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I CASTELLI DEL CONTADO PERUGINO

IL CASTELLO DI MONTALERA

E' vecchio proposito della nostra Deputazione di Storia Patria
venir pubblicando via via illustrazioni Castelli del Contado Peru-
igino. E' sembrato che non fosse possibile dare migliore inizio alla
serie nel Bollettino che con la imonografia del castello di Monta-
lera dovuta ad Adamo Rossi, cioè ad uno dei più esperti cono-
scitori della storia perugina nei suoi documenti.

Questa monografia può quasi considerarsi inedita: pubblicata
a Firenze nel 1899, oggi è divenuta introvabile, ed è richiesta e
desiderata da molti studiosi, ai quali crediamo di far cosa gradita
ridandola nuovamente alla luce dal manoscritto originale. Dettata
una movantina. d'anni fa, conserva il valore e l'interesse delle
notizie raccolte da un erudito e diligente ricercatore quale fu lA.;
e a parte lo stile che sa troppo d'altto tempo, merita di vedere
la luce. Le altre pubblicazioni che parlano dell'ardito castello che
sorge sul colle alto e pittoresco nei pressi del Trasimeno (la nota
del Marchesi nella sua traduzione del poemetto di Matteo dall'Isola;
la pubblicazione di Giuseppe Danzetta Alfani sui Castelli del Tra-
simeno; quella di Angelo Lupattelli su Montalera stessa) non por-
fano maggior contributo alla sua storia di quanto ne ha dato il
Rossi; né mettono assieme tante notizie quante lui. Gli rimane quin-
di tutto il pregio d'un lavoro originale.

Le vicende dei castelli, paesi, ville del contado perugino for-
mano un insieme di elementi integrativi della storia della città:
come hanno concorso a formarla, concorrono a farla conoscere.
Uscendo dalle cinque porte della città, corrispondenti ai cinque
quartieri o Rioni in cui l'abitato cittadino si ripartiva, il territorio
contiguo circostante per una ampia larghezza era diviso in cinque

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6 I ADAMO ROSSI

zone, designate col nome dei Rioni stessi, dei quali formava come
un prolungamento fuori delle civiche mura. Costituiva questo il
Contado o Distretto di Perugia; ed era territorio venuto via via a
ridursi sotto la giurisdizione del Comune che lo considerava stabil-
mente a lui soggetto.

E' da distinguere questa zona in definitiva dipendenza del Co-
mune, come che non sempre negli stessi limiti, dalla più vasta esten-
sione territoriale, comprendente città e castelli dell'Umbria qual'è

oggi intesa, e delle regioni finitime, su cui Perugia nel periodo della
maggior potenza comunale era riuscita ad imporve la sua supremazia
politica. Quella aveva formato in certi momenti lo Stato perugino;
l’altra il Contado su cui durava una giurisdizione anche quando
la Repubblica più non esisteva.

— J'un contado perugino c'è menzione sin da antichi documenti:
così in un diploma di Re Corrado del 1057 (cfr. Bonaini Pref.
alla 12 parte delle Cronache e Storie di Perugia, « Arch. Stor. It.»
Tomo XVI pag. XXIX); Arrigo VI con diploma del 9 Agosto
1186 concede alla città totum comitatum Perusinum (pubbl. dal
Bartoli, St. di Perugia pag. 295). Sul suo modo di governo e sui
rapporti giuridici e amministrativi tra il Comune e i paesi e gli
abitanti in esso compresi, ha parlato Francesco Briganti in Città do-
minanti e Comuni Minori nel Medio Evo con particolare riguardo
alla Rep. Perugina (Perugia 1906 Un. Tip. Coop.). Sulla parti-
colare magistratura che per qualche tempo vi fu preposta, Giusti-
niano degli Azzi: I capitani del Contado nel Comune di Perugia
(Perugia 1897 Un. Tip. Coop.). Ha trattato più largamente il pro-
blema dei rapporti tra città e contado, Romolo Caggese nel Vol. II
del suo lavoro Classi e Comuni Rurali nel Medio Evo Italiano (Fi-
renze 1908, O. Gozzini); cfr. la recensione di Gioacchino Volpe
nella « Critica » del 1908 anno VI. Sull'argomento cfr. ancora Vac-
cati Pietro, La territorialità come base dell'ordinamento giuridico del
Contado, in « Atti della R. U. di Pavia» 1921.

Negli atti della vecchia Cancelleria Decemvirale si trovano di-
verse rassegne dei castelli e ville (la distinzione è nei documenti
pubblici) del contado. Alessandro Bellucci in un articolo pubbli-
cato in « Augusta Perusia » (Anno II, 1907): L'Antico rilievo topo-
grafico del territorio perugino misurato e disegnato dal P. Ignazio
Danti, ne indica cinque di tali elencazioni. Quattro sono in atti uf-
ficiali; la prima del 1305, trovasi in frammenti di Riformanze del
sec. XIV: le altre in atti del 1380, 1428 e 1429, e furono edite da

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IL CASTELLO DI MONTALERA ] 7

A. Fabretti nei Documenti di st. per. pubblicati privatamente. La
quinta il B. la desume all'opera inedita illustrativa del territorio
perugino, del Belforti-Mar'otti (mss. N. 1413-23 della Bibl. Com.
Augusta); e il B. riproduce l'enumerazione delle ville, abbadie, terre
e castelli nella cit. rivista Anno I pag. 95: Territorio Umbro. Nel-
l'articolo più sopra ricordato l' A. pone in confronto i diversi elenchi
e li mette in rapporto con la carta del territorio perugino disegnata
dal celebre cosmografo P. Ignazio Danti nel 1577, ed incisa dal
Cartari nel 1580. Il Bellucci si era già da prima occupato dell'argo-
mento in uno scritto apparso sul « Boll. della Società Geogr. Ita:
liana » 1905.

Il variare del numero delle località indicate nei singoli prospetti
dipende anche dalla diversa importanza da esse avuta e attribuitagli
in diversi momenti. Cosi il Crispolti (Perugia Augusta, 1648, pag.
192): «Sono in numero i Castelli et le ville di Perugia più notabili
234, senza annoverarsi altri castelletti et villaggi di minor condizione».
E come centri più importanti allora, descrive Corciano, Fratta (Um-
bertide), Deruta, Marsciano, Piegaro, Panicale. Altra notizia del
Crispolti: « gira intorno centotrentotto miglia; e i fuochi suoi sono

undicimiladuecentodiciassette; e l'anime cinquantasettemilaottanta- -

quattro » (pag. 166).

Un elenco delle Comunità che compongono il territorio di Pe-
rugia, soggette al governo di detta città, divise per le cinque porte
si trova anche nel Diario Perugino ecclesiastico e civile per l’anno
1772 (Perugia 1781 Mario Riginaldi). Nelle diverse elencazioni qual-
che località non si trova far parte ognora dello stesso settore rionale.

Il Capitano Piccolpasso da Casteldurante nella seconda metà del
Sec. XVI fece per incarico del governo pontificio un rilievo topo-
grafico descrittivo del territorio Umbro, di cui si hanno tre redazio-
ni: una nel cod. lat. urb. 279 della Vaticana; un'altra nel cod.
top. 550 della V. Emanuele (cfr. le due note di A. Bellucci a
pag. 27 e 44 di « Augusta Perusia» Anno I 1906), ed una terza,
la più ampia e ricca di dati e disegni, acquistata nel 1928 dalla Bi4
blioteca Augusta di Perugia (cfr. l'art. di F. Briganti in « Perusia »
Anno I 1929 fasc. I: Cipriano Piccolpasso da C. D.). Piante to-
pografiche, vedute prospettiche, notizie descrittive, statistiche, eco-
nomiche, rendono del più alto interesse il manoscritto, quale una
immagine della regione nell'epoca, ed anche il territorio più propria-
mente perugino vi-riceve illustrazione.

Una ricerca storica particolareggiata sulle ok località com-

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| prese in questo, intraprese sullo scorcio del sec. XVIII Annibale Ma-

riofti con la collaborazione di Giuseppe Belforti. Il ms. originale
del voluminoso lavoro trovasi nella Biblioteca Augusta; e risulta di
mano di ambedue questi nostri eruditi. a

Il B. apparisce aver fatto un preliminare spoglio di notizie id

alcune fonti, come gli Annali Decemvirali, le Storie del Pellini,
il M. vi ha aggiunto tutto il contributo della sua amplissima di:
zione e conoscenza della storia locale nei suoi documenti editi e
inediti. Esistono copie manoscritte del lavoro in altre biblioteche:
e da segnalare quella nell' Archivio del Monastero di S. Pietro fatta
sul principio del secolo scorso dal diligente trascrittore e raccoglitore
di cronache e documenti, l'abate Francesco Cacciavillani, che l'ha
corredata di utilissimi indici, di piante del territorio e dei castelli
e paesi, di cui molti del tutto trasformati ed anche scomparsi.

Sono state fatte di poi singole pubblicazioni su molti di questi
luoghi del territorio perugino, pochissime le vere monografie con
ricerche proprie; la maggior parte dei rispettivi autori si sono serviti
della fonte Belforti-Mariotti, e per lo più limitati solo ad essa.

Il territorio perugino era magnificato per la sua feracità. «Il

contado di Perugia è abundantissimo de tutti li fructi e beni che a

l'uso humano se ricerca, e tale che in un solo anno, essendo la ra- .

colfa conveniente, per tre continui anni, (non altrimenti che nel paese
suo consumati) al popolo e íetritorio perugino a bastanza seria ».
Cfr. Il Contado di Perugia descritto da un anonimo nello scorcio
del sec. XV (per nozze Catucci-Oddi, Perugia 1869 V. Bartelli);
la città di Perugia traeva da esso i suoi approvvigionamenti alimen-
tari, e molte materie prime per le sue arti. Quindi un bisogno di
tenervi un dominio per più vasta sfera possibile; dominio raggiunto
con mezzi diversi, dalla conquista bellica alla spontanea sottomissione.
Necessità economica di signoria, congiunta a quella di tutela della
propria sicurezza mediante il possesso per un largo raggio, dei din-
forni, specialmente nei punti strategici da cui poteva avanzatsi e mi-

macciare la città. Senza il contado questa non poteva più assicurarsi

l'indipendenza; per punirla della ribellione nella guerra del sale
« privò il Papa (Paolo III) Perugia di tutti i Magistrati et anche
del dominio del suo contado» (Racconto del Frolliere in « Arch.
Stor. It.» Vol. XVI Parte II pag. 452).

Per l'ampio panorama esteso nello spazio e nel tempo dei rap-
porti di Perugia coi diversi luoghi del contado, alcuni piccole cit-
fadine, altri rocche e fortezze, altri villaggi e pievanie, vengono in

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IL CASTELLO DI MONTALERA 9

evidenza le posizioni dei nobili che volevano signoreggiare quelle
località munite; le relazioni colle grandi abbazie; i vincoli tra la
città dominatrice e i minori centri a lei soggetti; la condizione degli
uomini e del lavoro che fecondava quelle terre, in una netta divisione
tra cittadini e abitatori del contado che appare antichissima (cfr.
Bonaini nella cit. Prefazione pag. XXIX).

Il castello di Montalera si trova compreso o nel Rione di Porta
S. Susanna o in quello di Porta Borgna (Eburnea). La sua posizione
fortissima di natura lo rendeva una delle chiavi del possesso della

regione del Trasimeno, a cui Perugia teneva si può dire più che a

ogni altro, per il prodotto della pesca nel lago e per quelli agricoli
che la contrada dava abbondantissimi. Altrettanto vi tenevano altre
famiglie feudatarie, e più quella che di fatto venne ad avere una
signoria su Perugia: i Baglioni. Da queste aspirazioni e contrasti
prende vita la storia del castello.

RAFFAELE BELFORTI

Le note che non si trovano nel manoscritto di Adamo Rossi portano l’indi-
cazione di « Nota aggiunta ». i
ADAMO ROSSI

Poi giunsi in una valle

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Che nel mezzo s'un’sasso avea un castello
Forte e ben posto, a meraviglia bello.

ARIOSTO CAN. II STAN. 4l.

Per la via che mena a Firenze il passeggiero lontanato un quin-
dici miglia da Perugia, volentieri interrompe il suo cammino a ‘fine
di vagheggiare l'incantevole scena che il Trasimeno e suoi dintorni
gli offrono; per quella raccolta di acque limpidissime, isolette che
vi nuotano, da un lato chiaro-verde frondeggiar di ulivi su pei colli
‘ordinatamente disposti, dall'altro sterminata vitifera pianura, e vil-
lette e castelli qua e la sparsi, e digradare di tinte, e dolce piegar
di linee, una delle più deliziose, di che si consoli il forastiero in
viaggiare l’Italia. Girando lo sguardo sembra che maggiormente il
rapisca e tutta a se ne richiami la osservazione una rocca, che là in
fondo sovra altissimo giogo, il ricurvo dorso di spesse piante ve-
stito, bruna torreggia. E' Montalera, cui pur da lungi, sebbene in
gran parte si ascondano le rare sue qualità, la elevatezza e regolari
forme del poggio, l'amenità e postura del suo castello, che si scorge
dominare l’insieme di quelle giocondissime viste, rendono singolare
e degno di speciale ammirazione. Ma perché esso apparisca, qual'è
veramente, un portento di naturale bellezza, fa mestieri avvicinarvisi.
Si comincia allora a scoprire, come quel monticello dalle minori
balze affatto diviso, sorga su da pianta rotonda, e nell'elevarsi, quasi
fosse artificiosa piramide, vada con armonia abbreviando i suoi cer-

* chi. Peró la sua pendice sempre dilettevole a vedere, sia che come
ai tempi del Campano ‘fitto bosco solo alle falde la ricinga, e nudo
biancheggi il resto (1); sia quale oggi rimirasi, dalla cima al pié
in due parti divisa, e la meridionale tutta ulivata, la settentrionale
tutta di dense elci selvosa. Bello per sé stesso, ma più bello come
specola, è d'uopo salirlo, e di lassù farsi intorno intorno a contem-

(1) In Descript. Trasimeni.

v uw IL CASTELLO DI MONTALERA 11

plare diversi spettacoli: a tramontana la conca del Trasimeno: all'oc-
cidente Castiglione e il ferace suo Chiugi: a mezzodi le apriche col-
line, in una delle quali la terra natale di Boldrino, bagnate alle radici
dal Torrente Tresa: all'oriente l'orrido di querceti e dirupi, sul cui
lontano e più sublime confine le diroccate mura di Mongiovino. Ir-
raggiato da chiarissimo sole, circonfuso d’aere dolce e purissimo, dal
gelo e dal calore non mai soverchiamente offeso, né l'Ariosto né il
Tasso che pei loro giardini d’incanto trovarono mirabili varietà di
bellezze, avrebber forse saputo immaginare un poggio di ‘più vago
aspetto, né fra maggiori delizie. :
Laonde anziché col Campano e Matteo dall'Isola sciogliere lo
strano suo nome nelle due voci di Monte Aereo (1), a noi dietro
il Mariotti (2) posta mente alla sua desinenza, parve fosse cosi detto
quasi Monte d'Era, parola colla quale gli Etruschi e Greci appella-
rono la Dea dai Latini chiamata Giunone. E sta, che l'aria deificata,

T'elemento amabile, la vita della natura ottenesse particolar culto, dove

di tal dono celeste meglio si fruisce, e che appresso al monte sacro
a Giove (Mongiovino) altro ne sorgesse a sua sorella e moglie in-
titolato. :

Può aggiunger fede a questa opinione, che dona a Montalera
una antichità a pochi altri de' nostri villaggi comune, l'avervi disco-
perto in vicinanza strati di musaico, idoletti e medaglie, le quali gran
lume avrebber prestato a queste ricerche, se fosse stata sperabil cosa,
che l'ignoranza e il bisogno di chi li rinvenne ce le avesse serbate.
Onde senza monumenti di sorta sarebbe vano desio, che tale storia
movesse dai tempi vetustissimi d’Italia, e non piuttosto tanti secoli
appresso, quando per documenti potrà solo il racconto essere e parer
verace. E di questi si lungamente difettiamo, che né della prima
costruzione del castello ci saria dato risapere, se le storie italiane
non c'istruissero, che generalmente siffatte rocche in simili alture
sursero allora, che Normanni Saracini ed Ungheri invadendo le no-
stre contrade, gli assaliti abbandonate le città, ricoverarono ai lor te-
nimenti di campagna, e li dove il sito era meno accessibile, e piü
agevole la difesa, ad onta pure di divieti, murarono fortini, innal-
zarono torri, e dentro vi si rendettero sicuri e formidabili (5).

La prima memoria del medesimo autenticata da scrittura, balza

(1) Came. ubi sup.; MarH. as Insuta, in notis ad lib. I Trasimenid.
(2) Storia ms. delle Terre e Castelli del Perugino.
(3) Vedi Canrù. Stor. univers. epoca X.

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fuori dal tenebroso medio evo, come folgore strisciante a traverso
| di nera tempesta. Continuavano Gregorio nono e Federico secondo
lo la lotta dai loro precessori iniziata; ed a ‘fieramente osteggiarsi era
i all'uno buona ragione il ritardo dell'imperatore a crociarsi, il trat-
tato che egli poté dal soldano ottenere, la rivolta suscitata in Roma
contro la santa sede, l'oppressione e spogliamento del clero. All'altro E
gli anatemi di che il papa non finiva di caricarlo, l'affrancamento ai
soggetti dall'obbligo di fedeltà, la protezione da esso accordata alla
lega delle città lombarde, la ribellione nel cuore del proprio figlio
insinuata. A disbrigarla pure una volta, Federico si consigliò muover
direttamente contro Roma. Sapevala a lui favorevole, sapeva parteg-
giar pe‘ lui altre molte città del pontificio dominio; però piuttosto
che nemico l'avrebbero accolto qual loro liberatore. E di vero la
marcia del Teutono segnalavasi vievia per dedizioni di città e castella:
alla vista delle sue armate aprivano spontanee le porte Foligno, Spel-
lo, Bevagna, Viterbo, Orta, Città Castellana, Montefiascone. Solo
Perugia, lo diremo con le parole di^ gravissimo storico, (1), solo
| Perugia «non poté mai indursi a chinare il capo all'Imperatore, e
(BS tenne saldo per la Chiesa». Spediva pertanto ai confini le sue genti,
ll | stanziava severissime ordinanze contro chi avesse tentato tradir la è
patria in mano dello straniero, conveniva col senatore di Roma in
una alleanza di mutua difesa, apprestava armi ai vicini sì che cac-
ciassero le abborrite falangi. Ma mentre così la massa de’ reggitori
e cittadini del nostro comune erano guelfi fino all'anima, non è che
in qualcuno non allignasse pure il germe dell’opposta fazione. Che
se il successo e prospero stato della ‘parte pontificale imponeva ora
a” pochi ghibellini l'inerzia ed il silenzio; appena agli ecclesiastici,
| il cui nerbo componevasi di Perugini toccó appo Spoleto una scon-
| fitta, essi imbaldanzirono, si diedero a conoscere per partigiani di
Is Federico, congiurarono alla scoperta. Era luogo di convegno Mon-

tegualandro, castello appartenente ai ‘fratelli Ranieri, Andrea, ed Avul-
| trone dei Montemelini (2), principali e moderatori della setta: ivi
IN si deliberó metter la patria in potere de' nemici, si trattó come
e quando consegnarla. Se Perugia al primo annunzio ne fremesse
non é a dire; pure cercando risparmiare a questi rinnegati un'onta (

(1) Muratori, Annali d'Italia, an. 1240.
(2) Secondo altri non sarebbero stati della famiglia dei Montemelini. Cfr.
Ansipzr-GrannantonI, I Codici delle Sommissioni al Comune di Perugia. (« Boll.
R. Dep. di Storia Patria » Vol. IV pag. 157, n. 2). « Nota aggiunta ».
IL CASTELLO DI MONTALERA 13
e un danno, alla propria storia una pagina di terribile vendetta, scris-
se lettere, ammonì a voce Avultrone, mandò ambasciatori, sì che
l'opera proditoria non compissero ; intanto rendessero al Comune il
castello, dessero statichi della lor ‘fede i propri fanciulli e le donne.
AI delitto aggiunsero perfidia e sprezzo di leggi, ché avuti già ‘per
nulla gli amichevoli parlari, respinsero i legati con una grandine di
sassi. Allora alla pietà e dolcezza sottentrarono sensi d’indignazione.
Il Consiglio ai 15 maggio 1249 (1) a tenore delle leggi concer-
nenti il patrio tradimento pronunciò contro la famiglia dei Monte-
melini la grave sentenza: . banditi perpetuamente i fratelli Ranieri
Andrea ed Avultrone, con la facoltà a chiunque di offenderli nelle
robe e nelle persone, ed anco toglier loro la vita ove capitassero alle
mani; compresi nel bando e spogliati de' municipali diritti i lor
figli: i famigliari sgherri e aderenti in egual modo confinati, e da
mettere a morte come venisse ‘fatto di prenderli e riconoscerli: i
beni de’ traditori confiscati al pubblico tesoro; le torri e il palagio
che ricettarono: la cospirazione da doversi adeguare al suolo (2).
Si fece il popolo per sé stesso esecutore di questo decreto, che noi
non noteremo mai di soverchia austerezza, nulla pena essendo equa
a degnamente punire chi patteggia e vende al nemico la patria. Tras-
se in frotta a Montegualandro, ricercò, ma indarno, dei fratelli con-
giuratori, ‘fuggiti appena riseppero dell’assemblea convocata a giu-
dicare il loro operato: infuriò per la insaziata vendetta, e messosi

d’intorno alle mura, in breve ora della rocca, della torre, del palagio

non restò pietra su pietra. E perché dimentico del sacro atto. che
compiva lasciò che la giusta sua ira trasmodasse in barbarie col pro-
fanar le tombe, toglier dall’arca gli avanzi del padre, e trascinarli per

le vie? Egli è pur vero, che nell'età di mezzo si pena a rinvenire -

un ‘fatto, per quanto solenne e doveroso, che in ogni sua parte ri-
plenda incontaminato (3)! Tra i beni pubblicati fù ‘pure compreso
il castello e tenimento di Montalera per quella parte che ad essa
famiglia spettava: così che la più antica ‘signoria di detto luogo
testificata per documenti si è questa de’ figli di Andrea di Giacomo,
ormai con certezza istorica riconosciuti pei primi rampolli dei Mon-

(1) F. Briganti (Città dominanti ecc. pag. 72) pubblica la deliberazione con
la data 15 Marzo 1247. « Nota aggiunta ».
(2) Ex rub. 52, Stat. perus. 1279.
(3) Vedi Banrorr Stor. di Perugia, lib. III.

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14 ADAMO ROSSI

temelini. (1). Anzi confermasi, che ne tenesse già il dominio
il nominato lor padre Andrea, e come di altri suoi possedimenti,
cosi di questo sembra avesse fatto dono a quel Giacomo altro suo
figlio, morto molto tempo innanzi che i suoi fratelli Ranieri Andrea
ed Avultrone cospirassero a. danni della patria, e però senza aver
punto partecipato all'iniquo disegno (2). Fu di qui, che Andreuccio
e Giacobello nati d'esso Giacomo, lasciato che nello spazio di quasi
due lustri gli animi sdegnati sbollissero, e concedessero luogo a ra-
gione, dellingiusta occupazione, in che i rettori dello stato di Pe-
rugia continuavano, si richiamarono a papa Alessandro quarto, quasi
volessero per pontificale grazia ammendato ció che per pontificale
parola sotto il quarto Innocenzo aveva ottenuto una sanzione sacra
ed eterna (3). Alessandro esaudi da Avignone i voti de' pupilli, e
scrivendone al potestà, capitano, priori, consiglio, e comune di Pe-
‘rugia, significò loro con accenti di preghiera misti a comando: es-
sendo cosa iniqua, che la pena la quale deve colpire i malvagi, per-
segua gl'nnocenti, essi per la reverenza dovuta a lui, ed alla sede
apostolica fra venti giorni satisfacciano ai danni recati, e si brighino
restituire ad Andreuccio e Giacobello i maltolti beni; altrimenti il
priore di S. Martino di Perugia abbia facoltà d'intimar loro le com-
parigioni dinanzi al pontefice per mezzo d'idonei procuratori, a fine
di apprendere da esso ció che ordine di ragione gli avrebbe all'uopo
dettato (4). E il Comune di.Perugia cui troppo doleva si dovesse
infermare l'atto solenne, ormai per annuali ripubblicazioni le dieci
volte sancito, e la proposta della cui abrogazione già era tassata di
cinquecento libre di denari (5); determinó che piato di tal genere
almeno per legali forme si diffinisse, e mandò alcuno a fare sue
difesé al cospetto di Stefano vescovo prenestino, eletto da Alessan-
dro a uditore della causa (6). Il quale a dritto sentenzió in favore
degli spogliati pupilli, ed al suo giusto giudizio lo stesso Comune
perugino parve di buon grado acconciarsi. Senonché, né di quali

(1) Ansipri nel Regestum Reform. C. P. pubblica, sotto la data 19 Aprile
1256, una proposta al Consiglio Generale quod raciones quas habet C. P. in
Montegualandro et in Montalerio et in Valiano quae fuerunt D. Raynerii Andree
Jacobi, vendantur cum Cluxio vel separatim. « Nota aggiunta ».

(2) Ex Burra, Alex. IV, in arch. Xvir. lett. A num. 24.

(3) Burra Innocen. IV, in arch. Xvir. lett. À num. 4.

(4) Burra Alex sup. citat.

(5) Ex ead. rub. Síat. perus.

(6) Ex actu relat. in lib. T: Submis. fol. 67 t.

di

2m IL CASTELLO DI MONTALERA 15

scuse si andasse in busca per temporeggiare ci è dato conoscere, la
stessa comunità indugiava mesi ed ammi la comandata restituzione,
né forse a ciò si sarebbe mai indotta, se in un bel giorno l’intima-
zione di ecclesiastica censura non avesse sgomentato i suoi magistrati,
e sforzatili a ragunare il generale consiglio perché posto fine alle
dimore, essa restituzione di ‘fatto si compiesse (1). Nessuno volle
e poté loro contradirlo, e nei pubblici libri ove si tenne conto del
fatto notasi, come Giacomo d'Uguccione, cui il potestà e capitano
ne aveano dato il carico, ai 16 aprile 1262, insieme all’intero ca-
stello di Compignano, alla terza parte di Montegualandro e di Va-
gliano, e di Corciano, rendesse ai nepoti di Andrea di Giacomo
« tutta e l’intera parte, che un tempo il loro avo ebbe e possedé in
Montalera, e sua curia e distretto passaggio e giurisdizione » (2).
Quanta e quale si ‘fosse questa parte posseduta un tempo dai
Montemelini, ed ora rifatta proprietà dei medesimi, giova dedurlo
da altri scritti del secolo decimoterzo, che lo stesso comunale archi
vio di Perugia ci ‘fornisce. Concernono l’acquisto, che la nostra città
ne fece il settembre 1289. Tanto coll’avere, sebbene per pochi anni
e solo in porzione signoreggiato detto castello, gli animi s'invaghi-
rono del medesimo, se più per lameno o per l’inespugnabile che
ha da natura, incerto. Da questi documenti, l’uno sotto il giorno 14
settembre, contenente la nomina di Corrado di Caratenuta a sindaco
del comune per la legittima compera di Montalera (5), l’altro del
20 che riferisce l’atto della compera medesima (4), oltre varie no-
tizie sulle condizioni del castello. a quei tempi, di cui il nostro rac-
conto si gioverà qui appresso, ricavasi che il principale possessore
del medesimo fosse Andrea di Guiduccio Nero, e che ai nepoti o
eredi di Andrea di Giacomo non ne appartenesse che la sesta parte.
E il pubblico di Perugia tratta solo di acquistare quanto a lui (con-
senzienti alla vendita Bianca sua moglie, e fratelli ad essa Andrea
Ranucolo e Guidarello) propriamente si spetta, sia entro la cinta
delle mura, sia entro 1 confini del tenimento del castello (Curia),
e ció per 9250 libbre di denari cortonesi minuti (5), garanti del

(1) Ex actu relat. in eod. lib. Submis. fol. 67.

(2) Ex actu relat. in eod. lib. Submis. fol. 71.

(3) Inter contr. Com. perus. saecul. XIII num. 555. D. et in lib. D. Annal,
Xvir. fol. 56 t.

(4) Inter eosd. contr. num. 555. G.

(5) Una delle specie di danaio, per la quale, quantunque già da molti anni
in Perugia si battessero monete, frequentementé néi nostri archivi si trovano sti-
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16 pe ADAMO ROSSI

. credito insieme al sindaco nominato Baglione di Guidone da S. Gio-

vanni e Giacomo di Seracino de' Montemelini.

Nella carta di questo contratto fassi special menzione del ca-
stello o 'fortezza (castrum ed in altri scritti poco posteriori cassarum
fortilitium), della torre, del palagio, di un casalino (casalinum) lun-
go 96 piedi, largo 76, appartenente ai nepoti o eredi di Andrea di
Giacomo, di una casa di Fucciarello figlio del sopradetto Guiduccio,
di una porta verso il lago, presso la quale questa sorgeva, di un ca-
stagneto a pié del monte vicino a S. Martino (1), di Montepittolo
tra i confini, tra le giurisdizioni dei pedaggi.

Doveva però essere ben molesto a detto Comune perugino .
non goder liberamente né solo del novello possesso, di cui se dividi
il dominio, la rocca stessa ti diviene ricovero malsicuro. Peró ci
parve saggiamente proposto al generale consiglio del 18 febbraio

polati i contratti di questo secolo. Di ció puó accagionarsi la celebrità della zec-
ca d'onde uscivano. Se dall’esser Perugia città limitrofa a Cortona altri volesse
argomentare alcuna uguaglianza od affinità fra le monete dell'uno e dell'altro
paese, giova sapere, che cinque libbre equivalevano prsso noi ad un fiorino, un
fiorino d'oro al valsente di un zecchino moderno. Sicchè posto che la libbra cor-
tonese rispondesse alla perugina, ed avvertendo che l'oro a quei tempi aveva
un prezzo cinque tanti del presente al Comune di Perugia Montalera avrebbe
costato 18 mila e 500 scudi.

(1) Nessuna memoria presso gli uomini del contado, nessun rudere nelle
campagne circostanti a Montalera di chiesa sacra a S. Martino, Peró essendo a
N. O. sul declive del monte una fontana detta di S. Martino, ció basta ad accer-
tare il luogo qui accennato. Intorno alle selve, che insieme al detto castagneto
leggiamo nominate nella scrittura pubblica di questo contratto, il Comune di
Perugia dettava la seguente ordinanza, la quale noi, a rampogna di quelli, che,
senza studiare l'indole e contegno de' luoghi, si danno al diboscare, a ció allet-
tati dallo strabocchevole frutto, che nei primi anni menano i novelli colti, diamo
siccome é riferita nel libro quarto dello Statuto a stampa rubr. 119. « Decretia-
«mo che niuno ardisca mettere a lavoreccio alcuna parte delle selve del Chiugi
« oltre i termini, nè dentro le selve di Montalera comperate per lo Comune
« di Perugia da Andrea di Guiduccio Nero; e quegli che contraffarà, paghi a

«mnome di pena al Comune cinquanta libbre di denari per ciascuna volta. E il

« capitano sia tenuto vegliare sulla osservanza delle dette cose, e i contraven-
«tori punire della detta pena: e similmente sia tenuto di mandare ogni mese -
«nel Chiugi e a Montalera uno de’ suoi notari, il quale debba ricercare e pren-
« der contezza, se altri avrà recato danno nelle dette selve del Chiugi, o se nel-
«luno o nell’altro luogo faccia o abbia fatto lavoreccio; e colóro, ch'egli co-
« glierà in disubbidienza, condanni alle pene sopra notate: € se il capitano sarà
« negligente a questo adempire, paghi del proprio salario al Comune perugina
« cento libbre di denari ».
———————————————À

IL CASTELLO DI MONTALERA 17

ritto sul castello e beni di Montalera, il Comune di Perugia com-
perasse i| resto e del poggio e del ‘fortilizio con tutte sue giurisdizioni
e pertinenze: che i Priori delle arti scegliessero dal popolo dieci

uomini dabbene e idonei, i quali insieme a legale notaio si recassero

a vedere, ricercare, definire, e segnare con termini, quanto sia esso
poggio, cui appartenga, e di qual valore; che i singoli possessori a
norma di tale stima ‘fossero forzati fare delle lor parti buona vendita
ad essa comunità di Perugia (1). Trovata cosa utile, ne fu vinto
il partito, il quale che tre anni poi fosse mandato ad effetto argo-
mentasi da ció che il pubblico nel 1512 appaltava i frutti delle anti-
che e nuove possidenze, e colla pecunia che ne ritraeva givà soddi-
sfacendo del prezzo i figli di Fucciarello Cello e Luzio (2). Molti
anni appresso (1385) i magistrati la voltavano per l'acconcio delle
strade della città (3). Cosi dopo oltre dodici lustri, dacché la Si-
gnoria decemvirale cominció ad aver qualche diritto sopra Monta-
lera, fini coll'ottenerne l'assoluto dominio, e il pleno arbitrio di ve-
gliar da colassù il sopposto Chiugí e lago, che tanto alla stessa città
importavano.

E continuava nel legittimo e queto possesso, quando per citta-
dine follie sollecitato pure entro le sue mura il papale intervento, ed
i legati da protettori convertiti facilmente in oppressori, Gherardo de
Puy, meglio conosciuto sotto il nome di Abate di Mommaggiore,
il più feroce ed ultimo di questi, prese nel 1372 la signoria di tutta
la città e contado (4). Tacque allora fra noi ogni potere da’ patrii
statuti ordinato: la Chiesa fecesi arbitra delle sorti nostre, trassinò a
talento i beni del pubblico, sollevò, rimuneró, come in ogni civile
rimutamento, i fautori del novello regime, chiunque sé disse martire
dell'opinione che di presente trionfava. Tra questi ottenne forse primo
luogo quel Francesco della nobile famiglia de' Coppoli, che potendo
comprovare l'antica sua devozione al pontificato, e noverare una
serie di guai che perciò l'incolsero, de’ quali il più grave e fresco,
il bando e la confisca di tutti i beni, onde i popolani dominanti vol-
lero punito il suo servigio in corte di Gregorio nono; chiese ed
ebbe una retribuzione ai meriti, un'ammenda ai danni, poiché ad

(1) Annal. Xvir. 1309, fol. 155 t.

(2) Annal. Xvir. 1312, fol. 15 t. et 26.

(3) Annal. Xvir. 1385, fol. 92.

(4) « Arch. storico It. » p. I. tom. 16 suppl. ter. al Graziani pag. 217.

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18 : ADAMO ROSSI i

I esso ed a Giovanni suo fratello figli di Bettolo fu per tale ragione
| : concesso sino a terza generazione il feudo di Montalera, con tutte
| sue rendite possessioni e giurisdizioni. Il breve d'investitura dato ai
| 22 giugno del citato anno 1372, l'storiografo perugino Lancellotti
| scrive avere egli stesso veduto e letto (1). Ma i tempi non erano
ancora maturi a durevole servitù, e non compivasi il 1375, che il
e popolo di Perugia, deposte al fine le vergognose ire di parte, causa
Pica della perduta autonomia, si levó come un sol uomo, ed impugnato
l| il vessillo dell’invitto grifone, fulminó con terribile balista la stra-
| niera milizia, ed entro gli stessi agguerriti suo1 nidi ridusse l'abate
Ji ad umilmente patteggiare libera uscita (2). Coi governi che cado-
ud no, cadono i lor favoriti, e ne cessano le istituzioni e le grazie. Peró

| | allora che Perugia si rivendicó in libertà, dovea pur tornarle il ca-

li stello e contado di Montalera, e restarne spogliati quei Coppoli, che
| dalla corte ecclesiastica, non avente più alcuna autorità fra noi, n'e-
rano stati dianzi investiti. E di diritto tornò al pubblico di Perugia,
ma di fatto restò in potere di quello stesso Giovanni de’ Coppoli,
nominato insieme al ‘fratello Francesco nel breve di donazione, ed
i a. lui defonto succeduto nel pieno godimento de’ beni. S'era questi
BEES adoperato a tutt'uomo, perché la patria, scosso dal collo il giogo
della Chiesa, recuperasse i primieri ordinamenti civili: fortune e
vita c'avea messo a repentaglio. La patria che nei giorni della lotta
il vide tra suoi piü arrischiati difenditori, pose giü volentieri ogni
sospicione, che sopra figlio già bene affetto al papia, e da esso regalato
ses poteva a ragione aver nutrito: volle se ne ‘facesse. onorevole men-
zione ne’ pubblici libri, e stanzió che a lui e suoi nepoti si dessero
“le comunanze di Montalera con tutti loro diritti, emolumenti, onori,
e possessi, qualmente ‘furono fin qui dai medesimi tenute nel tempo
«del regime della Chiesa romana (3). La rimunerazione dové es-
| sergli gradita, quanto discaro ne saria stato solo il pensiero di ab-
| i i bandonare luogo di tanta fertilezza ed amenità, ed a lui tanto più
| esa accetta, perché essendo uomo di spiriti guerreschi Montalera gli
apprestava per sede una rocca, e gli dava occasione di esercitarsi
in opere di militare ‘fortificazione e difesa. Di vero leggesi che nel
1309, che dai figli di Fucciarello e da ogni altra persona avente di-

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| (1) Scorta sac. al gior. 27 ottob.
nur (2) Petrini p. I. lib. VIII. e suppl. al Graziani sop. citato.
; (3) Annal. Xvir. 1376, fol. 19 t.
IL CASTELLO DI MONTALERA 19

medesime anno 1376, la città per la custodia d'esso fortilizio gli
spedì quattro baliste da macchia, e duecento freccie (1).

Vero o no il trattato, che due anni appresso si gridò i Nobili
avere ordito contro i Raspanti, per cui alcuni capitani ed amici della
Chiesa a determinato tempo sarebber venuti nel territorio di Peru-
gia, e con l’aiuto de’ Nobili medesimi si sarebber cacciati nella
città, e messo fuoco alle case de’ Raspanti, e tagliatone buon numero
a pezzt, avrebber tolto lor di mano il governo; ‘fatto sta, che Gio-
vanni di Bettolo dei Coppoli si disse complice, anzi fra i caporioni
della congiura, ed uno degli otto già eletti per capitani delle porte,
nella fiducia che.il disegno fosse per riuscire a prospero fine. Il ge-
nerale Consiglio risonò di maledizioni contro i perfidi che ambivano
tiraneggiare il proprio paese, e fra le varie sentenze di morte di esilio
di multe pubblicate contro i gentiluomini a seconda che s'avevano
per colpevoli, piacque principalmente sentir dichiarato, che al sopra-
detto Giovanni de’ Coppoli si ritogliesse la comunanza di Monta-
lera, avuta dinanzi in premio dalla città, ed oggi demeritata per
aver partecipato alla congrega de' suoi traditori, e giurata la sua ro-
vina (2). Quindi nella lista de' banditi posero primo il suo nome,
e gli prescrissero Venezia, come luogo di confine (3). L'esilio po-
tendogli tutto far dimenticare, tranne il diletto castello, sei anni già
da lui goduto, a fine di riacquistarlo rientró in breve nel perugino,
e fece mirabili prove di valore. Ma per ciò, e per nuovi sospetti
di nuovo trattato egli ed un suo consorte di pena, non guadagnarono

(1) Annal. Xvir. eiusd. anni, le cui parole « balistae ad frappam et ver-
rectones » noi non sapremmo rendere altrimenti. Che per la barbara voce frappa
venisse significata quella massa e intreccio di foglie quale si ravvisa nelle foreste,

_ ne siamo avvertiti dal Frappa de’ pittori di paese, che con questo termine ap-

punto ciò stesso intendono. Egli è altra cosa acconciar baliste in luoghi aperti
e sgombri all’intorno, altra postarle in pendici boscose, da dovere i suoi proiet-
tili anco attraversare la frappa delle piante opposte. L’arte militare avrà ben
saputo arrivare a ciò, formandone alcune più leggere, più maneggievoli e insieme
di maggior forza, onde la saetta scagliata valesse a trapassar per via ogni im-
paccio. Tali particolarità non avrebber potuto costituire quella specie di baliste,
che gli avi nostri dissero ad frappam, e noi chiameremmo da macchia? E di
siffatto genere si sarebbero propriamente richieste per Montalera, luogo sco-
sceso tutto ricinto da boscaglia. La seconda voce verrectones non isfuggi alle
dottissime indagini del Muratori, che nella Diss. 26 l’allogò fra le molte dei
speciali bellici stromenti del medio evo, e scrisse questa esser propria ad espri-
mere una sorta di freccie scagliate dalle balestre.
(2) Pertini, p. I. lib. IX, pag. 1200.
(3) Annal. Xvir. 1578, fogl. 50.

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20 ADAMO ROSSI

se non che maggiormente contro essi inviperissero i moderatori del
Comune, e stabilissero lo sfascio delle lor case sino alle fondamenta,
il guasto delle lor vigne, arbori, e seminati sino dalle radici (1). Oh!
sciagurato, se a torto punito: tre volte sciagurato ed esecrando,
d'animo infermo in tutti i suoi fatti non operò! con una fede, e come
per amor di patria nel 1375 dimenticó i pontificali favori, cosi nel
1378 per amor di casta pose in non cale il queto e libero vivere de’
concittadini.

A] quale siffatti modi di dura giustizia sembrava dovesser dare
lunga sicuranza, ed invece già sovra esso s'addensava nuovo e piü
terribile nembo. Scoppiò questo nel settembre 1382 da porta S. An-
giolo. Il grido di « viva il popolo e muoiano i raspanti» che, dalla
scapigliata masnada eruppe, ed al cui accento altre volte i Perugini
ferocemente si azzuffarono, e si lordarono le mani di sangue fra-
terno, fu ad un tratto soffocato, e respinta nel proprio quartiere, e
costretta a gittarsi dalle mura la marmaglia che li proferiva. Gli
uomini delle arti per mandamento de' Priori, che della novità da

accadere erano fatti intesi, da varie notti slo le piazze: gli

altri cittadini che da ciò s'addiedero d'alcun sospetto di commozione,
stavano sull’avviso, e questi alle prime voci tostamente concorsero
alla piazza, fecer fronte a’ tumultuanti, e dopo tre conflitti pienamente
li ruppero e sperperarono (2). Il benemerito che rivelò a magi-
strati la cospirazione, ond'essi ebbero agio a salvar la patria da gras
vissima calamità, nomossi Niccolò di Pietro di Cola di porta S. Su-
sanna. E' curioso leggere ne libri delle nostre riformagioni o consi-
gliari stanziamenti le appellazioni date al medesimo, e quindi ai per-
turbatori della pubblica quiete: disser lui l'angelo Gabriele messo
di cielo a salvare la patria; questi, figli d’iniquità, mossi da spi-
rito diabolico, sinistrati in tutto dalla via di Dio. Per tale servigio
volendo onorare d’alcun premio esso. Niccolò, i Priori nel consi-
glio del dodici ottobre deliberarono, gli si concedesse la comunanza
di Montalera con tutti i poderi, case, palazzi, e ragioni ad essa per-
tinenti: la ritenessero in perpetuo i suoi eredi e discendenti per linea
maschile, ciò solo ad essi non consentito di alienarla in alcun modo ;
essendo che, ove venga a mancare progenie di maschi, la predetta
comunanza s'intenda e debba di pieno diritto ricadere al Comune di

(1) Pertini p. I, lib. IX. pag. 1226. LanceLLotTI Scorta s. al gior. 27 ntt.
eu Pzrriimwi p. I. lib. IX pag. 1290 e seg.
IL CASTELLO DI MONTALERA 21

Perugia (1). Non era compiuto il mese, che Niccolò già n'era al
possesso (2), ed i fittaioli de’ beni del castello già erano stati am-
moniti, rispondessero a lui del pagamento.

Fu ingratitudine, od amor di giustizia, che sul principio del 1383
mosse il popolo perugino a tumultuare e a non lievemente sparlare
di questa premiazione? Sappiamo, che, cessato il periglio, un bene-
ficio, siccome quello reso. da Niccolò alla città, facilmente si scre-
dita od attenua, e che il dono per volger di mesi non iscemando mai
suo pregio, appare soverchio agli occhi di que' medesimi che l'aveano
dianzi approvato. Sapplamo similmente quanto dovesse a' cittadini
essere a cuore, che il Comune ritenesse per se una rocca, guardia
del Trasimenoo e del Chiugi, e che ad altrui non ne cedesse per sem-
pre il dominio. Di qui crediam noi esser parsa nel 1385 smisuranza
di regalo la cessione perpetua di Montalera al rivelatore del trat-
tato del 1382: di qui originati i pubblici lamenti contro la signoria,
e le ostili manifestazioni contro il novello castellano di Montalera;
finché detto luogo non rivenne alla città di Perugia. Intanto a far
tacere i primi romori, lordinanza dell'anno precedente riformavasi
cosi: che restando al Comune di Perugia il mero dominio e pro-
prietà di Montalera, Niccolò ne godesse le rendite a vita e i ‘figlioli
«sino al termine di sei anni dal giorno di tale decreto, ove egli in
questo mezzo tempo mancasse (3). Ma né di ciò gli animi com-
mossi lungamente si appagarono. Il loro malcontento acchetossi solo
un istante per ridestarsi più forte ed operoso nel marzo del 1584.
Nell’istesso giorno che il Consiglio delle arti aveva stabilito doversi
revocare ogni donazione fatta dal Comune di Perugia, e i beni do-
nati restituire al medesimo, Niccolò sostenne gravissimi danni in
Montalera. Fu spogliato di tutte le supellettili e robe che teneva in
palagio, di tutto l'armento che copioso gli pascolava alle campagne.
Miravano a questo tali violenze di costringerlo a riconsegnare alla
città il castello, onde pocanzi era stata premiata la sua fede? Inonesta
ed illegittima cosa a dir vero, qualunque il fine cui vogliasi
diretta, e che dai Priori altamente riprovata, dié origine alla savia
deliberazione, ch’essi. usando di tutta l'autorità e potere concesso
loro dal popolo, in particolare consulta presero sopra tale materia
l’ultimo di marzo. Accennarono da prima alla vergogna e taccia d'in-

(1) Annal. Xvir. 1582, fol. 164.
(2) Annal. Xvir. 1382, fol. 188.
(3) Annal. Xvir. 1383, fol. 56.
———

99 ADAMO ROSSI

| gratitudine, di che meritatamente sarebbe notato il Comune di Peru- È
| E. gia, ove l'opera di Niccoló di Pietro, cosi al suo libero e pacifico
stato salutare, fosse ora privata d'ogni emolumento e guiderdone,
anzi dovesse fruttargli incomodi e danni. Dichiararono, che se non

| valevano a donare il fortilizio e tenimento di Montalera, potevano

| si bene assegnarne ad esso Niccolò il frutto dell'anno che volgeva.
| | E perché dalla concessione di tale comunanza e castello gravissime
f E paure s'eran deste, e vicina ad esser turbata la concordia de' citta-
|

|

|

|

dini, ad ovviare a' futuri perigli, e onde la pace sia sempre in fiore
nel popolo perugino, ed esso fortilizio inseparabil cosa del suo Co:
mune; formarono questa legge da valere in perpetuo, che la mede-

| sima comunanza e cassero, i suoi predi appartenenze e diritti, né
| IRR per intero né divisamente potessero mai in alcun tempo, in qualunque
He modo, per qualunque ragione, esser donati permutati od alienati a
| qualsivoglia persona e collegio, se prima in adunanza generale delle
i | Arti, proposto il partito a secreto scrutinio, due terze parti del con- |
i siglio non s'accordassero intorno alla concessione vendita o permu- |
| tanza del medesimo. Che se altramente si adoperasse, l’atto fosse
: Ec. per sè stesso di nessuna vaglia e momento, e non però di meno |
beat tassato di mille ‘fiorini d'oro quel magistrato che avesse contraffatto
LR a tale ordinanza (1). Poste così le ‘fondamenta a pronunciare su
de, ‘ questo negozio definitiva sentenza, nella tornata del 19 aprile risol-
dcm sero che Niccoló per una parte potesse e dovesse godere i proventi
i SI che nel presente anno darebbe la comunanza di Montalera, per l’altra
| S'avesse a compenso cinquecento fiorini d'oro, valendosi perció il
ISS massaio del Comune dell’ultima rata della gabella sul vino (2).
| Non leggesi che il popolo movesse quinc'innanzi alcuna querela: e
ciò mostra che il priorale decreto gli andò a versi, sia pel tempera-
io mento preso a favore di Niccolò, sia per l’altro che garantiva alla
| : città 11 possesso di cosi importante castello.
ids Ma essa né in vigore di questa legge lungamento il ritenne; e
| XE quando nell'agosto del 1395 se ne privó per la ragione e nel modo
[i pu che diremo, ne perdé in perpetuo la signoria. Dopo nove anni di
Bi esilio, intercessore e paciero Bonifazio nono, avevano appena i Ra-.
spanti rientrato le porte di Perugia, che aizzati, come sembra, dalle
insidiose superchianze de' gentiluomini, toglievano impetuosamente
le armi, e si accapigliavano con le nobilesche torme, gridando a

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(1) Annal. Xvir. 1584, fol. 55 t
(2) Annal. Xvir. 1384, fol. 69.

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IL CASTELLO DI MONTALERA 95

gran voce: viva la Chiesa e morte ai Raspanti. « Viva la Chiesa e
morte ai Baglioni» rispondevano d'altra parte gl'inferociti popo-
lani, che maggiori di numero, piü sperti nel ferire, ovunque s'appre-
sentavar davvero terribili datori di morte, e non posavan gli acciari,
finché di sangue patrizio non fosser fatte le nostre piazze una gora,
e trafitto non mordesse la polve dinanzi le stesse sue case il principe
condottiero della ‘fazione, Pandolfo Baglioni. Biordo Michelotti, il
capoparte e l'eroe de’ Raspanti, dalla Marca ove il pontefice l'aveva
spedito, sentita novella del fatto rivolava a Perugia; troppo premen-
dogli, si sapesse trar profitto dalla vittoria e i suoi non imbaldanzis-
sero ‘fuor modo. Se presente avesse egli in quel giorno capitanato il
popolo, ed infiammatolo colla voce e coll'esempio alla zuffa, l'avesse
col suo brando sanguinante guidato al trionfo, non avrebbe per fermo
potuto ottenere più vivi applausi, e segni maggiori di onoranza e
d'affetto. Tanto gli animi si commuovono e accendono alla presenza
d'uomo che propugnatore e martire d'alcuna politica opinione, in
se l'adombra ed incarna. Credesi egli facilmente l'inspiratore e l'ani-
ma d'ogni fatto che a sostegno d'essa opinione si compia: i trionfi
e cadute dell'una s'hanno a gloria e vergogna dell'altro, ed a con-
verso. Al saluto di recuperatore della libertà popolare, e cavaliero del
popolo .perugino, tennero dietro onorificenze e donazioni singolari
piuttosto che straordinarie, Non ultima tra queste le tenuta. di Mon-
talera, che insieme all'altra di Renabianca, e alla posta ‘della Pani-
caiola nel Chiugi il consiglio de’ Priori e Camerlenghi tenuto il 22
agosto gli aggiudicó sino a terza generazione (1). Ma ad ogni let-
tore di storia patria é saputo, come il Michelotti non sopravivesse
che di quattro mesi alle sponsalizie magnificamente quivi celebrate
nel novembre 1397 con Giovanna Orsini dei signori di Soano; né
leggesi che d'alcun figliuolo postumo questa rallegrasse sua vedo-
vanza. Peró é da credere, che le concessioni sovra notate avesser fine
colla vita di Biordo, e i beni ricadessero al Comune di Perugia.
Senonché al giorno in cui il prode popolano cadeva sotto i colpi
del traditor Guidalotti, i nobili già da cinque anni banditi dalla città

"vagavano pel suo contado, e come era mal uso de' fuorusciti sfor-

zavano questo o quel castello, vi si affortificavano, e se la fazione
dominante in città non valeva, come spesso a snidarli, vi assodavano
lor dominio, e di li tiranneggiavano a talento. Dopo il possesso che
ne ebbe Biordo, non apparendo altra padronanza in Montalera, che

(1) Annal. Xvir. 1395, fol. 30 t.

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94 ADAMO ROSSI

quella Degli Oddi, (per testimonianza del nostro maggiore storico
ricchi d'assai tenimenti ne' dintorni del Trasimeno (1), né constando
la medesima da pubblico atto, a nostro avviso la non ebbe altra ori-
gine che quella sopra riferita.

A' gentiluomini potenti nulla quindi più agevole, che accon-
ciarsi co' Decemviri, dopo che il trionfo di Fortebraccio (1416) elevó
i nobili alle magistrature: giustificare presso loro le usurpazioni, fran-
carsi da ogni molestia. Il certo è che nel 1488, notti in guerra aperta
gli sdegni per gelosia di potere lunghi anni covati, fra le nobilissime
famiglie Degli Oddi e Baglioni, e questi usciti dalla mischia piena-
mente vincitori, tra le vendette che si presero de' vinti mandarono

| lori genti a Montalera, lo derubarono, e spotestatone i Degli Oddi,

se ne impadronirono essi per se (2).

Colla signoria de' Baglioni s'inizia per questo castello un nuovo
processo di storia. Le ambiziose mire di principare in patria e melle
terre vicine consigliavano a questi facoltosi patrizi opere di magnifi-
cenza e fortificazione, quali la mutata indole dei tempi già richiedeva,
€ forse essi soli fra noi bastavano a compire. Perció venuto alle lor
mani un ‘fortilizio di tanta importanza per l'inespugnabile suo sito,
non è ‘da ricercare se dessi vi spendessero intorno ogni cura, ed aves-

sero in animo di tostamente riparare i danni, che il tempo, ed i pa-

droni troppo ‘frequente cangianti gli aveano recati. Tardarono certo
questa loro volontà le domestiche discordie, e ne toccheremo in se-
guito, da cui fu lacerata e diffamata questa famiglia nei primi lustri
del secolo decimosesto. Ma quando il dominio sul medesimo, fin
qui fondato solo nel diritto di conquista, poi sempre contrastato,
malsicuro per le gare fraterne, e arbitri del papa e de' suoi, si fermó
in Braccio secondo di Grifone, e fecesi in lui legittimo anzi sacro,
poiché insieme alla Torre chiugina e di Andrea con titolo di mar-

chesato l'ebbe dal decimo Leone, in premio de’ servigi militari pre-

statili (3); questi s'accinse ben volentieri e tosto al suo, meglio che
restauro, riedificamento. La grande opera del quale, come s'accor-
dano in ciò le memorie, ferveva intorno il 1530. L'autore della Tra-
simenide, cui dalla nativa sua isola era ‘fatto discernere le mura del
risorgente castello, lasció scritto, esser da Braccio Baglioni negli anni

(1) Pertini p. II. lib. XV, pag. 884.
(2) Pertini p. II. lib. XV, pag. 855.
(3) CrispoLti Perug. aug. lib. III, pag. 290, Aressi Elog.

———————
IL CASTELLO DI MONTALERA

25

superiori (e per sentenza del Vermiglioli (1) ei componeva il suo
poema nel 1537) in vetta del monte costruita la rocca, e non esserle

:per ancora data l'ultima mano (2). La storica sincerità vuole che

qui si riferiscano pure le parole che il medesimo pone innanzi alla
sopradetta notizia. Chiamatala munitissima fra le altre del perugino,
soggiunge che di tutti i ladroncelli, assassini e parricidi la è sentina
e ricovero. Spesse volte i passeggeri che vanno per di là sono spo-
gliati, feriti, e messi a morte. D'animo mal i come il com-
provano altri documenti, contro di Braccio (3), lo sdegno avrà
forse dettato all’isolano scrittore parole più gravi di quello meritas-
sero i ‘fatti; ma che in Montalera i satelliti de’ Baglioni, o degli
Oddi, o d’altro più antico padrone crudelmente misfacessero, come
in ogni feudale castello per grande sciagura de’ tempi costumavasi,
in breve verrà dal nostro racconto per certa testimonianza provato.
Ora ritornando a materia, quando anche intorno alla costruzione del
castello per opera di Braccio non facessero alcuna menzione l'ano-
nimo narratore dellorigine e discendenza de' Baglioni (4), ed il
Lancellotti nella Scorfa sacra (5), tali e tante sono le scritte colle
lettere iniziali di Braccio secondo, ed alcuna rara volta di Carlo suo
figlio, e le armi gentilizie de' Baglioni nelle diverse parti d'esso
castello allogate da accertarne e perpetuarne per se la memoria E
poiché le trovi intagliate ai fianchi e sopra l'unica porta castellana
e su molti architravi di quelle nel signorile quartiere (6), giova

(1) Biogr. degli scritt. perug. vol. II pag. 207.

(2) Marr. As Insura in not. ad lib. I Trasimen.

(5) Vedi Biogr. degli Scritt. perug. sop. citate.

(4) Miscel. mss. nella comun. perug. num. 15990. delll'invent.
(5) Al gior. 27 ott.

(6). Per. una particolarità non avvertita da nessuno dei molti che intesero -

a compilare il blasone perugino, lo stemma che vedesi al sommo della porta ca-

stellana si differenzia da tutti gli altri di casa Baglioni. Già per esser questo.

il maggiore, e da locarsi in maggior vista, alla semplice antica impresa di una
sbarra dorata in campo azzuro si sovraimpose ed accoppió l'ibrido uccello, che a
sentenza del Vermiglioli (Narrazione premessa alle Poesie di P. Massimi pag. 47)
usò prima Braccio di Malatesta. Ma invece di terminarlo, come si osserva in
varie miniature o scolture di quella età, in coda di dragone, troncato a mezzo
il corpo del grifo, vi appiccarono elegante origliere con sinuoso drappo e mappe
pendenti. Senza esser dotti nell'arte araldica ci parve poter cosi spiegare lo
Strano congiungimento. Se pel grifone, arme di Perugia, si volle significare il
primato che a que' tempi la famiglia Baglioni aveva in patria, per l'adorno ori-
gliere che lo sostiene, non potrassi intendere l'agiata sicurezza, nélla quale essa
96 ADAMO ROSSI

argomentare che esso Braccio rifabbricasse per intero e le mura di
ricinto e le interne abitazioni. La grande opera vollesi anche meglio
ricordata ai futuri con iscrizioni in pietra rossa alla quale un tempo
soprastava lo scudo gentilizio de' Medici, ed ora, poi che fu rimossa
dal suo luogo, e priva di questo ornamento giacque lungamente ino-
norata, vedesi sopra l'arco del viale che conduce al piccolo bosco de'
cipressi (1). In essa dicesi, come per l'auspicatissimo favore dell'am-
plissimo Ippolito Medici fu costruita la rocca, e come Braccio secondo
Baglioni all'ottimo signore e principe per causa di virtù e d'onore
innalzó nel 1534, quelle felicissime insegne (2). Fu dunque Brac-
cio In questa sua impresa di riedificare Montalera favorito dal car-
dinal fiorentino nepote del settimo Clemente e legato di Perugia,
cui il Giovio tributa questo elogio: che fu accompagnato e dalla na-

famiglia riposava soggiornando in Montalera? Finché altri non ce ne renderà
miglior ragione, noi starem larghi a questa: come non cesserem mai di ritener
propria di persona ai Baglioni per causa di matrimonio attinente, quella inse-
gna di nastro traverso con sopravi una cometa caudata e sotto due stelle, la
quale messa in mezzo ai baglioneschi ammirasi sopra qualche architrave di porta.
E poiché non vi fu dato rinvenirla nelle piü ampie collezioni blasoniche de'
gentiluomini perugini, avremo giusto motivo per crederla appartenente a fami-
glia di diverso paese. D'assai più facile, anzi di certa interpretazione sono lè
lettere che presso le sopradette armi si scorgono. Chi in B. R. II non leggerà
Braccio secondo, ed in CO. BI. Carlo Baglioni? Intorno al quale aggiunto di
secondo dato a Braccio di Grifone egli è ben da meravigliare, come il Vermi-

- glioli a dispetto del Crispolti e dell'Alessi, e ad onta di dieci scritte simili alla

precedente, forse dallo stesso Braccio dettate, certo sotto i suoi occhi incise,
si persuadesse che secondo dovesse dirsi Braccio di Malatesta, terzo Braccio di
Grifone (Narraz. sopr. citat. pag. 7). O non è questo pretendere in cosa di
secoli che furono, e tutta relativa a casa Baglioni; saperne più de’ contempora-
_nei, e de’ Baglioni stessi? Il Braccio di cui fassi menzione sotto gli annl 1421,
cui l'archeologo perugino avrebbe attribuito l'aggiunto di primo, in virtù de’
riferiti documenti convien dire fosse di altro stipite da quello, onde Braccio
di Malatesta e Braccio di Grifone discendevano.

(1) Chiamavasi prima labirinto da un angusto viale tra siepi di bosso, che
giravano a spira. Nella sgombra aerea tra i frequenti steli di cipressi, oggi me-
glio si scopre quel cedro di Libano (Pinus Cedrus) che assai raramente nelle no-
stre contrade cresce all'altezza, cui questo aggiunse in ancor giovane ctà.

(2) Hippolyto Medici amplissimo

cuius auspicatiss? favore. arx constructa est
insigna haec foelicissima
Braccivs IIs Baleonvs. domino et prencipi opt.°
honoris et virtutis caussa MDXXXIIIIL: —

E’ voto dello scrittore, che tale memoria si riponga in luogo di maggior vista,

e sopra le si restituisca l'arme de’ Medici. /

CPFYFIOATITEFIITA

—————
TZTUCOSZPTKET AP TPIOANZAET II

DNE PAST

CEDVUEDURRUSOS ABUTSSEEROWC DCN:

MOTOREN UE

E.
a
.

IL CASTELLO DI MONTALERA 27

tura e dalla fortuna di doti così grandi, che ai nostri giorni si ri-
corda come esempio di generosità, di valore, e d'integrità singo-

lare (1). Ma se pei prestati favori debbansi intendere largizioni onde -

Ippolito l’aiutasse, o la grazia del ritorno in patria e protezione del

| pontefice dal medesimo come appresso diremo, al Baglioni ottenute;

egli per la lapida non è ben noto, né altri a ventura saprebbe in-
dovinare.

Pei tale rinnovazione il castello e fuori e dentro variò affatto
le pristinc sue forme. La cinta delle mura tiene della recente maniera
di guerreggiare colle armi a fuoco, e mostra essere costrutta a tenore
delle dottrine militari tanto migliorate nel secolo quindicesimo. Da
ogni parte il quasi regolare poligono ti presenta fronti bastionate
guernite a luoghi opportuni di cannoniere e ‘feritoie, a fine di ris
buttare il nemico ogni volta ché avesse pur guadagnato le vicine
sommità di Montepittolo, e da incrociargli sopra un vivo fuoco,
quando fosse riuscito a giunger fin sotto le mura, e s'appressasse a
tentarne l'assalto. Dell'antica porta verso il lago né anche più le ve-
stigia: nessuna traccia dove s’innalzassero il ben amplo casalino dei
Montemelini, e la casa di Fucciarello. Solo al palazzo signorile fe-
cesi luogo nel ripieno del castello, e fu savio consiglio.

Venne parimenti in questi tempi rinnovata la torre sorgente in
mezzo alla rocca, e ardita dominante i vicini colli e le lontane mon-
tagne? A nostro avviso questa è l’unica parte conservata dell’antico
fortilizio, e ci fornisce ragione a crederlo oltre il silenzio d'ogni me-
moria, e il non rinvenirvi i segni e digrammi altrove così spesso ri-
petuti, la sua postura discorde colle linee delle ricingenti cortine,
irregolarità che ove la fosse stata insieme alle mura fondata di pianta,
l'architetto avrebbe certo schivata; il suo muramento di vetusta tena-
cità e robustezza; l’annessa insidia del trabocchetto, allogato nel
pianerottolo superiore della scala esterna. Di questa specie d'ingan-
nevoli difese già si fecer forti i feudatari, e l’opera di essi risale a

‘que’ secoli, quando i medesimi si costrussero sulle alture quelle ter-

ribili loro stanze. No, lo incivilimento che nel cinquecento era in
“Italia progredito a gran passi non concedeva si riproducesse intorno
alle nuove ‘fabbriche di fortificazione tutto quel sistema d'insidiosi
trovati, pe’ quali ai nemici egualmente che agli ospiti si rese in altre
stagioni così malsicuro l’avvicinarsi e il soggiornare ne’ feodali ca-
stelli. Qualche signorotto assetato dell’altrui sangue e avere avrà

(1) Hist. lib. XXX.
28 ADAMO “ROSSI

ben potuto e in tempi moderni giovarsi degli artifizi aviti di tradi-
mento redati nel palagio della contea o baronia; ma che alcuno li
abbia recentemente fatti aggiungere alle proprie case e torri, le storie
non recano esempi, né l'indole dei secoli a noi vicini, ci pare, l'avreb-
be consentito. Per le quali cose se mal potrassi accertare quando gli
sciagurati, le cui ossa ultimamente si trovarono al fondo di questo
trabocchetto, per loro mal destino vi capitassero, e lo efferato ca-
stellano ad affogare il lamentio, ed il lezzo gittasse lor sopra viva
calce, come per chimico sperimento s'é ora chiarito; viene nondimeno
in diverse guise provato, che nella rinnovazione di Montalera restò
dell’antico, e resta ancora il torrazzo, ‘oggi però scoronato de’ suoi
merli, e sconciamente terminato. Ragioni derivate dal difetto di na-
turali sorgenti, dal modo come ella è spalmata e dal costume con-
vertito poi in legge che ciascun castello e villa fosse provvista di ac-
que (1) ci persuadono a credere, che coeva alla più rimota erezione
della rocca sia pure la gran cisterna che s'apre nella maggior piazza
e in vaste colte purga le onde piovane della torre e del palagio.
Braccio era vicino a veder compiuta la magnifica sua opera,
quando politiche perturbazioni gliene impedirono il proseguimento,
ed e' stesso venne forzato ad abbandonare il diletto suo nido. Ad
intendere le cause di tal fatto gli è d'uopo rimontare più alto, e rac-
contare di quelle fazioni in cui Perugia era divisa nella prima metà
del secolo decimosesto, piü vergognose e crudeli delle altre fra i
Nobili ed i Raspanti, fra i Baglioni e gli Oddi, che le avevano pre-
cedute. La discordia gittó sua face tra i membri d'una stessa fami-
glia, furono fratelli que’ che mortalmente s'inimicarono, e cognomi:
navansi egualmente Baglioni Guido Astorre Gismondo e Simonetto
che la mattina del 15 luglio 1500 giacevano miseramente rotti la
persona di cento punte mortali, e Carlo Filippo e Grifonetto che se
ne vantarono gli uccisori, e gavazzavano nello sparso sangue. Ahi
sciagura! E si prolungò per anni negli scampati dal ferro de’ congiu-
rati il desio di rivendicare gli uccisi, negli altri l'ambizione di com-
pire il disegno e prepotere in patria (2). Quindi nuova occasione
apprestava esca a nuove ire fraterne fra Giampaolo e Gentile, i quali
in breve morivano ambedue di morte violenta, quegli a Castel S. An-
giolo ove Leone per le mene di Gentile l'ebbe rinchiuso e poi
dicollato; l'altro in patria dal ferro, onde Orazio riconoscendo da

(1) Stat. volg. 1542, lib. 4 rub.
(2) Marungawzio Cronaca ms.; FmorrmmRi Mem. di cose erug. mss.
alert Verra ni

VERE PODIO ATO

WIgnmu RATTI EE TE

OVE ROSE ZE TTRIRE TOPPA

7

IL CASTELLO DI MONTALERA 29

lui il tradimento ordito a suo padre Gian-Paolo, e la papale indi-
gnazione dalla quale pur egli era stato colpito, armò la destra de’
sicari. Quando per la tenera età ai figli di Gentile era niegato sen-
tire e adempiere il tristissimo debito ereditario che le paterne offese

' non andassero inulte, e la patria lusingavasi fosse una volta dato fine

ai domestici scandolezzi; tristizia di genio e di tempi spingeva Brac-
cio nepote d'esso Gentile a prenderne le parti, e continuare fra con-
giunti il funesto duello.-Già i tre fratelli nati da Grifone tenevano
per Gentile, lui ancor vivo, e nel 1527 quando Francesco-Maria della
Rovere duca d'Urbino volle in Perugia restaurato a forza il dominio
dei ‘figli di Gian-Paolo, tale amistà e collegamento fruttò loro il
bando (1). Mancato ai vivi Orazio nell’anno appresso, quindi Mala-
testa sull’uscire del 1531, Braccio poi che papa Clemente e il suo
legato Ippolito de’ Medici gli permisero di rimpatriare, nel seguente
luglio entrò le porte della città festevolmente accolto dal popolo,
sempre presto a plaudire i fortunati, e da ogni lieta occasione to-
gliere per se argomento di men triste avvenire (2). Ma non ricor-
dava che mentre Braccio riedeva trionfante a farla da padrone, e
poteri d'ogni specie qui si rendeva ligi o suggetti; altri nell'esilio
maturava feroci vendette, ed attendeva opportunità a disfogarle. Era
questi Ridolfo, unica prole di Malatesta, già rifuggito in Lombar-
dia, perché insegnato dalla fine di suo avo a non prestar tanta fede

‘al re sacerdoti, rispose del no ad un invito che lo chiamava in, Roma.

Parve a lui tempo da ‘far novità e capitanare i fuorusciti che l'atten-
devan con ansia, quando per la morte di Clemente settimo il partito
interno dianzi forte nel pontificale patrocinio, per l'incertezza del-
l'animo del successore rimetteva della sua baldanza, e lo stesso Brac-
cio era lontano da Perugia chiamato a Roma dal nuovo papa Far-
‘nese. Fermo nel proposito di ricoverare la patria, i cittadini sel vi-
dero in breve sotto le mura tentarne arditamente in diversi luoghi
l’entrata, finché al primo novembre vinte le resistenze, gli riuscì pe-
netrare nel borgo S. Pietro, e in aria di conquistatore rivedere le
paterne sue case. Come in quel primo prorompere sitisse sangue, e
di sangue sbramasse l’antica sete di vendetta, cel contano in misere-
voli pagine i municipali cronisti, e ci additano trucidati ad un tempo
il vicelegato Cintio Filonardi col ‘fratello Marco, il suo auditore, uno
dei Priori, il cancelliere della comunità; e in preda al fuoco il pa-

(1) Guicciarvini lib: 18, cap. 3; BontemPI Ricordi mss. 8 mag. 1527.
(2) Bontempi Ric. 4 luglio 1532.

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rr e
50 ADAMO ROSSI

lazzo d'esso vicelegato, e il contiguo episcopio (1). Potevan mai
i perugini avere a grado la signoria de’ Baglioni autori di così spesse
e paurose crudeltà? Qual seme furon queste di sventura, se per esse
i nostri padri si mossero a desiderare, e taluna volta ad implorar
pure il sacerdotale dominio! Del quale sgomento e scontentamento
cittadino se i pontefici avevano in ogni occasione fatto lor prò, collo
spingere sempre più oltre a danno della repubblicana l’autorità pro-
pria; poteva mai non trarne profitto l'avido Paolo terzo, cui i de-
stini serbavano in breve il compiuto trionfo sopra le nostre comunali

franchezze? All'annunzio del terribile avvenimento spedì Bosso San-

tafiore suo genero, Giambattista Savello, e Braccio stesso, perché
con buon numero di ‘fanti e cavalli s'adoperassero incontanente cac-
ciar Ridolfo di Perugia (2). Mentre l’esercito stanziava a Deruta,
e giusta le storie del Crispolti (3) Braccio si era indarno provato
all'impresa, quegli per persuasione del conte di Pitigliano cedendo
alla volontà del pontefice, conveniva in un accordo, che da ambe
le parti si ponesser giù le armi, e che a nessuno dei Baglioni fosse
lecito dimorare in Perugia, né vicin d'essa per quaraata miglia. ll
papa sanciva con suo breve questa capitolazione, e intanto sbandate
le schiere dell'uno e dell'altro, Ridolfo ai 25 del mese così famosa»
mente per lui iniziato ripartiva triste per l'esilio, Braccio si riduceva
ad Acquapendente. Così cessatosi dalle brighe civili a temperave
gli inamabili ozi della vita, dal paese ove vagava proscritto avvisò
ripigliare l'nterrotto lavoro di Montalera, ed interamente alla fine
perfezionarlo (4).

Era il settembre dell’anno vegnente, e per liberar Perugia dal
dominio de' Baglioni, diceva papa Farnese, noi direm meglio per
assodarvi il pontificio regime, e’ ivi si recava: che tutti gli ordi-
namenti qui da esso emanati miravano a ció; e intorno a Braccio,
ad altrí di Gentile, e discendenti di Gian-Paolo non raffermó che
il bando pubblicato contro i medesimi l'anno superiore, con questo
di più che non quaranta ma cinquanta miglia dovessero lontana-
narsi dalla città (5). Se non ‘per siffatta legge, fu certo stornata
l'opera ricominciata da Braccio in Montalera per la spedizione che

(1) Pertini p. III lib. V. pag. 549; Bowr. Ric. 1. nov. 1534.

(2) Sommario dell'orig. e discend. de' Baglioni (mss. cit. alla nota 4 della
pag. 25). ;

(3) Guerre civili lib. 7 mss.

(4) Sommar. sop. cit.; Bowr. Ric. 18 nov. 1534.
(5) Scirr Mem. mss. 16 set. 1535; Bowr. Ric. 29 set.

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nel partire di Perugia fece esso papa a quel castello di quaranta ca-

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IL CASTELLO DI MONTALERA ; 31

valli, che insieme ad altri allogati in Bettona, ad altri assegnati ad
un barigello, e a cinquanta fanti di presidio in città, dovevano guar-
dare il cardinale Grimano che e' vi lasciava a legato (1). La vio-
lenta occupazione, crediam noi che sdegnasse così forte lanimo di
Braccio da fargli in breve tempo varcare i confini prescritti, e fugato,
o per volontà del Grimano già partito di là l'equestre drappello,
venire a fortificarsi proprio in quella sua rocca, dove altri intendeva
tener guarnigione contro di lui. Il perché il cardinale legato che nel
suo governo facevasi vindice austero delle leggi, e con grossa sbir-
reria infrenava chiunque avesse osato di trapassarle, non fu lento a
snidare da colassù il ribelle Braccio e citarlo a Roma (2).

‘Quindi svolgendo le patrie memorie, non ci occorse per trenta
e più anni alcuna notizia concernente questo castello; e poiché nella
prima in che ci avvenimmo ricordasi che Pio quinto lo restituì a
Carlo secondo figlio di Braccio, perché aveva benemeritato della

"Chiesa in varie battaglie combattute valorosamente contro i Turchi

(3), fa d'uopo supporre che il medesimo Braccio ne fosse ‘stato
per ordine della corte ecclesiastica spogliato, né colla grazia del ri-
torno in patria ottenuta nel 1552 per mezzo di Ascanio della Cor-
gna (4) l'avesse riacquistato. Queste glorie militari di Carlo, che
di sì bel premio il fecero degno, ci son conte per le vite di Adriano
suo congiunto, ed Ascanio della Corgna, celebrati guerrieri, in com-
pagnia de’ quali egli ebbe sempre militato: col primo in Ungherila
contro Solimano, e in Francia contro gli Ugonotti; col secondo alle
Curzolari, dove se molti dell’armata cristiana ardevano, e l'otten-
nero, di rivendicare alcuna delle vittime dianzi dalla sleale scimitarra
svenate a Famagosta, egli era a ciò appellato dall'ombra d'uno de’ più
gloriosi fra gli estinti, emulo in valore, consorte di sacrificio al Bra:
gadino, da quella di suo zio Astorre (5). Ma sopra questo non è
delle nostre parti tenere lungo discorso, e il tema ci richiama a dire
che pel nome di Carlo Baglioni intagliato, come dianzi accennammo,
sopra alcuna parte, siamo avvertiti, aver egli dopo sì lungo intervallo
di tempo veramente compiuto l’opera nuova di Montalera. E si dilet-
tava soggiornarvi, finché colto da febbre maligna vi finiva i suoi

(1) Bonr. Ric. 30 sett. 1555.
(2) Borronio Cent. mss. vol. 2, pag. 262; CRISPOLTI Guerre civili lib. 8 mss.
(3) Arzss: Elog. mss. pag. 352. ; :
(4) Bonr. Ric. mss. 24 feb. 1552; FepeLt Memorie mss.
(5) Crarri Vit. d'Adriano; FasrettI Biog. de' cap. vent. vol. 4 pag. 265.
Wii sita tea n AE

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32 ADAMO ROSSI

giorni. ai 28- di maggio 1585. Come costumavasi ad illustri batta- ge
al glieri, gli furono solennemente resi gli ultimi onori, trascinando dietro pr
Md al suo cadavere bandiere, vestendo molta gente il corrotto, conve- -
nendo assai popolo a Panicale, dove per non essere Montalera luogo E
da ció, si volle celebrata la festa funerea. Ma quindi il convoglio a
ritorse d'onde era mosso, che ai superstiti placque dare a Carlo la E
tomba nel paterno castello, che egli avea recuperato in premio di sue i
virtù, e condotto alla perfezione (1). I presenti che amerebbero E
prestare un culto a lui, cui la storia novera tra i pochi Baglioni di ES
ill fama illibata, ne ricercarono in Montalera le ceneri, ma fu indarno. i
i3 Ili L'antica chiesetta, ove probabilmente ‘fu interrato, come a suo luogo 1
IE scriveremo, guasta dal tempo, venne per intero, né sulle tracce della
prima rinnovata nel 1814, senza che alcuno, forse ignorando quali

es gloriose ossa ivi giacevano, l'avesse pria con pietosa cura frugata. Go- Ea
WM : dano i suoi mani di quella quiete, che alle mortali sue spoglie nie- E
T gavasi! #

IRE Accanto a quella de’ Baglioni, era cresciuta in Perugia assai È
Wl ox potente per copia di beni, fama di scienza, prodezze di guerra e pa-
39 pali favori la vetusta famiglia dei signori Della Corgna. Giulio
EST terzo ‘formava dianzi del nostro Castiglione un marchesato per re-
Mee . galarlo ad Ascanio suo nepote, tra que' della Corgna il più conosciuto
ini in patria e fuori (2). Così divenuto padrone del Chiugi, confinante È
til dalla parte orientale colla tenuta di Montalera, i suoi posteri s'inva-
ghirono di aggiungerla ai vasti paterni possedimenti, e quando ai
id. Baglioni perduto ogni predominio in patria, e privati di loro stato
| venne manco di giorno in giorno la primiera floridezza e celebrità, i È
duchi di Castiglione ‘poterono agevolmente farne acquisto, ed alla
NE più ‘fertile pianura del perugino accoppiare il colle più delizioso, il
| più munito castello (3). Né lunga, né memorabile la signoria che
ne tennero costoro; a quali sembra pure che la Romana corte un di

(1) Crisporti Ric. mss.

TM (2) Mem. dell'Arch. della Camera.

WW (3) Lancer. Scorta sac. al gior. 6 gen. — Agli anni, in cui non è ben de-

| Hi finito se i Baglioni od i Corgneschi avessero il dominio di Montalera, si ri-

| il «ferisce la lettera registrata nel vol. 8 de’ Brevi pag. 79. « Nò avendo la signora

" Marchesa Pallavicina ne gli homini di Montalera dedotta sinhora cosa alcuna
per fuggire il pagamento delle colllette della città sera cura vostra di riscoterè
anco da loro la rata che gli ne tocca e state sano. Di Roma li 21 febbraio 1615

-- Vostro il Card. Borghese — (fuori) — A Claudio Falchetti Commiso in
Perugia — ».
IL CASTELLO DI MONTALERA 33
la usurpasse, se è vera la parola del Lancellotti, che lui vivo, la re-
verenda Camera n'era posseditrice (1). Il come e perché da esso
taciuto, ora alla nostra mente in nessun modo ci pare: e la serie di

questi avvicendati domini tanto più s'intenebra sapendo, che Maria

Maddalena Gaetani moglie di Fabio della Curgna morto senza prole
maschile l’anno 1644, tali beni ebbe in proprio e poté a suo arbitrio
disporre. Ciò porterebbe, che dopo alcuni anni fossero stati ai Cor-
gneschi riconcessi. Con certezza possiamo solo asserire, che alla Gae-
tani piacendo di tanto pingue retaggio arricchire un luogo pio della
sua Roma, in morte il legò al monistero de’ Sette Dolori. Qualche
tempo innanzi, e propriamente nel 1634 il cardinale Francesco Cen-
nini sanese e cittadino perugino, ebbe trattato col duca Fulvio della
Corgna perché gli vendesse il tenimento di Montalera (2). Quindi
per vari anni nessun negoziato, finché pervenuto il dominio, come
sopra é detto, alle suore de' Sette Dolori lo stesso cardinal Cennini
tornò sull'affare, e nel luglio 1663 a nome proprio e de’ fratelli
Curzio, Ferdinando e Giannotto ne stipulò per venticinque mila
scudi il contratto di compra (3).

Ma in questo mezzo tempo Montalera era divenuto il teatro
d'una fazione forse la più famosa che nel seicento si compiesse, per
cui la storia del suo castello non finisce, come generalmente quella
degli altri, al ‘finire del vivo e ringhioso medio evo, ma continua
pure nell'età moderna, e vi ha tal pagina, che i grandi scrittori di
fatti italiani debbono di necessità ricordarlo, ed apprendere alla na-
zione, che vicin del Trasimeno s'innalza inespugnabile castello, che
nomasi Montalera. I nostri lettori fa mestieri richiamino alla me-
moria, come Urbano ottavo negli ultimi anni del suo pontificato
diventasse grave e molesto ai principi d'Italia: alla duchessa di To-
rino per l'infingardaggine del suo nunzio in comporre la pace, e l'im-
portuno sollecitarla a perseguitare i dissidenti in religione; ai Ve-

neziani pel sospetto che pur li volesse creare uno stato ai nipoti; al

gran duca Ferdinando pel preteso diritto di sanzionare le nuove
leggi d'imposta che ad ecclesiastici non perdonassero; alla signoria
di Lucca pel favore prestato ai fratelli Franciotti, i quali all'ombra
episcopale occupato da quell'uno ‘fra essi che vestiva pure la por-

(1) Scorta s. al gior. 50 nov.

(2) Banzi Pompeo,-Ricordi mss.

(3) Istrom. per gli atti del Paluzzi, poi Vitali not. A. C. 10 lug. 1665, ed
altro del Sabatucci 15 luglio 1663.

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34 : ADAMO ROSSI

pora cardinalizia, si credevano licenziati a impunemente mal fare;
da ultimo al duca di Parma per la cessione, che a lui i Barberini
richiedevano del ducato di Castro. E appunto dalla prepotente vo-
lontà di tale acquisto originò una guerra, quanto altra mai matta e
vergognosa, e la formazione d'una lega fra Venezia Firenze e Mo-
dena a ‘fine di conservare in pace i propri domini, e di aiutare
Odoardo cui le armi eecclesiastiche avevano già occupato Castro,
e s'apprestavano portargli la guerra nel Parmigiano. Per quali cause
i fatti si spingessero innanzi, e la lega di difensiva venuta in offen-
siva, allestisse un grosso esercito da combattere nello stesso tempo
alle sponde del Po, nel Modanese e nel Perugino, a noi poco im-
porta conoscere (1). La parte dell'avvenimento che nel 1645 ebbe
luogo a Montaléra è il seguente. Contro l’esercito toscano forte di
ottoinila combattenti, di trecento cavalli viniziani, di un fiorito cor-
redo di artiglierie, Roma avea mandato in quel di Perugia il duca
Federico Savelli con cinque o seimila tra fanti e cavalli. Allora che
il principe Mattias supremo capitano de’ Fiorentini, varcati i confini
del suo stato, si fu con sospetto di tradimento nei duci che lo di-
fendevano, impadronito di Castiglione appo il Trasimeno, il Savelli
dubitando non egli avesse in animo di muover diritto contro Perugia,
si consigliò precidergli il passo nelle strette fra il lago e le radici di
Montalera, e per sostenere l'impeto delle cose che rovinavano, ivi
qual luogo sommamente acconcio a difesa, richiamare il nerbo delle
sue genti. Quaggiù il lago presso l’osteria di Braccio (2), lassù

(1) Vedi Borra Stor. d'Ital. cont. del Guicciard. lib. 23.

(2) Che l’abituro oggi detto semplicemente Braccio, avesse allora la deno-
minazione di osteria di Braccio, lo ricaviamo da una lettera del maestro di campo
Tobia Pallavicino al duca della Corgna data. da Mercatello il 28 giugno 1643.
Ed essendo che in questa si contenga alcuna notizia concernentè l’esercito - pon-
tificio e Montalera, innanzi che il Savelli vi si trincerasse, stimiamo far cosa grata
ai lettori riportarla qui per intero. « Domani notte lunedì sarà l’esercito accom-
pagnato presso a Montalera, e si disegna mandare frequentemente a cotesta
piazza soccorso sotto la condotta di uno de’ maestri di campo, il primo sarò iò,
perché abbia sempre presidio fresco, il quale possa sortire sempre fortè e ga-
gliardo sopra l’inimico, e ne anderanno alla piazza, rendendo sempre altrettanti
all’armata. Resterà che V. E. proveda che verso l’osteria di Braccio siano tra
barche grandi e piccole, un numero di esse, capace se si può, di mille uomini,
le quali si tenghino alla larga, finché siano sicure, che vi sia il campo, e di mana
ín mano la gente che si dovrà imbarcare ». Il domani Castiglione s'era già reso,
per cui i consigli del Pallavicino ton ebbero effetto. Già questo luogo nomasi
così dal suo fondatore Braccio, sebbene che l'abbia compito Carlo suo figlio

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IL CASTELLO DI MONTALERA 35

il castello erano le teste della trinciera, che le molte artiglierie, e le
dense file degli armati, distinti in cinque terzi (1) e due reggi-
menti rendevano affatto insuperabile. Si attelava nel piano il terzo
del Gambacorta, a manca su per la china quello di Pier Francesco
del Monte, e via quello del Gabrielli con reggimento di Alemanni
a sua custodia, e via più sopra quello del Massimi, poi quello del
Pallavicini disteso infino alla vetta, cui teneva un reggimento di
Corsi. Così asseragliate le vie, egli securo entro il castello, da cui
gli era dato spiare ogni movimento del nemico, a questo intendeva
di tenere intorno a sé impegnata senza alcun prò tutta l’oste toscana,
mentre le sorti della guerra in altre parti pendevano ancora incerte,
ed acquistar tempo alle ville vicine di agguerrirsi. E i movimenti
del Mattias fecero da principio parere assai buono il costui avviso.
Trasse da Castiglione alle vicinanze di Montalera: pur egli poc'ol-
tre un miglio dall’avversa, formó lì sotto a vista di quella, una trin-
ciera, e con frequenti avvisaglie di cavalleria, e spesso trar di palle
da Montepittolo, solo luogo d'onde appena oggi grossi cannoni ba-
sterebbero ad espugnare il castello montalerino, s'argomentava stan-
care il Savelli e sloggiarlo di colassü, si che scendesse a terminativa
battaglia. Ma la fu vana speranza, che i cavalieri dell'altro campo
non eran lenti a venir con essi a sanguinosi conflitti per respingerli,
e la rocca ‘e la torre stetter salde ai ripetuti colpi. I ferrei globi non

che aprirvi la breccia, né valsero a scassinarne una spanna: qualcuno

visi confisse dentro gagliardamente, e ancora ne restano su per la faccia
occidentale della torre, testimoni ai futuri che Montalera fu battuto, non
espugnato. Difatto dopo un mese d'inutili prove il generale del Gran-
duca abbandonò da quel lato l'impresa; ma deliberato di portare
ad ogni modo le armi più addentro nel Perugino, ripiegando verso
Castiglione prese a girare il lago, e poiché per quel sentiero non
trovava forze bastanti a trattenerlo, e già s'aveva sottomesso Passi-
gnano, Montecolognola e Magione, il Savelli credé benfatto calar
giù “dal fido suo alloggiamento e condotte le sue schiere altrove ri-

rivelisi per le lettere C. B. intagliate nell’architrave del camino. Sopra la porta
pende ancora lo stemma de’ Baglioni, vagamente scolpito in pietra serena, giusta
le forme consuete, colla coda di dragone aggiunta all’armato semigrifo.

[Nella carta del territorio Perugino di Ignazio Danti è segnata l'Osteria

di Braccio].

(1) Nome dato ne’ secoli decimosesto e seguente ad un corpo di soldati, si-
mili ai moderni nostri reggimenti: componevasi di 1000 a 1500 e sino a 2000
soldati.

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30 ADAMO ROSSI

chiamarlo indietro a campale battaglia. Dalle virtù militari, di cui
il duce romano aveva fin qui dato saggio giova conghietturare, che
ove per malferma salute non avesse rassegnato il supremo comando
dell’armata, forse a men tristo esito sarebbe per la Chiesa riuscita
la pugna. Il Napolitano Vincenzo della Morra che gli successe,
venne più volte a giornata coll'esercito toscano, e la fortuna sta-
tagli già avversa a Castiglione d’Arezzo, quindi amica a Monteleone,
gli ‘fu nuovamente avversa e fatale a Mongiovino. Si rinfrescarono
gli eserciti, si rinnovarono altri combattimenti, l’ultimo de’ quali
sotto le mura di Perugia, ‘finché signore d'oltremonte volle farsi
paciero tra i principi italiani, e segnossi in Venezia il trattato di
pace (1). Qual frutto da sì strana guerra? Onta e danno. E 'l
danno facevasi in parte manifesto a quale la curiosità avesse spinto
a visitare i luoghi, ove dianzi s'era trincierato il Savelli. Tagliati gli
alberi, troncate le viti, guasti gli edifici e quasi diroccati, gli amenis-
simi e ‘feracissimi contorni del Trasimeno, il suo esercito avea resi
cosi luridi e tristi, che i prati e colli, i quali testé fiorenti e colti
spiegavano con orgoglio le proprie ricchezze, ora squallidi e mano-
messi sembravan piangere, e mostrare, e lamentare le piaghe onde
erano stati percossi da chi aveva debito di conservarli. Diamo in
volgare un brano della lettera di Nicio Eritreo al suo Tirreno scrit-
ta l'8 luglio 1545 (2).

Per le condizioni de' tempi Montalera non si poteva omai
avere che in conto di fondo rurale, e rovistato all'uopo l'archivio
del catasto perugino, apprendemmo che alle possidenze dei Cennini
nel Comune di Pacciano si aggiunsero dopo il 1660 sempre nuovi
terreni (3), sebbene la tenuta di Montalera non leggasi nel novero
de' beni alla stessa famiglia pertinenti, che ne' registri rinnovati nel
1720 dal geometra della chiesa (4). Sotto l'anno 1747 notasi in
dette scritture, che Cosimo Cennini allibrato tra i possidenti fore-
stieri laici di porta S. Susanna, notificando e facendo valere la cit-
tadinanza perugina, alla quale egli e suoi maggiori erano stati ascritti,
domandò ed ottenne, il suo capitale si catastasse tra quelli de’ citta-
dini campagnoli di porta Eburnea, ed in essa non abitanti (5).

(1) Macinara Avvisi mss.; Brusani Istor. d’Ital. lib. XI. pag. 396.
(2) Epist. XXXIV. pag. 101.

(3) Catast. in pergam. tom. 2. c. 216.
(4) Catast. lib. I. c. 55.

(5) lib. 2. Consensi c. 405. num. 2213.

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‘ gia, esso o qualche suo ascendente si fabbricò, il casato Montesperelli ricordasi

IL CASTELLO, DI MONTALERA 37

Quindi avendo i'suoi fratelli Roberto e Francesco preso casa in
Pacciano, egli richiese di mutar nuovamente il suo censo, e d'essere
scritto nel libro: de’ cittadini aventi domicilio nel contado di porta
Eburnea, di che pure gli fu agevolmente fatto grazia (1). La sola
memoria che nel castello parli di questi Sanesi signori è la iscrizione
che leggesi al sommo della porta della chiesuola di S. Barbara. Ivi
ricordasi, che cadente per vetustà, la munificenza e religione di
Eleonora illustre figlia di Francesco de' Marchesi Cennini fratello
di Roberto e di Cosimo, nell'anno 1814 la rifece dalle fondamenta,
e l’adornò con eleganza (2). Del resto, come suole d'ogni luogo
e abitazione campestre, cui lontano padrone non porta amore, né vi
si riduce a frui: lungamente i beati ozi della villa, e solo per trarne
buon frutto l'affida ad un suo massaio; di Montalera sotto il do-

minio dei Cennini, quanto curata la fertilezza, altrettanto negletta la

vaghezza; e lasciato che nel palagio s'accovacciassero le serpi, e i
cardi e le ortiche crescessero lungo i spaldi della rocca, magnifico,
ed oltre ogni credere, delizioso verone del Trasimeno e Chiugi.
Seppe apprezzarne i molteplici doni che natura ha ivi raccolto, e
volle a tutto agio fruirne il presente signore, per cui mezzo il castello
e gran parte de’ sopposti poderi ridivennero possidenza di famiglia
perugina. La marchesa Eleonora, per la sua pietà poco innanzi com-
mendata, in cui ultimamente tutta sopravviva la schiatta dei Cennini,

-toltasi a marito Cesare dei conti Montesperelli (3), lui per testa-

(1) lib. 4. Cons. c. 117. num. 558, an. 1764.

(2) Hanc. sacram. aedem

divae. Barbarae. dicatam

temporis. ira. eversam
munificentia. ac. pietas

Eleonorae. Francisci e marchionibus. Cenninis
Roberti. Cosmique. fratris.
praeclarae. filiae

illico. funditus. restituit.
elegantiaque. ornavit.
a. s. r. MDCCCXIV.

(3) La famiglia, de’ cui rami questi è onorata fronda, accontasi tra le più
illustri di Perugia, sia per l’antichità del lignaggio, sia per la gloria che le armi
le lettere le scienze ed .i civili carichi ad essa in diversi tempi procacciarono.
Originata come vuole il Ciatti (Perug. pontif. lib. 3. pag. 108) da un Bernardo

‘gentiluomo Alemanno calato in Italia nell'ottavo secolo con Teutone duca di

Baviera, e tolto il nome dal castello che verso occidente a otto miglia da Peru-
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38 ADAMO ROSSI

mento fece erede di questi suoi beni. Morte la colpiva ai 25 giugno

1848, ed allora il superstite consorte, cui il circostante contado salu-.

tava con giola-assoluto padrone di Montalera, già vago di quivi
tradurre i suoi giorni, studió modo di mescere all'utile l'agio, e com-
prese il debito di custodire, come ‘fa mestieri, storico monumento,
quale il castello ov'egli intendeva fermare sua stanza. Per provvedere
ai comodi domestici non che difformare la muraglia e la torre, ritolse
si bene intorno ad esse ogni ingombro, le restitui alle pristine forme,
in quello stesso che fu sollecito convertire il tutto ad usi novelli.
Fuori, ed é l'unico mezzo di lodevolmente ammodernare siffatti ca-
stelli, fuori paresse tutta la primeva robusta rozzezza, entro si ringen-
tilisse ogni parte, e la rocca sembrasse veramente costrutta a difen-
dere un tesoro di delizie. Spianó una via carreggevole a' piedi le
mura, si che pure entro il cocchio fosse dato gire a diporto sulla cima
di monte: ridusse a giardino quella porzione di spianata verso l'oc-
cidente, e sbarbicati i veprai, vi pose a fiorir le dalie: agguaglió a
tramontana il terrapieno: non permise che stilla di pioggia si sper-
desse, e per raccoglierla scavò altra cisterna in mezzo al giardino,
murò ad esso in fondo una gran fontana: questo fuori, al coperto
riordinò gli spartimenti, colori sale, e le abbelli di deschi e seggi
elegantemente foggiati: l'inferior piano della torre signorilmente ac-
conció. Un di nera la volta, e pendente dalle pareti armadure, labarde,
mazze irte di punte, il feodale signore avrà ivi assembrato i suoi val-
letti a udire ordini di vendetta e di sangue: oggi di gaie dipinture
tutto adorno, tutto adobbato di sete di specchi, e d'ogni altro no-
bilesco arredo che il moderno raffinamento richiede; il Montespe-
rell; vi accoglie con fior di gentilezza i graditi suoi ospiti. E chia-
mava testé a divider seco le voluttà di tale soggiorno donna che sola
la lingua rende a noi straniera: animo affetto cortesia cultura in lei
tutto italiano. La lituana contessa Luisa Keyserling, cui in seconde
nozze Cesare Montesperelli si disposò, è la gemma, è l'ornamento

ben presto e quindi con assai frequenza nelle cronache e storie del nostro mu-
nicipio. Le lunghe memorie che ne compilarono con assai accuratezza Ottavio
Lancellotti sotto il 15 giugno della sua Scorta sacra, e Giorgio Viviano Marchesi
nella sua Galleria d'onore, noi abbreviamo e diamo partite nel seguente ordine.
Dalla famiglia Montesperelli vennero all'Italia sei prodi uomini d'arme, quattro
cavalieri gerosolimitani, un buon letterato, tre insigni giureconsulti, un venti
tra magistrati e almbasciatori, del cui senno la nostra republica ed altre città vicine
in varie circostanze utilmente si valsero.

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IL CASTELLO DI MONTALERA 39

eletto del castello, la cui varia istoria fin. qui intessemmo, ed

ora col nome di quelli che il signoreggiano siam lieti di chiudere.

Perugia l'autunno del 1851. :
ADAMO ROSSI

NOTA

Il Castello di Montalera ritornato in proprietà di un ramo della storica casa
ha avuto ancora, ed ha, tutte le cure per la sua migliore conserva-
alla cortesia del Conte Dott. Agostino Oddi Ba-
il consentimento della sua pubblica-

dei Baglioni,
zione. La R. Deputazione deve
glioni, possessore anche del ms. del Rossi,

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- latino, pubblicando nelle pagine

I CARMI LATINI DI VINCENZO CAVALLUCCI

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Il Canzoniere latino di Vincenzo Cavallucci,
più importanti figure della cultura e della vita le
rugia del '700, è rimasto sin qui sepolto tra le v
Biblioteca Dominicini di Perugia. In
pati (1) finora del Cavallucci, ha accennato fugacemente alla sua
produzione poetica latina il solo Vermiglioli (2), il quale nella enu-
merazione delle opere lasciate a stampa e manoscritte dal Caval-
lucci, nella rubrica XIV così annota: « Poesie italiane e latine.
In varie raccolte del secolo XVIII, e 1

ie abbiamo. visto anche a
penna». Che il Cavallucci abbia affidato a qualcuna delle famose
« Raccolte», di cui

fu oltremodo amante il "700, parte delle sue
liriche latine, non è da revocare in dubbio; ma, d'altro lato, anche
a voler prescindere dal fatto che queste « Raccolte » sono oggi in-
trovabili, è certo che, come in tutti gli altri campi della sua operosa
attività, cosi anche in quello della musa latina, molto, se non il me-
glio addirittura, il Cavallucci dovette lasciare manoscritto (35
Vorremmo perció tentare di rendergli giustizia, come a poeta

di questo glorioso « Bollettino di

che fu una delle
tteraria della Pe-
ecchie carte della
fatti fra quanti si sono occu-



(1) Anche nel ’700 di G. Narari (Milano, F. Vallardi, 1956) il Cavallucci

é presentato soltanto come autore di opere filologiche, archeologiche e teologi-
che. Cfr. Parte Prima, pag. 557.

(2) G.. B. VERMIGLIOLI: « Biografi

a degli scrittori perugini e notizie delle
opere loro ». Tomo I, P. IL Perugia,

Tip. di Francesco Baduel, 1829, pag. 317.
(3) A proposito delle numerosissime opere lasciate inedite dal nostro. Cfr.

G. Lemmi: Vincenzo Cavallucci, in « Studi storici e letterari in memoria di An-
nibale Mariotti ». .Tip. G. Guerra, 1901, Perugia e G. Cecchini: « Saggio
sulla cultura artistica e letteraria in Perugia nel sec. XVIII ». Campitelli, Fo-
ligno. Nè l’uno nè l’altro però accenna all’opera di poeta latino del Cavallucci.

Cfr. anche C. Pizzi: «Lettere inedite tra V. Cavallucci e G. B. Morgagni ».
G. Guerra, Perugia, 1956.
- betico ordine efformatus, Anno Domini, 1817, pag. 12.

I CARMI LATINI DI VINCENZO CAVALLUCCI 41

Storia Patria per l'Umbria », una larga scelta delle sue composizioni
latine, trascritte direttamente dai manoscritti. Crediamo, ciò facendo,
non solo di rivendicare dall'oblio un aspetto ingiustamente ignorato
dell'opera del Cavallucci, e di portare un contributo, qualunque
esso sia, alla conoscenza della cultura della Società settecentesca ita-
liana, ma anche di collaborare al rifiorire della lingua latina.

LII

Molte composizioni poetiche in latino del Cavallucci si tro-
vano disperse qua e là nelle pagine di parecchi libri manoscritti
della Biblioteca Dominicini di Perugia, senza nessun ordine né cri-
terio prestabilito, ma così come il poeta le andava a mano a mano
scrivendo. Sono mescolate a caso e alla rinfusa tra i piü disparati
soggetti e le più varie discipline coltivate dall'Autore: lettere, ser-
moni, vite di Santi, trattati, poesie italiane ecc. Una raccolta invece
che potremmo considerare ordinata e sistematica delle sue poesie
latine, è offerta dal codice 59 (4); ivi troviamo inserite e riunite
parecchie composizioni che si leggono in diversi altri libri mano-
scritti. Sono scritte tutte dalla stessa mano e si estendono dalla
pag. 1 alla pag. 36; ad esse segue una ricca raccolta di poesie ita-
liane che va fino alla fine del libro. Non par dubbio perció che
questo codice debba considerarsi la raccolta definitiva delle poesie
latine ed italiane del Cavallucci, curata probabilmente dallo stesso
Autore, che vi avrà trascritto le liriche da lui ritenute il piü bel

fiore della sua musa. Questo canzoniere latino si presenta subDi-

to notevole per il numero e la lunghezza di alcune composizioni.
Le liriche latine sono circa 60; predomina il verso esametro e il
distico elegiaco, non manca il metro trimetro giambico e il falecio,
una sola volta é adoperato il metro saffico. Le forme poetiche sono
lepigramma, l'elegia, la lettera poetica e la satira. L'ispirazione o
il motivo poetico è costituito dai più disparati soggetti: nozze, con-
ferimenti di cariche e di uffici, celebrazione di opere d'arte. Ap-
parono anche come ispiratori, amici umili e grandi della sua città
natale o della Venezia del 700, nella quale soggiornò ben quattor-

(4) Cfr. Index manuscriptorum quae extant in Bibliotheca Dominicini alpha-
sten fin =

- 49 CLEMENTE PIZZI

dici anni dal 1739 al 1755, tra i quali ultimi sono degni di essere
ricordati il Doge Pietro Grimani e il Patriarca Foscari. I casi stessi
della. vita offrono al Poeta l'ispirazione dei suoi carmi, o di note
soggettive o individuali sparse in liriche d’intonazione generale di-
versa. | |
Naturalmente, il Cavallucci, la cui lunga vita si estende per È
quasi tutto il secolo XVIII (nasce a Perugia il 1700 e muore il
1787) pagò in parte il suo tributo al costume generale del tempo. E
Fiorisce infatti in piena età dell'Arcadia e di quella famosa Acca- î
demia subisce gli influssi. Anche nelle sue liriche ricorre il nome [
di una Laura, pastorella ritrosa, a cui il poeta sotto il nome di Me-
nalca, dedica i primi tre componimenti del suo Canzoniere; né
. manca il compianto per la morte della domestica catella e delle can-
dide colombe, mentre sono affatto estranee al suo mondo poetico
e alla sua anima, le piaghe e i mali più gravi dell'età. Un senti-
mento morale religioso vivo e desto si sente sempre al ‘fondo della
sua ispirazione. Da esso è scaturito il mirabile poemetto in lode
della Immacolata Concezione di Maria Vergine, poemetto che ci
"richiama alla mente il «De partu Virginis» del Sannazzaro. Ba-
sterà anche leggere le composizioni di soggetto scientifico, che chiu-
dono la raccolta, le quali approdano sempre a una soluzione quasi
esclusivamente religiosa dei problemi. E questo è un sintomo im- :
portante nell'età dell’illuminismo, nella quale col verso e l’intendi- E.
mento di Lucrezio, altri poeti cercavano ben altre soluzioni dei mi-
steri della natura. Ritroviamo nelle composizioni del Nostro non
solo delicatezza, ma anche robustezza di sentimento. Il Cavallucci
é un arcade, ma non un arcade tutto latte e miele. Egli sa vibrare
anche la sferza, come quando nell'epistola poetica all'amico G. B.
Paganelli ha un accento mordace contro la vecchia peste delle corti,
e non delle corti soltanto, o come quando nella lunga e bella satira
che meritó un epigramma celebrativo del Padre Gentile Maria Bi-
lieni, Gesuita, ritrae con pungente ironia la rissosa contesa seguita
a una partita di gioco al pallone. Il Cavallucci è piuttosto un fedele
dei principi originari dell'Arcadia, quali furono enunciati nelle prin-
cipali poetiche del tempo, e si avvertono nella sua opera i preludi
e i prodromi forieri della nuova letteratura morale e civile del rin-
novamento. E' notevole nel Nostro lo studio diretto, appassionato
e fervido degli scrittori latini e la loro imitazione; in modo par-
ticolare rileviamo una dimestichezza speciale con Virgilio, Orazio
I CARMI LATINI DI VINCENZO CAVALLUCCI 43

ed Ovidio. E ai miti del mondo poetico di questi antichi attinge
largamente, anzi essi costituiscono spesso lo spunto iniziale di pa-
recchie composizioni, ricollegandosi così alla tradizione umanistica
del nostro Rinascimento. Fanno onore del pari al Cavallucci la
padronanza della lingua latina sempre tersa e fluente, e il verso ar-
monioso ed elegante. Perciò, concludendo, ci pare di potere one-.
stamente affermare che il Cavallucci occupa un posto non trascura-
bile anche tra i maggiori latinisti e ‘poeti del secolo XVIII.

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CLEMENTE PIZZI
cop. 59 - pac. 1-2.

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del Cavall

CLEMENTE PIZZI

E

nescente, nessuna nota particolare la caratterizza ;

lei tranne la sua ritrosia. La rievocazione mitol
nell’ode saffica, che è tutta una preghiera a Ven

Rifeo che corazza il cuore di Laura.

Arcades, ut fama est, duro de robore nati,
Coepere hac, rupto cortice, luce frui.

DE LAURA

epigrammi e la saffica seguente con cui si apre il Canzoniere Latina
ucci ci portano in piena Arcadia. Sono tre liriche che formano un
trittico svolgente lo stesso soggetto. Il poeta sotto il nome di
non riamato, una pastorella di nome Laura. La figura della fanciull

Menalca ama,
a è molto eva-

nulla sappiamo. nè vediamo di
ogica predomina, specialmente
ere, perché sciolga il ghiaccio

Sed tamen haéc olim falso est commenta vetustas,

Figmentis miscens sedula cuncta suis.
* Ipse sed experior nimis hoc verum esse puella
(Proh dolor!) in nostra, dum riget illa nimis.
Ah! riget illa nimis, nostro nec mota dolore est:
Sic probat nasci e robore posse viros.

II.

DE EADEM - EPIGRAMMA LAURO INSCULPTUM

Haud laurus fuerat quondam Peneja Daphne,
Quam Lyciae fertur deperiisse Deus:

Illa sed immitis, patriaeque algentior unda,
Ah! fugit, et surda respicit aure preces.
Numina texerunt hinc Nymphae corpora lauro,
Foeminea exemplo quo tibi, turba, foret.

Ergo age, mutavit cum vis cognominis illam,
Heu! referas poenam ne quoque, Laura, cave.
I CARMI LATINI. DI VINCENZO: CAVALLUCCI

III.
AD VENEREM CARMEN

Mater, o risusque, Cupidinumque
Eia, amabo, destituas Cithera, -
Sive tu Memphin potius relinquas
Sive Amathunta.
Adsis huic nostro et facilem, precamur,
Trade te voto, rigidumque Laurae
Flecte cor, tandem ut redamet coacta
Dulce Menalcam.
Tu preces olim Hippomenae secundas,
Ut queat Schoenei celerem puellam
Aureis jactis superare pomis
Praepete cursu.
Tu furoris iam miserata saevi
Quo in tuam clarus statuam flagrabat
Artifex, vixque ut frueretur aura
Ulla dedisti.
Hospiti vires Phrygio addidisti,
Suadeat furto ut thalamos maritos
Coniugis mollis violet Lacaena
Foedere rupto.
Ergo ne spernas quoque me precantem,
Solve tu Laurae glaciem Ryphaeam,
Heus! magis duram solidamque circum
Pectora euntem;
Et tibi semper cumulata pingui
Thure: erunt altaria victimaque,
Et tuas semper celebrabo laudes
Carmine vates.

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-— CLEMENTE PIZZI

IV.

con. 52 - Pac. 2.

Con una ironia amabile e garbata il poeta lamenta il silenzio dell’
rievocando ila promessa da lui fatta di un dono,
poetiche.

AD DOMINICUM MUPATUM
(Epigramma)

Cum tu pollicitus septembri scribere mense es
Carmina, adhuc licuit nulla videre mihi.

Esse quid hoc dicam? forsan componere versus
Arguit haud vatem, quod. nimis ipse cupis?

Arguit, at melius ratus es monstrare, poesis
Quam teneas artem, si mihi verba dares.

V.

COD. 59 - pac. 3.

Due grandi figure di Patriarchi, il Coraro e il Foscari
celebrate. L'epigramma glorificatore è breve,

ma, i pochi versi contengono
Patriarca defunto e del successore l'ampio re

spiro di una vera « laudatio

IN ALOYSIUM FOSCARI, QUI VENETIARUM
PATRIARCHA MERITO RENUNTIATUS EST

(Epigramma)

Occidit Hadriacus Pastor, cui deinde Senatus
Quem sancto quaerit munere sufficiat.
Tunc honor in medium prodit sic ore locutus,
Nec sinit ut nobis cura relicta siet.
Si de Coraro retulit. Libitina triumphum,
De successuro me quoque ferre decet.
Sectantes refugit, fugientes mors fera quaerit:
Ipse eadem facio: jam sumus ergo pares.
Frontem igitur iubeam cui sacra eat infula circum,
Foscare, ni tibi qui me fugere usque cupis?

amico

atteso invano, di composizioni

Sono qui rievocate e

del

2».
I CARMI LATINI DI VINCENZO CAVALLUCCI

VI.

cop. 59 - pac. 3.

JOANNI BAPTISTAE PAGANELLI
(Epistola)

Per uno dei più cari amici — così ce lo presenta lo stesso poeta — G. B.
Paganelli è dettata la seguente lettera poetica in versi esametri. Poeta egli ‘stesso,
il Paganelli aveva fatto omaggio di un carme in versi latini al Cavallucci, il
quale saluta la composizione come un'opera degna di Virgilio e di Apollo, e ‘si
compiace di vedere risorgere i tempi felici di Augusto e di Mecenate. Seguono
le scuse per il troppo lungo silenzio tenuto coll’amico, causato da una malattia,
la gravedine, che ha colpito il poeta. Notevole la bella descrizione del male e
delle cure prestate dai medici. Chiudono la lettera altri accenni autobiografici,
agli impegni di oratore sacro e: alle cure dell'insegnamento presso i Padri Oli-
vetani di Monte Norcino, da cui è dettata la lettera, e ove il Cavallucci rimase
per lo spazio di un anno, dopo il suo ritorno da Venezia, nel 1753.

Ex m. Norcino

O inter paucos nobis numerande sodales,

Cui superi dent posse diu gaudere iuventa,
Seraque tergeminae deducant stamina Parcae.
Carmina dum legerem,. quae nobis reddita, nomen
Ferre tuum nuper pagellae in fronte jubebas,

Ipsa mihi visum est legisse poemata, quondam
Quae fertur medio andinus cecinisse theatro

Saepe Maro, vel quae retulit dum incendia Troiae
Maeonius vates, vel quae modulatus Apollo est,
Marsya cum cytharae secum certamen inivit
Detractaque, licet dextro sub judice, poenas

Pelle dedit, vitreum Phrygiae mutatus in amnem;
Haec eadem visum est, inquam, Patriaeque tibique
Gratatus, veterum felicia saecula vatum

Haud ultra optavi, redeuntia tempora cernens
Augusti, Cilnisque atavis, te sospite, nati.

Nec tamen ista velim nos arbitrere locutos,

Ut studio ductus, dandique libidine verba
Blanditiis possem tibi sic obtrudere palpum:

Nil etenim fugisse juvat studiosius aeque

10

15

20
CLEMENTE PIZZI

Atque hanc, invasit quae Regum limina, pestem po
= Et longe lateque patet, radicibus actis:
Ac jurare licet: non his collata Camoenis
Musa tua est, nimium queis aetas prisca superbit, : F
Ne ingratus videar, cum me tot laudibus: ornes; 25
Ast ipse ex animo tali te dignor honore,
Sensaque deprompsi cordis penetrabilis ista.
: Verum ego, qui pridem scribendi foedera tecum E
"ercussi, extorsique meis commercia votis 1
Versus in Harpocratem huc usque silentia servo: 30
Materiem quamvis perbelle scripta dedisse
Littera debuerat fandi, quam reddidit a te
Femina in urbe tuos curans annosa Penates.
Haud secus evenit, fateor, sed justa silendi |
Causa subest: ardens nam mox depascitur artus 35
Febris, et adsiduo cogor jacuisse cubili
Sex, septemve dies, queis subdita flamma medullas
Urere, uti stipulam atque altas serpere venas ;
Pallor inesse genis, introrsum lumina condi
Frontis honor labi, siccisque arescere lingua : 40
Faucis, et vires absumi corporis aestu.
Accurrunt Medici, primaque ab origine morbum
Nosse volunt celerem foedaque gravedine natum
Esse ferunt: hinc quisque sua ut versatus in arte est |
Pharmaca tunc miscet, salubria pocula praebet 45 !
Sanguinis immani ut desint alimenta calori,
Nititur et nihil intactum infectumque relinquunt.
Interea, febris medicamine victa facessit,
Cum imposuere meis pondus cervicibus impar,
Scilicet orator celebrem sermone soluto 50
Corpore cum dio Mariam super aethera raptam.
Adde quod exiguum superest mihi temporis, aut nil
Quo me distineat morosa haud cura docendi,
Ut iam poeniteat munus subiisse magistri,
Quod prorsus mihi me, nedum furarer amicis 55
Nec sinit officiis, ut vellem incumbere, eorum.

comme
I CARMI LATINI -DI VINCENZO CAVALLUCCI

VII.
con. 59 - Pac. 5.

Il Cavallucci fu Parroco per otto anni della Parrocchia di Pila, presso Ca-
stel del Piano, in Comune di Perugia. Nello sfondo della vita parrocchiale si
muove ora la figura del poeta. Le cure del ministero pastorale, l’impossibilità do-
lorosa per il poeta di dedicarsi alle dolci Muse, di cui lo assale la nostalgia; con-
fortata solo dall’amico poeta, dal quale attende i suggerimenti e la riconciliazione
con le dolci Camene, che lo renderanno beato, mentre la filosofia lo tedia, sono
le note predominanti del carme.

JOANNI BAPTISTAE PAGANELLI
VINCENTIUS CAVALLUCCI S. P. D.

E castro Pilae

En prior aggredior (sic nos condiximus inter)
Scribere; at oblitum dextra recusat opus.
Non adeo facile est revocare ad carmina venam,
Quum semel a nobis cesserit illa procul.
Ocia, desertis Patriae ex quo moenibus urbis 5
Liquimus, ulterius non ea culta mihi est.
Degere enim fati postquam lex improba ferrei
Me voluit ruri, duraque pauperies:
Rubi ubi pro gregibus pasco matresque virosque,
Sed quibus, heu! pecudes sponte referre libet; 10
Sic mea sollicitant, vexantes undique, curae
Pectora, ut exciderit ars mihi, Phoebe, tua.
Quare ego suspendi salicis sub arbore dudum
Thybridis ad flavi litora nota lyram;
Quae iam abducta situ est, carieque absumpta fatiscit, 15
Quamque tegit tela Lyda puella tua.
Et quater octonis nunc primum mensibus actis,
Intermissa chelys tangere fila iuvat ;
Sed quamvis pulsare fides ex arte laborem,
Haud animi possum pollice vota sequi. 20
Nec faciles quondam prodest arcessere Musas,
Ulla nec adsiduas excipit aure preces.
Ah licet Aeacides perculsus caede sodalis
Traxerit Haemoniis Hectora saevus equis;

Iram tamen posuit, precibusque in corda resedit,
Sparsaque sunt gnati reddita membra seni.

Quid, quod saepe virum contemptus turpiter ausis,
Iuppiter iratus destitit esse "prece?

Verum ego, proh superi! supplex orare puellas
Aonias possum, poscere et auxilium ;

Hae tamen invisum me odere, nec audior ulli,
Dum magis obsequio femina laesa fugit.

Tu, me prosequeris si tanto, ut dicis, amore,
Has mihi pacatus reddere, amice, potes;

lu, qui deliciae, ipsarumque vocaris ocellus,
Quarum et in amplexus saepius ire soles.

Quod si posse datur nobis adjungere rursus
Pierides, sacris tum cadet agna focis:

lunc mihi pertaeso doctum coluisse Lyceum,
Porticibusque frui, secta superba, tuis,

Hoc erit in votis tantum per devia saxa
Montis Apollinei ferre referre pedes.

con. 59 - pac. 8.

VIII.

CLEMENTE PIZZI

25

30

35

40

Leggiamo ora un canto di nozze. Due illustri casate veneziane, i Grimani e
i Pisani, progenie di dogi, sono qui congiunte dall'amore che lega il cuore di due
giovani, che vanno sposi. L'ispirazione é ancora attinta a] mondo classico, leg-

giadria e grazia illuminano tutto l'epigramma.

IN NUPTIIS M. ANTONII GRIMANI ET MARIAE PISANAE

Tantalides vicit Pisarum fraude puellam,
Praevertens Phrygiis Hippodamian equis.
Ast tu, Marce, fide, virtute atque ore venusto

Pisanam superas, conciliasque tibi.
Ergo tu Pelopem tantum post terga relinquis,
Quantum equidem virtus anteferenda dolo est.

(Epigramma)

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I CARMI LATINI DI VINCENZO CAVALLUCCI | | 51

ES x IX.
con. 59 - pac. 9.

* Non conosciamo il ritrattista settecentesco che ispirò l'epigramma, ma come
nel noto disegno di M. Von Meytens ritornano nel carme latino i regali li-
neamenti dell'Imperatrice Maria Teresa, e sono esaltate le nobili doti dell'animo
che contemporanei e posteri hanno ugualmente riconosciuto nell'Augusta figura
della Regina Imperatrice.

IN IMAGINEM SERENISSIMAE

| ROMANORUM IMPERATRICIS

E ATQUE UNGHARORUM REGINAE MARIAE TERESAE
AUSTRIACAE

Aspice, ut arguta pictor qui clarus in arte est,
leresae Austriacae pinxerit ora manu.

Dumque referre decus formosi corporis audet
Urit amor grata lampade corda virum.

At si mentis opes potuissent pingier, o quas 5
Conciperet flammas pectore quisque suo!

NC
con. 59 - pac. 10.

I due seguenti epigrammi costituiscono un saggio della famosa zoolatria set-
tecentesca. Il primo è l'iscrizione funebre per il cenotafio della cagnolina Zéuto-
nia, morta di parto, e trasformata da Giove in astro e collocata presso la co-
stellazione della antica Erigone. Il secondo è un rimprovero alla Dea dei parti,
Lucina per non aver prestato il suo doveroso efficace soccorso. Sono tipiche
voci ed espressioni del tempo.

EPITAPHIUM DOMESTICAE CATELLAE

Hospes, siste gradum: bustum quod cernis inane
Condere debuerat Zeutoniae ossa canis:

Iuppiter in rutilum voluit sed vertere sidus,

Fertur et Frigones apposuisse cani.

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e or RUE n yon AO e salli feta ai

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7 tiem
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—^OA^——— QA! dh res

CLEMENTE. PIZZI

XI.

con. 59 - pac. 10. 3
z

IN EANDEM EPIGR. E,

Heu! crudelis opem cur non, Lucina, tulisti, 2

Cum pareret foetus nostra Catella suos? 3
Et vis venandi, demens, studiosa vocari, p

Si auxilium catulis, suppetiasque neges? . E

XII.

con. 59 - PAG. 10.

Come la lira della statua di Memnone, presso gli Egizi,
se non era colpita dai raggi;del sole,
che attende,

non mandava suono, |
così il poeta nulla può scrivere all'amico, 1
se non é ridestato nel suo torpore dalla luce dell'ingegno dell'amico.

AD GYRILLUM BUSANNAM - EPIGR.

Scribere cur nolim tibi nunc fortasse requiris ?
In promptu causa est: torpeo desidia:

Nec non Miliaci statuae sum Memnonis instar
edere quae solita est sole refusa sonum.

n Factus enim Harpocrates, iam longa silentia servo, 5 È
Hi] ^ ^ E : i È
M ni luce Ingenil tangar et ipse tui. E
XIII.
cop. 59 - pac. 15.
Un domestico mentre attende nella casa ai consueti lavori, incauto, ha cal- È

pestato a morte la colomba affezionata al Poeta, il quale ne piange la morte
e rievoca i tratti di squisita delicatezza, dimostrati verso di lui, mentre era in ü
vita, dolendosi con Venere che non abbia saputo salvare da crudele morte tanto ^

|
|
til . tesoro. Ognuno può facilmente far confronti con la letteratura analoga degli
i antichi poeti latini.

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a VE A rmm Perm te

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Noo I CARMI LATINI DI VINCENZO CAVALLUCCI

IN OBITUM COLUMBAE - ELEG.

Occidit infelix crudeli funere nuper
Gloria pennigeri nostra columba gregis;
Scandit enim scalas, sellas dum transvehit alta -
Sede domus, famulus, saepe et adurget opus;
Insequitur pipilans pone, et comitatur euntem;
Et salit, et pennis plaudere gestit avis:
Is tamen inviso descendens pondere pressus,
Accelerat nimia rusticitate gradus: |
Nec videt haerentem: pedibus sed proterit, atque
Delicias domino surripit ille suo.
Heu! Venus, accurris cur non defendere ab atro
Interitu innocuam, quae sacra dicta tibi est?
Quamque tuo poteras merito mage iungere curru,
Quam tua, quas volucres mandare frena jubes?
Forsitan incestis. Martis complexibus haeres,
Hinc renuis miserae ferre salutis opem? :
Quod si haec causa foret, volucri quod adesse negares,
Lemniacis rursus digna videre plagis:
Digna iterum risu superum spectantis amaro
Concilii, stabilis foedera rupta chori,
Fac vero non esse tibi, propriamque dicatam,
Atque patrociniis inde carere tuis.
Ah satis ingenio, blandis ac moribus illa
Non tibi forsan erat flectere corda potis?
Namque adeo in dominum flagranti ardebat amore,
A domino ut numquam vellet abesse procul.
Quare ubi conclavi sese is condebat in aedis
Quo Musis posset sacra sueta daret,
Protinus ipsa solo strata, atque voluta jacebat
In semet, caros illius ante pedes.
Sive super pluteo, facundis sive libellis,
Eius in aspectum lumina fixa gerens.
Interdum querulis gemeret si vocibus, hasce
Rumpebat nutu cum monuisset herus.
Interdum prehendi cupiens gremioque foveri,
Mulcerique manu blanditiisque frui,
Inclinata caput, gradibus substabat in isdem,

10

15

25

30

35
CLEMENTE PIZZI .

Pandebatque alas gutture pauca sonans:
Cumque suis fieri votis satis ipsa videbat,

Laetitiae exultans plurima signa dabat
Ergo quis poterit non indulgere dolori?

Non lagrimis cupiat quisve rigare genas?
Occidit infelix nam diro funére nuper

Gloria pennigeri nostra columba gregis.

XIV.

cop. 59 - Pac. 17.

All’elegia segue ora l’epitafio, e della colomba estinta è messa in rilievo
una nota caratteristica.

EIUSDEM COLUMBAE EPITAPHIUM

Hic iacet eheu! pedibus famuli contrita columba,
Delicium domini quae fuit ante sui.
At cur nulla, Venus, tetigit te cura volucris?
, Àn quod virgo tuas spreverit illa faces?

: | XV.

COD. 59 - pac. 175

In questa satira di sapore oraziano, il Cavallucci si eleva alla dignità di
poeta civile. Involandosi ai clamori urbani, con una passeggiata vespertina; do-
po una giornata di studio, il poeta giunge, là dove una schiera di giovani si
esercitano al gioco del pallone; si ferma a contemplare la palla che ora alzan-
dosi nell’aria, ora rotolando in giro e rimbalzando al suolo richiama alla sua
mente la volubilità della fortuna. Ad un tratto l’aria si riempe di clamori, come
quando Euro fischia tra gli alberi della foresta O aquilone sconvolge le onde
del mare. Il gioco è interrotto da una rissa sorta fra due giocatori.
accorrono a dividere i contendenti, ma invano. L'alterco diventa più aspro. Un
« giovin signore » in erba, a corto di altre ragioni rinfaccia all'avversario con
tono degno del parassita della commedia e con volgari insulti la bassezza dei na-
tali. Il poeta irridendo la boria ventosa e sciocca del « giovin signore » si allon-
tana. Quindi dall'episodio increscioso il poeta assurge a lamentare la mania
delle contese letterarie implacabili e spesso odiose del suo tempo, che non ri-
sparmiavano neppure i più meritevoli e ilibati, come appare evidente dalle
allusioni al Dio Momo e all'Antico Aristarco. Chiude la satira esortando spe-
cialmente quelli che nulla fanno e tutto biasimano e criticano alla temperanza e

Gli amici

OON EESTI TUTENTENURI SERIA A
Y
95

I CARMI LATINI DI VINCENZO CAVALLUCCI .

alla misura sopratutto quando la critica vorrebbe, come gli antichi Titani dare
la scalata al Cielo. Benché quasi sconosciuto, il nostro poeta merita di far parte
di quel movimento di opposizione al nostro gallicizzante '700, che ebbe più tar-
di la sua massima espressione nella satira virulenta dell'Alfieri, negli endecasil-
labi del Giorno, e in qualche commedia del grande Goldoni. Il Cavallucci non
é come i succitati una figura di primo piano, ma ci richiama in particolar modo
al Parini, Sacerdote anche lui e di una dignità morale superiore ai suoi tempi.

Tempus erat, medium quo sol transegerat axem,

Et tantum ex aequo tunc non distabat utroque

Limine, at occiduas proprios vergebat in oras,

Cum pertaesus ego nimium coluisse Minervam

Atque ideo cupiens reliquum iam fallere lucis 5
Grandis adhuc, lentis decrevi passibus urbem

Visere, qua Boreae est obnoxia flatibus; ergo

Ecce iter ingredior, longisque anfractibus errans,

Ventum, ubi constiterant plures lectique sodales,

Quos exercebat grato certamine ludus 10
Follis, ab ignavo revocantes membra veterno.

Ingeminant ictus igitur, dextraque fatigant

Versatum toties alternis iactibus orbem,

Qui nunc summa petit diffrigens aéra, nunc se

In gyrum vertens, ima tellure resultat. 15
Haud secus instabilis volvit fortuna rotatque

Mortales, coelum iuxta nunc evehit, et nunc

Deprimit, et manes Stygios deturbat ad ipsos.

Constiteram, tacitus mecum haec sub corde volutans,

Cum subito magna exoritur discordia binos 20
Inter ludentes, subitusque exestuat ignis.

Incaluere animi, probrisque ardentior ira

Crescit, et immani mordentia verba tumultu

In sese iactant mutuo; clamoribus implent

Aéra, pinetis veluti si insederit eurus 25
Sive, aquilo aequoreas saevus si agitaverit undas,

Magna solent tumido conciri murmura ponto.

Solvitur interea ludus; mutatur in arma

Discus et insolitum edebant certamen, utrimque

Accurrunt comites, mediosque complexibus audent 30
Continuisse- ambos: blanda nunc voce morari,

Nunc vi nituntur nimirum quoque mente paratos
m À—À v r

CLEMENTE PIZZI

Ad Martem, saevaque ad ferrea vulnera dextras.
Hi vero quum cernunt, quamvis conantur, inani
Absumi, perdique leves molimine vires ;
Confugiunt iterum raucae ad convicia linguae ;
Atque haec alterius memori si mente tenerem
Verbz fuisse reor ventoso turgida fastu.

Tune audes mecum contendere natus agresti
Gente, vel adsueta fficticia condere vasa?

Cui cum servili census crevisset ab arte

Inter Patricios, equitumque ascribitur albo:

Ut vere dixisse iuvet, quod nummus honores
Et modo: nobilibus tribuenda insignia donet.
Tune audes mecum claris natalibus orto

Te conferre? Pudet, pudet, ah! lusisse, matellam
Quocum nec dignum nobis praestare putares.
Vix ea finierat labris spumantibus, ipse

Quum grandes imo prompsi de pectore risus,
Et procul excedens, haec sesquipedalia verba
Longius haud volui ferre atque audire, procaci
Qualia vix fari parasito- impune liceret,

Quem vetus inducit comoedia magniloquentem.
Insita non latuit non me natura, pudore,
Ingeniumque carens, patuit puerilibus annis,

In quibus assidua versari in lite, coevis

Cum pueris solitum noram, cunctosque veneno
Scommatis inficere, ac petulanti incessere lingua.
Interea crescente, simul concrevit, et auxit
Improbitas aetate nefas, et crimen; ubique
(Venator veluti damnas) exquirere demens
Dissidia, et rixas: omnes suspendere aduncis
Naribus, insontes etiam, noxaque carentes:

Unus Aristarcos Momosque ut vincere possit.
Quid vero vecordem miramus balatronem ?

Cum vix ingentes opus est diducere rictus

Sponte fluunt voces, fracto velut aggere, flumen.
Dentibus obsepsit Deus atque coercuit olim,
Ceu claustro, linguam, valloque ut clusa lateret:
Hi tamen haud possunt fatum prohibere loquacem,

35

40

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I CARMI LATINI DI VINCENZO CAVALLUCCI

Frustraque in statione manet: ruit impius ore
Sermo vel in superos, Titanum exempla sequutus 75
(O utinam poenis pariter!), temerarius iret.

XVI.

con. 59 - pac. 19.

La satira su riferita ebbe un seguito nei due seguenti epigrammi scambiati
fra il Padre Gesuita Gentile Maria Bilieni e l’Autore.

AD D. CAVALLUCCIUM EGREGIUM SATYRARUM CON-
SCRIPTOREM GENTILES MARIA BILIENI E SOC. JESUS
EPIGR.

Quam satyram fecit tua digna poemate musa est,
Tuque Cavallucci nomine maior eris.

Nam Caballus eris, quo fons Parnasidis undae
Effluit, atque tuo ex fonte poeta bibam.

FAVE

con. 59 - pac. 30.
AD EUNDEM PATREM RESPONSUM

Cum fore se vatem mendaci carmine dicat
Doctus, ubi nostro ex fonte poeta bibet;
Fungitur is vatum cum primis munere, lauro
Dignus, ut aoniam ‘fronte poeta gerat.
Nam si a fingendo (verum modo Graecia narret)
Nomen, et a Graeca voce poeta tulit,
Hic mihi dum laudes mendaci carmine dicit,
Jam dici merito iure poeta potest.

XVIII.

con. 59 - pac. 22.

In questo poemetto d'alta ispirazione religiosa il Cavallucci ha seguito la
dottrina della Scuola Francescana dell'Immacolato Concepimento di Maria Ver-
gine, che si compendia nella formula del suo più grande Maestro, Giovanni

Dums Scoto: Decuit, voluit, ergo fecit. Infatti lo schema del poemetto è lineare

e semplice, ma non vi manca un impeto concitato di poesia. Dopo la protasi e

pare ie =

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58 CLEMENTE PIZZI

l'invocazione allo Spirito Santo, il Poeta iniziò lo svolgimento del suo soggetto.
Nell'alta Reggia celeste, l'Onnipotente è assiso sul soglio avvolto da uno splen-
. dore di raggi. A destra la Pietà, a sinistra la Giustizia, sotto i piedi di Dio il
fato. All'esercito degli Angeli convocato parla l'Eterno della dignità di cui ri-
vesti l'uomo creandolo e della Sua immediata caduta per la colpa del progenitore.
A causa di essa il Cielo preparato per l'uomo rimane vuoto, e la creatura pre-
diletta di Dio trascina l'esistenza sulla terra oppressa da ogni sorta di mali. Que-
sto spettacolo ha commosso il Cuore di Dio, che annunzia alla Corte celeste il
decreto prodigioso della Redenzione umana. Il suo Figlio Unigenito scenderà
sulla terra vestendo carne umana nel seno di una Vergine, che non sarà mai
stata contaminata dal serpente tartareo e sarà immune da ogni colpa. Cosi Maria
sarà l'eletta, la preservata dalla colpa originale, che tutti i posteri hanno con-
tratto per la disobbedienza del progenitore. Il decreto divino irrevocabile darà
cosi luogo al prodigio cristiano della « Madre figlia del Suo Figlio ». Questo
poemetto del Cavallucci è degno di particolare considerazione per la storia del-
l'Immacolata Concezione, definita poi da S.S. Pio IX 1°8 dicembre 1854.

POEMATION
IN LAUDEM INTEMERATAE CONCEPTIONIS B.M. V.

Concilium aeternum, quo Numen crimine ab omni
Exertam voluit Mariam, culpaque parentis

Dicere fert animus. Mihi en aspirare canenti

Ne renuas, quem ambo spirant hinc inde vicissim

Et Pater, et Gnatus, quibus es. discrimine nullo 5
Spiritus aequaevus nutuque operaris eodem.

Ergo tuo incipiam gaudens, ‘fretusque favore,

Unde opus aggressum felici absolvitur ausu.

Est locus aetherio medius qui assurgit in orbe,

In quo constructa est magni domus alta tonantis, 10
Ex auro constructa domus suffulta columnis

Pluribus e solido partim, nitidoque adamante

Excisis, partim flammas imitante piropo.

Ostenditque procul faciem, formamque rotundam,
Principioque carens, et fine, et culmine summo; 15
Atque expers etiam extremae, partisque profundae.

Hanc Deus elegitque sibi, propriamque dicavit,

Quin reliquis coeli, ac terrai sedibus absit,

Quum loca cuncta suo praesenti numine ubique

Compleat immensus, nec concludatur ab ullis
e Tai ta pia

I CARMI LATINI DI VINCENZO CAVALLUCCI

Ipse locis; tamen illic maiestate verendus

In primis residet, sceptroque elementa gubernat,
Obductus radiis adeo. splendentibus, olli

Lumina mortalis nemo unquam ut figere possit.
Assidet et dextra Pietas miserata labores
Aerumnasque hominum: ast contra stat parte sinistra
Iustitia aequata suspendens praemia lance,

Ac poenas, cuicumque suum dum donat habere;
Sub pedibusque jacet Fatum, quod nectere sensim
Causarum series, ipsasque evolvere curat.

Huc ergo acciti Superi clangentibus omnes
Aligerum lituis, postquam longo ordine sedes
Implere auratas, solio sic orsus ab alto est
Onnipotens, dictisque suis tremefecit Olimpum:
Finxi hominem argilla (cui res incognita vestrum est? )
Atque animo auxi, per quem animantia cetera longe
Vincit, et a vobis procul haud distare videtur,
Aligeri fratres, circum mea jussa ferentes:

Sed satis est ipsum nostri retulisse creatum

Instar et effigiem impressam retinere paternam,

Omnia quod superat certe praeconia laudum

Quis queat (egregiis licet) ipsa ornarier unquam;

Is tamen abrupit pepegit quae foedera mecum,
Evasique illi subito infestissimus hostis,

Ante fuit nostro tantum qui dignus amore.

Hinc prior illa mei foede pulcherrima imago est
Corrupta, et tantum non plane expuncta lituris:
Fluxit et in sobolem vitiata ab origine labes,

Unde hac coelesti infelix prohibetur ab aula

Morte obita, initio quamvis pro sede pararim

Hanc illi, et dederim immortali sorte fruendam.

Hinc inter mentem ac sensus discordia demens

Orta ‘fuit, motusque animi decussit habenas,

In praecepsque ruit per devia quoque vagando;

LI

Dein pataefacta via est, per quam genus omne malorum .

Corda virum subit, nec non sibi dedita pressit:
Scilicet infandis et caede, et sanguine gaudens
Ira minax, torvumque soror, quae aliena tuetur
Prospera, et elato subrecta superbia vultu

Cum reliquis scelerum monstris haud morte piandis.

25

35

45

50

55

60
e e RI linea taria © tieni er -

CLEMENTE. PIZZI

His accesserunt, qui afflictant corpora, plures E
Saepe hominum morbi, febres, insomnia, languor, 3
Queis addi possunt curaeque, famesque, sitisque E
Nec non pauperies, et cetera turba laborum. i E
Haec igitur mecum reputans incommoda, sensi 65 E
Viscera tentari, subita ac pietate cieri ;

Et statui summo delapsus ab aethere natus
Tellurem petat, humanosque ibi vestiat artus ;
Hac ratione necem possit quo sponte subire, È
Diraque perpessus profuso et sanguine, Adami 70 E
Progeniem rapuisse iugo, vinclisque tyranni E
Inferni, quibus illa, eheu !.tot saecula vincta est: :

Idcirco ante alias teneras virgo puellas E
Lecta mihi, ut gnatum mortalis coniugis expers *
Gignat, et aerias edat sub luminis auras; 75 E
Esse tamen deceat Genetrix quum candida Verbi i E
Labe carens omni, et nunquam subiecta draconi | È

Tartareo, antiquas ideo rigidasque refigi E
Nunc leges jubeo, Mariamque a crimine ademptam. | E
Quod nova posteritas traxit genitoris ab ausu. 80 È
Haec ubi dicta dedit, fato exarante, fuere E
Mox adamanteis sculpta, atque excepta tabellis.

XIX.

1 COD. 59 - pac. 50.
Mi Con questo gru

ppo di liriche, il Cavallucci reagisce allo scientismo e al filo-
sofismo del secolo,

riconducendo i fenomeni naturali ai principi profondamente
ente. Cosi per lui causa del terremoto e della 1
grandine sono i peccati degli uomini. I pesci fossilizzati sui monti sono prove 3
del diluvio universale. E sembra sorride

ré dello scientismo illuminista del secolo, |

quando immagina che le macchie lunari siano causate dal cervello di Eridano E
che, racchiuso in fiale, è stato collocato nel satellite della terra. 3
DE CAUSIS TERRAE MOTUS á

Cur motu interdum cieatur machina mundi :

TM Inquirunt cassa sedulitate sophi.
" Semina non nulli flammarum abstrusa cavernis
I CARMI LATINI DI VINCENZO CAVALLUCCI:

Telluris, causas illius esse putant.

Spiritus ast aliis magnam quatit impetu Matrem
Inclusus, luctans carcere ut exiliat.

Rem quis acu tetigit? Nemo: sed certe ego tangam;
Sunt tanti, dicens, crimina causa mali.

XX.

COD. 59 - Pac. 31.
DE PISCIBUS QUI IN MONTIBUS REPERIUNTUR

Quum polluta foret numeroso crimine tellus,
Hanc statuit vindex perdere Numen aquis;

En subito densi funduntur ab aethere mimbi,
Aequor et erumpit finibus ecce suis:

Cumque ovibus pisces visuntur nare per undas,
Carpere et aerio culmine montis iter.

Ne mirere igitur, pisces si montibus insunt:
Sic periisse homines testificantur adhuc.

XXI.
con. 59 - pac. 31.

DE MACULIS IN ORBE LUNAE

Quaeritis unde atras contraxit Cinthia labes
Et varias causas quisque referre cupit.
Ast dicenda mihi si sit sententia, paucis
Exponam: Interea vos reticete, precor.
Mens vati Eridani quem ‘forte amisimus olim
Lunari in phialis dicitur esse globo.
Haec porro phialae faciem infecere Dianae:
Forte mihi idcirco debuit illa magis.
MÀ e

CLEMENTE PIZZI

XXII.

COD. 59 - pac. 51.

DE GRANDINIS CAUSA

Aspice, ut ah! segeti crepitantis grandinis imber

Frugiferisque arvis tristia damna tulit:
Pauperiemque dedit subito insperata colono,

Cui frustra, heu! nimium rus coluisse fuit.
Qui poterat vero infelix avertere pestem,

Ullius infestum quae caput impeteret ?
Id solum poterat, foedi si criminis expers,

Numine ab irato non meruisset agi.

XXIII.

COD. 59 - pac. 31.

IN IDEM ARGUMENTUM

Aggrediare licet, sapiens, penetrare Lyceum,
Grandinis esse tibi ut cognita causa queat.
- Nihil moror immani quod quaeritur absque labore,
In cassum tandem quem recidisse piget.
Hoc potius nostros volumus si fingere mores,
Quanta id mortali commoda ferre potest !
Cernere namque datur sub imagine grandinis ecce
Frugiferos prorsus depopulantis agros,
Ut, scelera humanae agitent cum turpia mentes,
Heu operum extemplo sit bona rapta seges.
CIT REA CREME METUIT FIUNRTIS EPOR E o

MARIANO GUARDABASSI 0?

Nel ventennio che segue all'unificazione della più gran parte
d'Italia - dal 1860 al 1880, con la dovuta comprensione della rela-
tività di questi limiti cronologici - si verifica da noi un interessante
fenomeno. Tutte le provincie della nuova compagine statale vogliono
alla patria risorta portare il contributo delle proprie energie schiette
e caratteristiche, al fine di far conoscere la più intima essenza della
loro natura e del loro continuo divenire: attraverso questa gara a
poco a poco si unffica lo spirito del paese, s'instaura una tradizione
nazionale là dove erano consuetudini regionali, nasce la storia d’Italia
sul fondamento delle cronache locali. Lavoro lento, faticoso, inin-
terrotto, di cui ancor oggi non abbiamo raccolto a pieno i frutti;
lavoro elevatissimo ed utilissimo che ha dato a tutte le contrade
la coscienza delle proprie origini e della propria nobiltà, che ha pre-
parato e tuttora prepara la determinazione più precisa di una ci-
viltà veramente e compiutamente italiana.

Agl'Italiani, racchiusi nella vita della regione anche dopo rag-
giunta l’unità politica, questo movimento ha donato un premio al-
tissimo, conforto ad ogni ansia passata, ad ogni sacrificio recente:
la conoscenza più certa della patria. Questo movimento ideale, men-
tre da un lato è l'offerta che alla gran madre comune recano i figli
fatti liberi, dall'altro segna nei vari luoghi la naturale continuazione
di quell'opera intensa e appassionata che riflette innegabilmente ri-
cordi dell'Enciclopedia e della Rivoluzione, ma che deve la sua ori-
gine più certa e le sue caratteristiche più ‘profonde soprattutto al
fervore di ricerche e di sintesi che forma la gloria dell'Italia di
Lodovico Antonio Muratori e di Giambattista Vico.

In Umbria, e più che altrove a Perugia, questo movimento eru-

(*) Discorso pronunciato per la Commemorazione tenuta - a iniziativa del

Ministero dell'Educazione Nazionale e del Comune di Perugia - nella Sala dei
Notari a Perugia il 7 dicembre 1950, compiendosi cinquant'anni dalla morte
di Mariano Guardabassi.
tro nr è dott

. 64 ACHILLE BERTINI CALOSSO

dito e critico durante la seconda metà del Settecento e ai primi del-
l'Ottocento promuove ricerche nuove ed utili - tra le migliori che
siansi operate in Italia - nel campo soprattutto delle discipline archeo-
logiche e della storia dell'arte. :

Sulle orme di Vincenzo Cavallucci (1700-1787) - un sacerdote
erudito, oltre che poeta, le cui ricerche profonde rimangono in gran
parte manoscritte - troviamo i grandi esempi di Annibale Mariotti
(1738-1801), medico e poeta che con le sue Lettere Pittoriche pone
le basi di tutte le successive indagini critiche sulla Storia della Pit-
tura Umbra, e di Baldassarre Orsini (1732-1810), mediocre pittore
ma efficace scrittore d'arte. Più giovani di anni, ma efficacemente
operosi nella medesima corrente, dovremo insieme ricordare Giovanni
Battista Vermiglioli (1769-1848), lavoratore meraviglioso che lascia
orme profonde come etruscologo ed epigrafista e insieme scrive
la prima monografia sul Pintoricchio; Serafino Siepi (1776-1827),
accuratissimo indagatore della topografia perugina; Antonio Mezza-
notte (1795-1857), medico e poeta, traduttore di Pindaro e bio-
grafo del Perugino.

Meno conosciuti, perché i risultati delle loro ‘fatiche rimangono
tuttora inediti, ma ugualmente meritevoli di ricordo sono altri be-
nemeriti ricercatori che hanno operato con altrettanta passione, e in
primo luogo Giuseppe Belforti (1731-1807), riordinatore e inve-
stigatore degli. Archivi di Perugia, che muove con la guida del
Mariotti, e ne diviene prezioso collaboratore. Accanto al Mariotti
ha vissuto e ha lavorato anche Enrico Agostini (1762-1840), un
sacerdote che ha eseguito ‘fruttuose ricerche sulle genealogie delle
Famiglie Perugine e sulle biografie dei Perugini illustri: ai suoi
manoscritti si ricorre sempre con profitto, non meno che a quelli

. di un altro sacerdote, Francesco Cacciavillani (1773-1850), che ha

radunato molti ricordi di storia cittadina, soprattutto interessandosi
di araldica e spoliando i vecchi catasti.

Nascono più tardi sì che vedranno l’Italia politicamente ricom-
posta, e recano il loro contributo di dottrina e di fervore a quell'uni-
ficazione ideale di cui parlavo, lo storico di Perugia Luigi Bonazzi
(1811-1879), Giancarlo Conestabile (1824-1877) continuatore dell’o-
pera del Vermiglioli, Ariodante Fabretti (1816-1894) che scrive le
biografie dei Capitani di ventura dell'Umbria e raccoglie il Corpus
Inscriptionum Italicarum, il cardinale Luigi Rotelli (1853-1891) stu-
dioso preciso di cose d’arte, Giuseppe. Bellucci (1844-1921) pro-
fessore di Chimica ma soprattutto paletnologo di gran fama, il

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MARIANO GUARDABASSI 65

quale fonda il Museo Preistorico, e, comprendendo le necessità della
comparazione tra la vita dei popoli più remoti nel tempo e la vita
dei popoli odierni ‘più lontani dalla nostra civiltà, raccoglie una fa-
mosa Collezione di Amuleti. E già nel 1855 si inizia a Perugia
una vera e propria rivista con intenti moderni, l'Oniologia, alla quale
due anni dopo succede il Giornale Scientifico-Letterario- Agrario, che
durerà fino al 1867.

Per tentare almeno un abbozzo sommario della vita spirituale
di Perugia nei primi decenni nell'Unità Italiana, altri nomi, e an-
che in altri campi, si dovranno ricordare. Fra gli artisti non si po-
tranno dimenticare Gaspare Sensi (1794-1880) che è finito a Madrid
ordinatore di quell'Armeria Reale; Vincenzo Baldini (1809-1881)
scenografo assai lodato anche fuori d'Italia; Annibale Angelini
(1812-1884), che ricerca le regole della prospettiva, e, paesista e
decoratore apprezzato, lavora nel Vaticano, nel Quirinale e in nu-
merosi altri palazzi e in ville a Roma; Napoleone Verga (1833-1916)
che acquista larga fama nell’esercizio della miniatura e della deco-
razione; Francesco Moretti (1833-1917) che fa risorgere a Perugia
l’arte della pittura su vetro, e restaura il Palazzo dei Priori; Dome-
nico Bruschi (1840-1910) e Annibale Brugnoli (1843-1915), tanta-
siosi decoratori che tentano rinverdire i ‘fasti della nostra pittura mo-
numentale; il conte Lemmo Rossi Scotti (1848-1926) ritrattista e
pittore di battaglie. In particolare tra gli architetti gode di giusta
fama Guglielmo Calderini (1837-1916) che ha lavorato nella nativa
Perugia e fuori, e al cui nome resta legato il ricordo di uno fra î
massimi monumenti moderni, il Palazzo di Giustizia a Roma; ac-
canto a lui, merita ricordo Guglielmo Rossi (1835-1925) da As-
sisi, autore dell'elegante palazzo della Banca d'Italia a Perugia e di -
altre nobili costruzioni nella. città e nel territorio. Mentre in un
campo affatto diverso onorava in questi anni il nome di Perugia
Orazio Antinori (1811-1882) esploratore di grande ardimento e di
profonda coscienza scientifica, sopravvivevano, ed erano esempio di
virtù civili alle generazioni nuove, i grandi patrioti perugini, quelli
che con passione ma senz'odio - sfidando sacrifici, pericoli e la
morte - avevano preparato l'annessione dell'Umbria alla più grande
patria comune, gli uomini del 1859: Zeffirino Faina (1826-1917),
Nicola Danzetta (1820-1895), Tiberio Berardi (1805-1880), Carlo
Bruschi (1820-1878), e più grande di tutti - ‘figura che sovrasta per
dirittura morale, per ardimento, per spirito filantropico oltre che
66 : ACHILLE BERTINI CALOSSO

patriottico - Francesco Guardabassi, nato nel 1793 e morto Sena-
tore del Regno nel 1871.

. Mentre Maria Alinda Bonacci Brunamonti (1841-1903) diffon-
deva i suoi versi gentili continuando lopera di Assunta Pieralli
(1807-1865), un'altra poetessa che aveva vissuto a lungo a Perugia,
due dame coltissime, Marianna Florenzi Waddigton (1802-1870),
conoscitrice e divulgatrice delle dottrine filosofiche dello Schelling e
del Hegel, e Maria Valentini (1818-1874), figlia di Luciano Bo-
naparte fratello di Napoleone e buona scrittrice, raccoglievano nei
loro salotti quanti uomini ragguardevoli, italiani e stranieri, passa-
vano da Perugia, e contribuivano efficacemente - e con loro la con-
tessa Camilla Oddi Baglioni nata Corsi Salviati (1825-1891), intel-
ligente, coraggiosa e attivissima nelle opere della carità - a tener
desto l'interesse per tutti i problemi dello spirito. Poeti del va-
lore di Giovanni Bini Cima (1845-1905) e giuristi della fama di
Cesare Fani (1844-1914) contribuivano a completare la bella ar-
monia della vita intellettuale, intensa a Perugia come in poche città
d'Italia. Il bel Saggio sulla cultura artistica e letteraria in Perugia
nel secolo XIX pubblicato da Giovanni Cecchini l'anno 1921 offre
una limpida visione di questo fervido .. ovimento, che ha avuto no-
tevoli riflessi al di là dei confini della terra umbra.

Ma una caratteristica soprattutto distingue l'attività di quanti
nella capitale dell'Umbria attendono a coltivare le memorie del pas-
sato, ed è l'amore profondo che portano alla città e alla Regione.
Pochi centri hanno veduto come Perugia venire in luce, tra la fine
del Settecento e i primi del Novecento, guide tanto numerose e tanto
buone da quelle dell'Orsini e del Siepi a quelle del Marchesi, del
Rossi-Scotti, e pià tardi del Gigliarelli; poche regioni sono state
tanto corse in tutti i sensi, fin negli angoli più remoti, come l'Um-
bria. E si comprende: poche terre hanno come questa un cosi ricco
tesoro di bellezze naturali ed artistiche, un cosi augusto retaggio di
memorie, vive tuttora nell'anima del popolo.

Dai pianori ai piedi dell'Appennino nevoso dove in :solitidine
si è temprate alla meditazione l'anima adolescente di San Denedetto,
alle colline che ffiancheggiano la Valle Spoletana dove San Fran-
cesco ha predicato la pace con l'ardore di un cavaliere assuefatto
a tutte le battaglie, dall'altura ove sorge Perugia - fiera della sua
origine etrusce - alle rive del Trasimeno che hanno visto l'audacia

di Annibale, dai confini della Toscana a quelli del Lazio è tutto |

un succedersi di città, di borghi, di castelli, di templi in cui tro-

e i pommes
Tom wa 77 ? n
x it
‘ MARIANO GUARDABASSI 67

viamo gli accenti più puri e ‘più suasivi di quelle successive civiltà
che hanno plasmato l’anima italiana. Dalle tavole eugubine ai ri-
cordi della vita cristiana dei primi secoli sulle rive del Clitunno,
dalle vestigia del Ducato Longobardo di Spoleto alla reliquia del
miracolo di Bolsena custodita nel Duomo d’Orvieto è un inno di
cento voci diverse, che tutte cantano le glorie, le speranze, le ansie
della nostra storia millenaria. Il Tevere, sacro fiume della stirpe,
attraversa la regione e lambisce i piedi del colle ove sorge Perugia:
mentre segna la divisione fra i territori di due razze originariamente
diverse, affretta il suo corso verso Roma, nel cui nome, possente
per le armi e per il diritto, tutto ‘poi si unificherà, e nell'Umbria,
e nell’Italia, e nel mondo.

Quale altra regione riesce al pari di questa a rievocare insieme
al nostro spirito ricordi tanto gloriosi- di Imperatori, di Santi, di
Papi, di Comuni fierissimi, di condottieri, di Famiglie indomite, e
infine del Risorgimento generoso? E questa gloria di vicende ha
trovato la sua sede naturale nell'Umbria, perché l'Umbria occupa
il centro d'Italia, ed à qui che si forma man mano, vincendo ogni
genere di contrasti, una consuetudine di pensiero, che é intimamente
italiana.

Dalle tradizioni figurative d'Etruria e di Roma trae alimento
un'attitudine rara per l'arte; dopo ondeggiamenti verso centri dove
la messe era più precoce, l'Umbria ha una sua scuola di pittura della
- quale le due glorie maggiori sono costituite dall'opera dell'artista
che nel mondo ha circonfuso d’un nimbo di bellezza e di grazia
il ricordo di Perugia della quale ha meritato portare il nome e dalla
formazione dell’anima di Raffaello che fatalmente ha dovuto farsi
umbro prima di affrontare voli più ardui nei cieli di Firenze e di
Roma. i

Per i suoi figli è sempre stata l'Umbria la più provvida delle
madri, mentre è insieme bellissima fra le donne: bene a ragione chi
è nato in questa terra privilegiata la ama con tenerezza, la ammira
con orgoglio.

LII

Un perugino che ha sentito l'amore e l'orgoglio della sua terra,
e con l'opera tenace ed intelligente si é adoperato per collocarla nel
posto che meritava entro la più grande patria risorta, è Mariano
Guardabassi, figlio primogenito di Francesco Guardabassi. Cresciuto
in un ambiente nel quale la gentilezza degli affetti era consuetudine,
68 ACHILLE BERTINI CALOSSO

veniva destinato idial padre all'amministrazione del patrimonio fami-
gliare, e cosi dopo gli studi compiuti a Perugia nel Collegio Pio, si
recava nel Convitto di Meleto in Toscana, retto dal marchese Cosimo pi
Ridolfi, per addestrarsi nello studio dei nuovi procedimenti atti alla -
rigenerazione dei campi. Preparazione anche questa non inutile, com- |
piuta in una scuola che, mentre realizzava per la prima volta un
esempio d'Istituto Agrario teorico-pratico, si proponeva di mirare |
alla formazione civile e sociale dei suoi alunni. |
I

| Ma l'arte e l'erudizione artistica attraevano, il giovane irresisti-

IE se bilmente. Quella duplice educazione che era necessaria al suo spi-

v rito gli fu possibile compiere a Roma, dove ebbe la buona sorte
di trovare i maestri che forse per lui erano i più adatti: nel disegno
e nella pittura lo addestró Peter Cornelius, uno dei capi del movi-

^ mento tedesco detto dei Nazareni; nell'archeologia egli profittó degli
ammaestramenti del Padre Giuseppe Marchi della Compagnia di
Gesü, uomo profondo in molti rami delle dottrine antiquarie, filo-
logo e numismatico, investigatore delle antichità cristiane di Roma
e direttore del Museo Kircheriano.

Come pittore Mariano Guardabassi non doveva lasciare una |
grande impronta. Nell'Accademia di Belle Arti di Perugia sono due |
suoi grandi quadri, dei quali uno raffigura Socrate ed Alcibiade e ]
l'altro la Morte di Mosè, ed è un bozzetto che rappresenta San Pietro
liberato dall'Angelo. La guida del Cornelius si palesa in qualche
cosa di studiatamente arcaicizzante nelle composizioni e nelle figure, |
mentre ogni particolare di questi dipinti rivela la coscienziosa pre-

er parazione compiuta. Con le sue sicure cognizioni sa superare tutte
le difficoltà formali, e perció se le pone per avere la gioia di affron4
tarle e vincerle: cosi nell'impostazione delle figure, nei fondi pro-
spettici, nelle luci, in tutti i particolari obiettivi d'ambiente. Ma
nei suoi dipinti é appunto palese l'abile giuoco della costruzione
pezzo per pezzo, mentre vi manca quella visione soggettiva, quella
coordinazione e subordinazione dei diversi elementi senza di che
non è possibile ottenere una vera coerenza stilistica. Il racconto
riesce esatto ed anche piacevole, ma non raggiunge mai quel grado
di espressione intima che è privilegio esclusivo dell'opera d'arte.
Mariano Guardabassi doveva invece conquistare fama grazie ad
una differente attività del suo spirito nobilissimo, e cioè all'erudi- |
zione artistica. Questa inclinazione della intelligenza egli aveva del
resto gia manifestata, a guardar bene, con la fedeltà come discepolo
a Peter Cornelius, e con le stesse caratteristiche prescelte nell'eserci-
MARIANO GUARDABASSI

69

zio della pittura. Nei suoi dipinti, come in quelli del suo maestro,
la ‘figurazione ha una finalità a sé: si tratta di rappresentare, con m
quella che si crede ‘fedeltà obiettiva dei particolari, determinate scene, (E
nelle quali, a prescindere da qualsiasi considerazione che non sia d
EC quella pura e semplice della loro stessa scelta, si crede che debba
risiedere una ragione di dignità artistica. Per quello poi che ri-
| guarda il modo di dipingere, l'assimilazione nelle varie maniere delle "n
: quali a buon titolo si comprende l'eccellenza permette alla mano b
di tracciare con facilità le figure entro la quadratura di schemi ben Pu.
riconoscibili: fatica a un tempo eclettica ed accademica, che rivela
piü il ricercatore che non l'artista. E ricercatore il Guardabassi, oltre
che nei suoi dipinti originali, si è rivelato anche nelle copie assai
! ammirate di antichi dipinti. 5

| Abbiamo già incontrato Baldassarre Orsini che ha conquistato
miglior fama passando dalla pittura alla storia dell'arte. Ma soprat-
tutto nel secolo XIX, dopo la grave crisi segnata dal Neoclassicismo, Aui
noi assistiamo a questo fenomeno dell'attrazione esercitata sull'animo i
degli artisti dall'amore per la ricerca erudita. Anche i migliori, quelli Mu
che come Francesco Hayez e Giovanni Dupré sono riusciti a con-
quistarsi un durevole ricordo come artisti, hanno dato onorevole 20
saggio delle loro attitudini storiografiche e teoretiche; molti poi, o
tra quelli che sembravano minori nell'esercizio dell’arte, effettiva-
mente possedevano una differente attitudine, che doveva portarli
poi a distinguersi come ricercatori e come scrittori d’arte.

Sono molti, nel sorgere della storiografia e della critica d'arte
non ancora affermatasi con autonomia di procedimenti e d’ intenti,
quelli che dall'arte passano agli studi. Chi oggi ricorda, ad esempio,
che Giovanni Battista Cavalcaselle e Tullo Massarani sono stati pit-
tori? e chi ricorda l’attività artistica di quello che è stato il più sot- |
tile indagatore di tutte le tecniche pittoriche del passato, di Luigi T1
Cavenaghi, il quale questa sua esperienza ha saputo utilizzare per il
salvare dalla rovina tanti capolavori dell'arte nostra? e chi vorrebbe
anteporre le benemerenze artistiche a quelle verso la cultura d'arte
ripensando a Giulio Cantalamessa?

Tra questi artisti passati al campo della dottrina, Mariano Guar-
dabassi tiene un posto molto onorevole. Efficacissima è stata per
lui la guida del Padre Marchi, ed utilissima la passione di racco-
gliere cose antiche. Una spinta efficace a ‘perseverare su questa
via l'ha avuta poi dal suo fervido amore di patria per il quale in
ogni ufficio pubblico vedeva un dovere da compiere, e dalla sua

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—— —Ó ÁMÀ MÀ

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rosi i e —e0

70 ACHILLE BERTINI CALOSSO

passione per l'Umbria nativa. Datosi tutto, non ancora quarantenne.
alle ricerche, abbandonò la pittura.

Legato agli elevati esempi di patriottismo che trovava nella sua
famiglia, da Roma gli eventi politici del 1859 lo richiamano a Pe-
rugia, dove ha parte nella preparazione delle opere fortificatorie e
nella difesa, battendosi con valore. Riparato in Toscana, attivamente
collabora a preparare la riscossa, e a Perugia dopo l'annessione, nel

1860, ritorna per sempre.

Lo straordinario valore ideale del Patrimonio Artistico ai fini
dell'unificazione spirituale della patria italiana fu perfettamente com.
preso dai governi provvisori del 1860, che, con norme e con limiti
differenti, vennero instituendo nelle varie provincie annesse speciali
Commissioni allo scopo d'iniziare un censimento delle opere d'anti-
chità e d’arte. All’iniziativa del Pepoli, Regio Commissario straor-
dinario per l'Umbria, si deve la Commissione Artistica Provinciale
per la catalogazione e la conservazione degli oggetti d'arte, voluta
con Decreto del 29 settembre 1860, n. 39 (n. 33 di serie). A far
parte di questa Commissione fu chiamato qualche tempo dopo Ma-
riano Guardabassi, e a lui, a Giovanni Battista Rossi Scotti (1856-
1926) e a Luigi Carattoli (1825-1894) il Consiglio Provinciale af-
fidó l'incarico di completare l'Elenco dei monumenti e degli oggetti
d'arte dell'Umbria, già iniziato per le chiese e le corporazioni reli-
giose di Perugia. Era quest'opera resa necessaria dall'applicazione
affrettata, e non sempre intelligente né serena, delle leggi eversive
della proprietà ecclesiastica. Belle figure anche quelle dei due com-
pagni del Guardabassi: il conte Giovanni Battista Rossi Scotti, au-
tore della Guida che ho più sopra ricordata, era uomo di sorpren-
dente erudizione storica e storico-artistica, e succederà al Conesta-
bile nella direzione del Museo di Perugia; .il Carattoli, oltre che
buon pittore, era un sicuro conoscitore di cose d’arte.

Nel 1862 erano all’opera. Se la collaborazione del Rossi Scotti
e del Carattoli fu utile, al Guardabassi riuscì peraltro di conferire
al lavoro l'impronta della sua personalità: libero da qualsiasi im-
pegno, e dedicatosi ormai tutto agli studi, percorre instancabile la
regione e giunge sin nei luoghi più impervi, e ogni cosa vuol vedere
e giudicare coi propri occhi. Consulta ‘fonti, raccoglie tradizioni,
ricopia firme e scritte, prende calchi delle epigrafi, s'interessa delle
necessità conservative e delle opere di restauro. Con lena infatica-
bile e con abnegazione fa di questa impresa lo scopo della sua

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MARIANO GUARDABASSI HA

esistenza, e ancora vi è attorno per completare, ‘per precisare, per
documentare, allorché la morte lo coglie.

Il frutto di questa mirabile attività oggi ci si presenta attraverso
tre realizzazioni diverse. In un primo tempo egli attende a compi-
lare, per finalità essenzialmente amministrative di tutela, le schede
delle opere d’arte degli Enti Ecclesiastici disciolti. Queste schede,
che recano oltre la sua le firme dei suoi due colleghi, si conservana
oggi, in quella parte ch’è stato possibile sottrarre alla dispersione,
nella Biblioteca Comunale di Perugia. Ma ad uno spirito colto e
raffinato quale il suo, questa raccolta doveva apparire necessaria-
mente imperfetta. E allora, ampliando il campo delle ricerche, e ap-
profondendo l’esame per ogni singolo oggetto, egli viene raccogliendo
in tre grossi volumi manoscritti, lasciati all'Accademia di Belle Arti
di Perugia, un diffuso Elenco delle Antichità e delle cose d'arte del-
l'Umbria. Da quest'opera, tracciata con un preciso disegno sin dal-
l’inizio e sempre via. via perfezionata, trae quindi quell'Indice-Guida
dei Monumenti dell'Umbria che, venuto in luce nel 1872, costituisce
una delle sezioni (quella della Statistica Monumentale ed Artistica)
del grosso volume predisposto dal Consiglio Provinciale e pubbli»
cato da Francesco Francesconi col titolo Alcuni Elementi di Stati-
stica della Provincia ‘dell'Umbria: sotto forma di estratto è stato lar-
gamente diffuso in Italia e fuori, ed è venuto a rappresentare un
prezioso punto di partenza per quanti si sono dedicati a ricerche
sull’arte umbra. Schede, Elenco manoscritto ed Indice-Guida costi-
tuiscono le principali realizzazioni dell'attività di Mariano Guar-
dabassi.

Per quanto l’Indice-Guida sia di per sé un lavoro di notevole

. mole (trecento pagine in formato quarto), pure non aduna che una

piccola parte delle ricerche attente e originali dell’autore. Per com-
prendere a pieno l’importanza del lavoro da lui eseguito bisogna
ricorrere ai tre volumi manoscritti dell'Elenco, che costituiscono, e
a lungo ancora costituiranno per quello che riguarda l'Arte Umbra,
uno dei più utili e compiuti testi di consultazione. Il Guardabassi
si rammaricava di aver dovuto stampare, per ragioni economiche, il
suo lavoro in una forma così ridotta: egli, a somiglianza dei vo-
lumi che già in quegli anni venivano alla luce soprattutto in Ger-
mania, avrebbe voluto pubblicare tuttintero il suo lavoro, corre-
dandolo di note, di fac-simili, di grandi tavole fotografiche.

Così nell'Elenco, come nell’Indice-Guida che ne riproduce fe-
delmente le linee benché in proporzioni ridotte, non sono esclusioni
e

>@

79 ACHILLE BERTINI CALOSSO

suggerite da limiti d'ordine amministrativo o giuridico: accanto a
tutto quello che proveniva dagli Enti soppressi, trovano luogo i mo-
numenti e gli oggetti mobili di pertinenza degli Enti ecclesiastici
mantenuti in vita, e quelli degli Enti pubblici, e persino gli oggetti
radunati nelle collezioni private. Ma non è la larghezza di questi
limiti a costituire la novità e l'importanza dell'opera, e ad assicurare
un posto cospicuo fra i cultori della Storia dell'Arte al suo autore:
sono piuttosto, invece, la serietà della trattazione e la larghezza dei I:
limiti cronologici entro i quali viene scelta la materia che forma l

. Oggetto di studio. Dalla preistoria all'Ottocento, senza palesare par-
zialità per questo o per un altro periodo, egli obiettivamente regi-
stra tutto quello che per gli studi ha un'effettiva importanza, e, ció
che vale ancora piü, per ciascun periodo si sforza di acquistare una i
effettiva competenza.

Così sfugge al difetto, tanto comune agli archeologi suoi con- |
temporanei, di occuparsi solo dell’età classica o, addirittura, solo |
dell’arte classica. Egli, per quanto le conoscenze del tempo lo con- |
sentono, si interessa anche del materiale preistorico, e mostra di com-
prenderc l'importanza e i caratteri delle antichità cristiane. Ma il |
campo nel quale palesa una singolare passione, e nel quale si sforza
di completare la sua preparazione si da riuscire un vero e proprio
precursore, é quello dell'arte medioevale. Tutti i resti dell'età di
mezzo di cui è a conoscenza egli registra, e mostra di comprenderne
il significato, e sa resistere alla facile tentazione di riportarne troppo
indietro le date.

Le città umbre in cui rimangono i resti più importanti e sug-
gestivi dell'età di mezzo sono da lui analizzate con ogni diligenza:
Gubbio, Città di Castello, Assisi, Bevagna, Lugnano, Foligno, Spo-
leto, Orvieto, Perugia, Todi, Amelia. Un particolare fascino hanno

per lui i problemi dell'architettura di questo tempo: egli sente, ad
esempio, tutta l'importanza della figura di Angelo da Orvieto, anche

se poi finisce con l'attribuirgli troppe opere. Segnala, e comprende,

la cripta della Cattedrale di S. Rufino ad Assisi; ricorda, con sano |
criterio storico e critico-artistico, gli affreschi medioevali di Santa )

Maria infra-portas a Foligno senza tendere ad esagerarne l'antichità ;

ll vede, e capisce abbastanza bene, gli affreschi di San Matteo a Pe-
| | | rugia. Per il primo assegna al XII secolo gli affreschi dell'Abbazia
BIT di San Pietro in Valle presso Ferentillo, anticipando così il giudizio
il concorde e definitivo della critica moderna: per comprendere ap-
pieno il valore di questa datazione basata sopra una finissima com-
ro

MARIANO GUARDABASSI 753

parazione critica, non sarà fuor di luogo ricordare che, ancora al-
cuni anni dopo che l'Indice-Guida era uscito per le stampe, un som-
mo, Giovanni Battista De Rossi, giudicava del nono secolo questi
dipinti. Interessante, ed ancora oggi utile, è ciò che nell’Elenco ma-
noscritto si legge sulla Basilica del SS. Salvatore a Spoleto: *il Guar-
dabassi ne comprende le caratteristiche originarie romane e cristiane,
e valuta a pieno l’importanza del singolare monumento, del quale
promuove il ‘primo restauro diretto a liberare e scoprire le parti
primitive. Sempre a Spoleto, si rende conto del movimento della
pittura medioevale studiando gli affreschi dei SS. Giovanni e Paolo,
il Crocifisso di Alberto Sozio, il mosaico di Solsterno, e cerca di
penetrare addentro nella questione del Palazzo dei Duchi, un pro-
blema del quale solo più tardi è stato possibile formulare una so4
luzione ‘forse definitiva. Il rinnovamento dello spirito nazionale alla
fine del medioevo eèli ha saputo comprendere in modo lucido ed
esatto, rendendosi conto dell'importanza fondamentale del fenomeno
e sentendone tutto il ‘fascino.

Anche quando, per lo stato delle conoscenze ai suoi giorni, co-
struisce una teoria mal ‘fondata e oggi non accettabile, mostra sem-
pre il suo acume e la sua probità, studiandosi di trar ‘partito da
tutti quei coefficienti che possono aiutarlo ad accostarsi al vero: così
ad esempio quando, a spiegarsi il movimento della pittura in Um-
bria nell'età romanica, pensa ad una Scuola dei Miniatori Umbri di
evidentissima inspirazione dantesca, che avrebbe operato nella re-
gione dal XII sino alla seconda metà del XIV secolo, e che, nata
sotto l'influsso bizantino, avrebbe mantenuto anche dopo Giotto
le sue caratteristiche. Anche se la costruzione appare arbitraria, è
degno di lode lo sforzo per comprendere e coordinare in sistema
quei resti che allora, ignorandosi pressoché del tutto l’origine e lo
sviluppo dell: pittura contemporanea a- Roma, non potevano venire
classificati in modo più aderente alla realtà storica.

Ma anche fuori del mondo medioevale il suo zelo e la sua abne-

gazione sono sempre ammirevoli. Nessuna difficoltà lo disanima:
si arrampica, ad esempio, fino a Gavelli per ritrovare e descrivere
gli affreschi dello Spagna. Così riesce a rivelare pel primo l'esi-
stenza di numerosissime opere, e ci conserva il ricordo di altre poi
deperite o disperse, e sempre, senza preconcetti, si sforza di seguire
la storia delle successive trasformazioni di un monumento, giovando
alla scienza con la sua fedeltà obiettiva.

Nell'Indice-Guida a stampa in fondo c'é tutto, o quasi, l'essen-
74. ACHILLE BERTINI CALOSSO

ziale, ma talora deve abbreviare troppo, e quasi sempre deve to-
gliere gli elementi descrittivi e le considerazioni di carattere sogget-
tivo, e le iscrizioni, gli stemmi, le piante, gli schemi che sono nei
volumi manoscritti. A questi, già l'ho detto, bisognerà pur sempre
risalire, e per necessità di tutela dei monumenti e delle opere d’arte,
e per ricerche di carattere scientifico.

La probità dello studioso in ogni circostanza si palesa esem-
plare: rifugge dalle approssimazioni che celano l’indifferenza o la
pigrizia del ricercatore, e non tenta mai di ‘forzare l'interpretazione
dei documenti. Con una diligenza, alla base della quale è la sua pas-
sione, si sa occupare di tutto - miniature, oreficerie, intagli in legno,
parati - per modo che il suo è un ausilio sicuro nelle ricerche.
Né si tratta di una registrazione arida, o nella quale l'interesse pu-
ramente storico abbia il sopravvento; invece, non solo il Guarda-
bassi mostra un sano criterio valutativo nei riguardi della produ-
zione artistica, ma sa anche giungere a raffinate preoccupazioni sti-
listiche, come quando discute sulla maniera tipica dello Spagna.

In Italia e fuori l'Indice-Guida, sin dal suo primo apparire, ha
meritato grandi lodi - tra gli altri da Paul Laspeyres e da Alfred
von Reumont - per il serio contributo portato agli studi archeologici
e storico-artistici. L'autore stesso ha voluto farci sapere d'avere adot-
tata la distribuzione per ordine alfabetico e non per ordine topo-
grafico con la speranza di vedere imitata la sua fatica nelle altre
provincie d'Italia, si che ne venisse formato in breve un Dizionario
Italico di Antichità e d'Arte. Veduta originale, che ci conferma la

nobiltà delle sue preoccupazioni di studioso e di tutore del Patri-

monio Artistico.

Perché questo doppio carattere è nella sua persona, e, per ri-
flesso, nella sua opera. Se come studioso ha recato tanta luce nelle
ricerche attraverso la sua regione, ha veramente precorso i tempi
come rigido, inflessibile sostenitore dei diritti dello Stato alla con-

.servazione, dei diritti del Popolo al godimento delle cose d'arte.

Erano, quelli, anni particolarmente tristi per tale proposito, e l'appli-
cazione disgraziata, a cui già ho ‘fatto cenno, delle leggi eversive
sembrava ‘favorire le mene dei più disonesti commercianti d'arte
e d’antichità.

Se oggi - a più di vent'anni dalla lu del 1909, dovuta so-
prattutto alla tenace volontà e alla profonda preparazione di Cor-
rado Ricci - l’Italia è alla testa dei paesi civili per la legislazione
sulle Antichità e le Belle Arti, settant'anni fa mancavano quasi com-

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MARIANO GUARDABASSI 75

pletamente i mezzi atti a salvare dalla dispersione il retaggio delle
tradizioni più intime della stirpe. E mancavano gli uffici delegati
a tale scopo: si faceva affidando sopra alcuni pochi uomini di buona
volontà, e fra questi appunto fu singolare per zelo e per acume Ma-

»riano Guardabassi.

Disciolta la prima Commissione e con Decreto del Luogote-
nente del Re in data 15 settembre 1866, n. 3239, costituita in Pe-
rugia, come in alcune altre città, la Commissione consultiva con-
servatrice di Belle Arti, il Guardabassi ‘fu chiamato a parteciparvi
come uno dei delegati della Provincia (gli altri due furono Corio-
lano Monti e Adamo Rossi), e anche qui, avvezzo ormai a consi-
derare l'ufficio come un apostolato, si mise alla testa dei suoi col-
leghi e riusci a improntare del suo spirito l'attività collegiale. Piü
tardi, instituita col Regio Decreto 28 marzo 1875, n. 2440 (serie III),
la Direzione Centrale degli Scavi e Musei, e instituito alla diretta
dipendenza di questa in alcune provincie il R. Ispettorato degli Scavi
e dei monumenti annessi, il Guardabassi fu l'Ispettore dell'Umbria.
Ufficio completamente gratuito, nonostante la grave responsabilità
e il notevole lavoro, l'una e l'altro non troppo dissimili, almeno em-
brionalmente, dalla responsabilità e dal lavoro che vennero piü tardi
ad accentrarsi negli Uffici Regionali, e nelle Soprintendenze che
successivamente si costituirono. ;

Uffici che hanno la duplice finalità, amministrativa e scienti-
fica, la catalogazione è alla base allora come adesso dei loro scopi:
conoscere un oggetto d'arte vuol dire poterlo conservare, vuol dire
poterlo studiare. Questo il Guardabassi ha compreso fra i primi,
e in modo tale ha lavorato per quelli che sarebbero venuti dopo di
lui, che oggi ancora la sua opera è viva e utile.

Pochi altri nomi possiamo ricordargli accanto di catalogatori del
patrimonio artistico nei primi anni del Regno d'Italia. E primo fra
tutti, degno pienamente di stare accanto al Guardabassi anche se
l'opera sua di ricerca si è mantenuta in limiti più ristretti, dob-
biamo nominare Francesco Brogi, che dal 1862 al 1865 ha compi
lato l'ottimo Inventario Generale degli Oggetti d'arte della Pro-
vincia di Siena, per iniziativa di quella Commissione Provinciale
che nel 1861 il Governo Italiano aveva conservata quale già era

“sotto il Governo Granducale di Toscana. Dell'Inventario del Brogi,

accurato e utilissimo, soltanto nel 1897, a cura della Deputazione Pro-
vinciale di Siena, si é pubblicato il primo volume. Per incarico di
Quintino Sella due dei piü grandi studiosi nostri d'arte, Giovanni



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46 : ACHILLE BERTINI CALOSSO

Battista Cavalcaselle e Giovanni Morelli, hanno atteso nel 1861 e
negli anni seguenti a questo censimento artistico. Cominciarono anzi
dall'Umbria, dove poi lasciarono il campo al Guardabassi, e con-
tinuarono la loro opera nelle Marche. Il Cavalcaselle per conto suo
lavoró poi a lungo anche nel Friuli. Non va dimenticato, infine, E
quanto Ferdinando Rondoni e Guido Carocci hanno fatto soprattutto è
per Firenze, e quanto Gaetano Filangieri di Satriano ha fatto per le |
Provincie Meridionali.
Certo, se tutte le regioni d'Italia avessero avuto un lavoro ana-
logo a quello del Guardabassi, da gran tempo sarebbe compiuto,
almeno nelle sue linee essenziali, quel grande Catalogo degli Oggetti
d'Arte la cui idea il Ministero della Pubblica Istruzione ha ripreso i
più tardi e con grande larghezza di vedute, ma la cui attuazione, per
la difficoltà e la mole del lavoro, procede necessariamente assai lenta.
Rimanendo a Perugia, giustizia vuole che accanto al Guarda-
bassi rammentiamo un suo contemporaneo ed un suo continuatore.
Contemporaneo del Guardabassi, e da lui utilizzato nei frutti delle
ricerche archivistiche, e ricordato, è Adamo Rossi (1821-1891), me-
raviglioso esploratore d’archivi che nel 1872 con ‘Giancarlo Cone-
stabile e con Giovanni Battista Rossi Scotti ha fondato quel Gior- B
nale di Erudizione Artistica che rimane un'inesauribile miniera. Ada-
mo Rossi, che già abbiamo trovato collega di Mariano Guardabassi
nella Commissione consultiva conservatrice, ne é stato il successore
nell'ufficio di R. Ispettore degli Scavi e dei Monumenti annessi.
L'opera del Guardabassi ha poi in certo modo integrata e continuata
Angelo Lupattelli (1845-1924), che nel 1896 é stato assunto in ser-
vizio presso l'Ufficio Regionale dei Monumenti di Perugia appunto
I per la compilazione del Catalogo, e vi è rimasto anche dopo la tra-
1 Sformazione dell'Ufficio in Soprintendenza, fino al 1922. Operosis-
simo e preciso, il Lupattelli ha redatto un grande numero di schede
secondo le nuove norme dettate dal Ministero, ed ha illustrato in |
numerose sue pubblicazioni le ricchezze artistiche di Perugia e del-
l'Umbria. |
Le difficoltà del lavoro diuturno e appassionato hanno indotto
"Mariano Guardabassi, lavoratore instancabile e coscienzioso, minu-
zioso ma insofferente - nella vastità del suo ideale di cultura - dei
| | | . vincoli di qualsiasi specializzazione, a venir via via perfezionando e
| completando la sua preparazione che già fin dall'inizio dell'opera
ci appare larga e ‘profonda. Per stabilire raffronti sicuri, per am-
pliare il campo delle sue conoscenze ed essere in grado di compren-

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MARIANO GUARDABASSI Tf

dere sempre meglio un materiale tanto copioso e tanto vario, egli si
dette a raccoglier libri e a viaggiare, cosi in Italia come all'Estero.
Tra le sue carte alla Biblioteca Comunale - insieme con relazioni,
memorie e studi non interamente poi utilizzati nei tre volumi mano-
scritti dell'Elenco, e con sue lettere e con lettere di vari dotti inviate
a lui - sono alcuni libretti di appunti, tanto delle escursioni in
Umbria quanto dei viaggi in terre lontane, che, accanto a note dili-
genti, presentano un buon numero di disegni finissimi, a penna i

migliori. che illustrano soprattutto oggetti antichi e preistorici. Già.

da giovinetto spesso, allorché scriveva alla famiglia cui era assai le-
gato, accompagnava descrizioni e racconti con disegni piacevolis-
simi. Gli era facile riprendere con esattezza i particolari delle cose
d'arte e dei resti archeologici sui quali dovesse poi portare il suo
esame : eppure, nonostante questa invidiabile capacità personale,
egli fu tra i primi a volere il concorso della documentazione foto-
grafica, sicura per la assoluta obiettività, e si adoperó a promuo-

.vere nella sua città i progressi della fotografia. Allorché si sarà riu-

sciti a ritrovare e a raccogliere una parte almeno della sua copiosa
raccolta di riproduzioni fotografiche, si avrà un materiale utilissimo

.per lo studio di monumenti in seguito trasformati. e di oggetti in

seguito deteriorati o dispersi: oggi che sappiamo quanto le vecchie
fotografie aiutino nello studio delle cause dei danni e nella deter-
minazione dei provvedimenti conservativi a vantaggio soprattutto
delle antiche pitture, possiamo (arci un'idea dell'umportanza di que-
sto materiale raccolto dal Guardabassi.

All'entusiasmo e alla costanza egli associava dunque un rigo-
roso metodo di lavoro, che in parte aveva appreso mediante il con-
tatto con altri studiosi, ma che soprattutto era venuto determinando
egli stesso, e che si imponeva col suo alto sentimento del dovere.

Di queste sue qualità egli ha dato prova in un altro scritto del

quale gli va indubbiamente attribuita la paternità anche se reca, ac-
canto alla sua, le firme dei suoi due compagni di Commissione,
Giovanni Battista Rossi Scotti e Luigi Carattoli, e se a questi è do-
veroso riconoscere il merito di una utile collaborazione nel lavoro
preparatorio. Questo scritto è la Descrizione del Santuario di S. Fran-
cesco d'Assisi, redatta nel 1863- allo scopo soprattutto di accertare
lo stato di conservazione dell’insigne monumento, e di. formulare
proposte per la sua conservazione e il suo restauro. Se ci riportiamo
a quei tempi, dobbiamo riconoscere quanto sia nuova una tale no-
bilissima ‘finalità; analizzando il lavoro dobbiamo lodare il metodo
red --—

78 ACHILLE BERTINI CALOSSO

col quale è stato condotto, mediante la raccolta diligente delle scritte
e di ogni altro dato obiettivo. Questo lavoro è stato opportunamente
pubblicato, insieme con un’altra descrizione della seconda metà del
Cinquecento, dalla R. Deputazione di Storia Patria dell'Umbria nel
XXVIII volume del Bollettino per solennizzare il settimo centenario
della morte di San Francesco.

In due opuscoli pubblicati nel 1874, e che prendono le mosse
da giudizi pronunciati in Germania e da noi sull’Indice-Guida, Ma-
riano Guardabassi spiega i metodi e le finalità del suo lavoro, e
parla con grande competenza e genialità di questioni pratiche di
tutela del patrimonio archeologico (fra l'altro. precorre vedute assai
più recenti sulla compilazione della Carta Archeologica) e di ordi-
namento delle raccolte. In alcuni studi pubblicati tra il 1876 e il
188C nel periodico ‘perugino La Provincia, nel Bullettino dell' Instituto
di Corrispondenza Archeologica e nelle Notizie degli Scavi di An-
tichità dell'Accademia dei Lincei, s'interessa esclusivamente di cose
del mondo antico, e sempre con esattezza e con larghezza d'informa-
zione: in modo particolare illustra alcuni oggetti della sua raccolta,
gli scavi eseguiti presso la Chiesa di S. Elisabetta (dove per suo
merito si è rinvenuto il mosaico che costituisce il più importante ri-
cordo dei tempi romani a Perugia); gli scavi di Ancarano presso
Norcia da lui patrocinati e diretti.

Tra le benemerenze del Guardabassi, e insieme del Rossi-Scotti
e del Carattoli, bisogna anche ricordare la nobilissima protesta, che
risale al 1862, contro la proposta, purtroppo tradotta in atto, di de-
stinare a uso di Ospedale Militare il Monastero di Santa Giuliana,
e la proposta di collocare invece nello storico edificio la Pinacoteca,
anticipando cosi di sessantaquattro anni l'idea che è stata ripresa da
me nel 1926, senza però che neppure questa volta si riuscisse a con-
seguire lo scopo voluto. Insieme con la Pinacoteca il Guardabassi e
i suoi compagni avrebbero voluto trovar posto a Santa Giuliana
anche per l'Accademia di Belle Arti.

Limpida e disinteressata, oltre che acuta e instancabile, tutta
l'attività di Mariano Guardabassi: senza secondi fini, senza mo-
menti d'abbandono, espressione di un animo schietto le cui aspira-
zioni ideali si leggevano nella bella fisonomia aperta e intelligente
che ancora a Perugia si ricorda, dai tratti marcati, dalla fronte spa-
ziosa, dagli occhi penetranti: viso espressivo a cui la barba nera
aggiungeva una nota inconfondibile. Tollerante, modesto, buono, ha
goduto la stima e l'amicizia di molti fra i più grandi archeologi
MARIANO GUARDABASSI

79

nostri e stranieri: tra gli altri di Giovanni Battista De Rossi, col
quale ha carteggiato a lungo, e di Wolfgang Helbig. E’ stato Con-
sigliere del Comune e dell’Accademia di Belle Arti di Perugia, ha
‘appartenuto a vari sodalizi di cultura nostri e di fuori, tra gli altri al-
l’Istituto Archeologico Germanico. Nessuno scopo interessato, nes-
suna mira di lucro o di ambizione lo trasse a raccogliere cose ans
tiche, piccoli oggetti soprattutto, ma solo il desiderio di potere stu-
diare con miglior agio nella tranquillità della sua casa un materiale
meritevole d'osservazione. La sua bella raccolta, copiosissima e rag-
guardevole, il suo « Gabinetto » com'egli diceva, costituisce oggi
una sezione del Museo Etrusco- Romano di Perugia, al quale egli l'ha
lasciata alla sua morte: vi sono vasi, vi sono pregevoli cimeli etruschi
e romani scavati in Umbria, vi sono soprattutto una collezione di
bronzi e una di gemme incise.

Tutto quello ch'egli possedeva - i suoi manoscritti, i suoi di-
pinti, le sue fotografie, i suoi libri, la sua raccolta antiquaria - egli
ha lasciato alla città natale, alla sua Perugia dove aveva schiuso gli
occhi alla luce il 25 marzo 1825, e dove ha compiuto il corso della
sua vita-terrena il 4 settembre 1880. Tra il Comune, l'Università e
lAccademia di Belle Arti egli ha diviso un ragguardevole valore
materiale e un patrimonio spirituale messo insieme durante una vita
esemplare per operosità e rettitudine; all'Asilo d'Infanzia ha legato
una somma di danaro, a significar il desiderio che ai bambini si
provveda in tempo, per farne cittadini operosi ed onesti.

Saggio e benefico, modesto e probo, é cosi passato questo pe-
rugino insigne, questo esaltatore delle memorie patrie, questo stu-
dioso che in più di un campo della cultura - in quello della ricerca,
come in quello della critica, come in quello della tutela monumen-
tale - ha saputo mostrare il cammino a coloro che sono venuti dopo
di lui, e che con le sue virtù ha saputo lasciare un alto esempio alle
nuove generazioni.

ACHILLE BERTINI CALOSSO
e. © IT D ce e

PRIMO CONVEGNO STORICO UMBRO
(ORVIETO, 16-17 DICEMBRE 1939)

PREMESSA

La Deputazione ha stimato doveroso e conveniente riprendere,
dopo un lungo intervallo, la consuetudine delle sue riunioni perio-
diche, nel convincimento che giovino a mantenere e ad accrescere
contatti amichevoli tra i componenti della Deputazione, e a far sì
che questi possano, nei più importanti centri di cultura dell'Umbria,
conoscere, specialmente tra i giovani, nuovi elementi avviati ai nostri
studi.

Pertanto l'invito a questo PRIMO CONVEGNO STORICO
UMBRO è stato rivolto, oltre che ai componenti della Deputazione,
anche a tutti i cultori di studi storici e agli amici della Deputa-
zione, si da non escludere nessuna forza viva desiderosa di unirsi
a noi per il raggiungimento del comune ideale di una sempre mi-
gliore conoscenza delle memorie del passato.

L'occasione è sembrata propizia per ricordare il nome e l'opera
di Luigi Fumi, l'insigne storico che della nostra Deputazione è stato
a lungo Presidente, e, a tale fine, si è deciso di tenere questa prima
riunione della rinnovata serie a Orvieto, dedicandola soprattutto. allo
studio dei problemi inerenti agli Archivi e alla loro conservazione.
Così il ricordo dli Luigi Fumi si è onorato nella sua città nativa,
alla quale egli ha dedicato la parte migliore e maggiore delle sue
indagini, ragionando attorno a problemi che gli erano particolar-
mente cari, le nei quali egli, che ha percorso la sua luminosa carriera
negli Archivi del Regno lasciandovi orme durevoli delle sue atti4
tudini e del suo sapere, era universalmente giudicato come uno dei
più alti maestri.

L'inaugurazione del Convegno ha avuto luogo il pomeriggio
di sabato 16 dicembre nel Teatro Mancinelli, presenti il Prefetto

e il Podestà di Terni e tutte le Autorità cittadine. Numerose e

WOW PRIMO CONVEGNO STORICO UMBRO : 81

significative le adesioni: il Presidente della Giunta Centrale per
gli Studi Storici Cesare Maria De Vecchi di Val Cismon, il Pre-
sidente dell’Accademia d'Italia Luigi Federzoni, la Reale Accade-

mia delle Scienze di Torino, le RR. Deputazioni di Storia Patria »

del Veneto e delle Marche, il R. Archivio di Stato di Lucca (che
aveva avuto Luigi Fumi come Archivista Capo), il Prefetto di Pe-
rugia, i Podestà di Perugia, ‘Assisi e Todi, numerosi uomini po-
litici sopratutto della Regione Umbra, illustri maestri degli studi
storici (ra i quali Pietro Fedele, Gioacchino Volpe, Pier Silverio
Leicht, Francesco Ercole.

Il Podestà di Orvieto, avv. Domenico Moretti, ha rivolto un
vivo plauso alla Deputazione di Storia Patria per l'iniziativa del
Convegno, radunato in Orvieto a celebrazione dell'illustre e bena-
mato cittadino Luigi Fumi, e ha ringraziato, a nome della città,
il Prefetto di Terni e tutti gli intervenuti.

Il Presidente della Deputazione, prof. Achille Bertini Calosso,
dopo aver ringraziato il Podestà e aver dato notizia delle adesioni,
ha illustrato brevemente il significato e i fini dei Convegni indetti
dalle Deputazioni di Storia ‘Patria, i quali riescono di grande uti-
lità soprattutto per lo scambio di vedute e di idee tra gli studiosi
che vi pattecipano. Pur non volendo sostituirsi all'oratore designato
a illustrare l'attività mirabila e varia del Fumi, non ha potuto non-
dimeno sottrarsi al dovere di vicordarne l'opera spesa a vantaggio
dalla Deputazione, di cui è stato a lungo Presidente esemplare.

Dichiaratosi aperto il Convegno, ha preso la parola il prof.
Cesare Manatesi, Direttore nei RR. Archivi di Stato, che ha tenuto
il discorso commemorativo di Luigi Fumi, del quale è stato disce-
polo oltre che ammiratore. La bella orazione ha meritato sinceri
consensi e lunghi applausi. ;

Nelle ore antimetidiane del giorno successivo, domenica 17, il
Convegno ha proseguito i suoi [voti presso la Biblioteca Comu-
nale Luigi Fumi, in un ambiente propizio e raccolto, con l'inter-
vdnto di moltissimi studiosi, ? di un folto pubblico attento. Le co-
‘municazioni sono state in numero di quattordici: movendo dalla
figura del Fumi, e dal ricordo di partitolari sue benemerenze verso
gli studi, gli oratori hanno via via richiamato l'attenzione degli ascol-
tatori sopra alcuni problemi di notevole importanza nel campo delle
indagini archivistiche. Così un compiuto esame si è portato sulla
quastione dell'auspicato Archivio di Stato dell'Umbria; si sono illu-
strati archivi di Orvi&to, Perugia e Foligno; si è discusso sugli
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89 : PRIMO CONVEGNO STORICO UMBRO

archivi partocchiali, su l'utilità delle indagini archivistiche negli studi
di Storia dell' Atte, su carte topografiche e mappe e catasti, su pro-
blemi tecnici di schedatura e d'ordinamento, sulle Compagnie Mer:
cantili di Todi e sopra un catteggio italiano tra l'erudito perugino
Vincenzo Cavallucci e il grande Giovanni Battista Morgagni.
Qui appresso, insieme col discorso commemorativo, si pubbli-
blicano dodici delle quattordici comunicazioni svolte. Non figurano,
purtroppo, quelle dei colleghi prof. Luigi Tarulli Brunamonti (Ma-
ria Alinda Bonacci Brunamonti e Luigi Fumi - Ricordi) e mons.
Vincenzo Fumi (gli Archivi Parrocchiali): nel lungo indugio che
le dolorose vicende di questi anni hanno imposto alla pubblicazione
del presente volume, i due benemeriti studiosi umbri sono man-

"cati ai vivi.

Alle discussioni che si sono aperte sopra i vari argomenti hanno
partecipato il dott. Francesco Briganti, il dott. Pericle Perali, il dott.
Raffaele Belfotti, il prof. Eugenio Dupré Theseider, il prof. Giu-
stino Cristofani, nonché il Presidente, che alla fine ha fatto un ampio
riassunto dei lavori.

Tutti, si può dire, i Deputati e i Cotrispondenti sono. inter-
venuti ai lavori, o, almeno, hanno mandato l'adesione. Tra le ade-
sioni di studiosi umbri non appartdnenti alla Deputazione vanno
ricordate quelle di Alberto Tenneroni e di Antonietta Fantozzi;
tra i presenti sono da ricordare Giacomo Devoto, Maria Aurelia
Mochi Onory, il P. Giuseppe Abate dei Minori Convent., Leopoldo
Sandri, e il giovanissimo Luigi Alberto Fumi: neppure un anno
dopo il Convegno, il 24 novembre 1940, questo nipote del grande
studioso orvietano cadeva sul Fronte Greco, e alla sua memoria
veniva decretata la medaglia d'oro al valor militare.

Tre voti sono stati presentati, ed approvati all'unanimità. Il
primo, su proposta del Presidente, ha concluso la comunicazione
del Perali, al fine di ottenere che l'auspicata azione di tutela sopra
un materiale tanto prezioso possa tradursi in provvedimenti con-
creti.

Il secondo, ad iniziativa del Corrispondente Alberto Iraci, ha
la següente formulazione: «ela R. Deputazione di Storia Patria del-
l'Umbria, venuta a cognizione che l'archivio di Alfano Alfani, ricco
di preziosi documenti interessanti Perugia ed altre città della Re-
gione, tra i quali una serie numerosa di lettere di Cesare Borgia,
é recentemente passato all'antiquatiato Hoepli, esprime il voto che
detto archivio possa essere al più presto riassicurato alla città di ——

PRIMO CONVEGNO STORICO UMBRO 85

Perugia, e dà mandato alla Presidenza di interessare al riguardo le
Autorità cittadine perché sollecitamente possano avviarsi le pratiche
necessarie a detto recupero, informandone la stampa a fine di pro-
vocare anche, se possibile, l'aiuto di qualche munificenza privata ».

Infine il dott. Carlo Angelini Paroli ha proposto che nel Con-
gresso Nazionale delle Deputazioni, in progetto per l'anno succes-
sivo a Napoli, si debba porre in discussione il tema « Altissimo va-
lore internazionale del pensiero politico di Dante».

Dopo uno scambio di saluti, e i ringraziamenti più calorosi da
parte di tutti gli intervenuti alle Autorità cittadine e all'ospitalissimo
Direttore della Biblioteca Angelo Brocchi della Massea, si è stabi-
lito di inviare telegrammi di omaggio al Ministro dell'Educazione
‘Nazionale e al Presidente della Giunta Centrale per gli Studi Sto-
rici, e si è chiuso il Convegno, al quale ha fatto seguito una breve
seduta interna della Deputazione.

Il Comune ha dato prova del più signorile senso di ospitalità;
pér le spese di organizzazione hanno concesso contributi la Cassa
di Risparmio di Orvieto e l'Azienda Autonoma Comunale di Sog-
giorno e Turismo.
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COMMEMORAZIONE DI LUIGI FUMI B5

Non è senza trepidazione che io mi accingo a parlare di Luigi LE.
Fumi in questa Orvieto, dove la grande figura dello scomparso e :
l’opera da Lui svolta per la conservazione e l'illustrazione delle me-
morie storiche e artistiche della sua città natale è più che mai viva
e fulgida nel ricordo di tutti. .

Compreso delle difficoltà del: compito io avrei voluto declinare E
l’incarico di tenere questa commemorazione che tanto gentilmente
mi venne fatto dall'illustre Presidente della R. Deputazione di Storia
Patria, ma d'altro lato mi pareva, rifiutando, di mancare verso la
memoria dell'Uomo che io ebbi la ventura di avere per guida nei
miei giovani anni ed al quale fui sempre legato da un tenero affetto
C NE filiale, che egli ricambiava prediligendomi fra gli altri. Perció, se il
Ai mio dire disadorno non sarà quello che voi vi attendete, usatemi |
almeno la cortesia della vostra benevolenza. |

Vidi la prima volta Luigi Fumi durante l'esame di concorso
da me sostenuto nel 1906 per entrare nell'Amministrazione degli |
WI Archivi di Stato. La persona alta e distinta, il portamento nobile, 1 |
Ii capelli e la barbetta bianchi, l'occhio intelligente e scrutatore, tutto È
contribuì a rendermi la sua ‘figura simpatica. Mi ricordo come se
fosse adesso che alla prova orale, in aggiunta alle altre interroga: |
zioni, alle quali avevo risposto alla meno peggio, mi domandó un È
particolare di diplomatica pontificia, e che, rimanendo io muto, mi
fece paternamente coraggio dicendomi che entrato negli archivi avrei
avuto modo di apprendere anche queste cose. i

Non pensavo allora, incerto anche della sede alla quale sarei
iste stato inviato, che l’anno dopo egli, movendo da Lucca, sarebbe
stato invitato a reggere le sorti del grande Archivio Milanese, e
sarebbe divenuto così il mio superiore diretto. |

Quando il Fumi fu destinato a Milano, aveva 58 anni ed era |
all’apice della fama e delle sue energie produttive. Egli veniva a
reggere un archivio alla cui direzione si erano susseguite persone di
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PRIMO CONVEGNO STORICO UMBRO 85

altissimo valore e di chiarissimo nome, quali Luigi Osio, Cesare
Cantù, Ippolito Malaguzzi Valeri. Se vi fu mai un uomo degno
di succedere in quell'ufficio e di tenerne alte le tradizioni, questi
fu appunto il Fumi, il quale non solo era uno storico di fama
vastissima, ma era anche e soprattutto l'archivista che tendeva a
valorizzare nell’interesse degli studi storici il materiale documen-
tario affidato alle sue cure sotto l'osservanza dei più rigidi canoni
dell’archivistica, ciò che non sempre si può dire dei suoi predeces-
sori, e specialmente del Cantù, che se ai suoi tempi godette fama
di grande storico, non ebbe mai una buona riputazione come ar-
chivista. |

Ma se l'archivio. di Milano costituiva per il Fumi una grande
attrattiva per la copia dei documenti storici e specialmente per quelli
a lui cari del quattrocento che esso contiene e la cui presenza eragli
ben nota, fu per lui motivo anche di grande delusione. Egli veniva
dall'archivio di Lucca, senza paragoni più modesto, ma un modello
per ordine e per decoro, e trovava a Milano un archivio il cui mate-
riale rimaneggiamenti antichi e moderni avevano sconvolto- e scarti

‘inconsulti depauperato, e che per giunta era collocato in una sede

bellissima, il palazzo del Senato, ma in uno stato d’abbandono,
inadatta e insufficiente. Come più volte Egli stesso mi confessava,
fu preso da un senso di profondo scoraggiamento.

Si parava davanti all’archivista tutto un programma di sistema-
zione, ed egli, senza perdere tempo, si mise subito al lavoro.

‘E poiché per mettere mano a qualsiasi riordino di documenti
d’archivio occorre in primo luogo conoscere le istituzioni da cui
le carte provengono, istituzioni che per ragioni storiche sono ne-
cessariamente diverse in Italia da luogo a luogo, egli che proveniva
dagli archivi toscani e che quindi non aveva ancora un'approfondita
conoscenza delle istituzioni dello Stato di Milano, dedicò le sue
prime ‘fatiche allo studio di queste, indagandone le attribuzioni, il
funzionamento e la durata, e raggruppò poi le notizie raccolte in

.un volumetto che egli non pubblicò mai, ma che gli serviva di

orientamento e di guida.

Quando lo studio delle istituzioni fu sbozzato, egli tracciò le
grandi linee della sistemazione che egli intendeva dare all'archivio
in un nitido scritto Il R. Archivio di Stato in Milano al 31 dicem;
bre 1908 pubblicato nell'Archivio Storico Lombardo dellanno suc-
cessivo. Fu allora un ‘fervore di operosità intorno al maestro che
ci insegnava due principi fondamentali: a) ricondurre tutte le carte,
86

PRIMO CONVEGNO STORICO UMBRO

ove fosse ancora possibile, all'ordinamento originario, per il rispetto
dovuto alla provenienza; b) inventariare le serie di archivio in modo
da assicurare la consistenza e una più sicura conoscenza dei singoli

fondi. Fu affrontato in quegli anni il grave problema del riordina

di oltre centomila pergamene versate in altri tempi all'Archivio Di-
plomatico senza tener conto del fondo archivistico da cui proveni-
vano e perciò disperse senza neppure l'ordine cronologico sotto le
attribuzioni più cervellotiche; del riordino del carteggio sforzesco,
il più ricco d’Italia, secondo i criteri con i quali era stato tenuto
nella cancelleria ducale; dell'inventariazione sommaria di tutto l'ar-
chivio, oltre trecentomila tra cartelle e registri, in modo da poter
offrire un'idea del contenuto delle singole serie.

Tutti questi lavori interni giovavano a rendere piü accessibile
il materiale archivistico agli studiosi. Ma essi non erano i soli la-
vori cui noi attendevamo sotto l'impulso del Fumi, poiché egli aveva
assegnato ai più volenterosi anche iriventari e studi da dare alle
stampe; chi vi parla preparò la pubblicazione I Registri Viscontei ;
un mio collega attese a preparare l'inventario degli atti di un'altra im-
portantissima serie di registri, noti sotto il nome di registri Pani-
garola; il Fumi stesso attendeva a preparare i regesti per l'edizione
delle reliquie del Carfeggio Visconteo che fu poi condotta a ter-
mine dal Vittani, suo successore nella direzione dell'archivio mila-
nese. Non pago di ció, sempre allo scopo di valorizzare l'archivio e
i suoi funzionari, cominció a pubblicare l'Annuario del R. Archivio
di Stato, nel quale, oltre a dare un'idea dell'attività dell'istituzione,
pubblicava interessanti articoli relativi ai vari fondi dell'archivio,
frutto dell'osservazione dei singoli durante il lavoro di ordinamento
o di inventariazione. Devo anche dire che il Fumi lasciava a ciascuno
di noi la massima libertà di iniziativa e permetteva, anzi incorag-
giava a che anche in ore d'ufficio si attendesse a preparare pub-
blicazioni che attingessero a fonti d'archivio.

A spingere noi giovani al lavoro era d'incitamento soprattutto
il suo esempio. Io lo vedo ancora seduto al grande tavolo situato
al centro della bellissima sala del Palazzo del Senato, che era a ri-
dosso dei pochi ambienti nei quali si era sistemato. In quella sala,
che egli aveva fatto addobbare con fine gusto di artista e ornare di
mobili antichi venuti dalla sua casa d'Orvieto, che riceveva luce da
quattro ampie finestre dalle quali si scorgeva verso strada l'acqua
lenta de] Naviglio e verso corte l'armonico colonnato del Mengoni,
trascorreva imperturbabile' lunghissime ore curvo sulle carte che de-

— — Á
PRIMO CONVEGNO STORICO UMBRO 87

cifrava e schedava. Era instancabile. Gli premeva in modo parti-
colare il riordino del Carteggio Sforzesco e aveva cominciato da
quello con Roma, come il più importante e come quello che più lo
riavvicinava alla storia della sua regione e agli studi da lui sempre
prediletti. Prime manifestazioni storiche derivate da questa sua at-
tività di puro carattere archivistico furono articoli di soggetto umbro
e cioè Ragguaglio della ribellione di Perugia, Pietro Perugino e il
quadro della Cappella di S. Michele della Certosa di Pavia, Giro-
lamo Riario Visconti in Perugia, tutti apparsi nel Bollettino di que-
sta R. Deputazione nel 1908. |

Ma lArchivio di Stato di Milano è una miniera inesauribile
per la storia di tutte le manifestazioni di carattere non solamente
politico, ma anche culturale, economico e religioso; ond'é che alla
perspicacia del suo ingegno non poteva-sfuggire che anche oltre i
confini del Carteggio degli Sforza vi si conservavano documenti
che lo interessavano in sommo grado, perché gli offrivano il modo
di continuare in Lombardia gli studi sul pensiero religioso che egli
aveva già trattato per l'Umbria con profondità e novità di ricerche
e di vedute. Egli aveva già avvertito come nel carteggio di Roma
c'erano delle lettere relative agli Eretici in Boemia e ai Fraticelli di
Roma; e ne aveva fatto oggetto di un articolo; onde mal non s'ap-
pose pensando che il grande Archivio avrebbe potuto fornirgli il
materiale per una ricostruzione storica di quell’istituto che a Milano
ebbe il compito di reprimere i moti ereticali. Non erano perció
passati ancora tre anni dalla sua venuta in Milano che egli aveva
già scritto.la sua vasta memoria su L'Inquisizione Romana e lo Stato
di Milano, che vide la luce in tre puntate nell' Archivio Storico Lom-
bardo del 1910, memoria di un valore eccezionale per la conoscenza
dei rapporti tra Stato e Chiesa in Lombardia, condotta quasi per
intiero su documenti inediti scoperti da lui non solo nell'Archivio
di Stato, ma anche all'Ambrosiana e in altre sedi. Quando era opi-
nione corrente che uno studio simile non fosse possibile per la
distruzione dell'archivio dell'Inquisizione avvenuta nel 1788 ad opera
dell’autorità ecclesiastica, egli invece seppe trovare la materia e con
mano maestra intessere la storia dell'stituzione da quando papa
Gregorio IX ordinó che l'esecuzione dei capitoli da lui promulgati
contro gli eretici fosse affidata in Lombardia ai Domenicani, fino
alla soppressione del Tribunale dell'Inquisizione nel settecento e di-
mostrare che lo Stato di Milano, non per ‘frenare l'azione proces^
suale, ma l’uso della libera facoltà nei giudizi, pretese nelle cause
88 PRIMO CONVEGNO STORICO UMBRO

di natura mista, la compartecipazione dei suoi magistrati e non di-
sdegnò la lotta aperta in appoggio di tale principio, ragion per cui

Milano, per l'energia del Comune e per lappoggio dato dallo
stesso San Carlo, non si impiantó l'Inquisizione di Spagna e si con-
tinuò invece nel sistema del Tribunale romano, che non fu mai né
violento; né arbitrario, né sanguinario, ma piuttosto temperato e
conciliante, risultati questi notevolissimi che ottennero lode anche
dal Villani e dal Boselli.

Ma l'attività del Fumi non si limitava a mostrare quale messe
importante per gli studi si potesse ricavare dai documenti conservati
nell'archivio da lui diretto. Egli intendeva altresì affermare la no-
biltà dell'archivio e richiamare su di esso lammirazione e la sim-
patia degli studiosi e dei non studiosi, abbellendone la sede. Ed
ecco tutt'un altro campo che si apriva alle sue iniziative. Basti qui
ricordare la sistemazione delle sale sulla facciata del Palazzo al primo
piano, il portale di marmo che in cima allo scalone immette negli
uffici, l'abbattimento del sopralzo nella parte posteriore del Palazzo,
il riattamento della base di buona parte del colonnato, l'apertura di
una lunga galleria per la ideata sistemazione di una mostra perma-
nente dei cimeli più importanti. Certo se non fosse venuta la guerra
ad intralciare questa parte della sua attività, egli sarebbe forse riuscito
nel giro di pochi anni all'attuazione del suo disegno che era quello
di far restaurare in modo degno, per la direzione e per la conser-
vazione degli atti di Stato, l'artistico palazzo del Senato e di siste-
mare in una sede meno indecorosa di quella attuale di S. Eustorgio,
che fu. giocoforza accettare, tutti gli archivi degli uffici giudiziari e
amministrativi della provincia.

L'indefessa attività che il Fumi svolgeva in quegli anni non era
distratta da nessuno svago. Egli a Milano viveva da solo, allietato
per altro di quando in quando dai soggiorni più o meno prolun-
gati dei figli. Se qualche volta dopo l'orario d'ufficio usciva per
una breve passeggiata dalle severe pareti del palazzo del Senato, che
specialmente sull'imbrunire prendevano un aspetto tetro e quasi spet-
trale, ricercava quasi sempre la mia compagnia o quella di un so-
lerte funzionario di pochi anni piü giovane di lui, il Pierucci, al
quale, venuto dall'ordinatissimo archivio di Pisa, si era particolar-
mente affezionato perché piü d'ogni altro sapeva intendere come
egli avrebbe desiderato sistemare l'archivio di Milano e dava tutta
la sua attività a questo scopo.

Non rifuggiva peraltro la compagnia se non per il desiderio

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PRIMO CONVEGNO STORICO UMBRO 89

di avere più fempo per i suoi studi: signore per nascita e per na-
tura amava spesso contornarsi dei suoi funzionari, che tra l'altro,
nel giorno del suo onomastico, soleva tutti gli anni convocare sim-

paticamente a simposio; riceveva persone dell'aristocrazia milanese

€ i suoi conoscenti orvietani di passaggio o abitanti a Milano. Sem-
plicemente egli non desiderava coltivare estese relazioni, non amava
prodursi in feste o convegni mondani o culturali. Principalmente per
questo suo comportamento, proprio dell'uomo che è schivo ad ap-
parire, che non ha nulla da domandare ad alcuno, e che intende
dedicarsi totalmente agli studi per soddisfazione propria e per la
coscienza di giovare alla dottrina, egli visse a Milano, non dico
ignorato, ma alquanto dimenticato, almeno in certi ambienti. Ep-
pure egli non era persona che si potesse trascurare: era membro del-
l’Istituto Storico Italiano, Socio dell’Accademia dei Lincei, Socio
ordinario delle R.R. Deputazioni della Toscana, dell'Umbria e del
Piemonte e della R. Società Romana di Storia Patria, onorava del
suo nome gran numero di società storiche e di accademie di molta
parte d'Italia, ed era anche insignito di altissime onorificenze; per-
fino .il sommo pontefice Leone XIII aveva voluto dargli un rico-
noscimento della sua stima, concedendogli nel 1897 il titolo di conte.

Le cure della direzione dell'Archivio Milanese e i notevolis-
simi studi cui gli offrivano occasione i documenti che ivi si con-
servano, non attenuarono nel Fumi l'amore per le memorie storiche
di Orvieto e dell'Umbria. Del resto anche negli anni, dal 1899 al
1901, quando stette comandato presso l'Archivio di Stato di Roma,
e negli anni dal 1901 al 1907, quando diresse l'Archivio di Stato
di Lucca, la storia della sua regione era sempre stata in cima ai
suoi pensierl. Nelle varie residenze egli vedeva un'ottima occasione
per esplorare nuovi documenti che gli permettessero di illustrare
maggiormente le vicende e le istituzioni sulle quali aveva sparsa tanta
luce negli anni giovanili. Mi piace ricordare a tale proposito che
nel biennio romano, lavorando assiduamente: nel R. Archivio di
Stato e nell'Archivio Segreto Vaticano, egli approntó quegli inventari
e spogli dei registri della Tesoreria Apostolica di.Città di Castello,
di Perugia e Umbria e delle Marche, nonché dei registri delle en-
trate e, uscite della Camera Apostolica del ducato di Spoleto, che
sono fra i migliori materiali finora noti sul vario e complesso or-
ganismo della finanza pontificia e che giovano anche alla conoscenza
del movimento politico, civile, religioso e morale di quelle regioni.
Mi piace anche accennare che nello stesso periodo preparó quel
rette

ta”

90 PRIMO CONVEGNO STORICO UMBRO
suo smagliante studio sul celebre ‘falsario di Bevagna, Alfonso Cec-
carelli, che, basato su nuovi documenti dell'Archivio Vaticano, della
Barberiniana e su un frammento del costituto di lui posseduto da
un suo amico, metteva in luce la multiforme attività truffaldina che
quegli svolse in Roma nella seconda metà del cinquecento, dalla fal-
sificazione dell’istrumento di conferma della donazione di Costantino
sotto l’imperatore Teodosio, ai ‘falsi perpetrati nei testamenti per
alterarne la successione fedecommissaria, alla creazione o alterazione
di antiche cronache e di privilegi imperiali, sino all'invenzione delle
famose profezie de futuro pontefice a tutti note sotto il nome di
Malachia, perché in quello studio il Fumi dette prova di possedere
anche le doti del più esperimentato diplomatista che giunge a rav
visare le fonti delle singole falsificazioni.

Del suo continuato attaccamento alla città natale durante il pe-
riodo imilanese della sua vita, per non parlare di un brewe scritto
dedicato a Una falsificazione contenuta nell'antico « Regestum » della
Chiesa di Orvieto, e per non dire che proprio colà egli aveva con-
tinuata l'edizione delle Ephemerides Urbevetanae e delle annesse ap-
pendici per la nuova serie dei Rerum Italicorum scriptores, fa fede
soprattutto la monografia illustrata su Orvieto pubblicata dall'Istituto
Italiano d'Arti Grafiche. Io non devo parlare a lungo di questa
monografia davanti agli orvietani, perché tutti la conoscono e l'am-
mirano. Mi limiteró ad osservare che il Fumi in essa ebbe modo di
riunire in una sintesi felicissima la sua profonda conoscenza della
storia della città, e dei suoi monumenti, la sua squisita sensibilità

d'artista, e le sue attitudini di finissimo scrittore. Riandando quelle

pagine che io ebbi il piacere di scrivere nella quasi totalità sotto
la dettatura di lui, e che perfette illustrazioni scelte ben a proposito
vivificano, si resta ammirati davanti all'eruditissima e pur piacevole
forma con cui descrive le vicende salienti della città dalle origini
leggendarie all'episodio diplomatico del 1860 che nel periodo delle
annessioni doveva far considerare Orvieto come non appartenente
al Patrimonio della Chiesa e permetterne l’unione all'Italia, come
davanti all’abilità con cui presenta al lettore il Palazzo del Popolo
e quello dei Papi e specialmente tutto quel complesso artistico che
si collega col magnifico duomo. |

Anche alla direzione dell'Archivio di Stato di Lucca il Fumi
aveva svolto un'attività analoga a quella che poi svolse a Milano.
Là egli non ebbe, a dire il vero, la preoccupazione del riordinamento
delle carte e della sistemazione della sede che invece era incalzante

eg ——— 9 —— ascritti all'Ordine Equestre di S. Stefano in Toscana, a proposito del

PRIMO CONVEGNO STORICO UMBRO 91

a Milano, poiché all'una e all'altra avevano provveduto le sapienti
cure del Bongi, ma occorreva egualmente mettere in valore il ricco
materiale documentario che vi si conservava mediante opportune
pubblicazioni di studi di inventari e di regesti. E a ció si accinse

- subito maccogliendo documenti per diversi suoi studi di interesse

locale, quali Superstizioni, pregiudizi e magie in Lucca e Usi e co-
stumi Lucchesi e soprattutto dando impulso, con la collaborazione
di Gilustiniano Degli Azzi e dell’attuale direttore Eugenio Lazza-
reschi, a quella grandiosa pubblicazione di regesti che fece conoscere
Le pergamene del Diplomatico dal 790 a 1155, il Carteggio degli
Anziani dal 1333 al 1472, e il Carteggio di Paolo Guinigi dal 1400
al 1430, pubblicazione che ancora continua, mettendo in luce altre
importanti serie dell'Archivio Lucchese.

lutto ció serve a completare il quadro dell'attività del Fumi

ma anche a lumeggiare per molta parte l'indirizzo che egli seppe

dare all'Archivio di Milano sotto la sua direzione. Ma per ben com-
prendere appieno la sua opera é necessario che io mi rifaccia ormai
agli inizi, perché essa è strettamente collegata con la formazione
mentale di lui e alle tendenze che nei suoi studi manifestó sin dalla
gioventü, quando per la prima volta si accinse a lavorare su docu-
menti d'archivio.

Discendente da un'antica famiglia orvietana, che probabilmente
si ricollega a quel Buongiovanni Fumi figlio di Conte, che insieme
con Faffuccio de Medici aveva capeggiato la rivolta contro la Chiesa
ai tempi di Bonifacio VIII, egli era largamente provvisto di beni
di fortuna che gli permettevano di dedicarsi agli studi maggiormente
preferiti senza alcuna preoccupazione. Fu così che non ancora ven-
tenne, dopo una educazione profondamente umanistica, dalla quale
aveva derivato anche quel suo nobile stile facile e forbito, di una
purezza tutta toscana, non si iscrisse all'Università, ma si diede piut-
tosto alle ricerche d’archivio e agli studi storici.

Il suo scritto dato alle stampe, Tre lettere inedite di M. Gio-
vanni Mignanelli, porta la data del 1869, e si riferisce all'attività di
quell'oratore senese alla corte di papa Pio II. Chi gli fece da mae-
stro in quei primi passi e gli apprese l'amore per siffatti studi
fu Clemente Lupi, esimio archivista ed insigne paleografo, che di-
rigeva l'Archivio di Stato di Pisa. Frutto delle ricerche da lui com-
piute sotto la guida del Lupi, pubblicò l’anno dopo in occasione
delle nozze Brenciaglia-Fumi l’opuscolo intitolato Degli Orvietani
e enrico zii
è n X

909 j PRIMO CONVEGNO STORICO UMBRO

quale nelle pagine dell'Archivio Storico Ifaliano in onore dell'autore
si leggeva questa lode: « L'autore é un giovane orvietano che uscito
di nobile casa e ricco d’averi, non spreca il tempo e il denaro in
vani sollazzi, ma dà opera con molto amore agli studi storici, ne’
quali vorrà certo riuscire valente, se, come ha cominciato, prosegue
con nobile costanza a coltivare l'ingegno di studi profondi e severi ».

Questo opuscolo oltre ad essere un presagio sicuro per le at-
titudini del giovane, era anche il primo segno dell'interesse del
Fumi per la storia della sua città natale, che ‘fu poi la predilezione
costante della sua vita.

Difatti, se le sue pubblicazioni rispecchiano, come ho già os-
servato, le fonti che ebbe a disposizione nelle varie città dove pe-
regrinò, poiché sino a cinquant'anni, cioè nel periodo più intenso
della sua attività visse in Orvieto, così le pubblicazioni relative a

quella città hanno la prevalenza. Esse sono oltre quaranta e illus

strano la città sotto molteplici aspetti: alcune fanno conoscere nuovi
interessanti documenti, un’altra dà notizia dell'Archivio Segreto, altre
ancora ne informano su vicende storiche, altre invece sono dedicate
ai tesori artistici che si adunano in Orvieto, specialmente nel Duomo,
ai palazzi, alle vie e alle piazze, ai suoi podestà e ai suoi vescovi,
ai suoi istituti, ai santi, agli scrittori, alla lingua, tutte con una ric»
chezza di fonti inedite da renderle sempre del più alto interesse.

Naturalmente accanto alle pubblicazioni che sono strettamente
collegate con Orvieto, egli ne ha molte altre che si riferiscono alla
circostante regione e specialmente all'Umbria. Siena, Rieti, Narni.
Terni, Bolsena, Viterbo, Perugia, Città di Castello, Firenze, Ba-
gnorea, Sforza Attendolo e la battaglia di Marino, il cardinal Cec:
chini, il cardinale Aldobrandini e papa Urbano IV, sono tutti sog-
getti che egli ebbe a rischiarare di nuova possente luce, derivante da
nuovi documenti da lui stesso trovati.

— Non è certamente possibile seguire qui le molteplici manifesta-
zioni di tanta attività. Basti dire che per anni ed anni gli scritti di
lui apparvero numerosi nei più accreditati periodici, come l’Archi-
vio Storico Italiano, Studi e documenti di storia e diritto, Archivio
della Società Romana di Storia Patria, Archivio Storico per le Mar-
che e pet l'Umbria, Archivio Storico dell'Arte, Bollettino dell'Isti-
tuto Storico Italiano, e dopo il 1895 nel Bollettino della. R. Deputa-
zione di Storia Patria per l'Umbria, oltre agli altri lavori che videro
la luce a sé.

Si può soltanto rilevare un carattere comune a tutte le pubbli-
TTI mmm

PRIMO CONVEGNO STORICO UMBRO 95

cazioni del Fumi, ed è che esse solo raramente si estendono oltre
il periodo che va dal sec. XIII al XV e che corrisponde a quello
in cui i documenti si fanno più numerosi negli archivi e che è uno

dei più attraenti e ancora dei meno noti della nostra storia. Il con-

tributo che egli ha dato alla conoscenza di questo periodo è vera-
mente straordinario.

Fra le pubblicazioni più importanti che egli dedicó ad Orvieto
è certamente il Codice diplomatico della città di Orvieto che forma
l'VIII volume dei Documenti di storia italiana pubblicati a cura
della R. Deputazione di Storia Patria Toscana Marche e Umbria,
grosso volume in 4° di 878 pagine e di altre 75 di prefazione, uscito
a Firenze 1884. L'importanza di questo volume è troppo nota agli
studiosi. Basterebbe a dimostrarne il valore lo studio del Rondoni
apparso due anni dopo nell'Archivio Storico Italiano su Orvieto
nel Medioevo condotto quasi totalmente sul materiale offerto dal
Fumi. :

L'idea di questa pubblicazione maturò nella mente del Fumi
durante il lavoro di riordino dell'Archivio Segreto del Comune di
Orvieto, al quale aveva atteso con ardore fin dai primi tempi della
sua gioventù per incarico del municipio e del quale egli diede conto
al sindaco nel 1875, in una relazione che fu lodata «per l'estesa
cognizione della materia, notevole in un giovane, per l'amore grande
per gli studi della storia, nonché per la parsimonia e per la facilità
elegante della dicitura che ne rendevano dilettevole la lettura ». Quel-
l' Archivio prima che egli vi ponesse mano era nel più completo
abbandono, tanto che qualche anno prima, il Bonaini, celebre di-
rettore degli archivi toscani, avendolo visitato, aveva dovuto con-
statare di non poterne ricavare alcun ‘frutto. Collocato dal Co-
mune l’archivio in un locale più adatto e disposto in nuovi armadi,
il Fumi ebbe occasione durante il lavoro di ordinamento « di estrar-
re», come egli dice, «carta per carta la somma del contenuto dei
principali documenti riconosciuti più utili agli studi per l’indole e
natura loro, per l'epoca e per le notizie». Quegli spogli furono il
fondamento del Codice, poiché egli s'avvide che l'archivio forniva

un copioso materiale documentario che serviva magnificamente a

dare una idea giusta della costituzione politica, degli ordinamenti
giuridici ed economici e dei rapporti di Orvieto con le altre città.
Egli, con la conoscenza perfetta della storia e delle istituzioni lo-
cali, trascelse con cura i ‘documenti che rispondevano a questo pre-
ii voc ind Mur

EN

904. PRIMO CONVEGNO STORICO UMBRO

cipuo scopo, quelli più antichi o più significativi trascrisse per in-
tiero, gli altri sunteggió, e diede alle stampe il Codice il quale com-
prende sotto 755 numeri circa mille atti che vanno dal 1024 al 1466,
accrescendo il pregio della sua opera con l'aggiunta della carta del
popolo del 1323, documento indispensabile a chi studia la costi-
tuzione dei nostri comuni, col quale venivano regolati i diritti e
doveri del Capitano del Popolo di Orvieto.

Certamente a convincere il Fumi all'opportunità di una simile
fatica debbono aver contribuito le pubblicazioni similari che in quello
scorcio di secolo apparivano in tutte le città e regioni d’Italia e alle
quali aveva aperto per così dire la strada il Codice diplomatico Lon-
gobardo del Troya.

Ciò non ostante l’opera del Fumi è nel suo genere originale.
L'archivio di Orvieto non aveva documenti antichi in gran copia
da permettere una pubblicazione sul genere di quella del Codex
diplomaticus Langobardiae del Porro Lambertenghi, e del Codex
diplomaticus Ecclesiensis del Baudi di Vesme, o del Codice diplo-
matico Padovano del Gloria, aveva invece numerosissimi documenti
dei secoli XIII XIV che riflettevano un periodo non meno inte-
ressante della storia di Orvieto, il periodo delle acerrime lotte cit-
tadine fra guelfi e ghibellini, tra fedeli ed eretici e che era oppor-
tuno far conoscere a fondamento della storia di quelle agitate vi-
cende. Non essendo possibile la pubblicazione integrale di tutti i
documenti di tale periodo conservati in archivio, il metodo da lui
seguito di fare una scelta del materiale, se da una parte accresceva
la difficoltà del suo lavoro, dall'altra sveltiva la ricerca degli studiosi
che a quello dovevano ricorrere, ricerca che egli cercó di facilitare
anche maggiormente con uno di quegli indici particolareggiati per
nomi e per materia che soleva porre in fine di tutti i suoi lavori

| principali.

Ma strettamente collegata con le vicende storiche di Orvieto
è anche la costruzione del suo Duomo. Questa mirabile creazione
del genio umano, che pur sorgendo in un luogo che poteva sem-
brare deserto, non è inferiore alle più splendide cattedrali delle
principali città d’Italia, questo tempio la cui ‘facciata, come diceva
il Bourget, sembra una pagina di messale eretta in pietra e alla cui
gloria basterebbero da soli gli affreschi del Beato Angelico e del
Signorelli, si spiega pensando alle lotte accanite che nel duecento
dilaniavano la città, e all'entusiasmo che prese gli orvietani di parte
guelfa, che avevano da poco debellato il ghibellinismo fomentatore

--—_ e -——_ PRIMO CONVEGNO STORICO UMBRO 95
di eresie e i paterini suoi seguaci, quando giunse la notizia dello
strepitoso miracolo che nel 1263 si era operato nella vicina Bolsena,
e il corporale e i lini liturgici, ancora madidi del sangue che era
stillato dall'ostia e dal calice del romeo di Boemia, furono portati
in una lunga processione di clero e di popolo osannante a papa
Urbano IV che si trovava in Orvieto. La parte vincente che domi-
nava il Comune vide in quel miracolo un suggello divino alla pro-
pria vittoria e deliberó di erigere quale trofeo di gloria un nuovo
tempio .che fosse la esaltazione del Sacramento, una chiesa che in
splendore e in ampiezza superasse tutte le chiese del suo tempo. .
\ Il Fumi non poteva non sentire ‘fortissima attrazione per il
suo duomo, e dedicò ad esso nel 1891, nella ricorrenza del sesto
centenario della fondazione, due fra le più importanti sue pubblica»
zioni; l'una è rivolta alla storia esterna della fabbrica Sfatuti e
regesti dell'Opera di Santa Maria d'Orvieto, dove oltre a pubblicare
gli statuti del 1421, riformati nel 15535, nonché le bolle papali re-
lative alla chiesa e molti altri interessanti documenti, in una bella
prefazione, valendosi dell'Archivio del Comune, di quello dell'O-
pera, e delle fonti a stampa, tratta della fondazione della chiesa,
dell'ingerenza del Comune sulla fabbrica, delle indulgenze, del culto,
della costituzione dell'Opera e delle persone che dall'autorità co-
munale vi furono messe a capo nei vari tempi; l'altra invece 7l
duomo d'Orvieto e i suoi restauri, è rivolta alla storia artistica del
monumento nei suoi singoli elementi sia della facciata che dell'interno,
e contenendo il ‘frutto delle ricerche compiute per incarico della
Commissione Permanente di Belle Arti presso il Ministero della
Pubblica Istrzuione e dell'Opera del Duomo in occasione dei re-
stauri, che furono appunto fatti nella ricorrenza del centenario, fu
pubblicata a perpetua documentazione della bontà degli stessi» re-
stauri; entrambe le pubblicazioni costituenti un complesso organico
del più alto valore per la conoscenza approfondita di tutto ciò che
ha attinenza alla storia di questo meraviglioso monumento dell’arte
medioevale italiana, ma costituenti nello stesso tempo il più bell'o-
maggio che il Fumi con affetto e devozione filiale nella sua vasta
e indefessa opera di storico rese alla propria città; pubblicazioni
che varrebbero da sole a raccomandare ai posteri il nome di Lui.

E invero il nome di Luigi Fumi è di quelli che non tramontano,
perché con le sue circa contocinquanta pubblicazioni, tra cui non
poche monumentali, ha portato tanta luce alla storia e alle istitu»

zioni del nostro medioevo, che chiunque voglia tornare agli argo-

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o6 PRIMO CONVEGNO STORICO UMBRO
menti o ai periodi storici trattati da lui, dovrà rifarsi alle sue opere
e ai documenti che egli diede alla luce.

Si potrà forse dire da taluno che egli ció non ostante non fu
uno storico in senso stretto, specialmente nel più moderno senso
della parola, in quanto, se si fa eccezione di pochi studi, non si
prefisse lo scopo, come fa lo storico, di illustrare un vasto soggetto,
e preferì con i documenti che via via richiamavano la sua atten-
zione, gettar nuova luce su molteplici punti della storia. Ma il Fumi
di proposito non volle essere uno storico nel senso anzidetto. For-

- Imatosi alla scuola del Lupi e tempratosi nel paziente lavoro di

ordinamento dell'Archivio Segreto d'Orvieto, egli prima ancora di
essere uno storico, era e si sentiva archivista. Ma chi è archivista
e trascorre tutta la vita sua fra vecchie carte che testimoniano le età
passate, sente il ‘fascino’ del nuovo, dell'inesplorato che esse racchiu-
dono, si abitua ad apprezzarle proprio per questo, ed è. preso dal
desiderio di far note per le stampe le sue scoperte. Egli pertanto non
parte che assai raramente dall'intento di illustrare un determinato
argomento, ma assai più spesso parte dal documento che getta nuova
luce sopra questo o quell’argomento con il vantaggio che, mentre
le deduzioni dello storico sono soggette al variare delle correnti pro-
prie di ciascun tempo, le documentazioni offerte da lui conservano
indefinitamente il loro valore positivo e reale.

Questa é la grande differenza tra l'archivista e lo storico, seb-
bene l'uno e l'altro abbiano in comune lo scopo della scoperta della
verità storica. Il primo cerca di documentare i fatti, l’altro tende
soprattutto a spiegarli.

Che il Fumi appartenesse alla prima categoria è dimostrato dal
fatto che anche nei pochi scritti dove si prefisse di illustrare un argo»
mento, come nella memoria giovanile I paferini in Orvieto e in
quella più complessa dell'età matura L'inquisizione romana e lo Stato
di Milano, egli non si allontana dal suo metodo che è quello di
offrire il maggior numero di documenti sull'argomento trattato in
modo da porre il lettore in grado di ‘formarsi un giudizio da sé.
Questo metodo egli non manca di dichiararlo apertamente, poiché
nell’introduzione al testè citato studio sull’Inquisizione, si legge che
suo intento è quello di raccogliere quanti più ‘fatti è possibile e
presentarli obiettivamente e onestamente intorno a un soggetto de-
licato e $pinoso, nel quale è molto facile che la declamazione prenda
il luogo della fredda indagine delle fonti e della osservazione com-
parata dello spirito dei tempi. Nelle parole surriferite è scolpito il
vorm

PRIMO CONVEGNO STORICO UMBRO 97

suo carattere di studioso oggettivo, sereno, lontano da tutte le tesi
preconcette. Vi si sente l'archivista il quale sostiene che la preva-
lenza deve essere lasciata ai documenti.

Ma il buon archivista non va soltanto alla ricerca dei documenti
che gettino nuova luce sopra questo o quell'argomento. Egli è com-
preso del valore dei documenti affidati alle sue cure ed & persuaso
della opportunità di ‘farli largamente conoscere pubblicandone in-
ventari e regesti, previo, quando occorra, il loro riordinamento, per-
ché solo così si valorizza realmente l’archivio a vantaggio di ogni
ordine di studi. Per di più, innamorato delle raccolte affidate alla
sua custodia, egli cerca che esse abbiano una sede degna, e che il
pubblico vi sia ammesso ad ammirare i più significativi cimeli delle
età trascorse, perché l'archivio non sia una cosa morta, ma un'atte-
stazione viva della nostra storia.

Ora questi concetti rispecchiano tutta l'attività del Fumi, che
si puó riassumere nell'intento continuo di far conoscere l'importanza
degli archivi da lui diretti, mediante studi nei quali era lieto di

poter offrire, quasi ad esempio, documenti nuovi ed ignorati, o di

nell'appendice, sia ancora che egli dedichi ad essi interi volumi.

regesti nei quali gli studiosi potessero attingere a piene mani secondo
il loro bisogno, e nello sforzo, questo non sempre riuscito, di dare
un aspetto decoroso agli stessi archivi e specialmente a quello di
Milano che era, il peggio sistemato.

Alla luce di questi concetti informatori della sua attività si il-
lumina e si comprende appieno tutta l'opera di scrittore e' di archi-
vista svolta dal Fumi per oltre un cinquantennio. Sin da quelle tre
lettere inedite del Mignanelli da lui stampate nel 1869, e dalle sue
pubblicazioni che videro la luce negli anni seguenti Documento di-
plomatico restituente in Orvieto lo studio generale, Gli statuti di
Chianciano dell'anno 1287, il Trattato fra il comune di Firenze e i
conti Aldobrandini, e poi giù giù fino alle pubblicazioni del Co-
dice Diplomatico, e dei volumi usciti in occasione dei restauri del
Duomo, e a quelle più recenti scritte, compilate o promosse durante
il suo soggiorno a Roma, a Lucca, a Milano, non v'ha manifesta-
zione grande o piccola di lui, nella quale non si rispecchi quella pas-
sione per i documenti che fu la ragione principale della sua vita
operosa. Da tutte infatti traspare l'intento di mostrare il grande

valore che essi hanno per la storia, sia che egli basi la sua narra-
zione su di essi, opportunamente riportandone nel testo o nelle note

i passi salienti, sia. che li dia integralmente come più spesso avviene,

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08 PRIMO CONVEGNO. STORICO UMBRO

Ad accrescere in lui il senso realistico, che si basa esclusivamente
sui documenti, contribuì certamente quel movimento per il quale,
come ho già accennato, furono fatti conoscere nella seconda metà
dell'ottocento i documenti più importanti, quel movimento che ebbe

le sue origini in Germania con l'edizione dei Monumenta, dei Re-

gesta imperii, dei Regesta Pontificum Romanorum, ma si era subito
sviluppato vigoroso anche in Italia con l'edizione dei Monumenta
historiae patriae e con la fondazione dell'Archivio Storico Italiano,

e che fu fecondo dei più grandi e sicuri risultati nel campo storico.

Fu davvero un destino crudele che un uomo il quale attraverso
i documenti era riuscito a scorgere così lontano nel tempo e aveva
diradato tante tenebre del passato, dovesse trascorrere gli ultimi anni
della sua esistenza nella cecità, proprio per aver troppo abusato delle
sue ‘facoltà visive nella decifrazione delle antiche carte. Io non l'ho
visto in tale stato, perché quando partì da Milano la sua vista, seb-
bene molto menomata, non si era ancora offuscata, né dopo io ebbi
più il piacere di incontrarmi con lui. Però io sono certo che egli
trovò nella religione quel conforto che nelle umane miserie può ve-
nire solo da Dio. Difatti egli era un credente convinto che unifor-
mava tutti gli atti della sua vita ai dettami della fede e della mo-
rale cristiana.

Oggi, a pochi anni dalla sua scomparsa, per la vasta e diuturna
fatica che egli sostenne per mettere in valore i documenti, possiamo
affermare che pochi uomini hanno apportato come lui cosi largo
contributo alla conoscenza della storia del nostro medioevo e che
anche nella direzione degli archivi egli puó essere paragonato solo
coi maggiori, quali Francesco Bonaini, Nicomede Bianchi e Bar-
tolomeo Capasso, che nelle varie parti d'Italia subito dopo la for-
mazione del Regno, avevano speso le loro energie per far conoscere
i tesori conservati nei nostri archivi e dell'opera dei quali il Fumi
fu ammiratore e degnissimo continuatore.

Fa bene questa città di Orvieto ad onorare la memoria di tanto
figlio. E' stato un ottimo provvedimento fra l'altro quello di avere
intitolato al suo nome la Biblioteca Comunale, cioè il massimo cen-

tro culturale cittadino, cui egli volle lasciare per testamento i suoi _
libri. L'esempio di lui che spese tutta la sua vita nel culto delle

memorie del passato con l'intento di rischiarare età tenebrose, e che

"fece tutto ció spinto unicamente dal desiderio di conoscere il vero

e di aiutare altri a conoscerlo, senza mirare mai né ad onori né a

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vantaggi materiali, ma con quella modestia che è propria dei grandi,
potrà incitare i più volenterosi a seguirne le orme.

Bene ha anche fatto la R. Deputazione ad iniziare la rinnovata
serie dei suoi convegni proprio di qui con l’intento di onorare par-
a ticolarmente Luigi Fumi, che fu il suo fondatore e il suo primo
TERA presidente. Ciò mi sembra di buon auspicio per i lavori di questo E.
EE primo convegno e per quelli che ad esso seguiranno; perché è chiaro
| che si ha l'intenzione di seguitare sulle orme del Fumi a gettare luce
[uev sulla storia di questa bellissima terra dell'Umbria con studi che per

ut novità di ricerche e di osservazioni siano degni di figurare come una
HE «continuazione dell'opera di Lui.

CESARE MANARESI
- VIE GR v prendi
RIAD]

LA BIBLIOTECA CIVICA DI ORVIETO
E LA DONAZIONE «LUIGI FUMI »

NG

Che cosa sia stata la « donazione Luigi Fumi» per la Civica
Biblioteca orvietana, è presto detto: /a vita.

Basterà infatti, sia pure in brevissima sintesi, raccogliere dati
e testimonianze, per provare storicamente quanto sopra abbiamo as-
serito. E siccome è giusto, è doveroso e bello, ad un tempo, tra»
mandare ai posteri la verità, è con orgoglio di concittadini che segna-
liamo a coloro che ci seguiranno, il gesto magnanimo e provviden4
zialmente esemplare dello storico orvietano Luigi Fumi, il quale do-
nando la sua bella, ‘fornita, interessante biblioteca privata alla Ci-
vica di Orvieto, non solo fu l'indice del più salutare risveglio, verso
una istituzione cittadina che languiva deteriorata, dimenticata ed in-
servibile; ma fu anche la prima fonte di materiale bibliografico
moderno, affluito verso la nuova vita culturale della Città, indispen-
sabile ponte di raccordo, fra l’antico ed il modernissimo.

Dire che prima della donazione Fumi, nulla esistesse nella no-
stra Città, in fatto di biblioteche, è dire cosa assolutamente ine-

- satta; ma a prescindere dalle più remote epoche in cui Orvieto ebbe
tradizioni culturali popolari notevolissime, come al tempo di Gia-

como Choelli che già nel 1649 metteva a disposizione del pubblico
la propria biblioteca, o. come al tempo del Marchese Febei (seconda
metà del sec. XVII) che faceva addirittura, scrivere sull’architrave
della porta della sua ricchissima biblioteca: « Biblioteca Pubblica »,
la situazione odierna, fino al momento del munifico atto Fumi, era
tutt'altro che brillante, ed era la seguente:

Soppresse le Comunità Religiose, per legge vennero in pro-
prietà del Comune di Orvieto le librerie dei Conventi di S. Lo-
renzo fuori le mura, dei Cappuccini, dei Gesuiti e di S. Agostino.
Ma se la"prima notizia certa che ci giunge, della raccolta di
Uem mem O

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PRIMO CONVEGNO STORICO UMBRO 101

tale materiale bibliografico, risale al 1880, e l'esistenza viene se-
gnalata presso i locali delle Scuole di S. Chiara, è anche vero che
per venticinque anni un silenzio sepolcrale regna intorno alla pseudo
Biblioteca civica orvietana. Infatti, solo nel 1905 appare per i tipi
di Maglioni, in Orvieto, un catalogo di « Libri doppi ‘e non com-
pleti, proposti per la vendita», ma nulla si sa del catalogo princi-
pale. In ogni modo la Biblioteca non esiste assolutamente per il
pubblico.

Alcuni professori delle Scuole Medie inferiori, s'alternano per
un tentativo di catalogazione, ma in modo disorganico ed incom-
pleto; mentre tristi vicende ‘fanno peregrinare il materiale biblio-
grafico ex conventuale, da un infelice locale all’altro. Passano altri
‘dieci anni, passa la guerra e la Biblioteca è totalmente dimenticata.

Ma ecco che nel 1921 il Conte Luigi Fumi, lo storico illustre,
sempre innamoratissimo della sua Orvieto, dona al patrio Comune
la sua importante biblioteca, ricchissima di materiale storico-lette-
rario.

La lettera che comunica l'atto munifico al Commissario Pre-
fettizio del tempo, è una attentissima pagina di volontà ferma e
di accorgimento provvido, contro l'eventuale dispersione del ma-
teriale bibliografico donato, e in pro della sua conservazione fra
le mura della Città natale; mentre rivela la nobile preoccupazione
circa il funzionamento pubblico, della biblioteca donata, in modo
che il popolo tutto, possa beneficiare del banchetto spirituale of-
ferto. E poiché la lettera é scritta di pugno del Prof. Pericle Perali,
allora direttore del Ginnasio orvietano e solo firmata dal Fumi, é
facile dedurre che l'affettuosa e preziosa collaborazione del giovine
studioso concittadino, non deve essere stata estranea alla felice com-
pilazione del testo, del quale riportiamo il passo saliente:

« Come ho avuto il piacere di accennare a voce alla S. V. Ill.ma
desidero di disporre della mia libreria a favore della mia Città
natale.

Io penserei - quando la S. V. credesse di convenire con

me - che questa raccolta di libri venisse collocata in una sala del

Ginnasio Pareggiato con speciale scaffalatura separata, e che nel
caso - ch'io voglio credere irrealizzabile - di una soppressione del
Ginnasio venisse conservata da un altro Istituto Orvietano di cul-
tura classica, o, in mancanza di questo, da una delle biblioteche lo-
cali, o del Comune o dellOpera del Duomo, purché funzionanti
la

VE ER PVT REIT IERI e NEUPTUET I. erp ceneri.

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102. - PRIMO CONVEGNO. STORICO UMBRO È

| i a vantaggio del pubblico, sotto la responsabilità di un competente
DS bibliotecario... ».
| La fiamma della speranza è riaccesa negli studiosi orvietani.
Ma per qualche anno ancora, quantunque i giornali locali spro-
nino in più riprese gli amministratori della Città, nulla si concreta,
| finché nell'ottobre del 1925, espletate le pratiche d'uso, il Podestà
È del tempo, Avv. De Benedettis, scriveva al Fumi cosi: « Assunto
li solo da pochi giorni all’alta carica di Sindaco di questa Città, sol»
tanto oggi ricevo cognizione della munifica offerta da V. S. Ill.ma
E fatta sin dal 25 agosto 1921 al Comune di Orvieto, della Biblio-
MES 6 teca di proprietà di V. S.», ed ancora aggiungeva: «... (questa
i Amministrazione) ha già provveduto alla costruzione degli scaffali
‘occorrenti per la custodia dei libri, scaffali che trovansi già in una
sala del Ginnasio Pareggiato, dove, giusto desiderio espresso da E-
[s V.S.Ill.ma, la libreria sarà collocata a tutto vantaggio degli studenti |
| e della popolazione ». Al che Luigi Fumi replicava: «... Sono ben
lieto che Ella abbia accettato l'offertale mia biblioteca e per ogni mo-
: dalità dell'inventario e della consegna ho dato l'incarico a mio figlio
Me. Ranieri, il quale s'intenderà col Signor Direttore del Ginnasio... ».
L'atto di nascita della Biblioteca Civica orvietana era stato sti-
pulato: agli attori benemeriti principalissimi, Fumi e Perali, si ag-
giungeva ora l'Avv. De Benedettis intelligente e ‘fattivo Sindaco
della Città.

Yonne Labini

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VITRINE npn eene ima

La Biblioteca incipientale, per i bisogni degli studiosi era pic-
cola cosa e troppo specializzata (un totale di 3121 opere, la più
gran parte storiche ed il rimanente quasi tutte letterarie), ma il piü
importante passo verso la realizzazione di un programma pratico |
(È era compiuto. i
li Infatti la Biblioteca Civica, cambierà ancora ambienti; e stu- :
.diosi e volenterosi, fra i quali ci piace ricordare i Proff. Vaggi, :

Sbrana, Perali la Prof. Giovannini, il Conte Ranieri Fumi, figlio E
del donatore, sfoceranno molto più tardi, e precisamente nel 1928,
per avvedutezza dell’Ispettore Superiore Bibliografico Prof. Alfonso i
Gallo, nell'opera intelligente, assidua e realizzativa di un unico bi.
bliotecario, il Dott. Geralberto Buccolini, che aprirà finalmente al È
pubblico, nel 1951, l’Istituto, arricchito degli ex Conventuali e di È
altre considerevoli donazioni; ma il merito della costituzione, il nu- 1
cleo protoplaste della Civica orvietana moderna, rimane: indiscutibil-
PRIMO CONVEGNO STORICO UMBRO 103

mente, anche attraverso lo splendore di successive imponenti dona-
zioni che hanno condotto la Biblioteca di Orvieto ad un posto di
primato nella Provincia e di comprimato con Perugia nella Re-
gione Umbra, al munifico atto del Conte Luigi Fumi, che all'alto
intelletto ed alla profonda dottrina, uni sempre squisita gentilezza
d'animo e profondo amore di Patria.

ANGELO DELLA MASSEA
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clusioni ristrette. E così non ci dovremo maravigliare se, tra i primi,

pochi - e tra questi ve ne sono di veramente notevoli - che interes-

possono a meno di collimare con quelle fornite dalle carte d'archj-

cò » FEST OT RNU iii

IL CONTRIBUTO DI LUIGI FUMI
AGLI STUDI DI STORIA DELL'ARTE

- . Nella commemorazione fattane ieri sera Cesare Manaresi ha
ricordato opportunamente che Luigi Fumi « prima ancora di essere
uno storico, era e si sentiva archivista». Egli ha mostrato sempre
il bisogno, infatti, di partire dal documento, di appoggiarsi al docu-
mento, ponendosi piuttosto il fine di provare i fatti che non di
spiegarli. Onesto, sereno, obiettivo, egli ha avuto soprattutto la pas-
sione del documento, convinto che solo con questo mezzo poteva
raggiungersi in pieno lo scopo di accrescere e di correggere la cono- i
scenza dei tempi passati.

Ma da una concezione grettamente ‘filologica atta a inaridire
lo spirito, dal pericolo di esser tratto a considerare la ricerca come
fine a se stessa, lo hanno salvato la sua stessa curiosità intelligente,
la sua sensibilità, il suo ottimismo nei destini della scienza storica
che, in fondo, non voleva legata a procedimenti meccanici e a con-

egli ha sentito la necessità di non trascurare la produzione artistica E
del passato, e se, tra i suoi scritti numerosissimi, se ne trovano non

id dedi

sano il campo degli studi della Storia dell'Arte.

Fondato nel 1888 da Domenico Gnoli l'Archivio Storico del- i
l'Arte, Luigi Fumi vi ha collaborato sin dal primo anno, e così in
quella gloriosa rivista, come nell'Archivio Storico per le Marche e
per l'Umbria e nel nostro Bollettino, ha pubblicato studi profondi,
nei quali si palesano appieno la sua serietà e la sua intelligenza, e,
insieme, le sue belle doti di scrittore. Egli comprende che non si
deve prescindere dall’interrogare il monumento le cui risposte non

vio: si ricorrerà solo a queste, e si presterà loro ‘fede, quando il
monumento non avrà risposto. Naturalmente la sua profonda ret-
PRIMO CONVEGNO STORICO UMBRO 105

titudine e il rigore del suo metodo gli impediscono anche quando si
occupa, ceme quasi sempre accade, del Duomo e di altri monumenti
orvietani, di cadere in un inconsiderato entusiasmo, nonostante il
grande amore per la città natale.

Già nel 1884 aveva pubblicato il Codice Diplomatico della Città
d'Otvieto, opera di lunga lena che rivela una profonda preparazione
e un'infaticabile ricerca. Egli, qui come poli sempre, mostra là vor
lontà, per lui divenuta» necessità, di procurarsi una conoscenza esatta
delle istituzioni locali: con questa larghissima indagine che si spinge
dal secolo XI al XV - e che investe il campo giuridico non meno
che quello politico ed economico, e che non trascura i rapporti tra
la sua e le altre città - ha potuto acquistare la padronanza di tutti
1 mezzi che reputava necessari per accingersi a quell’opera che è
venuta in luce l'anno 1891, e che ancor oggi dobbiamo dire fonda-
mentale: Il Duomo di Orvieto e i suoi restauri - Monografie sto-
riche condotte sopra i documenti. Titolo e sottotitolo spiegano al-
l'evidenza i fini, la partizione, il metodo del lavoro: lo studio dei
documenti (che vanno dal 1277 al 1855, e che il Fumi ha saputo
ritrovare soprattutto nell'Archivio dell'Opera del Duomo, e anche
nell'Archivio del Comune di Orvieto) serve a tessere la storia della
costruzione originaria e delle sue successive trasformazioni e dei re-
stauri, illustrando e giustificando in particolare quelli condotti a ter-
mine per l'appunto il 1891, celebrandosi il sesto centenario del-
l’inizio dell'insigne monumento. Ogni parte del Duomo ha una trat-
tazione separata, che viene a costituire come una vera e propria mo-
nografia a sé.

A parte il valore che quest'opera conserva per darci la certezza
critica - attraverso la storia esterna - di quanto si è compiuto dalle
origini sinc a ieri entro il monumento, dobbiamo anche riconoscerle
un'importanza eccezionale nei riguardi della storia del restauro in
Italia. Il Fumi aveva compreso, e a quei tempi non era molto fa-
cile, a quali esigenze d’ordine metodico debba sottostare il restauro
di un monumento, e in questa comprensione venne aiutato dal suo
rispetto per ogni testimonianza del passato e dalla sua sensibilità:
giunse così a formulare «il principio di nulla innovare nelle opere
d'arte antica». Passando all’attuazione pratica, non tutto ciò che
egli propose o consentì nei restauri del Duomo può oggi meritare
la nostra piena approvazione, ma la colpa va data soprattutto ai
tempi non ancora maturi: si trovava lecito rimuovere, senza discri-
- minazione alcuna, tutto quello che nel monumento era venuto ad

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106 PRIMO CONVEGNO STORICO UMBRO

aggiungersi dopo la sua primitiva costruzione, e si stimava conve-
niente rifare dal nulla quelle parti scomparse, delle quali constava
per via documentaria l'esistenza all'origine. Al medesimo anno 1891
risale un'altra accuratissima pubblicazione del Fumi, intitolata Sta-
tuti e regesti dell'Opera di Santa Maria di Orvieto. Per quanto
abbia caratteri e finalità ‘precipuamente d'ordine amministrativo e
giuridico, ‘pure vi deve ricorrere spesso e con profitto anche chi del
Duomo di Orvieto si occupi dal punto di vista dell’arte.

. Nel campo delle ricerche di Storia dell'Arte va anche partico-
larmente ricordata l'iniziativa e l'attività del Fumi per quella Espo- :
sizione di Arte Sacra Antica che si è tenuta a Orvieto il 1896 in
occasione del Congresso Eucaristico: della Commissione egli è stato
il Presidente effettivo, e a lui si deve se in tutta Italia, e particolar
mente nelle provincie centrali, si sono raccolti in gran numero pre-
gevoli oggetti antichi di uso sacro, con riferimento al culto dell’Eu-
carestia. Ancora oggi il Catalogo è un libro di utile consultazione.
A ricordo del Congresso, nel medesimo anno egli ha pubblicato Il
Santuario del SS. Corporale nel Duomo di Orvieto: nell'inquadra-
tura storica della vita orvietana dalla seconda metà del secolo XII in
poi, illustra i ricordi del miracolo di Bolsena, del reliquiario, della
cappella, e l'informazione riesce larga e precisa anche per quello che
si riferisce alla parte artistica. :

Molti altri scritti minori andrebbero ricordati non ‘fuggevol-
mente, per la conferma che vi si potrebbe trovare della sua piena
comprensione dei problemi attinenti all'arte e alla cultura artistica.
Nel primo volume - del nostro Bollettino (1895), commemorando
Gaetano Milanesi, ricorda che «primissimo egli si metteva a ri-
comporre la storia artistica sull'esame dei documenti confrontati con
le tradizioni e coi giudizi personali degli scrittori ». Nel giudizio
non ci maraviglieremo di trovare implicita la lode soprattutto per
il grande investigatore d'archivi, e ugualmente non ci maraviglieremo
del suo fare riservato, anche se mostra di comprendere i caratteri e
l'importanza dellopera d'arte, quando, sempre in questo Bollettino
(volume XIV, 1908), pubblica sei importanti documenti da lui rin-
venuti nell'Archivio di Stato di Milano, relativi alla commissione

data al Perugino del trittico della Certosa di Pavia.

Di questioni di topografia, di toponomastica, di epigrafia, di
numismatica, di sfragistica si è sempre interessato anche dal punto
di vista artistico o in connessione con problemi artistici; ha inco-
raggiato lo studio di marche e di filigrane delle cartiere; ha pro-
PRIMO CONVEGNO. STORICO UMBRO 107

curato di favorire la raccolta di fotografie di monumenti e di og-
getti d’arte, comprendendo tra i primi quale importanza vada at-

tribuita a questo mezzo di studio.

__ Già nel 1891 aveva dato in luce un libro su Orvieto, nel quale
è da riconoscere la lontana origine di quella monografia che verrà
fuori giusto trent'anni dopo, e che è tra le più dotte e compiute
della famosa collezione pubblicata dall'Istituto Italiano d’Arti Gra-

fiche di Bergamo. Il testo ordinato, preciso, vario, in più passi as-

sume un carattere di vera originalità, come di rado avviene in pub-
blicazioni che si propongono per lo più uno scopo divulgativo. Si
ricorre pertanto sempre con profitto anche a questo libro, terminato
e venuto in luce dopo che l'autore aveva superato i settant'anni.
Ugualmente a lungo, e anche dopo avere da tempo lasciata Orvieto,
gli è rimasta la passione per i restauri di edifici monumentali, e la
guerra scoppiata nel 1915 ha ‘fatto sospendere quello di cui aveva
preso l'iniziativa a vantaggio del Palazzo del Senato, sede dell'Ar-
chivio di Stato a Milano.

Luigi Fumi dobbiamo dunque considerarlo come uno dei pii:

| puri e più alti rappresentanti di quel periodo nel quale gli

studi storici sull’arte faticosamente cominciavano ad affermarsi
liberandosi dai grovigli di un’erudizione che si faceva di giorno

in giorno più sterile. E sarebbe qui ora grave torto dimenticare che

di questa ‘faticosa affermazione uno degli indizi più palesi è stato
il fervore col quale si restauravano gli antichi monumenti. Luigi
Fumi si è vantato di voler restare un archivista, ma la probità del
suo lavoro e le sue doti innate gli hanno permesso di conquistare
un posto dei più onorevoli anche ‘fra i maestri della Storia dell’Arte.

ACHILLE BERTINI CALOSSO mi’ wm M ^

ENTI IATA ALZO AIA dilata

PER LA STORIA DI UN ARCHIVIO DI STATO
NELL’ UMBRIA

Per riesumare con una certa efficacia le vicende relative alla
Istituzione nell'Umbria di un Archivio di Stato occorre por mente
alle condizioni in cui si trovava il problema del concentramento e
della conservazione delle carte d'archivio in questa Regione dall'an-
nessione al Regno d'Italia in poi.

L'Umbria non usufrui di alcuna disposizione legislativa speci-
fica in materia e, salvo le norme contenute negli atti ufficiali emanati
dal Commissario generale straordinario conte Gioacchino Popoli, che
indirettamente potevano riguardare questo argomento, i complessi
dei vari fondi archivistici, esistenti in misura ragguardevole nel-
l'Umbria, rimasero in balia della più grossolana speculazione pri-
vata, quando non eran messi in salvo o opportunamente custoditi
dalle pubbliche amministrazioni più importanti e più zelanti.

Per un complesso quindi di circostanze varie la situazione si
venne col passar degli anni cristallizzando, sicché nello spazio di
quarant'anni in Umbria non si volle o non si poté, per l'urgenza di
altri più gravi problemi, usufruire di quell'abbondante, per quanto
circostanziata attività legislativa, che il Governo veniva svolgendo
più con l’intento, a dire il vero, di assestare e rivolvere le singole
questioni, che l'ordinamento degli archivi già esistenti nelle nuove
province presentava, che di provvedere a una generale e organica si-
stemazione di essi. |

Sin dai primi dell’anno 1900 la questione relativa alla costitu-
zione dell'Archivio di Stato in Perugia è suscitata e mantenuta viva
sopratutto dall'Amministrazione- Comunale e da un pugno di uo-
mini dotti, volonterosi e amanti della cultura della città e della re-
gione, i quali, come vedremo, si prodigano in tutti i modi, con
un fervore e un impegno ammirevoli, a rimuovere ostacoli, a escogi-
tare piani di azione, a invocare soccorso presso personalità politiche
per vincere ogni difficoltà frapposta da perniciose rivalità campani-
listiche e da sorde ottusità burocratico-governative. Fra queste per-
PRIMO CONVEGNO STORICO UMBRO 109

‘sone in prima fila, in un certo senso protagonista o, meglio, segreto
stratega e, all'occorrenza, pugnace paladino alla scoperta, troviamo
Luigi Fumi, la cui figura e la cui opera di scienziato e di funziona-
rio sono state illustrate così egregiamente nell’attuale convegno, che
al suo nome e al suo esempio è consacrato. Egli è stato l’animatore
e la guida di tutti gli assalti che la R. Prefettura, l’Amministtazione
Comunale e quella Provinciale, i deputati dei Collegi di Perugia,
Enti pubblici e personalità hanno di buona intesa condotto senza
fortuna contro gli organi del Governo centrale negli anni tra il 1900
e il 1905 per vincerne l’irreducibile riluttanza a consentire e a mi-
nimamente' favorire la costituzione dell'Archivio di Stato dell'Umbria
in Perugia. Nessuno del resto meglio di lui era in grado di saper
manovrare nelle acque ministeriali tra gli scogli delle varie Commis-
‘sioni consultive e dei pretesti legalitari suscitati dalla malvolenza o
dalla pigrizia nel duplice intento di non turbare le acque col solle-
vare gravi problemi di interesse generale e di conseguire vantaggi
propri o di qualche membro della propria consorteria. Siamo in-
fatti nel pieno del disordine tipico del parlamentarismo, della debo-
lezza paurosa del potere centrale dinanzi alla baldanza delle combi-
nazioni di partito, delle gelosie campanilistiche.

Anche nel caso della creazione dell'Archivio di Stato nell'Um-
bria, almeno per quel che si riferisce al tentativo molto serio fatto
tra il 1900 e il 1905, la ostinata rivalità mostrata da Spoleto nei
riguardi di Perugia, designata ad eventuale sede dell’istituto, ha
molto contribuito a far naufragare il progetto, alla cui realizzazione
st ojppose da parte del Ministero un atteggiamento di insuperabile

passività. Già in una lettera del 4 gennaio 1900 diretta dal sindaco -

Rocchi al R. Prefetto dell'Umbria si segnalava il pericolo costi-
tuito dalle pressioni che il Comune e il deputato di Spoleto stavano
effettuando presso il potere centrale perché si scegliesse quella città
a sede dell’istituendo Archivio, con l'addurre il motivo, certo non
trascurabile, ch'essa era più centrale rispetto a tutti gli altri luoghi
della regione. Nella medesima lettera il Sindaco comunicava che dal-
l'Ufficio Tecnico Comunale era stato preparato il progetto di ridu-
zione dell'ex Convento di S. Fiorenzo, di proprietà comunale, a
sede dell'Archivio con la previsione di una spesa di L. 70.000. Quel-

l'edificio era allora occupato dall'Accademia di Belle Arti e si trat-.

ava quindi di trovare una nuova sede per tale Istituto e di eseguire
. . . ?

' le necessarie opere di restauro e di adattamento. Nel frattempo l'Am-

ministrazione Comunale di Perugia interessava alla questione, so-
110 PRIMO CONVEGNO STORICO UMBRO

pratutto dal lato tecnico, il Conte Luigi Manzoni, il quale nel gen-

naio medesimo preparava una bozza di convenzione fra lo Stato, la
Provincia e il Comune per l'istituzione dell'Archivio, per la quale
1 tre Enti si sarebbero impegnati a corrispondere un contributo an-
nuo di L. 1500 ciascuno per i lavori di sistemazione, arredamento
e funzionamento; in più il Comune avrebbe ‘fornito il locale per
la sede e il Governo il personale tecnico e di custodia. Alle riserve
e alle obbiezioni mosse dal Sindaco a tale schema di convenzione,
che addossava il maggior onere dell'impresa al Comune, il Conte
Manzoni il 18 marzo successivo inviava all'Autorità Comunale una
muova bozza di capitolato, che poi, nella tornata del 23 marzo, venne
approvata dalla Giunta Comunale. In tale convenzione, salvo dispo-
sizioni di minor conto, si prevedeva in 17 articoli che per nove
anni lo Stato e la Provincia avrebbero corrisposto un contributo
annuo di L. 2000, che il Comune per ugual periodo di tempo ne

avrebbe corrisposto una di L. 1000, oltre a ‘fornire gratuitamente

il locale, « tutte le scansie che si trovassero inoperose ne’ suoi magaz-
zini o che esistessero ne’ conventi soppressi di sua proprietà ». Sulla
base dei contributi pattuiti i tre Enti si sarebbero costituiti in Con-
Sorzio per nove anni al fine di contrarre un mutuo per realizzare la
somma occorrente per i lavori di restauro e di impianto. Avvenuta
la sistemazione dell’Archivio ed estinto il mutuo, sarebbe cessata per
l'avvenire ogni altra obbligazione da parte della Provincia e del
Comune.

Un'eco dell'iniziativa, così importante per il progresso degli
studi storici e per il decoro culturale della Regione, si ebbe natu-
ralmente in seno alla R. Deputazione di Storia Patria. Infatti nel-
l'assemblea generale tenuta il giorno 3 settembre 1900 il Presidente
Luigi Fumi comunicava che le pratiche per la costituzione dell'Ar-
chivio di Stato erano giunte a buon punto. A tale comunicazione
fecero seguire le proprie osservazioni l’avv. Corbucci di Città di
Castello e Giuseppe Sordini di Spoleto. Quest'ultimo, come voce

della città natia, manifestó palesemente la propria: opposizione al-
idea di scegliere Perugia quale sede dell'Archivio. L'atteggiamento

ostile preso dal Sordini in quell'assemblea fu assunto da tutte le

‘persone rappresentative di Spoleto, le quali da quel momento si die-

dero a corpo morto! a far si che la loro città dovesse per l'Archivio
di Stato esser preferita a Perugia. Simile campagna non fu sostenuta
soltanto nelle aule dei consigli amministrativi e nei corridoi e negli
uffici ministeriali, ma pure sulla stampa locale. Il medesimo Giu-

RT
"gioni

PRIMO CONVEGNO STORICO UMBRO TT1

seppe Sordini nell'assemblea generale della R. Deputazione di Storia
Patria tenuta il 29 settembre 1901 ebbe a lamentare che nel verbale
della seduta del 3 settembre 1900, tenuta a Città di Castello, non
erano state incluse le integrali sue osservazioni sulla comunicazione

fatta dal Presidente circa l'istituzione del R. Archivio di Stato. Egli

inoltre, come dice il verbale dell'adunanza «insiste, perché. nel ver-
bale dell'adunanza presente sia dichiarato che egli nell'assemblea
di Città di Castello si dichiaró contrario alla istituzione in Perugia
di un unic Archivio di Stato per l'Umbria, ritenendo che l'accentra-
mento di tutte le carte della nostra provincia nel capoluogo non sia in
armonia con le tradizioni storiche e con gli interessi delle varie parti
che formano la provincia stessa ». « Le parole del cav. Sordini danno
origine ad una breve discussione - prosegue il verbale - il Presi-
dente pone a questa termine, invitando i coadunati a considerare
che trattasi soltanto dell'approvazione del verbale e che inoltre l'ar-
gomento di per sé non è di competenza della R. Deputazione ».
In realtà la discussione non dovette essere affatto breve, come per
carità di patria, è detto nel verbale; ormai il dissidio era aperto tra

Perugia e Spoleto e da varie parti si operava, in un biasimevole in-

treccio di rancori, di gelosie, di puntigli, a mantenerlo tale.

Gia nel marzo di quell’anno 1901 i patrocinatori della costitu-
zione dell'Archivio di Stato nell'Umbria avevano avuto di che ral-
legrarsi per la partecipazione loro ‘fatta che il Consiglio Superiore
per gli Archivi aveva dato parere favorevole; ed anche la stampa
locale, fra l’altro il settimanale repubblicano Il Popolo e il giornale
liberale monarchico L'Unione liberale, diede in vario tono a seconda
delle diverse opinioni politiche qualche cenno di ragguaglio delle
laboriose trattative in corso.

Ma un intoppo non lieve era intervenuto a rallentarle: quello
relativo ai locali destinati all'istituendo Archivio. Infatti la Commis-
sione tecnica mista, che periziò i locali dell'ex Convento di S. Fio-
renzo, avanzò alcune riserve circa la capienza di quell’edificio, specie
nei riguardi degli accrescimenti prossimi ‘futuri.

Sicché i proprietari del Teatro Turreno, avv. Alessandro Bian-
chi e Stella Benda in Misuri, venuti a conoscenza di questa diffi-
coltà, proposero al Comune l'acquisto di quello stabile, e il 23 mag-
gio inoltrarono regolare domanda. La Giunta Comunale, nella tor-
nata del giorno successivo, respingeva la proposta e persisteva a
mantenersi sulla negativa anche quando gli offerenti proponevano
di effettuare una permuta dei due stabili, quello del teatro e quello
112 PRIMO CONVEGNO STORICO UMBRO

dell'ex convento, dichiarandosi disposti a ricevere in pagamento del
conguaglio da stabilirsi altri fabbricati di proprietà comunale.

Dinanzi al crescere delle difficoltà e degli ostacoli che si frap-
ponevano alla vicina se non sollecita realizzazione di questo pro-
getto, il Sindaco di Perugia, per neutralizzare in particolar modo
le premure che da Spoleto presso il potere centrale si esercitavano)
a favore della sua tesi e in antagonismo a Perugia, si accinse a pro-
curarsi quanti più aiuti poté per indurre il Ministero dell'Interno
a stipulare l'accordo definitivo per la creazione dell'Archivio di Stato
dell'Umbria. A tal fine invocó per primo il soccorso di Luigi Fumi
‘allora Direttore del R. Archivio di Stato di Lucca, il quale già nella
sua qualità di Presidente della R. Deputazione di Storia Patria si
era prodigato generosamente a ‘favore dell'iniziativa. Egli nel ri-
spondere al Sindaco in data 1° dicembre 1901 accettava di occu-
parsi attivamente dell'importante problema e diceva tra l’altro: « Ono-
ratissimo dell’invito e dispostissimo di prestare l’opera mia, qualun-
que esso sia, per affrettare la istituzione di un Archivio di Stato in
Perugia, sono ben lieto di prevenirla che alla fine della settimana
ventura mi recherò in Perugia, e mi porrò tutto ai suoi ordini ».

In seguito agli accordi presi verbalmente fra il Sindaco Rocchi
€ Luigi Fumi, quest'ultimo preparó subito una bozza di conven-
zione, preceduta da una breve efficacissima memoria riassuntiva e
seguita da uno specchio dimostrativo del materiale che avrebbe co-
stituito la consistenza del nuovo Archivio. i

- Tanto la memoria che lo schema di convenzione sono documenti
fondamentali nei riguardi del nostro assunto e ritengo necessario ri-
ferirli nella loro integrità. Osservo soltanto preliminarmente che l’in-
carto venne firmato e inoltrato in copia unica al Ministero dell’In-
terno, per tramite del R. Prefetto, dal Presidente della Deputazione
Provinciale Conte Rodolfo Pucci Boncambi e dal Sindaco Ulisse
Rocchi con la data 28 novembre 1901.

A Sua Eccellenza
Il signor Ministro dell'Interno

La necessità sentita da tutti gli Uffici pubblici in Perugia di provvedere
alla sistemazione dei loro rispettivi Archivi, per il continuo accrescimento- delle
carte che si accumulano, per oltre quarant'anni di lavoro amministrativo, sopra
il vecchio materiale degli Uffici dei cessati Governi, obbligò — è già qualche
anno — il Prefetto della Provincia a richiamarvi l’attenzione del superiore Mi-
nistero. E poiché l'Umbria è una delle regioni ancora priva di una istituzione
che le regioni e province ad essa più vicine posseggono fin dai primi anni del
RTT

PRIMO CONVEGNO STORICO UMBRO

115

riscatto Nazionale, cioè di un Archivio di Stato; cosi parve non pure convenien-
te, ma anche indispensabile, ad impedire un progressivo sperpero o déperimento
delle carte amministrative, e a ‘rendere possibile le ricerche nell'interesse degli
stessi Uffici, nonché dei privati, sugli affari passati agli atti, proporre al Mini-
stero l'impianto di un Archivio per l'Umbria nel capoluogo della regione. Alla
proposta si associarono le amministrazioni pubbliche, e a renderla più facil-
mente attuabile, tanto il Municipio quanto la Provincia si prestarono a porgere
tutta quella maggiore cooperazione che i limiti dei loro bilanci comportavano.
A richiesta del R. Governo, il Municipio offriva i locali che potevano essere
meglio adatti allo scopo, cioè un vasto fabbricato già demaniale, l'ex-conventa
di S. Fiorenzo, adibito per l'Accademia delle Belle Arti, e in unione alla Pro-
vincia prometteva un contributo annuo, e per nove anni di seguito, che riunito
a quello del Governo si giudicava necessario per le spese di riduzione e di im-
pianto dell'Archivio. E il Governo, apprezzando le proposte, forte del parere fa-
vorevole emesso dal Consiglio per gli Archivi, delegava prima un ufficiale degli
Archivi di Stato e poi un ragioniere dell'Amministrazione centrale a recarsi
in Perugia e verificare se i locali esibiti avessero le qualità necessarie alla nuo-
va destinazione e quali lavori di riduzione si reputassero subito piü urgenti. In
pari tempo il R. Prefetto aveva avuto cura di nominare una Commissione prov-
visoria che coadiuvasse l'opera sua e si ponesse d'accordo coll'Ufficio Tecni-
co Municipale, al quale la Giunta aveva affidati gli studi di rilievo pel fab-
bricato di S. Fiorenzo. In seguito a questi studi, la Commissione fu d'avviso
di sospendere, per ora, una parte di quei lavori che avrebbe importata una rile-
vante spesa, e ne sostitui altri che avrebbero permesso il sollécito impianto del-
l'Archivio proponendo la chiusura dell'intercolunnio del portico terreno median-
te vetrate; col qual mezzo si veniva ad usufruire di un vasto spazio con tenue
spesa, sen7a ricorrere alla progettata chiusura del cortile con tettoia a lastre di
vetro, che per le condizioni climatiche della città di Perugia darebbe luogo,
oltre che a dispendio per riparazioni continue, a non pochi altri inconvenienti.

A questo stato di cose, la Provincia e il Comune di Perugia ancora atten-
dono una comunicazione dal R. Governo che li ponga in grado di prendere una
deliberazione qualsiasi, mentre contando sulla cooperazione promessa dal me-
desimo nei lavori di adattamento dei locali, sono disposti a proporre ai rispet-
tivi consigli non solo la iscrizione delle somme destinate a ció, ma anche il
rilascio di molta suppellettile di scaffali dei loro vecchi uffici. Cosicché lo Stato,
che non puó disinteressarsi della grave questione degli Archivi, si trova facilitata
la via per istituirne uno in Perugia che da lungo tempo invoca il provvedimen-
to necessario a mettere in salvo quegli atti che racchiudono la fonte del diritto
amministrativo e serbano la prova legale degli interessi pubblici e privati. Af-
frettandosi la fondazione di questo Istituto, un altro grandissimo vantaggio il
Governo renderà al pubblico, poiché verrà a creare un nuovo centro di studi
storici, che in questi ultimi tempi hanno sofferta molta jattura per la dispersione
di documenti preziosi alla storia umbra e nazionale. Ora che i locali di S.
Fiorenzo sono completamente sgombri e che il Comune di Perugia respinge,
in vista di questo Archivio, qualunque proposta di destinarli ad altri usi, per
i quali pur sarebbero adatti, piaccia al R. Governo dare fine alla pratica, invi-
tando Provincia e Comune ad unirsi seco per concordare una convenzione, di
cui si presenta lo schema. Così sarà dato uno stabile assetto a tutte le carte sto-
114 PRIMO CONVEGNO STORICO UMBRO

riche e amministrative di una regione che per le stesse sue tradizioni merita
di essere favorita e aiutata in una tale iniziativa, non meno a decoro suo che
nell'interesse pubblico nazionale; di che il Governo si renderà maggiormente
convinto, osservando l'annesso specchietto del ricco e storico materiale che en-
trerebbe subito a far parte del nuovo Istituto, occupando fin dal primo impianto
una superficie di circa tremila metri quadri con atti, che cominciando dal 900
raccoglieranno la storia politica, amministrativa, giudiziaria ed economica di
. quasi mille anni senza dire che se dovessero riunirsi anche tutti i documenti
governativi delle cessate provincie pontificie, che ora sono circondari della pro-
vincia di Perugia, cioè Spoleto, Orvieto, Terni e Rieti, si avrebbe una 1nole
di atti che dal XIV secolo al XIX occuperebbe una superficie doppia di quella
-qui appresso annotata, ossia di circa 6.000 metri quadri.

Segue lo schema di convenzione fra il Governo, la Provincia dell'Umbria
e il Municipio di Perugia per istituire un Archivo di Stato nella detta Città:

lv. Il Governo fonda a Perugia un Archivio di Stato per raccogliervi
gli atti sparsi delle amministrazioni politiche, civili, giudiziarie e finanziarie
della Provincia di Perugia, tanto gli atti antecedenti alla costituzione del Regno
d'Italia, quanto gli atti successivi.

29. A cura e spese dello Stato sarà stabilito l'organico per il personale
dell'Archivio, che sarà composto di un Archivista-Direttore, di due Sotto-Ar-
chivisti, di due assistenti e di tre addetti al basso personale.

3°. Tanto al personale di prima e seconda categoria, quanto al basso ser

vizio provvederà il Governo per i gradi e stipendi da assegnarsi secondo gli

organici che regolano l’amministrazione degli impiegati nei RR. Archivi di Stato.
Quanto ail personale addetto al basso servizio, lo Stato terrà conto delle rac-
comandazioni che la Provincia e il Comune di Perugia avranno cura di fargli,
sempreché i proposti abbiano qualità idonee al detto servizio, preferendo so-
pratutto persone che sieno atte a rilegare e restaurare codici e libri e posseg-
gano una buona calligrafia.

4°. Il Municipio di Perugia cederà allo Stato la proprietà dell'ex fab-
bricato demaniale, già convento dei Servi di S. Fiorenzo, e precisamente i lo-
cali già ‘adibiti per uso dell’Accademia di Belle Arti.

5o. Per rendere i locali suddetti atti alla nuova destinazione, sarà momi-
nata una Commissione di cinque membri, uno dei quali nominato dallo Stato
con titolo di Presidente, due nominati dalla Provincia, due altri nominati dal
Comune di Perugia, e di questi ultimi uno funzionerà da Segretario.

6°. Sarà cura della Commissione amministrare i fondi destinati alle spese
dell'impianto, tenendo presenti i bisogni di un Istituto che deve averé un uf-
ficio per gli impiegati, una sala per le consultazioni amministrative, una sala per
le consultazioni scientifiche, una per la biblioteca e un'altra per la scuola di
Paleografia, oltre agli ambienti per il deposito degli atti.

7°. A provvedere i mezzi necessari per renderè i locali atti allo scopo
di cui all'art. 69, compresi scaffalature e mobili, resta convenuto che Stato,
Provincia e Comune per il corso di nove anni iscrivano nei loro bilanci in
ogni anno a cominciare dall'esercizio dell'anno 1903 fino all'esercizio dell'anno
1911 una contribuzione che rispettivamente viene ripartita nel modo seguente:

a) Stato lire 1500.

b) Provincia lire 2500.

SEWUTTRURT

TUTUP ID
PRIMO CONVEGNO STORICO UMBRO 115

c) Comune lire 1000.

80, Il Comune di Perugia, oltre a fornire i locali e contribuire coll'asse-
gno novennale di lire 1000, metterà a disposizione della Commissione gli scaf-
fali della sua vecchia Biblioteca e tutti gli altri scaffali che avrà a sua disposi-
zione come materiale fuori d'uso.

9o, Parimenti la Provincia metterà a disposizione della Commissione que-
gli scaffali che potrà avere come materiale fuori di uso.

10». I] Municipio di Perugia a dare al nuovo Istituto un carattere scienti-
fico paria quello che hanno gli altri Archivi di Stato, specialmente nella wicina
Toscana, depositerà tutto il materiale del suo Archivio Decemvirale e Municipale
dalle più antiche carte fino a quelle del periodo storico che si chiude coll'annes-
sione di Perugia al Regno d'Italia, salve le seguenti riserve, e cioé:

a) Che il deposito non implichi cessione di proprietà;

b) Che di tutto il materiale da depositarsi sia redatto doppio inventario
compilato, collazionato e firmato dalla Commissione, una copia del quale debba
rimanere nell'archivio Municipale moderno;

c) Che la collocazione del suddetto materiale proprietà del Municipio sia
fatta in sede separata dagli atti di Governo;

d) Che il Comune abbia sempre diritto al gratuito uso di consultazione e
di copia dei documenti di detto materiale;

e) Che l'attuale Archivista Bibliotecario del Comune, in benemerenza dei
lunghi e diligenti servizi resi agli studi storici nella sua carica, sia riconosciuto
nel grado di Archivista emerito col titolo di Conservatore onorario delle carte
Comunali depositate, e abbia facoltà di studiare le dette carte in sala separata
dalla sala comune agli altri studiosi e frequentatori esterni dell'Archivio.

llo. Le presenti convenzioni saranno firmate dai Delegati speciali dello
Stato, della Provincia e del Comune che ne cureranno l'esecuzione, previa deli-
berazione dei rispettivi Consigli Provinciale e Comunale.

Il costituendo Archivio di Stato dell'Umbria avrebbe avuto quat-
tro grandi sezioni, a seconda cioè dei vari Governi succedutivi: Go-
verno del Comune di Perugia, Governo della Legazione Apostolica,
Governo della Delegazione Apostolica, Governo del Regno d’Italia.
Il Comune di Perugia, col suo cospicuo Archivio antico avrebbe
contribuito mediante gli Atti decemvirali, la Computisteria, i Catasti,
i registri, le bolle e i diplomi, gli atti delle soppresse corpora»
zioni religiose, le pergamene varie con metri quadrati 267. La Regia
Prefettura mediante gli atti del Governatore Generale dell'Umbria,
della Delegazione Apostolica e del R. Governo dal 1860 al 1893
con mq. 677; la Provincia mediante gli atti dal 1831 al 1900 con
mq. 260; i Tribunali mediante atti, sentenze, deliberazioni dal 1417
al 1893 avrebbero concorso con mq. 1059; la R. Intendenza di Fi-
nanza con una pregiatissima e vastissima quantità di atti avrebbe
fornito materiale per mq. 738. Nell'elenco non eran compresi gli
atti delle RR. Sottoprefetture, dei Tribunali e degli Uffici ammini-

IMITA DLE TE RIA cs avc M. COOPER DEP AK
- ZE

116. PRIMO CONVEGNO STORICO UMBRO

strativi dei circondari dell'Umbria, allora in numero di cinque: Spo-
leto, Foligno, Orvieto, Terni, Rieti.

Frattanto il Fumi non mancava di approfittare di tutte le occa-
sioni propizie per accelerare la soluzione della pratica penosamente
trascinata fra lungaggini burocratiche provocate in parte dai sosteni-
tori della corrente contraria a Perugia. Ma col suo intervento e con
quello, promosso dal Sindaco di Perugia dietro suo consiglio, dei
deputati della città si riuscì ad affrettare qualche poco il corso degli
eventi. L'on. Cesare Fani, messo al corrente della ‘faccenda i pri:
missimi del gennaio 1902, patrocinò con zelo l'iniziativa e ottenne
dal Sottosegretario di Stato all’ Interno on. Scipione Ronchetti la
seguente assicurazione, che gli eventi successivi rivelarono più for-
male che sostanziale, ma che giovò assai lì per lì a risollevare gli
animi:

Caro Fani,

in relazione alle tue premure, mi è gradito parteciparti che ho disposto che
la proposta per l'istituzione dell'Archivio di Stato in Perugia sia sottoposta nuo-
vamente all'esame del Consiglio Superiore degli Archivi nella prossima sua seduta.

Non mancheró di informarti con premura delle determinazioni che potranno
essere poi adottate dal Ministero per definire la questione che tanto t'interessa
e nell’attesa abbimi con cordiali saluti

a te sempre affezionato
F.to Ronchetti

Nel contempo l'on. Fani aveva interessato alla questione del-
TArchivio di Perugia il Sen. Pasquale Villari, che avrebbe pre-
sieduto l'attesa adunanza del Consiglio Superiore degli Archivi. Da
parte del Fumi erano anche stati interessati il Capo divisione Rai-
moldi, il Comm. Tommassini, il Comm. Salvarezza e l'on. Paolo
Boselli. i

Il Sindaco di Perugia d’altro canto il 14 febbraio 1902 tornava
alla carica e scriveva agli on. Fani e Pompilj, al comm. Ferdinando
Cesaroni, al Conte Rodolfo Pucci Boncambi pregandoli di servirsi
del proprio ascendente personale per illustrare la questione dell'isti-
tuendo Archivio dell'Umbria ai membri del Consiglio Superiore.

Si dovette principalmente a quest'assidua e premurosa opera
di preparazione e di persuasione il voto favorevole che il Consiglio
Superiore ‘formulò circa l'Archivio di Stato dell'Umbria nell'adu-
nanza tenuta il 17 ‘febbraio, confermando del resto la precedente
deliberazione dell’anno prima. :

XXe

PARETE
PRIMO CONVEGNO STORICO UMBRO 117

Il Consiglio nondimeno «espresse il parere che il suo ordina-
mento non avesse luogo se non dopo allestiti stabilmente i locali
entro i quali doveva essere accolto; aggiunse, accettando. il reclamo
del Municipio di Spoleto, che non si potessero trasportare da que-
stultima città i documenti che questa voleva conservare ».

Si trattava adunque di sfruttare il parere del Consiglio Superiore
per indurre il Governo a stipulare una buona volta l'agognata con-
venzione. Ma ecco una lettera del Fumi, in data 7 marzo, a informare
il Sindaco di Perugia delle nuove difficoltà che si frapponevano alla
realizzazionc del progetto e dei malumori che serpeggiavano a questo
proposito fra Camera e Ministero nei riguardi di Perugia. Fra l'al-
tro scriveva:

«Quante. all'Archivio di Stato, ebbi avviso dal Capo Divi-
sione che si attendeva la risoluzione del Ministro, facendo solo di-
fetto la spesa. Ho poi saputo che il Ministro non si crede autoriz-
zato senza una legge del Parlamento! Cosi mi pare che ci abbiano
ringraziato...! Aspettare una legge sarebbe un'illusione.

Tutte le province (e sono le più!) rimaste senza Archivio si
solleverebbero, volendo ciascuna lo stesso trattamento. Le gelosie
di Spoleto avrebbero buon gioco di rivelarsi; e quindi andremmo
incontro a questioni gravi, senza ottenere l’intento. Il mio debole
parere, in tale stato di cose (improvvisamente cambiato, forse per
ragioni di partiti parlamentari e per le condizioni di. precarietà del
Ministero) sarebbe questo: di trattare cioè col Ministro, servendosi
dell'on. Ronchetti, Sottosegretario, come persona meglio disposta;
di trattare cioè dell'impianto, anche senza strappare al Governo un
concorso pecuniario determinato, e mantenendo le buone disposi-
zioni della Provincia e del Municipio. Ottenuto l'impianto dell'Ar-
chivio con la costituzione del suo organico, tutto il resto, a poco a
poco, viene da sé ».

Dal marzo al giugno 1902 si svolse un attivo carteggio tra il
Comune, la Prefettura e il Ministero per raggiungere una base di
accordo per l'impianto dell'Archivio, ma da esso si comprende be-
nissimo che il Ministero si trincerava dietro obiezioni di carattere
finanziario amministrativo, mentre il Comune assicurava di non poter
affrontare aggravi maggiori di quelli che si dichiarava disposto ad
assumere pur di vedere realizzato questo vecchio sogno.

Il Ministero con una lettera del 26 aprile a firma Schanzer aveva

-Kissato, per dir così, il suo punto di vista, che si riassume nella se»

guente formulazione:

da ME

x
(N

È pa 118 PRIMO CONVEGNO STORICO UMBRO

«Tenuto conto del concorso molto limitato degli Enti locali, questo Mini;
stero non può, per ora, iniziare sulla base proposta le trattative per l’istituzione
dell'Archivio di Stato, avuto riguardo all'onere, quasi insensibile derivato allo
Stato dalla istituzione recente di altri archivi, quale quello di Reggio Emilia,
€ considerato anche che in quasi tutte le provincie meridionali e di Sicilia,

funzionano gli Archivi di Stato (cosidetti provinciali) a carico totale delle pro:

‘vincie.

Una simile posizione assunta dalle Superiori Autorità nei ri-
guardi dell’istituzione dell'Archivio dell’Umbria mal celava la de-
isa intenzione di non voler per nulla venire incontro agli sforzi
compiuti dagli Enti locali maggiormente interessati alla faccenda.
Sicché la pratica venne a trovarsi in un punto morto perché, men-
tre il Ministero dell'Interno, nonostante le premure svolte dalla Pre-
fettura, avanzava ostacoli su ostacoli per rendere sterile il voto favo-
revole pronunziato dal Consiglio Superiore degli Archivi, il Co-
mune di Perugia, premuto da molteplici necessità amministrative
e da preoccupazioni finanziarie, s'irrigidiva nelle profferte già fatte
circa i locali e il contributo annuo, ritenendole massime per le sue
possibilità. Per quanto il Prefetto sen. Conte Luigi Sormani Moretti
esortasse ripetutamente il Sindaco di Perugia a indurre l'Ammini-
strazione Comunale a elevare di qualche poco, come già aveva fatto
la Provincia, la cifra del sussidio finanziario annuo, questi ribatté
sempre che il. Comune non poteva prendere « impegni maggiori di
quelli che aveva assunto per l'impianto dell'Archivio » e invocò per
contro dal Prefetto l'interessamento piü intenso per ottenere « che
il Ministero dell'Interno desse esecuzione al parere manifestato dal
Consiglio Superiore degli Archivi», sia pure per allora nel modo
più modesto che il Ministero stesso reputasse opportuno in rela-
zione ai mezzi di cui disponeva. Insomma la pratica con tanto ffer-
vore iniziata si era venuta trasformando in una vertenza in cui il
Ministero dell’Interno da un lato e il Comune di Perugia dall’altro
tentavano di addossarsi l'un l’altro l'onere maggiore dell'impianto
dell'Archivio dell'Umbria.

Ma una ragione di molto peso v'era perché il Ministero del-
l’Interno fosse indotto a trarre per le lunghe le trattative per l'isti4
tuzione dell'Archivio di Stato dell'Umbria: e ben presto si rese
questa ragione manifesta quando fu divulgato, in data 9 settembre
del medesimo anno, il R. Decreto n. 445, che approvava il regola-
mento generale per gli Archivi di Stato, pubblicato poi sulla Gaz-
zetta Ufficiale il 29 ottobre col n. 252. Già ne era stata comunicata

I

VIVI
Treppe EI

PRIMO CONVEGNO STORICO UMBRO 119

generica notizia dal Ministero al Comune e alla Provincia per tra-
mite dell: Prefettura nel luglio di quell’anno, con la promessa altret-
tanto generica che sarebbero state esaminate da parte sua le pro-

poste precedentemente avanzate non appena il nuovo Regolamento

fosse andate in vigore. Ma era proprio questo Regolamento col suo
famoso art. 12 a troncare ogni iniziativa del genere di quella ten.
tata sino allora con poco successo e da quel momento in poi con
nessuna speranza di riuscita dall'Amministrazione Comunale di Pe-
rugia e dall’Amministrazione Provinciale dell'Umbria. Detto arti-
colo disponeva infatti che « a domanda delle Province e dei Comuni
potranno nei capoluoghi di provincia che ne sono privi con decreto

| reale, udito il Consiglio per gli Archivi, istituirsi altri archivi di Stato

purché gli enti locali ‘forniscano i fabbricati adatti per il primo
impianto e per il prevedibile sviluppo almeno per un decennio, le
scaffalature occorrenti per il primo impianto e si obblighino a un
contributo annuo fisso che corrisponda alla spesa per il personale
necessario, tenuto conto anche dell'onere futuro delle pensioni, ed
alla spesa presunta per il funzionamento dei nuovi istituti, detratto
il provento prevedibile dei diritti d'archivio ». Insomma gli enti
locali avrebbero dovuto provvedere a creare, a impiantare, a mante-
nere di tutto punto gli archivi per offrirli allo Stato che si sarebbe
degnato di farvi apporre la scritta: R. Archivio di Stato.

Oramai l'occasione per realizzare il progetto era sfumata e Pe-
rugia, nonostante le forze impegnate, non era riuscita a spuntarla.
Soltanto nel gennaio 1904 il nuovo Sindaco Conte Luciano Valen-
tini si dirigeva al Prefetto per indurlo ad ottenere dal Ministero
dell'Interno che fosse nuovamente presa in esame la questione del-
l'impianto dell'Archivio di Stato a Perugia. Il 31 gennaio del me-
desimo anno il Prefetto informava il Sindaco che il Ministero in
risposta alle premure fattegli comunicava che soltanto ottemperando
alle condizioni prescritte dall'art. 12 del Regolamento 9 settembre
1902 n. 445 sarebbe stato possibile veder risolta favorevolmente la
dibattuta questione. Il Sindaco non si diede per vinto e con minuta
e documentata argomentazione tentava di dimostrare al Ministero
dell’Interno la opportunità che lo Stato intervenisse nel suo stesso
interesse a integrare con un contributo finanziario anche modesto
lo sforzo che la Provincia e il Comune avrebbero compiuto pur di
veder realizzato l'agognato impianto di un Istituto di cui si sentiva
ogni giorno più -la mancanza. Ma anche questo ultimo appello ri-
mase senza esito. Frattanto, a conferma di quanto aveva asserito il
120 PRIMO CONVEGNO STORICO UMBRO

Sindaco, nei primi mesi del 1905 il Tribunale giudiziario chiedeva
al Ministero una ispezione per decidere ove avrebbe dovuto col-
locare le carte che non potevano più essere contenute nei locali sino
allora destinati a quest'uso. Il Ministero domandò prima all'Archivio
di Stato di Firenze, poi a quello di Roma se volesse ricevere le carte
del Tribunale giudiziario di Perugia, disponendosi a commettere un
atto amministrativamente improvvido, perché in primo luogo gli atti
giudiziari del Tribunale penale di Perugia a tutto il secolo XVII sono
di proprietà assoluta della città giacché le spese giudiziarie furono
interamente sostenute dalla medesima, senza il minimo contributo del
Governo Pontificio; e in secondo luogo detti documenti si legano
con l'Archivio civile e con gli atti decemvirali, che sono custoditi
nell'antico Archivio del. Comune.

Ma, informato della cosa, il Comune di Perugia prontamente
infervenne e il 15 giugno 1905 il Sindaco Valentini indirizzava al
Ministero dell'Interno la seguente istanza:

Facendo seguito a quanto ebbi l'onore di significare alla E. V. colla lettera
25 maggio u. s. n. 3248, debbo rendere noto che questa Giunta Comunale ha
deliberato che il Comune prenda in consegna, a mezzo del suo Bibliotecario,
tutto il materiale dell’antico Archivio Giudiziario fino a che il Ministero non
si decida ad impiantare in Perugia una Sezione di Archivio di Stato, pronto il
Comune a contendere con tutti i mezzi che gli sono consentiti, un materiale
cosi prezioso per la storia e per la vita di Perugia nei secoli decorsi, che à
€ dovrà rimaner sempre suo intangibile patrimonio.

E, giacché si offre questa occasione, non posso fare a meno di riassumere
la pratica, che era rimasta sospesa, dell'impianto in Perugia di una Sezione di
Archivio di Stato.

.Il Consiglio Superiore degli Archivi aveva dato favorevole voto; il Mini-
stero aveva già intavolato e quasi condotte a termine le pratiche preliminari per
i locali, per la scaffalatura e per i contributi del Comune e della Provincia;
anzi si era redatta una bozza di convenzione, quando, non so quali ragioni in-
dussero il Ministero a troncare le pratiche, mentre in Perugia, più che in qua-
lunque altro capoluogo di Provincia, esiste un materiale cosi numeroso ed in-
teressante da costituire uno dei maggiori e piü ricercati Archivi di Stato.

E Perugia, centro importantissimo di arte e di studi, Capoluogo non solo
di una Provincia ma di una Regione, in cui la vita nazionale ha avuto in tut-
ti i tempi la massima estrinsecazione, non dovrebbe rimaner priva piü oltre,
anche nell'interesse dello Stato, di una istituzione che Regioni e Province anche
meno importanti posseggono fin dai primi anni del Riscatto Nazionale.

E quindi nutro fiducia che codesto On. Ministero vorrà riassumere quelle
pratiche, già definite prima della pubblicazione del R. Decreto 9 settembre 1902
n. 445, le quali senza ragione alcuna furono sospese e poi troncate, facendo ra-
gione ad un legittimo desiderio di questa Città, cosi gelosa custode dei suoi
ricordi e dei suoi documenti.

Isis da at ad M etie
PRIMO CONVEGNO STORICO UMBRO 121

L'anno successivo, giunto l'assenso ministeriale, il Comune prov-
vide a ritirare l'antico Archivio giudiziario e a collocarlo in alcuni

. suoi magazzini del Sopramuro.

Con tale atto si chiude questa prima laboriosa e in taluni mo-
menti drammatica fase di storia delle vicende con le quali si é svolto
il nobile tentativo fatto da Perugia per veder raccolte e ordinate
in un completo e disciplinato istituto le varie memorie della pro-
pria storia.

Sottc il peso dell'inesorabile articolo 12 del Regolamento 9
settembre 1902 l'Archivio di Stato dell'Umbria rimase come una
cara aspirazione contrariata, anzi il nuovo Regolamento per gli Ar-
chivi del Regno del 2 ottobre 1911 n. 1165, che disciplina. tuttora
questa materia, rincarava la dose con l'art. 15, il quale, pur conser-
vando le medesime clausole del suo predecessore, disponeva tassa-
tivamente chc l'istituzione di nuovi archivi di Stato nei capoluoghi
di provincia che ne 'fossero privi dovesse essere disposta non piü
per decreto reale, udito il Consiglio per gli Archivi, ma per legge.

. Sicché, pur lamentandone a ogni pié sospinto la mancanza, in
Umbria e a Perugia in particolare per un pezzo non si parlò più di
Archivio di Stato, sino a quando una circostanza di straordinaria
importanza sollevò nuovamente la questione nella sua interezza.

L'occasione fu il ritrovamento nel 1922 a Gardone e la conse-
guente confisca a un suddito tedesco come preda bellica di quel
rilevantissimo fondo archivistico perugino che va sotto la denomi-
nazione di Fondo Gardone. L’abbondantissimo materiale rinvenu-
to comprende più di mille registri di processi, sentenze, riforma-
gioni, computisteria e trentamila pergamene sciolte dei secoli dal
XIII al XVI: esso, dom'é noto, fu ceduto in deposito dallo Stato
al Comune di Perugia, che lo conserva nel suo antico Archivio,
mentre è ancora in corso l'imponente lavoro di classificazione, sche-

datura e regestazione. In tale circostanza i rappresentanti del Co-

mune perugino e quelli della Direzione Centrale degli Archivi eb-
bero occasione di parlare della possibile ed eventuale costituzione

dell'Archivio di Stato a Perugia, in speciale considerazione del ri-

levante e ricco materiale archivistico di cui il Comune stesso si era
assunta la custodia oltre alle sue preesistenti raccolte, con riferimento
cioè all'Archivio dei Tribunali, ritirato nel 1906, e al Fondo Gar-
done. In data 2 giugno 1924 pertanto il Sindaco di Perugia, avv.
Oscar Uccelli, si rivolgeva con una lettera al dott. Eugenio Casa-
nova, Soprintendente al R. Archivio di Stato di Roma per pregarlo

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199 PRIMO CONVEGNO STORICO UMBRO

di volergli cortesemente indicare «tutte quelle istruzioni’ necessarie È-
a condurre a termine l’opera cotanto desiderata » dell’istituzione del-
l'Archivio di Stato. L'8 successivo il dott. Casanova rispondeva al
Sindaco compiacendosi innanzi tutto «della deliberazione presa di
salvaguardare il patrimonio storico di cotesta celebre città, e il co-
| stituire dell'edificio, in cui sarà riunito, come il centro archivistico
(NIE : . storico dell'Umbria». Egli vedeva questa impresa, cui il Comune
Id si accingeva, con un programma graduale assai vasto e non poco,
oneroso. In breve, si sarebbe trattato: di riordinare su nuove basi
lantico Archivio del Comune, poi di cercar d'indurre i comuni del-
l'Umbria a confferire in deposito a questo Archivio il proprio mate-
riale di antiche carte, costituendosi magari in consorzio; infine, com-
piuta questa complessa organizzazione, di richiamare su di essa l'at-
tenzione dello Stato per ottenerle l'erezione in Archivio provinciale
di Stato e, più tardi, in Archivio di Stato. Programma, come si
vede, complesso e di difficile attuazione. |

Forte del suggerimento del dott. Casanova, il Sindaco di Pe- |
rugia diramava in data 8 luglio 1924, ai Sindaci dei Comuni delJ fo
l'Umbria, esclusi quelli di Assisi, Città di Castello, Foligno, Gualdo È
SII Tadino, Gubbio, Orvieto, Spoleto, Todi, Terni, Trevi, una circo-
i ii I Eu lare che li invitava a disporre che «gli atti, le carte e serie antiche

UNE in loro possesso venissero depositate nell'edificio all'uopo designato

in Perugia, ove, pur conservandone essi, sempre, la proprietà, ver-
rebbero assai meglio e con minore spesa custodite e riordinate che
non presso i loro Archivi Comunali ».

Sublime ingenuità! Risposero soltanto. due Comuni, che vanno |
-a loro onore citati: Otricoli, il quale prometteva d'inviare le carte I^
lanno successivo per poter aver tempo di riordinare l'archivio che 1
‘si trovava in disastroso abbandono; Passignano, il quale vibrata-
mente recriminava di non essere in grado di mandar nulla perché
.« da un vandalo gli atti, carte e serie antiche già esistenti in Archivio
erano stati bruciati ».

— —

EWUPDNDONETEINEOPE PER

Il Comune di Perugia non si scoraggió e prosegui nell'opera
intrapresa, interessandosi intanto della scelta della sede adatta per
effettuare tale concentramento. Dopo varie proposte discusse e scar-
fate - tra l'altro l'ex Chiesa di S. Francesco delle Donne in Porta
S. Angelo e l'ex Chiesa di S. Benedetto della Cupa - fu deciso
dall'Ammnistrazione Comunale di scegliere per questa destinazioni.
una parts dell’edificio dell'ex Ospedale e precisamente quella che
comprendeva il reparto Chirurgico uomini. Dopo analoga delibera-
TUUETEUTUUCUHPUTRGUUNUETUSTUAREUNNENURISUPETFECDPUMU
TA DAR X M d RAM tans le dir ve
RARI T R E n È

PRIMO CONVEGNO STORICO UMBRO 195

È zione del 9 gennaio 1925 il Sindaco stipulava col Presidente della

Congregazione di Carità, proprietaria dello stabile, il relativo con-
tratto di affitto e subito dopo vi veniva trasferito l'ingente Archivio

Es Tribunali.

Proseguendo nel suo intento il Sindaco, il 19 luglio 1925, chie-
deva al Ministero dell'Interno che inviasse a Perugia il dott. Ca-

sanova a impartire le opportune norme che avrebbero dovuto rego-

lare la sistemazione dei fondi archivistici già concentrati e di quelli
da conferire nei locali predisposti a quest'uso.
Entro il medesimo mese di luglio il Soprintendente Casanova

effettuò la visita a Perugia e successivamente stese un'ampia, corag-

giosa relazione al Ministero sul caso particolarissimo presentato dallo
stato degli archivi perugini. Egli, descritti sommariamente i vari ar-
chivi esistenti in Perugia che avrebbero trovato da collocarsi otti-

| mamente nel nuovo deposito unico, espose brevemente i motivi che
inducevano il Sindaco di Perugia a voler realizzare questo progetto.

Riferiva il dott. Casanova:

« Mentre egli e l'Amministrazione alla quale presiede, riabilitando la loro
città dalle debolezze dei loro predecessori, che portarono sino alla prdita delle
pergamene Giinther, si affannano a ricostituire il patrimonio storico archivi-
stico del loro glorioso Comune; e soli o coll'aiuto dell'Amministrazione Pro-
vinciale si sobbarcano a spese e cure non indifferenti per salvare tutto ció
che vi si riferisce, sostituendosi anche all'opera del Governo e beneficando
anche l'Erario, l'Amministrazione dello Stato ha sinora dimostrato, in generale
una trascuranza non certo lodevole per i medesimi interessi.

Essi portanto, consci della loro responsabilità di fronte ai presenti e ai
futuri, desiderano rimediarvi; e tal rimedio, concordemente con tutte le altre

Autorità governative, parlamentari e provinciali, propongono che consista nel-
lestendere la facoltà di accogliere sotto la propria vigilanza e cura gli archivi

governativi, e magari anche municipali della città e provincia, già concessa-
gli col deposito degli atti del R. Tribunale antico e delle pergamene demaniali
Günther.

Con ció essi verrebbero a costituire un Archivio Provinciale di Stato, retto
dalle norme fissate dal regolamento approvato col R. Decreto 2 ottobre 1911
n. 1163, che gioverebbe splendidamente non solo alla conservazione degli atti
ma agli studi, e libererebbe le singole Amministrazioni dal peso dei loro archi-
vi storici. E confesso, per conto mio, che, tutto ben esaminato, la. proposta mi
pare non solo accettabile, ma degna di essere favorita e sollecitata, certo meri-
tevole di un encomio. Anzi io riteneva si potesse costituire tra tutti i Comu-
ni della Provincia un archivio consorziale; ma pare che difficoltà varie si op-
pongano all'attuazione di tale progetto.

Comunque, sono sicuro che con la soluzione proposta la conservazione degli
atti di Stato, ora piü che trascurata, sarebbe efficacemente assicurata ».
- RAPIRE a =” Da) Pia
4 EM

-

PRIMO CONVEGNO STORICO UMBRO

Incoraggiato dal contenuto del memoriale presentato. dal dott.
Casanova il Sindaco, in data 22 agosto 1925, inoltrava domanda al

Ministero dell'Interno per ottenere a favore di questa iniziativa l'in--

tervento morale e finanziario dello Stato, il quale, riconoscendo l’o-
pera già svolta dal Comune, si sarebbe dovuto decidere a costituire
nell'Umbria una Sezione di Archivio di Stato. Nel contempo chie-
deva che fosse concessa l'autorizzazione per la consegna al Comune
di alti Archivi e cioé quelli della Delegazione Apostolica, dell'In-
tendenza di Finanza, del Genio Civile. Il 9 settembre successivo il
Ministero, per tramite della Prefettura, rispondeva che, allo stato
degli atti, non avendo il Comune di Perugia ottemperato a tutte le
disposizioni contenute nell’art. 15 del Regolamento sugli Archivi,
non era possibile aderire alla richiesta da esso avanzata.

Cosi cadeva contro l'insuperabile barriera costituita dall'art. 15
il nuovo tentativo fatto dal Comune con non lieve sacrificio finan-
ziario, avendo speso nel nuovo locale destinato all'Archivio, dicia-
mo, provinciale non meno di 25.000 lire per scaffalatura e ordina-
mento, oltre al canone di affitto in 6.000 lire annue.

Nell'estate del 1926 il nuovo Archivio, ordinato per cura del
Bibliotecario e-Archivista Comunale dott. Francesco Briganti, eb-
be lonore della visita delle LL. EE. Fedele e Rocco, che manife-
starono il loro compiacimento e il loro aperto incoraggiamento per
la lodevole iniziativa del Comune. Rinviato a tempo migliore il
proposito d'istituire l'Archivio di Stato, il Podestà Uccelli, il 9 gen-
naio 1927, rinnovava al Ministero la richiesta di autorizzazione a
concentrare nella nuova sede le carte della ex Delegazione Aposto-
lica, giacenti in umidi sotterranei del palazzo del Governo, e nel-
l'aprile dell'anno successivo giungeva l'atteso consenso ministeriale.
Insieme a questo Archivio venne concentrato nella nuova sede anche
quello del Genio Civile.

Nessun progresso è stato compiuto dopo d'allora, né alcun passo
è stato più effettuato dal Comune, per conseguire ciò che in tren-
tanni non aveva potuto realizzare: la creazione cioè di un Archivio
| di Stato che raccogliesse il superstite e ancora abbondante e, per certi
aspetti, opulento e prezioso materiale archivistico, la più genuina e
completa testimonianza della sua storia.

Perché i cuori si riaprissero alla più certa speranza era ne-
cessario che il Governo, mosso da una maggiore sensibilità, pre-
disponesse con un organico piano, elaborato dai competenti or-

gani centrali, la totale riforma degli Archivi del Regno, che una legge
PRIMO CONVEGNO STORICO UMBRO 125

«recentemente approvata dalle Commissioni legislative delle due Ca-

mere disciplina in via definitiva. ;

In vista della prossima attuazione di questa riforma, per la quale

' Perugia, come Terni, avrà il suo Archivio di Stato la R. Deputa-

zione di Storia Patria per l'Umbria approvava un ordine del: giorno

presentato dal Presidente Prof. Achille Bertini Calosso, e trasmesso

‘poi al Ministero dell'Interno per tramite della Prefettura. Eccone
il testo:

«La R. Deputazione di Storia Patria dell'Umbria, nella sua adunanza in-
terna del 18 luglio 1939-XVII:

udita la relazione presentata dal suo Presidente sull'opportunità di richia-
mare l’attenzione degli organi responsabili sopra il disegno di legge già appro-
vato dal Consiglio dei Ministri nella seduta del 31 maggio u. s, e che disciplina
definitivamente il grave problema degli Archivi del Regno, prevedendo la
costituzione di un Archivio Provinciale di Stato in ogni provincia che ne sia
attualmente sprovvista;
considerata l'urgenza di provvedere, ai fini di sufficiente tutela e di ade-
guata valorizzazione, alla organica raccolta e allo stabile ordinamento del ma-
| ‘teriale archivistico di Perugia e della sua Provincia;
ricordati i vari precedenti della questione;
tenuto presente che al momento attuale, nell'imminenza che venga appro-
vato il progetto di legge, già esiste in Perugia un forte concentramento di fondi
d'archivio di primaria importanza attuato per iniziativa e a spese del Comune
di Perugia,
esprime il voto
che il Ministero dell'Interno voglia, non appena nè avrà facoltà a tenore di
legge, provvedere alla costituzione dell'Archivio Provinciale di Perugia, al fine
di arrestare per sempre il processo di depauperamento cui è soggetto il mate-
riale archivistico di questa provincia, specie nei centri minori, e di mettere in
valore e perfezionare i tentativi di raccolta lodevolmente già fatti dall'Ammi-
nistrazione Comunale di Perugia ».

Queste sono dunque le vicende alle quali hanno dato luogo
. l'ardente amore per la conservazione delle patrie memorie e il culto
per gli studi storici di cui hanno fornito a più riprese la prova
enti pubblici, funzionari, eruditi e scrittori di Perugia e della Re-
gione. Esse dimostrano inoltre che, se l'obbiettivo non è stato sinora
raggiunto, piurnondimeno gli -sforzi fatti non sono rimasti. senza
esito, poiché hanno segnato un lento ma decisivo progresso nella
benefica azione di tutela e di conservazione del più importante ma-
teriale archivistico della Regione.
Infatti per effetto di questa lodevole iniziativa, presa da almeno
126 PRIMO CONVEGNO STORICO UMBRO

quarant'anni dal Comune di Perugia, si trovano attualmente in que-

sta città due importantissimi centri di raccolta di materiale archi-

vistico: uno è nel Palazzo dei Priori e comprende il ifondo dell’antico
Archivio comunale e quello detto Gardone; l’altro è nel palazzo del-
lex Ospedale in via Oberdan e comprende i fondi dei Tribunali,
dell'ex Delégazione Apostolica, del Genio Civile; e di molte fami-

glie perugine con un complesso di almeno dodicimila tra registri,

fasci e filze. Ora che per merito dell'imminente riforma generale
degli Archivi cade ogni difficoltà sin qui tenacemente opposta al
nobile scopo sostenuto in questo campo da valenti amministratori
e da appassionati cultori di studi storici, sembra, più che opportuno,
doveroso ricordare, sia pure sommariamente, tanto fervore di pro-
positi e di lotta.

Se è vero che un archivio racchiude e serba in sé i lineamenti
essenziali e caratteristici dell’istituto, dell'ente, della terra cui si ri-
ferisce, indubbiamente i valentuomini che abbiamo avuto occasione
di rammentare perché impegnati in epoche diverse e secondo le pro-
prie forze nella creazione del vagheggiato Archivio dell' Umbria,
hanno contribuito tutti a un'opera non meno cara che degna, quella
di veder ricostruito nella sua significazione piü nobile e piü asso-
luta, quindi universale, il volto della nostra Regione.

GIOVANNI CECCHINI

sella tti
ANTICHE CARTE GEOGRAFICHE E TOPOGRAFICHE,

CARTE, MAPPE E TRATTATI CONFINARI, CATASTI,

SCHEDE CATASTALI E MAPPE CATASTALI, CABREI E

CATASTI PARTICOLARI DI ENTI MORALI E DI FAMIGLIE,

COME FONTI PER LA TOPONOMASTICA E PER LA
— STORIA ECONOMICA E GENEALOGICA

À mostrare quanto giovi per la ricerca storica e toponomastica

l'esame delle antiche carte geografiche e topografiche basterebbe solo

vedere quanto e come se n'è giovato M. C. Ascari nei suoi inte-
ressanti lavori pubblicati di recente nell’« Archivio storico di Cor-
sica», riesame acuto ed elaborazione accuratissima dei dati geogra-
fici e toponomastici di Tolomeo relativi alle coste ed alle terre di
quell'isola.

Ma oltre alle carte marinare, geografiche e topografiche, vanto
di cartografi veneti e fiorentini del tardo Medio Evo, tutti conoscia-
mo, ad esempio, l'eccezionale raccolta di carte geografiche e topogra-
fiche che, sotto l'influenza ed in parte per opera del perugino Fra
Ignazio Danti, venne dipinta nella Galleria e nella terza Loggia

- del Vaticano.

Purtroppo peró poco o nulla se ne giovano gli studiosi, per-
ché le considerano imperfette.

Cosi pure raramente si fanno ricerche e studi negli archivi
centrali; degli antichi Stati sulle preziose raccolte di notizie, di sti-
pulazioni e talora anche di carte e di mappe confinarie ufficiali,
spettanti cioè alle discussioni ed ai trattati intercorsi fra i rappre-
sentanti dei Sovrani di due territori limitrofi, nel momento che se
ne spostavano, se ne rivedevano o se ne rettificavano i confini.

Le carte e le mappe di queste serie archivistiche, se pur non
mancano, rarissimamente vengono consultate e vanno in rovina per
la stessa difficoltà di maneggiarle.
- — e —mert—— dehet me

PRIMO CONVEGNO STORICO UMBRO

Negli antichi archivi dei nostri Comuni si conservano non solo
atti e carte e mappe di revisioni confinarie, ma anche molti e spesso
antichissimi registri di assegne catastali e talora gruppi di schede
catastali od assegne, e talora mappe particolari e generali del terri-
torio, votate anch'esse alla progressiva distruzione per la difficoltà
di conservarle e di muoverle. -

Registri, schede ed innumerevoli mappe catastali, del Secolo
XVIII e del principio del Secolo XIX, ne vidi io stesso presso le
Agenzie delle Imposte, dove quelle schede e quei registri eran con-
siderati cartaccie inutili e dove le enormi bellissime mappe, incollate
su veri e propri lenzuoli, rappresentavano un inutile ingombro, e,
quando qualche raro perito agrimensore, di quelli all'antica, o qual-
che rarissimo studioso, di quelli all'antica anch'esso, le consultava,
cadevano a brandelli.

Anche in archivi privati di Enti religiosi ed ospitalieri, di Monti

di Pietà, di Banche e di altri istituti parastatali e paramunicipali,
anche in archivi di antiche ‘famiglie signorili, ho veduto. catasti par-
ticolari e raccolte di mappe riunite in bellissimi cabrei.

E' curioso! Son queste le fonti più ricche e meno dubbie per
la toponomastica, sono le fonti piü appariscenti e piü sintetiche
per la storia di una gran parte dell'economia, possono fornire lar-
ghe traccia di storia patrimoniale da utilizzarsi come filo conduttore
per ricerche genealogiche, eppure sono le fonti peggio conservate e
meno consultate.

Eppure basta far cenno di quanto siano utili questi materiali
documentari per la storia economica: per conoscere quale fosse la
distribuzione della proprietà terriera e quale apporto essa rappresen-
tasse nella vita cittadina e nelle particolari economie dei professio-
nisti, dei commercianti, degli industriali, degli artigiani, per cono-
scere quale fosse la distribuzione e l'estensione delle terre soggette
agli usi civici di pascolo di legnatico di semina, per conoscere quali
fossero i tipi e le estensioni delle coltivazioni, quali fossero e dove
le miniere, quali impianti industriali fossero dislocati nelle campa-
gne, quale fosse il regime e l'uso delle acque torrentizie e fluviali,
quale la tenuta dei porti e degli approdi, quale l’andamento delle
coste marittime e lacuali, quale la direzione e l'andamento delle stra-
de, dei ponti e dei traghetti, e via di questo passo. :

° Orvieto vanta dei primati - o, almeno, degli ottimi punti -
anche in questo campo, perché nell'Archivio Comunale conserva tut-
tora il testo della revisione dei confini dei pivieri del contado fatta

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PRIMO CONVEGNO STORICO UMBRO 199

nel 1278 e vi conserva i due monumentali volumi del Catasto della

città e del contado scritti nel 1292 in nitidissimi caratteri su grandi

e nitidissimi ‘fogli di pergamena.

Francesco da Bagnoregio, che dal 1279 era Vescovo di Orvieto,
nel 1295 'fu trasferito al Vescovato di Firenze, ed appena giunto
colà - ripetendo quanto aveva fatto in Orvieto - entusiasmò la cit-
tadinanza fiorentina col progetto della nuova cattedrale e suggeri
che il Comune tassasse equamente i cittadini per quella grande im-
presa.

Il nostro Catasto del 1292 verosimilmente rappresenta la pre-
cedente attuazione orvietana di quel programma del Vescovo Fran-
cesco, ed a quella tassazione della cittadinanza orvietana anche noi
dobbiamo la prima origine del nostro Duomo meraviglioso e la
proprietà esclusivamente comunale di esso, alla quale invano mi ap-
pellai nel 1921 perché venisse restituito al Comune ed al Duomo il
loro patrimonio, incamerato per errore come patrimonio ecclesiastico.

Ma anche un altro primato spetta ad Orvieto in questo campo,
perché risale a circa quaranta anni fa, al 1895, un ampio studio sui
Catasti orvietani del 1292 pubblicato appunto nel Bollettino di que-
sta Regia Deputazione dal Prof. Giuseppe Pardi, allora insegnante
nel Ginnasio di Orvieto.

In quell’interessante e precorritore lavoro di storia economica il
Pardi ebbe l’incitamento e la guida del nostro indimenticabile Luigi
Fumi, alla cui memoria volgo anch’io un reverente saluto:

Oso sperare che ora tocchi ad Orvieto un altro primato, quello
che la R. Deputazione faccia partire da qui un accorato richiamo af-
finché tanto preziosi documenti siano ceduti dai pubblici uffici e dai
privati - per i quali non hanno più alcun valore pratico - e se ne
faccia sistematica raccolta e se ne curi un’ottima conservazione nei
pubblici archivi, e faccia partire da qui un progetto concreto per il
restauro e per la sistemazione - in quadrati su tela a tipo standar-
dizzato e ‘facilmente maneggevoli e consultabili - di tutte le carte

topografiche e geografiche e di tutte le mappe catastali anteriori

al 1900.

PERICEE: PER ALT
————— RUSO Ga vcr -

LA RICERCA D'ARCHIVIO
E LO STUDIO DEI MONUMENTI

Il contributo che la ricerca d'archivio puó apportare a favore
dello studio dei monumenti è importantissimo e, a volte, decisivo.
Nella Storia dell'Architettura lindagine scientifica, dovendo essere
quanto più possibile sicura e quindi completa, è obbligata a tener
conto di tutti i possibili e vari elementi che possano comunque
essere utili allo studio che si intraprende. Così accanto al rilievo
esatto del monumento, all’analisi stilistica delle parti, allo studio
delle strutture e del sistema statico e costruttivo, ai riferimenti ana-
logici, alla ricerca di testimonianze nella pittura e nella letteratura del
tempo, va posta come principalissima la ricerca d’archivio.

Chiunque si occupi di questa materia sa benissimo che, in un
gran numero di casi, i documenti arrecano un aiuto notevolissimo.
Malgrado questo, non tutti gli ‘studiosi si curano di ricercare le
| testimonianze raccolte negli archivi, poiché nel nostro campo di studi
1 cultori, provenendo da diverse discipline, trasportano nell’ambito
della ricerca il metodo, la mentalità e, a volte, i pregiudizi con i
quali si sono formati: gli architetti tendono principalmente a con-
siderare lo schema architettonico e l'organismo costruttivo ed a ba-
sare sovra questi ravvicinamenti e attribuzioni: gli storici dell'Arte
danno massima importanza all’aspetto ‘formale dell’opera ed all’esa-
me stilistico delle parti decorative, mentre gli archivisti e gli epigra-
fisti si basano preferibilmente sul testo delle carte e delle iscrizioni.
In modo che si vedono architetti trascurare i documenti, storici del-
l’arte ed archivisti non considerare l'organismo architettonico, a tutto
scapito del risultato finale delle ricerche.

Lo studioso riuscirà invece tanto più ‘felicemente nel suo com-
pito quanto meglio potrà liberarsi della unilateralità del suo pun-
to di partenza e sarà capace di considerare il prisma del problema
contemporaneamente in tutte le sue facce.

Si potrebbero citare infiniti esempi della necessità che, nello

CLARET
PRIMO CONVEGNO STORICO UMBRO 131
svolgimento di un dato studio, le varie ‘forme della ricerca si com-
pensino e si equilibrino in una unità di intenti e di realizzazione.
Mi limiterò qui a citare tre esempi, che ho avuto modo di incon-
trare nel corso di alcune ricerche, e che rappresentano i tre casi ti-
pici: il primo è quello di uno studio su I. Scalza architetto (1937)
che condotto, per ristrettezza di tempo, soltanto sulle traccia dei docu:
menti già pubblicati e sull'esame stilistico delle opere finora note
(trascurando quindi la ricerca in archivio) non ha potuto avere di
conseguenza un carattere definitivo, ed ha portato ad una ricostru-
zione della figura dell'artista e dell'evoluzione della sua arte, che
deve considerarsi provvisoria, data la mancanza di un numero suf-
ficiente di attribuzioni sicure e documentate.

La riprova diretta ed immediata di questo è nel secondo caso
‘e cioè nella constatazione che, studiando più tardi l’opera dello
stesso Scalza nel Duomo di Montepulciano, mentre l'esame orga-
nico e stilistico del monumento non poteva dare risultati sufficien-
temente attendibili, la scoperta di una chiara e circostanziata rela-
zione dei fatti che portarono alla costruzione della Cattedrale, ha
permesso di identificare con sicurezza l’architetto nello Scalza, da-
tandone e precisandone l’intervento. In questo caso il documento è
stato il vero elemento decisivo.

Invece (terzo caso, inverso del secondo) nello studio delle varie
parti componenti il Palazzo Papale, ora Vescovile, di Orvieto, è
avvenuto il contrario. I documenti noti non erano bastati agli stu-
diosi che mi hanno preceduto per datare con sicurezza le singole

. parti dell’edificio. E' stato necessario un esame strutturale organico

ed un rilievo completo ed esatto di tutto l'insieme per poter distin-
guere con sicurezza i diversi periodi costruttivi.

La scienza che noi denominiamo Storia dell'Architettura, é una
disciplina che si puó dir giovane; al suo sviluppo rapido contribui-
ranno in modo basilare gli archivi, il materiale in essi deposto, e
specialmente la loro organizzazione ed il loro ordinamento. Poiché
non ci si può nascondere che, se a volte degli studiosi trascurano nei
loro studi la ricerca d’archivio, questo è causato anche dal fatto che
spesso è difficile, ed a volte anche arduo rintracciare il documento
che si cerca.

Trascurando le tradizionali lagnanze sullo stato di molti ar-
chivi pubblici e privati (specialmente di quelli di provincia) che

- sono chiusi, o aperti solo di nome, o disordinati e mancanti o quasi
- di un qualsiasi ordinamento, desidero ‘formulare alcune osservazioni
——:—— T DET cioe

132 PRIMO CONVEGNO STORICO UMBRO

od esprimere alcuni desideri, in riferimento alle necessità riscontrate
nello svolgimento del nostro genere di studi.

In un archivio ben ordinato in cui, a lato dell’originario ordi-
namento, scrupolosamente ricostruito. per provenienza secondo il
«respect des fonds », sia stato eseguito un organico lavoro creando
inventario, regesti e sunti, indici cronologici ed alfabetici, la nostra
ricerca non è facile; è anzi, particolarmente difficoltosa. Infatti ra-
ramente si trovano negli indici alfabetici i. nomi degli artisti, mai
vi si trovano elencati i monumenti e le opere d'arte, con i riferi-
menti opportuni.

In tal modo sono solo possibili le ricerche di storia civile o
politica, condotte peró soltanto secondo il criterio col quale l'ar-
chivio é ordinato, il che spesso non é nel metodo, nei desideri o
nelle possibilità di chi studia. Nel più felice dei casi, sono escluse
agli indici cronologici delle appendici che recano il riassunto dei
vari periodi storici. Il fatto che gli archivi siano nati ed abbiano
dapprima e principalmente servito per le ricerche di storia ha ori-
ginato ordinamenti e criteri atti a facilitare quegli studi. Ma le ri-
cerche di Storia dell'Arte e di Storia dell'Architettura hanno ora
eguale importanza e frequenza ed abbisognano della creazione di un
nuovo ordine parallelo e complementare, adatto alle loro esigenze.

Le conseguenze degli attuali ordinamenti sono tali che uno stu-
dioso di queste due discipline é costretto a cercare ad occhio, o a
rinunziare, o a procedere con un suo metodo che lo costringe a
ripassare una parte dell'archivio creando per sé un vero nuovo ordi-
namento, sia pure limitato o provvisorio. Fatica enorme e spropor-
zionata al risultato, che puó essere anche nulla, mentre si tenga
presente che il lavoro d'archivio non è che una modesta parte del
compito che deve svolgere chi studia un monumento.

D'altra parte finora, il documento rivelatore che ci permette
una datazione od una attribuzione lo dobbiamo, il pià delle volte
non alle nostre ricerche sistematiche, ma alla cortesia dell’archivista
o di qualche appassionato che anche lo ha rinvenuto per caso o dopo
lunghissime ricerche.

Di conseguenza occorrono degli indici per materia; ima qui
bisogna bene intendersi sul significato di questa denominazione:
per poter essere veramente utili a noi questi indici devono essere
compilati non per tipo, per provenienza o per emissione, ma per
soggetto, poiché quello che a noi interessa sapere non è tanto se
un documento sia una bolla o una deliberazione, chi l’abbia dettata

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Uo HP EE
PRIMO CONVEGNO STORICO UMBRO 1535

o da dove ci sia pervenuta, ma specialmente e sopratutto di che
cosa si patla in quel documento, e ciò senza ricorrere continua-
mente ai sunti.

Soltanto operando in questo senso e con questi criteri, cercando

coraggiosamente di comprendere e di soddisfare le vere necessità
della ricerca, le fasi e le esigenze dei metodi di studio, sforzandoci
insomma di ‘fare in modo che gli archivi servano agli studiosi e
che questi non se ne allontanino, sarà possibile contribuire valida-

mente allo sviluppo ed al progresso degli studi storici, ed in parti-

‘colare all'affermazione sempre più viva, forte e decisa degli studi
architettonici.

RENATO BONELLI

NE a

e AE
rr miei or -—

ORDINAMENTO E CATALOGAZIONE DEGLI ARCHIVI

Nell'ordinamento e nella catalogazione degli archivi, bisogna par-
tire dal principio che la funzione prima e principale degli archivi è
quella di essere utili agli studiosi. E' infatti necessario che ‘gli stu-
diosi perdano il minor tempo possibile nella ricerca materiale dei
documenti. Questa è la ragione principale per cui gli archivi devono
essere ben ordinati in modo che gli archivisti possano ritrovare senza
difficoltà i documenti richiesti, e i cataloghi redatti nella forma più
chiara e completa possibile, in modo che gli studiosi possano ritrovare
facilmente i documenti che cercano.

La classificazione degli archivi non è una sistemazione delle co-
noscenze umane, né una copia di manuali d'insegnamento delle varie
scienze. Tiene conto di ciò, ma ha leggi proprie e le sue divisioni
sono differenti. Si classificano infatti non conoscenze ideologiche ;
ma oggetti materiali: si classificano gli archivi e la cosa se si fa bene
attenzione, è molto differente. Non si potrà ottenere una classifica
zione completa a compartimenti stagni, poiché la maggior parte dei
materiali conservati negli archivi si accostano sotto qualche aspetto
e i vari pezzi si ‘intersecano fra di loro. Tuttavia si deve cercare di
ottenere la maggior perfezione possibile nell’ordinamento degli ar-
chivi.

Lo scopo di questa comunicazione è di proporre un metodo di
catalogazione e classificazione degli archivi che permetta agli stu-
diosi di trovare facilmente i documenti che cercano. Noi sappiamo
e riconosciamo volentieri che le catalogazioni e le classificazioni pro-
poste sono per loro natura imperfette e non possono inquadrare, senza
qualche lacuna, tutti i pezzi d'archivio esistenti o futuri. T uttavia

-il male non è grande poiché lo scopo principale di tutte le catalo-

gazioni e classificazioni è di stabilire un ordine per suddividere e
raggruppare le materie, e soprattutto di permettere di trovare la cosa
cercata facilmente e rapidamente. Noi pensiamo che col nostro me-
todo, che brevemente esperremo, sia possibile ottenere questo scopo
principale.
PRIMO CONVEGNO STORICO UMBRO i 135

- Per gli archivi come per le biblioteche esistono molti metodi di

catalogazione, o, in altre parole, esistono molti modi per fare un

catalogo. Vi é cosi la catalogazione topografica, nella quale si fa
il censimento dei differenti pezzi secondo il posto che occupano
nella collocazione degli archivi. Vi è il catalogo sistematico o per
materie, nel quale i pezzi d’archivio sono distribuiti secondo le re-
lazioni logiche o scientifiche che le materie trattate hanno tra loro.
Vi è il catalogo alfabetico per nomi d'autore, nel quale i pezzi d'ar-
chivio sono disposti alfabeticamente secondo il nome dei loro au-
tori, e vi è il catalogo alfabetico per nomi di persone o di luoghi,

nel quale i pezzi d'archivio sono recensiti secondo il nome delle.

persone o dei luoghi con i quali hanno rapporto. Nel catalogo alfa-
betico per soggetti i pezzi d'archivio sono distribuiti alfabeticamente
secondo una parola d'ordine che esprime l'argomento particolare
trattato nel pezzi di archivio. E vi è infine il catalogo cronologico,
nel quale i pezzi d'archivio sono distribuiti secondo il periodo cro-

ologico al quale appartengono.

Per un buon ordinamento e la perfetta catalogazione degli ar-
chivi sarà opportuno che gli archivisti non adoperino uno solo dei
tipi sopra enumerati, escludendo gli altri, ma al contrario che pren-
dano come base il catalogo alfabetico per soggetti, e combinino ar-
moniosamente con esso gli altri tipi di cataloghi, per arrivare a quello
che si chiama catalogo-dizionario, il quale costituisce la massima
perfezione per un catalogo tanto per le biblioetche quanto per gli
archivi.

Come abbiamo già detto, nei cataloghi alfabetici per soggetto i
pezzi d'archivio sono distribuiti secondo l'ordine alfabetico delle ma-
terie o dei soggetti che essi trattano e che costituiscono la parola di
ordine sotto la quale vengono raggruppati tutti 1 pezzi d'archivio,
che hanno relazione con lo stesso argomento. Così, per es., tutti i
pezzi d’archivio che si riferiscono a Chiese, a Fiere a Cimiteri sa-
ranno catalogati sotto la parola d’ordine: Chiese, Fiere, Cimiteri.
I gruppi cosi formati saranno disposti secondo l'ordine alfabetico
delle parole d'ordine rispettive. Questo catalogo è superiore al ca-
talogo sistematico o per materie, poiché le divisioni introdotte, e per
conseguenza i gruppi di archivio, sono molto piü numerosi, per-
ché nel catalogo alfabetico per soggetti tutte le suddivisioni delle
differenti sezioni in relazione alla stessa materia costituiscono gruppi
distinti e catalogati in ordine alfabetico. Cosi nel catalogo sistematico
Cappuccini costituisce una sottosezione della sezione Ordini Men-
156 PRIMO CONVEGNO STORICO UMBRO

dicanti, che è una sottosezione della sezione Ordini Religiosi, che a
sua volta é una sotto divisione delle Istituzioni religiose maschili,
che a sua volta è una sezione delle Istituzioni Religiose, la quale
: è una divisione della storia particolare della Chiesa Cattolica, che a E
sua. volta è una divisione della Storia della Chiesa Cattolica. Nel
catalogo per soggetti tutte quelle divisioni, sezioni, sotto divisioni e
sotto sezioni spariscono per far posto a tanti gruppi speciali e di-
stinti. Cosi nel catalogo per soggetti Cappuccini forma un gruppo
distinto e tutti i pezzi d'archivio che si riferiscono ai Cappuccini
sono radunati in questo gruppo. Lo stesso avviene per tutti 1 pezzi
d'archivio di tutti gli altri gruppi. Il risultato è che in questo cata-
logo sarà possibile trovare rapidamente e facilmente i pezzi d'ar-
chivio che si riferiscono ad una stessa materia. Nel catalogo per E
soggetti tutti i pezzi d'archivio che si riferiscono ad una stessa ma- E
teria o ad uno stesso soggetto sono radunati.in un solo gruppo, che
€ rappresantato da una scheda sulla quale è scritto il soggetto al

quale si riferiscono i differenti pezzi d'archivio. I differenti gruppi E
si susseguono secondo l'ordine cronologico dei soggetti, ai quali si P
: riferiscono e che sono iscritti su altrettante schede guida. 2

Tutti i pezzi d'archivio che si riferiscono a materie definite o
definibili saranno radunati in tanti gruppi distinti designati da al-

trettante schede, sulle quali è scritto il soggetto trattato nei diffe- E.
| renti gruppi. Quanto ai pezzi d'archivio che non si riferiscono a un E
E soggetto: definito saranno radunati in gruppi che avránno la loro P.

indicazione secondo la forma esteriore o letteraria dei pezzi d'archi-
vio, per es., poesie, ballate, leggende, favole, ecc. I pezzi d'archivio
devono essere catalogati secondo il soggetto particolare a cui si rife- E
riscono e non secondo classi o sezioni piü generali alle quali appar- E
tengano. Cosi i pezzi d'archivio che riguardano i Cappuccini de- E
vono essere catalogati sotto Cappuccini e non sotto Ordini Mendi- E
canti o Ordini Religiosi. Tutti i soggetti particolari o distinti trat-
tati nello stesso pezzo d'archivio devono essere catalogati sotto tutti :
1 soggetti rispettivi. Cosi se in un solo pezzo d'archivio si parla di E.
Frati Minori, Conventuali e Cappuccini questo pezzo deve essere
catalogato sotto Frati Minori, Conventuali e Cappuccini. I soggetti,
sotto i quali sono radunati i diversi pezzi d'archivio, devono cor-
rispondere realmente alle materie trattate in questi pezzi e non sola-
mente ai titoli perché accade sovente che i titoli siano arbitrari e
non caratterizzino perfettamente la materia trattata nel pezzo d'archi-
vio. Per catalogare un pezzo d'archivio sotto il suo vero soggetto bi-

o

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Sdi. À PRIMO CONVEGNO STORICO UMBRO 157

sognera aver letto il pezzo. Un catalogo per soggetti naturalmente
sarà spesso un lavoro ‘fastidioso e di lunga durata, ma una volta
redatto renderà grandi servigi. \

Quanto alla designazione di un soggetto sulle schede, bisogna
prendere la parola italiana moderna, comunemente usata, ed evitare
i termini antichi, arcaici e caduti in disuso. Così bisognerà usare
Storia e non Istoria, Fidecommisso e non Fedecommesso, ecc. Se
tuttavia il soggetto può essere designato con differenti vocaboli mo-
derni, comunemente in uso, bisogna sceglierne uno e da questo fare
rimando agli altri. Cosi sotto Camposanti si rimanda a Cimiteri,
sotto Pittura si rimanda a Dipinti. Fra molti vocaboli si sceglie na-
turalmente quello che è più conosciuto. Così si usa Iscrizioni e non
Epigrafia, salvo a rimandare Epigrafia a. Iscrizioni. Nel caso di.
due termini che designano due concetti simili, ma non identici, il
cui significato peró si distingue difficilmente, si usano tutti e due
per designare il soggetto, per es., Città e Borghi, Concili e Sinodi,
Decorazione e Ornamentazione ecc. Quando una parola ha parecchi
significati, si scrive tra parentesi il significato reale del nome. Cosi;
poiché Perugia può rappresentare la città, l'archidiocesi e la provin-
cia, bisognerà specificare il significato della parola sulla scheda in-
dicante il soggetto: Perugia (città), Perugia (provincia), Perugia (ar-
chidiocesi). Quanto al modo.di scrivere i nomi propri delle per-
sone, rimandiamo a « Norme per il Catalogo degli Stampati», pa-
gine 33-86, Città del Vaticano 1931.

I termini che designano i differenti soggetti possono essere sem-
plici o composti, a seconda che sono costituiti da una o da varie
parole. In generale i termini designanti un soggetto dovrebbero es-
sere semplici. Può capitare tuttavia che siano composti, sia di un
nome e di un aggettivo (per es.: Storia Ecclesiastica, Diritto Cano-
mico, Musica Sacra ecc.) sia di due nomi uniti dalla congiunzione,
(per es.: Chiesa e Stato, Eredità e Successione, Cappuccini e la pe-
ste, Cappuccini e le Missioni ecc.) o di due nomi uniti da una pre-
posizione, (per es.: Libertà di Stampa, Legatura di Libri ecc.). Le
parole semplici sono al singolare o al plurale secondo l'uso corrente.
Tuttavia i nomi di oggetti d'arte, i prodotti dell’arte e dei me-
stierl, i nomi di animali, di piante, di categorie di persone, di isti-
tuzioni civili e religiose ecc. si mettono al plurale, per es., Cerami-
che. Incisioni, Medici, Avvocati, Cappuccini, Confraternite, Ospedali,
Scuole ecc.. Cosi i nomi dei soggetti derivanti dalla loro forma
letteraria si mettono al plurale, per es.: Inni Sacri, Ballate, Cani
138 : PRIMO CONVEGNO STORICO UMBRO

popolari, Favole ecc.. Per i nomi composti, quando il secondo nome
esprime un concetto differente dal primo noi designamo ugualmente
il secondo come nome di soggetto con rinvio al primo. Cosi per
es.: per Cappuccini e Missioni si radunano tutti i pezzi che hanno
relazione con questo soggetto e sulla scheda con la parola d'ordine
Missioni, si rimanda a Cappuccini e Missioni.

I titoli composti da un sostantivo e da un aggettivo si conser-
vano sotto la loro forma se sono entrati nell'uso comune e desi-
gnano un concetto definito o quando l’aggettivo indica una qualità
particolare del sostantivo, senza cambiare il senso, per es.: Musica
Sacra, Usi Civici, Riti religiosi ecc.. Quando! al contrario il so-
stantivo ha un significato definito e distinto, ma abbraccia un con-
cetto troppo vasto e generale, tanto che l’aggettivo - designa il: sog-
getto vero e proprio, noi capovolgiamo il termine e l'aggettivo di-
viene il nome che indica il soggetto, in modo che il sostantivo di-
viene una sua sotto-divisione messa tra parentesi. Cosi, per es.:
Santuari Cappuccini starà meglio sotto la voce Cappuccini (San-
tuarij Quando in due nomi uniti da una preposizione il primo è
un concetto generico e il secondo esprime l'argomento particolare,
i vocaboli si invertono, in modo che, per es.: non cataloghiamo
Leggende di S. Francesco, ma S. Francesco (Leggende di), né Mis-
sioni dei Cappuccini, ma Cappuccini (Missioni), sempre con un
rinvio, alla voce Santuari, a Cappuccini e, alla voce Leggende, a
S. Francesco. Se

Quando due materie correlative (Eredità e Successioni) o op-
poste (Emigrazione ed Immigrazione) sono ordinariamente trattate
insieme in un pezzo d’archivio, si catalogano questi pezzi sotto i nomi
delle due materie: Eredità e Successione, Emigrazione e Immigra-
zione, Assedio e Difesa, schedando poi anche a parte il nome che
è primo in ordine alfabetico, e del secondo rinviando al primo.

I differenti tipi di arti, di mestieri, di professioni, d'industrie
ecc. di tutti i generi, formano tanti soggetti differenti, per es.: scul-
tura, pittura, ceramica, medicina, oreficeria ecc., e lo stesso per le
persone che esercitano queste arti, questi mestieri, queste professioni,
per es.: scultori, pittori, medici, avvocati, orafi ecc.. Così normal-
mente per i prodotti di questi mestieri e professioni, per es., pit-
tune, ceramiche, incisioni ecc. Quando un argomento è trattato in
relazione ad un altro argomento si indicano nei soggetti i due argo-
menti dando la precedenza all’argomento che ha maggiore impor-
tanza, sia in se, sia nel pezzo d'archivio, e si rimanda dal secondo
.la peste, Frati Minori e Monti di Pietà ecc.

pra TUNI TIBERI NS T ATE

PRIMO CONVEGNO STORICO UMBRO 139.

termine al primo, per es.: Cappuccini e la guerra, Cappuccini e

Se 1 soggetti sono costituiti da nomi di persone, si radunano
sotto il nome della stessa persona tutti i pezzi d'archivio che ad
essa si riferiscono. In questo caso il soggetto è dato dal nome della
persona e tutti i pezzi d'archivio che trattando di un argomenta
speciale si riferiscono a questa persona sono radunati in tante sotto-
divisioni sotto il nome della persona. Gli argomenti speciali e i sog-
getti particolari che potrebbero costituire delle sottodivisioni sotto
il nome del personaggio, sono, per es., le sue fonti, le sue biografie,
le sue opere, esposizioni e commenti di queste opere, gli avveni-
menti particolari della sua vita, le sue attività nei diversi campi della
vita religiosa, sociale, politica, economica, scientifica, artistica, spiri-
tuale ecc., i caratteri particolari e distinti di queste attività, le qualità
del personaggio, le relazioni di questa persona sia con altre persone,
sia rispetto avvenimenti speciali o materie particolari, l'influenza eser-
citata su altre persone o sul corso degli eventi o sulla vita scientifica,
politica, religiosa, spirituale ecc., le lettere di questo personaggio, :
necrologi, i discorsi, le poesie, gli elogi, i panegirici, i sermoni ecc.,
la celebrazione di alcuni avvenimenti della sua vita come la pro-
fessione religiosa, l'ordinamento a sacerdote, il matrimonio, i giu-
bilei, i funerali, i testamenti redatti sia da lui che in suo favore, i
processi, le condanne sia religiose che civili ecc.: in una parola, tutto
quello che si riferisce a questo personaggio.

Così prendiamo come esempio di un soggetto S. Francesco, poi-
ché in moltissimi archivi dell'Umbria si troveranno dei pezzi rife-
rentisi a. S. Francesco. Bisogna dunque redunare tutti i pezzi esi-
stenti negli archivi della stessa città e riferentisi a S. Francesco sotto
la parola d'ordine del soggetto: Francesco d'Assisi (Santo). I pezzi
d'archivio saranno catalogati secondo 3l soggetto speciale e l'argo-
mento particolare al quale si riferiscono. Per es.: Fonti, con tutti
gli scritti, le leggende primitive e tutto ció che potrebbe fornire
elementi per scrivere una vita o una parte della vita di S. Francesco.
Biografie, sia complete, sia particolari, Opere, la Regola, il Cantico
delle Creature, le preghiere ed altri opuscoli di S. Francesco, Espo-
sizione e commento di queste opere, per es., della Regola, il Cantico
delle Creature ecc. Gli avvenimenti speciali e particolari della vita
di S. Francesco, per es. la conversione, l'approvazione della Regola,
il viaggio in Terra Santa, capitoli celebri come quello del 1219, in-
dulgenza della Porziuncola, Stimmate, morte, canonizzazione ecc. Cosi
140 PRIMO CONVEGNO STORICO UMBRO

ancora le relazioni speciali di S. Francesco, per es., con il Conte
Ugolino, con Guido d'Assisi, col Conte Orlando, con S. Chiara e
San Domenico, con Donna Jacopa, con Frate Elia e Frate Leona
ecc., O con certi luoghi, per es., la Francia, o certe città, per es.:
Perugia, Assisi, Siena, Rieti, e alcuni Santuari, per es.: S. Maria
degli Angeli, S. Rufino, Rivo Torto, S. Damiano ecc.. Traiti sa-
lenti e caratteristiche della vita di S. Francesco, per es., la sua estre-
ma povertà, la sua totale abnegazione, la sua carità, il suo. amore per
tutte le creature, la sua ubbidienza al Pontefice, il suo rispetto verso
1 Preti ecc. L'influenza esercitata da S. Francesco in vari campi sia
durante la vita sia col passar del tempo, per es., sulla vita monastica,
la vita religiosa, la vita artistica, la vita sociale, su diverse devozioni,
come per es., lumanità di Cristo, la crocefissione, il SS. Sacra-
mento ecc.

Sotto i nomi di questi soggetti subalterni, che costituiscono
tante sotto-divisioni del soggetto Francesco d'Assisi (Santo), radu-
neremo tutti i pezzi d'archivio che si riferiscono a lui. Cosi sotto
il soggetto: Francesco -Fonti raduneremo tutti i pezzi d'archivio
che costituiscono le fonti per la vita di S. Francesco; sotto Fran-
cesco - Biografie, Francesco - Regola, Francesco - Cantico delle
Creature, Francesco - Indulgenze della Porziuncola, Francesco - Stim-
mate, Francesco - Cardinale Ugolino, Francesco - Frate Elia, Fran-
cesco - Perugia, Francesco - Chiesa Nuova, Francesco - S. Da-
milano, Francesco - Povertà, Francesco - Vita sociale, Francesco -
Devozione verso l'umanità di Cristo ecc. si catalogheranno tutti i
pezzi che si riferiscono a questi argomenti particolari. Nella catalo-
gazione dei pezzi di archivio che si riferiscono a questi soggetti par-
ticolari si potrà seguire sia l'ordine strettamente cronologico, comin-
dando dai pezzi cronologicamente più antichi per giungere a quelli
più recenti, sia l'ordine cronologico relativo, dividendo i pezzi per
periodi cronologici. In questo ultimo caso bisognerà dividere e ca-
talogare i pezzi d'archivio secondo l'ordine alfabetico dei loro autori,
©, se sono anonimi, secondo l'ordine cronologico dei titoli. Nella
maggior parte dei soggetti delle sotto-divisioni bisognerà fare un
rinvio a Francesco d'Assisi (Santo) del soggetto della suddivisione.
Cosi sulle schede col nome dei personaggi, dei luoghi, delle città
con le quali S. Francesco ha avuto delle relazioni, delle istituzioni,
sociali, religiose, artistiche, politiche, ecc., sulle quali egli ha avuto
una influenza bisogna fare un rinvio a Francesco d'Assisi. Cosi per
es., sulle schede intestate a Ugolino, Frate Elia, S. Chiara, Jacopa,
PRIMO CONVEGNO STORICO UMBRO 141

Perugia, Siena, S. Damiano, Carceri, Devozioni bisogna fare un
rinvio a Francesco - Ugolino, Francesco - Frate Elia, Francesco -
S. Chiara, Francesco - Jacopa, Francesco - Perugia ecc.

Lo stesso dicasi per tutti i pezzi d’archivio relativi ad un paese
determinato, a una città o a un comune: debbono essere radunati
e catalogati sotto la parola d'ordine del soggetto che designa questo
paese, questa città o questo comune. Così tutti i pezzi che si ri-
feriscono a Perugia, ad Assisi, a Spoleto devono essere raccolti e
catalogati sotto il nome di Perugia, Assisi o Spoleto. I pezzi che
trattano un argomento speciale o un soggetto particolare saranno ca-
talogati sotto questo soggetto, che costituirà un soggetto subalterno e
una sottodivisione del soggetto generale. Poiché i principali sog-
getti subalterni e le principali sottodivisioni relative ad uno stato, una
città, un comune sono stati enumerati nelle Norme per il Catalogo
degli Stampati p. 307-316, Città del Vaticano, 1951, noi vi riman-
diamo il lettore. Nelle sottodivisioni i. pezzi d'archivio devono es-
sere catalogati con lo stesso ordine cronologico ed alfabetico degli
autori o dei titoli che abbiamo descritto più sopra riferendoci a
S. Francesco d'Assisi. Qui al di fuori dei pezzi d'archivio che trat-
tano soggetti appartenenti allo stato, alla città, al comune e che co-
stituiscono tante sottodivisioni, vi sono delle altre suddivisioni nelle
quali bisogna catalogare 1 pezzi d'archivio che si riferiscono alle re-
lazioni di uno stato con un altro, di uno stato con le province e le
| città dello stesso stato o! d'uno stato straniero, o alle relazioni di una
città o di un comune con lo stato, o con provincie straniere o con
altre città o comuni. Tutte le suddivisioni devono apparire nel cata-
logo, come in tutti gli altri casi dove vi sono delle suddivisioni, nel-
l'ordine alfabetico dei soggetti speciali e subalterni, sotto i quali sono
radunati tutti i pezzi d'archivio che si riferiscono a questo soggetto.

Lo stesso tutti i pezzi d'archivio che si riferiscono a istituti di
tutti i generi, a società, a corporazioni, a comitati, a partiti politici,
a ordini religiosi, a congregazioni, a confraternite, a società religiose,
a tutte le sorte di professioni e mestieri ecc.: tutti questi pezzi d'ar-
chivio devono essere riuniti e catalogati sotto la parola d'ordine del
loro rispettivo soggetto, per es., scuole pubbliche, scuole private, col-
legi episcopali, università statali, università libere, Benedettini, Mi-
nori, Conventuali, Cappuccini, Salesiani, Clarisse, Ospedali, Asili dei
Vecchi, Orfanotrofi, Medici, Pittori, Avvocati, Botanici, Teologi,
Fisici, ecc. Tutti i pezzi d'archivio, sia d'ordine generale, sia d'or-
dine speciale e particolare, che si riferiscono a queste categorie di
ciminiere

149 PRIMO CONVEGNO STORICO UMBRO

persone saranno radunati sotto lo! stesso soggetto generale della cate-
gorie e poi saranno suddivisi secondo i soggetti subalterni ai quali
appartengono.

Prendiamo come esempio da sviluppare il soggetto Cappuccini,
poiché in tutti gli archivi dell'Umbria esistono pezzi relativi ai Cap-
puccini. Tutti i pezzi d'archivio che si riferiscono alla fondazione
dei Cappuccini, alla loro storia generale, alla loro costituzione, al loro
statuto generale, al capitolo generale, ai ministri generali, ai procu-
ratori generali alla determinazione delle congregazioni generalizie,
all'osservanza religiosa, agli studi generali, allo studio della teologia,
della filosofia, delle scienze naturali ed esatte, all'arte, alle relazioni
dell'Ordine con i Pontefici e le diverse congregazioni romane, coi
cardinali, arcivescovi, e vescovi, con i capi di stato e i governa-
tori, i capi dei consigli comunali e provinciali, con personaggi il-
lustri; alle diverse attività svolte dall'ordine, per es., la predica-
zione, le missioni, l'educazione, l'attività negli ospedali, durante le
guerre, in tuiti 1 generi di assistenza e carità sia corporali che spi-
rituali; alla parte presa dall'Ordine nella difesa della Chiesa e la
lotta contro le eresie, per es., il protestantesimo, il giansenismo, il
quietismo, la massoneria ecc. lopposizione ai governi e ai partiti
ostili alla chiesa, per es., socialismo, liberalismo, comunismo, i go-
verni anticlericali nei diversi paesi ecc.; alla parte presa in avveni-
menti celebri, per es., la battaglia di Topino. la liberazione di Vien-
na. In una parola tutti i pezzi d’archivio che si riferiscono ad una
‘materia speciale e determinata devono essere catalogati sotto la stessa
parola d’ordine che esprime il soggetto del quale essi trattano e questi
diversi soggetti devono seguire nell'ordine alfabetico il soggetto Cap-
puccini - Arte; Cappuccini - Austria, Cappuccini - Belgio, Cappuc-
cini - Botanica, Cappuccini - Capitoli Generali, Cappuccini - Ceri-
moniale, Cappuccini - Francia, Cappuccini - Germania, Cappucci
ni - Jansenismo, Cappuccini - Lepanto, Cappuccini - Missioni, Cap-
puccini - Ospedali, Cappuccini - Peste; Cappuccini - Predicazione,
Cappuccini Quietismo, Cappuccini - S. Sede, Cappuccini - Sto-
ria, Cappuccini - Teologia, Cappuccini - Vienna.

Nella catalogazione dei documenti appartenente a questi soggetti
subalterni o a queste suddivisioni, bisognerà seguire l'ordine crono-
logico dei documenti, assoluto o relativo, e, in questo ultimo caso,
per i documenti relativi ad uno stesso periodo cronologico si ado-
pererà l’ordine alfabetico degli autori, o dei titoli se i documenti
sono anonimi. In alcuni casi, come per es., per il soggetto subalterno

riti LA
PRIMO CONVEGNO STORICO UMBRO 143

Missioni, bisogna cominciare a catalogare i documenti secondo l’or-
dine alfabetico delle varie parti del mondo e dei paesi e poi distri-
buire 1 documenti appartenenti a ciascun paese secondo l'ordine cro-
nologico, sia assoluto che relativo, e in questo ultimo caso adottare
,lordine alfabetico degli autori, o dei titoli se i documenti sono
anonimi. Per aiutare gli studiosi a ritrovare facilmente e rapidamente
quello che cercano bisognerà fare una scheda di tutti i nomi pro-
pri di persone, di paesi e di luoghi, che si incontrano nei documenti
e rinviare al soggetto. Così, per es., bisognerà fare una scheda a
Costantinopoli: Costantinopoli - missioni cappuccine, vedi Cappuc-
cini - missioni - Costantinopoli; a Lorenzo da Brindisi (Santo)
O.F.M. Cap., vedi Cappuccini - Generali ovvero Cappuccini - Pro-
testantesimo.

Per le differenti province e i diversi conventi dei Cappuccini,
se 1 documenti concernenti i diversi soggetti conservati nei diversi
archivi non saranno troppo numerosi, bisognerà catalogarli sotto la
parola d'ordine Cappuccini, al loro posto rispettivo nell'ordine alfa-
betico dei soggetti subalterni Cappuccini - Conventi, Cappuccini -
Province. Se vi sono dei documenti che si riferiscono a diverse pro-
vince e conventi saranno catalogati secondo l’ordine alfabetico delle
provincie e dei conventi, per es., Cappuccini - Provincia -- Alessan-
dria, Baviera, Bononia, Foggia, Genova, Lucania, Messina, Milano,
Napoli, Umbria, Palermo, Parma, Picena, Roma, Savoia, Siracusa,
Toscana, Trento, Veneta; ‘Cappuccini, Convento - Assisi, Canna-
ra, Foligno, Perugia, Spello, Spoleto, Terni, Todi ecc. I documenti
che si riferiscono ai conventi e alle provincie dei Cappuccini con-
terranno in gran parte materie che potranno suddividersi in soggetti
subalterni, che corrisponderanno in gran parte a quelli che si rife-
riscono all'ordine in generale. Bisognerà dunque catalogare i docu-
menti relativi alle stesse materie, per es., missione, teologia, predi-
cazione, osservanza, storia, relazioni, speciali, avvenimenti partico-
lari ecc. sotto una stessa parola d'ordine o rubrica: Cappuccini Pro-
vincia - Umbria - Peste; Ospedali; Storia; Capitoli; Ministri pro-
vinciali; Statuti; Studi; Missioni ecc. Tutti i soggetti subalterni
dovranno suddividersi secondo l'ordine alfabetico e i documenti do-
vranno essere catalogati in ciascuna suddivisione secondo lo stesso
ordine cronologico e alfabetico det documenti che si riferiscono alle
suddivisioni dell'ordine dei Cappuccini in generale, esposto più so-
pra. I nomi delle persone e dei luoghi dovranno essere catalogati
nel loro posto rispettivo riguardo all'ordine alfabetico dei nomi dei
144. PRIMO CONVEGNO STORICO UMBRO

soggetti, con un rinvio alla parola d'ordine o al soggetto subalterno
dei Cappuccini, dove i documenti sono radunati e catalogati, per
es., Chiese - Assisi - Cappuccini vedi Cappuccini - Conventi - As-
sisi; Perugia e Conventi - Cappuccini vedi Cappuccini - Conven-
ti - Perugia.

Va da sé che per ciascun documento catalogato nei soggetti
principali e subalterni bisognerà indicare il posto che il documento
ha nell'archivio, per poterlo ritrovare rapidamente. Naturalmente sa-
rebbe preferibile che i documenti fossero ordinati nell'archivio se-
condo i soggetti che trattano, perché così sarebbe molto più facile
ritrovarli. Quando un documento fa parte di una collezione di do-
cumenti di genere diverso bisognerà indicare sul fianco le pagine in
cui si trova il documento catalogato. Lo stesso per i documenti che
danno un elenco di persone o di luoghi, per es., di avvocati, di Me-
dici, di ministri generali e provinciali, come i libri di professione
religiosa, di decessi, di battesimi, di nascite ecc.: bisognerà indicare
al fianco del documento la pagina o il foglio dove si trova il nome
della persona o del luogo in questione.

Nessuno sa meglio di me che le regole suesposte per la cata-
logazione degli archivi sono incomplete e imperfette e protrebbero
essere completate all'infinito perché si dovrebbe scrivere tutto un
libro per dare una esposizione completa della catalogazione degli
archivi. Ma. nel fare questa comunicazione il nostro solo scopo è
stato di dare l'ordine generale di un catalogo per soggetti di docu-
menti d'archivio, che costituisce certamente il catalogo più ‘adatto
per ritrovare facilmente e rapidamente i documenti che si cercano.
D'altra parte, da questa troppo breve esposizione risulta come nel
catalogo per soggetti, sono combinati armoniosamente tutti gli altri
tipi di cataloghi, per permettere agli studiosi di ritrovare facilmente
i documenti cercati. E noi pensiamo che se gli archivisti si sforzas-
sero di redigere un catalogo dei documenti d'archivio secondo le re-
gole generali di un catalogo per soggetti, nel quale siano combinati
armoniosamente gli altri tipi di cataloghi, renderebbero un gran ser-
vizio agli studiosi, e gli archivi, che costituiscono troppo spesso un
ammasso confuso di documenti nel quale è per cosi dire impossibile
ritrovare qualche cosa e che gli studiosi devono scorrere con una
infinita pazienza, diventerebbero una miniera preziosa di informa»
zioni e di notizie. Con il catalogo dei documenti d’archivio per sog-
getto gli archivisti procurerebbero agli studiosi uno strumento di
lavoro molto apprezzato.

Padre AMEDEO TEETAERT
L'ARCHIVIO STORICO DEL: COMUNE DI ORVIETO

“La Città di Orvieto, oltre ad offrire agli studiosi questa ricca
Biblioteca, dovuta al profondo spirito culturale e bibliofilo e. al
generoso senso civico dei concittadini Luigi Fumi e Domenico Tordi,
offre altresì ai cultori della storia politica; ed economica e di quella
del diritto pubblico e privato; un vasto e fertile campo di indagini
nell'Archivio storico Comunale che contiene, in più centinaia Co-
dici membranacei e cartacei, in più di 1600 pergamene, in miriadi
di lettere e documenti diversi, tanta parte della storia. del nostro
Comune dal secolo XII in poi.

. Della parte politica già il nostro illustre storico Conte Luigi

Fumi ha dato largo estratto e studio, sia nel suo « Codice Diplo-
matico della città di Orvieto» edito nel 1884, che contiene ben
851 documenti o regesti dal secolo XI al XV, e in più la Carta del
popolo, codice statutario del Comune di Orvieto, ricompilato nel
1325; sia nelle tante opere minori pubblicate o sul Bollettino della
deputazione della storia patria umbra, o in edizioni separate, e che
sarebbe troppo lungo enumerarle; sia nelle dotte annotazioni alle
« Effemeridi Orvietane » già in parte pubblicate dal Muratori, ma
dal Fumi completate ed illustrate nella moderna edizione Lapi-Za-
.. nichelli.
À ció é da aggiungere l'opera compiuta dal Prof. Giuseppe
Pardi colla sua «Serie dei supremi regitori di Orvieto» che per
altro merita varie rettifiche; quella del Prof. Francesco Savio su
« Rinaldo Orsini di Tagliacozzo, signore di Orvieto » ; lo studio del
Prof. Roberto Valentini su « Braccio da Montone a Orvieto » pub-
blicato nel 1923; e quelli affini del Prof. Armando Ricci ‘su Ba-
schi pubblicati nel 1913.

. Della parte economica studio amplissimo ebbe a compiere lo
stesso. Prof. Giuseppe Pardi coi suoi pregevoli lavori: «Statuti
nella Colletta del Comune di Orvieto nel secolo XIV » ; e « Catasto
di Orvieto dell'anno 1292», pubblicati nei volumi I, II, IV, X,
rn br rm

146 PRIMO. CONVEGNO STORICO UMBRO

e XI, del nominato Bollettino, anni 1895, 1896, 1898, 1904 e 1905.

Sia per la parte politica che per quella economica, oltre che
per l'artistica, preponderante, con ammirazione ricordiamo: il ser-
rato ed informatissimo studio del nostro Prof. Pericle Perali con
le sue « Note di storia topografia e arte» pubblicato nel 1919;
fonte impareggiabile di notizie preziose. |

Ma esistono ancora due campi del tutto inesplorati e certo
ricchi di sorprese. Anzitutto ‘quello epistolario specialmente caro
agli amatori di curiosità storiche. Questo è annesso alla parte poli-
tica, ed è contenuto in ben ottantotto pacchi. L’ingente numero
di documenti non si trova in condizioni allettanti. L'ordinamento
é incompleto e in genere limitato alla indicazione dell'annata che
complessivamente le raccoglie; alcune soltanto riviste particolarmente
o interpretate dal Fumi. Alcuni pacchi sono riuniti per luogo ed
ufficio; più pacchi sono illeggibili.

Nel breve tempo che ho ‘funzionato come conservatore di quel-
l'Archivio ho potuto appena provvedere a sottrarle ad ulteriori danni
riponendole in scatole chiuse, mentre antecedentemente erano con-
tenute in cartelle aperte, ed erano perció in preda alla polvere che,
stante le cattive condizioni dell'ammattonato, domina sovrana non
gradita in questo Archivio. Con tutto ciò io ritengo che un ama-
tore, che sia anche indefesso nel lavoro, potrà raccogliervi messe
di non lieve. valore storico. |

‘Ma dove poi lo studio critico dei competenti nel diritto tro-

verà indubbiamente esteso campo di indagini con messe proficua,
é nella parte giudiziaria, che colma due scaffali completi, equiva-
lenti a quelli che contengono le parti politica ed economica e che
e stata del tutto inesplorata.
A questo punto non posso tacere della nd importanza sto-
rica del nostro Archivio notarile, le cui annate più antiche andreb-
bero allegate al nostro Archivio storico comunale, al quale giove-
rebbe assai anche l'annessione di quello dei conti di Baschi, pro-
prietà del concittadino comm. avv. Gaddi, e di quello dei conti
di Montemarte, proprietà del venerando socio conte Ansidei di
Perugia.

Ma tutto ció non potrà essere compiuto; non potrà essere po-
sto in quella luce che merita; non potrà essere giovevole agli stu-
diosi; non potrà nemmeno essere conservato ad onore della nostra
città, se non si addiverrà da parte del Comune di Orvieto, oppor-
tunamente sussidiato e sorretto dai Superiori Uffici, alla nomina di
PRIMO CONVEGNO STORICO UMBRO 147

un impiegato competente e laborioso, che prosegua quel lavoro ‘di
interpretazione, trascrizione o regesto, e di ordinamento, che il nostro
storico Luigi Fumi condusse tanto avanti; e quella modesta opera
di catalogazione con applicazione di numeri di matricola e di schede
di collocazione che io impresi a compiere, ma che per la malattia
-sopraggiunta ho dovuto lasciare incompleta.

GERABELTO BUCCOLINI

X"

--
L'ARCHIVIO DELL'OPERA DEL DUOMO DI ORVIETO |

L'Archivio dell'Opera del Duomo di Orvieto racchiude il com-
plesso degli atti e la documentazione amministrativa di questo sin-
golare Istituto creato sulla fine del sec. XIII dal Comune Orvie-
tano per affidargli la ordinaria soprintendenza alla costruzione e
manutenzione del. monumento e la gestione del vasto patrimonio
pervenuto alla Fabbrica dalla liberalità dei cittadini, riservata allo
stesso Comune la trattazione dei problemi più gravi. Per questo
fatto l’Archivio dell'Opera ha un riscontro ed un completamento
in quello del Comune per la ricostruzione storica del Monumento,
nelle sue vicende e nei suoi molteplici aspetti; mentre l'amministra-
zione dei possedimenti, fra i quali i castelli di Prodo, Sala e Be-
nano, dove alla cura dell'azienda agricola andava congiunto l'eserci-
zio della giustizia civile e criminale, può offrire agli studiosi una
ricca messe di notizie e di dati nel campo della vita comunale e
villereccia orvietana, come in quello dei fenomeni economici e so-
ciali dei secoli passati. :

L'importante materiale dell'Archivio, dopo un primo ordina-
mento datogli negli ultimi decenni del secolo scorso dal Fumi, é
stato catalogato nella parte piü antica, con ampla esegesi, dal sac
Alceste Moretti, il quale ebbe anche la cura di ricondurre all'Opera
documenti fuorviati nell'Archivio del Comune. L'ordinamento del-
l'Archivio corrisponde al metodo di registrazione ed al sistema com-
putistico tenuto costantemente dall'Opera del Duomo. Esso è di-
viso nelle seguenti categorie:

Riformanze, deliberazioni ed istrumenti; dal 1373 al 1575.

Memorie, appunti e ricordi presi giornalmente dai Camerlen-
ghi; dal 1353 al 1755.

Camerlenghi, libri di entrate e spese; dal 1321 al 1647. Lo stu-
dioso, scrive il Moretti, può trovarvi le più importanti notizie ri-
guardanti gli artisti e le opere che hanno illustrato ed arricchito il
nostro monumento. Vi si segue passo passo ‘lo svolgere dell’opera
artistica del Duomo medesimo durante i secoli.

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PRIMO CONVEGNO STORICO UMBRO 149

Cassieri, o computisti, i quali, come fu deliberato nel 1553,
dovevano tenere il Giornale, « dove giornalmente s'habia da scri-
vere tutte le faccende et acti che li passeranno per le mani et intrata
et uscita»;

il Quinternuccio longo, «dove se habi da notare et scrivere
tutto il minuto et cose straordinarie » ;

— il Libro grosso; o mastro, et quale s'habi da EA. il
Giornale e il Quinternuccio ».

Questa serie è ininterrotta dal 1505 al 1767, dopo la qual epoca
si hanno volumi d’amministrazione fino al 1863.

Seguono Statuti, Testamenti, Istrumenti, Restauri, Cause, Culto,
Varietà.

Libri corali, in lieve numero, e purtroppo manomessi con espor-
tazioni di miniature.

Pergamene, fuori delle posizioni, in numero di 127, la maggior
parte di origine pontificia.

Il materiale non catalogato dal Moretti, è susseguente alle epo-
che citate, è raccolto in numerose cartelle, suddiviso per materie.
Esso però attende tuttora un ordinamento definitivo e una esatta
catalogazione.

Notevole è una raccolta di lettere in ‘filze, dall'anno 1568 al-
l'anno 1866, divise in Lettere, Iura, Supplicationum, Diverse. Il loro
argomento abbraccia tutti i rami dell'attività dell'Opera del Duo-
mo: dai problemi di arte agli interessi della proprietà terriera, dalla
nomina dei chierici e dei musici ai rapporti con gli artisti operanti
nel Duomo. Vi è ‘frequente il nome e la mano del Mochi, del Mu-
ziano, dello Scalza, del Nebbia, degli Zuccari.

Segue infine la parte moderna e recente, la quale non può of-
frire allo studioso lusinga di tesori ignorati, ma può non esser priva
di interesse per chi ami di seguire fino al giorno di oggi le fortune
or liete or tristi del prezioso monumento.

AllArchivio é annessa una piccola biblioteca, originata da una
donazione del sen. Giuseppe Bracci, il quale genialmente aveva cu-
rato una raccolta di pubblicazioni e manoscritti di autori orvietani,
o riguardanti Orvieto, il suo territorio, la sua storia. La raccolta fu
proseguita per alcuni anni dal Presidente dell'Opera Carlo Franci,
il quale ebbe la fortuna di poterla arricchire di vari manoscritti
provenienti dalla Biblioteca Piccolomini, studi di cronaca, arte ed
araldica orvietana, dovuti a Carlo Cartari e ad altri nobili orvie-

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150 ; PRIMO CONVEGNO STORICO UMBRO:

tani del sec. XVII, presso i quali il culto delle discipline storiche
era tradizione.

Presso l'Archivio è infine depositata la raccolta di libri e di
pubblicazioni dell’Accademia « La Nuova Fenice »: una associazione
che ebbe alcuni anni di vita attiva e prosperosa, costituendo in Or-
vieto un centro notevole di coltura storica, letteraria, artistica, ma che
purtroppo decadde ed ebbe fine con la mancanza del suo fondatore
ed animatore, Luigi Fumi. |

LUIGI PETRANGELI
di IL COLLEGIO DELLA MERCANZIA DI PERUGIA
c E IL SUO ARCHIVIO

Una storia del Collegio della Mercanzia perugino metterebbe in
— .-. luce, nei primi secoli della sua esistenza, fin quando la Corporazione
ES. riuni coloro che effettivamente praticavano la'rte della mercatura e
disponevano sull'esercizio della medesima, lordinamento economico

E e giuridico di questa attività, delle principali nella vita sociale del- i
E lanticoo Comune, e alla quale esso in buona parte doveva la sua
È prosperità.

Anche dopo che, col declinare del governo popolare e il venir
meno della funzione politico-amministrativa avuta nel Comune dalle
Corporazioni delle Arti, questa della Mercanzia, trasformatasi defi-
nitivamente in istituto di carattere aristocratico accogliente tra i suoi

bi: membri solo soggetti di comprovata nobiltà, rimase tuttavia investita
fi di qualche pubblica attribuzione, può tornare storicamente meritevole
E di seguirne le vicende. Giacché, oltre a quanto concerne quelle pub-
E. bliche attribuzioni, pure in altri campi, di cultura, di beneficeaza,

d'opere di civico vantaggio, la sua. esistenza restò sempre a stretto
E- contatto cogli interessi cittadini.
In mancanza di un vero e proprio studio storico-documentario :
EO sul Collegio, alcune notizie di esso si possono per ora leggere nelle
pubblicazioni in 'fondo elencate.
Ma gli Atti conservati nel suo Archivio avrebbero dovuto es-
sere la fonte principale per rintracciarne la storia, se questo ci fosse
stato tramandato integro; il che purtroppo non é avvenuto.

Pur non potendo precisare l'epoca della sua origine, la Corpo-
razione dei Mercanti risulta la prima volta in un documento del
1218, ed à la prima menzione documentaria delle Associazioni delle
Arti in Perugia. La funzione economica della Corporazione mer- 152 PRIMO CONVEGNO STORICO UMBRO

cantile veniva a porla, sin dagli inizi, al primo posto tra le Arti
del Comune. Il documento in parola è un accordo stipulato nel
Marzo di quell’anno tra il Console dei Mercanti di Perugia, in
rappresentanza di questi e del Comune stesso, e 1 Consoli dei Mer-
canti e delle Arti della Lana e della Seta di Firenze.

| I Consoli dei Mercanti si trovano a compiere atti di governo
della Città accanto al Podestà e al Capitano del Popolo. E' la Cor-
porazione dei Mercanti, seguita dappresso dall'altra dei Cambiatori,
che apre la via alla istituzione di quella Magistratura comunale del
Consolato che funziona in modo stabile fino al secolo XIV, com-
posta di cinque membri appartenenti alle Arti, ed eletti dai loro
Rettori riuniti in assemblea, uno per ciascuna porta della città. I
Mercanti vi avevano sempre due posti, uno i Cambiatori, e gli ul-
timi restavano alle altre Corporazioni. Quando nel secolo XIV al
Consolato succede il Priorato, composto di dieci membri, la Mer-
canzia conserva sempre due posti.

Reale espressione degli interessi di un'arte e dei suoi esercenti,
della Corporazione relativa soltanto chi praticava l'arte poteva farne
parte. Criterio che però non rimase anche in principio, almeno di
fatto, rigorosissimo. Il trovare poi fin dal secolo XIV inscritti alla
Mercanzia anche dei Nobili, si spiega colla cirrcostanza che l'eser-
cizio della mercatura non era ritenuto incompatibile con lo stato
nobiliare. Per un esempio, i discendenti del grande . Giureconsulto
Bartolo, famiglia cosi nobilitata dai privilegi concessigli dall'Impe-
ratore Carlo IV, esercitavano 1a mercatura.

Un mutamento profondo, per quanto riguarda l'ammissione al
Collegio della Mercanzia, e di conseguenza anche nelle sue funzioni,
si produsse dopo l’entrata vittoriosa di Braccio Fortebracci in Pe-
rugia, nel 1416, e la sua proclamazione a Signore della Città, in cui
vennero riammessi i nobili fuorusciti. Perché potessero avere ‘an-
ch'essi adito alle Magistrature cittadine, a cui si accedeva attraverso
l'appartenenza ad un'Arte, i Nobili furono inscritti in vari Collegi,
ed entrarono di preferenza in quelli più cospicui della Mercanzia e
del Cambio; finché nel secolo XVII, divenuti in questi l'assoluta
maggioranza, giunsero a far riservare esclusivamente alla loro classe
il diritto di appartenervi. Anzi il criterio di ammissione era così
rigoroso che l’appartenenza a uno dei due Collegi costituiva indi-
scutibile prova di nobiltà.

Dopo la soppressione delle Corporazioni delle Arti, avvenuta
col regime repubblicano della fine del secolo ‘XVIII, e la cessazione
PRIMO CONVEGNO STORICO UMBRO 155

di ogni loro ingerenza nella costituzione municipale, compiutasi sotto
la restaurazione pontificia, (col «Motu-proprio » di Pio VII del
Luglio 1816 sulla organizzazione dell' Amministrazione pubblica), ces-
sate ragioni economico-amministrative e pubbliche finalità per. con-
tinuare l’esistenza degli antichi Collegi delle Arti, quelli della Mer-
canzia e del Cambio tuttavia rimasero con compiti loro propri, ed
ancor oggi sussistono, dopo essere state dichiarate Opere Pie.

E fu fortuna: si conservarono| così con tutto il decoro e la cura
le loro sedi, gemme del patrimonio artistico cittadino; si conser-
varono le Matricole, capilavori della miniatura di scuola locale; si
compirono mercè loro tante altre realizzazioni nel campo della be-
neficenza, della istruzione, del prestigio civico. Mentre gli oggetti
d’arte, i documenti, le memorie degli altri Collegi andarono distrutti
Oo dispersi, quelli delle due Corporazioni maggiori sono rimasti al-
l'ammirazione nostra. Il Bancone del Collegio dei Notari fini per
banco di lavoro in una bottega da calzolaio; e fu il Nobile Colle:
gio della Mercanzia che riprese e restaurò il bell'esemplare della no-
stra arte d'intaglio e intarsio del legno; ed è attualmente nella sala
d'udienza della Mercanzia.

Le Matricole, preziosi cimeli storici delle antiche Corpora-
zioni artigiane e spesso stupendi lavori di miniatura (considerate come
proprietà privata degli ultimi appartenenti alle Corporazioni, men-
tre essendo queste Enti di diritto pubblico, con la loro cessazione
tutto il loro patrimonio avrebbe dovuto essere rivendicato dallo
Stato) furono tutte disperse, vendute e magari distrutte.

Il Comune poté riaverne alcune o per acquisto o per dono;
molte ne ha comperate in pubbliche vendite la Biblioteca del Senato
e si trovano là. Altre sono andate a finire in raccolte pubbliche c
private; e molte infine, sono tuttora vaganti per il mondo e se n'è -
perduta la traccia.

Le Matricole della Mercanzia che sono tre, rispettivamente del
1325, del 1556 e del 1599, costituiscono i capi più preziosi dell'Ar:
chivio del Collegio, nel loro duplice aspetto: storico di statuti del-
l'Arte ed elenchi degli ‘inscritti; e artistico, pel quale possono senza
dubbio annoverarsi, insieme a quelle del Collegio del Cambio, tra
1 più notevoli esemplari dell’abilità squisita dei nostri miniatori. Le
rappresentazioni sacre ed emblematiche dei Rioni che precedono gli
iscritti per le cinque Porte della città vi raggiungono la più bella,
ricca ed insieme equilibrata fattura di disegno, di colore. Quel par-
ticolare fascino che raccolgono le antiche miniature, nella minuzia
154 PRIMO CONVEGNO STORICO UMBRO

sottile di raffigurazione, nel loro splendore di oro e di tinte vivaci,
armonicamente fuse nell'immagine quasi di un piccolo e perfetto
quadro, emana da questi minuscoli capi d’opera, intero ed amma-
liante.

afe afa
IY.

Antichità ed importanza della Corporazione danno subito a pre-
sumere quale copioso materiale documentario si fosse dovuto, nel
-corso dei secoli, accumulare presso la sua sede a costituirne l'ar-
chivio.

Purtroppo, si é detto, non ne resta che poca parte. Nulla per
il secolo XIII; per il seguente restano le Matricole: storicamente
importanti nella doppia specie di documenti che contengono: le Co-
stituzioni dell'Arte e gli Elenchi degli appartenenti alla Corpora-
ne. Se mancasse questo materiale, poco ora si potrebbe sapere dei
primi secoli, giacché le nltre carte che esistono sono tutte assai più
tarde.

Premura però di conservare ordinati i propri atti non deve
essere mancata nei Consoli e nei componenti: del Collegio.

Nella « Matricula illustrissimi Collegi. Nobilium vulgo della
Mercanzia Augustae Perusiae, edita ‘Anno Domini MDCCIV » la
Rubrica LXXIII, « De Scripturis in Archivio Artis conservandis »
così dice:

« Quia in Domibus Artis nostrae in P.S.A. adest Archivium
.«in quo conservantur non solum scripturae et Libri Mercatorum,
«aliorumque Artificum, et aliarum Artium operantium, verum etiam
«Scripturae ad Tribunal dictae Artis, ad officium Annonae dictae
« Civitatis, et ad Almam Domum Sapientiae Novae spectantes. Ideo
«hac praesenti constitutione Archivium praedictum sub cura, et cu-
«stodia Notariorum Artis Nostrae existens, omnino cum diligentia
«custodiri volumus, mandamusque, quod etiam in futurüm omnes
«'faciendae ad Artis Tribunal Mercatores aliosque Artificem, et
«faciendae ad Artis Tribunal Mercatoreso aliosque Artificem, et
«officium Annonae, Sapientiam Novam et Montem Consulinum de
«novo erectum spectantes, cum expeditae fuerunt de tempore in
« tempus, in eodem Archivio ordinatae reponantur, et perpetuis fu-
«turis temporibus in eo ad publicum beneficium, perpetuamque re-
«rum gestarum memoriam conserventur ».

. . Si deduce da detta Rubrica come l'Archivio del Collegio rac-
cogliesse atti da ripartirsi nelle seguenti categorie:

EC
E:
qu

"cmm
?RIMO CONVEGNO STORICO UMBRO 155

Atti relativi all'amministrazione e alle funzioni specifiche del-
l'Arte - Atti giudiziari del Tribunale speciale del Collegio - Atti
dell'Ufficio dell'Annona - Atti della Sapienza Nuova - Atti del
Monte Consolino.

Dalle Costituzioni proprie del Collegio, dagli Statuti Munici-
pali, risulta quali fossero le sue attribuzioni politico-economiche,
quindi di quale natura dovesse essere la prima sezione documentaria.

Il Collegio era poi investito di potere giurisdizionale nelle cause
tra mercanti o di materia commerciale: da cui una speciale rac-
colta di atti giudiziari. o

Riguardo all'Ufficio dell'Annona si trova disposto nella Ru-
brica LXXII della già ricordata Matricola « quod semper d.ni primi
Consules (del Collegio)... sint esseque debeant Officiales Annonae,
et abundantiae Civitatis et Comitatus Perusiae, et de numero et
officio X Officialium dictum officium eligi solitorum ». Inoltre
«quod Notarii, dictae Artis Nostrae sunt, esseque debent semper
Notarii dicti officii, ab eisque, et non ab aliis facta, et gesta ipso-
rum D.D. Officialium, et omnia ad dictum officium concernentia
scribi debent: quas scripturas conservari volumus de more cum aliis
Tribunalis et Artis Mercantiae scripturis in Archivio dictae Artis».

"La Sapienza Nuova o Collegio Geroliminiano era un istituto
fondato nel secolo XXV da Monsignor Benedetto Guidalotti per
accogliere scolari frequentanti lo Studio Perugino, ed era posto alla
dipendenza del Priore Claustrale della Cattedrale e dei Consoli della
Mercanzia (v. Rubrica LXIII della citata Matricola). Sotto Pio VII
venne trasformato in Collegio per istruzione primaria e secondaria,
donde mutò il nome da Collegio Geroliminiano in Piano. Il Go-
verno Napoleonico l'annetté all'Università; dopo la restaurazione ri-
tomó Collegio-convitto per istruzione secondaria, finché con decreto-
legge del 9 Dicembre 1915 la Sapienza Nuova fu costituita in Ente
morale aggregato all'Università, con finalità a questa inerenti.

In tale occasione il suo Archivio, già custodito presso il Col-
legio della Mercanzia, fu passato a quello Universitario.

Infine il Monte Consolino; Monte di pegni fondato nel se-
colo XVI dal Capitano Raniero Consoli, aveva tra i propri am-
ministratori anche dei rappresentanti il Collegio della Mercanzia (v.
"Rubrica LXXI della citata Matricola) presso del quale se ne con-
servavano gli atti, essendo il Notaro del Monte uno dei Notari della
Mercanzia.

La ripartizione nelle accennate categorie, del materiale archivi-

o N



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PIE NR

E: Martha dl
156 PRIMO CONVEGNO STORICO UMBRO

stico del Collegio, si trova applicata in un «Indice Generale di

Cinque Archivi appartenenti al Nobile Collegio della Mercanzia di

Perugia e posto nelle credenze delle Camere d'Udienza del suddetto

Collegio riordinato per ordine dei Nobili SS.ri Consoli l'anno 1803 »

che ci rimane.

Ci mostra quest'Indice come esistenti allora nell'Archivio Primo
»« Atti giudiziari dal 1400 al 1797 inclusivo ».

Tale materiale oggi non esiste più; è andato quindi perduto
tutto entro il secolo scorso.

L'Archivio Secondo conteneva «Libri e Carte appartenenti al
Nobile Collegio della Mercanzia»; e si apprende dal sopradetto
Inventario come pure da un altro di questa sezione d'Archivio, or-
dinato nel 1799, e che si conserva, come i documenti amministra-
ivi tuttora in quell'epoca esistenti, rimontassero al 1353. Oggi invece
ilpiü antico libro di amministrazione che ci resti, comincia dal 1547.
Dei libri di «Istromenti», il primo allora indicato è del 1502;
oggi invece il primo è del 1529. Dai confronti che possono farsi
si scorge quindi quanto, pure in quest'altra sezione d'Archivio, sia
;andato perduto.

L'Archivio Terzo: «Libri e Carte appartenenti al. Pio Monte
Consolino », costituisce tuttora una notevole raccolta documentaria.

L'Archivio Quarto: «Libri e Carte appartenenti al Collegio
della Sapienza Nuova », come già si è detto, è passato all'Università.

| L'Archivio Quinto: «Libri e Carte spettanti all'Annona Fru-
mentaria e Abbondanza» appare rimasto più integro degli altri.

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Tutto quanto si è potuto raccogliere dell’antico materiale archi-
vistico, proseguito dagli atti più recenti del secolo XIX e corrente,
è stato ripartito e ordinato in un Inventario, di cui il prospetto se-
guente dà lo schema sommario di divisione.

1. - Archivio proprio del Collegio della Mercanzia:

A) - Matricole, (1323, 1356, 1599).

Pergamene, (1361-1788).
- Amministrazione.
- Istromenti.
Adunanze.
Carteggi e scritture amministrative.
- Diverse.
Archivio del Monte Consolino.
PRIMO CONVEGNO STORICO UMBRO

- Archivio del Monte Candione.

- Atti di vari Enti:

A) - Arte del Macello.

B) - Ecclesiastici.

C) - Passaggi di truppe Spagnole.

V. - Archivio dell'Abbondanza.

Se si può rammaricare che molto del primitivo materiale siz
andato perduto, anche nell'attuale sua consistenza, l'Archivio è sem-
pre interessantissimo per la storia cittadina.

Non può in ogni caso essere fatto addebito alle autorità del Col-
legio della dispersione di tanti dei propri atti. Le disposizioni già
ricordate, i vecchi Inventari, dimostrano come di esso venisse fatta
ricognizione a scopo conservativo.

Un momento sfavorevole alla sussistenza dell'Archivio fu cer-
tamente quello della soppressione dei Collegi, sulla fine del secolo
XVIII e sul principio del XIX; specialmente l'epoca napoleonica.
. Colla destinazione della sede della Mercanzia ad altri uffici gover-
nativi, colla obbligata consegna dei propri atti; col passaggio del-
lamministrazione del patrimonio ad autorità diverse da quelle che
erano state proprie del Collegio, la suppellettile archivistica non
poteva, inevitabilmente, non subire manomissioni e dispersioni. Di-
fatti l'Inventario già rammentato del 1803 dimostra ancora la pre-
senza d’un complesso di documenti che poco più tardi non si ritro-
veranno più.

E se degli Archivi, così di questo della « Mercanzia » come del-
l’altro del Collegio del « Cambio» ancora tanto ci è giunto, lo si
deve alla circostanza della loro: continuata esistenza come enti a sé,
lino ad oggi mentre nulla ci è rimasto degli Archivi delle altre
Corporazioni delle Arti tranne le Matricole potute ricuperare.

Nell'Archivio vero e proprio del Collegio, senza dire delle « Ma-
tricole », che restano sempre il documento fondamentale per cono-
scere l'organamento dell'attività mercantile dell'antico Comune, dalle
« Pergamene » si traggono particolarmente notizie sullo Spedale del-
lArte: contributo a ricostruire, per la Mercanzia, l'originaria fun-
zione di beneficenza delle vecchie Corporazioni, costituente loro non
ultima finalità, accanto all’azione economica, e a quella politico-am-
ministrativa.

Tutte le Corporazioni avevano il loro Ospedale, luogo non pro-
prio come lo si intende oggi, appositamente di cura per gli infermi,
ma: di ospitalità per pellegrini che tanti nei remoti tempi passa-
158 PRIMO CONVEGNO STORICO UMBRO

vano per la città nostra, una delle vie per Roma, nei lunghi e diffi-
cili viaggi d'allora e che naturalmente erano trattenuti e curati nel-
l'Ospedale se cadevano ammalati.

Questa funzione caritatevole era esercitata dalle Corporazioni in
appositi locali, di cui alcuni sono ancora identificabili. Il Collegio
della Mercanzia che l'aveva nel Borgo S. Angelo, ha proseguito
. fino ad oggi quest'opera benefica col suo Dormitorio pubblico.

Dai « Registri di Amministrazione » vengono fuori, fra le tante,
notizie sulle opere d’arte che adornano la Cappella di S. Bernardino
in Duomo, già in parte rilevate e pubblicate; dal « Carteggio » che
porta anche firme di personaggi massimi, notizie le più svariate,
pure su fatti cittadini.

Il Collegio della Mercanzia è benemerito. per il culto a S. Ber-
nardino da Siena, il Santo così legato alla storia di Perugia che in
suo onore ha voluto eseguiti i mirabili monumenti che da Lui ap-
punto prendono il nome. I Registri della Mercanzia contengono
partite e notizie sul finestrone di Arrigo Fiammingo e sulla stupen-
da Deposizione del Barocci; dalla corrispondenza é venuto in luce
il retroscena del gesto prepotente con cui il Cardinale Scipione Bor-
ghese privó Perugia della Deposizione di Raffaello. |

Dai verbali di « Adunanze» come dagli « Istrumenti » nota-
rli, come dalle più diverse carte delle altre posizioni d'Archivio,
particolarmente distribuite sotto le partizioni generali, balzano sem-
pre fuori, anche incidentalmente, elementi che possono fermare l'at-
tenzione dello storico cittadino; trattandosi di un ente che dà i capi
al civico Magistrato, e che raccoglie e rappresenta, insieme all'altro
del Cambio, la classe sociale preminente nell'ordinamento pubblico
e civile.

La Mercanzia dava di diritto sempre due dei suoi membri éome
Priori al Magistrato cittadino; pure sul funzionamento di questo
ci offre pertanto elementi e notizie l'Archivio. Anche il periodo re-
pubblicano della fine del secolo XVIII, con le vicende che subì
il Collegio, è illustrato dai relativi documenti che lo riguardano.

L'Archivio del « Monte Consolino » e del « Monte Candione »
possono. interessare a chi voglia seguire nel loro. minuto funziona-
mento queste istituzioni di credito su ‘pegno, fondate col benefico
intento di liberare i poveri dall'usura, e di cui più di una ebbe vita
in Perugia, dopo e accanto al Monte di Pietà, il primo che finora
storicamente risulti sia sorto di simili istituti. La fusione che av-
venne del Monte Consolino con l'antico Monte di Pietà restò con-

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PRIMO CONVEGNO SIORICO UMBRO

159

sacrata dal nome che all'ente fu dato di « Monte di Pietà e Con-
solino ».

Esistono nella attuale raccolta dell'Archivio degli Atti dell’« Arte
del Macello », fortuitamente pervenutivi e rimastivi. Rappresentano
essi un resto superstite dei documenti di quella Corporazione, an-
dati, tranne la Matricola che trovasi nella civica Biblioteca Augusta,
perduti; donde un loro particolare valore.

D'altre scritture, non attinenti all'amministrazione del Collegio,
le quali meritavano di essere elencate a sé, esiste un volume relativo
ad una Tassa Strade attribuita agli Ecclesiastici; ed un altro conte-
nente il-resoconto ufficiale di due passaggi per Perugia di truppe
Spagnole nel secolo XVIII, e che forma un interessante capitolo
di cronistoria cittadina.

Viene infine l'Archivio dell'« Abbondanza », che per quanto non
abbia che poche carte del sec. XVI, e il resto sia posteriore, pure
costituisce, per i secoli XVII e XVIII, un'ordinata serie degli atti
essenziali per conoscere il funzionamento del Servizio Annonario
della città, e rievocarlo nei suoi aspetti economici e amministrativi.

Sotto più riguardi quindi, l'insieme del materiale archivistico
del Collegio rappresenta un tutto che, conforme l'importanza avuta
dal Collegio della Mercanzia nella storia Perugina, utilmente si ag-
giunge alle fonti documentarie della storia stessa.

E - non sembri un paradosso - se l'Archivio, come tutti gli
Archivi, interessa per quello che oggi c'é, interessa anche per quello
che non c'è più; ma si può rilevare da elementi certi tratti dal com-
plesso archivistico stesso o da altre fonti, che un tempo c'era. La
ricostruzione ideale di un Archivio, dovrebbe sempre essere fatta,
dopo la ricognizione e l'inventario del materiale presente. E' l'esi-

stenza, l’attività dell'Ente, che ne vengono insieme ricostruite e ri-
vissute.

RAFFAELE BELFORTI

BIBLIOGRAFIA SUL COLLEGIO DELLA MERCANZIA, ISTITUTI DIPENDENTI
E LE OPERE D'ARTE CHE POSSIEDE,

1. - Ansipei V., « Le Miniature alla Mostra d'Antica Arte Umbra ». Estr. da
« Augusta Perusia ». (Perugia 1907 Un. Tip. Cooperativa).

2. - BarsERI U., «Il passaggio delle truppe Spagnole a Perugia nel 1734 e
nel 1742 ». In Bollettino della R. Deputazione di Storia Patria dell'Um-
bria, vol. XXXV.
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10.

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12::
156

14:

160 PRIMO CONVEGNO STORICO UMBRO

-* BeLroRTI R., Come scomparve da Perugia la « Deposizione » di Raffael.

lo; in « Perusia », Anno VII 1955 N. hus

. - BiaNcowt .L., « Brevi memorie sulla fondazione e vicende del Collegio Pia-

no o Sapienza Nuova di. Perugia». In « Giorn. Scient. Lett. Agr. di Pe-
rugia », N. S. Vol. II e IV, 1857, 1859.

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1909, Vincenzo Bartelli e (CIR

- Bonocore G., « Collegio Pio della Sapienza. Relaz. del Comm. Straord. »,
(Perugia 1916 Stab. Tip. Donnini).

- BricanTI À., « Le Corporazioni delle Arti nel Comune di Perugia. (Sec.
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xs Catalogo della Mostra di Antica Arte Umbra, edito a cura del Comitato

esecutivo. Perugia Aprile-Ottobre MCMVII. (Perugia 1907, Vincenzo Bar-
telli).

- Dseui Azzi G., « Il Collegio della Mercanzia - Ricerche | storico-artistiche ».
(Perugia 1901 Domenico Terese Editore).

- Gnorr U., «L'Arte Umbra alla Mostra di Perugia ». (Bergamo 1908
Istituto It. d’Arti Grafiche).

- LuparreLLi A., « Memorie sulla fondazione e sulle vicende del Collegio
della Sapienza in Perugia ». (Perugia 1880, Tip. V. Bartelli).

- MarcHesi R., «Il Cambio di Perugia. Considerazioni storico-artistiche »
(Prato 1856, F. Alberghetti).

- Mariotti A., « Spoglio delle Matricole dei Collegi delle Arti di Perugia ».
Ms. N. 1230 della Biblioteca Comunale « Augusta» di Perugia.

- Matricula Illustrissimi Collegii Nobilium vulgo: della Mercanzia Augustae
Perusiae, edita Anno. Domini MDCCIV (Perusiae, apud Costantinum).

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L'ARCHIVIO DELLE OPERE PIE
DEL COMUNE DI FOLIGNO

Foligno, al pari di ogni altra città di larghe risorse economiche
e di sentita religiosità, creò, attraverso i secoli, non pochi istituti di
beneficenza, che in parte ancora sopravvivono. Allorché, dopo il 1860,
avvenne la concentrazione dei vari istituti nella Congregazione di
Carità, anche il materiale archivistico sopravvissuto dei singoli isti-
tuti fu radunato presso il nuovo Ente, di cui seguì, certamente con
non piccolo danno, i numerosi trasferimenti di sede. Ultimamente
questo materiale si trovava in un locale buio ed inaccessibile allo
studioso, presso l'Ente Comunale di Assistenza, da cui, per interes-
samento del Sig. Podestà, Cav. Uff. Federico Sorbi, ho potuto por-
tarlo al Palazzo Trinci, in una camera ben arieggiata e luminosa e
di facile accesso, attigua all'Archivio Notarile. Quivi, sistematolo

Jin comodi scaffali, e dispostolo per ordine cronologico, ho incomin-

ciato a compilarne l'inventario. « Per incidens » ricordo che nel me-
desimo Palazzo Trinci, con tanto amore ed intelletto restaurato sotto
la Direzione della Soprintendenza ai Monumenti dell'Umbria, hanno
decorosa sede, oltre la Biblioteca e la Pinacoteca Comunale, anche
l'Archivio Notarile Distrettuale e l'Archivio antico del Comune, a
cui, in questi ultimi anni, sono stati aggiunti l'Archivio dell'ex Co-
mune di Valtopina e l'Archivio privato di Mons. Michele Faloci-
Pulignani. Il riordinamento di questi ‘fondi archivistici è stato dili-
gentemente curato dal Prof. Ottorino Montenovesi ed avendo il
Comune apprestata sede e scaffalatura più che decorosa, ci sembra
che null’altro abbia a desiderarsi a questo riguardo, se non, come
segnalava il sullodato Prof. Montenovesi nella sua relazione al Po-
destà di Foligno nel settembre del 1936, un conveniente restauro a
qualche documento e codice, nonché una più razionale conservazione
delle pergamene, tuttora piegate e pigiate in custodie poco adatte.
Inoltre sarebbe da compilarsi un indice un po’ particolareggiato per
soggetti atto a facilitare la ricerca dello studioso. Il nuovo materiale 162 : PRIMO CONVEGNO STORICO UMBRO

che ora é stato aggiunto non é che una piccola parte di quello. che
deve essere appartenuto agli istituti di beneficenza di Foligno e che
forse é da sperare non sia del tutto irrimediabilmente perduto. Non
abbiamo notizia che, dopo la concentrazione, né subito né in pro-
sieguo di tempo, sia stato fatto mai un'inventario qualsiasi. Molti
libri e registri recano segni evidenti dell'incuria e dei volontari dan-
neggiamenti cui andarono soggetti: volumi squarciati, macchiati e
corrosi dalle acque, copertine di pergamena, rivestimenti di cuoio ta-
gliati e asportati. Vogliamo sperare che la nostra modesta fatica valga
a preservare da ulteriori iatture queste venerande reliquie che, pur
non essendo di eccezionale importanza, possono riuscire sempre utili
al ricercatore delle memorie e della vita del passato.

Ed ora ecco una breve notizia del materiale repertato e dei vari
istituti a cui esso si riferisce.
1) Ospedale.

Sino al principio del secolo XVI esistevano a Foligno nume-
rosi ospedali, di cui non sapremmo dire quanti fossero riservati uni-
camente agli infermi. Secondo il Jacobilli sarebbero ascesi al nu-

mero di nove, alcuni dei quali erano già stati incorporati, quando

negli ultimi anni del secolo XV fu fatta la concentrazione (confer-
mata poi con breve di Giulio II del 1510) di tutti nell'unico ospe-
dale di S. Giovanni Battista o della Pietà, che fu fondato nel
Sec. XV e che sino alla metà del secolo scorso ebbe sede al corso
Cavour nell'edificio che è attualmente adibito ad uso di scuole.

Il fondo archivistico che rimane riguarda solamente l'Ospedale
di S. Giovanni Battista. S'inizia con l'anno 1420 e giunge sino al
1915. Sono 223 numeri, codici e ‘fascicoli cartacei quasi tutti rilegati
e per la maggior parte in buono stato. Sono prevalentemente libri
di amministrazione. Qualcuno porta cople di testamenti, ricordi e
lettere. Non manca qualche ricettario dei secoli XVII e XVIII utile
per la storia della medicina. Il movimento interno dell'Ospedale per
qualche anno, é possibile seguirlo attraverso alcuni registri che se-
gnano gl'infermi entrati, gli usciti e i deceduti.

2) Orfanotrofio femminile.

Si chiamó in origine « Conservatorio delle povere orfane» e
se ne deve l'erezione al sacerdote bevanate D. Felice Angelico Testa
il quale, nel febbraio del 1715, riusci ad aprire una casa per le or-
fane nell’ex ospizio dei Pellegrini. Dal 1820 circa l'Istituto risiede
nell'ex Monastero Benedettino della Croce. Per molto tempo la di-
rezione dell'Orfanotrofio fu affidata alla Congregazione delle Oblate
PRIMO CONVEGNO STORICO UMBRO 165

Filippini. Oggi è retto dalle Suore di S. Vincenzo de’ Paoli. Dap-
prima l'istituto si mantenne quasi esclusivamente con le elemosine
dei privati e il ricavato dei lavori delle Oblate e delle ricoverate ;
in seguito ricevette donazioni e legati.

L'archivio conserva n. 38 fra codici e fascicoli cartacei che vanno
dal 1713 al 1912, in gran parte di contenuto amministrativo. Da
ricordare sono due codici cartacei contenenti la vita del Fondatore
e il processo preliminare per la sua beatificazione, essendo egli morto
in concetto di santità. |
3) Orfanotrofio maschile. ;

Fu fondato nel 1825 per opera del Sacerdote folignate Arcip.
D. Simone Fongoli. Ebbe parecchie donazioni e legati. Oggi ri-
siede in locali diversi da quelli di origine ed è retto dai Padri So-
maschi. L'Archivio novera n. 37 fra codici e fascicoli di contenuto
amministrativo che vanno dall'anno 1825 al 1915.

4) Conservatorio delle donne penitenti, detto anche di S. Margherita.

Fu istituito nel 1727 dal Sacerdote D. Angelo Nocchi per la
educazione morale delle giovani traviate, per mezzo del lavoro e
pratiche religiose. Ebbe vita stentata e fini verso la metà del secolo
scorso.

Nell'Archivio vi sono solamente 5 codici di contenuto ammi-
nistrativo che vanno dal 1760 al 1834. ;

5) Ven. Compagnia di S. Martino.

Aveva un'origine molto antica risalendo al Vescovo Isidoro
Clario (1547-1555), noto anche nel campo letterario. Era costituita
da dodici fratelli, tutti nobili, sotto la presidenza del Vescovo pro-
tempore, e di un priore da eleggersi mese per mese, ed aveva l'uf-
ficio di procurare e distribuire sussidi caritativi ai poveri special-
mente infermi e vergognosi. In seguito si aggiunse anche l'opera
delle doti alle zitelle povere. Ebbe cospicui lasciti e prosperó fino
al 1862, in cui i suoi beni furono incamerati e devoluti ad altri
scopi di beneficenza.

I documenti conservati non scendono al di sotto del 1610 e
giungono al 1862, con molte lacune. Sono 52 numeri, codici e fa-
scicoli, tra 1 quali un codice molto importante di mano di Ales-
sandro Barnabó, con la storia della Compagnia dalle origini sino
al suo tempo (anno 1745), i capitoli ed altri documenti.

6) Eredità e amministrazioni varie.

Sotto questa rubrica ho.raccolto molti codici e fascicoli conte-

nenti documenti riguardanti donazioni e legati a favore dei vari isti-

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PRIMO CONVEGNO STORICO UMBRO

a parte. Ira questi sono da annoverarsi l'eredità Ugolini, l'eredità
Feliciano Iacobilli (secoli XVII e XVIII) e principalmente l'ere-
dità Piermarini. Quest'ultima è rappresentata da un complesso di
più di un centinaio di codici e ‘fascicoli, dei quali forse non è da
reputarsi necessaria l'integrale conservazione. I Piermarini gestirono
per oltre un secolo una fiorentissima azienda commerciale di colo-
niali ed altre merci ed una fabbrica di cera. Ebbero relazioni di af-
fari in ogni parte d'Italia ed anche all'estero. Interessanti sono, a
nostro credere, i 35 grossi codici di copia lettere che vanno dal
1750 al 1855, attraverso i quali, con l'ausilio dei registri di conta-
bilità giornaliera é possibile ricostruire l'attività di questa azienda,
ed avere notizie forse non prive d'importanza per la storia dell'eco-
nomia e del commercio del tempo.

7) Monte di Pietà.

Copiosissimo e quasi integralmente conservato è il fondo ar-
chivistico di questo istituto che cessó la sua attività nel 1925. Nom
posso dare il numero preciso dei codici che esso novera perché è
tuttora in via di trasferimento da un polveroso ripostiglio del Pa-
lazzo Comunale, alla camera del Palazzo Trinci a cui ho sopra ac-
cennato. Il primo libro reca la data del 1471, che è, come dirò,

l’anno dell’inizio dell'effettivo funzionamento del Monte.

L’istituzione del Monte di Pietà di Foligno ha una storia ab-
bastanza interessante, che ho fatto oggetto di un mio modesto stu-
dio di prossima pubblicazione. Se Perugia ed Orvieto menano giu-
stamente il vanto di aver per prime nel mondo realizzato una tanta
benefica istituzione, ispirata soprattutto dalla necessità di difendere
le classi umili dall’esosità dell’usura ebraica, non mancò Foligno di
seguire il nobile esempio che le veniva dalle città sorelle, ed appena
un anno dopo l'istituzione del Monte Perugino deliberava anch'essa
di ‘fondare il suo Monte (5 maggio 1463). L’incitamento a questa
deliberazione venne dal Vescovo Antonio Bettini, che dichiarò, con
un suo decreto, incorsi nelle censure ecclesiastiche i Priori e i Con-
siglieri che nel 1456 avevano stipulato ‘un capitolato di favore agli
ebrei, permettendo loro di esercitare il prestito su pegno. Per altro
circostanze speciali e difficoltà economiche impedirono che la deli-
berazione si realizzasse immediatamente. Passarono ben otto anni,
durante i quali la voce dei predicatori ‘francescani si fece spesso sen-
tire a rimprovero; e a stimolo, prima che il Monte potesse funzionare.

Possiamo dire che il vero fondatore di esso fu il celebre frate ‘

tuti di beneficenza che ebbero per un certo tempo amministrazione.

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PRIMO CONVEGNO STORICO UMBRO 165

Fortunato Coppoli da Perugia che predicò la quaresima a Foligno
nel 1466 e di nuovo nel 1471. A quasi nulla approdò la prima
volta. Ma ottimo successo ottenne la seconda riuscendo a far redi-
gere ed approvare i capitoli del Monte che ripetono in gran parte
le disposizioni di quelli del Monte di Perugia (1), e a far passare
l'istituto alla fase risolutiva.

Ed ora ci sia permesso di terminare con una sifletione per
quanto gran parte delle ‘funzioni di assistenza e di beneficenza siano,
ai nostri tempi, passate agli organi statali e civili, che ne tutelano e
assicurano l'applicazione e la continuità tuttavia nessuno potrà negare
che non si debbano rispettare e conservare quelle vecchie carte dalle
quali, con tanta luce di esempio e d'esperienza, s'irradia la carità
cristiana dei nostri padri.

d. ANGELO MESSINI

(1) Vedi O. Scarvanti, Il Mons Pietatis di Perugia, Perugia.

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SULLA FINE DEL SECOLO XIV

Giovanni Livi che nel 1899 riordinó l'archivio di Francesco
Datini, famoso mercante pratese fiorito nella seconda metà del se-
colo XIV (1335 c.-1410), citava (1), dandone solo il millesimo e
il luogo di destinazione, delle lettere provenienti da Todi. Piü tardi
il Bensa nella sua magistrale opera intitolata « Francesco di Marco
da Prato », che gli costó; venti anni di lavoro (2), accennava ai guar-
nelli di Todi che il mercante pratese commerciava.

Ma interpretando quanto indicava il Livi, credetti si trattasse
di quattro lettere, le quali poco invero avrebbero potuto pesare tra
le centoquarantamila e più che l'archivio datiniano custodisce.

Recatomi a Prato peró, la cortesia di monsignor Ballerini ar-
chivista del ceppo, e quella dell'amico Ruggero Nuti archivista co-
munale, mi permisero di constatare che le lettére di Todi erano ben
79, numero veramente rilevante se si considera che appartengono ad
un periodo relativamente breve il quale va dal 1390 al 1409. Sono
dirette a due dei vari fondachi del Datini, e precisamente a quelli
di Pisa e di Firenze. Sono di Berizio e Antonio Soldanieri e com-
pagni (3), di Banco di Banco e compagni (4), di Ceccolino di
Lello da Todi. Trattano generalmente di guarnelli e di pannilani.

(1) Giovanni Livi, Dall'Archivio di Francesco Datiti, mercante pratese, Fi-
renze, Lumachi, 1910.

(2) Enrico Bzwsa, Francesco di Marco da Prato. Milano, Treves, 1928.

(3) Di una compagnia Soldanieri (Giache Soldanieri e compagni), si ha
notizia in Firenze nel 1545 dai libri della comp. dei Peruzzi
I libri di commercio dei Peruzzi. Milano, Treves, 1950.

(4) Al tempo del tumulto dei Ciompi (1578), abbiamo in Firenze un Ban-
co Zanobi di Banco che fu gonfaloniere di compagnia per il quartiere di santo
Spirito. Negli stessi avvenimenti figura un Ludovico di Banco di ser Bartolo,
privato per dieci anni dagli uffici e sbandito. (P. Dr Santa Rosa, Storia del
tumulto dei Ciompi. Torino, Pomba, 1845).

In epoca anteriore, dal 1300 al 1545, si trovano mentovati nei libri della

- (ARMANDO SAPORI;
PRIMO CONVEGNO ‘STORICO UMBRO 107

I guarnelli sono tessuti di canapa, o secondo alcuni di canapa
mista a bambagia. Essi costituivano una specialità di Todi, e la
tradizione e il credito di tale manifattura è durata fino alla metà del
secolo decimonono. Venivano manufatti per la maggior parte con
canapa importata dal vicino territorio. di Orvieto (1). Le relazioni
col fondaco datiniano di Pisa, più di quelle con Firenze, ci dicono
che un tale prodotto era destinato all'esportazione per via di mare.

Ma in queste lettere la cosa per noi di maggior conto) è la prova
dell'esistenza in Todi, sulla £ine del secolo XIV e il principio del
XXV, di importanti compagnie mercantili corrispondenti del Datini,
il più famoso mercante dell’epoca, la cui potenza si estendeva per
mezzo di ‘fiorenti fondachi e di attivissimi agenti, in tutti i paesi
mercantili del mondo (2). Né si può pensare a circoscrivere la ma-
nifattura e la mercatura medievali di Todi fra la prima e l’ultima
data di queste lettere, le quali invece dovrebbero considerarsi come
un indice di attività varie e continuative, perché certi indirizzi della
vita economica non s'improvvisano, né possono avere un così ra-
pido tramonto.

Ma le attività economiche medievali di Todi non sono state
‘ fino ad ora studiate. I nostri maggiori storici locali tra cui, per citare

gli ultimi, il compianto infaticabile Getulio Ceci, e l'indimenticabile
perduto amico Giulio Pensi, nomi noti e cari agli studiosi umbri,
- lattivissimi intorno alla storia politica e artistica di quel Comune,
non lo furono altrettanto per la sua storia economica; la quale del
resto costituisce una tendenza accentuatasi in questi ultimi anni.

Il Ceci tuttavia nel riassumere (1890) gli statuti dei calzolai

compagnia dei Peruzzi, come soci di questa, a partire da Bancho, di Gianni
Raugi: Tani e Niccoló di Banco, e Giovanni di Banco Ricco Raugi. Nel 1558
si ha notizia negli stessi libri, di un Bancho Ducci tintore (Armaxnpo Sapori,
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Di un Banco Bencivenni mercante, si ha notizia egualmente in Firenze per
vendite di tintura di grana effettuate nel 1320 alla compagnia Francesco del
Bene e compagni. (Armanpo Sapori, Una compagnia di Calimala ai primi del
Trecento. Firenze, Olschki, 1932).

(1) Circa la canapa di Orvieto cfr. per lepoca più vicina: Gaetano NiGRI-
soLI: Rivista dei più importanti prodotti dello Stato Pontificio. Ferrara, Tad-
dei, 1857.

(2) I fondachi erano in Avignone, Prato, Pisa, Firenze, Barcellona, Ma-
jorca, Valenza, Genova. Da essi irradiavano trattazioni per più lontani paesi
dell'Asia, della Germania, d'Inghilterra, ecc. (vedi: Livi, Bensa, o. c.).

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168 PRIMO CONVEGNO STORICO UMBRO

del secolo XVI (1), accennò a quello assai più importante dei cima-
tori, del secolo XIV, che si riprometteva di pubbblicare, e nella stessa
congiuntura accennava imminente un suo studio dal titolo: «Le
arti e i loro statuti nel comune di Todi». Tutto questo ci Mancò,
ed è rimasta quindi l'impressione che in una città allora tanto fio-
rente, fossero restate aride certe importantissime fonti della vita
produttiva e commerciale. Il che è assurdo, poiché devesi ben dare
un'origine a tanta floridezza.

La mia costante assenza dalla città natale, e la mia pochezza di
fronte agli illustri maestri più sopra ricordati; non mi permettono di
promettere nulla che anche lontanamente tentasse di colmare i vuoti
da essi lasciati. Mi propongo tuttavia di pubblicare al più presto,
chiarendole dove mi sarà possibile, le 79 lettere mercantili del 1390-
1409. Non è una grande promessa, ma potrebbbe servire di stimolo
allo sfruttamento dei ricchi archivi todini, ed

eventualmente d'altri
luoghi umbri,

per lo studio della storia economica, indispensabile
alla giusta interpretazione di ogni fatto. In queste lettere inoltre, come
del resto in quasi tutte le lettere mercantili del medio evo, non
mancano accenni a cose della vita pubblica e privata del tempo.

Penso quindi che anche da questo lato potrà riuscire di qualche
interesse il farle conoscere.

ARMANDO COMEZ

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S o IL CARTEGGIO ITALIANO TRA VINCENZO CAVALLUCCI
E G. B. MORGAGNI

Non c'è scritti, disse il Tommaseo, che io più desidererei ve-
dere stampati, delle lettere degli uomini chiari per le doti dell’ani-
mo e dell’ingegno: ché quivi s'apre il campo allo studio di tempi
e allo studio del cuore umano - e G. Carducci, preludendo ai due
volumi da lui curati delle Lettere del Guerrazzi, (Livorno, Vigo,
1880 e 1882) così si esprimeva: « Un motto, un accenno, una escla-
mazione, direi un sospiro, servono, chi intenda, alla storia degli anni,
in cui vissero i grandi uomini ed alla illustrazione degli animi loro ».

Queste parole dei due grandi Italiani mi hanno fatto ritenere un
dovere di pubblicare a completamento: e a integrazione del carteggio
latino Cavallucci-Morgagni da me portato alla luce or è qualche
anno (1), il carteggio in volgare tra il Cavallucci e il Morgagni,
che le ricerche, da me compiute nella biblioteca Dominicini di Pe-
rugia e nella biblioteca ‘Augusta del Comune di Perugia, mi hanno
permesso di rintracciare.

Sono quattro lettere dettate in volgare, due dal Morgagni e due
dal Cavallucci. Anche da' questo breve carteggio esce illuminata
la biografia dei due valentuomini e l’ambiente storico in cui vis-
sero; viene riconfermata l'amicizia da cui i due erano legati, e se
ne deducono preziose notizie per la ricostruzione e l'intelligenza
delle opere a cui il Cavallucci attese, nonché delle polemiche a cui
partecipò. Mentre mi riferisco, per le notizie di carattere generale
sui due corrispondenti, a quanto scrissi nell'edizione da me fatta
dell’epistolario latino Cavallucci-Morgagni, aggiungo qui brevi no-
tizie a illustrazione del carteggio italiano.

Premetto anzitutto che le quattro lettere seguenti completano

(1) Cfr. C, Pizzi: - Lettere inedite tra V. Cavallucci e G. B. Morgagni,
con cenni introduttivi e Note. Perugia, Tipografia G. Guerra, 1956.

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170 PRIMO CONVEGNO STORICO UMBRO

il carteggio Cavallucci-Morgagni, quello almeno che è rimasto con-
servato nelle carte di Archivio e delle Biblioteche di Perugia. Ho
rovistato ‘ovunque si potesse supporre che ne rimanessero tracce
e dalle mie ricerche non ho potuto raccogliere che questo breve
manipolo di lettere.

Pubblico per la prima la lettera del Morgagni datata da Padova
il 4 Luglio 1747, conservata nel C. 17 Miscellaneo nella. Biblioteca
Augusta del Comune di Perugia. Questa lettera non ci dà notizie
di particolare rilievo, ma riconferma la schietta amicizia che inter-
cedeva tra il Morgagni e il Cavallucci.

Segue un’altra lettera del Morgagni al Cavallucci conservata nel
C. A. 71 della Biblioteca Dominicini di Perugia. Questa lettera ha

una notevole importanza per il giudizio del grande Morgagni sopra

una dissertazione del Cavallucci in materia di teologia morale che
portava il titolo: « Parere sopra la controversia tra il Padre Con-
cina Domenicano, e il Padre Benci Gesuita ».

Ferveva in quegli anni una vivace polemica tra la scuola dei
Gesuiti e la scuola dei Domenicani nel campo della Teologia Mo-
rale. Il P. Benci S. L, contro il P. Concina Domenicano, aveva
espresso il parere che certi atti da lui chiamati subimpudici, spe-
cialmente se scevri dia prava affectio e da cattiva intenzione, pote-
vano essere ritenuti immuni da colpa grave. Il Cavallucci basandosi
sull'autorità delle SS. Scritture nonché sul giudizio di Ippocrate
(regi àvüoGv) e del Somenzi, che avevano sostenuto lo stretto rap-
porto anatomico tra alcuni organi del corpo umano, si era schierato
decisamente nella sua dissertazione contro l'asserto del P. Benci,
Il Morgagni alla luce delle nuove scoperte dell'anatomia poté far
giustizia delle asserzioni di Ippocrate e del Laurenzi, e venendo a
toccare la questione teologica fece alcune riserve al parere sostenuto,

dal Cavallucci. Al Morgagni replicò il Cavallucci (lettera. III) che :

difende con nuovi argomenti il punto di vista teologico da lui so-

stenuto nella sua dissertazione. Sappiamo che anche il Muratori ap-

provó la dissertazione del Cavallucci (1).

In queste due lettere troviamo anche ricordato il Facciolati Ia-
copo di Padova, polemista e glottologo, che con l'aiuto del Forcel-
lini corresse il Calepinus septem linguarum e diede impulso al nuovo

(1) VermigLIOLI: Biografia degli Scrittori Perugini e Notizie delle Opere
loro. Tom. I., Par. II, pag. 317. Perugia, Tipografia di Francesco Baduel, 1829. -
PRIMO CONVEGNO STORICO UMBRO 171

Lexicon, affidandone a lui la compilazione. Le sue orazioni latine
furono in gran parte riprodotte negli Acta eruditorum di Lipsia.
L'ultima lettera ci dà notizia dell’edizione di una tra le opere

più importanti del nostro Cavallucci. Si trattava della seguente opera:

« Rime di Francesco Beccuti, perugino, detto il Coppetta in, questa
nuova edizione di molte altre inedite accresciute e corrette e di co-
piose note corredate da Vincenzo Cavallucci. Venezia 1751. Per
Francesco Pitteri 4».

Era dunque l’edizione di Venezia del 1751, che delle rime del
Coppetta fece il Cavallucci, il quale, già dal 1720 in Perugia e nel
1729 in Foligno, aveva pubblicato delle osservazioni critiche sopra
le rime di Francesco Coppetta con lo pseudonimo di Niceta Oppidio.

Ho anche creduto opportuno far seguire, per comodità degli
studiosi amanti di cose storiche, alle lettere tanto un elenco dei desti-
natari dello epistole latine quanto un elenco dei destinatari delle let-
tere italiane del Cavallucci.

CLEMENTE PIZZI

I
(C. 17, pagina 276: della Biblioteca Augusta del Comune di Perugia),
Rev.mo e gentilmo Sig. Abate

La mia tardanza in renderle, come ora fo, le maggiori grazie che io
sappia, per quelle tanto a me care, e pregiate onde la somma di Lei
cortesia ha voluto favorirmi, da altra ragione non è provenuta, che dal
piacere da cui non sapea distaccarmi, dalla forza recátami e dalla ;chia-
rezza, ed erudizione della medesima. Il perché a dovuti ringraziamenti
unisco non men giuste congratulazioni e predizioni, che chi ha così ser-
vito, saprà, occorrendo ben sostenerlo. Vi unisco insieme le più sincere
conferme della piena stima e rispetto, con cui passo a baciarle la S. M.

Padova, 4 Luglio 1747
Suo dev:mo e obbl.mo Serv.re
Giovambattista Morgagni
II
(C. A. 71, Biblioteca Dominicini).
Riveritiss. Sig. Ab. mio Sig.re stimatissimo

Dal gentiliss. sigr. suo scolare avrà Ella inteso perché non abbia io
potuto mandarle per mezzo di lui questa mia risposta al foglio di Lei
gratiss.°. Me lo consegnò venerdì sera, e doveva di qua partire la se-

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1729 PRIMO CONVEGNO STORICO UMBRO

guente mattina ed io sono ora oecupatissimo; peraltro costante quale in

altri anni mi ha Ella trovato. Di questo sia sempre sicura. (Ringrazian-.

dola dunque della memoria cortese che di me conserva, e della finezza
che m'ha fatto in confidandomi la dottissima Dissertazione sua, la quale
per qualche sicura occasione le rimanderò raccomandandola per recapito
al Sig. Pitteri per non venturarla alla posta senza sua licenza. Intanto
le dico di averla obbedita, in osservandone quella parte in cui si ra-
giona di notomia o di medicina. Tenga Ella per fermo che ad Ippocrate
stesso, nonché a Laurenzi sono cadute dalla penna in que’ luoghi che
Ella ne riporta cose da perdonarsi a que’ tempi, non da valersene ai
nastri. Tali sono per cagion d’esempio, che la differenza tra le due pop-
pe della madre significhi il sesso del feto, e che il sangue della vena
cava inferiore vada al capillare e il latte da questa all'ütero. Ciò stante
lo non porterei a disteso quel luogo lunghissimo del Laurenzi, ma direi
soltanto che questo consenso fu osservato già da Ippocrate e confermato
dagli altri medici, rimandando il lettore al Laurenzi. Le altre parti della
dissertazione non appartengono a professione in cui mi sia lecito giudi-
care. Potrei anzi parlandone dire degli spropositi; come laddove Ella
dice: comandò S. Paolo che le femmine vadano col capo coperto. Imper-
ciocché se ciò si appoggia solamente al cap. 11 della 12 Epistola a quei
di Corinto, il comando a tali casi è ristretto, che non ne verrebbero
le conseguenze che da lei si deducono: ma se altrove assolutamente ci
comandò lo stesso, io direi uno sproposito, dicendo che le conseguenze
non ne venissero. Due cose solamente mi pare di poter dire generalmen-
te, cioè che tal controversia sarebbe meglio trattare in altra lingua e
che in qualunque si tratti, certamente si cerca altra totale indifferenza
la quale, sul principio Ella tanto raccomanda. Per quello poi che ap-
partiene a quel chiarissimo uomo che Ella dice, dubito che l’adito a lui
siale abbastanza concesso dalla virtù di lei, che glielo potrà far cono-
scere, mandandogli alcuno dopochè da lei si dia alle stampe, o por-
tandosi a riverirlo costi, dove spesso viene, e yenendo capita dal sig.
Albrizzi. La distanza grande dalla mia all'abitazione di lui e dalle qnie
alle occupazioni di lui, fa che di rado ci vediamo; e perciò siamo bensì
amici, ma non di confidenza. Di nuovo le domando perdono se ho indu-
giato a risponderle, e col più puro rispetto Le bacio la S. Mano.

Padova, 29 Aprile 1745. :
: Devotiss.? ed Obbligatiss. Ser.re
Giambattista Morgagni
III
(C. A. 71, Biblioteca Dominicini)
Ill.mo Sig.re Prone Colmo,

Ricevei la sua lettera in risposta dell'altra mia, e pochi giorni dopo
la copia della mia dissertazione amendue per mezzo del sig. Pitteri:
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NITORE ONERE YEN

175

PRIMO CONVEGNO STORICO UMBRO

ma se tosto non risposi come il dover richiedea se ne deono accagionare
le mie occupazioni della stamperia e della scuola. Il far questa scusa,
siccome il ringraziar Vs..Ill.ma di essersi degnato di legger le mie cian-
cie; sono parti tanto più proprie mie che sue in quanto le mie cure sono
d'assai minore importanza delle sue ed io sono il servitore e (Vs. Ill.ma
il padrone. Ora io ero ben persuaso che cosi Ippocrate come il Laurenzi
avessero potuto errare in quei luoghi da me allegati, come quelli che
vissero in tempi da questi nostri rimoti, in cui si sono fatte tante belle
seoperte e massimamente nella notomia; nondimeno io ho creduto di
potermi mettere al coperto se io riferissi le parole stesse dei suddetti
Autori null'altra cosa mettendoci di mio che la sola traduzione; e tanto
più in una scrittura privata, come questa, che non dovea andar sotto gli
occhi d’altro uomo che dall’amico a cui era indirizzata: e quando avesse
avuto a passar per altre mani, era mio disegno, come ho poi fatto, di
consultare l'oracolo di Vs. Illima per approfittarmi dei suoi insegna-
menti; perché quando io dò a leggere le mie baie agli uomini dotti, cioè
ai simili ad essa, non sono mosso a ciò fare da ambizione di riportarne
lode, perchè conosco abbastanza me stesso, nè ho siffatta presunzione
del mio ingegno, ma solamente per apprendere nuove cognizioni, ció
che è l’unica mia passione dominante. Laonde la supplico che voglia
con piü chiarezza dirmi se ci sia quel consenso tra le mammelle e l'u-
tero, e se essendovi, per quali mezzi si faccia questa comunicazione,
censurando nello stesso tempo la dottrina in tal proposito del Laurenzi,
laddove il merita. So ch’Ella è occupatissima: ma so eziandio che i
valentuomini suoi pari con facilità si sbrigano da qualunque faccenda
di simil natura ‘che loro sopraggiunga; senza che io chieda ch'Ella al
mio desiderio soddisfaccia con tutto il suo comodo, cioè quando sarà
meno occupata. Vede Ella dunque che la brama che io ho di imparare
non mi lascia, contro il rispetto dovutole, acchetarmi a quel poco che
imaccenna intorno a quella parte, in cui si tratta di notomia: anzi quella
stessa ragione mi rende ardito a replicare a ciò che Ella mi oppone sul
proposito di queste parole della Dissertaizone: — Comanda S. Paolo
che le femmine vadano col capo coperto — impercioeché’ sebbene io
confessi che ciò si appoggi sul Cap. 11 della sua epistola a quei di
Corinto, permi però di poter dire che il comando dell’Apostolo non è
a tali casi ristretto che non né vengano le conseguenze le quali io dedu-
ceva.

Veramente S. Paolo verso il principio della mentovata epistola par
che voglia che le femmine vadano in chiesa col capo coperto in segno
della loro soggezione agli uomini, onde lo stesso apostolo quivi al N. 10
chiama il velo delle donne potestatem, Tertull. nel lib. De Corona milit.
Cap. 14 humilitatis sarcinam, e nel lib. De velandis virg. Cap. 41
jugum | illarum, S. Giov. Crisostomo insigne subiectionis, e il Concil.
Lateranense. C. 17 memoriam subiectionis: tuttavia nel cit. n. 10 sembra
che il S. A. avesse in siffatto comando ancora un altro riguardo: ideo
debet mulier potestatem super caput propter Angelos, cioè non perché
potessero scandalizzare gli Angeli, quasi questi avessero corpo, e po-
tessero dalla vista delle donne essere al male invitati, come pare che

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174 PRIMO CONVEGNO STORICO UMBRO

abbiano inteso Giustino Martire, Clemente Alessandrino e Tertulliano,
ma bensì che non fossero la cagione della rovina spirituale de’ ministri
Ecclesiastici, cioè dei sacerdoti e dei vescovi, che essendo col nome
di angeli chiamati, nel 2° cap. .dell’Apocalisse, furono da S. Anselmo
e da S. Tommaso intesi per questi appunto, di cui parla l’apostolo ii
detto luogo. Laonde Clemente Alessandrino nel libro 2° Paedas. C. 10)
è d’opinione che S. Paolo colle allegate parole voglia che le femmine
non solo coprano il capo ma ancora la faccia, la quale se si lascia sco-
perta può essere a’ riguardanti cagione di libidinosa fiamma. Ora spo-
nendosi cosi questo passo, a me pareva di poter trarre questi due argo-
menti, amendue tolti dal luogo a minori ad maius; se proibisce S. Paolo
alle femmine di andare in chiesa col capo scoperto per iscansare il pe-
ricolo di far cadere i ministri della Chiesa e le persone spirituali, con
cui ancora intende gli Angeli nominati dall'Apostolo, Dionisio Cartu-
siano nel luogo da me citato della Dissertazione, quasi sin d'allora la
obiezione presente prevedendo, molto pià vorrebbe vietáto che andassero
col petto scoperto, mercé al pericolo che in questa parte ignuda è mag-
giore di far prevaricare che nel capo medesimamente scoperto, se. non
si fosse avvisato non essere un tal precetto necessario, quando è agevole
a chicchesia di raccorlo per la regola ch'essendo il meno vietato s'intende
ancor vietato il più: che il pericolo è di gran lunga maggiore nel tatto
del petto che nella vista del medesimo, come non v'ha ombra di dubbio,
mi pensavo di poter giustamente conchiudere: dunque maggiormente a-
vrebbe il S. Apostolo il toccamento di queste parti proibito, quando per
la stessa ragione non avesse creduto il presente divieto per far che noi
ci persuadessimo esser molto piü vietato il toccamento del petto. Cosi
mi son creduto di dover divisare; ma quando non le paresse ancora di-
sciolta la sua difficoltà, ad un altro suo cenno son pronto a cancellar
tutto questo luogo e a rifarlo a suo modo. Le due cose, che poi. gene-
ralmente mi ricorda, da me ancora volentieri vengono accordate; ma
quanto alla prima, io non ho potuto scrivere su tal controversia in lingua
latina, perché essendomi fatta la proposta in italiano, fui d'avviso che
anche la risposta scriver si dovesse nello stesso linguaggio: quanto alla
seconda io l'assicuro di essermi messo a trattar di tal quistione con
tutta la indifferenza immaginabile come si puó veder dalla medesima
maniera, che uso con la parte contraria: ma quando anche avessi più
inclinato dal canto del P. Concina, sono almeno certo di essermi appi-
gliato a un partito, che è più sicuro in coscienza. Per ultimo la prego
di perdonarmi se per suo mezzo cercavo di aprirmi l’adito all’amicizia
del Sig. Facciolati, pensando che spesso insieme si vedessero allo studio,
e fossero amici di confidenza, Aspetterò per contro la congiuntura ch'ei
venga qui in Venezia per farmegli conoscere, com'Ella mi suggerisce,
giacché non posso prendere l'altro spediente da essa altresi suggeritomi,
cioè mandargli alcuna mia cosa, che da me si dia alle stampe, perché
le cose mie sono affatto indegne della pubblica luce, e se altra volta
mostrai di avere qualche ambizione, se ne dee, piuttosto che la mia vo-
lontà, incolpar l’affetto degli amici, che mi esortarono a farmi per questa
via conoscere al mondo e a%lasciare la mia naturale pusillanimità che
PRIMO CONVEGNO STORICO UMBRO

175

mi faceva vivere ignoto anche a me stesso ed impediva l’avanzamento
di mia fortuna. Comunque però sia, non sarà però questo ch'io non mi
dica al solito con tutta la stima

di Vs. ill.ma
Venezia, a di 2 Maggio 1745

2

Umiliss.? devotiss.? servidore

Vincenzo Cavallucci

IV
(C. 69 Biblioteca Dominicini)

Illimo Sig.re Sig.re Prone Colmo

Ecco finalmente dopo aver superate mille difficoltà ed ostacoli u-
scito alla luce il Coppetta colle mie note. Non è certamente stampato
con quella pulitezza e diligenza, con cui l'avrebber fatto i sigg. Volpi,
perché è riuscito assai scorretto per la mia lontananza di due mesi da
Venezia avendo dovuto starmene tutto quel tempo in villa, e per la poca
perizia degli stampatori, avendolo fatto il sig. Pitteri imprimere in
una stamperia nuova, dove. il padrone non ne sa nulla e il proto poco
meno che nulla: ma pure è stampato. Ne mando una copia a Vs. ill.ma,
nella lettura della quale avrà motivo di esercitare la sua solita genti-
lezza a compatire i miei difetti che in gran numero incontrerà, appa-
gandosi del mio buon desiderio che unicamente è stato di suscitar la
memoria di un mio concittadino e di metterlo in qualche maggior lume
che prima non era. Se le occupazioni di Vs. Illma le permetteranno
di legger tutto, mi sarà graditissimo, se me ne dirà il parer suo più
precisamente che non fece del Ms. perché io possa regolarmi nell’altre
mie operette che ho in animo di pubblicare giacchè in questa non sono
più a tempo. In fretta con tutto l’ossequio mi professo

di Vs. Ill.ma

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Vincenzo Cavallucci

ELENCO DEI DESTINATARI
DELLE LETTERE IN LATINO DEL CAVALLUCCI

(Cod. 62 Bibliot. Dominicini).

Teologo Gentili Maria Bilieni S. I...... Conte Lodovico Frangini (a questo
personaggio sono dirette numerosissime lettere). |
G. B. Morgagni - Cirillo Busanna - G. B. Paganelli - Carlo Bruschi - A
Pietro Colono - Pietro Dati - Gaspare Cavaceppi - Vincenzo Marcarelli - An-
nibale Mariotti - Remigio Silvestrini - Pietro Giacomo Maiotti - Orazio Bo-
naini - Giuseppe Faraglini - Domenico Massini Ottavio - Bovari - Francesco
Danieli - Domenico Antonio Massini.

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176 PRIMO CONVEGNO STORICO UMBRO

ELENCO DEI DESTINATARI
DELLE LETTERE IN ITALIANO DEL CAVALLUCCI

(Cod. 69 Biblioteca Dominicini). È
L. Antonio Muratori - (L’Epistolario tra il Cavallucci e il Mruatori è stato È
|: pubblicato nell'Epistolario del Muratori curato da Matteo Campori). - Benedetto
: Baglioni - M. Ant. D'Oddi - Card. Oddi (parecchie lettere) - Can. Montana
- Cav. Lippi - Sig. Marabottini - Camillo Ignazio Banchieri - Alemanno Bar-
i tolini Salimbeni - Duca Rospigliosi - Principe Pallavicini - Card. Riviera - È
: Mons. Banchieri - Fabrizio Ansidei - M. Sperelli .- P. Giovi, - Sig. Matteuc- E
ci - Sig. Blasi - Sig.ra Milletti - Baldassarre Bonvolotti - Curzio Ranieri - Ca:
pitano Rotorino - Marchese di Sorbello - Sig. Baldeschi - Menicone Meniconi -
Sig. Orazio Baglioni - Benedetto Baglioni - Sor. Cianella-Marchesa Guidomi -
Costanzo Ragni - Conte Francesco Oddi -
Moltissime altre lettere sono senza destinatario e parecchie sono datate da
Biancade (Venezia) ove. il Cavallucci soggiornava durante la sua dimora à Ver
nezia, nei mesi estivi.
NOTE E DOCUMENTI

IL MUSEO PREISTORICO DELL'ITALIA CENTRALE m

Quando, quindici anni or sono, patrocinai l'acquisto, da parte
dello Stato, della Provincia e del Comune di Perugia, delle colle-
zioni, paletnologica e degli amuleti, di Giuseppe Bellucci, avevo
già preveduto che quelle raccolte avrebbero formato un primitivo
nucleo di un grande museo preistorico.

Ín questa mia previsione ero infatti sorretto dalla convinzione
che, essendo l'Umbria, fra tutte le regioni d'Italia, la più ricca di
documenti preistorici, poteva logicamente costituirsi nella sua ca-
pitale il Museo più rappresentativo, l'osservatorio più naturale per
una visione completa delle primitive facies culturali dell'Italia Cen-
trale nella sua spina dorsale appenninica. .

Si trovó poi qui la persona che poteva raccogliere l'eredità
di Giuseppe Bellucci: Umberto Calzoni ha infatti unificato e va-
lorizzato questa eredità; ha continuato a frequentare di buon mat-
tino i banchi dei bullettari di Piazza Piccinino per ricercare ed
acquistare «le pietre del fulmine», fissando nel taccuino le pro-
venienze dei manufatti litici di ogni specie; ha organizzato una
«Compagnia di Amici della Preistoria dell'Umbria»; ha esplorato
con. essi e da solo le pianure, le valli, i monti, approfittando delle
ferie domenicali, dopo di aver ogni sabato sera, dal Belvedere della
Fortezza, magnifico Templum, consultato il cielo, come un buon
augure antico, determinando le mète delle appassionate ricerche.

Umberto Calzoni vede ora coronata questa sua fatica venten-

.(1) Parole ‘pronunciate il 3 luglio 1938 — inaugurandosi nel Palazzo Do-
nini a Perugia il Museo Preistorico dell'Italia Centrale, alla presenza del Mi-
nistro. dell'Educazione Nazionale Giuseppe Bottai — dal Prof. Antonio Minto,
quale Soprintendente alle Antichità e ‘Presidente dell'Istituto di Studi Etruschi;
ed in rappresentanza dell'Istituto Italiano di Paleontologia Umana.

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178 NOTE E DOCUMENTI

nale: il primitivo nucleo .delle raccolte Bellucci e Pagliari più che

raddoppiato, la preistoria di ogni valle dell'Umbria rappresentata,

rivelata nelle sue culture litiche, procedendo dal piü antico scelleano
al neolitico più tardo e più evoluto, all'apparire dei metalli, all'inci-
piente età del ferro.

À questa visione cosi completa dell'Umbria preistorica, si é
aggiunto recentemente un grandioso complesso di relitti, proveniente
da un'importante stazione, situata a Belverde sulle pendici della
montagna di Cetona. L'esplorazione di questo interessantissimo cen-
tro é pure dovuta al Calzoni, promossa dall'Istituto di Studi Etru-
schi, agevolata dall'Istituto Italiano di Paleontologia Umana. Questa
preziosa raccolta di materiali, che presenta la vita di un centro prei-
storico dal periodo paleolitico agli inizi della civiltà del ferro, afferma
nella maniera pià luminosa il carattere di spiccato interregionalismo
che impronta il nuovo Museo di Perugia.

L'Umbria preistorica trascende assai i confini che racchiudono
ora l'Umbria contemporanea; perché, con il bacino naturale del
Tevere, penetra nell'Abruzzo, con i suoi passi appenninici s'insinua
nelle Marche, mentre, dal lato opposto, attraverso la depressione del
Trasimeno, entra in comunicazione e si infiltra in Etruria. Queste
considerazioni di geografia preistorica hanno fatto superare il con-
cetto regionale, e condotto alla determinazione di un Museo Prei-
storico dell'Italia Centrale.

Per parte mia sono lieto di aver sempre patrocinato, in seno
al Consiglio Direttivo dell'Istituto Italiano di Paleontologia umana,
questo indirizzo interregionale, perché ritengo che da esso dipen-
da la vita e la sorte del nuovo Museo.

Nell'ordinamento di questo Museo, il Calzoni, uniformandosi
a concetti moderni, é riuscito a creare un ambiente ricco di vita
intensa e drammatica, evitando la malinconica freddezza che pur-
troppo affligge tanti altri consimili istituti. Attraverso l'organizza-
zione amorosa e la cura intelligente del suo ordinatore, anche il
modesto materiale delle prime età parla a noi un linguaggio chiaro
e convincente; ognuno di noi, indipendentemente dalla propria cul-
tura o dalla propria preparazione archeologica, rivive la vita intima
e ricostruisce l'organismo sociale di queste popolazioni primitive,
nelle grotte, nelle stazioni all'aperto, nei ripari sotto roccia; puó
studiare e conoscere le sue suppellettili domestiche, ritrovare i loro
cibi negli orci. Piccole quantità di miglio, di grano, di fava ci mo-
strano le loro culture; l'industria del formaggio è conservata nei

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179

NOTE E DOCUMENTI

bollitori e nei colatoi bucherellati; le ossa di pecora e di altri ani-
mali domestici ci rivelano un’intensa vita pastorale.

E' una vera resurrezione nella vita presente di un mondo scom-
parso, ma che noi sentiamo pure vicino a noi perché è profonda-
mente nostro: sono i primi germi sociali degli abitatori di questa
parte centrale d'Italia, le testimonianze che precorrono, già con no-
tevole sviluppo culturale, l'impero osco-umbro, sorto agli albori della
prima età del ferro, che tanta importanza ebbe nella evoluzione della
civiltà della penisola.

Ma, Eccellenza, l'opera di Umberto Calzoni che oggi si inau-
gura, alla presenza vostra, con severità di rito, non avrebbe potuta
certamente essere attuata in altri tempi. La necessità della creazione
di questo Museo è stata sentita dai Podestà di Perugia che si sono
susseguiti in questo periodo e ‘particolarmente dal Gr. Uff. Colombo
Corneli, che ha saputo tradurre in atto la costituzione del nuovo
Museo.

A Lui va rivolto un particolare ringraziamento, con l'augurio
che questa magnifica sede di Palazzo Donini, da Lui patrocinata
e voluta, possa presto definitivamente accogliere tutte le altre rac-
colte che completano la storia della città e della regione: il Museo
topografico di Perugia etrusca e romana, l'Antiquarium dell'Umbria
insieme alla preziosa Collezione Guardabassi.

ANTONIO MINTO

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RECENSIONI

G. Cerroni: Castelli umbro-sabini. Pagine di storia e d'arte. Roma 1950.

Non appaia troppo tardi che si scriva sulle pagine del « Bollettino »' di
un libro pubblicato diversi anni fa. Ben si può. fare, infatti, la recensione di
un lavoro anche parecchio tempo dopo che abbia visto la luce, quando il suo
interesse rimanga durevole e sempre presente: pregio proprio dei libro del Ce-
roni, che illustra con notizie storiche ed artistiche i castelli del territorio umbro-
sabino.

Questa antichissima terra, le cui vicende e mella storia e nell’arte sembrano
quasi suggellate in quel monumento, che, nonostante le ingiurie del tempo, ri-
mane sempre oggetto di meditata ammirazione, l'Abbazia di Farfa, è illustrata
con scrupolosa precisione ed ampia ricchezza di notizie dall'autore. Rappresen-
tata nei più vari aspetti è la vita dei tipici castelli che, in luoghi elevati e sicu-
ri, cominciarono ad accogliere la popolazione, sfuggita ai Saraceni e alle inva-
sioni barbariche fin dal secolo IX.

Ed oggi nella regione dal carattere prevalentemente montuoso é ricco di
folta vegetazione, intorno alle costruzioni, testimoni di tante vicende gloriose,
di sconfitte, di atti di giustizia e di orrori, si addossano, quasi a invocare difesa
dal tempo, ed anche dagli uomini, per chi nei secoli si ‘eresse a fiero baluardo
della loro libertà, i graziosi e pittoreschi paesetti umbro-sabini.

« Questi monumenti sebbene non siano sempre importanti per forme co-
struttive e concezioni estetiche, dobbiamo guardarli tuttavia con rispetto ed amar»
li come quelli che - testimoni superstiti - aiutano ad esplorare il passato nelle
sue pratiche necessità e a ricostruire la vita torbida ed aspra nel pensiero evo-
catore. delle antiche memorie. Demolirli col pretesto di voler preparare materia
alla storia futura non è sempre bello per il nostro paese così pieno di tipiche
attrattive gentili, nè degno della storia ». i

Sono parole del Ceroni che rispecchiano l'ansia di tutti gli studiosi e di chi
è sensibile al fascino del passato. per la sorte di monumenti che tanto apportano
ai luoghi, nei quali la storia e spesso anche ‘l’arte hanno lasciato vivissima im-
pronta.

Miranda, ancora massiccia e poderosa; Calvi devota di S. Pancrazio, uno
dei tre fratelli santi; Vasciano, dalla fisionomia medioevale ‘ancor oggi quasi
intatta; Stroncone, Aguzzo degli Orsini di Roma, sono le località che, insieme
ad altre, rivivono attraverso le pagine erudite e pur fluide del Ceroni, lé vi-
cende create dalle violente passioni politiche ché animarono gli agguerriti uomi-
ni del Medioevo.

Castelli umbro-sabini, in massima parte del territorio di Narni, la romana
RECENSIONI x 181

Narnia, una tra le piü antiche città dell'Umbria, che, nelle torri, nelle Chiese,
nella Rocca, nel ponte sul Nera, conserva integro il rude carattere dell'età di
mezzo.

Piccoli, poveri paeselli, per la maggior parte, ma palpitanti di ricordi, evo-
canti fantasmi del passato denso di avvenimenti, che nella loro solitudine e
quanto più la loro fisionomia non è stata sciupata da rifacimenti, esercitano
un fascino così profondo da far rimpiangere che ben poco siano sfati studiati
€ tanto meno siano custoditi. .

Finiranno per essere completamente dimenticati? Saranno immerse nell'o-
blio anche le graziose leggende e le caratteristiche tradizioni popolari cosi ric-
che di freschezza e di spontaneità?

Il Ceroni, nella prefazione al suo libro, attraente oltre che per lo storioo
e l'erudito, anche per il turista che ama percorrere le vallate e i colli solitari
su cui, appollaiati, resistono ai secoli i paeselli dalle strette viuzze, dalle gri-
gie e possenti mura, si augura che le sue pagine valgano a scuotere «il silenzio
che assonna queste pietre secolari e il torpore un.po' lungo € greve de’ suoi fe-
lici abitatori ».

Questo è da sperarsi ed è comune desiderio puranche, che rievocazioni
storiche ed artistiche del genere fioriscano per tutti i castelli dell'Umbria, e in
specie del contado perugino, di quel fertilissimo contado che, con le sue vicende,
tanta parte ha avuto nella storia della nostra città.

Non mancano piante topografiche, notizie descrittive, statistiche economiche
sul nostro territorio diviso nelle cinque zone, designate anch'esse con il nome
dei rioni di Perugia; ma pochissime sono le monografie con ricerche proprie.
Per lo più chi ha scritto si è servito del Mariotti che, nella sua profonda co-
noscenza della storia locale, non ha tralasciato di fare accurata ricerca sulle va^
rie località del contado perugino.

La sua opera, condotta sullo scorcio del sec. XVIII con la collaborazione di
Giuseppe Belforti, rimasta sempre inedita, meriterebbe certo di essere passata con
le debite aggiunte di più recenti indagini, alla stampa. La vita di passioni, di
odi, di aspirazioni delle più nobili famiglie perugine, le condizioni degli uo-
mini, nella netta divisione tra cittadini e abitatori del contado, nel torbido Medio
Evo e alle prime luci del Rinascimento, nel riflesso dei due grandi protagonisti:
i Baglioni e la Chiesa, ne sarebbero vieppiù lumeggiate.

A questa considerazione e a questo voto conduce spontaneamente lo scritto
del Ceroni; e ‘può ascriversi a suo merito l'avere egli compiuto per la contrada
tra l'Umbria e la Sabina, quel che si invoca venga fatto per tutta l'Umbria,
dandocene da parte sua un saggio così bene riuscito.

OLGA MARINELLI

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NECROLOGI

CARLO BANDINI

Chi risalga indietro con la memoria soltanto qualche decennio,

non può fare a meno di pensare con tristezza alla scomparsa nelle
città umbre di tanti e tanti studiosi di memorie locali, il cui posto,
nella maggior parte dei casi, è rimasto vacante.
Chi non ricorda quella insigne schiera di gentiluomini, di colti
sacerdoti, di umanisti insigni che furono Giovanni Eroli a Narni,
e Paolano Manassei a Terni, e tanti e tanti altri a F oligno, a Trevi,
e in altri luoghi dell'Umbria? A Spoleto questa schiera era elettis-
sima: ai più vecchi ‘Achille Sansi e Paolo di Campello si erano a
mano a mano sostituiti Giuseppe Sordini, Carlo Bandini, Luigi
Fausti.

. Figura particolarmente simpatica quella del conte Bandini scom-
parso il 17 febbraio 1957. Era nato a Spoleto il 29 maggio 1860 da
nobile famiglia romagnola, trasferitasi nella città, e aveva qui trascorso
gran parte della sua vita di studioso rivolta principalmente a far
conoscere le opere d'arte e le bellezze della sua terra che avevano
in lui un profondo ed appassionato indagatore.

Forse Carlo Bandini aveva ereditato il culto per le antiche me-
morie della sua città natale dal suo antenato Pietro Fontana (1775-
1854), il colto patrizio spoletino del quale abitava l'avito palazzo
€ di cui aveva con amore riordinato il cospicuo archivio famigliare,
non perdendo mai l'occasione per farne conoscere l'opera svolta co-
me Gonfaloniere a vantaggio della sua città e come studioso a favore
dei monumenti spoletini.

Per lungo tempo il Bandini tenne la carica di Ispettore Onora-
rio dei Monumenti di Spoleto promuovendo restauri di notevoli
opere d'arte, quali gli affreschi del Duomo e della chiesa di S. Do-
menico; in questo periodo, e precisamente nel 1928, diede la sua
opera, in occasione del quarto Centenario della morte di Giovanni
NECROLOGI 185

Spagna adoperandosi nell'ordinamento della Mostra, tenutasi a Spo-
leto, delle opere dell'insigne pittore umbro e promuovendone anche
la migliore conoscenza con scritti originali. Fu a lungo presidente
della vetusta Accademia Spoletina, tenendo con grande decoro que-
sta carica e dando vita ad importanti manifestazioni culturali, e a
lungo appartenne alla Deputazione di Storia Patria per:l' Umbria.

Elegante e piacevole parlatore, fu più volte incaricato di con-
ferenze di propaganda culturale italiana all'estero: si ricordano quelle
su S. Francesco fatte per incarico della «Dante Alighieri » a Tunisi
e a Malta, e quelle tenute a Tripoli, ad Atene, a Budapest e in
Bulgaria. |

A Roma, ove era assai noto nella società e nel mondo della
cultura, tenne conferenze all'Istituto di Studi Romani, al Circolo di
Roma, al Circolo della Stampa; ,cosi pure in molti altri ambienti
culturali delle principali città d'Italia. Fu anche apprezzato collabo-
ratore dei piü importanti quotidiani italiani, e pubblicò una serie
numerosissima di articoli sulle migliori riviste letterarie ed artistiche
italiane ed anche straniere.

Il nome di Carlo Bandini è legato ‘ad una notevole serie di
opere che dimostrano la sua vasta, versatile cultura. I suoi libri sona
scritti in uno stile facile e sono di piacevole lettura ma, densi di
preziose informazioni bibliografiche, testimoniano la profonda pre-
.parazione e le estese ricerche che accompagnavano ogni suo lavoro.

Egli fu principalmente studioso dell'arte, della vita; della cultura
umbra.

La chiara e piacevole monografia su « Spoleto », l'elegante vo-
lume sul « Monteluco » con originali ricerche sulla costruzione del
Ponte delle Torri, (il Bandini ne esaminò le strutture con ispezioni
che personalmente riusci ad eseguire anche nell'interno dei piloni del
ponte), il poderoso studio sulla «Rocca di Spoleto », dimostrano la
vasta erudizione dello studioso e lamore per le opere d'arte della
sua città natale.

Notevole la serie degli scrittil francescani: uno studio sulle fonti
per la biografia di S. Francesco, un piacevole « Itinerario per le
terre ‘francescane » e soprattutto « L'Umbria e il Suo Santo », in
cui, con anima di poeta, esalta la figura e l'opera di S. Francesco,
la bellezza della sua terra e pone in rilievo l'influsso che il pensiero
francescano ebbe sullo sviluppo delle arti, sopratutto figurative.

Degna di ricordo è anche l’attività letteraria. I suoi « Contri-
buti Leopardiani» sono un'importante raccolta di notizie e di do-

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184

NECROLOGI

cumenti, in eran parte inediti, sul poeta di Recanati ;
un'elegante traduzione del « Pelleas e Melisenda » di
una monografia su Giovanni Marradi,
nella Accademia Spoletina. Pubblicò anch
in gran parte inediti, uno studio sulla Rivoluzione Francese: « Storia
di due giornate della Rivoluzione Francese - 5.6 ottobre 1789 ».

Tra le sue opere piü note e diffuse sono gli scritti sulla vita e E
sulla Società romana nel Settecento: oltre a ricerche sui Giubilei, A
sulla zona di giurisdizione spagnola a Roma, tre notevoli libri su
Roma nel Settecento e uno sulla « Galanteria del Gran Mondo di
Roma nel Settecento » rievocano in uno stile
8li avvenimenti storici e la vita frivola

mana di quel secolo.

2a Nel 1952 il Bandini fu incaric
del Genio Italiano all'Estero » di f
ganda culturale in Bulgaria. Torna
ardore alla preparazione di un lib E
rapporti politici e culturali intercorsi durante i secoli tra Roma e la IB
Bulgaria e l'attività italiana in quella nazione. Ne aveva dato un |
Saggio in una comunicazione tenuta nel IV Congresso di Studi Ro-
SS . tani e ne aveva iniziata la stampa (il libro fu poi pubblicato po-
il . Stumo) quando la morte troncava la Sua lunga, operosa esistenza.
i {i . All'insigne studioso scomparso, la cui nobile figura è sempre

I-- viva nel nostro ricordo, va il nostro memore, affettuoso pensiero.

CARLO PIETRANGELI

Scrisse anche
Maeterlinck e
di cui promosse onoranze E
e, sulla scorta di documenti É

colorito e piacevole
ed elegante della società ro-

ato dalla presidenza dell’« Opera
are un viaggio di studi e propa-
to in Italia si dedicò con grande
ro in cui volle mettere in luce i

BIBLIOGRAFIA

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scena pontificio. Firenze, « Rassegna Nazionale », 1902.

Roma e la nobiltà romana nel tramonto del sec. XVIII. Città di Castello, Lapi,
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Vecchie previdenze e provvidenze di guerra: un breve di Alessandro VI in

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Settecento romano: [a piazza e l'ambasciata di Spagna a Roma in (Illustra-
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La Rocca di Spoleto, con prefazione di Corrado Ricci, Spoleto, Tip. dell'Um-
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mani, Torino, S.E.T., 1954.

Luci di Roma in Oriente: Roma salva e protegge il nascere della lingua slava
in « Atti del IV Congresso Nazionale di Studi Romani (1955) I, p. 511.
Luci d'Italia in Bulgaria, edito sotto gli auspici dell's Opera del Genio Italiane
all'Estero », Roma, 1938, (postumo).

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ROMEO GALLENGA STUART

Romeo Gallenga nacque il 27 Febbraio 1879 quando la famiglia,
«he quell’anno svernava a Roma, era ancora avvolta in un lutto
profondo: una malattia infettiva pochi mesi prima aveva infierita
nella casa, abbattendo le vite del padre Romeo, della zia e del
fratellino Adriano e, insieme, quella della governante. Egli, quindi,
appena venuto al mondo, portó nella casa una luce di nuova spe-
ranza e nell'animo della madre - una Stuart - donna di alto e raro
sentire, una consolazione che é facile immaginare, perció fu subito
circondato da un tiepido affetto, da un amore materno senza pari,
che vagheggió per Lui, attraverso una nobile educazione umanistica,
la formazione dell'uomo signorilmente colto e del cittadino affezio-
nato e devoto alla Sua terra.

Ed il Suo animo si palesó subito incline agli studi per i quali
era avviato; e rivelò un ereditaria passione per l'arte e per lo
sport, nonché un'atavica attitudine giornalistica.

La prima prova di come Egli avesse subito compreso il desi-
derio materno, dopo gli studi seriamente compiuti a Firenze, fu
quella tesi di laurea che gli fruttó largo consenso di lodi e che
illustra, con profonda conoscenza dell'argomento, con acutezza di
analisi ed in forma già elettissima, il ‘poeta perugino Cesare Ca-
porali e che pubblicò sotto forma di monografia nel 1905, dedican-
dola con tenerissime parole alla mamma.

E come Egli già si appagasse dello studio delle lettere provano
un volumetto di ‘poesie, ormai rarissimo, e i saggi sul Menzini e
su Federico II di Svevia e sulla « Doppia interpretazione di un
verso dantesco » apparsi quando, trasferitosi a Roma, frequentava i
ritrovi intellettuali, facendosi distinguere come scrittore forbito e tem-
peramento profondo di esteta, (qualità queste che si affinavano sem-

‘ pre più seguendo gl’insegnamenti di Ruskin, «il genio più squisito

dell’estetica pura» come Egli stesso ebbe poi a definire colui che
rimane sempre un apostolo dell'Arte e della Bellezza), e leggendo
NECROLOGI 187

Stendhal, di cui divenne fervido entusiasta, avvinto dalle felici im-
pressioni ed osservazioni che lo scrittore innamorato dell’Italia ci ha
.lasciato sul nostro paese, tanto da divenire un fervente beylista, di
modo che nell'ambiente della capitale il giovane gentiluomo peru-
gino cominció ad affermarsi con una Sua schietta personalità.

Ma la vita romana non gli faceva dimenticare Perugia, dove
veniva a soggiornare a lungo! con la madre nei mesi estivi, in città
e nel loro bel Mandoleto.

Perugia in quel tempo aveva in sé varie energie letterarie: an-
cora si pubblicava la « Favilla » di Leopoldo Tiberi cui successero
l’« Umbria » diretta da Francesco Guardabassi e l'« Augusta Pe-
rusia » di Ciro Trabalza. Ancora risonante l'eco della poesia della
Brunamonti e la voce di Giovanni Bini Cima, era giunta fra noi
Vittoria Aganoor, mentre il Conte Lemmo Rossi Scotti, squisita
anima di pittore, sapeva fondere in relativamente pacata armonia gli
artisti in quella « Riunione Artistica Perugina» che si occupava
dei nostri problemi estetici ed organizzava mostre d’Arte cui larga-
mente ‘partecipava il gruppo romano «In arte libertas ».

Romeo Gallenga non rimase estraneo all'ambiente intellettuale
perugino e nel 1905 pubblicò l’interessante monografia su Perugia,
che fu tra le prime edite dall'Istituto d'Arte Grafiche di Bergamo;
fu Consigliere Comunale e collaborò nel 1907 alla realizzazione di
quella Mostra d’Arte Antica Umbra, onde la nostra città andò ce-
lebrata e per cui parve, per un momento, agli occhi nostri stessi,
riassurta alla grandezza degli antichi tempi.

Conoscitore, come pochi, delle nostre memorie storiche, sapeva
esser un illustratore geniale di Perugia, discorrendone con quell’in-
telligente arguzia che è segno di spirito non comune e che piacque
ad Anatole France, o meglio si fuse con la sua, quando l'eminente
scrittore visitó in Sua compagnia la nostra città.

Quando, per tragica sorte, nel maggio 1910 si rese vacante il
secondo collegio elettorale, Romeo Gallenga sembró subito l'uomo
che dovesse ottenere il mandato fene già tenuto dal compianto
Guido Pompili.

Né le speranze che in Lui erano state riposte andarono deluse,
poiché Egli nell'adempimento di tale mandato senti di essere non
solo il rappresentante di Perugia, città patriottica ed artistica per
eccellenza, ma anche di quella parte dell'Umbria dove il nostro
argenteo lago é un riflesso di bellezza e di poesia.

Fu deputato per tre legislature e si affermò battagliero e vi-

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188 NECROLOGI

goroso oratore. Nella vita politica ebbe incarichi importanti e de-
licatissimi fin da quando, durante la grande guerra, fu Sottosegre-
tario per la Propaganda; ma, non cessava di manifestare il Suo
spirito di esteta, aderendo in ‘Parlamento in pieno all’azione che
uomini del Suo stesso sentire, come gli on. Rosadi e Molmenti, svol-
gevano per la tutela del patrimonio artistico nazionale e collaborando
in riviste letterarie, prima tra le quali la Nuova Antologia, di cui
fu per alcuni anni Vice-Direttore.

Gabriele d'Annunzio lo ebbe caro quanto mai e volle testimo-
nargli la sua stima e la sua amicizia non solo con dediche affet-
tuose delle sue opere, ma facendogli anche dono prezioso del ma-
noscritto degli otto sonetti delle Città del silenzio dedicati a Perugia.

A. Perugia fu a capo di vari enti ed associazioni politiche, di
cultura e beneficenza; né va taciuta lopera da Lui consacrata alla
città come Rettore di quella « Brigata Perugina degli Amici del-
Arte», la cui attività diede a Perugia iniziative nobilissime e ne
salvó la bellezza dalle continue offese delle turpi innovazioni. Egli
seppe, infatti, dimostrare che il vero amore per una città come la
nostra si manifesta squisitamente anche nel difenderne la bellezza, i]
carattere ed il colore, cose che sono sacrosante come è la storia.

Volontario ‘partecipò alla guerra come Ufficiale del Reggimento
Piemonte Cavalleria, ‘prestando servizio fino a che non fu chiamato
a dare la Sua opera al Governo. Deputato, fu da per tutto a por-
tare la Sua ‘parola in esaltazione dell’Arte e della Patria, rivelando
in tanti discorsi, tutti sempre pervasi da un alto senso di poesia,
la sua cultura e la versatilità signorile del Suo ingegno. Né vanno
taciuti quelli pronunziati durante il Suo Sottosegretariato per la Pro-
paganda con parola ardente e stile vigoroso nelle varie città, nel
periodo cruciale della grande guerra da Lui ben definita, « Ora di
ferro » nel discorso tenuto a Palermo.
| Per le sue benemerenze fu elevato al Senato del Regno, dova
sedette per piü di dieci anni come rappresentante di Perugia, rico-
prendovi negli ultimi tempi il delicato ufficio di Segretario alla
Presidenza e partecipando con attività universalmente apprezzata ai
lavori dell'alta assemblea.

Vivendo nella Società doviziosa ed elegante italiana e straniera
- poiché non va dimenticato che Egli conobbe come pochi la lin-
gua e la letteratura inglese e la francese - tanto che da ultimo ac-
carezzava il proposito di scrivere la vita di Byron, - fu portato dal
Suo fine gusto ad essere un appassionato dello sport e partioolar-

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NECROLOGI 189

mente dell'equitazione, divenendo, nella Sua giovinezza, assiduo e
brillante frequentatore delle riunioni della caccia alla volpe nei tempi
in cui la Roma umbertina era desalitta nelle pagine dannunziane.

Esteta e sportman, guardò ed amò il cavallo per quella gioia
che il nobile animale sa dare agli occhi e all'animo con le sue forme
e la sua intelligenza; fu un cultore appassionato del turismo ap-
pena questo ramo dell'attività moderna divenne importante fattore
dell'economia nazionale; ma seppe risolvere le questioni turistiche
con la competenza particolare che a Lui proveniva dalle Sue pecu-
liarità di animo e di mente, guardandole anche come un mezzo ma-

gnifico di esaltazione e di| vera divulgazione della bellezza e dell'arte

ond'é ricca l’Italia, acquistandosi subito anche in tale campo, dove
è facile incontrare l'assoluta incompetenza, una vera e propria per-
sonalità, tanto che un Suo discorso tenuto al Senato richiamò l'at-
tenzione dell’alto consesso sul problema turistico, così vitale per la
Nazione.

Oltre aver ‘presieduto il Reale Automobil Club, fu a capo del-
l'Unione Ippica Nazionale e presidente dell'Ente Provinciale del
Turismo di Roma, dopo essere stato fondatore e animatore per

tanti anni di quella Società Romana per il Movimento dei Fore-

stieri, che, come la Pro-Piemonte e la nostra Pro-Umbria ed altre
associazioni volontarie, ora scomparse, servirono a preparare l'or-
ganizzazione turistica in tante varie regioni d’Italia, educando a ciò
uomini e pubblico. | |

Quasi Egli fosse, per una misteriosa forza d'intuizione, e forse
per la salute che sentiva già scossa, presago della Sua prossima di-
partita, si rivolse negli ultimi tempi con piü tenero ed assiduo affetto
alla Sua cara Perugia.

Volle legata, con lo spirito illuminato di civismo che era regola
nella Sua famiglia, alla R. Università Italiana per gli Stranieri la
biblioteca raccolta con tanta passione dal padre e dall'avo, arricchita
poi da Lui con quella numerosissima e attualissima che attesta il
Suo fine e raro gusto di studioso e che ora costituisce, nel fio-
rente nostro istituto, che ha sede nel palazzo che fu Suo e che porta
il di Lui nome, il ricordo imperituro dell'amore che Romeo Gal-
lenga nutri per la Sua città e per questa istituzione, che ne fa ce»
lebrata la rinomanza nel mondo.

Da qualche anno con vivo compiacimento veniva appunto a
tenere erudite lezioni nella Università stessa e ancora bene ricor-
diamo le parole che precedettero l’ultima intorno agli « Influssi del

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190 NECROLOGI

Rinascimento fuori d'Italia», parole che tradivano la commozione
provata dal compianto amico parlando in quel palazzo pieno per
Lui di tanti ricordi e posto nel rione di Porta S. Angelo, la cui
popolazione gli era attaccatissima e riconoscente per le opere di
bene che egli aveva sempre silenziosamente prodigato, continuando
la tradizione materna.

Dedicó la Sua opera al Comune come Consigliere, all'Accade-
mia di Belle Arti come Presidente e poi Commissario; fu Presi-
dente della locale Sezione dell'Istituto Nazionale per gli Studi del
Risorgimento, Membro del Comitato di patronato per la ristampa
dei « Rerum Italicarum Scriptores » del Muratori, e Presidente an-
che di questa R. Deputazione di Storia Patria, alla quale sono iscritti
quanti hanno il culto e l'amore delle memorie della nostra regione
e che oggi, con lutto ognor piü vivo, ne deve segnare il nome, ri-
cordato con reverente pensiero, tra quelli dei soci defunti.

Ancora ci sembra averlo fra noi e udirne la voce, (e la visione
è resa ancor più viva dall'affetto e dal rimpianto profondo), come
quando in quel luminoso pomeriggio settembrino, nella Basilica su-
periore di S. Francesco, fummo a sentirlo illustrare, con parola ani-
mata da un senso di profonda poesia e con geniale sensibilità arti-
stica, gli affreschi di Giotto, portando così un prezioso contributo
a quel ciclo di celebrazioni che l'illustre avvocato Fortini seppe
opportunamente: organizzare in Assisi per il centenario giottesco.

Dolore Suo fu - e ne parlava con commossa parola agl'intimi
amici che con Lui divisero le sollecitudini e la vigilanza per sal-
vare Perugia dalle continue offese inferte al suo caratteristico volto
- che purtroppo la città nuova non sorgesse con quel piano ben
“concepito che ancora si attende e con rispetto del paesaggio, e la
vecchia non fosse conservata intatta nella sua maschia e pittoresca
bellezza.

À scongiurare ciò il nostro compianto ed onorevole amico si
riprometteva, anche come Ispettore Onorario dei Monumenti, di dare
la Sua opera illuminata ed autorevole, ma la morte immaturamente
11 Gennaio 1959 a Roma volle rapircelo con dolore sempre vivo
e con danno sempre più manifesto per noi, che amammo Lui e la
nostra città.

ALBERTO IRACI
DON ASCENSO RICCIERI

Modesta figura di sacerdote colto, studioso, amantissimo della
sua città, è stata quella di Don Ascenso Riccieri. Vita modesta la
sua, ma non inutilmente trascorsa per gli studi nostri; poiché egli
ci ha lasciato scritti che raccolgono, coordinano notizie storiche lo-
cali, rievocando in sintesi memorie di luoghi del territorio circo-
stante, con monografie di cui taluna anche voluminosa, che riuni-
scono quanto può ricercarsi sull'argomento e l’illustrano col mag-
gior profitto per il lettore pure esperto di tale materia.

Don Ascenso Riccieri nacque in Perugia il 30 Maggio 1878.
Ordinato sacerdote mel 1900, appartenne alla Congregazione, del-
l'Oratorio fino al 1910, e l'anno appresso fu nominato Parroco di
Pretola nelle vicinanze di Perugia, e là si spense il 1° Maggio 1938.
Nel tempo che gli lasciava libero il suo ministero, frequentava assi-
duamente le Biblioteche e gli Archivi cittadini, traendone con di-
ligenza, con metodo, con passione di ricercatore, il materiale che
doveva formare oggetto delle sue pubblicazioni. La Deputazione di
Storia Patria lo ha avuto socio assiduo e stimato, nei suoi lavori;
così altre istituzioni culturali cittadine come la « Brigata degli Amici
dell'Arte », di cui fu consigliere; e in ogni sodalizio e in ogni riu-
nione egli ha portato il contributo di chi ha saputo seriamente for-
marsi una cultura e una capacità di giudizio.

Dei suoi scritti, tralasciando prose e poesie commemorative e
d’altre occasioni, ricordiamo quelle propriamente di argomento sto-
rico ed erudito:

— Appunti storici intorno alle Parrocchie della Fraternita di Ponte
Valleceppi (Ponte Valleceppi, Pretola, Casaglia, Lidarno, Bosco,
Villa Pitignano, Ponte Felcino, Pieve S. Sebastiano). Perugia
1917 Tip. Vincenzo Bartelli.

— Memorie storiche del Comune di Marsciano fino a tutto il se-

colo XVI, con uno Síatuto inedito e documenti. Assisi 1914

Tipografia Metastasio.

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199 NECROLOGI

— Notizie sul Castello di Poggio Aquilone col testo dello Statuto
del 1556. Perugia 1917 Un. Tip. Cooperativa.
— Il Santuario della Madonna della Misericordia a Ponte della

Pietra presso Perugia. Perugia 1919 Un. Tip. Cooperativa.
— S. Maria della Colombella. Appunti storici. Perugia 1924 Un.

Tip. Cooperativa. i
— Memorie storiche di Papiano. Perugia 1925 Tip. Perugina.

Il Riccieri ha pubblicato anche nell’« Archivio per la Storia Ec-
clesiastica dell'Umbria » (Vol. V 1921) l'Indice degli Annali eccle-
siastici Perugini tratto. dalla Cancelleria Decemvirale compilato da
Ariodante Fabretti e che ‘trovasi inedito tra le sue carte esistenti
presso la Biblioteca Comunale di Perugia. Lo ha pubblicato anche
con qualche opportuna dilucidazione e con indice onomastico; e
il servizio che ha reso agli studiosi di storia perugina risalta dalla
quantità di notizie che questo voluminoso spoglio, che va dal 1226
al 1664, fornisce.

Le Memorie di Marsciano formano la maggiore fatica del Ric-
‘cieri, e legano il suo nome a una di quelle illustrazioni dei paesi
del nostro Contado, che dovrebbero farsi per tutti, completando
così la storia della città dominante con l’altra dei minori centri, ca-
stelli, villaggi ad essa soggetti, e che con la sua propria s'intrecciano.
Ma-in complesso tutti gli amanti delle memorie locali debbono es-
sere grati al modesto ma valente autore delle pubblicazioni sopra
ricordate, per il contributo che ha dato con esse a quella sempre

maggior conoscenza, coi fatti narrati e con: la documentazione ad-
‘dotta, delle vicende regionali, che costituisce la finalità della nostra

Deputazione. storica la quale rivolge allo scomparso uno schietto
pensiero di rimpianto.

RAFFAELE BELFORTI
Prof ROMOLO CAGGESE.

( T 5 LUGLIO 1938)

Cresciuto alla scuola del Villari e in tempi in cui il ghibellinismo
di Amedeo Crivellucci e di Giacinto Romano esercitavano sulle
scolaresche un fascino irresistibile, temperamento dinamico e calda-
mente ‘partecipe alle lotte politiche, si dette con ardore di neofita
agli studi giuridici, sociologici e filosofici. La storia e specialmente
quella di Firenze, così potenzialmente ricca di materia drammatica
e, per dirla col Mazzoni, quasi sceneggiata nei fatti, lo attrasse con
seduzioni ammalianti.

Allora nel campo storico prevaleva la tendenza filosofica, il me-
todo tedesco, che, per una reazione contro la storia fatta di stilizzate
narrazioni retoriche, aveva trasformato ‘filologi e storici in un gregge
di pedanti, per i quali la ricerca della variante superava lo spirito
della poesia e la determinazione di una data faceva dimenticare il
significato di un documento.

In questo equivoco, che scambiò l'erudizione con la storia e nel
quale rimase irretito il nostro mondo accademico finoi a tutto il primo
decennio del sec. XX, passò la prima giovinezza di Romolo Cag-
gese. Ma all’indirizzo erudito egli fu, bene o male, debitore di un
severo rispetto per la verità, della cura del particolare, di uno spi-
rito di acuta osservazione e penetrazione. Anche se poi, al suo con-
fidente ingegno ed alla larga preparazione parve, e non a torfo,
che l'indirizzo prevalentemente erudito mortificasse lo spirito crea-
tore. Di qui la sua reazione contro i negatori di ogni sintesi quando
non fosse stato compiuto il lavoro preparatorio di una minuziosa
analisi. Ma questo non significava per lui rinuncia alle indagini
indispensabili per arrivare alla verità o per lasciare nella ricostruzione
storica il minimo margine all'interpretazione fantasiosa dei fatti. Basta
leggere la prefazioone ai due volumi su Classi e Comuni rurali nel
medio evo Italiano per sentire con quanto rimorso egli rinunci alla
minuziosa ricerca di tante carte di archivi minori, lui che pure. fog- 194 | i NECROLOGI

giava le sue vedute d'insieme su così vasto e significativo apparato
documentario !

Certo é che, assertore convinto della necessità del pensiero umano
di assurgere dall'osservazione del fatto singolo ai principi d'ordine
superiore e ulteriore, doveva combattere nell'indirizzo tedesco la mi-
nunzia eccessiva della ricerca, le acribie dei pedanti, le sottigliezze di
talune acrobazie erudite, specie quando, per correr dietro a queste
esteriorità, si lasciava nellombra un aspetto importante della vita
del passato.

Uma sua naturale tendenza a scoprire tra le scialbe vestigia del
passato il laborioso svolgersi di talune istituzioni giuridico-politiche,
lo portó a reclamare nel campo della storia un diritto di cittadinanza
per l'economia politica e le scienze giuridiche.

Oggi tutto questo é pacifico, ma allora (1906-7) s'era ai primi

contatti chc la storia prendeva con queste discipline.

Ingegno eletto e nutrito di soda cultura abbandonó presto i
lavori analitici per spaziare nei vasti orizzonti delle sintesi a largo
respiro. E cominciò con un assunto che, a quanti ammiravano il
Davidsohn, poté sembrar temerario. Ritornare sulla vita del comune
Fiorentino per narrarla con la passione che il Davidsohn non aveva
sentita. :

Sulla via delle grandi ricostruzioni storiche, affinato da vari
anni di insegnamento e da altrettanti di laboriose ricerche, gli sor-
ride l'idea di ritornare sulla storia dell'Italia nell'Alto Medio Evo e
la narra per l'Unione Tipografica Editrice Torinese. Bisognava ab-
bandonare quelle idee preconcette che avevano fino ai nostri tempi
turbato certe vedute storiche, come la presunta funzione antiunitaria
del dominio temporale della Chiesa, correggere o aggiornare quelle
sull'età feudale, sulla evoluzione economica della società italiana e
cosi via. Me sopratutto riprendere il contatto con le fonti per dare
'alla narrazione quel colorito, quella genuina freschezza che nasce
dal ricordo recente del documento e dalla sua diretta conoscenza.

Egli nor si risparmió per questo, conscio di rendere con i suoi
studi un servizio alla scienza e alla patria. Cadde quando si accin-
geva a terminare la sua seconda fatica: un volume in cui avrebbero
tenuto il campo i lavori della sua laboriosa giovinezza, legemonia
di Firenze nella vita italiana del Medio Evo, il consolidarsi di un
centro guelfo nell'Italia meridionale, la ‘vita comunale e l'età di
Dante. Il volume vide la luce per opera del Barbagallo. Certo è
che se l'assillo delle necessità economiche e la vastità del piano non

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NECROLOGI A ; 195

lo avessero talvolta costretto a derogare in parte dalla sua espressa
volontà di darsi piena ragione di tutto, noi avremmo potuto rim-
piangere in lui la miglior tempra di divulgatore, nel senso più nobile
della parola, della nostra vita medioevale.

ROBERTO VALENTINI

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ADAMO ROSSI

CLEMENTE PIZZI

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INDICE DEL VOLUME

- I Castelli del Contado Perugino: Il Castello di
Montalera
- I Carmi latini di Viso Cavallviai

ACHILLE BERTINI CALOSSO - Mariano Guardabassi .

CESARE MANARESI

ANGELO DELLA MASSEA

ACHILLE BERTINI CALOSSO

GIOVANNI CECCHINI
PERICLE PERALI

RENATO BONELLI
AMEDEO TEETAERT
LUIGI PETRANGELI
RAFFAELE BELFORTI

ANGELO MESSINI
ARMANDO COMEZ

CLEMENTE PIZZI

ANTONIO MINTO

OLGA MARINELLI

CARLO PIETRANGELI
ALBERTO IRACI-

RAFFAELE BELFORTI
ROBERTO VALENTINI

PRIMO GONVEGNO STORICO UMBRO

(Orvieto, 16-17 Dicembre 1239)

- Premessa
- Commemorazione di Luiei Fumi:

- La Biblioteca Civica di Orvieto e la dazione
« Luigi Fumi»

- Il contributo di Luigi Fumi sol Sui di “Storia
dell’ Arte

Per la storia di un AE BIVIO di Stato nell Umbri

Antiche carte eeoerafiche e topoerafiche, carte,
mappe e trattati confinari, catasti, schede cata-
stali e mappe catastali, cabrei e catasti partico-
lari di enti morali e di famielie, come fonti per
la toponomastica e per la storia economica e
eenealoeica .

- La ricerca d' archivio e lo studio dei monumenti
- Ordinamento e catalogazione degli archivi.
- L'Archivio dell’opera del Duomo di Orvieto

- Il Collegio della Mercanzia di Perugia e il suo
Archivio

- L'Archivio delle Opere Pie del SIE di Folino

- Compagini mercantili a Todi sulla fine del se-
colo XIV ^

- Il carteggio italiano tra Vincenzo Cavallücct's e
G. B. Morgagni .

NOTE E DOCUMENTI
- Il Museo preistorico dell’ Italia centrale

RECENSIONI
» G. Ceroni, Castelli umbro-sabini .

NECROLOGI
- Carlo Bandini .
- Romeo Gallenga Stuart
- Don Ascenso Riccieri
- Romolo Caggese .

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