RA

E hse
END

z
n : ie aree ag
: png — sr satana n TT ie AERE a,
— at vee "— -— Toma pe Liri =» P.

x ai
E NET 6 —

D

STORIA PATRIA

i

PER L'UMBRIA
VOLUME XXXVIII

tu
iw
e
mi
«t
=
22
[e
LUI
a)
x
Ò
ul
de
«t

-
LU
e

O
Z
E
-
Lu
A
di
O
eo

PERUGIA
PRESSO LA R. DEPUTAZIONE DI STORIA PATRIA
Ev

TOW. d
/ Weg
i er AI ERU toe ag
|

^.

EB se

e ci
4 EY
P.

——
m:

}

— Mo -

x

ri
E)

Milo

f

dre t n e tn nm

în
M
+
>
BOLLETTINO

DELLA REGIA DEPUTAZIONE

DI

STORIA PATRIA ||

PER L'UMBRIA

S
--

VOLUME XXXVIII

PERUGIA
PRESSO LA R. DEPUTAZIONE DI STORIA PATRIA
4:941. 5

[ ;
t
E

"

PROPRIETÀ LETTERARIA

RISERVATA

8. A. Arti Grafiche Panetto & Petrelli

- Spoleto, 12-1947.
: SERIE CRITICA
DEI VESCOVI DI BOLSENA E DI ORVIETO

PARTE PRIMA

PRELIMINARI

Dopo un plurisecolare silenzio, conseguenza dello spopolamento
totale impostole, nel 265 a. C., da Roma vincitrice, la rocca tufacea,
dove-sorgeva l'etrusca « Velsna », riappare per la prima volta nella
storia medioevale con l'appellativo grecizzante « Ourbibenton » datole
da Procopio nel 538, poi col classico toponimo latino « Urbs Vetus »
svelatoci nel 590 da Papa S. Gregorio Magno e confermatoci nel 604
da Paolo Diacono; ed infine coi nomignoli volgari « Urbibeto » ed « Ur-
biveto » dei topografi del vri secolo (l'anonimo Ravennate e Guidone).

Non v'é bisogno di una speciale competenza linguistica per asse-
rire che la voce grecizzante sia la traduzione dei nomignoli volgari
già fin d'allora usati, e che questi alla lor volta non siano che corru-
zioni del toponimo classico Urbs Vetus, il quale deve certo risalire
ad epoca molto antecedente. Quale epoca? Non ci é possibile preci-
sarlo; ma certo tale toponimo doveva essere stato dato alla rocca or-
vietana, alla quale il nome originario più non competeva, almeno da
quando, in seguito all'ingigantirsi della potenza romana, il veto di
riabitazione di essa doveva essere caduto in disuso. :

In seguito sarà stato ufficialmente emesso il decreto di libera ria-
bitazione. E su ciò una vaga indicazione si può desumere dal ritro-
vamento nel Palazzo Comunale di Orvieto del frammento di iscri-
zione registrato al n. 2697 del « CIL », che dice:

« IMP . CAES . FLAVIO . COSTANTIO . PIO FEL. INVICTO ».

Collegando quest'iscrizione coll'altra contemporanea n. 5265 del
« CIL », iscrizione che ricorda il decreto dello stesso imperatore sul
6 GERALBERTO BUCCOLINI

trasferimento a Spello delle annuali adunate umbro-etrusche che si
tenevano già presso il « Fanum Voltumnae »; tenendo presente la mia
localizzazione del « fanum » presso la « Velsna Etrusca » cioé presso
la rocca orvietana (1); considerando che di nessun altro trasferimento
si é in precedenza parlato e che la permanenza delle adunate presso
.una località ormai secondaria favoriva il decreto di trasferimento;
da tutto ciò si può dedurre che il frammento d'iscrizione n. 2697 del
« CIL » ritrovato in Orvieto sia collegato all'altra iscrizione su ricor-
data. i
i È a tal proposito da tener presente che la più illuminata e gram-
maticale lettura della indicata iscrizione di Spello, n. 5265 del « CIL »,
alla riga 19, invece di « qui aput volsinios tusciae civitate ludos », let-

tura oggi usata, deve essere: « qui aput volsinios tusciae civitates lu-.

L

dos ».
. E tale nuova lettura ha ben più precisa importanza storica, in
correlazione all'esistenza di due « civitates Volsinii ».

Comunque, soffermandoci soltanto sulla latinità classica del topo-
nimo Urbs Vetus, e sul tempo occorso per la formazione delle corru-
zioni volgari « Urbibetus » ed « urbivetus », l'antichità del:detto topo-
nimo non può essere messa in dubbio, e quindi far risalire il libero
popolamento della. roccia già volsiniense ora urbevetana, ai primi se-
coli dell'Impero e dell'era volgare non é eccessivo.

Base fondamentale delle nostre induzioni é dunque l'epistolario
di Gregorio Magno: che, nelle sue tre lettere agli episcopi de Urbeve-
tere Johannes e Candidus, afferma la preesistenza sul nostro colle

di una città così importante, da meritare la qualifica di « Urbs.»
aggettivata col «Vetus » in evidente contrapposto alla « Urbs » per.

antonomasia: Roma (2).

Importanza storica han poi le notizie date da Procopio che ci in-
forma come la città annidata sulla rocca già volsiniense, fosse cosi
importante da incitare Vitige, fuggente da Roma nel 538, a lasciarvi

(1) Cfr. Buccoriwi, ]| problema archeologico di Orvieto, Orvieto 1935,
pagg. 66-74, cap. VIII.

(2) L’opinione espressa nellarticolo Toponomastica dell’« Enciclopedia
Treccani », che il nome di Viterbo derivi da Vetus Urbs non ha alcuna base
né storica né letteraria. Nessun cronista o storico, nemmeno il celebre Annio,
ne ha fatto cenno. Nessuna località degna dell’appellativo Urbs è preesistita
nell’epoca etrusca. Più probabilmente secondo il CANINA (Etruria Marittima,
Roma, 1849, tavola LXXIV), che ivi identifica il Vicus Erbeus, si può ritenere
che il nome di Viterbo derivi da Vetus Erbeus.

de elsi SE ralafued- AE A SAP VELA d RERO ESQ SIR Ne CINA SAONA e MS Ped re E T er NI
l'at AS lo u
dia II

SERIE CRITICA DEI VESCOVI DI BOLSENA E DI ORVIETO 7

mille combattenti al comando di Arbila per difenderla contro i Greci;
come questi la assediarono effettivamente sotto il comando di Peranio;
come Belisario, generale in capo, dopo presa Urbino, venisse in per-
sona alla fine di dicembre a dirigere l'assedio; come gli assediati te-
nessero duro, sotto gli ordini del loro comandante, fino a pascersi

di pelli e cuoi macerati nell'acqua; come infine la resa degli assediati

sia avvenuta. per fame nella primavera del 539 (1).

Paolo Diacono infine ci fa noto come soltanto nel 604 Orvieto

con Bagnorea fosse occupata dai Longobardi.

- La scarsità di notizie sulla vita di Orvieto dopo il 604, durante
tutto il primo millennio dell'éra volgare, sia sotto il dominio longo-
bardo che sotto quello franco, é tale da dover ricorrere come a unica
fonte alla serie dei vescovi orvietani. Ciò mi sospinse tenacemente
a studiarla a fondo. MUN

Altra spinta a tale studio fu la impressione riportata dalla
lettura delle opere di Filippo Antonio Gualterio e Luigi Fumi sulla
storia medioevale della nostra città; il primo coll'edizione e col-
lacuto controllo della Cronaca di Francesco Montemarte; ed il se-

condo colla ripubblicazione e completamento delle Ephemerides. Ur-

bevetanae nella nuova edizione dei « Rerum Italicarum Scriptores »
con ampia e ricca annotazione; nonché colla pubblicazione dei piü
importanti documenti del nostro Archivio Storico nel suo « Codice
Diplomatico della città di Orvieto ». Nulla meglio di tale lettura po-

^teva persuadermi della grande importanza avuta dai vescovi nella

formazione e nella valorizzazione della Orvieto medioevale.
Molti a questo punto faranno comunque riserve sulla necessità

di effettuare la revisione della Serie dei Vescovi Orvietani, dal mo-

mento che, oltre agli studi generali dell'Ughelli, del Cappelletti, del
Gams, dell Eubel e di altri, esistono studi particolari; e non solo le
le notizie contenute nel Monaldeschi; ma del Marabottini (per
quanto esclusivamente eruditosi sugli scarsi documenti dell' Archivio

.Vescovile, non essendo edotto degli studi sui Concilii a lui posteriori),

dell'attendibile in parte, ma incompleto, Della Valle, degli auto-

(1) Cfr. Procopio da Cesarea, De bello gotico, trad. D. COMPARETTI, Roma
1895-98, vol. II, pagg. 69-70-119-122-127-128-129.
8 GERALBERTO BUCCOLINI

revoli ordinatori e scrittori della Serie dipinta in Vescovato, e pub-
blicata dal Prinzivalli; nonché della limitata cronachetta del Vescovo |
Ranieri, in parte conosciuta dal Della Valle e dal Marabottinieanche — - m"
: meglio dal Fumi, ma ritrovata per intero, trascritta e pubblicata dal
nostro Perali, E ció senza parlare del Manente e del Piccolomini
perché insufficienti e non probatori.
Ma é un fatto che tutte indistintamente le serie su ricordate
sono qua e là insufficienti ed erronee, come verró dimostrando; e
sono anche nella loro totalità incomplete per non avervi compreso
i primi Vescovi della serie di Bolsena, da cui quella di Orvieto de-
riva. : |
Ciò è stato già ammesso decisamente da due autorevoli critici - |
della storia della Chiesa,.il Duchesne ed il Lanzoni, ed è pienamente
giustificato dalle seguenti considerazioni: !
1) Bolsena, quale residuo della città romana, ancora esisteva
avanti il secondo sacco effettuatone tra il 573 e il 575 dai Longo-.
- bardi, dopo che già nel 410 ve ne era stato un altro per opera dei
Visigoti condotti da Alarico. La gravità del sacco longobardo ci é
descritta dagli storici di Bolsena, specie dal Dottarelli; e tale ci è
confermata indirettamente dai ricordati cosmografi del vir secolo,
.i quali, nel descrivere l’itinerario della Via Cassia al tempo loro,
giunti alla stazione di «Forum Cassii» abbandonano il vecchio
percorso attraversante Bolsena, e ne indicano uno nuovo che da Be-
turbon prosegue per Balneus Regis e Orbevetus fino a Pallia, dopo que-
sto dando il nome Bulsinis solo evidentemente come recapito. Si deve
perció ritenere che dopo il sacco longobardo Bolsena cessó di essere
una città abitabile.
2) Ora é pacifico che l'ultimo vescovo conosciuto come ivi re- SE V
sidente, è il Gaudentius del 499. Ma se si deve ammettere che alcuni |
nomi dei vescovi bolsenesi ci siano rimasti ignoti appunto per con-
seguenza del grave sacco longobardo, distruttore anche di archivi,
. non si può altresì non considerare come il primo vescovo « de Urbeve- :
tere » indicatoci da Gregorio Magno sia appunto il Johannes del 590, di
quindici anni appena dopo il sacco longobardo di Bolsena.
E quindi la successione della sede di Orvieto a quella di Bolsena
è cronologicamente innegabile. :
; 3) Ció con tanta maggior ragione in quanto che il secondo ve-
scovo de Urbevetere, cosi chiamato da Papa Gregorio nel 596, Candidus,
al III Concilio Lateranense firmó come «episcopus civitatis Bulsinien-
sis» con evidente rispetto al possibile ripristino di questa Sede; mentre

PARE CRI ISO, UTPPETERESRUS ne VEMM, tn WEE C. L- MY. AR ( j iuvet CL. —
. Vau inte Iu i SS MA AA rn ASA NR LI MAE LEDA MIE VR LA PSI]
addidi
DO NEA P I|

SERIE CRITICA DEI VESCOVI DI BOLSENA E DI ORVIETO 9

poi, solo nel 595, Papa San Gregorio ne deliberò la definitiva abo-
lizione separando dal suo territorio una grossa porzione con la crea-
zione del Vescovato di Bagnorea. Così poi Agnellus, terzo Vescovo
di Orvieto, nella sua firma al sesto Concilio Ecumenico, terzo Costan-
tinopolitano, sottoscrisse: «episcopus ecclesiae Bulsiniensis » ricor-
dando ancora la Chiesa primitiva, non più la città definitivamente
abbandonata.

Sull’abbandono della sede vescovile di Bolsena, e la formazione
di quella di Orvieto, valgono a portar luce gli avvenimenti storici
del sesto secolo che succintamente ricordiamo.

È in questo periodo che avvengono le discordie intestine dei re
goti che insanguinano le città italiane, e ci danno l'episodio di Ama-
lasunta regina, relegata da Re Teodato nell'isola Martana presso Bol-
sena, ed ivi strangolata mentre prendeva un bagno nell’anno 535.
Immediatamente, seguirono le due guerre dei Goti con i Greci. Du-
rante la prima (535-540) avvennero gravissime carestie, culminate
in quella spaventosa narrataci da Procopio dell'inverno 538-539,

quando Belisario riuscì a prendere per fame Orvieto, tenuta con

mille uomini da Arbila luogotenente di Vitige.

Seguì la seconda guerra (544-548) con la piena sconfitta dei Goti;
e in seguito, dopo l’effimero predominio dei Greci, la nuova inva-
sione dei Longobardi nel 568, per opera dei quali, sotto Clefi, o sotto
i capitani che gli succedettero, sarebbe avvenuto tra il 573 e il 575
il nuovo sacco. con la distruzione di Bolsena.

Non é quindi da far meraviglia, se, fra tanti trambusti, ci siano
rimasti ignoti altri nomi dei vescovi di Bolsena; dacché la ricerca
affannosa dei tesori ritenuti nascosti, spingeva i saccheggiatori alle

devastazioni, agli incendi, alle distruzioni degli armadi ove dovevano:

essere riposti gli archivi vescovili.

E si rende evidente quale e quanta sia stata la distruzione anche
delle abitazioni, e lo spavento suscitato dai Longobardi, se la sede
del Vescovado venne trasferita ad Orvieto; e cioé, come opina il Du-
chesne ed accetta il Lanzoni, (Diocesi d'Italia, Faenza 1927, vol. I,
pag. 347), se le chiese di Orvieto e di Bagnoregio succedettero a
quella di Bolsena.

‘Quali le ragioni che determinarono la scelta della Rocca Orvie-
tana.a sede, prima provvisoria, poi definitiva, del ricostruito epi-
scopio ? |

E intuitivo come, riferendoci alla mentalità e cultura storica
della fine del secolo vr, non sia il caso di supporre che allora potesse
mamme monct m

rare rr ava rea sinn Wade etus a qq irc i i d e

e eT ai i aua So rn 4

‘zione del 1369 al 1435, asserita emessa senza alcuna prova da dos

Pia) ACIE d Me de iun dti Ar v 5 a t i a

4

10 GERALBERTO BUCCOLINI

esser ricordato il grande avvenimento del 265 a. C., quando i Romani,
posero l'àssedio alla Rocca su cui si erigeva l'etrusca Velsna, della
quale però non riuscirono ad impadronirsi con la violenza dell’at-
tacco, che anzi vi perì il console Quinto Fabio; ma se ne resero pa-
droni, solo dopoché i Volsiniesi, « presi dalle necessità della fame »,
sì arresero, come ci narra Zonara.

. Si deve ugualmente ritenere ignota la tacita ricostruzione del-
l'abitato sulla rupe orvietana nei primi secoli dell'Impero, e poi,
forse dopo un decreto dell’imperatore Costanzo Pio, tra il 337 e
il 361, la ricostruzione ufficiale; e che non rimanesse che la tradizione
del fatto che i Visigoti di Alarico, nel 410, recantisi a Roma e sac-:
cheggianti Bolsena situata lungo la Via Cassia, non tentarono di fare
altrettanto alla città che si annidava di nuovo sulla Rocca già Volsi-
niense, perqu anto dovesse essere ad essi ben visibile dalla stessa Via
Cassia, lungo la variante ricostrutta nel 463-64, ai tempi dell’ Impera-
tore Gioviano, variante condotta giù per le coste della Casilina,
attraverso il nuovo ponte Romano sul Paglia (ponte che più tardi
si chiamò Giulio, dall'omonimo Pontefice che lo fece restaurare) e
su per le coste di Bardano.

Ben diverso e ben vivo doveva esser invece il ricordo dell’asse-
dio posto dai Greci di Belisario e di Peranio, nell’anno 538, a quella
stessa rocca, che ancora e soltanto per fame i Greci riuscirono ad occu-
pare più di sei mesi dopo, come ci narra Procopio. i

Quando pertanto gli abitanti della nuova Bolsena fuggirono
davanti alle ‘orde longobarde, nel 575 circa, certo dovettero cercare
rifugio soltanto in quella stessa località, ad essi ben nota, per la sua
naturale inaccessibilità, così rinforzata dalla numerosa gente accorsa
a rifugiarvisi.

E certo furono gli stessi Bolsenesi che, ivi, di loro stessa volontà,
ricostruirono il loro episcopato; così ben decisi a difenderlo, che sol-
tanto quattordici anni dopo, nel 604, Urbs Vetus, unitamente a Bal-
neus Regius, probabilmente allora costituita dalla sola ma assai più
vasta rocca di Civita, apri le porte ai Longobardi ormai padroni di
tutta Italia.

La dipendenza diocesana di Bolsena da Orvieto risulta da quel |
tempo incontroversa, non potendosi accettare la supposta interru-

Ar

E

che autore. (1)

|

(1) V. mio preced.

lavoro, p. 106 n. k., e pp. 107-108.

RE E LI GRO E ANIA ALI ALI TNA FAIANO PIANTA LIV SERIE CRITICA DEI VESCOVI DI BOLSENA E DI ORVIETO 11

. M Cosi appoggiandomi sui cronisti delle Effemeridi orvietane e
sulle relative dotte note del Fumi, nonché sul Marabottini, sul Mo-
naldeschi, sul Della Valle, oltre che sugli altri testi già indicati non-
ché sui documenti pubblicati nel C. D., mi sono posto al lavoro. Non
pretendo di avere esaurito il compito, né di avere sempre visto giu-
sto. So bene di avere compiuto una modesta per quanto scrupolosa
opera di compilazione; ma comunque non dispero di aver compiuto
uno studio di qualche utilità per la storia di Orvieto medioevale,
nei dieci secoli durante i quali il Comune si formó, si accrebbe, si
valorizzò e decadde, lasciandoci peraltro nel magnifico Duomo l'im-

pronta indelebile delle sue superbe intenzioni, e della sua vitalità.

LE
Serie dei Vescovi di Bolsena.

EvANDER (a. 313). + Compare negli atti del Concilio Latera-
nense quale vescovo di « V...inum ». Secondo il DucHESNE (Storia
della Chiesa antica, Vol. II, pag. 111, n. 2), la grafia indecisa per-
mette di riferire tale indicazione di località sia. ad « Urbinum» che
a « Volsinium ». Il Lanzoni, l. c., pag. 318, aggiunge: preferirei
« Volsinium ». Il Gams a pag. 764, assegna senza alcuna giustifica-
zione, l'Evander ad Ajaccio. Crediamo opportuno seguire il Duche-
sne ed il Lanzoni, il quale ultimo a pag. 342, l. c., nel confermare
la nota antecedente, passa a constatare la antichità del Cristiane-
simo a Bolsena, facendolo risalire al secolo quarto.

Certo tale nome del primo Vescovo di Bolsena viene giustificato
anche dalla coincidenza col martirio avvenuto nel 313 di Santa Cri-
stina, nata, forse, nel 290.

Per linnanzi Bolsena doveva presumibilmente far parte della
Diocesi di Tuscania. |

Dopo questo nome non se ne ricorda nessun altro degno di fede
prima del 494 d. C. Il DoNzELLINI (Storia e Origini della festa del

. Corpus Domini, pag. 69) richiama l'attenzione sul fatto che nel Con-

cilio Romano tenuto, essendo papa llario, circa l'anno 464, esiste
questa sottoscrizione: « Gaudentius ep. Volsiniensis » e lo identifica
col Gaudentius del 499. Per la verità, tanto nella prima che nelle
successive edizioni dei « Concilî »,. la qualifica, quale si legge nella
grafia riportata, è: « Veronensis ». L'interpetrazione « Volsiniensis » è

x

a margine, come ipotesi; ed il nome del Vescovo è indicato. pre-
LI enel LATI Me ld tin a M ein Ad ECC Oz car

12 GERALBERTO BUCCOLINI

cisamente: Godentius. Il Lanzoni, l. c., pag. 543 ricorda come altri
hanno proposto di leggere « Vacconensis » cioè: di Bettona: e così
conviene. Comunque non ci sembra il caso di inserirlo nella serie.

SECUNDINUS (a. 494-96). — È indicato dal KeHR (Regesta Ponti-
ficum, Vol. II, pag. 221 e segg.) sulla fede della Collection Britannique,
la quale in « Gelasii I Epistolae » dà la 6 così intestata; « Gelasius I
Secondino ep. Vulsiniensis ». Altri hanno però letto: « Visinensi ».
Cfr. anche Mansi, Concil. Flor., Vol. VIII, pag. 131, nonché Dotta-
relli; l-:c., pag. 79. i

GAUDENTIUS (a. 499). — Firmato come: « Episcopus Vulsiniensis »
nel Concilio di Papa Simmaco, nella Basilica Vaticana, Vedi « Con-°
cil. Parisiis », col. 196, idem, Flor., t. VIII, col. 235; Ughelli, 16
t. X, col. 190; e v. ancora Cappelletti, Della Valle e Dottarelli. (1) -
«Dopo questo vescovo si ha un'interruzione nella serie per quasi
un secolo. Di ciò gli avvenimenti storici già richiamati ci danno la
spiegazione. :

II.

Vescovi aventi ancora il titolo « Bulsiniensis» ma residenti « Urbeveteri».

JOHANNES I (a. 590). — Gregorio Magno, come s'é detto, in-
dirizzò « Johanni episcopo de Urbeveteri » (la qualifica « Bulsinien- .
sis» non c'é, ma la si suppone per il fatto che tale qualifica è stata.
conservata dal successore « Candidus » e, sia pure alterata, dall'« Agnel-
lus ») la lettera XII del I libro, perché non molestasse « Agapium
(o « Agapitum ») monasterii S. Georgii ».

Il Marabottini, 1. c., pag. 3, commenta così « Agapitum abatem
qui habebat monasterium in ea summitate portae Romanae oppo-
sita quae podium $. Jorii nunc appellatur ». Questa indicazione topo- ;
grafica del Marabottini é interessante. Anzitutto quale era la porta
che egli chiama « Romana » ? Non é certo quella attuale che non esi-
steva al tempo suo. Esistevano invece: la « Porta Pertusa » sottostante
alla località ove ora è Porta Romana, ma che non immetteva se non
ad una via secondaria poco degna certo della qualifica di via per
Roma: e la «Porta Maggiore» che propriamente era l'ingresso in
città da tutte le vie, ma specialmente da quella di Roma.

(1) [È probabilmente, e ulteriori indagini potrebbero dimostrarlo, il
Godentius stesso, cui il nostro A. ha nelle righe precedenti fatto cenno. N.d.r.].

ES dar VRISUARMC EAE ETC OR TIUS SSD AM. aid i: ^ AP Jf231s AE
de SR UR ae Li A ANI Zu PA MC. Aki A Fe d e e i RECETAS IRATUATA SN LO UE i L2 MP

x AD LE
SERIE CRITICA DEI VESCOVI DI BOLSENA E DI ORVIETO 13

D'altra Harte sul colle davanti alla Porta Pertusa, corrispondente
all'attuale Porta Romana, sono esistiti invero una chiesa e forse an-
che un convento dedicati a S. Gregorio Magno; ma sembra che siano

> stati edificati nel 1083 al tempo del Vescovo « Philippus »; e, se può
credersi all'Angelini (1), vennero consacrati da Gregorio VII. La lo-
calità chiamasi peraltro: Sualtulo.

Per quanto poi riguarda il vescovo Johannes cfr. « Concil. Lut. »,
tomo V, col. 1034, e « Concil. Mansi Flor. », tomo IX, col. 1038; Ughelli,
1. c., tomo 1, col. 1464, Della Valle, 1. c., pagg. 4 e 5; Capelletti, tomo
V, pagg. 460 e 461; Piccolomini, 1. c.; Dottarelli, 1. c., Serie Vescovato;
e Gams;ilizc, pag. 711.

Gininui (a. 591-601). — S. Gregorio Magno indirizzò: « Candido
Episcopo de Urbeveteri majore », nel 591 e nel 596, due lettere. (V.
Concil. t. X, col. 19, Florentiae).

Sottoscrisse al decreto di.S. Gregorio del 595 (V. « Concil. Lut. »
T. V. col. 1200): peró la sottoscrizione é dubbia, tal ché qualche
codice pone: « Ep. Fulginiensis ». Fu presente al Concil. Rom. III
«sive Lateranense sub codem Pontifice » quale « EP. Civitatis Vul-
siniensis » (V. Concil. Flor. t. X, col. 488). Cfr. anche Marabottini.
Della Valle, Cappelletti, l. c., V, pagg. 461-462-547; Piccolomini, l. c.;
Dottarelli, I. c., pag. 80; Cas. l. c., pagg. 771 e Serie Vescovato.

Il Marabottini aggiunge: « O durante il vescovato di Candidus, 0
poco di poi, la barbara nazione dei Longobardi nata per l'eccidio
d’Italia, della quale già da tempo era diventata signora, non senza
stragi, di altre città d’Etruria, deposta, dopo la lunga permanenza
nella nostra regione, la nativa barbarie, soffomise anche Orvieto circa
l'anno 604, sotto Agilulfo re, che fin dall'anno 591 aveva JE. il
dominio della sua nazione ».

« Ecco perché in allora, in varie città d'Etruria le sedi vescovili
decaddero, cosicché lo stesso papa S. Gregorio nelle sue lettere accon-
sente a che la chiesa di Fiesole fosse affidata al vescovo di Luni e il
vescovato di Populonia a quello di Roselle mentre che il vescovo ed
il Clero a quei tempi fiorenti in Orvieto, indicano che la chiesa orvie-
tana non era rovinata dalle armi dei Longobardi ».

Tali considerazioni del Marabottini che evidentemente non aveva
conoscenza dei vescovi di Bolsena, non fanno che confermare le no-
stre osservazioni sulle cause della Sede vacante dopo Gaudentius.

(1) Il P. Antonio Angelini S. I. scrisse iscrizioni latine per i papi che
credette essere stati in Orvieto: cfr. PRINZIVALLI, l. c., pagg. 31-35.

1
14 "GERALBERTO BUCCOLINI

A proposito della contemporanea istituzione della sede vescovile
in Bagnoregio, é da ricordare che sarebbe avvenuta nel 598, come da
altra lettera di S. Gregorio Magno, la 34? dellibro VIII. Vedi anche
Ughelli 1. c., I col. 514-515. Nod: anche E Problema arch.
di Orvieto, pag. 99.

La correzione proposta dall'Ughelli del nome del vescovo di

Chiusi « SR », consacrante il nuovo vescovo di Bagnorea, in quello -

di « Ecclesio » è qualificata errore dal Lanzoni.

Circa ottant'anni di oscurità trascorrono ancora prima di poter
segnare il nome di altri vescovi.

Forse proprio a questo periodo è da riferire la iscrizione mutila,
ritrovata in Duomo a tergo della pietra tombale comune di Simone
Mosca e Raffaele da Montelupo, inserita in « C. I. L. », XI, 2899, in
parte completata dal De, Rossi (Lanzoni, l. c., pag. 54-55), e che
suona cosi: . |

IN NUMINE DNI NOSTR (i Jesu Cristi)

HIC REQUIESCED IN PACEM.

QUI BIXID IN SECULO ISTO (ante episcopa)
TUM ANNOS QUADRA (ginta et in eptu)
ANNOS XI IN PACE (mortuus est)

PRI NONAS FEBRUARI

Il Silvagni che la ha riesaminata e che propende decisamente a
datarla della prima metà del secolo vir, dichiara possibile leggervi,
invece della frase |

HIC REQUIESCED IN PACEM
l'altra i i
HIC REQUIESCED IN PACE M

col che si avrebbe.l’iniziale M del nome del Vescovo.
AGNELLUS (a. 680). — Questo nome che chiude la breve serie dei
Vescovi aventi ancora il titolo: « Bolsiniensis » per quanto dal « Jo-
hannes »in poi residenti « Urbeveteri », (per « Agnellus » lo si suppone
per consecutività), ci è dato dall' Ughelli, l. c., t X, pag. 190, dal Della
Valle, dal Cappelletti, l. c., pag. 546 e dal Dottarelli.
La notizia data dall'Ughelli: « Sedit in Patres Concilii Romani

sub Agathone a. 680 », è confermata dagli atti del VI Concilio Ecu-

menico, terzo Costantinopolitano, ove è riportata la lettera di Papa
Agatone e dei Vescovi che presero parte al Concilio Romano del 680.
La sottoscrizione dice: « Agnellus episcopus Ecclesiae Volsiniensis ».

Sibi so aei GLA HU om Adi 17 aT ait LM e aad PIO icd il cu AL e a d Rd AE AER MALLA Ad ai il SERIE CRITICA DEI VESCOVI DI BOLSENA E DI ORVIETO 15

III.
a. ?— 743 — 990.

Vescovi di Orvieto.

Anzitutto crediamo di dover inserire a questo punto la iscrizione
graffita sulla cornice di un paliotto in pietra di un altare della Abbazia
di SS. Severo e Martirio (ora conservata anch'essa in Museo), perché,
se la maggior parte degli studiosi l'hanno riferita al Vescovo Teuzo
dell x1 secolo, invece il Silvagni è fermo nel ritenere che, per la forma
delle lettere, debba giudicarsi appartenente al piü tardi al nono se-
colo. La iscrizione é la seguente: TEUZO EPS DEDICAVIT HOC ALTARE
SACRATISSIMUS JOHANNES ABBS CUM. —

In altre parti della cornice vi sono due lettere r n. e la sigla J 0 H s:
la sigla ripete il nome dell'abate; e le lettere r R completano la iscri-
zione dopo CUM, cioè CUM FRATRIBUS.

Così il Silvagni, che esclude assolutamente che la sigla Jo HS
possa leggersi, come alcuno ha proposto, per il numero 1054, ritiene .
che tale iscrizione riguarderebbe un Vescovo Teuzo senior del quale

peraltro non abbiamo altre notizie.

A. 743 — GnEGORIUS — Partecipò al Concilio Romano del 743
sotto Zacharia. Cosi il Baronio, T. XII, pag. 502 e Mansi, Cone. t
XII, coll. 367 e 368.

In effetto, secondo il Codice Lucensis, in tale concilio sono due
le soscrizioni che hanno dato luogo a vive divergenze per la loro
riferibilità ad Orvieto, e sono: « Gregorius Urbevetano » e « Amantius
Orbeuneto ».

Si é voluto prendere in considerazione ambedue le soscrizioni.
I più accettano « Gregorius » e non « Amantius »; qualche altro, fra
cui il Gams, l. c., vol. II, pag. 711, ed il Cappelletti, t. V, pag. 462-
463 (il quale col suo dire prova di non considerare in alcun modo la
firma di « Gregorius Urbevetanus »), hanno accettato soltanto «l'Aman-
tius »: altri, come il Della Valle, l. c., pag. 6 ela Serie Vescovato, riu-
niscono i due nomi cosi: «Gregorius Amantius » Ritengo che di
fronte all'evidenza della firma « Gregorius Urbevetanus », si debba :
seguire il. Marabottini, l. c., pag. 4, sulla fede anche del Baronio,

1. c., tomo XII, pag. 502, che parlano soltanto del « Gregorius ». Del

resto l'appellativo « Orbeuneto » dell'« Amantius » é di decifrabilità

assai dubbia, mentre é assurdo che nel medesimo concilio lo stesso
16 GERALBERTO BUCCOLINI

Vescovo abbia apposto due firme con nome e qualifiche diverse, o,
peggio, che si siano firmati due vescovi di Orvieto contemporanea-
mente.

H Cfr. altresì Ughelli, 1. c., I, col. 1465; e il Piccolomini. i

B A. 816-826 — ALIPERTUS VEL ALBERTINUS — Fu presente al Con-

|] : cilio Romano del 826 sotto Papa Eugenio II firmando: Alipertus Or-

HAT bivetis. Cosi il Baronio, l. c., tomo. XIV, pag. 97 e Mansi, Conc., t. !
XIV, col. 999, nonché il Marabottini, l. c., che riporta dal Baronio: |
«tempore Papa S. Leone III a. 21 pont. Cristi 816 », questa notizia: |:
« Ecclesiam veri B. Pauli Apostoli quae appellatur Conventus, sitam
in territorio Urbevetano inter fines Suanenses et Clusinos, seu Tuscia-
nenses atque Castritana, quae nimia vetustate marcuerat atque in
ea pecudes refugium faciebant, ex qua reliquiae ablate fuerant, idem
santissimus pontifex mundari fecit et omnia sancta tecta ipsius cum
porticibus noviter restauravit atque in altare eius vestem de sfauraci
posuit, et reliquias recondi praecepit ». |

Cfr. anche Gams, l. c., pag. 711; Ughelli, 1. c., 1-1465; della Valle, :
l. c., pag. 6; Cappelletti, l. c., t. V, Serie Vescovato e Piccolomini, l. C.

A. 853 — PETRUS I - Fu presente al Concilio di Ravenna dell'853
sotto Papa Leone IV, firmando; «Petrus Urbevetanae ». Vedi Concil.

. Flor. tomo XIV, col. 1020. Il Muratori asserisce. che Petrus firmò
il giudicato dello stesso Pontefice e dell'Imperatore Lodovico II a fa-
vore del Vescovo di Siena e contro quello di Arezzo. Cfr. altresi l'U-
ghelli, 1. c., tomo I, col. 1465, il Piccolomini, il Labbè, Concili Lut.,
tomo VIII, col. 123, la serie Vescovato e il Gams, l. c.

Il Della Valle, l. c., su questo e sui due successivi vescovi è erro-
neo attribuendo a questo vescovo la notizia su riportata del restauro
ad opera di Papa Leone III (che visse tra il 795 e 816) della Chiesa di .
S. Paolo che chiama basilica e pone extra. Orvieto. Per il resto si ri-
mette allo Sbaraglia che dice: « duos fortasse fuisse Petros, ita ut in-
ter utrumque mediet Leo qui a: 1036 interfuit Conc. Rom. Benedicti
IX quemque pro Urbevetano habet Arduins ». |

Ma é evidente che qui lo Sbaraglia incorre in una grave svista.
Il Leo del quale egli parla è l’« Orbitensis » vissuto circa 175 anni più
tardi. Il «Leo qui mediet » tra i due Petri è forse il seguente.

A. 861 (?) — Leo I OBERTANUS, che con tale dubbia qualifica
firmò al Concilio Romano I, indetto nell'861 da Niccolò I. Vedi
Concil. Flor., tomo XV, col. 603. Cfr. anche Cappelletti, 1. c., pag. 463;
Gams, 1. c., Serie Vescovato e Piccolomini; ignorato dall Ughelli e dal
Marabottini. Circa la qualifica « Obertanus » ritengo debba trattarsi

e EE EN SRO SIE RIO SII IE NJ 19,

— — A ———Ó——— —————————
SERIE CRITICA DEI VESCOVI DI BOLSENA E DI ORVIETO 1/7

di un fenomeno di metaplasmo, e più particolarmente di una metatesi
fonetica non insolita nella nostra lingua.

A. 877 — PETRUS II — Sottoscrisse, con la qualifica « Orbeveta-
nus » al Concilio di Ravenna del 877 indetto da Papa Giovanni VIII.
Vedi Concil. Flor., tomo XVIII, col. 342. Così anche il Piccolomini,
da Labbè, Concil., Lutetiae 1671.

Questo vescovo è, come i due precedenti, ignorato dal Marabot-
tini appunto perchè allo stesso, che pubblicò la prima edizione della
sua serie con il Sinodo del Della Gornia (Orvieto 1667), non era an-
cora pervenuta la prima edizione dei Concili del Labbè.

- Sono i due Pietri assai dubbi per il Della Valle, come già si è
detto; ammessi dal Cappelletti, pag. 469 e dal Gams., 1. c.

L'Ughelli; 1. c., ignora il Leo, e segna un solo Petrus tra il 853
e 877; opinione certo giustificata dalla strana ortografia della qualifica
« Obertanus » del Leo I.

D Intercorre«ora un secolo di vescovi del tutto ignoti. Main questo
| periodo la tradizione (sec. il p. Angelini) pone il ricovero in Orvieto di
Giovanni X nel 916, quando i Saraceni minacciarono Roma, rima-
| nendo poi sconfitti al Liri.

| .. La tradizione è fondata sul fatto che i Sara eni venivano dalla
‘ Marittima e dalla Campania. Quindi al Papa rion sarebbe rimasto
scampo che al Nord. E al Nord non c'era altra città importante che
| Orvieto, essendo Viterbo allora semplice castello. Ma il Cappelletti,
a proposito di questa notizia, fa notare che, secondo il Muratori, nella
Pasqua del 916, il Papa incoronava in Roma Berengario per poi muo-
vere. personalmente contro i Saraceni: quindi la notizia é per lui
inammissibile.

Lo stesso Angelini afferma anche la venuta nel 977 di Benedetto
VII che avrebbe fatto costruire o proseguire il Palazzo Soliano, già
incominciato da altri pontefici. Ció sulla fede forse del Manente, ma
non se ne hà prova. E inoltre la notizia sul Palazzo Soliano é crono-
logicamente assurda. his

A. 975-990 - RoporPHUS GALLUS — È il Vescovo indicato dal Mo-
naldeschi all'anno 977 e all'anno 978 dal Manente, che ne scrive cosi: |
«in questo anno, essendosi partito da Orvieto Papa Benedetto VII
— visita non provata come anche quella di Silvestro II nel 1000 (1)—,

(1) Cfr. la n. 2 del Fumi a pag. 277 della Cron. di Luca di Domenico Ma-
nente. V., per contro, a riguardo di Silvestro II, BALAN, Storia d'Italia,
Modena 1875 sgg., II, pag. 588.

[— —À 07MM MÀ ———ÓQÓ—À ———"
= 2 E nnt — —c-.; «un ===="======
T8 ea GERALBERTO BUCCOLINI

è sì scoperse la setta degli eretici contro la fazione della Chiesa, per il che ‘

venne in Orvieto Rodolfo Francese Vescovo di Rienza della stirpe
di Carlo Magno, per ordinare le cerimonie della Chiesa, per sedare
le eresie e le discordie della Città ». Ammesso dal Della Valle, p. 7;
dall’ Ughelli, T. L, col. 1465, dal Cappelletti, dalla Serie del Vesco-
vato e dal Piccolomini. L'Ughelli e la serie del V.to aggiungono
« Traditur gobernum consulare Urbeveteri ab eo indictum »; anzi
l'Ughelli, al 1. c., ne dà ampia notizia non solo per le nuove fabbri-
che aggiunte alla Chiesa, ma per privilegi e sagge leggi riformatrici:

Il Marabottini lo inserisce nella prima edizione della sua serie

‘con queste parole: « Rodolphus, ut ajunt, natione gallus, anno 975

episcopus Urbisveteris effectus plurium memorandorum author re-
gimen complevit et obiit a. 990. De Rudolpho hoc antiquarum pagi-
narum usque adhuc testimonia non repperi: attamen, quia nec illa-
rum nec temporum vidi repugnantiam vestigis aliorum haerens, hic
illum reposui, non absque animi hic inde fluctuanti suspensione ».

Nella seconda ed ultima edizione lo soppresse addirittura, con
queste parole: « Evadendus Rodolphus ille Gallus quem olim trepi-
dante quidem et coespitante calamo admisimus ».

Gli scrupoli archivistiei del Marabottini non devono però turbarci,
chè anzi, oltre alle conferme dateci dal Manente, dal Monaldeschi e
dall'Ughelli, sono proprio le esitazioni del Marabottini che ci assi-
curano come la tradizione fosse a riguardo del Rodo/phus assoluta-
mente positiva. |

Certo, se si deve ammettere col Fumi che nella serie degli arci-
vescovi di Reims non v'è mai stato un arcivescovo dal nome di -Ro-
dolfo trasferitosi ad Orvieto — cosa intuitiva perché non sarebbe stato

ammisibile che un arcivescovo di Reims accettasse il trasferimento

a Orvieto, per quanto questa città, rifugio sicuro contro i Saraceni,
dovesse già essere popolata e ricca —; è vero però che il Marlot (1) ci
ricorda l'esistenza sotto Adalberone, 38 arcivescovo di Reims, di un
« Rodolphus » abate di Saint Rémy che sottoscrisse al Sinodo « apud
Montem Sanctae Mariae in pago Tardanensi » e ciò fu nel 977; e che
lo stesso Marlot in altra sua opera (2) ci conferma l’esistenza dell'a-
bate, tratta da un atto di cessione di una parte del suo dominio per
creare un’altra abbazia.

Ed ‘a questo punto non dimentichiamo di ricordare il predominio

(1) Manror, Metropolis Remensis Historia. Insulis, 1666.
(2) ManLor, Histoire de la ville, cité, université de Reims, t. IV, p. 26.

x

IO AI DO ALU) ABNORE RUE YR ALI MEA PRE RAPINIS ACCO RTAA I AI EE Et e CDD CD

QUO :.

SERIE CRITICA DEI VESCOVI DI BOLSENA E DI ORVIETO 19

degli Ottoni, specie del III, nelle nomine alla sede di Reims, per la
quale avvenne la nota divergenza fra Gerberto, figlio di Adalberone,
e Arnoul per la successione; vertenza che terminó con la vittoria

| locale di Arnoul ma con quella ben maggiore di Gerberto, che fu

nominato papa col nome di Silvestro II; si deve pure ammettere
che per opera forse del II Ottone, sia in effetto avvenuta la nomina

al vescovato di Orvieto di quel « Rodolphus » che abbiamo piü sopra .

ricordato, e che, colla provenienza dal territorio dell'arcivescovato
di Reims, e con la qualifica di abate di Saint Rémy, giustifica l'ap-
pellativo « di Rienza-» datogli dal Monaldeschi e dal Manente. Non

interidiamo affermare una cosa certa; ma ci limitiamo a E

assai probabile.
ANDREAS GENUENSIS (a. 993-995). — Ignorato dal Marabottini.

Indicato dal Monaldeschi, ammesso dall'Ughelli, Cappelletti, Della

Valle, Serie Vescovato e Piccolomini.

La Serie Vescovato aggiunge che a suo tempo «Silvester papa
II graecos Italiam vastantes fugiens Urbeveterem venit »; e cosi l'An-
gelini che pone tale venuta al 1000, mentre al 1003 quella deila ve-
nuta di Giovanni XVIII che avrebbe costrutta la chiesa di S. Gio-
vanni Evangelista, concedendola ai Benedettini (1). Il Cappelletti a
pag. 465 ammettendo il Vescovo Andrea, dubita insieme col Mura-
tori (« Annali d’Italia », anno 1000) della verità della venuta di Sil-
vestro II: notizia data per primo dal Sigonio.

Secondo il Manente, il Monaldeschi, e per ultimo ora il Sac.
Carlo Pacetti (L’antica chiesa di S. Giovenale in Orvieto, Roma, Tip.
Sallustiana, 1939), la chiesa di S. Giovenale sarebbe stata fabbri-
cata ex novo, o ricostrutta, nel 1004; e secondo il Manente, nel 1003,
sarebbe stata fondata la Chiesa di S. Giovanni.

NICOLAUS I (a. 1007-1013). — Indicato dal Monaldeschi. Ammesso

dall’ Ughelli, Della Valle, pag. 7, Cappelletti, Serie Vescovato e Picco-

lomini. Ignorato dal Marabottini.

La Serie V.to aggiunge la notizia della visita di Benedetto
VITI (1) e della concessione dello Studio Generale, che l'Angelini con-
ferma cosi: «Liceum amplissimi Henrici Augusti II diplomatibus
constituit»: ma invero anche questa sembra una notizia alquanto
fantastica. à

HiLDERICUS (a. 1015). -— Reno dal Monaldeschi. Indicato

(1) Vedi sempre, per la riegativa al riguardo, la nota 2 del FUMI, a pa-
gina 277 della Cron. di Luca M.
20 GERALBERTO BUCCOLINI

ERE dal Marabottini che dice: « Anno 1015 ut episcopus Urbis Veteris .
jj Y Decreto Benedicti VIII subscriptus reperitur ». Il decreto negli Atti
(1 vc Concil. non si trova. Si trova invece la soscrizione di Ilderico al Sinodo.
Romano «in quo editum fuit previlegium caenobi Fructuariensis ».
Firmó: « Heldericus Urbevetanus episcopus ». Cosi anche in Mansi,
tomo XIX, col. 364, e nel Della Valle, pag. 7, che con l'Ughelli e la
Serie V.to aggiunge che il decreto era: « pro abbatia Fructuaria ». (In ‘
questa abbazia situata a S. Benigno Canavese era andato a finire i
i suoi giorni lo sconfitto Arduino d’Ivrea, già re d’Italia, morendovi
B ‘ proprio nell'anno 1015). Ammesso anche dal Cappelletti e dal Pic-
DI | colomini, che si richiama al Labbé (Concil, t. IX, col. 815).

TS È di questa data, essendo papa Benedetto VIII, il famoso privi-

ti i | “CR . legio dell’ Imperatore Enrico col quale fa donazione al papa di molte
Tn città e castelli, fra i quali: «in partibus TDUSCUTC Longobardorum
H3 Urbemveterem ».

[d PauLus romanus (a. 1022). — Ignorato dal Marabottini: Ammesso
| dal Monaldeschi, dall'Ughelli, dal Della Valle, pag. 7, il quale adduce
i due documenti che peraltro nulla provano. Di essi il primo, che è
Di ru anche il primo documento del Codice Diplomatico del Fumi, non
; porta né il nome né la qualifica del ricevente il dono: se ne presume:
la presenza di un vescovo per trovarsi il documento nell'archivio
b vescovile.

In quanto al secondo documento, esso, come dice bene il Fumi,

| : . é cronologicamente fuori posto.

|

‘Essendo nel documento ricordato il martirio di San Pietro Pa-
E renzo che avvenne nel 1199, il documento, che é il LXXI del Codice
| Diplomatico, non puó essere antecedente al 1200.
| Il Paulus é ammesso dal Cappelletti, pag. 465, dalla Serie del V.to
e dal Piccolomini. ^

SiGIFREDUS (a. 1028-29). - Ammesso dalle Cronaca.del Vescovo
Ranieri doc. VI-VII, e dal Marabottini, il quale si dice istituì fra il
suo clero la regola di S. Agostino; e che dimostrò la sua liberalità
verso i canonici, donando loro tre chiese parrocchiali e sette pievi.
Le chiese parrocchiali furono quelle di S. Salvatore, S. Giovenale
e S. Lorenzo (in Arari); le pievi furono quelle di S. Pietro Bisenzio
b (presso Marta), che ebbe fine poco tempo prima del Marabottini, san
| Giovanni in Val di Lago, San Terenziano in Alfina, Sant'Erasmo .

di Montelupo presso Parrano, Santa Maria di Mimiano, San Giovanni

| Battista da tempo distrutta, dice il Marabottini, e annessa alla Chiesa
| di S. Costanzo, e San Pietro del Castello di Sucano. Il documento

d

FER HE TRADE EE.
Lm ——

SERIE CRITICA DEI VESCOVI BI BOLSENA E DI ORVIETO 21

di tale donazione é riportato dal Cod. Dipl. al n. 11 ed il vescovo Sigi-
fredus vi é nominato.

Tanto il Della Valle, quanto l' Ughelli, il Cappelletti ed il Giam-
paoli (1), spiegano che la istituzione della regola di S. Agostino tra
il clero avvenne a favorire la riforma dei costumi. Così anche la serie
V.to (ad regularem vitam).

Ammesso dall’ Ughelli. Nel 1034 Benedetto IX fuggendo da
Roma sembra si trattenesse a lungo in Orvieto, ove dicesi avesse
fatto costruire il tempio di S. Maria presso il palazzo pontificio (S. Ma-
ria Prisca ?) e quello della Trinità fuori le mura. Cosi L Angelini,
. ma non ve ne ha prova.

Leo II, Orbitensis (a. 1037). — Ignorato dal Monaldeschi, dal
Marabottin, dall Ughelli, dal Della Valle e dalla Cronaca del Vescovo
Ranieri. Ammesso dal Fumi: v. Cod. Dipl, pag. 4, nota al Doc.
IV dell'anno 1054. Ammesso dal Cappelletti, dal Piccolomini e dalla
Serie V.to, che, correggendo l'errore del Della Valle (V. a Petrus I),
affermano che fu presente al Concilio Romano indetto da Bene-
detto IX. i

E così è: Mansi, Conc., tomo XIX, col. 582, ove appunto è fir-
mato: Leo Orbitensis.

Secondo il Manente, nel 1038 serebbe stata fondata la Chiesa
della Trinità del Petrojo, nell'antica strada Volsinea, consacrata mol-
to di poi, nel 1102.

A. 1044 — Nicoraus II — Campanus. Ignorato dal Marabottini
‘e dalla Cronachetta del Vesc. Ranieri. Ammesso dal Monaldeschi,
dall’Ughelli, dal Della Valle, pag. 8, sulla fede dello Sbaraglia, il
quale peraltro riconosce che tanto su questo vescovo: quanto sul
seguente mancano documenti. Ammesso anche dal Cappelletti, dal
Piccalomini, e:dalla Serie V.to. È ammesso anche dal Fumi insieme
al seguente. Vedi nota al Doc. IV del Cod. Dipl. O ad esso, o al pre-
cedente appartiene il Doc. III del Cod. Dipl., a. 1041.

.. Nellanno 1046, secondo l'Angelini, Gregorio VI, per timore
di Enrico III si ricoverò in Orvieto, ma non è provato (2).

A. 1051 - Lucas - Ignorato dal Marabottini e dalla Cron. del
Vescovo Ranieri. Ammesso dal Monaldeschi, Ughelli, Della ‘Valle
a pag. 9, Cappelletti, Fumi (v. sopra) e Serie Vescovato.

(1) Vedi: GrAMPAOLI, Storia del Santuario di Santa Maria della Fonte.

(2) AI Concilio Romano indetto da: Papa Leone X nell’anno 1050 in-
tervenne un « Theodoricus Orbiensis episcopus », da nessuno peraltro ricono-
sciuto come orvietano. Vedi Mansi, Concili, tomo XIX, col. 771.
m a dr rome RE HAE ERIS La TRU CO

22 ri GERALBERTO BUCCOLINI

Aa. 1054-1059 - Truzo - Ignorato dal Monaldeschi e dalla Cron.
del Vescovo Ranieri. Ammesso dal Marabottini con questa tenue
indicazione: « Teuzo non dissimili coniectura Sigitredi successor in-
dicabitur, cum de anno 1054 extent concessiones ab eo emanate ».
Secondo il. Della Valle, Teuzo «interfuit Conc. Rom. 1059 » (Cron.

. Farf.). Ammesso dall’Ughelli, Cappelletti, Piccolomini, Serie V.to e -

Fumi. Vedi Cod. Dipl., doc. IV. Secondo il Codex Floresiensis presso
il Martene, è sottoscritto al Concilio Romano indetto da Papa Ni-
colaus II, col nome di: Teuzo Urbibetanus. Cir. Mansi, Conc., t. XIX,
col. 912 (E v. Mansi, Suppl., tomo I, col. 1398). Forse sotto questo
vescovo fu arcidiacono l'Ildebrandus che fu poi Papa Gregorio VII
(v. Cappelletti). La nomina sarebbe avvenuta nel 1059, l'anno stesso
in cui sarebbe poi stato nominato cardinale col titolo di S. Maria
in Domnica. Ció non contrasterebbe con quanto dice il Marabottini
a pag. 6, il quale, negando che l'Ildebrandus sia mai stato vescovo
di Orvieto, adduce a prova del suo asserto il fatto che la sua eleva-
Zione a papa fu fatta con questa formula: « Eligimus in pontificem
Ildebrandus arcidiaconum ». Tale formula esclude una prudente ele-
vazione a vescovo. j

Abbiamo già riportato e discusso all'inizio del cap. III la iscri-
zione che parla di un Vescovo Teuzo, sul paliotto in pietra di-un al
tare del l'Abbadia dei SS. Severo e Martirio.

A. 1060 — ALBERTINUS - monachus. Ignorato dal Monaldeschi
e dal Marabottini. Indicato dall'Ughelli, accettato dal Della Valle
e dal Piccolomini, e dalla Cron. del Vescovo Raniero.

. Il Della Valle cita come avvenuta al tempo di questo Vescovo
una donazione all'episcopato, di cento scudi, da parte di Pietro e Fa-
rulfo Calvo. Il Marabottini conferma l'esistenza dell'atto, che dice
desunta dalle parole scritte dal Vescovo Raniero del 1228, in mar-
gine agli antichi libri degli istrumenti vescovili; ma lo attribuisce
non'ai tempi di questo Albertino monaco che non conosce, ma a

. quelli dell’A/bertino o Alipertus del 816-826. Cosi per la pittura fatta
.a tal proposito nell'episcopio, e ricordata nel documento.

Nella Cronaca del Vescovo Ranieri, pubblicata dal Perali, tale
documento è registrato a pag. vir, come appartenente a questo A/-
bertino «vita monastica venerando», che il Perali pone peró nel 1040.

A. 1066 (?) — JoANwES II Pisanus — Ignorato dal Marabottini
e dalla Cron. del Vesc. Ranieri. Ammesso dal Monaldeschi, dal Pic-

colomini, dal Della Valle (pag. 9), dall’ Lebe, dal Cappelletti e.

dalla Serie V.to.
SERIE CRITICA DEI VESCOVI DI BOLSENA E DI ORVIETO RR

La negativa posta dal Fumi al Doc. V del Cod. Dipl. è di seria
importanza e quindi lo si lascia in dubbio. .

A. 1078 (?) — PHiLipPus, patria Urbevetanus — Ignorato dal Ma-
rabottini e dalla Cron. del Vesc. Ranieri. Ammesso dal Monaldeschi

4 4 T . . .
‘ e dall'Ughelli, coll'annotazione « civis ac episcopus » che deve sicura-

mente aver tratta da fonte a noi sconosciuta. Ammesso anche dal
Della Valle, pag. 10; dal Cappelletti (pag. 468) dal Piccolomini e dalla
Serie V.to che aggiunge, sulla fede dell'Angelini, « cujus tempore a.
1083 S. Gregorius Papa VII Urbem Veterem venit »: il che non è pro-
vato. !
L'Angelini aggiunge che ció fu per sfuggire alle armi di Enrico
IV; che fabbricò il monastero intitolato al nome di S. Gregorio in
Sualtulo e il Ponte di pietra presso la confluenza del Chiani nel Paglia,

e che «jura pontifici nostri in Aculanos tribuit»: ma la prima notizia

mette in dubbio l'asserzione del Marabottini, che, cioé, la lettera di
S. Gregorio Magno al Vescovo Johannes si riferisca al monastero «in
ea summitate Romanae portae opposita quae podium S. Jordii hodie
appellatur ».

Sempre secondo l'Angelini, nel 1092, Urbano II, che aveva pre-
dicato la crociata, riparó in Orvieto essendo i Romani favorevoli a
Guilberto che aveva occupato il pontificato, ed avrebbe condotto l'ac-
qua delle prossime colline.nella città; ma non é provato. Vedi Picco-
lomini; e, tanto per questo vescovo che per il successivo, la nota ne-
gativa del Fumi al Doc. XI, pag. 8, del Cod. Dipl.

A. 1092 (?) — ANGELUS, Teatinus — Ignorato dal Marabottini,-am-

messo dal Monaldeschi, dall'Ughelli; dal Della Valle a pag. 10, dal Cap-

pelletti (pag. 468), dal Piccolomini e dalla Serie V.to. Non ammesso
dal Fumi assieme al precedente. Vedi nota c. s.

Secondo l'Angelini, Pasquale II nel 1102 venne in Orvieto e si
occupò del miglioramento dell'aula pontificale destinata alle diete e
ai conclavi; ma anche questa visita non è provata (1).

Aa. 1103-1121 (?) — GuiLeLmus I, Ansoldi di, Cremona — Ignorato
come tale dal Marabottini e dalla Cron. del Vesc. Ranieri. Questa indi-

cazione, del PUPHOLUe e patria, é dell'Arisio (2) ed é la unica prova

(1) Vedi. sempre nota 2 del Fuwr a pag. 277 della Cronaca di Luca Ma

nente.
(2) Arisius Antonius,in Cremona liberata, Parma, 1702, I, pag. 67,. scrive:
« Guillelmus quem Bressianus in Ros. e Viol. credit ex familia Ansoldi ... »

e aggiunge: «sec. Italia Sacra dell'Ughelli, fu per 15 anni vescovo di Orvieto

eletto da Pasquale II ».

Y
iH

A E OSEE

EO LA = ===T rn
COMORE ISEE
rmm iE LLL OT

24 |J GERALBERTO BUCCOLINI

dell'essere esistiti due Guilelmus con un Johannes intermedio. Il Pic-
colomini lo accetta-come tale. Il Della Valle a pag. 10 ela Serie V.to
lo inseriscono senza indicazione. Cfr. anche Cappelletti e Ughelli, tomo
I, col. 1465, che paraltro è molto incerto. Il Monaldeschi ammette
il Guglielmo I come Martiniesis, ammette il Johannes florentinus in-
termedio e non il Guglielmo II, ma ciò è irragionevole. Ammesso il
Johannes bisogna ammettere i due Guglielmi, perchè il Cod. Dipl. da
pag. 7 a pag. 12 ci dà su un Vescovo Guglielmo cinque documenti si-
curi, cioè i nn. XI, XVI, XV, XVII, XXIII agli anni 1103, 1115,
1118, 1126:e 1131.

Pertanto se si ammette lo Johannes del 1121, bisogna ammettere
un secondo Guglielmus corrispondente ai Doc. XVII e XXIII degli
1126 e 1131; altrimenti bisogna consentire col Marabottini, che rico-
nosce un Guglielmo solo.

Segniamo due Vescovi Guilelmus per mero: ossequio agli autori
più numerosi, ma non ammettiamo il Johannes; e crediamo ad un
solo Guilelmus.

Il Cappelletti riferisce a questo primo Guglielmo anche i Doc.
che nel Cod. Dipl. portano i nn. XII e XIII degli anni 1107 e 1113;
e ciò è giustificato: ma comunque sono da riferire a questo anche i Doc.
XI a. 1103 XIV a. 1115 e XV a. 1118, nonchè le seguenti. notizie date
dal Marabottini.

Nel 1118 celebrò il Concilio in Val di Lago, allora per la maggior
parte soggetta al Comitato Orvietano (Dictioni Urbevetanae) con i
suoi castelli; Bolsena, S. Lorenzo, Grotte, Gradoli, Capodimonte,
Bisenzio e l'Isola Urbana o Bisentina; e nel Castello delle Grotte con-
sacrò la Chiesa di S. Paolo già costrutta.

Nel 1119 donò ‘ad Alberto abbate di Santa Croce di Sassovivo,
- ]e Chiese di Santa Croce, e S. Egidio di Orvieto e la Chiesa di S, Nicola

.dell'eremo Juniano.

Tutte queste Chiese non esistono più. La prima era sulla punta
estrema della attuale Caserma Avieri, dalla parte dell'Accademia
femminile; la seconda era, forse presso, o dove poi fu eretta la Chiesa
di S. Pietro, poi anche essa sconsacrata e divenuta parte dello stabile
‘ carcerario. Difatti nella Chiesa di S. Pietro era conservato, tratto da
S. Egidio, quel magnifico ciborio in pietra dura, stile composito, oggi

conservato nella Chiesa di S. Domenico. La Chiesa di S. Nicola tro-.

vavasi presso la Porta Vivaria, ed è oggi villetta privata.
A. 1121 (?) - JouawNEs III, florentinus - Ammesso dal Monal-
deschi, dal Della Valle, a pag. 12, Cappelletti, pag. 472, Piccolomini

e AI OI
SERIE CRITICA DEI VESCOVI DI BOLSENA E DI ORVIETO 25

e Serie V.to. Ignorato dagli altri. Non documentato e quindi, per le
considerazioni antecedenti, non accettabile. :

A. 1125-1136 — GuirLELwus II —, Martinozzi o Martiniensi, Or-
vietano. La prima forma del cognome. ci é indicata dal Marabottini
che aggiunge: « habuit ex fratre nepotem gentilio Marinotii nomine
nuncupatum et militari dignitate insignitum ». L'altra forma ci é
data dal Monaldeschi che col solito errore cronologico lo inserisce
nell'anno 1242, quando invece. fu vescovo il Ranierius. A lui è
da riferire sicuramente, oltre ai documenti ricordati per il Guilel-
mus I, il Doc. XVII del Cod. Dipl. a. 1126 e il XXIII a. 1131, mag-
gio; ma non il Doc. XXVII a pag. 17 del Cod. Dipl. a. 1137, come
vorrebbe il Marabottini, dacché tale documento si riferisce alla reg-
genza successiva. Il Piccolomini, coll'Ughelli e il Della Valle, pag. 12,
e la Serie V.to, ammettendolo, ci danno notizia della sua sotto-
scrizione alla Bolla di Onorio II « quae indulxit Pisanae Ecclesiae »,
come é detto in nota al Doc. XVII del Cod. Dipl.

La sua soscrizione trovasi in realtà agli atti del Concilio indetto
da Papa Onorio II. Vedi Concil. Flor., tomo XXI, col. 345. Il Fumi
senza discutere la questione dei Guglielmi lo ammette peraltro quale
II nella nota al Doc. XVII. :

Questo Guglielmo dei Martinozzi é ricordato nella Cron. del Ve-
scovo Ranieri al Doc. 1V (da Cod. B. c. 76), ma il Perali lo data al
1118; con ció affermando tacitamente l'unicità del Vescovo Guilel-
mus, come noi pensiamo.

Durante il governo di questo vescovo, son da notare altri docu-
menti importanti del Cod. Dipl.: Doc. XXII, a. 1131, che ricorda con-

troil Vescovo Suanense il possesso del Castrum Criptae da parte della

Chiesa Orvietana da ben 64 anni; Doc. XXIII a. 1131, livello di un
appezzamento dato dal Vescovo Guglielmo a un tale Pietro; Doc.
XXIV, a. 1132, che ricorda altresì che le Grotte sono in territorio Or-
vietano; Docc. XXV e XXVI, a. 1133, che ha donazioni del prete Ru-
stico che fu poi vescovo. Teste: Cittadino di Malabranca che é poi
l'avo di Monaldo patronimico della casata Monaldesca.

A. 1137 — Reggenza di RopoLPHus Vescovo di Perugia — Vedi
Cod. Dipl. pag. 17, Doc. XXVII a. 1137. Il documento é riportato
anche dal Della Valle. Cfr. Serie Vescovi di Perugia in Ughelli, Cap-
pelletti e altrove. : |

Il Doc. XXVII è importantissimo per la storia del Comune di
Orvieto. Si tratta di una donazione di varie località della montagna
della Peglia da parte di un Conte Ottone. Se ne dà qui un riassunto:
26 GERALBERTO BUCCOLINI

«Doc. XXVII del Cod. Dipl. a. 1137, Agosto.

« Donazione da parte del Conte Ottone al Vescovato, del Castello
«di Mucarone, di « Fegato », delle due Civitelle, Monte Tignoso, Ran-
« tola e Pornello, della Fratta e della porzione del Castello « De Vagno »
«non donata al Comune di Orvieto, e di ogni altra pertinenza nel con-
«tado di Orvieto, Perugia e Todi.

«La donazione é fatta formalmente al Vescovato di Orvieto rap-
«presentato dal reggente Rodolfus, .dall'arciprete Raniero e dall'ar-
«cidiacono Carominio; ma chi paga il « Meritum nomine Launechin »

.«éil Comune Civitatis per mano del suddetto Cittadino di Malabranca,

« che ne era evidentemente il tesoriere ».

A. 1138 (?) - ANTONIUS — Ammesso dal Monaldeschi, dall" Ughelli,
dal Della Valle, dal Cappelletti (pag. 473), dal Piccolomini e Serie V.to.

Ignorato dal Marabottini e dalla Cron. del Vescovo Ranieri. Non
documentato. :

A. 1140-1155 — ILDEBRANDUS 0 ALDIVRANDUS — Beccari, di Or-
vieto. Chiaramente ammesso dall'Ughelli chelo assegna peró all'anno

. 1137, dal Marabottini (pag. 7), dal Della Valle, pag. 13, dal Cappel-
.Jetti, pag. 473-74, dal Piccolomini e dalla Serie V.to.

Fu sbadatamente identificato dal Monaldeschi per l'Ildebrando
che fu Papa Gregorio VII; senza riflettere che questi era morto nel
1095, cioé 45 anni prima, e che la formula di sua elezione a ponte-
fice esclude la precedente dignità di vescovo. (Vedi a Teuzo).

La famiglia Beccari fu dei nobili di Orvieto come si rivela chia-

ramente dalla convenzione del 1157, annessa al Doc. XXXVIII a pa-^

gine 25 e 26 del Cod. Dipl., ove é detto «nobilibus viris, Vilelmo Bec-
cario, etc... ». Nel 1149 compose la controversia per la nuova pieve
di S. Pietro fra il Pievano delle Grotte, e l'abbate e i monaci dell’ab-
bazia del SS. Sepolcro. Così il Marabottini.

Si riferiscono a questo Vescovo i Docc. XXIX, XXX, XXXI, e
XXXII, a pagg. 18, 19, 20 e 21 del Cod. Dipl.

Importantissimo è il Doc. XXXII a pag. 20 e 21 del Cod. Dipl.,
a. 1154; sia per la identificazione della famiglia del Vescovo, sia per-
chè la concessione che con esso viene fatta ai canonici di officiare la
chiesa vescovile di S. Maria Prisca fu di grave ostacolo alla successiva
decisione dei canonici stessi in favore della nuova: cattedrale con de-
molizione di tale chiesa e di quella di S. Costanzo, come é noto ed é
riconosciuto anche dal Della Valle, sia perché da una nota appostavi
dal Vescovo Raniero, nota taciuta dal Della Valle, si apprende la grave
divergenza sorta tra il Vescovo e il Capitolo con a capo un arciprete
\

SERIE CRITICA DEI VESCOVI DI BOLSENA E DI ORVIETO 27

Ranieri, con minacce perchè cedesse al Capitolo i beni dell’Episcopato:

‘e sì hanno notizie dell'abbruciamento di documenti dell'archivio get-

tati in un forno da un sacerdote anch’esso di nome Raniero,
Ecco il testo (dal Perali, Cronaca del Vescovo Ranieri, pag. 5):
« Tempore istius Ildibrandi qui fuit de Valloclis (1) de progenie Bec-
cariorum, et vacante sede fuerat procurator, fuit maxima discordia
et guerra inter ipsum et Archipresbiterum ,Rainerium cum suis ca-

nonicis, quia idem Ildibrandus per clericos parrochianos, contradi-

centibus, canonicis faciebat in majori Ecclesia divina officia celebra-
re. Restituita vero Ecclesia, quidam presbiter Rainerius, qui erat com-

mensalis Episcopi et parrocchialis sacerdos, tactus dolore cordis in-

trisecus, projecit in furnum et combusit Episcopalia instrumenta ».

Vedi Cron. Vesc. Ranieri, cifre I-V-VI. Cosi il Marabottini (2).

Male fa quindi il Della Valle a negar fede alla notizia, argo-
mentando cavillosamente sul Doc. XXXII che ha riportato solo in
parte. Il Marabottini che evidentemente ha.letto la nota, ammette
il fatto, ed il Cappelletti condivide tale opinione, del resto ormai
innegabile.

Dopo peraltro tali fatti, questo Vescovo, come dice il Marabottini
a pag. 8, « Pontifici aliquando invisus Patriam et Ecclesiam per ali-
quod tempus deseruit, quo mortuo, vacavit sedes uno anno et tribus
mensibus ».

A. 1155-1156 — Un anno e tre mesi di sede vacante, durante la quale
il vescovato fu retto interinalmente da Rocco preposto di S. Costanzo
come risulta dal Doc. XXXVI, a. 1156. del Cod. Dipl.

Bolla concistoriale di Papa Adriano IV al Capitolo di S. Costanzo
per confermargli il possesso di tutti i beni. Datata da Orvieto «idibus
Octobris a. MCLVI, ind. V », secondo anno del pontificato di Adriano
IV. Firmata da lui, che evidentemente era presente in Orvieto e
da: nove cardinali. È diretta a Rocco preposto di S. Costanzo e ai
suoi confratelli. Cfr. Cron. del Vesc. Ranieri, Docc. IV-VI.

Il Doc. XXXVI éil primo documento firmato da un papa venuto
in Orvieto: Adriano IV, che venne dunque nel 1156 e non nel 1154,

(1) Il Perali sulla fede del Pardi l'identifica « per Vallonchi, villa del ter-
ritorio orvietano, ora distrutta ». Non si potrebbe invece trattare della località
Vallecchie, territorio rurale compreso fra il fosso della Trinità e quello di Su-
gano ? :
1 (8) În nota al Doc. XXXII il Foi asserisce che la discordia fra il ve-
scovo e i canonici fu determinata dall'avere questi accusato il vescovo NE diso-
nestà. Rinnovó il previlegio il vescovo Rusticus nel 1168.

L|
du
È
E
Di
2
AI
[
E
b.
"a
HN.

]
a
da
È
N
Du
*
E
i
t

CATZ e

. PTT
ESERSSSSEEEEEEEEILU itLoEedllilt.tA il
I EC

TT S por ES =

RE re

T -

I - -
ra " ee it ASSE ya o NI ea da
= DS
"n Mu mL P ruis rn lis RE 2: E = RJ Y ni
Si Lit E E Ji uS A AM uu

—áÁT

ALS

nerd ERA) nera Mert e SR ot I ar

zs

REIT TOTI SPOT SILE ATE ILA

Bre

Ae MA

emat nee emn TM cem eae TT LM MP IE IUE “IRINA Dee NN iiim

28 a GERALBERTO BUCCOLINI

e non venne più nel 1157, come erroneamente scrisse 1’ Angelini. Cfr.
Cod. Dipl. Doc. n. XXXVIII e l’altro in nota allo stesso.
Novembre 1156-gennaio 1157 — GuALFREDUS — Ammesso dal Ma-
rabottini, Della Valle, Ughelli, Cappelletti (pag. 475), Piccolomini e
Serie V.to. Ignorato dal Monaldeschi. Il Marabottini aggiunge che a

suo tempo gli Orvietani distrussero la pieve di S. Stefano posta fuori.

del territorio della Grotte, perchè i suoi abitanti, in disprezzo del Ve-
scovo Gualfredo al quale erano soggetti, si fecero ungere coll’olio
della Cresima dal Vescovo di Soana.

Ciò. è comprovato dal Doc. LXII del Cod. Dipl. ove sono raccolte
tutte le testimonianze nella vertenza tra i Vescovi di Orvieto e di Soana
per i Castelli della Valle del Lago. La mancanza del nome suo nella
Cron. del Vesc. Ranieri è quindi compensata dalla esistenza di tale
documento. (Vedi Perali, 1. c., pag. 14).

Il Monaldeschi indica nell'anno 1156 quale Vescovo un Rocchus,
urbevetanus. Che il canonico Rocchus sia esistito in quell'epoca é in-

dubbio: infatti é nominato come preposto della Chiesa capitolare di .

S. Costanzo nel Cod. Dipl., a. 1156, Doc. XXXVI a pag. 23, ma non
fu mai Vescovo dacché lo troviamo sempre priore di S. Costanzo nel
Doc. XXXVIII a pag. 23 e 24 del Cod. Dipl. dell'anno 1157, e nella
convenzione successiva. Vedi anche Perali, l. c., Cron. Vesc. Ranie-
ET; V4
La vita del vescovo in sede dev'essere stata brevissima, di ap-
pena tre mesi, fra il 15 ottobre 1156 del Doc. XXXVI del Cod. Dipl.
ed il febbraio 1157 data del Doc. riportato in calce al Doc. SE
nei quali è ricordato il solo priore Rocco.

A. 1157 —, da febbraio a mezzo anno — Breve reggenza del Priore.

Rocco, durante la quale venne firmato in Orvieto l'importante docu-
mento in nota al Doc. XXXVIII del Cod. Dipl., e dapprima pubbli-

cato dal Muratori (Antiq. Ital., t. IX, pag. 685), il quale ci dà noti- -

zia di importanti episodi délla vita comunale orvietana, ma princi-
palmente della sua sottomissione al pontefice.
Della concessione dello stemma a O., da parte di Adriano IV

non si ha conferma scritta. Può forse trattarsi della croce, poi inal-
berata ad emblema del comune popolare; o delle chiavi che il leone

tiene colle branche anteriori, o di ambedue, come scrive il Prinzivalli.
A. 1157, da metà anno al 1159 — GuiscaAnDus, dei conti di Mar-

. sciano, forse nato a Montegiove. Il Monaldeschi cita appunto un

Vescovo Guiscardus da Montegiove, pure errando nella cronologia,
poiché lo inserisce un secolo dopo, nel 1250. È ammesso dalla Cron.

PATER

hz.
pompa mere DU IT MUS TIT UMP UT

SERIE CRITICA DEI VESCOVI. DI BOLSENA E DI ORVIETO 29

del Vescovo Ranieri, Doc. IV, dal Marabottini, pag. 8, dall'Ughelli,
c. 1466; dal Cappelletti, pag. 475; Della Valle, pàg. 14-15; dal Picco-
lomini e delle Serie del Codice Diplomatico, pag. 42.

A lui si riferiscono i documenti XXXVII e XXXVIII del Cod.
Dipl., pag. 25, a. 1157. Nel Doc. XXXVIII viene nominato come da-
tore Pietro di Amedeo che il Fumi in nota dice essere forse quel Pietro
« Hominis dei », stato poi Vescovo di Soana, e che abbracció lo scisma.
Il Vescovo Guiscardus dev'essere stato eletto verso la metà del 1157
perché il suo nome' non è riportato affatto nell’importante atto del
febbraio, sopra menzionato.

Il riscatto delle terre del Vescovato (Doc. XXXVIII del Cod.
Dipl, pag. 25) é confermato da una frase del Vescovo Raniero. Cfr.
la Cronaca di questo Doc. IV, ove dice: « Recollegit Cajum ».

A a. 1159-1161 — Miro di Valmontone - Ammesso dalla Cron.

del Vesc. Raniero, Docc. IV-VI, dal Marabottini, pag. 8, dall Ughelli,
c. 1466, dal Cappelletti, pag. 475-76, dal Piccolomini e Serie V.to.
Ignorato dal Monaldeschi.
«Duobus annis episcopatum tenuit », dice i1 Marabottini; il che
è confermato dalla Serie V.to.
Questa é peraltro in errore attribuendo al suo tempo la venuta

di Papa Adriano IV, che era venuto invece antecedentemente, nel

1156, come abbiamo già detto. SA

- A a. 1161-1168 — Setfe anni di sede vacante con reggenza da parte
dello stesso priore Rocco, che aveva retto l’episcopato durante le due
precedenti reggenze, come dà notizia il Vesc. Ranieri, Docc. JV-VI,
in questi termini: « post ipsius (Milonis) mortem, vacavit Episcopatus
VII annis, quem prior Rocchus S. Costantii tenuit, cuius tempore
intrusus fuit Archidiaconus cum primo. nullam vestem haberet in
Episcupatu, et cum canonicis moraretur. Tunc Episcopatus in suis
bonis per dictum Roccum ruinam maximam est perpessus, quia qui
deberent esse, vacante sede, custodes pariter et pastores, dextructores
sunt potius atque lupi, usurpantes bona patris, et fere sibi nullas reli-
quias relinquentes ». Parte di queste notizie sono ripetute al C. 86 del

Cod. B. (Perali, l. c., pag. 10) e tutte ci sono confermate dal Marabot-

tini che attinse alla stessa fonte. L'Angelini registra nell'anno 1160
la venuta in Orvieto di Papa Alessandro III; ma non se ne hanno
notizie sicure. | Pu j

Le gravi accuse fatte al Rocco dal vescovo Ranieri non devono
peró distogliere dalla considerazione che egli deve essere stato uomo

di valore, se ebbe la stima del Papa e del popolo, come é dimostrato :
Toc PERITI TIE ETTI ENTE IA CIARA RESTI TRNC IN ESTONE ORIS ELETTI ST

^ 30 | GERALBERTO BUCCOLINI

dagli importanti atti ai quali fu presente e parte principale, e dalla sua
lunga permanenza mell'alto ufficio. |
A. 1168-1175 - Rusricus, detto romano dal Monaldeschi, non
dal Della Valle che attribuendogli giustamente il Doc. XXV del Cod.
Dipl. e il XXVI, a. 1133 lo giudica di nobile prosapia orvietana. Ri-
cordato nella nota al Doc. XXXII, pag. 21, del Cod. Dipl. ed in quel-
la al Doc. XXXIX, pagg. 27 e 28. Ammesso dalla Cron. del Vesc.
Ranieri, Docc. II-III-VIII; dall'Ughelli, c. 1467 e 1468; Della Valle,

pag. 15; Cappelletti, pagg. 476-477; Piccolomini e' Serie V.to. La data.

della sua presa di possesso è certamente il 1168: ne conviene il Pe-
rali, 1. c., pag. 6.

Sono errate tanto la data 1163 del Monaldeschi, quanto il 1178
del Marabottini: ma qui si tratta evidentemente di un puro errore
di stampa. Infatti essendo Milone morto nel 1161 ed essendovi stato
dopo di lui un settennio di sede vacante (Vedi Cron. Vesc. Ranieri,
Doc. IV, ed. anche Marabottini, pagg. 8 e 9) si arriva giusto al 1168,
e ciò è confermato dalla data della morte, la quale, sia dalla. Cron.
cit. del Vesc. Ranieri che dal Marabottini, pag. 10, ci viene indicata
come avvenuta, dopo sette anni: di vescovato, cioè nel 1175, dopo
di che, passati ancora due anni di sede vacante, si giunge al 1177,
anno di nomina del Riccardus; come dice il Marabottini stesso a
pag. 10.

Per i suoi atti vedi il Marabottini e il Cod. Dipl. a pag. 21 nota,
27 nota, 28 nota e 31. Il Doc. XLV a pag. 31 del Cod. Dipl. dal Fumi
é posto alla data 1172, e dal Marabottini al 1177, con un nuovo er-
rore di stampa, e ció perché dalle stesse parole del Marabottini ri-
sulta che il Rusticus mori nel 1175. In tale documento è riportato
l’atto col quale il Rustico confermò ai Conti di Marsciano, contro l’an-
nuo canone di dodici soldi (?), il feudo di Parrano, alla condizione che
tale feudo sarebbe tornato al Vescovado ogni qualvolta il Conte Ra-
niero di Borgarello e il suo fratello non avessero prole legittima.

È da notare in tale documento la citazione di accordo coi
. (una cum) Consoli della città di Orvieto: Arlotto, Raniero di Bernar-
dino Diacono, Silgibotto e Pepo di Ildibrandino, e col popolo Orvie-
tano. A detta del Marabottini (il Cod. Dipl. non ha tale documento)
con Ildebrandino Vescovo di Soana iniziò una grave controversia

per mantenere sotto la sua dizione Proceno, Montorio, La Guinic-.

cesca (1), le Grotte, i Gradoli, S. Lorenzo e Acquapendente.

(1) Vedi nota relativa, ‘in calce alle Note politiche.

LATTA E

"n ponerme c

Emm

SERIE CRITICA DEI VESCOVI DI BOLSENA E DI ORVIETO 31

La lite fu proseguita dal successore Riccardus come diremo, e
il Cod. Dipl. registra ai Docc. LXI, LXII e LXIII. :

Durante il vescovato di Rustico avvenne il grave dissidio tra
Papa Alessandro III ed il Barbarossa. Ed il vescovo, rimasto fermo
nell'obbedienza del Pontefice, dovette, a causa delle dissenzioni ed
inimicizie cittadine, dice il Marabottini, stare qualche tempo fuori
della città. In verità peraltro, dal momento che il suo posto venne
occupato, come tutti i documenti confermano (1), da un vescovo ere-
tico [vescovo scismaTICo Pietro HowiNis DEI] Manicheo o Patarino
(Sette alleate segrete dell'Impero idest ghibelline) e cioè dall'Orvie-

tano Pietro della famiglia Homodei ovvero Hominis Dei, (Perali, 1.

c., Doc. II), si deve dedurre essersi trattato di un grave scisma reli-
gioso ‘della cittadinanza. Il che è confermato; sia dalle donazioni che

Jo stesso Rustico, tornato in sede, ebbe a fare ai suoi fedeli per in-

graziarseli, donando abusivamente i beni vescovili in Mealla, Bolsena,
Valle Orvietana (evid. il piano d'Orvieto) e altri luoghi; sia dagli av-
venimenti successivi, dalla chiamata, e cioé governo e martirio di
Pietro Parenzo del quale diremo.

« Anno 1175 », dice il Marabottini, « Dies S. Benedieti i Marzo)
fuit ipsi extremus ».

A. 1175-21 marzo — A. 1177-21 marzo — Due anni di sede vacante.
Così la Cron. del Vesc. Ranieri Doc. III e Marabottini pag. 10. L'as-
serzione di Luca di Domenico Manenti, che nell’anno 1175 sia stato
vescovo un Lanfranco, indicato dal Gams per l’anno 1161, è discussa

.in nota 2 pag. 27 dal Fumi: che conclude non esservi base seria per

inserirlo.
A. 1177-21 marzo A. 1201-Ottava di resurrezione — RIiccARDUS,

«patria Cajetanus, non cognomento », ‘dice il Marabottini, e così la
. Serie: V.to.

L’Ughelli invece, c. 1468, il Della Valle, pag. 17, ed il Piccolo-
mini, lo dicono dei Gaetani di Pisa. i
Così anche, meno chiaramente, il Monaldeschi. Il Cappelletti,

| pagg. 477-480, del suo cognome tace. Il Monaldeschi prima di questi

pone, nel 1170, durante la vita di Rusticus, un Guilelmus Urbeveta-
nus. È la solita interpolazione del Monaldeschi che contro ogni cro-
nologia pone dove capitano i nomi dei vescovi tramandati dalla tra-
dizione. Ctr. al Vescovo Guglielmo II. Si deve attenersi senz'altro

Gb) V. Cron. del Vesc. Ranieri, cifra II. Marb. pag. 9, Cod. Dipl., doc.

(J XXXIX n., Cron. di Luca di D. Manenti, 1175.

i) »

d KA a,
ai resi aem en r5. RM. ec re LT ore

arc

re nile zi So ari i V i
= eei:

MM

neon

dg

VER inietta

e
-
1

1

Ì
Y

\
È Near rin
— rn==—==e—=—-=<=<==—=r====—--r—==-—ccorec=—"ace :

lta sm dac DI SPLIT UD CoU d VINO GRA ADT I ROTA
È
A — —
^ RE \ se

, l'a

32 |J GERALBERTO BUCCOLINI

alle date ed alle indicazioni del Marabottini, pag. 10, Ranieri, Docc.
III, V, VIII, mantenendo peraltro le date del Marabottini.
Sono riferibili a questo vescovo i Docc. 47, 49, 50, 51, 52, 53, 55,
56, 57, 59, 60, 61, 62, 63, 64, 66, 67, a pagg. da 32 a 46 del Cod. Dipl.,
anni dal 1180 al 1197. Il Doc. LXII, che raccoglie le testimonianze
per la controversia tra i: Vescovi di Orvieto e di Soana, è assai impor-
tante per il ricordo dei vescovi precedenti, Gualfredo, Aldobrandino,

Guiscardo e Milone e per la prova della estensione: raggiunta dal Co-

mitatus Urbevetanus.

È notevole la testimonianza di un tal « Domenico de Riparzurla,
de Civitella Rase » oriundo cittadino orvietano, centenario, che fu
coi detti vescovi a raccogliere decime e primizie a Bisenzio, San Lo-
renzo, Gradoli, Sant'Ippolito di Acquapendente e Proceno.

Secondo il Cappelletti, pag. 479, e l'Ughelli, c. 1468, ed una nota
al Doc. XLVII, pag. 33, del Cod. Dipl, a lui si riferisce anche un
documento dell'Abbazia di Sassovivo dell'anno 1179, col quale viene
confermata la donazione del suo predecessore Guilelmus.

Riccardo entró vescovo nell'anniversario della morte del suo pre-
decessore, il giorno di S. Benedetto, 21 marzo 1177. (Vedi il Mara-

1 bottini e la Cron. del vescovo Ranieri).

Nel 1198 unitamente al Vescovo di "odi consacrò la Chiesa di 5.
Maria di Acquapendente, ed ivi da solo quella di S. Lazzaro. Curò la
scrittura dei libri: capitolari, degli evangeli e delle Epistole, e li arric-
chì con argento « coelato ». Restaurò il palazzo Vescovile, quantunque
distratto dalle cure dei tempi asprissimi per gli odii religiosi che con-
dussero alla uccisione nell’anno 1199 di Pietro Parenzo, nobile romano,
inviato, su richiesta dei Guelfi Orvietani, da Papa Innocenzo III, quale
Rettore (carica straordinaria) della città. Riccardo, fermo nei suoi

‘ doveri verso gli eretici, intervenne nell'anno 1179 (o 1180) al Concilio

Lateranense III, indetto da Papa Alessandro III (Vedi Mansi, Conc.,
tomo XXII, col. 214).

Il Cappelletti, pag. 278, il Della Valle pagg. 18-19 ed il Cod.
Dipl, Doc. LXVII, del 13 novembre 1197, ci danno notizia della
fondazione avvenuta al tempo suo, dell'Ospedale della fraternità dei
Cherici, in seguito alla donazione di tutti i suoi beni fatta da un
prete Giovanni, coll'obbligo di dare ogni anno nell'anniversario della
sua morte, il vitto (commestio) a dodici poveri, secondo la facoltà e
la. possibilità i per remissione gel peccati suoi e neg suoi
genitori. SES

Reso debole dal peso degli anni il Vo cadde entro il Tem-
x

SERIE CRITICA DEI VESCOVI VI BOLSENA E DI ORVIETO 33

pio di S. Cristina in Bolsena, e poco dopo morì nell’anno 1201. Fu
sepolto nella chiesa di S. Severo (?).

Il Manente, a. 1192, dice che il MU. era parente di Papa Ce-
lestino III (a. 1191-1197).

A. 1195 — E sorta ad opera del Muratori (V. Antiquitates Italicae,
Dissert. VII, tomo I, pag. 394) la questione della esistenza circa que-
sti tempi di un vescovo di Orvieto denominato Ald...

Il documento citato dal Muratori é un diploma emesso da En-

rico VI a Piacenza il 26 maggio 1195 a favore di un tale conte Vene-.

rosi alla presenza del Vescovo Ald... Obertanus. Questo appellativo,
che abbiamo già ritrovato nel Leo dell'861, ha un'ortografia che il
Muratori ha certamente ritenuto spiegabile con una metatesi fonica,
analogamente a quanto fu detto per il Leo I. Il Cappelletti accetta
per l'Ald... tale identificazione, e cosi la Serie V.to che Tuc il
nome fra ANDE e Aldepertus.

Il Fumi invece nella nota al Doc. LXIV a pag. 44 del Cod. Dipl.
è decisamente contrario ad inserirlo tra i vescovi orvietani. Oltre a
richiamare l'attenzione sulla strana ortografia, del che abbiamo sopra
parlato, il Fumi insiste nell'osservare che noi possediamo documenti
sicuri su Riccardo Vescovo dell’ottobre 1194 e nel dicembre 1195, e
sono i Docc. LXIII e LXIV.

L'inserzione di un Ald. in mezzo porterebbe per conseguenza
l'ammissione di due Riccardus; del che non si ha notizia alcuna, mentre
sarebbe alquanto in contrasto, sia col fatto che la morte del Riccardus
fu conseguenza della sua caduta in Santa Cristina, avvenuta secondo
il Marabottini per conseguenza del peso degli anni, in corrispondenza
quindi del suo lungo vescovato di 24 anni; sia anche colla considera-
Zione essere inspiegabile che un vescovo orvietano si sia trovato im-
mischiato a presenziare in Piacenza un diploma di Arrigo VI a favore
di un conte Venerosi di quelle parti, in materia dunque non riguar-
dante in alcun modo la chiesa di Orvieto, e ciò in un periodo cosi breve
di cattedra quale sarebbe tra l'ottobre 1194 e il dicembre 1195. La
non conoscenza dei documenti pubblicati dal Fumi, e degli episodi

della vita del Vescovo Riccardo resi noti dal Marabottini, possono .

giustificare l'impressione del Muratori che si valse solamente della
metatesi fonica; ma, dopo tali conoscenze, la proposta muratoriana
deve essere respinta, e l'inserzione dell’ Ald annullata.

A. 1201 — seconda feria dopo l'ottava di resurrezione — A. 1211-
28 settembre — MATTHAEUS, di Pietro (Vir consularis) di Alberico
degli Alberici, orvietano. Ammesso da tutti i testi: Monaldeschi, Ma-

;
i

"-
poc
mE

CLES AEREO i CE GREY
x. Trio *

SIR

Denti pes

P am Rm Non io

ems 77"

——
\

mr NIC ^
— ——— —À Y - mi PRIDE ce FENICE LATI SG
rina" eat e c i iid e Eu. n ER csv. ES EUN " zd al here Y. o" Sio

iaia

i ere e e im

sat
ee

a

34 GERALBERTO BUCCOLINI

rabottini, Ughelli, Della Valle, C appelletti, Serie. V.to, Piccolomini,
Cron. del V. Ranieri, Docc. III-V. |

Come canonico firma con Matteo di Piciro di Cittadino, fra-
tello di Monaldo, il capostipite patronimico dei Monaldeschi, nel Doc.
47 del Cod. Dipl., pag. 32, a. 1180, e, come priore o arciprete di
S. Costanzo, nel LXVII a pagg. 46-47 del Cod. Dipl., anno 1197. No-
minato altresì nel Doc. LXXXVII a pag. 62 del Cod. Dipl., a. 1212,
ove é ricordato come uno degli antecessori del Vescovo Giovanni:
. «dopo morto il Vescovo Rustico, successero Riccardo, Matteo e Gio-
vanni ». . |
Il Marabottini ci dice che conseguì il vescovado nello stesso gior-
no della morte del Vescovo Riccardo; che rimase in carica non senza
lode nove anni e sei mesi, e che rinnovò la scalata del Palazzo Vescovile
ove fece edificare una cappella in onore di S. Silvestro magnificamente
costrutta (1). È ;

Secondo il Della Valle nell’anno 1206, addì 6 ottobre, insieme con
molti altri vescovi, consacrò la Chiesa di Santa Maria Maggiore in
Tuscania e nell'anno 1208 quella di Santa Maria di Castello in Corneto.

I due documenti (Brevi di Innocenzo III) citati in parte dal Della
Valle, il primo dei quali è il Doc. XCV dal Cod. Dipl., pag. 67, non
si riferiscono a questo vescovo, portando la data del 1213.

Secondo il Marabottini «sexto calendas Octobris:(26 settembre)
anno 1210, corporis sese integumento exolvit ». Così anche l’ Ughelli.
Il Della Valle invece dice che la morte avvenne nel 1211; nel che con-
veniamo come dimostreremo qui di seguito.

A. 1211-I° ottóbre — A. 1213-29 dicembre — JoHAnNES II — Am-
messo dal Monaldeschi, col cognome Castellus, Bononiensis ; dal Della
Valle col cognome Capelli; anche esso bolognese: dal Marabottini
senza cognome, ma come nativo di Città di Castello, o meglio, come
dicevasi allora, del « Castellum Felicitatis». Ammesso altresi dall' Ughel-
li, dal Piccolomini, che segue il Della Valle nel cognome, e dalla Serie
V.to, che é nel dubbio fra le due versioni. Secondo la Cron. del Vesc.
Ranieri, Docc. III-V, fu eletto vescovo nel 1211, nel mese di ottobre
il giorno di S. Luca, il 18. Effettivamente il primo documento del
Cod. Dipl. che riguarda questo vescovo é il Doc. L XXXI, datato
in copia da lui firmata il 17 novembre 1211. Quindi, non avendo il
Marabottini parlato di sede vacante, la morte di Matteo deve essere

*

(1) Nelle soffitte dell’episcopio rimangono le traccie insigni degli ‘archi
e delle colonne relative. (Vedi PERALI, l. c., pag..9, nota 9).


SERIE CRITICA DEI VESCOVI DI BOLSENA E DI ORVIETO 35

avvenuta appunto ai primi di ottobre 1211, e ció viene confermato
dal fatto che, siccome, secondo la suddetta Cronachetta, restò in
Cattedra soltanto un anno e tre mesi, a partire dalla data di nomina
del 18 ottobre 1211, si va al 18 gennaio 1213, e difatti, anche secondo
il Marabottini, pag. 12, il successore di Johannes, Capitaneus, « mense
Januari anno 1213, ad episcopatum ascendit ».

Al Johannes si riferiscono, anchei Docc. LXXXVI, LXXXVII,
LXXXVIII e LXXXIX, a pagg. 61, 62, 63, 64, del Cod. Dipl., tutti
dell'anno 1212.

Interessante il penultimo e l'ultimo documento sia per le date
tra il novembre e il 17 dicembre dello stesso anno, e quindi confermanti
quelle su citate del vescovato di Johannes, sia peri costumi: dell’epoca
a riguardo degli atti di impegno di matrimonio. Da notare che uno
di essi riguarda un Provenzano (Salvani), oriundo senese: che il Della
Valle vuole identificare con quello del canto XI del Purgatorio. Vedi
in proposito nota del Fumi al Doc. LXXXVIII, a pag. 64. Ivi é ri-
portata la lapide di Prodo che ci dà, per l'anno 1222, dunque durante
il vescovato del successivo, Capitaneus, il passaggio di S. Francesco
per Prodo, e, di conseguenza, forse anche per Orvieto.

Giovanni era stato canonico di S. Costanzo ed in tale qualità
era stato nominato da Celestino IV, insieme col preposto di Soana
Viviano, giudice delegato nella controversia fra i vescovi di Orvieto

€ di Soana. Cosiil Marabottini, pag. 11. Nel novembre 1211 e nel 1212,

mese imprecisato, cogli atti, LX XXIV e LKXXVII del Cod. Dipl.,
pretese da Bolgarello dei conti di Marsciano la rinnovazione del vas-
sallaggio, ripetendogli gli infeudamenti di Parrano, con la interposi-
zione amichevole e la garanzia di Farolfo di Corbara e di Andrea di
Uffreduccio di Buonconte dei signori di Alviano. E nello stesso anno
(cfr. Doc. LXXXVI) emise un lodo fra il conte Farolfo e due suoi

«potentes subditos » come dice il Marabottini.

Il Della Valle, a pag. 20, riporta in succinto, ed il Fumi in regesto
nella nota al Doc. LXXXIV a pag. 60, la bolla di Papa Innocenzo
III che impone all'abbate e ai frati della Chiesa del S. Sepolcro in Ac-
quapendente l'obbedienza al Vescovo di Orvieto.

Il Vescovo Johannes fu chiamato maestro non solo per la pro-
fonda perizia nelle lettere (fu l'estensore, garbato, della cronaca del
martirio di S. Pietro Parenzo); ma anche per la mirabile destrezza
nel trattare gli affari (Marabottini). « Paulo post eodem anno (1212)

nostro episcopo egregiorum operum curriculum mors interrupit, 8

Kal. Junii » (25 maggio) (Marabottini).
TS

i Lad

n a

Jom A;


E

ERE

me MT Rn
ALAVA n tit a Tae

eran HR REA

mj
EON

. una dichiarazione che sanciva l'appartenenza del castello di S. Vito -

A

pasta

36 GERALBERTO BUCCOLINI

Aa. 1213-1228 — CAPITANEUS 0 CAPITERIUS — (Rapitii filius et fra-
ter Todini ex quo Pepo). Orvietano, e, secondo il Piccolomini, di casa
Ranieri. Accettato da tutti. A lui si riferisce il Doc. C. a pagg. 69-70,
a. 1215, del Cod. Dipl., dove è riportato il lodo emesso dagli arbitri
per l’esecuzione della pace tra i Comuni di Orvieto e Todi, stabilita
dal Cardinal Guala. Il Vescovo di Orvieto come quello di Todi furono
delegati dal Papa a dare la loro approvazione.

Nel primo anno del suo vescovato ottenne dai Consoli di Orvieto

per diritto antico al vescovato.

Nell’anno 1216 fu arbitro in una controversia fra l’arciprete e
i parrocchiani di S. Lorenzo in Arari sui diritti di elezione del Rettore,
diritti che confermò ai parrocchiani, e che questi eperertu ano fino
all'anno 1468.

Nello stesso anno 1216 Innocenzo Papa III venne in Orvieto -
cosi anche il Fumi in nota 3, pag. 288, Cron. di Luca Manenti — e vi
consacró la Chiesa di S. Giovanni di Piazza, la quale collegiata col
priore e canonici a lungo esisté, e nell'anno 1478 fu riunita al ve-
scovato. Innocenzo III emise da Orvieto due bolle, in data 5 e 7 mag-
gio (vedi Potthast). Vedi anche il Della Valle, pag. 72, n. 14, con doc.
e Balan, l. c., III, pag. 481.

Nel 1220, non nel 1217, secondo l'Angelini, venne anche Ono-
rio III. Cosi il Fumi, in nota 6 alla pag. 288 della Cron. di Luca Ma- 25 gi
nenti (1). | |

Nell'anno 1221 fu cominciato ad edificare il Monssicio e la Chiesa
benedettina delle Monache di S. Paolo, a spese dei Monaci di S. Paolo
di Roma, contradicente il vescovo, approvante il Pontefice.

Nell’anno 1226 i Monaci di S. Benedetto, detti Nigri, che dete-
nevano il Monastero di S. Severo e Martirio, per ordine del Pontefice
ne furono esclusi, e sostituiti da monaci pure di S. Benedetto, ma
della Congregazione Premostratense. Lo stesso avvenne il 16 aprile
1229, per ordine di Gregorio IX, contro i Benedettini dell'Abbazia di |
S. Salvatore sul Monte Amiata, a causa dei loro sregolati costumi.
(Vedi Cod. Dipl.; Doc. CXC). Nello stesso anno Capitaneo concesse ai
Frati Minori la Chiesa di S. Pietro in Vetere.

Nell’anno 1227, durante la celebrazione della messa. scomunicò
Paganuccio e Giovanni usurpatori di S. Maria in Misiano, spettante
al Capitolo. cda

(1) Vedi anche Cod. Dipl, doc. CXXXV, a pag. 90.
5
Po XE B ICT T MT

prm ot mt et il oa Tor ma

ye
ASA

SERIE CRITICA DEI VESCOVI DI BOLSENA E DI ORVIETO 37

N

Nell'anno 1228 «septimo kalendas Martii (23 febbraio) labori-
bus et vitae terminum indixit » (Marabottini).
-. La visita di Papa Gregorio IX, ascritta dall'Angelini al 1228,
e dalla Cronaca di Luca Manenti al 1227, secondo il Fumi, nota 4 a :
pag. 295 della stessa cronaca, non risulta provata.

DT o mmm RC

"Lm Eg -

Y

Dall'anno 1229 all'anno 1302.

Aa. 1228-1248 — RarnERIUS - Urbevetanus. (Prudentium habuit
patrem et fratres Guidonem virum consularem, et Peponem. (Mara-
bottini). Accettato da tutti gli autori.

Fu eletto Vescovo nel 1228, «sexto idus aprilis » (10 aprile) con- i K
fermato al «septagemino kalendas Maji » (14 aprile) da Gregorio IX, à Hi
e dallo stesso consacrato a Perugia, il successivo 19 ottobre. |

Fu vescovo a nessuno secondo nell'esercizio del suo ministero e
nell'ampliare la casa di Dio. Celebró il 9 novembre dello stesso 1228,
« primo anno suae consacrationis » (Della Valle), il prn suo concilio nd
nella Cattedrale.

Nel detto concilio, oltre a minacce di piü severi provvedimenti,
. obbligò il clero all'obbedienza completa al proprio Vescovo, e. mosse
il giudizio contro l'Abbate del S. Sepolcro di Acquapendente, che,
inalberando sprezzantemente le insigne vescovili, si era vantato di
essersi sottratto, con la sua chiesa e con quelle di S. Pietro nelle
Grotte, di S. Biagio di Campillione, e di S. Stefano e di S. Angelo del
Mercato, dalla soggezione alla sede orvietana; controversia che già
Onorio III aveva commesso al Vescovo di Chiusi, e che Gregorio IX
nell'anno 1229 dette a deferire al Cardinale Egidio del titolo dei SS.
Cosma e Damiano, e nativo di Torres-Hispano.

Nello stesso anno, dopo aver ordinate le cose attinenti alla ri-
forma del costume, compiló un esatto inventario delle terre, dei tri-
buti e delle cose appartenenti alla mensa, con un elenco di piü di 100
persone a ciò risolte (1), e richiamò l'erede del precedente vescovo
Capitaneo: « Peponem filium olim Tudini Rapizi » (2), per la resti-

HmEinSci car Dei

SET: €—Ó
us mra a P —

Zu ga

m

p^
ESL

ric. z

pen

MEUM

(1) Arch. Vescovile, Cod. B, Carte 59.
(2) Secondo il Della Valle: avo della casa Ravizza.

Fg prd reae 2
ea EE ue 3 iure EE A ME Ue lone cce avec eri is , EST mU murs piro. OCA -— NN er NS,
EA &h {| mue VET. EG mi Les NEUE RASA UN A MY D LORS x eias hoc TAL penc se epe A aM re TL VEGIDI NUN ITO: Rioni n b Y
. » , A x M Î T Lo

38 ; GERALBERTO BUCCOLINI

tuzione alla mensa vescovile di tutte le attività ad essa spettanti ed
ereditate dal defunto zio (1). !

Uguale intimazione fece ai monaci di S. Severo e Martirio (Arch.
Vesc., Cod. B, 137). Cosi il Della Valle.

Nell’ anno 1233, per erogazione di più cittadini, e su 1 terreno com-
prato fin dal 1225 dal Cardinale Ugolino de Conti, nipote ex frate di
Innocenzo III, e che fu poi Papa Gregorio IX, fu costrutta la prima
Chiesa di S. Lorenzo «inter vineas » fuori Orvieto, (2) insieme al
Monastero delle Monache di S. Damiano. Nello stesso anno, secondo
gli Annales, pag. 153, posero loro stanza in Orvieto i frati predica- . |
tori, avendo per loro primo priore frate Angelo dei Goti, ed impre-
sero a edificare il convento costrutto in gran parte a spese del Co-
mune, e nell'anno 1235, su terreno donato da Trasmondo e Baltramo,
figli di Monaldo, il patronimico dei Monaldeschia cominciarono l’edi-
ficazione della Chiesa (3).

Nell'anno 1239, l'abbate del monastero di « Acquaeortus » donó
al vescovo tutti i suoi diritti sul poggio del monte Savati, e sulle pen-
dici fino al fiume Paglia.

Nell'anno 1240 fu cominciata la folziohe di S. Francesco, che.
poi nel 1234 fu.dedicata anche al Beato Ambrogio di Massa. fio .

Al vescovo RANIERO dobbiamo quella cronachetta su vari Ve-
scovi di Orvieto, scritta ai margini di un Codice dell'Episcopio, che
venne raccolta e pubblicata dal Perali; ma che anche il Fumi aveva
in parte pubblicata nella prefazione al Cod. Dipl., pag. XII e XXXI,
nota 5, e che fu nota altresi al Della Valle e specialmente al Mara-
bottini che di essa scrisse (4) «a quibus (commentariis) plura hausi-
mus ». : :

Nell'anno 1248 « preclarus episcopus in suae sponsae gremio ob-
dormivit » (Marabottini).

Secondo l'Angelini nel 1228, e secondo la Cronaca di Luca Ma-
nenti nel 1227, Papa Gregorio IX. sarebbe venuto in Orvieto; ma

. il Fumi, alla nota 4 della pag. 292 di tale cronaca, dichiara ciò non
provato.

Riguardano questo vescovo i documenti del Cod. Dipl. 169, 209,

(1) Archivio vescovile, Cod B, Carte 91. . i
(2) Ricostrutta dall'architetto Raffaele da Montelupo nel secolo xvi.
i) (3) Cfr. con la Cronaca di Luca di D. Manente, pag. 291, n. 5; idem.,.
WII pag. 295; con la Cronaca di fr. del Caccia e con gli Annales, pag. 129, a.
| 1259, e 1264, nota 6 e segg., pag. 130.
(4) Catalogus Ep., II ed., pag. 14.

|

|

|

| i ì
iH
SERIE CRITICA DEI VESCOVI DI BOLSENA E DI ORVIETO ; 39

211, 215, 219, 254, 255, 256 e 313, dei quali più importanti. quelli
215 e 219 del giugno 1235, concernenti la pace con Siena, ed il 313 che
contiene la bolla di Innocenzo IV per la canonizzazione del Beato
Ambrogio di Massa, del cui processo esiste nell'archivio storico di Or-
vieto un grosso rotolo pergamenaceo; e il Fumi nella lunga annota-
zione ci narra che già Papa Gregorio IX aveva commesso il negozio
al Vescovo di Orvieto Raniero, a quello di Soana Gualcherino (1), e
a frate Cittadino, priore di S. Giovanni in platea.

A. 1248 — Sede Vacante per un biennio almeno.

Per quanto nessun autore ne faccia cenno, sono in grado di
affermare esservi ora stato piü di un biennio di sede vacante, anzi-
tutto perché la morte del Vescovo Raniero risulta sicuramente avve-
nuta nel 1248 (Marabottini) mentre la presa di possesso del nuovo
vescovo non risulta da nessun documento anteriore alla pastorale
del 1253 su S. Pietro martire vescovo di Como, riportata dal Della
Valle; poi perché il Cod. Dipl. nel Doc. CCLXXXI del 4 ottobre 1249
riporta una bolla di Pietro Cardinal diacono di San Giorgio in Ve-
abro sulla restituzione alla mensa vescovile di certe decime e rendite

che, vacante la sede vescovile, il Cardinale Ranieri, allora legato, aveva.

conferito in beneficio al canonico Giunta; e perché lo stesso Cod. Dipl.
riporta al 12 gennaio 1249 il Doc. CCLXXIX della sentenza dell'in-
quisitorio frate Ruggero «auctoritate fretus apostolica et d. Ranieri
card. (2) dudum in Civitate »: ed infine perchè al 3 giugno 1250 riporta
il Doc. CCLX XXIII ove lo stesso Cardinale di S. Giorgio interviene
a favore dell'unione del Monastero di S, Gregorio di Subalto (Sual-
tulo) al Monastero di S. Salvatore in Monte Amiata.

A. 1250 (?)-1257 — CosrANTINUS URBEVETANUS, frater ordinis
predicatorum. | |

Ammesso da tutti gli autori. Il Marabottini fa cenno di un dubbio
sulla nascita di questo vescovo da alcuni ritenuto per senese, il che
egli non ammette: e il Della Valle a pag. 31, da una cronaca mano-
scritta già esistente nell'Archivio di S. Domenico, ha rilevato che fu

(1) Non Giacomino, come qui scrive il Fumi. Il nome Gualcherino è indi-

cato dal Della Valle a pag. 29, confermato dal Marabottino a pag. 14 e dallo
stesso Fuwr nel doc. 350, ove è indicato anche frate Cittadino.
, (2) Questo cardinale Ranieri non va confuso col cardinale Teodorico,
da molti detto di Casa Ranieri, e ció perché nell'anno 1249 quel Teodorico
che poi, nel 1248, fu nominato Cardinale, doveva essere assai giovane in quanto
solo nel 1275 fece il primo notevole passo nella carriera ecclesiastica, essendo,
in quell'anno stato nominato priore di S. Andrea.
ce

>

TRA

40 GERALBERTO BUCCOLINI



AT

| figlio di Faffuzio Medici di Bisenzio (1). Il che é accettato dal Cappel-
Hr letti e dal Piccolomini. La data di elezione é assai dubbia. Tenuto conto
ERI n del Doc. 283 del Cod. Dipl. e della notizia dataci dal Marabottini su
joe î I

|

i un testamento di Lupicino di Pietro di Giovanni di Lupicino nobile .-
EM di Orvieto, che lasció al Vescovo la Frattuccia presso il Castello di Ri-
: ii palvella, la sua elezione deve essere stata successiva al 3 giugno 1250.
— MI no Nell'anno 1252 il Vescovo si quereló nel Consiglio Generale della
3 in : ; città dei danni perpetratigli nel Castello di S. Vito «ab aliis de domo
71 - Francorum», di cui Jacobus, presente, a chiarire la propria inno-
cenza, liberamente cedette al Vescovo Costantino ogni suo diritto
sul detto Castello; per il quale poi lo stesso Vescovo ebbe controversia
di confini con Bolgarello e Bernardino di Raniero dei Conti di Mar-
‘ sciano nell'anno 1256.
Molto tempo innanzi egli aveva impartito alla Chiesa di S. Do-
menico di Orvieto una indulgenza di un anno e giorni quaranta per la
festa di S. Pietro martire che nel diploma relativo dichiara coetaneo
(Marabottini). Vescovo assai versato nelle lettere latine, secondo 1’ U-
ghelli scrisse la vita di S. Domenico e ne compose l’ufficio, il che è
confermato dal Marabottini. Dal Della Valle sappiamo che il S. Pietro
martire, di cui sopra, era vescovo di Como, ed era stato ucciso per odio
della religione l'anno antecedente fra. Como e Milano, e. il Della Valle
stesso riporta « per extensum » la pastorale relativa dell’anno, 1253,
| pubblicata poi anche dal Cappelletti. Nell’anno 1256 fu inviato dal
| Papa Alessandro IV, quale legato, in Grecia presso l'Imperatore
1 | Teodoro, per concordare l'unione delle due Chiese; ma «in illa re-
| i gione vitam explevit mortalibus exuviis, anno insequente Perusiam
|
|
|
|

translatis » (Marabottini).

La venuta di Papa Alessandro IV in Orvieto, dall'Angelini in- ‘
dicata peril 1245 (grosso errore cronologico, forse di stampa, perché
tale papa fu eletto e consacrato nel dicembre 1254), da Luca Manente
indicata tra il 1255 e il 1256, è dichiarata falsa dal Fumi nella nota 1
a pag. 304 della indicata cronaca.

Nel Cod. Dipl. si riferiscono a lui i seguenti documenti: anzitutto
Biffi quello ove si parla della donazione al Vescovo di alcuni beni fatta da
i : parte di Manfredi, nipote del Marchese Lancia, Vicario di Marittima, /
DE degli atti relativi (2); poi ove ci viene dato conto di una istanza di Gu-

È nil (1) Così anche nella Cronaca di Luca Manente, anno 1255, pag. 304 en.2;
Ie e in MANENTE CiPRIANO, Historia, a. 1255.

(2) Cod. Dipl, doc. 301, del 28 giugno 1251; 318 del 10 settembre 1253;
B 319 dell'11 ottobre dello stesso anno.
iu TNNT Y A, SER. VR ee iti eta ere i L7 pi el ve b in 12 72 ttt Bert mul eon e

c i erm

SERIE CRITICA DEI VESCOVI DI BOLSENA E DI ORVIETO VARA

x SI ZLI B TRAE i aia, Mano

—— cò

glielmo abate di S. Salvatore in Monte Amiata al Vescovo Costantino
per ottenere la conferma dell'unione del Monastero di S. Pietro (in
«acuae ortus » ?) a quello del Monte Amiata (1). Gli si riferisce anche il
Doc. nel quale Giovanni di Sigilbotto, che aveva commesso violenze.
nella Chiesa di S. Faustino in Villa, si sottomette al Vescovo. Costan-
tino e chiede indulgenza e misericordia, il che il Vescovo accorda «in
scalis palatii episcopalis » (2). In altro documento egli funziona come
testimonio all’obbedienza di Acquapendente (3).

A. 1257-1269 — JacoBus, urbevetanus. Ammesso da tutti;
dalla maggior parte degli autori dichiarato appartenente alla famiglia
Maltraga. Il Della Valle a tal proposito riporta dallo Sbaraglia un in-
ciso degli Annali di Mons. Raffaele Maffei che dice: « Ghibellinos, cum
Volaterranam Civitatem occupare tentassent, deprehensos armis op-
pressos fuisse, acriter eos cecidisse Puccium Maltragam, Urbevetani
episcopi nepotem », «unde colligi videtur — aggiunge lo Sbaraglia —
Volaterranum patria et fortasse etiam Maltraga familia fuisse Jaco-
bum ».

Questa asserzione dello Sbaraglia, accettata da tanti autori,
è del tutto arbitraria. Nella notizia del cronista Maffei non v'è altro
che un riconoscimento di parentela collaterale: restiamo dunque fermi
nell'opinione del Marabottini che lo dichiara orvietano.

«Sacram inphulam recepit» (Marabottini) nel 1257, in data
20 aprile secondo l'Ughelli, ma secondo il Della Valle, che lo ha
letto in un codice della Cancelleria vescovile, era già vescovo al 26
gennaio. |

Nel primo anno del suo regime i conti di Marsciano Bolgarello
e Bernardino rinnovarono la soggezione di Parrano. Nel primo Doc.
che riscontriamo nel Cod. Dipl. (4) é riportato in regesto il suo decreto
del 17 giugno 1258 relativo alla Confraternita di S. Pietro martire (5),
esistente nella Chiesa cattedrale; ma l’importanza del Doc. tut-
tora esistente in Archivio fra le pergamene del Diplomatario emerge
per il fatto che vi é allegato il sigillo del Vescovo —, un'impresa su cera
vergine colorata di rosso — in condizioni ancora buone, così che ci è

possibile ammirarvi il progetto e i bracci della crociera di una

i
Iu
|]
iE
1
tA
A
| EM
Ed
(ASI
TERI
"Y
S
LR
sh
Ix
hi
au
| A
UN
"Ul
14
4|
nd
M
Img
HI
1i
Ì
4
È
x
HE
ht

d:
Ld

iens
ARTS net ui

acacia:

(1) Cod. Dipl., doc. 320 del 28 febbraio 1254.

(2) Cod. Dipl., doc. 326 del 21 agosto 1255.

(3) Cod. Dipl., doc. 324 del 29 aprile 1255.

(4) Cod. Dipl., doc. 354 del 17 giugno 1258.

(5) Cioè di Pietro, già vescovo di Como, come è stato detto sopra, in
« Costantinus ».
js ae

seria

nni

t -

——ÀÉÁÉÁáÁÁÉU T

may Drame our i IE

ut. EN siria

AL

42 GERALBERTO BUCCOLINI

chiesa, che puó forse essere la figurazione dell'antica cattedrale, cioé
di S. Maria Maggiore «de episcopatu »; il che é di eccezionale inte-
resse storico artistico; giacché la Chiesa non é delineata schematica-
mente, ma vi é figurata in visione prospettica, con chiara indicazione
di una navata trasversa, cosa non comune a quei tempi; e con ina
caratteristica facciata (1). : | ^d
Nell'anno 1258 donó a Bordeferde arcidiacono orvietano la Chiesa
di S. Gregorio di Sualtulo con tutti i suoi diritti (2). Nell'anno 1259
il'nuovo ordine di S. Maria dei Servi pose piede a sua volta in Orvieto:

lo stesso ordine che, nell'anno 1265, per erigere la propria chiesa e

convento, comprò dall'abbate e dai monaci di S. Severo la chiesa di -
S. Lucia. io INA

Fu.questo vescovo che nel dicembre 1263, per ordine di Urbano
Papa IV, che dal 1262 (3) trovavasi in Orvieto, andó a prendere in Bol-
sena e riportó in Orvieto, venendo ricevuto dal Papa e dal Clero in gran
pompa al Ponte del Rio Chiaro, il Sacro Lino del Corporale irroratosi
di sangue nel miracolo succeduto colà durante la messa di un prete
boemo dubbioso sulla verità della transustanzazione; miracolo che
determinó il Papa a coronare il desiderio di tanti fervidi credenti, fra
cui la Beata Giuliana di Liegi, con la istituzione ufficiale della festa
del « Corpus Domini », effettuata mediante la Bolla « Transiturus »,
datata da Orvieto 11 agosto 1264, dando contemporaneamente inca-
rico a Frate Tommaso. di Aquino, lettore nel Convento di S. Dome-
nico, di comporre l'ufficio della nuova festività.

Nella prima. domenica di maggio del 1264 fu da Urbano IV
consacrata la Chiesa di S. Domenico (4), che è tradizione sia la prima
chiesa dedicata a questo Santo. Nello stesso anno il Cardinale del
titolo di S. Prassede, Archerio di Pantaleone, nipote del Papa, pose
la prima pietra della Chiesa di S. Agostino. Nello stesso anno Papa
Urbano IV creó vescovo di Padena nell'Istria, frate Oderisi od Or-
deonio di Monaldo di Pietro, dei Monaldeschi; elevandolo poi a Car-

(1) Di tale impresa demmo comunicazione al II congresso di Architet-
tura: v. in Atti, Assisi 1937, pag. 207.

(2) V. Cod. Dipl. doc. 355 del 26 agosto 1258. Qui il Fumi traduce il
nome dell'Arcidiacono in Bendifende, e non precisa la natura dell'atto.

(3) La prima bolla da Orvieto di Urbano IV è del 12 ottobre '62 (Cro-
naca di Luca D. Manente, pag. 309, n. 1) come è confermato dal PorTHAST,
Reg. pont., pag. 1465; donde risulta che le sue bolle da Orvieto. vanno da
quell'epoca alla fine di settembre del 1264.

(4) Cominciata a fondare nel 1235. V. al vesc. « Ranierus ».

sa SEXUS. ca; " un L x '
aaa RR LIMEN I ER rio TREES
SERIE CRITICA DEI VESCOVI DI BOLSENA E DI ORVIETO 43

dinale (1). Papa Urbano IV che già si era manifestato ostile alle pre-
tese orvietane sull’isola Martana, e che dopo la uccisione del Rettore
del Patrimonio Guiscardo di Pietrasanta, effettuato dai signori di Bi-
senzio, era rimasto offeso dell’appoggio che i nobili — cioè i ghibellini —
orvietani avevano effettuato a favore di questi stessi signori, ne ri-
parti alla fine di settembre rivolgendosi a Perugia, ma mori per via,
a Deruta, il 2 ottobre.
Nell'anno 1265 all’11 dicembre il Vescovo ricevette il giuramento
di fedeltà del nuovo abate di S. Severo e Martirio, dell’ordine premo-
stratense.

Non nel 1265, secondo l'Angelini; ma bensì nel 1266 secondo la

Cron. di Luca Manente, e secondo il Potthast (2), Clemente IV ve--

nuto in Orvieto al principio della primavera, vi consacrò la Chiesa
di S. Francesco (3), impartendo contemporaneamente alla Chiesa di
S. Domenico una indulgenza speciale; e concesse all’ospedale di co-
strurre una cappella e di eleggervi un sacerdote. Lo stesso Papa no-
minò senatore di Roma Cittadino di Beltramo. dei Monaldeschi (4)
e incaricò Bernardo Languiscello per la pace fra Siena e Orvieto (5).

Giacomo, dopo aver presenziato a numerosi processi contro gli
eretici (6), « reliquit episcopatum » (Marabottini) nell'anno 1269.

Col Vescovo Giacomo si può dire cessato l'uso dei Vescovi eletti
dal clero e dal popolo e poi confermati dal Papa, come piü oltre pre-
ciseremo. |. -

Metà 1269-metà 1273 — Sede Vacante —. Cosi1l Marabottini, il quale

(1) Secondo il Fumi (Cod. Dipl., nota a doc. CCCLXXX) sarebbe il car-
dinale prenestino citato in tale bolla, come pure in' quella di Alessandro IV

del 25 maggio 1260 «cum nobilis », ecc., ma in tal caso doveva essere stato -

nominato vescovo e poi cardinale in data antecedente; mentre poi la sua no-
mina é in contrasto colla sua biografia esistente nella Cronaca del Caccia a. 86,
che ne tace, pur dando ovvia ragione alla sua morte a Pola in Istria (V. Cron.
di Luca Manente, pag. 308, nota 9 dello stesso Fuwr).

(2) Le due Bolle da Orvieto sono.del 24-25 aprile 1266. Vedi Cronaca
di Luca Manente, pag. 309, nota 5, del Fuwr.

(3) Le cui fondazioni erano state cominciate nel 1240.

(4) Cron. di L. Manente, pag. 310, ad annum. Peró di un Senatore di
Roma, di tal nome non fa cenno il Cappelli nella sua Cronologia, bensi di un
Buonconte dei Monaldeschi nel 1222-25 nonché nel 1254-55, il che puó far
pensare ad un errore di nome, mentre un altro dei Monaldeschi, Berardo di
Corrado, appare nel 1367-69-70.

(5) Vedi Cod. Dipl., doc. 407, 408 e 409; e Cron. di L. Manente, pag. 309,
nota 5 del Fumi.

(6) Vedi Cod. Dipl., doc. 414, 415, 417, 418, 419, 420, 431 e 433.

|
|
: |
h ì
. i
EN PI
í
SARDI
MU
"NM
g
NA
[3d

n
»
n
d
i
1
t

A

j

Viae Cnr a DI
: “
CMM 44 E GERALBERTO BUCCOLINI

i aggiunge che per quel tempo furono nominati due canonici di S. Co-
E | stanzo quali Vicari e Procuratori del Vescovato.

I Durante la sede vacante venne in Orvieto Gregorio X, come
conferma la Cron. di Luca Manenti a pag. 314, e ivi, alla nota 1, il
. Fumi, che dal Potthast, l. c., pagg. 1656 e segg. trae la notizia che
le bolle di tal Papa emesse da Orio vanno dal 26 giugno 72 al 5
giugno 73.

1 Aa. 1273-1276 — o 1279 — ILDEBRANDUS vel ALDEBRANDINUS, fio-
Nd rentino, dei Cavalcanti, frate Domenicano, uomo assai dotto e santo
EI -— (dice il Della Valle) «successit Jacobo, jubente Gregorio, Papa dano
di et renuenti censuras comminante ».

| I" Ebbe un ir atello di nome Amadore e, da questo, un nipote Scolaio,
Eu del quale credesi disceso un altro più giovane Scolaio dei Cavalcanti,
! WM il quale nell'anno 1370 fu Vicario del Sommo Pontefice nella città di
B | Orvieto.

1 ERAN Nell'anno 1273 fu Aldobrandino in Roma Vicario del Papa, par-
i tito per il concilio di Leone. Nell'anno 1274 comprò per 2500 lire

Imi. di denari (Cortonesi ?) dagli eredi di Francesco Boninsegna citta-
i dino di Orvieto il Castello di Meana libero e senza alcuna condizione
; aggiunta, per il che è tradizione che il Vescovo prendesse a mutuo da
Tegliario Di Giacomo della Scala 400 fiorini aurei. Nello stesso anno
eresse il Monastero delle Monache di S. Maria di Val Verde, fuori della
città, i cui proventi, essendo in prosieguo di tempo mancato il mo-
nastero, furono aggiunti all’Arcidiaconato. Nell'anno 1276 morì a
Firenze, e ivi nella Chiesa di S. Maria Novella le sue ossa sono coperte
da un sepolcro marmoreo con iscrizione. Così il Marabottini.

Il Della Valle pone ai 20 agosto 1279 1a data della morte, aggiun-
gendo che egli aveva posto la prima pietra del convento di S. Maria
Novella. Dal Cod. membranaceo C. dell'Archivio Vescovile il Della i
Valle in data 5 agosto 1273 riporta la costituzione di Giacomo di Pietro |
di Symbardo cittadino Orvietano avanti a frate Gentile di Bectio

dell'ordine dei predicatori « vicarius venerabilis domini Aldobrandini
Episcopi ». Dal che si conferma che egli allora trovavasi in Roma al ‘ 3
suo ufficio di Vicario o vice reggente del Pontefice. E nel Cod. A. a i
carte XVII, alias XIX, è ricordato un «dominus Franciscus miles.
magnifici viri domini Johannis de Sabello Romani proconsulis et nunc
Dei Gratia: Urbe Vetani Potestatis, ad designandum heremum. de
Lureto apud Meana » di commissione e consenso del Vescovo, la
cui esistenza nel 1275 é provata da altro documento a carte 2, alias
24, del Cod. B. A carla 10 dello stesso codice, viene infine ricordato
SERIE CRITICA DEI VESCOVI DI BOLSENA E DI ORVIETO 45

l'accordo tra Aldobrandino e l'Abate di S. Sepolcro in Acquapendente
per la ripartizione dele oblazioni della nuova Pieve del castello delle
Grotte.

Nel Cod. Dipl. non esiste alcun documento riguardante questo
Vescovo. A riguardo del passaggio di Papa Innocenzo V per Orvieto,
annunziato dagli Annales per il 1276, e dalla Cronaca di Luca Ma-
nente per il 1277, anno nel quale il Papa era morto, il Fumi in nota
1 a pag. 159 degli Annali dice che non risulta da atti; ma.non esclude
che tale passaggio sia avvenuto il giorno 6 febbraio 1276, nel suo
viaggio da Arezzo a Viterbo.

Il passaggio di Nicola III per Orvieto, collocato dall’Angelini
al 1280, secondo il Fumi — vedi nota 1 a pag. 317 della Cronaca di
Luca Manente — sarebbe notizia vera, perché dal Bollario Domeni-
cano si riscontra una sua bolla, datata da Orvieto in data 3 marzo
1280.

A questo punto giova far presente che il Monaldeschi, nella serie
tradizionale che dà, parla, oltre che di un Guilelmus Martiniensis,
da lui segnato nell'anno 1242, ma da noi precisato tra il 1126 e il
1136; e di un Guiscardus da lui segnato nell'anno 1250, ma da noi
precisato tra il 1156 eil 1157; anche di un Comes de Parrano per l'anno
1242, vescovo che non possiamo inserire nella nostra serie, del che
bensi diamo ragione. Infatti secondo la nota 2 del Fumi a pag. 320
della Cron. di Luca Manente, un Conte Arcidiacono, certamente il
Contes de Parrano, era stato eletto alla sede vescovile orvietana; ma
aveva dovuto rinunciarvi, per gli ordini di Roma, in data 11 PAEEID
1280; ed al suo posto fu nominato il. seguente.

Aa. 127-6-1280 — Sede vacante — Tra la morte dell’ der ondas
avvenuta secondo il Marabottini nel 1276 e forse, secondo il Della
Valle, ai 20 agosto 1279 e la consacrazione del nuovo vescovo nel mag-
gio 1280, deve essere intercorso certamente un periodo di sede va-
cante, per la quale peró non siamo in grado di dare maggiori notizie.

Aa. 1280-1295 — FrancIscus «e Balneoregio », ammesso da tutti
gli autori. Alcuni, fra cui il Della Valle, lo vogliono della famiglia Mo-
naldeschi; il Marabottini ne tace. Per mia parte credo, in base agli
accurati studi da me compiuti sulla geneologia Monaldesca, che tale
informazione sia infondata. Inoltre lo stesso Monaldeschi tace del
tutto che nella sua famiglia sia esistito tale vescovo; mentre indica
come effettivamente appartenenti ad essa il Beltramo nel 1328 e il
Franciscus nel 1428; e questo silenzio del Monaldeschi ci sembra del
tutto probativo. Non é improbabile che l'affermazione dell'Ughelli,

enza mI.

c.
dev
rimam St EE COS, Lt ritratta

46 GERALBERTO BUCCOLINI

seguita ciecamente dal Della Valle, provenga da confusione con que- E

st'ultimo vescovo del 1428, e dal fatto incontroverso che Bagnorea
fu uno dei feudi della famiglia Monaldesca; onde l'errore. Questo Ve-
scovo assunse il suo ministero secondo alcuni nel 1279; ma secondo
l'Ughelli e secondo il Fumi, in data 11 maggio 1280.

La figura di questo vescovo resta come in ombra nei primi anni
del suo vescovato, dopo la brevissima visita di Nicolò III nel marzo
1280, dalla venuta e permanenza in Orvieto di Papa Martino IV, che
giunse qui in marzo 1281, vi fu incoronato il giorno 23, e vi si trat-

| tenne fino al giugno 1284 (1).

Durante la presenza di Martino IV avvenne in Orvieto nel 1282
l'uccisione del famoso seguace della dottrina di A verroè, Sigeri di Bra-
bante, contraddittore di S. Tommaso, ma da questi compianto, e
di cui nel poema trecentesco «il Fiore » venne scritto:

Mastro Sighieri non andò guari lieto
Al ghiado il fe’ morire a gran dolore
Nella corte di Roma ad Orbivieto (2)

Martino 1V fuggì a Perugia a fine giugno 1284, a seguito delle
gravi turbolenze a carattere antifrancese sorte ad opera dei Ghibel-
lini guidati dal Capitano del Popolo Neri della Greca (3), fortemente
avversati dai Guelfi, discordia che ebbe termine solo nel 1287 per l’in-
tervento attivo del Vescovo Francesco (4). Dopo di che, riconfortato
dalla visita di Papa Onorio IV venuto nel 1287 (5), il Vescovo Fran-
cesco si adoprò con efficacia a favore della sua diocesi, e deve ritenersi
il più benemerito della nostra città, chè è merito suo se il Duomo
fu cominciato a costruire. Egli vi si pose con decisione e riuscì a.
stipulare coi canonici l’atto del 22 giugno 1284 per l’unione delle

—PIAETENT

(1) Annales, pagg. da 159 a 160. Cron. di Luca M., pagg. 317-318 ed ivi
nota 3 e specialmente nota 6 del Fuwr, dalla quale risulta che secondo il
PorTHasT, l. c., 1757, le bolle di questo Papa furono emesse in Orvieto dal
23 marzo 1281 àl 27 giugno 1284. : |

(2) Su SrarEnr vedi « Enciclopedia Treccani », vol. 31, pag. 743; e DANTE -
in Paradiso, C. XV, 133-138.

(3) Per conoscere a fondo gli avvenimenti di Orvieto in quest’epoca sotto
il capitanato di Neri della Greca, ved. la Cronaca di Luca Manente, pag. 318,
nota 3 del Fumi. '

(4) Vedi Cron. di Luca Manente, pag. 320, pagg. 1286 e 1287, e Annales,
pag. 161 a. 1287. 1

(5) Così l'Angelini e la Cron. di Luca Manente, pag. 320; ma il Fuwr ivi
alla nota 1 contesta che ciò possá essere avvenuto. in aprile, come dice la cro-
naca, perché Onorio IV mori il 3 aprile.

SITE ERI pa e

martedi

" : y
.
E IC AUR TEC cm

ame real Ud
ES «icio feodi tae ee PS

Dica
PR RAI PIA e EPIS NET

97

SERIE CRITICA DEI VESCOVI DI BOLSENA E DI ORVIETO 47

due parrocchie di S. Maria Prisca e di S. Costanzo e per la divisione
dei proventi della nuova Cattedrale; e quello del marzo 1285 per
compensare i canonici dei danni subiti o da subire per la demoli-
Zione delle loro case; seguito da altro, dello stesso giorno, col quale
a loro beneficio impegnò le sue entrate alla Meana e quelle dei Mulini
del Paglia; e infine quello del 5 settembre 1290 col quale cede ad essi
anche la Chiesa ed i beni di S. Ippolito in Val di Lago (1). |

Lo aiutó potentemente Papa Nicoló IV, per la cui pressione venne
stipulato l'atto definitivo del 6 settembre, ove é inclusa la famosa con-
dizione dello stile architettonico della Chiesa «ad instar S. Mariae
Majoris (2) ». Il Papa era venuto in Orvieto fin dal venerdi 11 giugno
1289 e vi si trattenne 16 mesi e sei giorni. Secondo il Monaldeschi il.
15 ottobre. 1289, erano state principiate le fondamenta « quae fuerunt
terribilia ad videndum »; ed il 13 novembre 1290, il giorno di S. Brizio,
il Papa scese nelle fondamenta col corteo di Cardinali, Vescovi e Ar-
civescovi, prelati e autorità, a porvi di proprie mani la prima pietra (3).

Nell'anno 1280 Francesco ricevette Bernardino di Raniero di
Bolgarello e successivamente Nardo e Nerio di Bolgaruccio dei conti
di Marsciano che furono pronti a prestare la loro obbedienza per il
Castello di Parrano (4).

Nello stesso anno fece elevare dalle fondamenta la Chiesa di S.
Lucia nel castello di Bolzano (Castel Porziano); concesse la Chiesa

re.

Tem m jp y
AU Ei Air en

>

a PALM

DOLOS

n

——
È RdbE n

m A—— pu
v ma,

EZIO ASSET

o rs

ua

CR

E

metis ai

vida euge

}

|

li

|
i
Lit:
i
Iii
}

n
k
j
ji
I
fi
Iz
j

tutt Pact IN oper RAPERE

(1) Vedi DELLA VALLE, pagg. 241 a 247.

(2) Non potrebbe dirsi al tutto fantastica la supposizione che la nota ar-
chitettonica imposta dal Capitolo debba essere stata originata da un residuo
di contrasto contro la predominanza vescovile. Ció in correlazione al dubbio
che « S. Maria de Episcopatu » fosse costrutta o almeno decorata con stile diver-
so dal romanico puro, come ce lo indica la porta laterale del Duomo da tutti
ammessa come appartenente all'antica S. Maria. E certo che se si considera
l'impronta del sigillo, del vescovo Jacobus, la supposizione appare piü giusti-
ficata, anche perché non si può escludere che la edificazione sia dovuta al ve-
scovo oriundo di Reims, Rodolphus, del 997. Vedasi in proposito anche PERALI,
in Orvieto, Marsili, 1919, ove a pag. 67 attribuisce appunto all'antica S. Maria
«de Episcopatu »la porta laterale del Duomo detta di Postierla; ed a pag. 78,
79, 80, 81, 82, parla chiaramente del tradizionalismo architettonico dei canonici
contrari allo stile gotico, e perció al progetto per il nuovo duomo accarezzato
dal Vescovo, e cioè al progetto di Arnolfo.

(3) Vedi Monaldeschi, pag. 59 e seg.; Cron. di Luca Manente, pag. 322 e
segg. con la nota 1 gel Fuwr ove si attesta. come dal PorTHAST, pag. 1873 e
seg., che Nicola IV fu in Orvieto tutta l’estate 1290 e parte dell’autunno 1291.
. Vedi anche le varie opere del Fumi sul Duomo di Orvieto.

(4) Vedi MARABOTTINI, pag. 17.
48 a GERALBERTO BUCCOLINI

di S. Gregorio di Sualtulo presso l’acquedotto al Priore ed ai Monaci
dell'Eremo di Montefano Camerinese dell'ordine di S. Benedetto,
le cui rendite in seguito, dopo l'allontanamento dei monaci, ritor-
narono all’arcidiaconato di Orvieto. Dagli stessi monaci nell'anno
1284 il Vescovo comprò per il prezzo di lire 1230, per la sede dell'epi-
scopio, la casa che Giovanni notaio del Papa in Orvieto, morendo nel- -
l'anno 1283, aveva lasciata per divina ispirazione ai monaci stessi.

° Nell'anno 1288 Francesco pose la prima pietra della Chiesa di
S. Pancrazio delle Monache di S. Benedetto, e della Chiesa di S. Spirito
degli Armeni fuori di Orvieto nella Via del Petrojo, e concesse alle
nuove monache di S. Agnese la vecchia Chiesa di S. Spirito nella via
che prima conduceva al Petrojo. Nell'anno 1291, insieme al capitolo
donò al cenobio dei frati minori la Chiesa di S. Lorenzo di Orvieto
nuovamente costrutta.

Confermó la donazione Nicoló IV, che nello stesso anno consa-
cró la Chiesa di S. Giacomo dell'Ospedale di S. Maria, e poi tenne un
discorso in piazza. Nell'anno 1292, a Nerio di Bolgaruccio di Raniero
di Bolgarello dei conti di Marsciano, che lo aveva richiesto, concesse
facoltà di costruire una cappella nel distretto del Castello di Monte-
giove nel luogo detto Castello di Pornello. Nell'anno 1294 insieme col-
l'Arcivescovo di Lione ed al Vescovo Portuense, fu mandato dal Col-
legio dei Cardinali oratore all'eremita Pietro di Morrone per annun-
ciargli l'elezione a Pontefice sotto il nome di Celestino V.

Nell'anno 1295, dopo aver gloriosamente compiuti sedici anni
sulla cattedra orvietana, passó per ordine di Bonifacio VIII alla
Ghiesa fiorentina (1), dove anche ebbe l’onore di porre la prima pietra
di S. Maria del Fiore.

Un solo documento del Cod. Dipl. lo riguarda: il 552 a pag. 341,
che lo mostra presente ad una seduta generale dei Consigli del Co-
mune in data 26 giugno 1293.

Aa. 1296-1302 — Leonarpus Urbevetanus, forse un Mancini (2).

Ammesso da tutti gli autori. La sua nomina avvenne con una .
fiera Bolla di Papa Bonifacio VIII del 24 aprile 1296, riportata nel
- Cod. Dipl. 569. In essa il Papa, ricordando disposizioni precedenti
che riservano esclusivamente alla sede apostolica la nomina dei vesco-
vi, e dichiarando irrito e nullo ogni attentato di qualsiasi autorità
sciente od isciente contro tale disposizione, proclama l'eletto Leonardo,

d

(1) Vedi MARABOTTINI, pag.. 17.
. (2) Così il Della Vale e il Piccolomini.
SERIE CRITICA DEI VESCÓVI DI BOLSENA E DI ORVIETO. 49

. già Arcidiacono Barrense in « Lingonense ecclesia » (Diocesi di Lan-
gres nel Lionese) Vescovo di Orvieto.

Nell'anno stesso, da Bonifacio VIIJ, che aveva perseguitato gli
Orvietani rifiutantisi di consegnare i Castelli di Val di Lago, ebbe
l'ordine di allontanarsi con tutto il clero dalla città, alla quale ritornò
l’anno seguente, avendo il Papa mutato parere, e mandato Frate Gen-
tile Arcivescovo di Reggio, a comunicare al popolo di Orvieto lo
scioglimento dei vincoli spirituali, in base alla Bolla di assoluzione
del 10 settembre 1296 (1).

Durante il suo vescovato e precisamente l’anno 1297. Bonifa-
cio VIII venne in Orvieto e vi stette sei mesi (2), durante i quali, oltre
alle cose memorabili, fra cui i solenni pontificali per la prima volta
celebrati nella nuova cattedrale ancora incompiuta, e la canonizza-
zione in S. Francesco di Luigi IX Re di Francia, emise una bolla a
favore del Monastero della Trinità fino allora troppo molestato, no-
minó cardinale l'orvietano Teodorico di Giovanni o di Zaccaria dei
Ranieri o dei Guidoni (3) già priore di S. Andrea, poi Arcivescovo di
Pisa e Camerlengo di S. Chiesa, e nominó Vescovo di Soana Monaldo
di Ermanno di Cittadino dei Monaldeschi.

Nell'anno 1300 venne costrutta la Chiesa ed il Monastero di San
Pietro. nella Parrocchia di S. Egidio per quelle monache che lascia-
rono il Monastero di Gesü Cristo presso Orvieto.

Nell'anno 1302 il Vescovo Leonardo fu trasferito al Vescovato
di Dont (4).

(1) Per tutta la questione col Papa e tolle terre di Val di Lago vedansi i
Docc. del Cod. Dipl. 570, 571, 572, 573, 574, 575, 576, 577, 578 e 579, dal
1° settembre 1296 al 14 maggio 1298. Per gli ulteriori avvenimenti sulle terre
Aldobrandesche, vedasi il Doc. 602 del Cod. Dipl. con la lunghissima nota do-
cumentata,

(2) Le bolle di Bonifacio VIII datate di Orvieto vanno dal 9 giugno al 31
ottobre 1297 (PorrHast, pag. 1962). Così il Fumi in nota 4 a pag. 331 della
Cron. di Luca Manente.

(3) Secondo Luca di D. Manente, pag. 332, a. 1298, n. 5.e 6, e pag. 333,
note 2, 3 e 5 e pag. 337, n. 2, apparteneva alla casa dei Guidoni, anzichè dei
Ranieri, come altri ha creduto.

(4) Siponto era stata città greca poi romana; ma decadde nel Medioevo
per causa della malaria, cosicchè Re Manfredi la fece abbandonare dagli abi-
tanti trasferendoli nel 1256-58 alla nuova sede che dal suo nome chiamò
Manfredonia. Unico avanzo della città è la cattedrale di S. Maria di Siponto
di stile originario romanico sufficientemente conservata per quanto con rifa-
cimenti del '500 e del '700. Il trasferimento del Vescovo Leonardo ha tutto
il carattere di una punizione.

1

T ed El

Ax

i
l
M
in ay
|
50 GERALBERTO BUCCOLINI

VI.

Dall'anno 1303 all'anno 1347.

Gio o GurrrO o GuIDo Farnesius (Rainutii Peponis filius
et Lotti et Petri frater). 3

Ammesso da tutti gli autori. Vanta a progenitori i nobili Farnesi.
Il Marabottini, al principio della biografia di questo vescovo, precisa
che i Farnesi furono fedeli domicelli di Orvieto, e che il loro cognome:
è collegato al nome del loro feudo originario, il Castello di Farnese.

Qualunque cosa altri abbia detto sulla patria di questa famiglia, il

Marabottini, a comprova della qualifica orvietana da esso precisata,
ricorda ciò che avvenne al tempo del vescovo. Era venuto in Italia |
nel 1312, a farsi incoronare imperatore, il che avvenne ai 29 di giugno,
Enrico VII. Questi, bramoso di turbare con la sua autorità rafforzata
dalle armi, i territori e le intenzioni dei principi italiani, giunto in
Toscana, inviò ordini a quasi tutti i feudatari della regione, fra cui
i Farnesi, perchè si recassero immediatamente al suo cospetto in
Pisa. Il che udito, questi ultimi, che riconoscevano Orvieto quale
loro madre e patria, non obbedirono alla ingiunzione, preferendo così
sottostare alle sanzioni del Senato imperiale.

Il Vescovo Guitto, che rimase ventisei anni a capo della Chiesa
orvietana, fu esperto nelle vicissitudini o nei contrasti delle cose umane
ed ebbe una importanza: «personale superiore al pur alto ufficio. |

Nei rapporti ecclesiastici é anzitutto da ricordare che nell'anno
1308 ebbe ardue liti con l'abate del monastero di San Severo, contro
il quale dovette ricorrere alle piü gravi armi della censura; ed essendo
stati eletti dalle due parti gli arbitri nelle persone del Cardinale
Nicola Vescovo di Ostia e del Cardinale Giovanni del titolo dei Santi
Pietro e Marcellino, furono da questi eliminati tutti i più lontani
impedimenti alla quiete. Nell’anno 1309 ai 15 di agosto cantò la
prima messa solenne in Santa Maria Nuova (1). Nello stesso anno
riottenne l'obbedienza del Monastero e dei monaci di S. Pietro in

Aquaeortus, e ottenne altresi dagli uomini di Fratta Balda (Colle

Baldo di Piegaro) di dichiararsi soggetti al feudo vescovile di S. Vito.
Nell'anno 1312 fu dato principio alla Chiesa di S. Maria del Monte

(1) Vedi in proposito la Cronaca di Luca Manente, pag. 344.

Uu
S
w
|
|
LAI
e
|

SERIE CRITICA DEI VESCOVI DI BOLSENA E DI ORVIETO 5I

Carmelo e successivamente al Convento; mentre prima i Carmeli-

tani avevano il loro cenobio nel suburbio. Nell'anno 1310 per uti-
lità di tutti gli abitanti di Orvieto fu costruita, con contribuzione
della città, la cisterna nell’atrio del Convento di S. Francesco.
Nell'anno 1314 fu costrutta e dotata la Chiesa del Convento di
S. Bernardo fuori della città (?), e assoggettata all’abate dell’ Abba-
zia di S. Salvatore di Monte Amiata, che per ciò offriva ogni anno
un cero al Vescovo. Nell'anno 1323 Ranieri di Zaccaria, nipote «ex
fratre » del Cardinal Teodorico, donò al monastero di S. Benedetto

alcune case presso la città nei pressi del Rio Chiaro ove fu costrut- .

ta una chiesa chiamata S. Maria Novella e vi furono posti sei frati.
Tale chiesa sembra poi andata distrutta. I ruderi della chiesa pas-
sarono poi alle monache di S. Paolo e le case furono vendute alla città
di Orvieto nell’anno 1525. Nell'anno 1324 il Vicario del Vescovo
lesse pubblicamente nella Chiesa Cattedrale le accuse e incrimina-

zioni giudiziarie contro l’imperatore Lodovico il Bavaro esautorato

dal Papa.
Uomo d'armi, oltre che di Chiesa, non sopportò fin dal 1303 che

il magistrato orvietano, Bino di Pietro di Gabrielli di Gubbio podestà,

avesse interdetto il porto d'armi ai famigliari del Vescovo, fra cui al
di lui fratello Lotto, mentre libero era il campo delle discordie, e degli
odii reciproci. Così i rettori della repubblica orvietana vennero, a causa
delle promulgate leggi così dannose alla libertà della Chiesa, ‘alla loro
volta interdetti dagli uffici sacri e dalla compagnia dei credenti.

Ma, dopo la grande battaglia intestina dell'agosto 1313, durante

. la quale Guitto si studió, sia pure inutilmente, di fare la pace, inter-

venendo fra i contendenti col clero parato, rafforzato della, presenza
dei due Cardinali, Arnoldo legato pontificio e Luca del Fiesco, allora
in Orvieto; e dopo la grande vittoria guelfa del 20 agosto, essendosi
calmati gli animi, Guitto facilmente recuperó l'amore dei suoi concit-
tadini dai quali nell'anno 1320 ricevette un dono di 200 fiorini d'oro.
Nell'anno 1321 fu eletto riformatore della città; nell'anno 1322 fu
chiamato arbitro nella controversia fra i Signori di Bisenzio; e nel 1328
fu oratore per la città di Orvieto alle terre in Val di Lago.
Grandissima fu la stima dei Pontefici per Guitto. Clemente VI,

prima di ritirarsi in Avignone, gli affidò il Vicariato spirituale in Roma.

In seguito Giovanni XXII gli affidò il Governo politico e militare
delle provincie del Patrimonio con il titolo di Capitano Generale contro
i ribelli; nell'anno 1320 lo incaricò insieme ad Angelo Vescovo di Vi-
terbo, di estinguere le guerre civili che bollivano nelle regioni vicine;

LS TA SRI SE 11706717771 e prt e II PEN 7 TL

ssaa 3 an

Tm
mtr e

1
i

ha

B
lo

rer ET dE
TIS

memi.

E BG CGINMTI M TERI ORA rei MJ Mas canino Tua uris La vo serpe
Menit a cd TIL i e a re c AM AN D) m m TTI i 1 e

Lm em

pina

n rina

RE PRO La
i X — —
pu -

MÀ —


A

- aa ac

52 I GERALBERTO BUCCOLINI

ed infiné ai 27 di settembre dello stesso annos lo. nominò rettore del
Patrimonio nonchè di Todi, Rieti, Narni e Terni. |
Nell'anno 1328 Guitto «deseruit ecclesiam » (Marabottini) (1).
Il Cod. Dipl. ci illumina su vari atti del papato compiuti durante
il suo vescovato e riguardanti Orvieto. In data: 8 luglio 1319 al docu-

. mento 630 é riportata la bolla di Papa Giovanni XXII nella quale

é lodata l'azione degli Orvietani contro i ribelli della Marca; in data
17 settembre 1320 documento 632 é allegata la bolla che nomina
Guitto Rettore del Patrimonio, ed in calce ad essa v'è una nota del
Fumi ove c'é data notizia, dal Theiner, di altre due bolle colle quali
viene accordato a Poncello Orsini capitano del Popolo di Orvieto di
acquistare Castel Chia; e vengono chieste le informazioni necessarie per
cedere agli Orvietani, che ne avevano fatto richiesta, l'esenzione per
tutto il Patrimonio dalla gabella del pedaggio. Col Doc. 634 in
data 1 aprile 1321 é riportata altra bolla agli Orvietani perché ba-
dino alla idoneità della persona da nominare podestà di Bolsena; col
Doc. 635 in data 5 aprile 21 altra per eccitare gli Orvietani contro i
ribelli del Patrimonio; ed infine col Doc. 636, stessa data, altra perché
Orvieto cessi d’ aggravare i castelli di Val di Lago.

Dalla Cronaca di Luca-Manente, a pag. 337, ci è data poi notizia
che nel 1302 Monaldo dei Monaldeschi fratello di Ermanno era stato
eletto Vescovo di Soana, e poi nel successivo Natale arcivescovo di

. Benevento.

Il Monaldeschi con errore manifesto di mezzo secolo di antici-
pazione segna dopo Guitto il « Nicolaus Merciarius ». Invece fu ve-
scovo, accettato da tutti gli scrittori.

Aa. 1328-1345 — TRAMUS o BELTRAMUS (di Corrado di Ermanno
di Cittadino, dei Monaldeschi della Cervara, fratello di quell'Erman-
no II che fu il primo signore di Orvieto).
| Frate dell'ordine dei Predicatori, già prima chiamato al vesco-
vato di. Bagnorea, vescovato da lui a lungo rinunciato e che ammi-
nistrava per espresso ordine del Papa fin dal 2 settembre 1327; fu
elevato alla sede di Orvieto nell’anno 1328.

Il Marabottini dice che la benevola considerazione sta cittadini
verso Tramo è attestata dalle mille lire di danaro che all’eletto ven-

nero donate dalla città, e che furono generosamente consumate da

Tramo in un convito che, mentre accedeva alla chiesa sua sposa, egli

(1) Per corredo della vita di Guitto v. anche nota 3 del Fumi a pagg. DEE

LA

45 della Cronaca di Luca Manente. \
ISPRIEURIE ENS ACQUA UTOR IP SEU TN ren

3

e

SERIE CRITICA DEI VESCOVI DI BOLSENA E DI ORVIETO

offrì sull'atto ai cittadini. Parimenti dal clero orvietano al momento
della sua consacrazione ebbe in dono 1.200 fiorini d’oro.

Ma l’amore della patria subì un'eclissi quando Tramo fu costretto
a punire due volte con l’interdetto la città di Orvieto: la prima volta
per la condanna di alcuni religiosi emessa dal Podestà di Orvieto, e
la seconda volta per la violenta asportazione di una certa donna dal
Monastero della SS. Trinità fuori d'Orvieto, avvenuta per ordine dello
stesso podestà; nè l’interdetto fu tolto se prima la donna non fu ricon-
dotta nello stesso luogo da parte del Magistrato orvietano,. riparando
cosi l'ingiuria all'immunità ecclesiastica.

Negli anni 1332 e 1334 Tramo confermó le costituzioni del Ca-
pitolo come esistettero poi fino al secolo xvi. Per la Chiesa di S. Maria
in Silva ebbe una controversia coi Frati di S. Giovanni del Borgo di
S. Sepolcro; i quali però nell'anno 1336 rinunziarono alla lite.

‘ Nell’anno 1338 ebbe il gran merito di ordinare a Ugolino di Vieri
celeberrimo artefice senese l’insigne reliquiario del SS. Corporale, sulla
base del quale infatti è incisa l’iscrizione seguente: « Hoc opus fecit

fieri dominus frater Tramus Episcopus Urbevetanus, et Dominus

Angelus Arcipresbiter, et dominus Ligus cappellanus domini pape,
et dominus Nicolaus de Alatro, et dominus Fredus, et dominus Minus,
et dominus Leonardus Canonici Urbevetani. Per magistrum Ugoli-
num et sotios, aurificies de Senis, témpore domini Benedicti pape XII ».

La città sofferente per gli odii intestini e i tumulti civili amó di
paterno (0, più esattamente, di partigiano) amore, cosicchè non essen-
dogli riuscito di calmare gli animi ed essendo anzi rincruditi i dissidi
fra i suoi stessi parenti, dovette poi ritirarsi in Avignone.

Le suddette frasi benevoli del Marabottini e quelle analoghe della
sua biografia inserite nella Cronaca del Caccia non corrispondono in
pieno alla qualità dell'uomo e ai doveri del presule. Da quanto é pos-
sibile arguire dalle altre cronache rimasteci (1) risulta che fu un cit-
tadino strettamente legato alla parte politica della sua famiglia, Mo-
naldeschi del Cervio; che ebbe ambizioni eccessive e mai vero pen-
siero di pacificazione.

Dopo la morte di suo fratello Linzano! stato signore della città
dal 1334 al 1337, tentò con l'aiuto dei suoi di farsi acclamare signore;

(1) MoNALDESCHI, pag. 91 verso, e spec. Cronaca di Montemarte, pag. 217
con nota 3 e pag. 218 con nota 1; nonchè Cipriano M., Historia, a. 1239 in
Ephemerides, pag. 420. Annales, pagg. 195 e 196. iscdráo Historico (in Ephe:
merides, ried. dal Fumi in R. I. S.), pagg. 3 e 4 con n. 3 a pag. 4.

T

VELI

e

De cts
mA A


I
i
ti
ti
ì À
ij
Uu
u

*
UE ahi. ehm n TR oW e mevalionzzi cite istoni ti ta i "— PNE. TUNES MPTSIPTUSTUNDIGE AA. SUVS

po]
Hr
j:
i
i
j

254 GERALBERTO BUCCOLINI

mentre invece per la ribellione degli altri Monaldeschi, dei Conti di
Montemarte, e della maggioranza del popolo, dovette subire coi suoi
nel 1337 la cacciata dalla città con la nota astuzia per la quale rimase
alla sua fazione il nomignolo di « Beffati ». Tornò in città il 12 dicembre
1342 precedendo i suoi, ma le sue azioni non si modificarono. In os-
sequio alla sua parte rifiutò d'interporsi perché fossero salvati dalla
condanna a morte i due Rocchigiani rifugiatisi a S. Francesco; e, forse %
anche per questo, dopo la seconda cacciata dei Cervareschi nel 1344,
e a seguito dell’accusa del Consiglio Generale in data 21 agosto 1344,

. dovette di nuovo ritirarsi da Orvieto; e fu allora che si ritirò in Avi-
gnone, nella quale città, dopo un anno, nel sessantesimo della sua età,
con la benedizione del Pontefice, nell’anno 1345, «e gargutiis morta-
litatis est egressus » (Marabottini), notizia che giunse ad Orvieto il
23. di settembre (1).

| : Essendo Tramo in Avignone Clemente VI spedi alla. Chiesa di

: ' Orvieto un breve per le indulgenze in occasione del Corpus Domini,

| in data 15 febbraio anno II del. suo Pontificato, e dune con la

| frase: «Et si devota».

Il Cod. Dipl. ricorda questo vescovo soltanto nel Doc. 663 a pag.
.499-500 quale testimone nel giuramento di pace fatto dai Monal-
deschi del Cervio in Montefiascone il 6 febbraio 1339 avanti a Ot-
i taviano di Volterra, Capitano del Comune, del popolo e della guerra,
| della città di Orvieto. ;

ERSPM : A. 1346-1347 — Rarmunpus, urbevetanus, ex canonicatu Alba-
| niensi in Gallia (Amiens), chiamato prima al vescovato di Rieti, e da.
| Clemente VI nominato vicario spirituale in Roma, nell'anno 1346
| passó al vescovato di Orvieto.

| Questo vescovo secondo il Marabottini fu più del i adito
alla caccia di ricchezze e di onori; e perciò, immemore dei divini am-
monimenti, dopo la morte del Rettore del Patrimonio: Bernardo
di Laco, si recò ad Avignone; ove dopo pochi giorni morì «inglorio-
sus » (Marabottini), avendolo Iddio già predetto a S. Brigida (2).

Nelle nostre cronache il nome del Vescovo Raimundus non ap- T
| | pare in alcun modo; donde risulta che si tenne ben lontano dalla città dm
" | : e:dalle sue discordie e guerre civili, che DUO assai gravi nel- E
|d | l'anno1346. | 3

Dalla vita e dall'epistolario di Cola di Rienzo sappiamo che Cola 3

xe gu: : SE i —

doas (I

rino —
parte rona

^

(1) Disc. Hist., pag. 11.
(2) Vedi Rivelazioni di S. Brigida.
&
n
iE


4

*
SERIE CRITICA DEI VESCOVI DI BOLSENA E DI ORVIETO 4.55

fu molto appoggiato dal Vicario del Papa, il Vescovo Raimondo, il
quale stette al suo fianco quando il giorno delle Pentecoste, il 20 mag-
gio 1347, si recó in Campidoglio per la sua elevazione a Dittatore e
a Tribuno. La morte del Rettore del Patrimonio avvenne la domenica
14 luglio 1347, e nella lettera, che Cola in tale occasione scrisse al Papa
il 17 luglio, gli annunciava appunto che il Vescovo di Orvieto, suo
collega nel governo, era partito per Montefiascone.

VII.

Dall’anno 1348 all’anno 1473.

Riprendendo la narrazione della nostra Serie per l’ultimo periodo
prefissoci, si deve anzitutto rilevare che con l’ultimo vescovo ricordato
ha fine la scelta dei presuli orvietani tra il clero orvietano o secondo
le indicazioni locali, ferme essendo le nuove disposizioni della Bolla
di Bonifacio VIII del 24 aprile 1296. Limitandoci a ricordare i più
recenti periodi, é un fatto che, dopo il 1168 e prima della detta bolla,
avevamo avuto i vescovi: « RusTICUS » « MATTHAEUS »,. « CAPITA-
NEUS », « RAINERIUS », « COSTANTINIUS », « JACOBUS », « ILDEBRANDUS »
« FRANCISCUS » e « LEONARDUS », tutti Orvietani, meno l'« ILDEBRAN-
DUS » fiorentino e il « FRANCISCUS » bagnorese, ma ambedue certa-
mente di ispirazione cittadina; dopo tale bolla abbiamo avuto « Gurr-
TUS »; « TRAMUS » e « RAIMUNDUS » tutti e tre orvietani di nascita o

. del patrimonio. Ma in seguito le indicazioni locali non sono più tenute

in conto. Avrà di certo avuto maggior peso su ció il predominio nel-

l'esilio di Avignone della Chiesa francese desiderosa fors'anche che

fosse della stessa nazione il Vicario spirituale del Papa in Roma, ut-
ficio, prima coll'« ILDEBRANDUS », e poi con il « GUITTO », ed infine col
« RAIMUNDUS », assegnato ai Vescovi di Orvieto; ma la depressione
politica della città di Orvieto, a causa delle profonde discordie in-
terne che ormai ne andavano distruggendo ogni autorità ed ogni
fiducia da parte degli osservatori, debbono essere certo stati la causa
determinante il nuovo sistema della scelta dei suoi vescovi da altre
regioni, sistema che non ebbe in seguito che rarissime e passeggere
eccezioni, come poi vedremo: mentre non si può disconoscere che la

corsa dei sacerdoti francesi al vescovato orvietano illumina sul valore

ancora persistente della città, almeno dal lato economico e morale. .

ART cen —

rwn pese dute irn e m

S TA RATTI RUE MEME
56 GERALBERTO BUCCOLINI

Aa. 1348-1361 — PontIus Prnorrus gallus, della provincia di
Narbona, da Arcidiacono Vindoiense «in ecclesia Carnotensi » (dio- .
cesi di Chartres) nell'anno 1348 successe a Raimondo tanto nel ve-
scovato orvietano quanto nel Vicariato di Roma, che esercitò anche
nell’anno del Giubiléo (1350), aprendo la porta Santa, nell'assenza
del Pontefice. Palesó piü volte l'impeto del suo animo al popolo or-
vietano, col quale ebbe varie liti, principalmente peri Castelli di Meana -
e S. Vito, ambedue di proprietà episcopale. Desideroso di spogliare
i frati di Sant'Agostino del diritto che avevano sopra il Monastero
delle Monache di S. Maria Maddalena, coll’aiuto di scale irruppe nel
monastero, estorcendo dalle monache loro malgrado testimonianze
di obbedienza; il che essendo poi venuto a cognizione del Pontefice,
ai frati di Sant' Agostino fu restituito l'antico possesso. Infine nell'anno
1361, approfittando delle opportunità delle tasse che si imponevano
ai chierici, colpi la città d'anatema, ma poiché i cittadini ne mos-
sero continue lagnanze al Papa perché rimovesse Ponzio dall'ufficio
di Vescovo di Orvieto, la morte, venendo incontro ai voti degli Or-
vietani, nello stesso anno lo esentó dal vescovato. (Cosiil Marabot-
tini). Il Della Valle aggiunge che ai 20 di maggio 1349 fece la vi-
sita della diocesi; che nell’anno 1353 nominò il cappellano della nuo-
va cappella di Santa Cristina nella chiesa omonima di Bolsena; che
ai 20 di novembre 1357 visitò la detta chiesa, «ubi notavit corpus
domini (?) insufficienter custoditum », concedendo ai cinque cappel-
lani di poter dormire nell’ambito della Chiesa, nelle camere della Cap-
pella. (Tutto ciò dai Codici A e C dell’Episcopio).

Lo Sbaraglia ci apprende incidentalmente che il luogotenente
in Roma del Vicario Ponzio fu frate Jacobo de Urbe, episcopo Cala-
ritano.

Ponzio è ammesso da tutti i testi.

. Nel Cod. Dipl. nulla si trova a riguardo di questo vescovo, ma a
suo tempo avvenne la fine legale dello Stato Orvietano, poiché il
Cardinale Egidio Albornoz si impadroni della città.

Durante il suo vescovato venne eletto il nuovo Papa nella per-
sona di Guglielmo abate marsigliese che prese il nome di Urbano V.

Secondo il Monaldeschi, Comm., carta 113 verso, ripresero forza
le discordie fra Muffati e Malcorini; sicchè, mentre in un primo tempo
il Papa favorì i Muffati eleggendo a Senatore di Roma Berardo di
Corrado, e nominando a sua richiesta a Vicario di Orvieto il suo pa-
rente e partigiano conte Nicola Orsini di Pitigliano; poi, su proposta
di parte Malcorina e specialmente del Conte Ugolino di Corbara, bene-

N
SERIE CRITICA DEI VESCOVI DI BOLSENA E DI ORVIETO 57

merito della Chiesa per le sue alte doti e prestazioni militari e civili,
tale nomina fu abrogata, e fu invece mandato per Vicario 1’ Arcive-
scovo di Bari, che fu poi Urbano VI, il quae prese a favorire la
parte Malcorina.

Aa. 1361-1364 — JoANNES de MAGNAVIA, anche esso francese, nello
stesso anno 1361 ebbe la cattedra ed il vicariato già detenuti da
Ponzio. Egli, quale nunzio della Sede Apostolica e collettore delle
decime, aveva pronunciato l’interdetto sulla città di Orvieto che
portava in lungo il dovuto pagamento dei sussidi; ma nominato al
vescovato (contro lo stesso volere degli Orvietani che avevano ri-
chiesto Enrico Vescovo di Ascoli) e comunque regalato di 228 libbre
di cera e 33 di confetture, immediatamente la prosciolse da ogni vin-
colo per 6 mesi, che poi rinnovò fino.alla morte. -

Nell'anno 1363 con patti ‘concordati pose fine alla discordia
che divideva la curia vescovile dalla città, per la elezione del Camer-
lengo della fabbrica di Santa Maria. Nello stesso anno riunì il Sinodo,
ed avendo il Priore di San Giovenale dell'ordine di S. Guglielmo ri-
fiutato di prendervi parte, « divis devovit » (lo copri di maledizioni).
L'anno seguente, 1366, nell'ottobre «occubuit ».

Accettato da tutti gli autori (1).

Aa. 1364-1378 — PETRUS BoERIUS, gallus, di Narbona anch'esso,
monaco di S. Benedetto, sulla cui regola scrisse dottissimi commentari,
surrogó il Joannes nel Vescovato di Orvieto e nel Vicariato di Roma.
Fu glossatore dell'antico Codice di Anastasio Bibiotecario e le glosse
manoscritte si conservano nella biblioteca Sublacense. Nell'anno 1370
fu dal pontefice eletto correttore e riformatore della città, nel quale
ufficio raccolse non comune gloria dai cittadini orvietani, i quali nel-
l'anno 1375, nelle sue stesse mani rinnovarono il giuramento di fes
deltà al Pontefice. (Vedi anche in proposito Cod. Dipl., pagg. 554 e
556, Doc. 690). Ma Pietro, nell'anno 1378, quale seguace- del pseudo
Pontefice Clemente che si chiamava Settimo, fu non solo spogliato
dal vescovato, il che è affermato anche dall'Ughelli; ma fu anche se-
parato dalla comunione dei fedeli essendo stato scomunicato per opera
di Urbano Papa VI (così il Marabottini).

È qui da ricordare come, durante il suo ufficio, il comune di Or-
vieto con deliberazione 25 agosto 1367 rinnovò la sua dedizione alla
Chiesa (Cod. Dipl., Doc. 683); e che la rinnovò il 20 novembre 1375

(1) Per le notizie sui beni da esso lasciati, cfr. L. Fuwr, I beni di Gio-
vanni di Magnavia.
Mea QNT, cem c mmo -—

><

ratti e Inn na ”

—rrrrrri8nc”c

teen

pn

58 : GERALBERTO BUCCOLINI

; (Cod. Dipl. Doc. 690) e che Urbano V nell'anno 1368, e precisa-

mente all'8 dicembre, emise la famosa bolla: « Dum universitatis
vestrae » con la quale sottrasse Orvieto dalla giurisdizione del Pa-
trimonio (vedi Cod. Dipl. pag. 549, Doc. 684); bolla che a M. Anto-
nelli, il quale tanto compulsó i registri del Patrimonio, deve essere

rimasta sconosciuta, se con tanta facilità scrisse che Orvieto faceva

parte di esso; nel mentre che già non pochi anni prima della sua co-
municazione il nostro. Filippo Antonio Gualterio si era valso proprio
di quella bolla per ottenere il distacco di Orvieto dallo Stato Ponti-
ficio nell'anno 1860.

- . Urbano V ebbe con Orvieto anche i rapporti indicati dai Docc. 687
e 688 del Cod. Dipl. tra i quali interessante. é l'ultimo sulle terre di
Val di Lago. ;

Gregorio XI oltre all'Enciclica 6 gennaio 1376, che si legge con
note speciali nel Cod. Dipl. pagg. 556 e 559, documento 691, al 30 no-
vembre 1376, al 21 dicembre 1376, al 19 gennaio 1377, al.23 aprile
1377, al 16 maggio 1377, al 25 giugno e al 26 giugno 1377 e al 7 e 14
ottobre 1377 emise le diverse Bolle a favore della città, ed in sua di-
fesa contro i Muffati, riportate al Cod. Dipl. da pag. 559 a pag. 568,
ai Docc. 692, 693, 694, 695 (del Cardinale Ostiense Pietro), 696, 698,
699, 700, 701 e 702 fra le quali importantissime la 698 che accorda
speciali indulgenze per il Corporale, la 699 che riconferma i privilegi
di Bonifacio VIII per le terre del Lago, e la 701 che accorda altri pre-
vilegi fra cui lo Studio Generale.

Urbano VI ebbe con la città i rapporti indicati dai Docc. 703, 704,
705, 706, 707, 708,.709, 710, 711, 712 e 713 da pag. 568 a 581 del
Cod. Dipl.; fra cui importante 1a Bolla 707 del 12 aprile 1378, ancora
sullo Studio Generale. ni

. Cade qui opportuno ricordare come il Monaideschi nei suoi Com-
mentari, carte 116 e 117, attesti le conseguenze della elezione a papa

col nome di Urbano VI dell'Arcivescovo di Bari piü sopra ricordato

quale Vicario di Orvieto, favorevole ai Malcorini; nonché l'azione del
Cardinale di Vercelli suo legato contro il Governatore Rainaldo Or-
sini che era più proclive ai Muffati e che dovette ‘andarsene, il che
si collega chiaramente con l'avvenuto esonero del Vescovo « Petrus
Boerius » da parte di Urbano VI.

L'Angelini assicura la venuta in Orvieto di Papa Urbano V nel
1367, ma nessuna prova ne esiste ed anzi la cronologia del ritorno di
Urbano V in Italia lo esclude. |

UEWTUTMTTERTE
SERIE CRITICA DEI VESCOVI DI BOLSENA E DI ORVIETO
J

LE ME

Ed é appunto con l'anno 1378, dopo l'esonero del « Petrus» da
parte di Urbano VI, che s'inizia un ventennio di confusione completa
che cercheremo di riferire e chiarire. |

Il Della Valle ci enumera una serie di nomi e cioè: Johannes Pia-
centini da Parma, che dice trasferito a Orvieto dalla Chiesa Padovana
nel 1378, ma ciò con questa nota dello Sbaraglia: « In Lib. collect.
vet. act., pag. 776, cl. Baliutius refert litteras Gregorii pp. XI (1370-
1378) in quibus affirmat se e Patavina ad Patracensem Ecclesiam
transtulisse Joannem ut constat etiam ex documento Petri abbatis
Sophiae (1372 7 febbraio, in Saxenat n. 29) ».

Ci parla inoltre di un Ligo Chiarangelo e Chiarello da Nola, no-
minato circa nel 1379, che secondo lui non entró al possesso della sede
per avere aderito all'antipapa, il quale avrebbe poi intruso al luogo suo
un certo Tommaso; poi di un Nicoló Marciari perugino che entró nella
sede nel 1388, e dieci anni dopo passò a quella di Cagli; in fine di un
Nicolaus Assisias abbas Nonantulanus, il quale « cum episcopus Agri-
gentinus esset, et electus Urbevetanus, anno 1399 nonis Septembris
ad Imolensem Ecclesiam translatus fuit ». Il Marabottini pone senz'al-

tro: « Nicolaus Perusinus, ex Ugorum familia, qui ab episcupatu Ti-.
fernate ad Urbevetanum eodem anno 1378 transiit. Verum execrando

memorato schismate invalescente, et haerente pseudo Pontifici non

solum Urbis veteris magistratu sed etiam Capitulo Cathedralis Ec-

clesiae, coactus est Nicolaus ut exul fere semper a sua Ecclesia abesse,
etin Patria morari, quousque Calliensi Episcopatu provisus fuit ».

Il Johannes Placentini ed il Nicolaus Merciarius sono ambedue
accettati dal Piccolomini, il quale aggiunge il Thomas intruso, un
Petrua, ed il « Nicolaus abbas:Nonantulae ».

Il Monaldeschi c'indica nel 1374 il Ligus Chiarazellus Nolanus e
nel 1378 un « Nicolaus Ranirius Urbevetanus ».

L'Ughelli ci dà le seguenti confuse indicazioni: « Jobannes de
Placentinis episcopus patavinus huc translatus nonis octobris a.
1370 (?) a Pontifice Urbano V, inde transiit ad Ecclesiam Castellanam
a. 1376. Lighum Chiarazellum Nolanum suffecit Clemens antipapa

in locum Johannis a. 1378, sed nunquam iniit possessionem: decessit

in aula antipapae a. 1379. Thomam quidem apud eundem pseudo pon-
teficem schismaticum decessit a. 1389. Nicolaus Merciarius, Thiphernas
antea episcopus, successit Petro Boerio, translatus de Episcopatu a

ERI, acl

eten ES cet rt

AT yz
pe

en
e

iO d

T



E e ta

em

UE uf

— n

——Ó— MT:

eM m
E

iii ne inez, int
- f
MINE AUMP TOP


&

rm mit Re get IRSE A e iio Ri i pid Gi mi.
E ein MU ei n eli ic gui. ortae lare era e alti e "s MT, I O,

60 GERALBERTO BUCCOLINI

Urbano VI a. 1378, rexit ecclesiam usque ad annum 1398, dein ad
. Calliensem ep. ab. Bonifacio IX missus est. Alter Nicolaus ep. Agri-
| gentinus successit a. 1399 dein translatus ad Imolensem ».

Il Cappelletti ci ripete anche egli il Giovanni Piacentini e poi
il Nicolò Merciario nel 1378, Ligo Chiarangelo e Thomas nel 1379, un
Pietro 1V nel 1398 ed altro Nicolaus nel 1399.

ak ak

Per poter veder chiaro in questo confuso quadro occorre anzi-
tutto stabilire dei punti fermi. Cominciamo dai Vescovi scismatici.
Anzitutto, il Petrus Boerius fu esonerato da Urbano VI nel 1378

per avere aderito all’ antipapa Clemente VII. Logicamente la sua morte

non è necessario sia-avvenuta proprio nel 1378, e quindi si può rico-
noscere che il suo successore sia stato nominato da parte di Clemen-

te VII nel 1379 come appunto vien detto a riguardo del Ligus. Inol-

tre di questo-Ligus quale Vescovo orvietano abbiamo due prove;
quella reale del suo sigillo posseduto dal concittadino Domenico Tordi

e lasciato con altri al Museo; poi per il fatto che nella incisione a piedi

al magnifico reliquiario del nostro Corporale c’è fra i Canonici indicati
per l'a. 1338, cioé quarant'anni prima, anche il « kigus Toppaanus
domini Papae ».

Licus Vescovo scismatico. — La peculiarità del nome ci convince
a ritenere che il Ligus canonico nel 1338 ed il Ligus Vescovo scisma-
tico del 1379 siano precisamente la stessa persona, e ció per due con-
siderazioni: la prima che la sua morte avvenne nell'anno stesso della
sua nomina, presumibilmente per la tarda età aggravata dallo stra-
pazzo del viaggio per andare da Orvieto ad Avignone onde farsi con-
sacrare; la seconda é che, sulla fede del Marabottini, sappiamo che
tutto il Capitolo di Orvieto aveva aderito al Papa scismatico; é
. quindi naturale la nomina da parte dell'antipapa del nuovo Vescovo
in persona di un canonico dello stesso Capitolo. Il Monaldeschi nei
suoi Commentarii, a carte 116-117, ci conferma come i Malcorini
fossero per Urbano VI, ed i Muffati per Clemente VII, e ce ne dà
anche lui ragione specifica.

In quanto alla dicitura del Della Valle a suo riguardo, essa é cosi
contraddittoria che non merita di essere presa in considerazione. Se il
Ligo fu Vescovo scismatico come tutti affermano, perché non deve
dirsi esser poi sostituito dal Thomas (?); e se non fu Vescovo scisma-
tico perehé sarebbe andato ad Avignone ove mori? La frase giusta
SERIE CRITICA DEI VESCOVI DI BOLSENA E DI ORVIETO 61

ci sembra quella dell'Ughelli che coincide con le nostre induzioni sue-
sposte e che suona: «sed nunquam iniit possessionem, decessit in
aula antipapae a. 1379 ».

Quindi riteniamo incontroversa la nomina di Ligus.

In quanto al Thomas non ci sembra che sia il caso di occuparcene,
pur non escludendo la sua nomina da parte di Clemente VII consecu-
tivamente alla morte di Ligus; ma le notizie scarse e dubbie che se ne
hanno giustificano la decisione di lasciarlo completamente in disparte;
tanto più che nè lui né il Ligus possono essere aggiunti alla Serie.

Risolta in tali termini la questione dei Vescovi scismatici veniamo
a discorrere degli altri. i

Pur non volendo prestar cieca fede a quanto dice lo Sbaraglia

a riguardo del Johannes Placentini sui documenti che affermano come,
ben prima del suo supposto trasferimento da Padova ad Orvieto,
esso fosse stato già trasferito nel 1372 da Padova a Patrasso e che
pertanto: « non apparet quando ad hanc Ecclesiam (Orvieto) traslatus
fuerit » si deve però accettare la sua conclusione che «si translatus
fuit credi potest effectum minimum sortitum esse ».

Certo é che sul finire dell'anno 1378 il medesimo Papa Urbano VI,
nominó Vescovo di Orvieto un Nicolaus che da tutti viene chiamato
Perusinus, peri più della famiglia Merciari, peril Marabottini di quella
degli Ughi. Sull'esattezza di tale data, lasciando momerrtaneamente
da parte l'opinione del Marabottini, tanto degno di ogni stima,
suffragata da quella dell'Ughelli, è un fatto che per una davvero
fortunata combinazione, nel fare il Regesto dei documenti mano-
scritti nel fondo Gesuitico 1447, alla Biblioteca Vittorio Emanuele
di Roma, vi trovai, non registrate, due lettere del Vescovo Nicolaus,
una sola delle quali fu possibile tradurre, essendo l'altra al tutto
sbiadita. La firma è « Nicolaus" Episcopus Urbevetanus» ed è da-
tata da Roma 5 gennaio « Inditione secunda », e tale indizione sotto
Urbano VI equivale, secondo il Cappelli (pag. 76), all’anno 1379. Dal
. contenuto di essa che riportiamo qui trascritto, risulta evidente che
Sul cadere del 1378 fu nominato e che col 5 gennaio 1379 egli, accet-

tando la nomina, la partecipava ai maggiorenti orvietani.

Ecco la lettera.

(Di fuori):

« Magnificis et potentibus dominis Septem urbevetano populo
presidentibus dominis preclarissimis ».

(Dentro):

Magnifici et DOC domini mei, credo vobis non fore inco-

vare RAMIRO PASTA RISO AMA GU TUNER VIA V
gratia chatta da TIN VOTI e E INVII FIT DEBIAN SIA SENSE ALENIA VIETA
62 AUR GERALBERTO BUCCOLINI

gnitum quod nuper Santissimus in Christo pater et dominus noster
dom. Urbanus divina providentia Papa VI, et verus Petri subcessor,
de Ecclesia Civitatis Castelli simulque cum sacro collegio me trastulit

ad vestram urbevetanam ecclesiam, et licet dicta translatio ultra con- :

decentia mei status foret honorabilis, tamen temporibus retroactis
nolui prebere assensum. Et quanvis dubius essem pesauriensis et post
modum firmanus episcopus perpendi vos me deligere, et ego versa vice
ad popolum et comunem vestrum cogitans amorem et delictionem
quam semper habuistis ad sactam matrem ecclesiam, singularissi-
mam affectionem habui et semper habere intendo maxime cum diebus
istis magnificus vir et dominus:meus Rainaldus de Ursinis, Patrimonii
Rector, mihi vivae vocis oraculo retulit quod vos et omnes vestri cives
.de mea translatione singularissimum amorem ostendebatis, et, istis

et praesentibus aliis consideratis, deliberavi, Christi nomine invo-

cato et gloriosae Virginis Mariae matris eius et redemptoris incarnati
verbi, de cuius corpore miraculum et in oculo perpetue in vestra
Ecclesia apparet et totius celestis curiae, dictam translationem die-
bus istis coram pedibus sanctissimi domini nostri acceptavi; quam
acceptationem et consensum per litteras meas per Vitalem fami-
liarem meum vobis notam facio, quam credo vos etiam habere gra-

tissimam, quia mea intentio est vobiscum vivere et mori ita ut pla-

cebit altissimo iuxta propheticum verbum: «haec est requies mea
in seculum seculi, hic habitabo quoniam prelegi eam ». Ordinabo
deinceps litteras fieri facere et.e vestigio destinare et postmodum,
deo praevio, personaliter venire, stare et commorari. Interim donec
‘sum in curia, de aliqua quoquomodo vestri paciffici status et quie-
tis cum praedicto domino vestro per me sunt aliqua exercenda quae
rescribatis, oro paratus iusta posse, et vos domini in quibus pote-
stas iura condictiones et status praelibatae ecclesiae, mihi indigno
credita, habeatis recommissa, ille qui omnium bonorum est magister
et dux dirigat gressus vetros in beneplacito suo. dando illam, quam
discipulis tribuit, videlicet pacem. LIRE in Urbe die V mensis Ja-
nuarii, secundae indictionis. j

« Vester Nicolaus Episcopus Urbevetanus ».

Illuminati da questa lettera, possiamo affermare che cadono tutti
i dubbi a riguardo del Johannes Placentini; che deve essere del tutto

escluso, come devono essere esclusi tanto il Nicolaus Assisias Abbas.

. Nonantulae, quanto il Petrus abbas di Sassovivo. Infatti, mentre
la suddetta lettera ci dà nel 5 gennaio 1379 la data precisa di accet-
tazione della nomina avvenuta a fine 1378; quella del passaggio del

— rn

——
da

k SERIE CRITICA DEI VESCOVI DI BOLSENA E DI ORVIETO 63

Nicolaus Perusinus dal Vescovato di Ovviedo al Vescovato di Cagli
ci é precisata sia dal Della Valle, che dall'Ughelli e dal Marabottini.
Il Della Valle ci dice che dieci anni dopo al 1388 passò alla Cattedra
di Cagli; l'Ughelli ce lo conferma con queste parole; « dein ad Callien-
sem episcopatum a Bonifacio 1X translatum »; il Marabottini ci dice
che il Matthias, del quale veniamo a parlare, «a Balneoregense epi-
scopatu anno circiter 1400 ad urbevetanum est promotus, cuius anno
1398 costitutus fuerat vicarius ». Dunque é certo che tale passaggio
avvenne nel 1398. E dati tali limiti 1378-1398 della permanenza del
E . Nicolaus come Vescovo titolare della Chiesa orvietana, dove è il posto
1 per gli altri ? Anche a questi é veramente da applicare, aggravandolo,
il detto dello Sbaraglia: « Si. translati fuerunt, credi potest effectum
nullum sortitum esse ».

Bisogna anche ricordare: che il Rainaldo «de Ursinis » del quale
parla il Vescovo nella sua lettera, tradi le speranze che il Vescovo,
nonché i maggiorenti orvietani (Malcorini), ponevano in lui (1), poi-
ché favori la vittoria dei Muffati che con Berardo di Corradi si impa-
dronirono della città il 20 maggio 1380, e la dettero in preda al tre-
mendo sacco dei Brettoni; che nel periodo 1378-1380 fu legato apo-
stolico di Orvieto il Cardinale di S. Sabina e che dopo la nomina a
Rettore del Patrimonio in data 22 gennaio 1398 (2) di Giovanni To-
macelli fratello di Papa Bonifacio IX, i Muffati, intesa la necessità
di rappattumarsi con la Chiesa, trattarono col Tomacelli le condizioni
dell'accomodamento fra cui la nomina a Vescovo di Frate Mattia degli
Avveduti, che il cronista Montemarte dice uomo dappoco e igno-
rante (3), il quale pochi anni avanti era stato nominato Vescovo di
Bagnorea.

Per tutte queste considerazioni non si possono inscrivere nella
serie dei Vescovi di Orvieto, dopo il Petrus Boerius, che questi due:

A. 1378-1398 — NicoLaus PERUSINUS.

A. 1398-1409 — MATTHIAS DE AVVEDUTIS, frater minorita, ur-
bevetanus.

Mattia degli Avveduti di Bonaventura, frate minorita; orvietano,
preclaro maestro di teologia, fu promosso dal Vescovato di Bagnorea:

O———

Min
T
LX
ac
3;
i
ECT
v3ltiu
DELI
u
UR
7H
À
Mr
Im
i
Pup

i
Jn
M
31h
ii

f
[
[3131
ti
‘83
SERE
pi
MED
$
Is
AI
H
uu id

i he
M
hi
em
iil
!
Ht
Hi
fi
B
i
E
STI
Lf
i
i

VETERE pins E IHE CERERI I, T RENE

dmi pu Lo pd tnde torpet n oni i tB tee atr h

(1) Vedi Cod. Dipl., pagg. 574, 575 a 582, doc. 710, 712, 713 dell'a. 1378,
16 settembre al 1380, 27.gennaio.

(2) Vedi Cod. Dipl., pagg. 597 a 606, doc. 717 e note relative.

(3) Vedi Cron. Montemarte, ed. Gualterio, pag. 89 del Vol 1. La qua-
lifica ignorante è poco d'accordo coll'essere maestro pleclaro di teologia, come
lo dice il Marabottini.
64 i GERALBERTO BUCCOLINI

a quello di Orvieto nell’anno 1400 circa, “essendone. stato Vicario fin
dal 1398.

Nel 1404 celebrò il Sinodo Diocesano. Nello stesso anno Papa
Bonifacio IX donò al Capitolo di S. Maria di Orvieto la Chiesa della
Trinità fuori di Orvieto, una volta delle Monache di S. Benedetto; e
siccome il monasteró di S. Lorenzo in Vineis dell'ordine di S. Damiano,
era soggetto a tutti i pericoli delle guerre che attualmente infierivano,
le Monache furono trasferite in città. (Nell'anno 1436 il loro Mona- -
stero fu congiunto a quello di S. Ludovico). Presso a poco a quei tempi
Mattia a titolo di permuta dette il Castello di S. Vito a Monaldo di
Berardo dei Monaldeschi della Cervara (ramo Montagna), dal quale
infine pervenuto a Francesca di Monaldo, nell'anno 1486, la generosa
donna lo lasció per testamento alla città di Orvieto. Nell'anno 1408
Mattia fece una transazione col Camerlengo della fabbrica di S. Maria
sopra le case e le camerette che circondavano la Chiesa Cattedrale,
e nel 1409 « mortalia deseruit».

Dal Della Valle ci è noto quanto ci dice lo Sbaraglia e cioè:
«Matthaeus a. 1399 nonis novembris assumitur, cum antea esset
Vicarius ». Questo pure conferma in pieno il Marabottini sulla sua
nomina circa il 1400 e sul suo Vicariato antecedente. Nel Cath.
Episc. pubblicato «una cum Sinod. Cardinalis Poli, a. 1647», il
Marabottini scrive: «fuit primus Balneoregii episcopus et eodem
tempore a. 1398 curiae episcopalis Urbis Veteris sede vacante vicarius
omnibus tarhen episcopalibus redditis sibi attributis, et post aliquod
annos, ad Episcotatum eundem est promotus». Vedasi nel Cod.
Dipl., Doc. 717 del 22 gennaio 1398, con note, da pag. 597 a pag. 606,
le trattative intercorse fra i Muffati e Papa Bonifacio IX, rappresen-
tato dal fratello Giovanni Tomacelli Rettore e Capitano del Patri-
monio, per il loro ritorno nel grembo della Chiesa, con la condizione
fra le altre, della nomina a Vescovo di Mattia degli Avveduti.

Durante il vescovato di Mattia nuovi rapporti diretti vi furono
tra Orvieto e Papa Innocenzo VII (1), nonchè con Papa Gregorio XI, -
del quale é di un certo interesse locale la Bolla « Sincere devoctionis
effectus » del 25 febbraio 1407, che assegna per dieci anni le rendite
del macino per riparare il ponte del Paglia sotto Bardano « pons qui >
pons magistri Johannis communiter appellatur » (2).

A. 1409-1411 — Corrapus Cardinalis Ei neapoletanus, del

(1) Vedi Cod. Dipl., pag. 607 a 611 doc. 719, 720,721 e 722.
(2) Vedi Cod. Dipl., pagg. 613 e 614, doc. 725.
SERIE CRITICA DEI VESCOVI DI BOLSENA E DI ORVIETO - 65
À : \
titolo di S. Grisogorio e Camerlengo di S. R. C., nello stesso anno fu il
primo che onorò colla porpora il seggio vescovile orvietano, quantun-
que non ne abbia mai preso possesso perchè prevenuto dalla morte in
Bologna il 15 di febbraio dell’anno 1411. Fu Vicario e amministratore
del Vescovato fino al 1418 Johannes de Caffarellis romanus, che poi
fu Vescovo di Forlì. (Così il Marabottini). Il Della Valle ci dà notizia
assai differente dalla precedente asserendo che il Caracciolo fu da
Alessandro V nominato soltanto amministratore della mensa orvie-
tana; il che é inammisibile per un cardinale; e che poi succedette un
Monaldeschi. Anche lo Sbaraglia non è chiaro a tal riguardo. Ma ci
sembra che le asserzioni del Marabottini meritino piena fede. È da

rifiutarsi la notizia data da Luca Manente all’anno 1411 della venuta:

di Giovanni XXII in Orvieto (1).

Aa. 1411-1420 — Sede Vacante, amministrata fino al 1418 dal già
nominato Caffarelli, poi dal seguente

‘Aa. 1420-1443 04? — FRANCISCUS.

Franciscus de Monaldensibus, figlio di Monaldo di Berardo del
Ramo della Cervara Montagna, e non della Vipera come erroneamente
scrisse il Piccolomini. Della mia opinione è anche il Marabottini che
precisa: pronipote del già ricordato Tramo. Il Marabottini aggiunge
che successe al Caracciolo essendo già dal 1418 ‘amministratore del
Vescovato in luogo del Caffarelli.

Fu dunque nell’anno 1420 preposto alla Chiesa Orvietana da

Martino V (Colonna), congiunto alla famiglia del Vescovo Francesco

da duplice parentela. Infatti il nipote del Vescovo, Achille di Buccio,
ebbe per moglie Tradita Colonna nipote di Martino V; nel mentre che
altra nipote del Papa, Aurelia, andò sposa a Paolo Pietro di Corrado
del ramo Cervara.

Già prima di essere nominato Vescovo era stato dallo stesso Papa
eletto Governatore di Bologna e Romagna e del Reatino, Marittima
e Campania.

Ebbe per Vicario Galeotto dei Michelotti (parente di Biordo (?))

perugino, arcidiacono della Cattedrale, per la cui opera e attività l'ar-
cidiaconato ricuperò gli antichi diritti. Francesco d'accordo col Capi-
tolo donò ai frati minori dell' Osservanza il Monastero e la Chiesa della
Trinità fuori di Orvieto che prima avevano appartenuto alle Monache
di S. Benedetto (V. Biografia di Mattia): e la donazione. venne rati-
ficata in seguito nel 1444 da Papa Eugenio IV; ma dacché il Vescovo

(1) Vedi Nota del Fumi, n. 4, pag. 411 della detta cronaca.

erre mte e Rm o EE
2x
66 - GERALBERTO BUCCOLINI

era già il primo ad attizzare la guerra civile del popolo di Orvieto di-
viso nelle fazioni Muffata e Malcorina, ed il primo ad amplificare i
disordini intestini, i cittadini nel 1444 videro alfine i loro voti as-
Secondati dal Papa che trasferì Francesco. prima alla Chiesa Aprutina
poi a quella di Ascoli. A tal proposito é importante notare che lo
Stesso canonico M. Monaldeschi, pur di parte cervaresca, nei suoi
Commentari, carta 132 verso e 133, riporta il testo del ricorso fatto al
legato del Papa contro il Vescovo Francesco, accusato di appropria-
zione contro lo Stato di Orvieto e di battere anche moneta talsa nel -
Castello di San Vito !

Nell'anno 1458, cedendo i suoi inca sul Castello di Prodo alla...
‘Fabbrica od Opera di S. Maria, ottenne dalla stessa che se tale ca-
stello avesse ad essere venduto, fossero preferiti quelli di sua fa-
miglia (così il Marabottini); ma il castello non fu venduto clie dopo
il 1860 per disposizione del Governo Italiano: quando la sua famiglia
non c'era più. Secondo il Manente il Vescovo Francesco morì nel 1461;
secondo il Ceccarelli nel 1462. Sepolto nella Chiesa dello Spineto.

Fu sotto il suo vescovato che Martino V emise la famosa Bolla
«exigunt vestre devoctionis affectus » del 13 novembre 1420. Docu-
mento DCCXXXV del Cod. Dipl. pagg. 678 e 679, riportato anche
dal Della Valle pagg. 42 e 44, colla quale riconobbe l'amministrazione
.laica della Fabbrica ad opera del Duomo. Durante il suo Vescovato
o vacante sede, Martino V ebbe anche con Orvieto i rapporti indicati
dai Docc. 736, 737, 738, 739; il Collegio dei Cardinali quelli del Doc.
740; e Papa Eugenio IV quelli indicati. dai Docc. 741, 742, 743, 744,
745, 746 e 747 che si leggono nel Cod. Dipl. da pag. 680 a pag. 706
con corredo di lunghe note.

. Nel 1420 Papa Martino V, tornando da Costanza, passó per Or-
vieto, calmó alquanto le discordie cittadine e allontanò da Orvieto
Braccio da Montone. | | s

Aa. 1443-1453 — JacoaBus BENEDETTI di Adria, che era stato se-
gretario di Alfonso d'Aragona Re di Napoli, da Vescovo di Lucera
fu nell'anno 1443 nominato Vescovo di Orvieto, non senza plauso dei
cittadini, che, allontanato Francesco, sperarono di recuperare i van-
taggi della quiete civile. |

- Si conoscono di Jacobo alcune salutari disposizioni e un diploma
di Eugenio Papa IV a lui diretto, col quale si affida allo stesso Vescovo
la riestinzione delle civili discordie. (Non esiste nel Cod. Dipl.).

Nel 1444, Azzo, Bandino, Bulgaro e Teveruccio dei Conti di Mar-
sciano rinnovarono al Vescovo la loro obbedienza per il Castello di
CEDERE nr Peer ge nà e re I

SERIE CRITICA DEI VESCOVI: DI BOLSENA E DI ORVIETO 67

Parrano. Ma Jacobus nell’anno 1453 passò al Vescovato di Adria.
Durante il suo Vescovato nel 1443, per ordine del luogotenente del
Papa, Nicolò Piccinino, gli Orvietani rinnovarono la loro sottomis-
sione alla Chiesa. (Vedi Cod. Dipl. Docc. 748, pagg. da 706 a 710).

Si riferiscono al periodo del suo vescovato anche i Docc. del Cod.
Dipl. 749, 750, 751, 752, da pag. 710 a 713. Durante il suo vescovato
ebbe principio la tirannia di Gentile e Arrigo della Vipera, che ebbe
poi fine nel 1449 con l’uccisione di Arrigo, nella notte fra il 13 e il 14
dicembre, per mano di Corrado di Pietro Paolo della Cervara.

Non si hanno prove della venuta in Orvieto di Papa Nicola V
nel 1450, come asserisce il padre Angelini.

Aa. 1454-1456 — JOHANNES DE PALENA, uno degli uditori della
Rota Romana, succedette a Jacobo, il cui nipote Berardo prese pos-
sesso del vescovato per conto di Johannes il 16 dicembre del 1454.
Nell'anno 1455 al 1? di giugno il Vescovo fece il suo ingresso trionfale
nella città; ma il 29 di maggio del 1456 mori in Roma (così il Marabot-
tini). Il Della Valle lo confonde con il Johannes de Castillione succes-
sivo a Marcus. Accettato da tutti gli autori. Nel Cod. Dipl. a pag. 713
vi è al Doc. 753 un breve di Calisto III. | |

Aa. 1456-1457 — JacoBus vEL ANTONIUS Cobateri di Valenza in
Spagna, segui a Johannes. Del suo magnifico ingresso al 1° di ago-
sto 1456 parlano ancora i nostri documenti, asserendo principal-
i mente che, accompagnato dal Governatore e dai Conservatori fino
alla Chiesa Cattedrale, ivi consegnò al Magistrato Orvietano il breve
della sua nomina.

Ma la tiara a lui stesso donata da Papa Calisto III suo conter-
raneo, e del quale era famigliare, depose ai 23 di maggio 1457 « tri-
butum reddens mortalitatis » nella città di Orvieto. Fu sepolto nella,
Chiesa Cattedrale in un sepolcro a cura di don Lupo Conchiellos spa-
gnolo Governatore della stessa città (così il Marabottini). Il Della Valle
ne parla soltanto per darci un’altra data della sua morte e cioè il 24 di
agosto. Nel fondo gesuitico 1447 della Biblioteca Vittorio Emanuele
di Roma a pag. 31 si trova la notizia, tratta evidentemente dalle ri-
P. . formanze, come Papa Calisto III, morto il Vescovo Johannes, abbia
1 nominato per Vescovo Antonio, e che nel 1457, morto Antonio, abbia
nominato Marcus. |

Aa. 1457-1464 — Marcus, mediolanensis, che supponesi della fa-
miglia Marinoni, dacché aveva seco i nipoti Bartholomeo e Antonio
figli di Paolino Marinoni, passó nello stesso anno 1457 il 21 di luglio, a
dalla Chiesa Alessandrina alla Orvietana, e dall'anno 1458 esistono

Mun rene» apt uit C ipn i È resse We
rem Zn m —- LÀ - ALES ce unio -— -3

rane

T

uu i ni m saggi e er o

Terme eL

\
|
|
|
j

STRATI Or Sea eater D

impen Rv DO VT IVANO RI DIARI rn iii a
68 | ' GERALBERTO BUCCOLINI

ancora le sue costituzioni. Nell'anno stesso ebbe contrarietà per i con-
fini del castello di Meana con la città di Orvieto, e s'indusse a colpir
questa, che difendeva tenacemente i propri diritti, con le censure piü
gravi. Nell'anno 1462 fu edificato il Monastero delle Monache di S.
Bernardino. Nell'anno 1463 per sollevare l'indigenza popolare fu eret-
to in questa città il Monte di Cristo (di Pietà), con la pia munificenza
dei cittadini e per opera di Frate Bartholomeo da.Colle, minorita.
Nell'anno seguente 1464, « Marcus a vita recessit». Fin qui il Mara-
bottini. Il Della Valle dalle notizie dell'Ughelli, dello Sbaraglia e del
Lucenzio rimane alquanto incerto su tutto; incertezza confermata dal
fatto di saltare il suo successore Johannes di Castiglione. La Serie
del Vescovato dà erroneamente sulla cessazione del Governo di Marco

. la data. 1473. i

. Il Cod. Dipl. a pag. 723 ci conferma la istituzione dol Monte di
Cristo per la predicazione di Frate Bartolomeo da Colle nel 1463, 11

| aprile; ed a pag. 719 ci dà la memoria del passaggio in Orvieto di Papa

Pio II ai 29 di settembre 1460 (non nel 1458 come ha scritto il Padre
Angelini) tornando da: Mantova. Vi é interessante leggere come alla
sua partenza i Bagnoresi, per la questione del confine con Orvieto,
si fecero avanti per strappare il Papa all’accompagnamentò degli Or-

vietani. Il che il Papa dopo aver benedetto gli Orvietani concesse,

purché «sine preiudicio partium alicuius »- Del nostro Vescovo come
del seguente:non da tutti ammesso non si ha notizia nel Cod. Dipl.
Peró in questo sono riportati da pag. 714 a pag. 724 numerosi brani
di Pio II tutti a favore della pace interna.

Aa. 1464-1473? — JoHANNES de Castiglione, anch'egli mila-
nese, della stessa femiglia (?) di Papa Celestino IV, preposto della
Chiesa di S. Nazario in Brolio, nell’ anno 1464 l'8 di febbraio, venne
messo a capo della Chiesa Orvietana. Nell'anno 1473 ebbe a transi-
gere coi conti di Marsciano per le annue prestazioni dovute per il Ca-
stello di Parrano. Mori lasciando fama di uomo insigne per prudenza,
pietà e integrità, ma resta ignoto l'anno. Cosi il Marabottini.

Ignoto al Della Valle e al Monaldeschi. E ammesso dal Piccolomini
che peró avendo seguito l'Ughelli, lo confonde con il Johannes de Po-
lena precedente. .

. Fu durante il suo vescovato che avvenne in Orvieto la pace de-
finitiva fra Muffati e Malcorini. Era Papa Paolo II, e difatti a pag.
da 724.a 728 nel Cod. Dipl. esiste il Doc. 755 che é appunto la bolla
di Paolo II su tale pace, che é monumento di fede e di Id po-
litica e reca la data 13 aprile 1466.
SERIE CRITICA DEI VESCOVI DI BOLSENA E DI ORVIETO 69

Il Della Valle, sulla fede del Ceccarelli, data erroneamente tale
pace nell'anno 1467 ad opera del conte Francesco Luzi senese Gover-
natore di Orvieto; ma vero è che tale Governatore fin dal 1465 non
v'era più, mentre invece si trovò presente al passaggio del Papa Pio II
nel 1460 e alla fondazione del Monte di Pietà nel 1463. Ma nel 1466
era invece Governatore il. Vescovo di Gubbio, essendo Castellano il
Vescovo di Lucca.

Come ci eravamo prefissi, ‘chiudiamo con questo vescovo il

nostro studio sulla Serie dei Vescovi di Orvieto, ritenendo terminato,

come ha fatto il Fumi peril suo Codice Diplomatico, con l'anno 1466
il periodo medioevale della città di Orvieto.

L

VIIT.

Conclusione della serie vescovile.

Nutro la speranza che questa revisione della Serie non sia stata
inutile; X j |
Anzitutto con l'accurata analisi dell'origine dell'assegnazione del
toponimo URBS vETUS alla rocca che fu già sede della vELsNA etrusca
ho riaffermato la nobiltà originaria della mia città.

Poi con la citazione delle opere del Duchesne e del Lanzoni, cogli

estratti dell’epistolario di Gregorio I Magno, e con opportune con-

| siderazioni storiche, ho raccolto esauriente argomentazione per il ri-

conoscimento della prima diretta derivazione dell’episcopato di Or-
vieto da quello di Bolsena.

| Per il Vescovo Gregorius del 743 ho dimostrato che tale ed unico
deve ritenersi il suo nome, e che non sia da accettare il doppio no-
minativo « Gregorius Amantius » che figura nella Serie del Vescovato.

Per il Vescovo Rodolphus Gallus dal 973-990. mi sembra che i ri-.

chiami tradizionali valgono a risolvere intuitivamente qualsiasi dubbio
e quelli tratti dalle opere del Marlot possono COEM ad una ragio-
nevole identificazione del personaggio.

Nella scrupolosa citazione dei vari dati ritengo avere raccolto
elementi sufficienti ad escludere l’esistenza di un Vescovo « Johannes
florentinus » nel 1121, ed a riconoscere invece un solo « Guilelmus »

«dal 1103 al 1136.

Ho dato ragione, con la constatazione fatta a termine dell inciso

|

SI

v

4

m
LI M
i
I
"c
m
"n1
|
gf
fe
m
[-
1
NI
n
Iria
: |
y il
ril
id
1 À
|
Iu
i

HA
i
H
who
2:1
TD3. 4
REI
iw
:1
fh |
FRI
t4
frà
LI
Hi
i1!
LR È
E Y 1
LEO
TUR OA
i
4 j
(3
ita
itd
LA
i:j* > tl
POR |
pih
e
t3
:5 B
iba
!
4
4
t
Ti
{
i
t

AIA RAI ER VI PRU
70 GERALBERTO BUCCOLINI

sul Vescovo « Gualfredus » 1156-1157, coll'altra sul Vescovo « Guiscar-
dus » 1157-1159, e con quella a fine del capitolo sul Vescovo « Hilde-
brandus » 1275-1279, dei vari errori del Monaldeschi sul « Roccus » mai

| nominato Vescovo, ma rimasto arcidiacono; sulla più sicura data-

zione tra il 1103 e il 1136 del Vescovo sunnominato «Guilelmus
Martiniensis » da lui indicato nel 1242; su analoga ridatazione tra il
1156 e il 1157 del « Guiscardus » da lui segnato nel 1250; ed infine, con

l’opportuno richiamo di una nota del Fumi a pag. 320 della Cro-

naca di Luca Manente, sull'altro errore a proposito del Contes di
Parrano, eletto, ma non consacrato, e rimasto quindi solamente ar-
cidiacono. : t

Ho corroborato l'opinione del Fumi (vedi nota a pag. 44 del Cod.
Dipl.) contraria alla inserzione, ammessa invece dalla Serie del Ve-
scovato, dell'« Aldus» o « Aldepertus » dell’anno 1195, indicato dal

. Muratori.

Ho con giusti controlli dato ragione di un mio riconoscimento di
sede vacante tra il 1248 e il 1250 almeno. |

Sul Vescovo « Jacobus » (aa. 1257-1269) ho corroborato l'asser-
zione del Marabottini che fosse di famiglia orvietana; e, colla pub-
blicazione del suo sigillo, ho dato un attendibile documento sulla co-
struzione figurativa dell'antica «Santa Maria de Episcopatu», te-
nuto conto, sia dellà figurazione prospettica e non schematica dell'in-
cisione, sia dei residui architettonici della vecchia Chiesa, nell'attuale
Porta di Postierla; che delle altre considerazioni polemiche espresse
nella biografia del Vescovo « Franciscus » a proposito della condizione
architettonica imposta dal Capitolo per la costruzione del nuovo
Duomo. | i

Con la minuta analisi delle varie asserzioni degli storici ecclesia-
stici, e principalmente col ritrovamento della lettera originaria del
Vescovo « Nicolaus », mi sembra di essere riuscito a dipanare il ban-
dolo dell'oscuro ventennio 1378-1398, dando anche sicura notizia dei
vescovi dichiarati scismatici perché aderenti all'antipapa avignonese:
Clemente VII. : | |

Infine coi richiami dai nostri cronisti delle varie accuse elevate
contro i due Vescovi della famiglia Monaldeschi della Cervara: « Tra-
mus » (aa. 1328-1345) e « Franciscus » (aa. 1420-1443 o 44), ho illu-
strato notizie che contribuiscono a illuminarci su alcune delle ragioni
per le quali la parte Cervaresca, piü potente per ricchezze, incontró
ripetutamente le ostilità della cittadinanza. Il che ci dà lo spunto per
le note politiche della seconda parte.

*

1———MÓ—
PARTE SECONDA

NOTE POLITICHE

E;

Dall’anno 538 all’anno 1100.

Ho già esposto nei Preliminari alla prima parte come; dopo il plu-
risecolare silenzio conseguenza dello spopolamento totale impostole
nel 265 a. C. da Roma vincitrice, la rocca tufacea ove già sorgeva l’e-
trusca « Velsna », riappare per la prima volta nella storia medioe-
vale, con l'appellativo grecizzante « Ourbibentum » datole da Proco-
pio nel suo « De bello gothico » nel 538, poi col toponimo latino « Urbs
Vetus » svelatovi nel 590 colle sue lettere da S. Gregorio Magno, to-
ponimo confermatoci nel 604 da Paolo Diacono nella sua Historia
langobardorum, ed infine coi nomignoli volgari « Urbibeto ed Urbi-
veto » resici noti nella loro « Cosmographia » dall’anonimo Ravennate

.e da Guidone. M

Dopo tali storiche date, ben scarse notizie riusciamo a raccogliere
fino al termine dell'undicesimo secolo, pur valendoci di tutte le pos-
sibili fonti.

Le effemeridi orvietane, pubblicate con tanta cura e studio del.

nostro Fiumi, non ci danno che poche notizie di natura prevalente-
mente giurisdizionale di data posteriore al 1161; la Cronaca di Luca
di Domenico Manente non risale antecedentemente al 1174; mentre
che le Historie di Cipriano Manente, pur volendo risalire oltre il Mille,
non hanno alcun valore probatorio, specie dopo le confutazioni del
Marabottini e del Fumi: i Commentari del Monaldeschi non giungono
ad alcuna positiva soluzione; e gli stessi Annali manoscritti del Ma-
rabottini, dei quali rimane un solo volume, sono al tutto insufficienti.

La serie dei nostri Vescovi ci dà invece alcune notizie se pur li-
mitate ed incerte, oltre ai nomi ed alle date della maggior parte dei
presuli. — -

Y
È
[
j
iet 3
ba
3
dj
Pork
E
PES
|i
hj
1
PES
Ius
1
i
72 GERALBERTO BUCCOLINI

La notizia dubbia riportata dall'Angelini, nella: biografia del: Ve-
scovo Petrus II, sul ricovero in Orvieto di Giovanni X nel 916, (1).
a causa delle minacce dei Saraceni, porge il destro di richiamare l'at-
tenzione dei lettori sul fatto innegabile che le incursioni di questi nei
secoli ix, x, e x1 su tutte le coste d'Italia portarono per conseguenza
lo spopolamento dei paesi piü prossimi al mare, e l'accrescimento
delle rocche forti interne, fra,le quali principalissima Orvieto, come
attesta anche il Manente per l'anno 1023, e conferma il Marabottini.
Non abbiamo elementi sicuri per accettare integralmente le asser-
zioni del primo storico sul ricovero in Orvieto, nel 981, di molti no-
bili di Calabria e di Puglia; sulla concessione di Chiusi ad Orvieto da
parte di Ottone III nel 998 per aiuti datigli da questa contro i Sara-
ceni; sulla nuova guerra contro essa dell'Imperatore Enrico II negli
anni 1009 e 1010, sempre con l'aiuto di Orvieto, cui sarebbe stato

confermato il dominio di Chiusi, ed aggiunto quello dello stato di’

Ansedonia‘ in Maremma; ma crediamo ragionevolmente che la

erezione del fortilizio di Orbetello, su precedenti sottomurazioni di

una necropoli etrusca, possa essere stata fatta fra il x e xi secolo,
proprio dagli Orvietani nelle loro scorrerie contro i Saraceni; che

quindi ad essi sia dovuta l'applicazione del toponimo Orbetelluj da

Orbetum, contrazione dei nomignolo Orbibetum; che tale etimologia
sia di evidenza palmare, a differenza di altra al tutto suppositizia;
e che infine si spiega così, assai logicamente, la dipendenza di Orbe-
tello da Orvieto nei secoli xIII e xiv, dopo la sua costituzione statale
ele sue vittorie sui conti Aldobrandeschi, già signori feudatari di
Orbetello nel secolo xI e xir. |
Ben più importante è la notizia dataci dall'Ughelli sul « Guber-
num Consulare » accordato alla città dal Vescovo Rodolphus nel 990.

Certo, tale notizia sembra alquanto azzardata, per il fatto che solo

trail 1033 e il 1055 si contano sulle dite le città costituite a libero
Comune. Peró non bisogna dimenticare che già erano avvenute le fa-
mose concessioni degli Ottoni, specialmente di Ottone III, con le
quali fu completato lo spezzamento dei Ducati e dei Marchesati
longobardi in Contee, alle quali fu preposto spesso un vescovo; e fu-

rono restaurate le libertà municipali.

. (1) [Appare estremamente dubbio, specie dopo le indagini del Fedele che
hanno spostato al 915 la data certa della battaglia del Garigliano, dopo
la quale è impossibile pensare avvenisse un ritiro di Giovanni X in Orvieto
—n.d. r.].

LI "

=
ur

A ^ —
"m VA a NOI ORO NRE ET URINE te tto om Er EET Li ie Rod eie tie] da ua

SERIE CRITICA DEI VESCOVI DI BOLSENA É DI ORVIETO 73

Per questo si devono tenere nel massimo conto le osservazioni del

Funi nelle sue note a pagg. 270, 271, 272 della Cronaca di Luca Ma-

nente; e le considerazioni di G. Rondoni nel suo articolo « Orvieto nel

Medio Evo » inserito nell’album pubblicato pel Centenario del Duomo

nel 1891, articolo ove a pag. 9 si ammette che nella regione orvietana
per Comitato e Contado si intendeva il territorio della diocesi.
Ed infatti ciò risulta dalla seguente annotazione originaria al

. doc. del Cod. Dipl, pagg. 6-7.

« In comitato Urbiveto vel Urbevetere vel Urbevetano. Hoc ha-
« betur in frequenti uso et consuetudine in nostra provincia, ut comi-
«tatus pro episcopato ponatur, ea ratione quia comites, sicut ab an-
«tiquoribus nostris prohibetur et dicitur civitatem urbevetanam
«per Romanam ecclesiam habuerint; unde ipse comitatus pro episco-
«patu poni consuetur ex consuetudine nostre provincie, nam sicut le-
«ge cavetur, consuetudo est optima legum inter presentes ».

A questo punto devesi altresi considerare che non esiste notizia
alcuna che la città od il Comitato di Orvieto siano stati mai sottopo-
sti ad alcun feudatario laico, almeno dopo l'era longobarda o la pri-
ma carolingia.

Non fece di certo parte del Ducato di Spoleto; né alcuna docu-
mentazione comprova che abbia mai fatto parte dei domini di Guido
Conte di Toscana e poi della Contessa Matilde, mentre che dalla sua

speciale situazione ai confini estremi della Tuscia longobarda da una

parte e del Ducato di Spoleto dall'altra, viene giustificata qualsivo-
glia riserva, confermata dagli stessi documenti papali che non lo in-
cludono nel Patrimonio. (V. Cod. Dipl., doc. 684; Bolla di Papa Ur-
bano V).

Inoltre Francesco di Montemarte nella sua cronaca, pur parlando
dei suoi antichi, non accenna a qualsivoglia simile pretesa della sua
famiglia come dei suoi parenti, i conti Bovacciani di Chiusi, né, occa-
sionalmente, dei Borgari conti di Marsciano e dei conti di Sarteano.

Egualmente si puó dire a riguardo degli Aldobrandeschi, i pii

forti dei feudatari prossimi alla città di Orvieto, sui quali, nei molte-

plici atti pubblicati che li riguardano, non esiste la menoma allusione

ad un siffatto precedente loro predominio.

Per contro non si deve in ultimo lasciare indietro l'esame delle
donazioni al Papato da parte di Costantino, di Carlo Magno, di Pipino,
e specialmente di quella di Lodovico il Pio dell'817, nella quale è spe-
cialmente nominata Orvieto:

«Item confirmamus, in partibus Tusciae Longobardorum, Ca-

n
74 Ù GERALBERTO BUCCOLINI

«stellum Felicitatis. Urbevetum, Balneum Regis, Ferenti, Castrum
« Viterbii, Orclas, Martam, Suanam, Rosellas ». TM
Ora, pure non accordando a questo documento credito completo,
si deve pure ammettere che, anche se artificiosamente redatto, esso
dovette citare, per essere agevolmente creduto, città e luoghi non sog-
getti a*laici feudatari. Cosi diciamo per le altre donazioni (1).

E dopo tali considerazioni e documentazioni, abbracciandone
con sintesi storica il nesso intimo, si può + venire serenamente alle se-
guenti conclusioni: ;

1) Che la città di Orvieto sia stata fin dal tempo della. donazio-

ne di Lodovico il Pio un Comitatus soggetto al vescovo conte. Per ciò

fin dal principio il Comitatus comprendeva essenzialmente la diocesi
Orvietana. i

2) Che non é quindi improbabile la costituzione di un governo
civico nel 990 quale concessione del Vescovo conte, pur non afferman-
dosene in primo tempo la dignità di libero Comune.

3) Che Orvieto cercó in progresso di tempo di liberarsi della
soggezione al vescovo conte, e, per estensione, alla Chiesa di Roma,
per curare soltanto i propri interessi civici e l'ingrandimento del pro-
prio dominio suscitando per conseguenze le varie proteste e resisten-
ze papali.

Gosi dal riscontro dei vari elementi siamo venuti alla conclusione
che la formazione del Comune di Orvieto sia avvenuta fin da epoca
molto antica; cioè, come dice il Fumi a pag. xxxi della prefazione

. al Cod. Dipl., dobbiamo ammettere una costitnzione completa, poli

tica, amministrativa, militare, fra la fine del Mille e il principio del
secolo xir. :

La prima reggenza sarebbe stata la consolare, modificatasi poi,
forse dopo intervento papale avvenuto in seguito al divampare delle
eresie, in quella dei Rettori o Podestà.

(1) Vedi per tutte: FABRE-DUCHESNE, Liber censuum,
mem

SERIE CRITICA DEI VESCOVI DI BOLSENA E DI ORVIETO 75

II.

Dall'anno 1100 all'anno 1200.

Alcuni documenti pontifici ed imperiali, dei quali mercé il Fumi
siamo a conoscenza, confermano l'antichità della costituzione comu-
nale e la sua vitalità.

Nel 1111 Pasquale II richiese a Enrico V la restituzione dei luo-
ghi «qui noluerint obedire idest...comitatus... Urbe vetanum et
alias »; Lucio II nel 1144 aveva avuto una donazione da Corrado III,
come é confermato dal diploma che Enrico VI imperatore invió da
Strasburgo nel 1189 a papa Clemente III; ed infine é da registrare il
famoso atto di sottomissione di Orvieto a Papa Adriano IV del 1157,
pubblicato anzitutto dal Muratori e leggibile anche nel Cod. Dipl.
Esso é, ancor piü degli altri documenti, indice della antica indipen-
denza del Comune di Orvieto, cosi che il Muratori seguito dal Baro-

nio vi appone questa nota: «e perciò che la città di Orvieto per lun-
« ghissimo tempo sottratta alla giurisdizione della chiesa Romana, era.

«tornata alla sua obbedienza, ecc. ».

Questo e gli altri documenti ai nn. 33, 34 e 35 comprovano l'at-
tività guerresca, e perció la indipendenza del Comune, in lotta contro
Acquapendente e contro Todi (1); e sono da prendere in nota speciale,
il doc. 39 del 1168 che registra una importante donazione all'univer-
sità ed al Comune di Orvieto, ritenuto dunque fin d’allora di seria
forza politica: ed i docc. 62 e 63 del 1194 (petizione e testimonianze
contro il vescovo di Soana), ove tutto prova non solo l'estensione del
Comitato e l'intimo accordo fra i vescovi e la città con i suoi uomini
d'armé, ma altresi l'antichità quasi centenaria delle azioni a difesa

dei propri diritti.

E nei docc. 14, 15e 27 del 1115-6 e del 1137, la stessa ovvia in-
tenzione di riconoscere formalmente i soli feudatari illustra l'auto-

rità del Comune, mentre questo nel doc. 27 interviene direttamente.
| pagando il launechin o prezzo della donazione.

Studiandoci ora di seguire la cronologia vescovile ricorderemo
anzitutto che l'Angelini (l. c. pag. 33) ci dà notizia come, durante il

(1) Per quest’ultimo vedi anche: LEoNi, Storia di Todi, pag. 288; BoNAZz-
zi, Storia di Perugia, pagg. 223 a 226.

i ie soient cuiii SIR

E
{
1
}
SA]
WE
kr dg
E
i3
1
ti
È
i
$
1
3
í
3
l
I
I
[
4
i
1
t

"-—————— MM MÀ
76 j GERALBERTO BUCCOLINI

vescovato di « Ricardus », papa Celestino III, nell'anno 1193 — apud
Urbevetanos agente — abbia inaugurato lo studio « Bonarium Ar-
tium ».
Ma di tutto ció come anche della sua venuta in Orvieto non si ha
alcun ricordo documentario: Comunque, anche sul tema dello Studio
Generale, bisogna attenersi alle opinioni del nostro Fumi, il quale ha
sviscerato la questione sia nella nota 2 a pag. 285 della Cronaca di
Luca di Domenico Manente, sia nelle note a pp. 567, 571, 659, 780,
781, 782, 799 del Cod. Dipl.; venendo alla conclusione che, se un vero
studio generale esistente nel secolo xI e.xi1 non può essere ammesso,
può bensì ammettersi siano esistite scuole vescovili o comunali di una
certa importanza e forse affini a scuole di diritto; che d’altra parte in
un atto consiliare del 1° ottobre 1307 è detto: « Cum legale studium
viguerit in Urbeveteri, tempore cuius initii non «habetur memoria,
continuatum de successoribus usque ad tempora « odierna... », (Rif.
ad annum n. 86); che infine il vero Studio Generale, promesso da Papa
Gregorio XI il 7 ottobre 1377 (Cod. Dipl., Doc. DCCD, riconfermato
da Papa Urbano VI, addi 12 maggio 1378 (Cod. Dipl., Doc. DCCVII)
non ebbe certo alcun seguito dopo il sacco dei Brettoni del 22-24
maggio 1380 che lasciò la città esaurita politicamente, economica-
mente e culturalmente. | ;
Durante l'episcopato di «Riccatdo» avvenne, nel 1186, dalla
metà giugno ai primi di agosto, l'assedio che Enrico VI pose inutil-
mente per sei settimane ad Orvieto (1); nuova prova della imprendi-
bilità della rupe orvietana, se validamente e concordemente difesa;
episodio importante dei tentativi imperiali per impadronirsi della
forte città, spesso invano coadiuvati da mene interne, rese manife-
ste dalle ripetute ribellioni delle sette eretico-scismatiche, ed infine
culminate nell'assassinio del Podestà Pietro di Parenzo, del quale di-
remo. | ts
Durante i vescovati di Milo, di Rustico e di Riccardo, il Gone
di Orvieto, cominciò ad affermare la propria autorità sui Castelli e sui
feudatari viciniori. Citiamo nel 1168 il conte di Montorio (2), nel 1171
.il castello della Pieve (3) ed il Conte Bovacciano di Chiusi (4).
Nella stessa data si sottomise di nuovo la città di Acquapenden-

(1) V. Cron di Luca Manente, pag. 275, nota 1.
(2) Doc. XXXIX, pagg. 26-27 del Cod. Dipl.
(3) Doc. XXXXI, pagg. 28-29 del Cod. Dipl.

. (4) Doc. XLII, pag. 29 del Cod. Dipl.

= ricreato men

_________—t_______—t——r—r—————m———mTTTrÉ
MEHREREN O TIONI LET

SERIE CRITICA DI BOLSENA DEI VESCOVI E DI ORVIETO 74.

te (1), con nuova conferma nell'anno 1198 (2) e cosi avvenne la nuova

sottomissione di Chiusi e di Montelucolo nel 1200 per parte del vesco-
» vo Gualfredo e di Ranieri Capitano (3); mentre: tutte le testimo-
nianze nella controversia col vescovo di Soana provano non solo l'e-
stensione già accennata del Comitatus, ma altresì lintimo accordo
in tale questione, cioé l'estensione del territorio, fra i Vescovi e la
« Civitas Urbevetana » con 1 suoi uomini di arme.

E di questi tempi (a. 1189) il privilegio di Enrico VI a Papa Cle-
mente III (4) per la restituzione al sommo Pontefice di ogni possessio-
ne « quam habuit papa Lucius in civitate Urbevetana »; ed é del 1196
l'altro privilegio di Enrico VI al Vescovo di Chiusi per riconoscere
l'assoluta indipendenza feudale del Vescovo per la città di Chiusi con-
tro qualsivoglia pretesa dei conti Manenti. di Sarteano.

Ed é ancora di questi tempi (a. 1200) (5) la estensione della for- |
mula del giuramento degli ufficiali del Comune di Orvieto, formula .

nella quale ha un interesse storico speciale il periodo: «et custodiemus
«et custodiri faciemus res nostre majoris Ecclesiae et aliarum eccle-
« siarum, strata et hospitalia consistentia in nostro episcopatu et om-
«nia venerabilia loca, et Ecclesiam S. Salvatoris de Monte Miato »,
quando si pensi che segue all'altro periodo; « Nos consules vel pote-
«stas juramus ad Sancta Dei Evangelia, regere gubernare et mante-
«nere urbevetanam civitatem et homines ipsius civitatis majores et
«minores... prout melius cognoverimus ». .

ADR. questa formula comprova la piena fusione di intenti fra
il Commune Civitatis e l'autorità vescovile.

sk dk

Le eresie che, fomentate dai parteggianti per l’impero, cerca-
vano di ostacolare comunque — fin dai primi contrasti: fra il papato
e il Barbarossa — l’affermarsi ed il consolidarsi del forte Comune
Orvietano, riconosciuto da Papa Adriano IV nel 1157, e con esso al-
leato, si precisò verso il 1168 circa nelle sette dei Manichei e dei Pate-

(1) Doc. XLIII e XLIV, a pag. 30-31 del Cod. Dipl.

(2) Doc. LXVIII, a pagg. 47-48 del Cod. Dipl.

(3) Doc. LXX, a pag. 49 del Cod. Dipl.

(4) Doc. LVIII a pag. 38 del Cod. Dipl. Vedi anche BALAN, l. c., III, pag. 425
sull'invito che Arrigo VI fece a Celestino III di venire in Orvieto o Viterbo
per intendersi coi messi imperiali.

(5) Doc. LXXI, a pagg. 49 e 50 del Cod. Dipl.

\

creata eee sere or

va)
78 : GERALBERTO BUCCOLINI

rini che riuscirono, durante il vescovato regolare di Rusticus, a far pre-
cariamente trionfare il Vescovo Scismatico orvietano di nascita, Pe-
trus Hominis Dei, passato poi, dopo la sua riconciliazione con la Chiesa
Romana, al Vescovato di Soana.

. Contro le mene eretiche sobillate dai rinnovantisi contrasti ponis
tici fra il sorgente Comune e la Curia Romana, che voleva mantenere
intatto il suo dominio sui paesi presi scaglionati lungo la linea della
convenzione fra Orvieto e Adriano IV: «idest a Tintinniano (1) usque
ad Sutrium » la città donata da Liutprando. Innocenzo III riusci ad
ottenere dal Comune la nomina di un Podestà apposito, o rettore, che
egli effettuó nella persona di Pietro di Parenzo, console romano, nel-
l’anno 1199 (2).

Il nuovo podestà, giovane d'età, ma vecchio di saggezza, si pose,
aiutato dal vescovo Riccardo e dai maggiori cittadini, all'opera. Ma .
i nemici, impotenti a contrastarlo apertamente, determinarono di
ucciderlo; e così, valendosi del tradimento di un suo famigliare, nella
notte consecutiva al giovedi 20 maggio del 1199, lo sorpresero nella
sua abitazione, lo ferirono, lo legarono strettamente, lo imbavaglia-
rono e lo portarono fuori porta Soliana, in un tugurio presso l'antica
chiesa di, S. Faustino. Là, con le minacce e le percosse cercarono
di ottenerne la ritrattazione delle condanne inflitte ai loro seguaci, e
promesse di nuovo indirizzo; ma nulla avendo potuto ottenere lo
uccisero barbaramente.

La pronta reazione della cittadinanza e l'appoggio del Papa In-
nocenzo III, che nominò un nuovo Rettore nella persona sembra di
un altro dei Parenzi, frustrarono le speranze degli scismatici e degli
imperiali guidate, secondo i due Manenti, da Teobaldo e Gattifredo
dei Prefetti di Vico.

(1) In Liber censuum, pag. 57, Tintinniano è identificato in Rocca d'Orcia;
mentre il Fumi, nella prefazione al Cod. Dipr; lo identifica con Titignano: pro-
blema da risolvere.

(2) In questa occasione deve essere avvenuta la cessazione della elezione
dei consoli ancora ricordati nella formula di giuramento riportata poco indie-
tro, tratta dal Doc. LXXI del Cod. Dipl.
NES ERPRERRPTRAPER TRU wrerewpumun en sw RR VA lE I EE CEN E AC 1 SEEN AS LEER dio i e RLC B RNA I

SERIE CRITICA DEI VESCOVI DI BOLSENA E DI ORVIETO 79

STET.

Dall'anno 1200 all'anno 1228.

Le dissensioni politico-religiose, che avevano culminato nell'as-
sassinio del Rettore o Podestà Pietro di Parenzo, non arrestarono l'a-
zione espansiva del Comune di Orvieto verso i territori marittimi.

In tale direttiva fu ad Orvieto di gran giovamento l'accordo col
Comune di Siena, espressosi anzitutto nel lodo emesso l'8 novem-
bre 1198 (1) da arbitri senesi sulle vertenze, sempre risorgenti fra Or-
vieto e Acquapendente. Il lodo fu chiaramente favorevole ad Orvieto,
e costituì perciò una evidente preparazione diplomatica all’atto del
4 ottobre 1202 (2), col quale in Siena, nella Chiesa di S. Cristoforo, ven-
ne stipulata la lega fra Orvieto e Siena, atto a sua volta sollecitamen-
te completato dalla condizione di colleganza di fronte al Conte Aldo-
brandino il 12 gennaio 1203 (3). Con gli Aldobrandeschi, conti: pala-
tini, potenti feudatari annidati sulla montagna di Santa Fiora, ma

estendenti il loro dominio tutt'intorno, tanto verso Siena che verso.

Orvieto, questo nostro Comune era entrato in forti contrasti, special-
mente a causa della terra Guiniccesca, terra che aveva già appartenu-
to a Ranieri di Bartolomeo conte di Montorio, che peraltro coll’atto
del giugno 1168 «traditit totam terram suam universitati et Comuni
Urbis veteris ». (4)

Prima conseguenza effettiva dell’accordo con Siena a tale riguar-
do fu quindi l'atto stipulato il 3 giugno 1203 (5) «in silva in valle Or-
ticaria » sopra il Castello di Pitigliano, col quale viene imposto dal Co-
mune di Orvieto al conte Aldobrandino, alla sua moglie. Adelasia, e
ai figli, un atto di sottomissione per tutto il contado loro in tutta quella
estensione di territorio posseduta dal Conte Ranieri.

All'atto furono presenti i Consoli di Siena; ed esso si concluse con .

le frasi caratteristiche: «salvo honorem domini imperatoris et reve-

«rentiam domini Pape, et egregie civitatis Pisane Su Senensis in omni-
« bus ».

(1) Cod. Dipl., doc. LXVIII.

(2) Cod. Dipl., doc. LX XIII. Cfr. anche OMEN Storia di Siena, pag. 183.
(3) Cod. Dipl, doc. L XXIV.

(4) Cod. Dipl., doc. XXXIX.

(5) Cod. Dipl., doc. LXVI.

EUN AUN ran

D
Tti
i
M
b
on!
uM
jan
J|
M
Ul
1i
LES
5
vl
ri
pM
* t
|
i Ul
!
"
*
i
3
1
[x
|
i
1
1
ee
1
l
|

ME cou cir

mr

meom ari ta eon ir A t t

t

T

M.

Abo ptio S NITTI POLARI i

deo aene dim M adii pni EIA ii
nre id eet a pi tr E m CO ip dt t
NS

ini
mes = Tw —
ee e

Ani

nio

1
Wi

ees - T I x

N

80 GERALBERTO BUCCOLINI

Fu chiaro risultato di questa affermata supremazia di Orvieto
sugli Aldobrandeschi, la dedizione dell’ Abate di S. Salvatore in Monte
Amiata, Rolando, al Comune di Orvieto stipulata con l’atto 28 luglio
1203 (1).

E ne fu forse un lontano riflesso la sottomissione di Guido Viscon-
te di Lugnano, del 30 aprile 1204 (2), sottomissione ottenuta con azio-

. ne di guerra diretta, come appare dalla pignorazione di pubbliche en-

trate descritta nell'atto del 19 febbraio 1207 (3).

Di grande efficacia, per la libertà venutane agli Orvietani nella
loro azione sul versante marittimo, fu certamente il compromesso di
pace fra Orvieto, Todi e Amelia, firmato in Perugia, nella Chiesa
di S. Lorenzo, il 4 settembre 1210 (4), sotto la pressione del Cardinale
Rollandino Guala, legato pontificio dai vescovi di Perugia, Todi e Ca-

. stello (Felicitatis ?) (5); mentre non sembra aver avuto néssuna impor-

tanza dirimente la Bolla ammonitoria di Papa Innocenzo III, del
9 luglio 1210 (6) inviata ad Orvieto per il rispetto ad Acquapen-
dente, ed alle terre «in super vallis lacus ».

Infatti, addi 17 settembre 1212,il Conte Aldobrandino sudes
in Orvieto, nel Palazzo del Comune, alla presenza del Consiglio dei
nobili e popolari, nonché di nobili convenuti col detto conte da ogni
parte di Toscana, ad un nuovo atto di sottomissione (7) nel quale giu-
rava di osservare il contratto firmato già da suo padre il 3 giugno
1203 (8), e prometteva di aumentare il censo annuo; mentré alla lor
volta, in data 12 novembre 1212 (9), fecero altresi la loro sottomis-
sione i Benincasa, Bartolomeo e Pitetto, e i Visconti di Valentano.

(1) Cod. Dipl, doc. LXXVII.

(2) Cod. Dipl, doc. LXXVIII.

(3) Cod. Dipl. doc. LXXIX.

(4) Cod. Dipl., doc. LXXXII.

(5) La firma di questo compromesso stico le asserzioni del Manente
Cipriano sulle ripetute competizioni fra Orvieto e Todi, che egli registra fin da-
gli anni 1021, 1024, 1056, 1065, 1066, 1089, 1091, 1124, 1138; e poi nel 1158,
1176, 210, 1215, 1213, ecc. mentre il Cod. Dipl. non ne fa altro cenno che colla
inserzione dei docc. XXXIII e XXXIV (a. 1155), della cui attendibilità dubita
peraltro. Comunque la causa dei primi dissidi fra i due comuni si ridusse in pri-
mo tempo al solo castello confinario di Montemarte, donde si vedeva tutto il
territorio todino, poi si aggiunsero le divisioni di fazione fra Orvieto, prevalen-
tementé guelfa, e Todi, prevalentemente ghibellina.

(6) Cod. Dipl., doc. LXXXIII.

(7) Cod. Dipl., doc. XC.

(6) Cod. Dipl., doc. LXXV.

(9) Cod. Dipl., doc. XCI.
SERIE CRITICA DEI VESCOVI DI BOLSENA E DI ORVIETO 81

Cosi la spinta di Orvieto si profilava sempre piü verso il domi-
nio politico di quelle spiaggie tirrene, donde già qualche secolo prima
avevano respinto, in unione con le altre popolazioni cristiane, i Sara-
ceni, fondandovi la prima colonia nominativa — Orbetello - ma dove
certo la loro attività commerciale non aveva mai cessato di adoperarsi.

Durante il vescovato di Capitaneo, nome fatidico d'imperio, Or-
vieto raggiunse sui paesi di Marittima tutte le sue mete di dominio.

Chiariti e registrati i suoi diritti di supremazia sull'Abbadia di S.
Salvatore (1), sui conti e gli uomini di Centona (2), sui signori di Bisen-
zio (3), sui Visconti di Campiglia (4) valvassori della tenuta Guiccine-
sca, sui custodi della Rocchetta Guinigi (5), non tralasció di prov-
vedere a guardarsi le spalle, firmando la pace con Narni (6) e un nuovo
lodo con Todi (7). Poté cosi lanciarsi con tutte le sue forze contro i
conti Aldobrandeschi, affrontandoli nel piano di Saturnia.

Non ci é dato di conoscere con sicurezza fin dove si spinse la vio-
lenza dell'attacco. È in fatto però che, mentre già al 22 giugno la pros-
sima città di Soana, sede di vescovado, per mano del suo Console Ra-
nieri, firmava i capitoli con Orvieto (8), due soli giorni dopo, cioé il 24,
Aldobrandino, il maggiore dei fratelli conti Aldobrandeschi, firmava
la sua capitolazione ad Orvieto (9), cui cedeva il dominio di tutte le
sue terre, confinanti per una parte del corso dell' Albegna fino al mare
e per l'altra da quello della Fiora fino. a Corneto e al mare, escluso
Montalto che apparteneva al Papa.

A. questo importante atto, al quale fu presente tutto il popolo i in
armi della città di Orvieto, e specialmente i suoi maggiori uomini, e
cioé: Monaldo di Pietro di Cittadino (patronimico della casata Monal-
desca), Monaldo di Ermanno di Nerone (di parte nobiliare), Giovanni
di Bartolomeo, (della casata Filippesca) conestabile dei soldati ed al-
tri. Il notaio estensore premise questa interessante dicitura: « Ne per

(1) 1213, 26 ottobre, Cod. Dipl., doc. XCV, Reg. 36, in Effemeridi Orvie-
tane, pagg. 97 e segg.

(2) 1212, 12 aprile, Cod. Dipl., doc. XCVII.

(3) 1215, 25 maggio, Cod. Dipl., doc. XCVI, Reg. 54; 1216, 27 marzo, Cod.
Dipl. doc. CIII.

* . (4) 1215, 10 settembre, Cod. Dipl., doc. CI, Reg. 60.

(5) 1215, 22 novembre, Cod.. Dipl., doc. CII.

(6) 1214, 21 marzo, Cod. Dipl., doc. XCVIII.

(7) 1215, 6 marzo, Cod. Dipl., doc. -C.

(8) 1216, 22 giugno, Cod. Dipl., doc. CV; Reg. 18, Afmales 121, in Effeme-
ridi Orvietane, pagg. 125 e seg.

(9) 1216, 24 giugno, Cod. Dipl., doc. CVI, Reg. 4.

DE cM ma Lir CAINE AIA crea FAME siii ra TITTI TE ZITTO LIA

Y

|
82 GERALBERTO BUCCOLINI

umane oblivionis materiam, garrule vocis scrupulus et dubietatis an-
sietas aliqua oriatur, ex provvisa sapientium circumspectione proces-
Sit, ut contractus hominum memorabilibus licteris adnotentur ».

L'atto suscitó nei fratelli dell' Aldobrandino: Bonifacio, Guglielmo
e Aldobrandino minore, una notevole resistenza, ma con tutto ciò non
poterono sottrarsi dal firmare anzitutto —in seguito anche alla pressio-
ne di Papa Onorio III, — l'atto di divisione fra fratelli stilato in Orvieto
nei giorni 22-29 ottobre (1); e poi, negli anni successivi, altri indennizzi.
per danni, e nuovi capitoli e paci (2).

Anche negli altri paesi determinò nuove sottomissioni e ricono-
scimenti. Ciò riscontriamo ancora per Bisenzio (3), per Acquapenden-
te (4), perl’ Abbazia di Mezzapalo (5), per l'Abbadia di S. Salvatore (6),
Rocchetta Guinigi (7), Proceno (8), Pian Castagnaio (9) e per tutti i
luoghi maggiori e minori di quelle parti (10); nonché su città e luoghi
più lontani quali Todi (11), Giove (12), Lugnano (13), e Polimarzio o
Volmarzio (14).

In Orvieto si accentuò natur ma il senso della propria nobiltà
ed importanza, tanto che si brovvider ad erigere un nuovo Palazzo del
Comune (15).

E Cod. Dipl, doc. CVII, Reg. 7. P
(2) 1219, aprile, Cod. Dipl., doc. CXX; 1219, 15 luglio, Cod. Dipl., doc.
CXXII; 1222, 16 giugno, Cod. Dipl., doc. CXLIX; 1222, 16 luglio, Cod. Dipl.,
doc. CLII; 1223 27-31 marzo, 3 aprile Cod. Dipl., doc. CLXI CL XV; Reg. 13,
14, 34. |
(3) 1220, 1-2-3-6-8 giugno, Cod. Dipl., doc. CXXIX, CXXX, CXXXI;
12-13 giugno, Cod. Dipl, doc: CXXXIV; CXXXV, Reg. 52, 53.
(4) 1222, 30 giugno, Cod. Dipl. doc. CLI. . i
(5) 1224, 27 aprile, Cod. Dipl., doc. CLXIX.
(6) 1227, 14, 15 giugno, Cod. Dipl., doc. CLXXI.
‘(7) Dopo un rifiuto (?) del 12 gennaio, 1218, Cod. Dipl., doc. CXIV, il nuo-
vo giuramento del 22 novembre, 1226, Cod. Dipl, doc. CL XXII.
(8) 1223, 8 giugno, Cod. Dipl., doc. CLXVI.
. (9) Con presa di possesso di tutto il confine dall’ Albegna fino al mare, 1223,
29 novembre, Cod. Dipl., doc. CL XVIII.
(10) Reg. 21-22-23-24-25-168-169, anni 1222, 1223, 1225.
(11) 1220, 9, 12, 15 giugno, Codice Diplom., ‘doc. CXXXII, CXXXIGC,
CXXXVII.
(12) 1223, 2 gennaio, Cod. Dipl, doc. CLVI, 1224, Reg. 93.
2:(13)/1222,:20 febbraio, Cod. Dipl., doc. CXLVI, Annali 1222, Reg. 46, 47,
48, 49, 50, 51. ^
- (14) 1226, 19, 21 febbraio, Cod. Dipl, doc. CLXXII.
(15) A. 1216, 25 novembre, 1217, 17 febbraio, 1219, 7 maggio, Cod.
Dipl, doc. CVIII, CXI, CXXI.

L]

UOCE TL RI UE DEI SEE MGE LL Lr Ie due ri E ER MET II en PI DL, NAT TERRI Pup n

MESE) ia rieti
MEET NE

RO ARL) iis

SERIE CRITICA DEI VESCOVI DI BOLSENA E DI ORVIETO 83

Nella prossima ed ancora amica Siena mosse subito il desiderio
di un nuovo atto di pace duratura con Orvieto, e ciò condusse, tra il
cadere del 1221 e i primi del 1222, alla firma degli atti relativi (1).

Certamente nel dodicennio 1216-1228 Orvieto raggiunse una po-
sizione di Comune dominante eguale a quella delle maggiori città del-
l’Italia centrale. Tutto il territorio scaglionato longitudinalmente da
Chiusi a Lugnano in Teverina e a Polimarzio (Bomarzo); e tutto quel-
lo estendentesi trasversalmente dalla montagna della Peglia al mare
tra il Monte Amiata e il Lago di Bolsena, tra la Fiora e T Albegna fino
a Corneto e a Orbetello, era sotto la ‘sua supremazia mentre la Curia
Romana, se pur faceva qualche riserva per Acquapendente e i Castelli
della Valle del Lago, ciò faceva per pura forma, in difesa della sua li-
nea di predominio: Tintinniano-Sutri, senza speciali esigenze.

Poteva dunque la città, in pace coi maggiori Comuni viciniori:
Perugia, Todi, Amelia, Narni e Viterbo, alleata con Siena, affrontare
serenamente l'avvenire che, in tanto rifiorire di forze politiche e certa-
mente anche economiche e culturali, le si offriva, sol che avesse conser-
vato e migliorato la sua unione interna, che da circa dieci secoli l'aveva
condotta dal nulla a tale invidiabile stato.

IV.

Dall'anno 1229 all'anno 1250.

L'esaltazione dell'orgoglio civico per le fortunate azioni contro
i conti Aldobrandeschi, seguite dalle numerose sottomissioni dei feu-
datari e dei centri minori, e il contemporaneo risorgimento aperto delle

| profonde divisioni politiche già preesistenti tra la Chiesa e l’ Impero,

ultimamente appena larvate, ma ora nuovamente acuitesi coll’ascesa
al trono di Federico II, condussero Orvieto, sotto l'episcopato di Ra-
niéro, anzitutto alla rottura di quell'alleanza che da piü di un venten-
nio la legava colla forte Siena, alleanza che pur le aveva. permesso,
non solo l'estensione del suo dominio fino al mare di Orbetello ed al
confine terrestre indicato dal corso dei fiumi Fiora e Albegna, ma an-
che fino a Chiusi ed ai feudi dei visconti di Campiglia in Val d'Orcia.
Tutto ció peró non bastava agli orgogliosi Orvietani: essi miravano

ancora, verso Siena, al Comune di Montepulciano. E non valse che i

(1) Cod. DipL, doc. CXLI, CXLII, CXLIII, CXLY.
EI

Merten

Mer n

utr

==
nni

84° GERALBERTO BUCCOLINI

Senesi, con prudente diplomazia, inviassero a Orvieto una loro amba-
sciata, in data 8 giugno 1229, per richiedere di nuovo l’aiuto della an-
cora alleata Orvieto contro i ribelli Montepulcianesi; (1) chè anzi fu

- ciò per Orvieto una spinta a decidersi contro.

E il 10 giugno 1229 (2) i sindaci e procuratori del castello di
Montepulciano si obbligano a pace e guerra a favore del Comune di
Orvieto, e ciò nelle mani del Podestà di Orvieto, ed alla presenza del
Giudice di Firenze; colla quale città, in data 27 giugno (3), fu stret-
ta in Firenze, fra lo stesso Podestà di Orvieto, Migliorello di Catalano
fiorentino, coadiuvato dal Giudice procuratore e dagli ambasciatori
specialmente incaricati, e il Podestà di Firenze Giovanni Boccaccio,

| coadiuvato dal Consiglio Generale e specialmente dai consoli dei sol-

dati, dei giudici, dei notari e mercanti, la convenzione per la guerra
contro Siena.

Era frattanto cominciata di fatto tale guerra alla quale non prese
parte Perugia per gelosia di predominio (4); e tale guerra ebbe due
momenti diversi: l’azione degli Orvietani e dei Fiorentini contro Cor-
signano e Monte Follonico, castelli dei Senesi; e la controffensiva di
Siena che le permise, sembra col tradimento dei conti Manenti, l'oc-
cupazione di sorpresa di Sarteano, ove perirono o furono fatti prigio-

: nieri moltissimi combattenti di parte orvietana, fra cui il Podestà

succeduto a Migliorello di Catalano, e cioé suo fratello Adimari e il
capitano di guerra Monaldo di Pietro, nipote «ex filio » del patroni-
mico della casa Monaldesca, che peri per ferite in prigionia, (5).

Sembra poi che nello stesso anno fosse ripreso Sarteano e fossero -

castigati i traditori; e che nel successivo 1230, in mese non precisabile
stante la diversità delle cronache, Fiorentini e Orvietani saccheggias-
sero ancora il territorio senese spingendosi fin entro porta Camollia (6);
certo é che i reciproci danni e le vendette non furono lievi, talché i co-

muni ed i luoghi viciniori, e lo stesso papa, si preoceuparono della que-

stione.
Frattanto il 9 dicembre 1230 il Vescovo Ermanno di Chiusi

(1) Cod. Dipl, doc. CXCI.

(2).Cod. Dipl, doc. CXCII; Reg. 2, a. 1229, pag. 107.

(3) Cod. Dipl, doc. CXCIII.

(4) CiPRIANO MANENTE, Historie, ad annum.

(5) Cod: Dipl., doc. CXCV ed allegati; Cronica potestatum in MONALDESCHI,
Commentari, carte 41; Cronaca di Luca Manente, a. 1229 e 1230, pagg. 293
294 e note relative. Annales, in Effemeridi, pagg. 127, 128 e 143.

(6) Cronaca di Luca Manente, ag. 1229 e 1230, pagg. 293 e 294.
SERIE CRITICA DEI VESCOVI DI BOLSENA E DI ORVIETO 85

fece nuova sottomissione a Orvieto (1); il Podestà di Montepulciano,
allora Ranieri di Stefano orvietano, dichiaró il 21 ottobre 31 al legato
imperiale di non voler far pace con Siena senza gli ordini del Comune
di Firenze (2); Gregorio IX persino intervenne con una sua bolla
per vietare all’abate di S. Salvatore di muovere guerra a Siena come
ne era incitato da Orvieto (3); e con altra bolla contro Orvieto minac-
ciando scomunica in caso di offesa alle suore di S. Maria « prope portam
Civitatis Senensis » (4); mentre i comuni di Firenze e di Orvieto co-
stringevano nuove convenzioni con Pepo visconte di Campiglia
contro Siena (5): e consimile convenzione venne stretta da essi anche
con Bonconte di Montefeltro (6).

Ma l'opera del papa, a mezzo del suo legato, il cardinale vescovo

‘ Prenestino Giacomo Colonna di Agapito, continuata diplomaticamente

per piü anni (7), riusci alfine efficace; e la pace fu conclusa con lodo

‘emesso dallo stesso cardinale in data 30 giugno 1235 in Poggibonsi,

alla presenza dei vescovi di Firenze, Siena, Orvieto, Volterra e Fiesole.

Tale pace peraltro fu favorevole specialmente ai Comuni di Fi-
renze e di Orvieto; poichè oltre alla restituzione dei prigionieri senza
compenso, al ritorno dei beni ai relativi proprietari, ed a tutte le di-
chiarazioni e cerimonie’ di pacificazione, i Senesi furono costretti a ri-
conoscere l'indipendenza dei Comuni di Montepulciano e Montalcino
e del visconte di Campiglia; furono obbligati a restituire ad Orvieto il
castello di Chianciano ancora in loro mani, ed a Firenze quello di Pog-
gibonsi; e furono obbligati altresì a rifabbricare il castello di Monte-
pulciano col versamento in primo tempo di lire 8/000, è ad opera di

cento ostaggi tratti dai prigionieri in mani fiorentini, e inviati a Città

di Castello in custodia della Chiesa.
L'impressione prodotta sui territori confinanti con Orvieto da
una pace ad essa così favorevole, pur dopo la grave sconfitta riportata

(1) Cod. Dipl, doc. CXXVII, 9-12-30.

(2) God. Dipl, doc. CXCIX, 21-10-31. | Yun
(3) Cod. Dipl, doc. CCI, 17 giugno, 32. à)

(4) Cod. Dipl, doc. CCVI, 12-4-33.

(5) Cod. Dipl, doc. CCVII, 6-3-34.

(6) Cod. Dipl, doc. CCX, 15-8-34.

(7) Cod. DipL, doce. CCII, CCIII, CCIV, CCVI, CCVIII, CCXI,CCXIII, -

CCXIV, CCXV, CCXVI, CCXVII, CCXXVIII CCXIX, CCXX, CCXXI,
CCXXII e CCXXV; Reg. in Effemeridi, a. 1234, pag. 106; a. 1237, pag. 110;
Annales, a. 1233-34-35, in Effemeridi, pag. 149; Cronaca di Luca Manente,
pagg. 295 ad annum; MoNaArDEscur, Commentari, carte 41-42; MANENTE, Hi-
storia ad annum.

mma (M inanem ye

SII qat t

qme V TERTII

mum rat mr p ettet m rm T
86 GERALBERTO BUCCOLINI

a Sarteano, fu notevolissima, specialmente perchè I' appoggio di Papa

Gregorio agli Orvietani continuò persistente.

Infatti, il Codice Diplomatico ci dà notizie di una Bolla di Papa
Gregorio ai Senesi perchè restituiscano il signore di Cetona agli Or-

vietani (1); di altra agli stessi perchè restituiscano somme ai mercanti
orvietani (2) di altra approvante gli statuti della città (3); e infine di
una quarta contro i Todini per l’osservanza della pace con Orvieto,
che avevano infranta attaccando Lugnano tenuta da Gottifredo dei
Prefetti, cappellano del Papa (4). :

E di conseguenza registriamo l’obbligazione del Comune di Ame-

lia a favore del Comune di Orvieto (5); i nuovi capitoli dei conti Ma-

nenti, e dei rappresentanti del Comune e università di Chianciano, fir-
mati in Orvieto sulla piazza del Comune (6), e l'atto di concordia fra
Orvieto e Toscanella (7), seguito dal giuramento di obbligazione ad
Orvieto dei Signori di Flajano (8), dei signori della Sala (9), e dei signo-
ri di Montorio per. Castelvecchio (10); per i quali atti i nostri cronisti
registrano alcuni contrasti militari della nostra cavalleria con i Viter-
besi e Cornetani (11), mentre il Pinzi non ne parla, pur avendoci già
narrato uno scontro fra Viterbo e Orvieto avvenuto nel 1169 al Castel-
lo di Maffuccio presso Montefiascone; e di altro.avvenuto per. Bisenzio
nel 1215. 3
Terminiamo questo notiziario, rilevando i capitoli firmati con la
città di Bagnorea (12), che sono in perfetta concordanza con gli avve-
nimenti ivi succeduti e dei quali fra poco faremo cenno.
Frattant6 i dissensi profondi che, per interessi di vanità e supre-
mazia interna, si erano formati fra le due potenti famiglie di Orvieto,
l'una avente per patronimico quel Monaldo di Pietro di Cittadino, qua-
lificatoci nella leggenda del martirio di S. Pietro Parenzo quale « vir

(4) Cod. Dipl.;-doc.. CCXXI, 12-11-35.
(2) Cod. Dipl., doc. CCXXII, 25-11-35.
- (3) Cod. Dipl, doc. CCXXVI, 1-6-37.
(4) Cod. Dipl, doc. CCXXXVI, 1-4-38 e doc. CCXLIII, 26-7-39.
‘ (5) Cod. Dipl, doc. CCXXIV, 21-4-37.
(6) Cod. Dipl., doc. CCXXV, 14-5-37.
(7) Cod. Dipl., doc. CCXXXIV, 23-5-38.
(8) Cod. Dipl., doc. CCXL, 8-6-39.
(9) Cod. Dipl., doc. CCXLI, 9-6-39.
(10) Cod. Dipl., doc. CCXLIV, 9-9-39.
(11) Cronaca di Luca Manente, ad annum; CIPRIANO MANENTE, Historie,
ad annum; Pinzi, Storia di Viterbo.
(12) Cod. Dipl., doc. CCLXXXII, 30-3-50.


_

SERIE CRITICA DEI VESCOVI DI BOLSENA E DI ORVIETO 87

prepotens ac divitiis proabundans »; l’altra derivante da un Filippo che
si può presumere avo di quel Giovanni di Bartolomeo che fu « conesta-
bile militum » a Saturnia, nel 1216, contro gli Aldobrandeschi; questi
dissensi avevano trovato sprone ed alimento nelle profonde divisioni

‘ politiche di tutta Italia, specialmente la alta e la centrale, individuate

dai fatali nomi di Guelfi e Ghibellini;'e così, mentre i Monaldeschi, pro-
genie di mercanti e di banchieri (come è provato sia dalla loro stessa
arma nobiliare, i rastrelli; sia dal fatto che l'avo del patronimico, cioè

Cittadino di Malabranca, lo troviamo ricordato nel doc. XXVII del

Cod. Dipl. a. 1137, in evidente funzione di tesoriere del Comune di
Orvieto), assunsero la parte guelfa, i Filippeschi, progenie di soldati,
come è manifesto dalla carica retta, a Saturnia nel 1216, da Giovanni
di Bartolomeo di Filippo, e dalle continue loro successive prestazioni
militari nell’esercito imperiale, si strinsero alla fazione ghibellina.

Conclusa la pace con Siena, la lotta fra le due fazioni si riaccese
vivace anche nel territorio orvietano, e nei finitimi, come dovunque.

Non crediamo dovere analizzare (anche perchè le narrazioni dei
cronisti sono assai frammentarie e confuse), i diversi avvenimenti della
ventennale guerriglia fra gli eserciti papali e imperiali, sorretti e so-
spinti dalle fazioni, a volta a volta dominanti nei rispettivi comuni,
o da questi fuoruscite nei castelli feudali; ma ci limitiamo a | ricordare
quelli degni di speciale risalto.

Nel 1238 possiamo registrare il riuscito attacco dei Filippeschi
aiutati dai Ghibellini di Todi, Foligno ed Amelia, contro la parte
guelfa occupante Orvieto e guidata dai Monaldeschi, al piano dell’al-
bereto o di S. Giuliana dopo il Ponte dell'Adunata (detto poi, per la
chiesa erettavi, di S. Illuminata); per il quale smacco sembra che i Mo-
naldeschi dovettero, almeno temporaneamente, limitare la propria
supremazia in Orvieto (1); e quindi avvenne nel 1242 il confino tem-
poraneo dei capi delle due fazioni orvietané (2).

Merita poi speciale menzione nel 1243 l'assedio che Viterbo, pas-

sato temporaneamente a parte guelfa sotto la ferma mano del cardinal :

Capocci, vittoriosamente sostenne per tre mesi contro l'esercito impe-
riale guidato personalmente da Federico II; assedio, durante il quale
dodici orvietani di parte guelfa accorsi in aiuto, ma sorpresi e fatti

(1) Cronaca di Luca Manente, ad annum; MOoNALDESCHI, Commentari,
carta 42; MANENTE CIPRIANO, Historia, pagg. 110, ad annum.
(2) Cronaca di Luca Manente e CiPRIANO MANENTE, Historia, ad annum,

MonaLpEscHI, Commentari, carte 43 verso e 44.

:
oce

cr Merry re yo p
VP DER SS

Mo cur grt rep E Dem, qom

m— m

t
»
|
|
$88 i GERALBERTO BUCCOLINI

prigionieri, vennero, per ordine dell’imperatore, impiccati davanti la
porta di Viterbo (1); ein seguito la varia fortuna dell'esercito impe-
riale condotto da Simone, conte di Chieti, vittorioso a Chiusi, S. Ca-
sciano ed Acquapendente, poi sconfitto qui e fatto prigioniero, quindi
rilasciato; dopo di che Bagnorea presa nel 1243 dai Filippeschi, venne
restituita ai Monaldeschi nel 1250, e vennero così firmati i capitoli con
Bagnorea più sopra ricordati.

V.
Dall'anno 1251 all'anno 1303.

Nella seconda metà del secolo xii Orvieto progredisce ulterior-
mente nella sua vita di libero comune, di parte guelfa, dominante
sul vasto territorio che si estendeva, longitudinalmente, da Chiusi
ad Alviano, a Lugnano in Teverina, ed a Civitella d'Agliano, non-
ché dall'Abbadia S. Salvatore e da Pian Castagnaio fino a Bagno-
rea, Bolsena, Valentano e Farnese; e, trasversalmente, dal Monterale
pendici orientali della Peglia al mare di Orbetello e dell' Isola del Gi-
. glio. Territorio conquistato con azioni di forza e successive omologa-
zioni di diritto; ma ripetutamente contesole nelle continue lotte ca-
ratteristiche del secolo, alle quali davano nerbo i vari eserciti impe-
riali, le forze dei Comuni di parte avversa specialmente Siena e Todi
e talvolta anche Viterbo, la insofferenza dei vari feudatari sempre
cupidi di riprendere il loro dominio, e quella dei comuni soggetti, spe-
culanti, quest'ultimi, sulle mal celate intenzioni di predominio della
Curia Romana; nonché tutti gli avversari di parte ghibellina, non
esclusi i compaesani Filippeschi e i loro seguaci.

A questo volger continuo di passioni politiche e di intendimenti
devonsi attribuire. i diversi avvenimenti succedutisi. Più favorevoli
nel primo decennio, quando, dopo una nuova sottomissione degli Aldo-
brandeschi (2), avvenne la fugace ed imprecisata ribellione dei Castelli
di Marittima sottoposti al Vicariato di Manfredi dei Marchesi Lan-
cia, ribellione sobillata dai Filippeschi, peraltro immediatamente do-
mata con sottomissione del marchese Lancia e suo acquisto di cit-

‘(1) Cfr. Pinzi, Storia di Viterbo. pagg. 428-429 e Codice Palatino, carta 39.
(2) Reg., doc. 5, 6, 15; Ann., pagg. 144-145; a. 1251; Cronaca di Luca Ma-
nente, pagg. 300-301 a. ed. :
SERIE CRITICA DEI VESCOVI DI BOLSENA E DI ORVIETO 89

tadinanza e di beni stabili in Orvieto (1). La vittoria sui Senesi a
Montalcino (2), che fu ottenuta dalle armi di Orvieto, comandate da
un Monaldeschi con acquisto di due bandiere senesi esposte poi in glo-
ria entro la Chiesa di S. Andrea (3), determinó certamente le nuove
sottomissioni di Acquapendente, Proceno, Saturnia, Castellonchio di
Val di Lago, Bisenzio e Capo di Monte, Valentano, Castel Pieve,
Pian Castagnaio, Isola Martana e Cetona (4).

Movimento di sottomissione, non alterato fondamentalmente
dalla guerra con Todi svoltasi con varia fortuna dal 1252 al 1257 (5);
. né dal passaggio lungo Val di Paglia tra il 1254 e il 1255 di un esercito
imperiale condotto dal Capitano Mattia Gaetani di Anagni (6); ma
interrotto dalla vittoria ghibellina di Monte Aperti ove, il 4 settembre
1260, l’esercito senese, con l’aiuto di un corpo di 800 cavalieri tedeschi
posti sotto la guida del Conte Giordano, inflisse all'esercito guelfo,
composto principalmente di fiorentini e di orvietani, la sconfitta
che fece «l’Arbia colorata in rosso », ove rimasero uccisi 60 cavalieri
orvietani, e prigionieri altri 70, cosicchè un’ambasceria di Orvieto
dovette andare in Siena a trattare il riscatto (7). Conseguenza della
battaglia fu il rientro dei ghibellini.in Firenze, Montepulciano, Chiusi,
Sarteano, Chianciano, Bagnorea, Radicofani, e& anche in Orvieto,
ove avvenne la cosidetta pacificazione, essendo podestà Bonaventura
Cardinali dei Papareschi di Roma (8).

Ma la curia di Roma vigilava per non perder l’importante rocca

guelfa, e, se Alessandro IV nel cadere del suo Pontificato peco potè
fare, ben diversamente si contenne il nuovo Papa Urbano IV, fran-

(1) Cod. Dipl., doc. 284, 285, 286; 287, 288, 289, 290, 291, 301, 316, 318, 319,
376, 386, 387, 392; vago cenno sta in Cronaca di Luca Manente, pagg. 301 a.
1251; nonchè in Ann., pagg. 151, anno 1251 2° comma, e ivi nota 3; ed in Cro-
naca di Luca MENU 303, nota 4.

(2) Cronaca di Luca Manente, pagg. 301, a. 1252, ed ivi n. 4; ed Ann.,

pagg. 152.
i (3) Cfr. iscrizione sotto il portico della chiesa; e CIPRIANO MANENTE, Hi-
storia, pagg. 118-119, a. 1252.

(4) Reg., docc. 20, 88, 124, 74, 106, 110, 56, 66, 76, 68, 69, 107, 51, 70; Cro-
naca di Luca Manente, pagg. 303, a. 1255; id., pagg. 304, a. 1256;id., pagg. 305,
a. 1257; id., pagg. 306, a. 1259; Ann., EA 154, a. 1255 e 1256. :

(5) Ann., pagg. 145, 152, 154; Cronaca di Luca Manente, pagg. 301, 302 e
305, a. 1257.

(6) Cronaca di Luca Manente, pàg. 303, a. 1254 e 1255.

(7) Ivi, pag. 307, aa. 1260, 1261. :

(8) Ivi. pag. 307, a. 1260; note 2 e 3.

EENEXIXIIl.1i.i—————————À € Qá
90 . GERALBERTO BUCCOLINI

cese (Giacomo Pantaleon di Troyes), il quale, dopo la bolla dell'11
febbraio 1262 (Cod. Dipl., doc. 374) si trasferi in Orvieto nell'ottobre
dello stesso anno, trattenendovisi ben due annate. Durante quel tempo
trattó certamente la venuta di Carlo D'Angió, non senza aver contra-
sti dalla parte ghibellina, che per fargli dispetto dette appoggio ai si-
gnori di Bisenzio condannati dal Papa per l’uccisione del Rettore del
Patrimonio Viscardo di Pietrasanta nipote del Papa. E questi se ne
partì alla fine di settembre 1264 diretto a Perugia, morendo però,
lungo il viaggio, a Deruta (1).

La venuta in Italia dell’Angioino nell’anno 1265 per via di mare,
con singolare protezione del destino, e l’arrivo del suo esercito per via
di terra, pose un termine alle incursioni di Guido Novello luogote-
nente di Manfredi nell'Italia centrale, contro la Badia S: Salvatore,
Radicofani e Chianciano (2), rialzando le speranze guelfe che si affer-
marono predominanti dopo la vittoria di Carlo su Manfredi a Bene-
‘vento.

I ghibellini tentarono strenue resistenze locali, fra cui quella
dei Senesi a Grosseto contro l’esercito misto comandato da Isnardo di

| Ugolino di Provenza, nipote del Re Carlo, eletto podestà di Orvieto (3):
ma dovunque turono costretti a cedere, specialmente dopo la nuo- .
va vittoria su Corradino di Svevia a Tagliacozzo; battaglia alla quale, -
come a quella di Benevento, la cavalleria guelfa orvietana aveva
preso attiva parte (4).

. Cosi le sorti guelfe si affermarono predominanti quasi ovunque
nell'Italia centrale; mentre Orvieto dovette far fronte a nuove inat-
tese difficoltà. po

— Si disse già, nel chiudere la prima parte di questo lavoro, come
la Curia Romana, se poneva innanzi qualche riserva per Acquapen-
dente, Bolsena e i Castelli della Valle del Lago, ció faceva per pura
forma (Codice diplom., docc. 196 e 325), in difesa della sua linea di
diritto patrimoniale, senza speciali esigenze.

| Ed ecco che dopo la vittoria di Benevento, non curante del con-
tributo guelfo orvietano, ma sollecita solo dei propri interessi, la Curia

(1) Ann., pagg. 129, a. 1262-1263-1264 con note 3 4, 5 e pag. 155, n. 2, 4,5;
nonché Cronaca di Luca Manente, pag. 307, a. 1262, e note 7, 8, 9; pag. 308
e'ivi, n. 8,;e pag. 309 e ivi, n. 1:

(2) Ann., pagg. 130 e 131, n. 1; pagg. . 156, ad a. 1265.

(3) Ann., pagg. 156, 157 e n. 1; Cronaca di Luca Manente, pagg. 309,
n. 4 e pag. 310, n. 1. Li
(4) Cronaca di Luca Manente, pag. 309, anno 1265; e pag. 310, a. 1268.
SERIE CRITICA DEI VESCOVI DI BOLSENA E DI ORVIETO «91

dispone che il Rettore del Patrimonio Guido di Pileo occupi nel 1267
Bolsena, Acquapendente e tutti. gli altri Castelli di Val di Lago sot-
traendoli così al diretto dominio di Orvieto (1). È naturale che Orvieto
immediatamente reagisse; ed è comprensibile il maggior sollevamento
degli animi-dei ghibellini orvietani, al che è ben riferibile il tentato
rifiuto all'ingresso in Orvieto di Re Carlo nel 1268 (2); ingresso poi
concesso. ) Hr. "

Ma nel 1269 il Collegio dei cardinali, in conclave a Viterbo, fece
esercito anche contro Orvieto (3); epperó fortunatamente la preoc-
cupazione per l'elezione del nuovo Papa contribui a rimandare la
grave vertenza.

Intanto, sui primi dell'anno 1272, in Orvieto era avvenuto il grave
episodio di guerra intestina dell’uccisione dei figli di Pandolfo (Rac-
chelli e Monaldeschi ?) da parte di uno dei Filippeschi, don Pinzo, e
l'uccisione di questi e di altri ancora, con deciso intervento delle mag-
giori autorità e gravi punizioni ed esilii; sentenze sulle quali Grego-
rio X, venuto in Orvieto, portó in seguito la sua mano pacificatrice.
Gregorio X venne dunque a risiederein Orvieto nel 1272, e vi rimase
fino a metà giugno 1273. Peraltro la bolla (4) che emise da Orvieto
in data « Kalendis martii primo anno pontificatus », e cioè al primo
marzo 1272, essendo egli stato eletto il 19 settembre 1271, anticipa
la sua venuta in Orvieto sulla data che si deduce dal Potthast (5).

Tale bolla fu emessa per iniziare il processo contro gli uccisori
di Enrico di Cornwall (6), sanando cosi, almeno nelle apparenze, la

(1) Ann., pagg. 131, 132, 146 e 157. Vedi anche nota 4 a pag. 131.

(2) Re Carlo era stato già di passaggio per Orvieto nel 1267 come è indicato
in Cronaca di Luca Manente, pagg. 311, ad annum; in Ann, ed. Effemeridi,
pagg. 131-2, ove è ricordato ; « Bellum ortum inter urbevetanos et familiam
regis »; in Pinzi nella sua Storia di Viterbo, pag. 196, nell'occasione dal viaggio
di Re Carlo da Viterbo a Firenze alla fine di giugno per la via di Arezzo, cioè
per la variante della Cassia ancora in uso, e cioè per Romealla-Ponte Giulio-
Carilina.

(3) Ann., pagg. 132, 157, 158.

(4) Bolla inserita nel Cod. Dipl., pagg. 330, 331, 332.

(5) Il Potthast limita dalle sue Bolle la presenza di Papa Gregorio X in
Orvieto dal 26-6-72 al 5-6-73.

(6) Uccisione avvenuta in Viterbo, nola Chiesa di S. Silvestro, durante la

messa, per mano di Guido di Monforte e di suo fratello. Tale assassinio è indi- .

cato dai nostri cronisti e storici (Cronaca di Luca Manente, pag. 312; Ann.,

pag. 132; MonaLpEscHI, Commentari, pag. 53 verso; MANENTE, Historia, ad.

annum) come avvenuto nell’anno 1270: ma secondo il Pinzi (Storia di Viterbo,
vol. II, pagg. 277 a 296), avvenuto invece in data 1271, a ciò in base a docu-

i

x wp

EE.

TE

ee — v;
prre

"v qug
92 i i GERALBERTO BUCCOLINI

colpevole inerzia del Collegio dei Cardinali. Nella primavera del 1273
assistè, con Edoardo d’Inghilterra e la regina e con Carlo D’Angiò, ai
tardivi ma solenni funerali tenuti nella Chiesa di S. Francesco; ceri-

monia grandiosa e molto onorifica per la città di Orvieto.
Negli anni immediatamente successivi fino al 1280 non abbiamo
da ricordare altri avvenimenti politici importanti, bensi la costru-
è zione, tra il 1276 e 1280 (1), dell'acquedotto detto l'Incannellato
conducente a pressione l’acqua di S. Gregorio fino alle varie fonti,
l'ingrandimento del Palazzo Comunale e dei Sette effettuato nel
1276 (2); quello del Palazzo del Capitano del Popolo effettuato nel
1280 (3); e il gran terremoto del 1277 con danni a S. Maria Prisca,
ripetutosi poi nel 1280, con danni altrove (4); e infine l’ingrandi-

mento del Palazzo Vescovile nel 1281 (5).

Importanza politica assunse la venuta, il 22 marzo 1281, del
nuovo eletto Martino IV, la sua incoronazione in S. Andrea il 23
marzo e la sua più che triennale presenza in Orvieto, salvo alcuni

menti che appaiono irrefutabili. Non spetta a noi di intrattenerci su ciò, ma
possiamo bene. affermare che la data dei funerali solenni celebrati in S. Fran-
cesco non è quella del 1270, fissata dai nostri cronisti e storici ma deve invece
fissarsi nel 1273. E ciò non solo perchè sappiamo dallo stesso Pinzi che, dopo
tolte le viscere ed il cuore (vedi in proposito nota 1 del Fumi, a pag. 312 della
Cronaca di Luca Manente), il cadavere fu provvisoriamente seppellito in Vi-
terbo, nella Cattedrale, fra le tombe di Clemente IV e di Alessandro IV, e che
ne venne rimosso per portarlo in Orvieto nel 1273; ma principalmente perchè
i funerali orvietani furono ordinati da Re Edoardo d’Inghilterra che vi fu pre-
sente con la Regina. Ora, Edoardo assunse il titolo di re solamente quando
succedette a suo padre Enrico III, il quale morì in data 16 novembre 1272. È
perciò che, considerando anche la lunghezza e difficoltà del viaggio e la com-
pagnia della Regina, il che non consigliava il periodo invernale, se ne deduce
che la data precisa dei funerali deve fissarsi nella primavera del 1273, come
concordano gli Annali a pag. 158 (e qui nota 8), e come è stato saviamente
inciso sulla lapide posta sul muro laterale della Chiesa di S. Francesco.

(1) V. Cronaca di Luca Manente, pag. 314 e pag. 316, aa. 1276, 1278 e
1280; Ann., 159, a. 1276; e cfr. PeRALI in Orvieto, ivi, Marsili, 1919, pagg. 2,
3, 28, 31, 75, 168; 1069, 223, 254; 271.

(2) V. Cronaca di Luca Manente, pag. 315, a. 1276.

(3) V. Cronaca di Luca Manente, pag. 316, Ann., pag. 133. La parte in-
grandita da Neri della Greca comprende la torre campanaria e i merli origi-

. nari di quella specialissima forma, intermedia fra la forma guelfa e la ghibel-
. lina, ma piü affine a questa; indizio delle intenzioni di Neri.

(4) Vedi Cronaca di Luca Manente, pagg. 315 e 317.

(5) V. Ann., pag. 133; Cont. Orvieto, pag. 112; Cronaca di Luca Manente,
pagg. 317- pio a. 1281, 82, 84.

triti Roe

pts Sa -

= UU Um
UPON PRIORI. (TIRI TI. PI [ELITE IONE VR rer 174 Da C PONE A POPE GIRI O SAI ci (PR È

SERIE CRITICA DEI VESCOVI DI BOLSENA E DI ORVIETO 93

mesi del primo anno (1). Altrettanto importante fu la nuova venuta
nel 1282, di Carlo D'Angió qui fermatosi con tutta la corte, per piü
di un anno (2).
Fu probabilmente in questa occasione, se non nel 1273, che egli os
donó all'arma municipale l'insegna del rostro d'oro sul petto del-
l'aquila (3); e che autorizzó la generazione Monaldesca di Ermanno
di Cittadino ad inalberare sull'elmo la testa di cervo (4); onorificenza
cavalleresca che fu concausa delle eccessive ambizioni di questo ramo
della grande casata Monaldesca, e delle gelosie degli altri rami. -
La sollevazione popolare contro i francesi al seguito di Carlo,
con.la connivenza del Capitano del Popolo Neri della Greca, il ten-
tativo di sfruttamento da parte ghibellina con la nomina del conte
dell'Anguillara a podestà, la partenza di Martino IV a fine giugno, la
È , reazione guelfa con la finale nomina a podestà dell’Ermanno di Citta-
| dino, che era stato già podestà di Firenze, sono movimenti che lumeg-
| giano questo agitato periodo (5).
| i Nel 1285, ad onta della morte di Re Carlo avvenuta il 7 gennaio,
Í si rinnovó la generale.sottomissione della contea Aldobrandesca (6),
3 ‘e nel 1286 avvenne l’incursione di sorpresa entro Orvieto da parte del
| Conte dell’Anguillara a vendetta della sua precedente cacciata, incur-
sione che portò ‘gravi danni alle persone e alle cose (7). Nel 1287 ad
opera del Vescovo Francesco riavvenne la generale pacificazione.
Alla battaglia di Campaldino dell’11-6-1289, che si concluse con
una grande sconfitta ghibellina, furono uccisi vari Filippeschi interve-
i . nutivi, fra i quali Guidarello CAIO che portava lo stendardo
I! imperiale (8).

(1) V. Ann., pagg. 133 e 159; Cont. Orvieto, pagg. 112; Cronaca di Luca
Manente, pag. 317, a. 1281 e 1282 e pag. 318, a. 1284.

(2) V. Ann., pagg. 112 e 159; Cronaca di Luca Manente, pag. 317, che la
anticipa al 1281.

(3) La*Cronaca di Luca Manente, a pag. 314, data questo al 1273; ma
non sarebbe stata un'occasione propizia quella dei funerali.

(4) Vedi MoNALDEscur, Commentari, carta 89 r. ove riporta delle Effeme-
E ridi d'Italia di Eleuterio Mirabello il periodo « Hermannus construxit castrum
E VE quod vocavit Cervariam a Cervo sibi donoto a Rege Gallorum ».

(5) Vedi in proposito Ann., pagg. 160, 183, 184, 185; Cont. Orvieto, pag-
gine 112, 115, 116; Cronaca di Jua Manente, pag. 318 ad annum e spec. ivi
E nota 2 de Fuwmr.

(6) Reg., doc. 6, 9, 10, 11.

(7) Cronaca di Luca Manente, pagg. 319-320, ad annum.

(8) Ann., pag. 162 e ivi nota 3; Cronaca di Luca Manente, pag. 321,
ad annum.
94 GERALBERTO BUCCOLINI

Sembra che in quell’anno sia passato per Orvieto il re di Napoli,
Carlo II lo Zoppo, che ripassò poi nel 1301 (1).

Nel 1290, Montemarte venne venduta a Todi contro il versamen-
to di 25.000 fiorini d’oro (2).

Per la venuta di Nicola IV, e per la cerimonia della messa della
prima pietra della costruzione del Duomo nell’anno 1290 non ci ripe-
tiamo su quanto abbiamo detto nella Serie (3).

Nel 1292 e 1293 avvennero guerre contro Amelia è Porchiano da
una parte e Saturnia dall’altra, e nel 1294 fu ripresa la guerra per la
rioccupazione di Bolsena e dei Castelli del Lago; mentre fu fatta una
tregua per Acquapendente col Governatore e Cappellano Papale Frate
Jaco di Pocapaglia (4).

Papa Bonifacio VIII, eletto successivamente il 24 dicembre 1294,
lanciò su Orvieto nell'anno 1295 l’interdetto, ed ordinò il ritiro dalla .
città del Vescovo e di tutto il clero, salvo gli addetti alla custodia delle
cose sacre ed all’applicazione dell’estrema unzione (5). Ma gli Orvie-
tani non si perdettero d'animo, e, mentre mantenevano il loro esercito
nei castelli di Val di Lago e nelle terre Aldobrandesche, consigliati ed
appoggiati anche dal loro antico vescovo Francesco trasferito alla

‘ diocesi fiorentina, inviarono al Pontefice un ambasciatore nella per-

sona del Capitano del Popolo Ubaldo degli Antelminelli, in progresso
di tempo coadiuvato da un’ambasceria speciale composta del vecchio

ma autorevole Ermanno di Cittadino dei Monaldeschi e di Simone

di messer Ranieri di Guido.
La legazione ottenne completo favorevole risultato, come è mani-

festo dalle diverse bolle e dai diversi documenti inseriti nel Codice

Diplomatico (6). Alla resipiscenza del Papa si possono però attribuire

(1) Ann., pag. 162; Cronaca di Luca Manente, pagg. 321 e 336, ad annum.

(2) Ann., pag. 133 e nota 3; Cronaca di Luca Manente, pagg. 321 e n. 5
seg. a pag. 322.

(3) Rimandiamo il lettore alla lettura dei storici, nonché della Cronaca di
Luca Manente, pag. 322, a. 324; degli Annali, pagg. 133, 134, Ho 186; della
Cont. Orvieto, pag. 119.

(4) Ann., pag. 134 e nota 2; id., pag. 162 e nota 11; pag.. 163 e nota 2, e
pagg. 164; Cronaca dii Luca Manes pagg. 325 e 326. -

| (5) Per tutta la vertenza vedasi Cronaca di Luca Manente, pag. 327, anno
1295 ed ivi nota 1; Ann., pagg. 134, 163, 164, 166, 167, 168 con note; Cont. Or-
vieto, pagg. 119 e 120; e Cod. Dipl., doc. già indicati nella nota 2 della biogra-
fia del Vescovo Leonardo e cioé i doc. 570, 571, 572, 573, 574, 575, 576, 577
e 578 del Codice Diplomatico.
(6) Vedasi nota antecedente.
———M—m "

OPERE

SERIE CRITICA DEI VESCOVI DI, BOLSENA E DI ORVIETO 95
cause ben diverse e meno onorevoli di un ragionato riconoscimento.
di diritto; e ciò quando si pensi sia all’effettuato matrimonio di Lucre-
zia Caetani di Benedetto, nipote del Papa, col giovane Ermanno di
Corrado, nipote «ex filio » dell'ambasciatore orvietano Ermanno di
Cittadino; nonché alla certo convenuta nomina di Benedetto Caetani.
a conte Palatino e Vicario di Orvieto nelle terre Aldobrandesche, qua-
lora andasse all’aria, come fu, il matrimonio altresì trattato fra Mar-
gherita, figlia del conte Rosso e vedova di Guido di Monforte e di Or-
sello Orsini, con Loffredo Caetani (1). Quindi la scomunica mantenu-
ta e l’esilio inflitto ai « Patratores » (patrocinatori) della ribellione di

‘Orvieto al Papa, fra cui Faffuccio dei Medici, Leonardo Butricelli,

e Giovanni e Conte di Buongiovanni di Conte di Fummo professore
di legge, non fu probabilmente che un indegno episodio della politica
commedia (2).

L’appoggio di Bonifacio VIII alla città di Orvieto non si limitò
alla vertenza per le terre di Val di Lago; ma si estese sia pure con dop-
pia mira anche alle annose sue vertenze con Todi colla quale nel 1301
fu fatta pace e società «de mandato domini Pape » (3).

Sono quindi pienamente giustificate le onoranze tributate dagli
orvietani a Papa Bonifacio VIII, per il quale, oltre a nominarlo ripe-
tutamente a Podestà e Capitano del Popolo, e a dipingerne lo stemma
nel Palazzo del Popolo e per tutte le case della città, fu decretata l'ele-
vazione di due statue di marmo sulle porte principali della città, sta-
tue, delle quali una sola vi è rimasta per secoli, quella sulla Porta Mag-
giore; mentre l’altra sulla Porta Postierla vi è stata rielevata di re-
cente (4). E forse non è sua; ma di Nicola V. Vedi nota 1 a pag. 336 -
della Cronaca di Luca Manente.

Durante questi tre ultimi anni del pontificato di Bonifacio VIII,

(1) Vedi a riguardo di questo tentato matrimonio di Margherita con Lof-
fredo Caetani, Ann., pag. 169 e Cronaca di Luca Manente, pag. 329, a. 1296.

(2) In Cont. Orvieto, pag. 120 vi è una interessante biografia di Bonifa-
cio VIII in cui viene ostilmente qualificato come indegno e legato allo spirito
maligno; e vi è esplicitamente detto che fece «una pace ignominiosa cogli Or-
« vietani sottomettendo ad essi le terre di Val di Lago con vituperio della Chie-
«sa per beneficiare il suo nipote Benedetto, cui devolse la contea Aldobran-
« desca, la quale però non andò a Benedetto ma la presero gli orvietani ». Analo-
gamente è detto in Cronaca Urbevetana, in Effemeridi, da pagg. 199 a 201.

(3) Ann., pag. 173, a. 1301, Cronaca di Luca Manente, pag. 335 ed ivi
nota 15.» i | ESE

(4) Ann., pag. 170 ed ivi nota 3 e 5. Cronaca di Luca Manente, pagg. 329-
330 e qui nota 1 e 2, ed anche le pagg. 331 a 337 con tutte le note del Fumi.
96 > GERALBERTO BUCCOLINI

‘ sono anche da ricordare la battaglia di Radicofani del 22 luglio 1300,
la sconfitta guelfa in cui lasció la vita Corrado figlio del vecchio Er-
manno e padre del nuovo, e la ripresa di tale Castello nel 1302 ad ope-
ra del Cardinale Teodorico (1).

Ma mentre Orvieto gioiva per questa nuova vittoria che spinse:
tutti i conti Aldobrandeschi a nuova piena sottomissione (2), e rimise
tutti i paesi di Marittima sotto il suo alto dominio moriva in Roma,
schiantato dallo schiaffo di Sciarra Colonna, il suo grande protettore,
Bonifacio VIII (3). -

E si era chiuso il secolo xii, che aveva posto la città di Orvieto
alla pari delle altre città maggiori d'Italia centrale, l'aveva arricchita:
di un vasto territorio soggetto, e l'aveva adornata di palazzi pubblici
e privati, delle numerose belle chiese erette, e principalmente del
Duomo che si stava erigendo; ma che purtroppo, nell'ingrandimento
eccessivo per ricchezze e generazioni della casata Monaldesca aveva
allevato le male serpi che colle smodate ambizioni e col reciproco
odio velenoso dovevano distruggerne ogni vitalità.

Crediamo: opportuno chiudere questa succinta nota precisando
due importanti modifiche alla costituzione politica: apportate nella

‘ seconda metà del secolo xir. i

Luca Manenti nella sua Cronaca, e così il Cipriano Manente ed
il Monaldeschi, danno come esistita fin dal 1200 la magistratura
del Capitano. Come ci illumina il Fumi, nella nota 2:a pag. 280 delle
Effemeridi, la instituzione di tale magistrato avvenne anche in varie
parti d'Italia solo molto più tardi, nella seconda metà del secolo xit,

| con l’appellativo di Capitano del Popolo; e cosi, riguardo ad Or-
vieto, il Pardi nei suoi Supremi Magistrati Orvietani riporta al 1251
il primo assunto a tal carica, che sarebbe stato: « Rufino de Man-
dello da Milano», già Podestà nel 1250. Vedi Pardi, l. c., II ed.,
pag. 98. :

In questa seconda metà del xItI secolo, — secondo il Fumi a nota
1 pagg. 323 delle Effemeridi — appare per la prima volta nell'anno
1292, tra il marzo e il PBlieno; la magistratura dei Signori Sette, per

Y
j
n Y
«B
i : \
MP À
IST ca È j
#1 y
bL. AA
| p,
A dit
KS i
EE LA 8
H j/
y/
AZZ
B^ 4
10
i ì
inh
BE (db
t iM
M a
di
H SAI
B Ì
|
i | jl
| i
TA RR
i

(1) Ann., pag. 172, a. 1300; Ann., pag. 173, a. 1302. Cronaca di us Ma-
nente, pag. 334, a. 1300 e pag. 337, a. 1302.

(2) Reg., doc. 16 e 17.

(3) In Cont. Orvieto, pagg. 124-25. Nella narrazione del fatto é notevole la
. notizia che furono fatti prigionieri da Sciarra i due nipoti del Papa « Loflredus
et Benedictus eius filius ». Ambedue a Orvieto ben noti, come sopra abbiamo
detto.

e Ma

=

ptu
peter

rri T eae
Ou

gm e

"i Rete o m ee
hj
SERIE CRITICA DEI VESCOVI DI BOLSENA E, DI ORVIETO 97

la elezione essenziale era la non appartenenza alla nobiltà. E a tale
proposito é interessante osservare che, data tale condizione, questa
nuova magistratura, nella forma inspirata a quella del Consiglio dei
Dieci della Repubblica Veneta, nella sostanza aveva scopo completa-
mente contrario, cioé in difesa della parte popolare e non della no-
biltà, come fu il veneto consiglio dei dieci.

UNDE:

Dall'anno 1304 all'anno 1347.

Nel primo dodicennio del secolo decimoquarto si ripeterono, co-
me già nel cinquantennio precedente e per analoghe ragioni, le, ribel-
lioni, le incursioni, le razzie e le sottomissioni nel territorio orvie-
tano. Fra i capi più in vista in tali movimenti citiamo Nello Pan-
nocchieschi, conte della Pietra (1), e Manfredi dei Prefetti di Vico (2). 2

Ma il maggiore degli avvenimenti per la sua importanza e per la
gravità delle sue conseguenze, fu quello che si produsse entro la città,
nell'estate del 1313.

I ghibellini interni; che mal si adattavano alla convivenza colla
maggioranza guelfa, eccitati dalla discesa in Italia di Enrico VII, co-

(1) Pretendente alla mano, o meglio, al feudo della quasi cinquantenne
Margherita Aldobrandeschi, figlia di Ildebrando detto il conte Rosso, il mag-
giore dei quattro fratelli che nel 1216 avevano dovuto piegarsi al dominio di
Orvieto (Ved. Cod. Dipl., docc. 106, 107, 120 ed altri seguenti). Il conte Rosso
era sempre'rimasto fedele domicello guelfo di Orvieto, colla sua contea di Piti-
gliano e Sorano, ed era morto in Orvieto nel 1284 (Annali, pag. 160; Cronaca
di Luca Manente, pag. 318 ed ivi note 4 e 5). Margherita ebbe tre mariti:
il conte Guido di Monforte, il conte Orsello di Rinaldo Orsini, il cugino
conte Guido figlio di Aldobrandino, quarto dei suddetti fratelli Aldobrandini.
Tra il secondo ed il terzo marito vi furono due pretendenti: Loffredo Gaetani,
nipote di Bonifacio VIII, partito da Orvieto in gran pompa per tale matrimonio
ma evidentemente non gradito perché il matrimonio non ebbe luogo (V. Cro-
naca di Luca Manente, pag. 329); ed il suddetto Nello Pannocchieschi che pare
abbia avuto con lei tresca, senza riuscire a sposarla (cfr. in part., Cronaca di
Luca Manente, pag. 326, con nota 5; pag. 336 con nota 5; pag. 339 con nota
5, ed in genere tutti i ns. cronisti ed annali). yas

° (2) Vedi per tutti i vari avvenimenti: Annali, pag. 135 ed ivi nota 2;
pagg. 174-176; Reg., doc. 75, 90, 91, 92, 127, 128, e Cronaca di Luca Ma-
nente àd annos).

b
NE

x ont

98 / A GERALBERTO BUCCOLINI

ronato imperatore il 29 giugno 1312, ritennero giunto il momento di
tentare la totale occupazione di Orvieto. 3

E quindi, sotto il comando di Bindo conte di Baschi, di Buccio -
dei Beccari, stipendiato dall'Imperatore, e di Bernardo Tosco, tutta
la gente filippesca e ghibellina uscì il 26 agosto, a battaglia, dopo aver
fatto entrare in aiuto, da Porta Vivaria, 800 cavalli e 300 pedoni, con-
dotti, sembra, da Manfredi di Vico e da Sciarra Colonna (1). .

La battaglia volse nei primi giorni in loro favore, ma poi, essen-
do giunto in soccorso dei guelfi un forte corpo di cavalieri, composto
principalmente dalle genti perugine, fatti entrare da Porta Maggiore,
avvenne il 20 agosto la rotta completa dei ghibellini, con la morte dei
Capitani Bindo, Buccio e Bernardo, e di moltissimi combattenti, la
prigionia di altri, e la fuga del rimanente per Porta Vivaria. L'inter-
vento dei cardinali già ricordati nella Serie, salvó sembra la vita a

Sciarra Colonna e a Manfredi di Vico, il quale rimase però sempre pa--

rato ai danni di Orvieto.
La completa vittoria guelfa portò per conseguenza il dominio

assoluto entro la città della numerosa famiglia Monaldesca, nella

quale primeggiavano tre rami principali: la figliolanza di Corrado di
Ermanno di Cittadino, nei nomi di Ermanno, di Berardo e di Beltra-
mo; la figliolanza di Pietro Novello di Ranieri di Monaldo, nei nomi
di Napoleuccio, di Monaldo e di Pepo; e quella di Buonconte di Ugo- -
lino di Buonconte, nei nomi di Ugolino di Monaldo e di Benedetto.

Questi non seppero conservare la serenità del giudizio di fronte
al grave pericolo corso, ed anzi, a differenza di quanto aveva deciso
per la sua Firenze il ghibellino degli Uberti dopo la vittoria di Monte-
aperti, ma in correlazione a quanto più volte in Orvieto già si era fatto,
fu l'Ermanno di Corrado di Ermanno di Cittadino, allora rappresen-
tante il ramo più ricco e forte del Monaldeschi, ed uno dei cinque sa-
pienti chiamati a reggere temporaneamente la città, il quale propose
che tutti i Filippeschi ed i loro seguaci dovessero essere banditi ed
estirpati, le loro case e fortezze distrutte dalle fondamenta, e i loro
beni posti in vendita, sovvertendo cosi anche i piü rispettati postulati
del diritto (2)- |

E cosi fu approvato. Le case incendiate dentro la città furono

(1) V. per questa battaglia e per le sue conseguenze oltre alla Cronaca di
Luca Manente, pagg. 351, 352, 854, n. 1 e 355; Annali, pagg. 178, 186, 187,
188, 189, ed ivi, n. 1; Cont. Orvieto alla Cronaca di M. Polono, pag. 131; Mo-
NALDESCHI, Commentari, carte 71 a 74; Cod. Dipl., note da pagg. 412 a 419.

(2) V. MonaLpEscHI, Commentari, pag. 76 recto, righe 9 a 21.:
SERIE CRITICA DEI VESCOVI DI BOLSENA E DI ORVIETO 99

trecento (1), e i castelli dei Filippeschi andarono in gran parte nelle
mani della casata Monaldesca dei figli di Buonconte di Ugolino. |
J A ringraziamento verso Perugia del valido e tempestivo aiuto
prestato le fu concesso il dominio di Marsciano i cui conti erano Domi-
celli di Orvieto (2); e, con l'abituale pervertimento del senso religioso
comune a tutti i popoli e a tutti i tempi, non si mancó di nominare
| protettore della città S. Bernardo, santo titolare del 20 agosto, gio
nata della grande vittoria guelfa (3).

* * *

Nel diciassettennio immediatamente successivo, il governo di
Orvieto dovette far fronte alle conseguenze della vittoria, e, quindi,
ai suoi stretti legami di parte guelfa. Dovette ‘anzitutto fare una ca-
valcata contro Vitozzo e Bisenzio minaccianti ribellione (4). Fu pre-
sente con 50 dei suoi cavalieri alla battaglia di Montecatini del 29
agosto 1315, ove i Pisani e Ghibellini collegati, condotti da Uguccione
della Faggiola, inflissero piena sconfitta all’esercito fiorentino rinfor-
zato dai guelfi dell’Italia centrale fra cui Perugini ed Orvietani (5).

Un corpo armato guelfo orvietano andò in soccorso dei Guelfi
di Montefiascone cacciati dai Ghibellini, mentre il Canonico Bernardo
di Cucuiaco, o «de Lucinano » (6), Vicario del Rettore del Patrimonio,
sembra, d’accordo coi Ghibellini, si era chiuso nella rocca (7).

Dopo un primo successo i Guelfi Orvietani dovettero ritirarsi in
fuga (8) di fronte al forte soccorso ghibellino di Viterbesi e Velletrani,
condotti da Manfredo di Vico allora Rettore di Viterbo, avanguardia
forse del grosso esercito formatosi a Pisa intorno a profughi Filippe-
schi, preannunciato dai Senesi. (9); e che, condotti, oltre che dal sud- -
detto, anche da Guido di Bisenzio, dai conti di S. Fiora, dal conte Do-

(1) V. Cronaca di Luca Manente, pag. 351, n. 1; MonALDESCHI, Commen-
lari, carte 73 verso.

(2) V. Cronaca di Luca Manente, 355.

(3) Ivi, 352; Ann., pag. 180, n. 5.

(4) Ivi, 355 n. 1 e 2.

(5) Ivi, 353 con n. 7.

. (6) V. Cod. Dipl., pag. 427, doc. 620.

(7) V. Cronaca di Luca Manente, pag. 356; Ann., pagg. 179-180; Cont. Or-
‘ vieto alla Cronaca di M. Polono, pagg. 132, 133 e 134.

(8) V. Cronaca di Luca Manente, a. 1316, pag. 356 ed ivi n. 2; Ann., pa-
gina 179 con n 5; e 180. /

(9) Cod. Dipl, pag. 424, doc. 619.
100 : GERALBERTO BUCCOLINI

menico dell'Anguillara, dai Signori di Monte Merano e da altri, dopo
aver liberato Montefiascone e assediata inutilmente Acquapendente,
compì nel 1316 una grande incursione su tutto il territorio orvietano
dall'Alfina fino a Tor di Monte; per poi tornare attraverso il piano di
Orvieto per Rocca Ripesena e per Via del Petroio, saccheggiando Po-
rano e Sugano (1).

Orvieto ricostitui un decus potente che, condotto da Napo-
leone o Poncello Orsini, nominato capitano della guerra, dopo aver
validamente difesa la città, compì una grande dimostrazione di forze
in tutto il territorio dell’Alfina e di fronte a Viterbo, attaccò poi e.
prese Bisenzio (2) facendo prigionieri due figli di Guitto e conducen-
doli in Orvieto. Essendosi poi Guitto, d’accordo col Vicario del Patri-
monio, impadronito del galeone che gli Orvietani possedevano sul Lago
di Bolsena, il popolo orvietano, inferocitosi, trasse di carcere i figli di
Guitto e li uccise, per il chè Poncello, adirato per tanta crudeltà, si
dimise dalla sua carica, venendo sostituito da Ermanno di Corrado (3).

Nel 1317 le forze orvietane, dopo un primo tentativo di ripren-
dere l’ Abbadia S. Salvatore, occupata dai conti di S. Fiora (4), ave-
vano provveduto alla sottomissione di Montemerano e Vitozzo (9),
per completare in seguito, con l'appoggio di Romano Orsini conte di
Pitigliano (6) e dei signori Guasta di Radicofani, la ripresa dell’ Ab-
badia (7), e la sottomissione dei conti di S. Fiora (8); avendo di già
fatto pace con Viterbo (9) e Toscanella (10), nonchè col Vicario del
Patrimonio (11); ed avevano infeudato poi Bisenzio ad altri di quella
famiglia (12).

(1) Cod. Dipl., 424 e 425 nota al doc. 619; Cronaca di Luca Manente, pa-
gina 357.

(2) Cont. Orvieto dalla Cronaca di M. Polono, pag. 133.

(3) Cod. Dipl., pag. 424, nota al doc. 618. MONALDESCHI, pag. 77 verso.
Cont. Orvieto alla Cronaca di M. Polono, pag. 133.

(4) Cronaca di Luca Manente, pagg. 358- 359 ed ivi n. 2, pag. 360 ed ivi n. 2.

(5) Ivi, pag. 360, n. 3 e 4.

(6) Marito della contessa Anastasia, figlia unica di Margherita e di Guido
Monforte. Dall'unione di Anastasia con Romano Orsini ebbe principio la nuova
casata Orsini di Pitigliano, che si illustró col nome di Nicola Orsini, difensore
di Padova.

(7) Cronaca di Luca Manente, pag. 362.

(8) Ivi, pag... 362, Reg., doc. 26 e 171.

(9) Cod. Dipl., pag. 439 doc. 626.

(10) Cod. Dipl, pag. 444, doc. 629.
(11) Cronaca. di Luca Manente, pag. 360; Reg., doc. 148.
(12) Ivi, pag. 361; Cod. Dipl, pag. 441, doc. 627.
SERIE CRITICA DEI VESCOVI DI BOLSENA E DI ORVIETO 101

Nel 1318 e 1319 e poi nel 1320, a seguito della nuova lega guel- |

fa (1), forze orvietane andarono contro i Ghibellini di Spoleto e di
Assisi (2), e mossero in Maremma contro Castelfranco ove si era rifu-
giato Neri di Montemerano, che la contessa Anastasia, presso la quale
Si era ricoverato, dovette consegnare ad Orvieto, ove fu fatto a pezzi
dal popolo (3); mentre che con la cessione di Manciano e di Orbe-
tello, e con la sottomissione di Ansedonia, i suoi figli furono assoluti
e riconfermati (4).

Fin dal 1319 il capitano viterbese Torello, di parte ghibellina, in
accordo coi Colonnesi, era rimasto in armi nel Castello di S. Savino,

giungendo nel 1320 a far prigioniero Benedetto Caetani, che aveva.

coperto le funzioni di Podestà di Viterbo, in un breve periodo di su-
premazia di parte guelfa in quel Comune. Sul cadere dell’anno il
Castello fu ripreso e il Caetani liberato (5). Rimasero però predomi-
nanti ie forze ghibelline a Corneto e a Canino che fu perduto nel 1321,

essendo sopraggiunti rinforzi da Tuscania e Viterbo ritornate a parte . -

ghibellina. Essendosi quindi riaccesa la guerra con Viterbo, venne rie-
letto a Capitano del Popolo e della guerra Poncello Orsini, tra la ge-
losia dei Monaldeschi, per il che nel 1322, di fronte alla ribellione
sorta contro di lui, dovette nuovamente ritrarsi dal suo posto inse-
diandosi a Civitella d’ Agliano; mentre venne eletto a Podestà Bonuc-
cio di Pietro dei Monaldeschi (6).

Nel 1322 si ribellò Cetona, risottomessa rapidamente (7), e nel
1323 sotto la guida di Deo dei Tolomei, profugo da Siena, momenta-
neamente in potere di parte guelfa guidata dai Salimbeni, avvenne
una grave incursione ghibellina nel territorio maremmano, senza pe-
raltro conseguenze definitive (8).

Va ora posto in luce come, dopo la vittoria sui ghibellini dell'a-

(1) Cod. Dipl., pag. 428, doc. 621.

(2) Cronaca di Luca Manente, pagg. 363 e 367.

(3) Ivi, pagg. 365 e 366.

(4) Ivi, pag. 367 ed ivi n. 1.

(5) Benedetto Gaetani, nominato da Papa Bonifacio VIII conte pala-
tino, non ebbe mai l'effettivo dominio della contea Aldobrandesca, che rimase
sotto Orvieto: come precisa anche la continuazione della Cronaca di Martin
Polono a pag. 120, il Cod. Dipl, a doc. 211 e i Regesti a doc. 172. Dovette
quindi limitarsi ad essere podestà o capitano di parte guelfa qua e là, e cosi
a Orvieto, Siena, Viterbo e Castro.

(6) Vedi Cronaca di Luca Manente, pagg. 372, 375 e 376 con nota 1.

(7) Ivi, pag. 377.

(8) Ivi, pag. 378 e n. 2 che merita controllo.
102 GERALBERTO BUCCOLINI

gosto 1313, rapidamente si erano accese gelosie e discordie fra i mag-
gioranti di parte guelfa, ed essenzialmente fra i membri delle varie
generazioni Monaldesche (1). Una prima importante traccia di discor-
‘die è la notizia della sollevazione popolare contro Poncello Orsini,
quando si dimise da Capitano per la uccisione dei figli di Guitto, sol-
levazione effettuata al grido di: Vivat Mannus, cioè viva Ermanno di
Corrado, che era allora il più ricco e onorato componente di tutta la
casata Monaldesca. Come già si è detto, l'Orsini, richiamato nel 1321,
fu nuovamente obbligato ad andarsene nel 1322, e fu sostituito da un
altro rispettato componente la casata, e cioè da Bonuccio di Pietro (2).
Così son da ricordare le brighe di Pietro Novello fratello al Bo-
nuccio di Pietro, e dei suoi figli Monaldo e Napoleuccio (3), che ebbero
risse sanguinose prima con la gente del capitano Poncello, poi con
Neri di Sceo Monaldeschi al Monastero di S. Severo nel 1322 (4), e
- quindi con Ugolino di Buonconte nel 1325 entro la chiesa di S. Fran-
. cesco (5); ed infine l’uccisione di Giovanni di Silvestro di Ranieri Gatti
di Viterbo effettuata dai conti di Corbara Montemarte per vendetta
di Cecco di Farolfo, della loro casata, rimasto ucciso a tradimento nel
conflitto di Montefiascone del 1315; e siccome l'ucciso Ranieri era
genero di Ugolino di Buonconte dei Monaldeschi, ne risultó grave di-
scordia fra le due famiglie (6).

Nel 1325 forze orvietane, in accordo col Capitano del Patrimonio,
andarono contro le Rocchette di Salinguerra (7) demolendo il Castello,
e contro Trevinano; e si ritrovarono ancora col Duca Giovanni di Ca-
. labria contro Viterbo, impresa poi abbandonata, per la guerra sorta
in Roma tra gli Orsini uniti ai Gaetani, ed i Colonna. Si andava frat-
tanto maturando un piü grave avvenimento a Chiusi vivamente desi-
derata dai Perugini, i quali nel 1327 la occuparono parzialmente, co-
stringendo il Podestà orvietano Vanni di Nericola Monaldeschi a rin-

(1) Ivi, pag. 367 e pagg. 372 e 375.

(2) Cfr. PARDI, Sup. Mag., ed. prima, pagg. 384, 385; Cronaca di Luca
Manente, pag. 372 e pag. 376, n. 1; Ann., pag. 182 ad annum, ed ivi n. 5,
6,7; MonaLpEscHI, Commentari, pag. 77 verso e pagg. 81 e 82, nonché ci-
tazioni anteriori. i

(3) Cronaca di Luca Manente., pag. $7 e pag. 375.

(4) Ivi, pag. 378.

(5) Ivi, pag. 382 ed ivi n. 2.

(6) Ivi, pag. 380; St. di Manente, in Effem., pag. 416. Ivi, 417; e Cronaca
;di Montemarte in ed. Gualterio, pagg. 10 e 11.

(7) Cronaca di Luca Manente, pag. 383 con n. 2.
SERIE CRITICA DEI VESCOVI DI BOLSENA E DI ORVIETO 103

serrarsi nel cassero. Vane essendo riuscite con Perugia le rimostranze
diplomatiche, una forte truppa orvietana rioccupò Chiusi (1).

Nel 1328 Lodovico il Bavaro, coronato imperatore a Roma il 17
gennaio, avuto sentore delle gravi discordie interne, pose le sue mire
su Orvieto a mezzo del suo capitano Egidio, senza peraltro poter con-
cludere niente, avendo avuto i discordi Orvietani almeno il pudore di
non prestarsi a tale tradimento. Gravi danni però le forze imperiali

‘produssero nel territorio, e specialmente a Bolsena, finché, essendo

intervenute le forze del Patrimonio, prima sotto gli ordini del vescovo
Guitto, poi — dopo la morte di questi — del legato apostolico cardinal.
Giordano Orsini, tutto fu rimesso in ordine, cosicché nel 1329, dopo
l'uccisione di Silvestro Gatti per opera di Facciolo di Vico, fu posto
termine anche alla guerra e alla preponderanza ghibellina in Viterbo,
ove anzi fu eletto podestà il su nominato Bonuccio di Pietro dei Mo-
naldeschi di Orvieto.

E quindi ben comprensibile come, dopo il notevole vantaggio

dalla parte guelfa nella sistemazione viterbese, si sia tentata la paci-

ficazione interna, a mezzo dei nuovi podestà e capitani perugini no-
minati in Orvieto nel 1330, e cioè Bicello di Gualfreduccio Baglioni
nel I? semestre; e Baglione Novello Baglioni nel 29; tentativo che par-
ve giunto a buona fine ad opera del primo, per merito del quale il 15
giugno in Piazza del Popolo, presente il Vescovo e tutto il Clero, fu
fatta pace fra i diversi partiti, a cominciare dai Montemarte e. dai
Monaldeschi; cosicchè il detto Bicello fu creato cavaliere ed ebbe in
dono dal Comune 1100 fiorini d'oro (2). |

Ma evidentemente non furono che speranze fallaci, poiché le di-
scordie risorsero piü vive tre anni dopo, quando cioé, ad opera dei
Perugini, risorse la questione di Chiusi che essi ritentarono di ridur-
re al loro dominio. i

Subito corse Napoleuccio di Pietro Novello coi suoi seguaci, e
discacció i Perugini e riprese la terra per il Comune di Orvieto, ma
Ermanno di Corrado, nascostamente d'accordo coi Perugini, gli si
oppose, e, con Ugolino di Buonconte ed altri seguaci, gli andó incon-
tro e vennero al fatto d'arme. Ma Ermanno e i suoi furono vinti, e
Napoleuccio coi suoi fratelli rimasero padroni di Chiusi (3).

(1) Vedi nota su Chiusi ad a. 1333, pag. 53. |

(2) Vedi Effemeridi, pag. 428 con note: e Cod. Dipl., pag. 433, not; al doc.
637; e Annali, pagg. 190, 191 e qui n. 1. y : :

(3) Per la questione di Chiusi é bene confrontare ed analizzare la Historia
di Cipriano Manente ed. in Effemeridi a pag. 420 e nota 1, pag. 430 e nota 3e
104 f GERALBERTO BUCCOLINI

La gravissima conseguenza di tale dissidio si ebbe nel 1334,
-quando Napoleuccio, inorgoglito del suo successo, si ripresentó in
| Orvieto, forse per sfidare la potenza sempre crescente di Ermanno.

La precedente uccisione di Ugolino della Greca del partito di
Ermanno da parte del seguace di Napoleuccio, Vanni dei Mazzocchi, fu
sprone alla vendetta. Così il 20 aprile una brigata di armati guidati da
Corrado di Ermanno e da Ugolino di Buonconte attaccò Napoleuccio
e i suoi, uccidendolo.

Tutta la città si levò allora in arme; ma per l’onnipotenza di Er-

manno e di Ugolino di Buonconte gli uccisori dopo breve esilio ad
Onano ed a altri luoghi (1) furono assolti (2). I partigiani dell’ucciso
furono invece cacciati dalla città e fu in tale occasione che i Monal-
deschi della sua famiglia, e cioè i fratelli Monaldo e Pepo di Pietro-
novello e lo zio Bonuccio di Pietro alzarono a loro insegna il cane
mordente la scritta «pur ch'io possa ».
—. . L'uccisione di Napoleuccio che, secondo quanto leggiamo nella
Cronaca di L. Manente (3) fu uomo d’arme, di audacia e di seguito,
.e che dal Montemarte è qualificato quale « maggior cittadino e si-
gnore di Orvieto » (4), risulta il più saliente avvenimento del nuovo
indirizzo della coscienza formatasi fra i maggiorenti della città.
È questa circostanza che alla città di Orvieto spetta incontrastato
il predominio sulle consorelle italiane’ nella qualifica di città del-
l'odio; odio che la condusse in meno di un secolo alla completa de-
solazione.

Subito dopo tale assassinio Ermanno fu fatto signore a vita della:

pag. 431 e nota 2 cogli Annali a pag. 192, con i docce. 651, 652 a pagg. 478 e 479
del Cod. Dipl., con note, e col doc. 644 a pagg. 462, 463, 464 dello stesso Cod.
Dipl. con note relative, con il ricordo ‘delle azioni di Pietro Novello come del
padre di Napoleuccio, Monaldo e Pepo, e con le ripetute notizie di costoro,
che abbiamo più sopra ricordato, e infine coi Commentari del Monaldeschi a
pag. 89 recto: e non sarà difficile persuadersi che l'azione su Chiusi nel 1327
fosse stata ordinata coscientemente dal Comune di Orvieto; e che a quell’a-
zione può essere stato forsé presente il Pietro Novello; ma che invece l'azione
di Chiusi del 1333 deve essere stata eseguita direttamente dal Napoleuccio e
fratelli, come asserisce Cipriano Manente, ripetendola ingenuamente dal 1327.
Nel 1333 si spiega ciò più facilmente, con la reazione dei Cervareschi, cioè con
l'uccisione di Napoleuccio nell'anno immediatamente successivo.

(1) Effemeridi, pag. 433. I

(2) Cod. Dipl., pag. 484, doc. 655.

(3) Effemeridi, pagg. 353, 372, 378, 379, 382.

(4) Effemeridi, pag. 216; ed ediz. Gualterio, pag. ‘10.
SERIE CRITICA DEI VESCOVI DI BOLSENA E DI ORVIETO 105

città, il 14 maggio 1334, BE titolo di Gonfaloniere del popolo e della
giustizia (1). r

Rimase a capo di Orvieto 3 anni, durante i Box dopo aver ce-
duto Chiusi ai Perugini per poter contare sul loro sostegno, rafforzò
il dominio di Orvieto su tutto il resto del.territorio e specialmente sul
territorio Aldobrandesco o Marittima (2), e compì notevolissimi mi-
glioramenti nella viabilità dei dintorni (3).

Ma le benemerenze del suo governo, non salvarono Ermanno dal-
l'adottare due provvedimenti che furono poi fatali ai suoi diretti suc-
cessori: il prepotere della sua autorità su quelli che lo avevano aiutato
a raggiungere la signoria e cioè Ugolino di Buonconte e Petruccio di
Montemarte, ed il consenso al matrimonio del fratello di Ugolino,
Benedetto, con Violante di Nicola Orsini (4).

Il dominio di Ermanno fu breve, di un solo triennio, dacchè egli
morì nel 1337, sembra in luglio (5).

La successione ad Ermanno nella Signoria di Orvieto, bramata
dalla sua fazione per la persona del fratello suo, Beltramo, Vescovo

. di Orvieto, fu vivacemente osteggiata non solo dai figli di Buonconte,

cioè da Ugolino, Monaldo e Benedetto, che in tale occasione inalbera-
rono sull'elmo l'emblema della Vipera, egualmente velenosa al Cervo
e al Cane; ma eziandio da tutti gli altri Monaldeschi, che, con a capo
ser Ciuccio di Nericola, si erano raggruppati sotto l'insegna dell' Aquila,
emblema del popolo nello stemma comunale; nonché dai Conti di Mon-
temarte. Superfluo parlare di quelli. del Cane (6).

Tale generale opposizione portò per conseguenza un governo di
compromesso, che durò forse fino al 23 marzo 1338 (7). Consecutiva-
mente a questa data, e anteriormente forse al 22 aprile 1338 (8), si
può riferire lo specialissimo avvenimento narratoci da storici dell’e-

(1) Cod. Dipl., pag. 491, nota al doc. 655.

(2) Vedi Cod. Dipl., pagg. 492, 493, 494, doc. 656, 657, 658.

(3) Effemeridi, pag. 435; MoNALDEscHr, Commentari, pag. 90 verso; An-
nali, pag. 192; Cronaca di Montemarte, ed. Gualterio, Vol. II, pagg. 21 e 22;
PARU Signoria di Ermanno Monaldeschi in Orvieto.

(4) MonaLDESCcHI, Commentari, carta 91, righe 18 a 22; CIAO MANEN-
TE, Historia, ed. Effemeridi, pag. 438.

(5) CiPRIANO MANENTE, Historia, ed Effemeridi, pag. 438, n. 4; Monte-
marte Cronaca in ed. Gualterio, Vol. II, pag. 23, n. 8. , X

(6) Montemarte, Cronaca, ed. Gualterio, pag. 12; Id., ed. Effemeridi, pa-
gina 217 con nota 3 e pag. 218; MoNaALDEscur, Commentari, carta 91 verso.

(7) Cod. Dipl., pag. 495, doc. 659.

(8) Cod. Dipl. pag. 495, doc. 660.


106 GERALBERTO BUCCOLINI

poca(l1), che cioè, a causa dei gravi dissensi scoppiati fra le fazioni
in arme, venisse deliberata la simultanea partenza della città per tre
porte diverse, dei maggiori esponenti della fazione in lotta.

Ma mentre quelli del Cervo, obbédendo alla disposizione, uscirono
decisamente per Porta Pertusa, o; secondo altri, per Porta Maggiore,
dirigendosi all'altipiano dell'Alfina; le altre due fazioni, fra le quali
son citati anche quei del Cane forse rientrati dal confino, postisi d'ac- .
cordo per l'intervento del Conte Pietruccio di Corbara di Montemarte,
rientrarono occupando la città in proprio favore, mentre gli altri non
poterono più rientrare trovando le porte serrate. Secondo i detti ero-
nisti e storici, fu in tal circostanza che ai Cervareschi e ai loro amici,
rimasti con tale astuzia fuori di Orvieto, venne affibbiato il sopran-
nome di Beffati, mentre ai loro nemici essi diedero quello di Malcorini,
nomignoli che, di poco modificati in seguito (2), designarono le nuove

. fazioni cittadine, fondate sulle più violente e feroci passioni, che di-

strussero lo stato e la città di Orvieto, in tutte le sue forze e ricchezze
politiche, economiche, demografiche ed edilizie, e che non cessarono
che con la bolla di Paolo IV, del 13 aprile 1466.

- Il nostro Filippo Antonio Gualterio, il dotto editore e annotatore
della Cronaca di Francesco di Montemarte, nella sua nota 9, a pagg.
24 e 35 del Vol. II, combatte e nega-da pari suo questa storiella, ma
le sue pur lodevoli considerazioni meritano qualche riserva.

Il nuovo Governo, formatosi poi in Orvieto, alla cui costituzione
non mancarono i consigli del Rettore del Patrimonio, Ugo d'Angers,
intervenuto « non nomine Rectoris sed nomine proprio » (3), fu sog-
getto in conclusione alla maggioria o signoria di Pietruccio di Monte-
marte e di Ugolino di Buonconte del Monaldeschi, creati cavalieri del

popolo (4).

(1) CiPRIANO MANENTE, Historia, ed. Effemeridi, pag. 439; MANENTE,

. Commentari, carta 91 verso, carta 92 a 96 con gli altri cronisti da lui citati;

CEcc., Historia Monaldeschi, pag. 58; Annali, in Effemeridi, pagg. 192, 193.

(2) Dopo l’assassinio del 17 marzo 1351, cambiati in Muffati e Melcorini.
V. Annali, in Effemeridi, pag. 192, nota 4, correggendo la data dal 12 al 17 mar- .
ZO, Sec. MonaLpEscHI, Commentari, carta 104 verso, e CEccAn, Historia Mo-
naldeschi, pag. 70. V. anche Montemarte, Cronaca, ed. Gualterio, Vol. I, pag. 22
e 23. Il Disc. Historia a pag. 36 dàla data giovedi 12 marzo, ma effettivamente
sec. la cronologia del Cappelli, nel 1351 non v'é giovedi in data 12 marzo, bensi
in data 17 marzo. V. anche per conferma Effemeridi, pag. 449, nota 3 del Fumr®

(3) V. Cod. Dipl, pag. 497, doc. 661, dal 30-5-38.

(4) CiprIANO MANENTE, Historia, in Effemeridi, pag. 438, n. 5 seg., pag...
439 e 440, n. 1; Cod. Dipl, pag. 498, doc. 662 del 5 giugno 1338; Cronaca di
, SERIE CRITICA DEI VESCOVI DI BOLSENA E DI ORVIETO

I Cervareschi o Beffati non si acquetarono al grave smacco subito.
Al 31 luglio tentarono di rioccupare la città con un assalto notturno,
dopo avere introdotto una squadra di armati attraverso un corridoio
sotterraneo, ma respinti sanguinosamente dovettero ritirarsi nei loro
castelli (1). | | |

In Orvieto prosegui la maggioria dei sunnominati Pietruccio di
Montemarte e Ugolino di Buonconte, sotto i quali fu continuata la
guerra contro i Cervareschi e favoreggiatori, assoldando anche cava-
lieri oltremontani, specialmente tedeschi. Fu rinnovata la lega con
Perugia, e si pose l'assedio a Lubriano e a Seppi, occupati dai figli di
Ermanno e di Berardo. Così terminava il 1338, nel quale anno, il 4
giugno, era stata data la cittadinanza orvietana a cinque figli di Pon-
cello Orsini (2). j |

Ai primi del 1339 fu cominciata a trattare la pace, alla quale 1
Cervareschi si piegarono per la considerazione che fra Orvieto, Viterbo,
Rettore del Patrimonio e i Prefetti di Vico era stato concluso un ac-
cordo.

E cosi, il 6 febbraio in Montefiascone, davanti al Capitano del
Popolo di Orvieto, Ottaviano dei Belforti, fu firmata dai Cervareschi
la pace, anche alla presenza del Vescovo Tramo; pace per la quale fu
restituito al Comune di Orvieto il Castello.di Lubriano, fu pagata dai
Cervareschi la multa di 2000 fiorini, e fu assegnato ad essi il confine a
. Rieti, poi cambiato in Asciano (3).

Sulla fine del 1339 cominció l'orizzonte a turbarsi e si alteró del

F. di Montemarte in ed. Effemeridi, pag. 218, ultima riga con nota 3; Cronaca
Montemarte, in ed. Gualterio, pag. 12 e 13 del Vol. I e pag. 23 e seg. del Vol. II.

(1) V. Montemarte Cronaca, ed. Gualterio, Vol. I, pag. 13; Id. ed. Effeme-
ridi, pag. 219 con nota 1; Annali, in Effemeridi, pag. 193, righe 2, 3 e 4. Mo-
NALDESCHI, Commentari, carta 97 verso, e MANENTE, C. Historia, in Effemeridi,
pag. 411, rimandante il fatto a 1339 o al 1340, il che non e.

(2) V. Montemarte Cronaca, ed. Effemeridi, pag. 219, nota 2.

Lasciamo interamente al Pardi (Podestà, Capit. e Vic. in Orvieto nei se-
coli XIII e XIV, pubblicati in « Studi storici » del Crivellucci, a. 1901, Vol.
XVII, fasc. I, pag. 119), la responsabilità dell'asserzione che questi fratelli Or-
sini non fossero figli di Poncello di Orso, del ramo di S. Angelo e Soriano, già
stato capitano del popolo e della guerra in Orvieto nel 1316-17 e nel 1321-22,
ma bensi di Napoleone d'Orso del Ramo di Mugnano, come confermerebbe il
Disc. Historia, pag. 9 nel racconto dei funerali di Matteo addi 12 agosto, essen-
do'ciò in contrasto con la continuità delle passioni politiche in Orvieto, pro e
contro Poncello.

(3) V. Montemarte Cronaca, ed. Gualterio, Vol. II, pag. 277, doc. XIV;
Cod. Dipl, pagg. 499-501 doc. 663.

107:


——Ó—— MÀ eO "r———
LL TU

108 GERALBERTO BUCCOLINI

| tutto nel 1340, anno annunziatosi grave per la raccolta granaria mi-

nima dell'estate precedente. I Cervareschi, stanchi dell'esilio e non
curanti dell'interesse orvietano, approfittando dell'occasione, attac-
carono ed occuparono i Castelli di S. Venanzo, Allerona, Sermugnano,

Polzano e Montefreddo (1), mettendo altresì a ferro e a fuoco quanto

si parò loro dinanzi, torturando ed uccidendo numerosi prigionieri.

Accorse a tentare la pace il nuovo Rettore del Patrimonio Gui-
done di S. Germano; ma, dopo numerose ambascerie, e dopo il soccorso
dato al Rettore contro Amelia, per le spese del quale fece un prestito
col Comune di Orvieto, in 1500 fiorini, Ugolino di Buonconte che ne fu
rimeritato con la Castellania di Marsciano per un anno (2), essendo le
trattative condotte da tutti artificiosamente, nessun risultato fu otte-

nuto, essendo anzi avvenuta sulla fine dell’anno la ribellione dei si-

gnori di Morrano contro i quali andava di persona Pietruccio di Mon-
temarte (3). |

Ma a questo punto merita considerazione il fatto che la maggio-
ria di Pietruecio di Corbara Montemarte e di Ugolino di Buonconte
di fronte alle varie difficoltà deve essere scaduta di autorità, se per

loro stesso consiglio (4) venne nominato capitano della città, con po- :

teri straordinari e illimitati che furono riconfermati fino al 1343 (5) il
maggiore dei suddetti fratelli Orsini: Matteo. Questi si condusse deci-
samente come un tiranno, e anzitutto cercó di sbrigarsi di coloro stessi
che lo avevano proposto. Per unanime asserzione degli storici e cro-
nisti é da attribuire a lui la rapida morte di Ugolino di Buonconte.
Secondo il Manente pag. 236, e il Monaldeschi carta 98 l'Ugolino si

(1) Cronaca di Montemarte, ed. Gualterio, Vol. II, pag. 55, righe 2 a 7. Da
questo periodo crediamo conveniente appoggiarci quasi esclusivamente sulla
ricostruzione storica e cronologica fatta dal Gualterio nelle sue note al Vol. II
della Cronaca di Montemarte, ed. Gualterio, e specialmente alla nota 12 da pag.
43 a pag. 161; come riconosce anche il Fumi nella sua nota 4 a pag. 220 seg. a
221 della Cronaca di Montemarte da lui pubblicata nelle Effemeridi: per quanto
la sua nota a pag. 1 del Disc. Historia sia molto in contrasto con la cronologia
Gualterio, perché registra consecutivamente alla data. E 4-45 molti avveni-
menti che il G. registra nell'anno 1344.

(2) V. Cronaca di Montemarte, ed. Gualterio, Vol. II, pagg. 47 e 48 nonché
pagg. 57 e 59.

(3) V..Cronaca di Montemarte ed. Gualterio, Vol. II, pagg. 64-65.

(4) Cronaca di Montemarte, ed. Gualterio, pag. 13, Vol. I, e nota del G.
id., Vol. II, pagg. 66-70.

(5) Ivi, Vol. II, pag. 66 e la stessa Cronaca ed. Effemeridi, con nota del
Fur, n. 2 a pag. 219. : :

pere” ‘SERIE CRITICA DEI VESCOVI DI BOLSENA E DI ORVIETO 109

ferì gravemente all’inguine nel passaggio a cavallo del Rio Chiaro per
andare a combattere contro i Cervareschi nel 1338. Ricondotto in
città, curato da un medico romano, morì in breve, come poco dopo
morì il suo fratello Monaldo, rimanendo così Benedetto l’unico e il
più vero rappresentante del colonnello (1) della Vipera.

- Nella Cronaca latina citata dal Monaldeschi (2), negli Annali (3)
e nella Cronaca del Montemarte (4) la chiamata del medico romano è
attribuita a Matteo Orsini con larvata intenzione: nella Historia di
Cipriano M. (5) è invece chiaramente attribuita allo stesso «l'attossi-
cazione »; ed il Gualterio (6) discute il fatto rettifica la data riportan-
dola al 1341, e l'occasione, non riconoscendo provata la ferita (7);
ma ammette la sostanza del fatto, e la mala intenzione di Matteo; te-
nendo anche presente che la presa di Piancastagnaio da parte dei Cer-
. vareschi avvenne nel novembre 1341, e che nelle riformanze il nome
di Ugolino non si incontra piü solo dopo il 24 gennaio 1342.

Per quanto riguarda l'azione di Matteo contro i Corbara Monte-
marte, essa fu inspirata a maggiore prudenza, essendo il conte Pie-
truccio capo rispettato di casata nobile di antica data e di gran seguito,
ed essendo uomo meno ambizioso e perció meno pericoloso dei Monal-
deschi; quindi, pur registrando la sua chiamata in palazzo del 1343 (8),

(1) Qualifica data generalmente dagli storici cinquecenteschi alla quattro
fazioni dei Monaldeschi. i

(2) MonaALDESCHI, Commentari, carta 97 recto.

(3) Pag. 193.

(4) Ed. Gualterio, pag. 14. .

(5) Ed. Effemeridi, pag. 440.

(6) Cronaca di Montemarte, ed. Gualterio, Vol. II, pagg. 85, 86, 87.

(7) Cfr. Cronaca di Montemarte, ed. Gualterio, Vol. II, pag. 86 nota b.
A proposito di ció, ossia della caduta da cavallo al passaggio del Rio Chiaro,
é opportuno ricordare che durante il restauro, effettuato nel 1932 del ponte
su questo alla Madonna del Sole, fu rinvenuta nella costruzione medievale
una bella arma in pietra dell'Orsa ora depositata in Museo. Se ne potrebbe
dedurre che tale ponte fosse fatto costruire per ordine di Matteo, dopo la
caduta dell'Ugolino; ma sarebbe deduzione sbagliata. Poiché come testimo-
niano concordemente il Cipriano Manente ed il Monaldeschi, quel ponte,
con l'apposizione dell'arma in pietra, venne eseguito nel 1287, essendo papa
Onorio IV Savelli, e Podestà ed insieme Capitano di Orvieto Bertoldo Orsini.

Dal che si può dedurre invece, con maggiore approssimazione alla ve-
rità, che Ugolino sia caduto al passaggio.a guado del Rio Chiaro in altra
località, e presumibilmente in quella della corta per Rocca Ripasena, donde
era più breve la via dell’Alfina, e poi per Pian Castagnaio.

(8) Vedi Annali, pag. 195; Disc. Historia, pag. 3' e pag. 7 con nota 3.
110 GERALBERTO BUCCOLINI
4

non sembra potersi ritener vera sia pur correggendo la data, l'as-
serzione del Cipriano Manente (1) sulla cacciata da parte di Matteo
del conte Pietruccio per le sue nozze con Odolina di Berardo vedova
di Napoleuccio. La storiella, non autenticata dal figlio Francesco il
cronista, sembra una errata interpretazione del racconto degli Anna-
les pagg. 195 a. 1342, che parlano dell'effettuato turbamento armato,
da parte di Benedetto e suoi, delle nozze di Ermanno di Berardo; du-
rante la quale Odolina, sorella dello sposo ivi ritrovata, venne caval-
lerescamente ricondotta a Corbara presso il secondo suo marito: il
Conte Pietruccio (2). ;

Francesco di Montemarte (3) ci narra dell’ attacco dato da Mat-
teo ad Ugolino di Pietruccio nel 1342. Il fatto è certo, salvo sempre
la data, che, secondo il Gualterio (4) va riportata al 1345, quando Mat-
teo, preoccupato del rovescio dell’assedio della Cervara, perdette ogni
prudenza, e così determinò la sua stessa rovina.

— Tornando ora alla continuità del racconto, certo è che ai primi
del 1342 si accentuò l’unione fra Matteo e Benedetto, tanto che questi,
dopochè Matteo aveva di fatto soppressa la convocazione del Consi-
glio dei 12, espressione della nobiltà, personalmente coi suoi seguaci .
aveva attaccato e serrato in casa Guido di Simone, valente cavaliere
e ardito soldato, appartenente a famiglia ghibellina e nobile fra le più
reputate; ed era infine riuscito a cacciarlo dalla città (5).

Intanto Matteo e Benedetto, postisi in pieno accordo col nuovo
Rettore del Patrimonio, Bernardo di Laco, ripresero le trattative di
pacificazione dei Malcorini coi Cervareschi o Beffati, forse nella inten-
zione di porsi al di sopra di tutti, forse perchè il Rettore lo imponeva,
trattative che giunsero alla conclusione in novembre; ed i patti furono
ratificati dal Consiglio Generale del 4 dicembre; nel quale Consiglio
venne data a Matteo la nuova autorità quinquennale di Conservatore
della pace (6).

(1) Historia, ed. Effemeridi, pagg. 442, 443, anno 1341.

(2) Cronaca, Commentari, carta 99 verso; Annali, pag. 195.

(3) Cronaca, ed. Gualterio, pag. 15.

(4) Cronaca di Montemarte, ed. Gualterio, Vol. II, pag. 161.

(5) Il fatto è narrato assai confusamente nella Historia di Cipriano Manen-
te, ed. Effemeridi, pag. 440, anno 1338, più diffusamente negli Annali, pag. 193,
anno 1338; nel Disc. Historia, pag. 3 e pag. 5, anno 1342; è infine nella Cronaca
.di Montemarte, ed. Gualterio, Vol. II, pagg. 88 a 90.

(6) V. Cod. Dipl. pag. 502, doc. 665; CiPRIANO MANENTE, Historia, ed.
Effemeridi, pag. 443, nota 6; MOSADDRSOHE Commentari, carta 99, Disc. isto-
rico, pag. 4. Cronaca di Montemarte, ed. Gualterio, Vol. II, pagg. 106 a 109.



4

|
|
1
i
i
| |

Ù
nin
SERIE CRITICA DEI VESCOVI DI BOLSENA E DI ORVIETO 111

Tra il 12 e il 16 dicembre rientrarono tutti i capi Muffati, primo
il Vescovo Tramo con gran pompa. Ma la pace, pur corredata da de-
creti sommari contro gli assassini, duró appena quattro giorni, perché
il 20 dicembre due di casa Rocchigiana di parte Malcorina uccisero
un seguace dei Cervareschi, i quali presero a viva forza gli. assassini
strappandone uno dalla Chiesa di S. Francesco dove si era ricoverato,
e li consegnarono al Magistrato. i

Vanamente chiamato ad intervenire il ERU Tramo che si ri-
fiutó, i due assassini furono giustiziati (1).

Risorsero perció le ire fra Malcorini tutti compreso il Benedetto,
e i Beffati, i quali, per affermare la propria autorità, diressero la loro
azione al richiamo dell'esilio di Guido di Simone, al che Matteo finse
di acconsentire, facendolo poi uccidere da suo nipote Nicola (2).

Le ire aggravandosi, Matteo cercó di calmare le inimicizie sia con
l'autorità che con l'astuzia, barcamenandosi fra le contrarie passioni
e appoggiandosi vieppiù a Bernardo di Laco, che difatti al 19 dicem-
bre 1343 fu nominato Capitano del Popolo con la riserva non nuova di
nomina nel nome proprio e non quale rettore del Patrimonio (3).

Nel 1344 veniva confermata per tutto l'anno e fino al maggio del
1345 l'autorità del Rettore quale Capitano e per un semestre anche
Podestà (4); ma mentre il Comune, in maggio, prendeva deliberazioni
di guerra contro i baroni del contado che non pagavano le taglie (5),
grande indizio questo del progressivo indebolimento dello Stato, si
rafforzava anche l'unione di Matteo e di Benedetto contro i Cervare-
schi che si erano con mille pretesti riarmati. Le due fazioni si scontra-
rono sul cadere del giorno 9 luglio 1344 combattendo aspramente fino
alla mezzanotte; ma i Cervareschi sconfitti dovettero fuggire dalla
città donde furono ricacciati ufficialmente con deliberazione del 12
luglio (6).

Ed anche il Vescovo Tramo fu cacciato, e si arrivó in fine con

(1) Annali, a, 1343, pag. 193; MoNALDEscHr, Commentari, carta 90 recto;
Cronaca di Montemarte, ed. Gualterio, Vol. II, pagg. 107-109.

(2) V. MANENTE, Historia, ed. Effemeridi, note 5, 6 e 7 a pag. 443 seg., a
pag. 444. Cronaca di Montemarte, ed. Gualterio, Vol. II, pagg. 114 e 116.

(3) Cod. Dipl., pagg. 506 a 509, doc. 667 del 16 ottobre 1343, pubblicato
già dal Gualterio in Vol. II della Cronaca di Montemarte, pag. 295. Disc. Hi-
storia pag. 5 con nota 1.

(4) V. Disc. Historia, pag. 5, nota 1, in data 15 marzo 1344.

(5) Disc. Historia, ed. Effemeridi, pag. 5, con nota 2.

(6) Cronaca di Montemarte, ed. Gualterio, pag. 138, con nota c.

il
ll

Tale eni Tè gian A oni meo:
f
14
M
fed
t4
H
1
j
A
Ly
|
Ul
í
1
|
À

MU biis FO ro -— HIMEN — tetta "NOD NIE

1

-112 1 GERALBERTO BUCCOLINI

deliberazione del 21 agosto ad accusare lui ed i suoi direttamente al
Papa come incorsi nelle censure maggiori per avere rinnovellate le
‘discordie e mancato alla promessa. L’ambasceria veniva coadiuvata
alla corte di Avignone, dalle istanze di Bernardo di Laco (1).

E furono allora nuovamente demoliti i palazzi dei Monaldeschi
della Cervara fra cui quello bellissimo di Monaldo di Corrado arcive-
scovo beneventano (2).

Matteo frattanto convintosi di:non poter più sperare nell'assog-

gettamento dei Cervareschi alla sua dittatura, si determinò ad asse-.

diarli direttamente nel loro castello della Cervara ed a tal fine assoldò
anche 300 cavalieri tedeschi capitanati da vari connestabili, ed emise
vari atti politici per aumentare i suoi aderenti.

All’assedio della Cervara presero parte come venturieri anche i

conti di Montemerano cui non parve vero approfittare dell’occasione
per riprendere autorità sui loro castelli di Marittima, e lo fecero offren-
do anche 3000 fiorini per liberare il Comune dal debito già assunto con
Ugolino di Buonconte per il castello di Manciano (3).

Nell'inverno del 1345 fu stretto con la maggior forza l'assedio
del castello dei Cervara; ma i Beffati, che avevano raccolti vari soc-
corsi dagli amici e che sembra avessero assoldato parte dei tedeschi
già alle dipendenze-di Matteo, fecero circa il 27 o 28 febbraio un'im-
provvisa sortita sconfiggendo completamente gli assedianti e facendone
tale macello che gli scampati fuggendo in massa dovettero annun-
ziare ai loro padroni la triste fine dell'impresa (4).

(1) Ivi, pag. 145, con nota c.

Merita a questo punto considerare la progressiva intromissione dei Rettori
del Patrimonio negli affari interni della città di Orvieto, pur con la studiata
formula « Non nomine rectoris, sed nomine proprio » inaugurata nel 1338 per
Ugo di Angers; ripetuta nel 1343 per Bernardo di Laco e avvalorata con

questo intervento presso il Papa di Avignone. Ricordare al riguardo le nu-

merose visite papali nel secolo precedente, nonché la formula limitata di sot-

tomissione al cardinale Albornoz e a Innocenzo VI, in data 24 giugno 1354.

Con quanta arte prudente e sottile la Curia Romana prepara il suo definitivo
possesso di Orvieto, confermato colla Rettoria di Giovanni Tomacelli nel 1398-
99, e poi, senza interruzioni, dopo l'uccisione di Arrigo della Vipera al 13 di-
cembre 1449 !

(2) MonaLpEscHI, Commentari, carta, Annali, pag. 195.

- (8) V. Cronaca di Montemarte, ed. Gualterio, pagg. 147 a 149 del Vol. II.

(4) Questo importante avvenimento è riportato al.1342, tanto dal Ma-
nente Cipriano, ed. Effemeridi, pag. 443, che dal Monaldeschi, Commentari,
carta 98 verso, e dal Montemarte assegnato al 1341, [6 ed. SUANSHO;: pag.
15 ed ed. Effemeridi, pag. 220 con nota 4).

ERG gh ai E eno

LA el m

YI E GT.

ETRE SR ©

áá—

——
TIENE

cds

SERIE CRITICA DEI VESCOVI DI BOLSENA E DI ORVIETO AS

Matteo di fronte a sì inatteso rovescio cercò di porre riparo chia-
mando con un suo decreto speciale del 17 aprile Benedetto a con-
dividere la dittatura (1); ed insieme cercando di rinforzare in ogni
modo la difesa della città. I Cervareschi vedendo la città ben guardata
deposero il pensiero di sorprenderla, e indirizzarono la loro azione al
guasto del territorio e all'occupazione di altri castelli fra cui Pianca-
stagnaio, che Benedetto corse a Miendere il 6 di agosto. Questa assen-
za determinó la catastrofe.

A: ciò fu occasione la venuta in Orvieto di Ugolino di Monte-
marte. Matteo volle attaccarlo in piazza con l'intenzione di ucciderlo,
il che non gli venne fatto per la strenua difesa di Ugolino. e dei suoi
seguaci.

In seguito a ciò gran parte dei cittadini di ogni fazione scese in
piazza, e fra gli altri Leonardo di Ranieri di Simone, nipote di Guido,
già fatto uccidere da Matteo. Leonardo ingannando Matteo con finte
grida, di sorpresa l’attaccò e l’uccise riducendolo in pezzi. Era la
domenica 7 agosto. Così finì la tirannia quinquennale di Matteo

‘Orsini, che il Gualterio giustamente qualifica «irresoluto e vile, che

non si disfece dei suoi nemici se non col tradimento, e che in cinque
anni di dominio più o meno immediato accelerò la decadenza di Or-
vieto » (2).

Decadenza confermataci sia dalla già ricordata resistenza dei

baroni del contado al pagamento delle taglie; sia da quanto leggiamo

negli Annali a pag. 193 ove è detto, alla data 1340, forse erronea per
anticipo, che « Clancianum, Castrum plani Castagnari, et Abbatia
Santi Salvatoris recesserunt ab oboedentia comunis Urbisveteris, et

.recomandaverunt se comuni Senarum »; sia dal fatto che Guido Or-

sini Conte di Soana — pure in seguito come vedremo nominato ditta-
tore — si era già liberato dai suoi obblighi di sudditanza ad Orvieto:
il che ci afferma il Gualterio a pagg. 170-171 del II volume della Cro-
naca Montemarte.

Subito il giorno 8 fu ricostituito l'officio dei Sette che cercarono
di rafforzare la parte popolare. Ció non impedi che il nove di agosto
avvenisse uno scontro armato fra Leonardo e quelli dell'Aquila coll'in-

tervento del conte Pietruccio (3), scontro poi sedato. Benedetto di

x

(1) V. anche Cod. Dipl., pag. 510, doc. 669. La cronologia è stata rettifi-
cata dal Gualterio, come abbiamo già detto.
(2) Cronaca di Montemarte, ed. Gualterio, Vol. II, pag. 161.

(3) Disc. Historia, pag. 9. ‘+

toi

i at rale

Sesia

TIZIA
i
|

po |

a



— - -
^" c. Amt e: EE

114 GERALBERTO BUCCOLINI

Buonconte accorse con armati sino al poggio di San Iorio (1); e Cor- :

rado e Benedetto di Ermanno a S. Bernardo esterno (2); ma nessuno
fu ammesso, nè potè entrare.

Il 17 di agosto fu deliberato di chiedere a Siena un podestà o ca-
pitano. Per controrisposta ad un saccheggio ed arsione del piano fatto
da Benedetto addì 24 agosto, furono richiamati dal bando i Cervare-
schi: e alla fine del mese venne a prendere la difesa della città il
Senese Giovanni Salimbeni a nome del padre Angelino detto Bottone,

‘nominato capitano, che arrivò per il 17 di settembre (3). A seguito

di altri incendi e danni furono sbanditi di nuovo l'8 ottobre quei del

‘Cane, ma il 13 novembre furono graziati.

In ottobre frattanto il nuovo capitano trattò personalmente a
Bardano l’accomodamento con Benedetto, che parve adattarcisi. Il
6 dicembre fu fatta la pace col Patrimonio, col quale Orvieto era in

| guerra dall’agosto per offese fatte alla Sede del Rettore, dal 1343 si- 8
tuata entro Orvieto; e il 15 di gennaio fu fatta la pace tra Corrado di

Ermanno e Benedetto di Buonconte, ed ambedue tornarono in Or-

vieto seguiti dagli altri (4). Ma questa apparente pace non durò un.

mese. Perché il 13 di febbraio Benedetto e Leonardo d'accordo anche
con Angelino Salimbeni assalirono i Cervareschi ed i Montemarte; di
quelli facendone prigionieri due e questi cacciando da Orvieto. Poi, solo
nove giorni dopo, corrucciatisi fra loro, Benedetto, chiamata intorno
a sé la parte Guelfa, assali e fece prigioniero Leonardo, imponendo poi
la fuga al capitano Angelino che si ricoveró a Corbara. Cosi Benedetto
rimase padrone, e mandó Leonardo prigioniero a Rocca Sberna e, poi
a Roma in mano ai figli di Matteo, che lo fecero attanagliare con ferro

rovente, per farlo poi a pezzi e buttarlo a Tevere, a vendetta della.

uccisione di Matteo (5).

(1) Più probabilmente S. Giorgio in Capretta, che il S. Gregorio in Sual-
tolo indicato dal Fumi a nota 1 della pag. 9 del Disc. Historia; e ciò per consi-
derazioni topografiche, tenuto conto dei luoghi di partenza, e della possibile
libertà della via da percorrere. Inoltre come potevano stare in agguato: uno

sotto l'altro due nemici così accaniti, Benedetto a S. Gregorio di Sualtolo, e .

Corrado con Berardo a S. Bernardo esterno, cioè ai Cappuccini ?

(2) Oggi Convento dei Cappuccini.

(3) Per il Capitanato del Salimbeni cfr. Cod. Dipl., pagg. 512 a 520, docc.
670 a 672, questo con lettera del Salimbeni e di Benedetto e con nota del Fur.

(4) Disc. Historia, pagg. 10 a 14.

(5) V. Cronaca di Montemarte, ed. Gualterio, pag. 19; Annali, pag. 196:
Disc. Historia, pagg. 15, 16; 17; MANENTE CIPRIANO, ed. Effemeridi, pag. 446;
MonALpEscHI, Commentari, carta 101 verso.

ra SERIE CRITICA DEI VESCOVI DI BOLSENA E DI ORVIETO 115

Questa nuova signoria di Benedetto duró poco, perché il 22 di
maggio Cervareschi e Montemarte scalando le ripe e sfondando Po-
stierla rientrarono in città sconfiggendo Benedetto che poté scappare
per la ripa di S. Agostino. :

Cosii Cervareschi e i Montemarte diventarono di nuovo signori
della città; ma siccome Bernardo di Laco era sempre d'accordo con
Benedetto ricominció nell'agosto la guerra col Patrimonio, guerra
asprissima che recó notevoli danni ad Orvieto in seguito a una grave
incursione per l'Alfina e per la Via del Petroio ed alla partecipazione

di un dittatore di eccezione che fu eletto in data 24 settembre 1346
per un anno nella persona di Guido Orsini conte di Soana col titolo di
Signore, Protettore e Conservatore del Comune e della città di Or-
vieto (1).

Sotto di esso, che assunse il suo ufficio col 1347, fu fatta il 14 gen-
naio la pace col Capitano del Patrimonio e il 20 di maggio con Bene-
detto di Buonconte, col patto che stesse a confine per sedici mesi.

Ma ai primi di dicembre Benedetto riprese le ostilità e cosi con-
tinuó l’avvicendamento delle fazioni; e nuovi e piü gravi avvenimenti
dovevano incombere su Orvieto per ancora molti anni.

VII.

Dall'anno 1347 all'anno 1466.

Nelle prime pagine di questa succinta cronistoria mi dilungherò
alquanto sugli ultimi tentativi di salvezza dello Stato e della città di
Orvieto, che andava dissolvendosi sotto la furia devastatrice delle
passioni di parte, o, meglio, degli odii personali e familiari più feroci
ed incoscienti.

Guido Orsini, conte di Soana e Pitigliano, che abbiamo veduto
reggere saviamente la dittatura durante l’anno 1347, di fronte alla
rinnovata ribellione di Benedetto della Vipera e dei Maleorini tutti,
che, dopo la sua onorevole riconferma a finé d'anno giunsero fino ad

(1) V. per il 1346 e 1347, Cod. Dipl., pagg. 520 a 523, doc. 473, 474 e nota
Fuur. Il conte Guido era suocero di Corrado di Ermanno che aveva sposato la

figlia, Aldobrandina. Ved. Cronaca di Montemarte, ed. Effemeridi, pag. 233,
nota 3.

dei Bolsenesi ribelli. La gravità della situazione impose la nomina

|^

re ren TTI

Dia Seni sio cre
- pere 1


ET LIES Ma, — —= —..— wm MU VIRSIONI.

116 : GERALBERTO BUCCOLINI

^

una deliberazione di sbandamento, se pur poco di. poi annullata (1),

«non volle più oltre ingerirsi nei contrasti orvietani; e si deve certa-
mente attribuire anche ai suoi consigli oltre che alle decisioni della -

parte Cervaresca o Beffata, in una breve riassunzione del potere, se
in data 22 aprile 1348 fu deliberato di affidare una specie di signoria
al Comune di Perugia, limitatamente peró al diritto di nomina del

"Capitano e del Podestà e non piü estensivamente come altri ha cre-

duto (2). |

Perugia accettò, nominando per primo capitano Liggieri di An-
dreotto, e per primo podestà Nardo dei Contoli, sotto i quali fu subito
emanato un decreto generale di amnistia e rimpatrio.

Purtroppo la peste venne per la prima volta ad infierire proprio
in quell’anno; ma non impedì che si credesse utile provvedere ad un
nuovo ordinamento politico a base più popolare sostituendo ai Sette,
otto capi col nome di Priori, assistiti da un SOG di Balia di
200. uomini.

- In ottobre e poi nel successivo inverno il nuovo capitano perugino
Cecchino di Nicola o Nericola dei Vincioli dovette adoperarsi instan-
cabilmente per reprimere tutti i rinnovati tentativi di ribellione, spe-
cie di parte Malcorina che voleva assolutamente eliminare dalla città
i Muffati, cosicchè fu tentata,la calma costringendo in palazzo i capi
d’ogni parte; provvedimento non efficace, che anzi determinò Bene-
detto, a causa di una multa di 1000 fiorini ritenuta ingiusta, a ritirarsi
irato dalla città. Teo dei Michelotti, succeduto nell’aprile, fu presente
al gravissimo terremoto del 9 settembre 1349 che danneggiò l'acque-

dotto detto l’Incannellato, e molti palazzi fra cui quello del Comune.

Sotto di lui fu raggiunta una convenzione con Bartolomed di Campi-

- glia, già condannato a morte, per la difesa di Celle e S. Casciano a fa-

vore del Comune di Orvieto (3).

Al Michelotti succedettero gli Armanni, Giovanni e Francesco.
A tempo loro in luglio avvenne la spedizione punitiva contro i Bor-
garo, conti di Parrano, per omicidi e ruberie, guerra che fu vinta, con
la distruzione del castello di Benedetto, e, pare, anche con quello di
Castel Fiore (4). Nell'agosto e settembre tornò all'obbedienza anche

(1) Rimandiamo il lettore al Discorso historico che fa testo in tutto il perio-
do 1342-1368, e specialmente alle ricche note del Fumi in ed. Effemeridi.

(2) Così scrive, assorto dal desiderio di magnificare il dominio di Perugia,
F. BRIGANTI, Città dominanti nel medioevo, Perugia, 1906, pag. 178.

(3) Disc. Historia, ed. Effemeridi, pag. 29, nota 1.

(4) Disc. Historia, ed. I ONSE E pagg. 31 a 33 e qui n. 1. .
yy
pu c e 2 X

SERIE CRITICA. DEI VESCOVI DI BOLSENA E DI ORVIETO 117
, è

il comune di Acquapendente (1). Questi vari. provvedimenti sono
prova di come le supreme autorità nominate da Perugia si adopras-
sero a prò dello Stato Orvietano. Il passaggio per Orvieto, nel set-
tembre 1350, del Voivoda di Ungheria, Stefano di Transilvania, con
6000 cavalieri di seguito (2), è prova delle buoni condizioni nelle
quali si trovava la città.
L'opera di pacificazione alla quale, fin dal maggio 1350, Monaldo

di Ermanno (3) si era dedicato, facendo restituire a Benedetto di Buon-
conte i mille fiorini della multa impostagli, proseguì anche ai primi del
1351 con un diretto intervento presso Benedetto (6), e parve ci riu-
scisse; ma fu manifesta illusione, perchè Benedetto si era già messo
d'accordo coni Monaldeschi del Cane capeggiati da Pietruccio, Nicolò
di Pepo di Pietro Novello, che covavano sempre la smania di vendetta
dell’uccisione di Napoleuccio; é così, durante la podesteria di Fran-
cesco Fortebracci di Montone, l’unico rappresentante perugino rima-
sto, ma scaduto evidentemente di autorità, avvenne che il giovedì 17
marzo 1351 (4), Benedetto di Buonconte accompagnatosi dall'uscire
«dal Consiglio con i due principali dei Cervareschi, Monaldo di Ermanno
e Monaldo di Berardo ed altri, dopo averli intrattenuti su certo vino
dell'isola del Giglio, li abbandonasse a capo della via di Mercanzia ai
figli di Pepo ivi appostati con complici, i quali, precipitatisi contro,
ferirono ed uccisero i due capi del Colonnello del Cervio, ed altro
seguace (5). | |

. Ció valse naturalmente a determinare la fuga di parte Beffata,
successivamente detta Muffata, ai propri castelli; col predominio in
Orvieto di parte Malcorina o Mercorina, guidata da Benedetto di Buon-
conte e da Pietruccio di Pepo. E interessante notare che se l'eccidio
determinó un notevole turbamento e un contraccolpo politico, non
richiamó, nemmeno formalmente, nessuna azione giudiziaria contro

(1) Disc. Historia, ed. Eflemeridi, pag. 34.

(2) Disc. Historia, ed. Effemeridi, pag. 34, nota bibl. a. riga 21 e seg.

(3) In Disc. Historia, pag. 30, si fa erroneamente il nome di Monaldo di
Buonconte, morto fin dal 1341; come abbiamo già detto pure indietro; ma alla
stessa pagina, riga 10, è corretto in Monaldo di Ermanno.

(4) Per l'esattezza della data vedi nota precedente a pag. 57; e Vol. II,
pag. 177 della Cronaca di Montemarte.

(5) Cfr. per tutto ciò Disc. Historia, pagg. 36-37; Annali, pag. 197; Cro-
naca di Montemarte, ed. .Gualterio, Vol. I, pagg. 22-23; Vol. II, pag. 177; Hi-'

» storia di: CiPRIANO MANENTE, ed. Effemeridi, pagg. 448-449; MONALDESCHI,

Commeniari, carte 104-105 e segg.

yc si

gn

rt

LUTTE EN E

Te

1 H ^
118 GERALBERTO BUCCOLINI:

gli uccisori, come era avvenuto contro gli uccisori di Napoleuccio; e
che inoltre Benedetto, onde evitar le vendette, tenne ad affermare che
egli non vi aveva preso parte. Ma ne fu certo un complice necessario.
"Tutto ció prova come a quei ue la vendetta fosse riconosciuta e
giustificata (1).

Comunque, è naturale che i Cervareschi, Sppaggiali da tutta la
parte Muffata, alla quale aderirono il Conte Ugolino di Montemarte e
Cataluccio di Galasso dei Signori di Bisenzio, mossero una intensa
guerriglia contro i Malcorini in tutto il territorio e tentarono ripetuta-
mente di rioccupare di sorpresa Orvieto. La prima volta, il 19 mag-
gio, furono sollecitamente scoperti e respinti. Ne seguirono ferocissime
repressioni e vendette, fra le quali suscitò raccapriccio l’assassinio, in
mezzo alla Piazza del Popolo, di un fanciullo ottenne, Pietro di Cor- .
rado di Paolo della Cervara (2). ^

A] quindici giugno un nuovo tentativo di parte Muffata | per occu-
pare Orvieto riuscì inefficace.

Frattanto, le città amiche, Firenze e Perugia, si intromisero nuo-
vamente per rimettere le paci. A nulla riuscirono i Fiorentini. Gli
ambasciatori di Perugia a qualche cosa sembrò avessero a riuscire, me-
diante un nuovo accordo, per il quale Perugia riassumeva la piena
signoria.di Orvieto per un quinquennio, nominando il Capitano del
Popolo e il guardiano delle porte. Il capitano fu eletto nella persona
di Ceccolino dei Michelotti (3). Ma da parte Malcorina questo inter-
vento fu reso tosto inefficace, anzitutto con la sostituzione di loro
. gente alle guardie delle porte postivi dal guardiano perugino, Guida-
rello di Vanni (4).

Cosi Orvieto, proseguendo la guerriglia, si trovó per tutto l'in-
verno in piena carestia di alimenti e di fuoco.

Il 6 di febbraio 1352, i Muffati, in maggiori forze e con piü rapida
sorpresa rinnovarono l'invasione di Orvieto, e riusciti a rientrare per
Postierla,. parve ci dovessero riuscire; ma, fortemente combattuti,

(1) Vedi spec. Cronaca di Montemarte, ed. Gualterio, Vol. II, pag. 177 e
in Disc. Historia, ed. Effemeridi, pag. 36, righe 13 e 14.

(2) Cecc. Historia Monaldeschi, pag. 72; Disc. Historia, ed. Effemeridi
pag. 40. L’uccisione avvenne sfracellandogli il capo sul lastricato. Si deve
evidentemente a ciò se il padre Corrado di Paolo poi si vendicò uccidendo Ar-
rigo.

(3) Disc. Historia ed. Effemeridi, pagg. 42-43 e spec. del Fumi nota 1 pag.
46. Monaldeschi, Commentari, carta 107 verso. i

(4) Disc. Historia, ed. Effemeridi, pag. 45 con nota 1.
SERIE .CRITICA DEI VESCOVI DI BOLSENA E DI ORVIETO 119.

dopo aspra battaglia furono respinti, rimanendo prigionieri di parte
Muffata Benedetto di Ermanno e Cataluccio di Galasso; di parte Mal-
corina restò però morto, per mano di un suo fante, Benedetto di
Buonconte (1). Ciò determinò uno spostamento nelle direttive succes-
sive; perchè i prigionieri Muffati furono consegnati a Pietruccio di
Pepo di Pietro Novello capo del Colonnello del Cane, il quale non volle
assolutamente cederli per essere uccisi per vendetta della morte
di Benedetto; ed anzi con essi avviò trattative che portarono anzi-
tutto alla liberazione di Cataluccio, contro cessione dei Castelli di Bar-
dano e della Torre.

Frattanto, le intese già avviate dai primi capi Malcorini con l'Ar-
civescovo Visconti per odio verso i Perugini più proclivi ai Muffati,
furono riprese da Buonconte di Ugolino, succeduto allo zio ucciso Be-
nedetto di Buonconte, e da Pietruccio di Pepo, e condotte a buon ri-
sultato. Cosi il 22 aprile 1352 Orvieto soggiacque alla signoria dell'Ar-
civescovo Visconti, nella persona del suo vicario Tanuccio degli
Ubaldini della Carda, i giuntovi con un seguito di 300 cavalieri (2).

Il nuovo capitano parve seguire anzitutto i consigli di Buonconte
facendosi anzitutto consegnare da Pietruccio il suo prigioniero, Bene-
detto di Ermanno; e poi volendo costringere in Palazzo lo stesso
Pietruccio, che non solo si rifiutò, ma fuggì a rinserrarsi nella sua
Rocca Ripesena, mentre il cugino Ranuccio di Nallo si rifugiò al
Botto. | |

Cosi si rese manifesto il disaccordo tra Buonconte di Ugolino e

‘Pietruccio di Pepo, dovuto essenzialmente al fatto che il padre di Buon-

conte, Ugolino, era stato in persona uno degli uccisori di Napoleuccio.

Il capitano Tanuccio degli Ubaldini pose ‘assedio alla Rocca per
un paio di mesi, ma senza risultato. Invece condusse avanti la pa-
cificazione coi Muffati, ostica a quelli della Vipera; mentre contro
questi Ranuccio di Nallo si impadroni di Rocca Sberna.

Agli ultimi di luglio fu bandita la pace con i Montemarte e con
quelli della Cervara; ma nel frattempo il capitano Tanuccio si era cer-
tamente persuaso del difficile reggimento di Orvieto per la sopravvi-
venza delle fortissime fazioni; e così nell’agosto, essendo giunto nel
piano di Orvieto un forte soccorso di gente dell’arcivescovo al co-

(1) Vedi su ciò anche la Cronaca di Montemarte, ed. Gualterio, Vol. II,
pag. 178.

(2) Vedi Cronaca di Montemarte, ed. Gualterio, Vol. II, pagg. 177-178.
Disc. Historia ed. Effemeridi, pag. 50 e segg.

1

ID Emm
pesce

gn

orme ———=e:

UE

ì
è
Li

an GERE Iro

zi T ES E

PINETA TIE
= imum ur

iena
ao n

aperti Line

i m

i bi

UME

14
E

1A
E
i M
JN
EL
a |
Ud

[|

1

|

È

|

L4

TIONES TW

.120 : : GERALBERTO BUCCOLINI

mando di Rinaldo di Mantova e del conte di Urbino, fu tratto lon-
tano Buonconte di Ugolino coll'inganno di appoggiarlo per prendere
il Castello di Cetona, mentre il 19 agosto entró in Orvieto ancora un
nuovo signore nella persona di Giovanni dei Prefetti di Vico con il
seguito di 200 cavalieri e piü di 300 fanti; e pochi giorni dópo parti
il rappresentante dell'Arcivescovo, Tanuccio degli Ubaldini (1).

La signoria del Prefetto si dimostró in prima molto equa e sag-
gia (2). Le sue trattative per la pacificazione delle fazioni Monaldesche
furono attive e molteplici; con chiamate e costrizioni in palazzo,
con imposizioni di multe e con confinamenti; ricevendo vario accogli-
mento, specie dopo la guerra mossagli contro dal Capitano del Patri-
monio Giordano dal Monte degli Orsini per l'occupazione da lui fatta
di Corneto, la scomunica del Papa Innocenzo IV, da Avignone e l'a-
zione della compagnia di ventura di Fra Moriale al soldo del capitano
del Patrimonio, e accampata a Sugano, che mise gli Orvietani in gran-
di difficoltà economiche (3). à

Sulla fine del 1353 giunse a Montefiascone. il legato del Papa, Car-
dinale Albornoz; ed ambasciatori dell’ Arcivescovo di Milano Giovanni
Visconti intervennero per convincere il Prefetto a pacificarsi con il
legato (4) al quale avevano aderito alcuni esponenti delle varie fazioni;
ma principalmente Ugolino di Pietruccio dei Montemarte conte di
Corbara, che divenne poi un rinomato comandante militare e politico
della Chiesa.

- Le trattative durarono a DAE per la resistenza del Prefetto che
giunse fino a condanne capitali ed a multe obbligatorie per far denari
per la guerra. Infine però lo stretto assedio contro lui condotto con
erezione di un battifolle a S. Lorenzo in Vineis e il 3 giugno, lo
sfondamento di Porta Pertusa lo convinsero a cedere.

— . Il cardinale entrò in Orvieto il 9 giugno 1354; il successivo giorno
10 il Prefetto firmó l'atto di resa. | :

Ai 24 di giugno il Consiglio generale e speciale della città prese
la deliberazione (5) già ricordata nella biografia del Vescovo Ponzio,
con la quale fu concessa la Signoria della città al Cardinale Egidio Al-

(1) Cfr. Disc. Historia, ed. Effemeridi, pagg. 51 a 55. Cronaca di Monte-

marte, ed. Gualterio, Vol. I, pag. 26.

(2) Cfr. Disc. Historia, ed. Effemeridi, pag. 55 de ivi nota 1.

(3) Ivi, pag. 56, nota 1 e seg.

(4) Ivi, pag. 63, nota 1; pag. 64 e seg; pagg. 68-69; nonché CIPRIANO
MANENTE, ed. Effemeridi, pag. 452, n. 2.

(5) Cod. Dipl. doc. 680.
^ AUTERA. CR etnie —: t "M WEN UT, WD

SERIE CRITICA DEI VESCOVI DI BOLSENA E DI ORVIETO 121

Mme

bornoz ed a Papa Innocenzo VI, a vita. La deliberazione venne presa
all'unanimità, su proposta di Ser Cecchino Tei, nemine surgente, sed
omnibus indifferenter sedentibus. Fu il primo atto ufficiale della fine
del libero Stato Orvietano, ed impressiona per la solennità e silenzio-
sità dell'atto, nonché per la limitazione del tempo; forse nella vaga
speranza di un ripristino. i

Tuttavia, neanche il dominio Pontificio raggiunse rapidamente
la stabilità specie dopo la morte del Cardinale Albornoz; e ciò sempre
per la permanente debolezza della Chiesa, e per l’opposto agitarsi
delle fazioni. La deliberazione consiliare del 21 agosto 1367 (1), con
la quale Orvieto si dette liberamente a Papa Urbano V; e l’altra, del
20 novembre 1375 (2), in favore di Papa Gregorio XI, non furono che
vane apparenze. J

La lotta fra le due fazioni riarse con varie vicende. I Malcorini
da tempo erano riusciti ad avere il predominio della città; ma sul ca-
dere del 1378 i Muffati coll'aiuto di Bindo da Soana, risaliti per la
ripa di San Giovanni, e poi entrati in massa per la Porta Maggiore,
minacciarono fortemente di impadronirsene.

Accorsero attraverso Porta Postierla, rimasta nelle mani dei Mal-
corini, quelli del Cane, della Vipera e di Montemarte; cosi per un certo
tempo la signoria della città rimase incerta. L'incertezza era anche
determinata dal contrasto religioso, poiché, mentre i Malcorini si ap-
poggiavano fortemente a Urbano VI, il quale, recatosi già in Or-
vieto quale vicario del papa suo predecessore, era divenuto loro
amico, come ci narra il Monaldeschi a pag. 116; i Muffati, non appena

avvenuto lo scisma, con l'elezione ad antipapa del Cardinale Roberto
di Ginevra, che assunse il nome di Clemente VII, seguirono la parte di
questi. D'accordo con essi sembra fosse il Rettore del Patrimonio Rai-
T naldo Orsini, conte di Tagliacozzo, che aveva occupato la Rocca di Or-
; vieto. Secondo quanto ci narrano C. Manente a pag. 284 e il Monal-
deschi a carta 117, intervenné ad un certo punto il legato del Papa, il
In Cardinale di Vercelli, il quale, impadronitosi con astuzia di Rainaldo
» . lo obbligò a ritirarsi dalla città, determinando così per contraccolpo
x anche il ritiro dei Muflati. È dopo di ciò, e, se la storiella è vera, è forse
a causa di ciò che Bernardo di Corrado dei Monaldeschi — personaggio

importante, già senatore di Roma nel 1367, 1369, 1370, come ci dice

il Cappelli —, invelenitosi per lo smacco sofferto, corse agli estremi ri-

i —

ie i

nd m

A

di:
iH
I.
|
[
Di
|
I
|
|
I

(1) Cod. Dipl., doc. 685.
(2) Cod. Dipl, doc. 690.
ea TL E E EE EE

si RAMS TA

POSA : yu -— cm TANIEN i SRPEPREENBPC SR

e STEMI È TA RR nni

122 0 GERALBERTO BUCCOLINI

medi introducendo una forte masnada di venturieri brettoni, sotto il
comando di Bernardo de la Salle, ai quali, tra il 21 e il 24 maggio
1380, venne abbandonata la'città, che subi un tremendo saccheg-
gio, con l'incendio di 2000 case, l’uccisione di 3000 cittadini ed il
generale depredamento, perdendo così ogni ricchezza edilizia, ogni
forza economica ed ogni respiro anche soltanto artistico e cultu-
rale (1). 5

Sulle sue rovine si accanirono con aspra guerriglia le fazioni, poi
sfruttate anch’esse dai vari capitani di ventura concorrenti a farsi pa-
droni della ancor forte posizione della città. Così si avvicenda tra il
1395 e il 1397 la signoria del perugino Biordo dei Michelotti (2), fin-
ché col gennaio 1398 la nomina a Rettore del Patrimonio di Giovanni
Tomacelli fratello di Papa Bonifacio IX, e la successiva sua elezione

a dominus di Orvieto (3), rese possibile la riconferma del dominio pon-

tificio, corroborato dalla pace provvisoria conclusa fra le due fazioni

e dalla nomina del nuovo vescovo Mattia degli Avveduti, nomina

concordata coi Muffati sottomessisi al riconoscimento del Papa di
Roma.

Breve respiro che duró fino all'elezione del debole Giovanni
XXIII (Baldassarre Cossa), e fino alla comparsa delle nuove ambi-
zioni e guerre di. Re Ladislao. Onorevole ma laboriosa fu la resi-
stenza di Orvieto a favore della Chiesa contro le armi del Re co-
mandate da Tartaglia di Lavello; ma finalmente, dopo I’ assedio di un
anno, nel maggio del 1414, Re Ladislao, venne nominato singularis
dominus civitatis Urbisveteris .(4).

Dopo la sua morte gli successe come domina civitatis Urbis veteris

. Ja regina Giovanna II, rappresentata dal gubernator Muzio de Atten-
dolis, detto Sforza, Conte di Cotignola, del quale esistono in Archivio

varie lettere. Breve fu la sua signoria, essendosi rivolto a maggiori
cure; ma vi rimase per podestà Tommaso Caraffa (5), per i cui abusi
e prepotenze si rialzarono tra il 1415 e il 1416 le sorti della Chiesa, rap-
presentata in prima dal Cardinale di Sant" Eustachio, Isolani, nominato
il 21 marzo 1415 civitatis urbevetane dominus et bene factor, poi il 9

(1) CiPRIANO MANENTE, Historia, pag. 285; MonALDESCHI, Commentari-

carta 117 verso; MoNnTEMARTE, Cronaca ed. Effemeridi, pag. 245, riga 25; Cro, .

naca Urbevetana, ed. Effemeridi, pag. 207.
(2) PARDI, Sup. Reggitori di O., 1% ed., pagg. 401, 402.
(3) PAnpr, Sup. Reggitori di O., 1% ed., pag. 402.
(4), ParpI, Sup. Reggitori di O., 1% ed., pag. 405.
(5) PARDI, Sup. Reggitori di O., 1% ed., pagg. 406 e 407.

alien fato — : ——————Ó9À Te — — — QE EPI : £ MEN

ted.

Li

TES
— /——

SERIE CRITICA DEI VESCOVI DI BOLSENA E DI ORVIETO 123

giugno 1416 rappresentata da Braccio Fortebracci conte di Montone,
della città di Orvieto « pro Ecclesia defensor » (1).

Duro la sua signoria fino a tutto il 1419, fin quando cioè il Cardi-
nale Oddone Colonna eletto Papa col nome di Martino V, convenne -
con Braccio il ritorno di Orvieto sotto il diretto dominio pontificio,
al quale, nelle mani del nuovo governatore papale, Giovanni di Conin-
ghern, gli Orwietani, il 27 aprile 1420, giurarono fedeltà.

Martino V si appoggió fortemente sui Cervareschi, con i quali
strinse doppi rapporti di famiglia (2); e che favori altresi con la elezione
a Vescovo in Orvieto di Gio. Francesco di Monaldo di Berardo appar-
tenente a quel ramo dei Monaldeschi della Cervara che era signore dei
castelli posti sulle pendici orientali della montagna della Peglia.

Fino alla sua morte, avvenuta nel febbraio 1431, la situazione
non varió; ma cosi non fu sotto Eugenio IV. Rialzarono il capo i
Malcorini che si giovarono del Governatorato di Stefano Porcari ad
essi favorevole; e cosi, dopo una fugace riscossa di Antonio di Be-
rardo nipote del vescovo durata appena tre mesi fino addì 11 settem-
bre 1437 (3), si affermò la lunga signoria dei fratelli Gentile ed Arrigo
di Pietro Antonio di Buonconte di Ugolino dei Monaldeschi della Vi-
pera; signoria che si mantenne assoluta fino al 1449. Ma in quest'anno,
nella notte tra il 13 e il 14 dicembre, Arrigo unico presente in Orvieto
venne ucciso, dopo la riuscita salita della rupe e un impetuoso as-
salto, dal Cervaresco Corrado di Paolo Pietro (4).

Con ciò ebbe termine ogni signoria locale, non rimanendo, oltre
ai vani tentativi di rivincita da parte di Gentile, morto poi nel 1467
alla battaglia della Molinella in Lombardia (5), che residui, sia pure :
acerrimi, di odi privati, calmati con le predicazioni di Frate Antonio
da Vercelli nel 1460, con la bolla di Pio II del 13-8-1461 (Ved. Cod.
Dipl. doc. 754), e definitivamente e severamente vietati con l’altra di
Paolo II del 15 aprile 1466 (Vedi Cod. Dipl. doc. 755). Di questa pa-
cificazione rimane un monumento in Duomo nella lapide chè, con una

(1) Ivi id., pag. 407, nota 2.

(2) Achille di Buccio dei Mona, nipote del Vescovo, sposò Tradita di Gio-
van Andrea Colonna, nepote del Papa; ed altra nepote di questi, Aurelia sposò
Paulo Pietro di Corrado Mononaldeschi V. Fumi, Cod. Dipl., pag. 679, nota a
doc. 735. ;

(3) V. PARDI, Sup. Reggitori di O., pag. 410, nota 3.

(4) V. MonaLpEscHI, Commentari, carta 136, CrPRIANO MANENTE, Hi-
storia, libro 4, pag. 71. E si ricordi l'uccisione del piccolo figlio di Corrado.

(5) V. MonaLDEScHI, Commentari, carta 139.
si S (TI MT n. 3 d UP P T RAPUIT SARI SO
mr iet a Um rm der nar Y ano! uem TM ZI ea irta a Mun eot CERE NS ^ tS - ^ "^

124 GERALBERTO BUCCOLINI :

interessante iscrizione (1) ricorda la morte, avvenuta poi nel 1516, di
Pietro Antonio dei Monaldeschi della Vipera ultimo di questo casato
il quale per ordine di Paolo II aveva dovuto impalmare a scopo di
pace, Giovanna di Gentile di Luca dei Monaldeschi della ‘Cervara,
quella stessa che lasció all'Opera del Duomo il castello della Sala, pro-
prietà di suo marito.

LS

EPILOGO

Così finalmente lo Stato orvietano passava del tutto sotto il domi-

nio esclusivo della Chiesa. Ma il suo territorio non era più quello va-
stissimo degli ultimi decenni del secolo xI e dei primi del xtv. Per le
gravissime e insane contese interne, sfruttate da esterni amici e nemici,

aveva perduto vari castelli e terre del Chiusino, della montagna di Ce- -

tona, del monte Amiata e di Marittima. Ma la perdita più sensibile

che incide ancora ingiustamente sulla sua stessa diocesi, fu il distacco .

di Bolsena avvenuto per decreto di Nicola V del'30 ottobre 1452 (2),

dopo la morte senza figliolanza maschile del feudatario Corrado di

Paolo Pietro dei Monaldeschi, l’uccisore di Arrigo, avvenuta il 14 o il
16 ottobre dello stesso anno.

| Tale decreto fu certamente ispirato alla Bolla di Papa Urbano V

(1) Ecco' la iscrizione:

D .0.M. = PETRUS . ANTONIUS . MONALDUS . PATRE . E . TIRANNIDE .
,EIECTO . ITA . AEQUANIMITER . SE . GESSIT . ET . EA . INTEGRITATE . ET .
FIDE . REM . P . CUM . CAETERIS . CURAVIT . OPTIMATIBUS . AC . DEFENDIT .
UT . NEMO . EUM . CHARITATE . P . SUPERARET . QUO . CIVES . OMNES . PARI-
TER . COLERENT . ET . MORTUUM . DESIDERARENT . V. A .'LX . JOANNA . CER-
VARIA . MONAL . PUDICITIAE . MUNIFICENTIAE. QUE . EXM . VIRO . DE SE,.
BENEMERENTI . ET . SIBI . VIVENS . FECIT . = MDXVI .

Interessante anzitutto perché con la data della sua incisione —1516—,iden-
. tificabile all'incirca in quella della morte del Pietro Antonio, e coll'indicazione
dell'età da questi raggiunta — anni 60 —, ci viene a stabilire come egli fosse nato
tra il 1455 e il 1456, e che perció non fosse figlio dell'Arrigo ucciso nel 1449,
bensi di Gentile vissuto fino al 1466, come asserisce il Manente, in contrasto
col Monaldeschi.

Con tale riscontro di paternità è giustificata la frase «patre e tirannide
ejecto » adattabile al Gentile, e non all'ucciso Arrigo; e così l'adattamento del
Pietro Antonio ai rapporti con gli altri ottimati: ed infine tutta la stesura della
epigrafe laudativa del morto e del ramo della Cervara.

(2) MonaLpEscHI, Commentari, carta 138 recto. DEI Matteo da Castaluc-
cio, ed. Effemeridi, pagg. 515, 516.

de di omattaletai
DT RP ERIT rt cos iii rn ren sei) ici RS M

i

-

SERIE CRITICA DEI VESCOVI DI BOLSENA E DI ORVIETO 125

dell'8 dicembre 1368 (v. C. D. doc. 681), ed alla antichissima pretesa
della Santa Sede sulla linea patrimoniale Sutri-Tintinniano.

Col volgere degli eventi tale pretesa della curia aveva trovato
un adattamento con l'elevazione di Orvieto a quinta provincia dello

" Stato Pontificio, comprendente Bagnorea, Bolsena e Acquapendente;

e ció durante il papato di Pio VI, come si puó rilevare parzialmente
nellAtlante della Calcografia Camerale dal 1791, e come si puó Icggere
dal Dizionario del Moroni (vol. XIX pagg. 202-203).

L'invasione dei francesi sconvolse questa situazione.

Certo per vendetta della ribellione del 9-10 maggio 1799, avve-
nuta in difesa del Reliquiario del Corporale, con l'uccisione di un fran-
cese, tal Montaigne, il che provocó l'intervento di forze francesi, co-
mandate dal generale Mirer (1), la delegazione di Orvieto fu abolita,
e Orvieto fu posto come un distretto sotto a Todi, mentre che al di-
partimento del Trasimeno presiedeva Spoleto. |

Al ritorno di Pio VII, né nel 1800 né nel 1816, la delegazione —
per ragioni che non si comprendono — non venne ricostituita, ed Or-
vieto venne sottoposto a Viterbo fino al 1813.

In questo anno Papa Gregorio XVI ricostitui la delegazione di
Orvieto, ma col solo distretto di Ficulle.

E questa iniziale mutilazione del suo naturale territorio agricolo
commerciale è stata causa Senatu delle successive minorazioni
amministrative.

GERALBERTO BUCcoLINI

1

(1) Cosi da notizie raccolte verbalmente dal fu Dr. V. Stramaccioni sulla

fede del padre Arcangelo, da documento manoscritto esistente in Biblioteca

e da riscontri nell'Archivio Comunale, ad annum.
126 : GERALBERTO BUCCOLINI

APPENDICE

Topografia della terra Guiniccesca.

Il curioso toponimo, ha richiamato l'attenzione degli studiosi con sempre
maggiore insistenza, man mano peró che i vari documenti del Codice Diploma-
. ticoa pagg. 42, Te 20577215793 81, 84ecc. davano sempre nuovi elementi di

esame.

Dal documento 39 del giugno 1168 si eraavuta l'importante constatazione
che un feudatario minore, Ranieri di Bartolomeo conte di Montorio, dichiarava
. di «tradere totam terram suam Universitati et Comuni Civitatis Urbis veteris ad
pacem et guerram etc. ». Questa terra troviamo nuovamente ricordata nel doc.

62 del settembre 1194, ove il vescovo di Orvieto, allora Ricardus, chiede al.
vescovo di Soana «íotam terram Guinisci et Ranieri Bartholo » chiaramente
unificandola, documento contermatoci dal Marabottini, pur con diverso nome

del vescovo.

Nell'atto del 3 giugno 1203, doc. 76, d'altronde i consoli ed il giudice di
Orvieto pongono certi.capitoli al feudatario maggiore, conte palatino Aldo-
brandino di Aldobrandino, alla moglie Adelasia e ai figli, per tutto il contado
loro, in tutta quella estensione di territorio posseduta dal conte Ranieri, capitoli
cheil conte Aldobrandino accetta; a che nella capitolazione del 24 giugno 1216,
doc. 106, il maggiore dei suoi quattro figli, Aldobrandino pur esso, oltre'a tutta
l'intera dedizione promette di far dare al Comune di Orvieto da ogni terra due
soldi per fuoco, salvo che per la terra Guiniccesca che paga già un reddito apposta.

Cosi con il seguito di questi atti, veniamo ad identificare nella terra Gui-

niccesca, la terra sottomessa al Comune di Orvieto dal Conte Ranieri di Barto-
lomeo, terra che, a somiglianza della terra Aruolfa nello Spoletino, costituì
il fondamento legale del diritto del Comune di Orvieto sui terreni feudali del-
l'Alfina, dipendenti dai conti Aldobrandeschi.

La curiosa qualifica del tenimento ‘è evidentemente l’aggettivazione di
un nome proprio che possiamo serenamente riconoscere in quello di Guinigio
Guinigi, nome feudale non comune, ma che qua e là si ritrova, per es. a Lucca.
Così è detto anche nel doc. 62, ed è riconosciuto dal Fumi nell'indice nomina-
tivo del Codice diplomatico, pag. 841 x

Dopo di che, proseguendo su questo le nostre ricerche, ne Mediano: d' ac-
cordo sempre col Fumi, centro del tenimento da ritenersi la « Rocchetta di
Guinigi » nominata a pag. 70 doc. 101; pag. 75 doc. 107; pag. 81 doc. 114; pa-
gina 113 doc. 171; e pag. 157 doc. 234. L'appartenenza a Guinigi, e la modesta
qualifica del piccolo forte, ció indicano chiaramente.

Procedendo oltre, nel desiderio di arrivare alla reale localizzazione, ci é
‘ corso alla mente il pensiero che spesso i toponimi primitivi sono stati surrogati
da quello della loro chiesa principale, come ad es. Castel Piero con S. Michele
in Teverina. Orbene dai doc. 102 e 175 possiamo rilevare che la Rocchetta di
Guinigi aveva Ja chiesa dedicata a S. Quirino o S. Chirico. E tre località no-
. prossimo alla città di Orvieto, troppo lontano dal centro episcopale di Soana

SERIE CRITICA DEI VESCOVI DI.BOLSENA E DI ORVIETO 127

mitate da tale chiesa esistono tuttora nel territorio contiguo al comune domi-
nante, Orvieto.
1) S. Quirico di Sugano, che deve essere senz'altro escluso, perché troppo

con il quale é stato in discussione. :

2) S. Quirico d'Orcia, ch'é anch'esso da ua perchè situato del
tutto vicino alla dominante Siena, la quale quantunque alleata non ne avrebbe
certamente sopportata la sottomissione ad Orvieto.

3) Invece la località di S. Quirico di Sorano, distante solo 5 chilometri
da questo Comune, è senz'altro da identificare colla Rocchetta « quondam Gui-
nisci » centro del territorio della Guiniccesca; e ciò sia per la sua situazione me-
diana fra il vescovato di Orvieto e quello, di VAR sia per essere àlla periferia
dei feudi Aldobrandeschi.

Per tutto ció tale localizzazione é di una indiscutibile, e deve essere
senz'altro accettata.

Sarebbe pregio dell’opera; ricercare altresì, anche sui Bollandisti, la ra-
gione della erezione di tre chiese dedicate a S. Quirico o Chirico in un territorio
così ristretto; ma lasciamo ad: altri questo studio non pertinente al nostro scopo,

BIBLIOGRAFIA

1) GuaArTERIO FiLippo ANTONIO, La Cronaca del Conte Francesco di Monte-
marte dal 1333 al 1400. Torino, Stamperia Reale, 1846.

2) LurGir Fumi, Codice Diplomatico della città di Orvieto. Firenze, Viesseux,
1884.

3) Rerum Italicarum Scriptores di L. A. MuraTORI; nuova edizione a. 1903
e seg., tomo XV, parte V: Ephemerides Urbevetanae, annotate diligente-
mente da L. Fuwr, e così ripartite:

A) Discorso istorico, 1342-1368, ‘pagg. 1- 93.

B) Regesto di atti originali per le giurisdizioni del Comune, fino alla
metà del secolo xiv, pagg. 97-123, a. 1168.

C) Annales Urbevetani, pagg. 125-198, a. 1161-1313.

D) Cronaca Urbevetana, a. 1294-1304, pagg. 199-210; a. 1294-1304.

E) Cronaca del Conte F.co di Montemarte, a. 1333-1400, pagg. 211-268.

Wi Cronaca di Luca DI DOMENICO VALENTE, a. 1174-1413, pagg. 269-
414.

G) Estratti dalle Historie di CrpRIANO ] MALE a. 1325-1376, pa-
gine 415-471.

H) Ricordi di Ser Matteo di Cataluccio, a. 1422-1458, pagg. 473-531.

4) Fumi LuiGi ed Arpo- CARLINI, Continuazione Orvietana alla cronaca di
Martin Polono, in « Archivio Muratoriano », n. 14, ed. Lapi-Zanichelli.

5) CrPRIANO MANENTE, Historie. Venezia, G. Gioliti de’ Ferraris, 1561.

6) MonaLDEScHI MonaLDo, Comentari Historici. Venezia, Ziletti, 1583.

7) CECCARELLI ALFONSO, Historia di Casa Monaldesca. Ascoli, Angeli, 1580.

ci

LI

Ver A deni
=

i
E

»
ARIA NOTIZIE TIRI T A i Fa c - ET ANA. CONI RET TRAE, n HARRIUS
FUA à i 1 )

Pc iii

128 SERIE CRITICA DEI VESCOVI DI BOLSENA E DI ORVIETO

8) CECCARELLI A., Breve Historia sopra’ l'albero e le vite de Monaldeschi. Pe-
rugia, P 1582.

9) MANENTI MANENTE, detto il Manentino, « Nomina et cognomina nobilium
ac popolarium, ect. in Urbeveteri ». Stampato s.i.b. sotto lo stemma di
Paolo IV, cioé tra il 1555 e il 1559.

10) UcHELLI ABATE FERDINANDO, Historia Marsciana. Roma, Stamperia
Camerale, 1667.

11) FR. VIEL e GIRARDIN, La Cronaca di Frate Giovanni Matteo del Caccia.
Roma-Viterbo, Agnesotti, . 1907.

12) ManaBoTTINI Marchese FILIDIO, Annali di Orvieto. Vol. I, Manoscritto
nella Biblioteca dell'Opera del Duomo.

13) PARDI GrusEPPE, Serie dei supremi magistrati e reggitori di Orvieto. Ed. 1*
in « Bollettino della Società di St. patria Umbra », Vol. I, pagg. 337 a 415;
ed. 2% in «Studi storici di A. Crivellucci », Vol. XVII, a. 1918, pos 15
pagg. 35 a 134.

14) VALENTINI RoBERTO, Braccio da Montone e il Comune di Orvieto. Perugia,
Unione Tipografica Coop., 1923.

15) PERALI PERICLE, Sue diverse pubblicazioni su Orvieto; specialmente:
. Orvieto? note di storia, topografia ed arte. Orvieto, Marsili, 1919.

‘ 16) PrccoLOMINI ADAMI Tommaso, Guida storico-artistico di Orvieto. Siena, 1883.

17) BuccoLINI GERALBERTO, Il problema archeologico di Orvieto antica. Orvieto,
Rubeca e Clementi, 1935.

18) PnocoPiUs CAESARIENSIS, De bello. gothico. Trad. Comparetti. Roma,
Forzani, 1890. È

19) PAoLo WARNEERIED, detto Diacono, Historia Longobardorum.

20) ZoNARAS JOHANNES, Cronicon. Lipsiae, 1869.

21) RAVENNATIS ANONIMI, Cosmografia et Guidonis Geografia, per M. Pinder
e G. Parthey. Berolini, 1860.

22) GnEconoviUus FERDINANDO, Storia di Roma nel Medio Evo. Torino,
S.T.E.N., 1926.

23) BALAN PrETRO, Storia d'Italia. Modena, Tip. Arciv., 1894-1899.

24) FATTESCHI Aba e GIANCOLOMBINO, Memorie storiche... sul Ducato di
Spoleto. Camerino, Gori, 1801.

25) LEoNrir. LonENZO, Storia di Todi. Todi, Natali, .1860.

26) CosrANTINI NAZARENO, Memorie di Acquapendente. Roma, Casa del Pa-
triziato, 1903.

27) Opni GiusEPPE, Cenni storici di Viterbo. Viterbo, Tosoni, 1875.

28) Pinzi CESARE, Storia di Viterbo. Roma, Camera dei Deputati, 1887.

29) CrAMPr, Cronache etc. della città di Viterbo. Firenze, Cellini, 1872.

30) BriGANTI FnaANcESCO, Città dominanti e comuni minori nel Medio Evo.
Perugia, U.T.C., 1906.

31) Bonazzi Luigi, Storia di Perugia. Perugia, 1875.

32) DEGLI Azzi VITELLESCHI, Le relazioni fra là repubblica di Firenze e l' Um-
bria, nel secolo XIV. Perugia, 1904.

33) MARIOTTI ANNIBALE, Saggio di memorie storiche perugine. Perugia, Baduel,
1806.

34) VILLANI GIOVANNI, MarTEO e FiLipPo, Cronache. Milano, Treves, 1857.

35) MaLAvOLTI ORLANDO, Historia dei fatti e guerre dei Senesi. Venezia, 1559
isahdniies NR ri netto di cirie iii LT 97 m T PT

SERIE CRITICA DEI VESCOVI DI BOLSENA E DI ORVIETO 129

Tommasi GiuGURTA, Delle historie di Siena. Venezia, 1625.
CANESTRELLI G.. I Visconti di Campiglia in Val d'Orcia. « Boll. Senese di
Storia patria » anno XXII, fasc. III, 1915.
Benci, Storia di Montepulciano.
DOTTARELLI CONDALVO, Storia di Bolsena. Orvieto, TA ubera e-:G.:1928.
CARTARI ANTONIO STEFANO, Historia antica latina del Mailirio di Pietro
Parenzo e sua traduzione in lingua italiana. Orvieto, Giannotti, 1662.
PENNAZZI SPLENDIANO ANDREA, Storia dell’Ostia consacrata del Santissimo
. Corporale di Orvieto. Montefiascone, 1701.
DONZELLINI, abate, Storia e origini della festa del Corpus Domini. Roma,
Accolti, 1585. II Edizione, Orvieto, Colaldus, 1600.
DucHESNE Louis MARIE OLIVER, Storia della Chiesa antica. Roma, Desclée,
19...
IDEM, Le Sedi episcopali dell’antico ducato di Roma, in « Archivio della
Società di Storia Patria », a. 1892, Vol. XV, pagg. 475-502.
Lanzoni FnaANcEsCO, Le diocesi d'Italia dalle origini al principio del
secolo VII. Roma, Tip. Vaticana, 1923; II ediz., Faenza, Lega, 1927.
LaABBE FrLIPPO e CossARsI GABRIELE, Sacrosanta Concilia. I ediz., Lute-
tiae Parisiorum, 1675. PORTUM
IDEM, II ed., Acta Conciliorum, Parisiis, 1715.
MANSI I. D., Sacrorum Conciliorum nova et amplissima collectio. Florentiae,
Zatta, 1759 sgs.
UGHELLI FERDINANDO; Italia Sacra. Venezia, Coletti, 1642-1648.
LucENTIUS I. A., Italia Sacra rev. Ughelli, restricta, aucta, ete., Roma, 1704.
CAPPELLETTI, Chiese d’Italia. Venezia, Antonelli, 1855-1866.
Gams, Series Episcoporum Ecclesiae. Ratisbona, 1873.
JAFFÈ PHIL., LowENFELD ed EvvALpI nonchè KEHR PauLus Fn.. Regesta
. Pontificum Romanorum. Berolini, 1851; Lipsia, 1885-88; Berolini, 1906.
EUBEL, Hierarchia cattolica Medii Aevi. Moratti Edictio altera, 1914-1920.
BaRroNIO AunELIO Lopovico, Annales Ecclesiastici. Romae, ex typ.
Vaticana, 1588-1607. ^
MunaTonr L. A. M, Dissertazioni sulle antichità italiane. Arezzo, 1778.
ManABoTTINI FiLIDpIOo, Catalogus episcoporum Urbis Veteris. I ed. in Poli
. Card. Fausti Synod. Const., Roma, Tani, 1650; II ed. in Della Corgna
Synodus, Urbeveteris, Paler e GS 1667.
DELLA VALLE GUGLIELMO, Storia del Duomo di Orvieto. Roma, Lazzarini,
1791.
RR. P. VINCENTII Me sost et episcoporum DE APris et VESPIGNANI,
Serie dipinta in Vescovato e riportata in Prinzivalli, Orvieto, La città
dei Pontefici. Orvieto, S. Pompei, 1857.
PERALI PERICLE, La Cronaca del Vescovado Orvietano, dal 1029 al 1239,
scritta dal Vescovo Raniero. Orvieto, Marsili, 1907.
FABRE PAUL et DucHESNE Louis MARIE OLIVIER, Paris, Fontemoing,
1908.
ManLor, Metropolis Remensis historia. Insulis, 1666.
Manror, Historie de la Ville, cité, université dex Reims-Jacquet, 1843-1846.
PeRIN, Onomasticum totiu latinitatis. Padova, 1913.
GuIpoNIS VALLOCLENSIS, « Coder Urbevetanus ». Leggendario manoscritto
AM PN »

130 GERALBERTO BUCCOLINI

su codice membranaceo in folio, conservato presso l'Archivio capitolare
di Orvieto.

66) Manoscritti del fondo gesuitico n. 1447 e del Fondo Sessoriano n. 414-

211 e 478-2053, della Biblioteca Vittorio Emanuele in Roma.

67) SBARAGLIA GrAcINTO, Notae et addictiones ad Italiam Sacram. Opera tut-
tora manoscritta, esistente presso l'Archivio generale dei minori conven-
tuali in Roma alle segnature C. 46-C. 49, con note dei padri Centarini e
Rinaldi. Per le diocesi umbre ne fece una trascrizione Mons. Faloci Puli-
gnani nell’« Archivio per la storia ecclesiastica dell'Umbria », Vol. I

68) Moroni GAETANO, Dizionario storico ecclesiastico. Venezia, Tip. Emiliana.

69) CAPPELLI A., Cronologia e Calendario perpetuo. Milano, Hoepli, 1906.

- wc __ — — —_ SOSIO TERA — VERRI SOIA TS QUE NEST TE
"—— ita dtt reti creto, Di triti acli ini cd MD. m is

RAMI FABRIANESI DEGLI ATTONI
UMBRI

‘La grande ues longobarda degli Attoni, la cui complicata ge-
nealogia é stata studiata nelle sue molte diramazioni in un poderoso
volume, oggi assai raro, del compianto marchese Adriano Colocci Ve-

‘ spucci, il quale era orgoglioso di aver nelle vene un po’ del loro san-

gue, giovandosi di ricca messe di documenti archivistici pazientemente
studiati (1), ebbe origine nel secolo 1x da una propaggine dei duchi di
Spoleto. Suo primo patrimonio feudale fu il territorio montuoso e sil-

‘vestre fra Nocera, Gaifana e Tadino; di là col fitto stuolo dei discen-

denti che via via si staccarono dal tronco avito, diffuse i suoi possessi
a tutta l'Umbria; alle Marche, al Lazio, alla Romagna; Attie Attoni
vissero e dominarono a Foligno, a Todi, a Viterbo, a Roma, a Sasso-
ferrato, a Matelica, a Rimini, mentre molte nobili famiglie che ebbero
parte cospicua nella storia delle loro città, quali i Monaldeschi di Or-
vieto, i Trinci di Foligno, i Cima di Cingoli, i Colocci di Jesi, gli Ottoni
di Matelica, forse i Chiavelli di Fabriano, furono — o si dissero — pol-
loni secondari nati anch’essi da questo ceppo vetusto. Dal centro pri-
mitivo dell'Umbria nord-orientale era facile lo sconfinamento, oltre-
passato il crinale dell'Apennino che culmina nel Monte Maggio
(m. 1361), separando il territorio nucerino e gualdese da quello di
Fabriano, nell’opposto versante marchigiano, che in questo limite
estremo, bagnato dall’alto Esino e da’ suoi affluenti, fin dal vir se-
colo faceva già parte del ducato di Spoleto coi diversi comitati che
più tardi, staccandosi da questo vastissimo feudo; formarono il mar-
chesato di Camerino. Attone I il gran Conte (fine del secolo x) ri-

(1) Gli Attoni (gens Actonia) — Memorie storiche e genealogiche raccolte da
ADRIANO CoLocci Vespucci, Roma, 1932. i

AVVERTENZA. — Poiché il volume del Bollettino corrispondente all'anno
1941, nel quale questo lavoro vede la luce, esce con notevole ritardo, é stato

possibile tenere conto nelle note anche di pubblicazioni posteriori a tale data.

u—— e i n a ivan dn ret T els xao Ms M et gie gin Lande

E Re
- o
^.

TAA

jute

m
fj
132 ROMUALDO SASSI

dusse sotto la sua signoria moltissime terre marchigiane; Attone II,
figlio di lui, lasciati al fratello Pietro, conte di Morano, e ad altri con-

sanguinei i domini paterni dell' Umbria, fissò la sua dimora nelle Mar- .

che, dove ingrandi i suoi possessi coi beni dotali della moglie Berta,
figlia di Amezzone conte di Osimo e di Colleoccio (1015 circa). La pe-
netrazione di questo ramo degli Attoni nella nostra regione prese due
direzioni, l’una sulla riva destra dell'Esino, dal contado fabrianese e
da Sant'Anatolia e Matelica oltre la gola della Rossa verso sud est,
nello Jesino e nell'Osimano, fino a raggiungere la valle del Musone;
l’altra, movendo dal medesimo punto di partenza, si estese invece sul-
]a riva sinistra dell' Esino e da Sassoferrato, Serrasanquirico, Serrade-
conti toccò il territorio sinigagliese. A questo ramo appartengono

gli Atti signori di Sassoferrato, dai quali sembra siano derivati quegli

Atti di Rimini, onde nel Rinascimento germogliò il più bel fiore della
stirpe, la divina Isotta, concubina e poi moglie di Sigismondo Mala-
testa, che innalzò in suo onore nel duomo di Rimini, mescolando sa-
crilegamente il sacro e il profano, il più splendido dei mausolei.

Non è facile determinare con precisione quali e quante di queste

famiglie attoniche abbiano avuti i loro feudi nel Fabrianese. Nei docu-

menti dei secoli xir e xirt, che registrano la loro sottomissione al Co-
mune, di questi domicelli o conti o feudatari rurali mancano del tutto
i cognomi, e il nome di Atto o Attone è così frequente che non può
da esso dedursi la consanguineità senza altri indizi concomitanti (1).

Tuttavia due rami sembrano congiunti sicuramente al tronco ori-
ginario. L’uno signoreggiava su la riva sinistra del Giano, lungo la
| costa di quella giogaia di monti che sovrasta ai villaggi di Vallemon-
tagnana, Moscano e Rocchetta o Rocca di Mezzo e separa il corso di
questo fiume nella piana fabrianese dalla gola di Frasassi, in cui scorre
il Sentino. Il castello di Conca, oggi distrutto, dove essi abitavano,
situato appunto fra gli ultimi due villaggi sotto il monte Rimosse, fu
costruito (o meglio ricostruito dopo una guerra), con la cooperazione
degli abitanti di Moscano, tra il 1170 e il 1180 (2); i loro beni si esten-
devano anche al versante opposto, dove era salita a grande potenza
per estensione di feudi e per soggezione di chiese e di castelli l'abbazia
benedettina di S. Vittore delle Chiuse.

(1) Nelle sole carte del monastero di S. Vittore delle Chiuse, delle quali
ho compilato il regesto, s'incontrano dal sec. xi al xiv ben 39 Atti od At-

toni.
(2) Vedi più sotto l'atto del 1229 (« Arch. S. Biagio », n. 89).
—— n. a

TNI e rm 00 T NR

RAMI FABRIANESI DEGLI ATTONI UMBRI 133

Ne] 1098, con un atto rogato dal notaio Martino detto Paganello,
già conservato nell’archivio olivetano di S. Caterina e pubblicato ne-
gli Annali Camaldolesi (1), il conte Gozo del Conte Ugo e la contessa
Sofia sua moglie donavano o vendevano secondo la loro legge longo-
barda (la perdita dell'originale nor consente di stabilire con precisione
la natura dell'operazione) una terra a Morico abbate di S. Vittore; altra

| cessione fatta dai medesimi al successore Rainerio è registrata in un

transunto dell'archivio comunale di Serrasanquirico (2) e crederemmo
un errore di lettura dell'esemplatore il nome di Franca dato alla mo-
glie al posto di Sofia, se non esistesse nelle medesime carte un'altra
donazione dello stesso Conte Gozo (3), il cui patronimico sembra
però Uvo o Vico, ove la moglie ha nome Frau (?). Nell'indice delle
pergamene di S. Vittore compilato nel secolo xvii dall'abbate oli-

vetano d. Giorgio Benedettoni (4) la contessa Sofia è detta madre

di-Gozo, anziché moglie, ed in tal caso i tre documenti sarebbero
meglio in armonia.

Il Colocci identifica questo conte Gozo con l'omonimo conte di
Jesi, pronipote di Attone II e il più potente dei discendenti di questo,
il quale sarebbe morto in età assai tarda circa il 1150, lasciando nu-

merosa prole.

Questo Gozo era fra i Damon del monastero di S. Vittore, i quali

con atto del novembre 1104 donarono il loro diritto di patronato e sot- '.

tomisero all’abbadia i loro castelli vicini e lontani (Civitella presso
Valdicastro, le Sassa presso la gola di Frasassi, le Precicchie, Cere-
sola presso. Pierosara, Serrasecca, Valle, ecc.) (5). L'anno seguente
questo conte Gozo insieme con altri piccoli feudatari e con Pietro
abbate di S. Vittore, secondo la legge longobarda per gli uni e la legge
romana per l'ultimo, faceva obbligazione reciproca perpetua di mu-

tua sicurtà al conte Bucco signore del castello di Pietrafitta, pro- :

mettendo di non far preda né furto, di difendersi reciprocamente

contro ogni offesa entro determinati confini, i quali corrispondono su

(1) IIl, app., XCV. — Regesto Zn ghi, n. 49. Carte di S. Vittore, n. 80.

(2) Vol. I, cl. I, perg. VI. — Carte.di S. Vitt. 81.

(3) Rog. Adamo giud. Ann. Cam., III, app. XLIV.

(4) Ms. tra le carte di mons. Zonghi conservate presso il comm. Moscatelli
dì Fabriano.

(5) L'atto è conservato in: copia esemplata nel 1439 dal notaio Nicolò di
Melchiorre da Fabriano (carte Zonghi-Moscatelli) e fu pubblicato dal sotto-

scritto nella « Rassegna marchigiana » di Luigi Serra (« Due documenti capitali

su le origini del monastero di S. Vittore delle Chiuse », anno VIII, num. 11-12).

RI

Bg umm

amc omes
pt

no

si

Lig o



frag

IET imm, I

TETI

"m

M

PERENNE

zn
TW —

tra»
e IERI

Cz

LEA e

area

VE ALIIIIT®

" DEUS ED Ma" E e EM " c

ULT E

uu

ii

CE
rion

zt

ci Er ritate t rar

Lag

Y

ii VEDI

crore
SP Meo

134 ROMUALDO SASSI

per giù al territorio sopra indicato (1). Veramente il fatto che questo
Gozo appare domiciliato nel contado fabrianese e non in quello jesino
fa rimanere un po’ dubbiosi intorno all'affermazione del Colocci, che
di questi documenti sembra ne abbia conosciuto ed esaminato Ser

‘tanto uno.

Circa un secolo piü tardi nelle medesime carte s "incontra il nome
di un conte Attolino figlio del conte Martino e di una figlia di lui,
Berta, moglie di un conte Ruggero, nel quale alcuni vogliono identi-

| ficare il capostipite del ramo principale di quei Chiavelli che diven-

nero poi signori di Fabriano e che allora erano feudatari della
rocca di Capretta presso Attiggio. Secondo il Colocci (2) questo At-

tolino era pronipote del predetto Gozo, cioè figlio di Trasmondo di .

quel Bisaccione, conte di Morro Panicale (Castelbellino) e di Castrac-
cione, che nel 1192 donò il castello di Morro alla città di Jesi, e pos-
sedeva altri beni nel contado di Jesi, Camerino ed Osimo. Senonché
anche qui il patronimico che risulta dai documenti fabrianesi è un al-
tro. Comunque sia di ciò, il conte Martino nel 1170 s'era già sottomes-
so in nome suo e dei figli al comune di Fabriano (3). Il conte Attolino,
figlio di lui, era in consorzio con altri feudatari vicini e con l'abbadia

di S. Vittore. La famosa carta del 1186, conservata in originale e in di-

verse copie nell’archivio comunale di Fabriano e molto studiata dai

filologi per le frasi in volgare che essa contiene (4), è appunto un atto

di concordia tra Attolino, Berta e l'abbate Morico da una parte e Ro-
lando di Bernardo co' suoi eredi dall'altra intorno ai beni comuni
nelle ville di Moscano (Risiano o Reggiano, cioé Moscano: alto), Col-
cello (roti, clavi), Montegiano di Collegiglioni e luoghi finitimi. Un
altro atío della stessa data contiene i nomi di altri due figli, Rainaldo
e Raniero, i quali insieme con la sorella Berta donano alla chiesa di
S. Vittore ed a' suoi monaci la loro porzione di beni in Conca e un
terreno d'otto pertiche fabrianesi extra portam burgi (di Fabriano ?) (5).
In un terzo istrumento, del 14 ottobre 1192, si aggiunge alla serie un

terzo fratello, Matteo, e tutti e tre insieme rimettono a Gualfredo ab- -

(1) «Ann. Cam. », III app., CXXX, CXXXI; carte di S. Vitt. 88, 89.

(2) Pag. 88.

(3) «Arch. com. di Fab. », perg b. I, 8 e copie nel libro rosso (c. 195
t., 136 ecc.).

| (4) B. 1, 20, 23, libro rosso, c. 141. Facsimili dell’ originale e:delle copie in

UcoriNI, Atlante paleografico romanzo, fasc. 1, Torino, 1942: trascrizione dello
stesso autore in Testi Italiani Antichi, Torino, 1942, pag. 37, n. 22.

(5) Ibid., b. 1, 22, 44; lib. rosso, c. 135; «Ann, Cam. », IV, pag. 121.

erp ma me n
" ^. iid ; 2
CENSET HANE Y conet dtt " i TS NEM ne cet e rete == NN TANE ti te A

RAMI FABRIANESI DEGLI ATTONI UMBRI 135

bate di S. Vittore tutti i diritti e le azioni che hanno verso la detta
chiesa e gli uomini da questa dipendenti pro facto castri Conche (certo
quella guerricciola in seguito alla quale questo fu distrutto e poi rico-
struito con la cooperazione degli uomini di Moscano), cioè i reciproci
malefizi, le promesse, le convenziori fatte con loro e col padre; e al-
trettanto fanno verso la comunità di Fabriano, rappresentata dai
consoli Orzone e Fiorentino (1). Nello stesso anno i quattro figli ce-
. dono al Comune tutti i loro beni, s'impegnano di non costruire nel-
l’ambito dei confini indicati nessun castello o fortificazione senza il suo
consenso, rimettono alla sovranità di esso tutti i loro uomini, promei-
tono di costruire una casa a Fabriano e di abitarvi (2). Il Comune pre-
tende da essi la garanzia che compirà lo stesso atto Uguccione, che in
questo documento — trascritto in due copie nel libro rosso — è detto loro
fratello; e segue in realtà la sottomissione anche di questo, il quale
però nell’atto che lo riguarda è Uguccione di Rainaldo, cioè nipote e
Es non fratello degli altri contraenti (3). Non saprei come risolvere la
discordanza, se si tratti di due Uguccioni differenti o, come mi sembra
piü probabile, di uno soltanto detto fratello, invece. che nipote, per
errore del notaio. Nella sentenza del giudice Omodeo, dell'11 aprile
1192 (4), per la quale i conti sono obbligati a recarsi ad abitare a
| Fabriano, ma é respinta la pretesa del Comune che il castello di Conca
! , fosse demolito, è compreso anche, futorio nomine, il figlio pupillo del
| conte Ruggero, che evidentemente era già morto (Gualtiero Chia-
velli ?). i
Questi conti Attoni avevano usurpato e posseduto per un certo
tempo alcuni beni del monastere di Fonte Avellana, in contrada La-
venano nel territorio di Collamato, e li avevano poi dovuti restituire
al legittimo proprietario; lo desumiamo da un atto dell’11 luglio 1192,
col quale il priore Giovanni, per sé e peri suoi monaci, pone anche
I questi sotto la protezione del Comune di Fabriano (5). Altri docu-
menti posteriori aumentano ancora la famiglia e fanno derivare dal
ceppo del conte Martino altre stirpi, non tutte però con attribuzioni
sicure. Intanto Attolino aveva certamente un fratello, Ruggero, il
quale nel 1229, insieme con lui e d’accordo col comune e col mona-

sS CY, CUT eats

oa gro

t

1
li
P]
Ir

ji
il
n

m
ah

nm c
i HH

3

È 1
i
|

LE

hd

tB
à

j
]
|
|

n"

Ep È

(1) Ibid., b. 1, 11, 27; libro rossò, c. 138 t.
(2) Ibid. libro rosso, c. 138, 139. i
(3) Ibid., b. 1, 40; libro rosso, c. 137.

| (4) Ibid., b. 1, 25; libro rosso, c. 140 t.
(5) Ibid., libro rosso, c. 141 t.

a
sa

SLM

du e me

2

Ti T.


"d sere
soa

T
mat

AER

tue. È
Poe phy

TITTI qt i p

l
|
|
j
i
il
|
Ì
va
IMP DER tt a

MET ibi pio, sit

136 ROMUALDO SASSI

stero di S. Vittore in nome della chiesa di S. Pietro di Risiano o Reg-
giano da lui dipendente, è in lite con l’università degli uomini di Mo-
scano per il diritto di pascere, legnare e scofanare (1) nella montagna
di Conca e di Remosse, che questi dicono di aver acquistato cooperando
coi figli del conte Martino alla costruzione del castello di Conca, edi-
ficandovi le loro ease ed esercitandolo senza interruzione da 35 a 40
anni, mentre l'altra parte lo nega e intende provarne l'assoluto pos-
sesso. I due atti (2) contengono soltanto le deposizioni testimoniali

indotte dalle due parti davanti a Iacopo di Benvenuto ed Uberto di .

Torsello giudice del Comune. Secondo il Brandimarte (3) era fra-
tello dei conti Attolino e Ruggero (ch'egli ignora), anche Simone, capo-
stipite dei conti della Genga; ma questa sua affermazione è contra-
detta dall’atto del 1090, il primo importante per la genealogia di
questa famiglia, secondo il quale quell’Ugo che il dotto minorita fa
padre di un secondo Simone era figlio di Albrico e non di Simone di
Martino, e coi fratelli Alberto e Suppo o Suppone ottenne dall’abbadia
di S. Vittore l’enfiteusi del castello (4). È escluso quindi anche che
egli fosse lo stesso che l'Uguccione fratello del 1192, che egli inter-
preta cugino; c'è la differenza d'un secolo. Nelle vicende successive
di questa lite (anno 1254) appaiono i discendenti di Ruggero e di At-
tolino, cioè di quello i figli di Albrico di Attone (pronipoti), di questo
Naimerio di Matteo (nipote), il quale si era stabilito nel villaggio di
Trenquello presso Nebbiano. Sono quarantacinque uomini di Moscano,
rappresentanti della università della villa, i quali presso la curia di
Fabriano nominano due sindaci o procuratori, fra cui un Albrico di
Attolino, contro il monastero di S. Vittore e i predetti signori, per

(1) Raccogliere le fronde dell'arbusto detto volgarmente scofano, fre-
.quentissimo nei nostri monti e usato fin da tempi remoti, dopo seccato e ridotto
in polvere, per la concia delle pelli.

(2) Originali nell’archivio di S. Biagio, oggi a Fonte Avellana, n. 89
e Mosc. n. 7. Regesto di S. Vittore nn. 159 e 160.

(3) Notizie sopra i conti della Genga e degli Atti, copia dattilo grafata
(biblioteca comunale di Fabriano) del ms. conservato a Spoleto presso i conti
Fiumi.

(4) « Arch. com. di Fab. », b. XVI, 671. La genealogia del Brandimarte,
che è la seguente:

Conte Martino, degli Attoni (1080)
Simone e Guitta contessa (1173)
Ugo o Uguccione (1185)
: Simone (1216) :
Gandolfino (1251) .

RE gy n I e S i i cn
Mine M a T

DEMEURE OCCUR TNR

n artioli bio ao
a i
insi NN RW Teo RTUTPUIBYT TNR LET e Be y B e BR RTI URN -— NT I FR EN ————— ——'

SITE GITE ET

i $1 A
Hs RAMI FABRIANESI DEGLI ATTONI UMBRI 137

i far valere gli stessi diritti, dagli altri ancora contestati (1). Secondo il
Brandimarte (ms. cit.) Matteo di Attolino aveva un altro figlio, quel
Trasmondo che nel 1211 cedette al comune di Fabriano, rappresen- à

If tato dai consoli Bulgarino e Bellono, i beni e uomini che aveva nei
1 castelli di Almatano e Rocca di mezzo, veramente contigui a Conca e
i Moscano (2). Ma la mancanza del Datsaucatao non ci autorizza a
1 dare come certa questa ipotesi.
Da Raniero di Attolino il Brandimarte fa nascere anche Ugo, il
| capostipite degli Atti di Sassoferrato, e lo identifica con quell’ Uguc-

cione di Raniero che nel 1213 cedette al Comune di Fabriano uomini
e beni in Torricella, Colleponi, Murazzano (3). Il Colocci (4) al con-
trario sostiene che questi sono un ramo non degli Attoni di Conca,
ma di quelli di Todi; il che il Brandimarte nega recisamente, basandosi
specialmente sulla diversità degli stemmi. E molto difficile risolvere
questioni cosi complicate ed incerte di genealogia; ma l'ipotesi del
.Colocci appare meglio fondata.

va corretta cosi:
Atto? — S. Vitt. 1082? n. 60-61

|
Conte Albrico (1090)
|

È
Y
Ü
di
Li
i
È
Mu
Î
|
»
É
rd
LU
T
SS

P
ES
vi
"E
d
;
NH
ul
X
"
IT
n
\
na
T

| | ) Ì RR

Ug» Alberto Suppo N

| BN

(t an Ss; Vin78) a
(Simone) IS

(Uguccione)
Simone e Guitta (1172 — S. V. 110)
Uguccione (1185 — S. V. 112)
Simone (1216)
Gandolfino (1251) (1)

Y

Y

(1) Simone I e Uguccione I sono necessari
per la cronologia; se Simone marito di Guitta
tosse figlio di Ugo, nel 1172 sarebbe stato
centenario.
(1) Carte di. S. Vittore, nn. 253, 255 (dall’« Archi vio di S. Biagio », nn. 169,
170).
(2) « Arch. com. di Fabr. », libro rosso; c. 28.
(3) « Arch. com. di Fabr. », libro rosso, c. 19.
. (4) Pag. 93 e segg. Il Colocci in base ai documenti chiama fantastica la
genealogia del Brandimarte e dimostra che Attone degli Atti, capostipite della
famiglia, era figlio di Ugo di Atto, podestà di Foligno.
198 ROMUALDO SASSI

La lite fra il Comune di Fabriano e l'università degli uomini di
Moscano continuó a svolgersi ancora, e ne possediamo molti e volumi-
nosi documenti (1), negli anni 1286-88; ma né i conti Attoni né il
monastero di S. Vittore vi hanno piü parte alcuna. Essa terminó
con la cessione della montagna al Comune da parte degli utenti,
o almeno del maggior numero di essi (2). Dopo gli ultimi decenni
del dugento questo ramo degli Attoni di Conca non compare piü nei
documenti; o si spense o, incastellatosi a Fabriano, cambió cognome

e diede origine a qualcuna delle famiglie nobili della città (3).

Fra i quarantacinque uomini di Moscano che nel 1254 erano in
lite coi feudatari di Conca e col Comune c'é Atto di Aymelda, una fa-
miglia le cui vicende hanno uu certo interesse. L'origine da Moscano
ed il nome di battesimo c'inducono a supporre una consanguineità
con gli Attoni, cui non sarebbe di ostacolo il fatto che in questa causa
militassero nel campo avverso. È anche strano, e dev'essere un patro-
nimico femminile, il cognome, al quale la lettera y, costante nei do-
cumenti che li riguardano, dà un sapore piuttosto esotico, anzi teuto-
nico, altro motivo che può appoggiare la mia ipotesi. Atto era proprie-
tario di terre à Moscano (1237) e a Pierosara (1251); i fratelli Iacobo
e Bernardo di Piero, che potrebbero essere cugini di quello, e le figlie
del secondo Rogata e Bianca, già vassalli del monastero di S. Vittore,
ebbero una controversia con questo e con la chiesa'di S. Lorenzo di
Moscano da esso dipendente; fu risolta con un arbitrato, in base al
quale ottennero l'affrancazione da ogni dominio, prestazione, SHSSSIO
con la cessione di alcune terre (1249-50) (4).

Egidio fu quello che trasportò la famiglia a Fabriano, dove nel
1287 era priore delle arti (5). Fu figlio di lui il nobilis et sapiens
miles et iurisperitus Pierbenedetto, del quale nell'archivio di S. Cate-

(1) « Arch. com. di Fab. », perg. b. IV, 200, 203; cass. I, rot. 6 e 7.
Sono specialmente deposizioni testimoniali delle due parti avverse.

(2) ZoneHI, Carte diplomatiche, CCLII (2 dicembre 1289).

(3) È possibile, data l'analogia dei nomi di battesimo, che siano d'un
ramo della medesima famiglia i fratelli Diotisalvi e Gozo di Attone, i quali
sono ricordati in un atto notarile del 1269 (« Arch. not. Bref. », perg. 91).

(4) Carte di S. Vittore, n. 197 (« Arch. di S. Biagio », n. 86), 246 (ibid.,
152), 219 (ibid., 183), 229, 239 (Reg. Zonghi, 71), 232-33 (S. Biag., 142, 144).

(5) Carte di S. Vittore n. 378-379 (Reg. Z., 76, 80). È anche menzio-
nato un Pucciolo di Accursino di Aymelda, che nel 1314 acquista una casa in

. valle Bugacti presso la chiesa di S. Nicolò, e la cui figlia Vigilia, vedova di

Nuto di Bartolo, nel 1325 riceve dal giudice del Comune una casa e una terra
a titolo di restituzione di dote (« Arch. Com. Bref.», perg 448, 594).

ERUNT rrr ree
COMO MR MEME M. Lo TE OE RR prpnw .—
dixe zc y En

E RIE RITIENE TOZZI NE

\ RAMI FABRIANESI DEGLI ATTONI UMBRI 139

rina si conservano parecchi atti di compra-vendita dal 1305 al 1353,
anno probabile della morte (1). Appare da essi il graduale accresci-
mento del suo patrimonio; pio e generoso, nell’anno giubilare 1350,
dopo la visita ad limina apostolorum Petri et Pauli, egli fondò, costruì
e dotò il monastero femminile benedettino di S. Maria delle Vergini,
ne assunse il patronato e ne compilò le costituzioni (2). Suo figlio
Tobiuccio, morto nel 1382, mercanteggiava con tale Matteo di Patri-
gnano in legali arte cartarum in terra Fabriani et non alibi, metterdo
" di sua parte 100 libre ravennati di moneta, dava denari a mutuo,
E aveva compartecipazione in soóccide di bestiame (3). L'importanza
| assunta dalla famiglia é dimostrata dal fatto che all'istromento nota-
rile con cui egli emancipava, dinanzi a Giovanni da Bagnoregio giu-
dice del Comune, i due figli Egidio e ser Ruggero, furono presenti i
personaggi piü cospicui della terra: Audiberto de Sade riformatore di
Fabriano per la Santa Sede, Ademaro da Monteauroso suo vicario, d.
Francesco da Urbino priore di S. Venanzo (4).. Il figlio Egidio sta-
bili la sua dimora a Bologne, donde — indizio della cospicua ricchezza
della famiglia — nominava suo procuratore il mercante Ambrogio di
Bonaventura di Perino per riscuotere 2300 ducati d'oro, sua parte del
l'eredità del padre e del fratello Piero (5). Di ser Ruggero possediamo
il testamento, redatto nel 1432 (6), col quale disponeva molti legati
pii, specialmente alla sua cappella gentilizia in S. Venanzo e per essa al
can. d. Giovannino di Matteo, prelato piuttosto prepotente e manesco,
che forse officiava, non senza sospetto di complicità, nella tragica messa
dell'Ascensione durante la quale furono uccisi i Chiavelli (7). Aveva
per moglie Uriana di Francesco di Antonio; suo figlio Giovanni, che
nel 1394 si dichiarava suo erede universale (8), dovette premorire al
padre, perché in questo atto di estrema volontà non é affatto menzio-
nato, e s'istituisce erede il nipote Evangelista di Egidio e, mancando
questo, è sostituito a lui il monastero di S. Maria delle Vergini fondato

È : (1) Reg. Z. 99-107-119-121-124-129-133-135-137-155-179-182-189.

(2) Cfr. Sassi, Un breviario trecentesco, un'istituzione giubilare e le sue vi-
cende, in « Rassegna Marchigiana », a. IV, n. 6. Per imperfetta conoscenza dei
documenti feci discendere questo Pierbenedetto dai nobili Guarini, anziché
dagli Aymelda.

i (3) Reg. Z., 147, 245-247, 251, 255 (arte della carta), 257, 260, 266, 276.

(4) Anno 1365. Reg. Z., n. 247.

(5) Anno 1388; perg. conservata da mons. Zonghi n. 76.

(6) «Arch. Catt. », fasc. cartaceo C. IV, 1.

(7) Cfr. la mia conferenza «/ Chiavelli» (Fabriano, 1934) a pag. 55, n. 18.

(8) Reg. Z., n. 316.

BEL einige

Xa rn

[|
$
iN
4
i
b
Y
ie
D
,
vi
v Ms
Y
1
na
Ù
a
She
è
3
[m
UTE
IP
CULI
M
1
PB
iB
Hid
È
(i
i
dit
"UB
B.
4

E rie cn

poen ripe nb ^
|:140 , ROMUALDO SASSI

dall'avo paterno; condizione che probabilmente si verificó, perché in
registri posteriori e nelle Riformanze del Comune questa nobile fa-
miglia dopo la metà del quattrocento non é piü ricordata.

à

x oo

Il ramo degli Attoni che si conservò più a lungo e che è argomento ‘

principale di questo studio aveva i suoi domini feudali nel lato opposto
del precedente, sulla destra dell'Esino tra Albacina, Cerreto e Mate-

lica. Non è ben accertata la parentela fra esso e il ceppo originario: -

il conte Attone che n'é il capostipite e che nel gennaio 1160 venne a
patti con”la Comunità di Matelica (1), non é documentato in qual
modo si congiunga con gli Attoni dell' Umbria; secondo alcuni discen-
deva da quel conte Attone che morì nel 940 combattendo presso Ca-
merino sotto le bandiere di Ugo re d’Italia contro Ascario duca di
Benevento e che sarebbe stato il padre di Attone I il gran Conte e
avo di Attone II, fondatore del ramo marchigiano; secondo altri era
di una linea collaterale. Nei documenti di Cerreto tra i feudatari che
tra il secolo xit e il principio del secolo xii si sottomisero al Comune
troviamo tre Attoni, l’uno figlio di Alberico, l’altro di Gozo, il terzo
di Bruno; essendo il primo e il secondo nomi tradizionali della stirpe

attonica, non è facile risolversi per l'uno o per l'altro. Alcuni di questi

Attoni vissero ed operarono nel contado di Matelica, ora in guerra ora
in concordia ed amicizia con quel Comune. Noi ricorderemo soltanto
quegli atti che si riferiscono al territorio fabrianese con esso confi-
nante. A Cerreto, come in altri castelli del genere, c'era un consorzio

di feudatari rurali, i quali convivevano entro le mura ed erano legati

da patti reciproci di assistenza, formando un embrione di governo co-

munale. Gli Attoni non solo ne facevano parte, ma anzi erano i più.

potenti. Li riconosciamo dai nomi: Attone di Alberico e Pietro di At-
tone di Gozo si sottomisero al Comune di Fabriano l'uno nel 1191,
l'altro nel 1211 (2); e nel medesimo anno il personaggio che piü c'in-
teressa, Appigliaterra di Guarniero del conte Attone, nipote del capo-
stipite, cedette allo stesso Comune fofam parlem suam castri Cerreti
et eius curtis con mansi ed uomini, s'impegnó di costruire una casa a
Fabriano e di abitarvi, ottenne dal Comune quella protezione e quei
privilegi che questo soleva largire a tutti i nobili che spontaneamente

(1) CoLocci, app. 39, pag. 173-176. fast
(2) MONTANI, Lettere su le origini di Fabriano. Fabriano, 1922, pag. 279 n.

MC PRUNUS
-. RAMI FABRIANESI DEGLI ATTONI UMBRI 141

facevano atto di sudditanza. Molto estesi erano i beni rustici di questo
feudatario, e non solo nel contado cerretese, ma nella pieve di S. Ze-
none fra Cerreto e Matelica, nelle ville di S. Anna e di S. Michele presso
il castello di Collamato; nella. cessione è compreso anche il fratello
Atto di Guarniero (1). Questo atto è poi ratificato nel trattato, di
notevole importanza storica, col quale i comuni di Fabriano e Mate-
lica fissarono i loro confini (2). i
Congiunti di questi Attoni cerretesi e matelicesi avevano beni in
: Albacina e piü in alto verso la montagna fino al castello di Precicchie.
E del 1163 un atto-di divisione tra Franco o Francesco di Attone,
figlio del capostipite, e Roberto di Gentile, antenato forse dei Rovel-
lone, conti delle Preciechie (3). Quell'Atto di Albrico che nel 1109 si
sottomise al comune di Fabriano potrebbe essere l'avo dell'Attone del
. 1160; lo stesso fecero nel 1211 Gentile e Guarniero figli di Franco e
nel 1213 Alberico di Morico, pronipote di Attone (4). Dovrebbe an-
| |‘ che essere un consanguineo quell'Egidio di Attone di Bruno, intorno
al cui manso, che era assai vasto e comprendeva terre nella contrada
della Troila, in Campodonico, in €antiro, in Brosciano, in Montegiano,
in Collegiglioni, in Vallemontagnana, in Filello presso Marischio, si ac-
cese una lite fra il monastero di S. Vittore e Pietro di Guelfuccio
come rappresentante di molti nobili di Fabriano, Cotenaccio, Fide-
smido, Guelfuccio, Rigoccio, Corrado, Gilberto, Orzone, i cui nomi
troviamo frequentemente nelle carte tro i boni homines che formavano
il primitivo consorzio del castello o dei due castelli, dal quale poi de-
rivò il Comune. La controversia fu rimessa all’arbitrato del Vescovo
di Camerino, il quale nel 1220 nel castello di Cerreto pronunziò il suo
lodo, per cui lasciava al monastero la proprietà della maggior parte
dei beni contestati, con l’obbligo di cederli in enfiteusi a miti condizioni
alla parte avversa. Fra i testimoni presenti all’atto, oltre un Gentile È
da Tolentino e un Paganello anche essi nobili, c'è quell’ Appigliaterra co
di cui abbiamo parlato sopra e del quale questa, che io sappia, è l'ul-
tima menzione (5).

—-

. Si "pr -— 1 - -

ys (1) Ibid.
LONE (2) « Arch. com. di Fab. », libro rosso, c. 25; MoNT, pag. 196.

(3) «Arch. com. di Fabr. », b. I, 7. Bonaventura notaio.

(4) MONTANI, cit., pag. 188. Figlio di Guarniero potrebbe essere quel Franco,
il quale nel 1254, insieme con altro consorte, Ugolinuccio di Raniero di
Bulgarello e con la madre sua Riccapina, vendette la sua parte del ca-
| stello di Collamato al Comune (ZoncHI, Carte diplomatiche, CLXXI).

(5) Carte di S. Vitt., n. 149, 150; «Ann. Cam. », IV, 262; «Arch. di
S Biagio », 209. ;

Pa
142 1 ROMUALDO SASSI

. . Ma che la discendenza di questo signore di Cerreto sia continuata
in modo da esser l'anello di congiunzione fra gli Attoni piü antichi e
gli Attoni recenti, é provato dà un documento posteriore.

L'anno 1365, secondo due pergamene già nell'archivio olivetano
di S. Caterina diligentemente riassunte nel suo regesto da mons. Zon-
ghi (1), Vannarella figlia del nobile Appigliaterra di Guarnuccio da

Cerreto d'Esi e vedova del nobile Bartolomeo di Monalduccio da Fa- .

briano, legata da consanguineità coi Chiavelli, uno dei quali, e dei più
cospicui della famiglia, Giovanni fratello di Alberghetto II, era suo
amministratore, vendette a tal Matteo di Massio da Fabriano i beni
da lei posseduti in Cerreto, e fra questi — circostanza importante — i
| diritti sul terreno ov'era fondata furris rotunda magna que est in dicto
castro e su la torre stessa, per il prezzo, non piccolo in quel tempo,
di 1200 libre ravennati. Questa gentildonna, secondo una notizia con-
‘tenuta nel repertorio del De Vecchi, lasciò poi erede la chiesa di Santa
Caterina (2). Sono molti gl'indizi che, a mio giudizio, permettono di
affermare senza dubbio la discendenza di questa Vannarella dalla
stirpe degli Attoni: il nome del padre, tutt'altro che comune, anzi

unico nella famiglia, almeno secondo i documenti conosciuti; quello .

dell’avo, diminutivo di Guarniero, padre d'Appigliaterra del sec. XIII;

la consanguineità coi Chiavelli, così stretta che uno dei maggiori fra.

essi ne amministra i beni, certo segno di primaria nobiltà; specialmente
il possesso non soltanto della gran torre rotonda, anche oggi caratte-
ristica del castello, ma persino del terreno su cui era innalzata, non
dubbia testimonianza d’origine teudale (3). Facendo un computo all’in-

grosso dell’intervallo di tempo fra questo documento e l'ultimo di .

(1) N. 234, 235.

(2) Indice dell’archivio delli monaci di S. Caterina di Fabriano fatto nel
1727 per ordine di Papa Benedetto XIII dall'abbate Braccini di Fabriano, ab-
bate di detto monastero (Repertori, vol. Religioni, ms. presso Fornari, pag. 330):
cass. V, perg. 81: Donna Vannarella Chiavelli lascia erede la chiesa di S. Cata-
rina.

(3) Il documento aggiunge valore all’opinione del Feliciangeli (V. FELI-
cIANGELI, Di una tradizione relativa all'origine di Albacina e Cerreto d'Esi in
«Le Marche», a. IX, vol. IV, pag. 262) che questa torre abbia di bizantino
soltanto l'apparenza esterna, ma in realtà non abbia alcuna relazione con la
guerra greco-gotica e sia posteriore di qualche secolo.

Ma la data del secolo xirr assegnata dal dotto storico mi sembra troppo
tarda. Se, come il documento del 1365 dimostra, fu costruita dai feudatari
su terreno di loro proprietà, non è possibile che il Comune lo avesse permesso
dopo la loro sottomissione. ci Lis
"V " i n "I U" om NI " " — — uites am
inan AL e Low aci RE NOS NECS MU NE ET LT Lp Wee AM ‘= AIAR e a TN 2 Da UT RE, as =o@<@"c»vsnanc=— eee =; : T

Mem SIRIA ZIA AMO QU Sri III wa Ede pote VEE CET PTS Ino Speri va: PS TTIOIIENZE SISCcErm

RAMI FABRIANESI DEGLI ATTONI UMBRI ; 143

Appigliaterra di Guarniero di Attone (1220), possiamo riempirlo senza
sforzo con tre generazioni e concludere che questa Vannarella era pro-
nipote del primo Appigliaterra, o almeno che la famiglia di lui esisteva
ancora a Cerreto nella seconda metà del secolo xiv.

Fe P ee Ein aser VET enni Lie ira RATE
A AI Er Dre ONES. P e MD Qe UL

per ciet

Ed eccoci agli Attoni fabrianesi. Nella seconda metà del quattro-
cento dimoravano a Fabriano tre famiglie di Attoni, Alberghettino
| di Atto, Battista di Todeschino, Tolomeo di Gandolfino. La paren-
E tele è a prima vista un po’ intricata ed oscura. Nell'atto di donazione .
.dei tre ospedali per la istituzione del nuovo ospedale di S. Maria di
Gesü (1) Tolomeo, che v'intervenne come deputato eletto dal colle-
gio dell'arte dei notari, è indicato come Tolomeus Gandolfini Acti, ci»é j
come nepote diretto di Alberghettino.Vi ceversa, nel codicillo testamen- Um
tario della madre Todesca del fu Zandro di Giuntino da Cerreto l'avoe |
il bisavolo sono rispettivamente Matteo e Montuccio (2). Un atto del
notaio Agostino di Matteo, dell'8 agosto 1422, concilia le due fonti
discordanti. Per esso Atto di Matteo di Montuccio di Morico da Cer-
reto riceve da Angelo di Guarino di Tebaldo (dei Guarini, nobilissima |
famiglia fabrianese) duecento ducati d'oro come dote di Bernardina M
figlia di lui e moglie di Todeschino suo figlio. Nel testamento di To- ti
desca il notaio per errore saltò dunque un nome e i due cugini Batti-
sta e Tolomeo erano nepoti di Alberghettino (3). Questi abitavano
tutti e tre nel quartiere di S. Biagio (4), erano tutti e tre di nobile |
origine e partecipavano alla vita amministrativa della terra nei con- |
| sigli del Comune; avevano tutti e tre un discreto censo (5). Erano

SETTE

L

aa

ILES
susa 24%,

P ce

P?
me

v
»

ST

Tm

| (1) Sassi, Gli atti costitutivi dell'ospedale di S. Maria di Gesù, in « Studia
| Picena » vol. XI, doc. IV.

Mte

:(2) «Arch. not. » rog. Francesco di Giuliano di Miliuccio, vol. III, c. 4.
L'atto é del 9 aprile 1451.

|

|

|

| e (3) Ibid., rog. Agostino di Matteo I, c. 718 t. Questa Todesca dalla

id

(RE
cg x
\ madre Nuta di Balduccio di Guarnello e dal fratello Girino, che erano fa- iN”
| . . brianesi del quartiere di S. Biagio, il 21 agosto 1416 ebbe in dono una casa 3f
| - nel Castelvecchio (« Arch. com. Bref. », Perg. 1330). Atto di Matteo di Mon- D

tuccio nel 1438 era castellano di Albacina (Rif. com. vol. IV).
(4) Secondo il libro dei morti B della Parrocchia di S. Biagio la casa
degli Attoni, detti per facile scambio Ottoni, era in via Francesca, che corri-
sponde al tratto dell'odierna via Saffi, sino alla discesa di S. Onofrio (c.: 161. t.).
(5) Nell'elenco dei contribuenti all'imposta per la guerra contro i Turchi
sotto il pontificato di Sisto IV i tre capi di famiglia sono tassati, l'uno di se-

ro
ta

—na "rai

IENE mi TE

=

=

Lj
}

re
SPARE TR E nno

| erro

pei

nen

144 ROMUALDO SASSI

essi discendenti dal ramo di Appigliaterra degli Attoni conti di No-
cera ? Essi lo credevano; Girolamo De Vecchi nel suo repertorio an-
nota espressamente sotto il nome Attoni: « Già signori di Cerreto
(1191), Collamato, Paterno, Camporegio, Albacina, cedettero i loro
beni al Comune di Fabriano nel secolo xii» (1). È vero che spesso
queste parentele' con lignaggi antichi e di nobilissimo sangue sono
state immaginate senza fondamento storico dalla vanità degli epigoni,
ambiziosi di dar lustro alla loro prosapia; ma qui molte circostanze

‘c’inducono a stimare giustificata l'affermazione. C'é troppo breve in-

tervallo — mezzo secolo o poco più —, fra l'ultima erede di Appiglia-
terra ed Alberghettino di Atto perché sia ammissibile l’invenzione d'una
parentela fittizia, tanto più che col capostipite Morico risaliamo a quei
tempi e manca soltanto l'anello di congiunzione. A Cerreto aveva

sede quella, da Cerreto provenivano questi, vi possedevano case e:

terreni, vi avevano il patronato della chiesetta di S. Lorenzo per tan-
tum tempus cuius non exstat memoria. Vannarella dell’ultimo Appiglia-
terra era consanguinea dei Chiavelli, con cui aveva stretto relazioni
d’interessi; Alberghettino di Atto portava nel nome di battesimo l'im-
pronta della nobile stirpe dei signori di Fabriano e nel patronimico il
ricordo del primo progenitore; per di più nella sua adolescenza egli fu
alla corte dei Chiavelli ed è segnato in un elenco di salariati del 1431,
quattro anni prima dell'eccidio (2). Alberghettino di Atto nel 1444
era castellano delle Precicchie, definito affabilis e legato con quei
villici da bona conversatio; ma poi, esonerato e sostituito perché non
vi dimorava, due anui dopo fu eletto nel castello più ameno e po-
poloso di Collamato; nel 1455 faceva parte del consiglio di cre-
denza, nel 1456 era primo priore, nel 1457 primo regolatore.
Quando il 7: marzo 1469, per iniziativa di due beati, il beato Co-
stanzo domenicano fabrianese e il beato Pietro da Mogliano fran-
cescano, furono convocati duecento primari cittadini per giurare
un patto di concordia che desse alla città la sospirata pace
con la fine delle lotte di parte, egli non era presente; ma prestò il suo

a

guito all’altro, per due coppe di grano ciascuno, quota intermedia fra le più
alte (quattro coppe) e le inferiori (una coppa, mezza coppa). Cfr. il mio stu-
dio: Il contributo di Fabriano alla guerra di Sisto IV contro i Turchi, in « Atti
e memor:e della R. Deputazione di Storia Patria per le Marche », Serie V,
Vol. I.

(1) Origini dell'arme dette VEU. gentilitie, ecc. (1769), ms. presso For-
nari, c. 79.

(2) « Arch. com. di Fabr. », Clavellorum, vol.. 9, e. 21.
RAMI FABRIANESI DEGLI ATTONI UMBRI 145

giuramento in sede separata sei giorni dopo. Nel 1472 era una seconda
volta dei priori, l'anno dopo era compreso ancora nel consiglio di cre-
denza, ove anzi prese la parola (17 giugno) (1). Negli atti del processo
per il beneficio di S. Lorenzo (1529), di cui parleremo piü sotto, alcuni
testimoni affermano che era morto da circa cinquant’anni, cioè tra il
1473 e il 1479. Ebbe in moglie Agostina di Guerriero di Bellario, so-
rella di Jacoba moglie del notaio ser Iacobo di Benedetto di Nicoluc-
cio da Domo; possedeva una casa in comune col cognato nel quartiere
di S. Biagio, ove abitava Antonio di Meo di Giovanni di Nicola detto
il Cappannarolo (2). Non ebbe prole legittima e lasció suoi eredi
Lodovico di Girolamo di Pietro, figlio di Cleofe figlia del congiunto
Battista di Todeschino, Diomede di Atto e lo zio paterno di lui Alber-
ghetto di Pierangelo, i quali si dicono anch'essi membri della famiglia
Attoni, ma di uu ramo collaterale. S'insinua tuttavia oscuramente
dalla parte avversa che questo Pierangelo fosse suo figlio naturale, e
veramente nelle Riformanze comunali del 1472 si menziona Perange-
lus Alberghettini tra i bacchettieri della processione del Corpus Domini
e ser Pierangelus Alberghettini è chiamato in un atto di nomina di ar-
bitro del 21 novembre 1486 (3). Di fronte all’asserzione di un testi-
monio giurato, Caruccio di Bartolo di Bendia da Cerreto, che questi
« non era figlio di Alberghettino, ma ne possedeva in eredità i beni »,
e a quella di altri testimoni che ser Pierangelo e gli altri erano di fa-
miglie separate, ma discendenti ugualmente dagli Attoni, lasceremo
la cosa in sospeso, pur osservando che qualche voce maligna doveva
esser diffusa, se si credeva necessario dalle parti ricorrere alla affer-
mazione di testimonianze per escludere questa paternità.

La carriera amministrativa di Battista di Todeschino ebbe piü
lunga durata, più d'un treutennio. Iscritto nel consiglio di Credenza
| fin dall'agosto del 1465, scelto in quell’anno come oratore al papa in-
torno agl'interessi del Comune, fu secondo priore nel 1467, più volte
primo priore (1489, 1496), regolatore (1475, 1478, 1488); la morte è
annotata nel 1497 (4).

Ebbe, come abbiamo detto sopra, un'unica figlia, Cleofe, la quale

(1) Rif. com. passim, ad annum.

(2) « Arch. not. », rog. di Francesco di Giuliano di Miliuccio, vol. III,

c. 158. t. (test. del detto Capannarolo, aprile 1467), c. 192 t. (test. di ser
Iacobo not. e civis probissimus e della moglie, 5 novembre 1467).
(3) « Arch. not. » rog. Francesco di Costantino Jannarelli, c. 48 t.
(4) Rif. ad ann. Extract. Officiorum, vol. 1.

10

Y NES d m TE è i centi dia n SI A.

prata EA a e sai
E REL Di

ndi ae

'
re
E
E
d
M
3
j
N
i
SCR
xx
Lu

z ni n 4
EL SEE

Cem TI Ani RUFO ETRE I razzi
e e i UCM

Tre Te Fuit t
ARDITI IW tan

r

FASE 1”

= no E Tes
WE ar e

-.

D peg

L

UA

»

Lc nti

ZIE
146 ROMUALDO SASSI

andó sposa al nobile Lodovico di Piero e n'ebbe un figlio, Girolamo,

nato nel 1504. 1

- Il membro più illustre di questi Attoni del quattrocento fu Tolo-'

meo di Gandolfino. « Evimius, celeberrimus, egregius legum doctor, come
‘è chiamato qua e là nelle Riformanze, è il solo dei tre che è indicato
col cognome de Aptis o de Aptonibus. Avvocato del Comune, fin dal
1449, quando, per intervento del legato della Marca, ottenne un
congedo per recarsi presso il vescovo di Melfi, Onofrio di Francesco
| Sanseverino da Napoli, bonis de causis et maxime cum quodam brevi
S. D. N., membro del Consiglio di credenza fin dal 1450, nel 1451 fu
uno dei due eletti per porgere al Legato della Marca, il Cardinal Fi-
lippo Calandrino fratello uterino del papa Nicoló V, le condoglianze
per la morte della madre (1). Nel 1456 era primo priore, rieletto nel
1461, nel 1465, nel 1472. Il 23 giugno 1468 fu scelto insieme con Fino
di Francesco oratore al papa per ottenere la liberazione di dodici fra

cittadini e contadini (2), detenuti in parte a Castel S. Angelo, in parte ‘

nella rocca di Spoleto, in parte in quella della loro città per un tenta-
tivo abortito di sommossa contro le autorità e di sedizione civile. I
due oratori, obbligati ad accettar l'incarico pena la confisca dei beni,
avevano il mandato di commendare Sue Beatitudini hunc populum Fa-
briani et querere liberationem omnium incarceratorum, removere pedites
debentes venire pro allozando attenta sterilitate territorii; conferire col
governatore e regolarsi secondo la sua volontà; narrare l'insolenza
fatta da Alfonso, commissario del Pontefice, verso il Commissario
e i priori di Fabriano.

Partirono il 27 giugno, tornarono il 28, senza vedere il Pontefice;
trovarono a Città di Castello il governatore, il quale affermò loro che
voleva difendere gl'interessi del Comune iuxta possibilitatem ; che ‘il
papa aveva affidato a lui la questione dei carcerati e, appena spedito
il fatto illorum de castello, sarebbe venuto a Fabriano e avrebbe fatto
cosa grata alla Comunità; per i fanti, non affermò né negò; su l’inso-
lenza asseri che eius dominatis non fecit aliquem damnum.

Parole, come si vede, e niente altre che parole. La detenzione dei
carcerati si trascinò, nonostante le molte pressioni, fino al 25 settembre

(1) Rit. vol. 11, 25 agosto 1451.

(2) Erano Massio Santacroce, dottor Benigno di maestro Ventura, An-
gelo di Nicola, Guerriero di Pietro, Brunetto di Antonio, Battista Becchetti,
| Vincenzo di Baldino, Battista di Alessandro da Pierosara, Gaspare di Cecco

d’Albacina, Venanzo di Nicolò, Antonio Lori, Tono di Pietro da Marischio.
uer ta th EUM P A e MITT i Lis Si EAT I ee " ca e ETE TA V E d ARONA Tu

RAMI FABRIANESI DEGLI ATTONI UMBRI 147

1471, quando essi furono liberati con l'obbligazione del Comune, una
cauzione di 20.000 ducati e l'impegno di menar iu seguito pacifica

vito; ma il giureconsulto Tolomeo non ebbe, dopo l'ambasceria del ©

1468, più alcuna parte nelle trattative (1)..

Ebbe due figli, Gandolfino e Lorenzo, dalla moglie Armilia, la
quale era della nobile famiglia fabrianese dei Gilii; il primo premori al
padre, il secondo abbracciò la carriera ecclesiastica e il 1° marzo 1477
domandò ed ottenne dal Comune un sussidio di dodici fiorini per due
anni, come si soleva concedere agli studenti di discipline teologiche,
legali, letterarie (2). Il 2 dicembre 1479, a Cerreto, nello studio legale
della sua casa, contigua a quella del fratello Antonio, per rogito del
notaio Bastiano di Nicolò, il dottor Tolomeo dettò il suo testamento
nel quale è da notare il legato del letto in cui dormiva in studiolo e
di tutte le supellettili annesse pro religiosis et dignis pauperibus, da
collocare in domo S. Laurenti. Il dotto giurenconsulto era evidente-
mente preoccupato del pericolo che, in mancanza di figli maschi, .i
estinguesse la sua nobile stirpe; ecco perché, lasciando eredi la moglie
ed il figlio sacerdote (3), impose il divieto assoluto dell’alienazione
dei beni e volle che alla loro morte succedessero i prossimi consangui-
nel maschi pro conservando nomine feudatario et ius suum perpetuum
cippi domus. È forse questa la clausola che mosse il fratello Antonio,
nobilis de castro Cerreti, a intentare una lite contro gli eredi ef maxime
contra d. Armiliam. Il motivo non è chiaramente specificato nei due
documenti che mi sono capitati sott'occhio: due procure rilasciate ri-
petutamente, il 14 novembre 1486 e il 20 novembre 1487, al cugino
Mariano di Presentuccio (4). La controversia fu forse risoluta a suo
favore; lo desumiamo dal fatto che la vedova Caterina, in un atto del
novembre 1529 che esamineremo appresso, si geom erede per
fidecommisso anche. del cognato.

Pur troppo i desideri del dottor Tolomeo non sortirono l'efletto

(1) Rif. passim. ad ann.

(2) Rif. ad ann., vol. 22, c. 193 t.

(3) In un atto privato del 1492 è menzionata tal d.na "Usebia domini
Tholomei da Cerreto, moglie di Marcellino di Guido di Marcellino e in se-
conde nozze di Antonio di Lorenzo di Matteo di Mattiolo da Fabriano; credo
che appartenga ad altra famiglia (« Arch. not. », rog. di Agostino di Francesco
di Giuliano di Miliuccio, III, c. 33 t.).

(4) Il testamento è riportato negli atti della lite per il beneficio di San
Lorenzo (v. più sotto). Le procure sono nei rogiti del not. Francesco Janna-
relli « Arch. not. », c. 48 e 305).

thia

MET
UM E IET

XU m pe i es
sa ie

T

ext

io T y È
cen IA

CRISTO! wrapReer QU. GL
Sr


"EE A

eie C DEC
c aaepe

A

f

RI ert



EE
Pra ni du



i

ia

T
=

eom T rn i

porgere no
»

LATTERIA A

m Aem
eM

Soie

a
santa n e
vere » + 2a

0 —
d

CT
HUP An

y dl cet
E! ()
BI
BT
BR
T
b
X,
i i
Í
f
|
{ii
ER
A
È !
b
p.
AU

= rear

148 ROMUALDO SASSI

‘desiderato; se il cognome Attoni gli sopravvisse per circa due secoli,

esso ripetette la sua origine da un altro ceppo, cui il testatore non
avrebbe mai pensato. Morto d. Lorenzo, beneficiario della chiesa di
S. Lorenzo di Cerreto, non molti anni dopo il padre, il fratello Antonio,
ultimo superstite della famiglia, che dimorò abitualmente nel castello
avito e non ebbe alcuna ingerenza nella vita politica ed amministra-
tiva di Fabriano, sopravvisse fino al 1498, ma non ebbe prole. Questo
Antonio doveva esser considerato un po’ come la Cenerentola della
famiglia, se la. madre, nei codicilli testamentari già ricordati, sentì il
dovere di assegnargli cento ducati in più oltre i trenta lasciatigli per
testamento, e di minacciare il fratello maggiore di diseredarlo, salvo
la legittima consistente in dieci libre di denari, se non avesse adem-
piuto scrupolosamente a questa sua volontà (1). Nel suo testamento,
rogato il 30 aprile 1498 nella chiesa di S. Benedetto di Fabriano (2),
Antonio elegge la sua sepoltura nella chiesa di S. Maria della Porta
di Cerreto, cappella dei santi Cristoforo e Giacomo, e lascia la OSIO
Caterina erede universale.

Queste notizie sono desunte da un’aspra lite per il beneficio di
S. Lorenzo di Cerreto, i cui atti ci sono pervenuti frammentari e di-
sordinati in un volume, guastato parzialmente da un incendio, dei
rogiti del notaio Domizio Gentilini (3).

Di questa piccola chiesa, anche oggi esistente all’estremità nord-
orientale del castello e incorporata nel palazzo Vitali, le origini sono
molto remote, sebbene i documenti che la citano non vadano oltre il
secolo xim (4).

(1) In questo testamento è menzionata anche una sorella, Gregoria,
moglie di Presentuccio di Bindo, al cui figlio Mariano si lascia in legato una
terra in balia di Moscano, voc. pons vallis cervarie ; il primo fide-commissario,
il lettore agostiniano fra Guglielmo di Crescimbene, é cancellato e sostituito
da Pietro di Giovanni di Giuliano merciaio. i

(2) V. la nota 4 della pagina precedente.

(3) « Arch. notar. », vol. XI.

(4) La prima menzione che ne ho trovato nelle carte è del 1279 (« Arch.
com. Bref.», n. 136, testamento di Ugolino di Passarello con legato a S. Lo-
renzo de:cerito); nel 1306 n’era patrono Puccio del fu Bartolo, il quale con
atto del 25 aprile cedette i suoi diritti su questa chiesa e su quella di S. Mar-
tino dell'Avenza (pure nel distretto di Cerreto) a D. Grazia abbate di S. Vit-
tore (carte.di S. Vittore, n. 487, dall'indice del Benedettoni); nel 1331 n'era
rettore d. Ventura, che in quell'anno fu assolto insieme con molti sacerdoti
fabrianesi dalla scomunica in cui erano incorsi per aver seguito le parti di
Lodovico il Bavaro contro il pontefice (« Arch. S. Ven. », perg. n. 456). |
RAMI FABRIANESI DEGLI ATTONI UMBRI 149

Gli Attoni, come già dicemmo, ne avevano il patronato per di-
ritto di fondazione ed eleggevano il rettore, il quale doveva poi essere
confermato dal Vescovo di Camerino. Dal 1485 ci é nota la serie dei
rettori, nominati dai fratelli Antonio e Tolomeo: Battista di Giovanni

da Sant'Anatolia, Filippo Lazzari canonico di S. Venanzo (1485), il

ricordato d. Lorenzo di Tolomeo Attoni, Ippolito Gilii canonico di
S. Venanzo e vicario generale. Questi, che fu nominato da Ludovico
di Girolamo genero di Battista Attoni, il 22 novembre 1529 rinunzió
in articulo mortis ai benefici goduti in favore del nepote Giovanni An-
drea Gilio, allora adolescentem presbiterum, che ne fu investito regolar-
mente dal vescovo della diocesi con atto della stessa data. Oltre que-
sta chiesa di S. Lorenzo, essi consistevano in un canonicato della
chiesa di S. Venanzo, nella chiesa di S. Silvestro de valle arsiccia nella
villa di Nebbiano, nella chiesa di S. Savino di Burrano in vicinanza
della città su la via attidiate, nella cappella di S. Marco della chiesa
di S. Nicolò. Per garantirsi da possibili eccezioni d'illegalità (certa-

mente il canonico suo prozio non poteva disporre di sua volontà del

beneficio di Cerreto) il Gilii si fece regolarmente nominare dai patroni,
eredi legali di Antonio e Tolomeo Attoni, cioé da Caterina vedova ed
erede di Antonio (30 novembre) e, in ritardo, da Costanzo di Lorenzo
Gilii erede di Armilia, moglie di Tolomeo, in nome anche dei fratelli

Tito, padre dell'eletto, Labieno, Onofrio e Girolamo (24 dicembre). .

Senonché il 2 dicembre 1529, davanti al capitolo di S. Venanzo convo-
cato per la circostanza, Girolamo di Lodovico di Girolamo figlio ed
erede di Cleof. di Battista Attoni, in virtù dello stesso diritto di patro-
nato, elesse come rettore l'affine d. Guarino Guarini canonico di San
Venanzo, di altra nobilissima famiglia fabrianese che stava modifi-
cando leggermente il suo cognome in Quirini; e questa nomina fu av-
valorata dall'adesione di Diomede di Atto di Pierangelo e di Alber-
ghetto suo zio paterno, i quali si arrogavano lo stesso diritto come eredi
di Alberghettino di Atto Attoni (6 novembre).

Era stata in precedenza (19 dicembre) approvata dal capitolo di
S. Venanzo, il quale stimava che a lui spettasse il diritto di collazione.

Cosi la chiesa di S. Lorenzo ebbe contemporaneamente due ret-
tori, entrambi — caso curioso e bizzarro — confermati dalle superiori
autorità. Giovanni Andrea Gilio elevò formale protesta per la nullità
di questi due atti, asserendo che gli elettori, non appartenendo alla
famiglia Attoni, non avevano alcun diritto sulla chiesa. Di qui una
lite davanti al tribunale ecclesiastico del vescovo camerinese, il quale
rimise l'interrogatorio dei "testimoni al suo vicario Giambattista

ni

!

e

IO um

we

Dou da yam commi ag
Ang culus Bes apr ctt dus DI ou EAT

Liz

a

vg
RISE ES

A ener genome. «c Iu A,
^. ^ =

E

cor CE EET



RE

p

Te P A T

ITI a aiiis MS

A

d

v DE

i e CT AX RET ca
ILES ML è

si: sima

LT vr
a)
Sá ir] Dor oS

|
L|

UE UTE.
pU

ARI MEI

Vogt 7 LS
CORIO

“Pere

pu

Teen

UE Rh Dette rt
DONNEES ATUT.

spo ZIA RI i meii RR edat EQ PP PARETE ORTA

— ——

TS 1
M
E d.
‘N 1
be
3.4
i]
3
0}
) d
RV
E NI
E n
ivi
E
"Pus
EE
tB
Wi.
NS
i
| ]
H
m
j |
Í i

150 ROMUALDO SASSI

Venturini, noto nella storia ecclesiastica per essere stato vicario di
S. Carlo Borromeo nella diocesi di Milano e in quella letteraria non

tanto per le sue rime quanto per la descrizione molto interessante di
un viaggio compiuto nel 1571 nell'Europa occidentale al seguito del

cardinale Alessandrino (1).

I testimoni prodotti dai sostenitori del canonico Guarini dove-
vano attestare: che la chiesa per tantum tempus cuius non exstat me-
moria fu beneficio della casa degli Attoni di Fabriano; che questi ne
elessero sempre il rettore; che il canonico Ippolito Gilii fu eletto da
detti Attoni; che egli possedette detto beneficio fino ella morte; che
mori nel novembre 1529; che gli elettori elessero il Guarini come eredi
degli Attoni, e precisamente di Alberghettino di Atto; che detto Al-
berghettino era morto da molto tempo e aveva nominati i predetti
suoi eredi universali. Ser Biagio Pedonei, procuratore di Giovarni
Andrea Gilio, domandò alla sua volta che s’interrogassero i tre testi-
moni: se essi conoscessero i nobili Attoni di Cerreto; in caso afferma-
tivo, se conoscessero anche Lodovico di Geronimo di Pietro di Cor-
rado, Atto e Alberghetto di ser Pierangelo e se essi fossero o no della
stessa famiglia degli Attoni; se avessero conosciuto il nobile Alber-
ghettino Attoni di Cerreto, se questi avesse lasciato figli legittimi e
naturali e quanti e come si chiamassero, da quanti anni fosse morto,
che età avessero i predetti Girolamo, Diomede di Atto ed Alberghetto;
se avessero avute promesse o doni per testimoniare; se avessero con-
fessato in quell’anno i loro peccati al loro sacerdote e se avessero avuto
l’assoluzione; se possedessero beri e se fossero stati condannati per
qualche maleficio. Evidentemente con queste ultime domande si ten-
deva all’incriminazione di qualche testimonio per corruzione o per
indegnità; ma i quattro di cui è conservato l'interrogatorio seppero

. rispondere in modo soddisfacente: il primo, Giambattista di Girolamo

di Piero, zio paterno d’uno degli elettori, giurò di non aver avuto né
doni né promesse, di essersi confessato regolarmente dal suo sacer-
dote, come dissero di sé anche gli altri tre, di non essere stato mai
condannato, di possedere 2000 ducati; il secondo, Leonello di Pelle-

(1) Il manoscritto, molto voluminoso, è conservato nella Reale Biblio-
teca di Dresda; ne diede un ampio riassunto EMILIO NUNZIANTE (Un viaggio in
Europa nel secolo XVI), in « Rassegna Nazionale », a. VI (1884), vol. XVI,
XVIII, XX). Cfr. il mio saggio: In margine a due centenari: il culto di S. Carlo
Borromeo e di S. Venanzo martire a Fabriano, in « Studia Picena », vol. XIV,

pag. 4.
— m
PES È: emi iab rohs SE PI VIVA - IB II LU 2 Ges adt LS Ns metà. .. ————————

RAMI FABRIANESI DEGLI ATTONI UMBRI 151

E grino, asseri di possederne 500; il terzo, Caruccio di Bartolo di Bendìa

- da Cerreto, dichiaró di essere stato coudannato per maleficio, ma non
per maleficio atroce e di possedere 500 fiorini; il quarto, Mariotto detto
Ponsa da Cerreto, ne possedeva seicento.

Lo svolgimento successivo della causa e la sentenza non ci sono
noti, ma è certo che il patronato restò al Gilio, giacché questi nella
sacra visita del 1573 fu rimproverato dello stato poco decoroso in cui
era tenuta la chiesa (1). Forse sarà stato distratto dagli altri benefici
di cui era titolare e dalle alte cariche ecclesiastiche delle quali fu in-
signito a Fabriano, ovvero dalle sue fatiche di scrittore, degno di es-
sere ricordato e studiato, se non per la sua Topica Poetica, nella quale
pubblicó per primo in appendice i famosi sonetti di poetesse fabrianesi
del trecento, su cui la autenticità furono elevati molti dubbi, per i due
dialoghi, nel secondo dei quali si discute « degli errori dei pittori in-
torno alle historie », con molte annotazioni sul Giudizio di Michelan-
gelo e su altre figure tanto della vecchia quanto della nuova cappel-
la (1), ecc. I1 Gilio negli ultimi anni della lunga e onorevole vita si
ritiró nell'eremo di S. Vicino presso Frontale, ove visse beneficando
e istruendo i poveri contadini fino al 1584.

p fa UTAH E perma iren. "
vp mut mm aee dior ai O Def Lan; ARTE

im

e

A

e E SHIA gr

d
os E Rd Ta
TT 7) x:

Un

Cie ge.

Estinte cosi le famiglie dei tre Attoni del quattrocento, il cognome
e la stirpe ne sono continuati per ancora due secoli dagli eredi di Al-
berghettino, qualunque fosse il legame di parentela ond'erano a lui
congiunti. Nei libri extractionis officiorum dell'archivio comunale di
Fabriano (2) questi ultimi Attoni prendono parte alla civica ammi-

pag. 214, n. 3. La chiesetta di S. Lorenzo, divenuta beneficio semplice dei De .
Sanctis (1744), dei Campioni (1779), del Seminario di Fabriano (1843), poi pro- -
prietà dei Vitali, esiste ancora ma assai danneggiata dalla guerra e in completo
abbandono.

(1) I1 26 settembre 1573 Giovanni Matteo Fiducci da Tolentino, vicario ge-
nerale di Berardo Bongioanni vescovo di Camerino, visitó in Cerreto «ecclesiam
S. Laurentii simplicem, cuius est rector D. Io. Andreas Gilius de Fabriano, quam
invenit non in formam ecclesie sed potius. spelunce » FELICIANGELI, art. cit.,

(1) GiLio G. A., Dialoghi, Camerino, Gioioso, 1564; Le persecuzioni della
Chiesa, Venezia, Giolito, 1573; Topica poetica, Venezia, Gobbi, 1580. Sono
dedicati a personaggi molto illustri, il primo al cardinal Farnese, il secondo al
Card. Savelli, il terzo al Duca Boncompagni, generale di S. Chiesa.

(2) Vol. I, 1487-1532; Vol. II, 1533-1560; Vol. III, 1560-1604; Vol. IV,
1604-1639; Vol. V, 1639-1672; Vol. VI, 1672-1691.

e
RL TEC SII

it
18
b.
Pi
D
É

I MIL,

pari

Fendi
rette eia
152 ROMUALDO SASSI

nistrazione come nobili di second'ordine e qualcuno di essi esercitó .
anche l'arte della mercanzia. La serie ha principio coi fratelli Alber-
ghetto e Atto di Ser Pierangelo, gli eredi diretti di Alberghettino. En-
trambi fanno parte del Consiglio di credenza; il primo nel 1539 e nel.
| 1549 è sindacatore del Comune, nel 1554 secondo regolatore, nel 1547
e nel 1555 secondo priore (carica riservata ai nobili, ma di grado infe-
riore), nel 1556 grassiere, sembra sia morto dopo il 1560; il secondo è
terzo priore (dei mercanti) nel 1552. Di Alberghetto non si conoscono
discendenti; Diomede figlio di Atto figura negli atti dal 1536 al 1558
come superstite alla festa del Corpus Domini, grassiere, socius miles
gabellae, revisore dei libri della Deputazione, sindacatore del Podestà,
regolatore, secondo priore (1559). i

Lorenzo figlio di Diomede ebbe cariche dal 1572 al 1625, fu scri-
vano, castellano di Montorso, Domo, Collamato, sindacatore del po-.
destà, secondo e terzo priore (1593-1595-1598-1599), regolatore (1604,
1607-1610), auditore della mercanzia (1616). Non si conosce la pater-
nità di Orazio (1601-1635), secondo priore nel 1601, nel 1616, nel 1620,
castellano di Albacina, regolatore, auditore della mercanzia, revisore
dei conti del Camerlengato; il figlio Girolamo nel 1607 era sindacatore
dei pegni, nel 1627 scrivano addetto al Monte di pietà.

Di Lorenzo Attoni si menzionano due figli: Diomede che nel 1637
era regolatore e auditore della mercanzia, nel 1647 grassiere, nel 1650
maestro di strada; Angelo (1636-1655) revisore dei conti del Monte,
secondo regolatore, auditore della mercanzia, secondo priore (1654),
morto nel 1656.

Paolo Lorenzo, figlio di Angelo, è soltanto pesatore di grani e fa-.
rine nel 1674, castellano della Castelletta nel 1683, ma la sua nomina
è annullata ut debitor. Un epigono di grandi feudatari germanici del
Medio-evo ridotto all’umile incombenza di pesar grani e farine e per
‘giunta dichiarato incapace per debiti! Sic transit gloria... Actonum!

Qualche altra notizia è possibile spigolare dai libri parrocchiali
delle nascite e delle morti. Da quelli dei battesimi della Cattedrale ri-
sulta che Lorenzo ebbe da Virginia Ciappi sua moglie (i Ciappi erano
famiglia civica, non nobile) Filippo (n. 1599), Credenzio (n. 1601);
Angelo e Diomede non vi sono segnati, il che significa che nacquero
fuori di Fabriano. Lorenzo morì ottuagenario il 25 dicembre 1626 (1).
Da Angelo e da Caterina di Paolo Marcellini nacquero Virgiuia (1640),
Orsolina (1641), Paolo Lorenzo (1645), Giacomo Filippo (1651-1659).

ets Z^
a

" - d « A i
AIAR pene ÎS x
Se cx ; te A im 1
DU segni nn
* i

|
il

il

recie rom Aerei
EI CGA

Nilla

RI oe asa a
frentes et

e ERES E
eredi =

ceri

trono 4
RES cr LEN nni a pi e
TANA O E SENIOR AI DO I NIS A EQUO (CISSE I AZIO a SI

arcata

n AUT recai I eni M ire e

razr

MB

EI EE

(1) S. Biagio, lib. morti B, c. 161 t.

Á

== -- —————ÀÁ———á——Óá———

rt e LOI INSIDE
" E 2 i è
n NO È á TS ARR * 4 AA port, a MN ii AL RE I Dt TERE, NE

RAMI FABRIANESI DEGLI ATTONI UMBRI "AIDS

Angelo mori sessantenne il 9 marzo 1655, la moglie lo aveva prece-
duto nella tomba l'11 novembre 1645; le figlie Orsolina e Virginia mo-
rirono in giovane età, la prima nel 1645, la seconda nel 1652 (1). Paolo
Lorenzo ebbe da Vittoria di Carlo Rossetti o Rosetti o Roscetti (altra
famiglia civica), sei figli, Angelo (1668), Filippo Patrignano (1669),
Venanzo (1671), Mario Nicoló (1675), Maddalena Piera (1677), Pie-

tro Martino (1681) (2). Dove sia andate a finire questa numerosa fi-

gliolanza non sappiamo; dopo il 1683 il cognome Attoni non compare
più né nei libri comunali né in altri documenti. Gli Attoni non sono
compresi tra le trentatré famiglie nobili che nel 1710 formarono la
congregazione del Camerlengato, la quale accentrò in sé l'ammiuistra-
zione del Comune (3); non sono nemmeno nominati in un elenco più
diffuso di centodieci famiglie cospicue compilato nel 1725 dal sacer-
dote erudito Francesco Graziosi (4). O si estinsero o emigrarono; sti-
mo più verosimile la seconda ipotesi, perché non è facile ‘che i sei figli
morissero tutti in età pupillare ed in questo caso dei loro nomi rimar-
rebbe traccia nei libri parrocchiali. Del resto l’indagine può anche fer-
marsi a questo punto; qualunque sia stata la loro sorte, questi Attoni
un po’ bastardi nulla più conservavano dell’antica grandezza della
loro slirpe..

Due parole intorno allo stemma degli Attoni fabrianesi. Nel citato

«volume del De Vecchi (5) esso è rappresentato cosi: d'oro, al mortaio
ci bronzo da cui escono cinque lingue di fuoco al naturale; si aggiunge

questa nota: « Si alza nella figura del beato Ugo degli Atti, da Serra-
sanquirico ».

(1) Ibid., lib. C, c. 64, 66 t. 162, 181; D. c. 10 t. Nei libri dei morti di

.S. Biagio il cognome della famiglia é costantemente Offoni, con una mutazione

della vocale che sembra sia anche avvenuta negli Attoni-Ottoni, signori feudali
di Matelica.

(2) « Arch. parr. di S. Venanzo », battesimi, vol. I, c. 286, 301; IL, c. 307,

329; III, c. 198, 207, 221, 254, 267, 281.
(3) Con decreto del 13 febbraio. Cfr. BENIGNI TOR: Specchio della

‘nobiltà di Fabriano ossia genealogia delle trentatré famiglie patrizie e di congrega-

zione del Camerlengato M.D.C.C.X. (ms. nell'arch. Benigni Olivieri).

(4) Famiglie ragguardevoli di Fabriano e loro abitazioni (GRAZIOSI, App.
nei mss. di Mons. Zonghi), vol. VIII.

(5) Vedi pag. 14.

———___m1 sete

baia

aA

ert

MT

T
cw

ca


ied
È
d
x
Wr
hi
Mi
d:
p
n
"i
E
M
M
Bi.
gal
(d
"5
è
(GI
Le
NI
We
Sg
5
1
mo
As
E
]
BEN
bu!
li
ex 4
. SI
SUN
M

È
È

mani ni ar

Ty A.

iL

s
y
" Ei fieri mi... TAN C © su o .
1 hi — — a II ET IUS a mos Ù i

Em on in i Sr aderire o pagare t— um Tem o ES Ee i MERE Teen a Ke PS PCS - rt n nl é citt atea E — www

154, ROMUALDO SASSI

L'origine di quest'arma è piuttosto difficile a spiegarsi. Di questo
monaco silvestrino, uno dei primi discepoli di S. Silvestro abbate,
morto in giovane età nel 1250 e molto venerato a Sassoferrato, a Ser-
rasanquirico, a Montegranaro, e del fratello b. Giuseppe, morto nel
1273, sono controversi, più che altro per ragioni campanilistiche, il.
luogo di nascita e la famiglia. Alcuni scrittori dell'ordine sostengono
che fossero della famiglia principesca degli Atti di Sassoferrato, nati
a Roccacontrada de Attone di Ugo, il quale nel 1229 vi era podestà,
ufficio da lui esercitato più volte in quella città e altrove; e questa
opinione è accolta con certezza, se non per il luogo, almeno per la

- genealogia, dal Colocci (1), su la fede specialmente dello storico e
poeta arceviese dott. Francesco Abbondanzieri (2). La sostiene anche
con molte ragioni il Brandimarte (3). Altri biografi, pure concordando
nel patronimico, lo dicon soltanto nato da «un illustre e dovizioso
personaggio » di Serrasanquirico e negano la parentela con gli Atti
di Sassoferrato (4). Comunque sia di questo, tanto nella vita del
Franceschini quanto nel processo di canonizzazione (5) si ricordano

i e si descrivono molte immagini, antiche e recenti, di S. Ugo (una ta-

LE vola quattrocentesca nella chiesa di S. Giovanni di Sassoferrato, un

affresco che dicesi del trecento su una parete della stessa chiesa, un

quadro in tela sull'altar maggiore (1698), un altro presso la. sorgente

che il santo fece miracolosamente sgorgare dalla roccia (1755), altri -
nella sala priorale e nella chiesa di S. Filippo e Giacomo di Montegra-
naro, un quadro nell’altare di S. Bartolomeo apostolo a Serrasanqui-
rico,« che vanta l'antichità di molti secoli », un quadro del Romanelli
nella chiesa di S. Lucia della stessa città, uno nella chiesa di S. Maria.

\

n

\

(1) Pag. 95.

(2) Nuova edizione della dissertazione istorico-critica del Rev.mo p. abbate
AMEDEO GRASSI, ecc., riguardante la patria dei beati Giuseppe ed Ugo dei Conti
degli Atti, ecc. pubblicata a richiesta dei cittadini di Roccacontrada con varie
note ed osservazioni, ecc. del dott. FRANCESCO ABBONDANZIERI, posta arcade,
ecc. Fano, Donati, 1764 (opera s

(3) Pag. 212 e segg.
| ‘ (4) FRANCESCHINI, Vita di S. Ugo, Jesi, 1758. I biografi recentissimi
j ce (PAGNANI, Vita di S. Ugo, Fabriano, Gentile, 1942, PEpicA, Breve vita di
123 S. Ugo, Fabriano, Tip. Economica, 1942) si attengono al Franceschini senza
discutere il piccolo problema. V. anche GasPAnrt, Memorie storiche di Serrasan-
quirico, Roma, 1883, pag. 266, ov'é riportata la bibliografia precedente.

T === - . n stra "s ANUS ta x —J = N PA ]
= =. î cioe => TOME en —— m a ine n
Eu meer! qnd egerit cett pa amer eigene Nit aea od iid aei PECORA MORTE: SEN Drs T AMA Et eas ASH ptas cu M n
EN ì sia 3 n b Deere - eii tec ^ nr Cote AZIO pedi, (7 Tg ponen ns Medie 7
È 1 : De t

I———LLA————EN

—_wrrert-=

- (5) Sacra Rituum Congregatione... Nucerina seu Camerin... canoniza-
tionis — Beati Hugonis — ord. S. Ben. etc., Romae ex tjpis Rev. Cam. Ap.
.MDCCLVI.

-

RN ”’'È;'-e—<
-——— a"

--

RAMI FABRIANESI DEGLI ATTONI UMBRI E 1:5)

di Belforte, un quadro in tela a S. Silvestro di Montefano (1751), oltre
statue, busti marmorei ed argentei); ma in nessuno di queste si fa al-
cun cenno di stemmi od imprese. E ammesso pure che S. Ugo appar-
tenesse alla stirpe attonica, lo stemma che si descrive come esistente in

un'immagine di lui non ha alcuna somiglianza, nemmeno lontana,

con quelli alzati dai diversi rami della famiglia.
Quello primitivo degli Atti di Sassoferrato era un teschio al na-

| turale di montone in campo nero; poi fu circonvallato d'oro e vi fu

aggiunta la partizione, di azzurro in alto al lambello rosso intramez-
zato da gigli d'oro (1). Gli Atti di Roma e di Viterbo alzavano una
palma verde in campo d'oro fiancheggiata da due leoni di rosso affron-
tati; quelli fulginati il giglio, quelli di Ferrara il lambello, il giglio;
la testa di bove (2). Ricorrono insomma, di famiglia in famiglia,
gli stessi elementi variamente modificati ad attestare l’unità della
stirpe.

Gli studiosi d’araldica sono concordi nell'ammettere che, salvo

rarissime eccezioni, l'apparizione di figure che rappresentino oggetti

d'uso pratico della vita ed utensili domestici negli stemmi delle fa-
miglie nobili avviene in tempo piuttosto tardo; e questa origine non
antica é confermata, per quello di cui stiamo trattando, dal fatto che
il De Vecchi é l'unica fonte e si riferisce a un documento tutt'altro
che preciso e sicuro. Né la figura impressa uell'arma é sicuramente
un mortaio, come lo stesso autore interpreta, in quanto esso dovrebbe
in questo caso essere accompagnato dal suo pestello; potrebbe anche
trattarsi di un’urna, di un vaso o di un braciere di metallo, come se ne
vedono di simile forma nei musei o nelle case antiche, piü in armonia
con le fiamme che se ne sprigionano. Ció posto, le ipotesi che si possono
pensare sono due soltanto, escluso che lo stemma sia appartenuto agli
Attoni più antichi, mancando a sostegno di questa opinione qualsiasi
fondamento documentario. O esso fu derivato realmente da un'im-
magine, non più conservata ed ignota, di S. Ugo, ed in tal caso è
possibile che, invece d'uno stemma araldico, fosse un'impresa allego-
rica del beato, immaginata dal committente o dall'artista per rappre-
sentare in forma simbolica le sue virtü, quasi vaso ardente di carità e
di fede. Gli Attoni, per affermare con orgoglio la loro parentela col
santo, l'avrebbero usurpato come stemma della loro famiglia. Ov-
vero essa apparteneva proprio a loro ed essi lo avrebbero attribuito

è

(1) BRANDIMARTE, cit., pag. 200.
(2) Coroccr, pag. 37, 40, 122.

k 2r SAS

mtm

LR.

DAT
S

aei:

frane

irr
e

A

Ti
wu "

Mes

Sert: 004 Santo

cre si

a

ai E

Ven Iki

?

=
E Mure EE. v

v

Tu.

3 _— Terr =-__—=-_="T=== = nn SEE en e t meters Needs

da. "liana ig itn.

[A M —==r==-=—<

e Tg I

A MÀ"

daria. SRI 2 AZIENDA NIS GA SO VPI A DH TS IUS E CAMICIA E E GERI SE CE e OE E d TIS iie NERA AREE bc. RUD deal AER pues :
V vus Mee E EEEET E pe re petet crartunbe sti mana > ai annali, Laterza t iaa c crea Li s —— castagni que Simona pen ie A ome rtt e

Tnt ea

ta ne — — senti si — — "T
Rapp tite ESSET ICE ou II DOC ERRCAES T

Zub. "d
ES ibas fe NO" RP ASE SOIA SIENA URN ss

156 ROMUALDO SASSI

al santo per lo stesso fine ambizioso, in un quadro da loro commesso e
destinato a quelche chiesa di loro patronato. In tal caso, siccome sem-
bra sicura l'apparteneuza di questi ultimi Attoni all'arte dei mercanti,
esso avrebbe significazione, come altri del tempo, di esercizio di

un'arte piuttosto che essere una vera arma nobiliare.

. Ed é questa l'opinione che a mio giudizio ha maggiore apparenza
di avvicinarsi al vero.

ck

Qualche piccolo vestigio iS Attoni si conserva forse nella topo-
nomastica locale.

Rocca d' Attone, oggi la FücCuckia, ad oriente del castello di Cer-
reto (1), fu indubbiamente fortilizio e dimora degli Attoni cerretesi;
Campattone (Compactuni), volgarmente anche Campattume, un grup-
po di case a sud del villaggio di Campodonico, all’estremo confine del
comune di Fabriano verso Fiuminata e Nocera Umbra, può riconnet-
tersi sia al ceppo originario degli Attoni nucerini sia ai loro consangui-
nei dei castelli di Serradica e di Cacciano (2); un altro Campattuni
nella contrada la Troila e un colle d' Attone presso il villaggio di Colle-
giglioni, toponimi conservati nei documenti, se anche oggi sembrano
perduti (3), possono aver relazione con gli Attoni di Conca e di Mo-
scano. Così tutti i rami fabrianesi dalla potente famiglia umbra
hanno lasciato nei luoghi, oltre che nei documenti, segni del loro an-
tico dominio.

»

ROMUALDO SASSI

(1) ZONGHI, Carte diplomatiche fabrianesi, n. LIII, a. 1219: rocca domini
Actonis. i

(2). « Arch. , Cattedrale », perg. 236, a. 1263: Villa Campactuni. La va-
riante Campottone della Carta militare 1 : 25000 (F. 123, I.S.E.) è un errore di
trascrizione. Non teniamo conto della presunta derivazione dello stesso Cam-
podonico da: Campottonico o Campattonico, la quale è stata sostenuta da qual-
cuno (MasskEr, Visioni panoramiche, Roma, Tumminelli), ma non ha alcuna
base; Campodonico è campus dominicus, nell'accezione ben nota ai cultori del
diritto medievale.

(3) Regesto delle carte della badia di S. Vittore delle Chiuse, perg. 320,
a. 1277; « Archivio comunale, Brefotrofio » pag. 330, a. 1304.

m$ EE NENTI p A = :
" casco n m —n - —
RAMI FABRIANESI DEGLI ATTONI UMBRI 157

APPENDICE

ALBERI GENEALOGICI DEGLI ATTONI FABRIANESI

I

I CONTI DI CONCA.

ATTONE I gran Conte
(fine del secolo x)
|

| |
Pietro Attone conte di Jesi
Conte di Morano (1015)

sp. di Berta di Amezzone, conte di Osimo :

\
Alberico (1057)
|
Ugo, Conte di Jesi (1079)
sp. Contessa Sofia (1098)
|

| È |
Albrico (?) Gozo (t 1150 ?)

(1090) sp. Frau o Franca
|
Bisaccione
J
RS |
'Trasmondo Martino ? .
(1170)

|

| l : |
. [Simone — Capostipite Attolino Ruggero (1229)
dei Conti Della Genga (1186) |
(Br.)] Attone

|
Albrico (1254)

\ I \ |
Rainaldo Raniero Matteo Berta

| | sp. conte Ruggero
Uguccione [Ugo, capostipite

|
(1192) degli Atti di Sas- : Gualtiero Chiavelli ?
soferrato (Br.)]

| i
Naimerio Trasmondo (?y

(1254) 1211?
terr

ROMUALDO SASSI

II

GLI AYMELDA

l È Piero
E + È 1
A !
: l Ù Atto ? Accursino ? Bernardo
T (1237-1251)
B Nt Pucciolo |
Di (1314) Rogata Bianca Egidio ?
] e | (1249) . (1287)
i j hi Vigilia |
| 1i sp. Nuto di Bartolo \ \
A i (1325) Andreuccio Pierbenedetto
EE (1307) nob. miles
£y (t 1353)
Me |
| | (t "Tobiuecio
EID (t 1382)
dI | | cd
ii Piero Egidio Ser Ruggero
di (f 1388) p (t 1432)
4l Evangelista sp. Uriana di Francesco
; ? di Antonio
|o M | |
E Giovanni
D (f 1405 2)
EC
p. III
HI i
| ] IL RAMO MATELICESE CERRETESE
m
E | \ |
| 1 D | N Bruno Albrico Gozo
E Ls | \ |
— WM Atto Attone Attone
E sg | | pe (1109) |
j 1 | / Egidio | Pietro
1) IB (1220) Albrico ? (1211)
EM <— È 5
î | Ì l : |
| ad ! T ; Attone (1160-1191) Gentile
BE Lu i eol |
t i i di | | Roberto
p. } | ; 1 “ deu N Guarniero (Conte delle Precicchie)
E Ti : : j | |
I [ de Morico \ | l Franco (1163)
B 4 (1198) Atto Alberto. Appigliaterra |
PIED IS (1211-1220) | |
| | M NIC Albrico Gentile Guarniero
| | jt (1213) j : (1211). (1211)
dE
A Hi * Ugolino (!) Guarnuccio Franco ?
| ds SE (1234) 2) (1254)
US UR Appigliaterra
1 i (^ j |
D | Al l Vannarella
j l Mut sp. Bartolomeo
li yi \ di Monalduccio:
E (1365)
B È
B
| fr (1) In « Arch. com. di Fabr.», perg, b. II, 104.
dl r È

nr

i

—ii titti

——--.



H
£1
|

Al
i
GLI ULTIMI ATTONI
ra SG
Morico

Ì
Montuccio

Matteo
|
Atto
l
| Lacie |
Alberghettino Todeschino Gandolfino
SP. Agostina di Gu.rriero Sp. Bernardina Guarini (È 1451) .
di Bellario (t 1479) (1422) SP. Todesca di Zandro
| (al
Pierangelo Battista (t 1497)
(figlio naturale 2) |
| ) Cleofe
| i l Sp. Lodovico di Giro-
Piermatteo Atto Alberghetto lamo di Pietro
î1552c, T 1560 c.

l Girolamo (1529)
I fi;
Orazio 2

Lorenzo | rus RE
(f 1635 €.) (t 1625): Tolomeo
Sp. Virginia ( T 1622) sp
]

l
Gregoria Antonio
- Virginia Ciappi SP. Armilia Gilii

m. di Pre- (t 1498)
(7 1479) sentuccio m. Caterina
Girolamo * j di Bindo
: | i |
5 Gandolfino d. Lorenzo l
' Mariano
| Jis | |
: Diomede Angelo Credenzio Filippo )
‘ (#1650 Cc.) 7 (t 1645) (n. 1601) (n. 1579)
Sp. Caterina Marcellini
(t 1645)

I
LESER Ì : MT ss Sere]
Virginia Paolo Lorenzo Orsolina Giacomo Filippo
(1640-1652) (n. 1645) (1 641-1645) (1651-1659)
| ; :

|
Angelo Fi
(n. 1668)

|
Venanzo }

(n. 1671)

| |
lippo Patrignano Mario Nicolò
(n. 1669)

(n. 1677)

|
Pietro Martino
(n. 1681)
I CESI.LN TODI

DOCUMENTI CESIANI NEGLI ARCHIVI TODINI

i - "^ *.La nobile famiglia Cesi (Cesis, de Caesis, originariamente Chi-
| lani de Cesi), da uno dei cui rami, quello di Acquasparta o di Angelo
E Pietro, usci il romano Federico Cesi (1585-1630) fondatore dell'Acca-
E | demia dei Lincei (1603), ebbe origine umbra. Da vita primitivamente
11 agricola nelle cosi dette Terre Arnolfe, arricchitasi specialmente con
lallevamento del bestiame (Porcaria ed altri luoghi omonimi), da
Cesi e dintorni essa diramò e s'inurbó nei secoli xiv-xv in Narni e
in Terni, si propagó in Roma, s'istrui con studi e raccolta di colle-
zioni archeologiche, s'ingentili in cariche ecclesiastiche e civili, an-
che militari; simparentò con nobili famiglie di città e di campagna;
ramificó intensamente in possedimenti, feudi, ville, nell'Umbria, |
nella Sabina, nel Lazio; dopo quasi cinque secoli di più o meno pro-
spera esistenza, s'é estinta da qualche decennio, lasciando memoria
di magistrati, prelati, cardinali, senatori di Roma, feudatari, colle-
zionisti di antichità, santi e beati; ebbe il periodo di maggior prospe-
i rità e notorietà tra le fine del Cinquecento e il principio del Seicento
14i con Federico il Linceo (1). : :
4l I rapporti che i Cesi, precipuamente gli Acquasparta, ebbero con
| i vari centri urbani dell'Umbria, sono stati da me brevemente illu-
strati nella mia recente nota, Umbria Cesiana.e Lincea, (2) compresi

ETT

- -— x Tm yet. PIREO. yer
urna UNTIL RH TT UMMM i iut tria INTE RI ÉL z^
UE P t e : SS ete iei "i
A cipria LE
nin

(1) Ep. MarTINORI E G. GABRIELI, Genealogia e cronistoria di una grande
famiglia umbro-romana : i Cesi, illustrata nei loro monumenti artistici ed epigra-

n Arm

; r a : fici e nelle memorie archivistiche. Roma, 1931. Cfr. Arr. SALIMEI, Per la storia
| fil : - delle famiglie romane, in « Roma », 1934, 401-414. Il nome dei Cesi ricorre an-
B "a che in uno dei sonetti dannunziani sulle « Città del Silenzio »:
I

=

33^ : « Narni, qual dorme in Santo Giovenale
I su l’arca il senatore Pietro Cesi,
IU tal dormi tu sui massi tuoi scoscesi
intorno al tuo Palagio comunale... ».
(2) «Latina Gens » Roma, nov.-dic. 1941, e in estratto a parte.

wes

: M à
an arti i ER

x
3 iti Lia cl

m

elett el To_e

no—e—ee-e-rorre eg or ido dl, NI TT MISC E SPINA SIR RAS sio cento, dinette i tt rn rn

I CESI IN TODI i 161

quelli che ebbero con Todi, centro naturale o paesaggistico, civile,
culturale, artistico, ecclesiastico della bassa Umbria. Questi ultimi,

o memorie cesiano-todine, saranno qui in particolare menzionati e

passati in rapida rassegna, alla luce dei documenti che di essi restano ,
negli odierni archivi pubblici di Todi, dove ho potuto esaminarli in

questi ultimi anni sia direttamente sia per mezzo di diligenti e com-

petenti, non meno che cortesi, ricercatori todini.

La vicinanza di Todi con Acquasparta, Cesi, Narni — cittadine
tutte scaglionate lungo il percorso o a breve tratto dalla vecchia
Via Flaminia, una delle più battute e comode arterie convergenti
a Roma — agevoló questi rapporti; che furono prima di affari, censi,
convenzioni agricole; poi di uffizi civili e magistrature; in fine di giu-
risdizione ecclesiastica e diocesana. Mi limiteró a ricordare questi
ultimi come i più durevoli ed efficaci rapporti, che ebbero cioè un
effetto notevole nella vita cittadina, civile, culturale, religiosa e arti-
stica di Todi; tanto più che la ricerca e spoglio od elencazione, che
riporteremo in appendice, dei documenti cesiani negli archivi di
questa città si sono dovuti circoscrivere in detto campo, entro i li-
miti di quasi un secolo, dalla metà del Cinquecento a quella del Sei-
cento. i

La vita religiosa di Todi nel medio evo e nei primi secoli dell'età
moderna é stata di puro intenso fervore, senza eccessi di fanatismo
né di eterodossia, tanto meno di lassismo paganeggiante, quasi sem-
pre serena ed equilibrata nel culto, fiorente di cultura umanistica
molteplice e di singolare produttività artistica monumentale. Una
pagina di questa vita, esemplare per vari aspetti, si trova nel pregiato
modesto volume di Mgr. MARTINO PrTRUcCcCI, Il Tempio del SS. Cro-
cifisso in Todi (1), modello di monografia storico-edilizio-ecclesia-
stica, redatta, con squisito garbo misura e precisione documentaria,
su tutte le fonti note ed accessibili, con ricca illustrazione iconogra-
fica ed artistica. Non ho potuto avere sotto gli occhi La chiesa parroc-
chiale di S. Silvestro in Todi (1924) di Mgr. G. PaxnraLLI, che ha
dato al Petrucci l’idea del suo lavoro; ma certo l’una e l’altra mono-
grafia attestano la seria preparazione studiosa dell’odierno clero di
Todi sotto la paterna guida del vescovo Alfonso Maria De Sanctis,
e i precedenti d’una tradizione culturale che auguriamo continui
ininterrotta.

... Cultura e religione sono fatte per andare insieme necessariamente;

(1) Todi, Tipografia Tuderte, 1938.

11
as jade se docce pala

î
ì
Pasi
D
i
4
Pi
LI]
Vi
3
r
d
{
|
|
IB
iN
LU
V
LE
i
H
l

Mm

rh

-

ragioni

tana tin

a

i

I fig nt

rito eni



i,

SAL
ca arte
Ni Ne

cercata

arr

————— '— (€ cda
A
atom

reti

e =

^

n n ri EU ag ait QD Witt, i ara

E

M nnt È

==
=

— A LOTTARE, Eua o

net — -—
e arn Mp

e

T

— zia

[e ==="

\

162 3 GIUSEPPE GABRIELI

e se talvolta non vanno d’accordo, è segno evidente che o l’una o
l’altra, o forse entrambe, sono fuori di strada (1): il che accade non
di rado, anzi spesso, nel mondo, ed è accaduto anche in Todi, dove il
periodo della miglior fioritura di studi storici archeologici letterari,
si è avuto fra il Cinque e il Seicento, mentre si succedevano sulla
sedia episcopale todina quattro prelati insigni, tutti della famiglia
Cesi: Paolo Emilio (1523-34) e il fratello Federico di Angelo (1534-44)
in seguito illustri cardinali; Giovanni Andrea di Pierdonato (1544-66).
eil nipote Angelo (1566-1606): Angelo Cesi, che fu vescovo per 40 .
anni, risiedé in Todi di continuo, vi spese in opere di beneficenza,
d’arte, di cultura, tempo, denaro in gran copia, cure assidue, vi la-
sció tracce indelebili del suo zelo operoso, come narra Lon. LEONIJ
nella sua Cronaca dei Vescovi di Todi (2), e più ampiamente. mostra |
il mantovano G. B. PossEviwo nelle sue Vite de santi et beati di Todi,
dedicate «all’Ill.mo et Rev.mo Mgr. Angelo Cesi vescovo della santa
chiesa di Todi » (3).

(1) Non mi stancherò, né temerò, di ripetere nemmeno qui (sembri pure:
fuori di tempo e fuori di luogo) le sagge parole che scriveva il Linceo napole-
tano Nicolò Antonio Stelliola al grande .Galileo, Linceo per lui, anzi il Linceo
‘ per eccellenza, in una lettera da Napoli il 1° giugno 1616, a proposito dell'am-
monizione e divieto ingiunti al Galilei dal Sant’Ufficio in Roma, di non più.
sostenere e insegnare il sistema copernicano (Ediz. Naz. Galil., XII, 263):
«A me par spediente, con ogni prudenza fare avvisati li Signori che governano:
il mondo, che coloro che cercano mettere dissidio tra le scienze et la religione
siano poco amici dell’una et dell’altra parte; stando che la religione et la scienza
essendo ambo divine, sono di conseguenza concordi ».

(2) Todi, Ed. Dr. Fr. Franchi, 1880.

(3) Con la traslazione solenne di cinque corpi loro. Et molte rime in essa fatte,
nelle quali si scuopre l’antichità, et grandezza temporale, et Spirituale di detta
Città. Institutione dell Oratorio Perpetuo et delle Congregationi de Preti. In
Perugia 1597.

Raccogliamo qui i nomi degli autori di versi italiani e latini stampati
in questo libro, in lode del vescovo Cesi o del Possevino, in omaggio dei Sarti
e Beati Todini e delle loro. reliquie:

Giovan Pietro Ciro da Chio, familiare del vescovo,

Pompeo Fabri, arciprete della Fratta di Todi, secretario del Vescovo,.

Scipione Janzi romano, familiare del vescovo,

Cav. Felice Benedittonio da "Todi, :

Fulvio Mariotelli da Perugia, :

M. Licinio Racani dottor di Todi, 7 M. Gerol. Racani giureconsulto,

‘ Nevio Borione todino, :

Adriano Ranaldi tod.,
I.CESI IN TODI ; 163

Questo volume é per vari riguardi interessante: non per il valore
storico agiografico delle Vite, non per il pregio letterario dei. versi
italiani o latini-minimi l'uno e l'altro - ma come specchio della vita
religiosa promossa dal vescovo Cesi nella sua diocesi in ottemperanza

.ai canoni del Concilio Tridentino. Quanto aveva fatto in Milano Carlo

Borromeo «il quale (scrive Possevino nella dedicatoria di questo
volume) ridusse a tale quella Chiesa et Diocese, che ad essa come a
scuola venivano da lontanissimi paesi ad imparare il modo di gover-
nare molti Signori », Angelo Cesi, in proporzioni ridotte ma conformi,
compì in Todi. In relazione personale con i due grandi cardinali ed
arcivescovi Borromeo, Carlo e Federico, ammiratore devoto anche
lui di Filippo Neri (nella cui Chiesa Nuova fece erigere a sue spese la
cappella della Presentazione e l'austera facciata del tempio), amico e

: protettore anche lui di letterati ed artisti (fra cui P. P. Rubens, il Faen-
zone ecc.), Angelo Cesi lasció di sé in Todi luminosa benedetta me-

moria, quale modello di vescovo della Controriforma o. Rinascenza
cattolica. A suo titolo. d'onore basterebbe l'aver compiuto il tempio
della Consolazione, e aver costruito quello del Crocifisso.

Relazioni di vita civile e culturale ebbero con Todi altri Cesi di
vari rami del casato durante il periodo dei vescovati cesiani della
città e dopo per un pezzo, formandosi fra Todi e questa famiglia
una vera tradizione di stima, di cordialità e di mutui servigi e corte-
sie: parecchi Cesi furono varie volte di magistrato, cioé priori nel
reggimento todino, per varie generazioni: vi ebbero casa propria (il

Fra Girolamo Falconi da Montereale Min. Conv.,
D. Vincenzo Caroci tod.,

Giuseppe Eritreo tod.,

Alessandro Sabini,

Splaudiano Borione medico tod.,

Pirro Coluzi da Montecchio medico in Todi,
Angelo Buontempo da Gualdo Cattaneo,
Ferrante Stefanucci tod.,

Modesto Brunelli da Bonconvento,

.Scipione Orlandini Senese,

Cosimo Gentili,

Gregorio Marzio tod.,

Fr. Bonaventura Leonardi Min. Conv.

Giov. Batt. Guazzaroni todino,

Fabio. Cicolini medico tod.,

Luc'Alberto Petti,

Paolo Laurenti giurec. tod.
M renne
- Ù

Je

Mw «d. d : de,
de i a ir an

j

!
11
ARI
1511
Vs.
FAST]
H AMAT
tie
ly Jii
€ } !
AC
AX
13011
i5
Jj INL
11
$2
y) b 3
| "futi
fi
( !
1 |
5 i
Y ILI
AU
DM TNI
) H4
Avin
1 H
( !
Hi Iw
{ARTI
IET
d n 1
| AT.
i 2.
h
J'EN
EA IS
Un
(UN Y
H È,
E pu
y «lu
"AA
L wy
i il]
P t
i 354
n m
3
Mi an
5d 1
j È
P MI
,
1 AM
i 4
|]
ui
p.301
TT
BM
1 Eu
A 41

4
X
A *
j
iM
T
j]
«1
OM
TERT
(T 18i
}
-]
(i
i
La,
1
(1

LTT

——rrtwrr—_SerEme

sn

antenne
hr,

ce

a

ST

164 GIUSEPPE GABRIELI

palazzo oggi detto Pica sulla piazza maggiore), parteciparono diret-
tamente e in vari modi, da Acquasparta, da Narni, da Roma, alla
vita cittadina: in particolare — come dicemmo - FEDERICO CESI,
LiNCEO.

I rapporti ch'egli ebbe con Todi sono documentati in una, non
breve né insignificante, corrispondenza epistolare, conservata negli
archivi todini e da noi edita nel Carteggio Linceo della vecchia Acca-'
demia: ne richiamiamo qui le fila od argomenti principali, che si
svolgono entro il 1618 e il 1624, nel sessennio che possiamo dire
provinciale o agricolo della vita di Federico. Il quale, ritrattosi da
Roma in Acquasparta con la giovane sposa Isabella Salviati per dar
assetto, avendone assunto l'amministrazione come primogenito, al
dissestatissimo patrimonio paterno, quivi passò, tra i suoi monti,
il periodo relativamente più sereno della sua esistenza. Abbiamo avüto
. occasione più volte di prospettare questi anni d'attività «ruricola »
e di vita paesana del giovane principe nel magnifico palazzo ducale,
‘ costruito dallo zio cardinale Federico, attendendo alle cure affettuose
della famigliuola che gli cresceva con frequenti — spesso effimere —
culle, all'amministrazione domestica e patrimoniale, allo studio
assiduo della Natura nei suoi molteplici regni ed aspetti, all’ospita-
lità di amici e colleghi dell’Accademia (fra gli altri Galileo nell’aprile
del 1624), alla corrispondenza accademica e scientifica, pur troppo
anche a quella spinosa d'affari e brighe con parenti ed affini per lun-
ghe questioni economiche. Da Acquasparta si moveva in generale
di rado per brevi ritorni a Roma, per devote visite a Loreto ed Assisi,
piü volte per esplorare i giacimenti dei cosi detti « metallofiti » da lui
scoperti sulla via Ulpia, specialmente tra Rosceto e Rosaro, per ve-
nire a Todi. |
; A questa aerea vetusta cittadina dai fertili poggi solatii, dalle
grandi marziali memorie e maestosi monumenti di religione e d'arte,
che contempera l'austerità medievale cittadina con la grazia cam-
pagnuola, la semplicità paesana col respiro dei vasti orizzonti, a
Todi Federico Cesi veniva volentieri con gioia, in cima a quelle li-
bere alture, nella limpidezza del cielo e dell'aria pura, trovava
amici bonarii, fidi e riguardosi, e memorie del suo casato sparse per
tutto» ME : LL

. Condiscendendo al desiderio dei Todini, egli si lasciò estrarre
nel sorteggio bimestrale dei Priori nel 1620. poi ancora nel 1624; vi
tornò più volte, con la principessa, con i suoi famigliari, accolto con
gioia, festeggiato, riverito. Accettò nel 1620 di essere principe o pre-

— A _____@@@@m@@mm@vu@o@o@@@P@@euueeesre@izo A ——À
TWO MT M ——n ic En tem deli DD m ' dai

I CESI IN TODI 165

sidente.della locale accademia degli Stabili (1), che raccoglieva gli
studiosi della città e dintorni in frequenti adunanze, dove, se non
‘mancavano versi e complimenti di moda e rappresentazioni teatrali,
si trattava, si discuteva anche di storia e d’archeologia, d’iscrizioni e
ritrovamenti antichi, e si ravvivava, per glorificazione e modello di
vita, la fama d'insigni STAI di Todi, santi, guerrieri, uomini di
dottrina e d’azione.

: Abbiamo altrove riassunto la polemica, vivacemente dibattuta
in quegli anni nell’ Umbria, sulla patria di Traiano, l'Optimus Prin-
ceps, che i Todini reclamavano per loro cittadino, contendendolo
alla più nota e più sicura Italica Tudertana; e nel Carteggio Linceo
abbiamo per la prima volta pubblicato due lunghe lettere che Fe-
derico Cesi indirizzava nel 1624 da Acquasparta a due dotti amici e.
corrispondenti di Todi, il canonico Luc’ Alberto Petti e Albino degli
Atti, per sostenere l'origine todina di Traiano, e per illustrare le

tre grandi figure (di Todi persorificata in figure di donna; di Traiano

imperatore, e del pontefice e martire tudertino Martino I), da lui
fatte dipingere durante il suo secondo priorato nella sala maggiore
avanti quella del Consiglio, con inscritta in ciascuno dei piedistalli

(1) Quel che sappiamo di questa Accademia todina, detta prima degli
Instabili, e sorta nel primo ventennio del Seicento in contrapposto ai rinati
Convitanti (1604), con cui verso il 1630 finalmente si fuse, durando poi con
varia vicenda sino al 1888, raccolse il valoroso quanto modesto e cortese Giu-
lio Pensi (1874-1936) dalle mss. Memorie di Todi di Lor. BusELLI, e fu stam-
pato sia dal MAYLENDER nella Storia delle Accademie d'Italia (II, 81-82; III,
467-469), sia da ARM. COMEZ nel suo studio Le Accademie Todine (Todi, 1921),
ristampato nell’ Annuario di Todi, 1927, pp. 69-81. Nel fascicolo 31 del Fondo
Pirro Alvi (Armadio I, sala II dell’ Archivio Com.) si legge il seguente elenco:
«Raccolta di alcuni Principi di questa Accademia: Fra Alessandro Montica
stri, Cav. di Malta; Cap. Domiziano degli Atti, 1608; Mgr. Federico Boromei
Gov. di Todi; FEDERICO PRINCIPE CEsI, 1620; Dr. Silvio Giuseppe Giusti-
ni 1648; Dr. Paolo Francesco Astencolle, 1652; Mgr. Francesco Maria Ste-
fanucci, 1658; FEDERICO ANGELO CESI, Duca di Acquasparta 1675; Antonio
Laurenti, 1681; Ludovico Accursi, 1690; Niccolò Oddi, 1698». Dal quale
elenco (favoritomi dall'amico Angelo Biagetti di Acquasparta) si ritrae che
furono principi degli Stabili due dei Cesi: il 2° duca di Acquasparta, Fe-
derico Linceo, e il 5° Federico Angelo Pierdonato, morto nel 1705, che nel
1673-75 fu elevato al principato ancademico insieme con la moglie Giacinta
Conti.

Fra gli Stabili non todini menzioniamo: Giacomo Lauro romano, gli spo-
letini Leandro e Bernardino Campello, Ludovico Jacobilli da Foligno, Ales-
sandro Sperelli, vescovo d'Assisi, il cardinale Cesare Gherardi perugino, ecc.

onus sa
i

ag er
i pred 5

M

nz

x
Y

I etero Pa
SERIE

kr
2
b
in
H
i

rim nti IT TTI TS
pin trm Pha. nmi iN - Merle ir yn Tim it

o

-

»
u
i3
4
dr]
6]
UA
ni
n
i
13
I]
H i
Va
"JE
TM
hem
LN
tit
iu
n5
A
ART
|
AVI
A4EII
im
4 L2]
RA
4 Io
Inv
Hi
Mi
4 481
CE
(
*
L
di

rent

as CS ra
merat ramo oet e

md T7 iie pan
TZ

E RI,
à

m
— rr TATUS



La

ta

Min

SUE

NO race

e

pn

ur LE Cuire T IUSTI LRL qscag ui lua a
Alert



Auri

Nn

LARE ETIZITT

TESE
SE

E)

===

E

LI i ini G1 e On

u— D rr e e maa SU Tier e TUS

Me E

pie Courant teen

Lu
bet, y

166 GIUSEPPE GABRIELI

una delle tre lunghe inscrizioni latine, commemorative ed esortative,
da lui stesso composte in stile epigrafico antico (1). |

Della lunga e dotta lettera ad Albinio Degli Atti, che il Cesi scris-
se in data 14 luglio 1624, e che si deve considerare come una vera
monografia o trattazione filologico-storica in forma epistolare, ri-
portiamo qui dal Carteggio Linceo alcuni passi che più direttamente .
si riferiscono ai rapporti personali tra Federico e la città di Todi,
e che ci daranno: occasione ad una illustrazione di essi più precisa e
| particolareggiata, che non ci sia stato possibile, né era opportuna,
nella pubblicazione accademica. Quella lettera fu scritta alcune set-
timane dopo il secondo priorato di Federico Cesi in Todi; e il ricordo
delle festose-cordiali accoglienze ivi ricevute fa vibrare di affetto e di
riconoscenza la parola del Principe acquaspartano.

Questi giorni con mia particolarissima sodisfattione ho revisto cotesta
città (2), e fatto qualche riflessione in essa, e nelle sue memorie, antichità
e nomi istessi, e particolarmente nelle Inscrittioni trovate, mostrafemi da
V. S. e dal sig. Luc'Alberto Petti (3) nostro, sì diligente nell'investigationi
dell’antiche notitie, e di tal valor e studio sempre indefesso, che non so.
se io me Io debba chiamar divoratore e illustrator d’archivii, o più tosto vivo
Archivio' d'Antichità, havendo anche perciò letto il dialogo de Traiani
. Patria del sig. Pirro Stefanucci (4), che V. S. mi ha mandato.

Entrando nella città perla parte più degna, perla porta (5) verso Roma,
avvenne già a me, come a molti altri, che dimandato et inteso il nome della
strada, mi posi a ridere: chiamasi «Via Piana» quella che assai ben ascende;
conosciuta la cagione (6), mi dissero subito alcuni che si nominava cosi
quasi, ironicamente o per antiphrasim, come niente piana; altri, che era
detta dal verbo appianare (7) assai volgato in queste parti, che significa

(1) Queste iscrizioni, che oggi insieme con le tre soprastanti figure non si
. veggono più, sono state pubblicate da G. Fr. ARGENTI nelle sue Apologie, ri-
prodotte poi dall’OpescaLcHI, Memorie istorico critiche dell’Accademia dei
Lincei e del Principe Federico Cesi, Roma, 1806, pp. 164-166: sono state da noi
ripubblicate, sulla lezione di due mss. Todini, nel Carteggio Linceo.

(2) Il bimestre del Priorato di F. Cesi in Todi nel 1624 fu maggio-giugno.

(3) Canonico della Cattedrale, Protonotario apostolico, archeologo e sto-
riografo di Todi: appartenne agli « Stabili » col nome accademico di Sollecito.

(4) Compose il todino Pirro Stefanucci, circa. 1586, un Dialogus de Tuderis
et Tudertium nobilitate : l'autografo si conserva nella biblioteca comunale di
Todi. Cfr. BonRMANN nella introduzione alla voce Tuder nel C.LL. XE, II, I.

(5) Porta Romana.

. (6) Del mio ridere.
(7) In uso anche oggi.

!
I CESI IN TODI 167

salire, onde dicono pianelli quelle scalette che di fuori servono alle case; e
questa appiana, con l'indicativo presente, cioé ascende; vi fu chi disse che,
per aver il principio e qualch'altra parte piana, cosi era detta. Parvemi il
tutto poco a proposito, perché non potei credere che ad una via principale
il nome fusse posto per burla, quale sarebbe toccato anco alle altre strade
che pur ascendono al sommo della città, per essere in alto, e particolarmente

. a quella per la quale andammo (1) a visitar quella mattina la santa opera

della Carità di cotesta città, che più ripidamente ascende e conseguente-
mente é meno piana d'essa. Quanto alle parti piane, meno quadrava in
modo alcuno potessero arrecarle tal nome, per essere molto scarse in com-
paration del tutto, e per essere il più del piano aggiunto molto dopo l'erto
ch'é antichissimo, oltre esservi similmente nella città altre strade di pia-

. nezza maggiore verso il sommo, e massime quella che, dal nostro Vescovo

Angelo Cesio che la restaurò, s'è compiaciuto cotesto popolo (sempre affe-
tionatissimo verso casa mia per centinara d’anni) nominarla Cesia (2): di
modo che della strada più principale e più illustre restava il nome ignoto
et ignorato totalmente. In questa è la porta Martia, in questa sono molti
vestigii d’antichità, vicino questa era il Tempio di Marte, forse anco la Fa-
miglia Martiana di Traiano in essa haveva le case; ma se ben non l’havesse
havuto, volendo Traiano o aprire o addrizzare e restaurare nella sua patria
una strada, niuna poteva meglio di questa. Nominò Traiano le biblioteche,
che affezzionatissimo da vero heroe alle buone lettere costituì, Ulpie; no-
mino le Basiliche Ulpie, come si vede appresso Agostino et altri, particolar-
mente nelle medaglie, dal nome della sua famiglia: perché non riconosceremo
dunque il nome di questa strada Ulpiana dall’istesso Traiano o dalla sua
casa? Habbiamo ‘nelle medaglie et Agostino e presso Xifilino che Traiano
fece molte strade, come ottimo Principe in ogni cosa; la mutazione è posa,
la prima sillaba facilmente è ‘abolita per la sicurezza del U o vero è pas-
sata in articolo per L; a poco a poco detta «la piana » e finalmente restata
semplicemente « piana », perché ordinariamente il volgo accomoda i vocaboli
alle parole che intende, e sfugge quelle che non intende, né si cura altri-
mente che resti la proprietà del significato, al quale poco bada; e che ciò fa-
cilmente succeda, le Therme Diocleziane in mezzo Roma, che ‘ciascuno chia-
ma spropositatamente « Termini», bastino in esempio. Habbiamo dunque
in Todi la via Ulpia o Ulpiana del nostro Traiano, e starebbe molto bene,
acciò quest’antichità restasse affatto da lui data e stabilita, che il sig. Mar-
cello Valentini (3) nostro, così spiritoso e curioso nelle cose delle machine e

(1) È la odierna Congregazione di Carità ?

(2) Così è nominata anche oggi.

(3) Ingegnere e topografo, di cui sappiamo che fu membro dell’Accade-
mia degli Stabili col nome di « Pensieroso » e inventò un « molino a leve volanti
che costruì in Roma in Castel S. Angelo », come si legge al n. 87 delle spiega-

T

-
ET:
US

pa


at
ee

BD anas

Ue TET pn nm
P " J À

ala

i
|
if

iui

Press ia ere da ait
TE

ta

( eie É
Sa tnt mati I

— -——

hints

MT EA RE]
z rane NL

e

Ct names ame e ano TIA MZ E =

m rr

neretto

nn


IT
Tn nn nn

SM i Ria Na at NES

a

168 GIUSEPPE .GABRIELI .

de ingegni, che con si bel studio ha fatta la pianta, che con tanto mio gusto

vidi, di codesta città, e ricerca continuamente le cose d'essa, nel vago pro-
spetto ch'ha fatto al suo casino in essa strada, ponesse una pietra con il
nome « Via Ulpiana», con aggiungersi anco, se gli paresse, «a Nobili M.
Ulpij Traiani Tudertis, Romanorum Imperatoris Optimi, gente denominata ».
E V. S. mi farà gratia significarli questó mio pensiero (1).

Ecco ch'abbiamo il vivo nome della famiglia Ulpia, l'abbiamo in parte
riguardevole della Città, in modo che può sufficientemente ricordare e com-
provare la stanza e radice ivi d'essa famiglia; né occor rerebbe cercarvi altre
memorie 'd'impresse e morte pietre, mentre vi é la viva espressione. Anzi
debbiamo considerare che molte più inscrittioni di personaggi insigni si

"trovaranno ne’ luoghi dove hanno esercitato magistrati e governi, che nella

patria propria; tuttavia possiamo anco in questa parte soddisfare.

So cheil sig. Bastiano Benedettonio (2), nel suo giardino dentro Todi,
ha l'anno 1606 ritrovata una inscrittione nella quale, se ben rotta, si legge
il nome di Traiano e della Colonia Julia fida di Todi (3); e cercandovi et.
anco con il tempo a caso, non faccio dubbio che non se ne trovaranno del-'
l'altre. Ma l’arco qui dell'antica città di Carsuli, ch’hora in vestigij giace,
non solo fa al proposito nostro per le medaglie di Traiano ivi d'intorno ritro-
vate; come benissimo ha notato il sig. Stefanucci, ma anco che molto veri-
similmente debbiamo considerare fusse per Traiano eretto da tutta la Pro-
vincia dell'Umbria; ché meglio luogo in tutta la via Flaminia essa Provincia
non poteva a tale effetto eleggere, per l'eminenza e prospetto d'ogni banda,
e particolarmente in vista della patria di Todi, che più d'ogni altra doveva
Bremer e promovere l'opera, e di Narni, patria del padre Nerva, di cui era

zioni della Carta di Todi incisa da Giacomo Lauro nel 1633: carta che ero
stata dunque disegnata dal Valentini. L'isolato che corrisponde a quel
n. 87 della carta é costeggiato da due vie, che si chiamano anche oggi, una
«dei Molini » e l’altra «dei Giardini ».

(1) Questa etimologia della via d(ett)a Piana o Ulpiana è poi accolta
senza contrasto (cfr. C.I.L. XI, II, I, p. 693): fu proprio F. Cesi a pensarla ?

(2) Sono-i Benedettoni una vecchia famiglia di Todi: parecchi di essi
(Felice, Carlo), troviamo negli elenchi degli accademici « Stabili ».

(3) Questa iscrizione è certamente il n. 4646 del Corpus Inscr. Latin.
(XI, II, 1, p. 682): « reperta, precisa il Bormann, da L. A. Petti 1606, in Todi
nel giardino del sig. Bastiano Benedettonio fra certe rovine antiche che si
cavavano appresso un muro saracinesco posto nel rione e parrocchia di S. Sil-
vestro verso l’oriente..., post a Benedettonio data al sig. Federico Cesi seniore
(il padre del Linceo), oggi nel Museo Comunale di Todi (n. 126 dell’ Inventa-
rio: vedi: G. BecATTI, Tuder-Carsulae, 1939, col. 29). Ecco la iscrizione dedi-
catoria... corum... car [Caes|saris Nervae Traia[ni] Aug. Germ. Dacic.
prop(raetori) provinciae Dalmatiae Colonia Julia Fida Tude[r] patrono ex d. d.
Su Carsulae e l'Arco di S. Damiano vedi lo stesso BECATTI.
I CESI IN TODI 169

adottivo e successore; e vicino al monte, sacro falsamente alla gentilità;-fu
l'Ara Massima che ancora si vede nel sommo, loco deputato a sacrificij e
dedicato alla divinità, come il sommo del Monte Olimpo in Grecia e del

Monte Albano a Giove latino vicino Roma. Quest'Ara hoggi dal volgo cre-

duta principio di Torre, d’altri residuo, non considerando che non vi si ve-

. dono altre rovine, ha dato nome al Monte di Torre maggiore, loco ad altri

venerando et orribile per trovarvisi entro caverne, scale, ascondigli di tesori
e simil vanità, ma veramente sacro da S. Francesco in qua per l' Eremo nostro
Cesio, ricettacolo di quel serafico Padre e del nostro Beato (1), e di tant’altri
servi di Dio. A pié di questo monte dunque, in faccia e quasi in mezzo d’am-
bedue le patrie nella Flaminia e nell’entrata di Carsoli, hebbe molto oppor-
tunamente l'arco. Traiano, che ancora si conserva intieramente e chiamasi
dalla vicina Chiesa di S. Damiano. :
Accendasi pur sempre più e cresca (2) il desiderio et affetto d'una sì
degna e nobile imitatione, acciò provengano in questa chiarissima città sog-
getti sempre dico grandi, perché non posso dir maggiori; moltiplichisi que-
sto stimolo del vivo esempio, col seguitar nell’istessa sala (3) a far le me-
morie et elogii a tutti l’altri personaggi insigni di cotesta patria, ch’io, con
la somma affettione che le porto e portarò sempre con tutti i miei descen-
denti, havendomi sempre voluto obligar con tanta gentilezza e cortesissime
dimostrationi e favorire i miei avi, bisavi e sino a Pietro (4) fra miei ascen-

. denti decimo, e me più di tutti, ho, con mia grandissima soddisfattione, nel

tempo ch’io son stato di magistrato, voluto dare questo principio et inviar
questa a V. S., per segno dell'animo mio e di quanto devo.

Questo lungo frammento di lettera è abbastanza significativo

dell'affetto che Federico Cesi ebbe per Fodi, e-del vivo interesse di-

retto ch'egli prendeva alle sue memorie, al passato ed al presente,
potremmo dire anche al futuro, di questa bella cittadina che ilpoeta
odierno celebra fra le Città del silenzio :

Todi, volò dal Tevere sul colle

l'Aquila ai tuoi natali e il rosso Marte

ti visitò, se il marzio ferro or parte

con la forza de’ buoi le acclivi zolle.

Per quanto non espressi in questa forma ritmica, tali a un dipresso
dovevano essere i pensieri di Federico Cesi ogni qual volta, venendo

(1) Il beato Pietro di Angelo Cesi da Poggio Azzuano (1195-1270), fu com-
pagno di S. Francesco: vedi JAcoBILLI, Santi e beati dell'Umbria, II, 156-158.

(2) Nel discendenti e odierni todini, verso la memoria dei grandi padri.

(3) Dove furono effigiate le figure di Traiano, Martino, ecc. .

(4) « Petrus Comes Arnolphus, 1242» si legge nella Genealogia Caesio-
rum di Luc’ Alberto Petti (1609).

scia

——
zu.

{
î

are gare i»
7 "—

PUT Cun Aus 2.1 X do
ALLE ent. no ar CN
et a
Io —

e

e E EN AR
^ Na,

NS

CETT

LIC M i IC a LT tuu om T si E eed E

rei ame
enc ER Tar eap utar

ERE,

a

e n SD TASA ped ———— at mc +
n Baia i si ia carni ALATI Reni io ect s
tu — ——————P n — Appia alice

x
Conc et

——

ai



AL

zx

===

teo
=

—romrtcrmma Cie nem S s pale m=a

epe remet

rm

ii
-

\

170 GIUSEPPE GABRIELI

da-Acquasparta e Santigemini per il diverticolo della Flaminia da
lui detto Ulpio attraverso le ondulate campagne feconde, impren-
deva a cavallo la salita per Todi, avendo a fianco talora la princi-
pessa sua consorte e gli altri familiari, con gli occhi di tutti rivolti
in alto verso i culmini della bella città (la Rocca, S. Fortunato, il
Duomo, e sola in parte la snella mole Bramantesca della Consola-
zione); e quando la comitiva acquaspartana giungeva nei pressi
della porta Romana, ecco venir incontro a riceverli cavalieri e pre-.
lati: i Petti, i Degli Atti, i Guazzaroni, i Benedettoni, gli Stefa-
nucci, i Matalucci, e quel Marcello Valentini «cosi spiritoso e cu-
rioso nelle cose delle machine e d'ingegni », e salir tutti insieme per
Via Piana, conversando, e passar davanti all'aquila grifagna della
Fonte Cesia, sino alla rettangolare piazza e arengo del Comune,
dove i Priori in zimarra nera e cappa pavonazza accolgono gli ospiti
tra spari di gioia e gente in festa. E il giovane, gentile e affabile
. Marchese di Monticelli, Principe di S. Angelo e S. Paolo, futuro Duca
d'Aequasparta, compare di Urbano VIII, l'amico del grande Gali-
leo, il curioso e studioso della Natura, il principe degli Stabili, il
fondatore dei Lincei (1). |

GIUSEPPE GABRIELI

(1) Il MAYLENDER, che nella sua Storia delle Accademie d'Italia (III,
1929, 467-468) pubblicò per primo la notizia, favoritagli da Giulio Pensi, del
principato di F. Cesi sull'accademia todina degli Stabili, ne trasse un'arbitraria
ed erronea induzione, cioè nella diminuita sollecitudine di lui per le cose lin-
cee, delle quali avrebbe finito col «non curarsi affatto », «ai Lincei preferendo
perfino un’altra Accademia ». Il Carteggio Linceo mostra tutta l’infondatezza
di questa supposizione; ma se anche mancasse la sua testimonianza, sarebbe

ovvio, e doveroso distinguere tra la romana accademia scientifica e galile-
‘iana dei Lincei, che fu il pensiero dominante di tutta la non'lunga vita del Cesi,
e la piccola accademia provinciale e letteraria di Todi, di cui si occupò solo per
. compiacere agli amici todini, come accettò di essere dei loro Priori.

Aggiungiamo che in una lettera del 27 dicembre 1624 scritta da Fabriano
al principe Federico in Acquasparta, F. Stelluti Linceo gli parla di un giovine
di Todi da lui incontrato, «il quale sta qui per farci un organo nello Spedale:
dei bastardi, che già è quasi finito, e mi ha detto che il maestro di scuola di
Todi gli ha mandati quegli elogi di V. E., acciò li mostri qui a qualche inten-
dente, perché sono degni di essere veduti...». Chi sarà stato questo «maestro
di scuola » di Todi? e quali gli «elogi » di F. Cesi ? Sono (come dubitativa-
mente congettura l'OpEscALCHI, p. 162) le iscrizioni dettate dal Principe
per le tre figure, su indicate, di Todi, di Traiano e di S. Martino ? Ci sembra

molto probabile, ed altresì che il maestro di scuola fosse proprio l' Argenti più
giù menzionato.
I CESI IN TODI ai

ARCHIVI. TODINI

Ne diede ampia notizia quell’instancabile e benemerentissimo studioso,

illustratore di biblioteche ed archivi, che fu GrusePeE MAZZATINTI, nel vo-

lume III, pp. 98-160, dei suoi Archivi della storia d'Italia (Rocca S. Casciano,
Lic. Cappelli ed., 1900-903, descrivendo innanzi tutto l'Antico Archivio
del Comune, che era allora nell'ex-convento di S. Fortunato, di cui pubblica
(pp. 98-104) un vecchio repertorio; poi (pp. 105-136) dà l'inventario di 790
pergamene (degli anni 1208-1750); il regesto di vari Atti (137-147) ;-un cenno
dell'Archivio dei Trinci, delle Monache di S. Francesco (150-152), dell'Ar-
chivio amministrativo del Comune (153), dell' Archivio Notarile mandamentale
con l'indice dei Notai del 1305 a1 1399 (153-154), dell' Archivio della Congrega-

. zione di Carità (154-157). Tutti questi sono ora riuniti in 7 sale al secondo

piano del Palazzo comunale, e costituiscono l'Archivio Comunale di Todi.
Nel volume indicato il Mazzatinti fa breve cenno anche dell'Archivio Ca-
pitolare (157-158) e di alcune collezioni private (Ercole Oreste Alvi, Pirro
Alvi, Anita ved. Angelini, Attico Martini), indicando da ultimo alcuni docu-

» menti e memorie storiche contenuti nei Mss. della Biblioteca Comunale,

che oggi è attigua all'Archivio nel Palazzo stesso. Di questi Mss. Lon LEONIJ
pubblicò nel 1878 un suo nudrito Inventario dei codici della Comunale di
Todi.

Dell' Archivio comunale si possiede manoscritto un Inventario comple-
to, compilato da Lorenzo LEONIJ, rifatto ed ampliato da Giulio Pensi,
in data 1934: è depositato in quell'archivio, ed in copia nell'Archivio del
Regno in Roma. Esso abbraccia: 19: Archivio antico del Comune; 29: Archivio
Priorale fino al 1800; 39: Arch. Pirro Alvi, donato al Comune nel 1913; 4°:
Doni diversi (Tenneroni, Zucchetti, Ceci); 59: Acquisti vari.

Notizia sugli Archivi ecclesiastici todini (Capitolare, della Cattedrale,
Vescovile) si trova, ma assai scarsa, in Fn. KEHR, Italia Pontificia, IV, 1909,
38-42, e in Gòtting. Nachrichten, 1898, 361-363: specialmente perché, a
quanto sembra, non sono ordinati, o almeno non lo erano quando Vi si
affacciava alla fine del settecento l’abate Di Costanzo, eun secolo dopo li
visitava, per incarico della Società delle Scienze di Gottinga, il prof. Luigi
Schiaparelli alla ricerca di vecchie bolle pontificie. Non mancano esigui ar-
chivi parrocchiali e monastici; ma non se ne ha chiara notizia.

Qualche altro piccolo archivio privato si trova in Todi: il Petrucci men-
ziona quelli di G. Pensi, di L. Mariani.

Pubblicando qui il risultato della ricerca di Documenti Cesiani a Todi,
fo voto — e mi auguro non giunga sgradito all'autorità podestarile — che in
quell'Archivio Comunale sia murata una lapide in memoria del funzionario
NE.

co =.= —
tessili

e RETTE

==

era rat III ARI

riore

|

f
}
y
»
7
]
1
A

Cr eC Nem

TE

eterno

ME at Ed mer

a "

172 GIUSEPPE GARRIELI

e studioso todino avv. Giulio Pensi, che fu per oltre 30 anni zelante e gene-
roso ispettore dei monumenti, bibliotecario, archivista, direttore della pina-
coteca : un vero e raro gentiluomo, di cui ebbero a lodarsi tutti quelli che
vennero a lui, o gli scrissero, noti e ignoti, in cerca di memorie todine. Io gli
devo, fra altro, — né cesserò mai di essergliene riconoscente — tutto lo spoglio
cesiano dell'Archivio Comunale che segue qui appresso, e che è pubblicato
anche per fare onore alla sua memoria. Esso gli costò vari giorni di lavoro
disinteressato, compiuto e trasmesso generosamente, non solo «con volto
amico », ma anche con « quel tacer pudico » delle difficoltà incontrate e del
tempo occorso, che rendono il dono tanto pur accetto. Figura e gentilezza
d'altri tempi.

A)

Minutario di Lettere dei Priori a diversi, 0 precisamente Registro delle lettere
scritte dall’ Ill.mi Sig.ri Priori a Roma et altrove (Sala VI, sc. E, palch.
5, nn. 6-9).

1619, decembre 24. — Lettera sulla estrazione del Marchese Cesi fra i Priori.
A] Marchese Cesi [è Giordano Cesi di Federico, marchese di Oliveto, cor-

rispondente del Card. Federico Borromeo in Milano, cfr. MARTINORI-GA-

BRIELI, 36].
5i fanno gli auguri, e si comunica che fu estratto fra i Priori pel bime-
stre gennaio e febbraio 1620.

1620, febbraio 23.
| AI Principe Cesi [il Linceo].
Si fanno molte dichiarazioni di stima e si partecipa. che fu estratto
fra i Priori per il bimestre marzo ed aprile.

1624, febbraio 16.
A] detto...
Si comunica che, dovendosi estrarre il magistrato, è stata segnata la
palla col nome di lui; si domandano le sue intenzioni.

1624, aprile 12. s ;

A] detto.
Con grandi dimostrazioni di affetto e di stima si domanda se gradisca
essere sorteggiato fra i magistrati nel bimestre ,di maggio e giugno.
1624, aprile 26. Jer x
A] detto.
Con le solite amplissime dichiarazioni si informa che è stato estratto
pel suddetto bimestré.
1624, maggio 12.
A] detto.
S'invita a recarsi a Todi per cooperare nell'Ufficio coi Priori.

ERU VEDO i ib i ta

emm EM
I CESI IN TODI 173

1625, giugno 12.
Al detto. |
Si prega di voler accompágnare i cittadini incaricati di presentarsi a
S. B. [Urbano VIII] per un donativo di scudi 3000.
1625, fra il 27 ed il 30 dicembre.
A] detto.
S: informa del proponimento di estrarlo fra i magistrati pel prossimo
| bimestre.

1626, giugno 13.
AI detto.

S'informa che fu imbussolato il suo nome con palla segnata, e si chiede.

pertanto che indichi in quale tempo desidera di essere estratto.
1627, aprile 20.

A] detto.

Si invita ad accettare l'ufficio, essendo stato estratto pel bimestre mag-
gio e giugno.

1635.

I Cesi avevano un loro palazzo a Todi [ora pal. Pica]. In detto anno
'appariva che in questo palazzo abitò il Card. de’ Bagni, in occasione
del suo passaggio per Todi, avvenuto prima del 6 gennaio (da una
lettera all'agente.in data 6 gennaio 1635).

1635, settembre 8.

Al Marchese Cesi [era il nominato Marchese di DD Giordano di
Federico ?].

Si comunica che fu estratto fra i Priori.

1650 o 1656.
Altri soggetti della casa Cesi estratti fra i Priori colla palla segnata.

Hy
Spoglio delle filze di Lettere ai Priori di Todi (dal 1586 al 1630 incl). Sata
VI, scaff. D (doppio), palch. 4, nn. 65-74, non cartolati.
1586, febbraio 1, da Roma. ; |
Federico Cesi [padre, 19 Duca di Acquasparta]: ha ricevuto la lettera
in raccomandazione di messer Claudio Morico.
1586, novembre 30, da Roma. |
Federico Cesi [idem]: critica il modo di procedere del Podestà di Tod
ed approva il contegno della città verso di fui.
Accetta la proposta per la cancellazione del censo.

1586, decembre 23, da Acquasparta.
Isabella Liviana Cesi [Isabella di Bartolomeo di Alviano madre di An-

—- —
wert commi nt gm

VENE enem ot

dual E

wy Y
d
n

fi
1
5
È

a i
ì
|
i
ti
b
"9
ti
"ug".
m
m
H
pa:
1"g
ir
n H

i
TY n
,
pem zx st affine cio NISSOME O ACRRISUE SIRE SINNI VAR RIP o SIA LY
i - ' SETS. MESE pL ra. ? TRATTA , £45. Di TINI O FAIR 3) " T 2n

74

f 174 : GIUSEPPE GABRIELI

gelo Cesi; avo del Linceo: mori nel 1586: cfr. MARTINORI-GABRIELI
| 53-55]: ringrazia per una comunicazione fattale a mezzo di Claudio
1j Ciccolini: « continueró, sino ce sarrà la vita, in tutte l'occorrenze
1 : per servitio de cotesta città ».
Hp 1587, febbraio 4, da Roma.
Hi | Fed. Cesi. Sull'affare dei maleficii dice di aver esaminate le scritture e
1d ^^ — trovato che il Comune ha «buone ragioni ».
1587, maggio 23, da Roma.

. Il med. - Non ha potuto parláre con Gio. Paolo Baglione, che è assente

da Roma.

1587, aprile 6, da Roma.

Il med. — Sulla proibizione ai forestieri di cacciare nel contado. Attesta-
Hi zioni di devozione verso la città.
M D 1587, ottobre 1, da Acquasparta.

Il med. — Sull’incarico ricevuto di ristaurare la Via Flaminia.
1588, aprile 9, da Roma.

Federico Cesi - Manda Domenico de’ Bianchi, suo « architetto », per
2» trattare sui lavori della. Flaminia.
17 1588, aprile 6, da Roma.
| | 1 - ] med. — Raccomanda Cesare Napoleoni da Terano che propone al-
Te i l'ufficio della Podestaria di Todi.
; | 1590, maggio 16, da Acquasparta.
nn ' Jl med. con un postscriptum di earattere del Duca — Dichiarazioni di
pU benevolenza.
NH 1590, giugno 20, da Roma.
|4 | | dx Il Duca d'Acquasparta — Con un postscriptum c. s. — Per la pratica
[| ‘ della cancelleria, criminale ha trattato col fratello mons. Tesoriere
Ref [Bartolomeo Cesi, nel 1596 cardinale].

I .. 1590, settembre 20, da Acquasparta.
ht Isabella Liviana: Cesi — Chiede di poter cavare dal territorio di Todi

“= tri esita am E EI EM Er EE

mr

| 5 some di grano per uso della sua tavola.
pa, 1590, novembre 1, da Roma.

data a Roma.

um]
d
Mi
noi
E
/ i
b
n 52d
iu
D Me.
Aa
AY
T
1
E
È
di i
|
h
A n
(1 ,
' 1;
BN
y
| |
EN
Hd
i IF
i]
E uu
A

1590, novembre 8, da Roma.

ij
|
i
|
\
MILL Il Duca di Acquasparta. Dà assicurazioni sopra una pratica raccoman-
|
|
|
I
|
|

| PET I] Duca di Acquasparta. Assicura di aver raccomandato il memoriale
j J) inviato dai Priori.
| { 1591, febbraio 2, da Acquasparta.
) pons Il Duca med. — Avendo proposito di ritirarsi con la famiglia in Acqua-
bp sparta, chiede facoltà di estrarre dal territorio di Todi 100 quar-

tenghi di grano.

^

—r_—nr—r_toecoe
—eornto tea

lità

BS USE Aa Vd (Sv PZA I CESI IN TODI 17

e

1591, gennaio 10, da Roma.
Il Duca med. — S'interesserà per la causa dei Capocioni.
1592, gennaio 26, da Roma.
Il Duca med. — Non può aderire ad una richiesta dei Priori — Compli-
menti.
1592, maggio 29, da Acquasparta.
Il Duca med. — Ha raccomandato un negozio.
1594, giugno 25, da Acquasparta.
Il med. — Raccomandazioni per negozio.
1594, decembre 24, da Roma.
I] med. — comé sopra.

1595, marzo 15, da Roma.
. . med. — Interessamento per la pratica sulla «riforma delle doti ».
1596, giugno 12, da Roma.
Il med. — Sulla nomina del fratello LEarkglomeo] a Cardinale.
1596, giugno 21, da Roma.
Il cardinale [Bartolomeo] Cesi — Ringrazia per le congratulazioni fatte-
gli per la sua nomina al Cardinalato.

1598, maggio 24, da Acquasparta.
Federico Cesi — Presenta Flaminio Parri [?] da lui incaricato di fare
comunicazioni ai Priori.

1598, novembre 21, da Roma.
Paolo Emilio Cesi [di Pietro... di Pierdonato, marchese di Riano
e di Cantalupo + 1611: cfr. MARTINORI-GABRIELI, 37-38. — Es-
sendo molto occupato per affari, dichiara di non poter assumere

le funzioni di Priore.

1598, novembre 26, da Roma.
Paolo Emilio Cesi — Ha ricevuto il memoriale e promette il suo appoggio.
1598, ottobre 26, da Roma.
Paolo Emilio Cesi — Dice che è difficile che possa accettare: di essere
fra i Magistrati pel bimestre di novembre e dicembre, a causa delle
sue occupazioni.

1598, decembre 7, da Roma. /
Il med. — Ha fatto premura perché Todi sia esonerata dal mandare a
Narni materassi, lenzuoli e coperte.
1599, gennaio 4, da Cantalupo.
Il med. — Raccomanda Silverio Sacchetti per la nomina a podestà di
Todi.
1599, febbraio 4, da Cantalupo.
Il med. — Ringrazia per la detta nomina.

ELA
s
|

i
!
|
È
i
|

Tt

RTT,
rire pa d.

ET | e gp cn e

Na
itd, msn Sonic

TEL
ta e IQ e
perte e

E irta
zanna m etos

À,
otra

ar =

rr T—_ wr rea ratcae

176 j GIUSEPPE GABRIELI

1599, luglio 17, da Narni.
Il med. — Ringrazia per le condoglianze inviategli per la morte della

[seconda] consorte [Costanza Degli Atti todina].
1600, ottobre 7, da Acquasparta.
Olimpia Orsini Cesi [la madre del Linceo] — Raccomanda il medico
Lelio Moricotti di S. Gemini.

1600, seftembre 30, da Acquasparta.
La med. — Fa la stessa raccomandazione.

1600, novembre 5, da Roma.
Federico Cèsi [padre] — Raccomanda il medico Crispo Durante.

1600, decembre 2, da Roma.
Il med. — Ringrazia per la nomina del medico Crispo Es

1602, marzo 15, da Roma.
Il med. — Ringrazia per essere stato estratto come Priore e si ripro-

mette di venire ad esercitare l’ufficio.

1602, febbraio 13, da Roma. |
Giuseppe Valenti — Non ha potuto PU con sig. Duca perché, in
questi giorni di carnevale, trovasi ogni giorno occupato con amici

e parenti.
1603, luglio 26, da Roma.
Federico Cesi — Propone un ailitiagii pel regolamento. dei confini fra
. Acquasparta e Castel del Monte.

1603, luglio 26, da Roma.
Il Cardinale [Bartolomeo] Cesi — Propone arbitraggio come sopra.

:1603, gennaio 18, da Roma.

Federico Cesi — Sulle lagnanze contro il Sovventore di Acquasparta.
1604, aprile 3, da Roma.
Paolo Emilio Cesi — [marchese di Riano] — Sulle lagnanze dei Todini
pel carreggio di grano.

1606, dieembre 16, da Roma.
Paolo Emilio Cesi — Ringrazia per le condoglianze per la morte di Mon-
signore di Todi [il Vescovo Angelo Cesi f 30 novembre 1606].

1606, decembre 2, da Narni (Abbazia).
Romolo Cesi [di Venanzio, 1607: ctr. M. G., 31- -32] - vescovo di Narni
— Come la precedente. ;
1606, decembre 6, da Roma.
Federico Cesi — Come la precedente.

1607, luglio 18, da Roma.
Il med. — Lagnanze per atti esecutivi contro un suo lavoratore.
RS

I CESI IN TODI : 177

1616, iue 2 2, da Roma.
Il med. — Offre l’ospitalità in ai come sopra.

1616, aprile 9, da Acquasparta.
Montani Vittorio — A nome del principe Cesi, suo Padrone, offre in
Acquasparta ospitalità al Governatore ed ai gentiluomini di Todi,
che ivi si recano per vertenza di confini con Spoleto.

1616, aprile 27, da Roma.
Il Principe Cesi [Fe&erico il Linceo] — Offerta di ospitalità in Acqua-
sparta.

1616, agosto 14, da Boni
Il med. — Ringrazia per le dimostrazioni per il suo fidanzamento
con Donna Isabella Salviati.
1616, ottobre 30, da Acquasparta.
Il Principe Cesi — Ringrazia per un dono [nuziale].
1619, decembre 24, da S. Terenziano.

Giordano Cesi — Ringrazia per essere stato estratto fra i cune
pel bimestre gennaio e febbraio prossimo.

1620, marzo 9, da Acquasparta.
Federico Cesi — Ringrazia per essere stato estratto fra i magistrati;
^ verrà appena possibile, anche perché trattenuto dalla «cattiva
gravidanza della mia signora Principessa ».

1620, febbrafo 23, da Acquasparta.
Il med. — Ringrazia per la estrazione fra i magistrati pel bimestre
di marzo ed aprile, ma teme di non poter essere a Todi per «la
gravidanza fastidiosa della Principessa » — Vi è un proscritto auto-
grafo, con dichiarazioni di affetto verso la città.

et
t
M
EN
HN
é
br
ni
si
da
di
d
Ki

*

i
li
&l
DUK
uM ^
14!

1620, decembre 13, da Acquasparta.
Il med. — Per una lagnanza fatta dai Priori assicura di aver prov
veduto.

utemur
peu * 997 fa gc

1621, novembre 8, da Acquasparta.
. Il med. — Lettera di complimenti.
1621, agosto 11, dà Acquasparta.
Il med. — Raccomanda il medico Giovanni Pressii.

e pre e Gm.
— Ante itin ipt

maga rs

1623, maggio 29, da Acquasparta.
Il med. — Annuncia la nascita di un figlio.

| 1624, febbraio 16, da Acquasparta.
Il med. — Lettera di complimento.

————
tam ciii malt

1624, aprile 13, da Acquasparta. .
Il med. — (Come la precedente).

12
al

zu.
NORMEN
———á

x
PE TSO E to Ue ATTI a

-

amet

nti prominente

" ed M re ide >
iene ea n

TAN it

e TI ML T EET Sp Ag d

178 GIUSEPPE GABRIELI

1624, aprile 29, da Acquasparta.
Il med. — (Come la precedente).
1624, maggio 13, da Acquasparta.
Il med. — Procurerà di essere a Todi quanto prima.

1624, giugno 14, da Acquasparta. |
Il med. — Assicura d'interessarsi d'una pratica raccomandatagli.

1625, giugno 14 a 19, da Roma.
N. 5 lettere di G. Mattei, di F. Povonio e del Principe Cesi, colle quali
| si comunica che il 18 detto il Principe ha presentato a N. S. il do-
nativo di Todi di scudi 3000. Si elogia il detto Principe per la
‘ grande abilità dimostrata nel compiere detto ufficio presso il
Papa.
1625, decembre 3, da Roma.
.H med. — Assicura d'interessarsi per un negozio.
1626, giugno 20, da Roma.

Il med. — Assicura di essersi interessato per il negozio di cui gli hanno
scritto — Non può, perché trattenuto a Roma, assumere il Magi-
strato.

1625, decembre 31, da Roma.

Il med. — Ringrazia per gli dung e non in questo periodo Botrébhe
essere disposto ad accettare l'ufficio nella magistratura.

I] med. — Sulle trattative per un negozio. |

1626, marzo 4, da Roma.
Il med. s. s. US

1627, aprile 28, da Roma.

Il med. — Non può accettare l'ufficio nella magistratura.

Nel 39 quinterno (lettere. del 1629) è inserita una minuta di lettera,
che sembra di scrittura del Petti, ma senza data e senza indirizzo.
colla quale si comunica che desiderava la comunità di avere fra i
Priori la S. V. Serma; si domanda in quale bimestre la stessa S. V.
desidererebbe. essere estratto; si espone che la palla è stata se-
gnata.

1627, agosto 18, da Roma.
I] med. — Ringrazia per le felicitazioni fattegli per la nomina del
fratello a Vescovo.

1630, giugno 29, da Roma.
Federico Cesi — Comunica la morte di suo padre [24 giugno 1630].

/

1630, agosto 9, da Acquasparta.

Giovanni Federico [ITI, | 1656] Duca d'Acquasparta — Comunica la
morte del fratello [Federico Cesi, {1 agosto 1630].
ionis.

I CESI IN TODI 179

C)
Dai Memoriali dei Priori, Arch. Comun. di Todi, sala III, arm. 29

1584, nel mese di novembre e decembre.
Viene a Todi Federico Cesi [padre] — Si fanno doni a lui dai Priori del
Comune, doni che esso ricambia.
(ivi fasc. 4, fol. 25).

1585, novembre o decembre.
Cortesie da parte di Federico Cesi.
(ivi, fol. 104).
1604, luglio ed agosto.
Federico Cesi è fra i Priori del bimestre. Dona la cappa.
(ivi, fasc. 9, fol. 121).

1606, novembre 30.

Notizie relative alla morte del vescovo Angelo cui deceduto in detto jd
giorno sulle dimostrazioni di cordoglio da parte del Comune, sui d
funerali, ecc. [4

(Memoriali, fasc. 9, fol. 230, e Decretali ad annum). n
1623, novembre e decembre. Si
I Priori, nel lasciare l’ufficio, notano nel memoriale: « Riferisco che fra Gui

le altre palle de’ Magistrati esserne una segnata con un P. et alcuni
bugi de puntate de stringa, dove ciè dentro il sig. Prencipe d'Acqua-
sparta, et fù senguinata con decreto de Mons. Governatore, acciò
potesse esser cavata a comodo del med. sig. Prencipe, che servirà -
i | per aviso alle SS.loro [ai Priori del seguente URI, acciò non sia
cavata senza sua richiesta, e ciò potranno avisare a’ successori ».
(ivi, fasc. 16, fol. 125).

1624, bimestre primo e secondo.
I Priori notano: « Inviata al Prencipe Cesi per conoscere quando desi-
i dera essere esfratto ». :
A (ivi, fasc. 17, fol. 8 e 20).

1624, terzo bimestre.
Il Principe Cesi venne il 25 maggio per esercitare l'ufficio di Priore.
Gli furono fatte feste; esso beneficó la popolazione.
- (ivi, fol. 25).
1625, sesto bimestre. ,
Palla segnata nel bussolo pel Principe Cesi, come sopra 1623.
(ivi, fol..., in fine fascicolo).
1641, terzo iui i CIS

Fra i Priori il sig. [Giovanni] Federico Cesi [III], duca d'Acquasparta.
(ivi, fasc: 24, fol. 19).
M eame
M —

- AU VETE CORRER See REED S
eruit echo ora 7m eiie rn ei Deraro

EL D: Donc c
= 7 Lr x x
AETERNE en ente " pempeessto

TM ran SIE
Ter trggg9r6c6@tt1terrr1

STI

act

uri Am em i E

send

.

180 GIUSEPPE GABRIELI

D)

A complemento della notizia estratta dal « Memoriale dei Priori di Todi »
per novembre e dicembre 1584 si aggiunge quanto segue:

Dal bastardello del maestro di casa dei Signori Priori (Arch. com. di
Todi, sala IV, Arm. II, n. 13 dei bastardelli):

«Il Presente fatto al Ill.mo sig. Federico Cesi:

«Per dui marzapeni de libre cinqui e mezo [scudi] TO
«Per otto pinocchiati a Ceccho di Tilone, . . . .............. . 0,90
*«Derser para di CAppolli i ro 90
«Persei para di piccioni casarecti . . . . - . . 097
«Pepotto BasdiD*comptr. «slo nn e E T 0,28
«Per. pera fiorentina... Ro oc c n Re e pi
«Per una vitella da latte da Braccaglia ‘macellato dI idum l5
E)

Nella sala II, armadio I, palch. 29, busta B, n. 80 (manoscritti diversi
in fascicoli e fogli sciolti) si trova un fascicolo col titolo, nella copertina:
« Discorsi diversi sopra la città di Todi et. Traiano Imperatore ». Nel foglio
di risguardo interno, il titolo è riprodotto cosi: « Letfere e discorsi diversi
fatti sopra la Statua di Todi in forma di donna, et sopra la città di Todi, Pa-
tria di Traiano ottimo Imperatore. C duit nel 1624 ».

Contiene:

Da fol. 3 r. a 5r. — Lettera scritta dall’Ill.mo et Ecc.mo sig. Fede- ^
rico Principe Cesi al sig. Luc’ Alberto Petti, Canonico di Todi, sopra la statua
in forma di donna ». D'Acquasparta, 14 luglio 1624.

Fogli bianchi fino a 9;

a fol. 9—«Copia d'una lettera scritta dall'Ill.mo et Ecc.mo sig. Fede-
rico Cesi, Principe di Sancto Angelo, al molto n mo et Ecc.mo sig. Albi- -
nio de l'Atti, Todi, 1624 »;

‘a fol. 10 r. e fino a fol. 23 r. — Lettera suddetta.

Ivi il Cesi vuol dimostrare che Todi fu la patria di Traiano; si dilunga
in questa dimostrazione fino a fol. 20 r ; ivi continua: « Consideri hora V. S...»

. 8 fol 25 r. — « Copia della lettera del sig. Domenico Tempesta scritta
al P. D. Secondo Lancellotti, da Perugia, Abbate Olivetano a Todi, - 1625 »
(s. g. e n.) fino a fol. 30 v.

L'A. sostiene che Traiano non era todino;

a fol. 33 fino a fol. 41 v. — « Copia della risposta fatta dal sig. Gio.
Francesco Argenti da Leonessa, Mastro di Scola della Città di Todi, alla sud-
detta lettera del Sig. Domenico Tempesta (senza data)».

L'A. sostiene che l'Imperatore era di Todi;
I. CESI IN TODI 181

a fol. 45 e fino a fol. 50 v. — « Altre considerazioni e capi da potersi

stendere per rispondere alla sopradetta scrittura del Tempesta ».
Senza indicazione di anno e di autore;

a fol. 51 e fino a fol. 57 r. — « Intorno alla patria di Traiano Impe-
radore, sfogo di mente di Don Secondo Lancellotti, da Perugia, Abbate Oli-
vetano; Accademico Insensato et Affidato — 4 Iulii Fabriani 1625».

Contradice alla opinione dei todini che sostengono essere Todi la pa-
tria di Traiano;

a fol. 59 — « 1627, Considerazioni fatte sopra il sfogo dell'abbate D. Se-

- condo Monaco Olivetano Insensato et Affidato, intorno alla Patria di Tra-

iano Imperatore, fatte da Sig. Francesco Argenti, da Leonessa e cittadino
della molto Illustre Città di Todi».
‘ Sono trascritte queste considerazioni per poche righe, poi è notato:

« Non si è continuato di scrivere questo Discorso perché è è stato stam-
pato nel 1627 in Todi, et si è havuto un libro, nel quale si contiene il tutto
in forma di dialogo in 4° foglio ».

a fol. 60 e 61 — «Relatione di alcune ragioni et considerationi sopra
la Patria di Traiano Todino Imperatore, havuta dall’Ecc.mo sig. Principe

Cesi, inclusa in una sua lettera di Roma sotto il 29 di luglio 1628, diretta

al sig. Lorenzo Leoni da Todi, la quale relatione è di questo tenore, vide-
licet :

Ricorda l’autorità di Ottavio de Strada, per sostenere che Traiano
fosse Todino.

F)

Fra i manoscritti della Com. di Todi si trova: « Fasti decemvirorum
civitatis Tuderti ecc.» di OrrAviANO CiccoLINI vissuto tra il sec. xvi e il
secolo xix. /

In questo ms. il Ciccolini lia raccolto i nomi dei Priori del Comune; la
raccolta è completissima, troppo completa per essere attendibile. È noto poi
che il Ciccolini (Cfr. GeTtuLIO CEcr, Todi nel Medio Evo, Todi, Trombetti,
1896, in prefazione), merita poca fiducia.

In detto manoscritto trovo i seguenti personaggi della famiglia Cesi
fra i Priori del Comune: non posso fare esatto riscontro di tutti i nomi, per-
ché la raccolta dei Memoriali dei Priori non è completa e poi, in molti vo-
lumi, furono lacerati i fogli che contenevano i nomi dei Priori del bimestre
e gli stemmi. Credo che questo danno sia stato compiuto al tempo della
Repubblica Francese:

1586, bimestre settembre ed ottobre: fra i Priori si trova « Federicus Cae-
sius ». (Confronta col Memoriale).

. 1602, bimestre marzo ed aprile «Federico Cesi». (Confronta. col Manor).

1604, bimestre luglio ed li;ABosto « Federico Cesi». (Confronta col Memo-
. riale). -

È

{

b
ng
d
[^
ES
RE
Det
Li»
Yu
kA
Ì M
M.

Macr Mns Jis

LL] ere

A.

[^w


PRETI: EE PORSI IA

m gra gn

eee Na

4 dee

AE

MB e
=

e

i

cler nus NN

- ————
=, - - 7 ^ -
rs M m etii eq TENE s ANC a ect

und

182 - GIUSEPPE GABRIELI

1620, bimestre gennaio e febbr. « Marchese Cesi ». (Manca nel Memoriale).

1620, bimestre marzo e aprile « Federico Cesi». (Manca nel Memoriale).

1624, bimestre maggio e giugno « Il Principe Cesi ». (Confronta col Memo-
riale).

1627, bimestre maggio e giugno « Il Principe Cesi ». (Manca nel Memoriale).

1631, bimestre maggio e giugno « Conte Francesco Cesi ». (Manca nel Me-
moriale).

1633, bimestre settembre ottobre « Marchese Giordano Cesi ». (Manca nel
Memoriale).

1635, bimestre settembre ottobre « Marchese Cesi ». (Manca nel Memoriale).

1639, bimestre novembre e dicembre « Marchese Giordano Cesì ». (Manca

nel Memoriale).

1640, bimestre luglio e agosto « Marchese Giordano Cesi ». (Manca nel Me-
moriale).

1641 bimestre maggio-giugno: fra i Priori il Duca d'Acquasparta. (Manca nel
Memoriale). :

1643, bimestre novembre e decembre « Conte buo Cesi ». (Manca nel
Memoriale).

1645, bimestre novembre e decembre « Conte Francesco Cesi ». (Manca nel
Memoriale).

1646, bimestre luglio-agosto « Conte Francesco Cesi ». (Manca nel Memoriale).

1653, bimestre marzo-aprile « Marchese Giordano Cesi ». (Manca nel Memo-
riale).

1655, bimestre luglio-agosto « Marchese Giordano Cesi ». (Manca nel Me-
moriale).

‘ Nessun altro fino all’anno 1700, ultimo esaminato.

Nel palazzo vescovile di Todi, costruito dal vescovo Angelo Cesi sulla
fine del '500, sono dipinti i ritratti dei vescovi di Todi, da S. Terenziano ad
Angelo Cesi; sotto ciascuna figura corre una iscrizione laudativa.,

0

Archivio Vescovile :(1). Situato al primo piano del Palazzo vescovile
(edificato dal pps Angelo Cesi) é collocato in armadi e distinto in varie
voci:

Atti notarili di enti ecclestiastici 1317-1860. — (Fa parte di questa col-
lezione ed é segnato col numero 1 un volume in pergamena, un po' rovi-
nato nei primi fogli, contenente esclusivamente atti polar piguardante la
proprietà del C apitolo, fatti nel sec. XIII).

(1) Devo queste notizie ‘alla cortesia e conoscenza archivistica del todino
D. Mario Pericoli.
.I CESI IN TODI 183

Atti Ecclesiastici (Permessi di vendite, permute, ecc.) 1531-19..

Atti di giurisdizione volontaria 1835-1860.

Bollario (Conferimento di benefici, ecc.) 1452-19.

Inventari di Benefici.

Monasteri.

Processi canonici (Beatificazione, ecc.).

Sacre Ordinazioni.

Testamenti rogati dai Parroci 1607- 1820.

Visite pastorali 1573-19. f

Archivio Capitolare. In una stanza attigua alla sala capitolare sono col-
locati in un armadio che corre lungo tre' pareti tutto il ‘materiale archivi-
stico, alcuni oggetti artistici e libri stampati. Del materiale archivistico esi-
ste un Inventario sommario contenente brevi regesti dei documenti in perga-

mena compilato dal Can. Pirro Alvi e l'inventario del rimanente materiale -
eseguito dall'Avv. Giulio Pensi (nel 1921).

Pergamene (La piü antica é del 1099), n. 2267.

Fascicoli (Congregazioni Capitolari, Entrate e uscite, ecc. dal sec. XIV),
. 257.

Buste (Documenti mescolati e stampe, codici e carte vic n. 65.
| Registri di puntature, dal 1458, n. 264.

Codici, incunaboli e registri, n. 16.

Dell'opera di G. Fn. ARGENTI, poco nota e piuttosto rara crediamo op-
portuno dare qui una particolare notizia.

Apologie — overo risposte — alli discorsi del Sig. Daci Tempesta
e del Signor — Academico Insensato — Fatti intorno alla Patria — di Traiano
Imperatore — Di Giov. Francesco Argenti — de Leonessa cittadino della Mol-
(Illustre — città di Todi —. In Todi Per Cerquetano Cerquetani — con li-
cenza de’ es 1627.

In 12; pp. 12, nn. 67.

pp. 1-12, nn. Lettera dedicatoria dello stampatore ai Priori di Todi ,
in d. 25 maggio 1627.

«Approvasi per la pubblicazione, da parte di Albino Atti e Lorenzo
Leonij, censori dell’Accademia degli Stabili», firmata da Luce Lucido se-
gretario di essa.

Versi in lode delle « . Apologie » consignate alla. Stampa sotto il feliciss.
Priorato e virtuosiss. Coppia dell'Illustriss. et Eccellentiss. Sig. Prencipe
Federico Cesi, e del Molt.Illustre e Molt. Eccel. Sig. Dott. Lorenzo Leonij »,
fra cui un sonetto di Tib. Alunno, che termina con terzina raccogliente i
nomi dei partecipanti alla discussione:

*

Tu Cesio sol co' raggi (ui si lieti
Ch'àn congionti al Leon luce dorata
Scopri l’ Argento e la Tempesta acqueti.

[
|
b

d DER UL em n

Peio dr) fina
: '

ner
TI MMCU Ae EU ER UE e CET = ri

cea


bel
D Seni

Vr gue ox = - x

ve

ARS

Niro

to V

n

NM

BR

A
M mà :

TT

ca

184 GIUSEPPE GABRIELI

I nomi degli altri elogiatori sono: P. Romani da Bagnorea, Alessandro
degli Atti, Giacinto Racani, Bernardino Tarconi di Assia, Gio. Bat-
tista de Sergijs Aleppino, Benedetto Pichini, Francesco Rocchetti di
Grecia, Giacinto Massei, Licinio Racani, Gio. Bonaventura Guazzaroni,
Giacomo Livi: quasi tutti, se non proprio tutti, Accademici Stabili.

La prima Apologia (pp. 1-21) è la Risposta al Discorso del Sig. Tempesta

N :

intorno alla patria di Traiano. :
La seconda (pp. 23-67) è Risposta fatta allo Sfogo di mente dell’ Abbate

Don Secondo Monaco olivetano, Accademico Insensato et Affidato. L'opuscolo
di quest'ultimo, pubblicato (ma non stampato sembra) senza revisione ed
approvazione dell’Accademia perugina degli Insensati, è qui riprodotto per
intero, a cominciare dal titolo « Intorno alla Patria di Traiano, sfogo di
mente di Don Secondo Lancellotti da Perugia, Abbate Olivetano», ecc., e finire
alla data di esso « 4 Juliij 1625 », e passo per passo, quasi periodo per pe-
riodo, confutato in forma di un dialogo tra Insensato (il Lancellotti) e Sta-
bile (l’Argenti, detto fra gli Stabili il « Semplice»).

.. Nella prima e nella seconda parte sono discusse ad una ad una tutte
le testimonianze pro' e contro della tesi sostenuta, contro cioé ed a favore
della nascita ed origine di Traiano in Todi: scrittori antichi (Dione Cassio
ed il suo epitomatore Sifilino, Aurelio Vittore, Silio Italico, ecc.),- iscrizioni,
medaglie. :
"———" - clic n diis diniftsióens PNIS — meta "—

NOTE E DOCUMENTI

RAPPORTI DI MATTEO GATTAPONI CON ASSISI
PER LA COSTRUZIONE DELLA FORTEZZA
DI PORTA SOLE A PERUGIA

In un lungo e interessante studio pubblicato nel vol. XXXV (1938) di
questo « Bollettino » su La rivolta di Perugia nel 1375, assai opportuna-
mente e con abbondante documentazione, E. Duprè Theseider ha trattato i
della costruzione della Fortezza di Porta Sole a Perugia e dell’architetto di
essa Matteo Gattaponi da Gubbio. i

Rilevato che siamo assai scarsamente informati sulle fasi della costru-
zione di quella cittadella — iniziata nel 1371 sotto il governo del cardinale
Pietro d’Estaing (1), proseguita sotto il breve regime del cardinale Filippo
di Cabassole (2) e condotta a termine durante il vicariato di Gherardo da
Puy, abate di Monmaggiore (3) —il citato ch. A., richiamandosi ad una noti-
zia del Mazzatinti secondo la quale Matteo Gattaponi ai 25 aprile del 1374
era detto «generalis officialis operum cictadelle Perusii » (4), si domanda:
« Si costruiva ancora, in quella data ? Oppure il Gattaponi aveva conservato
la carica anche a lavoro ultimato ? » (5).

(1),« Petrus de Stagno » appartenne all'Ordine di S. Benedetto. Dopo di
essere stato vescovo di Saint Flour in Francia (19 novembre 1561) fu trasfe-
rito all’arcivescovato di Bourges (2 aprile 1368). Rivestito della porpora da
Urbano V in Montefiascone al 7 giugno 1370, fu detto nelle cronache del tempo
«cardinalis Bituricensis » o «de Burgi ». Mori ai 25 novembre 1377 in Roma.
Cfr. EuBEL C., Hierarchia Catholica Medii Aevi, ed. II, Monasterii 1913,
pagg. 251, 139 e 21. : È

‘ (2) Avignonese, nominato cardinale il 22 settembre 1368, detto comune-
mente « Hierosolymitanus », perchè era stato patriarca di Gerusalemme. Si
trova con il detto titolo anche nelle carte assisane. Cfr. EUBEL, op. cit., pagg. 179
330; 276 e 21.

(3) Nipote di Gregorio XI. Fu benedettino e abbate « Maiorismonasterii »
(Tours, in Francia). Venne creato cardinale al 20 dicembre 1375 col titolo di
S. Clemente. Mori in Avignone il 14 febbraio 1389. Cfr. EUBEL, Op. cit., pag. 22.

(4) Cfr. « Rassegna d'Arte », 1901, dicembre, pag. 186.

(5) Cfr. questo « Bollettino », anno XXXV (1938), pag. 98, nota 1.
ET

aT EST IAN eue mI une Bai erect pom mae ee Td

=

EP aL GI pa SISI

prati afro ina Mt

186 NOTE E DOCUMENTI

Alle surriferite domande del ch. A. rispondono alcuni documenti ori-
ginali dell’Archivio Comunale di Assisi, i quali — sebbene noti nella loro
sostanza fin dal 1866 (1) — noi qui pubblichiamo per intero aderendo di buon
grado al cortese desiderio espressoci dalla Direzione del « Bollettino ».

Dagli accennati documenti apprendiamo che nell’ aprile e nel maggio

del 1374 si lavorava ancora intorno alla Rocca di Porta Sole, e che il Gatta-
poni ne era ancora l’effettivo soprastante.

* *
"I
Assisi nel 1374 non si trovava, come già prima, sotto la dominazione
di Perugia, essendone stata liberata sette anni prima dal celebre cardinale.
spagnuolo Egidio Albornoz (2).
Essa peró faceva parte degli Stati della Chiesa, allora retti in Umbria

dall'abate di Monmaggiore, e perció solo per motivi di interesse generale.

poteva essere allora obbligata, unitamente ad altre Città e Stati, a concorrere
alla fabbrica della cittadella di Porta Sole a Perugia.

Dai nostri documenti si rileva che il Gattaponi, con ordine da lui dato
ai 24 aprile di quell'anno, chiedeva alla città di Assisi un gravoso concorso

(1) Cfr. CrISTOFANI ANTONIO, .Delle Storie d' Assisi, libri sei. Assisi,

1866, Tipogr. Sensi, pagg. 151-153. L'informazione 25 aprile '74 è ricordata

anche da G. MazzamiNTI, L'architetto del Palazzo de Consoli in Gubbio, in
« Rassegna d'Arte », I, Milano, 1901, pagg. 187-188, ed era stata integralmente

. da lui pubblicata (G. MazzariNTI, Documenti per la Storia delle Arti a Gubbio,

in « Archivio Storico per le Marche e per l'Umbria », III, Foligno, 1886).

(2) Cfr. Filippini Franc., Jl Cardinale Egidio Albornoz. Bologna, Za-
nichelli, 1933, pag. 398. I

Nei tempi in cui Assisi si trovava sotto la dominazione della sua antica
rivale, essa era tenuta, al pari di altre terre e castelli, ad offrire ad essa ogni
anno un palio di seta per la festa di S. Ercolano, patrono della città (19 marzo).

‘ Detto palio di solito era anche dipinto ed ornato di fregi in oro o in argento.

Uno, ad esempio, offerto verso il 1340, venne dipinto con 80 gigli da Cecce di
Saraceno, pittore assisano che troviamo compagno — nel 1341 — dell'altro notis-
simo pittore Puccio Capanna pure «de Assisio ». Un altro palio, quello del
1385, portato a Perugia «pro parte Comunis Assisii in festo Sancti Arcolani
secundum federa et capitula pacis de proximo facte inter perusinos et assi-
sinates » costó la rilevante somma di 223 libbre di denari e 10 soldi. Un terzo,
quello del 1396, per il solo drappo di seta costó 16 fiorini, e fü ornato di 30
« canellette » di argento oltre che di 4 scudi doppi dipinti nella banda. Detto
palio venne portato da un « Rigacco » in guanti e fu scortato da speciali in-
viati del Comune di Assisi e da pifferi. Cfr. Arch. Comun. di Assisi : Bollettari,
V. 3, ff. 246 e 247; Riformanze, v. 4, fol. 22 M auno 1385; Riformanze, v: 3,
fol. 32 dell'anno 1396.
——

==

iran

NOTE E DOCUMENTI 27187

alla fabbrica della Rocca perugina, minacciando, per il caso non si fosse
obbedito, la rilevante, penalità di cento fiorini d'oro.

È, naturalmente, da ritenere come certo che il celebre architetto eugu-
bino non avrebbe potuto mai assumere il sopraccennato atteggiamento si
autoritativo e fiscale, se a lui dal Vicario Papale non fossero stati concessi

quegli stessi poteri che, già dodici anni prima, gli aveva dati l'Albornoz

allorché questi gli affidó il mandato di costruire la Rocca di Spoleto (1).
Il Gattaponi cioè quando fu nominato Ufficiale Generale e Sovraintefi-

dente alla erezione della cittadella di Porta Sole, dovette avere certamente

la facoltà di costringere anche Assisi e il suo Distretto a prestar concorso a
quell'opera:con uomini e mezzi, oltre che di punirla e condannarla nella
eventualità di un rifiuto.

Matteo di Giovannello Gattapone quindi, nel costruire la pizzi di
Perugia, operava non solo come architetto e soprastante, ma ancora come
pubblico alto funzionario amministrativo e politico: da « Superstes ve da « Of-
ficialis Generalis », come dicon le carte. ;

Premesse queste brevi osservazioni, ecco ora i documenti assisani sopra
accennati.

P. GIUSEPPE ABATE
O. F. Min. Conv.

.25 aprile 1374

Essendo pervenuta, il giorno precedente, la richiesta da parte di Gatta-
poni di inviare senz'altro a Perugia per la costruzione della Rocca 20 bestie
da soma con 10 conducenti e con essi 20 manuali muratori — e ciò per la durata
di due mesi — se ne discute nel Consiglio dei Magnifici Signori Priori del Comune

di Assisi unitamente al Giudice e Collaterale:

«Quid Consilio videtur et placet providere ordinare et reformare super lic-

teris Macthey Gattaponis de Eugubio Generalis Offitialis operum Cictadelle Pe-

rusii . presentatis in Comuni Assisii externa die . videlicel . X XIIII . presentis

. (1) Ctr. in « Bollettino d'Arte del Ministero della Pubblica Istruzione »,
1922, Anno II, Serie II, pagg. 90-91 il documento di nomina del Gattaponi a
soprastante alla fabbrica della Rocca di Spoleto, documento conservato nel-
l'Archivio del Collegio di Spagna di Bologna, vol. VIT, n. 188, pag. 211 e edito
da F. Filippini. Con tale nomina il Gattaponi veniva creato « officialem et super-

stantem »; gli si assegnava un « notarium », un servo ed un cavallo; gli si dava

licenza « omnes et singulos cives, incolas et habitatores dicte civitatis, comitatus et
districtus Spoleti ad contribuendum dicto- laborerio cohercendi et compellendi ac

etiam distribuendi inter cives et comitativos dicte civitatis omnia adiutoria, ope-

ras manuales et subsidia pro fabrica anledicta neenon inobedientes puniendi
et condempnandi »; e infine tutte le autorità (« regimina ») del Distretto Spole-
tano dovevano obbedire a Gattaponi nei riguardi del suo ufficio.
==

uc
DSi

S
TER

ui

TL a 2 meer dts

—== ne ec:

net rari E sat

ti ima
sora

2) t
c Neh
SO

DIES i5

T e ee cioe ati

veu Remi ALT
:

€ À—M 4

= o ei TER
re ir eS ie nd
Lx, oneris eI aia

Po MM

188 NOTE E DOCUMENTI

mensis Aprelis . conlinentibus effectualiter . quod sub pena . C . florenorum post
presentationem ipsarum licterarum mictantur per ipsum Comune ad dicta opera .
XX . somarii cum . X . conductoribus et .. X X . boni et apti Manuales . mora-
turi ad dicía opera duobus mensibus utilibus . quorum servitia excomputari fa-
ciet ipse Mactheus de summa operum debitorum per dictum Comune in dictis la-
boreriis ad rationem duorum operum pro quolibet foculari quolibet anno . prout

latius continetur in dictis licteris lectis et vulgariccatis in Consilio... ».

(Arch. Comun. di Assisi,« Riformanze », vol. 5, fol. 21Y).

IT.
30 Aprile 1374

Il sopraccennato Consiglio non prese allora alcuna deliberazione, ma tornó
a riparlarne cinque giorni dopo alla presenza dei Camerlenghi delle Arti, rimet-
tendo la questione al Consiglio Generale del Popolo:

« ... Quid Consilio videtur... super licteris Macthey Gattaponis de Eugu-
bio Generalis Offitialis operum Cictadelle Perusii presentatis in Comuni Assisii
die. XXIIII . presentis mensis Aprelis . continentibus effectualiter quod sub
pena. C . florenorum auri Camere Romane Ecclesie applicandorum . mictantur
per ipsum Comune Assisii ad dicta opera infra tres diés post presentationem
ipsarum licterarum . XX . somarii... », ecc. c. s.

(Loc. cit., fol. 24).

III
-7 maggio 1374

Adunatosi, il.7 maggio, il Consiglio Generale del Popolo — cui parteci-
parono numerosissimi cittadini — Francesco di Ciccarello propose che venis-
sero inviate delle speciali ambasciate all'Abate di Monmaggiore e al Gatta-
poni « ad supplicandum et procurandum exgravationem dicte gravitatis ».
: Il Consiglio anzidetto, con 94 voti affermativi contro 22 negativi, rimise
l'affare alla saggezza del Vicario (Potestà) del Comune, dei Magnifici Priori e
di cinque « Sapientes » — uno per Porta — da eleggersi dai Priori stessi.
ns (Loc. cit., ff. 27*-28).

)

IV.
9 maggio 1374

Deliberazione dell'anzidetta Speciale Commissione fu di rivolgersi al
rappresentante della S. Sede, cioè a Gherardo da Puy abate di Monmaggiore,
per essere sgravati da quella imposizione;

«et si hoc non posset optineri . supplicetur dicto R. D.no quod dignetur pro-
rogare terminum ad executionem dicti mandati,

Et de hoc etiam rogetur dictus Mactheus ».

Tra le cause escusanti da esporre c'erano quelle dell'impotenza e della
mortalità (peste). -

(Loc. cit., fol. 29).
P \ NOTE E DOCUMENTI 189

j Ma
13 maggio 1374

Evidentemente il Gattaponi trovó plausibili le ragioni a lui presentate,
per cui fu raggiunto un accordo col comune di Assisi:

«...D.ni Vicarius et Priores ac Sapientes... providerünt et ordinaverunt
quod acceptetur per dictum. Comune compositio facta per Ambaxiatores dicti
Comunis cum Mactheo Gattaponis Generali Superstite operum Cictadelle Peru-
sii ex commissione R . D.ni D.ni Abbatis Monmaioris... de . L. florenis . Et
quod per dictum Comune mictantur et solvantur dicti . L . floren . infra terminum
et secundum formam licterarum dicti Macthey delatarum per dictos Ambaxia-
ONES...)

(Loc. cit., fol. 29").
ta
d
1
UT,
f (
LH
T1
Th
Jy
E
7^ 2 MU
iul ,
HI
I1 N
D
*
hi]
Uf
MIRA
1 i]
| Me 1
AMNEM
Hu |!
7 È
,
(
E n4
I, 1
$91 +,
j *(3
"28
i
[ P
s t
y UB 1
^
| F23U
MI
i
8d
hi |j
nd
I
Ip iI AL
$
/ AS HBI
È y }

\ H

| i
| 4
WIE
IBID

di
ni

i

Zu
DI
X1
2a
$i
Eg
9

"ST WD ire ala mea TELI

IERI

e TTwvTv

TRE
VT

=

Call

[ seta

Mr
[]

DOCUMENTI INEDITI DI IPPOLITO SCALZA

)

Il Cinquecento orvietano è caratterizzato da una particolare flo-
ridezza economica per la quale ebbe notevolissimo incremento l'edi-
lizia cittadina; é naturale quindi che con questa ricevesse impulso sen- |
sibile l'arte in genere e specialmente l'architettura.

Fiorirono pertanto parecchi artisti del luogo e altri ne vennero
da fuori attratti da questa sede per loro largamente redditizia.

Tra gli artisti locali del tempo eccelle per la sua multiforme at-
tività, per il suo ingegno versatile, per la sua anima d'artista Ippo-.
lito Scalza ‘architetto, scultore, idraulico, agrimensore, restauratore,
accordatore di organi, ecc. SI

La sua famiglia, pur non avendo diritto a particolare distinzione
per nobiltà e per censo, era già nota e apprezzata in Orvieto fin dal
sec. xrv, in cui un fra Giacomo Scalza, uomo di santi costumi e di va-
sta erudizione, era stato compagno di S; Caterina da Siena.

Ippolito, nascendo, par che raccolga l’antica eredità spirituale
del lontano fra Giacomo, dal quale riprende il genio che può innalzarlo
fino alla gloria e quel senso di umiltà e di modestia che lo terranno,
in vita, legato al grigiore di una comune esistenza, circoscritta nella
limitata cerchia paesana. i

Debbo alla cortesia del Dott. Comm. Petrangeli, benemerito Pre-
sidente dell'Opera del Duomo, se, durante le ricerche fatte per uno
studio sulle attività artistiche dello Scalza, ho potuto avere sottomano
tre lettere inedite di tale insigne artista, intorno al quale pochissimi
studiosi locali hanno scritto cercando di valorizzarlo come meriterebbe
per le sue numerose e poderose opere. |

Nella prima lettera lo Scalza si lamenta con i Rettori della Fab-
brica del Duomo perché alla sua « Pietà » (gruppo in marmo notevole
per bellezza plastica ed espressività) non era stata data quella conve-
niente collocazione e quella sistemazione che all'opera si confaceva.
NOTE E DOCUMENTI 191

La seconda lettera contiene una relazione sullo stato dell'organo
del Duomo che aveva bisogno di riparazioni; evidentemente, alla co-

‘ noscenza della meccanica organistica, l'artista accoppiava la cono-

scenza anche della musica, o per lo meno di quella parte di pratica
musicale che si riferisce agli accordi e alle ottave, se egli arrivava
alla accordatura del complesso strumento.

La terza lettera indirizzata al Camerlengo, si riferisce ad una gita
fatta a Corneto per una certa provvista di marmi.

I* LETTERA (inedita).

Cart. 161.
. Molto Mag. S." et pron.' miei Oss.

Perché nella nuova chiesa di S.ta Maria nella cappella nuova è collocata
quella scoltura del imagine della Pietà come V. S. safio ed essendo molto
tepo che ci fu messa ne mai cisefatto pensiero di fargli un poco d'ornamento
et si sta cosi strapazzata e a caso et oltra di questo sta molto pericolosa di
essergli rotto o spezzato qualche membro o dita delle mano che ogni sorta
di gente ci si puó accostare in soma che sta come un pezzo di straccio. Ora
per questo prego umilmente V. S. mi vogliano concedere gratia che si possa
fare un poco di ornamento, come un altare di marmo et il suo zoccolo che la
regge et ridurla in buona forma meglio che si puó et ancora con un poco di
grata di ferro come sta quella sepoltura di quel Vescovo in San Domenico
acció non stia cosi a pericolo che gli si possa rompere qualcosa et ancora ac-
conciare un poco meglio quel arcone nella muraglia dietro alla Pietà in
buona forma a uso di un nichione sfondata come sta et questa cosa non darà
spesa straordinaria alla fabbrica perché la possono fare i medesimi scarpellini
che servono questa Chiesa et circa del luoco adesso non si può collocarla in
miglior sito che dove sta oggi essendo che nella Cappella del Satissimo Cor-
poral per fino non si riducesse nella medesima forma simile alla Cappella
nuova et con maggior lume che non ha non saria da metterciela e per adesso
e forse ai nostri tempi non ci sarà altro peró prego di nuovo humilmente
V.S. mi vogliono concedere questa gratia innanzi che io muoia essendo (?)
che é ornamento ancora della Chiesa et forse non saria disturbo alla Fabrica
che come si vedesse fosse restaurata un poco con le elemosine darà qualche
utile a questo luoco et alla Chiesa gliene terrò obligo DIpetuo et Dio bene-
detto li feliciti quanto desiderano.

Di V. S. Molto Mag."
Obedientissimo et Affect."9 S.'*

HiPOLITO SCALZA
— fo. ha " ^
= E: > ei; eta ira SETE MART EN to cre e ta. Art pt e pila v ^ mE. NU DRAN) YES

era eoa Murrieta e Pollo rn Petr rame e at Pe eg A Moses adden T

192 ; NOTE E DOCUMENTI

2% LETTERA (inedita).
. Cart. 178.

Io Hippolito Scalza havendo visto et tochato tutti i registri del Organo
di Sata Maria, et ó trovato che malamente si può più sonare, che la maggior
parte de i detti registri, le lor cafie non suonano et molte altre imperfectioni
che vi sono; et p. acomodamento di detto Organo a di bisogno di farci tutte
le sottoscritte cose et prima Nettare tutte le reductioni della polvere sia
disotto come disopra alle tastature e si bisognasse alcune bacchette di Ieguo
a rifarle.

Bisognerà aprire il bancone dentro della tastatura di sopra, et acomo-
dare i ventilabrij che non suonano. ;

Poi fare che tutti i registri camineno con velocità et ingagliardire le
loro molle ( ? ).

Dare una rivista alli matici che ve ne sono due che sfiatano et serrare
bene il vento a tutti i condutti.

Spolverizzare bene tutte le cafie si le piccole come le gradi a una per una
et spolverizare tutti a due i banconi che ogni cosa è pieno di polvere, et le
cafie sono più di due milia e ducento e ce ne sono più di 500 che non suonano
per la gran polvere che ci é dentro. :

Acomodare tutte le molle dei registri e dei ventilabrij e tutti i tiri dei
registri et i tiri di fil di ferro delle reductioni et altre mollette che vi sono.

Acordare tutto lorgano bene a giudizio dei periti e bisognando fare qual-
che linguetta a i troboni che si facciano et molte altre cose che bisognerano.

Riparare alla porta del entratura del Organo che non porti tanto gran
vento come fa, e farci fare una bossola di legname come si usa alle porte
delle chiese per certi tempi cattivi e ventosi.

Sperre erm pompa T

OTO 7 edi
pe

=

NU eterne
RE

pupa

cara FS
aromi

Ì
1 1 i i
IL NIE y
d Fs i
i li d t T
| 45 m
, È
+] 1n
E SU IZ
"IEEE.

ns

IPoLITo ScALZA di mano sua.

= ein ira — e"
Tr n =

3» LETTERA (inedita).

ene

1570-71, n. 71.
Molto Mag.^? S. Camerlengo.

DUREE
arazzi d arte

Per farvi intendere come le cose passano noi arrivammo qua lunedi a
buonora et cossi cominciammo il medesimo giorno a cercare i marmi che
avemo finito di scoprire per quanto ci fa di bisogno si che cercherete di man-
dare quattro carretti delli quali due si vedano che siano buoni e fidati per-
ché bisogna che alli detti due carretti ci siano tre para di buoi et il restante
saranno da due para l'uno et di più un altro carro con la robba che in tutto
saranno cinque carretti senza il carro grosso et vorranno essere in tutto tren-
tadue para di buoi perché al carro grosso occorranno avere (? ) venti para

' et li due carretti tre para l'uno che sono trenta et il carro della roba para due
i js ;

EU r_TTTTyTy*

Mae :

= -

—_—cEsKET,rxtTr===z3xr=

peu


dom
eint

NOTE E DOCUMENTI 193

che in tutto saranno para trentadue et non ci rimarrà qua altro pezzo di
marmo che (parole mancanti) un pezzo grosso se già in questo tempo che ver-
ranno i carri non ne trovassimo qualche altro pezzo che noi non restaremo
di cercare, ci é stato detto dal castellano che vi sonno stati robbati molti
pezzi di veduta sua. :

Oltre questo ci manderete per i carrettieri il calciese grande che sta nel
magazzino del olio ve lo insegnerà giovanni. Altro non so-dirvi salvo che si
spedisca presto del venire de i carrettieri e venendomi Scipione che porti di
denari o vero li mandi. State sano.

Di Corneto il dì 31 di maggio 1570.

HipoLITO SCALZA.

Delle altre molteplici attività dello Scalza e delle cariche pub-
bliche da lui rivestite e della fiducia e della stima onde era circondato
dai suoi concittadini e dalle Autorità che nel luogo rappresentavano
la Santa Sede, testimoniano le numerosissime notizie raccolte nelle
Riformanze comunali delle quali riportiamo qui alcune tra quelle che
ci sembrano le più significative. i

Appunto da queste carte apprendiamo come il nostro artista
fosse anche esperto agrimensore, in quanto per incarico della S. Sede
tracciò la planimetria generale della sua città e dei dintorni.

Si occupò anche della misurazione e valutazione dei terreni della
Valle del Chiani che la Camera Apostolica, con una insistenza che
ha tutta l’aria di una imposizione, volle vendere ai Comuni di Orvieto,
Città della Pieve, Monteleone e Ficulle.

Tale compera fu avversata dai maggiorenti del paese ché si rite-
neva dannosissima agli interessi locali; infatti in una delle delibera-
zioni del Consiglio generale, che troviamo nelle Riformanze del Comune
e precisamente in quella del 19 aprile 1587, fu specificato che: :

Si stipulasse il mandato di procura venuto da Roma in persona di Ra-
nuccio Baschi e Felice Marabottini a’ quali s'intenda ordinato espressa-
mente che prima di contrattare con la Camera Apostolica espongano a V.
S. che questa compera delle Terre delle Chiani é per portare l'ultima rovina
a questa sua fedelissima et devotissima città, poiché, si giudica da tutti gli
huomeni prudenti che le dette Terre fra pochi anni ritorneranno paludi come

prima... ».

(E necessario che secoli passino da allora prima che le famose
« Terre delle Chiani » siano bonificate come pare che stia per avve-
rarsi. oggi). ©

13
sn

a

crea aza

BRITA

Sr >

-

n nto

eo cn razioni
e ua dns
e o onn
MAS
tomi» Miani a me De Pe vago =

Hi}

MI
An i j 4
[| ui d
DEDE
EUM
E T / di
(LATI

A LT
pepe

T

EUN
Z

— —

TA NUN
LA

SÉ.
ac

\ RS MM

PEN RE
re pus

iii iii
de -. uM
TI ORI int

SSN

or E CI E T - " —
A. e. -

———
E

M ct ai € —

F arte ea amet:

194 NOTE E DOCUMENTI

\

Queste ripetute considerazioni non ebbero fortuna e le terre di

‘cui trattasi furono vendute al Comune di Orvieto e agli altri, tanto

è vero che lo Scalza fece frequenti sopraluoghi nelle varie zone; si
rileva questo da replicati documenti delle Riformanze:

Luglio 1587 Put. ‘Rif. CCII, C. 159.

Sotto li trenta decto parti M. Hippolito Scalza per Monteleone. Tornò li
XI de Agosto per ordine di M. Rufino Rufini con licentia del Sig. Mag-
strato.
Parti di nuovo decto M. Hippolito Scalza li 13 detto.
Ritornó li 22 de detto.

PA

Sembra anche che nascessero vertenze sulla estensione dei terreni
toccati ai singoli Comuni e lo Scalza fu tra i misuratori.

5 ottobre 1587 | | Rit CCIT, 6: 215.

Consiglio generale.

che a nome pubblico si preghi il molto illustre et Rev.mo Monsignore
Commissario si voglia contentare di eleggere dui o tre misuratori per misu-
rare tutte le terre che ha venduto la Sede Apostolica alle Comunità ad ogni
buon fine, et effetto ce ne voglia far gratia, eleggersi fra questi misuratori
M. Hippolito Scalza et M. Bastiano Pasquini.

Victum'1. alba.

E se la S. Signoria non li volesse eleggere ex offitio conceda si venga ad
una nuova misura nella quale questa città possa far interv enire un misuratore
da eleggersi da essi «uno per parte di Monteleone, uno per parte, di Ficulle,
uno per Castel della Pieve; tutto intendendosi senza pregiudizio delle ra-

‘gioni di O. e del Contratto.

L]

16 ottobre 1587. Rif. CCII, C.. 225.

Magnificus Dominus Sertorius sensatur, et Dominus ipse Scalza
discesserunt versus Montem Leonem ad interveniendum mensurationi et
affictioni terminorum immittendorum in terris emplis à R. C. A. inter illu-
strem nostram communitatem Urbiveteris et communitatem Castri Plebis
et ad interveniendum reparationi fossati Bagnaiole et Tagliate et Ser Ba-

stianus Pasquinus cum istis etiam est discessurus de Castro Ficullis ad id
effectum etc.
NOTE E DOCUMENTI 195

1587 ottobre 28. il Rif. ‘GGI: 041237.

Consiglio generale

Super supplicatione iuo terrarum Pody Vallis dixit (Flaminio
Casteri).

Che si intenda data autorità a M. Hippolito Scalza et M. Alesandro Pe-
rini di possere allocare le dette terre delle Chiani in quel meglior modo po-
tranno per un'anno....

Victum 7 Albis.

Che Maestro Ippolito Scalza si trasformasse anche in idraulico
lo dimostrano i seguenti documenti:

1587 agosto 24. ENSE Rif. CCII, C. 179-180

Consiglio generale
Super litteris illustrissimi D. Alexandri Gloriery Commissarj Aposto-
lici etc.
Che l'illustre Sig. Magistrato debbia scrivere a nome pubblicho à Mon-
signore R.mo Glorierio... che oltra tanti favori e benefitj che fa alla gior-

nata à questa nostra Comunità nella reparatione delle Terre Chiani, voglia .

anco far reparare il fosso di Bagnaiola et-la Tagliata, poiché per relatione
di persone periti, et Eccellenti se mostra che detta reparatione non harebbe
il suo compimento quando detti luoghi si tralasciassero senza repararsi,im-
però resti servita a voler farci mettere le mani secondo l'oppinioni, et P
di M. Hippolito, et l'altro Architetto della Camera che s si ritrovó con lui..

In margine « Eseguito ».

1587 ottobre 5. | Rif. CCII, C. 214.
È x

Consiglio generale.
Si decreta di proporre in questo Consiglio due cittadini « intendenti »,

, et pratichi per assistere gli operai « che si comandaranno in nome della Reve-

renda Camera per Bagnaiuola, et Tagliata » ed i medesimi procurino si fac-
cia opera » che torni a benefitio di questo pubblico lor salario uno scudo il
giorno a tutte loro spese: « et il medesimo si paghi a M. Hippolito Scalza alla
medesima ragione ».

x

1587 settembre 30 Rif. CCII C. 207.

Consiglio generale

Super litteris Domini Hipoliti Scalptie, dixit (Ascanio Pollidori).
Che l'illustre Signor Magistrato scriva una lettera a M. Hipolito Scalza

Architetto, che parendole necessario, et utile che se abbassi il fondo delle
"-—
UN M nà
:
Se,


a

FR e e ET meat P SAL I PE IRURE Eur sie Meine Qr. n Aia die
aj d 2 a - E € x
-— P n

pri
iran

Rn
>


A

"TL

REZZA Matt een
dust m Pt s iti ra] PAG Re er re Nom <= è
e O ne KLANEEUEEIRENI T 9! EPIIT E TT TE

© 196 NOTE E DOCUMENTI

Chiani rincontro il fosso delle Sorre, et al’ molino di Ficulle, ne facci instanza
a nome di questa Magnifica Comunità al molto aute) et R.vmo Monsi-
gnore Glorierio sopra ció Commissario.

Victum, 20, albis,

1587 novembre 14. Rif. CCVIII, C. 127-127.
In dei etc.
In Magnifico Numero litium etc.

Si delibera di scrivere all'agente sempre per avere la inibizione contro

gli affittuari della Pieve:
..et per ogni rispetto si faccia fare da M. Hippolito Architetto una
fede dell'opinione sua circa li danni che detti affittuari intendono fare per

- detta disseccatione et acciò più capiscono questo negotio si debba mandare

la copia della Pianta disegnata da M. Hippolito.
pub: 11 nulla in contrarium.

1588 agosto 2. Rif. CCHI, C. 158%.

Consiglio generale

Super litteris D. Nicolai Bertij

Che l'illustre Signor Magistrato mandi M. Hippolito Scalza, o Santarone
o altri periti, a vedere quello che, bisogna fare la su alle Chiani per servitio
delle Terre et delle Case, et veda quanto prima fare eseguire quanto sirà neces-
sario.

Victum 14 lup.

Già fin da molti anni prima Ippolito Scalza aveva rivcevuto in-
carichi di fiducia nelle vertenze con le vicine Comunità.

Ce ne parla la nota seguente riferentesi ad un certo dissenso fra
Orvieto e Todi.

1572 marzo 23. - Rif. CXCI, c. 169-170.

Consiglio generale

Super eisdem litteris (agentis) dixit, che dovendo andare sopra il luo-
go della differenza della Comunità nostra, et quella di Todi M. Hippolito
Scalza ó qualche altro Cittadino capace di questa causa, che il Signor Ma-
gistrato habbia autorità di provvederli cavalcature, et al sudetto M.
Hippolito qualche honesta recognitione, victum tribus lupinis non obstan-
tibus etc.

EEA TIRA AMANI Sine LTT TT D Ll

pes
————RÓETEEETEERR

TA TENES

NOTE E DOCUMENTI 197

Le altre attività minori dello Scalza e le cariche pubbliche risul-
tano evidenti dall'esame dei seguenti documenti inediti estratti dalle
Riformanze Comunali: ,

1572 maggio 7. Rif. CXCI, c. 199° - 200.

N.? deputato ad assistere il Governatore e provvedere le cose necessarie
in tempo della sede vacante.

Magnificus et Eccellens I. V.D. Dominus sensatus de Sensatis unus ex
dicto numero dixit, et consulit.

Che l'illustre Signor Magistrato faccia chiamare Mastro Hippolito con
qualche altro muratore et vedere li luoghi necessari da restaurarsi, et asset-
tarsi, et che vi si discorra come per hora con minore spesa si potesse asset-
tare et havuto l'integro si proponga nel Consiglio Generale dove si faccia
provisione di denari et si pigli quelló espediente che piü piacerà. Victum
per 23. Fabbas affirmativas, nulla lupina obstant etc..

1572 agosto 20. j | Rif. CXCI, c. 260*,

Estrazione del Magistrato.

. Et incontinenti aperta pixide spicciolatorum tertie aetatis fuit extratus.

HiPPoL(rTUBS ScarzaA Conservatore.

1572 agosto 29. ; Rif. CXCI, 263* - 64.

L'Uditore del Governatore, il Gonfaloniere ed i Conservatori; ac Do-
minus Hieronimus Palatius Gonfalonierius, Joannes Stefanus Gavazenus
et Hipolitus Scalza conservatores noviter extracti pro futuro bimestri
« procedono alla elezione di certi cittadini, i quali devono far la descrizione
delle persone miserabili da sgravarsi o in tutto o in parte da una imposta.

Eleggono anche il n. della Annona.

1572 settembre 1.— i Rif. CXCI c. 284* .

Die prima 7bris 1572.

D. Jeronimus Palatius Confalonerius

D. Jo. Stefanus Gavazenus,

D. Hipolitus Scalza et Di |

D. Ioseph Battaglinus,

Constituti personaliter in Ecclesia Cattedrali, et in Cappella nova coram
Ill. D. Sebastiano rutilono 'Gubérnatore etc. juraverunt eorum OTHCIER in
forma etc. tactis etc. /

| conservatores pacis
pror
futuro. bimestri.

- —X
198 NOTE E DOCUMENTI

1572 ottobre 4. |... | Rif. CXCI, c. 273* - 274. i

Gonfaloniere e conservatore «videlicet Dominus Hieronimus Palatius
Vexillifer Justitie, D. Jo. Stefanus Gavazenus, D. Hipolitus Scalza, et D.
Joseph Battaglinus Conservatores pacis confessi fuerunt se solutos « dell’olio D
dovuto da Cecco « de Monteluce » al Magistrato fino ad oggi « vigore liceri-
tiae eidem concesse vendendi per Civitatem quotidie oleum Sub die 7 8bris
1569 pue in libro instrumentorum, tempore ser Petri Philoteri ad Car.
«153»... etc.

1587 settembre 30 ; Rif. .CCIIL. c..:205.

: Consiglio generale
\ . Super litteris Domini Hipoliti Scalptiae, .
Che l'illustre Signor Magistrato faccia istanza appresso il detto molto

i i illustre, et R.mo Monsignore Commissario Apostolico che si contenti di
dU i provvedere da vivere à M. Hipolito Scalza, facendo il servizio perla Reverenda

\. Camera Apostolica et mentre l’illustre Signor Magistrato per modo di pro-
. visione lo proveda del vivere acciò esso non pata, e che partendosi il detto
M. Hipolito l’illustre Signor Magistrato facci quella provisione che gli parrà,
THE perché l'absentia sua non sarà di nocumento aleuno, ancorché bisognasse
B ^f js spendere qual'che cosa.
a . i E LE Victum 6 albis.

-

| 1587 ottobre 28. E Hif CCIL c. 237,

_
e e nin en Sd

Consiglio generale
‘ Super litteris Domini Hipoliti Scalptiae.

Si decreta facciasi fare il libro dell'imposizione per quello che tocca al 3
corpo della città « come ordinossi nell'altro Consiglio per eseguire l'ordine È
del Commissario; poi si bandisca l’esazione e si stabilisca a chi farà miglior È
condizione per la città: l'esazione serva solo a quanto deve il Corpo della
Città per l'opere comandate et per la spesa facta per causa et occasione della
reparatione et delle Terre delle Chiani, et particularmente per la Bp esa fatta i
nella persona di M. Hipolito Scalza. b:
: Et l’illustre Signor Magistrato sia appresso il "prefato molto illustre et
| Reverendissimo Signor Commissario, et far che se dia ordine ad eseguire
| | . quanto scrive M. Hipolito, et si facci pons la parte della Comunità quello
| che deve.

Victum 6 albis.

ur RC M T a nni "===

event NOTE E DOCUMENTI 199
1587 decembre 1. ; Rif. CCII, c. 258.

Consiglio generale

Super proposita terrarum clanarum dixit (Gerolamo Magoni) ete.

Che la proposta sopra delle Terre delle Chiani si proponga al numero
delle liti nel quale intervenghi anco M. Hipolito Scalza et discussa detta pro-
posta naturalmente detto numero facci quella resolutione che più gli pare
utile per questo pubblico la quale poi si legghi nel primo Consiglio che si
farà per lo stabilimento di detta resolutione.

Victum 3 albis.

1587 decembre 10 : Ruf. CCITE.c. 260.

Consiglio generale

Super relatione D. Hipoliti Scalptiae che stante la relatione de M. Hi-

polito Scalza si intenda dichiarato da questo prestantissimo Consiglio ‘che.

vuole, et intende di contribuire alla spesa che si farà dal Poggio del Cava-
liere in su conforme alli Capitoli 31, 33 et 37, stabilito tra essa comunità di
Castel della Pieve et della R. Camera Apostolica intendendo cosi di godere
il benefitio di detto capitolo in tutto, et per tutto. Et per tutto quello che
si farà torna anco a benefitio di Monte Leone, et Ficulle, per la rata loro,
si faccia intendere tutto questo all'una, et l'altra Comunità, acció che anco

essi facciano la medesima dichiarazione et cosi poi si faccia intendere alla
‘Comunità di Castel della Pieve, et notificare questa resolutione, interpel-

landola, a nome di questo pubblico che voglia per la parte sua adempiere in
tutto, et per tutto quanto si contiene in detti capitoli, et massime quanto al
capitolo 31, 33 et 37 havendo questa Comunità adempito per la parte sua
quanto doveva.

Victum 6 albis.

1587 decembre 20. | Rif. CCII, e. 275:

Consiglio generale (i voti).

Revisis, per Magnificum Dominum Hipolitum Scalptiam et Heronimun

Blanchellum revisores etc.

1588 maggio 29 Rif. GGIII, o? 127.

Ni der XLI.

Petitio Domini Hipoliti Scalptiae, et Sebastiani Pasquini petentium
sibi renovari bullectam alias obtentam pro eorum mercede pro tempore quo
fuerunt in Podio Vallis. .

Victum 3 lup.
ES a
N Ure ate in ten; T Io wa-— ara
is sia —T— AC n e
e Pesci DI me 4 E - 3 x =
a È * TEE E ua .
MEA MERE md E * e è
Sar eta Sar, cre - = v -— -— UA
a re arce 1 Dmm rer Mao or e cd 3 ai n 2 ce

fü am E erm cien Prio a I a Nor icit n Raid

200 ^ NOTE E DOCUMENTI |
1588 settembre 22. : Rif. CCII, c. 186' - 187.

Consiglio Generale
Super litteris Priorum Castri Plebis.

Che s'intenda data piena autorità a quattro o sei Signori Cittadini 25
di discorrere, et effettuare la reparatione delle Chiani, secondo l'obbligo della
Capitulatione... et occorrendo di andare su i luoghi tanto alli sopradetti
quanto a M. Hipolito nostro Architetto l'illustre Sig. Magistrato le debbia
provedere di cavalli et altre cose necessarie, et poi che detti da deputarsi,
havaranno visto, et considerato i luoghi, et le spese si doveranno andare
per riparare, et ritornando debbiano Congregarsi fra essi per la resolutione

di questa riparatione. .

Victum.

1594 agosto 20 Rif. CCVI, c. 121-121* .

Consiglio generale deliberante si procuri laffitto di Poggio Valle; « et in
tanto si facci fare una pianta da M. Hipolito con mostrare l'impedimenti
che vi sono si dell'acqua come d'ogni altra cosa et quella pianta poi l'illustre
Signor Magistrato debbia mandare a Nostro Signore et altri padroni di Ro-
ma acció sappiano che hoggi in detto luogo é quasi impossibile ridarlo a vol-
tiva senza peró una grandissima spesa...

(approvato, nessuno contrario).

I

1597 novembre di o nme Rif. CCVIIIL, c. 123.

Il Consiglio generale delibera di procurare una inibizione contro quei
della Pieve « desideranti diseccare il fiume della Triesa, et quello redurlo a
danno nostro particolare et anco di Roma come saria quando acqua si diver-

. tisse »... et intanto vedere di mandare anco M. Hipolito sul luogo accio per

altro spaccio li si possa dare (all’agente del C. in Roma) più particolare rag-
guaglio bisognando.

Dalle lettere e dai documenti delle Riformanze Comunali esami-
nati ora balza, sufficientemente (se non completamente), delineata la
figura dello Scalza anche per quello che riguarda le sue attività minori:
agrimensore, idraulico, accordatore di organi, ecc.

Si ritiene inoltre che egli abbia esplicato la sua attività anche
come pittore perché si pensa che, data la sua versatilità, non possa
non aver lasciato saggi anche in questo campo.
chia, — RR CORONE PIOTTA 2m PR ESRI ttt

NOTE E DOCUMENTI 201

Nel Museo dell’Opera del Duomo si conserva, tra i vari grafici,
un progetto acquarellato monocolore riguardante la decorazione per
l'abside del Duomo che la tradizione attribuisce allo Scalza.

Di lui sappiamo che preparò diversi cartoni per decorazioni mu-
sive il che, sebbene sia da classificare nella serie delle arti minori, può
essere considerata come una notevole manifestazione pittorica.

ANDREINA MARIA BIZZARRI
Me È Ù mn
wisis EU. Metam, There s cage >

E
T nci x

SALVIO SAVINI, PITTORE DEL SECOLO XVI

Il nome di Salvio Savini fu sconosciuto agli storici dell'arte; e se si
eccettua il Guardabassi nel suo Indice-Guida nessuno degli scrittori
umbri parló di lui. Fu caso che osservando un dipinto nella Chiesa di
S. Agostino di Città della Pieve si leggesse questa iscrizione:

SALVIUS SAVINI CIVIS FLORENTINUS PINGEBAT ANNO 1583

‘Fu caso pure che osservando un dipinto a fresco in una sala del
Palazzo Della Corgna (oggi Mum si vedesse un putto intento a
scrivere in una cartella: i

AD. MDLXXX SALVIUS SAVINI PINGEBAT

Queste pitture prima d'allora erano state attribuite agli Zuccari
perché ne seguono la maniera, e non si pensò mai che potessero essere
attribuite ad un loro fedele imitatore o discepolo. Le bellissime pitture
di tutto il Palazzo che ha il vanto di essere stato costruito dall’ Alessi,
sono di un pregio eccezionale e mostrano la mano di un artefice com-
piuto e non degli ultimi in quello scorcio di secolo. Ricercando nei
Protocolli dell' Archivio Notarile e in altri Archivi del paese, più volte
m'incontrai in questo nome; per la qual cosa ora si pubblicano per la
prima volta i documenti rinvenuti, dai quali apparisce che Salvio
Savini oriundo fiorentino, venne a Castel della Pieve circa l'anno
1580 quando vi fu chiamato a dipingere il Palazzo Della Corgna, e qui
rimase accettando commissioni di lavoro dai paesi vicini; vi prese
stabile dimora sposando la figlia di Giulio Teobaldi, di nome Mas-
sima, dalla quale ebbe due figlie, Benedetta e Vanna, battezzate in
questa Chiesa Collegiata. Qui acquistò case e possedette terreni.

Sono di lui, per quanto ci è dato conoscere, alcune pitture nel
Santuario di Mongiovino, pitture e decorazioni nel Palazzo del Co-
mune di Castiglion del Lago, nel Palazzo del Card. Fulvio Della Cor-

E pee È

APT

NOTE E DOCUMENTI 203

gna al Colle Umberto, nella chiesa dell' Uliveto in Passignano del Lago,
oltre quelle di cui si é fatto cenno nel Palazzo Della Corgna in Città del-
la Pieve, nella Cattedrale e in S. Agostino.

seguendo la traccia di questi lavori autentici non sarà difficile
riscontrare il suo pennello in tanti altri lavori sparsi nell Umbria
di cui si ignora l'Autore, in modo da poter meglio delineare la sua
figura artistica e ricostruirne la vita.

A. Firenze la famiglia Savini é di origine antichissima, e questo
casato si trova perfino nei documenti del:sec. xii come nei secoli po-
steriori e fino a noi (cfr. Arch. di Stato, Ancisa, vol. 355 HH, I, pag. 212;
vol. 361, NN, pag. 307; vol. 359, LL, pag. 265t; e vol. 359, LL pa-
gine 378).

Altre notizie di lui si possono leggere nel mio Volume: Nella Patria
del Perugino, pagg. 118 e 275.

| Mons. FroRENZO CANUTI

DOCUMENTI

1578, Aprile, 17.
Un certo Giulio Savini battezza una se col nome di Olimpia. Sarà
un suo fratello ?

[Città della Pieve, Arch. Capit., Libro Battesimi].

1580.

Dipinge nel Palazzo Della Corgna (ora Mazzuoli) e vi lascia il nome e
la data:

A. D. MDLXXX SALVIUS SAVINI PINGEBAT.

1583, Ottobre, 24. ; :
. Compra un terreno: « Angelus q. Stephani Smaghi vendidit Salvio quon-

dam Benedicti Savini de Florentia, commoranti ad praesens. in d. Terra,

ibidem praesenti, unum petium terrae vineatum, situm in Comitatu dictae
Terrae in Contrada Cavacchioncelli ».
[ Città della Pieve — Arch. Not., Rog. Lazaro Lazari, f. 80].

1583, Ottobre, 24.

Salvio di Benedetto Savini si obbliga verso Pietro Paolo di Lodovico
Ricci. »
[Città della Pieve — Rog. Lazaro Lazari, f. 22].

1584
Lavora nella Chiesa di S. Agostino in Città della Pieve una tavola, tut-
tora esistente, e vi pone la scritta:

‘«SALVIUS SAVINI. CIVIS FLORENTINUS PINGEBAT — ANNO MDLXXXIII».
===.=="

oce nr Si =
EE emi

© PLAIN

ricca n nono ria
_——=a—r_rrci io
vi — m ^ È

m

mM ESL CAMS HC ut or

204 NOTE E DOCUMENTI

. 1584, Febbraio, 25.
« Messer Salvio di Benedetto Savini, Pittore» battezza nella Chiesa Colle- .

giata una bambina, nata dalla moglie Marianna (?) di. Giulio Teobaldi,
e le pone il nome di Benedetta.
[Città della Pieve. — Arch. Capit., Libro dei Battesimi].

1585, Marzo, 20.
Battezza una figlia nata da Massima di Giulio Teobaldi sua consorte e
le pone il nome di Vanna. Nell'uno e nell’altro documento è detto Messer
Salvo Savini di Fiorenza.
[Città della Pieve — Arch. Capit.; Libro dei Battezzati].

1585, Decembre, 30.
Compra una casa. I Frati di S. Francesco vendoiio a « Salvio q. aa
dicti Savini de Florentia continuo habitatore Castri Plebis unam domum... ».
[Città della Pieve — Arch. Not, Rog. Lazaro Lazari, f. 418].

1586, Maggio 24.

I Frati di S. Francesco fanno quietanza a Salvio Savini del prezzo della
casa; la quale rivende subito a nome della moglie « Mazirmae filiae q. Juli
Ser Francisci de Teobaldis.

[Città della Pieve — Arc. Not., Rog. Lazaro, Lazari, f. 87].

1586.
Compra da Cesare di Nardo Maiolini un pezzo di terra in toria da
«il Cavacchioncello », di cui paga il residuo alla data del 22 Gennaio 1592.

[Città della Pieve — Arch. Not., Rog. Giovanni di Valente, Prot. 1588-1592,:c. 224].

1586, Giugno, 1. i

Compra un terreno in contrada Cavacchione. « Domina Dominica q.
Coris (?) et uxor ad praesens Boni Fatii Dialetti... vendidit... magistro
Salvio q. Benedicti Antoni de Savinis de Civitate Florentiae... unum
petium terrae vineatum... in Contrata Cavacchionis.

[Città della Pieve — Arch. Not., Rog. Melosi Feliciano — Vol. V. f. 30 t].

1587, Gennaio, 2.
Paga il saldo del terreno in Contrada Cavacchione.
Da. Dominica (ut supra) riceve il saldo «a Salvio q. Benedicti de Sa-
vinis de Civitate Florentiae et habitatore continuo terrae Castri Plebis ».
[Città della Pieve — Arch. Not,, Rog. Melosi Feliciano, Vol. V, f. 43t].

1589, Decembre, 14.

« D."* Salvius Savinus, pictor, praesentavit in D.° Archivio quamdam
apocham affictus unius possessionis a Petro Paulo Ludovici Ricci pro annis
tribus, A p duobus, condita manu tertiae personae sub, die 13
d.i Mensis...

[Città della Pieve — Arch. Not., Repertorio di Giov. Valenti, c. 226].

1590, Gennaio, 18.
Dichiarazione di credito: « Caesar Jacobi de Ravigliano et pro eo D."
Salvius Savini, pietor, praesentavit in d.0 Archivio quoddam chirografum

TUYO E ITE ETE.
NOTE E DOCUMENTI 205

,

factum per manus tertiae personae, in quo apparet esse creditorem, et sol-
visse pretium quindecim stariorum grani Eusebio q. Lucae Cecchini Caf-
fari conditum sub die 18 Januarii 1590 ».

[Città della Pieve — Rog. Valenti, Indice Sommario, f. 222].

1590, Aprile, 12.

Compra dai PP. Serviti: « Fratres S.** M.** Servorum vendiderunt Mag.
Salvio Savini de Civitate Florentiae, ad praesens degenti in dicta terra unum
petium terrae in Contrada « Via del Monte ».

[Città della Pieve — Arch. Not., Rog. Giov. di Valente Prot. 1588- 1592, c. 69].

1590, Aprile, 13.
Prende in affitto un terreno: « Instrumentum locationis factae per

fratres Eccl. Sanctae M.** Servorum M.o Savio. Savino de pretio terrae

vineato cum domuncula in ea existenti... ».
[Città della Pieve — Arch. Not., Rog. Giov. di Valente, f. 69].

1590, Maggio, 12.

Atto di stima: « Instrum. exstim. factae inter fratres S?e, M.** Servorum
et M.° Salvio Savino de quodam pretio terrae vineato cum domo ascendenti
ad summam scutorum 30., rog. sub. die XII Maj, 1590 ».

(Città della Pieve — Arch. Not., Rog. Giov. di Valente, f. 108 — Repertorium, p. 27.]

1590,. Maggio, 14.
Compra un terreno: «Cunctis: pateat qualiter Honofrius quondam
Augustini Honofri de terra Castri Plebis... vendidit... Magistro Salvio

Savino florentino, ad praesens degens in dicta Terra,... unum petium
terrae... in Contrada S.?* M.* Angelorum sive il Cavacchione... ».
- (Città della Pieve — Arch. Not. Rog. Giov. di Valente, Vol. V, f. 78]. -

1590, Maggio 15.

Acquista terreni; « Honofrius q. Augustini Honofri vendidit Mag.,
Salvio Savino, florentino, ad praesens degenti in dicta terra Castri Plebis,
praesenti, unum petium terrae olivatum et laboratum in Contrada S.*e Ma-
riae Angelorum, sive Cavacchione, pro praetio 27 floren. cum dimidio ».

[Città della Pieve — Arch. Not., Rog. Giov.di Valente, Prot. 1588-1592, c. 78, e Repert
c. 27 t].

1590, Maggio, 19.

Prende in affitto alcune piante di olivo: « Mag. Salvius Savini pictor prae-
sent.,, in d.° Archivio quandam apocam locationis in affictu Honofrio q.
Augustini Honofri de quibusdam plantis olivarum pro mezzina una cum
dimidio pro annis tribus, conditam anno 1590, 19 Mai».

[Città della Pieve — Arch. Not., Rog. Valenti, Ind. Sommario, f. 237].

1590, Maggio, 25.
Dipinge in Mongiovino: « A Maestro salvi Savini, fiorentino, hauto il 25
di Maggio scudi 4 di pauli, quali sono a buon conto della pittura che ha da
fare nelle nicchie della facciata dell’organo nella Chiesa della Madonna ».
[Mongiovino — Arch. della Chiesa, Giorn. e Reg. Debitori e Creditori 1587, 1591, c. 141].

EM oe M, ome c T Yev di » PL E SI ERU DUNS — —— TU

ort oM nomm

ti
AE
Ì
i
«bh
à
D
i
H
[|
È

SALI Mri mni

E tuit; ste SC e
TR nno fà

RSV si ET $e
I SE o I mi

== N

COLANT T

T fü
enti
EPIS E

mM

206, | NOTE E DOCUMENTI ©

1590, Maggio. i A
Stima di una casa: I Frati di S. Francesco nominano 3 muratori a
stimare « unam domum sitam in Terz. Burgi Intus venditam M.° Salvio q.
Benedicti Antonii Savini de Florentia prox. elapsis mensibus ».
[Città della Pieve —.Arch. Not., Lazaro Lazari, f. 133].

1590, Giugno, 3. :

Decreto del Provinciale dei Conventuali che acconsente alla vendita di
una casa: « Aliud instrumentum Decreti R. Patris Provincialis venditionis
M.° Salvio Savino unius Domus ».

" [Città della Pieve — Arch. Not., Rog. G. Valenti, f. 81].

1590, Giugno, 4. :

Pagamento: « Cunctis pateat qualiter RR. PP. fecerunt finem Salvio

Savino, pictori florentino, degenti in dicta terra, de scutis triginta pro resi-
duo pretii unius domus... prout de instrumento emptionis constare dixe-
runt per publicum instrumentum manu Ser Lazari de Lazaris... ».

[Città della Pieve — Arch. Not., Rog. Giov. di Valente, Vol. V, f. 81].

1590, Giugno, 30.

Riscuote per le pitture di Mongiovino: « A Maestro Salvio Savini pit-

tore fiorentino, habitante a Castel de la Pieve, hauto il di ultimo di Giugno
sc. 10 di paoli, quali sono per resto del suo havere della pittura fatta nella
Niechia della facciata dell’Organo ».

[Mongiovino — Arch. del Santuario, Debitori e Creditori, 1587-91, c. 141].

1599; -Euslio; 7... j ;

Riscuote per le pitture di Mongiovino: « A M.° Salvio Savini, pittore,
hauto il di 7 Luglio, baj. 70, quali sono per i colori per dipingere le nicch'e
della Natività ».

[Mongiovino — Arch. del Santuario, Debitori e Creditori, 1587-91, c. 141].

1590, Novembre, 3. ;

? Dipinge a Mongiovino: « A Maestro Salvio Savini, pittore Fiorentino,

habitante a Cast. d. Pieve, hauto il.di 3 di 9bre sc. 6, quali sono per la sua
manifattura della pittura fatta alla Madonna del Poggio ». ;

[Mongiovino — Arch. Santuario, Debitori e Creditori 1587-91, c. 141].

1591, Gennaio, 25.

Compra un terreno : « Instrumentum emptionis factae per Mag. Sal-
vium Salvinum a Nicholao q. Mei Vulpis de petio terrae pro praetio flore-
norum 32 ».

[Città della Pieve — Arch. Not., Rog. Feliciano Melosi].

1591, Luglio, 12.

Paga un debito a M.9 Circignani: « Cum sit quod Mag. Salvius Savinus
de Civitate Florentiae et modo habitator continuus in terra Castri Plebis te-
neretur M.° Nicolao Circignano, in summa et quantitate scutorum 20...
causa et occasione operis picturae per d. M. Nicholaum dati in cappella Ro-

RI ES TNR

NOTE E DOCUMENTI 207

sari in Ecc.® S. Gervasi et Protasii,... Mag. Johannes Pratelli, Procurator
Mag. Nicholai... fecit finem, quietationem... etc.».
[Città della Pieve — Arch. Notar., Rog. Giov. di Valente, Vol. 1588-92, c. 170].

1592, Gennaio, 22.
Paga il prezzo di un terreno: « Instrum. refutationis factae per Caesarem
Nardi» di un terreno da lui acquistato in Contrada Cavacchioncello.
[Città della Pieve — Arch. Not., Rog. Giov. di Valente, Rog. 224].

1592, Aprile, 2.

«Mag. Salvius Savini, de Florentia continuus habitator T. Castri Ple-
bis » compra un terreno in Contrada Domus albae, per 30 scudi.

[Città della Pieve — Arch. Not., Rog. Lazaro Lazari Liber Receptorum e fogli sparsi].

1592, Aprile, 10.
«Bartolomeus q. Vagnis Vulpis vendidit Mag. Salvio Savino, prae-
senti, unum petiolum’terrae, vineatum, in Contrada Cavacchioncello iuxta

alia bona praedicti Mag. Salvi ».

[Città della Pieve — Arch. Not., Rog. Giov. di Valente, Vol VI, C. 18 e Lazaro La-
zari].

1592, Agosto, 31. La

Compra un terreno: « ... Cunctis pateat qualiter Martinus q. Thomae
Tessitoris de Terra Castri Plebis... vendidit Mag. Salvio Savino florentino
degenti in dicta Terra unum petium terrae vineatum in Contrada la Casa
Bianca... ». È

[Città della Pieve — Arch, Pub., Rog. Giovanni di Valente, Vol. 6, f. 49].

1592, Settembre, 28. i
Paga il residuo del prezzo di un campo: « Cunctis pateat qualiter Mar-
tinus q. Masi Tessitoris fecit finem M.° Salvio Savino degenti in dicta Terra,
praesenti, florenos quadraginta quos Mag. Salvius eidem Martino dare te-
nebatur occasione residui praetii unius terrae, etc. ». :
[Città della Pieve — Arch. Not. Rog. Giovanni di Valente, Vol. 6°, f. 56 t].

1592, Decembre, 15.

« M.9 Salvio Savini, abitante al Borgo, denuncia la sua famiglia, com-
posta di quattro persone ».

[Città della Pieve — Arch. Com., Busta n. 288, Stato d'Anime].

1592, Decembre, 30.

Giov. M.? Pratelli vende a Salvio Savini un terreno in Contrada Su-
periore. : |
[Città della Pieve — Arch. Not., Rog. Mario Bandini, c. 73].

1593, Maggio, 10.
« Cunctis pateat qualiter D."5 Joseph q. Antonii de Orlandis vendidit
Mag. Salvio Savino florentino degenti in dicta terra unum petium terrae ».
[Città della Pieve — Rog. Giov. di Valente, Vol. 69, c. 117].

e
cu

— M

zx

serie
era

SAEI

x2

NÉ iate

n LR ee

208 NOTE E DOCUMENTI

1593, Giugno, 10.

Fa una permuta: «D"* Salvius q. Benedicti Savini de Florentia, ad -

praesens continuus habitator Terrae Castri Plebis, permutavit Innocentio
q. Dominici Rosse unum petium terrae in Contrada Cavacchioncelli, et
emit aliud petium terrae in Contrada Domus albae ».

[Città della Pieve — Arch. Not., Rog. Ludovico. Giudici, Vol. IV, c. 2].

1593, Giugno, 27.

Compra un terreno in Contrada Superiore da Tiburzio di Giulio Meca-
relli.

[Città della Pieve — Arch. Not., Rog. Mario Bandini, c. 64].

1593, Luglio, 17.

Vende un terreno: « Magister Salvius Savinus pictor florentinus, con-
tinuus habitator dictae terrae Castri Plebis, vendidit unum petium terrae in
Contrada Casa Bianca M^ Aligio Salamonica Priori Conventus S! Augu-
stini ».

[Città della Pieve — Protocollo senza frontespizio rilegato in bianco, dal 1589311594. f. 318].

1593, Luglio, 20.

« Instrum. census empti per Fratres Si Augustini a Mag. Salvio Savini
praetio sc. 60 ».

[Città della Pieve — Arch. Not., Rog. Mario Bandini.

1593, Novembre, 19.
Ratifica di vendita: (Vedi 1592, 30, dicembre).
(Città della Pieve — Rog. Mario Bandini, c. 73].

1593, Decembre, 1.

Compra un terreno: « D. Salvius Savinus, pictor florentinus, continuus
habitator ad praesens in terra Castri Plebis, cum emerit a Iosefo q. Antonii
Masii Orlandi» vende «unum petium terrae Angelo Martini Thomae ».

[Città della Pieve — Arch. Not., Rog. Lazaro Lazari, f. 24].

1593, Decembre, 20. ;

. Compra un terreno: « Camillus, q. M! Ludovici vendidit M.° Salvio
Savini pictori florentino, continuo habitatori Terrae Castri Plebis, unum pe-
tium terrae ».

[Città della Pieve — Arch. Not., Rog. Lazaro Lazari, f. 36t].

1593, Decembre, 23.

«Instrum. permutationis factae par Mutium Theobaldum cum altera
domo D. Salvi Savini ».

[Città della Pieve — Rog. Lazaro Lazari].

1593, Decembre, 30

Permuta: « Mutius q. Julii de Teobaldis permutavit Salvio Savini unum
petium terrae...» i

[Città della Pieve — Arch. Not., Rog. Lazaro Lazari, f. 44].


NOTE E DOCUMENTI 209

1595.

Dipinge nella Chiesa della Madonna dell'Uliveto in Passignano del Lago
e vi pone la scritta:

SALVI SAVINI. PIX 1595

1595, Maggio, 31.

Donna Felicita Barlettelli vende a Salvio Savini un pezzetto di terra
in Contrada Superiore.

[Città della Pieve — Rog. Mario Bandini, c. 12].

1595, Decembre, 1.

La moglie vende un censo: « Simonetto di Francesco Moscatelli com-
pra da Maxima di Giulio Theobaldi « uxor ad praesens Salvii Savini pictoris
florentini » un censo di scudi 7 15.

[Città della Pieve — Arch. Not., Hog. Lazaro, Lazari, f. 139 e 342].

1596, Maggio, 5.
Viene data mallevadoria a suo favore.
[Città della Pieve — Rog. Giulio Bacci, C. 53].

1597, Aprile 30. j Hu
Acquista un pezzo di terra: « Philippus q. Jacobi Peccie vendidit:Dom.
Salvio Savino, pictori florentino, continuo habitatore in terra Castri Ple-
- bis unum petiolum terrae in Contrada Cassari pro praetio scutorum duorum
et bol. 25 ».
[Città della Pieve — Arch. Not., Rog. Vagni Girolamo, c. 19t].

1597, Maggio 17.
.« Instrumentum obligationis factae per Hieronimum Moscatellum M°
Salvio Savino de scutis centum ».

" [Città della Pieve — Arch. Not., Rog. Lazaro Lazari].

1597, Maggio 20.
Garanzia a favore di S. Savini: « Instrumentum fidei factae ad favo- |
rem Mag. Salvii Savini pictoris florentini, rog. die 5* Mensis Maj 1597 ». È

[Città della Pieve — Arch. Not., Rog. Giulio di Domenico di Bartolomeo Bacci, nel Reper-
torio di Giov. Valenti, f. 30 t].

1601, Giugno, 5. i »
Acquista dei beni.
[Città della Pieve — Arch. Not., Rog. Giov. di Angelo Gianni, c. 221].

1 1602, Settembre, 18.

3 Fa testamento: «Dominus Salvius Benedicti Savini de Florentia,
pictor, continuus habitator Civitatis Castri Plebis, sanus per Dei gratiam.
mente, sensu, visu et intellectu ac in bona et recta corporis valetudine,
timens praemeditum mortis eventum, voléns de bonis suis disponere et : i f
dum mens integra est et in sua bona et rectà dispositione consistit, hoc prae- E
\ sens suum ultimum nuncupatum testamentum facere procuravit et fecit, d
ecc. | : d
i « In primis animam suam tamquam. corpore nobiliorem cum ex hoc
È saeculo migrare contigerit, Omnipotenti Deo, eiusque Gloriosae semper EU

PEE EPUM

14


Videns cmd eei d

E e ER E S

= den

oe tte b Norco —

DITO LAW A I OE ee ATO TEE LETT

210 NOTE E DOCUMENTI

Virgini Mariae totique Celesti Curiae humiliter ad devote commendavit,
eiusque cadaveri, si in dicta Civitate mori contigerit, sepulturam elegit in
Eccl. S. Francisci Conventualium in sepulero Familiae Theobaldorum »

. [Lascia un giulio al Vescovo, due scudi a varie Chiese e Confrater.,
alla Chiesa di S. Francesco scudi 5 per un uffizio per l'anima sua].

« Item jure istitutionis reliquit et legavit D.^* Vannae suae filiae le-
gittimae et naturali ex Maxima uxore sua et filia q. Julii Ser Francisci de
Theobaldis florenos octingentos una cum paramentis et bonis paraferna-
libus prout d.** D.** Maximae videbitur et placebit ».

«In omnibus autem suis bonis mobilibus et immobilibus, ecc., sibi
haeredem universalem instituit, fecit, ecc. pred.?" D)?» Maximam uxorem
suam vita sua durante et post eius mortem ei substituit D.*» Vannam, et si
dicta d* Vanna decederet absque filiis legittimis et naturalibus ei substituit
Josephum filium legittimum et naturalem Mutii d.» q. Julii si tunc viveret,
sin autem eius filios tunc superviventes, et si d"* Joseph decederet absque
filiis legittimis tempore mortis d**. Vannae, substituit proximiorem et pro-
ximiores in gradu D.** Vannae de domo et Familia Theobaldorum, ecc. ».

[Città della Pieve, Arch. Not., Fogli sparsi. Sc. Q. Ora però tutto è alla rinfusa e dif-
ficile ritrovare il documento]. \

1604, Maggio 29. i
Compra un terreno in Contrada Cavacchioncello vicino ai suoi possedi-
menti. Venditore Nicola di Angelo di Nicola.

[Città della Pieve — Arch. Not., Fogli sparsi].
1607, Aprile, 17.
Estingue un censo.
[Città della Pieve — Arch. Not., Rog. Giulio Bacci, c. 247].

1608, Novembre, 22. *
Estingue uu censo passivo verso Vincenzo Catenuzi e ne paga il prezzo.
[Città della Pieve — Arch. Not., Quaderni sciolti].

1609, Agosto, 3.

Compra un terreno: « Emptio D.! Salvi Savini, pictoris, de Florentia

a D.* Violante q. M. Petri Brunelli in Contrada Cavacchione ».
[Città della Pieve — Arch. Not., Rog. Emilio Benizi, c. 139].

1624, Ottobre, 3.
È ricordata la figlia Vanna Vedova di Alessandro Brunelli.
[Città della Pieve — Arch. Not., Rog. Mario Bandini, c. 51].
L'ARCHIVIO DELLA CATTEDRALE DI ASSISI

Eccellenze, Signore e Signori,

A, nome del Capitolo, ringrazio voi tutti, che avete accolto il
nostro invito ed avete voluto rendere solenne, con la vostra pre-
senza, questa Cerimonia.

Ringrazio in modo particolare il sig. Soprintendente prof. Achille
Bertini-Calosso, non solo per la bella Conferenza che ora ci farà sen-
tire, ma principalmente per l’opera sua personale, che ha portato
nel preparare e nell’ordinare il nostro Archivio ed il nostro Museo.

Vada pure il vivo ringraziamento all’ Ispettore Prof. Carlo Tad-
dei, il quale con paziente assiduità ha assistito il nostro lavoro e dato
utili suggerimenti.

La vecchia sede dell’archivio era al 3° piano, con accesso inco-
modo, in una cameretta angusta e senza luce. I documenti imprigio-
nati in piccoli scaffali, davano l'impressione di cartaccia relegata in
soffitta. Si sentiva il bisogno d’un luogo più ampio e più luminoso. E la
nuova sede insieme al museo è venuta, a pianterreno, con 4 grandi
sale, fabbricate ex novo, piene d’aria e di luce.

Il Governo Nazionale ha concorso alle spese con un contributo
ed io con tutti i Capitolari ne esprimo la più viva riconoscenza.’

Non vorrei che voi alla parola Museo, doveste andare incontro
ad una disillusione. Molti, e non sono pochi, che conoscono Assisi con
i suoi Monumenti, con le innumerevoli opere d’arte, con le case ed

interi rioni, che ci riportano in pieno Medio-Evo, non hanno esitato
a concludere che tutta la Città è un Museo. Quindi inaugurandosi
un nuovo Museo in questa Città-Museo, e si aggiunga, in Cattedrale,

(m) Parole pronunciate dal Priore D. Mariano Dionigi all' inaugurazione
del Museo e della nuova Sede dell'Archivio della Cattedrale di Assisi, il 3
settembre 1941. i

iaia
PRA Ma aed o3 LB s.

ini


LN a

TE = Nee
eere rg Pa E me

: ant NIC? vti mi ers

E

CN

e PL e ie

dn»
— ————@@—@@# r.t@c dro ae 0 ii y m

Me nen,

—ror9erg-- oro

212 ‘NOTE E DOCUMENTI

la Ecclesia Mater, si potrebbe correre con la fantasia a non so quali no-

vità e a quali meraviglie nel campo dell'arte. Mi spiace ma non è cosi.
Salvo qualche raro numero, sono piccole cose, che si potrebbero dire
di colore locale. |
Assisi ha avuto Confraternite fiorentissime fin dagli inizi del sec.
XIV con ospedali, ospizi per forestieri, ecc. e tutta una organizzazione,
che rappresentava un centro diattività spirituale, culturale e sociale.
Corporazioni, spesso con Chiesa propria, oppure con altare in Catte-
drale o a S. Francesco. Festeggiavano il Santo Patrono, celebravano
altre feste, tenevano le loro adunanze e, infine, non era vietato dagli

Statuti, di passare in una Saletta, chiamata Refettorio, per sedersi.

fraternamente e rifocillare frate corpo. Alcuni ricordano ancora que-
ste associazioni: di S. Crispino, S. Giuseppe, S. Omobono, ecc. A ti-
tolo di curiosità, dirò che una si chiamava la festa del pollastro. Con

21 soldo gli aggregati avevano a pranzo: mezzo pollo, mezzo litro,

^

pane e frutta. Ed il giorno seguente si celebravano messe in suffragio

dei confratelli defunti.

Tutta questa vita ora, o é tramontata, o ha preso un nuovo orien-
tamento. Il materiale, parte disperso, parte distrutto. Resta qua e là
qualche ricordo. Il nostro Museo ha raccolto ed intende raccogliere
questi pochi resti e conservarli: Gonfaloni, quadri, scritti e tanti altri

oggetti, che se artisticamente lasciano a desiderare, sono una docu-

mentazione della nostra vita cittadina.

L'Archivio:é preziosissimo. Esso possiede 615 pergamene, che -

vanno dal 963 al 1599. Quattro sono anteriori al 1000. E precisamente:

963 un’enfiteusi;
980 una donazione;
985 una permuta;
991 una vendita.

La 58 è del Gennaio dell'anno 1000: In nomine Domini. Amen. Ab
Incarnatione Domini Nostri Iesu Christi Anni mille. Mense gennaio.
. Il mille, che avrebbe dovuto, attraverso visioni apocalittiche,
portare il crollo del mondo. Non c’è scrittore, che parlando di questa
epoca non abbia parole di colore oscuro e non dipinga il genere umano
cinto di cilicio e cosperso di cenere in attesa dell’ultimo giudizio. An-
che il Carducci ne fa un cenno nel Discorso « Dello Svolgimento della
Letteratura Nazionale ». Il nostro documento, che contiene un mo-
rincaput, cioè una donazione della quarta parte dei suoi averi, fatta
da Adalberto ad Itta, sua futura moglie, è, al contrario, pervaso da un

[

E EI Mc
{

NOTE E DOCUMENTI : 213

soffio di poesia e da una freschezza di delicati sentimenti, che fanno
dimenticare la morte e pensare alla vita. Si chiude con le parole:
Actum in Asisi feliciter. Quel feliciter, ultima parola scritta dal no-
taio Guiberto, sembra l'espressione della gioia che traspare dal volto
dei giovani Adalberto éd Itta, presenti all'atto ed un inno all'amore,
quando incomincia, come la pergamena, in Nomine Domini.

Le altre pergamene sono cosi distribuite:

137 sono dal 1000 al 1099; ,

171 sono
197 sono
71 sono
20 sono
- 17 sono

dal 1100
dal 1200
dal 1300
dal 1400
dal 1500

al 1199;
al 1299;
al 1399;
al 1499;
al 1599.

Esse contengono documenti di somma importanza, che oltre-
passano i limiti della storia locale. In un latino barbaro, dove
regna la più completa anarchia di casi, tempi, persone e generi (sem-

bra di leggere qualche latinuccio de’ nostri ragazzi), balzano fuori .

nomi di Vescovi, Canonici, Abbati, Monaci, duchi longobardi, fran-
chi, notai, giudici e rivelano nomi e luoghi divenuti poi celebri nella
storia francescana. Qui si svolge dal 1000 al 1500 tutta la vita di
pensiero e di azione della nostra Città. |

Parlando dell’ Archivio della Cattedrale non è possibile non ricor-
dare il cav. Francesco-Antonio Frondini, di cui quest'anno ricorre il
19 centenario della morte, avvenuta il 23 dicembre 1841, all'età di
83 anni. Egli può considerarsi il padre della storia Assisana. Archeologo
profondo ed insigne paleografo, passó la vita fra le vecchie carte della
nostra città. Riordinò tutti i nostri archivi, fra i quali l'Archivio Se-
greto del Comune. Non c'é pergamena o altra carta che egli non abbia
letto; e letta, o trascritta, o redatto il regesto, o un qualunque ap-
punto. La sua grafia arcaizzante si trova in qualunque documento.
Raccolse notizie di famiglie, vescovi, Chiese, Cappelle, Podestà, no-
tai, Giudici, Monasteri, Castelli, Monumenti, lapidi, fra le quali molte
Properzione. Senza aver nulla stampato, lasció un ingente materiale,
andato in parte disperso. |

Ecco che cosa ne scrisse l'Abbate Di Costanzo nell'opera fon-
damentale per la Storia Assisana, dal titolo: « Disamina degli Scrittori
e dei documenti riguardanti S. Rufino », stampata nel 1797 (il Fron-
dini aveva allora 35 anni):

"o— a
sedi
V

Les m - n - = - == — MÀ ETT =
ere TA, Srna nai ==

VA

—e——e ===

——nmcx

sia e ” " e = - ^" SE a dd \ x
. " < v Li - © » d
— can nn ci TE — a IA ANON Ns È Matia SIUS RR Tec
E eoe Cede Nes gom Novena ia annie, e LI x € e : PUES == 3
: ns aei rn 2 = tinta SIETE i z "e TOS = : =",
2 irs menat = ni: ondata dis bs st certe 2 5

tono TO

ps
lA

=

a ipa iS re

SE

"d

214 NOTE E DOCUMENTI


« Prima di lasciare il mio cortese lettore, voglio che egli, e tutti,
«sappiano un debito di giustizia, di riconoscenza e di amicizia, che
«io ho contratto, e intendo di soddisfare, in faccia al pubblico, con
«l'illustre e rispettabile uomo Francesco Antonio Frondini, il quale
« versatissimo nelle antichità della sua Patria Assisi, e fornito a do-
«vizia di notizie locali, raccolte non men da lui che dai suoi maggiori

. «e dotato inoltre di giusto criterio, mi ha assistito e giovato a un se-

« gno, che senza di lui, o non avrei avuto tanti documenti.e memorie,
«quante ne ho dovuto citarne e trascriverne, o certamente procac-
«ciarle per ordire la tela del mio lavoro. Inoltre mi ha egli schiarite
«varie difficoltà, mi ha somministrati continui lumi, e, ‘esercitato co-
cme egli è nella lettura delle antiche carte, me ne ha alleggerito la
«fatica e spesso ancora facilitato l’intelligenza. Per la qual cosa, se il
«presente libro sarà in qualche modo accetto ai Cittadini di Assisi,
«debbono essi saperne grado a questo stimabilissimo, e della Patria
« benemerito, loro Coneittadino ».

Per quanto riguarda il nostro archivio abbiamo di lui, fra l'al-
tro, un fascicolo manoscritto di pag. 296. Vi sono trascritte moltissime

. pergamenem fra le più importanti, che ora, o per i caratteri antichi,

o perché logore e consunte dal tempo, sono di difficilissima lettura.
E per dare un esempio dell'esattezza e dell'importanza del suo studio
trascrivo i titoli degli elenchi contenuti, in appendice, a questo fa-
scicolo: i

Elenco delle Chiese e Vocaboli.
* Chiese dipendenti dal Capitolo.
Chiese dipendenti dall'abbazia di Monte Subasio.
Confraternite dei Disciplinati. :
Ospedali. .
Monasteri dell' Ordine di S. Benedetto.
Monache Francescane o Clarisse.
Monasteri di Terziarie Francescane.
Conservatori.
Vescovi di Assisi.
Imperatori.
Dignità Eccl.- nel Capitolo della Call: di S. Rufino.
Duchi di Spoleto.
Personaggi distinti.
Conti di Assisi.
Giudici e Notai di Assisi.

Pesa HUC DAE
x NOTE E DOCUMENTI

Nomi e Cognomi delle famiglie di Assisi.

Regioni e Balie.

Monete che erano in commercio in Assisi nei secoli antichi.

Misure di terra.

Torrenti, fiumi e fonti.

Castelli nel Comitato di Assisi.

Vocaboli nel territorio di Assisi e Città.

Spiegazione di alcuni termini che s'incontrano negli stromenti e
carte della Cattedrale:

Monti nel territorio di Assisi oltre il Subasio.

Chiude la serie un indice per ordine alfabetico delle cose più no-
tabili.

C'è di tutto e sempre con citazioni, riferimenti, date. E d'una
sua’ notizia, d'una sua citazione si può essere sicuri. Egli schivo di
onori e di pubblicità, restò nel silenzio degli archivi. Modesto come
uno di quei monaci amanuensi anonimi, che ci hanno lasciato le più
belle miniature, studiando, trascrivendo, sunteggiando preziose no-
tizie, che hanno formato un vero tesoro per gli studiosi, che a lui
sono ricorsi e ricorrono tuttora, da lui hanno copiato, per mezzo suo
hanno conosciuto le pergamene, dimenticando, spesso, di citarne an-
che il nome. 3

L’archivio possiede inoltre: Cantorini, Passionari, Innari, Mes-
sali, Statuti di Confraternite e Disciplinati, Catasti, Istrumenti,
Laudari, ecc:

Questi sono i documenti, che noi abbiamo preparato in una sede
degna e comoda agli studiosi della nostra vita cittadina.

Tali documenti non sono muti e freddi ricordi di bellezze sfiorite
e glorie tramontate. C'é in essi tutta l'anima, la vita, la poesia della
vecchia gente italica. Spetta allo studioso di scuotere Ja cenere e riac-
cendere la fiamma, che ardeva nei cuori dei nostri Padri, perché brilli
ancora e riscaldi le presenti e future generazioni, nel santo nome della
Religione e della Patria. | | i

D. MarIANO DIONIGI

———c__r—==©=""="==70 Ur

Many XLI
b?

e

- NET. È ^ € i$ zi —— Ped
-lo—m@mru@rn@-@@t@uut@t@prtc@@u@iccor ra - " è 2
: ‘ n 5;
? - = i Lugo De cino stime rodi si M ee criteri
7 pia Er Capitis core co ian = EA e, - = no 3
» - - ax all - ^

NECROLOGI

"VINCENZO ANSIDEI

Se una volta ancora qualità elette dello spirito, di mentalità e

. di eticità, han saputo contemperarsi in un uomo, e manifestarsi con-

cordi, é stata nel Conte Vincenzo Ansidei. Parlando di lui, si fa
uno sforzo a disgiungerle.

Una signorilità di studioso che arricchisce, perfeziona pensiero
e sapere secondo quel modello ideale a cui l'urgono d’accostarsi uu
bisogno, un impegno morali: uno studioso che signorilmente mette a
disposizione altrui gli acquisti e la esperienza della propria cultura:
si riassume cosi la personalità intellettuale del Conte Ansidei. Cosi
l'ha presente chi l'ha conosciuto; cosi deve immaginarla chi lo sentirà
ricordare. | :

Tra un'attività molteplice, pubblica e privata, a cui le tradizioni
di una famiglia illustre lo conducevano necessariamente, lo studio é
stata sua attitudine e sua vocazione essenziale. Studio non per puro
piacere e vantaggio di sé stesso, ma per la spontanea finalità d'un -
apporto al patrimonio intellettuale comune, d'un tributo d'amore
e d'onore alla città nativa, d'una utilità resa agli altri mediante lo
scambio d'idee meditate, di cognizioni possedute; d'entrambe le quali
egli ben poteva esser prodigo.

Per quella sua connaturata e sempre più rafforzata abitudine alla
riflessione studiosa, l’azione sua di cittadino è riuscita di conseguenza
in ogni varia circostanza ponderata e saggia; quindi cercata e richie-
sta. Per questi suoi intento e pratica di volgerli a beneficio altrui,
il suo personale criterio, la sua particolare dottrina sono stati apprez-
zati da ognuno, anche senza occasione d’averne a profittare diretta-
mente. x
Non potevano le sue facoltà di studioso esaurirsi tutte nelle
pubblicazioni che ci ha lasciato, nei lavori di biblioteca e d’archivio
a cui ha atteso, ma pareva quasi che per una istintiva missione doves-
sero espandersi in offerta di consiglio, di guida, di chiarimento per

etum ue See ver Pa im e —_————@——@@ ene SE SSIS leg Pe AH IF e ÀÀ9
ab — sazia ilo — M RPSL ao: Lislicon cite cia afio mne Ssiier

NECROLOGI i 217

chiunque volesse a lui ricorrere. Operosità questa, di cui purtroppo
non rimane che scarsa testimonianza al dilà della memoria grata di
chi ne ha a suo tempo tratto il beneficio. Pare ingiusto che il gio-
vamento arrecato alla efficienza continuativa della cultura da coloro
che ne tengono stretta la trama con attività che non resta documen-
tata, debba passar cosi nell'oblio. Ma ciò accresce il merito di chi

disinteressatamente prodiga una tale attività altruistica: gli dà un

tutto suo valore morale oltre quello intellettuale.

dk

Il Conte Vincenzo Ansidei di Montemarte mancato il 30 aprile
1940, era nato a Perugia il 22 aprile 1862. Il pregio dei valori della
mente poté bene sentirlo da suo padre il Conte Alessandro, colto gen-
tiluomo, presente a tutte le iniziative per illustrare la storia e l'arte
cittadina. Ma non propriamente verso di queste fu la direzione pri-
ma dell'operosità studiosa del figlio. Laureato in Giurisprudenza
nella patria Università, alle questioni politiche ed economiche appa-
risce aver in principio rivolto la propria attenzione. Lo attestano suoi
scritti, e in particolare quegli « Studi sulla costituzione dei Senati ed
alcuni criteri per la riforma di quello italiano », usciti in piü fascicoli
della « Rassegna Nazionale » del 1886. L'Ansidei affronta il problema
sulla scorta d'una indagine comparativa fra i diversi sistemi, conchiu-
dendo con vedute sue; e il lavoro fu lodato per l'ampia informazione,
e per la maturità di giudizio che dimostrava nel giovane scrittore. Si
potrebbe ricordare in riguardo un articolo critico apparso nella « Ras-
segna di scienze sociali e politiche » di Firenze, e il rammarico espresso

dal Lampertico nel suo libro uscito allora intorno allo Statuto e al

Senato, di non aver potuto profittare « dell'importante lavoro » del-
l'Ansidei in corso di pubblicazione.

Per meglio perfezionarsi in questa sfera di studi, l'Ansidei si
iscrisse all'Istituto di Scienze Sociali di Firenze, e là, perla buona ami- -
cizia tra la famiglia Ansidei e quella di Ubaldino Peruzzi, divenne
un assiduo dell'intellettuale ambiente di casa Peruzzi dove venivano
a far capo uomini insigni, di politica, di lettere, di scienza, facen-

_dovisi notare quale giovane di particolare serietà e cultura, che ne

rendevano ben accette compagnia e conversazione. Ubaldino, che
lo aveva preso in grande benevolenza, scrivendo al padre Conte Ales-
sandro, lodava le qualità del figlio con la sua aperta simpatica fran-
chezza: «il suo Vincenzo è una vera trouvaille... ». Donna Emilia
Dm

race

a
ro

nice fetta IST

resta SITE

=—rP—PFr—+—r—r_rrr_——_——=>>< y

edi



ansi SE
lata mcd mt

m A -

CEN

218 NECROLOGI

di così fine e sicuro intuito nel riconoscere le migliori qualità altrui,
lo ebbe sempre caro, ancor poi che lontano da Firenze e dal suo salotto
ospitale.

L'Ansidei dà a divedere d'aver avuto anche dei propositi di poli-
tica militante. Un suo articolo uscito nella « Rassegna di Scienze
sociali e politiche » del 1889, dal titolo « Di un partito liberale-con-

‘ servatore in Italia » dice quale fosse il suo orientamento tra le correnti

di parte allora in contrasto. La nascita, l'educazione lo portavano
naturalmente ad indirizzarsi così; eran tuttavia sempre posizioni prese
con convinzione ragionata, le sue.

RR GK

Furon però di certo motivi e circostanze familiari a far mutare

interamente all’Ansidei la direttiva dei propri studi.

La carriera diplomatica a cui tendeva, ed anche una vita poli-
tica attiva l'avrebbero inevitabilmente portato a dover lasciare la
città natale, dove i suoi amavano invece trattenerlo, come unico fi-
glio; ed egli stesso formatasi famiglia, dové finire per persuadersi
di dedicare il proprio ingegno ad altre discipline che poteva colti-
vare nella sua stessa città. Cosi, pare quasi con brusco passaggio, si
rivolse agli studi di storia, lasciando quelli politico-sociali e le vie che
con essi avrebbe potuto battere; non senza forse serbarne qualche
nostalgia, che talvolta affiorava parlando coi piü intimi.

Ma la dedizione operosa, l'assiduità di proposito che anima-
rono l'Ansidei in ogni espressione di intelligenza e di vita, gli fecero
tutte raccogliere in questo mutato terreno volontà e capacità, in
guisa da farlo divenire in breve una delle figure rappresentative della
cultura locale nei campi di ricerca e conoscenza della nostra storia.
La Biblioteca civica e l'antico Archivio del Comune di Perugia, di
cui fu chiamato alla direzione, si resero il luogo propizio in cui egli
trovò la materia necessaria al nuovo lavoro; dove poté concentrarsi
e da dove potrà spaziare per l'ambito dei nuovi studi prescelti.

A Perugia e nell'Umbria il momento che l'Ansidei si decise ad

orientarsi verso quest'altro arringo era tale da valere ad invogliare

una mente in pieno fervore d'entrarvi.

Personalità già al culmine della notorietà per una lec labo-
riosa carriera scientifica compiuta, quali Ariodante Fabretti, il decano
e il maggiore, o in tutto il rigoglio della produzione come Luigi Fumi,
Giuseppe Mazzatinti, Luigi Manzoni, Annibale Tenneroni, per dirne

E
Bi
|
|
E
E
1

— M FETTA

NECROLOGI ; 219

fra tanti qualcuno, davano nella regione prestigio a questi studi, ed alta
era la considerazione pubblica verso chi vi si dedicava; schiera cospi-
cua di cultori per numero e per merito. Periodo floridissimo della sto-
riografia Umbra e dell'interessamento per essa; che, forse, uguale

.non è poi ritornato.

Quel che però mancava era un du di riunione, un centro di
raccolta di tutte le energie individuali che, sparse per le località mag-
giori e minori dell' Umbria, ne attendevano al fecondo assunto di rie-
vocazione e ricostruzione del passato. Dopo costituito il nuovo Stato
italiano, quando venne a distribuirsi il metodico lavoro di indagine
sulla storia nazionale tra le diverse parti di esso che con un'esistenza
piü o meno autonoma, n'avevan formato la molteplicità d'aspetti
e di vicende, fu nel 1862 istituita la Deputazione di Storia Patria per
la Toscana e per l'Umbria, a cui nel 1863 furono aggiunte anche le
Marche, le quali peró tennero a rivendicare una loro personalità sto-
rica indipendente, ottenendo nel 1890 di avere una propria Deputa-
zione.

Gli storici Umbri, privi di un loro istituto di coordinazione, d’un
loro organo di pubblicazione, eran costretti ad una dipendenza diret-
tiva, ad una richiesta di ospitalità, che non solo in certo modo ne mor-

tificava il legittimo amor proprio, ma ostacolava anche il pieno ren-

dimento delle loro fatiche. Alle pratiche « separatiste » dalla Depu-
tazione Toscana, cui si imputava di aver lasciato sempre l'Umbria
in sottordine, quella opponeva una costante resistenza, finché gli
studiosi nostri decisero di fondare una Società storica Umbra pri-
vata, coll’intento e la fiducia che essa sarebbe passata in breve ad
un riconoscimento ufficiale di Deputazione indipendente dalla To-
scana. Proposito risolutivo che ben poteva attrarre il giované An-
sidei, il quale nella sua mitezza e condiscendenza abituale di carat-
tere, amava anche, al momento necessario, le conclusioni scelte con
decisiva fermezza.

La circolare con cui nel 1894 vennero chiamati a raccolta tutti
i cultori di storia dell'Umbria, specialisti e simpatizzanti, porta la
firma dell’Ansidei insieme a quelle di Francesco Guardabassi e di
Leopoldo Tiberi; e l'Ansidei, nell'adunanza del 12 settembre di quel-

l’anno, riferì agli studiosi intervenuti sui propositi costitutivi di una

Società Umbra di Storia Patria, la quale venne appunto allora fon-
data ed iniziò subito la propria attività. La pubblicazione di un Bol-
lettino ne fu la più manifesta espressione. Il primo volume, uscito
nel 1895, ricco e vario di contenuto, formò una presentazione del nuovo

MOIS
220 NECROLOGI

Istituto regionale tale da giustificare la volontà dell'Umbria di esi-
gere un suo Sodalizio storico indipendente, sia per quantità di materia
storica da valorizzare che per valentia di collaboratori. L'Ansidei vi
pubblicó interessantissime notizie. sui rapporti tra Roma e Perugia
nel sec. xmi, e vi iniziò insieme al Prof. Luigi Giannantoni, Vice Bi-
bliotecario della Civica Biblioteca, quel Regesto dei Codici delle Som-
missioni al Comune di Perugia che formano una delle fonti piü pre-
ziose della. storia locale nel momento che Perugia ascende al suo
apogeo di libero Comune, uno dei tre maggiori dell'Italia centrale.
Seguirono un secondo volume di pari importanza ed altre affermazioni

per cui, con Decreto del 26 febbraio 1896, la Società venne riconosciuta :

come R. Deputazione di Storia Patria per l'Umbria.

La parte avuta dall'Ansidei nell'organizzare l'istituzione dovette
essere, manco a dirlo, principalissima. Il fatto che la Deputazione
ebbe la sua sede ufficiale presso la Biblioteca Comunale Perugina,
ne fece per logica di cose dell’Ansidei il punto personale di racco-
glimento. A lui, più o meno, veniva a far capo ogni attività dell’Isti-
tuto, anche quando in seno ad esso non rivestisse cariche o avesse
speciali mansioni. Cosicché la storia della Deputazione storica Umbra
. è strettamente legata all'Ansidei, il quale, oltreché un'attività diret-
tiva, scientifica, amministrativa, dovette in tante occasioni saper
spiegarvi un’altra sua opera personale a lui specialissima. Gli inevi-
tabili contrasti che per ragioni per lo più tutte individuali non man-
cano mai di sorgere là dove si trovano ad agire insieme più uomini,
riuscivano ad avere nell’Ansidei un moderatore di rara abilità ad ap-
| pianarli, e il più delle volte di felice riuscita a comporli. Abilità dovuta
alla sua serenità di giudizio, finezza di modi; alle sue ragioni persua-
sive, alla sua equanimità di valutazioni. Peculiare sua virtù concilia-
tiva che in tante altre circostanze palesi o più riservatamente private,
rendeva l’intervento del Conte Ansidei tanto desiderato quanto op-
portuno. Per deferenza verso di lui, sempre calmo e spassionato,
potevano almeno tacere, se non sparire dissensi. A lui si affidavano
le possibilità di concordia e di intesa; dovunque fosse presente.

Lc

. Il Bollettino della Deputazione Umbra raccoglie la maggior parte
della produzione storica dell’Ansidei. Dando via via in luce saggi su

punti vari della storia locale, egli erasi impegnato in un lavoro di

vasta mole, il Regesto delle Riformanze del Comune di Perugia del
NECROLOGI 221

secolo xir. Quando si costituì la Società Umbra di Storia Patria fu
avanzato un programma di pubblicazione di Fonti storiche tra le
quali la raccolta di documenti concernenti la legislazione comunale
più antica fino al Trecento. Il Regesto delle Riformanze è attuazione
di parte di quel programma: L'Ansidei vi si è applicato per lungo
tempo, e il lavoro, che va dal 1256 al 1300, lo aveva pronto nella sua
parte essenziale: lo spoglio e il transunto dei documenti. Ha visto la
luce il solo primo volume che comprende cinque anni: dal 1256 al
1260; si può arguire quanti altri volumi dovrebbe venire ad occupare
l’opera. compiuta. La Prefazione introduttiva al volume immette
subito nel più vivo della antica storia cittadina, mostrando come
egli sapesse penetrarla e abbracciarla con occhio analitico e com-
prensivo. La parte manoscritta attende chi voglia riprendere l’opera
interrotta, e che egli avrebbe volentieri consegnata ad altri, anche
senza che avesse a ricordare colui che ormai aveva compiuta la
fatica più dura. Non gli importavano la sua persona, il suo nome:
gli importava il lavoro, consapevole quale valido strumento di studio
avrebbe fornito agli storici, non soltanto locali. Rammarico solo, il
non aver più le forze fisiche per condurlo innanzi, e il non trovare a
chi affidarne in sua vece il compimento.

L’Ansidei apparteneva a quella schiera di cultori di discipline
storiche per i quali la scoperta e la critica del documento, la più pos-
sibile esatta ricostruzione dei fatti sugli elementi stessi che han con-
corso a formarli e restano a testimoniarli, costituisce attività fonda-
mentale. L'epoca in cui si volse a questi studi era in pieno entusiasmo
per tale indagine paziente e minuta, tesa a ritrovare dati e notizie,
precisarle, vagliarle; e non poteva non risentirne l'indirizzo preva-
lente. Il materiale ricchissimo di cui egli era per così dire il deposita-
rio, lo storico archivio del Comune Perugino, gli mostrava quanto ci

fosse ancora di sconosciuto da trarre in luce e in funzione per rifare

la storia locale, con tutti i possibili riflessi su quella nazionale. Sapeva
però anche pensarla, la storia: penetrare nel più interno sacrario del
tempio, non restare poco più in là della soglia ad adorare il docu-
mento. X

Non si dica che la storia locale è un dominio troppo ristretto per
occupare una mente di larga veduta, quando si avvisi il carattere
delle nostre storie cittadine: di avere nei secoli di maggior fraziona-
mento, ma anche di tanta ricchezza, della vita politica, economica,
culturale, presentato, le più, questa ricchezza, con aspetti e fenomeni
similari, in istituti, in vicende. E la storia nazionale, che risulta dal

are Ci METH

XP
AU UE eu ee EMEN — =

MSc

ES

222 NECROLOGI

loro complesso, puó essere scorta nel suo insieme anche dall'angolo
visuale di queste storie comunali.

A quella della sua città l'Ansidei portava tutto l'affetto occorrente
a farla rivivere nel proprio pensiero, a ripossederla in sé stesso, come
a sentire sé stesso, la propria età, il proprio ambiente rifluire nel suo
corso che non è diviso in compartimenti stagni.

Ora qui una domanda: Poteva darci e lasciarci l'Ansidei molto
di ‘più di quello che ha scritto ?

Non può elevare accusa alla sua attività una risposta afferma»
tiva. La difesa l’ha in precedenza già pronta; e sta in tutta quell’opera
con cui egli liberalmente ha servito e giovato gli altri. Bisogna insi-

sterci ancora.

La sala di direzione e di studio del Conte Ansidei nella Biblio-
teca Comunale perugina era aperta a chiunque volesse un’indica-
zione, un chiarimento; anche a chi ne abusasse domandando cose che

l'ordinamento d'una biblioteca gli dà modo di trovarsi da sé. Ma il ;

più delle volte non si cercava che un pretesto per allargare il collo-
quio ad altre su cui solo egli poteva dare notizie sufficienti e spiega-
zioni adeguate. Ad ogni modo, trattenersi con lui era sempre un pia-
cere e un profitto. Che d’altra parte questo anche a lui piacesse, e
non sapesse ormai più sottrarvisi, non gli si farebbe torto a pensarlo.

. Con gli studiosi forestieri particolarmente l'Ansidei era di una
cortesia e di una larghezza di indicazioni, impareggiabili. Si era elettò
come un compito di ospitalità intellettuale, sentito e adempiuto
quale un dovere essenziale di bibliotecario, di erudito, di cittadino.
Lo dicono i tanti e tanti scrittori italiani e stranieri che avendo occa-
sione di parlare di Perugia, del suo patrimonio di arte, di memorie,
menzionano nei loro libri e ringraziano il Conte Vincenzo Ansidei
per quanto gli è stato di prezioso aiuto. Non si esagera affermando
com'egli fosse giunto quasi a impersonare Perugia nella voce del.
suo fortunoso passato, resa viva e attuale, e nell’interesse che per
esso si può far suscitare.

Ma questa funzione di dotta consulenza, di esperta guida, tale da
esser divenuta per lui cosa quotidiana, gli rubava tempo che avrebbe
potuto dedicare a lavori propri; dava però un rendimento inestima-
bile peril decoro d'una città che vuol esser colta e accogliente, per farla
NECROLOGI 223

meglio conoscere, piü amare, renderne duraturo il ricordo, vicino e
lontano, nei luoghi, nel tempo.

Se dovesse delinearsi l'immagine antitetica a quella del dotto
chiuso nella sua rocca inaccessibile, bisognerebbe prendere il profilo
dal Conte Vincenzo Ansidei. Le epigrafi da lui composte per chi ne lo
richiedesse, e che sapeva dettare eleganti e concettose, non si contano.
si noterà che parecchi suoi scritti sono apparsi come pubblicazioni
nuziali. Delicato pensiero, delicato senso d'amicizia, di stima, parte-
cipare alla più fausta data familiare altrui con qualche cosa che resterà
e varrà sempre a richiamarne il ricordo. Vi si rivela la squisita genti-
lezza d'animo sua, gentilezza sorgente da una profonda bontà. Que-
sto porterebbe a dover parlare della sua vita fuori del cerchio degli
studi; e sarebbe un elogio di virtü domestiche e civili.

Come le istituzioni di cultura cittadine, Università per gli Stra-
nieri, Accademia di Belle Arti, Fondazione per l'Istruzione Agraria
e tante altre l'hanno avuto fra le autorità dirigenti, cosi l'hanno avuto
rettissimo amministratore Opere Pie e istituti di beneficenza. Mai si
sottraeva dove col solo compenso della intima soddisfazione del bene,
ci fosse un’opera buona da compiere. Di saldissime convinzioni reli-
giose e morali, la sua esistenza è tracciata e riassunta in una condotta
lineare, limpida, coerente, se anche senza tratti arditi e vivaci, senza
deboli cedimenti e incrinature.
| Dignitoso in ogni atto, misurato nella parola, sincero se. magari

non soverchio espansivo nei sentimenti, non poteva avere nemici,
e non li ebbe; doveva avere estimatori, e li contó innumerevoli. Tutti
si sono inchinati alla sua dipartita. -

RAFFAELE BELFORTI
, I XIX A
DACH à: - : lin -
tà = E 3
TEE Tee mec gear Nee ennt 2n
Re (Y d
= n a

rie pai GOL oT ME nU TE a

b B

3 ^

PO Eel I DITTE”

NECROLOGI

ELENCO DELLE PUBBLICAZIONI

Studi sulla costituzione dei Senati ed alcuni criteri per la riforma di quello Ita-
liano. Firenze, 1886. (Estr. dalla «Rassegna Nazionale », anno VIII,

vol. XXIX). EG i

| La divisione del potere legislativo. Firenze, 1887. (Estr. dalla « Rassegna di scien-

ze sociali e politiche », anno V, vol. II, fasc. CXIV).

Dei partiti politici. (& proposito di un discorso dell'on. Guido Pompili), 1888.
(Nella suddetta » Rassegna », anno VI, vol. I, fasc. CX XV).

Di un partito liberale-conservatore in Italia. Firenze, 1889. (Estr. dalla stessa
« Rassegna », anno VII, vol. IL, fasc. CLXIV).

Una conferenza su Giacomo Zanella (di Maria Alinda Bonacci
Firenze, 1889. (Dalla « Rassegna Nazionale »).

Il partito liberale-conservatore e le elezioni politiche. Parma, 1893. (Estr. da
»Il nuovo Risorgimento », vol. III, fasc. VIII).

— Giambattista Vermiglioli e 201 lettere del Maturanzio. (In collaborazione con

LuIiGi GIANNANTONI). (In « Erudizione e Belle Arti », anno I, n. 11, no-
vembre 1893, Cortona). 1

La Chiesa e lo Stato secondo Carlo Cadorna. Parma, 1894. (Estr. da « Il nuovo
Risorgimento », vol. IV, fasc. IX). :

Alcune notizie sui rapporti fra Roma e Perugia nel secolo XIII. Perugia, 1895.
(Estr. dal « Bollettino della Società Umbra di Storia Patria », vol. I).

Notizie su Filippo Alberti. (Per nozze Ferrari-Roberti). Perugia, 1896.

I Codici delle Sommissioni al Comune di Perugia. (In collaborazione con LUIGI
GIANNANTONI). (Nel « Boll. della Dep. di St. Patria per l'Umbria », voll.
I, II, III, IV, V, VI, VII, VIII, IX, X, XII, 1895-1906).

Su alcuni rapporti fra Perugia e Spoleto nel secolo XIV. (Estr. dal « Boll. della
R. Dep. di St. Patria per l'Umbria », vol. III). Perugia, 1897.

La pace del 1 luglio 1498 fra Guidobaldo I Duca d' Urbino e il Comune di Perugia.
Perugia, 1899. (Estr. dal « Boll. della R. Dep. di St. Patria per l'Umbria,
vol. V).

Un documento del 27 gennaio 1400 relativo ai Savj dello Studio. (Per nozze Gian-

‘ nantoni-Della Torre). Perugia, 1900.

Regesto di documenti del sec. X IV relativi a Città di Castello esistenti nell’ Archivio
Decemvirale del Comune di Perugia. (In collaborazione con GIUSTINIANO
DegLI Azzi). (Nel «Boll. della R. Dep. di St. Patria per l'Umbria », voll. VI
e VII, 1900-1901).

Ser Lodovico di Jacopuccio da Rieti Cancelliere del Comune di Perugia : 1381-1402.
Perugia, 1901. (Estr. dal « Boll. della R. Dep. di St. Patria per py Umbria,
vol. VII).

Alcuni appunti per la storia delle Famiglie Perugine Baglioni e Degli Oddi.
(Per nozze Degli Oddi-Manzoni). Perugia, 1901. i

Brunamonti).

pae Si e I e Pi pria
È NECROLOGI ‘16225

1 Notizie sul ritratto di Annibale Mariotti. (Per nozze Bellucci-Ragnotti). Peru-
F gia, 1902.
di Nuovi appunti per la storia delle Famiglie Perugine Baglioni e Degli Oddi. (Per

nozze Manzoni-Ansidei Manzoni). Perugia, 1902.

Memorie sulla famiglia Boncambi. (Per nozze Pucci Boncambi-Gigliarelli).

Perugia, 1903. È
1 Le Miniature alla Mostra di Antica Arte Umbra. Perugia, 1907. (Estr. da « Au- n

EC gusta Perusia). |

La città di Perugia al I Congresso storico della Mostra Nazionale del Risorgi-
mento in Milano: novembre 1905. (In collaborazione con F. BRIGANTI
è G. DEGLI Azzi). Perugia, 1906.

Ricordi nuziali di Casa Baglioni. (Per nozze Oddi Baglioni-Gaetani d’Ara-
gona). Perugia, 1908; e in « Boll. della R. Dep. di St. Patria per Umbria,
vol. XIV).

Un documento inedito del 1° dicembre 1394 su Braccio Fortebraccio e altri fuo-
rusciti Perugini. (Per nozze Castracane Staccoli-Chiappari). Perugia, 1909,
e in « Boll. della R. Dep. di St. Patria per l'Umbria », vol. XV.

Alcune notizie sui parentadi della Perugina Famiglia dei Baglioni con quella
Tifernate dei Vitelli. (Per nozze Corbucci-Corsi). Perugia, 1911.

Un documento inedito su Benedetlo Bonfigli. (Per nozze Scalvanti-Nuti). Pe- : 3
rugia, 1912. i

Bartolomeus de Gabriellibus de Regno Francie e Ugo de Belciampolo de Inghil- i
terra Conestabili al servizio del Comune di Perugia nel 1321. (In collabora-
zione con FRANcEScO BRIGANTI). (Per nozze Santini-Scalvanti): Perugia,
1915, e in «Boll. della R. Dep. di St. Patria per l'Umbria, vol. XXI.

La tregua del 21 marzo 1380 fra Galeotto Malatesta Signore di Rimini e Antonio
di Montefeltro Conte d' Urbino. (Per nozze Ranieri-Di Carpegna). Perugia, OM
1915, ein « Boll. della R. Dep. di St. Patria per l'Umbria », vol. XXII. È

Una ‘Miniatura Eucaristica (In « Primo Congresso Eucaristico Perugino»,
Perugia, 1926).

Il tempio Francescano attraverso sette secoli. (Nel volume: Il Tempio di S. Fran-
cesco al Prato in Perugia. Perugia, 1927).

Il voto del 22 gennaio 1631. (Nella pubblicazione a ricordo del III Centenario
del voto: La Vergine del SS. Rosario Madre di Dio Douon di Perugia.
Perugia, 1931).

Regestum Reformationum Comunis Perusii ab anno MCCLV I ad annum MCCC,
vol. I. Perugia, 1935. 3

VR RETE TO EE

ETE

RECENSIONI

L Giacomo LuzzatTtI, Delle alterazioni e delle trasformazioni del tipo monetario > i

"^ 8 i nei loro rapporti con la moneta ideale. (Venezia, 1885). « Rassegna di Scien- |

ze Sociali e Politiche », anno III, vol. II, fasc. LXX, 1886. à

CESARE Puzzoni, La questione tributaria. (Milano, 1886) «Rass. di Scienze

Soc. e Pol. », anno III, vol. II, fasc. LXXI. - È

FRANCESCO ANDREANI, Delle leggi contro l'usura. (Perugia, 1888). « Rass. e
Scienze Soc. e ihol. », anno VI, vol. IL, fasc. 138.

LU

15
226 i NECROLOGI

GiovANNI BogLIETTI, Bismark. (1888). « Rass. di Scienze Soc. e Pol. » anno
III, vol. II, fasc. CXXX, 1888.

| GiroLamo Di MAJo, Crisi economiche. (Napoli, 1891) «Nuovo Risorgimento »,

fasc. 7 e 8, gen.-feb. 1892.

Ciro TRABALZA, Della vita e delle opere di Francésco Torti. (Beivagi 1896).
« Boll. della -R. Dep. di St: Patria per l'Umbria », vol. III. i
MARGARET SyMonps AND Lina DurFr Gorpon, The story of Perugia. (London,
1898) «Boll della R. Dep. di Storia Patria, per l'Umbria », vol. IV.
Ricci ETTORE, Storia della B. Colomba da Rieti. (Perugia, 1901). « Boll. della R.

Dep. di St. Patria per l'Umbria », vol. VIII.

R. A. GALLENGA STUART, Cesare Caporali, la vita e le opere. (Perugia, 1903).
« Boll. della R. Dep. di St. Patria per Umbria », vol. X.

VINCENZO CASAGRANDI, I Codici cartacei Messinese e» Perugino nella leggenda
della francescana Suor Eustachia da Messina. (Catania, 1907-1908). « Boll. .
della R. Dep. di St. Patria per l'Umbria », vol. XIII.

Oscan ScALvANTI, Jl disegno raffaellesco dei conti Baldeschi di Perugia per la
Libreria Piccolomini del Duomo Senese. (Perugia, 1908). « Boll. della R.
Dep. di St. Patria per l'Umbria », vol. XV.

WiLLIAM Heywoon, A History of Perugia. (London, 1910). « Boll. della R.

| Dep. di St. Patria per l'Umbria », vol. XVI.

G. PENSI E A. Comez, Todi. Guida per i forestieri. (Todi, 1912). « Boll. della R.
Dep. di St. Patria per Umbria », vol. XVII. ì

Atti della Brigata Perugina degli Amici dell'Arte. (Perugia. -t917).—« Boll.
della R. Dep. di St. Patria per l'Umbria » vol. XXIII.

ANGELO LupPATTELLI, Benedetto Bonfigli e Bartolomeo Caporali pittori perugini
del XV secolo. (Almanacco delle Famiglie Cattoliche, Roma, 1919). « Boll.
della R. Dep. di St. Patria per l'Umbria », vol. XXIII.

Ricci ETTORE ». O., La Chiesa di S. Prospero e i Pittori del Duecento in Peru- -
gia. (Perugia, 1929). « Boll. della R. Dep. di St. Patria per l'Umbria »,
vol. XXIX.

FrANcESco GuaRDABASSI, Storia di Perugia. Vol. I. (Perugia, 1933). « Boll.
della R. Dep. di St. Patria per l'Umbria » vol. XXXI.

COMMEMORAZIONI E NECROLOGI

Giacomo Montgomery Stuart. « Rass. di Scienze Soc. e Pol. », anno VI, vol. II,
fasc. 144, 1889.

Roberto Montgomery Stuart. «Nuovo Risorgimento », vol. III, fasc. I, 1893.

Dott. Cesare Trinci. (Perugia, 1895).

Nicola Danzetta, nella pubblicazione commemorativa (Perugia 1896).

Prof. Girolamo Donati, «Boll. della R. Dep. di St. Patria per l'Umbria »,
vol. IX, 1903.

Conte Dott. Luigi Manzoni, « Boll. della R. Dep. di St. Patria per l'Umbria »,
vol. XI, 1905.

Mons. Marzio Romitelli, « Boll. della R. E di St. Patria per l'Umbria ».

vol. IV, 1908.
3 NECROLOGI 227

Guido Pompilj e Vittoria Aganoor-Pompili, « Boll. della R. Dep. di St. Patria
per l'Umbria », vol. XVI, 1910.
Cesare Fani « Boll. della R. Dep. di St. Patria per l'Umbria », vol. XX, 1914.
Fe Prof. Giulio Giani «Boll. della R. Dep. di St. Patria per l'Umbria », volu-
138 me XXIII, 1918.
A Francesco Moretti, « Boll. della R. Dep. di St. Patria, per V Umbria », volume
XXIII, 1918.
Conte Paolo Campello Della Spina, « Boll, della R. Dep. di St. Patria per l'Um-
bria », vol. XXIII, 1918.
E Raniero Gigliarelli, « Boll. della R. Dep. di St. Patria per l'Umbria », Jolume
x XXIII, 1918.
ES Prof. Pietro Tommasini- Mattiucci, « Boll. della R. Dep: di St. Patria per l'Um-
bria », vol. XXIV, 1920.
Conte Luigi Baglion de la Dufferie, « Boll. della R. Dep. di Storia Patria per
lUmbria » vol. XXIV, 1920. ;
Dott. Guido Coggiola, « Boll. della R. Dep. di St. Patria per l'Umbria », vo-
lume XXIV, 1920. j
Prof. Angelo Blasi, « Boll. della R. Dep. di St. Patria per l'Umbria », volume
XIV, 1920.
Marchesa Alessandrina Torelli-Faina, nella pubblicazione « In memoria della
‘Marchesa Alessandrina Torelli-Faina » (Perugia, 1923).
Ettore Verga, « Boll. della R. Dep. di St. Patria per l'Umbria», vol. XXIX.

EA Upon BENT ef :
us dala S on pex c ede URB D | t uoto 3L LC cT iig
Mons. Dott. Comm. MICHELE FALOCI PULIGNANI

Raramente chi si è accinto a tessere l’elogio di un illustre scom-
parso ha dovuto provare il disagio che sente oggi la nostra Deputa-
zione nel ricordare la persona e l’opera del suo benemerito Vice Pre-
sidente, Mons. Michele Faloci Pulignani di Foligno, mancato ai vivi
il 1° ottobre 1940, a 84 anni di età.

Parlare infatti degnamente e compiutamente di Mons. Faloci e
dell'immensa opera da lui svolta nei vari campi dell'attività umana,
e specialmente in quello della cultura, è impresa oltremodo difficoltosa
perché tutto ciò che uno voglia o possa dire di quest’ Uomo di ecce-
zione, di questo lavoratore indefesso e fecondissimo di opere, sarà
sempre al di sotto dei grandi meriti di Lui e impari a lumeggiarne,
anche sufficientemente, la preziosa e prodigiosa fatica.

La Regia Deputazione, che l'ebbe tra i Soci Fondatori, e poi suo
Vice Presidente, vuol tuttavia ricordare nel suo Bollettino, e nel
modo migliore, la figura e le innumerevoli benemerenze dell’Estinto,
adempiendo con ciò a un grande e sentito dovere, e desiderosa di fis-

‘ sarne la memoria in questa sua pubblicazione periodica, già tanto

nobilitata dalla penna di Lui.

La morte di Mons. Faloci è stata una perdita dolorosissima e gra-
vissimo lutto non solo per la Chiesa, di cui Egli fu sacerdote integer-
rimo e acerrimo difensore; non solo per la città di Foligno, sua patria,
che Egli onorò con la vità e l'ingegno e arricchì di monumenti e di

opere egregie, ma per l'intera regione nostra, che Egli indefessamente

illustró, e, soprattutto, per là nostra Deputazione, di cui tenne alto
il prestigio e alla quale donó tanta parte della sua illuminata, diu-
turna fatica.

*K**

La figura di Mons. Faloci è di quale che ingigantiscono dopo la
morte, quando è concesso agli ammiratori e ai discepoli di sollevare,
senza timori, il velo disteso sulle virtù e sulle opere del maestro.
NECROLOGI 229

Non certamente spetta alla Deputazione di illustrare la com-
plessa personalità, le virtü private dello Scomparso o quanto Egli
operó come cittadino e come sacerdote, amantissimo della Patria,
innamorato della sua città, figlio fedelissimo della Chiesa Cattolica:
altri ha già provveduto a ciò. Noi, mentre c'inchiniamo dinanzi alla
luminosa figura del cittadino e del sacerdote, vogliamo piuttosto
lumeggiare l'apporto veramente sostanziale. da Lui offerto alla cul-
tura italiana, con la sua immensa produzione storico-letteraria e col
farsi suscitatore magnifico di altre energie, destinate a coadiuvarlo
nel faticoso e fruttuoso lavoro.

Mons. Faloci, benché tra i primi nello studio delle discipline
ecclesiastiche e decorato di più titoli accademici nei pontifici atenei,
si orientò giovanissimo verso gli studi storici, per i quali mostrava
d'essere nato. E vero che le ricerche storiche non gl'impedirono di
operare vastamente anche nei campi della religione e della politica,

rivelandosi caldo animatore di opere di bene, polemista inarrivabile,

giornalista brillante, fervido combattente dell’ideale; ma a racco-
gliere e ad illustrare le memorie e i monumenti della sua città e della
sua regione, a ricercare tra i detriti del passato quanto potesse con-
tribuire a rendere più ricca e grande la storia d’Italia volle dedicare,
senza riposo, la sua lunga vita, caratterizzando con la profondità
dell’indagine, accompagnata da speciale acume critico, le sue appas-
sionate ricerche. Ricordiamo che, a soli sedici anni, Egli già trascri-
veva con passione dai vari autori che parlavano di Foligno quanto
poteva interessare la sua città; a diciotto compilava una serie di
biografie dei vescovi della sua patria; a diciannove pubblicava una
monografia su Giovanni Elisei e un’altra sull’ Arcipretura della Cat-
tedrale di S. Feliciano; a venti uno studio sulla vetusta chiesa di
S. Maria «infra portas » di Foligno, mentre a Roma, sotto la guida
del sommo De Rossi, visitava e studiava le catacombe, le aree cimi-
teriali e le primitive basiliche cristiane.

I] primo riconoscimento. della attività di studioso, già apprez-
zatissima, del nostro lo troviamo nel I Volume della Storia del Co-
mune di Spoleto del barone Achille Sansi, dove questo illustre storico
spoletino, grato al Faloci di alcune notizie fornitegli, ha parole di
elogio per il giovanissimo sacerdote folignate, che contava allora
ventitrè anni!

La prima e larga manifestazione della sua vasta erudizione, della
sua accesa passione per le ricerche storiche, nonché del suo istinto
organizzatore, si ebbe però nel 1883, quando Egli, insieme col prof.

l

CCOGENMONLJAT-
230 i NECROLOGI =

G. Mazzatinti e col canonico prof. Milziade Santoni, fondò l' Archivio
storico per le Marche e per l Umbria. La pubblicazione di questo Ar-
chivio durò fino al 1889, e ne’ suoi volumi figurano importanti studi
storici del Faloci, dai quali gli venne buona fama tra i dotti.

Contemporaneamente il Faloci medita e conduce a termine una
altra nobilissima impresa. In qualche parte d’Italia, e più ancora
all’estero, incominciava ad essere oggetto di particolari studi la gran-
dissima figura di S. Francesco d'Assisi; ma non tutte le voci, pur -
levandosi a esaltare il Poverello, ne lumeggiavano con fedeltà storica
la persona e l’opera, travisando anzi spesso taluni la verità e ten-
tando perfino di presentare il Santo Umbro come un riformatore
medioevale, in contrasto con la Chiesa. La mente lucida del nostro
ebbe subito la percezione del danno che da tali aberrazioni storiche
poteva derivare, né gli sfuggì l’importanza che gli studi francescani
avrebbero potuto avere, atteso l'enorme materiale esistente, e data
la luminosità e la vastità dell'apostolato religioso-sociale compiuto
dal Santo di Assisi e dagli Ordini da Lui suscitati già da oltre sei
secoli.

Mosso da tali considerazioni e da tale esatta visione, con una
fede e con un coraggio che nessun altro a que' tempi avrebbe avuti,
da solo inizió una grande battaglia, destinata a ribattere le arbitrarie
affermazioni di taluni scrittori di cose francescane, e insieme a de-
stare in Italia un movimento culturale francescano, per la tutela
della stessa dignità nazionale e per la glorificazione del più grande
de' nostri Santi e della sua opera immensa.

Con questi intendimenti, e affrontando le difficoltà che sogliono
conoscere gli editori, portò alla luce la sua Miscellanea Francescana :
rivista battagliera, e raccolta importantissima di fonti per la storia
francescana e del francescanesimo; nonché di studi di alto valore,
che dall'anno 1885 ad oggi (da qualche anno la Rivista viene pub-
blicata dai PP. Minori Gonventua'i), mercé la collaborazione di esimi
scrittori, suscitando consensi e plausi in Italia e fuori, ha cercato di

richiamare intorno alla gigantesca figura del Santo di Assisi l'atten-

zione e l'ammirazione del mondo religioso e dotto, innalzando al
medesimo Santo un monumento imperituro !

Intanto l'amore per gli studi storici si accende e si diffonde
sempre più nell'Italia nostra, e sorgono nelle varie provincie, con
l'incoraggiamento e gli aiuti dello Stato, Società dirette a promuovere
le ricerche storiche, a ordinare e catalogare i documenti e a pubbli-
care le fonti della nostra storia nazionale.
NECROLOGI 231

Anche nell' Umbria sorse così nel 1894 una Società Umbra per
la Storia Patria, riconosciuta ufficialmente nel 1896 come R. Depu-
tazione di Storia Patria per l'Umbria: Mons. Faloci ne fu uno dei
promotori e dei fondatori, venendo poi subito eletto a far parte
della Commissione per la: stampa del Bollettino, presieduta dal com-
pianto conte L. Fumi.

Alla Deputazione, come già dicemmo, Egli donò tanta. parte

della sua preziosa attività, e i fascicoli del Bollettino contengono

molti suoi scritti eruditi. i

Dobbiamo aggiungere che la nostra Deputazione lo ebbe sem-
pre come uno de' soci e dei collaboratori più affezionati e lo ricambio
di profonda stima, nominandolo in seguito suo Vice Presidente: ca-
rica che ritenne fino alla morte.

Ma neppure l'attività della Deputazione sembró soddisfare per
intero la febbre di studioso del Faloci, nei riguardi specialmente
della storia religiosa della regione; ed ecco che nel 1913 Egli chiama
a raccolta intorno a sé i sacerdoti più colti delle città Umbre, pro-
ponendo ai medesimi la fondazione di una nuova Società, che avesse
per iscopo la ricerca e la stampa delle memorie ecclesiastiche regio-
nali, l'ordinamento e Ja catalogazione degli archivi delle nostre chiese.

Il suo appello venne raccolto e fu immediatamente fondata la
Società per la Storia Ecclesiastica dell Umbria, da Lui stesso pre-
sieduta, che nei suoi volumi pubblicati raccolse il frutto prezioso
di pazienti indagini storiche e illustró tanti dei nostri monumenti
religiosi.

Da quanto abbiam detto apparisce chiara la straordinaria atti-
vità del Faloci; ma chi voglia farsi un'idea, anche solc approssimativa,
della sua produttività scientifica, dovrà gettare inoltre uno sguardo
sulla lista interminabile delle sue pubblicazioni, e pensare che quanto
Egli dette alle stampe non rappresentò forse la terza parte di quanto
scrisse e lasciò nelle sue innumerevoli schede, nei grandi volumi
inediti, conservati ora nella biblioteca comunale di Foligno, che sono
miniere di alto valore specialmente per la storia folignate.

E se tutto questo si vorrà porre accanto a ciò che Egli poi inserì
nei giornali, nei periodici, specialmente in quelli che fondò e diresse
per lunghi anni; in tante riviste e in tanti fogli volanti, dai grandi
quotidiani alle più umili stampe; e si vorrà inoltre pensare che non
cessò mai dal visitare e dal consultare biblioteche ed archivi pubblici
e privati, dal raccogliere codici e stampe pregevoli, onde rendere più
ricca la sua collezione di libri e di manoscritti; che ordinò e catalogò

*

{ARIA 4
Alimini dito ERNEST

A ab eoi ATTESA 77 232 QUEEN NECROLOGI

la Biblioteca Jacobilli del Seminario di Foligno e la Biblioteca co-
munale della sua città; che spese tempo e fatiche enormi per la realiz-
zazione di grandi disegni, quali, ad esempio, la costruzione e il re-
stauro di varie chiese della sua diocesi, il rifacimento delle facciate
della Cattedrale e del palazzo delle Ganoniche di S. Feliciano, il ripri-
stino dello splendido palazzo Trinci, ecc.; e che a tutte queste opere
uni la sua operosità di sacerdote, di parroco, di oratore sacro, di con-
ferenziere, di insegnante ne) Seminario di Foligno e nel Regionale di
"Assisi, di Vicario Generale delle diocesi di Foligno e di Spoleto, ecc.,
balzerà fuori la figura del Faloci circonfusa di straordinaria luce, come
quella di un uomo di vasta cultura, di energie inesauribili, di fanta-
stiche attività ! Hs

E null’altro aggiungiamo ! Mentre però c'inchiniamo riverenti
alla sua memoria e ne piangiamo la perdita, vogliamo additarlo ad
esempio alle nuove generazioni di studiosi e, particolarmente, al gio-
vane clero della nostra regione, perché, ispirandosi alle virtü e alle
opere del grande Scomparso, vogliano rendersi benemeriti anch'essi
della cultura, della Religione e della Patria.

LuiGI FAUSTI
Pnor. PIETRO D'ACHIARDI

Al tempo stesso studioso e artista, Pietro d'Achiardi è giunto
nell'un campo e nell'altro a notevole grado di eccellenza, lasciando
di sé chiaro ricordo e come storico dell'arte e come pittore. |
A Pisa, dov'era nato il 28 agosto 1879, ha iniziato con profonda
serietà d'intenti lo studio della pittura e si é laureato in lettere, tra-
sferendosi quindi a Roma per seguire in quella Università il Corso
di perfezionamento in Storia dell'Arte e conseguirne il diploma, al-
lievo tra i più cari e i più preparati di Adolfo Venturi. Già libero do-
cente di Storia dell'Arte medioevale e moderna all'Università di
Roma, nel 1909 vinceva il concorso per ispettore della Galleria Bor-
ghese, e lasciava quest'ufficio nel 1913 per occupare, auche questa
volta in seguito a concorso, quello — tenuto sino alla morte — d'inse-
gnante di Storia dell' Arte e di bibliotecario nell'Istituto di Belle Arti
di Roma, trasformato piü tardi in Accademia di Belle Arti. A due ri-
prese, complessivamente per una quindicima d'anni, ha tenuto la
cattedra di Storia dell’ Arte anche nella Scuola Superiore d' Architet-
tura, divenuta poi Facoltà d'Architettura dell’ Università di Roma.
Ebbe ben presto incarichi notevoli, tra i quali quello di ordinare

nei locali sotto le sale della Biblioteca la Pinacoteca Vaticana, rima-
sta sino allora relegata presso la terza Loggia. Non ancora trentenne
riusci con plauso unanime nel non facile compito, e alle pitture da lui
collocate in più degna sede e con più razionale disposizione dedicò,
oltre il Catalogo ad uso dei visitatori, due grossi volumi. ai quali si
ricorre utilmente ancora oggi, dopo che la Pinacoteca ha trovato il
suo definitivo assetto nel nuovo palazzo voluto da Pio XI. A Lipsia,
nel 1914, ha ordinato la Sezione Italiana dell'Esposizione interna-
zionale del Libro e delle Arti Grafiche, e ai lavori delle Commissioni
di tutte le più importanti mostré retrospettive d’arte, tenutesi in
Italia in questi ultimi decenni, ha partecipato attivamente. Dal 1928
al 1930 ha fatto parte del Consiglio Superiore delle Antichità e Belle
Arti, e a cagione di tale carica si è recato ripetutamente anche a Pe-

ni tali a atta
dani © 2 1 -
: - Tama Arr iù Tie au PE
: - I = nr.
orta => eue + = => IM
TAM " =i - —— de er ES d z

^m
î Ld
Bu
B
lU
h Hi
i iù
n
1 {
|l
bI È
4 Y
/ n
+4 i
p. hg
1 n
N ,
fi | H
Qi XB

E
il
il

! M

—— - —
——— P =

234 NECROLOGI .

rugia, cooperando alla migliore difesa del patrimonio paesistico del
capoluogo dell’ Umbria. È stato Accademico di S. Luca e dei Virtuosi
al Pantheon, e corrispondente della nostra Deputazione.

Tra le sue pubblicazioni, oltre i volumi dedicati alla Pinacoteca
.Vaticana, sono almeno da ricordare — per doti di originalità e per
efficaci contributi agli studi — la monografia sugli affreschi di San Pie-
tro a Grado presso Pisa, il volume su Sebastiano del Piombo, l'edi-
zione dei disegni del Goya conservati nel Museo del Prado a Madrid,
il Catalogo della Collezione Messinger. Ma in numerosi altri studi mi-
nori, in articoli, in note, sono disseminate osservazioni profonde, giu-
dizi acuti, informazioni preziose; de « L'Arte », la gloriosa rivista di
Adolfo Venturi, é stato collaboratore fedele, e cosi di altri periodici,
come anche dell’« Enciclopedia Italiana », rivelandosi sempre. scrit-
tore toscanamente limpido. Ha preso parte a vari congressi, e si è
fatto un buon nome come conferenziere elegante ed acuto: meritano
ricordo le sue coinmemorazioni di Melozzo da Forli e di Cesare Fra-
cassini, quest'ultima pubblicata nel volume XXXV del nostro Bol-
lettino.

‘Lontano in tutte le manifestazioni della sua attività da qualsiasi
mira utilitaria, generoso, entusiasta per ogni cosa bella, animato da
una profonda fede cristiana, ha sempre mostrato — nella vita, nell’arte,
negli studi, nella scuola — i segni inconfondibili della sua profonda
bontà, della sua raffinata educazione. Critico attento e profondo, ha
difeso con coraggio i suoi convincimenti che nelle arti plastiche sia da
ricercare qualche cosa al di Jà dei soli elementi visivi, che nello studio
dell’arte nostra medioevale non sia possibile prescindere dalla tra-
dizione di Roma, che per amare il nuovo non occorra rinnegare la
nostra tradizione. Ma non per questo deve essere creduto un accade-
mico: ad astenersi da un giudizio tanto superficiale, basterà ricor-
dare come abbia sempre sentito l’arte nostra del Seicento, e con
quanta libertà giudicasse la pittura romana del secolo scorso. Efficace
insegnante in quelle nostre scuole superiori che più concorrono alla
formazione degli artisti, vi ha portato l’esperienza della duplice per-
sonalità di pittore e di critico, mentre a sua volta dallo studio dei pro-
blemi dell'architettura è stato tratto a prediligere nell'arte le mani-
festazioni decorative, e a farsi egli stesso decoratore.

Esaltatore come critico dell'affresco, gloria deli'arte nostra e pittu-
ra squisitamente architettonica, come pittore dapprima si é dedicato
di preferenza alla tempera (pur non trascurando la pittura ad olio, ed
anche l'incisione), per passare piü tardi prevalentemente al mosaico.

WT TT
NECROLOGI 235

Accurato esecutore dei cartoni, e capace di esercitare la piü efficace
vigilanza durante la loro realizzazione con le tessere musive, egli ha
saputo rinnovare in profondità quest'arte, che sembrava non avesse
il diritto di varcare le soglie dell'età più recente, chiamandola ad
esercitare un’efficace azione ornamentale in ambienti moderni. È
opera sua la complessa decorazione a mosaico (dodici cupole e il pa-
vimento) della Basilica del Getsemani a Gerusalemme, appresso alla
quale occorrerà ricordare almeno il pavimento della Sala del Mappa-
mondo nel Palazzo di Venezia; la decorazione della « Domus Jucun-
diana », la bella villa di Giulio Barluzzi presso Porta San Sebastiano;
i lavori per la Chiesa Nazionale degli Argentini a Piazza Buenos Ay-
res, per l'Istituto del Buon Pastore sulla Via di Bravetta nel suburbio
di Roma a occidente del quartiere di Monteverde, e per le Suore Fran-
cescane Missionarie di Maria a Grottaferrata; le stazioni della « Via
Crucis » per la Chiesa di San Filippo Neri a Chicago e quelle per la
Chiesa delle Beatitudini a Gerusalemme. Gli ultimi suoi cartoni sono
stati per i mosaici della tomba di Pio XI nelle Grotte Vaticane, della
volta della Cappella del Calvario nella Chiesa del Santo Sepolcro e
dell’abside della Basilica del Getsemani: in questa unione, non acci-
dentale, va ritrovata Ja testimonianza più sicura del suo culto per
le origini della Chiesa di Cristo, e insieme del suo amore per la Città

Eterna, dove il 18 dicembre 1940 ha compiuto il corso della sua vita
terrena. po HR

ACHILLE BERTINI CALOSSO

n alicia acce ACI TI E c ea Re SIVE POVERI ROLE OI MA Bc V. ed God su n E D. A I CREBRO m RO Pio, i ea Ear
GeneraLe BENEDETTO LEONETTI LUPARINI

Un altro lutto ha colpito la R. Deputazione con la morte del N.U.
Generale Benedetto Leonetti Luparini di Spoleto, avvenuta in quella
città il 12 marzo 1941. :

Nato da illustre famiglia patrizia, volle seguire la carriera mili-
tare, raggiungendo i più alti gradi e servendo la Patria con la piü
viva comprensione dei suoi doveri di cittadino e di soldato. Fece le
vecchie campagne d' Africa e poi la campagna libica, ed anche durante
la guerra Europea prestó servizio nel R. Esercito. Collocato a riposo,
venne promosso da ultimo Maggior Generale nella Riserva.

La vita militare non gl'impedi di applicarsi ai buoni studi, dedi-
candovisi con passione e specializzandosi negli studi araldici, con par-
ticolare riferimento alla storia delle famiglie spoletine ed umbre.

Pubblicò negli Affi dell’Accademia Spoletina, della quale fu
socio e tesoriere, alcune interessanti notizie riguardanti le case delle
antiche e illustri famiglie: di; Spoleto, corredandole di altre preziose
memorie. La nostra Deputazione lo aggregó tra i suoi soci Corrispon-
denti.

LuicGi FAUSTI
TOMMASO VALENTI

Della nobile famiglia dei Conti Valenti: di Trevi, rappresentò
degnamente i suoi illustri antenati.e nella sua attività di cittadino,
amante della cosa pubblica, e. di solerte amministratore dei propri
beni; poté dedicarsi agli studi storici, illustrando la sua terra natale e
rievocando gloriose memorie della nostra regione.

Era nato a Trevi il 2 maggio 1868 da Filippo e da Maria Tanci
Menicacci.

Ospitato più volte nel signorile palazzo avito, mi faceva ammirare
la ricca biblioteca e numerosi quadri di famiglia ricordando il suo ge-
nitore che fin da giovanetto l’aveva iniziato nello studio dei classici
latini.

Continuò gli studi al Seminario di Foligno, donde passò al Se-
minario Pio di Roma, e, alieno di abbracciare la vita ecclesiastica
com'era desiderio dei suoi genitori, dopo essersi addottorato in filoso-
la, si recò a Firenze, ove, nell’Istituto: Cesare Alfieri di Sostegno,
conseguì la laurea in' Scienze Sociali nel 1891.

Lo conobbi per la prima volta a Spoleto nel 1897 in occasione di
un Congresso della Deputazione di Storia Patria per l'Umbria, la
quale, in quel tempo, sotto la Presidenza del Conte Luigi Fumi e dei
suoi collaboratori Giuseppe Mazzatinti e Mons. Michele Faloci-Pu-
lignani, dava l’indirizzo alle ricerche storiche ed allo studio degli Ar-
chivi Umbri.

Tommaso Valenti iniziò da quel tempo le sue ricer che delle quali
dette un saggio nel giornale da lui fondato nel 1900 « La Torre di Tre-
vi » con articoli che furono poi riuniti in volume sotto il titolo « Curio-
sità Storiche Trevane ».

Frattanto, però, non poteva trascurare gli affari familiari e così
lo vediamo assiduo nella direzione dell'azienda agraria domestica,
introducendo macchine agricole e concimi chimici, sì da essere consi-
rato come un pioniere della moderna arte dei campi.
238 NECROLOGI

Non poté rifiutarsi alla chiamata dei suoi concittadini che lo eles-
sero Consigliere Comunale, e di qui sali alla carica di Sindaco, in
cui resse le sorti del suo paese, dal 1914, per tutta la durata della
guerra 1915-1918 ed oltre fino al 1919.

Insieme con la moglie Marianna Antonini, diede tutta la sua
feconda attività alle Opere Assistenziali di quel tempo.

Ritiratosi dalla vita pubblica, si dedicò interamente ai suoi pre-
diletti studi storici. E non solo fu Socio della Deputazione Umbra di
Storia Patria, ma collaborò in giornali e riviste varie e fu membro
della Commissione Araldica per il Lazio, l'Umbria e le Marche.

Si spense la sua vita il 24 dicembre 1941. Aveva in animo di
pubblicare ancora due libri: uno sugli Antichi Statuti del Comune di
Trevi ed uno su Benedetto Valenti e Ja Vita a Roma ed alla Corte
Pontificia nel sec. xvi, e di ambedue ha lasciato i manoscritti.

La città di Trevi dovrà essere orgogliosa di questo suo concitta-
dino che ha saputo mettere in luce le benemerenze storiche, artistiche
e culturali di Trevi, inter essanti, per il prezioso materiale, gli studiosi
italiani ed esteri.

Nella « Bibliofilia », dell'Olschki è ricordata « L'Arte della Stam-
pa in Trevi nel 1470 », arte che si estese nella vicina. Foligno con la
pubblicazione della « Divina Commedia » dell’anno 1472». Così con-
tinuava il Valenti nelle sue ricerche, parlando anche della Tipografia
degli Orfini in Foligno.

Un completo studio sulla Madonna delle Lagrime in Trevi ci
offre una cronistoria della famiglia Valenti e i nomi degli artisti de-
coratori del monumento”

I ricordi trevani, già pubblicati nel periodico « La Torre di Tre-
vi», si integrano nelle « Memorie autografe del Procuratore Fiscale
Benedetto Valenti da Trevi». '

Durante il suo soggiorno a Roma, fu assiduo frequentatore della
Biblioteca Vaticana e fra gli altri studi di questo periodo sono da
ricordare la pubblicazione dell’antico Statuto dell'anno 1400 del-
l«Arte dei Pizzicarolli in Perugia», e «Le vicende della Libreria
** Impressa ,, » dei Duchi di Urbino e la ‘‘ Alessandrina ,, di Roma».

Tralascio l'enumerazione di altre pubblicazioni che il lettore potrà
conoscere dall'unita bibliografia. |

Il Valenti era entusiasta degli studi storici e, ricercatore assiduo,
diede particolare rilievo ai documenti interessanti la nostra nn

ELLA PEE UT

SE

Sr



————

: FRANCESCO BRIGANTI

—— —

OI epe m t arme ende Tete E m ha Rt dag

es —
: 8 AS
NECROLOGI

BIBÉIOGHRAFIA

Nel Primo Anniversario: della Vittoria Italiana. Discorso. (Foligno, Sbrozzi,
1919).

Curiosità storiche trevane. (Eolenos Campitelli, 1922).

Per la storia dell'arte della stampa in Italia: La più antica società tipografica :
Trevi 1470. (Firenze, Olschki, 1924).

Francesco sforza e il Comune di Monte dell’Olmo. (Fabriano, Tipografia « Gen-
tile », 1925).

Un Poner decisivo per il Dante di Foligno (1472). Firenze, Olschki, 1925).

Un contratto per la costruzione di un organo (1526).

Un contratto con un maestro di tromba (1537). (Estratti da « Note d’ Archivio »,
Roma, Ed., «Psalterium » 1926).

Gli inizi della tipografi ia degli Orfini in Foligno. (Firenze, Olschki, 1926).

Le memorie autografe del procuratore fiscale Benedetto Valenti da Trevi (Comuni-
cazione alla R. Deputazione di Storia Patria per l'Umbria), (Perugia, Tip.
Economica, 1926).

Gli statuti dei fruttaioli ed ortolani di Perugia (1400). Da un Codice della Biblio-
teca Vaticana. (Perugia, Tip. Economica, 1926).

Margherita d'Austria, Duchessa di Parma e Piacenza, fabbricante di carta.
(Firenze, Olschki, 1927).

Il contratto per l'organo di S. Maria della Pace in Roma. Estratto da «Note
d'Archivio » Roma, Ed. «Psalterium », 1927).

La chiesa monumentale della Madonna delle Lagrime in Trevi (Umbria). Con ses-
santa illustrazioni e dieci documenti inediti. (Roma, Desclée e C., 1928).

Le vicende della libreria » Impréssa » dei duchi d' Urbino e la. « Alessandrina » di
Roma. (Estratto ‘da « Accademie e Biblioteche d’Italia »,. Anno IV, fa-
scicolo 4-5, 1931).

Il contratto per un organo in S. Maria del popolo a Roma (1499). (Estratto da
«Note d’Archivio » Roma, Ed. «Psalterium », Anno 1933, fasc. IV).

Gli inventari di fr. Federico de Fernestein, O.F.M. Arcivescovo di Riga (1324-
1341). Con sei documenti dell’ Archivio Vaticano. (Estratto dalla « Miscel-
lanea Francescana », Vol. XXXIII, 1933, Gubbio, Scuola Tip. « Oderisi »).

La Tipografia di Trevi 2 suoi incunaboli. (Estratto dalla Rivista « Accademie :
e Biblioteche d'Italia » Anno V, n. 6, 1933).

Inventario di una « Aromalaria » di Foligno (1470). Con documento inedito
e glossario . (Estratto dal « Bollettino dell'Istituto Storico dell'Arte Sa-
nitaria » allegato alla « Rassegna Clinica, Terapia e Scienze affini ». Anno
XXXIII. Fasc. II, marzo-aprile 1934).

Memorie Veneziane a Trevi (Umbria). Con 8 illustrazioni e un fac-simile. (Pres-

* so l'Autore, 1935).

Papa Lambertini umoristico. Con ritratti e caricature (Roma, F.lli Palombi,
1938).

Benedetto XIV e Giuseppe Maria Crespi detto « Lo Spagnolo Duo bolognese ».
(Corrispondenze inedite dell'Archivio Vaticano). (« Aldina », Editrice in

Bologna, 1938).

ESTAS t MA RID O ZIONI
INDICE DEL VOLUME

BUCCOLINI, Serie critica dei Vescovi di Bolsena e di Orvieto .
Sassi, Rami fabrianesi degli Attoni Umbri

GaBRIELI, I Cesi in Todi

Note e Documenti

| G. ABATE, Rapporti di Matteo Gattaponi con Assisi per la costru-
zione della fortezza di Porta Sole a Perugia .

A. M. Bizzarri, Documenti inediti di Ippolito Scalza

F. CanutI, Salvio Savini, pittore del secolo XVI

M. DIONIGI, L'archivio della Cattedrale di Assisi . .

Necrologi

. BELFORTI, Vincenzo Ansidei

. Fausti, Michele Faloci Pulignani

BeRrtINI CaLosso, Pietro D'Achiardi

. FausTr, Benedetto Leonetti Luparini

BriGANTI, Tommaso Valenti

x]

-— Ù Pi È

GA

dt

rri a Rma rd

H
P rue I RED, fg iai —
, Marte ee Tnt

b AW OR tte P
È B
ect
S

o

ea î 2 pn ESA

Oto

RL

Ee

p.
EY)