazione di artisti romani nati all'alba dell'800, e
che per la maggior parte furono educati ai suoi insegnamenti.

Con questo gruppo di artisti, di cui Cesare Fracassini fece

parte, più che una vera reazione, si ha piuttosto una evoluzione
lenta della tendenza neo-classica ed' accademica verso il romantici-
smo e verso il verismo, attraverso la pittura storica e religiosa,
sovratutto quella religiosa, nella quale di preferenza si eserci-
tarono i pittori del tempo, specialmente quelli, assai numerosi, che
eollaborarono alla decorazione della Basilica di San Paolo fuori le
mura; ricostruita dal Poletti dopo l’incendio del 1823.

**x

‘Quasi contemporaneamente alla tendenza storico-romantica sì
manifesta in Roma l’altra tendenza purista.

Le due tendenze si incontrano e si fondono insieme in misura
diversa nell'opera di alcuni artisti, fra i quali lo stesso Minardi.

Il movimento dei puristi, mentre per i suoi caratteri formali
si riattacca in certo modo alla idealizzazione neo-classica, al tempo

stesso, per un certo senso di primitivismo medioevale, si riconnet- -

te anche colle tendenze dominanti dell’arte romantica.

Cesare Fracassini, come allievo del Minardi, venne a contatto,
nella sua educazione giovanile, tanto coi zeo-classici quanto coi
puristi, e trovandosi a vivere in quel delicato momento di transi-
zione fra il 1840 e il 1870, subì la crisi di tanti altri artisti del suo

‘tempo (compreso lo stesso Minardi) che, educati all'Accademia

neó-classica, ad un certo punto erano divenuti ribelli all'Accademia
stessa, in nome della verità e della vita.

Per questa ragione alcuni artisti neo-classici furono talvolta
considerati come romantici, ed alcuni accademici furono spesso
confusi coi ribelli.

La lotta contro i principi dell’Accademia neo-classica veniva
intrapresa generalmente in nome del carattere, dell’espressione
e del sentimento, contro la nozione della beliezza-tipo, della bellez-
za ideale. i

Molti cercarono di fare semplicemente dell'idealismo più vero,
e furono piuttosto dei precursori del realismo.

i «ee emo | 918 : PIETRO D’ACHIARDI

Spesso, ‘nonostante alcune differenze formali, la concezione
di questi artisti continuò ad avere molti punti di somiglianza i
| con quella dei neo-classici; specialmente. negli: schemi della com- AI |
| UM posizione, salvo una maggiore drammaticità, una maggiore ricerca
HI dei contrasti nelle azioni delle figure.
I | Ai soggetti della storia greco-romana vengono anteposti quelli
Mi. .. della storia medioevale e moderna. Alla imitazione. delle. forme
| classiche subentra quella delle forme cinquecentesche, specialmen-
. te. raffaellesche. ^
Ma in sostanza non si tratta di una vera ribellione. La ri-
bellione, che nelle altre regioni d’Italia era avvenuta fra il "50
e il "10, in Roma non avvenne mai, e solo in minima misura dopo
la riconquistata unità. :
Il momento in cui visse Cesare Fracassini è precisamente quel-
| ss. lo in cui il preconcetto veristico si innesta sulla forma accademica.
| ES Tommaso Minardi é.il rappresentante più tipico di questo
momento, ed. è l'artista il quale meglio di ogni altro sta a dimostrar-
| .ci come quell'innesto ebbe tutti i caratteri di un infelice ibridismo.
TRE . Tutta la vita e l'arte del Minardi sono pervasi da una pas-
il sione e da un’ansia che. rivela un dramma profondo, in contrasto
[NE €on un'apparente serenità. ci
22 Anima fervida e ardente di romagnolo, dotato per natura di
| qualità non comuni, spirito colto, studioso appassionato della sua
arte, abile disegnatore e compositore, circondato della più alta sti-
ma, colmo di onori e di incarichi, il Minardi finì per essere, in
‘arte, non un vinto, ma certo non un vincitore. i
Dopo avere esordito brillantemente nella sua giovinezza, la.
sua bella anima di artista fu quasi sopraffatta, oscurata: nella
età matura, tanto che egli è oggi, fuori di Roma, quasi un dimen-
‘ticato, nonostante le belle pagine che a lui ha dedicato Giovanni
i Dupré, e gli scritti pregevolissimi che intorno a lui hanno: pubbli-
! SI cato Guglielmo De Sanctis e Ernesto Ovidi.
Ill Forse nocque al Minardi un certo esclusivismo, una certa in-
E . transigenza, per cui non volle mai spingere lo sguardo al di
fsi fuori de! suo ambiente troppo ristretto, come non volle mai appren-
dere a parlare le lingue straniere per un malinteso sentimento
di fierezza nazionale.
La mancanza di relazioni extra-locali finisce sempre per es-
rM | sere nociva, specialmente agli artisti. Gli artisti che si sono chiusi
j troppo esclusivamente in loro stessi, sia. pure per troppo amore
©x=:

CESARE FRACASSINI 919

alla loro arte, senza accogliere ed elaborare elementi estranei alla
loro tendenza, al loro temperamento, hanno finito sempre per fos-

seilizzarsi in forme inerti € stanche.

E questa fu la sorte di Tommaso Minardi.

Va tuttavia a sua. grande lode l'essersi sempre adoperato a
beneficio dei suoi numerosi scolari, col più grande amore e col
più grande disinteresse. E di non avere mai profittato della stima
e della fama di cui godeva universalmente, per; accaparrarsi la-
vori e commissioni.

Basti ricordare, a titolo di grande onore, l'aver egli rinun-
ziato all'incarico, datogli da Pio IX, della decorazione della Sala

- della Concezione in Vaticano, adducendo di.non bastargli l'animo

di eseguire composizioni e dipinti che fossero degni di stare vi-
cini alle Camere di Raffaello.

Dopo il rifiuto del Minardi, l'ardua prova fu affrontata dal
Podesti, senza misurare la gravità dell'errore che il Minardi ave-
va giustamente e coscienziosamente valutato.

Tommaso Minardi aveva raccolto intorno a sé una eletta schie-
ra di giovani, che costituiva veramente il fiore di tutta una gene-
razione di artisti. Di questa schiera Cesare Fracassini entró a far
parte ancora giovanissimo, appena undicenne.

L'entrata nello studio del Minardi è descritta dal Fracassini

‘ stesso in un prezioso manoscritto EIS esistente presso la

Biblioteca Comunale «Luigi Fumi» di Orvieto, nel quale l'ar-
tista ha raccolto interessanti memorie degli anni giovanili; memo-

- rie troppo brevi, ahimè, che ci fanno rimpiangere che esse si ar-

restino nel momento in cui comincia la sua attività artistica.
Il padre suo, orvietano, che aveva per nome Paolo Serafini,
era rimasto orfano da bambino ed era stato educato dal patrigno
Domenico Fracassini; assumendo il doppio nome Serafini-Fracas-
sini. 1 i i
La madre sua, romana, Teresa Jacobini, donna, sotto ogni
rapporto impareggiabile, ci è ricordata dal figlio con parole estre-

‘mamente commoventi, come madre di famiglia di primissimo or-

dine. !
Cesare Fracassini era il settimo di tredici figli.

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990 j PIETRO D’ACHIARDI

La sua passione per il disegno si rivelò assai presto, verso

i cinque o sei anni.

Accolto nello studio dal Minardi a undici anni, fu per circa
un anno, affidato dal Maestro a Guglielmo de Sanctis, per l’inse-
gnamennto dei primi elementi di geometria e di prospettiva, ed i
primi rudimenti del disegno a semplice contorno.

La sua innata attitudine per l’arte andò così sviluppandosi con
grande profitto, fino all’età di 18 anni, in cui si guadagnò il
premio in pittura del Concorso Clementino, bandito dall'Accademia
di San Luca, con un quadro raffigurante Saul che scaglia l'asta
contro David.

Seguiva a questo un altro dipinto per la chiesa di San Seba-
stiano fuori le mura, rappresentante San Girolamo nel deserto,
e im alto la Vergine col Bambino, quadro di carattere raffaelle;
Sco, eseguito sotto l'influenza del Minardi,

A poca distanza di tempo il giovane pittore inviava alla pri-

ma esposizione italiana in Firenze un episodio degli Amori di
Dafne e Cloe.
Fortuna volle che in quel momento giungesse a Roma da
Napoli un altro giovane artista, Bernardo Celentano, considerato
come un innovatore, temprato dagli esempi di Morelli e di Palizzi,
e guardato quasi come un eretico dagli accademici romani.

Cesare Fracassini, al pari di molti altri giovani, si sentì at-

tratto da viva simpatia verso il collega napoletano, che ‘sembrava’

schiudere al suo sguardo nuovi orizzonti, additargli nuovi ideali,
e che, per spingere l'artista romano ad una osservazione sempre
più attenta del vero, lo incitava a compiere quegli studi di stof-
fe di cui si conserva ancora ‘oggi un esempio prezioso, in mezzo
a tanti altri preziosi cimeli, nella casa del figlio del grande pittore,
Cav. Riecardo Serafini-Fracassini, che ci è sommamente gradito
veder qui presente in questo eletto uditorio, perchè la sua presenza
e quella dei suoi figli che perpetuano il nome del grande artista,
conferisce maggior valore a questa solenne cerimonia.

Le opere si succedono senza interruzione nella vita dell’artista.

Vita breve, semplice, tutta raccolta nel lavoro, lontana dalle
polemiche e dai litigi, incurante quasi degli stessi successi, della
stessa gloria.

E° appena un decennio di fecondissima attività, quello ‘nel
quale si raccolgono le maggiori opere di lui, dal 1858 al 1868.

A
AUTE

CESARE FRACASSINI 991
x*oxo*

Il Sipario del Teatro Argentina dipinto per incarico del Prin-
cipe Alessandro Torlonia, colla Rappresentazione del Re Numa
Pompilio che ascolta i consigli della Ninfa Egeria.

Ad un anno di distanza il Sipario pel Teatro Apollo, commesso
dalla munificenza dello stesso Principe, e che, demolito il famoso
teatro di Tordinona per la sistemazione del ‘Tevere, tu trasportato
con onore sul boccascena del Teatro Argentina, dove si conserva
tuttora nel posto del primo.

La Madonna coi Bambino ed Angeli e i Santi Gregorio e
Innocenzo, nella chiesa di Santa Maria del Suffragio in Albano.

La lunetta del Monumento Barbosi al Verano, raffigurante Cri-

| sto che resuscita il figlio della Vedova. (1863).

Il Beato Canisio che persuade il Re Ferdinando d'Ungheria
a resistere al Luteranesimo (1964). - Oggi nel Pal. Vaticano.
Le Decorazioni (Volta e Boccascena) e il Sipario del Teatro

- di Orvieto (1866).

Un affresco rappresentante S. Francesca Romana nella chiesa
di S. Maria in Trastevere.

Gli affreschi in due sale della Palazzina T'orlonia a S. Pietro
in Montorio.

I Martiri Gorcomiesi (Pal. Vaticano).

Il quadro rappr. Cristoforo Colombo che approda in Ameri.
ca (per il sig. Aspinall di Filadelfia).

‘. Il quadro dell’altare maggiore della chiesa del Salvatore a
Terracina, rappresentante Cristo che invita Pietro ed Andrea a
seguirlo.

]l Cristo Benedicente nella Chiesa di S. Ignazio in Roma.

Gli affreschi di San Lorenzo fuori le Mura.

Queste le opere principali, alle quali è affidata la fama di
Cesare Fracassini, senza contare altre opere minori, come alcune
tempere per le beatificazioni e alcuni pregevoli ritratti, fra i qua-
li mi piace ricordare quello della Signora Spada, e quello del
Conte Pandolfi di Orvieto, ed una quantità di studi e bozzetti che
sono un complemento indispensabile per chi voglia ricostruire pie-
namente la sua attività.

Nelle opere del primo periodo, come il David e Saul, il Fra-
cassini mostra di adottare ancora uno stile classicheggiante, con
una fattura piuttosto liscia, ma con un colore fluido e vivace.

LB SN REDDE. SI

— rip PT

dii NE ou 222 Sn PIETRO D'ACHIARDI

Man mano che egli procede nel tempo, la sua tecnica diviene

. più sciolta, il colore si fa meno nereggiante, l'ardore del sentimento

sembra divenire più vivo, i mezzi di comunicativa divengono più
efficaci ed immediati, accentuando la nota realistica e drammatica
che negli affreschi di San Lorenzo raggiunge il grado più alto.

La grande composizione del Sipario del Teatro di Orvieto,
raffigurante Belisario che libera la città assediata dai Goti, ci
mostra l'artista pervenuto. alla sua maturità a soli 28 anni, già
in pieno possesso dei suoi mezzi tecnici ed espressivi..

Quest'opera, eseguita in Roma (1866), era stata preceduta

di pochi mesi dalle pitture decorative del Teatro stesso, 'appre-
séntanti Le Ore, ed eseguite sul posto. Essa segna una notevole
evoluzione nell'arte del Fracassini, in confronto coi lavori della

stesso genere eseguiti precedentemente, cioè il Sipario del Teatro |

Argentina ed il Sipario dell'Apollo, in quanto’ che l’artista per
raggiungere effetti di maggiore sintesi pittorica, abbandona le ec-
cessive determinatezze dei contorni che erano considerate come
un residuo della scuola. accademica; e al tempo stesso: ricerca una
‘maggiore efficacia emotiva nell’azione drammatica di tutta la com-
posizione.

Il gruppo dei Goti fuggenti sotto l'incalzare dei liberatori, il

‘cozzare delle masse nell'urto della mischia, le espressioni di terrore.
..e di rabbia dei vinti in contrasto con l'esultanza ‘e lo. slancio

dei vincitori, tutto concorre a darci quella impressione di un fatto

‘colto sul vero, secondo gli. intendimenti realistici dell’ autore, ac-

centuatisi in seguito alla conoscenza che Egli aveva fatto delle
opere del Celentano, del Morelli e del Cammarano. Sono questi gli
artisti che in quel momento ebbero la maggiore influenza sull’ar-
te del Fracassini

*cko*

Il quadro dei Martiri Gorcomiesi, che segue a poca distanza
di tempo le decorazioni ed il Sipario del Teatro di Orvieto, ‘è
l’opera più famosa del Fracassini, quella che è considerata gene.
ralmente come il suo capolavoro.

E’ noto il soggetto di questo quadro, di carattere storico»
religioso; soggetto quanto mai adatto ‘ad infiammare un’anima di
artista e di poeta; cioè il martirio che tredici religiosi affrontano
serenamente per la fede VINE al tempo della persecuzione .cal-
vinista in Olanda.

(P
Ex

EEG IE

estoni:

SZ IRE ITEM

CESARE FRACASSINI

La scena terrificante ‘avviene nell’interno di una chiesa de-
vastata e scoperchiata, sotto una luce argentea che dà I al
cupo lividore dell’ambiente.

Cinque corpi di martiri pendono già dalla trave del tetto,
mentre i carnefici stanno trascinando al supplizio le altre vittime.

L’espressione di beatitudine celestiale, di amore, di rassegna-
zione infinita, che spira dalle faccie dei Martiri, contrasta mira-
bilmente colla brutalità dei manigoldi.

" Episodi secondari, strazianti, accompagnano la visione tragi-
ca dell’insieme, e comunicano a chi osserva quel dipinto una com-
mozione profonda.

Cesare Fracassini si rivela in questo quadro inventore fan-
tasioso, disegnatore corretto, colorista vivace, artista sinceramen-
ie espressivo, capace di cogliere il momento più drammatico del-
la scena e di comunicare all'osservatore un pathos profondo, che
‘si tramuta in una intensa commozione religiosa.

Quadro storico. dunque e religioso al tempo stesso.

Del quadro storico la tela dei Martiri Gorcomiesi ha tutti i
caratteri peculiari, rispondenti a quelli di tanti altri quadri sto-

‘rici che in questo momento quasi tutti gli artisti più in vista veni-

‘vano dipingendo, come per seguire una massima fondamentale
della corrente romantica, dalla quale era impossibile sottrarsi.

Si è gridato tanto contro il quadro storico, specialmente du-
rante il susseguente periodo del verismo ad oltranza. Ma anche
in questo si è esagerato; un po’ per reazione spontanea, un po’
per partito preso.

Non è da biasimarsi tutta la pittura storica presa come genere
a sé, come una grave colpa dell'800 romantico. Puo essere biasime-
vole certa pittura storica, ma non tutta nello stesso grado.

Pittura: storica e anche; diremo, scultura storica, se ne è
fatta in ogni tempo ed in ogni luogo. Essa è antica ed immortale
come l’arte stessa.

Non sono forse rappresentazioni storiche le feste Pánáfe naiche
del Fregio del Partenone, i rilievi dell'Ara Pacis, dell'Arco di Tito

e della Collina Traiana? Non sono quadri storici quelli della Vita

di San Francesco dipinti da' Giotto, gli ‘affreschi di Piero della

"Francesca ad Arezzo, di Domenico Ghirlandaio in Santa Maria

Novella, di Melozzo. da Forli nella Biblioteca Vaticana?

E tutta la nostra grande arte sacra, di carattere narrativo, .

che altro ‘è, in un certo senso, se non pittura storica ?.

C ———QÓÓ—

>

———— M ES

AES SL.

ED C AA . E Je 0 - E ALS E PIETRO D’ACHIARDI

Non ha fatto forse della pittura storica il più grande dei ri-
voluzionari, Caravaggio stesso, quando ha dipinto i fatti della
vita di San Matteo in San Luigi dei Francesi; e il Greco, e Vela-
squez e Rembrandt e Goya quanti capolavori non hanno dipinto
con soggetti storici? i

Cito soltanto questi nomi di artisti antichi perchè sono fra quel-
li che vanno per la maggiore anche sulle labbra di coloro che
hanno condannato la pittura storica in nome di pretese tendenze
avveniristiche.

E fra le opere del tempo di Fracassini non sono quadri sto-
rici il Marco Polo di Tranquillo Cremona, l’Ingresso dei Catto-
hei a Praga e l'Irnerio di Luigi Serra, gli Iconoclasti di Domenico
Morelli, la Luisa Sanfelice in carcere di Gioacchino Toma? Tan-
io per citare alcune opere dell'800 di valore indiscusso; di scuola e
di indole completamente diversa fra loro.

Ció vuol dire che il male non sta nel genere, per se stesso,
ma nel carattere di alcune singole opere.

Se si dovesse escludere dalla pittura, dalla scultura, dalla
musica e dalla poesia, tutti i capolavori ispirati alla storia, si
dovrebbero stracciare le più belle pagine della nostra storia ar-
tistica.

La storia puó dunque essere fonte inesauribile di materia
viva e drammatica quanto la vita stessa. Tutto dipende dal valo-
re estetico della rappresentazione.

Gli intendimenti naturalistici di certe correnti del materia-
lismo positivista dell’800 col quale si pretendeva distruggere o-
gni valore a tutto ciò che in arte non è frutto di osservazione
diretta dal vero, si sono mostrati altrettanto fallaci quanto le ten-
denze opposte che essi intendevano combattere.

Cesare Fracassini non si lasció fuorviare da quelle correnti.

Forse ebbe anch'egli un senso di scrupolo eccessivo nel man-
tenersi fedele alla verità storica, quando volle escludere ogni
particolare. che volesse significare la presenza dell'elemento di-
vino nel quadro del Martiri Gorcomiesi. i i

E° noto come il Papa, pure congratulandosi coll'artista, gli
facesse osservare che nella composizione mancavano gli angioli,
come segno del Martirio; ed il Fracassini, per difendere le sue
teorie veriste, rispondesse, forse troppo affrettatamente e vivace.
mente, che egli si era preoccupato di rendere soltanto ia verità
umana e storica.
CESARE FRACASSINI 995

E di rimando il Papa replicava scherzosamente: « Già sapeva-
mo che il nostro Fracassini è altrettanto valente artefice quanto
poco buono oratore. Fracassini.... Fracassone...! ».

In sostanza il Papa dal suo punto di vista aveva ragione;
la risposta che aveva dato il Fracassini era coraggiosa, e anche
giusta in un certo senso, ma peccava un poco, come tutta l’arte
del tempo, di orgoglio veristico.

-Non molto diversamente rispondeva ad analoga domanda il
Courbet, che fu l'esponente più tipico del positivismo francese
nella pittura dell’ ’800: «ie come posso dipingere angeli se non
li ho mai visti? ».

Il quadro dei Martiri Gorcomiesi rimane un'opera di grandis.

.simo pregio, animata da un forte sentimento di religiosità, an-

che senza la presenza degli angioli. Il Fracassini non ne sentiva la
necessità, e fu sincero a non metterli. Ma quella frase fu forse
imprudente, e faceva torto alla spiritualità e alla religiosità del
pittore che era un uomo timorato e credente.

I nostri grandi artisti, in tutti i tempi, hanno dipinto an-
gioli. anche senza averli mai visti. Caravaggic stesso ha introdotto
un angiolo bellissimo nella Sacra Famiglia della Galleria Doria
e nel San Matteo di San Luigi dei Francesi.

Guai se si dovesse escludere dall’arte ogni elemento sopran-

naturale e negare i diritti della fantasia che Leonardo chiamava
divina.
L’arte non è fatta solo per gli artisti. Occorre pensare al gran-
de ufficio educativo che essa ha in faccia al mondo, alle energie
vitali che essa è destinata a suscitare nelle masse. Questa è la
sua grande missione.

Tutta la nostra pittura, da Cimabue a Michelangiolo, da Pao-
lo Veronese a Tiepolo, è piena di anacronismi e di inverosimiglian-
ze; e ciò senza offendere la ragione prima dell’arte.

All’artista può essere sufficiente un minimo di esattezza sto-
rica e di verosimiglianza per fare dei capolavori.

* * *

Ma ogni ciclo ha la sua parabola. La pittura storica dell’ ’800
ha avuto la sua, come l’ha avuta il verismo, come l’ha avuta l’im-
pressionismo e tutte le tendenze che con moto vorticoso si sono
succedute nella seconda metà dell’’800 e sui primi del '900.
9926 PIETRO D'ACHIARDI

L'arte é veramente una peregrina errante condannata ad una
metamorfosi eterna.

Ogni forma d'arte, ad un certo momento apparisce oltrepas-
sata. Come ogni prodotto umano, ogni movimento artistico ha
la sua degenerazione e la sua decadenza, dipendente principalmen-
te dalla esagerazione, dalla insistenza troppo esclusiva sul principio
che Pha generato.

Ma «multa renascentur »; è soltanto da vedere, fra quelle
forme, quelle che conservano maggiore forza per risorgere, e per
assurgere, dopo la risurrezione, all'immortalità.

Ogni ciclo artistico dipende da azioni e reazioni di movimenti
consecutivi.

Cesare Fracassini, come figlio del suo tempo, non andó immu-
ne dalle conseguenze che tali reazioni provocano negli animi
sensibili. |

Ad ogni modo Egli fu il primo a portare una nota di moder-
nità, intesa nel senso di allora.

Il realismo di Fracassini era nemico dell’Accademia quanto
quello dei pittori romantici più avanzati

Oggi noi vediamo meglio come la forma realistica contrasta
spesso colla sua idealità che ancora rispecchia i principi neo-
classici.

Questo contrasto, -questo dissidio, comune alle opere di tutti
gli artisti del suo tempo, apparisce, a parer nostro, ancora più
chiaramente nell’ultima opera del Fracassini, i celebri affreschi del-
la Basilica di San Lorenzo fuori le mura.

I primi affreschi eseguiti dal Fracassini in quella Basilica
furono le figure decorative dell'arco Trionfale; dopo di quelle
lo stesso Papa Pio IX gli dette l’incarico di dipingere sulle pareti
della navata centrale gli otto grandi quadri coi fatti più importan-
ti della Vita dei Santi Stefano e Lorenzo.

Egli si accinse con grande lena e con vivo entusiasmo a que-
st'opera che doveva consacrare la sua fama.

Con alta coscienza di artista, durante l’esecuzione di quegli
affreschi, allo scopo di completare la sua preparazione e di ar-
ricchire la sua cultura, intraprese viaggi in Italia ed all’Estero,
attingendo ispirazione ai capolavori dell’arte antica, e raccogliendo
grande messe di osservazioni e di studi,

Viaggiando in Germania, mel Belgio, in Francia, in Inghilterra,
fu tale l'impressione che Egli riportò dalle correnti più moder-
CESARE FRACASSINI 997

*

ne della pittura europea, specialmente di quella francese, che, tor-
nato a Roma, e comunicandola agli amici, ebbe a dire di non
essere più soddisfatto del suo quadro dei Martiri Gorcomiesi, e
che rimpiangeva di non poterlo ricominciare perché lo avrebbe: di-
pinto in tutt'altra maniera.

I quadri eseguiti a fresco dal Fracassini in S. Lorenzo, dopo
‘avere preparato i cartoni completi e una grande quantità di stu-
di e di bozzetti, sono tre:

La Conversione di S. Stefano e di sci diaconi.

S. Lorenzo distribuisce ai poveri i tesori della Chiesa.

S. Lorenzo presenta i poveri all’Imperatore Valeriano.

L’artista si preparava a dipingere il quarto, per il quale aveva
già eseguito il cartone completo, rappresentante S. Stefano con-
dannato alla lapidazione, allorchè fu colto dalla morte il 13 di-
cembre 1868.

E’ noto come quest’ultimo quadro {ss eseguito, sul cartone
del Maestro, dall’allievo prediletto Paolo Mei, e come gli altri quat-
tro quadri rimanenti della serie fossero poi dipinti da Francesco
Grandi e da Cesare Mariani.

La notizia della morte che colpiva l’artista in piena giovi-
nezza, nel fervore del lavoro, nell’aura del successo, allorchè pote-
va dirsi pienamente felice, gettò tutta Roma nella più profonda
. eosternazione. Basta leggere i giornali cittadini del tempo, colle
espressioni dell'unanime compianto, e colla descrizione delle so-
lenni onoranze funebri.

Il feretro traversò le vie di Roma, fra la più viva cominozione
della cittadinanza, portato a spalla dagli amici e dagli alunni, i
quali non permisero che fosse toccato da mani venali.

La morte di Cesare Fracassini fu considerata come l'oscurarsi
di una grande luce, il tramonto di una gloria fulgidissima.

La sua opera fu esaltata, celebrata la potenza del suo inge-
gno, l’integrità della sua vita di artista, la virtù del cittadino
e del padre di famiglia, la mitezza della sua indole, la schiettez.
za ingenua e nativa di modi, la sua semplicità, la sua generosità,
la sua fede di artista e di cristiano, che a Lui aveva dato tutti
gli estremi conforti.

Fra i molti elogi funebri, e- gli scritti commemorativi, ci piace

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228 PIETRO D’ACHIARDI

di ritrarre dal periodico mensile «Il Novellatore » il seguente

brano. che bene descrive il carattere del nostro grande pittore.

« Il senso dell’arte nel giovane Cesare, come in quasi tutti i
« più grandi artefici, era istintivo; egli poteva, sapeva educarlo
«e renderlo ognora più fino e squisito; non avrebbe giammai
« potuto ragionarvi sopra a mo’ di filosofo, e solo di quando in
« quando gli sfuggiva dai labbri una parola, la quale era, senza
«che ei punto se ne accorgesse, profonda.

« Natura tutta facile, tutta spontanea; apprendeva inconsa-
« pevolmehte, riteneva senza fatica, immaginava, componeva, abboz-
«zava, compiva i suoi lavori con rapidità fuor di modo meravi-
« gliosa.

« Parlava di rado, Lia anzi detto che non sapeva parlare,
« ma di quando in quando, tocco sovra un punto che gli balenasse
«lucido nella mente, le parole gli sgorgavano dai labbri come un
«fiotto di acqua impetuoso, e non le pronunziava che a mezzo,

«tanto l'una seguiva l'altra frettolosamente. Per ciò i suoi due.

« pregi più grandi nell'arte furono la spontaneità e la vivezza ».

Queste parole mettono bene in evidenza i caratteri più salienti
dell’artista e dell’opera sua. Sopratutto mettono bene in rilievo
la sua spontaneità, la sua avversione per il teorizzare e il filoso-
fare intorno alla sua arte.

Noi oggi facciamo molte teorie sull'arte e sulle tendenze dei
vari artisti, per la mania di ricercare sottigliezze critiche; ma

‘dimentichiamo troppo spesso che i grandi artisti, in ogni tempo,

pure avendo assimilato una grande sapienza teorica e scientifica,
al momento della creazione dell’opera d’arte si abbandonarono
sopratutto al loro istinto, e alla loro ispirazione.

Stèndhal diceva giustamente che vi sono tanti modi per cercare
di raggiungere la bellezza, quanti ve ne sono per cercare di rag-
giungere la felicità.

Non è possibile far tutti felici allo stesso modo.

Cesare Fracassini non fece teorie, e si contentò di dipingere
come il cuore gli dettava.

L’amore di sincerità fu quello che animò costantemente la sua
vita e la sua arte. :

Queste doti di spontaneità e di sincerità sono a nostro avviso,
piü apprezzabili nelle pitture a olio che in quelle ad affresco,

nelle quali si trovano talvolta in contrasto colle leggi severe che.

regolano la decorazione architettonica.
CESARE FRACASSINI 999

Gli affreschi della Basilica di San Lorenzo fuori le mura sono
non solo l'opera più importante di Cesare Fracassini, ma sono, sen-
za dubbio, anche l’opera più significativa di decorazione architetto-
nica eseguita in Roma in quel tempo. ;

La grande decorazione di carattere architettonico, affidata prin-
cipalmente alla pittura a fresco, dopo il suo ultimo glorioso rap-
presentante, Gian Battista Tiepolo, aveva attraversato un periodo di
languore mortale, che si era protratto per tutta l'epoca neoclassica.

Le poche opere dell’Appiani a Milano, del Sabatelli e del
Benvenuti a Firenze, del Camuccini, dell’Agricola, del Gagliardi,
dello, stesso Minardi e di pochi altri a Roma, non erano sufficienti
per ridar vita ad una tradizione che sembrava spezzata e per-
duta per sempre. |

Cesare Fracassini, ed i suoi continuatori, negli affreschi della
Basilica di San Lorenzo, hanno avuto il grande merito di aver cer-
cato di ridar vita a questa tradizione che aveva costituito la gloria
più fulgida della pittura italiana.

Ma le tendenze realistiche del momento non favorivano questa
rinascita della pittura murale.

Lo stesso fenomeno si verificó in Francia, ancora in maggiore
misura, allorché per reazione al gelo neo-classico, si tornó alla
grande composizione di tipo rubensiano-tizianesco, con forti ef-
fetti coloristici. Ne derivarono, nella chiesa di S. Sulpizio e nella
Biblioteca di Palazzo Borbone, quelle pitture di Delacroix, che no-
nostante i meriti intrinseci di questo grande artista, non sono
né vero quadro né vera decorazione.

Tutta una schiera di artisti valorosi, derivati più o meno
da Ingres, come De La Roche, Flandrin, Paul Baudry, Boulanger,
Delanay, vollero tentare la grande decorazione ispirandosi alla de-
corazione cinquecentesca italiana.

Flandrin fu di questo gruppo ‘il più nobile e il più dotato.
Il suo stile ha molti punti di contatto con quello del nostro Fra-
cassini.

Un altro gruppo di artisti, Le Blanc, Levy, Bonnat, Chasse-
rieau, Puvis de Chavannes, Detaille, si accingeva più tardi alla

‘decorazione del Pantheon di Parigi. Ma anche in questo caso

ne venne fuori una antologia, che non ha nemmeno i pregi della
unità delle pitture di San Lorenzo.

All’Hotel de Ville, alla Sorbona, accadde lo stesso fenomeno:
erano grandi quadri che tentavano di diventare decorazione. Non

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“PIETRO D'ACHIARDI

avevano neanche il merito di essere dipinti a buon fresco come
quelli dei nostri artisti; ma erano delle tele. dipinte a olio, o ad
encausto, applicate sul muro, o marouflé, come dicono i l'rancesi,
secondo un sistema venuto anche troppo in uso, e che snaturava,
fino nella stessa tecnica, il carattere fondamentale della pittura
murale.

Le: opere di questi pittori rappresentano lo sforzo più in-
tenso fatto dagli artisti francesi, contemporaneamente a quelli ita-
liani, verso una decorazione che cerca di riconquistare dignità di
stile e forma monumentale.

Ma la forma intesa realisticamente non poteva diventare de-
corazione in senso architettonico, perchè mancante di trasligura-
zione fantastica e di sintesi stilistica, geometrica e costruttiva,
cioè di quei caratteri che formano il substrato di tutta la nostra
grande decorazione murale, da Giotto a Piero della Francesca,
da Luca Signorelli a Michelangelo. 5

Oggi si parla molto, specialmente dagli artisti più giovani,
di ritorno all'affresco, cioé alla pittura murale, ed anche alla pla-
stica murale.

Ma occorre riprendere tutta una tradizione interrotta da piü
di un secolo di pittura antiarchitettonica. :

Questa nostra tradizione gloriosa potrà rivivere al solo patto
che si ristabilisca l'unità di tutte le arti, sotto la guida della madre
architettura.

Allora le figure dei nostri maggiori pittori dell' '800, come Ce-
sare Fracassini e pochi altri, appariranno sotto una luce nuova,
come quella di una piccola pattuglia di artisti che, in un'epoca non
fortunata, sono rimasti fedeli all'antica tecnica dell’affresco italia-
no, con un senso di abnegazione quasi’ eroica; le loro opere rimar-
ranno come anelli robusti di una catena ideale che congiunge inin
terrottamente le glorie del passato con quelle dell'avvenire.

Questa fedeltà all'affresco sarà uno dei loro maggiori titoli
di onore.

Ecco perchè a me sembra che l’opera di Cesare Fracassini
oggi, ad un secolo di distanza; dalla sua nasrita, a 70 anni dalla
sua morte, abbia ancora tanta forza e tanta vita da spandere nuo-
va luce sulle generazioni future.

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CESARE FRACASSINI Aa 231

. Questa celebrazione che voi, Orvietani, avete voluto per ‘ono
rare la memoria di questo grande, che già avete onorato con .una
piazza intitolata al suo nome, assume agli occhi nostri la religiosità
di un rito, come di un preciso dovere di chi deve tramandare un or-
dine, rispettare una consegna.

E niente ci è più caro dell'obbedienza assoluta a questo or-
dine che viene dall'intimo della nostra coscienza, e che ha la sua
risonanza nella coscienza piü vasta di tutto il popolo italiano.

La sorte ha concesso oggi, immeritatamente, a me di es-

sere l’interprete di questa coscienza dinanzi a. voi.

Tale dovere mi é tanto piü gradito perché l'odierna celebra-
zione di Cesare Fracassini si compie qui, in questa vostra Orvieto,
che fu la sua Orvieto, la città dei suoi avi, che Egli amó di par-
ticolare affetto, come quella nella quale sentiva profonde e tenaci
le radici della sua gente, della sua stessa esistenza, e dalla quale
traeva le energie più vive del suo spirito, le fonti più pure
della sua ispirazione; in questa Orvieto che Egli amó, e che noi
amiamo per la sua religiosa solennità, per il suo raccolto silenzio,
per la purità della sua atmosfera; in questa città dove pittori,
scultori, architetti, musicisti e poeti vengono in devoto pellegri-
naggio per ritrovare la loro patria ideale, dove larte ci appari-
sce come una miracolosa germinazione primaverile sul vivo della
roccia, e ci sorride come una promessa ed un augurio di nuova
gloria, di nuovi trionfi nel cielo della Patria.

Pietro D’Achiardi RECENSIONI

IL « LIBER SECRETUS IURIS CAESAREI » DELL'UNIVERSITÀ DI BOLOGNA

a cura DI ALBANO SORBELLI vor. 1: 1378-1420, con

una Introduzione sull'origine del Collegio dei Dottori

(BoLOGNA 1938-XVI presso l'Istituto per la Storia dell’ U. di B.)

Nell’ampliarsi continuo della storiografia dell'Università Italiana, Bologna
non può non avere il primato. Della Università, non delle Università Ita-
liane; anche ‘per questo istituto che ha tanta parte, ed essenziale, nello
svolgimento della nostra vita nazionale, c'è un’affermazione di caratteri suoi
propri, organizzativi e funzionali, che a grandi e marcate linee lo distingue
dallo sviluppo dell'istituzione. stessa in altri paesi.

I caratteri tipici s'incentrano nello Studio Bolognese, che tutti precede
e che agli altri è modello. La sua esistenza è interiormente così ricca di fat-
ti e vicende, e ai suoi margini s'innestano tanti altri rapporti e riflessi, da
poter sempre tenere operoso lo storico, e appassionato il ricercatore nella massa
documentaria che gli si riferisce; in cui, pur essendone già tanto il pubbli-
cato, l’inedito non si esaurisce per ora.

Nella collezione degli Universitatis Bononiensis Monumenta, della quale
il primo volume uscito nel. 1932, è costituito da I più antichi Statuti della
Facoltà Teologica di quella Università, editi dall’illustre Cardinale Fran-
cesco Ehrle S. L, è stato di recente dato alle stampe per cura di Albano Sorbelli
Il « Liber secretus Juris Caesarei » dello Studio stesso. Come nel suo vo-
lume l’Ehrle ha premesso al testo del documento una dottissima prefazione
illustrativa, che si diffonde, oltre che della Facoltà Teologica, nel più vasto
campo del costituirsi dell’Università nel suo complesso; parimenti il Sorbelli
in più che cento dense pagine di un’altrettanto erudita Introduzione, richiama
e discute tante questioni di vita dello Studio, necessarie ‘a chiarirsi per la
piena comprensione e valutazione del documento che ad opera sua è stato
reso di pubblica conoscenza.

Albano Sorbelli, l’insigne storico della città di Bologna è anche l’anima
delle indagini sull'Ateneo Bolognese: promotore, ricercatore, coordinatore.
Le sue pubblicazioni sull'argomento lo designano quale uno speciale maestro
di questa particolare materia (1).
ni i le ——— PEE aruacis

IL « LIBER SECRETUS IURIS CAESAREI » 233

Nel primitivo ordinamento universitario chi faceva gli esami agli scolari
e conferiva loro il titolo dottorale? Il problema, se pure visto e posto, nom
era stato ancora direttamente affrontato; nè mai s’erano presi in esame

tutti gli elementi che possono far giungere a risolverlo. La luce che l’analisi .

storica può dare intorno ad esso, particolarmente in riguardo allo Studio di
Bologna, si riverbera sugli altri Studi italiani, che da quello son derivati,
ed anche fuori.

‘Quando nello svolgersi dell’istituto universitario della Mater studiorum
s'incontrano i Collegia Doctorum con la funzione specifica di addottorare,
listituto ha già anni e anni di esistenza.

Per i tempi iniziali si possono avanzare delle ipotesi.

Escluso che lo stesso professore leggente o docente, potesse da per sé,
senz'altro controllo, dare all’allievo il titolo dottorale e la conseguente fa-
coltà di insegnare a sua) volta (con tale sistema non avrebbe potuto il neo-
dottore acquistare quel credito che aveva un dottore uscito da uno Studio
di fama mondiale come il Bolognese), bisogna credere che l'esame di laurea
si svolgesse dinanzi ad un’autorità ecclesiastica o civile la quale consta-
tasse e sanzionasse la capacità del candidato; o dinanzi almeno ad un'adunata,
volta a volta, del complesso dei docenti. Ma non sarebbe ancora il Colle-
gio. Avanti di questo, quindi, tutti i Lettori o .forse anche i Dottori pre-
senti in Bologna, erano. chiamati o .potevano essere chiamati dall'Arcidiacono
a comporre la Commissione esaminatrice, anno per anno, diversi di numero
a seconda dei presenti; im un tempo successivo, visti gli inconvenienti che de-
rivavano da tale sistema, si venne alla limitazione del numero dei membri
del consesso esaminante, e insieme mecessariamente alla determinazione dei
modi che bisognava seguire per l'indicazione dei suoi componenti. Con la pie-
na padronanza che l'A. ha della storia di Bologna, e che gli consente anche
di rettificare quanto abbiano già scritto pur chiarissimi Studiosi, quali il
Malagola o PEhrle, puó fissare dati sicuri sulle prime forme delle Commissioni
esaminatrici presso lo Studio Felsineo; sui rapporti di queste con la Catte-
drale, fino alla formazione di un Collegio di Dottori. La vita dello Studio
procede in intimo contatto con quella della Città; il mutarsi di ordinamenti
di quello, trova la sua ragione e spiegazione in fatti istituzionali del Co-
mune, e in vicende politiche, religiose, civili, Ed 6 anche la progressiva
esperienza che conduce al formarsi e allo stabilizzarsi di organi e delle
relative funzioni,

La costituzione dei Collegi di esaminatori rappresenta un momento essen-
ziale nel progredire dello Studio; e corrisponde ad una logica naturale del

(1) Era già composto questo articolo, quando è uscito per le stampe (Bolo-
gna, Zanichelli, 1940) il primo volume della Storia dell’Università di Bologna, e
che abbraccia il Medio Evo, dovuto appunto alla penna di ALBANO SORBEL-
LI. Sintesi magistralmente condotta, in cui al profitto di quanto è già stato
scritto sul- soggetto, s'aggiunge il risultato originale delle indagini dell'Aj;
e che in limpida esposizione, dell'Ateneo Bolognese, pei secc. XI-XV, dà una
piena veduta d'insieme, ed apre le prospettive per ogni più addentrata cono-
scenza,

Non la storia del solo Studio di Bologna, ma dello Studio Italiano me-
dievale, vi riappare percorsa, e in molti punti approfondita.

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suo sviluppo. « Il trapasso dalla Assemblea di tutti i dottori leggenti aven-
«te la consuetudine e facoltà di esaminare, a un determinato corpo creaito
« per questo, risponde ad un problema «che più volte non Bologna o l'Ita-
«lia solo si sono posto, durante il volgere dei tempi. E’ in fondo lo stesso
« problema di cui si è discusso in questi ultimi anni: degli esami fatti ai pro-
«pri, alunni dai rispettivi insegnanti; o del così detto esame di Stato, per
«cui si dispone che nessun docente interroghi i propri scolari i quali devono
« venire esaminati da un corpo a ció costituito ». Opportunamente cosi PA.
rileva la presenza in ogni tempo di questioni didattiche che sono insite al-
lordinamento della scuola, mentre s'impone l'esigenza dell’effettivo. rendimen-
to della sua. funzione. :

Ma per avanzare con cautela nell'indagine sui Collegi dei Dottori, occorre
sbarazzare il terreno da possibili confusioni. Equivoci possono sorgere, de-
stati dalla denominazione di Collegium. Il Sorbelli sente una necessità prelimi-
nare, determinar quale significato abbia il Collegium in generale, e vedere
la distinzione tra i vari Collegi esistenti in Bologna nei secoli dal XII al XV.
Ricerca del maggiore interesse, che andrebbe fatta per ogni città dove ha
"vissuto uno Studio; ed anche dove non c’è stato. :
Esisteva in Bologna un Collegio di Giurisperiti, di competenti in ma-
teria legale, come un altro in medicina, senza rapporto con lo Studio, con scopi
pratici e civili, a servizio della città, cioè dello Stato; pei bisogni che esso
e i cittadini potevano averne nel campo dell'amministrazione e della giustizia,
E! essenziale non confondere questa, specie di Collegio, di cui pure facevano
‘ parte dei Dottori, con il contemporaneamente esistente Collegium Doctorum
avente l'ufficio proprio di esaminare e conferire i. gradi. E

Egregi studiosi dell'istituzione universitaria, quale il Gloria, sono talora
‘ incorsi nella confusione. Nelle indagini sulla storia dell'Università, è accaduto
di giungere tardi alla precisazione di concetti essenziali, e alla netta distin-
zione degli istituti a quella attinenti. Prima della classica opera del Denifle
(1885), chi aveva posto in chiaro la differenza fondamentale ira Studium e
Universitas? A

Anche qui in Perugia esisteva certamente ai primi del Trecento un Col
legio di Dottori senza riferimento allo Studio; accolta di esperti in materia
giuridico-politico-amministrativa, al cui consiglio ricorre il Comune. Il Pellini
e a lui possiamo credere, riferisce come questo, nel 1307, chiese il parere al
Collegio dei Dottori, se mandando un aiuto di armi richiestogli dalla Chiesa,
compromettesse la propria libertà. Si può asserire come non abbia relazione
alcuna questo Collegio con lo Studio. Il Pellini dice inoltre che il Collegio
si componeva di 22 dottori; mentre l'ordinamento costitutivo dello Studio,
stabilito l’anno innanzi dal Comune, fissa per la Facoltà giuridica a 4 i
docenti di Diritto civile e a 2 del Canonico. i

Ad ogni modo dai documenti universitari perugini, dati in luce dal
Rossi, non risulta affatto im quest'epoca l’esistenza di un Collegium-Doctorum
con funzioni comunque riferentisi allo Studio. Bisogna giungere allo Statuto
Comunale del 1366, di cui la Rubrica ccxij (edita dal Rossi) parla : d'un
Collegium Doctorum secundum registrum Episcopatus: Perusij, dal quale poteva
un Dottore essere requisitus per dictum Episcopum onde assistere ad exami-
nationem alicuius doctorandi. Non è però il Collegio come corpo che inter-

DEDE E A Eu
IL « LIBER SECRETUS IURIS CAESAREI » 235

viene; sono i suoi appartenenti che possono singolarmente : esser chiamati.

Le Università Italiane si modellano sulla Bolognese che le precede; ma i
nel loro organarsi, diverse vengono sotto molti rispetti a trovarsi in ritardo i
su di essa, attraversando modi formativi che quella ha superato da tempo. à
Il Sorbelli giunge a ritenere che in Bologna «la costituzione del Collegio |
« dei Dottori nelle tre discipline del Diritto Civile, del Canonico, della Me- E.
« dicina o Arti, risalga con i caratteri precipui quali si vedono nei primi e
« Statuti, e, se non com tutte precise le condizioni, con quelle tuttavia pre-
« minenti della stabilità e del numero fisso, al periodo che corre tra il 1260
(B «e il 1280». Der
i Anche per Padova, lo Studio che segue più dappresso Bologna, può
assegnarsene l’esistenza sul finire del secolo XIII. Nello Studio Perugino
invece nel secolo XIV gli esami dottorali si fanno. col sistema che il Bolognese
ha già sorpassato. La Bolle di Giovanni XXII, del 1318 e del 1321, che con-
cedono la facoltà di addottorare in Diritto e in Medicina ed Arti, prescrivono
la convocazione volta a volta di una commissione di quattro Maestri della ma-
E teria, chiamati e presieduti dal Vescovo. Analogo sistema prescrive la Bol.
[E la di Clemente VI, del 1843, per lo Studio Pisano; cosi il diploma di
Carlo IV, del 1361, per il Pavese. I Collegi in questi Atenei appaiono molti
anni dopo.

Per lo Studio nostro resta un passaggio non ancora chiarito quello dal modo
di esame prescritto dai documenti pontifici, all'esame di laurea funzione di
A piena spettanza ‘dei Collegi dei Dottori, quale ci apparisce disciplinata nei
NE loro Statuti che ci restano, e che sono dei primi del Quattrocento. Il Sorbel-
li per lo Studio Bolognese scrive che il Collegio fisso e determinato nelle per-
sone era divenuto una necessità dinanzi ad un governo di parte che i1mperava,
essendo molto facile, se si continuava con le Commissioni variabili anno
per anno e composte degli. insegnanti dell'annata, che in dette commissioni
entrassero elementi che non piacevano alla Parte che era al governo. È
intorno al 1270, essendo i professori dello Studio ridotti a pochi, entrarono |
a far parte del Collegio cittadini ben visi alla parte Guelfa, addottorati, ma : j
non insegnanti. Ritorna sempre in evidenza come il procedere costitutivo : |

l

dello Studio sia influenzato da avvenimenti cittadini. Questo intrecciarsi, ur-
tarsi e comporsi di estrinseche ragioni politiche, con le intrinseche necessità
scientifiche e: didattiche, forma uno dei più singolari aspetti dell'evoluzione E
storica dell’Università. Un capitolo che varca interesse dello Studio, per
invadere quello più largo della vita civile, nella Introduzione del Sorbelli
ha appunto per soggetto « Comune, Collegio dei Dottori e politica locale
alla fine del sec. XIII e al principio del XIV ».

Pure qui in Perugia, dei nostri tre Collegi, dei Legisti, dei Medici Filo-
sofl ed Artisti, e dei Teologi, fanno parte non solo i Lettori, ma altri Dottori
3 cittadini esercenti la professione e ricoprenti cariche ed uffici. Potrebbe, al-
E meno il legale, essere anche una continuazione di quello di cui parla il

IE Pellini, che abbia col tempo assunto funzioni attinenti allo Studio; non sa-

la I . . . . .

| à premmo peró per quale successione di circostanze. In ogni modo dell'esistenza

1 : . L . Li Li L Li L

i di altri corpi collegiali di Dottori, senza alcuna relazione con lo Studio, da i

noi, non si trova nei documenti conosciuti più menzione. Non così a Bologna.
E sorge un altro punto controvertibile; la identificazione o meno dei

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Collegi di esaminatori con le Facoltà, cioè con i singoli. complessi di docenti
delle diverse branche di dottrina impartita nello Studio. Vi accenna il Sor-
belli,- notando come qualche scrittore di storia universitaria abbia non troppo
esattamente fatto tale identificazione. Occorre però ‘anzitutto bene intendersi
sulla nozione di Facoltà; e non volere scorgere in secoli remoti di vita’ del-
l’Università, presenza di organi e relative attribuzioni che si son precisate
e circoscritte in progresso di tempo. Come Facoltà nel senso e nel fatto
più vicini a noi, si è venuto a designare didatticamente un determinato omo-
geneo ordine di studi, col rispondente coordinamento di cattedre, e perso-
nalmente l’effettivo corpo docente che tiene e regola la scuola relativa. Ora
sta bene che degli antichi Collegi dei Dottori facevan parte anche estranei
all’insegnamento, mentre non tutti i docenti vi appartenevano; tuttavia però,
per fermarci al Collegio di Diritto Civile dello Studio Bolognese, oggetto
delle ricerche dell’A., quando il Collegio stesso esamina, quando i Colle-
giati possono insegnare, quando invigilano perchè forestieri non leggano, e
via via, esso viene ad avere sostanzialmente in sue mani il funzionamento di-
dattico della scuola di Diritto Civile. L'esame di laurea poi, come dei Col-
legi, così quindi delle Facoltà, è rimasta l’attribuzione più solenne.

+ Con la prudente riserva dello studioso conscio della responsabilità delle
sue affermazioni, il Sorbelli ci avverte come non tutti i lati che toccano
delle origini delle persone e degli istituti incaricati degli esami, ‘abbiano
potuto essere illuminati secondo quel che sarebbe stato suo desiderio « Co-
munque l'impianto ci sembra con sufficiente approssimazione fissato ». Ed è di-
fatti essenziale e decisivo, porre evidenti i termini del quesito e segnare le
vie alla ricerca. Resta peró, insieme, il prezioso contributo che egli vi ha
portato. È

Discussi quindi, e cercati di chiarire, con dati e con ragioni, punti di
tanta rilevanza per la storia della Università, in generale, lA. rievoca il
Collegio dei Dottori di Diritto Civile bolognese nel sec. XIV, fino alla
promulgazione degli Statuti del 1398, editi come è noto dal Malagola, ricer-
cando anche sulle precedenti redazioni statutarie; poichè è ovvio che costituzioni
dovettero compilarsi fin dalla istituzione dei Collegi, cioè poco dopo la
metà del secolo XIII. 2 1

I Collegi esistettero in presenza e in rapporto ad una già formata
Universitas di scolari, giacchè la corporazione studentesca è il fattore primario
e fondamentale dell’Università del tipo italiano, a differenza di quella del
tipo francese; ed ogni ente ed organo riferentesi allo Studio non può sussistere
se non dopo le Universitates costituite ed operanti. Lo Studio medievale, istitu-
zione instabile e fluttuante, báti en hommes, come bene venne detto, trova in
Italia nell’Universitas il suo primo punto fisso organizzativo. Si comprende che
di fronte ad una scolaresca associata ai propri vantaggi, dovesse cercare
di contrapporsi una qualche forma associativa cui venissero direttamente o.
indirettamente a far capo i docenti. Associazione per utilità personale, ma
anche della funzione esercitata, onde regolarne e garantirne la serietà e
l’efficacia. In età che per sostenersi il raggrupparsi è necessità vitale, il
giuoco degli interessi personali appare in primo piano; tanto che giustamente!
poteva affermare il Padelletti, come dagli interessi combinati dei professori,
IL « LIBER SECRETUS IURIS CAESAREI » 237

degli studenti e dei Comuni siano sorti gli Studi italiani medievali (« Arch.
Giur.» Vol. *XVIII, pag. 377).

Quanto i Dottori collegiati fossero presi dalla sollecitudine dei propri
benefici, ce lo mostra il Sorbelli con le sue notizie riguardo all'avidit?
degli esaminatori per le propine e tutto l’altro che poteva fruttare la fun»
zione; così da aversi .« con un’esagerata tutela dei propri interessi mate-
.« riali anche un deleterio rallentamento dei criteri derivanti dalla con-
« siderazione degli interessi superiori dello Studio e della cultura, nonchè
« del senso di idealità e di umamità ». E da per tutto era press'a poco cosi.
L'anormale prevalere dei soggettivi, non elimina però la cura degli og-
gettivi della scuola. Rimane tuttavia un fatto da spiegare: come gli interessi
dell’insegnamento fossero in mano di organi distinti ed eccedenti il corpo
insegnante. Nè può dirsi che la tutela dell’insegnamento ne fosse stata una
funzione. accidentale, magari poi divenuta principale; poichè come osserva
PEhrle (op. cit. pag. XLI), dalla circostanza che (a Bologna, ma ugualmen-
te altrove) si formò un numero di Collegi di professori divisi secondo le
scienze che professavano, e che gli stessi professori del Diritto si divisero
in due collegi, si deve inferire « che il miglioramento delle funzioni didattiche
« fosse il motivo prevalente per la formazione dei collegi dei professori ».

Si possa come che sia spiegare, soffermandoci ora al Collegio di Diritto
Civile dello Studio Bolognese, dei tre libri fondamentali che esso doveva tenere
— il Libro degli Statuti, il Libro degli esami o dei gradi, e il Libro dei consi-
gli resi dal Collegio — è il secondo, il Libro segreto, che viene pubblicato e
illustrato dal Sorbelli. i

Si chiama così perchè contenente, atti e deliberazioni su cui i Collegiati
dovevan mantenere il più assoluto riserbo. Esso è il Libro per eccellenza; e
« appunto perchè il Liber secretus tutta comprende l’attività multiforme del
« Collegio dei Dottori, ed è lo specchio fedele della loro opera, dei loro
« sentimenti, delle loro tendenze e aspirazioni, è chiaro che esaminando at-
« tentamente ciò che i vari Priori lasciarono liberamente scritto, anche e
« specialmente le cose che non si riferiscono direttamente agli esami e alla
« concessione di gradi, noi apprenderemo facilmente quel che nelle varie
« questioni. attinenti al Collegio, i Dottori pensassero, e in. qual concettio
«tenessero e con quali finalità governassero il Collegio stesso ».

I Collegi dei Dottori avevano di fronte irrequiete € combattive, come
già si è detto, le Università degli Scolari, istituti tra loro in stretto con-
tatto, e in naturale accordo, in quanto ambedue interessati alla massima pro-
sperità dello Studio; ma altresì in naturale contrasto, perchè gli scolari
cercavano di rendere più facile Pesame, mentre i Dottori di mantenergli la
maggior severità e rigore scientifico. Anche qui, nondimeno, opportunamente
toccati, quest’ultimi, nella corda sensibile, accadeva che col Collegio pure fosser
possibili degli accomodamenti. Episodi di storia universitaria, ma altrettanto
umana, di tutti i tempi. : M.

Il Libro Segreto principia dallanno 1378; e il Sorbelli ha compiuto
un'altra. diligente fatica: di. rintracciare: cioè anno per anno, a cominciare
dal 1300, i nomi dei Dottori che figurano come membri delle Commissioni
di laurea, servendosi di altri documenti conosciuti; e dopo del 1378 natural
mente dello stesso Liber secretus; cosicchè, pur con inevitabili lacune, ci dà il

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primo tentativo di una Matricola dei Dottori del Collegio dall’anno 1300 al
1420. Il testo del Liber secretus se ha un più diretto valore per la storia
dell’Ateneo Bolognese, lo ha indirettamente per tutti; specialmente poi i
nomi degli scolari che si presentavano al dottorato, ci dicono da quante parti
affluisse a quell’Università la scolaresca.

I nomi degli studenti provenienti dall’Umbria e in particolare da Perugia,
mostrano come là accorressero numerosi dei nostri. Eppure a Perugia c'era
un fiorentissimo Studio. Ma è risaputo come nello Studio medievale lo
studente del luogo si trovasse in una condizione di inferiorità rispetto al fore-
stiero, non potendo far parte della Universitas, e godere in conseguenza di
tutti quei privilegi che questa era riuscita ad acquistarsi. Dimodoché colui
che ne aveva possibilità, andava! fuori a studiare. Quella caratteristica di er-
rante che sembrava essere intrinseca allo studente medievale, ha continuato
fino ad epoca pià recente. Anche nel Cinquecento il Caccialupi nel suo De
Modo studendi in U? J. seguitava a consigliare di andar fuori a studiare, nam
in propria patria multa divertunt. ;

La dotta Prefazione del Sorbelli spazia per tanti campi della più antica
organizzazione dello Studio ;primigenio dell’Italia ritornata alla sua missione.
dispensatrice di cultura e di civiltà; e che fa col risorgere della scienza
del Diritto la sua rinnovata affermazione di maestra ben prima di quella che
vien detta la Rinascenza. Alla Università Bolognese ne spetta il vanto. Una
forza di tradizione seguita a sorreggere l’antichissimo Studio, mentre seri
guai lo travagliano, effetto di turbolenta politica locale; e s’accentua una del-
le cause che anche il Sorbelli addita, del suo indebolimento scientifico: cioè
la restrizione all'elemento cittadino della funzione dell'inségnamento, ten-
denza che non si limita alla « bolognesità » dei Lettori, ma va alla loro
ereditarietà in date famiglie. Dai Collegi si escludono i forestieri; il nostro
grande Baldo, come altri illustri maestri, perchè non bolognesi, non fanno
parte del Collegio di Diritto Civile (1). Questa tendenza all’esclusivismo
locale nella scelta dei Lettori, si è avverata in tutti gli Studi; in Bologna però
s'è venuta manifestando più presto che altrove.

Prima che quì a Perugia di certo. Anzi qui da noi c'erano formali di-
vieti sanciti in disposizioni del Comune, che i Lettori stipendiati fossero del-
la città, poiché la Lettura si giudicava che fosse tenuta melius per forenses
quam per cives. Negli Statuti del Collegio di D. C. bolognese si asserisce al
contrario, come la lettura deferita ai cittadini del Collegio avesse contribuito
a mantenere lo Studio di Bologna, a conservarlo ed accrescerlo. Ecco: l'ostra-
cismo ai forestieri poteva anche privare l'Università di nomi illustri. ‘Teniamo
però presente come le Università fossero tante; e docenti di fuori non
potevano trovarsene ad ognijmomento disponibili quanti ne occorrevano per co-
prire le cattedre. Col privilegio riservato all’elemento cittadino si stimolava

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(1) Non si hanno veramente notizie ‘sicure sulla lettura di Baldo in Bo-

logna. Tuttavia, poichè qualche elemento hanno avuto i suoi biografi per

ritenerla Bcobabils: si può ancora credervi. E’ documentata invece quella del
fratello Angelo, giurista anch” egli di grandissimo valore, ma che la fama
di Baldo ha relegato un po’ nell'ombra. Nemmeno Angelo degli Ubaldi figura
fra i Coen. ;
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IL « LIBER, SECRETUS . IURIS CAESAREI » 930

il formarsi e mantenersi di un vivaio di insegnanti, se non famosi, capaci di
tener almeno con dignità la lettura, ed assicurare allo Studio una continuità
ed una sufficienza di scuola, che altrimenti avrebbe potuto subire spesso dei
vuoti. In certe famiglie si produsse un'ambizione scientifica, tanto che per
più generazioni poterono fornire professori valenti. Così a Perugia, dopo che
pure qui prevalse il cittadinismo, in certe casate, a cominciare da quelle di
Bartolo e di Baldo, alle altre dei Benincasa, dei Bartolini, dei Della Cornia,
e più ancora,

Lo Studio é un organismo ricco d'azioni e reazioni sul proprio ambiente,
per sostenersi attraverso l'età. Si adatta, si piega a circostanze; trae profitto
da qualsiasi elemento a sua portata, per resistere; e l'alterna fortuna di tutti
gli istituti storici non ne diminuisce, ma fa feconda di risorse la sua volontà
di durare. »

Potrebbe un ricercatore ben farne suo esclusivo terreno di lavoro; e non
lo si potrebbe. accusare di limitare: troppo la. propria attività. Perchè il
campo discende in profondità e si allarga in complessità di rapporti; la ma-
teria è tipica, è carica d'aspetti, di prospettive, di risonanze, le più diverse,
e spesso inattese.

E’ la vicenda della cultura, ma anche la vicenda umana; vi si accentrano
gli interessi, le passioni, le ambizioni, dalle più elevate dello spirito e det
pensiero, alle altre più impulsive di lotta per la vita, personale e istituzionale.

Ogni apporto a.quella. universitaria è accolto con interessamento dagli inda-
gatori della storia in ogni suo ambito. Tanto più quando, come in questo caso,
la sostanziale importanza del documento è manifesta; e quando il suo editore
ed illustratore, oltre che uno scrittore e studioso di larga e varia attività e
dottrina, è uno specialista del tema, di indiscussa competenza, quale Al
bano Sorbelli.

Raffaele Belfort

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8; INDICE DEL VOLUME

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G. GASPARRINI LEPORACE. — Cronología dei Duchi di Spoleto (569-1230)

E. DUPRÈ THESEIDER. — La rivolta di Perugia nel 1375 contro l' A-
n bate di Monmaggiore ed i suoi precedenti

politici .
U. BARBÈRI. © — Il passaggio delle truppe spagnole da Peru-

gia nel 1734 e nel 1742 (Da un «Diario»
inedito nell'Archivio del Nobile Collegio

della Mercanzia) . : : 3 È i

. P. D'ACHIARDI. . — Cesare Fracassini A 3 :

Recensioni

Il « Liber secretus iuris Caesarei» dell’ Università di Bologna a cura di Al-
bano Sorbelli (R. BELFORTI) .



pag. 5 |
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